Saggistica ,
1
.
Che
cos
'
è
la
linguistica
?
È
facile
rispondere
:
È
lo
studio
scientifico
della
lingua
.
Non
è
però
facile
andare
oltre
questa
elementare
affermazione
,
cioè
risolverne
le
ambiguità
,
esplicitarne
le
implicazioni
.
Anzitutto
:
"
la
lingua
"
;
che
valore
daremo
a
questo
singolare
?
È
un
singolare
specifico
e
quindi
significa
"
la
nostra
lingua
,
la
lingua
materna
"
?
;
o
un
singolare
generico
,
e
quindi
significa
"
la
facoltà
di
linguaggio
,
il
linguaggio
"
?
;
o
è
un
singulare
pro
plurali
e
quindi
significa
"
le
lingue
,
tutte
le
lingue
del
globo
,
morte
e
viventi
"
?
Mettiamo
di
interpretare
nel
senso
specifico
,
e
apparente
-
mente
più
concreto
,
quel
singolare
"
la
lingua
"
come
"
la
nostra
lingua
naturale
,
materna
"
.
Ma
è
davvero
possibile
studiare
scientificamente
la
nostra
propria
lingua
senza
avere
idee
generali
sulla
facoltà
di
linguaggio
,
su
questa
facoltà
costitutiva
dell
'
uomo
quale
noi
lo
conosciamo
e
che
evidentemente
presiede
a
tutte
le
lingue
naturali
?
Se
vogliamo
una
prova
storica
di
questa
impossibilità
,
pensiamo
agli
antichi
grammatici
greci
che
fecero
la
descrizione
grammaticale
del
greco
appoggiandola
alla
struttura
logica
del
giudizio
e
alle
categorie
aristoteliche
e
fondarono
le
loro
etimologie
su
opposte
soluzioni
del
gran
problema
dell
'
origine
(
e
quindi
della
natura
)
della
lingua
.
Ci
limitiamo
a
questo
solo
esempio
storico
,
perché
è
dirimente
.
Infatti
dopo
di
allora
non
c
'
è
stato
studio
di
lingua
,
fosse
pure
il
più
ristretto
e
il
più
episodico
-
dalla
semplice
normativa
grammaticale
alla
storia
di
singoli
fenomeni
-
,
che
non
abbia
implicato
idee
generali
sul
linguaggio
;
le
quali
erano
spesso
quelle
ereditate
dalla
tradizione
greco
-
latina
e
perciò
date
come
scontate
,
ma
non
perciò
meno
condizionatrici
dei
metodi
e
dei
risultati
.
È
poi
facile
constatare
che
il
maggior
rigoglio
degli
studi
linguistici
si
è
avuto
quando
,
in
età
antica
o
moderna
,
lo
studio
delle
singole
lingue
e
di
particolari
fenomeni
è
stato
accompagnato
o
addirittura
promosso
da
nuove
concezioni
del
linguaggio
.
Si
potrebbe
logicamente
concludere
che
allo
"
studio
scientifico
della
lingua
"
(
come
abbiamo
definito
la
linguistica
)
è
necessaria
una
teoria
del
linguaggio
;
o
,
in
termini
più
odierni
,
che
alla
linguistica
applicata
è
indispensabile
la
linguistica
teorica
.
Ma
non
affrettiamoci
.
Proviamo
ad
interpretare
quel
singolare
"
la
lingua
"
come
un
singulare
pro
plurali
.
Ebbene
:
lo
studio
di
più
lingue
naturali
,
se
non
fatto
a
scopo
di
pratico
poliglottismo
,
ha
sempre
indotto
lo
studioso
ad
un
confronto
sistematico
tra
varie
lingue
;
confronto
che
può
portare
alla
scoperta
di
una
origine
comune
(
è
stato
il
caso
,
modernamente
,
delle
lingue
indeuropee
,
ed
anche
,
nel
Rinascimento
,
di
quelle
neolatine
)
o
alla
constatazione
di
profonde
diversità
strutturali
.
Dalla
scoperta
dell
'
origine
comune
è
sorta
la
ricerca
della
causa
della
separazione
originaria
o
dei
motivi
del
progressivo
diversificarsi
nel
tempo
;
dalla
constatazione
delle
differenze
strutturali
è
sorto
il
problema
della
diversità
dei
prodotti
(
le
lingue
)
di
un
'
unica
facoltà
umana
(
il
linguaggio
)
,
e
dei
modi
e
limiti
di
tale
diversità
.
Dalla
linguistica
comparata
,
insomma
,
o
contrastiva
(
come
oggi
si
usa
dire
)
è
nata
la
tipologia
linguistica
nella
sua
duplice
dimensione
:
storica
e
teorica
.
Può
dunque
darsi
che
una
seria
osservazione
empirica
susciti
esigenze
teoriche
e
proponga
problemi
di
portata
generale
;
come
,
all
'
inverso
,
che
una
concezione
teorica
scopra
aspetti
nuovi
della
realtà
e
suggerisca
sperimentazioni
prima
intentate
.
In
ogni
caso
,
resta
confermato
il
principio
che
nessuna
scienza
,
quindi
neppure
la
scienza
dei
fenomeni
linguistici
,
può
prescindere
da
una
teoria
o
,
detto
in
termini
più
odierni
,
da
un
modello
,
unico
o
plurimo
,
dell
'
oggetto
.
2
.
Ma
qual
è
l
'
oggetto
della
linguistica
?
Abbiamo
già
detto
che
lo
studio
della
lingua
materna
rinvia
il
linguista
a
delle
idee
generali
sulla
lingua
intesa
come
facoltà
di
linguaggio
;
e
che
lo
studio
comparato
di
lingue
diverse
,
ivi
compresa
la
materna
del
linguista
,
lo
rinvia
del
pari
all
'
unica
facoltà
di
linguaggio
come
problema
della
compatibilità
di
questa
con
la
pluralità
delle
lingue
umane
in
quanto
prodotte
da
un
'
unica
facoltà
fondamentale
e
tuttavia
diverse
.
È
il
problema
degli
universali
linguistici
,
che
periodicamente
risorge
imponendo
al
linguista
la
ricerca
degli
elementi
o
caratteri
presumibilmente
comuni
a
tutte
o
alla
maggior
parte
delle
lingue
.
L
'
oggetto
della
linguistica
è
dunque
un
oggetto
complesso
:
anzitutto
la
facoltà
di
linguaggio
(
o
semplicemente
linguaggio
)
,
poi
la
lingua
materna
,
infine
le
lingue
naturali
non
materne
.
Lo
studio
delle
lingue
naturali
non
materne
implica
la
consapevole
conoscenza
della
lingua
materna
,
e
lo
studio
della
lingua
materna
implica
l
'
assunzione
,
magari
acritica
,
di
una
concezione
del
linguaggio
.
La
complessità
e
direi
globalità
dell
'
oggetto
si
è
fatta
irrefutabile
quando
l
'
attributo
"
scientifico
"
applicato
allo
studio
dei
fenomeni
linguistici
non
si
è
più
limitato
a
significare
"
descrittivo
,
classificatorio
»
,
ma
ha
voluto
significare
"
esplicativo
"
;
quando
insomma
la
linguistica
da
empiria
umanistica
,
cioè
filologica
,
retorica
e
normativa
,
è
assurta
a
sapere
organico
e
formalizzato
.
Non
si
creda
,
però
,
che
alla
complessità
e
globalità
dell
'
oggetto
della
linguistica
si
sia
addivenuti
in
epoca
recente
,
come
farebbero
credere
certi
manuali
che
dividono
la
storia
della
linguistica
in
una
fase
prescientifica
,
che
giungerebbe
fino
alle
soglie
dell
'
età
romantica
,
e
in
una
fase
scientifica
,
nella
quale
si
affermerebbe
,
durante
quasi
tutto
l
'
Ottocento
,
la
linguistica
comparata
come
indirizzo
prima
storico
e
poi
positivistico
,
e
finalmente
si
aprirebbe
,
con
Ferdinand
de
Saussure
,
la
linguistica
propriamente
moderna
,
fondata
su
una
teoria
radicalmente
nuova
.
Studiosi
sagaci
del
passato
,
tra
i
quali
è
doveroso
segnalare
Luigi
Rosiello
,
hanno
dimostrato
che
ciò
è
vero
solo
al
patto
di
ignorare
la
imponente
tradizione
speculativa
di
due
secoli
,
abbassando
una
saracinesca
nella
continuità
costruttiva
della
storia
.
In
realtà
i
problemi
e
i
temi
che
costituiscono
la
linguistica
odierna
sono
stati
impostati
tra
la
seconda
metà
del
Seicento
e
la
fine
del
Settecento
,
col
sorgere
del
pensiero
moderno
,
e
sono
divenuti
le
costanti
di
uno
sviluppo
coerente
e
irreverso
della
disciplina
,
pur
nel
mutare
delle
professioni
ideologiche
.
Mi
si
consenta
di
ripercorrere
per
sommi
capi
tale
sviluppo
,
restaurando
,
insieme
con
la
continuità
di
una
linea
,
la
possibilità
di
meglio
valutare
le
peculiarità
della
linguistica
dell
'
età
nostra
.
3
.
Il
razionalismo
cartesiano
,
sostenitore
della
corrispondenza
fra
la
struttura
della
lingua
e
la
innata
struttura
razionale
del
pensiero
umano
,
mirò
,
attraverso
la
Scuola
di
Port
-
Royal
,
alla
formulazione
di
una
grammatica
generale
,
cioè
di
un
metodo
di
analisi
e
di
descrizione
che
in
ogni
lingua
storica
reperisse
gli
universali
logici
presenti
nella
varietà
dei
fenomeni
.
Tale
grammatica
era
l
'
indubbio
superamento
di
quella
propria
dell
'
umanesimo
,
prescrittiva
e
retorica
.
D
'
altra
parte
l
'
empirismo
inglese
,
concependo
le
parole
,
nominalisticamente
,
come
segni
delle
idee
(
e
non
delle
cose
)
costituiti
al
fine
di
assicurare
la
comunicazione
fra
gli
uomini
,
si
avviò
a
considerare
il
linguaggio
come
un
sistema
semiotico
convenzionale
,
diversificato
a
seconda
della
cultura
e
dei
bisogni
dei
vari
popoli
.
Con
ciò
pose
in
termini
non
biblici
il
gran
problema
dell
'
origine
del
linguaggio
e
affermò
esplicitamente
quel
principio
dell
'
arbitrarietà
del
segno
linguistico
,
cioè
del
suo
rapporto
non
necessario
con
le
cose
,
che
alcuni
hanno
ritenuto
una
scoperta
di
Saussure
.
Alla
metà
del
Settecento
nell
'
opera
del
sensista
francese
Condillac
troviamo
il
culmine
della
speculazione
illuministica
sul
linguaggio
e
già
annunciati
alcuni
temi
della
linguistica
odierna
.
Per
lui
il
linguaggio
,
anziché
il
prodotto
della
mente
razionale
dell
'
uomo
,
è
un
fattore
costitutivo
di
quella
mente
,
giacché
organizza
i
contenuti
sensibili
.
dell
'
esperienza
in
segni
che
esprimono
le
idee
e
,
combinandosi
,
le
pongono
in
contatto
reciproco
.
Il
linguaggio
è
insomma
la
chiave
e
la
garanzia
della
funzionalità
operativa
della
mente
.
Il
problema
della
origine
delle
facoltà
dell
'
intelletto
,
e
del
linguaggio
stesso
,
si
trasferiva
così
dalla
metafisica
alla
psicologia
,
nel
cui
ambito
si
dava
una
classificazione
dei
segni
fondata
sul
rapporto
(
o
accidentale
o
naturale
o
istituzionale
[
cioè
arbitrario
]
)
col
loro
contenuto
e
con
le
reazioni
psichiche
degli
uomini
.
È
ovvio
che
la
spiegazione
psicologica
e
convenzionale
della
genesi
del
linguaggio
,
e
l
'
ammissione
del
suo
condizionamento
sociale
,
giustificassero
la
diversità
delle
lingue
storiche
assai
meglio
dell
'
ontologismo
linguistico
cartesiano
e
invitassero
allo
studio
della
loro
individualità
.
Fu
così
aperta
la
via
da
un
lato
all
'
approfondimento
dei
rapporti
della
logica
e
dei
linguaggi
formalizzati
con
le
lingue
naturali
,
dall
'
altro
alla
linguistica
comparata
e
storica
e
alla
tipologia
linguistica
dell
'
età
romantica
,
e
finalmente
allo
psicologismo
e
sociologismo
dell
'
età
positivistica
.
Non
rileva
poi
molto
,
ai
fini
del
progresso
generale
della
disciplina
,
che
questo
o
quel
problema
,
questa
o
quella
esperienza
fossero
affrontati
all
'
insegna
dell
'
idealismo
o
del
positivismo
:
entrambi
gli
orientamenti
contribuirono
ad
arricchire
il
patrimonio
concettuale
della
linguistica
,
ad
additare
nuove
soluzioni
e
prospettive
.
Faremo
due
soli
grandi
esempi
.
L
'
idealismo
di
Humboldt
mise
in
superba
luce
l
'
aspetto
attivo
e
creativo
del
linguaggio
,
da
concepire
non
come
prodotto
inerte
(
o
èrgon
)
ma
come
creazione
continua
(
o
enèrgeia
)
,
come
forma
formante
anziché
come
materia
,
come
processo
universale
dell
'
umanità
e
voce
individuale
delle
nazioni
,
come
scoperta
e
comprensione
del
mondo
piuttosto
che
come
nomenclatura
e
strumento
di
comunicazione
.
Una
teoria
siffatta
fu
del
pari
idonea
a
promuovere
gli
studi
di
antropologia
e
tipologia
linguistiche
e
quelli
sulle
grandi
lingue
di
cultura
.
L
'
altro
esempio
,
che
sta
sotto
l
'
opposta
insegna
del
positivismo
,
è
quello
di
Schleicher
.
Egli
concepì
le
lingue
storiche
come
organismi
naturali
,
che
nascono
,
crescono
e
muoiono
per
proprie
leggi
interne
,
analoghe
a
quelle
biologiche
,
cioè
indipendenti
dalla
volontà
e
dall
'
intelletto
dell
'
uomo
.
Il
suo
genealogismo
e
il
rigoroso
concetto
di
legge
fonetica
gli
permisero
di
trattare
le
lingue
come
fenomeni
oggettivi
,
quindi
spiegabili
,
prevedibili
,
ricostruibili
entro
un
loro
sviluppo
necessario
,
al
quale
fini
col
dare
un
definitivo
crisma
naturalistico
la
teoria
evoluzionistica
di
Darwin
.
Luigi
Rosiello
tenta
di
chiudere
in
una
formula
il
senso
di
questa
storia
bisecolare
della
linguistica
dicendo
che
,
dopo
una
fase
di
ricerca
di
universali
razionali
,
fondata
sull
'
assunto
cartesiano
del
linguaggio
come
rappresentazione
della
innata
razionalità
del
pensiero
,
la
linguistica
mirò
,
attraverso
la
grammatica
generale
di
Port
-
Royal
e
dell
'
Encyclopédie
,
al
conseguimento
di
universali
metodologici
,
che
successivamente
,
calati
nella
comparazione
delle
lingue
storiche
,
divennero
universali
storici
.
4
.
Agli
inizi
del
Novecento
la
linguistica
disponeva
dunque
di
una
problematica
essenziale
e
specifica
,
già
sperimentata
alla
luce
di
orientamenti
diversi
e
in
diverse
prospettive
;
si
era
inoltre
adusata
alla
collaborazione
con
discipline
scientifiche
quali
la
psicologia
,
l
'
etnologia
,
la
sociologia
,
le
scienze
naturali
;
aveva
accumulato
una
grande
e
preziosa
quantità
di
dati
concreti
attraverso
la
comparazione
di
lingue
affini
e
la
ricostruzione
di
fasi
comuni
non
documentate
(
genealogia
indeuropea
,
semitica
ecc
.
)
,
o
l
'
inchiesta
dialettologica
ed
etnologica
sul
campo
(
rilievi
geolinguistici
,
atlanti
linguistici
,
lessici
dialettali
ecc
.
)
.
Ma
nella
seconda
metà
dell
'
Ottocento
le
discipline
con
cui
la
linguistica
aveva
collaborato
si
erano
profondamente
mutate
.
La
più
antica
di
esse
,
la
logica
classica
e
medievale
,
aveva
ceduto
il
posto
alla
teorizzazione
del
linguaggio
simbolico
come
calcolo
indipendente
dal
linguaggio
naturale
,
cioè
a
quella
logica
matematica
che
rifonda
la
semantica
e
la
sintassi
e
studia
la
forma
del
conoscere
scientifico
con
un
rigore
che
s
'
imporrà
all
'
attenzione
della
linguistica
teorica
.
La
psicologia
,
superata
la
fase
filosofica
e
divenuta
empirica
e
poi
sperimentale
,
abbandonava
l
'
originario
associazionismo
per
una
concezione
totale
della
coscienza
e
per
una
analisi
più
complessa
della
percezione
in
rapporto
alla
costituzione
dell
'
intelligenza
;
e
sorgeva
,
a
incontrare
tali
tendenze
;
la
psicanalisi
.
L
'
etnologia
si
andava
distaccando
dall
'
antropologia
fisica
e
temperava
la
visione
evoluzionistica
con
quella
degli
scambi
e
prestiti
culturali
,
arricchendosi
di
una
prospettiva
storica
.
La
sociologia
con
tecniche
di
rilevamento
statistico
innestava
nell
'
organicismo
oggettivo
della
linguistica
schleicheriana
il
riferimento
ad
organismi
collettivi
concreti
,
quali
gruppi
,
ceti
,
sfere
sociali
e
culturali
.
All
'
interno
,
d
'
altronde
,
della
stessa
linguistica
positivistica
la
critica
dell
'
assolutezza
della
legge
fonetica
in
nome
del
ricorso
all
'
analogia
e
a
fattori
soggettivi
di
eccezione
,
riproponeva
la
presenza
e
l
'
intervento
dell
'
uomo
in
un
ambito
di
fenomeni
che
pareva
dovergli
essere
sottratto
,
e
insinuava
una
concezione
storica
,
anziché
naturalistica
,
dell
'
organismo
della
lingua
.
Le
polemiche
,
poi
,
del
risorgente
idealismo
sgretolavano
l
'
apparente
compattezza
della
linguistica
positivistica
,
sia
con
l
'
asserire
il
carattere
estetico
dell
'
attività
linguistica
e
porre
al
suo
centro
la
fantasia
individuale
,
sia
col
ritenere
la
lingua
un
mero
specchio
della
storia
delle
idee
,
sostituendo
bene
spesso
allo
studio
del
sistema
linguistico
lo
studio
delle
singole
parole
come
esponenti
concettuali
o
come
tessere
stilistiche
.
La
linguistica
rischiava
,
specialmente
in
Italia
,
di
ridursi
a
lessicologia
storica
di
indirizzo
semasiologico
od
onomasiologico
,
collocandosi
ai
margini
di
discipline
ben
più
ricche
di
contenuti
intellettuali
.
E
ciò
proprio
nel
tempo
in
cui
le
scienze
naturali
avevano
superato
lo
stadio
descrittivo
ed
erano
entrate
in
quello
esplicativo
e
predittivo
,
e
fra
di
esse
la
fisiologia
,
allargando
e
affinando
le
proprie
tecniche
d
'
indagine
,
offriva
al
grezzo
naturalismo
dei
linguisti
l
'
occasione
di
rivedere
a
fondo
i
metodi
e
i
programmi
.
5
.
Se
in
Italia
,
e
in
altre
aree
periferiche
,
la
linguistica
rischiò
di
subordinarsi
,
pur
con
ottimi
risultati
parziali
,
alla
filologia
,
alla
storia
delle
idee
,
alla
critica
stilistica
,
nell
'
Europa
scientificamente
più
evoluta
essa
,
la
meno
letteraria
delle
discipline
umanistiche
,
senti
il
bisogno
di
adeguarsi
al
moto
e
al
modo
delle
scienze
.
Il
primo
linguista
ad
avvertire
lucidamente
questo
bisogno
fu
il
ginevrino
Ferdinand
de
Saussure
,
che
volle
anzitutto
definire
con
precisione
l
'
oggetto
della
disciplina
come
un
sistema
di
segni
considerato
in
sé
e
per
sé
,
rivendicandone
la
specificità
e
l
'
autonomia
di
contro
a
interpretazioni
ancillari
,
e
ritenendo
perciò
la
linguistica
una
semiologia
.
Approfondendo
il
concetto
di
segno
,
ne
riaffermò
l
'
arbitrarietà
ma
al
tempo
stesso
la
sua
solidarietà
entro
il
sistema
,
in
cui
vide
,
anziché
un
agglomerato
di
sostanze
monadiche
,
una
rete
di
relazioni
e
di
valori
collettivi
,
di
costanti
differenziali
presenti
alla
mente
di
ogni
parlante
come
una
tastiera
potenziale
per
l
'
attuazione
del
discorso
.
Così
,
senza
negare
l
'
evoluzione
delle
lingue
e
quindi
il
loro
studio
diacronico
,
reagì
ad
uno
storicismo
frantumante
col
porre
prioritario
lo
studio
sincronico
,
cioè
sistematico
,
che
è
proprio
delle
scienze
naturali
,
e
coerentemente
,
pur
avendo
dato
un
geniale
contributo
alla
ricostruzione
preistorica
dell
'
indeuropeo
,
costituì
oggetto
primario
della
linguistica
la
vivente
lingua
parlata
,
riassorbendo
nella
naturalità
dell
'
oggetto
i
processi
psichici
,
quindi
il
fattore
umano
.
Non
si
può
dire
che
tutta
la
nuova
linguistica
del
Novecento
sia
scaturita
dall
'
insegnamento
teorico
di
Saussure
.
La
linguistica
statunitense
,
ad
esempio
,
formatasi
sulla
ricerca
etnologica
ed
etnolinguistica
relativa
agli
indiani
d
'
America
,
trovò
una
sua
via
moderna
nel
contatto
con
lingue
orali
,
prive
di
letteratura
scritta
e
mal
inseribili
nei
paradigmi
della
grammatica
di
tradizione
classica
.
Essa
ideò
una
tecnica
descrittiva
fondata
sull
'
analisi
della
frase
in
costituenti
immediati
,
e
sulla
distribuzione
delle
parole
nella
frase
,
cioè
elevò
le
posizioni
costanti
delle
parole
a
categorie
di
equivalenza
grammaticale
,
prescindendo
per
quanto
possibile
dal
significato
in
senso
concettualistico
,
anzi
respingendolo
in
nome
di
una
psicologia
comportamentistica
.
Vide
perciò
la
lingua
come
uno
stimolo
rivolto
ad
assicurare
l
'
interazione
dei
membri
di
una
comunità
;
come
un
sistema
formale
,
autonomo
dai
contenuti
mentali
delle
altre
discipline
ed
esso
stesso
non
mentalistico
(
cioè
indipendente
da
fattori
non
fisici
,
quali
lo
"
spirito
"
,
la
"
volontà
"
o
la
"
mente
"
)
,
ma
meccanicistico
,
cioè
retto
dai
meccanismi
del
sistema
nervoso
.
Una
grammatica
così
concepita
,
formalistica
e
operante
sul
corpus
di
ogni
lingua
con
metodo
rigorosamente
induttivo
,
se
da
un
lato
costituiva
un
allineamento
della
linguistica
con
la
psicologia
prevalente
in
America
e
faceva
esplicito
ricorso
alla
fisiologia
,
dall
'
altro
riduceva
semplicisticamente
il
gran
problema
del
significato
alla
situazione
schematica
stimolo
-
reazione
,
cioè
alle
manifestazioni
linguistiche
meramente
pratiche
,
e
si
appagava
di
risultati
tassonomici
e
descrittivi
.
Va
però
detto
che
questa
corrente
della
linguistica
statunitense
,
benemerita
sia
per
il
risoluto
tentativo
di
rinnovamento
metodologico
sia
per
l
'
attenzione
portata
allo
studio
della
sintassi
(
cenerentola
della
linguistica
tradizionale
)
,
fu
la
principale
,
non
l
'
unica
.
Di
contro
al
nome
di
Leonard
Bloomfield
,
suo
capostipite
,
va
posto
il
nome
di
Edward
Sapir
,
che
,
provenendo
dallo
stesso
campo
dell
'
etnolinguistica
,
collegò
acutamente
i
fatti
di
lingua
alla
mentalità
dei
popoli
primitivi
e
avanzò
l
'
ipotesi
di
una
stretta
correlazione
fra
le
civiltà
e
le
strutture
delle
lingue
rispettive
,
in
quanto
implicanti
un
'
analisi
dell
'
esperienza
e
una
visione
del
mondo
.
Orientamenti
analoghi
si
affermavano
quasi
contemporaneamente
nella
scuola
londinese
,
linguistica
e
antropologica
,
di
Firth
e
Malinowski
.
6
.
Dalla
teoria
di
Saussure
,
date
le
sue
molte
pregnanze
,
potevano
diramarsi
e
si
diramarono
indirizzi
diversi
.
Tutti
però
assunsero
il
carattere
comune
di
strutturalismo
linguistico
,
studiando
ogni
lingua
come
un
insieme
in
cui
"
tout
se
tient
,
tout
se
rallie
"
,
un
insieme
dunque
raccolto
in
una
coesione
ed
equilibrio
interni
che
lo
rendono
sistematico
.
Il
concetto
di
struttura
largamente
applicato
nelle
scienze
della
natura
e
nella
tecnologia
ora
con
valore
ontologico
ora
come
semplice
metodo
conoscitivo
od
operativo
,
ebbe
una
splendida
affermazione
nella
Scuola
di
Praga
,
che
alla
fine
degli
anni
Venti
,
sotto
la
guida
di
Trubeckoj
,
trasformò
la
fonetica
da
studio
generale
dei
suoni
linguistici
in
fonologia
,
ossia
in
studio
dei
fonemi
delle
singole
lingue
come
sistemi
chiusi
di
elementi
fonici
aventi
valore
distintivo
delle
parole
.
Si
sottrasse
così
,
per
la
prima
volta
,
il
suono
linguistico
ad
una
individuazione
generica
e
fluttuante
e
lo
si
correlò
direttamente
al
significato
,
ponendo
un
rapporto
funzionale
tra
i
due
aspetti
,
il
fonico
e
il
semantico
,
del
segno
linguistico
.
Lo
stesso
criterio
,
applicato
,
oltre
che
al
livello
fonetico
,
a
quello
morfologico
(
cioè
ad
un
altro
dei
cosiddetti
inventari
chiusi
della
lingua
)
,
consenti
eccellenti
descrizioni
,
ovviamente
sincroniche
,
di
lingue
vive
e
morte
,
e
forni
anche
la
spiegazione
di
fenomeni
diacronici
presentandoli
come
alterazione
dell
'
equilibrio
di
parti
del
sistema
in
una
certa
fase
e
come
suo
riassestamento
in
una
fase
ulteriore
;
una
diacronia
,
insomma
,
vista
come
la
successiva
stratificazione
di
più
stadi
subsistematici
entro
un
sistema
a
tendenza
autoconservativa
e
stabilizzatrice
.
Il
difetto
di
questa
filiazione
della
teoria
saussuriana
(
come
del
parallelo
strutturalismo
americano
di
cui
abbiamo
parlato
)
era
la
visione
eccessivamente
oggettuale
e
statica
della
lingua
,
la
cui
coesione
,
dovuta
alle
forze
interne
,
alla
entelechia
del
sistema
,
non
poteva
ricevere
da
interventi
esterni
,
primi
fra
tutti
quelli
dei
parlanti
,
se
non
impulsi
turbatori
e
destabilizzanti
.
Venne
però
al
soccorso
dello
strutturalismo
il
concetto
di
funzione
,
concetto
della
matematica
e
della
fisiologia
,
ma
già
diffuso
in
altri
rami
del
sapere
scientifico
e
tecnologico
;
il
quale
,
formalizzato
algebricamente
dalla
glossematica
del
danese
Hjelmslev
per
la
combinatoria
degli
elementi
del
sistema
,
assurse
a
principio
informatore
di
un
cospicuo
ramo
dello
strutturalismo
che
ben
si
poté
chiamare
funzionale
;
dove
il
concetto
di
funzione
non
solo
mise
in
evidenza
il
dinamismo
delle
strutture
,
cioè
i
fattori
che
le
muovono
governando
l
'
uso
della
lingua
e
ne
provocano
le
modificazioni
diacroniche
,
ma
intervenne
nel
definire
i
fini
stessi
dell
'
istituto
.
Non
posso
non
ricordare
qui
la
griglia
funzionale
proposta
dal
maggior
esponente
di
questo
strutturalismo
,
Roman
Jakobson
,
uno
dei
capi
del
formalismo
russo
e
dei
fondatori
della
Scuola
di
Praga
;
griglia
che
,
assorbendo
e
arricchendo
quella
precedentemente
formulata
dallo
psicologo
tedesco
Karl
Bühler
,
intreccia
e
distingue
sei
funzioni
della
lingua
:
referenziale
(
o
rappresentativa
o
denotativa
)
,
conativa
(
o
appellativa
o
ingiuntiva
)
,
emotiva
(
o
espressiva
o
affettiva
)
,
fatica
(
individuata
da
Malinowski
)
,
metalinguistica
,
poetica
.
L
'
inclusione
della
poetica
nella
griglia
delle
funzioni
della
lingua
segna
una
svolta
storica
,
in
quanto
rivendica
alla
linguistica
e
al
linguista
quella
"
grammatica
(
per
dirla
con
lo
stesso
Jakobson
)
della
poesia
"
che
per
secoli
ha
gravitato
sulla
retorica
e
,
più
modernamente
,
sulla
stilistica
,
senza
trarne
motivazione
sufficiente
.
Questa
griglia
funzionale
s
'
imposta
su
uno
schema
dell
'
atto
di
parola
,
o
atto
linguistico
,
che
Jakobson
mutua
dalla
teoria
ingegneresca
delle
comunicazioni
:
la
comunicazione
verbale
presuppone
un
emittente
e
un
destinatario
-
ricevente
che
abbiano
un
codice
comune
e
si
tengano
in
contatto
mediante
un
canale
entro
cui
passi
il
messaggio
.
Tale
schema
e
la
connessa
,
non
meno
ingegneresca
,
teoria
dell
'
informazione
,
che
ha
reso
possibile
la
quantificazione
del
significato
,
nonostante
la
loro
rigidità
tecnologica
hanno
aperto
nuove
prospettive
e
possibilità
allo
studio
del
parlato
nella
situazione
comunicativa
,
tanto
sotto
l
'
aspetto
attivo
che
ricettivo
.
È
grande
merito
di
Jakobson
non
aver
mai
trascurato
di
collegare
la
linguistica
con
discipline
scientifiche
e
tecnologiche
da
cui
essa
potesse
trarre
spunti
,
suggerimenti
,
occasioni
di
avanzamento
.
Si
pensi
ai
suoi
famosi
saggi
sull
'
apprendimento
infantile
del
linguaggio
e
sulle
menomazioni
afasiche
,
nei
quali
egli
ha
utilizzato
i
risultati
degli
esperimenti
psicolinguistici
sui
bambini
,
e
delle
osservazioni
neurologiche
sugli
afasici
,
come
indizi
della
fondazione
delle
leggi
strutturali
fonologiche
e
delle
leggi
di
codificazione
e
decodificazione
in
cagione
dei
rapporti
di
similarità
(
o
metafora
)
e
di
contiguità
(
o
metonimia
)
su
cui
si
impernia
la
libertà
selettiva
e
combinatoria
del
parlante
.
L
'
idea
nuova
che
unisce
questi
saggi
è
che
tanto
i
processi
di
instaurazione
che
quelli
di
degradazione
o
dissoluzione
dell
'
attività
linguistica
(
disturbi
di
contiguità
,
o
combinazione
,
e
disturbi
di
similarità
,
o
selezione
)
possono
dare
al
linguista
preziose
indicazioni
sull
'
origine
,
la
struttura
,
il
funzionamento
e
i
mutamenti
del
linguaggio
.
Ma
anche
gli
psicologi
e
i
neurologi
dalla
interpretazione
linguistica
dei
fenomeni
fisiologici
o
patologici
osservati
possono
trarre
orientamento
sia
per
la
sperimentazione
sia
per
la
localizzazione
e
interpretazione
dei
disturbi
,
se
è
vero
quanto
asserisce
Jakobson
che
non
è
assurdo
pensare
ad
una
correlazione
tra
la
topografia
cerebrale
e
le
coordinate
di
simultaneità
e
successione
che
presiedono
all
'
uso
del
linguaggio
;
e
la
terapia
trova
senza
dubbio
un
gran
vantaggio
nella
collaborazione
iatrolinguistica
.
7
.
All
'
analisi
dell
'
atto
linguistico
in
situazione
comunicativa
si
sono
rivolti
negli
ultimi
decenni
studiosi
di
indirizzi
affatto
diversi
.
Si
è
accennato
allo
schema
ingegneresco
ripreso
da
Jakobson
e
da
lui
sotteso
alla
sua
griglia
funzionale
.
Un
filosofo
inglese
,
John
Austin
,
capo
della
Scuola
analitica
di
Oxford
,
ne
ha
data
invece
una
formulazione
fondata
non
tanto
sulla
funzione
e
quindi
natura
del
messaggio
,
quanto
sulla
sua
forza
illocutiva
,
definita
con
criteri
psico
-
semantici
.
La
quale
forza
illocutiva
prende
,
secondo
l
'
intenzione
del
parlante
,
il
modo
della
domanda
o
del
consiglio
o
dell
'
asserzione
o
dell
'
ordine
o
della
promessa
ecc
.
,
e
mira
ad
un
effetto
perlocutivo
,
che
può
essere
di
ottenere
una
.
risposta
,
di
convincere
,
d
'
impedire
,
di
spaventare
ecc
.
,
e
può
non
essere
raggiunto
.
Importante
è
stata
la
scoperta
di
una
categoria
di
verbi
che
,
usati
in
enunciati
affermativi
alla
prima
persona
del
tempo
presente
,
hanno
un
effetto
performativo
o
,
per
dirla
italianamente
,
esecutivo
,
giacché
il
parlante
(
o
scrivente
)
col
solo
emettere
il
proprio
enunciato
compie
un
'
azione
pragmatica
:
quali
ì
verbi
ordinare
,
promettere
,
approvare
,
attestare
,
comunicare
ecc
.
;
a
patto
,
ovviamente
,
che
i
relativi
enunciati
siano
emessi
in
una
condizione
di
"
felicità
"
,
che
cioè
siano
presenti
i
presupposti
necessari
all
'
effetto
.
Con
tale
concezione
l
'
atto
linguistico
da
intellettivo
che
era
entra
in
pieno
dentro
il
mondo
della
prassi
,
dell
'
azione
,
e
rifonda
modernamente
le
intuizioni
dell
'
antica
retorica
.
Un
passo
ulteriore
si
deve
al
filosofo
americano
Paul
Grice
,
che
si
è
adoperato
ad
accorciare
la
distanza
tra
la
semantica
dei
linguaggi
formali
e
quella
dei
linguaggi
naturali
,
tra
la
logica
del
vero
e
del
falso
e
la
logica
di
quell
'
opera
di
collaborazione
che
è
la
conversazione
,
governata
da
una
serie
di
massime
e
di
implicature
conversazionali
che
Grice
formula
con
vivo
senso
del
contesto
situazionale
dell
'
atto
linguistico
,
del
suo
carattere
pragmatico
e
dell
'
importanza
dell
'
ascoltatore
collaborante
.
Queste
teorie
hanno
promosso
nell
'
ultimo
decennio
un
crescente
interesse
per
la
pragmatica
,
cioè
per
l
'
effettivo
studio
di
quella
lingua
parlata
che
,
nonostante
gli
appelli
di
Saussure
e
dei
suoi
seguaci
,
non
è
mai
stata
esaminata
nella
globalità
e
nella
immediatezza
del
suo
manifestarsi
.
È
evidente
la
complessità
di
una
tale
analisi
:
resta
arduo
,
anzitutto
,
delimitare
il
contesto
pragmatico
dell
'
interazione
dialogica
,
le
componenti
di
sua
pertinenza
(
nozioni
generali
presupposte
comuni
ai
parlanti
,
o
loro
"
enciclopedia
"
;
presupposizioni
particolari
;
differenze
sociolinguistiche
ecc
.
)
,
e
ipotizzare
modelli
di
complementarizzazione
fra
tali
componenti
e
la
materia
linguistica
.
Si
deve
poi
tener
conto
che
il
messaggio
orale
è
pluricodice
,
giacché
il
codice
linguistico
viene
integrato
,
quando
non
duplicato
,
dal
codice
gestuale
,
e
il
profferimento
degli
enunciati
è
modulato
da
un
andamento
prosodico
,
cioè
da
fattori
di
intonazione
,
durata
e
intensità
che
incidono
profondamente
sul
significato
degli
enunciati
e
sugli
effetti
perlocutivi
;
fattori
sinora
scarsamente
considerati
,
ma
che
la
fonetica
strumentale
,
ormai
dotata
di
apparecchiature
raffinate
,
sta
analizzando
con
la
indispensabile
collaborazione
di
acustici
,
audiologi
,
matematici
.
L
'
osservazione
diretta
del
parlato
,
come
ha
contribuito
a
distaccare
il
significato
dal
concettualismo
,
e
dal
vero
funzionalismo
della
logica
,
così
ha
indotto
il
linguista
a
superare
i
limiti
della
grammatica
di
frase
per
entrare
in
quella
del
discorso
,
la
cui
concatenazione
e
progressione
non
erano
state
finora
sottoposte
a
rilievi
sistematici
.
Tanto
sul
versante
del
parlato
che
sul
versante
dello
scritto
si
va
elaborando
quella
"
linguistica
del
testo
"
che
cerca
di
render
conto
di
una
compagine
discorsiva
con
ragioni
linguistiche
ignote
alla
tradizionale
teoria
dei
generi
letterari
.
In
che
modo
può
cominciare
un
discorso
(
o
un
testo
)
,
e
come
certi
modi
sono
condizionati
da
certe
situazioni
e
da
certi
presupposti
;
con
quali
elementi
s
'
imposta
la
deissi
spazio
-
temporale
del
dialogo
o
del
racconto
;
in
che
modo
si
attua
la
connessione
e
progressione
tematica
o
rematica
del
discorso
(
o
testo
)
;
che
cosa
assicura
l
'
unità
e
identità
di
esso
:
ecco
i
principali
problemi
di
questa
linguistica
in
cui
confluiscono
,
oltre
a
metodologie
letterarie
e
semiotiche
(
basta
fare
il
nome
del
geniale
filologo
e
critico
tedesco
Harald
Weinrich
e
richiamare
i
numerosi
studi
di
semiotica
del
racconto
o
narratologia
)
,
la
semantica
generativa
e
la
semantica
logica
rispettivamente
applicate
all
'
analisi
del
testo
dalla
scuola
olandese
di
van
Dijk
e
dalla
scuola
tedesca
di
Petöfi
.
Né
va
dimenticato
che
l
'
analisi
approfondita
del
testo
parlato
ha
giovato
ad
una
migliore
definizione
,
per
differentiam
,
del
testo
scritto
e
dei
suoi
caratteri
relativamente
autonomi
dalla
situazione
pragmatica
;
testo
scritto
il
cui
organismo
linguistico
è
stato
dato
per
conosciuto
durante
molti
secoli
ed
ha
servito
soltanto
come
documento
di
lingua
o
come
oggetto
di
rilievi
stilistici
.
Ovviamente
l
'
attenzione
all
'
atto
linguistico
in
situazione
comunicativa
non
poteva
non
avere
conseguenze
sulle
ricerche
dialettologiche
di
campo
.
Accanto
al
tradizionale
carattere
della
raccolta
lessicologica
e
della
cartografia
linguistica
esse
hanno
assunto
quelle
dell
'
inchiesta
sociolinguistica
.
La
degradazione
dei
dialetti
sotto
la
pressione
della
lingua
nazionale
o
della
emigrazione
interna
,
la
condizione
delle
minoranze
linguistiche
,
la
correlazione
tra
inferiorità
linguistica
e
inferiorità
sociale
,
la
questione
della
lingua
comune
come
problema
politico
nel
quadro
della
cultura
dominante
,
della
scuola
dell
'
obbligo
e
della
lotta
di
classe
,
ecco
le
principali
prospettive
di
un
ramo
della
odierna
linguistica
che
assume
toni
impegnati
laddove
si
presentano
dislivelli
e
travagli
sociali
e
dove
più
ferve
il
dibattito
ideologico
.
Siamo
in
quel
campo
della
linguistica
applicata
dove
l
'
interesse
teorico
per
il
linguaggio
cede
a
quello
per
la
vita
delle
singole
lingue
nel
contesto
delle
comunità
storiche
,
interesse
che
può
sfociare
,
attraverso
programmazioni
glottodidattiche
,
in
una
vera
e
propria
politica
della
lingua
.
Un
documento
tipico
della
ideologizzazione
del
problema
della
lingua
nella
società
e
nella
scuola
contemporanee
è
la
Lettera
a
una
professoressa
scritta
da
don
Lorenzo
Milani
nel
1967
,
lettera
che
riuscì
a
sommuovere
l
'
opinione
degli
insegnanti
e
ad
avviare
un
fortemoto
di
contestazione
dell
'
insegnamento
tradizionale
nel
suo
aspetto
non
soltanto
linguistico
;
giacché
toccare
la
lingua
come
problema
sociale
significa
,
specialmente
in
Italia
,
toccare
anche
la
cultura
di
cui
la
lingua
è
stata
strumento
.
8
.
La
più
importante
e
originale
teoria
linguistica
apparsa
dopo
lo
strutturalismo
di
Saussure
e
della
Scuola
di
Praga
è
_
senza
dubbio
la
grammatica
generativa
proposta
dal
linguista
statunitense
Noam
Chomsky
col
celebre
libretto
Syntactic
Structures
del
1957
e
instancabilmente
,
fino
ad
oggi
,
rielaborata
.
Per
rendersi
conto
della
sua
portata
speculativa
e
metodologica
occorre
rifarsi
all
'
ambiente
culturale
da
cui
è
emersa
e
a
cui
si
è
contrapposta
:
quello
strutturalismo
formalistico
e
antimentalistico
americano
che
era
approdato
ad
una
descrizione
tassonomica
fondata
sull
'
analisi
della
frase
in
costituenti
,
sulla
categorizzazione
delle
parole
secondo
la
loro
distribuzione
nella
frase
e
sul
significato
come
meccanismo
comportamentistico
;
analisi
condotta
con
metodo
induttivo
sopra
un
corpus
di
enunciati
.
Chomsky
non
rinnega
l
'
analisi
in
costituenti
né
la
maggiore
innovazione
di
quell
'
indirizzo
:
lo
straordinario
rilievo
dato
alla
sintassi
come
oggetto
primo
dell
'
analisi
linguistica
.
Ma
respinge
la
concezione
comportamentistica
che
esteriorizza
e
meccanizza
banalmente
il
processo
linguistico
,
e
afferma
la
necessità
di
riportarlo
all
'
interno
,
alla
mente
del
parlante
.
Una
mente
,
però
,
non
contrapposta
al
corpo
,
concetto
d
'
altronde
aperto
ed
in
rapido
svolgimento
,
ma
biologicamente
costituita
;
e
non
unitaria
,
ma
composta
di
varie
facoltà
che
possiamo
assimilare
agli
organi
del
corpo
e
analizzare
come
analizziamo
quelli
.
Una
di
tali
facoltà
è
appunto
il
linguaggio
,
il
cui
studio
fa
dunque
parte
della
biologia
umana
.
Il
linguaggio
è
una
facoltà
"
computazionale
"
,
cioè
un
processing
di
principi
e
regole
per
larga
parte
inconsci
,
che
determinano
la
forma
e
il
significato
delle
frasi
e
si
dividono
in
due
sistemi
:
un
sistema
geneticamente
innato
,
che
definisce
la
facoltà
di
linguaggio
per
tutto
il
genere
umano
ed
è
perciò
composto
di
universali
linguistici
,
i
quali
si
manifestano
con
straordinaria
rapidità
e
facilità
nell
'
acquisizione
infantile
della
lingua
materna
;
ed
un
sistema
più
ricco
,
più
complesso
,
diversificato
da
lingua
a
lingua
,
che
viene
acquisito
per
costruzione
lenta
nel
contatto
con
l
'
ambiente
.
Ad
una
grammatica
universale
o
centrale
si
unisce
dunque
,
in
ogni
lingua
storica
,
una
grammatica
particolare
,
intendendo
col
termine
"
grammatica
"
tanto
l
'
insieme
finito
delle
regole
che
costituiscono
nella
mente
del
parlante
la
facoltà
di
linguaggio
e
quindi
producono
o
,
con
termine
matematico
,
"
generano
"
mediante
processi
ricorsivi
le
infinite
possibili
frasi
di
una
data
lingua
,
quanto
la
teoria
scientifica
,
formalizzata
,
che
corrisponde
a
quella
grammatica
e
che
ha
la
più
forte
capacità
di
"
generare
"
la
descrizione
strutturale
delle
stesse
frasi
.
La
grammatica
interiorizzata
costituisce
quella
che
Chomsky
chiama
la
competenza
del
parlante
(
e
dell
'
ascoltatore
)
e
che
non
è
identificabile
né
al
"
sentimento
linguistico
"
degli
studiosi
di
formazione
storico
-
idealistica
,
né
alla
"
lingua
"
degli
strutturalisti
,
cioè
al
sistema
linguistico
come
virtuale
compagine
di
tostanti
,
ma
è
la
facoltà
stessa
di
linguaggio
nella
sua
incessante
generatività
o
"
creatività
"
(
non
però
in
accezione
idealistica
)
,
che
consiste
nell
'
applicare
con
ordine
ciclico
le
regole
e
,
anche
,
nel
cambiarle
.
Il
codice
e
programma
computazionale
,
il
software
della
facoltà
di
linguaggio
è
l
'
insieme
delle
regole
sintattiche
,
il
cui
dinamico
processing
porta
alla
superficie
enunciativa
gli
elementi
lessicali
nella
loro
veste
fonetica
e
nella
loro
"
forma
logica
'
'
,
che
è
quella
forma
per
cui
-
come
osservò
il
vecchio
Aristotele
-
il
significato
della
frase
(
o
significato
linguistico
)
non
è
la
somma
dei
significati
delle
parole
(
significato
nozionale
)
che
la
compongono
.
La
sintassi
è
dunque
al
centro
della
concezione
chomskiana
;
la
quale
lascia
in
ombra
la
semantica
,
pur
riconoscendo
la
sua
presenza
e
problematicità
(
e
in
penombra
la
fonetica
,
affidandola
alla
naturalità
dell
'
esecuzione
)
.
È
per
questo
che
una
corrente
,
per
così
dire
scismatica
,
della
scuola
di
Chomsky
,
la
Semantica
generativa
,
ha
tentato
di
restituire
al
significato
una
funzione
primaria
,
ponendo
le
funzioni
semantiche
della
frase
(
i
"
casi
"
)
come
struttura
profonda
.
E
,
più
o
meno
indipendentemente
dalla
stessa
concezione
chomskiana
,
la
teorizzazione
sul
segno
linguistico
(
semiotica
)
e
recenti
indirizzi
della
logica
(
Montague
,
Searle
,
Cresswel
ecc
.
)
hanno
riportato
il
significato
nell
'
orbita
problematica
delle
lingue
naturali
e
lo
hanno
riproposto
ai
linguisti
.
Dei
risultati
della
grammatica
generativa
nella
descrizione
ed
esplicazione
delle
singole
lingue
faranno
un
bilancio
preciso
gli
anni
futuri
.
Nel
presente
s
'
impone
la
novità
e
l
'
audacia
di
una
teoria
che
,
fondandosi
sopra
una
epistemologia
rigorosa
,
ha
rimosso
la
lingua
dalla
oggettività
oggettuale
e
dal
funzionalismo
astratto
in
cui
aveva
finito
col
bloccarla
lo
strutturalismo
e
l
'
ha
in
toto
richiamata
all
'
interno
del
soggetto
.
9
.
Il
mio
sommario
discorso
ha
tentato
o
,
per
essere
più
onesti
,
ha
presunto
di
dare
una
risposta
alla
domanda
:
Che
cos
'
è
la
linguistica
?
,
che
meglio
sarebbe
stato
formulare
:
Che
cosa
sono
le
linguistiche
?
,
tante
specializzazioni
vanta
ormai
questa
disciplina
per
la
quale
può
valere
il
motto
"
Quantumvis
circumi
;
numquam
me
complecteris
"
.
Una
disciplina
,
comunque
,
non
è
mai
ciò
che
parrebbe
indicare
la
sua
tramandata
e
corrente
etichetta
;
una
disciplina
non
è
,
ma
si
fa
,
si
fa
incessantemente
,
e
incessantemente
plasma
il
proprio
oggetto
;
aggiungerei
"
inquietamente
"
,
perché
l
'
inquietudine
mentale
,
la
"
santa
impazienza
"
di
Valéry
,
è
la
ragion
di
vita
della
scienza
e
dello
scienziato
.
Perciò
ho
voluto
e
quasi
dovuto
presentare
la
linguistica
,
sia
pur
schematicamente
,
nel
suo
rincorrere
se
stessa
attraverso
l
'
imponente
maturazione
scientifica
dell
'
età
moderna
;
e
ho
tenuto
a
mettere
in
evidenza
,
accanto
alle
sue
giuste
pretese
di
autonomia
,
l
'
appello
che
essa
rivolge
,
soprattutto
oggi
,
non
solo
alle
discipline
che
le
furono
sempre
compagne
,
come
la
logica
,
l
'
etnologia
e
la
psicologia
,
ma
alla
fisica
,
alla
cibernetica
,
alla
fisiologia
,
alla
neurologia
,
a
tutte
quelle
scienze
,
insomma
,
che
possono
far
luce
sulle
strategie
di
percezione
,
di
acquisizione
,
di
memorizzazione
,
di
programmazione
,
di
esecuzione
dell
'
individuo
parlante
e
ascoltante
.
Questo
appello
essa
rivolge
non
per
esorbitare
presuntuosamente
dal
proprio
compito
di
studiare
le
lingue
naturali
negli
accettati
livelli
di
struttura
(
fonetico
,
morfologico
-
sintattico
e
semantico
)
e
nel
dinamico
rapporto
fra
tali
livelli
solo
conoscitivamente
separabili
,
ma
per
non
potersi
oggi
esimere
dall
'
estendere
la
sua
intellezione
alla
integrale
fenomenologia
del
linguaggio
come
facoltà
costitutiva
dell
'
essere
umano
,
né
dal
fondarsi
sopra
assunti
teorici
che
,
al
punto
di
esigenza
metodologica
ed
esplicativa
cui
è
giunta
oggi
,
la
linguistica
ritiene
tanto
indispensabili
quanto
non
più
formulabili
in
via
di
domestica
ipotesi
.
Chi
insomma
oggi
fa
della
linguistica
,
sa
e
deve
sapere
che
,
o
faccia
della
modesta
grammatica
storica
o
della
formalizzata
grammatica
generativa
,
egli
si
muove
in
un
flusso
di
pensiero
e
in
una
prospettiva
giudicante
cui
il
suo
operare
non
può
sottrarsi
,
ma
solo
il
dato
nella
sua
ingenua
e
disponibile
datità
.
Al
postutto
,
siano
le
linguistiche
molte
o
una
sola
,
siano
i
loro
temi
e
problemi
costanti
o
ricorrenti
e
le
loro
motivazioni
alternative
o
complementari
,
sta
di
fatto
che
è
il
loro
oggetto
,
la
lingua
,
ad
essere
indelimitabile
e
inesauribile
da
qualsiasi
approccio
,
cioè
non
riassorbibile
in
nessuno
di
essi
.
Al
di
là
della
logica
,
dell
'
acustica
,
della
biologia
resta
sempre
la
lingua
,
e
il
vero
linguista
se
la
ritrova
davanti
,
circolarmente
,
oltre
le
griglie
cognitive
di
cui
essa
è
pur
sempre
un
presupposto
.
L
'
approccio
logico
o
biologico
,
che
punta
sugli
universali
mentali
o
fisiologici
,
e
l
'
approccio
idealistico
,
che
punta
sull
'
individualità
storica
e
creatrice
,
sono
stati
e
sono
momenti
alterni
e
ricorrenti
,
che
rispondono
a
istanze
complementari
dei
loro
oggetti
,
cioè
di
quella
facoltà
di
linguaggio
che
non
è
un
mero
automatismo
e
di
quelle
lingue
storiche
che
non
sono
né
mera
naturalità
né
meri
codici
,
e
sono
pertanto
non
passibili
di
"
calcoli
"
di
precisione
,
e
di
previsione
se
non
probabilistica
,
stando
al
loro
centro
un
principio
d
'
indeterminazione
,
quel
principio
d
'
indeterminazione
della
storia
umana
che
è
,
secondo
il
parere
di
un
fisico
molto
autorevole
,
l
'
individuo
.
Saggistica ,
Prefazione
L
'
origine
di
questo
saggio
è
una
conferenza
tenuta
nel
marzo
del
1972
per
invito
dell
'
Associazione
culturale
italiana
di
Torino
.
Il
testo
fu
pubblicato
,
in
parte
,
nel
fascicolo
del
31
marzo
1972
dell
'
"
Astrolabio
"
e
,
integralmente
,
nel
fascicolo
XXXI
dell
'
Associazione
culturale
italiana
(
giugno
1972
)
;
una
versione
rielaborata
apparve
nei
"
Quaderni
di
sociologia
"
(
dicembre
1972
)
;
ampi
estratti
sono
stati
poi
inclusi
nell
'
antologia
curata
da
Paolo
Farneti
,
Il
sistema
politico
italiano
(
Il
Mulino
,
Bologna
,
1973
)
.
Il
tema
prescelto
per
la
conferenza
si
ricollegava
a
riflessioni
che
andavo
facendo
da
qualche
tempo
sulla
situazione
economico
-
sociale
del
nostro
paese
e
sul
nuovamente
insorgente
pericolo
fascista
.
In
modo
particolare
intendevo
richiamare
l
'
attenzione
dei
sociologi
,
degli
studiosi
di
scienze
politiche
e
degli
stessi
uomini
politici
sulla
necessità
di
dare
il
giusto
peso
,
nel
predisporre
i
loro
studi
e
le
loro
azioni
,
ai
dati
quantitativi
della
struttura
sociale
italiana
.
A
quanto
pare
,
esisteva
il
bisogno
di
un
'
indagine
di
questo
tipo
,
poiché
prima
l
'
articolo
apparso
sull
'
"
Astrolabio
"
e
,
in
seguito
,
il
saggio
apparso
sui
"
Quaderni
di
sociologia
"
sono
stati
oggetto
di
numerosi
dibattiti
.
Vi
sono
state
critiche
;
e
di
queste
,
nella
misura
in
cui
mi
hanno
convinto
,
ho
cercato
di
tener
conto
nella
nuova
versione
del
mio
lavoro
,
che
costituisce
appunto
questo
libro
.
Non
entrerò
nel
merito
delle
critiche
che
non
mi
convincono
,
eccetto
che
in
un
caso
:
mi
riferisco
alla
critica
proveniente
da
alcuni
intellettuali
di
sinistra
secondo
la
quale
io
avrei
indebitamente
incluso
fra
le
classi
medie
alcuni
strati
,
come
lo
strato
dei
contadini
poveri
,
che
a
tutti
gli
effetti
vanno
assimilati
al
proletariato
;
più
in
generale
,
io
avrei
sottovalutato
il
processo
di
proletarizzazione
,
che
investe
oramai
la
maggior
parte
dei
lavoratori
dipendenti
,
inclusi
gli
impiegati
pubblici
e
privati
.
Ora
,
non
c
'
è
dubbio
che
qualsiasi
classificazione
,
e
quindi
anche
quella
qui
proposta
,
è
fondata
su
criteri
,
in
misura
non
piccola
,
arbitrari
:
ho
presentato
le
stime
delle
sottoclassi
e
delle
singole
categorie
proprio
per
aiutare
quei
lettori
a
ricomporre
il
quadro
in
rapporto
ai
loro
fini
.
Tuttavia
,
debbo
avvertire
che
io
sono
radicalmente
contrario
ad
una
concezione
di
tipo
pirandelliano
(
così
è
se
vi
pare
)
.
L
'
arbitrio
delle
definizioni
e
delle
classificazioni
è
inevitabile
,
ma
solo
entro
limiti
;
e
le
definizioni
,
come
le
classificazioni
,
non
avvengono
nel
vuoto
,
ma
acquistano
significato
in
un
contesto
ben
definito
.
Così
,
avevo
incluso
fra
le
"
classi
medie
"
tutti
i
coltivatori
diretti
compresi
i
contadini
poveri
tenendo
conto
,
più
che
delle
loro
condizioni
economiche
,
del
loro
tipo
di
cultura
e
dell
'
attaccamento
a
certi
valori
tradizionali
e
patriarcali
;
ma
avevo
già
avvertito
che
queste
persone
si
trovano
in
condizioni
simili
(
spesso
anche
peggiori
)
di
quelle
dei
salariati
dell
'
industria
,
cosicché
i
loro
interessi
possono
convergere
con
quelli
della
classe
operaia
;
e
si
può
operare
politicamente
in
questa
direzione
.
Tuttavia
,
se
si
fa
riferimento
ad
un
paese
come
l
'
Italia
e
si
vuole
studiare
la
situazione
sociale
così
com
'
è
e
non
come
si
vorrebbe
che
fosse
o
come
forse
sarà
,
conviene
includere
anche
i
contadini
poveri
fra
le
così
dette
classi
medie
.
Viceversa
,
in
paesi
economicamente
arretrati
,
dove
masse
di
contadini
e
di
salariati
agricoli
vivono
al
limite
della
sussistenza
biologica
e
dove
,
man
mano
che
si
fa
strada
la
coscienza
della
loro
condizione
,
la
domanda
di
una
riforma
agraria
radicale
o
addirittura
rivoluzionaria
sommerge
qualsiasi
tradizionalismo
,
una
tale
procedura
non
sarebbe
corretta
;
ed
in
effetti
,
nel
testo
,
per
i
paesi
relativamente
arretrati
,
ho
proposto
una
diversa
suddivisione
delle
classi
,
in
cui
si
mette
nel
dovuto
rilievo
la
posizione
dei
diversi
strati
sociali
e
delle
diverse
classi
nell
'
ambito
dell
'
agricoltura
(
parte
I
,
cap
.
8
)
.
In
ogni
modo
,
è
certo
importante
approfondire
l
'
analisi
critica
della
struttura
sociale
nell
'
agricoltura
del
nostro
paese
.
Ed
è
importante
definire
accuratamente
e
tentare
di
valutare
,
da
un
lato
,
il
fenomeno
della
proletarizzazione
di
certi
strati
di
ceti
medi
e
,
dall
'
altro
,
il
fenomeno
dell
'
imborghesimento
di
certi
strati
di
operai
.
Ma
la
tesi
secondo
cui
il
processo
di
proletarizzazíone
coinciderebbe
col
processo
di
espansione
dei
lavoratori
dipendenti
,
di
modo
che
esso
investirebbe
oramai
la
massima
parte
dei
lavoratori
,
è
una
tesi
falsa
sul
piano
dell
'
analisi
e
pericolosa
anche
da
un
punto
di
vista
politico
di
sinistra
.
Sostenere
che
gl
'
impiegati
di
aziende
municipalizzate
,
o
delle
aziende
di
credito
,
o
di
enti
locali
,
che
hanno
oggi
(
1974
)
uno
stipendio
medio
che
si
aggira
su
quattrocento
mila
lire
mensili
(
con
punte
di
2-3
milioni
)
stanno
nella
stessa
barca
in
cui
navigano
gli
operai
metalmeccanici
,
che
oggi
hanno
una
retribuzione
media
nettamente
inferiore
alla
metà
e
svolgono
un
lavoro
duro
,
alienante
e
soggetto
a
gravi
rischi
d
'
infortuni
,
non
significa
affatto
compiere
una
coraggiosa
opera
di
critica
e
di
denuncia
,
ma
significa
oscurare
l
'
essenza
del
principale
problema
politico
contemporaneo
di
paesi
come
il
nostro
,
che
è
il
problema
dei
rapporti
fra
classe
operaia
e
ceti
medi
.
Anzi
,
tesi
di
questo
genere
sono
esse
stesse
una
delle
espressioni
dell
'
ideologia
piccolo
-
borghese
,
che
tende
a
minimizzare
le
differenze
(
spesso
enormi
)
fra
operai
e
ceti
medi
.
Nel
suo
importante
libro
La
giungla
retributiva
(
Il
Mulino
,
Bologna
,
1972
)
Ermanno
Corrieri
denuncia
questa
mistificazione
in
termini
così
efficaci
,
che
non
mi
resta
che
riportarli
:
"
Oggi
(...)
questa
ideologia
[
di
ceti
medi
]
assume
caratteri
ancor
più
sottili
e
insidiosi
,
in
quanto
spesso
si
ammanta
di
tutto
un
complesso
di
argomentazioni
"
di
sinistra
"
.
Si
afferma
che
è
in
atto
un
processo
di
proletarizzazione
dei
ceti
medi
,
che
la
loro
condizione
va
assimilandosi
sempre
più
a
quella
degli
operai
e
dei
contadini
.
Si
aggiunge
che
l
'
area
dello
sfruttamento
capitalistico
si
va
estendendo
a
nuovi
gruppi
sociali
:
ai
tecnici
,
agli
intellettuali
,
agli
artigiani
,
ai
commercianti
,
ai
piccoli
industriali
.
Quindi
il
nemico
da
combattere
è
uno
solo
:
il
grande
capitale
monopolistico
;
e
sull
'
altare
di
questa
battaglia
,
non
hanno
importanza
le
altre
diseguaglianze
;
anzi
il
soffermarsi
su
di
esse
indebolisce
la
necessaria
alleanza
della
classe
operaia
e
contadina
con
i
ceti
medi
,
contro
i
"
padroni
"
.
Si
teorizza
la
figura
dell
'
intellettuale
spogliato
di
ogni
funzione
libera
e
autonoma
e
trasformato
in
strumento
di
trasmissione
della
cultura
borghese
e
di
conservazione
del
sistema
capitalistico
:
come
tale
,
anch
'
egli
,
al
pari
dell
'
operaio
e
del
contadino
,
è
espropriato
di
qualcosa
e
quindi
è
uno
sfruttato
.
Ora
,
è
evidente
che
queste
tesi
,
di
per
sé
,
non
sono
prive
di
fondamento
.
Ma
la
mistificazione
consiste
nel
passare
da
un
discorso
di
sfruttamento
e
di
subordinazione
"
politica
"
ad
un
discorso
di
disagio
e
di
inferiorità
economico
-
sociale
che
sarebbe
comune
ai
ceti
intellettuali
e
alla
classe
operaia
e
contadina
.
In
forza
di
questo
passaggio
,
gli
intellettuali
"
di
sinistra
"
e
i
loro
sindacati
,
se
a
parole
sono
pronti
a
riconoscere
la
legittimità
delle
rivendicazioni
operaie
e
contadine
,
di
fatto
,
più
che
schierarsi
e
lottare
al
loro
fianco
,
si
sentono
in
diritto
di
chiedere
la
loro
solidarietà
a
favore
delle
proprie
lotte
,
anche
se
queste
,
spesso
hanno
per
obiettivo
la
conservazione
e
il
consolidamento
di
condizioni
economiche
avvantaggiate
e
,
di
conseguenza
,
il
mantenimento
delle
distanze
rispetto
agli
operai
e
ai
contadini
.
Il
fatto
è
che
la
matrice
culturale
e
la
collocazione
sociale
influenzano
inconsapevolmente
e
pesantemente
anche
chi
è
impegnato
,
da
posizioni
di
sinistra
,
in
un
sincero
sforzo
di
trasformazione
della
società
.
E
gli
interessi
costituiscono
una
molla
potente
che
spinge
tutti
ad
elaborare
ideologie
di
giustificazione
e
di
sostegno
delle
proprie
esigenze
.
E
così
uomini
di
sinistra
si
associano
alle
rivendicazioni
retributive
delle
categorie
impiegatizio
-
intellettuali
(
o
magari
alle
lotte
per
il
salario
a
tutti
gli
studenti
)
,
nella
convinzione
di
operare
di
conserva
con
gli
operai
e
i
contadini
contro
il
"
sistema
"
,
ma
senza
considerare
che
queste
rivendicazioni
finiscono
per
essere
finanziate
con
un
ulteriore
prelievo
sul
risultato
dell
'
attività
produttiva
e
quindi
per
esser
pagate
dai
lavoratori
impegnati
in
tale
attività
"
.
Mi
è
stata
attribuita
l
'
idea
secondo
cui
la
"
classe
media
"
consisterebbe
in
un
coacervo
di
ceti
e
di
gruppi
sociali
essenzialmente
corrotti
e
retrivi
,
così
che
nel
nostro
paese
le
prospettive
non
solo
della
vita
sociale
ma
della
stessa
vita
politica
sarebbero
catastrofiche
.
Una
tale
interpretazione
è
ingiustificata
.
Sebbene
io
faccia
più
volte
riferimento
agli
individui
famelici
,
servili
e
culturalmente
rozzi
,
che
sono
molto
numerosi
fra
i
ceti
medi
,
avverto
altrettanto
spesso
che
esistono
strati
civilmente
robusti
e
capaci
di
operare
come
forze
di
progresso
;
si
tratta
di
strati
esili
,
è
vero
,
ma
non
trascurabili
e
suscettibili
di
espansione
.
Anzi
,
ritengo
che
il
problema
politico
centrale
nel
nostro
paese
(
e
non
solo
nel
nostro
paese
)
consista
oggi
i
nel
fatto
che
la
classe
operaia
,
pur
essendo
sempre
una
classe
subalterna
,
lo
è
in
misura
decrescente
e
,
nel
suo
complesso
,
si
trova
economicamente
e
politicamente
in
ascesa
.
Ora
,
di
fronte
a
questo
processo
i
ceti
medi
reagiscono
in
modi
profondamente
contrastanti
:
alcuni
l
'
accettano
,
altri
lo
considerano
con
orrore
.
Tuttavia
,
l
'
area
del
consenso
cresce
come
conseguenza
non
di
un
processo
di
proletarizzazione
economica
,
inesistente
in
quanto
processo
generale
,
ma
di
un
processo
di
crescita
civile
e
di
maturazione
culturale
,
processo
che
non
si
svolge
nelle
nuvole
ma
che
certo
,
nella
terminologia
marxista
,
appartiene
più
alla
sovrastruttura
che
alla
struttura
.
Oltre
ad
alcune
varianti
di
non
grande
rilievo
,
introdotte
per
tener
conto
di
certe
critiche
o
per
chiarire
e
integrare
le
analisi
già
svolte
,
ho
introdotte
diverse
innovazioni
nel
testo
apparso
nei
"
Quaderni
di
sociologia
"
.
Ecco
le
principali
innovazioni
.
1
.
Ho
modificate
le
stime
delle
classi
e
sottoclassi
sociali
,
specialmente
quelle
connesse
con
l
'
agricoltura
,
dopo
esser
venuto
a
conoscenza
dell
'
importante
monografia
di
Ornello
Vitali
,
La
popolazione
attiva
in
agricoltura
attraverso
i
censimenti
italiani
(
Istituto
di
demografia
della
Facoltà
di
scienze
statistiche
,
Roma
,
1968
)
.
Le
valutazioni
della
popolazione
attiva
in
agricoltura
sono
comunque
incerte
e
arbitrarie
,
per
molte
ragioni
,
in
primo
luogo
per
la
posizione
delle
donne
che
vivono
in
campagna
e
che
,
specialmente
nelle
piccole
aziende
contadine
,
possono
essere
classificate
come
"
attive
"
o
come
"
casalinghe
"
secondo
i
criteri
adottati
.
Le
difficoltà
si
manifestano
quando
si
vogliono
compiere
confronti
intertemporali
fra
i
diversi
censimenti
.
Vitali
ha
compiuto
una
faticosa
opera
per
rendere
omogenei
i
criteri
rispetto
a
quelli
adottati
in
questo
dopoguerra
e
ricostruire
dati
comparabili
.
Sebbene
le
mie
stime
precedenti
,
fondate
sulle
cifre
dei
censimenti
e
su
valutazioni
della
Svimez
,
siano
per
certi
anni
(
fino
al
1951
)
inferiori
in
misura
tutt
'
altro
che
trascurabile
ai
dati
forniti
da
Vitali
,
nessuna
delle
considerazioni
e
illazioni
proposte
nel
saggio
originario
viene
modificata
in
modo
sostanziale
,
se
si
eccettua
la
tendenza
alla
proletarizzazione
di
una
parte
dei
contadini
(
v
.
oltre
,
parte
I
,
cap
.
3
)
.
Occorre
però
avvertire
che
dai
nuovi
dati
possono
ricavarsi
illazioni
diverse
da
quelle
ricavabili
dalle
precedenti
stime
per
problemi
che
qui
non
vengono
trattati
.
2
.
Oltre
i
dati
aggregati
per
l
'
Italia
,
si
presentano
cifre
per
le
tre
grandi
circoscrizioni
:
Nord
,
Centro
e
Sud
;
vengono
brevemente
discusse
alcune
tendenze
che
emergono
da
questi
dati
,
concentrando
l
'
attenzione
sull
'
Italia
meridionale
(
parte
I
,
cap
.
4
)
.
3
.
Sono
stati
estesi
i
confronti
internazionali
.
Nel
saggio
originario
,
oltre
l
'
Italia
,
si
consideravano
solo
la
Francia
e
il
Giappone
e
si
compivano
confronti
intertemporali
solo
per
l
'
Italia
.
Ora
,
attraverso
i
dati
,
si
considera
la
struttura
sociale
contemporanea
di
cinque
paesi
relativamente
evoluti
(
Gran
Bretagna
,
Spagna
,
Giappone
,
Argentina
,
Cile
)
e
si
compiono
confronti
intertemporali
per
altri
tre
paesi
evoluti
:
Francia
(
1886
e
1968
)
,
Stati
Uniti
(
1890
e
1969
)
e
Unione
Sovietica
(
vari
anni
compresi
nel
periodo
1913-1972
)
;
infine
,
si
presentano
i
dati
relativi
a
cinque
paesi
relativi
a
cinque
paesi
relativamente
arretrati
(
parte
I
,
cap
.
8
)
.
4
.
Si
presentano
le
stime
degli
iscritti
ai
sindacati
,
distinguendo
gli
operai
dagli
impiegati
nei
diversi
settori
di
attività
:
non
giova
a
nessuno
,
certamente
non
giova
all
'
obiettivo
di
una
sempre
più
ampia
e
vigorosa
solidarietà
fra
operai
e
impiegati
,
ignorare
o
minimizzare
le
differenze
(
parte
Il
,
cap
.
5
)
.
Le
tabelle
statistiche
sono
in
appendice
e
,
di
regola
,
sono
precedute
da
un
commento
esplicativo
.
Anche
le
note
al
testo
sono
riportate
in
appendice
;
per
chiarezza
,
sono
precedute
da
sottotitoli
,
affinché
possano
esser
lette
anche
in
modo
autonomo
.
Per
non
appesantire
il
testo
,
indico
fra
parentesi
le
opere
citate
e
non
riporto
,
alla
fine
,
nessuna
nota
bibliografica
;
qui
mi
limito
a
segnalare
il
dibattito
a
23
voci
,
curato
da
Fabio
Luca
Cavazza
e
Stephen
R
.
Graubard
e
pubblicato
da
Garzanti
nel
marzo
1974
in
un
volume
col
titolo
Il
caso
italiano
e
l
'
ampia
bibliografia
pubblicata
in
appendice
all
'
articolo
di
Antonio
Zavoli
,
Classi
,
proletariato
e
ceti
medi
in
Marx
e
oggi
per
la
rivoluzione
(
"
Per
la
lotta
"
,
n
.
34-36
,
1973
,
pp.
55-8
)
.
Ringrazio
Marina
Addis
,
Arturo
Barone
,
Federico
Caffè
,
Giorgio
Careri
,
Flaminio
De
Cindio
,
Vittorio
Frosini
,
Antonio
Giolitti
e
Claudio
Pavone
per
le
loro
critiche
e
i
loro
suggerimenti
;
ringrazio
,
in
modo
particolare
,
Luciano
Gallino
,
Michele
Salvati
e
Leo
Valiani
,
le
cui
osservazioni
critiche
mi
hanno
indotto
a
correggere
alcuni
errori
e
a
chiarire
punti
oscuri
o
incompleti
o
male
espressi
.
Avverto
tuttavia
che
non
si
può
attribuire
agli
studiosi
ora
ricordati
nessuna
responsabilità
per
le
tesi
qui
espresse
.
Paolo
Sylos
Labini
Roma
,
15
aprile
1974
Introduzione
Il
fisico
studia
gli
atomi
,
ma
egli
non
è
un
atomo
.
Il
microbiologo
studia
i
microbi
,
ma
egli
non
è
un
microbo
.
L
'
economista
,
non
diversamente
dal
sociologo
,
studia
la
società
della
quale
fa
parte
:
egli
non
è
estraneo
all
'
oggetto
del
suo
studio
nel
senso
particolare
in
cui
si
può
affermare
che
lo
sia
il
cultore
di
scienze
naturali
.
Di
conseguenza
,
lo
studioso
di
discipline
sociali
nella
sua
attività
intellettuale
(
e
politica
)
è
necessariamente
condizionato
dall
'
educazione
che
ha
ricevuto
,
dall
'
ambiente
dal
quale
proviene
,
dalle
sue
preferenze
circa
i
movimenti
della
società
in
cui
vive
,
in
una
parola
,
dalla
sua
ideologia
.
Di
ciò
egli
deve
essere
ben
consapevole
,
proprio
per
ridurre
le
distorsioni
che
nelle
sue
analisi
-
addirittura
nella
scelta
stessa
dei
temi
da
studiare
-
può
provocare
la
sua
ideologia
.
Lo
studioso
di
discipline
sociali
che
si
crede
orgogliosamente
"
obiettivo
"
,
neutrale
,
fuori
della
mischia
,
è
,
tutto
sommato
,
un
personaggio
patetico
,
perché
è
vittima
di
una
ideologia
senza
saperlo
e
senza
possibilità
di
contrastarne
le
pressioni
.
Se
lo
studioso
non
può
sperare
di
essere
rigorosamente
"
obiettivo
"
(
ciò
che
è
impossibile
)
,
può
e
deve
tuttavia
sforzarsi
di
essere
intellettualmente
onesto
,
ossia
può
e
deve
cercare
di
vedere
tutti
gli
aspetti
di
un
determinato
problema
,
anche
gli
aspetti
per
lui
sgradevoli
,
e
non
solo
quelli
che
sono
conformi
alla
sua
ideologia
o
utili
per
la
sua
parte
politica
.
Detto
tutto
questo
,
credo
di
dover
spiegare
ai
lettori
alcuni
frammenti
della
mia
ideologia
,
nella
misura
in
cui
ne
sono
consapevole
:
tali
indicazioni
potranno
anche
chiarire
,
spero
,
il
motivo
o
i
motivi
che
mi
hanno
indotto
ad
affrontare
questi
problemi
,
ciò
che
a
rigore
rappresenta
un
'
invasione
in
campo
altrui
.
Indicherò
,
in
particolare
,
tre
punti
.
Punto
primo
.
La
posizione
del
singolo
nella
società
-
in
una
determinata
classe
o
gruppo
sociale
-
condiziona
il
suo
modo
di
pensare
e
di
agire
,
ma
non
lo
determina
in
modo
puntuale
.
Il
singolo
può
ampliare
(
ma
non
indefinitamente
)
i
limiti
entro
cui
pensa
e
agisce
proprio
attraverso
la
coscienza
e
la
conoscenza
critica
della
sua
posizione
nella
vita
sociale
.
Per
il
bene
o
per
il
male
,
la
zona
discrezionale
è
specialmente
ampia
nel
caso
di
coloro
che
appartengono
alle
classi
intermedie
e
,
ancora
più
specialmente
,
nel
caso
degli
intellettuali
;
ma
tende
a
crescere
anche
per
coloro
che
appartengono
alle
così
dette
masse
,
man
mano
che
il
livello
medio
di
vita
supera
il
livello
di
sussistenza
(
comunque
venga
inteso
)
.
Punto
secondo
.
Con
riferimento
alla
classificazione
indicata
nella
prima
tabella
(
v
.
l
'
Appendice
)
,
dal
punto
di
vista
economico
-
sociale
chi
scrive
,
che
è
un
professore
universitario
,
si
considera
membro
di
una
frangia
che
sta
fra
la
media
e
la
piccola
borghesia
.
Egli
è
dunque
,
per
diversi
motivi
,
un
privilegiato
-
lo
è
dal
punto
di
vista
economico
,
lo
è
dal
punto
di
vista
del
grado
d
'
istruzione
che
ha
potuto
conseguire
grazie
alla
posizione
sociale
della
sua
famiglia
e
non
per
virtù
"
innate
"
.
Ma
il
privilegio
non
è
,
in
sé
e
per
sé
,
un
motivo
di
censura
o
di
vergogna
:
lo
è
se
è
fine
a
se
stesso
;
non
lo
è
se
viene
usato
per
fini
socialmente
e
civilmente
validi
-
in
ultima
analisi
e
in
prospettiva
,
per
negare
i
privilegi
stessi
.
Punto
terzo
.
Chi
scrive
si
considera
,
politicamente
,
un
onesto
riformista
-
onesto
nel
senso
che
non
solo
crede
ma
,
con
le
sue
modestissime
forze
,
opera
per
le
riforme
,
specialmente
per
quelle
riforme
che
possano
contribuire
a
"
sgombrare
il
terreno
da
tutti
quegli
impedimenti
legalmente
controllabili
che
impacciano
lo
sviluppo
della
classe
operaia
"
(
Marx
,
Prefazione
al
Capitale
,
Ed
.
Rinascita
,
Roma
,
1951
,
p
.
17
)
.
Egli
pensa
di
avere
una
tale
concezione
non
per
una
straordinaria
nobiltà
di
animo
e
per
una
generosità
senza
pari
,
ma
semplicemente
per
ragioni
di
meditato
egoismo
:
il
processo
di
trasformazione
sociale
del
nostro
paese
"
si
muoverà
in
forme
più
brutali
o
più
umane
secondo
il
grado
di
sviluppo
della
classe
operaia
"
(
Marx
)
e
,
più
in
generale
,
secondo
il
grado
di
sviluppo
delle
classi
inferiori
o
subalterne
:
lo
stesso
livello
civile
della
nostra
società
e
,
in
definitiva
,
della
nostra
vita
quotidiana
,
dipendono
dal
grado
di
sviluppo
di
queste
classi
,
che
nessuna
legge
soprannaturale
ha
condannato
a
rimanere
per
sempre
subalterne
.
Pur
considerandosi
un
riformista
,
chi
scrive
non
ha
ostilità
,
ha
anzi
rispetto
,
per
coloro
che
vogliono
operare
da
rivoluzionari
,
a
condizione
che
si
tratti
di
rivoluzionari
seri
e
non
di
miserevoli
parolai
o
di
luridi
imbroglioni
.
E
sebbene
egli
auspichi
le
riforme
non
per
consolidare
il
sistema
ma
per
cambiarlo
,
chi
scrive
deve
ammettere
che
gli
fa
difetto
la
fede
rivoluzionaria
-
la
fede
nella
necessità
o
nell
'
utilità
di
un
grande
trauma
nel
processo
di
trasformazione
sociale
.
Dopo
questa
premessa
,
lunga
ma
,
spero
,
non
inutile
,
entro
nel
tema
che
mi
sono
proposto
.
Intendo
,
in
particolare
,
presentare
un
breve
abbozzo
di
analisi
,
anche
quantitativa
,
delle
classi
sociali
considerate
,
in
prima
istanza
,
dal
punto
di
vista
economico
.
L
'
obiettivo
è
di
contribuire
alla
comprensione
critica
di
noi
stessi
e
dei
nostri
problemi
sociali
;
oggi
,
in
particolare
,
è
importante
cercare
di
comprendere
la
natura
degli
ostacoli
che
finora
hanno
in
gran
parte
impedito
l
'
attuazione
delle
riforme
e
il
significato
delle
lotte
sociali
e
politiche
e
delle
alleanze
che
in
queste
lotte
si
stabiliscono
fra
le
diverse
classi
e
sottoclassi
.
Si
tratta
solo
di
un
esame
preliminare
:
se
il
punto
di
partenza
è
valido
altri
potranno
elaborare
una
vera
e
propria
analisi
critica
della
società
italiana
di
cui
tutti
,
ma
specialmente
gli
uomini
della
sinistra
,
avvertono
oramai
un
acuto
bisogno
.
I
.
Tendenze
di
lungo
periodo
1
.
Distribuzione
del
reddito
e
classi
sociali
La
distribuzione
del
reddito
nazionale
costituisce
il
problema
centrale
degli
economisti
classici
,
particolarmente
di
Adam
Smith
e
David
Ricardo
,
i
quali
considerano
essenzialmente
tre
grandi
categorie
di
redditi
,
ossia
tre
grandi
classi
sociali
:
i
proprietari
fondiari
(
rendita
fondiaria
)
,
i
capitalisti
agrari
,
industriali
e
commerciali
(
profitto
)
e
i
lavoratori
dipendenti
(
salario
)
.
Per
gli
economisti
classici
la
rendita
urbana
costituisce
una
sottocategoria
della
rendita
fondiaria
e
l
'
interesse
è
-
usando
l
'
espressione
di
Smith
-
un
"
reddito
derivato
"
:
dal
profitto
nel
caso
di
prestiti
alla
produzione
,
da
uno
degli
altri
due
redditi
nel
caso
di
prestiti
al
consumo
;
generalmente
,
sono
i
mercanti
che
fanno
prestiti
allo
Stato
o
a
privati
-
Marx
parlerà
poi
di
"
capitalisti
monetari
"
.
I
classici
sono
ben
consapevoli
che
esistono
i
lavoratori
indipendenti
,
al
loro
tempo
molto
numerosi
:
coltivatori
diretti
(
farmers
)
e
artigiani
(
independent
manufacturers
)
:
costoro
ottengono
redditi
che
sono
una
combinazione
di
due
o
tre
dei
redditi
originari
sopra
indicati
;
oggi
parliamo
di
redditi
"
misti
"
.
Infine
,
ci
sono
tutti
coloro
che
percepiscono
stipendi
o
altri
compensi
dallo
Stato
o
da
istituzioni
o
da
"
ricchi
"
:
sono
tutti
lavoratori
"
improduttivi
"
,
che
ottengono
redditi
derivati
(
Smith
,
Ricchezza
delle
nazioni
,
ed.
Cannan
,
Methuen
,
Londra
,
1961
,
vol.
I
,
p
.
352
,
trad.
dell
'
autore
)
:
Il
lavoro
di
alcuni
dei
più
rispettabili
ordini
della
società
è
,
come
quello
dei
servitori
,
improduttivo
di
ogni
valore
,
e
non
si
fissa
o
si
realizza
in
alcun
oggetto
durevole
o
in
alcuna
merce
vendibile
...
Il
sovrano
,
per
esempio
,
e
tutti
gli
impiegati
civili
e
militari
che
servono
sotto
di
lui
,
l
'
intero
esercito
e
l
'
intera
marina
sono
lavoratori
improduttivi
.
Essi
sono
servitori
del
pubblico
e
sono
mantenuti
con
una
parte
del
prodotto
annuo
dell
'
operosità
degli
altri
...
Alla
stessa
classe
appartengono
gli
ecclesiastici
,
i
giuristi
,
i
letterati
di
ogni
genere
,
i
medici
,
come
pure
i
commedianti
,
i
buffoni
,
i
musicisti
,
i
cantanti
,
le
ballerine
,
ecc.
Mentre
il
concetto
smithiano
di
lavoratori
improduttivi
è
stato
vivacemente
attaccato
dai
successori
degli
economisti
classici
,
la
tripartizione
smithiana
dei
redditi
(
e
delle
classi
)
è
stata
sostanzialmente
accettata
e
tuttora
si
ritrova
nei
libri
di
testo
di
economia
,
anche
se
in
questi
libri
si
parla
solo
di
redditi
e
non
di
classi
;
l
'
unico
emendamento
,
per
così
dire
,
riguarda
l
'
interesse
,
che
è
stato
elevato
al
grado
di
reddito
originario
,
imputabile
al
capitale
e
quindi
al
proprietario
del
capitale
stesso
,
distinguendolo
dal
profitto
,
imputabile
all
'
imprenditore
.
(
L
'
emendamento
è
importante
e
si
ricollega
ad
una
certa
evoluzione
della
teoria
economica
,
che
oggi
è
soggetta
a
critiche
sempre
più
stringenti
;
ma
su
tale
questione
non
mi
soffermo
)
.
Un
altro
emendamento
,
che
pochi
economisti
fanno
ma
che
comunque
deve
essere
fatto
,
riguarda
la
rendita
urbana
e
i
connessi
guadagni
speculativi
:
mentre
al
tempo
dei
classici
era
giusto
considerare
la
rendita
fondiaria
come
la
categoria
principale
e
la
rendita
urbana
dome
una
sottocategoria
di
secondaria
importanza
,
oggi
,
col
tumultuoso
sviluppo
delle
città
e
,
in
certi
casi
,
delle
megalopoli
,
occorre
rovesciare
il
giudizio
sull
'
importanza
relativa
delle
due
rendite
:
oggi
gli
stessi
spostamenti
di
ricchezza
e
la
rapida
formazione
di
cospicui
patrimoni
provengono
spesso
da
speculazioni
connesse
con
la
rendita
urbana
,
speculazioni
nelle
quali
,
oltre
il
mercato
,
entra
il
potere
politico
,
al
livello
centrale
o
al
livello
locale
;
di
più
,
quel
che
avviene
in
questo
campo
deturpa
molte
nostre
città
,
ne
rende
penosa
la
vita
e
concorre
grandemente
a
creare
quella
carenza
di
case
a
basso
prezzo
e
quelle
congestioni
che
,
fra
l
'
altro
,
facendo
salire
il
costo
della
vita
e
sterilizzando
una
parte
del
potere
di
acquisto
dei
salari
,
contribuiscono
a
distorcere
e
a
frenare
il
processo
di
sviluppo
economico
.
(
Tuttavia
,
non
va
soltanto
rivisto
il
giudizio
sull
'
importanza
relativa
sui
due
tipi
di
rendite
:
va
rivista
la
stessa
concezione
degli
economisti
classici
,
anche
sulla
traccia
delle
analisi
di
Marx
e
di
Engels
,
poiché
la
natura
della
rendita
urbana
è
profondamente
diversa
da
quella
della
rendita
fondiaria
)
.
Come
eredità
dei
classici
,
è
rimasto
anche
il
concetto
di
reddito
misto
che
,
per
definizione
,
costituirebbe
una
combinazione
dei
redditi
originari
.
Gli
stipendi
degli
impiegati
pubblici
continuano
ad
essere
considerati
quali
redditi
derivati
,
ciò
che
del
resto
è
ovvio
,
essendo
tali
redditi
pagati
col
gettito
di
tributi
o
contributi
.
Già
Marx
aveva
avvertito
(
Capitale
,
libro
III
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1965
,
p
.
993
)
che
quelli
che
oggi
chiamiamo
redditi
"
misti
"
(
principalmente
quelli
dei
coltivatori
diretti
,
degli
artigiani
e
dei
piccoli
commercianti
)
avevano
carattere
pre
-
capitalistico
e
"
solo
fino
ad
un
certo
punto
"
potevano
essere
considerati
come
una
combinazione
dei
tre
redditi
originari
di
Adam
Smith
.
In
verità
,
la
teoria
tradizionale
,
che
accoglie
acriticamente
e
senza
qualificazioni
una
tale
concezione
,
va
riconsiderata
a
fondo
:
se
fra
i
redditi
"
misti
"
e
i
tre
redditi
originari
vi
sono
importanti
elementi
comuni
,
vi
sono
anche
differenze
profonde
:
perfino
dal
punto
di
vista
quantitativo
in
pratica
accade
spesso
(
e
non
solo
in
Italia
)
che
l
'
intero
reddito
di
un
piccolo
coltivatore
diretto
,
per
esempio
,
che
in
astratto
dovrebbe
conglobare
rendita
,
profitto
e
salario
,
è
inferiore
al
solo
salario
medio
pagato
nel
settore
industriale
moderno
.
Per
una
tale
revisione
critica
della
teoria
dei
redditi
misti
che
sono
ottenuti
dai
così
detti
lavoratori
indipendenti
(
coltivatori
diretti
,
artigiani
,
piccoli
commercianti
,
professionisti
indipendenti
)
,
è
necessario
partire
dalla
distinzione
fra
beni
che
entrano
e
beni
che
non
entrano
in
concorrenza
con
quelli
prodotti
da
unità
produttive
moderne
.
Nel
primo
caso
,
vi
sarà
una
tendenza
alla
graduale
emarginazione
e
,
a
lungo
andare
,
eliminazione
dei
produttori
indipendenti
,
che
appunto
soccombono
nella
concorrenza
con
le
unità
moderne
:
su
questa
base
Marx
formulava
la
sua
previsione
della
tendenziale
scomparsa
di
quei
gruppi
sociali
.
Una
tale
tendenza
,
che
è
debole
quando
è
lento
lo
sviluppo
dell
'
industria
moderna
,
forte
quando
questo
sviluppo
è
rapido
,
può
essere
deliberatamente
frenata
dalla
classe
dominante
,
per
mezzo
di
leggi
e
di
altri
interventi
,
proprio
con
l
'
obiettivo
di
una
stabilizzazione
sociale
e
politica
.
Così
,
in
Italia
è
stato
frenato
il
declino
numerico
ed
economico
dei
coltivatori
diretti
,
con
successo
fino
alla
seconda
guerra
mondiale
,
anche
per
il
relativamente
lento
sviluppo
industriale
;
in
seguito
,
sia
per
il
processo
d
'
integrazione
economica
internazionale
,
sia
per
l
'
accelerazione
dello
sviluppo
dell
'
industria
moderna
,
i
freni
non
hanno
più
funzionato
o
,
meglio
,
sono
solo
serviti
a
rendere
forse
meno
precipitoso
il
processo
;
in
ogni
modo
,
la
flessione
della
massa
dei
coltivatori
è
stata
non
meno
rilevante
di
quella
dei
salariati
in
agricoltura
-
essendo
queste
le
due
componenti
dell
'
enorme
esodo
agrario
che
si
è
verificato
nel
dopoguerra
(
v
.
la
tabella
1.1
)
.
Molto
più
efficaci
sono
stati
e
continuano
ad
essere
gl
'
interventi
a
favore
dei
piccoli
commercianti
,
il
cui
numero
è
andato
crescendo
e
continua
a
crescere
praticamente
senza
interruzione
.
Riguardo
ai
coltivatori
diretti
,
il
processo
di
espulsione
va
studiato
,
da
un
lato
,
con
riferimento
ai
prezzi
e
ai
costi
dei
prodotti
agricoli
e
,
dall
'
altro
,
con
riferimento
alle
possibilità
di
occupazione
ed
ai
redditi
(
particolarmente
ai
salari
)
ottenibili
nel
settore
moderno
.
Riguardo
ai
piccoli
commercianti
,
occorre
osservare
che
la
concorrenza
potenziale
non
proviene
da
merci
ma
da
servizi
,
che
potrebbero
essere
-
e
in
misura
nel
nostro
paese
molto
modesta
sono
-
forniti
da
unità
commerciali
grandi
ed
efficienti
:
la
legge
e
,
sulla
base
della
legge
,
gl
'
interventi
amministrativi
spesso
semplicemente
impediscono
a
queste
unità
di
sorgere
.
Inoltre
,
in
queste
condizioni
-
a
differenza
di
quanto
accade
per
le
merci
-
la
concorrenza
internazionale
manca
del
tutto
.
Questa
è
una
delle
principali
ragioni
che
spiegano
il
successo
degli
interventi
pubblici
a
favore
dei
piccoli
commercianti
.
Nel
caso
di
merci
o
servizi
prodotte
da
lavoratori
s
indipendenti
che
non
concorrono
ma
anzi
sono
complementari
rispetto
alle
merci
o
ai
servizi
offerti
dalle
'
'
unità
moderne
,
non
c
'
è
quella
tendenza
al
declino
,
ma
anzi
la
tendenza
opposta
:
ciò
appunto
si
verifica
per
egli
artigiani
e
i
piccoli
produttori
che
forniscono
merci
o
servizi
alle
grandi
unità
,
le
quali
cercano
di
utilizzare
questi
produttori
per
il
proprio
vantaggio
.
Un
fenomeno
analogo
si
verifica
anche
per
le
officine
per
la
riparazione
di
automobili
o
di
elettrodomestici
o
di
altri
oggetti
o
attrezzature
domestiche
.
In
ultima
analisi
,
le
unità
artigianali
di
tipo
moderno
sono
sempre
direttamente
o
indirettamente
satelliti
delle
grandi
o
grandissime
imprese
.
In
una
situazione
particolare
si
trovano
i
professionisti
indipendenti
(
specialmente
medici
,
avvocati
,
ingegneri
,
architetti
)
:
molti
di
questi
professionisti
sono
oramai
indipendenti
solo
di
nome
,
poiché
sempre
più
frequenti
sono
i
casi
di
rapporti
organici
con
grandi
società
e
con
istituzioni
pubbliche
;
altri
,
tuttavia
,
sono
effettivamente
indipendenti
,
almeno
entro
certi
limiti
.
Per
questi
professionisti
,
specialmente
per
quelli
che
riescono
a
raggiungere
posizioni
di
rilievo
,
conviene
usare
come
punto
di
partenza
l
'
analisi
del
monopolio
o
del
quasi
monopolio
,
tenendo
conto
che
i
prezzi
dei
loro
servizi
-
come
anche
,
sostanzialmente
,
i
prezzi
dei
servizi
commerciali
-
non
sono
propriamente
regolati
dal
mercato
ma
sono
prezzi
"
amministrati
"
sulla
base
di
intese
tacite
o
espresse
o
di
regolamenti
di
ordini
professionali
.
Vi
sono
infine
gli
stipendi
degli
impiegati
,
che
l
'
analisi
economica
tradizionale
assimila
ai
salari
,
cosicché
la
teoria
del
salario
viene
ad
includere
la
teoria
dello
stipendio
.
Questo
punto
di
vista
va
radicalmente
riconsiderato
.
Gli
stipendi
degli
impiegati
che
operano
in
imprese
o
aziende
pubbliche
o
private
che
producono
merci
o
servizi
nel
mercato
aperto
rientrano
nelle
spese
generali
e
sono
in
qualche
modo
collegati
con
l
'
attività
produttiva
,
con
i
costi
ed
i
prezzi
,
anche
se
il
collegamento
è
diverso
da
quello
dei
salari
,
che
di
regola
,
almeno
finora
,
rientrano
nelle
spese
dirette
e
variano
immediatamente
al
variare
della
produzione
.
Per
gli
stipendi
di
questi
impiegati
valgono
,
ma
solo
fino
ad
un
certo
punto
,
le
analisi
che
si
possono
elaborare
per
i
salari
degli
operai
.
In
una
posizione
particolare
si
trovano
gli
alti
dirigenti
delle
società
per
azioni
private
e
pubbliche
,
i
quali
ottengono
emolumenti
che
solo
per
una
parte
hanno
la
natura
di
stipendi
:
per
un
'
altra
parte
-
la
parte
variabile
-
rappresentano
una
sorta
di
partecipazione
ai
profitti
.
Inoltre
,
fra
gl
'
impiegati
conviene
distinguere
gl
'
impiegati
amministrativi
dai
tecnici
,
che
sovraintendono
agli
impianti
,
alle
macchine
e
ai
laboratori
.
Per
gli
stipendi
degli
impiegati
che
lavorano
in
imprese
o
aziende
che
non
producono
merci
o
servizi
per
il
mercato
o
che
lavorano
in
pubbliche
amministrazioni
,
i
punti
di
contatto
con
la
logica
che
regola
i
salari
sono
molto
indiretti
e
limitati
.
Perché
il
livello
degli
stipendi
degli
impiegati
pubblici
è
quello
che
è
?
Perché
varia
?
Per
rispondere
a
queste
domande
,
occorre
certamente
considerare
,
come
punto
di
partenza
,
il
livello
e
le
variazioni
degli
stipendi
degli
impiegati
privati
,
così
come
,
per
comprendere
il
livello
e
le
variazioni
di
questi
stipendi
,
occorre
partire
dalla
considerazione
dei
salari
.
Ma
è
solo
il
primo
passo
:
analogamente
ai
lavoratori
salariati
,
che
nel
periodo
moderno
non
sono
affatto
costretti
al
livello
di
sussistenza
,
sia
pure
inteso
in
senso
sociale
o
storico
,
anche
i
lavoratori
stipendiati
si
battono
per
partecipare
nella
massima
misura
possibile
al
sovrappiù
,
o
reddito
nazionale
netto
,
e
al
suo
incremento
.
Sia
i
salariati
che
gli
impiegati
non
si
battono
solo
con
l
'
arma
dello
sciopero
,
ma
anche
con
mezzi
più
ampiamente
politici
,
principalmente
influendo
sull
'
azione
dei
partiti
che
ne
rappresentano
gl
'
interessi
per
ottenere
leggi
e
interventi
amministrativi
ad
essi
favorevoli
.
L
'
azione
degli
impiegati
,
tuttavia
,
è
caratterizzata
da
almeno
due
importanti
elementi
differenziali
rispetto
all
'
azione
dei
salariati
,
uno
a
loro
vantaggio
,
l
'
altro
a
loro
danno
.
L
'
elemento
a
loro
vantaggio
sta
nel
fatto
che
la
gestione
della
cosa
pubblica
,
come
anche
la
gestione
dei
partiti
,
è
in
grandissima
parte
nelle
mani
di
membri
della
stessa
classe
alla
quale
appartengono
,
la
piccola
borghesia
,
particolarmente
della
piccola
borghesia
impiegatizia
,
così
che
essi
trovano
i
loro
punti
di
forza
,
più
che
negli
scioperi
,
nel
campo
degli
interventi
legislativi
e
amministrativi
.
Sia
pure
con
un
significato
alquanto
diverso
,
si
può
ripetere
quanto
Smith
scriveva
quasi
due
secoli
fa
(
Ricchezza
delle
nazioni
,
cit
.
,
II
,
p
.
395
,
trad.
dell
'
autore
)
:
Gli
emolumenti
dei
funzionari
sono
forse
,
nella
maggior
parte
dei
paesi
,
più
elevati
di
quanto
occorrerebbe
,
poiché
coloro
che
amministrano
la
cosa
pubblica
sono
in
generale
inclini
a
remunerare
se
stessi
e
i
loro
immediati
dipendenti
piuttosto
troppo
che
troppo
poco
.
Questa
osservazione
tuttavia
,
se
vogliamo
prendere
Smith
alla
lettera
,
vale
per
gl
'
impiegati
che
dipendono
immediatamente
dai
capi
politici
e
amministrativi
,
i
quali
,
oltre
lo
stipendio
,
hanno
anche
altri
canali
per
attingere
al
"
sovrappiù
"
-
compensi
speciali
di
vario
genere
,
liquidazioni
principesche
e
pensioni
speciali
.
Vale
anche
per
tutti
quei
funzionari
e
impiegati
che
riescono
a
conquistare
posizioni
di
quasi
monopolio
e
a
difenderle
con
appropriate
barriere
istituzionali
e
legislative
;
ciò
avviene
,
nel
nostro
paese
,
in
certi
settori
della
burocrazia
,
negli
istituti
di
credito
,
negli
istituti
di
assistenza
e
previdenza
-
prima
charitas
mea
charitas
-
,
in
numerosi
enti
pubblici
e
in
aziende
municipalizzate
.
(
Una
particolareggiata
analisi
quantitativa
degli
stipendi
e
dei
compensi
dei
gradi
più
elevati
della
burocrazia
pubblica
e
degli
enti
di
tipo
pubblico
sarebbe
molto
istruttiva
;
ma
,
per
ovvie
ragioni
,
è
difficilissima
da
fare
)
.
Il
risultato
delle
spinte
molteplici
e
d
'
intensità
molto
differenziata
messe
in
atto
dalle
diverse
categorie
di
dipendenti
pubblici
(
in
senso
lato
)
è
una
impressionante
varietà
di
retribuzioni
,
che
di
recente
è
stata
illustrata
con
tanta
efficacia
da
Ermanno
Gorrieri
.
Questa
varietà
,
a
sua
volta
,
costituisce
una
fonte
inesauribile
di
agitazioni
,
poiché
i
gruppi
che
restano
indietro
compiono
ogni
sforzo
per
avvicinarsi
,
economicamente
,
a
quelli
che
sono
riusciti
ad
andare
avanti
;
in
queste
agitazioni
tutti
i
gruppi
imitano
la
strategia
e
le
parole
d
'
ordine
dei
sindacati
operai
e
qualche
volta
adottano
perfino
una
fraseologia
rivoluzionaria
.
In
queste
agitazioni
-
che
si
aggravano
nei
periodi
d
'
inflazione
-
prevalgono
i
gruppi
che
sono
più
compatti
e
più
forti
,
per
motivi
economici
(
posizione
di
tipo
monopolistico
nel
mercato
)
o
istituzionali
,
o
politici
,
o
,
spesso
,
per
una
combinazione
di
questi
motivi
.
Restano
indietro
i
gruppi
più
deboli
,
che
generalmente
si
trovano
negli
strati
intermedi
o
inferiori
degli
impiegati
pubblici
o
parastatali
.
E
qui
compare
l
'
altro
elemento
,
quello
sfavorevole
,
che
differenzia
gl
'
impiegati
dai
salariati
:
data
la
minore
penosità
del
lavoro
e
data
la
garanzia
della
stabilità
,
la
pressione
dei
candidati
ai
posti
del
pubblico
impiego
è
forse
perfino
proporzionalmente
maggiore
dell
'
analoga
pressione
esercitata
da
coloro
che
vogliono
diventare
salariati
-
s
'
intende
,
nel
settore
moderno
;
comunque
,
le
resistenze
sono
minori
,
perché
nell
'
amministrazione
pubblica
sono
ben
più
incerte
e
indefinite
che
nelle
imprese
di
produzione
le
esigenze
organizzative
e
amministrative
.
Il
limite
,
a
rigore
,
è
dato
dalla
capacità
dei
bilanci
degli
organismi
su
cui
quegli
impiegati
gravano
;
ma
poiché
si
tratta
di
bilanci
non
collegati
direttamente
con
attività
produttive
,
quel
limite
è
molto
elastico
.
Nello
stesso
tempo
,
per
ragioni
di
potere
e
di
stabilizzazione
politica
,
è
forte
l
'
inclinazione
dei
gruppi
dominanti
,
centrali
o
locali
,
a
far
entrare
nella
burocrazia
quelli
che
sono
o
possono
diventare
loro
clienti
.
Il
risultato
è
,
sotto
un
certo
aspetto
,
sfavorevole
per
gli
strati
inferiori
e
intermedi
di
impiegati
,
nel
senso
che
le
remunerazioni
di
questi
impiegati
,
a
causa
del
numero
,
sono
e
restano
relativamente
basse
o
molto
basse
.
Tuttavia
,
non
va
dimenticato
che
per
numerosi
impiegati
dei
gradi
inferiori
il
vantaggio
non
sta
in
uno
stipendio
elevato
,
ma
nel
fatto
stesso
di
essere
entrati
,
grazie
a
favori
di
tipo
politico
,
nella
burocrazia
,
salvandosi
,
per
così
dire
,
da
un
lavoro
manuale
duro
e
mal
remunerato
o
da
condizioni
di
vera
e
propria
disoccupazione
.
Esempi
di
attività
in
cui
le
frequenti
retribuzioni
privilegiate
sono
imputabili
essenzialmente
a
posizioni
di
tipo
monopolistico
ovvero
oligopolistico
sono
l
'
industria
elettrica
il
servizio
telefonico
,
le
aziende
di
credito
;
gli
ospedali
,
le
aziende
municipalizzate
,
le
amministrazioni
degli
enti
locali
offrono
esempi
di
aree
in
cui
operano
,
contemporaneamente
,
fattori
economici
e
fattori
politici
,
specialmente
di
carattere
clientelare
.
Vi
sono
dunque
nella
nostra
società
numerosi
e
ampi
casi
di
parassitismo
e
una
fetta
non
indifferente
del
reddito
nazionale
viene
sprecata
,
dal
punto
di
vista
economico
,
in
diversi
modi
,
a
volte
in
modi
che
non
comportano
semplicemente
una
redistribuzione
,
ma
anche
una
riduzione
del
reddito
e
una
distorsione
nella
sua
composizione
:
rendite
urbane
(
con
le
connesse
operazioni
speculative
che
in
questo
dopoguerra
sono
all
'
origine
di
numerosi
patrimoni
di
medie
e
grandi
dimensioni
)
,
guadagni
di
intermediazione
spesso
ingiustificabili
sul
piano
strettamente
economico
,
stipendi
e
compensi
ingiustificatamente
elevati
per
i
gradi
più
alti
della
burocrazia
statale
e
parastatale
,
stipendi
e
compensi
per
persone
economicamente
inutili
.
Si
tratta
,
in
tutti
i
casi
,
di
parassitismo
economico
;
se
in
molti
casi
-
specialmente
nel
settore
del
piccolo
commercio
e
degli
impiegati
dei
gradi
inferiori
-
i
guadagni
sono
magri
,
ciò
non
toglie
affatto
che
si
tratta
,
dal
punto
di
vista
economico
,
di
guadagni
parassitari
.
Ci
sono
,
oramai
,
più
parassiti
e
sfruttatori
fra
i
così
detti
ceti
medi
che
nell
'
intera
classe
capitalistica
.
(
A
rigore
,
sono
da
considerare
parassitari
anche
i
redditi
che
vanno
a
operai
di
industrie
passive
,
che
sono
tenute
in
piedi
con
sovvenzioni
statali
;
ma
indubbiamente
il
fenomeno
del
parassitismo
è
molto
più
grave
nei
settori
sopra
ricordati
di
ceti
medi
)
.
Una
considerazione
a
parte
meritano
i
redditi
di
coloro
che
hanno
occupazioni
precarie
e
saltuarie
e
,
più
specificamente
,
di
coloro
che
appartengono
al
sottoproletariato
(
i
quali
,
tutti
,
hanno
occupazioni
precarie
)
;
in
certi
casi
si
tratta
di
redditi
simili
ai
salari
,
ma
di
regola
sensibilmente
più
bassi
;
in
altri
,
di
redditi
simili
a
quelli
che
sono
stati
definiti
redditi
"
misti
"
(
commercianti
ambulanti
)
.
In
ogni
caso
si
tratta
di
redditi
che
,
oltre
ad
essere
,
considerati
nel
tempo
,
fra
i
più
bassi
,
sono
anche
incerti
ed
altamente
variabili
,
ciò
che
ha
conseguenze
di
rilievo
non
solo
dal
punto
di
vista
economico
ma
anche
da
quello
sociologico
.
Appare
chiaro
,
ora
,
quanto
siano
insoddisfacenti
quegli
schemi
teorici
che
considerano
,
sia
pure
come
prima
approssimazione
,
solo
due
grandi
quote
,
in
corrispondenza
delle
due
grandi
classi
sociali
(
proletari
e
capitalisti
)
:
si
può
stimare
che
la
somma
dei
salari
e
dei
profitti
propriamente
detti
non
arrivi
neppure
al
50%
del
reddito
nazionale
(
v
.
la
tabella
3.2
)
.
2
.
Cause
della
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
In
via
generale
,
la
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
può
essere
oggetto
di
due
critiche
distinte
,
secondo
che
essa
si
ricolleghi
alla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
ovvero
alla
differenziazione
delle
attività
lavorative
.
Con
riferimento
al
primo
ordine
di
critiche
occorre
ammettere
,
sempre
in
via
generale
,
che
in
una
società
capitalistica
la
diseguaglianza
dipende
,
alla
radice
,
da
un
fatto
istituzionale
,
che
non
può
essere
modificato
se
non
modificando
l
'
intero
assetto
istituzionale
;
subordinatamente
,
ma
non
marginalmente
,
dipende
dalla
forza
comparativa
,
variabile
nel
tempo
,
dei
gruppi
sociali
che
concorrono
alla
spartizione
del
reddito
.
Nel
settore
privato
di
una
società
capitalistica
il
fatto
istituzionale
(
proprietà
privata
)
ha
una
rilevanza
diretta
,
mentre
nel
settore
pubblico
ha
assunto
una
rilevanza
indiretta
:
nel
settore
pubblico
il
reddito
viene
ottenuto
attraverso
prelievi
di
tipo
tributario
e
poi
distribuito
ai
pubblici
funzionari
secondo
leggi
e
regole
che
dipendono
appunto
dall
'
assetto
politico
e
istituzionale
.
Una
posizione
particolare
assume
il
settore
che
fa
capo
alle
società
per
azioni
,
in
cui
la
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
diviene
un
concetto
ambiguo
e
problematico
;
una
posizione
ancor
più
particolare
assume
poi
il
sottosettore
che
fa
capo
a
società
per
azioni
a
prevalente
partecipazione
statale
.
Nell
'
intera
società
,
la
posizione
preminente
è
quella
di
coloro
che
riescono
in
qualche
modo
a
controllare
o
quanto
meno
ad
influire
sul
processo
di
accumulazione
nel
settore
privato
o
nel
settore
pubblico
inteso
in
senso
ampio
.
(
Anche
nel
collettivismo
si
può
avere
una
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
non
imputabile
ad
attività
lavorative
differenziate
nella
qualità
e
nella
specializzazione
:
l
'
appropriazione
privilegiata
di
una
quota
del
reddito
da
parte
di
alcuni
gruppi
dipende
in
questo
caso
dall
'
assetto
politico
e
istituzionale
,
ma
non
dalla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
,
la
cui
abolizione
,
da
sola
,
non
assicura
affatto
l
'
attuazione
del
socialismo
)
.
Le
critiche
del
secondo
ordine
(
diseguaglianza
imputabile
alle
diverse
qualificazioni
e
specializzazioni
)
pongono
la
questione
dell
'
accesso
ai
livelli
medi
e
superiori
dell
'
istruzione
e
,
più
in
generale
,
quella
dei
rapporti
fra
distribuzione
del
reddito
e
divisione
sociale
del
lavoro
:
una
questione
che
un
tempo
fu
molto
dibattuta
fra
gli
economisti
(
per
esempio
,
da
Smith
e
dai
suoi
epigoni
)
,
ma
che
oggi
lo
è
solo
eccezionalmente
;
è
invece
studiata
da
sociologi
e
da
pedagogisti
,
i
quali
ultimi
per
le
società
più
avanzate
hanno
posto
,
come
prospettiva
di
lungo
periodo
,
la
questione
della
possibile
graduale
sostituzione
della
divisione
orizzontale
con
una
certa
rotazione
verticale
del
lavoro
che
quanto
meno
elimini
i
lavori
più
ripetitivi
e
più
umilianti
;
naturalmente
un
tale
processo
implicherebbe
l
'
accelerazione
e
,
per
certi
aspetti
,
la
modifica
dell
'
evoluzione
tecnologica
.
In
una
società
come
quella
italiana
,
questo
non
sembra
un
problema
urgente
,
come
lo
è
invece
quello
delle
diseguaglianze
nella
distribuzione
del
reddito
e
del
potere
economico
e
politico
discendenti
da
altri
motivi
(
quelle
che
ho
chiamate
diseguaglianze
del
primo
ordine
)
.
Il
pedagogista
Visalberghi
,
tuttavia
,
sostiene
che
gli
studiosi
e
gli
uomini
politici
che
vogliono
vedere
lontano
e
che
vogliono
operare
in
vista
di
una
società
senza
classi
debbono
porsi
il
problema
fin
da
adesso
anche
in
Italia
.
Oggi
intanto
domina
l
'
ideologia
piccolo
-
borghese
,
molto
efficacemente
descritta
da
Ermanno
Gorrieri
:
si
fa
una
netta
distinzione
fra
lavoro
manuale
e
intellettuale
e
si
proclama
giusto
il
fatto
che
il
secondo
sia
remunerato
assai
meglio
del
primo
e
riscuota
maggior
prestigio
,
dato
che
esso
si
fonda
su
sacrifici
,
dispendio
di
tempo
per
lo
studio
e
rinuncia
a
guadagni
più
immediati
.
Questo
punto
di
vista
-
sostiene
Gorrieri
,
a
mio
parere
assai
fondatamente
-
costituisce
in
ultima
analisi
una
mistificazione
:
1
)
perché
non
è
vero
che
lo
studiare
comporti
sacrifici
maggiori
che
il
lavorare
;
2
)
perché
"
la
possibilità
di
rinviare
il
momento
di
guadagnare
e
di
sostenere
le
spese
per
gli
studi
dipende
quasi
sempre
dalle
condizioni
economiche
,
della
famiglia
a
cui
il
giovane
appartiene
.
Nella
maggior
parte
dei
casi
non
si
tratta
di
libera
scelta
degli
interessati
ma
costituisce
un
privilegio
di
cui
alcuni
possono
usufruire
e
altri
no
.
In
pratica
,
la
possibilità
di
avvio
e
di
riuscita
negli
studi
superiori
non
rappresenta
un
'
opportunità
offerta
a
tutti
con
uguale
facilità
;
la
parità
delle
condizioni
di
partenza
è
ben
lontana
dal
verificarsi
nella
realtà
"
.
Insomma
,
non
è
lecito
"
il
porre
un
privilegio
(
l
'
accesso
alla
cultura
)
come
legittimazione
di
un
secondo
privilegio
(
una
condizione
economica
più
elevata
)
"
(
La
giungla
retributiva
,
cit
.
,
pp.
251-2
)
.
Dunque
,
in
una
società
come
quella
italiana
,
la
distribuzione
del
reddito
oggi
dipende
,
congiuntamente
,
dalla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
,
dal
controllo
politico
e
amministrativo
del
processo
di
accumulazione
e
dai
diversi
gradi
di
istruzione
e
di
qualificazione
di
coloro
che
lavorano
:
i
tre
aspetti
in
parte
si
sovrappongono
.
Si
può
affermare
che
la
lotta
per
il
potere
-
economico
e
politico
-
in
ultima
analisi
riguarda
le
modalità
e
le
conseguenze
della
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
e
le
possibilità
di
controllare
e
quindi
d
'
indirizzare
,
direttamente
o
indirettamente
,
il
processo
di
accumulazione
.
Si
può
affermare
tutto
ciò
purché
si
tenga
sempre
presente
che
le
tre
espressioni
al
singolare
(
"
la
lotta
"
,
"
la
proprietà
"
e
"
il
controllo
"
)
sono
modi
abbreviati
per
indicare
realtà
estremamente
complesse
,
contraddittorie
,
differenziate
e
mutevoli
nel
tempo
.
Nei
capitoli
che
seguono
mi
propongo
appunto
di
presentare
elementi
utili
per
un
futuro
approfondimento
critico
e
particolareggiato
di
quelle
affermazioni
:
non
è
da
escludere
che
,
una
volta
compiuto
un
tale
approfondimento
,
quelle
affermazioni
,
che
qui
sono
assunte
come
pure
ipotesi
di
lavoro
,
debbano
essere
modificate
o
addirittura
sostituite
con
ipotesi
diverse
.
Sulla
base
della
precedente
analisi
della
distribuzione
del
reddito
possiamo
formulare
la
seguente
suddivisione
delle
classi
sociali
.
I
.
Borghesia
vera
e
propria
:
grandi
proprietari
di
fondi
rustici
e
urbani
(
rendite
)
;
imprenditori
e
alti
dirigenti
di
società
per
azioni
(
profitti
e
redditi
misti
che
contengono
elevate
quote
di
profitto
)
;
professionisti
autonomi
(
redditi
misti
,
con
caratteri
di
redditi
di
monopolio
)
.
IIa
.
Piccola
borghesia
impiegatizia
(
stipendi
)
.
IIb
.
Piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
redditi
misti
)
:
coltivatori
diretti
,
artigiani
(
inclusi
i
piccoli
professionisti
)
,
commercianti
.
IIc
.
Piccola
borghesia
:
categorie
particolari
(
militari
,
religiosi
ed
altri
)
(
stipendi
)
.
IIIa
.
Classe
operaia
(
salari
)
.
IIIb
.
Sottoproletariato
.
Le
tre
categorie
della
piccola
borghesia
corrispondono
a
quelle
che
comunemente
sono
chiamate
classi
medie
La
definizione
delle
classi
sociali
e
del
concetto
stesso
di
classe
richiederebbe
un
'
ampia
discussione
,
che
qui
neppure
tento
di
affrontare
.
Mi
limito
a
ricordare
che
le
diverse
classi
e
sottoclassi
non
sono
divise
da
steccati
:
alcune
zone
sono
terra
di
nessuno
ed
esiste
una
certa
mobilità
sociale
,
che
presumibilmente
è
tanto
maggiore
quanto
più
rapido
è
il
processo
di
sviluppo
economico
.
Vi
sono
,
inoltre
,
numerose
persone
che
ottengono
redditi
plurimi
.
Si
tratta
,
per
esempio
,
di
professionisti
,
o
di
impiegati
,
o
di
commercianti
,
che
sono
anche
proprietari
di
fondi
rustici
o
urbani
;
in
questo
caso
i
redditi
si
sommano
e
gl
'
interessi
dei
titolari
sono
molteplici
:
dal
punto
di
vista
economico
converrà
includere
i
titolari
nella
classe
o
nella
sottoclasse
in
relazione
alla
fonte
del
reddito
prevalente
.
Ancora
:
mentre
i
"
ricchi
"
sono
inclusi
tutti
nella
prima
classe
,
nelle
altre
troviamo
individui
"
agiati
"
o
"
poveri
"
o
addirittura
"
poverissimi
"
,
secondo
il
livello
del
reddito
.
Se
si
considera
la
distribuzione
del
reddito
per
classe
o
sottoclasse
,
il
valore
di
massima
frequenza
(
moda
)
decresce
passando
dalla
classe
economicamente
più
elevata
alle
altre
;
ma
occorre
tener
presente
che
,
per
certi
aspetti
,
può
esservi
comunanza
d
'
interessi
e
quindi
solidarietà
fra
gli
strati
più
elevati
o
,
al
contrario
,
fra
quelli
più
bassi
delle
diverse
classi
e
sottoclassi
-
dove
il
concetto
di
alto
o
basso
,
naturalmente
,
è
riferito
al
livello
del
reddito
.
Tuttavia
,
da
un
punto
di
vista
più
ampio
di
quello
strettamente
economico
si
debbono
considerare
i
legami
dovuti
al
tipo
di
cultura
,
al
modo
di
vita
e
all
'
ambiente
(
per
esempio
:
grandi
città
e
piccoli
centri
,
città
e
campagna
)
.
Infine
,
occorre
considerare
la
dinamica
e
quindi
anche
la
storia
precedente
di
ciascuna
classe
o
sottoclasse
;
da
questo
punto
di
vista
,
le
stesse
classi
e
sottoclassi
appaiono
profondamente
diverse
nelle
regioni
settentrionali
rispetto
alle
regioni
meridionali
del
nostro
paese
;
e
le
differenze
diventano
ancora
più
grandi
quando
si
considerano
paesi
diversi
.
Per
distinguere
le
diverse
classi
sociali
il
reddito
è
dunque
un
elemento
importante
,
ma
non
tanto
per
il
suo
livello
,
quanto
per
il
modo
attraverso
cui
si
ottiene
;
tale
modo
si
riflette
nell
'
ambiente
e
nel
tipo
di
cultura
ed
è
condizionato
dalla
storia
precedente
della
società
di
cui
le
classi
costituiscono
parti
integranti
.
"
Con
riferimento
alla
divisione
delle
società
in
classi
,
il
"
modo
"
è
rilevante
in
quanto
attiene
ai
rapporti
di
potere
,
e
cioè
in
quanto
indica
attraverso
quali
forme
di
lotta
per
il
potere
si
determina
,
o
si
concorre
a
determinare
,
una
certa
distribuzione
del
reddito
e
un
certo
tipo
di
accumulazione
,
ossia
di
sviluppo
del
reddito
stesso
"
[
Queste
osservazioni
,
riportate
fra
virgolette
,
mi
sono
state
espresse
,
in
una
lettera
,
da
Antonio
Giolitti
:
ho
ritenuto
utile
riportarle
testualmente
]
.
Tenendo
ben
presenti
queste
avvertenze
,
può
essere
utile
riflettere
sulla
distribuzione
quantitativa
del
reddito
fra
le
diverse
classi
e
sottoclassi
sociali
in
Italia
.
Le
stime
(
tabelle
3.1
e
3.2
)
riguardano
il
1971
e
rappresentano
semplici
ordini
di
grandezza
:
mi
sono
deciso
a
presentarle
solo
perché
spero
che
esse
possano
provocare
indagini
più
approfondite
.
3
.
Tendenze
delle
classi
sociali
L
'
analisi
quantitativa
delle
classi
e
sottoclassi
sociali
nel
nostro
paese
mostra
che
il
fenomeno
più
rilevante
è
il
fortissimo
aumento
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
:
da
meno
di
un
milione
su
16
milioni
di
occupati
al
principio
del
secolo
ad
oltre
5
milioni
su
19
milioni
di
occupati
.
Prima
di
considerare
i
motivi
di
questa
enorme
espansione
,
dobbiamo
considerare
insieme
le
tendenze
quantitative
che
emergono
dalla
prima
tabella
.
L
'
aspetto
più
impressionante
è
che
,
nel
corso
del
tempo
,
le
quote
delle
tre
grandi
classi
sociali
,
pur
fra
qualche
oscillazione
,
mostrano
una
fondamentale
stabilità
.
Questa
stabilità
,
tuttavia
,
è
il
risultato
di
variazioni
contrastanti
delle
quote
delle
sottoclassi
.
In
particolare
,
la
relativa
stabilità
della
quota
imputabile
alla
piccola
borghesia
nel
suo
complesso
è
il
risultato
di
un
forte
aumento
della
quota
relativa
alla
piccola
borghesia
impiegatizia
(
dal
2%
nel
1881
al
17%
nel
1971
)
,
accompagnato
da
un
'
altrettanto
forte
diminuzione
della
quota
relativa
alla
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
dal
41
al
29%
)
;
ed
anzi
la
diminuzione
di
quest
'
ultima
quota
sarebbe
stata
anche
maggiore
se
non
ci
fosse
stato
l
'
aumento
(
interno
a
questa
sottoclasse
)
nel
numero
dei
commercianti
.
Analogamente
,
la
relativa
stabilità
della
quota
relativa
alla
"
classe
operaia
"
è
il
risultato
di
una
somma
algebrica
fra
la
forte
flessione
della
quota
dei
salariati
agricoli
(
dal
36
al
6%
)
e
un
aumento
non
meno
rilevante
nella
quota
dei
salariati
che
lavorano
in
attività
extra
-
agricole
(
dal
17
al
42%
)
.
La
borghesia
vera
e
propria
costituisce
in
tutto
l
'
arco
del
periodo
considerato
una
quota
esigua
:
dal
2
al
2,5%
.
Anche
in
questo
caso
particolare
la
quota
è
relativamente
stabile
,
come
relativamente
stabile
,
anche
se
di
meno
,
è
il
livello
assoluto
.
Tuttavia
,
se
le
cifre
cambiano
poco
,
cambiano
profondamente
i
contenuti
:
questa
osservazione
vale
per
tutte
le
classi
,
anche
per
quelle
in
forte
espansione
,
ma
vale
con
particolare
forza
per
la
borghesia
.
I
grandi
proprietari
agrari
,
che
nel
secolo
scorso
avevano
grande
peso
sociale
e
politico
,
oltre
che
economico
,
oggi
hanno
una
modesta
rilevanza
.
Gl
'
imprenditori
proprietari
o
comproprietari
di
grandi
e
medie
imprese
(
quelli
che
posseggono
piccole
o
piccolissime
imprese
sono
inclusi
fra
gli
artigiani
)
hanno
pur
sempre
importanza
,
anche
se
la
loro
posizione
relativa
è
mutata
,
mentre
grandemente
accresciuto
è
il
peso
dei
dirigenti
delle
grandi
imprese
private
e
pubbliche
organizzate
nella
forma
di
società
per
azioni
,
dei
gruppi
finanziari
che
in
certi
settori
controllano
queste
imprese
e
dei
grandi
organismi
pubblici
di
produzione
e
di
erogazione
.
Oramai
,
coloro
che
dirigono
i
grandi
complessi
produttivi
e
finanziari
non
ne
sono
proprietari
che
in
piccola
parte
,
quelli
che
dirigono
i
grandi
organismi
pubblici
sono
ovviamente
esclusi
dalla
proprietà
di
quegli
organismi
:
la
separazione
fra
proprietà
e
direzione
è
andata
molto
avanti
nel
settore
moderno
dell
'
economia
italiana
.
Se
l
'
espressione
"
neocapitalismo
"
ha
un
significato
preciso
,
è
appunto
questo
:
un
'
economia
che
nell
'
industria
e
nella
finanza
è
dominata
da
gruppi
di
società
per
azioni
private
e
pubbliche
e
da
enti
pubblici
,
i
cui
massimi
dirigenti
(
i
generali
)
"
s
'
identificano
"
col
gruppo
o
con
la
società
o
con
l
'
ente
,
mentre
gl
'
impiegati
esecutivi
(
gli
ufficiali
subalterni
che
hanno
i
rapporti
diretti
con
i
sergenti
e
i
soldati
)
sono
tagliati
fuori
dai
processi
decisionali
e
i
dirigenti
intermedi
in
parte
diventano
"
fiduciari
"
dei
massimi
dirigenti
e
in
parte
seguono
la
sorte
degli
impiegati
esecutivi
.
La
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
,
ossia
la
piccola
borghesia
tradizionale
,
costituita
nella
massima
parte
da
contadini
proprietari
,
da
artigiani
e
da
piccoli
commercianti
,
è
andata
via
via
diminuendo
nel
numero
,
come
aveva
previsto
Marx
.
Ma
questa
flessione
è
imputabile
esclusivamente
ai
contadini
proprietari
(
coltivatori
diretti
)
,
che
,
insieme
con
numerosi
salariati
,
hanno
abbandonato
l
'
agricoltura
.
Secondo
Marx
,
anche
gli
artigiani
e
i
piccoli
commercianti
sarebbero
dovuti
diminuire
,
progressivamente
eliminati
dalla
concorrenza
delle
grandi
unità
moderne
.
Ora
,
questo
fenomeno
ha
avuto
luogo
per
l
'
artigianato
domestico
(
se
ne
ha
un
chiara
traccia
nel
periodo
che
va
dal
1881
al
1901
)
e
,
comunque
,
per
l
'
artigianato
di
tipo
antico
,
un
artigianato
produttore
di
merci
che
entravano
in
concorrenza
con
quelle
sempre
più
efficientemente
prodotte
dalle
imprese
moderne
(
tessuti
,
scarpe
,
mobili
,
oggetti
di
vestiario
,
prodotti
dell
'
industria
alimentare
)
:
un
tale
processo
si
è
svolto
e
tuttora
si
sta
svolgendo
,
soprattutto
nel
Mezzogiorno
.
Ma
,
accanto
a
questo
processo
di
crisi
dell
'
artigianato
di
tipo
antico
,
si
è
andato
sviluppando
un
artigianato
di
tipo
nuovo
,
che
non
solo
non
è
danneggiato
dallo
sviluppo
dell
'
industria
moderna
ma
se
ne
avvantaggia
,
poiché
produce
merci
e
,
più
ancora
,
servizi
,
che
sono
complementari
rispetto
ai
prodotti
dell
'
industria
moderna
.
Il
risultato
delle
contrastanti
tendenze
,
l
'
una
col
segno
meno
l
'
altra
col
segno
più
,
è
una
relativa
stazionarietà
negli
ultimi
decenni
nelle
dimensioni
di
questo
gruppo
sociale
.
La
massa
dei
piccoli
commercianti
,
invece
,
non
solo
non
è
diminuita
ma
è
andata
crescendo
,
grazie
soprattutto
alla
protezione
concessa
dall
'
autorità
politica
,
protezione
che
in
questo
caso
ha
avuto
pieno
successo
.
La
classe
operaia
nelle
attività
extra
-
agricole
è
andata
sensibilmente
crescendo
dal
1881
al
1921
,
corrispondentemente
allo
sviluppo
del
primo
nucleo
di
capitalismo
industriale
moderno
,
soprattutto
nelle
regioni
settentrionali
,
e
poi
dal
1936
al
1961
.
In
ogni
modo
,
le
variazioni
quantitative
,
che
finora
sono
state
trascurate
da
quasi
tutti
gli
studiosi
,
vanno
considerate
con
spirito
critico
e
sempre
in
congiunzione
con
le
variazioni
qualitative
.
Così
,
dalla
tabella
1.1
appare
che
la
borghesia
vera
e
propria
numericamente
è
cresciuta
assai
poco
negli
ultimi
novant
'
anni
.
Ma
non
solo
si
deve
tener
conto
che
il
peso
delle
singole
categorie
è
profondamente
variato
nel
corso
del
tempo
;
si
deve
anche
tener
presente
che
questa
classe
aveva
,
nel
suo
complesso
,
ben
altri
poteri
e
ben
altra
influenza
verso
la
fine
del
secolo
scorso
,
quando
una
bassissima
percentuale
di
adulti
aveva
il
diritto
di
voto
e
quando
i
sindacati
dei
lavoratori
erano
nella
difficilissima
fase
della
loro
formazione
.
In
quel
tempo
la
gestione
politica
e
amministrativa
era
molto
più
semplice
di
quanto
sia
diventata
poi
,
specialmente
dopo
la
seconda
guerra
:
la
classe
dominante
era
divisa
,
nel
suo
interno
,
da
precisi
contrasti
d
'
interessi
;
e
la
vita
politica
risultava
essenzialmente
dallo
scontro
e
poi
dai
compromessi
dei
diversi
gruppi
d
'
interessi
operanti
nell
'
ambito
della
classe
dominante
.
Oggi
,
soprattutto
per
l
'
enorme
espansione
numerica
e
per
l
'
aumento
del
peso
politico
della
piccola
borghesia
e
per
il
fortemente
accresciuto
peso
politico
della
classe
operaia
,
i
contrasti
sono
molto
più
differenziati
e
l
'
intera
gestione
della
società
è
divenuta
di
gran
lunga
più
complessa
di
quanto
fosse
nel
passato
.
Su
un
piano
diverso
,
occorre
poi
osservare
che
le
variazioni
numeriche
che
si
riscontrano
nelle
diverse
classi
sono
di
difficile
interpretazione
,
a
causa
dei
processi
di
travaso
fra
una
classe
e
l
'
altra
e
a
causa
dei
movimenti
della
popolazione
.
Questo
processo
e
questi
movimenti
rendono
incerte
le
illazioni
,
anche
nei
casi
di
rilevanti
variazioni
numeriche
,
come
quelle
che
si
sono
verificate
,
dopo
la
seconda
guerra
mondiale
,
nelle
categorie
di
coloro
che
esplicano
attività
di
tipo
agricolo
(
coltivatori
diretti
e
salariati
,
fissi
e
giornalieri
)
.
Può
essere
utile
,
tuttavia
,
riflettere
sulle
seguenti
cifre
,
che
in
sintesi
indicano
,
da
un
lato
,
la
riduzione
della
popolazione
attiva
in
agricoltura
e
quindi
l
'
entità
dell
'
esodo
agrario
negli
ultimi
due
decenni
e
,
dall
'
altro
,
l
'
espansione
di
certe
categorie
sociali
che
svolgono
attività
extra
-
agricole
.
Le
cifre
sono
espresse
in
milioni
:
Coltivatori
Borghesia
Impiegati
Commercianti
diretti
ed
altri
-3,7
+0,1
+1,4
+0,6
=
-1,6
Salariati
agricoli
Salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
-1,1
+2,2
=
+1,1
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Occupazione
totale
-0,5
Queste
cifre
(
ricavate
dalla
tabella
1.1
)
non
consentono
illazioni
precise
e
inequivocabili
,
a
causa
del
carattere
molto
approssimativo
dei
dati
e
a
causa
di
processi
di
travaso
fra
le
classi
.
Tuttavia
è
possibile
ricavare
alcune
indicazioni
di
larga
massima
:
-
numerosi
contadini
proprietari
,
o
i
loro
figli
,
"
salgono
"
nelle
categorie
impiegatizie
o
,
in
misura
molto
piccola
,
al
livello
della
borghesia
vera
e
propria
,
ovvero
si
spostano
nella
categoria
dei
commercianti
e
di
altri
lavoratori
autonomi
;
-
altri
contadini
,
o
i
loro
figli
,
come
anche
la
massima
parte
dei
salariati
agricoli
,
diventano
salariati
in
attività
extra
-
agricole
.
Conviene
ricordare
che
per
i
salariati
che
lasciano
le
campagne
l
'
edilizia
costituisce
una
specie
di
sala
d
'
attesa
:
l
'
intento
è
trovare
impiego
nell
'
industria
manifatturiera
.
Se
l
'
edilizia
entra
in
crisi
,
molti
di
coloro
che
lavorano
in
tale
attività
ritornano
nelle
campagne
o
vanno
a
popolare
,
come
sottoproletari
,
le
bidonvilles
e
i
quartieri
poverissimi
delle
città
(
molti
sottoproletari
,
comunque
,
vivono
fra
occupazioni
saltuarie
nell
'
edilizia
e
piccoli
traffici
di
vario
genere
;
v
.
l
'
interessante
monografia
di
Giulio
Salierno
,
Il
sottoproletariato
in
Italia
,
Samonà
e
Savelli
,
Roma
,
1972
)
.
Poiché
un
'
elevata
quota
dei
salariati
che
lasciano
l
'
agricoltura
proviene
dalle
regioni
meridionali
,
appare
qui
una
importante
sovrapposizione
fra
esodo
agrario
ed
emigrazione
dal
Sud
al
Nord
.
Presumibilmente
,
i
contadini
proprietari
,
che
"
scendono
"
e
diventano
salariati
,
appartengono
agli
strati
più
poveri
,
mentre
i
contadini
che
"
salgono
"
appartengono
agli
strati
relativamente
più
benestanti
,
che
sono
in
grado
di
istruirsi
o
di
fare
istruire
adeguatamente
i
loro
figli
.
Di
"
proletarizzazione
"
in
senso
stretto
si
può
parlare
solo
per
quei
contadini
proprietari
che
diventano
salariati
.
Come
risulta
dalle
cifre
indicate
sopra
,
ha
luogo
,
sempre
negli
ultimi
venti
anni
,
una
flessione
dell
'
occupazione
circa
500
mila
persone
.
Questa
flessione
,
che
dal
punto
di
vista
puramente
statistico
dipende
dal
fatto
che
l
'
esodo
agrario
è
maggiore
dell
'
aumento
dell
'
occupazione
nelle
attività
extra
-
agricole
,
è
imputabile
principalmente
alla
flessione
netta
dell
'
occupazione
femminile
in
agricoltura
:
le
donne
che
lasciano
le
campagne
,
ove
svolgono
attività
ausiliarie
,
quando
vanno
in
città
insieme
con
i
mariti
o
con
i
padri
non
trovano
lavoro
a
causa
del
basso
grado
d
'
istruzione
e
di
qualificazione
ed
a
causa
delle
particolari
caratteristiche
della
domanda
di
lavoro
femminile
,
che
,
nella
domanda
complessiva
,
costituisce
la
frazione
marginale
:
due
fatti
,
questi
,
che
sono
fra
loro
interdipendenti
e
che
,
per
l
'
estensione
che
raggiungono
nel
nostro
paese
,
sono
di
natura
essenzialmente
patologica
.
In
complesso
,
e
facendo
riferimento
alla
classificazione
qui
adottata
,
sembra
che
negli
ultimi
venti
anni
l
'
esodo
agrario
si
traduca
in
larga
misura
a
spostamenti
interni
alle
classi
:
da
un
lato
molti
contadini
,
o
i
loro
figli
,
abbandonano
le
campagne
ma
restano
nell
'
ambito
di
quella
che
qui
è
stata
chiamata
piccola
borghesia
(
impiegatizia
o
relativamente
autonoma
)
;
dall
'
altro
lato
,
i
salariati
che
lasciano
l
'
agricoltura
,
o
i
loro
figli
,
restano
nell
'
ambito
della
"
classe
operaia
"
(
e
del
sottoproletariato
:
v
.
la
tabella
4.4
)
.
Tuttavia
,
anche
gli
spostamenti
interni
alle
classi
hanno
grande
rilievo
dal
punto
di
vista
dell
'
equilibrio
sociale
,
poiché
molto
diversi
sono
gl
'
interessi
e
gli
atteggiamenti
politici
prevalenti
nelle
sottoclassi
coinvolte
.
Gli
spostamenti
fra
l
'
una
e
l
'
altra
classe
riguardano
l
'
ascesa
di
un
certo
numero
,
molto
esiguo
,
di
contadini
proprietari
verso
la
borghesia
propriamente
detta
e
,
in
misura
più
consistente
,
la
discesa
di
un
buon
numero
di
contadini
proprietari
(
presumibilmente
:
contadini
poveri
)
verso
il
proletariato
extra
-
agricolo
.
Infine
,
una
parte
dell
'
esodo
si
traduce
in
flessione
netta
dell
'
occupazione
complessiva
.
La
tendenza
dell
'
occupazione
a
diminuire
merita
un
commento
particolare
.
Estendiamo
l
'
orizzonte
temporale
.
Dal
1881
al
1921
il
livello
assoluto
dell
'
occupazione
cresce
in
misura
rilevante
:
da
16,3
a
20,4
milioni
.
Dal
1921
al
1961
quel
livello
subisce
fluttuazioni
molto
modeste
e
,
tutto
sommato
,
varia
relativamente
poco
.
La
flessione
del
livello
assoluto
si
profila
nell
'
ultimo
decennio
,
non
per
un
'
accelerazione
dell
'
esodo
agrario
,
ma
a
causa
dell
'
indebolimento
dello
sviluppo
industriale
.
Come
conseguenza
di
questi
andamenti
,
la
quota
della
popolazione
attiva
sulla
popolazione
totale
che
nel
1881
superava
il
55%
,
oggi
non
raggiunge
il
36%
.
Questa
flessione
va
attribuita
,
in
parte
,
a
cause
di
natura
fisiologica
,
come
l
'
aumento
della
scolarità
e
il
ritiro
volontario
dal
mercato
del
lavoro
di
un
certo
numero
di
persone
anziane
per
il
miglioramento
delle
pensioni
.
Ma
per
una
quota
non
piccola
,
anche
se
non
facilmente
misurabile
,
si
tratta
di
un
fenomeno
patologico
:
lo
sviluppo
della
domanda
di
lavoro
è
troppo
debole
e
la
struttura
di
questa
domanda
non
è
quella
socialmente
desiderabile
.
4
.
Nord
,
Centro
e
Sud
L
'
evoluzione
economica
e
sociale
non
è
un
processo
uniforme
ed
equilibrato
in
nessun
paese
e
da
nessun
punto
di
vista
,
neppure
dal
punto
di
vista
territoriale
;
meno
che
mai
è
uniforme
nel
nostro
paese
,
dove
il
contrasto
fra
Nord
e
Sud
costituisce
il
più
grave
problema
nazionale
;
inoltre
,
come
si
è
già
osservato
,
le
stesse
classi
hanno
connotati
diversi
nelle
diverse
regioni
del
nostro
paese
.
Ma
prima
di
soffermarci
,
schematicamente
,
su
alcuni
aspetti
qualitativi
consideriamo
,
nelle
grandi
linee
,
gli
aspetti
quantitativi
(
v
.
le
tabelle
1.3
,
1.4
,
1.5
e
1.6
)
.
La
fondamentale
stabilità
delle
tre
grandi
classi
sociali
,
che
avevamo
notato
esaminando
i
dati
nazionali
,
si
nota
anche
al
livello
delle
tre
circoscrizioni
(
Nord
,
Centro
e
Sud
)
,
sebbene
a
questo
livello
le
oscillazioni
risultino
più
accentuate
.
Anche
per
queste
circoscrizioni
vale
l
'
osservazione
che
le
variazioni
più
importanti
hanno
luogo
all
'
interno
delle
classi
medie
e
della
classe
operaia
:
flessione
dei
lavoratori
autonomi
ed
aumento
degli
impiegati
;
flessione
dei
salariati
in
agricoltura
ed
aumento
dei
salariati
nelle
altre
attività
,
specialmente
nell
'
industria
.
Queste
flessioni
e
questi
aumenti
,
che
sono
l
'
espressione
di
un
processo
di
"
modernizzazione
"
,
hanno
luogo
in
tutte
e
tre
le
circoscrizioni
;
ma
,
com
'
era
da
attendersi
,
nel
Nord
sono
molto
più
accentuati
.
Soffermandoci
sulla
situazione
attuale
,
è
importante
osservare
che
oggi
,
nel
Sud
,
la
quota
degli
impiegati
privati
-
che
sono
direttamente
collegati
con
la
produzione
-
è
sensibilmente
inferiore
a
quella
nazionale
e
,
ancor
più
,
a
quella
del
Nord
.
Il
quadro
si
rovescia
se
si
considerano
gl
'
impiegati
pubblici
:
nel
Sud
la
quota
è
maggiore
della
media
nazionale
ed
è
molto
maggiore
di
quella
del
Nord
.
Le
quote
risultano
tutte
spostate
in
alto
di
un
punto
e
mezzo
o
due
punti
se
invece
degli
impiegati
pubblici
si
considerano
i
dipendenti
della
pubblica
amministrazione
,
i
quali
includono
anche
i
militari
e
i
salariati
.
Ecco
le
percentuali
sulla
popolazione
attiva
:
Nord
7,2
,
Centro
12,8
,
Sud
10,5
,
media
nazionale
9,2
.
Poiché
nel
Sud
,
che
è
un
'
area
arretrata
,
c
'
è
relativamente
meno
da
amministrare
che
nel
Nord
e
poiché
la
quota
del
Centro
è
spinta
in
alto
dalla
burocrazia
ministeriale
ubicata
a
Roma
,
appare
chiaro
che
la
quota
del
Sud
è
patologicamente
elevata
.
Quanto
ai
professionisti
,
è
interessante
rilevale
che
la
quota
degli
avvocati
sulla
popolazione
nel
Sud
è
pari
a
circa
il
doppio
di
quella
del
Nord
(
0,30
contro
lo
0,15%
)
.
Questo
è
il
risultato
di
due
spinte
:
da
un
lato
,
la
scarsezza
di
sbocchi
professionali
e
quindi
l
'
affollamento
di
questa
come
di
certe
altre
professioni
;
dall
'
altro
lato
,
la
litigiosità
nel
campo
economico
,
che
è
tanto
più
alta
quanto
più
povera
è
l
'
economia
e
quanto
più
stentato
e
diseguale
e
il
suo
sviluppo
.
Consideriamo
ora
la
classe
operaia
.
Nell
'
agricoltura
i
salariati
rappresentano
il
doppio
della
media
nazionale
(
6,2%
)
ed
oltre
tre
volte
la
quota
del
Nord
.
Viceversa
i
salariati
dell
'
industria
,
esclusa
l
'
edilizia
,
nel
Sud
rappresentano
una
quota
pari
alla
metà
della
media
nazionale
(
25%
)
ed
a
poco
più
di
un
terzo
della
quota
del
Nord
.
A
causa
dell
'
esodo
agrario
,
negli
ultimi
vent
'
anni
i
contadini
proprietari
(
più
i
mezzadri
e
i
fittavoli
)
e
i
salariati
si
riducono
sensibilmente
.
È
da
notare
che
la
velocità
assoluta
e
relativa
dell
'
esodo
agrario
nel
Sud
è
paragonabile
a
quella
dell
'
esodo
che
ha
avuto
luogo
nel
Nord
e
nel
Centro
,
sebbene
le
occasioni
di
lavoro
extra
-
agricolo
,
in
queste
due
aree
,
fossero
molto
maggiori
e
sebbene
l
'
emigrazione
in
regioni
lontane
(
o
all
'
estero
)
sia
molto
più
dolorosa
,
umanamente
,
di
spostamenti
nell
'
ambito
della
stessa
regione
.
Questo
fatto
è
chiaramente
la
conseguenza
delle
condizioni
di
miseria
e
di
deficienza
e
di
precarietà
delle
occupazioni
,
soprattutto
nelle
zone
agrarie
dell
'
interno
.
L
'
esodo
agrario
e
l
'
emigrazione
,
insieme
con
lo
sviluppo
molto
fiacco
della
domanda
di
lavoro
fuori
dall
'
agricoltura
,
spiegano
l
'
agghiacciante
caduta
nel
Sud
,
ben
più
grave
che
nel
Centro
e
nel
Nord
,
del
tasso
di
attività
.
Esodo
agrario
in
parte
patologico
,
ipotrofia
dell
'
industria
moderna
,
ipertrofia
del
pubblico
impiego
:
sono
queste
le
caratteristiche
economico
-
sociali
del
Mezzogiorno
.
In
generale
,
la
flessione
dei
gruppi
sociali
legati
all
'
agricoltura
e
l
'
accrescimento
di
quelli
urbani
tende
;
ad
aggravare
l
'
instabilità
politica
,
almeno
in
una
prima
lunga
fase
.
D
'
altra
parte
,
l
'
ipertrofia
dell
'
impiego
pubblico
accompagnata
all
'
ipotrofia
dell
'
impiego
privato
tende
,
come
sempre
,
in
linea
generale
,
a
rafforzare
le
posizioni
della
conservazione
,
poiché
gli
impiegati
privati
,
quando
sono
collegati
alla
produzione
e
,
in
particolare
,
alle
fabbriche
,
tendono
ad
essere
politicamente
più
"
progressisti
"
dei
loro
colleghi
del
settore
pubblico
,
ove
prospera
il
clientelismo
.
Tutto
questo
è
grave
e
preoccupante
,
ma
è
comprensibile
:
in
una
situazione
economica
come
quella
meridionale
,
la
domanda
di
lavoro
extra
-
agricolo
cresce
lentamente
;
soprattutto
i
giovani
appartenenti
ai
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
,
o
i
giovani
appartenenti
ai
ceti
medi
costituiti
dai
lavoratori
relativamente
autonomi
(
specialmente
artigiani
e
contadini
proprietari
)
,
che
non
vogliono
o
non
possono
trovare
impiego
nelle
attività
dei
loro
padri
,
premono
in
tutti
i
modi
per
ottenere
un
posto
,
un
impiego
,
dopo
essersi
muniti
di
un
diploma
o
di
una
laurea
.
In
queste
condizioni
,
le
fortune
stesse
degli
uomini
politici
sono
legate
alle
loro
capacità
di
procurare
"
posti
"
;
ed
i
"
posti
"
spesso
vengono
assegnati
in
gran
parte
in
modo
indipendente
dalla
capacità
delle
persone
.
Si
tratta
di
posti
a
livelli
umili
-
per
il
così
detto
personale
d
'
ordine
e
esecutivo
-
e
si
tratta
,
in
minor
misura
,
di
posti
a
livelli
relativamente
elevati
che
specialmente
negli
enti
locali
comportano
stipendi
buoni
,
relativamente
agli
altri
lavoratori
e
relativamente
alla
situazione
economica
.
Domina
dunque
,
nel
Mezzogiorno
,
il
clientelismo
politico
e
amministrativo
.
Gli
stessi
partiti
di
sinistra
,
quelli
che
hanno
la
falce
e
il
martello
e
magari
un
libro
come
simbolo
,
rimangono
inquinati
da
una
tale
situazione
.
Il
clientelismo
piccolo
-
borghese
rischia
di
travolgere
anche
questi
partiti
,
che
in
teoria
dovrebbero
costituire
,
in
primo
luogo
,
l
'
espressione
dei
contadini
più
poveri
e
dei
salariati
agricoli
(
falce
)
e
dei
lavoratori
salariati
nell
'
industria
(
martello
)
.
In
realtà
,
questi
partiti
,
almeno
negli
organismi
centrali
,
sono
gestiti
e
diretti
da
piccoli
borghesi
,
più
o
meno
illuminati
:
l
'
elogio
del
"
proletario
"
,
la
proclamazione
della
sua
egemonia
,
spesso
diventano
una
maschera
della
situazione
reale
,
in
cui
l
'
egemonia
è
dei
piccoli
borghesi
:
molto
libro
,
poco
martello
,
pochissima
falce
.
La
verità
è
che
i
piccoli
borghesi
hanno
conquistato
l
'
elettorato
attivo
e
quello
passivo
,
mentre
gli
uomini
della
falce
e
del
martello
di
regola
hanno
solo
l
'
elettorato
attivo
.
Le
critiche
ed
anzi
le
invettive
che
Gaetano
Salvemini
scaglia
contro
la
piccola
borghesia
meridionale
sono
dunque
largamente
valide
anche
oggi
.
Ecco
qualche
citazione
:
"
La
vita
pubblica
nel
Mezzogiorno
è
assolutamente
impraticabile
per
chi
non
sia
una
canaglia
(...)
.
Va
da
sé
che
le
lotte
fra
le
fazioni
non
hanno
nessun
contenuto
né
sociale
né
politico
.
Si
tratta
di
clientele
concorrenti
in
cui
si
scinde
l
'
unica
classe
dominante
(...)
.
Se
qualcosa
c
'
è
da
dire
sugli
ideali
dei
vari
eserciti
in
lotta
,
è
che
tutti
hanno
lo
stesso
ideale
:
togliersi
un
po
'
di
fame
sul
bilancio
del
comune
"
(
La
piccola
borghesia
intellettuale
nel
Mezzogiorno
d
'
Italia
,
saggio
del
1911
incluso
nel
volume
Movimento
socialista
e
questione
meridionale
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1963
,
pp.
487-93
)
.
Nel
nostro
tempo
,
in
alcuni
centri
meridionali
ove
si
sono
insediate
grandi
imprese
si
è
creato
un
peculiare
modus
vivendi
,
di
tacita
divisione
di
attività
fra
la
piccola
borghesia
locale
e
i
dirigenti
delle
nuove
unità
industriali
:
i
piccoli
borghesi
locali
si
occupano
dell
'
amministrazione
pubblica
,
assai
spesso
con
metodi
clientelari
non
molto
diversi
dagli
antichi
,
e
i
dirigenti
si
occupano
dell
'
attività
produttiva
:
sfortunatamente
,
non
c
'
è
stata
,
o
non
c
'
è
ancora
stata
,
una
vera
integrazione
su
un
livello
moderno
e
civilmente
accettabile
(
A
.
Graziani
,
Il
Mezzogiorno
nell
'
economia
italiana
degli
ultimi
anni
,
nel
volume
Nord
e
Sud
nella
società
e
nell
'
economia
italiana
di
oggi
,
Atti
del
convegno
promosso
dalla
Fondazione
Luigi
Einaudi
,
Torino
,
1968
,
spec
.
pp.
34-7
)
.
Dal
principio
del
secolo
ad
oggi
,
dunque
,
le
condizioni
della
vita
pubblica
sembra
siano
mutate
più
nella
forma
che
nella
sostanza
.
In
gran
parte
le
cose
stanno
proprio
così
.
Tuttavia
,
se
l
'
osservatore
riesce
a
dominare
le
sue
emozioni
e
l
'
angoscia
e
la
rabbia
di
fronte
ad
uno
spettacolo
spesso
barbaro
ed
incivile
,
egli
deve
riconoscere
che
molte
cose
sono
cambiate
anche
nella
sostanza
;
ed
i
cambiamenti
hanno
avuto
luogo
non
solo
nelle
campagne
(
le
condizioni
economiche
dei
contadini
sono
molto
migliorate
ed
il
loro
numero
è
fortemente
diminuito
per
via
dell
'
emigrazione
)
,
ma
anche
nelle
città
dove
,
in
certi
casi
,
sono
sorti
nuclei
piccoli
ma
dinamici
di
classe
operaia
moderna
.
I
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
,
che
sono
in
forte
espansione
,
destano
le
maggiori
preoccupazioni
poiché
costituiscono
il
terreno
ideale
per
la
coltura
e
lo
sviluppo
dei
virus
del
clientelismo
,
che
diventa
mafia
quando
assume
connotati
criminali
.
Tuttavia
,
perfino
in
quest
'
ambito
vi
sono
cambiamenti
rilevanti
o
almeno
potenzialmente
rilevanti
,
grazie
all
'
accresciuta
mobilità
delle
persone
ed
al
miglioramento
del
livello
culturale
e
grazie
alle
conseguenze
dell
'
irrobustimento
dei
sindacati
,
a
cominciare
da
quelli
degli
operai
,
irrobustimento
che
rende
più
difficili
di
quanto
fossero
ai
tempi
di
Salvemini
le
prevaricazioni
e
gli
abusi
sistematici
.
È
legittimo
sperare
che
,
lottando
molto
duramente
,
cambiamenti
più
vasti
e
profondi
possano
essere
,
attuati
;
ma
occorre
tener
sempre
ben
presente
che
assai
grave
è
il
peso
della
storia
recente
e
,
ancor
più
,
il
peso
della
storia
passata
:
non
bisogna
farsi
nessuna
illusione
sui
tempi
e
sugli
sforzi
necessari
.
5
.
Marx
e
la
piccola
borghesia
Mentre
Marx
aveva
esattamente
previsto
la
flessione
della
piccola
borghesia
agraria
e
dell
'
artigianato
di
tipo
antico
,
bisogna
dire
che
egli
non
aveva
previsto
né
lo
sviluppo
dell
'
artigianato
di
tipo
nuovo
né
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
.
È
vero
:
in
un
passo
sovente
citato
della
Storia
delle
teorie
economiche
(
Einaudi
,
Torino
,
1935
,
vol.
II
,
p
.
634
)
Marx
,
dopo
aver
notato
che
il
progresso
tecnico
fa
aumentare
il
reddito
netto
,
afferma
che
questo
aumento
a
sua
volta
dà
luogo
ad
una
"
costante
espansione
delle
classi
che
si
trovano
in
mezzo
fra
gli
operai
da
un
lato
ed
i
capitalisti
e
i
proprietari
fondiari
dall
'
altro
,
le
quali
in
gran
parte
sono
mantenute
direttamente
dal
reddito
e
,
mentre
gravano
sulla
sottostante
base
lavoratrice
,
accrescono
la
sicurezza
e
la
potenza
sociale
dei
diecimila
soprastanti
"
.
Tuttavia
,
questa
osservazione
rimane
isolata
;
sembra
che
Marx
attribuisca
maggiore
importanza
ad
un
'
altra
conseguenza
del
progresso
della
tecnica
in
regime
capitalistico
,
una
conseguenza
che
egli
considera
nel
primo
libro
del
Capitale
(
l
'
unico
che
abbia
rivisto
e
completato
per
la
pubblicazione
)
:
"
lo
straordinario
aumento
raggiunto
dalla
forza
produttiva
nelle
sfere
della
grande
industria
-
egli
scrive
-
permette
di
adoperare
improduttivamente
una
parte
sempre
maggiore
della
classe
operaia
e
quindi
di
riprodurre
specialmente
gli
antichi
schiavi
domestici
sotto
il
nome
di
"
classe
di
servitori
"
,
come
camerieri
,
serve
,
lacchè
,
ecc
.
,
sempre
più
in
massa
"
;
e
per
suffragare
le
sue
tesi
si
ferma
ad
esaminare
alcune
statistiche
inglesi
(
libro
I
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1952
,
vol.
II
,
pp.
154-5
)
.
La
prima
osservazione
,
quella
riguardante
le
classi
medie
,
era
sulla
strada
giusta
;
lo
stesso
non
si
può
dire
della
seconda
:
a
quanto
pare
la
tendenza
all
'
aumento
dei
servitori
durò
pochi
decenni
e
fu
poi
sostituita
da
una
tendenza
opposta
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
2.1
)
.
In
ogni
modo
,
la
"
questione
dei
domestici
"
,
pur
essendo
apparentemente
umile
,
presenta
interesse
,
poiché
ha
fatto
parte
integrante
di
un
certo
modo
di
vita
e
riveste
comunque
rilevanza
nelle
famiglie
della
media
e
piccola
borghesia
(
per
quelle
della
grande
borghesia
la
questione
si
pone
in
termini
assai
diversi
)
.
La
questione
delle
classi
medie
,
pressoché
ignorata
da
Marx
sul
piano
dell
'
elaborazione
concettuale
,
è
stata
acutamente
e
ripetutamente
discussa
da
un
grande
pensatore
che
si
dichiara
seguace
di
Marx
e
cioè
da
Mao
Tse
-
tung
(
v
.
specialmente
il
saggio
Analisi
delle
classi
sociali
cinesi
incluso
nel
I
volume
delle
Opere
scelte
,
Casa
editrice
in
lingue
estere
,
Pechino
,
1969
)
.
Quell
'
accenno
all
'
espansione
delle
classi
medie
,
dunque
,
resta
isolato
,
come
restano
isolate
altre
osservazioni
-
geniali
,
considerando
il
tempo
in
cui
Marx
scriveva
-
sui
dirigenti
industriali
(
managers
)
e
sui
tecnici
.
Riguardo
alle
classi
medie
sembra
che
tanto
le
conseguenze
analitiche
quanto
le
conseguenze
politiche
rimangano
,
per
Marx
,
quelle
che
egli
insieme
con
Engels
considerava
nel
Manifesto
,
nel
quale
prospettava
il
declino
,
fin
quasi
alla
sparizione
in
quanto
forza
sociale
e
politica
,
della
piccola
borghesia
,
che
nello
stesso
Manifesto
è
vista
come
una
classe
composta
da
contadini
proprietari
,
artigiani
e
piccoli
commercianti
.
Nelle
opere
storiche
concrete
(
per
esempio
:
Le
lotte
di
classe
in
Francia
dal
1848
al
1850
,
Il
18
brumaio
di
Luigi
Bonaparte
)
,
Marx
considera
diverse
classi
e
sottoclassi
e
mostra
di
essere
ben
consapevole
del
ruolo
della
piccola
borghesia
.
Egli
mette
in
rilievo
i
conflitti
fra
la
borghesia
industriale
moderna
,
da
un
lato
,
e
la
borghesia
agraria
e
quella
finanziaria
dall
'
altro
:
è
la
lotta
fra
il
nuovo
ed
il
vecchio
nel
seno
stesso
della
classe
dominante
,
la
lotta
attraverso
la
quale
la
borghesia
industriale
cerca
di
imporre
il
suo
predominio
;
le
altre
frazioni
della
borghesia
,
a
loro
volta
,
cercano
di
allearsi
alla
piccola
borghesia
.
Ma
la
piccola
borghesia
di
Marx
è
essenzialmente
quella
di
tipo
tradizionale
,
che
nel
tempo
avrebbe
subito
una
"
inevitabile
decadenza
"
,
così
come
le
altre
frazioni
della
grande
borghesia
avrebbero
progressivamente
perduto
d
'
importanza
,
lasciando
libero
il
campo
ai
due
grandi
protagonisti
-
antagonisti
:
la
borghesia
industriale
e
il
proletariato
industriale
.
La
successiva
evoluzione
delle
classi
sociali
non
ha
corrisposto
alla
previsione
di
Marx
.
Il
fatto
nuovo
più
rilevante
nell
'
evoluzione
delle
classi
nel
nostro
paese
,
come
anche
negli
altri
paesi
che
si
sono
andati
sviluppando
secondo
lo
schema
capitalistico
,
è
stato
appunto
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
,
in
via
subordinata
,
di
quella
commerciale
.
Se
la
borghesia
vera
e
propria
(
la
grande
e
media
borghesia
)
può
essere
quasi
certamente
considerata
come
una
classe
sia
dal
punto
di
vista
sociale
sia
da
quello
politico
;
e
se
la
classe
operaia
,
anche
in
seguito
allo
sviluppo
di
molte
imprese
moderne
e
alla
forte
flessione
dei
salariati
agricoli
,
comincia
probabilmente
ora
ad
assumere
i
caratteri
di
una
classe
,
almeno
nel
suo
nucleo
più
omogeneo
(
salariati
dell
'
industria
moderna
)
,
la
piccola
borghesia
-
i
ceti
medi
-
non
sono
propriamente
una
classe
:
si
può
parlare
,
al
massimo
,
di
una
quasi
classe
,
che
possiede
alcune
solidarietà
di
fondo
(
per
ragioni
economiche
e
culturali
)
,
ma
che
è
suddivisa
in
tanti
e
tanti
gruppi
,
con
interessi
economici
diversi
e
spesso
contrastanti
,
con
diversi
tipi
di
cultura
e
con
diversi
livelli
di
quella
che
si
potrebbe
chiamare
moralità
civile
.
È
stato
sostenuto
,
soprattutto
da
studiosi
marxisti
,
che
è
in
atto
un
processo
di
proletarizzazione
(
culturale
e
politica
,
più
che
economica
)
dei
ceti
medi
.
Per
contro
,
è
stato
sostenuto
,
da
critici
del
marxismo
,
che
è
in
atto
un
processo
di
"
integrazione
"
e
di
imborghesimento
(
economico
,
culturale
e
politico
)
della
classe
operaia
.
Non
posso
entrare
in
tali
questioni
,
che
sono
state
dibattute
a
lungo
dai
sociologi
e
continuano
ad
essere
discusse
.
Tuttavia
,
considero
false
entrambe
le
tesi
se
ad
esse
si
vuole
attribuire
validità
generale
:
è
vero
,
invece
,
che
certi
strati
dei
ceti
medi
tendono
a
proletarizzarsi
,
così
come
è
vero
che
tendono
a
imborghesirsi
alcuni
strati
superiori
della
classe
operaia
.
È
possibile
che
il
processo
di
proletarizzazione
di
certi
strati
dei
ceti
medi
compia
rapidi
progressi
(
v
.
oltre
,
parte
I
,
cap
.
7
)
;
ed
è
possibile
al
contrario
che
il
processo
d
'
imborghesimento
col
tempo
si
estenda
addirittura
a
tutta
la
classe
operaia
;
come
è
possibile
che
tutto
ciò
non
avvenga
.
Quel
che
è
certo
è
che
oggi
la
classe
operaia
italiana
è
ancora
molto
arretrata
:
sono
ancora
numerosi
i
salariati
agricoli
,
fissi
e
giornalieri
(
braccianti
)
;
numerosi
sono
anche
gli
occupati
nell
'
edilizia
,
un
'
attività
dispersa
e
in
gran
parte
arretrata
.
Nell
'
industria
,
inclusa
l
'
edilizia
,
gli
operai
occupati
in
unità
con
oltre
100
addetti
-
le
unità
industriali
moderne
-
sono
circa
2
milioni
(
poco
più
di
un
quinto
dell
'
intera
classe
operaia
:
v
.
le
tabelle
4.2
e
4.3
)
.
Al
polo
opposto
vi
sono
oltre
3
milioni
e
mezzo
di
occupati
precari
,
tre
quarti
dei
quali
si
trovano
nel
Mezzogiorno
,
dove
tuttavia
vive
soltanto
un
terzo
della
popolazione
totale
(
nella
tabella
1.1
gli
occupati
precari
e
,
in
particolare
,
i
sottoproletari
non
sono
considerati
separatamente
;
alcune
stime
di
larga
massima
sono
indicate
nella
tabella
4.4
)
.
Ricordiamoci
poi
che
oltre
il
70%
di
coloro
che
appartengono
alle
forze
di
lavoro
al
massimo
ha
la
licenza
elementare
;
e
si
deve
presumere
che
in
gran
parte
queste
persone
siano
lavoratori
salariati
(
vedi
la
tabella
6.2
)
.
Il
quadro
è
spaventoso
;
ma
la
politica
dello
struzzo
non
ha
mai
giovato
a
nessuno
.
6
,
La
rapida
espansione
della
burocrazia
privata
e
pubblica
Perché
è
cresciuta
tanto
la
piccola
borghesia
impiegatizia
?
Principalmente
per
tre
ragioni
.
In
primo
luogo
,
per
il
progresso
tecnico
e
organizzativo
,
che
ha
portato
ad
un
continuo
aumento
nelle
dimensioni
e
quindi
ad
una
"
burocratizzazione
"
di
molte
imprese
ed
ha
dato
luogo
alla
formazione
e
allo
sviluppo
di
nuovi
uffici
pubblici
per
amministrare
tutti
quegli
interventi
necessari
per
sostenere
lo
sviluppo
delle
grandi
imprese
o
per
puntellare
o
"
salvare
"
quelle
grandi
imprese
che
si
venivano
a
trovare
in
difficoltà
.
Al
tempo
stesso
,
diverse
grandi
imprese
,
salvate
appunto
nei
periodi
di
crisi
ovvero
create
dall
'
autorità
pubblica
per
sostenere
lo
sviluppo
del
reddito
e
dell
'
occupazione
,
sono
diventate
imprese
pubbliche
e
gl
'
impiegati
sono
entrati
a
far
parte
di
una
burocrazia
di
tipo
nuovo
,
formalmente
privata
ma
sostanzialmente
pubblica
(
nella
tabella
1.1
questi
sono
inclusi
fra
gli
impiegati
privati
)
.
In
secondo
luogo
,
è
stato
creato
e
poi
progressivamente
allargato
un
gran
numero
di
organismi
e
di
uffici
pubblici
per
amministrare
le
così
dette
spese
di
trasferimento
(
che
oggi
rappresentano
circa
il
40%
del
bilancio
pubblico
)
:
è
questo
il
risultato
di
una
vasta
opera
di
"
mediazione
"
(
l
'
espressione
è
di
Augusto
Illuminati
)
,
attuata
dalla
classe
dominante
per
stabilizzare
il
sistema
sociale
dando
,
sia
pure
in
parte
,
soddisfazione
alle
richieste
delle
classi
subalterne
:
si
tratta
essenzialmente
di
pensioni
1e
di
contributi
agli
enti
di
previdenza
e
di
assistenza
.
In
terzo
luogo
,
un
numero
crescente
di
persone
,
che
erano
riuscite
a
conseguire
un
diploma
o
una
laurea
,
sono
poi
riuscite
a
entrare
nella
burocrazia
centrale
o
locale
grazie
a
pressioni
clientelari
o
politiche
:
non
i
funzionari
a
servizio
del
pubblico
,
ma
il
pubblico
a
servizio
dei
funzionari
.
In
questi
casi
gli
stipendi
non
sono
altro
che
larvati
sussidi
di
disoccupazione
;
in
ultima
analisi
,
anche
questi
casi
sono
la
conseguenza
di
una
particolare
opera
di
stabilizzazione
sociale
e
politica
.
Mentre
i
casi
relativi
ai
primi
due
ordini
di
motivi
possono
essere
considerati
fisiologici
,
quelli
del
terzo
ordine
di
motivi
sono
certamente
patologici
dal
punto
di
vista
economico
.
Che
l
'
inflazione
patologica
della
burocrazia
abbia
assunto
,
in
Italia
,
proporzioni
cospicue
è
provato
,
oltre
che
dall
'
esperienza
diretta
,
da
almeno
due
fatti
.
1
)
L
'
incidenza
degli
impiegati
pubblici
sull
'
occupazione
totale
è
sensibilmente
più
alta
nel
Sud
di
quanto
sia
nel
Nord
;
e
nessuno
potrà
credere
che
nelle
regioni
meridionali
le
esigenze
del
primo
e
del
secondo
ordine
siano
maggiori
che
nelle
più
evolute
regioni
settentrionali
.
(
Naturalmente
ho
escluso
dal
confronto
le
regioni
del
Centro
,
dove
si
trova
,
a
Roma
,
la
burocrazia
ministeriale
)
.
2
)
Di
tanto
in
tanto
il
governo
promette
premi
e
liquidazioni
speciali
per
indurre
un
certo
numero
d
'
impiegati
a
dimettersi
e
a
lasciare
la
burocrazia
;
provvedimenti
che
non
rimediano
a
nulla
,
sia
per
i
loro
limitatissimi
effetti
,
sia
perché
l
'
inflazione
patologica
non
si
distribuisce
in
modo
uniforme
in
tutti
i
rami
della
pubblica
amministrazione
,
ma
è
particolarmente
grave
nel
caso
del
personale
puramente
amministrativo
e
poco
qualificato
;
negli
uffici
tecnici
vi
è
anzi
carenza
di
personale
specializzato
.
(
Anche
a
questo
motivo
va
attribuita
l
'
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
)
.
La
conformazione
della
burocrazia
italiana
è
simile
,
insomma
,
a
quella
che
assume
il
corpo
di
molti
bambini
sottonutriti
del
terzo
mondo
:
un
ventre
patologicamente
gonfio
,
uno
scheletro
debolissimo
e
insufficientemente
sviluppato
.
Non
si
deve
pensare
,
tuttavia
,
che
i
larvati
sussidi
di
disoccupazione
,
ossia
gli
stipendi
non
giustificati
dalle
"
necessità
sociali
della
produzione
"
e
dell
'
amministrazione
,
riguardino
solo
certi
strati
inferiori
della
burocrazia
.
In
alcune
sfere
dell
'
alta
burocrazia
,
nell
'
area
degli
enti
pubblici
e
delle
aziende
municipalizzate
si
trovano
numerose
persone
la
cui
attività
sarebbe
arduo
giustificare
con
quelle
necessità
sociali
.
Sono
persone
che
riescono
a
"
farsi
assegnare
taglie
ingenti
sul
reddito
nazionale
"
approfittando
di
una
sorta
di
omertà
di
classe
e
facendo
leva
sulle
"
necessità
politiche
del
gruppo
fondamentale
dominante
"
(
Gramsci
,
Gli
intellettuali
e
l
'
organizzazione
della
cultura
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
p
.
10
)
.
Come
in
parte
si
può
desumere
da
quanto
si
è
detto
dianzi
e
in
parte
potrà
apparire
più
oltre
nel
capitolo
riguardante
il
fascismo
(
parte
I
,
cap
.
9
)
,
la
espansione
patologica
della
burocrazia
è
anche
il
risultato
di
situazioni
politiche
di
stallo
che
più
volte
si
sono
create
nel
nostro
paese
nei
periodi
in
cui
più
aspri
sono
stati
i
conflitti
fra
borghesia
vera
e
propria
e
strati
più
o
meno
ampi
di
lavoratori
salariati
(
fra
i
due
litiganti
il
terzo
gode
)
.
In
quei
periodi
gli
strati
più
elevati
della
borghesia
hanno
favorito
le
concessioni
,
in
termini
di
impieghi
e
di
aumenti
di
stipendi
,
ai
funzionari
e
specialmente
ai
funzionari
di
grado
più
elevato
,
per
tirarli
dalla
propria
parte
.
In
siffatti
periodi
la
burocrazia
non
solo
si
espande
,
ma
acquista
un
potere
relativamente
autonomo
,
per
la
"
crisi
di
autorità
"
e
il
"
vuoto
di
potere
"
che
risultano
dalla
situazione
di
stallo
fra
i
maggiori
contendenti
.
Probabilmente
quello
che
stiamo
vivendo
oggi
in
Italia
costituisce
uno
di
tali
periodi
[
Sono
stato
indotto
ad
esprimere
le
osservazioni
contenute
in
questo
capoverso
dopo
la
lettura
dei
commenti
critici
che
Marcello
Colitti
mi
ha
comunicato
in
una
lettera
.
Cfr
.
M
.
Colitti
,
Le
grandi
imprese
e
lo
Stato
,
Einaudi
,
Torino
1972
e
A
.
Gramsci
,
Note
sul
Machiavelli
,
Einaudi
,
Torino
1953
,
pp.
50-62
.
]
.
Privilegiata
,
però
,
non
è
l
'
intera
burocrazia
,
ma
solo
la
fetta
già
elevata
;
e
un
'
analoga
considerazione
vale
per
tutti
gli
altri
ceti
medi
.
Più
precisamente
,
vi
sono
aree
di
privilegio
sia
in
singoli
settori
di
attività
,
protetti
economicamente
e
politicamente
,
o
,
nell
'
ambito
di
tutti
o
quasi
tutti
i
settori
,
al
vertice
delle
diverse
gerarchie
.
In
via
generale
,
le
condizioni
economiche
delle
classi
medie
(
esclusi
i
contadini
proprietari
,
che
costituiscono
un
caso
a
parte
)
sono
tanto
migliori
rispetto
a
quelle
della
classe
operaia
quanto
più
tardivo
è
il
processo
di
sviluppo
dell
'
industria
moderna
e
quanto
più
debole
è
la
forza
contrattuale
della
classe
dei
lavoratori
salariati
,
per
la
presenza
di
un
'
ampia
disoccupazione
manifesta
e
nascosta
,
soprattutto
in
agricoltura
.
In
queste
condizioni
,
infatti
,
i
salari
reali
aumentano
ad
un
saggio
relativamente
lento
,
cosicché
i
lavoratori
partecipano
in
misura
modesta
all
'
aumento
del
sovrappiù
sociale
,
o
reddito
netto
;
di
conseguenza
,
una
parte
crescente
del
sovrappiù
diviene
disponibile
per
i
non
salariati
:
capitalisti
veri
e
propri
,
proprietari
di
case
e
di
terreni
e
ceti
medi
,
che
mettono
a
frutto
la
loro
posizione
di
quasi
monopolio
dell
'
istruzione
media
e
superiore
.
Di
qui
,
l
'
aumento
del
benessere
relativo
di
certi
strati
di
impiegati
e
di
commercianti
.
(
Questa
ipotesi
,
che
è
emersa
da
una
conversazione
con
Fernando
Vianello
,
andrebbe
verificata
sulla
base
di
confronti
con
l
'
evoluzione
delle
classi
e
dei
gruppi
sociali
in
altri
paesi
,
specialmente
di
quelli
molto
sviluppati
e
,
all
'
opposto
,
relativamente
arretrati
.
Un
punto
di
partenza
per
tali
confronti
può
essere
offerto
dall
'
ottimo
volume
di
Gino
Germani
,
Sociologia
della
modernizzazione
.
L
'
esperienza
dell
'
America
Latina
,
Laterza
,
Bari
,
1971
,
particolarmente
i
capp
.
VI
e
X
)
.
7
.
L
'
ubiquità
della
piccola
borghesia
Sebbene
la
piccola
borghesia
non
costituisca
propriamente
una
classe
,
essa
tuttavia
,
come
certi
santi
,
possiede
il
dono
dell
'
ubiquità
.
Gli
stessi
interessi
della
classe
operaia
sono
in
gran
parte
gestiti
-
almeno
sul
piano
politico
e
su
quello
delle
organizzazioni
sindacali
centrali
-
da
membri
della
piccola
borghesia
,
i
quali
a
differenza
dei
lavoratori
salariati
hanno
,
fra
gli
altri
privilegi
,
più
tempo
libero
e
un
più
elevato
grado
d
'
istruzione
.
Pur
amministrando
la
cosa
pubblica
e
,
nella
massima
parte
,
gli
apparati
dei
partiti
politici
,
e
pur
condizionando
ampiamente
i
gusti
e
le
aspirazioni
sociali
,
non
si
può
affermare
che
il
"
potere
"
sia
nelle
mani
di
questa
quasi
classe
.
Nei
paesi
economicamente
più
evoluti
i
piccoli
borghesi
sono
gli
amministratori
universali
;
condizionano
le
scelte
di
fondo
-
fin
quasi
ad
esercitare
in
molti
casi
una
specie
di
potere
di
veto
-
,
ma
non
sono
loro
a
prenderle
.
Se
si
considera
che
la
piccola
borghesia
è
spezzettata
in
tanti
e
tanti
gruppi
(
localmente
,
in
tante
e
tante
clientele
)
e
che
non
pochi
di
questi
gruppi
sono
costituiti
in
misura
notevole
da
individui
famelici
,
servili
e
culturalmente
rozzi
-
da
quelli
che
chiamerei
i
topi
nel
formaggio
-
si
comprende
perché
nella
nostra
vita
pubblica
siano
così
diffuse
certe
pratiche
non
di
rado
sgradevoli
e
perfino
ripugnanti
della
nostra
vita
pubblica
,
fra
cui
sono
da
annoverare
molte
pratiche
di
sottogoverno
.
Forse
gli
strati
civilmente
più
robusti
della
piccola
borghesia
s
sono
da
ricercare
ai
due
estremi
:
fra
quelli
di
formazione
più
antica
(
che
hanno
certe
"
tradizioni
"
)
e
quelli
di
formazione
più
recente
e
appartenenti
a
famiglie
non
proprio
miserabili
(
i
cui
membri
anziani
,
di
origine
contadina
e
operaia
,
hanno
impartito
un
'
educazione
"
austera
"
ai
membri
più
giovani
)
;
mentre
fra
gli
strati
di
formazione
intermedia
,
specialmente
se
provengono
da
famiglie
miserabili
,
si
ritrovano
più
di
frequente
gli
individui
peggiori
,
disposti
a
intraprendere
l
'
ascesa
sociale
e
la
scalata
al
benessere
con
ogni
mezzo
.
Questi
individui
,
se
restano
ai
margini
,
in
posizioni
umili
quanto
a
reddito
e
quanto
a
prestigio
sociale
,
sono
spesso
indotti
,
dall
'
ansia
di
differenziarsi
dalle
classi
di
provenienza
,
a
prendere
anche
politicamente
le
posizioni
più
reazionarie
.
L
'
instabilità
politica
e
la
superficialità
culturale
che
caratterizzano
numerosi
strati
della
piccola
borghesia
,
insieme
con
l
'
acuto
desiderio
di
sfuggire
ad
una
vita
mediocre
e
squallida
e
di
"
emergere
"
ad
ogni
costo
,
possono
contribuire
a
spiegare
i
salti
acrobatici
compiuti
da
certi
individui
dall
'
estrema
sinistra
all
'
estrema
destra
(
molto
raramente
nella
direzione
opposta
)
:
uno
dei
più
noti
campioni
di
questo
genere
di
salti
è
,
nella
nostra
storia
,
Benito
Mussolini
,
rappresentante
caratteristico
di
certi
strati
della
piccola
borghesia
provinciale
.
Debbo
insistere
:
non
vedo
,
nella
piccola
borghesia
soltanto
individui
di
questo
tipo
;
non
vedo
questa
quasi
classe
soltanto
a
colori
foschi
.
Certo
,
a
causa
della
nostra
storia
,
la
fascia
che
può
esser
vista
a
colori
non
foschi
è
piuttosto
esile
;
ma
esiste
;
ed
in
questa
fascia
risiede
una
delle
speranze
per
il
futuro
.
In
ogni
modo
,
l
'
espressione
"
piccola
borghesia
"
,
spesso
usata
in
senso
quasi
dispregiativo
,
non
deve
trarre
in
inganno
:
in
questa
quasi
classe
,
non
meno
che
nelle
altre
,
si
trovano
individui
di
grande
onestà
civile
,
di
grande
coraggio
e
di
grande
forza
d
'
animo
:
furono
molti
i
piccoli
borghesi
che
morirono
nella
Resistenza
o
nei
campi
di
concentramento
nazisti
.
Ma
anche
fra
i
torturatori
erano
assai
numerosi
i
piccoli
borghesi
.
La
mediocrità
della
vita
quotidiana
di
moltissime
famiglie
piccolo
-
borghesi
non
esclude
dunque
-
anzi
,
forse
,
in
certe
circostanze
contribuisce
a
determinare
-
una
polarizzazione
verso
gli
estremi
,
verso
il
meglio
ed
il
peggio
che
si
può
trovare
nell
'
umanità
.
Proprio
a
causa
della
sua
frammentazione
in
tanti
`
e
tanti
gruppi
e
per
la
sua
eterogeneità
economica
e
sociale
,
la
piccola
borghesia
è
politicamente
instabile
.
L
'
instabilità
è
accresciuta
dal
fatto
che
,
per
non
essere
costretti
,
come
gli
operai
,
ad
una
dura
disciplina
di
lavoro
e
ad
uno
sforzo
incessante
di
sopravvivenza
,
molti
piccoli
borghesi
-
fra
cui
sono
numerosi
intellettuali
-
hanno
una
non
indifferente
zona
discrezionale
,
ossia
possono
scegliere
,
per
il
bene
o
per
il
male
,
entro
limiti
relativamente
più
ampi
non
solo
degli
operai
,
ma
perfino
della
grande
e
media
borghesia
,
i
cui
membri
subiscono
fortemente
le
pressioni
della
loro
classe
,
assai
più
omogenea
della
piccola
borghesia
.
L
'
instabilità
e
la
polivalenza
o
indeterminatezza
politica
della
piccola
borghesia
assumono
la
massima
intensità
nei
suoi
strati
giovanili
.
Nei
movimenti
giovanili
piccolo
-
borghesi
,
specialmente
,
in
quello
che
è
stato
il
movimento
studentesco
e
poi
negli
attuali
gruppi
extra
-
parlamentari
di
estrema
sinistra
,
confluiscono
le
motivazioni
e
gl
'
impulsi
più
diversi
:
alcuni
certamente
nobili
e
degni
del
massimo
rispetto
,
altri
assai
poco
rispettabili
.
Numerosi
giovani
o
giovanissimi
hanno
scoperto
l
'
esistenza
delle
classi
e
le
discriminazioni
e
le
tremende
ingiustizie
che
discendono
da
questa
realtà
e
sovente
si
sono
gettati
all
'
estrema
sinistra
per
una
sorta
di
complesso
di
colpa
derivante
dai
privilegi
di
cui
si
sono
accorti
di
godere
,
o
per
un
"
inconscio
desiderio
di
realizzare
essi
l
'
egemonia
della
loro
propria
classe
sul
popolo
"
(
Gramsci
,
Gli
intellettuali
e
l
'
organizzazione
della
cultura
,
cit
.
,
p
.
43
)
.
Numerosi
giovani
e
giovanissimi
hanno
messo
sotto
accusa
i
padri
,
molti
dei
quali
avevano
la
coda
di
paglia
(
il
contrasto
fra
giovani
e
anziani
è
antico
quanto
l
'
umanità
;
oggi
,
cadute
molte
bardature
ipocrite
,
ha
assunto
in
molti
paesi
forme
nuove
ed
esasperate
)
.
La
tensione
,
fra
gli
studenti
,
i
diplomati
e
i
laureati
,
è
stata
aggravata
dalla
crescente
disoccupazione
intellettuale
-
un
fenomeno
anche
questo
antico
,
che
di
recente
ha
assunto
proporzioni
molto
gravi
,
sia
per
l
'
impulso
proveniente
dallo
sviluppo
del
sistema
economico
verso
una
più
larga
base
per
la
selezione
di
tecnici
e
di
specialisti
,
sia
per
l
'
accresciuto
reddito
di
famiglie
appartenenti
a
gruppi
sociali
relativamente
meno
agiati
,
che
hanno
potuto
inviare
i
loro
figli
alle
scuole
di
ordine
superiore
e
far
loro
prendere
un
diploma
o
una
laurea
,
senza
però
che
,
nell
'
economia
,
la
domanda
di
lavoro
intellettuale
aumentasse
in
misura
corrispondente
all
'
offerta
.
L
'
instabilità
e
la
polivalenza
politica
della
piccola
borghesia
trovano
un
contrappeso
,
o
un
correttivo
,
in
una
serie
di
elementi
ai
quali
è
necessario
dedicare
un
brevissimo
cenno
.
Per
ottenere
e
mantenere
il
"
consenso
"
e
la
lealtà
dei
ceti
piccolo
-
borghesi
verso
il
così
detto
"
sistema
"
e
,
possibilmente
,
per
mantenerli
in
uno
stato
di
subordinazione
,
in
una
parola
per
rafforzare
ed
allargare
le
propensioni
conservatrici
di
quei
ceti
,
la
classe
dominante
tende
,
da
un
lato
,
a
facilitare
moderatamente
la
mobilità
ascendente
di
quei
ceti
e
,
dall
'
altro
,
a
utilizzare
le
diverse
istituzioni
.
La
mobilità
ascendente
non
è
affatto
costante
nei
diversi
periodi
e
nelle
diverse
società
ed
è
difficile
da
definire
e
misurare
in
modo
rigoroso
;
ma
è
certo
che
non
è
molto
ampia
(
specialmente
quando
si
tratta
della
cooptazione
nella
stessa
classe
dominante
)
ed
è
anche
certo
che
la
classe
dominante
tende
a
presentarla
come
molto
più
ampia
di
quanto
essa
in
realtà
sia
.
Non
si
tratta
di
un
programma
razionalmente
elaborato
e
consapevolmente
perseguito
dalla
classe
dominante
;
si
tratta
piuttosto
di
un
processo
che
viene
alimentato
in
modo
quasi
automatico
attraverso
un
sistema
,
prodotto
da
una
lunga
tradizione
storica
,
di
approvazioni
e
di
riprovazioni
morali
e
sociali
e
,
corrispondentemente
,
di
promozioni
o
di
punizioni
,
secondo
i
comportamenti
individuali
di
conservazione
e
di
accettazione
ovvero
di
dissenso
e
di
rifiuto
.
Un
analogo
processo
,
autoperpetuantesi
in
forme
nuove
anche
dopo
cambiamenti
e
perfino
dopo
fratture
nella
vita
sociale
,
è
all
'
origine
delle
"
istituzioni
"
(
magistratura
,
scuola
,
esercito
,
polizia
ed
altre
)
,
che
costituiscono
l
'
area
sociale
dove
tipicamente
opera
la
piccola
borghesia
impiegatizia
del
settore
pubblico
e
la
cui
logica
(
incluse
le
specifiche
"
scale
di
valori
"
)
mira
ad
attuare
l
'
identificazione
fra
gli
uomini
e
l
'
istituzione
alla
quale
appartengono
e
il
totale
condizionamento
della
loro
personalità
.
L
'
appartenenza
alle
diverse
istituzioni
dei
diversi
gruppi
della
piccola
borghesia
impiegatizia
costituisce
il
principale
elemento
connettivo
di
questi
ceti
ed
entro
certi
limiti
li
stabilizza
e
li
subordina
alla
classe
dominante
.
Tuttavia
,
soprattutto
in
questo
periodo
,
la
stabilizzazione
e
,
ancora
di
più
,
la
subordinazione
non
sono
più
generalmente
accolte
come
fatti
ovvi
,
ossia
spontanei
,
ossia
fondati
sul
consenso
,
ma
sono
messi
in
discussione
.
In
linguaggio
marxista
,
tutti
questi
fenomeni
fanno
parte
della
"
sovrastruttura
"
-
un
'
espressione
ambigua
e
,
io
ritengo
,
ingannevole
se
intesa
in
senso
letterale
.
Se
usata
con
un
grano
di
sale
,
si
può
dire
che
nel
capitalismo
moderno
,
con
i
crescenti
margini
discrezionali
consentiti
dalla
liberazione
dalle
necessità
elementari
della
vita
di
masse
crescenti
di
persone
,
specialmente
nel
settore
della
piccola
borghesia
,
la
"
sovrastruttura
"
diventa
almeno
altrettanto
importante
della
"
struttura
"
[
Ho
scritto
queste
ultime
osservazioni
in
seguito
alle
critiche
ed
ai
suggerimenti
espressi
da
Giorgio
Ruffolo
e
da
Giulio
Salierno
in
un
dibattito
promosso
il
24
novembre
1972
dall
'
Istituto
romano
per
la
storia
dal
fascismo
alla
Resistenza
,
dibattito
che
riguardava
appunto
questo
lavoro
]
.
Nonostante
l
'
instabilità
e
la
polivalenza
politica
che
caratterizzano
la
piccola
borghesia
nei
suoi
molteplici
strati
,
e
nonostante
i
correttivi
istituzionali
e
politici
cui
ora
si
è
accennato
,
probabilmente
è
giusto
sostenere
,
come
hanno
fatto
alcuni
sociologi
(
Luciano
Gallino
ed
altri
)
,
che
nell
'
ambito
di
quella
che
io
chiamo
piccola
borghesia
impiegatizia
comincia
a
delinearsi
una
certa
differenziazione
fra
i
quadri
intermedi
che
vengono
a
integrarsi
nel
gruppo
dominante
e
i
quadri
intermedi
che
invece
assumono
le
caratteristiche
di
impiegati
esecutivi
(
cfr.
parte
I
,
cap
.
3
)
.
E
si
può
dire
che
questi
,
specialmente
nelle
grandi
fabbriche
,
tendono
a
proletarizzarsi
,
non
tanto
nel
senso
strettamente
economico
(
reddito
individuale
)
,
quanto
dal
punto
di
vista
della
qualità
del
lavoro
e
dello
status
sociale
e
quindi
nel
senso
che
i
loro
interessi
e
i
loro
ideali
si
avvicinano
progressivamente
a
quelli
della
classe
operaia
;
corrispondentemente
,
le
azioni
sindacali
e
politiche
di
questi
impiegati
e
quelle
degli
operai
dell
'
industria
moderna
diventano
sempre
più
simili
fra
loro
.
Per
altri
strati
della
piccola
borghesia
specialmente
nel
settore
pubblico
,
si
è
avuta
invece
una
proletarizzazione
non
nel
senso
sociale
e
politico
ma
nel
senso
economico
,
ossia
nel
senso
di
un
avvicinamento
alle
condizioni
materiali
di
vita
degli
operai
.
Tuttavia
,
la
tendenza
alla
proletarizzazione
nel
senso
economico
di
certi
strati
di
piccoli
borghesi
può
spingerli
,
per
un
desiderio
di
rivalsa
e
di
differenziazione
sociale
,
non
verso
posizioni
sindacali
e
politiche
di
sinistra
,
ma
,
proprio
al
contrario
,
verso
posizioni
di
destra
o
di
estrema
destra
:
dal
punto
di
vista
sociale
e
politico
il
problema
è
indeterminato
.
Per
alcuni
strati
della
piccola
borghesia
impiegatizia
probabilmente
ha
avuto
luogo
un
processo
di
proletarizzazione
nel
senso
economico
.
In
effetti
,
confrontando
le
variazioni
di
lungo
periodo
dei
salari
reali
dell
'
industria
moderna
con
quelle
delle
retribuzioni
reali
degli
impiegati
pubblici
,
si
notano
le
seguenti
tendenze
(
v
.
la
tabella
5.3
)
:
1
)
un
aumento
molto
notevole
dei
salari
reali
(
dal
1880
al
1970
circa
5
volte
)
;
2
)
un
aumento
molto
meno
accentuato
degli
stipendi
reali
(
meno
di
2
volte
nello
stesso
periodo
)
;
3
)
un
conseguente
progressivo
avvicinamento
fra
le
condizioni
economiche
degli
impiegati
pubblici
e
quelle
degli
operai
nell
'
industria
moderna
(
fa
eccezione
il
periodo
fascista
,
durante
il
quale
i
salari
reali
diminuiscono
di
circa
il
15-20%
e
gli
stipendi
reali
aumentano
del
3-4%
)
.
È
necessario
tener
ben
presente
che
la
riduzione
della
distanza
media
fra
impiegati
e
operai
non
contraddice
l
'
ipotesi
che
in
certe
fasce
le
distanze
siano
perfino
aumentate
.
Inoltre
,
è
necessario
tener
presente
che
quell
'
avvicinamento
è
avvenuto
in
salita
,
ossia
con
un
aumento
sensibile
per
tutti
,
ma
specialmente
per
gli
operai
,
del
tenore
di
vita
.
Questo
non
significa
che
le
spinte
verso
una
trasformazione
radicale
o
addirittura
rivoluzionaria
necessariamente
vengano
meno
.
Significa
però
che
le
spinte
innovatrici
perdono
man
mano
il
carattere
elementare
di
protesta
economica
:
notevoli
gruppi
di
operai
e
di
impiegati
tendono
a
porsi
sul
piano
,
ben
più
complesso
,
dell
'
affermazione
e
dell
'
ascesa
sociale
in
una
struttura
sempre
più
differenziata
.
Rispetto
alla
situazione
studiata
dai
classici
del
marxismo
i
termini
del
problema
appaiono
profondamente
mutati
.
Perché
,
dunque
,
molti
piccoli
borghesi
decidono
di
schierarsi
con
gli
operai
e
comunque
di
"
andare
a
sinistra
"
?
I
motivi
sono
disparati
.
Innanzi
tutto
ci
sono
i
motivi
ignobili
:
arricchirsi
in
nomine
falcis
et
mallei
coi
mezzi
e
nei
modi
più
svariati
-
essenzialmente
con
posti
conquistati
"
politicamente
"
e
retribuiti
munificamente
.
Motivi
di
questo
genere
,
che
,
è
doloroso
dirlo
,
sono
tutt
'
altro
che
rari
,
appaiono
particolarmente
ripugnanti
,
considerata
l
'
ideologia
professata
e
considerati
gl
'
interessi
che
per
la
platea
si
pretende
di
voler
difendere
.
Ma
consideriamo
i
motivi
non
ignobili
.
Gli
strati
piccolo
-
borghesi
le
cui
condizioni
economiche
si
sono
avvicinate
a
quelle
della
grande
maggioranza
degli
operai
(
redditi
relativamente
bassi
,
nessuna
proprietà
di
immobili
o
titoli
)
possono
trovare
conveniente
associarsi
agli
operai
,
oltre
che
sul
piano
politico
,
anche
sul
piano
sindacale
,
raccordando
le
loro
rivendicazioni
con
quelle
operaie
.
Una
tale
situazione
ha
luogo
specialmente
nel
caso
degli
impiegati
collegati
con
le
fabbriche
.
Negli
strati
più
colti
della
piccola
borghesia
possono
essere
frequenti
coloro
che
si
sentono
solidali
con
gli
operai
non
tanto
per
ragioni
economiche
,
quanto
per
ragioni
ideali
o
di
progresso
civile
;
e
si
comprende
allora
perché
vi
sono
persone
che
appoggiano
anche
provvedimenti
dannosi
per
i
propri
interessi
economici
immediati
.
La
scelta
dei
piccoli
borghesi
che
si
dedicano
alla
vita
politica
o
sindacale
può
essere
determinata
da
motivazioni
ideali
,
ma
può
essere
anche
(
e
contemporaneamente
)
determinata
dalla
più
o
meno
consapevole
considerazione
che
andando
dalla
parte
degli
operai
essi
possono
divenire
leaders
,
mentre
volgendosi
verso
la
grande
borghesia
essi
diverrebbero
ufficiali
subalterni
o
amministratori
o
,
peggio
,
maggiordomi
o
,
peggio
ancora
,
servitori
.
Tuttavia
,
nell
'
ipotesi
che
la
scelta
sia
"
a
sinistra
"
,
esiste
in
ogni
caso
la
possibilità
che
i
piccoli
borghesi
,
qualunque
sia
la
motivazione
della
scelta
,
gretta
ed
egoistica
o
generosa
e
nobile
,
nel
fatto
operino
preoccupandosi
in
primo
luogo
dell
'
immediato
vantaggio
proprio
o
del
gruppo
sociale
dal
quale
provengono
e
solo
in
via
subordinata
del
vantaggio
della
classe
operaia
.
In
conclusione
,
nel
seno
di
tutti
i
ceti
della
piccola
borghesia
troviamo
numerose
frange
di
sinistra
e
numerose
frange
di
destra
(
in
atto
o
in
potenza
)
;
ma
,
considerata
la
grande
differenziazione
di
questa
quasi
classe
,
i
confini
non
sono
né
stabili
né
ben
definiti
.
Inoltre
,
non
bisogna
fidarsi
delle
etichette
,
che
certe
volte
(
specialmente
quando
si
va
"
in
alto
"
)
possono
essere
ingannevoli
:
è
indispensabile
esaminare
criticamente
e
a
fondo
i
contenuti
e
le
azioni
effettive
.
8
.
Confronti
internazionali
Nelle
considerazioni
espresse
nei
due
precedenti
capitoli
è
implicita
l
'
idea
che
nell
'
analizzare
la
distribuzione
del
reddito
non
sia
da
considerare
solo
l
'
antagonismo
fra
salari
e
profitti
;
esiste
un
antagonismo
anche
fra
salari
e
redditi
caratteristici
di
ampi
strati
di
ceti
medi
,
specialmente
stipendi
e
certi
tipi
di
redditi
misti
.
Un
tale
antagonismo
come
quello
fra
salari
e
profitti
,
risulta
attenuato
quando
il
reddito
,
crescendo
,
lascia
maggiore
spazio
per
tutti
i
redditi
,
così
che
quel
duplice
antagonismo
riguarda
solo
le
quote
.
Tuttavia
,
l
'
aumento
del
reddito
,
nel
breve
periodo
-
un
anno
-
raramente
supera
il
5-6%;
e
l
'
aumento
è
ben
lungi
da
ripartirsi
proporzionalmente
fra
tutti
i
redditieri
.
Il
contrasto
diventa
veramente
aspro
quando
il
reddito
cessa
di
crescere
o
addirittura
diminuisce
.
Quell
'
antagonismo
,
dunque
,
sussiste
,
e
non
può
essere
trascurato
,
considerando
le
dimensioni
che
le
classi
medie
hanno
raggiunto
nel
nostro
paese
.
Si
pone
allora
il
quesito
:
negli
altri
paesi
le
classi
medie
sono
altrettanto
ampie
?
La
risposta
è
affermativa
:
indubbiamente
i
confronti
internazionali
sulla
stratificazione
sociale
sono
molto
problematici
;
ma
sono
importanti
:
l
'
estero
è
lo
specchio
del
diavolo
,
in
esso
possiamo
vedere
meglio
noi
stessi
,
possiamo
comprenderci
e
criticarci
con
maggiore
cognizione
di
causa
.
Dunque
,
nonostante
le
difficoltà
,
è
indispensabile
procedere
a
confronti
internazionali
,
usando
la
necessaria
cautela
.
Ritengo
che
,
se
vengono
considerati
come
ordini
di
grandezza
i
dati
con
gran
fatica
selezionati
per
certi
paesi
e
riportati
nelle
tabelle
,
in
appendice
,
non
siamo
ingannevoli
e
,
se
pure
entro
limiti
molto
ristretti
,
consentono
certi
confronti
(
i
paesi
esaminati
,
oltre
l
'
Italia
,
sono
la
Spagna
,
il
Giappone
,
la
Francia
,
la
Gran
Bretagna
gli
Stati
Uniti
,
l
'
Argentina
e
il
Cile
(
v
.
le
tabelle
2.1
e
2.2
)
.
Da
questi
confronti
emergono
due
caratteristiche
degne
di
nota
:
la
quota
delle
classi
medie
sulla
popolazione
attiva
è
molto
simile
a
quella
osservata
per
l
'
Italia
(
50%
)
e
,
come
per
l
'
Italia
,
è
relativamente
stabile
nel
tempo
.
Si
tratta
di
caratteristiche
sorprendenti
(
mezzo
secolo
fa
sarebbe
stata
proclamata
l
'
esistenza
di
una
"
legge
"
)
,
poiché
si
osservano
in
paesi
molto
diversi
e
,
per
alcuni
dei
paesi
considerati
,
in
tempi
molto
diversi
.
Più
precisamente
:
le
quote
delle
classi
medie
e
delle
classi
operaie
in
complesso
sono
stabili
(
se
mai
,
la
quota
della
classe
operaia
ha
forse
una
certa
tendenza
a
flettere
)
.
Ma
cambiano
in
modo
molto
significativo
i
contenuti
:
nell
'
ambito
delle
classi
medie
,
diminuiscono
i
coltivatori
diretti
e
,
almeno
relativamente
,
gli
altri
lavoratori
autonomi
(
eccetto
i
commercianti
)
,
mentre
aumentano
gli
impiegati
sia
privati
che
pubblici
;
nell
'
ambito
della
classe
operaia
,
diminuiscono
i
salariati
agricoli
ed
aumentano
i
salariati
nelle
altre
attività
,
specialmente
nell
'
industria
.
t
lecito
presumere
che
col
procedere
dello
sviluppo
economico
aumentano
,
in
termini
assoluti
e
relativi
,
gli
operai
occupati
in
aziende
industriali
moderne
(
diciamo
,
in
aziende
che
impiegano
più
di
cento
addetti
)
;
questa
presunzione
si
fonda
,
oltre
che
sulla
logica
,
su
un
confronto
internazionale
(
tabella
4.3
)
.
Poiché
i
paesi
esaminati
si
trovano
in
stadi
molto
diversi
dello
sviluppo
economico
,
conviene
riflettere
sui
rapporti
fra
grado
di
sviluppo
e
quote
dei
diversi
gruppi
sociali
(
tabella
2.2
)
.
Risulta
confermato
che
col
procedere
dello
sviluppo
diminuisce
la
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
e
cresce
la
piccola
borghesia
impiegatizia
.
Anzi
,
il
confronto
internazionale
mostra
che
l
'
Italia
non
è
affatto
più
avanti
degli
altri
paesi
sulla
strada
dell
'
espansione
burocratica
;
e
mostra
anche
che
ha
ancora
.
una
strada
relativamente
lunga
da
percorrere
riguardo
alla
flessione
della
piccola
borghesia
autonoma
.
Restano
confermati
anche
i
mutamenti
che
hanno
luogo
nell
'
ambito
della
classe
operaia
:
man
mano
che
procede
lo
sviluppo
diminuiscono
i
salariati
agricoli
e
aumentano
gli
operai
industriali
;
ma
non
sembra
che
vi
sia
uno
stretto
legame
fra
altezza
della
percentuale
degli
operai
nell
'
industria
e
grado
di
sviluppo
(
probabilmente
,
il
nesso
è
stretto
se
si
considerano
solo
gli
operai
della
grande
industria
)
.
Le
uniformità
sopra
indicate
costituiscono
,
in
sostanza
,
delle
specificazioni
di
quella
che
Colin
Clark
chiama
"
legge
di
Petty
"
e
che
riguarda
le
relazioni
fra
sviluppo
economico
e
sviluppo
relativo
dei
tre
grandi
settori
:
col
procedere
dello
sviluppo
economico
,
si
sviluppano
in
via
preliminare
le
attività
primarie
(
agricoltura
e
miniere
)
e
poi
,
via
via
,
le
attività
secondarie
(
industriali
)
e
quelle
terziarie
(
commercio
,
credito
,
servizi
,
pubblica
amministrazione
)
.
Le
specificazioni
sopra
indicate
permettono
di
dar
ragione
di
alcune
anomalie
e
di
alcune
apparenti
eccezioni
alla
"
legge
"
,
come
quella
secondo
cui
in
certi
paesi
molto
arretrati
l
'
espansione
del
commercio
precede
quella
delle
così
dette
attività
primarie
:
il
punto
è
che
occorre
disaggregare
e
distinguere
,
in
relazione
al
procedere
dello
sviluppo
,
le
diverse
attività
terziarie
(
C
.
Clark
,
The
Conditions
to
Economic
Progress
,
Macmillan
,
London
,
19573;
P
.
T
.
Bauer
and
B
.
S
.
Yamey
,
The
Economics
of
Underdeveloped
Countries
,
Cambridge
University
Press
,
1957
)
.
Quanto
alla
piccola
borghesia
impiegatizia
,
se
è
vero
che
l
'
Italia
si
trova
in
linea
,
sia
per
la
quota
di
impiegati
privati
sia
per
quella
di
impiegati
pubblici
,
come
si
può
affermare
che
la
burocrazia
pubblica
del
nostro
paese
è
ipertrofica
?
Innanzi
tutto
,
occorre
richiamare
le
ragioni
dell
'
espansione
burocratica
(
parte
I
,
cap
.
6
)
:
1
)
crescenti
esigenze
amministrative
per
sempre
più
ampi
interventi
nell
'
economia
;
2
)
crescenti
spese
di
trasferimento
;
3
)
"
sistemazione
"
di
un
certo
numero
di
persone
grazie
a
pressioni
clientelari
o
politiche
.
L
'
ipertrofia
,
ossia
l
'
espansione
patologica
,
ha
luogo
quando
la
burocrazia
cresce
per
il
terzo
ordine
di
motivi
.
Ora
,
come
si
è
già
fatto
rilevare
,
questa
ipertrofia
non
riguarda
l
'
intera
burocrazia
,
ma
soltanto
i
gradi
più
bassi
e
le
fasce
meno
qualificate
della
burocrazia
(
negli
uffici
tecnici
v
'
è
carenza
di
personale
)
.
Che
le
cose
stiano
così
è
indicato
dal
fatto
(
anche
questo
già
messo
in
rilievo
)
che
la
quota
della
burocrazia
pubblica
è
più
alta
nel
più
arretrato
Sud
che
nel
Nord
.
Inoltre
,
se
si
distinguono
,
fra
gli
impiegati
pubblici
,
gl
'
insegnanti
dagli
altri
impiegati
,
si
ha
il
quadro
che
segue
e
che
riguarda
,
oltre
l
'
Italia
,
quattro
paesi
per
i
quali
si
sono
trovati
i
dati
necessari
per
il
confronto
(
i
dati
sono
espressi
in
percentuale
della
popolazione
attiva
)
.
Spagna
Italia
Francia
Gran
Bretagna
Stati
Uniti
(
1970
)
(
1971
)
(
1968
)
(
1968
)
(
1969
)
Insegnanti
2,4
3,1
3,6
5,6
5,7
Altri
impiegati
3,9
5,0
3,7
5,6
8,2
pubblici
In
Italia
,
la
percentuale
degli
impiegati
pubblici
,
esclusi
gl
'
insegnanti
,
è
nettamente
maggiore
che
in
Francia
ed
è
simile
a
quella
dell
'
Inghilterra
,
il
cui
sviluppo
economico
e
civile
è
ben
più
avanzato
.
Da
ciò
si
può
dedurre
che
la
detta
percentuale
in
Italia
è
patologicamente
elevata
.
L
'
aspetto
patologico
appare
anche
più
grave
se
si
considera
che
negli
altri
paesi
non
è
stato
possibile
separare
la
quota
(
piccola
ma
non
trascurabile
)
dei
salariati
pubblici
,
quota
che
dovrebbe
essere
inclusa
nella
classe
operaia
.
Aggiungendo
questa
quota
,
che
in
Italia
era
stata
esclusa
,
si
giunge
ad
una
percentuale
di
dipendenti
pubblici
(
esclusi
gli
insegnanti
)
del
5,5%
,
una
cifra
pressoché
identica
a
quella
inglese
.
Negli
Stati
Uniti
sono
sensibilmente
più
elevate
che
in
Italia
tanto
la
quota
degli
insegnanti
quanto
quella
degli
altri
dipendenti
pubblici
.
È
senz
'
altro
fisiologico
questo
fatto
?
Considerato
l
'
elevato
grado
di
sviluppo
economico
della
società
americana
,
la
risposta
potrebbe
essere
affermativa
.
Tuttavia
,
non
può
essere
scartata
a
priori
l
'
ipotesi
che
anche
negli
Stati
Uniti
,
se
pure
per
motivi
alquanto
diversi
da
quelli
considerati
per
l
'
Italia
,
la
burocrazia
pubblica
sia
ipertrofica
:
una
volta
che
la
struttura
produttiva
ha
raggiunto
un
elevato
grado
di
concentrazione
,
lo
sviluppo
economico
capitalistico
può
proseguire
solo
se
la
domanda
effettiva
viene
sostenuta
dall
'
autorità
pubblica
;
e
questo
vale
sia
per
la
domanda
di
prodotti
che
per
la
domanda
di
lavoro
.
D
'
altro
canto
,
in
regime
capitalistico
lo
sviluppo
deve
proseguire
se
si
vuole
evitare
un
aumento
crescente
della
disoccupazione
,
dato
che
l
'
aumento
di
produttività
-
risultato
necessario
della
competizione
nazionale
e
internazionale
caratteristica
del
capitalismo
-
proseguirebbe
in
ogni
modo
.
(
Una
tale
tesi
è
stata
proposta
,
in
forme
e
tempi
diversi
da
diversi
autori
;
è
stata
proposta
dallo
scrivente
nell
'
opera
Oligopolio
e
progresso
tecnico
,
ed
.
,
Giuffrè
,
Milano
,
1956;
è
stata
proposta
da
Michal
Kalecki
in
un
articolo
pubblicato
in
polacco
pure
nel
1956
e
pubblicato
,
tradotto
in
inglese
,
solo
recentemente
;
l
'
articolo
ha
per
titolo
The
Economic
Situation
in
the
United
States
as
Compared
with
the
Pre
-
War
Period
,
ed
è
incluso
nel
volume
The
Last
Phase
in
the
Transformation
of
Capitalism
,
Monthly
Review
Press
,
New
York
,
1972
)
.
Che
lo
sviluppo
della
burocrazia
negli
Stati
Uniti
sia
abnorme
,
può
forse
risultare
da
un
confronto
con
la
situazione
dell
'
Unione
Sovietica
.
fi
una
opinione
diffusa
che
gli
Stati
Uniti
sono
il
paese
della
iniziativa
individuale
,
mentre
l
'
economia
dell
'
Unione
Sovietica
è
retta
da
una
burocrazia
mastodontica
e
onnipresente
.
Confrontare
i
dati
sovietici
con
i
dati
americani
è
ancora
più
rischioso
che
negli
altri
casi
;
ma
io
penso
che
questo
confronto
abbia
un
senso
.
Esso
mostra
che
la
realtà
è
ben
lontana
da
quella
opinione
:
se
per
burocrazia
"
privata
"
s
'
intende
,
con
riferimento
all
'
Unione
Sovietica
,
quella
corrispondente
alla
massa
degli
impiegati
di
azienda
e
per
burocrazia
"
pubblica
"
s
'
intende
quella
costituita
da
insegnanti
,
da
ricercatori
e
da
impiegati
addetti
all
'
istruzione
e
da
tutti
gl
'
impiegati
addetti
all
'
apparato
statale
,
risulta
che
la
percentuale
sulla
popolazione
attiva
della
burocrazia
"
pubblica
"
così
intesa
non
supera
il
12%
,
mentre
la
corrispondente
percentuale
negli
Stati
Uniti
è
del
13,9%
(
v
.
le
tabelle
2.2
e
2.5
)
.
$
da
notare
che
la
valutazione
della
burocrazia
"
pubblica
"
dell
'
Unione
Sovietica
è
probabilmente
errata
per
eccesso
,
dato
che
non
pochi
ricercatori
e
non
pochi
addetti
all
'
istruzione
negli
Stati
Uniti
appartengono
al
settore
privato
.
In
ogni
modo
,
i
possibili
dubbi
sul
grado
di
burocratizzazione
degli
Stati
Uniti
rispetto
all
'
Unione
Sovietica
vengono
a
cadere
se
si
considerano
le
quote
degli
impiegati
,
sia
"
pubblici
"
che
"
privati
"
:
il
38%
negli
Stati
Uniti
e
solo
il
21%
nell
'
Unione
Sovietica
.
Lungi
dall
'
essere
il
paese
dell
'
iniziativa
individuale
gli
Stati
Uniti
sono
dunque
divenuti
un
paese
di
colletti
bianchi
e
di
mezze
maniche
;
ed
anzi
l
'
incremento
degli
impiegati
rispetto
alla
forza
di
lavoro
addizionale
rappresenta
una
quota
anche
più
alta
della
media
:
60-70%
ogni
anno
contro
il
38-40%
.
Insomma
:
è
molto
più
burocratizzata
l
'
economia
americana
di
quella
russa
!
Molte
altre
illazioni
potrebbero
essere
tratte
dall
'
esame
dei
dati
riguardanti
i
due
colossi
,
quello
capitalistico
e
quello
collettivistico
.
Per
esempio
,
la
struttura
sociale
dell
'
Unione
Sovietica
mostra
,
almeno
apparentemente
(
com
'
è
ovvio
,
i
contenuti
sono
profondamente
diversi
)
,
parecchie
rassomiglianze
con
quello
degli
Stati
Uniti
e
di
altri
paesi
non
collettivistici
.
La
struttura
sociale
della
Russia
del
1913
,
invece
,
presentava
caratteristiche
molto
particolari
e
,
a
quanto
pare
,
costituiva
un
'
eccezione
rispetto
alla
composizione
sociale
prevalente
in
tempi
molto
diversi
negli
altri
paesi
qui
esaminati
:
borghesia
16,3%
,
piccola
borghesia
impiegatizia
2,4%
,
contadini
e
artigiani
66,7%
,
operai
14,6%
(
v
.
la
tabella
2.3
)
.
Ma
,
a
parte
l
'
inclusione
-
dichiarata
-
dei
contadini
ricchi
(
kulaki
)
fra
la
borghesia
vera
e
propria
,
è
possibile
che
fra
i
contadini
poveri
siano
state
incluse
molte
persone
che
lavoravano
prevalentemente
da
salariati
agricoli
,
così
che
la
classe
dei
"
contadini
e
artigiani
"
risulta
gonfiata
(
considerati
i
criteri
seguiti
in
questo
saggio
)
rispetto
alla
classe
operaia
.
In
ogni
modo
,
è
certo
che
subito
prima
della
rivoluzione
quella
russa
era
,
in
misura
preponderante
,
una
società
a
carattere
rurale
,
con
una
classe
operaia
molto
piccola
e
con
una
classe
dominante
numericamente
molto
esigua
,
in
parte
aristocratica
e
in
parte
borghese
(
v
.
la
tabella
2.4
)
.
I
paesi
considerati
nei
precedenti
confronti
appaiono
tutti
,
sia
pure
in
diversi
gradi
,
socialmente
evoluti
(
o
"
moderni
"
)
se
si
usano
congiuntamente
due
indici
,
ossia
la
quota
degli
impiegati
e
quella
dei
contadini
:
più
alta
è
la
prima
e
più
bassa
la
seconda
e
più
socialmente
evoluto
è
il
paese
in
esame
.
(
Faccio
osservare
che
sulla
base
di
questo
criterio
certi
paesi
dell
'
America
latina
,
come
l
'
Argentina
e
il
Cile
,
debbono
essere
annoverati
fra
i
paesi
evoluti
,
mentre
altri
paesi
,
come
il
Brasile
,
vanno
inclusi
fra
quelli
arretrati
)
.
Per
i
paesi
arretrati
nel
senso
ora
specificato
,
conviene
usare
una
diversa
suddivisione
fra
le
classi
,
che
consenta
di
mettere
in
adeguato
rilievo
la
struttura
sociale
dell
'
agricoltura
.
Una
suddivisione
adatta
allo
scopo
potrebbe
essere
la
seguente
(
fra
parentesi
sono
indicate
le
percentuali
di
composizione
)
(
v
.
la
tabella
2.6
)
:
I
.
Grandi
proprietari
,
grossi
commercianti
,
industriali
medi
e
grandi
(
1-2%
)
.
II
.
Impiegati
privati
e
pubblici
(
5-10%
)
.
III
.
Lavoratori
autonomi
,
esclusi
i
contadini
poveri
(
15-20%
)
.
IV
.
Contadini
poveri
e
salariati
agricoli
(
incluso
il
sottoproletariato
delle
campagne
)
(
40-70%
)
.
V
.
Salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
(
incluso
il
sottoproletariato
urbano
)
(
7-37%
)
.
In
questi
paesi
solo
le
classi
II
e
III
possono
essere
considerate
piccola
borghesia
.
Ho
già
osservato
più
volte
,
ed
argomenterò
fra
breve
con
riferimento
al
fascismo
,
che
nei
paesi
detti
evoluti
i
piccoli
borghesi
sono
diventati
oggi
gli
amministratori
universali
,
ma
non
sono
i
dirigenti
effettivi
;
hanno
contribuito
a
fornire
una
base
di
massa
a
regimi
di
destra
o
anche
di
sinistra
,
ma
non
sono
mai
stati
la
classe
dominante
.
Tuttavia
,
secondo
una
interessante
tesi
di
Michal
Kalecki
,
in
diversi
paesi
arretrati
,
dove
la
piccola
borghesia
(
specialmente
quella
di
tipo
tradizionale
,
che
ha
interessi
opposti
a
quelli
delle
imprese
capitalistiche
moderne
)
ha
un
peso
relativo
considerevole
-
essendo
normalmente
nullo
il
peso
politico
della
gran
massa
di
contadini
-
e
dove
la
borghesia
moderna
è
assai
poco
sviluppata
,
anche
a
causa
del
predominio
delle
grandi
società
straniere
,
sono
sorte
condizioni
favorevoli
alla
costituzione
di
governi
che
rappresentano
in
modo
preminente
e
diretto
gl
'
interessi
delle
classi
medie
inferiori
,
nonostante
l
'
alleanza
fra
gl
'
interessi
stranieri
e
i
gruppi
locali
di
grandi
proprietari
di
tipo
feudale
e
di
grossi
commercianti
;
la
formula
economica
è
quella
del
capitalismo
di
Stato
e
la
formula
politica
contiene
elementi
di
un
feroce
anticomunismo
(
M
.
Kalecki
,
Intermediate
Regimes
,
articolo
incluso
nel
volume
già
citato
)
.
9
.
Piccola
borghesia
e
fascismo
L
'
instabilità
politica
della
piccola
borghesia
ha
rilevanti
conseguenze
:
quando
,
in
periodi
di
crisi
,
ampi
strati
di
questa
quasi
classe
si
alleano
con
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
,
il
paese
corre
il
pericolo
del
fascismo
.
Nel
nostro
paese
conosciamo
una
tale
esperienza
.
Per
evitare
il
rischio
di
affermazioni
generiche
,
rischio
elevato
in
questo
tipo
di
analisi
,
conviene
richiamare
alcuni
aspetti
essenziali
dell
'
ascesa
al
potere
del
fascismo
in
Italia
,
dopo
la
prima
guerra
mondiale
.
Nel
1921
l
'
economia
italiana
subì
una
crisi
,
che
in
parte
aveva
origini
internazionali
e
che
nel
nostro
paese
risultò
particolarmente
grave
sia
per
la
debolezza
della
struttura
industriale
italiana
,
fondata
ancora
in
misura
modesta
su
imprese
moderne
,
sia
per
le
difficoltà
connesse
con
la
conversione
delle
industrie
che
avevano
rifornito
l
'
amministrazione
militare
durante
la
guerra
.
La
crisi
rese
acutissime
le
tensioni
sociali
e
quindi
le
tensioni
politiche
.
Ai
contadini
sotto
le
armi
ed
agli
operai
nelle
fabbriche
durante
la
guerra
erano
state
fatte
promesse
di
ampie
concessioni
,
che
poi
,
passato
il
pericolo
,
erano
state
mantenute
solo
in
minima
parte
;
la
crisi
anzi
aggravava
le
loro
condizioni
economiche
.
Queste
promesse
erano
state
ripetute
in
trincea
,
sulla
base
delle
dichiarazioni
degli
uomini
politici
,
dagli
ufficiali
subalterni
-
uomini
provenienti
nella
massima
parte
dalla
media
e
piccola
borghesia
;
tornata
la
pace
,
l
'
ostilità
e
perfino
l
'
odio
delle
masse
popolari
,
esasperate
per
il
peggioramento
delle
loro
condizioni
,
si
riversarono
verso
le
persone
fisiche
che
avevano
ripetuto
loro
quelle
promesse
.
Né
stavano
molto
meglio
,
tornati
a
casa
,
gli
ex
ufficiali
subalterni
,
che
stentavano
a
trovare
una
occupazione
;
ma
la
loro
volontà
di
un
radicale
cambiamento
si
mosse
in
direzione
opposta
a
quella
delle
masse
popolari
,
che
li
attaccavano
personalmente
.
Si
ebbero
scioperi
e
agitazioni
gravissime
,
numerose
fabbriche
e
proprietà
terriere
furono
occupate
.
La
spinta
delle
masse
popolari
veniva
rafforzata
e
resa
fortissima
,
anche
se
rimaneva
in
gran
parte
caotica
e
disorganizzata
,
dall
'
esempio
della
rivoluzione
bolscevica
russa
.
La
grande
borghesia
fu
presa
dal
panico
;
estese
i
finanziamenti
ai
giornali
e
a
molti
uomini
politici
di
destra
;
finanziò
bande
armate
,
che
misero
a
ferro
e
a
fuoco
le
sedi
di
molte
organizzazioni
popolari
:
sindacati
,
cooperative
,
sedi
di
partiti
di
sinistra
.
Vi
furono
numerosi
assassinii
.
La
grande
borghesia
terriera
e
industriale
(
con
diverse
eccezioni
,
tuttavia
)
trovò
in
ampi
strati
della
media
e
,
soprattutto
,
nella
piccola
borghesia
gli
alleati
più
decisi
;
gli
scherani
,
come
altre
volte
è
successo
in
condizioni
analoghe
,
furono
reclutati
nel
sottoproletariato
;
i
principali
centri
del
potere
pubblico
-
ampie
sezioni
della
magistratura
,
della
polizia
e
dell
'
apparato
militare
-
in
modo
aperto
o
nascosto
fornirono
il
loro
appoggio
.
La
guida
politica
della
reazione
fu
assunta
dal
partito
fascista
,
che
-
ironicamente
,
ma
non
immotivatamente
,
poiché
sfruttava
a
fini
concreti
la
retorica
piccolo
-
borghese
-
si
autodefiniva
partito
rivoluzionario
.
In
particolare
,
per
mobilitare
diversi
strati
della
piccola
borghesia
il
partito
fascista
sfruttò
il
mito
della
"
vittoria
mutilata
"
-
il
sentimento
di
frustrazione
per
le
concessioni
coloniali
e
territoriali
ritenute
insufficienti
,
che
il
trattato
di
Versailles
attribuiva
all
'
Italia
.
Anche
se
il
fascismo
cominciò
ad
organizzarsi
nel
1919-21
,
esso
divenne
virulento
e
pervenne
a
conquistare
il
potere
non
durante
la
crisi
economica
del
1921
,
ma
proprio
quando
questa
crisi
era
chiaramente
in
via
di
superamento
,
non
solo
in
Italia
,
ma
anche
negli
altri
paesi
industriali
(
primavera
-
estate
1922
)
.
Subito
dopo
essere
salito
al
potere
,
il
partito
fascista
pagò
il
conto
per
gli
aiuti
finanziari
e
politici
ottenuti
negli
anni
precedenti
dalla
grande
borghesia
.
Il
governo
decise
:
1
)
di
sopprimere
,
in
pratica
,
la
Commissione
per
l
'
indagine
sui
sovraprofitti
di
guerra
;
2
)
di
abolire
la
nominatività
dei
titoli
azionari
;
3
)
di
trasferire
la
rete
telefonica
a
società
private
;
4
)
di
rinnovare
le
concessioni
alle
società
elettriche
;
5
)
di
abolire
il
monopolio
statale
delle
assicurazioni
sulla
vita
e
di
trasferire
una
cospicua
quota
di
tali
assicurazioni
a
società
private
;
6
)
di
attuare
il
salvataggio
,
con
danaro
pubblico
,
di
alcune
grandi
banche
,
che
restarono
private
;
7
)
di
riformare
il
regime
fiscale
,
in
senso
favorevole
ai
privati
,
dei
trasferimenti
a
titolo
ereditario
;
8
)
di
"
sospendere
"
la
legge
di
riforma
agraria
;
9
)
di
abolire
,
attraverso
una
numerosa
serie
di
eccezioni
,
il
limite
massimo
di
otto
ore
per
la
giornata
lavorativa
,
limite
che
gli
operai
avevano
conquistato
dopo
dure
lotte
nel
1919
e
nel
1920
.
A
favore
di
una
parte
della
piccola
borghesia
furono
presi
diversi
provvedimenti
,
fra
cui
occorre
ricordare
:
1
)
l
'
assunzione
di
notevoli
schiere
di
persone
nella
burocrazia
,
nell
'
esercito
,
in
quella
speciale
milizia
di
partito
denominata
"
milizia
volontaria
per
la
sicurezza
nazionale
"
e
negli
uffici
organizzati
nell
'
ambito
del
partito
fascista
;
2
)
la
revoca
delle
sovvenzioni
governative
alle
cooperative
(
che
danneggiavano
gl
'
interessi
dei
piccoli
commercianti
)
;
3
)
la
revisione
,
in
senso
restrittivo
,
delle
norme
per
la
concessione
delle
licenze
per
il
commercio
al
minuto
;
4
)
provvedimenti
a
favore
di
varie
categorie
di
artigiani
.
Da
questa
cospicua
serie
di
concessioni
restavano
esclusi
i
lavoratori
salariati
,
i
quali
,
anzi
,
dopo
essere
stati
privati
delle
loro
organizzazioni
sindacali
e
cooperative
e
dei
partiti
che
ne
esprimevano
gl
'
interessi
,
ben
presto
subirono
duri
colpi
anche
sotto
forma
di
riduzioni
salariali
.
In
breve
,
dal
punto
di
vista
sociale
e
politico
si
può
affermare
che
il
fascismo
fu
il
risultato
della
saldatura
fra
grande
borghesia
terriera
,
finanziaria
e
industriale
e
larghe
sezioni
della
piccola
borghesia
(
impiegati
pubblici
e
privati
,
liberi
professionisti
,
piccoli
commercianti
)
.
Tale
saldatura
fu
rafforzata
dalla
rivalutazione
della
lira
del
1926
,
una
decisione
che
bloccava
il
processo
inflazionistico
e
in
questo
modo
,
almeno
per
un
certo
periodo
,
consentiva
l
'
aumento
del
potere
d
'
acquisto
degli
stipendi
e
favoriva
il
risparmio
individuale
.
(
La
rivalutazione
danneggiò
gl
'
industriali
che
producevano
per
l
'
esportazione
,
anche
se
avvantaggiò
gl
'
industriali
che
producevano
principalmente
per
il
mercato
interno
con
materie
prime
importate
,
come
era
il
caso
delle
principali
industrie
tessili
.
Inoltre
,
essendo
stata
completata
l
'
opera
di
distruzione
dei
sindacati
operai
,
i
salari
vennero
decurtati
,
ciò
che
compensò
almeno
parzialmente
gli
industriali
danneggiati
dalla
rivalutazione
.
Il
principale
obiettivo
della
rivalutazione
della
lira
,
tuttavia
,
era
un
obiettivo
politico
,
di
"
stabilizzazione
sociale
"
,
condiviso
da
un
'
ampia
parte
della
grande
borghesia
industriale
:
si
voleva
favorire
la
piccola
borghesia
risparmiatrice
,
che
era
stata
danneggiata
dalla
precedente
tendenza
inflazionistica
)
.
Pare
certo
che
il
reddito
individuale
medio
assoluto
e
relativo
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
sia
sensibilmente
aumentato
durante
il
periodo
fascista
,
mentre
è
diminuito
il
reddito
medio
assoluto
e
,
ancora
di
più
,
relativo
dei
lavoratori
salariati
.
Il
fascismo
è
dunque
il
risultato
di
un
'
alleanza
fra
grande
e
piccola
borghesia
;
ma
non
si
tratta
di
un
'
alleanza
inter
pares
:
la
responsabilità
prevalente
va
attribuita
alla
grande
borghesia
.
È
esatto
affermare
che
ampi
strati
della
piccola
borghesia
,
insieme
con
limitati
strati
di
lavoratori
relativamente
privilegiati
o
,
all
'
opposto
,
poverissimi
(
sottoproletari
)
,
hanno
fornito
al
fascismo
una
certa
base
di
massa
,
i
quadri
intermedi
e
buona
parte
dei
quadri
superiori
.
È
anche
esatto
sostenere
che
l
'
iniziativa
di
organizzare
il
partito
fascista
partì
,
anche
cronologicamente
(
1919-21
)
,
da
piccoli
e
medi
borghesi
e
che
solo
in
un
secondo
tempo
(
1922
)
la
grande
borghesia
intervenne
con
il
suo
aiuto
finanziario
e
politico
.
Occorre
però
subito
aggiungere
che
senza
questo
aiuto
-
e
senza
l
'
aiuto
di
ampie
sezioni
dei
poteri
costituiti
-
il
fascismo
non
avrebbe
preso
il
potere
;
ed
occorre
anche
aggiungere
che
,
se
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
intervennero
in
forza
solo
in
un
secondo
tempo
,
ci
furono
i
pionieri
della
prima
ora
,
che
cercarono
subito
di
sfruttare
il
malcontento
popolare
,
causato
per
esempio
dal
caro
-
viveri
,
fomentando
i
tumulti
proprio
allo
scopo
di
preparare
il
terreno
per
una
feroce
azione
di
repressione
(
Salvemini
,
Scritti
sul
fascismo
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1961
,
vol.
I
,
p
.
474
)
.
È
vero
:
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
che
appoggiarono
il
fascismo
lo
volevano
in
via
transitoria
,
per
ripristinare
l
'
"
ordine
"
:
il
disegno
era
quello
di
restaurare
una
rispettabile
democrazia
parlamentare
.
Ma
quell
'
appoggio
fu
determinante
;
ed
anche
quando
i
vassalli
si
abbarbicarono
al
potere
gestendolo
poi
in
modo
non
sempre
conforme
agli
interessi
della
borghesia
,
quei
gruppi
non
ritirarono
il
loro
appoggio
ma
fecero
buon
viso
a
cattivo
gioco
.
La
tesi
opposta
-
essere
cioè
il
fascismo
da
attribuire
all
'
azione
autonoma
e
comunque
determinante
di
ampi
strati
della
piccola
borghesia
-
risulta
grossolanamente
falsa
,
anche
se
corrisponde
al
modo
con
cui
i
piccoli
borghesi
protagonisti
dell
'
esperienza
fascista
vedevano
,
o
volevano
vedere
,
se
stessi
.
Per
fare
giustizia
sommaria
di
tale
tesi
basterebbe
,
da
sola
,
la
documentazione
raccolta
ed
analizzata
da
uno
studioso
non
marxista
,
Ernesto
Rossi
,
documentazione
che
include
i
due
"
bollettini
della
vittoria
"
della
Confindustria
del
1922
(
subito
dopo
l
'
ascesa
del
fascismo
)
e
del
1926
(
subito
dopo
le
leggi
eccezionali
)
e
si
avvale
dell
'
analisi
e
delle
candide
ammissioni
di
uno
dei
responsabili
della
politica
economica
fascista
(
Padroni
del
vapore
e
fascismo
,
Laterza
,
Bari
,
1966
,
specialmente
le
pp.
11-5
e
50-1
)
.
Tenuto
conto
dell
'
evoluzione
subita
dalla
piccola
borghesia
nell
'
ultimo
mezzo
secolo
e
,
in
particolare
,
considerata
la
comparsa
di
strati
nuovi
di
intellettuali
e
di
tecnici
,
oggi
le
spinte
di
tipo
fascista
sono
ben
diverse
da
quelle
del
primo
dopoguerra
.
Ma
le
varietà
del
fascismo
-
è
triste
riconoscerlo
-
sono
molteplici
.
In
ogni
modo
,
pare
abbastanza
evidente
che
o
,
T
la
grande
borghesia
,
e
specialmente
la
grande
borghesia
industriale
,
salvo
poche
se
pur
rilevanti
eccezioni
,
non
vuole
il
fascismo
,
e
per
diverse
ragioni
,
fra
cui
sono
i
conflitti
sociali
,
gravi
e
di
esito
incerto
,
che
un
tentativo
in
quella
direzione
comporterebbe
e
la
conclusione
,
fallimentare
per
tutti
,
della
precedente
esperienza
.
Oggi
il
fascismo
esprime
quasi
esclusivamente
gli
strati
più
retrivi
della
piccola
borghesia
ed
è
appoggiato
da
alcune
sezioni
dei
poteri
costituiti
(
magistratura
,
polizia
,
esercito
)
,
sezioni
di
ampiezza
non
trascurabile
ma
di
gran
lunga
minore
di
quelle
che
aiutarono
il
fascismo
nel
1920-1922
.
Il
tentativo
dell
'
attuale
movimento
fascista
di
ripetere
,
nelle
mutate
condizioni
,
la
strategia
di
mezzo
secolo
fa
-
crescere
numericamente
,
irrobustirsi
organizzativamente
,
creare
il
caos
con
mezzi
criminali
per
poi
offrirsi
come
forza
di
restaurazione
-
sembra
destinato
a
fallire
.
Tuttavia
esiste
pur
sempre
il
pericolo
di
un
peggioramento
della
situazione
economica
e
di
un
aumento
delle
tensioni
sociali
,
tensioni
che
potrebbero
venire
aggravate
da
errori
di
tattica
e
di
strategia
dei
sindacati
e
dei
partiti
di
sinistra
.
II
.
Lo
stato
attuale
e
le
prospettive
1
.
La
questione
delle
riforme
Dunque
,
in
periodi
di
crisi
,
un
'
alleanza
fra
la
grande
borghesia
e
ampi
strati
della
piccola
borghesia
può
condurre
al
fascismo
.
Viceversa
,
un
'
alleanza
di
strati
(
pure
ampi
,
ma
in
larga
misura
diversi
)
della
piccola
borghesia
con
coloro
che
gestiscono
gl
'
interessi
della
classe
operaia
può
dar
luogo
a
politiche
di
tipo
laburista
e
,
comunque
,
può
consentire
riforme
anche
radicali
.
Tuttavia
gli
ostacoli
alle
riforme
,
più
che
nella
grande
borghesia
,
vanno
ricercati
nel
seno
stesso
della
piccola
borghesia
e
particolarmente
nei
gruppi
che
hanno
i
maggiori
privilegi
e
la
più
forte
capacità
di
condizionare
le
scelte
politiche
.
Gli
ostacoli
si
manifestano
in
tre
fasi
:
nella
fase
della
preparazione
dei
progetti
di
riforma
,
preparazione
faticosissima
per
le
spinte
eterogenee
e
contraddittorie
,
poi
nella
fase
dell
'
approvazione
e
,
infine
,
nella
fase
dell
'
attuazione
(
finora
raggiunta
in
Italia
da
ben
pochi
progetti
)
.
Consideriamo
alcuni
esempi
particolari
.
L
'
esempio
più
ovvio
di
un
progetto
rimasto
fermo
addirittura
alla
prima
fase
è
quello
della
riforma
della
pubblica
amministrazione
:
il
sabotaggio
è
stato
compiuto
dalle
cerchie
più
influenti
della
burocrazia
.
In
altri
casi
occorre
,
sì
,
considerare
gli
ostacoli
frapposti
da
gruppi
d
'
interessi
operanti
nell
'
ambito
della
grande
borghesia
,
ma
bisogna
guardarsi
dal
trascurare
quelli
provenienti
da
gruppi
appartenenti
alla
media
e
alla
piccola
borghesia
.
Così
,
gli
ostacoli
alla
riforma
sanitaria
non
sono
stati
posti
solo
dai
grandi
"
baroni
"
della
medicina
,
dai
proprietari
delle
cliniche
private
,
dalle
opere
pie
e
dai
gruppi
d
'
interessi
legati
alle
case
farmaceutiche
,
ma
anche
dalla
burocrazia
alta
e
bassa
delle
mutue
e
dal
personale
medico
in
generale
,
che
,
appena
si
è
cominciato
a
parlare
di
riforme
,
ha
immediatamente
scatenato
una
serie
di
rivendicazioni
di
tipo
monetario
e
di
tipo
normativo
favorendo
in
tal
modo
,
nel
fatto
se
non
nelle
intenzioni
,
i
nemici
della
riforma
.
La
riforma
urbanistica
ha
trovato
ostacoli
non
solo
nelle
grandi
società
immobiliari
,
ma
anche
nella
miriade
di
proprietari
di
piccole
aree
potenzialmente
fabbricabili
,
oltre
che
nella
burocrazia
dei
diversi
organi
ed
enti
per
l
'
edilizia
pubblica
.
La
riforma
universitaria
è
stata
ostacolata
non
solo
dall
'
opposizione
dei
grandi
baroni
(
soprattutto
medici
e
baroni
politici
)
ma
anche
dalla
rivendicazione
penosamente
corporativa
dell
'
immissione
automatica
(
ope
legis
)
nei
ruoli
dei
docenti
"
subalterni
"
,
rivendicazione
per
la
quale
si
sono
ostinatamente
battuti
,
facendo
perdere
molto
tempo
prezioso
,
gruppi
che
rappresentavano
una
parte
tutto
considerato
esigua
dei
suddetti
docenti
.
Grandi
energie
sono
state
dedicate
alla
questione
dei
pre
-
salari
,
che
per
la
massima
parte
vanno
a
beneficio
di
famiglie
piccolo
-
borghesi
,
mentre
lo
sforzo
anche
finanziario
per
spalancare
le
porte
della
scuola
secondaria
ai
figli
della
classe
operaia
è
stato
estremamente
modesto
o
addirittura
trascurabile
.
Gli
investimenti
per
la
costruzione
di
edifici
scolastici
e
universitari
-
oltre
che
per
la
costruzione
di
ospedali
-
sono
rimasti
in
buona
parte
sulla
carta
non
solo
e
non
tanto
per
la
famosa
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
,
quanto
perché
sono
stati
mantenuti
e
perfino
resi
più
complicati
i
paralizzanti
controlli
,
le
competenze
ministeriali
plurime
ed
i
molteplici
concorsi
per
volontà
della
burocrazia
e
degli
ordini
professionali
degli
ingegneri
e
degli
architetti
,
volontà
pienamente
assecondata
dai
politici
.
L
'
idea
,
semplice
e
ovvia
,
di
unificare
competenze
,
controlli
e
concorsi
ha
incontrato
la
più
fiera
opposizione
:
più
numerosi
sono
i
controlli
,
maggiore
è
il
potere
della
burocrazia
e
minori
le
sue
responsabilità
.
È
importante
osservare
che
nei
due
casi
in
cui
erano
colpiti
quasi
soltanto
gl
'
interessi
di
certe
sezioni
della
grande
borghesia
-
la
nazionalizzazione
dell
'
energia
elettrica
e
lo
statuto
dei
lavoratori
-
i
riformatori
hanno
avuto
la
meglio
.
Tutto
sommato
,
la
grande
borghesia
,
particolarmente
quella
industriale
,
ha
interesse
che
si
facciano
le
riforme
rivolte
alla
"
razionalizzazione
"
del
sistema
ed
alla
stabilizzazione
sociale
:
si
tratterebbe
,
è
vero
,
di
riforme
limitate
,
ma
tali
da
non
impedire
di
compiere
passi
avanti
.
Tuttavia
,
la
grande
borghesia
,
che
da
sola
rappresenta
un
'
entità
numericamente
modesta
e
quindi
politicamente
vulnerabile
,
ha
bisogno
di
cercare
alleanze
fra
i
ceti
medi
,
soprattutto
fra
gli
strati
più
conservatori
.
In
questo
senso
la
grande
borghesia
ha
un
'
assai
rilevante
responsabilità
per
la
mancata
attuazione
delle
principali
riforme
;
in
effetti
,
per
mantenere
e
allargare
l
'
appoggio
degli
strati
più
conservatori
deí
ceti
medi
ha
attivamente
contribuito
a
contrastare
le
riforme
,
in
modo
particolare
quella
urbanistica
.
Lo
strato
più
"
progressista
"
della
grande
borghesia
è
dato
da
quello
che
controlla
l
'
industria
moderna
;
ma
la
stessa
grande
borghesia
industriale
non
ha
interessi
limitati
alla
sola
industria
:
i
suoi
interessi
si
intrecciano
con
quelli
immobiliari
e
finanziari
"
.
Inoltre
,
lo
strato
più
retrivo
,
quello
che
controlla
la
finanza
,
non
è
affatto
fuori
gioco
:
come
ricorderemo
fra
breve
,
negli
ultimi
tempi
ha
acquistato
un
notevole
peso
politico
oltre
che
economico
.
Se
le
cose
stanno
così
,
quali
sono
le
forze
sociali
che
in
un
paese
come
l
'
Italia
possono
spingere
verso
l
'
attuazione
di
riforme
radicali
?
La
destra
ben
difficilmente
può
farlo
,
almeno
in
regime
di
democrazia
parlamentare
,
per
le
ragioni
richiamate
poco
fa
.
La
sinistra
in
via
di
principio
può
farlo
,
sulla
base
di
una
alleanza
fra
quegli
strati
della
classe
operaia
e
dei
ceti
medi
che
alle
riforme
sono
interessati
,
per
ragioni
economiche
o
civili
.
Considerata
l
'
eterogeneità
dei
ceti
medi
,
che
è
anche
più
accentuata
di
quella
della
classe
operaia
,
le
possibilità
di
successo
di
una
strategia
rivolta
all
'
attuazione
delle
riforme
dipendono
in
larga
misura
dalla
capacità
e
dall
'
abilità
degli
uomini
politici
al
potere
e
dalla
loro
conoscenza
critica
dei
problemi
e
delle
forze
in
gioco
.
È
chiaro
che
una
riforma
sanitaria
,
per
esempio
,
difficilmente
si
potrà
fare
se
la
maggioranza
dei
medici
la
osteggiano
;
e
d
'
altra
parte
,
non
tutte
le
proposte
(
o
le
controproposte
)
dei
medici
sono
necessariamente
viziate
da
"
interessi
corporativi
"
:
possono
esserci
medici
che
,
più
che
allo
stipendio
o
a
posizioni
di
potere
o
di
micro
-
potere
,
sono
interessati
a
lavorare
in
ambienti
civili
e
moderni
,
capaci
di
consentire
un
'
attività
soddisfacente
:
in
primo
luogo
,
essi
vogliono
sentirsi
effettivamente
utili
.
D
'
altra
parte
,
anche
le
proposte
o
le
critiche
di
tipo
corporativo
possono
contenere
-
se
opportunamente
depurate
ed
emendate
-
elementi
validi
per
una
riforma
radicale
e
socialmente
soddisfacente
.
Considerazioni
analoghe
valgono
per
la
riforma
della
scuola
e
per
gl
'
insegnanti
.
L
'
abilità
dei
politici
sta
nel
compiere
una
sintesi
nell
'
interesse
generale
,
mediando
,
sì
,
i
diversi
interessi
,
ma
evitando
sia
il
compromesso
con
í
gruppi
più
retrivi
sia
le
posizioni
demagogiche
,
che
sono
avallate
o
da
intellettuali
che
non
sanno
valutare
le
forze
in
gioco
,
o
da
gruppi
di
persone
"
escluse
"
ed
esasperate
,
che
intendono
rifarsi
di
colpo
delle
passate
privazioni
,
spingendo
verso
un
male
opposto
ma
non
meno
grave
di
quello
che
si
vuole
eliminare
.
La
strategia
delle
riforme
esige
dunque
,
soprattutto
in
Italia
,
una
cospicua
abilità
di
sintesi
da
parte
degli
uomini
politici
che
la
guidano
;
ma
esige
anche
una
grande
capacità
intellettuale
e
critica
:
concepire
e
poi
attuare
il
nuovo
,
presenta
difficoltà
che
si
aggiungono
agli
ostacoli
frapposti
dagli
interessi
minacciati
.
In
via
generale
,
la
democrazia
italiana
oggi
si
trova
in
una
situazione
di
crisi
,
apparentemente
non
catastrofica
né
clamorosa
,
ma
certo
molto
grave
.
A
determinare
una
tale
situazione
ha
contribuito
il
contrasto
fra
le
attese
suscitate
dai
governi
di
centro
-
sinistra
di
vaste
riforme
e
le
modestissime
realizzazioni
.
Nel
tentativo
di
chiarire
i
motivi
di
questa
situazione
,
di
disorientamento
e
di
frustrazione
,
si
è
andati
anche
più
indietro
nel
tempo
e
,
soprattutto
da
alcune
frazioni
delle
nuove
generazioni
,
è
stato
imbastito
il
processo
alla
Resistenza
ed
alle
ragioni
del
fallimento
delle
aspettative
,
che
l
'
avevano
animata
,
di
un
rinnovamento
ben
più
profondo
e
radicale
(
anche
se
non
ben
specificato
)
di
quello
promesso
dai
governi
di
centro
-
sinistra
.
Perché
quelle
aspettative
sono
andate
deluse
?
Per
colpa
degli
uomini
dei
partiti
innovatori
,
che
non
hanno
avuto
sufficiente
coraggio
,
tenacia
e
determinazione
,
o
per
ragioni
di
forza
maggiore
?
Indubbiamente
le
colpe
ci
sono
e
sono
gravi
.
Ma
a
mio
parere
all
'
origine
di
quella
delusione
esiste
una
forte
componente
di
illusione
sulle
reali
condizioni
sociali
del
nostro
paese
e
sul
grado
di
sviluppo
civile
delle
diverse
classi
,
specialmente
della
piccola
borghesia
.
Alla
luce
delle
numerose
indagini
storiche
e
sociologiche
riguardanti
l
'
Italia
moderna
e
contemporanea
,
appare
oramai
evidente
che
il
fascismo
non
fu
un
accidente
,
non
fu
un
fenomeno
paragonabile
all
'
invasione
degli
Hyksos
in
Egitto
,
come
disse
Croce
,
né
fu
una
camicia
di
forza
imposta
ad
un
paese
democraticamente
maturo
da
un
pugno
di
banditi
prezzolati
dal
grande
capitale
;
appare
chiaro
,
viceversa
,
che
il
fascismo
ha
avuto
un
'
ampia
base
sociale
fra
strati
della
piccola
borghesia
e
perfino
fra
strati
,
sia
pure
esigui
,
di
operai
relativamente
privilegiati
.
Pertanto
,
cessata
la
guerra
,
quella
di
"
un
fascismo
senza
Mussolini
"
era
una
possibilità
effettiva
che
per
un
certo
periodo
fu
molto
seriamente
considerata
anche
da
influenti
circoli
alleati
,
come
hanno
dimostrato
Salvemini
e
La
Piana
(
La
sorte
dell
'
Italia
,
ed.
inglese
1943
,
trad.
it.
nel
volume
L
'
Italia
vista
dall
'
America
,
a
cura
di
E
.
Tagliacozzo
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1969
)
.
Il
regio
governo
di
Badoglio
(
che
aveva
avuto
l
'
intenzione
di
nominare
Dino
Grandi
come
ministro
degli
Esteri
)
era
appunto
un
tentativo
di
avviare
un
"
fascismo
senza
Mussolini
"
.
Questo
tentativo
falli
,
come
fallirono
altri
tentativi
consimili
,
proprio
grazie
alla
Resistenza
ed
all
'
ampiezza
ed
alla
forza
del
movimento
popolare
che
la
esprimeva
.
È
vero
:
mentre
non
esisteva
la
possibilità
di
una
rivoluzione
proletaria
,
che
neppure
il
partito
comunista
veramente
voleva
,
esisteva
la
possibilità
di
una
rivoluzione
democratica
,
caratterizzata
da
profonde
riforme
sociali
,
non
diverse
,
almeno
negli
elementi
essenziali
,
da
quelle
introdotte
in
Inghilterra
subito
dopo
la
fine
della
guerra
;
e
gli
uomini
che
sono
emersi
dalla
Resistenza
come
leaders
hanno
la
responsabilità
di
non
aver
saputo
sfruttare
una
tale
possibilità
.
Ma
bisogna
aggiungere
che
i
limiti
erano
molto
angusti
,
non
solo
e
non
tanto
per
i
condizionamenti
imposti
dalle
potenze
vincitrici
quanto
per
le
condizioni
sociali
italiane
.
Se
ci
si
rende
veramente
conto
,
di
là
dalla
retorica
di
cui
,
più
o
meno
,
tutti
siamo
vittime
,
della
nostra
gravissima
arretratezza
civile
,
si
deve
dire
che
le
aspettative
di
una
palingenesi
sociale
erano
generose
,
nobili
ma
molto
ingenue
:
non
diversamente
dalle
aspettative
degli
intellettuali
che
guidarono
,
nel
1799
,
il
tentativo
rivoluzionario
a
Napoli
,
quelle
aspettative
erano
fondate
su
un
'
immagine
del
tutto
utopistica
del
nostro
paese
.
Il
"
fallimento
"
della
Resistenza
appare
tale
solo
se
misurato
sul
metro
di
quelle
aspettative
;
se
invece
si
assume
,
come
si
deve
,
il
metro
della
realtà
,
ossia
quello
di
un
paese
paurosamente
arretrato
sul
piano
civile
,
il
"
fallimento
"
appare
uno
straordinario
successo
.
Oggi
noi
tutti
non
potremmo
godere
di
quelle
libertà
e
di
quelle
autonomie
-
circoscritte
,
limitate
,
condizionate
finché
si
vuole
,
ma
sensibilmente
maggiori
di
zero
-
senza
il
sacrificio
degli
uomini
della
Resistenza
[
Ho
modificato
alcuni
dei
giudizi
espressi
nella
seconda
parte
di
questo
paragrafo
dopo
le
osservazioni
critiche
gentilmente
comunicatemi
da
Leo
Valiani
]
.
In
ogni
caso
,
per
giudicare
correttamente
i
nostri
attuali
problemi
,
occorre
essere
ben
consapevoli
che
il
nostro
paese
"
per
trecento
lunghi
anni
patì
l
'
obbrobrio
e
il
danno
delle
dominazioni
straniere
"
(
Giustino
Fortunato
)
.
È
straordinariamente
cupa
la
storia
di
due
terzi
del
nostro
paese
,
il
Sud
ed
il
Centro
:
quasi
inesistente
,
nel
Sud
,
l
'
esperienza
dell
'
autonomia
comunale
,
una
dominazione
di
tipo
al
tempo
stesso
feudale
e
coloniale
,
con
l
'
aggravante
delle
frequenti
incursioni
dei
pirati
lungo
le
coste
;
un
regime
,
quello
borbonico
,
definito
da
uno
straniero
,
distaccato
nel
suo
giudizio
,
William
Gladstone
:
"
the
negation
of
God
transformed
into
a
system
of
government
"
;
un
'
amministrazione
,
nel
Centro
,
che
dal
punto
di
vista
civile
,
pur
considerando
la
diversità
dei
tempi
,
non
è
esagerato
definire
raccapricciante
,
se
si
deve
prestar
fede
alle
descrizioni
di
un
altro
straniero
,
anch
'
esso
distaccato
e
disinteressato
,
William
Nassau
Senior
.
La
riflessione
approfondita
e
critica
del
nostro
presente
e
,
per
comprenderlo
,
sul
nostro
passato
,
può
dar
luogo
a
conclusioni
catastrofiche
e
paralizzanti
per
l
'
azione
:
la
realtà
è
veramente
orribile
.
Ma
-
si
spera
-
può
dar
luogo
a
una
benefica
rabbia
di
ricostruzione
e
,
paradossalmente
,
può
indurre
a
giudizi
tutto
sommato
positivi
(
come
nel
caso
della
Resistenza
)
poiché
,
nonostante
tutto
,
molte
cose
stanno
cambiando
nel
nostro
paese
.
2
.
Intellettuali
e
tecnici
Dove
si
trovano
,
quali
sono
gli
strati
socialmente
più
robusti
della
piccola
borghesia
?
Ho
già
risposto
,
in
parte
,
a
questa
domanda
:
si
trovano
in
tutti
i
gruppi
che
formano
questa
classe
composita
.
Sociologi
e
politici
hanno
concentrato
la
loro
attenzione
su
due
gruppi
particolari
:
quello
degli
intellettuali
e
quello
degli
scienziati
,
dei
tecnici
e
degli
specialisti
,
di
formazione
molto
recente
(
gli
"
intellettuali
di
tipo
nuovo
"
di
Gramsci
)
.
Ritengo
che
sia
giusto
soffermarsi
in
modo
particolare
su
questi
due
gruppi
,
sia
perché
il
grado
di
cultura
critica
è
,
in
media
,
più
elevato
che
negli
altri
gruppi
,
considerati
nel
loro
complesso
,
sia
perché
anche
la
relativa
"
libertà
di
scelta
"
è
più
ampia
.
Benedetto
Croce
aveva
torto
quando
considerava
gl
'
intellettuali
come
persone
totalmente
libere
e
"
indipendenti
"
,
addirittura
come
artefici
collettivi
ma
autonomi
della
storia
;
aveva
tuttavia
ragione
ad
attribuire
grande
importanza
nello
svolgimento
della
storia
a
quella
che
egli
chiamava
"
classe
intellettuale
"
.
E
Antonio
Gramsci
,
che
esortava
"
a
fare
i
conti
"
in
termini
dialettici
con
la
filosofia
crociana
(
"
occorre
rifare
per
la
concezione
filosofica
del
Croce
la
stessa
riduzione
che
i
primi
teorici
della
filosofia
della
prassi
hanno
fatto
per
la
concezione
hegeliana
"
)
,
aveva
ragione
quando
scriveva
:
Il
pensiero
del
Croce
...
deve
,
per
lo
meno
,
essere
apprezzato
come
valore
strumentale
,
e
così
si
può
dire
che
esso
ha
energicamente
attirato
l
'
attenzione
sull
'
importanza
dei
fatti
di
cultura
e
di
pensiero
sullo
sviluppo
della
storia
,
sulla
funzione
dei
grandi
intellettuali
nella
vita
organica
della
società
civile
e
dello
Stato
,
sul
momento
dell
'
egemonia
e
del
consenso
come
forma
necessaria
del
blocco
storico
concreto
(
Il
materialismo
storico
e
la
filosofia
di
Benedetto
Croce
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
pp.
199-201
)
.
Coloro
che
,
come
chi
scrive
,
si
augurano
che
una
profonda
trasformazione
dell
'
ordinamento
sociale
possa
essere
promossa
,
nel
nostro
paese
,
da
una
rinnovata
e
organica
alleanza
fra
classe
operaia
ed
ampi
strati
della
piccola
borghesia
,
debbono
puntare
soprattutto
su
quei
due
gruppi
.
Ma
è
necessario
non
farsi
illusioni
:
anche
in
questi
due
gruppi
la
fascia
socialmente
solida
,
capace
di
sostenere
gli
sforzi
di
lungo
periodo
che
una
tale
alleanza
richiede
,
è
ancora
esile
nel
nostro
paese
.
D
'
altra
parte
,
in
questi
due
gruppi
particolari
-
intellettuali
e
tecnici
-
,
come
del
resto
negli
altri
gruppi
e
nelle
altre
classi
sociali
,
non
esiste
solo
una
fascia
civilmente
robusta
ed
una
fascia
di
topi
nel
formaggio
;
esiste
anche
una
larga
fascia
intermedia
di
individui
personalmente
onesti
ma
politicamente
indifferenti
,
individui
che
sarebbero
capaci
di
sacrificare
alcuni
loro
interessi
economici
in
nome
di
interessi
civili
più
ampi
.
È
anche
su
questa
fascia
che
bisogna
puntare
per
quella
rinnovata
alleanza
.
Sotto
l
'
aspetto
della
classificazione
qui
adottata
,
gl
'
intellettuali
in
senso
stretto
e
i
tecnici
si
trovano
prevalentemente
nella
piccola
borghesia
(
gli
strati
più
elevati
sono
inclusi
nella
borghesia
vera
e
propria
)
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
4.1
)
.
Gl
'
intellettuali
,
non
diversamente
dai
quadri
intermedi
della
burocrazia
(
parte
I
,
capp
.
5
e
7
)
,
tendono
a
suddividersi
in
due
categorie
:
quelli
organicamente
integrati
nella
classe
dominante
e
quelli
che
tendono
ad
avvicinarsi
agli
interessi
e
agli
ideali
della
classe
operaia
;
e
una
tale
suddivisione
vale
non
solo
per
gl
'
intellettuali
di
nuovo
tipo
(
scienziati
,
ricercatori
,
tecnici
di
livello
elevato
e
,
in
generale
,
uomini
di
cultura
prevalentemente
"
scientifica
"
)
,
ma
anche
per
gl
'
intellettuali
di
tipo
tradizionale
(
letterati
,
filosofi
,
artisti
e
,
in
generale
,
uomini
di
cultura
prevalentemente
"
umanistica
"
)
.
Parlo
di
tendenze
e
non
di
realtà
effettive
,
poiché
i
margini
d
'
indeterminazione
,
non
trascurabili
in
nessuna
classe
o
sottoclasse
,
sono
particolarmente
rilevanti
nel
caso
degli
intellettuali
,
soprattutto
nell
'
attuale
fase
dello
sviluppo
storico
della
nostra
società
.
La
posizione
dei
tecnici
(
che
,
come
i
politici
,
rientrano
nella
categoria
degli
intellettuali
in
senso
lato
)
è
anche
più
indeterminata
e
polivalente
di
quella
degli
intellettuali
in
senso
stretto
:
possono
essere
cooptati
dalla
classe
dominante
,
come
quegli
impiegati
che
ne
diventano
"
fiduciari
"
;
ma
possono
anche
allearsi
con
la
classe
operaia
;
infine
,
possono
restare
,
per
così
dire
,
disponibili
,
in
una
posizione
critica
ed
autonoma
,
se
pure
non
neutrale
.
In
ogni
modo
,
la
questione
dei
tecnici
va
vista
congiuntamente
a
quella
dei
dirigenti
(
managers
dei
massimi
livelli
,
che
in
parte
sono
appunto
i
tecnici
cooptati
dalla
classe
dominante
)
;
ed
entrambe
le
questioni
vanno
considerate
nel
quadro
dell
'
evoluzione
del
capitalismo
moderno
,
che
ha
assunto
le
caratteristiche
che
oggi
conosciamo
(
non
solo
nel
nostro
paese
)
con
lo
sviluppo
delle
società
per
azioni
,
quindi
dei
gruppi
finanziari
di
queste
società
(
holdings
)
e
infine
,
nel
periodo
più
recente
,
specialmente
nei
paesi
capitalistici
più
avanzati
,
dei
gruppi
multinazionali
.
Questo
capitalismo
è
caratterizzato
da
una
progressiva
separazione
fra
proprietà
e
controllo
:
il
processo
di
concentrazione
-
intravisto
,
già
al
suo
primo
manifestarsi
,
da
Marx
e
da
Engels
-
ha
compiuto
,
nel
tempo
,
passi
da
gigante
;
ma
(
ed
è
questa
una
tesi
fondamentale
di
Alberto
Breglia
)
,
un
tale
processo
non
sembra
condurre
di
per
sé
al
collettivismo
pubblico
(
socialismo
)
;
può
invece
condurre
,
e
in
una
certa
misura
ha
condotto
,
ad
una
sorta
di
collettivismo
privato
,
ossia
a
un
sistema
che
perpetua
i
privilegi
sotto
forme
nuove
,
non
fondate
più
,
principalmente
,
sulla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
ma
sulla
forza
politica
e
sulla
divisione
del
lavoro
,
in
un
peculiare
assetto
istituzionale
,
che
risulta
da
una
commistione
fra
pubblico
e
privato
.
3
.
I
condizionamenti
internazionali
e
le
tensioni
di
origine
interna
I
movimenti
e
le
tendenze
politiche
che
si
manifestano
,
in
Italia
,
nel
seno
di
ciascuna
delle
diverse
classi
condizionano
e
sono
condizionati
dai
movimenti
e
dalle
tendenze
politiche
che
si
manifestano
nelle
analoghe
classi
sociali
degli
altri
paesi
relativamente
evoluti
,
specialmente
dell
'
Europa
.
Data
la
sua
particolare
instabilità
sociale
e
politica
e
dato
il
suo
maggior
grado
di
cultura
,
ciò
è
specialmente
vero
per
la
piccola
borghesia
,
i
cui
movimenti
,
come
quelli
di
un
pendolo
,
entrano
in
risonanza
con
i
movimenti
delle
piccole
borghesie
degli
altri
paesi
che
si
trovano
in
condizioni
relativamente
simili
:
l
'
"
effetto
dimostrativo
"
,
rilevante
per
tutti
i
gruppi
sociali
,
è
particolarmente
rilevante
nel
caso
della
piccola
borghesia
.
Di
ciò
occorre
tener
conto
nel
riflettere
sulla
grave
crisi
sociale
e
politica
che
ora
è
in
atto
nel
nostro
paese
:
le
spinte
e
le
tensioni
che
l
'
hanno
provocata
hanno
origine
non
solo
all
'
interno
ma
anche
all
'
esterno
della
nostra
società
.
Il
movimento
studentesco
e
poi
i
gruppi
extra
-
parlamentari
sono
stati
fortemente
influenzati
da
spinte
esterne
,
così
come
lo
sono
state
le
tensioni
nel
mercato
del
lavoro
:
in
tutti
i
paesi
più
evoluti
negli
ultimi
anni
gli
scioperi
sono
diventati
più
frequenti
e
più
lunghi
,
e
ciò
come
conseguenza
dell
'
accresciuta
pressione
inflazionistica
(
che
è
un
fenomeno
internazionale
)
e
per
una
sorta
di
reciproco
"
effetto
dimostrativo
"
,
che
in
certi
casi
(
autunno
caldo
italiano
del
1969
)
è
stato
rafforzato
dal
timore
che
i
sindacati
avevano
di
essere
scavalcati
a
sinistra
dai
gruppi
extra
-
parlamentari
,
com
'
era
avvenuto
nel
maggio
francese
del
1968
.
La
conseguenza
dell
'
esplosione
salariale
che
,
più
o
meno
,
si
è
verificata
in
tutti
o
quasi
tutti
i
paesi
industrializzati
,
è
stata
una
sensibile
flessione
del
saggio
del
profitto
,
la
quale
a
sua
volta
ha
frenato
gl
'
investimenti
e
fatto
aumentare
la
disoccupazione
.
Le
difficoltà
economiche
sono
state
aggravate
dal
disordine
nel
sistema
monetario
internazionale
e
dalla
crisi
di
importanti
rami
produttivi
,
come
l
'
industria
tessile
e
la
chimica
di
base
,
crisi
provocata
,
oltre
che
dal
forte
aumento
del
costo
del
lavoro
,
dall
'
accresciuta
concorrenza
internazionale
e
da
cospicui
errori
compiuti
negli
ultimi
anni
da
certi
grandi
complessi
produttivi
nella
politica
di
investimenti
.
Le
gravi
difficoltà
economiche
nelle
quali
si
dibatte
il
nostro
paese
da
alcuni
anni
hanno
avuto
e
stanno
avendo
rilevanti
conseguenze
:
hanno
fatto
crescere
il
numero
dei
fallimenti
e
,
per
le
imprese
con
un
numero
di
addetti
relativamente
elevato
,
hanno
provocato
salvataggi
da
parte
dell
'
autorità
pubblica
;
più
in
generale
,
hanno
dato
luogo
ad
una
rapida
accelerazione
dell
'
area
d
'
influenza
delle
imprese
a
partecipazione
statale
;
infine
,
insieme
con
altri
fattori
,
hanno
concorso
a
stimolare
fusioni
non
solo
al
livello
interno
ma
anche
al
livello
internazionale
.
La
debolezza
del
capitale
privato
italiano
ha
comportato
dunque
una
espansione
assoluta
e
relativa
sia
del
capitale
pubblico
sia
del
capitale
estero
,
specialmente
nell
'
industria
;
in
certi
rami
sono
comparse
oppure
hanno
grandemente
esteso
la
loro
influenza
le
grandi
società
multinazionali
.
Questo
è
un
fatto
nuovo
di
fondamentale
importanza
di
cui
d
'
ora
in
poi
non
solo
i
sindacati
ma
anche
i
partiti
di
sinistra
dovranno
tenere
il
massimo
conto
.
Le
difficoltà
economiche
,
aggravando
il
problema
della
disoccupazione
(
operaia
e
intellettuale
)
,
hanno
esasperato
le
tensioni
sociali
,
sia
nel
mondo
del
lavoro
sia
,
più
in
generale
,
nel
mondo
dei
giovani
.
Queste
tensioni
,
che
sono
comuni
a
molti
altri
paesi
capitalistici
,
hanno
assunto
caratteristiche
particolarmente
gravi
nel
nostro
paese
,
che
ha
strutture
civili
debolissime
,
sia
perché
il
suffragio
universale
è
un
fatto
relativamente
recente
(
in
pratica
comincia
ad
essere
applicato
solo
dopo
la
seconda
guerra
mondiale
)
,
sia
per
il
basso
grado
d
'
istruzione
delle
masse
sia
per
l
'
espansione
enorme
,
relativamente
recente
e
in
parte
patologica
,
della
piccola
borghesia
.
La
persistente
flessione
del
saggio
medio
del
profitto
,
che
-
ripeto
-
è
comune
a
molti
altri
paesi
capitalistici
,
può
avere
effetti
molto
gravi
sia
sul
piano
economico
sia
sul
piano
politico
,
dato
che
"
il
saggio
del
profitto
costituisce
la
forza
motrice
della
produzione
capitalistica
"
(
Marx
)
.
Una
crisi
economica
è
già
in
atto
ed
è
elevato
il
rischio
che
si
aggravi
,
con
un
cospicuo
aumento
della
disoccupazione
.
Politicamente
,
sono
fortissime
le
spinte
per
una
svolta
a
destra
;
è
da
prevedere
che
la
reazione
della
borghesia
diventerà
ancora
più
dura
,
con
spinte
di
tipo
fascista
che
oggi
a
quanto
pare
provengono
,
più
che
dalla
grande
borghesia
,
dagli
strati
reazionari
della
piccola
borghesia
.
Si
tratta
di
vedere
quale
risposta
sono
in
grado
di
dare
i
partiti
che
in
qualche
modo
rappresentano
gl
'
interessi
della
classe
operaia
e
i
sindacati
:
sono
pronti
al
decisivo
scontro
frontale
,
comunque
a
una
strategia
rivolta
a
impartire
colpi
d
'
intensità
progressivamente
crescente
per
mutare
il
"
sistema
"
?
La
risposta
di
chi
scrive
è
negativa
.
Sembra
che
la
classe
operaia
sia
diventata
abbastanza
forte
sul
piano
sindacale
da
impartire
duri
colpi
al
"
sistema
"
,
ma
non
abbastanza
forte
e
compatta
e
consapevole
da
mutarlo
.
Se
così
è
,
dovrebbe
essere
ovvio
che
alla
classe
operaia
e
ai
suoi
rappresentanti
e
alleati
oggi
conviene
evitare
lo
scontro
frontale
e
,
comunque
,
non
conviene
adottare
una
strategia
di
tipo
rivoluzionario
.
Di
questo
i
dirigenti
politici
e
sindacali
sembrano
convinti
,
poiché
si
rendono
conto
che
la
grande
maggioranza
degli
operai
non
vuole
veramente
una
rivoluzione
.
Ma
una
frazione
della
"
base
"
,
che
tuttavia
riesce
ad
avere
una
notevole
influenza
,
anche
sotto
la
spinta
dei
gruppi
extra
-
parlamentari
,
continua
a
spingere
come
se
una
strategia
di
tipo
rivoluzionario
fosse
desiderabile
.
Questa
è
una
contraddizione
grave
,
che
nel
nostro
paese
assume
una
gravità
ben
maggiore
che
in
altri
paesi
capitalistici
europei
.
Il
massimalismo
,
non
suffragato
da
una
forza
proporzionata
agli
obiettivi
,
non
ha
mai
dato
frutti
positivi
in
nessun
paese
e
in
nessun
tempo
.
Sul
piano
sociale
e
politico
,
le
spinte
esterne
s
'
intrecciano
e
si
combinano
con
spinte
e
tensioni
specificamente
interne
.
A
titolo
illustrativo
,
si
possono
considerare
due
aree
,
profondamente
diverse
,
in
cui
qualche
anno
fa
si
sono
localizzate
le
tensioni
più
acute
:
Milano
e
Reggio
Calabria
.
A
Milano
è
particolarmente
acuta
,
in
molte
fabbriche
,
la
tensione
fra
dirigenti
e
operai
,
soprattutto
quelli
da
poco
immigrati
dal
Sud
.
Questi
operai
,
che
hanno
reciso
i
legami
con
le
zone
di
origine
attratti
dal
miraggio
di
un
relativo
benessere
,
hanno
scoperto
:
1
)
che
il
loro
salario
viene
decurtato
da
fitti
esosi
;
2
)
che
,
dato
il
loro
grado
d
'
istruzione
,
sono
assegnati
ai
lavori
più
umili
e
più
"
alienanti
"
;
3
)
che
l
'
ambiente
sociale
è
quasi
razzialmente
ostile
nei
loro
confronti
.
Di
qui
la
loro
rabbia
,
che
si
riversa
sui
dirigenti
di
fabbrica
,
da
loro
visti
come
capitalisti
e
sfruttatori
,
e
che
a
volte
viene
incanalata
e
diretta
dai
gruppi
extra
-
parlamentari
.
È
rilevante
anche
la
tensione
fra
certi
strati
di
operai
di
recente
immigrazione
e
certi
strati
di
operai
di
provenienza
locale
.
Anche
in
certi
strati
di
operai
locali
vi
sono
tensioni
,
come
conseguenza
del
fatto
che
,
dopo
gli
elevati
aumenti
salariali
del
1962-1964
,
gl
'
industriali
hanno
cercato
di
accrescere
la
produttività
non
tanto
con
nuove
macchine
,
quanto
attraverso
processi
di
"
razionalizzazione
"
aziendale
,
attraverso
l
'
intensificazione
dei
ritmi
di
lavoro
e
il
ricorso
al
lavoro
straordinario
.
Queste
tensioni
,
tuttavia
,
assumono
più
la
forma
di
rivendicazioni
sindacali
(
aumenti
dei
salari
e
migliori
condizioni
di
lavoro
)
che
la
forma
di
spinte
rabbiose
o
eversive
.
Per
Reggio
Calabria
,
occorre
in
primo
luogo
tener
presente
la
seguente
osservazione
di
Gramsci
:
Il
"
morto
di
fame
"
piccolo
-
borghese
è
originato
dalla
borghesia
rurale
:
la
proprietà
si
spezzetta
in
famiglie
numerose
e
finisce
con
l
'
essere
liquidata
,
ma
gli
elementi
della
classe
non
vogliono
lavorare
manualmente
:
così
si
forma
uno
strato
famelico
di
aspiranti
a
piccoli
impieghi
municipali
,
di
scrivani
,
di
commissionari
,
eccetera
...
Molti
piccoli
impiegati
delle
città
derivano
socialmente
da
questi
strati
...
Il
"
sovversivismo
"
di
questi
strati
ha
due
facce
:
verso
sinistra
e
verso
destra
,
ma
il
volto
sinistro
è
un
mezzo
ricatto
:
essi
vanno
sempre
a
destra
nei
momenti
decisivi
e
il
loro
"
coraggio
"
disperato
preferisce
avere
i
carabinieri
come
alleati
(
Passato
e
presente
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
p
.
15
)
.
In
effetti
,
la
rivolta
di
Reggio
è
stata
promossa
da
piccoli
borghesi
"
sovversivi
"
che
hanno
fatto
leva
soprattutto
sulla
rabbia
di
alcuni
strati
del
sottoproletariato
cittadino
.
Naturalmente
,
l
'
osservazione
di
Gramsci
riguarda
solo
un
aspetto
della
complessa
situazione
(
uno
degli
elementi
particolari
sta
in
ciò
,
che
l
'
istituzione
degli
uffici
regionali
può
avere
grande
importanza
per
l
'
impiego
di
numerose
persone
)
;
un
altro
aspetto
è
dato
dall
'
esasperazione
,
che
serpeggia
in
tutti
gli
strati
della
popolazione
meridionale
,
per
le
promesse
,
fatte
ripetutamente
dai
politici
e
in
gran
parte
non
mantenute
,
circa
l
'
avvio
di
un
vigoroso
processo
di
sviluppo
del
reddito
e
dell
'
occupazione
.
Queste
indicazioni
,
pur
brevi
e
frammentarie
,
bastano
a
mettere
in
evidenza
la
necessità
di
studiare
a
fondo
i
seguenti
fenomeni
,
che
in
parte
si
sovrappongono
e
che
comunque
sono
fra
loro
interdipendenti
:
l
'
esodo
agrario
,
l
'
emigrazione
dal
Sud
al
Nord
e
gli
spostamenti
interni
alle
classi
,
specialmente
quelli
che
hanno
luogo
nelle
regioni
meridionali
.
Come
si
è
osservato
(
parte
I
,
cap
.
4
)
,
gli
spostamenti
principali
avvengono
nell
'
ambito
della
piccola
borghesia
(
flessione
dei
coltivatori
diretti
,
aumento
degli
impiegati
e
dei
commercianti
)
e
nell
'
ambito
della
classe
operaia
(
flessione
dei
salariati
agricoli
,
aumento
dei
salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
e
dei
sottoproletari
)
.
Sebbene
le
sottoclassi
ora
nominate
,
specialmente
quelle
della
piccola
borghesia
,
siano
tutte
molto
eterogenee
,
sembra
tuttavia
lecito
affermare
che
la
sottoclasse
composta
dai
contadini
proprietari
(
coltivatori
diretti
)
in
generale
è
caratterizzata
da
tendenze
di
tipo
conservatore
,
e
comunque
è
più
stabile
e
tradizionalista
delle
altre
sottoclassi
piccolo
-
borghesi
,
ben
più
eterogenee
e
oscillanti
verso
l
'
uno
o
l
'
altro
estremo
dello
schieramento
politico
(
la
spinta
verso
l
'
estrema
destra
eversiva
essendo
presente
soprattutto
nelle
fasce
poco
o
male
inserite
in
attività
economiche
moderne
)
.
Analogamente
,
i
salariati
dell
'
agricoltura
sono
più
tradizionalisti
degli
altri
e
più
suscettibili
,
almeno
in
certe
zone
,
di
subire
l
'
influenza
delle
autorità
ecclesiastiche
locali
,
mentre
i
salariati
dei
settori
extra
-
agricoli
sono
ben
più
attivi
dal
punto
di
vista
sindacale
e
politico
.
Il
risultato
di
quegli
spostamenti
sociali
,
pertanto
,
è
un
aumento
dell
'
instabilità
sociale
e
delle
tensioni
politiche
.
4
.
La
sinistra
tradizionale
e
i
ceti
medi
Tensioni
della
più
diversa
natura
esistono
dunque
nel
nostro
paese
.
Queste
tensioni
sono
state
aggravate
anche
da
disordini
e
da
violenze
deliberatamente
provocate
da
settori
della
destra
politica
ed
economica
operante
nell
'
interno
e
fuori
dello
Stato
,
proprio
per
spingere
all
'
estrema
destra
ampi
strati
della
piccola
borghesia
e
per
determinare
così
una
crisi
politica
;
un
'
ulteriore
spinta
a
destra
degli
stessi
strati
è
stata
originata
da
certi
provvedimenti
radicali
del
governo
di
centro
-
sinistra
,
come
le
leggi
,
tutto
considerato
opportune
e
utili
dal
punto
di
vista
generale
,
riguardanti
i
fondi
rustici
e
l
'
edilizia
residenziale
.
La
sinistra
tradizionale
(
partito
comunista
e
partito
socialista
)
ha
indubbiamente
fatto
tesoro
,
e
non
solo
da
ora
,
della
lezione
del
1921-1922
,
quando
,
come
scrive
Gramsci
,
con
la
sua
politica
passiva
e
permissiva
nei
riguardi
delle
spinte
caotiche
che
spaventavano
molti
piccoli
borghesi
,
già
traumatizzati
dagli
sconvolgimenti
della
guerra
,
la
sinistra
"
se
li
rese
nemici
gratis
,
invece
di
renderseli
alleati
,
cioè
li
ributtò
verso
la
classe
dominante
"
(
Passato
e
presente
,
cit
.
,
p
.
54
)
.
Di
qui
una
politica
cauta
e
comprensiva
,
verso
i
così
detti
ceti
medi
,
sia
del
partito
socialista
sia
del
partito
comunista
(
i
cui
apparati
centrali
,
d
'
altra
parte
,
sono
in
larga
misura
composti
da
persone
provenienti
da
questi
ceti
ed
i
cui
votanti
sono
,
per
quote
non
piccole
,
persone
appartenenti
agli
stessi
ceti
)
.
I
giovani
dei
gruppi
extra
-
parlamentari
,
che
criticano
"
da
sinistra
"
il
partito
socialista
e
quello
comunista
,
dovrebbero
cercare
di
comprendere
le
ragioni
di
una
tale
politica
.
È
vero
:
l
'
attuale
sinistra
potrà
apparire
ai
futuri
storici
come
oggi
ci
appare
la
"
sinistra
storica
"
del
secolo
scorso
;
ma
non
ha
senso
attribuire
la
politica
perseguita
dall
'
attuale
sinistra
al
"
tradimento
"
dei
capi
o
al
loro
imborghesimento
:
la
critica
può
diventare
seria
solo
dopo
un
'
analisi
approfondita
,
che
deve
tener
conto
dell
'
attuale
grado
di
sviluppo
delle
forze
produttive
e
delle
diverse
classi
sociali
nel
nostro
paese
.
Il
rabbioso
estremismo
di
certi
gruppi
della
sinistra
extra
-
parlamentare
non
è
affatto
un
fenomeno
tipicamente
italiano
;
anzi
,
nel
nostro
paese
questi
gruppi
sono
meno
virulenti
che
altrove
.
Si
tratta
,
salvo
poche
eccezioni
,
di
gruppi
di
piccoli
borghesi
declassati
e
disperati
:
è
questa
la
caratteristica
dei
tupamaros
di
certi
paesi
latino
-
americani
;
era
questa
la
caratteristica
dei
nichilisti
russi
del
secolo
scorso
.
Non
c
'
è
dubbio
che
i
gruppi
extra
-
parlamentari
con
la
loro
azione
hanno
contribuito
alla
ripresa
del
pericolo
fascista
;
per
esempio
,
l
'
attacco
ai
"
dirigenti
"
delle
fabbriche
,
assecondato
e
certe
volte
diretto
da
questi
gruppi
,
ricorda
sotto
certi
aspetti
l
'
attacco
agli
ufficiali
reduci
dal
fronte
dopo
la
prima
guerra
mondiale
,
attacco
che
certi
settori
della
sinistra
assecondarono
o
promossero
e
che
contribuì
alla
"
cessione
gratuita
"
di
questi
reduci
alla
classe
dominante
.
Fortunatamente
,
la
scala
del
fenomeno
oggi
è
molto
più
limitata
;
oggi
non
sussistono
le
condizioni
di
sconvolgimento
che
allora
sussistevano
;
la
sinistra
ha
imparato
la
lezione
;
infine
,
il
ventennio
nero
ha
rappresentato
una
forte
vaccinazione
,
non
solo
per
la
classe
operaia
ma
anche
per
molti
strati
delle
classi
medie
.
Tuttavia
,
se
il
pericolo
del
fascismo
manifesto
è
basso
,
è
elevato
il
pericolo
di
una
svolta
politica
antifascista
a
parole
ma
sostanzialmente
fascista
nei
fatti
:
l
'
arretratezza
sociale
e
politica
del
nostro
paese
e
la
protervia
di
ampie
sezioni
della
classe
dominante
rende
questo
pericolo
molto
reale
nelle
attuali
condizioni
di
crisi
.
Il
partito
democratico
cristiano
,
che
ha
la
sua
base
elettorale
in
tutte
e
tre
le
classi
sociali
(
v
.
le
tabelle
7.1
,
7.2
,
7.3
e
7.4
dell
'
Appendice
)
,
preoccupato
per
la
fuga
a
destra
di
una
frazione
dell
'
elettorato
piccolo
-
borghese
,
dalla
fine
del
1971
in
poi
ha
attuato
una
sterzata
a
destra
.
I
risultati
delle
elezioni
del
maggio
1972
mostrano
che
la
manovra
di
recupero
ha
avuto
un
notevole
successo
.
È
necessario
tuttavia
tener
conto
che
la
piccola
borghesia
è
una
classe
,
o
quasi
classe
,
particolarmente
instabile
;
per
questo
una
manovra
di
recupero
a
destra
può
avere
successo
in
un
periodo
breve
,
senza
determinare
perdite
sensibili
di
voti
operai
.
Ma
se
la
rotta
dovesse
continuare
verso
destra
,
in
un
periodo
non
breve
le
perdite
di
voti
a
sinistra
potrebbero
diventare
rilevanti
:
le
contraddizioni
dell
'
interclassismo
vengono
alla
luce
nei
periodi
di
gravi
tensioni
sociali
e
politiche
[
Scrivevo
queste
osservazioni
verso
la
fine
del
1972
]
.
La
situazione
della
sinistra
italiana
(
e
per
questo
aspetto
quella
della
sinistra
francese
)
è
resa
difficile
dal
fatto
che
il
partito
comunista
,
il
quale
politicamente
rappresenta
una
quota
rilevante
,
anche
se
non
maggioritaria
,
della
classe
operaia
ed
una
quota
pure
notevole
di
ceti
medi
(
v
.
le
tabelle
7.3
e
7.4
)
,
è
tuttora
in
una
certa
misura
legato
al
modello
sovietico
,
nonostante
le
distanze
prese
nell
'
ultimo
decennio
,
specialmente
dopo
la
tragedia
cecoslovacca
;
e
per
un
paese
come
l
'
Italia
(
e
la
Francia
)
il
modello
sovietico
appare
sempre
meno
un
"
modello
"
da
seguire
,
non
solo
e
non
tanto
per
ragioni
economiche
,
quanto
per
ragioni
civili
.
Perfino
quella
rottura
così
profonda
che
è
stata
la
rivoluzione
bolscevica
non
è
valsa
a
interrompere
certe
linee
della
storia
russa
,
che
si
ricollegano
ad
antiche
tradizioni
autocratiche
e
repressive
,
comprensibili
(
dolorosamente
)
in
un
paese
che
in
pratica
non
ha
avuto
una
vera
e
propria
rivoluzione
borghese
e
che
fino
a
pochi
decenni
or
sono
era
un
paese
molto
arretrato
.
Si
tratta
di
una
contraddizione
grave
,
le
cui
conseguenze
si
riflettono
negativamente
non
solo
sulla
sinistra
,
ma
sull
'
intera
vita
sociale
e
politica
del
nostro
paese
.
Quanto
prima
se
ne
potrà
uscire
,
tanto
meglio
sarà
.
Riguardo
alle
relazioni
fra
classi
e
partiti
,
bisogna
dire
che
anche
il
partito
comunista
è
interclassista
,
come
lo
è
il
partito
socialista
.
Tuttavia
,
se
è
vero
che
tutti
i
partiti
di
sinistra
e
di
destra
sono
interclassisti
,
alcuni
lo
sono
più
degli
altri
.
In
particolare
,
i
ceti
medi
sono
largamente
rappresentati
sia
a
sinistra
che
a
destra
.
Ma
vi
sono
ceti
medi
genuinamente
progressisti
,
almeno
in
modo
potenziale
;
e
vi
sono
ceti
medi
conservatori
o
reazionari
.
(
A
questo
proposito
conviene
leggere
,
naturalmente
interpretandola
con
un
grano
di
sale
per
adattarla
alla
nostra
situazione
,
l
'
analisi
delle
classi
di
Mao
Tse
-
tung
citata
nel
capitolo
5
della
parte
I
)
.
Inoltre
,
certe
categorie
di
persone
sono
bene
ancorate
a
interessi
organici
di
classe
;
altre
,
lo
sono
poco
e
male
,
come
accade
nel
caso
degli
studenti
,
'
dei
pensionati
e
delle
così
dette
casalinghe
.
P
.
presumibile
che
i
voti
di
queste
persone
siano
particolarmente
fluttuanti
.
Ed
è
anche
presumibile
che
la
Democrazia
cristiana
sia
riuscita
finora
ad
ottenere
una
percentuale
relativamente
stabile
di
voti
grazie
a
oscillazioni
di
segno
opposto
dei
votanti
.
La
varietà
delle
frazioni
di
classi
e
di
sottoclassi
che
convergono
nella
Democrazia
cristiana
appare
impressionante
,
se
si
giudica
dalla
varietà
degli
uomini
rappresentativi
:
alcuni
fanno
parte
di
quanto
di
meglio
offra
il
nostro
paese
,
molti
altri
sono
personaggi
da
galera
;
e
sembra
siano
particolarmente
numerosi
,
fra
i
votanti
della
Democrazia
cristiana
,
quelli
che
appartengono
alle
categorie
"
disancorate
"
(
vedi
l
'
indagine
di
Giuliana
Saladino
pubblicata
da
"
L
'
Ora
"
di
Palermo
nei
giorni
16
,
18
,
20
,
23
e
27
luglio
1973
)
.
Ci
si
deve
domandare
che
cosa
può
accadere
a
questo
partito
se
continua
l
'
ascesa
assoluta
e
relativa
della
classe
operaia
e
se
i
partiti
di
sinistra
riescono
a
rinnovarsi
in
profondità
,
rendendo
molto
più
omogeneo
e
compatto
il
loro
interclassismo
e
promuovendo
una
rappresentanza
operaia
diretta
attraverso
una
qualche
trasfusione
di
sangue
,
per
esempio
,
attraverso
l
'
introduzione
negli
organismi
centrali
di
un
quorum
gradualmente
crescente
riservato
agli
operai
;
un
provvedimento
,
questo
,
che
appare
quanto
mai
auspicabile
se
è
vero
che
il
movimento
operaio
è
immune
da
quelle
degenerazioni
e
da
quegli
"
intrallazzi
"
che
inquinano
la
piccola
borghesia
.
Sul
piano
della
gestione
concreta
della
cosa
pubblica
,
occorre
riflettere
sull
'
esperienza
emiliana
e
di
altre
regioni
"
rosse
"
,
dove
si
è
attuata
un
'
alleanza
organica
fra
ceti
medi
e
classe
operaia
,
con
un
'
evidente
egemonia
dei
primi
.
5
.
Sindacati
operai
e
sindacati
dei
ceti
medi
Nella
prima
parte
ho
avuto
occasione
di
far
notare
che
la
distanza
fra
impiegati
e
operai
,
misurata
per
mezzo
dello
stipendio
medio
e
del
salario
medio
,
negli
anni
più
recenti
è
andata
diminuendo
e
che
,
ciò
nonostante
,
in
singoli
settori
o
al
vertice
delle
diverse
gerarchie
,
le
distanze
presumibilmente
sono
andate
crescendo
.
La
questione
è
importante
e
merita
un
attento
esame
.
Per
un
complesso
di
circostanze
,
il
movimento
operaio
,
insieme
con
quelle
ampie
fette
del
movimento
sindacale
e
della
sinistra
politica
che
bene
o
male
lo
rappresentano
,
ha
raggiunto
importanti
risultati
,
specialmente
negli
ultimi
anni
.
La
posizione
degli
operai
nella
fabbrica
e
nella
società
è
pur
sempre
subordinata
,
ma
lo
è
incomparabilmente
meno
di
quanto
fosse
appena
dieci
anni
fa
.
Questo
importante
processo
di
crescita
civile
avviene
attraverso
dure
lotte
,
attraverso
errori
e
rilevanti
costi
economici
,
che
vanno
a
carico
di
tutti
,
sia
pure
in
diverse
proporzioni
.
In
questo
processo
s
'
innesta
quell
'
avvicinamento
delle
posizioni
medie
di
cui
ho
detto
.
La
scelta
sindacale
dell
'
inquadramento
unico
in
parte
sanziona
questa
nuova
tendenza
e
in
parte
contribuisce
ad
accelerarla
,
almeno
nel
settore
degli
impiegati
di
azienda
.
Si
tratta
di
una
scelta
di
grande
rilievo
.
Ora
questo
processo
di
avvicinamento
economico
e
sociale
fra
certi
strati
di
operai
e
certi
strati
di
ceti
medi
sta
provocando
-
come
già
altre
volte
nel
passato
ma
in
forme
e
con
conseguenze
nuove
-
una
spaccatura
nell
'
ambito
degli
stessi
ceti
medi
.
In
alcuni
strati
quell
'
avvicinamento
suscita
orrore
e
dà
luogo
a
sforzi
per
contrapporsi
ad
esso
,
anche
attraverso
una
strategia
"
corporativa
"
rivolta
a
ripristinare
le
distanze
e
possibilmente
ad
accrescerle
;
l
'
orrore
per
il
comunismo
e
,
più
in
generale
,
per
la
sinistra
,
ha
spesso
una
tale
origine
.
Altri
strati
di
ceti
medi
,
invece
,
considerano
positivamente
questo
processo
,
poiché
l
'
alleanza
organica
con
gli
operai
,
se
ha
degli
svantaggi
economici
(
da
un
punto
di
vista
piccolo
-
borghese
)
,
ha
diversi
rilevanti
vantaggi
in
termini
di
civiltà
e
di
forza
politica
.
Da
un
lato
,
l
'
ascesa
di
una
parte
della
classe
operaia
e
l
'
affermazione
di
una
strategia
"
non
corporativa
"
(
specialmente
nelle
fabbriche
e
fra
gli
intellettuali
)
,
dall
'
altro
lato
,
la
reazione
di
particolari
strati
di
ceti
medi
a
tali
tendenze
ha
assai
inasprito
le
lotte
sociali
e
politiche
,
non
solo
nel
nostro
ma
anche
in
altri
paesi
europei
.
Gli
stessi
capitalisti
industriali
sono
divisi
.
È
in
gioco
non
solo
il
potere
della
grande
borghesia
,
ma
anche
quello
,
a
carattere
in
gran
parte
condominiale
e
subalterno
,
della
media
e
piccola
borghesia
.
All
'
origine
di
questi
contrasti
e
di
queste
contrapposizioni
,
dunque
,
è
l
'
ascesa
non
solo
assoluta
ma
anche
relativa
della
classe
operaia
;
un
'
ascesa
che
ha
luogo
non
solo
nel
campo
economico
ma
anche
nel
campo
sociale
e
politico
e
che
presenta
a
sua
volta
elementi
in
parte
contraddittori
:
da
un
lato
ha
una
componente
potenzialmente
rivoluzionaria
-
almeno
nel
lungo
periodo
-
dall
'
altra
parte
promuove
le
tendenze
verso
l
'
imborghesimento
.
Una
tale
ascesa
,
se
da
un
lato
costituisce
una
minaccia
per
la
grande
borghesia
,
dall
'
altro
lato
costituisce
(
di
nuovo
,
contraddittoriamente
)
una
minaccia
e
,
al
tempo
stesso
,
una
possibilità
di
alleanza
per
la
piccola
borghesia
,
a
cominciare
da
quella
impiegatizia
e
intellettuale
.
Tutto
questo
dimostra
com
'
è
importante
studiare
le
relazioni
(
complementari
e
di
contrapposizione
)
fra
operai
e
ceti
medi
,
in
tutti
i
campi
sociali
,
compreso
quel
campo
particolarissimo
che
è
il
campo
sindacale
.
Un
tale
studio
è
tanto
più
necessario
in
quanto
finora
sulle
relazioni
fra
sindacati
operai
e
sindacati
dei
ceti
medi
(
sindacati
che
in
molti
casi
fanno
capo
alle
stesse
organizzazioni
centrali
)
è
stato
steso
pudicamente
un
velo
;
è
possibile
che
questo
sia
accaduto
sotto
l
'
influsso
dell
'
ideologia
piccolo
-
borghese
che
,
col
pretesto
di
non
creare
divisioni
all
'
interno
della
"
classe
lavoratrice
"
,
mira
a
cementare
una
solidarietà
che
va
in
buona
parte
a
beneficio
dei
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
.
Ora
,
l
'
opportunismo
e
l
'
ipocrisia
nelle
analisi
sociali
non
hanno
mai
giovato
a
nessuno
,
tanto
meno
hanno
giovato
agli
"
innovatori
"
,
ossia
agli
uomini
della
sinistra
.
Con
non
poca
fatica
,
e
grazie
all
'
aiuto
di
diversi
amici
sindacalisti
,
sono
riuscito
a
elaborare
due
tabelle
in
cui
si
presentano
le
stime
degli
iscritti
ai
sindacati
distinguendo
gli
operai
dagli
impiegati
nei
diversi
settori
di
attività
(
v
.
tabelle
5.1
e
5.2
)
.
Le
statistiche
degli
iscritti
ai
sindacati
godono
di
pessima
reputazione
e
in
effetti
fino
a
pochi
anni
fa
erano
inattendibili
;
da
qualche
tempo
,
da
quando
cioè
la
concorrenza
fra
le
tre
grandi
centrali
sindacali
si
è
andata
attenuando
in
seguito
alla
graduale
attuazione
di
una
strategia
unitaria
,
si
è
andata
attenuando
anche
la
"
guerra
delle
cifre
"
e
i
dati
sugli
iscritti
sono
oramai
abbastanza
attendibili
,
o
per
lo
meno
non
sono
grossolanamente
ingannevoli
.
La
distinzione
fra
operai
e
impiegati
nei
settori
direttamente
produttivi
,
come
l
'
industria
,
è
frutto
di
stime
suggeritemi
dai
sindacalisti
;
nel
caso
dei
sindacati
d
'
impiegati
,
collegati
con
le
tre
centrali
sindacali
o
autonomi
,
questo
problema
non
si
pone
.
Sui
dati
esprimerò
pochi
e
schematici
commenti
.
Rispetto
al
totale
degli
iscritti
di
ciascuna
centrale
sindacale
,
la
Cgil
ha
la
più
alta
quota
degli
iscritti
di
operai
e
impiegati
addetti
all
'
industria
,
il
49%
,
contro
il
39%
della
Cisl
e
il
42%
dell
'
Uil
;
e
poiché
nell
'
industria
gli
operai
costituiscono
la
grande
maggioranza
degli
addetti
(
oltre
il
90%
)
,
si
può
desumere
che
la
Cgil
ha
,
fra
i
propri
iscritti
,
la
più
alta
quota
di
operai
.
Al
contrario
,
la
Cisl
ha
la
più
alta
quota
di
iscritti
nelle
altre
attività
,
dove
prevalgono
gl
'
impiegati
.
La
diversa
composizione
della
Cgil
e
della
Cisl
si
ricollega
ad
un
diverso
rapporto
col
partito
dominante
,
la
Dc
,
ciò
che
fino
ad
un
tempo
recente
ha
anche
comportato
discriminazioni
nelle
assunzioni
,
specialmente
nell
'
ambito
dei
ceti
medi
e
,
in
parte
,
un
diverso
modo
di
concepire
l
'
alleanza
fra
operai
e
ceti
medi
(
particolarmente
quelli
impiegatizi
)
,
anche
se
tanto
l
'
una
quanto
l
'
altra
concezione
-
quella
della
Cgil
proclama
l
'
esigenza
dell
'
egemonia
operaia
-
sono
ambigue
,
per
le
ragioni
più
volte
chiarite
.
Il
grado
di
sindacalizzazione
,
naturalmente
,
va
riferito
agli
operai
occupati
in
unità
con
oltre
10
addetti
(
per
gli
impiegati
la
questione
non
si
pone
)
.
Ora
,
il
grado
di
sindacalizzazione
è
relativamente
alto
nell
'
industria
per
quanto
riguarda
gli
operai
(
oltre
il
60%
)
,
mentre
è
relativamente
basso
nel
caso
degli
impiegati
(
circa
un
terzo
)
.
Per
le
altre
attività
le
quote
corrispondenti
sono
il
20%
(
livello
,
come
si
vede
,
molto
basso
)
e
62%
(
livello
relativamente
elevato
:
le
attività
terziarie
costituiscono
il
caratteristico
campo
degli
impiegati
)
.
Nella
pubblica
amministrazione
-
un
settore
quasi
esclusivamente
composto
da
impiegati
-
il
grado
di
sindacalizzazione
è
relativamente
elevato
:
1'80%;
ma
per
circa
un
sesto
si
tratta
di
iscritti
a
sindacati
detti
autonomi
,
che
spesso
sono
affetti
dal
virus
del
corporativismo
.
I
sindacati
autonomi
sono
incredibilmente
numerosi
:
se
ne
contano
alcune
decine
nel
solo
settore
dell
'
istruzione
e
non
meno
di
cinque
nel
settore
della
sanità
.
Paradossalmente
,
una
tale
situazione
di
divisione
e
frammentazione
non
fa
la
debolezza
,
ma
,
spesso
,
fa
la
forza
,
se
si
considera
che
il
così
detto
"
datore
di
lavoro
"
ha
,
come
precipuo
interesse
,
quello
di
far
funzionare
il
servizio
per
ragioni
che
in
un
modo
o
nell
'
altro
sono
di
ordine
pubblico
,
così
che
perfino
un
singolo
sindacato
,
che
raggruppi
una
quota
non
proprio
trascurabile
di
lavoratori
altamente
specializzati
in
un
sottosettore
circoscritto
ma
indispensabile
,
può
esercitare
una
pressione
straordinariamente
forte
.
La
frammentazione
sindacale
può
essere
anche
il
risultato
di
una
deliberata
politica
,
tendente
a
favorire
certi
gruppi
di
lavoratori
o
certe
clientele
,
o
mirante
ad
impedire
l
'
affermarsi
di
determinate
organizzazioni
sindacali
.
Il
grado
di
sindacalizzazione
dei
pubblici
dipendenti
è
elevato
;
ma
non
c
'
è
molto
da
rallegrarsi
per
questo
.
Il
fatto
è
che
le
alte
percentuali
spesso
sono
la
conseguenza
d
'
intese
con
le
amministrazioni
,
per
una
sorta
d
'
iscrizione
automatica
degli
impiegati
(
e
fin
qui
,
nonostante
i
pericoli
di
burocratizzazione
,
non
ci
sarebbe
molto
da
criticare
)
;
ma
non
di
rado
le
alte
percentuali
delle
tre
grandi
organizzazioni
sindacali
sono
imputabili
alla
facilità
con
cui
esse
hanno
accolto
,
come
affiliati
,
dei
sindacati
assai
poco
diversi
,
nella
linea
di
condotta
di
tipo
corporativo
,
dai
sindacati
autonomi
.
In
realtà
,
fra
certi
sindacati
e
le
grandi
centrali
sussistono
legami
puramente
formali
,
simili
a
quelli
che
venivano
ad
instaurarsi
nel
tardo
Medioevo
fra
il
re
o
l
'
imperatore
e
certi
signori
feudali
.
Inoltre
,
i
sindacati
di
diversi
settori
del
pubblico
impiego
riescono
a
non
far
pagare
gli
scioperi
ai
propri
iscritti
con
diversi
espedienti
;
ora
,
gli
scioperi
sono
una
cosa
seria
solo
se
sono
una
forma
di
lotta
effettiva
;
e
le
lotte
sono
costose
.
Per
gli
operai
le
lotte
sono
costose
e
rischiose
(
licenziamento
)
e
non
è
ammissibile
che
ci
siano
due
pesi
e
due
misure
.
Senza
dubbio
,
nel
settore
del
pubblico
impiego
ci
sono
agitazioni
e
scioperi
pienamente
validi
,
ossia
non
corporativi
,
ossia
ancora
capaci
di
promuovere
la
crescita
economica
e
civile
di
tutti
i
lavoratori
;
ma
è
legittimo
affermare
che
la
percentuale
di
scioperi
di
questo
genere
è
molto
inferiore
a
quella
che
si
riscontra
nel
caso
della
classe
operaia
.
Le
tre
grandi
centrali
sindacali
hanno
la
grave
responsabilità
di
aver
assecondato
o
di
non
aver
condannato
,
o
di
aver
condannato
con
estrema
timidezza
,
gli
scioperi
e
le
rivendicazioni
a
carattere
manifestamente
corporativo
di
impiegati
e
di
professionisti
operanti
nel
settore
pubblico
:
il
reddito
nazionale
,
anche
quando
cresce
,
è
limitato
:
se
la
quota
che
va
a
certi
gruppi
sociali
cresce
,
le
altre
quote
necessariamente
diminuiscono
.
In
breve
,
nel
campo
sindacale
,
il
settore
del
pubblico
impiego
inteso
in
senso
lato
è
quello
che
più
degli
altri
esige
una
vasta
opera
di
riorganizzazione
,
strettamente
collegata
con
direttive
politiche
generali
,
prima
fra
tutte
la
direttiva
di
una
stretta
integrazione
fra
la
strategia
dei
sindacati
del
pubblico
impiego
e
sindacati
operai
,
in
antitesi
alle
spinte
clientelari
e
corporative
tuttora
paurosamente
diffuse
.
Non
può
andare
esente
da
critiche
neppure
il
sindacato
a
prevalente
partecipazione
operaia
.
Tuttavia
,
se
si
eccettuano
evidenti
errori
di
strategia
e
soprattutto
di
tattica
(
agitazioni
in
certi
periodi
troppo
frequenti
,
abuso
di
scioperi
con
rivendicazioni
di
politica
generale
)
,
bisogna
dire
che
da
questa
parte
le
cose
vanno
molto
meglio
;
e
più
di
una
volta
,
se
ci
sono
state
al
vertice
incertezze
e
impostazioni
burocratiche
,
la
base
ha
imposto
rivendicazioni
sacrosante
come
quella
,
già
ricordata
,
dell
'
inquadramento
unico
,
o
quella
per
gl
'
investimenti
nel
Mezzogiorno
,
o
le
rivendicazioni
per
il
miglioramento
delle
condizioni
di
lavoro
nelle
fabbriche
,
specialmente
la
lotta
a
favore
della
salubrità
degli
ambienti
e
contro
l
'
assai
gravemente
insufficiente
prevenzione
degli
infortuni
.
Il
fatto
che
rivendicazioni
qualitative
stiano
avendo
un
peso
crescente
in
confronto
alle
rivendicazioni
puramente
pecuniarie
è
un
fatto
di
grande
rilievo
,
poiché
è
un
indice
della
crescita
civile
degli
operai
,
pur
fra
tanti
errori
,
tante
ingenuità
e
tante
aberrazioni
.
In
ogni
modo
,
per
il
meglio
o
per
il
peggio
,
i
sindacati
sono
al
centro
dell
'
attuale
crisi
politica
,
la
quale
è
grave
e
complessa
e
richiede
un
'
analisi
molto
approfondita
,
illuminata
da
ipotesi
appropriate
.
6
.
L
'
attuale
crisi
politica
e
la
borghesia
finanziaria
Sotto
molti
aspetti
,
l
'
attuale
quadro
politico
italiano
appare
come
una
desolata
palude
:
specialmente
(
ma
non
esclusivamente
)
nella
cerchia
dei
ceti
medi
,
la
corruzione
,
le
spinte
corporative
e
la
caccia
ai
privilegi
si
moltiplicano
,
come
una
volta
in
Uruguay
,
con
un
progressivo
aumento
dell
'
uso
parassitario
delle
risorse
a
danno
degli
impieghi
produttivi
e
quindi
a
danno
delle
capacità
di
sviluppo
economico
.
Al
centro
del
quadro
-
con
ramificazioni
a
destra
e
a
sinistra
-
c
'
è
una
gran
massa
di
piccoli
borghesi
che
pensa
principalmente
,
o
esclusivamente
,
al
proprio
"
particolare
"
e
se
ne
infischia
della
cosa
pubblica
.
A
sinistra
ci
sono
quei
partiti
di
cui
ho
parlato
e
che
,
senza
una
profonda
riorganizzazione
e
senza
una
"
trasfusione
di
sangue
"
,
rischiano
di
corrompersi
o
di
sclerotizzarsi
in
modo
irreversibile
.
All
'
estrema
sinistra
ci
sono
alcuni
gruppi
,
che
oggi
tutto
possono
far
meno
che
la
rivoluzione
.
Ancora
a
sinistra
,
nelle
fabbriche
,
c
'
è
un
consistente
nucleo
di
classe
operaia
industriale
moderna
in
netta
ascesa
.
Corrispondentemente
,
all
'
estrema
destra
si
profila
il
pericolo
di
una
reazione
fascista
di
tipo
nuovo
.
Insomma
,
sembra
che
la
prospettiva
sia
quella
di
uscire
dalla
palude
per
andare
a
finire
o
in
un
campo
di
concentramento
o
in
un
bel
cimitero
,
con
i
viali
ordinati
ed
ornati
di
fiori
,
oppure
in
una
palude
di
altro
genere
.
Che
cosa
si
può
fare
per
uscire
dalla
crisi
?
La
strada
è
certamente
ardua
e
lunga
.
Il
passo
preliminare
consiste
in
un
'
adeguata
analisi
critica
della
situazione
attuale
(
1974
)
:
da
un
lato
occorre
studiare
la
condotta
idei
diversi
sindacati
e
i
condizionamenti
posti
dalla
così
detta
base
,
dall
'
altro
si
devono
esaminare
i
cambiamenti
che
stanno
avendo
luogo
nella
parte
alta
della
piramide
sociale
.
Per
avviare
la
suddetta
analisi
critica
conviene
riflettere
in
modo
particolare
su
alcuni
punti
emersi
nei
precedenti
capitoli
.
1
.
Nei
periodi
di
aspri
conflitti
fra
borghesia
e
parte
della
classe
operaia
,
le
concessioni
ai
funzionari
e
specialmente
a
quelli
di
grado
più
elevato
sono
state
più
frequenti
e
più
sostanziose
.
In
questo
modo
si
sono
rafforzati
i
privilegi
dell
'
alta
burocrazia
(
parte
I
,
cap
.
6
)
.
2
.
Mentre
la
distanza
media
fra
impiegati
e
operai
,
misurata
dai
livelli
delle
retribuzioni
,
è
andata
diminuendo
negli
ultimi
anni
,
in
certe
fasce
di
impiegati
le
distanze
specifiche
sono
perfino
aumentate
,
come
conseguenza
di
reazioni
corporative
,
rese
rabbiose
da
quello
che
i
sociologhi
chiamano
"
panico
di
status
"
(
parte
I
,
cap
.
7
)
.
3
.
Con
l
'
esodo
agrario
e
l
'
urbanesimo
,
sono
grandemente
cresciute
le
rendite
urbane
,
con
le
connesse
operazioni
speculative
;
si
è
formato
in
questo
modo
,
un
numero
relativamente
consistente
di
nouveaux
riches
(
parte
I
,
cap
.
1
)
.
4
.
Da
anni
il
nostro
paese
si
dibatte
in
gravi
difficoltà
economiche
che
in
gran
parte
sono
la
conseguenza
di
agitazioni
sindacali
particolarmente
violente
(
parte
II
,
cap
.
4
)
e
le
agitazioni
sindacali
sono
state
e
sono
particolarmente
violente
anche
a
causa
dell
'
insufficienza
di
quelle
infrastrutture
civili
che
dovrebbero
essere
attuate
con
l
'
attuazione
delle
riforme
;
di
recente
,
le
difficoltà
economiche
sono
state
drammaticamente
aggravate
dall
'
aumento
nei
prezzi
internazionali
delle
materie
prime
e
,
soprattutto
,
del
petrolio
,
con
un
conseguente
enorme
deficit
nella
bilancia
dei
pagamenti
(
parte
II
,
capp
.
1
e
3
)
.
5
.
Principalmente
a
causa
della
politica
clientelare
perseguita
con
crescente
protervia
dagli
stati
maggiori
dei
partiti
che
sono
al
potere
al
centro
e
alla
periferia
ed
a
causa
di
leggi
approvate
per
favorire
ora
l
'
uno
ora
l
'
altro
dei
gruppi
burocratici
e
dei
"
corpi
separati
"
,
il
deficit
della
pubblica
amministrazione
è
andato
crescendo
in
misura
paurosa
.
Per
finanziare
tale
deficit
,
il
pubblico
erario
e
il
sistema
creditizio
hanno
dovuto
destinare
mezzi
crescenti
,
sottraendoli
al
finanziamento
degli
investimenti
produttivi
.
Alla
formazione
e
poi
alla
crescita
di
questo
deficit
,
che
sta
diventando
una
voragine
,
hanno
contribuito
in
parte
notevole
i
disavanzi
degli
ospedali
e
degli
enti
locali
,
disavanzi
che
a
loro
volta
sono
stati
alimentati
da
assunzioni
massicce
,
di
tipo
appunto
clientelare
,
e
da
enormi
aumenti
di
stipendio
ottenuti
dai
diversi
gruppi
di
dipendenti
con
l
'
appoggio
-
o
almeno
senza
l
'
opposizione
-
delle
centrali
sindacali
.
Il
costo
del
finanziamento
degli
investimenti
produttivi
,
d
'
altro
canto
,
è
andato
crescendo
anche
a
causa
dei
molto
gravosi
oneri
per
il
personale
appartenente
alle
istituzioni
creditizie
,
che
dal
punto
di
vista
delle
retribuzioni
costituisce
un
'
altra
caratteristica
isola
di
privilegio
.
6
.
Le
gravi
difficoltà
economiche
si
sono
tradotte
,
fra
l
'
altro
,
in
una
flessione
dei
profitti
e
in
un
crescente
numero
di
fallimenti
,
ciò
che
ha
provocato
salvataggi
da
parte
dell
'
autorità
pubblica
,
ha
rapidamente
allargato
l
'
area
d
'
influenza
delle
imprese
a
partecipazione
statale
ed
ha
favorito
l
'
ingresso
,
silenzioso
ma
massiccio
,
del
capitale
estero
,
controllato
,
in
parte
,
da
grandi
società
multinazionali
(
parte
II
,
cap
.
3
)
.
Queste
difficoltà
economiche
hanno
reso
più
debole
la
borghesia
industriale
a
vantaggio
della
borghesia
finanziaria
e
speculativa
,
che
ha
avuto
tendenza
a
integrarsi
con
l
'
alta
borghesia
burocratica
(
punti
1
e
2
)
e
a
rafforzarsi
sia
inserendosi
in
speculazioni
edilizie
(
punto
3
)
sia
collegandosi
con
le
attività
connesse
col
petrolio
.
In
effetti
,
se
si
mette
da
parte
la
petrolchimica
,
si
deve
riconoscere
che
il
commercio
e
la
raffinazione
dei
prodotti
petroliferi
richiedono
ben
poche
capacità
imprenditoriali
:
si
tratta
di
sapersi
muovere
nel
mondo
della
pubblica
amministrazione
ed
in
quello
delle
compagnie
petrolifere
multinazionali
piuttosto
che
saper
affrontare
le
così
dette
alee
dell
'
organizzazione
produttiva
e
del
mercato
.
Quelle
del
petrolio
possono
quindi
a
buon
diritto
essere
incluse
fra
le
attività
speculative
intese
in
senso
ampio
e
i
proprietari
che
le
controllano
possono
essere
inclusi
nella
borghesia
finanziaria
.
Speculazioni
edilizie
,
esportazioni
di
capitali
,
petrolio
,
costituiscono
le
tipiche
aree
del
profitto
speculativo
:
sono
aree
economicamente
inquinate
anche
da
un
punto
di
vista
capitalistico
;
a
fortiori
sono
aree
inquinate
ed
inquinanti
dal
punto
di
vista
politico
.
7
.
La
flessione
dei
profitti
(
parte
II
,
cap
.
3
)
è
stata
interrotta
dalla
"
fluttuazione
libera
"
della
lira
,
ossia
,
in
sostanza
,
dalla
svalutazione
della
nostra
moneta
in
termini
di
divise
estere
,
che
è
cominciata
nel
febbraio
del
1973
e
che
oggi
(
aprile
1974
)
supera
il
20%
.
Tale
svalutazione
ha
favorito
,
in
generale
,
i
profitti
e
,
in
particolare
,
ha
favorito
le
operazioni
speculative
(
comprese
le
esportazioni
e
le
importazioni
di
capitali
)
dirette
ed
organizzate
dalla
borghesia
finanziaria
.
I
punti
6
e
7
ora
ricordati
sono
stati
elaborati
da
Giorgio
Galli
,
che
ha
formulato
la
seguente
ipotesi
interpretativa
della
crisi
politica
in
atto
:
"
Si
è
venuta
formando
in
Italia
una
borghesia
finanziaria
e
speculativa
nei
suoi
strati
superiori
e
burocratico
-
parassitaria
nei
suoi
strati
immediatamente
inferiori
,
che
non
è
affatto
interessata
alla
razionalizzazione
del
sistema
sociale
e
che
sta
conquistando
l
'
egemonia
nell
'
ambito
dell
'
alta
borghesia
.
Quella
che
si
viene
consolidando
,
dunque
,
è
un
'
alleanza
non
tra
grande
borghesia
industriale
e
ceti
medi
conservatori
(
come
negli
anni
Sessanta
)
,
bensì
un
'
alleanza
tra
alta
borghesia
speculativa
e
media
borghesia
burocratica
,
l
'
una
e
l
'
altra
non
legate
alle
imprese
ed
alle
professioni
,
ma
alla
speculazione
ed
alla
rendita
derivante
dal
controllo
di
posizioni
chiave
nell
'
apparato
amministrativo
(
alti
burocrati
)
,
creditizio
(
alti
funzionari
delle
banche
)
,
delle
imprese
ed
enti
pubblici
e
nell
'
apparato
politico
strettamente
connesso
ai
precedenti
(
lo
strato
superiore
dei
funzionari
di
partito
)
,
dei
politici
professionisti
"
;
gl
'
interessi
politici
della
borghesia
finanziaria
e
speculativa
sarebbero
rappresentati
in
misura
nettamente
prevalente
dalla
Democrazia
cristiana
(
Distribuzione
dei
reddito
e
classi
sociali
,
comunicazione
presentata
al
convegno
"
Distribuzione
del
reddito
e
modello
di
sviluppo
"
,
organizzato
dal
Club
Turati
di
Torino
,
nei
giorni
6-7
marzo
1974
,
pp.
1
e
6
)
.
Quella
che
io
chiamo
borghesia
finanziaria
e
Giorgio
Galli
borghesia
finanziaria
e
speculativa
è
denominata
da
Carlo
Marx
"
aristocrazia
finanziaria
"
.
Marx
la
descrive
nei
seguenti
termini
:
"
Sotto
Luigi
Filippo
,
non
regnava
la
borghesia
francese
,
ma
una
frazione
di
essa
.
I
banchieri
,
i
re
della
borsa
,
i
re
delle
ferrovie
,
i
proprietari
delle
miniere
di
carbone
e
di
ferro
e
delle
foreste
,
e
una
parte
della
proprietà
fondiaria
venuta
con
essi
a
un
accordo
:
la
cosiddetta
"
aristocrazia
finanziaria
"
.
Essa
sedeva
sul
trono
,
essa
dettava
leggi
nelle
Camere
,
essa
distribuiva
gli
impieghi
dello
Stato
,
dal
ministero
allo
spaccio
dei
tabacchi
.
(...)
Mentre
l
'
aristocrazia
finanziaria
faceva
le
leggi
,
dirigeva
l
'
amministrazione
dello
Stato
,
disponeva
di
tutti
i
pubblici
poteri
organizzati
,
dominava
l
'
opinione
pubblica
,
coi
fatti
e
con
la
stampa
,
in
tutti
gli
ambienti
,
dalla
corte
sino
al
Café
Borgne
,
si
spandeva
l
'
identica
prostituzione
,
l
'
identica
frode
svergognata
,
l
'
identica
smania
di
arricchirsi
non
con
la
produzione
,
ma
rubando
le
ricchezze
altrui
già
esistenti
.
Alla
sommità
stessa
della
società
borghese
trionfava
il
soddisfacimento
sfrenato
,
in
urto
ad
ogni
istante
con
le
stesse
leggi
borghesi
,
degli
appetiti
malsani
e
sregolati
in
cui
logicamente
cerca
la
sua
soddisfazione
la
ricchezza
scaturita
dal
giuoco
,
in
cui
il
godimento
diventa
crapuleux
,
e
il
denaro
,
il
fango
e
il
sangue
scorrono
insieme
.
L
'
aristocrazia
finanziaria
,
nelle
sue
forme
di
guadagno
come
nei
,
suoi
piaceri
,
non
è
altro
che
la
riproduzione
del
sottoproletariato
alla
sommità
della
società
borghese
"
(
Le
lotte
di
classe
in
Francia
dal
1848
al
1850
,
in
Opere
scelte
di
Marx
e
di
Engels
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1966
,
pp.
376
e
378-9
)
.
D
'
altro
lato
,
la
corruzione
dilagante
,
nel
nostro
come
anche
in
altri
paesi
,
nell
'
ambito
della
borghesia
ed
in
particolare
della
piccola
borghesia
ricorda
,
sotto
alcuni
aspetti
,
la
corruzione
dilagante
nell
'
ambito
delle
aristocrazie
feudali
quando
stavano
per
perdere
potere
e
predominio
.
In
quelle
circostanze
trionfava
la
filosofia
del
carpe
diem
o
dell
'
après
moi
le
déluge
-
manifestazione
caratteristica
,
questa
,
di
una
classe
dominante
che
perde
la
fiducia
nei
propri
valori
e
nei
propri
ideali
.
Potremmo
essere
tentati
d
'
interpretare
l
'
attuale
processo
di
sgretolamento
facendo
riferimento
all
'
ascesa
,
di
cui
abbiamo
parlato
più
volte
,
della
classe
nuova
,
quella
degli
operai
,
che
,
insieme
con
molti
tecnici
e
intellettuali
e
parecchi
impiegati
relativamente
immuni
da
interessi
corporativi
,
ha
posto
la
candidatura
all
'
egemonia
.
Debbo
dire
che
una
tale
interpretazione
a
me
sembra
troppo
ottimistica
e
troppo
semplicistica
.
Però
credo
che
tanto
in
questa
interpretazione
quanto
in
quella
precedentemente
accennata
(
che
hanno
certi
punti
di
contatto
)
ci
siano
elementi
di
verità
su
cui
dobbiamo
riflettere
.
Per
la
così
detta
"
aristocrazia
finanziaria
"
Marx
ha
dunque
parole
di
fuoco
:
egli
parla
di
"
prostituzione
"
-
naturalmente
in
senso
civile
-
di
"
frode
svergognata
"
;
parla
anche
di
"
contratti
d
'
appalto
fraudolenti
,
corruzioni
,
malversazioni
,
bricconate
di
ogni
specie
"
.
La
descrizione
di
Marx
(
che
,
sia
detto
fra
parentesi
,
deve
apparire
moralistica
ai
nostri
marxisti
ortodossi
)
è
di
un
'
attualità
impressionante
.
Detto
questo
,
e
pur
considerando
l
'
ipotesi
interpretativa
di
Galli
interessante
e
degna
di
riflessione
e
di
studio
,
non
mi
sento
in
grado
di
pronunciarmi
sulla
sua
validità
.
Mi
limito
tuttavia
a
ricordare
che
i
legami
fra
borghesia
finanziaria
e
le
altre
frazioni
della
borghesia
sono
oggi
così
stretti
,
in
Italia
,
da
rendere
particolarmente
problematica
l
'
attribuzione
di
ruoli
distinti
.
Chi
voglia
,
ciò
nonostante
,
isolare
la
borghesia
finanziaria
,
deve
tener
presente
che
,
per
la
sua
natura
,
il
potere
economico
(
e
politico
)
di
questa
frazione
della
borghesia
è
assai
più
instabile
e
oscillante
di
quello
che
,
di
tempo
in
tempo
e
di
zona
in
zona
,
può
essere
stato
conquistato
dalle
altre
frazioni
(
specialmente
:
borghesia
agraria
e
borghesia
industriale
)
.
In
questo
caso
,
perciò
,
anche
più
che
in
altri
,
occorre
essere
molto
cauti
nelle
generalizzazioni
.
Ricordiamoci
,
in
ogni
modo
,
che
l
'
ascesa
della
borghesia
finanziaria
-
ossia
della
frazione
meno
"
rispettabile
"
della
classe
-
più
che
essere
la
causa
è
l
'
effetto
del
declino
(
non
si
sa
se
duraturo
o
temporaneo
)
della
borghesia
industriale
e
di
quel
vuoto
di
potere
di
cui
ho
parlato
più
volte
.
7
.
Un
popolo
di
semianalfabeti
Le
attuali
difficoltà
economiche
e
politiche
sono
in
larga
misura
simili
a
quelle
sperimentate
da
altri
paesi
;
all
'
origine
,
io
credo
,
c
'
è
l
'
ascesa
assoluta
e
relativa
della
classe
operaia
(
si
consideri
in
modo
speciale
il
caso
della
Gran
Bretagna
;
si
considerino
i
recenti
massicci
scioperi
in
Giappone
,
i
cui
sindacati
erano
presentati
come
modelli
di
autocontrollo
e
di
disciplina
)
.
Tuttavia
,
in
Italia
le
difficoltà
assumono
una
gravità
particolare
per
ragioni
connesse
con
la
nostra
struttura
sociale
.
Noi
siamo
un
paese
relativamente
sviluppato
dal
punto
di
vista
economico
;
ma
siamo
un
paese
arretrato
dal
punto
di
vista
civile
.
Ho
già
fatto
osservare
che
il
70%
della
popolazione
attiva
del
nostro
paese
possiede
,
al
massimo
,
la
licenza
elementare
:
una
percentuale
che
non
trova
riscontro
in
nessuno
dei
paesi
considerati
civili
(
v
.
la
tabella
6.2
)
.
E
sappiamo
che
,
con
la
licenza
elementare
,
si
possono
fare
solo
lavori
ripetitivi
:
salvo
casi
eccezionali
,
non
si
può
partecipare
,
neppure
in
forma
modesta
,
alla
gestione
della
cosa
pubblica
o
dei
patiti
;
di
regola
,
non
si
può
neppure
gestire
la
sezione
di
un
partito
in
un
piccolo
comune
.
Con
la
licenza
elementare
(
che
è
il
livello
massimo
di
quel
70%
)
si
giunge
a
scrivere
qualche
lettera
alla
madre
o
alla
fidanzata
quando
l
'
uomo
è
sotto
le
armi
e
a
leggere
un
giornale
sportivo
.
(
Certo
,
gli
autodidatti
possono
svilupparsi
culturalmente
anche
con
la
sola
licenza
elementare
;
ma
è
ben
difficile
pensare
che
si
tratti
di
un
numero
elevato
di
persone
)
.
Quella
percentuale
è
illuminante
:
spiega
,
da
sola
,
perché
le
tirature
dei
giornali
sono
da
noi
vergognosamente
limitate
;
spiega
l
'
atteggiamento
spesso
arrogante
e
insolente
dei
piccoli
burocrati
,
specialmente
nelle
zone
più
depresse
,
dove
,
naturalmente
,
la
percentuale
dei
semianalfabeti
è
ancora
più
alta
della
media
nazionale
,
come
ben
più
alta
di
quella
ufficiale
è
la
percentuale
degli
analfabeti
totali
o
degli
analfabeti
di
ritorno
;
spiega
il
basso
livello
della
nostra
vita
politica
(
ciascuno
di
noi
,
in
quanto
uomo
di
parte
,
è
incline
a
vedere
le
miserie
culturali
e
morali
negli
altri
partiti
e
ad
essere
particolarmente
indulgente
con
quelle
del
partito
al
quale
appartiene
o
per
il
quale
vota
)
;
spiega
-
ma
qui
l
'
analisi
diventa
molto
più
difficile
-
l
'
atteggiamento
dei
"
mandarini
"
-
di
noi
,
piccoli
e
medi
borghesi
-
che
spesso
inconsapevolmente
tendono
a
trar
vantaggio
nei
modi
più
diversi
dalla
loro
posizione
di
quasi
monopolisti
dell
'
istruzione
media
e
superiore
.
È
vero
:
l
'
afflusso
nelle
scuole
medie
e
superiori
delle
nuove
leve
è
sensibilmente
maggiore
che
nel
passato
,
così
che
quella
percentuale
(
70%
)
va
diminuendo
;
ma
la
velocità
con
cui
diminuisce
(
poco
più
di
un
punto
l
'
anno
)
non
è
grande
:
con
una
tale
velocità
solo
fra
tre
o
quattro
lustri
arriveremo
al
livello
attuale
della
Francia
(
circa
il
45%
)
,
che
pure
è
fra
i
più
alti
nell
'
ambito
dei
paesi
civili
.
Ma
allora
,
oltre
ad
essere
un
popolo
di
eroi
,
di
santi
,
di
poeti
,
di
navigatori
e
di
scienziati
siamo
anche
,
e
innanzi
tutto
,
un
popolo
di
semianalfabeti
?
Dopo
aver
tolto
di
mezzo
la
storia
degli
eroi
e
degli
scienziati
-
una
espressione
caratteristica
della
retorica
piccolo
-
borghese
-
togliamo
pure
di
mezzo
ogni
forma
di
feroce
esagerazione
autocritica
;
riconosciamo
pure
l
'
esistenza
di
una
minoranza
di
persone
civili
,
che
oltre
a
non
essere
semianalfabete
non
sono
neppure
topi
nel
formaggio
e
non
si
preoccupano
esclusivamente
del
proprio
"
particolare
"
;
in
quella
minoranza
-
se
proprio
abbiamo
deciso
di
tirarci
su
il
morale
-
possiamo
includere
anche
noi
:
me
che
scrivo
,
voi
che
leggete
.
Dopo
aver
fatto
tutto
questo
,
resta
la
fondamentale
verità
della
risposta
:
sì
,
le
eccezioni
sono
eccezioni
,
le
oasi
non
impediscono
al
deserto
di
restare
deserto
,
anzi
ne
sono
la
conferma
.
Come
massa
,
siamo
un
popolo
di
semianalfabeti
;
e
ciò
ci
condiziona
tutti
,
in
un
modo
o
nell
'
altro
,
nell
'
indurci
in
tentazione
,
ossia
nel
dar
sfogo
al
nostro
egoismo
o
nell
'
attuare
una
qualche
forma
di
prevaricazione
sociale
;
ci
condiziona
anche
negli
sforzi
che
possiamo
fare
per
migliorare
la
situazione
,
sforzi
faticosissimi
e
in
gran
parte
,
almeno
a
prima
vista
,
inutili
,
o
nello
spingerci
verso
atteggiamenti
scettici
o
cinici
e
,
nel
fondo
,
quasi
disperati
.
Quella
percentuale
è
il
più
grave
atto
di
accusa
ai
gruppi
che
si
sono
succeduti
al
potere
nel
nostro
paese
,
alla
così
detta
classe
dirigente
,
in
ultima
analisi
a
noi
stessi
-
chi
legge
questo
scritto
può
esser
certo
di
appartenere
alla
frazione
più
elevata
del
30%
dei
privilegiati
(
i
laureati
non
raggiungono
neppure
il
4%
della
popolazione
attiva
)
.
Come
si
concilia
quella
tremenda
percentuale
con
l
'
esplosione
scolastica
,
di
cui
tutti
parlano
?
Si
concilia
per
diverse
ragioni
.
In
primo
luogo
,
l
'
esplosione
è
tale
,
o
appare
tale
,
per
la
radicale
insufficienza
delle
strutture
scolastiche
(
delle
strutture
molto
più
che
del
personale
)
.
In
secondo
luogo
,
la
mortalità
scolastica
è
molto
elevata
:
non
sono
pochi
i
ragazzi
che
frequentano
una
,
due
o
tre
classi
delle
scuole
medie
inferiori
senza
giungere
al
diploma
.
In
terzo
luogo
,
l
'
aumento
dei
diplomati
(
o
dei
diplomandi
)
,
certamente
più
rapido
che
nel
passato
,
incide
solo
lentamente
sullo
stock
:
l
'
Italia
imperiale
di
Mussolini
ci
aveva
lasciato
il
90%
di
semianalfabeti
.
Ora
siamo
al
70%
:
un
progresso
è
stato
fatto
;
ma
quanto
è
lunga
la
via
!
Il
quadro
è
spaventoso
se
visto
nei
suoi
termini
quantitativi
.
Forse
sarebbe
ancora
più
grave
se
si
potessero
esaminare
a
fondo
gli
aspetti
qualitativi
:
i
diplomi
e
le
lauree
di
quel
30%
di
quasi
-
monopolisti
,
quale
valore
hanno
?
Possiamo
tentare
di
ridurre
l
'
angoscia
pensando
alla
curva
di
Gauss
,
che
domina
in
tutti
i
fenomeni
sociali
:
una
parte
,
non
proprio
piccola
,
delle
scuole
funziona
,
una
parte
,
non
proprio
esigua
,
del
personale
insegnante
è
costituita
da
persone
capaci
e
preparate
.
Tuttavia
,
la
curva
di
Gauss
va
interpretata
considerando
l
'
altezza
della
moda
e
l
'
unità
di
misura
,
e
forse
è
un
bene
che
queste
due
quantità
restino
indeterminate
.
L
'
aumento
nel
numero
dei
diplomati
e
dei
laureati
è
troppo
lento
sotto
l
'
aspetto
dello
sviluppo
civile
,
ma
,
al
contrario
,
è
troppo
rapido
con
riferimento
allo
sviluppo
economico
,
poiché
l
'
espansione
della
domanda
del
lavoro
intellettuale
qualificato
risulta
inferiore
all
'
espansione
dell
'
offerta
:
il
risultato
è
un
aumento
della
disoccupazione
intellettuale
,
soprattutto
fra
i
giovani
.
Sia
chiaro
:
l
'
accento
posto
sulle
gravi
carenze
nel
campo
dell
'
istruzione
non
implica
che
queste
carenze
costituiscano
la
"
causa
"
dell
'
arretratezza
civile
,
oltre
che
economica
,
della
nostra
società
:
esse
ne
sono
piuttosto
un
importante
indicatore
.
(
D
'
altra
parte
,
come
Gino
Germani
mette
in
evidenza
nell
'
opera
citata
-
spec
.
a
p
.
131
-
coloro
che
acquistano
un
grado
di
istruzione
relativamente
alto
e
poi
non
riescono
ad
ottenere
le
posizioni
sociali
cui
aspirano
o
addirittura
restano
disoccupati
,
possono
diventare
causa
di
forti
tensioni
sociali
)
.
L
'
arretratezza
civile
risulta
da
tanti
e
tanti
elementi
,
che
possono
essere
efficacemente
riassunti
-
me
l
'
ha
fatto
osservare
lo
stesso
Germani
-
dal
concetto
di
"
estraneità
"
delle
masse
dalla
vita
politica
,
estraneità
quasi
totale
nel
secolo
scorso
,
ma
tuttora
ampia
,
essendo
la
partecipazione
delle
masse
alla
vita
politica
o
circoscritta
ovvero
saltuaria
ed
episodica
.
8
.
Contrasti
economici
e
contrasti
sociali
Si
sente
ripetere
spesso
che
oramai
l
'
Italia
è
diventata
un
paese
moderno
,
che
è
entrata
nel
novero
dei
dieci
paesi
più
industrializzati
del
mondo
.
Questo
è
vero
,
ma
è
solo
una
parte
della
verità
.
Per
una
distorsione
probabilmente
imputabile
alla
grande
influenza
del
pensiero
economico
sulla
cultura
sociale
e
politica
,
si
tende
a
stabilire
un
'
equivalenza
fra
grado
di
sviluppo
economico
e
grado
di
sviluppo
civile
.
t
triste
osservare
che
così
non
è
:
il
nostro
reddito
individuale
medio
oggi
è
solo
limitatamente
inferiore
a
quello
inglese
-
siamo
arrivati
al
70-75%
.
Ma
,
pur
senza
tener
conto
del
fatto
che
la
distribuzione
personale
e
regionale
del
reddito
nazionale
italiano
è
molto
più
diseguale
di
quanto
sia
in
Inghilterra
,
si
deve
dire
che
se
il
grado
di
sviluppo
civile
fosse
quantificabile
esso
sarebbe
molto
inferiore
a
quel
70%
.
Qualche
aspetto
quantitativo
della
nostra
arretratezza
economica
e
civile
,
ben
più
significativo
del
livello
relativo
del
reddito
individuale
,
può
essere
individuato
esaminando
con
attenzione
i
contrasti
economici
e
sociali
che
caratterizzano
il
nostro
paese
.
Certo
,
tutte
le
società
contengono
nel
proprio
seno
elementi
contrastanti
;
ma
nella
società
italiana
i
contrasti
raggiungono
un
'
intensità
molto
difficilmente
riscontrabile
in
altri
paesi
:
-
accanto
a
imprese
moderne
,
grandi
e
piccole
,
esiste
nell
'
industria
un
gran
numero
di
unità
produttive
arcaiche
e
inefficienti
,
la
cui
attività
si
fonda
sul
lavoro
a
domicilio
o
sui
sottosalari
o
su
opere
ottenute
in
sub
-
appalto
;
-
l
'
esodo
agrario
-
che
si
è
svolto
e
si
svolge
in
tutti
i
paesi
industrializzati
-
in
Italia
assume
caratteristiche
patologiche
,
poiché
le
terre
che
si
spopolano
non
sono
necessariamente
le
meno
fertili
e
le
meno
suscettibili
di
sviluppo
,
ma
quelle
in
cui
manca
Il
supporto
dello
sviluppo
di
attività
extra
-
agricole
;
moderne
;
-
le
attività
produttive
moderne
si
concentrano
in
certe
aree
del
Nord
,
in
contrasto
crescente
con
la
rarefazione
delle
attività
produttive
in
molte
aree
del
Sud
:
alla
congestione
di
quelle
aree
fanno
riscontro
i
vuoti
delle
zone
meridionali
;
-
la
percentuale
dei
disoccupati
è
fra
le
più
alte
dei
paesi
industrializzati
,
e
certamente
la
più
alta
è
la
percentuale
di
occupati
precari
,
in
gran
parte
concentrati
nelle
regioni
meridionali
;
corrispondentemente
,
il
sottoproletariato
urbano
e
quello
rurale
assumono
proporzioni
enormi
,
specialmente
nelle
città
e
nelle
aree
ad
agricoltura
povera
del
Mezzogiorno
;
viceversa
,
la
percentuale
della
popolazione
attiva
è
fra
le
più
basse
(
forse
la
più
bassa
dei
paesi
industrializzati
)
;
-
l
'
Italia
è
forse
l
'
unico
paese
che
riesce
ad
esportare
simultaneamente
lavoratori
e
capitali
-
un
fatto
apparentemente
assurdo
,
da
un
punto
di
vista
economico
;
-
allo
sviluppo
del
settore
privato
moderno
fa
riscontro
un
gravissimo
sottosviluppo
del
settore
pubblico
(
problema
della
burocrazia
e
questione
delle
riforme
)
.
A
questi
contrasti
economici
corrispondono
,
necessariamente
,
contrasti
nella
società
e
nella
composizione
delle
classi
sociali
:
-
la
percentuale
di
semianalfabeti
non
trova
riscontro
in
nessun
paese
civile
;
-
la
classe
borghese
,
che
pure
è
relativamente
la
più
omogenea
,
presenta
,
nel
suo
interno
,
differenziazioni
culturali
e
politiche
rilevanti
;
-
la
classe
operaia
,
se
si
eccettua
il
suo
nucleo
industriale
moderno
,
è
fortemente
differenziata
,
come
conseguenza
dello
sviluppo
fortemente
differenziato
in
senso
geografico
e
settoriale
(
nel
Mezzogiorno
la
classe
operaia
in
senso
proprio
è
molto
limitata
:
i
legami
fra
i
diversi
gruppi
di
salariati
e
di
contadini
poveri
sono
deboli
)
;
-
la
piccola
borghesia
è
ancor
più
fortemente
differenziata
,
sia
in
senso
economico
che
in
senso
sociale
e
politico
;
considerata
l
'
instabilità
di
questa
quasi
classe
e
considerata
la
sua
estensione
numerica
,
è
qui
che
occorre
concentrare
l
'
analisi
critica
per
porre
in
termini
appropriati
i
problemi
politici
del
nostro
paese
.
9
.
Il
grande
tiro
alla
fune
Oramai
è
chiaro
che
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
-
un
'
espansione
che
nel
nostro
paese
è
stata
patologicamente
rapida
-
ha
modificato
in
profondità
i
termini
dei
conflitti
sociali
e
delle
lotte
di
classe
.
In
ultima
analisi
nel
nostro
tempo
la
lotta
politica
consiste
essenzialmente
in
un
grande
tiro
alla
fune
(
ammesso
che
la
fune
non
si
spezzi
,
a
destra
o
a
sinistra
)
:
da
un
lato
i
partiti
di
destra
,
che
esprimono
soprattutto
gli
interessi
della
grande
e
media
borghesia
,
e
,
dall
'
altro
,
i
partiti
di
sinistra
,
che
in
qualche
modo
esprimono
gl
'
interessi
della
molto
più
differenziata
classe
operaia
,
si
sforzano
di
trascinare
dalla
propria
parte
la
massima
fetta
possibile
della
piccola
borghesia
,
una
quasi
classe
socialmente
eterogenea
e
politicamente
instabile
.
In
questo
tiro
alla
fune
,
come
abbiamo
visto
,
i
partiti
delle
due
ali
pagano
certi
prezzi
,
facendo
concessioni
che
possono
andare
e
spesso
vanno
a
detrimento
degli
interessi
immediati
e
diretti
delle
classi
o
sottoclassi
di
cui
sono
l
'
espressione
politica
.
Per
la
sinistra
il
problema
è
reso
più
grave
dal
fatto
che
gli
apparati
dei
partiti
sono
amministrati
in
prevalenza
a
da
piccoli
borghesi
.
Questo
è
un
fatto
in
buona
parte
-
sebbene
non
completamente
-
inevitabile
e
fisiologico
nelle
presenti
condizioni
storiche
del
nostro
paese
;
ma
di
ciò
i
dirigenti
della
sinistra
debbono
essere
ben
consapevoli
se
vogliono
ridurre
i
condizionamenti
che
da
questo
fatto
derivano
.
Spesso
,
nella
preoccupazione
di
consolidare
e
perfino
di
allargare
l
'
alleanza
fra
la
fetta
della
classe
operaia
su
cui
si
appoggiano
ed
una
fetta
della
piccola
borghesia
,
i
partiti
di
sinistra
hanno
fatto
concessioni
eccessive
e
tutto
sommato
inutili
ai
gruppi
più
retrivi
di
questa
quasi
classe
(
tipica
è
la
vicenda
della
così
detta
riforma
del
commercio
al
minuto
,
tipiche
le
condiscendenze
e
le
concessioni
a
diverse
rivendicazioni
"
corporative
"
di
certi
gruppi
di
impiegati
statali
e
parastatali
)
;
concessioni
inutili
ed
anzi
dannose
,
perché
si
tratta
di
gruppi
politicamente
irrecuperabili
per
la
sinistra
,
o
recuperabili
a
costi
tali
da
snaturarne
profondamente
la
strategia
.
È
augurabile
che
i
partiti
di
sinistra
intraprendano
una
riforma
dei
loro
apparati
e
rivedano
la
loro
strategia
e
la
loro
politica
di
alleanze
al
fine
di
ricomporre
la
loro
base
,
cercando
di
allargare
l
'
appoggio
non
solo
della
classe
operaia
ma
anche
dei
gruppi
più
robusti
e
relativamente
più
omogenei
della
piccola
borghesia
e
rinunciando
con
decisione
a
ricercare
l
'
appoggio
dei
gruppi
più
retrivi
,
che
,
sfortunatamente
,
sono
ampi
.
Preliminare
,
ad
una
tale
riforma
e
ad
una
tale
revisione
,
è
un
'
approfondita
analisi
critica
delle
classi
e
dei
gruppi
sociali
e
delle
loro
tendenze
.
Nelle
odierne
società
capitalistiche
,
caduta
la
previsione
del
Manifesto
circa
la
progressiva
scomparsa
delle
classi
medie
,
non
è
più
sostenibile
la
tesi
del
bipolarismo
classista
,
sia
pure
solo
tendenziale
,
un
bipolarismo
che
solo
pochi
studiosi
marxisti
cercano
di
motivare
o
giustificare
in
qualche
modo
sul
piano
analitico
e
che
molti
invece
,
specialmente
fra
i
giovani
e
fra
i
leaders
politici
e
sindacali
di
sinistra
,
intendono
in
modo
rozzo
e
primitivo
,
nonostante
i
frequenti
e
generici
richiami
ai
ceti
medi
.
Negli
ultimi
decenni
tutte
le
società
capitalistiche
hanno
subito
grandi
mutamenti
strutturali
;
ma
la
sinistra
ha
continuato
a
vivere
di
rendita
sul
patrimonio
intellettuale
trasmesso
dai
grandi
pensatori
del
passato
,
tradendo
,
in
definitiva
,
il
fondamentale
messaggio
critico
del
più
grande
dei
pensatori
di
sinistra
.
È
vitale
,
oramai
,
un
approfondito
riesame
critico
,
condotto
con
mente
aperta
,
della
società
in
cui
viviamo
.
Note
al
testo
1
.
La
nazionalizzazione
e
le
retribuzioni
nell
'
industria
elettrica
(
nota
a
p
.
18
)
Fino
a
quando
l
'
industria
elettrica
era
divisa
in
diversi
compartimenti
privati
,
pubblici
e
municipalizzati
,
i
salari
e
gli
stipendi
erano
notevolmente
differenziati
,
ma
i
salari
medi
non
erano
molto
diversi
da
quelli
delle
altre
industrie
.
Con
la
nazionalizzazione
e
quindi
con
l
'
unificazione
dell
'
intera
industria
,
dovevano
necessariamente
essere
unificati
anche
salari
e
stipendi
;
e
ciò
non
poteva
esser
fatto
che
ai
livelli
più
alti
-
livelli
che
erano
,
in
alcuni
casi
,
molto
alti
,
poiché
certe
aziende
,
particolarmente
quelle
municipalizzate
,
avevano
trasformato
in
aumenti
di
salari
e
di
stipendi
parte
dei
loro
profitti
monopolistici
,
che
non
potevano
investire
in
altri
campi
.
Di
qui
il
molto
rapido
aumento
del
costo
del
lavoro
e
la
caduta
dei
margini
netti
,
dopo
la
nazionalizzazione
;
di
qui
la
comparsa
,
per
le
retribuzioni
,
di
un
'
area
di
privilegio
,
che
tuttora
permane
.
2
.
Le
rendite
edilizie
(
nota
a
p
.
18
)
Le
rendite
edilizie
e
i
connessi
guadagni
speculativi
sono
generati
o
accresciuti
dal
rapido
inurbamento
di
masse
cospicue
di
persone
,
che
è
il
fenomeno
complementare
dell
'
esodo
agrario
.
In
via
di
larga
massima
,
ho
stimato
che
in
Italia
negli
ultimi
anni
le
rendite
provenienti
dalle
aree
edificate
(
valutate
come
frazione
dei
fitti
effettivamente
pagati
)
ascendono
,
ogni
anno
e
in
media
,
all'1-1,5%
del
reddito
nazionale
e
che
le
aree
annualmente
vendute
per
l
'
edificazione
di
nuovi
fabbricati
raggiungono
,
in
valore
,
il
4-5%
del
reddito
nazionale
(2.000-2.500
miliardi
di
lire
)
.
3
.
Sulla
possibile
graduale
sostituzione
della
divisione
orizzontale
del
lavoro
con
una
certa
rotazione
verticale
(
nota
a
p
.
23
)
L
'
idea
è
che
,
nei
paesi
più
avanzati
,
sia
per
l
'
aumento
del
reddito
individuale
medio
degli
strati
più
bassi
della
popolazione
,
sia
per
la
diffusione
dell
'
istruzione
,
diventa
sempre
più
difficile
trovare
persone
disposte
a
compiere
lavori
umili
e
non
gratificanti
,
come
quello
degli
edili
,
degli
imbianchini
,
degli
scaricatori
,
dei
manovali
.
Questi
paesi
,
per
sopperire
a
queste
esigenze
,
sono
indotti
a
importare
da
altri
paesi
mano
d
'
opera
non
qualificata
-
gli
"
schiavi
moderni
"
.
(
Si
calcola
,
per
esempio
,
che
nei
paesi
europei
più
avanzati
,
come
la
Germania
,
l
'
Inghilterra
,
la
Francia
,
la
Svizzera
e
il
Belgio
,
vivono
e
lavorano
,
quasi
tutti
svolgendo
mestieri
umili
e
rifiutati
dai
lavoratori
nati
in
quei
paesi
,
non
meno
di
6
milioni
di
persone
,
di
cui
circa
la
metà
provenienti
dai
paesi
o
dalle
regioni
più
arretrate
dell
'
Europa
-
Grecia
,
Spagna
,
Turchia
,
Italia
meridionale
-
e
l
'
altra
metà
da
paesi
extra
-
europei
,
specialmente
africani
)
.
Inoltre
,
un
tale
stato
di
cose
spinge
un
numero
crescente
di
industriali
dei
paesi
avanzati
a
trasferire
all
'
estero
certi
impianti
e
certi
processi
produttivi
che
richiedono
lavoratori
non
qualificati
(
l
'
incentivo
ad
un
tale
trasferimento
è
anche
maggiore
se
quegli
impianti
e
quei
processi
provocano
inquinamento
dell
'
aria
e
dell
'
acqua
)
.
Per
l
'
Italia
,
dolorosamente
,
il
problema
non
è
urgente
,
poiché
le
regioni
meridionali
del
nostro
paese
sono
tuttora
larghe
esportatrici
di
"
schiavi
moderni
"
.
Cfr
.
A
.
Visalberghi
,
Educazione
e
divisione
del
lavoro
.
Prospettive
della
formazione
tecnica
e
professionale
nelle
società
tecnologicamente
avanzate
,
La
Nuova
Italia
,
Firenze
1973;
M
.
Salvati
e
B
.
Beccalli
,
Divisione
del
lavoro
.
Capitalismo
,
socialismo
,
utopia
,
"
Quaderni
piacentini
"
,
1970
,
n
.
40
,
e
S
.
Marglin
,
Origine
et
fonctions
de
la
parcellization
des
tàches
,
nel
volume
Critique
de
la
division
du
travail
,
a
cura
di
A
.
Gorz
,
Editions
du
Seuil
,
Paris
1973
.
4
.
Intorno
alla
suddivisione
delle
classi
sociali
(
nota
a
p
.
25
)
Nella
stesura
originaria
avevo
suddiviso
in
modo
diverso
la
piccola
borghesia
:
oltre
alle
categorie
particolari
,
avevo
distinto
fra
piccola
borghesia
legata
e
quella
non
legata
direttamente
al
processo
produttivo
ed
avevo
incluso
,
nella
prima
,
i
coltivatori
diretti
e
gli
artigiani
e
,
nella
seconda
,
gl
'
impiegati
e
i
commercianti
.
Michele
Salvati
mi
ha
persuaso
a
modificare
la
classificazione
,
distinguendo
fra
piccola
borghesia
impiegatizia
(
lavoratori
dipendenti
stipendiati
)
e
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
coltivatori
diretti
,
artigiani
e
commercianti
)
,
una
distinzione
che
si
concilia
meglio
con
i
criteri
ricavati
dall
'
analisi
della
distribuzione
del
reddito
,
la
quale
serve
di
base
all
'
intera
classificazione
.
5
.
"
Uomini
di
grande
onestà
civile
"
(
nota
a
p
.
54
)
Per
evitare
possibili
malintesi
o
equivoci
su
espressioni
di
questo
tipo
(
"
strati
civilmente
robusti
"
,
«
uomini
di
grande
onestà
civile
"
ed
altre
che
userò
in
seguito
)
,
espressioni
che
potrebbero
indurre
a
ritenere
che
l
'
autore
è
affetto
da
"
moralismo
"
,
o
che
propende
verso
una
ingenua
concezione
"
idealistica
"
della
vita
sociale
,
in
contrasto
con
una
(
non
meno
ingenua
)
visione
"
marxista
"
o
"
materialistica
"
,
debbo
dire
che
uso
queste
espressioni
nel
senso
in
cui
credo
le
usasse
lo
stesso
Carlo
Marx
,
quando
,
per
esempio
,
definisce
"
uomini
competenti
,
imparziali
e
privi
di
rispetti
umani
"
"
i
relatori
inglesi
sulla
salute
pubblica
[
cominciando
dal
loro
capo
,
Leohnard
Horner
]
,
i
commissari
inglesi
per
le
inchieste
sullo
sfruttamento
delle
donne
e
dei
fanciulli
,
sulle
condizioni
delle
abitazioni
e
della
nutrizione
"
.
Osservo
che
molte
delle
vigorose
denunce
fatte
da
Marx
sulle
condizioni
di
vita
della
classe
operaia
inglese
dei
suoi
tempi
si
fondano
proprio
sulle
relazioni
ufficiali
di
quegli
uomini
;
e
quelle
denunce
e
quelle
relazioni
,
quindi
,
non
hanno
avuto
un
valore
moralistico
,
ma
analitico
e
politico
.
Osservo
ancora
che
quello
che
negli
stessi
termini
ingenui
cui
alludevo
dianzi
potrebbe
essere
definito
il
"
moralismo
"
o
l
'
"
idealismo
"
di
Marx
-
un
idealismo
che
include
il
pieno
riconoscimento
di
una
circoscritta
ma
importante
libertà
di
scelta
e
quindi
di
una
precisa
responsabilità
dei
singoli
individui
-
è
sistematicamente
ignorato
o
misconosciuto
da
diversi
studiosi
di
Marx
,
soprattutto
(
paradossalmente
)
fra
i
giovani
,
molti
dei
quali
si
professano
marxisti
non
per
l
'
acquisita
coscienza
di
appartenere
ad
una
determinata
classe
,
ma
,
se
è
lecito
esprimersi
così
,
per
"
idealismo
"
.
Mi
auguro
dunque
di
non
essere
frainteso
se
affermo
che
la
posizione
di
classe
di
ciascuno
entro
certi
limiti
dipende
non
dal
foro
esterno
ma
da
quello
interno
:
entro
certi
limiti
,
appunto
,
è
oggetto
di
scelta
,
anche
se
i
condizionamenti
obiettivi
che
derivano
dalla
classe
di
origine
ben
difficilmente
possono
essere
del
tutto
eliminati
.
6
.
Espansione
della
burocrazia
nel
periodo
fascista
(
nota
a
p
.
76
)
Come
appare
dalla
tabella
1.1
,
nel
periodo
fascista
la
burocrazia
aumentò
rapidamente
.
Se
si
considera
che
specialmente
durante
gli
anni
Trenta
molti
impiegati
furono
assunti
per
meriti
politici
e
non
per
la
loro
capacità
o
qualificazione
,
che
allora
non
erano
possibili
né
le
critiche
della
stampa
né
quelle
di
un
'
opposizione
parlamentare
e
che
certe
abitudini
di
irresponsabilità
istituzionalizzata
cominciarono
a
mettere
le
radici
in
quel
periodo
,
ci
si
rende
conto
che
l
'
idropisia
e
l
'
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
che
oggi
ci
affiggono
costituiscono
in
misura
non
piccola
un
'
eredità
del
passato
regime
.
7
.
Salari
e
stipendi
nel
periodo
fascista
(
nota
a
p
.
77
)
Secondo
mie
stime
di
larga
massima
,
durante
il
periodo
fascista
,
esclusi
gli
anni
di
guerra
,
la
massa
dei
salari
reali
è
diminuita
di
una
percentuale
che
va
dal
10
al
15%
,
per
l
'
effetto
combinato
di
una
flessione
del
15-20%
dei
salari
reali
individuali
e
di
un
modesto
aumento
nel
numero
dei
salariati
,
mentre
la
massa
degli
stipendi
reali
degli
impiegati
pubblici
e
privati
è
cresciuta
di
circa
il
doppio
,
per
effetto
di
un
sia
pure
modesto
aumento
degli
stipendi
reali
individuali
e
del
raddoppio
nel
numero
degli
impiegati
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
5.3
)
.
8
.
Piccola
borghesia
e
fascismo
(
nota
a
p
.
78
)
Come
ho
già
osservato
e
come
più
ampiamente
argomenterò
fra
breve
,
non
è
fatale
che
la
piccola
borghesia
vada
verso
il
fascismo
,
anche
se
non
necessariamente
va
verso
movimenti
di
carattere
rivoluzionario
.
Con
riferimento
alla
situazione
della
piccola
borghesia
nel
periodo
che
precede
il
fascismo
e
poi
alla
confluenza
,
nel
fascismo
,
di
gruppi
nazionalisti
da
un
lato
e
di
socialisti
di
sinistra
e
sindacalisti
dall
'
altro
,
tutti
di
provenienza
piccolo
-
borghese
,
Renzo
Del
Carria
scrive
:
"
Occorre
...
abbandonare
la
visione
di
un
ceto
medio
che
"
fatalmente
"
sia
prima
pre
-
fascista
e
poi
fascista
,
così
come
lo
ha
voluto
sia
la
storiografia
fascista
sia
quella
antifascista
in
una
analoga
visione
.
Occorre
vedere
invece
la
piccola
e
media
borghesia
italiana
nella
sua
impossibilità
d
'
inserirsi
economicamente
,
socialmente
,
politicamente
e
culturalmente
nell
'
Italia
giolittiana
per
le
strozzature
tipiche
del
sistema
economico
-
sociale
di
allora
,
oscillanti
,
nell
'
anelito
di
conquistare
la
propria
libertà
e
di
inserirsi
in
una
società
che
la
respingeva
,
tra
una
vocazione
reazionaria
ed
una
volontà
rivoluzionaria
di
rompere
l
'
ordine
esistente
"
(
Proletari
senza
rivoluzione
.
Storia
delle
classi
subalterne
italiane
dal
1860
al
1950
,
Edizioni
Oriente
,
Milano
1971
,
vol.
I
,
pp.
352-3
)
.
Del
Carria
passa
poi
ad
esaminare
le
ragioni
che
possono
spiegare
il
prevalere
della
vocazione
reazionaria
nella
piccola
borghesia
dopo
la
prima
guerra
mondiale
.
L
'
opera
di
Del
Carria
mi
è
stata
segnalata
dopo
che
avevo
già
scritto
e
poi
rielaborato
questo
saggio
;
sebbene
l
'
angolo
visuale
ideologico
sia
diverso
,
debbo
dire
che
concordo
con
la
massima
parte
dei
giudizi
che
Del
Carria
esprime
sui
ceti
medi
e
,
in
particolare
,
sulla
piccola
borghesia
(
v
.
particolarmente
le
pp.
347-54
del
primo
volume
)
.
9
.
Riforma
scolastica
(
nota
a
p
.
84
)
Anche
le
riforme
dei
contenuti
dei
programmi
scolastici
sono
state
oggetto
di
accese
discussioni
e
di
spinte
profondamente
contraddittorie
,
in
vista
di
diversi
obiettivi
relativi
alla
formazione
degli
studenti
(
cultura
per
la
cultura
,
istruzione
per
l
'
inserimento
nell
'
attività
produttiva
e
professionale
,
spazio
da
destinare
alla
cultura
critica
riguardante
la
società
)
;
anche
queste
spinte
contraddittorie
vanno
viste
non
come
il
risultato
di
diverse
idee
astratte
,
ma
,
principalmente
,
come
il
risultato
della
indeterminatezza
e
della
polivalenza
culturale
caratteristiche
della
piccola
(
e
,
in
parte
,
della
grande
)
borghesia
nell
'
attuale
fase
dello
sviluppo
economico
-
sociale
.
10
.
Potere
,
controlli
e
responsabilità
della
burocrazia
(
nota
a
p
.
85
)
Osserva
Gunnar
Myrdal
,
a
proposito
dell
'
inefficienza
del
sistema
amministrativo
indiano
e
delle
difficoltà
nel
migliorarlo
,
che
"
in
una
situazione
di
diffusa
corruzione
il
funzionario
ha
interesse
a
mantenere
macchinose
le
procedure
burocratiche
:
se
è
disonesto
,
siffatte
procedure
possono
accrescere
le
occasioni
di
intascare
"
bustarelle
"
,
se
è
onesto
,
possono
proteggerlo
dai
sospetti
"
.
Infatti
,
nota
ancora
Myrdal
,
la
propensione
della
burocrazia
a
rendere
minime
le
responsabilità
moltiplicando
i
controlli
è
tanto
maggiore
quanto
più
diffusi
sono
i
sospetti
di
corruzione
sulla
pubblica
amministrazione
;
e
sebbene
questi
sospetti
da
noi
siano
probabilmente
più
diffusi
di
quanto
sia
giustificato
,
è
doloroso
ma
doveroso
riconoscere
che
un
tale
fattore
esiste
anche
nel
nostro
paese
,
ha
un
non
trascurabile
fondamento
e
contribuisce
alla
grave
lentezza
della
burocrazia
.
Conviene
riportare
alcune
osservazioni
di
un
autore
indiano
(
Chhatrapati
)
,
citate
da
Myrdal
:
"
Per
evitare
responsabilità
dirette
in
qualsiasi
decisione
di
rilievo
,
la
burocrazia
si
sforza
di
associare
a
tali
decisioni
il
maggior
numero
possibile
di
uffici
e
di
funzionari
.
Le
consultazioni
debbono
lasciare
una
traccia
scritta
.
Perciò
,
un
fascicolo
deve
essere
trasferito
-
cosa
che
,
da
sola
,
richiede
un
certo
tempo
-
da
un
tavolino
all
'
altro
e
da
un
ministero
all
'
altro
,
per
le
osservazioni
;
e
passano
mesi
e
mesi
prima
che
la
decisione
giunga
alla
conclusione
.
Perfino
quando
i
fatti
rendono
ovvia
la
decisione
e
non
implicano
nessun
allontanamento
dalla
consuetudine
,
siffatte
consultazioni
sono
considerate
necessarie
per
"
sicurezza
"
"
(
G
.
Myrdal
,
Asian
Drama
.
An
Inquiry
into
the
Poverty
of
Nations
,
Penguin
Books
,
Harmondsworth
,
Middlesex
,
England
,
1968
,
vol.
II
,
pp.
954-5
)
.
11
.
La
strategia
della
grande
borghesia
industriale
(
nota
a
p
.
86
)
È
essenziale
tenere
ben
presente
che
,
in
Italia
,
nel
settore
industriale
sono
rimaste
oramai
pochissime
grandi
imprese
private
:
come
conseguenza
di
una
lunga
evoluzione
,
che
fa
capo
al
processo
di
concentrazione
e
che
è
contrassegnata
da
crisi
di
vario
genere
,
le
grandi
imprese
industriali
sono
divenute
in
gran
parte
statali
o
sono
cadute
sotto
il
controllo
dello
Stato
e
l
'
area
privata
si
è
ristretta
alle
medie
e
piccole
imprese
.
Fra
le
pochissime
eccezioni
è
la
Fiat
,
controllata
dalla
famiglia
Agnelli
,
che
,
anche
nel
seno
della
Confederazione
generale
dell
'
industria
,
sta
elaborando
una
complessa
strategia
,
i
cui
principali
obiettivi
sembrano
essere
i
seguenti
:
1
)
assicurarsi
l
'
egemonia
sul
settore
industriale
privato
,
ossia
sul
settore
delle
medie
e
piccole
imprese
,
un
buon
numero
delle
quali
,
in
Piemonte
e
fuori
del
Piemonte
,
lavora
per
conto
della
Fiat
;
2
)
rafforzare
il
settore
industriale
privato
e
,
corrispondentemente
,
contenere
l
'
espansione
delle
imprese
controllate
dallo
Stato
,
le
quali
,
grazie
ai
fondi
di
dotazione
e
alla
maggiore
facilità
di
ottenere
crediti
,
possono
fare
una
concorrenza
che
spesso
disturba
non
solo
le
imprese
private
italiane
ma
anche
quelle
straniere
(
e
la
Fiat
ha
importanti
interessi
internazionali
)
;
3
)
conquistare
un
'
influenza
crescente
sulla
cultura
italiana
moderna
,
con
vari
mezzi
,
fra
cui
è
il
controllo
di
una
fetta
crescente
dell
'
industria
editoriale
;
4
)
assicurarsi
alleanze
con
alcuni
settori
moderni
del
proletariato
industriale
e
della
piccola
borghesia
attraverso
un
attacco
alle
"
rendite
"
(
presumibilmente
,
nel
settore
commerciale
e
nel
settore
urbanistico
)
ed
una
spinta
ad
ammodernare
alcuni
settori
della
pubblica
amministrazione
(
a
cominciare
dal
settore
previdenziale
)
,
anche
a
costo
di
provocare
l
'
ostilità
di
certi
gruppi
sociali
e
di
subire
un
"
lucro
cessante
"
,
considerato
l
'
intreccio
fra
gli
interessi
industriali
della
Fiat
con
gli
interessi
immobiliari
,
finanziari
e
commerciali
.
Ritengo
che
questa
strategia
,
anche
se
ha
limiti
abbastanza
ristretti
per
le
ragioni
brevemente
richiamate
nel
testo
,
deve
essere
considerata
dalle
forze
di
sinistra
con
molta
attenzione
.
Saggistica ,
Ridentem
dicere
verum
quid
vetat
?
ORAZIO
Ma
che
c
'
entra
l
'
assurdo
Chi
scrive
queste
pagine
è
un
fisico
,
che
nell
'
esercizio
della
sua
ricerca
è
stato
abituato
da
sempre
a
perseguire
il
rigore
logico
,
l
'
esattezza
matematica
,
la
massima
razionalità
.
Ci
si
aspetterebbe
che
di
conseguenza
egli
rifuggisse
da
ogni
discorso
vago
,
basato
su
semplici
analogie
o
sull
'
abuso
della
metafora
;
e
che
massimamente
si
tenesse
lontano
dal
vaneggiamento
onirico
.
Ma
bisogna
fare
attenzione
a
non
concludere
troppo
sbrigativamente
su
questi
argomenti
.
Il
nostro
cervello
è
come
un
formidabile
calcolatore
che
,
nel
corso
dei
millenni
(
anzi
,
dei
milioni
di
anni
)
,
si
è
evoluto
e
adattato
nel
modo
più
propizio
per
farci
sopravvivere
in
un
certo
ambiente
.
Si
tratta
precisamente
della
superficie
della
Terra
,
quale
a
noi
si
è
offerta
circa
quattro
miliardi
e
mezzo
di
anni
dopo
la
nascita
del
pianeta
(
e
di
tutto
il
sistema
solare
)
.
A
prima
vista
si
potrebbe
pensare
che
le
condizioni
dell
'
ambiente
non
dovessero
in
alcun
modo
avere
a
che
fare
col
corretto
funzionamento
del
cervello
.
Un
ragionamento
,
se
è
giusto
,
dovrebbe
essere
giusto
sulla
Terra
,
come
su
Marte
,
come
su
Andromeda
.
Ma
in
realtà
non
è
esattamente
così
:
infatti
prima
di
stabilire
se
l
'
argomentazione
è
corretta
o
no
,
si
tratta
di
sapere
se
i
termini
in
cui
essa
è
formulata
hanno
senso
.
Vediamo
di
spiegarci
meglio
.
La
Terra
non
è
un
oggetto
di
tipo
molto
comune
nell
'
Universo
.
La
sua
temperatura
assoluta
alla
superficie
è
molto
bassa
e
varia
in
un
intervallo
piccolissimo
,
che
va
all
'
incirca
da
220
a
330
°
K
(
gradi
Kelvin
)
.
Per
capire
che
cosa
questo
significa
,
si
pensi
che
nell
'
Universo
si
trovano
temperature
che
vanno
dai
2,7
°
K
della
radiazione
elettromagnetica
di
fondo
(
quella
che
riempie
tutto
lo
spazio
cosiddetto
"
vuoto
"
)
alle
centinaia
di
milioni
di
°
K
dell
'
interno
delle
stelle
.
Una
conseguenza
decisiva
di
questo
stato
di
cose
è
che
nel
nostro
ambiente
terrestre
l
'
energia
media
dell
'
agitazione
termica
delle
molecole
è
spesso
minore
della
forza
di
coesione
intermolecolare
;
è
per
questo
che
una
gran
parte
delle
molecole
hanno
tendenza
a
riunirsi
in
corpi
solidi
o
quasi
solidi
.
Il
nostro
stesso
corpo
è
di
tale
tipo
ed
è
formato
da
parecchi
miliardi
di
miliardi
di
molecole
.
È
per
tale
circostanza
che
nella
vita
quotidiana
noi
abbiamo
a
che
fare
più
che
altro
con
sistemi
solidi
e
macroscopici
,
o
,
come
suol
dirsi
,
a
misura
d
'
uomo
.
I
solidi
hanno
per
loro
natura
la
tendenza
a
mantenersi
a
lungo
aggregati
in
forma
stabile
e
distinti
dal
mondo
circostante
;
tanto
che
nella
didattica
scientifica
di
altri
tempi
si
insisteva
addirittura
sulla
cosiddetta
impenetrabilità
dei
corpi
.
In
una
parola
,
a
noi
sembra
che
essi
abbiano
e
conservino
ciascuno
una
propria
identità
separata
.
Questo
comportamento
ci
ha
suggerito
di
attribuire
a
ognuno
degli
oggetti
un
nome
,
come
pure
di
contarli
e
di
distribuirli
quali
elementi
distinti
nei
loro
diversi
insiemi
.
Non
c
'
è
dunque
da
meravigliarsi
se
,
allo
scopo
di
sopravvivere
al
meglio
nel
nostro
ambiente
,
abbiamo
sviluppato
per
selezione
naturale
una
logica
classica
,
che
opera
con
individui
e
insiemi
di
individui
.
Su
di
essa
abbiamo
fondato
la
nostra
razionalità
e
,
dati
gli
ottimi
risultati
ottenuti
con
quella
logica
nell
'
orientarsi
e
nell
'
agire
in
un
mondo
di
oggetti
macroscopici
,
abbiamo
concluso
che
è
molto
bene
evitare
di
discostarsene
.
Ma
insistiamo
ancora
sull
'
importanza
dell
'
ambiente
,
facendo
un
'
ipotesi
...
assurda
.
Supponiamo
che
gli
umani
fossero
nati
e
si
fossero
sviluppati
sul
Sole
.
In
tale
ambiente
non
esistono
corpi
solidi
:
e
anche
se
vi
venissero
portati
,
si
volatilizzerebbero
immediatamente
.
In
nessun
modo
avremmo
potuto
farci
un
'
idea
dei
corpi
solidi
e
della
loro
individualità
.
In
ogni
caso
,
una
tale
idea
sarebbe
stata
assolutamente
inutile
per
sbrigarcela
sul
Sole
!
Naturalmente
si
obietterà
che
anche
sul
Sole
esistono
gli
oggetti
della
microfisica
,
vale
a
dire
i
singoli
atomi
e
molecole
,
nonché
i
corpuscoli
subatomici
,
come
protoni
ed
elettroni
.
E
supponiamo
pure
che
i
nostri
ipotetici
uomini
solari
,
fin
dall
'
epoca
dell
'
apparizione
della
loro
specie
sulla
superficie
dell
'
astro
,
fossero
stati
in
grado
di
scoprire
e
di
osservare
i
suddetti
oggetti
.
Ne
sarebbe
derivata
-
per
noi
esseri
umani
terrestri
e
attuali
-
una
conseguenza
assolutamente
sconcertante
.
Infatti
gli
oggetti
della
microfisica
,
stando
alla
nostra
logica
,
si
comportano
in
modo
proprio
assurdo
.
Ci
ritorneremo
a
suo
tempo
.
Ma
già
da
ora
ricordiamo
che
quando
si
muovono
,
non
hanno
una
traiettoria
;
quando
non
sono
osservati
,
non
ha
senso
dire
dove
si
trovano
;
il
luogo
in
cui
verranno
osservati
si
può
prevedere
solo
in
modo
probabilistico
;
appena
vengono
osservati
cambia
la
loro
distribuzione
di
probabilità
riguardo
alle
osservazioni
future
;
a
volte
appaiono
come
corpuscoli
,
a
volte
come
onde
,
a
seconda
dell
'
esperienza
che
eseguiamo
;
due
corpuscoli
della
stessa
specie
sono
indistinguibili
e
appena
ne
chiamiamo
uno
Pietro
e
l
'
altro
Paolo
,
non
possiamo
più
determinare
in
nessun
modo
quale
è
Paolo
e
quale
è
Pietro
;
e
altre
stranezze
che
qui
non
stiamo
a
elencare
.
La
nostra
logica
classica
è
ancora
adeguata
per
trattare
enti
così
singolari
?
La
risposta
a
questa
domanda
non
è
chiaramente
univoca
.
Si
può
,
come
si
è
fatto
fin
dai
primi
decenni
di
questo
secolo
,
continuare
ad
applicare
la
logica
classica
,
accettando
di
buon
grado
che
il
comportamento
dei
microggetti
sia
diverso
da
quello
dei
macroggetti
con
i
quali
abbiamo
a
che
fare
di
solito
;
e
che
la
loro
individualità
,
come
pure
la
loro
identità
,
o
non
abbiano
senso
o
abbiano
un
significato
diverso
da
quello
che
noi
concepiamo
.
Oppure
si
possono
prendere
misure
più
drastiche
,
ideando
addirittura
nuove
logiche
,
in
un
certo
senso
sorprendenti
,
perché
più
tolleranti
della
logica
classica
:
come
le
logiche
a
più
valori
,
le
logiche
sfumate
(
fuzzy
)
,
la
logica
quantistica
e
altre
diavolerie
che
sono
tuttora
in
corso
di
rapida
elaborazione
.
Non
di
rado
in
esse
si
fa
a
meno
perfino
del
principio
di
contraddizione
e
non
si
paventa
la
minaccia
di
Duns
Scoto
:
"
ex
absurdo
sequitur
quodlibet
"
.
Non
di
questi
sviluppi
tecnici
ci
vogliamo
qui
occupare
.
Ci
basterà
osservare
che
oggi
i
concetti
di
logico
e
di
assurdo
hanno
una
validità
molto
meno
assoluta
di
una
volta
.
Ma
,
qualunque
sia
la
logica
che
vogliamo
adottare
,
è
lecito
domandarsi
:
il
nostro
pensiero
nasce
logico
?
Probabilmente
tutti
si
saranno
accorti
che
non
è
così
.
L
'
ideazione
,
frutto
di
quella
che
a
volte
chiamiamo
fantasia
,
è
sempre
anteriore
a
qualsiasi
sistemazione
logica
.
Si
ha
quasi
l
'
impressione
che
nella
nostra
mente
-
forse
nell
'
inconscio
-
esista
una
ricchissima
"
sorgente
"
d
'
immagini
,
di
suggestioni
e
di
collegamenti
,
che
obbedisce
a
una
sorta
di
logica
a
noi
assolutamente
ignota
,
o
che
addirittura
non
è
soggetta
ad
alcuna
logica
.
Soltanto
in
un
secondo
tempo
noi
passiamo
al
setaccio
quelle
immagini
,
prima
trasformandole
in
concetti
logici
,
poi
mettendole
a
confronto
con
tutto
ciò
che
già
sappiamo
-
o
crediamo
di
sapere
-
del
mondo
,
infine
scartando
più
o
meno
inconsciamente
tutto
quello
che
non
ci
sembra
aver
senso
.
Di
solito
l
'
uomo
colto
e
civilizzato
esegue
l
'
intera
operazione
con
grande
celerità
.
Infatti
-
come
abbiamo
già
notato
-
si
tratta
di
usare
uno
strumento
che
nel
nostro
ambiente
agisce
con
notevole
efficacia
e
ci
conferisce
un
deciso
vantaggio
nella
lotta
per
la
sopravvivenza
.
Ma
chi
lo
usa
è
quasi
sempre
convinto
che
in
quel
modo
si
avvicina
meglio
alla
"
realtà
"
.
Forse
più
lenti
nel
compiere
l
'
operazione
di
vaglio
sono
gli
uomini
cosiddetti
primitivi
,
il
visionario
,
il
sognatore
.
Tuttavia
si
badi
bene
che
il
poeta
(
quello
vero
)
di
proposito
non
sottopone
troppo
severamente
le
sue
immagini
alla
sistemazione
logica
,
ben
sapendo
che
,
se
lo
facesse
,
le
distruggerebbe
.
E
del
resto
soltanto
una
tradizione
filosofica
piuttosto
vecchiotta
e
dubbia
può
continuare
a
sostenere
che
quelle
immagini
non
sono
realtà
.
Invece
sono
una
realtà
umana
,
umanissima
,
niente
affatto
da
scartare
.
Semmai
rimane
tuttora
un
affascinante
problema
:
quello
della
strana
-
quasi
schizofrenica
-
mescolanza
di
immagini
accettate
tali
e
quali
dalla
scaturigine
primitiva
e
della
successiva
sistemazione
logica
,
che
-
pur
attenuandosi
in
misura
sempre
più
decisiva
nel
corso
dei
secoli
-
non
può
certo
cessare
né
è
cessata
interamente
presso
i
poeti
contemporanei
.
Ebbene
,
lasciando
ormai
da
parte
le
poesie
e
í
sogni
,
ci
si
può
domandare
se
l
'
assurdo
abbia
ancora
una
qualche
funzione
essenziale
o
illuminante
in
ben
altre
e
più
"
severe
"
speculazioni
,
quali
quelle
della
scienza
,
della
filosofia
,
dell
'
ordinamento
sociale
,
o
addirittura
della
tecnica
.
Ma
certo
che
ce
l
'
ha
!
Si
tratta
niente
meno
che
della
perenne
sorgente
delle
nostre
ideazioni
.
Non
esitiamo
ad
affermare
che
"
un
pizzico
di
assurdo
"
c
'
è
sempre
.
Consideriamo
una
delle
più
nobili
aspirazioni
umane
:
la
curiosità
e
la
voglia
di
sapere
.
Per
millenni
si
sono
utilizzate
le
acque
del
Nilo
per
alimentare
una
stupenda
civiltà
,
senza
sapere
da
dove
venisse
giù
quella
benedizione
.
Ma
la
voglia
di
conoscere
le
sorgenti
ha
assillato
le
menti
più
acute
di
antichi
e
moderni
,
reclamando
anche
non
poche
vittime
nell
'
ardua
esplorazione
.
Certo
si
credeva
che
quella
ricerca
fosse
solo
fine
a
se
stessa
.
Ma
,
come
sempre
avviene
nelle
imprese
conoscitive
umane
,
una
volta
risolto
l
'
enigma
,
la
scoperta
si
è
rivelata
(
magari
alla
lunga
)
utilissima
per
il
progresso
agricolo
,
energetico
,
industriale
,
politico
e
quanto
altro
.
Allo
stesso
modo
non
è
vano
indagare
in
generale
quali
siano
le
scaturigini
del
pensiero
umano
.
Esse
stanno
riposte
in
quelle
immagini
"
assurde
"
,
che
noi
a
posteriori
ci
diamo
ad
arginare
e
a
regolamentare
nei
concetti
e
nelle
regole
logiche
.
Quest
'
ultima
operazione
-
ripetiamolo
ancora
,
a
scanso
dei
soliti
insulsi
,
tendenziosi
equivoci
di
chi
disprezza
la
razionalità
-
è
necessaria
per
sviluppare
la
scienza
e
indispensabile
per
agire
proficuamente
nel
nostro
mondo
.
Ma
il
chiudere
,
il
disseccare
le
sorgenti
del
pensiero
,
o
anche
solo
il
tentare
di
ignorarle
,
sarebbe
pura
follia
.
Oggi
ci
stiamo
rendendo
conto
sempre
meglio
che
lo
studio
delle
scaturigini
ci
può
aiutare
immensamente
perfino
nello
sviluppo
del
processo
logico
e
del
razionale
.
Soprattutto
può
aiutarci
molto
nella
scoperta
di
nuove
vie
.
Se
Newton
avesse
rifiutato
a
priori
di
soffermarsi
sull
'
idea
"
assurda
"
dell
'
azione
a
distanza
,
tutta
la
scienza
moderna
sarebbe
stata
priva
di
una
sua
parte
essenziale
.
E
sarà
certo
inutile
ricordare
(
anche
senza
scomodare
la
psicoanalisi
)
quanto
le
fantasticherie
assurde
,
alle
quali
ogni
tanto
-
per
nostra
fortuna
-
ci
abbandoniamo
,
ci
aiutino
a
sondare
e
a
capire
meglio
noi
stessi
.
Mi
pare
ora
che
sia
più
che
opportuno
riflettere
su
un
fatto
abbastanza
paradossale
.
La
vita
-
sì
,
la
vita
stessa
-
rappresenta
per
ciascuno
di
noi
l
'
avventura
più
"
assurda
"
che
ci
potesse
capitare
.
Eppure
quelli
che
lo
avvertono
meglio
-
e
qui
sta
il
paradosso
-
sono
proprio
coloro
che
si
dedicano
con
più
impegno
a
indagare
razionalmente
la
condizione
della
nostra
esistenza
e
a
tentare
di
dare
una
sistemazione
sensata
,
logica
,
sicura
,
a
ciò
che
ne
sappiamo
e
ne
pensiamo
.
Naturalmente
si
può
semplicemente
scaricare
la
responsabilità
di
ciò
che
ci
sta
accadendo
,
attribuendola
alla
imperscrutabile
volontà
di
un
essere
superiore
.
È
una
via
senza
dubbio
degna
di
rispetto
e
da
molti
seguita
in
varie
forme
e
in
diversi
gradi
.
Ma
in
quel
modo
si
cancella
,
non
si
risolve
l
'
assurdo
.
Per
completare
questa
breve
introduzione
alle
pagine
che
seguiranno
,
facciamo
un
'
altra
riflessione
.
Tutti
sanno
che
l
'
assurdo
ha
assai
spesso
legami
piuttosto
stretti
con
il
comico
.
Fin
da
tempi
immemorabili
si
è
tentato
di
capire
che
cosa
sia
il
comico
:
perché
una
cosa
è
buffa
,
perché
la
troviamo
umoristica
,
perché
ne
ridiamo
?
Innumerevoli
spiegazioni
e
teorie
sono
state
presentate
-
a
volte
anche
con
una
certa
supponenza
-
invocando
la
psicologia
,
la
sociologia
,
l
'
inconscio
(
e
chi
più
ne
ha
più
ne
metta
)
.
Il
sottoscritto
non
è
mai
rimasto
convinto
da
simili
teorie
;
e
si
guarderà
bene
dall
'
aggiungere
la
sua
inutile
opinione
in
proposito
.
Quello
che
è
certo
è
che
l
'
assurdo
,
una
volta
riconosciuto
,
suscita
quasi
sempre
l
'
ilarità
.
Allora
,
per
meglio
scorgere
che
cosa
c
'
è
sotto
,
faremo
bene
a
non
negarci
all
'
occasione
una
sana
risata
;
o
almeno
un
sorriso
.
Tuttavia
non
sarà
male
guardarsi
dalle
indebite
generalizzazioni
e
dalle
inversioni
d
'
implicazioni
logiche
.
Se
è
vero
che
l
'
assurdo
provoca
il
riso
,
non
è
vero
che
solo
l
'
assurdo
possa
indurci
al
riso
o
al
sorriso
.
L
'
incantevole
esametro
di
Virgilio
:
"
Incipe
,
parve
puer
,
risu
cognoscere
matrem
"
non
vuoi
dire
affatto
che
per
il
bambino
la
madre
sia
un
personaggio
assurdo
!
1
.
Quando
Margherita
filava
L
'
arcolaio
era
di
quelli
che
si
usavano
molto
tempo
fa
e
che
si
vedono
ancora
oggi
in
tante
riproduzioni
o
nei
musei
:
una
grande
ruota
azionata
da
un
pedale
,
sulla
quale
si
avvolgeva
il
filo
proveniente
dalla
rocca
.
La
fanciulla
filava
e
cantava
,
seguendo
distratta
il
regolare
ma
vivace
sfarfallìo
dei
raggi
della
ruota
e
scandendo
il
ritmo
col
monotono
su
e
giù
del
pedale
;
eppure
il
canto
era
tutt
'
altro
che
monotono
.
Era
quasi
un
grido
agitato
e
convulso
di
chi
ha
un
peso
sul
cuore
e
sente
di
aver
perduto
per
sempre
la
pace
interiore
;
di
chi
non
può
distogliere
la
mente
da
un
'
immagine
adorata
e
allo
stesso
tempo
temuta
.
Margherita
era
altrove
,
il
suo
pensiero
volava
a
quell
'
uomo
fatale
che
l
'
aveva
incantata
,
al
ricordo
di
quel
nobile
portamento
,
di
quel
sorriso
,
di
quegli
occhi
,
di
quella
voce
,
di
quel
bacio
...
ah
,
il
suo
bacio
!
Intuiva
benissimo
che
dinanzi
a
lei
si
apriva
un
abisso
pauroso
,
eppure
le
era
impossibile
ritrarsi
.
Ma
come
avevano
fatto
quel
poeta
e
quel
musicista
(
che
tra
l
'
altro
le
pareva
non
fossero
ancora
nati
)
a
capire
così
bene
quello
che
ella
sentiva
e
soffriva
?
Alla
fine
,
volendo
tornare
a
badare
al
suo
lavoro
,
si
dette
a
raccogliere
il
filo
in
una
matassa
.
Ma
,
avendo
ripreso
subito
a
vagare
col
pensiero
,
riusciva
solo
a
combinare
un
grosso
pasticcio
e
finì
col
trovarsi
lei
stessa
avvolta
in
un
inestricabile
groviglio
.
In
quel
mentre
si
affacciò
alla
porta
un
soldato
,
che
,
dato
un
rapido
sguardo
,
chiese
meravigliato
:
"
Sorella
mia
,
che
stai
facendo
?
Hai
perso
il
senno
?
"
"
Sì
,
credo
proprio
di
aver
perso
il
senno
...
Ma
ora
sto
cercando
il
bandolo
da
dare
a
questa
matassa
.
Voglio
sincerarmi
che
il
filo
fatto
oggi
sia
lo
stesso
di
quello
che
avevo
cominciato
a
filare
ieri
.
"
Il
fratello
,
che
pure
era
arrivato
piuttosto
accigliato
,
si
mise
a
ridere
ed
esclamò
:
"
Ma
che
dici
?
Come
fa
quello
di
oggi
a
essere
lo
stesso
di
quello
che
hai
filato
ieri
?
"
Ci
sembra
altamente
improbabile
che
Valentino
,
un
modesto
soldato
della
guarnigione
,
conoscesse
le
acute
enunciazioni
di
Eraclito
sul
fatto
che
"
tutto
scorre
e
cambia
"
e
che
"
non
ci
si
può
bagnare
due
volte
nello
stesso
fiume
"
.
Lui
si
stava
soltanto
attenendo
a
quell
'
elementare
buon
senso
,
che
a
volte
circola
perfino
nelle
caserme
.
"
Tu
hai
voglia
di
scherzare
,
"
ribatté
triste
la
sorella
,
"
ma
io
no
,
non
sono
di
quell
'
umore
.
Eppure
è
semplice
.
Se
riavvolgendo
il
filo
in
un
gomitolo
arrivo
all
'
inizio
di
quello
che
ho
filato
ieri
,
vuol
dire
che
è
lo
stesso
filo
e
ne
posso
fare
un
'
unica
matassa
,
senza
ingannare
nessuno
a
cui
lo
cedo
.
Se
invece
trovo
un
'
interruzione
,
vuoi
dire
che
sono
due
fili
diversi
.
"
Il
soldato
non
sembrava
molto
convinto
e
stava
a
sua
volta
per
replicare
,
quando
alla
porta
comparve
un
altro
personaggio
piuttosto
inquietante
:
un
bell
'
uomo
dal
fare
calmo
,
alquanto
ironico
e
sicuro
di
sé
,
ma
dallo
sguardo
fulminante
.
Appena
Valentino
lo
scorse
,
parve
riconoscerlo
e
gli
si
rivolse
minaccioso
:
"
Ah
,
sei
tu
quel
malnato
furfante
che
si
dà
da
fare
per
rovinare
mia
sorella
!
"
Ma
quello
lo
tacitò
,
alzando
tranquillamente
una
mano
:
"
Piano
,
piano
,
coraggioso
soldatino
!
Non
è
ancora
venuto
il
momento
di
inscenare
quell
'
insensato
duello
in
cui
vorrai
per
forza
trovare
la
morte
.
Piuttosto
mi
sento
coinvolto
dal
problema
che
stavate
discutendo
.
È
una
questione
molto
più
spinosa
e
profonda
di
quanto
possiate
immaginare
;
un
problema
che
sconcerta
e
assilla
anche
me
.
"
I
due
fratelli
si
guardavano
meravigliati
e
smarriti
.
Ma
che
c
'
entrava
quell
'
individuo
terrificante
-
che
in
realtà
Margherita
già
conosceva
,
senza
volerlo
ammettere
davanti
a
Valentino
-
e
che
intendeva
dire
?
Ma
l
'
uomo
,
sorridendo
beffardo
,
riprese
con
una
bizzarra
domanda
:
"
Tu
,
Valentino
,
se
vuoi
partire
per
Norimberga
,
che
strada
prendi
?
"
"
Quella
che
esce
dalla
porta
meridionale
della
città
.
"
"
E
se
invece
vuoi
recarti
a
Spira
,
che
strada
prendi
?
"
"
La
stessa
strada
.
"
"
Ecco
dunque
:
tu
hai
detto
che
quella
che
porta
a
Norimberga
e
quella
che
porta
a
Spira
sono
la
stessa
strada
.
"
Valentino
si
grattò
la
testa
alquanto
confuso
e
imbarazzato
,
poi
esclamò
un
po
'
irritato
:
"
Ma
no
!
Procedendo
per
la
strada
meridionale
,
a
un
certo
punto
trovo
un
bivio
.
Lì
,
se
prendo
a
destra
vado
a
Spira
,
se
prendo
a
sinistra
,
arrivo
a
Norimberga
.
"
"
Allora
ti
ingannavi
quando
hai
dichiarato
che
avresti
preso
la
stessa
strada
.
In
realtà
sono
due
strade
diverse
.
Ciononostante
,
se
parti
di
qui
,
sia
che
tu
vada
a
Norimberga
,
sia
che
tu
vada
a
Spira
,
non
trovi
alcuna
interruzione
e
il
tuo
cavallo
continua
a
seguire
a
testa
bassa
la
strada
.
È
proprio
quello
che
avviene
anche
per
il
filo
di
Margherita
.
Lei
può
continuare
a
raccoglierlo
dal
principio
alla
fine
,
senza
interruzioni
;
e
tuttavia
non
essere
sicura
che
sia
'
lo
stesso
'
filo
.
"
I
due
fratelli
rimanevano
sempre
più
sbigottiti
da
quei
ragionamenti
astrusi
.
Ma
si
accorsero
che
sulla
porta
era
comparso
un
quarto
personaggio
:
un
giovane
,
distinto
,
elegante
e
fascinoso
,
dalla
fronte
ampia
e
l
'
aria
intelligente
.
Margherita
si
precipitò
a
buttargli
le
braccia
al
collo
ed
esclamò
:
"
Enrico
!
Finalmente
tu
sei
qui
;
sono
felice
e
non
desidero
sapere
altro
.
"
L
'
uomo
dagli
occhi
di
fuoco
si
mostrò
stupito
e
domandò
al
nuovo
venuto
:
"
Enrico
?
Dottore
,
che
vuoi
dire
?
"
"
Sì
...
lei
mi
conosce
con
questo
nome
.
"
Poi
,
superato
un
po
'
d
'
imbarazzo
,
proseguì
:
"
Ma
ora
,
se
Margherita
si
decide
a
lasciarmi
respirare
,
parliamo
di
altro
.
Sono
qui
da
qualche
tempo
e
ho
udito
quanto
dicevate
.
Io
lo
so
bene
perché
quel
tale
problema
ti
assilla
.
Tu
l
'
hai
presa
larga
,
parlando
a
questi
giovani
di
strade
e
di
bivii
.
Ma
in
realtà
,
ragionando
vorresti
convincerti
che
l
'
uomo
che
si
è
impegnato
a
servirti
nell
'
"
aldilà
"
(
quell
'
aldilà
che
tu
nella
tua
strana
lingua
chiami
drüben
)
sarò
sempre
io
.
Ebbene
no
,
disilluditi
:
non
sarò
io
.
"
"
Come
,
non
sarete
voi
?
"
e
gli
occhi
minacciosi
ora
sprigionavano
proprio
faville
.
"
Ricordatevi
che
avete
firmato
un
patto
col
vostro
sangue
!
"
"
Sì
,
questo
è
vero
.
Ma
tu
credi
che
quando
sarò
drüben
,
avrò
il
sangue
?
"
"
Che
domanda
sciocca
,
Dottore
.
Certo
che
non
l
'
avrete
.
Gli
spiriti
non
hanno
il
sangue
.
"
"
Allora
è
sicuro
che
non
mi
potrai
più
rinfacciare
che
la
firma
è
stata
tracciata
col
mio
sangue
.
Sarà
il
sangue
di
un
altro
,
di
un
individuo
a
me
drüben
totalmente
sconosciuto
;
e
di
quello
sconosciuto
,
nonché
di
ciò
che
egli
ha
firmato
o
non
firmato
non
me
ne
importerà
proprio
nulla
.
"
"
Come
?
Ignorate
forse
che
dopo
la
morte
sarete
voi
,
sì
proprio
voi
,
a
sopravvivere
come
puro
spirito
?
Osereste
dunque
mettere
in
dubbio
perfino
quello
che
hanno
sempre
affermato
gli
stessi
seguaci
della
'
vostra
'
religione
?
"
"
Oh
,
oh
,
ora
mi
fai
proprio
ridere
!
Dunque
tu
credi
a
quelle
assurde
favole
.
Mi
stai
forse
diventando
religioso
?
"
"
Ohibò
,
io
religioso
...
assolutamente
no
!
Eppure
sono
sicuro
che
la
religione
è
necessaria
.
Per
me
poi
è
necessaria
,
come
per
voi
è
necessaria
l
'
aria
che
respirate
.
"
"
Questa
è
bella
davvero
,
non
l
'
avrei
mai
creduta
!
"
"
Ma
riflettete
un
po
'
spassionatamente
,
Dottore
.
Gli
uomini
hanno
una
maledetta
voglia
di
conoscere
,
che
li
spinge
a
scoprire
e
a
imparare
sempre
di
più
.
Un
bel
giorno
,
seguendo
quella
perversa
inclinazione
,
si
permetteranno
perfino
di
mettere
in
dubbio
che
io
esista
!
Per
fortuna
saranno
proprio
le
più
alte
autorità
delle
grandi
religioni
a
rimettere
le
cose
a
posto
e
a
imporre
ai
fedeli
di
credere
che
io
esisto
.
"
"
Allora
tu
dovresti
...
ringraziare
quelle
'
alte
autorità
'."
"
Certamente
,
sono
disposto
a
ringraziarle
:
purché
loro
ringrazino
me
.
Il
favore
è
reciproco
.
Loro
non
danno
mai
nulla
per
nulla
.
Se
i
fedeli
non
fossero
convinti
che
io
esisto
e
che
posso
trascinarli
drüben
,
che
se
ne
farebbero
della
religione
?
Credetemi
,
l
'
accordo
è
funzionale
e
vantaggioso
per
tutti
.
Ma
c
'
è
di
più
.
È
convinzione
comune
che
il
mondo
è
pieno
di
'
male
'
.
Ora
come
può
un
Dio
onnipotente
e
infinitamente
buono
aver
creato
un
mondo
pieno
di
male
?
Per
tirarsi
fuori
da
questo
assurdo
addossano
a
me
tutta
la
colpa
;
dicono
che
sono
io
,
che
voglio
il
male
e
lo
introduco
nel
mondo
.
"
"
Sì
,
mi
persuadi
e
non
posso
darti
torto
.
Comunque
sappi
che
quella
che
tu
chiami
la
'
mia
'
religione
non
è
affatto
tale
.
Io
sono
convinto
che
non
saprò
mai
se
Dio
esiste
o
no
.
Ma
sono
del
pari
sicuro
che
,
se
esiste
,
non
è
così
banalmente
umano
come
lo
dipingono
tutte
le
religioni
.
"
E
dopo
un
momento
di
riflessione
aggiunse
:
"
Ma
questo
vale
anche
per
te
.
Già
Senofane
quasi
duemila
anni
fa
riconosceva
che
,
se
i
cavalli
e
i
buoi
sapessero
disegnare
,
raffigurerebbero
gli
dèi
come
cavalli
o
come
buoi
.
Così
,
dato
che
gli
uomini
sono
cattivi
,
non
possono
ammettere
che
il
diavolo
,
cioè
un
essere
almeno
altrettanto
cattivo
quanto
loro
,
non
abbia
caratteristiche
umane
"
.
2
.
Davvero
sopravvivo
a
me
stesso
?
La
questione
che
aveva
dato
origine
al
dibattito
fra
Mefistofele
e
Faust
ha
radici
remote
,
quasi
quanto
il
mondo
degli
esseri
viventi
.
Gli
animali
hanno
quello
che
-
con
espressione
un
po
'
vecchiotta
,
ma
efficace
-
si
chiama
istinto
di
conservazione
.
Probabilmente
essi
non
hanno
idea
chiara
di
che
cosa
sia
la
propria
morte
,
ma
di
fatto
il
loro
comportamento
naturale
li
spinge
a
evitare
in
tutti
i
modi
di
morire
;
perché
?
Chi
muore
non
ha
più
possibilità
di
continuare
a
propagare
il
proprio
patrimonio
genetico
;
di
conseguenza
esso
si
può
estinguere
.
È
facile
quindi
capire
com
'
è
che
,
per
via
di
mutazione
e
selezione
,
il
comportamento
di
autoconservazione
finisce
per
inscriversi
nello
stesso
genoma
della
specie
.
I
gruppi
o
le
specie
che
non
avessero
tale
comportamento
sarebbero
destinati
a
soccombere
ben
presto
e
sparirebbero
dalla
Terra
.
Facciamo
subito
una
doverosa
correzione
,
nonché
una
precisazione
.
Non
è
detto
che
la
conservazione
a
tutti
i
costi
dell
'
individuo
sia
sempre
giovevole
alla
specie
.
Il
caso
di
un
individuo
che
si
sacrifica
per
difendere
il
gruppo
o
la
propria
discendenza
è
frequente
,
non
solo
fra
gli
animali
sociali
come
le
api
o
le
formiche
,
ma
in
tutto
il
regno
animale
.
Anche
quello
è
un
comportamento
ben
a
ragione
selezionato
dalla
natura
.
Per
esempio
,
ci
sono
certe
specie
di
ragni
(
come
la
vedova
nera
)
in
cui
il
maschio
dopo
l
'
accoppiamento
si
lascia
mangiare
dalla
femmina
.
Si
può
arrivare
,
come
caso
limite
,
allo
strabiliante
comportamento
,
recentemente
descritto
,
di
un
ragno
maschio
,
ridicolmente
più
piccolo
della
femmina
,
che
dopo
l
'
accoppiamento
si
getta
spontaneamente
-
e
con
apparente
soddisfazione
!
-
nelle
fauci
della
femmina
,
che
se
lo
mangia
.
Così
il
maschio
-
che
,
a
quanto
pare
,
avrebbe
grandissima
difficoltà
a
trovare
altre
femmine
-
riesce
almeno
a
favorire
in
qualche
modo
la
nascita
della
sua
prole
.
Naturalmente
nel
caso
dell
'
uomo
le
cose
sono
ben
più
complicate
che
per
gli
altri
animali
.
Prima
di
tutto
l
'
uomo
ha
coscienza
-
anche
se
tutt
'
altro
che
accettata
di
buon
grado
-
dell
'
ineluttabilità
della
propria
morte
;
in
secondo
luogo
,
qualunque
individuo
ha
in
sé
,
sovrapposta
alla
semplice
natura
,
una
massiccia
dose
di
cultura
,
che
si
sviluppa
gradualmente
ed
entra
a
far
parte
della
sua
stessa
identità
.
La
cultura
nelle
varie
regioni
e
nelle
varie
epoche
può
assumere
le
forme
più
svariate
,
ma
quasi
sempre
arriva
ad
aggiungere
potenzialità
alle
qualità
naturali
dell
'
individuo
.
Per
questo
-
come
del
resto
da
tempo
immemorabile
e
quasi
universalmente
si
è
capito
-
la
sapienza
e
l
'
esperienza
degli
anziani
possono
essere
altrettanto
utili
alla
sopravvivenza
del
gruppo
quanto
la
capacità
riproduttiva
dei
giovani
.
Forse
sarà
per
tale
ragione
che
la
pressione
selettiva
non
ha
privato
dell
'
istinto
di
conservazione
nemmeno
gli
anziani
(
salvo
rare
eccezioni
)
.
Sia
come
sia
,
è
certo
che
l
'
essere
umano
è
sempre
in
aspettazione
e
in
progettazione
del
suo
futuro
;
non
può
in
nessun
modo
accettare
,
se
non
facendo
violenza
a
se
stesso
,
l
'
assenza
di
futuro
.
Di
qui
è
facile
-
sì
,
forse
anche
troppo
facile
-
arrivare
a
capire
perché
,
almeno
da
vari
millenni
,
si
è
immaginato
un
qualche
tipo
di
continuazione
della
vita
dopo
la
morte
.
Ciò
è
attestato
,
se
non
altro
,
dalle
sepolture
che
fin
da
tempi
remoti
venivano
fornite
di
risorse
e
di
oggetti
necessari
alla
vita
...
del
defunto
.
Per
non
parlare
delle
piramidi
dei
faraoni
e
dei
mausolei
degl
'
imperatori
,
che
dimostrano
che
il
morto
,
non
solo
sopravviveva
,
ma
doveva
continuare
a
essere
importante
e
a
godere
della
ricchezza
che
aveva
avuto
da
vivo
.
I
poveri
invece
potevano
rimanere
tali
.
Tutto
questo
a
noi
sembra
ridicolo
,
è
vero
.
Ma
siamo
giusti
e
domandiamoci
:
l
'
approdo
del
cristianesimo
e
di
altre
religioni
al
concetto
di
"
puro
spirito
"
e
di
"
anima
"
segna
proprio
in
tutto
e
per
tutto
un
progresso
?
Certamente
sì
;
e
certamente
no
.
Da
un
lato
libera
gli
esseri
umani
da
una
troppo
ingenua
superstizione
di
sopravvivenza
;
ma
dall
'
altro
li
mette
dinanzi
a
un
formidabile
problema
filosofico
...
insolubile
.
È
il
problema
del
sangue
di
Faust
,
il
problema
dell
'
identità
di
individui
,
che
prima
e
dopo
la
morte
riconosciamo
essere
ben
disparati
.
Cavarsela
dicendo
che
si
tratta
di
un
mistero
è
una
misera
scappatoia
.
Si
può
legittimamente
parlare
di
mistero
quando
si
constata
che
avviene
un
qualcosa
di
molto
strano
,
che
(
almeno
per
il
momento
)
non
sappiamo
in
nessun
modo
spiegare
.
Ma
questo
qualcosa
,
ancorché
strano
,
deve
potersi
descrivere
con
termini
che
hanno
tutti
un
ben
preciso
significato
e
non
sono
solo
emissioni
di
suoni
.
"
Papé
Satàn
,
papé
Satàn
aleppe
"
non
è
un
mistero
.
Piuttosto
,
per
chiarire
meglio
l
'
idea
,
mi
si
perdoni
ora
,
senza
storcere
troppo
il
naso
,
una
fuggevole
caduta
in
un
genere
ben
minore
rispetto
al
poema
di
Goethe
.
I
mystery
stories
della
letteratura
poliziesca
ci
prospettano
veri
e
propri
misteri
,
in
quanto
ci
descrivono
le
situazioni
in
termini
tutti
di
per
sé
comprensibili
e
significativi
;
e
non
per
niente
alla
fine
ci
viene
svelato
che
cosa
è
realmente
accaduto
e
"
chi
è
l
'
assassino
"
.
Ma
che
cosa
può
significare
che
io
sopravviverò
alla
mia
morte
?
Ripetiamo
,
perché
le
confusioni
purtroppo
sono
quanto
mai
frequenti
:
non
si
tratta
di
sapere
se
sopravviverò
o
no
,
ma
di
dare
un
qualche
significato
plausibile
a
quella
sopravvivenza
.
Decine
e
decine
di
grandi
filosofi
,
di
teologi
,
di
ministri
del
culto
,
hanno
dedicato
profonde
meditazioni
a
questo
tema
(
e
sarebbe
velleitario
tentare
di
riassumerle
in
poche
parole
)
.
Ciò
nondimeno
nessuno
di
quegl
'
ingegnosi
tentativi
sembra
aver
portato
con
sé
la
fulgida
luce
della
convinzione
:
i
filosofi
rimangono
quanto
meno
perplessi
,
mentre
gli
"
uomini
della
strada
"
si
limitano
a
dire
che
,
poiché
così
ci
viene
insegnato
che
è
(
e
così
speriamo
che
sia
)
,
un
qualche
significato
ci
sarà
certo
.
Quando
rivolgo
lo
sguardo
alla
mia
esistenza
,
io
scorgo
un
essere
che
vede
,
sente
,
mangia
,
beve
,
dorme
;
progetta
,
agisce
sul
mondo
esterno
,
costruisce
;
desidera
,
gioisce
,
si
rattrista
,
ha
paura
,
soffre
.
Che
cosa
di
tutto
questo
può
avere
un
puro
spirito
?
Niente
,
altrimenti
non
sarebbe
un
puro
spirito
.
Allora
si
deve
concludere
che
non
vivrà
affatto
.
Ma
si
obietterà
che
qui
di
proposito
mi
sono
limitato
alle
mie
qualità
più
meschinamente
terrene
.
Ho
dimenticato
il
meglio
:
cioè
il
fatto
che
oltre
ad
avere
quelle
attività
,
io
anche
penso
e
amo
.
Va
bene
;
se
vogliamo
seguire
Cartesio
,
accettiamo
pure
che
basti
che
nell
'
aldilà
io
pensi
,
per
poter
affermare
che
sono
.
Ma
si
rifletta
che
per
Cartesio
"
pensare
"
voleva
dire
seguire
nella
mente
una
catena
di
immagini
simboliche
-
o
addirittura
di
parole
-
destinate
ad
approdare
a
una
conclusione
;
a
una
nuova
determinazione
del
mio
agire
,
o
almeno
a
una
nuova
conoscenza
,
a
un
nuovo
stato
d
'
animo
.
Ma
quale
puro
spirito
può
voler
raggiungere
tali
scopi
e
può
aver
bisogno
per
raggiungerli
di
seguire
quella
catena
lungo
Io
scorrer
del
tempo
?
Quanto
all
"
`
amare
"
,
prendiamo
pure
il
termine
nella
sua
accezione
più
nobile
e
conveniente
a
un
puro
spirito
:
vuol
dire
sentirsi
attratto
dalla
persona
amata
e
desiderarne
il
bene
.
Ma
di
chi
desidererò
il
bene
nell
'
aldilà
?
Di
Dio
?
Ne
ha
proprio
bisogno
?
Di
un
'
anima
già
passata
nell
'
aldilà
?
Che
vuole
dire
?
E
se
si
tratta
invece
di
una
persona
ancora
rimasta
in
terra
,
perché
dovrei
amare
quella
piuttosto
che
un
'
altra
?
Umano
,
troppo
umano
.
Come
è
ben
noto
,
molti
di
quegli
assurdi
che
presenta
la
questione
della
sopravvivenza
dopo
la
morte
,
vengono
superati
da
alcune
religioni
mediante
lo
stratagemma
della
"
resurrezione
dei
corpi
"
.
A
questo
proposito
anche
i
più
ingenui
sono
portati
a
domandarsi
:
ma
a
che
età
risusciterò
?
Sarò
giovane
,
sarò
vecchio
,
sarò
imberbe
,
sarò
calvo
?
Riavrò
anche
la
gamba
che
persi
da
bambino
?
E
se
sarò
morto
appena
nato
,
si
darà
per
scontato
che
debba
essere
cresciuto
,
oppure
continuerò
a
vagire
?
E
poi
dove
va
a
finire
la
convinzione
moderna
che
la
nostra
identità
personale
consiste
anche
nella
cultura
ricevuta
dall
'
ambiente
in
cui
viviamo
e
pertanto
si
va
formando
e
completando
fino
all
'
ora
della
morte
?
Bene
ha
visto
Jean
Cocteau
(
Poésie
critique
)
quando
ha
affermato
:
De
notre
naissance
à
notre
mort
,
nous
sommes
un
cortège
d
'
autres
qui
sont
reliés
par
un
fil
tenu
.
E
inoltre
,
di
qui
fino
alla
risurrezione
dei
corpi
che
cosa
farò
?
Sarò
ibernato
?
Bella
soddisfazione
,
sussistere
ibernati
!
Ma
c
'
è
qualcosa
di
meno
banale
.
Oggi
sappiamo
benissimo
che
(
nonostante
le
mirabolanti
promesse
di
certa
genetica
più
o
meno
giornalistica
)
vivere
è
invecchiare
.
La
morte
è
inclusa
nel
nostro
programma
genetico
di
vita
.
Le
nostre
cellule
non
si
riproducono
oltre
un
certo
numero
di
generazioni
.
Il
nostro
cervello
perde
ogni
giorno
migliaia
e
migliaia
di
neuroni
.
Se
i
puri
spiriti
non
invecchiano
,
non
vivono
.
Se
poi
si
afferma
che
la
vita
nell
'
aldilà
è
cosa
totalmente
diversa
da
quella
nell
'
aldiqua
,
ci
risiamo
con
il
mistero
e
con
il
problema
del
significato
.
Dire
che
un
certo
termine
della
lingua
umana
ha
un
significato
,
ma
che
nessun
essere
umano
lo
può
conoscere
,
è
come
non
dire
nulla
.
Proviamo
allora
a
seguire
l
'
indicazione
piena
di
saggezza
di
Leibniz
:
due
oggetti
sono
identici
-
e
quindi
secondo
lui
sono
lo
stesso
oggetto
-
quando
hanno
tutte
e
sole
le
stesse
proprietà
.
Ora
l
'
esempio
del
sangue
ci
convince
che
il
Faust
terreno
e
quello
ultraterreno
non
possono
essere
identici
in
quel
senso
.
Il
Faust
ultraterreno
o
non
ha
il
sangue
,
e
allora
non
è
Faust
;
oppure
il
suo
corpo
è
risorto
,
ma
nessuno
sa
se
apparirà
qual
era
prima
della
...
cura
Mefistofele
o
dopo
.
Ma
,
a
parte
gli
scherzi
,
è
certo
che
in
questo
caso
non
possiamo
applicare
il
criterio
leibniziano
alle
proprietà
che
i
due
oggetti
da
comparare
hanno
allo
stesso
tempo
.
Qui
intervengono
invece
quei
filosofi
che
si
sono
occupati
dell
'
identità
dell
'
individuo
attraverso
il
tempo
;
questione
spinosissima
fino
dall
'
epoca
dei
presocratici
e
che
,
fra
l
'
altro
,
la
fisica
moderna
è
venuta
a
complicare
notevolmente
.
Per
l
'
individuo
umano
molti
si
sono
basati
sulla
proprietà
della
memoria
:
io
sono
oggi
lo
stesso
di
ieri
o
di
un
anno
fa
,
perché
mi
ricordo
quello
che
ho
fatto
ieri
o
un
anno
fa
.
Ma
il
guaio
è
che
ormai
si
sa
che
la
memoria
non
è
cosa
puramente
spirituale
:
ha
anch
'
essa
una
base
organica
.
Tanto
è
vero
che
chi
subisce
una
certa
lesione
al
cervello
non
ricorda
,
così
come
chi
subisce
un
altro
tipo
di
lesione
non
parla
o
non
cammina
.
Pertanto
,
passando
nell
'
aldilà
dovremmo
portarci
dietro
il
cervello
(
che
invece
è
rimasto
a
marcire
nella
tomba
)
.
Dunque
l
'
idea
dell
'
identità
"
anamnestica
"
oltre
la
morte
non
è
sostenibile
.
Dal
punto
di
vista
psicologico
è
molto
interessante
notare
come
anche
chi
avrebbe
tutti
i
mezzi
intellettuali
per
compiere
i
ragionamenti
testé
svolti
,
ne
rifugga
e
speri
nientemeno
che
di
riposare
nella
tomba
.
Fra
le
migliaia
di
esempi
che
ognuno
conosce
,
citiamo
lo
stesso
Goethe
che
,
in
quella
piccola
gemma
che
è
il
primo
Canto
notturno
del
viandante
,
promette
:
Warte
nur
,
balde
/
Ruhest
du
auch
,
aspetta
,
ché
presto
riposi
anche
tu
.
E
non
parliamo
dell
'
assurdo
requiescat
in
pace
augurato
al
morto
da
coloro
che
pur
sono
fermamente
convinti
dell
'
esistenza
dell
'
anima
.
Ma
chi
deve
riposare
?
L
'
anima
o
le
ossa
?
Che
mai
vorrà
dire
il
riposo
eterno
(
requiem
aeternam
ecc
.
)
per
chi
è
destinato
a
finire
o
all
'
inferno
o
in
paradiso
?
Si
ricordi
che
nella
Passione
secondo
Matteo
di
Bach
il
coro
arriva
ad
augurare
"
dolce
riposo
"
(
Ruhe
sanfte
)
a
Gesù
Cristo
.
Ma
lui
doveva
pensare
a
risorgere
,
non
a
riposare
!
Nella
descrizione
che
Dumas
(
La
Comtesse
de
Charny
)
fa
della
morte
di
Mirabeau
si
trova
un
'
affermazione
di
commovente
profondità
e
chiaroveggenza
.
Il
grande
oratore
giace
sul
letto
di
morte
e
soffre
terribilmente
.
All
'
amico
medico
,
che
tenta
più
o
meno
di
consolarlo
,
promettendogli
una
rapida
fine
,
egli
esclama
:
"
Je
ne
meurs
pas
mort
,
cher
docteur
,
je
meurs
vivant
...
"
.
Sì
,
splendido
!
Ecco
fatto
il
punto
in
pochissime
parole
.
Tutto
quello
che
noi
pensiamo
,
diciamo
,
soffriamo
a
causa
della
morte
lo
soffriamo
da
vivi
.
Altro
che
riposo
eterno
!
Di
quello
non
ce
ne
facciamo
proprio
nulla
.
Anche
al
momento
della
morte
noi
siamo
saldamente
legati
all
'
aldiqua
.
Sempre
sul
piano
psicologico
è
davvero
suggestivo
che
perfino
un
fermo
credente
come
Dante
ritenga
che
a
chi
è
già
nell
'
aldilà
stia
tanto
a
cuore
l
'
aldiquà
.
Com
'
è
possibile
che
la
notizia
che
Guido
è
morto
sia
un
colpo
straziante
per
Cavalcante
,
tanto
che
egli
"
supin
ricadde
e
più
non
parve
fora
"
?
Allora
lo
stare
sulla
terra
è
il
bene
supremo
?
E
perché
i
morti
desiderano
così
ardentemente
e
costantemente
di
essere
ricordati
dai
vivi
?
Anche
la
dolce
,
timida
Pia
-
che
pare
che
da
sé
si
sia
collocata
alla
fine
del
Canto
,
per
non
disturbare
e
andarsene
in
punta
di
piedi
-
non
può
resistere
al
desiderio
di
sussurrare
:
"
ricorditi
di
me
che
son
la
Pia
...
"
.
3
.
I
binari
e
gli
scambi
Mefistofele
l
'
aveva
presa
larga
col
soldatino
:
a
lui
stava
a
cuore
soprattutto
il
problema
dell
'
identità
dell
'
individuo
attraverso
il
tempo
,
per
essere
sicuro
che
quelli
che
trascinava
presso
di
sé
dopo
la
morte
fossero
proprio
coloro
che
in
vita
era
riuscito
a
sedurre
.
Ma
aveva
cominciato
col
chiedere
una
cosa
apparentemente
molto
diversa
:
se
e
perché
una
strada
potesse
dirsi
sempre
la
stessa
,
quando
si
prolunga
nello
spazio
.
Non
sembra
proprio
che
si
tratti
del
medesimo
problema
semantico
.
In
ogni
caso
converrà
approfondire
un
po
'
.
Prima
di
tutto
si
è
portati
a
chiedersi
se
la
domanda
riguardo
alla
strada
abbia
un
senso
ben
chiaro
,
o
se
invece
si
tratti
solo
di
vuote
parole
.
Che
un
qualche
senso
debba
averlo
e
che
la
cosa
sia
tutt
'
altro
che
di
poco
conto
anche
nella
realtà
,
lo
si
può
vedere
per
esempio
così
:
molte
volte
nel
resoconto
di
un
disastro
ferroviario
ci
capita
di
leggere
che
due
treni
,
per
un
tragico
errore
,
sono
stati
avviati
sullo
stesso
binario
.
Eppure
,
sia
prima
dello
scontro
,
sia
proprio
al
momento
dell
'
impatto
,
le
rotaie
sulle
quali
si
trovavano
l
'
uno
e
l
'
altro
treno
erano
necessariamente
diverse
.
Come
si
può
parlare
dello
stesso
binario
?
Un
criterio
di
pura
continuità
materiale
è
molto
ingenuo
e
non
può
certo
bastare
;
infatti
sappiamo
bene
che
la
strada
ferrata
seguita
da
un
treno
può
incontrare
sul
suo
cammino
un
certo
numero
di
scambi
,
che
decidono
la
destinazione
finale
,
ma
non
interrompono
la
continuità
del
metallo
.
La
domanda
è
analoga
a
quella
che
era
stata
posta
al
soldato
:
anche
se
seguiamo
con
continuità
la
strada
,
con
quale
criterio
si
può
giudicare
che
al
termine
si
tratta
proprio
della
stessa
strada
?
Il
problema
si
presenta
senza
difficoltà
quando
,
invece
che
di
una
continuità
materiale
,
si
parla
semplicemente
di
due
linee
geometriche
consecutive
:
si
riconosce
infatti
in
tal
caso
che
nell
'
affermare
che
esse
sono
parti
di
una
medesima
linea
,
noi
introduciamo
sempre
una
buona
dose
di
convenzionalità
.
Spesso
si
tratta
di
una
pura
definizione
:
per
esempio
,
due
segmenti
consecutivi
di
una
retta
appartengono
alla
stessa
retta
proprio
per
definizione
.
E
non
bisogna
nemmeno
dimenticare
l
'
importanza
del
"
sistema
di
riferimento
"
nel
quale
ci
poniamo
per
formulare
il
giudizio
.
Supponiamo
che
un
astronomo
stia
spiegando
che
il
cammino
seguito
oggi
dalla
nostra
Terra
è
solo
un
segmento
di
una
ben
determinata
ellisse
attorno
al
Sole
,
che
-
a
parte
piccolissime
differenze
-
si
prolungherà
identica
a
se
stessa
anno
dopo
anno
.
Nel
dire
questo
egli
ha
ragione
:
purché
lui
e
i
suoi
ascoltatori
convengano
-
magari
tacitamente
-
di
riferirsi
alla
traiettoria
rispetto
al
Sole
,
pensato
come
fisso
.
Altrimenti
l
'
astronomo
non
parlerebbe
certo
di
piccolissime
differenze
.
Infatti
tutta
la
Galassia
ruota
;
e
il
Sole
-
che
non
è
affatto
al
centro
di
essa
-
si
muove
vertiginosamente
con
tutto
il
suo
sistema
di
pianeti
.
La
traiettoria
che
ne
risulta
per
la
Terra
è
una
sorta
di
"
cicloide
"
,
enormemente
diversa
dalla
classica
ellisse
kepleriana
!
Si
può
dunque
comprendere
che
anche
l
'
identità
del
binario
,
che
prosegue
la
sua
traiettoria
(
con
porzioni
di
acciaio
sempre
diverse
)
è
piuttosto
convenzionale
:
si
potrebbe
addirittura
supporre
che
per
il
ferroviere
quell
'
identità
significhi
semplicemente
che
due
treni
che
procedono
in
senso
inverso
su
due
segmenti
contigui
del
binario
vengono
necessariamente
a
collisione
.
Lasciamo
dunque
stare
l
'
identità
di
un
ente
che
si
prolunga
puramente
nello
spazio
e
veniamo
a
parlare
dell
'
identità
attraverso
lo
scorrere
del
tempo
.
Questa
sembra
una
questione
ben
diversa
e
non
banalmente
convenzionale
.
Naturalmente
qui
non
ci
occuperemo
più
della
sopravvivenza
dell
'
anima
di
un
individuo
,
perché
abbiamo
già
messo
in
serio
dubbio
che
i
termini
usati
nella
formulazione
tradizionale
di
quel
problema
siano
tutti
provvisti
di
un
ragionevole
significato
.
Prendiamo
invece
di
mira
un
oggetto
materiale
e
osserviamolo
con
continuità
lungo
tutto
il
suo
cammino
.
Non
possiamo
forse
esser
certi
che
alla
fine
si
tratta
ancora
dello
stesso
oggetto
?
Veramente
sappiamo
già
che
a
tale
conclusione
potremmo
arrivare
solo
se
-
con
un
po
'
di
buona
volontà
-
fossimo
disposti
a
trascurare
le
già
menzionate
obiezioni
di
Eraclito
sul
fatto
che
tutto
cambia
;
e
noi
le
trascureremo
.
Anzi
,
faremo
di
più
:
accetteremo
per
buone
le
affermazioni
della
scienza
classica
,
quando
essa
ci
assicura
che
un
certo
corpo
materiale
avrebbe
potuto
essere
seguito
con
continuità
,
anche
se
in
realtà
non
lo
abbiamo
fatto
.
È
il
caso
della
"
stella
del
mattino
"
e
della
"
stella
della
sera
"
(
Venere
)
,
che
Gottlob
Frege
,
padre
della
semantica
moderna
,
prende
come
esempio
di
un
medesimo
corpo
designato
con
nomi
diversi
.
Ma
i
guai
veramente
seri
sono
stati
portati
dall
'
affermarsi
nella
fisica
delle
particelle
atomiche
e
subatomiche
-
alle
quali
già
accennammo
-
della
teoria
quantistica
(
spesso
chiamata
un
po
'
restrittivamente
"
meccanica
quantistica
"
)
.
Quella
teoria
al
suo
sorgere
-
e
per
lungo
tempo
in
seguito
-
dette
luogo
a
gravissimi
dubbi
,
a
vivaci
dibattiti
,
a
vere
e
proprie
polemiche
.
Sarebbe
fuori
luogo
qui
anche
solo
tentare
di
ricapitolare
tutta
la
storia
.
Ci
limiteremo
invece
a
ricordare
che
esiste
un
"
`
interpretazione
ortodossa
"
della
teoria
-
a
volte
anche
chiamata
"
di
Copenhagen
"
,
perché
originata
in
sostanza
dal
sommo
fisico
danese
Niels
Bohr
-
che
a
tutt
'
oggi
è
condivisa
dalla
grande
maggioranza
dei
fisici
e
che
non
è
mai
stata
contraddetta
dall
'
esperienza
.
Secondo
la
concezione
ortodossa
una
particella
ha
solo
una
probabilità
di
essere
rivelata
in
un
punto
o
in
un
altro
,
ma
non
ha
una
traiettoria
!
Vediamo
se
si
riesce
a
suffragare
con
poche
parole
(
ma
non
è
facile
)
quest
'
ultima
affermazione
,
chiedendoci
come
si
muove
una
particella
della
microfisica
.
Poniamo
di
aver
osservato
la
particella
nel
punto
di
partenza
A
:
secondo
le
indicazioni
della
meccanica
classica
non
vi
sarebbe
limite
alla
precisione
con
cui
-
avendone
gli
strumenti
-
potremmo
determinare
la
posizione
di
A
.
Egualmente
potremmo
determinare
senza
alcun
limite
teorico
la
velocità
e
la
direzione
di
partenza
.
Con
questi
dati
le
leggi
della
meccanica
classica
ci
permettono
di
calcolare
con
precisione
quando
e
come
raggiungerà
un
punto
finale
B
.
Naturalmente
,
se
la
particella
è
libera
,
seguirà
la
retta
AB
(
se
invece
è
soggetta
a
forze
conosciute
-
gravitazionali
,
elettriche
ecc.
-
potremo
egualmente
stabilire
con
precisione
la
traiettoria
percorsa
;
ma
non
complichiamo
le
cose
)
.
Con
la
meccanica
quantistica
invece
nascono
i
guai
.
Infatti
in
tal
caso
è
ineluttabile
il
principio
d
'
indeterminazione
di
Heisenberg
.
Esso
stabilisce
che
:
quanto
maggiore
è
la
precisione
con
cui
determiniamo
la
posizione
di
A
,
tanto
minore
sarà
la
precisione
con
cui
potremo
conoscere
la
velocità
e
la
direzione
di
partenza
della
particella
.
Pertanto
la
traiettoria
esatta
non
è
conoscibile
.
Proviamo
allora
con
un
metodo
osservativo
,
anziché
predittivo
,
e
supponiamo
di
aver
visto
la
particella
in
un
punto
intermedio
C
,
fra
A
e
B
.
Ciò
significa
che
in
C
la
particella
è
stata
colpita
da
un
fotone
e
lo
ha
riflesso
verso
il
nostro
occhio
.
Ora
il
fotone
,
rimbalzando
verso
di
noi
,
dà
una
botta
alla
particella
e
le
comunica
una
quantità
di
moto
(
il
cui
valore
è
noto
solo
con
distribuzione
probabilistica
)
.
Dunque
non
possiamo
assolutamente
asserire
che
,
se
la
particella
fosse
stata
libera
(
e
non
disturbata
dal
nostro
fotone
)
,
sarebbe
proprio
finita
in
B
.
D
'
altra
parte
,
se
effettivamente
l
'
abbiamo
vista
prima
in
A
e
poi
in
B
,
ma
non
abbiamo
illuminato
la
zona
intermedia
,
non
possiamo
asserire
con
sicurezza
che
è
passata
per
C
.
Si
pensi
che
perfino
nel
caso
che
fra
A
e
B
si
interponga
un
diaframma
opaco
con
due
forellini
molto
vicini
,
vedendo
la
particella
giungere
in
B
,
senza
averla
in
alcun
modo
disturbata
nel
frattempo
,
non
si
può
assolutamente
decidere
da
quale
dei
due
forellini
è
passata
.
Se
invece
la
disturbiamo
,
per
vedere
da
quale
forellino
passa
,
la
particella
o
non
arriva
in
B
o
,
arrivata
in
quel
punto
,
si
comporta
in
modo
diverso
da
quanto
avrebbe
fatto
indisturbata
.
Quest
'
ultima
affermazione
vuol
dire
quanto
segue
:
se
facciamo
partire
da
A
uno
sciame
di
particelle
eguali
e
non
riveliamo
per
quale
forellino
passa
ciascuna
,
le
particelle
,
arrivando
su
un
successivo
schermo
,
si
distribuiscono
secondo
una
figura
caratteristica
che
si
chiama
frange
d
'
interferenza
;
se
invece
noi
riveliamo
da
quale
forellino
passa
ciascuna
particella
,
spariscono
le
frange
d
'
interferenza
.
Che
le
cose
stiano
proprio
così
,
è
ormai
accettato
da
tutti
i
fisici
.
Bisogna
rassegnarci
quindi
a
concludere
che
la
traiettoria
ha
un
senso
solo
per
gli
oggetti
"
macroscopici
"
,
cioè
per
quegli
oggetti
che
vediamo
e
tocchiamo
e
che
(
praticamente
)
non
vengono
perturbati
dalla
nostra
osservazione
.
Gli
oggetti
atomici
e
subatomici
invece
non
possono
essere
seguiti
e
osservati
con
continuità
senza
essere
perturbati
e
senza
che
si
perda
di
conseguenza
la
possibilità
di
affermare
che
cosa
avrebbero
fatto
spontaneamente
.
Chiariamo
ora
in
che
modo
tutto
questo
può
essere
rilevante
,
anzi
decisivo
,
per
la
questione
dell
'
identità
.
Bisogna
prima
di
tutto
ricordare
che
nella
microfisica
s
'
incontrano
diverse
specie
di
particelle
e
che
quelle
che
appartengono
a
una
medesima
specie
hanno
tutte
esattamente
le
stesse
proprietà
.
Per
esempio
,
un
elettrone
ha
tutte
le
proprietà
eguali
a
quelle
di
un
altro
elettrone
;
e
lo
stesso
dicasi
per
la
specie
dei
protoni
,
per
quella
dei
neutroni
ecc.
Si
dice
che
al
di
dentro
di
ciascuna
specie
si
tratta
di
particelle
indistinguibili
l
'
una
dall
'
altra
.
Bisognerà
precisare
meglio
.
A
volte
si
è
portati
ad
affermare
che
due
gemelli
sono
indistinguibili
l
'
uno
dall
'
altro
.
In
questo
c
'
è
sempre
una
buona
dose
di
esagerazione
;
ma
ora
prescindiamone
.
Per
trarci
d
'
impaccio
,
potremo
sempre
legare
un
nastro
rosso
al
braccio
dell
'
uno
e
un
nastro
verde
al
braccio
dell
'
altro
.
In
tal
modo
avremo
conferito
due
proprietà
diverse
a
due
individui
e
riusciremo
facilmente
a
distinguerli
.
Tuttavia
non
potremo
legare
nessun
nastro
al
braccio
di
un
elettrone
!
Né
potremo
deformarlo
,
portarne
via
un
pezzo
,
dargli
un
colore
,
una
carica
,
una
temperatura
diversi
dall
'
altro
elettrone
.
Appena
avremo
stabilito
che
un
elettrone
si
chiama
Pietro
e
l
'
altro
Paolo
,
non
avremo
alcun
modo
per
riconoscere
quale
è
Pietro
e
quale
è
Paolo
.
Non
c
'
è
nessuna
proprietà
che
li
distingue
.
A
questo
punto
il
lettore
accorto
obietterà
che
una
proprietà
diversa
ci
può
essere
:
vale
a
dire
la
collocazione
nello
spazio
.
Se
Pietro
si
trova
nel
punto
P
e
Paolo
nel
punto
Q
(
e
non
si
muovono
)
,
continueremo
a
chiamare
Pietro
quello
in
P
e
Paolo
quello
in
Q
.
Eppure
non
va
bene
nemmeno
questo
!
Purtroppo
qui
dobbiamo
ricorrere
a
considerazioni
non
troppo
elementari
:
quelle
della
fisica
statistica
.
In
tale
parte
della
fisica
si
suole
contare
in
quanti
modi
diversi
si
possono
distribuire
le
particelle
microscopiche
per
arrivare
a
realizzare
un
medesimo
stato
macroscopico
.
Nella
fisica
classica
il
caso
in
cui
Pietro
è
in
P
e
Paolo
in
Q
e
quello
in
cui
Pietro
è
in
Q
e
Paolo
in
P
sono
due
casi
differenti
e
come
tali
vanno
contati
.
Invece
nella
fisica
quantistica
essi
costituiscono
uno
stesso
caso
e
così
contandoli
danno
luogo
a
risultati
diversi
da
quelli
classici
.
Ebbene
,
l
'
esperienza
dà
ragione
alla
statistica
quantistica
.
Pietro
e
Paolo
possono
essere
scambiati
,
senza
che
accada
assolutamente
nulla
di
rilevabile
.
Leibniz
certo
non
ci
avrebbe
creduto
.
E
si
badi
che
oggi
si
hanno
prove
inoppugnabili
che
quel
comportamento
non
è
valido
solo
per
le
particelle
singole
,
bensì
-
in
condizioni
opportune
-
anche
per
atomi
e
molecole
,
cioè
per
sistemi
in
ciascuno
dei
quali
sono
riunite
più
particelle
.
Da
tutto
ciò
si
dovrà
concludere
che
l
'
identità
individuale
non
ha
senso
per
i
corpi
microscopici
.
Sembrerebbe
allora
che
essa
fosse
un
'
emergenza
,
una
proprietà
nuova
,
che
scaturisce
nel
caso
macroscopico
,
cioè
quando
si
mettono
assieme
miriadi
e
miriadi
di
particelle
,
come
per
esempio
in
due
palle
di
biliardo
o
addirittura
in
due
corpi
umani
.
Questo
in
un
certo
senso
è
vero
e
in
un
altro
senso
non
è
vero
.
Supponiamo
infatti
che
sia
possibile
avere
due
gemelli
assolutamente
identici
dal
punto
di
vista
fisico
.
I
loro
corpi
dovranno
essere
costituiti
esattamente
da
eguali
atomi
e
molecole
,
distribuiti
nello
stesso
modo
,
e
negli
stessi
stati
di
eccitazione
.
Si
badi
bene
che
ciò
implica
che
anche
tutti
i
neuroni
dei
due
gemelli
e
tutte
le
loro
sinapsi
dovranno
trovarsi
negli
stessi
identici
stati
.
Cosicché
i
due
dovranno
avere
le
stesse
memorie
;
e
se
l
'
uno
dirà
di
chiamarsi
Pietro
,
anche
l
'
altro
dovrà
dirlo
!
In
queste
condizioni
è
difficile
dubitare
che
anche
per
loro
varrebbe
la
perfetta
interscambiabilità
quantistica
.
Tuttavia
questo
caso
,
non
solo
è
fantastico
,
ma
è
addirittura
impossibile
.
Infatti
basta
che
uno
dei
gemelli
veda
un
oggetto
dal
suo
punto
di
vista
e
l
'
altro
da
un
punto
di
vista
differente
perché
le
loro
memorie
comincino
a
differire
e
siano
distinguibili
.
Ma
del
resto
non
c
'
è
nemmeno
bisogno
di
parlare
proprio
di
gemelli
umani
per
convincersi
che
due
corpi
identici
non
esistono
praticamente
mai
.
Stando
così
le
cose
,
non
ci
si
può
meravigliare
se
la
mente
umana
,
nata
ed
evoluta
in
un
ambiente
di
corpi
macroscopici
,
si
è
abituata
a
concepire
l
'
identità
in
senso
leibniziano
,
e
ad
affermare
che
due
corpi
non
possono
differire
"
solo
numero
"
,
cioè
avere
tutte
le
stesse
proprietà
,
pur
essendo
due
corpi
,
anziché
un
corpo
solo
.
Invece
due
elettroni
hanno
tutte
le
stesse
proprietà
,
eppure
sono
certamente
due
.
E
così
dicasi
per
i
numeri
superiori
a
due
.
Per
esempio
,
l
'
atomo
di
uranio
ha
novantadue
elettroni
,
distribuiti
in
diversi
stati
di
diversa
energia
.
Questo
lo
sappiamo
per
certo
.
Ma
sarebbe
assurdo
dire
che
nel
primo
stato
-
che
contiene
due
elementi
-
ci
sono
Pietro
e
Paolo
,
nel
secondo
-
che
ne
contiene
sei
-
ci
sono
Giovanni
,
Mario
,
Guido
,
Luigi
,
Marco
,
Alberto
;
e
così
via
.
È
chiaro
che
da
tutto
questo
si
deve
trarre
un
grande
insegnamento
.
Chi
pensa
che
la
nostra
logica
e
la
nostra
semantica
siano
qualcosa
di
superiore
ed
estraneo
all
'
uomo
e
non
rappresentino
invece
facoltà
ordinatrici
del
nostro
sistema
nervoso
centrale
-
facoltà
che
l
'
uomo
ha
faticosamente
acquisito
nel
corso
della
sua
evoluzione
,
allo
scopo
di
riuscire
a
vivere
in
un
certo
ambiente
fisico
-
fa
semplicemente
cattiva
filosofia
.
Credere
che
quelle
classificazioni
che
ci
sono
necessarie
-
e
in
molti
casi
perfino
sufficienti
-
per
cavarcela
in
un
ambiente
di
corpi
macroscopici
(
ciascuno
costituito
da
miriadi
di
particelle
aggregate
)
debbano
valere
in
tutti
i
campi
della
realtà
,
è
molto
ingenuo
.
È
un
'
estrapolazione
assolutamente
gratuita
e
ingiustificata
,
almeno
fino
a
che
l
'
esperienza
non
ne
abbia
confermata
la
validità
.
Ebbene
,
si
dà
il
caso
che
l
'
esperienza
l
'
abbia
inequivocabilmente
smentita
!
Perfino
il
venerabile
principio
d
'
identità
non
è
nelle
cose
,
ma
si
rivela
un
'
esigenza
puramente
umana
.
4
.
Dio
bono
!
"
Maestro
,
che
vuoi
dire
sessuofobia
?
"
La
domanda
a
bruciapelo
era
stata
formulata
con
perfetta
semplicità
,
senza
un
pizzico
(
almeno
apparente
)
di
malizia
,
da
Mario
,
un
frugoletto
dagli
occhi
vispi
e
dalla
curiosità
di
solito
inesauribile
.
La
sua
parlata
schiettamente
toscana
-
con
qualche
sfumatura
addirittura
arcaica
-
rivelava
sì
la
provenienza
da
un
ceto
culturalmente
piuttosto
modesto
,
ma
non
si
abbassava
quasi
mai
alla
volgarità
esibita
da
certi
compagni
"
signorini
"
.
Il
maestro
Consigli
,
superando
un
momento
di
esitazione
,
ma
stando
bene
attento
a
non
mostrare
imbarazzo
,
rispose
con
naturalezza
:
"
Vuoi
dire
paura
del
sesso
.
È
chiaro
.
"
E
intanto
diceva
spavaldamente
dentro
di
sé
:
no
,
no
,
non
sono
affatto
imbarazzato
,
che
diamine
!
Ciononostante
quasi
arrossì
quando
si
accorse
di
provare
un
certo
sollievo
nel
poter
buttare
tutto
sull
'
erudito
e
sul
didascalico
:
"
La
parola
oggi
è
spesso
usata
e
probabilmente
l
'
avrai
letta
in
qualche
giornale
.
Non
è
molto
ben
formata
,
perché
la
prima
parte
vien
dal
latino
e
la
seconda
dal
greco
.
"
Ma
Mario
non
mollava
e
,
dopo
un
po
'
di
riflessione
,
riprese
:
"
Che
cos
'
è
il
sesso
non
avrei
a
saperlo
:
lo
so
.
Per
esempio
io
sono
un
maschio
e
la
Lorella
è
una
femmina
.
Ma
perché
la
gente
ne
ha
da
aver
paura
?
"
A
questo
punto
il
bravo
Consigli
-
pur
non
volendo
ammetterlo
-
dovette
avvertire
qualche
difficoltà
.
A
ogni
modo
proseguì
imperterrito
:
"
Vedi
,
Mario
,
l
'
essere
uomo
o
donna
implica
tante
cose
,
oltre
a
portare
i
pantaloni
o
la
sottana
(
quando
si
portava
)
.
Dovrei
cominciare
col
premettere
molte
spiegazioni
...
"
Ma
la
quindicenne
Lorella
intervenne
subito
in
tono
di
sfida
:
"
Per
me
è
inutile
.
Io
so
tutto
!
"
Si
erano
trovati
ai
giardini
prospicienti
le
scuole
,
l
'
elementare
e
la
media
,
ospitate
in
un
medesimo
edificio
.
Il
maestro
sedeva
su
una
panchina
un
po
'
stanco
e
un
po
'
pensoso
,
domandandosi
per
l
'
ennesima
volta
se
proprio
valeva
la
pena
di
continuare
a
sgolarsi
per
quei
marmocchi
.
Loro
,
in
fondo
,
quando
erano
in
classe
non
aspettavano
altro
che
il
suono
della
campanella
finale
,
per
sciamare
festosi
o
litigiosi
via
dal
chiuso
delle
aule
,
lontano
dai
maestri
e
dai
bidelli
.
Non
c
'
era
dubbio
che
quello
della
scuola
era
il
contatto
fra
due
mondi
diversi
:
solo
un
legame
temporaneo
,
costrittivo
e
insopportabile
.
E
poi
nell
'
era
dei
"
media
"
lui
aveva
l
'
impressione
che
ogni
sera
sistematicamente
qualcuno
disfacesse
quella
tela
che
lui
con
fatica
tentava
di
tessere
di
giorno
.
Non
si
sentiva
affatto
di
rimpiangere
i
tempi
passati
e
di
respingere
il
nuovo
.
Ma
avvertiva
che
quel
nuovo
creava
paurose
dissonanze
.
Ricordava
con
cocente
umiliazione
quel
giorno
in
cui
,
essendo
di
buon
umore
,
accennava
fischiettando
il
tema
dell
'
Inno
alla
gioia
di
Beethoven
e
un
ragazzo
passando
osservò
:
"
È
la
musica
dell
'
Arancia
meccanica
!
"
.
E
quanto
alla
scuola
,
si
domandava
se
in
fondo
non
avesse
ragione
Ivan
Illich
,
che
proponeva
di
"
descolarizzare
la
società
"
.
Come
si
fa
a
persuadere
gli
alunni
a
interessarsi
di
quello
che
non
li
interessa
affatto
,
e
com
'
è
possibile
per
un
maestro
continuare
a
occuparsi
sempre
di
cose
che
per
lui
ormai
sono
routine
banale
?
Ma
forse
...
non
era
proprio
così
.
Già
altre
volte
,
quando
Consigli
sedeva
su
quella
panchina
,
assorto
nelle
sue
considerazioni
,
gli
si
era
avvicinato
Mario
,
che
invece
di
correre
a
casa
con
lo
zainetto
multicolore
sulle
spalle
,
gli
si
accoccolava
ai
piedi
e
lo
scrutava
.
E
poi
arrivava
anche
la
Lorella
,
che
qualche
anno
prima
era
stata
sua
scolara
;
ma
adesso
lo
guardava
con
occhi
ben
diversi
da
allora
.
Lei
certo
non
lo
sapeva
,
ma
lui
lo
avvertiva
e
non
di
rado
doveva
studiare
come
comportarsi
.
Del
resto
non
era
la
prima
volta
che
gli
capitava
:
giovane
,
con
aspetto
malinconico
e
un
po
'
trasandato
,
aveva
già
incontrato
qualche
ex
scolara
che
lo
contemplava
con
aria
adorante
.
E
,
in
fondo
,
sentiva
benissimo
che
quella
presenza
cambiava
per
lui
in
modo
sottile
l
'
ambiente
circostante
.
In
quel
mentre
nel
vialetto
dinanzi
a
loro
stava
passando
un
distinto
signore
con
i
capelli
grigi
ben
pettinati
,
in
un
semplice
,
ma
elegante
completo
anch
'
esso
grigio
e
un
maglione
celestino
paricollo
.
"
Don
Rino
,
don
Rino
!
"
chiamò
il
maestro
,
quasi
volesse
aggrapparsi
a
una
tavola
di
salvezza
.
L
'
insegnante
di
religione
si
soffermò
a
guardarli
,
poi
si
avvicinò
premuroso
,
con
la
domanda
:
"
Che
c
'
è
,
Consigli
?
"
"
C
'
è
che
Mario
qui
mi
ha
chiesto
che
cos
'
è
la
sessuofobia
.
Forse
lei
glielo
sa
spiegare
meglio
di
me
.
"
Don
Rino
represse
a
stento
una
risata
divertita
ed
esclamò
:
"
Proprio
io
?
"
.
Poi
si
riprese
e
aggiunse
:
"
Ma
sì
...
forse
è
giusto
.
Pensi
che
,
per
aver
parlato
troppo
liberamente
in
classe
di
queste
cose
e
di
altre
del
genere
,
mi
sono
già
beccato
varie
ramanzine
da
parte
della
Curia
;
e
anche
da
più
in
alto
"
.
"
Quanto
più
in
alto
?
"
si
azzardò
a
chiedere
Consigli
.
"
Be
'
...
per
via
indiretta
,
s
'
intende
:
da
chi
sta
al
vertice
della
Chiesa
.
"
"
Accipicchia
!
A
me
mi
pare
che
sia
il
Papa
!
"
esclamò
sbalordito
Mario
,
che
-
pur
usando
un
pleonasmo
rimproverato
dai
pedanti
-
maneggiava
benissimo
e
con
naturalezza
i
congiuntivi
.
Ma
don
Rino
,
come
se
non
avesse
sentito
,
proseguì
:
"
Io
credo
che
insegnando
nelle
scuole
,
predicando
ai
fedeli
o
scrivendo
,
si
debba
dire
pane
al
pane
e
vino
al
vino
;
con
prudenza
sì
,
ma
anche
con
chiarezza
.
E
se
su
qualcosa
uno
non
è
d
'
accordo
con
la
dottrina
ufficiale
,
ha
il
dovere
di
dichiararlo
,
sia
pure
con
tutta
umiltà
.
La
fede
in
Dio
non
ne
viene
intaccata
:
è
il
Vangelo
stesso
che
ci
esorta
a
dire
sì
sì
e
no
no
,
senza
infingimenti
.
"
"
Allora
,
don
Rino
,
"
intervenne
la
Lorella
con
spavalderia
,
ma
anche
con
un
lieve
sospetto
di
rossore
,
"
ci
dica
pane
al
pane
e
sesso
al
sesso
,
senza
infingimenti
.
"
"
Tutti
sanno
,
"
incominciò
don
Rino
,
comprendendo
bene
che
ormai
non
poteva
sottrarsi
,
"
che
per
procreare
i
figli
ci
vogliono
un
uomo
e
una
donna
che
facciano
all
'
amore
.
Ora
l
'
amore
è
certamente
una
cosa
molto
bella
...
"
"
È
la
cosa
più
bella
che
esista
!
"
esclamò
la
Lorella
;
e
Consigli
si
sorprese
a
domandarsi
se
lei
lo
sapeva
davvero
o
se
invece
volesse
a
tutti
i
costi
immaginarlo
.
"
Sì
,
è
molto
bella
,
"
riprese
imperturbabile
e
un
po
'
didattico
don
Rino
.
"
Ma
proprio
perché
può
dare
grande
gioia
,
anche
fisica
,
all
'
essere
umano
,
qualcuno
è
portato
a
scambiarlo
per
un
puro
piacere
,
anziché
per
quello
che
deve
essere
in
realtà
:
un
innalzamento
e
un
completamento
spirituale
dell
'
uomo
.
La
Chiesa
,
specie
in
passato
,
vedendo
nella
ricerca
del
piacere
una
tentazione
del
demonio
,
un
atteggiamento
peccaminoso
,
una
deviazione
da
quella
concezione
ascetica
della
vita
che
riteneva
avvicinasse
a
Dio
,
finì
quasi
per
condannare
il
sesso
in
quanto
tale
.
Arrivò
così
a
concepire
e
a
diffondere
nei
suoi
ranghi
la
`
sessuofobia
'
.
Ma
fu
un
errore
:
e
di
esso
si
avvertono
ancora
nefaste
conseguenze
.
"
"
Fu
un
errore
?
"
domandò
sorridendo
Consigli
,
che
si
divertiva
un
mondo
a
punzecchiare
l
'
amico
don
Rino
.
"
Ma
lei
non
è
scapolo
proprio
in
quanto
prete
cattolico
?
"
"
Non
scherziamo
troppo
su
queste
cose
,
che
sono
molto
serie
,
"
rispose
l
'
altro
con
una
punta
di
rimprovero
.
"
Io
sono
disposto
ad
accettare
umilmente
rinunce
anche
gravi
,
impostemi
da
chi
guida
la
Chiesa
,
pur
di
continuare
a
esercitare
il
mio
ministero
.
Ma
credo
di
avere
diritto
alla
mia
opinione
.
E
sono
convinto
che
i
preti
protestanti
sposati
possono
svolgere
benissimo
(
chissà
,
forse
anche
meglio
di
noi
)
la
loro
missione
.
Del
resto
i
tempi
cambiano
;
bisogna
attendere
con
pazienza
il
futuro
...
"
"
Ma
come
si
fa
a
pensare
,
"
intervenne
la
Lorella
,
"
che
qualcosa
creato
e
voluto
da
Dio
sia
cattivo
e
da
fuggire
?
Dio
può
aver
fatto
soltanto
cose
belle
e
da
amare
;
altrimenti
dove
starebbe
la
sua
infinita
bontà
?
"
"
Dici
bene
,
Lorella
,
non
lo
nego
.
Ma
chi
siamo
noi
per
pretendere
di
capire
tutto
?
È
impossibile
sfuggire
alla
domanda
:
perché
ci
sono
le
cose
che
a
noi
paiono
cattive
?
E
non
c
'
è
nemmeno
bisogno
di
arrivare
a
parlare
delle
pratiche
più
riprovevoli
del
sesso
.
L
'
amore
,
anche
quello
puro
e
sublime
,
può
far
soffrire
immensamente
l
'
essere
umano
.
Quasi
ogni
giorno
c
'
è
un
ragazzo
o
una
ragazza
che
si
uccide
per
amore
.
Si
può
pensare
una
cosa
più
orribile
?
Ma
io
credo
che
il
giudizio
che
noi
diamo
su
quello
che
è
buono
o
è
cattivo
risenta
troppo
spesso
della
nostra
miopia
,
della
nostra
inadeguatezza
.
Il
bene
può
essere
anche
dove
non
siamo
capaci
di
vederlo
.
In
fondo
,
quando
uno
ha
letto
la
fine
tragica
di
Romeo
e
Giulietta
,
è
certamente
spinto
a
sentirsi
più
in
alto
e
più
buono
.
"
"
Sì
,
è
proprio
così
,
"
disse
la
Lorella
.
"
Io
non
ho
letto
quella
commedia
...
"
"
Quella
tragedia
!
"
interruppe
ridendo
Consigli
.
...
ma
ho
visto
alla
televisione
la
storia
di
Romeo
e
Giulietta
.
Fa
piangere
;
ma
non
fa
male
,
fa
bene
.
"
Seguì
qualche
momento
di
silenzio
.
Ciascuno
rimaneva
impigliato
in
quei
pensieri
che
difficilmente
si
riesce
a
esprimere
pienamente
,
anche
a
se
stessi
.
Consigli
si
domandava
:
devo
dirlo
o
no
come
mi
sembra
che
stiano
realmente
le
cose
?
Perché
insinuare
dubbi
sulla
bellezza
e
sulla
bontà
del
mondo
in
chi
dimostra
di
volerci
credere
con
entusiasmo
?
Naturalmente
non
pensava
a
don
Rino
:
quello
su
certi
argomenti
la
sapeva
lunga
.
Ma
Mario
e
Lorella
...
Lui
tempo
addietro
aveva
intrapreso
gli
studi
di
scienze
all
'
università
,
proprio
perché
voleva
capire
come
è
fatto
veramente
il
mondo
.
Certo
,
moltissime
nozioni
utili
le
aveva
imparate
e
aveva
allargato
enormemente
il
suo
orizzonte
.
Ma
alla
fine
si
era
convinto
che
anche
per
quella
via
non
si
arrivava
mai
a
scoprire
quello
che
a
lui
sembrava
"
il
nocciolo
della
questione
"
,
cioè
il
perché
e
il
come
della
condizione
umana
.
Aveva
rinunciato
a
laurearsi
-
pur
continuando
ad
aggiornarsi
come
poteva
-
e
si
era
dedicato
invece
a
educare
alla
vita
i
bambini
,
cioè
coloro
che
dovevano
essere
preparati
a
costituire
in
futuro
una
società
civile
e
democratica
.
Sapeva
benissimo
che
pochi
lo
approvavano
,
anzi
che
molti
lo
criticavano
:
ma
quella
era
stata
la
sua
scelta
.
Ora
,
ricordando
quante
volte
lui
stesso
aveva
insegnato
che
bisogna
esprimere
con
franchezza
il
proprio
parere
,
si
risolse
ad
affrontare
l
'
argomento
:
"
Sentite
,
amici
miei
,
finché
si
parla
di
esseri
umani
,
di
alti
sentimenti
e
di
poesia
,
potrei
anche
esser
d
'
accordo
con
voi
.
Gli
antichi
Greci
usavano
un
parolone
,
`
catarsi
'
,
per
esprimere
quel
senso
di
purificazione
che
eleva
l
'
animo
umano
al
termine
di
una
tragedia
.
Ma
al
mondo
non
tutto
è
poesia
;
e
non
ci
sono
soltanto
gli
esseri
umani
...
"
"
Ci
sono
anche
le
bestie
!
"
intervenne
Mario
,
che
già
aveva
intuito
dove
si
andava
a
parare
.
"
Certo
,
"
ribatté
don
Rino
.
"
Ma
,
come
ben
avvertiva
san
Francesco
,
la
bontà
di
Dio
discende
verso
tutte
le
sue
creature
.
Io
credo
che
un
uomo
offenda
Dio
anche
quando
fa
soffrire
inutilmente
un
animale
.
Il
creato
è
buono
.
Solo
gli
uomini
sono
spesso
molto
cattivi
.
"
"
Sarà
,
"
riprese
perplesso
il
maestro
,
"
ma
io
non
ne
sono
così
convinto
.
Nella
scienza
naturale
sono
noti
mille
casi
in
cui
sembrerebbe
proprio
il
contrario
.
Voglio
farvi
un
esempio
fra
mille
.
C
'
è
un
gruppo
di
vespe
dal
difficile
nome
scientifico
,
a
proposito
delle
quali
il
grande
Darwin
scriveva
che
non
poteva
persuadersi
che
un
Dio
benefico
e
onnipotente
le
avesse
create
con
l
'
intento
specifico
che
si
cibassero
dei
corpi
vivi
dei
bruchi
.
Infatti
la
vespa
depone
le
uova
nel
corpo
di
un
bruco
,
ma
prima
colpisce
col
suo
pungiglione
ciascun
ganglio
del
sistema
nervoso
del
poveretto
,
in
modo
da
paralizzarlo
totalmente
senza
ucciderlo
.
Schiusesi
poi
le
uova
,
le
larve
si
cibano
di
carne
sempre
fresca
,
guardandosi
fino
all
'
ultimo
dal
distruggere
i
centri
vitali
della
vittima
.
Il
bruco
si
sente
gradualmente
straziare
dentro
,
patisce
atrocemente
,
ma
non
può
reagire
,
non
può
muovere
un
muscolo
.
Quando
poi
non
c
'
è
più
nulla
da
mangiare
e
il
bruco
è
svuotato
,
lo
si
lascia
morire
.
"
"
Dio
bono
!
"
sbottò
Mario
inorridito
.
"
Sì
,
"
riprese
Consigli
sorridendo
amaramente
,
"
forse
hai
detto
giusto
,
anche
senza
volerlo
.
C
'
è
proprio
da
chiedersi
se
Dio
e
la
natura
esprimano
soltanto
bontà
verso
le
proprie
creature
.
L
'
esistenza
di
cose
così
terribili
pone
angosciose
domande
,
non
solo
ai
credenti
,
ma
anche
ai
laici
come
me
.
Perché
tutto
questo
?
Ma
vedi
,
alcuni
pensatori
di
grande
levatura
affermano
che
la
domanda
è
insensata
;
dicono
che
semplicemente
non
c
'
è
un
perché
.
Io
non
credo
che
abbiano
del
tutto
torto
.
Ma
allora
mi
assilla
un
dubbio
ulteriore
:
perché
ci
poniamo
quelle
domande
?
"
Don
Rino
da
qualche
minuto
guardava
nervosamente
l
'
orologio
e
disse
:
"
È
tardi
,
Consigli
.
Io
devo
scappare
e
questi
ragazzi
devono
correre
a
casa
.
Non
è
che
io
mi
voglia
sottrarre
a
questa
discussione
,
intendiamoci
.
Anch
'
io
sono
turbato
,
lo
confesso
;
ma
sono
aiutato
dalla
fede
.
Bisognerà
ritrovarsi
ed
esaminare
tutto
con
calma
.
"
E
s
'
incamminò
con
passo
elastico
verso
il
convento
,
presso
il
quale
aveva
trovato
ospitalità
incondizionata
da
quei
buoni
padri
.
Ma
già
Mario
correva
a
perdifiato
verso
il
suo
autobus
,
facendo
segni
disperati
al
conduttore
,
mentre
la
Lorella
si
avviava
a
malincuore
verso
la
macchina
,
nella
quale
la
mamma
l
'
attendeva
un
po
'
spazientita
.
5
.
L
'
importanza
di
essere
un
pomo
"
Le
Dieu
des
chrétiens
est
un
père
qui
fait
grand
cas
de
ses
pommes
et
fort
peu
de
ses
enfants
"
[
"
Il
Dio
dei
cristiani
è
un
padre
che
fa
gran
caso
dei
suoi
pomi
e
ben
poco
dei
suoi
figli
"
]
.
Così
annotava
Diderot
nella
sedicesima
aggiunta
ai
suoi
pensieri
filosofici
.
Forse
,
trasportato
un
po
'
dalla
sua
corrosiva
vis
polemica
,
si
era
dimenticato
di
dire
che
in
realtà
quello
era
il
Dio
degli
ebrei
;
un
Dio
che
i
cristiani
si
trovarono
già
bell
'
e
fatto
così
com
'
era
e
che
-
spinti
del
resto
da
non
disprezzabili
ragioni
di
tradizione
storica
-
ebbero
poi
l
'
imprudenza
di
ereditare
senza
beneficio
d
'
inventario
,
accettando
perfino
quella
bizzarra
gelosia
per
le
sue
"
pommes
"
.
Sembrerebbe
che
nel
pensiero
espresso
dal
filosofo
i
figli
di
cui
Dio
non
si
curerebbe
abbastanza
fossero
gli
esseri
umani
.
Ma
in
verità
Diderot
era
troppo
fino
per
accettare
senza
obiezioni
quella
ben
nota
noncuranza
per
le
sofferenze
degli
animali
,
che
era
abbastanza
abituale
ai
suoi
tempi
.
Infatti
in
una
successiva
riflessione
,
parlando
della
condanna
della
donna
a
partorire
nel
dolore
:
la
donna
-
egli
dice
-
era
in
fondo
una
peccatrice
,
ma
che
gli
avevano
fatto
(
al
Creatore
)
le
femmine
degli
animali
,
che
pure
generano
con
dolore
?
Il
buon
maestro
Consigli
dunque
non
aveva
tirato
fuori
cose
troppo
nuove
.
Cartesio
se
la
cavava
immaginando
che
gli
animali
fossero
soltanto
macchine
:
meravigliose
sì
,
ma
pur
sempre
macchine
.
E
noi
dobbiamo
riconoscere
che
i
robot
che
oggi
sono
capaci
-
e
ancor
più
lo
saranno
domani
-
di
fare
cose
strabilianti
,
sono
appunto
macchine
.
Tuttavia
non
possiamo
ignorare
che
qualcuno
comincia
ormai
a
non
essere
più
tanto
sicuro
che
gli
elaboratori
di
grande
complessità
siano
necessariamente
privi
di
sentimenti
e
di
sofferenze
(
si
rammentino
,
per
esempio
,
le
suggestioni
di
2001
:
Odissea
nello
spazio
)
.
Ma
lasciamo
stare
la
fantascienza
.
È
innegabile
che
la
sensibilità
del
pubblico
generale
nei
riguardi
degli
animali
è
oggi
in
larga
misura
cambiata
rispetto
a
quella
che
era
molto
diffusa
una
volta
.
Chi
,
possedendo
e
amando
un
cane
,
può
dubitare
che
quello
sia
capace
di
soffrire
?
Certo
si
può
sensatamente
obiettare
che
,
per
sapere
se
le
cose
stanno
veramente
così
,
bisognerebbe
entrare
nella
testa
del
cane
.
I
segni
esteriori
di
sofferenza
potrebbe
darli
anche
una
macchina
.
E
non
è
affatto
inimmaginabile
che
si
arrivi
a
costruire
un
automa
elettronico
che
,
alla
nostra
domanda
se
soffra
,
risponda
con
un
lamento
e
affermi
:
sì
,
sto
soffrendo
.
Ma
attenzione
!
Siamo
su
una
china
pericolosa
.
Per
quella
via
si
arriva
facilmente
a
dubitare
che
anche
i
nostri
simili
umani
soffrano
,
dato
che
,
per
quanti
segni
esteriori
essi
diano
,
noi
non
possiamo
mai
entrare
nella
loro
testa
.
Tutto
questo
è
vero
;
eppure
la
compassione
e
l
'
empatia
sono
costituenti
irrinunciabili
della
nostra
natura
,
sì
che
negandole
negheremmo
noi
stessi
.
Soffrire
nel
vedere
in
altri
i
segni
della
sofferenza
fa
parte
della
nobiltà
della
natura
umana
.
Dostoevskij
nell
'
Idiota
afferma
:
"
La
compassione
è
la
più
importante
e
forse
l
'
unica
legge
di
vita
dell
'
umanità
intera
"
.
Del
resto
nessuno
può
dimenticare
il
dantesco
:
"
E
se
non
piangi
,
di
che
pianger
suoli
?
"
.
Fra
le
due
posizioni
estreme
-
quella
che
gli
animali
abbiano
una
sensibilità
di
tipo
umano
e
quella
che
li
vuole
assolutamente
insensibili
-
ce
n
'
è
una
più
ragionevole
,
anch
'
essa
espressa
bene
da
Dante
.
È
l
'
affermazione
della
tradizione
aristotelico
-
tomistica
seguita
dal
poeta
,
"
che
vuol
quanto
la
cosa
è
più
perfetta
/
più
senta
il
bene
e
così
la
doglienza
"
.
Può
essere
un
pregiudizio
,
confessiamolo
pure
,
ma
anche
coloro
che
ne
negano
la
validità
,
non
se
ne
liberano
mai
sul
serio
;
altrimenti
non
si
avvierebbero
mai
a
una
passeggiata
nel
bosco
,
dissuasi
dal
timore
di
calpestare
centinaia
di
formiche
e
di
altre
innocue
bestioline
;
né
prenderebbero
mai
un
antibiotico
,
ben
sapendo
che
con
quello
uccidono
miliardi
di
poveri
germi
!
Certo
per
applicare
la
massima
di
Dante
a
quanto
stiamo
discutendo
bisogna
credere
che
un
essere
umano
sia
più
"
perfetto
"
di
un
verme
;
e
qualcuno
potrà
obiettare
che
una
tale
affermazione
è
solo
segno
di
ingenua
presunzione
.
Riconosciamo
pure
che
questo
è
anche
vero
,
nel
senso
che
il
verme
è
"
perfettamente
"
adatto
a
fare
quello
che
fa
e
a
sopravvivere
nel
suo
ambiente
.
In
realtà
si
tratta
solo
di
un
uso
un
po
'
antiquato
del
concetto
di
perfezione
,
che
di
per
sé
può
significare
molte
cose
diverse
.
Forse
oggi
preferiremmo
parlare
piuttosto
di
complessità
che
di
perfezione
;
ed
è
certo
che
il
sistema
nervoso
dell
'
uomo
è
enormemente
più
complesso
di
quello
del
verme
.
Che
poi
questo
significhi
che
l
'
essere
umano
sia
capace
di
soffrire
più
del
verme
è
un
'
inferenza
non
garantita
da
alcuna
prova
sicura
.
Ciononostante
noi
viviamo
come
se
fosse
proprio
così
e
ci
è
difficile
dar
credito
a
chi
lo
nega
.
Tutto
quello
che
si
potrebbe
supporre
abbastanza
sensatamente
è
che
l
'
uomo
,
più
degli
animali
cosiddetti
inferiori
,
sia
conscio
di
soffrire
;
e
probabilmente
qualcuno
vorrebbe
aggiungere
che
proprio
questa
è
la
vera
sofferenza
.
Comunque
,
anche
accettando
l
'
ipotesi
della
maggiore
o
minore
capacità
di
soffrire
e
pensando
che
essa
sia
massima
nell
'
uomo
,
il
discorso
sarcastico
di
Diderot
non
perde
molta
della
sua
incisività
.
Anzi
,
può
lasciare
il
pio
credente
ancora
più
perplesso
di
prima
.
Infatti
,
mentre
l
'
uomo
può
sperare
in
un
compenso
nell
'
aldilà
,
che
cosa
può
aspettarsi
il
verme
in
cambio
della
sua
più
o
meno
grande
sofferenza
?
Non
è
crudele
farlo
patire
senza
alcuno
scopo
?
È
difficile
non
cedere
all
'
umana
tentazione
di
colpevolizzare
qualcuno
per
la
propria
e
l
'
altrui
sofferenza
.
Questa
non
lodevole
abitudine
può
magari
portarci
a
prendercela
con
la
natura
,
come
faceva
Leopardi
,
quando
gridava
a
se
stesso
:
"
Ormai
disprezza
/
te
,
la
natura
,
il
brutto
/
poter
che
,
ascoso
,
a
comun
danno
impera
...
"
.
Una
concezione
più
moderna
-
che
da
qualcuno
molto
impropriamente
viene
supposta
ateistica
-
non
nega
che
possa
esserci
stato
un
creatore
dell
'
universo
(
qualunque
cosa
si
voglia
intendere
per
creazione
)
;
ma
non
può
ammettere
che
costui
,
una
volta
costruito
questo
immenso
marchingegno
e
datagli
la
spinta
iniziale
,
sorvegli
con
ansietà
la
sua
creatura
e
intervenga
continuamente
a
violare
le
leggi
che
egli
stesso
ha
stabilito
,
allo
scopo
di
modificarne
quelle
conseguenze
che
non
gli
vanno
a
genio
.
Si
arriva
allora
alla
teoria
della
suprema
indifferenza
,
quella
che
lo
stesso
Leopardi
,
quando
è
meno
stizzito
e
più
lucido
,
esprime
con
le
amare
parole
:
"
Ma
da
natura
/
altro
negli
atti
suoi
/
che
nostro
male
o
nostro
ben
si
cura
"
.
La
teoria
dell
'
indifferenza
non
viene
di
solito
accettata
di
buon
grado
,
perché
rende
molto
arduo
-
per
tutti
quelli
che
ci
credono
-
continuare
a
sperare
nella
divina
provvidenza
ed
essere
così
aiutati
a
sopportare
le
sventure
.
L
'
autore
di
queste
pagine
(
gli
si
perdoni
un
vivo
ricordo
personale
)
aveva
molti
anni
fa
un
amico
,
ormai
scomparso
,
frate
domenicano
di
rara
intelligenza
e
apertura
mentale
.
Una
volta
,
durante
la
guerra
,
sentendo
qualcuno
pronunciare
la
frase
stereotipa
:
"
siamo
nelle
mani
della
provvidenza
,
"
non
poté
trattenersi
dall
'
esclamare
:
"
In
che
brutte
mani
siamo
!
"
.
Che
era
successo
?
Aveva
forse
perduto
la
fede
,
bestemmiava
?
Assolutamente
no
;
la
sua
fede
era
salda
.
Voleva
solo
osservare
realisticamente
che
per
arrivare
a
invocare
un
improbabile
intervento
dall
'
alto
bisognava
trovarsi
proprio
male
!
Lui
credeva
in
un
Dio
molto
al
di
sopra
dei
terreni
desideri
o
timori
umani
.
Lasciando
stare
la
teologia
e
spostandoci
su
un
piano
ben
differente
,
non
possiamo
fare
a
meno
di
affermare
che
la
teoria
dell
'
indifferenza
va
perfettamente
d
'
accordo
con
le
migliori
risultanze
della
scienza
contemporanea
.
Si
tratta
della
ben
nota
fusione
del
vecchio
-
ma
sempre
valido
-
concetto
darwiniano
di
selezione
naturale
con
le
conoscenze
derivanti
dalla
scoperta
del
codice
genetico
e
delle
sue
casuali
mutazioni
.
Riassumiamo
in
pochissime
-
e
di
conseguenza
quanto
mai
inadeguate
-
parole
di
che
si
tratta
.
I
caratteri
di
un
essere
vivente
sono
dettati
da
certe
complesse
strutture
molecolari
che
si
chiamano
geni
e
che
nel
loro
insieme
costituiscono
il
genoma
o
genotipo
di
quell
'
individuo
.
I
geni
-
per
varie
cause
,
sulle
quali
ora
non
ci
soffermiamo
-
sono
soggetti
a
subire
ogni
tanto
dei
cambiamenti
.
Una
mutazione
del
genotipo
ha
per
conseguenza
una
mutazione
del
fenotipo
,
cioè
della
costituzione
e
del
comportamento
dell
'
essere
vivente
.
Se
la
mutazione
è
favorevole
,
quel
fenotipo
è
più
adatto
a
sopravvivere
nel
suo
ambiente
e
quindi
ad
avere
discendenti
,
ai
quali
passerà
in
eredità
il
suo
mutato
genoma
:
in
tal
modo
può
anche
nascere
una
nuova
specie
.
Se
invece
la
mutazione
è
sfavorevole
,
minore
(
o
nulla
)
sarà
la
probabilità
che
quella
varietà
di
essere
vivente
si
propaghi
:
prima
o
poi
il
nuovo
genotipo
e
il
suo
fenotipo
si
estinguono
.
Con
questo
meccanismo
è
avvenuta
(
e
avviene
tuttora
)
l
'
evoluzione
delle
specie
.
Per
quanto
ne
sappiamo
a
tutt
'
oggi
,
le
mutazioni
avvengono
a
caso
;
e
questo
desta
non
poche
perplessità
.
Ma
Monod
(
Il
caso
e
la
necessità
)
afferma
senza
mezzi
termini
:
"
Il
caso
puro
,
il
solo
caso
,
libertà
assoluta
ma
cieca
,
sta
alla
radice
del
prodigioso
edificio
dell
'
evoluzione
;
oggi
questa
nozione
centrale
della
biologia
non
è
più
un
'
ipotesi
fra
le
molte
possibili
o
perlomeno
concepibili
,
ma
è
la
sola
concepibile
in
quanto
è
l
'
unica
compatibile
con
la
realtà
quale
ce
la
mostrano
l
'
osservazione
e
l
'
esperienza
"
.
Tutto
si
svolge
dunque
a
caso
.
Ma
la
selezione
naturale
fa
sì
che
le
cose
vadano
"
come
se
"
l
'
unico
interesse
e
scopo
di
un
gene
fosse
quello
di
continuare
a
sussistere
e
di
propagarsi
nei
successivi
esseri
viventi
,
senza
alcun
riguardo
per
la
maggiore
o
minore
sofferenza
dell
'
individuo
del
quale
fa
parte
.
Si
può
arrivare
a
parlare
(
Dawkins
)
di
gene
egoista
.
Quanto
alla
natura
,
essa
è
certamente
indifferente
a
quanto
accade
alle
"
pommes
"
di
Dio
o
agli
esseri
umani
.
Già
Chamfort
(
Massime
)
scrisse
sapidamente
:
"
Qualcuno
diceva
che
provvidenza
è
il
nome
di
battesimo
del
caso
;
qualche
devoto
dirà
che
caso
è
un
soprannome
della
provvidenza
"
.
In
un
certo
senso
avevano
ragione
tutti
e
due
!
Infatti
,
se
è
vero
che
tutto
avviene
per
puro
caso
,
non
si
può
che
rimanere
strabiliati
nel
constatare
che
il
caso
ci
ha
portato
a
risultati
così
incredibili
,
quasiché
un
sapiente
architetto
li
abbia
progettati
.
Il
guaio
è
che
non
abbiamo
alcun
modo
per
dimostrare
che
l
'
architetto
c
'
è
stato
veramente
.
Anzi
,
poiché
quell
'
immagine
si
rifà
inevitabilmente
a
un
'
esperienza
umana
,
in
cui
un
uomo
provvisto
di
speciali
competenze
prima
progetta
e
poi
,
valendosi
di
materiali
e
di
leggi
già
esistenti
,
costruisce
l
'
edificio
,
è
impossibile
sottrarsi
alla
conclusione
che
stiamo
ancora
parlando
di
uomini
e
non
di
dèi
.
6
.
Gli
altri
:
che
scocciatura
!
L
'
apparire
della
visione
biologica
testé
descritta
,
porta
necessariamente
a
domandarci
:
che
ne
è
oggi
dei
concetti
di
bene
,
di
male
,
di
etica
,
di
morale
?
Che
ne
è
dei
valori
,
la
cui
supposta
"
perdita
"
fa
stare
tanti
valentuomini
con
il
fazzoletto
in
mano
per
asciugarsi
il
pianto
(
magari
non
del
tutto
sincero
)
?
Non
è
forse
venuto
il
momento
di
riesaminare
tutta
la
questione
con
un
'
attrezzatura
un
po
'
più
critica
e
sensata
di
quella
del
passato
?
Attualmente
ci
sono
in
proposito
tre
atteggiamenti
differenti
,
abbastanza
diffusi
.
1
)
Il
primo
è
solo
l
'
intransigente
arroccamento
sulle
posizioni
tradizionali
,
che
attribuiscono
a
tutti
quei
concetti
un
contenuto
oggettivo
,
indipendente
dalle
credenze
e
dalle
circostanze
umane
,
se
non
addirittura
trascendente
e
dettato
da
Dio
.
(
E
in
quest
'
ultimo
caso
sono
divertenti
le
dispute
su
che
cosa
veramente
Dio
abbia
voluto
dettare
.
)
2
)
Il
secondo
atteggiamento
-
spesso
egualmente
intransigente
-
è
quello
di
chi
,
estendendo
in
modo
indebito
le
scoperte
moderne
della
genetica
,
butta
tutto
sul
biologico
e
considera
i
suddetti
concetti
come
ormai
in
tutto
superati
dalla
concezione
scientifica
dell
'
indifferenza
.
3
)
Il
terzo
atteggiamento
-
molto
più
saggio
,
ci
si
permetta
di
dirlo
-
è
di
chi
,
senza
trionfalismi
,
ma
anche
senza
sciocchi
"
rimpianti
"
del
buon
tempo
antico
,
prende
atto
delle
conquiste
della
scienza
moderna
e
indaga
in
quel
quadro
il
sorgere
delle
varie
assiologie
,
il
loro
significato
e
la
loro
importanza
per
la
sopravvivenza
e
lo
sviluppo
dell
'
umanità
.
Qui
ci
atterremo
senz
'
altro
alla
terza
delle
concezioni
indicate
,
anche
se
,
essendo
la
meno
semplicistica
,
è
anche
ovviamente
la
meno
semplice
da
seguire
in
tutti
i
suoi
risvolti
.
Naturalmente
vogliamo
arrivare
a
parlare
di
noi
stessi
,
cioè
della
specie
homo
sapiens
sapiens
.
Per
quanto
riguarda
i
cosiddetti
"
animali
inferiori
"
,
la
loro
etologia
è
certamente
fissata
in
larga
misura
-
ma
,
a
quanto
appare
dalle
indagini
moderne
,
non
proprio
sempre
e
interamente
-
dal
loro
patrimonio
genetico
.
Per
fare
un
semplice
esempio
,
le
formiche
di
una
certa
specie
costruiscono
il
formicaio
,
seguendo
un
certo
modello
,
che
è
come
disegnato
e
stampato
al
loro
interno
.
Quel
modello
è
il
risultato
di
un
lungo
processo
di
selezione
.
Se
,
per
ipotesi
assurda
,
una
formica
un
po
'
bizzarra
si
discostasse
molto
dal
procedimento
tradizionale
della
sua
specie
e
convincesse
le
sue
compagne
a
imitarla
,
quella
specie
(
quasi
certamente
)
si
estinguerebbe
.
Quanto
detto
non
esclude
affatto
che
il
genoma
di
un
animale
sia
così
congegnato
da
indurlo
anche
a
tutta
una
serie
di
comportamenti
che
noi
,
col
nostro
metro
umano
,
classificheremmo
come
"
morali
"
.
Prima
di
tutto
è
abbastanza
generalizzata
la
proibizione
di
uccidere
i
propri
simili
.
La
spiegazione
di
questo
comportamento
è
addirittura
banale
.
Se
gl
'
individui
di
una
stessa
specie
si
uccidono
fra
loro
,
la
specie
ha
una
notevole
probabilità
di
estinguersi
.
Ma
stiamo
attenti
:
questa
proibizione
è
soggetta
anche
a
eccezioni
.
Si
tratta
di
quei
casi
in
cui
l
'
uccisione
dei
propri
simili
-
e
perfino
il
cannibalismo
!
-
trovano
giustificazione
proprio
nel
vantaggio
del
gene
egoista
.
Campioni
di
questa
naturale
trasgressione
sono
certi
insetti
.
Per
esempio
,
le
coccinelle
-
pur
così
graziose
-
si
rivelano
esseri
feroci
:
quando
una
scarsezza
di
naturali
risorse
minaccia
la
propagazione
del
gruppo
,
non
esitano
a
divorare
le
loro
simili
più
giovani
o
appena
nate
.
Tuttavia
negli
animali
cosiddetti
superiori
è
abbastanza
diffusa
la
regola
del
"
cane
non
mangia
cane
"
.
I
moderni
studi
di
sociobiologia
vanno
molto
più
in
là
e
arrivano
a
giustificare
con
la
selezione
naturale
perfino
l
'
altruismo
.
Fanno
osservare
che
un
membro
del
mio
gruppo
ha
grande
probabilità
di
avere
alcuni
geni
uguali
ai
miei
:
aiutandolo
a
sopravvivere
,
aiuto
quei
geni
(
benché
egoisti
come
tutti
i
geni
)
a
continuare
a
sussistere
e
a
propagarsi
.
Ma
tutto
quello
che
abbiamo
detto
ci
appare
come
pura
etologia
,
non
etica
nel
senso
umano
.
Per
quanto
riguarda
l
'
uomo
,
le
cose
sono
molto
più
complicate
.
Prima
di
tutto
sgombriamo
il
terreno
da
un
ingenuo
pregiudizio
,
abbastanza
diffuso
fra
molti
che
si
credono
saggi
.
Si
tratta
di
coloro
che
vogliono
a
tutti
i
costi
che
i
nostri
comportamenti
siano
tutti
e
soltanto
appresi
e
non
derivino
anche
dalla
nostra
costituzione
genetica
.
Per
vedere
che
è
una
sciocchezza
basterebbe
riflettere
banalmente
che
,
se
il
patrimonio
genetico
non
fosse
tale
da
impartire
al
fenotipo
la
capacità
di
apprendere
-
anzi
una
spiccata
propensione
a
farlo
,
soprattutto
mediante
la
curiosità
-
non
vi
sarebbero
comportamenti
appresi
.
È
vero
che
molti
animali
superiori
hanno
almeno
un
barlume
di
tale
capacità
e
possono
essere
ammaestrati
.
Ma
proprio
il
fatto
che
,
pur
lasciandoci
ammirati
,
essi
rimangono
ben
lontani
dall
'
imparare
a
fare
tutto
quello
che
fa
l
'
uomo
,
dimostra
che
le
loro
strutture
genetiche
non
sono
adatte
a
quei
compiti
.
E
indubbio
che
altrettanto
ingenuo
sarebbe
,
per
converso
,
supporre
che
tutto
quello
che
facciamo
stesse
scritto
così
com
'
è
nel
nostro
patrimonio
genetico
.
Se
questo
fosse
proprio
vero
,
parleremmo
tutti
la
stessa
lingua
e
crederemmo
tutti
nello
stesso
Dio
!
Tuttavia
si
faccia
attenzione
:
nel
genoma
umano
c
'
è
fissato
molto
di
più
di
quanto
generalmente
si
creda
.
A
questo
proposito
-
tanto
per
fare
un
esempio
-
è
sommamente
interessante
quanto
è
stato
recentemente
descritto
di
un
gruppo
di
qualche
centinaio
di
bambini
del
Nicaragua
,
affetti
da
sordità
congenita
.
Ciascuno
di
essi
era
vissuto
,
fin
quasi
dalla
nascita
,
praticamente
isolato
da
rapporti
con
adulti
.
Dopo
alcuni
anni
di
convivenza
nel
gruppo
,
quei
bambini
hanno
sviluppato
un
linguaggio
gestuale
assolutamente
originale
,
che
contiene
nomi
e
verbi
,
sottopone
questi
ultimi
a
una
rudimentale
coniugazione
e
distingue
perfino
il
soggetto
dall
'
oggetto
!
Ciò
-
sia
detto
per
inciso
-
va
d
'
accordo
con
le
idee
di
Chomski
sull
'
esistenza
di
una
grammatica
universale
innata
.
La
posizione
di
quasi
tutti
gli
studiosi
moderni
è
che
il
comportamento
umano
derivi
da
un
'
inestricabile
interazione
fra
i
geni
e
l
'
ambiente
(
anche
umano
,
ovviamente
)
,
o
-
come
spesso
si
dice
più
volgarmente
-
fra
natura
e
cultura
.
Continua
certamente
a
sussistere
in
noi
la
propensione
a
seguire
la
primitiva
etologia
animale
,
ma
il
comportamento
si
complica
notevolmente
quando
-
immaginando
tutta
una
pluralità
di
mondi
possibili
alla
Leibniz
-
cominciamo
a
capire
e
a
pesare
le
conseguenze
del
nostro
agire
in
un
modo
piuttosto
che
in
un
altro
.
Inoltre
è
di
enorme
importanza
il
nascere
negli
uomini
della
coscienza
di
essere
liberi
di
scegliere
la
via
da
seguire
.
(
Ma
qui
non
vogliamo
certo
risollevare
la
vetusta
controversia
del
libero
arbitrio
.
)
Ne
scaturisce
un
nuovo
originalissimo
concetto
,
che
ci
fa
passare
dalla
pura
etologia
del
"
fare
"
all
'
etica
del
"
dover
fare
"
.
Sorge
subito
la
domanda
:
perché
tutto
questo
?
Qual
è
per
la
nostra
specie
il
vantaggio
selettivo
del
passare
dal
fare
al
dover
fare
?
Cominciamo
col
dare
una
prima
risposta
,
che
è
abbastanza
facile
,
ma
probabilmente
non
del
tutto
sufficiente
.
I
comportamenti
dettati
puramente
dall
'
impianto
genetico
sono
in
numero
magari
grande
,
ma
necessariamente
limitato
.
Le
condizioni
di
vita
degli
esseri
umani
divengono
invece
sempre
più
complicate
e
le
possibili
nuove
evenienze
sono
innumerevoli
.
Soltanto
un
enorme
elaboratore
qual
è
il
nostro
cervello
può
tentare
di
far
fronte
a
tutto
,
purché
inoltre
l
'
utilizzatore
abbia
intera
libertà
di
giudizio
e
di
scelta
.
La
continua
scelta
diviene
una
componente
essenziale
della
vita
umana
.
Gli
uomini
,
fin
dal
più
lontano
paleolitico
,
hanno
vissuto
in
piccoli
gruppi
e
hanno
senza
dubbio
ereditato
per
via
genetica
quelle
prescrizioni
di
comportamento
del
"
cane
non
mangia
cane
"
,
che
abbiamo
già
riconosciute
comuni
a
moltissimi
animali
.
Ma
è
facile
presumere
che
con
lo
sviluppo
di
enormi
facoltà
intellettuali
,
col
sorgere
del
linguaggio
e
della
trasmissione
culturale
,
si
siano
resi
ben
conto
che
era
necessario
darsi
delle
regole
di
comportamento
al
di
dentro
del
gruppo
,
a
vantaggio
di
tutti
.
Bisognava
costantemente
tener
conto
degli
altri
.
E
altamente
probabile
che
-
almeno
agli
inizi
-
non
avessero
chiara
coscienza
che
in
tal
modo
stavano
stringendo
un
vero
e
proprio
patto
sociale
;
ma
lo
stipulavano
di
fatto
.
Ed
è
anche
probabile
che
quei
gruppi
che
erano
più
lenti
o
più
restii
nello
stipularlo
risultavano
perdenti
e
rischiavano
l
'
estinzione
.
Non
sarà
proprio
così
,
cioè
per
via
di
"
selezione
culturale
"
,
che
nel
nostro
patrimonio
genetico
cominciò
a
inscriversi
la
norma
fondamentale
di
ogni
convivenza
civile
:
pacta
sunt
servanda
?
Non
ne
abbiamo
le
prove
,
né
mai
le
avremo
;
ma
ci
atterremo
a
questa
come
a
un
'
ipotesi
molto
verosimile
.
Certamente
col
mesolitico
e
soprattutto
poi
col
neolitico
la
vita
associata
ebbe
uno
sviluppo
enorme
.
Dalla
pura
caccia
e
raccolta
si
passa
all
'
agricoltura
,
alla
domesticazione
degli
animali
,
alla
divisione
del
lavoro
;
nascono
la
città
con
le
sue
fortificazioni
e
il
suo
esercito
,
lo
stato
,
il
diritto
,
la
legge
.
La
compravendita
mediante
denaro
,
forse
più
di
ogni
altra
istituzione
,
denuncia
chiaramente
l
'
esistenza
di
un
patto
.
La
legge
,
prima
orale
poi
scritta
,
farà
nascere
un
vero
e
proprio
contratto
sociale
.
Come
un
giorno
dirà
Rousseau
(
Du
contrat
social
)
,
il
fine
del
contratto
è
:
"
Trouver
une
forme
d
'
association
qui
défende
et
protège
de
toute
la
force
commune
la
personne
et
les
biens
de
chaque
associé
,
et
par
laquelle
chacun
s
'
unissant
à
tous
n
'
obeisse
pourtant
qu
'
à
lui
-
même
et
reste
aussi
libre
qu
'
auparavant
"
[
"
Trovare
una
forma
di
associazione
che
difenda
e
protegga
con
tutta
la
forza
comune
la
persona
e
i
beni
di
ciascun
associato
,
e
per
la
quale
ciascuno
unendosi
a
tutti
non
obbedisca
tuttavia
che
a
se
stesso
e
resti
libero
come
prima
"
]
.
L
'
ultima
frase
è
essenziale
.
Bellissima
poi
è
la
nota
di
Rousseau
,
quasi
intraducibile
in
italiano
:
"
les
maisons
font
la
ville
,
mais
les
citoyens
font
la
cité
"
.
E
la
fanno
proprio
in
virtù
del
patto
.
A
questa
rivoluzione
epocale
conseguì
fra
l
'
altro
uno
sviluppo
demografico
senza
precedenti
.
I
diversi
gruppi
umani
,
ormai
numerosi
e
potenti
,
cominciarono
a
gareggiare
mediante
la
concorrenza
commerciale
,
ma
più
spesso
con
le
armi
.
I
gruppi
che
non
avevano
un
patto
sociale
efficiente
e
rispettato
venivano
più
facilmente
eliminati
dalla
scena
.
Accanto
all
'
etologia
di
ogni
animale
,
che
bada
soprattutto
-
ma
non
soltanto
,
come
già
detto
-
alla
sopravvivenza
dell
'
individuo
,
si
sviluppa
necessariamente
e
viene
inscritto
nel
genoma
l
'
impulso
a
compiere
quelle
azioni
che
sono
necessarie
alla
preservazione
del
gruppo
.
Il
fare
e
il
dover
fare
:
due
leggi
,
spesso
contraddittorie
,
regnano
ormai
nell
'
animo
umano
.
E
,
data
la
complicazione
dei
casi
nei
quali
esse
si
scontrano
,
i
millenni
non
sono
ancora
stati
sufficienti
per
conciliarle
interamente
.
Non
per
niente
Sartre
(
Huis
clos
)
esclamò
:
"
L
'
enfer
,
c
'
est
les
autres
"
.
Ed
è
proprio
la
frequente
contraddizione
fra
le
due
leggi
che
fa
nascere
la
meraviglia
,
la
speculazione
sull
'
originale
condizione
umana
.
Fra
l
'
altro
obbliga
a
trovare
,
per
distinguere
e
intendersi
,
una
nuova
terminologia
.
Ma
è
dubbio
che
dietro
di
essa
si
debba
vedere
qualche
cosa
di
più
di
una
serie
di
definizioni
.
Così
la
naturalissima
tendenza
a
fare
il
proprio
interesse
diviene
il
"
riprovevole
"
egoismo
,
mentre
la
tendenza
a
fare
gli
interessi
degli
altri
o
del
gruppo
diviene
il
"
lodevole
"
comportamento
morale
.
Quando
un
individuo
non
segue
quest
'
ultimo
,
diviene
preda
del
senso
di
colpa
e
del
rimorso
.
E
uno
stato
d
'
animo
piuttosto
spiacevole
;
ma
,
poiché
persuade
l
'
individuo
a
comportarsi
diversamente
la
prossima
volta
,
alla
fin
fine
torna
a
vantaggio
del
gruppo
e
dei
suoi
geni
.
Forse
a
questo
punto
possiamo
inserire
qualche
parola
su
quell
'
atteggiamento
ancor
più
ossessionante
(
e
ridicolo
)
dell
'
egoismo
che
è
chiamato
egocentrismo
.
Spesso
è
insopportabile
.
Ma
bisogna
partire
dalla
presa
di
atto
che
nel
fondo
tutti
siamo
egocentrici
e
non
fingere
di
non
saperlo
.
È
cosa
naturale
e
perciò
non
deve
scandalizzare
.
Volere
primeggiare
e
attrarre
l
'
attenzione
di
tutti
è
una
56strategia
abbastanza
ben
giustificata
per
arrivare
a
proteggere
i
propri
geni
.
Ma
diventa
pagliaccesca
e
addirittura
controproducente
quando
assume
i
caratteri
di
un
vizio
,
quando
spinge
a
parlare
ininterrottamente
(
magari
urlando
)
senza
ascoltare
,
a
mettersi
in
mostra
a
ogni
occasione
,
a
non
tener
conto
che
nel
patto
sociale
c
'
è
anche
il
rispetto
della
personalità
degli
altri
.
La
cosiddetta
buona
educazione
è
un
atteggiamento
civile
,
corollario
appunto
del
patto
sociale
.
L
'
egocentrismo
si
risolve
spesso
in
pura
maleducazione
.
7
.
Vendetta
,
tremenda
vendetta
Ebbene
,
con
tutto
il
rispetto
dovuto
a
un
grandissimo
come
Kant
-
che
ammirava
il
cielo
stellato
sopra
di
sé
e
la
legge
morale
dentro
di
sé
(
Critica
della
ragion
pratica
)
-
decidiamoci
a
riconoscere
che
tutto
quello
che
vi
è
in
natura
può
destare
il
più
alto
stupore
.
Lo
desta
indubbiamente
il
cielo
stellato
sopra
di
me
;
ma
in
eguale
misura
lo
destano
sia
la
legge
morale
che
è
dentro
di
me
,
sia
l
'
istinto
di
conservazione
individuale
,
che
è
pure
dentro
di
me
.
Non
è
affatto
vero
che
la
prima
sia
più
mirabile
del
secondo
.
Del
resto
lo
stesso
Kant
afferma
che
le
nostre
azioni
non
ci
risultano
affatto
ordinate
da
Dio
:
"
al
contrario
,
ci
sembrano
ordinate
da
Dio
perché
ci
sono
imposte
da
una
nostra
legge
interiore
"
.
E
non
è
forse
una
nostra
legge
interiore
anche
quella
che
ci
ordina
l
'
autoconservazione
?
Il
tentare
di
spiegare
con
considerazioni
scientifiche
per
quale
via
tutti
e
due
quegl
'
impulsi
-
ormai
interiorizzati
-
siano
sorti
,
si
siano
sviluppati
e
per
selezione
naturale
siano
stati
incorporati
nel
patrimonio
genetico
non
sminuisce
in
nessun
modo
la
grandezza
dell
'
universo
,
il
misterioso
fascino
della
natura
,
la
nobiltà
dell
'
uomo
,
la
sublimità
del
suo
creatore
(
se
vi
è
stato
)
.
E
se
vogliamo
chiamare
morale
l
'
azione
che
mira
a
conservare
la
specie
attraverso
la
preservazione
degli
altri
,
anziché
dell
'
individuo
che
agisce
,
facciamolo
pure
.
Siamo
liberi
di
definire
quello
che
vogliamo
.
Ma
non
fingiamo
d
'
ignorare
che
la
preservazione
dell
'
individuo
mira
esattamente
allo
stesso
scopo
.
A
questo
punto
,
al
fine
di
chiarire
bene
il
concetto
,
converrà
inserire
qualche
parola
sulla
vendetta
e
sulla
sua
(
quasi
)
generale
condanna
.
Ebbene
,
la
vendetta
-
secondo
la
stessa
definizione
testé
data
-
risponde
a
un
impulso
altamente
morale
!
Chi
la
esercita
non
ci
guadagna
nulla
,
anzi
quasi
sempre
rischia
.
(
Il
povero
Rigoletto
-
certo
senza
saperlo
coscientemente
-
in
quel
modo
rischia
e
sacrifica
addirittura
la
vita
dell
'
amata
figlia
.
)
Ma
il
vendicatore
di
regola
si
sacrifica
in
favore
di
tutti
gli
altri
.
Infatti
va
a
finire
che
nel
gruppo
primitivo
un
individuo
evita
di
compiere
certe
azioni
dannose
a
un
altro
individuo
,
proprio
perché
teme
la
vendetta
di
costui
.
E
un
deterrente
che
di
solito
funziona
bene
.
Ciò
non
toglie
che
,
quando
avanza
la
civiltà
,
si
scopre
che
è
mille
volte
meglio
delegare
il
deterrente
alla
società
formalmente
costituita
,
cioè
allo
stato
;
ma
ci
risparmieremo
lo
sviluppo
delle
serie
ragioni
,
facilmente
intuibili
,
per
cui
ciò
è
vero
.
Nasce
così
il
concetto
di
giustizia
pubblica
e
il
patto
di
rispettarla
.
Quanto
sono
ridicole
le
protestazioni
-
udite
fino
alla
nausea
-
di
coloro
che
affermano
virtuosamente
di
non
volere
vendetta
,
ma
solo
giustizia
!
Pare
impossibile
che
così
pochi
si
chiedano
:
e
perché
la
vogliono
proprio
quelli
?
Forse
perché
sono
parenti
delle
vittime
?
Ma
andiamo
!
La
giustizia
devono
volerla
egualmente
tutti
i
cittadini
.
L
'
espressione
continuamente
usata
e
abusata
,
"
farsi
giustizia
da
sé
"
,
è
semplicemente
idiota
.
E
ancor
più
idiota
è
affermare
che
giustizia
chiedono
i
morti
.
Eppure
è
molto
,
molto
difficile
liberarsi
da
quell
'
impulso
-
in
sé
naturalissimo
,
ripetiamo
-
che
ci
spinge
a
inscrivere
l
'
istinto
di
vendetta
addirittura
nel
campo
dei
sentimenti
onorevoli
.
La
mente
corre
subito
,
naturalmente
,
alle
consorterie
della
criminalità
organizzata
(
gli
uomini
d
'
onore
)
;
ma
limitarsi
a
ciò
è
quanto
mai
semplicistico
e
riduttivo
.
Dobbiamo
proprio
ricordare
la
canzone
in
cui
il
pio
Dante
afferma
:
"
Ché
bell
'
onor
s
'
acquista
in
far
vendetta
"
,
o
ignorare
le
mille
volte
che
Dante
stesso
-
e
una
folla
di
autori
di
tutte
le
letterature
-
parlano
nientemeno
che
della
vendetta
di
Dio
o
del
Cielo
?
Ma
,
una
volta
accettata
la
visione
sopra
esposta
,
che
ne
è
del
male
e
del
bene
,
di
cui
parliamo
continuamente
?
Dovrebbe
esser
chiaro
che
non
si
tratta
di
enti
trascendenti
oggettivi
,
bensì
di
due
delle
innumerevoli
ipostatizzazioni
,
di
cui
gli
uomini
da
che
mondo
è
mondo
si
sono
resi
responsabili
.
Prima
si
introduce
un
concetto
astratto
,
che
ci
è
utile
per
capirsi
in
modo
sintetico
;
quindi
si
attribuisce
a
esso
un
'
entità
sostanziale
,
che
in
realtà
non
c
'
è
.
Non
ci
si
limita
a
riconoscere
che
abbiamo
semplicemente
introdotto
una
parola
per
esprimere
un
concetto
da
noi
stessi
costruito
.
No
:
si
crede
possibile
tirar
fuori
dalla
parola
il
vero
contenuto
di
quel
concetto
.
Quanti
insigni
pensatori
hanno
sprecato
il
loro
tempo
dietro
a
quei
venerabili
fantasmi
!
Non
stiamo
scoprendo
nulla
di
nuovo
.
Infatti
,
è
ben
noto
che
il
pregiudizio
è
molto
antico
.
Vi
fu
una
(
quasi
)
unanime
oggettivazione
del
Bene
e
del
Male
da
parte
dei
filosofi
antichi
e
medievali
.
Per
Platone
(
Repubblica
)
,
come
il
Sole
illumina
,
rende
visibili
e
alimenta
le
cose
sensibili
,
così
il
Bene
rende
conoscibili
gli
oggetti
intelligibili
e
conferisce
a
essi
l
'
esistenza
.
A
complicare
le
cose
ci
si
misero
poi
le
religioni
,
con
i
loro
dèi
,
angeli
,
arcangeli
,
santi
ecc.
da
una
parte
,
nonché
con
le
schiere
di
diavoli
e
di
geni
malevoli
dall
'
altra
.
Gli
uni
impersonano
e
difendono
il
bene
,
mentre
gli
altri
impersonano
e
difendono
il
male
,
in
un
'
eterna
battaglia
,
combattuta
sulla
pelle
degli
uomini
.
Tuttavia
si
farebbe
torto
ad
alcuni
pensatori
più
vicini
a
noi
,
affermando
che
nel
passato
si
è
sempre
creduto
a
un
contenuto
puramente
oggettivo
del
bene
e
del
male
.
Per
esempio
Spinoza
(
Ethica
)
dice
testualmente
:
"
Bonum
et
malum
quod
attinet
,
nihil
etiam
positivum
in
rebus
,
in
se
scilicet
consideratis
,
indicant
,
nec
aliud
sunt
,
praeter
cogitandi
modos
,
seu
notiones
,
quas
formamus
ex
eo
,
quod
res
ad
invicem
comparamus
.
Nam
una
eademque
res
potest
eodem
tempore
bona
,
et
mala
,
et
etiam
indifferens
esse
"
.
[
"
Per
quel
che
riguarda
il
bene
e
il
male
,
neanch
'
essi
indicano
qualcosa
di
positivo
nelle
cose
,
cioè
considerate
in
sé
,
ed
essi
non
sono
altro
se
non
modi
del
pensare
,
o
nozioni
che
formiamo
perché
confrontiamo
le
cose
fra
di
loro
.
Infatti
una
sola
e
medesima
cosa
può
essere
allo
stesso
tempo
buona
e
cattiva
e
anche
indifferente
"
]
.
Fra
i
contemporanei
nostri
poi
moltissimi
hanno
decisamente
cominciato
ad
affermare
che
la
valutazione
è
puramente
soggettiva
.
E
infatti
,
proprio
come
Spinoza
,
fanno
notare
che
essa
è
diversa
da
individuo
a
individuo
,
da
luogo
a
luogo
,
da
epoca
a
epoca
.
Fecero
male
o
fecero
bene
i
congiurati
che
uccisero
Giulio
Cesare
?
Fecero
male
o
fecero
bene
i
vandeani
a
opporsi
alla
Rivoluzione
?
Fecero
male
o
fecero
bene
gli
americani
a
costruire
la
bomba
atomica
?
Sembra
impossibile
:
ma
alcuni
pensatori
piuttosto
attardati
ne
discutono
ancora
,
naturalmente
senza
alcun
risultato
che
possa
incontrare
approvazione
generale
.
Vi
è
anche
chi
stenta
addirittura
ad
afferrare
il
concetto
della
imperturbabile
indifferenza
della
natura
e
arriva
a
invocare
la
pioggia
(
il
bene
)
o
a
scongiurare
i
terremoti
(
il
male
)
.
La
tempesta
che
nel
1588
semidistrusse
l
'
Invencible
Armada
fu
un
bene
per
gli
inglesi
,
un
male
per
gli
spagnoli
.
C
'
è
da
giurare
che
qualcuno
nelle
cattedrali
britanniche
ringraziò
Dio
per
il
beneficio
,
mentre
qualcuno
dei
sudditi
di
Filippo
II
(
e
forse
lo
stesso
re
)
si
diede
a
far
penitenza
dei
suoi
peccati
,
perché
certamente
quella
era
stata
una
punizione
di
Dio
.
Ma
veniamo
a
qualcosa
di
ben
più
importante
,
qualcosa
che
è
divenuto
addirittura
assillante
nell
'
epoca
contemporanea
.
Che
dobbiamo
fare
con
tutte
le
nuove
,
meravigliose
e
spaventose
possibilità
che
ci
offre
la
scienza
?
Probabilmente
fra
qualche
centinaio
di
anni
i
nostri
discendenti
si
meraviglieranno
della
pervicacia
dimostrata
dagli
uomini
della
fine
del
ventesimo
secolo
nel
voler
tirar
fuori
dai
logori
concetti
di
bene
e
di
male
,
supposti
"
oggettivi
"
,
le
risposte
sul
da
farsi
in
situazioni
che
né
la
naturale
evoluzione
né
le
religioni
tradizionali
potevano
minimamente
prevedere
.
Da
quella
parte
le
risposte
"
giuste
"
non
possono
venire
,
semplicemente
perché
le
relative
domande
non
erano
mai
state
poste
!
È
venuto
il
momento
di
convincersi
che
,
prima
di
statuire
per
contratto
sociale
che
cosa
dobbiamo
fare
,
bisogna
ben
consultarsi
su
che
cosa
vogliamo
fare
.
L
'
unica
via
veramente
razionale
sta
nella
ricerca
scientifica
seria
,
unita
alla
democrazia
.
Questo
non
significa
che
si
possa
ammettere
a
priori
di
esser
liberi
di
fare
tutto
quello
che
si
vuole
.
Infatti
della
vecchia
e
gloriosa
etica
tradizionale
c
'
è
certamente
una
massima
irrinunciabile
,
proprio
perché
si
può
star
sicuri
che
è
voluta
da
tutti
e
sarebbe
facilmente
sancita
da
qualsiasi
referendum
.
È
quella
contenuta
nel
quarto
articolo
della
dichiarazione
dei
diritti
dell
'
uomo
del
1789
:
"
La
libertà
consiste
nel
poter
fare
tutto
quello
che
non
nuoce
altrui
"
.
E
appunto
per
stabilire
fondatamente
che
cosa
non
nuoce
altrui
-
anche
e
soprattutto
,
si
badi
bene
,
alle
generazioni
future
-
la
ricerca
scientifica
dovrà
procedere
intensamente
.
Ma
,
se
proprio
ci
teniamo
,
continuiamo
pure
a
parlare
con
solennità
dei
comitati
di
bioetica
.
Il
nome
conta
poco
.
8
.
Dimmi
come
parli
Il
signor
Bartoni
era
da
anni
impiegato
al
catasto
.
Ma
ogni
giorno
,
terminato
coscienziosamente
il
suo
lavoro
,
s
'
immergeva
nella
lettura
di
buoni
libri
o
in
solitarie
meditazioni
,
sì
da
meritarsi
indubbiamente
la
qualifica
di
uomo
colto
e
intellettuale
.
Non
era
affatto
entusiasta
del
suo
mestiere
,
per
il
quale
non
sentiva
"
vocazione
"
.
Ma
chi
-
si
domandava
per
consolarsi
-
ha
la
vocazione
di
fare
l
'
impiegato
del
catasto
?
Einstein
non
aveva
forse
lavorato
all
'
ufficio
brevetti
in
Svizzera
?
Melville
non
era
finito
in
un
servizio
di
dogana
a
New
York
?
Kafka
non
era
stato
alle
dipendenze
di
una
compagnia
di
assicurazioni
a
Trieste
?
Bastava
sapere
aspettare
:
e
poi
chissà
.
Gli
piaceva
assumere
dinanzi
a
se
stesso
l
'
atteggiamento
dell
'
uomo
saggio
,
che
prende
atto
del
mondo
come
è
e
non
si
lascia
scuotere
nella
propria
atarassia
.
E
poi
chi
mai
è
contento
del
lavoro
che
fa
e
del
ruolo
che
gli
altri
gli
assegnano
nella
vita
?
Ognuno
è
sicuro
di
essere
sottovalutato
,
ma
non
deve
prendersela
per
questo
.
Sì
,
eppure
...
eppure
nel
subconscio
qualcosa
continuava
a
tormentarlo
.
E
lui
-
molto
spesso
senza
rendersene
conto
-
si
sfogava
di
quel
qualcosa
pungendo
gli
altri
con
amara
ironia
.
Ma
non
era
cattivo
;
del
resto
,
quella
ironia
la
rivolgeva
imparzialmente
(
o
quasi
)
anche
a
se
stesso
.
Quando
si
dava
a
riflettere
,
abbandonandosi
al
suo
malinconico
umorismo
,
gli
piaceva
recarsi
a
passeggiare
in
un
luogo
solitario
,
nelle
periferie
più
anonime
della
città
,
dove
gli
amici
intellettuali
di
buon
gusto
non
si
incontrano
proprio
mai
;
tanto
lui
-
affermava
a
se
stesso
,
ridendo
per
primo
di
quella
megalomania
-
guardava
soprattutto
dentro
di
sé
.
E
poi
,
anche
se
guardava
fuori
,
come
faceva
in
realtà
...
qualcuno
(
Gide
)
non
aveva
detto
:
l
'
importanza
sia
nel
tuo
sguardo
,
non
in
quello
che
guardi
?
Ma
non
sempre
si
recava
in
periferia
.
A
volte
seguiva
proprio
la
strategia
opposta
.
Infischiandosene
dei
dettami
dei
salutisti
,
andava
a
sedersi
a
un
tavolino
all
'
aperto
di
un
caffè
situato
nel
punto
più
nevralgico
della
città
,
in
mezzo
alla
confusione
infernale
di
una
folla
che
andava
e
veniva
,
sempre
indaffarata
e
affrettata
,
nonché
al
crepitare
e
strombazzare
di
veicoli
perennemente
in
ingorgo
.
Diceva
a
se
stesso
(
ma
sapeva
benissimo
di
non
scoprire
nulla
di
originale
)
che
lì
,
fra
tutte
quelle
facce
anonime
,
si
trovava
la
vera
solitudine
,
quella
triste
,
spessa
,
da
tagliarsi
col
coltello
:
quella
che
,
trascurando
i
troppi
particolari
,
ci
fa
scorgere
cose
di
grande
importanza
.
Quel
giorno
era
proprio
seduto
al
solito
tavolino
e
si
stava
ripetendo
le
cose
pensate
mille
volte
,
quando
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
un
curioso
giovane
azzimato
,
con
una
bella
cravatta
a
farfallino
,
che
,
venendo
dall
'
interno
del
bar
,
era
comparso
sulla
porta
e
guardava
ansiosamente
di
qua
e
di
là
.
Teneva
con
una
mano
una
tazzina
di
caffè
e
con
l
'
altra
le
reggeva
sotto
il
piattino
.
Bartoni
,
vedendo
che
tutti
i
tavolini
erano
occupati
,
gli
si
rivolse
gentilmente
,
invitandolo
:
"
Se
vuoi
sedersi
qui
,
c
'
è
una
sedia
libera
.
"
Quello
fu
per
un
po
'
titubante
,
poi
si
decise
e
si
sedette
,
dicendo
:
"
Grazie
.
Buon
giorno
e
buona
giornata
.
"
Bartoni
alzò
un
po
'
le
sopracciglia
,
meravigliato
dall
'
insulsa
ridondanza
.
Comunque
stese
la
mano
e
disse
:
"
Permette
?
Bartoni
.
"
"
Ah
...
come
l
'
attore
Barton
.
"
"
Forse
vuol
riferirsi
all
'
attore
Burton
[
pronunciato
correttamente
]..."
"
Alla
televisione
,
l
'
ho
sentito
benissimo
,
dicono
Barton
.
"
Bartoni
rimase
un
po
'
perplesso
.
Ribattere
pedantemente
o
lasciar
correre
?
Poi
non
poté
fare
a
meno
di
chiedere
:
"
Ma
lei
impara
a
parlare
dalla
televisione
?
"
L
'
altro
sembrò
non
poco
infastidito
dalla
domanda
,
che
aveva
l
'
aria
di
una
presa
di
bavero
,
e
ribatté
:
"
Esatto
.
Guardi
...
"
"Guardo..."
"...mi
consenta
...
"
"
Le
consento
...
"...guardi,
mi
consenta
un
attimo
.
La
televisione
è
...
come
dire
...
un
fatto
pubblico
nazionale
ed
è
...
così
...
un
attimino
attenta
nei
confronti
di
come
parla
,
no
?
"
"
Veramente
la
televisione
di
`
confronti
'
ne
fa
pochi
,
soprattutto
con
i
vocabolari
-
italiani
e
stranieri
-
e
con
i
buoni
libri
.
"
"
Ecco
l
'
autogol
:
i
libri
,
me
l
'
aspettavo
;
ora
possono
partire
le
immagini
...
"
"
Partono
?
E
dove
vanno
?
"
"
Lei
sicuramente
dovrebbe
essere
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
...
così
...
diciamo
un
intellettuale
.
"
Bartoni
stava
pensando
:
non
c
'
è
speranza
con
questo
.
È
meglio
cambiare
discorso
:
"
Non
mi
ha
detto
ancora
chi
è
lei
.
"
"
Chi
sono
?
Sono
un
poeta
.
"
"
Veramente
questa
è
già
stata
detta
.
Ma
che
fa
per
vivere
?
"
"
Cosa
faccio
?
Scrivo
.
"
"
Anche
questa
è
stata
detta
.
E
come
si
chiama
?
"
"Chicco."
"
Chicco
...
di
nome
o
di
cognome
?
"
"
Fa
lo
stesso
.
Il
nominativo
completo
è
inutile
.
"
"
Ah
,
già
:
un
poeta
lo
conoscono
tutti
con
il
nome
di
battaglia
.
"
"Esatto."
Bartoni
fece
alcuni
sforzi
non
affatto
convinti
per
ricordare
se
per
caso
avesse
visto
da
qualche
parte
una
poesia
firmata
Chicco
,
ma
invano
.
Ebbe
anche
voglia
di
scherzare
su
quel
noto
verso
di
Dante
che
parla
del
"
bel
paese
là
dove
l
'
esatto
sona
"
.
Poi
si
disse
ancora
una
volta
che
era
meglio
piantarla
lì
.
Intanto
l
'
altro
guardava
nervosamente
l
'
orologio
ed
esclamava
con
impazienza
:
"
Perbacco
,
si
fa
tardi
;
si
sta
sforando
!
"
"
Aspetta
qualcuno
?
"
"
Esatto
.
Dovrebbe
proprio
arrivare
...
come
dire
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
...
no
?
"
"
Eh
,
con
le
donne
non
si
sa
mai
.
"
Chicco
rimase
un
po
'
interdetto
,
quindi
ribatté
:
"
Guardi
,
mi
consenta
un
attimo
.
Chi
le
ha
detto
che
aspetto
...
diciamo
...
una
donna
?
"
Ahimè
,
disse
fra
sé
Bartoni
,
forse
,
chissà
,
ho
fatto
una
gaffe
.
Ma
guarda
un
po
'
,
proprio
io
che
non
ho
nessun
pregiudizio
in
proposito
e
che
vado
predicando
saggiamente
che
se
lui
è
diverso
da
me
,
io
sono
diverso
da
lui
e
quindi
siamo
pari
.
Ma
adesso
chi
lo
convince
questo
che
io
appunto
non
ho
nessun
pregiudizio
?
Comunque
provò
a
riconoscere
con
grande
naturalezza
:
"
Ah
,
sì
,
potrebbe
essere
un
uomo
.
Perché
no
?
"
"
Esatto
.
Ma
è
un
giallo
...
"
"
Ah
,
un
giapponese
...
"
"...è
un
giallo
perché
non
so
chi
sia
:
è
una
scheggia
impazzita
.
Potrebbe
essere
un
uomo
,
ma
potrebbe
essere
una
donna
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
,
no
?
Niente
.
So
solo
e
soltanto
che
mi
deve
portare
un
'
agenzia
eclatante
.
A
mio
avviso
...
"
"
Di
garanzia
?
"
"
Non
faccia
così
tanto
lo
spiritoso
e
mi
consenta
.
In
buona
sostanza
...
"
"
E
se
fosse
cattiva
sostanza
?
"
"...in
buona
sostanza
,
a
mio
avviso
lei
sta
facendo
muro
contro
muro
...
"
"
Veramente
basta
un
muro
solo
,
dato
che
i
muri
non
si
muovono
.
"
"...quelli
come
lei
fanno
quadrato
,
mettono
paletti
nei
miei
confronti
...
e
portano
avanti
...
così
...
un
teorema
...
"
"
Come
quello
di
Pitagora
?
"
"
Chi
è
,
un
'
attrice
?
E
che
ci
azzecca
quella
?
"
"
Mi
scusi
.
Lasciamo
stare
e
continui
pure
a
dirmi
quale
sarebbe
il
mio
teorema
'
nei
suoi
confronti
'."
Non
c
'
era
bisogno
di
chiederglielo
.
Chicco
-
dando
di
tanto
in
tanto
nuovi
impazienti
sguardi
all
'
orologio
-
continuava
ormai
inesorabile
come
un
fiume
in
piena
,
che
straripa
da
tutte
le
parti
:
"
Niente
.
Ormai
sono
nel
suo
mirino
.
Il
suo
teorema
nei
miei
confronti
è
che
io
sono
...
come
dire
...
di
basso
profilo
,
no
?
"
"
Veramente
io
la
sto
guardando
in
faccia
...
"
"...e
invece
si
dice
proprio
così
:
di
basso
profilo
.
Oggi
si
fa
un
gran
parlare
...
"
"
Ah
,
il
parlare
si
fa
...
"
"...di
persone
di
serie
A
e
di
serie
B
,
no
?
A
suo
avviso
io
sarei
di
serie
B
o
perlomeno
...
così
...
come
dire
...
fuorigioco
,
no
?
Niente
,
lei
vuoi
fare
l
'
arbitro
,
ma
non
può
supportare
il
suo
verdetto
...
diciamo
...
senza
consultare
il
guardalinee
.
Non
si
salvi
in
calcio
d
'
angolo
.
Ma
mettiamo
la
palla
al
centro
e
cerchiamo
alcuni
comuni
denominatori
...
"
"
Quanti
?
"
"
Guardi
,
sediamoci
attorno
a
un
tavolo
...
"
"
In
due
sarà
difficile
.
"
"...Dunque
io
mi
trovo
ora
in
una
enclave
[
pronunciato
all
'
italiana
]
o
in
una
impasse
[
pronunciato
all
'italiana]..."
"
Vuol
dire
in
un
'
impasse
[
pronunciato
correttamente
]."
"
Ma
lasci
stare
l
'
Enpas
!
Niente
...
è
un
giallo
.
Non
so
perché
ce
l
'
hanno
così
tanto
...
"
"...basta
dire
tanto
...
"
"...così
tanto
nei
miei
confronti
.
È
una
cosa
di
estrema
importanza
,
uno
scoop
con
prezzo
da
capogiro
;
ma
finora
nessuno
mi
ha
voluto
aiutare
un
attimino
a
capire
:
bocche
cucite
.
Vogliono
mettermi
in
ginocchio
:
non
vorrei
...
come
dire
...
essere
raggiunto
da
un
provvedimento
nei
miei
confronti
...
"
"
Se
non
vuole
essere
raggiunto
,
si
metta
a
correre
velocemente
...
"
Ma
Bartoni
non
poté
terminare
la
frase
,
perché
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
una
donna
con
una
lunga
sottana
,
che
lei
sì
,
correva
velocemente
per
non
essere
raggiunta
,
aprendosi
il
varco
a
gomitate
.
Dopo
poco
comparve
una
signora
che
la
inseguiva
gridando
:
fermatela
!
Mi
ha
derubata
,
fermatela
!
Infine
arrivò
un
vigile
trafelato
,
che
teneva
legata
con
una
corda
,
a
mo
'
di
guinzaglio
,
una
bambina
piagnucolante
.
Bartoni
non
credeva
ai
suoi
occhi
.
Non
riuscì
a
trattenersi
e
sbottò
indignato
:
"
Ma
che
fa
?
Le
pare
questo
il
modo
?
Sleghi
subito
quella
bambina
!
"
"
Non
posso
.
Se
la
slego
,
scappa
.
E
io
devo
riportarla
alla
madre
.
"
"
Lasci
stare
la
bambina
e
si
occupi
piuttosto
del
furto
commesso
dalla
madre
.
"
"
Quello
non
è
compito
mio
,
ma
della
polizia
.
Io
devo
riportare
la
bambina
alla
sua
mamma
,
sennò
si
perde
.
"
Intanto
la
bambina
,
molto
meravigliata
,
si
era
avvicinata
al
tavolino
di
quello
strano
signore
che
la
difendeva
,
mentre
tutti
gli
astanti
mostravano
solidarietà
col
vigile
.
Bartoni
si
accorse
allora
divertito
(
ma
non
troppo
)
che
la
pargoletta
aveva
fatto
scomparire
dal
piattino
le
cinquemila
lire
che
lui
aveva
lasciate
di
mancia
.
Lo
fece
notare
al
vigile
,
il
quale
ribatté
imperturbabile
:
"
Signore
,
quel
denaro
era
res
nullius
.
"
Bartoni
non
poté
celare
una
esterrefatta
ammirazione
ed
esclamò
:
"
Ma
guarda
che
vigile
colto
!
Comunque
quel
denaro
non
era
affatto
res
nullius
.
Era
del
cameriere
.
"
"
Signore
,
mi
permetta
di
farle
notare
che
il
cameriere
per
ora
non
l
'
aveva
visto
e
non
sapeva
nemmeno
che
esistesse
.
Dunque
non
poteva
essere
suo
.
Vieni
,
mocciosa
,
andiamo
dalla
mamma
.
"
E
,
prima
che
Bartoni
potesse
riprendersi
dallo
stupore
destato
in
lui
da
quella
ferrea
logica
,
il
vigile
e
la
bambina
erano
già
lontani
.
Ma
in
quel
mentre
arrivò
correndo
a
perdifiato
un
altro
personaggio
.
Era
un
signore
piccolo
,
grasso
,
dall
'
aria
insignificante
,
che
sudava
e
gridava
:
eccomi
,
eccomi
qui
!
Si
fermò
raggiante
davanti
a
Bartoni
e
a
Chicco
ed
esclamò
con
tono
rassicurante
:
"
Eccomi
qui
finalmente
,
sono
arrivato
!
"
Bartoni
e
Chicco
si
guardavano
con
aria
interrogativa
,
ciascuno
pensando
che
l
'
altro
sapesse
.
Poi
all
'
unisono
chiesero
:
"
Ma
lei
chi
è
?
"
"
Che
domande
.
Sono
quello
che
aspettate
.
"
"
Quello
che
aspettiamo
?
E
come
si
chiama
?
"
"Godot."
"
Godò
?
"
fece
Chicco
storcendo
il
naso
.
"
Mai
sentito
nominare
.
"
Bartoni
invece
l
'
aveva
sentito
nominare
,
eccome
.
Certamente
era
stupito
.
Eppure
più
che
dalla
meraviglia
era
colpito
da
una
piuttosto
cocente
delusione
.
Ma
come
?
Quello
scialbo
,
insulso
,
banale
omiciattolo
era
il
famoso
Godot
,
quello
che
lui
e
tanti
altri
avevano
aspettato
per
tutta
la
vita
?
Ebbe
improvvisa
la
rivelazione
di
uno
stupido
errore
commesso
.
E
ora
come
farò
,
si
domandava
smarrito
,
ora
che
ho
scoperto
tutto
,
ora
che
mi
mancherà
il
Godot
delle
mie
lunghe
fantasticherie
?
Forse
lui
,
dopo
tutto
,
lo
sa
:
bisogna
chiederlo
proprio
a
lui
.
Ma
Godot
già
si
allontanava
veloce
e
agile
tra
la
folla
.
Di
scatto
Bartoni
si
alzò
e
si
mise
a
rincorrerlo
,
seguito
per
inerzia
da
Chicco
:
"
Godot
,
Godot
,
si
fermi
,
per
favore
,
aspetti
!
"
Chicco
dal
canto
suo
correva
gridando
:
"
Godò
,
si
fermi
.
Così
ci
rovina
il
palinsesto
!
"
Intanto
era
sbucata
di
nuovo
,
da
una
via
laterale
,
la
donna
dalla
lunga
sottana
e
dietro
di
lei
,
sempre
correndo
e
gridando
fra
l
'
indifferenza
generale
,
la
derubata
;
infine
il
vigile
con
la
bambina
al
guinzaglio
.
Il
tutore
dell
'
ordine
si
fermò
un
momento
al
solito
tavolino
per
chiedere
notizie
e
,
visto
che
i
due
non
c
'
erano
più
,
proseguì
l
'
inseguimento
.
Il
cameriere
,
richiamato
dal
trambusto
,
era
uscito
sulla
soglia
,
e
per
forza
di
abitudine
,
aveva
dato
uno
sguardo
al
piattino
:
era
vuoto
.
Infatti
la
bambina
aveva
fatto
a
tempo
ad
afferrare
con
incredibile
destrezza
le
seconde
cinquemila
lire
,
che
Bartoni
,
sorridendo
amaramente
,
aveva
tirato
fuori
dopo
la
prima
sparizione
.
Il
commento
del
cameriere
fu
:
"
Ma
guarda
un
po
'
questi
intellettuali
.
Sempre
tirchi
.
Non
ti
lasciano
nemmeno
una
lira
.
"
9
.
La
vita
non
è
sogno
Bartoni
girellava
pensoso
nella
sua
poco
attraente
e
anonima
periferia
e
andava
rimuginando
sugli
strani
avvenimenti
di
quella
mattinata
.
Li
aveva
vissuti
davvero
,
o
era
stato
solo
un
sogno
?
Ma
che
domande
banali
e
trite
!
Da
che
mondo
è
mondo
miriadi
di
scrittori
,
poeti
,
filosofi
hanno
fatto
a
gara
a
osservare
sospirosamente
-
ripetendosi
quasi
senza
pudore
-
che
la
nostra
vita
si
svolge
come
in
sogno
!
Anche
un
impiegato
del
catasto
poteva
tirare
fuori
decine
di
quelle
citazioni
,
che
sembrano
così
profonde
e
commoventi
e
poi
...
lasciano
il
tempo
che
trovano
.
Gli
piaceva
piuttosto
ricordare
un
detto
di
Giraudoux
,
che
aveva
letto
da
qualche
parte
:
"
Il
plagio
è
la
base
di
tutte
le
letterature
,
eccettuata
la
prima
,
peraltro
ignota
"
.
E
poi
la
metafora
del
sogno
è
affascinante
,
certo
,
ma
non
sostenibile
fino
in
fondo
,
come
ognuno
ben
sa
.
Bisogna
ragionare
e
distinguere
.
È
vero
che
il
vissuto
della
realtà
giornaliera
e
quello
del
sogno
hanno
spesso
caratteristiche
fenomenologiche
molto
simili
o
addirittura
identiche
.
Tuttavia
l
'
avere
alcune
caratteristiche
comuni
non
significa
,
come
è
ovvio
,
che
due
cose
siano
in
tutto
eguali
.
Quello
che
chiamiamo
"
realtà
"
è
un
testo
che
viene
scritto
-
o
meglio
,
che
si
lascia
leggere
-
con
una
sintassi
ben
diversa
rispetto
a
quella
del
sogno
;
e
chiunque
li
sa
distinguere
.
Lo
stesso
Calderón
de
la
Barca
nel
suo
celebre
La
vida
es
sue
fio
termina
la
seconda
giornata
con
le
parole
:
"
toda
la
vida
es
suefio
y
los
suefios
suenos
son
"
.
Tutta
la
vita
è
sogno
,
sì
,
ma
i
sogni
rimangono
sogni
!
Tanto
è
vero
che
,
mentre
siamo
di
solito
molto
curiosi
di
conoscere
i
fatti
dei
nostri
simili
e
di
sapere
come
"
realmente
sono
andate
le
cose
"
,
i
sogni
degli
altri
spesso
ci
annoiano
.
Non
ci
riguardano
;
e
la
suddetta
mancanza
di
una
riconoscibile
sintassi
li
rende
anche
ben
diversi
dai
romanzi
e
dalle
favole
che
a
volte
ci
dilettiamo
a
leggere
,
ansiosi
di
sapere
come
va
a
finire
.
Chiaramente
se
n
'
è
accorto
il
Della
Casa
,
quando
scrive
(
Galateo
)
:
"
Male
fanno
ancora
quelli
,
che
tratto
tratto
si
pongono
a
recitar
i
sogni
loro
con
tanta
affezione
e
facendone
sì
gran
maraviglia
,
che
è
uno
isfinimento
di
cuore
sentirli
"
.
Esperienza
frequentissima
di
tutti
noi
!
In
fondo
,
anche
l
'
assimilazione
di
una
vita
umana
al
sogno
piuttosto
che
alla
realtà
dipende
solo
dalla
disposizione
di
chi
parla
o
scrive
,
dalla
sua
interiorità
,
dal
voler
privilegiare
le
circostanze
esistenziali
rispetto
alla
questione
della
sintassi
.
Perché
Leopardi
sussurra
a
Silvia
:
"
come
un
sogno
fu
la
tua
vita
"
?
Che
ne
sa
lui
?
È
lui
che
la
sogna
e
la
vede
passare
in
questo
mondo
rapida
,
con
il
perpetuo
canto
,
con
la
mano
veloce
che
si
affatica
a
percorrere
la
tela
.
Non
ci
addentreremo
certo
nelle
varie
"
teorie
"
dei
sogni
come
:
scarica
di
impulsi
repressi
-
sessuali
e
non
-
,
desideri
insoddisfatti
,
espressioni
simboliche
,
pure
ripetizioni
dei
vissuti
della
veglia
,
e
chi
più
ne
ha
più
ne
metta
.
Quanto
tali
congetture
siano
fondate
e
illuminanti
non
è
cosa
che
qui
ci
concerna
e
noi
non
siamo
chiamati
a
pronunciarci
sulla
loro
attendibilità
.
Diremo
soltanto
che
,
proprio
perché
i
vissuti
sono
gli
stessi
e
solo
la
sintassi
è
diversa
,
possiamo
concludere
che
la
distinzione
fra
il
sogno
e
la
vita
che
chiamiamo
"
reale
"
c
'
è
certamente
,
sia
pure
in
via
di
definizione
convenzionale
.
Indubbiamente
una
tale
distinzione
è
essenziale
per
giustificare
l
'
intenzionalità
delle
nostre
azioni
,
il
loro
progetto
,
la
loro
concatenazione
,
il
loro
successo
.
Nel
sogno
ci
sono
ben
poche
intenzionalità
e
concatenazioni
logiche
(
se
pure
in
qualche
misura
ci
sono
)
.
Ma
perché
mai
quello
che
è
così
importante
per
il
nostro
agire
dovrebbe
proprio
incidere
anche
sul
nostro
immaginare
,
sul
nostro
proiettarsi
all
'
esterno
per
esprimersi
,
magari
in
quel
modo
che
chiamiamo
artistico
?
Sembra
una
costrizione
artificiosa
.
Come
non
comprendere
e
non
giustificare
il
desiderio
di
evadere
da
tale
costrizione
?
Quel
desiderio
c
'
è
,
c
'
è
sempre
stato
e
si
è
manifestato
in
tanti
modi
.
"
Je
crois
à
la
résolution
future
de
ces
deux
états
,
en
apparence
si
contradictoires
,
que
sont
le
rêve
et
la
réalité
,
en
une
sorte
de
réalité
absolue
,
de
surréalité
,
si
l
'
on
peut
ainsi
dire
"
[
"
Io
credo
alla
risoluzione
futura
di
questi
due
stati
,
in
apparenza
così
contraddittori
,
che
sono
il
sogno
e
la
realtà
,
in
una
sorta
di
realtà
assoluta
,
di
surrealtà
,
se
così
si
può
dire
"
]
.
Così
scriveva
Breton
nel
primo
manifesto
del
surrealismo
.
Certo
qualcuno
osserverà
pedantemente
che
il
surrealismo
è
datato
.
E
che
vuol
dire
?
Tutto
è
datato
in
questo
mondo
,
anche
noi
siamo
datati
.
Quello
che
importa
sapere
è
se
quel
desiderio
di
evasione
che
portò
al
surrealismo
ebbe
e
ha
tuttora
le
sue
ragioni
.
Le
ha
.
A
proposito
dello
strano
dialogo
che
si
era
svolto
fra
Bartoni
e
Chicco
,
è
suggestivo
ricordare
che
nel
citato
manifesto
Breton
così
si
esprime
(
e
ora
sarebbe
pedante
riportarlo
in
francese
)
:
"
È
ancora
al
dialogo
che
le
forme
del
linguaggio
surrealista
si
adattano
meglio
.
In
esso
due
pensieri
si
affrontano
;
mentre
l
'
uno
si
porge
,
l
'
altro
si
occupa
di
esso
,
ma
come
se
ne
occupa
?
Supporre
che
lo
incorpori
sarebbe
ammettere
che
per
un
certo
tempo
gli
sia
possibile
vivere
tutto
intero
in
quell
'
altro
pensiero
,
ciò
che
è
sommamente
improbabile
[...]
.
La
mia
attenzione
[...]
tratta
il
pensiero
avversario
,
come
nemico
:
nella
conversazione
corrente
,
lo
'
riprende
'
quasi
sempre
sulle
parole
,
sulle
figure
di
cui
si
serve
;
mi
mette
in
grado
di
trarne
partito
nella
replica
snaturandole
"
.
Tutto
questo
certamente
non
è
datato
e
rimane
invece
attualissimo
.
Quante
volte
,
vuoi
nell
'
animata
tavola
rotonda
politica
in
televisione
,
vuoi
nella
conversazione
fra
amici
,
gl
'
interlocutori
dovrebbero
rendersi
conto
che
stanno
sviluppando
un
happening
surrealista
!
Ma
un
simile
sospetto
nemmeno
li
sfiora
.
Stanno
bucando
a
grandi
colpi
la
realtà
,
credendo
di
avere
i
piedi
ancora
posati
sulla
terra
.
Ma
torniamo
al
nostro
assunto
principale
.
Non
poco
dell
'
eredità
surrealista
viene
raccolta
da
Beckett
e
in
genere
dal
teatro
dell
'
assurdo
.
Aspettando
Godot
,
con
il
dialogo
fra
Estragon
e
Vladimir
,
come
pure
con
l
'
apparizione
di
Pozzo
che
tiene
Lucky
legato
al
guinzaglio
,
ci
ricorda
appunto
tante
situazioni
già
viste
e
non
viste
,
tante
parole
ascoltate
e
non
ascoltate
,
una
realtà
che
è
la
nostra
,
ma
non
esattamente
la
nostra
.
Ci
fa
quasi
sentire
rimorso
di
vivere
in
un
mondo
che
noi
chiamiamo
sensato
,
semplicemente
perché
gli
assegnamo
una
nostra
sintassi
.
Non
stiamo
forse
costringendo
il
mondo
e
noi
stessi
in
una
sorta
di
prigione
?
Perché
non
spiare
attraverso
la
nostra
stretta
finestra
lo
sconfinato
,
variegato
pullulare
di
tutti
i
mondi
possibili
?
Facciamo
attenzione
.
Nessuno
potrebbe
rivendicare
come
un
"
progresso
"
il
trasferimento
generalizzato
di
tutta
la
nostra
vita
nell
'
assurdo
.
Ci
condanneremmo
a
non
poter
agire
proficuamente
,
in
una
parola
,
all
'
annientamento
.
Eppure
è
certo
che
,
aprendo
la
mente
all
'
infinito
ventaglio
di
possibilità
da
noi
concepibili
,
anche
se
non
realizzate
,
arriviamo
ad
approfondire
la
conoscenza
di
noi
stessi
.
Sorprendiamo
in
noi
facoltà
insospettate
,
recessi
mai
abbastanza
esplorati
.
Inoltre
arricchiamo
-
e
forse
rendiamo
più
tollerabile
-
la
nostra
vita
,
accompagnandola
e
circondandola
con
quell
'
immenso
svolazzo
variopinto
di
tutti
i
mondi
assurdi
.
Il
razionale
è
certamente
il
pane
della
nostra
vita
;
senza
di
esso
moriremmo
.
Ma
l
'
assurdo
è
il
companatico
.
Se
non
vi
fosse
l
'
assurdo
,
la
vita
perderebbe
sapore
e
non
varrebbe
la
pena
di
essere
vissuta
.
In
un
certo
senso
sarebbe
come
trovarsi
al
di
dentro
del
meccanismo
di
un
orologio
.
Non
ci
resterebbe
che
aspettare
senza
alcuna
trepidazione
o
meraviglia
l
'
inesorabile
scorrere
dei
minuti
e
il
battere
delle
ore
.
I
film
che
non
di
rado
anche
i
registi
apprezzabili
ci
propinano
oggi
sembrano
avere
un
nucleo
più
o
meno
centrale
ragionevole
(
o
quasi
)
e
poi
tutto
un
contorno
assolutamente
assurdo
.
Nessuno
se
ne
cura
:
prima
di
tutto
perché
ciò
che
veramente
interessa
lo
spettatore
medio
è
quello
che
abbiamo
chiamato
il
nucleo
centrale
della
vicenda
;
in
secondo
luogo
perché
anche
chi
assume
un
atteggiamento
più
sensato
sa
bene
che
i
nuclei
centrali
della
vita
nuotano
sempre
in
un
mare
di
assurdo
.
Da
un
punto
di
vista
esistenziale
,
in
tutto
quello
che
intraprende
un
essere
umano
c
'
è
una
parte
di
razionale
e
una
buona
dose
di
assurdo
.
La
stessa
continua
scelta
di
quello
che
ci
sembra
proficuo
e
ragionevole
è
,
in
fondo
,
assurda
,
perché
prima
o
poi
,
qualunque
cosa
facciamo
o
non
facciamo
,
approderemo
inesorabilmente
allo
scacco
finale
.
La
soddisfacente
propagazione
dei
nostri
geni
è
un
fine
giustamente
perseguito
dalla
natura
.
Ma
in
che
modo
riguarda
veramente
noi
e
il
nostro
intimo
?
Tutto
questo
ragionamento
attorno
all
'
assurdo
ha
certamente
del
vero
;
ma
guardiamoci
dal
dargli
una
sopravvalutazione
addirittura
ontologica
,
che
non
può
proprio
sostenere
.
"
Credo
quia
absurdum
"
è
affermazione
...
assurda
,
perché
è
intesa
a
inquadrare
in
quella
stessa
sintassi
,
della
quale
noi
ci
serviamo
per
parlare
di
ciò
che
chiamiamo
"
reale
"
,
concetti
che
invece
le
sono
assolutamente
refrattari
.
È
solo
un
solenne
pasticcio
.
10
.
Il
mezzo
è
ambiente
E
perché
poi
Chicco
-
e
un
'
infinita
turba
di
sciocchi
,
ma
anche
di
non
sciocchi
,
con
lui
-
parla
in
quel
modo
?
Qual
è
la
spiegazione
di
quel
pullulare
di
fastidiosi
linguaggi
,
come
il
burocratese
,
il
politichese
,
il
televisese
(
ma
anche
il
culturese
)
,
che
inesorabilmente
ci
perseguitano
?
Perché
si
affermano
tutte
quelle
squallide
parole
e
frasi
fatte
,
che
non
vogliono
dir
nulla
,
o
addirittura
significano
il
contrario
di
quello
che
vorrebbero
?
Perché
tutti
quegl
'
insulsi
riempitivi
del
discorso
?
Bisogna
forse
cominciare
col
distinguere
i
vari
individui
e
le
varie
situazioni
.
Prendiamo
,
per
esempio
,
il
burocratese
.
Esso
,
anche
se
è
diventato
particolarmente
insopportabile
ai
giorni
nostri
,
ha
origini
e
motivazioni
che
vengono
da
ben
lontano
.
Infatti
esso
ha
certamente
molto
in
comune
col
linguaggio
ieratico
.
Quello
che
viene
dall
'
alto
ed
è
pronunciato
in
nome
di
un
'
indiscussa
autorità
suprema
non
può
essere
rivestito
delle
usuali
parole
del
volgo
profano
.
Far
parlare
quell
'
autorità
come
parlano
i
comuni
mortali
sarebbe
quasi
una
mancanza
di
rispetto
.
Scherza
coi
fanti
,
ma
lascia
stare
i
santi
.
Naturalmente
una
volta
si
trattava
quasi
esclusivamente
delle
parole
di
Dio
e
dei
suoi
sacerdoti
.
Ma
bisogna
riconoscere
che
in
questo
campo
-
almeno
nella
religione
cattolica
-
si
sono
fatti
molti
passi
avanti
.
L
'
abbandono
del
latino
,
che
tuttora
non
pochi
deplorano
,
si
è
reso
necessario
semplicemente
perché
esso
non
era
più
soltanto
una
lingua
ieratica
,
ma
era
diventato
una
lingua
assolutamente
incomprensibile
per
la
stragrande
maggioranza
dei
fedeli
!
E
giustamente
si
è
voluto
che
per
essi
la
trasmissione
di
un
messaggio
di
elevatissimo
contenuto
morale
non
si
riducesse
alla
pura
emissione
di
suoni
senza
senso
.
Certo
non
è
detto
che
all
'
orante
sia
sempre
sgradita
l
'
emissione
di
suoni
senza
senso
:
a
volte
ha
una
funzione
altamente
consolante
anche
quella
.
In
tutte
le
religioni
esistono
formule
assolutamente
prive
di
senso
,
che
vengono
ripetute
con
grande
fiducia
da
tutti
i
fedeli
in
coro
.
E
del
resto
non
è
affatto
sicuro
che
il
fedele
,
anche
quando
vuoi
capire
qualcosa
di
quello
che
gli
viene
dall
'
alto
,
desideri
intendere
proprio
tutto
...
Anzi
,
a
volte
la
sua
concezione
del
"
sacro
"
esige
proprio
il
contrario
.
È
nota
la
storiella
del
buon
villico
che
,
tornato
dalla
messa
celebrata
dal
nuovo
parroco
del
paese
,
fu
interrogato
sull
'
impressione
che
gli
aveva
fatto
la
predica
di
quel
personaggio
.
Non
mi
è
piaciuta
,
disse
candidamente
:
si
è
capito
tutto
!
Oggi
le
cose
sono
alquanto
cambiate
,
non
tanto
perché
le
religioni
stesse
siano
sentite
in
modo
diverso
da
una
volta
-
il
che
ci
sembra
innegabile
-
ma
anche
perché
sono
nati
e
si
sono
rafforzati
gli
stati
laici
.
Ormai
la
suprema
autorità
che
tutti
devono
riconoscere
è
quella
dello
stato
,
che
inesorabile
insegue
ognuno
di
noi
con
documenti
,
identificazioni
,
certificazioni
,
notificazioni
,
assolutamente
indispensabili
per
vivere
.
Anche
quando
non
si
tratta
di
un
"
Grande
Fratello
"
,
è
sempre
lui
che
ci
dà
il
diritto
di
nascere
,
di
morire
,
di
esistere
,
di
possedere
,
che
ci
provvede
dei
necessari
trasporti
,
delle
cure
sanitarie
,
delle
protezioni
(
o
persecuzioni
)
poliziesche
.
Con
lo
stato
non
si
scherza
;
e
per
questo
non
si
può
parlare
la
lingua
volgare
di
tutti
i
giorni
.
I
suoi
biglietti
non
si
timbrano
,
bensì
si
obliterano
,
i
suoi
treni
non
effettuano
servizio
viaggiatori
,
ma
lo
disimpegnano
(
forse
andando
a
ritirarlo
al
Monte
di
Pietà
)
;
e
così
via
,
con
un
ormai
lunghissimo
e
tedioso
elenco
,
noto
a
tutti
.
Ma
,
intendiamoci
,
lo
stato
si
comporta
anche
da
padre
pietoso
,
preoccupato
di
risparmiare
umiliazioni
terminologiche
ai
suoi
sudditi
meno
fortunati
:
ed
ecco
così
i
"
non
vedenti
"
,
i
"
non
udenti
"
,
i
"
non
deambulanti
"
.
Aspettiamo
da
un
momento
all
'
altro
anche
i
"
non
pensanti
"
.
Per
quanto
riguarda
il
politichese
,
in
gran
parte
le
cause
sono
simili
a
quelle
elencate
per
il
linguaggio
ieratico
e
per
il
burocratese
.
Anche
il
politichese
è
un
linguaggio
ieratico
,
in
cui
la
supposta
magia
della
formula
pretende
eludere
-
e
in
parte
,
diciamo
la
verità
,
ci
riesce
-
la
mancanza
di
qualsiasi
riferimento
a
concreti
provvedimenti
o
ad
azioni
da
intraprendere
.
Il
messaggio
unico
,
essenziale
,
che
l
'
uditore
deve
percepire
,
è
:
votate
per
me
e
sostenetemi
al
governo
;
tutto
il
resto
conta
ben
poco
.
Ma
il
linguaggio
involuto
,
incomprensibile
,
del
politico
ha
il
vantaggio
di
lasciare
la
porta
aperta
a
ogni
possibile
cambio
di
direzione
nel
prossimo
futuro
;
oppure
-
e
soprattutto
-
all
'
assoluta
mancanza
di
direzione
.
Non
tutti
gli
uomini
pubblici
sono
così
sprovveduti
come
si
dice
:
invece
molti
politici
conoscono
bene
l
'
efficacia
di
parlare
in
un
certo
modo
.
Di
sfuggita
abbiamo
accennato
anche
al
culturese
.
Non
vogliamo
assolutamente
inoltrarci
nella
sua
stupida
e
abusata
convenzionalità
.
Eppure
...
come
rinunciare
a
nominare
almeno
l
'
insopportabile
chiave
di
lettura
?
Davvero
si
legge
con
le
chiavi
?
Tornando
al
nostro
argomento
generale
,
bisogna
tener
conto
del
fatto
che
tutti
muoiono
dalla
voglia
di
esprimersi
,
di
parlare
o
di
scrivere
;
ma
si
vergognano
di
usare
una
lingua
semplice
,
non
artefatta
,
per
il
timore
di
apparire
banali
e
non
à
la
page
.
Ed
è
spesso
questo
timore
che
li
spinge
a
imbarcarsi
in
imprese
più
grandi
di
loro
,
per
le
quali
non
sono
affatto
preparati
.
Fatto
sta
che
parlare
o
scrivere
bene
è
difficilissimo
.
Rendere
chiaramente
un
pensiero
con
parole
essenziali
e
frasi
brevi
è
un
compito
quanto
mai
arduo
,
che
costa
tempo
,
fatica
e
lungo
esercizio
.
Splendida
l
'
uscita
di
Pascal
(
Les
provinciales
)
,
che
si
scusava
di
aver
fatto
una
lettera
troppo
lunga
,
soltanto
perché
non
aveva
avuto
il
tempo
di
farla
più
corta
!
Naturalmente
è
inutile
ripetere
per
l
'
ennesima
volta
che
,
almeno
per
quanto
riguarda
lo
sviluppo
della
capacità
di
esprimersi
in
quel
modo
,
la
nostra
scuola
è
un
fallimento
.
Viene
il
sospetto
-
o
più
che
il
sospetto
-
che
a
volte
proprio
essa
insegni
a
usare
come
indispensabili
i
paroloni
e
i
periodoni
.
Chi
non
ricorda
la
sofferenza
dello
scolaro
che
,
prima
di
consegnare
il
compito
scritto
di
quella
materia
che
viene
chiamata
italiano
,
si
accorge
di
aver
compilato
soltanto
due
paginette
?
(
Ma
,
a
proposito
,
che
c
'
entra
in
questo
l
'
italiano
?
In
tedesco
o
in
arabo
non
sarebbe
lo
stesso
?
)
E
chi
teme
di
non
riuscire
a
fare
abbastanza
periodoni
,
infarcisce
il
suo
elaborato
di
riempitivi
.
Non
sa
che
la
vera
arte
di
scrivere
sta
nel
saper
sintetizzare
,
anziché
nell
'
espandere
.
Ma
veniamo
ora
al
televisese
,
al
linguaggio
di
Chicco
e
di
tanti
nostri
concittadini
.
Su
di
esso
vale
la
pena
di
soffermarci
(
un
attimino
,
naturalmente
)
:
nonostante
che
tanto
sia
stato
già
detto
-
a
proposito
e
a
sproposito
-
sull
'
argomento
,
forse
ci
sono
ancora
cose
di
un
certo
interesse
da
aggiungere
.
Come
è
noto
,
il
sociologo
canadese
McLuhan
ha
espresso
a
proposito
dei
mezzi
di
comunicazione
di
massa
(
e
diciamo
pure
"
media
"
,
ma
non
l
'
orrendo
midia
!
)
l
'
opinione
che
"
il
mezzo
è
il
messaggio
"
.
Ebbene
,
se
è
davvero
così
,
prepariamoci
e
smettiamo
di
lamentarci
.
Dobbiamo
far
di
necessità
virtù
e
abituarci
.
Oggi
le
grandi
masse
,
ma
soprattutto
i
giovani
,
sono
facilmente
indotti
a
credere
che
solo
in
quel
modo
si
possa
trasmettere
un
messaggio
,
o
meglio
che
per
chi
vive
da
contemporaneo
nel
mondo
contemporaneo
non
ci
sia
altro
messaggio
da
trasmettere
all
'
infuori
di
quello
.
E
il
messaggio
,
proprio
allo
scopo
di
creare
o
preservare
un
'
identità
di
massa
,
vale
a
dire
allo
scopo
di
non
sentirsi
estranei
,
va
trasmesso
in
quelle
forme
.
Ma
forse
c
'
è
qualcosa
di
più
e
di
diverso
da
dire
.
L
'
uomo
non
vive
mai
isolato
nel
nulla
,
ma
vive
in
un
ambiente
.
Anzi
il
nulla
gli
fa
orrore
e
l
'
ambiente
gli
è
necessario
,
non
solo
per
provvedere
ai
suoi
bisogni
materiali
,
ma
anche
per
fornire
una
base
psicologica
alla
sua
identità
.
Per
essere
e
sentirsi
qualcuno
è
necessario
percepire
se
stesso
come
essere
umano
in
un
dato
ambiente
.
Del
resto
con
nessuno
sforzo
d
'
immaginazione
si
riesce
a
intuire
che
cosa
potremmo
essere
,
se
fossimo
privi
di
ambiente
.
Domandiamoci
ora
:
che
cos
'
è
l
'
ambiente
?
Di
solito
si
pensa
che
esso
sia
il
mondo
materiale
e
umano
che
ci
sta
attorno
.
Questo
è
giusto
,
ma
non
è
tutto
.
Per
vederci
più
chiaro
ricorriamo
a
qualche
esempio
.
Supponiamo
che
io
sia
malfermo
di
gambe
e
che
pertanto
ricorra
a
un
bastone
.
Dove
lo
trovo
un
bastone
?
Nell
'
ambiente
circostante
,
sia
che
raccolga
un
ramo
di
albero
,
sia
che
mi
rechi
da
un
venditore
di
bastoni
.
Dunque
il
bastone
fa
parte
dell
'
ambiente
;
ma
è
molto
diversa
la
funzione
del
bastone
da
quella
delle
mie
gambe
?
Forse
è
azzardato
dirlo
.
Supponiamo
ora
che
io
sia
meno
fortunato
e
che
,
essendomi
rotto
una
gamba
,
sia
costretto
a
ricorrere
a
una
clinica
ortopedica
,
nella
quale
mi
sostituiscono
un
pezzo
d
'
osso
con
un
materiale
artificiale
.
Quel
materiale
fa
ancora
parte
dell
'
ambiente
?
Per
quale
magia
ne
sarebbe
escluso
,
venendo
a
far
parte
di
me
stesso
,
come
le
mie
gambe
?
È
abbastanza
chiaro
ora
dove
andiamo
a
parare
,
pensando
a
protesi
sempre
più
importanti
,
alla
sostituzione
di
valvole
cardiache
,
a
tutto
un
cuore
o
ad
altri
organi
artificiali
.
E
per
chi
vive
dentro
un
tubo
metallico
che
lo
fa
respirare
artificialmente
,
il
tubo
non
è
ambiente
anch
'
esso
?
Per
questa
strada
si
arriva
facilmente
a
pensare
che
il
nostro
stesso
corpo
,
con
parti
vuoi
naturali
,
vuoi
artificiali
,
faccia
parte
dell
'
ambiente
in
cui
viviamo
.
Anzi
saremo
più
audaci
e
affermeremo
tout
court
che
il
nostro
primo
ambiente
siamo
noi
stessi
.
Quello
che
chiamiamo
il
nostro
corpo
è
il
nostro
primo
ambiente
.
Ma
,
a
scanso
di
equivoci
,
affrettiamoci
subito
a
dire
che
non
intendiamo
affatto
risuscitare
l
'
antico
dualismo
,
per
cui
noi
siamo
composti
di
anima
e
di
corpo
,
affermando
che
la
prima
abita
in
qualche
modo
nel
secondo
.
No
,
il
nostro
assunto
è
diverso
:
vogliamo
dire
che
l
'
essere
umano
è
un
tutto
che
ha
due
aspetti
inseparabili
,
due
punti
di
vista
dai
quali
può
essere
considerato
.
Quello
che
chiamiamo
ambiente
è
un
aspetto
della
sua
stessa
personalità
e
della
sua
identità
.
Oggi
si
parla
con
grande
interesse
-
e
spesso
con
grande
apprensione
-
della
possibilità
di
modificare
il
nostro
corpo
e
quindi
di
modificare
noi
stessi
.
In
realtà
non
c
'
è
nulla
di
concettualmente
nuovo
se
non
il
grado
in
cui
ci
valiamo
e
ancor
più
ci
varremo
di
questa
possibilità
.
E
la
continuazione
sempre
più
incisiva
di
una
vecchissima
impresa
.
L
'
uomo
ha
cominciato
a
modificare
se
stesso
quando
si
è
dato
a
trasformare
il
suo
ambiente
.
Quando
,
una
volta
ideato
il
linguaggio
simbolico
e
domato
il
fuoco
,
è
arrivato
(
nel
neolitico
)
a
domesticare
gli
animali
,
a
coltivare
i
campi
,
a
costruire
le
case
,
le
città
,
a
darsi
le
relazioni
e
le
istituzioni
sociali
,
ha
certo
modificato
in
modo
possente
l
'
ambiente
,
ma
allo
stesso
tempo
ha
generato
un
nuovo
tipo
di
uomo
,
assolutamente
sconosciuto
ai
suoi
predecessori
.
Si
è
dato
una
nuova
identità
.
Naturalmente
trasformazioni
di
quel
tipo
,
in
misura
maggiore
o
minore
,
si
sono
verificate
nel
corso
di
tutta
la
storia
seguente
.
Ma
forse
non
esageriamo
affermando
che
mai
sono
avvenute
nella
misura
che
oggi
abbiamo
dinanzi
agli
occhi
.
Rinunciando
alle
abbastanza
insulse
previsioni
sul
terzo
millennio
-
che
oggi
vanno
tanto
di
moda
e
che
probabilmente
sono
tutte
sbagliate
-
guardiamoci
attorno
al
tempo
presente
.
Basta
pensare
che
le
facoltà
naturali
del
nostro
corpo
sono
aumentate
a
dismisura
.
Prima
di
tutto
le
difese
contro
i
microaggressori
che
vengono
dall
'
esterno
sono
oggi
diventate
formidabili
(
anche
se
i
soliti
sciocchi
vogliono
tutto
e
subito
e
continuano
a
lamentarsi
della
inadeguatezza
della
scienza
attuale
)
.
In
secondo
luogo
la
mobilità
che
ci
era
stata
garantita
dalle
gambe
oggi
fa
ridere
.
A
proposito
,
quale
guidatore
non
sente
l
'
automobile
come
parte
del
suo
corpo
?
E
lo
specchietto
retrovisore
non
fa
,
sia
pure
all
'
indietro
,
esattamente
quello
che
fanno
i
nostri
occhi
?
Ma
davvero
tutto
quello
è
solo
ambiente
?
Tuttavia
è
innegabile
che
le
cose
più
strabilianti
sono
venute
e
stanno
venendo
dalla
parte
dei
mezzi
di
massa
e
dall
'
informatica
.
Fanno
scorrere
fiumi
di
parole
e
d
'
inchiostro
coloro
che
parlano
di
quei
mezzi
e
soprattutto
della
televisione
.
Non
si
tratta
solo
del
problema
dei
bambini
(
i
quali
,
senza
dubbio
,
vanno
cautamente
protetti
da
diseducative
e
spesso
ignobili
suggestioni
)
,
ma
anche
degli
adulti
,
che
in
media
passano
ore
e
ore
alla
televisione
.
Non
intendiamo
qui
fare
i
moralisti
a
buon
mercato
e
solo
deplorare
.
Cerchiamo
soltanto
di
prendere
atto
di
quello
che
è
avvenuto
e
delle
sue
inevitabili
conseguenze
.
Una
volta
s
'
imparava
a
parlare
dalla
famiglia
,
dalla
scuola
e
dalle
relazioni
sociali
.
In
altre
parole
,
s
'
imparava
dall
'
ambiente
nel
quale
si
cresceva
.
Oggi
s
'
impara
dalla
televisione
,
perché
la
televisione
è
ambiente
.
Ma
lasciamo
stare
le
lamentele
più
o
meno
filologiche
e
destinate
a
estinguersi
di
chi
è
stato
(
se
non
altro
,
per
ragioni
di
età
)
educato
in
modo
ben
diverso
.
Non
fingiamo
d
'
ignorare
che
l
'
ambiente
è
parte
dell
'
identità
dell
'
essere
umano
!
È
per
questo
che
voler
costringere
l
'
uomo
comune
a
parlare
una
lingua
diversa
dal
televisese
è
come
costringerlo
a
privarsi
di
una
parte
della
sua
identità
.
È
quasi
una
crudeltà
inutile
.
E
come
costringere
un
orso
ad
andare
in
bicicletta
in
un
circo
,
un
gatto
ad
abbaiare
,
una
rondine
a
non
fare
il
nido
.
L
'
ascolto
della
televisione
-
anzi
spesso
il
mero
rumore
della
televisione
accesa
-
è
come
il
nido
che
dà
a
tanti
un
senso
di
sicurezza
,
la
riprova
di
essere
se
stessi
e
di
essere
a
casa
.
Mille
esempi
potrebbero
suffragare
l
'
opinione
che
l
'
ambiente
è
parte
essenziale
e
irrinunciabile
della
nostra
identità
.
Se
ne
accorge
amaramente
Mattia
Pascal
di
Pirandello
,
che
,
illusosi
di
essere
ufficialmente
scomparso
per
sempre
e
di
essere
diventato
veramente
Adriano
Meis
,
scopre
che
nel
nuovo
ambiente
non
gli
è
concesso
in
nessun
modo
di
vivere
.
Pentito
,
tenta
di
tornare
indietro
,
ma
non
gli
è
permesso
nemmeno
di
riacquistare
l
'
identità
di
Mattia
Pascal
,
semplicemente
perché
l
'
ambiente
che
aveva
lasciato
non
è
più
quello
;
fra
l
'
altro
la
moglie
si
è
risposata
.
Qual
è
allora
la
vera
identità
di
quel
povero
essere
umano
?
Ma
torniamo
al
televisese
.
Prima
di
tutto
è
difficile
ignorare
quel
pullulare
di
parole
inglesi
-
e
non
inglesi
-
smozzicate
e
mal
pronunciate
,
che
caratterizza
l
'
espressione
verbale
dei
cosiddetti
giovani
d
'
oggi
(
i
quali
spesso
non
sono
nemmeno
giovani
)
.
Forse
è
un
po
'
da
miopi
ribellarsi
a
questo
fenomeno
;
non
stiamo
noi
oggi
assistendo
allo
stabilirsi
di
una
specie
di
koiné
mondiale
?
Ora
,
a
parte
qualsiasi
considerazione
estetica
-
che
allo
stato
attuale
sarebbe
soltanto
disastrosa
,
in
quanto
si
sa
che
i
gusti
possono
cambiare
-
non
ha
essa
il
sicuro
merito
di
essere
appunto
una
lingua
comune
?
È
troppo
presto
per
pronunciarsi
;
tuttavia
non
dimentichiamo
che
spesso
la
lingua
elegante
di
oggi
è
scaturita
dalla
lingua
errata
e
volgare
(
ma
vivacemente
espressiva
)
di
ieri
.
Tuttavia
c
'
è
anche
un
altro
fenomeno
importante
da
segnalare
.
Il
televisese
comincia
ad
abbondare
,
non
solo
nella
lingua
dei
cosiddetti
sciocchi
e
ignoranti
,
ma
si
sta
insinuando
inesorabile
anche
nell
'
espressione
di
parlatori
e
scrittori
colti
.
Sta
persino
forzando
la
penna
dei
migliori
e
più
forbiti
giornalisti
.
È
una
penetrazione
subdola
,
perché
basata
su
locuzioni
che
,
pur
non
essendo
necessariamente
errate
,
andrebbero
usate
solo
quando
aderiscono
perfettamente
al
pensiero
che
si
vuole
esprimere
.
Oggi
invece
non
è
così
:
esse
stanno
acquistando
una
fastidiosa
frequenza
in
contesti
nei
quali
non
tornano
affatto
a
pennello
,
ingenerando
non
solo
tolleranza
,
ma
addirittura
abitudine
.
Ne
abbiamo
già
dato
qualche
esempio
con
:
"
esatto
"
,
"
nei
confronti
di
"
,
"
essere
raggiunto
da
un
provvedimento
"
,
"
consentire
"
,
"
fare
un
gran
parlare
"
,
"
mettere
in
ginocchio
"
,
"
basso
profilo
"
,
"
buon
giorno
e
buona
giornata
"
,
"
così
tanto
"
,
"
in
buona
sostanza
"
;
e
mille
altri
ne
potremmo
aggiungere
,
come
è
ben
noto
a
tutti
.
In
quei
casi
non
si
tratta
affatto
di
sacrificare
l
'
eleganza
allo
scopo
supremo
di
riuscire
un
giorno
a
conquistare
una
koiné
mondiale
.
Si
tratta
invece
di
creare
agli
ascoltatori
italiani
un
ambiente
confusionario
e
di
cattivo
gusto
,
dal
quale
usciranno
inesorabilmente
plasmati
.
A
proposito
di
koiné
falsa
e
buffonesca
,
è
difficile
tacere
di
alcuni
autentici
mostri
che
hanno
preso
dimora
stabile
fra
noi
,
come
se
realmente
esistessero
al
di
fuori
dei
nostri
confini
,
con
quei
significati
che
noi
-
e
soltanto
noi
!
-
gli
attribuiamo
:
esempio
tipico
è
il
"
pullman
"
.
(
George
Pullman
era
semplicemente
quel
signore
che
alla
fine
dell
'
Ottocento
inventò
le
carrozze
ferroviarie
lussuose
e
con
letti
,
carrozze
che
da
lui
presero
il
nome
.
)
11
.
Aspettando
Quanto
al
Godot
di
Beckett
,
egli
rappresentò
la
scoperta
-
tanto
rilevante
quanto
...
ovvia
-
di
un
personaggio
essenziale
nella
vita
umana
.
Tutti
,
senza
eccezione
,
attendiamo
Godot
,
senza
averlo
mai
visto
e
senza
avere
la
minima
idea
di
chi
veramente
egli
sia
.
È
una
presenza
nascosta
che
ci
aiuta
a
vivere
,
o
meglio
ci
costringe
a
vivere
.
Vivere
è
un
'
attesa
,
è
una
continua
proiezione
in
un
futuro
,
che
,
proprio
perché
mai
raggiunto
e
visto
in
faccia
,
ci
permette
di
perpetuare
le
illusioni
:
quelle
illusioni
che
sono
i
I
nostro
nutrimento
,
il
nostro
carburante
.
In
realtà
non
di
rado
crediamo
di
sapere
bene
chi
o
che
cosa
stiamo
aspettando
.
In
tal
caso
di
solito
l
'
attesa
non
è
gradita
e
la
reputiamo
uno
dei
mali
di
quel
mondo
in
cui
l
'
umanità
è
costretta
a
vivere
suo
malgrado
.
Attendiamo
quando
facciamo
la
coda
in
un
ufficio
,
quando
dobbiamo
essere
ricevuti
da
un
dentista
,
quando
il
nostro
treno
ha
ritardo
,
quando
la
giuria
è
in
camera
di
consiglio
,
quando
deve
iniziare
uno
spettacolo
;
e
in
mille
altre
occasioni
.
La
sofferenza
dell
'
attesa
si
è
acutizzata
in
modo
esasperante
nell
'
epoca
moderna
,
ma
,
come
è
ovvio
,
non
è
nata
oggi
.
È
una
costante
della
condizione
umana
.
Attende
Penelope
,
attende
Butterfly
...
L
'
attesa
è
così
universalmente
reputata
spiacevole
,
che
si
è
istituita
nella
società
una
regola
di
precedenza
,
che
stabilisce
chi
deve
aspettare
l
'
altro
.
Specie
nel
caso
che
l
'
atteso
sia
un
personaggio
importante
,
guai
a
trasgredirla
.
Anzi
,
in
tal
caso
si
pretende
perfino
,
per
sicurezza
,
che
la
sofferenza
di
chi
aspetta
sia
lunga
.
Si
narra
(
ma
probabilmente
è
una
leggenda
)
che
una
volta
Luigi
XIV
,
arrivando
soltanto
un
momento
dopo
i
gentiluomini
che
aveva
convocato
in
udienza
,
esclamò
corrucciato
:
"
J
'
ai
failli
attendre
!
"
,
c
'
è
mancato
poco
che
dovessi
aspettare
.
Ma
non
aspettano
solo
gl
'
individui
.
Aspettano
anche
i
gruppi
,
i
partiti
,
i
popoli
,
gli
stati
.
Molto
spesso
ne
va
della
stessa
identità
della
loro
aggregazione
,
che
andrebbe
perduta
se
mancasse
l
'
attesa
.
Basta
pensare
a
tutte
le
minoranze
che
-
a
ragione
o
a
torto
-
si
sentono
oppresse
e
conculcate
e
attendono
l
'
emancipazione
:
è
il
caso
dei
diversi
per
etnia
,
per
colore
,
per
lingua
,
per
inclinazioni
sessuali
,
degl
'
irredentisti
,
degl
'
indipendentisti
di
ogni
tipo
,
o
per
converso
degli
espansionisti
.
Attendono
i
curdi
,
i
baschi
,
i
ceceni
,
i
palestinesi
,
gl
'
israeliani
,
i
corsi
,
i
catalani
,
i
sudtirolesi
;
e
purtroppo
l
'
elenco
non
finirebbe
mai
.
Eppure
per
tutti
costoro
la
sofferenza
dell
'
attesa
è
insieme
una
colla
che
unisce
e
una
ragione
di
vita
.
Molti
di
loro
,
cessata
in
qualche
modo
l
'
attesa
,
si
domanderebbero
qual
è
il
senso
del
loro
esistere
come
gruppo
.
E
che
dire
di
coloro
che
per
secoli
hanno
aspettato
il
Messia
o
il
suo
ritorno
,
l
'
Apocalisse
,
il
Giudizio
universale
?
L
'
essere
umano
è
costretto
per
sua
natura
a
guardare
al
futuro
e
a
credere
che
l
'
essenziale
sia
ancora
da
completare
.
Alcuni
attendono
una
radiosa
meta
sociale
,
come
il
sole
dell
'
avvenire
.
Altri
ipotizzano
che
sia
l
'
uomo
stesso
a
non
aver
ancora
raggiunto
lo
stadio
finale
:
"
l
'
uomo
è
qualcosa
che
deve
essere
superato
"
(
Nietzsche
)
.
Perché
l
'
uomo
è
tanto
legato
all
'
idea
di
futuro
e
alla
relativa
attesa
?
In
fondo
l
'
uomo
è
un
prodotto
dell
'
universo
.
Ma
l
'
Universo
,
nel
quale
siamo
nati
e
nel
quale
ci
troviamo
a
vivere
volenti
o
nolenti
,
è
imperturbabile
:
non
distingue
l
'
ieri
dal
domani
,
e
in
nessun
modo
privilegia
l
'
oggi
.
Tutti
gl
'
istanti
sono
eguali
e
non
ne
esiste
uno
particolarissimo
da
chiamare
ora
.
L
'
Universo
non
attende
affatto
un
suo
completamento
,
che
non
avrebbe
alcun
senso
.
Noi
abbiamo
inventato
l
'
ora
"
e
il
"
domani
"
,
concetti
assolutamente
indefinibili
in
termini
puramente
fisici
,
cioè
senza
fare
intervenire
di
volta
in
volta
il
nostro
orizzonte
temporale
,
il
nostro
esserci
.
Ma
ora
sarà
opportuno
distinguere
il
microscopico
dal
macroscopico
.
Il
corpo
umano
-
compreso
il
cervello
-
è
un
complesso
macroscopico
,
composto
da
miliardi
di
miliardi
di
atomi
e
molecole
.
Qualcuno
ritiene
che
l
'
uomo
non
sia
costituito
soltanto
da
quelle
cose
;
ne
prendiamo
atto
,
tuttavia
non
intendiamo
impegnarci
qui
in
un
dibattito
metafisico
o
addirittura
teologico
.
In
ogni
caso
,
quello
che
nessuno
avrà
il
coraggio
di
negare
è
che
l
'
uomo
sia
anche
un
complesso
d
'
innumerevoli
particelle
.
Come
già
fu
notato
,
i
corpi
della
microfisica
,
quali
gli
atomi
,
le
molecole
o
le
particelle
subatomiche
,
non
invecchiano
,
non
sentono
il
passare
del
tempo
,
non
hanno
un
"
ora
"
;
oppure
possiamo
dire
che
per
loro
è
sempre
ora
,
in
quanto
la
loro
aspettazione
di
vita
è
sempre
la
stessa
.
Se
sopravvivono
a
una
(
impredicibile
)
disintegrazione
,
il
loro
futuro
è
identico
al
passato
,
nel
senso
che
non
c
'
è
barba
d
'
uomo
che
possa
distinguere
un
loro
stato
futuro
da
uno
stato
del
passato
.
I
corpi
macroscopici
invece
si
comportano
in
modo
diverso
.
Sono
soggetti
alla
seconda
legge
della
termodinamica
:
quando
sono
chiusi
e
isolati
,
la
loro
entropia
-
ovvero
il
disordine
complessivo
dei
loro
componenti
-
va
aumentando
.
Un
organismo
vivente
non
è
certo
un
sistema
chiuso
e
isolato
:
è
invece
aperto
,
in
quanto
scambia
continuamente
materia
,
energia
e
informazione
con
l
'
ambiente
esterno
.
In
tali
condizioni
non
sono
da
escludere
fenomeni
di
autorganizzazione
,
nei
quali
nasce
spontaneamente
un
certo
tipo
di
ordine
(
Prigogine
)
.
Appunto
in
questo
modo
si
pensa
che
sia
nata
e
si
sia
sviluppata
la
vita
sulla
Terra
.
Ma
-
sia
detto
per
inciso
-
non
si
creda
che
la
seconda
legge
della
termodinamica
sia
violata
.
Se
diminuisce
l
'
entropia
in
un
certo
sistema
,
esso
riversa
entropia
(
in
misura
maggiore
)
nell
'
ambiente
circostante
e
di
conseguenza
l
'
entropia
complessiva
va
aumentando
.
A
volte
si
parla
di
freccia
del
tempo
,
intendendo
che
essa
indichi
quel
senso
in
cui
aumenta
l
'
entropia
complessiva
.
Ora
noi
viviamo
in
un
ambiente
,
a
rigore
né
chiuso
né
isolato
.
Ciononostante
il
fenomeno
di
gran
lunga
più
cospicuo
che
notiamo
e
contro
il
quale
combattiamo
una
battaglia
(
perduta
)
è
un
continuo
aumento
di
entropia
dell
'
ambiente
esterno
.
Nella
Farsaglia
di
Lucano
,
Cesare
,
che
visita
il
luogo
dove
sorgeva
Troia
,
dà
occasione
al
poeta
di
scrivere
un
magnifico
emistichio
:
"
etiam
periere
ruinae
"
.
Ma
non
c
'
illudiamo
:
anche
il
nostro
corpo
,
pur
essendo
vivente
e
sfruttando
la
sua
apertura
agli
apporti
esterni
per
tentare
in
ogni
modo
di
mantenere
l
'
ordine
dentro
di
sé
,
non
sfugge
alla
legge
dell
'
entropia
.
Le
stesse
reazioni
chimiche
,
che
mettiamo
in
opera
per
fare
quell
'
ordine
,
vanno
per
lo
più
nel
senso
entropico
voluto
dalla
natura
.
In
ogni
caso
se
,
mettendo
una
mano
nell
'
acqua
bollente
,
vedessimo
che
il
calore
passasse
dalla
mano
all
'
acqua
,
penseremmo
di
aver
perduto
la
ragione
;
invece
(
come
è
naturale
)
ci
scottiamo
.
Ci
è
psicologicamente
impossibile
liberarci
da
una
continua
soggezione
alla
freccia
del
tempo
.
Fra
l
'
altro
in
noi
si
accumulano
-
e
si
deteriorano
-
i
ricordi
del
passato
,
non
certo
quelli
dell
'
avvenire
.
In
queste
condizioni
non
possiamo
fare
altro
che
andare
sempre
in
avanti
nel
tempo
e
pensare
continuamente
all
'
avvenire
,
progettando
,
progettandoci
e
attendendo
,
ovvero
anticipando
quello
che
vivremo
.
Ben
inteso
,
ci
aspettiamo
anche
la
morte
.
Quanto
al
passato
,
il
suo
ricordo
ci
può
essere
dolce
o
triste
,
ma
siamo
sicuri
che
è
inutile
progettarlo
,
dato
che
su
di
esso
non
possiamo
intervenire
.
È
immutabile
e
scritto
per
sempre
.
Fin
dai
tempi
di
Plauto
(
Aulularia
)
è
stato
detto
:
"
Factum
illud
infectum
fieri
non
potest
"
.
Ora
,
premesse
queste
doverose
considerazioni
fisiche
sul
nostro
modo
di
vivere
,
cerchiamo
di
scavare
più
nel
profondo
dello
specifico
umano
,
così
esistenzialmente
basato
sull
'
attesa
.
Prima
di
tutto
,
se
è
vero
,
come
testé
ricordato
,
che
gli
umani
e
le
loro
associazioni
attendono
spesso
qualche
cosa
di
cui
credono
di
avere
un
'
idea
ben
precisa
,
è
anche
vero
che
per
lo
più
,
raggiunto
lo
scopo
,
sono
destinati
a
provare
un
'
amara
delusione
.
Hanno
quasi
l
'
impressione
di
una
sconfitta
,
hanno
perso
una
ragione
di
vita
,
sentono
sul
collo
l
'
alito
della
morte
.
Lo
sa
bene
quel
personaggio
di
Joyce
(
Ulisse
)
che
afferma
:
"
Fummo
sempre
fedeli
alle
cause
perse
.
Il
successo
per
noi
è
la
morte
dell
'
intelletto
e
della
fantasia
"
.
Ma
in
secondo
luogo
sta
il
fatto
che
ancora
più
spesso
ci
sentiamo
in
perpetua
attesa
,
senza
avere
nemmeno
una
minima
idea
di
che
cosa
stiamo
aspettando
.
Sono
la
noia
,
l
'
angoscia
,
che
ci
attanagliano
,
almeno
finché
una
sofferenza
-
magari
fisica
-
non
venga
a
liberarcene
.
"
Amaro
e
noia
/
la
vita
,
altro
mai
nulla
,
"
dice
Leopardi
(
A
se
stesso
)
,
non
certo
per
consolarsi
.
E
se
poi
,
credendo
di
aspettare
qualcosa
,
noi
aspettassimo
solo
noi
stessi
?
Veramente
suggestiva
è
questa
riflessione
di
Heidegger
(
Essere
e
tempo
)
:
"
l
'
Esserci
[
Dasein
,
in
sostanza
l
'
uomo
]
non
perviene
primariamente
a
se
stesso
nel
suo
poter
-
essere
più
proprio
e
incondizionato
;
al
contrario
,
prendendo
cura
[
Sorge
]
,
aspetta
se
stesso
da
ciò
che
l
'
oggetto
della
sua
cura
gli
può
offrire
o
rifiutare
"
.
E
più
in
là
riprende
:
"
Soltanto
perché
l
'
Esserci
effettivo
è
aspettantesi
il
suo
poter
-
essere
da
ciò
di
cui
si
prende
cura
,
esso
può
essere
in
attesa
e
ripromettersi
qualcosa
.
L
'
aspettarsi
deve
aver
già
sempre
aperto
l
'
orizzonte
e
l
'
ambito
di
cui
qualcosa
può
essere
atteso
.
L
'
attendere
è
un
modo
dell
'
avvenire
fondato
nell
'
aspettarsi
,
avvenire
che
si
temporalizza
autenticamente
come
anticipazione
.
Ecco
perché
l
'
anticipazione
costituisce
un
essere
-
per
-
la
-
morte
più
originario
di
quello
consistente
nell
'
attesa
della
morte
"
.
Questo
è
verissimo
.
Molto
spesso
noi
aspettiamo
;
ma
quasi
mai
aspettiamo
la
morte
.
Abbiamo
visto
come
già
Mirabeau
in
punto
di
morte
osservasse
amaramente
che
lui
moriva
da
vivo
:
se
avesse
aspettato
la
morte
,
avrebbe
aspettato
qualcosa
che
lui
non
avrebbe
mai
potuto
vedere
e
gustare
.
Il
nostro
essere
-
per
-
la
-
morte
,
per
dirla
con
Heidegger
,
è
una
modalità
costante
della
nostra
vita
,
non
uno
scopo
o
un
fine
che
inseguiamo
e
che
riusciremo
a
raggiungere
.
In
fondo
,
a
ogni
istante
noi
moriamo
e
rinasciamo
e
la
nostra
attesa
è
appunto
una
continua
attesa
di
rinascita
di
noi
stessi
.
Per
terminare
,
dopo
tante
considerazioni
non
esattamente
gioiose
sullo
scorrere
del
tempo
umano
e
sulla
nostra
perpetua
attesa
,
troveremo
forse
qualche
consolazione
ricordando
il
gentile
verso
di
Montale
:
"
ma
in
attendere
è
gioia
più
compita
"
.
12
.
Nei
giardini
di
Academo
Si
annunciava
la
primavera
in
una
splendida
giornata
mediterranea
e
le
piante
erano
già
quasi
tutte
piene
di
bocci
e
di
fiori
.
Nel
giardino
,
su
un
sedile
di
marmo
un
po
'
appartato
,
un
uomo
vigoroso
sulla
quarantina
,
con
una
notevole
barba
fluente
,
già
un
po
'
brizzolata
,
non
sembrava
prendere
parte
a
quella
festa
della
natura
.
Appoggiando
un
gomito
sul
ginocchio
e
la
testa
sulla
mano
,
rimaneva
immerso
nei
suoi
pensieri
.
Molte
domande
lo
assillavano
,
quasi
lo
tormentavano
.
La
principale
si
poteva
forse
riassumere
così
:
era
davvero
sicuro
di
essere
stato
sempre
fedele
al
suo
maestro
,
esponendone
le
idee
genuine
e
il
metodo
,
oppure
si
era
approfittato
della
celebrità
di
lui
per
diffondere
la
sua
dottrina
personale
?
E
poi
quel
Socrate
era
proprio
come
lui
lo
aveva
descritto
,
idealizzandolo
,
oppure
aveva
ragione
Aristofane
,
che
tanti
anni
prima
,
nella
commedia
Le
nuvole
,
lo
aveva
dipinto
in
termini
ben
diversi
,
tutto
intento
a
insegnare
come
si
può
con
un
po
'
di
dialettica
far
prevalere
l
'
opinione
peggiore
su
quella
migliore
?
No
,
a
chi
lo
aveva
conosciuto
bene
non
sembrava
affatto
che
le
cose
stessero
così
come
diceva
Aristofane
.
Gli
sembrava
tendenzioso
,
ingiusto
assimilare
Socrate
ai
sofisti
.
Lui
sapeva
bene
che
il
maestro
era
uno
degli
uomini
più
onesti
,
più
buoni
,
più
saggi
che
fossero
mai
esistiti
.
Ma
a
dire
il
vero
,
lo
aveva
incontrato
troppo
tardi
per
poter
smentire
con
sicurezza
Aristofane
.
Non
poteva
darsi
che
effettivamente
Socrate
in
gioventù
fosse
stato
molto
diverso
da
come
poi
lo
aveva
conosciuto
lui
e
che
a
un
dato
momento
della
vita
fosse
cambiato
in
modo
radicale
?
Non
poteva
ciò
essere
avvenuto
proprio
a
causa
del
responso
ricevuto
dall
'
oracolo
di
Delfi
,
come
del
resto
era
voce
abbastanza
comune
?
Loracolo
,
riferito
da
Cherefonte
,
aveva
sentenziato
che
Socrate
era
il
più
sapiente
degli
uomini
;
e
Socrate
,
conscio
invece
di
non
saper
nulla
,
si
era
dato
alla
ricerca
appassionata
della
verità
,
accompagnandola
con
l
'
assunzione
di
modi
di
vita
ascetici
.
L
'
asserire
che
le
cose
terrene
sono
solo
copie
imperfette
di
modelli
ideali
e
perfetti
non
aiutava
molto
.
Se
l
'
idea
di
uomo
buono
e
saggio
è
fissa
e
inattaccabile
dagli
eventi
mondani
,
quale
Socrate
era
una
copia
imperfetta
di
essa
?
Naturalmente
il
Socrate
successivo
agli
anni
della
giovinezza
.
E
perché
poi
?
Forse
che
il
ravvedersi
e
il
cambiare
avevano
un
significato
assoluto
?
Per
quale
ragione
il
poi
doveva
valere
più
che
il
prima
?
Quello
era
solo
un
pregiudizio
umano
ingiustificato
.
Fra
l
'
altro
,
se
era
così
,
un
punto
fondamentale
della
dottrina
dell
'
unità
e
stabilità
del
Bene
non
tornava
affatto
.
Qualcuno
poteva
essere
buono
in
certi
periodi
della
vita
e
pessimo
in
altri
.
Era
opinione
comune
che
gli
dèi
nell
'
Ade
premiassero
i
buoni
e
punissero
i
cattivi
.
Ma
chi
erano
i
buoni
?
Nel
mondo
delle
idee
che
importanza
poteva
avere
se
uno
era
buono
prima
o
dopo
?
Perché
continuare
a
fingere
che
gli
uomini
fossero
diversi
da
come
realmente
sono
per
natura
?
E
del
resto
quello
stesso
che
ora
seduto
sul
marmo
così
ragionava
non
si
sentiva
profondamente
cambiato
dopo
aver
fatto
quel
viaggio
nella
Grande
Ellade
,
dopo
aver
avuto
quei
colloqui
col
pitagorico
Archita
di
Taranto
,
dopo
aver
visto
a
Siracusa
come
agiva
il
tiranno
Dionigi
?
E
non
provava
anche
un
sottile
rimorso
per
quel
po
'
di
piaggeria
che
,
con
la
magra
scusa
di
cambiarlo
,
aveva
dimostrato
verso
lo
stesso
tiranno
?
Si
riprometteva
di
tornare
un
giorno
in
quelle
terre
,
per
riparare
e
imparare
ulteriormente
.
Inoltre
,
per
quanto
riguarda
il
giudizio
sulla
sofistica
,
che
cosa
vuol
dire
che
un
'
opinione
o
una
ragione
è
migliore
o
peggiore
di
un
'
altra
?
Davvero
lui
credeva
di
saperlo
?
Forse
lo
stesso
Socrate
nella
sua
grande
saggezza
non
aveva
mai
scritto
nulla
di
suo
pugno
,
proprio
perché
si
era
reso
conto
che
una
cosa
è
discutere
a
voce
su
un
concetto
e
impresa
ben
diversa
è
fissarlo
con
la
scrittura
.
Per
lui
la
saggezza
e
la
verità
consistevano
anche
-
o
soprattutto
-
nel
porre
le
giuste
domande
e
nell
'
analizzare
le
risposte
sensate
.
Nella
conversazione
,
nel
dialogo
c
'
è
sempre
una
buona
dose
di
eristica
,
di
voglia
di
vincere
e
sopraffare
l
'
avversario
,
indipendentemente
dalla
maggiore
o
minore
bontà
delle
idee
.
Ma
le
parole
volano
e
quel
peccato
si
può
perdonare
,
anzi
può
essere
di
stimolo
per
escogitare
domande
e
argomenti
sempre
migliori
;
gli
scritti
invece
restano
e
prima
o
poi
vengono
confutati
da
colui
al
quale
non
puoi
rispondere
.
L
'
importante
è
dunque
imparare
a
formulare
correttamente
le
domande
e
a
esaminare
senza
pregiudizio
tutto
il
ventaglio
delle
risposte
possibili
.
Eppure
...
non
poteva
essere
sempre
così
.
Non
molto
tempo
prima
lui
stesso
ne
aveva
dato
una
prova
inconfutabile
,
affermando
che
Socrate
era
riuscito
a
far
dimostrare
a
uno
schiavo
di
Menone
che
,
dato
un
quadrato
,
il
quadrato
costruito
sulla
sua
diagonale
ha
area
doppia
di
esso
.
Si
sentiva
sicuro
che
nessuno
in
avvenire
avrebbe
potuto
smentire
quella
prova
e
quel
risultato
.
Del
resto
nella
matematica
si
danno
centinaia
di
proposizioni
e
di
prove
assolutamente
inattaccabili
come
quella
.
Se
invece
si
voleva
dimostrare
qualche
proposizione
rispetto
alla
virtù
,
al
bene
,
al
male
...
era
un
altro
discorso
.
Ma
in
quel
mentre
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
una
ben
strana
apparizione
.
Un
bellissimo
gallo
,
urlando
e
starnazzando
con
le
penne
arruffate
,
attraversava
di
corsa
il
prato
di
fronte
,
per
poi
scomparire
fra
la
vegetazione
,
dalla
quale
subito
sfrecciava
via
un
gruppo
di
uccelli
spaventati
.
Il
filosofo
aveva
appena
alzato
le
sopracciglia
,
un
po
'
stupito
,
quando
vide
comparire
tutto
affannato
un
uomo
che
lui
conosceva
benissimo
e
che
,
a
quanto
pareva
,
inseguiva
il
gallo
.
Lo
chiamò
a
gran
voce
:
"
Critone
,
Critone
!
Che
fai
,
dove
vai
?
"
Critone
arrestò
un
momento
la
corsa
,
piuttosto
sorpreso
e
confuso
:
"
Platone
,
tu
qui
?
Lo
vedi
,
corro
perché
devo
riacchiappare
quel
gallo
.
"
"
E
perché
lo
vuoi
riacchiappare
?
"
"
Perché
lo
devo
portare
ad
Asclepio
,
come
mi
aveva
chiesto
Socrate
prima
di
morire
.
Non
ricordi
il
racconto
di
Fedone
di
Elide
,
quel
racconto
che
tu
stesso
hai
recentemente
messo
per
iscritto
?
"
Platone
ricordava
benissimo
e
forse
era
dei
pochi
che
a
suo
tempo
avevano
capito
.
Socrate
voleva
donare
il
gallo
ad
Asclepio
,
dio
della
salute
,
per
ringraziarlo
di
aver
liberato
la
sua
anima
da
quella
vera
e
propria
malattia
che
era
lo
stare
congiunta
col
corpo
.
Ma
lo
stupore
non
faceva
che
aumentare
.
"
Critone
,
sei
diventato
folle
?
Quell
'
incarico
Socrate
te
lo
dette
dodici
anni
fa
e
tu
lo
adempi
ora
?
"
"
Questo
ritardo
non
ha
nessuna
importanza
.
"
"
Come
asserisci
che
non
ha
importanza
?
"
"
Dimmi
,
Platone
:
è
vero
che
tutti
gli
dèi
sono
immortali
?
"
"
Sì
,
per
Zeus
!
"
"
E
Asclepio
non
è
un
dio
?
"
"Certamente."
"
Allora
Asclepio
è
immortale
.
"
"
Senza
dubbio
.
"
"
E
per
chi
è
immortale
dodici
anni
o
un
'
ora
non
sono
la
stessa
cosa
?
"
"
Così
sembra
anche
a
me
...
"
Ma
Critone
aveva
già
ripreso
la
corsa
dietro
al
gallo
e
stava
provocando
un
nuovo
svolazzìo
di
uccelli
in
fuga
.
Forse
non
era
male
,
perché
in
realtà
Platone
dava
l
'
impressione
di
esser
rimasto
quasi
senza
parole
.
Era
veramente
colpito
da
come
Critone
aveva
appreso
bene
quell
'
arte
dialettica
di
interrogare
e
di
argomentare
,
insegnata
da
Socrate
.
Ormai
sembrava
che
lo
scolaro
fosse
diventato
lui
,
Platone
.
L
'
apparizione
del
gallo
e
il
fugace
scambio
di
battute
con
Critone
avevano
riportato
la
sua
mente
a
quel
tristissimo
giorno
in
cui
Socrate
,
attorniato
da
una
piccola
folla
di
ammiratori
e
di
seguaci
,
aveva
buttato
giù
in
un
sorso
la
cicuta
.
Si
sentiva
in
colpa
e
si
vergognava
.
Perché
lui
non
c
'
era
a
dare
quell
'
ultimo
saluto
al
maestro
?
L
'
affermazione
di
Fedone
"
credo
che
Platone
fosse
malato
"
era
davvero
molto
debole
.
Come
avrebbero
potuto
crederci
i
posteri
,
tanto
più
sapendo
bene
che
tali
parole
in
bocca
a
Fedone
le
aveva
poste
proprio
colui
che
aveva
scritto
il
dialogo
?
Per
disertare
un
incontro
come
quello
ci
sarebbe
voluta
una
malattia
molto
grave
,
tale
da
mettere
in
pericolo
la
sua
vita
,
qualora
fosse
uscito
di
casa
.
Ma
di
che
mai
era
malato
in
quel
lontano
giorno
un
robusto
giovane
che
al
presente
era
ancora
ben
vivo
e
vegeto
e
che
tutto
faceva
presagire
che
sarebbe
vissuto
fino
a
tarda
età
?
Forse
non
se
l
'
era
sentita
di
assistere
a
una
scena
straziante
,
in
cui
nessuno
(
tranne
Socrate
)
era
riuscito
a
trattenere
le
lacrime
.
Ma
un
vero
uomo
dovrebbe
sapere
che
esistono
anche
le
lacrime
.
In
quel
momento
Platone
vide
avanzarsi
dal
fondo
del
giardino
una
turba
di
uomini
che
discutevano
animatamente
fra
loro
e
gesticolavano
.
C
'
erano
i
pitagorici
Echecrate
di
Fliunte
,
Simmia
e
Cebete
di
Tebe
,
il
cinico
Antistene
,
Euclide
di
Megara
,
Aristippo
di
Cirene
,
Apollodoro
(
l
'
affezionatissimo
del
maestro
)
,
Ermogene
,
Critobulo
,
Ctesippo
,
Menesseno
e
tanti
altri
scolari
e
seguaci
di
Socrate
,
che
Platone
non
conosceva
o
lì
per
lì
non
riusciva
a
distinguere
.
Quelli
si
fermarono
facendo
cerchio
attorno
a
lui
,
con
aria
rispettosa
,
ma
abbastanza
decisa
.
Platone
li
guardò
un
po
'
in
silenzio
,
poi
,
sempre
benevolo
e
disponibile
,
domandò
:
"
Che
volete
,
amici
miei
?
"
Seguì
un
certo
imbarazzo
,
quindi
Cebete
si
decise
a
rompere
il
ghiaccio
e
,
facendosi
avanti
,
disse
:
"
Platone
,
or
non
è
molto
tu
hai
scritto
e
diffuso
un
nuovo
dialogo
,
in
cui
fai
raccontare
a
Fedone
le
ultime
ore
di
Socrate
.
"
"
È
vero
.
"
"
Ebbene
,
molti
di
noi
lo
hanno
letto
con
sommo
interesse
;
e
ora
ne
stavamo
discutendo
.
"
Il
volto
del
filosofo
si
illuminò
.
Anche
Platone
aveva
la
sua
vanità
e
difficilmente
nascondeva
il
desiderio
che
gli
altri
approvassero
quello
scritto
,
che
a
lui
sembrava
un
capolavoro
.
Chiese
allora
con
ansia
:
"
Ebbene
,
che
ve
ne
pare
?
"
"
Per
gli
dèi
,
ci
pare
composto
splendidamente
.
"
"
Ne
sono
lieto
.
Ma
ho
l
'
impressione
che
non
siete
venuti
a
dirmi
soltanto
questo
.
"
L
'
imbarazzo
parve
un
po
'
aumentare
.
Poi
Cebete
si
decise
a
dire
:
"
Non
ti
nascondo
che
alcune
cose
ci
hanno
lasciato
parecchi
dubbi
.
"
"
Per
Zeus
!
Ditemele
.
Che
aspettate
?
"
"
Ecco
,
alcuni
di
noi
non
sono
rimasti
convinti
da
quello
che
affermi
riguardo
all
'
anima
e
alle
sue
trasmigrazioni
da
un
corpo
a
un
altro
.
"
"
Non
mi
meraviglia
.
Ma
spiegati
meglio
.
"
"
Prima
di
tutto
sembra
nel
tuo
dialogo
che
Socrate
desse
per
scontata
quell
'
opinione
che
vuole
che
il
corpo
sia
nettamente
separato
dall
'
anima
,
benché
forse
tale
opinione
sia
tutt
'
altro
che
generalmente
accettata
nell
'
Ellade
e
che
non
sia
dimostrata
con
argomenti
abbastanza
solidi
.
Fatto
questo
,
tu
ti
affidi
troppo
facilmente
al
'
si
dice
'
[
léghetai
]
,
alle
credenze
oracolari
,
ai
miti
orfici
,
dionisiaci
,
popolari
.
Dimentichi
che
quelle
,
anche
quando
fossero
opinioni
vere
-
e
noi
non
contestiamo
che
possano
esserlo
-
non
sono
accompagnate
da
ragioni
[
lògoi
]
tali
da
dissipare
i
dubbi
.
Perfino
ai
grandi
poeti
ti
appelli
,
a
quelli
che
nel
Menone
dici
che
sono
come
gli
dèi
.
"
"
E
non
lo
sono
?
Non
hanno
i
poeti
grandi
visioni
e
divinazioni
?
"
"
A
volte
sì
.
Ma
a
volte
narrano
cose
fantastiche
e
assolutamente
incredibili
.
Immagino
che
tu
ricordi
bene
i
poemi
del
sommo
Omero
.
"
"
Come
no
?
"
"
E
credi
davvero
che
esistano
quei
giganti
con
un
occhio
solo
che
chiamano
Ciclopi
?
Ma
lasciamo
stare
Omero
.
Socrate
afferma
che
il
cigno
canta
prima
di
morire
.
Hai
tu
conosciuto
un
solo
Elleno
che
abbia
veramente
sentito
cantare
un
cigno
in
punto
di
morte
?
"
Platone
appariva
sempre
più
spazientito
e
intervenne
per
riportare
Cebete
in
argomento
:
"
Tu
stai
divagando
e
ti
dimentichi
di
che
cosa
veramente
stavamo
discutendo
.
"
"
Forse
hai
ragione
.
Ma
io
parlavo
dei
poeti
perché
mi
rammento
che
nel
Menone
tu
citi
Pindaro
,
per
suffragare
l
'
opinione
che
quando
uno
ha
trascorso
nove
anni
nell
'
Ade
,
la
sua
anima
può
tornare
alla
luce
in
un
nuovo
corpo
.
"
"
Così
è
.
"
"
Ebbene
,
oggi
Socrate
i
suoi
nove
anni
nell
'
Ade
li
ha
già
trascorsi
e
quindi
può
risorgere
dovunque
,
da
un
momento
all
'altro."
"Certo."
"
Facciamo
allora
una
qualunque
ipotesi
ammissibile
.
Supponiamo
che
fra
tre
anni
egli
rinasca
a
Stagira
e
che
lo
chiamino
Aristotele
.
"
"
Strano
nome
;
e
perché
poi
a
Stagira
?
Ma
le
ipotesi
sono
solo
ipotesi
,
ammettiamolo
pure
.
"
"
Ora
,
data
l
'
inclinazione
alla
filosofia
dimostrata
da
Socrate
nella
vita
precedente
,
è
verosimile
che
il
nuovo
individuo
che
ha
quell
'
anima
si
dia
anch
'
egli
alla
ricerca
della
verità
.
"
"
È
probabile
.
"
"
Supponiamo
che
fra
una
ventina
di
anni
Aristotele
,
ormai
cresciuto
,
entri
nella
tua
scuola
,
qui
all
'
Accademia
.
Credi
forse
che
egli
continuerà
a
insegnare
esattamente
le
stesse
cose
che
insegnava
Socrate
e
che
userà
lo
stesso
metodo
?
"
"
Questo
non
mi
sembra
da
credersi
.
"
"
O
ritieni
che
si
limiterà
a
imparare
e
a
ripetere
esattamente
le
tue
dottrine
?
"
"Nemmeno."
"
Non
è
invece
da
supporre
che
,
essendo
una
mente
di
grande
levatura
,
cambierà
qualcosa
e
aggiungerà
molti
pensieri
suoi
e
originali
?
"
"
Così
sembra
.
"
"
Ma
a
quali
reminiscenze
si
rifarà
la
nuova
dottrina
?
Forse
a
quelle
di
Socrate
o
a
quelle
di
Platone
?
Lo
abbiamo
testé
escluso
.
Allora
dovremmo
concludere
che
Aristotele
avrà
appreso
quei
pensieri
nuovi
nell
'
Ade
e
che
qualcosa
qui
sulla
Terra
gli
desterà
reminiscenza
di
essi
.
"
"
È
vero
.
"
"
Ma
mi
sai
dare
una
ragione
per
cui
quelle
dottrine
non
l
'
avessero
già
apprese
nell
'
Ade
gli
stessi
Socrate
e
Platone
?
Forse
dobbiamo
dire
che
quelle
idee
allora
non
c
'
erano
ancora
nell
'
Ade
e
che
siano
spuntate
solo
recentemente
?
"
"
No
,
no
.
Tu
sbagli
,
Cebete
.
Le
idee
ci
sono
sempre
state
tali
e
quali
nell
'
Ade
.
Tutto
quello
che
possiamo
ragionevolmente
supporre
è
che
nella
loro
vita
Socrate
e
Platone
non
abbiano
incontrato
quelle
particolari
cose
che
hanno
destato
in
Aristotele
le
sue
specifiche
reminiscenze
.
"
"
Sei
molto
astuto
,
Platone
.
Ma
supponi
ora
che
su
alcuni
ben
determinati
argomenti
Aristotele
si
pronunci
in
modo
contrario
a
Socrate
e
a
Platone
.
Che
dici
in
questo
caso
?
"
Platone
sudava
e
appariva
piuttosto
in
difficoltà
.
Ma
guarda
un
po
'
-
si
diceva
-
a
che
punto
può
portare
il
metodo
socratico
delle
domande
e
risposte
quando
è
applicato
a
me
stesso
!
Tuttavia
tentò
di
cavarsela
in
un
modo
che
,
a
vero
dire
,
non
gli
piaceva
molto
:
"
Be
'
,
se
ciò
avviene
(
ma
mi
sembra
poco
verosimile
)
vuoi
dire
che
qualcuno
di
loro
ha
ricordato
male
e
di
conseguenza
ha
avuto
una
reminiscenza
sbagliata
.
In
ogni
caso
rammentati
che
,
per
quanto
riguarda
l
'
immortalità
dell
'
anima
e
dell
'
apprendere
considerato
come
reminiscenza
,
io
ho
avanzato
non
una
sola
ragione
,
ma
tutta
una
molteplicità
di
ragioni
.
"
"
Proprio
qui
ti
volevo
.
Non
ti
sembra
che
il
dare
molte
ragioni
a
sostegno
di
una
stessa
opinione
dimostri
che
nessuna
di
esse
è
veramente
cogente
e
tale
da
togliere
ogni
dubbio
?
"
"
Confesso
che
può
apparire
così
...
"
Ma
qui
intervenne
Simmia
,
che
da
tempo
dava
segni
d
'
impazienza
:
"
No
,
Platone
.
Prima
di
passare
ad
altro
,
torniamo
alla
tua
dottrina
che
imparare
è
avere
reminiscenza
di
ciò
che
si
è
appreso
nell
'
Ade
.
Quante
volte
secondo
te
una
stessa
anima
ha
trasmigrato
da
un
corpo
a
un
altro
?
Infinite
volte
o
un
numero
finito
di
volte
?
"
"
Non
mi
sembra
che
il
numero
possa
essere
infinito
.
"
"
Certo
,
hai
ragione
.
Infatti
se
uno
fosse
passato
infinite
volte
nell
'
Ade
,
ormai
avrebbe
appreso
tutto
.
Altri
passaggi
su
e
giù
,
altre
trasmigrazioni
,
altre
dimenticanze
,
seguite
da
reminiscenze
,
sarebbero
assolutamente
inutili
;
e
gli
dèi
sarebbero
i
primi
a
non
volere
una
cosa
tanto
assurda
.
"
"
Così
pare
anche
a
me
.
"
"
Allora
supponiamo
che
si
tratti
solo
di
un
numero
finito
di
volte
.
In
tal
caso
ci
deve
essere
stata
necessariamente
una
prima
volta
.
Ma
quell
'
individuo
venuto
al
mondo
per
la
prima
volta
come
avrebbe
potuto
imparare
qualcosa
nella
sua
vita
,
dato
che
non
aveva
reminiscenza
di
nulla
?
Se
poi
si
ammette
che
già
avanti
che
nascesse
la
prima
volta
gli
fosse
stato
mostrato
dagli
dèi
tutto
il
mondo
delle
idee
,
che
necessità
ci
sarebbe
di
rinascere
tante
altre
volte
?
"
"
Simmia
,
io
ti
posso
solo
dire
che
sono
molte
le
cose
che
non
sappiamo
riguardo
alle
anime
e
agli
dèi
.
Non
per
questo
dobbiamo
smettere
d
'
indagare
e
di
ragionare
.
"
"
Non
ti
sembra
invece
che
dovremmo
smettere
d
'
indagare
quelle
cose
che
vanno
al
di
là
della
nostra
vita
e
del
mondo
sensibile
e
sulle
quali
non
avremo
mai
ulteriori
informazioni
sicure
,
ma
solo
supposizioni
?
"
"
Eppure
è
indubbio
che
ci
sono
cose
non
attestate
unicamente
dai
sensi
-
che
,
come
si
sa
,
possono
essere
fallaci
-
sulle
quali
,
ragionando
,
si
può
raggiungere
la
verità
.
Lo
può
fare
perfino
uno
schiavo
,
come
io
ho
mostrato
inconfutabilmente
nel
dialogo
intitolato
a
Menone
.
"
A
questo
punto
si
fece
avanti
con
decisione
un
nuovo
personaggio
,
che
Platone
fino
allora
non
aveva
notato
nella
folla
.
Era
un
uomo
giovanissimo
,
dalla
fronte
ampia
e
dalla
chioma
scapigliata
,
che
esclamò
:
"
Platone
,
tu
hai
le
doglie
!
"
Nell
'
udire
tali
parole
,
Platone
rimase
attonito
.
Gli
pareva
che
quel
ragazzo
fosse
un
po
'
insolente
,
ma
non
riusciva
a
sottrarsi
a
un
certo
fascino
che
emanava
da
lui
.
Domandò
un
po
'
indispettito
:
"
Chi
sei
,
giovanotto
?
"
"
Sono
Teeteto
.
"
"
Teeteto
?
Ho
udito
bene
?
"
"
Hai
udito
bene
.
"
"
Allora
saresti
quel
Teeteto
che
adolescente
,
quasi
bambino
,
discusse
con
Socrate
su
che
cosa
è
la
scienza
?
"
"
Sono
quello
.
"
"
Per
Zeus
!
Sono
proprio
felice
di
incontrarti
finalmente
.
Socrate
andava
ripetendo
che
gli
avevi
fatto
una
grande
impressione
e
pronosticava
per
te
un
brillante
avvenire
.
Diceva
che
avresti
potuto
diventare
un
eccellente
matematico
.
"
"
Sono
un
matematico
.
"
"
Sono
stato
or
non
è
molto
a
Megara
e
ancora
una
volta
Euclide
mi
ha
parlato
di
te
.
Egli
ha
preso
nota
della
tua
discussione
con
Socrate
.
Bisogna
proprio
che
un
giorno
-
forse
anche
fra
vent
'
anni
-
si
decida
a
raccontarmi
tutto
per
filo
e
per
segno
,
in
modo
che
io
possa
scriverci
un
dialogo
da
lasciare
ai
posteri
.
Ma
dimmi
,
perché
hai
affermato
quella
strana
cosa
che
io
ho
le
doglie
?
"
"
Ah
,
Platone
,
non
ricordi
in
qual
modo
procedeva
il
tuo
maestro
Socrate
?
"
"
Come
no
?
"
"
Sua
madre
Fenarete
era
una
levatrice
.
E
lui
fin
da
piccolo
era
stato
abituato
a
sapere
che
lei
aiutava
i
bambini
a
nascere
.
I
bambini
c
'
erano
già
ben
formati
nel
ventre
della
madre
,
ma
era
bene
aiutarli
a
uscire
.
Così
,
diceva
Socrate
,
si
doveva
fare
anche
per
le
idee
:
con
la
maieutica
si
deve
solo
aiutare
le
idee
a
uscire
dalla
mente
dell
'
interlocutore
.
Quello
era
il
vero
insegnamento
.
"
"
Ricordo
bene
.
Ma
perché
ora
tu
hai
usato
quell
'
espressione
parlando
di
me
?
"
"
Perché
tu
,
a
proposito
dello
schiavo
di
Menone
,
stavi
per
partorire
un
'
idea
giustissima
.
Poco
importa
ora
che
Socrate
abbia
usato
quella
che
chiamava
maieutica
.
Nelle
cose
matematiche
essa
non
è
affatto
indispensabile
;
o
per
meglio
dire
uno
può
benissimo
usarla
su
se
stesso
,
ragionando
e
tirando
fuori
le
conclusioni
giuste
.
"
"
E
allora
che
cos
'
altro
è
importante
,
secondo
te
?
"
"
Quello
che
nella
matematica
è
importante
secondo
me
è
che
quando
uno
ha
un
'
opinione
vera
,
può
far
sì
mediante
il
ragionamento
che
non
solo
lui
,
ma
anche
un
altro
-
fosse
pure
uno
schiavo
-
sia
costretto
a
riconoscere
che
è
vera
.
Altro
che
maieutica
,
altro
che
reminiscenza
(
non
ti
offendere
,
ti
prego
)
!
"
"
Allora
tu
non
credi
che
lo
schiavo
avesse
già
dentro
di
sé
quelle
nozioni
e
che
bisognasse
solo
tirarle
fuori
?
"
"
No
,
Platone
.
Io
credo
invece
che
la
mente
sana
-
sia
essa
di
un
uomo
,
di
una
donna
,
di
un
cittadino
,
di
uno
schiavo
-
sia
fatta
così
da
saper
ragionare
correttamente
sulle
cose
della
matematica
.
Per
esempio
,
io
ti
potrei
dimostrare
in
modo
inoppugnabile
che
quella
diagonale
di
cui
parlava
Socrate
è
incommensurabile
'
col
lato
del
quadrato
:
cioè
che
non
esistono
due
numeri
interi
che
stanno
fra
loro
come
la
diagonale
e
il
lato
.
Non
è
il
caso
di
farlo
qui
ora
;
ma
,
se
lo
facessi
,
sono
sicuro
che
tutti
gli
astanti
sarebbero
costretti
a
dirsi
d
'accordo."
Platone
non
sembrava
del
tutto
convinto
e
osservò
:
"
Ma
se
lo
schiavo
,
sia
pure
guidato
dalle
domande
di
Socrate
,
è
riuscito
a
dimostrare
una
proposizione
tutt
'
altro
che
facile
,
non
è
evidente
che
egli
aveva
già
visto
altrove
quelle
cose
e
che
in
un
certo
modo
le
ricordava
?
"
"
No
,
Platone
.
Lo
vedi
questo
vaso
che
ho
testé
acquistato
dal
mercante
?
"
"
Sì
,
Teeteto
;
è
molto
bello
.
"
"
Ebbene
,
questo
vaso
è
uscito
or
non
è
molto
dalle
mani
del
vasaio
e
quindi
è
da
credere
che
non
abbia
mai
contenuto
l
'
acqua
o
il
vino
.
Ma
non
credi
che
se
io
ci
verso
dell
'
acqua
o
del
vino
esso
li
conterrà
?
"
"
Non
ne
dubito
.
"
"
Forse
questo
vuol
dire
che
prima
che
lo
portassi
qui
qualcuno
,
a
mia
insaputa
,
ha
versato
dell
'
acqua
nel
vaso
e
che
esso
ora
se
ne
ricorda
?
"
Platone
si
accarezzava
nervosamente
la
barba
,
ma
Teeteto
proseguiva
implacabile
:
"
No
,
tutto
ciò
che
si
può
dire
è
che
l
'
esperto
vasaio
lo
ha
fatto
in
modo
che
potesse
contenere
i
liquidi
.
Nel
fabbricarlo
gli
ha
conferito
questa
capacità
.
Così
gli
dèi
-
o
il
Demiurgo
,
come
forse
diresti
tu
-
hanno
dotato
la
mente
umana
della
capacità
di
ragionare
correttamente
delle
cose
matematiche
.
Naturalmente
questo
non
significa
che
la
tua
opinione
che
la
diagonale
e
il
lato
del
quadrato
esistano
realmente
nel
mondo
delle
idee
sia
necessariamente
giusta
o
errata
.
"
"
Ma
perché
parli
solo
della
matematica
?
Perché
non
possiamo
ragionare
correttamente
e
in
modo
riconosciuto
inoppugnabile
da
tutti
anche
su
altre
cose
:
per
esempio
sulla
virtù
,
sulla
conoscenza
,
sulle
cose
sensibili
,
sull
'
anima
?
In
fondo
,
Critone
mi
ha
testé
fatto
un
ragionamento
che
,
anche
se
non
matematico
,
mi
sembra
inoppugnabile
.
Mi
ha
detto
:
tutti
gli
dèi
sono
immortali
,
Asclepio
è
un
dio
,
dunque
Asclepio
è
immortale
.
"
Teeteto
rimase
per
un
po
'
pensoso
,
poi
rispose
:
"
Platone
,
ti
confesso
che
io
non
so
che
dire
.
Forse
qualcuno
più
sagace
di
me
saprà
mettere
un
po
'
di
ordine
sul
nostro
modo
di
ragionare
in
generale
.
Forse
un
giorno
sarà
quell
'
ipotetico
Aristotele
,
di
cui
parlava
Cebete
,
a
classificare
bene
tutto
ciò
che
riguarda
l
'
arte
di
ragionare
correttamente
[
loghiké
téchne
]
.
Forse
fra
alcuni
secoli
qualcuno
troverà
anche
un
modo
efficace
e
convincente
di
indagare
le
cose
sensibili
.
Ma
dubito
molto
che
si
riesca
a
convincere
tutti
su
tutto
.
E
in
fondo
nemmeno
mi
dispiace
che
sia
così
.
"
A
questo
punto
intervenne
uno
straniero
,
che
tutti
guardavano
con
un
certo
rispetto
misto
a
timore
.
Si
rivolse
subito
a
Platone
con
queste
parole
:
"
Platone
,
arrivo
proprio
ora
dalla
Focide
e
vi
porto
le
ultime
divinazioni
della
Pizia
.
Credo
che
ti
dovrebbero
interessare
.
"
"
Sì
,
per
Zeus
,
parla
!
"
"
Sai
chi
sono
i
Latini
?
"
"
Mi
pare
che
un
giorno
me
ne
parlasse
Archita
di
Taranto
.
Sono
forse
quei
rozzi
e
feroci
contadini
che
abitano
molto
più
a
settentrione
di
Elea
?
Perché
dovrebbero
interessarci
?
"
"
Perché
costoro
stanno
diventando
sempre
più
forti
e
l
'
oracolo
dice
che
un
giorno
conquisteranno
tutta
l
'Ellade."
Platone
si
coprì
il
volto
con
le
mani
ed
esclamò
gemendo
:
"
Ahimè
,
sciagura
,
che
disastro
!
"
"
No
,
forse
non
sarà
un
disastro
.
Sappi
che
quei
rozzi
contadini
sono
abbastanza
intelligenti
.
Una
volta
padroni
dell
'
Ellade
,
capiranno
subito
che
la
nostra
sapienza
e
le
nostre
arti
sono
cento
volte
superiori
alle
loro
.
Allora
faranno
a
gara
a
impararle
e
poi
le
diffonderanno
in
tutto
il
mondo
.
Per
millenni
quello
che
noi
stiamo
seminando
continuerà
a
dare
meravigliosi
frutti
.
"
Il
volto
di
Platone
andava
rasserenandosi
e
il
suo
sguardo
sembrava
già
riempirsi
di
futuro
.
Poi
lo
straniero
continuò
:
"
Quanto
a
te
,
Platone
,
tu
avresti
particolare
ragione
di
rallegrarti
.
L
'
oracolo
ha
predetto
che
fra
ben
ventitré
secoli
,
in
un
'
isola
immersa
nelle
nebbie
iperboree
,
un
grande
sapiente
chiamato
Whitehead
...
"
"
Come
hai
detto
?
"
"
Sì
,
il
nome
è
impronunciabile
da
una
bocca
ellena
...
Bene
,
quel
sapiente
dirà
che
tutto
quello
che
la
filosofia
sarà
riuscita
a
produrre
nel
corso
di
quei
ventitré
secoli
sarà
soltanto
un
commento
alla
filosofia
di
Platone
!
"
Il
sommo
filosofo
non
riusciva
a
nascondere
il
suo
grande
compiacimento
.
In
quel
momento
ricomparve
Critone
,
che
trionfante
teneva
il
gallo
saldamente
per
le
zampe
.
Il
gallo
continuava
ad
agitarsi
e
a
urlare
.
Ciò
che
l
'
oracolo
non
aveva
rivelato
era
che
il
gallo
doveva
ritenersi
ben
più
fortunato
dei
due
polli
che
un
bel
giorno
un
certo
Renzo
avrebbe
portato
tenuti
per
le
zampe
;
quelli
avrebbero
continuato
a
litigare
e
a
becchettarsi
ferocemente
per
tutto
il
cammino
.
Saggistica ,
ÿþCANTÙ
E
CARMIGNANI
(
dagli
Opuscoli
di
Diritto
criminale
,
Lucca
,
1870
,
vol
.
II
,
597
ss
.
)
Cesare
Cantù
(
quel
potente
ed
infaticabile
ingegno
,
che
tanto
arrecò
di
onoranza
alla
patria
nostra
)
ha
dato
in
luce
un
frutto
novello
dei
suoi
studi
,
nel
libro
che
intitolò
Beccarìa
e
la
scienza
criminale
.
In
cotesto
scritto
l
'
illustre
autore
,
seguitando
un
sistema
altra
volta
da
lui
felicemente
sperimentato
,
prende
occasione
dalla
biografia
di
un
uomo
ad
intessere
la
storia
della
scienza
che
da
quello
si
coltivò
,
e
delle
opinioni
dei
tempi
che
lo
precedettero
,
e
lo
seguitarono
.
Così
dalla
vita
del
Beccarìa
coglie
il
Cantù
destramente
occasione
di
registrare
numerosa
serie
di
fatti
interessanti
la
scienza
penale
ed
esponendo
lo
stato
della
dottrina
che
precedette
e
susseguì
gli
scritti
del
suo
protagonista
,
viene
parlando
degli
uomini
che
poscia
meditarono
le
palpitanti
questioni
da
lui
sollevate
nel
magistero
punitivo
.
Non
intralascia
l
'
esimio
scrittore
di
esprimere
il
suo
pensiero
sulle
diverse
scuole
che
si
formarono
dipoi
nella
scienza
del
diritto
penale
;
e
di
mostrarci
sovente
come
sappia
la
sua
mente
acutissima
con
brevi
parole
demolire
una
intera
dottrina
.
Non
è
mio
intento
di
tessere
elogi
di
questo
scritto
pregevolissimo
e
benemerito
della
scienza
alla
quale
consacro
i
miei
studi
:
né
di
sindacare
le
opinioni
che
in
quello
trapelano
,
o
rilevarne
se
pur
vi
sono
i
difetti
.
Mio
solo
scopo
è
d
'
adempiere
un
sacro
dovere
di
gratitudine
.
E
in
vista
di
cotesta
cagione
spero
che
l
'
insigne
scrittore
vorrà
perdonare
alle
rispettose
mie
osservazioni
.
Evvi
in
quello
scritto
una
pagina
(
la
292
)
ove
il
Cantù
favella
di
colui
che
io
considero
come
decoro
d
'
Italia
,
luminare
e
maestro
della
dottrina
penale
:
Giovanni
Carmignani
.
Il
Cantù
,
che
tutti
novera
i
criminalisti
surti
in
Italia
fino
ai
dì
nostri
,
non
consacra
al
Carmignani
che
quella
pagina
.
Ed
anzi
la
maggior
parte
di
quella
pagina
è
ingombrata
da
una
satira
che
fu
lanciata
contro
Giovanni
Carmignani
mentre
a
Firenze
faceva
i
suoi
primi
infelicissimi
tentativi
nella
scienza
alla
quale
diede
poscia
tanto
incremento
.
Del
rimanente
non
altro
si
dice
del
Carmignani
tranne
accennare
la
sua
divergenza
con
Pellegrino
Rossi
(
al
quale
pure
il
Cantù
fa
in
altro
luogo
rimprovero
di
aver
bevuto
le
ispirazioni
francesi
da
Broglie
e
Guizot
)
ed
affermare
che
il
Carmignani
fino
al
1836
fu
un
caldo
propugnatore
della
pena
di
morte
.
Aggiungendo
che
solo
a
questo
ultimo
stadio
della
sua
vita
ei
cambiò
di
opinione
;
e
repentinamente
invitato
il
pubblico
a
straordinaria
lezione
,
si
diede
a
combatterla
.
Ora
questa
notizia
che
riferisce
il
Cantù
per
inesatte
informazioni
,
non
può
lasciarsi
inosservata
da
chi
meglio
conobbe
le
massime
insegnate
dal
professore
pisano
,
assai
difformi
da
quelle
che
si
vorrebbero
a
lui
attribuire
.
Rettificare
con
documenti
cotesto
equivoco
,
e
rivendicare
il
nome
di
quel
sapiente
dalla
taccia
di
incostanza
scientifica
,
è
un
debito
di
reverenza
in
chi
,
sebbene
indegnamente
,
siede
alla
cattedra
che
tanto
si
onorò
di
quel
grande
.
Giovanni
Carmignani
uscito
dalla
pisana
Università
con
la
laurea
dottorale
,
recavasi
per
sue
convenienze
alla
capitale
della
Toscana
e
trovava
colà
un
Ministero
,
che
impaurito
dell
'
uragano
minaccevole
d
'
oltremonte
,
ripristinava
con
la
legge
del
1795
la
pena
di
morte
,
e
riconduceva
in
generale
le
punizioni
a
più
severa
misura
.
È
naturale
in
tutti
i
Governi
,
che
promuovono
una
riforma
legislativa
,
di
cercare
attorno
qualche
scrittore
che
con
gli
elogi
suoi
si
studi
a
rendere
popolare
la
nuova
legge
,
e
persuada
il
pubblico
della
convenienza
,
e
saviezza
della
medesima
.
Se
pochi
sono
i
Legislatori
i
quali
,
ad
imitazione
del
Bavarese
,
recidano
il
pericolo
di
una
censura
con
lo
interdire
ogni
commento
sul
nuovo
codice
,
nessuno
di
loro
tollera
in
pace
la
critica
.
E
ciò
tanto
più
è
naturale
,
quanto
più
la
legge
novella
è
avversa
alle
opinioni
dominanti
nel
popolo
;
com
'
era
,
ed
è
sempre
stata
avversa
ai
toscani
la
pena
di
morte
.
E
bene
a
ragione
un
popolo
civile
doveva
osteggiare
la
pena
di
morte
.
Poiché
questa
altro
non
è
che
l
'
ultimo
residuo
della
barbara
idea
del
taglione
.
Singolare
esempio
di
pregiudizi
umani
!
Mentre
è
ormai
rejetta
la
erronea
dottrina
,
se
ne
venera
la
più
fatale
estrinsecazione
!
Nessuno
oggi
oserebbe
sul
serio
riproporre
il
taglione
come
misura
della
pena
.
E
non
si
vuol
vedere
che
la
idea
di
uccidere
l
'
uccisore
altro
non
è
che
la
prima
formula
del
taglione
!
Di
ciò
che
avvenne
il
1795
,
vedemmo
noi
stessi
ripetuto
l
'
esempio
nel
1853
alla
pubblicazione
del
nuovo
codice
penale
.
Il
Ministero
accarezza
coloro
che
elogiano
il
parto
della
sua
mente
,
come
una
tenera
madre
simpatizza
per
chiunque
rivolga
ai
suoi
bambini
parola
di
encomio
o
di
affetto
:
e
quelli
che
ambiscono
i
favori
dell
'
autorità
comprendono
ben
tosto
qual
è
la
via
che
si
deve
calcare
per
guadagnarseli
.
Narro
cosa
che
è
notoria
fra
noi
.
Anelava
il
Governo
Toscano
del
1795
trovar
modo
onde
vincere
l
'
antipatia
popolare
contro
la
pena
di
morte
.
Carmignani
ebbe
la
debolezza
di
cedere
alla
lusinga
:
ed
a
suggerimento
di
Lorenzo
Pignotti
,
pubblicò
nel
1795
a
Firenze
coi
tipi
della
Stamperia
Granducale
un
pessimo
libro
,
intitolato
Saggio
di
Giurisprudenza
criminale
:
ove
calorosamente
sostenne
la
utilità
e
la
giustizia
della
pena
di
morte
.
Ecco
il
peccato
capitale
di
Giovanni
Carmignani
:
ma
fu
il
peccato
del
giovine
dottore
,
inesperto
della
vita
;
e
balbettante
ancora
nell
'
atrio
della
scienza
.
Ma
fu
un
peccato
che
egli
pianse
amaramente
fino
a
che
visse
,
cercando
distruggere
come
poteva
ogni
esemplare
di
quel
libro
male
augurato
;
deplorando
con
gli
amici
l
'
error
giovanile
e
vergando
di
proprio
pugno
sull
'
esemplare
che
qua
si
conserva
degli
eredi
di
lui
,
solenni
parole
di
anatema
.
Ivi
in
testa
al
capitolo
quinto
,
intitolato
della
utilità
della
pena
di
morte
,
leggiamo
scritto
da
lui
-
orribile
intitolazione
!
!
Eppure
uscì
dalla
mia
penna
e
dalla
mia
mente
!
Fu
un
errore
giovanile
,
che
doveva
dirsi
redento
dai
fruttuosi
sudori
del
professore
pisano
;
e
dagli
sforzi
energici
coi
quali
combattè
sempre
i
falsi
principii
da
lui
disavvedutamente
seguitati
in
quell
'
opera
informe
.
L
'
albero
non
dee
giudicarsi
dai
frutti
immaturi
che
per
ridondanza
di
umore
vitale
egli
emetta
precocemente
,
come
l
'
uomo
non
dee
giudicarsi
sulle
aberrazioni
della
sua
giovinezza
.
Troppi
sarebbero
i
grandi
che
si
farebbero
impiccolire
,
misurandoli
col
criterio
dei
giovanili
conati
.
Chi
valutasse
l
'
Alfieri
sui
meriti
della
Cleopatra
,
lo
direbbe
un
ridicolo
tragico
.
Chi
giudicasse
Byronnei
suoi
versi
giovanili
,
direbbe
che
quel
gigante
fu
un
meschino
poeta
.
Del
resto
non
fu
tardo
il
Carmignani
a
conoscere
quella
trista
verità
,
che
chi
si
lascia
sedurre
dalle
aure
del
potere
,
se
qualche
volta
guadagna
fortuna
,
quasi
mai
profitta
nella
onoranza
e
nella
benevolenza
dei
cittadini
.
Non
solo
a
lui
piovve
addosso
il
madrigale
che
riporta
il
Cantù
,
e
che
fu
diretto
contro
il
dottore
Carmignani
e
non
contro
il
professore
pisano
;
ma
la
lepidezza
fiorentina
versò
contro
lui
un
torrente
di
satire
e
di
motteggi
,
di
cui
furon
pieni
persino
gli
angoli
delle
pubbliche
vie
.
E
fu
tale
e
tanto
il
gridare
contro
di
lui
,
che
chi
ne
meditò
allora
le
cause
,
non
iscorgendo
proporzionata
a
quelle
ire
la
inisignificanza
del
libro
,
e
la
oscurità
dell
'
autore
,
vi
riconobbe
piuttosto
una
manifestazione
contro
l
'
esoso
indietreggiare
del
governo
.
Tutt
'
altro
cuore
che
quel
di
Giovanni
sarebbesi
annientato
in
faccia
a
tanta
tempesta
.
Ma
il
Carmignani
dalla
infelicità
della
prima
esperienza
trasse
invece
argomento
a
meglio
approfondare
i
suoi
studi
nel
giure
penale
,
e
sostituire
i
concetti
proprii
e
il
risultato
delle
proprie
meditazioni
alle
inspirazioni
di
una
servile
deferenza
.
Laonde
,
quando
nel
1803
fu
chiamato
alla
lettura
del
diritto
criminale
nella
pisana
Università
,
ei
si
presentò
ai
suoi
alunni
,
non
più
parteggiatore
di
crudeli
dottrine
,
ma
deciso
sostenitore
della
mitezza
nei
gastighi
;
ed
appose
per
eserga
alle
sue
istituzioni
di
diritto
criminale
che
(
per
quanto
mi
è
dato
di
rintracciare
)
pubblicò
in
latino
la
prima
volta
nel
1808
,
questa
sentenza
-
temperatus
cohibet
timor
;
assiduos
acer
extrema
admovens
,
in
audaciam
jacentes
excitat
-
quasi
a
programma
e
solenne
professione
di
fede
,
quasi
a
segnale
della
bandiera
sotto
la
quale
ei
si
apparecchiava
a
pugnare
.
Salito
in
Cattedra
egli
sentì
il
debito
di
coscienza
d
'
insegnare
agli
alunni
suoi
quelle
che
riconosceva
come
grandi
verità
della
scienza
,
e
non
i
placiti
della
autorità
.
Fondatore
dell
'
insegnamento
filosofico
del
giure
penale
(
1
)
[
(
1
)
Del
giure
penale
fu
Giovanni
Carmignani
l
'
Apostolo
ed
il
Dottore
.
Ne
fu
l
'
Apostolo
,
perché
i
principii
umanitarii
propugnò
sempre
con
amore
caldissimo
,
ed
a
propagarli
volse
ogni
suo
studio
con
indefessa
operosità
.
Ne
fu
il
Dottore
,
perché
alla
civilizzazione
del
giure
punitivo
egli
diede
opera
utilissima
e
salda
col
ricostituirne
dalle
basi
lo
insegnamento
.
Già
i
pubblicisti
nella
seconda
metà
del
passato
secolo
avevano
fatto
crollare
lo
edifizio
barbaro
del
vecchio
giure
punitivo
,
e
già
Leopoldo
I
di
Toscana
,
convertendo
in
legge
le
nuove
dottrine
,
aveva
mostrato
come
potesse
senza
ferocia
di
pene
mantenersi
la
sicurezza
di
un
popolo
.
Ma
i
novatori
a
patrocinare
la
santa
causa
avevano
usato
e
forse
abusato
delle
patetiche
declamazioni
;
perché
in
quei
primi
attacchi
era
buono
fare
appello
al
cuore
per
commuovere
gli
animi
e
condurli
a
dimettere
le
tenebrose
abitudini
.
Se
però
l
'
impeto
giova
per
demolire
,
non
vale
altrettanto
a
ricostruire
;
ed
il
secolo
passato
,
che
fu
tremendo
demolitore
,
lasciava
al
presente
il
retaggio
della
ricostruzione
anche
nell
'
argomento
del
diritto
penale
.
E
poiché
gli
avversarii
non
posavano
le
armi
,
ma
appunto
,
pigliando
occasione
dal
metodo
della
aggressione
,
falsavano
la
situazione
della
lotta
e
screditando
i
novatori
come
sentimentalisti
vantavano
a
loro
pro
il
presidio
della
ragione
;
era
tempo
si
desse
loro
battaglia
sovra
più
severo
terreno
,
e
costringerli
,
se
fia
possibile
,
ad
un
perpetuo
silenzio
.
Questa
fu
la
mente
del
Carmignani
quando
nel
1807
dettò
nella
lingua
dei
dotti
i
suoi
elementi
di
diritto
criminale
ampliati
poscia
e
corretti
nelle
successive
edizioni
.
Riedificare
tutta
la
dottrina
penale
sulla
base
semplice
,
ma
sempre
vera
,
della
natura
delle
cose
onde
mostrare
che
le
riforme
,
chieste
dal
progresso
civile
,
non
si
volevano
per
un
sentimento
di
pietà
verso
i
colpevoli
ma
pei
rigorosi
precetti
di
assoluta
giustizia
,
era
il
bisogno
del
tempo
;
e
sorse
Carmignani
a
soddisfare
questo
bisogno
.
Aridi
come
una
matematica
,
e
denudati
dei
fiori
rettorici
,
dei
quali
pure
sapeva
egli
bene
usare
nel
foro
,
gli
scritti
didattici
del
Carmignani
ricondussero
il
giure
penale
ad
una
dottrina
ontologica
.
Tre
furono
i
cardini
sui
quali
egli
adagiò
la
scienza
filosofica
della
ragione
penale
.
Aderire
tenacemente
alla
distinzione
fra
imputazione
e
pena
.
Aderire
tenacemente
alla
distinzione
fra
quantità
e
grado
così
nel
delitto
come
nella
pena
.
Notomizzare
il
delitto
e
la
pena
decomponendoli
nelle
respettive
loro
forze
così
fisiche
come
morali
,
cercando
nelle
forze
oggettive
del
delitto
il
criterio
della
sua
quantità
,
e
nelle
soggettive
il
criterio
del
suo
grado
,
onde
trovare
la
quantità
e
grado
corrispondente
nelle
penalità
.
Fu
questo
il
tripode
sul
quale
egli
pose
la
conclusione
che
la
mitezza
delle
pene
come
generale
veduta
legislativa
non
era
chiesta
dalla
misericordia
ma
dalla
giustizia
,
e
che
debito
di
giustizia
distributiva
,
non
di
pietà
,
erano
le
mitigazioni
dei
castighi
nei
singoli
casi
.
Alla
dottrina
arbitraria
ed
empirica
delle
circostanze
attenuanti
non
fece
appelli
giammai
,
anzi
la
bandì
come
funesto
veleno
dal
suo
sistema
,
perché
volle
che
il
giudice
fosse
guidato
dallo
intelletto
e
non
soggiogato
dal
cuore
.
Punire
meno
,
perché
non
si
ha
diritto
di
punire
oltre
;
punire
meno
dovunque
si
trova
meno
nelle
condizioni
giuridiche
del
fatto
:
ecco
le
formule
alle
quali
da
capo
a
fondo
s
'
inspirò
lo
insegnamento
del
grande
maestro
:
insegnamento
che
può
spregiarsi
soltanto
da
chi
non
sa
o
non
vuole
comprenderlo
,
ma
che
compreso
una
volta
è
fonte
perenne
di
luce
in
ogni
problema
del
giure
punitivo
.
È
vero
che
nello
svolgimento
dei
singoli
problemi
lasciò
Carmignani
qualche
angolo
inesplorato
;
ma
le
linee
fondamentali
tracciate
da
lui
erano
facile
guida
alle
desiderate
soluzioni
.
È
vero
che
Carmignani
mostrò
qualche
volta
allearsi
alla
scuola
così
detta
politica
,
e
qualche
volta
chiedere
ajuti
alla
scuola
utilitaria
,
ma
non
pose
né
nell
'
una
e
né
nell
'
altra
la
vera
radice
delle
sue
dottrina
,
perché
troppo
era
libero
pensatore
per
farlo
.
Fu
questa
per
lui
una
necessità
di
situazione
.
Egli
si
trovava
alle
spalle
la
falsa
filosofia
del
secondo
decimottavo
,
si
vedeva
sorgere
al
fianco
(
troppo
potente
in
quel
periodo
)
la
falsa
ed
empirica
scuola
detta
utilitaria
capitanata
da
Bentham
.
Accintosi
egli
a
muover
guerra
senza
transazione
con
la
scuola
ascetica
e
con
la
scuola
terrorista
sentì
qualche
volta
il
bisogno
di
una
alleanza
;
ma
i
principii
che
egli
poneva
come
cardini
della
sua
dottrina
dovevano
per
necessità
logica
demolire
il
trono
dei
momentanei
alleati
.
Carmignani
fu
il
riordinatore
del
giure
punitivo
,
ed
il
suo
riordinamento
,
perché
strettamente
aderente
alla
nuda
verità
delle
cose
,
ha
dato
a
questa
scienza
una
base
solida
ed
imperitura
,
sulla
quale
bisogna
si
assida
ogni
svolgimento
ulteriore
della
teorica
per
parte
di
chiunque
cerchi
e
desideri
la
verità
.
E
qual
fosse
lo
mostrò
fino
dal
1807
ponendo
in
capo
al
suo
libro
il
significantissimo
eserga
temperatus
cohibet
timor
.
]
le
sue
letture
apparvero
una
novità
a
coloro
che
erano
usi
ad
intendere
il
nudo
commento
del
diritto
romano
e
delle
leggi
locali
;
o
la
descrizione
dei
diversi
modi
di
delinquenza
secondo
il
diritto
costituito
;
o
le
maniere
di
formare
un
processo
sulla
prammatica
inquisitoria
.
Ridurre
i
principii
del
Beccaria
a
formule
scientifiche
ed
a
metodo
didattico
fu
il
suo
precipuo
divisamento
:
e
le
sue
istituzioni
ne
fanno
solenne
testimonianza
.
E
quanto
alla
pena
di
morte
,
se
leggessi
ciò
che
ei
ne
scrisse
nella
edizione
del
1808a
pag
.
135
,
cesserà
per
sempre
la
fantasia
di
affermare
che
il
Carmignani
fosse
in
tutto
il
corso
del
suo
insegnamento
propugnatore
dell
'
estremo
supplizio
.
Fu
egli
che
in
quella
pagina
pose
innanzi
quel
potente
dilemma
contro
la
pena
capitale
;
dilemma
che
sotto
il
rapporto
della
pretesa
utilità
di
tal
pena
,
vale
assai
meglio
di
tante
altre
declamazioni
.
O
volete
adoprare
(
egli
scriveva
)
la
pena
estrema
contro
i
delitti
che
muovono
da
passioni
cieche
e
bollenti
;
e
l
'
uomo
furioso
sprezzerà
la
pena
più
atroce
,
come
sprezza
qualunque
pericolo
.
O
volete
adoperarla
contro
i
delitti
che
muovono
da
freddo
calcolo
;
e
dovete
riconoscere
che
in
questo
calcolo
entra
per
soverchia
misura
la
speranza
della
impunità
:
e
la
speranza
d
'
impunità
non
diminuisce
ma
si
moltiplica
per
la
ferità
di
un
castigo
,
che
eccita
commiserazione
,
e
che
per
la
sua
irreparabilità
accresce
il
dubitare
delle
coscienze
.
Laonde
se
l
'
uomo
che
delinque
per
freddo
calcolo
prevede
che
lo
colpisca
il
castigo
,
ha
nella
minaccia
della
perpetua
privazione
della
libertà
e
di
tutti
i
godimenti
della
vita
,
ostacolo
sufficiente
a
frenarlo
:
che
se
prevede
di
eludere
la
giustizia
,
e
calcola
sulla
impunità
,
la
pena
più
atroce
gli
presenta
una
ragione
di
maggiore
probabilità
per
confidarvi
.
Io
non
discuto
ora
cotesto
argomento
.
Ma
lo
ricordo
solo
perché
mi
sembra
irrecusabile
prova
a
mostrare
che
il
Carmignani
combatteva
fino
dai
primi
anni
del
suo
maestrato
la
pena
di
morte
.
È
vero
che
seguace
del
principio
della
politica
necessità
,
egli
opponeva
piuttosto
la
inutilità
che
la
illegittimità
radicale
di
cotesta
pena
.
O
,
a
meglio
dire
,
ei
voleva
desumerne
la
illegittimità
col
dimostrarla
non
necessaria
.
È
vero
che
codesto
ordine
d
'
idee
lo
condusse
ad
ammettere
la
pena
di
morte
nel
caso
estremo
del
perduelle
,
la
uccisione
del
quale
fosse
l
'
unico
mezzo
possibile
di
rendere
alla
pace
la
società
.
Ma
questa
concessione
(
o
a
meglio
dire
codesta
logica
deduzione
del
principio
assunto
da
lui
come
fondamento
del
diritto
di
punire
)
ei
la
fece
con
tali
restrizioni
,
da
ridurne
l
'
applicazione
all
'
esercizio
del
diritto
di
guerra
.
E
ciò
non
autorizza
per
fermo
a
noverare
il
Carmignani
fra
i
sostenitori
della
pena
di
morte
.
Questa
sua
dottrina
egli
riprodusse
nelle
consecutive
edizioni
che
fece
delle
sue
istituta
,
da
quella
del
1819
fino
all
'
ultima
.
E
più
latamente
la
svolse
nella
sua
opera
intitolata
Teoria
sulle
Leggi
della
sicurezza
Sociale
da
lui
pubblicata
nel
1831
.
Che
poi
dalla
Cattedra
in
tutto
il
corso
del
suo
insegnamento
combattesse
la
pena
di
morte
,
tutti
i
suoi
discepoli
possono
testificarlo
;
e
molti
ricordano
come
accorressero
anche
da
lunge
al
pisano
ateneo
numerosi
uditori
il
giorno
in
cui
correa
voce
che
Carmignani
avrebbe
detta
la
sua
lezione
contro
la
pena
di
morte
.
E
se
in
alcuni
anni
di
agitazioni
politiche
,
o
segreti
ordini
,
o
prudenza
lo
astrinsero
a
non
potere
senza
pericolo
ripetere
la
sua
dottrina
;
egli
se
ne
passò
dal
1831
al
1834
col
non
discutere
i
problema
,
piuttosto
che
risolverlo
in
un
modo
contrario
alle
sue
convinzioni
:
le
quali
anche
allora
con
quel
silenzio
eloquente
mostrò
bene
di
qual
tempra
si
fossero
.
La
lezione
da
lui
pubblicata
alle
stampe
contro
la
pena
di
morte
nel
1836
non
fu
dunque
una
inattesa
ritrattazione
di
quel
sapiente
,
fu
il
riassunto
delle
dottrina
che
per
oltre
trent
'
anni
e
con
gli
scritti
e
con
la
voce
caldamente
avea
sostenute
.
La
convocazione
straordinaria
a
quella
lezione
,
la
pubblicazione
mercè
la
stampa
di
quella
monografia
,
male
si
dipinge
come
segno
d
'
incostanza
e
di
ritrattazione
.
Se
da
quello
scritto
si
toglie
l
'
ornato
della
erudizione
,
e
l
'
orpello
del
retore
,
poco
o
niente
vi
si
riscontra
che
già
non
avesse
il
Carmignani
per
anni
ed
anni
ripetuto
,
o
parlando
,
o
scrivendo
.
Censurisi
pertanto
se
vuolsi
il
nostro
Professore
,
o
come
letterato
o
come
filosofo
.
Ma
come
criminalista
non
gli
si
neghi
il
pregio
di
essere
umanitario
,
come
non
può
negarglisi
il
merito
di
aver
recato
immenso
incremento
alla
scienza
penale
.
Sul
qual
proposito
in
non
intendo
già
di
applaudire
ai
principii
che
Giovanni
Carmignani
assunse
come
fondamentali
del
diritto
di
punire
.
Io
nol
potrei
,
poiché
ne
discordo
.
E
come
siano
coteste
basi
fallaci
,
bene
lo
mostrò
il
chiarissimo
Prof
.
Centofanti
in
un
suo
scritto
inserito
nell
'
ultimo
volume
dell
'
Antologia
;
che
lascia
tuttavia
a
desiderare
la
promessa
continuazione
.
Ma
il
Carmignani
doveva
bene
subire
la
influenza
dei
tempi
e
delle
false
dottrine
politiche
e
filosofiche
che
non
ancora
si
erano
rese
per
vinte
in
faccia
alla
luce
del
secolo
XIX
.
Ciò
peraltro
non
toglie
che
le
opere
di
quest
'
uomo
non
segnino
una
lunga
corda
nella
linea
saliente
del
progresso
della
scienza
penale
.
Alcuni
ardui
problemi
della
medesima
non
hanno
ancora
ricevuto
la
ultima
soluzione
,
e
forse
correranno
molti
anni
prima
che
sorga
il
nuovo
Neutòno
e
recarvi
la
luce
.
Ma
tutti
coloro
che
sudarono
utilmente
a
diradare
le
tenebre
,
debbono
dirsi
benemeriti
della
scienza
;
e
sovrattutti
il
Carmignani
che
per
quarant
'
anni
d
'
insegnamento
pertinace
si
affaticò
nell
'
opera
santa
:
né
il
merito
dei
benefizi
recati
può
menomarsi
,
perché
tali
benefizi
che
si
estesero
a
moltissimi
punti
della
dottrina
non
riuscissero
uguali
in
altre
parti
della
medesima
.
Se
un
uomo
od
un
libro
dovesse
elogiarsi
allora
soltanto
quando
ei
fosse
scevro
affatto
di
errori
,
noi
non
potremmo
elogiare
che
l
'
Uomo
Dio
,
e
le
pagine
del
Vangelo
.
Ciò
che
al
Carmignani
fruttò
l
'
ammirazione
dell
'
Europa
;
ciò
che
gli
assicura
distintissimo
saggio
nel
Panteon
dei
criminalisti
,
e
renderà
immortale
il
suo
nome
,
è
la
esattezza
del
metodo
,
e
l
'
ordine
preclaro
col
quale
egli
seppe
disporre
nelle
sue
Istituta
i
precetti
della
giustizia
penale
.
Metodo
ed
ordine
che
lo
condusse
per
forza
potente
di
logica
a
dileguare
una
folla
di
errori
,
che
aveva
fino
ai
suoi
giorni
dominato
nelle
scuole
e
nel
fôro
;
e
che
dopo
lui
nessuno
osò
più
riproporre
.
Metodo
ed
ordine
,
del
quale
(
oso
dire
)
è
impossibile
trovare
il
migliore
per
chiunque
voglia
dettare
un
libro
destinato
all
'
insegnamento
del
giure
penale
.
È
sotto
questo
aspetto
che
le
sue
istituzioni
sono
un
vero
gioiello
.
Onde
il
primo
titolo
che
al
Carmignani
si
deve
è
quello
di
riordinatore
dell
'
insegnamento
criminale
.
Egli
è
il
Linneo
della
nostra
scienza
.
Poterono
i
posteri
trovar
difetto
in
qualche
famiglia
:
poterono
discuoprire
qualche
specialità
da
aggiungersi
ad
una
o
ad
un
'
altra
classe
:
ma
Linneo
resterà
sempre
il
fondatore
del
sistema
.
La
lucidità
ed
esattezza
dell
'
ordine
doveva
,
com
'
è
naturale
,
aprire
al
Carmignani
la
via
per
illuminare
molti
punti
oscuri
e
perplessi
,
e
rettificare
parecchi
equivoci
.
E
difatti
noi
lo
vediamo
sfruttare
fino
all
'
ultima
conseguenza
la
radicale
distinzione
tra
la
violazione
della
morale
,
e
la
violazione
del
diritto
,
tra
la
imputazione
e
la
pena
;
separare
con
mano
ferma
la
quantità
del
delitto
dal
suo
grado
;
condurre
,
nelle
ultime
edizioni
dei
suoi
elementi
,
alla
più
completa
rettificazione
questa
differenza
normale
,
purgandosi
dagli
avanzi
dell
'
antica
confusione
che
aveva
lasciato
qualche
vestigia
di
sé
nei
primi
suoi
esperimenti
.
Noi
lo
vediamo
arrecare
fasci
di
splendida
luce
sulla
teoria
del
conato
,
che
fino
ai
suoi
giorni
,
vacillante
fra
gli
estremi
di
un
soverchio
rigore
e
di
una
eccessiva
lassezza
,
agitavasi
incerta
nelle
scuole
e
nel
fôro
,
come
nave
senza
nocchiero
.
Noi
lo
vediamo
assegnare
all
'
elemento
intenzionale
del
delitto
quel
primato
che
la
ragione
gli
attribuisce
,
e
che
lo
rende
dominatore
nel
calcolo
della
imputazione
,
e
nella
esatta
classazione
dei
diversi
reati
;
e
al
tempo
stesso
togliergli
la
balìa
di
cangiare
il
magistero
penale
in
un
sindacato
monastico
,
col
sottoporne
la
potenza
alla
necessità
di
una
estrinsecazione
politicamente
dannosa
.
Noi
lo
vediamo
delineare
coi
più
pronunziati
colori
i
diversi
metodi
di
procedura
,
e
dipingerne
al
vivo
i
respettivi
pregi
e
difetti
.
Noi
lo
vediamo
,
in
una
parola
,
ovunque
pone
la
mano
portarvi
uno
sviluppo
d
'
idee
,
e
tutte
concatenate
per
guisa
che
si
coadiuvano
come
forze
congiunte
.
Né
ad
insinuare
la
idea
che
il
Carmignani
fosse
mai
per
alcun
temo
della
sua
vita
cattedratica
parteggiatore
della
pena
di
morte
,
può
darsi
valore
al
fatto
,
che
pure
sembra
a
lui
rinfacciare
il
Cantù
,
di
avere
cioè
esso
Carmignani
nel
progetto
di
codice
penale
che
spontaneo
presentò
alle
Cortes
di
Portogallo
,
mantenuto
il
supplizio
capitale
.
È
vero
che
in
questo
schema
di
codice
mantenne
il
nostro
maestro
la
pena
di
morte
proponendone
la
esecuzione
col
mezzo
di
strangolamento
per
ossequio
alla
opinione
del
Cabanis
.
Ma
poco
vi
vuole
a
comprendere
che
aspirando
il
Carmiganni
a
vedere
attuato
il
suo
progetto
di
codice
,
era
nella
necessità
di
renderlo
possibile
.
E
sarebbe
stata
una
utopia
in
quell
'
epoca
il
credere
possibile
in
Portogallo
un
codice
penale
,
in
cui
per
i
più
gravi
reati
politici
non
si
fosse
minacciata
la
morte
.
Ond
'
è
che
in
questo
progetto
tolse
egli
affatto
la
pena
di
morte
per
tutti
i
delitti
contro
i
privati
,
serbandola
solo
nei
sommi
casi
contro
i
delitti
politici
.
E
che
anche
cotesta
concessione
il
Carmiganni
facesse
in
ossequio
alle
esigenze
del
momento
,
e
contro
le
sue
convinzioni
,
lo
mostra
ciò
che
egli
scrisse
nella
prefazione
a
quel
codice
-
ivi
-
Contro
la
propria
coscienza
lo
scrittore
ha
proposto
di
ritenerla
(
la
pena
di
morte
)
per
i
delitti
di
stato
.
La
ragione
ha
portato
ad
evidenza
la
ingiustizia
di
questa
pena
:
la
esperienza
della
Toscana
ove
niuno
si
uccide
,
ne
ha
dimostrato
la
inutilità
:
la
stessa
esperienza
in
paesi
ove
se
ne
fa
uso
,
come
Lucca
a
contatto
della
Toscana
,
mostra
quanto
ella
sia
impolitica
,
e
maestra
di
delitti
di
sangue
.
Questa
verità
si
conferma
dalla
nota
che
a
cotesto
luogo
appose
l
'
editore
di
quel
progetto
(
Carmignani
scritti
inediti
,
vol
.
5
,
pag
.
6
)
-
ivi
-
A
ragione
asserisce
l
'
autore
che
contro
la
propria
coscienza
ha
proposto
in
questo
progetto
la
pena
di
morte
per
i
delitti
di
stato
.
Poiché
tanto
nella
sua
teoria
delle
leggi
sulla
sicurezza
sociale
(
tom
.
3
pag
.
160
edizione
del
1832
)
quanto
nella
sue
lezioni
orali
,
ha
sempre
insegnato
:
-
1.°
-
Che
quando
trattasi
per
la
società
di
aggressione
presente
con
pericolo
della
di
lei
esistenza
,
che
venga
da
questo
delitto
minacciata
,
e
che
non
si
possano
disarmare
gli
aggressori
senza
ucciderli
,
la
morte
non
dee
riguardarsi
come
una
pena
,
ma
come
un
male
indispensabile
a
respingere
la
ingiusta
istantanea
aggressione
,
colla
teoria
stessa
della
incolpata
tutela
-
2.°
-
Che
quando
nel
delitto
politico
manca
l
'
istantaneità
del
pericolo
,
allora
soltanto
può
parlarsi
di
pena
:
e
i
delinquenti
cadendo
nella
classe
dei
delinquenti
ordinarii
,
non
vi
è
ragione
di
versare
il
loro
sangue
.
Io
non
dico
che
questo
progetto
del
Carmignani
avesse
grandi
pregi
,
né
che
giusti
fossero
li
sdegni
di
lui
al
non
vederlo
accettato
;
dico
solo
che
da
cotesto
fatto
male
se
ne
deduce
argomento
per
dubitare
che
Carmiganni
oscillasse
nelle
sue
convinzioni
,
le
quali
furono
sempre
recisamente
pronunziate
contro
il
supplizio
capitale
.
Non
è
d
'
altronde
meraviglia
se
il
Cantù
,
il
quale
nel
suo
libro
non
era
chiamato
a
far
parola
di
Carmignani
se
non
di
passaggio
,
fu
indotto
in
equivoco
sul
conto
della
più
vera
dottrina
del
nostro
professore
.
Non
è
meraviglia
,
poiché
noi
vediamo
che
quelli
stessi
che
si
sono
costituiti
biografi
del
grande
criminalista
hanno
spacciato
sul
conto
suo
tali
cose
che
non
potevano
neppur
sognarsi
da
chi
avesse
letto
i
suoi
scritti
.
A
modo
di
esempio
,
nella
biografia
dell
'
avvocato
Carmignani
che
il
prof
.
Caruana
Dingli
leggeva
all
'
Accademia
Maltese
alla
seduta
del
16
novembre
1847
(
biografia
che
poscia
venne
premessa
alla
versione
italiana
degli
Elementi
del
Carmignani
pubblicati
in
Malta
nello
stesso
anno
)
si
leggono
parecchie
specialità
in
ordine
al
movimento
delle
opinioni
del
nostro
professore
,
e
alle
diverse
vicende
di
quella
opera
insigne
.
Ora
chi
crederebbe
che
in
questa
biografia
,
la
quale
dicesi
desunta
da
un
'
altra
biografia
del
Carmignani
pubblicata
dal
prof
.
Pardini
(
scritto
che
io
non
ho
potuto
riscontrare
)
,
si
narrano
circostanze
totalmente
insussistenti
e
sbagliate
?
Enumerando
le
varie
edizioni
degli
elementi
del
Carmignani
,
quei
biografi
le
riducono
a
cinque
;
la
prima
di
Firenze
nel
1808
,
coi
tipi
Molini
,
contenente
soltanto
la
parte
generale
in
un
volume
:
la
seconda
di
Pisa
coi
tipi
Prosperi
nel
1819
,
in
due
volumi
,
completata
del
terzo
libro
sui
delitti
in
specie
,
e
di
un
quarto
sulla
prevenzione
diretta
:
la
terza
di
Pisa
coi
tipi
Nistri
nel
1822
:
la
quarta
di
Macerata
coi
tipi
Cortesi
nel
1829
:
la
quinta
di
Pisa
coi
tipi
Nistri
nel
1833
.
Ma
nel
confronto
delle
progressive
mutazioni
intervenute
in
quelle
ristampe
il
biografo
maltese
cade
in
equivoci
che
sono
fatti
palesi
ad
oculos
dal
testo
delle
diverse
edizioni
.
Così
egli
incomincia
dal
dire
che
nel
1808
il
Carmignani
pubblicò
le
sue
istituzioni
sotto
il
titolo
di
Elementa
JURISPRUDENTIALE
criminalis
,
e
che
soltanto
nella
successiva
terza
edizione
cambiò
quel
titolo
nell
'
altro
Elementa
JURIS
Criminalis
.
Donde
sia
tratta
questa
notizia
io
non
so
indovinarla
davvero
.
So
unicamente
esser
positivo
che
la
instituta
del
prof
.
Pisano
ebbero
sino
dalla
edizione
del
1808
il
battesimo
di
Elementa
juris
,
e
conservarono
cotesto
titolo
in
tutte
le
cinque
loro
riproduzioni
senza
modificazione
nessuna
;
e
basta
leggere
i
frontespizii
delle
edizioni
del
1808
e
del
1819
per
restarne
convinti
.
Inoltre
il
Caruana
racconta
che
soltanto
nella
quarta
edizione
romana
(
ossia
maceratese
)
e
così
al
1829
,
il
Carmignani
trovò
quella
celebre
distinzione
fra
la
intenzione
indiretta
positiva
,
e
indiretta
negativa
.
Ciò
leggiamo
nella
nota
20
a
pag
.
XVII
-
ivi
-
al
vol
.
1
pag
.
54
della
quarta
edizione
introdusse
una
originale
ed
importantissima
nomenclatura
,
della
intenzione
cioè
indiretta
negativamente
tale
.
Or
bene
,
il
§
.
97
che
trovasi
a
pag
.
54
della
quarta
edizione
,
non
è
che
la
letterale
riproduzione
del
§
.
97
della
terza
edizione
,
e
del
§
.
70
della
seconda
,
nel
quale
trovasi
negli
stessi
identici
termini
quella
originale
importantissima
nomenclatura
.
Cosicchè
tale
scoperta
erasi
fatta
dal
Carmignani
dieci
anni
innanzi
.
Inoltre
il
Caruana
dopo
aver
ricordato
quel
tristo
saggio
pubblicato
dal
Dott
.
Giovanni
il
1795
,
procede
a
dire
-
ivi
-
era
riserbato
alla
sua
età
più
provetta
l
'
onore
di
proscrivere
dalla
scienza
siffatti
errori
-
e
continua
nella
nota
15
-
ivi
-
il
Cav
.
Carmignani
nel
§
.
318
e
nella
nota
al
§
.
319
della
terza
edizione
dei
suoi
elementi
di
diritto
criminale
,
e
nella
nota
al
§
.
350
della
quinta
edizione
,
giustamente
si
corregge
di
una
erronea
opinione
nel
suo
saggio
adottata
,
di
attribuire
cioè
una
politica
efficacia
all
'
acerbità
delle
pene
.
Tutta
questa
canzone
della
resipiscenza
del
Cavalier
Carmignani
,
e
del
pentimento
della
più
provetta
età
è
una
fola
.
E
forse
può
congetturarsi
che
il
Cantù
abbia
incorso
nell
'
equivoco
da
me
sopra
notato
,
sulla
fede
dell
'
inesatto
biografo
del
Carmignani
.
Il
professore
Carmignani
non
aveva
errori
da
rinnegare
.
Esordì
la
carriera
cattedratica
con
bandiera
tutta
opposta
a
quella
che
avea
sedotto
il
neofito
nel
1795
.
E
quella
nota
che
il
biografo
suppone
aggiunta
dal
Carmignani
alla
terza
edizione
,
esiste
nella
prima
edizione
di
Firenze
del
1808
a
pag
.
137
nota
6
al
§
.
275
-
ivi
-
Quae
heic
exposuimus
principia
,
juris
criminalis
costituendi
regulas
dumtaxat
respiciunt
,
adeout
ubi
jus
constitutum
diversis
inniti
videatur
principiis
,
ibi
ulteriori
indagini
locus
non
patet
.
Putaveram
et
ipse
olim
aliquam
poenarum
acerbitati
politicam
inesse
efficaciam
;
postea
vero
meliora
edoctus
,
ac
re
rectius
perpensa
diversam
sententiam
amplexus
sum
;
confer
meam
quam
multis
abhinc
annis
edidi
opellam
,
saggio
di
giurisprudenza
criminale
,
Firenze
,
1795
.
Può
dunque
dirsi
con
tutta
verità
che
dal
primo
giorno
in
cui
nel
pisano
Ateneo
si
assise
Giovanni
Carmignani
come
professore
di
diritto
criminale
,
gli
alunni
ed
il
pubblico
non
salutarono
in
lui
un
criminalista
feroce
,
né
un
propugnatore
della
pena
di
morte
;
ma
bensì
invece
il
coraggioso
banditore
delle
dottrine
umanitarie
,
per
le
quali
combattè
finchè
visse
.
Né
la
pena
di
morte
osteggiò
soltanto
il
Carmignani
con
lo
insegnamento
della
Cattedra
;
né
con
quell
'
atto
di
solenne
protesta
,
con
cui
,
offertagli
nel
1808
una
magistratura
,
la
ricusò
,
dicendo
che
la
sua
coscienza
non
gli
consentiva
di
emettere
sentenze
di
morte
in
opposito
ai
principii
che
professava
;
né
soltanto
la
combattè
con
gli
scritti
,
e
coi
più
energici
conati
nelle
criminali
difese
,
ma
infaticabile
nella
sua
santa
missione
,
slanciossi
sovente
anche
oltre
il
confine
della
sua
patria
onde
arrestare
la
bipenne
,
che
pendea
sopra
il
capo
di
umane
creature
.
Di
questa
verità
io
ne
ebbi
solenne
testimonianza
,
ricordare
la
quale
parmi
doveroso
tributo
alla
memoria
del
grande
maestro
.
Nel
già
ducato
lucchese
erasi
da
parecchi
anni
costituita
una
società
di
malfattori
,
alla
quale
era
scopo
consumare
dei
rubamenti
specialmente
a
danno
di
Canoniche
e
Chiese
parrocchiali
della
campagna
.
Scoperti
i
principali
di
questa
masnada
,
che
già
parecchi
furti
avea
consumato
nel
contado
lucchese
,
furono
processati
,
convinti
,
e
sei
di
loro
condannati
di
morte
.
Ragione
per
il
capitale
supplicio
non
si
traeva
già
in
uccisioni
che
costoro
avessero
perpetrato
;
poiché
nelle
loro
ruberie
avevano
mai
sempre
rispettato
le
vite
.
Ma
si
desumeva
dalla
legge
penale
in
Francia
,
che
allora
continuava
ad
essere
regolatrice
nel
ducato
lucchese
.
Legge
che
punisce
di
morte
anche
il
furto
non
accompagnato
da
strage
,
quando
ci
concorrano
le
circostanze
di
violenza
contro
le
persone
,
violenza
contro
le
cose
in
luogo
abitato
,
tempo
notturno
,
delazione
di
armi
,
e
numero
di
persone
.
Difensori
dei
sei
condannati
erano
con
me
i
signori
avvocati
Michele
Mariani
,
Donato
Borromei
,
Carlo
Massei
,
Tommaso
Ghilarducci
,
e
dottore
Cherubino
Laurenzi
.
Palpitanti
della
grave
responsabilità
che
ci
pesava
sugli
omeri
,
nessuno
di
noi
risparmiava
dal
suo
canto
studio
ed
industria
per
allontanare
il
miserando
eccidio
.
L
'
Avv
.
Mariani
ed
io
,
che
più
particolare
conoscenza
avevamo
col
prof
.
Carmignani
,
lo
ricercavamo
dapprima
del
suo
consiglio
:
ma
ne
traemmo
la
scoraggiante
certezza
che
in
faccia
alla
legge
di
Francia
poteva
a
nome
dell
'
umanità
e
della
scienza
protestarsi
contro
la
esorbitanza
del
suo
rigore
,
ma
non
coltivare
speranza
che
la
giustizia
risparmiasse
cotesta
fiata
l
'
opera
del
carnefice
.
E
il
risultato
corrispose
al
vaticinio
pur
troppo
,
poiché
la
Rota
criminale
pronunziò
,
e
il
Supremo
Tribunale
di
revisione
confermò
,
la
condanna
a
morte
dè
sei
sciagurati
.
All
'
aspetto
della
imminente
carnificina
noi
tornammo
allora
ad
implorare
dal
maestro
aiuta
e
consiglio
.
Ed
egli
non
esitò
un
istante
ad
allearsi
con
noi
per
strappare
per
via
di
grazia
dal
Principe
ciò
che
per
via
di
giustizia
era
stato
vanità
lo
sperare
.
Fu
in
tale
occasione
,
che
il
Carmignani
dettò
sotto
il
titolo
di
supplichevole
ragionamento
quella
solenne
protesta
contro
la
pena
di
morte
,
che
poscia
si
pubblicò
coi
tipi
dei
Nistri
in
Pisa
nel
quarto
volume
delle
cause
celebri
del
Carmignani
,
a
pag
.
467
.
Egli
distese
la
supplica
al
Duca
Carlo
Ludovico
,
che
si
conserva
da
noi
nel
suo
autografo
:
supplica
che
dal
collegio
dei
difensori
si
presentava
al
principe
corredata
del
ragionamento
del
Carmignani
,
come
documento
di
appoggio
.
A
questa
fatica
,
a
questa
opera
generosa
,
all
'
attuazione
di
questo
audace
concetto
,
non
guidavano
il
Carmignani
sentimenti
comuni
.
Non
interesse
,
poiché
tutto
fu
gratuito
per
parte
sua
.
Non
relazioni
di
benevolenza
,
poiché
nessuno
dei
condannati
erasi
da
lui
conosciuto
personalmente
.
Egli
si
inspirava
soltanto
alla
religione
della
sua
fede
scientifica
,
che
facevalo
inorridire
al
pensiero
di
tanto
supplizio
,
e
sentire
come
debito
di
ogni
uomo
levare
la
voce
al
principe
ad
implorare
misericordia
.
Il
concetto
del
ragionamento
del
Carmignani
erasi
quello
di
censurare
rispettosamente
la
legge
punitiva
che
colpisce
del
capo
il
ladro
non
micidiale
;
e
così
persuadere
al
principe
che
la
grazia
in
questo
caso
non
era
facoltà
di
clemenza
,
ma
debito
di
giustizia
.
E
con
qual
cuore
,
e
con
quanta
ansietà
e
doloroso
desiderio
ei
si
gittasse
alla
caritatevole
impresa
,
si
rileva
dal
fitto
carteggio
con
noi
tenuto
in
quella
circostanza
,
e
specialmente
da
alcune
sue
lettere
indirizzate
all
'
avv
.
Mariani
,
e
che
furono
pubblicate
nel
Vol
.
I
del
giornale
contro
la
pena
di
morte
dell
'
esimio
Prof
.
Pietro
Ellero
.
Ogni
linea
di
quelle
lettere
palesa
i
palpiti
di
un
cuore
,
che
si
agita
all
'
imminenza
di
un
grande
pericolo
;
ogni
suo
motto
rivela
la
convinzione
profonda
di
questo
vero
,
che
ogni
esecuzione
capitale
è
una
sociale
calamità
.
E
quando
tornati
vani
tutti
gli
sforzi
per
la
irremovibilità
del
principe
,
giunse
al
Carmignani
l
'
annunzio
della
terribile
esecuzione
:
mostra
come
ei
ne
sentisse
strazio
profondo
la
lettera
di
conforto
che
a
me
scriveva
,
e
che
fu
pubblicata
nel
suddetto
giornale
.
Ad
altri
dunque
si
vada
narrando
che
Carmignani
fu
un
propugnatore
della
pena
di
morte
.
Ad
altri
si
insinui
che
soltanto
nel
1836
per
la
vanità
di
mercar
applauso
ad
una
solenne
lezione
,
rinnegasse
le
sue
credenze
.
A
noi
ciò
non
si
dica
,
che
lo
vedemmo
per
tutta
la
sua
vita
combatterla
.
E
dico
per
tutta
la
sua
vita
,
poiché
la
vita
del
professore
incomincia
dal
1803;
né
gli
svolazzi
del
giovane
possono
attribuirsi
al
cattedratico
,
che
pertinacemente
li
repudiò
.
A
Carmignani
si
attribuisca
il
titolo
di
acerrimo
oppositore
del
carnefice
;
dalla
assottigliata
schiera
dei
suoi
difensori
si
tolga
l
'
insigne
suo
nome
.
DANTE
CRIMINALISTA
(
1864
)
(
dagli
Opuscoli
di
Diritto
criminale
,
Lucca
,
1870
,
vol
.
II
,
647
ss
.
)
(
STUDIO
STORICO
)
E
non
nasconder
quel
ch
'
io
non
nascondo
.
(
Purg
.
C
.
XXIV
)
Il
concetto
che
Dante
avea
dei
poeti
non
era
certamente
circoscritto
alle
immagini
e
alla
rima
.
Per
l
'
Alighieri
,
poeta
era
colui
che
rivelava
con
l
'
incantevol
magistero
della
poesia
un
aspetto
della
verità
all
'
uman
genere
profittevole
;
era
colui
che
avanzando
il
proprio
secolo
o
combattendone
le
false
opinioni
,
spingeva
gli
uomini
alla
conquista
della
civiltà
.
A
suo
duce
per
i
regni
paurosi
dell
'
inferno
ed
per
quelli
mistici
del
Purgatorio
,
aveva
scelto
il
vate
dell
'
incivilimento
latino
:
a
Virgilio
egli
si
era
rivolto
con
quell
'
alto
e
gentilissimo
verso
,
O
tu
che
onori
ogni
scienza
ed
arte
!
È
per
questo
che
nella
Divina
Commedia
,
i
cultori
di
tutte
le
scienze
e
delle
arti
cercano
all
'
occasione
la
veneranda
autorità
;
quasi
ad
esempio
dei
sacri
oratori
che
ricercarono
nei
Vangeli
una
divina
sanzione
ai
loro
insegnamenti
.
E
bene
s
'
adoperano
,
avvegnachè
il
gran
poema
dell
'
Alighieri
sia
come
l
'
evangelio
della
civiltà
moderna
.
Dello
,
che
a
somiglianza
dei
giureconsulti
romani
,
i
quali
si
onoravano
di
citare
l
'
egregio
Virgilio
nel
testo
(
1
)
[
(
1
)
Instit
.
lib
.
I
,
tit
.
2
.
]
,
quelli
italiani
imitino
il
magno
esempio
con
Dante
,
il
quale
precorrendo
con
l
'
acceso
ingegno
le
nasciture
generazioni
sembra
profeta
;
onde
fu
assomigliato
al
Titone
della
favola
,
che
valica
i
secoli
senza
incanutire
,
e
invecchiando
ringiovanisce
.
Infatti
il
magno
poeta
,
innamorato
di
Roma
antica
,
non
poteva
trascurare
il
Diritto
;
ed
altri
dottamente
dimostrò
quanto
egli
ben
ragionasse
nell
'
alta
filosofia
civile
,
e
come
la
sua
definizione
del
Diritto
gareggiasse
con
quella
del
Digesto
,
e
quasi
precorresse
con
tale
dottrina
Emanuele
Kant
nel
misurare
le
individuali
libertà
,
onde
ne
resultasse
bene
ordinata
la
sociale
convivenza
(
2
)
[
(
2
)
Ecco
la
definizione
di
Dante
"
Jus
est
realis
et
personalis
hominis
ad
hominem
proportio
,
quae
servata
,
servat
societatem
:
corrupta
corrumpit
"
.
Vedasi
Saggi
di
filosofia
civile
dell
'
Accademia
Italica
,
pubblicati
per
Girolamo
Boccardo
,
Genova
,
1852
,
tom
.
I
,
86
.
]
.
Né
mancò
chi
più
specialmente
indagasse
come
nel
divino
poema
ei
spieghi
l
'
origine
della
forza
pubblica
e
la
gerarchia
dei
poteri
,
come
dipinga
graficamente
il
libero
arbitrio
,
esprima
la
nozione
delle
azioni
negativa
,
delinei
la
forza
morale
dell
'
offesa
e
l
'
indole
dell
'
intenzione
(
1
)
[
(
1
)
Carmignani
,
Teoria
delle
leggi
della
sicurezza
sociale
;
Tomo
I
,
pag
.
68;
II
,
pag
.
50
,
59
e
64
.
)
]
.
Né
infine
mancò
chi
si
affaticasse
a
dimostrarlo
sapientissimo
nell
'
analisi
morale
di
quegli
atti
umani
i
quali
scoppiano
,
per
dirla
col
Parini
.
.
.
dal
cupo
ove
gli
affetti
han
regno
;
e
anche
facesse
palese
come
studiandolo
filologicamente
si
potesse
ripulire
ed
accrescere
la
lingua
forense
,
oggi
tanto
oscura
e
barbara
(
2
)
[
(
2
)
Il
celebre
criminalista
Nicolini
in
tutte
le
sue
opere
,
e
specialmente
nelle
sue
note
alla
Procedura
penale
nel
regno
delle
due
Sicilie
.
]
.
Ancora
egli
dunque
,
magistrato
di
Firenze
,
ambasciatore
,
cittadino
,
in
cui
era
riposta
al
dir
del
Boccaccio
tutta
la
speranza
pubblica
,
fu
sacerdote
del
Diritto
.
Ma
siamo
franchi
;
non
crediamo
che
sempre
mettesse
quel
suo
straordinario
ingegno
sul
retto
sentiero
nella
contemplazione
filosofica
del
giure
penale
:
non
ascondiamo
in
circostanza
tanto
solenne
(
dirò
con
le
sue
parole
tolte
ad
epigrafe
di
questo
mio
breve
lavoro
)
quello
che
ei
non
nasconde
.
Il
diritto
penale
ai
tempi
di
Dante
era
cotanto
in
basso
caduto
da
rendere
quasi
impossibile
la
percezione
della
sua
idea
,
in
mezzo
al
fango
macchiato
di
sangue
nel
quale
giaceva
miseramente
sepolto
.
Troppo
erano
radicate
in
quelle
anime
fortemente
temperate
le
tradizioni
dè
secoli
che
per
la
loro
ferocia
furon
detti
di
ferro
:
né
potevano
certamente
aver
norma
dal
giure
romano
,
il
quale
veniva
ricostituendosi
in
autorità
,
poiché
in
esso
il
concetto
della
penalità
troppo
era
guasto
dai
sanguinari
editti
dei
Cesari
di
Oriente
;
né
gli
sparsi
lampi
che
tralucevano
dalle
opere
dei
Padri
della
Chiesa
,
né
gl
'
incipienti
tentativi
dei
romani
Pontefici
bastar
potevano
a
diradare
così
dense
tenebre
.
Il
magistero
penale
per
la
universale
credenza
di
allora
ritenevasi
come
un
atto
di
forza
,
non
già
come
una
santa
attuazione
del
Diritto
:
sua
guida
nel
divieto
il
bisogno
degl
'
imperanti
;
sua
misura
nel
gastigo
l
'
arbitrio
:
e
cotesto
bisogno
e
cotesta
misura
non
regolate
da
imparziale
ragione
,
ma
dalle
ispirazioni
della
vendetta
sospinte
.
Bene
il
Ghibellino
talvolta
si
avvide
,
che
quanto
rimaneva
delle
tradizioni
di
Roma
libera
intrecciato
col
traboccante
dispotismo
dei
Cesari
di
Oriente
,
si
rendeva
flagello
e
non
sostegno
del
Diritto
,
se
non
rinfocavasi
ai
supremi
principj
della
ragione
e
allo
spirito
di
carità
;
ma
relativamente
al
diritto
penale
,
sì
nel
divieto
che
nei
castighi
,
la
sua
mente
fu
pur
essa
quasi
in
tutto
mancipia
di
quell
'
universale
errore
.
E
questo
non
può
desumersi
ancora
dalla
maniera
onde
egli
si
comportò
nella
propria
causa
?
Chè
se
nella
santità
del
Diritto
avesse
l
'
Alighieri
ravvisato
il
supremo
giudice
della
punizione
inflitta
dagli
uomini
,
alle
ingiuste
sentenze
contro
di
lui
saettate
dai
dominatori
della
sua
patria
,
bene
altrimenti
avrebbe
risposto
.
Vero
,
che
era
necessità
l
'
esilio
per
scampare
la
vita
,
in
quanto
il
conte
dei
Gabbrielli
non
fosse
altro
che
un
giudice
ingiusto
e
prepotente
di
un
tribunale
rivoluzionario
;
ma
neanco
prese
la
penna
a
confutare
l
'
iniquo
giudicato
;
invece
impugnò
la
spada
e
mutò
parte
!
Anche
Dante
,
come
tutti
i
gagliardi
di
cotesti
tempi
,
aveva
in
cuore
il
motto
sublime
:
Dio
e
il
mio
Diritto
!
ma
quel
motto
avea
pur
egli
vergato
sopra
la
spada
.
No
,
il
maestro
del
sorriso
e
dell
'
ira
,
come
lo
chiamò
il
Manzoni
,
trasportato
da
più
alte
speculazioni
,
troppo
vicino
ai
tempi
eroici
della
politica
italiana
,
non
assorse
alla
piena
considerazione
della
sublime
idea
informante
la
odierna
giustizia
penale
.
Né
son
venuto
in
questa
opinione
esaminando
la
penalità
della
Divina
Commedia
.
Nelle
prime
due
cantiche
di
cotesta
opera
egli
trascende
dalla
personalità
creata
all
'
infinito
ideale
.
Egli
si
metteva
dentro
gli
ultramondani
regni
per
una
porta
sulla
quale
stava
scritto
:
Lasciate
ogni
speranza
,
o
voi
che
entrate
!
e
per
quanto
se
ne
disputi
in
contrario
,
la
sua
teologia
era
ben
diversa
da
quella
oggi
in
voga
di
Herder
,
di
Reynaud
,
di
Montanelli
,
i
quali
arditamente
cancellarono
dalla
porta
paurosa
Quelle
parole
di
colore
oscuro
.
Nella
sacra
epopea
non
avrebbe
forse
potuto
trovar
luogo
ai
buoni
precetti
dell
'
umano
giure
penale
neppure
un
criminalista
moderno
il
più
edotto
alle
speculazioni
della
scienza
novella
.
Non
i
rapporti
tra
l
'
uomo
e
l
'
uomo
,
ma
quelli
ben
diversi
tra
l
'
uomo
e
Dio
;
non
il
campo
giuridico
ma
il
campo
teologico
,
dovevasi
esplorare
nella
prima
cantica
.
Però
non
mi
sorprende
che
i
semplici
vizj
si
puniscano
colà
come
i
più
gravi
delitti
.
Per
la
qual
cosa
non
rimprovero
a
Dante
,
che
in
Pier
delle
Vigne
(
Inf
.
c
.
XIII
)
parifichi
il
nudo
consiglio
all
'
esecuzione
del
reato
:
che
in
Mordrec
(
Inf
.
c
.
XXXII
)
punisca
la
tentata
strage
paterna
quanto
il
parricidio
compiuto
,
quantunque
la
più
veloce
spada
del
genitore
rompendo
il
petto
e
l
'
ombra
di
quello
sciagurato
impedisse
il
nefando
delitto
.
In
faccia
al
giudizio
dell
'
Onniveggente
dee
ben
tenersi
più
conto
della
pravità
interiore
che
dello
esteriore
nocumento
.
E
come
sarebbe
cattivo
argomento
quello
di
chi
asseverasse
per
cotesti
luoghi
del
Poeta
,
che
umanamente
giudicando
esso
avrebbe
punito
e
vizj
e
conato
e
consiglio
con
severità
uguale
a
quella
che
è
riserbata
alle
più
malvage
delinquenze
,
così
sarebbe
ingiusta
la
censura
di
chi
per
questo
accusasse
il
Poeta
di
aver
disconosciuto
nel
diritto
penale
quelle
altissime
verità
,
che
oggimai
da
tutte
le
civili
nazioni
(
tranne
poche
ostinate
)
senza
dubitare
si
accettano
.
Io
non
ho
saputo
intendere
,
lo
confesso
,
né
per
meditazione
né
per
riscontro
un
passo
di
Vittor
Hugo
,
il
quale
spaccia
il
sistema
penale
di
Montesquieu
esser
esemplato
su
quello
Dantesco
(
1
)
[
(
1
)
William
Shakspeare
par
Victor
Hugo
;
Paris
,
1864
,
pag
.
94
.
]
.
Quando
Cristiano
di
Danimarca
venne
a
Firenze
nel
1474
si
fece
apportare
le
Pandette
e
gli
Evangelj
,
e
ponendovi
sopra
la
mano
,
ecco
disse
i
soli
tesori
degni
di
un
re
.
Ma
quella
mano
avea
coperta
dal
guanto
di
ferro
:
e
il
poeta
rendeva
la
grande
anima
il
1321
:
ancora
più
secoli
dovevano
volgersi
prima
che
nell
'
ingegno
del
Beccaria
splendesse
la
novella
idea
della
scienza
dei
delitti
e
delle
pene
.
Non
per
questo
io
intendo
di
negare
al
divino
Alighieri
l
'
attitudine
a
conoscere
alcune
verità
del
diritto
penale
,
perché
non
vi
è
ramo
di
scienza
o
d
'
arte
in
cui
egli
non
infuturasse
il
pensiero
e
non
ne
divinasse
molti
veri
.
Io
voglio
additarne
uno
da
lui
discoperto
e
proclamato
,
per
il
quale
non
gli
si
debba
né
possa
negare
prestanza
neppure
in
questa
disciplina
.
Sta
in
uno
dei
suoi
più
terribili
e
sublimi
episodj
,
la
morte
del
conte
Ugolino
e
dei
figli
suoi
(
Inf
.
c
.
XXXIII
)
.
Narra
il
Poeta
l
'
atroce
punizione
irrogata
al
traditore
di
Pisa
,
e
cotesto
tormento
ei
neppur
sembra
disapprovare
,
poiché
gravissima
era
sopra
tutte
la
colpa
;
né
avverso
l
'
atrocità
de
'
supplizi
soleva
ribellarsi
in
que
'
giorni
il
sentimento
generale
.
Ma
ciò
che
apertamente
disapprova
il
Poeta
è
la
condanna
dei
figli
innocenti
.
Se
il
Conte
,
egli
dice
,
avesse
pur
meritato
per
la
tradizione
delle
castella
così
vituperevole
e
crudel
pena
,
o
città
di
Pisa
,
non
dovevi
estenderla
ai
figli
suoi
innocenti
del
fallo
paterno
.
Ora
cotesta
splendida
apostrofe
rivela
in
Dante
l
'
emancipazione
dell
'
intelletto
suo
,
almeno
in
tal
parte
,
dalle
ferocissime
regole
che
niuno
,
tranne
pochi
solitari
pensatori
dei
chiostri
,
osava
in
quegli
oscurissimi
tempi
impugnare
.
Tutta
la
umanità
della
infaustamente
celebre
costituzione
di
Arcadio
si
venerava
in
quell
'
epoca
come
un
oracolo
di
giustizia
(
1
)
.
[
(
1
)
Vedasi
nella
dottissima
lettera
del
Carmignani
al
Rosini
sul
verso
,
Poesia
più
che
il
dolor
potè
il
digiuno
,
un
cenno
della
giurisprudenza
di
quell
'
età
sulle
pene
dei
figli
innocenti
,
per
i
delitti
dei
padri
.
La
seconda
ediz
.
di
Pisa
,
pag
.
58
,
n
.
2
.
]
.
I
figli
dei
perduelli
,
quantunque
scevri
d
'
ogni
partecipazione
nel
delitto
paterno
,
la
paterna
colpa
ereditavano
.
Dovevano
dessi
alla
pari
dei
genitori
proscriversi
come
peste
della
repubblica
e
involgersi
malgrado
la
loro
innocenza
nel
supplizio
paterno
.
Essi
,
scriveva
l
'
imperatore
,
dovrebbero
insieme
col
padre
morire
sul
patibolo
,
ed
è
solo
per
clemenza
nostra
,
se
loro
si
lascia
la
vita
a
condizione
però
che
questa
non
sia
per
loro
che
un
perpetuo
supplizio
.
Se
Dante
avesse
(
quando
dettava
il
suo
Paradiso
)
ricordato
cotesta
legge
,
per
la
quale
l
'
esecrando
principio
della
corruzione
del
sangue
ebbe
troppo
lungo
tempo
più
esecranda
sanzione
,
io
tengo
per
certo
che
ei
non
sarebbe
stato
così
benigno
verso
Giustiniano
,
il
quale
aveva
rinnovellata
nel
suo
codice
l
'
autorità
di
quella
costituzione
,
non
già
con
inchiostro
vergata
,
ma
come
disse
un
sapiente
,
vergata
col
sangue
.
Ma
anche
se
Dante
volle
obliare
cotesti
falli
di
Giustiniano
ei
non
se
ne
volle
almeno
render
partecipe
,
poiché
nel
luogo
di
che
favello
coraggiosamente
protestò
contro
l
'
ingiustizia
di
mescolare
i
figli
innocenti
nella
colpa
del
padre
.
E
quando
altro
in
Dante
non
si
trovasse
consentaneo
al
giure
moderno
,
questa
eloquente
protesta
basterebbe
considerate
le
condizioni
dei
tempi
né
quali
scriveva
,
a
farlo
citare
con
onore
nella
storia
del
diritto
penale
.
Se
non
che
taluno
potrebbe
a
questo
mio
pensiero
obiettare
che
il
Poeta
voleva
i
figli
del
conte
di
Donoratico
esenti
dalla
pena
non
per
la
loro
innocenza
,
bensì
per
la
tenera
età
in
cui
erano
:
Innocenti
facea
l
'
età
novella
!
Per
cui
può
sembrare
,
che
dove
un
'
età
più
matura
si
fosse
da
loro
raggiunta
avessero
potuto
venissimo
mescolarsi
nel
supplizio
del
genitore
.
Ed
anzi
potrebbe
dirsi
che
Dante
scientemente
falsasse
la
storia
onde
giustificare
il
severo
rimprovero
che
ei
volea
scagliare
contro
Pisa
;
temendo
forse
di
non
poterlo
dicevolmente
fare
senza
di
cotesta
ragione
.
L
'
obiezione
però
non
ha
saldezza
che
valga
,
se
si
rammenta
come
la
funesta
teoria
orientale
della
corruzione
del
sangue
non
ammettesse
distinzione
di
sorta
riguardo
all
'
età
dei
figli
,
e
i
pargoletti
insieme
cogli
adulti
nello
stesso
anatema
confondesse
.
Laonde
potrebbe
in
senso
contrario
ritorcersi
l
'
obiezione
e
sostenere
,
che
Dante
a
bella
posta
mentisse
alla
storia
per
fare
contro
l
'
errore
comune
una
più
solenne
protesta
,
la
quale
fosse
con
maggiore
efficacia
universalmente
e
velocemente
sentita
.
Imperocchè
se
nei
figli
adulti
potevasi
in
qualche
modo
sospettare
una
partecipanza
alla
nequizia
del
padre
,
ciò
non
si
poteva
né
figli
di
tenera
età
;
onde
più
chiaro
facendosi
che
Pisa
aveva
manomesso
quei
giovinetti
non
per
sospetto
di
reità
propria
(
che
impossibile
essa
era
per
la
novella
età
)
,
ma
unicamente
perché
figli
del
Conte
,
più
evidente
resultava
l
'
influsso
dell
'
orrendo
principio
della
corruzione
del
sangue
,
al
quale
lo
sdegnoso
Poeta
voleva
imprecare
;
e
forse
non
senza
particolari
motivi
,
dacchè
la
storia
contemporanea
doveva
a
lui
per
miserandi
esempj
aver
fatto
vivamente
sentire
tutte
le
funeste
conseguenze
di
quella
iniqua
teorica
.
Io
non
voglio
dunque
sofisticare
sul
vero
concetto
che
Dante
volle
esprimere
con
quelle
parole
"
età
novella
"
;
né
muover
dubbio
se
veramente
da
lui
volesse
significarsi
novella
l
'
età
per
rispetto
al
numero
degli
anni
,
ossivvero
per
rispetto
ai
costumi
tuttora
giovanili
per
il
candore
dell
'
animo
che
spesso
al
di
là
dell
'
ordinario
si
conserva
,
od
anche
se
vuoi
,
perché
nuovi
alla
politica
.
Comunque
s
'
intenda
,
l
'
anatema
contro
l
'
aberrazione
della
pena
,
bisogna
leggerlo
in
quei
due
versi
del
divino
nostro
Poeta
.
E
lo
stupendo
principio
,
come
tanti
altri
,
fu
in
prima
sentito
che
pensato
ed
approvato
.
Quando
poi
la
verità
,
secondo
la
bella
immagine
di
Romagnosi
,
condotta
per
mano
dal
Tempo
,
si
fece
più
aperta
agli
uomini
,
allora
si
cercarono
gli
autori
di
questi
principii
,
e
coloro
che
primi
gli
avevano
insegnati
:
le
nazioni
che
poterono
riguardarli
come
figli
propri
se
ne
onorarono
grandemente
.
Questo
mi
sembra
che
avvenga
dell
'
Alighieri
nel
giro
della
nostra
scienza
,
riguardo
alla
massima
di
diritto
penale
da
lui
per
il
primo
proclamata
:
proclamata
a
viso
aperto
nell
'
episodio
più
popolare
e
pieno
di
forte
poesia
che
abbia
la
Divina
Commedia
.
Francesco
Carrara
IL
CARCERE
PREVENTIVO
E
L
'
APPLICAZIONE
DELLA
PENA
(
LETTERA
ALL
'
AVV
.
GUSTAVO
SANGIORGI
)
(
1869
)
(
dagli
Opuscoli
di
Diritto
criminale
,
Lucca
,
1870
,
vol
.
II
,
495
ss
.
)
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
All
'
avv
.
Gustavo
Sangiorgi
-
Bologna
Tu
mi
hai
fatto
dono
del
tuo
libretto
intitolato
-
Il
carcere
preventivo
e
l
'
applicazione
della
pena
-
Te
ne
ringrazio
.
E
poiché
veggo
che
tu
pure
combatti
sotto
quella
bandiera
dello
umanitarismo
nel
giure
penale
che
fu
l
'
orifiamma
al
quale
consacrai
tutta
la
vita
,
io
ti
stringo
fraternamente
la
mano
come
ad
un
gagliardo
commilitone
.
Permetti
però
che
io
ti
richiami
un
istante
su
quanto
dici
a
pag
.
138
linea
3
.
Ivi
tu
accenni
con
dolore
(
e
il
dolore
sarebbe
giustissimo
)
:
non
ho
presente
che
esista
legislazione
che
abbia
fatto
applicazione
completa
del
principio
da
me
propugnato
,
vale
a
dire
del
principio
che
nell
'
applicazione
della
pena
ad
un
condannato
debba
imputarsi
la
carcere
preventiva
sofferta
a
causa
delle
procedure
.
Questa
legislazione
degna
di
esser
tolta
ad
esempio
,
esiste
.
Essa
la
trovi
nel
codice
Toscano
del
1856
agli
articoli
69
,
70;
e
la
troveresti
ancora
in
altre
più
antiche
leggi
della
Toscana
,
dove
sempre
si
è
tenuta
a
calcolo
la
carcere
preventiva
in
diminuzione
di
pena
.
Forse
neppure
le
leggi
toscane
soddisfanno
ai
tuoi
voti
,
perché
tu
vorresti
lo
scomputo
completo
mentre
quelle
leggi
non
prescrivono
che
uno
scomputo
parziale
.
Ma
ciò
nonostante
bisogna
confessare
che
il
principio
,
come
principio
,
è
da
quelle
leggi
riconosciuto
.
Tu
accenni
a
questo
luogo
al
Progetto
di
codice
penale
italiano
come
se
il
medesimo
avesse
proposto
una
nuovità
.
No
:
la
onorevole
Commissione
in
questo
argomento
,
come
in
molti
altri
,
non
ha
introdotto
nessuna
novità
,
ma
soltanto
ha
portato
ad
una
più
larga
applicazione
il
principio
già
da
lunga
stagione
proclamato
fra
noi
,
e
già
fra
noi
allargato
con
le
riforme
del
1859
.
Dovendo
essa
fare
un
Progetto
di
codice
penale
per
la
Italia
che
oggi
è
governata
da
quattro
codici
penali
diversi
,
cioè
l
'
Austriaco
per
la
Venezia
,
il
Toscano
per
la
Toscana
,
il
Napoletano
(
ossia
Sardo
riformato
)
per
le
Provincie
meridionali
,
ed
il
Gallo
Sardo
per
tutte
le
altre
Provincie
:
la
Commissione
si
è
stimata
in
dovere
di
portare
i
suoi
studi
principalmente
su
quasi
quattro
codici
vigenti
,
e
da
ciascuno
di
loro
prendere
il
meglio
.
Non
hanno
fatto
altrettanto
molti
di
coloro
che
postisi
a
scranna
nel
preconcetto
che
si
dovesse
censurare
il
nuovo
Progetto
perché
troppo
umanitario
,
e
quasi
direbbesi
,
precursore
della
rovina
d
'
Italia
hanno
dato
l
'
aria
di
novità
ad
alcuna
della
disposizioni
proposte
in
quello
senza
ricordare
che
tali
disposizioni
avevano
già
da
lunghi
anni
una
vita
reale
in
alcune
delle
precedenti
legislazioni
.
Costoro
in
tal
guisa
oltre
a
dar
segno
di
ferocia
d
'
animo
(
che
Dio
la
perdoni
loro
)
hanno
mostrato
o
ignoranza
o
dissimulazione
imperdonabile
:
ignoranza
se
si
accingevano
a
criticare
una
legge
senza
conoscere
i
fonti
dai
quali
era
tratta
:
dissimulazione
se
conoscendo
tali
fonti
ne
hanno
fatto
reticenza
per
artifizio
oratorio
.
Non
ragioniam
di
lor
,
ma
guarda
e
passa
.
Le
mie
parole
si
dirigono
a
te
solo
;
che
certamente
non
sei
fra
coloro
dei
quali
direbbe
Dante
Che
non
fur
mai
vivi
.
Ed
a
te
dirigo
parola
di
elogio
,
e
d
'
incoraggiamento
per
la
via
nella
quale
tu
prendi
le
mosse
con
tanto
senno
e
valore
.
Ed
a
te
porgo
amichevole
invito
a
voler
essere
in
questo
argomento
della
custodia
preventiva
(
che
tu
hai
preso
così
felicemente
a
trattare
)
anche
più
radicale
.
Non
è
soltanto
lo
scomputo
nella
pena
della
carcere
preventivamente
sofferta
,
la
proposizione
che
noi
dobbiamo
propugnare
perché
comandata
dalla
giustizia
.
Dobbiamo
attaccare
il
mostro
di
fronte
,
e
a
viso
scoperto
combattere
le
esorbitanze
tiranniche
della
legge
data
all
'
Italia
(
copiando
quella
di
Francia
del
14
agosto
1865
)
intorno
alla
custodia
preventiva
.
Ed
anche
qui
io
non
voglio
aprire
una
polemica
,
ma
soltanto
fare
lo
storico
lasciando
il
ragionamento
al
tuo
chiarissimo
senno
.
In
Toscana
non
solo
avevamo
da
lunghissimo
tempo
il
precetto
legislativo
dello
scomputo
della
carcere
punitiva
:
principio
che
quantunque
più
o
meno
allargato
nelle
sue
applicazioni
secondo
il
variare
dei
tempi
fu
sempre
fra
noi
proclamato
come
assoluto
e
riconosciuto
come
sacro
.
Noi
avevamo
di
più
da
lunga
stagione
e
con
frutto
buonissimo
l
'
altro
principio
,
dettato
come
precetto
legislativo
,
della
eccezionalità
del
carcere
preventivo
.
Non
si
poteva
(
per
letterale
disposto
di
legge
)
arrestare
preventivamente
un
cittadino
che
fosse
imputato
di
un
delitto
(
salvo
poche
speciali
eccezioni
)
il
quale
non
potesse
portare
ad
una
pena
superiore
a
due
anni
di
prigionia
:
ed
ogni
arresto
doveva
eseguirsi
per
decreto
il
Magistrato
,
e
non
per
arbitrio
di
un
birro
.
Sotto
questa
legge
vissero
tranquilli
i
due
milioni
di
uomini
che
popolano
la
Toscana
,
ed
era
legge
di
governo
dispotico
.
Noi
non
eravamo
felici
,
perché
infelici
ci
rendevano
le
piaghe
dei
nostri
fratelli
,
e
la
nazionale
aspirazione
compressa
dal
giogo
straniero
:
ma
eravamo
tranquilli
in
quanto
alla
libertà
individuale
che
non
poteva
venirci
tolta
meno
che
per
gravi
delitti
,
e
con
forme
prudentemente
ordinate
.
Venne
il
nuovo
ordine
di
cose
ed
esultammo
per
la
indipendenza
della
Nazione
e
per
la
grandezza
d
'
Italia
.
Ma
questa
a
noi
toscani
costò
il
sacrificio
della
libertà
individuale
,
giacchè
ci
trovammo
esposti
per
la
nuova
legge
di
procedura
ad
essere
carcerati
ad
arbitrio
di
un
uomo
anche
per
il
sospetto
di
lievissima
colpa
ed
anche
per
una
trasgressione
di
polizia
:
e
ci
trovammo
esposti
ad
essere
sostenuti
in
carcere
per
sei
o
dieci
mesi
per
dar
conto
di
un
fallo
che
incontra
dopo
la
sua
verificazione
appena
un
mese
di
carcere
.
Visita
le
carceri
d
'
Italia
,
e
vedrai
che
questa
è
storia
contemporanea
.
Derisoria
e
ipocrita
è
stata
la
formula
con
la
quale
siamo
stati
condotti
a
questa
condizione
pericolosa
,
poiché
si
è
detto
che
a
noi
si
portava
una
nuova
e
generosa
guarentigia
introducendo
il
sistema
della
scarcerazione
provvisoria
mediante
cauzione
.
Quando
ad
un
uomo
al
quale
jeri
la
legge
diceva
,
tu
non
potrai
essere
carcerato
se
non
a
titolo
di
pena
dopo
una
condanna
definitiva
;
si
è
detto
,
tu
dovrai
subito
andare
prigione
,
ma
io
ti
concedo
il
diritto
di
chiedere
di
essere
scarcerato
se
così
piacerà
ai
superiori
,
e
previo
deposito
di
quella
somma
che
ai
medesimi
piacerà
di
ordinare
:
dimmi
tu
se
può
essere
sincero
il
vanto
di
aver
migliorato
la
condizione
di
quell
'
uomo
in
quanto
al
prezioso
diritto
della
libertà
individuale
.
Ti
prego
meditare
su
questi
fatti
e
istituire
confronto
delle
leggi
nuove
con
le
precedenti
leggi
toscane
;
e
poiché
nel
tuo
scritto
hai
riconosciuto
che
la
Toscana
in
materia
di
diritto
penale
segnava
lo
avanzamento
maggiore
del
progresso
civile
,
prosegui
(
se
tali
sono
le
tue
convinzioni
)
a
combattere
con
la
voce
e
con
la
penna
questo
mostruoso
regresso
al
quale
si
vorrebbe
condurre
l
'
Italia
con
un
deplorabile
anacronismo
.
Pisa
7
ottobre
1869
.
SULLA
CRISI
LEGISLATIVA
IN
ITALIA
(
CONSIDERAZIONI
)
(
1863
)
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
In
risposta
al
quesito
propostomi
da
S
.
E
.
il
Ministro
Pisanelli
sulla
progettata
estensione
delle
leggi
Penali
sarde
alle
provincie
toscane
(
dagli
Opuscoli
di
Diritto
criminale
,
Lucca
,
1870
,
vol
.
II
,
167
ss
.
)
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
Dettando
queste
pagine
io
non
ho
l
'
intendimento
di
farmi
sostenitore
di
una
dottrina
,
o
avversatore
di
un
'
altra
;
né
di
assumere
il
patrocinio
di
particolari
opinioni
.
Intendo
soltanto
di
esprimere
le
mie
personali
convinzioni
;
e
di
ricordare
le
osservazioni
che
una
lunga
pratica
mi
ha
suggerito
.
E
ciò
senza
impegno
,
senza
animo
di
entrare
in
polemiche
,
senza
desiderio
di
imporre
ad
altri
le
opinioni
mie
;
contentandomi
di
serbarle
,
e
lasciare
le
opposte
a
cui
piacciono
.
Io
scendo
dall
'
altezza
delle
speculazioni
scientifiche
,
per
contemplare
le
cose
nelle
pratiche
applicazioni
:
poiché
bene
comprendo
che
non
tutte
le
teorie
dell
'
accademia
possono
trovar
plauso
nelle
discussioni
legislative
,
finchè
la
scienza
non
abbiale
completamente
elaborate
,
e
finchè
non
siano
rendute
possibili
dal
naturale
svolgimento
del
progresso
civile
.
Io
dimentico
i
pensieri
della
cattedra
,
per
non
ricordare
che
le
sensazioni
della
tribuna
defensionale
ove
mi
sono
per
oltre
trenta
anni
agitato
;
le
sensazioni
della
giudicatura
per
dieci
anni
ad
intervalli
esercitata
come
supplente
;
e
le
sensazioni
anche
più
vive
dei
confidenziali
colloquii
coi
rei
,
o
condannati
o
da
condannarsi
.
Clinica
penosa
,
ma
maestra
di
grandi
verità
,
che
non
si
apprendono
né
sui
libri
,
né
altrove
.
In
questo
concetto
non
desti
sorpresa
se
io
procederò
per
via
di
asserzioni
,
piuttostochè
per
via
di
diffuse
dimostrazioni
.
Io
non
disdegno
di
fare
un
trattato
;
ma
soltanto
di
palesare
ciò
che
penso
,
e
di
narrare
dei
fatti
.
La
unificazione
delle
leggi
penali
in
tutte
le
province
del
nuovo
Regno
d
'
Italia
è
senza
dubbio
un
desiderio
comune
.
È
un
desiderio
sensato
,
in
quanto
ciò
simboleggia
la
unità
,
nel
tempo
stesso
che
la
rassoda
.
È
un
desiderio
giusto
;
perché
veramente
non
è
a
lungo
tollerabile
che
un
'
azione
sia
delitto
per
un
cittadino
,
mentre
per
un
altro
non
lo
è
;
che
la
difesa
abbia
in
un
tribunale
guarentigie
e
favori
,
che
non
ha
in
altro
;
né
che
due
cittadini
sieno
disugualmente
puniti
,
solo
per
la
differenza
di
poche
spanne
nel
territorio
dello
stesso
regno
,
ove
le
respettive
azioni
si
consumarono
.
Pure
alla
unità
di
una
nazione
,
o
alla
grandezza
di
un
impero
,
non
è
condizione
assolutamente
necessaria
la
unità
(
1
)
[
(
1
)
Vedasi
in
questa
raccolta
l
'
opuscolo
XI
.
]
di
leggi
neppure
penali
.
Il
reame
di
Francia
fu
compatto
e
potente
malgrado
la
enorme
disparità
di
leggi
che
regolavano
le
sue
province
;
e
come
fossero
svariate
anche
le
procedure
penali
lo
ricorda
il
processo
Damiens
,
nel
quale
si
cercò
qual
fosse
nel
regno
il
tribunale
che
adoperava
mezzi
più
feroci
di
tortura
,
per
inviargli
,
in
grazia
di
questo
merito
,
quel
grande
scellerato
.
Il
reame
di
Prussia
dal
1814
al
1851
si
è
retto
con
tre
legislazioni
penali
diverse
;
e
quanto
diverse
!
Così
Svezia
e
Norvegia
;
così
Austria
fino
al
1852;
così
Baviera
fino
al
1861;
ed
altri
.
È
un
inconveniente
:
grave
inconveniente
.
Ma
quando
dalla
unificazione
dovesse
soffrirne
o
la
sicurezza
in
alcune
province
,
o
la
giustizia
in
altre
,
non
potrìa
negarsi
che
quello
inconveniente
fosse
un
male
minore
;
e
perciò
da
preferirsi
temporaneamente
agli
altri
maggiori
.
La
unificazione
potrebbe
compromettere
la
sicurezza
in
alcune
province
quando
le
condizioni
di
queste
fossero
tali
da
esigere
una
maggiore
energia
di
castighi
,
e
questi
si
dettassero
per
loro
più
miti
a
cagione
di
riguardi
ad
altre
province
che
non
ne
abbisognassero
.
E
potrebbe
invece
compromettere
la
giustizia
,
quando
per
riguardo
a
quelle
si
estendessero
a
queste
i
castighi
più
severi
dei
quali
esse
non
hanno
bisogno
.
Certamente
ogni
penalità
irrogata
oltre
il
bisogno
offende
,
a
tacere
d
'
altro
,
la
giustizia
.
Ora
evvi
egli
pericolo
che
a
questo
repentaglio
corrano
incontro
le
province
italiane
se
ad
un
solo
dettato
penale
si
compongano
?
Occasione
del
dubbio
è
precipuamente
la
pena
di
morte
:
ed
è
davvero
occasione
ben
grave
.
Io
tengo
per
fermo
che
la
pena
di
morte
di
Toscana
sia
una
inutile
crudeltà
.
Io
ho
esercitato
per
sedici
anni
la
difesa
criminale
in
Lucca
,
ove
rimaneva
il
codice
di
Francia
del
1810
nella
sua
originaria
crudezza
;
anzi
con
qualche
più
fiera
appendice
.
E
come
cotesto
codice
prodigasse
la
pena
di
morte
ognuno
lo
sa
.
Io
la
esercitai
poscia
dal
1847
al
1852
con
la
pena
di
morte
abolita
.
Io
la
esercitai
dal
1852
al
1859
con
la
pena
di
morte
ripristinata
.
Io
la
esercitai
dal
1859
fino
al
presente
con
la
pena
di
morte
novellamente
abolita
.
Ebbene
!
In
questo
avvicendarsi
di
esperienza
io
non
mi
avvidi
mai
dal
numero
dei
delitti
se
la
pena
di
morte
vi
fosse
o
no
.
Vidi
farsi
più
o
meno
frequenti
gli
omicidj
in
rissa
secondo
la
varietà
delle
occasioni
,
e
secondo
il
crescere
o
il
decrescere
della
crittogama
.
Vidi
farsi
più
o
meno
frequenti
i
furti
secondo
il
crescere
o
decrescere
delle
vigilanze
preventive
.
Ma
nei
casi
capitali
,
negli
omicidj
premeditati
,
non
potei
scorgere
variazione
.
Vidi
cospirare
in
faccia
al
carnefice
,
forse
più
che
nella
sua
assenza
.
Vidi
incendiare
luoghi
abitati
,
e
quando
si
giocava
la
testa
,
e
quando
si
rischiavano
pochi
anni
di
detenzione
.
Vidi
un
toscano
abbandonare
la
Toscana
,
dove
potea
falsare
monete
col
pericolo
di
temporanea
reclusione
;
e
recarsi
a
far
la
sua
opera
in
Lucca
,
dove
lo
minacciò
la
decapitazione
:
dalla
quale
potei
a
stento
salvarlo
mercè
la
insperata
accoglienza
di
una
sottigliezza
di
diritto
,
che
forse
ebbe
plauso
più
per
l
'
impero
del
cuore
sull
'
intelletto
,
che
per
la
mia
poca
eloquenza
o
per
rigore
di
principii
.
Io
mi
convinsi
perciò
che
la
pena
di
morte
non
è
necessaria
in
Toscana
.
Ed
oso
dire
che
cotesta
non
è
soltanto
opinione
particolare
mia
;
ma
opinione
generale
e
prevalente
fra
coloro
che
per
dottrina
ed
imparzialità
ne
sono
giudici
competenti
.
Ed
in
cotesto
pensiero
io
non
veggo
come
si
possa
dal
Governo
italiano
estendere
ala
provincia
toscana
il
codice
penale
che
governa
oggi
le
altre
province
del
regno
.
Estendere
la
pena
di
morte
ad
una
provincia
che
ha
dato
chiara
prova
di
non
volerne
e
di
non
averne
mestiero
,
e
che
ne
dà
prova
tuttodì
quantunque
sbrigliata
da
ogni
buona
legge
di
polizia
,
sarebbe
una
flagrante
ingiustizia
:
per
tacere
del
brutto
ricambio
che
ciò
farebbe
all
'
affratellamento
spontaneo
che
unisce
al
Regno
la
provincia
Toscana
.
È
vero
che
la
pena
di
morte
si
è
nel
codice
Sardo
ristretta
a
soli
nove
casi
:
ma
volendo
anche
prescindere
dai
primi
due
(
art
.
153
e
154
)
pei
quali
amo
imitare
il
pensiero
di
Solone
,
lo
introdurla
per
gli
altri
sette
in
Toscana
io
lo
considero
un
impossibile
morale
.
Se
è
impossibile
moralmente
di
unificare
la
Toscana
al
rimanente
del
regno
nella
pena
di
morte
,
sarà
egli
possibile
coordinare
il
sistema
punitivo
delle
altre
province
alla
moderazione
toscana
?
Io
non
sono
giudice
competente
di
ciò
.
Per
principio
generale
io
penso
non
necessaria
assolutamente
la
pena
capitale
ovunque
albeggi
un
qualche
bagliore
di
civiltà
,
e
dovunque
il
Governo
non
abbia
coscienza
della
propria
debolezza
.
Né
posso
credere
così
indietro
le
altre
province
,
da
esigere
imperiosamente
la
pedagogìa
del
carnefice
.
Ma
ascolto
da
tante
parti
,
e
da
persone
così
in
alto
locate
e
così
edotte
nella
vita
pratica
delle
città
dove
nacquero
e
vissero
;
ascolto
,
io
dissi
,
ripetere
con
tanta
sicurezza
essere
in
certe
province
la
pena
di
morte
una
necessità
locale
,
che
io
mi
resto
dubbioso
:
non
parendo
a
me
accettabile
cotesta
dolorosa
sentenza
,
e
non
potendo
d
'
altronde
comprendere
che
una
asseveranza
così
positiva
proceda
da
pregiudizj
,
ai
quali
permettasi
di
far
velo
all
'
intelletto
in
argomento
cotanto
grave
.
Certo
è
che
se
cotesta
opinione
non
fosse
il
sospetto
di
pochi
,
ma
veramente
la
opinione
generale
di
quelle
province
,
un
governo
saggio
dovrebbe
temporeggiare
;
e
dando
opera
attiva
a
dileguare
siffatti
timori
correggere
la
pubblica
opinione
,
al
fine
di
rendere
anche
là
possibile
la
proscrizione
della
pena
capitale
.
E
dico
ciò
perché
mia
opinione
è
che
la
misura
della
severità
nelle
pene
non
debba
cercarsi
nella
impressione
che
esse
recano
sui
malvagi
,
ma
nella
impressione
che
fanno
sugli
onesti
.
Lo
errore
che
la
pena
dovesse
raggiungere
tal
grado
di
severità
da
impedire
il
delitto
in
tutti
i
facinorosi
fu
la
causa
fatale
del
progressivo
inferocire
dei
supplizi
.
E
fu
un
errore
,
perché
procedeva
da
un
concetto
impossibile
.
È
impossibile
per
quanto
si
martori
il
colpevole
,
ottenere
che
non
si
commettano
delitti
:
perché
il
delitto
vi
sarà
sempre
per
difetto
della
umana
natura
:
e
perché
l
'
uomo
perduto
,
o
sia
che
lo
acciechi
disperata
passione
per
cui
vegga
nel
male
presente
il
peggiore
di
tutti
,
sia
che
lo
illuda
la
speranza
d
'
impunità
;
quando
la
sua
indole
è
corrotta
e
le
circostanze
che
lo
circondano
lo
spingono
imperiose
al
misfatto
,
vi
correrà
come
vi
è
sempre
corso
,
a
malgrado
di
tutti
i
più
terribili
supplizj
che
a
lui
minacci
la
legge
.
E
la
storia
fu
sollecita
coi
suoi
documenti
infallibili
a
far
la
riprova
di
quanto
fosse
fallace
il
sistema
della
intimidazione
.
Le
pene
devono
contentarsi
di
trattenere
i
male
inclinati
,
e
di
vincere
le
mezzane
cagioni
;
ed
a
quest
'
uopo
non
occorrono
estreme
.
Contro
i
grandi
scellerati
e
contro
le
prepotenti
cagioni
,
esse
rimasero
e
rimarranno
sempre
inefficaci
.
Ma
il
vero
,
il
costante
benefizio
del
magistero
penale
,
è
pel
lato
della
impressione
morale
che
egli
fa
sugli
onesti
.
È
in
questo
senso
che
desso
è
un
solido
cemento
della
civile
consociazione
.
Bisogna
che
ai
buoni
cittadini
sembri
di
essere
sicuri
nella
loro
vita
:
bisogna
che
sembri
loro
che
la
proprietà
,
la
famiglia
,
l
'
onore
loro
,
sia
protetto
dalla
legge
punitiva
.
Ciò
è
necessario
,
e
perché
divelga
dagli
animi
ogni
velleità
di
privata
vendetta
,
e
perché
i
consociati
esercitino
la
loro
attività
.
Questo
è
il
fine
primario
,
questo
è
il
risultamento
effettivo
del
maestrato
penale
.
Senza
di
lui
o
gli
uomini
si
getterebbero
disperati
in
una
inerzia
fatale
,
adoperando
alla
personale
custodia
dei
pochi
beni
che
hanno
quelle
forze
che
varrebbono
a
procacciarne
di
maggiori
,
o
deserterebbero
spaventati
una
città
dove
non
si
sentirebbero
sicuri
.
È
perciò
che
mentre
niente
affatto
credo
che
vi
siano
provincie
in
Italia
nella
quali
l
'
abolizione
della
pena
di
morte
facesse
cessare
ogni
sicurezza
reale
;
ammetto
che
vi
possano
essere
provincie
nelle
quali
l
'
abolizione
toglierebbe
la
sicurezza
opinata
.
Ciò
può
essere
per
la
ragione
della
trista
abitudine
.
Né
io
sono
in
grado
di
emettere
giudizio
se
ciò
veramente
sia
.
Dico
però
,
che
qualora
ciò
fosse
(
e
questa
è
cosa
della
quale
non
può
un
privato
essere
giudice
competente
,
ma
soltanto
l
'
alta
sapienza
di
chi
regge
lo
Stato
)
la
prudenza
governativa
non
tollererebbe
che
si
adottasse
un
metodo
di
unificazione
che
diminuisse
la
sicurezza
opinata
di
certi
paesi
;
quantunque
la
sicurezza
reale
ne
rimanesse
nel
medesimo
stato
di
inferiorità
,
al
quale
oggi
possono
condannarla
la
specialità
ed
i
costumi
di
alcune
province
.
Ma
essendo
debito
dei
governi
di
guidare
per
la
retta
via
la
pubblica
opinione
e
raddrizzare
i
torti
pensieri
,
se
ne
avrebbe
una
ragione
di
più
per
respingere
l
'
opposto
metodo
di
unificazione
.
Infatti
lo
estendere
alla
provincia
toscana
la
pena
di
morte
per
la
ragione
di
un
pregiudizio
dominante
in
altre
provincie
,
oltre
alla
ingiustizia
intollerabile
che
avrebbe
in
sé
,
sarebbe
cagione
infallibile
di
perpetuare
quel
pregiudizio
che
si
vorrebbe
correggere
.
Laddove
mantenendo
la
provincia
toscana
nella
mitezza
di
penalità
che
le
basta
,
l
'
esempio
di
quella
varrebbe
nel
giro
di
breve
tempo
a
procacciare
la
rettificazione
spontanea
degli
esagerati
timori
dei
popoli
affratellati
.
Sicchè
,
nella
supposta
ipotesi
,
obbedendo
alla
fatale
necessità
a
cui
l
'
uomo
soggiace
di
preferire
spessissimo
il
male
minore
al
maggiore
,
io
non
esiterei
piuttosto
a
respingere
un
affetto
di
simmetria
che
mi
condurrebbe
alla
ingiustizia
ed
alla
perpetuazione
dell
'
errore
;
e
nella
fiducia
di
impedire
l
'
una
e
l
'
altra
,
manterrei
precariamente
la
disparità
delle
pene
.
Brutta
cosa
per
certo
:
ma
sempre
meno
brutta
delle
altre
.
Meno
gravi
difficoltà
incontra
la
desiderata
unificazione
sotto
il
rapporto
delle
leggi
procedurali
.
Vi
ha
,
è
vero
,
in
Toscana
una
repugnanza
ai
giurati
;
ma
questa
repugnanza
si
limita
al
ceto
di
certi
magistrati
,
né
vale
indagare
le
cagioni
.
Nella
curia
prevale
il
desiderio
di
cotesta
istituzione
.
E
se
vi
sono
dei
dubbi
e
dei
timori
cadono
più
sulla
forma
speciale
della
giuria
,
com
'
è
costituita
oggi
in
Italia
,
di
quello
che
rispetto
alla
istituzione
in
sé
stessa
.
Senza
dubbio
lamentasi
giustamente
che
la
legge
piemontese
troppo
riproduca
i
difetti
della
giuria
francese
ed
in
special
modo
non
procacci
a
sufficienza
la
divisione
di
certe
questioni
complesse
,
e
la
separazione
vera
e
completa
del
fatto
dal
diritto
nelle
ricerche
da
sottoporsi
ai
giurati
.
Ma
tali
mende
,
che
la
dottrina
del
Ministero
ed
una
ferma
elaborazione
della
giurisprudenza
può
di
facile
toglier
via
,
non
sono
difficoltà
che
valgono
a
ritardare
la
unificazione
per
questo
lato
.
La
quale
a
parer
mio
potrebbe
pur
farsi
malgrado
rimanesse
qualche
diversità
nelle
sanzioni
penali
.
Se
vi
è
paese
che
non
debba
avere
repugnanza
ad
accettare
i
giurati
,
questo
è
la
Toscana
.
Perché
in
Toscana
già
da
cinque
lustri
si
tollera
quello
che
il
sommo
vizio
rimproverato
alla
giurìa
:
voglio
dire
che
i
giudici
criminali
si
convincano
e
condannino
senza
dar
ragione
in
sentenza
del
perché
condannano
e
si
convincono
.
Ove
le
maggiori
guarentigie
delle
prove
legali
o
semi
-
legali
vigessero
,
ove
almeno
si
avesse
avuto
il
riguardo
di
esigere
che
la
sentenza
facesse
fede
che
quelle
cognizioni
scientifiche
delle
quali
si
presumono
forniti
i
magistrati
,
furono
veramente
la
guida
delle
loro
determinazioni
(
esse
,
non
il
sentimento
dell
'
uomo
)
là
io
comprenderei
bene
che
si
facesse
viva
opposizione
ai
giurati
.
L
'
emblema
della
opposizione
sarebbe
una
dottrina
,
non
una
questione
di
persona
:
poiché
si
direbbe
,
vogliamo
esser
certi
di
esser
giudicati
con
la
mente
e
non
col
cuore
.
Ma
in
Toscana
,
dove
da
cinque
lustri
si
vive
sotto
il
singolare
sistema
del
magistrato
sapiente
a
cui
non
si
impone
di
render
conto
della
sua
sapienza
:
in
Toscana
,
dove
da
cinque
lustri
si
vedono
spesso
sorgere
convinzioni
inesplicabili
,
insostenibili
coi
dettami
della
ragione
e
della
scienza
,
eppure
incensurabili
benchè
paurose
,
l
'
avversione
contro
i
giurati
se
regna
in
qualche
animo
imparziale
non
può
regnarvi
come
dottrina
,
ma
come
sentimento
di
antipatia
:
al
quale
si
contrappone
gagliarda
la
simpatia
dei
più
verso
un
ordinamento
giudiciale
che
rappresenta
il
completamento
di
quelle
politiche
guarentigie
per
le
quali
si
ringagliardisce
la
civile
libertà
di
una
nazione
.
Io
dico
infine
che
la
maggiore
difficoltà
che
osteggi
i
giurati
potendo
nascere
dalla
ignoranza
del
popolo
,
è
oggi
un
vero
rovescio
di
idee
,
un
andare
a
ritroso
del
vero
,
negarli
alla
Toscana
mentre
si
sono
allargati
per
tutto
il
rimanente
del
Regno
.
E
poiché
sono
in
questo
argomento
dei
giudizj
criminali
,
osserverò
che
chiunque
mediti
lo
stato
attuale
di
rapporto
che
esiste
fra
le
due
frazioni
del
nostro
Reame
,
sorge
intuitivo
l
'
incontrastabile
controsenso
che
oggi
vi
domina
.
Abbiamo
penalità
più
miti
in
Toscana
:
abbiamo
penalità
più
severe
nel
resto
;
ciò
rimanendo
non
potrebbe
rimanere
che
come
segno
di
maggiore
civiltà
.
Ma
ammesso
ciò
,
come
si
concilia
che
in
quella
provincia
dove
la
penalità
più
mite
fa
per
l
'
oracolo
del
legislatore
testimonianza
di
maggiore
civiltà
,
si
conservino
forme
procedurali
che
più
avversano
i
sacri
diritti
della
difesa
,
e
che
meno
accordano
di
guarentigia
ai
cittadini
?
È
un
male
per
molti
anni
deplorato
in
Toscana
da
tutta
la
curia
,
non
che
da
tutti
coloro
che
poterono
sentire
l
'
intollerabile
peso
,
la
esorbitante
prevalenza
dell
'
arbitrio
magistrale
;
è
un
male
profondamente
sentito
lo
stato
di
annientamento
del
diritto
della
difesa
nelle
parti
più
vitali
del
suo
indispensabile
movimento
.
Possono
essi
ammettersi
in
un
popolo
civile
i
preventivi
processi
segreti
che
l
'
accusa
liberamente
compila
per
conto
proprio
,
e
chiude
nel
suo
cassetto
senza
farne
comunicazione
al
difensore
?
Non
nego
la
convenienza
di
precedenti
informazioni
che
si
procuri
l
'
accusa
prima
di
lanciarsi
alla
persecuzione
di
un
cittadino
.
Ma
perché
,
quando
i
testimoni
che
si
esaminarono
nella
informazione
segreta
si
ripetono
al
dibattimento
orale
,
non
deve
l
'
accusato
preventivamente
sapere
cosa
hanno
detto
nel
primo
esame
?
Può
egli
tollerarsi
là
dove
si
riconosce
in
principio
la
uguaglianza
(
per
lo
meno
)
dell
'
accusa
e
della
difesa
in
faccia
alla
legge
,
che
l
'
accusatore
alla
vigilia
del
dibattimento
citi
a
talento
suo
in
un
processo
indiziario
un
numero
di
testimoni
senza
far
noti
all
'
accusato
i
fatti
o
gl
'
indizi
novelli
che
intende
provare
al
mezzo
di
quei
testimoni
novellamente
indotti
e
sui
quali
si
propone
di
argomentare
?
L
'
accusato
,
si
dice
,
è
in
debito
di
capitolare
i
fatti
dei
quali
vuole
attingere
contezza
dai
singoli
testimoni
che
reca
al
giudizio
,
affinchè
il
pubblico
ministero
sostenitore
della
legge
conoscendo
tempestivamente
cotali
circostanze
,
che
altrimenti
a
lui
sarebbe
impossibile
d
'
indovinare
,
possa
preparare
ove
lo
creda
opportuno
la
controprova
,
e
non
sia
volto
a
sorpresa
.
Ottima
osservazione
;
alla
quale
io
pienamente
mi
sottoscrivo
.
Al
pubblico
ministero
,
si
soggiunge
,
non
fa
invece
bisogno
d
'
imporre
codesto
debito
in
ordine
ai
nuovi
testimoni
che
aggiunge
oltre
i
già
esaminati
,
perché
l
'
accusato
deve
conoscere
al
solo
udire
il
nome
del
testimone
,
quali
saranno
le
circostanze
delle
quali
verrà
a
deporre
.
Falsissima
osservazione
;
alla
quale
recisamente
mi
oppongo
come
a
pernicioso
sofisma
.
Ed
il
sofisma
sta
in
ciò
che
in
cosiffatto
argomento
si
presume
nientemeno
che
l
'
accusato
sia
colpevole
:
pensiero
ormai
anatemizzato
e
proscritto
dalla
odierna
civiltà
,
quantunque
inconsiderato
e
latente
rimanga
troppo
spesso
nel
cuore
di
alcuno
.
Se
l
'
accusato
si
presume
colpevole
,
ei
saprà
bene
che
Tizio
trovossi
presente
al
fatto
suo
criminoso
,
e
che
Sempronio
ebbe
da
lui
la
fiduciosa
rivelazione
del
delitto
commesso
.
Laonde
al
solo
udire
che
Tizio
e
Sempronio
sono
chiamati
dall
'
accusa
al
processo
orale
,
già
capirà
che
Tizio
sarà
a
deporre
di
ciò
che
vide
e
Sempronio
di
ciò
che
udì
.
Ma
presumete
invece
,
com
'
è
dovere
,
la
innocenza
dell
'
inquisito
,
e
ditemi
allora
come
può
egli
,
che
forse
mai
non
vide
Tizio
né
parlo
con
Sempronio
,
indovinare
cosa
verranno
a
dire
costoro
,
e
preordinarsi
alla
controprova
!
Il
sofisma
è
pertanto
palpabile
ed
il
sistema
è
vizioso
.
E
pur
vidi
talvolta
alla
vigilia
del
dibattimento
notificarsi
dal
pubblico
ministero
i
nomi
di
nuovi
testimoni
contro
un
accusato
di
due
o
tre
delitti
,
senza
neppure
rendergli
noto
su
quale
dei
diversi
reati
che
a
lui
si
rimproveravano
si
volessero
esaminare
quei
nuovi
testimoni
.
Il
sistema
è
vizioso
non
solo
perché
pecca
contro
la
uguaglianza
che
deve
essere
la
prima
legge
sovrana
di
ogni
buon
procedimento
;
ma
perché
ancora
ha
radice
su
due
presunzioni
entrambo
fallaci
.
La
presunzione
di
reità
dell
'
accusato
,
che
è
falsa
sempre
teoricamente
e
falsa
spessissimo
praticamente
;
e
la
presunzione
di
veridicità
dei
testimoni
,
e
di
esattezza
ed
infallibilità
del
loro
giudizio
,
la
quale
benchè
vera
teoricamente
essendo
spesso
falsa
praticamente
,
importa
il
bisogno
che
si
diano
mezzi
sufficienti
a
combatterla
.
Può
egli
tollerarsi
che
all
'
accusato
non
basti
capitolare
i
fatti
che
intende
provare
a
proprio
discarico
;
ma
la
facoltà
in
lui
di
avere
alla
udienza
i
testimoni
,
dai
quali
confida
essere
chiarito
innocente
,
dipenda
dall
'
assoluto
arbitrio
del
Presidente
?
Incensurabile
arbitrio
;
che
non
dà
ragione
di
sé
;
e
che
spesso
può
trovare
l
'
unico
suo
movente
nella
economia
del
tempo
o
del
denaro
del
fisco
.
Come
possono
gli
onesti
sentirsi
sicuri
dalle
conseguenze
di
una
calunnia
dove
la
legge
,
paga
di
concedere
loro
larghezza
di
ciarle
,
ammette
che
il
capriccio
di
un
uomo
possa
frapporre
insuperabile
barriera
alla
giustificazione
della
innocenza
!
Io
non
mi
turbo
,
né
mi
commuovo
per
un
grado
maggiore
di
severità
con
cui
si
ferisca
il
colpevole
,
perché
ho
fiducia
di
non
divenirlo
.
Ma
palpito
e
tremo
se
penso
che
quando
un
'
apparenza
fatale
mi
dipingesse
colpevole
,
lo
avere
aperta
la
via
a
produrre
la
mia
giustificazione
dipenderebbe
dalla
benignità
e
dall
'
arbitrio
di
un
uomo
.
Cosa
è
poi
la
oralità
nel
sistema
Toscano
?
La
legge
dispone
che
il
processo
scritto
non
abbia
alcun
valore
giuridico
:
che
solo
valga
il
processo
orale
della
ultima
udienza
.
Ma
chi
ha
potuto
vedere
addentro
nella
realtà
dei
fatti
,
ha
dovuto
troppe
volte
convincersi
non
essere
questa
una
verità
,
ma
una
pomposa
parola
.
Non
può
essere
una
verità
,
se
si
riflette
che
la
legge
toscana
mantiene
la
pena
dello
spergiuro
contro
il
testimone
che
abbia
nel
processo
scritto
mentito
:
e
così
rende
impossibile
la
ritrattazione
di
un
teste
mentitore
,
per
quanto
una
resipiscenza
salutare
lo
abbia
condotto
nella
determinazione
di
redimersi
alla
pubblica
udienza
palesando
la
verità
.
Perché
riesca
utile
codesto
metodo
bisogna
sperare
che
il
falso
testimone
non
solo
siasi
pentito
ma
sia
divenuto
un
santo
,
onde
affrontare
coraggioso
il
proprio
martirio
pria
che
persistere
nell
'
affermata
falsità
.
Sogni
sono
questi
e
guarentigie
di
mera
apparenza
.
Chè
anzi
codesta
posizione
non
solo
trattiene
dal
ritrattarsi
il
testimone
mendace
,
ma
ne
trattiene
eziandio
il
testimone
che
abbia
errato
e
fatto
poi
miglior
senno
;
non
che
il
testimone
le
cui
parole
si
siano
intese
a
traverso
dall
'
attuario
.
Spesso
è
avvenuto
ed
avviene
che
un
testimone
di
poco
spirito
all
'
udire
la
voce
severa
del
presidente
che
gli
ripete
la
consueta
contestazione
-
diceste
voi
il
vero
od
il
falso
nel
processo
scritto
?
-
si
intimidisca
del
proprio
pericolo
,
ed
affermi
come
verità
ciò
che
gli
vien
letto
su
quelle
pagine
,
quantunque
senta
che
quello
scritto
non
riprodusse
il
genuino
stato
delle
cose
,
né
il
vero
concetto
di
ciò
che
egli
intese
deporre
nel
suo
primo
esame
.
Non
è
sempre
,
né
può
essere
una
verità
questa
prevalenza
del
processo
orale
sopra
lo
scritto
,
perché
i
risultati
di
quello
non
si
raccolgono
esattamente
,
ma
si
consegnano
alla
memoria
dei
giudicanti
:
i
quali
debbono
poi
riprodurselo
fedelmente
,
spesso
dopo
uno
intervallo
di
parecchi
giorni
,
nella
camera
di
consiglio
;
dove
peraltro
sta
sul
tavolino
immutabile
il
processo
scritto
,
che
in
faccia
ai
giurati
niente
vale
.
Io
non
ebbi
che
poche
volte
occasione
di
esercitare
la
difesa
degli
accusati
nelle
altre
province
del
Regno
.
Ma
per
quanto
mi
addimostrò
codesto
esperimento
,
e
per
quanto
mi
rivela
lo
studio
di
quelli
ordinamenti
,
io
li
stimo
molto
migliori
delle
procedure
penali
toscane
;
le
quali
(
spiaccia
a
chi
vuolsi
la
mia
professione
di
fede
)
io
reputo
viziosissime
fra
le
viziose
.
È
poi
nuovamente
una
guarentigia
apparente
,
che
torna
a
discapito
della
guarentigia
reale
,
la
duplicazione
delle
Camere
d
'
invio
come
in
Toscana
si
esercita
.
Si
è
creduto
di
dare
una
tutela
maggiore
agli
imputati
dei
delitti
di
alto
criminale
,
con
lo
esigere
che
due
turni
successivi
ripetano
l
'
affermazione
della
sufficienza
degli
indizi
.
Ma
io
vidi
spesso
la
duplicità
delle
ruote
ritardare
non
solo
,
ma
rendere
inutile
il
movimento
della
macchina
.
Non
dirò
che
ciò
sempre
avvenga
:
perché
magistrati
coscienziosi
ed
illuminati
la
intendono
spesso
come
si
deve
.
Ma
è
avvenuto
ed
avviene
(
ed
io
ne
sono
testimonio
)
che
nei
giudici
della
camera
di
consiglio
della
prima
istanza
si
tenga
la
opinione
che
quando
il
titolo
del
reato
è
di
alto
criminale
,
non
possa
la
prima
camera
giudicare
della
sufficienza
degli
indizi
:
perché
,
come
io
mi
sono
sentito
parecchie
volte
obiettare
,
è
questo
un
invadere
la
giurisdizione
della
camera
di
accusa
,
alla
quale
esclusivamente
spetta
la
cognizione
del
fatto
.
Ed
è
avvenuto
poi
che
la
camera
delle
accuse
abbia
trovato
una
difficoltà
nel
decreto
d
'
invio
della
prima
camera
,
come
un
precedente
che
impaccia
,
necessitando
quasi
a
trovarvi
un
grave
errore
per
revocarlo
.
La
legge
sarda
,
per
quanto
a
me
pare
,
nell
'
ordinamento
di
cui
gli
art
.
244
,
414
e
seguenti
,
è
più
semplice
,
più
spedita
,
e
forse
meglio
sicura
.
Si
farà
il
solito
obietto
che
la
unica
camera
sarda
è
copiata
dalla
legge
francese
del
1856
.
Ma
le
due
camere
della
legge
toscana
del
1838
non
erano
esse
copiate
dall
'
antico
codice
Francese
!
Bensì
nel
grave
argomento
della
custodia
preventiva
mi
pare
che
ecceda
in
peggio
da
un
lato
la
legge
sarda
per
non
destinarle
dei
limiti
assoluti
,
come
la
legge
toscana
.
E
che
dall
'
altro
lato
prevalga
in
meglio
sulla
toscana
per
gli
ordinamenti
provvidi
sulla
cauzione
.
In
Toscana
siamo
avvezzi
a
non
vedere
andar
prigione
prima
della
condanna
altro
che
i
ladri
,
ed
i
prevenuti
di
delitti
che
espongono
a
carcere
oltre
i
due
anni
.
La
indefinita
carcerazione
preventiva
della
legge
sarda
sarebbe
intollerabile
.
Questa
è
copiata
dalla
legge
francese
.
Ma
si
guardi
un
momento
oltre
le
Alpi
.
E
vedrassi
che
in
questo
momento
le
grida
contro
cotesta
preventiva
carcerazione
sorgono
là
da
ogni
lato
.
Pullulano
oggi
gli
articoli
di
giornali
,
le
monografie
,
i
lamenti
di
ogni
genere
contro
questo
difetto
;
talchè
parmi
che
oggi
sia
questo
il
tema
là
divenuto
di
moda
.
E
ciò
significa
che
tra
poco
vedremo
sorgere
una
emenda
in
Francia
sul
tal
proposito
,
ed
accettarsi
alcuno
dei
tanti
diversi
piani
che
veggo
progettarsi
dagli
scrittori
.
Bella
gloria
sarebbe
andare
innanzi
ai
nostri
vicini
,
pria
che
aspettare
ad
imitarli
,
trascinati
dalla
prepotenza
del
vero
.
E
noi
ne
abbiamo
i
materiali
,
sol
che
agli
ordinamenti
toscani
sulla
carcerazione
preventiva
,
e
sulla
sua
valutazione
,
si
unissero
i
provvedimenti
sardi
sulla
cauzione
.
Io
non
vorrei
fidare
la
libertà
dell
'
innocente
né
a
questi
soli
,
né
a
quelli
.
Volgono
poche
sere
che
un
provetto
magistrato
toscano
(
e
non
era
dei
più
miti
)
mi
diceva
che
nella
pratica
aveva
trovato
il
sistema
toscano
della
carcerazione
preventiva
tropo
severo
e
impaccioso
.
Il
suo
completamento
deve
essere
la
cauzione
.
Esisteranno
forse
anche
nella
procedura
sarda
dei
difetti
notevoli
,
che
io
non
vi
scorgo
.
E
tengo
opinione
che
delle
leggi
procedurali
male
si
giudichi
a
tavolino
:
e
bisogni
studiarle
nella
loro
vita
e
nella
esperienza
.
Ma
nell
'
insieme
,
tolto
ciò
che
ho
notato
,
io
non
vedrei
ragione
di
dolermi
del
cambio
.
Ora
tornando
all
'
argomento
della
penalità
(
qualunque
sia
per
essere
la
soluzione
del
grande
preliminare
problema
sulla
pena
capitale
)
sarà
sempre
a
vedersi
se
rimpetto
al
codice
Toscano
che
si
toglierebbe
a
queste
province
,
possa
essere
accettabile
il
codice
Sardo
tal
quale
sta
:
se
sia
cioè
accettabile
rispetto
al
progresso
della
scienza
in
questa
provincia
;
se
sia
accettabile
rispetto
ai
suoi
bisogni
,
ed
alle
abitudini
che
la
governano
.
E
qui
di
nuovo
ripeterò
che
non
intendo
fare
un
trattato
scientifico
,
né
un
corso
di
codice
comparato
,
né
d
'
immergermi
nella
dimostrazione
di
speciali
teoriche
.
Il
cerchio
di
questo
scritto
,
e
la
pochezza
dei
miei
lumi
,
non
si
adattano
a
siffatto
lavoro
.
Intendo
solo
di
esprimere
senza
pretensioni
quello
che
io
penso
su
qualche
punto
dei
più
culminanti
,
sparpagliatamente
e
per
via
di
semplici
accenni
.
Incominciando
dalle
nozioni
e
dalle
generalità
,
dirò
che
la
definizione
del
delitto
mancato
,
quale
si
pone
all
'
articolo
97
del
codice
Sardo
,
non
è
all
'
unisono
con
gli
ultimi
pronunciati
della
dottrina
.
Ivi
si
confonde
il
conato
pretergresso
,
che
è
l
'
ultimo
stadio
del
tentativo
prossimo
,
col
delitto
mancato
:
ente
giuridico
,
ritrovato
della
scienza
moderna
e
creazione
tutta
Italiana
perché
figlia
di
quell
'
altissima
mente
di
Romagnosi
.
Il
delitto
mancato
sta
distinto
come
una
specialità
fra
il
conato
pretergresso
e
il
delitto
consumato
.
La
migliore
definizione
che
del
delitto
mancato
legga
nei
codici
contemporanei
(
ed
oso
dire
la
più
esatta
che
possa
darsi
)
è
quella
che
trovasi
all
'
articolo
46
del
codice
Toscano
.
Il
delitto
mancato
deve
presentare
perfetto
in
sé
stesso
l
'
elemento
subiettivo
;
il
quale
può
essere
imperfetto
anche
nel
conato
pretergresso
.
E
perché
l
'
elemento
subiettivo
sia
perfetto
,
bisogna
che
il
non
successo
sia
esclusivamente
attribuibile
ad
un
fortuito
imprevisto
:
e
che
sia
perciò
dipendente
affatto
dal
modo
di
agire
e
dalla
forma
di
determinazione
del
colpevole
.
Equiparare
il
conato
pretergresso
al
delitto
mancato
porta
alla
ingiustizia
:
perché
con
ciò
sulla
bilancia
politica
una
serie
di
atti
,
che
per
quante
volte
si
ripetessero
in
quelle
condizioni
dovrebbero
sempre
(
tranne
la
providenziale
interposizione
di
un
fortuito
)
consumare
la
infrazione
,
si
equipara
ad
una
serie
di
atti
che
per
la
legge
immutabile
delle
fisiche
relazioni
avevano
in
loro
stessi
la
probabilità
di
risultare
inetti
.
E
così
per
una
parità
del
mero
elemento
intenzionale
si
parificano
,
a
discapito
della
giustizia
politica
,
due
materialità
ontologicamente
diverse
,
e
rappresentanti
un
diversissimo
grado
di
pericolo
sociale
.
La
sostituzione
dell
'
art
.
46
toscano
all
'
art
.
97
sardo
sarebbe
un
omaggio
alla
scienza
ed
un
servizio
alla
giustizia
;
e
nulla
disturberebbe
la
economia
di
questo
codice
,
il
quale
d
'
altronde
nella
distribuzione
della
penalità
del
tentativo
offre
campo
bastevole
per
la
repressione
del
conato
pretergresso
.
Dissonante
coi
principii
della
scienza
,
ed
eccessivo
di
rigore
è
l
'
art
.
536
del
codice
penale
Sardo
;
il
quale
prevede
una
specialità
che
,
dove
presenti
i
termini
del
tentativo
,
troverà
congrua
repressione
nella
sua
sede
;
dove
non
li
presenti
,
non
può
essere
mai
meritevole
di
tanta
repressione
.
Nulla
osservò
sull
'
art
.
99
del
codice
Sardo
per
non
ripetere
le
censure
già
svolte
da
altri
.
In
quanto
alla
istigazione
a
delinquere
non
accolta
,
ricorderò
ciò
che
altra
volta
ebbi
occasione
di
dire
.
Se
spiace
ad
alcuno
che
il
codice
Sardo
non
abbia
nessuna
disposizione
speciale
contro
la
istigazione
non
accolta
,
è
però
esorbitante
l
'
art
.
54
del
codice
Toscano
che
ammette
la
punibilità
di
qualsiasi
istigazione
non
accolta
,
e
non
fa
le
debite
distinzioni
fra
il
dolo
di
proposito
ed
il
dolo
d
'
impeto
,
che
può
bene
verificarsi
anche
nell
'
istigatore
,
e
che
rende
scusabile
una
parola
proferita
in
un
momento
di
esaltazione
;
né
fa
la
debita
restrizione
per
la
levità
del
malefizio
a
cui
si
sarebbe
istigato
.
È
incontrastabile
che
tutti
i
buoni
criminalisti
i
quali
hanno
ammesso
la
punibilità
della
istigazione
non
accolta
,
l
'
ammettono
soltanto
in
atrocioribus
.
E
fu
un
vero
gioco
di
parole
l
'
argomento
che
vidi
adoperare
a
difesa
di
quell
'
art
.
54
,
dicendo
che
il
medesimo
non
dichiarava
punibile
qualsisia
istigazione
,
ma
soltanto
quelle
che
avessero
il
carattere
di
efficacia
.
In
verità
a
me
parve
priva
di
ogni
valore
cotale
risposta
,
poiché
se
la
istigazione
che
quell
'
articolo
vuol
punire
si
suppone
per
necessità
non
accolta
,
non
so
per
modo
alcuno
comprendere
come
possa
ella
dirsi
efficace
.
La
efficacia
di
una
istigazione
non
vuole
già
cercarsi
in
un
influsso
fisico
che
non
esiste
,
ma
soltanto
nella
pressione
che
esercitò
sulla
determinazione
criminosa
dell
'
autore
del
malefizio
.
Laonde
se
la
istigazione
non
fu
accolta
è
chiara
prova
che
non
ebbe
efficacia
sulla
determinazione
,
perché
non
persuase
colui
che
voleva
persuadere
al
delitto
.
Una
efficacia
astratta
disgiunta
dalla
efficacia
concreta
è
un
ente
così
indefinibile
ed
elastico
da
essere
quasi
impossibile
a
concepirsi
.
In
quanto
alla
recidiva
il
codice
Sardo
(
art
.
118
)
parifica
la
recidiva
vera
alla
finta
;
la
recidiva
propria
alla
impropria
;
e
rende
perpetuo
(
art
.
125
)
lo
stato
di
recidivanza
.
Il
codice
Toscano
(
art
.
82
)
non
considera
la
recidiva
finta
,
esigendo
la
piena
espiazione
della
pena
:
non
considera
la
recidiva
impropria
(
art
.
84
)
,
esigendo
un
delitto
congenere
:
non
riconosce
perpetuità
(
art
.
83
)
nello
stato
di
recidivanza
.
Nel
conflitto
delle
due
opposte
dottrina
io
tengo
una
opinione
eclettica
.
Non
trovo
giusto
che
si
parifichi
,
come
nel
codice
Sardo
,
la
recidiva
nell
'
istesso
reato
con
quella
in
reato
diverso
.
Né
che
si
parifichi
la
recidiva
dopo
la
espiazione
della
pena
,
alla
recidiva
dopo
una
semplice
condanna
.
Ma
trovo
insufficiente
ai
bisogni
della
pubblica
difesa
che
la
ricaduto
dopo
una
condanna
,
o
la
ripetizione
di
diversa
delinquenza
si
lascino
,
come
nel
codice
Toscano
,
affatto
inosservate
.
Nel
mio
modo
di
vedere
dovrebbe
esservi
una
gradazione
,
nella
quale
questi
due
ultimi
casi
dovrebbero
rappresentare
una
media
.
È
poi
assolutamente
risibile
l
'
aumento
di
penalità
che
il
codice
Toscano
(
art
.
85
)
infligge
contro
i
recidivi
,
senza
limite
alcuno
nel
minimo
.
E
la
dico
tale
,
perché
tale
me
l
'
ha
mostrata
la
pratica
;
vedendo
spesso
nei
giudizj
correzionali
risolversi
in
un
giorno
di
carcere
la
conseguenza
della
recidiva
contro
un
ladro
che
tornerà
forse
per
la
decima
volta
a
molestare
la
giustizia
.
Lodo
il
codice
Sardo
per
avere
ammesso
la
prescrizione
della
pena
,
che
dal
codice
Toscano
non
si
volle
riconoscere
per
una
soverchianza
di
rispetto
al
principio
morale
sul
principio
politico
.
E
noto
che
la
prescrizione
dello
stato
di
recidivanza
non
è
che
una
logica
deduzione
di
quel
principio
.
Adesso
faccio
passaggio
alla
considerazione
di
alcune
specialità
penali
;
sempre
procedendo
non
per
via
di
un
'
analisi
metodica
e
completa
,
ma
spezzatamente
annunziando
i
pensieri
miei
.
La
penalità
dell
'
omicidio
nel
codice
Toscano
(
articolo
310
)
è
troppo
mite
nel
suo
massimo
.
Non
sta
in
proporzione
con
le
penalità
dallo
stesso
codice
sancite
contro
il
furto
violento
(
art
.
390
)
e
contro
la
violenza
carnale
(
art
.
281
)
.
Non
sta
in
proporzione
con
la
importanza
di
tutelare
la
vita
umana
.
E
specialmente
è
troppo
dimesso
quel
massimo
,
perché
non
lascia
adito
a
proporzionare
la
repressione
ai
gradi
diversi
di
malvagità
della
proeresi
criminosa
;
gradi
che
nei
delitti
di
sangue
,
più
che
in
ogni
altra
specie
,
sono
infinitamente
variabili
di
variazioni
pronunciatissime
sotto
il
rapporto
della
moralità
dell
'
azione
.
L
'
omicidio
può
essere
predisposto
senza
giungere
a
presentare
quei
rigorosi
estremi
che
costituire
devono
la
premeditazione
.
L
'
omicidio
può
essere
conseguenza
d
'
istantanea
risoluzione
;
ma
figlio
di
una
crudele
proclività
,
perché
scompagnato
da
qualunque
concitazione
dell
'
animo
.
L
'
omicidio
può
essere
conseguenza
di
un
esaltamento
di
passione
istantanea
che
senza
presentare
i
caratteri
giuridici
della
provocazione
,
meriti
peraltro
un
riguardo
.
Tutte
queste
diverse
forme
dell
'
elemento
intenzionale
nei
delitti
di
sangue
si
riunirono
dal
codice
Toscano
in
un
fascio
,
unificate
sotto
la
generica
denominazione
di
omicidio
improvviso
.
E
per
la
ristretta
graduabilità
della
pena
che
quell
'
articolo
stringe
dai
7
anni
ai
12
di
casa
di
forza
non
rimase
a
sperare
che
la
prudenza
ed
equità
dei
magistrati
potesse
in
pratica
bastantemente
supplire
a
quella
proporzionata
distribuzione
,
che
giustizia
esige
e
che
ha
trascurato
di
fare
la
legge
.
Ma
d
'
altro
lato
il
codice
Sardo
con
la
sua
nozione
dell
'
omicidio
volontario
(
art
.
522
)
,
e
con
la
sua
penalità
(
art
.
534
)
affatto
ingraduabile
,
riproduce
sotto
altro
aspetto
anche
più
sensibili
questi
difetti
.
E
se
il
codice
Toscano
offende
la
giustizia
distributiva
per
la
troppa
mitezza
verso
i
micidiali
più
scellerati
;
il
codice
Sardo
la
offende
per
la
soverchia
severità
verso
i
micidiali
più
meritevoli
di
qualche
commiserazione
.
Stimo
viziosa
la
nozione
dell
'
infanticidio
quale
trovasi
nel
codice
Sardo
;
e
molto
migliore
e
più
conforme
alla
scienza
quella
del
codice
Toscano
(
art
.
316
)
.
Ad
ogni
modo
la
gradazione
della
penalità
nell
'
infanticidio
sembrami
troppo
ristretta
nell
'
art
.
532
del
codice
Sardo
:
non
potendo
,
per
quanto
mi
pare
,
discender
mai
per
la
madre
illegittimamente
fecondata
e
minacciata
di
sovrastanti
sevizie
,
al
disotto
dei
sette
anni
di
reclusione
.
Il
caso
previsto
dall
'
art
.
318
del
codice
Toscano
parmi
che
non
abbia
provvisione
speciale
nel
codice
Sardo
.
Tanto
il
codice
Sardo
quanto
il
Toscano
cadono
peraltro
ambedue
nel
difetto
di
definire
la
scusa
con
la
designazione
dello
stato
di
fatto
anziché
con
la
designazione
dello
stato
dell
'
animo
della
donna
colpevole
.
La
ragione
per
cui
secondo
l
'
uno
si
degrada
la
imputazione
dello
infanticidio
,
e
secondo
l
'
altro
se
ne
costruisce
la
nozione
speciale
,
non
risiede
nel
mero
stato
di
fatto
;
nello
essere
cioè
la
femmina
illecitamente
fecondata
.
La
ragione
della
scusa
sta
nel
bisogno
di
salvare
l
'
onore
,
e
nel
turbamento
e
nella
pressione
che
il
pericolo
dell
'
onore
e
di
gravi
danni
futuri
esercitò
sull
'
animo
della
sciagurata
e
la
sospinse
alla
strage
.
La
illecita
fecondazione
è
la
causa
della
causa
minorante
,
ma
non
rappresenta
in
sé
sola
la
minorante
,
se
non
le
tenne
dietro
la
vera
causa
di
questa
.
Ora
non
per
tutte
le
femmine
la
illecita
fecondazione
può
riconoscersi
come
causa
di
pericolo
nell
'
onore
,
e
così
come
causa
di
turbamento
meritevole
di
commiserazione
.
Non
lo
è
nella
donna
di
bordello
,
né
in
colei
che
già
fosse
altra
volta
punita
come
infanticida
.
Ora
se
la
minorante
si
annette
al
solo
stato
di
fatto
viene
per
necessità
a
vedersi
applicata
la
medesima
anche
a
coloro
per
le
quali
il
pericolo
dell
'
onore
era
un
epigramma
,
e
per
le
quali
in
conseguenza
la
vera
causa
che
minora
(
o
respettivamente
impropria
)
il
reato
non
ricorre
assolutamente
.
Non
bisogna
dunque
desumere
la
definizione
di
cotesto
caso
dalla
causa
,
quando
questa
può
qualche
volta
non
corrispondere
a
quella
.
Bisogna
definirlo
con
referenza
alla
vera
causa
prossima
;
che
è
il
pericolo
dell
'
onore
.
Quando
il
codice
Sardo
lasciata
da
parte
la
inutile
enunciativa
della
illecita
fecondazione
avesse
dichiarato
scusabile
l
'
infanticidio
commesso
per
salvare
l
'
onore
della
donna
:
e
quando
il
codice
Toscano
avesse
fatto
altrettanto
per
dare
la
nozione
speciale
del
titolo
d
'
infanticidio
,
avrebbero
l
'
uno
e
l
'
altro
esattamente
riprodotto
il
concetto
ed
intendimento
loro
;
ed
avrebbero
evitato
il
rischio
di
risultamenti
che
sono
un
vero
sconcio
ed
una
vera
contradizione
.
È
però
traboccante
di
rigore
il
codice
Toscano
(
art
.
310
§
.
2
)
in
ordine
alla
penalità
dell
'
omicidio
provocato
.
Esorbitante
di
rigore
in
faccia
ai
principj
;
esorbitante
in
faccia
alle
giurisprudenze
ed
a
tutti
i
codici
contemporanei
.
Lo
proclamo
tale
senza
esitazione
;
sì
perché
ammette
l
'
arbitrio
libero
ed
incensurabile
nei
giudici
,
malgrado
qualsiasi
veemente
provocazione
,
d
'
infliggere
la
pena
ordinaria
dei
sette
anni
di
casa
di
forza
;
sì
perché
quando
i
magistrati
consentano
ad
abbassare
la
pena
,
non
ammette
abbassamento
sotto
i
tre
anni
della
casa
di
forza
.
Onde
ne
avviene
in
pratica
la
conseguenza
che
quando
i
giudici
si
sentono
commossi
a
riguardo
di
un
imputato
,
debbono
scendere
ad
una
finzione
;
adoperando
il
rimedio
dell
'
art
.
64
.
E
dico
finzione
,
perché
la
provocazione
può
essere
veementissima
ed
intollerabile
,
quantunque
non
tolga
all
'
omicida
la
coscienza
dei
propri
atti
e
la
libertà
di
elezione
.
Tutti
i
codici
contemporanei
rispettano
questa
mal
frenabile
condizione
della
umana
natura
,
che
spinge
l
'
uomo
a
reagire
con
la
violenza
contro
la
ingiusta
violenza
.
E
senz
'
andare
a
supporre
perturbazione
di
mente
,
trovano
nella
giusta
indignazione
da
un
lato
,
e
nella
ingiusta
brutalità
dall
'
altro
lato
,
una
legittima
ragione
di
scusa
;
ed
abbassano
la
pena
dell
'
omicidio
provocato
,
i
più
severi
fino
ad
un
anno
di
carcere
;
i
più
miti
(
fra
i
quali
è
in
questo
punto
nell
'
art
.
562
il
codice
Sardo
)
fino
a
sei
mesi
di
carcere
secondo
il
grado
della
provocazione
.
Stimo
dunque
in
questa
parte
assai
di
gran
lunga
migliore
il
codice
Sardo
.
E
qui
mi
si
permetta
di
osservare
,
che
se
adopero
sempre
la
espressione
codice
Sardo
,
non
è
per
un
'
antitesi
municipale
,
ma
perché
non
posso
chiamarlo
codice
Italiano
mentre
di
fatto
non
lo
è
:
e
mi
giustifica
il
frontespizio
della
edizione
officiale
del
1859
.
In
proposito
delle
lesioni
trovo
meritevole
di
speciale
osservazione
l
'
art
.
544
del
codice
Sardo
§
.
3
,
il
quale
prevede
una
forma
di
ferimento
,
che
a
ragione
si
tiene
come
aggravata
per
la
causa
dalla
quale
procede
la
proeresi
criminosa
:
e
può
anche
dirsi
aggravata
per
il
risultato
politico
,
stante
il
periodo
che
ne
deriva
allo
svolgimento
della
pubblica
giustizia
.
L
'
articolo
548
del
codice
Sardo
è
una
vera
necessità
che
si
mantenga
,
com
'
è
una
vera
lacuna
lamentata
da
molti
la
omissione
di
questo
titolo
di
reato
nel
codice
Toscano
.
Questa
fatale
lacuna
fu
quella
che
eccitò
in
Toscana
una
vivissima
lotta
fra
le
esigenze
della
scienza
,
e
dirò
anche
della
verità
delle
cose
,
e
le
esigenze
della
pubblica
sicurezza
.
Queste
fecero
sentire
tutto
lo
inconveniente
di
lasciare
senza
repressione
la
esplosione
di
un
'
arma
da
fuoco
avvenuta
in
rissa
,
perché
fortunatamente
per
l
'
uno
,
ma
poi
sfortunatamente
per
l
'
altro
,
non
aveva
recato
nessuna
lesione
.
Ad
evitare
siffatta
bruttura
lo
zelo
dei
Magistrati
si
trovò
costretto
ad
allargare
la
nozione
del
tentato
omicidio
oltre
quei
confini
che
la
scienza
le
segnava
e
che
la
verità
delle
cose
imponeva
di
osservare
;
e
si
pretese
di
trovare
il
tentato
omicidio
nelle
esplosioni
senza
effetto
quantunque
commesse
per
impeto
istantaneo
ed
in
rissa
.
Così
il
non
avere
recato
offesa
fu
sventura
per
l
'
esploditore
,
perché
quando
egli
ebbe
ferito
si
tradusse
per
titolo
di
lesione
;
ma
quando
non
produsse
effetto
nessuno
si
tradusse
per
tentativo
,
perché
mancando
nella
legge
il
titolo
di
esplosione
contra
hominem
non
si
sapeva
qual
delitto
rimproverargli
,
e
pareva
sconcio
lasciato
impunito
:
ed
il
tentativo
non
volle
arrestarsi
alla
lesione
,
ma
referirsi
all
'
omicidio
.
Di
qui
la
discordia
che
tenne
divisi
i
magistrati
,
e
li
tiene
tuttora
.
Perché
i
più
affezionati
ai
veri
principii
della
dottrina
non
vogliono
sapere
di
considerazioni
politiche
che
rimandano
all
'
aula
legislativa
;
e
recisamente
fanno
omaggio
al
principio
che
nei
fatti
d
'
impeto
nega
potersi
riconoscere
tentato
omicidio
,
per
la
ragione
che
tale
è
l
'
insegnamento
presso
che
universale
dei
criminalisti
,
e
perché
il
concetto
del
tentativo
applicato
agli
atti
di
chi
non
calcola
e
non
riflette
è
un
'
assoluta
contradizione
psicologica
.
Di
qui
il
conflitto
di
giudicati
contradittorii
,
perché
altri
Magistrati
(
alla
cui
dottrina
fa
velo
l
'
apprensione
del
pericolo
sociale
)
ammettono
indistintamente
il
tentativo
nell
'
impeto
.
E
ammesso
questo
si
apre
una
strada
dolorosa
agli
errori
giudiciarii
,
sostituendosi
facilmente
lo
elemento
materiale
del
conato
al
suo
elemento
intenzionale
,
che
dovrebbe
essere
separato
ed
avere
la
sua
prova
specifica
:
ed
imprestandosi
dal
freddo
calcolo
del
magistrato
la
risoluzione
diretta
alla
uccisione
dell
'
avversario
ad
un
uomo
nella
cui
mente
,
nella
verità
delle
cose
,
il
pensiero
di
quella
uccisione
non
aveva
neppure
balenato
;
o
che
agendo
sotto
l
'
impulso
di
un
dolo
indeterminato
aveva
concepito
soltanto
l
'
idea
di
sfogare
la
sua
collera
recando
male
al
nemico
senza
speciale
previsione
,
senza
speciale
interesse
,
senza
speciale
desiderio
che
questo
male
fosse
precisamente
la
morte
.
Perché
la
considerazione
dell
'
affetto
prevalga
alla
considerazione
dell
'
effetto
nella
misura
della
penale
responsabilità
,
bisogna
che
l
'
affetto
sia
positivo
e
determinato
,
e
che
il
maggior
male
non
avvenuto
non
si
trovi
soltanto
nelle
possibilità
fisiche
del
fatto
materiale
,
ma
nel
resultato
del
giudizio
e
del
calcolo
dell
'
agente
:
giudizio
e
calcolo
che
negli
atti
impetuosi
non
può
essere
mai
netto
,
e
che
si
supplisce
dalle
congetture
del
giudice
con
una
divinazione
troppo
spesso
ingiusta
e
contraria
al
vero
.
Si
stabilisca
la
misura
della
responsabilità
negli
atti
materiali
che
in
loro
stessi
presentano
pericolo
di
un
male
maggiore
di
quello
prodotto
.
La
misura
cercata
in
questo
campo
procede
sovra
dati
positivi
,
dipendenti
dall
'
ordine
naturale
di
relazione
fra
causa
ed
effetto
,
secondo
la
esperienza
della
sua
maggiore
probabilità
.
Il
pericolo
è
nel
fatto
.
Chi
esegui
quel
fatto
non
può
lagnarsi
se
sulla
bilancia
della
giustizia
pesa
il
pericolo
di
codesto
fatto
,
che
egli
volle
ed
eseguì
.
Ma
quando
la
misura
della
sua
responsabilità
non
più
si
cerca
soltanto
negli
immutabili
rapporti
delle
cose
secondo
l
'
ordine
fisico
,
ma
in
una
intenzione
del
reo
che
si
vuol
supporre
più
brava
,
bisogna
che
di
tale
intenzione
si
porgano
riscontri
più
positivi
,
e
meno
fallibili
di
quelli
che
si
possono
desumere
dagli
atti
precipitosi
dell
'
uomo
che
agisce
sotto
la
istantanea
perturbazione
dello
sdegno
.
Quando
il
magistrato
dice
-
io
ti
condanno
perché
tu
hai
eseguito
un
atto
che
recava
pericolo
di
dar
morte
e
tu
dovevi
prevedere
questo
pericolo
-
il
condannato
non
può
ispondere
al
suo
giudice
-
tu
sei
ingiusto
.
Ma
quando
il
magistrato
dice
al
reo
-
io
ti
punisco
perché
tu
non
solo
eri
in
debito
di
conoscere
quel
pericolo
dell
'
atto
tuo
;
ma
perché
avevi
precisa
volontà
di
cagionare
quel
maggior
male
,
e
non
altro
-
il
condannato
che
ritorna
sovra
sé
stesso
e
ricorda
di
non
avere
a
quel
male
più
grave
fermato
il
pensiero
,
né
diretta
la
sua
volontà
,
risponde
al
suo
giudice
con
fronte
sicura
-
tu
hai
mentito
ed
io
ne
sono
certo
assai
meglio
di
te
.
Un
'
adequata
penalità
che
si
distribuisca
contro
certi
atti
gravemente
pericolosi
benchè
riuscissero
innocui
,
permette
di
rispettare
senza
esitanza
la
regola
che
nega
il
tentativo
nell
'
impeto
,
e
coordina
la
giustizia
pratica
con
la
giustizia
assoluta
,
la
tutela
del
diritto
col
rispetto
alla
verità
,
e
bandisce
per
sempre
i
voli
della
fantasia
dalle
meditazioni
dei
Magistrati
.
Procedendo
ad
altri
generi
di
delinquenze
,
io
trovo
che
troppo
meschina
la
repressione
del
furto
semplice
nel
codice
Toscano
(
art
.
376
)
;
non
che
,
per
alcuni
casi
,
quella
di
certi
furti
qualificati
(
art
.
386
lettera
b
.
)
Ammetto
che
debba
tenersi
conto
nella
penalità
del
furto
del
valore
del
tolto
,
ultima
misura
del
danno
immediato
in
tali
reati
.
Ma
dovrebbe
esservi
un
principio
di
penalità
preambula
ed
invariabile
,
relativa
alla
violazione
del
diritto
astratto
di
proprietà
e
di
domicilio
.
Su
ciò
è
notabile
una
singolarità
che
sorge
dal
confronto
dell
'
art
.
376
coll
'
art
.
363
del
codice
Toscano
.
Questo
ultimo
articolo
contempla
il
reato
di
violato
domicilio
,
e
sotto
questo
titolo
colpisce
con
la
carcere
fino
a
sei
mesi
chiunque
s
'
introduca
contro
volontà
di
chi
ha
diritto
di
escluderlo
nell
'
altrui
abitazione
o
nelle
sue
appartenenze
.
Chi
entra
in
casa
d
'
altri
,
anche
per
mera
curiosità
,
può
dunque
essere
punito
con
sei
mesi
di
carcere
.
Ma
l
'
art
.
376
punisce
col
carcere
di
un
mese
al
più
chi
commette
furto
minore
di
venti
lire
,
ancorchè
il
furto
sia
commesso
nell
'
abitazione
del
proprietario
o
nelle
sue
appartenenze
.
Chi
dunque
s
'
introdusse
in
casa
altrui
per
mera
curiosità
sarà
punito
sei
volte
più
di
colui
che
vi
s
'
introdusse
a
fine
di
rubare
e
rubò
!
E
quegli
che
si
trova
sotto
l
'
accusa
di
violato
domicilio
,
dovrà
esso
contro
la
verità
dichiarare
che
vi
si
era
introdotto
per
commettere
un
piccolo
furto
,
onde
uscirne
con
pena
minore
!
Non
mi
persuade
che
un
ladro
,
ogni
due
o
tre
mesi
chiamato
regolarmente
in
faccia
ad
un
tribunale
di
prima
cognizione
per
render
conto
di
un
furto
del
quale
è
riuscito
convincerlo
,
non
possa
soggettarsi
a
carcere
maggiore
di
un
mese
,
con
più
quindici
giorni
per
la
recidiva
,
perché
questo
mestierante
ha
avuto
l
'
accortezza
di
rubare
soltanto
venti
lire
.
Non
ammetto
che
quando
una
schiera
di
malviventi
ha
notturnamente
invaso
la
mia
casa
,
atterrandone
audacemente
le
chiusure
per
saccheggiarla
,
possa
,
incontrando
giudici
misericordiosi
,
uscirne
con
un
anno
di
carcere
perché
non
potè
rubare
più
di
cento
lire
.
I
diritti
di
proprietà
e
d
'
inviolabilità
di
domicilio
,
hanno
un
valore
reale
che
deve
ritrovare
il
suo
peso
sulla
bilancia
della
giustizia
politica
,
né
permettono
che
la
loro
tutela
si
abbassi
a
proporzioni
cotanto
elusorie
.
Se
si
medita
la
ultima
fattispecie
trovasi
ancora
che
il
concetto
del
tentativo
non
svolge
pariformi
conseguenze
nel
delitto
di
furto
come
negli
altri
reati
.
Riflettasi
infatti
se
egli
è
possibile
credere
che
una
mano
di
mariuoli
organizzino
la
invasione
di
una
casa
,
si
procaccino
chiavi
false
,
e
mezzi
idonei
per
atterrare
gli
usci
,
per
forzare
le
interne
chiusure
,
e
rubare
;
si
espongano
ai
rischi
della
impresa
;
e
tuttociò
per
rubare
cento
lire
!
Un
concetto
pazzo
non
può
imprestarsi
ad
alcuno
.
Bisogna
dunque
persuadersi
che
costoro
si
auguravano
di
rubare
migliaia
.
Ma
nol
poterono
perché
il
proprietario
aveva
di
là
tolto
gli
oggetti
di
ingente
prezzo
,
che
dovevano
costituire
l
'
agognato
bottino
,
e
vi
aveva
lasciato
soltanto
quel
meschino
valore
.
Laonde
per
la
regola
comunemente
accettata
,
che
ricusa
la
nozione
del
conato
dove
riscontrarsi
la
mancanza
del
soggetto
passivo
(
lascio
adesso
di
discutere
le
condizioni
che
secondo
me
dovrebbe
avere
questa
regola
)
non
è
possibile
condurre
costoro
a
pena
superiore
mediante
l
'
applicazione
del
tentativo
di
furto
magno
.
Che
ne
consegue
?
Che
un
fatto
di
questa
natura
resta
represso
con
poca
carcere
.
Ne
consegue
che
al
diritto
di
proprietà
e
di
domicilio
non
può
neppure
indirettamente
adattarsi
dai
magistrati
una
difesa
proporzionata
alla
loro
importanza
.
La
intenzione
in
una
parola
,
si
volle
che
fosse
tutta
nei
delitti
di
sangue
;
si
volle
nulla
nel
delitto
di
furto
.
L
'
effetto
insignificante
non
fu
che
di
poco
proficuo
nei
primi
;
fu
benefizio
grandissimo
nel
secondo
.
Ma
l
'
effetto
morale
più
grave
che
risulta
nell
'
animo
mio
è
egli
lo
spavento
che
mi
cagiona
la
invasione
del
mio
domicilio
,
o
il
dolore
che
mi
cagiona
la
perdita
di
cento
lire
?
Dal
lato
dell
'
elemento
intenzionale
nei
delitti
di
sangue
la
scusa
può
dirsi
la
regola
:
la
rissa
,
l
'
impeto
,
lo
irriflettuto
agire
sono
il
caso
più
frequente
;
la
brutalità
e
la
premeditazione
sono
la
eccezione
.
Nel
furto
invece
il
mestiere
,
e
il
deliberato
proposito
sono
la
regola
:
raro
ed
eccezionale
il
caso
di
scusa
.
Non
nego
che
anche
il
furto
non
abbia
le
sue
scusa
:
concordo
che
debbano
valutarsi
per
assoluta
giustizia
.
La
occasione
tentatrice
,
la
urgenza
di
gravi
bisogni
di
famiglia
,
non
possono
non
essere
valutati
.
Ma
questi
casi
estremi
che
prestarono
tanta
materia
di
declamazione
ai
romanzieri
contemporanei
,
io
ripeto
che
sono
una
rara
eccezione
:
a
cui
si
provvede
con
un
'
attenuanza
bene
ordinata
.
Ma
il
caso
ordinario
e
normale
nel
furto
è
quello
della
speculazione
;
è
quello
di
una
guerra
sistematica
alla
proprietà
:
guerra
alla
quale
deve
contrapporsi
una
difesa
proporzionata
alla
importanza
sociale
del
diritto
astratto
.
Gli
antichi
che
della
recidiva
nel
furto
fecero
un
caso
eccezionale
,
no
,
non
mancarono
di
filosofia
e
di
esperienza
benchè
trasmodassero
nelle
punizioni
.
Più
tenero
custode
della
proprietà
il
codice
Sardo
(
mentre
non
ha
esagerato
la
penalità
dei
furti
qualificati
,
ed
anzi
in
alcune
combinazioni
possa
risultare
più
mite
del
toscano
)
lascia
ai
magistrati
(
articolo
622
)
maggiore
larghezza
per
reprimere
i
furti
semplici
.
Soltanto
all
'
art
.
625
§
.
1
è
troppo
elevata
la
somma
di
lire
venti
,
la
quale
non
può
raggiungersi
che
in
casi
eccezionalissimi
nei
furti
campestri
.
In
questa
parte
la
proprietà
è
meglio
protetta
dal
codice
Toscano
(
art
.
376
lettera
a
)
.
Ed
io
non
vorrei
cambiarlo
:
e
solo
vorrei
con
la
provvisione
speciale
del
n
.
3
dell
'
art
.
625
Sardo
,
aggiungere
una
migliore
protezione
delle
proprietà
rurali
contro
il
flagello
dei
danneggiatori
.
Io
credo
perciò
che
in
questa
parte
la
estensione
delle
sanzioni
sarde
alla
Toscana
,
fatte
piccole
modificazioni
sulle
orme
della
teoria
toscana
dei
furti
aggravati
,
sarebbe
salutata
come
una
fortuna
tra
noi
da
tutti
i
proprietarii
.
Il
codice
Sardo
ha
capito
ciò
a
cui
non
pose
mente
il
legislatore
toscano
:
voglio
dire
che
se
non
è
a
prevedersi
che
alcuno
oggidì
eserciti
l
'
arte
di
feritore
,
è
pur
troppo
una
verità
che
molti
esercitano
il
furto
come
mezzo
d
'
industria
.
Ed
in
proposito
di
questa
idea
del
delitto
esercitato
come
industria
,
vorrei
si
meditasse
se
l
'
assoluta
irresponsabilità
del
minore
,
estesa
dal
codice
Toscano
,
sul
fac
-
simile
del
codice
Badese
,
agli
anni
dodici
(
art
.
36
)
non
sia
assai
pericolosa
.
Penso
io
pure
che
uno
stadio
di
assoluta
irresponsabilità
nell
'
aurora
della
intelligenza
umana
vi
debba
essere
;
e
che
sia
impolitica
una
procedura
criminale
contro
un
bambinello
.
Perciò
non
lodo
(
anzi
trovo
difettosissimo
)
il
codice
Sardo
,
ove
ad
imitazione
del
codice
di
Francia
,
e
contro
la
universale
pratica
contemporanea
,
ammette
(
art
.
88
)
che
possa
instaurarsi
,
se
così
piace
a
cui
spetta
,
la
solennità
di
un
giudizio
criminale
contro
un
fanciullo
di
quattro
o
sei
anni
.
Ma
lo
estendere
la
irresponsabilità
ai
dodici
,
parmi
cosa
gravida
di
pericolo
per
la
morale
pubblica
;
appunto
perché
in
certe
famiglie
,
nelle
quali
(
tristissima
verità
)
il
delitto
è
mestiero
,
può
esser
questo
un
impulso
a
precoce
demoralizzazione
:
per
l
'
avvio
che
può
farsi
dei
figliuoletti
al
furto
o
ad
altra
delinquenza
,
nella
certezza
di
non
vederli
perseguitati
con
regolare
procedimento
.
Lo
stadio
della
irresponsabilità
,
ammesso
da
tutte
le
altre
legislazioni
contemporanee
,
fu
esteso
dove
ai
sette
,
dove
agli
otto
anni
;
e
al
più
ai
nove
,
ed
ai
dieci
in
paesi
settentrionali
.
Era
veramente
la
Toscana
una
regione
,
sotto
il
cui
cielo
si
potesse
presumere
una
tardività
di
sviluppo
,
da
estendere
ai
12
anni
compiti
il
debito
di
rispettare
le
leggi
?
Il
povero
colono
che
trova
nel
suo
podere
una
schiera
di
giovinetti
vendemmiando
il
frutto
dei
suoi
sudori
,
è
un
barbaro
se
li
percuote
,
ed
è
punito
severamente
.
Ma
se
chiede
alla
giustizia
protezione
,
la
trova
egli
?
Io
penso
dunque
1.°
che
sia
un
difetto
del
codice
Sardo
il
non
avere
stabilito
uno
stadio
di
irresponsabilità
per
presunzione
juris
et
de
jure
in
un
primo
periodo
della
vita
-
2.°
che
sia
vizioso
il
codice
Toscano
che
estende
tale
stadio
a
12
anni
-
3.°
che
sia
difetto
in
questo
,
e
pregio
nel
codice
Sardo
(
art
.
91
)
lo
aver
previsto
come
minorante
la
età
dai
18
ai
21
:
sebbene
fra
i
casi
esclusi
dal
benefizio
di
questo
articolo
mi
parrebbe
doversi
annoverare
anche
il
furto
.
Saggio
mi
sembra
del
pari
il
codice
Sardo
,
quando
all
'
art
.
639
subordina
la
repressione
dei
ricettatori
di
cose
furtive
alle
varietà
criminose
del
furto
donde
quelle
cose
provennero
;
né
voglio
ripetere
le
critiche
già
da
me
pubblicate
su
ciò
contro
il
codice
Toscano
.
Onde
io
preferisco
il
criterio
assunto
dal
Sardo
per
la
misura
di
questo
malefizio
.
Al
codice
Sardo
può
farsi
rimprovero
di
difettare
nella
previsione
del
favoreggiamento
,
considerato
come
delitto
di
per
sé
stante
;
che
ha
il
suo
obietto
speciale
nella
pubblica
giustizia
,
da
lui
impedita
.
Ma
il
codice
Toscano
,
affezionato
alla
idea
del
favoreggiamento
,
ne
allargò
la
nozione
oltre
la
misura
della
sua
verità
,
estendendola
al
caso
della
partecipazione
posteriore
nel
lucro
di
un
delitto
(
art
.
60
)
;
e
poscia
con
una
singolare
predilezione
facendo
pei
compratori
dolosi
di
cose
furtive
(
art
.
418
)
una
benignissima
restrizione
di
penalità
.
Sicchè
il
compratore
doloso
,
anche
dei
giojelli
rubati
alla
Galleria
di
Firenze
,
non
potrebbe
colpirsi
col
carcere
al
di
sopra
di
un
anno
;
e
non
lo
potrebbe
quantunque
il
furto
fosse
accompagnato
dalle
circostanze
più
odiose
.
Laddove
chi
ad
uno
di
quei
mariuoli
avesse
pietosamente
agevolato
la
fuga
potrebbe
incorrere
nella
carcere
per
due
anni
.
Io
cerco
la
nozione
del
fatto
criminoso
nella
intenzione
dell
'
agente
,
e
nel
risultato
:
non
nei
voli
fantastici
di
una
dottrina
.
E
nella
intenzione
e
nel
risultamento
,
il
compratore
o
ricevitore
doloso
di
cosa
furtiva
vuole
violare
il
diritto
di
proprietà
;
ed
effettivamente
lo
viola
col
fatto
suo
.
Ed
è
perciò
(
non
si
questioni
del
nome
)
un
aiutatore
del
ladro
a
consumare
lo
spoglio
del
proprietario
,
ed
a
renderlo
irreparabile
.
L
'
art
.
137
del
codice
Toscano
,
che
nel
modo
con
cui
giace
fa
un
antagonismo
alle
disposizioni
dello
Statuto
fondamentale
,
aveva
il
suo
correlativo
nel
vecchio
codice
Sardo
al
capitolo
2;
dove
fu
cancellato
nella
nuova
promulgazione
del
1859
.
Cancellarlo
,
o
correggerlo
anche
in
Toscana
,
perché
il
codice
si
coordini
allo
Statuto
,
sarà
obbedienza
alla
logica
.
È
parimente
una
necessità
logica
la
provvisione
dell
'
art
.
188
del
codice
Sardo
;
se
non
che
parmi
che
questo
articolo
(
non
che
l
'
articolo
183
)
nella
misura
della
penalità
non
abbiano
tenuto
conto
abbastanza
della
gravità
del
mezzo
(
tumulti
)
che
si
presuppone
adoperato
a
disturbare
le
sacre
funzioni
.
Sembrami
poi
che
il
codice
Sardo
negli
articoli
dal
194
a
204
protegga
la
libertà
personale
del
cittadino
in
faccia
al
pericolo
di
abusi
della
pubblica
forza
(
non
che
il
domicilio
all
'
art
.
205
)
con
economia
più
prudente
di
quella
usata
dal
codice
Toscano
negli
art
.
184
,
190;
con
l
'
ultimo
dei
quali
adegua
la
perquisizione
arbitraria
all
'
arresto
arbitrario
della
persona
:
e
poi
scende
a
punire
con
una
multa
riducibile
a
trenta
lire
il
pubblico
ufficiale
che
per
capriccio
violi
il
domicilio
del
cittadino
;
o
tenga
indebitamente
in
carcere
(
art
.
184
)
un
individuo
.
Se
temevasi
di
rallentare
lo
zelo
di
questi
pubblici
ufficiali
,
valeva
meglio
tacere
di
tali
fatti
,
e
restarsene
ad
una
semplice
indennità
,
anziché
ridurli
a
così
meschine
proporzioni
.
Bensì
nel
codice
Sardo
mi
sembra
in
proposito
della
tutela
della
libertà
personale
sia
una
lacuna
.
Non
trovo
in
alcun
luogo
previsto
il
caso
della
violenza
privata
che
sia
fine
a
sé
stessa
;
vale
a
dire
che
non
abbia
servito
di
mezzo
a
commettere
un
altro
delitto
.
Questo
reato
,
ben
definito
,
e
congruamente
punito
dall
'
art
.
361
del
codice
Toscano
,
non
può
pretermettersi
.
Poiché
egli
è
ormai
pacifico
nella
scienza
che
anche
quando
facciasi
violenza
ad
alcuno
per
un
fine
non
delittuoso
,
poiché
si
lede
un
diritto
importante
dell
'
uomo
ed
a
lui
carissimo
,
voglia
bene
ragione
che
anche
codesto
diritto
si
protegga
dalla
legge
punitiva
.
Ugualmente
è
da
lamentarsi
nel
codice
Sardo
la
mancata
repressione
della
minaccia
semplice
,
adequatamente
prevista
e
punita
dall
'
art
.
362
del
Toscano
.
In
quanto
alla
resistenza
contro
la
pubblica
forza
,
il
codice
Toscano
è
mirabile
per
la
severità
con
cui
la
colpisce
nella
sua
minima
forma
:
quando
cioè
è
scompagnata
da
turba
,
da
lesioni
gravi
,
od
altre
aggravanti
.
Esso
dopo
un
massimo
di
quattro
anni
di
carcere
(
art
.
143
)
si
ferma
al
minimo
di
sei
mesi
.
E
così
pone
la
misura
del
minimo
dove
il
codice
di
Francia
(
art
.
212
)
pose
la
misura
del
massimo
!
Il
codice
Sardo
(
art
.
251
)
si
trattiene
come
il
Francese
al
massimo
di
sei
mesi
quando
la
resistenza
non
commettasi
da
riunione
armata
.
In
ciò
concorda
col
codice
Francese
e
con
altri
molti
.
E
qui
mi
piace
notare
che
anche
il
codice
che
Francesco
V
dettò
nel
1855
al
già
suo
Ducato
di
Modena
,
all
'
art
.
188
§
.
4
,
puniva
la
resistenza
semplice
col
carcere
non
mai
superiore
a
sei
mesi
.
Lo
speciale
rigore
del
codice
Toscano
contro
questo
delitto
,
che
spesso
si
estrinseca
con
moti
quasi
istintivi
diretti
a
conservare
la
libertà
propria
,
o
di
persona
a
sé
cara
,
non
può
trovare
ragione
in
una
speciale
fierezza
ed
insubordinazione
delle
popolazioni
toscane
;
come
non
ve
la
torva
l
'
eccessivo
rigore
contro
gli
omicidii
provocati
.
La
deconsiderazione
in
quel
codice
dell
'
impero
che
può
esercitare
sull
'
animo
anche
dei
più
onesti
l
'
istantaneo
sentimento
di
un
pericolo
,
o
un
giusto
sdegno
,
sembra
rivelare
un
arcano
pensiero
che
anela
spegnere
nei
sudditi
la
coscienza
dei
propri
diritti
,
e
mansuefarli
alla
monastica
tolleranza
delle
ingiurie
.
E
questa
osservazione
estendo
ancora
alla
valutazione
della
difesa
propria
ed
altrui
,
in
faccia
ad
un
grave
ed
ingiusto
pericolo
che
minacci
la
vita
o
la
pudicizia
di
un
cittadino
.
Ad
ogni
modo
la
estensione
alla
Toscana
delle
più
miti
penalità
sarde
verso
il
delitto
di
resistenza
,
e
della
giustissima
mitigazione
delle
medesime
prescritta
all
'
art
.
267
,
non
potrà
incontrare
disapprovazione
dai
dotti
,
né
eccitare
malcontento
.
Anche
qui
mi
assiste
una
reminiscenza
.
In
Lucca
ebbe
vigore
per
trent
'
anni
una
legge
speciale
dettata
nel
1816
dal
Governo
provvisorio
tedesco
:
che
alla
resistenza
senz
'
armi
con
lesione
lievissima
fulminava
un
minimo
di
vent
'
anni
di
galera
.
Malgrado
questa
legge
,
gelosamente
conservata
dal
Governo
borbonico
,
non
vidi
mai
poscia
tanto
frequenti
le
resistenze
alla
forza
quanto
in
allora
.
E
dovevano
esserlo
;
perché
la
severità
delle
pene
eccitava
maggior
desiderio
di
sottrarsi
all
'
arresto
.
Pretendere
con
qualche
mese
più
di
carcerazione
minacciata
alla
resistenza
,
che
un
reo
non
lotti
per
sottrarsi
alla
mano
che
vuol
condurlo
prigione
,
è
una
idea
vana
.
Il
reo
in
codesto
pauroso
momento
ha
nella
pena
che
vuole
evitare
troppa
ragione
di
scordare
la
pena
che
si
minaccia
alla
resistenza
;
ed
il
magistero
penale
elide
sé
stesso
.
Corre
sullo
stesso
ordine
d
'
idee
la
disparità
fra
il
rigore
eccessivo
del
codice
Toscano
(
art
.
344
)
e
la
mitezza
del
Sardo
(
art
.
589
)
in
proposito
del
duello
.
Non
voglio
a
questo
proposito
trattenermi
sulla
divergenza
relativa
alla
politica
imputabilità
dei
padrini
(
art
.
593
Sardo
,
art
.
348
Toscano
)
troppo
essendo
combattute
nella
dottrina
le
respettive
opinioni
.
E
solo
dirò
che
alla
prevenzione
meglio
provvede
il
codice
Toscano
.
Ma
la
pena
della
casa
di
forza
da
tre
a
dieci
anni
sancita
dall
'
art
.
344
Toscano
contro
l
'
omicidio
commesso
in
duello
mi
sembra
troppo
severa
,
e
preferirei
la
penalità
dell
'
art
.
589
Sardo
;
aggiungendovi
però
all
'
ultimo
alinea
la
limitazione
dell
'
art
.
343
Toscano
;
e
non
dimenticando
la
previsione
dell
'
art
.
595
Sardo
.
Il
quale
non
parmi
repugni
ai
principj
della
scienza
:
almeno
per
la
opinione
che
io
credo
più
vera
in
ordine
alla
estraterritorialità
del
giure
penale
.
Parmi
poi
che
sia
una
lacuna
nel
codice
Sardo
la
mancata
previsione
della
frode
(
art
.
346
Toscano
)
.
Non
può
esser
dubbioso
che
qualsiasi
slealtà
tolga
al
duello
il
criterio
psicologico
della
sua
specialità
,
vale
a
dire
la
obbedienza
ad
un
sentimento
di
onore
.
Prevede
il
codice
Sardo
(
art
.
286
e
segg
.
)
la
ragion
fattasi
di
privato
arbitrio
.
Procede
da
un
lato
con
una
discriminazione
di
casi
,
sotto
il
rapporto
della
penalità
,
più
diffusa
che
non
sia
quella
del
codice
Toscano
(
art
.
146
)
:
ma
dall
'
altro
lato
,
per
ciò
che
attiene
alla
indicazione
della
materialità
del
fatto
(
art
.
286
primo
alinea
)
il
codice
Sardo
restringe
la
nozione
di
quel
reato
a
certi
determinati
scopi
.
Ciò
sotto
un
aspetto
può
meritare
osservazione
per
la
parità
in
cui
si
pose
la
demolizione
dei
fabbricati
con
gli
altri
fatti
;
e
sotto
altro
aspetto
offre
il
pericolo
di
lasciare
scoperta
qualche
contingenza
speciale
di
ragion
fattasi
,
che
non
cada
sotto
le
tassative
descrizioni
colà
enumerate
.
La
definizione
toscana
è
molto
migliore
.
Sono
però
di
opinione
che
la
limitazione
dell
'
articolo
288
del
codice
Sardo
sia
lodevole
,
e
giusta
.
So
benissimo
che
questo
reato
non
trae
la
propria
essenza
da
un
principio
morale
,
ma
da
un
principio
puramente
politico
:
e
che
in
faccia
alla
dottrina
scientifica
la
nozione
della
ragion
fattasi
non
si
modifica
per
la
verità
o
insussistenza
del
diritto
arbitrariamente
esercitato
.
Ma
la
scienza
è
salva
quando
si
conserva
la
nozione
malgrado
la
verità
del
diritto
esercitato
.
Né
si
contradice
la
scienza
se
,
coordinando
il
principio
morale
al
principio
politico
,
si
ammette
una
minorante
nella
verità
del
diritto
esercitato
.
È
un
fatto
che
in
questo
caso
la
giustizia
è
lesa
solo
nella
forma
,
e
non
più
nella
forma
e
nella
sostanza
.
Anche
in
ordine
alla
vendita
di
fumo
il
codice
Sardo
(
art
.
313
,
e
314
)
colpisce
un
caso
che
il
codice
Toscano
(
art
.
200
)
non
prevede
.
Il
caso
cioè
delle
millantazioni
fatte
dal
sicofanta
non
per
estorcer
denaro
ma
solo
per
boria
,
per
acquistarsi
credito
,
o
per
malavoglienza
contro
gli
ufficiali
.
Il
codice
Toscano
lascia
scoperti
codesti
casi
,
tranne
quando
possano
trarsi
sotto
il
titolo
d
'
ingiuria
contro
il
pubblico
ufficiale
.
In
questo
punto
mi
pare
che
il
concetto
del
codice
Sardo
sia
più
conforme
ai
principii
della
scienza
:
per
la
quale
nel
punire
questo
delitto
non
si
vuol
proteggere
l
'
interesse
del
privato
,
che
mirando
ad
un
fine
illecito
non
può
meritare
protezione
.
Ma
si
guarda
al
discredito
della
pubblica
giustizia
nella
opinione
popolare
.
In
ordine
alla
falsa
moneta
il
codice
Sardo
(
art
.
316
e
seguenti
)
minaccia
pene
certamente
più
severe
di
quelle
toscane
(
art
.
222
e
seguenti
)
.
Ma
chiunque
rifletta
che
questo
delitto
è
sempre
premeditato
,
e
può
formare
argomento
di
una
speculazione
perniciosissima
,
non
trova
che
sia
male
collocata
una
certa
severità
.
D
'
altronde
l
'
art
.
222
lett
.
a
,
e
223
lett
.
a
del
codice
Toscano
(
malgrado
le
dichiarazioni
dell
'
art
.
240
)
sono
a
mio
parere
poco
sufficienti
alla
repressione
e
viziosi
.
E
là
infatti
si
ammette
il
possibile
che
un
fabbricante
abilissimo
di
falsa
moneta
d
'
oro
se
la
passi
con
sei
mesi
di
carcere
,
perché
per
avventura
non
sia
riuscita
l
'
accusa
a
sorprendere
gli
ordigni
(
che
d
'
altronde
sono
quasi
un
presupposto
necessario
)
ed
abbia
potuto
contestargli
soltanto
la
fabbricazione
di
una
moneta
.
Qui
evidentemente
esercitarono
l
'
influsso
loro
le
tradizioni
di
una
dottrina
inesatta
che
un
tempo
prevalse
in
Toscana
;
cioè
che
la
falsa
moneta
non
fosse
che
un
furto
qualificato
.
Ed
anzi
se
si
confronti
l
'
art
.
386
,
trovasi
la
fabbricazione
di
falsa
moneta
punita
meno
del
furto
domestico
;
quantunque
,
se
questo
viola
la
fede
privata
,
quella
violi
la
fede
pubblica
.
Anche
in
proposito
di
questo
delitto
io
penso
dunque
che
una
elevazione
di
rigore
non
potesse
eccitare
repugnanze
nella
popolazione
toscana
.
Per
il
delitto
di
adulterio
il
codice
Toscano
(
art
.
291
)
è
assai
più
severo
del
codice
Sardo
(
art
.
486
)
.
Carcere
da
tre
mesi
a
due
anni
per
questo
.
Carcere
da
due
anni
a
quattro
per
quello
.
Ma
su
ciò
non
dimoro
.
Perché
porto
opinione
che
dove
la
religione
,
la
morale
,
e
l
'
affetto
alla
famiglia
non
valga
,
nessuna
donna
si
asterrà
mai
dal
darsi
in
braccio
ad
altri
per
il
pensiero
di
una
pena
più
o
meno
prolungata
,
che
terrà
dietro
alla
sorpresa
,
allo
scuoprimento
,
alla
querela
maritale
,
ed
alla
persistenza
nella
medesima
.
Le
pene
contro
l
'
adulterio
vi
debbono
essere
per
evitare
le
vendette
maritali
.
Ecco
la
utilità
sociale
di
siffatte
punizioni
.
Sicchè
la
severità
maggiore
usata
dal
codice
nostro
contro
le
adultere
non
potrebbe
trovare
ragione
in
altro
che
nello
essere
i
mariti
toscani
più
risentiti
e
vendicativi
dei
sardi
;
onde
facesse
mestieri
offrir
loro
più
larga
soddisfazione
a
moderarne
lo
sdegno
.
Ma
questa
è
una
ipotesi
.
Non
bisogna
però
dimenticare
che
l
'
art
.
485
secondo
alinea
del
codice
Sardo
si
connette
con
le
disposizioni
del
codice
civile
in
ordina
alla
ricerca
della
paternità
.
Laonde
questo
articolo
non
avrebbe
senso
ove
tale
ricerca
fosse
permessa
dalle
leggi
civili
.
Fecondo
di
gravi
difficoltà
è
il
confronto
fra
l
'
articolo
300
del
codice
Toscano
,
ed
il
421
del
codice
Sardo
,
relativi
a
certi
delitti
contro
il
buon
costume
.
E
le
difficoltà
nascono
a
cagione
dell
'
urto
fra
il
rispetto
alla
libertà
individuale
,
ed
il
rispetto
alla
morale
pubblica
.
E
siffatto
urto
divide
la
dottrina
dei
criminalisti
in
Italia
e
fuori
.
Il
codice
Sardo
ha
provveduto
alla
tutela
del
buon
costume
soltanto
là
dove
si
congiunge
alla
tutela
del
diritto
.
per
punire
dove
non
concorse
violenza
esige
che
trattisi
di
persona
minore
dei
ventuno
anni
.
Guarda
alla
corruzione
della
gioventù
,
e
finquì
non
vi
è
nulla
da
censurare
.
Ma
il
codice
Toscano
va
oltre
alla
tutela
del
diritto
;
va
oltre
alla
tutela
delle
famiglie
;
va
oltre
all
'
impedimento
dello
scandalo
.
Qualifica
lenocinio
,
e
punisce
col
carcere
da
sei
mesi
a
tre
anni
chiunque
agevola
la
prostituzione
anche
di
una
cortigiana
.
E
la
giurisprudenza
ha
detto
che
somministrare
la
casa
o
il
luogo
alla
prostituta
cade
sotto
quest
'
articolo
.
Così
ho
veduto
in
pratica
(
non
con
gran
plauso
della
pubblica
opinione
)
condannare
a
lunga
prigionia
donne
di
mala
vita
,
non
per
ciò
che
esse
facevano
senza
opposizione
o
pericolo
abitualmente
,
ma
perché
avevano
preso
a
retta
un
'
altra
donna
della
lor
taglia
,
o
a
lei
affittato
una
camera
.
Provato
che
la
padrona
di
casa
sapeva
che
qualche
uomo
visitava
la
inquilina
,
vi
si
è
trovato
il
lenocinio
,
benchè
non
si
trattasse
di
giovinetti
,
né
di
allettamenti
usati
dalla
padrona
.
Tale
è
stata
la
conseguenza
logica
del
verbo
agevolare
adoperato
dalla
legge
.
Ciò
ha
portato
a
dei
pubblici
giudizi
,
nei
quali
si
sono
citati
come
testimoni
gli
uomini
visitatori
della
inquilina
,
non
senza
qualche
disturbo
delle
loro
famiglie
.
La
rozza
logica
del
volgo
non
si
persuase
che
la
padrona
di
casa
dovesse
essere
punita
perché
quegli
uomini
erano
andati
in
camera
della
inquilina
,
anziché
in
camera
della
padrona
.
E
taluno
che
troppo
spesso
riflette
come
siffatte
donne
quando
non
hanno
luogo
si
approfittino
delle
vie
solitarie
,
venne
nel
pensiero
che
per
tal
guisa
si
facesse
uno
scandalo
per
punire
un
fatto
che
aveva
evitato
uno
scandalo
.
Questo
argomento
eccita
serie
considerazioni
,
specialmente
in
quelle
città
dove
si
persiste
a
credere
impossibili
i
regolamenti
circa
le
tollerate
.
Finalmente
in
ordine
al
delitto
di
fallimento
doloso
o
colposo
è
deplorabile
la
trascuranza
del
codice
Toscano
nel
definire
i
casi
diversi
e
i
diversi
gradi
di
questo
importante
delitto
(
art
.
409
)
.
Ma
chi
sperasse
di
trovare
un
più
largo
svolgimento
nel
codice
Sardo
(
art
.
381
)
,
rimarrebbe
ugualmente
deluso
.
La
idea
di
non
invadere
le
materie
commerciali
è
probabilmente
il
motivo
di
tale
trascuranza
tropo
comune
ai
codici
moderni
.
Ma
è
una
lacuna
che
prima
o
poi
deve
essere
riempita
,
restituendo
al
giure
penale
il
suo
dovuto
dominio
anche
nel
regolamento
di
questa
materia
.
Riassumendo
i
pensieri
sparsi
in
questa
rapida
ed
incompleta
escursione
,
concluderò
:
1.°
Che
la
introduzione
della
pena
di
morte
in
Toscana
(
specialmente
pei
delitti
comuni
)
non
potrebbe
non
dar
luogo
a
gravi
lagnanze
e
disaffezioni
.
2.°
Che
la
introduzione
dei
giurati
in
Toscana
non
può
essere
argomento
di
gravi
difficoltà
;
ma
invece
salutare
occasione
al
sapiente
del
Governo
di
procurare
la
emenda
di
alcuni
difetti
del
relativo
ordinamento
.
3.°
Che
la
estensione
alla
Toscana
delle
altre
regole
di
procedura
punitiva
non
può
essere
,
comparativamente
considerata
,
che
un
benefizio
;
purchè
se
ne
modifichi
lo
illimitato
della
custodia
preventiva
.
4.°
Che
la
scala
delle
penalità
Sarde
modificata
leggermente
,
come
di
necessità
richiederebbe
il
toglimento
della
pena
di
morte
,
sarebbe
accettabile
.
5.°
Che
dovrebbe
però
non
procedersi
col
brusco
trasporto
del
codice
;
ma
con
una
specie
di
rifusione
;
nella
quale
per
ciò
che
attiene
a
certe
nozioni
,
ed
alla
esattezza
del
linguaggio
scientifico
,
non
potrebbe
farsi
meglio
che
prenderle
tali
quali
stanno
nel
codice
Toscano
.
Questo
è
un
omaggio
che
si
deve
alla
scienza
:
ed
un
rispetto
meritato
da
quella
provincia
;
nella
quale
e
per
lo
slancio
del
codice
Leopoldino
,
e
per
le
teoriche
delle
sue
giudiciali
osservanze
,
e
per
la
opera
perseverante
dell
'
immortale
Carmignani
,
bisogna
riconoscere
dal
1786
fino
al
1853
un
continuato
movimento
progressivo
della
dottrina
penale
.
6.°
Che
questa
fusione
,
nella
quale
potrebbe
pure
tenersi
conto
di
alcuni
lodevoli
provvedimenti
del
codice
Napoletano
,
non
dovrebbe
lasciarsi
in
mano
di
una
commissione
,
dove
si
aprirebbe
per
necessità
una
polemica
senza
fine
;
ma
farsi
per
opera
del
Ministero
.
7.°
Che
di
questo
codice
così
rifuso
dovrebbe
ottenersi
la
sanzione
dal
Parlamento
senza
discussione
di
articoli
,
onde
si
approvi
per
via
di
esperimento
;
decretandone
fin
da
ora
la
revisione
fra
tre
anni
almeno
;
e
proponendo
alle
Camere
di
nominare
nel
loro
seno
una
commissione
incaricata
di
preparare
gli
studi
per
questa
revisione
futura
.
Non
adottando
quest
'
ultimo
metodo
:
procedendo
per
via
di
commissioni
preambule
,
e
di
discussioni
per
articoli
,
si
getterà
tempo
,
e
fatica
:
e
se
la
discussione
darà
occasione
allo
svolgimento
di
maravigliose
polemiche
,
non
darà
sicuramente
per
anni
ed
anni
il
risultato
della
desiderata
unificazione
.
Questa
verità
la
proclama
la
stessa
ragione
,
e
la
conferma
la
storia
contemporanea
.
Questa
ci
addita
come
si
siano
prolungate
per
molti
lustri
le
relative
preparazioni
in
Prussia
,
Norvegia
,
Belgio
ed
altrove
;
ed
in
alcuni
di
questi
Reami
non
abbiano
ancora
condotto
la
opera
al
suo
compimento
.
Ripeterò
con
le
parole
del
compilatore
del
Progetto
Belga
(
il
celebre
Professore
Haus
)
che
la
scienza
penale
non
ha
ancora
fornito
la
metà
del
suo
cammino
.
Mentre
anche
le
sue
primordiali
verità
sono
tuttora
un
problema
,
sul
quale
i
più
sapienti
discordano
,
è
necessario
riconoscere
una
verità
pratica
:
cioè
che
è
vanità
sperare
oggi
che
un
dettato
in
questa
materia
si
riconosca
come
il
meglio
universalmente
;
e
bisogna
temere
che
il
desiderio
del
meglio
non
tolga
il
buono
.
In
mezzo
alla
rapidità
del
progresso
generale
contemporaneo
;
in
mezzo
alle
controversie
tra
cui
si
agita
nell
'
accademia
il
giure
penale
,
ed
alle
difficoltà
fra
le
quali
lotta
nel
foro
,
non
è
più
tempo
di
presumere
che
un
codice
penale
duri
intatto
per
lunga
stagione
.
Non
siamo
più
ai
tempi
della
Carolina
,
delle
Partidas
,
o
delle
Ordinanze
.
Qualunque
cosa
si
faccia
offrirà
il
fianco
alle
censure
contemporanee
,
ed
alle
modificazioni
future
.
Pisa
3
aprile
1863
.
Codicizzazione
(
STUDI
LEGISLATIVI
)
(
1869
)
(
dagli
Opuscoli
di
Diritto
criminale
,
Lucca
,
1870
,
vol
.
II
,
215
ss
.
)
I
codici
destinati
a
reggere
le
Nazioni
nascono
,
crescono
e
progrediscono
in
numero
,
in
bellezza
,
ed
autorità
,
nella
ragione
diretta
della
respettiva
civilizzazione
.
È
impossibile
che
i
popoli
primitivi
finchè
si
agitano
nella
barbarie
sentano
il
bisogno
di
ordinamenti
legislativi
completi
,
o
chiedano
codici
,
o
pensino
a
procacciarne
.
La
prima
idea
di
legge
che
appo
loro
si
sviluppa
si
estrinseca
nella
leggi
religiose
e
militari
,
perché
la
coscienza
giuridica
non
ha
ancora
assunto
una
forma
sensibile
in
quelli
animi
rozzi
.
Per
loro
la
idea
del
diritto
si
confonde
con
la
idea
della
forza
.
Una
legge
imposta
a
nome
di
Dio
(
forza
sovrumana
ed
ignota
)
a
nome
di
un
Duce
di
eserciti
(
forza
naturale
presente
e
temuta
)
esprime
per
loro
il
diritto
perché
esprime
una
potenza
alla
quale
non
è
dato
resistere
.
Essi
accettano
la
consociazione
come
un
fatto
:
vi
aderiscono
per
obbedienza
allo
istinto
della
socievolezza
che
la
legge
di
natura
provvidenzialmente
impose
alla
umanità
,
come
impose
la
legge
di
attrazione
ai
corpi
al
fine
di
condurre
questi
all
'
ordine
fisico
e
quelli
all
'
ordine
morale
:
vi
aderiscono
pel
sentimento
vago
dei
bisogni
:
se
la
tengono
cura
per
le
consuetudini
contratte
nelle
relazioni
necessitose
della
famiglia
.
Ma
il
concetto
giuridico
della
consociazione
non
cape
ancora
nella
mente
loro
selvaggia
,
perché
tuttora
incapaci
a
concepire
la
idea
del
diritto
nello
individuo
altro
che
come
forza
,
è
impossibile
che
in
loro
prenda
radice
il
pensiero
di
una
collezione
di
diritti
affidati
ad
una
personalità
morale
pel
fine
di
essere
da
questa
difesi
.
Obbediscono
al
sacerdote
,
perché
parla
a
nome
di
un
Dio
che
ha
mezzi
di
potenza
e
di
forza
superiore
ad
ogni
forza
e
potenza
umana
:
obbediranno
ad
un
Duce
,
perché
lo
veggono
cinto
di
un
numero
di
sgherri
volontariamente
alleatisi
a
lui
che
li
fa
conscii
della
loro
soggezione
:
ma
in
ciò
non
si
ha
l
'
opera
di
un
calcolo
di
ragione
che
a
tale
obbedienza
porga
la
forma
di
un
dovere
morale
;
bensì
unicamente
uno
stato
di
fatto
che
li
lega
in
ragione
della
loro
impotenza
a
resistere
,
a
meno
che
con
l
'
astuzia
non
riescano
ad
eludere
quella
forza
.
La
consociazione
non
è
per
loro
che
uno
stato
inavvertito
di
fatto
nel
quale
si
trovano
senza
saperne
il
perché
,
mentre
ne
approfittano
per
procacciarsi
anche
a
scapito
altrui
i
beni
agognati
a
soddisfacimento
degli
appetiti
proprii
senza
cercare
se
con
ciò
si
offenda
la
personalità
degli
altri
o
si
diminuisca
l
'
altrui
libertà
.
La
idea
pura
del
diritto
non
può
concepirsi
che
sotto
forma
complessa
e
reciproca
,
perché
il
riconoscimento
razionale
di
una
facoltà
pertinente
a
noi
come
diritto
ha
per
necessario
contenuto
il
riconoscimento
di
uguale
facoltà
in
ogni
altro
essere
simile
a
noi
;
lo
che
conduce
al
desiderio
di
una
legge
che
sia
vincolo
a
noi
medesimi
,
e
che
sia
vincolo
agli
altri
.
Ma
tale
idea
è
troppo
elevata
perché
possa
raggiungersi
da
genti
selvagge
per
le
quali
potestà
materiale
e
facoltà
morale
identificandosi
in
un
solo
concetto
,
viene
respinto
il
pensiero
di
un
vincolo
puramente
razionale
imposto
a
noi
medesimi
,
ai
proprii
appetiti
,
ai
proprii
bisogni
.
Ove
pure
appo
simili
genti
siasi
venuto
lentamente
formando
un
ceto
di
uomini
illuminati
ai
quali
trovisi
rivelato
il
concetto
della
giustizia
come
forza
morale
destinata
a
resistere
alla
forza
materiale
e
fatta
capace
a
dare
al
debole
prevalenza
e
ragione
sopra
il
forte
;
questa
rivelazione
conquistata
dagli
eletti
non
appartenendo
che
ad
una
minoranza
,
la
lotta
della
civiltà
contro
la
barbarie
si
combatte
sempre
con
disuguaglianza
,
per
cui
i
pochi
illuminati
dove
pure
concepiscono
la
idea
di
dare
una
legge
che
a
tutti
ugualmente
sovrasti
e
tutti
ugualmente
protegga
i
diritti
dei
consociati
,
non
possono
attuarla
,
e
neppure
osano
tentarne
la
prova
,
perché
siffatta
idea
non
è
intesa
né
accettata
dalla
maggioranza
.
Allora
soltanto
quando
nella
Nazione
si
è
sviluppato
il
senso
giuridico
in
una
maggioranza
capace
di
farsi
rispettare
,
nasce
il
desiderio
di
un
codice
universale
della
Nazione
regolatore
dei
diritti
di
ognuno
,
e
nasce
insieme
la
potestà
di
attuarlo
e
di
mantenerlo
in
una
vita
efficace
e
reale
.
È
allora
soltanto
che
il
popolo
insorge
e
chiede
i
Decemviri
e
le
tavole
permanenti
della
legge
comune
:
è
questa
l
'
epoca
dei
Soloni
,
dei
Licurghi
,
dei
Caronda
,
e
dei
Pittagora
;
uomini
che
saliti
in
fama
di
sapienza
hanno
ottenuto
la
fiducia
del
popolo
e
ricevono
invito
da
questo
di
segnar
loro
il
modo
col
quale
meglio
possa
avere
soddisfacimento
e
proclamazione
solenne
quella
coscienza
giuridica
che
si
è
maturata
nelle
moltitudini
.
È
allora
che
quel
popolo
muove
i
primi
passi
verso
la
civiltà
.
E
di
vero
cosa
è
dessa
la
civiltà
?
Tutti
gridano
civiltà
,
civiltà
;
tutti
parlano
di
progresso
civile
dei
popoli
:
ma
molti
non
si
avvicinano
al
concetto
che
chiudesi
sotto
quelle
parole
,
e
quello
rimane
per
loro
uno
indefinito
.
E
che
forse
la
civiltà
di
un
popolo
consiste
dessa
nell
'
orpello
dei
modi
,
nell
'
amore
delle
arti
,
nella
raffinatezza
dei
cibi
e
degli
agi
della
vita
,
nei
sontuosi
spettacoli
,
nelle
magnificenze
delle
fabbriche
,
ed
altre
simili
cose
?
Il
volgo
lo
pensa
,
e
non
si
avvede
che
scambia
la
cultura
esteriore
ed
il
lusso
con
la
civilizzazione
.
Cultura
e
civiltà
sono
due
cose
radicalmente
distinte
.
Ottima
l
'
una
per
certo
e
feconda
di
benefizi
purchè
non
avversi
alla
seconda
;
ma
questa
manca
sovente
dove
quella
grandeggia
,
e
questa
è
la
primaria
a
desiderarsi
da
un
popolo
che
ama
fondare
la
propria
felicità
e
la
propria
grandezza
sopra
il
rispetto
alla
dignità
dello
essere
umano
:
senza
questa
i
cittadini
possono
somigliarsi
alle
antiche
vittime
che
s
'
inviavano
al
sacrificio
inebriate
da
canti
festosi
,
dai
vapori
di
olezzanti
profumi
,
e
tutte
ornate
di
fiori
.
Civiltà
è
parola
che
trae
la
propria
etimologia
da
civis
,
Città
,
ed
ha
il
vero
concetto
proprio
nel
vero
concetto
di
questa
.
La
civiltà
consiste
nello
sviluppo
in
cuore
di
tutti
della
coscienza
giuridica
e
della
natura
giuridica
della
consociazione
.
Recognizione
del
diritto
non
come
forza
,
né
come
bisogno
,
ma
come
dettato
di
ragione
:
recognizione
universale
nelle
coscienze
della
pertinenza
del
diritto
a
tutti
ugualmente
;
recognizione
del
diritto
come
dettato
di
una
legge
superiore
imposta
da
Dio
alla
umanità
:
abitudine
nel
popolo
in
ogni
sua
classe
di
rispettare
quella
legge
con
religioso
affetto
anche
a
ritroso
dei
propri
appetiti
corporei
,
facendo
dell
'
amore
dei
nostri
simili
la
forma
preferita
dell
'
amore
di
noi
stessi
:
recognizione
della
missione
della
società
nel
tutelare
in
tutti
ugualmente
il
diritto
.
io
non
mi
esalto
la
mente
alla
contemplazione
della
piramidi
,
delle
meravigliose
statue
della
Grecia
,
degli
archi
superbi
dell
'
antica
Roma
.
Io
veggo
là
parecchi
milioni
di
umane
creature
tenute
da
un
numero
inferiore
di
potenti
nella
più
abietta
servitù
;
io
veggo
quella
folla
d
'
infelici
ridotti
alla
condizione
di
cose
e
vittime
della
negazione
del
diritto
;
e
dico
che
quei
popoli
per
quanto
giustamente
orgogliosi
della
loro
sapienza
nella
cultura
esteriore
non
furono
popoli
veramente
civili
.
La
ebrietà
dei
sensi
non
mi
fa
velo
allo
intelletto
,
quando
contemplo
la
squisitezza
delle
delizie
orientali
;
in
quelle
magiche
reggie
io
veggo
una
mano
di
uomini
che
si
stimano
esseri
superiori
agli
altri
,
e
vantano
illimitata
balìa
sovra
cose
e
persone
;
veggo
al
di
fuori
un
gregge
trepidante
che
al
giogo
reverente
si
curva
né
sente
in
sé
stesso
la
virtù
della
divina
scintilla
;
e
dico
che
quel
popolo
non
è
altrimenti
civile
.
Dimostrisi
pure
che
nelle
contrade
meridionali
di
America
si
hanno
più
gentili
i
costumi
,
più
ricercati
gli
agi
del
vivere
,
più
raffinati
i
piaceri
,
meno
bruschi
e
rozzi
i
modi
che
non
lo
siano
nelle
contrade
del
Nord
.
Io
veggo
che
di
là
si
pugna
per
mantenere
la
servitù
mentre
di
qua
si
sacrifica
generosamente
un
mare
di
sangue
al
fine
di
sopprimerla
,
e
di
porre
in
trono
il
programma
della
uguaglianza
completa
di
ogni
umana
creatura
;
e
dico
che
la
civiltà
è
maggiore
nel
settentrione
di
quello
nol
sia
nel
mezzogiorno
di
America
.
Fosse
pure
al
più
elevato
apogeo
la
industria
,
la
raffinatezza
dei
modi
,
la
cura
degli
agi
della
vita
e
di
ogni
più
delicato
soddisfacimento
dei
sensi
nella
vetusta
Sibari
divenuta
proverbiale
per
il
suo
lusso
,
io
veggo
i
signori
di
Sibari
mettere
a
morte
gli
ambasciatori
di
Crotone
ed
appendere
i
cadaveri
alle
loro
muraglie
;
e
veggo
al
tempo
stesso
i
cittadini
di
Crotone
quantunque
nemici
di
ogni
ricercatezza
di
lusso
proclamare
il
suffragio
universale
come
base
delle
loro
istituzioni
:
ed
a
tale
confronto
la
voce
della
ragione
dilegua
il
fascino
della
Sirena
,
e
nell
'
intimo
cuore
io
mi
sento
condotto
a
dire
che
fuvvi
civiltà
maggiore
in
Crotone
che
non
in
Sibari
.
Ecco
come
io
la
intendo
questa
parola
civiltà
,
che
per
molti
è
parola
diafana
e
per
altri
molti
un
prisma
fallace
.
E
tornando
ai
codici
,
io
ripeto
che
i
primi
trionfi
della
civiltà
rendono
soli
possibile
un
codice
:
ma
che
un
codice
perfetto
non
è
possibile
se
non
ove
la
civiltà
ha
raggiunto
quell
'
apogeo
che
è
sperabile
sulla
terra
;
cioè
dove
è
più
universale
ed
illimitata
la
recognizione
dello
imperativo
giuridico
così
nella
idea
come
nel
fatto
così
nelle
parole
come
nella
realtà
,
e
dove
quella
legge
regna
sovrana
nella
coscienze
come
sovrastante
a
tutti
ugualmente
,
e
per
tutti
ugualmente
patrona
.
Tale
recognizione
si
è
dopo
lotte
lunghissime
raggiunta
in
astratto
da
molti
popoli
i
quali
pertanto
possono
dirsi
maturi
per
dare
a
sé
medesimi
ottimi
codici
.
Ma
perché
i
codici
siano
buoni
bisogna
che
in
ogni
loro
linea
rispondano
a
quella
idea
,
e
che
all
'
astratta
recognizione
di
quella
si
coordini
la
sua
recognizione
concreta
e
la
sua
coraggiosa
proclamazione
per
parte
del
codice
;
il
quale
non
lasci
pertugio
per
dove
possa
introdursi
per
arte
o
potenza
nessuna
dei
pochi
la
supremazia
della
forza
,
perpetua
nemica
della
ragione
.
Lo
ideale
della
bontà
di
un
codice
è
questo
solo
di
essere
il
palladio
della
uguaglianza
per
tutti
.
Vi
dunque
da
un
codice
ogni
disposizione
che
con
modi
più
o
meno
aperti
disturbi
lo
equilibrio
giuridico
fra
i
cittadini
:
via
ogni
privilegio
per
cui
venga
una
classe
di
uomini
a
rendersi
più
ricca
di
diritti
,
più
scura
nello
esercizio
loro
,
e
più
insindacabile
nel
proprio
operato
a
discapito
o
pericolo
altrui
:
via
tutte
le
leggi
di
occasione
,
le
quali
possono
esser
buone
come
necessità
inevitabile
in
faccia
a
condizioni
eccezionalmente
calamitose
non
debbono
trovar
sede
in
un
ordinamento
stabile
destinato
ad
incarnarsi
nei
costumi
e
negli
effetti
del
popolo
.
Più
specialmente
un
codice
penale
deve
essere
il
catechismo
della
coscienza
civica
,
ove
si
raccolgano
le
tradizioni
della
giustizia
pratica
e
si
conservino
con
più
solenne
sanzione
e
con
autorità
più
gagliarda
.
Finchè
un
codice
non
può
farsi
tale
,
è
vanità
tentarne
la
prova
;
e
se
tale
non
vuol
farsi
per
segrete
cagioni
che
prevalgono
appo
coloro
cui
pertiene
il
reggimento
della
cose
pubblica
,
ella
è
una
ipocrisia
,
è
un
tradimento
darsi
vanto
di
codicizzare
le
leggi
di
uno
Stato
.
Si
ripari
allora
con
leggi
provvisorie
ai
bisogni
dei
tempi
nelle
materie
del
diritto
le
quali
portino
in
fronte
la
dichiarazione
della
loro
precarietà
e
rechino
contemporanea
alla
propria
nascita
la
speranza
della
loro
abolizione
.
Ad
una
Nazione
che
sente
la
propria
dignità
si
può
inculcare
la
tolleranza
di
un
provvedimento
temporaneo
quantunque
meno
buono
,
scusandolo
con
le
tristi
condizioni
di
una
fase
transitoria
in
cui
versi
lo
Stato
,
e
temperandone
la
innormalità
con
la
precarietà
della
sua
sanzione
.
Ma
è
un
insulto
porgere
a
lei
col
nome
di
codice
(
e
così
come
supremo
effato
della
coscienza
giuridica
)
precetti
e
sanzioni
che
alla
suprema
ragione
giuridica
non
siano
conformi
,
e
che
trovino
la
genesi
loro
nelle
vedute
di
un
partito
dominante
,
o
nei
bisogni
di
una
politica
transitoria
.
L
'
uomo
coscienzioso
e
leale
quando
si
faccia
convinto
di
una
necessità
che
gli
vieta
di
fare
una
cosa
come
dovrebbe
esser
fatta
,
si
astiene
piuttosto
dal
farla
anziché
farla
in
modo
riprovevole
.
Farisaica
parola
è
quella
di
chi
confessa
la
verità
di
un
supremo
principio
di
ragione
,
ed
al
tempo
stesso
viene
a
dettare
un
codice
che
lo
conculca
e
lo
rinega
,
scusandosi
con
le
condizioni
dei
tempi
e
con
quella
sentenza
perpetua
patrona
del
male
-
che
anche
la
verità
ha
la
sua
ora
.
Avrà
pur
troppo
la
sua
ora
anche
la
verità
;
perché
non
a
tutte
le
ore
degli
uomini
si
vuole
intendere
,
e
perché
essa
ha
bisogno
di
essere
intesa
da
coloro
che
debbono
proclamarla
,
e
che
sono
sovente
i
più
duri
o
i
più
tardi
ad
intenderla
.
Ma
,
se
la
verità
ha
la
sua
ora
,
perché
non
aspettare
che
sorga
,
e
frattanto
vivere
con
le
leggi
già
costituite
,
prorogando
a
quell
'
ora
il
generale
e
duraturo
riordinamento
delle
medesime
?
Perché
tanta
furia
di
codicizzare
,
mentre
si
confessa
che
le
incertezze
dei
tempi
sono
disadatte
a
quell
'
opera
?
Potrebbe
qui
bene
ripetersi
col
Menzini
-
in
questo
di
Procuste
orrido
letto
,
chi
ti
sforza
a
giacere
?
Un
principio
erroneo
ed
ingiusto
attuato
per
eccezionali
cagioni
in
un
regolamento
particolare
è
un
male
sensibile
ma
limitato
.
Il
male
diventa
troppo
più
grave
più
funesto
e
pernicioso
nelle
sue
conseguenze
quando
di
quel
principio
erroneo
l
'
autorità
sociale
fa
solenne
proclamazione
in
un
codice
:
perché
con
ciò
corrompe
la
coscienza
pubblica
presentandole
come
severo
e
costante
dettato
della
ragione
giuridica
quello
che
è
soltanto
un
provvedimento
empirico
che
si
accetta
per
le
transitorie
condizioni
dei
tempi
.
O
se
a
voi
preme
di
farvi
codicizzatori
e
volete
anche
in
questo
adulare
la
Nazione
che
da
voi
si
governa
dandole
a
credere
che
i
tempi
sono
maturi
per
un
codice
universale
,
ed
inebriandola
in
questo
pomposo
pensiero
,
abbiate
almeno
il
pudore
di
lasciare
in
disparte
quelli
argomenti
nei
quali
credete
di
non
poter
proclamare
la
suprema
giustizia
:
se
tali
argomenti
sono
molti
,
abbandonate
la
idea
della
codicizzazione
;
se
sono
pochi
lasciateli
sotto
la
direzione
di
leggi
particolari
:
ma
non
bruttate
il
catechismo
che
voi
date
alla
vita
esteriore
del
popolo
col
proclamarvi
una
menzogna
giuridica
.
Val
meglio
una
lacuna
che
l
'
apostolato
di
una
falsa
dottrina
.
Se
fuvvi
mai
una
epoca
che
apparisse
disadatta
alla
formazione
di
un
codice
universale
tale
era
lo
Stato
dello
Impero
Germanico
nei
primordi
del
secolo
decimosesto
.
Le
dissidenze
religiose
fra
i
diversi
Stati
di
quello
Impero
erano
vivacissime
allora
,
perché
grondavano
di
fresco
sangue
;
e
chiunque
fosse
stato
chiamato
a
dettare
un
codice
penale
per
lo
Impero
sarebbesi
sgomentato
in
faccia
a
quelle
dissidenze
dal
por
mano
nella
materia
dei
delitti
religiosi
.
Ma
Carlo
V
voleva
ad
ogni
costo
dettare
un
codice
universale
che
governasse
lo
Impero
e
che
portasse
il
suo
nome
.
Cosa
fece
egli
con
la
sua
celebre
costituzione
criminale
?
Dei
delitti
religiosi
non
tenne
che
fugace
parola
,
e
la
sua
costituzione
ebbe
plauso
concorde
nel
1532
alla
Dieta
di
Ratisbona
dai
Principi
colà
convenuti
così
cattolici
come
protestanti
:
e
la
sua
Nemesi
potè
durare
per
tre
secoli
come
codice
fondamentale
di
gran
parte
della
Germania
,
ed
adottarsi
e
mantenersi
persino
da
quelle
provincie
che
(
come
la
Svizzera
)
avevano
scosso
il
giogo
politico
dello
Impero
.
La
Convenzione
di
Francia
fu
prepotente
e
ferocissima
nella
sua
prepotenza
,
ma
fu
più
logica
di
molti
altri
Governi
quando
nel
tempo
stesso
che
le
sue
mannaie
mietevano
le
vite
dei
cittadini
proclamava
come
principio
l
'
abolizione
della
pena
di
morte
.
Essa
sentiva
la
differenza
che
passa
fra
la
proclamazione
di
un
principio
come
verità
giuridica
,
e
le
esigenze
o
vere
o
false
della
politica
del
momento
.
Ma
non
si
fu
altrettanto
logici
,
né
allora
né
poi
,
quando
le
leggi
di
occasione
si
vollero
convertire
in
articoli
di
un
codice
destinato
a
passare
alle
generazioni
future
.
Adesso
a
noi
italiani
si
è
iniziata
la
esecuzione
della
promessa
codicizzazione
universale
.
I
codici
regolatori
degli
interessi
civili
,
commerciali
,
e
procedurali
ebbero
ormai
la
respettiva
sanzione
,
e
spetta
all
'
avvenire
il
farsene
giudice
.
Ma
il
codice
penale
ha
incontrato
più
seri
ostacoli
.
E
gli
ostacoli
sorgono
non
solo
per
la
diversità
delle
scuole
giuridiche
che
prevalgono
nelle
diverse
provincie
del
Regno
;
non
solo
per
la
diversità
dei
costumi
più
o
meno
purificati
degli
effetti
del
dispotismo
religioso
e
civile
;
ma
più
specialmente
per
le
tradizioni
delle
leggi
penali
precedenti
che
alle
diverse
provincie
furono
dettate
dai
respettivi
reggitori
come
catechismo
della
vita
civile
.
È
una
verità
filosofica
che
i
costumi
fanno
le
leggi
,
ma
è
pur
troppo
una
verità
pratica
che
le
leggi
fanno
i
costumi
.
Più
che
è
feroce
un
popolo
più
sarà
feroce
il
suo
codice
;
più
sarà
feroce
un
codice
più
si
manterrà
il
popolo
nelle
consuetudini
della
ferocia
.
Queste
sono
due
verità
storiche
che
come
risultamento
di
un
imperativo
logico
impreteribile
si
danno
reciprocamente
la
mano
.
E
ciò
porta
ad
una
conseguenza
;
e
questa
conseguenza
,
quantunque
aspra
e
dura
a
proferirsi
,
bisogna
pur
proferirla
perché
è
verità
impreteribile
.
Questa
verità
è
che
le
attuali
condizioni
d
'
Italia
le
rendono
assolutamente
impossibile
di
ottenere
un
codice
penale
comune
che
sia
riconosciuto
universalmente
per
buono
,
e
sia
da
tutti
applaudito
.
L
'
abitudine
a
certe
penalità
eccessive
incarnatasi
nelle
genti
di
una
provincia
per
virtù
di
un
codice
che
per
lunga
stagione
le
fuorviava
dal
retto
col
proclamare
la
necessità
e
la
giustizia
delle
medesime
;
l
'
abitudine
a
certe
penalità
più
miti
ed
umane
incarnata
nelle
genti
di
altra
provincia
per
virtù
di
leggi
penali
che
seppero
mostrar
loro
come
quelle
fossero
più
che
sufficienti
ai
bisogni
della
pubblica
e
privata
sicurezza
,
e
per
virtù
della
consecutiva
esperienza
che
le
dimostrò
sufficienti
;
queste
abitudini
io
dico
non
si
cancellano
con
un
tratto
di
penna
dal
nuovo
legislatore
.
Dal
che
nasce
una
situazione
scabrosa
,
difficile
e
penosissima
per
la
coscienza
di
chiunque
sente
nell
'
animo
che
anche
il
legislatore
deve
avere
una
coscienza
;
la
quale
deve
inspirarsi
al
vero
ed
al
giusto
,
e
non
agli
abiti
od
alle
passioni
.
La
situazione
è
questa
:
o
inferocire
i
costumi
delle
provincie
meno
feroci
col
portarvi
leggi
esorbitantemente
severe
,
lo
che
sarebbe
operazione
vandalica
e
patente
regresso
;
o
tentare
di
raddolcire
i
costumi
delle
provincie
più
fiere
col
portarvi
più
miti
sanzioni
.
Questo
è
il
problema
interiore
che
tiene
oggi
incerti
gli
animi
dei
legislatori
penali
d
'
Italia
.
E
alla
difficoltà
interiore
che
tiene
esitanti
le
coscienze
per
riguardo
al
sentimento
del
proprio
dovere
rispondono
difficoltà
esteriori
che
procedono
da
quel
perpetuo
ostacolo
ad
ogni
ben
fare
,
voglio
dire
il
rispetto
umano
.
Avvegnacchè
all
'
apparizione
del
nuovo
progetto
di
codice
penale
del
Regno
d
'
Italia
siasi
verificato
ciò
che
i
veggenti
avevano
preveduto
da
lunga
mano
,
e
ciò
che
inevitabilmente
doveva
verificarsi
per
virtù
delle
condizioni
eccezionali
della
nuova
consociazione
;
voglio
dire
che
da
tutti
i
lati
sonosi
sollevati
anatemi
e
riprovazioni
contro
quel
disgraziato
progetto
,
del
quale
può
dirsi
che
ebbe
molti
censori
,
lodatori
pochissimi
.
Ma
chi
guardi
addentro
a
quelle
grida
di
riprovazione
,
e
le
congiunga
(
come
pur
devesi
)
in
un
insieme
,
forza
è
si
convinca
per
le
stesse
contradizioni
che
s
'
incontrano
fra
di
loro
che
il
progetto
subisce
gli
effetti
della
situazione
e
non
di
alcuna
colpa
dei
suoi
estensori
.
Se
nei
compilatori
di
quel
Progetto
può
trovarsi
una
colpa
(
e
se
questa
sia
colpa
lo
giudichino
gl
'
imparziali
)
essa
consiste
nel
non
avere
alzato
lo
stendardo
di
uno
dei
due
partiti
scientifici
che
oggi
si
contrastano
la
signoria
della
Italia
nell
'
argomento
della
penalità
;
il
partito
della
severità
e
della
intimidazione
,
ed
il
partito
della
mitezza
e
della
emenda
del
colpevole
.
Se
una
di
quelle
due
bandiere
si
fosse
recisamente
e
coraggiosamente
posta
in
fronte
al
nuovo
progetto
i
detrattori
sarebbero
stati
da
un
lato
ma
i
difensori
dall
'
altro
.
Ma
gli
uomini
chiamati
a
quello
arduo
ufficio
non
s
'
inspirarono
alle
abitudini
di
questa
o
di
quella
Provincia
;
non
alle
utopie
di
una
o
di
altra
Cattedra
,
non
alle
esigenze
delle
Curie
,
né
alle
pretese
di
coloro
che
rappresentano
l
'
autorità
e
che
tenacemente
intendono
non
solo
a
mantenerla
ma
a
circondarla
sempre
meglio
di
ferro
;
essi
s
'
inspirarono
allo
affetto
del
vero
e
del
buono
,
e
volenterosi
esposero
sé
medesimi
al
turbine
che
doveva
colpirli
.
Certamente
quel
lavoro
non
è
immune
da
errori
e
da
equivoci
,
particolarmente
nella
parte
speciale
,
e
nei
fatti
minimi
,
e
talvolta
anche
nella
forma
della
redazione
.
Ma
queste
non
sono
mende
che
possano
far
sorgere
serio
conflitto
in
un
'
aula
legislativa
.
La
questione
seria
e
di
altissimo
ed
universale
interesse
è
radicale
;
e
la
sua
soluzione
sta
per
esercitare
la
più
grande
influenza
sull
'
avvenire
d
'
Italia
:
la
questione
ridotta
ai
minimi
termini
verte
sul
concetto
fondamentale
del
nuovo
codice
.
La
questione
consiste
nel
decidere
se
debbasi
andare
innanzi
nella
via
del
progresso
civile
avvicinandosi
alla
Germania
che
seppe
trarre
così
buon
frutto
dalla
scuola
teorica
italiana
,
o
se
piuttosto
si
debba
tornare
indietro
avvicinandosi
alla
Francia
ed
a
quelle
provincie
italiane
che
più
si
lasciarono
andare
all
'
ossequio
di
quella
.
Non
è
questione
di
scienza
;
è
questione
di
civiltà
.
Ora
su
questo
palpitante
problema
io
dico
una
sola
parola
:
ed
è
che
se
deve
tornarsi
indietro
val
meglio
non
farsi
il
codice
,
e
lasciare
che
ogni
provincia
continui
a
reggersi
secondo
le
consuetudini
proprie
anziché
dare
una
solenne
sanzione
a
principii
retrivi
facendone
ingrata
importazione
in
quelle
terre
dove
non
è
più
possibile
generare
la
fede
della
loro
giustizia
senza
deteriorarne
i
costumi
,
e
così
manomettere
il
più
santo
,
il
più
bello
fra
i
doveri
dell
'
autorità
sociale
,
voglio
dire
la
missione
educativa
del
popolo
.
Questo
è
il
pensiero
che
già
adombrai
in
uno
scritto
(
1
)
[
(
1
)
Vedasi
in
questa
raccolta
l
'
opuscolo
XI
]
renduto
di
pubblica
ragione
quattro
anni
addietro
;
ed
ogni
ulteriore
osservazione
,
ogni
ulteriore
meditazione
mi
ha
confermato
in
tale
pensiero
.
Se
sia
vero
che
nei
delitti
atroci
non
si
debbano
ammettere
le
circostanze
attenuanti
(
Questioni
singolari
ad
occasione
della
Giuria
)
(
1868
)
(
dagli
Opuscoli
di
Diritto
criminale
,
Lucca
,
1870
,
vol
.
II
,
459
ss
.
)
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
Questa
proposizione
udii
cadere
dal
labbro
di
un
pubblico
Ministero
,
d
'
altronde
dottissimo
,
quando
egli
cercava
di
distogliere
i
giurati
da
ogni
movimento
di
pietà
verso
il
colpevole
di
un
omicidio
premeditato
commesso
con
un
colpo
di
coltello
.
Con
un
fino
artifizio
oratorio
declinando
ogni
discussione
sulle
circostanze
attenuanti
,
delle
quali
forse
non
era
penuria
in
quel
caso
,
egli
adagiò
la
sua
tesi
di
rigore
su
cotesta
generalità
da
lui
asserita
come
un
dettato
apodittico
di
giustizia
.
Egli
fece
bene
il
dovere
suo
come
vindice
della
società
offesa
.
Ma
se
i
giurati
allorchè
unanimi
respinsero
le
circostanze
attenuanti
si
lasciarono
sedurre
da
codesto
postulato
giuridico
,
io
dico
che
i
giurati
errarono
in
fatto
per
conseguenza
di
un
errore
di
diritto
.
Le
circostanze
attenuanti
disse
Eusebio
Selverte
essere
un
rimedio
provvisorio
.
Il
pensiero
al
quale
ispirossi
codesta
sentenza
è
sotto
il
punto
di
vista
dell
'
avvenire
l
'
identico
pensiero
al
quale
io
m
'
inspirava
anni
addietro
quando
sotto
il
punto
di
vista
del
presente
scriveva
che
le
circostanze
attenuanti
sono
un
rimedio
necessario
per
un
codice
cattivo
,
mentre
sono
una
flagrante
aberrazione
della
giustizia
sotto
un
codice
buono
.
Ma
se
le
due
sentenze
si
unificano
nel
concetto
radicale
non
è
peraltro
che
con
le
medesime
siasi
voluto
censurare
l
'
attenuanza
sotto
un
punto
astratto
di
vista
.
In
massima
nessuno
può
controvertere
questa
grande
verità
,
compenetrata
nel
sommo
principio
della
giustizia
distributiva
in
materia
penale
,
che
nel
misurare
la
imputazione
debba
aversi
riguardo
ad
ogni
più
piccola
circostanza
per
la
quale
si
modifichi
il
delitto
così
nella
sua
forza
oggettiva
come
nella
sua
forza
soggettiva
(
lo
che
noi
chiamiamo
quantità
e
grado
del
delitto
)
e
che
nel
tempo
stesso
debba
modificarsi
la
pena
per
virtù
di
certe
circostanze
estrinseche
al
delitto
,
ma
inerenti
allo
individuo
al
quale
vuole
applicarsi
la
pena
,
e
per
certe
specialità
per
le
quali
la
medesima
applicata
nel
suo
rigore
riuscirebbe
contraria
o
al
pubblico
bene
,
o
alla
coscienza
universale
;
lo
che
noi
chiamiamo
diminuenti
la
pena
.
Questo
non
può
in
punto
astratto
controvertersi
senza
immolare
impudentemente
la
giustizia
ad
uno
stoicismo
crudele
.
Ciò
che
da
noi
si
volle
criticare
è
unicamente
lo
indefinito
nel
quale
le
leggi
di
Francia
,
ed
i
codici
che
le
imitarono
,
lasciano
le
circostanze
attenuanti
.
Indefinito
terribile
per
cui
si
converte
spesso
in
una
operazione
del
cuore
quella
che
dovrebbe
essere
opera
della
ragione
;
e
si
ammettono
o
si
negano
le
attenuanti
sulla
guida
di
un
sentimento
o
di
pietà
o
di
ribrezzo
che
seppe
nell
'
animo
dei
giurati
eccitare
la
rettorica
del
difensore
,
o
quella
del
pubblico
Ministero
.
Sente
ognuno
come
per
siffatto
sistema
la
giustizia
abbandonisi
alla
balìa
di
un
'
onda
infida
e
variabile
,
e
debbano
vedersi
(
come
pur
troppo
si
veggono
in
pratica
)
delle
oscillazioni
di
pietà
e
di
rigore
le
quali
affievoliscono
nel
popolo
che
riflette
la
fede
della
punitiva
giustizia
.
Molti
moderni
legislatori
fecero
dei
lodevoli
tentativi
per
togliere
la
penalità
da
coteste
incertezze
.
Il
codice
Spagnuolo
del
1848
,
il
codice
Austriaco
del
1852
,
si
provarono
a
definire
ed
a
circoscrivere
quelle
circostanze
che
sole
potevano
ammettersi
,
a
parer
loro
,
come
attenuanti
:
il
progetto
Portoghese
andò
ancora
più
innanzi
;
ed
oltre
a
circoscrivere
le
attenuanti
e
le
aggravanti
volle
distinguerle
in
classi
diverse
ed
assegnare
a
ciascuna
di
loro
il
respettivo
valore
,
determinandone
per
cotal
guisa
e
la
ammissibilità
ed
il
grado
relativo
di
efficacia
minoratrice
.
Questi
tentativi
,
meritevoli
senza
dubbio
di
plauso
,
non
hanno
ancora
recato
peraltro
la
piena
luce
su
tale
argomento
,
perché
da
tutti
quei
legislatori
si
è
voluto
procedere
per
via
di
contemplazione
generale
,
e
definire
una
serie
di
attenuanti
che
fossero
comuni
a
tutti
i
malefizi
,
ed
in
tutti
dare
a
ciascuna
di
quelle
uno
eguale
influsso
.
E
questo
è
il
difetto
del
nuovo
sistema
;
difetto
minore
dello
indefinito
,
ma
pur
sempre
difetto
.
Perché
sebbene
alcune
circostanze
possano
accettarsi
come
generali
ed
attenuanti
qualsisia
forma
delittuosa
,
molte
ve
ne
ha
che
debbono
considerarsi
come
proprie
di
alcuni
reati
ed
indifferenti
in
reati
diversi
,
ed
altre
molte
ve
ne
ha
che
in
un
reato
funzionano
come
attenuanti
,
mentre
forse
in
un
reato
diverso
dovrebbero
funzionare
come
aggravanti
.
Ma
lasciamo
di
questo
che
è
troppo
grave
argomento
.
Le
leggi
che
governano
la
giustizia
penale
in
Italia
hanno
oggi
ad
imitazione
della
Francia
lasciato
alla
balia
dei
giurati
il
solo
riconoscimento
delle
circostanze
attenuanti
e
limitato
solo
entro
certi
confini
la
valutazione
della
loro
efficacia
,
consegnando
tale
valutazione
al
calcolo
e
giudizio
delle
Corti
.
In
questo
indefinito
potrà
essa
figgere
lo
sguardo
la
scienza
?
Potranno
i
cultori
del
giure
penale
studiarsi
di
tracciare
una
qualche
linea
che
serva
di
guida
alla
coscienza
del
giurato
,
onde
non
si
muova
per
un
solo
moto
di
simpatia
a
cui
dovrebbe
esser
sordo
,
o
per
una
contemplazione
della
pena
,
alla
quale
egli
non
dovrebbe
pensare
?
Io
credo
che
ciò
entro
certi
confini
si
possa
.
E
quel
pubblico
Ministero
che
pronunciò
la
sentenza
non
doversi
ammettere
le
circostanze
attenuanti
nei
delitti
atroci
evidentemente
cerò
di
segnare
una
linea
che
fosse
un
regolo
costante
alla
coscienza
dei
giurati
;
subordinando
così
ad
un
asserto
principio
giuridico
ciò
che
nel
concetto
della
nostra
legge
dovrebbe
essere
un
puro
giudizio
di
fatto
.
Ma
codesta
linea
a
mio
credere
è
falsa
e
pericolosa
.
E
tale
la
dimostra
la
ragione
,
e
l
'
autorità
.
In
primo
luogo
è
a
dimandarsi
cosa
s
'
intenda
per
delitto
atroce
?
Nel
linguaggio
degli
antichi
giuristi
si
dicevano
atroci
tutti
i
delitti
gravi
.
Si
disse
atroce
in
molti
casi
fino
la
ingiuria
.
Sicchè
anche
la
parola
atroci
altro
non
è
che
un
indefinito
il
quale
può
avere
un
senso
quando
si
adopra
in
un
punto
di
vista
comparatico
,
ma
non
può
averlo
giammai
in
un
senso
assoluto
.
In
faccia
al
sentimento
di
un
uomo
mite
e
civile
ogni
omicidio
è
un
delitto
atroce
;
più
atroce
ancora
se
fu
premeditato
.
Nessuno
potrà
ricusarsi
ad
un
sentimento
di
ribrezzo
verso
un
essere
tanto
aberrante
dalla
umanità
da
calcolare
freddamente
i
modi
di
spegnere
una
creatura
simile
a
lui
.
Ma
per
simile
ribrezzo
,
per
simile
atrocità
,
per
simile
aberrazione
della
umana
natura
dovrà
egli
dirsi
che
tutti
gli
omicidi
respingono
ogni
possibilità
di
attenuanza
,
o
che
la
respingono
almeno
tutti
gli
omicidi
commessi
con
fredda
deliberazione
?
La
pratica
universale
rinnega
codesta
dottrina
.
La
ragione
invece
suggerisce
spontaneo
il
pensiero
che
ai
delitti
più
gravi
minacciando
la
legge
una
pena
più
severa
,
e
spesso
la
più
severa
di
tutte
,
quella
cioè
nella
quale
si
estrinseca
lo
estremo
supplizio
sotto
qualunque
forma
lo
accolga
la
legge
;
si
può
appunto
nei
delitti
più
gravi
correre
con
minore
pericolo
ad
ammettere
le
attenuanze
.
Operandosi
per
queste
la
diminuzione
di
un
grado
,
la
pena
inferiore
rimarrà
sempre
gravissima
;
né
vi
sarà
luogo
a
temere
la
sua
inettitudine
ai
bisogni
della
pubblica
tranquillità
.
L
'
atrocità
di
un
delitto
non
potendo
al
fine
di
che
si
parla
ravvisarsi
nel
solo
fatto
di
avere
volontariamente
sparso
il
sangue
del
nostro
simile
,
potrà
essa
trovarsi
nei
modi
coi
quali
fu
consumato
l
'
omicidio
?
Alcuni
legislatori
lo
pensarono
.
E
(
sotto
la
formula
di
atti
di
barbarie
)
i
tormenti
esercitati
contro
la
vittima
,
e
le
crudeltà
raffinate
con
le
quali
il
colpevole
non
pago
di
toglier
la
vita
al
nemico
aveva
voluto
ancora
pascere
la
propria
immanità
nei
patimenti
di
quella
,
furono
agli
occhi
loro
sufficiente
ragione
per
costituire
una
speciale
qualifica
tanto
grave
da
condurre
di
per
sé
sola
allo
estremo
supplizio
.
Discordarono
altri
da
siffatto
modo
di
vedere
,
almeno
come
proposizione
generale
;
e
l
'
autore
del
codice
Spagnuolo
,
lo
illustre
e
dotto
Pacecho
troppo
presto
dallo
infausto
colera
rapito
alla
scienza
e
ai
desiderio
degli
amici
,
propugnò
la
opposta
dottrina
,
osservando
con
molta
verità
che
simili
eccessi
aberranti
dalla
umana
natura
quando
si
esercitavano
contro
un
nemico
mostravano
un
tal
grado
di
esaltazione
di
spirito
,
e
la
pressione
di
un
affetto
così
delirante
da
condurre
alla
conseguenza
del
tutto
contraria
nel
calcolo
della
imputazione
.
Ma
sia
che
vuolsi
delle
due
opposte
dottrina
,
per
la
questione
che
adesso
considero
mi
sembra
indifferente
:
perché
o
la
legge
che
governa
le
sorti
dello
accusato
non
ha
previsto
simile
circostanza
come
qualifica
dell
'
omicidio
,
o
l
'
ha
prevista
.
Se
non
l
'
ha
preveduta
in
presenza
di
tanti
codici
che
la
prevedono
vuol
dire
che
ha
trovato
giusto
di
non
farne
un
'
aggravante
assoluta
:
ed
il
pubblico
Ministero
che
volesse
imporre
ai
giurati
come
regola
costante
di
non
ammettere
le
attenuanti
dove
concorrono
atti
di
crudeltà
,
non
solo
anderebbe
oltre
la
lettera
della
legge
,
ma
anderebbe
apertamente
a
ritroso
del
pensiero
del
legislatore
,
il
quale
col
non
costituirne
un
'
aggravante
perpetua
mostrò
di
riconoscere
potervi
essere
non
infrequenti
casi
nei
quali
non
fosse
tale
.
Se
poi
la
legge
che
ci
governa
abbia
di
simile
concomitante
avuto
riguardo
per
costituirne
un
aggravamento
speciale
,
il
giurato
che
valuti
la
medesima
per
negare
le
attenuanti
pecca
della
più
flagrante
ingiustizia
.
Esso
ha
giù
tenuto
il
debito
calcolo
di
tale
concomitante
quando
ha
risposto
affermativamente
alla
relativa
questione
,
e
con
ciò
ha
portato
il
giudicabile
ad
una
pena
esasperata
.
Se
poscia
per
la
medesima
concomitante
egli
si
determina
a
negare
le
attenuanti
cade
in
una
ingiusta
duplicazione
del
calcolo
.
Lo
effetto
che
la
legge
voleva
si
operasse
da
siffatta
aggravante
,
la
legge
lo
ha
già
determinato
,
ed
ha
stabilito
un
'
aggiunta
al
castigo
senza
per
altro
negare
neppure
allora
al
giurato
la
facoltà
di
attenuare
.
Codesto
giurato
pertanto
si
mostra
più
severo
della
legge
e
pone
due
volte
sulla
propria
bilancia
lo
stesso
elemento
.
Questa
osservazione
può
esser
fatta
sotto
un
punto
di
vista
più
generale
;
essa
è
comune
tanto
alle
aggravanti
quanto
alle
minoranti
.
Ad
un
giurato
che
abbia
negato
le
attenuanti
in
un
omicidio
premeditato
,
e
le
abbia
ammesse
in
un
omicidio
provocato
,
dimandate
perché
abbia
agito
in
codesta
guisa
.
Se
egli
ingenuamente
vi
risponde
;
le
negai
nel
primo
caso
perché
vi
era
la
premeditazione
e
le
ammisi
nel
secondo
caso
perché
vi
era
la
provocazione
,
rispondete
francamente
che
esso
è
caduto
in
un
gravissimo
errore
,
ed
ha
in
ambo
i
casi
commesso
una
ingiustizia
duplicando
il
calcolo
o
della
aggravante
,
o
della
minorante
.
Ambedue
queste
circostanze
erano
già
valutate
dalla
legge
in
tutta
la
loro
portata
giuridica
;
al
giurato
la
legge
commetteva
di
riconoscerne
la
esistenza
di
fatto
,
non
già
di
farne
una
seconda
valutazione
.
Lo
stesso
ripetasi
dello
scasso
nel
furto
,
o
della
quantità
del
tolto
dove
la
medesima
fu
tenuta
a
calcolo
dal
legislatore
.
I
giurati
di
Francia
che
vivono
sotto
una
legge
la
quale
eguaglia
nella
pena
il
furto
di
un
franco
al
furto
di
diecimila
,
potranno
benissimo
nei
congrui
casi
trovare
l
'
attenuanza
nella
modicità
del
tolto
,
perché
quello
che
il
legislatore
respinse
come
criterio
assoluto
è
rilasciato
alla
libertà
della
loro
valutazione
come
criterio
speciale
.
Ma
errerebbero
a
mio
parere
i
giurati
che
procedessero
ugualmente
in
Toscana
dove
il
legislatore
ha
dato
alla
quantità
del
tolto
quella
valutazione
che
ha
creduto
doverosa
.
Ma
forse
tornerò
altra
volta
più
in
lungo
su
questo
argomento
.
Giovi
intanto
osservare
sotto
un
punto
di
vista
meramente
generale
che
le
circostanze
attenuanti
hanno
un
modo
di
essere
tutto
loro
proprio
e
spessissimo
indipendente
dalle
circostanze
essenziali
di
un
malefizio
e
da
quelle
concomitanti
che
ne
modificano
la
quantità
,
o
che
lo
degradano
nelle
sue
forze
.
Questo
modo
di
essere
tutto
intrinseco
può
avere
una
vita
indipendente
dalla
natura
del
reato
,
e
perciò
comune
a
tutti
i
reati
,
e
può
avere
una
vita
connessa
con
una
certa
forma
di
reati
in
quanto
possa
assumere
l
'
aspetto
di
causa
impellente
al
medesimo
,
o
di
conseguenza
derivatane
:
ma
sempre
per
un
'
indole
tutta
specifica
.
Giovi
mostrarlo
con
gli
esempi
.
La
ultronea
dedizione
in
mano
della
giustizia
,
la
spontanea
confessione
del
proprio
fallo
,
gli
atti
coi
quali
siasi
dal
colpevole
cercato
di
riparare
al
male
cagionato
,
la
buona
condotta
antecedente
scevra
di
macchia
,
la
trascurata
educazione
del
colpevole
,
che
nella
sua
giovinezza
fu
lasciato
miseramente
privo
di
ogni
cultura
morale
,
sono
circostanze
attenuanti
comuni
a
qualunque
malefizio
;
come
possono
essere
circostanze
speciali
nel
furto
la
urgenza
di
straordinari
bisogni
;
e
nei
delitti
di
sangue
una
eccezionale
e
quasi
morbosa
irritabilità
di
temperamento
.
Or
bene
:
se
la
ragione
consiglia
che
siffatte
circostanze
debbano
accogliersi
come
attenuanti
dov
'
è
il
plausibile
motivo
pel
quale
alle
medesime
debba
ogni
riguardo
negarsi
in
certi
delitti
perché
essi
sono
più
gravi
?
Se
sono
più
gravi
la
legge
gli
ha
anche
più
gravemente
puniti
;
sicchè
la
pena
diminuita
subisce
sempre
quel
rapporto
di
calcolo
proporzionale
che
la
legge
stabilì
per
la
pena
non
diminuita
.
E
se
sotto
il
pretesto
della
gravità
del
delitto
non
si
valuta
in
un
caso
quell
'
attenuante
che
si
valutò
in
altro
caso
si
pecca
contro
la
giustizia
distributiva
,
perché
si
porta
alla
identica
pena
i
due
autori
di
fatti
consimili
i
quali
presentavano
tra
loro
la
differenziale
che
l
'
uno
era
un
birbo
matricolato
,
e
l
'
altro
un
galantuomo
stimato
fino
a
quel
giorno
,
e
riverito
da
tutti
.
È
questa
la
considerazione
che
debbono
avere
i
giurati
sempre
fissa
nell
'
animo
loro
:
di
non
adeguar
mai
,
per
quanto
da
loro
si
può
,
i
giudicabili
che
versano
in
condizioni
disperate
.
Se
il
confronto
si
presentasse
ai
giurati
in
un
solo
tratto
e
congiuntamente
,
io
sono
certissimo
che
il
senso
morale
li
preserverebbe
da
tale
aberrazione
.
Suppongasi
che
abbiano
a
giudicare
due
correi
del
medesimo
delitto
,
e
sia
pure
un
delitto
atrocissimo
.
Ma
uno
degli
accusati
è
un
vecchio
scellerato
,
che
ha
pertinacemente
negato
,
e
dopo
il
fatto
non
ha
dato
segni
di
pentimento
;
l
'
altro
invece
era
un
onesto
padre
di
famiglia
;
mostrossi
amaramente
pentito
;
confessò
e
riprovò
ingenuamente
il
proprio
trascorso
;
e
cercò
per
quanto
poteva
di
ripararvi
.
Credete
voi
che
i
giurati
chiamati
in
tal
guisa
a
decidere
prima
sull
'
attenuanza
rispetto
all
'
uno
,
poi
sull
'
attenuanza
rispetto
all
'
altro
nel
medesimo
verdetto
,
non
sentissero
ribrezzo
di
dare
una
identica
risposta
negativa
per
ambedue
circa
le
attenuanti
?
Credete
voi
che
non
si
presentasse
agli
occhi
loro
palpabile
tutta
la
iniquità
di
parificare
nella
pena
uno
scellerato
ed
uno
infelice
vittima
di
momentanea
aberrazione
?
No
:
io
sono
certo
che
ogni
uomo
gentile
ponendo
la
mano
sulla
propria
coscienza
deve
rispondere
,
no
:
ciò
non
può
essere
,
ciò
non
si
farebbe
da
noi
:
si
negherebbero
le
attenuanti
al
primo
;
si
ammetterebbero
al
secondo
,
e
così
il
supremo
debito
della
giustizia
distributiva
sarebbe
soddisfatto
.
Ebbene
:
ciò
che
voi
avreste
repugnanza
a
fare
in
un
unico
verdetto
,
voi
siete
spinti
a
farlo
in
due
verdetti
successivi
,
quando
vi
si
grida
che
nei
delitti
atroci
non
dovete
ammettere
circostanze
attenuanti
.
Disingannatevi
da
tale
errore
.
La
legge
giudica
il
fatto
criminoso
e
non
l
'
uomo
,
chè
non
può
giudicarlo
perché
non
lo
conosce
.
Voi
giudicate
il
fatto
indipendentemente
dall
'
uomo
quando
vi
pronunziate
sulle
circostanze
materiali
che
accompagnarono
il
delitto
:
voi
dovete
poscia
giudicar
l
'
uomo
indipendentemente
dal
fatto
quando
siete
richiamati
a
decidere
se
l
'
accusato
sia
o
no
meritevole
d
'
indulgenza
.
Ecco
qual
'
è
lo
spirito
della
legge
che
vi
governa
;
ecco
ciò
che
la
ragione
vi
detta
.
Né
manca
alla
mia
tesi
il
presidio
dell
'
autorità
.
Né
tale
autorità
io
voglio
cercare
nella
storia
dei
verdetti
stranieri
,
perché
non
voglio
portare
come
autorità
classica
la
pratica
di
quegli
uomini
i
quali
possono
aver
subito
lo
influsso
d
'
impulsi
speciali
quando
procederono
ad
ammettere
l
'
attenuanza
per
Madama
Lafarges
che
col
sorriso
sulle
labbra
,
e
fra
gli
amplessi
di
amore
aveva
continuato
a
porgere
per
lunghi
mesi
al
fidente
marito
il
micidiale
veleno
,
e
per
tanti
altri
atrocissimi
delinquenti
di
troppo
famosa
celebrità
.
Io
tratto
le
questioni
di
fatto
sotto
un
punto
di
vista
giuridico
in
quanto
la
questione
giuridica
(
vogliasi
o
no
)
può
compenetrarsi
con
le
medesime
,
e
non
posso
proporre
come
autorità
decisioni
dettate
dal
sentimento
.
L
'
autorità
alla
quale
faccio
appello
è
quella
dei
tre
legislatori
,
di
Spagna
,
di
Austria
,
e
di
Portogallo
,
i
quali
fecero
precetto
che
si
dovesse
sempre
diminuire
la
pena
quando
concorreva
alcuna
delle
attenuanti
da
loro
definite
e
circoscritte
:
e
non
fecero
limitazione
nessuna
per
l
'
atrocità
del
delitto
.
Quando
segnarono
la
buona
condotta
antecedente
dell
'
accusato
come
circostanza
possibilmente
attenuante
ogni
e
qualunque
sorta
di
malefizio
,
quando
riconobbero
uguale
virtù
nella
trascurata
educazione
e
nella
mancata
cultura
del
giudicabile
senza
riguardo
alla
natura
delle
delinquenze
,
essi
fecero
solenne
protesta
contro
la
pretesa
regola
dell
'
inammissibilità
delle
attenuanti
nei
delitti
atroci
.
Il
giurato
non
meno
che
il
giudice
il
quale
vuole
distinguere
dove
non
distingue
la
legge
,
la
fa
da
legislatore
;
lo
che
,
specialmente
ad
effetto
odioso
,
da
lui
non
si
può
.
Se
i
legislatori
italiani
non
hanno
proceduto
con
uguale
circoscrizione
hanno
proceduto
però
ancor
essi
ugualmente
senza
distinguere
;
e
il
difetto
della
distinzione
arbitraria
con
cui
si
vogliano
intrudere
nella
legge
dei
limiti
che
la
medesima
non
dettò
e
tanto
più
intollerabile
quanto
più
fu
larga
la
libertà
che
la
legge
consegnò
ai
giudicanti
.
L
'
autorità
che
io
qui
invoco
è
quella
della
Suprema
Corte
di
giustizia
in
Vienna
.
Consesso
rispettabilissimo
per
sapienza
,
e
le
cui
decisioni
si
tengono
come
autorevolissime
in
tutta
Lamagna
.
Potrei
noverare
moltissimi
esempi
di
delitti
atrocissimi
nei
quali
senza
esitazione
quella
Corte
Suprema
ammise
le
attenuanti
.
Ma
troppo
mi
dilungherei
.
Mi
limiterò
ad
indicarne
uno
perché
in
termini
di
speciale
gravità
,
e
che
venne
recentemente
riprodotto
nell
'
Eco
dei
tribunali
al
N
.
1632
.
Una
donna
questuante
vagava
con
due
suoi
figli
frutto
di
illegittimi
amori
,
l
'
uno
dei
quali
aveva
dodici
anni
l
'
altro
ne
aveva
quattro
.
Il
piccolo
bambino
piangeva
per
via
a
causa
del
fastidio
che
lo
vessava
.
La
donna
irritata
di
quel
piangere
lo
minacciò
di
piantargli
un
coltello
nella
gola
se
non
taceva
.
Ma
il
miserello
continuava
nei
gemiti
suoi
.
La
barbara
madre
giunta
in
vicinanza
di
un
fosso
ripieno
di
acqua
ordinò
al
figlio
maggiore
che
il
fratello
quadrienne
togliesse
seco
,
e
lo
annegasse
in
quel
fosso
.
Il
piglio
puntualmente
obbedì
agli
ordini
della
novella
Medea
,
e
ricongiuntosi
con
la
madre
continuarono
entrambo
tranquillamente
il
loro
viaggio
.
Volle
fortuna
che
gente
sopravvenuta
salvasse
quel
bambino
;
onde
non
trattossi
di
altra
accusa
che
quella
di
tentato
omicidio
.
I
tribunali
inferiori
condannarono
quella
donna
a
sei
anni
di
carcere
duro
.
Ricorse
essa
alla
Suprema
Corte
di
giustizia
di
Vienna
,
e
questa
con
giudicato
del
15
aprile
1857
dichiarò
che
concorrevano
le
due
circostanze
attenuanti
della
mancata
cultura
,
e
della
antecedente
condotta
irreprensibile
,
e
ridusse
il
carcere
duro
a
quattro
anni
.
Poiché
ognuno
sente
nel
cuore
che
un
delitto
più
atroce
e
barbaro
di
questo
non
può
forse
immaginarsi
,
questo
giudicato
valga
a
mostrare
ciò
che
documentare
potrei
con
altri
innumerevoli
esempi
,
vale
a
dire
che
pei
tribunali
composti
di
giureconsulti
l
'
atrocità
del
crimine
non
si
tiene
come
buona
ragione
per
negare
le
circostanze
attenuanti
;
e
che
la
nuova
proposizione
di
diritto
che
nei
delitti
atroci
non
siano
ammissibili
le
circostanze
attenuanti
altro
non
è
che
uno
sleale
artifizio
oratorio
col
quale
un
accusatore
anelante
severità
cerca
d
'
illudere
la
inesperienza
della
giuria
.
Finalmente
io
non
ho
bisogno
di
cercare
altrove
il
conforto
dell
'
autorità
alla
mia
tesi
.
Io
la
trovo
eloquentissima
nello
stesso
codice
Toscano
.
Il
legislatore
toscano
aborrì
(
e
sapiente
com
'
era
non
poteva
non
aborrirlo
)
il
sistema
delle
circostanze
attenuanti
.
Ei
non
ammise
per
nessun
delitto
che
le
considerazioni
estrinseche
ed
i
riguardi
alla
persona
del
giudicabile
potessero
eliminare
la
pena
ordinaria
da
lui
stabilita
contro
ciascun
reato
.
Ad
onta
di
tanta
avversione
il
legislatore
toscano
una
sola
volta
,
all
'
art
.
309
§
.
2
,
accettò
il
sistema
delle
attenuanti
e
per
un
solo
caso
.
E
qual
caso
era
questo
?
Precisamente
l
'
omicidio
premeditato
.
Ora
si
venga
a
spacciare
ai
giurati
come
regola
di
assoluta
giustizia
che
nei
delitti
atroci
non
sono
ammissibili
le
attenuanti
!
Pisa
1868
.
Saggistica ,
Nota
dell
'
autore
Nel
levare
per
l
'
ultima
volta
la
mano
da
questi
Discorsi
,
mi
fo
lecito
di
avvertire
,
che
,
sebbene
finiti
soltanto
oggi
,
furono
da
assai
tempo
incominciati
e
maturati
,
e
scritti
anche
e
pubblicati
in
parte
.
Qualche
germe
o
idea
ne
gittai
già
nel
discorso
Di
un
migliore
avviamento
delle
lettere
italiane
moderne
al
proprio
loro
fine
,
che
servì
d
'
introduzione
al
Poliziano
,
specie
di
periodico
letterario
fiorentino
nato
e
morto
nel
1859
.
Di
non
poche
osservazioni
e
giudizii
intorno
al
secolo
decimoquinto
,
che
sono
nel
discorso
quarto
,
mi
giovai
per
il
saggio
Delle
poesie
toscane
di
messer
Angelo
Poliziano
,
messo
innanzi
alla
edizione
delle
Stanze
,
Orfeo
e
Rime
di
quel
poeta
curata
da
me
e
pubblicata
da
G
.
Barbèra
,
Firenze
,
1863
.
Un
breve
compendio
di
tutti
cinque
lessi
all
'
Ateneo
italiano
in
un
'
adunanza
tenuta
per
le
feste
del
centenario
di
Dante
;
e
fu
pubblicato
quasi
per
intiero
dalla
Rivista
italiana
di
scienze
lettere
ed
arti
stampata
allora
in
Firenze
(
anno
VI
,
n
.
248
,
16
ottobre
1865
)
.
Molta
parte
del
discorso
secondo
uscì
nel
vol
.
XIII
,
fasc
.
IV
,
della
Nuova
Antologia
(
aprile
1870
)
con
questa
intitolazione
,
Dello
Svolgimento
letterario
in
Italia
nel
sec
.
XIII
;
e
quasi
tutto
il
terzo
uscì
,
intitolato
Firenze
e
il
triumvirato
letterario
del
sec
.
XIV
,
nel
vol
.
XIX
,
fasc
.
I
(
1
gennaio
1872
)
dello
stesso
periodico
.
Ora
io
non
dico
già
di
rifiutare
(
che
sarebbe
troppo
superbo
e
troppo
umil
vocabolo
)
coteste
pubblicazioni
oramai
vecchie
e
fatte
a
pezzi
e
brani
e
con
errori
non
imputabili
a
me
,
ma
prego
,
ove
fosse
il
caso
,
di
esser
letto
e
giudicato
nella
presente
,
sola
compiuta
.
(
30
maggio
1873
)
DISCORSO
PRIMO
Dei
tre
elementi
formatori
della
letteratura
italiana
:
l
'
elemento
ecclesiastico
,
il
cavalleresco
,
il
nazionale
.
I
.
V
'
imaginate
il
levar
del
sole
nel
primo
giorno
dell
'
anno
mille
?
Questo
fatto
di
tutte
le
mattine
ricordate
che
fu
quasi
miracolo
,
fu
promessa
di
vita
nuova
,
per
le
generazioni
uscenti
dal
secolo
decimo
?
Il
termine
delle
profezie
etrusche
segnato
all
'
esser
di
Roma
;
la
venuta
del
Signore
a
rapir
seco
i
morti
e
i
vivi
nell
'
aere
,
annunziata
già
imminente
da
Paolo
ai
primi
cristiani
;
i
pochi
secoli
di
vita
che
fin
dal
tempo
di
Lattanzio
credevasi
rimanere
al
mondo
;
il
presentimento
del
giudizio
finale
prossimo
attinto
da
Gregorio
Magno
nelle
disperate
ruine
degli
anni
suoi
;
tutti
insieme
questi
terrori
,
come
nubi
diverse
che
aggroppandosi
fan
temporale
,
confluirono
su
'
l
finire
del
millennio
cristiano
in
una
sola
e
immane
paura
.
-
-
Mille
,
e
non
più
mille
-
-
aveva
,
secondo
la
tradizione
,
detto
Gesù
:
dopo
mille
anni
,
leggevasi
nell
'
Apocalipsi
,
Satana
sarà
disciolto
.
Di
fatto
nelle
nefandezze
del
secolo
decimo
,
in
quello
sfracellarsi
della
monarchia
e
della
società
dei
conquistatori
nelle
infinite
unità
feudali
,
in
quell
'
abiettarsi
ineffabile
del
ponteficato
cristiano
,
in
quelle
scorrerie
procellose
di
barbari
nuovi
ed
orribili
,
non
era
egli
lecito
riconoscere
i
segni
descritti
dal
veggente
di
Patmo
?
E
già
voci
correvano
tra
la
gente
di
nascite
mostruose
,
di
grandi
battaglie
combattute
nel
cielo
da
guerrieri
ignoti
a
cavalcione
di
draghi
.
Per
ciò
tutto
niun
secolo
al
mondo
fu
torpido
,
sciagurato
,
codardo
,
siccome
il
decimo
.
Che
doveva
importare
della
patria
e
della
società
umana
ai
morituri
,
aspettanti
d
'
ora
in
ora
la
presenza
di
Cristo
giudicatore
?
E
poi
,
piuttosto
che
ricomperarsi
una
misera
vita
coll
'
argento
rifrugato
tra
le
ceneri
della
patria
messa
in
fiamme
dagli
Ungari
,
come
avean
fatto
i
duecento
sopravvissuti
di
Pavia
,
non
era
meglio
dormire
tutti
insieme
sepolti
sotto
la
ruina
delle
Alpi
e
degli
Appennini
?
Battezzarsi
e
prepararsi
alla
morte
,
era
tutta
la
vita
.
Alcuni
,
a
dir
vero
,
moveansi
:
cercavano
peregrini
la
valle
di
Josafat
,
per
ivi
aspettar
più
da
presso
il
primo
squillo
della
tromba
suprema
.
Fu
cotesto
l
'
ultimo
grado
della
fievolezza
e
dell
'
avvilimento
a
cui
le
idee
degli
ascetici
e
la
violenza
dei
barbari
avevano
condotta
l
'
Italia
romana
.
E
che
stupore
di
gioia
e
che
grido
salì
al
cielo
dalle
turbe
raccolte
in
gruppi
silenziosi
intorno
a
'
manieri
feudali
,
accosciate
e
singhiozzanti
nelle
chiese
tenebrose
e
ne
'
chiostri
,
sparse
con
pallidi
volti
e
sommessi
mormorii
per
le
piazze
e
alla
campagna
,
quando
il
sole
,
eterno
fonte
di
luce
e
di
vita
,
si
levò
trionfale
la
mattina
dell
'
anno
mille
!
Folgoravano
ancora
sotto
i
suoi
raggi
le
nevi
delle
Alpi
,
ancora
tremolavano
commosse
le
onde
del
Tirreno
e
dell
'
Adriatico
,
superbi
correvano
dalle
rocce
alpestri
per
le
pingui
pianure
i
fiumi
patrii
,
si
tingevan
di
rosa
al
raggio
mattutino
così
i
ruderi
neri
del
Campidoglio
e
del
Fòro
come
le
cupole
azzurre
delle
basiliche
di
Maria
.
Il
sole
!
Il
sole
!
V
'
è
dunque
ancora
una
patria
?
v
'
è
il
mondo
?
E
l
'
Italia
distendeva
le
membra
raggricciate
dal
gelo
della
notte
,
e
toglieasi
d
'
intorno
al
capo
il
velo
dell
'
ascetismo
per
guardare
all
'
oriente
.
II
.
Di
fatti
sin
nei
primi
anni
del
secolo
undecimo
sentesi
come
un
brulicare
di
vita
ancor
timida
e
occulta
,
che
poi
scoppierà
in
lampi
e
tuoni
di
pensieri
e
di
opere
:
di
qui
veramente
incomincia
la
storia
del
popolo
italiano
.
Gl
'
imperatori
sassoni
,
intendendo
a
frenare
l
'
anarchia
ribelle
dei
grandi
feudatari
,
ne
avevano
spezzato
i
possedimenti
,
e
,
confinando
essi
nelle
contee
della
campagna
,
avevan
trasmesso
ai
vescovi
la
signoria
delle
città
.
Vero
è
che
la
corruzione
già
grande
della
chiesa
spirituale
ne
divenne
maggiore
;
ma
ne
crebbe
anche
,
anzi
ne
rinacque
,
la
virtù
dell
'
elemento
romano
;
poiché
i
vescovi
,
o
per
essersi
il
clero
mescolato
ai
nazionali
conquistati
e
per
essere
in
parte
nazionale
esso
stesso
,
o
per
tener
fronte
ai
feudatari
della
campagna
,
si
aiutarono
del
popolo
e
soffiarono
nelle
ceneri
ancor
calde
del
municipio
.
Cresciuta
intanto
la
corruzione
ecclesiastica
,
i
primi
imperatori
salici
vollero
aver
la
funesta
gloria
di
purificare
e
riformare
la
chiesa
.
Ora
la
chiesa
purificata
,
vale
a
dire
,
risanata
e
rinsanguata
,
con
quel
suo
romano
organamento
rafforzatosi
nei
secoli
,
era
naturale
che
non
volesse
sopra
di
sé
padroni
.
Non
era
ella
successa
nelle
tradizioni
unitarie
all
'
antico
impero
,
avendo
suoi
prefetti
i
vescovi
per
tutto
l
'
occidente
?
non
era
ella
che
avea
creato
l
'
impero
nuovo
?
Quindi
la
ruina
della
casa
salica
e
del
dominio
tedesco
.
Gregorio
VII
,
toscano
e
di
popolo
,
apparisce
nella
istoria
come
un
muro
ciclopico
delle
città
etrusche
presso
cui
era
nato
:
nell
'
urto
contro
di
lui
,
le
labarde
tedesche
volano
in
ischegge
;
e
come
ai
promontorii
della
sua
nativa
maremma
l
'
onda
del
Mediterraneo
,
schiuma
impotente
a
'
suoi
piedi
la
rabbia
dell
'
imperator
salico
.
Noi
né
compiangeremo
quell
'
imperatore
né
oltraggeremo
quel
papa
:
lasciamo
certi
sfoghi
all
'
arcadia
ghibellina
di
coloro
che
odian
Pietro
per
amore
di
Cesare
,
e
ammiriamo
il
popolo
;
il
popolo
italiano
che
,
in
mezzo
a
quel
fracasso
di
tutta
Europa
,
fattosi
avanti
senza
rumore
,
nelle
città
riprende
ai
vescovi
diritti
e
regalie
,
nelle
campagne
batte
i
feudatari
,
e
un
bel
giorno
piantatosi
in
mezzo
tra
i
due
contendenti
li
squadra
in
aria
di
dire
:
Ci
sono
anch
'
io
.
I
due
contendenti
allora
si
porsero
in
fretta
la
mano
,
perocché
intesero
troppo
bene
che
cosa
quel
terzo
venuto
volesse
.
E
indi
a
pochi
anni
Arnaldo
da
Brescia
lo
gridò
alto
-
-
Né
papa
né
imperatore
.
Risaliamo
il
Campidoglio
,
e
ristoriam
la
repubblica
-
-
.
L
'
Italia
s
'
era
rilevata
appoggiandosi
d
'
una
mano
alla
croce
di
Cristo
,
ma
ben
presto
aveva
disteso
l
'
altra
a
ricercare
tra
le
rovine
di
Roma
i
fasci
consolari
.
Il
moto
politico
necessariamente
commosse
gl
'
ingegni
e
le
facoltà
artistiche
,
indirizzando
queste
nel
campo
della
vita
effettiva
,
quelli
alla
coltura
specialmente
civile
.
E
già
sull
'
aprire
del
secolo
decimoprimo
il
tedesco
Vippone
proponeva
ad
Arrigo
II
l
'
esempio
degl
'
italiani
,
che
tutti
facevano
ai
figliuoli
sin
dai
primi
anni
imparare
,
non
che
lettere
,
la
propria
legge
;
e
,
su
'
l
fine
del
decimosecondo
,
Corrado
abate
urspergense
gli
ammirava
«
agguerriti
,
discreti
,
sobrii
,
parchi
nelle
spese
non
necessarie
,
e
soli
tra
tutt
'
i
popoli
che
reggansi
a
leggi
scritte
»
:
stoffa
repubblicana
in
somma
d
'
uomini
pratici
,
dalla
quale
non
v
'
è
speranza
di
tagliare
trovatori
e
menestrelli
e
perdigiorni
poetici
.
E
le
città
,
ferventi
di
popolo
nuovo
,
s
'
arricchivano
d
'
officine
e
si
munivano
di
costruzioni
da
guerra
contro
gl
'
imperatori
ed
i
nobili
del
contado
;
poi
,
vinti
questi
e
costrettili
a
farsi
cittadini
,
elle
spingevano
al
cielo
altrettante
torri
quante
eran
le
case
,
arnesi
di
battaglia
sociale
,
necessaria
e
feconda
,
tra
due
ordini
della
nazione
;
poi
,
impetrando
da
Dio
la
confermazione
della
libertà
che
si
andava
conquistando
,
gl
'
inalzavano
tempii
eguali
nella
grandezza
all
'
animo
d
'
un
popolo
che
solo
nel
cielo
poteva
accettare
un
re
.
Su
'
l
finire
del
secolo
decimosecondo
fu
anche
in
Italia
un
gran
fabbricare
di
basiliche
e
domi
:
era
un
festeggiare
il
risorgimento
,
un
attestar
la
fidanza
;
«
era
,
scrive
con
grottesca
evidenza
un
cronista
alemanno
,
come
se
il
mondo
,
scossa
da
sé
la
vecchiezza
,
si
rivestisse
per
tutto
d
'
una
candida
veste
di
chiese
»
.
Né
gli
scrittori
mancarono
;
latini
,
s
'
intende
:
incomincia
allora
ne
'
due
primi
campi
d
'
azione
della
penisola
,
il
settentrione
e
il
mezzogiorno
,
la
storia
secolare
,
comunale
o
monarchica
;
e
compariscono
alfine
gli
storici
cittadini
.
E
rilevanti
sono
le
attinenze
tra
gli
scrittori
latini
di
questi
due
secoli
e
gli
scrittori
volgari
dei
susseguenti
,
e
notevolissima
ed
evidente
l
'
aria
di
famiglia
.
I
cronisti
democratici
milanesi
arieggiano
assai
i
guelfi
Villani
,
come
il
monarchista
siciliano
Falcando
può
in
qualche
parte
esser
paragonato
al
cittadino
di
parte
bianca
Compagni
.
Certamente
Gherardo
da
Cremona
,
che
per
amore
della
scienza
si
esiglia
e
muore
tra
gli
arabi
di
Spagna
,
è
anticipata
imagine
degli
eruditi
del
secolo
decimoquinto
.
E
gli
Accursi
e
Cino
da
Pistola
e
Bartolo
non
fanno
che
seguitare
a
svolgere
l
'
opera
d
'
Irnerio
;
e
Tommaso
d
'
Aquino
riassume
e
compie
Anselmo
d
'
Aosta
e
Pietro
Lombardo
,
i
due
institutori
della
scolastica
nel
secolo
decimoprimo
e
decimosecondo
,
della
scolastica
che
empie
della
sua
prevalenza
o
della
resistenza
tutti
i
tre
secoli
della
letteratura
originale
.
In
somma
,
uno
è
il
fondo
;
la
diversità
è
della
lingua
.
Ma
con
tutto
questo
non
prima
del
trecento
poté
l
'
Italia
comparir
degnamente
nel
campo
dell
'
arte
.
Chi
ripensi
la
storia
politica
nostra
dei
secoli
duodecimo
e
decimoterzo
e
riguardi
poi
alla
letteratura
di
essi
secoli
,
quegli
anche
crederà
di
leggero
che
a
tanta
mole
di
fatti
non
si
agguagliasse
di
certo
la
gloria
degli
scritti
.
E
già
la
lingua
nuova
più
tardi
che
altrove
fu
qui
levata
all
'
uso
letterario
:
poi
la
nostra
prosa
e
poesia
per
tutto
quasi
il
duecento
fu
in
gran
parte
eco
di
letterature
straniere
.
Come
?
La
Spagna
ha
già
tessuto
la
leggenda
del
Cid
campeggiatore
,
la
Francia
settentrionale
ripete
da
molti
anni
le
sue
canzoni
di
gesta
e
svolge
quasi
a
trastullo
i
lunghi
cicli
delle
sue
cento
epopee
,
esulta
in
mille
forme
la
lirica
su
la
mandola
del
trovatore
di
Provenza
e
sul
liuto
del
minnesinghero
nei
castelli
della
verde
Soavia
e
della
Turingia
,
la
Germania
ha
già
fermato
in
un
'
ultima
composizione
il
suo
poema
nazionale
;
e
l
'
Italia
non
fa
che
ricantare
o
rinarrare
balbettando
quel
che
fu
già
cantato
in
lingua
d
'
oc
e
in
lingua
d
'
oil
?
Si
,
ma
intanto
ella
ha
constituito
a
repubblica
i
suoi
comuni
;
ella
ha
fiaccato
l
'
impero
e
fa
già
paura
al
papato
.
Non
vale
tutto
ciò
una
epopea
a
stanze
monoritme
?
Ella
ha
ristaurato
il
diritto
romano
,
ed
instaura
i
codici
di
commercio
nell
'
Europa
feudale
;
ella
pe
'
l
commercio
dominatrice
d
'
Europa
cuopre
di
legni
il
Mediterraneo
,
dispensiera
delle
ricchezze
d
'
oriente
spinge
le
sue
peregrinazioni
fino
alla
Cina
ed
al
Malabar
:
ciò
le
scusa
il
difetto
di
canzoni
originali
.
L
'
italiano
non
è
popolo
nuovo
:
altrove
dalla
mistura
dei
galloromani
e
degl
'
iberi
coi
burgundi
coi
vandali
coi
franchi
coi
goti
escono
i
provenzali
i
francesi
i
catalani
i
castigliani
:
qui
permane
l
'
Italia
,
qui
l
'
Italia
delle
confederazioni
umbre
latine
sannitiche
liguri
etrusche
,
l
'
Italia
della
guerra
sociale
,
risorge
dalle
ruine
di
Roma
.
L
'
Italia
ha
dunque
un
principio
di
civiltà
proprio
ed
antico
;
e
,
quando
sarà
tempo
che
questo
sormonti
agli
altri
principii
i
quali
dettero
una
prima
e
nuova
civiltà
al
resto
d
'
Europa
,
allora
anche
l
'
Italia
avrà
una
letteratura
.
Come
due
astri
,
riprendendo
la
solenne
metafora
,
guidavano
la
società
umana
per
la
età
di
mezzo
,
il
papa
cioè
e
l
'
imperatore
;
così
due
erano
i
principii
più
generali
di
quella
civiltà
letteraria
comune
a
tutta
l
'
Europa
,
l
'
ecclesiastico
e
il
cavalleresco
.
L
'
Italia
ebbe
di
proprio
i
comuni
e
l
'
elemento
romano
e
popolare
.
III
.
Discorrere
del
principio
ecclesiastico
,
e
pur
della
parte
che
egli
ebbe
nel
soggetto
dell
'
arte
e
della
letteratura
,
è
cosa
difficile
e
non
senza
odio
;
né
io
vorrei
disconoscere
quel
bene
che
la
morale
evangelica
penetrata
nelle
instituzioni
e
nei
costumi
possa
avere
operato
.
Se
non
che
,
la
morale
evangelica
quando
mai
regnò
ella
,
sola
e
pura
,
su
la
società
del
medio
evo
?
e
l
'
età
dell
'
oro
del
cristianesimo
non
la
vediamo
noi
,
a
mano
a
mano
che
risalgasi
la
storia
,
allontanarsi
più
sempre
e
dileguarsi
nel
buio
delle
catacombe
?
e
la
comunione
di
Gesù
dove
fu
ella
,
dopo
la
morte
degli
apostoli
?
La
idea
religiosa
dunque
,
la
chiamerò
così
però
che
nei
tempi
di
mezzo
religione
e
cristianesimo
fu
tutt
'
uno
,
la
idea
religiosa
,
chi
la
riguardi
nel
movimento
letterario
,
si
porge
molto
complessa
;
ma
più
specialmente
si
manifesta
per
due
guise
d
'
azione
e
con
due
forme
:
ascetica
ed
ecclesiastica
.
Nella
sua
parte
ascetica
,
il
cristianesimo
rimane
orientale
,
e
ritiene
la
immobilità
,
e
impone
l
'
annegamento
del
finito
nell
'
infinito
e
dell
'
uomo
in
Dio
:
nella
parte
ecclesiastica
,
si
fa
romano
,
ed
appropriandosi
quale
retaggio
le
tendenze
universali
e
le
tradizioni
eclettiche
dell
'
impero
trasforma
a
sua
foggia
il
paganesimo
sensuale
delle
genti
latine
e
il
paganesimo
naturale
delle
germaniche
per
servirsi
dell
'
uno
contro
l
'
altro
e
vicendevolmente
modificarli
.
Tra
spirito
e
materia
,
tra
anima
e
corpo
,
tra
cielo
e
terra
non
v
'
è
mezzo
:
lo
spirito
l
'
anima
il
cielo
è
Gesù
;
la
materia
il
corpo
la
terra
,
Satana
.
La
natura
il
mondo
la
società
è
Satana
;
il
vuoto
il
deserto
la
solitudine
,
Gesù
.
Felicità
,
dignità
,
libertà
,
è
Satana
;
servitù
,
mortificazione
,
dolore
,
Gesù
.
E
questo
Gesù
è
soave
tanto
da
scendere
co
'
l
perdono
e
con
l
'
amore
fin
tra
i
dannati
;
ma
a
patto
che
prima
sia
l
'
inferno
nell
'
universo
.
Questa
l
'
idea
della
perfezione
cristiana
,
la
cui
più
alta
astrazione
non
manifestasi
già
nei
martiri
e
nei
controversisti
,
nei
quali
il
fervor
della
lotta
manteneva
ancora
l
'
agitazione
del
sangue
;
ma
il
suo
fior
più
puro
,
le
cui
acute
fragranze
inebrian
di
morte
,
è
l
'
asceticismo
monastico
.
La
stoltezza
della
croce
,
l
'
obbrobrio
del
mondo
,
la
sete
del
dissolvimento
,
la
rinnegazione
della
vita
,
questo
è
la
legge
e
la
filosofia
:
i
Santi
Padri
del
deserto
sono
la
storia
eroica
plutarchiana
.
Nei
funerali
pagani
le
fiamme
de
'
roghi
accompagnavano
splendidamente
l
'
ultimo
addio
dell
'
anima
al
corpo
,
e
le
belle
urne
cinerarie
o
negli
atrii
delle
case
e
nelle
vie
popolose
rammemoravano
le
virtù
civili
degli
estinti
o
commovevano
pietosamente
gli
affetti
dei
vivi
:
i
miasmi
della
putrefazione
nel
santuario
cristiano
ammoniscono
di
continuo
l
'
uomo
della
viltà
sua
,
e
gl
'
ispirano
a
un
tempo
il
disgusto
dell
'
essere
e
l
'
orrore
del
nonessere
.
Tutto
rappresenta
la
morte
;
e
il
dio
crocefisso
e
gli
ossami
e
gli
scheletri
esposti
alla
venerazione
su
gli
altari
han
preso
il
luogo
di
Apollo
e
Diana
,
che
lanciavansi
,
giovenili
forme
divine
,
dal
marmo
pario
negli
spazi
della
vita
.
E
pure
,
no
'
l
negherò
già
io
,
quelle
idee
e
quelle
rappresentazioni
furono
storicamente
necessarie
ad
abbattere
pur
una
volta
la
sozza
materialità
dell
'
impero
e
ad
atterrire
i
Trimalcioni
dell
'
aristocrazia
romana
,
tiranni
godenti
del
mondo
;
furono
necessarie
a
contenere
la
materialità
selvaggia
de
'
barbari
,
a
infrenare
la
forza
cieca
e
orgogliosa
dei
discendenti
di
Attila
di
Genserico
di
Clodoveo
:
con
tanta
carne
e
tanto
sangue
un
po
'
d
'
astinenza
ci
voleva
.
E
Gesù
consolò
molte
anime
d
'
oppressi
,
asciugò
molte
lacrime
di
schiavi
:
nella
servitù
generale
la
chiesa
del
figliuol
del
legnaiuolo
era
pur
sempre
il
ricovero
della
libertà
e
dell
'
eguaglianza
.
Ma
con
idee
e
con
rappresentazioni
sì
fatte
non
vi
può
essere
arte
umana
;
anzi
non
vi
può
essere
arte
del
tutto
:
non
è
ella
in
vero
anche
l
'
arte
vanità
terrena
,
distrazione
dell
'
anima
,
peccato
?
L
'
anima
cristiana
può
bene
dinanzi
a
'
suoi
fantasmi
prorompere
in
un
grido
di
terrore
,
di
pietà
,
di
adorazione
;
può
co
'
suoi
fantasmi
profondarsi
in
sé
stessa
e
sublimarsi
negli
spazi
dell
'
infinito
;
può
col
pensiero
sfrenato
dalla
solitudine
nel
vuoto
rigirarsi
sopra
sé
quasi
con
tanti
molinelli
fino
alla
vertigine
:
ecco
il
cantico
,
la
visione
,
la
meditazione
;
ecco
la
Dies
irae
di
Tommaso
da
Celano
,
lo
Stabat
mater
di
Jacopo
da
Todi
,
il
Pange
lingua
di
Tommaso
d
'
Aquino
,
le
tre
più
grandi
odi
cristiane
;
ecco
la
Imitazione
di
Cristo
,
il
più
sublime
libro
religioso
del
medio
evo
e
un
de
'
più
dannosi
libri
del
mondo
;
ecco
le
mille
visioni
stupende
e
stupide
.
Ma
tutto
questo
è
arte
?
No
.
Tanto
è
vero
,
che
,
se
i
critici
e
i
retori
del
rinascimento
han
disdegnato
coteste
scritture
come
monumenti
letterari
,
i
dogmatici
e
i
fedeli
si
scandalizzano
quando
i
critici
e
gli
estetici
odierni
le
discutono
e
le
trattano
come
monumenti
letterari
.
Tra
l
'
aspirazione
cristiana
e
l
'
arte
v
'
è
odio
.
Tuttavia
quelle
idee
e
quelle
rappresentazioni
,
né
pur
questo
io
negherò
,
non
furono
senza
utili
effetti
su
l
'
arte
moderna
.
Sembra
,
per
esempio
,
che
quel
senso
profondo
della
così
detta
letteratura
interiore
,
da
Dante
e
dal
Petrarca
al
Rousseau
e
allo
Chateaubriand
e
a
'
più
recenti
,
siasi
per
grandissima
parte
educato
nel
raccoglimento
cui
il
cristianesimo
avvezzò
le
anime
,
nell
'
analisi
della
lotta
de
'
due
Adami
entro
l
'
uomo
,
tanto
paventata
ed
esecrata
,
ma
pur
riconosciuta
e
studiata
dagli
osservatori
cristiani
.
Non
che
il
sentimento
del
mondo
interno
mancasse
agli
antichi
;
ma
per
essi
avea
sempre
del
naturale
,
del
materiato
,
carne
e
colore
.
La
poesia
intima
cristiana
invece
sente
l
'
estenuamento
e
ha
dell
'
infermo
:
ricorda
il
febbricitante
che
si
tócca
il
polso
e
guardasi
l
'
unghie
,
e
l
'
etico
che
si
mira
allo
specchio
e
si
palpa
le
braccia
smunte
e
si
tenta
il
petto
.
Sarà
la
malattia
della
conchiglia
che
produce
la
perla
,
ma
è
malattia
.
Questo
,
l
'
ascetismo
puro
:
veniamo
ora
al
principio
ecclesiastico
misto
.
Perocché
durar
sempre
così
non
potevasi
:
e
la
chiesa
fattasi
,
dopo
la
distruzione
dell
'
antico
impero
,
romana
ella
,
pur
serbando
fede
teoricamente
al
suo
ideale
,
riconobbe
quel
non
so
che
di
pagano
,
che
,
a
confessione
di
Agostino
,
è
pur
sempre
insito
nell
'
uomo
;
e
seppe
giovarsene
.
Così
,
passati
i
primi
furori
,
santificò
il
colosseo
piantandovi
la
croce
;
raccolse
nel
panteon
le
ossa
dei
martiri
;
dedicò
a
Maria
i
tempii
di
Vesta
;
dei
numi
agresti
e
dei
semòni
delle
campagne
italiche
,
che
si
ostinavano
a
rimanere
in
vita
,
fe
'
santi
;
di
quelli
delle
selve
germaniche
,
demoni
e
mostri
;
e
così
contentando
l
'
un
popolo
e
l
'
altro
preparò
materia
al
lavoro
fantastico
.
Ancora
:
anatemizzò
i
mimi
su
le
piazze
,
ma
gli
ribenedisse
nei
vestiboli
delle
chiese
e
gli
accolse
a
mezzo
la
celebrazione
della
messa
;
proscrisse
i
poeti
gentili
,
ma
vestì
delle
loro
spoglie
i
suoi
santi
.
Quasi
allo
stesso
modo
si
comportò
con
la
scienza
.
Distruggere
tutta
la
civiltà
passata
non
era
né
possibile
né
utile
:
onde
cominciò
dal
cercare
un
accordo
tra
la
filosofia
pagana
e
i
suoi
dogmi
,
traviando
in
principio
nelle
scuole
alessandrine
:
sopravvenute
poi
l
'
età
grosse
della
barbarie
,
come
avea
imposto
il
nome
di
Maria
al
tempio
e
al
culto
di
Vesta
,
così
indossò
alla
scienza
la
tonaca
della
teologia
:
indi
all
'
ombra
dei
chiostri
,
con
lento
processo
,
nel
quale
alla
larghezza
dei
primi
filosofi
preferì
l
'
angusto
metodo
dei
compilatori
del
decadimento
e
dei
commentatori
,
ella
pervenne
a
cristallizzare
il
sistema
aristotelico
nella
scolastica
.
Quanto
alle
forme
,
avversata
in
principio
la
chiesa
dall
'
aristocrazia
politica
e
letteraria
di
Roma
e
ogni
forza
riconoscendo
dalla
plebe
,
il
suo
processo
,
anche
in
letteratura
,
cominciò
popolare
.
Dello
scadere
la
lingua
e
letteratura
romana
non
fu
la
chiesa
cagione
primissima
,
ma
certo
vi
conferì
potentemente
aiutando
co
'
suoi
scrittori
lo
scompaginarsi
della
sintesi
grammaticale
e
della
metrica
,
nobilitando
nelle
predicazioni
e
ne
'
libri
il
sermone
rustico
e
la
locuzione
volgare
e
il
ritmo
negl
'
inni
.
Per
tanto
ella
fu
da
prima
instrumento
efficacissimo
alla
formazione
delle
lingue
e
letterature
nuove
,
alle
quali
partecipò
dell
'
ispirazione
e
dell
'
afflato
orientale
:
ma
,
come
ogni
forza
,
giunta
che
sia
a
condizione
di
potenza
,
diviene
di
natura
sua
conservatrice
,
così
la
chiesa
,
dinanzi
ai
barbari
e
anche
dinanzi
al
prorompere
d
'
un
'
altra
forza
,
la
popolare
,
nella
manifestazione
delle
lingue
nuove
,
si
atteggiò
a
conservatrice
,
e
gelosa
,
della
lingua
latina
:
con
che
,
tenendo
ella
dello
stile
viziato
dei
tempi
del
decadimento
romano
,
fu
cagione
principalissima
di
quel
fare
concettoso
,
artifizioso
,
scolastico
,
di
quella
servilità
precoce
,
che
regna
nell
'
opera
letteraria
del
medio
evo
.
Del
resto
,
conservando
la
lingua
latina
e
spingendola
anche
oltre
il
termine
delle
antiche
colonie
romane
,
facendone
per
questa
guisa
il
veicolo
onde
tutte
le
tradizioni
e
le
cognizioni
dell
'
Europa
s
'
incontrarono
e
mescolarono
tra
loro
,
la
chiesa
compieva
un
alto
officio
:
succedendo
nell
'
opera
dell
'
unificazione
civile
all
'
antico
impero
,
ella
manteneva
a
suo
modo
la
romanità
dell
'
occidente
;
romanità
,
glorioso
vocabolo
,
trovato
da
uno
de
'
suoi
,
da
Tertulliano
.
Ma
ciò
tutto
in
fondo
è
poco
artistico
,
bisogna
pur
confessarlo
.
O
sia
che
il
tipo
letterario
ecclesiastico
è
troppo
complesso
e
resulta
d
'
elementi
troppo
eterogenei
,
o
sia
che
esso
il
cristianesimo
puro
è
troppo
fuor
della
natura
,
cotesta
religione
non
ha
inspirato
che
la
lirica
e
la
meditazione
:
un
'
epopea
evangelica
,
un
dramma
cristiano
,
per
intiero
,
non
è
mai
riuscito
.
Ma
parzialmente
il
principio
religioso
penetrò
tutte
quasi
le
forme
artistiche
:
ma
nel
medio
evo
la
chiesa
cristiana
,
conservatrice
unica
d
'
una
gran
lingua
,
d
'
una
letteratura
e
d
'
una
scienza
,
si
mescolò
a
tutto
;
a
tutto
attaccò
quella
febbre
,
quel
mal
essere
,
quella
nervosa
tensione
di
idee
ascetiche
e
incivili
ed
egoistiche
,
che
han
fatto
del
mondo
,
del
sano
e
luminoso
mondo
dei
Greci
,
un
ospitale
,
dalla
cui
mefite
non
riesce
né
pure
oggi
a
noi
di
trarci
fuora
,
o
ce
ne
leviamo
indolenziti
.
O
come
avrebber
potuto
trarsene
gli
uomini
del
medio
evo
?
Perocché
dove
non
è
la
chiesa
nel
medio
evo
?
Ella
restituisce
l
'
impero
,
o
lo
combatte
;
ella
benedice
la
cavalleria
,
o
la
scomunica
;
ella
favoreggia
i
comuni
,
o
gl
'
invade
;
ella
canonizza
i
dotti
,
o
gli
brucia
.
Tanto
meno
poteva
a
questo
predominio
sottrarsi
la
letteratura
in
Italia
;
ove
la
chiesa
aveva
accettato
e
nobilitato
la
sensualità
pagana
;
ove
,
mescolando
i
suoi
spiriti
invasori
e
ambiziosi
negli
odii
nazionali
contro
lo
straniero
ed
i
nobili
,
erasi
insinuata
in
tutte
quasi
le
nuove
instituzioni
;
ove
asseriva
a
sé
il
vanto
della
conservata
civiltà
antica
.
IV
.
Di
faccia
alla
chiesa
sorge
la
barbarie
,
o
,
diciam
meglio
,
la
società
di
conquista
,
rappresentata
nella
civiltà
e
nella
letteratura
cavalleresca
.
Ma
dell
'
elemento
cavalleresco
,
per
quanto
diversamente
si
modificasse
nelle
sue
molteplici
congiunzioni
al
genio
paesano
,
non
dubitiamo
asserire
che
fu
straniero
fra
noi
e
importato
.
È
esso
l
'
espressione
artistica
di
quella
generazione
che
le
conquiste
longobarde
franche
sassoni
alemanne
lasciarono
su
'
l
nostro
suolo
,
di
quella
generazione
che
,
per
le
origini
sue
germaniche
tenendo
all
'
individualismo
,
si
ordinò
nella
feudalità
,
fiorì
vigorosa
da
Carlomagno
al
Barbarossa
,
e
prima
ribellante
si
legò
poi
per
la
maggior
parte
agl
'
imperatori
nelle
guerre
d
'
investitura
e
contro
i
comuni
,
sin
che
vinta
da
questi
si
assembrò
entro
un
cerchio
di
mura
coi
vincitori
,
durando
tuttavia
la
primitiva
e
necessaria
discordia
nelle
parti
e
nei
nomi
di
ghibellini
o
di
grandi
,
di
guelfi
o
di
popolo
.
Ella
ebbe
le
ispirazioni
e
le
forme
dell
'
arte
fuori
d
'
Italia
:
di
qual
maniera
,
vediamo
.
Fermatisi
gl
'
invasori
con
obblighi
da
prima
reciproci
su
le
terre
conquistate
,
da
poi
col
mutar
delle
signorie
e
col
mancar
d
'
una
supremazia
legislativa
certa
raggiunsero
quella
indipendenza
individuale
,
che
è
un
istinto
speciale
delle
razze
germaniche
.
Ne
vennero
quelle
forze
personali
dominanti
la
scomposta
società
del
medio
evo
,
rappresentate
nei
tipi
dell
'
epopea
romanzesca
;
la
quale
,
vero
mito
della
società
feudale
,
ha
tanti
protagonisti
quanti
attori
,
tanti
episodi
quanti
i
fatti
dei
singoli
eroi
.
Allora
accadde
che
la
società
barbarica
si
scompose
in
mille
piccole
unità
;
e
un
sol
diritto
parea
presso
ad
emergere
dall
'
anarchia
europea
,
quel
della
forza
.
La
chiesa
accorse
al
riparo
tentando
di
collegare
e
disciplinare
sotto
un
vincolo
religioso
tanta
baldanza
di
personalità
vigorose
.
A
tutelare
la
società
dalla
forza
brutale
con
la
forza
disciplinata
ne
risultò
la
cavalleria
:
della
quale
non
può
negarsi
essere
stati
ecclesiastici
i
cominciamenti
,
chi
pensi
alle
forme
religiose
che
ne
consacravano
i
diversi
gradi
e
al
mito
del
sangraal
,
che
altro
non
è
se
non
simbolo
dell
'
eucaristia
.
Cotesti
uomini
,
o
raccolti
nella
vita
dei
castelli
solitari
o
agitati
nei
contrasti
di
quella
cupa
lor
società
,
nutriron
forti
gli
affetti
,
il
culto
delle
tradizioni
della
famiglia
e
dell
'
ordine
loro
,
il
sentimento
dell
'
onore
,
l
'
amore
dagl
'
instituti
germanici
e
dalle
dottrine
cristiane
fatto
più
severo
e
ideale
.
Ma
i
sentimenti
,
per
forti
che
siano
,
hanno
,
a
tradursi
nell
'
arte
,
bisogno
d
'
un
attrito
col
mondo
esteriore
;
e
i
baroni
,
sol
quando
riuniti
su
'
l
campo
delle
crociate
,
trovarono
al
principio
cavalleresco
la
forma
estetica
.
Allora
le
tradizioni
delle
varie
genti
si
fermarono
in
un
'
epopea
nuova
;
e
la
chiesa
,
che
prima
le
aveva
riprovate
e
tentato
distruggerle
nella
forma
dei
canti
nazionali
,
le
consacrò
col
suggello
della
religione
;
e
religione
,
amore
,
onore
,
individuità
,
avventure
informarono
quelle
mille
epopee
che
non
hanno
né
oggetto
né
termine
.
Il
sentimento
delle
nuove
razze
del
medio
evo
,
così
intenso
per
lo
innanzi
nella
solitudine
,
evaporò
a
poco
a
poco
in
una
folla
di
parvenze
bizzarre
,
che
si
accavallavano
le
une
alle
altre
tumultuando
e
sfumavano
a
un
tratto
.
Termini
di
tempi
,
di
luoghi
,
di
genti
scomparvero
;
e
una
metafora
originava
gli
eroi
e
le
geste
.
Ora
tutto
ciò
non
potea
convenire
con
gli
spiriti
romanamente
pratici
e
sociali
del
popolo
italiano
:
di
più
l
'
ordine
feudale
da
cui
moveva
e
a
cui
ritornava
la
poesia
cavalleresca
,
rimanendo
tra
noi
senza
un
centro
monarchico
nazionale
,
fu
ben
presto
sopraffatto
dall
'
elemento
indigeno
e
cittadino
con
cui
per
gran
parte
si
fuse
:
il
perché
non
ebbe
mai
l
'
Italia
né
cavalleria
vera
né
vera
poesia
cavalleresca
,
della
quale
attinse
le
materie
e
le
forme
al
di
fuori
,
per
trasmutarle
e
rimaneggiarle
.
V
.
Il
principio
ecclesiastico
dunque
era
comune
a
tutta
la
cristianità
,
comune
a
tutta
la
feudalità
europea
il
principio
cavalleresco
;
né
abbiamo
ancora
trovato
un
che
di
speciale
all
'
Italia
.
In
fatti
,
fino
a
un
certo
punto
dei
nostri
annali
,
del
solo
elemento
straniero
e
della
razza
dominatrice
è
l
'
istoria
;
e
che
osi
affrontarla
con
ardimento
che
talvolta
veste
sembianze
di
opposizione
nazionale
e
democratica
non
v
'
è
che
il
chiericato
.
Ma
intanto
,
all
'
ombra
della
chiesa
,
un
terzo
elemento
dalle
gilde
commerciali
e
dalle
maestranze
delle
arti
avanzava
a
poco
a
poco
alla
massa
alla
credenza
al
comune
,
e
nelle
contese
tra
pontefici
e
imperatori
sorse
,
terzo
e
più
vero
potere
,
fin
allora
sconosciuto
ed
oppresso
;
ma
con
lui
e
per
lui
stava
il
diritto
e
la
forza
e
l
'
avvenire
;
e
chiamavasi
,
con
nome
nella
storia
d
'
Italia
eternamente
memorando
,
il
popolo
.
Quel
popolo
,
che
altrove
rimaso
terzo
stato
aiutò
i
monarchi
a
snervare
ed
abbattere
il
clero
e
la
nobiltà
,
qui
all
'
ardita
opera
procede
primo
e
solo
.
E
,
come
egli
era
in
effetto
il
risvegliato
elemento
romano
,
così
l
'
opera
sua
di
civiltà
è
essenzialmente
pratica
,
e
il
movimento
ideale
è
di
restaurazione
e
continuazione
delle
tradizioni
antiche
.
Né
queste
son
fantasie
indettate
da
un
postumo
classicismo
.
Interrogate
le
vecchie
cronache
delle
nostre
città
;
e
udite
come
tutte
amino
fidare
le
loro
origini
alla
protezione
del
gran
nome
di
Roma
,
quali
germogli
novelli
sotto
la
materna
ombra
dell
'
albero
antico
.
Udite
,
nella
canzone
delle
scólte
modenesi
che
guardano
la
città
dagli
Unni
,
la
ricordanza
del
vegliare
di
Ettore
sopra
Troia
:
udite
il
favoleggiare
delle
donne
fiorentine
su
Fiesole
e
Roma
,
e
i
nomi
di
Catilina
e
di
Cesare
innestati
alle
origini
della
città
guelfa
:
udite
il
rapsodo
latino
della
vittoria
pisana
su
i
saracini
affermare
ch
'
ei
rinnova
la
memoria
degli
antichi
romani
e
della
guerra
cartaginese
.
Vedete
Firenze
serbare
con
gelosa
cura
il
tronco
del
suo
Marte
,
opporsi
Milano
che
non
si
abbatta
il
suo
Ercole
,
Padova
mostrar
la
tomba
di
Antenore
,
Mantova
stampar
nel
conio
delle
monete
l
'
imagine
di
Virgilio
e
cantarne
il
nome
nei
sacri
ufficii
,
i
pescatori
di
Messina
rinnovare
a
ogni
anno
la
processione
di
Saturno
e
di
Rea
.
Volevasi
dimenticare
la
barbarie
impiantatasi
su
le
rovine
italiche
:
in
certi
giorni
,
a
certe
rimembranze
,
torcevasi
quasi
la
faccia
dalla
croce
di
Cristo
per
salutare
ancora
una
volta
gl
'
iddii
dell
'
Italia
vittoriosa
:
il
paganesimo
perdurava
.
Della
qual
devozione
alle
tradizioni
antiche
,
come
,
per
ciò
che
spetta
a
reggimento
,
fu
insigne
testimone
nel
secolo
duodecimo
Arnaldo
,
così
fu
nelle
lettere
il
grammatico
Vilgardo
,
che
teneva
scuola
a
Ravenna
,
nel
secolo
undecimo
.
Il
quale
di
tanto
amore
s
'
era
preso
pei
solenni
scrittori
dell
'
antichità
,
che
insegnava
doversi
a
tutti
i
loro
dettati
ed
in
tutto
prestare
credenza
,
ed
altre
cose
molte
contrarie
alla
fede
;
e
credea
vedere
nella
notte
le
ombre
gloriose
di
Virgilio
di
Orazio
e
di
Giovenale
,
che
,
ringraziatolo
del
culto
onde
in
secolo
infelice
ei
proseguiva
le
sacre
e
diredate
lettere
,
gli
promettevano
di
metterlo
a
parte
della
lor
gloria
.
Delirii
innocenti
dell
'
infelice
grammatico
,
se
il
chiericato
desto
sempre
contro
le
lettere
profane
,
che
gli
erano
sospette
quando
non
coltivate
da
lui
,
non
avesse
sentenziato
le
ombre
degli
antichi
poeti
esser
demonii
,
lui
eretico
e
condannabile
,
perocché
troppi
,
aggiungea
notabilmente
la
sentenza
,
erano
in
Italia
gl
'
ingegni
macchiati
dalla
stessa
labe
.
Se
non
che
,
questa
forza
vitale
che
fermentò
lunghi
secoli
occulta
ne
'
residui
dell
'
antica
Italia
,
che
fu
come
il
glutine
della
nuova
Italia
,
che
per
ciò
può
dirittamente
considerarsi
come
l
'
elemento
nazionale
,
non
è
del
resto
un
proprio
e
puro
elemento
.
Ma
è
anzi
una
forza
complessa
,
che
si
spiega
per
due
maniere
di
azione
in
effetti
,
se
non
opposti
,
diversi
.
Per
una
parte
,
in
quanto
ella
mira
alla
ristorazione
alla
conservazione
alla
unità
nelle
forme
delle
instituzioni
e
dell
'
arte
,
in
quanto
ella
torna
a
un
ideale
di
nazione
di
letteratura
di
stile
,
il
suo
elemento
è
romano
,
e
l
'
azione
sua
è
dotta
e
aulica
:
per
un
'
altra
parte
,
in
quanto
ella
tende
al
rinnovamento
e
alla
varietà
,
e
si
produce
nelle
mille
forme
dialettali
rapsodiche
tradizionali
della
regione
e
del
comune
,
il
suo
elemento
è
l
'
italico
della
guerra
sociale
,
e
l
'
azione
sua
è
popolare
o
plebea
.
VI
.
Ora
la
storia
di
queste
tre
varie
o
forze
o
elementi
,
l
'
ecclesiastico
,
il
cavalleresco
,
il
nazionale
,
e
dell
'
accordo
e
della
discordia
tra
il
misto
elemento
ecclesiastico
e
l
'
elemento
nazionale
complesso
i
quali
a
diversi
fini
incontraronsi
in
un
'
azione
medesima
,
e
dell
'
opera
loro
di
modificazione
su
l
'
elemento
cavalleresco
il
quale
in
Italia
fu
soltanto
e
sempre
soggetto
e
materia
,
e
dell
'
ultimo
e
final
dissidio
,
dopo
un
momento
di
armonia
,
tra
que
due
primi
elementi
,
e
della
scissione
dell
'
elemento
nazionale
vittorioso
ne
'
suoi
due
principii
,
il
romano
e
l
'
italico
,
il
dotto
e
il
popolare
,
e
dell
'
ultima
armonia
di
essi
due
principii
signoreggianti
oramai
nell
'
ideal
della
forma
tutta
la
materia
soggetta
del
medio
evo
;
questa
storia
,
dico
,
è
la
storia
della
letteratura
italiana
.
Da
Arnaldo
al
Savonarola
,
da
Francesco
d
'
Assisi
a
Filippo
Neri
,
da
'
due
Landolfi
e
da
Falcando
al
Machiavelli
e
al
Guicciardini
,
dalla
traduzione
della
Tavola
rotonda
e
dal
Febusso
e
Breusso
all
'
Ariosto
,
da
Dante
o
meglio
da
Giacomino
di
Verona
al
Tasso
,
dal
Novellino
al
Bandello
e
al
Giraldi
,
da
Folgore
di
San
Gemignano
al
Berni
,
da
Albertano
al
Castiglione
,
da
Lorenzo
veronese
e
da
Arrigo
settimellese
al
Fracastoro
al
Vida
al
Flaminio
,
da
Nicolò
pisano
e
da
Cimabue
a
Michelangelo
e
a
Tiziano
,
è
perennità
,
è
continuità
,
è
processo
e
progresso
di
svolgimento
e
di
moto
.
DISCORSO
SECONDO
Dei
quattro
periodi
di
contrasto
e
di
formazione
:
periodo
latino
,
lombardo
,
siculo
,
bolognese
.
Quando
,
come
,
tra
quali
circostanze
e
su
quali
soggetti
cominci
l
'
opera
della
letteratura
nazionale
.
I
.
Quando
contro
la
potenza
di
Federico
II
,
che
dal
mezzogiorno
riallargavasi
ingrossando
verso
il
settentrione
solo
a
tempo
abbandonato
dal
padre
suo
,
si
stringeva
la
seconda
lega
delle
città
lombarde
,
Tirteo
della
libera
gesta
fu
Pier
della
Caravana
,
piemontese
.
Egli
cantava
:
«
Ecco
il
nostro
imperadore
che
raccoglie
gran
gente
.
Lombardi
,
guardatevi
bene
,
che
non
siate
ridotti
peggio
che
schiavi
comprati
,
se
non
durate
fermi
....
Sovvengavi
dei
valenti
baroni
di
Puglia
,
i
quali
nelle
loro
case
non
hanno
oramai
che
dolore
:
guardate
non
avvenga
altrettanto
di
voi
.
Non
vogliate
amare
la
gente
di
Lamagna
,
non
vi
piaccia
usare
la
sua
compagnia
:
lungi
,
lungi
da
voi
questi
cani
arrabbiati
.
Dio
salvi
Lombardia
,
Bologna
e
Milano
e
loro
consorti
,
e
Brescia
e
'
l
mantovano
,
e
i
buoni
marchigiani
,
sì
che
niuno
di
loro
sia
servo
»
.
Così
il
nobile
Piemonte
dava
all
'
Italia
il
primo
poeta
di
libertà
.
Ma
egli
poetava
in
provenzale
:
oh
perché
non
suonò
nella
lingua
della
patria
la
fierezza
di
quei
sensi
,
l
'
ardenza
di
quei
versi
,
e
il
martellar
feroce
del
ritornello
finale
,
Lombart
,
beus
gardaz
,
Qe
ja
non
siaz
Pejer
qe
compraz
,
Si
ferm
non
estaz
!
E
già
prima
,
circa
il
1195
,
quando
Lombardia
erasi
anche
levata
contro
Arrigo
VI
,
all
'
espressione
dell
'
odio
popolare
contro
il
tedesco
avea
dato
violenti
forme
in
provenzale
Pier
Vidal
.
All
'
incontro
,
la
vittoria
parmense
del
1248
che
dette
il
colpo
mortale
a
Federico
II
,
quando
il
plebeo
Gambacorta
predò
la
corona
imperiale
mostruosa
di
ricchezza
e
di
peso
,
fu
cantata
in
latino
:
in
latino
l
'
epinicio
guelfo
annunziava
alle
città
confederate
di
Milano
,
di
Bologna
,
di
Venezia
,
d
'
Ancona
,
che
«
il
Signore
levossi
a
tutela
della
nostra
libertà
e
già
apparve
alla
città
sua
di
Parma
»
.
Ora
questo
fatto
delle
battaglie
nazionali
d
'
un
popolo
nuovo
cantate
in
lingua
straniera
o
antica
a
troppi
altri
consimili
fatti
succede
,
sì
che
non
se
ne
vogliano
sottilmente
ricercare
e
discorrere
le
ragioni
.
Con
che
ci
verrà
fatto
di
rinvenire
il
perché
s
'
indugiasse
di
tanto
il
volgare
italiano
a
manifestarsi
nell
'
opera
letteraria
,
e
di
segnare
i
termini
de
'
periodi
che
a
quella
manifestazione
furono
innanzi
e
le
ragioni
varie
dei
fenomeni
che
vi
si
svolser
per
entro
.
II
.
Della
vitalità
tra
noi
del
latino
dobbiamo
certo
in
gran
parte
riferir
la
cagione
al
principio
religioso
,
il
quale
rappresentando
allora
una
specie
di
gerarchica
civiltà
avea
consacrato
l
'
idioma
dell
'
antico
impero
come
lingua
cattolica
sì
della
chiesa
sì
della
scienza
d
'
occidente
.
E
ciò
poté
più
efficacemente
volere
e
più
largamente
conseguire
in
Italia
,
dove
la
chiesa
era
in
questo
suo
intendimento
aiutata
dallo
stesso
principio
popolare
.
Il
quale
e
nella
scuola
conservava
la
tradizione
classica
,
e
con
le
leggi
e
con
le
forme
del
reggimento
mirava
tuttavia
a
Roma
;
la
cui
grande
imagine
stié
sempre
dinanzi
agli
occhi
degl
'
italiani
,
gli
confortò
schiavi
,
gli
inanimò
ribelli
,
liberi
gl
'
illustrò
della
sua
gloria
radiante
di
tra
le
ruine
,
come
la
fiammella
della
lampade
mortuaria
la
quale
raccontasi
si
serbasse
viva
a
traverso
i
secoli
nella
tomba
della
fanciulla
romana
figliuola
del
grande
oratore
.
Anche
per
gli
altri
popoli
d
'
occidente
era
il
latino
la
lingua
officiale
della
chiesa
e
della
scuola
,
dell
'
impero
e
delle
leggi
:
ma
fuor
di
chiesa
e
del
chiostro
,
al
di
qua
dei
cancelli
della
corte
di
giustizia
,
essi
sbrigliavano
il
volo
delle
fantasie
e
l
'
impeto
degli
affetti
nei
volgari
nuovi
.
Per
gl
'
italiani
il
latino
era
la
lingua
dei
padri
loro
,
con
la
quale
avevano
imperato
al
mondo
;
la
intendevano
e
la
parlavano
più
comunemente
;
la
reputavano
sola
degna
a
cui
commettere
i
pensamenti
dei
savi
,
le
gesta
delle
città
,
il
lavorìo
dell
'
arte
;
speravano
per
avventura
di
restituirle
l
'
antico
uso
di
dignità
.
Per
ciò
,
mentre
gli
altri
popoli
cominciarono
ben
presto
a
intessere
il
racconto
epico
o
a
svolgere
il
sentimento
lirico
nei
nuovi
idiomi
,
i
nostri
l
'
una
cosa
e
l
'
altra
fecero
latinamente
.
Ebbero
anch
'
essi
le
loro
leggende
su
le
barbariche
signorie
,
su
le
dinastie
che
li
opprimevano
;
ma
gli
avanzi
informi
d
'
una
leggenda
italica
primitiva
di
Valtario
d
'
Aquitania
e
di
Carlo
Magno
e
Adelchi
giacciono
trasfigurati
nella
cronaca
del
monastero
della
Novalesa
.
Tentarono
di
raccogliere
le
fila
dei
miti
antichi
ondeggianti
ancora
per
l
'
aere
di
primavera
nei
crepuscoli
tinti
in
rosa
dagli
ultimi
raggi
del
sole
su
le
vette
favolose
dei
colli
etruschi
e
latini
;
ma
dei
canti
misteriosi
,
che
le
ninfe
o
le
fate
lasciavan
sentire
dagli
spechi
di
Fiesole
di
Chiusi
di
Volterra
,
un
'
eco
a
pena
è
ripercossa
nel
Ninfale
fiesolano
e
nell
'
Ameto
del
Boccaccio
e
nel
Novelliere
di
Domenico
da
Prato
.
Di
quel
che
le
donne
fiorentine
nelle
veglie
severe
favoleggiavano
«
de
'
troiani
,
di
Fiesole
e
di
Roma
»
,
una
traccia
rimane
,
leggera
e
interrotta
,
nelle
croniche
del
Malespini
e
del
Villani
;
si
leggono
nelle
croniche
del
Cobelli
le
vicende
dei
discendenti
da
'
fondatori
romani
di
Forlì
mescolate
alle
gesta
dei
signori
nuovi
goti
e
longobardi
:
ma
il
Malespini
attesta
di
aver
còlto
il
leggiadro
racconto
da
certe
antiche
scritture
ch
'
ei
vide
in
casa
d
'
un
gentiluomo
vecchio
romano
,
e
il
Cobelli
da
altri
libri
pur
latini
d
'
un
cronicatore
antico
di
Ravenna
;
Roma
e
Ravenna
,
le
due
città
classiche
ed
imperiali
.
E
da
croniche
latine
antiche
delle
due
città
romane
d
'
Aquileia
e
Concordia
provenne
il
poema
di
Attila
e
de
'
suoi
italici
antagonisti
Giano
e
Foresto
,
romanzato
poi
nel
secolo
decimoquarto
in
versi
francesi
dal
bolognese
Nicolò
Càsola
e
nel
secolo
decimoquinto
in
prosa
popolare
veneziana
e
nel
decimosesto
in
elegante
prosa
italiana
da
Gian
Maria
Barbieri
e
da
altri
in
ottave
:
documento
non
unico
di
tutte
le
trasformazioni
per
cui
passò
la
materia
primitiva
della
nazional
letteratura
nei
primi
quattro
secoli
originali
.
Cotesti
libri
latini
del
resto
,
che
certamente
esisterono
e
che
potevano
dimostrarci
l
'
azione
prossima
esercitata
dalle
tradizioni
della
patria
antichità
su
le
fantasie
degl
'
italiani
del
medio
evo
e
darne
a
divedere
l
'
opera
loro
di
rifusione
dell
'
ideale
antico
col
nuovo
soprannaturale
e
con
la
storia
di
tutti
i
giorni
;
cotesti
libri
,
dico
,
dopo
il
fiorir
vigoroso
della
letteratura
nazionale
e
il
rifiorire
del
classicismo
,
andarono
spregiati
e
perduti
.
A
ogni
modo
;
e
i
vestigi
sparsi
che
avanzano
di
così
fatte
leggende
paesane
nelle
croniche
latine
e
volgari
fino
al
secolo
decimoquinto
;
e
i
lineamenti
che
un
po
'
svaniti
o
ver
caricati
pur
emergono
di
quei
miti
nelle
imitazioni
letterarie
,
nelle
rapsodie
e
nelle
fiorite
dello
stesso
tempo
;
e
i
pochi
canti
lirici
latini
che
sopravvivono
interi
,
ultimo
de
'
quali
l
'
epinicio
parmense
pur
ora
ricordato
;
tutto
ciò
dà
fede
d
'
un
periodo
fossile
,
per
così
dire
,
e
preistorico
della
letteratura
nazionale
:
periodo
che
da
'
Carolingi
,
se
non
da
innanzi
,
estendesi
a
mezzo
il
secolo
decimoterzo
,
e
nel
quale
il
principio
popolare
ebbe
in
lingua
latina
una
letteratura
sua
,
ma
che
pur
sentì
l
'
influsso
degli
altri
due
principii
,
l
'
ecclesiastico
e
il
cavalleresco
.
E
cotesta
letteratura
fu
certamente
il
substrato
della
posteriore
in
lingua
volgare
.
Così
nulla
va
perduto
nel
mondo
:
non
l
'
orma
de
'
misteriosi
augelli
primitivi
su
l
'
arena
di
tanti
secoli
che
s
'
è
fatta
pietra
,
e
né
pure
,
quel
ch
'
è
più
mirabile
,
lo
sfiorar
dell
'
ala
della
fantasia
umana
su
le
brume
del
passato
sfumanti
in
vetta
alla
montagna
dei
secoli
.
Ma
l
'
uomo
non
bada
.
III
.
Se
non
che
,
quando
il
settentrione
della
penisola
diventò
primo
campo
alle
battaglie
del
risvegliato
elemento
romano
,
o
perché
il
movimento
letterario
della
nuova
lingua
non
si
accompagnò
alla
vitale
contesa
dei
comuni
lombardi
coll
'
impero
e
alla
vittoria
che
la
coronò
?
Perché
non
si
manifestò
egli
da
prima
nella
valle
del
Po
e
dell
'
Adige
,
tutta
ancora
fremente
dell
'
ardore
della
riscossa
?
perché
,
in
quella
vece
,
i
monumenti
letterari
di
cotesta
gloriosa
regione
in
cotesta
età
gloriosissima
sono
eglino
,
tutti
da
prima
,
e
quasi
tutti
anche
di
poi
,
in
lingua
provenzale
?
Probabilmente
anche
tra
noi
il
primo
impulso
a
una
poesia
artifiziosa
in
lingua
nuova
mosse
dal
principio
cavalleresco
,
che
aggiunse
il
sommo
dell
'
esser
suo
prima
che
fosse
maturo
il
nazionale
.
Ora
il
principio
cavalleresco
si
manifestò
colle
imitazioni
delle
corti
di
Provenza
e
colla
importazione
della
poesia
provenzale
in
Lombardia
,
o
più
largamente
nella
Italia
superiore
,
da
mezzo
l
'
imperare
del
Barbarossa
a
tutto
il
regno
di
Federico
II
.
Perocché
i
trovadori
provenzali
,
gente
di
corte
attratta
dal
barbaglio
dell
'
acciaio
e
dell
'
oro
,
cominciarono
a
passare
in
Italia
all
'
occasione
delle
varie
calate
del
Barbarossa
,
e
,
seguitando
il
campo
o
la
corte
di
lui
e
alle
varie
corti
feudali
accogliendosi
che
allora
in
Italia
fiorivano
,
vi
portarono
colle
più
belle
costumanze
e
co
'
più
fini
riti
di
cavalleria
tutto
il
corpo
della
poesia
loro
,
la
lirica
meglio
loro
propria
e
i
romanzi
che
per
lo
più
imitarono
dalla
Francia
settentrionale
.
A
questa
prima
immigrazione
una
più
stabile
ne
seguitò
nei
primi
trent
'
anni
del
secolo
decimoterzo
,
massimamente
quando
la
spada
di
Simone
di
Montfort
ebbe
reciso
nel
proprio
terreno
quel
lieto
e
gentil
fiore
della
coltura
occitanica
.
Allora
i
trovadori
,
e
altri
che
della
gaia
scienza
si
facevano
un
mestiero
per
vivere
,
ripararono
in
Italia
,
quando
a
punto
la
potenza
ghibellina
e
con
essa
il
principio
cavalleresco
pareva
raffermarsi
tra
noi
mediante
il
naturalizzarsi
dell
'
impero
con
Federico
II
.
A
questo
tempo
la
imitazione
delle
cortesie
e
delle
fantasie
cavalleresche
risplende
nelle
feste
,
nelle
costumanze
,
nei
nomi
;
e
non
fu
solamente
dei
signori
e
feudatarii
,
ma
e
dei
cittadini
de
'
nuovi
comuni
che
pure
in
ciò
vollero
venire
in
gara
con
quelli
.
Ne
seguì
la
coltura
anche
tra
noi
della
gaia
scienza
,
la
quale
aveva
raggiunto
la
perfezione
artistica
nella
poesia
provenzale
.
Ma
questa
poesia
era
tale
un
sistema
artificioso
d
'
idee
complicate
e
riflesse
,
di
sentimenti
squisiti
e
affettati
,
di
convenute
sottigliezze
e
di
forme
consacrate
e
immutabili
,
che
ricercava
una
lingua
,
se
non
doviziosa
,
raffinatissima
e
nata
insieme
con
i
concetti
tutti
speciali
a
cui
doveva
adattarsi
.
Ora
i
dialetti
dell
'
Italia
superiore
,
ispidi
di
per
sé
né
politi
dall
'
uso
o
al
più
adoperati
in
un
'
arte
di
popolo
semplicissima
e
primordiale
,
erano
tutt
'
altro
che
acconci
a
ricevere
la
studiatissima
forma
trovadorica
e
a
rendere
le
sottigliezze
dell
'
amore
cavalleresco
.
Il
perché
parve
ai
nostri
più
agevol
cosa
l
'
usare
a
ciò
la
lingua
stessa
provenzale
,
che
del
resto
era
anche
la
lingua
di
moda
,
come
più
tardi
fu
la
francese
,
del
più
bel
fiore
della
cavalleria
europea
.
Così
pigliando
le
mosse
da
Nizza
e
giù
per
la
riviera
toccando
Genova
e
spingendoci
alle
foci
della
Magra
,
risalendo
poi
Monferrato
sino
a
Torino
,
sostando
oltre
Po
a
Pavia
e
a
Milano
e
su
'
l
Mincio
a
Mantova
,
montando
per
il
Friuli
e
discendendo
a
Venezia
e
ripassando
in
fine
il
Po
da
Ferrara
a
Bologna
,
in
poco
più
di
mezzo
secolo
,
da
Alberto
Malaspina
marchese
di
Lunigiana
che
rimava
circa
il
1204
fino
a
mastro
Ferrari
che
visse
alla
corte
di
Azzo
VII
estense
,
possiamo
contare
un
venticinque
italiani
i
quali
cantarono
in
provenzale
:
due
soli
,
tra
essi
,
toscani
;
feudatarii
quasi
tutti
,
e
,
salvo
pochissimi
,
di
parte
imperiale
,
od
uomini
di
corte
.
E
tutt
'
insieme
questi
rimatori
,
provenzali
nativi
e
italiani
che
provenzalmente
componevano
,
agitarono
la
vita
e
le
passioni
entro
la
valle
del
Po
nelle
guerre
de
'
comuni
con
l
'
impero
o
de
'
comuni
co
'
grandi
feudatarii
o
de
'
feudatarii
tra
loro
,
constituendo
un
secondo
periodo
letterario
,
il
periodo
lombardo
,
che
s
'
incastra
in
parte
nel
primo
periodo
latino
e
precede
in
parte
e
in
parte
accompagna
lo
svolgimento
del
volgare
italiano
.
Certo
,
in
niuna
altra
regione
d
'
Italia
fiorì
la
coltura
cavalleresca
meglio
che
in
Lombardia
e
nella
Marca
trivigiana
,
ma
fu
coltura
straniera
;
tanto
che
,
mentre
in
Lombardia
poetavasi
in
provenzale
,
alle
corti
del
Friuli
si
parlava
francese
,
e
francese
si
scrisse
anche
più
tardi
in
Venezia
e
in
Bologna
da
'
poeti
cortigiani
della
cavalleresca
casa
d
'
Este
.
Onde
ciò
?
Troppo
era
per
avventura
mista
di
sangui
diversi
la
generazione
lombarda
,
e
troppo
il
sangue
predominante
era
affine
al
celtico
d
'
oltr
'
alpe
,
onde
quella
nuova
letteratura
procedeva
.
Che
se
cotesta
mescolanza
di
sangui
fu
e
allora
e
di
poi
argomento
di
vigore
e
cagione
di
lunga
vitalità
a
quel
forte
popolo
,
le
impedì
anche
di
dare
su
quel
súbito
la
propria
impronta
all
'
opera
artistica
.
O
forse
anche
il
principio
cavalleresco
era
tra
noi
troppo
debole
,
sì
che
potesse
domare
e
fecondare
un
dialetto
ancor
vergine
.
Su
'
l
finire
del
periodo
,
circa
il
1250
,
l
'
ombra
di
un
nuovo
idioma
italiano
sembrò
voler
sorgere
nelle
parti
settentrionali
d
'
Italia
e
distinguersi
dall
'
italiano
del
centro
,
parve
prossima
a
farsi
un
'
idealizzazione
letteraria
de
'
dialetti
circumpadani
;
e
tentativi
di
poesia
religiosa
ci
furono
nelle
cantilene
di
fra
'
Giacomino
da
Verona
e
nelle
altre
d
'
ignoti
,
di
poesia
borghese
in
quelle
di
fra
'
Bonvicino
da
Riva
,
e
,
un
po
'
più
dopo
,
d
'
imitazione
delle
rapsodie
francesi
nel
Renardo
.
Ma
era
troppo
tardi
,
rispetto
alle
condizioni
politiche
della
Italia
settentrionale
;
e
quei
dialetti
troppo
riuscivano
all
'
opera
poveri
e
rozzi
,
e
troppo
erano
anche
sottomesse
le
menti
agl
'
influssi
d
'
oltr
'
alpe
,
sì
che
la
nazione
se
ne
potesse
giovare
.
Da
altri
anni
adunque
e
da
altri
paesi
dové
l
'
Italia
aspettarsi
i
primi
e
vigorosi
esperimenti
d
'
una
propria
letteratura
in
lingua
sua
.
IV
.
Del
resto
,
che
del
mancato
svolgimento
d
'
una
letteratura
nazionale
in
Lombardia
non
debba
recarsi
la
cagione
a
solo
il
dialetto
,
ma
sì
più
tosto
al
principio
cavalleresco
che
informò
quel
periodo
,
anche
da
questo
apparisce
:
quasi
allo
stesso
tempo
che
in
Lombardia
,
al
mezzogiorno
,
secondo
centro
d
'
attrazione
alla
vita
nuova
d
'
Italia
,
si
può
determinare
un
terzo
periodo
letterario
,
che
pur
s
'
incastra
per
il
tempo
nel
periodo
lombardo
,
ed
è
il
siculo
;
e
questo
in
un
dialetto
che
fu
veramente
idealizzato
a
idioma
letterario
,
o
che
almeno
molto
influì
e
contribuì
nella
lingua
letteraria
,
tanto
che
da
Dante
e
dal
Petrarca
si
dà
a
'
siciliani
l
'
onor
del
primato
di
tempo
,
che
par
difficile
contrastare
,
nella
volgar
poesia
:
e
tuttavia
anche
il
periodo
siculo
è
nazionale
solo
nelle
forme
esterne
,
e
non
in
tutte
.
E
pure
se
il
principio
cavalleresco
avesse
mai
potuto
esser
cagione
efficace
da
per
sé
solo
di
propria
e
nazionale
letteratura
,
qual
migliore
occasione
,
qual
miglior
tempo
,
qual
miglior
luogo
di
quello
!
L
'
ideale
cavalleresco
,
che
oltre
alpe
cominciava
già
a
illanguidire
,
pareva
allora
raccogliere
i
raggi
più
puri
intorno
al
biondo
capo
del
giovine
imperador
di
Soavia
:
con
lui
era
da
principio
la
chiesa
,
ed
egli
conducea
le
crociate
;
e
quando
la
chiesa
l
'
abbandonò
,
gli
vennero
fedeli
a
'
due
lati
la
scienza
e
la
forza
:
ricco
e
bello
ed
ameno
il
paese
,
se
altro
mai
,
e
lungo
i
fiorenti
e
odorati
seni
del
Ionio
sonante
ancora
delle
sacre
armonie
della
musa
greca
:
molle
,
colorito
,
profondamente
soave
l
'
accento
su
le
rosee
labbra
delle
donne
di
Sicilia
;
potente
e
altamente
intonato
su
la
bocca
della
viril
gioventù
.
Con
tutto
ciò
quella
misera
poesia
siciliana
e
pugliese
fu
tutt
'
altro
,
ripetiamolo
,
che
nazionale
.
Allor
che
il
regno
di
Sicilia
e
Puglia
passò
per
eredità
negli
svevi
,
spostatosi
il
centro
della
politica
ghibellina
,
la
coltura
cavalleresca
,
aulica
di
sua
natura
e
feudale
non
ostante
qualche
accenno
in
contrario
,
seguì
dall
'
alta
Italia
a
Palermo
,
ove
i
normanni
le
avean
preparato
la
stanza
,
la
corte
degli
imperatori
.
Ma
le
contrade
meridionali
trasformano
e
fanno
simili
a
sé
così
gli
uomini
come
le
piante
:
bisogna
o
morirvi
o
prender
l
'
abito
del
paese
.
A
quel
modo
che
gli
svevi
nel
mezzogiorno
divennero
principi
italiani
,
la
poesia
provenzale
si
fe
'
siciliana
.
Ma
,
come
sotto
la
simulazione
italiana
trasparisce
più
d
'
una
volta
in
Federico
II
la
bestialità
tedesca
,
così
nella
poesia
siciliana
,
sol
che
guardiate
oltre
la
prima
pelle
,
vedrete
scorrere
,
languido
omai
e
scolorato
,
il
sangue
provenzale
.
Ragion
vuole
che
si
distinguano
alcuni
versi
da
cui
spira
fresco
e
odorato
un
alito
di
sensibile
voluttà
o
da
cui
rompe
alcun
grido
di
passione
degno
d
'
un
popolo
misto
di
sangue
greco
e
di
arabo
,
che
si
avverta
ad
alcuni
echi
dell
'
idillio
di
Teocrito
,
ad
alcune
melodie
che
prenunziano
il
Mèli
.
E
cotesta
,
qualunque
siasi
,
è
poesia
che
esce
dall
'
ordine
delle
ispirazioni
e
forme
cavalleresche
:
son
frammenti
di
un
'
arte
paesana
e
di
popolo
,
anteriore
alle
imitazioni
occitaniche
:
son
faville
di
quella
letteratura
sensuale
e
ardente
che
si
addimostrerà
poi
nelle
novelle
del
Boccaccio
,
nelle
ballate
del
Poliziano
,
nelle
pastorali
del
Tasso
e
del
Guarino
.
Ma
quelle
rime
auliche
,
quelle
rime
della
così
detta
academia
fondata
da
Federico
II
,
quelle
rime
oh
che
misera
cosa
son
esse
!
Né
la
miseria
loro
procede
già
dai
difetti
che
son
quasi
necessari
in
arte
nascente
.
Che
anzi
la
pretensione
v
'
è
troppa
:
v
'
è
arguzia
,
v
'
è
sforzo
,
v
'
è
erudizione
accattata
;
v
'
è
,
innanzi
alle
academie
propriamente
dette
,
il
colore
academico
:
è
il
balbettare
infantile
della
decrepitezza
.
E
di
fatti
la
poesia
cavalleresca
fu
,
dopo
pochi
anni
di
esistenza
,
ridotta
al
verde
:
lasciate
pure
che
sotto
il
patrocinio
di
Manfredi
la
sua
fiammolina
si
allarghi
ancora
tra
i
ghibellini
di
Toscana
;
lasciate
queste
illusioni
di
vitalità
alla
povera
moribonda
.
Ella
trascinerà
la
sua
poca
vita
fino
al
1266
,
poi
cadrà
anch
'
ella
su
'
l
campo
di
Benevento
;
e
il
compianto
che
un
trovator
provenzale
scioglierà
su
la
morte
del
re
tedesco
nato
in
Italia
sarà
ad
un
tempo
il
canto
di
requie
a
una
generazione
di
poeti
defunti
.
Mentre
i
cavalieri
angioini
si
spartivano
co
'
piedi
i
tesori
di
casa
sveva
,
e
un
ribaldo
dell
'
esercito
di
Carlo
gittava
il
corpo
del
re
di
Sicilia
,
del
re
dei
poeti
e
delle
belle
,
ignudo
e
sozzo
di
polvere
e
sangue
,
a
traverso
un
asino
,
gridando
pe
'
l
campo
-
-
Chi
compra
Manfredi
?
-
-
;
mentre
de
'
suoi
baroni
un
solo
,
il
prigioniere
conte
Giordano
Lancia
,
osava
riconoscere
il
suo
re
e
lacrimando
e
piangendo
abbracciarne
il
cadavere
;
mentre
niuno
dei
rimatori
cortigiani
di
Sicilia
e
di
Puglia
aveva
un
accento
di
dolore
per
il
nipote
di
tanti
imperatori
caduto
con
la
sua
casa
e
co
'
l
suo
regno
in
battaglia
;
un
povero
trovatore
straniero
,
Americo
di
Peguilhan
,
si
ricordò
di
lui
,
di
lui
che
ne
'
bei
dì
della
gloria
avrà
a
pena
fatto
un
cenno
di
grazia
al
poeta
.
E
-
-
Tutti
gli
onori
,
cantava
,
tutte
le
azioni
gloriose
furono
guaste
e
messe
in
fondo
il
giorno
che
morte
uccise
colui
che
meglio
le
pregiava
,
il
più
piacente
che
nascesse
mai
di
madre
umana
,
il
valente
re
Manfredi
che
fu
capitano
di
valore
e
di
ogni
virtù
.
Ora
l
'
onore
se
ne
va
solo
e
piangendo
,
ché
non
è
uomo
né
cosa
che
a
sé
lo
chiami
,
non
è
conte
né
marchese
né
re
che
si
faccia
innanzi
e
lo
inviti
.
Ora
il
disonore
fa
tutto
ciò
che
mai
volle
fare
.
Per
tutto
il
mondo
e
per
tutt
'
i
mari
voglio
che
vada
questo
mio
sirventese
,
se
potesse
trovar
uomo
che
gli
sapesse
dir
nuove
del
re
Artù
e
quando
dee
rivenire
.
-
-
Re
Arturo
,
o
poeta
,
dorme
ben
forte
nelle
grotte
armoricane
di
sua
sorella
Morgana
,
e
non
torna
più
:
i
cavalieri
e
i
trovatori
della
dolce
Provenza
giacciono
per
sempre
schiacciati
sotto
le
ruine
dei
loro
castelli
messi
a
fuoco
dai
gentiluomini
francesi
e
dai
frati
spagnuoli
:
il
re
Manfredi
non
ode
,
sotto
la
«
grave
mora
»
degli
Angioini
,
il
tuo
compianto
.
I
re
se
ne
vanno
,
o
poeta
,
ma
l
'
onore
rimane
,
e
la
poesia
alla
loro
morte
rinasce
.
La
cavalleria
è
morta
,
ben
veramente
morta
;
ma
le
succede
il
popolo
.
Firenze
,
ove
e
già
nato
Dante
,
ove
stan
per
nascere
il
Petrarca
e
il
Boccaccio
,
non
ha
per
suo
grido
di
guerra
nome
alcuno
d
'
imperatore
o
di
re
o
di
barone
;
ella
«
in
poca
piazza
fa
mirabil
cose
»
con
due
parole
plebee
,
Popolo
e
Libertà
.
V
.
La
poesia
cavalleresca
finisce
dunque
in
Lombardia
e
in
Sicilia
senza
eredi
.
Quelle
piante
esotiche
menavano
frutti
,
perché
il
favore
principesco
le
annaffiava
:
tolto
cotesto
,
appassiscono
e
in
terreno
non
suo
vengono
meno
.
Ma
in
lor
vece
è
ella
fiorita
per
avventura
la
letteratura
nazionale
?
Dante
nasce
poco
men
d
'
un
anno
prima
che
si
combatta
a
Benevento
.
Intanto
tra
la
vecchia
poesia
che
rappresentava
il
principio
caduto
in
Benevento
e
la
poesia
nuova
che
sgorgherà
gloriosa
dal
petto
di
questo
fanciullo
intercede
un
momento
d
'
inerzia
e
incertezza
.
Col
sormontare
di
parte
guelfa
conseguente
a
quella
battaglia
,
spostato
una
terza
volta
il
centro
politico
dell
'
Italia
,
il
primato
civile
che
non
poteva
esser
più
ripreso
dalle
città
lombarde
rifinite
omai
di
forze
dalla
difesa
lunga
contro
l
'
impero
e
già
sottomesse
a
tiranni
domestici
o
vicine
ad
essere
,
il
primato
civile
,
dico
,
passa
alle
città
del
mezzo
,
che
se
lo
contendon
tra
loro
fin
che
lo
prende
tutto
Firenze
.
Allora
quasi
ognuna
di
quelle
città
e
di
quelle
terre
ebbe
poeti
e
scrittori
;
ma
l
'
arte
non
si
levò
súbito
a
nuove
altezze
.
Tra
due
età
che
differiscono
di
spiriti
e
forme
havvi
sempre
,
chi
sappia
scorgerlo
,
un
limite
nel
quale
vengono
a
combaciarsi
,
trasmutandosi
a
grado
a
grado
il
vecchio
nel
nuovo
.
Ma
degli
autori
che
segnano
nell
'
età
letterarie
questo
passaggio
è
destino
esser
poi
sopraffatti
dai
successori
,
e
obliati
,
quando
non
disprezzati
;
se
pure
alcuno
dei
più
grandi
che
mosse
i
primi
passi
sotto
la
loro
scorta
non
gli
salvi
con
un
benigno
riguardo
di
gratitudine
.
L
'
oblio
e
lo
spregio
toccò
per
gran
parte
a
Guittone
d
'
Arezzo
,
che
pur
s
'
ingegnò
primo
di
far
passare
la
poesia
dal
principio
cavalleresco
al
nazionale
,
dalle
forme
trovadoriche
alle
latine
;
a
Guittone
,
che
aspirò
a
quella
poesia
politica
concionatrice
levata
di
poi
sì
alto
dal
Petrarca
;
a
Guittone
,
che
diede
il
primo
esempio
della
prosa
dotta
italiana
.
Lo
sguardo
benigno
d
'
un
gran
poeta
toccò
a
Guido
Guinicelli
e
alla
scuola
bolognese
.
Bologna
,
posta
fra
Lombardia
e
Toscana
,
raccolse
in
sé
le
tradizioni
delle
due
più
gloriose
popolazioni
italiane
;
gloriosa
la
prima
nel
cominciare
,
gloriosa
la
seconda
nel
continuare
il
movimento
nazionale
.
E
non
poteva
non
essere
che
l
'
arte
della
parola
,
tócco
a
pena
il
suolo
santificato
dalla
libertà
,
non
ne
attignesse
forze
nuove
e
altra
vita
.
In
Bologna
,
Guidotto
,
accomodando
primo
tra
i
nostri
i
precetti
dell
'
antica
eloquenza
alla
lingua
nuova
,
trovava
modo
,
pur
dedicando
il
suo
libro
a
Manfredi
re
,
trovava
modo
a
designare
l
'
officio
di
parlator
cittadino
in
comune
libero
.
E
nella
canzone
del
Guinicelli
la
fredda
affettazione
dei
siculi
cede
luogo
all
'
imaginoso
sentimento
lirico
,
la
dovizia
misera
del
ritmo
provenzale
all
'
ondeggiamento
armonioso
e
solenne
della
stanza
italica
,
le
forme
convenute
agl
'
intelletti
della
scienza
.
Per
amore
del
Guinicelli
,
riconosciuto
novatore
solenne
fin
da
'
coetanei
e
salutato
padre
da
Dante
,
a
questo
quarto
periodo
della
nascente
letteratura
,
che
è
periodo
di
passaggio
e
che
si
estese
ad
altre
regioni
dell
'
Italia
mediana
,
rimane
e
rimarrà
l
'
aggiunto
di
bolognese
.
Bologna
,
la
madre
degli
studi
,
prima
sentì
l
'
arte
e
prima
all
'
arte
sposò
la
scienza
,
divinando
gli
spiriti
e
le
forme
della
grande
letteratura
che
era
per
venire
.
VI
.
Dalle
prime
croniche
del
mille
,
ove
l
'
elemento
nazionale
incomincia
a
dare
indizio
di
vitalità
,
fino
alla
morte
del
Guinicelli
avvenuta
nel
1276
,
è
tutto
dunque
un
contrasto
fra
i
diversi
elementi
o
principi
che
informar
dovevano
la
letteratura
novella
.
Come
i
quattro
periodi
letterari
finora
segnati
s
'
incrociano
e
incastrano
l
'
uno
nell
'
altro
;
così
i
principii
moventi
s
'
intrecciano
ed
avviluppano
nell
'
azion
letteraria
,
e
la
materia
soggetta
si
agita
e
si
rimesce
senza
posarsi
in
una
forma
determinata
.
Nel
periodo
latino
l
'
elemento
nazionale
apparisce
in
potenza
,
ma
sotto
l
'
azione
prevalente
del
principio
ecclesiastico
e
cavalleresco
:
nel
periodo
lombardo
l
'
elemento
cavalleresco
si
mescola
al
nazionale
,
e
questo
per
la
parte
sua
più
popolana
al
religioso
:
nel
periodo
siculo
il
principio
cavalleresco
informa
un
'
arte
puramente
feudale
e
di
corte
:
il
periodo
bolognese
in
fine
,
serbando
del
contenuto
e
delle
forme
anteriori
,
discuopre
gl
'
intendimenti
e
i
lineamenti
primi
di
un
'
arte
nazionale
e
dotta
.
E
quando
in
Italia
sta
per
sorgere
questa
letteratura
,
nazionale
ad
un
tempo
ed
europea
;
quando
cominciano
ad
apparire
nella
penisola
i
pensatori
,
gli
scrittori
,
gli
artisti
,
per
i
quali
la
patria
nostra
esercitò
il
glorioso
officio
di
conciliatrice
tra
l
'
antichità
e
l
'
età
di
mezzo
,
tra
l
'
età
di
mezzo
e
la
moderna
;
quando
si
determina
tra
noi
il
proprio
e
vero
rinascimento
letterario
,
considerato
come
ideale
ed
artistica
manifestazione
del
risvegliato
e
ritemperato
elemento
romano
;
in
quel
tempo
,
dico
,
la
nativa
e
legittima
arte
del
medio
evo
va
scadendo
così
nella
feudale
Germania
come
nella
Francia
cavalleresca
.
In
Germania
,
il
decadimento
ha
principio
col
finire
della
imperial
casa
sveva
;
con
quella
stessa
ruina
che
segnò
un
mutamento
essenziale
e
un
rinnovamento
letterario
per
l
'
Italia
.
Sotto
gli
Absburghi
le
grandi
epopee
intisichiscono
,
svaporano
le
sottili
fantasie
e
i
tenui
sentimenti
dei
minnesingheri
;
e
invano
Ulrico
di
Lichtenstein
tenta
di
ravvivare
con
l
'
esagerazione
,
come
in
simili
casi
suol
farsi
,
la
tradizione
dell
'
amore
cavalleresco
,
ché
Hadlaub
di
Zurigo
volta
in
parodia
i
canti
dei
trovatori
.
Succede
il
poema
didattico
prosaico
e
pedantesco
;
e
la
poesia
piattamente
borghese
dei
maestri
artigiani
tiene
il
campo
per
lunghi
anni
.
Anche
in
Francia
la
gloriosa
età
letteraria
del
medio
evo
finisce
press
'
a
poco
in
quel
medesimo
tempo
,
col
regno
di
Luigi
IX
:
nata
con
le
crociate
,
quell
'
arte
non
sopravvive
al
santo
re
che
muore
in
potere
degli
infedeli
.
Suo
fido
vassallo
e
storico
,
il
signor
di
Joinville
,
della
partenza
per
oltremare
scrive
con
la
solita
potente
semplicità
:
«
Io
non
volli
rivolger
mai
gli
occhi
verso
Joinville
,
perché
il
cuore
non
mi
s
'
intenerisse
del
bel
castello
che
io
lasciava
e
de
'
miei
due
fanciulli
»
.
Questo
sentimento
così
umano
di
rincrescimento
pe
'
i
beni
terreni
che
si
lasciano
alle
spalle
,
quando
s
'
ha
dinanzi
alla
vista
dell
'
anima
Terra
Santa
,
è
già
ben
lontano
dal
furor
sacro
che
spingeva
le
turbe
della
prima
crociata
,
guerrieri
e
vecchi
,
donne
e
fanciulli
,
a
gridare
:
Dio
lo
vuole
!
Il
succhio
di
quella
superba
vegetazione
di
cento
e
cento
epopee
,
la
fede
e
l
'
entusiasmo
,
s
'
è
dunque
esaurito
:
anche
qui
è
la
volta
dei
poemi
d
'
imitazione
,
e
,
peggio
,
delle
contraffazioni
e
delle
parodie
.
Perocché
con
Filippo
il
bello
,
col
re
odiato
da
Dante
,
in
Francia
,
nella
terra
dei
cavalieri
,
comincia
una
letteratura
borghese
.
Di
tal
mutamento
la
prova
più
parlante
è
nelle
due
parti
,
distinte
così
per
l
'
autore
come
per
gli
spiriti
,
del
Romanzo
della
Rosa
.
Nella
prima
parte
,
composta
sotto
il
regno
di
Luigi
IX
da
Guglielmo
di
Lorris
,
spira
l
'
ultimo
anelito
dell
'
amore
cavalleresco
:
ella
è
una
mummia
che
mostra
i
lineamenti
disfatti
dell
'
Arte
d
'
amare
di
Ovidio
,
raffazzonata
con
gli
stracci
a
più
colori
delle
allegorie
monacali
,
e
suvvi
tra
le
rappezzature
qualche
fiorellino
vizzo
dell
'
arte
trovadorica
;
cammina
in
punta
di
piedi
e
barcollando
su
le
sottigliezze
della
scolastica
.
La
seconda
parte
,
composta
da
Giovanni
di
Meung
sotto
Filippo
il
Bello
,
è
un
lungo
,
troppo
lungo
e
troppo
grossolano
,
scoppio
di
risa
plebee
contro
tutto
ciò
che
pochi
anni
innanzi
era
stato
grande
,
gentile
,
ideale
;
contro
l
'
amore
e
contro
le
donne
,
contro
la
cavalleria
e
contro
la
religione
.
Né
basta
.
Così
in
Francia
come
in
Germania
la
bella
poesia
della
prima
età
del
medio
evo
divenne
ben
presto
antica
,
tanto
antica
,
che
,
dimenticata
per
più
secoli
come
cosa
morta
,
ella
fu
solo
a
questi
ultimi
tempi
dissotterrata
dai
dotti
e
rimessa
su
gli
altari
,
nazionale
reliquia
.
E
non
pur
essa
era
morta
,
ma
anche
la
lingua
che
le
servì
d
'
instrumento
.
La
Canzone
di
Rolando
in
Francia
e
i
Nibelunghi
in
Germania
,
perché
sieno
intesi
dai
francesi
e
dai
tedeschi
d
'
oggigiorno
,
convien
tradurli
nel
francese
e
nel
tedesco
d
'
oggigiorno
.
Quelle
lingue
,
germanica
e
francese
d
'
allora
,
soggette
a
mutazioni
continue
,
parevano
non
poter
uscire
dalla
condizione
tumultuosa
di
dialetti
.
E
già
in
Alemagna
il
dialetto
meridionale
dei
minnesingheri
era
succeduto
a
più
altri
più
antichi
,
per
cedere
poi
il
luogo
alla
lingua
di
Lutero
,
che
fu
,
solo
fa
ora
a
pena
cent
'
anni
,
classicamente
fermata
dal
Klopstock
e
dal
Goethe
.
In
Francia
alla
lingua
cavalleresca
dei
secoli
decimosecondo
e
decimoterzo
si
frappose
un
'
anarchica
invasione
di
dialetti
,
s
'
impose
il
pedantismo
dei
dotti
di
Carlo
V
e
VI
,
e
su
questo
il
grecismo
e
latinismo
della
pleiade
in
lotta
coll
'
imitazione
italiana
e
con
lo
spirito
gallese
puro
al
tempo
di
Francesco
I
,
e
di
poi
la
dittatura
grammaticale
del
Malherbe
sotto
Enrico
IV
,
e
in
fine
il
purismo
academico
del
decimoquarto
Luigi
.
Così
cinque
strati
diversi
di
lingua
s
'
accumularono
aggravando
su
la
primitiva
letteratura
francese
.
Tutto
al
contrario
in
Italia
.
Qui
la
lingua
nuova
ascese
tardi
al
ministero
delle
lettere
:
ma
a
pena
si
mostra
,
ed
è
già
fermata
,
determinata
:
e
con
essa
,
le
forme
dell
'
arte
nazionale
.
Che
cosa
v
'
è
da
aggiungere
di
essenziale
,
che
cosa
è
stato
mai
aggiunto
di
veramente
nuovo
e
bello
e
grande
,
che
cosa
d
'
inevitabilmente
necessario
,
all
'
arte
di
Dante
,
del
Petrarca
,
del
Boccaccio
?
O
abbiam
noi
per
avventura
bisogno
di
tradurre
,
perché
sia
inteso
dalla
maggior
parte
della
nazione
,
il
canto
di
Ugolino
?
Le
letterature
medievali
di
Francia
e
Germania
,
e
come
nazionali
e
come
europee
,
furono
per
grandissima
parte
,
lo
abbiam
detto
più
volte
,
la
espressione
di
una
civiltà
di
convenzione
di
un
ordine
privilegiato
.
Ora
,
quando
su
lo
scorcio
del
secolo
decimoterzo
la
grande
unità
cristiana
s
'
interruppe
nell
'
occidente
,
causa
in
parte
il
venir
meno
delle
crociate
e
in
parte
l
'
indebolimento
dell
'
impero
;
quando
le
grandi
guerre
si
ruppero
tra
francesi
e
fiamminghi
,
tra
francesi
e
inglesi
;
quando
cominciarono
in
Germania
le
rivolte
dei
borghesi
,
e
in
Francia
il
sollevamento
del
terzo
stato
;
quelle
letterature
e
divennero
straniere
l
'
una
all
'
altra
,
e
perdettero
la
continuità
e
il
filo
della
tradizione
,
e
furono
sopraffatte
dall
'
elemento
plebeo
,
che
le
ammaccò
e
infranse
come
il
godendac
dei
fiamminghi
fiaccò
la
cavalleria
francese
a
Coltrai
.
Vero
è
che
né
in
Germania
né
in
Francia
l
'
elemento
popolare
era
constituito
politicamente
o
constituibile
;
onde
là
la
lotta
sociale
non
fu
che
una
delle
conseguenze
anarchiche
dello
sfacimento
dell
'
impero
,
e
qua
il
terzo
stato
non
fe
'
che
servire
,
credendosele
collegato
,
alla
monarchia
,
la
quale
,
adoperato
che
l
'
ebbe
a
recidere
i
nervi
del
feudalismo
e
del
clero
,
pose
d
'
un
sol
cenno
silenzio
al
canto
fescennino
,
e
ridusse
l
'
ilota
all
'
usata
catena
.
Ma
ad
ogni
modo
,
tra
lo
smembramento
dell
'
unità
cristiana
del
medio
evo
su
'
l
finire
del
secolo
decimoterzo
e
il
ricostruirsi
delle
unità
monarchiche
nel
decimosesto
,
una
gran
lacuna
per
l
'
Europa
ci
fu
:
lacuna
che
è
segnata
dalle
orme
gravi
della
barbarie
.
In
questo
mezzo
sta
l
'
Italia
,
che
di
tra
la
luce
crepuscolare
del
medio
evo
ha
ripreso
la
fiaccola
della
civiltà
nelle
tombe
del
passato
,
ne
ha
illuminato
un
gran
tratto
di
cielo
,
e
la
distende
benigna
e
incurante
ad
accendere
le
lampadi
delle
sorelle
che
la
percuotono
.
Perocché
in
Italia
il
principio
popolare
era
la
forza
dell
'
elemento
romano
connaturato
al
terreno
e
ritemperatosi
alla
vita
novella
.
Educato
nelle
tradizioni
della
civiltà
antica
,
raffermatosi
nell
'
uso
dei
reggimenti
e
delle
leggi
,
con
gli
attriti
con
le
industrie
co
'
viaggi
e
i
commerci
s
'
era
fatto
pratico
di
tutta
l
'
Europa
.
Scelse
il
tempo
e
il
luogo
opportuno
,
e
poi
guidato
dal
genio
antico
,
e
conscio
dei
nuovi
fati
,
procedé
grave
,
severo
,
all
'
opera
letteraria
.
Già
lo
dissi
:
l
'
Italia
avrà
letteratura
nuova
e
sua
,
quando
il
principio
popolare
,
più
veramente
qui
nazionale
,
potrà
equilibrarsi
o
sormontare
agli
altri
,
l
'
ecclesiastico
e
il
cavalleresco
.
Ora
siamo
al
punto
.
VII
.
Il
termine
della
potenza
imperiale
tra
noi
fu
segnato
,
lo
ripeto
,
dalla
battaglia
di
Benevento
.
In
Benevento
di
fatti
,
meglio
che
l
'
infelice
e
valoroso
Manfredi
,
cadeva
ferita
al
cuore
la
parte
imperiale
con
le
sue
tradizioni
necessariamente
germaniche
e
feudali
.
La
battaglia
di
Benevento
compiva
quella
di
Legnano
;
e
le
spade
dei
guelfi
fiorentini
che
seguivano
,
o
,
meglio
,
precedevano
Carlo
d
'
Angiò
,
rescindevan
di
fatto
i
vincoli
onde
i
mal
destri
guelfi
lombardi
si
erano
volontariamente
impedite
le
mani
a
Costanza
.
Che
importa
se
un
papa
bandisce
cotesta
guerra
,
se
la
conduce
un
francese
?
Lasciate
passare
qualche
anno
;
e
se
il
papa
,
libero
al
fine
dalla
téma
dell
'
imperatore
presente
,
vorrà
allungare
li
ugnòli
,
i
comuni
e
i
signori
italiani
non
son
più
ormai
bestiuole
da
prendersi
a
inganno
e
farne
strazio
:
parte
guelfa
si
rinnoverà
per
modo
da
far
rientrare
pietosamente
quelle
granfie
.
Lasciate
passare
qualche
anno
;
e
la
concordia
tra
i
reali
di
Francia
e
la
chiesa
finirà
con
lo
schiaffo
di
cui
Filippo
il
Bello
,
mediante
la
mano
inguantata
di
ferro
di
Sciarra
Colonna
,
lasciò
l
'
impronta
su
la
faccia
senile
di
Bonifazio
VIII
.
Conseguitata
allora
all
'
abbiettazione
del
principio
d
'
autorità
feudale
quella
dell
'
ecclesiastico
,
e
trasferita
la
sede
alla
così
detta
cattività
babilonica
d
'
Avignone
,
nell
'
ecclisse
dei
due
luminari
del
medio
evo
,
la
luce
della
civiltà
italiana
empirà
mirabilmente
tutto
il
cielo
d
'
Europa
.
La
battaglia
di
Benevento
[
1266
]
,
e
la
caduta
della
repubblica
di
Firenze
[
1530
]
,
la
nascita
di
Dante
e
la
morte
dell
'
Ariosto
,
sono
dunque
come
l
'
oriente
e
l
'
occidente
di
questo
glorioso
giorno
d
'
Italia
;
o
,
se
volete
comprendervi
i
crepuscoli
dell
'
aurora
e
quelli
del
vespero
,
la
pace
di
Costanza
[
1183
]
e
il
trattato
di
Castel
Cambresis
[
1559
]
che
sottometteva
del
tutto
l
'
Italia
alla
casa
austriaca
di
Spagna
.
Così
,
quando
gli
astri
del
ponteficato
e
dell
'
impero
tramontano
,
nasce
quello
d
'
Italia
:
a
pena
i
primi
si
rincrociano
su
l
'
orizzonte
come
sinistre
comete
,
quel
d
'
Italia
ricade
.
VIII
.
Ma
quando
il
principio
popolare
e
nazionale
si
mise
all
'
opera
letteraria
,
quali
monumenti
trovò
egli
per
la
sua
via
,
quali
avanzi
,
quali
parti
incompiute
o
lasciate
a
mezzo
o
a
pena
delineate
,
del
gran
lavoro
che
avean
fatto
per
addietro
o
stavan
facendo
i
due
principii
emuli
?
Badò
egli
o
disprezzò
?
Riformò
o
distrusse
?
Distruggere
è
dei
barbari
;
e
l
'
elemento
italiano
troppo
è
di
natura
sua
assimilatore
.
E
di
più
l
'
opera
di
quei
due
principii
tanto
era
stata
prossima
e
tanto
influsso
aveva
esercitato
su
le
idee
,
che
sottrarsele
ed
evitarla
diveniva
,
per
allora
almeno
,
impossibile
.
Cominciamo
dal
principio
cavalleresco
,
la
cui
arte
si
spande
per
due
rivi
:
soggettiva
,
nella
lirica
amorosa
dei
trovadori
e
minnesingheri
;
oggettiva
,
nelle
epopee
romanzesche
normanne
bretoni
e
alemanne
.
Ma
l
'
epopea
romanzesca
non
divenne
europea
e
popolare
se
non
per
la
intromissione
e
la
mezzanità
del
principio
religioso
.
Ora
nel
primo
ciclo
di
quelle
epopee
,
intieramente
germanico
,
anzi
della
Germania
pagana
,
nel
ciclo
dei
Nibelunghi
e
della
Kudrun
e
del
Libro
degli
eroi
,
la
chiesa
non
ebbe
che
fare
;
né
il
cristianesimo
era
ancor
giunto
a
incivilire
con
la
cavalleria
quegli
eroi
,
che
son
veri
germani
della
migrazione
e
si
scannano
ferocemente
tra
loro
da
veri
burgundi
e
franchi
veri
.
Questo
ciclo
adunque
rimase
interamente
germanico
,
e
non
poteva
entrare
a
parte
della
letteratura
cavalleresca
europea
,
e
tanto
meno
della
italiana
.
Delle
quali
in
vece
è
universal
vanto
il
ciclo
carolingio
,
probabilmente
normannico
,
santificato
dalla
chiesa
colla
introduzione
delle
crociate
e
delle
guerre
per
la
fede
,
e
per
ciò
,
e
per
la
memoria
del
ristorato
impero
,
coltivato
con
amore
speciale
dai
popoli
di
Europa
.
Romanzesco
più
veramente
nel
senso
moderno
,
pieno
cioè
di
avventure
ardite
e
di
tenere
elegie
d
'
amore
,
era
il
terzo
ciclo
,
celtica
invenzione
dei
bretoni
,
più
intimo
,
più
moderno
,
più
veramente
francese
:
e
anche
di
quello
s
'
impossessò
la
chiesa
,
e
lo
affidò
a
'
pii
tedeschi
che
lo
idealizzassero
fino
a
simboleggiarvi
il
mistero
dell
'
eucaristia
.
Tale
era
la
materia
epica
,
germanica
e
celtica
,
che
l
'
Italia
ebbe
innanzi
.
Ma
l
'
ordine
feudale
da
cui
moveva
e
a
cui
ritornava
la
poesia
cavalleresca
,
in
Italia
,
senza
centro
suo
d
'
unità
,
fu
bentosto
sopraffatto
dall
'
elemento
indigeno
e
cittadino
con
cui
si
fuse
:
onde
ispirazione
d
'
arte
puramente
cavalleresca
l
'
Italia
non
ebbe
mai
.
Ebbe
una
materia
cavalleresca
,
che
fu
spasso
al
popolo
e
soggetto
di
esperienze
artistiche
ai
poeti
.
Le
canzoni
di
gesta
e
i
romanzi
avevano
da
un
pezzo
passate
le
Alpi
,
e
seguitavano
probabilmente
a
passarle
dopo
l
'
avvenimento
degli
angioini
.
Ma
gente
che
finiva
allora
d
'
avere
messo
insieme
il
corpo
del
diritto
romano
,
gente
che
aveva
da
affrontare
la
realtà
della
vita
negl
'
interessi
dei
comuni
,
nelle
lotte
dei
partiti
,
negli
ardimenti
dell
'
industria
,
potevano
per
allora
pensare
a
rifar
su
'
l
serio
quegl
'
intrecci
di
eroi
dai
lievi
contorni
che
vanno
sfumando
in
un
turbine
di
avventure
mal
comprese
?
potevano
pensarvi
essi
che
ammiravano
Virgilio
ed
Ovidio
?
Cavalieri
e
dame
leggevano
di
Lancillotto
e
Ginevra
in
francese
:
il
popolo
ascoltava
con
diletto
nelle
piazze
i
cantastorie
di
Orlando
e
Carlo
Magno
,
che
potevano
essere
anche
francesi
o
che
cantavano
un
francese
fatto
a
pena
italiano
nelle
desinenze
,
come
è
quello
del
Renart
veneto
;
ascoltava
,
e
,
dov
'
ei
vedesse
un
masso
di
meravigliosa
mole
,
diceva
esser
quello
stesso
che
fu
spezzato
in
due
dalla
spada
del
paladino
d
'
Anglante
;
affermava
rialzate
o
edificate
dal
santo
imperatore
quelle
mura
e
quella
basilica
;
poneva
nell
'
Etna
il
fatale
nascondiglio
di
Artù
o
nelle
buche
delle
fate
di
Fiesole
il
misterioso
sacrario
dell
'
incantagione
d
'
Orlando
.
Ma
intanto
il
comune
di
Bologna
,
a
cui
certi
oziosi
circoli
non
garbavano
,
vietava
con
decreto
del
1288
,
che
i
cantores
francigenarum
si
fermassero
su
le
piazze
.
E
i
cavalieri
attendevano
alle
loro
possessioni
allodiali
,
o
con
lor
masnade
andavano
di
terra
in
terra
per
capitani
e
podestà
;
e
il
popolo
badava
a
snidar
dai
castelli
quel
che
avanzava
di
feudatarii
e
a
costringerli
a
città
e
poi
cacciarli
anche
di
città
come
grandi
.
I
romanzi
d
'
avventura
furon
dunque
riserbati
per
il
rifacimento
,
pe
'
l
ricreamento
,
dirò
anzi
,
artistico
,
a
secoli
più
oziosi
o
più
aristocraticamente
foggiati
,
il
decimoquinto
e
il
decimosesto
;
per
allora
si
tradussero
alla
meglio
,
tanto
per
servire
alla
richiesta
dei
disoccupati
e
delle
donne
,
alla
meglio
,
come
sono
stati
tradotti
a
'
nostri
tempi
i
romanzi
del
Dumas
da
mestieranti
.
Ci
fu
per
avventura
qualche
tentativo
poetico
,
ma
di
poco
nome
o
di
niuno
:
tutto
finisce
qui
.
Per
adesso
della
poesia
cavalleresca
maggior
vestigi
lasciò
e
più
si
apprese
alle
menti
quella
parte
che
di
natura
sua
è
più
universale
e
comune
;
la
lirica
individuale
.
E
due
effetti
operò
;
buono
l
'
uno
,
e
pessimo
l
'
altro
:
inculcò
,
almeno
per
moda
,
quello
speciale
rispetto
alla
donna
,
considerata
come
sorgente
di
virtù
e
perfezione
,
che
mantenne
certa
gentilezza
nel
costume
e
nelle
idee
de
'
nostri
popoli
di
un
po
'
rude
naturalezza
:
esercitò
con
le
sue
forme
una
ben
triste
influenza
su
la
lirica
italiana
,
impigliandone
più
d
'
una
volta
e
costringendone
il
proprio
e
libero
procedere
,
e
avvezzandola
talvolta
,
e
assai
di
buon
'
ora
,
a
un
che
di
arguto
e
manierato
.
Più
efficace
opera
,
e
di
più
durevole
impressione
,
almeno
in
parte
,
aveva
fatto
il
principio
ecclesiastico
.
Lasciamo
stare
i
suoi
cicli
leggendarii
accumulati
nelle
età
grosse
del
medio
evo
e
tramandati
di
secolo
in
secolo
;
i
cicli
orientali
e
bizantini
dei
martiri
,
dei
solitari
e
dei
contemplanti
;
i
cicli
latini
cominciati
da
Gregorio
Magno
col
Dialogo
e
chiusi
coll
'
Aurea
leggenda
del
Da
Varagine
;
lasciamoli
stare
,
sebbene
e
'
sien
qui
tutti
pronti
su
le
soglie
dell
'
età
nuova
a
fornire
materia
ed
argomento
ai
raccontatori
ed
ai
mistici
del
secolo
decimoquarto
,
alla
poesia
drammatica
del
secolo
decimoquinto
,
alla
pittura
dal
duecento
a
tutto
quasi
il
cinquecento
.
La
chiesa
avea
fatto
assai
di
più
.
Su
'
l
principio
del
secolo
decimoterzo
,
contro
le
eresie
della
ragione
e
del
sentimento
d
'
ogni
dove
irrompenti
e
favoreggiate
più
o
meno
apertamente
,
secondo
le
occasioni
,
da
Federico
II
e
dalla
parte
imperiale
,
la
chiesa
avea
commesso
il
suo
verbo
a
due
potenti
milizie
;
e
queste
si
erano
sparse
tra
le
genti
rinnovando
su
'
l
mondo
il
suggello
della
fede
.
Intorno
al
capo
di
san
Francesco
,
frate
innamorato
di
tutte
le
creature
,
socialista
cristiano
,
volano
le
colombe
,
e
i
lupi
gli
lambiscon
la
mano
;
e
il
popolo
gl
'
intesse
una
ghirlanda
lucida
e
serena
che
si
riflette
su
l
'
arte
della
parola
e
del
disegno
.
Intorno
al
capo
di
san
Domenico
rugghiano
le
fiamme
dei
roghi
e
sibila
come
fionda
di
piombo
il
sillogismo
del
definitore
teologo
:
egli
brandisce
una
facella
,
che
vorrebbe
esser
di
luce
,
ma
che
vapora
d
'
inferno
per
la
via
dei
secoli
.
E
due
famiglie
,
due
eserciti
,
seguitano
quei
padri
e
quei
duci
.
In
mezzo
all
'
una
procede
contemplando
e
inneggiando
il
serafico
autore
dell
'
Itinerario
della
mente
verso
Dio
,
in
mezzo
all
'
altra
,
tutto
chiuso
e
concludendo
in
forma
,
l
'
«
Angelo
delle
scuole
»
.
Gli
uni
si
rivolgono
al
sentimento
col
misticismo
,
gli
altri
all
'
intelletto
colla
scolastica
.
Letterati
e
artisti
,
gli
uni
fanno
miglior
prova
nella
leggenda
nella
lirica
nell
'
architettura
,
gli
altri
nel
trattato
e
nella
pittura
.
Ribelli
all
'
autorità
,
gli
uni
si
chiameranno
fraticelli
della
povera
vita
,
specie
di
quaqueri
,
e
daranno
,
vittima
ignota
,
un
fra
'
Michele
;
gli
altri
produranno
fra
'
Girolamo
Savonarola
e
i
piagnoni
,
tendenti
a
una
democrazia
monastica
.
Per
intanto
due
forme
d
'
arte
mistica
rifioriscono
intorno
a
loro
,
la
visione
e
la
meditazione
.
E
in
cima
alla
Somma
di
Tommaso
d
'
Aquino
la
teologia
s
'
abbraccia
con
la
scienza
;
e
in
cima
alla
ontologia
di
Bonaventura
la
fede
s
'
abbraccia
con
l
'
arte
;
e
tutte
quattro
paion
d
'
alto
irraggiare
le
belle
cattedrali
sorgenti
nell
'
Italia
di
mezzo
e
i
timidi
colori
dell
'
arte
che
aspetta
Giotto
.
Dante
sta
ritto
in
piedi
tra
i
colonnati
solenni
e
leggiadri
,
e
guarda
,
rapito
in
contemplazione
.
DISCORSO
TERZO
Del
periodo
toscano
:
affermarsi
della
letteratura
nazionale
:
Firenze
e
il
gran
triumvirato
.
I
.
Diamo
ora
uno
sguardo
a
tutto
insieme
il
fluire
maestoso
di
questo
fiume
divino
,
come
avrebbe
detto
Omero
,
della
letteratura
italiana
nel
secolo
decimoterzo
e
nel
decimoquarto
.
Incominciata
dalla
poesia
individuale
,
seguitò
,
come
letteratura
di
popolo
libero
,
segnando
la
superbia
del
nome
latino
rivendicato
e
i
fasti
della
nuova
libertà
nelle
croniche
,
descrivendo
le
tradizioni
e
i
costumi
nelle
leggende
e
novelle
;
abbracciò
,
come
ne
'
suoi
principii
ogni
letteratura
non
primitiva
,
tutta
la
scienza
e
del
passato
e
del
presente
nelle
enciclopedie
;
attestò
nei
volgarizzamenti
la
conservazione
dell
'
arte
e
della
scienza
antica
.
Altrove
si
scherzò
con
versi
leggeri
,
ma
nell
'
Italia
del
mezzo
e
tra
la
cittadinanza
fiorentina
nacque
la
prosa
del
Trecento
,
gentile
ed
elevata
,
forte
ed
elegante
,
come
poi
l
'
architettura
di
Santo
Spirito
;
qui
prese
moto
e
colore
quella
poesia
che
nelle
luminose
visioni
della
Vita
nuova
sembra
tendere
al
cielo
come
i
due
angeli
dipinti
da
Giotto
nella
cattedrale
d
'
Assisi
,
o
che
sorge
come
Santa
Maria
del
Fiore
gigantesca
e
solitaria
nella
Divina
Commedia
.
Sublime
spettacolo
,
il
popolo
italiano
,
raffermo
e
assodato
,
porre
il
fondamento
e
dare
proprissime
alla
sua
civiltà
la
forza
e
l
'
azione
,
le
figure
e
le
sembianze
,
con
un
acconcio
temperamento
dell
'
antico
e
del
nuovo
,
del
cristiano
e
dell
'
etnico
,
del
latino
e
del
medievale
,
tanto
ne
'
reggimenti
e
negl
'
instituti
,
quanto
nella
scienza
e
nell
'
arte
;
certo
per
quella
facoltà
di
sapiente
eclettismo
e
di
artistica
assimilazione
che
fu
della
gente
nostra
,
degli
elleni
e
latini
.
Ma
il
popolo
d
'
Italia
,
più
simiglievole
in
ciò
a
'
greci
che
non
a
'
romani
,
questi
mezzi
di
ravvicinamento
gli
ebbe
in
sé
stesso
;
come
quello
che
si
aveva
connaturato
,
pur
riadattandolo
estrinsecamente
a
sé
,
il
cristianesimo
,
e
che
ne
'
forzati
mescolamenti
delle
genti
settentrionali
qualche
cosa
aveva
attinto
di
loro
.
E
come
il
popolo
d
'
Italia
,
a
quella
guisa
che
i
romani
con
le
armi
e
i
greci
con
le
colonie
e
le
dinastie
,
si
stese
con
i
commerci
per
tutto
il
levante
e
a
settentrione
;
così
le
lettere
ed
arti
sue
,
a
guisa
di
chi
sentesi
ricco
di
dottrina
ed
esperienza
propria
e
pur
gli
giova
guardare
all
'
altrui
e
profittarne
,
attinse
largamente
non
che
dal
francese
e
dal
germanico
,
ma
e
dal
bizantino
e
dall
'
orientale
.
E
come
la
nuova
plebe
latina
aveva
co
'
l
lavoro
di
secoli
contemperato
a
sé
artisticamente
il
cristianesimo
anzi
che
essersi
lasciata
ritemprare
da
quello
;
e
come
ella
,
più
presto
che
non
distrusse
,
assorbì
in
sé
molta
parte
di
feudalismo
e
d
'
aristocrazia
,
facendo
cittadini
e
artigiani
i
suoi
antichi
signori
;
e
come
lasciò
poi
sorgere
di
sé
il
popolo
grasso
e
la
nobiltà
popolana
,
non
restando
ella
veramente
in
soggezione
de
'
nuovi
ordini
,
ma
piuttosto
partecipando
con
quelli
il
reggimento
;
così
la
primitiva
letteratura
italiana
,
incominciata
dal
popolo
e
promossa
e
aiutata
dal
sentimento
religioso
e
dal
principio
ecclesiastico
,
prese
poi
della
feudale
ed
ecclesiastica
quello
che
le
conveniva
,
rinnovandola
per
altro
a
maggior
durata
col
temprarne
l
'
essenza
e
le
forme
;
quindi
lasciò
sviluppare
di
sé
una
letteratura
più
dotta
,
alla
quale
seguitò
ella
a
porger
del
suo
,
perché
riuscisse
più
che
altro
una
sua
necessaria
prosecuzione
e
un
perfezionamento
.
Adunque
,
ricollegare
pazientemente
l
'
antico
col
nuovo
,
la
imitazione
allargare
,
accomodare
la
scienza
a
tale
arte
che
pur
rimanesse
popolana
e
sopra
tutto
guardar
sempre
al
popolo
e
alla
nazione
;
furono
i
caratteri
della
prima
letteratura
d
'
Italia
.
Quindi
volgarizzamenti
di
scrittori
greci
e
latini
,
sacri
e
profani
;
vite
di
santi
e
leggende
bizantine
e
orientali
,
e
trattati
e
poemi
di
origine
provenzale
ed
arabica
;
quindi
il
re
Artù
e
Tristano
ed
Isotta
la
bionda
per
una
parte
,
e
Alessandro
e
Cesare
e
Catilina
per
un
'
altra
;
e
novelle
che
la
materia
pigliano
da
ogni
paese
;
e
nella
poesia
la
canzon
filosofica
accanto
al
sirventese
politico
e
alla
gaia
ballata
,
e
le
ire
di
municipio
con
la
carità
di
cristiano
,
e
l
'
erudizione
classica
col
genio
paesano
d
'
Italia
e
con
gli
spiriti
cavallereschi
di
Provenza
;
e
l
'
elegia
che
fiorisce
d
'
onde
spunta
la
satira
,
e
l
'
entusiasmo
lirico
col
sillogismo
delle
scuole
;
e
negli
spazi
della
visione
popolati
di
mille
fantasie
le
arduità
matematiche
:
il
che
tutto
raccoglie
in
sé
,
rappresentatore
supremo
di
questa
universalità
della
prima
arte
italiana
,
Orfeo
,
Omero
ed
Esiodo
a
un
tempo
,
Dante
Alighieri
.
E
in
questa
varietà
è
tuttavia
da
notare
la
potenza
,
che
quei
nostri
vecchi
ebbero
mirabile
,
di
dare
l
'
aria
del
paese
e
l
'
atteggiamento
di
famiglia
così
alle
erudizioni
diverse
e
alle
difficili
astrazioni
della
scienza
come
alle
fantasie
che
pigliavano
di
lontano
.
I
romanzatori
de
'
Reali
di
Francia
attinsero
certo
d
'
oltre
monte
la
materia
e
parte
anche
delle
forme
;
ma
quei
romanzi
divennero
accettissimi
alla
nazione
,
e
tuttora
rimangono
lettura
tradizionale
di
questo
popolo
,
che
dei
moderni
imitatori
di
Francia
e
di
Germania
non
sa
pure
il
nome
.
Ritraggono
dall
'
oriente
le
leggende
cristiane
;
ma
sono
ad
un
'
ora
di
quelle
cose
dove
più
cara
fiorisce
la
favella
toscana
e
dove
il
sentimento
popolano
fiammeggia
più
limpido
.
Il
Cavalcanti
poeteggia
sottili
filosofemi
nelle
gravi
stanze
della
canzone
;
ma
le
sue
ballate
furono
certo
intese
e
cantate
dalle
donne
e
dai
giovani
.
E
non
erano
elleno
popolari
le
fantasie
della
Divina
Commedia
?
e
anche
l
'
allegoria
che
la
domina
non
era
il
popolo
d
'
allora
avvezzo
a
contemplarla
e
meditarla
nelle
leggende
nelle
pitture
e
fin
negli
ornamenti
architettonici
delle
chiese
?
in
fin
,
non
era
egli
tutto
avvivato
dalle
ricordanze
del
popolo
italiano
il
poema
dell
'
aristocratico
fiorentino
?
Onde
il
popolo
e
lo
cantò
,
come
poi
udì
cantare
nelle
piazze
versi
del
Petrarca
,
e
volle
che
glie
ne
fosse
dichiarata
nelle
chiese
ai
dì
di
festa
la
parte
scientifica
.
E
dal
popolo
desunse
il
Boccaccio
non
poco
della
materia
al
suo
Decameron
,
e
delle
forme
le
più
belle
e
durature
.
Allora
Dante
,
il
Petrarca
,
il
Boccaccio
,
ingegni
sovrani
,
parlavano
al
popolo
d
'
alte
cose
e
di
leggiadre
con
alti
ed
ornati
sensi
e
parole
;
e
n
'
erano
compresi
ed
ammirati
.
Oggi
ingegni
mezzanissimi
fanno
prova
d
'
imitare
il
popolo
;
e
le
sono
smorfie
;
e
il
popolo
non
bada
a
loro
.
Degnamente
.
Il
popolo
vuolsi
rialzare
;
non
rimpiccolir
noi
né
bamboleggiare
senilmente
,
per
mantenerlo
sempre
in
condizion
di
minore
.
II
.
Del
resto
,
la
letteratura
del
Trecento
è
toscana
quasi
tutta
,
sì
per
gli
scrittori
e
la
lingua
,
come
per
le
esterne
cagioni
che
la
informarono
e
condizionarono
via
via
.
Dei
volgarizzamenti
,
che
tanto
conferirono
a
scozzonare
la
favella
e
scaltrirla
agli
stili
diversi
,
i
più
e
i
maggiori
,
in
tutte
le
direzioni
dello
spirito
e
in
tutte
le
colture
,
la
religiosa
,
la
classica
,
la
cavalleresca
,
sono
opera
di
toscani
:
toscani
i
predicatori
e
gli
autori
spirituali
,
tanta
parte
allora
della
educazione
e
lettura
popolare
:
toscani
i
meglio
dei
cronisti
e
i
novellatori
:
toscani
poi
tutti
gli
scrittori
che
più
fedelmente
e
largamente
comprendono
e
rendono
nelle
opere
loro
il
movimento
il
sentimento
il
colorito
del
tempo
:
Brunetto
Latini
,
il
Giamboni
,
Giordano
da
Rivalta
,
il
Cavalcanti
,
Dante
,
Dino
,
il
Cavalca
,
Bartolommeo
da
San
Concordio
,
il
Villani
,
il
Petrarca
,
Fazio
degli
Uberti
,
il
Passavanti
,
il
Boccaccio
,
Caterina
da
Siena
,
Giovanni
dalle
Celle
,
Franco
Sacchetti
.
Dinanzi
a
tali
nomi
ed
opere
perdono
ogni
importanza
quegli
alcuni
o
rimatori
o
volgarizzatori
o
cronisti
di
altre
regioni
italiane
,
i
quali
,
del
resto
,
se
scrivono
con
intenzione
di
arte
,
seguono
con
più
o
meno
d
'
incertezza
i
toscani
,
o
vero
nella
rozzezza
loro
tradiscono
la
niuna
cultura
del
dialetto
nativo
;
quando
invece
dal
volgare
delle
domestiche
e
private
scritture
fiorentine
pisane
e
senesi
al
volgare
del
Villlani
del
Cavalca
di
Caterina
non
corre
divario
,
o
ben
poco
.
Insomma
,
nella
prima
età
della
letteratura
italiana
,
il
suggello
è
nazionale
e
toscana
l
'
impronta
.
Toscana
ho
detto
e
doveva
dir
fiorentina
.
Perocché
Arezzo
Pistoia
Lucca
tacciono
ben
presto
;
un
poco
più
tardi
,
e
onoratamente
,
ma
pur
anche
Siena
e
Pisa
cedon
del
campo
;
che
Firenze
occupa
e
tiene
,
sempre
,
sola
,
gloriosa
.
III
.
Per
quel
che
concerne
la
materia
e
l
'
instrumento
letterario
;
più
puro
,
più
elegante
,
più
regolare
degli
altri
italici
apparisce
dalle
scritture
private
che
di
quei
tempi
ci
avanzano
il
dialetto
che
si
parlava
in
Firenze
.
Non
che
si
voglia
o
debbasi
con
ciò
dare
il
vanto
della
lingua
a
lei
tutta
sola
;
ché
italiano
erasi
già
scritto
a
Palermo
,
erasi
scritto
a
Bologna
.
E
fu
notato
che
i
primi
tentativi
per
sollevare
a
dignità
letteraria
i
varii
dialetti
riuscivano
come
al
ritrovamento
di
una
lingua
comune
.
Il
che
non
parrà
strano
,
quando
si
ripensi
che
quei
dialetti
,
reliquie
dei
vecchi
linguaggi
italici
passati
per
il
crogiuolo
del
latino
,
erano
allora
per
la
più
parte
men
lontani
tra
loro
e
men
diversi
che
oggi
non
siano
;
e
la
prova
veniva
sempre
facendosi
allo
specchio
del
latino
da
uomini
ingegnosi
,
nelle
città
più
cólte
d
'
Italia
.
Con
tali
condizioni
e
con
sì
fatta
norma
era
naturale
che
ad
una
lingua
comune
,
stabile
e
regolare
,
si
arrivasse
ben
presto
,
quando
la
letteratura
da
benigna
necessità
storica
fu
condotta
a
fiorire
nel
bel
mezzo
dell
'
Italia
centrale
,
nel
bel
mezzo
della
famiglia
de
'
dialetti
più
veramente
latini
,
dove
più
omogeneamente
tenevasi
raccolto
l
'
elemento
antico
e
men
turbato
da
misture
straniere
.
Ma
veramente
per
solo
il
dialetto
non
avrebbe
Firenze
potuto
esercitare
quella
gran
parte
che
ebbe
nello
svolgimento
della
letteratura
nazionale
e
della
coltura
moderna
.
Altre
e
più
forti
ragioni
vi
sono
per
le
quali
il
Comune
che
occupava
poche
miglia
d
'
un
territorio
non
fertile
dovesse
occupare
del
suo
nome
l
'
Europa
.
Nello
scorcio
del
secolo
decimoterzo
gli
angioini
di
Napoli
,
non
avendo
piè
fermo
né
diritti
sovrani
su
le
parti
più
vitali
della
penisola
,
non
ebbero
più
dopo
Carlo
I
vera
potenza
,
e
l
'
opera
loro
non
fu
che
d
'
intrighi
più
o
meno
avveduti
e
ambiziosi
:
al
settentrione
,
i
signori
pullulavano
da
per
tutto
,
rappresentanti
,
è
vero
,
del
popolo
contro
i
nobili
e
i
grandi
,
ma
non
amici
di
libertà
,
e
i
comuni
,
esauste
le
forze
,
si
accasciavano
omai
sotto
il
giogo
civile
di
uno
più
volontieri
che
non
combattessero
contro
cento
:
le
repubbliche
marittime
attendevano
a
'
lor
commerci
e
conquisti
e
a
contenderseli
fra
loro
:
nel
centro
,
Roma
,
dopo
l
'
esilio
de
'
papi
e
negli
scismi
che
lo
accompagnarono
e
nella
debolezza
che
da
quelli
conseguitò
al
ponteficato
,
travagliava
nell
'
anarchia
sé
e
le
province
che
le
erano
addette
di
diritto
o
di
fatto
.
Ecco
,
parmi
,
le
cagioni
più
apparenti
per
che
focolare
proprio
alla
nuova
civiltà
fu
per
gran
parte
Toscana
,
e
per
grandissima
parte
Firenze
.
Quando
le
altre
repubbliche
allentavano
il
corso
e
sostavano
in
una
quiete
che
era
stanchezza
,
ella
,
l
'
ultima
nata
delle
grandi
sorelle
,
aveva
a
pena
preso
le
mosse
:
con
lei
era
la
gioventù
e
la
freschezza
delle
forze
,
e
per
lei
l
'
avvenire
.
In
Firenze
,
il
Comune
,
o
meglio
,
la
cittadinanza
popolaresca
che
fu
il
nocciolo
vero
del
Comune
,
di
mezzo
alle
schiatte
di
nobili
,
tedesche
e
feudali
,
partite
in
guelfe
e
ghibelline
,
aveva
con
rigoroso
ordinamento
civile
e
militare
saputo
e
potuto
constituirsi
in
modo
da
acquistare
un
'
azione
propria
e
indipendente
,
da
infrenare
le
due
parti
,
o
,
all
'
occasione
,
abbatter
l
'
una
collegandosi
all
'
altra
.
Guelfo
il
Comune
di
Firenze
fu
,
come
in
fondo
ogni
comune
italiano
,
per
rispetto
a
quel
certo
favoreggiamento
che
le
libertà
civili
ebbero
,
nel
loro
primo
contendere
ad
affermarsi
,
dalla
politica
dei
papi
improvvida
delle
conseguenze
;
fu
guelfo
in
opposizione
al
ghibellinismo
cesareo
di
casa
sveva
,
al
ghibellinismo
tirannico
e
aristocratico
degli
aderenti
suoi
feudatari
e
nobili
;
ma
gl
'
interessi
dell
'
esistenza
libera
,
i
diritti
allo
svolgimento
infinito
della
vita
democratica
,
gli
manteneva
e
proseguiva
contro
guelfi
e
ghibellini
del
pari
.
La
cittadinanza
guelfa
di
Firenze
,
o
,
a
dir
più
chiaro
,
la
borghesia
,
nel
contrasto
dei
due
poteri
e
delle
parti
,
fu
neutrale
ad
un
'
ora
ed
attiva
:
ella
era
anzi
tutto
fiorentina
;
e
con
questa
politica
venne
a
stabilirsi
nella
constituzione
del
1282
.
Allora
,
posta
tra
l
'
alta
e
la
mediana
Italia
,
con
in
mano
le
chiavi
dell
'
Appennino
,
con
un
'
indomita
forza
di
espansione
,
con
una
operosità
infaticabile
,
Firenze
divenne
ben
presto
potentato
italiano
,
leva
al
movimento
politico
,
economico
,
artistico
della
penisola
.
E
ben
presto
,
per
ricchezza
di
commercio
,
per
esuberanza
di
produzione
materiale
e
intellettuale
,
per
prosperità
e
civiltà
interna
,
per
influenza
tutta
popolare
e
industriale
al
di
fuori
,
non
ebbe
pari
,
su
'
l
finire
del
secolo
decimoterzo
e
nel
decimoquarto
;
più
tardi
,
ebbe
pari
soltanto
le
città
di
Olanda
.
Ella
era
la
prima
potenza
denaresca
d
'
Europa
;
le
sue
banche
fiorivano
ad
Augusta
a
Marsiglia
a
Parigi
a
Londra
,
negli
scali
d
'
Oriente
:
il
pontefice
chiamavala
fonte
dell
'
oro
,
il
soldano
ammirava
i
suoi
fiorini
,
i
re
d
'
Europa
ricorrevano
a
'
suoi
banchieri
o
li
rubavano
.
Ma
i
fiorentini
non
erano
solamente
e
grossolanamente
banchieri
e
mercanti
.
Come
le
corporazioni
delle
arti
venivano
ad
essere
,
più
utilmente
forse
che
non
le
società
politiche
della
rivoluzione
francese
,
altrettante
repubbliche
nella
repubblica
,
così
ogni
mercante
,
ogni
artigiano
,
anche
prima
di
prender
parte
al
governo
,
anche
senza
prendervi
parte
,
si
addestrava
nella
discussione
,
nella
conoscenza
degli
statuti
e
del
reggimento
,
nell
'
amministrazione
degl
'
interessi
pubblici
,
non
che
dei
grandi
interessi
della
sua
corporazione
sparsi
per
tutta
la
terra
civile
.
E
per
tutta
la
terra
civile
cotesti
mercanti
e
artigiani
portavano
il
fino
ingegno
,
lo
scòrto
maneggio
,
l
'
acuta
osservazione
,
il
sentimento
nobile
della
patria
repubblicana
:
per
essi
Firenze
si
rispecchiava
nell
'
Europa
e
nell
'
Asia
,
e
l
'
Asia
e
l
'
Europa
in
Firenze
:
onde
il
detto
di
Bonifazio
VIII
,
quando
nel
ricevere
ambasciatori
di
varie
e
strane
nazioni
li
sentì
tutti
fiorentini
,
essere
i
fiorentini
il
quinto
elemento
del
mondo
.
E
certo
furono
nel
medio
evo
e
nel
Rinascimento
l
'
elemento
essenziale
della
civiltà
moderna
.
Né
il
commercio
ammolliva
loro
il
braccio
o
ne
rimpiccioliva
l
'
animo
o
ne
fiaccava
gli
spiriti
.
Fuori
,
i
negozi
e
le
banche
spargevano
le
fiorentine
manifatture
,
moltiplicavano
l
'
oro
fiorentino
:
dentro
,
gli
opificii
delle
sete
e
delle
lane
risuonavano
del
lieto
strepito
del
lavoro
:
ma
a
un
bisogno
,
sol
che
la
nota
insegna
sventolasse
dalla
casa
del
gonfalonier
di
quartiere
,
le
spole
e
i
naspi
tacevano
,
e
quattordicimila
lavoranti
e
capi
di
bottega
erano
in
armi
a
difendere
da
ogni
attentato
la
constituzione
del
popolo
,
a
rivendicar
tutti
l
'
oltraggio
fatto
ad
un
solo
.
E
quando
l
'
imperatore
o
alcun
de
'
tiranni
ghibellini
minacciasse
il
comune
,
venticinquemila
uomini
portanti
l
'
armi
rassegnava
la
città
,
settantamila
si
raccoglievano
nel
contado
:
onde
alle
minacce
di
Arrigo
VII
potevasi
rispondere
senza
iattanza
,
Firenze
non
aver
mai
per
niun
signore
abbassate
le
corna
.
E
intanto
in
quel
reggimento
che
passava
per
tutte
le
fasi
di
uno
stato
a
popolo
,
con
la
partizione
e
lo
sminuzzamento
all
'
infinito
del
potere
e
degli
offici
voluto
dalla
gelosia
democratica
,
non
che
per
le
vive
emulazioni
delle
parti
,
le
forze
individuali
dovevano
manifestarsi
,
esplicarsi
,
incontrarsi
per
tutti
i
versi
.
Aggiungete
il
sentimento
generale
che
in
paese
piccolo
e
raccolto
più
facilmente
viene
educato
dai
personaggi
gloriosi
per
poi
alla
sua
volta
educarli
.
Aggiungete
l
'
occasione
,
gli
stimoli
,
l
'
insegnamento
,
che
lo
Stato
porgeva
,
risvegliava
,
forniva
.
Nel
popolo
di
Firenze
l
'
istruzione
più
che
elementare
era
diffusa
come
oggi
nelle
principali
città
di
Germania
:
molti
libri
di
compilazioni
e
di
versioni
,
oggi
testi
di
lingua
,
eran
composti
per
il
popolo
;
e
il
bottegaio
teneva
sotto
il
banco
Livio
e
Sallustio
,
l
'
Eneide
e
la
Tavola
rotonda
,
ultimamente
tradotti
;
leggeva
e
giudicava
il
Villani
e
anche
Dante
,
e
ne
trascriveva
ne
'
suoi
quaderni
le
cose
notevoli
o
che
più
lo
toccassero
.
Le
scuole
di
grammatica
e
di
logica
erano
frequentate
da
seicento
studenti
,
e
dal
fiore
della
gioventù
popolana
le
prime
università
d
'
Italia
e
d
'
Europa
.
Intendesi
così
come
le
cure
del
guadagno
e
degli
utili
e
materiali
godimenti
non
ottundessero
il
senso
de
'
bisogni
morali
,
non
ghiacciassero
l
'
alito
delle
pure
e
sublimi
aspirazioni
,
non
intralciassero
e
impedissero
lo
svolgimento
intimo
e
intellettivo
:
intendesi
come
quella
libera
larghezza
di
vivere
non
respingesse
troppo
presto
le
nobili
usanze
antiche
,
non
rompesse
così
subito
i
confini
dell
'
antica
disciplina
.
Onde
quella
varietà
,
quella
molteplicità
,
quel
contrasto
di
colori
nella
superficie
della
società
fiorentina
:
qui
le
feste
magnifiche
ed
eleganti
,
i
lieti
ritrovi
dei
giovani
con
giuochi
d
'
armi
e
di
cavalleria
,
e
il
culto
gentile
della
donna
:
là
le
famiglie
attinenti
ed
avverse
ragunate
al
corrotto
de
'
morti
,
e
quindi
d
'
intorno
alla
bara
e
dalla
chiesa
saltare
all
'
armi
in
su
la
piazza
:
e
le
confraternite
dalle
lugubri
fogge
e
dai
lugubri
canti
nelle
cappelle
sotterranee
,
e
le
rappresentazioni
dei
misteri
della
vita
oltremondana
su
i
ponti
e
le
piazze
;
e
in
mezzo
a
tutto
questo
i
tentativi
severi
nel
campo
della
verità
e
della
bellezza
,
della
scienza
e
dell
'
arte
,
salutati
come
una
gioia
e
come
una
gloria
del
comune
:
la
tradizione
della
Madonna
dipinta
da
Cimabue
e
del
popolo
che
trae
raggiante
di
letizia
a
vederla
,
onde
il
nome
di
Borgo
Allegri
,
quante
mai
cose
dimostra
,
quanti
secreti
rivela
!
Tutti
i
diversi
elementi
della
vita
nuova
italiana
;
la
fantasia
religiosa
etrusca
,
l
'
intelletto
sociale
romano
,
il
sentimento
individuale
germanico
,
lo
spirito
leggiadro
provenzale
e
francese
,
l
'
istinto
pratico
e
progressivo
dei
comuni
lombardi
;
tutto
ciò
ne
si
presenta
in
Firenze
in
meravigliosa
varietà
di
fenomeni
;
in
Firenze
che
vede
presso
su
'
l
monte
le
ruine
etrusche
di
Fiesole
,
in
Firenze
colonia
romana
e
di
romane
memorie
superba
,
in
Firenze
ove
i
tedeschi
venuti
con
Ottone
constituiscono
la
nobiltà
più
armigera
e
irrequieta
,
in
Firenze
il
cui
giglio
ama
fiorire
co
'
l
giglio
di
Francia
e
che
sormonta
coll
'
avvenimento
degli
angioini
.
Ma
tutto
ciò
Firenze
lo
trasforma
a
nuova
e
originale
unità
.
Arnolfo
e
Giotto
dalla
durezza
dalla
rigidità
dall
'
inceppamento
dell
'
arte
bizantina
e
tedesca
passano
alle
serene
e
liete
forme
italiane
:
il
Cavalcanti
e
Dante
appianano
e
arrotondano
le
asperità
e
la
rozzezza
della
scolastica
in
quello
stesso
che
sollevano
nel
dotto
edificio
della
strofe
la
leggera
canzone
provenzale
.
Lo
slancio
degli
uomini
e
degli
ingegni
,
in
così
breve
spazio
,
entro
sì
angusti
termini
,
fu
miracoloso
,
e
non
ha
pari
nella
storia
che
quel
d
'
Atene
dopo
Maratona
;
col
quale
ha
pur
questa
essenzial
somiglianza
,
che
in
tanto
ardimento
,
in
tanta
realtà
di
vita
,
non
fu
deposto
quel
quasi
senso
fanciullesco
,
nel
significato
migliore
della
parola
,
d
'
un
'
arte
nuova
,
il
tremore
l
'
orrore
l
'
amore
dinanzi
al
soprannaturale
all
'
infinito
al
divino
;
orrore
e
tremore
che
è
lo
stesso
in
Eschilo
e
in
Dante
,
amore
che
è
in
Sofocle
e
nel
Petrarca
.
IV
.
Per
le
quali
cose
tutte
,
Firenze
su
'
l
finire
del
medio
evo
fu
all
'
Europa
dal
lato
della
coltura
e
della
civiltà
secolare
quel
che
era
Roma
per
la
religione
,
Parigi
per
la
scolastica
.
Per
la
letteratura
nazionale
poi
,
i
termini
del
primo
originale
periodo
si
riscontrano
agevolmente
e
naturalmente
nella
storia
fiorentina
;
dal
1282
,
quando
il
reggimento
si
rinnovò
con
la
instituzione
de
'
priori
delle
arti
e
di
libertà
,
nel
quale
anno
o
nell
'
appresso
Dante
scrisse
il
primo
sonetto
della
Vita
nuova
,
al
1378
,
quando
la
democrazia
fiorentina
passata
per
tutte
le
rivoluzioni
precipitò
nel
tumulto
sociale
dei
Ciompi
:
quattro
anni
avanti
erano
morti
il
Petrarca
e
il
Boccaccio
.
L
'
anno
1282
fu
,
nelle
debite
proporzioni
,
per
il
popolo
di
Firenze
quel
che
il
1789
per
la
borghesia
di
Francia
:
sterpate
già
al
di
fuori
le
più
prossime
piante
dell
'
aristocrazia
feudale
,
fu
in
cotesto
anno
con
la
instituzione
de
'
priori
estirpato
anche
ogni
germe
interno
dell
'
aristocrazia
di
nascita
,
e
assicurato
il
governo
nelle
mani
del
popolo
grasso
.
L
'
anno
1293
fu
per
Firenze
quel
che
il
1793
per
la
Francia
:
allargò
i
termini
del
governo
popolare
,
lo
corroborò
con
la
instituzione
dei
gonfalonieri
capi
della
milizia
civica
,
e
con
gli
ordinamenti
di
giustizia
che
furono
,
senza
sangue
,
la
legge
dei
sospetti
contro
le
famiglie
grandi
.
La
rivoluzione
del
1301
,
a
cui
seguitò
la
cacciata
dei
Bianchi
,
non
fu
che
un
colpo
di
stato
di
Corso
Donati
e
di
alcuni
oligarchi
borghesi
,
non
contro
la
constituzione
,
ma
contro
parte
Bianca
,
che
aveva
allora
il
potere
e
lo
esercitava
con
molto
rispetto
alla
legge
,
se
bene
non
con
efficacia
democratica
.
Da
quell
'
avvenimento
alla
cacciata
del
duca
d
'
Atene
,
dal
1301
al
1343
,
in
un
continuo
alternare
di
oligarchie
sofferte
o
rovesciate
,
di
signorie
invocate
o
cacciate
,
di
guerre
grosse
vigorosamente
sostenute
dalla
borghesia
,
il
governo
e
la
città
sono
dal
più
al
meno
in
mano
di
essa
,
che
dilaga
e
compenetra
di
sé
tutte
le
instituzioni
,
tutti
i
fatti
e
le
idee
.
Dal
1343
al
1378
la
borghesia
,
pur
seguitando
a
battere
i
grandi
dentro
la
città
e
fuori
per
tutta
la
Toscana
e
a
contrabilanciare
minacciosa
le
signorie
crescenti
nella
penisola
,
si
divide
sempre
più
tra
sé
,
e
così
porge
il
fianco
al
popolo
minuto
;
il
quale
fin
dalla
cacciata
del
duca
d
'
Atene
aveva
cominciato
a
numerarsi
e
a
paragonarsi
,
e
che
in
fine
piglia
lo
stato
ed
irrompe
nel
tumulto
sociale
,
succeduto
alla
rivoluzione
del
18
luglio
1376
fatta
da
Salvestro
de
'
Medici
contro
la
borghesia
,
come
le
giornate
del
giugno
1848
successero
alla
rivoluzione
di
febbraio
.
Così
tre
generazioni
diverse
,
tre
diversi
popoli
,
con
origini
con
sentimenti
con
intendimenti
diversi
,
passano
su
la
scena
del
comune
:
il
popolo
vecchio
,
dei
cittadini
e
grandi
antichi
,
i
quali
avevano
stabilita
o
accettata
la
constituzione
dell'82
:
il
popolo
nuovo
,
la
borghesia
più
piccola
e
l
'
avventizia
del
contado
,
che
tiene
il
campo
dopo
il
'93
e
specialmente
dopo
il
1301
:
il
popolo
minuto
,
o
la
plebe
,
che
si
fa
avanti
dal
1343
al
'78
.
Ora
Dante
,
il
Petrarca
,
il
Boccaccio
,
per
una
ventura
che
non
è
tutta
caso
,
ne
si
prestano
a
darne
la
storia
dello
svolgersi
l
'
ideale
artistico
e
civile
nelle
diverse
fasi
,
negli
strati
,
per
così
dire
,
diversi
del
comune
fiorentino
,
che
del
resto
raccoglie
e
riflette
in
sé
la
vita
degli
altri
comuni
italiani
che
non
ebbero
letteratura
.
V
.
Dante
rappresenta
il
popolo
vecchio
.
Gli
Elisei
,
ceppo
di
sua
gente
,
vantavano
sangue
romano
,
un
cavaliere
di
Carlomagno
,
un
gentiluomo
di
compagnia
d
'
Arrigo
II
,
un
crociato
cavaliere
di
Corrado
III
e
martire
della
fede
;
tennero
parte
ghibellina
,
e
aveano
castella
in
contado
e
torri
in
città
.
Gli
Alighieri
,
diramatine
al
tempo
dei
consoli
,
seguitarono
in
vece
parte
guelfa
,
e
furono
della
nobiltà
del
primo
popolo
:
Brunetto
,
zio
di
Dante
,
era
guardia
al
carroccio
nella
battaglia
di
Montaperto
contro
i
ghibellini
cesarei
,
come
Dante
combatté
a
Campaldino
contro
i
ghibellini
feudali
.
Cresciuto
così
tra
memorie
gentilizie
e
tradizioni
guelfe
,
egli
difese
con
le
armi
il
governo
del
1882
e
l
'
ornò
con
gli
studii
.
In
quella
primavera
della
storia
fiorentina
che
durò
dall''82
al
'93
e
anche
al
1300
,
quando
tra
il
popolo
nuovo
e
le
vecchie
famiglie
che
avevano
accettato
la
constituzione
borghese
era
tregua
che
pareva
pace
,
era
accordo
che
pareva
fusione
;
quando
la
vita
repubblicana
abbellivasi
ancora
di
fogge
cavalleresche
per
le
fósche
vie
non
più
asserragliate
passava
la
«
festa
del
dio
d
'
amore
»
,
Dante
prese
dalla
parte
più
severa
dell
'
anterior
generazione
la
poesia
lirica
,
quella
poesia
che
,
provenuta
dall
'
elemento
cavalleresco
,
cantava
già
civilmente
l
'
amore
come
principio
di
gentilezza
e
salute
,
come
instrumento
e
forma
in
somma
di
perfezionamento
morale
;
la
prese
e
compenetrò
di
dottrine
scolastiche
per
sollevarla
a
un
ideale
immateriato
di
meditazione
e
contemplazione
mistica
.
Egli
«
trasse
fuori
le
nuove
rime
»
contro
gli
antichi
trovatori
:
cioè
l
'
opera
sua
giovanile
,
che
consiste
nel
recare
l
'
astrazione
e
la
spiritualità
dell
'
amore
e
della
poesia
al
più
alto
punto
che
mai
toccassero
,
fu
anch
'
ella
un
'
opera
di
reazione
intellettuale
e
morale
del
nuovo
comune
contro
la
corruzione
monarchica
e
aristocratica
dell
'
impero
di
Federico
II
,
contro
l
'
averroismo
della
corte
sveva
,
l
'
epicureismo
di
Farinata
e
dei
ghibellini
toscani
,
la
sensualità
della
poesia
siciliana
e
di
parte
imperiale
:
Dante
scriveva
le
rime
della
Vita
nuova
in
quegli
anni
stessi
che
l
'
una
dopo
l
'
altra
,
e
l
'
una
a
canto
all
'
altra
,
quasi
per
incanto
,
sorgevano
le
chiese
bellissime
di
Firenze
,
Santa
Maria
Novella
,
Santa
Croce
,
Santa
Maria
del
fiore
.
Ma
a
rompere
quella
processione
di
visioni
ove
tutto
è
sovrumano
,
a
fugare
quelle
forme
angeliche
ondeggianti
nell
'
azzurro
infinito
,
a
richiudere
il
cielo
,
sopravvenne
non
tanto
la
morte
di
Beatrice
quanto
Giano
della
Bella
con
gli
Ordinamenti
di
giustizia
,
i
quali
escludevano
dallo
stato
tutte
le
antiche
famiglie
che
non
lavorassero
o
non
inscrivessero
i
loro
nomi
alle
arti
.
Dante
si
segnò
speziale
,
e
diedesi
a
studi
più
gravi
di
filosofia
e
di
arte
civile
sempre
negl
'
intendimenti
,
di
ristaurazione
e
progresso
a
un
tempo
,
del
Comune
.
Così
il
Convito
è
la
prima
opera
italiana
,
ove
l
'
elemento
nazionale
si
manifesti
con
un
ben
determinato
concetto
sì
della
scienza
sì
delle
forme
antiche
,
e
con
la
trattazione
per
volgare
delle
materie
scolastiche
segna
a
un
'
ora
il
primo
passo
alla
secolarizzazione
della
scienza
e
alla
confermazione
classica
dell
'
arte
nuova
.
E
il
poeta
aveva
dalla
parte
sua
fatto
di
tutto
per
seguitare
il
rapido
corso
della
democrazia
,
si
era
adoperato
del
suo
meglio
per
entrare
come
nella
civiltà
del
comune
così
nella
vita
pratica
del
popolo
nuovo
:
egli
ambasciatore
,
egli
priore
,
egli
fin
sindaco
sulle
strade
:
quando
venne
d
'
un
tratto
il
colpo
di
stato
di
Corso
Donati
e
degli
oligarchi
alleati
di
parte
guelfa
a
spazzar
via
il
partito
bianco
,
che
fu
come
la
Gironda
della
repubblica
fiorentina
.
Dante
esule
sentì
finalmente
che
ogni
rivendicazione
pacifica
e
legale
tornava
oramai
impossibile
,
che
il
popolo
vecchio
aveva
finito
,
che
le
antiche
famiglie
,
le
quali
obliando
tutto
il
glorioso
passato
non
iscendessero
a
patti
prima
co
'
tiranni
del
momento
poi
col
nuovo
ordine
di
cose
,
erano
destinate
inesorabilmente
a
consumarsi
rabbiose
nell
'
esilio
o
a
languire
innominate
in
domestiche
relegazioni
entro
quella
patria
che
più
non
le
conosceva
.
Le
memorie
soavi
della
giovinezza
,
le
nobili
ambizioni
della
virilità
,
le
speranze
di
un
bello
e
riposato
vivere
tra
le
vecchie
tradizioni
e
le
glorie
nuove
nella
patria
felice
:
tutto
era
perduto
.
E
in
lui
risorse
l
'
antico
aristocratico
:
dimenticò
suo
zio
Brunetto
e
il
carroccio
,
dimenticò
Campaldino
e
il
priorato
,
per
ricordare
soltanto
gli
avi
suoi
romani
,
gli
avi
suoi
crociati
,
gli
avi
suoi
cavalieri
di
Carlomagno
,
di
Arrigo
II
,
di
Corrado
III
.
Nella
espansione
vertiginosa
del
comune
non
vide
che
anarchia
;
nella
esuberanza
della
vita
economica
e
commerciale
non
vide
che
corruzione
;
nell
'
affollarsi
della
plebe
al
conquisto
dei
diritti
politici
non
vide
che
villani
puzzolenti
d
'
Aguglione
e
di
Signa
,
che
villan
rifatti
figliuoli
di
padri
accattoni
,
i
quali
andavano
già
alla
cerca
in
Semifonte
e
ora
chiudevano
le
porte
della
patria
su
'
l
petto
a
lui
,
sangue
romano
,
che
per
amor
della
patria
si
era
fatto
speziale
.
E
al
comune
toscano
incanagliato
preferì
le
corti
dell
'
alta
Italia
:
«
S
'
io
son
fatto
romano
e
tu
lombardo
»
,
rinfacciavagli
sin
da
quei
giorni
l
'
Angiolieri
senese
,
e
Giuseppe
Ferrari
ben
qualificò
da
questo
lato
la
Divina
Commedia
per
il
poema
della
tirannia
italiana
.
Perocché
Dante
per
dispetto
del
presente
ritornò
non
tanto
al
tempo
di
Federico
II
,
da
cui
,
pur
ammirando
egli
quel
diffuso
splendore
di
civiltà
profana
,
le
credenze
sue
religiose
e
le
opinioni
filosofiche
e
l
'
indirizzo
de
'
suoi
studii
e
i
ricordi
de
'
suoi
giovenili
sentimenti
aborrivano
,
ma
al
tempo
del
buon
Federico
I
,
sotto
il
cui
imperial
protettorato
il
popolo
vecchio
delle
città
italiane
avrebbe
dopo
la
pace
di
Costanza
con
miglior
senno
potuto
ordinarsi
a
regolata
aristocrazia
;
tornò
anche
più
a
dietro
,
e
invidiò
i
tempi
beati
di
Cacciaguida
,
quando
Firenze
aveva
confine
il
Galluzzo
.
Da
ciò
all
'
unità
d
'
Italia
ci
corre
.
E
pure
come
smisuratamente
,
nel
rimpicciolimento
de
'
concetti
politici
e
delle
passioni
di
parte
,
come
smisuratamente
si
svolse
e
crebbe
oltre
i
termini
nostri
quell
'
animo
e
quell
'
ingegno
!
Quanto
mai
devono
l
'
Italia
e
l
'
arte
e
il
mondo
a
quell
'
esilio
,
che
d
'
un
priore
fiorentino
,
d
'
un
poeta
elegiaco
,
d
'
un
trattatista
scolastico
,
fece
l
'
uomo
fatale
,
il
cui
severo
profilo
,
nel
quale
disegnasi
tutta
un
'
epoca
della
storia
umana
,
domina
i
secoli
,
ne
fece
,
dico
,
il
profeta
non
nazionale
,
ma
europeo
,
ma
cristiano
,
dell
'
evo
medio
!
Profeta
,
ho
detto
;
e
Dante
in
vero
,
come
i
profeti
del
popolo
ebreo
,
ebbe
un
ideale
del
passato
:
quanti
passi
innanzi
aveva
fatti
l
'
Italia
comunale
nelle
idee
politiche
e
sociali
,
tanti
egli
ne
fece
per
indietro
:
la
sua
Roma
,
«
che
il
buon
tempo
feo
»
con
i
suoi
due
soli
(
perocché
è
un
degli
ardimenti
di
Dante
di
aver
sollevato
l
'
imperatore
dal
grado
di
luna
,
a
cui
il
medio
evo
l
'
avea
confinato
,
a
quel
di
sole
,
per
agguagliarlo
al
pontefice
)
,
la
sua
Roma
è
la
Roma
di
Costantino
e
di
Giustiniano
:
quel
paradiso
,
che
con
i
suoi
nove
cieli
concentrici
quasi
con
altrettanti
cerchi
di
adamante
racchiude
e
sòffoca
la
terra
,
ha
la
sembianza
d
'
una
cupola
bizantina
,
sotto
la
cui
stretta
volta
smaltata
ad
oro
e
azzurro
il
poeta
contempli
,
figurato
in
rigido
musaico
,
lo
aggreggiarsi
pacifico
,
uniforme
,
monotono
,
dei
regni
e
dei
popoli
,
dei
signori
e
dei
Comuni
,
nella
monarchia
di
Dio
,
sotto
lo
scettro
dell
'
imperatore
,
sotto
il
pastorale
del
papa
.
E
ciò
quando
i
mercanti
fiorentini
segnavano
schernevolmente
nei
loro
libri
di
banco
le
partite
inesigibili
a
conto
d
'
Arrigo
di
Lucimburgo
imperator
di
Lamagna
,
quando
del
papa
il
re
di
Francia
aveva
fatto
un
suo
cappellano
,
quando
l
'
uman
pensiero
cominciava
già
ad
irrompere
nel
sacrario
della
teologia
e
della
scolastica
dietro
la
scienza
e
la
libertà
,
a
quel
modo
onde
un
de
'
contemporanei
antisegnani
di
quelle
,
Raimondo
Lullo
,
aveva
,
essendo
ancor
cavaliere
,
seguìto
galoppando
a
cavallo
la
dama
de
'
suoi
pensieri
entro
la
chiesa
di
Maiorca
.
E
all
'
idea
sociale
e
politica
risponde
nella
maggiore
opera
di
Dante
il
concepimento
estetico
.
Egli
giunse
a
tempo
a
raccogliere
in
sé
i
riverberi
delle
mille
visioni
del
medio
evo
e
a
rispecchiarli
potentemente
uniti
su
'
l
mondo
;
giunse
a
tempo
a
chiudere
con
un
monumento
gigantesco
l
'
età
dell
'
allegoria
.
Egli
,
in
quel
secolo
stesso
che
le
cattedrali
di
Germania
e
d
'
Italia
rimanevano
interrotte
per
non
essere
riprese
più
mai
;
egli
,
come
per
uno
di
quegl
'
incanti
o
di
quei
miracoli
de
'
quali
intorno
alla
fabbrica
di
quelle
cattedrali
favoleggiavasi
;
egli
,
nella
solitudine
dell
'
esilio
,
in
una
notte
di
dolore
,
imaginò
,
disegnò
,
distribuì
,
adornò
,
dipinse
,
finì
in
tutti
i
minimi
particolari
,
il
suo
monumento
gigantesco
,
il
domo
e
la
tomba
del
medio
evo
.
Havvi
momenti
storici
in
che
le
nazioni
,
dopo
lente
e
lunghe
modificazioni
che
per
una
parte
hanno
operato
su
la
religione
e
per
l
'
altra
hanno
dalla
religione
ricevuto
,
giungono
quasi
a
identificarsi
con
essa
religione
nei
sentimenti
e
nelle
idee
,
nei
costumi
e
nelle
instituzioni
:
allora
la
religione
prende
quasi
il
carattere
della
nazione
,
e
la
nazione
quel
della
religione
alla
sua
volta
:
in
cotesti
momenti
solo
è
possibile
la
epopea
religiosa
a
un
tempo
e
politica
.
Ciò
dopo
Pier
Damiano
,
Francesco
d
'
Assisi
,
Tommaso
d
'
Aquino
,
Bonaventura
da
Bagnorea
,
dopo
Gregorio
VII
ed
Innocenzo
III
,
vivente
Bonifazio
VIII
,
in
quegli
ultimi
dieci
anni
del
secolo
XIII
che
furono
la
primavera
della
democrazia
e
dell
'
arte
toscana
e
dell
'
anima
di
Dante
,
era
avvenuto
del
cattolicismo
rispetto
all
'
Italia
.
Ora
Dante
,
com
'
è
natura
de
'
poeti
veramente
grandi
di
rappresentare
e
conchiudere
un
grande
passato
,
Dante
fu
l
'
Omero
di
cotesto
momento
di
civiltà
.
Ma
son
momenti
che
presto
passano
;
e
i
diversi
elementi
,
dopo
incontratisi
nelle
loro
correnti
,
riprendono
ognun
la
sua
via
.
Per
ciò
avvenne
che
della
Divina
Commedia
,
rimanendo
vivo
tutto
che
è
concezione
e
rappresentazione
individuale
,
fosse
già
antica
fin
nel
Trecento
la
forma
primigenia
,
la
visione
teologica
:
per
ciò
Dante
non
ebbe
successori
in
integro
.
Egli
discese
di
paradiso
portando
seco
le
chiavi
dell
'
altro
mondo
,
e
le
gettò
nell
'
abisso
del
passato
:
niuno
le
ha
più
ritrovate
.
VI
.
Il
Petrarca
,
figliuolo
d
'
un
notaio
venuto
dall
'
Incisa
,
rappresenta
quella
parte
più
eletta
del
popolo
nuovo
che
sorse
intorno
a
Giano
della
Bella
o
poco
dopo
lui
;
ritrae
moralmente
dai
Bianchi
,
dei
quali
il
padre
suo
partecipò
gli
affetti
politici
e
la
sorte
,
meglio
di
Dante
,
che
tratto
fra
loro
dal
corso
degli
avvenimenti
se
ne
distaccò
poi
bruscamente
;
e
ciò
tutto
rappresenta
e
ritrae
con
tanto
più
nobile
e
più
pura
astrazione
,
quanto
egli
visse
lontano
da
Firenze
e
dagli
affari
e
dai
turbamenti
delle
parti
.
E
come
quegli
che
vide
sol
da
lontano
e
senza
passioni
la
vita
dei
comuni
d
'
Italia
,
allargò
il
nome
e
l
'
affetto
di
patria
:
per
lui
l
'
Italia
non
è
il
giardino
dell
'
impero
né
la
polledra
indomita
che
il
Cesare
tedesco
ha
da
inforcare
,
ella
è
la
gloriosa
nazione
romana
che
si
stende
dall
'
Alpi
al
mare
e
che
dee
sterminare
da
sé
ogni
straniero
,
ogni
barbaro
:
egli
creò
il
concetto
o
l
'
ideale
letterario
d
'
un
'
Italia
.
Ancora
:
come
quegli
che
secondo
gl
'
instinti
suoi
nobili
rappresentò
l
'
elemento
italico
del
popolo
nuovo
,
specialmente
nella
tendenza
alla
ristorazione
delle
instituzioni
e
della
civiltà
antica
,
così
egli
sollevò
l
'
idea
del
comune
fino
alla
repubblica
degli
Scipioni
.
Per
l
'
impero
fu
freddissimo
,
senza
amore
e
senza
odio
;
sebbene
qualche
volta
sentì
e
confessò
riciso
esser
nome
vano
senza
soggetto
;
sebbene
altra
volta
,
dopo
la
mala
prova
della
repubblica
di
Cola
,
alle
lusinghe
di
Carlo
di
Lussemburgo
rispose
con
un
omaggio
da
antiquario
inviandogli
certe
monete
romane
(
il
povero
imperatore
avrebbe
tolto
invece
fiorini
)
e
molti
conforti
a
venir
in
Italia
e
ricalcar
le
orme
degli
Augusti
e
de
'
Traiani
,
non
senza
rampogne
d
'
inerzia
e
d
'
inettitudine
.
Odiò
la
corte
romana
e
assalse
la
chiesa
corrotta
con
tanta
ira
che
parve
poi
ribellione
;
sebbene
egli
rimanesse
intimamente
devoto
,
ma
non
,
come
Dante
,
religioso
essenzialmente
.
Con
queste
affezioni
e
con
questi
istinti
affrettò
l
'
uscita
dal
medio
evo
.
Come
il
popolo
,
di
cui
era
nato
,
invocava
di
quando
in
quando
la
balía
di
un
re
o
di
un
signore
,
così
egli
non
rigettò
le
grazie
de
'
príncipi
,
alla
cui
protezione
del
resto
anche
Dante
erasi
male
affidato
;
e
,
se
vi
lasciaste
ingannare
alle
brutte
forme
della
sua
retorica
latina
,
parrebbe
che
gli
adulasse
.
Non
è
vero
:
niuno
sentì
così
fieramente
l
'
eguaglianza
democratica
e
la
dignità
umana
in
conspetto
agli
ordini
privilegiati
e
prepossenti
.
Il
Petrarca
nella
vita
letteraria
prosegue
a
modo
suo
l
'
opera
di
Giano
della
Bella
:
che
anzi
nella
esortatoria
a
Cola
di
Rienzo
l
'
odio
suo
contro
i
grandi
oltrepassa
gli
ordinamenti
di
giustizia
,
e
in
quel
bando
di
persecuzione
e
di
sterminio
diresti
che
il
«
dolce
testor
degli
amorosi
detti
»
rasentasse
alcuna
volta
la
feroce
eloquenza
dell
'
«
Amico
del
Popolo
»
.
Letterato
,
si
lasciò
richiedere
e
desiderare
ai
principi
,
li
trattò
graziosamente
da
pari
a
pari
,
fe
'
sentire
ai
tiranni
guelfi
e
ghibellini
,
ai
re
di
Napoli
e
d
'
Ungheria
,
all
'
imperatore
e
al
papa
esservi
al
mondo
oramai
un
'
altra
potenza
,
crescente
ogni
di
più
e
tendente
a
cacciar
di
luogo
quella
della
nascita
e
della
spada
,
la
potenza
del
pensiero
.
Niuno
onorò
in
sé
e
fece
onorata
da
popoli
e
principi
l
'
arte
e
la
dottrina
meglio
e
più
del
Petrarca
:
niuno
fece
rispettare
e
ammirare
il
popolo
d
'
Italia
,
che
dalle
sue
città
piene
di
gloria
e
lavoro
chiedeva
i
titoli
di
nobiltà
non
ai
secoli
passati
ma
agli
avvenire
,
non
all
'
imperatore
ma
al
mondo
,
niuno
,
dico
,
fece
riverire
e
ammirare
all
'
Europa
feudale
cotesto
popolo
di
borghesi
ribelli
meglio
e
più
del
Petrarca
,
di
questo
figliuolo
d
'
un
notaio
fiorentino
,
al
quale
i
re
s
'
inchinavano
.
La
incoronazione
di
lui
in
Campidoglio
,
tra
il
popolo
plaudente
,
con
la
fortunata
assenza
del
papa
e
dell
'
imperatore
,
fu
come
la
sacra
del
Rinascimento
in
mezzo
all
'
Europa
nel
medio
evo
:
su
la
quale
,
a
grande
augumento
della
civiltà
,
egli
esercitò
nel
tempo
suo
quella
medesima
dittatura
,
anzi
legislazione
dell
'
ingegno
e
dell
'
arte
,
che
esercitarono
poi
su
'
l
secolo
XVI
Erasmo
di
Rotterdam
e
sul
XVIII
il
Voltaire
.
Come
artista
,
egli
,
uscito
di
un
popolo
che
faceva
constituzioni
e
commerci
,
non
comprese
il
mondo
fantastico
e
avventuriere
del
medio
evo
,
e
sentì
che
era
finito
co
'
poemi
francesi
;
sentì
che
anche
il
mondo
soprannaturale
cristiano
erasi
chiuso
con
Dante
,
e
non
avea
certo
l
'
intuizione
universale
di
lui
;
del
mondo
antico
non
sentì
che
le
forme
,
e
non
le
migliori
.
Ma
sentì
in
sé
l
'
uomo
;
e
mentre
gl
'
infiniti
lirici
del
medio
evo
,
francesi
,
tedeschi
,
italiani
,
dei
quali
è
mal
vezzo
di
critici
superficiali
e
ripetitori
l
'
accusarlo
imitatore
,
lui
originalissimo
e
che
deve
agli
antecessori
suoi
solo
qualche
frase
di
cattivo
gusto
,
mentre
quei
lirici
cantarono
o
il
senso
ben
limitato
o
l
'
idea
molto
indeterminata
,
egli
scoprì
in
sé
e
rivelò
l
'
uomo
;
l
'
uomo
del
medio
evo
,
a
cui
la
natura
ha
cominciato
a
rifavellare
da
'
libri
de
'
poeti
antichi
,
l
'
uomo
del
medio
evo
in
contrasto
tra
la
materia
e
la
forma
,
tra
il
senso
e
lo
spirito
,
tra
il
cristiano
e
il
pagano
.
E
questo
contrasto
ei
lo
prese
ad
analizzare
e
a
svolgere
sottilmente
,
finamente
,
profondamente
,
per
ogni
verso
,
con
tutta
leggerezza
di
tócco
,
con
tutta
delicatezza
di
ombreggiamento
,
con
tutta
misura
,
senza
lasciarsi
vincer
la
mano
alla
passione
inestetica
.
Riprese
l
'
opera
giovanile
di
Dante
,
movendo
anch
'
egli
dall
'
antecedente
lirica
cavalleresca
:
ma
Dante
risalì
o
si
smarrì
nel
misticismo
,
il
Petrarca
ritornò
al
naturalismo
ideale
,
e
anche
per
questa
parte
apre
l
'
età
del
Rinascimento
.
VII
.
Dante
e
il
Petrarca
avean
mosso
ambedue
dal
medio
evo
e
dal
principio
cavalleresco
:
Dante
poi
erasi
fermato
al
principio
ecclesiastico
e
alle
sue
forme
,
la
visione
e
l
'
allegoria
.
Contro
l
'
uno
e
l
'
altro
di
questi
principii
insorge
ora
il
più
fervido
ammiratore
di
Dante
,
l
'
amico
più
affettuoso
del
Petrarca
,
Giovanni
Boccaccio
,
cittadin
fiorentino
.
Il
Boccaccio
era
nipote
a
un
Chellino
venuto
a
città
dal
contado
di
Val
d
'
Elsa
,
da
Certaldo
che
allora
aveva
nome
soltanto
dalle
cipolle
che
produce
in
copia
;
apparteneva
dunque
a
quella
cittadinanza
che
Dante
spregiava
di
cuore
,
«
la
cittadinanza
,
ch
'
è
or
mista
Di
Campi
,
di
Certaldo
e
di
Figghine
»
;
e
la
nobil
donna
,
de
'
cui
fastidi
il
certaldese
si
vendicò
nel
Corbaccio
,
poteva
bene
mandargli
a
dire
«
Torni
a
sarchiar
le
cipolle
e
lasci
star
le
gentildonne
»
.
Più
:
egli
era
nato
a
Parigi
dagli
amori
non
consecrati
di
suo
padre
mercante
con
una
donna
francese
.
Plebeo
,
bastardo
,
e
con
sangue
parigino
dentro
le
vene
,
il
gran
distruttore
dell
'
amore
cavalleresco
e
dell
'
ideale
monastico
è
il
più
sicuro
rappresentante
di
quel
popolo
grasso
del
secolo
XIV
,
che
finì
di
ricoprire
con
la
sua
alluvione
il
popolo
vecchio
e
l
'
Italia
del
secolo
XIII
.
Egli
è
il
vero
borghese
italiano
del
Trecento
;
se
non
quanto
,
non
ostante
la
pompa
delle
sue
allusioni
,
delle
sue
erudizioni
,
del
suo
stile
,
non
ostante
l
'
ammirazione
e
devozione
sua
all
'
aristocrazia
dell
'
ingegno
,
egli
piega
inconsciamente
verso
i
Ciompi
;
però
che
anch
'
egli
intende
a
distruggere
ciò
ch
'
era
stato
venerato
fin
allora
.
Come
uomo
e
cittadino
,
è
repubblicano
più
francamente
del
Petrarca
;
più
francamente
e
finamente
di
lui
deride
l
'
imperatore
e
l
'
impero
:
anche
,
rimprovera
l
'
amico
del
frequentare
ch
'
ei
fa
i
tiranni
lombardi
:
non
fioretta
panegirici
ai
re
,
e
poco
usa
a
corte
,
se
non
da
giovane
e
per
amoreggiarne
le
figliuole
:
al
suo
comune
e
ai
cittadini
dice
aspre
verità
,
ma
quello
serve
e
con
questi
si
trova
a
suo
agio
;
non
gli
odia
come
Dante
,
non
gli
sfugge
come
il
Petrarca
,
ne
studia
il
ridicolo
.
Una
sola
grandezza
v
'
è
,
della
quale
egli
si
fa
volentieri
cortigiano
,
che
egli
ama
di
amor
più
tenero
che
non
le
donne
:
la
grandezza
dell
'
ingegno
.
L
'
ideale
suo
è
tutto
soggettivo
:
l
'
arte
.
E
per
ciò
,
riproduttore
largo
e
indifferente
,
diresti
ch
'
e
'
cercasse
di
fondare
come
il
Goethe
una
letteratura
eclettica
:
certo
,
fece
anche
egli
le
sue
prove
in
tutt
'
i
generi
,
nella
visione
allegorica
di
Dante
,
nella
lirica
amorosa
del
Petrarca
,
nella
epopea
antica
,
nella
epopea
cavalleresca
,
nel
romanzo
d
'
avventura
,
nel
racconto
mitologico
,
nella
leggenda
,
nella
satira
,
nell
'
orazione
,
nell
'
ecloga
e
nell
'
idillio
,
nella
geografia
,
nella
mitologia
,
nella
filologia
e
nella
erudizione
;
e
riesce
solo
quando
scende
al
reale
,
quando
rappresenta
il
sensuale
,
il
sensuale
,
dico
,
nel
migliore
e
peggior
significato
:
del
reale
è
veramente
pittore
,
anzi
scultore
,
miracoloso
.
Ma
,
se
pone
l
'
arte
in
cima
d
'
ogni
idea
,
non
per
ciò
egli
è
scrittore
ozioso
,
non
per
ciò
egli
sbizzarrisce
soltanto
.
Il
Decameron
non
fu
scritto
,
come
una
ignorante
e
parzial
critica
afferma
,
per
trarre
l
'
Italia
al
bordello
:
il
Decameron
fu
opera
d
'
opposizione
contro
il
principio
cavalleresco
ed
ecclesiastico
.
Ricordiamo
che
le
cento
novelle
s
'
incoronano
con
la
«
Griselda
»
,
stupenda
rappresentazione
della
donna
del
dovere
,
glorioso
trionfo
della
donna
moglie
e
madre
,
come
cavalieri
e
frati
non
volevano
che
la
donna
fosse
.
Contro
cavalieri
e
frati
,
e
contro
i
borghesi
in
parte
,
il
ridicolo
,
il
grottesco
,
il
triviale
e
il
sublime
,
sì
,
anche
il
sublime
,
sono
in
cotesta
grande
commedia
umana
del
plebeo
certaldese
adoperati
come
niuno
gli
adoperò
dopo
Aristofane
e
avanti
il
Molière
.
Il
Decameron
,
la
commedia
umana
di
Giovanni
Boccaccio
,
è
la
sola
opera
comparabile
per
universalità
alla
Commedia
divina
di
Dante
.
Due
grandi
artisti
,
con
intendimenti
diversi
,
da
opposti
lati
,
sorpresero
e
abbracciarono
tutt
'
insieme
con
un
olimpico
sguardo
due
mondi
antipodi
,
e
gl
'
improntarono
vivi
e
spiranti
in
tale
una
materia
e
forma
,
che
è
marmo
per
lo
splendore
e
la
durata
,
cristallo
per
la
trasparenza
.
VIII
.
Così
in
Dante
nel
Petrarca
nel
Boccaccio
si
raccoglie
la
somma
della
letteratura
del
secolo
decimoquarto
,
del
periodo
del
comune
;
nel
quale
il
principio
nazionale
con
i
suoi
due
elementi
romano
e
italico
s
'
equilibrò
da
prima
e
poi
prevalse
agli
altri
principii
:
s
'
equilibrò
nell
'
opera
di
Dante
al
principio
ecclesiastico
,
trasformò
in
quella
del
Petrarca
il
principio
cavalleresco
,
e
all
'
uno
e
all
'
altro
prevalse
in
quella
del
Boccaccio
.
Così
Dante
,
il
Petrarca
,
il
Boccaccio
,
accogliendo
in
sé
il
secolo
XIV
,
quel
secolo
,
cioè
,
nel
quale
il
movimento
democratico
dei
comuni
attinse
l
'
ultima
velocità
e
pienezza
,
diedero
ancora
alla
letteratura
nazionale
la
materia
e
gl
'
instrumenti
e
le
forme
che
meglio
fiorirono
nell
'
età
migliori
e
che
durano
ancora
:
Dante
,
la
lingua
lo
stile
e
gli
animi
a
tutta
la
poesia
;
il
Petrarca
,
i
metri
e
le
forme
alla
lirica
;
il
Boccaccio
,
l
'
ottava
e
il
periodo
alla
epopea
e
alla
prosa
del
Rinascimento
.
E
come
il
Rinascimento
muove
da
essi
,
così
nelle
opere
loro
è
in
germe
il
fiore
lussureggiante
dell
'
arte
del
Cinquecento
:
v
'
è
quel
carattere
speciale
che
fu
proprio
della
nostra
letteratura
e
pe
'
l
quale
ella
è
quasi
mezzo
tra
l
'
arte
antica
e
l
'
arte
del
medio
evo
,
tra
la
Grecia
e
la
Germania
;
quel
,
come
uno
scrittor
tedesco
lo
chiama
,
non
pure
presentimento
,
nato
da
affinità
,
del
bello
classico
,
ma
vera
affinità
elettiva
con
quello
spirito
d
'
intelligente
e
discreta
proporzione
in
tutte
cose
che
è
l
'
essenza
fondamentale
di
esso
bello
,
con
quella
sofrosine
in
opposizione
alla
stravaganza
senza
forma
e
senza
misura
che
domina
le
rappresentazioni
medioevali
.
Se
non
che
,
mentre
il
Petrarca
e
il
Boccaccio
furono
subito
fatti
famigliari
alla
lontana
Inghilterra
dallo
Chaucer
,
ed
ebbero
poco
di
poi
la
cittadinanza
in
tutte
le
nuove
letterature
;
mentre
il
Petrarca
restò
lungamente
modello
alla
lirica
non
pure
italiana
,
ma
francese
e
spagnola
,
ma
tedesca
e
inglese
;
mentre
non
pur
le
forme
del
Boccaccio
si
perennarono
nei
novellatori
italiani
e
francesi
del
secolo
XV
e
XVI
ma
ne
rivissero
gli
spiriti
nel
Machiavelli
e
nell
'
Ariosto
comici
,
nel
Rabelais
,
nel
Molière
,
nel
Voltaire
,
nel
Lessing
;
scarso
per
contro
e
debole
fu
l
'
influsso
di
Dante
,
sebbene
la
singolar
grandezza
sua
fosse
,
massime
in
Italia
,
riconosciuta
sempre
.
Anche
il
suo
metro
,
la
mistica
terzina
,
ch
'
egli
creò
veramente
quasi
risonante
segno
della
sua
venerazione
al
cabalistico
tre
continuamente
rintrecciantesi
nel
nove
,
non
ebbe
quella
splendida
posterità
che
la
ottava
limitata
del
novellatore
:
non
ebbe
la
Divina
Commedia
tra
noi
altro
che
pallide
imitazioni
nella
parte
dottrinale
e
allegorica
,
il
Dittamondo
e
il
Quadriregio
;
al
di
fuori
,
appena
una
traduzione
francese
di
quel
secolo
stesso
,
che
,
per
trovarsi
in
solo
un
codice
,
è
da
credere
fosse
più
che
altro
uno
studio
individuale
;
ebbe
invece
ben
presto
,
e
in
poco
più
che
cent
'
anni
,
tre
versioni
nella
cattolica
Spagna
e
imitatore
valente
un
baron
castigliano
.
Or
vengano
i
soliti
critici
a
rimproverare
all
'
Italia
l
'
abbandono
delle
tradizioni
dantesche
.
E
già
,
se
non
intendano
delle
tradizioni
di
stile
e
di
forma
e
di
pura
poesia
,
che
non
sarebbe
vero
;
se
per
avventura
non
pretendono
che
tutta
la
nostra
letteratura
fosse
una
continua
e
fedel
ripetizione
della
Commedia
;
che
cosa
sono
allora
coteste
tradizioni
dantesche
?
la
filosofia
di
san
Tommaso
?
la
mistica
di
Dionigi
Areopagita
e
d
'
Ugo
o
di
Riccardo
da
San
Vittore
?
la
visione
teologica
?
l
'
allegoria
?
l
'
impero
del
buon
Barbarossa
o
di
Giustiniano
santo
?
l
'
età
dell
'
oro
di
Cacciaguida
?
il
concerto
di
maledizioni
a
tutt
'
i
comuni
d
'
Italia
?
Dante
stesso
ci
narra
come
egli
dopo
la
morte
di
Beatrice
si
lasciasse
movere
ai
segni
di
pietà
che
scòrse
in
viso
di
una
donna
gentile
,
e
tanto
se
ne
lasciasse
poi
attrarre
da
darsi
per
qualche
tempo
in
signoria
di
lei
,
dimenticando
la
gentilissima
Beatrice
passata
al
reame
ove
gli
angeli
hanno
pace
.
Quella
nuova
donna
gentile
era
,
com
'
egli
stesso
ci
afferma
,
la
filosofia
,
e
gli
toccò
poi
smarrirsi
nella
selva
a
ruinare
in
basso
loco
,
e
gli
bisognò
attraversare
il
centro
della
terra
,
per
ritornare
alla
sua
Beatrice
beata
,
alla
Beatrice
trasfigurata
,
alla
Beatrice
teologale
.
Egli
dunque
,
l
'
uomo
del
medio
evo
,
ritornò
a
Beatrice
;
ma
l
'
Italia
non
più
mai
.
IX
.
Un
'
ultima
osservazione
resta
a
fare
.
La
poesia
delle
altre
genti
d
'
Europa
,
divenute
nazioni
molto
prima
della
italiana
,
ebbe
anche
oltre
le
forme
un
contenuto
nazionale
:
i
Nibelunghi
rappresentano
i
Germani
delle
migrazioni
,
i
romanzi
francesi
cantano
le
glorie
dell
'
impero
di
Carlomagno
e
la
lotta
della
feudalità
co
'
discendenti
di
lui
,
quelli
spagnoli
la
guerra
continuata
con
gli
invasori
.
La
poesia
italiana
,
tardiva
come
la
nazione
,
non
ha
un
fondo
nazionale
:
la
Commedia
,
il
Canzoniere
,
il
Decameron
sono
per
il
contenuto
più
presto
europei
,
cristiani
o
umani
,
che
non
italiani
.
Ricordiamo
che
l
'
elemento
popolare
risorse
nella
penisola
come
romano
,
e
che
l
'
Italia
appariva
a
Dante
come
il
giardino
dell
'
impero
,
al
Petrarca
come
la
sede
della
repubblica
degli
Scipioni
.
Di
qui
avvenne
che
i
nostri
cercassero
le
loro
tradizioni
nazionali
nell
'
antichità
,
e
la
parte
epica
della
storia
italiana
consista
nelle
origini
troiane
o
romane
delle
città
e
nella
derivazione
delle
famiglie
nobili
dagli
ultimi
romani
che
contrastarono
ai
barbari
:
Virgilio
,
Lucano
,
Claudiano
erano
sempre
i
poeti
di
nostra
gente
;
Cesare
,
Livio
,
Sallustio
,
gli
storici
.
E
l
'
Italia
,
in
quello
stesso
che
non
aveva
la
conscienza
di
nazione
moderna
,
sentivasi
,
nella
sua
continuazione
romana
,
la
capitale
d
'
Europa
.
I
nostri
poeti
quindi
vennero
a
compiere
e
a
nobilitare
il
medio
evo
con
le
forme
antiche
,
come
poeti
dell
'
Europa
cristiana
,
dell
'
occidente
latino
.
Ecco
:
Dante
dà
la
consecrazione
cattolica
e
classica
a
tutte
le
visioni
dell
'
oltremondo
smarrite
per
le
isole
brittaniche
,
per
la
Germania
e
la
Francia
:
il
Petrarca
chiude
il
ciclo
dei
poeti
d
'
amore
provenzali
,
francesi
,
tedeschi
,
nel
suo
virgiliano
«
bosco
degli
ombrosi
mirti
»
:
il
Boccaccio
raccoglie
le
pietruzze
dai
conti
dai
favolelli
dalle
leggende
di
tutti
i
giullari
e
menestrelli
per
istoriarne
il
suo
musaico
romano
.
Quel
che
le
altre
nazioni
produssero
singolo
,
staccato
,
informe
,
in
Italia
è
uno
,
armonico
,
vivo
.
La
terra
dei
comuni
non
può
restringersi
troppo
tosto
nella
esclusività
di
nazione
:
come
i
suoi
padri
con
le
armi
,
ella
conquista
con
l
'
arte
tutti
i
paesi
:
come
l
'
impero
e
la
chiesa
cattolica
,
onde
ella
eredita
,
diedero
la
cittadinanza
romana
a
tutti
i
corpi
e
a
tutte
le
anime
,
così
ella
la
dà
a
tutte
le
tradizioni
,
a
tutte
le
idee
:
dà
alla
turbolenta
rappresentanza
del
medio
evo
germanico
la
forma
artistica
antica
e
lo
spirito
nuovo
sociale
,
creando
la
letteratura
universale
del
Rinascimento
.
E
tutto
ciò
fu
fatto
nello
spazio
di
tre
generazioni
da
tre
uomini
di
Firenze
:
così
il
comune
specchia
l
'
umanità
.
DISCORSO
QUARTO
Del
Quattrocento
:
il
rinascimento
e
la
federazione
;
la
letteratura
dotta
e
la
popolare
.
I
.
Nominanza
non
buona
ha
tra
i
secoli
della
coltura
italiana
il
decimoquinto
;
e
gli
nuoce
forse
più
ch
'
altro
la
gloria
grande
della
età
che
gli
fu
innanzi
e
di
quella
che
dopo
.
Gli
storici
della
nostra
letteratura
,
attratti
agli
splendori
del
Trecento
e
del
Cinquecento
,
cercano
solo
in
que
'
due
secoli
le
manifestazioni
della
vita
italiana
nell
'
arte
,
e
,
pur
trovandole
tanto
diverse
tra
loro
,
di
quella
diversità
non
curano
indagar
le
ragioni
o
ne
recano
di
tali
che
potrebbero
al
più
valer
per
le
forme
:
nel
Quattrocento
poi
non
veggono
che
densa
barbarie
e
ricrudescenza
di
vecchiume
e
brulicame
di
pedanteria
,
dove
galleggia
,
non
si
sa
come
,
il
Boiardo
e
il
Poliziano
,
e
onde
emergono
il
Bembo
e
il
Sannazzaro
,
il
Machiavello
e
l
'
Ariosto
,
così
la
storia
della
letteratura
,
la
storia
cioè
de
'
mutamenti
e
degli
avvenimenti
de
arte
,
mutamenti
e
avvenimenti
che
procedendo
dalle
facoltà
intellettuali
e
morali
dell
'
uomo
hanno
uno
svolgimento
tutto
graduale
e
coordinato
,
si
cambia
per
molti
in
una
storia
di
miracoli
.
O
,
meglio
,
così
certi
geografi
,
conosciuti
da
Plutarco
,
i
paesi
a
loro
ignoti
sopprimevano
nelle
estremità
di
lor
tavole
,
notando
ne
'
margini
che
al
di
là
erano
secche
arene
e
torbida
palude
o
freddo
scitico
o
mare
agghiacciato
.
Ma
perché
la
produzione
letteraria
del
Cinquecento
è
tanto
ricca
e
svariata
e
lieta
in
confronto
a
quella
del
Trecento
che
per
parte
sua
è
più
profonda
più
comprensiva
più
vera
?
Perché
tanta
differenza
tra
la
poesia
di
Dante
e
quella
dell
'
Ariosto
?
E
quale
delle
due
risponde
meglio
al
genio
del
popolo
italiano
?
quale
ne
rende
meglio
gli
spiriti
?
e
come
si
trasmutò
o
come
si
fermò
questo
genio
,
che
dall
'
una
si
potesse
passare
all
'
altra
?
Dalla
risposta
a
tali
dimande
si
avrà
la
piena
intelligenza
del
generale
svolgimento
della
letteratura
nazionale
;
e
quella
risposta
non
saprei
richiederla
che
allo
studio
su
le
mutazioni
della
vita
intellettuale
italiana
nel
secolo
XV
,
il
quale
non
fu
né
di
sosta
né
di
scadimento
,
ma
di
fermentazione
e
di
maggior
dichiarazione
del
carattere
e
del
sentimento
italiano
.
Né
altrimenti
poteva
essere
il
secolo
,
nel
quale
l
'
Europa
vide
fermarsi
le
diverse
nazionalità
e
gli
ordini
politici
tuttora
esistenti
,
e
,
nel
cominciato
dissidio
tra
il
ragionamento
e
la
fede
,
il
pensiero
umano
in
faccia
alle
presentite
battaglie
armarsi
di
nuovi
e
stupendi
trovati
;
il
secolo
nel
quale
non
fu
speranza
agl
'
italiani
dolorosa
e
scherno
agli
estranei
miserabile
la
indipendenza
d
'
Italia
,
e
Italia
vide
lo
scoprimento
del
nuovo
e
il
ritrovamento
dell
'
antico
mondo
compiuto
da
soli
quasi
italiani
,
e
fiorire
nelle
lettere
insieme
il
Belcari
ed
il
Poggio
,
il
Pulci
e
il
Ficino
,
il
Boiardo
e
il
Pontano
,
e
Lorenzo
de
'
Medici
e
il
Savonarola
.
II
.
Le
novissime
parole
su
la
grande
letteratura
del
secolo
XIV
,
con
la
espressione
del
presentimento
,
radamente
vano
,
che
ha
della
debolezza
de
'
suoi
successori
ogni
generazione
vigorosa
,
furono
dette
da
Franco
Sacchetti
nella
canzone
per
la
morte
del
Boccaccio
:
Sonati
sono
i
corni
D
'
ogni
parte
a
ricolta
:
La
stagione
è
rivolta
:
Se
tornerà
non
so
,
ma
credo
tardi
.
E
in
vero
come
disco
su
la
fine
del
corso
segna
ancora
per
la
forza
del
primo
impulso
alcuni
giri
nella
rena
,
poi
vacilla
,
poi
cade
;
così
,
su
'
l
declinare
del
Trecento
e
'
l
cominciare
del
secolo
di
poi
,
la
letteratura
toscana
divenuta
per
virtù
del
triumvirato
italiana
.
Ora
di
quello
scoramento
e
di
quella
diminuzione
di
pensieri
e
di
produzioni
debbonsi
cercare
più
sottilmente
le
cause
.
Unico
Dante
aveva
potuto
rivolgere
laicamente
il
principio
religioso
ad
una
sua
grande
concezione
artistica
,
del
resto
più
tosto
cristiana
che
nazionale
,
più
tosto
europea
che
italiana
.
Del
principio
cavalleresco
il
Petrarca
aveva
saputo
trasformare
classicamente
l
'
elemento
soggettivo
lirico
:
l
'
elemento
oggettivo
ed
epico
era
stato
incominciato
a
lavorare
con
sola
intenzione
e
a
solo
fine
di
arte
dal
Boccaccio
ne
'
suoi
poemi
.
Quanto
al
principio
nazionale
,
la
restaurazione
della
tradizion
romana
nell
'
idea
di
stato
e
di
patria
e
nelle
forme
civili
,
e
con
ciò
della
tradizion
virgiliana
e
tulliana
nell
'
arte
e
nello
stile
,
la
restaurazione
in
somma
della
tradizione
solenne
aristocratica
unitaria
,
era
stata
in
gran
parte
operata
per
intiero
e
in
altre
parti
tentata
felicemente
da
tutti
tre
insieme
quei
grandi
scrittori
:
ma
il
Boccaccio
poi
rappresentava
meglio
nell
'
opera
sua
maggiore
la
tradizione
italica
di
varietà
,
di
libertà
,
di
resistenza
,
la
tradizione
democratica
e
federale
di
Nevio
,
di
Lucilio
,
di
Plauto
.
La
Divina
Commedia
,
ammirata
,
venerata
,
ma
solitaria
,
rimaneva
quasi
monumento
di
un
favoloso
gigante
,
che
gli
uomini
contemplano
stupiti
,
ma
che
non
lascia
addentellato
alle
costruzioni
di
una
generazione
minore
,
che
niuno
osa
abitare
,
niuno
edificarvi
appresso
,
e
sorge
come
avvolto
nell
'
ombra
di
una
sacra
paura
:
la
luce
della
visione
allegorica
già
abbuiatasi
nel
Quadriregio
finisce
spegnendosi
in
alcuni
poemi
inferiori
nominati
appena
dai
dotti
.
È
pur
forza
persuadersene
:
Dante
nella
vita
del
popolo
italiano
è
una
apparizion
singolare
:
più
che
romano
o
italico
,
lo
direste
etrusco
:
vissuto
un
po
'
prima
,
nel
secolo
duodecimo
,
egli
avrebbe
forse
suscitato
una
letteratura
religiosa
e
ideale
,
ma
più
civile
che
non
fosse
poi
quella
della
Spagna
cattolica
,
ma
più
pratica
che
non
quella
della
panteistica
Germania
:
fiorito
nel
Trecento
,
di
vivo
ed
effettuale
non
lasciò
che
il
movimento
impresso
alla
lingua
,
il
lavoro
poetico
,
la
passione
sua
,
e
non
è
poco
;
ma
l
'
essersi
vent
'
anni
dopo
la
Commedia
potuto
comporre
e
universalmente
ammirare
il
Decameron
,
prova
che
l
'
idea
fondamentale
,
l
'
anima
di
quella
era
sparita
,
era
fuggita
dalla
nazione
.
Tanto
ciò
è
vero
,
che
la
forma
dell
'
epopea
dantesca
servì
nel
Quattrocento
al
Medici
per
la
satira
comica
de
'
Beoni
,
e
la
solenne
terzina
andò
a
finire
ne
'
capitoli
berneschi
;
mentre
l
'
ottava
del
novellatore
,
del
Filocopo
,
della
Teseide
,
del
Ninfale
,
divenne
di
più
in
più
popolare
,
visse
di
florida
vita
,
maestrevolmente
coltivata
dal
Poliziano
,
dall
'
Ariosto
,
dal
Tasso
.
Della
poesia
del
Petrarca
il
contenuto
era
molto
inferiore
al
dantesco
e
più
limitato
il
campo
,
ma
quello
più
comprensibile
e
a
più
,
più
accessibile
questo
:
onde
gli
effetti
furono
più
larghi
e
più
duraturi
.
Se
non
che
,
anche
del
Petrarca
le
forme
anzi
che
altro
rimasero
:
le
forme
che
eccitavano
il
vagheggiamento
lo
studio
la
imitazione
,
perché
meglio
mostravano
il
lavorio
,
a
dir
vero
finissimo
e
meraviglioso
:
onde
tutt
'
insieme
esercitarono
non
inutilmente
le
facoltà
artistiche
dei
successori
.
Ma
l
'
intima
poesia
del
canzoniere
non
poteva
,
come
s
'
intende
facilmente
,
essere
riprodotta
:
ci
voleva
quell
'
anima
e
quella
vita
:
onde
che
la
elegia
psicologica
del
Petrarca
,
già
svaporata
nelle
eleganti
fantasiucce
del
Montemagno
,
inacidì
ben
presto
tra
le
frasi
contorte
o
pedantesche
di
Cino
Rinuccini
e
coetanei
,
e
svanì
del
tutto
nelle
lievi
imitazioni
di
Giusto
de
'
Conti
.
Rimaneva
il
Boccaccio
;
il
cui
ingegno
eclettico
,
oggettivo
,
sensuale
,
meglio
accordavasi
al
genio
del
popolo
italiano
;
la
cui
opera
molteplice
,
con
la
rappresentazione
della
vita
reale
nelle
novelle
,
col
rimaneggiamento
non
epico
ma
romanzesco
della
materia
cavalleresca
ne
'
poemi
d
'
argomento
medioevale
,
colla
riproduzione
del
fantastico
dell
'
arte
antica
innovellato
ne
'
poemi
d
'
argomento
classico
,
fornì
gli
esempi
e
le
norme
al
lavoro
delle
generazioni
posteriori
,
che
meno
distratte
dalla
agitazione
politica
e
nulla
preoccupate
dal
sentimento
religioso
dovevano
essere
più
artistiche
se
meno
poetiche
.
Ma
e
il
Boccaccio
e
gli
altri
maggiori
del
Trecento
,
quantunque
traessero
intenzioni
e
modi
dall
'
età
loro
,
tuttavia
nei
concepimenti
dell
'
arte
e
nell
'
uso
della
dottrina
di
troppo
avanzarono
i
contemporanei
e
i
prossimi
successori
,
i
quali
non
avevano
più
né
forze
né
mezzi
ad
aiutare
e
continuare
adeguatamente
il
rinnovamento
da
quelli
promosso
.
Anche
:
è
vero
che
i
tre
grandi
scrittori
del
Trecento
improntarono
saldamente
e
immutabilmente
alla
nuova
produzione
letteraria
un
suggello
nazionale
;
ma
l
'
opera
fu
,
più
che
altro
,
individuale
,
e
toscano
l
'
instrumento
e
la
materia
.
Occorreva
adunque
esercitar
le
forze
e
mettere
in
comune
i
mezzi
del
lavoro
artistico
,
per
aggiungere
quel
grado
di
perfezione
,
per
serbare
quell
'
ideale
di
bellezza
che
il
gran
triumvirato
del
Trecento
avea
tócco
.
Occorreva
che
l
'
opera
stessa
da
individuale
divenisse
comparativamente
sociale
,
e
l
'
impronta
di
toscana
si
facesse
italiana
.
Il
movimento
letterario
nel
Trecento
fu
parziale
,
generale
nel
Cinquecento
:
il
processo
fu
nel
Trecento
toscano
,
italiano
nel
Cinquecento
.
Il
Quattrocento
fu
secolo
di
passaggio
;
un
po
'
staccato
,
un
po
'
anarchico
,
ma
tutto
fermentante
e
fecondo
di
trasformazioni
e
fenomeni
nuovi
.
Sotto
questo
aspetto
vuolsi
studiare
il
Quattrocento
,
o
,
meglio
,
quella
età
critica
della
nostra
letteratura
che
corre
dal
tumulto
de
'
Ciompi
alla
seconda
cacciata
dei
Medici
,
dal
ristabilimento
dei
papi
in
Italia
e
dal
primo
affermarsi
delle
signorie
in
principati
regionali
fino
alla
calata
di
Carlo
VIII
,
dal
1378
al
1494
,
dalla
morte
del
Petrarca
e
del
Boccaccio
a
quella
del
Boiardo
e
del
Poliziano
,
dalla
morte
di
Caterina
da
Siena
a
Girolamo
Savonarola
.
Ora
questa
età
presenta
così
negli
avvenimenti
storici
come
in
quelli
della
coltura
e
degli
spiriti
due
periodi
nettamente
distinti
:
il
primo
,
nella
storia
politica
,
è
dello
scisma
e
dei
condottieri
;
nella
letteraria
,
è
del
dissidio
tra
l
'
italiano
e
il
latino
e
della
poesia
popolare
:
il
secondo
,
nella
storia
politica
,
è
della
confederazione
ordinata
e
dell
'
equilibrio
,
nella
letteraria
,
è
il
rinascimento
della
vita
italiana
nella
forma
classica
.
III
.
La
letteratura
dell
'
età
anteriore
,
come
scintilla
dall
'
attrito
di
due
massi
,
come
fulmine
dallo
scontro
di
due
nubi
,
proruppe
dai
contrasti
della
chiesa
con
l
'
impero
,
e
poi
del
popolo
con
l
'
impero
e
la
chiesa
:
l
'
elemento
romano
contro
il
germanico
,
la
borghesia
contro
la
feudalità
,
la
plebe
contro
la
borghesia
,
il
laicismo
contro
il
chiericato
,
ecco
i
moventi
,
o
almeno
le
circostanze
di
quella
letteratura
.
Ma
il
papato
,
conteso
per
settanta
interi
anni
tra
due
o
tre
pretendenti
,
schiaffeggiato
da
tutti
i
principi
e
dai
preti
stessi
nei
concilii
di
Costanza
e
Basilea
,
mentre
un
soldato
di
ventura
assidevasi
nella
Marca
funesta
agli
imperatori
del
secolo
XIII
segnando
le
lettere
Ex
Girifalco
nostro
firmiano
invito
Petro
et
Paulo
;
il
papato
,
non
che
delle
ire
di
Dante
e
del
Petrarca
,
era
indegno
oramai
degli
sghignazzamenti
del
Boccaccio
e
del
Sacchetti
:
«
Papa
Martino
non
vale
un
quattrino
»
,
questo
distico
intonato
dietro
il
successore
di
Gregorio
VII
d
'
Innocenzo
III
di
Bonifazio
VIII
dai
ragazzi
della
guelfa
Firenze
,
ecco
i
paralipomeni
dell
'
invettiva
di
san
Pietro
nel
ventisettesimo
del
Paradiso
,
ecco
la
sola
poesia
degna
del
papato
nel
secolo
XV
.
E
l
'
impero
?
A
chi
importava
più
dell
'
impero
in
Italia
?
L
'
ultimo
dei
lussemburghesi
,
di
quella
famiglia
che
tanti
amori
e
odi
di
sé
aveva
eccitati
nel
secolo
prima
,
Sigismondo
,
mercanteggi
pure
a
sua
posta
le
alleanze
,
ingrossi
gli
stati
ereditari
,
faccia
il
gendarme
ai
preti
di
Costanza
;
l
'
Italia
sa
a
pena
che
egli
esista
.
E
in
Italia
intanto
la
democrazia
avea
da
per
tutto
ceduto
o
cedeva
il
luogo
ai
tiranni
mutantisi
in
príncipi
,
e
la
borghesia
con
le
invidie
e
paure
sue
avea
sollevato
i
signori
.
Chi
ricorda
come
finisse
Michele
di
Lando
,
il
Cavaignac
dei
Ciompi
,
dai
borghesi
,
per
merito
di
averli
sottratti
alla
vendetta
plebea
,
cacciato
in
esilio
?
La
stessa
oscurità
che
è
su
la
fine
dell
'
eroe
popolare
involge
il
lento
venir
meno
della
democrazia
fiorentina
.
Spaventata
co
'
supplizi
,
dispersa
per
gli
esili
,
lusingata
,
domata
forse
con
la
miseria
e
con
la
corruzione
ad
un
'
ora
,
la
plebe
tace
,
s
'
allontana
,
sparisce
,
se
non
quanto
si
mostra
a
bestemmiare
i
vinti
ad
applaudire
i
vincitori
padroni
.
Le
grandi
casate
del
popolo
grasso
costituiscono
a
poco
a
poco
un
'
aristocrazia
dell
'
oro
,
avida
,
inetta
,
brigante
,
senza
né
onore
né
valore
;
e
come
già
ai
comuni
del
Duecento
e
del
Trecento
si
sovrappose
a
poco
alla
volta
l
'
oligarchia
della
capital
regionale
,
così
tra
le
famiglie
borghesi
insorge
e
soverchia
,
quasi
da
parte
della
plebe
e
rappresentante
e
vindice
de
'
suoi
diritti
,
prima
un
uomo
,
poi
una
famiglia
;
e
ne
riesce
il
più
corruttor
de
'
governi
,
il
principato
civile
in
uno
stato
a
forme
repubblicane
.
Né
i
príncipi
sentirono
più
le
grandi
ambizioni
,
onde
dai
popoli
troppo
spesso
si
fan
perdonare
la
tirannia
:
niuno
di
essi
dopo
Giovan
Galeazzo
Visconti
ordinò
al
suo
gioielliere
la
corona
d
'
Italia
.
Battaglie
ingloriose
degli
angioini
tra
loro
nel
mezzogiorno
e
nel
centro
,
poi
d
'
angioini
e
d
'
aragonesi
;
schermaglie
tra
il
senato
veneto
la
cui
cupidigia
non
può
chiamarsi
ambizione
,
la
debolezza
di
Filippo
Maria
Visconti
e
l
'
astuzia
di
Cosimo
dei
Medici
;
e
scorrazzare
delle
masnade
di
ventura
da
una
parte
ad
un
'
altra
,
e
sorgerne
un
prode
o
fortunato
od
accorto
e
giungere
al
regno
:
ecco
i
fatti
della
metà
prima
del
secolo
.
L
'
oscurarsi
delle
idee
,
il
mancare
de
'
principii
,
la
incertezza
degli
stessi
avvenimenti
avean
tolto
via
quei
contrasti
fecondi
delle
passioni
e
dei
pensieri
onde
risulta
la
letteratura
viva
.
In
verità
la
sola
letteratura
a
cotesti
anni
possibile
fu
quella
degli
antiquari
,
che
nel
fervore
dei
ritrovamenti
e
nella
adorazione
del
passato
non
avean
agio
da
riguardare
al
presente
o
non
se
ne
accorgevano
,
o
solo
ne
coglievano
le
apparenze
mobili
e
false
.
In
fatti
súbito
dopo
la
morte
del
Boccaccio
l
'
elemento
nazionale
cominciò
a
manifestare
nello
svolgimento
letterario
due
tendenze
diverse
:
l
'
armonia
,
che
nelle
opere
del
triumvirato
era
stata
meravigliosa
,
tra
la
ristorazione
e
l
'
innovazione
,
tra
le
memorie
dell
'
antichità
e
le
instituzioni
nuove
e
il
sentimento
del
presente
,
tra
l
'
ideale
e
il
reale
,
tra
la
nobiltà
dei
concetti
e
la
popolarità
delle
forme
,
si
rompe
;
e
,
per
l
'
una
parte
,
la
forza
viva
popolare
,
sopraffatta
nel
Trecento
dallo
splendore
del
triumvirato
,
si
risente
ora
e
sbizzarrisce
a
baldanza
in
una
quasi
anarchica
foggia
di
produzione
,
e
il
tumulto
de
'
Ciompi
passa
dalla
piazza
nell
'
arte
,
ove
par
che
vada
perdendosi
ogni
decoro
,
ogni
norma
,
ogni
ordine
;
per
l
'
altra
la
letteratura
dotta
crede
che
la
tradizione
classica
basti
a
sé
sola
,
e
tesaurizzando
l
'
antichità
riprende
l
'
opera
della
ristorazione
romana
dai
tre
grandi
fiorentini
con
devoto
ardore
incominciata
,
ma
rimasta
ben
di
qua
dal
termine
di
perfezione
a
cui
aveano
condotto
il
rinnovamento
italiano
;
la
riprende
con
intendimenti
esclusivi
e
come
fine
a
sé
stessa
.
Ed
ecco
:
per
un
Petrarca
che
andava
frugando
le
città
dei
barbari
in
cerca
di
qualche
opera
obliata
di
Cicerone
;
per
un
Boccaccio
che
saliva
trepidante
di
gioia
nella
biblioteca
di
Montecassino
tra
l
'
erba
cresciuta
grande
su
'
l
pavimento
,
mentre
il
vento
soffiava
libero
per
le
finestre
scassinate
e
le
porte
lasciate
senza
serrami
scotendo
la
polvere
da
lunghi
anni
ammontata
su
'
volumi
immortali
,
e
sdegnavasi
a
vederli
mancanti
de
'
quadernetti
onde
la
stupida
ignoranza
dei
monaci
avea
fatto
brevi
da
vendere
alle
donne
;
per
uno
,
dico
,
ecco
sorgere
le
diecine
di
questi
devoti
dell
'
antichità
,
affrontando
pericoli
di
lunghi
viaggi
,
passando
monti
e
mari
,
peregrinando
poveri
e
soli
per
contrade
inospitali
,
tra
popoli
o
avversi
o
sopettosi
,
de
'
quali
non
sapevan
la
lingua
,
tra
tedeschi
,
tra
turchi
.
Andavano
,
dicean
essi
,
a
liberare
i
gloriosi
padri
«
dagli
ergastoli
dei
germani
e
dei
galli
»
.
E
i
baroni
dai
torrazzi
del
castello
e
i
servi
dalla
gleba
per
avventura
ridevano
al
veder
passare
quegl
'
italiani
magri
,
sparuti
,
con
lo
sguardo
fisso
,
con
l
'
aria
trasognata
,
e
salire
affannosi
le
scale
ruinate
di
qualche
abbazia
gotica
,
e
scenderne
raggianti
con
un
codice
sotto
il
braccio
:
ridevano
,
e
non
sapevano
che
da
quel
codice
era
per
uscire
la
parola
e
la
libertà
,
che
dovea
radere
al
suolo
quelle
torri
e
spezzare
quelle
catene
;
non
sapevano
che
quei
poveri
stranieri
erano
i
vati
d
'
un
dio
ancora
ignoto
ma
prossimo
successore
al
dio
medioevale
,
immane
dio
medioevale
con
la
cui
sanzione
non
solo
i
servi
esistevano
,
ma
erano
dati
cibo
ai
mastini
del
barone
,
e
le
loro
donne
arse
per
istreghe
dai
monaci
.
Fino
a
questi
ultimi
tempi
usò
in
Italia
ridere
del
fanatismo
erudito
del
Quattrocento
;
e
più
ne
ridevano
e
declamavano
i
più
ignoranti
,
ai
quali
è
permesso
godere
i
frutti
della
coltura
laica
moderna
e
schernirne
i
primi
operai
,
perché
non
ebbero
propriamente
l
'
aria
di
giardinieri
eleganti
.
Ma
è
forza
ai
discreti
ammirare
la
fede
e
la
religione
che
ebbe
per
la
scienza
e
per
l
'
arte
il
secolo
XV
,
riconoscere
il
progredimento
della
società
italiana
ne
'
suoi
amori
nelle
sue
passioni
intellettive
,
quando
leggesi
(
e
sia
pur
un
mito
)
come
il
Guarino
veronese
,
perdute
per
naufragio
due
casse
di
libri
che
trasportava
da
Costantinopoli
,
incanutì
dal
cordoglio
,
come
il
Panormita
per
comperare
un
Tito
Livio
vendé
un
podere
,
come
gli
antichi
manoscritti
rubavansi
con
lo
stesso
furore
di
devozione
che
secoli
innanzi
le
reliquie
dei
santi
.
E
a
quella
guisa
che
alcuni
secoli
innanzi
l
'
un
re
mandava
all
'
altro
per
dono
preziosissimo
qualche
frammento
di
un
legno
della
croce
,
così
ora
la
repubblica
di
Lucca
attestava
la
sua
gratitudine
al
duca
Filippo
Maria
di
Milano
col
presente
di
due
codici
;
e
Cosimo
de
'
Medici
inviava
per
tessera
di
pace
ad
Alfonso
di
Napoli
un
Tito
Livio
,
aperto
súbito
con
avidità
grande
dal
re
contro
l
'
avviso
dei
cortigiani
e
dei
fisici
,
i
quali
coi
sospetti
d
'
allora
ammonivano
,
badasse
bene
,
in
quel
libro
,
dono
di
nemico
,
potersi
ascondere
un
veleno
che
solo
aspirato
uccidesse
l
'
uomo
;
e
quel
re
stesso
a
udirsi
leggere
un
capitolo
di
Quinto
Curzio
guaría
dalla
febbre
.
Secolo
strano
cotesto
,
in
cui
i
re
ed
i
potenti
facevano
da
cortigiani
a
poveri
grammatici
.
Cotanto
amore
sfrenato
per
la
ritrovata
antichità
prese
veramente
la
forma
di
superstizione
:
il
furore
dei
crociati
parve
rinascere
negli
eruditi
viaggianti
in
cerca
di
codici
,
ma
fu
una
crociata
della
civiltà
:
come
quella
fratellanza
degli
studi
umani
per
mezzo
della
lingua
latina
fu
quasi
un
cattolicismo
letterario
contro
la
barbarie
e
la
tirannia
spirituale
.
E
testimonianza
onesta
rendevane
Poggio
Bracciolini
,
quando
in
mezzo
a
'
chierici
del
concilio
di
Costanza
e
a
'
masnadieri
di
Sigismondo
imperatore
osava
,
solo
forse
in
Europa
,
venerare
la
gran
figura
di
Girolamo
da
Praga
e
accoglier
nel
cuore
gli
ultimi
accenti
dell
'
inno
che
tra
il
vortice
delle
fiamme
attizzate
dallo
scettro
e
dal
pastorale
quel
martire
del
libero
esame
cristiano
innalzava
al
trono
del
suo
dio
.
Ora
questo
ritorno
all
'
antichità
,
il
quale
contribuì
più
d
'
ogni
altra
cosa
a
liberar
l
'
Europa
dai
lacci
della
scolastica
e
dal
carcere
tenebroso
del
medio
evo
,
è
senza
dubbio
il
fatto
del
secolo
XV
più
notato
e
più
notevole
:
del
quale
alcuni
vorrebbero
dar
l
'
onore
ai
greci
sfuggenti
dinanzi
alla
ruina
ottomana
,
e
nel
quale
altri
veggono
un
furore
intempestivo
che
venne
a
interrompere
il
filo
delle
tradizioni
nazionali
nell
'
arte
e
impedì
lo
svolgimento
ulteriore
dell
'
original
medio
evo
.
Per
noi
è
la
continuazione
e
l
'
esplicazione
necessaria
del
moto
di
restaurazione
del
risvegliato
elemento
romano
.
Come
?
pochi
greci
passando
in
Italia
avranno
informato
un
secolo
intiero
e
fatto
rinascere
la
letteratura
classica
qui
,
dove
,
pur
tacendo
del
Petrarca
e
del
Boccaccio
,
fin
Tommaso
d
'
Aquino
fu
ricercatore
avidissimo
degli
autori
antichi
?
ove
la
Divina
Commedia
fu
cominciata
in
versi
latini
,
ove
in
latino
fu
scritta
la
più
antica
forse
delle
tragedie
europee
,
certo
la
prima
d
'
argomento
moderno
,
da
Albertino
Mussato
?
La
caduta
dell
'
impero
orientale
recò
nuovi
aiuti
al
classico
rinascimento
:
ma
la
cagione
intrinseca
era
,
lo
ripeto
,
nel
genio
paesano
,
allettato
anche
da
quel
bisogno
di
riposo
in
un
ideale
artistico
determinato
,
che
ogni
nazione
sente
dopo
le
grandi
creazioni
prime
.
L
'
idea
di
ristorazione
,
e
l
'
ho
avvertito
già
più
d
'
una
volta
in
questi
discorsi
,
ebbe
gran
parte
nelle
rivoluzioni
italiane
del
medio
evo
;
o
almeno
il
movimento
fu
sentito
e
operato
come
restaurazione
dai
nostri
.
Dante
credeva
nell
'
impero
romano
,
reduce
con
Cesare
,
quando
che
fosse
,
in
Campidoglio
,
e
scriveva
latino
;
come
latino
scriveva
il
Petrarca
,
aspettando
ch
'
e
'
ritornasse
lingua
civile
dell
'
Italia
innovata
e
affrettando
co
'
voti
la
repubblica
degli
Scipioni
.
E
se
i
cronisti
del
secolo
XIII
chiamavano
figliuola
di
Roma
Firenze
e
la
dicevano
fabbricata
da
Cesare
a
imagine
di
Roma
,
se
i
nobili
del
primo
cerchio
vantavano
sé
di
puro
sangue
romano
;
potea
bene
il
Poliziano
chiamarla
anch
'
egli
città
meonia
,
potea
ben
dire
,
come
avrebbe
detto
Catullo
della
Roma
dei
tempi
suoi
,
essere
in
essa
trasportato
con
tutto
il
suo
suolo
e
con
ogni
suppellettile
Atene
.
E
se
i
pavesi
celebravano
offici
di
santo
a
Boezio
,
se
Dante
d
'
accordo
col
tempo
suo
metteva
in
paradiso
Traiano
e
custode
al
purgatorio
Catone
,
qual
meraviglia
che
il
Ficino
tentasse
d
'
intramettere
all
'
ufficiatura
ecclesiastica
qualche
sentenza
di
Platone
?
E
quando
Pomponio
Leto
,
per
l
'
amore
dell
'
antichità
romana
a
cui
aveva
consacrato
il
suo
libero
e
alto
animo
e
la
vita
innocente
,
mutava
in
gentili
i
nomi
cristiani
degli
ascritti
alla
sua
academia
,
quando
partiva
il
tempo
per
calende
,
quando
nell
'
annuale
dell
'
edificazione
di
Roma
si
prostrava
co
'
suoi
dinanzi
alla
statua
di
Romolo
Quirino
;
non
era
ciò
una
conseguenza
,
fantastica
se
volete
,
ma
pur
conseguenza
,
dell
'
essere
stato
il
rinascimento
italiano
inauspicato
nel
nome
di
Roma
antica
e
delle
antiche
instituzioni
da
Arnaldo
?
E
osservate
:
per
una
parte
Paolo
II
scomunica
l
'
academia
romana
e
imprigiona
gli
academici
,
a
quel
modo
stesso
e
per
quella
stessa
ragione
che
l
'
arcivescovo
di
Ravenna
aveva
nel
secolo
XI
scomunicato
il
grammatico
Vilgardo
:
per
l
'
altra
Lorenzo
Valla
,
lo
scrittore
delle
eleganze
latine
,
combatte
non
pure
gli
aristotelici
e
gli
scolastici
in
nome
della
natura
e
della
voluttà
,
ma
la
donazione
di
Constantino
e
il
dominio
temporale
dei
papi
in
nome
della
critica
storica
.
IV
.
Il
che
tutto
se
è
vero
,
pur
da
questo
apparrà
vana
l
'
accusa
che
altri
fanno
al
culto
delle
risorte
lettere
latine
e
greche
:
cioè
dello
avere
l
'
arte
italiana
per
esse
smarrito
il
sentimento
e
il
concetto
religioso
,
abbandonato
le
tradizioni
nazionali
,
alterato
le
forme
,
impoverito
la
lingua
.
È
vero
che
il
secolo
XV
non
ebbe
nei
primi
cinquanta
o
sessanta
anni
scrittori
italiani
degni
di
nota
:
ché
tali
non
sono
certamente
i
poveri
imitatori
del
Petrarca
o
di
Dante
,
né
i
continuatori
delle
leggende
ascetiche
,
e
né
pure
Leon
Battista
Alberti
e
quei
pochi
i
quali
del
Boccaccio
ripresero
più
o
meno
felicemente
lo
stile
non
i
modi
larghi
e
vivi
della
rappresentazione
.
Ma
in
quella
metà
prima
del
Quattrocento
séguita
da
canto
alla
corrente
un
po
'
mista
e
non
troppo
abondevole
della
letteratura
dotta
,
séguita
dalle
sorgive
del
Duecento
e
Trecento
a
devolversi
il
bel
fiume
della
popolar
letteratura
,
e
par
che
acquisti
in
cammino
maggior
copia
di
acque
,
e
a
certi
luoghi
anche
rompendo
dilaga
per
nuove
campagne
con
avviamenti
nuovi
.
Vi
sarebbe
da
mettere
insieme
una
rara
e
non
breve
biblioteca
di
cotesta
letteratura
popolare
,
e
per
ciò
quasi
tutta
anonima
,
del
secolo
XV
:
la
quale
,
in
disparte
dalle
tre
grandi
opere
classiche
del
Trecento
,
onde
solo
accettò
certe
forme
e
colori
di
stile
,
ebbe
largamente
coltivati
,
oltre
le
novelle
e
leggende
in
prosa
,
i
tre
generi
della
poesia
,
la
lirica
,
la
epica
,
la
drammatica
.
Della
lirica
popolare
del
Quattrocento
,
che
trae
la
vita
dal
secolo
innanzi
benché
allora
fosse
più
regolata
su
gli
esempi
de
'
poeti
letterati
,
e
che
su
quelli
esempi
improntò
o
modificò
le
forme
retoriche
e
metriche
,
poco
v
'
è
a
dire
,
non
potendosi
né
dovendosi
qui
far
dimostrazioni
od
analisi
.
Vi
scarseggia
,
se
non
manca
del
tutto
,
l
'
elemento
epico
:
nulla
che
pur
da
lontano
assomigli
alla
ballata
scozzese
,
alla
romanza
spagnuola
:
v
'
è
in
quella
vece
l
'
elemento
della
novella
borghese
,
satirica
e
cinica
,
con
le
smorfie
della
farsa
.
Del
resto
,
la
maggior
sua
materia
sono
le
laudi
religiose
,
le
canzoni
a
ballo
,
le
canzonette
e
frottole
,
gli
strambotti
o
rispetti
d
'
amore
:
né
tra
il
canto
religioso
e
l
'
amoroso
v
'
è
differenza
altro
che
dell
'
oggetto
;
la
intonazione
,
la
espressione
,
la
versificazione
è
la
stessa
ne
'
due
diversi
indirizzi
:
si
cantavano
i
medesimi
strambotti
alla
Vergine
e
alla
donna
del
cuore
,
alla
rosa
di
Gerico
e
alla
rosa
rossa
del
balcone
:
le
antiche
stampe
delle
laudi
avvertono
che
«
Crocifisso
a
capo
chino
»
si
canta
su
l
'
aria
di
una
delle
più
sconce
ballate
.
Non
è
lirica
di
riflessione
come
quella
de
'
migliori
poeti
de
'
due
secoli
anteriori
,
e
né
pur
di
forma
,
di
pura
forma
classica
,
come
quella
de
'
secoli
di
poi
.
È
lirica
di
sentimento
,
e
,
più
che
di
sentimento
,
di
senso
,
con
tutti
i
rapimenti
e
le
delicature
,
ma
anche
con
le
volgarità
e
i
traviamenti
,
del
senso
:
esclamazione
enfatica
,
più
che
espressione
;
improvvisazione
abondante
in
cui
il
sospiro
si
smarrisce
tra
le
parole
,
l
'
affetto
tra
i
colori
.
E
con
tutto
ciò
v
'
è
passione
,
la
passione
degli
elegiaci
latini
che
fu
sublimata
e
diversamente
atteggiata
dall
'
Ariosto
e
dal
Tasso
in
Olimpia
e
in
Fiordiligi
,
in
Armida
e
in
Erminia
.
Del
resto
,
quella
lirica
vive
tutt
'
ora
,
a
punto
perché
è
la
natural
rappresentazione
della
vita
affettiva
del
popolo
nostro
,
vive
materiata
nei
canti
popolari
che
si
van
raccogliendo
per
le
diverse
regioni
d
'
Italia
,
vive
idealizzata
nella
nostra
opera
in
musica
dal
Cimarosa
al
Rossini
.
Più
notevoli
,
per
la
opposizione
tra
la
materia
e
il
lavoro
,
per
la
complicazione
dei
soggetti
con
l
'
opera
,
sono
la
epica
e
la
drammatica
popolare
del
Quattrocento
.
Il
popolo
italiano
era
risorto
pagano
e
classico
,
e
ciò
non
per
tanto
nel
secolo
XV
lavora
e
rilavora
la
materia
cavalleresca
e
cristiana
.
Né
poteva
altrimenti
avvenire
.
Antico
,
e
molto
meno
misto
di
nuovi
elementi
che
non
fossero
al
paragone
gli
altri
popoli
neo
latini
,
come
quello
che
con
la
sua
potente
vitalità
romana
aveasi
assorbito
e
assimilato
il
germanesimo
,
egli
non
aveva
né
materia
né
idea
epica
sua
:
imperocché
la
epopea
,
quando
è
indigena
,
necessaria
,
primitiva
,
sia
quasi
l
'
ardore
e
la
luce
che
manda
una
nazione
ancor
rovente
nella
fusione
de
'
suoi
vari
elementi
.
Per
la
drammatica
poi
,
almeno
in
quanto
la
drammatica
non
è
intieramente
comica
né
recente
,
doveva
anch
'
esso
partire
dalla
religione
:
nella
razza
nostra
le
origini
del
dramma
sono
religiose
,
il
primo
teatro
è
il
tempio
.
Così
,
nell
'
Italia
del
Quattrocento
,
l
'
epopea
,
o
,
a
dir
meglio
,
il
racconto
poetico
fu
cavalleresco
,
biblico
od
evangelico
il
dramma
.
Ho
detto
che
il
nostro
racconto
poetico
fu
cavalleresco
;
e
avrei
dovuto
dire
che
i
nostri
lavorarono
la
materia
epica
francese
importata
in
Italia
con
le
idee
cavalleresche
fin
dal
primo
Duecento
.
La
quale
,
fatta
ormai
volgare
nel
Trecento
dai
cantastorie
specialmente
lombardi
e
veneti
che
la
riproducevano
in
un
francese
italianizzato
o
in
un
italiano
francesizzato
,
avea
già
preso
nella
prosa
de
'
Reali
di
Francia
le
forme
classiche
nostre
,
con
un
'
ampiezza
di
riposata
narrazione
quasi
liviana
,
con
una
macchina
ideale
quasi
virgiliana
,
con
un
accendimento
nella
rappresentazione
delle
passioni
d
'
amore
quasi
ovidiano
,
con
un
apparente
intendimento
di
cristianesimo
,
ma
di
cristianesimo
tutto
politico
,
tutto
romano
.
I
Reali
di
Francia
sono
ancora
oggi
lettura
del
popolo
,
e
specialmente
dei
campagnoli
;
e
ciò
dimostra
che
quella
ricomposizione
romanzesca
rispondea
veramente
al
sentimento
epico
fantastico
del
popolo
italiano
preso
in
generale
.
Ma
per
il
popolo
delle
città
italiane
del
secolo
XV
,
ove
le
cattedrali
rimanevano
interrotte
,
ove
le
logge
d
'
ordine
misto
s
'
eran
fatte
largo
tra
le
torri
feudali
smozzate
o
atterrate
,
ove
su
le
pareti
a
bozze
che
rammentavano
i
castelli
feudali
cominciava
a
ridere
la
finestra
del
rinascimento
co
'
l
suo
colonnato
ad
arco
rotondo
e
,
dentro
,
l
'
atrio
ad
ordine
dorico
,
ciò
era
già
troppo
:
in
quella
prosa
quasi
aristocratica
soverchia
l
'
idealismo
del
Trecento
.
Ignoti
raspodi
ripresero
adunque
quella
materia
:
la
rimaneggiarono
e
la
rimpastarono
in
forma
più
moderna
,
più
ciompa
:
la
volgarizzarono
con
un
senso
di
crudo
realismo
.
I
paladini
ne
divennero
un
po
'
bèceri
e
lazzaroni
;
ma
ne
acquistarono
un
tanto
di
vita
,
in
paragone
almeno
non
degli
originali
francesi
,
ma
delle
misere
traduzioni
e
imitazioni
italiane
del
Duecento
e
dei
rifacimenti
del
Trecento
.
Con
le
sacre
rappresentanze
il
popolo
italiano
arrivò
da
sé
,
senza
o
prima
che
gli
scrittori
propriamente
detti
se
ne
accorgessero
o
lo
tentassero
essi
,
a
quello
che
è
il
terzo
stadio
d
'
una
civiltà
letteraria
,
il
passaggio
dal
racconto
all
'
imitazione
del
fatto
,
dall
'
epopea
o
dalla
leggenda
al
dramma
.
E
questo
procedimento
lo
fece
su
la
materia
greggia
ch
'
egli
aveva
presente
,
il
mito
religioso
,
la
leggenda
cristiana
.
Ma
al
modo
onde
il
popolo
italiano
maneggia
cotesta
materia
,
alla
trasformazione
ch
'
ei
fa
de
'
tipi
mitici
,
è
facile
avvedersi
come
a
perdere
il
sentimento
intimamente
religioso
non
gli
occorressero
motivi
od
esempi
esterni
;
ei
di
per
sé
non
lo
aveva
.
Nelle
sacre
rappresentanze
del
secolo
XV
ricerchereste
in
vano
l
'
ideale
e
la
fede
;
in
vano
guardate
intorno
al
capo
dei
personaggi
del
vecchio
e
nuovo
Testamento
,
intorno
al
capo
dei
martiri
o
dei
padri
del
deserto
,
per
l
'
aureola
d
'
oro
e
d
'
azzurro
:
i
santi
han
messo
il
cappuccio
e
portano
la
barbetta
aguzza
ed
arguta
del
cittadin
fiorentino
.
Nelle
città
di
Palestina
o
d
'
Egitto
,
nel
tempio
ebraico
,
nel
pretorio
o
nell
'
anfiteatro
romano
,
nelle
catacombe
voi
rivedete
la
piazza
di
Firenze
,
il
palazzo
dei
Signori
,
Mercato
vecchio
,
San
Marco
e
Santa
Maria
Novella
,
con
le
loro
anguste
superstizioni
,
coll
'
ipocrisia
loro
,
co
'
l
loro
formalismo
,
con
la
commedia
,
che
non
avendo
ancora
un
campo
proprio
e
una
forma
sua
,
sbizzarrisce
ad
arbitrio
nella
leggenda
del
martirologio
e
sotto
i
veli
della
religione
.
Nella
poesia
sacra
è
avvenuto
ben
presto
,
troppo
presto
forse
,
lo
stesso
che
nella
pittura
religiosa
:
le
figure
bizantine
hanno
disciolto
quelle
loro
avviluppate
e
indistinte
gambe
,
e
movon
quegl
'
informi
piedi
danzando
:
le
teste
estatiche
,
ove
Giotto
raccogliea
tutta
la
vita
della
figura
,
hanno
scosso
il
lor
duro
incordamento
,
e
si
volgono
meravigliate
e
ridenti
su
'
l
corpo
di
carne
novellamente
acquistato
,
tutte
liete
che
siasi
rotto
lo
incanto
che
le
condannava
all
'
immobilità
ascetica
.
Masaccio
e
il
naturalismo
fioriscono
e
regnano
:
frate
Angelico
,
che
dipinge
in
ginocchio
,
è
solitario
nel
suo
chiostro
di
San
Marco
:
Lippo
Lippi
disegna
le
vergini
facendo
all
'
amore
con
le
monache
,
e
rapisce
dal
convento
i
modelli
.
Quindi
è
facile
presentire
che
,
quando
l
'
antichità
con
le
sue
forme
e
co
'
l
senso
del
naturale
idealizzato
si
rivelerà
a
questo
popolo
,
questo
popolo
sarà
ben
preparato
ad
accoglierla
e
ad
abbracciarla
.
V
.
Ma
ciò
non
poteva
essere
nei
primi
cinquanta
anni
del
secolo
XV
;
quando
,
tra
perché
la
poesia
popolare
o
borghese
trasse
a
sé
le
moltitudini
al
cui
intendimento
agguagliavasi
senza
sollevarlo
,
e
perché
i
dotti
non
curarono
d
'
indirizzarsi
al
popolo
reputando
la
erudizione
sola
degna
a
cui
si
attendesse
,
avvenne
che
letteratura
propriamente
nazionale
in
lingua
italiana
non
esistesse
;
quella
letteratura
,
cioè
,
che
al
di
sopra
delle
partizioni
di
scuole
e
di
classi
si
fa
specchio
a
tutto
il
pensiero
e
il
sentimento
della
nazione
,
ne
séguita
i
movimenti
,
ne
è
come
l
'
irradiazione
spirituale
.
In
questi
anni
preparavansi
soltanto
gli
elementi
di
una
nuova
assimilazione
.
Ma
il
necessario
procedere
degli
avvenimenti
cagionava
circa
la
metà
del
secolo
un
mutamento
notevolissimo
nelle
condizioni
così
civili
come
letterarie
d
'
Italia
.
E
prima
di
tutto
per
la
occupazione
di
Costantinopoli
(
1453
)
la
patria
nostra
divenne
sola
erede
e
conservatrice
della
civiltà
antica
,
come
già
era
la
ordinatrice
della
nuova
.
Quindi
lo
stimolo
a
una
letteratura
più
operosa
,
fatto
poi
maggiore
dalla
invenzione
della
stampa
che
ben
presto
di
Germania
passò
tra
di
noi
(
1465
)
.
Aggiungasi
che
il
fine
dello
scisma
occidentale
(
1438
)
rese
stabile
a
Roma
il
papato
e
una
successione
per
alcuni
anni
di
pontefici
men
tristi
;
che
l
'
impiantamento
definitivo
degli
aragonesi
in
Napoli
(
1441
)
e
degli
Sforza
in
Lombardia
(
1447
)
e
la
nuova
dignità
degli
estensi
(
1450
)
e
l
'
affermarsi
dei
Medici
in
Firenze
(
14341480
)
determinarono
meglio
le
relazioni
dei
maggiori
stati
d
'
Italia
:
onde
si
condusse
questa
a
più
pacifico
e
ordinato
vivere
,
e
nella
confederazione
mantenuta
coll
'
equilibrio
si
aprirono
quei
quarant
'
anni
di
florida
se
non
gloriosa
indipendenza
tanto
ricordati
poi
e
rimpianti
dal
Machiavelli
e
dal
Guicciardini
.
In
quella
quiete
confortata
dalla
prosperità
materiale
,
rallegrata
dai
sollazzi
,
dalle
feste
,
dalle
magnificenze
civili
e
principesche
,
la
poesia
italiana
risalì
di
per
le
strade
e
le
piazze
,
nei
palagi
e
nelle
regge
:
dove
strinse
e
riaffermò
un
'
alleanza
talvolta
un
po
'
servile
,
come
avviene
ai
potentati
freschi
,
con
la
classica
letteratura
.
Lo
studio
dei
grandi
modelli
dell
'
antichità
,
lo
addestramento
e
il
disciplinamento
degli
ingegni
e
delle
facoltà
in
quelle
forme
organiche
e
sintetiche
,
doveva
essere
il
mezzo
onde
gli
scrittori
delle
varie
regioni
italiche
riuscissero
a
fare
italiana
la
toscanità
nazionale
di
Dante
del
Petrarca
del
Boccaccio
.
Ciò
si
preparava
,
ciò
cominciava
a
scorgersi
:
ma
la
fusione
,
la
trasformazione
,
non
era
ancora
avvenuta
.
La
nuova
letteratura
del
Quattrocento
rimase
letteratura
della
confederazione
.
E
come
la
confederazione
ebbe
specialmente
tre
centri
intorno
a
cui
si
raccolsero
le
forze
minori
,
Napoli
pe
'
l
mezzogiorno
,
Milano
pe
'
l
settentrione
,
Firenze
pe
'
l
mezzo
;
così
tre
scuole
o
tre
capitali
ebbe
la
letteratura
della
confederazione
;
Napoli
con
isfoggio
di
erudizione
e
lussuria
di
forma
monarchica
;
non
Milano
che
troppo
poco
aveva
nel
Bellincioni
e
nel
Visconti
ed
era
riserbata
centro
a
un
posteriore
rinnovamento
,
ma
Ferrara
coi
suoi
duchi
già
ospiti
dei
trovatori
,
con
le
sue
tradizioni
signorili
e
l
'
aria
magnifica
e
cavalleresca
;
e
Firenze
in
ultimo
,
sempre
democratica
per
una
parte
,
per
l
'
altra
contemperatrice
dei
diversi
elementi
nell
'
arte
a
quel
modo
che
nell
'
ordine
politico
era
co
'
l
Medici
conservatrice
dell
'
equilibrio
.
VI
.
A
Napoli
avvenne
ciò
che
a
Roma
:
erano
ambedue
quelle
città
troppo
rimaste
fuori
dal
movimento
dei
comuni
,
e
per
ciò
tardi
entrarono
al
lavoro
letterario
,
e
vi
entrarono
con
il
latino
.
Napoli
nel
Quattrocento
con
la
sua
academia
pontaniana
promuove
e
coopera
anche
più
che
essa
Roma
al
movimento
di
restaurazione
dell
'
arte
classica
e
della
poesia
latina
.
All
'
ultima
perfezione
dell
'
arte
classica
,
quale
dimostravasi
nella
poesia
latina
rinnovellata
allora
genialmente
in
Italia
,
toccò
,
in
mezzo
la
erudizione
del
secolo
XV
,
Gioviano
Pontano
.
Da
quella
folla
di
grammatici
e
retori
,
di
filologi
ed
eruditi
,
che
empierono
di
lor
fatiche
la
maggior
parte
del
secolo
,
più
lavoranti
che
artisti
,
più
zappatori
che
costruttori
,
egli
uscì
fuori
poeta
;
egli
,
e
il
Poliziano
:
ma
il
Pontano
rende
ancora
più
spiccata
imagine
che
non
il
Poliziano
di
ciò
che
fu
il
pensiero
e
l
'
opera
di
tutto
insieme
il
secolo
,
la
reazione
estetica
e
dotta
contro
il
misticismo
e
l
'
idealismo
cristiano
dell
'
età
anteriore
.
I
libri
suoi
degli
amori
e
li
endecasillabi
baiani
sono
proprio
il
contrario
dei
canzonieri
di
Dante
e
del
Petrarca
,
e
Fannia
e
Focilla
il
contrapposto
di
Beatrice
e
di
Laura
:
queste
non
hanno
mai
velo
che
basti
,
quelle
si
affrettano
ridenti
a
denudare
ogni
loro
bellezza
in
conspetto
al
sole
e
all
'
amore
:
quelli
adorarono
,
inginocchiati
o
con
gli
occhi
levati
;
il
Pontano
abbraccia
con
un
rapimento
di
voluttà
non
meno
lirico
di
quell
'
estasi
.
Tutto
ciò
che
la
fantasia
riflessa
dell
'
antichità
poteva
operare
su
'
l
sentimento
assai
superficiale
d
'
un
borghese
italiano
del
Quattrocento
,
il
Pontano
lo
provò
e
lo
rese
.
E
,
con
quel
suo
riposato
senso
di
voluttà
e
di
sincero
godimento
della
vita
,
egli
,
in
latino
,
è
il
poeta
più
moderno
e
più
vero
del
suo
tempo
e
del
suo
paese
.
Perocché
Napoli
,
la
sensuale
e
imaginosa
Napoli
,
non
ha
poeti
ed
artisti
nel
più
severo
significato
della
parola
:
quel
popolo
,
così
potente
nell
'
astrazione
,
non
ha
vigore
alla
concezione
feconda
e
all
'
espressione
vitale
del
fantasma
:
un
'
onda
colorata
e
sonante
,
senza
armonia
nel
suo
monotono
flusso
e
riflusso
;
un
vortice
di
forme
e
d
'
imagini
lussureggianti
che
s
'
incalzano
e
si
confondono
tra
loro
sino
al
delirio
della
tarantella
;
ecco
la
poesia
napolitana
o
meridionale
.
E
così
la
rappresenta
nel
secolo
XV
il
Pontano
fattosi
napolitano
d
'
imaginazione
,
di
studi
,
di
affetti
,
il
Pontano
che
è
per
avventura
il
maggiore
dei
napolitani
poeti
,
che
ricorda
Ovidio
e
che
accenna
un
po
'
a
quel
che
sarà
nelle
parti
più
elette
il
Marini
.
Ma
il
Pontano
non
presenta
che
una
sembianza
del
Rinascimento
:
questo
nel
concetto
suo
più
nobile
,
come
risorgimento
del
naturalismo
ideale
,
doveva
nell
'
accordo
dell
'
antichità
e
del
cristianesimo
e
nell
'
accordo
esteticamente
migliore
delle
belle
forme
greche
alle
belle
forme
toscane
,
di
Omero
a
Dante
,
di
Virgilio
al
Petrarca
,
doveva
,
dico
,
essere
inteso
e
tentato
in
Firenze
.
Nel
palazzo
di
Via
Larga
,
monumento
magnifico
dell
'
arte
toscana
adorno
delle
più
rare
e
pregiate
reliquie
di
Grecia
,
Lorenzo
de
'
Medici
dà
l
'
una
mano
al
Poliziano
,
l
'
altra
al
Pulci
.
Ei
per
sé
non
fu
artista
o
inventore
eccellentissimo
,
ma
operò
efficacemente
su
i
circostanti
e
i
contemporanei
,
risollevando
a
più
razionalità
col
platonismo
l
'
ideale
dantesco
e
petrarchesco
,
e
con
ciò
ritornando
egli
e
richiamando
l
'
arte
e
lo
stile
alle
nobili
tradizioni
del
Trecento
per
quanto
,
e
non
era
poco
,
rimaneva
in
esse
di
vivo
,
e
in
quelle
chiare
fresche
e
dolci
acque
riforbendo
la
poesia
popolare
dall
'
attrito
plebeo
:
nella
quale
ultima
opera
gli
fu
compagno
il
Poliziano
.
E
tutti
due
presero
a
rifare
un
po
'
più
letterariamente
il
dramma
popolare
,
senza
che
riuscissero
a
dargli
novità
alcuna
o
movimento
di
vita
e
di
composizione
;
ripresero
,
e
con
incomparabile
felicità
,
la
lirica
popolare
:
le
canzoni
a
ballo
e
certe
ottave
sì
dell
'
uno
sì
dell
'
altro
sono
delle
cose
più
spontanee
e
più
schiette
di
tutta
la
nostra
poesia
,
ridono
d
'
una
rosea
morbidezza
che
è
pur
gran
pregio
dell
'
arte
e
non
fu
raggiunta
più
mai
.
Ma
il
sommo
di
quell
'
arte
assimilatrice
in
originale
imitazione
,
che
uscir
dovea
dagli
antichi
monumenti
e
da
quei
del
Trecento
studiati
con
ingegno
e
con
animo
desto
al
senso
del
presente
,
il
sommo
di
quella
bella
e
breve
arte
fu
toccato
dal
Poliziano
.
Scrittore
greco
e
latino
a
quattordici
anni
,
traduttore
di
Omero
a
quindici
,
padre
della
filologia
,
revisore
del
testo
delle
Pandette
,
poeta
di
mitologia
viva
e
di
classicismo
elegante
e
fervido
nelle
Stanze
e
nell
'
Orfeo
,
e
insieme
improvvisator
fiorentino
;
egli
,
accoppiando
la
dottrina
alla
popolarità
,
la
riflessione
alla
spontaneità
,
è
il
tipo
,
se
non
più
grande
,
certo
più
universale
e
più
vero
,
del
miglior
Quattrocento
.
E
,
non
ostante
alcune
macchie
della
sua
vita
e
alcune
brutture
de
'
suoi
carmi
latini
,
anche
il
più
gentile
.
Il
Pontano
è
troppo
materialmente
sensuale
e
stanca
:
il
Poliziano
ama
con
sentimento
di
greco
la
natura
bella
e
serena
,
e
ne
rispecchia
la
imagine
nella
quiete
dell
'
idillio
,
ch
'
egli
insegnò
o
lasciò
in
retaggio
con
l
'
armonia
dell
'
ottava
all
'
Ariosto
ed
al
Tasso
.
Il
Medici
e
il
Poliziano
detersero
quella
parte
di
poesia
popolana
ch
'
e
'
tolsero
a
maneggiare
;
il
Pulci
nella
massa
informe
dell
'
epopea
di
popolare
sollazzo
,
della
quale
abbozzai
più
sopra
l
'
imagine
,
impresse
il
suo
individuale
suggello
.
Egli
sentendosi
,
come
ogni
poeta
vero
,
tratto
ad
espandere
la
disposizione
dell
'
animo
suo
nel
suo
tempo
,
le
cui
tempre
e
condizioni
partecipava
e
sperimentava
tutte
,
non
andò
cercando
materie
e
forme
strane
;
ma
ad
infondervi
l
'
anima
sua
tolse
la
materia
che
più
aveva
alla
mano
,
le
rapsodie
cavalleresche
e
avventuriere
delle
piazze
e
delle
strade
;
e
anche
serbò
il
colorito
e
le
formole
dei
rapsodi
che
le
componevano
o
le
cantavano
.
Ma
non
si
lasciò
assorbire
com
'
essi
dall
'
argomento
:
egli
intervenne
co
'
sentimenti
suoi
all
'
opera
epica
,
vi
mescolò
i
suoi
intendimenti
,
che
erano
a
punto
i
sentimenti
e
gl
'
intendimenti
della
borghesia
italiana
del
tempo
.
Il
Pulci
non
è
ateo
:
egli
,
come
il
popolo
italiano
,
ondeggia
tra
lo
scetticismo
a
cui
la
educazione
delle
circostanze
lo
portarono
,
e
le
memorie
affettive
,
più
che
credenze
,
della
religione
a
cui
il
sentimento
della
prima
educazione
lo
richiama
:
quindi
una
professione
di
fede
epicurea
a
canto
d
'
una
invocazione
a
Maria
.
Il
Pulci
in
fondo
non
crede
a
quelli
imperatori
e
re
,
a
quelli
eroi
,
a
que
'
giganti
,
e
più
d
'
una
volta
dà
loro
repubblicanamente
e
filosoficamente
la
baia
;
ma
curioso
,
e
,
come
il
popolo
italiano
,
avido
del
mirabile
,
del
fantastico
,
del
soprannaturale
ben
trovato
e
bene
adobbato
,
cupido
d
'
impressioni
e
di
sensazioni
tuttor
rinnovantisi
,
si
lascia
trasportare
dal
suo
racconto
;
e
a
certi
punti
grida
,
strepita
,
benedice
,
prega
e
piange
,
per
poi
tornare
a
scherzare
e
sorridere
quando
il
nodo
dell
'
avventura
è
sciolto
.
Tale
è
Luigi
Pulci
:
non
credente
ma
né
pure
ateo
,
non
certo
caldo
di
spiriti
cavallereschi
ma
né
pure
intenzionato
di
parodiarli
,
non
romanzesco
ma
né
pure
burlesco
:
tutto
insieme
,
il
poeta
più
indipendente
del
Rinascimento
,
il
più
popolare
forse
della
nostra
letteratura
o
quello
almeno
che
più
si
lascia
andare
alla
natura
sua
;
e
per
ciò
forse
il
più
maltrattato
dai
cultori
della
poesia
fatturata
.
Il
Pulci
,
in
Firenze
democratica
,
infondeva
i
suoi
spiriti
e
la
vita
del
suo
ingegno
nella
materia
epica
cavalleresca
,
pur
serbandole
la
trasformazione
che
il
popolo
le
aveva
dato
:
Matteo
Boiardo
,
nell
'
aristocratica
Ferrara
,
prendeva
a
rinnovarla
signorilmente
con
l
'
intenzione
a
un
ideale
artistico
.
Ciò
che
dell
'
elemento
feudale
e
delle
tradizioni
cavalleresche
poté
salvarsi
e
soprannuotare
alla
invasione
borghese
e
plebea
erasi
raccolto
nelle
corti
lombarde
,
e
le
popolazioni
lombarde
,
forse
per
una
segreta
affinità
elettiva
a
quelle
tradizioni
,
le
conservarono
più
volentieri
e
più
lungamente
;
e
da
codeste
tradizioni
fu
ben
presto
attratto
il
conte
di
Scandiano
,
gentiluomo
e
feudatario
.
Egli
sarebbe
,
senza
Torquato
Tasso
,
il
primo
e
l
'
ultimo
vero
cavaliere
della
poesia
italiana
:
certo
,
è
il
solo
cavaliere
della
prima
età
del
Rinascimento
,
e
pure
non
ha
nulla
del
don
Chisciotte
:
è
cavaliere
e
dotto
e
cittadino
italiano
insigne
.
Studia
i
poeti
francesi
,
e
traduce
Erodoto
e
Senofonte
;
compone
rime
colle
più
squisite
forme
dantesche
e
petrarchiane
ammollite
e
rifiorenti
alla
tepid
'
aura
dell
'
antica
poesia
,
e
traduce
lo
Anfitrione
e
l
'
Asino
d
'
oro
;
ricerca
memorie
storiche
pe
'
suoi
castelli
e
contraffà
i
cronisti
del
medio
evo
,
e
scrive
ecloghe
latine
;
serve
i
duchi
come
governatore
militare
,
e
si
fa
rimproverare
da
un
solenne
giurista
l
'
avversione
alla
pena
di
morte
;
conversa
con
i
contadini
del
suo
feudo
,
e
fa
suonare
le
campane
a
doppio
quando
ha
trovato
un
bel
nome
per
un
bell
'
episodio
.
Così
fatto
il
Boiardo
,
un
de
'
più
vari
e
larghi
e
amabili
esemplari
dell
'
ingegno
italiano
,
imprese
la
più
varia
e
larga
e
genial
rinnovazione
della
materia
cavalleresca
a
racconto
romanzesco
che
abbiano
le
letterature
del
Rinascimento
,
fondendo
insieme
per
una
parte
i
poemi
del
ciclo
carolingio
e
quelli
del
ciclo
bretone
,
l
'
eroismo
e
l
'
avventura
,
l
'
ideale
epico
e
l
'
intreccio
amoroso
,
e
in
quella
fusione
mescolando
per
l
'
altra
parte
l
'
epopea
antica
,
gli
episodi
omerici
e
virgiliani
.
E
tutto
questo
fece
su
'
l
serio
,
imperocché
egli
credeva
a
'
suoi
cavalieri
e
gli
amava
:
quanto
studio
di
verità
,
quanto
fervore
di
artista
nei
caratteri
che
egli
primo
in
questa
terza
lavorazione
dell
'
antica
materia
determinò
,
e
fissò
!
quanta
gentilezza
in
quelle
donne
,
ch
'
egli
creò
,
naturali
e
tenere
e
nobili
insieme
!
Il
Boiardo
è
senza
dubbio
un
de
'
più
grandi
poeti
italiani
:
con
tutto
ciò
a
quella
prolissità
,
a
quel
suo
manco
,
alle
volte
,
di
forza
risentita
nel
colorire
,
mentre
ha
pur
così
larga
facoltà
di
comprendere
e
rappresentare
,
voi
v
'
accorgete
che
egli
,
il
cavaliere
,
è
vecchio
di
qualche
secolo
.
Che
aveva
a
fare
con
la
età
dei
condottieri
e
degli
avvelenatori
il
principio
cavalleresco
?
E
,
poi
che
la
Divina
Commedia
non
aveva
lasciato
effetti
,
che
cosa
poteva
ormai
operare
in
Italia
il
principio
religioso
?
Dal
lavoro
letterario
troppo
è
evidente
la
sua
assenza
.
E
pure
,
mentre
per
un
lato
l
'
elemento
ecclesiastico
seguitava
esagerando
la
sua
trasformazione
romana
sino
a
far
pagana
la
corte
dei
papi
,
il
principio
religioso
,
per
l
'
altro
lato
,
contro
il
sensualismo
classico
del
Pontano
,
contro
lo
scetticismo
popolaresco
del
Pulci
,
contro
il
paganesimo
artistico
del
Poliziano
,
contro
l
'
idealismo
romanzesco
del
Boiardo
,
contro
la
corruzione
dei
Medici
,
di
Firenze
,
d
'
Italia
e
della
Chiesa
,
contro
il
Rinascimento
in
somma
insorgeva
con
un
ultimo
tentativo
di
ascetica
reazione
in
persona
di
Girolamo
Savonarola
.
Non
tutto
il
clero
,
a
dir
vero
,
avea
seguitato
il
pontificato
nella
sua
abiettazione
,
e
nella
sua
degenerazione
la
Chiesa
:
che
anzi
,
quanto
più
quello
e
questa
avanzavano
,
tanto
più
,
in
quegli
ordini
specialmente
che
parteciparono
con
maggior
ardenza
al
rinnovamento
cattolico
dei
secoli
XII
e
XIII
,
andavano
crescendo
gli
spiriti
dell
'
opposizione
:
la
quale
negli
scrittori
ascetici
del
Trecento
e
del
Quattrocento
va
sempre
più
maturando
un
cotal
concetto
di
riformazione
,
tanto
più
chiaramente
accennato
quanto
quegli
scrittori
sentivano
la
necessità
di
raffermare
,
purificando
la
Chiesa
,
il
sentimento
cristiano
e
il
dogma
cattolico
contro
la
civiltà
profana
che
d
'
ogni
parte
dilagava
e
premeva
.
E
il
movimento
di
opposizione
cristiana
mise
capo
in
Girolamo
Savonarola
.
Nel
quale
,
posto
,
per
un
'
incidenza
che
non
è
tutta
caso
,
tra
il
chiudere
del
medio
evo
e
l
'
aprirsi
della
modernità
,
quasi
a
raccogliere
e
benedire
gli
ultimi
aneliti
della
libertà
popolana
già
sórta
nel
nome
del
cristianesimo
e
a
mandare
l
'
ultima
vampa
di
fede
verso
i
tempi
nuovi
,
voi
vedete
convergere
le
aspirazioni
più
pure
,
voi
vedete
rinascere
le
figure
più
ardite
del
monachismo
democratico
.
In
lui
lo
sdegno
su
la
corruzione
della
chiesa
che
traeva
alla
solitudine
i
contemplanti
,
in
lui
l
'
amore
alle
plebi
fraterne
che
richiamava
su
le
piazze
e
tra
le
armi
dei
cittadini
contendenti
ad
uccidersi
i
frati
paceri
,
in
lui
la
scienza
teologica
e
civile
di
Tommaso
,
in
lui
il
repubblicanismo
di
Arnaldo
,
in
lui
finalmente
anche
le
fantasie
e
le
fantasticherie
di
Iacopone
da
Todi
.
E
di
quel
pensiero
italiano
che
intorno
alla
religione
andavasi
da
secoli
svolgendo
nell
'
arte
nella
scienza
nella
politica
,
di
quel
pensiero
che
è
lo
stesso
così
in
Arnaldo
repubblicano
all
'
antica
come
in
Dante
ghibellino
o
nel
Petrarca
letterato
,
così
in
fra
'
Iacopone
maniaco
religioso
come
nel
Sacchetti
novelliere
profano
,
il
Savonarola
pronunziò
la
formola
:
Rinnovamento
della
Chiesa
.
Era
troppo
tardi
.
Quel
che
nella
mente
italiana
del
Savonarola
era
avanzato
di
intendimento
civile
tra
le
ebrietà
mistiche
del
chiostro
,
ei
lo
depose
grandiosamente
nella
instituzione
del
Consiglio
grande
:
del
resto
,
come
martire
religioso
,
salva
la
reverenza
debita
sempre
a
cui
nobilita
il
genere
umano
attestando
col
sangue
suo
la
sua
fede
,
come
novatore
mistico
,
egli
(
perché
no
'
l
diremo
?
)
egli
è
misero
.
Rivocare
il
medio
evo
su
la
fine
del
secolo
XV
;
far
da
profeta
alla
generazione
tra
cui
cresceva
il
Guicciardini
;
ridurre
tutta
a
un
monastero
la
città
ove
il
Boccaccio
avea
novellato
di
ser
Ciappelletto
e
dell
'
agnolo
Gabriele
,
la
città
ove
di
poco
era
morto
il
Pulci
;
respingere
le
fantasie
dalla
natura
,
novamente
rivelatasi
,
alla
visione
,
le
menti
dalla
libertà
e
dagli
strumenti
suoi
,
novamente
conquistati
,
alla
scolastica
:
fu
concetto
quanto
superbo
altr
'
e
tanto
importuno
e
vano
.
Il
Rinascimento
sfolgorava
da
tutte
le
parti
;
da
tutti
i
marmi
scolpiti
,
da
tutte
le
tele
dipinte
,
da
tutti
i
libri
stampati
in
Firenze
e
in
Italia
irrompeva
la
ribellione
della
carne
contro
lo
spirito
,
della
ragione
contro
il
misticismo
;
ed
egli
,
povero
frate
,
rizzando
suoi
roghi
innocenti
contro
l
'
arte
e
la
natura
,
parodiava
gli
argomenti
di
discussione
di
Roma
;
egli
ribelle
,
egli
scomunicato
,
egli
in
nome
del
principio
d
'
autorità
destinato
a
ben
altri
roghi
.
E
non
sentiva
che
la
riforma
d
'
Italia
era
il
Rinascimento
pagano
,
che
la
riforma
puramente
religiosa
era
riservata
ad
altri
popoli
più
sinceramente
cristiani
;
e
tra
le
ridde
de
'
suoi
piagnoni
non
vedeva
,
povero
frate
,
in
qualche
canto
della
piazza
sorridere
pietosamente
il
pallido
viso
di
Nicolò
Machiavelli
.
DISCORSO
QUINTO
Del
Cinquecento
:
l
'
unità
classica
,
l
'
idealismo
e
lo
scadimento
.
I
.
L
'
ultimo
canto
dell
'
Orlando
innamorato
,
breve
contro
il
consueto
degli
altri
,
termina
abbandonando
i
lettori
a
mezzo
un
racconto
d
'
amore
.
Però
che
il
poeta
vede
la
Italia
tutta
a
fiamma
e
foco
per
i
Galli
che
vengono
e
non
può
più
cantare
;
racconterà
,
egli
promette
,
un
'
altra
volta
:
ma
non
raccontò
,
perché
mori
poco
dopo
,
in
quel
funesto
1494
venuto
a
chiudere
i
quaranta
anni
di
pace
e
prosperità
dell
'
Italia
equilibrata
nella
federazione
.
La
quinta
età
della
letteratura
nazionale
,
l
'
età
del
perfezionamento
nella
copia
ordinata
,
nella
ricca
e
baliosa
eleganza
,
nell
'
armonica
varietà
,
nell
'
unità
concettuale
delle
forme
,
si
svolge
a
punto
dal
1494
,
l
'
anno
della
prima
invasione
straniera
,
con
l
'
uscire
del
Sannazaro
e
del
Bembo
a
dittatori
del
nuovo
gusto
e
riformatori
della
lingua
nelle
regioni
del
mezzogiorno
e
del
settentrione
,
co
'
l
crescere
del
maggior
poeta
,
l
'
Ariosto
,
e
del
maggior
prosatore
,
il
Machiavelli
.
La
maturità
è
circa
il
1530
,
l
'
anno
della
caduta
di
Firenze
,
nel
quale
morirono
il
Sannazaro
e
Andrea
del
Sarto
:
il
Machiavelli
era
morto
nel
'27
e
il
Castiglione
nel
'29;
Leonardo
da
Vinci
nel
'19
e
Raffaello
nel
'20
:
l
'
Ariosto
morrà
nel
'33
e
il
Correggio
nel
'34
.
Il
movimento
fecondo
séguita
fino
al
1559
,
l
'
anno
della
pace
di
Castel
Cambrésis
che
affermò
il
dominio
e
il
predominio
della
casa
austriaca
di
Spagna
sopra
l
'
Italia
e
aprì
nella
penisola
l
'
età
delle
signorie
straniere
avvalorate
dal
diritto
europeo
;
e
si
può
tenere
che
venisse
mancando
circa
il
1565
,
un
anno
dopo
la
chiusura
del
concilio
tridentino
,
che
compì
il
rinnovamento
cattolico
e
soffocò
la
libertà
del
pensiero
e
della
parola
,
fino
allora
,
di
fatto
se
non
di
diritto
,
lasciata
alle
lettere
,
o
,
salvo
qualche
resipiscenza
furiosa
,
almen
tollerata
.
Questi
ultimi
anni
nell
'
arte
son
pieni
della
vecchiezza
di
Michelangelo
e
di
Tiziano
;
nella
letteratura
,
del
fiore
dei
minori
prosatori
:
il
Guicciardini
morì
nel
'40
e
il
Bembo
nel
'47
,
il
Fracastoro
nel
'53
e
il
Vida
nel
'66
:
Torquato
Tasso
era
nato
nel
'44
.
II
.
Ora
,
enumerando
pur
questi
nomi
e
ricorrendo
con
la
memoria
quelle
tante
opere
a
cui
vanno
congiunti
,
avviene
di
dubitare
se
parecchi
storici
delle
cose
e
delle
lettere
italiane
non
abbiano
per
avventura
fatto
del
piagnone
a
gridare
la
morte
dell
'
Italia
,
quando
ella
più
fervidamente
addimostrava
la
sua
vitalità
in
così
frequenti
e
così
nobili
produzioni
di
pensiero
e
di
arte
.
E
come
per
fermo
creder
morto
o
malato
a
morte
un
popolo
,
dal
cui
mezzo
esce
il
Colombo
a
trovare
fra
gli
errori
paurosi
della
tradizione
un
nuovo
mondo
?
dal
cui
mezzo
esce
il
Machiavello
a
liberare
d
'
ogni
ombra
mitica
,
d
'
ogni
apparenza
fantastica
,
il
campo
della
storia
e
riporvi
la
verità
del
fatto
umano
?
dal
cui
mezzo
uscirà
il
Galileo
a
cacciare
dai
pianeti
,
loro
ultimo
nido
,
l
'
autorità
e
la
fizione
scolastica
,
a
rifare
co
'
l
cannocchiale
i
cieli
,
co
'
l
metodo
sperimentale
le
menti
?
Morto
questo
popolo
,
che
in
nome
della
ragione
e
da
parte
della
libertà
prende
possesso
del
mare
,
del
cielo
,
della
terra
e
dell
'
uomo
?
E
che
morti
sono
questi
a
cui
canta
le
esequie
l
'
Ariosto
,
Michelangelo
edifica
il
cimitero
e
scolpisce
i
sepolcri
,
i
quali
a
gara
dipingono
Leonardo
e
Raffaello
e
Tiziano
?
Sono
dunque
testamenti
le
filosofie
del
Telesio
e
del
Bruno
?
Potrà
bene
quel
filosofo
della
storia
con
molta
accensione
d
'
ingegno
provarci
che
il
movimento
dell
'
Italia
nel
secolo
XVI
altro
non
fu
che
oblio
spensierato
della
realità
e
un
prepararsi
a
ben
morire
,
che
l
'
Italia
doveva
morire
perché
non
si
era
fatta
nazione
e
non
aveva
la
conscienza
di
nazione
:
potrà
questo
storico
della
letteratura
con
isquisite
sottigliezze
mostrarci
che
tutta
l
'
arte
del
secolo
XVI
è
dissoluzione
,
e
che
l
'
Italia
doveva
dissolversi
perché
non
credeva
,
perché
non
aveva
operato
la
riforma
della
religione
.
Ma
la
storia
è
quel
che
è
:
volerla
rifare
noi
a
nostro
senno
,
voler
riveder
noi
come
un
tema
scolastico
il
gran
libro
dei
secoli
e
inscrivervi
sopra
con
cipiglio
di
maestri
le
correzioni
,
e
,
peggio
,
cancellar
d
'
un
frego
di
penna
le
pagine
che
non
ci
gustano
,
e
,
peggio
ancora
,
castigare
con
la
ferula
della
dialettica
nostra
o
della
nostra
declamazione
un
popolo
come
uno
scolare
,
o
anche
tagliargli
il
capo
di
netto
quando
è
tutto
vivo
,
perché
non
ha
fatto
a
punto
come
noi
intendevamo
che
fosse
il
meglio
o
come
noi
avremmo
voluto
che
facesse
;
tutto
ciò
è
arbitrio
o
ginnastica
d
'
ingegno
,
ma
non
è
il
vero
,
anzi
è
il
contrario
.
La
storia
è
quel
che
è
:
certi
spostamenti
,
certi
oscuramenti
,
certe
,
direi
,
sincopi
,
nella
ragione
dell
'
universal
movimento
,
nel
rifrangersi
della
luce
da
uno
ad
altro
lato
,
nell
'
affluire
del
sangue
più
tosto
a
quella
che
a
questa
parte
del
corpo
sociale
,
sono
necessarie
;
né
avvengon
già
sempre
per
colpa
del
popolo
che
pure
ha
più
da
soffrirne
,
né
si
potevano
per
altre
disposizioni
evitare
,
né
era
bene
che
si
evitassero
.
Il
Cinquecento
apre
in
Europa
un
'
età
nuova
:
alla
quale
dié
principio
la
Francia
,
rafforzatasi
nell
'
unità
sotto
l
'
undecimo
Luigi
e
compiutasi
per
l
'
aggiunta
del
gran
feudo
di
Borgogna
sotto
l
'
ottavo
Carlo
,
col
manifestare
la
sua
forza
d
'
espansione
,
e
la
Spagna
,
uscendo
dalle
lunghissime
guerre
co
'
Mori
vittoriosa
,
compatta
,
irritata
al
combattimento
,
con
la
conquista
;
e
con
la
rivoluzione
religiosa
la
Germania
,
covante
nell
'
inerzia
feudale
ardori
di
battaglia
e
lusingante
gli
odii
antichi
di
razza
con
novelli
ardiri
di
ragionamento
;
la
Germania
a
cui
anche
l
'
impero
,
incominciando
e
fermarsi
nella
casa
d
'
Austria
forte
di
stati
ereditari
,
dava
,
se
non
la
compattezza
di
quelle
altre
due
nazioni
,
il
peso
d
'
una
gran
mole
;
la
Germania
cui
anche
la
irrequietezza
del
nuovo
imperatore
Massimiliano
conferiva
a
riportare
nell
'
azione
europea
.
A
cotesta
età
dunque
la
Francia
e
la
Spagna
impartirono
il
movimento
storico
,
che
fu
quello
degl
'
interessi
dinastici
,
al
cui
servigio
i
monarchi
adoperarono
le
nazioni
novellamente
formatesi
intorno
a
loro
;
la
Germania
impartì
un
po
'
più
tardi
l
'
ardore
della
controversia
e
della
discussione
,
che
non
doveva
né
restringersi
nei
limiti
della
conscienza
religiosa
né
finire
con
i
soli
effetti
estrinseci
della
riforma
.
Ora
,
dinanzi
alla
foga
della
Francia
e
della
Spagna
traboccanti
dall
'
alveo
loro
,
da
poi
che
ivi
il
popolo
nell
'
urto
contro
gli
stranieri
si
era
agglomerato
con
le
feudalità
attorno
il
re
a
forma
di
nazione
,
l
'
Italia
non
aveva
che
le
sue
tradizioni
e
gli
ordinamenti
suoi
federali
:
il
turbine
poi
delle
passioni
religiose
che
ventava
dalle
alpi
germaniche
non
la
distrasse
dalla
quiete
solenne
nella
quale
ella
svolgeva
l
'
elaborazione
ultima
del
suo
organamento
nazionale
e
politico
,
della
sua
conscienza
di
popolo
,
nel
pensiero
e
nell
'
arte
.
Imperocché
nazione
ella
sentivasi
ed
era
nelle
tradizioni
,
nella
lingua
,
nella
gloria
:
ma
,
scossa
che
ebbe
la
soma
dell
'
impero
tedesco
,
non
aveva
voluto
sacrificare
la
libertà
alla
forza
,
la
varietà
all
'
unità
.
E
perché
avrebbe
dovuto
farlo
,
ella
,
che
dalle
ruine
di
Roma
era
risorta
col
senso
dell
'
Italia
sociale
,
dell
'
Italia
delle
confederazioni
sannitiche
ed
etrusche
?
E
se
lo
avesse
fatto
,
se
fossesi
lasciata
maneggiare
da
uno
svevo
o
da
un
angioino
o
da
un
Visconti
che
,
domata
,
spremuta
,
battuta
,
l
'
avesse
poi
spinta
come
caval
di
battaglia
alle
conquiste
,
avrebbe
ella
operato
quel
che
operò
nello
svolgimento
libero
di
tutti
gli
elementi
suoi
,
di
tutte
le
sue
genti
?
avrebbe
ella
avuto
i
suoi
commerci
unificatori
d
'
Europa
,
l
'
arte
sua
conciliatrice
dell
'
antichità
e
del
medio
evo
,
il
suo
rinascimento
?
o
avrebbe
ella
potuto
produrlo
con
tale
una
rifioritura
universale
,
con
tale
un
'
efficacia
feconda
,
da
inocularne
lo
spirito
vivificatore
alle
altre
nazioni
?
o
non
più
tosto
lo
avrebbe
prodotto
manco
e
superficiale
come
la
Francia
,
parziale
come
la
Germania
?
La
riforma
religiosa
come
avrebbe
dovuto
o
potuto
promuoverla
o
accettarla
l
'
Italia
,
ella
che
aveva
fatto
ad
imagine
sua
pagano
il
cristianesimo
?
Come
avrebbe
dovuto
accettar
da
Lutero
l
'
autorità
della
bibbia
ella
che
nella
politica
poneva
co
'
l
Machiavelli
fattore
e
signore
del
tutto
il
pensiero
umano
,
ella
che
nella
scienza
era
co
'
l
Galileo
per
dare
il
primo
crollo
alla
Genesi
,
ella
che
nell
'
arte
fastidiva
co
'
l
Bembo
lo
stile
di
san
Paolo
?
Ma
è
egli
possibile
a
imaginare
il
rinascimento
in
Italia
luterano
?
e
un
Ariosto
zuingliano
?
un
Machiavelli
puritano
?
un
Raffaello
calvinista
?
un
Michelangelo
quaquero
?
No
,
veramente
:
la
vita
e
l
'
anima
dell
'
Italia
fu
la
federazione
nell
'
ordinamento
politico
,
il
razionalismo
in
filosofia
e
in
religione
,
il
naturalismo
in
arte
.
Ella
nel
secolo
XVI
finiva
di
compiere
,
per
quel
che
spetta
ad
arte
e
pensiero
,
l
'
opera
che
aveva
cominciato
fino
dal
mille
,
con
la
rivoluzione
sociale
dei
Comuni
,
il
rinascimento
:
il
rinascimento
che
fu
motivo
alla
riforma
religiosa
di
Germania
,
la
quale
alla
sua
volta
trasportatasi
e
trasformatasi
tra
gli
olandesi
e
gl
'
inglesi
fu
nutrimento
e
incentivo
alla
rivoluzione
politica
maturata
dalla
Francia
nell
'
ottantanove
.
A
ciascuna
nazione
l
'
età
sua
,
a
ciascuna
età
il
suo
officio
.
Che
colpa
,
del
resto
,
aveva
la
nostra
patria
,
se
ella
era
a
quel
tempo
la
più
libera
,
la
più
bella
,
la
più
ricca
,
la
più
civile
e
comparativamente
la
più
felice
tra
le
nazioni
d
'
Europa
?
Ella
compiva
serenamente
disinteressata
l
'
officio
suo
,
quando
Spagna
Francia
e
Germania
nel
lor
bisogno
di
gittarsi
fuora
a
pascolare
e
a
sbizzarrire
secondarono
gli
avidi
e
avventurieri
istinti
dei
re
condottieri
intorno
ai
quali
eransi
aggreggiate
,
e
presero
questa
bella
musa
che
cantava
la
libertà
la
natura
la
ragione
,
e
la
gittarono
con
le
mani
e
i
piedi
legati
e
co
'
l
bavaglio
alla
bocca
in
balia
dei
due
ciclopi
del
medio
evo
.
Certo
,
che
,
quando
papa
ed
imperatore
fossero
per
necessità
di
cose
tornati
concordi
all
'
azione
loro
in
Europa
,
la
vita
dell
'
Italia
liberamente
federale
e
produttiva
,
che
era
un
ribellamento
a
quell
'
azione
ed
avea
vigoreggiato
negl
'
intervalli
o
nella
sòsta
di
essa
,
dovea
finire
e
languire
.
E
così
la
ruina
ultima
dell
'
Italia
provenne
da
ciò
che
era
stato
oggetto
alle
utopie
idealistiche
de
'
suoi
grandi
uomini
.
Cesare
tornò
pur
troppo
,
e
questa
volta
pose
da
vero
mano
alla
predella
e
inforcò
la
polledra
selvaggia
:
Dante
poteva
esser
contento
,
l
'
idea
ghibellina
aveva
trionfato
.
Pietro
si
era
riconciliato
con
Cesare
,
e
in
una
città
del
retaggio
di
Matilde
gli
avea
dato
il
bacio
di
pace
in
bocca
e
la
corona
dell
'
impero
in
capo
,
e
ne
avea
ricevuto
il
donativo
dell
'
altare
:
il
Petrarca
e
Caterina
da
Siena
potevano
ringraziare
Dio
,
i
vóti
dei
guelfi
eran
pieni
.
Firenze
e
Siena
lo
seppero
,
ed
esperimentò
ben
Milano
per
oltre
tre
secoli
gli
effetti
pratici
del
trattato
di
monarchia
.
Ma
dire
che
ciò
avvenisse
non
curante
e
non
resistente
l
'
Italia
,
non
resistente
per
la
debolezza
e
la
opposizione
d
'
interessi
cagionata
dall
'
ordinamento
federale
,
non
curante
per
la
dissoluzione
in
cui
lo
scetticismo
e
il
materialismo
pratico
l
'
avevano
precipitata
,
non
è
né
vero
né
giusto
né
generoso
.
E
,
anzi
tutto
,
onde
partirono
le
provocazioni
all
'
invasione
straniera
?
da
'
due
stati
monarchici
,
da
Milano
e
da
Napoli
;
e
la
causa
più
vera
o
il
pretesto
più
prossimo
ne
fu
una
ragione
di
succession
dinastica
a
Napoli
,
al
regno
da
antico
accentratore
.
E
dove
la
resistenza
agli
oppressori
stranieri
e
indigeni
fu
nobile
,
eroica
,
senza
concessioni
,
fino
agli
estremi
,
con
aureola
di
sacrificio
?
nelle
repubbliche
democratiche
di
Firenze
e
di
Siena
.
E
quali
furono
gli
stati
che
la
piena
barbarica
non
ricoprì
o
che
si
tennero
diritti
in
mezzo
al
temporale
?
Ancora
le
repubbliche
,
Venezia
e
Genova
.
Io
non
dico
se
quelle
repubbliche
sarebbero
desiderabili
oggi
:
elle
erano
quel
che
dovevano
e
potevano
essere
secondo
le
rivoluzioni
loro
e
rispetto
alle
condizioni
italiane
e
europee
:
io
rilevo
un
fatto
.
E
tanto
aveva
l
'
Italia
poca
voglia
di
morire
,
che
il
sacro
romano
impero
dové
adoperarsi
con
tutte
le
sue
forze
,
con
tutti
gli
argomenti
anche
co
'
l
tradimento
,
per
istrangolare
due
città
come
Firenze
e
Siena
;
e
pur
tra
le
branche
del
ciclope
le
due
viragini
belle
si
divincolavano
fieramente
,
ed
empievano
della
meraviglia
dei
loro
ultimi
sforzi
e
della
pietà
di
lor
grida
Europa
:
soccomberono
,
ma
non
furono
violate
.
E
tanta
era
la
vitalità
del
popolo
italiano
,
e
tanto
era
egli
poco
rassegnato
a
morire
,
che
,
mancato
all
'
operosità
sua
il
campo
domestico
,
ei
ne
si
ripresenta
meditante
e
operante
in
tutta
la
storia
d
'
Europa
.
Questa
Europa
,
che
ci
voleva
morti
,
i
nostri
scrittori
la
illuminano
,
i
nostri
artisti
l
'
adornano
,
i
nostri
uomini
di
stato
l
'
agitano
o
la
infrenano
,
i
nostri
guerrieri
la
insanguinano
.
Chi
ornò
Versaglia
ed
il
Louvre
?
chi
l
'
Escuriale
?
E
onde
vennero
all
'
impero
i
Farnesi
,
i
Piccolomini
,
i
Montecuccoli
,
gli
Eugenio
di
Savoia
?
E
non
pare
una
vendetta
del
fato
che
il
Mazzarino
governasse
la
Francia
e
l
'
Alberoni
la
Spagna
?
III
.
Il
sin
qui
detto
mi
esenterà
da
altre
apologie
e
da
parziali
difese
,
e
servirà
pure
a
determinar
meglio
l
'
essere
e
i
modi
della
letteratura
italiana
nel
secolo
XVI
.
Il
cui
svolgimento
procedé
poi
così
largo
e
magnifico
,
che
le
ragioni
di
tutte
le
sue
varietà
non
possono
restar
contenute
nei
limiti
di
un
discorso
:
del
resto
,
chi
non
sa
esser
quella
,
almeno
per
gli
effetti
largamente
ed
efficacemente
prodotti
su
la
nuova
coltura
europea
,
l
'
età
più
gloriosa
delle
lettere
italiane
?
E
io
credo
che
nulla
di
propriamente
nuovo
avanzi
a
dire
,
per
esempio
,
su
'
l
Machiavelli
o
su
l
'
Ariosto
:
essi
,
rispetto
a
Dante
e
agli
altri
scrittori
del
Trecento
e
del
Quattrocento
,
sono
moderni
,
o
sì
veramente
principiasi
con
essi
quella
età
che
fu
moderna
fino
all
'
ottantanove
,
che
sussiste
ancora
per
poco
:
tutti
noi
gli
comprendiamo
a
un
modo
,
e
l
'
Europa
li
ha
giudicati
con
la
sicurtà
del
senso
recente
.
Per
ciò
,
a
non
voler
ripetere
cose
già
dette
,
mi
contenterò
di
rilevare
più
netto
ch
'
io
possa
le
linee
del
movimento
e
i
contorni
del
confine
di
quella
letteratura
.
Della
quale
se
il
decimosesto
secolo
vide
il
frutto
,
il
germe
fu
nel
decimoquinto
.
Nel
secolo
XV
eran
nati
a
poca
distanza
tra
loro
il
Machiavelli
,
il
Buonarroti
,
il
Guicciardini
che
in
sé
accolsero
gli
ultimi
spiriti
dei
Comuni
e
la
somma
dell
'
esperienza
e
le
virtù
estreme
del
reggimento
libero
,
e
il
Sannazaro
il
Bembo
il
Castiglione
,
rappresentanti
della
più
eletta
coltura
aulica
secondo
l
'
intendimento
di
Dante
,
che
sórsero
dittatori
del
bel
costume
alle
nuove
generazioni
e
del
linguaggio
regolare
e
dello
stile
elegante
.
Nel
secolo
XV
era
cresciuto
l
'
Ariosto
,
che
nella
maggiore
opera
sua
procede
senza
dubbio
dal
Boiardo
:
come
il
Machiavelli
procede
per
una
piccola
parte
dalla
erudizione
e
dalla
critica
degli
umanisti
,
per
esempio
,
del
Valla
,
e
indubbiamente
poi
ritrae
la
materia
e
il
meccanismo
di
storico
più
dagli
storiografi
latini
del
Quattrocento
che
dai
cronisti
del
Trecento
.
Anzi
che
concepimenti
e
produzioni
nuove
,
vide
adunque
il
secolo
XVI
compiersi
e
fermarsi
,
nell
'
accordo
delle
attività
diverse
e
nell
'
armonia
delle
forme
,
l
'
ultimo
perfezionamento
di
tutta
la
produzione
anteriore
ancor
viva
o
vitale
.
La
letteratura
del
Trecento
nella
espressione
artistica
era
stata
individuale
e
d
'
impronta
toscana
:
quella
del
Quattrocento
,
parziale
e
federale
:
quella
del
Cinquecento
fu
una
,
classica
,
italiana
.
Sì
,
il
carattere
più
rilevatamente
storico
ed
estetico
della
letteratura
del
Cinquecento
è
l
'
unità
nel
classicismo
della
forma
e
nella
italianità
della
lingua
.
L
'
unità
italica
non
risultò
mai
così
evidente
nell
'
arte
come
in
quel
secolo
:
parve
che
la
patria
nostra
nell
'
imminenza
del
suo
sfacelo
politico
intendesse
con
ogni
vigor
che
le
avanzava
a
chiarirsi
ed
affermarsi
nazione
.
E
tuttavia
non
vi
fu
sfórzo
:
era
l
'
ultima
conseguente
modificazione
dello
svolgimento
.
Cessato
l
'
urto
tra
i
diversi
elementi
a
mano
a
mano
con
l
'
estinguersi
sin
dalla
fine
del
secolo
XIII
dell
'
elemento
feudale
,
co
'
l
languire
del
religioso
e
co
'
l
sormontare
necessario
dell
'
elemento
nazionale
;
cessò
nel
secolo
XVI
anche
il
dissidio
tra
le
due
forze
o
tendenze
differenti
di
quest
'
ultimo
elemento
,
l
'
aristocratica
e
la
democratica
,
la
unitaria
e
la
federale
,
la
romana
e
l
'
italica
:
forze
e
tendenze
che
Dante
aveva
già
riconosciute
e
contrassegnate
,
quando
distingueva
l
'
idioma
illustre
,
cardinale
,
aulico
,
curiale
,
e
la
poesia
che
in
quello
componevasi
,
dal
volgare
plebeo
e
paesano
.
Il
contrasto
e
il
distacco
tra
Dante
e
l
'
Angiolieri
,
tra
Battista
Alberti
e
il
Burchiello
,
tra
il
Boiardo
e
Sostegno
di
Zanobi
,
non
fu
più
possibile
nel
Cinquecento
come
fatto
letterario
notevole
e
notato
.
Il
processo
di
assimilazione
era
compíto
,
dell
'
assimilazione
della
materia
indigena
e
medievale
co
'
l
classicismo
rinato
;
e
le
idee
e
le
forme
ne
avean
preso
un
atteggiamento
nuovo
.
L
'
assimilazione
,
se
vuolsi
,
non
fu
tutta
omogenea
,
e
l
'
atteggiamento
non
senza
sforzo
:
ma
la
mutazione
o
,
meglio
,
la
trasformazione
era
avvenuta
.
Di
che
deesi
per
gran
parte
recar
la
cagione
all
'
avere
la
coltura
classica
acquistato
sempre
più
del
terreno
:
ma
è
anche
vero
che
il
popolo
nel
secolo
XVI
si
ritrasse
quasi
volontario
dell
'
intervenir
più
come
autore
nel
lavoro
letterario
.
E
di
codesto
ritrarsi
altri
potrebbe
,
con
apparenza
e
forse
con
parte
di
verità
,
trovar
la
ragione
nella
caduta
d
'
ogni
reggimento
democratico
,
nel
forzato
spegnersi
della
vita
pubblica
e
nella
società
artifiziata
delle
corti
e
delle
academie
da
per
tutto
prevalsa
.
Sebbene
è
forse
più
vero
che
quello
che
nel
nostro
popolo
,
non
nuovo
e
per
ciò
non
intimamente
poeta
,
vigeva
d
'
impulso
creatore
o
modificatore
,
erasi
omai
rilassato
.
E
di
fatti
pare
che
l
'
avvenimento
dell
'
ottava
,
metro
popolare
e
per
ciò
passato
in
silenzio
dall
'
autore
del
Vulgare
Eloquio
e
dagli
altri
trattatisti
del
Trecento
,
al
regno
dell
'
epopea
classica
segni
l
'
ultimo
grado
dell
'
ascensione
poetica
del
popolo
italiano
:
come
il
suo
sentimento
soggettivo
era
evaporato
compenetrando
la
parte
più
viva
e
calda
della
lirica
del
Duecento
e
del
Quattrocento
,
del
Cavalcanti
e
del
Poliziano
,
così
il
sentimento
oggettivo
si
era
idealizzato
,
o
stava
idealizzandosi
,
ne
'
poemi
dell
'
Ariosto
e
del
Tasso
:
dopo
di
che
,
pago
a
contemplare
e
ad
ammirare
in
quei
poemi
la
sua
trasformazione
ideale
,
il
popolo
italiano
non
dié
veramente
più
opera
,
né
con
inspirare
le
forme
né
con
provvedere
gli
argomenti
,
al
lavoro
letterario
nazionale
.
Nella
lingua
avvenne
quasi
lo
stesso
.
Il
primato
della
Toscana
,
la
quale
co
'
l
suo
dialetto
foggiato
a
idioma
letterario
rappresentava
la
tendenza
popolare
,
scadde
un
tal
poco
nel
Cinquecento
;
ma
le
successe
l
'
Italia
,
e
piemontesi
e
istriani
e
marchigiani
e
lombardi
scrissero
regolarmente
e
quasi
ad
un
tipo
solo
.
E
primo
introduttore
del
regolare
italiano
nel
mezzogiorno
fu
un
solenne
poeta
latino
,
il
Sannazaro
:
e
primo
a
fermare
in
regole
pratiche
la
grammatica
e
a
restituire
il
bell
'
uso
del
Petrarca
e
del
Boccaccio
fu
il
Bembo
,
la
cui
maggiore
opera
è
di
prosa
latina
:
tanto
è
vero
che
in
questo
fatto
della
unificazione
e
fermazion
della
lingua
e
della
prosa
è
più
veramente
e
specialmente
da
riconoscere
il
lavorío
lungo
lento
instancabile
della
tradizione
aulica
e
dotta
.
Già
da
principio
Guittone
nelle
Lettere
,
Dante
nel
Convito
,
e
in
tutte
le
prose
il
Boccaccio
,
avevano
inteso
a
cotesto
,
con
l
'
esempio
del
latino
essi
toscani
;
e
solo
il
molto
uso
del
latino
nel
secolo
XV
riuscì
a
disciplinare
le
impazienze
anarchiche
delle
regioni
italiane
:
allo
specchio
del
latino
gli
altri
dialetti
si
raffrontarono
col
toscano
,
e
il
toscano
si
rassettò
;
e
in
quel
rassettamento
,
che
fu
concessione
,
venne
accolto
.
Così
nel
secolo
XVI
il
concetto
del
Vulgare
Eloquio
e
di
tutta
la
teorica
di
Dante
era
effettuato
,
e
assommato
l
'
edifizio
della
letteratura
nazionale
.
E
pure
cotesta
classica
unità
letteraria
,
fatta
bene
ma
con
un
po
'
di
sopraffazione
e
di
frode
,
come
del
resto
tutte
le
unità
,
lasciò
in
fine
solo
e
malcontento
il
popolo
.
E
questo
,
per
quel
tanto
che
gli
era
rimasto
di
vita
,
fece
la
secessione
nel
campo
de
'
dialetti
.
In
fatti
,
la
letteratura
dei
dialetti
,
ricchissima
negli
ultimi
tre
secoli
e
più
originale
,
in
molte
parti
,
che
non
la
nazionale
,
incomincia
dal
Cinquecento
;
e
in
essa
sopravvive
l
'
autonomia
fantastica
e
artistica
delle
regioni
.
IV
.
Dopo
ciò
,
chi
si
rechi
a
mente
la
contenenza
della
letteratura
italiana
nel
Cinquecento
,
dovrà
,
se
abbia
osservato
largamente
e
con
quiete
,
ammirare
tanta
ricchezza
e
orginalità
di
prosa
,
tanta
squisita
eleganza
di
poesia
.
Prima
del
Cinquecento
,
per
quanto
grandi
o
felici
esempi
individuali
possano
arrecarsi
e
contrapporsi
da
'
due
secoli
anteriori
,
prima
del
Cinquecento
resta
pur
sempre
vero
che
l
'
Italia
non
ebbe
prosa
stabile
e
formata
;
e
nel
Cinquecento
questo
,
per
così
dire
,
tipo
nazionale
di
prosa
lo
ebbe
.
Non
sarà
quello
che
possa
piacere
a
noi
,
non
risponderà
ai
nostri
gusti
e
bisogni
;
ma
allora
fu
vivo
e
vero
e
bello
,
fu
quel
che
occorreva
alla
coltura
e
civiltà
d
'
allora
:
tanto
è
vero
che
francesi
e
spagnoli
lo
presero
ad
imitare
.
Né
quella
prosa
era
certamente
,
nella
sua
idealità
tipica
,
tutta
uniforme
o
improntata
a
uno
stampo
:
quanta
varietà
più
tosto
e
che
diversità
dal
Machiavelli
al
Caro
,
dal
Sannazaro
al
Firenzuola
,
dal
Castiglione
al
Davanzati
,
dal
Tasso
al
Cellini
!
Minore
per
contrario
nella
moltitudine
delle
rime
la
varietà
:
ma
negare
la
bontà
estetica
di
non
poche
tra
quelle
poesie
italiane
e
latine
non
potrebbe
senza
ingiustizia
chi
abbia
conoscenza
adeguata
dell
'
arte
:
per
esempio
,
le
Api
del
Rucellai
e
la
Ninfa
tiberina
del
Molza
hanno
la
stessa
ragion
d
'
essere
che
certi
lavori
d
'
oreficeria
del
Cellini
.
Se
non
che
tra
tanta
prosa
e
sì
grave
come
mai
tante
rime
e
sì
leggere
?
Se
il
determinarsi
della
storia
a
genere
letterario
e
la
classificazione
della
prosa
sono
i
segni
più
certi
che
l
'
intendimento
e
il
lavoro
sociale
dell
'
epopea
e
della
poesia
universalmente
sono
finiti
,
come
mai
il
Cinquecento
,
non
pur
ricchissimo
di
storie
e
quali
storie
!
,
ma
che
tutti
produsse
e
perfezionò
i
generi
della
prosa
,
come
poté
essere
secolo
poetico
?
Poetico
veramente
non
fu
,
fu
artistico
.
Dante
e
il
Boccaccio
,
il
Boiardo
e
il
Pulci
,
il
Petrarca
e
il
Poliziano
erano
passati
;
e
il
popolo
italiano
era
giunto
alla
maturità
per
mezzo
ogni
maniera
di
esperimenti
,
eravi
giunto
un
po
'
lasso
e
disilluso
e
tra
tali
circostanze
che
gli
toglievano
luogo
e
agio
a
rifarsi
.
Per
ciò
la
maturità
sua
non
fu
consolata
di
memorie
o
speranze
liete
,
non
ebbe
né
Erodoto
,
né
Platone
né
Demostene
:
ebbe
la
intuizione
del
reale
nell
'
universo
e
l
'
idealismo
dell
'
arte
nella
vita
.
Tali
furono
le
condizioni
morali
e
le
manifestazioni
spirituali
dell
'
Italia
al
secolo
XVI
;
e
in
questa
ella
cercava
riposo
da
quella
,
e
ambedue
erano
il
portato
necessario
dello
svolgimento
anteriore
:
e
si
addimostrarono
più
che
altrove
insigni
nelle
opere
di
Nicolò
Machiavelli
e
di
Ludovico
Ariosto
,
nei
quali
pare
che
si
raccolga
e
rifletta
tutto
ciò
che
sparsamente
fu
il
pensiero
e
l
'
arte
italiana
in
quella
età
grande
e
triste
.
Negli
scritti
del
Machiavelli
risorge
,
senza
pompa
di
toga
e
spacciatamente
succinto
,
il
genio
romano
,
pratico
,
ordinatore
,
imperatorio
,
accresciuto
della
energia
tumultuosa
e
della
forte
pazienza
dei
Comuni
,
avvalorato
alla
freddezza
della
contemplazione
senza
visioni
dall
'
accoramento
del
cittadino
che
vede
fuor
di
speranza
cadersi
sotto
gli
occhi
la
patria
e
la
repubblica
.
A
misurar
giusto
l
'
altezza
del
Principe
,
dei
Discorsi
su
le
Deche
,
dell
'
Arte
della
guerra
,
delle
Storie
fiorentine
,
servono
mirabilmente
le
tante
commissioni
e
provvisioni
e
le
legazioni
e
relazioni
del
gran
segretario
,
dietro
la
cui
scorta
possiamo
seguitarne
i
passi
nella
conoscenza
dei
fatti
e
delle
persone
dell
'
Italia
,
dell
'
Europa
,
del
mondo
.
E
l
'
uom
si
spaventa
a
considerare
come
non
v
'
è
cosa
per
piccola
la
quale
non
si
faccia
immensa
sotto
la
osservazione
di
lui
,
che
l
'
abbraccia
la
compenetra
la
riempie
di
luce
per
ogni
minutissima
fibra
:
come
non
v
'
è
personaggio
o
avvenimento
grande
che
sotto
lo
sguardo
acuto
freddo
fisso
di
quell
'
occhio
nero
e
duro
non
rimpiccolisca
.
Come
diventan
meschini
Massimiliano
imperatore
e
Luigi
re
di
Francia
,
e
che
importanza
acquistano
la
guerra
di
Pisa
e
la
ribellione
d
'
Arezzo
!
E
qual
sublime
e
doloroso
spettacolo
quella
grandezza
inaudita
d
'
ingegno
costretto
a
dibattersi
impotente
nell
'
angustia
dal
difetto
dei
tempi
!
Egli
,
con
in
sé
la
forza
di
un
fatale
institutore
e
legislator
di
repubbliche
,
dover
vedere
nel
1512
la
ruina
miserabile
dell
'
onesto
governo
di
Pier
Soderini
,
dover
sentirsi
interdetto
il
palazzo
della
Signoria
dal
misero
governo
del
cardinal
Giulio
:
egli
,
con
in
mente
tutta
la
futura
rivoluzione
del
pensiero
europeo
,
andare
commissario
di
questo
governo
al
capitolo
dei
frati
minori
in
Carpi
,
e
riconoscere
il
sommo
non
della
gratitudine
o
della
stima
ma
dei
favori
della
sua
patria
e
del
secolo
nella
provvisione
con
cui
gli
officiali
dello
Studio
fiorentino
,
per
volere
del
cardinale
dei
Medici
,
lo
stipendiano
,
pe
'
l
termine
di
due
anni
e
a
cento
fiorini
di
lire
quattro
per
anno
,
a
far
più
cose
in
loro
servigio
,
e
,
tra
le
altre
,
gli
annali
e
le
cronache
fiorentine
!
E
pure
né
lagni
né
dispetti
,
e
né
meno
l
'
ombra
di
una
preoccupazione
privata
,
risalivano
a
turbare
l
'
asciutta
serenità
di
quell
'
alta
mente
virile
,
quando
,
nei
tristi
ozii
della
villa
di
San
Casciano
,
dopo
ingaglioffatosi
tutto
il
giorno
giocando
a
tric
trac
e
contendendo
per
un
quattrino
con
beccai
mugnai
e
fornaciai
,
il
segretario
rientrava
la
sera
nel
suo
studio
,
e
,
spogliatasi
quella
vesta
contadina
tutta
piena
di
fango
e
rivestitosi
condecentemente
di
panni
reali
e
curiali
,
ritornava
a
parlare
con
gli
antichi
uomini
e
a
intrattenersi
con
loro
da
pari
a
pari
,
pascendosi
di
quel
cibo
che
solo
era
suo
e
per
il
quale
era
nato
.
Ora
in
questo
sentimento
artistico
di
trattare
e
considerare
la
politica
in
sé
e
per
sé
senza
riguardo
a
un
fine
immediato
,
in
questo
astrarre
dalle
apparenze
parziali
del
presente
transitorio
per
meglio
impossessarsi
del
reale
eterno
e
imminente
e
assoggettarselo
,
in
questo
a
punto
è
la
singolarità
dell
'
ingegno
di
Nicolò
Machiavelli
,
ed
in
questo
egli
prende
e
rende
gli
spiriti
e
gl
'
intendimenti
tutti
dell
'
Italia
del
Cinquecento
.
Chi
potrebbe
senza
ingiustizia
negare
al
Commines
e
al
De
Thou
qualità
e
virtù
di
osservatori
e
storici
non
comuni
?
ma
essi
rimangono
sempre
incatenati
al
fatto
presente
;
l
'
avvenimento
giorno
per
giorno
impaccia
loro
il
passo
e
ne
occupa
e
ritiene
troppo
gli
sguardi
,
che
non
si
stendono
mai
riposati
su
larga
distesa
.
Nicolò
Machiavelli
in
vece
non
è
propriamente
il
politico
del
tempo
suo
:
forse
nel
giudizio
dei
fatti
e
degli
uomini
di
quel
tempo
,
e
certo
nella
larga
rappresentazione
della
storia
contemporanea
e
nel
sapiente
svolger
dei
fili
che
gli
avvenimenti
d
'
Italia
collegavano
a
quelli
d
'
Europa
,
gli
va
innanzi
d
'
assai
Francesco
Guicciardini
,
il
più
poderoso
storico
del
rinascimento
.
Ancora
:
il
Machiavelli
non
ebbe
forse
l
'
attitudine
e
l
'
abitudine
storica
;
e
le
sue
Storie
fiorentine
sono
per
avventura
più
tosto
un
gran
libro
di
dimostrazione
e
un
'
eloquente
opera
politica
,
che
non
una
storia
vera
,
esatta
,
fedele
,
ordinata
della
città
di
Firenze
;
che
anzi
,
e
per
la
scelta
critica
e
per
la
intierezza
della
esposizione
,
lasciano
a
desiderare
,
e
appariscono
più
che
altro
come
la
improvvisazione
di
un
grand
'
ingegno
.
Cha
importa
cotesto
?
Il
Machiavelli
ha
tre
fasi
e
tre
stili
.
Negli
scritti
d
'
officio
,
il
segretario
fiorentino
osserva
,
pensa
e
scrive
,
avvisato
e
arguto
,
spigliato
e
serrato
,
in
farsetto
;
è
in
somma
fiorentino
,
come
altri
molti
,
salvo
la
maggior
prestanza
dell
'
ingegno
suo
:
nei
lavori
letterarii
,
eccetto
la
Mandragora
e
la
Commedia
in
versi
,
è
anch
'
egli
rotondo
e
ridondante
e
profuso
e
incerto
,
e
somiglia
un
po
'
troppo
agli
altri
cinquecentisti
della
metà
prima
del
secolo
che
avevano
il
gusto
non
ancora
formato
:
nelle
Storie
tiene
molto
delle
virtù
fiorentine
e
qualcosa
dei
vizi
retorici
,
e
non
poco
de
'
pregi
e
delle
qualità
sue
proprie
uniche
e
sole
:
pregi
e
qualità
che
risplendono
nell
'
Arte
della
guerra
e
specialmente
nel
Principe
e
nei
Discorsi
.
In
coteste
opere
lo
stile
è
combattimento
,
combattimento
a
corpo
a
corpo
della
parola
lucidissima
col
profondissimo
pensiero
;
e
l
'
alitare
del
combattente
rileva
a
pena
il
tessuto
sopraffino
delle
maglie
sottilissime
del
periodo
:
e
i
colpi
sono
freddi
,
spessi
,
sicuri
,
e
dati
co
'
l
riposo
solenne
e
leggiadro
di
schermidore
maestro
.
Imperocché
non
bisogna
credere
che
la
conversazione
serale
del
villeggiante
di
San
Casciano
fosse
così
idilliaca
com
'
egli
ce
la
descrive
nella
mirabile
lettera
del
10
decembre
1513
,
onde
la
ho
riferita
più
sopra
:
non
gli
credete
ch
'
ei
si
rivestisse
di
panni
reali
e
tanto
men
di
curiali
.
Egli
con
la
vesta
contadina
spogliavasi
ogni
vezzo
,
ogni
affezione
nazionale
e
cittadina
,
e
nell
'
atletica
nudità
muscolosa
del
suo
pensiero
lottava
con
tutte
le
apparizioni
monumentali
e
gigantesche
e
mostruose
del
tempo
antico
e
del
nuovo
,
e
se
le
abbatteva
a
'
piedi
,
e
le
cacciava
dal
campo
della
storia
,
per
poi
su
quello
disgombrato
continuare
la
sua
lotta
fredda
,
accanita
,
anelante
,
col
fenomeno
informe
del
fatto
politico
.
Da
alcuni
luoghi
dei
Discorsi
su
le
Deche
e
dalle
Storie
apparrebbe
che
egli
intendesse
a
dar
documenti
e
instituzioni
di
repubblica
;
dalla
conchiusione
del
Principe
,
ch
'
egli
pensasse
alla
unificazione
d
'
Italia
:
e
all
'
Italia
gitta
qualche
volta
un
grido
di
fiero
amore
,
e
volge
gli
occhi
quasi
in
cerca
di
qualcheduno
,
sia
un
Borgia
sia
un
Medici
,
che
metta
le
mani
nelle
trecce
alla
sciagurata
e
la
strappi
alle
voglie
dei
forestieri
e
dei
preti
,
dell
'
imperatore
e
del
papa
.
Ma
non
lasciate
illudervi
al
movimento
passionato
dell
'
istante
.
Egli
torna
súbito
e
tutto
freddo
a
studiare
così
la
patria
sua
come
la
patria
degli
svizzeri
e
le
altre
patrie
antiche
e
moderne
,
a
dissolvere
e
ricomporre
così
monarchie
come
repubbliche
,
a
discutere
dittatori
e
profeti
,
re
e
numi
.
E
stritolando
sotto
i
suoi
colpi
il
mondo
eroico
e
il
mondo
sacro
,
e
soffiando
via
con
un
alito
il
mondo
artisticamente
fattizio
del
rinascimento
,
prepara
la
rivoluzione
e
la
informa
alla
pura
energia
del
pensiero
umano
.
Di
Ludovico
Ariosto
non
si
può
dire
che
preparasse
o
incominciasse
un
rivolgimento
nella
poesia
;
perocché
,
mentre
le
opere
del
Machiavelli
segnano
il
passaggio
della
conscienza
e
del
pensiero
della
nazione
italiana
dalla
concezione
e
produzione
fantastica
alla
osservazione
sperimentale
e
reale
,
la
maggior
poesia
dell
'
Ariosto
è
l
'
ultimo
fenomeno
di
quel
primo
stato
,
il
frutto
maturo
di
quella
fervida
estate
:
ma
del
resto
,
come
per
il
Machiavelli
la
meditazione
politica
è
fine
a
sé
stessa
,
così
per
l
'
Ariosto
la
poesia
:
egli
è
tra
i
poeti
italiani
quello
che
più
veramente
fece
ciò
che
i
moderni
dicono
l
'
arte
per
l
'
arte
.
Non
che
l
'
Ariosto
non
sentisse
i
mali
della
patria
e
le
brutture
di
quel
mondo
tra
cui
era
sortito
a
vivere
;
che
anzi
se
ne
compianse
e
se
ne
sdegnò
più
d
'
una
volta
,
e
dié
anche
qualche
crollo
per
iscuoter
via
dalle
sue
belle
ali
di
fenice
la
polvere
e
il
fango
della
corte
e
del
secolo
.
Ma
poi
egli
cercava
e
trovava
per
sé
e
apriva
altrui
un
refugio
nell
'
arte
.
E
l
'
arte
ei
non
trattò
né
come
un
simbolo
né
come
un
apologo
né
come
la
dimostrazione
di
una
tesi
:
egli
inventò
per
amore
dell
'
invenzione
,
tutto
inteso
a
svolgere
dilettosamente
la
sua
facoltà
creativa
e
a
riprodurre
moltiplicata
la
sua
lieta
e
serena
fantasia
per
mille
aspetti
e
in
mille
forme
,
che
empiessero
a
lui
di
sorrisi
gl
'
intervalli
della
vita
,
e
di
luce
e
di
canto
all
'
Italia
gl
'
intermezzi
del
triste
dramma
storico
che
precipitava
alla
catastrofe
.
Egli
fece
quel
che
desiderava
,
quel
che
voleva
e
ispirava
l
'
Italia
d
'
allora
:
un
'
opera
da
esser
letta
nelle
sale
del
ducal
palazzo
d
'
Urbino
immenso
e
leggiadro
,
posto
che
avesse
termine
il
Castiglione
ai
discorsi
di
gentilezza
e
d
'
amore
,
tra
i
cerchi
delle
gentildonne
presiedute
dalla
elegante
e
pensosa
Elisabetta
Gonzaga
:
un
'
opera
da
esser
letta
nelle
sale
del
castello
di
Ferrara
o
del
palazzo
di
Belfiore
,
dopo
alcuno
dei
pranzi
inauditamente
sfarzosi
d
'
Alfonso
I
,
tra
i
cavalieri
italiani
e
francesi
concorsi
ai
tornei
ed
alle
feste
,
arridente
Lucrezia
Borgia
che
sapea
di
latino
e
ammirante
la
giovinetta
Renata
di
Francia
:
un
'
opera
da
poter
esser
letta
nelle
sale
di
Roma
o
di
Venezia
,
alle
cui
pareti
ridesse
o
una
Galatea
affrescata
da
Raffaello
o
una
Venere
colorita
da
Tiziano
,
nel
cui
mezzo
risplendesse
un
candelabro
di
Benvenuto
e
si
contorcesse
in
un
angolo
un
satiro
di
bronzo
di
Michelangelo
;
sale
che
la
sera
potessero
essere
preparate
per
la
recitazione
della
Calandra
o
della
Mandragora
o
della
Cassaria
:
un
'
opera
in
fine
da
potere
esser
letta
e
cantata
per
le
vie
di
Ferrara
,
su
le
piazze
e
i
ponti
di
Roma
e
di
Firenze
,
ne
'
canali
di
Venezia
,
su
'
l
porto
di
Napoli
,
da
un
popolo
abituato
a
spettacoli
e
pompe
di
cui
eran
parte
imperatori
e
re
e
principi
e
cavalieri
e
soldati
di
tutte
le
lingue
d
'
Europa
,
francesi
,
spagnoli
,
tedeschi
,
fiamminghi
;
da
un
popolo
abituato
a
vedersi
da
un
giorno
all
'
altro
sorgere
sotto
gli
occhi
quei
palazzi
quelle
chiese
quelle
piazze
e
fontane
di
stile
e
di
ornato
così
originalmente
classico
così
bizzaramente
puro
,
a
contemplare
in
quelle
chiese
in
quei
palazzi
in
quelle
piazze
tanta
copia
di
statue
e
di
bassorilievi
e
di
quadri
e
di
cose
belle
,
che
a
ripensarci
in
questa
gretta
e
gelida
vita
odierna
,
nella
quale
per
riscaldarci
leggiamo
o
inventiamo
ciascuno
a
nostra
posta
un
sistema
estetico
al
giorno
,
paiono
un
giuoco
di
ridenti
e
prodighe
fate
:
e
tutto
ciò
in
mezzo
a
rumore
di
guerre
grosse
e
spicciolate
,
lente
e
furiose
,
lunghe
,
rinnovate
,
continue
,
che
desolavano
regioni
intiere
per
lunghi
anni
,
e
oggi
levavano
di
mezzo
uno
stato
,
domani
un
altro
.
Cotali
circostanze
,
tra
le
quali
fu
maturato
e
compito
l
'
Orlando
furioso
,
aiutano
a
intendere
e
a
mostrare
ciò
che
l
'
opera
sia
.
È
la
riproduzione
della
vista
esterna
,
estetica
e
morale
,
d
'
allora
:
è
uno
specchio
in
cui
apparenze
straordinarie
,
mobili
,
instabili
,
abbaglianti
,
ma
senza
fisionomia
,
s
'
affacciano
,
s
'
intrecciano
,
s
'
inseguono
,
spariscono
,
rapide
,
improvvise
,
inconsulte
:
all
'
Orlando
furioso
manca
il
nodo
epico
,
come
alla
storia
italiana
del
Cinquecento
una
ragione
intima
sua
.
Ma
non
perciò
l
'
opera
è
meno
meravigliosa
.
L
'
Ariosto
,
pur
lavorandovi
intorno
con
quella
serietà
che
gli
artisti
grandi
portano
nelle
cose
dell
'
arte
,
non
ebbe
l
'
intendimento
di
fare
un
poema
,
un
di
quei
poemi
di
composizione
riflessa
che
pur
tengono
sì
alto
luogo
nelle
età
secondarie
di
una
letteratura
:
senza
rendersene
forse
ragione
,
egli
sentiva
che
la
cavalleria
,
cosa
rimorta
,
non
poteva
dar
vita
a
un
poema
.
Ma
anche
sottilizzò
,
e
con
poco
adeguata
conoscenza
dell
'
uomo
e
del
tempo
,
chi
sostenne
ch
'
e
'
mirasse
a
una
parodia
de
'
poemi
cavallereschi
,
ch
'
e
'
fosse
come
il
precursore
del
Cervantes
.
L
'
Ariosto
non
ebbe
secondi
fini
:
egli
intese
di
fare
un
romanzo
da
dilettare
e
meravigliare
la
generazione
tra
cui
viveva
.
L
'
epopea
francese
,
che
dovrebbe
essere
la
materia
sua
,
non
gli
è
che
mezzo
:
il
Boiardo
aveva
empito
della
sua
fama
e
dell
'
infinito
poema
gli
ultimi
anni
del
secolo
XV
e
abituato
specialmente
la
corte
e
la
città
di
Ferrara
a
quel
genere
:
l
'
Ariosto
,
che
l
'
aveva
fin
da
giovinetto
ammirato
,
maturo
lo
continuò
:
era
il
più
comodo
:
Ferrara
con
i
suoi
antichissimi
estensi
non
era
omai
la
città
epica
e
romanzesca
?
Ma
della
leggenda
epica
francese
il
fondo
è
storico
;
l
'
anima
,
nazionale
e
cristiana
;
la
forma
,
popolare
e
primitiva
come
poteva
nel
medio
evo
:
dalla
parte
loro
gl
'
italiani
,
che
prima
dell
'
Ariosto
avean
preso
a
rifare
tutto
cotesto
,
avevan
pure
,
secondo
che
eran
borghesi
o
cavalieri
,
dato
a
quei
loro
poemi
,
di
genere
,
per
così
dire
,
composito
,
le
sembianze
nazionali
del
tempo
loro
e
del
loro
ordine
.
L
'
Ariosto
no
;
egli
,
intimamente
italiano
nella
pienezza
armonica
delle
sue
facoltà
e
nella
determinatezza
smagliante
del
colorito
,
nel
soggetto
e
nei
caratteri
non
è
poi
né
italiano
né
francese
:
di
storico
non
ha
che
le
appendici
estensi
,
di
nazionale
che
qualche
grido
di
dolore
mandato
quasi
tra
parentesi
.
L
'
Italia
si
presentava
per
l
'
ultima
volta
nella
sua
sembianza
cosmopolitica
e
romana
di
capitale
dell
'
Europa
;
e
come
avea
dato
al
medio
evo
il
maggior
poeta
cristiano
in
Dante
,
così
diede
al
rinascimento
il
maggiore
artista
pagano
nell
'
Ariosto
.
Ed
egli
,
come
Michelangelo
le
statue
bibliche
,
come
Raffaello
le
Vergini
,
moltiplicava
le
sue
fantasie
di
dame
e
cavalieri
e
amori
per
versar
loro
attorno
tutti
i
tesori
della
divina
arte
plastica
greca
e
romana
.
Direste
che
egli
si
compiacesse
di
veder
tumultuare
nel
mondo
fantastico
da
sé
creato
un
popolo
d
'
imperatori
e
di
re
e
di
guerrieri
e
di
donne
e
di
giganti
e
di
nani
e
di
mostri
e
di
spiriti
e
di
maghi
e
di
fate
,
per
poi
trarseli
dietro
ammaliati
al
suono
dell
'
orfica
lira
e
attelati
al
suo
carro
infrenarli
con
le
redini
d
'
oro
dell
'
Apollo
ellenico
.
V
.
Così
,
mentre
l
'
apparizione
del
Machiavelli
,
e
con
lui
dell
'
osservazione
esperimentale
su
'
l
fatto
umano
,
annunzia
finita
l
'
età
della
poesia
,
come
causa
a
un
tempo
ed
effetto
di
una
data
civiltà
,
come
lavoro
a
cui
la
nazione
tutta
coopera
;
il
poema
dell
'
Ariosto
,
nel
quale
la
fantasia
individuale
licenziasi
a
un
viaggio
senza
termine
ed
oggetto
,
viene
a
dire
lo
stesso
.
L
'
arte
per
l
'
arte
è
la
fine
della
poesia
popolare
e
nazionale
o
sociale
che
voglia
dirsi
:
l
'
arte
per
l
'
arte
gira
e
rigira
sopra
sé
stessa
,
e
anche
nega
e
rinnega
e
oltraggia
e
distrugge
,
non
sé
veramente
e
il
sentimento
o
lavoro
individuale
,
ma
il
termine
oggettivo
della
poesia
.
Ed
ecco
:
al
poema
romanzesco
prima
assai
che
la
dolorosa
e
alta
satira
del
Cervantes
e
il
lepido
travestimento
del
Tassoni
,
tocca
la
parodia
grossolana
del
Folengo
e
dell
'
Aretino
:
le
maccaronee
sbizzarriscono
a
canto
alle
eleganze
latine
del
Fracastoro
e
del
Vida
;
e
un
nuovo
genere
,
il
bernesco
,
si
contrappone
alla
lirica
.
L
'
Italia
nel
secolo
XVI
levò
la
poesia
a
idealismo
artistico
,
e
insieme
,
che
è
effetto
assai
comune
dell
'
idealizzare
,
la
fissò
,
la
cristallizzò
.
Pure
le
rimaneva
ancora
del
movimento
e
dell
'
azione
:
il
Machiavelli
e
l
'
Ariosto
da
due
parti
opposte
venivano
a
riscontrarsi
e
toccarsi
nella
commedia
;
e
il
fatto
di
uno
storico
e
di
un
epico
commediografi
dà
ragione
,
più
assai
che
ogni
lungo
discorrere
,
di
quel
secolo
e
di
quella
letteratura
.
Ma
in
vece
di
buone
commedie
l
'
Italia
ebbe
un
altro
poema
,
un
poema
eroico
e
religioso
,
la
Gerusalemme
liberata
.
L
'
Europa
latina
pareva
su
quelle
prime
accettar
con
fervore
il
rinnovamento
cattolico
che
la
chiesa
tentò
opporre
nel
concilio
tridentino
alla
riforma
protestante
;
tutta
l
'
Europa
cristiana
sentiva
minacciata
la
sua
civiltà
dall
'
impero
ottomano
:
suonava
ancora
dai
mari
il
fragore
della
battaglia
di
Lepanto
,
l
'
ultima
grande
battaglia
cristiana
della
quale
tanta
parte
furono
gl
'
italiani
,
l
'
ultimo
còzzo
glorioso
tra
l
'
occidente
e
l
'
oriente
.
Il
tempo
era
opportuno
,
e
il
Tasso
tale
da
poter
sorgere
poeta
e
del
rinnovamento
cattolico
e
della
civiltà
cristiana
.
Nessuna
figura
in
fatti
ha
il
Cinquecento
così
seria
e
gentile
come
quella
di
Torquato
Tasso
.
Egli
è
l
'
erede
legittimo
di
Dante
Alighieri
:
crede
,
e
ragiona
la
sua
fede
per
filosofia
:
ama
,
e
comenta
gli
amori
dottrinalmente
:
è
artista
,
e
scrive
dialoghi
di
speculazioni
scolastiche
che
vorrebbon
essere
platonici
:
innova
,
e
teorizza
.
E
,
come
Dante
,
ha
sempre
qualcosa
da
rimproverarsi
nella
conscienza
sua
di
cattolico
:
al
suo
poema
,
pur
essenzialmente
religioso
e
cavalleresco
,
sovraintesse
un
'
allegoria
spirituale
e
morale
:
a
ogni
modo
teme
sempre
di
averlo
fatto
soverchiamente
profano
,
e
lo
rifà
purificato
:
né
anche
del
rifacimento
si
contenta
,
e
finisce
co
'
l
poema
della
creazione
.
Egli
è
il
solo
cristiano
del
nostro
rinascimento
:
del
quale
per
altro
partecipa
tanto
,
che
il
sensualismo
nell
'
opera
sua
si
mescola
al
misticismo
;
ed
egli
se
ne
addolora
e
pente
,
mentre
il
popolo
se
ne
piace
.
Ma
di
questa
duplicità
dell
'
essere
suo
ondeggiante
tra
il
sensualismo
e
l
'
idealismo
tra
il
misticismo
e
l
'
arte
;
ma
di
questa
discordia
della
vita
a
cui
è
condannato
egli
,
cavaliere
del
medio
evo
,
scolastico
del
secolo
XIII
,
erede
di
Dante
,
smarrito
in
mezzo
al
rinascimento
,
tra
l
'
Ariosto
e
il
Machiavelli
,
tra
il
Rabelais
e
il
Cervantes
;
di
questa
duplicità
,
di
questa
discordia
egli
porta
innocente
la
pena
,
e
se
ne
accora
tanto
che
ne
impazza
.
Il
grido
molle
e
straziante
della
elegia
che
pur
tra
gli
accordi
della
tromba
epica
gli
prorompe
dal
cuore
mesto
e
voluttuoso
lo
annunzia
il
primo
in
tempo
dei
poeti
moderni
:
il
Tasso
ha
la
malattia
delle
età
di
passaggio
,
dello
Chateaubriand
,
del
Byron
,
del
Leopardi
.
E
così
in
disaccordo
com
'
egli
era
co
'
l
tempo
suo
,
poté
raccogliere
in
sé
gli
estremi
spiriti
della
cavalleria
e
della
religione
.
E
fu
l
'
ultima
prova
.
Dopo
lui
,
né
la
raffermatasi
autorità
ecclesiastica
né
la
tradizione
monarchica
cominciata
coll
'
impianto
di
una
gran
dinastia
straniera
al
mezzogiorno
e
al
settentrione
poterono
o
eccitare
o
ravvivare
più
oltre
fra
noi
il
movimento
cavalleresco
e
il
religioso
.
E
quello
andava
oscuramente
a
finire
nei
cavalieri
serventi
;
e
questo
,
aduggiato
dalla
triste
ombra
del
gesuitismo
,
degenerò
dai
santi
popolari
,
la
cui
serie
si
chiude
con
Filippo
Neri
,
nell
'
egoismo
ascetico
di
Luigi
Gonzaga
,
e
dalle
grandi
leggende
del
medio
evo
nell
'
eroicomica
scimunitaggine
del
padre
Ceva
De
puero
Jesu
.
Del
resto
,
terminata
l
'
età
del
sentimento
e
della
fantasia
ed
esaurito
anche
l
'
idealismo
artistico
,
con
quale
azione
e
a
qual
punto
l
'
Italia
libera
del
suo
svolgimento
avrebbe
potuto
seguitare
ad
espandersi
nella
riflessione
nell
'
osservazione
nell
'
indagine
del
pensiero
,
e
a
quali
effetti
avrebbe
portato
il
suo
lavoro
di
trecento
anni
,
e
come
ne
fosse
impedita
,
lo
dicano
il
Telesio
,
il
Bruno
,
il
Vanini
.
Ma
oramai
dopo
la
pace
di
Castel
Cambrésis
e
il
concilio
di
Trento
al
Machiavelli
non
poteva
succedere
altri
che
il
Galileo
.
Il
cielo
rimaneva
libero
,
e
non
senza
pericolo
:
con
men
di
pericolo
i
sepolcri
.
Notevole
in
fatti
su
lo
scorcio
del
secolo
XVI
apparisce
la
trasformazione
della
storia
;
la
quale
di
particolare
tende
a
farsi
generale
,
di
politica
o
patriottica
diviene
erudita
e
critica
.
L
'
Italia
,
non
potendo
altro
,
sfoga
il
bisogno
del
dubbio
,
dell
'
investigazione
e
della
disamina
intorno
la
materia
dei
fatti
;
e
dopo
i
Discorsi
su
le
Deche
e
le
Istorie
fiorentine
produce
i
Trattati
su
'
l
diritto
romano
e
la
Storia
del
regno
d
'
Italia
di
Carlo
Sigonio
,
che
aprono
insignemente
all
'
Europa
l
'
età
critica
degli
studi
su
l
'
antichità
e
su
'
l
medio
evo
.
Nulla
doveva
mancare
a
quella
nostra
universal
letteratura
del
Cinquecento
.
Ma
intanto
la
poesia
e
l
'
arte
emigravano
alle
altre
genti
latine
,
alle
giovini
e
vittoriose
nazioni
di
Spagna
e
di
Francia
:
nella
prima
delle
quali
il
principio
religioso
e
nella
seconda
il
cavalleresco
o
feudale
doveano
fare
la
miglior
prova
d
'
una
letteratura
cattolica
e
monarchica
.
E
così
in
Spagna
e
in
Francia
,
come
in
Inghilterra
che
a
punto
allora
presentava
i
primi
frutti
dell
'
ingegno
germanico
maturatosi
nella
riforma
,
la
gloria
maggiore
della
nuova
letteratura
fu
il
dramma
.
L
'
Europa
in
fatti
era
giunta
a
quel
secondo
stadio
storico
,
nel
quale
il
dramma
è
la
vera
estrinsecazione
artistica
di
un
popolo
,
che
,
passato
per
una
gran
prova
,
si
sente
essere
nel
rigoglio
delle
sue
forze
e
nella
pienezza
della
vita
,
ha
in
fine
la
conscienza
di
nazione
co
'
l
sentimento
o
il
presentimento
della
civiltà
che
gli
conviene
,
non
importa
poi
sotto
qual
reggimento
o
con
quali
forme
politiche
.
Ora
l
'
Italia
,
non
per
colpa
sua
,
ma
per
la
necessità
storica
dello
svolgersi
di
altre
genti
con
idee
di
stato
altre
da
quelle
tra
le
quali
ella
aveva
esercitato
la
sua
operosità
civile
,
l
'
Italia
sopraffatta
e
spostata
non
aveva
più
né
quel
senso
del
presente
né
quel
presentimento
fiducioso
.
E
però
non
ebbe
un
teatro
,
quale
i
primi
esperimenti
e
massime
quel
del
Machiavelli
parevano
imprometterle
.
Ebbe
per
altro
due
opere
drammatiche
originali
e
sue
,
che
dopo
la
Gerusalemme
furono
anche
le
due
opere
più
insigni
dello
scorcio
del
secolo
;
l
'
Aminta
e
il
Pastor
fido
:
originali
e
sue
veramente
,
come
quelle
che
sono
la
miglior
dimostrazione
estetica
dell
'
idealismo
artistino
italiano
del
Cinquecento
applicato
al
dramma
;
e
l
'
Aminta
per
la
finitezza
determinata
pare
far
riscontro
alla
Gerusalemme
e
il
Pastor
fido
per
la
florida
e
bizzarra
varietà
all
'
Orlando
.
E
voglionsi
ricordare
,
non
tanto
perché
al
meno
nelle
forme
offersero
quelle
opere
il
passaggio
dall
'
idealismo
del
Cinquecento
alla
maniera
dell
'
Arcadia
,
quanto
perché
il
dramma
pastorale
e
mitologico
fu
la
materia
propria
della
musica
.
La
poesia
italiana
nel
suo
progressivo
idealizzarsi
andò
sempre
più
estenuandosi
:
a
poco
a
poco
non
più
invenzione
né
movimento
né
azione
,
non
più
caratteri
né
passioni
,
non
più
stile
né
forme
:
ma
colori
e
parole
e
suoni
che
simulavano
lusinghieramente
la
vita
;
sin
che
la
poesia
evaporò
,
e
fu
la
musica
:
la
musica
,
sola
arte
che
all
'
Italia
rimanesse
dopo
il
secolo
XVI
,
e
sola
sua
gloria
per
troppo
tempo
di
poi
.
La
sua
grande
letteratura
,
la
letteratura
viva
,
nazionale
a
un
tempo
ed
umana
,
con
la
quale
ella
conciliò
l
'
antichità
e
il
medio
evo
e
rappresentò
romanamente
l
'
Europa
innovata
,
finì
co
'
l
Tasso
.
VI
.
Spettacolo
che
altri
potrà
dir
vergognoso
e
che
a
me
apparisce
pieno
di
sacra
pietà
,
cotesto
di
un
popolo
di
filosofi
di
poeti
di
artisti
,
che
in
mezzo
ai
soldati
stranieri
d
'
ogni
parte
irrompenti
séguita
accorato
e
sicuro
l
'
opera
sua
di
civiltà
.
Crosciano
sotto
le
artiglierie
di
tutte
le
genti
le
mura
che
pur
videro
tante
fughe
di
barbari
:
guizza
la
fiamma
intorno
ai
monumenti
dell
'
antichità
,
e
son
messe
a
ruba
le
case
paterne
:
la
solitudine
delle
guaste
campagne
è
piena
di
cadaveri
:
e
pure
le
tele
e
le
pareti
non
risero
mai
di
più
allegri
colori
,
non
mai
lo
scalpello
disascose
dal
marmo
più
terribili
fantasie
e
forme
più
pure
,
non
mai
più
allegre
selve
di
colonne
sorsero
a
proteggere
ozii
e
sollazzi
e
pensamenti
che
oramai
venivano
meno
;
e
il
canto
de
'
poeti
supera
il
triste
squillo
delle
trombe
,
straniere
,
e
i
torchi
di
Venezia
di
Firenze
di
Roma
stridono
all
'
opera
d
'
illuminare
il
mondo
.
Non
è
codardia
:
perocché
,
dove
fu
popolo
,
ivi
fu
ancora
resistenza
e
pugna
gloriosa
.
E
né
pure
è
spensieratezza
.
Oh
quanta
mestizia
nel
dolce
viso
di
Raffaello
,
che
cipiglio
corruccioso
in
quel
del
Buonarroti
e
quanta
pena
nelle
figure
del
Machiavelli
e
del
Guicciardini
!
l
'
Ariosto
sorride
,
ma
come
triste
!
fino
il
Berni
si
adira
.
Perché
oltraggiare
quei
grandi
intelletti
del
Cinquecento
?
non
vediamo
noi
l
'
arcano
dolore
,
il
fastidio
fatale
che
da
ogni
parte
gl
'
investe
?
Sempre
grande
il
sacrifizio
;
ma
,
quando
sia
una
nazione
che
si
sacrifichi
,
è
cosa
divina
:
e
l
'
Italia
sacrificò
sé
all
'
avvenire
degli
altri
popoli
.
Cara
e
santa
patria
!
ella
ricreò
il
mondo
intellettuale
degli
antichi
,
ella
diè
la
forma
dell
'
arte
al
mondo
tumultuante
e
selvaggio
del
medio
evo
,
ella
aprì
alle
menti
un
mondo
superiore
di
libertà
e
di
ragione
;
e
di
tutto
fe
'
dono
all
'
Europa
:
poi
avvolta
nel
suo
manto
sopportò
con
la
decenza
d
'
Ifigenia
i
colpi
dell
'
Europa
.
Così
finiva
l
'
Italia
.
Saggistica ,
AI
MIEI
CARI
AMICI
DI
PERA
ENRICO
SANTORO
GIOVANNI
ROSSASCO
E
FAUSTO
ALBERI
Amigos
,
es
este
mi
último
libro
de
viaje
;
desde
adelante
no
escucharé
mas
que
las
inspiraciones
del
corazón
.
Luis
de
Guevara
,
Viaje
en
Egypto
.
L
'
ARRIVO
L
'
emozione
che
provai
entrando
in
Costantinopoli
mi
fece
quasi
dimenticare
tutto
quello
che
vidi
in
dieci
giorni
di
navigazione
dallo
stretto
di
Messina
all
'
imboccatura
del
Bosforo
.
Il
mar
Jonio
azzurro
e
immobile
come
un
lago
,
i
monti
lontani
della
Morea
tinti
di
rosa
dai
primi
raggi
del
sole
,
l
'
Arcipelago
dorato
dal
tramonto
,
le
rovine
d
'
Atene
,
il
golfo
di
Salonicco
,
Lemno
,
Tenedo
,
i
Dardanelli
,
e
molti
personaggi
e
casi
che
mi
divertirono
durante
il
viaggio
,
si
sbiadirono
per
modo
nella
mente
,
dopo
visto
il
Corno
d
'
oro
,
che
se
ora
li
volessi
descrivere
,
dovrei
lavorare
più
d
'
immaginazione
che
di
memoria
.
Perché
la
prima
pagina
del
mio
libro
m
'
esca
viva
e
calda
dall
'
anima
,
debbo
cominciare
dall
'
ultima
notte
del
viaggio
,
in
mezzo
al
mare
di
Marmara
,
nel
punto
che
il
capitano
del
bastimento
s
'
avvicinò
a
me
e
al
mio
amico
Yunk
,
e
mettendoci
le
mani
sulle
spalle
,
disse
col
suo
schietto
accento
palermitano
:
-
Signori
!
Domattina
all
'
alba
vedremo
i
primi
minareti
di
Stambul
.
Ah
!
ella
sorride
,
mio
buon
lettore
,
pieno
di
quattrini
e
di
noia
;
ella
che
,
anni
sono
,
quando
le
saltò
il
ticchio
d
'
andare
a
Costantinopoli
,
in
ventiquattr
'
ore
rifornì
la
borsa
e
fece
le
valigie
,
e
partì
tranquillamente
come
per
una
gita
in
campagna
,
incerto
fino
all
'
ultimo
momento
se
non
fosse
meglio
prendere
invece
la
via
di
Baden
-
Baden
!
Se
il
capitano
del
bastimento
ha
detto
anche
a
lei
:
-
Domani
mattina
vedremo
Stambul
-
lei
avrà
risposto
flemmaticamente
:
-
Ne
ho
piacere
.
-
Ma
bisogna
aver
covato
quel
desiderio
per
dieci
anni
,
aver
passato
molte
sere
d
'
inverno
guardando
melanconicamente
la
carta
d
'
Oriente
,
essersi
rinfocolata
l
'
immaginazione
colla
lettura
di
cento
volumi
,
aver
girato
mezza
l
'
Europa
soltanto
per
consolarsi
di
non
poter
vedere
quell
'
altra
mezza
,
essere
stati
inchiodati
un
anno
a
tavolino
con
quell
'
unico
scopo
,
aver
fatto
mille
piccoli
sacrifizi
,
e
conti
su
conti
,
e
castelli
su
castelli
,
e
battagliole
in
casa
;
bisogna
infine
aver
passato
nove
notti
insonni
sul
mare
,
con
quell
'
immagine
immensa
e
luminosa
davanti
agli
occhi
,
felici
tanto
da
provar
quasi
un
sentimento
di
rimorso
pensando
alle
persone
care
che
si
sono
lasciate
a
casa
;
e
allora
si
capisce
che
cosa
voglion
dire
quelle
parole
:
-
Domani
all
'
alba
vedremo
i
primi
minareti
di
Stambul
;
-
e
invece
di
rispondere
flemmaticamente
:
-
ne
ho
piacere
-
si
picchia
un
pugno
formidabile
sul
parapetto
del
bastimento
.
Un
gran
piacere
per
me
e
per
il
mio
amico
era
la
profonda
certezza
che
la
nostra
immensa
aspettazione
non
sarebbe
stata
delusa
.
Su
Costantinopoli
infatti
non
ci
son
dubbi
;
anche
il
viaggiatore
più
diffidente
ci
va
sicuro
del
fatto
suo
;
nessuno
ci
ha
mai
provato
un
disinganno
.
E
non
c
'
entra
il
fascino
delle
grandi
memorie
e
la
consuetudine
dell
'
ammirazione
.
È
una
bellezza
universale
e
sovrana
,
dinanzi
alla
quale
il
poeta
e
l
'
archeologo
,
l
'
ambasciatore
e
il
negoziante
,
la
principessa
e
il
marinaio
,
il
figlio
del
settentrione
e
il
figlio
del
mezzogiorno
,
tutti
hanno
messo
un
grido
di
maraviglia
.
È
il
più
bel
luogo
della
terra
a
giudizio
di
tutta
la
terra
.
Gli
scrittori
di
viaggi
,
arrivati
là
,
perdono
il
capo
.
Il
Perthusier
balbetta
,
il
Tournefort
dice
che
la
lingua
umana
è
impotente
,
il
Pouqueville
crede
d
'
esser
rapito
in
un
altro
mondo
,
il
La
Croix
è
innebriato
,
il
visconte
di
Marcellus
rimane
estatico
,
il
Lamartine
ringrazia
Iddio
,
il
Gautier
dubita
della
realtà
di
quello
che
vede
;
e
tutti
accumulano
immagini
sopra
immagini
,
fanno
scintillare
lo
stile
e
si
tormentano
invano
per
trovare
un
'
espressione
che
non
riesca
miseramente
al
disotto
del
proprio
pensiero
.
Il
solo
Chateaubriand
descrive
la
sua
entrata
in
Costantinopoli
con
un
'
apparenza
di
tranquillità
d
'
animo
che
reca
stupore
;
ma
non
tralascia
di
dire
che
è
il
più
bello
spettacolo
dell
'
universo
;
e
se
la
celebre
Lady
Montague
,
pronunziando
la
stessa
sentenza
,
ci
premette
un
forse
,
è
da
credersi
che
l
'
abbia
fatto
per
lasciare
tacitamente
il
primo
posto
alla
propria
bellezza
,
della
quale
si
dava
molto
pensiero
.
C
'
è
persino
un
freddo
tedesco
il
quale
dice
che
le
più
belle
illusioni
della
gioventù
e
i
sogni
stessi
del
primo
amore
sono
pallide
immagini
in
confronto
del
senso
di
dolcezza
che
invade
l
'
anima
alla
vista
di
quei
luoghi
fatati
;
e
un
dotto
francese
afferma
che
la
prima
impressione
che
fa
Costantinopoli
è
lo
spavento
.
Immagini
chi
legge
il
ribollimento
che
dovevano
produrre
tutte
queste
parole
di
foco
,
cento
volte
ripetute
,
nel
cervello
d
'
un
bravo
pittore
di
ventiquattr
'
anni
,
e
in
quello
d
'
un
cattivo
poeta
di
vent
'
otto
!
Ma
nemmeno
queste
lodi
illustri
di
Costantinopoli
ci
bastavano
,
e
cercavamo
le
testimonianze
dei
marinai
.
E
anch
'
essi
,
povera
gente
rozza
,
per
dare
un
'
idea
di
quella
bellezza
,
sentivano
il
bisogno
d
'
esprimersi
con
qualche
similitudine
o
parola
straordinaria
,
e
la
cercavano
volgendo
gli
occhi
qua
e
là
e
stropicciando
le
dita
,
e
facevano
dei
tentativi
di
descrizione
con
quel
suono
di
voce
che
par
che
venga
di
lontano
e
quei
gesti
larghi
e
lenti
con
cui
la
gente
del
popolo
esprime
la
meraviglia
quando
non
le
bastano
le
parole
.
-
Entrare
con
una
bella
mattinata
in
Costantinopoli
-
,
ci
disse
il
capo
dei
timonieri
-
,
credete
a
me
,
signori
:
è
un
bel
momento
nella
vita
d
'
un
uomo
.
Anche
il
tempo
ci
sorrideva
;
era
una
notte
serena
e
tepida
;
il
mare
accarezzava
con
un
mormorìo
leggerissimo
i
fianchi
del
bastimento
;
gli
alberi
e
i
più
minuti
cordami
si
disegnavano
netti
ed
immobili
sul
cielo
coperto
di
stelle
;
non
pareva
nemmeno
che
si
navigasse
.
A
prora
v
'
era
una
folla
di
turchi
sdraiati
che
fumavano
beatamente
il
loro
narghilè
col
viso
rivolto
alla
luna
,
la
quale
faceva
un
contorno
d
'
argento
ai
loro
turbanti
bianchi
;
a
poppa
un
visibilio
di
gente
d
'
ogni
paese
,
fra
cui
una
compagnia
famelica
di
commedianti
greci
che
s
'
erano
imbarcati
al
Pireo
.
Vedo
ancora
,
in
mezzo
a
una
nidiata
di
bambine
russe
che
vanno
a
Odessa
colla
madre
,
il
visetto
della
piccola
Olga
,
tutta
meravigliata
ch
'
io
non
capisca
la
sua
lingua
e
indispettita
d
'
avermi
fatto
tre
volte
la
medesima
domanda
senza
ottenere
una
risposta
intelligibile
.
Ho
da
una
parte
un
grosso
e
sucido
prete
greco
,
col
cappello
a
staio
rovesciato
,
che
cerca
col
canocchiale
l
'
arcipelago
di
Marmara
;
dall
'
altra
un
ministro
evangelico
inglese
,
rigido
e
freddo
come
una
statua
,
che
in
tre
giorni
non
ha
ancora
detto
una
parola
nè
guardato
in
faccia
anima
viva
;
davanti
,
due
belle
signorine
ateniesi
colla
berrettina
rossa
e
le
treccie
giù
per
le
spalle
,
che
appena
uno
le
guarda
,
si
voltano
tutte
due
insieme
verso
il
mare
per
farsi
vedere
di
profilo
;
un
po
'
più
in
là
un
negoziante
armeno
che
fa
scorrere
tra
le
dita
le
pallottoline
del
rosario
orientale
,
un
gruppo
d
'
ebrei
vestiti
del
costume
antico
,
degli
albanesi
colle
sottanine
bianche
,
un
'
istitutrice
francese
che
fa
la
malinconica
,
qualcuno
di
quei
soliti
viaggiatori
di
nessuna
tinta
,
che
non
si
capisce
di
che
paese
siano
nè
che
mestiere
facciano
;
e
in
mezzo
a
questa
gente
,
una
piccola
famiglia
turca
composta
d
'
un
babbo
in
fez
,
d
'
una
mamma
velata
e
di
due
bambine
coi
calzoncini
,
tutti
e
quattro
accovacciati
sotto
una
tenda
,
a
traverso
un
mucchio
di
materasse
e
di
cuscinetti
variopinti
,
in
mezzo
a
una
corona
di
carabattole
d
'
ogni
forma
e
d
'
ogni
colore
.
Come
si
sentiva
la
vicinanza
di
Costantinopoli
!
C
'
era
una
vivacità
insolita
.
Quasi
tutti
i
visi
che
s
'
intravvedevano
al
lume
delle
lanterne
,
erano
visi
allegri
.
Le
bambine
russe
saltellavano
intorno
alla
madre
gridando
l
'
antico
nome
russo
di
Stambul
:
-
Zavegorod
!
Zavegorod
!
-
Passando
accanto
ai
crocchi
,
si
udivano
qua
e
là
i
nomi
di
Galata
,
di
Pera
,
di
Scutari
,
di
Bujukderé
,
di
Terapia
,
che
luccicavano
alla
mia
fantasia
come
le
prime
scintille
d
'
un
grande
foco
d
'
artifizio
sul
punto
d
'
accendersi
.
Anche
i
marinai
erano
contenti
d
'
avvicinarsi
a
quel
luogo
dove
,
com
'
essi
dicevano
,
si
dimenticano
almeno
per
un
'
ora
tutte
le
noie
della
vita
.
Persino
a
prora
,
in
mezzo
a
quel
biancume
di
turbanti
,
c
'
era
un
movimento
straordinario
:
anche
quei
mussulmani
pigri
e
impassibili
vedevano
già
cogli
occhi
della
immaginazione
ondulare
all
'
orizzonte
i
fantastici
contorni
di
Ummelunià
,
la
madre
del
mondo
,
"
la
città
"
,
come
dice
il
Corano
,
"
di
cui
un
lato
guarda
la
terra
e
due
guardano
il
mare
.
"
Pareva
che
il
bastimento
,
anche
senza
la
forza
motrice
del
vapore
,
avrebbe
dovuto
andare
innanzi
da
sè
,
spinto
dall
'
impeto
dei
desiderii
e
delle
impazienze
che
fremevano
sulle
sue
tavole
.
Di
tratto
in
tratto
mi
appoggiavo
al
parapetto
per
guardare
in
mare
,
e
mi
pareva
che
cento
voci
confuse
mi
parlassero
col
mormorìo
delle
acque
.
Erano
tutte
le
persone
che
mi
amano
,
che
dicevano
:
Va
,
va
,
figliuolo
,
fratello
,
amico
,
va
;
va
a
goderti
la
tua
Costantinopoli
;
te
la
sei
guadagnata
,
sii
felice
,
e
Dio
t
'
accompagni
.
Soltanto
verso
la
mezzanotte
i
viaggiatori
cominciarono
a
scendere
sotto
coperta
.
Il
mio
amico
ed
io
scendemmo
gli
ultimi
e
a
passo
di
formica
,
perché
ci
ripugnava
d
'
andare
a
chiudere
fra
quattro
pareti
un
'
allegrezza
a
cui
pareva
angusto
il
circuito
della
Propontide
.
Quando
fummo
a
metà
della
scaletta
sentimmo
la
voce
del
capitano
che
c
'
invitava
a
salire
la
mattina
seguente
sul
ponte
riserbato
al
comando
.
-
Siano
su
prima
del
levar
del
sole
,
-
gridò
affacciandosi
alla
botola
-
;
faccio
buttare
in
mare
chi
ritarda
.
Una
minaccia
più
superflua
non
è
mai
stata
fatta
dopo
che
mondo
è
mondo
.
Io
non
chiusi
occhio
.
Credo
che
il
giovane
Maometto
II
,
in
quella
famosa
notte
di
Adrianopoli
,
in
cui
disfece
il
letto
a
furia
di
voltarsi
e
di
rivoltarsi
,
agitato
dalla
visione
della
città
di
Costantino
,
non
abbia
fatto
tanti
rivoltoloni
quanti
ne
feci
io
nella
mia
cuccetta
in
quelle
quattr
'
ore
d
'
aspettazione
.
Per
dominare
i
miei
nervi
,
provai
a
contare
fino
a
mille
,
a
tener
l
'
occhio
fisso
sulle
ghirlande
bianche
che
l
'
acqua
rotta
dal
bastimento
sollevava
intorno
all
'
occhio
del
mio
camerino
,
a
canterellare
delle
ariette
cadenzate
sul
rumore
monotono
della
macchina
a
vapore
;
ma
era
inutile
.
Avevo
la
febbre
,
mi
sentivo
mancare
il
respiro
e
la
notte
mi
pareva
eterna
.
Appena
vidi
un
barlume
di
giorno
,
saltai
giù
;
Yunk
era
già
in
piedi
;
ci
vestimmo
in
furia
,
e
salimmo
in
tre
salti
sopra
coperta
.
Maledizione
!
C
'
era
la
nebbia
.
Una
nebbia
fitta
copriva
l
'
orizzonte
da
tutte
le
parti
;
pareva
imminente
la
pioggia
;
il
grande
spettacolo
dell
'
entrata
in
Costantinopoli
era
perduto
;
il
nostro
più
ardente
desiderio
,
deluso
;
il
viaggio
in
una
parola
,
sciupato
!
Io
rimasi
annichilito
.
In
quel
punto
comparve
il
capitano
col
suo
solito
sorrisetto
sulle
labbra
.
Non
ci
fu
bisogno
di
parlare
;
appena
ci
vide
,
capì
,
e
battendoci
una
mano
sulla
spalla
,
disse
in
tuono
di
consolazione
:
-
Niente
,
niente
.
Non
si
sgomentino
,
signori
.
Benedicano
anzi
questa
nebbia
.
In
grazia
della
nebbia
loro
faranno
la
più
bella
entrata
in
Costantinopoli
che
abbiano
mai
potuto
desiderare
.
Fra
due
ore
avremo
un
sereno
meraviglioso
.
Riposino
sulla
mia
parola
.
Mi
sentii
tornare
la
vita
.
Salimmo
sul
ponte
del
Comando
.
A
prora
tutti
i
turchi
erano
già
seduti
a
gambe
incrociate
sui
loro
tappeti
,
col
viso
rivolto
verso
Costantinopoli
.
In
pochi
minuti
tutti
gli
altri
viaggiatori
usciron
fuori
,
armati
di
canocchiali
d
'
ogni
forma
,
e
si
appoggiarono
,
stesi
in
una
lunga
fila
,
al
parapetto
di
sinistra
,
come
alla
balaustrata
d
'
una
galleria
di
teatro
.
Tirava
un
'
arietta
fresca
;
nessuno
parlava
.
Tutti
gli
occhi
e
tutti
i
canocchiali
si
rivolsero
a
poco
a
poco
verso
la
riva
settentrionale
del
mare
di
Marmara
.
Ma
non
si
vedeva
ancor
nulla
.
La
nebbia
però
non
formava
che
una
fascia
biancastra
all
'
orizzonte
,
sopra
la
quale
splendeva
il
cielo
sereno
e
dorato
.
Diritto
dinanzi
a
noi
,
nella
direzione
della
prora
,
appariva
confusamente
il
piccolo
arcipelago
delle
nove
Isole
dei
Principi
,
le
Demonesi
degli
antichi
,
luogo
di
piaceri
della
Corte
al
tempo
del
Basso
Impero
,
ed
ora
luogo
di
ritrovo
e
di
festa
degli
abitanti
di
Costantinopoli
.
Le
due
rive
del
mar
di
Marmara
erano
ancora
completamente
nascoste
.
Soltanto
dopo
un
'
ora
che
s
'
era
sul
ponte
si
vide
...
Ma
è
impossibile
intender
bene
la
descrizione
dell
'
entrata
in
Costantinopoli
,
se
non
si
ha
chiara
nella
mente
la
configurazione
della
città
.
Supponga
il
lettore
d
'
aver
davanti
a
sè
l
'
imboccatura
del
Bosforo
,
il
braccio
di
mare
che
separa
l
'
Asia
dall
'
Europa
e
congiunge
il
mar
di
Marmara
col
mar
Nero
.
Stando
così
s
'
ha
la
riva
asiatica
a
destra
e
la
riva
europea
a
sinistra
;
di
qui
l
'
antica
Tracia
,
di
là
l
'
antica
Anatolia
.
Andando
innanzi
,
infilando
cioè
il
braccio
di
mare
,
si
trova
a
sinistra
,
appena
oltrepassata
l
'
imboccatura
,
un
golfo
,
una
rada
strettissima
,
la
quale
forma
col
Bosforo
un
angolo
quasi
retto
,
e
si
sprofonda
per
parecchie
miglia
nella
terra
europea
,
incurvandosi
a
modo
di
un
corno
di
bue
;
donde
il
nome
di
Corno
d
'
oro
,
ossia
corno
dell
'
abbondanza
,
perché
v
'
affluivano
,
quand
'
era
porto
di
Bisanzio
,
le
ricchezze
di
tre
continenti
.
Nell
'
angolo
di
terra
europea
,
che
da
una
parte
è
bagnato
dal
mar
di
Marmara
e
dall
'
altra
dal
Corno
d
'
oro
,
dov
'
era
l
'
antica
Bisanzio
,
s
'
innalza
,
sopra
sette
colline
,
Stambul
,
la
città
turca
.
Nell
'
altro
angolo
,
bagnato
dal
Corno
d
'
oro
e
dal
Bosforo
,
s
'
innalzano
Galata
e
Pera
,
le
città
franche
.
In
faccia
all
'
apertura
del
Corno
d
'
oro
,
sopra
le
colline
della
riva
asiatica
,
sorge
la
città
di
Scutari
.
Quella
dunque
,
che
si
chiama
Costantinopoli
,
è
formata
da
tre
grandi
città
divise
dal
mare
,
ma
poste
l
'
una
in
faccia
all
'
altra
,
e
la
terza
in
faccia
alle
due
prime
,
e
tanto
vicine
tra
loro
,
che
da
ciascuna
delle
tre
rive
si
vedono
distintamente
gli
edifizii
delle
altre
due
,
presso
a
poco
come
da
una
parte
all
'
altra
della
Senna
e
del
Tamigi
nei
punti
dove
sono
più
larghi
a
Parigi
e
a
Londra
.
La
punta
del
triangolo
su
cui
s
'
innalza
Stambul
,
ritorta
verso
il
Corno
d
'
oro
,
è
quel
famoso
Capo
del
Serraglio
,
il
quale
nasconde
fino
all
'
ultimo
momento
,
agli
occhi
di
chi
viene
dal
mar
di
Marmara
,
la
vista
delle
due
rive
del
Corno
,
ossia
la
parte
più
grande
e
più
bella
di
Costantinopoli
.
Fu
il
Capitano
del
bastimento
,
che
col
suo
occhio
di
marinaio
scoperse
per
il
primo
il
primo
barlume
di
Stambul
.
Le
due
signore
ateniesi
,
la
famiglia
russa
,
il
ministro
inglese
,
Yunk
,
io
ed
altri
,
che
andavamo
tutti
a
Costantinopoli
per
la
prima
volta
,
stavamo
intorno
a
lui
stretti
in
un
gruppo
,
silenziosi
,
stancandoci
gli
occhi
inutilmente
sopra
la
nebbia
,
quand
'
egli
stese
il
braccio
a
sinistra
,
verso
la
riva
europea
,
e
gridò
:
-
Signori
,
ecco
il
primo
spiraglio
.
Era
un
punto
bianco
,
la
sommità
d
'
un
minareto
altissimo
,
di
cui
la
parte
di
sotto
rimaneva
ancora
nascosta
.
Tutti
vi
appuntarono
su
i
canocchiali
e
si
misero
a
frugare
cogli
occhi
in
quel
piccolo
squarcio
della
nebbia
come
per
farlo
più
largo
.
Il
bastimento
filava
rapidamente
.
Dopo
pochi
minuti
si
vide
accanto
al
minareto
una
macchia
incerta
,
poi
due
,
poi
tre
,
poi
molte
che
a
poco
a
poco
prendevano
il
contorno
di
case
,
e
la
fila
s
'
allungava
,
s
'
allungava
.
Dinanzi
a
noi
e
sulla
nostra
destra
,
tutto
era
ancora
coperto
dalla
nebbia
.
Quella
che
s
'
andava
scoprendo
allora
,
era
la
parte
di
Stambul
che
s
'
allunga
,
formando
un
arco
di
circa
quattro
miglia
italiane
,
sulla
riva
settentrionale
del
mar
di
Marmara
,
fra
il
Capo
del
Serraglio
e
il
Castello
delle
Sette
Torri
.
Ma
tutta
la
collina
del
Serraglio
era
ancora
velata
.
Dietro
le
case
spuntavano
l
'
un
dopo
l
'
altro
i
minareti
,
altissimi
e
bianchi
,
e
le
loro
sommità
,
illuminate
dal
sole
,
erano
color
di
rosa
.
Sotto
le
case
cominciavano
a
scoprirsi
le
vecchie
mura
merlate
,
di
color
fosco
,
rafforzate
,
a
distanze
eguali
,
da
grosse
torri
,
che
formano
intorno
a
tutta
la
città
una
cintura
non
interrotta
,
contro
la
quale
si
rompono
le
onde
del
mare
.
In
poco
tempo
rimase
scoperto
un
tratto
di
città
lungo
due
miglia
;
ma
,
dico
il
vero
,
lo
spettacolo
non
corrispondeva
alla
mia
aspettazione
.
Eravamo
nel
punto
in
cui
il
Lamartine
domandò
a
sè
stesso
:
-
È
questa
Costantinopoli
?
-
e
gridò
:
-
Che
delusione
!
-
Le
colline
erano
ancora
nascoste
,
non
si
vedeva
che
la
riva
,
le
case
formavano
una
sola
fila
lunghissima
,
la
città
pareva
tutta
piana
.
-
Capitano
!
-
esclamai
anch
'
io
-
;
è
questa
Costantinopoli
?
-
Il
capitano
m
'
afferrò
per
un
braccio
,
e
accennando
colla
mano
dinanzi
a
sè
:
-
Uomo
di
poca
fede
!
-
gridò
-
;
guardi
lassù
.
-
Guardai
!
e
mi
fuggì
un
'
esclamazione
di
stupore
.
Un
'
ombra
enorme
,
una
mole
altissima
e
leggiera
,
ancora
coperta
da
un
velo
vaporoso
,
si
sollevava
al
cielo
dalla
sommità
d
'
un
'
altura
,
e
rotondeggiava
gloriosamente
nell
'
aria
,
in
mezzo
a
quattro
minareti
smisurati
e
snelli
,
di
cui
le
punte
inargentate
scintillavano
ai
primi
raggi
del
sole
.
-
Santa
Sofia
!
-
gridò
un
marinaio
;
e
una
delle
due
signore
ateniesi
disse
a
bassa
voce
:
-
Hagia
Sofia
!
(
La
santa
sapienza
)
.
I
turchi
a
prora
s
'
alzarono
in
piedi
.
Ma
già
dinanzi
e
accanto
alla
grande
basilica
,
si
sbozzavano
a
traverso
la
nebbia
altre
cupole
enormi
,
e
minareti
fitti
e
confusi
come
una
foresta
di
gigantesche
palme
senza
rami
-
La
moschea
del
Sultano
Ahmed
!
-
gridava
il
capitano
,
accennando
-
;
la
moschea
di
Bajazet
,
la
moschea
d
'
Osman
,
la
moschea
di
Laleli
,
la
moschea
di
Solimano
.
Ma
nessuno
lo
sentiva
più
.
Il
velo
si
squarciava
rapidamente
,
e
da
ogni
parte
balzavan
fuori
moschee
,
torri
,
mucchi
di
verzura
,
case
su
case
;
e
più
andavamo
innanzi
,
più
la
città
s
'
alzava
e
mostrava
più
distinti
i
suoi
grandi
contorni
rotti
,
capricciosi
,
bianchi
,
verdi
,
rosati
,
scintillanti
;
e
la
collina
del
serraglio
disegnava
già
intera
la
sua
forma
gentile
sopra
il
fondo
grigio
della
nebbia
lontana
.
Quattro
miglia
di
città
,
tutta
la
parte
di
Stambul
che
guarda
il
mare
di
Marmara
,
si
stendeva
dinanzi
a
noi
,
e
le
sue
mura
fosche
e
le
sue
case
di
mille
colori
si
riflettevano
nell
'
acqua
terse
e
nitide
come
in
uno
specchio
.
A
un
tratto
il
bastimento
si
fermò
.
Tutti
s
'
affollarono
intorno
al
capitano
domandando
perchè
.
Egli
ci
spiegò
che
per
andare
innanzi
bisognava
aspettare
che
svanisse
la
nebbia
.
La
nebbia
infatti
nascondeva
ancora
l
'
imboccatura
del
Bosforo
come
una
fitta
cortina
.
Ma
dopo
meno
d
'
un
minuto
,
si
poté
proseguire
,
andando
però
cautissimamente
.
Ci
avvicinavamo
alla
collina
dell
'
antico
serraglio
.
Qui
la
curiosità
mia
e
di
tutti
diventò
febbrile
.
-
Si
volti
in
là
-
,
mi
disse
il
capitano
-
e
aspetti
a
guardare
quando
tutta
la
collina
ci
sia
davanti
.
Mi
voltai
e
fissai
gli
occhi
sopra
uno
sgabello
che
mi
pareva
che
ballasse
.
-
Eccoci
!
-
esclamò
il
Capitano
dopo
qualche
momento
.
Mi
voltai
.
Il
bastimento
s
'
era
fermato
.
Eravamo
in
faccia
alla
collina
,
vicinissimi
.
È
una
grande
collina
tutta
vestita
di
cipressi
,
di
terebinti
,
d
'
abeti
e
di
platani
giganteschi
,
che
spingono
i
rami
fuori
delle
mura
merlate
fino
a
far
ombra
sul
mare
;
e
in
mezzo
a
questo
mucchio
di
verzura
s
'
alzano
disordinatamente
,
separati
e
a
gruppi
,
come
sparsi
a
caso
,
cime
di
chioschi
,
padiglioncini
coronati
di
gallerie
,
cupolette
inargentate
,
piccoli
edifizii
di
forme
gentili
e
strane
,
colle
finestre
ingraticolate
e
le
porte
a
rabeschi
;
tutto
bianco
,
piccino
,
mezzo
nascosto
,
che
lascia
indovinare
un
labirinto
di
giardini
,
di
corridoi
,
di
cortili
,
di
recessi
;
un
'
intera
città
chiusa
in
un
bosco
;
separata
dal
mondo
,
piena
di
mistero
e
di
tristezza
.
In
quel
momento
vi
batteva
su
il
sole
,
ma
la
ricopriva
ancora
un
velo
leggerissimo
.
Non
vi
si
vedeva
nessuno
,
non
vi
si
sentiva
il
più
leggiero
rumore
.
Tutti
i
viaggiatori
stavano
là
cogli
occhi
fissi
su
quel
colle
coronato
dalle
memorie
di
quattro
secoli
di
gloria
,
di
piaceri
,
d
'
amori
,
di
congiure
e
di
sangue
;
reggia
,
cittadella
e
tomba
della
grande
monarchia
ottomana
;
e
nessuno
parlava
,
nessuno
si
moveva
.
Quando
a
un
tratto
il
secondo
del
bastimento
gridò
:
-
Signori
,
si
vede
Scutari
!
Ci
voltammo
tutti
verso
la
riva
asiatica
.
Scutari
,
la
Città
d
'
oro
,
era
là
sparsa
a
perdita
d
'
occhi
sulle
sommità
e
per
i
fianchi
delle
sue
grandi
colline
,
velata
dai
vapori
luminosi
del
mattino
,
ridente
,
fresca
come
una
città
sorta
allora
al
tocco
d
'
una
verga
fatata
.
Chi
può
descrivere
quello
spettacolo
?
Il
linguaggio
con
cui
descriviamo
le
città
nostre
non
serve
a
dare
una
idea
di
quella
immensa
varietà
di
colori
e
di
prospetti
,
di
quella
meravigliosa
confusione
di
città
e
di
paesaggio
,
di
gaio
e
d
'
austero
,
d
'
europeo
,
d
'
orientale
,
di
bizzarro
,
di
gentile
,
di
grande
!
S
'
immagini
una
città
composta
di
diecimila
villette
gialle
e
purpuree
,
e
di
diecimila
giardini
lussureggianti
di
verde
,
in
mezzo
a
cui
s
'
alzano
cento
moschee
candide
come
la
neve
;
di
sopra
,
una
foresta
di
cipressi
enormi
:
il
più
grande
cimitero
dell
'
Oriente
;
alle
estremità
,
smisurate
caserme
bianche
,
gruppi
di
case
e
di
cipressi
,
villaggetti
raccolti
sui
poggi
,
dietro
ai
quali
ne
spuntano
altri
mezzo
nascosti
fra
la
verzura
;
e
per
tutto
cime
di
minareti
e
sommità
di
cupole
biancheggianti
fino
a
mezzo
il
dorso
d
'
una
montagna
che
chiude
come
una
gran
cortina
l
'
orizzonte
;
una
grande
città
sparpagliata
in
un
immenso
giardino
,
sopra
una
riva
qui
rotta
da
burroni
a
picco
,
vestiti
di
sicomori
,
là
digradante
in
piani
verdi
,
aperta
in
piccoli
seni
pieni
d
'
ombra
e
di
fiori
;
e
lo
specchio
azzurro
del
Bosforo
che
riflette
tutta
questa
bellezza
.
Mentre
stavo
guardando
Scutari
,
il
mio
amico
mi
toccò
col
gomito
per
annunziarmi
che
aveva
scoperto
un
'
altra
città
.
E
vidi
infatti
,
voltandomi
verso
il
mar
di
Marmara
,
sulla
stessa
riva
asiatica
,
al
di
là
di
Scutari
,
una
lunghissima
fila
di
case
,
di
moschee
e
di
giardini
dinanzi
a
cui
era
passato
il
bastimento
,
e
che
fino
allora
eran
rimasti
nascosti
dalla
nebbia
.
Col
canocchiale
si
discernevano
benissimo
i
caffè
,
i
bazar
,
le
case
all
'
europea
,
gli
scali
,
i
muri
di
cinta
degli
orti
,
le
barchette
sparse
lungo
la
riva
.
Era
Kadi
-
Kioi
,
il
villaggio
dei
giudici
,
posto
sulle
rovine
dell
'
antica
Calcedonia
,
già
rivale
di
Bisanzio
;
quella
Calcedonia
fondata
seicento
ottantacinque
anni
prima
di
Cristo
dai
Megaresi
,
ai
quali
fu
dato
dall
'
oracolo
di
Delfo
il
soprannome
di
ciechi
per
avere
scelto
quel
sito
invece
della
riva
opposta
dove
sorge
Stambul
.
-
E
tre
città
-
ci
disse
il
Capitano
-
;
le
contino
sulle
dita
perché
a
momenti
ne
salteranno
fuori
delle
altre
.
Il
bastimento
era
sempre
immobile
fra
Scutari
e
la
collina
del
Serraglio
.
La
nebbia
nascondeva
affatto
il
Bosforo
da
Scutari
in
là
,
e
tutta
Galata
e
tutta
Pera
che
stavano
dinanzi
a
noi
.
Ci
passavano
accanto
dei
barconi
,
dei
vaporini
,
dei
caicchi
,
dei
piccoli
legni
a
vela
;
ma
nessuno
li
guardava
.
Tutti
gli
occhi
erano
fissi
sulla
cortina
grigia
che
copriva
la
città
franca
.
Io
fremevo
d
'
impazienza
e
di
piacere
.
Ancora
pochi
momenti
,
e
lo
spettacolo
meraviglioso
,
che
strappa
un
grido
dall
'
anima
!
Appena
potevo
tener
fermo
agli
occhi
il
canocchiale
,
tanto
mi
tremava
la
mano
.
Il
capitano
mi
guardava
,
pover
'
uomo
,
e
godeva
della
mia
emozione
,
e
fregandosi
le
mani
esclamava
:
-
Ci
siamo
!
ci
siamo
!
Finalmente
incominciarono
ad
apparire
dietro
al
velo
prima
delle
macchie
bianchiccie
,
poi
il
contorno
vago
d
'
una
grande
altura
,
poi
uno
sparso
e
vivissimo
luccichio
di
vetrate
percosse
dal
sole
,
e
infine
Galata
e
Pera
in
piena
luce
,
un
monte
,
una
miriade
di
casette
di
tutti
i
colori
,
le
une
sulle
altre
;
una
città
altissima
coronata
di
minareti
,
di
cupole
e
di
cipressi
;
sulla
sommità
i
palazzi
monumentali
delle
Ambasciate
,
e
la
gran
torre
di
Galata
;
ai
piedi
il
vasto
arsenale
di
Tophanè
e
una
foresta
di
bastimenti
;
e
diradando
sempre
la
nebbia
,
la
città
s
'
allungava
rapidamente
dalla
parte
del
Bosforo
,
e
balzavano
fuori
borghi
dietro
borghi
,
distesi
dall
'
alto
dei
colli
fino
al
mare
,
vasti
,
fitti
,
picchiettati
di
bianco
dalle
moschee
;
file
di
bastimenti
,
piccoli
porti
,
palazzi
a
fior
d
'
acqua
,
padiglioni
,
giardini
,
chioschi
,
boschetti
;
e
confusi
nella
nebbia
lontana
,
altri
borghi
di
cui
si
vedevano
soltanto
le
sommità
dorate
dal
sole
;
uno
sbarbaglio
di
colori
,
un
rigoglio
di
verde
,
una
fuga
di
vedute
,
una
grandezza
,
una
delizia
,
una
grazia
da
far
prorompere
in
esclamazioni
insensate
.
Sul
bastimento
tutti
erano
a
bocca
aperta
:
viaggiatori
,
marinai
,
turchi
,
europei
,
bambini
.
Non
si
sentiva
uno
zitto
.
Non
si
sapeva
più
da
che
parte
guardare
.
Avevamo
da
una
parte
Scutari
e
Kadi
-
Kioi
;
dall
'
altra
la
collina
del
Serraglio
;
in
faccia
Galata
,
Pera
,
il
Bosforo
.
Per
vedere
ogni
cosa
,
bisognava
girare
sopra
sè
stessi
;
e
giravano
,
lanciando
da
tutte
le
parti
degli
sguardi
fiammeggianti
,
e
ridendo
e
gesticolando
senza
parlare
,
con
un
piacere
che
ci
soffocava
.
Che
bei
momenti
,
Dio
eterno
!
Eppure
il
più
grande
e
il
più
bello
rimaneva
da
vedere
.
Noi
eravamo
ancora
immobili
al
di
qua
della
punta
del
Serraglio
;
senza
oltrepassare
la
quale
non
si
può
vedere
il
Corno
d
'
oro
,
e
la
più
meravigliosa
veduta
di
Costantinopoli
è
sul
Corno
d
'
oro
.
-
Signori
,
stiano
attenti
-
esclamò
il
capitano
prima
di
dar
l
'
ordine
d
'
andare
avanti
;
-
ora
viene
il
momento
critico
.
In
tre
minuti
siamo
in
faccia
a
Costantinopoli
!
Provai
un
senso
di
freddo
.
Si
aspettò
qualche
altro
momento
.
Ah
!
come
mi
saltava
il
cuore
!
Con
che
febbre
nell
'
anima
aspettavo
quella
benedetta
parola
:
-
Avanti
!
-
Avanti
!
-
gridò
il
capitano
.
Il
bastimento
si
mosse
.
Andiamo
!
Re
,
principi
,
Cresi
,
potenti
e
fortunati
della
terra
,
in
quel
momento
io
ebbi
compassione
di
voi
;
il
mio
posto
sul
bastimento
valeva
tutti
i
vostri
tesori
,
e
non
avrei
venduto
un
mio
sguardo
per
un
impero
.
Un
minuto
-
un
altro
minuto
-
si
passa
la
punta
del
Serraglio
-
intravvedo
un
enorme
spazio
pieno
di
luce
e
un
'
immensità
di
cose
e
di
colori
-
la
punta
è
passata
...
Ecco
Costantinopoli
!
Costantinopoli
sterminata
,
superba
,
sublime
!
Gloria
alla
creazione
ed
all
'
uomo
!
Io
non
avevo
sognato
questa
bellezza
!
Ed
ora
descrivi
,
miserabile
!
profana
colla
tua
parola
questa
visione
divina
!
Chi
osa
descrivere
Costantinopoli
?
Chateaubriand
,
Lamartine
,
Gautier
,
che
cosa
avete
balbettato
?
Eppure
le
immagini
e
le
parole
s
'
affollano
alla
mente
e
fuggono
dalla
penna
.
Vedo
,
parlo
,
scrivo
,
tutto
ad
un
tempo
,
senza
speranza
,
ma
con
una
voluttà
che
m
'
innebria
.
Vediamo
dunque
.
Il
Corno
d
'
oro
,
diritto
dinanzi
a
noi
,
come
un
largo
fiume
;
e
sulle
due
rive
,
due
catene
d
'
alture
su
cui
s
'
innalzano
e
s
'
allungano
due
catene
parallele
di
città
,
che
abbracciano
otto
miglia
di
colli
,
di
vallette
,
di
seni
,
di
promontorii
;
cento
anfiteatri
di
monumenti
e
di
giardini
;
una
doppia
immensa
gradinata
di
case
,
di
moschee
,
di
bazar
,
di
serragli
,
di
bagni
,
di
chioschi
,
svariati
di
colori
infiniti
;
in
mezzo
ai
quali
migliaia
di
minareti
dalla
punta
lucente
s
'
alzano
al
cielo
come
smisurate
colonne
d
'
avorio
;
e
sporgono
boschi
di
cipressi
che
discendono
in
striscie
cupe
dalle
alture
al
mare
,
inghirlandando
sobborghi
e
forti
;
e
una
possente
vegetazione
sparsa
si
rizza
e
ribocca
da
ogni
parte
,
impennacchia
le
cime
,
serpeggia
fra
i
tetti
e
si
curva
sulle
sponde
.
A
destra
,
Galata
con
dinanzi
una
selva
di
antenne
e
di
bandiere
;
sopra
Galata
,
Pera
che
disegna
sul
cielo
i
possenti
contorni
dei
suoi
palazzi
europei
;
dinanzi
,
un
ponte
che
unisce
le
due
rive
,
corso
da
due
opposte
folle
variopinte
;
a
sinistra
,
Stambul
,
distesa
sulle
sue
larghe
colline
,
ognuna
delle
quali
sorregge
una
moschea
gigantesca
dalla
cupola
di
piombo
e
dalle
guglie
d
'
oro
:
Santa
Sofia
,
bianca
e
rosata
;
Sultano
Ahmed
,
fiancheggiata
da
sei
minareti
;
Solimano
il
Grande
,
coronata
di
dieci
cupole
;
Sultana
Validè
,
che
si
specchia
nelle
acque
;
sulla
quarta
collina
,
la
moschea
di
Maometto
II
;
sulla
quinta
,
la
moschea
di
Selim
;
sulla
sesta
,
il
serraglio
di
Tekyr
;
e
al
disopra
di
tutte
le
altezze
,
la
torre
bianca
del
Seraschiere
che
domina
le
rive
dei
due
continenti
dai
Dardanelli
al
mar
Nero
.
Di
là
dalla
sesta
collina
di
Stambul
e
di
là
da
Galata
non
si
vedono
più
che
profili
vaghi
,
punte
di
città
e
di
sobborghi
,
scorci
di
porti
,
di
flotte
e
di
boschi
,
quasi
svaniti
in
una
atmosfera
azzurrina
,
che
non
paiono
più
cose
reali
,
ma
inganni
dell
'
aria
e
della
luce
.
Come
afferrare
i
particolari
di
questo
quadro
prodigioso
?
Lo
sguardo
si
fissa
per
qualche
momento
sulle
rive
vicine
,
sopra
una
casetta
turca
o
sopra
un
minareto
dorato
;
ma
subito
si
rilancia
in
quella
profondità
luminosa
e
spazia
a
caso
fra
quelle
due
fughe
di
città
fantastiche
,
seguito
a
stento
dalla
mente
sbalordita
.
Una
maestà
infinitamente
serena
è
diffusa
su
tutta
quella
bellezza
:
un
non
so
che
di
giovanile
e
d
'
amoroso
,
che
risveglia
mille
rimembranze
di
racconti
di
fate
e
di
sogni
primaverili
;
un
che
d
'
aereo
,
d
'
arcano
e
di
grande
,
che
rapisce
la
fantasia
fuori
del
vero
.
Il
cielo
,
sfumato
a
finissime
tinte
opaline
ed
argentee
,
contorna
con
una
nettezza
meravigliosa
tutte
le
cose
;
il
mare
,
color
di
zaffiro
,
tutto
picchiettato
di
gavitelli
porporini
,
fa
tremolare
i
lunghi
riflessi
bianchi
dei
minareti
;
le
cupole
scintillano
;
tutta
quella
immensa
vegetazione
s
'
agita
e
freme
all
'
aria
della
mattina
;
nuvoli
di
colombi
svolazzano
intorno
alle
moschee
;
migliaia
di
caicchi
dipinti
e
dorati
guizzano
sulle
acque
;
il
venticello
del
Mar
Nero
porta
i
profumi
di
dieci
miglia
di
giardini
;
e
quando
inebriati
da
questo
paradiso
,
e
già
dimentichi
d
'
ogni
altra
cosa
,
ci
si
volta
indietro
,
si
vede
con
un
sentimento
nuovo
di
meraviglia
la
riva
dell
'
Asia
che
chiude
il
panorama
colla
bellezza
pomposa
di
Scutari
e
colle
cime
nevose
dell
'
Olimpo
di
Bitinia
;
il
mar
di
Marmara
sparso
d
'
isolette
e
biancheggiante
di
vele
;
e
il
Bosforo
coperto
di
navi
,
che
serpeggia
fra
due
file
interminabili
di
chioschi
,
di
palazzi
e
di
ville
,
e
si
perde
misteriosamente
in
mezzo
alle
più
ridenti
colline
dell
'
Oriente
.
Ah
sì
!
Questo
è
il
più
bello
spettacolo
della
terra
;
chi
lo
nega
è
ingrato
a
Dio
e
ingiuria
la
creazione
;
una
più
grande
bellezza
soverchierebbe
i
sensi
dell
'
uomo
!
Passata
la
prima
emozione
,
guardai
i
viaggiatori
:
tutte
le
faccie
erano
mutate
.
Le
due
signore
ateniesi
avevano
gli
occhi
inumiditi
;
la
signora
russa
,
nel
momento
solenne
,
s
'
era
stretta
sul
cuore
la
piccola
Olga
;
persino
il
freddo
prete
inglese
faceva
sentire
per
la
prima
volta
la
sua
voce
,
esclamando
di
tratto
in
tratto
:
-
wonderful
!
wonderful
!
-
(
stupendo
stupendo
!
)
.
Il
bastimento
s
'
era
fermato
poco
lontano
dal
ponte
;
in
pochi
minuti
vi
si
radunò
intorno
un
visibilio
di
barchette
e
irruppe
sopra
coperta
una
folla
di
facchini
turchi
,
greci
,
armeni
ed
ebrei
,
che
bestemmiando
un
italiano
dell
'
altro
mondo
,
s
'
impadronirono
delle
nostre
robe
e
delle
nostre
persone
.
Dopo
un
tentativo
inutile
di
resistenza
,
diedi
un
abbraccio
al
capitano
,
un
bacio
a
Olga
,
un
addio
a
tutti
e
scesi
col
mio
amico
in
un
caicco
a
quattro
remi
,
che
ci
condusse
alla
dogana
,
di
dove
ci
arrampicammo
per
un
labirinto
di
stradicciuole
fino
all
'
albergo
di
Bisanzio
,
sulla
sommità
della
collina
di
Pera
.
CINQUE
ORE
DOPO
La
visione
di
stamattina
è
svanita
.
Quella
Costantinopoli
tutta
luce
e
tutta
bellezza
è
una
città
mostruosa
,
sparpagliata
per
un
saliscendi
infinito
di
colline
e
di
valli
;
è
un
labirinto
di
formicai
umani
,
di
cimiteri
,
di
rovine
,
di
solitudini
;
una
confusione
non
mai
veduta
di
civiltà
e
di
barbarie
,
che
presenta
un
'
immagine
di
tutte
le
città
della
terra
e
raccoglie
in
sè
tutti
gli
aspetti
della
vita
umana
.
Non
ha
veramente
di
una
grande
città
che
lo
scheletro
,
che
è
la
piccola
parte
in
muratura
;
il
resto
è
un
enorme
agglomeramento
di
baracche
,
uno
sterminato
accampamento
asiatico
,
in
cui
brulica
una
popolazione
che
non
fu
mai
numerata
,
di
gente
d
'
ogni
razza
e
d
'
ogni
religione
.
È
una
grande
città
in
trasformazione
,
composta
di
città
vecchie
che
si
sfasciano
,
di
città
nuove
sorte
ieri
,
d
'
altre
città
che
stanno
sorgendo
.
Tutto
v
'
è
sossopra
;
da
ogni
parte
si
vedono
le
traccie
d
'
un
gigantesco
lavoro
:
monti
traforati
,
colli
sfiancati
,
borghi
rasi
al
suolo
,
grandi
strade
disegnate
;
un
immenso
sparpagliamento
di
macerie
e
d
'
avanzi
d
'
incendi
sopra
un
terreno
perpetuamente
tormentato
dalla
mano
dell
'
uomo
.
È
un
disordine
,
una
confusione
d
'
aspetti
disparati
,
un
succedersi
continuo
di
vedute
imprevedibili
e
strane
,
che
dà
il
capogiro
.
Andate
in
fondo
a
una
strada
signorile
,
è
chiusa
da
un
burrone
;
uscite
dal
teatro
,
vi
trovate
in
mezzo
alle
tombe
;
giungete
sulla
sommità
d
'
una
collina
,
vi
vedete
un
bosco
sotto
i
piedi
,
e
un
'
altra
città
sulla
collina
in
faccia
;
il
borgo
che
avete
attraversato
poc
'
anzi
,
lo
vedete
,
voltandovi
improvvisamente
,
in
fondo
a
una
valle
profonda
,
mezzo
nascosto
dagli
alberi
;
svoltate
intorno
a
una
casa
,
ecco
un
porto
;
scendete
per
una
strada
,
addio
città
!
siete
in
una
gola
deserta
,
da
cui
non
si
vede
altro
che
cielo
;
le
città
spuntano
,
si
nascondono
,
balzan
fuori
continuamente
sul
vostro
capo
,
ai
vostri
piedi
,
alle
vostre
spalle
,
vicine
e
lontane
,
al
sole
,
nell
'
ombra
,
fra
i
boschi
,
sul
mare
;
fate
un
passo
avanti
,
vedete
un
panorama
immenso
;
fate
un
passo
indietro
,
non
vedete
più
nulla
;
alzate
il
capo
,
mille
punte
di
minareti
;
scendete
d
'
un
palmo
,
spariscon
tutti
e
mille
.
Le
strade
,
infinitamente
reticolate
,
serpeggiano
fra
i
poggi
,
corrono
su
terrapieni
,
rasentano
precipizi
,
passano
sotto
gli
acquedotti
,
si
rompono
in
vicoli
,
discendono
in
gradinate
,
in
mezzo
ai
cespugli
,
alle
roccie
,
alle
rovine
,
alle
sabbie
.
Di
tratto
in
tratto
,
la
gran
città
piglia
come
un
respiro
nella
solitudine
della
campagna
,
e
poi
ricomincia
più
fitta
,
più
colorita
,
più
allegra
;
qui
pianeggia
,
là
s
'
arrampica
,
più
in
là
precipita
,
si
disperde
e
poi
si
riaffolla
;
in
un
luogo
fuma
e
strepita
,
in
un
altro
dorme
;
in
una
parte
rosseggia
tutta
,
in
un
'
altra
parte
è
tutta
bianca
,
in
una
terza
vi
domina
il
color
d
'
oro
,
una
quarta
presenta
l
'
aspetto
d
'
un
monte
di
fiori
.
La
città
elegante
,
il
villaggio
,
la
campagna
,
il
giardino
,
il
porto
,
il
deserto
,
il
mercato
,
la
necropoli
,
si
alternano
senza
fine
innalzandosi
l
'
uno
sull
'
altro
,
a
scaglioni
,
in
modo
che
da
certe
alture
si
abbracciano
con
uno
sguardo
solo
,
sopra
una
sola
china
,
tutte
le
varietà
d
'
una
provincia
.
Un
'
infinità
di
contorni
bizzarri
si
disegna
da
ogni
parte
sul
cielo
e
sulle
acque
,
così
fitti
,
così
pazzamente
spezzettati
e
dentellati
dalla
meravigliosa
varietà
delle
architetture
,
che
si
confondono
agli
occhi
come
se
tremolassero
e
s
'
intricassero
gli
uni
cogli
altri
.
In
mezzo
alle
casette
turche
si
alza
il
palazzo
europeo
;
dietro
il
minareto
,
il
campanile
;
sopra
la
terrazza
,
la
cupola
;
dietro
la
cupola
,
il
muro
merlato
;
i
tetti
alla
chinese
dei
chioschi
sopra
i
frontoni
dei
teatri
,
i
balconi
ingraticolati
degli
arem
di
rimpetto
ai
finestroni
a
vetrate
,
le
finestrine
moresche
in
faccia
ai
terrazzi
a
balaustri
,
le
nicchie
delle
madonne
sotto
gli
archetti
arabi
,
i
sepolcri
nei
cortili
,
le
torri
fra
i
tugurii
;
le
moschee
,
le
sinagoghe
,
le
chiese
greche
,
le
cattoliche
,
le
armene
,
le
une
sulle
altre
,
come
se
facessero
a
soverchiarsi
,
e
in
tutti
i
vani
,
cipressi
,
pini
a
ombrello
,
fichi
e
platani
che
stendono
i
rami
sopra
i
tetti
.
Una
indescrivibile
architettura
di
ripiego
asseconda
gli
infiniti
capricci
del
terreno
con
un
tritume
di
case
tagliate
a
spicchi
,
in
forma
di
torri
triangolari
,
di
piramidi
diritte
e
rovesciate
,
circondate
di
ponti
,
di
puntelli
e
di
fossi
,
ammucchiate
alla
rinfusa
,
come
massi
franati
da
una
montagna
.
A
ogni
cento
passi
tutto
muta
.
Qui
siete
in
una
strada
d
'
un
sobborgo
di
Marsiglia
;
svoltate
:
è
un
villaggio
asiatico
;
tornate
a
svoltare
:
è
un
quartiere
greco
;
svoltate
ancora
:
è
un
sobborgo
di
Trebisonda
.
Alla
lingua
,
ai
visi
,
all
'
aspetto
delle
case
riconoscete
di
aver
cangiato
di
stato
;
sono
spicchi
di
Francia
,
striscie
d
'
Italia
,
screziature
d
'
Inghilterra
,
innesti
di
Russia
.
Sulla
immensa
faccia
della
città
si
vede
rappresentata
ad
architetture
e
a
colori
la
grande
lotta
che
si
combatte
fra
la
famiglia
cristiana
che
riconquista
e
la
famiglia
islamitica
che
difende
colle
ultime
sue
forze
la
terra
sacra
.
Stambul
,
una
volta
tutta
turca
,
è
assalita
da
ogni
parte
da
quartieri
cristiani
,
che
la
rodono
lentamente
lungo
la
sponda
del
Corno
d
'
oro
e
del
Mar
di
Marmara
;
dall
'
altra
parte
la
conquista
procede
in
furia
:
le
chiese
,
i
palazzi
,
gli
ospedali
,
i
giardini
pubblici
,
gli
opifici
,
le
scuole
squarciano
i
quartieri
musulmani
,
soverchiano
i
cimiteri
,
si
avanzano
di
collina
in
collina
,
e
già
disegnano
vagamente
sul
terreno
sconvolto
la
forma
d
'
una
grande
città
che
un
giorno
coprirà
la
riva
europea
del
Bosforo
come
quella
d
'
ora
copre
le
rive
del
Corno
d
'
oro
.
Ma
da
queste
osservazioni
generali
distraggono
ad
ogni
passo
mille
cose
nuove
:
in
una
via
il
convento
dei
dervis
,
in
un
'
altra
la
caserma
di
stile
moresco
,
il
caffè
turco
,
il
bazar
,
la
fontana
,
l
'
acquedotto
.
In
un
quarto
d
'
ora
bisogna
cangiar
dieci
volte
d
'
andatura
:
scendere
,
arrampicarsi
,
saltellar
giù
per
una
china
,
salire
per
una
scalinata
di
macigni
,
affondar
nella
mota
e
scansar
mille
ostacoli
,
aprendosi
la
via
ora
tra
la
folla
,
ora
tra
gli
arbusti
,
ora
tra
i
cenci
appesi
,
ora
turandosi
il
naso
,
ora
aspirando
ondate
d
'
aria
odorosa
.
Dalla
gran
luce
d
'
un
sito
aperto
,
donde
si
vede
il
Bosforo
,
l
'
Asia
e
un
cielo
infinito
,
si
cala
con
pochi
passi
nell
'
oscurità
triste
d
'
una
rete
di
vicoli
fiancheggiati
da
case
cadenti
ed
irti
di
sassi
come
letti
di
ruscelli
;
da
un
verde
fresco
e
ombroso
,
in
un
polverio
soffocante
,
saettato
dal
sole
;
da
crocicchi
pieni
di
rumore
e
di
colori
,
in
recessi
sepolcrali
,
dove
non
è
mai
sonata
una
voce
umana
;
dal
divino
Oriente
dei
nostri
sogni
,
in
un
altro
Oriente
lugubre
,
immondo
,
decrepito
che
supera
ogni
più
nera
immaginazione
.
Dopo
un
giro
di
poche
ore
non
si
sa
più
dove
s
'
abbia
la
testa
.
A
chi
ci
domandasse
improvvisamente
che
cos
'
è
Costantinopoli
,
non
si
saprebbe
rispondere
che
mettendosi
una
mano
sulla
fronte
per
quetare
la
tempesta
dei
pensieri
.
Costantinopoli
è
una
Babilonia
,
un
mondo
,
un
caos
.
È
bella
?
Prodigiosa
.
È
brutta
?
Orrenda
.
Vi
piace
?
Ubbriaca
.
Ci
stareste
?
Chi
lo
sa
!
Chi
può
dire
che
starebbe
in
un
altro
astro
?
Si
ritorna
a
casa
pieni
d
'
entusiasmo
e
di
disinganni
,
rapiti
,
stomacati
,
abbarbagliati
,
storditi
,
con
un
disordine
nella
mente
che
somiglia
al
principio
d
'
una
congestione
cerebrale
,
e
che
si
queta
poi
a
poco
a
poco
in
una
prostrazione
profonda
e
in
un
tedio
mortale
.
Si
son
vissuti
parecchi
anni
in
fretta
,
e
ci
si
sente
invecchiati
.
E
la
popolazione
di
questa
città
mostruosa
?
IL
PONTE
Per
vedere
la
popolazione
di
Costantinopoli
bisogna
andare
sul
ponte
galleggiante
,
lungo
circa
un
quarto
di
miglio
,
che
si
stende
dalla
punta
più
avanzata
di
Galata
fino
alla
riva
opposta
del
Corno
d
'
oro
,
in
faccia
alla
grande
moschea
della
sultana
Validè
.
L
'
una
e
l
'
altra
riva
sono
terra
europea
;
ma
si
può
dire
che
il
ponte
unisce
l
'
Europa
all
'
Asia
,
perché
in
Stambul
non
v
'
è
d
'
europeo
che
la
terra
,
ed
hanno
colore
e
carattere
asiatico
anche
i
pochi
sobborghi
cristiani
che
le
fanno
corona
.
Il
Corno
d
'
Oro
,
che
ha
l
'
aspetto
d
'
un
fiume
,
separa
,
come
un
oceano
,
due
mondi
.
Le
notizie
degli
avvenimenti
d
'
Europa
,
che
circolano
per
Galata
e
per
Pera
,
vive
,
chiare
,
minute
,
commentate
,
non
giungono
all
'
altra
riva
che
monche
e
confuse
come
un
eco
lontano
;
la
fama
degli
uomini
e
delle
cose
più
grandi
dell
'
Occidente
,
s
'
arresta
dinanzi
a
quella
poc
'
acqua
,
come
dinanzi
a
un
baluardo
insuperabile
;
e
su
quel
ponte
dove
passano
centomila
persone
al
giorno
,
non
passa
ogni
dieci
anni
un
'
idea
.
Stando
là
,
si
vede
sfilare
in
un
'
ora
tutta
Costantinopoli
.
Sono
due
correnti
umane
inesauribili
,
che
s
'
incontrano
e
si
confondono
senza
posa
dal
levar
del
sole
al
tramonto
,
presentando
uno
spettacolo
del
quale
non
sono
certamente
che
una
pallida
immagine
i
mercati
delle
Indie
,
le
fiere
di
Niinj
-
Norgorod
e
le
feste
di
Pekino
.
Per
veder
qualche
cosa
bisogna
fissarsi
un
piccolo
tratto
del
ponte
e
non
guardare
che
lì
;
se
si
vaga
cogli
occhi
,
la
vista
s
'
abbarbaglia
e
la
testa
si
confonde
.
La
folla
passa
a
grandi
ondate
,
ognuna
delle
quali
offre
mille
colori
,
ed
ogni
gruppo
di
persone
rappresenta
un
gruppo
di
popoli
.
S
'
immagini
pure
qualunque
più
stravagante
accozzo
di
tipi
,
di
costumi
e
di
classi
sociali
;
non
si
giungerà
mai
ad
avere
un
'
idea
della
favolosa
confusione
che
si
vede
là
nello
spazio
di
venti
passi
e
nel
giro
di
dieci
minuti
.
Dietro
una
frotta
di
facchini
turchi
,
che
passano
correndo
,
curvi
sotto
pesi
enormi
,
s
'
avanza
una
portantina
intarsiata
di
madreperla
e
d
'
avorio
,
a
cui
fa
capolino
una
signora
armena
;
e
ai
due
lati
un
beduino
ravvolto
in
un
mantello
bianco
e
un
vecchio
turco
col
turbante
di
mussolina
e
il
caffettano
color
celeste
,
accanto
al
quale
cavalca
un
giovane
greco
seguito
dal
suo
dracomanno
colla
zuavina
ricamata
,
e
un
dervis
col
gran
cappello
conico
e
la
tonaca
di
pelo
di
cammello
,
che
si
scansa
per
lasciar
passare
la
carrozza
d
'
un
ambasciatore
europeo
,
preceduta
da
un
battistrada
gallonato
.
Tutto
questo
non
si
vede
,
s
'
intravvede
.
Prima
che
vi
siate
voltati
indietro
,
vi
trovate
in
mezzo
a
una
brigata
di
Persiani
col
berrettone
piramidale
d
'
astrakan
,
passati
i
quali
vi
vedete
dinanzi
un
ebreo
insaccato
in
un
lungo
vestito
giallo
aperto
sui
fianchi
;
una
zingara
scapigliata
,
che
porta
un
bambino
in
un
sacco
appeso
alla
schiena
;
un
prete
cattolico
,
con
bastone
e
breviario
;
mentre
in
mezzo
a
una
folla
confusa
di
greci
,
di
turchi
e
d
'
armeni
,
s
'
avanza
gridando
:
-
Largo
!
-
un
grosso
eunuco
a
cavallo
che
precede
una
carrozza
turca
,
dipinta
a
fiori
e
ad
uccelli
,
con
dentro
le
donne
d
'
un
arem
,
vestite
di
violetto
e
di
verde
,
e
ravvolte
in
grandi
veli
bianchi
;
e
dietro
,
una
suora
di
carità
d
'
uno
spedale
di
Pera
,
seguita
da
uno
schiavo
africano
che
porta
una
scimmia
,
e
da
un
raccontatore
di
storie
in
abito
di
negromante
.
E
,
cosa
naturale
,
ma
che
par
strana
al
nuovo
venuto
,
tutta
questa
gente
così
diversa
s
'
incontra
e
passa
oltre
senza
guardarsi
,
come
la
folla
di
Londra
;
nessuno
si
ferma
;
tutti
vanno
a
passo
affrettato
,
e
su
cento
visi
,
non
se
ne
vede
uno
che
sorrida
.
L
'
albanese
colle
sottanine
bianche
e
i
pistoloni
alla
cintura
,
passa
accanto
al
tartaro
vestito
di
pelle
di
montone
;
il
turco
a
cavallo
a
un
asino
bardato
con
gran
pompa
,
guizza
fra
due
file
di
cammelli
;
dietro
all
'
aiutante
di
campo
dodicenne
d
'
un
principino
imperiale
,
piantato
sopra
un
corsiero
arabo
,
barcolla
un
carro
carico
delle
masserizie
bizzarre
d
'
una
casa
turca
;
la
mussulmana
a
piedi
,
la
schiava
velata
,
la
greca
colla
berrettina
rossa
e
le
treccie
giù
per
le
spalle
,
la
maltese
incapucciata
nella
faldetta
nera
,
l
'
ebrea
vestita
dell
'
antichissimo
costume
della
Giudea
,
la
negra
ravvolta
in
uno
scialle
variopinto
del
Cairo
,
l
'
armena
di
Trebisonda
tutta
nera
e
velata
come
un
'
apparizione
funebre
,
si
trovano
qualche
volta
in
una
sola
fila
,
come
se
vi
si
fossero
messe
apposta
,
per
prender
risalto
l
'
una
dall
'
altra
.
È
un
musaico
cangiante
di
razze
e
di
religioni
che
si
compone
e
si
scompone
continuamente
con
una
rapidità
che
si
può
appena
seguire
collo
sguardo
.
È
bello
tener
gli
occhi
fissi
sul
tavolato
del
ponte
,
non
guardando
altro
che
i
piedi
:
passano
tutte
le
calzature
della
terra
,
da
quella
d
'
Adamo
agli
stivaletti
all
'
ultima
moda
di
Parigi
:
babbuccie
gialle
di
turchi
,
rosse
di
armeni
,
turchine
di
greci
,
nere
d
'
israeliti
;
sandali
,
stivaloni
del
Turkestan
,
ghette
albanesi
,
scarpette
scollate
,
gambass
di
mille
colori
dei
cavallari
dell
'
Asia
minore
,
pantofole
ricamate
d
'
oro
,
alpargatas
alla
spagnuola
,
calzature
di
raso
,
di
corda
,
di
cenci
,
di
legno
,
fitte
in
maniera
che
mentre
se
ne
guarda
una
,
se
ne
intravvedono
cento
.
A
non
badarci
bene
,
c
'
è
da
essere
rovesciati
a
ogni
passo
.
Ora
è
un
portatore
d
'
acqua
con
un
otre
colossale
sul
dorso
,
ora
una
signora
russa
a
cavallo
,
ora
un
drappello
di
soldati
imperiali
,
vestiti
alla
zuava
,
che
par
che
vadano
all
'
assalto
,
ora
una
squadra
di
facchini
armeni
che
passano
reggendo
sulle
spalle
,
a
due
a
due
,
delle
lunghissime
sbarre
,
a
cui
sono
sospese
delle
balle
smisurate
di
mercanzia
;
ora
delle
frotte
di
turchi
che
si
lanciano
a
destra
e
a
sinistra
del
ponte
per
imbarcarsi
sui
piroscafi
.
È
uno
scalpiccio
,
un
fruscio
,
un
sonare
di
voci
esotiche
,
di
note
gutturali
,
d
'
aspirazioni
,
d
'
interjezioni
incomprensibili
,
in
mezzo
a
cui
le
poche
parole
francesi
o
italiane
che
arrivano
agli
orecchi
di
tratto
in
tratto
,
fanno
l
'
effetto
di
punti
luminosi
in
una
tenebra
fitta
.
Le
figure
che
dan
più
nell
'
occhio
in
quella
folla
,
sono
i
Circassi
,
che
vanno
per
lo
più
a
tre
,
a
cinque
insieme
,
a
passo
lento
;
pezzi
d
'
uomini
barbuti
,
dalla
faccia
terribile
,
che
portano
un
grosso
berrettone
di
pelo
alla
foggia
dell
'
antica
guardia
napoleonica
,
un
lungo
caffettano
nero
,
un
pugnale
alla
cintura
e
un
cartucciere
d
'
argento
sul
petto
;
vere
figure
di
briganti
,
ognuno
dei
quali
pare
che
sia
venuto
a
Costantinopoli
per
vendere
una
figliuola
o
una
sorella
,
e
debba
avere
le
mani
intrise
di
sangue
russo
.
Poi
i
siriani
col
loro
vestito
in
forma
di
dalmatica
bizantina
e
il
capo
ravvolto
in
un
fazzoletto
rigato
d
'
oro
;
i
bulgari
,
vestiti
d
'
un
saio
grossolano
,
con
un
berretto
incoronato
di
pelliccia
;
i
giorgiani
con
un
caschetto
di
cuoio
verniciato
e
la
tunica
stretta
alla
vita
da
un
cerchio
metallico
;
i
greci
dell
'
arcipelago
coperti
da
capo
a
piedi
di
ricami
,
di
nappine
e
di
bottoncini
luccicanti
.
La
folla
di
tanto
in
tanto
radeggia
un
poco
;
ma
subito
s
'
avanzano
altre
frotte
serrate
,
ondate
di
papaline
rosse
e
di
turbanti
bianchi
,
in
mezzo
ai
quali
spuntano
cappelli
cilindrici
,
ombrelle
e
pettinature
piramidali
di
signore
europee
,
che
par
che
galleggino
portate
via
da
quel
torrente
musulmano
.
C
'
è
da
stupire
soltanto
a
notare
la
varietà
della
gente
di
religione
.
Qui
luccica
il
cucuzzolo
d
'
un
padre
cappuccino
,
là
torreggia
il
turbante
alla
giannizzera
d
'
un
ulema
,
più
in
là
ondeggia
il
velo
nero
d
'
un
prete
armeno
.
Passano
degli
iman
colla
tunica
bianca
,
delle
monache
stimmatine
,
dei
cappellani
dell
'
esercito
turco
,
vestiti
di
verde
,
colla
sciabola
al
fianco
,
dei
frati
domenicani
,
dei
pellegrini
reduci
dalla
Mecca
con
un
talismano
appeso
al
collo
,
dei
gesuiti
,
dei
dervis
,
-
e
questo
è
strano
davvero
-
dei
dervis
che
nelle
moschee
si
straziano
le
carni
in
espiazione
dei
peccati
,
e
passando
il
ponte
si
riparano
dal
sole
coll
'
ombrellino
.
A
starci
bene
attenti
,
seguono
in
quella
confusione
mille
piccoli
accidenti
amenissimi
.
È
un
eunuco
che
mostra
il
bianco
dell
'
occhio
a
un
zerbinotto
cristiano
,
il
quale
ha
guardato
troppo
curiosamente
dentro
alla
carrozza
della
sua
padrona
;
è
una
cocotte
francese
,
vestita
coll
'
ultimo
figurino
,
che
pedina
il
figliuolo
d
'
un
pascià
ingioiellato
e
inguantato
;
è
una
signora
di
Stambul
che
finge
di
aggiustarsi
il
velo
per
sbirciar
lo
strascico
d
'
una
signora
di
Pera
;
è
un
sergente
di
cavalleria
in
uniforme
di
gala
,
che
si
ferma
nel
bel
mezzo
del
ponte
,
si
stringe
il
naso
con
due
dita
e
slancia
nello
spazio
un
guai
a
chi
tocca
,
da
mettere
i
brividi
;
è
un
ciurmadore
che
,
preso
un
soldo
da
un
povero
diavolo
,
gli
fa
sul
viso
un
gesto
cabalistico
,
che
lo
deve
guarire
del
mal
d
'
occhi
;
è
una
famiglia
di
viaggiatori
grandi
e
piccini
,
arrivata
quel
giorno
stesso
,
che
s
'
è
smarrita
in
mezzo
a
una
turba
di
canaglia
asiatica
,
e
la
madre
cerca
i
bimbi
che
strillano
,
e
gli
uomini
si
fanno
largo
a
spintoni
.
I
cammelli
,
i
cavalli
,
le
portantine
,
le
carrozze
,
i
buoi
,
le
carrette
,
le
botti
rotolate
,
gli
asini
sanguinolenti
,
i
cani
spelacchiati
,
formano
delle
lunghe
file
,
che
dividono
per
mezzo
la
folla
.
Qualche
volta
passa
un
grosso
pascià
di
tre
code
,
sdraiato
in
una
carrozza
splendida
,
seguito
a
piedi
dal
suo
portapipa
,
dalla
sua
guardia
e
da
un
nero
,
e
allora
tutti
i
turchi
salutano
toccandosi
la
fronte
e
il
petto
,
e
le
mendicanti
musulmane
,
orribili
megere
,
col
volto
imbaccucato
e
il
seno
nudo
,
si
slanciano
agli
sportelli
chiedendo
l
'
elemosina
.
Gli
eunuchi
fuor
di
servizio
,
passano
a
due
,
a
tre
,
a
cinque
insieme
,
colla
sigaretta
in
bocca
;
e
si
riconoscono
alla
molle
corpulenza
,
alle
lunghe
braccia
,
ai
grandi
abiti
neri
.
Le
belle
bambine
turche
,
vestite
da
maschietti
,
con
calzoncini
verdi
e
panciottini
rosati
o
gialli
,
corrono
e
saltellano
con
un
'
agilità
felina
,
facendosi
largo
colle
piccole
mani
tinte
di
color
di
porpora
.
I
lustrascarpe
colla
cassetta
dorata
,
i
barbieri
ambulanti
colla
seggiola
e
la
catinella
in
mano
,
i
venditori
d
'
acqua
e
di
dolci
,
fendono
la
calca
in
tutte
le
direzioni
,
urlando
in
greco
ed
in
turco
.
A
ogni
passo
si
vede
luccicare
una
divisa
militare
:
uffiziali
in
fez
e
calzoni
scarlatti
,
col
petto
costellato
di
decorazioni
;
palafrenieri
del
serraglio
,
che
paiono
generali
d
'
armata
;
gendarmi
con
un
arsenale
alla
cintura
;
zeibek
,
o
soldati
liberi
,
con
quegli
enormi
calzoni
a
borsa
deretana
,
che
danno
loro
il
profilo
della
venere
ottentotta
;
guardie
imperiali
,
con
un
lungo
pennacchio
bianco
sul
casco
e
il
petto
coperto
di
galloni
;
guardie
di
città
che
girano
colle
manette
fra
le
mani
;
guardie
di
città
a
Costantinopoli
!
È
come
chi
dicesse
:
gente
incaricata
di
tener
a
segno
l
'
oceano
Atlantico
.
È
bizzarro
il
contrasto
di
tutto
quell
'
oro
e
di
tutti
quei
cenci
,
della
gente
sovraccarica
di
roba
,
che
paion
bazar
ambulanti
,
e
della
gente
quasi
nuda
.
Il
solo
spettacolo
della
nudità
è
una
meraviglia
.
Si
vedono
tutte
le
sfumature
della
pelle
umana
,
dal
bianco
latteo
dell
'
Albania
al
nero
corvino
dell
'
Africa
centrale
e
al
nero
azzurrognolo
del
Darfur
;
dei
petti
che
,
a
picchiarli
,
par
che
debbano
risonare
come
vasi
di
bronzo
,
o
sgretolarsi
come
forme
di
terra
secca
;
schiene
oleose
,
petrose
,
lignee
,
irsute
come
dorsi
di
cinghiale
;
braccia
rabescate
di
rosso
e
di
blù
,
con
disegni
di
rami
e
di
fiori
,
e
iscrizioni
del
Corano
e
immagini
grossolane
di
battelli
,
e
di
cuori
attraversati
da
freccie
.
Ma
in
una
prima
passeggiata
,
per
il
ponte
,
non
c
'
è
nè
tempo
nè
modo
d
'
osservare
tutti
questi
particolari
.
Mentre
guardate
i
rabeschi
d
'
un
braccio
,
il
vostro
cicerone
vi
avverte
che
è
passato
un
serbo
,
un
montenegrino
,
un
valacco
,
un
cosacco
dell
'
Ukrania
,
un
cosacco
del
Don
,
un
egiziano
,
un
tunisino
,
un
principe
d
'
Imerezia
.
C
'
è
appena
tempo
a
tener
d
'
occhio
le
nazioni
.
Pare
che
Costantinopoli
sia
sempre
quella
che
fu
:
la
capitale
di
tre
continenti
e
la
regina
di
venti
vicereami
.
Ma
nemmeno
quest
'
idea
risponde
alla
grandezza
di
quello
spettacolo
,
e
si
fantastica
un
incrociamento
d
'
emigrazioni
,
prodotto
da
qualche
enorme
cataclisma
che
abbia
sconvolto
l
'
antico
continente
.
Un
occhio
esperto
discerne
ancora
in
quel
mare
magno
i
volti
e
i
costumi
della
Caramania
e
dell
'
Anatolia
,
quei
di
Cipro
e
di
Candia
,
quei
di
Damasco
e
di
Gerusalemme
,
il
druso
,
il
curdo
,
il
maronita
,
il
talemano
,
il
pumacco
,
il
croato
,
ed
altre
innumerevoli
varietà
dell
'
innumerevole
confederazione
d
'
anarchie
che
si
stende
dal
Nilo
al
Danubio
e
dall
'
Eufrate
all
'
Adriatico
.
Chi
cerca
il
bello
e
chi
cerca
l
'
orrido
,
trovano
qui
egualmente
superati
i
loro
più
audaci
desiderii
:
Raffaello
rimarrebbe
estatico
e
il
Rembrandt
si
caccierebbe
le
mani
nei
capelli
.
La
più
pura
bellezza
della
Grecia
e
delle
razze
caucasee
,
è
mescolata
coi
nasi
camusi
e
colle
teste
schiacciate
;
vi
passano
accanto
figure
di
regine
e
faccie
di
furie
;
visi
imbellettati
e
visi
sformati
dai
morbi
e
dalle
ferite
,
piedoni
colossali
e
piedini
circassi
lunghi
come
la
mano
,
facchini
giganteschi
,
enormi
pinguedini
di
turchi
,
e
neri
stecchiti
come
scheletri
,
larve
d
'
uomini
che
mettono
pietà
e
raccapriccio
;
tutti
gli
aspetti
più
strani
in
cui
si
possano
presentare
al
mondo
la
vita
ascetica
,
l
'
abuso
della
voluttà
,
le
fatiche
estreme
,
l
'
opulenza
che
impera
e
la
miseria
che
muore
.
E
nondimeno
la
varietà
di
vestimenti
è
senza
confronto
più
meravigliosa
della
varietà
delle
persone
.
Chi
sente
i
colori
,
ci
ha
da
ammattire
.
Non
ci
son
due
persone
vestite
eguali
.
Sono
scialli
attorcigliati
intorno
al
capo
,
bendature
di
selvaggi
,
corone
di
cenci
,
camicie
e
sottovesti
rigate
e
quadrettate
come
il
vestito
d
'
arlecchino
,
cinture
irte
di
coltellacci
che
salgono
dai
fianchi
alle
ascelle
,
calzoni
alla
mammalucca
,
mezze
mutande
,
gonnellini
,
toghe
,
lenzuoli
che
strascicano
,
abiti
ornati
d
'
ermellino
,
panciotti
che
sembrano
corazze
d
'
oro
,
maniche
a
gozzo
e
a
sgonfietti
,
vestiti
monacali
e
spudorati
,
uomini
abbigliati
da
donna
,
donne
che
sembran
uomini
,
pezzenti
che
sembran
principi
,
un
'
eleganza
di
stracci
,
una
follìa
di
colori
,
una
profusione
di
frangie
,
di
gale
,
di
frappe
,
di
svolazzi
,
d
'
ornamenti
teatrali
e
bambineschi
,
che
dà
l
'
immagine
d
'
un
veglione
dentro
a
un
immenso
manicomio
,
in
cui
abbiano
vuotate
le
loro
casse
tutti
i
rigattieri
dell
'
universo
.
Sopra
il
mormorìo
sordo
,
che
esce
da
questa
moltitudine
,
si
sentono
gli
strilli
acuti
dei
ragazzi
greci
,
carichi
di
giornali
d
'
ogni
lingua
;
le
grida
stentoree
dei
facchini
,
le
risa
sgangherate
delle
donne
turche
,
le
voci
infantili
degli
eunuchi
,
i
trilli
in
falsetto
dei
ciechi
che
cantano
versetti
del
Corano
,
il
rumor
cupo
del
ponte
che
ondeggia
,
i
fischi
e
le
campanelle
di
cento
piroscafi
,
di
cui
il
vento
abbatte
tratto
tratto
il
fumo
denso
sopra
la
folla
,
in
modo
che
per
qualche
minuto
non
si
vede
più
nulla
.
Questa
mascherata
di
popoli
scende
nei
vaporini
che
partono
ogni
momento
per
Scutari
,
per
il
villaggio
del
Bosforo
e
per
i
sobborghi
del
Corno
d
'
oro
;
si
spande
per
Stambul
,
nei
bazar
,
nelle
moschee
,
nei
borghi
di
Fanar
e
di
Balata
,
fino
ai
quartieri
più
lontani
del
mar
di
Marmara
;
irrompe
sulla
riva
franca
,
a
destra
verso
i
palazzi
del
Sultano
,
a
sinistra
verso
gli
alti
quartieri
di
Pera
,
di
dove
poi
ricasca
sul
ponte
per
le
innumerevoli
stradicciuole
che
serpeggiano
lungo
i
fianchi
delle
colline
;
e
allaccia
così
l
'
Asia
e
l
'
Europa
,
dieci
città
e
cento
sobborghi
,
in
una
rete
di
faccende
,
d
'
intrighi
e
di
misteri
,
dinanzi
a
cui
l
'
immaginazione
si
sgomenta
.
Pare
che
questo
spettacolo
debba
mettere
allegrezza
.
E
non
è
vero
.
Passata
la
prima
meraviglia
,
i
colori
festosi
si
sbiadiscono
:
non
è
più
una
grande
processione
carnevalesca
che
ci
passa
dinanzi
;
è
l
'
umanità
intera
che
sfila
con
tutte
le
sue
miserie
,
con
tutte
le
sue
follìe
,
coll
'
infinita
discordia
delle
sue
credenze
e
delle
sue
leggi
;
è
un
pellegrinaggio
di
popoli
decaduti
e
di
razze
avvilite
;
una
immensità
di
sventure
da
soccorrere
,
di
vergogne
da
lavare
,
di
catene
da
rompere
;
un
cumulo
di
tremendi
problemi
scritti
a
caratteri
di
sangue
,
e
che
non
si
scioglieranno
che
con
torrenti
di
sangue
;
e
questo
immenso
disordine
rattrista
.
E
poi
il
senso
della
curiosità
è
prima
rintuzzato
che
soddisfatto
da
questa
sterminata
varietà
di
cose
strane
.
Che
misteriosi
rivolgimenti
accadono
nell
'
anima
umana
!
Non
era
passato
un
quarto
d
'
ora
dal
mio
arrivo
sul
ponte
,
che
stavo
appoggiato
alle
spallette
,
rabescando
sbadatamente
un
pezzo
di
trave
colla
matita
,
e
dicendo
a
me
stesso
,
tra
uno
sbadiglio
e
l
'
altro
,
che
c
'
è
qualchecosa
di
vero
in
quella
famosa
sentenza
della
Stael
,
che
il
viaggiare
è
il
più
triste
dei
piaceri
.
STAMBUL
Per
riaversi
da
questo
sbalordimento
,
non
c
'
è
che
infilare
una
delle
mille
stradicciuole
che
serpeggiano
su
per
i
fianchi
delle
colline
di
Stambul
.
Qui
regna
una
pace
profonda
,
e
si
può
contemplare
tranquillamente
in
tutti
i
suoi
aspetti
quell
'
Oriente
misterioso
e
geloso
,
che
sull
'
altra
riva
del
Corno
d
'
oro
non
si
vede
che
a
tratti
fuggitivi
in
mezzo
alla
confusione
rumorosa
della
vita
europea
.
Qui
tutto
è
schiettamente
orientale
.
Dopo
un
quarto
d
'
ora
di
cammino
non
si
vede
più
nessuno
e
non
si
sente
più
alcun
rumore
.
Di
qua
e
di
là
son
tutte
casette
di
legno
,
dipinte
di
mille
colori
,
nelle
quali
il
primo
piano
sporge
sopra
il
piano
terreno
,
e
il
secondo
sul
primo
;
e
le
finestre
hanno
dinanzi
una
specie
di
tribune
,
invetriate
da
ogni
parte
,
e
chiuse
da
grate
di
legno
a
piccolissimi
fori
,
che
paiono
altrettante
casette
appese
alle
case
principali
,
e
danno
alle
strade
un
aspetto
singolarissimo
di
tristezza
e
di
mistero
.
In
alcuni
luoghi
le
strade
sono
così
strette
,
che
le
parti
sporgenti
delle
case
opposte
quasi
si
toccano
,
e
così
si
cammina
per
lunghi
tratti
all
'
ombra
di
quelle
gabbie
umane
,
proprio
sotto
i
piedi
delle
donne
turche
che
vi
passano
una
gran
parte
della
giornata
,
non
vedendo
che
una
striscia
sottilissima
di
cielo
.
Le
porte
son
tutte
chiuse
;
le
finestre
del
pian
terreno
,
ingraticolate
;
tutto
spira
diffidenza
e
gelosia
;
par
di
attraversare
una
città
di
monasteri
.
Tratto
tratto
sentite
uno
scoppio
di
risa
,
e
alzando
il
capo
,
vedete
per
qualche
spiraglio
un
nodo
di
treccie
o
un
occhietto
scintillante
che
subito
sparisce
.
In
alcuni
punti
sorprendete
una
conversazione
vivace
e
sommessa
da
una
parte
all
'
altra
della
strada
;
ma
cessa
improvvisamente
al
rumore
del
vostro
passo
.
Passando
,
scompigliate
per
un
momento
chi
sa
che
rete
di
pettegolezzi
e
d
'
intrighi
.
Non
vedete
nessuno
e
mille
occhi
vi
vedono
;
siete
soli
,
e
vi
sentite
come
in
mezzo
a
una
folla
;
vorreste
passare
inosservati
,
aleggerite
il
passo
,
camminate
composti
,
misurate
lo
sguardo
.
Una
porta
che
s
'
apra
o
una
finestra
che
si
chiuda
,
vi
riscuote
bruscamente
come
un
grande
rumore
.
Pare
che
queste
strade
debbano
riuscire
uggiose
.
Ma
è
tutt
'
altro
.
Una
macchia
verde
in
fondo
da
cui
esce
un
minareto
bianco
;
un
turco
vestito
di
rosso
che
scende
verso
di
voi
;
una
serva
nera
ferma
dinanzi
a
una
porta
,
un
tappeto
persiano
appeso
a
una
finestra
,
bastano
a
formare
un
quadretto
così
pieno
di
vita
e
d
'
armonia
,
che
stareste
un
'
ora
a
contemplarlo
.
Della
poca
gente
che
vi
passa
accanto
,
nessuno
vi
guarda
.
Soltanto
qualche
volta
sentite
gridare
alle
vostre
spalle
:
-
Giaur
!
(
Infedele
)
;
-
e
voltandovi
,
vedete
sparire
dietro
un
'
imposta
la
testa
d
'
un
ragazzo
.
Altre
volte
s
'
apre
la
porticina
d
'
una
di
quelle
casette
:
vi
soffermate
aspettando
l
'
apparizione
della
bella
d
'
un
arem
,
e
n
'
esce
invece
una
signora
europea
,
con
cappellotto
e
strascico
,
che
mormora
un
adieu
o
un
au
revoir
,
e
s
'
allontana
rapidamente
,
lasciandovi
colla
bocca
aperta
.
In
un
'
altra
strada
,
tutta
turca
e
tutta
silenziosa
,
sentite
a
un
tratto
uno
squillo
di
corno
e
uno
scalpitio
di
cavalli
:
vi
voltate
,
che
cos
'
è
?
Appena
credete
ai
vostri
occhi
.
È
un
grande
omnibus
,
che
viene
innanzi
su
due
rotaie
che
non
avevate
vedute
,
pieno
di
turchi
e
di
franchi
,
col
suo
usciere
in
uniforme
e
coi
suoi
cartelli
delle
tariffe
,
come
un
tramway
di
Vienna
o
di
Parigi
.
La
stonatura
che
fa
quest
'
apparizione
in
una
di
queste
strade
,
non
si
può
esprimere
con
parole
:
vi
pare
una
burla
o
uno
sbaglio
,
e
vi
vien
da
ridere
,
e
guardate
quel
veicolo
stupiti
come
se
non
ne
aveste
mai
visti
.
Passato
l
'
omnibus
,
par
che
sia
passata
l
'
immagine
viva
dell
'
Europa
,
e
vi
ritrovate
in
Asia
come
al
cangiar
di
scena
in
un
teatro
.
Da
queste
strade
solitarie
riuscite
in
piazzette
aperte
,
quasi
interamente
ombreggiate
da
un
platano
gigantesco
.
Da
una
parte
c
'
è
una
fontana
,
dove
bevono
dei
cammelli
;
dall
'
altra
un
caffè
,
con
una
fila
di
materasse
distese
dinanzi
alla
porta
,
e
qualche
turco
sdraiato
,
che
fuma
;
e
accanto
alla
porta
un
gran
fico
,
abbracciato
da
una
vite
,
i
cui
pampini
spenzolano
fino
a
terra
,
lasciando
vedere
tra
foglia
e
foglia
l
'
azzurro
lontano
del
mar
di
Marmara
,
e
qualche
veletta
bianca
.
Una
luce
bianchissima
e
un
silenzio
mortale
danno
a
tutti
questi
luoghi
un
carattere
così
tra
solenne
e
melanconico
,
che
li
rende
indimenticabili
,
anche
a
vederli
una
volta
sola
.
Si
va
innanzi
,
innanzi
,
quasi
attirati
da
quella
quiete
arcana
,
che
entra
a
poco
a
poco
nell
'
anima
come
una
leggera
sonnolenza
,
e
dopo
breve
tempo
si
perde
ogni
sentimento
della
distanza
e
dell
'
ora
.
Si
trovano
dei
vasti
spazi
colle
traccie
d
'
un
grande
incendio
recente
;
chine
dove
non
sono
che
poche
case
sparpagliate
,
fra
le
quali
cresce
l
'
erba
,
e
serpeggiano
dei
sentieri
da
capre
;
punti
elevati
,
da
cui
si
abbracciano
collo
sguardo
strade
,
vicoletti
,
giardini
,
centinaia
di
case
,
e
non
si
vede
da
nessuna
parte
nè
una
creatura
umana
,
nè
un
nuvolo
di
fumo
,
nè
una
porta
aperta
,
nè
il
menomo
indizio
d
'
abitazione
e
di
vita
;
tanto
che
si
potrebbe
credere
d
'
essere
soli
in
quell
'
immensa
città
,
e
a
pensarci
un
momento
,
s
'
è
quasi
presi
dalla
paura
.
Ma
scendete
la
china
,
arrivate
in
fondo
a
una
di
quelle
stradette
:
tutto
è
cangiato
.
Siete
in
una
delle
grandi
vie
di
Stambul
,
fiancheggiata
da
monumenti
,
dove
non
bastano
più
gli
occhi
all
'
ammirazione
.
Camminate
in
mezzo
alle
moschee
,
ai
chioschi
,
ai
minareti
,
alle
gallerie
arcate
,
alle
fontane
di
marmo
e
di
lapislazzuli
,
ai
mausolei
dei
sultani
splendenti
di
rabeschi
e
d
'
iscrizioni
d
'
oro
,
ai
muri
coperti
di
musaici
,
sotto
le
tettoie
di
cedro
intarsiato
,
all
'
ombra
d
'
una
vegetazione
pomposa
che
supera
i
muri
di
cinta
e
i
cancelli
dorati
dei
giardini
,
e
riempie
la
via
di
profumi
.
Per
queste
vie
s
'
incontrano
a
ogni
passo
carrozze
di
pascià
,
ufficiali
,
impiegati
,
aiutanti
di
campo
,
eunuchi
di
grandi
case
,
una
processione
di
servitori
e
di
parassiti
,
che
vanno
e
vengono
fra
i
ministeri
.
Qui
si
riconosce
la
metropoli
del
grande
impero
,
e
s
'
ammira
in
tutta
la
sua
magnificenza
.
È
per
tutto
una
bianchezza
,
una
grazia
d
'
architetture
,
un
gorgoglio
d
'
acque
,
una
freschezza
d
'
ombre
,
che
accarezza
i
sensi
come
una
musica
sommessa
,
e
riempie
la
mente
d
'
immagini
ridenti
.
Per
queste
vie
s
'
arriva
alle
grandi
piazze
dove
s
'
innalzano
le
moschee
imperiali
,
e
dinanzi
a
queste
moli
si
rimane
sgomenti
.
Ognuna
di
esse
forma
come
il
nodo
d
'
una
piccola
città
di
collegi
,
di
spedali
,
di
scuole
,
di
biblioteche
,
di
magazzini
,
di
bagni
,
che
quasi
non
si
avvertono
,
schiacciati
come
sono
dalla
cupola
enorme
a
cui
fanno
corona
.
L
'
architettura
,
che
s
'
immaginava
semplicissima
,
presenta
invece
una
varietà
di
particolari
,
che
tira
gli
sguardi
da
mille
parti
.
Sono
cupolette
rivestite
di
piombo
,
tetti
di
forme
bizzarre
che
s
'
alzano
l
'
uno
sull
'
altro
,
gallerie
aeree
,
grandi
portici
,
finestre
a
colonnine
,
archi
a
festoni
,
minareti
accannellati
,
cinti
di
terrazzini
lavorati
a
giorno
,
con
capitelli
a
stalattiti
;
porte
e
fontane
monumentali
,
che
sembrano
rivestite
di
trina
;
muri
picchiettati
d
'
oro
e
di
mille
colori
;
tutto
ricamato
,
cesellato
,
leggero
,
ardito
,
ombreggiato
da
quercie
,
da
cipressi
e
da
salici
,
da
cui
escono
nuvoli
d
'
uccelli
che
vagano
a
lenti
giri
intorno
alle
cupole
e
riempiono
d
'
armonia
tutti
i
recessi
dell
'
immenso
edifizio
.
Qui
si
comincia
a
provar
qualchecosa
che
è
più
profondo
e
più
forte
del
sentimento
della
bellezza
.
Quei
monumenti
che
sono
come
una
colossale
affermazione
marmorea
d
'
un
ordine
d
'
idee
e
di
sentimenti
diverso
da
quello
in
cui
siamo
nati
e
cresciuti
,
che
sono
quasi
l
'
ossatura
d
'
una
razza
e
d
'
una
fede
ostile
,
che
ci
raccontano
con
un
linguaggio
muto
di
linee
superbe
e
di
altezze
temerarie
le
glorie
d
'
un
Dio
che
non
è
nostro
e
d
'
un
popolo
che
ha
fatto
tremare
i
nostri
padri
,
incutono
un
rispetto
misto
di
diffidenza
e
di
timore
,
che
sulle
prime
vince
la
curiosità
,
e
ce
ne
trattiene
lontani
.
Si
vedono
,
dentro
ai
cortili
ombrosi
,
turchi
che
fanno
le
abluzioni
alle
fontane
,
pezzenti
accovacciati
ai
piedi
dei
pilastri
,
donne
velate
che
passeggiano
lentamente
sotto
le
arcate
;
tutto
quieto
,
e
come
adombrato
d
'
una
tinta
di
mestizia
e
di
voluttà
,
che
non
si
capisce
bene
d
'
onde
derivi
,
e
su
cui
la
mente
si
ferma
e
lavora
come
sopra
un
enimma
.
Galata
,
Pera
,
quanto
sono
lontane
!
Voi
vi
sentite
soli
in
un
altro
mondo
e
in
un
altro
tempo
,
nella
Stambul
di
Solimano
il
Grande
e
di
Baiazet
secondo
,
e
provate
un
vivo
sentimento
di
stupore
quando
,
usciti
da
quella
piazza
,
e
perduto
d
'
occhio
quel
monumento
smisurato
della
potenza
degli
Osmanli
,
vi
ritrovate
in
mezzo
alla
Costantinopoli
di
legno
,
meschina
,
cadente
,
piena
di
sudiciume
e
di
miseria
.
Via
via
che
andate
innanzi
le
case
si
scoloriscono
,
i
pergolati
si
sfasciano
,
le
vasche
delle
fontane
si
coprono
di
muschio
;
trovate
delle
moschee
nane
,
coi
muri
screpolati
e
i
minareti
di
legno
,
circondate
di
rovi
e
d
'
ortiche
;
dei
mausolei
in
rovina
,
delle
scale
infrante
,
dei
passaggi
coperti
ingombri
di
macerie
,
dei
quartieri
decrepiti
d
'
una
tristezza
infinita
,
dove
non
si
sente
altro
rumore
che
il
frullo
dell
'
ali
degli
sparvieri
e
delle
cicogne
,
o
la
voce
gutturale
d
'
un
muezzin
solitario
,
che
grida
la
parola
di
Dio
dall
'
alto
d
'
un
minareto
nascosto
.
Nessuna
città
rappresenta
meglio
di
Stambul
la
natura
e
la
filosofia
del
suo
popolo
.
Tutto
ciò
che
v
'
è
di
grande
e
di
bello
è
di
Dio
o
del
sultano
,
immagine
di
Dio
sulla
terra
;
tutto
il
rimanente
è
passeggiero
e
porta
l
'
impronta
d
'
una
profonda
trascuranza
delle
cose
mondane
.
La
tribù
dei
pastori
è
diventata
nazione
;
ma
il
suo
amore
istintivo
della
natura
campestre
,
della
contemplazione
e
dell
'
ozio
,
ha
conservato
alla
metropoli
l
'
aspetto
dell
'
accampamento
.
Stambul
non
è
una
città
,
non
lavora
,
non
pensa
,
non
crea
;
la
civiltà
sfonda
le
sue
porte
e
assalta
le
sue
vie
;
essa
sonnecchia
e
fantastica
all
'
ombra
delle
moschee
,
e
lascia
fare
.
È
una
città
slegata
,
dispersa
,
deforme
,
che
rappresenta
piuttosto
,
la
sosta
d
'
una
razza
pellegrinante
,
che
la
potenza
d
'
uno
Stato
immobile
;
un
immenso
abbozzo
di
metropoli
;
un
grande
spettacolo
piuttosto
che
una
grande
città
.
E
non
se
ne
può
avere
una
giusta
immagine
,
se
non
si
percorre
intera
.
Bisogna
partire
dalla
prima
collina
,
quella
che
forma
la
punta
del
triangolo
,
ed
è
bagnata
dal
mar
di
Marmora
.
Qui
è
per
così
dire
la
testa
di
Stambul
;
un
quartiere
monumentale
,
pieno
di
memorie
,
di
maestà
e
di
luce
.
Qui
l
'
antico
serraglio
,
dove
sorgeva
prima
Bisanzio
colla
sua
acropoli
e
il
tempio
di
Giove
,
e
poi
il
palazzo
dell
'
imperatrice
Placidia
e
le
terme
d
'
Arcadio
;
qui
la
moschea
di
Santa
Sofia
e
la
moschea
d
'
Ahmed
,
e
l
'
At
-
meidan
che
occupa
lo
spazio
dell
'
Ippodromo
antico
,
dove
in
mezzo
a
un
Olimpo
di
bronzo
e
di
marmo
,
tra
le
grida
d
'
una
folla
vestita
di
seta
e
di
porpora
,
volavano
le
quadrighe
d
'
oro
al
cospetto
degl
'
imperatori
sfolgoranti
di
perle
.
Da
questa
collina
si
scende
in
una
valle
poco
profonda
,
dove
si
stendono
le
mura
occidentali
del
serraglio
,
che
segnano
il
confine
della
Bisanzio
antica
,
e
s
'
alza
la
Sublime
Porta
,
per
la
quale
s
'
entra
nel
palazzo
del
gran
vizir
e
nel
Ministero
degli
esteri
:
quartiere
austero
e
silenzioso
,
in
cui
sembra
raccolta
tutta
la
tristezza
delle
sorti
dell
'
impero
.
Da
questa
valle
si
sale
sulla
seconda
collina
,
dove
sorge
la
moschea
marmorea
di
Nuri
-
Osmanié
,
luce
d
'
Osmano
,
e
la
colonna
bruciata
di
Costantino
,
che
sosteneva
un
Apollo
di
bronzo
colla
testa
del
grande
Imperatore
,
ed
era
nel
bel
mezzo
dell
'
antico
foro
,
circondato
di
portici
,
d
'
archi
di
trionfo
e
di
statue
.
Al
di
là
di
questa
collina
si
apre
la
valle
dei
bazar
,
che
dalla
moschea
di
Bajazet
va
fino
a
quella
della
sultana
Validè
,
ed
abbraccia
un
labirinto
immenso
di
strade
coperte
,
piene
di
gente
e
di
rumore
,
da
cui
s
'
esce
colla
vista
annebbiata
e
colle
orecchie
stordite
.
Sulla
terza
collina
,
che
domina
ad
un
tempo
il
mar
di
Marmara
e
il
Corno
d
'
oro
,
giganteggia
la
moschea
di
Solimano
,
rivale
di
Santa
Sofia
,
gioia
e
splendore
di
Stambul
,
come
dicono
i
poeti
turchi
,
e
la
torre
meravigliosa
del
Ministero
della
guerra
,
il
quale
s
'
alza
sulle
rovine
degli
antichi
palazzi
dei
Costantini
,
abitati
un
tempo
da
Maometto
il
conquistatore
,
poi
convertiti
in
serraglio
delle
vecchie
sultane
.
Fra
la
terza
e
la
quarta
altura
si
stende
come
un
ponte
aereo
l
'
enorme
acquedotto
dell
'
imperatore
Valente
,
formato
da
due
ordini
d
'
archi
leggerissimi
,
vestiti
di
verzura
,
che
spenzola
a
ghirlande
sopra
la
valle
popolata
di
case
.
Si
passa
sotto
l
'
acquedotto
,
si
sale
sulla
quarta
collina
.
Qui
,
sulle
rovine
della
chiesa
famosa
dei
Santi
Apostoli
,
fondata
dall
'
imperatrice
Elena
e
rifabbricata
da
Teodora
,
s
'
eleva
la
moschea
di
Maometto
II
,
circondata
di
scuole
,
d
'
ospedali
e
d
'
alberghi
da
carovane
;
accanto
alla
moschea
,
il
bazar
degli
schiavi
,
i
bagni
di
Maometto
e
la
colonna
granitica
di
Marciano
,
che
porta
ancora
il
suo
cippo
di
marmo
ornato
delle
aquile
imperiali
;
e
vicino
alla
colonna
il
luogo
dove
era
la
piazza
dell
'
Et
-
Meidan
,
in
cui
fu
consumata
la
strage
famosa
dei
Giannizzeri
.
S
'
attraversa
un
'
altra
valle
,
coperta
da
un
'
altra
città
,
e
si
sale
alla
quinta
collina
,
sulla
quale
è
posta
la
moschea
di
Selim
,
presso
all
'
antica
cisterna
di
San
Pietro
,
convertita
in
giardino
.
Sotto
,
lungo
il
Corno
d
'
oro
,
si
stende
il
Fanar
,
quartiere
greco
,
sede
del
patriarca
,
in
cui
s
'
è
rifugiata
l
'
antica
Bisanzio
,
coi
discendenti
dei
Paleologhi
e
dei
Comneni
,
e
dove
seguirono
le
orrende
carnificine
del
1821
.
Si
scende
in
una
quinta
valle
,
si
sale
sopra
la
sesta
collina
.
Qui
s
'
è
già
sul
terreno
che
occupavano
le
otto
coorti
dei
quarantamila
Goti
di
Costantino
,
fuori
della
cerchia
delle
prime
mura
,
le
quali
non
abbracciavano
che
la
quarta
collina
;
e
appunto
nello
spazio
occupato
dalla
coorte
settima
,
che
ha
lasciato
al
luogo
il
nome
di
Hebdomon
.
Sulla
sesta
collina
,
rimangono
le
mura
del
palazzo
di
Costantino
Porfirogenete
,
dove
si
coronavano
gl
'
imperatori
,
chiamato
ora
dai
turchi
Tekir
-
Serai
,
palazzo
dei
principi
.
Ai
piedi
della
collina
,
Balata
,
il
ghetto
di
Costantinopoli
,
quartiere
immondo
,
che
s
'
allunga
sulla
riva
del
Corno
fino
alle
mura
della
città
,
e
al
di
qua
di
Balata
,
il
sobborgo
antico
delle
Blacherne
,
una
volta
ornato
di
palazzi
dai
tetti
dorati
,
soggiorno
prediletto
degl
'
imperatori
,
famoso
per
la
gran
chiesa
dell
'
imperatrice
Pulcheria
e
per
il
santuario
delle
reliquie
;
ora
pieno
di
rovine
e
tristezza
.
Alle
Blacherne
cominciano
le
mura
merlate
che
dal
Corno
d
'
oro
corrono
fino
al
mar
di
Marmara
,
abbracciando
la
settima
collina
,
dov
'
era
il
foro
boario
,
e
c
'
è
ancora
il
piedestallo
della
colonna
d
'
Arcadio
:
la
collina
più
orientale
e
più
grande
di
Stambul
,
fra
la
quale
e
le
altre
sei
scorre
il
piccolo
fiume
Lykus
,
che
entra
nella
città
presso
la
porta
di
Carisio
e
si
va
a
gettar
nel
mare
vicino
all
'
antico
porto
di
Teodosio
.
Dalle
mura
delle
Blacherne
,
si
vede
ancora
il
sobborgo
d
'
Ortaksiler
,
che
scende
dolcemente
verso
la
rada
,
incoronato
di
giardini
;
al
di
là
d
'
Ortaksiler
il
sobborgo
d
'
Eyub
,
terra
santa
degli
Osmanli
,
colla
sua
moschea
gentile
,
e
il
suo
vasto
cimitero
ombreggiato
da
un
bosco
di
cipressi
e
biancheggiante
di
mausolei
e
di
tombe
;
dietro
Eyub
,
l
'
altopiano
dell
'
antico
campo
militare
,
dove
le
legioni
levavan
sugli
scudi
i
nuovi
imperatori
;
e
di
là
dall
'
altopiano
,
altri
villaggi
i
cui
vivi
colori
ridono
vagamente
in
mezzo
al
verde
dei
boschetti
bagnati
dalle
ultime
acque
del
Corno
d
'
oro
.
Ecco
Stambul
.
È
divina
.
Ma
il
cuore
si
sgomenta
a
pensare
che
questo
sterminato
villaggio
asiatico
si
stende
sulle
rovine
di
quella
seconda
Roma
,
di
quell
'
immenso
museo
di
tesori
rapiti
all
'
Italia
,
alla
Grecia
,
all
'
Egitto
,
all
'
Asia
minore
,
di
cui
il
solo
ricordo
abbaglia
la
mente
come
un
sogno
divino
.
Dove
sono
i
grandi
portici
che
attraversavano
la
città
dal
mare
alle
mura
,
le
cupole
dorate
,
i
colossi
equestri
che
s
'
innalzavano
sui
pilastri
titanici
dinanzi
agli
anfiteatri
e
alle
terme
,
le
sfingi
di
bronzo
sedute
sui
piedestalli
di
porfido
,
i
templi
e
i
palazzi
che
innalzavano
i
frontoni
di
granito
in
mezzo
a
un
popolo
aereo
di
numi
di
marmo
e
d
'
imperatori
d
'
argento
?
Tutto
è
sparito
o
trasformato
.
Le
statue
equestri
di
bronzo
son
state
fuse
in
cannoni
;
le
rivestiture
di
rame
degli
obelischi
,
ridotte
in
monete
;
i
sarcofagi
delle
imperatrici
,
cangiati
in
fontane
;
la
chiesa
di
Santa
Irene
è
un
arsenale
,
la
cisterna
di
Costantino
un
'
officina
,
il
piedestallo
della
colonna
d
'
Arcadio
una
bottega
di
maniscalco
,
l
'
Ippodromo
un
mercato
di
cavalli
;
l
'
edera
e
le
macerie
coprono
le
fondamenta
delle
reggie
,
sul
suolo
degli
anfiteatri
cresce
l
'
erba
dei
cimiteri
,
e
poche
iscrizioni
calcinate
dagli
incendi
o
mutilate
dalle
scimitarre
degl
'
invasori
rammentano
che
su
quei
colli
vi
fu
la
metropoli
meravigliosa
dell
'
impero
d
'
Oriente
.
Su
questa
immane
rovina
siede
Stambul
,
come
un
'
odalisca
sopra
un
sepolcro
,
aspettando
la
sua
ora
.
ALL
'
ALBERGO
Ed
ora
i
lettori
vengano
con
me
all
'
albergo
a
prendere
un
po
'
di
respiro
.
Una
gran
parte
di
quello
che
ho
descritto
fin
qui
,
il
mio
amico
ed
io
lo
vedemmo
il
giorno
stesso
dell
'
arrivo
:
immagini
chi
legge
come
dovessimo
aver
la
testa
ritornando
all
'
albergo
sul
far
della
notte
.
Per
strada
non
si
disse
una
parola
,
e
appena
entrati
nella
camera
,
ci
lasciammo
cadere
sul
sofà
guardandoci
in
viso
e
domandandoci
tutt
'
e
due
insieme
:
-
Che
te
ne
pare
?
-
Che
cosa
ne
dici
?
-
E
pensare
ch
'
io
son
venuto
qui
per
dipingere
!
-
Ed
io
per
scrivere
!
E
ci
ridemmo
sul
viso
in
atto
di
fraterno
compatimento
.
Quella
sera
,
in
fatti
,
ed
anche
per
varii
giorni
dopo
,
sua
maestà
Abdul
-
Aziz
m
'
avrebbe
potuto
offrire
in
premio
una
provincia
dell
'
Asia
Minore
,
che
non
sarei
riuscito
a
metter
insieme
dieci
righe
intorno
alla
capitale
dei
suoi
Stati
,
tanto
è
vero
che
per
descrivere
le
grandi
cose
bisogna
farsi
di
lontano
,
e
per
ricordarsene
bene
,
averle
un
po
'
dimenticate
.
E
poi
come
avrei
potuto
scrivere
in
una
camera
da
cui
si
vedeva
il
Bosforo
,
Scutari
e
la
cima
dell
'
Olimpo
?
L
'
albergo
stesso
era
uno
spettacolo
.
A
tutte
le
ore
del
giorno
,
per
le
scale
e
pei
corridoi
,
andava
e
veniva
gente
d
'
ogni
paese
.
Alla
tavola
rotonda
sedevano
ogni
giorno
venti
nazioni
.
Desinando
,
non
mi
potevo
levar
dalla
testa
d
'
essere
un
delegato
del
governo
italiano
,
e
di
dover
prendere
la
parola
alle
frutta
su
qualche
grande
questione
internazionale
.
C
'
erano
visi
rosei
di
lady
,
teste
scapigliate
d
'
artisti
,
grinte
d
'
avventurieri
da
batterci
moneta
sopra
,
testine
di
vergini
bizantine
a
cui
non
mancava
che
il
nimbo
d
'
oro
,
faccie
bizzarre
e
sinistre
;
e
ogni
giorno
cangiavano
.
Alle
frutta
,
quando
tutti
parlavano
,
pareva
d
'
essere
nella
torre
di
Babele
.
Vi
conobbi
fin
dal
primo
giorno
parecchi
russi
infatuati
di
Costantinopoli
.
Ogni
sera
ci
ritrovavamo
là
,
di
ritorno
dai
punti
estremi
della
città
,
e
ognuno
aveva
un
viaggio
da
raccontare
.
Chi
era
salito
in
cima
alla
torre
del
Seraschiere
,
chi
aveva
visitato
i
cimiteri
di
Eyub
,
chi
veniva
da
Scutari
,
chi
aveva
fatto
una
corsa
sul
Bosforo
;
la
conversazione
era
tutta
ordita
di
descrizioni
piene
di
colori
e
di
luce
;
e
quando
mancava
la
parola
,
i
vini
dolci
e
profumati
dell
'
Arcipelago
facevano
da
suggeritori
.
C
'
erano
pure
alcuni
miei
concittadini
,
bellimbusti
danarosi
,
che
mi
fecero
divorar
molta
stizza
,
perché
dalla
minestra
alle
frutta
non
facevano
che
dire
ira
d
'
Iddio
di
Costantinopoli
:
e
che
non
c
'
eran
marciapiedi
,
e
che
i
teatri
erano
oscuri
,
e
che
non
si
sapeva
come
passar
la
sera
.
Erano
venuti
a
Costantinopoli
per
passar
la
sera
.
Uno
di
costoro
aveva
fatto
il
viaggio
sul
Danubio
.
Gli
domandai
se
gli
era
piaciuto
il
gran
fiume
.
Mi
rispose
che
in
nessuna
parte
del
mondo
si
cucinava
lo
storione
come
sui
piroscafi
della
reale
e
imperiale
Compagnia
austriaca
.
Un
altro
era
un
tipo
amenissimo
di
viaggiatore
amoroso
;
uno
di
coloro
che
viaggiano
per
sedurre
,
col
taccuino
delle
conquiste
.
Era
un
contino
lungo
e
biondo
,
largamente
dotato
dell
'
ottavo
dono
dello
Spirito
Santo
,
che
quando
il
discorso
cadeva
sulle
donne
turche
,
chinava
la
testa
con
un
sorriso
misterioso
,
e
non
pigliava
parte
alla
conversazione
se
non
con
mezze
parole
troncate
sempre
artificialmente
da
una
sorsata
di
vino
.
Arrivava
tutti
i
giorni
a
desinare
un
po
'
più
tardi
degli
altri
,
tutto
ansante
,
coll
'
aria
d
'
averla
fatta
al
Sultano
un
quarto
d
'
ora
prima
,
e
tra
un
piatto
e
l
'
altro
faceva
passare
di
tasca
in
tasca
,
con
molta
cautela
,
dei
bigliettini
piegati
,
che
dovevano
parere
lettere
d
'
odalische
,
ed
erano
sicurissimamente
note
d
'
albergo
.
Ma
i
soggetti
che
s
'
inciampano
in
questi
alberghi
di
città
cosmopolite
!
Bisogna
esserci
stati
per
crederci
.
V
'
era
un
giovane
ungherese
,
sulla
trentina
,
alto
,
nervoso
,
con
due
occhi
diabolici
e
una
parlantina
febbrile
,
il
quale
,
dopo
aver
fatto
il
segretario
d
'
un
ricco
signore
a
Parigi
,
era
andato
ad
arruolarsi
fra
gli
zuavi
francesi
in
Algeria
,
era
stato
ferito
e
preso
prigioniero
dagli
Arabi
,
poi
scappato
nel
Marocco
,
poi
ritornato
in
Europa
e
corso
all
'
Aja
a
chiedere
il
grado
d
'
ufficiale
per
andare
a
combattere
contro
gli
Accinesi
;
respinto
all
'
Aja
,
aveva
deciso
d
'
arrolarsi
nell
'
esercito
turco
;
ma
passando
a
Vienna
per
venire
a
Costantinopoli
,
s
'
era
preso
una
palla
di
pistola
nel
collo
,
in
un
duello
per
una
donna
,
e
faceva
vedere
la
cicatrice
;
respinto
anche
a
Costantinopoli
,
-
cos
'
ho
da
fare
?
-
diceva
-
je
suis
enfant
de
l
'
aventure
;
bisogna
bene
ch
'
io
mi
batta
;
ho
già
trovato
chi
mi
conduce
alle
Indie
,
-
e
mostrava
il
biglietto
d
'
imbarco
-
;
mi
farò
soldato
inglese
;
nell
'
interno
c
'
è
sempre
qualcosa
da
fare
;
io
non
cerco
che
di
battermi
;
che
cosa
m
'
importa
di
morire
?
Tanto
ho
un
polmone
rovinato
.
-
Un
altro
bell
'
originale
era
un
francese
,
la
cui
vita
pareva
non
fosse
altro
che
una
perpetua
guerra
colla
posta
:
aveva
una
quistione
pendente
con
la
posta
austriaca
,
colla
francese
,
coll
'
inglese
;
mandava
articoli
di
protesta
alla
Neue
Freie
Presse
;
lanciava
impertinenze
telegrafiche
a
tutte
le
stazioni
postali
del
continente
,
aveva
ogni
giorno
un
diverbio
a
qualche
finestrino
di
posta
,
non
riceveva
una
lettera
a
tempo
,
non
ne
scriveva
una
che
arrivasse
dov
'
era
mandata
,
e
raccontava
a
tavola
tutte
le
sue
disgrazie
e
tutte
le
sue
baruffe
,
concludendo
sempre
coll
'
assicurarci
che
la
Posta
gli
avrebbe
accorciata
la
vita
.
Mi
ricordo
pure
d
'
una
signora
greca
,
un
viso
di
spiritata
,
vestita
bizzarramente
,
e
sempre
sola
,
che
ogni
sera
si
alzava
da
tavola
a
metà
del
desinare
,
e
se
n
'
andava
dopo
aver
fatto
sul
piatto
un
segno
cabalistico
di
cui
nessuno
riuscì
mai
a
capire
il
significato
.
Non
ho
più
dimenticata
nemmeno
una
coppia
valacca
,
un
bel
giovane
sui
venticinque
anni
e
una
giovanetta
sul
primo
sboccio
,
comparsi
una
sera
sola
,
che
erano
indubitatamente
due
fuggiaschi
;
lui
rapitore
,
lei
complice
;
perché
bastava
fissarli
un
momento
per
farli
arrossire
,
e
ogni
volta
che
s
'
apriva
la
porta
,
scattavano
come
due
molle
.
Di
chi
altri
mi
ricordo
?
di
cento
altri
,
se
ci
pensassi
.
Era
una
lanterna
magica
.
Ci
divertivamo
,
il
mio
amico
ed
io
,
i
giorni
dell
'
arrivo
d
'
un
piroscafo
,
a
veder
entrare
la
gente
per
la
porta
di
strada
:
tutti
stanchi
,
sbalorditi
,
qualcuno
ancora
commosso
dallo
spettacolo
della
prima
entrata
;
faccie
che
dicevano
:
-
Che
mondo
è
questo
?
Dove
siamo
venuti
a
cascare
?
-
Un
giorno
entrò
un
giovinetto
,
arrivato
allora
,
che
pareva
matto
dalla
contentezza
di
essere
finalmente
a
Costantinopoli
,
sogno
della
sua
infanzia
,
e
stringeva
con
tutt
'
e
due
le
mani
la
mano
di
suo
padre
;
e
suo
padre
gli
diceva
con
voce
commossa
:
-
Je
suis
heureux
de
te
voir
heureux
,
mon
cher
enfant
.
-
Poi
passavamo
le
ore
calde
alla
finestra
a
guardare
la
Torre
della
fanciulla
,
che
s
'
alza
,
bianca
come
la
neve
,
sopra
uno
scoglio
solitario
del
Bosforo
,
in
faccia
a
Scutari
;
e
mentre
fantasticavamo
sulla
leggenda
del
principe
di
Persia
che
va
a
succhiare
il
veleno
dal
braccio
della
bella
sultana
,
morsicata
dall
'
aspide
,
da
una
finestra
della
casa
in
faccia
,
ogni
giorno
alla
stess
'
ora
,
un
ragazzo
di
cinque
anni
ci
faceva
le
corna
.
Tutto
era
curioso
in
quell
'
albergo
.
Fra
le
altre
cose
,
dinanzi
alla
porta
,
trovavamo
ogni
sera
uno
o
due
soggetti
di
faccia
equivoca
,
che
dovevano
essere
provveditori
di
modelle
per
i
pittori
,
e
che
pigliando
tutti
per
pittori
,
a
tutti
domandavano
a
bassa
voce
:
-
Una
turca
?
una
greca
?
un
'
armena
?
un
'
ebrea
?
una
nera
?
COSTANTINOPOLI
Ma
torniamo
a
Costantinopoli
,
e
spaziamovi
come
gli
uccelli
nel
cielo
.
Qui
ci
si
può
levare
tutti
i
capricci
.
Si
può
accendere
il
sigaro
in
Europa
e
andare
a
buttar
la
cenere
in
Asia
.
La
mattina
,
levandoci
,
possiamo
domandarci
:
-
Che
parte
del
mondo
vedrò
quest
'
oggi
?
-
Si
può
scegliere
fra
due
continenti
e
due
mari
.
S
'
ha
a
nostra
disposizione
dei
cavalli
sellati
in
ogni
piazzetta
,
delle
barchette
a
vela
in
ogni
seno
,
dei
piroscafi
a
cento
scali
;
il
caicco
che
guizza
,
la
talika
che
vola
,
e
un
esercito
di
ciceroni
che
parlano
tutte
le
lingue
d
'
Europa
.
Volete
sentir
la
commedia
italiana
?
veder
ballare
i
dervis
?
sentir
le
buffonate
di
Caragheuz
,
il
pulcinella
turco
?
udire
le
canzonette
licenziose
dei
teatrini
di
Parigi
?
assistere
alle
rappresentazioni
ginnastiche
degli
zingari
?
farvi
raccontare
una
leggenda
araba
da
un
rapsodo
?
andare
al
teatro
greco
?
sentir
predicare
un
iman
?
veder
passare
il
Sultano
?
Chiedete
e
domandate
.
Tutte
le
nazioni
sono
al
vostro
servizio
:
l
'
armeno
per
farvi
la
barba
,
l
'
ebreo
per
lustrarvi
le
scarpe
,
il
turco
per
condurvi
in
barca
,
il
nero
per
strofinarvi
nel
bagno
,
il
greco
per
porgervi
il
caffè
,
e
tutti
quanti
per
truffarvi
.
Per
dissetarvi
,
passeggiando
,
trovate
dei
gelati
fatti
colla
neve
dell
'
Olimpo
;
se
siete
golosi
,
potete
bere
dell
'
acqua
del
Nilo
,
come
il
Sultano
;
se
siete
deboli
di
stomaco
,
acqua
dell
'
Eufrate
;
se
siete
nervosi
,
acqua
del
Danubio
.
Potete
desinare
come
l
'
arabo
nel
deserto
o
come
l
'
epulone
alla
Maison
dorée
.
Per
far
la
siesta
,
avete
i
cimiteri
;
per
stordirvi
,
il
ponte
della
Sultana
Validè
;
per
sognare
,
il
Bosforo
;
per
passar
la
domenica
,
l
'
Arcipelago
dei
Principi
;
per
veder
l
'
Asia
Minore
,
il
monte
di
Bulgurlù
;
per
vedere
il
Corno
d
'
Oro
,
la
torre
di
Galata
;
per
veder
ogni
cosa
,
la
torre
del
Seraschiere
.
Ma
è
una
città
ancora
più
strana
che
bella
.
Le
cose
che
non
si
presentarono
mai
insieme
alla
nostra
mente
,
là
si
presentano
insieme
al
nostro
sguardo
.
Da
Scutari
parte
la
carovana
per
la
Mecca
e
parte
il
treno
diretto
per
Brussa
,
l
'
antica
metropoli
;
fra
le
mura
misteriose
del
vecchio
serraglio
,
passa
la
strada
ferrata
che
va
a
Sofia
;
i
soldati
turchi
scortano
il
prete
cattolico
che
porta
il
Santo
Sacramento
;
il
popolo
fa
festa
nei
cimiteri
;
la
vita
,
la
morte
,
i
piaceri
,
tutto
s
'
allaccia
e
si
confonde
.
V
'
è
il
movimento
di
Londra
e
la
letargia
dell
'
ozio
orientale
,
un
'
immensa
vita
pubblica
e
un
impenetrabile
mistero
nella
vita
privata
;
un
governo
assoluto
e
una
libertà
senza
confini
.
Per
i
primi
giorni
non
si
raccapezza
nulla
;
pare
che
d
'
ora
in
ora
o
debba
cessare
quel
disordine
o
seguire
una
rivoluzione
;
ogni
sera
,
tornando
a
casa
,
ci
sembra
di
tornare
da
un
viaggio
;
ogni
mattina
uno
si
domanda
:
-
Ma
è
proprio
qui
vicina
Stambul
?
-
Non
si
sa
dove
andare
a
battere
il
capo
,
un
'
impressione
cancella
l
'
altra
,
i
desiderii
s
'
affollano
,
il
tempo
fugge
;
si
vorrebbe
restar
là
tutta
la
vita
,
si
vorrebbe
partire
il
giorno
dopo
.
E
quando
poi
s
'
ha
da
descriverlo
questo
caos
?
A
momenti
vi
vien
la
tentazione
di
fare
un
fascio
di
tutti
i
libri
e
di
tutti
i
fogli
che
ho
sul
tavolino
,
e
di
buttare
ogni
cosa
dalla
finestra
.
GALATA
Il
mio
amico
ed
io
non
mettemmo
testa
a
partito
che
il
quarto
giorno
dopo
l
'
arrivo
.
Eravamo
sul
ponte
,
di
buon
mattino
,
ancora
incerti
di
quello
che
avremmo
fatto
nella
giornata
,
quando
Yunk
mi
propose
di
fare
una
prima
grande
passeggiata
,
con
una
meta
determinata
,
coll
'
animo
tranquillo
,
per
osservare
e
studiare
.
-
Percorriamo
,
-
mi
disse
,
-
tutta
la
riva
settentrionale
del
Corno
d
'
Oro
,
anche
a
costo
di
camminare
fino
a
notte
.
Faremo
colezione
in
una
taverna
turca
,
faremo
la
siesta
all
'
ombra
d
'
un
platano
e
ritorneremo
in
caicco
.
-
Accettai
la
proposta
;
ci
provvedemmo
di
sigari
e
di
spiccioli
,
e
data
un
'
occhiata
alla
carta
della
città
,
ci
avviammo
verso
Galata
.
Il
lettore
che
vuol
conoscer
bene
Costantinopoli
faccia
il
sacrifizio
d
'
accompagnarci
.
Arriviamo
a
Galata
.
Di
qui
deve
cominciare
la
nostra
escursione
.
Galata
è
posta
sopra
una
collina
che
forma
promontorio
tra
il
Corno
d
'
Oro
ed
il
Bosforo
,
dov
'
era
il
grande
cimitero
dei
Bizantini
antichi
.
È
la
city
di
Costantinopoli
.
Son
quasi
tutte
vie
strette
e
tortuose
,
fiancheggiate
da
taverne
,
da
botteghe
di
pasticcieri
,
di
barbieri
e
di
macellai
,
da
caffè
greci
ed
armeni
,
da
ufficii
di
negozianti
,
da
officine
,
da
baracche
;
tutto
fosco
,
umido
,
fangoso
,
viscoso
,
come
nei
bassi
quartieri
di
Londra
.
Una
folla
fitta
e
affaccendata
va
e
viene
per
le
vie
,
aprendosi
continuamente
per
dar
passo
ai
facchini
,
alle
carrozze
,
agli
asini
,
agli
omnibus
.
Quasi
tutto
il
commercio
di
Costantinopoli
passa
per
questo
borgo
.
Qui
la
Borsa
,
la
Dogana
,
gli
uffici
del
Lloyd
austriaco
,
quelli
delle
Messaggerie
francesi
;
chiese
,
conventi
,
ospedali
,
magazzeni
.
Una
strada
ferrata
sotterranea
unisce
Galata
a
Pera
.
Se
non
si
vedessero
per
le
strade
dei
turbanti
e
dei
fez
,
non
parrebbe
d
'
essere
in
Oriente
.
Da
tutte
le
parti
si
sente
parlar
francese
,
italiano
e
genovese
.
Qui
i
Genovesi
sono
quasi
in
casa
propria
,
e
si
danno
ancora
un
po
'
d
'
aria
di
padroni
,
come
quando
chiudevano
il
porto
a
loro
piacimento
,
e
rispondevano
col
cannone
alle
minaccie
degl
'
Imperatori
.
Ma
della
loro
potenza
non
rimangono
più
altri
monumenti
che
alcune
vecchie
case
sostenute
da
grossi
pilastri
e
da
arcate
pesanti
,
e
l
'
antico
edifizio
dove
risiedeva
il
Podestà
.
La
Galata
antica
è
quasi
interamente
sparita
.
Migliaia
di
casupole
sono
state
rase
al
suolo
per
far
luogo
a
due
lunghe
strade
:
una
delle
quali
rimonta
la
collina
verso
Pera
,
e
l
'
altra
corre
parallela
alla
riva
del
mare
da
un
'
estremità
all
'
altra
di
Galata
.
Per
questa
c
'
innoltrammo
il
mio
amico
ed
io
,
rifugiandoci
ogni
momento
nelle
botteghe
per
lasciar
passare
dei
grandi
omnibus
,
preceduti
da
turchi
scamiciati
che
sgombravano
la
strada
a
colpi
di
verga
.
A
ogni
passo
ci
suonava
nell
'
orecchio
un
grido
.
Il
facchino
turco
urlava
:
-
Sacun
ha
!
-
(
Largo
!
)
;
il
saccà
armeno
,
portatore
d
'
acqua
:
-
Varme
su
!
-
l
'
acquaiolo
greco
:
-
Crio
nero
!
-
l
'
asinaio
turco
:
-
Burada
!
-
il
venditore
di
dolci
:
-
Scerbet
!
-
il
venditore
di
giornali
:
-
Neologos
!
-
il
carrozziere
franco
:
Guarda
!
Guarda
!
Dopo
dieci
minuti
di
cammino
,
eravamo
assordati
.
A
un
certo
punto
,
con
nostra
meraviglia
,
ci
accorgemmo
che
la
strada
non
era
più
lastricata
,
e
pareva
che
il
lastrico
fosse
stato
levato
di
fresco
.
Ci
fermammo
a
guardare
,
cercando
d
'
indovinar
la
cagione
.
Un
bottegaio
italiano
ci
levò
la
curiosità
.
Quella
strada
conduce
ai
palazzi
del
Sultano
.
[
Torre
di
Galata
]
Pochi
mesi
prima
passando
di
là
il
corteo
imperiale
,
il
cavallo
di
sua
maestà
Abdul
-
Aziz
era
scivolato
e
caduto
,
e
il
buon
Sultano
,
irritato
,
aveva
ordinato
che
fosse
tolto
immediatamente
il
lastrico
dal
luogo
della
caduta
fino
al
suo
palazzo
.
In
questo
punto
memorabile
fissammo
il
termine
orientale
del
nostro
pellegrinaggio
,
e
voltate
le
spalle
al
Bosforo
,
ci
dirigemmo
,
per
una
serie
di
vicoli
tetri
e
sudici
,
verso
la
torre
di
Galata
.
La
città
di
Galata
ha
la
forma
d
'
un
ventaglio
spiegato
,
e
la
torre
,
posta
sul
culmine
della
collina
,
rappresenta
il
suo
perno
.
È
una
torre
rotonda
,
altissima
,
di
color
fosco
,
che
termina
in
una
punta
conica
,
formata
da
un
tetto
di
rame
,
sotto
il
quale
ricorre
un
giro
di
larghe
finestre
vetrate
,
una
specie
di
terrazza
coperta
e
trasparente
,
dove
giorno
e
notte
vigila
una
guardia
per
segnalare
il
primo
indizio
d
'
incendio
che
apparisca
nell
'
immensa
città
.
Fino
a
questa
torre
giungeva
la
Galata
dei
Genovesi
,
e
la
torre
s
'
innalza
appunto
sulla
linea
delle
mura
che
separavano
Galata
da
Pera
;
mura
di
cui
non
rimane
più
traccia
.
E
neanche
la
torre
non
è
più
l
'
antica
torre
di
Cristo
,
eretta
in
onore
dei
Genovesi
caduti
combattendo
;
poichè
la
rifabbricò
il
sultano
Mahmut
II
,
ed
era
già
stata
prima
restaurata
da
Selim
III
;
ma
è
pur
sempre
un
monumento
incoronato
della
gloria
di
Genova
,
e
un
Italiano
non
può
contemplarlo
,
senza
pensare
con
un
sentimento
d
'
alterezza
a
quel
pugno
di
mercanti
,
di
marinai
e
di
soldati
,
orgogliosamente
audaci
ed
eroicamente
cocciuti
,
che
vi
tennero
su
inalberata
per
secoli
la
bandiera
della
madre
repubblica
,
trattando
da
pari
a
pari
cogl
'
Imperatori
d
'
Oriente
.
Appena
oltrepassata
la
torre
,
ci
trovammo
in
un
cimitero
musulmano
.
[
Cimitero
di
Galata
]
Era
quello
che
si
chiama
il
cimitero
di
Galata
:
un
grande
bosco
di
cipressi
,
che
dalla
sommità
della
collina
di
Pera
scende
ripidamente
fino
al
Corno
d
'
Oro
,
ombreggiando
una
miriade
di
colonnette
di
pietra
o
di
marmo
,
inclinate
in
tutte
le
direzioni
,
e
sparse
in
disordine
giù
per
la
china
.
Alcune
di
queste
colonnette
son
terminate
in
forma
di
turbante
rotondo
,
e
serbano
traccie
di
colori
e
d
'
iscrizioni
;
altre
son
terminate
in
punta
;
molte
rovesciate
;
alcune
monche
,
col
turbante
portato
via
di
netto
,
e
si
crede
che
sian
quelle
dei
giannizzeri
,
che
il
Sultano
Mahmut
volle
sfregiare
anche
dopo
la
morte
.
La
maggior
parte
delle
fosse
sono
indicate
da
un
rialzamento
di
terra
in
forma
di
prisma
,
e
da
due
sassi
confitti
alle
due
estremità
,
sui
quali
,
giusta
la
superstizione
musulmana
,
devono
sedere
i
due
angeli
Nekir
e
Munkir
per
giudicare
l
'
anima
del
defunto
.
Qua
e
là
si
vedono
dei
piccoli
terrapieni
circondati
da
un
muricciolo
o
da
una
ringhiera
,
in
mezzo
ai
quali
s
'
alza
una
colonnetta
sormontata
da
un
grosso
turbante
,
e
intorno
altre
colonnette
minori
:
è
un
pascià
o
un
gran
signore
,
sepolto
in
mezzo
alle
sue
donne
e
ai
suoi
figliuoli
.
Dei
piccoli
sentieri
serpeggiano
e
s
'
incrociano
in
mille
punti
da
un
'
estremità
all
'
altra
del
bosco
;
qualche
turco
fuma
la
pipa
seduto
all
'
ombra
;
alcuni
ragazzi
corrono
e
saltellano
in
mezzo
ai
sepolcri
;
qualche
vacca
pascola
;
centinaia
di
tortore
grugano
fra
i
rami
dei
cipressi
;
passano
gruppi
di
donne
velate
;
e
fra
cipresso
e
cipresso
,
luccica
giù
in
fondo
l
'
azzurro
del
Corno
d
'
Oro
rigato
di
bianco
dai
minareti
di
Stambul
.
[
Pera
]
Usciamo
dal
cimitero
,
ripassiamo
ai
piedi
della
torre
di
Galata
e
infiliamo
la
strada
principale
di
Pera
.
Pera
è
alta
cento
metri
sopra
il
mare
,
è
ariosa
ed
allegra
,
e
guarda
il
Corno
d
'
Oro
ed
il
Bosforo
.
È
la
Westend
della
colonia
europea
;
la
città
dell
'
eleganza
e
dei
piaceri
.
La
strada
che
percorriamo
è
fiancheggiata
da
alberghi
inglesi
e
francesi
,
da
caffè
signorili
,
da
botteghe
luccicanti
,
da
teatri
,
da
Consolati
,
da
club
,
da
palazzi
d
'
ambasciatori
;
tra
i
quali
giganteggia
il
palazzo
di
pietra
dell
'
ambasciata
russa
,
che
domina
come
una
fortezza
Pera
Galata
e
il
sobborgo
di
Funduclù
,
posto
sulla
riva
del
Bosforo
.
Qui
brulica
una
folla
affatto
diversa
da
quella
di
Galata
.
Sono
quasi
tutti
cappelli
a
staio
e
cappelletti
piumati
o
infiorati
di
signore
.
Sono
zerbinotti
greci
,
italiani
e
francesi
,
negozianti
d
'
alto
bordo
,
impiegati
delle
legazioni
,
ufficiali
di
navi
straniere
,
carrozze
d
'
ambasciatori
,
e
figurine
equivoche
d
'
ogni
nazione
.
I
turchi
si
fermano
ad
ammirare
le
teste
di
cera
delle
botteghe
dei
barbieri
,
le
turche
si
piantano
colla
bocca
aperta
davanti
alle
vetrine
delle
modiste
;
l
'
europeo
parla
ad
alta
voce
,
sghignazza
e
scherza
in
mezzo
alla
strada
;
il
musulmano
,
si
sente
in
casa
d
'
altri
,
e
passa
colla
testa
meno
alta
che
a
Stambul
.
Tutt
'
a
un
tratto
il
mio
amico
mi
fece
voltare
indietro
perché
guardassi
Stambul
:
da
quel
punto
,
infatti
,
si
vedeva
lontano
,
dietro
un
velo
azzurrino
,
la
collina
del
Serraglio
,
Santa
Sofia
e
i
minareti
del
Sultano
Ahmed
;
un
altro
mondo
da
quello
in
cui
eravamo
;
e
poi
mi
disse
:
-
Guarda
qui
,
adesso
.
-
Abbassai
gli
occhi
e
lessi
in
una
vetrina
:
-
La
dame
aux
camelias
,
Madame
Bovary
,
Mademoiselle
Giraud
ma
femme
.
E
anche
a
me
quel
rapido
passaggio
fece
un
senso
vivissimo
,
e
dovetti
star
là
un
momento
a
pensarci
sopra
.
Un
'
altra
volta
fermai
io
il
mio
compagno
e
fu
per
mostrargli
un
caffè
meraviglioso
:
un
lungo
e
largo
corridoio
oscuro
,
in
fondo
al
quale
,
per
una
grande
finestra
spalancata
,
si
vedeva
a
una
lontananza
che
pareva
immensa
,
Scutari
illuminata
dal
sole
.
Andiamo
innanzi
per
la
gran
strada
di
Pera
,
e
siamo
quasi
arrivati
in
fondo
,
quando
sentiamo
gridare
da
una
voce
tonante
:
-
T
'
amo
,
Adele
!
t
'
amo
più
della
vita
!
T
'
amo
quanto
si
può
amare
sulla
terra
!
-
Ci
guardiamo
in
faccia
trasecolati
.
Di
dove
viene
quella
voce
?
Voltandoci
,
vediamo
per
le
fessure
d
'
un
assito
un
giardino
pieno
di
sedili
,
un
palco
scenico
e
dei
commedianti
che
fanno
le
prove
.
Una
signora
turca
,
poco
lontano
da
noi
,
guarda
anch
'
essa
per
le
fessure
,
e
ride
dai
precordi
.
Un
vecchio
turco
che
passa
scrolla
la
testa
in
segno
di
compassione
.
All
'
improvviso
la
turca
getta
un
grido
e
fugge
;
altre
donne
là
intorno
mettono
uno
strillo
e
voltan
le
spalle
.
Che
è
accaduto
?
È
un
turco
,
un
uomo
sulla
cinquantina
,
conosciuto
da
tutta
Costantinopoli
,
il
quale
passeggia
per
le
vie
nello
stato
in
cui
voleva
ridurre
tutti
i
musulmani
il
famoso
monaco
Turk
sotto
il
regno
di
Maometto
IV
:
ignudo
dalla
testa
ai
piedi
.
Il
disgraziato
saltella
sui
ciottoli
urlando
e
sghignazzando
,
e
un
branco
di
monelli
lo
insegue
facendo
un
baccano
d
'
inferno
.
-
È
da
sperarsi
che
lo
arresteranno
,
-
dico
al
portinaio
del
teatro
.
-
Nemmen
per
sogno
,
-
mi
risponde
;
-
son
mesi
che
gira
per
la
città
liberamente
.
-
Intanto
vedo
giù
per
la
via
di
Pera
gente
che
vien
fuori
dalle
botteghe
,
donne
che
scappano
,
ragazze
che
si
coprono
il
viso
,
porte
che
si
chiudono
,
teste
che
si
ritirano
dalle
finestre
.
E
questo
segue
tutti
i
giorni
e
nessuno
se
ne
dà
pensiero
!
Uscendo
dalla
via
di
Pera
,
ci
troviamo
dinanzi
a
un
altro
cimitero
musulmano
,
ombreggiato
da
un
boschetto
di
cipressi
e
chiuso
tutt
'
intorno
da
un
alto
muro
.
Se
non
ce
l
'
avessero
detto
poi
,
non
avremmo
mai
indovinato
il
perché
di
quel
muro
,
che
fu
innalzato
di
fresco
:
ed
è
che
il
bosco
sacro
al
riposo
dei
morti
era
diventato
un
nido
d
'
amori
soldateschi
!
Andando
oltre
,
infatti
,
trovammo
l
'
immensa
caserma
d
'
artiglieria
innalzata
da
Scialil
-
Pascià
:
un
solido
edificio
di
forma
rettangolare
,
dello
stile
moresco
del
rinascimento
turco
,
con
una
porta
fiancheggiata
da
colonne
leggere
e
sormontata
dalla
mezzaluna
e
dalla
stella
d
'
oro
di
Mahmut
,
con
gallerie
sporgenti
e
finestrine
ornate
di
stemmi
e
di
arabeschi
.
Dinanzi
alla
caserma
passa
la
strada
di
Dgiedessy
che
è
un
prolungamento
di
quella
di
Pera
,
di
là
dalla
strada
si
stende
una
vasta
piazza
d
'
armi
,
e
di
là
dalla
piazza
d
'
armi
altri
borghi
.
Qui
,
dove
nei
giorni
feriali
regna
ordinariamente
un
profondo
silenzio
,
la
sera
della
domenica
passa
un
torrente
di
gente
e
una
processione
di
carrozze
,
tutta
la
società
elegante
di
Pera
,
che
va
a
spandersi
nei
giardini
nelle
birrerie
e
nei
caffè
di
là
dalla
Caserma
.
In
uno
di
questi
caffè
si
fece
la
nostra
prima
sosta
;
nel
caffè
della
Bella
vista
,
luogo
di
ritrovo
del
fiore
della
società
perota
,
e
degno
veramente
del
suo
nome
;
perché
dal
suo
vasto
giardino
,
che
sporge
come
una
terrazza
sulla
sommità
dell
'
altura
,
si
vede
sotto
il
grande
sobborgo
musulmano
di
Funduclù
,
il
Bosforo
coperto
di
bastimenti
,
la
riva
asiatica
sparsa
di
giardini
e
di
villaggi
,
Scutari
colle
sue
bianche
moschee
,
una
bellezza
di
verde
,
d
'
azzurro
,
e
di
luce
,
che
sembra
un
sogno
.
Ci
levammo
di
là
con
rammarico
,
e
ci
parve
a
tutt
'
e
due
d
'
esser
pitocchi
a
buttar
sul
vassoio
otto
miserabili
soldi
per
due
tazze
di
caffè
,
dopo
aver
goduto
quella
visione
di
paradiso
terrestre
.
[
Gran
Campo
dei
Morti
]
Uscendo
dalla
Bella
vista
ci
trovammo
in
mezzo
al
Gran
Campo
dei
morti
dove
è
sepolta
in
cimiteri
distinti
gente
di
tutti
i
culti
,
eccettuato
l
'
ebraico
.
È
un
bosco
fitto
di
cipressi
,
d
'
acacie
e
di
sicomori
,
nel
quale
biancheggiano
migliaia
di
pietre
sepolcrali
,
che
da
lontano
paiono
le
rovine
d
'
un
immenso
edifizio
.
Tra
albero
e
albero
si
vede
il
Bosforo
e
la
riva
asiatica
.
Fra
le
tombe
serpeggiano
dei
larghi
viali
in
cui
passeggiano
dei
greci
e
degli
armeni
.
Su
alcune
pietre
stanno
seduti
dei
turchi
colle
gambe
incrociate
,
guardando
il
Bosforo
.
V
'
è
un
'
ombra
,
un
fresco
e
una
pace
che
,
al
primo
entrarvi
,
si
prova
una
sensazione
deliziosa
,
come
entrando
d
'
estate
in
una
grande
cattedrale
semioscura
.
Ci
arrestammo
nel
cimitero
armeno
.
Le
pietre
sepolcrali
son
tutte
grandi
e
piane
,
coperte
d
'
iscrizioni
nel
carattere
regolare
ed
elegante
della
lingua
armena
,
e
su
quasi
tutte
è
scolpita
un
'
immagine
che
rappresenta
il
mestiere
o
la
professione
del
morto
.
Sono
martelli
,
seghe
,
penne
,
scrigni
,
collane
;
il
banchiere
è
rappresentato
da
una
bilancia
,
il
prete
da
una
mitra
,
il
barbiere
da
una
catinella
,
il
chirurgo
da
una
lancetta
.
Sopra
una
pietra
vedemmo
una
testa
spiccata
dal
busto
,
e
il
busto
grondante
di
sangue
:
era
il
sepolcro
d
'
un
assassinato
o
d
'
un
giustiziato
.
Un
armeno
vi
dormiva
accanto
,
sdraiato
sull
'
erba
,
colla
faccia
in
aria
.
Entrammo
nel
cimitero
musulmano
.
Anche
qui
una
infinità
di
colonnette
a
file
e
a
gruppi
disordinati
;
alcune
colla
testa
dipinta
e
dorata
;
quelle
delle
donne
terminate
da
un
gruppo
d
'
ornamenti
in
rilievo
che
rappresentano
dei
fiori
;
molte
circondate
d
'
arbusti
e
di
pianticelle
fiorite
.
Mentre
stavamo
osservando
una
di
queste
colonne
,
due
turchi
che
tenevano
per
mano
un
bambino
,
ci
passarono
accanto
,
andarono
innanzi
altri
cinquanta
passi
,
si
fermarono
dinanzi
a
un
tumulo
,
vi
sedettero
sopra
,
e
aperto
un
involto
che
portavano
sotto
il
braccio
,
si
misero
a
mangiare
.
Io
stetti
ad
osservarli
.
Quand
'
ebbero
finito
,
il
più
avanzato
in
età
raccolse
qualchecosa
in
un
foglio
di
carta
,
-
mi
parve
un
pesce
e
del
pane
,
-
e
con
un
atto
rispettoso
,
mise
il
piccolo
pacco
in
un
buco
accanto
al
sepolcro
.
Dopo
questo
accesero
tutti
e
due
la
pipa
e
fumarono
tranquillamente
:
il
bambino
s
'
alzò
e
si
mise
a
scorrazzare
per
il
cimitero
.
Quel
pesce
e
quel
pane
,
ci
fu
spiegato
poi
,
erano
la
parte
di
cibo
che
i
turchi
lasciavano
in
segno
d
'
affetto
al
loro
parente
,
sepolto
probabilmente
da
poco
;
e
quel
buco
era
l
'
apertura
che
si
lascia
nella
terra
vicino
al
capo
di
tutti
i
sepolti
musulmani
,
perché
possano
udire
i
lamenti
e
i
pianti
dei
loro
cari
e
ricevere
qualche
goccia
d
'
acqua
di
rosa
o
sentir
il
profumo
di
qualche
fiore
.
Finita
la
loro
fumatina
funebre
,
i
due
turchi
pietosi
si
alzarono
,
e
ripreso
per
mano
il
bambino
,
disparvero
in
mezzo
ai
cipressi
.
[
Pancaldi
]
Usciamo
dal
cimitero
,
ci
troviamo
in
un
altro
quartiere
cristiano
,
Pancaldi
,
attraversato
da
strade
spaziose
,
fiancheggiate
da
edifizi
nuovi
;
circondato
di
villette
,
di
giardini
,
di
ospedali
e
di
grandi
caserme
;
il
sobborgo
di
Costantinopoli
più
lontano
dal
mare
;
visitato
il
quale
,
torniamo
indietro
per
ridiscendere
verso
il
Corno
d
'
Oro
.
Ma
nell
'
ultima
strada
del
sobborgo
,
assistiamo
a
uno
spettacolo
nuovo
e
solenne
:
il
passaggio
d
'
un
convoglio
funebre
greco
.
Una
folla
silenziosa
si
schiera
dalle
due
parti
della
strada
:
viene
innanzi
un
gruppo
di
preti
greci
,
colle
toghe
ricamate
;
l
'
archimandrita
con
una
corona
sul
capo
e
un
lungo
abito
luccicante
d
'
oro
;
dei
giovani
ecclesiastici
vestiti
di
colori
vivi
;
uno
stuolo
di
parenti
e
d
'
amici
coi
loro
vestimenti
più
ricchi
,
e
in
mezzo
a
loro
una
bara
inghirlandata
di
fiori
,
sulla
quale
è
distesa
una
giovanetta
di
quindici
anni
,
vestita
di
raso
e
tutta
splendente
di
gioielli
,
col
viso
scoperto
,
-
un
piccolo
viso
bianco
come
la
neve
,
colla
bocca
leggermente
contratta
in
una
espressione
di
spasimo
,
-
e
due
bellissime
treccie
nere
distese
sulle
spalle
e
sul
seno
.
La
bara
passa
,
la
folla
si
chiude
,
il
convoglio
s
'
allontana
,
e
noi
rimaniamo
soli
e
pensierosi
in
una
strada
deserta
.
[
San
Dimitri
]
Scendiamo
dalla
collina
di
Pancaldi
,
attraversiamo
il
letto
asciutto
d
'
un
torrentello
,
saliamo
su
per
un
altro
colle
,
ci
troviamo
in
un
altro
sobborgo
:
San
Dimitri
.
Qui
la
popolazione
è
quasi
tutta
greca
.
Si
vedono
da
ogni
parte
occhi
neri
e
nasi
aquilini
e
affilati
;
vecchi
d
'
aspetto
patriarcale
;
giovani
svelti
e
arditi
;
donnine
colle
trecce
sulle
spalle
;
ragazzi
dai
visetti
astuti
che
sgallettano
in
mezzo
alla
via
fra
le
galline
e
i
maiali
,
riempiendo
l
'
aria
di
grida
argentine
e
di
parole
armoniose
.
Ci
avvicinammo
a
un
gruppo
di
quei
ragazzi
che
si
baloccavano
coi
sassi
,
chiacchierando
tutti
ad
una
voce
.
Uno
di
essi
,
sugli
otto
anni
,
il
più
indiavolato
di
tutti
,
che
ogni
momento
buttava
in
aria
il
suo
piccolo
fez
gridando
:
-
Zito
!
Zito
!
-
(
Viva
!
Viva
!
)
-
si
voltò
improvvisamente
verso
un
altro
monello
seduto
dinanzi
a
una
porta
e
gridò
:
-
Checchino
!
Buttami
la
palla
!
-
Io
lo
afferrai
per
il
braccio
con
un
movimento
da
zingaro
rapitore
di
fanciulli
e
gli
dissi
:
-
Tu
sei
italiano
!
-
No
signore
,
-
rispose
,
-
sono
di
Costantinopoli
.
-
E
chi
t
'
ha
insegnato
a
parlare
italiano
?
-
domandai
.
-
Oh
bella
!
-
rispose
,
-
la
mamma
.
-
E
dov
'
è
la
mamma
?
In
quel
punto
mi
s
'
avvicinò
una
donna
con
un
bimbo
in
collo
,
tutta
sorridente
,
e
mi
disse
ch
'
era
pisana
,
moglie
d
'
uno
scalpellino
livornese
,
che
si
trovava
a
Costantinopoli
da
ott
'
anni
,
e
che
quel
ragazzo
era
suo
figlio
.
Se
quella
buona
donna
avesse
avuto
un
bel
viso
di
matrona
,
una
corona
turrita
sulla
testa
e
un
manto
sulle
spalle
,
non
avrebbe
rappresentato
più
vivamente
l
'
Italia
ai
miei
occhi
e
al
mio
cuore
.
-
Come
vi
ritrovate
qui
?
-
le
domandai
;
-
che
ne
dite
di
Costantinopoli
?
-
Che
n
'
ho
da
dire
?
-
rispose
sorridendo
ingenuamente
.
-
L
'
è
una
città
che
...
a
dirle
il
vero
,
mi
ci
par
sempre
l
'
ultimo
giorno
di
carnovale
.
-
E
qui
,
dando
la
stura
alla
sua
parlantina
toscana
,
ci
fece
sapere
che
pe
'
musulmani
il
loro
Gesù
è
Maometto
,
che
un
turco
può
sposare
quattro
donne
,
che
la
lingua
turca
è
bravo
chi
ne
intende
una
parola
,
e
altre
novità
dello
stesso
conio
;
ma
che
dette
in
quella
lingua
,
in
mezzo
a
quel
quartiere
greco
,
ci
riuscirono
più
care
di
qualunque
notizia
più
peregrina
,
tanto
che
prima
di
andarcene
lasciammo
un
piccolo
ricordo
d
'
argento
nella
manina
del
monello
,
e
andandocene
esclamammo
tutti
e
due
insieme
:
-
Ah
!
una
boccata
d
'
Italia
,
di
tanto
in
tanto
,
come
fa
bene
!
[
Tataola
]
Attraversammo
una
seconda
volta
la
piccola
valle
,
e
ci
trovammo
in
un
altro
quartiere
greco
,
Tataola
,
dove
lo
stomaco
suonando
a
soccorso
,
cogliemmo
l
'
occasione
per
visitare
l
'
interno
d
'
una
di
quelle
taverne
innumerevoli
di
Costantinopoli
,
che
hanno
un
aspetto
singolarissimo
,
e
son
tutte
fatte
ad
un
modo
.
È
uno
stanzone
grandissimo
,
di
cui
si
potrebbe
fare
un
teatro
,
non
rischiarato
per
lo
più
che
dalla
porta
di
strada
,
e
ricorso
tutt
'
intorno
da
un
alta
galleria
di
legno
a
balaustri
.
Da
una
parte
v
'
è
un
enorme
fornello
dove
un
brigante
in
maniche
di
camicia
frigge
dei
pesci
,
fa
girare
degli
arrosti
,
rimesta
degl
'
intingoli
,
e
s
'
adopera
in
altri
modi
ad
accorciare
la
vita
umana
;
dall
'
altra
un
banco
dove
un
'
altra
faccia
minacciosa
distribuisce
vino
bianco
e
vino
nero
in
bicchieri
a
manico
;
in
mezzo
e
sul
davanti
,
seggiole
nane
senza
spalliera
e
tavolette
poco
più
alte
delle
seggiole
che
rammentano
i
bischetti
dei
calzolai
.
Entrammo
un
po
'
vergognosi
perché
v
'
era
un
gruppo
di
greci
e
d
'
armeni
di
bassa
lega
,
e
temevamo
che
ci
guardassero
con
curiosità
canzonatoria
;
ma
nessuno
invece
ci
degnò
d
'
un
'
occhiata
.
Gli
abitanti
di
Costantinopoli
sono
,
io
credo
,
la
gente
meno
curiosa
di
questo
mondo
;
bisogna
almeno
essere
Sultani
o
passeggiar
nudi
per
le
strade
come
il
pazzo
di
Pera
,
perché
qualcuno
s
'
accorga
che
siete
al
mondo
.
Ci
sedemmo
in
un
angolo
e
stemmo
ad
aspettare
.
Ma
nessuno
veniva
.
Allora
capimmo
che
nelle
taverne
costantinopolitane
c
'
è
l
'
uso
di
servirsi
da
sè
.
Andammo
prima
al
fornello
a
farci
dare
un
arrosto
,
Dio
sa
di
che
quadrupede
,
poi
al
banco
a
prendere
un
bicchier
di
vino
resinoso
di
Tenedo
,
e
portato
ogni
cosa
sopra
la
tavola
che
ci
arrivava
al
ginocchio
,
mostrandoci
l
'
un
l
'
altro
il
bianco
degli
occhi
,
si
consumò
il
sacrificio
.
Pagammo
con
rassegnazione
,
e
usciti
in
silenzio
per
paura
che
ci
uscisse
dalla
bocca
un
raglio
o
un
latrato
,
ripigliammo
il
nostro
viaggio
verso
il
Corno
d
'
Oro
.
[
Kassim
-
pascià
]
Dopo
dieci
minuti
di
cammino
,
ci
trovammo
daccapo
in
piena
Turchia
,
nel
grande
sobborgo
musulmano
di
Kassim
-
pascià
,
in
una
vera
città
popolata
di
moschee
e
di
conventi
di
dervis
,
piena
d
'
orti
e
di
giardini
,
che
occupa
una
collina
e
una
valle
,
e
si
distende
fino
al
Corno
d
'
Oro
,
abbracciando
tutta
l
'
antica
baia
di
Mandracchio
,
dal
cimitero
di
Galata
fino
al
promontorio
che
prospetta
il
sobborgo
di
Balata
sull
'
altra
riva
.
Dall
'
alto
di
Kassim
-
pascià
si
gode
uno
spettacolo
incantevole
.
Si
vede
sotto
,
sulla
riva
,
l
'
immenso
arsenale
Ters
-
Kané
:
un
labirinto
di
bacini
,
d
'
opifici
,
di
piazze
,
di
magazzini
e
di
caserme
,
che
si
stende
per
la
lunghezza
d
'
un
miglio
lungo
tutta
la
parte
del
Corno
d
'
Oro
che
serve
di
Porto
di
guerra
;
il
palazzo
del
Ministro
della
Marina
,
elegante
e
leggero
,
che
par
che
galleggi
sull
'
acqua
,
e
disegna
le
sue
forme
bianche
sul
verde
cupo
del
cimitero
di
Galata
;
il
porto
percorso
da
vaporini
e
caicchi
pieni
di
gente
,
che
guizzano
in
mezzo
alle
corazzate
immobili
e
alle
vecchie
fregate
della
Guerra
di
Crimea
;
e
sulla
sponda
opposta
,
Stambul
,
l
'
acquedotto
di
Valente
che
slancia
i
suoi
archi
altissimi
nell
'
azzurro
del
cielo
,
le
grandi
moschee
di
Maometto
e
di
Solimano
,
e
una
miriade
di
case
e
di
minareti
.
Per
godere
meglio
questo
spettacolo
ci
sedemmo
dinanzi
a
un
caffè
turco
,
e
sorbimmo
la
quarta
o
la
quinta
delle
dodici
tazze
che
,
volere
o
non
volere
,
stando
a
Costantinopoli
,
bisogna
tracannare
ogni
giorno
.
Era
un
caffè
meschino
,
ma
come
tutti
i
caffè
turchi
,
originalissimo
:
non
molto
diverso
,
forse
,
dai
primissimi
caffè
dei
tempi
di
Solimano
il
Grande
,
o
da
quelli
in
cui
irrompeva
colla
scimitarra
nel
pugno
il
quarto
Amurat
,
quando
faceva
la
ronda
notturna
per
castigar
di
sua
mano
gli
spacciatori
del
liquore
proibito
.
Di
quanti
editti
imperiali
,
di
quante
dispute
di
teologi
e
lotte
sanguinose
è
stato
cagione
questo
"
nemico
del
sonno
e
della
fecondità
,
"
come
lo
chiamavano
gli
ulema
austeri
;
questo
"
genio
dei
sogni
e
sorgente
dell
'
immaginazione
"
,
come
lo
chiamavano
gli
ulema
di
manica
larga
,
ch
'
è
ora
,
dopo
l
'
amore
e
il
tabacco
,
il
conforto
più
dolce
d
'
ogni
più
povero
Osmano
!
Ora
si
beve
il
caffè
sulla
cima
della
torre
di
Galata
e
della
torre
del
Seraschiere
,
il
caffè
in
tutti
i
vaporini
,
il
caffè
nei
cimiteri
,
nelle
botteghe
dei
barbieri
,
nei
bagni
,
nei
bazar
.
In
qualunque
parte
di
Costantinopoli
uno
si
trovi
non
ha
che
a
gridare
,
senza
voltarsi
:
-
Caffè
-
gì
!
(
Caffettiere
!
)
e
dopo
tre
minuti
gli
fuma
dinanzi
una
tazza
.
[
Il
Caffè
]
Il
nostro
caffè
era
una
stanza
tutta
bianca
,
rivestita
di
legno
fino
all
'
altezza
d
'
un
uomo
,
con
un
divano
bassissimo
lungo
le
quattro
pareti
.
In
un
angolo
c
'
era
un
fornello
su
cui
un
turco
dal
naso
forcuto
stava
facendo
il
caffè
in
piccole
caffettiere
di
rame
,
che
vuotava
man
mano
in
piccolissime
tazze
,
mettendovi
egli
stesso
lo
zucchero
;
poichè
da
per
tutto
,
a
Costantinopoli
,
si
fa
il
caffè
apposta
per
ogni
avventore
,
e
gli
si
porta
bell
'
inzuccherato
,
con
un
bicchiere
d
'
acqua
che
i
Turchi
bevono
sempre
prima
di
avvicinare
la
tazza
alle
labbra
.
Ad
una
parete
era
appeso
un
piccolo
specchio
,
e
accanto
allo
specchio
una
specie
di
rastrelliera
piena
di
rasoi
a
manico
fisso
;
poichè
la
maggior
parte
dei
caffè
turchi
sono
ad
un
tempo
botteghe
di
barbieri
,
e
non
di
rado
il
caffettiere
è
anche
cavadenti
e
salassatore
,
e
macella
le
sue
vittime
nella
stanza
medesima
dove
gli
altri
avventori
pigliano
il
caffè
.
Alla
parete
opposta
era
appesa
un
'
altra
rastrelliera
piena
di
narghilè
di
cristallo
coi
lunghi
tubi
flessibili
,
attorcigliati
come
serpenti
,
e
di
cibuk
di
terra
cotta
colle
cannette
di
legno
di
ciliegio
.
Cinque
turchi
pensierosi
stavano
seduti
sul
divano
,
fumando
il
narghilè
;
altri
tre
erano
dinanzi
alla
porta
,
accoccolati
sopra
bassissime
seggiole
di
paglia
senza
spalliera
,
l
'
uno
accanto
all
'
altro
,
colle
spalle
appoggiate
al
muro
e
colla
pipa
alle
labbra
;
un
giovane
della
bottega
radeva
il
capo
,
davanti
allo
specchio
,
a
un
grosso
dervis
insaccato
in
una
tonaca
di
pelo
di
cammello
.
Nessuno
ci
guardò
quando
sedemmo
,
nessuno
parlava
,
e
fuorchè
il
caffettiere
e
il
suo
giovane
,
nessuno
faceva
il
menomo
movimento
.
Non
si
sentiva
altro
rumore
che
il
gorgoglio
dell
'
acqua
dei
narghilè
,
che
somiglia
alla
voce
dei
gatti
quando
fanno
le
fusa
.
Tutti
guardavano
diritto
dinanzi
a
sè
,
cogli
occhi
fissi
,
e
con
un
viso
che
non
esprimeva
assolutamente
nulla
.
Pareva
un
piccolo
museo
di
statue
di
cera
.
Quante
di
queste
scene
mi
son
rimaste
impresse
nella
memoria
!
Una
casa
di
legno
,
un
turco
seduto
,
una
bellissima
veduta
lontana
,
una
gran
luce
e
un
gran
silenzio
:
ecco
la
Turchia
.
Ogni
volta
che
questo
nome
mi
passa
per
la
mente
,
ci
passano
nello
stesse
punto
quelle
immagini
,
come
un
mulino
a
vento
e
un
canale
all
'
udir
nominare
Olanda
.
[
Pialì
-
Pascià
]
Di
là
,
fiancheggiando
un
grande
cimitero
mussulmano
,
che
dall
'
alto
della
collina
di
Kassim
-
pascià
scende
fino
a
Ters
-
Kanè
,
rimontammo
verso
settentrione
,
scendemmo
nella
valletta
di
Pialì
-
Pascià
,
piccolo
sobborgo
mezzo
nascosto
in
mezzo
alla
verzura
dei
giardini
e
degli
orti
;
e
ci
fermammo
dinanzi
alla
moschea
che
gli
dà
il
nome
.
È
una
moschea
bianca
,
sormontata
da
sei
cupole
graziose
,
con
un
cortile
circondato
d
'
archi
e
di
colonnine
gentili
,
un
minareto
leggerissimo
e
una
corona
di
cipressi
giganteschi
.
In
quel
momento
tutte
le
casette
circostanti
erano
chiuse
,
le
strade
deserte
,
il
cortile
stesso
della
moschea
,
solitario
;
la
luce
e
l
'
uggia
del
mezzogiorno
avvolgevano
ogni
cosa
;
e
non
si
sentiva
che
il
ronzìo
dei
tafani
.
Guardammo
l
'
orologio
:
mancavano
tre
minuti
alle
dodici
:
una
delle
cinque
ore
canoniche
dei
musulmani
,
in
cui
i
muezzin
s
'
affacciano
al
terrazzo
dei
minareti
per
gridare
ai
quattro
punti
dell
'
orizzonte
le
formole
sacramentali
dell
'
Islam
.
Sapevamo
bene
che
non
c
'
è
minareto
in
tutta
Costantinopoli
sul
quale
,
a
quell
'
ora
fissa
,
non
comparisca
,
puntuale
come
l
'
automa
d
'
un
orologio
,
l
'
annunziatore
del
profeta
.
Eppure
ci
pareva
strano
che
anche
in
quella
estremità
della
città
immensa
,
su
quella
moschea
solitaria
,
a
quell
'
ora
,
in
quel
silenzio
profondo
,
dovesse
comparire
quella
figura
e
suonare
quella
voce
.
Tenni
l
'
orologio
in
mano
,
e
guardando
attentamente
la
lancetta
dei
minuti
e
la
porticina
del
terrazzo
del
minareto
,
alta
quasi
come
un
terzo
piano
d
'
una
casa
ordinaria
,
stetti
aspettando
con
viva
curiosità
.
La
lancetta
toccò
il
sessantesimo
trattino
nero
,
e
nessuno
comparve
.
-
Non
viene
!
-
dissi
.
-
[
Pialì
-
Pascià
]
Eccolo
!
-
rispose
Yunk
.
Era
comparso
.
Il
parapetto
del
terrazzo
lo
nascondeva
tutto
,
fuorchè
il
viso
,
di
cui
,
per
la
lontananza
,
non
si
distingueva
la
fisonomia
.
Stette
per
qualche
secondo
immobile
;
poi
si
tappò
le
orecchie
colle
dita
,
e
alzando
il
volto
al
cielo
,
gridò
con
una
voce
lenta
,
tremula
e
acutissima
,
con
un
accento
solenne
e
lamentevole
,
le
sacre
parole
,
che
risuonano
,
nello
stesso
punto
su
tutti
i
minareti
dell
'
Affrica
,
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
:
-
Dio
è
grande
!
Non
v
'
è
che
un
Dio
!
Maometto
è
il
profeta
di
Dio
!
Venite
alla
preghiera
!
Venite
alla
salute
!
Dio
è
grande
!
Dio
è
un
solo
!
Venite
alla
preghiera
!
-
Poi
fece
un
mezzo
giro
sul
terrazzo
e
ripetè
le
stesse
parole
rivolto
a
settentrione
;
poi
a
levante
,
poi
a
occidente
,
e
poi
disparve
.
In
quel
punto
ci
arrivarono
all
'
orecchio
fioche
fioche
le
ultime
note
d
'
un
'
altra
voce
lontana
,
che
pareva
il
grido
d
'
uno
che
chiedesse
soccorso
,
e
poi
tutto
tacque
,
e
rimanemmo
anche
noi
per
qualche
minuto
silenziosi
,
con
un
sentimento
vago
di
tristezza
come
se
quelle
due
voci
avessero
consigliato
la
preghiera
soltanto
a
noi
,
e
sparendo
quel
fantasma
,
fossimo
rimasti
soli
nella
valle
come
due
abbandonati
da
Dio
.
Nessun
suono
di
campana
mi
ha
mai
toccato
il
cuore
così
intimamente
;
e
soltanto
quel
giorno
compresi
il
perché
Maometto
,
per
chiamare
i
fedeli
alla
preghiera
,
abbia
preferito
all
'
antica
tromba
israelitica
e
all
'
antica
tabella
cristiana
,
il
grido
dell
'
uomo
.
E
su
quella
scelta
fu
lungo
tempo
incerto
;
onde
poco
mancò
che
tutto
l
'
Oriente
non
pigliasse
un
aspetto
assai
diverso
da
quello
che
ha
ora
;
poichè
s
'
era
scelta
la
tabella
,
che
poi
si
cangiò
in
campana
,
si
sarebbe
certo
trasformato
il
minareto
,
e
uno
dei
tratti
più
originali
e
più
graziosi
della
città
e
del
paesaggio
orientale
sarebbe
andato
perduto
.
[
Ok
-
Meidan
]
Risalendo
da
Pialì
-
Pascià
sulla
collina
,
verso
occidente
,
ci
trovammo
in
un
vastissimo
spazio
di
terreno
brullo
,
da
cui
si
vedeva
tutto
il
Corno
d
'
Oro
e
tutta
Stambul
,
dal
borgo
d
'
Eyub
alla
collina
del
serraglio
;
quattro
miglia
di
giardini
e
di
moschee
,
una
grandezza
e
una
leggiadria
,
da
contemplarsi
in
ginocchio
come
una
apparizione
celeste
.
Era
l
'
Ok
-
meïdan
,
la
piazza
delle
freccie
,
dove
andavano
i
Sultani
a
tirar
dell
'
arco
secondo
l
'
uso
dei
re
Persiani
.
Vi
sono
ancora
sparse
,
a
distanze
ineguali
,
alcune
colonnine
di
marmo
,
segnate
d
'
iscrizioni
,
che
indicano
i
punti
dove
caddero
le
freccie
imperiali
.
V
'
è
ancora
il
chiosco
elegante
,
con
una
tribuna
,
da
cui
i
sultani
tendevano
l
'
arco
.
A
destra
,
nei
campi
,
si
stendeva
una
lunga
fila
di
pascià
e
di
bey
,
punti
viventi
d
'
ammirazione
,
coi
quali
il
padiscià
rendeva
omaggio
alla
propria
destrezza
;
a
sinistra
,
dodici
paggi
della
famiglia
imperiale
,
che
correvano
a
raccogliere
gli
strali
e
a
segnare
il
punto
della
caduta
;
intorno
,
dietro
gli
alberi
e
i
cespugli
,
qualche
turco
temerario
venuto
per
contemplare
di
nascosto
le
sembianze
sublimi
del
Gran
Signore
;
e
sulla
tribuna
campeggiava
nell
'
atteggiamento
d
'
un
atleta
superbo
,
Mahmut
,
il
più
vigoroso
arciere
dell
'
impero
,
di
cui
l
'
occhio
scintillante
faceva
curvar
la
fronte
agli
spettatori
,
e
la
barba
famosa
,
nera
come
il
corvo
del
Monte
Tauro
,
spiccava
di
lontano
sul
grande
mantello
candido
,
spruzzato
del
sangue
dei
Giannizzeri
.
Ora
tutto
è
cangiato
e
diventato
prosaico
:
il
Sultano
tira
colla
rivoltella
nei
cortili
del
suo
palazzo
e
sull
'
Ok
-
meïdan
s
'
esercita
al
bersaglio
la
fanteria
.
Da
una
parte
v
'
è
un
convento
di
dervis
,
dall
'
altra
un
caffè
solitario
;
e
tutta
la
campagna
è
desolata
e
malinconica
come
una
steppa
.
[
Piri
-
Pascià
]
Scendendo
dall
'
Ok
-
meïdan
verso
il
Corno
d
'
Oro
,
ci
trovammo
in
un
altro
piccolo
sobborgo
musulmano
,
chiamato
Piri
-
Pascià
,
forse
da
quel
famoso
gran
vizir
del
primo
Selim
,
che
educò
Solimano
il
Grande
.
Piri
-
Pascià
prospetta
il
sobborgo
israelitico
di
Balata
,
posto
sull
'
altra
riva
del
Corno
.
Non
v
'
incontrammo
che
qualche
cane
e
qualche
vecchia
turca
mendicante
.
Ma
questa
solitudine
ci
permise
di
considerare
a
nostro
bell
'
agio
la
struttura
del
borgo
.
È
una
cosa
singolare
.
In
quel
borgo
,
come
in
qualunque
altra
parte
di
Costantinopoli
uno
s
'
addentri
,
dopo
averla
vista
o
dal
mare
o
dalle
alture
vicine
,
si
prova
la
medesima
impressione
che
a
guardare
un
bello
spettacolo
coreografico
dal
palco
scenico
dopo
averlo
visto
dalla
platea
;
ci
si
meraviglia
che
quell
'
insieme
di
cose
brutte
e
meschine
possa
produrre
una
così
bella
illusione
.
Non
v
'
è
nessuna
città
al
mondo
,
io
credo
,
nella
quale
la
bellezza
sia
così
pura
apparenza
come
a
Costantinopoli
.
Veduta
da
Balata
,
Piri
-
Pascià
è
una
cittadina
gentile
,
tutta
colori
ridenti
,
inghirlandata
di
verzura
,
che
si
specchia
nelle
acque
del
Corno
d
'
Oro
come
una
ninfa
,
e
desta
mille
immagini
d
'
amore
e
di
delizia
.
Entrateci
,
tutto
svanisce
.
Non
sono
che
casupole
rozze
,
tinte
di
coloracci
da
baracche
di
fiera
;
cortiletti
angusti
e
sucidi
,
che
paiono
ricettacoli
di
streghe
;
gruppi
di
fichi
e
di
cipressi
polverosi
,
giardini
ingombri
di
calcinacci
,
vicoli
deserti
,
miseria
,
immondizie
,
tristezza
.
Ma
scendete
una
china
,
saltate
in
un
caicco
,
e
dopo
cinque
remate
,
rivedete
la
cittadina
fantastica
,
in
tutta
la
pompa
della
sua
bellezza
e
della
sua
grazia
.
[
Hasskioi
]
Andando
innanzi
,
sempre
lungo
la
riva
del
Corno
d
'
Oro
,
scendiamo
in
un
altro
sobborgo
,
vasto
,
popoloso
,
d
'
aspetto
strano
,
dove
,
fin
dai
primi
passi
,
ci
accorgiamo
di
non
essere
più
in
mezzo
ai
musulmani
.
Da
ogni
parte
si
vedono
bambini
coperti
di
gore
e
di
scaglie
che
si
ravvoltolano
per
terra
;
vecchie
sformate
e
cenciose
che
lavorano
colle
mani
scheletrite
sugli
usci
delle
case
ingombre
di
ciarpame
e
ferravecchi
;
uomini
ravvolti
in
lunghi
vestiti
sudici
,
con
un
fazzoletto
in
brandelli
attorcigliato
intorno
alla
testa
,
che
passano
lungo
i
muri
in
aspetto
furtivo
;
visi
macilenti
alle
finestre
;
cenci
appesi
fra
casa
e
casa
;
strame
e
belletta
in
ogni
parte
.
È
Hasskioi
,
il
sobborgo
israelitico
,
il
ghetto
della
riva
settentrionale
del
Corno
d
'
Oro
,
che
fa
fronte
a
quello
dell
'
altra
riva
,
al
quale
lo
congiungeva
durante
la
guerra
di
Crimea
un
ponte
di
legno
di
cui
non
rimane
più
traccia
.
Di
qui
comincia
un
'
altra
lunga
catena
di
arsenali
,
di
scuole
militari
,
di
caserme
e
di
piazze
d
'
armi
,
che
si
stende
fin
quasi
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
.
Ma
di
questo
non
vedemmo
nulla
perché
ormai
non
ce
lo
consentivano
nè
le
gambe
,
nè
la
testa
.
Già
tutte
le
cose
vedute
ci
si
confondevano
nella
mente
;
ci
pareva
di
essere
in
viaggio
da
una
settimana
;
pensavamo
a
Pera
lontanissima
con
un
leggiero
sentimento
di
nostalgia
,
e
saremmo
tornati
indietro
,
se
non
ci
avesse
trattenuto
il
proposito
fatto
solennemente
sul
vecchio
ponte
,
e
se
Yunk
non
m
'
avesse
rianimato
,
secondo
il
suo
solito
,
intonando
la
gran
marcia
dell
'
Aida
.
[
Halidgi
-
Oghli
]
Avanti
dunque
.
Attraversiamo
un
altro
cimitero
musulmano
,
saliamo
sopra
un
'
altra
collina
,
entriamo
in
un
altro
sobborgo
,
nel
sobborgo
di
Halidgi
-
Oghli
,
abitato
da
una
popolazione
mista
;
una
piccola
città
dove
ad
ogni
svolto
di
vicolo
,
si
trova
una
nuova
razza
e
una
nuova
religione
.
Si
sale
,
si
scende
,
si
rampica
,
si
passa
in
mezzo
alle
tombe
,
alle
moschee
,
alle
chiese
,
alle
sinagoghe
;
si
gira
intorno
a
cimiteri
e
a
giardini
;
s
'
incontrano
delle
belle
armene
di
forme
matronali
e
delle
turche
leggiere
che
sbirciano
a
traverso
il
velo
;
si
sente
parlar
greco
,
armeno
e
spagnuolo
,
-
lo
spagnuolo
degli
ebrei
-
;
e
si
cammina
,
si
cammina
.
Si
dovrà
pure
arrivare
in
fondo
a
questa
Costantinopoli
!
-
diciamo
fra
noi
.
-
Tutto
ha
un
confine
su
questa
terra
!
Già
le
case
di
Halidgi
-
Oghli
diradano
,
cominciano
a
verdeggiare
li
orti
,
non
c
'
è
più
che
un
gruppo
di
abituri
,
vi
passiamo
in
mezzo
,
siamo
finalmente
arrivati
...
[
Sudludgé
]
Ahimè
!
non
siamo
arrivati
che
a
un
altro
sobborgo
.
È
il
sobborgo
cristiano
di
Sudludgé
,
che
s
'
innalza
sopra
una
collina
,
circondato
di
orti
e
di
cimiteri
;
sulla
collina
ai
piedi
della
quale
metteva
capo
il
solo
ponte
che
unisse
anticamente
le
due
rive
del
Corno
d
'
oro
.
Ma
questo
sobborgo
,
come
Dio
vuole
,
è
l
'
ultimo
,
e
la
nostra
escursione
è
finita
.
Usciamo
di
fra
le
case
per
cercare
un
luogo
di
riposo
;
saliamo
su
per
una
altura
ripida
e
nuda
che
s
'
alza
alle
spalle
di
Sudludgé
,
e
ci
troviamo
dinanzi
al
più
grande
cimitero
israelitico
di
Costantinopoli
:
un
vasto
piano
coperto
d
'
una
miriade
di
pietre
abbattute
,
le
quali
presentano
l
'
aspetto
sinistro
d
'
una
città
rovinata
dal
terremoto
,
senza
un
albero
,
senza
un
fiore
,
senza
un
filo
d
'
erba
,
senza
una
traccia
di
sentiero
:
una
solitudine
desolata
che
stringe
il
cuore
,
come
lo
spettacolo
d
'
una
grande
sventura
.
Sediamo
sopra
una
tomba
,
rivolti
verso
il
Corno
d
'
oro
,
ed
ammiriamo
,
riposando
,
il
panorama
immenso
e
gentile
che
ci
si
stende
dintorno
.
Si
vede
,
sotto
,
Sudludgé
,
Halidgi
-
Oghli
,
Hasskioj
,
Piri
-
Pascià
,
una
fuga
di
sobborghi
chiusi
fra
l
'
azzurro
del
mare
e
il
verde
dei
cimiteri
e
dei
giardini
;
a
sinistra
l
'
Okmeïdan
solitario
,
e
i
cento
minareti
di
Kassim
-
Pascià
;
più
lontano
,
Stambul
,
sterminata
e
confusa
;
di
là
da
Stambul
,
le
somme
linee
delle
montagne
dell
'
Asia
,
quasi
svanite
nel
cielo
;
dinanzi
,
proprio
in
faccia
a
Sudludgé
,
dall
'
altra
parte
del
Corno
d
'
oro
,
il
borgo
misterioso
d
'
Eyub
,
di
cui
si
distinguono
uno
per
uno
i
ricchi
mausolei
,
le
moschee
di
marmo
,
le
chine
ombrose
sparse
di
tombe
,
i
viali
solitari
,
e
i
recessi
pieni
di
tristezza
di
grazia
;
e
a
destra
d
'
Eyub
altri
villaggi
che
si
guardan
nell
'
acqua
,
e
poi
l
'
ultima
svolta
del
Corno
d
'
oro
,
che
si
perde
fra
due
alte
rive
rivestite
d
'
alberi
e
di
fiori
.
Spaziando
collo
sguardo
su
quel
panorama
,
stanchi
,
quasi
in
uno
stato
di
dormiveglia
,
senz
'
accorgercene
,
mettiamo
in
musica
quella
bellezza
,
canterellando
non
so
che
cosa
;
ci
domandiamo
chi
sarà
il
morto
su
cui
siamo
seduti
;
frughiamo
con
un
fuscello
dentro
un
formicaio
;
parliamo
di
mille
sciocchezze
;
ci
diciamo
di
tratto
in
tratto
:
-
Ma
siamo
proprio
a
Costantinopoli
?
-
;
poi
pensiamo
che
la
vita
è
breve
e
che
tutto
è
vanità
;
e
poi
ci
piglian
dei
fremiti
d
'
allegrezza
;
ma
in
fondo
sentiamo
che
nessuna
bellezza
della
terra
dà
una
gioia
veramente
intera
,
se
contemplandola
,
non
si
sente
nella
propria
mano
la
manina
della
donna
che
si
ama
.
[
In
caicco
]
Verso
il
tramonto
scendiamo
al
Corno
d
'
oro
,
entriamo
in
un
caicco
a
quattro
remi
,
e
non
abbiamo
ancora
pronunziato
la
parola
:
-
Galata
!
-
che
la
barchetta
gentile
è
già
lontana
dalla
riva
.
E
il
caicco
è
veramente
la
barchetta
più
gentile
che
abbia
mai
solcato
le
acque
.
È
più
lungo
della
gondola
,
ma
più
stretto
e
più
sottile
;
è
scolpito
,
dipinto
e
dorato
;
non
ha
nè
timone
,
nè
sedili
;
vi
si
siede
sopra
in
cuscino
o
un
tappeto
,
in
modo
che
non
riman
fuori
che
la
testa
e
le
spalle
;
è
terminato
alle
due
estremità
in
maniera
da
poter
andare
nelle
due
direzioni
;
si
squilibra
al
menomo
movimento
,
si
spicca
dalla
riva
come
una
freccia
dall
'
arco
,
par
che
voli
a
fior
d
'
acqua
come
una
rondine
,
passa
da
per
tutto
,
scivola
e
fugge
specchiando
nell
'
onde
i
suoi
mille
colori
come
un
delfino
inseguito
.
I
nostri
rematori
erano
due
bei
giovani
turchi
col
fez
rosso
,
con
una
camicia
cilestrina
,
con
un
paio
di
grandi
calzoni
bianchissimi
,
colle
braccia
e
colle
gambe
nude
;
due
atleti
ventenni
,
color
di
bronzo
,
puliti
,
allegri
e
baldanzosi
,
che
ad
ogni
remata
mandavano
innanzi
la
barca
di
tutta
la
sua
lunghezza
;
altri
caicchi
ci
passavano
accanto
di
volo
,
che
appena
si
vedevano
;
ci
passavano
vicino
degli
stormi
d
'
anitre
,
ci
roteavano
sul
capo
degli
uccelli
,
ci
rasentavano
delle
grandi
barche
coperte
,
piene
di
turche
velate
,
e
le
alghe
di
tratto
in
tratto
ci
nascondevano
ogni
cosa
.
Vista
d
'
in
fondo
al
Corno
d
'
Oro
,
a
quell
'
ora
,
la
città
presentava
un
aspetto
nuovissimo
.
Non
si
vedeva
la
riva
asiatica
,
a
cagione
della
curvatura
della
rada
;
la
collina
del
Serraglio
chiudeva
il
Corno
d
'
oro
come
un
lunghissimo
lago
;
le
colline
delle
due
rive
sembravano
ingigantite
;
e
,
Stambul
,
lontana
lontana
,
sfumata
con
una
gradazione
dolcissima
di
tinte
cineree
e
azzurrine
,
enorme
e
leggera
come
una
città
fatata
,
pareva
che
galleggiasse
sul
mare
e
si
perdesse
nel
cielo
.
Il
caicco
volava
,
le
due
rive
fuggivano
,
i
seni
succedevano
ai
seni
,
i
boschetti
ai
boschetti
,
i
sobborghi
ai
sobborghi
;
e
via
via
che
s
'
andava
innanzi
,
tutto
ci
s
'
allargava
e
ci
s
'
innalzava
dintorno
,
i
colori
della
città
illanguidivano
,
l
'
orizzonte
s
'
infocava
,
le
acque
mandavano
dei
riflessi
d
'
oro
e
di
porpora
,
e
un
profondo
stupore
ci
entrava
a
poco
a
poco
nell
'
anima
,
misto
a
una
dolcezza
indefinibile
,
che
ci
faceva
sorridere
e
non
ci
lasciava
parlare
.
Quando
il
caicco
si
fermò
allo
scalo
di
Galata
,
uno
dei
barcaioli
ci
dovette
gridare
negli
orecchi
:
Monsù
!
Arrivar
!
-
e
ci
destammo
come
da
un
sogno
.
IL
GRAN
BAZAR
Dopo
aver
visto
di
volo
tutta
Costantinopoli
,
percorrendo
le
due
rive
del
Corno
d
'
oro
,
è
tempo
di
entrare
nel
cuore
di
Stambul
,
d
'
andar
a
vedere
quella
fiera
universale
e
perpetua
,
quella
città
nascosta
,
oscura
,
piena
di
meraviglie
,
tesori
e
di
memorie
,
che
si
distende
fra
la
collina
di
Nuri
-
Osmanié
e
quella
del
Seraschiere
,
e
si
chiama
il
Grande
Bazar
.
Partiamo
dalla
piazza
della
moschea
Sultana
-
Validè
.
Qui
forse
si
vorrebbe
fermare
più
d
'
un
lettore
goloso
per
dare
un
'
occhiata
al
Balik
-
Bazar
,
mercato
dei
pesci
,
famoso
fin
dai
tempi
di
quel
vecchio
Andronico
Paleologo
,
il
quale
,
com
'
è
noto
,
dal
solo
prodotto
della
pesca
lungo
le
mura
della
città
ricavava
di
che
far
fronte
alle
spese
culinarie
di
tutta
la
sua
corte
.
La
pesca
,
infatti
,
è
ancora
abbondantissima
a
Costantinopoli
,
e
il
Balik
-
Bazar
,
nei
suoi
bei
giorni
,
potrebbe
offrire
all
'
autore
del
Ventre
de
Paris
il
soggetto
d
'
una
descrizione
pomposa
e
appetitosa
come
le
grandi
mense
dei
vecchi
quadri
olandesi
.
I
venditori
son
quasi
tutti
turchi
,
e
stanno
schierati
intorno
alla
piazza
,
coi
pesci
ammucchiati
sopra
stuoie
distese
in
terra
,
o
sopra
lunghe
tavole
,
intorno
a
cui
si
disputano
lo
spazio
una
folla
di
compratori
e
un
esercito
di
cani
.
Là
si
ritrovano
le
triglie
squisite
del
Bosforo
,
quattro
volte
più
grosse
di
quelle
dei
nostri
mari
;
le
ostriche
dell
'
isola
di
Marmara
,
che
i
Greci
e
gli
Armeni
soli
sanno
cuocere
a
punto
sulla
brace
;
le
palamite
e
i
tonni
che
son
salati
quasi
esclusivamente
dagli
Ebrei
;
le
alici
che
i
Turchi
impararono
a
salare
dai
Marsigliesi
;
le
sardelle
di
cui
Costantinopoli
provvede
l
'
Arcipelago
;
gli
ulufer
,
i
pesci
più
saporiti
del
Bosforo
,
che
si
pigliano
al
lume
della
luna
;
gli
scombri
del
Mar
Nero
,
che
fanno
sette
invasioni
successive
nelle
acque
della
città
,
levando
uno
strepito
che
si
sente
dalle
ville
delle
due
rive
;
isdaurid
colossali
,
pesci
spada
enormi
,
rombi
,
o
come
li
chiamano
i
Turchi
,
Kalkan
-
baluk
,
pesci
scudo
,
e
altri
mille
pesci
minori
,
che
guizzano
fra
i
due
mari
,
inseguiti
dai
delfini
e
dai
falianos
,
e
cacciati
da
innumerevoli
alcioni
,
a
cui
strappano
la
preda
dal
becco
i
piombini
.
Cuochi
di
pascià
,
vecchi
buongustai
musulmani
,
schiave
e
giovani
di
taverna
,
s
'
avvicinano
alle
tavole
,
guardano
i
pesci
in
atto
meditabondo
,
contrattano
a
monosillabi
,
e
se
ne
vanno
colla
loro
compra
appesa
a
uno
spago
,
tutti
gravi
e
taciturni
,
come
se
portassero
la
testa
d
'
un
nemico
;
a
mezzogiorno
la
piazza
è
sgombra
,
e
i
rivenditori
son
già
sparsi
per
i
caffè
vicini
,
dove
stanno
fino
al
cader
del
sole
,
sognando
ad
occhi
aperti
,
colle
spalle
al
muro
,
e
il
bocchino
del
narghilè
tra
le
labbra
.
Per
andare
al
Gran
Bazar
,
s
'
infila
una
strada
che
sbocca
nel
mercato
dei
pesci
,
tanto
stretta
che
le
sporgenze
delle
case
opposte
quasi
si
toccano
,
e
si
va
innanzi
per
un
buon
tratto
in
mezzo
a
due
file
di
botteghe
basse
ed
oscure
,
dove
si
vende
il
tabacco
"
la
quarta
colonna
della
tenda
della
voluttà
"
dopo
il
caffè
,
l
'
oppio
ed
il
vino
,
o
"
il
quarto
sofà
dei
godimenti
"
,
anch
'
esso
,
come
il
caffè
,
fulminato
un
tempo
da
editti
di
sultani
e
da
sentenze
di
muftì
,
e
cagione
di
torbidi
e
di
supplizi
,
che
lo
resero
più
saporito
.
Tutta
la
strada
è
occupata
dai
tabaccai
.
Il
tabacco
è
messo
in
mostra
sopra
assicciuole
,
a
piramidi
e
a
mucchi
rotondi
,
ognuno
sormontato
da
un
limone
.
Sono
piramidi
di
latakié
d
'
Antiochia
,
di
tabacco
del
Serraglio
biondo
e
sottilissimo
che
par
seta
della
più
fina
,
di
tabacco
da
sigarette
e
da
cibuk
,
di
tutte
le
gradazioni
di
sapore
e
di
forza
,
da
quel
che
fuma
il
facchino
gigantesco
di
Galata
a
quello
che
concilia
il
sonno
alle
odalische
annoiate
nei
chioschi
dei
giardini
imperiali
.
Il
tombeki
,
tabacco
fortissimo
,
che
darebbe
al
capo
anche
a
un
vecchio
fumatore
,
se
il
fumo
non
giungesse
alla
bocca
purificato
dall
'
acqua
del
narghilè
,
è
chiuso
in
boccie
di
vetro
come
un
medicinale
.
I
tabaccai
son
quasi
tutti
greci
od
armeni
cerimoniosi
,
che
affettano
un
certo
fare
signorile
;
gli
avventori
tengono
crocchio
;
vi
si
fermano
degli
impiegati
del
ministero
degli
esteri
e
del
Seraschierato
;
alle
volte
vi
dà
una
capatina
qualche
pezzo
grosso
;
vi
si
spolitica
,
si
va
a
raccogliervi
la
notizia
e
a
raccontarvi
il
fattarello
;
è
un
piccolo
bazar
appartato
e
aristocratico
,
che
invita
al
riposo
,
e
fa
sentire
,
anche
a
passarvi
soltanto
,
la
voluttà
della
chiacchera
e
del
fumo
.
Andando
innanzi
,
si
passa
sotto
una
vecchia
porta
ad
arco
,
inghirlandata
di
pampini
,
e
si
riesce
in
faccia
ad
un
vasto
edifizio
di
pietra
,
attraversato
da
una
lunga
strada
diritta
e
coperta
,
fiancheggiata
da
botteghe
oscure
,
e
ingombra
di
gente
,
di
casse
,
di
sacchi
,
di
mucchi
di
mercanzie
.
Entrando
,
si
sente
un
odore
d
'
aromi
acutissimo
,
che
quasi
ributta
indietro
.
È
il
bazar
egiziano
dove
sono
raccolte
tutte
le
derrate
dell
'
India
,
della
Siria
,
dell
'
Egitto
e
dell
'
Arrabia
,
che
ridotte
poi
in
essenze
,
in
pastiglie
,
in
polveri
,
in
unguenti
,
vanno
a
colorar
visetti
e
manine
d
'
odalische
,
a
profumar
stanze
e
bagni
e
bocche
e
barbe
e
pietanze
,
a
rinvigorire
Pascià
sfibrati
,
ad
assopire
spose
infelici
,
a
istupidire
fumatori
,
a
spander
sogni
,
ebbrezza
ed
obblìo
nella
città
sterminata
.
Fatti
pochi
passi
in
questo
bazar
,
si
comincia
a
sentir
la
testa
pesante
,
e
si
fugge
;
ma
la
sensazione
di
quell
'
aria
calda
e
grave
,
e
di
quei
profumi
inebbrianti
,
ci
accompagna
ancora
per
un
buon
tratto
all
'
aria
libera
,
e
rimane
poi
viva
nella
memoria
come
una
delle
più
intime
e
più
significanti
impressioni
dell
'
Oriente
.
Uscendo
dal
bazar
egiziano
,
si
passa
in
mezzo
a
officine
rumorose
di
calderai
,
a
taverne
turche
,
che
riempiono
la
strada
di
puzzi
nauseabondi
,
a
mille
botteguccie
e
nicchiette
e
buchi
oscuri
,
dove
si
fabbrica
e
si
vende
una
minutaglia
infinita
d
'
oggetti
senza
nome
,
e
si
arriva
finalmente
al
Grande
Bazar
.
Ma
assai
prima
d
'
arrivarci
,
s
'
è
assaliti
e
bisogna
difendersi
.
A
cento
passi
dalla
gran
porta
d
'
entrata
,
sono
appostati
,
come
bravi
,
i
sensali
dei
mercanti
,
e
i
sensali
dei
sensali
,
che
alla
prima
occhiata
v
'
hanno
riconosciuto
per
forestiero
,
hanno
capito
che
andate
al
bazar
per
la
prima
volta
,
e
indovinato
presso
a
poco
di
che
paese
siete
,
tanto
che
assai
di
rado
sbagliano
lingua
nel
dirigervi
la
parola
.
S
'
avvicinano
col
fez
in
mano
e
col
sorriso
sulle
labbra
e
v
'
offrono
i
loro
servizi
.
Allora
segue
quasi
sempre
un
dialogo
come
questo
.
-
Non
compro
nulla
-
rispondete
.
-
Che
importa
,
signore
?
Io
non
voglio
che
farle
vedere
il
bazar
.
-
Non
voglio
vedere
il
bazar
.
-
Ma
io
l
'
accompagno
gratis
.
-
Non
voglio
essere
accompagnato
gratis
.
-
Ebbene
,
non
l
'
accompagnerò
che
fino
in
fondo
alla
strada
,
per
darle
qualche
informazione
che
le
sarà
utile
un
altro
giorno
,
quando
verrà
per
comprare
.
-
Ma
se
non
voglio
neppur
sentir
discorrere
di
comprare
!
-
Parleremo
d
'
altro
,
signore
.
È
a
Costantinopoli
da
molto
tempo
?
È
soddisfatto
del
suo
albergo
?
Ha
ottenuto
il
permesso
di
visitare
le
moschee
?
-
Ma
se
vi
dico
che
non
voglio
parlare
,
che
voglio
esser
solo
!
-
Ebbene
,
la
lascierò
solo
;
la
seguiterò
alla
distanza
di
dieci
passi
.
-
Ma
perché
mi
volete
seguitare
?
-
Per
impedire
che
la
truffino
nelle
botteghe
.
-
Ma
se
non
entro
nelle
botteghe
!
-
Allora
...
per
impedire
che
le
diano
noia
per
la
strada
.
Insomma
,
o
bisogna
rimetterci
il
fiato
,
o
lasciarsi
accompagnare
.
Il
grande
bazar
non
ha
nulla
all
'
esterno
che
attiri
l
'
occhio
e
faccia
indovinare
il
di
dentro
.
È
un
immenso
edifizio
di
pietra
,
di
stile
bizantino
,
di
forma
irregolare
,
circondato
d
'
alte
mura
grigie
,
e
sormontato
da
centinaia
di
cupolette
rivestite
di
piombo
e
traforate
,
che
danno
luce
all
'
interno
:
l
'
entrata
principale
è
una
porta
arcata
,
senza
carattere
architettonico
;
dai
vicoli
intorno
non
si
sente
nessun
rumore
;
a
quattro
passi
dalla
porta
si
può
credere
ancora
che
dietro
quei
muri
di
fortezza
non
ci
sia
altro
che
solitudine
e
silenzio
.
Ma
appena
entrati
,
si
rimane
sbalorditi
.
Non
si
è
dentro
a
un
edifizio
,
ma
in
un
labirinto
di
strade
coperte
da
volte
arcate
e
fiancheggiate
da
pilastri
scolpiti
e
da
colonne
;
in
una
vera
città
,
colle
sue
moschee
,
colle
sue
fontane
,
coi
suoi
crocicchi
,
colle
sue
piazzette
,
rischiarata
da
una
luce
vaga
come
quella
d
'
una
foresta
fitta
in
cui
non
penetri
un
raggio
di
sole
;
e
percorsa
da
una
folla
immensa
.
Ogni
strada
è
un
bazar
,
e
quasi
tutte
metton
capo
in
una
strada
principale
,
coperta
da
una
volta
ad
archi
di
pietre
bianche
e
nere
,
e
decorata
d
'
arabeschi
,
come
una
navata
di
moschea
.
In
queste
strade
semioscure
,
in
mezzo
alla
folla
ondeggiante
,
passano
carrozze
,
cammelli
e
cavalieri
,
che
fanno
uno
strepito
assordante
.
In
ogni
parte
si
è
apostrofati
a
parole
e
a
cenni
.
Il
mercante
greco
chiama
ad
alta
voce
e
gesticola
in
atto
quasi
imperioso
;
l
'
armeno
,
altrettanto
furbo
,
ma
d
'
apparenza
più
modesta
sollecita
con
maniere
ossequiose
;
l
'
ebreo
susurra
le
sue
offerte
nell
'
orecchio
;
il
turco
silenzioso
,
accosciato
sopra
un
cuscino
sulla
soglia
della
bottega
,
non
invita
che
cogli
occhi
e
si
rimette
al
destino
.
Dieci
voci
insieme
vi
chiamano
:
Monsieur
!
Captan
!
Caballero
!
Signore
!
Eccellenza
!
Kyrie
!
Milord
!
-
Ad
ogni
svolta
,
per
le
porte
laterali
,
si
vedono
fughe
d
'
arcate
e
di
pilastri
,
lunghi
corridoi
,
scorci
di
stradette
,
prospetti
lontani
e
confusi
di
bazar
,
e
per
tutto
botteghe
,
merci
appese
ai
muri
e
alle
volte
,
mercanti
affaccendati
,
facchini
carichi
,
gruppi
di
donne
velate
,
un
fermarsi
e
un
disfarsi
continuo
di
crocchi
rumorosi
,
un
rimescolìo
di
gente
e
di
cose
,
da
dare
il
capogiro
.
La
confusione
,
però
,
non
è
che
apparente
.
Questo
immenso
bazar
è
ordinato
come
una
caserma
,
e
bastano
poche
ore
per
mettersi
in
grado
di
trovarci
qualunque
cosa
vi
si
cerchi
,
senza
bisogno
di
guida
.
Ogni
genere
di
mercanzia
ha
il
suo
piccolo
quartiere
,
la
sua
stradetta
,
il
suo
corridoio
,
la
sua
piazzuola
.
Sono
cento
piccoli
bazar
che
mettono
l
'
uno
nell
'
altro
,
come
le
sale
di
un
vastissimo
appartamento
;
ed
ogni
bazar
è
nello
stesso
tempo
un
museo
,
un
passeggio
,
un
mercato
e
un
teatro
,
nel
quale
si
può
veder
tutto
senza
comprar
nulla
,
prendere
il
caffè
,
godere
il
fresco
,
chiacchierare
in
dieci
lingue
e
fare
agli
occhi
colle
più
belle
donnine
dell
'
Oriente
.
Si
può
prendere
un
bazar
a
caso
e
passarci
una
mezza
giornata
senz
'
accorgersene
:
per
esempio
il
bazar
delle
stoffe
e
dei
vestiti
.
È
un
emporio
di
bellezze
e
di
ricchezze
da
perderci
gli
occhi
,
il
cervello
e
la
borsa
;
e
bisogna
star
in
guardia
,
perché
il
menomo
capriccio
può
aver
per
conseguenza
di
farci
chiedere
soccorso
a
casa
per
telegrafo
.
Si
passeggia
in
mezzo
a
mucchi
e
a
torri
di
broccati
di
Bagdad
,
di
tappeti
di
Caramania
,
di
sete
di
Brussa
,
di
tele
dell
'
Indostan
,
di
mussoline
del
Bengala
,
di
scialli
di
Madras
,
di
casimir
dell
'
India
e
della
Persia
,
di
tessuti
variopinti
del
Cairo
,
di
cuscini
rabescati
d
'
oro
,
di
veli
di
seta
rigati
d
'
argento
,
di
sciarpe
di
tocca
a
righe
azzurre
e
incarnate
,
leggiere
e
trasparenti
che
paiono
vaporose
,
di
stoffe
d
'
ogni
forma
e
d
'
ogni
disegno
,
in
cui
il
chermisino
,
il
blu
,
il
verde
,
il
giallo
,
i
colori
più
ribelli
alle
combinazioni
simpatiche
,
si
avvicinano
e
s
'
intrecciano
con
un
ardimento
e
un
'
armonia
da
far
rimanere
a
bocca
aperta
;
di
tappeti
da
tavola
d
'
ogni
grandezza
,
a
fondo
rosso
o
bianco
,
ricamati
d
'
arabeschi
,
di
fiori
,
di
versetti
del
Corano
,
di
cifre
imperiali
,
che
si
starebbe
un
giorno
a
contemplarli
come
le
pareti
dell
'
Alhambra
.
Qui
si
possono
ammirare
ad
una
ad
una
tutte
le
parti
del
vestiario
turco
signorile
,
come
nelle
alcove
d
'
un
arem
,
dalle
cappe
verdi
,
ranciate
e
color
di
giacinto
,
che
coprono
ogni
cosa
,
fino
alle
camicie
di
seta
,
ai
fazzoletti
ricamati
d
'
oro
e
alle
cinture
di
raso
a
cui
non
può
giungere
altro
sguardo
d
'
uomo
che
quel
del
signore
e
dell
'
eunuco
.
Qui
i
caffettani
di
velluto
rosso
,
contornati
d
'
ermellino
e
coperti
di
stelle
;
i
bustini
di
raso
giallo
,
i
calzoncini
di
seta
color
di
rosa
,
le
sottovesti
di
damasco
bianco
tempestate
di
fiori
d
'
oro
,
i
veli
di
sposa
scintillanti
di
pagliuole
d
'
argento
,
i
casacchini
di
terzopelo
verde
,
orlati
di
piumino
di
cigno
;
le
vesti
greche
,
armene
e
circasse
,
di
mille
tagli
capricciosi
,
sovraccariche
d
'
ornamenti
,
dure
e
splendenti
come
corazze
;
e
in
mezzo
a
tutti
questi
tesori
,
le
stoffe
prosaiche
di
Francia
e
d
'
Inghilterra
,
dai
colori
sinistri
,
che
ci
fanno
la
figura
della
nota
d
'
un
sarto
in
mezzo
alle
pagine
d
'
un
poema
.
Nessuno
che
ami
una
donna
,
può
passare
in
quel
bazar
senza
considerare
come
una
grande
sventura
di
non
essere
millionario
,
e
senza
sentirsi
per
un
momento
divampare
nell
'
anima
il
furore
del
saccheggio
.
Per
liberarsi
da
queste
idee
,
non
c
'
è
che
a
svoltare
nel
bazar
delle
pipe
.
Qui
l
'
immaginazione
è
ricondotta
a
desiderii
più
tranquilli
.
Sono
fasci
di
cibuk
di
gelsomino
,
di
ciliegio
,
d
'
acero
e
di
rosaio
;
bocchini
d
'
ambra
gialla
del
mar
Baltico
,
levigati
e
luccicanti
come
il
cristallo
,
d
'
innumerevoli
gradazioni
di
colore
e
di
trasparenza
,
ornati
di
rubini
e
di
diamanti
;
pipe
di
Cesarea
,
colla
cannetta
fasciata
di
fili
d
'
oro
e
di
seta
;
borse
da
tabacco
del
Libano
,
a
losanghe
di
varii
colori
,
rabescati
di
ricami
splendenti
;
narghilè
di
cristallo
di
Boemia
,
d
'
acciaio
e
d
'
argento
,
di
belle
forme
antiche
,
damaschinati
,
niellati
,
tempestati
di
pietre
preziose
,
con
tubi
di
marocchino
scintillanti
di
dorature
e
d
'
anelli
,
fasciati
nella
bambagia
,
e
perpetuamente
custoditi
da
due
occhi
fissi
,
che
all
'
avvicinarsi
d
'
ogni
curioso
si
dilatano
come
occhi
di
civetta
,
e
fanno
morir
sulle
labbra
la
richiesta
del
prezzo
a
chiunque
non
sia
almeno
vizir
o
pascià
e
non
abbia
dissanguato
per
qualche
anno
una
provincia
dell
'
Asia
Minore
.
Qui
non
viene
a
comprare
che
il
messo
della
Sultana
che
vuol
dare
un
pegno
di
gratitudine
al
gran
vizir
arrendevole
,
o
l
'
alto
dignitario
di
Corte
che
,
prendendo
possesso
della
nuova
carica
,
è
costretto
,
per
suo
decoro
,
a
spendere
cinquanta
mila
lire
in
una
rastrelliera
di
pipe
;
o
l
'
ambasciatore
del
Sultano
che
vuol
portare
al
Monarca
europeo
un
ricordo
splendido
di
Stambul
.
Il
turco
modesto
dà
uno
sguardo
malinconico
e
passa
oltre
,
parafrasando
,
per
consolarsi
,
la
sentenza
del
Profeta
:
-
il
fuoco
dell
'
inferno
tuonerà
come
il
muggito
del
cammello
nel
ventre
di
colui
che
fuma
in
una
pipa
d
'
oro
o
d
'
argento
.
Di
qui
si
ricasca
fra
le
tentazioni
entrando
nel
bazar
dei
profumieri
,
che
è
uno
dei
più
schiettamente
orientali
e
dei
più
cari
al
Profeta
,
il
quale
diceva
:
-
Donne
,
bambini
e
profumi
-
,
per
dire
i
suoi
tre
più
dolci
piaceri
.
Qui
si
trovano
le
famose
pastiglie
del
Serraglio
che
profumano
i
baci
,
le
cassule
di
gomma
odorosa
che
staccano
dal
mastico
le
forti
fanciulle
di
Chio
,
per
mandarla
a
rafforzar
le
gengive
delle
molli
musulmane
;
le
essenze
squisite
di
bergamotto
e
di
gelsomino
,
e
quelle
potentissime
di
rosa
,
chiuse
in
astucci
di
velluto
ricamato
d
'
oro
,
d
'
un
prezzo
da
far
rizzare
i
capelli
;
qui
il
collirio
per
le
sopracciglia
,
l
'
antimonio
per
gli
occhi
,
l
'
henné
per
le
unghie
,
i
saponi
che
ammorbidiscono
la
cute
delle
belle
siriane
,
le
pillole
che
fanno
cadere
i
peli
dal
volto
delle
maschie
circasse
,
le
acque
di
cedro
e
d
'
arancio
,
i
sacchetti
di
muschio
,
l
'
olio
di
sandalo
,
l
'
ambra
grigia
,
l
'
aloè
per
profumare
le
chicchere
e
le
pipe
,
una
miriade
di
polveri
,
d
'
acque
e
di
pomate
,
distinte
con
nomi
fantastici
e
destinate
ad
usi
indicibili
,
che
rappresentano
ciascuna
un
capriccio
amoroso
,
un
proposito
di
seduzione
,
un
raffinamento
di
voluttà
,
e
spandono
tutte
insieme
una
fragranza
acuta
e
sensuale
,
che
fa
veder
come
in
sogno
dei
grandi
occhi
languidi
e
delle
manine
carezzevoli
,
e
sentire
un
suono
sommesso
di
respiri
e
di
baci
.
Tutte
queste
fantasie
svaniscono
entrando
nel
bazar
dei
gioiellieri
,
che
è
una
stradetta
oscura
e
deserta
,
fiancheggiata
da
botteguccie
d
'
aspetto
meschino
,
in
cui
nessuno
direbbe
mai
che
sian
nascosti
,
come
ci
sono
,
dei
tesori
favolosi
.
Le
gioie
sono
chiuse
in
cofani
di
legno
di
quercia
,
cerchiati
e
corazzati
di
ferro
,
e
posti
sul
davanti
delle
botteghe
,
sotto
gli
occhi
dei
mercanti
:
vecchi
turchi
o
vecchi
ebrei
,
dalle
lunghe
barbe
e
dallo
sguardo
acuto
,
che
par
che
penetri
nelle
tasche
e
trapassi
i
portamonete
.
Qualcuno
sta
ritto
dinanzi
alla
sua
tana
,
e
quando
gli
passate
accanto
,
prima
vi
ficca
gli
occhi
negli
occhi
,
poi
con
un
rapido
movimento
vi
mette
sotto
il
viso
un
diamante
di
Golconda
o
uno
zaffiro
d
'
Ormus
o
un
rubino
di
Giamscid
,
che
al
menomo
vostro
cenno
negativo
,
ritira
colla
medesima
rapidità
con
cui
l
'
ha
porto
.
Altri
girano
a
passi
lenti
,
vi
fermano
in
mezzo
alla
strada
e
,
dopo
aver
rivolto
intorno
uno
sguardo
sospettoso
,
tirano
fuor
del
seno
un
cencio
sucido
,
e
lo
spiegano
,
e
vi
fanno
vedere
un
bel
topazio
del
Brasile
o
una
bella
turchina
di
Macedonia
,
guardandovi
coll
'
occhio
di
demoni
tentatori
.
Altri
non
fanno
che
darvi
un
'
occhiata
scrutatrice
,
e
non
giudicandovi
una
faccia
da
pietre
preziose
,
non
si
degnano
di
offrirvi
nulla
.
Nessuno
poi
fa
l
'
atto
d
'
aprire
il
cofanetto
,
se
anche
aveste
la
faccia
d
'
un
santo
o
l
'
aria
d
'
un
Creso
.
Le
collane
d
'
opale
,
i
fiori
e
le
stelle
di
smeraldo
,
le
mezzelune
e
i
diademi
contornati
di
perle
d
'
Ofir
,
i
mucchietti
abbarbaglianti
di
acque
-
di
-
mare
,
di
crisoberilli
,
d
'
avventurine
,
di
agate
,
di
granate
,
di
lapislazzuli
,
rimangono
inesorabilmente
nascosti
agli
occhi
dei
curiosi
senza
quattrini
,
e
specialmente
a
quelli
d
'
uno
scrittore
italiano
.
Tutt
'
al
più
egli
può
arrischiarsi
a
domandare
il
prezzo
di
qualche
tespí
,
o
coroncina
d
'
ambra
,
di
sandalo
o
di
corallo
,
da
far
scorrere
tra
le
dita
,
come
i
turchi
,
per
ingannare
il
tempo
negli
intervalli
dei
suoi
lavori
forzati
.
Per
divertirsi
bisogna
entrare
nelle
botteghe
dei
franchi
,
mercanti
di
stoffe
,
dove
c
'
è
merce
per
tutte
le
borse
.
Appena
entrati
,
si
ha
intorno
un
cerchio
di
gente
che
non
si
capisce
di
dove
sia
sbucata
.
Non
è
mai
possibile
l
'
aver
che
fare
con
un
solo
.
Tra
il
mercante
,
i
soci
del
mercante
,
i
sensali
,
i
manutengoli
e
i
tirapiedi
,
son
sempre
una
mezza
dozzina
.
Se
non
v
'
accoppa
uno
,
v
'
impicca
l
'
altro
:
non
c
'
è
modo
di
scansare
una
brutta
fine
.
E
non
si
può
dire
con
che
arte
,
con
che
pazienza
,
con
che
ostinazione
,
con
che
diabolici
raggiri
fanno
comprare
quello
che
vogliono
.
Domandano
d
'
ogni
cosa
un
subisso
:
offrite
il
terzo
:
lasciano
cader
le
braccia
in
segno
di
profondo
scoraggiamento
,
o
si
battono
la
fronte
in
atto
disperato
,
e
non
rispondono
;
oppure
si
espandono
in
un
torrente
di
parole
appassionate
per
toccarvi
il
cuore
.
Siete
un
uomo
crudele
,
volete
costringerli
a
chiuder
bottega
,
volete
ridurli
alla
miseria
,
non
avete
compassione
dei
loro
figliuoli
,
non
capiscono
che
cosa
possano
avervi
fatto
di
male
per
trattarli
in
quella
maniera
.
Mentre
vi
dicono
il
prezzo
d
'
un
oggetto
,
un
sensale
d
'
una
bottega
vicina
vi
susurra
nell
'
orecchio
:
-
Non
comprate
,
vi
truffano
.
-
Voi
credete
che
sia
sincero
,
e
invece
è
d
'
accordo
col
mercante
;
vi
dice
che
vi
truffano
collo
scialle
,
per
guadagnare
la
vostra
fiducia
,
e
farvi
rompere
il
collo
un
minuto
dopo
,
consigliandovi
di
comprare
il
tappeto
.
Mentre
esaminate
la
stoffa
,
essi
si
parlano
a
gesti
,
a
occhiate
,
a
colpi
di
gomito
,
a
mezze
parole
.
Se
sapete
il
greco
,
parlano
turco
;
se
sapete
il
turco
,
parlano
armeno
;
se
sapete
l
'
armeno
,
parlano
spagnuolo
;
ma
in
qualche
modo
s
'
intendono
e
ve
l
'
accoccano
.
Se
poi
tenete
duro
,
v
'
insaponano
;
vi
dicono
che
parlate
bene
la
loro
lingua
,
che
avete
un
fare
da
gentiluomo
e
che
non
dimenticheranno
mai
più
la
vostra
bella
figura
;
vi
discorrono
del
vostro
paese
,
nel
quale
sono
stati
molto
tempo
,
perché
sono
stati
da
per
tutto
;
vi
fanno
il
caffè
,
vi
offrono
d
'
accompagnarvi
alla
dogana
quando
partirete
,
per
impedire
che
vi
facciano
dei
soprusi
,
ossia
per
truffar
voi
,
la
dogana
e
i
vostri
compagni
di
viaggio
,
se
ne
avete
;
mettono
sottosopra
tutta
la
bottega
,
e
non
vi
fanno
punto
il
viso
arcigno
se
ve
n
'
andate
senza
comprare
:
se
non
è
quel
giorno
,
sarà
un
altro
;
al
bazar
ci
dovete
tornare
,
i
loro
cani
da
caccia
vi
riconosceranno
;
se
non
cadrete
nelle
loro
mani
,
cadrete
in
quelle
d
'
un
loro
socio
;
se
non
vi
peleranno
come
mercanti
,
vi
scorticheranno
come
sensali
;
se
non
vi
aggiusteranno
in
bottega
,
vi
serviranno
la
messa
alla
dogana
;
il
colpo
non
può
fallire
.
A
che
popolo
appartengono
costoro
?
Non
si
capisce
.
A
furia
di
parlar
lingue
diverse
,
han
perduto
il
loro
accento
primitivo
;
a
forza
di
far
la
commedia
,
hanno
alterati
i
tratti
fisionomici
della
loro
razza
;
son
di
che
paese
si
vuole
,
fanno
il
mestiere
che
si
desidera
,
sono
interpreti
,
guide
,
mercanti
,
usurai
;
e
sopra
ogni
cosa
,
artisti
insuperabili
nell
'
arte
di
scroccare
l
'
universo
.
I
mercanti
musulmani
offrono
un
campo
d
'
osservazioni
affatto
diverso
.
Fra
loro
si
ritrovano
ancora
quei
vecchi
turchi
,
ormai
rari
per
le
vie
di
Costantinopoli
,
che
sono
come
la
personificazione
del
tempo
dei
Maometti
e
dei
Bajazet
,
i
resti
viventi
del
vecchio
edifizio
ottomano
,
ch
'
ebbe
il
primo
crollo
dalle
riforme
di
Mahmut
,
e
che
di
giorno
in
giorno
,
pietra
per
pietra
,
rovina
e
si
trasforma
.
Bisogna
venire
nel
gran
bazar
e
ficcare
lo
sguardo
in
fondo
alle
botteguccie
più
oscure
delle
stradette
più
appartate
,
per
ritrovare
i
vecchi
turbanti
enormi
dei
tempi
di
Solimano
,
dalla
forma
di
cupole
di
moschee
;
le
faccie
impassibili
,
gli
occhi
di
vetro
,
i
nasi
adunchi
,
le
lunghe
barbe
bianche
,
gli
antichi
caffettani
aranciati
e
purpurei
,
i
grandi
calzoni
a
mille
pieghe
stretti
intorno
alla
vita
dalle
sciarpe
smisurate
,
gli
atteggiamenti
alteri
e
tristi
dell
'
antico
popolo
dominatore
,
i
visi
istupiditi
dall
'
oppio
o
illuminati
dal
sentimento
d
'
una
fede
ardente
.
Essi
son
là
in
fondo
alle
loro
nicchie
,
colle
braccia
e
colle
gambe
incrociate
,
immobili
e
gravi
come
idoli
,
e
aspettano
,
senz
'
aprir
bocca
,
i
compratori
predestinati
.
Se
le
cose
vanno
bene
,
mormorano
:
-
Mach
Allà
!
-
Sia
lodato
Iddio
!
-
;
se
vanno
male
:
-
Olsun
!
-
Così
sia
-
,
e
chinano
la
testa
rassegnati
.
Alcuni
leggono
il
Corano
,
altri
fanno
scorrere
fra
le
dita
le
pallettine
del
tespì
,
mormorando
sbadatamente
i
cento
epiteti
d
'
Allà
;
altri
che
han
fatto
buoni
affari
,
bevono
il
loro
narghilè
,
per
dirla
coll
'
espressione
turca
,
girando
intorno
lentamente
uno
sguardo
voluttuoso
e
pieno
di
sonno
;
altri
stanno
curvi
,
cogli
occhi
socchiusi
e
colla
fronte
corrugata
come
occupati
da
un
profondo
pensiero
.
A
che
cosa
pensano
?
Forse
ai
loro
figliuoli
morti
sotto
le
mura
di
Sebastopoli
o
alle
loro
carovane
disperse
o
alle
loro
voluttà
perdute
o
ai
giardini
eterni
,
promessi
dal
Profeta
,
dove
all
'
ombra
delle
palme
e
dei
granati
,
sposeranno
le
vergini
dagli
occhi
neri
,
che
nè
uomo
nè
genio
non
ha
mai
profanate
.
Tutti
hanno
qualchecosa
di
bizzarro
,
tutti
sono
pittoreschi
;
ogni
bottega
è
la
cornice
d
'
un
quadro
pieno
di
colori
e
di
pensiero
,
che
fa
balenare
alla
mente
la
storia
intera
d
'
una
vita
avventurosa
e
fantastica
.
Quest
'
uomo
secco
e
abbronzato
,
dai
lineamenti
arditi
,
è
un
arabo
che
ha
guidato
egli
stesso
dal
fondo
della
sua
patria
lontana
i
suoi
cammelli
carichi
di
gemme
e
d
'
alabastro
,
e
s
'
è
sentito
più
volte
fischiare
agli
orecchi
le
palle
dei
ladroni
del
deserto
.
Quest
'
altro
dal
turbante
giallo
e
dall
'
aspetto
signorile
,
ha
attraversato
a
cavallo
le
solitudini
della
Siria
,
portando
le
sete
di
Tiro
e
di
Sidone
.
Questo
nero
col
capo
ravvolto
in
un
vecchio
scialle
di
Persia
,
colla
fronte
rigata
di
cicatrici
che
gli
fecero
i
negromanti
per
salvarlo
dalla
morte
,
che
tiene
il
viso
alto
,
come
se
guardasse
ancora
le
teste
dei
colossi
di
Tebe
e
le
cime
delle
Piramidi
,
è
venuto
dalla
Nubia
.
Questo
bel
moro
dalla
faccia
pallida
e
dagli
occhi
neri
,
ravvolto
in
una
cappa
bianchissima
,
ha
portato
i
suoi
caic
e
i
suoi
tappeti
dalle
ultime
falde
occidentali
della
catena
dell
'
Atlante
.
Questo
turco
dal
turbante
verde
e
dal
volto
estenuato
ha
fatto
quest
'
anno
stesso
il
grande
pellegrinaggio
,
ha
visto
parenti
ed
amici
morir
di
sete
in
mezzo
alle
pianure
interminabili
dell
'
Asia
Minore
,
è
arrivato
alla
Mecca
in
fin
di
vita
,
ha
fatto
sette
volte
strascinandosi
il
giro
della
Kaaba
,
ed
è
caduto
in
deliquio
coprendo
di
baci
furiosi
la
Pietra
nera
.
Questo
colosso
dal
viso
bianco
,
dalle
sopracciglia
arcate
,
dagli
occhi
fulminei
,
che
par
più
un
guerriero
che
un
mercante
,
e
spira
da
tutta
la
persona
l
'
ambizione
e
l
'
orgoglio
,
ha
portato
le
sue
pelliccie
dalle
regioni
settentrionali
del
Caucaso
,
dove
,
nei
suoi
begli
anni
,
fece
cader
la
testa
dalle
spalle
a
più
d
'
un
Cosacco
.
E
questo
povero
mercante
di
lane
,
dal
viso
schiacciato
e
dagli
occhi
piccoli
e
obliqui
,
tarchiato
e
rude
come
un
atleta
,
non
è
gran
tempo
che
disse
le
sue
preghiere
all
'
ombra
dell
'
immensa
cupola
che
protegge
il
sepolcro
di
Timur
:
egli
è
partito
da
Samarkanda
,
ha
valicato
i
deserti
della
grande
Bukaria
,
è
passato
in
mezzo
alle
orde
dei
turcomanni
,
ha
attraversato
il
Mar
Morto
,
è
sfuggito
alle
palle
dei
Circassi
,
ha
ringraziato
Allà
nelle
moschee
di
Trebisonda
,
ed
è
venuto
a
cercar
fortuna
a
Stambul
,
di
dove
ritornerà
,
vecchio
,
in
fondo
alla
sua
Tartaria
,
che
gli
sta
sempre
nel
cuore
.
Uno
dei
bazar
più
splendidi
è
il
bazar
delle
calzature
,
ed
è
forse
anche
quello
che
mette
più
grilli
nel
capo
.
Sono
due
file
di
botteghe
smaglianti
che
danno
alla
strada
l
'
aspetto
d
'
una
sala
di
reggia
,
o
d
'
uno
di
quei
giardini
delle
leggende
arabe
in
cui
gli
alberi
hanno
le
foglie
d
'
oro
e
fiori
di
perle
.
C
'
è
da
calzare
tutti
i
piedini
di
tutte
le
corti
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
.
Le
pareti
son
coperte
di
pantofole
di
velluto
,
di
pelle
,
di
broccato
,
di
raso
,
dei
colori
più
petulanti
e
delle
forme
più
capricciose
,
ornate
di
filigrana
,
contornate
di
lustrini
,
abbellite
di
nappine
di
seta
e
di
piuma
di
cigno
,
stelleggiate
e
infiorate
d
'
argento
e
d
'
oro
,
coperte
d
'
arabeschi
intricati
che
non
lasciano
più
vedere
il
tessuto
,
e
lampeggianti
di
zaffiri
e
di
smeraldi
.
Ce
n
'
è
per
le
spose
dei
barcaiuoli
e
per
le
belle
del
Sultano
,
da
cinque
e
da
mille
lire
il
paio
;
ci
sono
le
scarpette
di
marocchino
che
premeranno
i
ciottoli
di
Pera
,
le
babbuccie
che
striscieranno
sui
tappeti
degli
arem
,
gli
zoccoletti
che
faranno
risonare
i
marmi
dei
bagni
imperiali
,
le
pianelline
di
raso
bianco
su
cui
s
'
inchioderanno
le
labbra
ardenti
dei
Pascià
,
e
forse
qualche
paio
di
pantofole
imperlate
che
aspetteranno
ogni
mattina
lo
svegliarsi
d
'
una
bella
Georgiana
accanto
al
letto
del
Gran
Signore
.
Ma
che
piedi
possono
entrare
in
quelle
babbuccie
?
Ve
ne
sono
che
paion
tagliate
ai
piedi
delle
urì
e
delle
fate
;
lunghe
come
una
foglia
di
giglio
,
larghe
come
una
foglia
di
rosa
,
d
'
una
piccolezza
da
far
disperare
tutta
l
'
Andalusia
,
d
'
una
grazia
da
farsi
sognare
;
non
babbuccie
,
ma
gioielli
da
tenersi
sul
tavolino
;
scatolini
da
metterci
dei
dolci
o
dei
bigliettini
amorosi
;
da
non
poter
immaginare
che
ci
sia
un
piedino
che
v
'
entri
,
senza
desiderare
di
rivoltarselo
un
mese
fra
le
mani
affollandolo
di
domande
e
di
vezzi
.
Questo
bazar
è
uno
dei
più
frequentati
dagli
stranieri
.
Vi
si
vedono
spesso
dei
giovani
europei
,
che
hanno
in
un
pezzetto
di
carta
la
misura
d
'
un
piedino
italiano
o
francese
,
di
cui
forse
sono
alteri
,
e
che
fanno
un
atto
di
stupore
o
di
dispetto
,
riconoscendo
che
passa
di
molto
la
lunghezza
d
'
una
certa
babbuccina
su
cui
han
posto
gli
occhi
;
ed
altri
che
,
domandato
il
prezzo
,
e
sentita
una
schiopettata
,
scappano
senza
ribatter
parola
.
Qui
pure
spesseggiano
le
signore
mussulmane
,
le
hanum
dai
grandi
veli
bianchi
,
e
occorre
sovente
di
cogliere
passando
qualche
frammento
dei
loro
lunghi
dialoghi
coi
venditori
,
qualche
parola
armoniosa
della
loro
bella
lingua
,
pronunziata
da
una
voce
chiara
e
dolce
che
accarezza
l
'
orecchio
come
il
suono
d
'
una
mandòla
.
-
Buni
catscia
verersin
?
-
Quanto
vale
questo
?
-
Pahalli
dir
.
-
È
troppo
caro
.
-
Ziadè
veremèm
.
-
Non
pagherò
di
più
.
E
poi
una
risata
fanciullesca
e
sonora
,
che
mette
voglia
di
pigliarle
un
pizzico
di
guancia
e
darle
una
presa
di
monella
.
Il
bazar
più
ricco
e
più
pittoresco
è
quello
delle
armi
.
Non
è
un
bazar
,
è
un
museo
,
riboccante
di
tesori
,
pieno
di
memorie
e
d
'
immagini
che
trasportano
il
pensiero
nelle
regioni
della
storia
e
della
leggenda
,
e
destano
un
sentimento
indescrivibile
di
meraviglia
e
di
sgomento
.
Tutte
le
armi
più
strane
,
più
spaventose
e
più
feroci
che
sono
state
brandite
dalla
Mecca
al
Danubio
in
difesa
dell
'
Islam
,
sono
là
schierate
e
forbite
,
come
se
ce
l
'
avessero
appese
poco
prima
le
mani
dei
soldati
fanatici
di
Maometto
e
di
Selim
;
e
par
di
veder
scintillare
fra
le
loro
lame
gli
occhi
iniettati
di
sangue
di
quei
sultani
formidabili
,
di
quei
giannizzeri
forsennati
,
di
quegli
spahì
,
di
quegli
azab
,
di
quei
silidar
senza
pietà
e
senza
paura
che
seminarono
l
'
Asia
Minore
e
l
'
Europa
di
teste
recise
e
di
corpi
dilaniati
.
Là
si
ritrovano
le
scimitarre
famose
che
tagliavano
le
penne
in
aria
e
spiccavan
le
orecchie
agli
ambasciatori
insolenti
;
i
cangiari
pesanti
che
d
'
un
colpo
fendevano
il
cranio
e
scoprivano
il
cuore
;
le
mazze
d
'
armi
che
stritolavano
i
caschi
serbi
e
ungheresi
;
gli
yatagan
dal
manico
intarsiato
d
'
avorio
e
tempestato
d
'
amatiste
e
di
rubini
,
che
serbano
ancora
segnato
a
intagli
nella
lama
il
numero
delle
teste
troncate
;
i
pugnali
dai
foderi
d
'
argento
,
di
velluto
e
di
raso
,
coi
manichi
di
agata
e
d
'
avorio
,
ornati
di
granate
,
di
corallo
e
di
turchine
,
istoriati
di
versetti
del
Corano
in
lettere
d
'
oro
,
colle
lame
incurvate
e
ritorte
che
par
che
cerchino
un
cuore
.
Chi
sa
che
in
questa
armeria
confusa
e
terribile
non
ci
sia
la
scimitarra
d
'
Orcano
,
o
la
sciabola
di
legno
con
cui
il
braccio
poderoso
d
'
Abd
-
el
-
Murad
,
il
dervis
guerriero
,
spiccava
d
'
un
colpo
le
teste
;
o
il
famoso
jatagan
col
quale
il
Sultano
Musa
spaccò
Hassan
dalla
spalla
al
cuore
;
o
la
sciabola
enorme
del
gigantesco
bulgaro
che
appoggiò
la
prima
scala
alle
mura
di
Costantinopoli
;
o
la
mazza
con
cui
Maometto
II
freddò
il
soldato
rapace
sotto
le
vôlte
di
Santa
Sofia
;
o
la
gran
sciabola
damascata
di
Scanderberg
che
fendette
in
due
Firuz
-
Pascià
sotto
le
mura
di
Stetigrad
?
I
più
formidabili
fendenti
e
le
più
orrende
morti
della
storia
ottomana
s
'
affacciano
alla
mente
,
e
par
che
proprio
su
quelle
lame
debba
esser
rappreso
quel
sangue
,
e
che
i
vecchi
turchi
rintanati
in
quelle
botteghe
,
abbiano
raccolto
armi
e
cadaveri
sul
terreno
della
strage
,
e
custodiscano
ancora
gli
scheletri
sfracellati
in
qualche
angolo
oscuro
.
In
mezzo
alle
armi
si
vedono
pure
le
grandi
selle
di
velluto
scarlatto
e
celeste
,
ricamate
a
stelle
e
a
mezzelune
d
'
oro
e
di
perle
,
i
frontali
impennacchiati
,
i
morsi
d
'
argento
niellato
e
le
gualdrappe
splendide
come
manti
reali
:
bardature
da
cavalli
delle
Mille
e
una
notte
,
fatte
per
l
'
entrata
trionfale
d
'
un
re
dei
genii
in
una
città
dorata
del
mondo
dei
sogni
.
Al
di
sopra
di
questi
tesori
,
sono
sospesi
alle
pareti
vecchi
moschetti
a
ruota
e
a
miccia
,
grosse
pistole
albanesi
,
lunghissimi
fucili
arabi
lavorati
come
gioielli
,
scudi
antichi
di
scorza
di
tartaruga
e
di
pelle
d
'
ippopotamo
,
maglie
circasse
,
scudi
cosacchi
,
celate
mongoliche
,
archi
turcassi
,
coltellacci
da
carnefici
,
lamaccie
di
forme
sinistre
,
ognuna
delle
quali
pare
la
rivelazione
d
'
un
delitto
,
e
fa
pensare
agli
spasimi
di
un
'
agonia
.
In
mezzo
a
quest
'
apparato
minaccioso
e
magnifico
,
siedono
a
gambe
incrociate
i
mercanti
più
schiettamente
turchi
del
Grande
Bazar
,
la
più
parte
vecchi
,
d
'
aspetto
tetro
,
smunti
come
anacoreti
e
superbi
come
Sultani
,
figure
d
'
altri
secoli
,
vestiti
alla
foggia
delle
prime
egire
,
che
sembrano
risuscitati
dal
sepolcro
per
richiamare
i
nipoti
imbastarditi
alla
austerità
dell
'
antica
razza
.
Un
altro
bazar
da
vedersi
è
quello
degli
abiti
vecchi
.
Qui
il
Rembrant
ci
avrebbe
preso
domicilio
e
il
Goya
speso
la
sua
ultima
peceta
.
Chi
non
ha
mai
visto
una
bottega
di
rigattiere
orientale
non
può
immaginare
che
stravaganza
di
stracci
,
che
pompa
di
colori
,
che
ironia
di
contrasti
,
che
spettacolo
ad
un
tempo
carnevalesco
,
lugubre
e
schifoso
,
presenti
questo
bazar
,
questa
cloaca
di
cenci
,
in
cui
tutti
i
rifiuti
degli
arem
,
delle
caserme
,
della
corte
,
dei
teatri
,
vengono
ad
aspettare
che
il
capriccio
d
'
un
pittore
o
il
bisogno
d
'
un
pezzente
li
riporti
alla
luce
del
sole
.
Da
lunghe
pertiche
confitte
nei
muri
,
pendono
vecchie
uniformi
turche
,
giubbe
a
coda
di
rondine
,
dolman
di
gran
signori
,
tuniche
di
dervis
,
cappe
di
beduini
,
tutte
untume
,
brindelli
e
buchi
,
che
paiono
state
crivellate
a
colpi
di
pugnale
e
rammentano
le
spoglie
sinistre
degli
assassinati
che
si
vedono
sulle
tavole
delle
Corte
d
'
Assisie
.
In
mezzo
a
questi
cenci
luccica
ancora
qua
e
là
qualche
rabesco
d
'
oro
;
spenzolano
vecchie
cinture
di
seta
,
turbanti
sciolti
,
ricchi
scialli
lacerati
,
bustini
di
velluto
a
cui
pare
che
la
mano
furiosa
d
'
un
ladro
abbia
strappato
insieme
il
pelo
e
le
perle
,
calzoncini
e
veli
che
sono
forse
appartenuti
a
qualche
bella
infedele
,
la
quale
dorme
cucita
in
un
sacco
in
fondo
alle
acque
del
Bosforo
,
ed
altre
vesti
ed
ornamenti
di
donna
,
di
mille
colori
gentili
,
imprigionati
fra
i
grossi
caffettani
circassi
,
dai
cartuccieri
irruginiti
,
fra
le
lunghe
toghe
nere
degli
ebrei
,
fra
le
rozze
casacche
e
i
pesanti
mantelli
,
che
hanno
nascosto
chi
sa
quante
volte
il
fucile
del
bandito
o
lo
stile
del
sicario
.
Verso
sera
,
alla
luce
misteriosa
che
scende
dai
fori
della
volta
,
tutti
quei
vestiti
appesi
prendono
una
vaga
apparenza
di
corpi
d
'
impiccati
;
e
quando
in
fondo
a
una
bottega
si
vedono
scintillare
gli
occhi
astuti
d
'
un
vecchio
ebreo
,
che
si
gratta
la
fronte
con
una
mano
adunca
,
si
direbbe
che
è
quella
la
mano
che
ha
stretto
i
lacci
,
e
si
dà
uno
sguardo
alla
porta
del
bazar
,
per
paura
che
sia
chiusa
.
Non
basterebbe
una
giornata
di
giri
e
di
rigiri
se
si
volessero
veder
tutte
le
stradette
di
questa
strana
città
.
V
'
è
il
bazar
dei
fez
,
dove
si
trovano
fez
di
tutti
i
paesi
,
da
quelli
del
Marocco
a
quelli
di
Vienna
,
ornati
d
'
iscrizioni
del
Corano
che
preservano
dagli
spiriti
maligni
;
i
fez
che
le
belle
greche
di
Smirne
portano
sulla
sommità
della
testa
,
sopra
il
nodo
delle
treccie
nere
scintillanti
di
monete
;
le
berrettine
rosse
delle
turche
;
fez
da
soldati
,
da
generali
,
di
sultani
,
da
zerbinotti
,
di
tutte
le
sfumature
di
rosso
e
di
tutte
le
forme
,
da
quelli
primitivi
dei
tempi
d
'
Orcano
fino
al
gran
fez
elegante
del
Sultano
Mahmut
,
emblema
delle
riforme
e
abbominazione
dei
vecchi
mussulmani
.
V
'
è
il
bazar
delle
pelliccie
dove
si
trova
la
sacra
pelle
di
volpe
nera
,
che
una
volta
poteva
portare
il
solo
Sultano
o
il
gran
vizir
;
la
martora
con
cui
si
foderavano
i
caffettani
di
gala
;
l
'
orso
bianco
,
l
'
orso
nero
,
la
volpe
azzurra
,
l
'
astrakan
,
l
'
ermellino
,
lo
zibellino
,
in
cui
altre
volte
i
sultani
profusero
tesori
favolosi
.
È
pure
da
vedersi
il
bazar
dei
coltellinai
,
non
fosse
che
per
pigliare
in
mano
una
di
quelle
enormi
forbici
turche
,
colle
lame
bronzate
e
dorate
,
adorne
di
disegni
fantastici
d
'
uccelli
e
di
fiori
,
che
s
'
incrociano
ferocemente
lasciando
in
mezzo
un
vano
in
cui
potrebbe
entrare
la
testa
d
'
un
critico
maligno
.
V
'
è
ancora
il
bazar
dei
filatori
d
'
oro
,
quello
dei
ricamatori
,
quello
dei
chincaglieri
,
quello
dei
sarti
,
quello
dei
vasellami
,
tutti
diversi
l
'
un
dall
'
altro
di
forma
e
di
gradazione
di
luce
;
ma
tutti
eguali
in
questo
:
che
non
vi
si
vede
nè
vendere
,
nè
lavorare
una
donna
.
Tutt
'
al
più
può
accadere
che
qualche
greca
seduta
per
un
momento
davanti
a
una
sartoria
vi
offra
timidamente
un
fazzoletto
finito
allora
di
ricamare
.
La
gelosia
orientale
interdice
la
bottega
al
bel
sesso
come
una
scuola
di
civetteria
e
un
nascondiglio
d
'
intrighi
.
Ma
ci
sono
ancora
altre
parti
del
gran
bazar
in
cui
uno
straniero
non
può
avventurarsi
se
non
lo
accompagna
un
mercante
o
un
sensale
;
e
sono
le
parti
interne
dei
piccoli
quartieri
in
cui
è
divisa
questa
città
singolare
,
il
di
dentro
dei
piccoli
isolati
intorno
a
cui
girano
le
stradette
percorse
dalla
folla
.
Se
nelle
stradette
c
'
è
pericolo
di
smarrirsi
,
là
dentro
è
impossibile
non
perdersi
.
Da
corridoi
poco
più
larghi
d
'
un
uomo
,
in
cui
bisogna
chinarsi
per
non
urtar
nella
volta
,
si
riesce
in
cortiletti
grandi
come
celle
,
ingombri
di
casse
e
di
balle
,
e
appena
rischiarati
da
un
barlume
;
si
scende
a
tentoni
per
scalette
di
legno
,
si
ripassa
per
altri
cortili
rischiarati
da
lanterne
,
si
ridiscende
sotto
terra
,
si
risale
alla
luce
del
giorno
,
si
cammina
a
capo
basso
per
lunghi
anditi
serpeggianti
,
sotto
volte
umide
,
in
mezzo
a
muri
neri
e
ad
assiti
muscosi
,
che
conducono
a
porticine
segrete
,
dalle
quali
si
ritorna
inaspettatamente
nel
luogo
di
dove
s
'
è
partiti
;
e
da
per
tutto
ombre
che
vanno
e
che
vengono
,
spettri
immobili
negli
angoli
,
gente
che
rimesta
mercanzie
o
che
conta
denari
;
lumicini
che
appaiono
e
dispaiono
,
voci
e
passi
frettolosi
che
risuonano
non
si
sa
dove
;
e
incontri
inaspettati
di
ostacoli
neri
che
non
si
capisce
che
cosa
siano
,
e
giuochi
di
luce
non
mai
veduti
,
e
contatti
sospetti
,
e
odori
strani
,
che
par
di
girare
per
i
meandri
d
'
una
caverna
di
fattucchieri
,
e
non
si
vede
l
'
ora
d
'
esserne
fuori
.
Per
solito
i
sensali
fanno
passare
in
questi
luoghi
gli
stranieri
per
condurli
a
quelle
botteghe
,
per
lo
più
appartate
,
nelle
quali
si
vende
un
po
'
di
tutto
:
specie
di
Gran
-
bazar
in
miniatura
,
botteghe
da
rigattieri
signorili
,
curiosissime
a
vedersi
,
ma
molto
pericolose
,
perché
contengono
tante
e
così
strane
e
così
rare
cose
da
far
vuotare
la
borsa
anche
all
'
avarizia
incarnata
.
Questi
mercanti
d
'
un
po
'
d
'
ogni
cosa
,
furbacchioni
matricolati
,
si
sottintende
,
e
poliglotti
come
i
loro
fratelli
di
banda
,
usano
nel
tentare
la
gente
un
certo
procedimento
drammatico
che
diverte
assai
,
e
che
di
rado
fallisce
allo
scopo
dell
'
attore
.
Le
loro
botteghe
son
quasi
tutte
stanzuccie
oscure
piene
di
casse
e
d
'
armadi
,
dove
bisogna
accendere
il
lume
e
c
'
è
appena
posto
da
rigirarsi
.
Dopo
avervi
fatto
vedere
qualche
vecchio
stipetto
intarsiato
d
'
avorio
e
di
madreperla
,
qualche
porcellana
chinese
,
qualche
vaso
del
Giappone
,
il
mercante
vi
dice
che
ha
qualche
cosa
di
speciale
per
voi
,
tira
fuori
un
cassetto
e
vi
rovescia
sulla
tavola
un
mucchio
di
ninnoli
:
un
ventaglio
di
penne
di
pavone
,
per
esempio
,
un
braccialetto
di
vecchie
monete
turche
,
un
cuscinetto
di
pelo
di
cammello
colla
cifra
del
Sultano
ricamata
in
oro
,
uno
specchietto
persiano
dipinto
d
'
una
scena
del
libro
di
paradiso
,
una
spatola
di
tartaruga
con
cui
i
turchi
mangiano
la
composta
di
ciliegie
,
un
vecchio
gran
cordone
dell
'
ordine
dell
'
Osmaniè
.
Non
c
'
è
nulla
che
vi
piaccia
?
Rovescia
un
altro
cassetto
e
questo
è
proprio
un
cassetto
che
aspettava
voi
solo
.
È
una
zanna
rotta
d
'
elefante
,
un
braccialetto
di
Trebisonda
che
pare
una
treccia
di
capelli
d
'
argento
,
un
idoletto
giapponese
,
un
pettine
di
sandalo
della
Mecca
,
un
gran
cucchiaio
turco
lavorato
a
rabeschi
e
a
trafori
,
un
antico
narghilè
d
'
argento
dorato
e
istoriato
,
delle
pietruzze
dei
musaici
di
Santa
Sofia
,
una
penna
d
'
airone
che
ha
ornato
il
turbante
di
Selim
III
,
il
mercante
ve
lo
assicura
da
uomo
d
'
onore
.
Non
trovate
nulla
di
vostro
genio
?
E
lui
rovescia
un
altro
cassetto
,
da
cui
casca
un
ovo
di
struzzo
del
Sennahar
,
un
calamaio
persiano
,
un
anello
damaschinato
,
un
arco
di
Mingrelia
col
suo
turcasso
di
pelle
d
'
alce
,
un
caschetto
circasso
a
due
punte
,
un
tespì
di
diaspro
,
una
profumiera
d
'
oro
smaltato
,
un
talismano
turco
,
un
coltello
da
cammelliere
,
una
boccettina
d
'
atar
-
gull
.
Non
c
'
è
nulla
che
vi
tenti
,
per
Dio
?
Non
avete
regali
da
fare
?
Non
pensate
ai
vostri
parenti
?
Non
avete
cuore
per
i
vostri
amici
?
Ma
forse
voi
avete
la
passione
delle
stoffe
e
dei
tappeti
,
e
anche
in
questo
egli
può
servirvi
da
amico
.
-
Ecco
un
mantello
rigato
del
Kurdistan
,
milord
;
ecco
una
pelle
di
leone
,
ecco
un
tappeto
d
'
Aleppo
coi
chiodini
d
'
acciaio
,
ecco
un
tappeto
di
Casa
-
blanca
spesso
tre
dita
che
dura
per
quattro
generazioni
,
guarentito
;
ecco
,
eccellenza
,
i
vecchi
cuscini
,
le
vecchie
cinture
di
broccato
e
i
vecchi
copripiedi
di
seta
,
un
po
'
sbiaditi
e
un
po
'
tarlati
,
ma
ricamati
come
ora
non
si
ricamano
più
,
nemmeno
a
pagarli
un
tesoro
.
A
lei
,
caballero
,
ch
'
è
venuto
qui
condotto
da
un
amico
,
a
lei
dò
questa
vecchia
cintura
per
cinque
napoleoni
,
e
mi
rassegno
a
mangiar
pane
e
aglio
per
una
settimana
.
-
Se
nemmeno
da
questo
vi
lasciate
tentare
,
vi
dirà
nell
'
orecchio
che
può
vendervi
la
corda
con
cui
i
terribili
muti
del
Serraglio
hanno
strangolato
Nassuh
Pascià
,
il
gran
vizir
di
Maometto
III
;
e
se
voi
gli
ridete
sul
viso
dicendogli
che
non
la
bevete
,
la
lascia
cascare
da
uomo
di
spirito
,
e
fa
l
'
ultimo
tentativo
buttandovi
davanti
una
coda
da
cavallo
di
quelle
che
si
portavano
davanti
e
dietro
ai
pascià
;
una
marmitta
di
Giannizzero
portata
via
da
suo
padre
,
ancora
spruzzata
di
sangue
,
il
giorno
stesso
della
strage
famosa
;
un
pezzo
di
bandiera
di
Crimea
,
colla
mezzaluna
e
le
stelline
d
'
argento
;
un
vaso
da
lavarsi
le
mani
,
tempestato
di
agate
;
un
bracierino
di
rame
cesellato
;
un
collare
di
dromedario
colle
conchiglie
e
le
campanelle
,
un
frustino
da
eunuco
di
cuoio
d
'
ippopotamo
,
un
corano
legato
in
oro
,
una
sciarpa
del
Korassan
,
un
paio
di
babbuccie
da
Cadina
,
un
candelliere
fatto
con
un
artiglio
d
'
aquila
,
tanto
che
infine
la
fantasia
s
'
accende
,
i
capricci
saltellano
,
e
vi
assale
una
matta
voglia
di
buttar
là
portamonete
,
orologio
,
pastrano
,
e
gridare
:
-
Caricatemi
!
-
;
e
bisogna
proprio
esser
figliuoli
assestati
o
padri
di
giudizio
per
resistere
alla
tentazione
.
Quanti
artisti
sono
usciti
di
là
scannati
come
Giobbe
e
quanti
ricconi
ci
hanno
bucato
il
patrimonio
!
Ma
prima
che
il
gran
bazar
si
chiuda
bisogna
ancora
fare
un
giro
per
vedere
il
suo
aspetto
dell
'
ultima
ora
.
Il
movimento
della
folla
si
fa
più
affrettato
,
i
mercanti
chiamano
con
gesti
più
imperiosi
,
greci
ed
armeni
corrono
gridando
per
le
strade
con
uno
scialle
o
un
tappeto
sul
braccio
,
si
formano
dei
gruppi
,
si
contratta
alla
spiccia
,
i
gruppi
si
sciolgono
e
si
rifanno
più
lontano
;
i
cavalli
,
le
carrozze
,
le
bestie
da
soma
passano
in
lunghe
file
diretti
verso
l
'
uscita
.
In
quell
'
ora
tutti
i
bottegai
con
cui
avete
litigato
senza
cadere
d
'
accordo
,
vi
vaneggiano
intorno
,
in
quella
mezza
oscurità
,
come
pipistrelli
;
li
vedete
far
capolino
dietro
le
colonne
,
li
incontrate
alle
svolte
,
vi
attraversano
la
strada
e
vi
passano
sui
piedi
guardando
in
aria
,
per
rammentarvi
colla
loro
presenza
quel
tal
tessuto
,
quel
certo
gingillo
,
e
farvene
rinascere
il
desiderio
.
Alle
volte
ne
avete
un
drappello
alle
spalle
:
se
vi
fermate
,
si
fermano
,
se
scantonate
,
scantonano
,
se
vi
voltate
indietro
incontrate
dieci
occhioni
dilatati
e
fissi
che
vi
mangian
vivo
.
Ma
già
la
luce
manca
,
la
folla
si
dirada
.
Sotto
le
lunghe
volte
arcate
risuona
la
voce
di
qualche
mezzuin
invisibile
che
annunzia
il
tramonto
da
un
minareto
di
legno
;
qualche
turco
stende
il
tappeto
dinanzi
alla
bottega
e
mormora
la
preghiera
della
sera
;
altri
fanno
le
abluzioni
alle
fontane
.
Già
i
vecchi
centenarii
del
bazar
delle
armi
hanno
chiuso
le
grandi
porte
di
ferro
;
i
piccoli
bazar
sono
deserti
,
i
corridoi
si
perdono
nelle
tenebre
,
le
imboccature
delle
strade
paiono
aperture
di
caverne
,
i
cammelli
vi
giungono
addosso
all
'
impensata
,
la
voce
dei
venditori
d
'
acqua
muore
sotto
le
arcate
lontane
,
le
turche
affrettano
il
passo
,
gli
eunuchi
aguzzano
gli
occhi
,
gli
stranieri
scappano
,
le
imposte
si
chiudono
,
la
giornata
è
finita
.
*
*
*
Ed
ora
io
mi
sento
domandare
da
ogni
parte
:
-
E
Santa
Sofia
?
E
l
'
antico
Serraglio
?
E
i
palazzi
del
Sultano
?
E
il
castello
delle
Sette
torri
?
E
Abdul
-
Aziz
?
E
il
Bosforo
?
Descriverò
tutto
e
con
tutta
l
'
anima
;
ma
prima
ho
ancora
bisogno
di
spaziare
un
po
'
liberamente
per
Costantinopoli
,
cambiando
d
'
argomento
a
ogni
pagina
,
come
là
cangiavo
di
pensieri
a
ogni
passo
.
*
*
*
[
La
luce
]
E
prima
d
'
ogni
cosa
,
la
luce
!
Uno
dei
miei
piaceri
più
vivi
,
a
Costantinopoli
,
era
di
veder
levare
e
tramontare
il
sole
,
stando
sul
ponte
della
Sultana
Validè
.
All
'
alba
,
in
autunno
,
il
Corno
d
'
oro
è
quasi
sempre
coperto
da
una
nebbia
leggiera
,
dietro
alla
quale
si
vede
la
città
confusamente
,
come
a
traverso
que
'
veli
bianchi
che
si
calano
sul
palco
scenico
per
nascondere
gli
apparecchi
d
'
una
scena
spettacolosa
.
Scutari
è
tutta
coperta
:
non
si
vedono
che
i
contorni
scuri
ed
incerti
delle
sue
colline
.
Il
ponte
e
le
rive
sono
deserte
,
Costantinopoli
dorme
:
la
solitudine
e
il
silenzio
rendono
lo
spettacolo
più
solenne
.
Il
cielo
comincia
a
dorarsi
dietro
le
colline
di
Scutari
.
Su
quella
striscia
luminosa
si
disegnano
ad
una
ad
una
,
precise
e
nerissime
,
le
punte
dei
cipressi
del
vastissimo
cimitero
,
come
un
esercito
di
giganti
schierati
sopra
le
alture
;
e
da
un
capo
all
'
altro
del
Corno
d
'
oro
corre
un
lucicchio
leggerissimo
che
è
come
il
primo
fremito
della
grande
città
che
risente
la
vita
.
Poi
dietro
ai
cipressi
della
riva
asiatica
,
spunta
un
occhio
di
foco
,
e
subito
le
sommità
bianche
dei
quattro
minareti
di
Santa
Sofia
si
colorano
di
rosa
.
In
pochi
momenti
,
di
collina
in
collina
,
di
moschea
in
moschea
,
fino
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
,
tutti
i
minareti
,
l
'
un
dopo
l
'
altro
,
arrossiscono
,
tutte
le
cupole
,
una
dopo
l
'
altra
,
s
'
inargentano
,
il
rossore
discende
di
terrazzo
in
terrazzo
,
il
lucicchio
s
'
allarga
,
il
gran
velo
cade
,
e
tutta
Stambul
appare
,
rosata
e
risplendente
sulle
alture
,
azzurrina
e
violacea
lungo
le
rive
,
tersa
e
fresca
,
che
pare
uscita
dalle
acque
.
A
misura
che
il
sole
s
'
alza
,
la
delicatezza
delle
prime
tinte
svanisce
in
un
immenso
chiarore
,
e
tutto
rimane
come
velato
dalla
bianchezza
della
luce
fin
verso
sera
.
Allora
lo
spettacolo
divino
ricomincia
.
L
'
aria
è
limpida
tanto
che
da
Galata
si
vedono
nettamente
uno
per
uno
gli
alberi
lontanissimi
dell
'
ultima
punta
di
Kadi
-
Kioi
.
Tutto
l
'
immenso
profilo
di
Stambul
si
stacca
dal
cielo
con
una
nitidezza
di
linee
e
un
vigore
di
colori
,
che
si
potrebbero
contare
,
punta
per
punta
,
tutti
i
minareti
,
tutte
le
guglie
,
tutti
i
cipressi
che
coronano
le
alture
dal
capo
del
Serraglio
al
cimitero
d
'
Eyub
.
Il
Corno
d
'
oro
e
il
Bosforo
pigliano
un
meraviglioso
colore
oltramarino
:
il
cielo
,
color
d
'
amatista
a
oriente
,
s
'
infuoca
dietro
Stambul
,
tingendo
l
'
orizzonte
d
'
infiniti
lumeggiamenti
di
rosa
e
di
carbonchio
che
fanno
pensare
al
primo
giorno
della
creazione
;
Stambul
s
'
oscura
,
Galata
s
'
indora
,
e
Scutari
,
percossa
dal
sole
cadente
,
tutta
scintillante
di
vetri
,
pare
una
città
in
preda
alle
fiamme
.
È
questo
il
più
bel
momento
per
contemplare
Costantinopoli
.
È
una
rapida
successione
di
tinte
soavissime
,
d
'
oro
pallido
,
di
rosa
e
di
lilla
,
che
tremolano
e
fuggono
su
per
i
fianchi
dei
colli
e
sulle
acque
,
dando
e
togliendo
ora
all
'
una
ora
all
'
altra
parte
della
città
il
primato
della
bellezza
e
rivelando
mille
piccole
grazie
pudiche
di
paesaggio
che
non
osavano
mostrarsi
alla
gran
luce
.
Si
vedono
dei
grandi
sobborghi
malinconici
,
perduti
nell
'
ombra
delle
valli
;
delle
piccole
città
purpuree
,
che
ridono
sulle
alture
;
villaggi
e
città
che
languono
,
come
se
mancasse
loro
la
vita
;
altre
che
muoiono
tutt
'
a
un
tratto
come
incendi
soffocati
;
altre
che
,
credute
già
morte
,
risuscitano
improvvisamente
,
tutte
in
foco
,
e
tripudiano
ancora
per
qualche
momento
sotto
l
'
ultimo
raggio
del
sole
.
Poi
non
rimangono
più
che
due
cime
risplendenti
sulla
riva
dell
'
Asia
:
la
sommità
del
monte
Bulgurlù
e
la
punta
del
capo
che
guarda
l
'
entrata
della
Propontide
;
son
prima
due
corone
d
'
oro
,
poi
due
berrettine
di
porpora
,
poi
due
rubini
;
poi
tutta
Costantinopoli
è
nell
'
ombra
,
e
dieci
mila
voci
annunziano
il
tramonto
dall
'
alto
di
dieci
mila
minareti
.
*
*
*
[
Gli
uccelli
]
Costantinopoli
ha
una
gaiezza
e
una
grazia
sua
propria
,
che
le
viene
da
un
'
infinità
d
'
uccelli
d
'
ogni
specie
,
per
i
quali
i
Turchi
nutrono
un
vivo
sentimento
di
simpatia
e
di
rispetto
.
Moschee
,
boschi
,
vecchie
mura
,
giardini
,
palazzi
,
tutto
canta
,
tutto
gruga
,
tutto
chiocchiola
,
tutto
pigola
;
per
tutto
si
sente
frullo
d
'
ali
,
per
tutto
c
'
è
vita
e
armonia
.
I
passeri
entrano
arditamente
nelle
case
e
beccano
nella
mano
dei
bimbi
e
delle
donne
;
le
rondini
fanno
il
nido
sulle
porte
dei
caffè
e
sotto
le
vôlte
dei
bazar
;
i
piccioni
,
a
sciami
innumerevoli
,
mantenuti
con
làsciti
di
Sultani
e
di
privati
,
formano
delle
ghirlande
bianche
e
nere
lungo
i
cornicioni
delle
cupole
e
intorno
ai
terrazzi
dei
minareti
;
i
gabbiani
volteggiano
festosamente
intorno
ai
caicchi
,
migliaia
di
tortorelle
amoreggiano
fra
cipressi
dei
cimiteri
;
intorno
al
castello
delle
Sette
torri
crocitano
i
corvi
e
rotano
gli
avvoltoi
;
gli
alcioni
vanno
e
vengono
in
lunghe
file
fra
il
mar
Nero
e
il
mar
di
Marmara
;
e
le
cicogne
gloterano
sulle
cupolette
dei
mausolei
solitari
.
Per
il
Turco
ognuno
di
questi
uccelli
ha
un
senso
gentile
o
una
virtù
benigna
:
le
tortore
proteggono
gli
amori
,
le
rondini
scongiurano
gl
'
incendi
dalle
case
dove
appendono
il
nido
,
le
cicogne
fanno
ogni
inverno
un
pellegrinaggio
alla
Mecca
,
gli
alcioni
portano
in
paradiso
le
anime
dei
fedeli
.
Così
egli
li
protegge
e
li
alimenta
per
gratitudine
e
per
religione
,
ed
essi
gli
fanno
festa
intorno
alla
casa
,
sul
mare
e
tra
i
sepolcri
.
In
ogni
parte
di
Stambul
si
è
sorvolati
,
circuiti
,
rasentati
dai
loro
stormi
sonori
,
che
spandono
per
la
città
l
'
allegrezza
della
campagna
e
rinfrescano
continuamente
nell
'
anima
il
sentimento
della
natura
.
*
*
*
[
Le
memorie
]
In
nessun
'
altra
città
d
'
Europa
i
luoghi
e
i
monumenti
leggendarii
o
storici
muovono
così
vivamente
la
fantasia
come
a
Stambul
,
poichè
in
nessun
'
altra
città
essi
ricordano
avvenimenti
così
recenti
ad
un
tempo
e
così
fantastici
.
Altrove
,
per
ritrovar
la
poesia
delle
memorie
,
bisogna
tornar
indietro
col
pensiero
di
parecchi
secoli
;
a
Stambul
,
basta
retrocedere
di
pochi
anni
.
La
leggenda
,
o
ciò
che
ha
natura
ed
efficacia
di
leggenda
,
è
di
ieri
.
Sono
pochi
anni
che
nella
piazza
dell
'
At
-
meidan
fu
consumata
l
'
ecatombe
favolosa
dei
Giannizzeri
;
pochi
anni
che
il
mar
di
Marmara
rigettò
sulla
riva
dei
giardini
imperiali
i
venti
sacchi
che
racchiudevano
le
belle
di
Mustafà
;
che
nel
castello
delle
Sette
torri
fu
scannata
la
famiglia
di
Brancovano
;
che
due
capigì
-
basci
trattenevano
per
le
braccia
gli
ambasciatori
europei
al
cospetto
del
Gran
Signore
,
del
quale
non
appariva
che
mezzo
il
viso
,
rischiarato
da
una
luce
misteriosa
;
e
che
fra
le
mura
dell
'
antico
serraglio
cessò
quella
vita
così
stranamente
intrecciata
d
'
amori
,
d
'
orrori
e
di
follie
,
che
ci
pare
già
tanto
lontana
.
Girando
per
Stambul
con
questi
pensieri
,
si
prova
quasi
un
sentimento
di
stupore
al
veder
la
città
così
quieta
,
così
ridente
di
vegetazione
e
di
colori
.
Ah
perfida
!
-
si
direbbe
,
-
che
cos
'
hai
fatto
di
que
'
monti
di
teste
e
di
quei
laghi
di
sangue
?
Possibile
che
tutto
sia
già
così
ben
nascosto
,
spazzato
,
lavato
,
che
non
se
ne
ritrovi
più
traccia
?
Sul
Bosforo
,
in
faccia
alla
torre
di
Leandro
che
sorge
dalle
acque
come
un
monumento
d
'
amore
,
sotto
le
mura
dei
giardini
del
Serraglio
,
si
vede
ancora
il
piano
inclinato
per
cui
si
facevano
rotolare
nel
mare
le
odalische
infedeli
;
in
mezzo
all
'
At
-
meidan
la
colonna
serpentina
porta
ancora
la
traccia
della
sciabolata
famosa
di
Maometto
il
Conquistatore
;
sul
ponte
di
Mahmut
si
segna
ancora
il
luogo
dove
il
sultano
focoso
freddò
con
un
fendente
il
dervis
temerario
che
gli
scagliò
in
volto
l
'
anatema
;
nella
cisterna
dell
'
antica
chiesa
di
Balukli
,
guizzano
ancora
i
pesci
miracolosi
che
vaticinarono
la
caduta
della
città
dei
Paleologhi
;
sotto
gli
alberi
delle
Acque
dolci
d
'
Asia
si
accennano
ancora
i
recessi
dove
una
Sultana
dissoluta
imponeva
ai
favoriti
d
'
un
istante
un
amore
che
finiva
colla
morte
.
Ogni
porta
,
ogni
torre
,
ogni
moschea
,
ogni
piazza
,
rammenta
un
prodigio
,
una
strage
,
un
amore
,
un
mistero
,
una
prodezza
di
Padiscià
o
un
capriccio
di
Sultana
;
tutto
ha
la
sua
leggenda
,
e
quasi
per
tutto
gli
oggetti
vicini
,
le
vedute
lontane
,
l
'
odore
dell
'
aria
e
il
silenzio
,
concorrono
a
portar
l
'
immaginazione
dello
straniero
,
che
s
'
immerge
in
quei
ricordi
,
fuori
del
suo
secolo
e
della
città
dell
'
oggi
e
di
sè
stesso
;
tanto
che
accade
sovente
,
a
Stambul
,
di
riscotersi
improvvisamente
alla
strana
idea
di
dover
tornare
all
'
albergo
.
Come
?
-
si
pensa
,
-
c
'
è
un
albergo
?
*
*
*
[
Le
rassomiglianze
]
Nei
primi
giorni
,
fresco
com
'
ero
di
letture
orientali
,
vedevo
da
ogni
parte
i
personaggi
famosi
delle
storie
e
delle
leggende
,
e
le
figure
che
me
li
rammentavano
,
somigliavano
qualche
volta
così
fedelmente
a
quelle
che
m
'
ero
foggiate
coll
'
immaginazione
,
ch
'
ero
costretto
a
fermarmi
per
contemplarle
.
Quante
volte
ho
afferrato
per
un
braccio
il
mio
amico
,
e
accennandogli
una
persona
che
passava
,
gli
dissi
:
-
Ma
è
lui
,
cospetto
!
non
lo
riconosci
?
-
Nella
piazzetta
della
Sultana
-
Validè
ho
visto
molte
volte
il
turco
gigante
che
dalle
mura
di
Nicea
rovesciava
i
macigni
sulle
teste
dei
soldati
del
Buglione
;
ho
visto
dinanzi
a
una
moschea
Umm
Dgiemil
,
la
vecchia
megera
della
Mecca
,
che
spargeva
i
rovi
e
le
ortiche
dinanzi
alla
casa
di
Maometto
;
ho
trovato
nei
bazar
dei
librai
,
con
un
volume
sotto
il
braccio
,
Digiemal
-
eddin
,
il
gran
dotto
di
Brussa
,
che
sapeva
a
memoria
tutto
il
dizionario
arabo
;
son
passato
accanto
ad
Aiscié
,
la
sposa
prediletta
del
Profeta
,
che
mi
fissò
in
volto
i
suoi
occhi
lucenti
e
umidi
come
la
stella
nel
pozzo
;
ho
riconosciuto
nell
'
At
-
meidan
la
bellezza
famosa
della
povera
greca
uccisa
ai
piedi
della
colonna
serpentina
da
una
palla
dei
cannoni
d
'
Orban
;
mi
son
trovato
faccia
a
faccia
,
allo
svolto
d
'
una
stradetta
del
Fanar
,
con
Kara
-
Abderrahman
,
il
più
bel
giovane
turco
dei
tempi
d
'
Orkano
;
ho
riconosciuto
Coswa
,
la
cammella
di
Maometto
;
ho
ritrovato
Karabulut
,
il
cavallo
nero
di
Selim
;
ho
visto
il
povero
poeta
Fighani
condannato
a
girare
per
Stambul
legato
a
un
asino
,
per
aver
ferito
con
un
distico
insolente
il
gran
vizir
d
'
Ibrahim
;
ho
trovato
in
un
caffè
Solimano
il
grosso
,
l
'
ammiraglio
mostruoso
,
che
quattro
schiavi
robusti
riuscivano
appena
a
sollevar
dal
divano
;
Alì
,
il
gran
vizir
,
che
non
trovò
in
tutta
l
'
Arabia
un
cavallo
che
lo
reggesse
;
Mahmut
Pascià
,
l
'
ercole
feroce
che
strozzò
il
figlio
di
Solimano
;
e
lo
stupido
Ahmet
II
che
ripeteva
continuamente
:
Kosc
!
Kosc
!
-
va
bene
,
va
bene
-
accovacciato
dinanzi
alla
porta
del
bazar
dei
copisti
,
vicino
alla
piazza
di
Bajazet
.
Tutti
i
personaggi
delle
Mille
e
una
notte
,
gli
Aladini
,
le
Zobeidi
,
i
Sindbad
,
le
Gulnare
,
i
vecchi
mercanti
ebrei
possessori
di
tappeti
fatati
e
di
lampade
meravigliose
,
mi
sfilarono
dinanzi
,
come
una
processione
di
fantasmi
.
*
*
*
[
Il
vestire
]
Questo
è
veramente
il
periodo
di
tempo
migliore
per
veder
la
popolazione
musulmana
di
Costantinopoli
,
perché
nel
secolo
scorso
era
troppo
uniforme
e
sarà
probabilmente
troppo
uniforme
nel
secolo
venturo
.
Ora
si
coglie
quel
popolo
nell
'
atto
della
sua
trasformazione
,
e
perciò
presenta
una
varietà
meravigliosa
.
Il
progresso
dei
riformatori
,
la
resistenza
dei
vecchi
turchi
,
e
le
incertezze
e
le
transazioni
della
grande
massa
che
ondeggia
fra
quei
due
estremi
,
tutte
le
fasi
,
insomma
,
della
lotta
fra
la
nuova
e
la
vecchia
Turchia
,
sono
fedelmente
rappresentate
dalla
varietà
dei
vestimenti
.
Il
vecchio
turco
inflessibile
porta
ancora
il
turbante
,
il
caffettano
e
le
scarpe
tradizionali
di
marocchino
giallo
;
e
i
più
ostinati
fra
i
vecchi
un
turbante
più
voluminoso
.
Il
turco
riformato
porta
un
lungo
soprabito
nero
abbottonato
fin
sotto
il
mento
e
i
calzoni
scuri
colle
staffe
,
non
conservando
altro
di
turco
che
il
fez
.
Fra
questi
,
però
,
i
giovani
più
arditi
hanno
già
buttato
via
il
lungo
soprabito
nero
,
portano
panciotti
aperti
,
calzoni
chiari
,
cravattine
eleganti
,
gingilli
,
mazza
e
fiori
all
'
occhiello
.
Fra
quelli
e
questi
,
fra
chi
porta
caffettano
e
chi
porta
soprabito
,
v
'
è
un
abisso
;
non
v
'
è
più
altro
di
comune
che
il
nome
;
sono
due
popoli
affatto
diversi
.
Il
turco
del
turbante
crede
ancora
fermamente
al
ponte
Sirath
,
che
passa
sopra
all
'
inferno
,
più
sottile
d
'
un
capello
e
più
affilato
d
'
una
scimitarra
;
fa
le
sue
abluzioni
alle
ore
debite
,
e
si
rincasa
al
calar
del
sole
.
Il
turco
del
soprabito
si
ride
del
Profeta
,
si
fa
fotografare
,
parla
francese
e
passa
la
sera
al
teatro
.
Fra
l
'
uno
e
l
'
altro
vi
son
poi
i
titubanti
,
dei
quali
alcuni
hanno
ancora
il
turbante
,
ma
piccolissimo
,
in
modo
che
potranno
inaugurare
il
fez
senza
scandalo
;
altri
portano
ancora
il
caffettano
,
ma
hanno
già
inaugurato
il
fez
;
altri
vestono
ancora
all
'
antica
,
ma
non
han
più
nè
cintura
nè
babbuccie
,
nè
colori
vistosi
;
e
a
poco
a
poco
butteranno
via
tutto
il
resto
.
Le
donne
soltanto
conservano
tutte
l
'
antico
velo
e
il
mantello
che
nasconde
le
forme
;
ma
il
velo
è
diventato
trasparente
e
lascia
intravvedere
un
cappelletto
piumato
,
e
il
mantello
copre
spesso
una
veste
tagliata
sul
figurino
di
Parigi
.
Ogni
anno
cadono
migliaia
di
caffettani
e
sorgono
migliaia
di
soprabiti
;
ogni
giorno
muore
un
vecchio
turco
e
nasce
un
turco
riformato
.
Il
giornale
succede
al
tespì
,
il
sigaro
al
cibuk
,
il
vino
all
'
acqua
concia
,
la
carrozza
all
'
arabà
,
la
grammatica
francese
alla
grammatica
araba
,
il
pianoforte
al
timbur
,
la
casa
di
pietra
alla
casa
di
legno
.
Tutto
si
altera
,
tut