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Lingua e linguistica ( Nencioni Giovanni , 1983 )
Saggistica ,
1 . Che cos ' è la linguistica ? È facile rispondere : È lo studio scientifico della lingua . Non è però facile andare oltre questa elementare affermazione , cioè risolverne le ambiguità , esplicitarne le implicazioni . Anzitutto : " la lingua " ; che valore daremo a questo singolare ? È un singolare specifico e quindi significa " la nostra lingua , la lingua materna " ? ; o un singolare generico , e quindi significa " la facoltà di linguaggio , il linguaggio " ? ; o è un singulare pro plurali e quindi significa " le lingue , tutte le lingue del globo , morte e viventi " ? Mettiamo di interpretare nel senso specifico , e apparente - mente più concreto , quel singolare " la lingua " come " la nostra lingua naturale , materna " . Ma è davvero possibile studiare scientificamente la nostra propria lingua senza avere idee generali sulla facoltà di linguaggio , su questa facoltà costitutiva dell ' uomo quale noi lo conosciamo e che evidentemente presiede a tutte le lingue naturali ? Se vogliamo una prova storica di questa impossibilità , pensiamo agli antichi grammatici greci che fecero la descrizione grammaticale del greco appoggiandola alla struttura logica del giudizio e alle categorie aristoteliche e fondarono le loro etimologie su opposte soluzioni del gran problema dell ' origine ( e quindi della natura ) della lingua . Ci limitiamo a questo solo esempio storico , perché è dirimente . Infatti dopo di allora non c ' è stato studio di lingua , fosse pure il più ristretto e il più episodico - dalla semplice normativa grammaticale alla storia di singoli fenomeni - , che non abbia implicato idee generali sul linguaggio ; le quali erano spesso quelle ereditate dalla tradizione greco - latina e perciò date come scontate , ma non perciò meno condizionatrici dei metodi e dei risultati . È poi facile constatare che il maggior rigoglio degli studi linguistici si è avuto quando , in età antica o moderna , lo studio delle singole lingue e di particolari fenomeni è stato accompagnato o addirittura promosso da nuove concezioni del linguaggio . Si potrebbe logicamente concludere che allo " studio scientifico della lingua " ( come abbiamo definito la linguistica ) è necessaria una teoria del linguaggio ; o , in termini più odierni , che alla linguistica applicata è indispensabile la linguistica teorica . Ma non affrettiamoci . Proviamo ad interpretare quel singolare " la lingua " come un singulare pro plurali . Ebbene : lo studio di più lingue naturali , se non fatto a scopo di pratico poliglottismo , ha sempre indotto lo studioso ad un confronto sistematico tra varie lingue ; confronto che può portare alla scoperta di una origine comune ( è stato il caso , modernamente , delle lingue indeuropee , ed anche , nel Rinascimento , di quelle neolatine ) o alla constatazione di profonde diversità strutturali . Dalla scoperta dell ' origine comune è sorta la ricerca della causa della separazione originaria o dei motivi del progressivo diversificarsi nel tempo ; dalla constatazione delle differenze strutturali è sorto il problema della diversità dei prodotti ( le lingue ) di un ' unica facoltà umana ( il linguaggio ) , e dei modi e limiti di tale diversità . Dalla linguistica comparata , insomma , o contrastiva ( come oggi si usa dire ) è nata la tipologia linguistica nella sua duplice dimensione : storica e teorica . Può dunque darsi che una seria osservazione empirica susciti esigenze teoriche e proponga problemi di portata generale ; come , all ' inverso , che una concezione teorica scopra aspetti nuovi della realtà e suggerisca sperimentazioni prima intentate . In ogni caso , resta confermato il principio che nessuna scienza , quindi neppure la scienza dei fenomeni linguistici , può prescindere da una teoria o , detto in termini più odierni , da un modello , unico o plurimo , dell ' oggetto . 2 . Ma qual è l ' oggetto della linguistica ? Abbiamo già detto che lo studio della lingua materna rinvia il linguista a delle idee generali sulla lingua intesa come facoltà di linguaggio ; e che lo studio comparato di lingue diverse , ivi compresa la materna del linguista , lo rinvia del pari all ' unica facoltà di linguaggio come problema della compatibilità di questa con la pluralità delle lingue umane in quanto prodotte da un ' unica facoltà fondamentale e tuttavia diverse . È il problema degli universali linguistici , che periodicamente risorge imponendo al linguista la ricerca degli elementi o caratteri presumibilmente comuni a tutte o alla maggior parte delle lingue . L ' oggetto della linguistica è dunque un oggetto complesso : anzitutto la facoltà di linguaggio ( o semplicemente linguaggio ) , poi la lingua materna , infine le lingue naturali non materne . Lo studio delle lingue naturali non materne implica la consapevole conoscenza della lingua materna , e lo studio della lingua materna implica l ' assunzione , magari acritica , di una concezione del linguaggio . La complessità e direi globalità dell ' oggetto si è fatta irrefutabile quando l ' attributo " scientifico " applicato allo studio dei fenomeni linguistici non si è più limitato a significare " descrittivo , classificatorio » , ma ha voluto significare " esplicativo " ; quando insomma la linguistica da empiria umanistica , cioè filologica , retorica e normativa , è assurta a sapere organico e formalizzato . Non si creda , però , che alla complessità e globalità dell ' oggetto della linguistica si sia addivenuti in epoca recente , come farebbero credere certi manuali che dividono la storia della linguistica in una fase prescientifica , che giungerebbe fino alle soglie dell ' età romantica , e in una fase scientifica , nella quale si affermerebbe , durante quasi tutto l ' Ottocento , la linguistica comparata come indirizzo prima storico e poi positivistico , e finalmente si aprirebbe , con Ferdinand de Saussure , la linguistica propriamente moderna , fondata su una teoria radicalmente nuova . Studiosi sagaci del passato , tra i quali è doveroso segnalare Luigi Rosiello , hanno dimostrato che ciò è vero solo al patto di ignorare la imponente tradizione speculativa di due secoli , abbassando una saracinesca nella continuità costruttiva della storia . In realtà i problemi e i temi che costituiscono la linguistica odierna sono stati impostati tra la seconda metà del Seicento e la fine del Settecento , col sorgere del pensiero moderno , e sono divenuti le costanti di uno sviluppo coerente e irreverso della disciplina , pur nel mutare delle professioni ideologiche . Mi si consenta di ripercorrere per sommi capi tale sviluppo , restaurando , insieme con la continuità di una linea , la possibilità di meglio valutare le peculiarità della linguistica dell ' età nostra . 3 . Il razionalismo cartesiano , sostenitore della corrispondenza fra la struttura della lingua e la innata struttura razionale del pensiero umano , mirò , attraverso la Scuola di Port - Royal , alla formulazione di una grammatica generale , cioè di un metodo di analisi e di descrizione che in ogni lingua storica reperisse gli universali logici presenti nella varietà dei fenomeni . Tale grammatica era l ' indubbio superamento di quella propria dell ' umanesimo , prescrittiva e retorica . D ' altra parte l ' empirismo inglese , concependo le parole , nominalisticamente , come segni delle idee ( e non delle cose ) costituiti al fine di assicurare la comunicazione fra gli uomini , si avviò a considerare il linguaggio come un sistema semiotico convenzionale , diversificato a seconda della cultura e dei bisogni dei vari popoli . Con ciò pose in termini non biblici il gran problema dell ' origine del linguaggio e affermò esplicitamente quel principio dell ' arbitrarietà del segno linguistico , cioè del suo rapporto non necessario con le cose , che alcuni hanno ritenuto una scoperta di Saussure . Alla metà del Settecento nell ' opera del sensista francese Condillac troviamo il culmine della speculazione illuministica sul linguaggio e già annunciati alcuni temi della linguistica odierna . Per lui il linguaggio , anziché il prodotto della mente razionale dell ' uomo , è un fattore costitutivo di quella mente , giacché organizza i contenuti sensibili . dell ' esperienza in segni che esprimono le idee e , combinandosi , le pongono in contatto reciproco . Il linguaggio è insomma la chiave e la garanzia della funzionalità operativa della mente . Il problema della origine delle facoltà dell ' intelletto , e del linguaggio stesso , si trasferiva così dalla metafisica alla psicologia , nel cui ambito si dava una classificazione dei segni fondata sul rapporto ( o accidentale o naturale o istituzionale [ cioè arbitrario ] ) col loro contenuto e con le reazioni psichiche degli uomini . È ovvio che la spiegazione psicologica e convenzionale della genesi del linguaggio , e l ' ammissione del suo condizionamento sociale , giustificassero la diversità delle lingue storiche assai meglio dell ' ontologismo linguistico cartesiano e invitassero allo studio della loro individualità . Fu così aperta la via da un lato all ' approfondimento dei rapporti della logica e dei linguaggi formalizzati con le lingue naturali , dall ' altro alla linguistica comparata e storica e alla tipologia linguistica dell ' età romantica , e finalmente allo psicologismo e sociologismo dell ' età positivistica . Non rileva poi molto , ai fini del progresso generale della disciplina , che questo o quel problema , questa o quella esperienza fossero affrontati all ' insegna dell ' idealismo o del positivismo : entrambi gli orientamenti contribuirono ad arricchire il patrimonio concettuale della linguistica , ad additare nuove soluzioni e prospettive . Faremo due soli grandi esempi . L ' idealismo di Humboldt mise in superba luce l ' aspetto attivo e creativo del linguaggio , da concepire non come prodotto inerte ( o èrgon ) ma come creazione continua ( o enèrgeia ) , come forma formante anziché come materia , come processo universale dell ' umanità e voce individuale delle nazioni , come scoperta e comprensione del mondo piuttosto che come nomenclatura e strumento di comunicazione . Una teoria siffatta fu del pari idonea a promuovere gli studi di antropologia e tipologia linguistiche e quelli sulle grandi lingue di cultura . L ' altro esempio , che sta sotto l ' opposta insegna del positivismo , è quello di Schleicher . Egli concepì le lingue storiche come organismi naturali , che nascono , crescono e muoiono per proprie leggi interne , analoghe a quelle biologiche , cioè indipendenti dalla volontà e dall ' intelletto dell ' uomo . Il suo genealogismo e il rigoroso concetto di legge fonetica gli permisero di trattare le lingue come fenomeni oggettivi , quindi spiegabili , prevedibili , ricostruibili entro un loro sviluppo necessario , al quale fini col dare un definitivo crisma naturalistico la teoria evoluzionistica di Darwin . Luigi Rosiello tenta di chiudere in una formula il senso di questa storia bisecolare della linguistica dicendo che , dopo una fase di ricerca di universali razionali , fondata sull ' assunto cartesiano del linguaggio come rappresentazione della innata razionalità del pensiero , la linguistica mirò , attraverso la grammatica generale di Port - Royal e dell ' Encyclopédie , al conseguimento di universali metodologici , che successivamente , calati nella comparazione delle lingue storiche , divennero universali storici . 4 . Agli inizi del Novecento la linguistica disponeva dunque di una problematica essenziale e specifica , già sperimentata alla luce di orientamenti diversi e in diverse prospettive ; si era inoltre adusata alla collaborazione con discipline scientifiche quali la psicologia , l ' etnologia , la sociologia , le scienze naturali ; aveva accumulato una grande e preziosa quantità di dati concreti attraverso la comparazione di lingue affini e la ricostruzione di fasi comuni non documentate ( genealogia indeuropea , semitica ecc . ) , o l ' inchiesta dialettologica ed etnologica sul campo ( rilievi geolinguistici , atlanti linguistici , lessici dialettali ecc . ) . Ma nella seconda metà dell ' Ottocento le discipline con cui la linguistica aveva collaborato si erano profondamente mutate . La più antica di esse , la logica classica e medievale , aveva ceduto il posto alla teorizzazione del linguaggio simbolico come calcolo indipendente dal linguaggio naturale , cioè a quella logica matematica che rifonda la semantica e la sintassi e studia la forma del conoscere scientifico con un rigore che s ' imporrà all ' attenzione della linguistica teorica . La psicologia , superata la fase filosofica e divenuta empirica e poi sperimentale , abbandonava l ' originario associazionismo per una concezione totale della coscienza e per una analisi più complessa della percezione in rapporto alla costituzione dell ' intelligenza ; e sorgeva , a incontrare tali tendenze ; la psicanalisi . L ' etnologia si andava distaccando dall ' antropologia fisica e temperava la visione evoluzionistica con quella degli scambi e prestiti culturali , arricchendosi di una prospettiva storica . La sociologia con tecniche di rilevamento statistico innestava nell ' organicismo oggettivo della linguistica schleicheriana il riferimento ad organismi collettivi concreti , quali gruppi , ceti , sfere sociali e culturali . All ' interno , d ' altronde , della stessa linguistica positivistica la critica dell ' assolutezza della legge fonetica in nome del ricorso all ' analogia e a fattori soggettivi di eccezione , riproponeva la presenza e l ' intervento dell ' uomo in un ambito di fenomeni che pareva dovergli essere sottratto , e insinuava una concezione storica , anziché naturalistica , dell ' organismo della lingua . Le polemiche , poi , del risorgente idealismo sgretolavano l ' apparente compattezza della linguistica positivistica , sia con l ' asserire il carattere estetico dell ' attività linguistica e porre al suo centro la fantasia individuale , sia col ritenere la lingua un mero specchio della storia delle idee , sostituendo bene spesso allo studio del sistema linguistico lo studio delle singole parole come esponenti concettuali o come tessere stilistiche . La linguistica rischiava , specialmente in Italia , di ridursi a lessicologia storica di indirizzo semasiologico od onomasiologico , collocandosi ai margini di discipline ben più ricche di contenuti intellettuali . E ciò proprio nel tempo in cui le scienze naturali avevano superato lo stadio descrittivo ed erano entrate in quello esplicativo e predittivo , e fra di esse la fisiologia , allargando e affinando le proprie tecniche d ' indagine , offriva al grezzo naturalismo dei linguisti l ' occasione di rivedere a fondo i metodi e i programmi . 5 . Se in Italia , e in altre aree periferiche , la linguistica rischiò di subordinarsi , pur con ottimi risultati parziali , alla filologia , alla storia delle idee , alla critica stilistica , nell ' Europa scientificamente più evoluta essa , la meno letteraria delle discipline umanistiche , senti il bisogno di adeguarsi al moto e al modo delle scienze . Il primo linguista ad avvertire lucidamente questo bisogno fu il ginevrino Ferdinand de Saussure , che volle anzitutto definire con precisione l ' oggetto della disciplina come un sistema di segni considerato in sé e per sé , rivendicandone la specificità e l ' autonomia di contro a interpretazioni ancillari , e ritenendo perciò la linguistica una semiologia . Approfondendo il concetto di segno , ne riaffermò l ' arbitrarietà ma al tempo stesso la sua solidarietà entro il sistema , in cui vide , anziché un agglomerato di sostanze monadiche , una rete di relazioni e di valori collettivi , di costanti differenziali presenti alla mente di ogni parlante come una tastiera potenziale per l ' attuazione del discorso . Così , senza negare l ' evoluzione delle lingue e quindi il loro studio diacronico , reagì ad uno storicismo frantumante col porre prioritario lo studio sincronico , cioè sistematico , che è proprio delle scienze naturali , e coerentemente , pur avendo dato un geniale contributo alla ricostruzione preistorica dell ' indeuropeo , costituì oggetto primario della linguistica la vivente lingua parlata , riassorbendo nella naturalità dell ' oggetto i processi psichici , quindi il fattore umano . Non si può dire che tutta la nuova linguistica del Novecento sia scaturita dall ' insegnamento teorico di Saussure . La linguistica statunitense , ad esempio , formatasi sulla ricerca etnologica ed etnolinguistica relativa agli indiani d ' America , trovò una sua via moderna nel contatto con lingue orali , prive di letteratura scritta e mal inseribili nei paradigmi della grammatica di tradizione classica . Essa ideò una tecnica descrittiva fondata sull ' analisi della frase in costituenti immediati , e sulla distribuzione delle parole nella frase , cioè elevò le posizioni costanti delle parole a categorie di equivalenza grammaticale , prescindendo per quanto possibile dal significato in senso concettualistico , anzi respingendolo in nome di una psicologia comportamentistica . Vide perciò la lingua come uno stimolo rivolto ad assicurare l ' interazione dei membri di una comunità ; come un sistema formale , autonomo dai contenuti mentali delle altre discipline ed esso stesso non mentalistico ( cioè indipendente da fattori non fisici , quali lo " spirito " , la " volontà " o la " mente " ) , ma meccanicistico , cioè retto dai meccanismi del sistema nervoso . Una grammatica così concepita , formalistica e operante sul corpus di ogni lingua con metodo rigorosamente induttivo , se da un lato costituiva un allineamento della linguistica con la psicologia prevalente in America e faceva esplicito ricorso alla fisiologia , dall ' altro riduceva semplicisticamente il gran problema del significato alla situazione schematica stimolo - reazione , cioè alle manifestazioni linguistiche meramente pratiche , e si appagava di risultati tassonomici e descrittivi . Va però detto che questa corrente della linguistica statunitense , benemerita sia per il risoluto tentativo di rinnovamento metodologico sia per l ' attenzione portata allo studio della sintassi ( cenerentola della linguistica tradizionale ) , fu la principale , non l ' unica . Di contro al nome di Leonard Bloomfield , suo capostipite , va posto il nome di Edward Sapir , che , provenendo dallo stesso campo dell ' etnolinguistica , collegò acutamente i fatti di lingua alla mentalità dei popoli primitivi e avanzò l ' ipotesi di una stretta correlazione fra le civiltà e le strutture delle lingue rispettive , in quanto implicanti un ' analisi dell ' esperienza e una visione del mondo . Orientamenti analoghi si affermavano quasi contemporaneamente nella scuola londinese , linguistica e antropologica , di Firth e Malinowski . 6 . Dalla teoria di Saussure , date le sue molte pregnanze , potevano diramarsi e si diramarono indirizzi diversi . Tutti però assunsero il carattere comune di strutturalismo linguistico , studiando ogni lingua come un insieme in cui " tout se tient , tout se rallie " , un insieme dunque raccolto in una coesione ed equilibrio interni che lo rendono sistematico . Il concetto di struttura largamente applicato nelle scienze della natura e nella tecnologia ora con valore ontologico ora come semplice metodo conoscitivo od operativo , ebbe una splendida affermazione nella Scuola di Praga , che alla fine degli anni Venti , sotto la guida di Trubeckoj , trasformò la fonetica da studio generale dei suoni linguistici in fonologia , ossia in studio dei fonemi delle singole lingue come sistemi chiusi di elementi fonici aventi valore distintivo delle parole . Si sottrasse così , per la prima volta , il suono linguistico ad una individuazione generica e fluttuante e lo si correlò direttamente al significato , ponendo un rapporto funzionale tra i due aspetti , il fonico e il semantico , del segno linguistico . Lo stesso criterio , applicato , oltre che al livello fonetico , a quello morfologico ( cioè ad un altro dei cosiddetti inventari chiusi della lingua ) , consenti eccellenti descrizioni , ovviamente sincroniche , di lingue vive e morte , e forni anche la spiegazione di fenomeni diacronici presentandoli come alterazione dell ' equilibrio di parti del sistema in una certa fase e come suo riassestamento in una fase ulteriore ; una diacronia , insomma , vista come la successiva stratificazione di più stadi subsistematici entro un sistema a tendenza autoconservativa e stabilizzatrice . Il difetto di questa filiazione della teoria saussuriana ( come del parallelo strutturalismo americano di cui abbiamo parlato ) era la visione eccessivamente oggettuale e statica della lingua , la cui coesione , dovuta alle forze interne , alla entelechia del sistema , non poteva ricevere da interventi esterni , primi fra tutti quelli dei parlanti , se non impulsi turbatori e destabilizzanti . Venne però al soccorso dello strutturalismo il concetto di funzione , concetto della matematica e della fisiologia , ma già diffuso in altri rami del sapere scientifico e tecnologico ; il quale , formalizzato algebricamente dalla glossematica del danese Hjelmslev per la combinatoria degli elementi del sistema , assurse a principio informatore di un cospicuo ramo dello strutturalismo che ben si poté chiamare funzionale ; dove il concetto di funzione non solo mise in evidenza il dinamismo delle strutture , cioè i fattori che le muovono governando l ' uso della lingua e ne provocano le modificazioni diacroniche , ma intervenne nel definire i fini stessi dell ' istituto . Non posso non ricordare qui la griglia funzionale proposta dal maggior esponente di questo strutturalismo , Roman Jakobson , uno dei capi del formalismo russo e dei fondatori della Scuola di Praga ; griglia che , assorbendo e arricchendo quella precedentemente formulata dallo psicologo tedesco Karl Bühler , intreccia e distingue sei funzioni della lingua : referenziale ( o rappresentativa o denotativa ) , conativa ( o appellativa o ingiuntiva ) , emotiva ( o espressiva o affettiva ) , fatica ( individuata da Malinowski ) , metalinguistica , poetica . L ' inclusione della poetica nella griglia delle funzioni della lingua segna una svolta storica , in quanto rivendica alla linguistica e al linguista quella " grammatica ( per dirla con lo stesso Jakobson ) della poesia " che per secoli ha gravitato sulla retorica e , più modernamente , sulla stilistica , senza trarne motivazione sufficiente . Questa griglia funzionale s ' imposta su uno schema dell ' atto di parola , o atto linguistico , che Jakobson mutua dalla teoria ingegneresca delle comunicazioni : la comunicazione verbale presuppone un emittente e un destinatario - ricevente che abbiano un codice comune e si tengano in contatto mediante un canale entro cui passi il messaggio . Tale schema e la connessa , non meno ingegneresca , teoria dell ' informazione , che ha reso possibile la quantificazione del significato , nonostante la loro rigidità tecnologica hanno aperto nuove prospettive e possibilità allo studio del parlato nella situazione comunicativa , tanto sotto l ' aspetto attivo che ricettivo . È grande merito di Jakobson non aver mai trascurato di collegare la linguistica con discipline scientifiche e tecnologiche da cui essa potesse trarre spunti , suggerimenti , occasioni di avanzamento . Si pensi ai suoi famosi saggi sull ' apprendimento infantile del linguaggio e sulle menomazioni afasiche , nei quali egli ha utilizzato i risultati degli esperimenti psicolinguistici sui bambini , e delle osservazioni neurologiche sugli afasici , come indizi della fondazione delle leggi strutturali fonologiche e delle leggi di codificazione e decodificazione in cagione dei rapporti di similarità ( o metafora ) e di contiguità ( o metonimia ) su cui si impernia la libertà selettiva e combinatoria del parlante . L ' idea nuova che unisce questi saggi è che tanto i processi di instaurazione che quelli di degradazione o dissoluzione dell ' attività linguistica ( disturbi di contiguità , o combinazione , e disturbi di similarità , o selezione ) possono dare al linguista preziose indicazioni sull ' origine , la struttura , il funzionamento e i mutamenti del linguaggio . Ma anche gli psicologi e i neurologi dalla interpretazione linguistica dei fenomeni fisiologici o patologici osservati possono trarre orientamento sia per la sperimentazione sia per la localizzazione e interpretazione dei disturbi , se è vero quanto asserisce Jakobson che non è assurdo pensare ad una correlazione tra la topografia cerebrale e le coordinate di simultaneità e successione che presiedono all ' uso del linguaggio ; e la terapia trova senza dubbio un gran vantaggio nella collaborazione iatrolinguistica . 7 . All ' analisi dell ' atto linguistico in situazione comunicativa si sono rivolti negli ultimi decenni studiosi di indirizzi affatto diversi . Si è accennato allo schema ingegneresco ripreso da Jakobson e da lui sotteso alla sua griglia funzionale . Un filosofo inglese , John Austin , capo della Scuola analitica di Oxford , ne ha data invece una formulazione fondata non tanto sulla funzione e quindi natura del messaggio , quanto sulla sua forza illocutiva , definita con criteri psico - semantici . La quale forza illocutiva prende , secondo l ' intenzione del parlante , il modo della domanda o del consiglio o dell ' asserzione o dell ' ordine o della promessa ecc . , e mira ad un effetto perlocutivo , che può essere di ottenere una . risposta , di convincere , d ' impedire , di spaventare ecc . , e può non essere raggiunto . Importante è stata la scoperta di una categoria di verbi che , usati in enunciati affermativi alla prima persona del tempo presente , hanno un effetto performativo o , per dirla italianamente , esecutivo , giacché il parlante ( o scrivente ) col solo emettere il proprio enunciato compie un ' azione pragmatica : quali ì verbi ordinare , promettere , approvare , attestare , comunicare ecc . ; a patto , ovviamente , che i relativi enunciati siano emessi in una condizione di " felicità " , che cioè siano presenti i presupposti necessari all ' effetto . Con tale concezione l ' atto linguistico da intellettivo che era entra in pieno dentro il mondo della prassi , dell ' azione , e rifonda modernamente le intuizioni dell ' antica retorica . Un passo ulteriore si deve al filosofo americano Paul Grice , che si è adoperato ad accorciare la distanza tra la semantica dei linguaggi formali e quella dei linguaggi naturali , tra la logica del vero e del falso e la logica di quell ' opera di collaborazione che è la conversazione , governata da una serie di massime e di implicature conversazionali che Grice formula con vivo senso del contesto situazionale dell ' atto linguistico , del suo carattere pragmatico e dell ' importanza dell ' ascoltatore collaborante . Queste teorie hanno promosso nell ' ultimo decennio un crescente interesse per la pragmatica , cioè per l ' effettivo studio di quella lingua parlata che , nonostante gli appelli di Saussure e dei suoi seguaci , non è mai stata esaminata nella globalità e nella immediatezza del suo manifestarsi . È evidente la complessità di una tale analisi : resta arduo , anzitutto , delimitare il contesto pragmatico dell ' interazione dialogica , le componenti di sua pertinenza ( nozioni generali presupposte comuni ai parlanti , o loro " enciclopedia " ; presupposizioni particolari ; differenze sociolinguistiche ecc . ) , e ipotizzare modelli di complementarizzazione fra tali componenti e la materia linguistica . Si deve poi tener conto che il messaggio orale è pluricodice , giacché il codice linguistico viene integrato , quando non duplicato , dal codice gestuale , e il profferimento degli enunciati è modulato da un andamento prosodico , cioè da fattori di intonazione , durata e intensità che incidono profondamente sul significato degli enunciati e sugli effetti perlocutivi ; fattori sinora scarsamente considerati , ma che la fonetica strumentale , ormai dotata di apparecchiature raffinate , sta analizzando con la indispensabile collaborazione di acustici , audiologi , matematici . L ' osservazione diretta del parlato , come ha contribuito a distaccare il significato dal concettualismo , e dal vero funzionalismo della logica , così ha indotto il linguista a superare i limiti della grammatica di frase per entrare in quella del discorso , la cui concatenazione e progressione non erano state finora sottoposte a rilievi sistematici . Tanto sul versante del parlato che sul versante dello scritto si va elaborando quella " linguistica del testo " che cerca di render conto di una compagine discorsiva con ragioni linguistiche ignote alla tradizionale teoria dei generi letterari . In che modo può cominciare un discorso ( o un testo ) , e come certi modi sono condizionati da certe situazioni e da certi presupposti ; con quali elementi s ' imposta la deissi spazio - temporale del dialogo o del racconto ; in che modo si attua la connessione e progressione tematica o rematica del discorso ( o testo ) ; che cosa assicura l ' unità e identità di esso : ecco i principali problemi di questa linguistica in cui confluiscono , oltre a metodologie letterarie e semiotiche ( basta fare il nome del geniale filologo e critico tedesco Harald Weinrich e richiamare i numerosi studi di semiotica del racconto o narratologia ) , la semantica generativa e la semantica logica rispettivamente applicate all ' analisi del testo dalla scuola olandese di van Dijk e dalla scuola tedesca di Petöfi . Né va dimenticato che l ' analisi approfondita del testo parlato ha giovato ad una migliore definizione , per differentiam , del testo scritto e dei suoi caratteri relativamente autonomi dalla situazione pragmatica ; testo scritto il cui organismo linguistico è stato dato per conosciuto durante molti secoli ed ha servito soltanto come documento di lingua o come oggetto di rilievi stilistici . Ovviamente l ' attenzione all ' atto linguistico in situazione comunicativa non poteva non avere conseguenze sulle ricerche dialettologiche di campo . Accanto al tradizionale carattere della raccolta lessicologica e della cartografia linguistica esse hanno assunto quelle dell ' inchiesta sociolinguistica . La degradazione dei dialetti sotto la pressione della lingua nazionale o della emigrazione interna , la condizione delle minoranze linguistiche , la correlazione tra inferiorità linguistica e inferiorità sociale , la questione della lingua comune come problema politico nel quadro della cultura dominante , della scuola dell ' obbligo e della lotta di classe , ecco le principali prospettive di un ramo della odierna linguistica che assume toni impegnati laddove si presentano dislivelli e travagli sociali e dove più ferve il dibattito ideologico . Siamo in quel campo della linguistica applicata dove l ' interesse teorico per il linguaggio cede a quello per la vita delle singole lingue nel contesto delle comunità storiche , interesse che può sfociare , attraverso programmazioni glottodidattiche , in una vera e propria politica della lingua . Un documento tipico della ideologizzazione del problema della lingua nella società e nella scuola contemporanee è la Lettera a una professoressa scritta da don Lorenzo Milani nel 1967 , lettera che riuscì a sommuovere l ' opinione degli insegnanti e ad avviare un fortemoto di contestazione dell ' insegnamento tradizionale nel suo aspetto non soltanto linguistico ; giacché toccare la lingua come problema sociale significa , specialmente in Italia , toccare anche la cultura di cui la lingua è stata strumento . 8 . La più importante e originale teoria linguistica apparsa dopo lo strutturalismo di Saussure e della Scuola di Praga è _ senza dubbio la grammatica generativa proposta dal linguista statunitense Noam Chomsky col celebre libretto Syntactic Structures del 1957 e instancabilmente , fino ad oggi , rielaborata . Per rendersi conto della sua portata speculativa e metodologica occorre rifarsi all ' ambiente culturale da cui è emersa e a cui si è contrapposta : quello strutturalismo formalistico e antimentalistico americano che era approdato ad una descrizione tassonomica fondata sull ' analisi della frase in costituenti , sulla categorizzazione delle parole secondo la loro distribuzione nella frase e sul significato come meccanismo comportamentistico ; analisi condotta con metodo induttivo sopra un corpus di enunciati . Chomsky non rinnega l ' analisi in costituenti né la maggiore innovazione di quell ' indirizzo : lo straordinario rilievo dato alla sintassi come oggetto primo dell ' analisi linguistica . Ma respinge la concezione comportamentistica che esteriorizza e meccanizza banalmente il processo linguistico , e afferma la necessità di riportarlo all ' interno , alla mente del parlante . Una mente , però , non contrapposta al corpo , concetto d ' altronde aperto ed in rapido svolgimento , ma biologicamente costituita ; e non unitaria , ma composta di varie facoltà che possiamo assimilare agli organi del corpo e analizzare come analizziamo quelli . Una di tali facoltà è appunto il linguaggio , il cui studio fa dunque parte della biologia umana . Il linguaggio è una facoltà " computazionale " , cioè un processing di principi e regole per larga parte inconsci , che determinano la forma e il significato delle frasi e si dividono in due sistemi : un sistema geneticamente innato , che definisce la facoltà di linguaggio per tutto il genere umano ed è perciò composto di universali linguistici , i quali si manifestano con straordinaria rapidità e facilità nell ' acquisizione infantile della lingua materna ; ed un sistema più ricco , più complesso , diversificato da lingua a lingua , che viene acquisito per costruzione lenta nel contatto con l ' ambiente . Ad una grammatica universale o centrale si unisce dunque , in ogni lingua storica , una grammatica particolare , intendendo col termine " grammatica " tanto l ' insieme finito delle regole che costituiscono nella mente del parlante la facoltà di linguaggio e quindi producono o , con termine matematico , " generano " mediante processi ricorsivi le infinite possibili frasi di una data lingua , quanto la teoria scientifica , formalizzata , che corrisponde a quella grammatica e che ha la più forte capacità di " generare " la descrizione strutturale delle stesse frasi . La grammatica interiorizzata costituisce quella che Chomsky chiama la competenza del parlante ( e dell ' ascoltatore ) e che non è identificabile né al " sentimento linguistico " degli studiosi di formazione storico - idealistica , né alla " lingua " degli strutturalisti , cioè al sistema linguistico come virtuale compagine di tostanti , ma è la facoltà stessa di linguaggio nella sua incessante generatività o " creatività " ( non però in accezione idealistica ) , che consiste nell ' applicare con ordine ciclico le regole e , anche , nel cambiarle . Il codice e programma computazionale , il software della facoltà di linguaggio è l ' insieme delle regole sintattiche , il cui dinamico processing porta alla superficie enunciativa gli elementi lessicali nella loro veste fonetica e nella loro " forma logica ' ' , che è quella forma per cui - come osservò il vecchio Aristotele - il significato della frase ( o significato linguistico ) non è la somma dei significati delle parole ( significato nozionale ) che la compongono . La sintassi è dunque al centro della concezione chomskiana ; la quale lascia in ombra la semantica , pur riconoscendo la sua presenza e problematicità ( e in penombra la fonetica , affidandola alla naturalità dell ' esecuzione ) . È per questo che una corrente , per così dire scismatica , della scuola di Chomsky , la Semantica generativa , ha tentato di restituire al significato una funzione primaria , ponendo le funzioni semantiche della frase ( i " casi " ) come struttura profonda . E , più o meno indipendentemente dalla stessa concezione chomskiana , la teorizzazione sul segno linguistico ( semiotica ) e recenti indirizzi della logica ( Montague , Searle , Cresswel ecc . ) hanno riportato il significato nell ' orbita problematica delle lingue naturali e lo hanno riproposto ai linguisti . Dei risultati della grammatica generativa nella descrizione ed esplicazione delle singole lingue faranno un bilancio preciso gli anni futuri . Nel presente s ' impone la novità e l ' audacia di una teoria che , fondandosi sopra una epistemologia rigorosa , ha rimosso la lingua dalla oggettività oggettuale e dal funzionalismo astratto in cui aveva finito col bloccarla lo strutturalismo e l ' ha in toto richiamata all ' interno del soggetto . 9 . Il mio sommario discorso ha tentato o , per essere più onesti , ha presunto di dare una risposta alla domanda : Che cos ' è la linguistica ? , che meglio sarebbe stato formulare : Che cosa sono le linguistiche ? , tante specializzazioni vanta ormai questa disciplina per la quale può valere il motto " Quantumvis circumi ; numquam me complecteris " . Una disciplina , comunque , non è mai ciò che parrebbe indicare la sua tramandata e corrente etichetta ; una disciplina non è , ma si fa , si fa incessantemente , e incessantemente plasma il proprio oggetto ; aggiungerei " inquietamente " , perché l ' inquietudine mentale , la " santa impazienza " di Valéry , è la ragion di vita della scienza e dello scienziato . Perciò ho voluto e quasi dovuto presentare la linguistica , sia pur schematicamente , nel suo rincorrere se stessa attraverso l ' imponente maturazione scientifica dell ' età moderna ; e ho tenuto a mettere in evidenza , accanto alle sue giuste pretese di autonomia , l ' appello che essa rivolge , soprattutto oggi , non solo alle discipline che le furono sempre compagne , come la logica , l ' etnologia e la psicologia , ma alla fisica , alla cibernetica , alla fisiologia , alla neurologia , a tutte quelle scienze , insomma , che possono far luce sulle strategie di percezione , di acquisizione , di memorizzazione , di programmazione , di esecuzione dell ' individuo parlante e ascoltante . Questo appello essa rivolge non per esorbitare presuntuosamente dal proprio compito di studiare le lingue naturali negli accettati livelli di struttura ( fonetico , morfologico - sintattico e semantico ) e nel dinamico rapporto fra tali livelli solo conoscitivamente separabili , ma per non potersi oggi esimere dall ' estendere la sua intellezione alla integrale fenomenologia del linguaggio come facoltà costitutiva dell ' essere umano , né dal fondarsi sopra assunti teorici che , al punto di esigenza metodologica ed esplicativa cui è giunta oggi , la linguistica ritiene tanto indispensabili quanto non più formulabili in via di domestica ipotesi . Chi insomma oggi fa della linguistica , sa e deve sapere che , o faccia della modesta grammatica storica o della formalizzata grammatica generativa , egli si muove in un flusso di pensiero e in una prospettiva giudicante cui il suo operare non può sottrarsi , ma solo il dato nella sua ingenua e disponibile datità . Al postutto , siano le linguistiche molte o una sola , siano i loro temi e problemi costanti o ricorrenti e le loro motivazioni alternative o complementari , sta di fatto che è il loro oggetto , la lingua , ad essere indelimitabile e inesauribile da qualsiasi approccio , cioè non riassorbibile in nessuno di essi . Al di là della logica , dell ' acustica , della biologia resta sempre la lingua , e il vero linguista se la ritrova davanti , circolarmente , oltre le griglie cognitive di cui essa è pur sempre un presupposto . L ' approccio logico o biologico , che punta sugli universali mentali o fisiologici , e l ' approccio idealistico , che punta sull ' individualità storica e creatrice , sono stati e sono momenti alterni e ricorrenti , che rispondono a istanze complementari dei loro oggetti , cioè di quella facoltà di linguaggio che non è un mero automatismo e di quelle lingue storiche che non sono né mera naturalità né meri codici , e sono pertanto non passibili di " calcoli " di precisione , e di previsione se non probabilistica , stando al loro centro un principio d ' indeterminazione , quel principio d ' indeterminazione della storia umana che è , secondo il parere di un fisico molto autorevole , l ' individuo .
Saggio sulle classi sociali ( Sylos Labini Paolo , 1974 )
Saggistica ,
Prefazione L ' origine di questo saggio è una conferenza tenuta nel marzo del 1972 per invito dell ' Associazione culturale italiana di Torino . Il testo fu pubblicato , in parte , nel fascicolo del 31 marzo 1972 dell ' " Astrolabio " e , integralmente , nel fascicolo XXXI dell ' Associazione culturale italiana ( giugno 1972 ) ; una versione rielaborata apparve nei " Quaderni di sociologia " ( dicembre 1972 ) ; ampi estratti sono stati poi inclusi nell ' antologia curata da Paolo Farneti , Il sistema politico italiano ( Il Mulino , Bologna , 1973 ) . Il tema prescelto per la conferenza si ricollegava a riflessioni che andavo facendo da qualche tempo sulla situazione economico - sociale del nostro paese e sul nuovamente insorgente pericolo fascista . In modo particolare intendevo richiamare l ' attenzione dei sociologi , degli studiosi di scienze politiche e degli stessi uomini politici sulla necessità di dare il giusto peso , nel predisporre i loro studi e le loro azioni , ai dati quantitativi della struttura sociale italiana . A quanto pare , esisteva il bisogno di un ' indagine di questo tipo , poiché prima l ' articolo apparso sull ' " Astrolabio " e , in seguito , il saggio apparso sui " Quaderni di sociologia " sono stati oggetto di numerosi dibattiti . Vi sono state critiche ; e di queste , nella misura in cui mi hanno convinto , ho cercato di tener conto nella nuova versione del mio lavoro , che costituisce appunto questo libro . Non entrerò nel merito delle critiche che non mi convincono , eccetto che in un caso : mi riferisco alla critica proveniente da alcuni intellettuali di sinistra secondo la quale io avrei indebitamente incluso fra le classi medie alcuni strati , come lo strato dei contadini poveri , che a tutti gli effetti vanno assimilati al proletariato ; più in generale , io avrei sottovalutato il processo di proletarizzazione , che investe oramai la maggior parte dei lavoratori dipendenti , inclusi gli impiegati pubblici e privati . Ora , non c ' è dubbio che qualsiasi classificazione , e quindi anche quella qui proposta , è fondata su criteri , in misura non piccola , arbitrari : ho presentato le stime delle sottoclassi e delle singole categorie proprio per aiutare quei lettori a ricomporre il quadro in rapporto ai loro fini . Tuttavia , debbo avvertire che io sono radicalmente contrario ad una concezione di tipo pirandelliano ( così è se vi pare ) . L ' arbitrio delle definizioni e delle classificazioni è inevitabile , ma solo entro limiti ; e le definizioni , come le classificazioni , non avvengono nel vuoto , ma acquistano significato in un contesto ben definito . Così , avevo incluso fra le " classi medie " tutti i coltivatori diretti compresi i contadini poveri tenendo conto , più che delle loro condizioni economiche , del loro tipo di cultura e dell ' attaccamento a certi valori tradizionali e patriarcali ; ma avevo già avvertito che queste persone si trovano in condizioni simili ( spesso anche peggiori ) di quelle dei salariati dell ' industria , cosicché i loro interessi possono convergere con quelli della classe operaia ; e si può operare politicamente in questa direzione . Tuttavia , se si fa riferimento ad un paese come l ' Italia e si vuole studiare la situazione sociale così com ' è e non come si vorrebbe che fosse o come forse sarà , conviene includere anche i contadini poveri fra le così dette classi medie . Viceversa , in paesi economicamente arretrati , dove masse di contadini e di salariati agricoli vivono al limite della sussistenza biologica e dove , man mano che si fa strada la coscienza della loro condizione , la domanda di una riforma agraria radicale o addirittura rivoluzionaria sommerge qualsiasi tradizionalismo , una tale procedura non sarebbe corretta ; ed in effetti , nel testo , per i paesi relativamente arretrati , ho proposto una diversa suddivisione delle classi , in cui si mette nel dovuto rilievo la posizione dei diversi strati sociali e delle diverse classi nell ' ambito dell ' agricoltura ( parte I , cap . 8 ) . In ogni modo , è certo importante approfondire l ' analisi critica della struttura sociale nell ' agricoltura del nostro paese . Ed è importante definire accuratamente e tentare di valutare , da un lato , il fenomeno della proletarizzazione di certi strati di ceti medi e , dall ' altro , il fenomeno dell ' imborghesimento di certi strati di operai . Ma la tesi secondo cui il processo di proletarizzazíone coinciderebbe col processo di espansione dei lavoratori dipendenti , di modo che esso investirebbe oramai la massima parte dei lavoratori , è una tesi falsa sul piano dell ' analisi e pericolosa anche da un punto di vista politico di sinistra . Sostenere che gl ' impiegati di aziende municipalizzate , o delle aziende di credito , o di enti locali , che hanno oggi ( 1974 ) uno stipendio medio che si aggira su quattrocento mila lire mensili ( con punte di 2-3 milioni ) stanno nella stessa barca in cui navigano gli operai metalmeccanici , che oggi hanno una retribuzione media nettamente inferiore alla metà e svolgono un lavoro duro , alienante e soggetto a gravi rischi d ' infortuni , non significa affatto compiere una coraggiosa opera di critica e di denuncia , ma significa oscurare l ' essenza del principale problema politico contemporaneo di paesi come il nostro , che è il problema dei rapporti fra classe operaia e ceti medi . Anzi , tesi di questo genere sono esse stesse una delle espressioni dell ' ideologia piccolo - borghese , che tende a minimizzare le differenze ( spesso enormi ) fra operai e ceti medi . Nel suo importante libro La giungla retributiva ( Il Mulino , Bologna , 1972 ) Ermanno Corrieri denuncia questa mistificazione in termini così efficaci , che non mi resta che riportarli : " Oggi (...) questa ideologia [ di ceti medi ] assume caratteri ancor più sottili e insidiosi , in quanto spesso si ammanta di tutto un complesso di argomentazioni " di sinistra " . Si afferma che è in atto un processo di proletarizzazione dei ceti medi , che la loro condizione va assimilandosi sempre più a quella degli operai e dei contadini . Si aggiunge che l ' area dello sfruttamento capitalistico si va estendendo a nuovi gruppi sociali : ai tecnici , agli intellettuali , agli artigiani , ai commercianti , ai piccoli industriali . Quindi il nemico da combattere è uno solo : il grande capitale monopolistico ; e sull ' altare di questa battaglia , non hanno importanza le altre diseguaglianze ; anzi il soffermarsi su di esse indebolisce la necessaria alleanza della classe operaia e contadina con i ceti medi , contro i " padroni " . Si teorizza la figura dell ' intellettuale spogliato di ogni funzione libera e autonoma e trasformato in strumento di trasmissione della cultura borghese e di conservazione del sistema capitalistico : come tale , anch ' egli , al pari dell ' operaio e del contadino , è espropriato di qualcosa e quindi è uno sfruttato . Ora , è evidente che queste tesi , di per sé , non sono prive di fondamento . Ma la mistificazione consiste nel passare da un discorso di sfruttamento e di subordinazione " politica " ad un discorso di disagio e di inferiorità economico - sociale che sarebbe comune ai ceti intellettuali e alla classe operaia e contadina . In forza di questo passaggio , gli intellettuali " di sinistra " e i loro sindacati , se a parole sono pronti a riconoscere la legittimità delle rivendicazioni operaie e contadine , di fatto , più che schierarsi e lottare al loro fianco , si sentono in diritto di chiedere la loro solidarietà a favore delle proprie lotte , anche se queste , spesso hanno per obiettivo la conservazione e il consolidamento di condizioni economiche avvantaggiate e , di conseguenza , il mantenimento delle distanze rispetto agli operai e ai contadini . Il fatto è che la matrice culturale e la collocazione sociale influenzano inconsapevolmente e pesantemente anche chi è impegnato , da posizioni di sinistra , in un sincero sforzo di trasformazione della società . E gli interessi costituiscono una molla potente che spinge tutti ad elaborare ideologie di giustificazione e di sostegno delle proprie esigenze . E così uomini di sinistra si associano alle rivendicazioni retributive delle categorie impiegatizio - intellettuali ( o magari alle lotte per il salario a tutti gli studenti ) , nella convinzione di operare di conserva con gli operai e i contadini contro il " sistema " , ma senza considerare che queste rivendicazioni finiscono per essere finanziate con un ulteriore prelievo sul risultato dell ' attività produttiva e quindi per esser pagate dai lavoratori impegnati in tale attività " . Mi è stata attribuita l ' idea secondo cui la " classe media " consisterebbe in un coacervo di ceti e di gruppi sociali essenzialmente corrotti e retrivi , così che nel nostro paese le prospettive non solo della vita sociale ma della stessa vita politica sarebbero catastrofiche . Una tale interpretazione è ingiustificata . Sebbene io faccia più volte riferimento agli individui famelici , servili e culturalmente rozzi , che sono molto numerosi fra i ceti medi , avverto altrettanto spesso che esistono strati civilmente robusti e capaci di operare come forze di progresso ; si tratta di strati esili , è vero , ma non trascurabili e suscettibili di espansione . Anzi , ritengo che il problema politico centrale nel nostro paese ( e non solo nel nostro paese ) consista oggi i nel fatto che la classe operaia , pur essendo sempre una classe subalterna , lo è in misura decrescente e , nel suo complesso , si trova economicamente e politicamente in ascesa . Ora , di fronte a questo processo i ceti medi reagiscono in modi profondamente contrastanti : alcuni l ' accettano , altri lo considerano con orrore . Tuttavia , l ' area del consenso cresce come conseguenza non di un processo di proletarizzazione economica , inesistente in quanto processo generale , ma di un processo di crescita civile e di maturazione culturale , processo che non si svolge nelle nuvole ma che certo , nella terminologia marxista , appartiene più alla sovrastruttura che alla struttura . Oltre ad alcune varianti di non grande rilievo , introdotte per tener conto di certe critiche o per chiarire e integrare le analisi già svolte , ho introdotte diverse innovazioni nel testo apparso nei " Quaderni di sociologia " . Ecco le principali innovazioni . 1 . Ho modificate le stime delle classi e sottoclassi sociali , specialmente quelle connesse con l ' agricoltura , dopo esser venuto a conoscenza dell ' importante monografia di Ornello Vitali , La popolazione attiva in agricoltura attraverso i censimenti italiani ( Istituto di demografia della Facoltà di scienze statistiche , Roma , 1968 ) . Le valutazioni della popolazione attiva in agricoltura sono comunque incerte e arbitrarie , per molte ragioni , in primo luogo per la posizione delle donne che vivono in campagna e che , specialmente nelle piccole aziende contadine , possono essere classificate come " attive " o come " casalinghe " secondo i criteri adottati . Le difficoltà si manifestano quando si vogliono compiere confronti intertemporali fra i diversi censimenti . Vitali ha compiuto una faticosa opera per rendere omogenei i criteri rispetto a quelli adottati in questo dopoguerra e ricostruire dati comparabili . Sebbene le mie stime precedenti , fondate sulle cifre dei censimenti e su valutazioni della Svimez , siano per certi anni ( fino al 1951 ) inferiori in misura tutt ' altro che trascurabile ai dati forniti da Vitali , nessuna delle considerazioni e illazioni proposte nel saggio originario viene modificata in modo sostanziale , se si eccettua la tendenza alla proletarizzazione di una parte dei contadini ( v . oltre , parte I , cap . 3 ) . Occorre però avvertire che dai nuovi dati possono ricavarsi illazioni diverse da quelle ricavabili dalle precedenti stime per problemi che qui non vengono trattati . 2 . Oltre i dati aggregati per l ' Italia , si presentano cifre per le tre grandi circoscrizioni : Nord , Centro e Sud ; vengono brevemente discusse alcune tendenze che emergono da questi dati , concentrando l ' attenzione sull ' Italia meridionale ( parte I , cap . 4 ) . 3 . Sono stati estesi i confronti internazionali . Nel saggio originario , oltre l ' Italia , si consideravano solo la Francia e il Giappone e si compivano confronti intertemporali solo per l ' Italia . Ora , attraverso i dati , si considera la struttura sociale contemporanea di cinque paesi relativamente evoluti ( Gran Bretagna , Spagna , Giappone , Argentina , Cile ) e si compiono confronti intertemporali per altri tre paesi evoluti : Francia ( 1886 e 1968 ) , Stati Uniti ( 1890 e 1969 ) e Unione Sovietica ( vari anni compresi nel periodo 1913-1972 ) ; infine , si presentano i dati relativi a cinque paesi relativi a cinque paesi relativamente arretrati ( parte I , cap . 8 ) . 4 . Si presentano le stime degli iscritti ai sindacati , distinguendo gli operai dagli impiegati nei diversi settori di attività : non giova a nessuno , certamente non giova all ' obiettivo di una sempre più ampia e vigorosa solidarietà fra operai e impiegati , ignorare o minimizzare le differenze ( parte Il , cap . 5 ) . Le tabelle statistiche sono in appendice e , di regola , sono precedute da un commento esplicativo . Anche le note al testo sono riportate in appendice ; per chiarezza , sono precedute da sottotitoli , affinché possano esser lette anche in modo autonomo . Per non appesantire il testo , indico fra parentesi le opere citate e non riporto , alla fine , nessuna nota bibliografica ; qui mi limito a segnalare il dibattito a 23 voci , curato da Fabio Luca Cavazza e Stephen R . Graubard e pubblicato da Garzanti nel marzo 1974 in un volume col titolo Il caso italiano e l ' ampia bibliografia pubblicata in appendice all ' articolo di Antonio Zavoli , Classi , proletariato e ceti medi in Marx e oggi per la rivoluzione ( " Per la lotta " , n . 34-36 , 1973 , pp. 55-8 ) . Ringrazio Marina Addis , Arturo Barone , Federico Caffè , Giorgio Careri , Flaminio De Cindio , Vittorio Frosini , Antonio Giolitti e Claudio Pavone per le loro critiche e i loro suggerimenti ; ringrazio , in modo particolare , Luciano Gallino , Michele Salvati e Leo Valiani , le cui osservazioni critiche mi hanno indotto a correggere alcuni errori e a chiarire punti oscuri o incompleti o male espressi . Avverto tuttavia che non si può attribuire agli studiosi ora ricordati nessuna responsabilità per le tesi qui espresse . Paolo Sylos Labini Roma , 15 aprile 1974 Introduzione Il fisico studia gli atomi , ma egli non è un atomo . Il microbiologo studia i microbi , ma egli non è un microbo . L ' economista , non diversamente dal sociologo , studia la società della quale fa parte : egli non è estraneo all ' oggetto del suo studio nel senso particolare in cui si può affermare che lo sia il cultore di scienze naturali . Di conseguenza , lo studioso di discipline sociali nella sua attività intellettuale ( e politica ) è necessariamente condizionato dall ' educazione che ha ricevuto , dall ' ambiente dal quale proviene , dalle sue preferenze circa i movimenti della società in cui vive , in una parola , dalla sua ideologia . Di ciò egli deve essere ben consapevole , proprio per ridurre le distorsioni che nelle sue analisi - addirittura nella scelta stessa dei temi da studiare - può provocare la sua ideologia . Lo studioso di discipline sociali che si crede orgogliosamente " obiettivo " , neutrale , fuori della mischia , è , tutto sommato , un personaggio patetico , perché è vittima di una ideologia senza saperlo e senza possibilità di contrastarne le pressioni . Se lo studioso non può sperare di essere rigorosamente " obiettivo " ( ciò che è impossibile ) , può e deve tuttavia sforzarsi di essere intellettualmente onesto , ossia può e deve cercare di vedere tutti gli aspetti di un determinato problema , anche gli aspetti per lui sgradevoli , e non solo quelli che sono conformi alla sua ideologia o utili per la sua parte politica . Detto tutto questo , credo di dover spiegare ai lettori alcuni frammenti della mia ideologia , nella misura in cui ne sono consapevole : tali indicazioni potranno anche chiarire , spero , il motivo o i motivi che mi hanno indotto ad affrontare questi problemi , ciò che a rigore rappresenta un ' invasione in campo altrui . Indicherò , in particolare , tre punti . Punto primo . La posizione del singolo nella società - in una determinata classe o gruppo sociale - condiziona il suo modo di pensare e di agire , ma non lo determina in modo puntuale . Il singolo può ampliare ( ma non indefinitamente ) i limiti entro cui pensa e agisce proprio attraverso la coscienza e la conoscenza critica della sua posizione nella vita sociale . Per il bene o per il male , la zona discrezionale è specialmente ampia nel caso di coloro che appartengono alle classi intermedie e , ancora più specialmente , nel caso degli intellettuali ; ma tende a crescere anche per coloro che appartengono alle così dette masse , man mano che il livello medio di vita supera il livello di sussistenza ( comunque venga inteso ) . Punto secondo . Con riferimento alla classificazione indicata nella prima tabella ( v . l ' Appendice ) , dal punto di vista economico - sociale chi scrive , che è un professore universitario , si considera membro di una frangia che sta fra la media e la piccola borghesia . Egli è dunque , per diversi motivi , un privilegiato - lo è dal punto di vista economico , lo è dal punto di vista del grado d ' istruzione che ha potuto conseguire grazie alla posizione sociale della sua famiglia e non per virtù " innate " . Ma il privilegio non è , in sé e per sé , un motivo di censura o di vergogna : lo è se è fine a se stesso ; non lo è se viene usato per fini socialmente e civilmente validi - in ultima analisi e in prospettiva , per negare i privilegi stessi . Punto terzo . Chi scrive si considera , politicamente , un onesto riformista - onesto nel senso che non solo crede ma , con le sue modestissime forze , opera per le riforme , specialmente per quelle riforme che possano contribuire a " sgombrare il terreno da tutti quegli impedimenti legalmente controllabili che impacciano lo sviluppo della classe operaia " ( Marx , Prefazione al Capitale , Ed . Rinascita , Roma , 1951 , p . 17 ) . Egli pensa di avere una tale concezione non per una straordinaria nobiltà di animo e per una generosità senza pari , ma semplicemente per ragioni di meditato egoismo : il processo di trasformazione sociale del nostro paese " si muoverà in forme più brutali o più umane secondo il grado di sviluppo della classe operaia " ( Marx ) e , più in generale , secondo il grado di sviluppo delle classi inferiori o subalterne : lo stesso livello civile della nostra società e , in definitiva , della nostra vita quotidiana , dipendono dal grado di sviluppo di queste classi , che nessuna legge soprannaturale ha condannato a rimanere per sempre subalterne . Pur considerandosi un riformista , chi scrive non ha ostilità , ha anzi rispetto , per coloro che vogliono operare da rivoluzionari , a condizione che si tratti di rivoluzionari seri e non di miserevoli parolai o di luridi imbroglioni . E sebbene egli auspichi le riforme non per consolidare il sistema ma per cambiarlo , chi scrive deve ammettere che gli fa difetto la fede rivoluzionaria - la fede nella necessità o nell ' utilità di un grande trauma nel processo di trasformazione sociale . Dopo questa premessa , lunga ma , spero , non inutile , entro nel tema che mi sono proposto . Intendo , in particolare , presentare un breve abbozzo di analisi , anche quantitativa , delle classi sociali considerate , in prima istanza , dal punto di vista economico . L ' obiettivo è di contribuire alla comprensione critica di noi stessi e dei nostri problemi sociali ; oggi , in particolare , è importante cercare di comprendere la natura degli ostacoli che finora hanno in gran parte impedito l ' attuazione delle riforme e il significato delle lotte sociali e politiche e delle alleanze che in queste lotte si stabiliscono fra le diverse classi e sottoclassi . Si tratta solo di un esame preliminare : se il punto di partenza è valido altri potranno elaborare una vera e propria analisi critica della società italiana di cui tutti , ma specialmente gli uomini della sinistra , avvertono oramai un acuto bisogno . I . Tendenze di lungo periodo 1 . Distribuzione del reddito e classi sociali La distribuzione del reddito nazionale costituisce il problema centrale degli economisti classici , particolarmente di Adam Smith e David Ricardo , i quali considerano essenzialmente tre grandi categorie di redditi , ossia tre grandi classi sociali : i proprietari fondiari ( rendita fondiaria ) , i capitalisti agrari , industriali e commerciali ( profitto ) e i lavoratori dipendenti ( salario ) . Per gli economisti classici la rendita urbana costituisce una sottocategoria della rendita fondiaria e l ' interesse è - usando l ' espressione di Smith - un " reddito derivato " : dal profitto nel caso di prestiti alla produzione , da uno degli altri due redditi nel caso di prestiti al consumo ; generalmente , sono i mercanti che fanno prestiti allo Stato o a privati - Marx parlerà poi di " capitalisti monetari " . I classici sono ben consapevoli che esistono i lavoratori indipendenti , al loro tempo molto numerosi : coltivatori diretti ( farmers ) e artigiani ( independent manufacturers ) : costoro ottengono redditi che sono una combinazione di due o tre dei redditi originari sopra indicati ; oggi parliamo di redditi " misti " . Infine , ci sono tutti coloro che percepiscono stipendi o altri compensi dallo Stato o da istituzioni o da " ricchi " : sono tutti lavoratori " improduttivi " , che ottengono redditi derivati ( Smith , Ricchezza delle nazioni , ed. Cannan , Methuen , Londra , 1961 , vol. I , p . 352 , trad. dell ' autore ) : Il lavoro di alcuni dei più rispettabili ordini della società è , come quello dei servitori , improduttivo di ogni valore , e non si fissa o si realizza in alcun oggetto durevole o in alcuna merce vendibile ... Il sovrano , per esempio , e tutti gli impiegati civili e militari che servono sotto di lui , l ' intero esercito e l ' intera marina sono lavoratori improduttivi . Essi sono servitori del pubblico e sono mantenuti con una parte del prodotto annuo dell ' operosità degli altri ... Alla stessa classe appartengono gli ecclesiastici , i giuristi , i letterati di ogni genere , i medici , come pure i commedianti , i buffoni , i musicisti , i cantanti , le ballerine , ecc. Mentre il concetto smithiano di lavoratori improduttivi è stato vivacemente attaccato dai successori degli economisti classici , la tripartizione smithiana dei redditi ( e delle classi ) è stata sostanzialmente accettata e tuttora si ritrova nei libri di testo di economia , anche se in questi libri si parla solo di redditi e non di classi ; l ' unico emendamento , per così dire , riguarda l ' interesse , che è stato elevato al grado di reddito originario , imputabile al capitale e quindi al proprietario del capitale stesso , distinguendolo dal profitto , imputabile all ' imprenditore . ( L ' emendamento è importante e si ricollega ad una certa evoluzione della teoria economica , che oggi è soggetta a critiche sempre più stringenti ; ma su tale questione non mi soffermo ) . Un altro emendamento , che pochi economisti fanno ma che comunque deve essere fatto , riguarda la rendita urbana e i connessi guadagni speculativi : mentre al tempo dei classici era giusto considerare la rendita fondiaria come la categoria principale e la rendita urbana dome una sottocategoria di secondaria importanza , oggi , col tumultuoso sviluppo delle città e , in certi casi , delle megalopoli , occorre rovesciare il giudizio sull ' importanza relativa delle due rendite : oggi gli stessi spostamenti di ricchezza e la rapida formazione di cospicui patrimoni provengono spesso da speculazioni connesse con la rendita urbana , speculazioni nelle quali , oltre il mercato , entra il potere politico , al livello centrale o al livello locale ; di più , quel che avviene in questo campo deturpa molte nostre città , ne rende penosa la vita e concorre grandemente a creare quella carenza di case a basso prezzo e quelle congestioni che , fra l ' altro , facendo salire il costo della vita e sterilizzando una parte del potere di acquisto dei salari , contribuiscono a distorcere e a frenare il processo di sviluppo economico . ( Tuttavia , non va soltanto rivisto il giudizio sull ' importanza relativa sui due tipi di rendite : va rivista la stessa concezione degli economisti classici , anche sulla traccia delle analisi di Marx e di Engels , poiché la natura della rendita urbana è profondamente diversa da quella della rendita fondiaria ) . Come eredità dei classici , è rimasto anche il concetto di reddito misto che , per definizione , costituirebbe una combinazione dei redditi originari . Gli stipendi degli impiegati pubblici continuano ad essere considerati quali redditi derivati , ciò che del resto è ovvio , essendo tali redditi pagati col gettito di tributi o contributi . Già Marx aveva avvertito ( Capitale , libro III , Editori Riuniti , Roma , 1965 , p . 993 ) che quelli che oggi chiamiamo redditi " misti " ( principalmente quelli dei coltivatori diretti , degli artigiani e dei piccoli commercianti ) avevano carattere pre - capitalistico e " solo fino ad un certo punto " potevano essere considerati come una combinazione dei tre redditi originari di Adam Smith . In verità , la teoria tradizionale , che accoglie acriticamente e senza qualificazioni una tale concezione , va riconsiderata a fondo : se fra i redditi " misti " e i tre redditi originari vi sono importanti elementi comuni , vi sono anche differenze profonde : perfino dal punto di vista quantitativo in pratica accade spesso ( e non solo in Italia ) che l ' intero reddito di un piccolo coltivatore diretto , per esempio , che in astratto dovrebbe conglobare rendita , profitto e salario , è inferiore al solo salario medio pagato nel settore industriale moderno . Per una tale revisione critica della teoria dei redditi misti che sono ottenuti dai così detti lavoratori indipendenti ( coltivatori diretti , artigiani , piccoli commercianti , professionisti indipendenti ) , è necessario partire dalla distinzione fra beni che entrano e beni che non entrano in concorrenza con quelli prodotti da unità produttive moderne . Nel primo caso , vi sarà una tendenza alla graduale emarginazione e , a lungo andare , eliminazione dei produttori indipendenti , che appunto soccombono nella concorrenza con le unità moderne : su questa base Marx formulava la sua previsione della tendenziale scomparsa di quei gruppi sociali . Una tale tendenza , che è debole quando è lento lo sviluppo dell ' industria moderna , forte quando questo sviluppo è rapido , può essere deliberatamente frenata dalla classe dominante , per mezzo di leggi e di altri interventi , proprio con l ' obiettivo di una stabilizzazione sociale e politica . Così , in Italia è stato frenato il declino numerico ed economico dei coltivatori diretti , con successo fino alla seconda guerra mondiale , anche per il relativamente lento sviluppo industriale ; in seguito , sia per il processo d ' integrazione economica internazionale , sia per l ' accelerazione dello sviluppo dell ' industria moderna , i freni non hanno più funzionato o , meglio , sono solo serviti a rendere forse meno precipitoso il processo ; in ogni modo , la flessione della massa dei coltivatori è stata non meno rilevante di quella dei salariati in agricoltura - essendo queste le due componenti dell ' enorme esodo agrario che si è verificato nel dopoguerra ( v . la tabella 1.1 ) . Molto più efficaci sono stati e continuano ad essere gl ' interventi a favore dei piccoli commercianti , il cui numero è andato crescendo e continua a crescere praticamente senza interruzione . Riguardo ai coltivatori diretti , il processo di espulsione va studiato , da un lato , con riferimento ai prezzi e ai costi dei prodotti agricoli e , dall ' altro , con riferimento alle possibilità di occupazione ed ai redditi ( particolarmente ai salari ) ottenibili nel settore moderno . Riguardo ai piccoli commercianti , occorre osservare che la concorrenza potenziale non proviene da merci ma da servizi , che potrebbero essere - e in misura nel nostro paese molto modesta sono - forniti da unità commerciali grandi ed efficienti : la legge e , sulla base della legge , gl ' interventi amministrativi spesso semplicemente impediscono a queste unità di sorgere . Inoltre , in queste condizioni - a differenza di quanto accade per le merci - la concorrenza internazionale manca del tutto . Questa è una delle principali ragioni che spiegano il successo degli interventi pubblici a favore dei piccoli commercianti . Nel caso di merci o servizi prodotte da lavoratori s indipendenti che non concorrono ma anzi sono complementari rispetto alle merci o ai servizi offerti dalle ' ' unità moderne , non c ' è quella tendenza al declino , ma anzi la tendenza opposta : ciò appunto si verifica per egli artigiani e i piccoli produttori che forniscono merci o servizi alle grandi unità , le quali cercano di utilizzare questi produttori per il proprio vantaggio . Un fenomeno analogo si verifica anche per le officine per la riparazione di automobili o di elettrodomestici o di altri oggetti o attrezzature domestiche . In ultima analisi , le unità artigianali di tipo moderno sono sempre direttamente o indirettamente satelliti delle grandi o grandissime imprese . In una situazione particolare si trovano i professionisti indipendenti ( specialmente medici , avvocati , ingegneri , architetti ) : molti di questi professionisti sono oramai indipendenti solo di nome , poiché sempre più frequenti sono i casi di rapporti organici con grandi società e con istituzioni pubbliche ; altri , tuttavia , sono effettivamente indipendenti , almeno entro certi limiti . Per questi professionisti , specialmente per quelli che riescono a raggiungere posizioni di rilievo , conviene usare come punto di partenza l ' analisi del monopolio o del quasi monopolio , tenendo conto che i prezzi dei loro servizi - come anche , sostanzialmente , i prezzi dei servizi commerciali - non sono propriamente regolati dal mercato ma sono prezzi " amministrati " sulla base di intese tacite o espresse o di regolamenti di ordini professionali . Vi sono infine gli stipendi degli impiegati , che l ' analisi economica tradizionale assimila ai salari , cosicché la teoria del salario viene ad includere la teoria dello stipendio . Questo punto di vista va radicalmente riconsiderato . Gli stipendi degli impiegati che operano in imprese o aziende pubbliche o private che producono merci o servizi nel mercato aperto rientrano nelle spese generali e sono in qualche modo collegati con l ' attività produttiva , con i costi ed i prezzi , anche se il collegamento è diverso da quello dei salari , che di regola , almeno finora , rientrano nelle spese dirette e variano immediatamente al variare della produzione . Per gli stipendi di questi impiegati valgono , ma solo fino ad un certo punto , le analisi che si possono elaborare per i salari degli operai . In una posizione particolare si trovano gli alti dirigenti delle società per azioni private e pubbliche , i quali ottengono emolumenti che solo per una parte hanno la natura di stipendi : per un ' altra parte - la parte variabile - rappresentano una sorta di partecipazione ai profitti . Inoltre , fra gl ' impiegati conviene distinguere gl ' impiegati amministrativi dai tecnici , che sovraintendono agli impianti , alle macchine e ai laboratori . Per gli stipendi degli impiegati che lavorano in imprese o aziende che non producono merci o servizi per il mercato o che lavorano in pubbliche amministrazioni , i punti di contatto con la logica che regola i salari sono molto indiretti e limitati . Perché il livello degli stipendi degli impiegati pubblici è quello che è ? Perché varia ? Per rispondere a queste domande , occorre certamente considerare , come punto di partenza , il livello e le variazioni degli stipendi degli impiegati privati , così come , per comprendere il livello e le variazioni di questi stipendi , occorre partire dalla considerazione dei salari . Ma è solo il primo passo : analogamente ai lavoratori salariati , che nel periodo moderno non sono affatto costretti al livello di sussistenza , sia pure inteso in senso sociale o storico , anche i lavoratori stipendiati si battono per partecipare nella massima misura possibile al sovrappiù , o reddito nazionale netto , e al suo incremento . Sia i salariati che gli impiegati non si battono solo con l ' arma dello sciopero , ma anche con mezzi più ampiamente politici , principalmente influendo sull ' azione dei partiti che ne rappresentano gl ' interessi per ottenere leggi e interventi amministrativi ad essi favorevoli . L ' azione degli impiegati , tuttavia , è caratterizzata da almeno due importanti elementi differenziali rispetto all ' azione dei salariati , uno a loro vantaggio , l ' altro a loro danno . L ' elemento a loro vantaggio sta nel fatto che la gestione della cosa pubblica , come anche la gestione dei partiti , è in grandissima parte nelle mani di membri della stessa classe alla quale appartengono , la piccola borghesia , particolarmente della piccola borghesia impiegatizia , così che essi trovano i loro punti di forza , più che negli scioperi , nel campo degli interventi legislativi e amministrativi . Sia pure con un significato alquanto diverso , si può ripetere quanto Smith scriveva quasi due secoli fa ( Ricchezza delle nazioni , cit . , II , p . 395 , trad. dell ' autore ) : Gli emolumenti dei funzionari sono forse , nella maggior parte dei paesi , più elevati di quanto occorrerebbe , poiché coloro che amministrano la cosa pubblica sono in generale inclini a remunerare se stessi e i loro immediati dipendenti piuttosto troppo che troppo poco . Questa osservazione tuttavia , se vogliamo prendere Smith alla lettera , vale per gl ' impiegati che dipendono immediatamente dai capi politici e amministrativi , i quali , oltre lo stipendio , hanno anche altri canali per attingere al " sovrappiù " - compensi speciali di vario genere , liquidazioni principesche e pensioni speciali . Vale anche per tutti quei funzionari e impiegati che riescono a conquistare posizioni di quasi monopolio e a difenderle con appropriate barriere istituzionali e legislative ; ciò avviene , nel nostro paese , in certi settori della burocrazia , negli istituti di credito , negli istituti di assistenza e previdenza - prima charitas mea charitas - , in numerosi enti pubblici e in aziende municipalizzate . ( Una particolareggiata analisi quantitativa degli stipendi e dei compensi dei gradi più elevati della burocrazia pubblica e degli enti di tipo pubblico sarebbe molto istruttiva ; ma , per ovvie ragioni , è difficilissima da fare ) . Il risultato delle spinte molteplici e d ' intensità molto differenziata messe in atto dalle diverse categorie di dipendenti pubblici ( in senso lato ) è una impressionante varietà di retribuzioni , che di recente è stata illustrata con tanta efficacia da Ermanno Gorrieri . Questa varietà , a sua volta , costituisce una fonte inesauribile di agitazioni , poiché i gruppi che restano indietro compiono ogni sforzo per avvicinarsi , economicamente , a quelli che sono riusciti ad andare avanti ; in queste agitazioni tutti i gruppi imitano la strategia e le parole d ' ordine dei sindacati operai e qualche volta adottano perfino una fraseologia rivoluzionaria . In queste agitazioni - che si aggravano nei periodi d ' inflazione - prevalgono i gruppi che sono più compatti e più forti , per motivi economici ( posizione di tipo monopolistico nel mercato ) o istituzionali , o politici , o , spesso , per una combinazione di questi motivi . Restano indietro i gruppi più deboli , che generalmente si trovano negli strati intermedi o inferiori degli impiegati pubblici o parastatali . E qui compare l ' altro elemento , quello sfavorevole , che differenzia gl ' impiegati dai salariati : data la minore penosità del lavoro e data la garanzia della stabilità , la pressione dei candidati ai posti del pubblico impiego è forse perfino proporzionalmente maggiore dell ' analoga pressione esercitata da coloro che vogliono diventare salariati - s ' intende , nel settore moderno ; comunque , le resistenze sono minori , perché nell ' amministrazione pubblica sono ben più incerte e indefinite che nelle imprese di produzione le esigenze organizzative e amministrative . Il limite , a rigore , è dato dalla capacità dei bilanci degli organismi su cui quegli impiegati gravano ; ma poiché si tratta di bilanci non collegati direttamente con attività produttive , quel limite è molto elastico . Nello stesso tempo , per ragioni di potere e di stabilizzazione politica , è forte l ' inclinazione dei gruppi dominanti , centrali o locali , a far entrare nella burocrazia quelli che sono o possono diventare loro clienti . Il risultato è , sotto un certo aspetto , sfavorevole per gli strati inferiori e intermedi di impiegati , nel senso che le remunerazioni di questi impiegati , a causa del numero , sono e restano relativamente basse o molto basse . Tuttavia , non va dimenticato che per numerosi impiegati dei gradi inferiori il vantaggio non sta in uno stipendio elevato , ma nel fatto stesso di essere entrati , grazie a favori di tipo politico , nella burocrazia , salvandosi , per così dire , da un lavoro manuale duro e mal remunerato o da condizioni di vera e propria disoccupazione . Esempi di attività in cui le frequenti retribuzioni privilegiate sono imputabili essenzialmente a posizioni di tipo monopolistico ovvero oligopolistico sono l ' industria elettrica il servizio telefonico , le aziende di credito ; gli ospedali , le aziende municipalizzate , le amministrazioni degli enti locali offrono esempi di aree in cui operano , contemporaneamente , fattori economici e fattori politici , specialmente di carattere clientelare . Vi sono dunque nella nostra società numerosi e ampi casi di parassitismo e una fetta non indifferente del reddito nazionale viene sprecata , dal punto di vista economico , in diversi modi , a volte in modi che non comportano semplicemente una redistribuzione , ma anche una riduzione del reddito e una distorsione nella sua composizione : rendite urbane ( con le connesse operazioni speculative che in questo dopoguerra sono all ' origine di numerosi patrimoni di medie e grandi dimensioni ) , guadagni di intermediazione spesso ingiustificabili sul piano strettamente economico , stipendi e compensi ingiustificatamente elevati per i gradi più alti della burocrazia statale e parastatale , stipendi e compensi per persone economicamente inutili . Si tratta , in tutti i casi , di parassitismo economico ; se in molti casi - specialmente nel settore del piccolo commercio e degli impiegati dei gradi inferiori - i guadagni sono magri , ciò non toglie affatto che si tratta , dal punto di vista economico , di guadagni parassitari . Ci sono , oramai , più parassiti e sfruttatori fra i così detti ceti medi che nell ' intera classe capitalistica . ( A rigore , sono da considerare parassitari anche i redditi che vanno a operai di industrie passive , che sono tenute in piedi con sovvenzioni statali ; ma indubbiamente il fenomeno del parassitismo è molto più grave nei settori sopra ricordati di ceti medi ) . Una considerazione a parte meritano i redditi di coloro che hanno occupazioni precarie e saltuarie e , più specificamente , di coloro che appartengono al sottoproletariato ( i quali , tutti , hanno occupazioni precarie ) ; in certi casi si tratta di redditi simili ai salari , ma di regola sensibilmente più bassi ; in altri , di redditi simili a quelli che sono stati definiti redditi " misti " ( commercianti ambulanti ) . In ogni caso si tratta di redditi che , oltre ad essere , considerati nel tempo , fra i più bassi , sono anche incerti ed altamente variabili , ciò che ha conseguenze di rilievo non solo dal punto di vista economico ma anche da quello sociologico . Appare chiaro , ora , quanto siano insoddisfacenti quegli schemi teorici che considerano , sia pure come prima approssimazione , solo due grandi quote , in corrispondenza delle due grandi classi sociali ( proletari e capitalisti ) : si può stimare che la somma dei salari e dei profitti propriamente detti non arrivi neppure al 50% del reddito nazionale ( v . la tabella 3.2 ) . 2 . Cause della diseguaglianza nella distribuzione del reddito In via generale , la diseguaglianza nella distribuzione del reddito può essere oggetto di due critiche distinte , secondo che essa si ricolleghi alla proprietà privata dei mezzi di produzione ovvero alla differenziazione delle attività lavorative . Con riferimento al primo ordine di critiche occorre ammettere , sempre in via generale , che in una società capitalistica la diseguaglianza dipende , alla radice , da un fatto istituzionale , che non può essere modificato se non modificando l ' intero assetto istituzionale ; subordinatamente , ma non marginalmente , dipende dalla forza comparativa , variabile nel tempo , dei gruppi sociali che concorrono alla spartizione del reddito . Nel settore privato di una società capitalistica il fatto istituzionale ( proprietà privata ) ha una rilevanza diretta , mentre nel settore pubblico ha assunto una rilevanza indiretta : nel settore pubblico il reddito viene ottenuto attraverso prelievi di tipo tributario e poi distribuito ai pubblici funzionari secondo leggi e regole che dipendono appunto dall ' assetto politico e istituzionale . Una posizione particolare assume il settore che fa capo alle società per azioni , in cui la proprietà privata dei mezzi di produzione diviene un concetto ambiguo e problematico ; una posizione ancor più particolare assume poi il sottosettore che fa capo a società per azioni a prevalente partecipazione statale . Nell ' intera società , la posizione preminente è quella di coloro che riescono in qualche modo a controllare o quanto meno ad influire sul processo di accumulazione nel settore privato o nel settore pubblico inteso in senso ampio . ( Anche nel collettivismo si può avere una diseguaglianza nella distribuzione del reddito non imputabile ad attività lavorative differenziate nella qualità e nella specializzazione : l ' appropriazione privilegiata di una quota del reddito da parte di alcuni gruppi dipende in questo caso dall ' assetto politico e istituzionale , ma non dalla proprietà privata dei mezzi di produzione , la cui abolizione , da sola , non assicura affatto l ' attuazione del socialismo ) . Le critiche del secondo ordine ( diseguaglianza imputabile alle diverse qualificazioni e specializzazioni ) pongono la questione dell ' accesso ai livelli medi e superiori dell ' istruzione e , più in generale , quella dei rapporti fra distribuzione del reddito e divisione sociale del lavoro : una questione che un tempo fu molto dibattuta fra gli economisti ( per esempio , da Smith e dai suoi epigoni ) , ma che oggi lo è solo eccezionalmente ; è invece studiata da sociologi e da pedagogisti , i quali ultimi per le società più avanzate hanno posto , come prospettiva di lungo periodo , la questione della possibile graduale sostituzione della divisione orizzontale con una certa rotazione verticale del lavoro che quanto meno elimini i lavori più ripetitivi e più umilianti ; naturalmente un tale processo implicherebbe l ' accelerazione e , per certi aspetti , la modifica dell ' evoluzione tecnologica . In una società come quella italiana , questo non sembra un problema urgente , come lo è invece quello delle diseguaglianze nella distribuzione del reddito e del potere economico e politico discendenti da altri motivi ( quelle che ho chiamate diseguaglianze del primo ordine ) . Il pedagogista Visalberghi , tuttavia , sostiene che gli studiosi e gli uomini politici che vogliono vedere lontano e che vogliono operare in vista di una società senza classi debbono porsi il problema fin da adesso anche in Italia . Oggi intanto domina l ' ideologia piccolo - borghese , molto efficacemente descritta da Ermanno Gorrieri : si fa una netta distinzione fra lavoro manuale e intellettuale e si proclama giusto il fatto che il secondo sia remunerato assai meglio del primo e riscuota maggior prestigio , dato che esso si fonda su sacrifici , dispendio di tempo per lo studio e rinuncia a guadagni più immediati . Questo punto di vista - sostiene Gorrieri , a mio parere assai fondatamente - costituisce in ultima analisi una mistificazione : 1 ) perché non è vero che lo studiare comporti sacrifici maggiori che il lavorare ; 2 ) perché " la possibilità di rinviare il momento di guadagnare e di sostenere le spese per gli studi dipende quasi sempre dalle condizioni economiche , della famiglia a cui il giovane appartiene . Nella maggior parte dei casi non si tratta di libera scelta degli interessati ma costituisce un privilegio di cui alcuni possono usufruire e altri no . In pratica , la possibilità di avvio e di riuscita negli studi superiori non rappresenta un ' opportunità offerta a tutti con uguale facilità ; la parità delle condizioni di partenza è ben lontana dal verificarsi nella realtà " . Insomma , non è lecito " il porre un privilegio ( l ' accesso alla cultura ) come legittimazione di un secondo privilegio ( una condizione economica più elevata ) " ( La giungla retributiva , cit . , pp. 251-2 ) . Dunque , in una società come quella italiana , la distribuzione del reddito oggi dipende , congiuntamente , dalla proprietà privata dei mezzi di produzione , dal controllo politico e amministrativo del processo di accumulazione e dai diversi gradi di istruzione e di qualificazione di coloro che lavorano : i tre aspetti in parte si sovrappongono . Si può affermare che la lotta per il potere - economico e politico - in ultima analisi riguarda le modalità e le conseguenze della proprietà privata dei mezzi di produzione e le possibilità di controllare e quindi d ' indirizzare , direttamente o indirettamente , il processo di accumulazione . Si può affermare tutto ciò purché si tenga sempre presente che le tre espressioni al singolare ( " la lotta " , " la proprietà " e " il controllo " ) sono modi abbreviati per indicare realtà estremamente complesse , contraddittorie , differenziate e mutevoli nel tempo . Nei capitoli che seguono mi propongo appunto di presentare elementi utili per un futuro approfondimento critico e particolareggiato di quelle affermazioni : non è da escludere che , una volta compiuto un tale approfondimento , quelle affermazioni , che qui sono assunte come pure ipotesi di lavoro , debbano essere modificate o addirittura sostituite con ipotesi diverse . Sulla base della precedente analisi della distribuzione del reddito possiamo formulare la seguente suddivisione delle classi sociali . I . Borghesia vera e propria : grandi proprietari di fondi rustici e urbani ( rendite ) ; imprenditori e alti dirigenti di società per azioni ( profitti e redditi misti che contengono elevate quote di profitto ) ; professionisti autonomi ( redditi misti , con caratteri di redditi di monopolio ) . IIa . Piccola borghesia impiegatizia ( stipendi ) . IIb . Piccola borghesia relativamente autonoma ( redditi misti ) : coltivatori diretti , artigiani ( inclusi i piccoli professionisti ) , commercianti . IIc . Piccola borghesia : categorie particolari ( militari , religiosi ed altri ) ( stipendi ) . IIIa . Classe operaia ( salari ) . IIIb . Sottoproletariato . Le tre categorie della piccola borghesia corrispondono a quelle che comunemente sono chiamate classi medie La definizione delle classi sociali e del concetto stesso di classe richiederebbe un ' ampia discussione , che qui neppure tento di affrontare . Mi limito a ricordare che le diverse classi e sottoclassi non sono divise da steccati : alcune zone sono terra di nessuno ed esiste una certa mobilità sociale , che presumibilmente è tanto maggiore quanto più rapido è il processo di sviluppo economico . Vi sono , inoltre , numerose persone che ottengono redditi plurimi . Si tratta , per esempio , di professionisti , o di impiegati , o di commercianti , che sono anche proprietari di fondi rustici o urbani ; in questo caso i redditi si sommano e gl ' interessi dei titolari sono molteplici : dal punto di vista economico converrà includere i titolari nella classe o nella sottoclasse in relazione alla fonte del reddito prevalente . Ancora : mentre i " ricchi " sono inclusi tutti nella prima classe , nelle altre troviamo individui " agiati " o " poveri " o addirittura " poverissimi " , secondo il livello del reddito . Se si considera la distribuzione del reddito per classe o sottoclasse , il valore di massima frequenza ( moda ) decresce passando dalla classe economicamente più elevata alle altre ; ma occorre tener presente che , per certi aspetti , può esservi comunanza d ' interessi e quindi solidarietà fra gli strati più elevati o , al contrario , fra quelli più bassi delle diverse classi e sottoclassi - dove il concetto di alto o basso , naturalmente , è riferito al livello del reddito . Tuttavia , da un punto di vista più ampio di quello strettamente economico si debbono considerare i legami dovuti al tipo di cultura , al modo di vita e all ' ambiente ( per esempio : grandi città e piccoli centri , città e campagna ) . Infine , occorre considerare la dinamica e quindi anche la storia precedente di ciascuna classe o sottoclasse ; da questo punto di vista , le stesse classi e sottoclassi appaiono profondamente diverse nelle regioni settentrionali rispetto alle regioni meridionali del nostro paese ; e le differenze diventano ancora più grandi quando si considerano paesi diversi . Per distinguere le diverse classi sociali il reddito è dunque un elemento importante , ma non tanto per il suo livello , quanto per il modo attraverso cui si ottiene ; tale modo si riflette nell ' ambiente e nel tipo di cultura ed è condizionato dalla storia precedente della società di cui le classi costituiscono parti integranti . " Con riferimento alla divisione delle società in classi , il " modo " è rilevante in quanto attiene ai rapporti di potere , e cioè in quanto indica attraverso quali forme di lotta per il potere si determina , o si concorre a determinare , una certa distribuzione del reddito e un certo tipo di accumulazione , ossia di sviluppo del reddito stesso " [ Queste osservazioni , riportate fra virgolette , mi sono state espresse , in una lettera , da Antonio Giolitti : ho ritenuto utile riportarle testualmente ] . Tenendo ben presenti queste avvertenze , può essere utile riflettere sulla distribuzione quantitativa del reddito fra le diverse classi e sottoclassi sociali in Italia . Le stime ( tabelle 3.1 e 3.2 ) riguardano il 1971 e rappresentano semplici ordini di grandezza : mi sono deciso a presentarle solo perché spero che esse possano provocare indagini più approfondite . 3 . Tendenze delle classi sociali L ' analisi quantitativa delle classi e sottoclassi sociali nel nostro paese mostra che il fenomeno più rilevante è il fortissimo aumento della piccola borghesia impiegatizia e commerciale : da meno di un milione su 16 milioni di occupati al principio del secolo ad oltre 5 milioni su 19 milioni di occupati . Prima di considerare i motivi di questa enorme espansione , dobbiamo considerare insieme le tendenze quantitative che emergono dalla prima tabella . L ' aspetto più impressionante è che , nel corso del tempo , le quote delle tre grandi classi sociali , pur fra qualche oscillazione , mostrano una fondamentale stabilità . Questa stabilità , tuttavia , è il risultato di variazioni contrastanti delle quote delle sottoclassi . In particolare , la relativa stabilità della quota imputabile alla piccola borghesia nel suo complesso è il risultato di un forte aumento della quota relativa alla piccola borghesia impiegatizia ( dal 2% nel 1881 al 17% nel 1971 ) , accompagnato da un ' altrettanto forte diminuzione della quota relativa alla piccola borghesia relativamente autonoma ( dal 41 al 29% ) ; ed anzi la diminuzione di quest ' ultima quota sarebbe stata anche maggiore se non ci fosse stato l ' aumento ( interno a questa sottoclasse ) nel numero dei commercianti . Analogamente , la relativa stabilità della quota relativa alla " classe operaia " è il risultato di una somma algebrica fra la forte flessione della quota dei salariati agricoli ( dal 36 al 6% ) e un aumento non meno rilevante nella quota dei salariati che lavorano in attività extra - agricole ( dal 17 al 42% ) . La borghesia vera e propria costituisce in tutto l ' arco del periodo considerato una quota esigua : dal 2 al 2,5% . Anche in questo caso particolare la quota è relativamente stabile , come relativamente stabile , anche se di meno , è il livello assoluto . Tuttavia , se le cifre cambiano poco , cambiano profondamente i contenuti : questa osservazione vale per tutte le classi , anche per quelle in forte espansione , ma vale con particolare forza per la borghesia . I grandi proprietari agrari , che nel secolo scorso avevano grande peso sociale e politico , oltre che economico , oggi hanno una modesta rilevanza . Gl ' imprenditori proprietari o comproprietari di grandi e medie imprese ( quelli che posseggono piccole o piccolissime imprese sono inclusi fra gli artigiani ) hanno pur sempre importanza , anche se la loro posizione relativa è mutata , mentre grandemente accresciuto è il peso dei dirigenti delle grandi imprese private e pubbliche organizzate nella forma di società per azioni , dei gruppi finanziari che in certi settori controllano queste imprese e dei grandi organismi pubblici di produzione e di erogazione . Oramai , coloro che dirigono i grandi complessi produttivi e finanziari non ne sono proprietari che in piccola parte , quelli che dirigono i grandi organismi pubblici sono ovviamente esclusi dalla proprietà di quegli organismi : la separazione fra proprietà e direzione è andata molto avanti nel settore moderno dell ' economia italiana . Se l ' espressione " neocapitalismo " ha un significato preciso , è appunto questo : un ' economia che nell ' industria e nella finanza è dominata da gruppi di società per azioni private e pubbliche e da enti pubblici , i cui massimi dirigenti ( i generali ) " s ' identificano " col gruppo o con la società o con l ' ente , mentre gl ' impiegati esecutivi ( gli ufficiali subalterni che hanno i rapporti diretti con i sergenti e i soldati ) sono tagliati fuori dai processi decisionali e i dirigenti intermedi in parte diventano " fiduciari " dei massimi dirigenti e in parte seguono la sorte degli impiegati esecutivi . La piccola borghesia relativamente autonoma , ossia la piccola borghesia tradizionale , costituita nella massima parte da contadini proprietari , da artigiani e da piccoli commercianti , è andata via via diminuendo nel numero , come aveva previsto Marx . Ma questa flessione è imputabile esclusivamente ai contadini proprietari ( coltivatori diretti ) , che , insieme con numerosi salariati , hanno abbandonato l ' agricoltura . Secondo Marx , anche gli artigiani e i piccoli commercianti sarebbero dovuti diminuire , progressivamente eliminati dalla concorrenza delle grandi unità moderne . Ora , questo fenomeno ha avuto luogo per l ' artigianato domestico ( se ne ha un chiara traccia nel periodo che va dal 1881 al 1901 ) e , comunque , per l ' artigianato di tipo antico , un artigianato produttore di merci che entravano in concorrenza con quelle sempre più efficientemente prodotte dalle imprese moderne ( tessuti , scarpe , mobili , oggetti di vestiario , prodotti dell ' industria alimentare ) : un tale processo si è svolto e tuttora si sta svolgendo , soprattutto nel Mezzogiorno . Ma , accanto a questo processo di crisi dell ' artigianato di tipo antico , si è andato sviluppando un artigianato di tipo nuovo , che non solo non è danneggiato dallo sviluppo dell ' industria moderna ma se ne avvantaggia , poiché produce merci e , più ancora , servizi , che sono complementari rispetto ai prodotti dell ' industria moderna . Il risultato delle contrastanti tendenze , l ' una col segno meno l ' altra col segno più , è una relativa stazionarietà negli ultimi decenni nelle dimensioni di questo gruppo sociale . La massa dei piccoli commercianti , invece , non solo non è diminuita ma è andata crescendo , grazie soprattutto alla protezione concessa dall ' autorità politica , protezione che in questo caso ha avuto pieno successo . La classe operaia nelle attività extra - agricole è andata sensibilmente crescendo dal 1881 al 1921 , corrispondentemente allo sviluppo del primo nucleo di capitalismo industriale moderno , soprattutto nelle regioni settentrionali , e poi dal 1936 al 1961 . In ogni modo , le variazioni quantitative , che finora sono state trascurate da quasi tutti gli studiosi , vanno considerate con spirito critico e sempre in congiunzione con le variazioni qualitative . Così , dalla tabella 1.1 appare che la borghesia vera e propria numericamente è cresciuta assai poco negli ultimi novant ' anni . Ma non solo si deve tener conto che il peso delle singole categorie è profondamente variato nel corso del tempo ; si deve anche tener presente che questa classe aveva , nel suo complesso , ben altri poteri e ben altra influenza verso la fine del secolo scorso , quando una bassissima percentuale di adulti aveva il diritto di voto e quando i sindacati dei lavoratori erano nella difficilissima fase della loro formazione . In quel tempo la gestione politica e amministrativa era molto più semplice di quanto sia diventata poi , specialmente dopo la seconda guerra : la classe dominante era divisa , nel suo interno , da precisi contrasti d ' interessi ; e la vita politica risultava essenzialmente dallo scontro e poi dai compromessi dei diversi gruppi d ' interessi operanti nell ' ambito della classe dominante . Oggi , soprattutto per l ' enorme espansione numerica e per l ' aumento del peso politico della piccola borghesia e per il fortemente accresciuto peso politico della classe operaia , i contrasti sono molto più differenziati e l ' intera gestione della società è divenuta di gran lunga più complessa di quanto fosse nel passato . Su un piano diverso , occorre poi osservare che le variazioni numeriche che si riscontrano nelle diverse classi sono di difficile interpretazione , a causa dei processi di travaso fra una classe e l ' altra e a causa dei movimenti della popolazione . Questo processo e questi movimenti rendono incerte le illazioni , anche nei casi di rilevanti variazioni numeriche , come quelle che si sono verificate , dopo la seconda guerra mondiale , nelle categorie di coloro che esplicano attività di tipo agricolo ( coltivatori diretti e salariati , fissi e giornalieri ) . Può essere utile , tuttavia , riflettere sulle seguenti cifre , che in sintesi indicano , da un lato , la riduzione della popolazione attiva in agricoltura e quindi l ' entità dell ' esodo agrario negli ultimi due decenni e , dall ' altro , l ' espansione di certe categorie sociali che svolgono attività extra - agricole . Le cifre sono espresse in milioni : Coltivatori Borghesia Impiegati Commercianti diretti ed altri -3,7 +0,1 +1,4 +0,6 = -1,6 Salariati agricoli Salariati nelle attività extra - agricole -1,1 +2,2 = +1,1 - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Occupazione totale -0,5 Queste cifre ( ricavate dalla tabella 1.1 ) non consentono illazioni precise e inequivocabili , a causa del carattere molto approssimativo dei dati e a causa di processi di travaso fra le classi . Tuttavia è possibile ricavare alcune indicazioni di larga massima : - numerosi contadini proprietari , o i loro figli , " salgono " nelle categorie impiegatizie o , in misura molto piccola , al livello della borghesia vera e propria , ovvero si spostano nella categoria dei commercianti e di altri lavoratori autonomi ; - altri contadini , o i loro figli , come anche la massima parte dei salariati agricoli , diventano salariati in attività extra - agricole . Conviene ricordare che per i salariati che lasciano le campagne l ' edilizia costituisce una specie di sala d ' attesa : l ' intento è trovare impiego nell ' industria manifatturiera . Se l ' edilizia entra in crisi , molti di coloro che lavorano in tale attività ritornano nelle campagne o vanno a popolare , come sottoproletari , le bidonvilles e i quartieri poverissimi delle città ( molti sottoproletari , comunque , vivono fra occupazioni saltuarie nell ' edilizia e piccoli traffici di vario genere ; v . l ' interessante monografia di Giulio Salierno , Il sottoproletariato in Italia , Samonà e Savelli , Roma , 1972 ) . Poiché un ' elevata quota dei salariati che lasciano l ' agricoltura proviene dalle regioni meridionali , appare qui una importante sovrapposizione fra esodo agrario ed emigrazione dal Sud al Nord . Presumibilmente , i contadini proprietari , che " scendono " e diventano salariati , appartengono agli strati più poveri , mentre i contadini che " salgono " appartengono agli strati relativamente più benestanti , che sono in grado di istruirsi o di fare istruire adeguatamente i loro figli . Di " proletarizzazione " in senso stretto si può parlare solo per quei contadini proprietari che diventano salariati . Come risulta dalle cifre indicate sopra , ha luogo , sempre negli ultimi venti anni , una flessione dell ' occupazione circa 500 mila persone . Questa flessione , che dal punto di vista puramente statistico dipende dal fatto che l ' esodo agrario è maggiore dell ' aumento dell ' occupazione nelle attività extra - agricole , è imputabile principalmente alla flessione netta dell ' occupazione femminile in agricoltura : le donne che lasciano le campagne , ove svolgono attività ausiliarie , quando vanno in città insieme con i mariti o con i padri non trovano lavoro a causa del basso grado d ' istruzione e di qualificazione ed a causa delle particolari caratteristiche della domanda di lavoro femminile , che , nella domanda complessiva , costituisce la frazione marginale : due fatti , questi , che sono fra loro interdipendenti e che , per l ' estensione che raggiungono nel nostro paese , sono di natura essenzialmente patologica . In complesso , e facendo riferimento alla classificazione qui adottata , sembra che negli ultimi venti anni l ' esodo agrario si traduca in larga misura a spostamenti interni alle classi : da un lato molti contadini , o i loro figli , abbandonano le campagne ma restano nell ' ambito di quella che qui è stata chiamata piccola borghesia ( impiegatizia o relativamente autonoma ) ; dall ' altro lato , i salariati che lasciano l ' agricoltura , o i loro figli , restano nell ' ambito della " classe operaia " ( e del sottoproletariato : v . la tabella 4.4 ) . Tuttavia , anche gli spostamenti interni alle classi hanno grande rilievo dal punto di vista dell ' equilibrio sociale , poiché molto diversi sono gl ' interessi e gli atteggiamenti politici prevalenti nelle sottoclassi coinvolte . Gli spostamenti fra l ' una e l ' altra classe riguardano l ' ascesa di un certo numero , molto esiguo , di contadini proprietari verso la borghesia propriamente detta e , in misura più consistente , la discesa di un buon numero di contadini proprietari ( presumibilmente : contadini poveri ) verso il proletariato extra - agricolo . Infine , una parte dell ' esodo si traduce in flessione netta dell ' occupazione complessiva . La tendenza dell ' occupazione a diminuire merita un commento particolare . Estendiamo l ' orizzonte temporale . Dal 1881 al 1921 il livello assoluto dell ' occupazione cresce in misura rilevante : da 16,3 a 20,4 milioni . Dal 1921 al 1961 quel livello subisce fluttuazioni molto modeste e , tutto sommato , varia relativamente poco . La flessione del livello assoluto si profila nell ' ultimo decennio , non per un ' accelerazione dell ' esodo agrario , ma a causa dell ' indebolimento dello sviluppo industriale . Come conseguenza di questi andamenti , la quota della popolazione attiva sulla popolazione totale che nel 1881 superava il 55% , oggi non raggiunge il 36% . Questa flessione va attribuita , in parte , a cause di natura fisiologica , come l ' aumento della scolarità e il ritiro volontario dal mercato del lavoro di un certo numero di persone anziane per il miglioramento delle pensioni . Ma per una quota non piccola , anche se non facilmente misurabile , si tratta di un fenomeno patologico : lo sviluppo della domanda di lavoro è troppo debole e la struttura di questa domanda non è quella socialmente desiderabile . 4 . Nord , Centro e Sud L ' evoluzione economica e sociale non è un processo uniforme ed equilibrato in nessun paese e da nessun punto di vista , neppure dal punto di vista territoriale ; meno che mai è uniforme nel nostro paese , dove il contrasto fra Nord e Sud costituisce il più grave problema nazionale ; inoltre , come si è già osservato , le stesse classi hanno connotati diversi nelle diverse regioni del nostro paese . Ma prima di soffermarci , schematicamente , su alcuni aspetti qualitativi consideriamo , nelle grandi linee , gli aspetti quantitativi ( v . le tabelle 1.3 , 1.4 , 1.5 e 1.6 ) . La fondamentale stabilità delle tre grandi classi sociali , che avevamo notato esaminando i dati nazionali , si nota anche al livello delle tre circoscrizioni ( Nord , Centro e Sud ) , sebbene a questo livello le oscillazioni risultino più accentuate . Anche per queste circoscrizioni vale l ' osservazione che le variazioni più importanti hanno luogo all ' interno delle classi medie e della classe operaia : flessione dei lavoratori autonomi ed aumento degli impiegati ; flessione dei salariati in agricoltura ed aumento dei salariati nelle altre attività , specialmente nell ' industria . Queste flessioni e questi aumenti , che sono l ' espressione di un processo di " modernizzazione " , hanno luogo in tutte e tre le circoscrizioni ; ma , com ' era da attendersi , nel Nord sono molto più accentuati . Soffermandoci sulla situazione attuale , è importante osservare che oggi , nel Sud , la quota degli impiegati privati - che sono direttamente collegati con la produzione - è sensibilmente inferiore a quella nazionale e , ancor più , a quella del Nord . Il quadro si rovescia se si considerano gl ' impiegati pubblici : nel Sud la quota è maggiore della media nazionale ed è molto maggiore di quella del Nord . Le quote risultano tutte spostate in alto di un punto e mezzo o due punti se invece degli impiegati pubblici si considerano i dipendenti della pubblica amministrazione , i quali includono anche i militari e i salariati . Ecco le percentuali sulla popolazione attiva : Nord 7,2 , Centro 12,8 , Sud 10,5 , media nazionale 9,2 . Poiché nel Sud , che è un ' area arretrata , c ' è relativamente meno da amministrare che nel Nord e poiché la quota del Centro è spinta in alto dalla burocrazia ministeriale ubicata a Roma , appare chiaro che la quota del Sud è patologicamente elevata . Quanto ai professionisti , è interessante rilevale che la quota degli avvocati sulla popolazione nel Sud è pari a circa il doppio di quella del Nord ( 0,30 contro lo 0,15% ) . Questo è il risultato di due spinte : da un lato , la scarsezza di sbocchi professionali e quindi l ' affollamento di questa come di certe altre professioni ; dall ' altro lato , la litigiosità nel campo economico , che è tanto più alta quanto più povera è l ' economia e quanto più stentato e diseguale e il suo sviluppo . Consideriamo ora la classe operaia . Nell ' agricoltura i salariati rappresentano il doppio della media nazionale ( 6,2% ) ed oltre tre volte la quota del Nord . Viceversa i salariati dell ' industria , esclusa l ' edilizia , nel Sud rappresentano una quota pari alla metà della media nazionale ( 25% ) ed a poco più di un terzo della quota del Nord . A causa dell ' esodo agrario , negli ultimi vent ' anni i contadini proprietari ( più i mezzadri e i fittavoli ) e i salariati si riducono sensibilmente . È da notare che la velocità assoluta e relativa dell ' esodo agrario nel Sud è paragonabile a quella dell ' esodo che ha avuto luogo nel Nord e nel Centro , sebbene le occasioni di lavoro extra - agricolo , in queste due aree , fossero molto maggiori e sebbene l ' emigrazione in regioni lontane ( o all ' estero ) sia molto più dolorosa , umanamente , di spostamenti nell ' ambito della stessa regione . Questo fatto è chiaramente la conseguenza delle condizioni di miseria e di deficienza e di precarietà delle occupazioni , soprattutto nelle zone agrarie dell ' interno . L ' esodo agrario e l ' emigrazione , insieme con lo sviluppo molto fiacco della domanda di lavoro fuori dall ' agricoltura , spiegano l ' agghiacciante caduta nel Sud , ben più grave che nel Centro e nel Nord , del tasso di attività . Esodo agrario in parte patologico , ipotrofia dell ' industria moderna , ipertrofia del pubblico impiego : sono queste le caratteristiche economico - sociali del Mezzogiorno . In generale , la flessione dei gruppi sociali legati all ' agricoltura e l ' accrescimento di quelli urbani tende ; ad aggravare l ' instabilità politica , almeno in una prima lunga fase . D ' altra parte , l ' ipertrofia dell ' impiego pubblico accompagnata all ' ipotrofia dell ' impiego privato tende , come sempre , in linea generale , a rafforzare le posizioni della conservazione , poiché gli impiegati privati , quando sono collegati alla produzione e , in particolare , alle fabbriche , tendono ad essere politicamente più " progressisti " dei loro colleghi del settore pubblico , ove prospera il clientelismo . Tutto questo è grave e preoccupante , ma è comprensibile : in una situazione economica come quella meridionale , la domanda di lavoro extra - agricolo cresce lentamente ; soprattutto i giovani appartenenti ai ceti medi impiegatizi e professionali , o i giovani appartenenti ai ceti medi costituiti dai lavoratori relativamente autonomi ( specialmente artigiani e contadini proprietari ) , che non vogliono o non possono trovare impiego nelle attività dei loro padri , premono in tutti i modi per ottenere un posto , un impiego , dopo essersi muniti di un diploma o di una laurea . In queste condizioni , le fortune stesse degli uomini politici sono legate alle loro capacità di procurare " posti " ; ed i " posti " spesso vengono assegnati in gran parte in modo indipendente dalla capacità delle persone . Si tratta di posti a livelli umili - per il così detto personale d ' ordine e esecutivo - e si tratta , in minor misura , di posti a livelli relativamente elevati che specialmente negli enti locali comportano stipendi buoni , relativamente agli altri lavoratori e relativamente alla situazione economica . Domina dunque , nel Mezzogiorno , il clientelismo politico e amministrativo . Gli stessi partiti di sinistra , quelli che hanno la falce e il martello e magari un libro come simbolo , rimangono inquinati da una tale situazione . Il clientelismo piccolo - borghese rischia di travolgere anche questi partiti , che in teoria dovrebbero costituire , in primo luogo , l ' espressione dei contadini più poveri e dei salariati agricoli ( falce ) e dei lavoratori salariati nell ' industria ( martello ) . In realtà , questi partiti , almeno negli organismi centrali , sono gestiti e diretti da piccoli borghesi , più o meno illuminati : l ' elogio del " proletario " , la proclamazione della sua egemonia , spesso diventano una maschera della situazione reale , in cui l ' egemonia è dei piccoli borghesi : molto libro , poco martello , pochissima falce . La verità è che i piccoli borghesi hanno conquistato l ' elettorato attivo e quello passivo , mentre gli uomini della falce e del martello di regola hanno solo l ' elettorato attivo . Le critiche ed anzi le invettive che Gaetano Salvemini scaglia contro la piccola borghesia meridionale sono dunque largamente valide anche oggi . Ecco qualche citazione : " La vita pubblica nel Mezzogiorno è assolutamente impraticabile per chi non sia una canaglia (...) . Va da sé che le lotte fra le fazioni non hanno nessun contenuto né sociale né politico . Si tratta di clientele concorrenti in cui si scinde l ' unica classe dominante (...) . Se qualcosa c ' è da dire sugli ideali dei vari eserciti in lotta , è che tutti hanno lo stesso ideale : togliersi un po ' di fame sul bilancio del comune " ( La piccola borghesia intellettuale nel Mezzogiorno d ' Italia , saggio del 1911 incluso nel volume Movimento socialista e questione meridionale , Feltrinelli , Milano , 1963 , pp. 487-93 ) . Nel nostro tempo , in alcuni centri meridionali ove si sono insediate grandi imprese si è creato un peculiare modus vivendi , di tacita divisione di attività fra la piccola borghesia locale e i dirigenti delle nuove unità industriali : i piccoli borghesi locali si occupano dell ' amministrazione pubblica , assai spesso con metodi clientelari non molto diversi dagli antichi , e i dirigenti si occupano dell ' attività produttiva : sfortunatamente , non c ' è stata , o non c ' è ancora stata , una vera integrazione su un livello moderno e civilmente accettabile ( A . Graziani , Il Mezzogiorno nell ' economia italiana degli ultimi anni , nel volume Nord e Sud nella società e nell ' economia italiana di oggi , Atti del convegno promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi , Torino , 1968 , spec . pp. 34-7 ) . Dal principio del secolo ad oggi , dunque , le condizioni della vita pubblica sembra siano mutate più nella forma che nella sostanza . In gran parte le cose stanno proprio così . Tuttavia , se l ' osservatore riesce a dominare le sue emozioni e l ' angoscia e la rabbia di fronte ad uno spettacolo spesso barbaro ed incivile , egli deve riconoscere che molte cose sono cambiate anche nella sostanza ; ed i cambiamenti hanno avuto luogo non solo nelle campagne ( le condizioni economiche dei contadini sono molto migliorate ed il loro numero è fortemente diminuito per via dell ' emigrazione ) , ma anche nelle città dove , in certi casi , sono sorti nuclei piccoli ma dinamici di classe operaia moderna . I ceti medi impiegatizi e professionali , che sono in forte espansione , destano le maggiori preoccupazioni poiché costituiscono il terreno ideale per la coltura e lo sviluppo dei virus del clientelismo , che diventa mafia quando assume connotati criminali . Tuttavia , perfino in quest ' ambito vi sono cambiamenti rilevanti o almeno potenzialmente rilevanti , grazie all ' accresciuta mobilità delle persone ed al miglioramento del livello culturale e grazie alle conseguenze dell ' irrobustimento dei sindacati , a cominciare da quelli degli operai , irrobustimento che rende più difficili di quanto fossero ai tempi di Salvemini le prevaricazioni e gli abusi sistematici . È legittimo sperare che , lottando molto duramente , cambiamenti più vasti e profondi possano essere , attuati ; ma occorre tener sempre ben presente che assai grave è il peso della storia recente e , ancor più , il peso della storia passata : non bisogna farsi nessuna illusione sui tempi e sugli sforzi necessari . 5 . Marx e la piccola borghesia Mentre Marx aveva esattamente previsto la flessione della piccola borghesia agraria e dell ' artigianato di tipo antico , bisogna dire che egli non aveva previsto né lo sviluppo dell ' artigianato di tipo nuovo né l ' enorme espansione della piccola borghesia impiegatizia e commerciale . È vero : in un passo sovente citato della Storia delle teorie economiche ( Einaudi , Torino , 1935 , vol. II , p . 634 ) Marx , dopo aver notato che il progresso tecnico fa aumentare il reddito netto , afferma che questo aumento a sua volta dà luogo ad una " costante espansione delle classi che si trovano in mezzo fra gli operai da un lato ed i capitalisti e i proprietari fondiari dall ' altro , le quali in gran parte sono mantenute direttamente dal reddito e , mentre gravano sulla sottostante base lavoratrice , accrescono la sicurezza e la potenza sociale dei diecimila soprastanti " . Tuttavia , questa osservazione rimane isolata ; sembra che Marx attribuisca maggiore importanza ad un ' altra conseguenza del progresso della tecnica in regime capitalistico , una conseguenza che egli considera nel primo libro del Capitale ( l ' unico che abbia rivisto e completato per la pubblicazione ) : " lo straordinario aumento raggiunto dalla forza produttiva nelle sfere della grande industria - egli scrive - permette di adoperare improduttivamente una parte sempre maggiore della classe operaia e quindi di riprodurre specialmente gli antichi schiavi domestici sotto il nome di " classe di servitori " , come camerieri , serve , lacchè , ecc . , sempre più in massa " ; e per suffragare le sue tesi si ferma ad esaminare alcune statistiche inglesi ( libro I , Editori Riuniti , Roma , 1952 , vol. II , pp. 154-5 ) . La prima osservazione , quella riguardante le classi medie , era sulla strada giusta ; lo stesso non si può dire della seconda : a quanto pare la tendenza all ' aumento dei servitori durò pochi decenni e fu poi sostituita da una tendenza opposta ( v . le tabelle 1.1 e 2.1 ) . In ogni modo , la " questione dei domestici " , pur essendo apparentemente umile , presenta interesse , poiché ha fatto parte integrante di un certo modo di vita e riveste comunque rilevanza nelle famiglie della media e piccola borghesia ( per quelle della grande borghesia la questione si pone in termini assai diversi ) . La questione delle classi medie , pressoché ignorata da Marx sul piano dell ' elaborazione concettuale , è stata acutamente e ripetutamente discussa da un grande pensatore che si dichiara seguace di Marx e cioè da Mao Tse - tung ( v . specialmente il saggio Analisi delle classi sociali cinesi incluso nel I volume delle Opere scelte , Casa editrice in lingue estere , Pechino , 1969 ) . Quell ' accenno all ' espansione delle classi medie , dunque , resta isolato , come restano isolate altre osservazioni - geniali , considerando il tempo in cui Marx scriveva - sui dirigenti industriali ( managers ) e sui tecnici . Riguardo alle classi medie sembra che tanto le conseguenze analitiche quanto le conseguenze politiche rimangano , per Marx , quelle che egli insieme con Engels considerava nel Manifesto , nel quale prospettava il declino , fin quasi alla sparizione in quanto forza sociale e politica , della piccola borghesia , che nello stesso Manifesto è vista come una classe composta da contadini proprietari , artigiani e piccoli commercianti . Nelle opere storiche concrete ( per esempio : Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 , Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte ) , Marx considera diverse classi e sottoclassi e mostra di essere ben consapevole del ruolo della piccola borghesia . Egli mette in rilievo i conflitti fra la borghesia industriale moderna , da un lato , e la borghesia agraria e quella finanziaria dall ' altro : è la lotta fra il nuovo ed il vecchio nel seno stesso della classe dominante , la lotta attraverso la quale la borghesia industriale cerca di imporre il suo predominio ; le altre frazioni della borghesia , a loro volta , cercano di allearsi alla piccola borghesia . Ma la piccola borghesia di Marx è essenzialmente quella di tipo tradizionale , che nel tempo avrebbe subito una " inevitabile decadenza " , così come le altre frazioni della grande borghesia avrebbero progressivamente perduto d ' importanza , lasciando libero il campo ai due grandi protagonisti - antagonisti : la borghesia industriale e il proletariato industriale . La successiva evoluzione delle classi sociali non ha corrisposto alla previsione di Marx . Il fatto nuovo più rilevante nell ' evoluzione delle classi nel nostro paese , come anche negli altri paesi che si sono andati sviluppando secondo lo schema capitalistico , è stato appunto l ' enorme espansione della piccola borghesia impiegatizia e , in via subordinata , di quella commerciale . Se la borghesia vera e propria ( la grande e media borghesia ) può essere quasi certamente considerata come una classe sia dal punto di vista sociale sia da quello politico ; e se la classe operaia , anche in seguito allo sviluppo di molte imprese moderne e alla forte flessione dei salariati agricoli , comincia probabilmente ora ad assumere i caratteri di una classe , almeno nel suo nucleo più omogeneo ( salariati dell ' industria moderna ) , la piccola borghesia - i ceti medi - non sono propriamente una classe : si può parlare , al massimo , di una quasi classe , che possiede alcune solidarietà di fondo ( per ragioni economiche e culturali ) , ma che è suddivisa in tanti e tanti gruppi , con interessi economici diversi e spesso contrastanti , con diversi tipi di cultura e con diversi livelli di quella che si potrebbe chiamare moralità civile . È stato sostenuto , soprattutto da studiosi marxisti , che è in atto un processo di proletarizzazione ( culturale e politica , più che economica ) dei ceti medi . Per contro , è stato sostenuto , da critici del marxismo , che è in atto un processo di " integrazione " e di imborghesimento ( economico , culturale e politico ) della classe operaia . Non posso entrare in tali questioni , che sono state dibattute a lungo dai sociologi e continuano ad essere discusse . Tuttavia , considero false entrambe le tesi se ad esse si vuole attribuire validità generale : è vero , invece , che certi strati dei ceti medi tendono a proletarizzarsi , così come è vero che tendono a imborghesirsi alcuni strati superiori della classe operaia . È possibile che il processo di proletarizzazione di certi strati dei ceti medi compia rapidi progressi ( v . oltre , parte I , cap . 7 ) ; ed è possibile al contrario che il processo d ' imborghesimento col tempo si estenda addirittura a tutta la classe operaia ; come è possibile che tutto ciò non avvenga . Quel che è certo è che oggi la classe operaia italiana è ancora molto arretrata : sono ancora numerosi i salariati agricoli , fissi e giornalieri ( braccianti ) ; numerosi sono anche gli occupati nell ' edilizia , un ' attività dispersa e in gran parte arretrata . Nell ' industria , inclusa l ' edilizia , gli operai occupati in unità con oltre 100 addetti - le unità industriali moderne - sono circa 2 milioni ( poco più di un quinto dell ' intera classe operaia : v . le tabelle 4.2 e 4.3 ) . Al polo opposto vi sono oltre 3 milioni e mezzo di occupati precari , tre quarti dei quali si trovano nel Mezzogiorno , dove tuttavia vive soltanto un terzo della popolazione totale ( nella tabella 1.1 gli occupati precari e , in particolare , i sottoproletari non sono considerati separatamente ; alcune stime di larga massima sono indicate nella tabella 4.4 ) . Ricordiamoci poi che oltre il 70% di coloro che appartengono alle forze di lavoro al massimo ha la licenza elementare ; e si deve presumere che in gran parte queste persone siano lavoratori salariati ( vedi la tabella 6.2 ) . Il quadro è spaventoso ; ma la politica dello struzzo non ha mai giovato a nessuno . 6 , La rapida espansione della burocrazia privata e pubblica Perché è cresciuta tanto la piccola borghesia impiegatizia ? Principalmente per tre ragioni . In primo luogo , per il progresso tecnico e organizzativo , che ha portato ad un continuo aumento nelle dimensioni e quindi ad una " burocratizzazione " di molte imprese ed ha dato luogo alla formazione e allo sviluppo di nuovi uffici pubblici per amministrare tutti quegli interventi necessari per sostenere lo sviluppo delle grandi imprese o per puntellare o " salvare " quelle grandi imprese che si venivano a trovare in difficoltà . Al tempo stesso , diverse grandi imprese , salvate appunto nei periodi di crisi ovvero create dall ' autorità pubblica per sostenere lo sviluppo del reddito e dell ' occupazione , sono diventate imprese pubbliche e gl ' impiegati sono entrati a far parte di una burocrazia di tipo nuovo , formalmente privata ma sostanzialmente pubblica ( nella tabella 1.1 questi sono inclusi fra gli impiegati privati ) . In secondo luogo , è stato creato e poi progressivamente allargato un gran numero di organismi e di uffici pubblici per amministrare le così dette spese di trasferimento ( che oggi rappresentano circa il 40% del bilancio pubblico ) : è questo il risultato di una vasta opera di " mediazione " ( l ' espressione è di Augusto Illuminati ) , attuata dalla classe dominante per stabilizzare il sistema sociale dando , sia pure in parte , soddisfazione alle richieste delle classi subalterne : si tratta essenzialmente di pensioni 1e di contributi agli enti di previdenza e di assistenza . In terzo luogo , un numero crescente di persone , che erano riuscite a conseguire un diploma o una laurea , sono poi riuscite a entrare nella burocrazia centrale o locale grazie a pressioni clientelari o politiche : non i funzionari a servizio del pubblico , ma il pubblico a servizio dei funzionari . In questi casi gli stipendi non sono altro che larvati sussidi di disoccupazione ; in ultima analisi , anche questi casi sono la conseguenza di una particolare opera di stabilizzazione sociale e politica . Mentre i casi relativi ai primi due ordini di motivi possono essere considerati fisiologici , quelli del terzo ordine di motivi sono certamente patologici dal punto di vista economico . Che l ' inflazione patologica della burocrazia abbia assunto , in Italia , proporzioni cospicue è provato , oltre che dall ' esperienza diretta , da almeno due fatti . 1 ) L ' incidenza degli impiegati pubblici sull ' occupazione totale è sensibilmente più alta nel Sud di quanto sia nel Nord ; e nessuno potrà credere che nelle regioni meridionali le esigenze del primo e del secondo ordine siano maggiori che nelle più evolute regioni settentrionali . ( Naturalmente ho escluso dal confronto le regioni del Centro , dove si trova , a Roma , la burocrazia ministeriale ) . 2 ) Di tanto in tanto il governo promette premi e liquidazioni speciali per indurre un certo numero d ' impiegati a dimettersi e a lasciare la burocrazia ; provvedimenti che non rimediano a nulla , sia per i loro limitatissimi effetti , sia perché l ' inflazione patologica non si distribuisce in modo uniforme in tutti i rami della pubblica amministrazione , ma è particolarmente grave nel caso del personale puramente amministrativo e poco qualificato ; negli uffici tecnici vi è anzi carenza di personale specializzato . ( Anche a questo motivo va attribuita l ' inefficienza della pubblica amministrazione ) . La conformazione della burocrazia italiana è simile , insomma , a quella che assume il corpo di molti bambini sottonutriti del terzo mondo : un ventre patologicamente gonfio , uno scheletro debolissimo e insufficientemente sviluppato . Non si deve pensare , tuttavia , che i larvati sussidi di disoccupazione , ossia gli stipendi non giustificati dalle " necessità sociali della produzione " e dell ' amministrazione , riguardino solo certi strati inferiori della burocrazia . In alcune sfere dell ' alta burocrazia , nell ' area degli enti pubblici e delle aziende municipalizzate si trovano numerose persone la cui attività sarebbe arduo giustificare con quelle necessità sociali . Sono persone che riescono a " farsi assegnare taglie ingenti sul reddito nazionale " approfittando di una sorta di omertà di classe e facendo leva sulle " necessità politiche del gruppo fondamentale dominante " ( Gramsci , Gli intellettuali e l ' organizzazione della cultura , Einaudi , Torino , 1953 , p . 10 ) . Come in parte si può desumere da quanto si è detto dianzi e in parte potrà apparire più oltre nel capitolo riguardante il fascismo ( parte I , cap . 9 ) , la espansione patologica della burocrazia è anche il risultato di situazioni politiche di stallo che più volte si sono create nel nostro paese nei periodi in cui più aspri sono stati i conflitti fra borghesia vera e propria e strati più o meno ampi di lavoratori salariati ( fra i due litiganti il terzo gode ) . In quei periodi gli strati più elevati della borghesia hanno favorito le concessioni , in termini di impieghi e di aumenti di stipendi , ai funzionari e specialmente ai funzionari di grado più elevato , per tirarli dalla propria parte . In siffatti periodi la burocrazia non solo si espande , ma acquista un potere relativamente autonomo , per la " crisi di autorità " e il " vuoto di potere " che risultano dalla situazione di stallo fra i maggiori contendenti . Probabilmente quello che stiamo vivendo oggi in Italia costituisce uno di tali periodi [ Sono stato indotto ad esprimere le osservazioni contenute in questo capoverso dopo la lettura dei commenti critici che Marcello Colitti mi ha comunicato in una lettera . Cfr . M . Colitti , Le grandi imprese e lo Stato , Einaudi , Torino 1972 e A . Gramsci , Note sul Machiavelli , Einaudi , Torino 1953 , pp. 50-62 . ] . Privilegiata , però , non è l ' intera burocrazia , ma solo la fetta già elevata ; e un ' analoga considerazione vale per tutti gli altri ceti medi . Più precisamente , vi sono aree di privilegio sia in singoli settori di attività , protetti economicamente e politicamente , o , nell ' ambito di tutti o quasi tutti i settori , al vertice delle diverse gerarchie . In via generale , le condizioni economiche delle classi medie ( esclusi i contadini proprietari , che costituiscono un caso a parte ) sono tanto migliori rispetto a quelle della classe operaia quanto più tardivo è il processo di sviluppo dell ' industria moderna e quanto più debole è la forza contrattuale della classe dei lavoratori salariati , per la presenza di un ' ampia disoccupazione manifesta e nascosta , soprattutto in agricoltura . In queste condizioni , infatti , i salari reali aumentano ad un saggio relativamente lento , cosicché i lavoratori partecipano in misura modesta all ' aumento del sovrappiù sociale , o reddito netto ; di conseguenza , una parte crescente del sovrappiù diviene disponibile per i non salariati : capitalisti veri e propri , proprietari di case e di terreni e ceti medi , che mettono a frutto la loro posizione di quasi monopolio dell ' istruzione media e superiore . Di qui , l ' aumento del benessere relativo di certi strati di impiegati e di commercianti . ( Questa ipotesi , che è emersa da una conversazione con Fernando Vianello , andrebbe verificata sulla base di confronti con l ' evoluzione delle classi e dei gruppi sociali in altri paesi , specialmente di quelli molto sviluppati e , all ' opposto , relativamente arretrati . Un punto di partenza per tali confronti può essere offerto dall ' ottimo volume di Gino Germani , Sociologia della modernizzazione . L ' esperienza dell ' America Latina , Laterza , Bari , 1971 , particolarmente i capp . VI e X ) . 7 . L ' ubiquità della piccola borghesia Sebbene la piccola borghesia non costituisca propriamente una classe , essa tuttavia , come certi santi , possiede il dono dell ' ubiquità . Gli stessi interessi della classe operaia sono in gran parte gestiti - almeno sul piano politico e su quello delle organizzazioni sindacali centrali - da membri della piccola borghesia , i quali a differenza dei lavoratori salariati hanno , fra gli altri privilegi , più tempo libero e un più elevato grado d ' istruzione . Pur amministrando la cosa pubblica e , nella massima parte , gli apparati dei partiti politici , e pur condizionando ampiamente i gusti e le aspirazioni sociali , non si può affermare che il " potere " sia nelle mani di questa quasi classe . Nei paesi economicamente più evoluti i piccoli borghesi sono gli amministratori universali ; condizionano le scelte di fondo - fin quasi ad esercitare in molti casi una specie di potere di veto - , ma non sono loro a prenderle . Se si considera che la piccola borghesia è spezzettata in tanti e tanti gruppi ( localmente , in tante e tante clientele ) e che non pochi di questi gruppi sono costituiti in misura notevole da individui famelici , servili e culturalmente rozzi - da quelli che chiamerei i topi nel formaggio - si comprende perché nella nostra vita pubblica siano così diffuse certe pratiche non di rado sgradevoli e perfino ripugnanti della nostra vita pubblica , fra cui sono da annoverare molte pratiche di sottogoverno . Forse gli strati civilmente più robusti della piccola borghesia s sono da ricercare ai due estremi : fra quelli di formazione più antica ( che hanno certe " tradizioni " ) e quelli di formazione più recente e appartenenti a famiglie non proprio miserabili ( i cui membri anziani , di origine contadina e operaia , hanno impartito un ' educazione " austera " ai membri più giovani ) ; mentre fra gli strati di formazione intermedia , specialmente se provengono da famiglie miserabili , si ritrovano più di frequente gli individui peggiori , disposti a intraprendere l ' ascesa sociale e la scalata al benessere con ogni mezzo . Questi individui , se restano ai margini , in posizioni umili quanto a reddito e quanto a prestigio sociale , sono spesso indotti , dall ' ansia di differenziarsi dalle classi di provenienza , a prendere anche politicamente le posizioni più reazionarie . L ' instabilità politica e la superficialità culturale che caratterizzano numerosi strati della piccola borghesia , insieme con l ' acuto desiderio di sfuggire ad una vita mediocre e squallida e di " emergere " ad ogni costo , possono contribuire a spiegare i salti acrobatici compiuti da certi individui dall ' estrema sinistra all ' estrema destra ( molto raramente nella direzione opposta ) : uno dei più noti campioni di questo genere di salti è , nella nostra storia , Benito Mussolini , rappresentante caratteristico di certi strati della piccola borghesia provinciale . Debbo insistere : non vedo , nella piccola borghesia soltanto individui di questo tipo ; non vedo questa quasi classe soltanto a colori foschi . Certo , a causa della nostra storia , la fascia che può esser vista a colori non foschi è piuttosto esile ; ma esiste ; ed in questa fascia risiede una delle speranze per il futuro . In ogni modo , l ' espressione " piccola borghesia " , spesso usata in senso quasi dispregiativo , non deve trarre in inganno : in questa quasi classe , non meno che nelle altre , si trovano individui di grande onestà civile , di grande coraggio e di grande forza d ' animo : furono molti i piccoli borghesi che morirono nella Resistenza o nei campi di concentramento nazisti . Ma anche fra i torturatori erano assai numerosi i piccoli borghesi . La mediocrità della vita quotidiana di moltissime famiglie piccolo - borghesi non esclude dunque - anzi , forse , in certe circostanze contribuisce a determinare - una polarizzazione verso gli estremi , verso il meglio ed il peggio che si può trovare nell ' umanità . Proprio a causa della sua frammentazione in tanti ` e tanti gruppi e per la sua eterogeneità economica e sociale , la piccola borghesia è politicamente instabile . L ' instabilità è accresciuta dal fatto che , per non essere costretti , come gli operai , ad una dura disciplina di lavoro e ad uno sforzo incessante di sopravvivenza , molti piccoli borghesi - fra cui sono numerosi intellettuali - hanno una non indifferente zona discrezionale , ossia possono scegliere , per il bene o per il male , entro limiti relativamente più ampi non solo degli operai , ma perfino della grande e media borghesia , i cui membri subiscono fortemente le pressioni della loro classe , assai più omogenea della piccola borghesia . L ' instabilità e la polivalenza o indeterminatezza politica della piccola borghesia assumono la massima intensità nei suoi strati giovanili . Nei movimenti giovanili piccolo - borghesi , specialmente , in quello che è stato il movimento studentesco e poi negli attuali gruppi extra - parlamentari di estrema sinistra , confluiscono le motivazioni e gl ' impulsi più diversi : alcuni certamente nobili e degni del massimo rispetto , altri assai poco rispettabili . Numerosi giovani o giovanissimi hanno scoperto l ' esistenza delle classi e le discriminazioni e le tremende ingiustizie che discendono da questa realtà e sovente si sono gettati all ' estrema sinistra per una sorta di complesso di colpa derivante dai privilegi di cui si sono accorti di godere , o per un " inconscio desiderio di realizzare essi l ' egemonia della loro propria classe sul popolo " ( Gramsci , Gli intellettuali e l ' organizzazione della cultura , cit . , p . 43 ) . Numerosi giovani e giovanissimi hanno messo sotto accusa i padri , molti dei quali avevano la coda di paglia ( il contrasto fra giovani e anziani è antico quanto l ' umanità ; oggi , cadute molte bardature ipocrite , ha assunto in molti paesi forme nuove ed esasperate ) . La tensione , fra gli studenti , i diplomati e i laureati , è stata aggravata dalla crescente disoccupazione intellettuale - un fenomeno anche questo antico , che di recente ha assunto proporzioni molto gravi , sia per l ' impulso proveniente dallo sviluppo del sistema economico verso una più larga base per la selezione di tecnici e di specialisti , sia per l ' accresciuto reddito di famiglie appartenenti a gruppi sociali relativamente meno agiati , che hanno potuto inviare i loro figli alle scuole di ordine superiore e far loro prendere un diploma o una laurea , senza però che , nell ' economia , la domanda di lavoro intellettuale aumentasse in misura corrispondente all ' offerta . L ' instabilità e la polivalenza politica della piccola borghesia trovano un contrappeso , o un correttivo , in una serie di elementi ai quali è necessario dedicare un brevissimo cenno . Per ottenere e mantenere il " consenso " e la lealtà dei ceti piccolo - borghesi verso il così detto " sistema " e , possibilmente , per mantenerli in uno stato di subordinazione , in una parola per rafforzare ed allargare le propensioni conservatrici di quei ceti , la classe dominante tende , da un lato , a facilitare moderatamente la mobilità ascendente di quei ceti e , dall ' altro , a utilizzare le diverse istituzioni . La mobilità ascendente non è affatto costante nei diversi periodi e nelle diverse società ed è difficile da definire e misurare in modo rigoroso ; ma è certo che non è molto ampia ( specialmente quando si tratta della cooptazione nella stessa classe dominante ) ed è anche certo che la classe dominante tende a presentarla come molto più ampia di quanto essa in realtà sia . Non si tratta di un programma razionalmente elaborato e consapevolmente perseguito dalla classe dominante ; si tratta piuttosto di un processo che viene alimentato in modo quasi automatico attraverso un sistema , prodotto da una lunga tradizione storica , di approvazioni e di riprovazioni morali e sociali e , corrispondentemente , di promozioni o di punizioni , secondo i comportamenti individuali di conservazione e di accettazione ovvero di dissenso e di rifiuto . Un analogo processo , autoperpetuantesi in forme nuove anche dopo cambiamenti e perfino dopo fratture nella vita sociale , è all ' origine delle " istituzioni " ( magistratura , scuola , esercito , polizia ed altre ) , che costituiscono l ' area sociale dove tipicamente opera la piccola borghesia impiegatizia del settore pubblico e la cui logica ( incluse le specifiche " scale di valori " ) mira ad attuare l ' identificazione fra gli uomini e l ' istituzione alla quale appartengono e il totale condizionamento della loro personalità . L ' appartenenza alle diverse istituzioni dei diversi gruppi della piccola borghesia impiegatizia costituisce il principale elemento connettivo di questi ceti ed entro certi limiti li stabilizza e li subordina alla classe dominante . Tuttavia , soprattutto in questo periodo , la stabilizzazione e , ancora di più , la subordinazione non sono più generalmente accolte come fatti ovvi , ossia spontanei , ossia fondati sul consenso , ma sono messi in discussione . In linguaggio marxista , tutti questi fenomeni fanno parte della " sovrastruttura " - un ' espressione ambigua e , io ritengo , ingannevole se intesa in senso letterale . Se usata con un grano di sale , si può dire che nel capitalismo moderno , con i crescenti margini discrezionali consentiti dalla liberazione dalle necessità elementari della vita di masse crescenti di persone , specialmente nel settore della piccola borghesia , la " sovrastruttura " diventa almeno altrettanto importante della " struttura " [ Ho scritto queste ultime osservazioni in seguito alle critiche ed ai suggerimenti espressi da Giorgio Ruffolo e da Giulio Salierno in un dibattito promosso il 24 novembre 1972 dall ' Istituto romano per la storia dal fascismo alla Resistenza , dibattito che riguardava appunto questo lavoro ] . Nonostante l ' instabilità e la polivalenza politica che caratterizzano la piccola borghesia nei suoi molteplici strati , e nonostante i correttivi istituzionali e politici cui ora si è accennato , probabilmente è giusto sostenere , come hanno fatto alcuni sociologi ( Luciano Gallino ed altri ) , che nell ' ambito di quella che io chiamo piccola borghesia impiegatizia comincia a delinearsi una certa differenziazione fra i quadri intermedi che vengono a integrarsi nel gruppo dominante e i quadri intermedi che invece assumono le caratteristiche di impiegati esecutivi ( cfr. parte I , cap . 3 ) . E si può dire che questi , specialmente nelle grandi fabbriche , tendono a proletarizzarsi , non tanto nel senso strettamente economico ( reddito individuale ) , quanto dal punto di vista della qualità del lavoro e dello status sociale e quindi nel senso che i loro interessi e i loro ideali si avvicinano progressivamente a quelli della classe operaia ; corrispondentemente , le azioni sindacali e politiche di questi impiegati e quelle degli operai dell ' industria moderna diventano sempre più simili fra loro . Per altri strati della piccola borghesia specialmente nel settore pubblico , si è avuta invece una proletarizzazione non nel senso sociale e politico ma nel senso economico , ossia nel senso di un avvicinamento alle condizioni materiali di vita degli operai . Tuttavia , la tendenza alla proletarizzazione nel senso economico di certi strati di piccoli borghesi può spingerli , per un desiderio di rivalsa e di differenziazione sociale , non verso posizioni sindacali e politiche di sinistra , ma , proprio al contrario , verso posizioni di destra o di estrema destra : dal punto di vista sociale e politico il problema è indeterminato . Per alcuni strati della piccola borghesia impiegatizia probabilmente ha avuto luogo un processo di proletarizzazione nel senso economico . In effetti , confrontando le variazioni di lungo periodo dei salari reali dell ' industria moderna con quelle delle retribuzioni reali degli impiegati pubblici , si notano le seguenti tendenze ( v . la tabella 5.3 ) : 1 ) un aumento molto notevole dei salari reali ( dal 1880 al 1970 circa 5 volte ) ; 2 ) un aumento molto meno accentuato degli stipendi reali ( meno di 2 volte nello stesso periodo ) ; 3 ) un conseguente progressivo avvicinamento fra le condizioni economiche degli impiegati pubblici e quelle degli operai nell ' industria moderna ( fa eccezione il periodo fascista , durante il quale i salari reali diminuiscono di circa il 15-20% e gli stipendi reali aumentano del 3-4% ) . È necessario tener ben presente che la riduzione della distanza media fra impiegati e operai non contraddice l ' ipotesi che in certe fasce le distanze siano perfino aumentate . Inoltre , è necessario tener presente che quell ' avvicinamento è avvenuto in salita , ossia con un aumento sensibile per tutti , ma specialmente per gli operai , del tenore di vita . Questo non significa che le spinte verso una trasformazione radicale o addirittura rivoluzionaria necessariamente vengano meno . Significa però che le spinte innovatrici perdono man mano il carattere elementare di protesta economica : notevoli gruppi di operai e di impiegati tendono a porsi sul piano , ben più complesso , dell ' affermazione e dell ' ascesa sociale in una struttura sempre più differenziata . Rispetto alla situazione studiata dai classici del marxismo i termini del problema appaiono profondamente mutati . Perché , dunque , molti piccoli borghesi decidono di schierarsi con gli operai e comunque di " andare a sinistra " ? I motivi sono disparati . Innanzi tutto ci sono i motivi ignobili : arricchirsi in nomine falcis et mallei coi mezzi e nei modi più svariati - essenzialmente con posti conquistati " politicamente " e retribuiti munificamente . Motivi di questo genere , che , è doloroso dirlo , sono tutt ' altro che rari , appaiono particolarmente ripugnanti , considerata l ' ideologia professata e considerati gl ' interessi che per la platea si pretende di voler difendere . Ma consideriamo i motivi non ignobili . Gli strati piccolo - borghesi le cui condizioni economiche si sono avvicinate a quelle della grande maggioranza degli operai ( redditi relativamente bassi , nessuna proprietà di immobili o titoli ) possono trovare conveniente associarsi agli operai , oltre che sul piano politico , anche sul piano sindacale , raccordando le loro rivendicazioni con quelle operaie . Una tale situazione ha luogo specialmente nel caso degli impiegati collegati con le fabbriche . Negli strati più colti della piccola borghesia possono essere frequenti coloro che si sentono solidali con gli operai non tanto per ragioni economiche , quanto per ragioni ideali o di progresso civile ; e si comprende allora perché vi sono persone che appoggiano anche provvedimenti dannosi per i propri interessi economici immediati . La scelta dei piccoli borghesi che si dedicano alla vita politica o sindacale può essere determinata da motivazioni ideali , ma può essere anche ( e contemporaneamente ) determinata dalla più o meno consapevole considerazione che andando dalla parte degli operai essi possono divenire leaders , mentre volgendosi verso la grande borghesia essi diverrebbero ufficiali subalterni o amministratori o , peggio , maggiordomi o , peggio ancora , servitori . Tuttavia , nell ' ipotesi che la scelta sia " a sinistra " , esiste in ogni caso la possibilità che i piccoli borghesi , qualunque sia la motivazione della scelta , gretta ed egoistica o generosa e nobile , nel fatto operino preoccupandosi in primo luogo dell ' immediato vantaggio proprio o del gruppo sociale dal quale provengono e solo in via subordinata del vantaggio della classe operaia . In conclusione , nel seno di tutti i ceti della piccola borghesia troviamo numerose frange di sinistra e numerose frange di destra ( in atto o in potenza ) ; ma , considerata la grande differenziazione di questa quasi classe , i confini non sono né stabili né ben definiti . Inoltre , non bisogna fidarsi delle etichette , che certe volte ( specialmente quando si va " in alto " ) possono essere ingannevoli : è indispensabile esaminare criticamente e a fondo i contenuti e le azioni effettive . 8 . Confronti internazionali Nelle considerazioni espresse nei due precedenti capitoli è implicita l ' idea che nell ' analizzare la distribuzione del reddito non sia da considerare solo l ' antagonismo fra salari e profitti ; esiste un antagonismo anche fra salari e redditi caratteristici di ampi strati di ceti medi , specialmente stipendi e certi tipi di redditi misti . Un tale antagonismo come quello fra salari e profitti , risulta attenuato quando il reddito , crescendo , lascia maggiore spazio per tutti i redditi , così che quel duplice antagonismo riguarda solo le quote . Tuttavia , l ' aumento del reddito , nel breve periodo - un anno - raramente supera il 5-6%; e l ' aumento è ben lungi da ripartirsi proporzionalmente fra tutti i redditieri . Il contrasto diventa veramente aspro quando il reddito cessa di crescere o addirittura diminuisce . Quell ' antagonismo , dunque , sussiste , e non può essere trascurato , considerando le dimensioni che le classi medie hanno raggiunto nel nostro paese . Si pone allora il quesito : negli altri paesi le classi medie sono altrettanto ampie ? La risposta è affermativa : indubbiamente i confronti internazionali sulla stratificazione sociale sono molto problematici ; ma sono importanti : l ' estero è lo specchio del diavolo , in esso possiamo vedere meglio noi stessi , possiamo comprenderci e criticarci con maggiore cognizione di causa . Dunque , nonostante le difficoltà , è indispensabile procedere a confronti internazionali , usando la necessaria cautela . Ritengo che , se vengono considerati come ordini di grandezza i dati con gran fatica selezionati per certi paesi e riportati nelle tabelle , in appendice , non siamo ingannevoli e , se pure entro limiti molto ristretti , consentono certi confronti ( i paesi esaminati , oltre l ' Italia , sono la Spagna , il Giappone , la Francia , la Gran Bretagna gli Stati Uniti , l ' Argentina e il Cile ( v . le tabelle 2.1 e 2.2 ) . Da questi confronti emergono due caratteristiche degne di nota : la quota delle classi medie sulla popolazione attiva è molto simile a quella osservata per l ' Italia ( 50% ) e , come per l ' Italia , è relativamente stabile nel tempo . Si tratta di caratteristiche sorprendenti ( mezzo secolo fa sarebbe stata proclamata l ' esistenza di una " legge " ) , poiché si osservano in paesi molto diversi e , per alcuni dei paesi considerati , in tempi molto diversi . Più precisamente : le quote delle classi medie e delle classi operaie in complesso sono stabili ( se mai , la quota della classe operaia ha forse una certa tendenza a flettere ) . Ma cambiano in modo molto significativo i contenuti : nell ' ambito delle classi medie , diminuiscono i coltivatori diretti e , almeno relativamente , gli altri lavoratori autonomi ( eccetto i commercianti ) , mentre aumentano gli impiegati sia privati che pubblici ; nell ' ambito della classe operaia , diminuiscono i salariati agricoli ed aumentano i salariati nelle altre attività , specialmente nell ' industria . t lecito presumere che col procedere dello sviluppo economico aumentano , in termini assoluti e relativi , gli operai occupati in aziende industriali moderne ( diciamo , in aziende che impiegano più di cento addetti ) ; questa presunzione si fonda , oltre che sulla logica , su un confronto internazionale ( tabella 4.3 ) . Poiché i paesi esaminati si trovano in stadi molto diversi dello sviluppo economico , conviene riflettere sui rapporti fra grado di sviluppo e quote dei diversi gruppi sociali ( tabella 2.2 ) . Risulta confermato che col procedere dello sviluppo diminuisce la piccola borghesia relativamente autonoma e cresce la piccola borghesia impiegatizia . Anzi , il confronto internazionale mostra che l ' Italia non è affatto più avanti degli altri paesi sulla strada dell ' espansione burocratica ; e mostra anche che ha ancora . una strada relativamente lunga da percorrere riguardo alla flessione della piccola borghesia autonoma . Restano confermati anche i mutamenti che hanno luogo nell ' ambito della classe operaia : man mano che procede lo sviluppo diminuiscono i salariati agricoli e aumentano gli operai industriali ; ma non sembra che vi sia uno stretto legame fra altezza della percentuale degli operai nell ' industria e grado di sviluppo ( probabilmente , il nesso è stretto se si considerano solo gli operai della grande industria ) . Le uniformità sopra indicate costituiscono , in sostanza , delle specificazioni di quella che Colin Clark chiama " legge di Petty " e che riguarda le relazioni fra sviluppo economico e sviluppo relativo dei tre grandi settori : col procedere dello sviluppo economico , si sviluppano in via preliminare le attività primarie ( agricoltura e miniere ) e poi , via via , le attività secondarie ( industriali ) e quelle terziarie ( commercio , credito , servizi , pubblica amministrazione ) . Le specificazioni sopra indicate permettono di dar ragione di alcune anomalie e di alcune apparenti eccezioni alla " legge " , come quella secondo cui in certi paesi molto arretrati l ' espansione del commercio precede quella delle così dette attività primarie : il punto è che occorre disaggregare e distinguere , in relazione al procedere dello sviluppo , le diverse attività terziarie ( C . Clark , The Conditions to Economic Progress , Macmillan , London , 19573; P . T . Bauer and B . S . Yamey , The Economics of Underdeveloped Countries , Cambridge University Press , 1957 ) . Quanto alla piccola borghesia impiegatizia , se è vero che l ' Italia si trova in linea , sia per la quota di impiegati privati sia per quella di impiegati pubblici , come si può affermare che la burocrazia pubblica del nostro paese è ipertrofica ? Innanzi tutto , occorre richiamare le ragioni dell ' espansione burocratica ( parte I , cap . 6 ) : 1 ) crescenti esigenze amministrative per sempre più ampi interventi nell ' economia ; 2 ) crescenti spese di trasferimento ; 3 ) " sistemazione " di un certo numero di persone grazie a pressioni clientelari o politiche . L ' ipertrofia , ossia l ' espansione patologica , ha luogo quando la burocrazia cresce per il terzo ordine di motivi . Ora , come si è già fatto rilevare , questa ipertrofia non riguarda l ' intera burocrazia , ma soltanto i gradi più bassi e le fasce meno qualificate della burocrazia ( negli uffici tecnici v ' è carenza di personale ) . Che le cose stiano così è indicato dal fatto ( anche questo già messo in rilievo ) che la quota della burocrazia pubblica è più alta nel più arretrato Sud che nel Nord . Inoltre , se si distinguono , fra gli impiegati pubblici , gl ' insegnanti dagli altri impiegati , si ha il quadro che segue e che riguarda , oltre l ' Italia , quattro paesi per i quali si sono trovati i dati necessari per il confronto ( i dati sono espressi in percentuale della popolazione attiva ) . Spagna Italia Francia Gran Bretagna Stati Uniti ( 1970 ) ( 1971 ) ( 1968 ) ( 1968 ) ( 1969 ) Insegnanti 2,4 3,1 3,6 5,6 5,7 Altri impiegati 3,9 5,0 3,7 5,6 8,2 pubblici In Italia , la percentuale degli impiegati pubblici , esclusi gl ' insegnanti , è nettamente maggiore che in Francia ed è simile a quella dell ' Inghilterra , il cui sviluppo economico e civile è ben più avanzato . Da ciò si può dedurre che la detta percentuale in Italia è patologicamente elevata . L ' aspetto patologico appare anche più grave se si considera che negli altri paesi non è stato possibile separare la quota ( piccola ma non trascurabile ) dei salariati pubblici , quota che dovrebbe essere inclusa nella classe operaia . Aggiungendo questa quota , che in Italia era stata esclusa , si giunge ad una percentuale di dipendenti pubblici ( esclusi gli insegnanti ) del 5,5% , una cifra pressoché identica a quella inglese . Negli Stati Uniti sono sensibilmente più elevate che in Italia tanto la quota degli insegnanti quanto quella degli altri dipendenti pubblici . È senz ' altro fisiologico questo fatto ? Considerato l ' elevato grado di sviluppo economico della società americana , la risposta potrebbe essere affermativa . Tuttavia , non può essere scartata a priori l ' ipotesi che anche negli Stati Uniti , se pure per motivi alquanto diversi da quelli considerati per l ' Italia , la burocrazia pubblica sia ipertrofica : una volta che la struttura produttiva ha raggiunto un elevato grado di concentrazione , lo sviluppo economico capitalistico può proseguire solo se la domanda effettiva viene sostenuta dall ' autorità pubblica ; e questo vale sia per la domanda di prodotti che per la domanda di lavoro . D ' altro canto , in regime capitalistico lo sviluppo deve proseguire se si vuole evitare un aumento crescente della disoccupazione , dato che l ' aumento di produttività - risultato necessario della competizione nazionale e internazionale caratteristica del capitalismo - proseguirebbe in ogni modo . ( Una tale tesi è stata proposta , in forme e tempi diversi da diversi autori ; è stata proposta dallo scrivente nell ' opera Oligopolio e progresso tecnico , ed . , Giuffrè , Milano , 1956; è stata proposta da Michal Kalecki in un articolo pubblicato in polacco pure nel 1956 e pubblicato , tradotto in inglese , solo recentemente ; l ' articolo ha per titolo The Economic Situation in the United States as Compared with the Pre - War Period , ed è incluso nel volume The Last Phase in the Transformation of Capitalism , Monthly Review Press , New York , 1972 ) . Che lo sviluppo della burocrazia negli Stati Uniti sia abnorme , può forse risultare da un confronto con la situazione dell ' Unione Sovietica . fi una opinione diffusa che gli Stati Uniti sono il paese della iniziativa individuale , mentre l ' economia dell ' Unione Sovietica è retta da una burocrazia mastodontica e onnipresente . Confrontare i dati sovietici con i dati americani è ancora più rischioso che negli altri casi ; ma io penso che questo confronto abbia un senso . Esso mostra che la realtà è ben lontana da quella opinione : se per burocrazia " privata " s ' intende , con riferimento all ' Unione Sovietica , quella corrispondente alla massa degli impiegati di azienda e per burocrazia " pubblica " s ' intende quella costituita da insegnanti , da ricercatori e da impiegati addetti all ' istruzione e da tutti gl ' impiegati addetti all ' apparato statale , risulta che la percentuale sulla popolazione attiva della burocrazia " pubblica " così intesa non supera il 12% , mentre la corrispondente percentuale negli Stati Uniti è del 13,9% ( v . le tabelle 2.2 e 2.5 ) . $ da notare che la valutazione della burocrazia " pubblica " dell ' Unione Sovietica è probabilmente errata per eccesso , dato che non pochi ricercatori e non pochi addetti all ' istruzione negli Stati Uniti appartengono al settore privato . In ogni modo , i possibili dubbi sul grado di burocratizzazione degli Stati Uniti rispetto all ' Unione Sovietica vengono a cadere se si considerano le quote degli impiegati , sia " pubblici " che " privati " : il 38% negli Stati Uniti e solo il 21% nell ' Unione Sovietica . Lungi dall ' essere il paese dell ' iniziativa individuale gli Stati Uniti sono dunque divenuti un paese di colletti bianchi e di mezze maniche ; ed anzi l ' incremento degli impiegati rispetto alla forza di lavoro addizionale rappresenta una quota anche più alta della media : 60-70% ogni anno contro il 38-40% . Insomma : è molto più burocratizzata l ' economia americana di quella russa ! Molte altre illazioni potrebbero essere tratte dall ' esame dei dati riguardanti i due colossi , quello capitalistico e quello collettivistico . Per esempio , la struttura sociale dell ' Unione Sovietica mostra , almeno apparentemente ( com ' è ovvio , i contenuti sono profondamente diversi ) , parecchie rassomiglianze con quello degli Stati Uniti e di altri paesi non collettivistici . La struttura sociale della Russia del 1913 , invece , presentava caratteristiche molto particolari e , a quanto pare , costituiva un ' eccezione rispetto alla composizione sociale prevalente in tempi molto diversi negli altri paesi qui esaminati : borghesia 16,3% , piccola borghesia impiegatizia 2,4% , contadini e artigiani 66,7% , operai 14,6% ( v . la tabella 2.3 ) . Ma , a parte l ' inclusione - dichiarata - dei contadini ricchi ( kulaki ) fra la borghesia vera e propria , è possibile che fra i contadini poveri siano state incluse molte persone che lavoravano prevalentemente da salariati agricoli , così che la classe dei " contadini e artigiani " risulta gonfiata ( considerati i criteri seguiti in questo saggio ) rispetto alla classe operaia . In ogni modo , è certo che subito prima della rivoluzione quella russa era , in misura preponderante , una società a carattere rurale , con una classe operaia molto piccola e con una classe dominante numericamente molto esigua , in parte aristocratica e in parte borghese ( v . la tabella 2.4 ) . I paesi considerati nei precedenti confronti appaiono tutti , sia pure in diversi gradi , socialmente evoluti ( o " moderni " ) se si usano congiuntamente due indici , ossia la quota degli impiegati e quella dei contadini : più alta è la prima e più bassa la seconda e più socialmente evoluto è il paese in esame . ( Faccio osservare che sulla base di questo criterio certi paesi dell ' America latina , come l ' Argentina e il Cile , debbono essere annoverati fra i paesi evoluti , mentre altri paesi , come il Brasile , vanno inclusi fra quelli arretrati ) . Per i paesi arretrati nel senso ora specificato , conviene usare una diversa suddivisione fra le classi , che consenta di mettere in adeguato rilievo la struttura sociale dell ' agricoltura . Una suddivisione adatta allo scopo potrebbe essere la seguente ( fra parentesi sono indicate le percentuali di composizione ) ( v . la tabella 2.6 ) : I . Grandi proprietari , grossi commercianti , industriali medi e grandi ( 1-2% ) . II . Impiegati privati e pubblici ( 5-10% ) . III . Lavoratori autonomi , esclusi i contadini poveri ( 15-20% ) . IV . Contadini poveri e salariati agricoli ( incluso il sottoproletariato delle campagne ) ( 40-70% ) . V . Salariati nelle attività extra - agricole ( incluso il sottoproletariato urbano ) ( 7-37% ) . In questi paesi solo le classi II e III possono essere considerate piccola borghesia . Ho già osservato più volte , ed argomenterò fra breve con riferimento al fascismo , che nei paesi detti evoluti i piccoli borghesi sono diventati oggi gli amministratori universali , ma non sono i dirigenti effettivi ; hanno contribuito a fornire una base di massa a regimi di destra o anche di sinistra , ma non sono mai stati la classe dominante . Tuttavia , secondo una interessante tesi di Michal Kalecki , in diversi paesi arretrati , dove la piccola borghesia ( specialmente quella di tipo tradizionale , che ha interessi opposti a quelli delle imprese capitalistiche moderne ) ha un peso relativo considerevole - essendo normalmente nullo il peso politico della gran massa di contadini - e dove la borghesia moderna è assai poco sviluppata , anche a causa del predominio delle grandi società straniere , sono sorte condizioni favorevoli alla costituzione di governi che rappresentano in modo preminente e diretto gl ' interessi delle classi medie inferiori , nonostante l ' alleanza fra gl ' interessi stranieri e i gruppi locali di grandi proprietari di tipo feudale e di grossi commercianti ; la formula economica è quella del capitalismo di Stato e la formula politica contiene elementi di un feroce anticomunismo ( M . Kalecki , Intermediate Regimes , articolo incluso nel volume già citato ) . 9 . Piccola borghesia e fascismo L ' instabilità politica della piccola borghesia ha rilevanti conseguenze : quando , in periodi di crisi , ampi strati di questa quasi classe si alleano con i gruppi dominanti della grande borghesia , il paese corre il pericolo del fascismo . Nel nostro paese conosciamo una tale esperienza . Per evitare il rischio di affermazioni generiche , rischio elevato in questo tipo di analisi , conviene richiamare alcuni aspetti essenziali dell ' ascesa al potere del fascismo in Italia , dopo la prima guerra mondiale . Nel 1921 l ' economia italiana subì una crisi , che in parte aveva origini internazionali e che nel nostro paese risultò particolarmente grave sia per la debolezza della struttura industriale italiana , fondata ancora in misura modesta su imprese moderne , sia per le difficoltà connesse con la conversione delle industrie che avevano rifornito l ' amministrazione militare durante la guerra . La crisi rese acutissime le tensioni sociali e quindi le tensioni politiche . Ai contadini sotto le armi ed agli operai nelle fabbriche durante la guerra erano state fatte promesse di ampie concessioni , che poi , passato il pericolo , erano state mantenute solo in minima parte ; la crisi anzi aggravava le loro condizioni economiche . Queste promesse erano state ripetute in trincea , sulla base delle dichiarazioni degli uomini politici , dagli ufficiali subalterni - uomini provenienti nella massima parte dalla media e piccola borghesia ; tornata la pace , l ' ostilità e perfino l ' odio delle masse popolari , esasperate per il peggioramento delle loro condizioni , si riversarono verso le persone fisiche che avevano ripetuto loro quelle promesse . Né stavano molto meglio , tornati a casa , gli ex ufficiali subalterni , che stentavano a trovare una occupazione ; ma la loro volontà di un radicale cambiamento si mosse in direzione opposta a quella delle masse popolari , che li attaccavano personalmente . Si ebbero scioperi e agitazioni gravissime , numerose fabbriche e proprietà terriere furono occupate . La spinta delle masse popolari veniva rafforzata e resa fortissima , anche se rimaneva in gran parte caotica e disorganizzata , dall ' esempio della rivoluzione bolscevica russa . La grande borghesia fu presa dal panico ; estese i finanziamenti ai giornali e a molti uomini politici di destra ; finanziò bande armate , che misero a ferro e a fuoco le sedi di molte organizzazioni popolari : sindacati , cooperative , sedi di partiti di sinistra . Vi furono numerosi assassinii . La grande borghesia terriera e industriale ( con diverse eccezioni , tuttavia ) trovò in ampi strati della media e , soprattutto , nella piccola borghesia gli alleati più decisi ; gli scherani , come altre volte è successo in condizioni analoghe , furono reclutati nel sottoproletariato ; i principali centri del potere pubblico - ampie sezioni della magistratura , della polizia e dell ' apparato militare - in modo aperto o nascosto fornirono il loro appoggio . La guida politica della reazione fu assunta dal partito fascista , che - ironicamente , ma non immotivatamente , poiché sfruttava a fini concreti la retorica piccolo - borghese - si autodefiniva partito rivoluzionario . In particolare , per mobilitare diversi strati della piccola borghesia il partito fascista sfruttò il mito della " vittoria mutilata " - il sentimento di frustrazione per le concessioni coloniali e territoriali ritenute insufficienti , che il trattato di Versailles attribuiva all ' Italia . Anche se il fascismo cominciò ad organizzarsi nel 1919-21 , esso divenne virulento e pervenne a conquistare il potere non durante la crisi economica del 1921 , ma proprio quando questa crisi era chiaramente in via di superamento , non solo in Italia , ma anche negli altri paesi industriali ( primavera - estate 1922 ) . Subito dopo essere salito al potere , il partito fascista pagò il conto per gli aiuti finanziari e politici ottenuti negli anni precedenti dalla grande borghesia . Il governo decise : 1 ) di sopprimere , in pratica , la Commissione per l ' indagine sui sovraprofitti di guerra ; 2 ) di abolire la nominatività dei titoli azionari ; 3 ) di trasferire la rete telefonica a società private ; 4 ) di rinnovare le concessioni alle società elettriche ; 5 ) di abolire il monopolio statale delle assicurazioni sulla vita e di trasferire una cospicua quota di tali assicurazioni a società private ; 6 ) di attuare il salvataggio , con danaro pubblico , di alcune grandi banche , che restarono private ; 7 ) di riformare il regime fiscale , in senso favorevole ai privati , dei trasferimenti a titolo ereditario ; 8 ) di " sospendere " la legge di riforma agraria ; 9 ) di abolire , attraverso una numerosa serie di eccezioni , il limite massimo di otto ore per la giornata lavorativa , limite che gli operai avevano conquistato dopo dure lotte nel 1919 e nel 1920 . A favore di una parte della piccola borghesia furono presi diversi provvedimenti , fra cui occorre ricordare : 1 ) l ' assunzione di notevoli schiere di persone nella burocrazia , nell ' esercito , in quella speciale milizia di partito denominata " milizia volontaria per la sicurezza nazionale " e negli uffici organizzati nell ' ambito del partito fascista ; 2 ) la revoca delle sovvenzioni governative alle cooperative ( che danneggiavano gl ' interessi dei piccoli commercianti ) ; 3 ) la revisione , in senso restrittivo , delle norme per la concessione delle licenze per il commercio al minuto ; 4 ) provvedimenti a favore di varie categorie di artigiani . Da questa cospicua serie di concessioni restavano esclusi i lavoratori salariati , i quali , anzi , dopo essere stati privati delle loro organizzazioni sindacali e cooperative e dei partiti che ne esprimevano gl ' interessi , ben presto subirono duri colpi anche sotto forma di riduzioni salariali . In breve , dal punto di vista sociale e politico si può affermare che il fascismo fu il risultato della saldatura fra grande borghesia terriera , finanziaria e industriale e larghe sezioni della piccola borghesia ( impiegati pubblici e privati , liberi professionisti , piccoli commercianti ) . Tale saldatura fu rafforzata dalla rivalutazione della lira del 1926 , una decisione che bloccava il processo inflazionistico e in questo modo , almeno per un certo periodo , consentiva l ' aumento del potere d ' acquisto degli stipendi e favoriva il risparmio individuale . ( La rivalutazione danneggiò gl ' industriali che producevano per l ' esportazione , anche se avvantaggiò gl ' industriali che producevano principalmente per il mercato interno con materie prime importate , come era il caso delle principali industrie tessili . Inoltre , essendo stata completata l ' opera di distruzione dei sindacati operai , i salari vennero decurtati , ciò che compensò almeno parzialmente gli industriali danneggiati dalla rivalutazione . Il principale obiettivo della rivalutazione della lira , tuttavia , era un obiettivo politico , di " stabilizzazione sociale " , condiviso da un ' ampia parte della grande borghesia industriale : si voleva favorire la piccola borghesia risparmiatrice , che era stata danneggiata dalla precedente tendenza inflazionistica ) . Pare certo che il reddito individuale medio assoluto e relativo della piccola borghesia impiegatizia e commerciale sia sensibilmente aumentato durante il periodo fascista , mentre è diminuito il reddito medio assoluto e , ancora di più , relativo dei lavoratori salariati . Il fascismo è dunque il risultato di un ' alleanza fra grande e piccola borghesia ; ma non si tratta di un ' alleanza inter pares : la responsabilità prevalente va attribuita alla grande borghesia . È esatto affermare che ampi strati della piccola borghesia , insieme con limitati strati di lavoratori relativamente privilegiati o , all ' opposto , poverissimi ( sottoproletari ) , hanno fornito al fascismo una certa base di massa , i quadri intermedi e buona parte dei quadri superiori . È anche esatto sostenere che l ' iniziativa di organizzare il partito fascista partì , anche cronologicamente ( 1919-21 ) , da piccoli e medi borghesi e che solo in un secondo tempo ( 1922 ) la grande borghesia intervenne con il suo aiuto finanziario e politico . Occorre però subito aggiungere che senza questo aiuto - e senza l ' aiuto di ampie sezioni dei poteri costituiti - il fascismo non avrebbe preso il potere ; ed occorre anche aggiungere che , se i gruppi dominanti della grande borghesia intervennero in forza solo in un secondo tempo , ci furono i pionieri della prima ora , che cercarono subito di sfruttare il malcontento popolare , causato per esempio dal caro - viveri , fomentando i tumulti proprio allo scopo di preparare il terreno per una feroce azione di repressione ( Salvemini , Scritti sul fascismo , Feltrinelli , Milano , 1961 , vol. I , p . 474 ) . È vero : i gruppi dominanti della grande borghesia che appoggiarono il fascismo lo volevano in via transitoria , per ripristinare l ' " ordine " : il disegno era quello di restaurare una rispettabile democrazia parlamentare . Ma quell ' appoggio fu determinante ; ed anche quando i vassalli si abbarbicarono al potere gestendolo poi in modo non sempre conforme agli interessi della borghesia , quei gruppi non ritirarono il loro appoggio ma fecero buon viso a cattivo gioco . La tesi opposta - essere cioè il fascismo da attribuire all ' azione autonoma e comunque determinante di ampi strati della piccola borghesia - risulta grossolanamente falsa , anche se corrisponde al modo con cui i piccoli borghesi protagonisti dell ' esperienza fascista vedevano , o volevano vedere , se stessi . Per fare giustizia sommaria di tale tesi basterebbe , da sola , la documentazione raccolta ed analizzata da uno studioso non marxista , Ernesto Rossi , documentazione che include i due " bollettini della vittoria " della Confindustria del 1922 ( subito dopo l ' ascesa del fascismo ) e del 1926 ( subito dopo le leggi eccezionali ) e si avvale dell ' analisi e delle candide ammissioni di uno dei responsabili della politica economica fascista ( Padroni del vapore e fascismo , Laterza , Bari , 1966 , specialmente le pp. 11-5 e 50-1 ) . Tenuto conto dell ' evoluzione subita dalla piccola borghesia nell ' ultimo mezzo secolo e , in particolare , considerata la comparsa di strati nuovi di intellettuali e di tecnici , oggi le spinte di tipo fascista sono ben diverse da quelle del primo dopoguerra . Ma le varietà del fascismo - è triste riconoscerlo - sono molteplici . In ogni modo , pare abbastanza evidente che o , T „ la grande borghesia , e specialmente la grande borghesia industriale , salvo poche se pur rilevanti eccezioni , non vuole il fascismo , e per diverse ragioni , fra cui sono i conflitti sociali , gravi e di esito incerto , che un tentativo in quella direzione comporterebbe e la conclusione , fallimentare per tutti , della precedente esperienza . Oggi il fascismo esprime quasi esclusivamente gli strati più retrivi della piccola borghesia ed è appoggiato da alcune sezioni dei poteri costituiti ( magistratura , polizia , esercito ) , sezioni di ampiezza non trascurabile ma di gran lunga minore di quelle che aiutarono il fascismo nel 1920-1922 . Il tentativo dell ' attuale movimento fascista di ripetere , nelle mutate condizioni , la strategia di mezzo secolo fa - crescere numericamente , irrobustirsi organizzativamente , creare il caos con mezzi criminali per poi offrirsi come forza di restaurazione - sembra destinato a fallire . Tuttavia esiste pur sempre il pericolo di un peggioramento della situazione economica e di un aumento delle tensioni sociali , tensioni che potrebbero venire aggravate da errori di tattica e di strategia dei sindacati e dei partiti di sinistra . II . Lo stato attuale e le prospettive 1 . La questione delle riforme Dunque , in periodi di crisi , un ' alleanza fra la grande borghesia e ampi strati della piccola borghesia può condurre al fascismo . Viceversa , un ' alleanza di strati ( pure ampi , ma in larga misura diversi ) della piccola borghesia con coloro che gestiscono gl ' interessi della classe operaia può dar luogo a politiche di tipo laburista e , comunque , può consentire riforme anche radicali . Tuttavia gli ostacoli alle riforme , più che nella grande borghesia , vanno ricercati nel seno stesso della piccola borghesia e particolarmente nei gruppi che hanno i maggiori privilegi e la più forte capacità di condizionare le scelte politiche . Gli ostacoli si manifestano in tre fasi : nella fase della preparazione dei progetti di riforma , preparazione faticosissima per le spinte eterogenee e contraddittorie , poi nella fase dell ' approvazione e , infine , nella fase dell ' attuazione ( finora raggiunta in Italia da ben pochi progetti ) . Consideriamo alcuni esempi particolari . L ' esempio più ovvio di un progetto rimasto fermo addirittura alla prima fase è quello della riforma della pubblica amministrazione : il sabotaggio è stato compiuto dalle cerchie più influenti della burocrazia . In altri casi occorre , sì , considerare gli ostacoli frapposti da gruppi d ' interessi operanti nell ' ambito della grande borghesia , ma bisogna guardarsi dal trascurare quelli provenienti da gruppi appartenenti alla media e alla piccola borghesia . Così , gli ostacoli alla riforma sanitaria non sono stati posti solo dai grandi " baroni " della medicina , dai proprietari delle cliniche private , dalle opere pie e dai gruppi d ' interessi legati alle case farmaceutiche , ma anche dalla burocrazia alta e bassa delle mutue e dal personale medico in generale , che , appena si è cominciato a parlare di riforme , ha immediatamente scatenato una serie di rivendicazioni di tipo monetario e di tipo normativo favorendo in tal modo , nel fatto se non nelle intenzioni , i nemici della riforma . La riforma urbanistica ha trovato ostacoli non solo nelle grandi società immobiliari , ma anche nella miriade di proprietari di piccole aree potenzialmente fabbricabili , oltre che nella burocrazia dei diversi organi ed enti per l ' edilizia pubblica . La riforma universitaria è stata ostacolata non solo dall ' opposizione dei grandi baroni ( soprattutto medici e baroni politici ) ma anche dalla rivendicazione penosamente corporativa dell ' immissione automatica ( ope legis ) nei ruoli dei docenti " subalterni " , rivendicazione per la quale si sono ostinatamente battuti , facendo perdere molto tempo prezioso , gruppi che rappresentavano una parte tutto considerato esigua dei suddetti docenti . Grandi energie sono state dedicate alla questione dei pre - salari , che per la massima parte vanno a beneficio di famiglie piccolo - borghesi , mentre lo sforzo anche finanziario per spalancare le porte della scuola secondaria ai figli della classe operaia è stato estremamente modesto o addirittura trascurabile . Gli investimenti per la costruzione di edifici scolastici e universitari - oltre che per la costruzione di ospedali - sono rimasti in buona parte sulla carta non solo e non tanto per la famosa inefficienza della pubblica amministrazione , quanto perché sono stati mantenuti e perfino resi più complicati i paralizzanti controlli , le competenze ministeriali plurime ed i molteplici concorsi per volontà della burocrazia e degli ordini professionali degli ingegneri e degli architetti , volontà pienamente assecondata dai politici . L ' idea , semplice e ovvia , di unificare competenze , controlli e concorsi ha incontrato la più fiera opposizione : più numerosi sono i controlli , maggiore è il potere della burocrazia e minori le sue responsabilità . È importante osservare che nei due casi in cui erano colpiti quasi soltanto gl ' interessi di certe sezioni della grande borghesia - la nazionalizzazione dell ' energia elettrica e lo statuto dei lavoratori - i riformatori hanno avuto la meglio . Tutto sommato , la grande borghesia , particolarmente quella industriale , ha interesse che si facciano le riforme rivolte alla " razionalizzazione " del sistema ed alla stabilizzazione sociale : si tratterebbe , è vero , di riforme limitate , ma tali da non impedire di compiere passi avanti . Tuttavia , la grande borghesia , che da sola rappresenta un ' entità numericamente modesta e quindi politicamente vulnerabile , ha bisogno di cercare alleanze fra i ceti medi , soprattutto fra gli strati più conservatori . In questo senso la grande borghesia ha un ' assai rilevante responsabilità per la mancata attuazione delle principali riforme ; in effetti , per mantenere e allargare l ' appoggio degli strati più conservatori deí ceti medi ha attivamente contribuito a contrastare le riforme , in modo particolare quella urbanistica . Lo strato più " progressista " della grande borghesia è dato da quello che controlla l ' industria moderna ; ma la stessa grande borghesia industriale non ha interessi limitati alla sola industria : i suoi interessi si intrecciano con quelli immobiliari e finanziari " . Inoltre , lo strato più retrivo , quello che controlla la finanza , non è affatto fuori gioco : come ricorderemo fra breve , negli ultimi tempi ha acquistato un notevole peso politico oltre che economico . Se le cose stanno così , quali sono le forze sociali che in un paese come l ' Italia possono spingere verso l ' attuazione di riforme radicali ? La destra ben difficilmente può farlo , almeno in regime di democrazia parlamentare , per le ragioni richiamate poco fa . La sinistra in via di principio può farlo , sulla base di una alleanza fra quegli strati della classe operaia e dei ceti medi che alle riforme sono interessati , per ragioni economiche o civili . Considerata l ' eterogeneità dei ceti medi , che è anche più accentuata di quella della classe operaia , le possibilità di successo di una strategia rivolta all ' attuazione delle riforme dipendono in larga misura dalla capacità e dall ' abilità degli uomini politici al potere e dalla loro conoscenza critica dei problemi e delle forze in gioco . È chiaro che una riforma sanitaria , per esempio , difficilmente si potrà fare se la maggioranza dei medici la osteggiano ; e d ' altra parte , non tutte le proposte ( o le controproposte ) dei medici sono necessariamente viziate da " interessi corporativi " : possono esserci medici che , più che allo stipendio o a posizioni di potere o di micro - potere , sono interessati a lavorare in ambienti civili e moderni , capaci di consentire un ' attività soddisfacente : in primo luogo , essi vogliono sentirsi effettivamente utili . D ' altra parte , anche le proposte o le critiche di tipo corporativo possono contenere - se opportunamente depurate ed emendate - elementi validi per una riforma radicale e socialmente soddisfacente . Considerazioni analoghe valgono per la riforma della scuola e per gl ' insegnanti . L ' abilità dei politici sta nel compiere una sintesi nell ' interesse generale , mediando , sì , i diversi interessi , ma evitando sia il compromesso con í gruppi più retrivi sia le posizioni demagogiche , che sono avallate o da intellettuali che non sanno valutare le forze in gioco , o da gruppi di persone " escluse " ed esasperate , che intendono rifarsi di colpo delle passate privazioni , spingendo verso un male opposto ma non meno grave di quello che si vuole eliminare . La strategia delle riforme esige dunque , soprattutto in Italia , una cospicua abilità di sintesi da parte degli uomini politici che la guidano ; ma esige anche una grande capacità intellettuale e critica : concepire e poi attuare il nuovo , presenta difficoltà che si aggiungono agli ostacoli frapposti dagli interessi minacciati . In via generale , la democrazia italiana oggi si trova in una situazione di crisi , apparentemente non catastrofica né clamorosa , ma certo molto grave . A determinare una tale situazione ha contribuito il contrasto fra le attese suscitate dai governi di centro - sinistra di vaste riforme e le modestissime realizzazioni . Nel tentativo di chiarire i motivi di questa situazione , di disorientamento e di frustrazione , si è andati anche più indietro nel tempo e , soprattutto da alcune frazioni delle nuove generazioni , è stato imbastito il processo alla Resistenza ed alle ragioni del fallimento delle aspettative , che l ' avevano animata , di un rinnovamento ben più profondo e radicale ( anche se non ben specificato ) di quello promesso dai governi di centro - sinistra . Perché quelle aspettative sono andate deluse ? Per colpa degli uomini dei partiti innovatori , che non hanno avuto sufficiente coraggio , tenacia e determinazione , o per ragioni di forza maggiore ? Indubbiamente le colpe ci sono e sono gravi . Ma a mio parere all ' origine di quella delusione esiste una forte componente di illusione sulle reali condizioni sociali del nostro paese e sul grado di sviluppo civile delle diverse classi , specialmente della piccola borghesia . Alla luce delle numerose indagini storiche e sociologiche riguardanti l ' Italia moderna e contemporanea , appare oramai evidente che il fascismo non fu un accidente , non fu un fenomeno paragonabile all ' invasione degli Hyksos in Egitto , come disse Croce , né fu una camicia di forza imposta ad un paese democraticamente maturo da un pugno di banditi prezzolati dal grande capitale ; appare chiaro , viceversa , che il fascismo ha avuto un ' ampia base sociale fra strati della piccola borghesia e perfino fra strati , sia pure esigui , di operai relativamente privilegiati . Pertanto , cessata la guerra , quella di " un fascismo senza Mussolini " era una possibilità effettiva che per un certo periodo fu molto seriamente considerata anche da influenti circoli alleati , come hanno dimostrato Salvemini e La Piana ( La sorte dell ' Italia , ed. inglese 1943 , trad. it. nel volume L ' Italia vista dall ' America , a cura di E . Tagliacozzo , Feltrinelli , Milano , 1969 ) . Il regio governo di Badoglio ( che aveva avuto l ' intenzione di nominare Dino Grandi come ministro degli Esteri ) era appunto un tentativo di avviare un " fascismo senza Mussolini " . Questo tentativo falli , come fallirono altri tentativi consimili , proprio grazie alla Resistenza ed all ' ampiezza ed alla forza del movimento popolare che la esprimeva . È vero : mentre non esisteva la possibilità di una rivoluzione proletaria , che neppure il partito comunista veramente voleva , esisteva la possibilità di una rivoluzione democratica , caratterizzata da profonde riforme sociali , non diverse , almeno negli elementi essenziali , da quelle introdotte in Inghilterra subito dopo la fine della guerra ; e gli uomini che sono emersi dalla Resistenza come leaders hanno la responsabilità di non aver saputo sfruttare una tale possibilità . Ma bisogna aggiungere che i limiti erano molto angusti , non solo e non tanto per i condizionamenti imposti dalle potenze vincitrici quanto per le condizioni sociali italiane . Se ci si rende veramente conto , di là dalla retorica di cui , più o meno , tutti siamo vittime , della nostra gravissima arretratezza civile , si deve dire che le aspettative di una palingenesi sociale erano generose , nobili ma molto ingenue : non diversamente dalle aspettative degli intellettuali che guidarono , nel 1799 , il tentativo rivoluzionario a Napoli , quelle aspettative erano fondate su un ' immagine del tutto utopistica del nostro paese . Il " fallimento " della Resistenza appare tale solo se misurato sul metro di quelle aspettative ; se invece si assume , come si deve , il metro della realtà , ossia quello di un paese paurosamente arretrato sul piano civile , il " fallimento " appare uno straordinario successo . Oggi noi tutti non potremmo godere di quelle libertà e di quelle autonomie - circoscritte , limitate , condizionate finché si vuole , ma sensibilmente maggiori di zero - senza il sacrificio degli uomini della Resistenza [ Ho modificato alcuni dei giudizi espressi nella seconda parte di questo paragrafo dopo le osservazioni critiche gentilmente comunicatemi da Leo Valiani ] . In ogni caso , per giudicare correttamente i nostri attuali problemi , occorre essere ben consapevoli che il nostro paese " per trecento lunghi anni patì l ' obbrobrio e il danno delle dominazioni straniere " ( Giustino Fortunato ) . È straordinariamente cupa la storia di due terzi del nostro paese , il Sud ed il Centro : quasi inesistente , nel Sud , l ' esperienza dell ' autonomia comunale , una dominazione di tipo al tempo stesso feudale e coloniale , con l ' aggravante delle frequenti incursioni dei pirati lungo le coste ; un regime , quello borbonico , definito da uno straniero , distaccato nel suo giudizio , William Gladstone : " the negation of God transformed into a system of government " ; un ' amministrazione , nel Centro , che dal punto di vista civile , pur considerando la diversità dei tempi , non è esagerato definire raccapricciante , se si deve prestar fede alle descrizioni di un altro straniero , anch ' esso distaccato e disinteressato , William Nassau Senior . La riflessione approfondita e critica del nostro presente e , per comprenderlo , sul nostro passato , può dar luogo a conclusioni catastrofiche e paralizzanti per l ' azione : la realtà è veramente orribile . Ma - si spera - può dar luogo a una benefica rabbia di ricostruzione e , paradossalmente , può indurre a giudizi tutto sommato positivi ( come nel caso della Resistenza ) poiché , nonostante tutto , molte cose stanno cambiando nel nostro paese . 2 . Intellettuali e tecnici Dove si trovano , quali sono gli strati socialmente più robusti della piccola borghesia ? Ho già risposto , in parte , a questa domanda : si trovano in tutti i gruppi che formano questa classe composita . Sociologi e politici hanno concentrato la loro attenzione su due gruppi particolari : quello degli intellettuali e quello degli scienziati , dei tecnici e degli specialisti , di formazione molto recente ( gli " intellettuali di tipo nuovo " di Gramsci ) . Ritengo che sia giusto soffermarsi in modo particolare su questi due gruppi , sia perché il grado di cultura critica è , in media , più elevato che negli altri gruppi , considerati nel loro complesso , sia perché anche la relativa " libertà di scelta " è più ampia . Benedetto Croce aveva torto quando considerava gl ' intellettuali come persone totalmente libere e " indipendenti " , addirittura come artefici collettivi ma autonomi della storia ; aveva tuttavia ragione ad attribuire grande importanza nello svolgimento della storia a quella che egli chiamava " classe intellettuale " . E Antonio Gramsci , che esortava " a fare i conti " in termini dialettici con la filosofia crociana ( " occorre rifare per la concezione filosofica del Croce la stessa riduzione che i primi teorici della filosofia della prassi hanno fatto per la concezione hegeliana " ) , aveva ragione quando scriveva : Il pensiero del Croce ... deve , per lo meno , essere apprezzato come valore strumentale , e così si può dire che esso ha energicamente attirato l ' attenzione sull ' importanza dei fatti di cultura e di pensiero sullo sviluppo della storia , sulla funzione dei grandi intellettuali nella vita organica della società civile e dello Stato , sul momento dell ' egemonia e del consenso come forma necessaria del blocco storico concreto ( Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce , Einaudi , Torino , 1953 , pp. 199-201 ) . Coloro che , come chi scrive , si augurano che una profonda trasformazione dell ' ordinamento sociale possa essere promossa , nel nostro paese , da una rinnovata e organica alleanza fra classe operaia ed ampi strati della piccola borghesia , debbono puntare soprattutto su quei due gruppi . Ma è necessario non farsi illusioni : anche in questi due gruppi la fascia socialmente solida , capace di sostenere gli sforzi di lungo periodo che una tale alleanza richiede , è ancora esile nel nostro paese . D ' altra parte , in questi due gruppi particolari - intellettuali e tecnici - , come del resto negli altri gruppi e nelle altre classi sociali , non esiste solo una fascia civilmente robusta ed una fascia di topi nel formaggio ; esiste anche una larga fascia intermedia di individui personalmente onesti ma politicamente indifferenti , individui che sarebbero capaci di sacrificare alcuni loro interessi economici in nome di interessi civili più ampi . È anche su questa fascia che bisogna puntare per quella rinnovata alleanza . Sotto l ' aspetto della classificazione qui adottata , gl ' intellettuali in senso stretto e i tecnici si trovano prevalentemente nella piccola borghesia ( gli strati più elevati sono inclusi nella borghesia vera e propria ) ( v . le tabelle 1.1 e 4.1 ) . Gl ' intellettuali , non diversamente dai quadri intermedi della burocrazia ( parte I , capp . 5 e 7 ) , tendono a suddividersi in due categorie : quelli organicamente integrati nella classe dominante e quelli che tendono ad avvicinarsi agli interessi e agli ideali della classe operaia ; e una tale suddivisione vale non solo per gl ' intellettuali di nuovo tipo ( scienziati , ricercatori , tecnici di livello elevato e , in generale , uomini di cultura prevalentemente " scientifica " ) , ma anche per gl ' intellettuali di tipo tradizionale ( letterati , filosofi , artisti e , in generale , uomini di cultura prevalentemente " umanistica " ) . Parlo di tendenze e non di realtà effettive , poiché i margini d ' indeterminazione , non trascurabili in nessuna classe o sottoclasse , sono particolarmente rilevanti nel caso degli intellettuali , soprattutto nell ' attuale fase dello sviluppo storico della nostra società . La posizione dei tecnici ( che , come i politici , rientrano nella categoria degli intellettuali in senso lato ) è anche più indeterminata e polivalente di quella degli intellettuali in senso stretto : possono essere cooptati dalla classe dominante , come quegli impiegati che ne diventano " fiduciari " ; ma possono anche allearsi con la classe operaia ; infine , possono restare , per così dire , disponibili , in una posizione critica ed autonoma , se pure non neutrale . In ogni modo , la questione dei tecnici va vista congiuntamente a quella dei dirigenti ( managers dei massimi livelli , che in parte sono appunto i tecnici cooptati dalla classe dominante ) ; ed entrambe le questioni vanno considerate nel quadro dell ' evoluzione del capitalismo moderno , che ha assunto le caratteristiche che oggi conosciamo ( non solo nel nostro paese ) con lo sviluppo delle società per azioni , quindi dei gruppi finanziari di queste società ( holdings ) e infine , nel periodo più recente , specialmente nei paesi capitalistici più avanzati , dei gruppi multinazionali . Questo capitalismo è caratterizzato da una progressiva separazione fra proprietà e controllo : il processo di concentrazione - intravisto , già al suo primo manifestarsi , da Marx e da Engels - ha compiuto , nel tempo , passi da gigante ; ma ( ed è questa una tesi fondamentale di Alberto Breglia ) , un tale processo non sembra condurre di per sé al collettivismo pubblico ( socialismo ) ; può invece condurre , e in una certa misura ha condotto , ad una sorta di collettivismo privato , ossia a un sistema che perpetua i privilegi sotto forme nuove , non fondate più , principalmente , sulla proprietà privata dei mezzi di produzione ma sulla forza politica e sulla divisione del lavoro , in un peculiare assetto istituzionale , che risulta da una commistione fra pubblico e privato . 3 . I condizionamenti internazionali e le tensioni di origine interna I movimenti e le tendenze politiche che si manifestano , in Italia , nel seno di ciascuna delle diverse classi condizionano e sono condizionati dai movimenti e dalle tendenze politiche che si manifestano nelle analoghe classi sociali degli altri paesi relativamente evoluti , specialmente dell ' Europa . Data la sua particolare instabilità sociale e politica e dato il suo maggior grado di cultura , ciò è specialmente vero per la piccola borghesia , i cui movimenti , come quelli di un pendolo , entrano in risonanza con i movimenti delle piccole borghesie degli altri paesi che si trovano in condizioni relativamente simili : l ' " effetto dimostrativo " , rilevante per tutti i gruppi sociali , è particolarmente rilevante nel caso della piccola borghesia . Di ciò occorre tener conto nel riflettere sulla grave crisi sociale e politica che ora è in atto nel nostro paese : le spinte e le tensioni che l ' hanno provocata hanno origine non solo all ' interno ma anche all ' esterno della nostra società . Il movimento studentesco e poi i gruppi extra - parlamentari sono stati fortemente influenzati da spinte esterne , così come lo sono state le tensioni nel mercato del lavoro : in tutti i paesi più evoluti negli ultimi anni gli scioperi sono diventati più frequenti e più lunghi , e ciò come conseguenza dell ' accresciuta pressione inflazionistica ( che è un fenomeno internazionale ) e per una sorta di reciproco " effetto dimostrativo " , che in certi casi ( autunno caldo italiano del 1969 ) è stato rafforzato dal timore che i sindacati avevano di essere scavalcati a sinistra dai gruppi extra - parlamentari , com ' era avvenuto nel maggio francese del 1968 . La conseguenza dell ' esplosione salariale che , più o meno , si è verificata in tutti o quasi tutti i paesi industrializzati , è stata una sensibile flessione del saggio del profitto , la quale a sua volta ha frenato gl ' investimenti e fatto aumentare la disoccupazione . Le difficoltà economiche sono state aggravate dal disordine nel sistema monetario internazionale e dalla crisi di importanti rami produttivi , come l ' industria tessile e la chimica di base , crisi provocata , oltre che dal forte aumento del costo del lavoro , dall ' accresciuta concorrenza internazionale e da cospicui errori compiuti negli ultimi anni da certi grandi complessi produttivi nella politica di investimenti . Le gravi difficoltà economiche nelle quali si dibatte il nostro paese da alcuni anni hanno avuto e stanno avendo rilevanti conseguenze : hanno fatto crescere il numero dei fallimenti e , per le imprese con un numero di addetti relativamente elevato , hanno provocato salvataggi da parte dell ' autorità pubblica ; più in generale , hanno dato luogo ad una rapida accelerazione dell ' area d ' influenza delle imprese a partecipazione statale ; infine , insieme con altri fattori , hanno concorso a stimolare fusioni non solo al livello interno ma anche al livello internazionale . La debolezza del capitale privato italiano ha comportato dunque una espansione assoluta e relativa sia del capitale pubblico sia del capitale estero , specialmente nell ' industria ; in certi rami sono comparse oppure hanno grandemente esteso la loro influenza le grandi società multinazionali . Questo è un fatto nuovo di fondamentale importanza di cui d ' ora in poi non solo i sindacati ma anche i partiti di sinistra dovranno tenere il massimo conto . Le difficoltà economiche , aggravando il problema della disoccupazione ( operaia e intellettuale ) , hanno esasperato le tensioni sociali , sia nel mondo del lavoro sia , più in generale , nel mondo dei giovani . Queste tensioni , che sono comuni a molti altri paesi capitalistici , hanno assunto caratteristiche particolarmente gravi nel nostro paese , che ha strutture civili debolissime , sia perché il suffragio universale è un fatto relativamente recente ( in pratica comincia ad essere applicato solo dopo la seconda guerra mondiale ) , sia per il basso grado d ' istruzione delle masse sia per l ' espansione enorme , relativamente recente e in parte patologica , della piccola borghesia . La persistente flessione del saggio medio del profitto , che - ripeto - è comune a molti altri paesi capitalistici , può avere effetti molto gravi sia sul piano economico sia sul piano politico , dato che " il saggio del profitto costituisce la forza motrice della produzione capitalistica " ( Marx ) . Una crisi economica è già in atto ed è elevato il rischio che si aggravi , con un cospicuo aumento della disoccupazione . Politicamente , sono fortissime le spinte per una svolta a destra ; è da prevedere che la reazione della borghesia diventerà ancora più dura , con spinte di tipo fascista che oggi a quanto pare provengono , più che dalla grande borghesia , dagli strati reazionari della piccola borghesia . Si tratta di vedere quale risposta sono in grado di dare i partiti che in qualche modo rappresentano gl ' interessi della classe operaia e i sindacati : sono pronti al decisivo scontro frontale , comunque a una strategia rivolta a impartire colpi d ' intensità progressivamente crescente per mutare il " sistema " ? La risposta di chi scrive è negativa . Sembra che la classe operaia sia diventata abbastanza forte sul piano sindacale da impartire duri colpi al " sistema " , ma non abbastanza forte e compatta e consapevole da mutarlo . Se così è , dovrebbe essere ovvio che alla classe operaia e ai suoi rappresentanti e alleati oggi conviene evitare lo scontro frontale e , comunque , non conviene adottare una strategia di tipo rivoluzionario . Di questo i dirigenti politici e sindacali sembrano convinti , poiché si rendono conto che la grande maggioranza degli operai non vuole veramente una rivoluzione . Ma una frazione della " base " , che tuttavia riesce ad avere una notevole influenza , anche sotto la spinta dei gruppi extra - parlamentari , continua a spingere come se una strategia di tipo rivoluzionario fosse desiderabile . Questa è una contraddizione grave , che nel nostro paese assume una gravità ben maggiore che in altri paesi capitalistici europei . Il massimalismo , non suffragato da una forza proporzionata agli obiettivi , non ha mai dato frutti positivi in nessun paese e in nessun tempo . Sul piano sociale e politico , le spinte esterne s ' intrecciano e si combinano con spinte e tensioni specificamente interne . A titolo illustrativo , si possono considerare due aree , profondamente diverse , in cui qualche anno fa si sono localizzate le tensioni più acute : Milano e Reggio Calabria . A Milano è particolarmente acuta , in molte fabbriche , la tensione fra dirigenti e operai , soprattutto quelli da poco immigrati dal Sud . Questi operai , che hanno reciso i legami con le zone di origine attratti dal miraggio di un relativo benessere , hanno scoperto : 1 ) che il loro salario viene decurtato da fitti esosi ; 2 ) che , dato il loro grado d ' istruzione , sono assegnati ai lavori più umili e più " alienanti " ; 3 ) che l ' ambiente sociale è quasi razzialmente ostile nei loro confronti . Di qui la loro rabbia , che si riversa sui dirigenti di fabbrica , da loro visti come capitalisti e sfruttatori , e che a volte viene incanalata e diretta dai gruppi extra - parlamentari . È rilevante anche la tensione fra certi strati di operai di recente immigrazione e certi strati di operai di provenienza locale . Anche in certi strati di operai locali vi sono tensioni , come conseguenza del fatto che , dopo gli elevati aumenti salariali del 1962-1964 , gl ' industriali hanno cercato di accrescere la produttività non tanto con nuove macchine , quanto attraverso processi di " razionalizzazione " aziendale , attraverso l ' intensificazione dei ritmi di lavoro e il ricorso al lavoro straordinario . Queste tensioni , tuttavia , assumono più la forma di rivendicazioni sindacali ( aumenti dei salari e migliori condizioni di lavoro ) che la forma di spinte rabbiose o eversive . Per Reggio Calabria , occorre in primo luogo tener presente la seguente osservazione di Gramsci : Il " morto di fame " piccolo - borghese è originato dalla borghesia rurale : la proprietà si spezzetta in famiglie numerose e finisce con l ' essere liquidata , ma gli elementi della classe non vogliono lavorare manualmente : così si forma uno strato famelico di aspiranti a piccoli impieghi municipali , di scrivani , di commissionari , eccetera ... Molti piccoli impiegati delle città derivano socialmente da questi strati ... Il " sovversivismo " di questi strati ha due facce : verso sinistra e verso destra , ma il volto sinistro è un mezzo ricatto : essi vanno sempre a destra nei momenti decisivi e il loro " coraggio " disperato preferisce avere i carabinieri come alleati ( Passato e presente , Einaudi , Torino , 1953 , p . 15 ) . In effetti , la rivolta di Reggio è stata promossa da piccoli borghesi " sovversivi " che hanno fatto leva soprattutto sulla rabbia di alcuni strati del sottoproletariato cittadino . Naturalmente , l ' osservazione di Gramsci riguarda solo un aspetto della complessa situazione ( uno degli elementi particolari sta in ciò , che l ' istituzione degli uffici regionali può avere grande importanza per l ' impiego di numerose persone ) ; un altro aspetto è dato dall ' esasperazione , che serpeggia in tutti gli strati della popolazione meridionale , per le promesse , fatte ripetutamente dai politici e in gran parte non mantenute , circa l ' avvio di un vigoroso processo di sviluppo del reddito e dell ' occupazione . Queste indicazioni , pur brevi e frammentarie , bastano a mettere in evidenza la necessità di studiare a fondo i seguenti fenomeni , che in parte si sovrappongono e che comunque sono fra loro interdipendenti : l ' esodo agrario , l ' emigrazione dal Sud al Nord e gli spostamenti interni alle classi , specialmente quelli che hanno luogo nelle regioni meridionali . Come si è osservato ( parte I , cap . 4 ) , gli spostamenti principali avvengono nell ' ambito della piccola borghesia ( flessione dei coltivatori diretti , aumento degli impiegati e dei commercianti ) e nell ' ambito della classe operaia ( flessione dei salariati agricoli , aumento dei salariati nelle attività extra - agricole e dei sottoproletari ) . Sebbene le sottoclassi ora nominate , specialmente quelle della piccola borghesia , siano tutte molto eterogenee , sembra tuttavia lecito affermare che la sottoclasse composta dai contadini proprietari ( coltivatori diretti ) in generale è caratterizzata da tendenze di tipo conservatore , e comunque è più stabile e tradizionalista delle altre sottoclassi piccolo - borghesi , ben più eterogenee e oscillanti verso l ' uno o l ' altro estremo dello schieramento politico ( la spinta verso l ' estrema destra eversiva essendo presente soprattutto nelle fasce poco o male inserite in attività economiche moderne ) . Analogamente , i salariati dell ' agricoltura sono più tradizionalisti degli altri e più suscettibili , almeno in certe zone , di subire l ' influenza delle autorità ecclesiastiche locali , mentre i salariati dei settori extra - agricoli sono ben più attivi dal punto di vista sindacale e politico . Il risultato di quegli spostamenti sociali , pertanto , è un aumento dell ' instabilità sociale e delle tensioni politiche . 4 . La sinistra tradizionale e i ceti medi Tensioni della più diversa natura esistono dunque nel nostro paese . Queste tensioni sono state aggravate anche da disordini e da violenze deliberatamente provocate da settori della destra politica ed economica operante nell ' interno e fuori dello Stato , proprio per spingere all ' estrema destra ampi strati della piccola borghesia e per determinare così una crisi politica ; un ' ulteriore spinta a destra degli stessi strati è stata originata da certi provvedimenti radicali del governo di centro - sinistra , come le leggi , tutto considerato opportune e utili dal punto di vista generale , riguardanti i fondi rustici e l ' edilizia residenziale . La sinistra tradizionale ( partito comunista e partito socialista ) ha indubbiamente fatto tesoro , e non solo da ora , della lezione del 1921-1922 , quando , come scrive Gramsci , con la sua politica passiva e permissiva nei riguardi delle spinte caotiche che spaventavano molti piccoli borghesi , già traumatizzati dagli sconvolgimenti della guerra , la sinistra " se li rese nemici gratis , invece di renderseli alleati , cioè li ributtò verso la classe dominante " ( Passato e presente , cit . , p . 54 ) . Di qui una politica cauta e comprensiva , verso i così detti ceti medi , sia del partito socialista sia del partito comunista ( i cui apparati centrali , d ' altra parte , sono in larga misura composti da persone provenienti da questi ceti ed i cui votanti sono , per quote non piccole , persone appartenenti agli stessi ceti ) . I giovani dei gruppi extra - parlamentari , che criticano " da sinistra " il partito socialista e quello comunista , dovrebbero cercare di comprendere le ragioni di una tale politica . È vero : l ' attuale sinistra potrà apparire ai futuri storici come oggi ci appare la " sinistra storica " del secolo scorso ; ma non ha senso attribuire la politica perseguita dall ' attuale sinistra al " tradimento " dei capi o al loro imborghesimento : la critica può diventare seria solo dopo un ' analisi approfondita , che deve tener conto dell ' attuale grado di sviluppo delle forze produttive e delle diverse classi sociali nel nostro paese . Il rabbioso estremismo di certi gruppi della sinistra extra - parlamentare non è affatto un fenomeno tipicamente italiano ; anzi , nel nostro paese questi gruppi sono meno virulenti che altrove . Si tratta , salvo poche eccezioni , di gruppi di piccoli borghesi declassati e disperati : è questa la caratteristica dei tupamaros di certi paesi latino - americani ; era questa la caratteristica dei nichilisti russi del secolo scorso . Non c ' è dubbio che i gruppi extra - parlamentari con la loro azione hanno contribuito alla ripresa del pericolo fascista ; per esempio , l ' attacco ai " dirigenti " delle fabbriche , assecondato e certe volte diretto da questi gruppi , ricorda sotto certi aspetti l ' attacco agli ufficiali reduci dal fronte dopo la prima guerra mondiale , attacco che certi settori della sinistra assecondarono o promossero e che contribuì alla " cessione gratuita " di questi reduci alla classe dominante . Fortunatamente , la scala del fenomeno oggi è molto più limitata ; oggi non sussistono le condizioni di sconvolgimento che allora sussistevano ; la sinistra ha imparato la lezione ; infine , il ventennio nero ha rappresentato una forte vaccinazione , non solo per la classe operaia ma anche per molti strati delle classi medie . Tuttavia , se il pericolo del fascismo manifesto è basso , è elevato il pericolo di una svolta politica antifascista a parole ma sostanzialmente fascista nei fatti : l ' arretratezza sociale e politica del nostro paese e la protervia di ampie sezioni della classe dominante rende questo pericolo molto reale nelle attuali condizioni di crisi . Il partito democratico cristiano , che ha la sua base elettorale in tutte e tre le classi sociali ( v . le tabelle 7.1 , 7.2 , 7.3 e 7.4 dell ' Appendice ) , preoccupato per la fuga a destra di una frazione dell ' elettorato piccolo - borghese , dalla fine del 1971 in poi ha attuato una sterzata a destra . I risultati delle elezioni del maggio 1972 mostrano che la manovra di recupero ha avuto un notevole successo . È necessario tuttavia tener conto che la piccola borghesia è una classe , o quasi classe , particolarmente instabile ; per questo una manovra di recupero a destra può avere successo in un periodo breve , senza determinare perdite sensibili di voti operai . Ma se la rotta dovesse continuare verso destra , in un periodo non breve le perdite di voti a sinistra potrebbero diventare rilevanti : le contraddizioni dell ' interclassismo vengono alla luce nei periodi di gravi tensioni sociali e politiche [ Scrivevo queste osservazioni verso la fine del 1972 ] . La situazione della sinistra italiana ( e per questo aspetto quella della sinistra francese ) è resa difficile dal fatto che il partito comunista , il quale politicamente rappresenta una quota rilevante , anche se non maggioritaria , della classe operaia ed una quota pure notevole di ceti medi ( v . le tabelle 7.3 e 7.4 ) , è tuttora in una certa misura legato al modello sovietico , nonostante le distanze prese nell ' ultimo decennio , specialmente dopo la tragedia cecoslovacca ; e per un paese come l ' Italia ( e la Francia ) il modello sovietico appare sempre meno un " modello " da seguire , non solo e non tanto per ragioni economiche , quanto per ragioni civili . Perfino quella rottura così profonda che è stata la rivoluzione bolscevica non è valsa a interrompere certe linee della storia russa , che si ricollegano ad antiche tradizioni autocratiche e repressive , comprensibili ( dolorosamente ) in un paese che in pratica non ha avuto una vera e propria rivoluzione borghese e che fino a pochi decenni or sono era un paese molto arretrato . Si tratta di una contraddizione grave , le cui conseguenze si riflettono negativamente non solo sulla sinistra , ma sull ' intera vita sociale e politica del nostro paese . Quanto prima se ne potrà uscire , tanto meglio sarà . Riguardo alle relazioni fra classi e partiti , bisogna dire che anche il partito comunista è interclassista , come lo è il partito socialista . Tuttavia , se è vero che tutti i partiti di sinistra e di destra sono interclassisti , alcuni lo sono più degli altri . In particolare , i ceti medi sono largamente rappresentati sia a sinistra che a destra . Ma vi sono ceti medi genuinamente progressisti , almeno in modo potenziale ; e vi sono ceti medi conservatori o reazionari . ( A questo proposito conviene leggere , naturalmente interpretandola con un grano di sale per adattarla alla nostra situazione , l ' analisi delle classi di Mao Tse - tung citata nel capitolo 5 della parte I ) . Inoltre , certe categorie di persone sono bene ancorate a interessi organici di classe ; altre , lo sono poco e male , come accade nel caso degli studenti , ' dei pensionati e delle così dette casalinghe . P . presumibile che i voti di queste persone siano particolarmente fluttuanti . Ed è anche presumibile che la Democrazia cristiana sia riuscita finora ad ottenere una percentuale relativamente stabile di voti grazie a oscillazioni di segno opposto dei votanti . La varietà delle frazioni di classi e di sottoclassi che convergono nella Democrazia cristiana appare impressionante , se si giudica dalla varietà degli uomini rappresentativi : alcuni fanno parte di quanto di meglio offra il nostro paese , molti altri sono personaggi da galera ; e sembra siano particolarmente numerosi , fra i votanti della Democrazia cristiana , quelli che appartengono alle categorie " disancorate " ( vedi l ' indagine di Giuliana Saladino pubblicata da " L ' Ora " di Palermo nei giorni 16 , 18 , 20 , 23 e 27 luglio 1973 ) . Ci si deve domandare che cosa può accadere a questo partito se continua l ' ascesa assoluta e relativa della classe operaia e se i partiti di sinistra riescono a rinnovarsi in profondità , rendendo molto più omogeneo e compatto il loro interclassismo e promuovendo una rappresentanza operaia diretta attraverso una qualche trasfusione di sangue , per esempio , attraverso l ' introduzione negli organismi centrali di un quorum gradualmente crescente riservato agli operai ; un provvedimento , questo , che appare quanto mai auspicabile se è vero che il movimento operaio è immune da quelle degenerazioni e da quegli " intrallazzi " che inquinano la piccola borghesia . Sul piano della gestione concreta della cosa pubblica , occorre riflettere sull ' esperienza emiliana e di altre regioni " rosse " , dove si è attuata un ' alleanza organica fra ceti medi e classe operaia , con un ' evidente egemonia dei primi . 5 . Sindacati operai e sindacati dei ceti medi Nella prima parte ho avuto occasione di far notare che la distanza fra impiegati e operai , misurata per mezzo dello stipendio medio e del salario medio , negli anni più recenti è andata diminuendo e che , ciò nonostante , in singoli settori o al vertice delle diverse gerarchie , le distanze presumibilmente sono andate crescendo . La questione è importante e merita un attento esame . Per un complesso di circostanze , il movimento operaio , insieme con quelle ampie fette del movimento sindacale e della sinistra politica che bene o male lo rappresentano , ha raggiunto importanti risultati , specialmente negli ultimi anni . La posizione degli operai nella fabbrica e nella società è pur sempre subordinata , ma lo è incomparabilmente meno di quanto fosse appena dieci anni fa . Questo importante processo di crescita civile avviene attraverso dure lotte , attraverso errori e rilevanti costi economici , che vanno a carico di tutti , sia pure in diverse proporzioni . In questo processo s ' innesta quell ' avvicinamento delle posizioni medie di cui ho detto . La scelta sindacale dell ' inquadramento unico in parte sanziona questa nuova tendenza e in parte contribuisce ad accelerarla , almeno nel settore degli impiegati di azienda . Si tratta di una scelta di grande rilievo . Ora questo processo di avvicinamento economico e sociale fra certi strati di operai e certi strati di ceti medi sta provocando - come già altre volte nel passato ma in forme e con conseguenze nuove - una spaccatura nell ' ambito degli stessi ceti medi . In alcuni strati quell ' avvicinamento suscita orrore e dà luogo a sforzi per contrapporsi ad esso , anche attraverso una strategia " corporativa " rivolta a ripristinare le distanze e possibilmente ad accrescerle ; l ' orrore per il comunismo e , più in generale , per la sinistra , ha spesso una tale origine . Altri strati di ceti medi , invece , considerano positivamente questo processo , poiché l ' alleanza organica con gli operai , se ha degli svantaggi economici ( da un punto di vista piccolo - borghese ) , ha diversi rilevanti vantaggi in termini di civiltà e di forza politica . Da un lato , l ' ascesa di una parte della classe operaia e l ' affermazione di una strategia " non corporativa " ( specialmente nelle fabbriche e fra gli intellettuali ) , dall ' altro lato , la reazione di particolari strati di ceti medi a tali tendenze ha assai inasprito le lotte sociali e politiche , non solo nel nostro ma anche in altri paesi europei . Gli stessi capitalisti industriali sono divisi . È in gioco non solo il potere della grande borghesia , ma anche quello , a carattere in gran parte condominiale e subalterno , della media e piccola borghesia . All ' origine di questi contrasti e di queste contrapposizioni , dunque , è l ' ascesa non solo assoluta ma anche relativa della classe operaia ; un ' ascesa che ha luogo non solo nel campo economico ma anche nel campo sociale e politico e che presenta a sua volta elementi in parte contraddittori : da un lato ha una componente potenzialmente rivoluzionaria - almeno nel lungo periodo - dall ' altra parte promuove le tendenze verso l ' imborghesimento . Una tale ascesa , se da un lato costituisce una minaccia per la grande borghesia , dall ' altro lato costituisce ( di nuovo , contraddittoriamente ) una minaccia e , al tempo stesso , una possibilità di alleanza per la piccola borghesia , a cominciare da quella impiegatizia e intellettuale . Tutto questo dimostra com ' è importante studiare le relazioni ( complementari e di contrapposizione ) fra operai e ceti medi , in tutti i campi sociali , compreso quel campo particolarissimo che è il campo sindacale . Un tale studio è tanto più necessario in quanto finora sulle relazioni fra sindacati operai e sindacati dei ceti medi ( sindacati che in molti casi fanno capo alle stesse organizzazioni centrali ) è stato steso pudicamente un velo ; è possibile che questo sia accaduto sotto l ' influsso dell ' ideologia piccolo - borghese che , col pretesto di non creare divisioni all ' interno della " classe lavoratrice " , mira a cementare una solidarietà che va in buona parte a beneficio dei ceti medi impiegatizi e professionali . Ora , l ' opportunismo e l ' ipocrisia nelle analisi sociali non hanno mai giovato a nessuno , tanto meno hanno giovato agli " innovatori " , ossia agli uomini della sinistra . Con non poca fatica , e grazie all ' aiuto di diversi amici sindacalisti , sono riuscito a elaborare due tabelle in cui si presentano le stime degli iscritti ai sindacati distinguendo gli operai dagli impiegati nei diversi settori di attività ( v . tabelle 5.1 e 5.2 ) . Le statistiche degli iscritti ai sindacati godono di pessima reputazione e in effetti fino a pochi anni fa erano inattendibili ; da qualche tempo , da quando cioè la concorrenza fra le tre grandi centrali sindacali si è andata attenuando in seguito alla graduale attuazione di una strategia unitaria , si è andata attenuando anche la " guerra delle cifre " e i dati sugli iscritti sono oramai abbastanza attendibili , o per lo meno non sono grossolanamente ingannevoli . La distinzione fra operai e impiegati nei settori direttamente produttivi , come l ' industria , è frutto di stime suggeritemi dai sindacalisti ; nel caso dei sindacati d ' impiegati , collegati con le tre centrali sindacali o autonomi , questo problema non si pone . Sui dati esprimerò pochi e schematici commenti . Rispetto al totale degli iscritti di ciascuna centrale sindacale , la Cgil ha la più alta quota degli iscritti di operai e impiegati addetti all ' industria , il 49% , contro il 39% della Cisl e il 42% dell ' Uil ; e poiché nell ' industria gli operai costituiscono la grande maggioranza degli addetti ( oltre il 90% ) , si può desumere che la Cgil ha , fra i propri iscritti , la più alta quota di operai . Al contrario , la Cisl ha la più alta quota di iscritti nelle altre attività , dove prevalgono gl ' impiegati . La diversa composizione della Cgil e della Cisl si ricollega ad un diverso rapporto col partito dominante , la Dc , ciò che fino ad un tempo recente ha anche comportato discriminazioni nelle assunzioni , specialmente nell ' ambito dei ceti medi e , in parte , un diverso modo di concepire l ' alleanza fra operai e ceti medi ( particolarmente quelli impiegatizi ) , anche se tanto l ' una quanto l ' altra concezione - quella della Cgil proclama l ' esigenza dell ' egemonia operaia - sono ambigue , per le ragioni più volte chiarite . Il grado di sindacalizzazione , naturalmente , va riferito agli operai occupati in unità con oltre 10 addetti ( per gli impiegati la questione non si pone ) . Ora , il grado di sindacalizzazione è relativamente alto nell ' industria per quanto riguarda gli operai ( oltre il 60% ) , mentre è relativamente basso nel caso degli impiegati ( circa un terzo ) . Per le altre attività le quote corrispondenti sono il 20% ( livello , come si vede , molto basso ) e 62% ( livello relativamente elevato : le attività terziarie costituiscono il caratteristico campo degli impiegati ) . Nella pubblica amministrazione - un settore quasi esclusivamente composto da impiegati - il grado di sindacalizzazione è relativamente elevato : 1'80%; ma per circa un sesto si tratta di iscritti a sindacati detti autonomi , che spesso sono affetti dal virus del corporativismo . I sindacati autonomi sono incredibilmente numerosi : se ne contano alcune decine nel solo settore dell ' istruzione e non meno di cinque nel settore della sanità . Paradossalmente , una tale situazione di divisione e frammentazione non fa la debolezza , ma , spesso , fa la forza , se si considera che il così detto " datore di lavoro " ha , come precipuo interesse , quello di far funzionare il servizio per ragioni che in un modo o nell ' altro sono di ordine pubblico , così che perfino un singolo sindacato , che raggruppi una quota non proprio trascurabile di lavoratori altamente specializzati in un sottosettore circoscritto ma indispensabile , può esercitare una pressione straordinariamente forte . La frammentazione sindacale può essere anche il risultato di una deliberata politica , tendente a favorire certi gruppi di lavoratori o certe clientele , o mirante ad impedire l ' affermarsi di determinate organizzazioni sindacali . Il grado di sindacalizzazione dei pubblici dipendenti è elevato ; ma non c ' è molto da rallegrarsi per questo . Il fatto è che le alte percentuali spesso sono la conseguenza d ' intese con le amministrazioni , per una sorta d ' iscrizione automatica degli impiegati ( e fin qui , nonostante i pericoli di burocratizzazione , non ci sarebbe molto da criticare ) ; ma non di rado le alte percentuali delle tre grandi organizzazioni sindacali sono imputabili alla facilità con cui esse hanno accolto , come affiliati , dei sindacati assai poco diversi , nella linea di condotta di tipo corporativo , dai sindacati autonomi . In realtà , fra certi sindacati e le grandi centrali sussistono legami puramente formali , simili a quelli che venivano ad instaurarsi nel tardo Medioevo fra il re o l ' imperatore e certi signori feudali . Inoltre , i sindacati di diversi settori del pubblico impiego riescono a non far pagare gli scioperi ai propri iscritti con diversi espedienti ; ora , gli scioperi sono una cosa seria solo se sono una forma di lotta effettiva ; e le lotte sono costose . Per gli operai le lotte sono costose e rischiose ( licenziamento ) e non è ammissibile che ci siano due pesi e due misure . Senza dubbio , nel settore del pubblico impiego ci sono agitazioni e scioperi pienamente validi , ossia non corporativi , ossia ancora capaci di promuovere la crescita economica e civile di tutti i lavoratori ; ma è legittimo affermare che la percentuale di scioperi di questo genere è molto inferiore a quella che si riscontra nel caso della classe operaia . Le tre grandi centrali sindacali hanno la grave responsabilità di aver assecondato o di non aver condannato , o di aver condannato con estrema timidezza , gli scioperi e le rivendicazioni a carattere manifestamente corporativo di impiegati e di professionisti operanti nel settore pubblico : il reddito nazionale , anche quando cresce , è limitato : se la quota che va a certi gruppi sociali cresce , le altre quote necessariamente diminuiscono . In breve , nel campo sindacale , il settore del pubblico impiego inteso in senso lato è quello che più degli altri esige una vasta opera di riorganizzazione , strettamente collegata con direttive politiche generali , prima fra tutte la direttiva di una stretta integrazione fra la strategia dei sindacati del pubblico impiego e sindacati operai , in antitesi alle spinte clientelari e corporative tuttora paurosamente diffuse . Non può andare esente da critiche neppure il sindacato a prevalente partecipazione operaia . Tuttavia , se si eccettuano evidenti errori di strategia e soprattutto di tattica ( agitazioni in certi periodi troppo frequenti , abuso di scioperi con rivendicazioni di politica generale ) , bisogna dire che da questa parte le cose vanno molto meglio ; e più di una volta , se ci sono state al vertice incertezze e impostazioni burocratiche , la base ha imposto rivendicazioni sacrosante come quella , già ricordata , dell ' inquadramento unico , o quella per gl ' investimenti nel Mezzogiorno , o le rivendicazioni per il miglioramento delle condizioni di lavoro nelle fabbriche , specialmente la lotta a favore della salubrità degli ambienti e contro l ' assai gravemente insufficiente prevenzione degli infortuni . Il fatto che rivendicazioni qualitative stiano avendo un peso crescente in confronto alle rivendicazioni puramente pecuniarie è un fatto di grande rilievo , poiché è un indice della crescita civile degli operai , pur fra tanti errori , tante ingenuità e tante aberrazioni . In ogni modo , per il meglio o per il peggio , i sindacati sono al centro dell ' attuale crisi politica , la quale è grave e complessa e richiede un ' analisi molto approfondita , illuminata da ipotesi appropriate . 6 . L ' attuale crisi politica e la borghesia finanziaria Sotto molti aspetti , l ' attuale quadro politico italiano appare come una desolata palude : specialmente ( ma non esclusivamente ) nella cerchia dei ceti medi , la corruzione , le spinte corporative e la caccia ai privilegi si moltiplicano , come una volta in Uruguay , con un progressivo aumento dell ' uso parassitario delle risorse a danno degli impieghi produttivi e quindi a danno delle capacità di sviluppo economico . Al centro del quadro - con ramificazioni a destra e a sinistra - c ' è una gran massa di piccoli borghesi che pensa principalmente , o esclusivamente , al proprio " particolare " e se ne infischia della cosa pubblica . A sinistra ci sono quei partiti di cui ho parlato e che , senza una profonda riorganizzazione e senza una " trasfusione di sangue " , rischiano di corrompersi o di sclerotizzarsi in modo irreversibile . All ' estrema sinistra ci sono alcuni gruppi , che oggi tutto possono far meno che la rivoluzione . Ancora a sinistra , nelle fabbriche , c ' è un consistente nucleo di classe operaia industriale moderna in netta ascesa . Corrispondentemente , all ' estrema destra si profila il pericolo di una reazione fascista di tipo nuovo . Insomma , sembra che la prospettiva sia quella di uscire dalla palude per andare a finire o in un campo di concentramento o in un bel cimitero , con i viali ordinati ed ornati di fiori , oppure in una palude di altro genere . Che cosa si può fare per uscire dalla crisi ? La strada è certamente ardua e lunga . Il passo preliminare consiste in un ' adeguata analisi critica della situazione attuale ( 1974 ) : da un lato occorre studiare la condotta idei diversi sindacati e i condizionamenti posti dalla così detta base , dall ' altro si devono esaminare i cambiamenti che stanno avendo luogo nella parte alta della piramide sociale . Per avviare la suddetta analisi critica conviene riflettere in modo particolare su alcuni punti emersi nei precedenti capitoli . 1 . Nei periodi di aspri conflitti fra borghesia e parte della classe operaia , le concessioni ai funzionari e specialmente a quelli di grado più elevato sono state più frequenti e più sostanziose . In questo modo si sono rafforzati i privilegi dell ' alta burocrazia ( parte I , cap . 6 ) . 2 . Mentre la distanza media fra impiegati e operai , misurata dai livelli delle retribuzioni , è andata diminuendo negli ultimi anni , in certe fasce di impiegati le distanze specifiche sono perfino aumentate , come conseguenza di reazioni corporative , rese rabbiose da quello che i sociologhi chiamano " panico di status " ( parte I , cap . 7 ) . 3 . Con l ' esodo agrario e l ' urbanesimo , sono grandemente cresciute le rendite urbane , con le connesse operazioni speculative ; si è formato in questo modo , un numero relativamente consistente di nouveaux riches ( parte I , cap . 1 ) . 4 . Da anni il nostro paese si dibatte in gravi difficoltà economiche che in gran parte sono la conseguenza di agitazioni sindacali particolarmente violente ( parte II , cap . 4 ) e le agitazioni sindacali sono state e sono particolarmente violente anche a causa dell ' insufficienza di quelle infrastrutture civili che dovrebbero essere attuate con l ' attuazione delle riforme ; di recente , le difficoltà economiche sono state drammaticamente aggravate dall ' aumento nei prezzi internazionali delle materie prime e , soprattutto , del petrolio , con un conseguente enorme deficit nella bilancia dei pagamenti ( parte II , capp . 1 e 3 ) . 5 . Principalmente a causa della politica clientelare perseguita con crescente protervia dagli stati maggiori dei partiti che sono al potere al centro e alla periferia ed a causa di leggi approvate per favorire ora l ' uno ora l ' altro dei gruppi burocratici e dei " corpi separati " , il deficit della pubblica amministrazione è andato crescendo in misura paurosa . Per finanziare tale deficit , il pubblico erario e il sistema creditizio hanno dovuto destinare mezzi crescenti , sottraendoli al finanziamento degli investimenti produttivi . Alla formazione e poi alla crescita di questo deficit , che sta diventando una voragine , hanno contribuito in parte notevole i disavanzi degli ospedali e degli enti locali , disavanzi che a loro volta sono stati alimentati da assunzioni massicce , di tipo appunto clientelare , e da enormi aumenti di stipendio ottenuti dai diversi gruppi di dipendenti con l ' appoggio - o almeno senza l ' opposizione - delle centrali sindacali . Il costo del finanziamento degli investimenti produttivi , d ' altro canto , è andato crescendo anche a causa dei molto gravosi oneri per il personale appartenente alle istituzioni creditizie , che dal punto di vista delle retribuzioni costituisce un ' altra caratteristica isola di privilegio . 6 . Le gravi difficoltà economiche si sono tradotte , fra l ' altro , in una flessione dei profitti e in un crescente numero di fallimenti , ciò che ha provocato salvataggi da parte dell ' autorità pubblica , ha rapidamente allargato l ' area d ' influenza delle imprese a partecipazione statale ed ha favorito l ' ingresso , silenzioso ma massiccio , del capitale estero , controllato , in parte , da grandi società multinazionali ( parte II , cap . 3 ) . Queste difficoltà economiche hanno reso più debole la borghesia industriale a vantaggio della borghesia finanziaria e speculativa , che ha avuto tendenza a integrarsi con l ' alta borghesia burocratica ( punti 1 e 2 ) e a rafforzarsi sia inserendosi in speculazioni edilizie ( punto 3 ) sia collegandosi con le attività connesse col petrolio . In effetti , se si mette da parte la petrolchimica , si deve riconoscere che il commercio e la raffinazione dei prodotti petroliferi richiedono ben poche capacità imprenditoriali : si tratta di sapersi muovere nel mondo della pubblica amministrazione ed in quello delle compagnie petrolifere multinazionali piuttosto che saper affrontare le così dette alee dell ' organizzazione produttiva e del mercato . Quelle del petrolio possono quindi a buon diritto essere incluse fra le attività speculative intese in senso ampio e i proprietari che le controllano possono essere inclusi nella borghesia finanziaria . Speculazioni edilizie , esportazioni di capitali , petrolio , costituiscono le tipiche aree del profitto speculativo : sono aree economicamente inquinate anche da un punto di vista capitalistico ; a fortiori sono aree inquinate ed inquinanti dal punto di vista politico . 7 . La flessione dei profitti ( parte II , cap . 3 ) è stata interrotta dalla " fluttuazione libera " della lira , ossia , in sostanza , dalla svalutazione della nostra moneta in termini di divise estere , che è cominciata nel febbraio del 1973 e che oggi ( aprile 1974 ) supera il 20% . Tale svalutazione ha favorito , in generale , i profitti e , in particolare , ha favorito le operazioni speculative ( comprese le esportazioni e le importazioni di capitali ) dirette ed organizzate dalla borghesia finanziaria . I punti 6 e 7 ora ricordati sono stati elaborati da Giorgio Galli , che ha formulato la seguente ipotesi interpretativa della crisi politica in atto : " Si è venuta formando in Italia una borghesia finanziaria e speculativa nei suoi strati superiori e burocratico - parassitaria nei suoi strati immediatamente inferiori , che non è affatto interessata alla razionalizzazione del sistema sociale e che sta conquistando l ' egemonia nell ' ambito dell ' alta borghesia . Quella che si viene consolidando , dunque , è un ' alleanza non tra grande borghesia industriale e ceti medi conservatori ( come negli anni Sessanta ) , bensì un ' alleanza tra alta borghesia speculativa e media borghesia burocratica , l ' una e l ' altra non legate alle imprese ed alle professioni , ma alla speculazione ed alla rendita derivante dal controllo di posizioni chiave nell ' apparato amministrativo ( alti burocrati ) , creditizio ( alti funzionari delle banche ) , delle imprese ed enti pubblici e nell ' apparato politico strettamente connesso ai precedenti ( lo strato superiore dei funzionari di partito ) , dei politici professionisti " ; gl ' interessi politici della borghesia finanziaria e speculativa sarebbero rappresentati in misura nettamente prevalente dalla Democrazia cristiana ( Distribuzione dei reddito e classi sociali , comunicazione presentata al convegno " Distribuzione del reddito e modello di sviluppo " , organizzato dal Club Turati di Torino , nei giorni 6-7 marzo 1974 , pp. 1 e 6 ) . Quella che io chiamo borghesia finanziaria e Giorgio Galli borghesia finanziaria e speculativa è denominata da Carlo Marx " aristocrazia finanziaria " . Marx la descrive nei seguenti termini : " Sotto Luigi Filippo , non regnava la borghesia francese , ma una frazione di essa . I banchieri , i re della borsa , i re delle ferrovie , i proprietari delle miniere di carbone e di ferro e delle foreste , e una parte della proprietà fondiaria venuta con essi a un accordo : la cosiddetta " aristocrazia finanziaria " . Essa sedeva sul trono , essa dettava leggi nelle Camere , essa distribuiva gli impieghi dello Stato , dal ministero allo spaccio dei tabacchi . (...) Mentre l ' aristocrazia finanziaria faceva le leggi , dirigeva l ' amministrazione dello Stato , disponeva di tutti i pubblici poteri organizzati , dominava l ' opinione pubblica , coi fatti e con la stampa , in tutti gli ambienti , dalla corte sino al Café Borgne , si spandeva l ' identica prostituzione , l ' identica frode svergognata , l ' identica smania di arricchirsi non con la produzione , ma rubando le ricchezze altrui già esistenti . Alla sommità stessa della società borghese trionfava il soddisfacimento sfrenato , in urto ad ogni istante con le stesse leggi borghesi , degli appetiti malsani e sregolati in cui logicamente cerca la sua soddisfazione la ricchezza scaturita dal giuoco , in cui il godimento diventa crapuleux , e il denaro , il fango e il sangue scorrono insieme . L ' aristocrazia finanziaria , nelle sue forme di guadagno come nei , suoi piaceri , non è altro che la riproduzione del sottoproletariato alla sommità della società borghese " ( Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 , in Opere scelte di Marx e di Engels , Editori Riuniti , Roma , 1966 , pp. 376 e 378-9 ) . D ' altro lato , la corruzione dilagante , nel nostro come anche in altri paesi , nell ' ambito della borghesia ed in particolare della piccola borghesia ricorda , sotto alcuni aspetti , la corruzione dilagante nell ' ambito delle aristocrazie feudali quando stavano per perdere potere e predominio . In quelle circostanze trionfava la filosofia del carpe diem o dell ' après moi le déluge - manifestazione caratteristica , questa , di una classe dominante che perde la fiducia nei propri valori e nei propri ideali . Potremmo essere tentati d ' interpretare l ' attuale processo di sgretolamento facendo riferimento all ' ascesa , di cui abbiamo parlato più volte , della classe nuova , quella degli operai , che , insieme con molti tecnici e intellettuali e parecchi impiegati relativamente immuni da interessi corporativi , ha posto la candidatura all ' egemonia . Debbo dire che una tale interpretazione a me sembra troppo ottimistica e troppo semplicistica . Però credo che tanto in questa interpretazione quanto in quella precedentemente accennata ( che hanno certi punti di contatto ) ci siano elementi di verità su cui dobbiamo riflettere . Per la così detta " aristocrazia finanziaria " Marx ha dunque parole di fuoco : egli parla di " prostituzione " - naturalmente in senso civile - di " frode svergognata " ; parla anche di " contratti d ' appalto fraudolenti , corruzioni , malversazioni , bricconate di ogni specie " . La descrizione di Marx ( che , sia detto fra parentesi , deve apparire moralistica ai nostri marxisti ortodossi ) è di un ' attualità impressionante . Detto questo , e pur considerando l ' ipotesi interpretativa di Galli interessante e degna di riflessione e di studio , non mi sento in grado di pronunciarmi sulla sua validità . Mi limito tuttavia a ricordare che i legami fra borghesia finanziaria e le altre frazioni della borghesia sono oggi così stretti , in Italia , da rendere particolarmente problematica l ' attribuzione di ruoli distinti . Chi voglia , ciò nonostante , isolare la borghesia finanziaria , deve tener presente che , per la sua natura , il potere economico ( e politico ) di questa frazione della borghesia è assai più instabile e oscillante di quello che , di tempo in tempo e di zona in zona , può essere stato conquistato dalle altre frazioni ( specialmente : borghesia agraria e borghesia industriale ) . In questo caso , perciò , anche più che in altri , occorre essere molto cauti nelle generalizzazioni . Ricordiamoci , in ogni modo , che l ' ascesa della borghesia finanziaria - ossia della frazione meno " rispettabile " della classe - più che essere la causa è l ' effetto del declino ( non si sa se duraturo o temporaneo ) della borghesia industriale e di quel vuoto di potere di cui ho parlato più volte . 7 . Un popolo di semianalfabeti Le attuali difficoltà economiche e politiche sono in larga misura simili a quelle sperimentate da altri paesi ; all ' origine , io credo , c ' è l ' ascesa assoluta e relativa della classe operaia ( si consideri in modo speciale il caso della Gran Bretagna ; si considerino i recenti massicci scioperi in Giappone , i cui sindacati erano presentati come modelli di autocontrollo e di disciplina ) . Tuttavia , in Italia le difficoltà assumono una gravità particolare per ragioni connesse con la nostra struttura sociale . Noi siamo un paese relativamente sviluppato dal punto di vista economico ; ma siamo un paese arretrato dal punto di vista civile . Ho già fatto osservare che il 70% della popolazione attiva del nostro paese possiede , al massimo , la licenza elementare : una percentuale che non trova riscontro in nessuno dei paesi considerati civili ( v . la tabella 6.2 ) . E sappiamo che , con la licenza elementare , si possono fare solo lavori ripetitivi : salvo casi eccezionali , non si può partecipare , neppure in forma modesta , alla gestione della cosa pubblica o dei patiti ; di regola , non si può neppure gestire la sezione di un partito in un piccolo comune . Con la licenza elementare ( che è il livello massimo di quel 70% ) si giunge a scrivere qualche lettera alla madre o alla fidanzata quando l ' uomo è sotto le armi e a leggere un giornale sportivo . ( Certo , gli autodidatti possono svilupparsi culturalmente anche con la sola licenza elementare ; ma è ben difficile pensare che si tratti di un numero elevato di persone ) . Quella percentuale è illuminante : spiega , da sola , perché le tirature dei giornali sono da noi vergognosamente limitate ; spiega l ' atteggiamento spesso arrogante e insolente dei piccoli burocrati , specialmente nelle zone più depresse , dove , naturalmente , la percentuale dei semianalfabeti è ancora più alta della media nazionale , come ben più alta di quella ufficiale è la percentuale degli analfabeti totali o degli analfabeti di ritorno ; spiega il basso livello della nostra vita politica ( ciascuno di noi , in quanto uomo di parte , è incline a vedere le miserie culturali e morali negli altri partiti e ad essere particolarmente indulgente con quelle del partito al quale appartiene o per il quale vota ) ; spiega - ma qui l ' analisi diventa molto più difficile - l ' atteggiamento dei " mandarini " - di noi , piccoli e medi borghesi - che spesso inconsapevolmente tendono a trar vantaggio nei modi più diversi dalla loro posizione di quasi monopolisti dell ' istruzione media e superiore . È vero : l ' afflusso nelle scuole medie e superiori delle nuove leve è sensibilmente maggiore che nel passato , così che quella percentuale ( 70% ) va diminuendo ; ma la velocità con cui diminuisce ( poco più di un punto l ' anno ) non è grande : con una tale velocità solo fra tre o quattro lustri arriveremo al livello attuale della Francia ( circa il 45% ) , che pure è fra i più alti nell ' ambito dei paesi civili . Ma allora , oltre ad essere un popolo di eroi , di santi , di poeti , di navigatori e di scienziati siamo anche , e innanzi tutto , un popolo di semianalfabeti ? Dopo aver tolto di mezzo la storia degli eroi e degli scienziati - una espressione caratteristica della retorica piccolo - borghese - togliamo pure di mezzo ogni forma di feroce esagerazione autocritica ; riconosciamo pure l ' esistenza di una minoranza di persone civili , che oltre a non essere semianalfabete non sono neppure topi nel formaggio e non si preoccupano esclusivamente del proprio " particolare " ; in quella minoranza - se proprio abbiamo deciso di tirarci su il morale - possiamo includere anche noi : me che scrivo , voi che leggete . Dopo aver fatto tutto questo , resta la fondamentale verità della risposta : sì , le eccezioni sono eccezioni , le oasi non impediscono al deserto di restare deserto , anzi ne sono la conferma . Come massa , siamo un popolo di semianalfabeti ; e ciò ci condiziona tutti , in un modo o nell ' altro , nell ' indurci in tentazione , ossia nel dar sfogo al nostro egoismo o nell ' attuare una qualche forma di prevaricazione sociale ; ci condiziona anche negli sforzi che possiamo fare per migliorare la situazione , sforzi faticosissimi e in gran parte , almeno a prima vista , inutili , o nello spingerci verso atteggiamenti scettici o cinici e , nel fondo , quasi disperati . Quella percentuale è il più grave atto di accusa ai gruppi che si sono succeduti al potere nel nostro paese , alla così detta classe dirigente , in ultima analisi a noi stessi - chi legge questo scritto può esser certo di appartenere alla frazione più elevata del 30% dei privilegiati ( i laureati non raggiungono neppure il 4% della popolazione attiva ) . Come si concilia quella tremenda percentuale con l ' esplosione scolastica , di cui tutti parlano ? Si concilia per diverse ragioni . In primo luogo , l ' esplosione è tale , o appare tale , per la radicale insufficienza delle strutture scolastiche ( delle strutture molto più che del personale ) . In secondo luogo , la mortalità scolastica è molto elevata : non sono pochi i ragazzi che frequentano una , due o tre classi delle scuole medie inferiori senza giungere al diploma . In terzo luogo , l ' aumento dei diplomati ( o dei diplomandi ) , certamente più rapido che nel passato , incide solo lentamente sullo stock : l ' Italia imperiale di Mussolini ci aveva lasciato il 90% di semianalfabeti . Ora siamo al 70% : un progresso è stato fatto ; ma quanto è lunga la via ! Il quadro è spaventoso se visto nei suoi termini quantitativi . Forse sarebbe ancora più grave se si potessero esaminare a fondo gli aspetti qualitativi : i diplomi e le lauree di quel 30% di quasi - monopolisti , quale valore hanno ? Possiamo tentare di ridurre l ' angoscia pensando alla curva di Gauss , che domina in tutti i fenomeni sociali : una parte , non proprio piccola , delle scuole funziona , una parte , non proprio esigua , del personale insegnante è costituita da persone capaci e preparate . Tuttavia , la curva di Gauss va interpretata considerando l ' altezza della moda e l ' unità di misura , e forse è un bene che queste due quantità restino indeterminate . L ' aumento nel numero dei diplomati e dei laureati è troppo lento sotto l ' aspetto dello sviluppo civile , ma , al contrario , è troppo rapido con riferimento allo sviluppo economico , poiché l ' espansione della domanda del lavoro intellettuale qualificato risulta inferiore all ' espansione dell ' offerta : il risultato è un aumento della disoccupazione intellettuale , soprattutto fra i giovani . Sia chiaro : l ' accento posto sulle gravi carenze nel campo dell ' istruzione non implica che queste carenze costituiscano la " causa " dell ' arretratezza civile , oltre che economica , della nostra società : esse ne sono piuttosto un importante indicatore . ( D ' altra parte , come Gino Germani mette in evidenza nell ' opera citata - spec . a p . 131 - coloro che acquistano un grado di istruzione relativamente alto e poi non riescono ad ottenere le posizioni sociali cui aspirano o addirittura restano disoccupati , possono diventare causa di forti tensioni sociali ) . L ' arretratezza civile risulta da tanti e tanti elementi , che possono essere efficacemente riassunti - me l ' ha fatto osservare lo stesso Germani - dal concetto di " estraneità " delle masse dalla vita politica , estraneità quasi totale nel secolo scorso , ma tuttora ampia , essendo la partecipazione delle masse alla vita politica o circoscritta ovvero saltuaria ed episodica . 8 . Contrasti economici e contrasti sociali Si sente ripetere spesso che oramai l ' Italia è diventata un paese moderno , che è entrata nel novero dei dieci paesi più industrializzati del mondo . Questo è vero , ma è solo una parte della verità . Per una distorsione probabilmente imputabile alla grande influenza del pensiero economico sulla cultura sociale e politica , si tende a stabilire un ' equivalenza fra grado di sviluppo economico e grado di sviluppo civile . t triste osservare che così non è : il nostro reddito individuale medio oggi è solo limitatamente inferiore a quello inglese - siamo arrivati al 70-75% . Ma , pur senza tener conto del fatto che la distribuzione personale e regionale del reddito nazionale italiano è molto più diseguale di quanto sia in Inghilterra , si deve dire che se il grado di sviluppo civile fosse quantificabile esso sarebbe molto inferiore a quel 70% . Qualche aspetto quantitativo della nostra arretratezza economica e civile , ben più significativo del livello relativo del reddito individuale , può essere individuato esaminando con attenzione i contrasti economici e sociali che caratterizzano il nostro paese . Certo , tutte le società contengono nel proprio seno elementi contrastanti ; ma nella società italiana i contrasti raggiungono un ' intensità molto difficilmente riscontrabile in altri paesi : - accanto a imprese moderne , grandi e piccole , esiste nell ' industria un gran numero di unità produttive arcaiche e inefficienti , la cui attività si fonda sul lavoro a domicilio o sui sottosalari o su opere ottenute in sub - appalto ; - l ' esodo agrario - che si è svolto e si svolge in tutti i paesi industrializzati - in Italia assume caratteristiche patologiche , poiché le terre che si spopolano non sono necessariamente le meno fertili e le meno suscettibili di sviluppo , ma quelle in cui manca Il supporto dello sviluppo di attività extra - agricole ; moderne ; - le attività produttive moderne si concentrano in certe aree del Nord , in contrasto crescente con la rarefazione delle attività produttive in molte aree del Sud : alla congestione di quelle aree fanno riscontro i vuoti delle zone meridionali ; - la percentuale dei disoccupati è fra le più alte dei paesi industrializzati , e certamente la più alta è la percentuale di occupati precari , in gran parte concentrati nelle regioni meridionali ; corrispondentemente , il sottoproletariato urbano e quello rurale assumono proporzioni enormi , specialmente nelle città e nelle aree ad agricoltura povera del Mezzogiorno ; viceversa , la percentuale della popolazione attiva è fra le più basse ( forse la più bassa dei paesi industrializzati ) ; - l ' Italia è forse l ' unico paese che riesce ad esportare simultaneamente lavoratori e capitali - un fatto apparentemente assurdo , da un punto di vista economico ; - allo sviluppo del settore privato moderno fa riscontro un gravissimo sottosviluppo del settore pubblico ( problema della burocrazia e questione delle riforme ) . A questi contrasti economici corrispondono , necessariamente , contrasti nella società e nella composizione delle classi sociali : - la percentuale di semianalfabeti non trova riscontro in nessun paese civile ; - la classe borghese , che pure è relativamente la più omogenea , presenta , nel suo interno , differenziazioni culturali e politiche rilevanti ; - la classe operaia , se si eccettua il suo nucleo industriale moderno , è fortemente differenziata , come conseguenza dello sviluppo fortemente differenziato in senso geografico e settoriale ( nel Mezzogiorno la classe operaia in senso proprio è molto limitata : i legami fra i diversi gruppi di salariati e di contadini poveri sono deboli ) ; - la piccola borghesia è ancor più fortemente differenziata , sia in senso economico che in senso sociale e politico ; considerata l ' instabilità di questa quasi classe e considerata la sua estensione numerica , è qui che occorre concentrare l ' analisi critica per porre in termini appropriati i problemi politici del nostro paese . 9 . Il grande tiro alla fune Oramai è chiaro che l ' enorme espansione della piccola borghesia - un ' espansione che nel nostro paese è stata patologicamente rapida - ha modificato in profondità i termini dei conflitti sociali e delle lotte di classe . In ultima analisi nel nostro tempo la lotta politica consiste essenzialmente in un grande tiro alla fune ( ammesso che la fune non si spezzi , a destra o a sinistra ) : da un lato i partiti di destra , che esprimono soprattutto gli interessi della grande e media borghesia , e , dall ' altro , i partiti di sinistra , che in qualche modo esprimono gl ' interessi della molto più differenziata classe operaia , si sforzano di trascinare dalla propria parte la massima fetta possibile della piccola borghesia , una quasi classe socialmente eterogenea e politicamente instabile . In questo tiro alla fune , come abbiamo visto , i partiti delle due ali pagano certi prezzi , facendo concessioni che possono andare e spesso vanno a detrimento degli interessi immediati e diretti delle classi o sottoclassi di cui sono l ' espressione politica . Per la sinistra il problema è reso più grave dal fatto che gli apparati dei partiti sono amministrati in prevalenza a da piccoli borghesi . Questo è un fatto in buona parte - sebbene non completamente - inevitabile e fisiologico nelle presenti condizioni storiche del nostro paese ; ma di ciò i dirigenti della sinistra debbono essere ben consapevoli se vogliono ridurre i condizionamenti che da questo fatto derivano . Spesso , nella preoccupazione di consolidare e perfino di allargare l ' alleanza fra la fetta della classe operaia su cui si appoggiano ed una fetta della piccola borghesia , i partiti di sinistra hanno fatto concessioni eccessive e tutto sommato inutili ai gruppi più retrivi di questa quasi classe ( tipica è la vicenda della così detta riforma del commercio al minuto , tipiche le condiscendenze e le concessioni a diverse rivendicazioni " corporative " di certi gruppi di impiegati statali e parastatali ) ; concessioni inutili ed anzi dannose , perché si tratta di gruppi politicamente irrecuperabili per la sinistra , o recuperabili a costi tali da snaturarne profondamente la strategia . È augurabile che i partiti di sinistra intraprendano una riforma dei loro apparati e rivedano la loro strategia e la loro politica di alleanze al fine di ricomporre la loro base , cercando di allargare l ' appoggio non solo della classe operaia ma anche dei gruppi più robusti e relativamente più omogenei della piccola borghesia e rinunciando con decisione a ricercare l ' appoggio dei gruppi più retrivi , che , sfortunatamente , sono ampi . Preliminare , ad una tale riforma e ad una tale revisione , è un ' approfondita analisi critica delle classi e dei gruppi sociali e delle loro tendenze . Nelle odierne società capitalistiche , caduta la previsione del Manifesto circa la progressiva scomparsa delle classi medie , non è più sostenibile la tesi del bipolarismo classista , sia pure solo tendenziale , un bipolarismo che solo pochi studiosi marxisti cercano di motivare o giustificare in qualche modo sul piano analitico e che molti invece , specialmente fra i giovani e fra i leaders politici e sindacali di sinistra , intendono in modo rozzo e primitivo , nonostante i frequenti e generici richiami ai ceti medi . Negli ultimi decenni tutte le società capitalistiche hanno subito grandi mutamenti strutturali ; ma la sinistra ha continuato a vivere di rendita sul patrimonio intellettuale trasmesso dai grandi pensatori del passato , tradendo , in definitiva , il fondamentale messaggio critico del più grande dei pensatori di sinistra . È vitale , oramai , un approfondito riesame critico , condotto con mente aperta , della società in cui viviamo . Note al testo 1 . La nazionalizzazione e le retribuzioni nell ' industria elettrica ( nota a p . 18 ) Fino a quando l ' industria elettrica era divisa in diversi compartimenti privati , pubblici e municipalizzati , i salari e gli stipendi erano notevolmente differenziati , ma i salari medi non erano molto diversi da quelli delle altre industrie . Con la nazionalizzazione e quindi con l ' unificazione dell ' intera industria , dovevano necessariamente essere unificati anche salari e stipendi ; e ciò non poteva esser fatto che ai livelli più alti - livelli che erano , in alcuni casi , molto alti , poiché certe aziende , particolarmente quelle municipalizzate , avevano trasformato in aumenti di salari e di stipendi parte dei loro profitti monopolistici , che non potevano investire in altri campi . Di qui il molto rapido aumento del costo del lavoro e la caduta dei margini netti , dopo la nazionalizzazione ; di qui la comparsa , per le retribuzioni , di un ' area di privilegio , che tuttora permane . 2 . Le rendite edilizie ( nota a p . 18 ) Le rendite edilizie e i connessi guadagni speculativi sono generati o accresciuti dal rapido inurbamento di masse cospicue di persone , che è il fenomeno complementare dell ' esodo agrario . In via di larga massima , ho stimato che in Italia negli ultimi anni le rendite provenienti dalle aree edificate ( valutate come frazione dei fitti effettivamente pagati ) ascendono , ogni anno e in media , all'1-1,5% del reddito nazionale e che le aree annualmente vendute per l ' edificazione di nuovi fabbricati raggiungono , in valore , il 4-5% del reddito nazionale (2.000-2.500 miliardi di lire ) . 3 . Sulla possibile graduale sostituzione della divisione orizzontale del lavoro con una certa rotazione verticale ( nota a p . 23 ) L ' idea è che , nei paesi più avanzati , sia per l ' aumento del reddito individuale medio degli strati più bassi della popolazione , sia per la diffusione dell ' istruzione , diventa sempre più difficile trovare persone disposte a compiere lavori umili e non gratificanti , come quello degli edili , degli imbianchini , degli scaricatori , dei manovali . Questi paesi , per sopperire a queste esigenze , sono indotti a importare da altri paesi mano d ' opera non qualificata - gli " schiavi moderni " . ( Si calcola , per esempio , che nei paesi europei più avanzati , come la Germania , l ' Inghilterra , la Francia , la Svizzera e il Belgio , vivono e lavorano , quasi tutti svolgendo mestieri umili e rifiutati dai lavoratori nati in quei paesi , non meno di 6 milioni di persone , di cui circa la metà provenienti dai paesi o dalle regioni più arretrate dell ' Europa - Grecia , Spagna , Turchia , Italia meridionale - e l ' altra metà da paesi extra - europei , specialmente africani ) . Inoltre , un tale stato di cose spinge un numero crescente di industriali dei paesi avanzati a trasferire all ' estero certi impianti e certi processi produttivi che richiedono lavoratori non qualificati ( l ' incentivo ad un tale trasferimento è anche maggiore se quegli impianti e quei processi provocano inquinamento dell ' aria e dell ' acqua ) . Per l ' Italia , dolorosamente , il problema non è urgente , poiché le regioni meridionali del nostro paese sono tuttora larghe esportatrici di " schiavi moderni " . Cfr . A . Visalberghi , Educazione e divisione del lavoro . Prospettive della formazione tecnica e professionale nelle società tecnologicamente avanzate , La Nuova Italia , Firenze 1973; M . Salvati e B . Beccalli , Divisione del lavoro . Capitalismo , socialismo , utopia , " Quaderni piacentini " , 1970 , n . 40 , e S . Marglin , Origine et fonctions de la parcellization des tàches , nel volume Critique de la division du travail , a cura di A . Gorz , Editions du Seuil , Paris 1973 . 4 . Intorno alla suddivisione delle classi sociali ( nota a p . 25 ) Nella stesura originaria avevo suddiviso in modo diverso la piccola borghesia : oltre alle categorie particolari , avevo distinto fra piccola borghesia legata e quella non legata direttamente al processo produttivo ed avevo incluso , nella prima , i coltivatori diretti e gli artigiani e , nella seconda , gl ' impiegati e i commercianti . Michele Salvati mi ha persuaso a modificare la classificazione , distinguendo fra piccola borghesia impiegatizia ( lavoratori dipendenti stipendiati ) e piccola borghesia relativamente autonoma ( coltivatori diretti , artigiani e commercianti ) , una distinzione che si concilia meglio con i criteri ricavati dall ' analisi della distribuzione del reddito , la quale serve di base all ' intera classificazione . 5 . " Uomini di grande onestà civile " ( nota a p . 54 ) Per evitare possibili malintesi o equivoci su espressioni di questo tipo ( " strati civilmente robusti " , « uomini di grande onestà civile " ed altre che userò in seguito ) , espressioni che potrebbero indurre a ritenere che l ' autore è affetto da " moralismo " , o che propende verso una ingenua concezione " idealistica " della vita sociale , in contrasto con una ( non meno ingenua ) visione " marxista " o " materialistica " , debbo dire che uso queste espressioni nel senso in cui credo le usasse lo stesso Carlo Marx , quando , per esempio , definisce " uomini competenti , imparziali e privi di rispetti umani " " i relatori inglesi sulla salute pubblica [ cominciando dal loro capo , Leohnard Horner ] , i commissari inglesi per le inchieste sullo sfruttamento delle donne e dei fanciulli , sulle condizioni delle abitazioni e della nutrizione " . Osservo che molte delle vigorose denunce fatte da Marx sulle condizioni di vita della classe operaia inglese dei suoi tempi si fondano proprio sulle relazioni ufficiali di quegli uomini ; e quelle denunce e quelle relazioni , quindi , non hanno avuto un valore moralistico , ma analitico e politico . Osservo ancora che quello che negli stessi termini ingenui cui alludevo dianzi potrebbe essere definito il " moralismo " o l ' " idealismo " di Marx - un idealismo che include il pieno riconoscimento di una circoscritta ma importante libertà di scelta e quindi di una precisa responsabilità dei singoli individui - è sistematicamente ignorato o misconosciuto da diversi studiosi di Marx , soprattutto ( paradossalmente ) fra i giovani , molti dei quali si professano marxisti non per l ' acquisita coscienza di appartenere ad una determinata classe , ma , se è lecito esprimersi così , per " idealismo " . Mi auguro dunque di non essere frainteso se affermo che la posizione di classe di ciascuno entro certi limiti dipende non dal foro esterno ma da quello interno : entro certi limiti , appunto , è oggetto di scelta , anche se i condizionamenti obiettivi che derivano dalla classe di origine ben difficilmente possono essere del tutto eliminati . 6 . Espansione della burocrazia nel periodo fascista ( nota a p . 76 ) Come appare dalla tabella 1.1 , nel periodo fascista la burocrazia aumentò rapidamente . Se si considera che specialmente durante gli anni Trenta molti impiegati furono assunti per meriti politici e non per la loro capacità o qualificazione , che allora non erano possibili né le critiche della stampa né quelle di un ' opposizione parlamentare e che certe abitudini di irresponsabilità istituzionalizzata cominciarono a mettere le radici in quel periodo , ci si rende conto che l ' idropisia e l ' inefficienza della pubblica amministrazione che oggi ci affiggono costituiscono in misura non piccola un ' eredità del passato regime . 7 . Salari e stipendi nel periodo fascista ( nota a p . 77 ) Secondo mie stime di larga massima , durante il periodo fascista , esclusi gli anni di guerra , la massa dei salari reali è diminuita di una percentuale che va dal 10 al 15% , per l ' effetto combinato di una flessione del 15-20% dei salari reali individuali e di un modesto aumento nel numero dei salariati , mentre la massa degli stipendi reali degli impiegati pubblici e privati è cresciuta di circa il doppio , per effetto di un sia pure modesto aumento degli stipendi reali individuali e del raddoppio nel numero degli impiegati ( v . le tabelle 1.1 e 5.3 ) . 8 . Piccola borghesia e fascismo ( nota a p . 78 ) Come ho già osservato e come più ampiamente argomenterò fra breve , non è fatale che la piccola borghesia vada verso il fascismo , anche se non necessariamente va verso movimenti di carattere rivoluzionario . Con riferimento alla situazione della piccola borghesia nel periodo che precede il fascismo e poi alla confluenza , nel fascismo , di gruppi nazionalisti da un lato e di socialisti di sinistra e sindacalisti dall ' altro , tutti di provenienza piccolo - borghese , Renzo Del Carria scrive : " Occorre ... abbandonare la visione di un ceto medio che " fatalmente " sia prima pre - fascista e poi fascista , così come lo ha voluto sia la storiografia fascista sia quella antifascista in una analoga visione . Occorre vedere invece la piccola e media borghesia italiana nella sua impossibilità d ' inserirsi economicamente , socialmente , politicamente e culturalmente nell ' Italia giolittiana per le strozzature tipiche del sistema economico - sociale di allora , oscillanti , nell ' anelito di conquistare la propria libertà e di inserirsi in una società che la respingeva , tra una vocazione reazionaria ed una volontà rivoluzionaria di rompere l ' ordine esistente " ( Proletari senza rivoluzione . Storia delle classi subalterne italiane dal 1860 al 1950 , Edizioni Oriente , Milano 1971 , vol. I , pp. 352-3 ) . Del Carria passa poi ad esaminare le ragioni che possono spiegare il prevalere della vocazione reazionaria nella piccola borghesia dopo la prima guerra mondiale . L ' opera di Del Carria mi è stata segnalata dopo che avevo già scritto e poi rielaborato questo saggio ; sebbene l ' angolo visuale ideologico sia diverso , debbo dire che concordo con la massima parte dei giudizi che Del Carria esprime sui ceti medi e , in particolare , sulla piccola borghesia ( v . particolarmente le pp. 347-54 del primo volume ) . 9 . Riforma scolastica ( nota a p . 84 ) Anche le riforme dei contenuti dei programmi scolastici sono state oggetto di accese discussioni e di spinte profondamente contraddittorie , in vista di diversi obiettivi relativi alla formazione degli studenti ( cultura per la cultura , istruzione per l ' inserimento nell ' attività produttiva e professionale , spazio da destinare alla cultura critica riguardante la società ) ; anche queste spinte contraddittorie vanno viste non come il risultato di diverse idee astratte , ma , principalmente , come il risultato della indeterminatezza e della polivalenza culturale caratteristiche della piccola ( e , in parte , della grande ) borghesia nell ' attuale fase dello sviluppo economico - sociale . 10 . Potere , controlli e responsabilità della burocrazia ( nota a p . 85 ) Osserva Gunnar Myrdal , a proposito dell ' inefficienza del sistema amministrativo indiano e delle difficoltà nel migliorarlo , che " in una situazione di diffusa corruzione il funzionario ha interesse a mantenere macchinose le procedure burocratiche : se è disonesto , siffatte procedure possono accrescere le occasioni di intascare " bustarelle " , se è onesto , possono proteggerlo dai sospetti " . Infatti , nota ancora Myrdal , la propensione della burocrazia a rendere minime le responsabilità moltiplicando i controlli è tanto maggiore quanto più diffusi sono i sospetti di corruzione sulla pubblica amministrazione ; e sebbene questi sospetti da noi siano probabilmente più diffusi di quanto sia giustificato , è doloroso ma doveroso riconoscere che un tale fattore esiste anche nel nostro paese , ha un non trascurabile fondamento e contribuisce alla grave lentezza della burocrazia . Conviene riportare alcune osservazioni di un autore indiano ( Chhatrapati ) , citate da Myrdal : " Per evitare responsabilità dirette in qualsiasi decisione di rilievo , la burocrazia si sforza di associare a tali decisioni il maggior numero possibile di uffici e di funzionari . Le consultazioni debbono lasciare una traccia scritta . Perciò , un fascicolo deve essere trasferito - cosa che , da sola , richiede un certo tempo - da un tavolino all ' altro e da un ministero all ' altro , per le osservazioni ; e passano mesi e mesi prima che la decisione giunga alla conclusione . Perfino quando i fatti rendono ovvia la decisione e non implicano nessun allontanamento dalla consuetudine , siffatte consultazioni sono considerate necessarie per " sicurezza " " ( G . Myrdal , Asian Drama . An Inquiry into the Poverty of Nations , Penguin Books , Harmondsworth , Middlesex , England , 1968 , vol. II , pp. 954-5 ) . 11 . La strategia della grande borghesia industriale ( nota a p . 86 ) È essenziale tenere ben presente che , in Italia , nel settore industriale sono rimaste oramai pochissime grandi imprese private : come conseguenza di una lunga evoluzione , che fa capo al processo di concentrazione e che è contrassegnata da crisi di vario genere , le grandi imprese industriali sono divenute in gran parte statali o sono cadute sotto il controllo dello Stato e l ' area privata si è ristretta alle medie e piccole imprese . Fra le pochissime eccezioni è la Fiat , controllata dalla famiglia Agnelli , che , anche nel seno della Confederazione generale dell ' industria , sta elaborando una complessa strategia , i cui principali obiettivi sembrano essere i seguenti : 1 ) assicurarsi l ' egemonia sul settore industriale privato , ossia sul settore delle medie e piccole imprese , un buon numero delle quali , in Piemonte e fuori del Piemonte , lavora per conto della Fiat ; 2 ) rafforzare il settore industriale privato e , corrispondentemente , contenere l ' espansione delle imprese controllate dallo Stato , le quali , grazie ai fondi di dotazione e alla maggiore facilità di ottenere crediti , possono fare una concorrenza che spesso disturba non solo le imprese private italiane ma anche quelle straniere ( e la Fiat ha importanti interessi internazionali ) ; 3 ) conquistare un ' influenza crescente sulla cultura italiana moderna , con vari mezzi , fra cui è il controllo di una fetta crescente dell ' industria editoriale ; 4 ) assicurarsi alleanze con alcuni settori moderni del proletariato industriale e della piccola borghesia attraverso un attacco alle " rendite " ( presumibilmente , nel settore commerciale e nel settore urbanistico ) ed una spinta ad ammodernare alcuni settori della pubblica amministrazione ( a cominciare dal settore previdenziale ) , anche a costo di provocare l ' ostilità di certi gruppi sociali e di subire un " lucro cessante " , considerato l ' intreccio fra gli interessi industriali della Fiat con gli interessi immobiliari , finanziari e commerciali . Ritengo che questa strategia , anche se ha limiti abbastanza ristretti per le ragioni brevemente richiamate nel testo , deve essere considerata dalle forze di sinistra con molta attenzione .
Ex absurdo. Riflessioni di un fisico ottuagenario ( Toraldo di Francia Giuliano , 1997 )
Saggistica ,
Ridentem dicere verum quid vetat ? ORAZIO Ma che c ' entra l ' assurdo Chi scrive queste pagine è un fisico , che nell ' esercizio della sua ricerca è stato abituato da sempre a perseguire il rigore logico , l ' esattezza matematica , la massima razionalità . Ci si aspetterebbe che di conseguenza egli rifuggisse da ogni discorso vago , basato su semplici analogie o sull ' abuso della metafora ; e che massimamente si tenesse lontano dal vaneggiamento onirico . Ma bisogna fare attenzione a non concludere troppo sbrigativamente su questi argomenti . Il nostro cervello è come un formidabile calcolatore che , nel corso dei millenni ( anzi , dei milioni di anni ) , si è evoluto e adattato nel modo più propizio per farci sopravvivere in un certo ambiente . Si tratta precisamente della superficie della Terra , quale a noi si è offerta circa quattro miliardi e mezzo di anni dopo la nascita del pianeta ( e di tutto il sistema solare ) . A prima vista si potrebbe pensare che le condizioni dell ' ambiente non dovessero in alcun modo avere a che fare col corretto funzionamento del cervello . Un ragionamento , se è giusto , dovrebbe essere giusto sulla Terra , come su Marte , come su Andromeda . Ma in realtà non è esattamente così : infatti prima di stabilire se l ' argomentazione è corretta o no , si tratta di sapere se i termini in cui essa è formulata hanno senso . Vediamo di spiegarci meglio . La Terra non è un oggetto di tipo molto comune nell ' Universo . La sua temperatura assoluta alla superficie è molto bassa e varia in un intervallo piccolissimo , che va all ' incirca da 220 a 330 ° K ( gradi Kelvin ) . Per capire che cosa questo significa , si pensi che nell ' Universo si trovano temperature che vanno dai 2,7 ° K della radiazione elettromagnetica di fondo ( quella che riempie tutto lo spazio cosiddetto " vuoto " ) alle centinaia di milioni di ° K dell ' interno delle stelle . Una conseguenza decisiva di questo stato di cose è che nel nostro ambiente terrestre l ' energia media dell ' agitazione termica delle molecole è spesso minore della forza di coesione intermolecolare ; è per questo che una gran parte delle molecole hanno tendenza a riunirsi in corpi solidi o quasi solidi . Il nostro stesso corpo è di tale tipo ed è formato da parecchi miliardi di miliardi di molecole . È per tale circostanza che nella vita quotidiana noi abbiamo a che fare più che altro con sistemi solidi e macroscopici , o , come suol dirsi , a misura d ' uomo . I solidi hanno per loro natura la tendenza a mantenersi a lungo aggregati in forma stabile e distinti dal mondo circostante ; tanto che nella didattica scientifica di altri tempi si insisteva addirittura sulla cosiddetta impenetrabilità dei corpi . In una parola , a noi sembra che essi abbiano e conservino ciascuno una propria identità separata . Questo comportamento ci ha suggerito di attribuire a ognuno degli oggetti un nome , come pure di contarli e di distribuirli quali elementi distinti nei loro diversi insiemi . Non c ' è dunque da meravigliarsi se , allo scopo di sopravvivere al meglio nel nostro ambiente , abbiamo sviluppato per selezione naturale una logica classica , che opera con individui e insiemi di individui . Su di essa abbiamo fondato la nostra razionalità e , dati gli ottimi risultati ottenuti con quella logica nell ' orientarsi e nell ' agire in un mondo di oggetti macroscopici , abbiamo concluso che è molto bene evitare di discostarsene . Ma insistiamo ancora sull ' importanza dell ' ambiente , facendo un ' ipotesi ... assurda . Supponiamo che gli umani fossero nati e si fossero sviluppati sul Sole . In tale ambiente non esistono corpi solidi : e anche se vi venissero portati , si volatilizzerebbero immediatamente . In nessun modo avremmo potuto farci un ' idea dei corpi solidi e della loro individualità . In ogni caso , una tale idea sarebbe stata assolutamente inutile per sbrigarcela sul Sole ! Naturalmente si obietterà che anche sul Sole esistono gli oggetti della microfisica , vale a dire i singoli atomi e molecole , nonché i corpuscoli subatomici , come protoni ed elettroni . E supponiamo pure che i nostri ipotetici uomini solari , fin dall ' epoca dell ' apparizione della loro specie sulla superficie dell ' astro , fossero stati in grado di scoprire e di osservare i suddetti oggetti . Ne sarebbe derivata - per noi esseri umani terrestri e attuali - una conseguenza assolutamente sconcertante . Infatti gli oggetti della microfisica , stando alla nostra logica , si comportano in modo proprio assurdo . Ci ritorneremo a suo tempo . Ma già da ora ricordiamo che quando si muovono , non hanno una traiettoria ; quando non sono osservati , non ha senso dire dove si trovano ; il luogo in cui verranno osservati si può prevedere solo in modo probabilistico ; appena vengono osservati cambia la loro distribuzione di probabilità riguardo alle osservazioni future ; a volte appaiono come corpuscoli , a volte come onde , a seconda dell ' esperienza che eseguiamo ; due corpuscoli della stessa specie sono indistinguibili e appena ne chiamiamo uno Pietro e l ' altro Paolo , non possiamo più determinare in nessun modo quale è Paolo e quale è Pietro ; e altre stranezze che qui non stiamo a elencare . La nostra logica classica è ancora adeguata per trattare enti così singolari ? La risposta a questa domanda non è chiaramente univoca . Si può , come si è fatto fin dai primi decenni di questo secolo , continuare ad applicare la logica classica , accettando di buon grado che il comportamento dei microggetti sia diverso da quello dei macroggetti con i quali abbiamo a che fare di solito ; e che la loro individualità , come pure la loro identità , o non abbiano senso o abbiano un significato diverso da quello che noi concepiamo . Oppure si possono prendere misure più drastiche , ideando addirittura nuove logiche , in un certo senso sorprendenti , perché più tolleranti della logica classica : come le logiche a più valori , le logiche sfumate ( fuzzy ) , la logica quantistica e altre diavolerie che sono tuttora in corso di rapida elaborazione . Non di rado in esse si fa a meno perfino del principio di contraddizione e non si paventa la minaccia di Duns Scoto : " ex absurdo sequitur quodlibet " . Non di questi sviluppi tecnici ci vogliamo qui occupare . Ci basterà osservare che oggi i concetti di logico e di assurdo hanno una validità molto meno assoluta di una volta . Ma , qualunque sia la logica che vogliamo adottare , è lecito domandarsi : il nostro pensiero nasce logico ? Probabilmente tutti si saranno accorti che non è così . L ' ideazione , frutto di quella che a volte chiamiamo fantasia , è sempre anteriore a qualsiasi sistemazione logica . Si ha quasi l ' impressione che nella nostra mente - forse nell ' inconscio - esista una ricchissima " sorgente " d ' immagini , di suggestioni e di collegamenti , che obbedisce a una sorta di logica a noi assolutamente ignota , o che addirittura non è soggetta ad alcuna logica . Soltanto in un secondo tempo noi passiamo al setaccio quelle immagini , prima trasformandole in concetti logici , poi mettendole a confronto con tutto ciò che già sappiamo - o crediamo di sapere - del mondo , infine scartando più o meno inconsciamente tutto quello che non ci sembra aver senso . Di solito l ' uomo colto e civilizzato esegue l ' intera operazione con grande celerità . Infatti - come abbiamo già notato - si tratta di usare uno strumento che nel nostro ambiente agisce con notevole efficacia e ci conferisce un deciso vantaggio nella lotta per la sopravvivenza . Ma chi lo usa è quasi sempre convinto che in quel modo si avvicina meglio alla " realtà " . Forse più lenti nel compiere l ' operazione di vaglio sono gli uomini cosiddetti primitivi , il visionario , il sognatore . Tuttavia si badi bene che il poeta ( quello vero ) di proposito non sottopone troppo severamente le sue immagini alla sistemazione logica , ben sapendo che , se lo facesse , le distruggerebbe . E del resto soltanto una tradizione filosofica piuttosto vecchiotta e dubbia può continuare a sostenere che quelle immagini non sono realtà . Invece sono una realtà umana , umanissima , niente affatto da scartare . Semmai rimane tuttora un affascinante problema : quello della strana - quasi schizofrenica - mescolanza di immagini accettate tali e quali dalla scaturigine primitiva e della successiva sistemazione logica , che - pur attenuandosi in misura sempre più decisiva nel corso dei secoli - non può certo cessare né è cessata interamente presso i poeti contemporanei . Ebbene , lasciando ormai da parte le poesie e í sogni , ci si può domandare se l ' assurdo abbia ancora una qualche funzione essenziale o illuminante in ben altre e più " severe " speculazioni , quali quelle della scienza , della filosofia , dell ' ordinamento sociale , o addirittura della tecnica . Ma certo che ce l ' ha ! Si tratta niente meno che della perenne sorgente delle nostre ideazioni . Non esitiamo ad affermare che " un pizzico di assurdo " c ' è sempre . Consideriamo una delle più nobili aspirazioni umane : la curiosità e la voglia di sapere . Per millenni si sono utilizzate le acque del Nilo per alimentare una stupenda civiltà , senza sapere da dove venisse giù quella benedizione . Ma la voglia di conoscere le sorgenti ha assillato le menti più acute di antichi e moderni , reclamando anche non poche vittime nell ' ardua esplorazione . Certo si credeva che quella ricerca fosse solo fine a se stessa . Ma , come sempre avviene nelle imprese conoscitive umane , una volta risolto l ' enigma , la scoperta si è rivelata ( magari alla lunga ) utilissima per il progresso agricolo , energetico , industriale , politico e quanto altro . Allo stesso modo non è vano indagare in generale quali siano le scaturigini del pensiero umano . Esse stanno riposte in quelle immagini " assurde " , che noi a posteriori ci diamo ad arginare e a regolamentare nei concetti e nelle regole logiche . Quest ' ultima operazione - ripetiamolo ancora , a scanso dei soliti insulsi , tendenziosi equivoci di chi disprezza la razionalità - è necessaria per sviluppare la scienza e indispensabile per agire proficuamente nel nostro mondo . Ma il chiudere , il disseccare le sorgenti del pensiero , o anche solo il tentare di ignorarle , sarebbe pura follia . Oggi ci stiamo rendendo conto sempre meglio che lo studio delle scaturigini ci può aiutare immensamente perfino nello sviluppo del processo logico e del razionale . Soprattutto può aiutarci molto nella scoperta di nuove vie . Se Newton avesse rifiutato a priori di soffermarsi sull ' idea " assurda " dell ' azione a distanza , tutta la scienza moderna sarebbe stata priva di una sua parte essenziale . E sarà certo inutile ricordare ( anche senza scomodare la psicoanalisi ) quanto le fantasticherie assurde , alle quali ogni tanto - per nostra fortuna - ci abbandoniamo , ci aiutino a sondare e a capire meglio noi stessi . Mi pare ora che sia più che opportuno riflettere su un fatto abbastanza paradossale . La vita - sì , la vita stessa - rappresenta per ciascuno di noi l ' avventura più " assurda " che ci potesse capitare . Eppure quelli che lo avvertono meglio - e qui sta il paradosso - sono proprio coloro che si dedicano con più impegno a indagare razionalmente la condizione della nostra esistenza e a tentare di dare una sistemazione sensata , logica , sicura , a ciò che ne sappiamo e ne pensiamo . Naturalmente si può semplicemente scaricare la responsabilità di ciò che ci sta accadendo , attribuendola alla imperscrutabile volontà di un essere superiore . È una via senza dubbio degna di rispetto e da molti seguita in varie forme e in diversi gradi . Ma in quel modo si cancella , non si risolve l ' assurdo . Per completare questa breve introduzione alle pagine che seguiranno , facciamo un ' altra riflessione . Tutti sanno che l ' assurdo ha assai spesso legami piuttosto stretti con il comico . Fin da tempi immemorabili si è tentato di capire che cosa sia il comico : perché una cosa è buffa , perché la troviamo umoristica , perché ne ridiamo ? Innumerevoli spiegazioni e teorie sono state presentate - a volte anche con una certa supponenza - invocando la psicologia , la sociologia , l ' inconscio ( e chi più ne ha più ne metta ) . Il sottoscritto non è mai rimasto convinto da simili teorie ; e si guarderà bene dall ' aggiungere la sua inutile opinione in proposito . Quello che è certo è che l ' assurdo , una volta riconosciuto , suscita quasi sempre l ' ilarità . Allora , per meglio scorgere che cosa c ' è sotto , faremo bene a non negarci all ' occasione una sana risata ; o almeno un sorriso . Tuttavia non sarà male guardarsi dalle indebite generalizzazioni e dalle inversioni d ' implicazioni logiche . Se è vero che l ' assurdo provoca il riso , non è vero che solo l ' assurdo possa indurci al riso o al sorriso . L ' incantevole esametro di Virgilio : " Incipe , parve puer , risu cognoscere matrem " non vuoi dire affatto che per il bambino la madre sia un personaggio assurdo ! 1 . Quando Margherita filava L ' arcolaio era di quelli che si usavano molto tempo fa e che si vedono ancora oggi in tante riproduzioni o nei musei : una grande ruota azionata da un pedale , sulla quale si avvolgeva il filo proveniente dalla rocca . La fanciulla filava e cantava , seguendo distratta il regolare ma vivace sfarfallìo dei raggi della ruota e scandendo il ritmo col monotono su e giù del pedale ; eppure il canto era tutt ' altro che monotono . Era quasi un grido agitato e convulso di chi ha un peso sul cuore e sente di aver perduto per sempre la pace interiore ; di chi non può distogliere la mente da un ' immagine adorata e allo stesso tempo temuta . Margherita era altrove , il suo pensiero volava a quell ' uomo fatale che l ' aveva incantata , al ricordo di quel nobile portamento , di quel sorriso , di quegli occhi , di quella voce , di quel bacio ... ah , il suo bacio ! Intuiva benissimo che dinanzi a lei si apriva un abisso pauroso , eppure le era impossibile ritrarsi . Ma come avevano fatto quel poeta e quel musicista ( che tra l ' altro le pareva non fossero ancora nati ) a capire così bene quello che ella sentiva e soffriva ? Alla fine , volendo tornare a badare al suo lavoro , si dette a raccogliere il filo in una matassa . Ma , avendo ripreso subito a vagare col pensiero , riusciva solo a combinare un grosso pasticcio e finì col trovarsi lei stessa avvolta in un inestricabile groviglio . In quel mentre si affacciò alla porta un soldato , che , dato un rapido sguardo , chiese meravigliato : " Sorella mia , che stai facendo ? Hai perso il senno ? " " Sì , credo proprio di aver perso il senno ... Ma ora sto cercando il bandolo da dare a questa matassa . Voglio sincerarmi che il filo fatto oggi sia lo stesso di quello che avevo cominciato a filare ieri . " Il fratello , che pure era arrivato piuttosto accigliato , si mise a ridere ed esclamò : " Ma che dici ? Come fa quello di oggi a essere lo stesso di quello che hai filato ieri ? " Ci sembra altamente improbabile che Valentino , un modesto soldato della guarnigione , conoscesse le acute enunciazioni di Eraclito sul fatto che " tutto scorre e cambia " e che " non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume " . Lui si stava soltanto attenendo a quell ' elementare buon senso , che a volte circola perfino nelle caserme . " Tu hai voglia di scherzare , " ribatté triste la sorella , " ma io no , non sono di quell ' umore . Eppure è semplice . Se riavvolgendo il filo in un gomitolo arrivo all ' inizio di quello che ho filato ieri , vuol dire che è lo stesso filo e ne posso fare un ' unica matassa , senza ingannare nessuno a cui lo cedo . Se invece trovo un ' interruzione , vuoi dire che sono due fili diversi . " Il soldato non sembrava molto convinto e stava a sua volta per replicare , quando alla porta comparve un altro personaggio piuttosto inquietante : un bell ' uomo dal fare calmo , alquanto ironico e sicuro di sé , ma dallo sguardo fulminante . Appena Valentino lo scorse , parve riconoscerlo e gli si rivolse minaccioso : " Ah , sei tu quel malnato furfante che si dà da fare per rovinare mia sorella ! " Ma quello lo tacitò , alzando tranquillamente una mano : " Piano , piano , coraggioso soldatino ! Non è ancora venuto il momento di inscenare quell ' insensato duello in cui vorrai per forza trovare la morte . Piuttosto mi sento coinvolto dal problema che stavate discutendo . È una questione molto più spinosa e profonda di quanto possiate immaginare ; un problema che sconcerta e assilla anche me . " I due fratelli si guardavano meravigliati e smarriti . Ma che c ' entrava quell ' individuo terrificante - che in realtà Margherita già conosceva , senza volerlo ammettere davanti a Valentino - e che intendeva dire ? Ma l ' uomo , sorridendo beffardo , riprese con una bizzarra domanda : " Tu , Valentino , se vuoi partire per Norimberga , che strada prendi ? " " Quella che esce dalla porta meridionale della città . " " E se invece vuoi recarti a Spira , che strada prendi ? " " La stessa strada . " " Ecco dunque : tu hai detto che quella che porta a Norimberga e quella che porta a Spira sono la stessa strada . " Valentino si grattò la testa alquanto confuso e imbarazzato , poi esclamò un po ' irritato : " Ma no ! Procedendo per la strada meridionale , a un certo punto trovo un bivio . Lì , se prendo a destra vado a Spira , se prendo a sinistra , arrivo a Norimberga . " " Allora ti ingannavi quando hai dichiarato che avresti preso la stessa strada . In realtà sono due strade diverse . Ciononostante , se parti di qui , sia che tu vada a Norimberga , sia che tu vada a Spira , non trovi alcuna interruzione e il tuo cavallo continua a seguire a testa bassa la strada . È proprio quello che avviene anche per il filo di Margherita . Lei può continuare a raccoglierlo dal principio alla fine , senza interruzioni ; e tuttavia non essere sicura che sia ' lo stesso ' filo . " I due fratelli rimanevano sempre più sbigottiti da quei ragionamenti astrusi . Ma si accorsero che sulla porta era comparso un quarto personaggio : un giovane , distinto , elegante e fascinoso , dalla fronte ampia e l ' aria intelligente . Margherita si precipitò a buttargli le braccia al collo ed esclamò : " Enrico ! Finalmente tu sei qui ; sono felice e non desidero sapere altro . " L ' uomo dagli occhi di fuoco si mostrò stupito e domandò al nuovo venuto : " Enrico ? Dottore , che vuoi dire ? " " Sì ... lei mi conosce con questo nome . " Poi , superato un po ' d ' imbarazzo , proseguì : " Ma ora , se Margherita si decide a lasciarmi respirare , parliamo di altro . Sono qui da qualche tempo e ho udito quanto dicevate . Io lo so bene perché quel tale problema ti assilla . Tu l ' hai presa larga , parlando a questi giovani di strade e di bivii . Ma in realtà , ragionando vorresti convincerti che l ' uomo che si è impegnato a servirti nell ' " aldilà " ( quell ' aldilà che tu nella tua strana lingua chiami drüben ) sarò sempre io . Ebbene no , disilluditi : non sarò io . " " Come , non sarete voi ? " e gli occhi minacciosi ora sprigionavano proprio faville . " Ricordatevi che avete firmato un patto col vostro sangue ! " " Sì , questo è vero . Ma tu credi che quando sarò drüben , avrò il sangue ? " " Che domanda sciocca , Dottore . Certo che non l ' avrete . Gli spiriti non hanno il sangue . " " Allora è sicuro che non mi potrai più rinfacciare che la firma è stata tracciata col mio sangue . Sarà il sangue di un altro , di un individuo a me drüben totalmente sconosciuto ; e di quello sconosciuto , nonché di ciò che egli ha firmato o non firmato non me ne importerà proprio nulla . " " Come ? Ignorate forse che dopo la morte sarete voi , sì proprio voi , a sopravvivere come puro spirito ? Osereste dunque mettere in dubbio perfino quello che hanno sempre affermato gli stessi seguaci della ' vostra ' religione ? " " Oh , oh , ora mi fai proprio ridere ! Dunque tu credi a quelle assurde favole . Mi stai forse diventando religioso ? " " Ohibò , io religioso ... assolutamente no ! Eppure sono sicuro che la religione è necessaria . Per me poi è necessaria , come per voi è necessaria l ' aria che respirate . " " Questa è bella davvero , non l ' avrei mai creduta ! " " Ma riflettete un po ' spassionatamente , Dottore . Gli uomini hanno una maledetta voglia di conoscere , che li spinge a scoprire e a imparare sempre di più . Un bel giorno , seguendo quella perversa inclinazione , si permetteranno perfino di mettere in dubbio che io esista ! Per fortuna saranno proprio le più alte autorità delle grandi religioni a rimettere le cose a posto e a imporre ai fedeli di credere che io esisto . " " Allora tu dovresti ... ringraziare quelle ' alte autorità '." " Certamente , sono disposto a ringraziarle : purché loro ringrazino me . Il favore è reciproco . Loro non danno mai nulla per nulla . Se i fedeli non fossero convinti che io esisto e che posso trascinarli drüben , che se ne farebbero della religione ? Credetemi , l ' accordo è funzionale e vantaggioso per tutti . Ma c ' è di più . È convinzione comune che il mondo è pieno di ' male ' . Ora come può un Dio onnipotente e infinitamente buono aver creato un mondo pieno di male ? Per tirarsi fuori da questo assurdo addossano a me tutta la colpa ; dicono che sono io , che voglio il male e lo introduco nel mondo . " " Sì , mi persuadi e non posso darti torto . Comunque sappi che quella che tu chiami la ' mia ' religione non è affatto tale . Io sono convinto che non saprò mai se Dio esiste o no . Ma sono del pari sicuro che , se esiste , non è così banalmente umano come lo dipingono tutte le religioni . " E dopo un momento di riflessione aggiunse : " Ma questo vale anche per te . Già Senofane quasi duemila anni fa riconosceva che , se i cavalli e i buoi sapessero disegnare , raffigurerebbero gli dèi come cavalli o come buoi . Così , dato che gli uomini sono cattivi , non possono ammettere che il diavolo , cioè un essere almeno altrettanto cattivo quanto loro , non abbia caratteristiche umane " . 2 . Davvero sopravvivo a me stesso ? La questione che aveva dato origine al dibattito fra Mefistofele e Faust ha radici remote , quasi quanto il mondo degli esseri viventi . Gli animali hanno quello che - con espressione un po ' vecchiotta , ma efficace - si chiama istinto di conservazione . Probabilmente essi non hanno idea chiara di che cosa sia la propria morte , ma di fatto il loro comportamento naturale li spinge a evitare in tutti i modi di morire ; perché ? Chi muore non ha più possibilità di continuare a propagare il proprio patrimonio genetico ; di conseguenza esso si può estinguere . È facile quindi capire com ' è che , per via di mutazione e selezione , il comportamento di autoconservazione finisce per inscriversi nello stesso genoma della specie . I gruppi o le specie che non avessero tale comportamento sarebbero destinati a soccombere ben presto e sparirebbero dalla Terra . Facciamo subito una doverosa correzione , nonché una precisazione . Non è detto che la conservazione a tutti i costi dell ' individuo sia sempre giovevole alla specie . Il caso di un individuo che si sacrifica per difendere il gruppo o la propria discendenza è frequente , non solo fra gli animali sociali come le api o le formiche , ma in tutto il regno animale . Anche quello è un comportamento ben a ragione selezionato dalla natura . Per esempio , ci sono certe specie di ragni ( come la vedova nera ) in cui il maschio dopo l ' accoppiamento si lascia mangiare dalla femmina . Si può arrivare , come caso limite , allo strabiliante comportamento , recentemente descritto , di un ragno maschio , ridicolmente più piccolo della femmina , che dopo l ' accoppiamento si getta spontaneamente - e con apparente soddisfazione ! - nelle fauci della femmina , che se lo mangia . Così il maschio - che , a quanto pare , avrebbe grandissima difficoltà a trovare altre femmine - riesce almeno a favorire in qualche modo la nascita della sua prole . Naturalmente nel caso dell ' uomo le cose sono ben più complicate che per gli altri animali . Prima di tutto l ' uomo ha coscienza - anche se tutt ' altro che accettata di buon grado - dell ' ineluttabilità della propria morte ; in secondo luogo , qualunque individuo ha in sé , sovrapposta alla semplice natura , una massiccia dose di cultura , che si sviluppa gradualmente ed entra a far parte della sua stessa identità . La cultura nelle varie regioni e nelle varie epoche può assumere le forme più svariate , ma quasi sempre arriva ad aggiungere potenzialità alle qualità naturali dell ' individuo . Per questo - come del resto da tempo immemorabile e quasi universalmente si è capito - la sapienza e l ' esperienza degli anziani possono essere altrettanto utili alla sopravvivenza del gruppo quanto la capacità riproduttiva dei giovani . Forse sarà per tale ragione che la pressione selettiva non ha privato dell ' istinto di conservazione nemmeno gli anziani ( salvo rare eccezioni ) . Sia come sia , è certo che l ' essere umano è sempre in aspettazione e in progettazione del suo futuro ; non può in nessun modo accettare , se non facendo violenza a se stesso , l ' assenza di futuro . Di qui è facile - sì , forse anche troppo facile - arrivare a capire perché , almeno da vari millenni , si è immaginato un qualche tipo di continuazione della vita dopo la morte . Ciò è attestato , se non altro , dalle sepolture che fin da tempi remoti venivano fornite di risorse e di oggetti necessari alla vita ... del defunto . Per non parlare delle piramidi dei faraoni e dei mausolei degl ' imperatori , che dimostrano che il morto , non solo sopravviveva , ma doveva continuare a essere importante e a godere della ricchezza che aveva avuto da vivo . I poveri invece potevano rimanere tali . Tutto questo a noi sembra ridicolo , è vero . Ma siamo giusti e domandiamoci : l ' approdo del cristianesimo e di altre religioni al concetto di " puro spirito " e di " anima " segna proprio in tutto e per tutto un progresso ? Certamente sì ; e certamente no . Da un lato libera gli esseri umani da una troppo ingenua superstizione di sopravvivenza ; ma dall ' altro li mette dinanzi a un formidabile problema filosofico ... insolubile . È il problema del sangue di Faust , il problema dell ' identità di individui , che prima e dopo la morte riconosciamo essere ben disparati . Cavarsela dicendo che si tratta di un mistero è una misera scappatoia . Si può legittimamente parlare di mistero quando si constata che avviene un qualcosa di molto strano , che ( almeno per il momento ) non sappiamo in nessun modo spiegare . Ma questo qualcosa , ancorché strano , deve potersi descrivere con termini che hanno tutti un ben preciso significato e non sono solo emissioni di suoni . " Papé Satàn , papé Satàn aleppe " non è un mistero . Piuttosto , per chiarire meglio l ' idea , mi si perdoni ora , senza storcere troppo il naso , una fuggevole caduta in un genere ben minore rispetto al poema di Goethe . I mystery stories della letteratura poliziesca ci prospettano veri e propri misteri , in quanto ci descrivono le situazioni in termini tutti di per sé comprensibili e significativi ; e non per niente alla fine ci viene svelato che cosa è realmente accaduto e " chi è l ' assassino " . Ma che cosa può significare che io sopravviverò alla mia morte ? Ripetiamo , perché le confusioni purtroppo sono quanto mai frequenti : non si tratta di sapere se sopravviverò o no , ma di dare un qualche significato plausibile a quella sopravvivenza . Decine e decine di grandi filosofi , di teologi , di ministri del culto , hanno dedicato profonde meditazioni a questo tema ( e sarebbe velleitario tentare di riassumerle in poche parole ) . Ciò nondimeno nessuno di quegl ' ingegnosi tentativi sembra aver portato con sé la fulgida luce della convinzione : i filosofi rimangono quanto meno perplessi , mentre gli " uomini della strada " si limitano a dire che , poiché così ci viene insegnato che è ( e così speriamo che sia ) , un qualche significato ci sarà certo . Quando rivolgo lo sguardo alla mia esistenza , io scorgo un essere che vede , sente , mangia , beve , dorme ; progetta , agisce sul mondo esterno , costruisce ; desidera , gioisce , si rattrista , ha paura , soffre . Che cosa di tutto questo può avere un puro spirito ? Niente , altrimenti non sarebbe un puro spirito . Allora si deve concludere che non vivrà affatto . Ma si obietterà che qui di proposito mi sono limitato alle mie qualità più meschinamente terrene . Ho dimenticato il meglio : cioè il fatto che oltre ad avere quelle attività , io anche penso e amo . Va bene ; se vogliamo seguire Cartesio , accettiamo pure che basti che nell ' aldilà io pensi , per poter affermare che sono . Ma si rifletta che per Cartesio " pensare " voleva dire seguire nella mente una catena di immagini simboliche - o addirittura di parole - destinate ad approdare a una conclusione ; a una nuova determinazione del mio agire , o almeno a una nuova conoscenza , a un nuovo stato d ' animo . Ma quale puro spirito può voler raggiungere tali scopi e può aver bisogno per raggiungerli di seguire quella catena lungo Io scorrer del tempo ? Quanto all " ` amare " , prendiamo pure il termine nella sua accezione più nobile e conveniente a un puro spirito : vuol dire sentirsi attratto dalla persona amata e desiderarne il bene . Ma di chi desidererò il bene nell ' aldilà ? Di Dio ? Ne ha proprio bisogno ? Di un ' anima già passata nell ' aldilà ? Che vuole dire ? E se si tratta invece di una persona ancora rimasta in terra , perché dovrei amare quella piuttosto che un ' altra ? Umano , troppo umano . Come è ben noto , molti di quegli assurdi che presenta la questione della sopravvivenza dopo la morte , vengono superati da alcune religioni mediante lo stratagemma della " resurrezione dei corpi " . A questo proposito anche i più ingenui sono portati a domandarsi : ma a che età risusciterò ? Sarò giovane , sarò vecchio , sarò imberbe , sarò calvo ? Riavrò anche la gamba che persi da bambino ? E se sarò morto appena nato , si darà per scontato che debba essere cresciuto , oppure continuerò a vagire ? E poi dove va a finire la convinzione moderna che la nostra identità personale consiste anche nella cultura ricevuta dall ' ambiente in cui viviamo e pertanto si va formando e completando fino all ' ora della morte ? Bene ha visto Jean Cocteau ( Poésie critique ) quando ha affermato : De notre naissance à notre mort , nous sommes un cortège d ' autres qui sont reliés par un fil tenu . E inoltre , di qui fino alla risurrezione dei corpi che cosa farò ? Sarò ibernato ? Bella soddisfazione , sussistere ibernati ! Ma c ' è qualcosa di meno banale . Oggi sappiamo benissimo che ( nonostante le mirabolanti promesse di certa genetica più o meno giornalistica ) vivere è invecchiare . La morte è inclusa nel nostro programma genetico di vita . Le nostre cellule non si riproducono oltre un certo numero di generazioni . Il nostro cervello perde ogni giorno migliaia e migliaia di neuroni . Se i puri spiriti non invecchiano , non vivono . Se poi si afferma che la vita nell ' aldilà è cosa totalmente diversa da quella nell ' aldiqua , ci risiamo con il mistero e con il problema del significato . Dire che un certo termine della lingua umana ha un significato , ma che nessun essere umano lo può conoscere , è come non dire nulla . Proviamo allora a seguire l ' indicazione piena di saggezza di Leibniz : due oggetti sono identici - e quindi secondo lui sono lo stesso oggetto - quando hanno tutte e sole le stesse proprietà . Ora l ' esempio del sangue ci convince che il Faust terreno e quello ultraterreno non possono essere identici in quel senso . Il Faust ultraterreno o non ha il sangue , e allora non è Faust ; oppure il suo corpo è risorto , ma nessuno sa se apparirà qual era prima della ... cura Mefistofele o dopo . Ma , a parte gli scherzi , è certo che in questo caso non possiamo applicare il criterio leibniziano alle proprietà che i due oggetti da comparare hanno allo stesso tempo . Qui intervengono invece quei filosofi che si sono occupati dell ' identità dell ' individuo attraverso il tempo ; questione spinosissima fino dall ' epoca dei presocratici e che , fra l ' altro , la fisica moderna è venuta a complicare notevolmente . Per l ' individuo umano molti si sono basati sulla proprietà della memoria : io sono oggi lo stesso di ieri o di un anno fa , perché mi ricordo quello che ho fatto ieri o un anno fa . Ma il guaio è che ormai si sa che la memoria non è cosa puramente spirituale : ha anch ' essa una base organica . Tanto è vero che chi subisce una certa lesione al cervello non ricorda , così come chi subisce un altro tipo di lesione non parla o non cammina . Pertanto , passando nell ' aldilà dovremmo portarci dietro il cervello ( che invece è rimasto a marcire nella tomba ) . Dunque l ' idea dell ' identità " anamnestica " oltre la morte non è sostenibile . Dal punto di vista psicologico è molto interessante notare come anche chi avrebbe tutti i mezzi intellettuali per compiere i ragionamenti testé svolti , ne rifugga e speri nientemeno che di riposare nella tomba . Fra le migliaia di esempi che ognuno conosce , citiamo lo stesso Goethe che , in quella piccola gemma che è il primo Canto notturno del viandante , promette : Warte nur , balde / Ruhest du auch , aspetta , ché presto riposi anche tu . E non parliamo dell ' assurdo requiescat in pace augurato al morto da coloro che pur sono fermamente convinti dell ' esistenza dell ' anima . Ma chi deve riposare ? L ' anima o le ossa ? Che mai vorrà dire il riposo eterno ( requiem aeternam ecc . ) per chi è destinato a finire o all ' inferno o in paradiso ? Si ricordi che nella Passione secondo Matteo di Bach il coro arriva ad augurare " dolce riposo " ( Ruhe sanfte ) a Gesù Cristo . Ma lui doveva pensare a risorgere , non a riposare ! Nella descrizione che Dumas ( La Comtesse de Charny ) fa della morte di Mirabeau si trova un ' affermazione di commovente profondità e chiaroveggenza . Il grande oratore giace sul letto di morte e soffre terribilmente . All ' amico medico , che tenta più o meno di consolarlo , promettendogli una rapida fine , egli esclama : " Je ne meurs pas mort , cher docteur , je meurs vivant ... " . Sì , splendido ! Ecco fatto il punto in pochissime parole . Tutto quello che noi pensiamo , diciamo , soffriamo a causa della morte lo soffriamo da vivi . Altro che riposo eterno ! Di quello non ce ne facciamo proprio nulla . Anche al momento della morte noi siamo saldamente legati all ' aldiqua . Sempre sul piano psicologico è davvero suggestivo che perfino un fermo credente come Dante ritenga che a chi è già nell ' aldilà stia tanto a cuore l ' aldiquà . Com ' è possibile che la notizia che Guido è morto sia un colpo straziante per Cavalcante , tanto che egli " supin ricadde e più non parve fora " ? Allora lo stare sulla terra è il bene supremo ? E perché i morti desiderano così ardentemente e costantemente di essere ricordati dai vivi ? Anche la dolce , timida Pia - che pare che da sé si sia collocata alla fine del Canto , per non disturbare e andarsene in punta di piedi - non può resistere al desiderio di sussurrare : " ricorditi di me che son la Pia ... " . 3 . I binari e gli scambi Mefistofele l ' aveva presa larga col soldatino : a lui stava a cuore soprattutto il problema dell ' identità dell ' individuo attraverso il tempo , per essere sicuro che quelli che trascinava presso di sé dopo la morte fossero proprio coloro che in vita era riuscito a sedurre . Ma aveva cominciato col chiedere una cosa apparentemente molto diversa : se e perché una strada potesse dirsi sempre la stessa , quando si prolunga nello spazio . Non sembra proprio che si tratti del medesimo problema semantico . In ogni caso converrà approfondire un po ' . Prima di tutto si è portati a chiedersi se la domanda riguardo alla strada abbia un senso ben chiaro , o se invece si tratti solo di vuote parole . Che un qualche senso debba averlo e che la cosa sia tutt ' altro che di poco conto anche nella realtà , lo si può vedere per esempio così : molte volte nel resoconto di un disastro ferroviario ci capita di leggere che due treni , per un tragico errore , sono stati avviati sullo stesso binario . Eppure , sia prima dello scontro , sia proprio al momento dell ' impatto , le rotaie sulle quali si trovavano l ' uno e l ' altro treno erano necessariamente diverse . Come si può parlare dello stesso binario ? Un criterio di pura continuità materiale è molto ingenuo e non può certo bastare ; infatti sappiamo bene che la strada ferrata seguita da un treno può incontrare sul suo cammino un certo numero di scambi , che decidono la destinazione finale , ma non interrompono la continuità del metallo . La domanda è analoga a quella che era stata posta al soldato : anche se seguiamo con continuità la strada , con quale criterio si può giudicare che al termine si tratta proprio della stessa strada ? Il problema si presenta senza difficoltà quando , invece che di una continuità materiale , si parla semplicemente di due linee geometriche consecutive : si riconosce infatti in tal caso che nell ' affermare che esse sono parti di una medesima linea , noi introduciamo sempre una buona dose di convenzionalità . Spesso si tratta di una pura definizione : per esempio , due segmenti consecutivi di una retta appartengono alla stessa retta proprio per definizione . E non bisogna nemmeno dimenticare l ' importanza del " sistema di riferimento " nel quale ci poniamo per formulare il giudizio . Supponiamo che un astronomo stia spiegando che il cammino seguito oggi dalla nostra Terra è solo un segmento di una ben determinata ellisse attorno al Sole , che - a parte piccolissime differenze - si prolungherà identica a se stessa anno dopo anno . Nel dire questo egli ha ragione : purché lui e i suoi ascoltatori convengano - magari tacitamente - di riferirsi alla traiettoria rispetto al Sole , pensato come fisso . Altrimenti l ' astronomo non parlerebbe certo di piccolissime differenze . Infatti tutta la Galassia ruota ; e il Sole - che non è affatto al centro di essa - si muove vertiginosamente con tutto il suo sistema di pianeti . La traiettoria che ne risulta per la Terra è una sorta di " cicloide " , enormemente diversa dalla classica ellisse kepleriana ! Si può dunque comprendere che anche l ' identità del binario , che prosegue la sua traiettoria ( con porzioni di acciaio sempre diverse ) è piuttosto convenzionale : si potrebbe addirittura supporre che per il ferroviere quell ' identità significhi semplicemente che due treni che procedono in senso inverso su due segmenti contigui del binario vengono necessariamente a collisione . Lasciamo dunque stare l ' identità di un ente che si prolunga puramente nello spazio e veniamo a parlare dell ' identità attraverso lo scorrere del tempo . Questa sembra una questione ben diversa e non banalmente convenzionale . Naturalmente qui non ci occuperemo più della sopravvivenza dell ' anima di un individuo , perché abbiamo già messo in serio dubbio che i termini usati nella formulazione tradizionale di quel problema siano tutti provvisti di un ragionevole significato . Prendiamo invece di mira un oggetto materiale e osserviamolo con continuità lungo tutto il suo cammino . Non possiamo forse esser certi che alla fine si tratta ancora dello stesso oggetto ? Veramente sappiamo già che a tale conclusione potremmo arrivare solo se - con un po ' di buona volontà - fossimo disposti a trascurare le già menzionate obiezioni di Eraclito sul fatto che tutto cambia ; e noi le trascureremo . Anzi , faremo di più : accetteremo per buone le affermazioni della scienza classica , quando essa ci assicura che un certo corpo materiale avrebbe potuto essere seguito con continuità , anche se in realtà non lo abbiamo fatto . È il caso della " stella del mattino " e della " stella della sera " ( Venere ) , che Gottlob Frege , padre della semantica moderna , prende come esempio di un medesimo corpo designato con nomi diversi . Ma i guai veramente seri sono stati portati dall ' affermarsi nella fisica delle particelle atomiche e subatomiche - alle quali già accennammo - della teoria quantistica ( spesso chiamata un po ' restrittivamente " meccanica quantistica " ) . Quella teoria al suo sorgere - e per lungo tempo in seguito - dette luogo a gravissimi dubbi , a vivaci dibattiti , a vere e proprie polemiche . Sarebbe fuori luogo qui anche solo tentare di ricapitolare tutta la storia . Ci limiteremo invece a ricordare che esiste un " ` interpretazione ortodossa " della teoria - a volte anche chiamata " di Copenhagen " , perché originata in sostanza dal sommo fisico danese Niels Bohr - che a tutt ' oggi è condivisa dalla grande maggioranza dei fisici e che non è mai stata contraddetta dall ' esperienza . Secondo la concezione ortodossa una particella ha solo una probabilità di essere rivelata in un punto o in un altro , ma non ha una traiettoria ! Vediamo se si riesce a suffragare con poche parole ( ma non è facile ) quest ' ultima affermazione , chiedendoci come si muove una particella della microfisica . Poniamo di aver osservato la particella nel punto di partenza A : secondo le indicazioni della meccanica classica non vi sarebbe limite alla precisione con cui - avendone gli strumenti - potremmo determinare la posizione di A . Egualmente potremmo determinare senza alcun limite teorico la velocità e la direzione di partenza . Con questi dati le leggi della meccanica classica ci permettono di calcolare con precisione quando e come raggiungerà un punto finale B . Naturalmente , se la particella è libera , seguirà la retta AB ( se invece è soggetta a forze conosciute - gravitazionali , elettriche ecc. - potremo egualmente stabilire con precisione la traiettoria percorsa ; ma non complichiamo le cose ) . Con la meccanica quantistica invece nascono i guai . Infatti in tal caso è ineluttabile il principio d ' indeterminazione di Heisenberg . Esso stabilisce che : quanto maggiore è la precisione con cui determiniamo la posizione di A , tanto minore sarà la precisione con cui potremo conoscere la velocità e la direzione di partenza della particella . Pertanto la traiettoria esatta non è conoscibile . Proviamo allora con un metodo osservativo , anziché predittivo , e supponiamo di aver visto la particella in un punto intermedio C , fra A e B . Ciò significa che in C la particella è stata colpita da un fotone e lo ha riflesso verso il nostro occhio . Ora il fotone , rimbalzando verso di noi , dà una botta alla particella e le comunica una quantità di moto ( il cui valore è noto solo con distribuzione probabilistica ) . Dunque non possiamo assolutamente asserire che , se la particella fosse stata libera ( e non disturbata dal nostro fotone ) , sarebbe proprio finita in B . D ' altra parte , se effettivamente l ' abbiamo vista prima in A e poi in B , ma non abbiamo illuminato la zona intermedia , non possiamo asserire con sicurezza che è passata per C . Si pensi che perfino nel caso che fra A e B si interponga un diaframma opaco con due forellini molto vicini , vedendo la particella giungere in B , senza averla in alcun modo disturbata nel frattempo , non si può assolutamente decidere da quale dei due forellini è passata . Se invece la disturbiamo , per vedere da quale forellino passa , la particella o non arriva in B o , arrivata in quel punto , si comporta in modo diverso da quanto avrebbe fatto indisturbata . Quest ' ultima affermazione vuol dire quanto segue : se facciamo partire da A uno sciame di particelle eguali e non riveliamo per quale forellino passa ciascuna , le particelle , arrivando su un successivo schermo , si distribuiscono secondo una figura caratteristica che si chiama frange d ' interferenza ; se invece noi riveliamo da quale forellino passa ciascuna particella , spariscono le frange d ' interferenza . Che le cose stiano proprio così , è ormai accettato da tutti i fisici . Bisogna rassegnarci quindi a concludere che la traiettoria ha un senso solo per gli oggetti " macroscopici " , cioè per quegli oggetti che vediamo e tocchiamo e che ( praticamente ) non vengono perturbati dalla nostra osservazione . Gli oggetti atomici e subatomici invece non possono essere seguiti e osservati con continuità senza essere perturbati e senza che si perda di conseguenza la possibilità di affermare che cosa avrebbero fatto spontaneamente . Chiariamo ora in che modo tutto questo può essere rilevante , anzi decisivo , per la questione dell ' identità . Bisogna prima di tutto ricordare che nella microfisica s ' incontrano diverse specie di particelle e che quelle che appartengono a una medesima specie hanno tutte esattamente le stesse proprietà . Per esempio , un elettrone ha tutte le proprietà eguali a quelle di un altro elettrone ; e lo stesso dicasi per la specie dei protoni , per quella dei neutroni ecc. Si dice che al di dentro di ciascuna specie si tratta di particelle indistinguibili l ' una dall ' altra . Bisognerà precisare meglio . A volte si è portati ad affermare che due gemelli sono indistinguibili l ' uno dall ' altro . In questo c ' è sempre una buona dose di esagerazione ; ma ora prescindiamone . Per trarci d ' impaccio , potremo sempre legare un nastro rosso al braccio dell ' uno e un nastro verde al braccio dell ' altro . In tal modo avremo conferito due proprietà diverse a due individui e riusciremo facilmente a distinguerli . Tuttavia non potremo legare nessun nastro al braccio di un elettrone ! Né potremo deformarlo , portarne via un pezzo , dargli un colore , una carica , una temperatura diversi dall ' altro elettrone . Appena avremo stabilito che un elettrone si chiama Pietro e l ' altro Paolo , non avremo alcun modo per riconoscere quale è Pietro e quale è Paolo . Non c ' è nessuna proprietà che li distingue . A questo punto il lettore accorto obietterà che una proprietà diversa ci può essere : vale a dire la collocazione nello spazio . Se Pietro si trova nel punto P e Paolo nel punto Q ( e non si muovono ) , continueremo a chiamare Pietro quello in P e Paolo quello in Q . Eppure non va bene nemmeno questo ! Purtroppo qui dobbiamo ricorrere a considerazioni non troppo elementari : quelle della fisica statistica . In tale parte della fisica si suole contare in quanti modi diversi si possono distribuire le particelle microscopiche per arrivare a realizzare un medesimo stato macroscopico . Nella fisica classica il caso in cui Pietro è in P e Paolo in Q e quello in cui Pietro è in Q e Paolo in P sono due casi differenti e come tali vanno contati . Invece nella fisica quantistica essi costituiscono uno stesso caso e così contandoli danno luogo a risultati diversi da quelli classici . Ebbene , l ' esperienza dà ragione alla statistica quantistica . Pietro e Paolo possono essere scambiati , senza che accada assolutamente nulla di rilevabile . Leibniz certo non ci avrebbe creduto . E si badi che oggi si hanno prove inoppugnabili che quel comportamento non è valido solo per le particelle singole , bensì - in condizioni opportune - anche per atomi e molecole , cioè per sistemi in ciascuno dei quali sono riunite più particelle . Da tutto ciò si dovrà concludere che l ' identità individuale non ha senso per i corpi microscopici . Sembrerebbe allora che essa fosse un ' emergenza , una proprietà nuova , che scaturisce nel caso macroscopico , cioè quando si mettono assieme miriadi e miriadi di particelle , come per esempio in due palle di biliardo o addirittura in due corpi umani . Questo in un certo senso è vero e in un altro senso non è vero . Supponiamo infatti che sia possibile avere due gemelli assolutamente identici dal punto di vista fisico . I loro corpi dovranno essere costituiti esattamente da eguali atomi e molecole , distribuiti nello stesso modo , e negli stessi stati di eccitazione . Si badi bene che ciò implica che anche tutti i neuroni dei due gemelli e tutte le loro sinapsi dovranno trovarsi negli stessi identici stati . Cosicché i due dovranno avere le stesse memorie ; e se l ' uno dirà di chiamarsi Pietro , anche l ' altro dovrà dirlo ! In queste condizioni è difficile dubitare che anche per loro varrebbe la perfetta interscambiabilità quantistica . Tuttavia questo caso , non solo è fantastico , ma è addirittura impossibile . Infatti basta che uno dei gemelli veda un oggetto dal suo punto di vista e l ' altro da un punto di vista differente perché le loro memorie comincino a differire e siano distinguibili . Ma del resto non c ' è nemmeno bisogno di parlare proprio di gemelli umani per convincersi che due corpi identici non esistono praticamente mai . Stando così le cose , non ci si può meravigliare se la mente umana , nata ed evoluta in un ambiente di corpi macroscopici , si è abituata a concepire l ' identità in senso leibniziano , e ad affermare che due corpi non possono differire " solo numero " , cioè avere tutte le stesse proprietà , pur essendo due corpi , anziché un corpo solo . Invece due elettroni hanno tutte le stesse proprietà , eppure sono certamente due . E così dicasi per i numeri superiori a due . Per esempio , l ' atomo di uranio ha novantadue elettroni , distribuiti in diversi stati di diversa energia . Questo lo sappiamo per certo . Ma sarebbe assurdo dire che nel primo stato - che contiene due elementi - ci sono Pietro e Paolo , nel secondo - che ne contiene sei - ci sono Giovanni , Mario , Guido , Luigi , Marco , Alberto ; e così via . È chiaro che da tutto questo si deve trarre un grande insegnamento . Chi pensa che la nostra logica e la nostra semantica siano qualcosa di superiore ed estraneo all ' uomo e non rappresentino invece facoltà ordinatrici del nostro sistema nervoso centrale - facoltà che l ' uomo ha faticosamente acquisito nel corso della sua evoluzione , allo scopo di riuscire a vivere in un certo ambiente fisico - fa semplicemente cattiva filosofia . Credere che quelle classificazioni che ci sono necessarie - e in molti casi perfino sufficienti - per cavarcela in un ambiente di corpi macroscopici ( ciascuno costituito da miriadi di particelle aggregate ) debbano valere in tutti i campi della realtà , è molto ingenuo . È un ' estrapolazione assolutamente gratuita e ingiustificata , almeno fino a che l ' esperienza non ne abbia confermata la validità . Ebbene , si dà il caso che l ' esperienza l ' abbia inequivocabilmente smentita ! Perfino il venerabile principio d ' identità non è nelle cose , ma si rivela un ' esigenza puramente umana . 4 . Dio bono ! " Maestro , che vuoi dire sessuofobia ? " La domanda a bruciapelo era stata formulata con perfetta semplicità , senza un pizzico ( almeno apparente ) di malizia , da Mario , un frugoletto dagli occhi vispi e dalla curiosità di solito inesauribile . La sua parlata schiettamente toscana - con qualche sfumatura addirittura arcaica - rivelava sì la provenienza da un ceto culturalmente piuttosto modesto , ma non si abbassava quasi mai alla volgarità esibita da certi compagni " signorini " . Il maestro Consigli , superando un momento di esitazione , ma stando bene attento a non mostrare imbarazzo , rispose con naturalezza : " Vuoi dire paura del sesso . È chiaro . " E intanto diceva spavaldamente dentro di sé : no , no , non sono affatto imbarazzato , che diamine ! Ciononostante quasi arrossì quando si accorse di provare un certo sollievo nel poter buttare tutto sull ' erudito e sul didascalico : " La parola oggi è spesso usata e probabilmente l ' avrai letta in qualche giornale . Non è molto ben formata , perché la prima parte vien dal latino e la seconda dal greco . " Ma Mario non mollava e , dopo un po ' di riflessione , riprese : " Che cos ' è il sesso non avrei a saperlo : lo so . Per esempio io sono un maschio e la Lorella è una femmina . Ma perché la gente ne ha da aver paura ? " A questo punto il bravo Consigli - pur non volendo ammetterlo - dovette avvertire qualche difficoltà . A ogni modo proseguì imperterrito : " Vedi , Mario , l ' essere uomo o donna implica tante cose , oltre a portare i pantaloni o la sottana ( quando si portava ) . Dovrei cominciare col premettere molte spiegazioni ... " Ma la quindicenne Lorella intervenne subito in tono di sfida : " Per me è inutile . Io so tutto ! " Si erano trovati ai giardini prospicienti le scuole , l ' elementare e la media , ospitate in un medesimo edificio . Il maestro sedeva su una panchina un po ' stanco e un po ' pensoso , domandandosi per l ' ennesima volta se proprio valeva la pena di continuare a sgolarsi per quei marmocchi . Loro , in fondo , quando erano in classe non aspettavano altro che il suono della campanella finale , per sciamare festosi o litigiosi via dal chiuso delle aule , lontano dai maestri e dai bidelli . Non c ' era dubbio che quello della scuola era il contatto fra due mondi diversi : solo un legame temporaneo , costrittivo e insopportabile . E poi nell ' era dei " media " lui aveva l ' impressione che ogni sera sistematicamente qualcuno disfacesse quella tela che lui con fatica tentava di tessere di giorno . Non si sentiva affatto di rimpiangere i tempi passati e di respingere il nuovo . Ma avvertiva che quel nuovo creava paurose dissonanze . Ricordava con cocente umiliazione quel giorno in cui , essendo di buon umore , accennava fischiettando il tema dell ' Inno alla gioia di Beethoven e un ragazzo passando osservò : " È la musica dell ' Arancia meccanica ! " . E quanto alla scuola , si domandava se in fondo non avesse ragione Ivan Illich , che proponeva di " descolarizzare la società " . Come si fa a persuadere gli alunni a interessarsi di quello che non li interessa affatto , e com ' è possibile per un maestro continuare a occuparsi sempre di cose che per lui ormai sono routine banale ? Ma forse ... non era proprio così . Già altre volte , quando Consigli sedeva su quella panchina , assorto nelle sue considerazioni , gli si era avvicinato Mario , che invece di correre a casa con lo zainetto multicolore sulle spalle , gli si accoccolava ai piedi e lo scrutava . E poi arrivava anche la Lorella , che qualche anno prima era stata sua scolara ; ma adesso lo guardava con occhi ben diversi da allora . Lei certo non lo sapeva , ma lui lo avvertiva e non di rado doveva studiare come comportarsi . Del resto non era la prima volta che gli capitava : giovane , con aspetto malinconico e un po ' trasandato , aveva già incontrato qualche ex scolara che lo contemplava con aria adorante . E , in fondo , sentiva benissimo che quella presenza cambiava per lui in modo sottile l ' ambiente circostante . In quel mentre nel vialetto dinanzi a loro stava passando un distinto signore con i capelli grigi ben pettinati , in un semplice , ma elegante completo anch ' esso grigio e un maglione celestino paricollo . " Don Rino , don Rino ! " chiamò il maestro , quasi volesse aggrapparsi a una tavola di salvezza . L ' insegnante di religione si soffermò a guardarli , poi si avvicinò premuroso , con la domanda : " Che c ' è , Consigli ? " " C ' è che Mario qui mi ha chiesto che cos ' è la sessuofobia . Forse lei glielo sa spiegare meglio di me . " Don Rino represse a stento una risata divertita ed esclamò : " Proprio io ? " . Poi si riprese e aggiunse : " Ma sì ... forse è giusto . Pensi che , per aver parlato troppo liberamente in classe di queste cose e di altre del genere , mi sono già beccato varie ramanzine da parte della Curia ; e anche da più in alto " . " Quanto più in alto ? " si azzardò a chiedere Consigli . " Be ' ... per via indiretta , s ' intende : da chi sta al vertice della Chiesa . " " Accipicchia ! A me mi pare che sia il Papa ! " esclamò sbalordito Mario , che - pur usando un pleonasmo rimproverato dai pedanti - maneggiava benissimo e con naturalezza i congiuntivi . Ma don Rino , come se non avesse sentito , proseguì : " Io credo che insegnando nelle scuole , predicando ai fedeli o scrivendo , si debba dire pane al pane e vino al vino ; con prudenza sì , ma anche con chiarezza . E se su qualcosa uno non è d ' accordo con la dottrina ufficiale , ha il dovere di dichiararlo , sia pure con tutta umiltà . La fede in Dio non ne viene intaccata : è il Vangelo stesso che ci esorta a dire sì sì e no no , senza infingimenti . " " Allora , don Rino , " intervenne la Lorella con spavalderia , ma anche con un lieve sospetto di rossore , " ci dica pane al pane e sesso al sesso , senza infingimenti . " " Tutti sanno , " incominciò don Rino , comprendendo bene che ormai non poteva sottrarsi , " che per procreare i figli ci vogliono un uomo e una donna che facciano all ' amore . Ora l ' amore è certamente una cosa molto bella ... " " È la cosa più bella che esista ! " esclamò la Lorella ; e Consigli si sorprese a domandarsi se lei lo sapeva davvero o se invece volesse a tutti i costi immaginarlo . " Sì , è molto bella , " riprese imperturbabile e un po ' didattico don Rino . " Ma proprio perché può dare grande gioia , anche fisica , all ' essere umano , qualcuno è portato a scambiarlo per un puro piacere , anziché per quello che deve essere in realtà : un innalzamento e un completamento spirituale dell ' uomo . La Chiesa , specie in passato , vedendo nella ricerca del piacere una tentazione del demonio , un atteggiamento peccaminoso , una deviazione da quella concezione ascetica della vita che riteneva avvicinasse a Dio , finì quasi per condannare il sesso in quanto tale . Arrivò così a concepire e a diffondere nei suoi ranghi la ` sessuofobia ' . Ma fu un errore : e di esso si avvertono ancora nefaste conseguenze . " " Fu un errore ? " domandò sorridendo Consigli , che si divertiva un mondo a punzecchiare l ' amico don Rino . " Ma lei non è scapolo proprio in quanto prete cattolico ? " " Non scherziamo troppo su queste cose , che sono molto serie , " rispose l ' altro con una punta di rimprovero . " Io sono disposto ad accettare umilmente rinunce anche gravi , impostemi da chi guida la Chiesa , pur di continuare a esercitare il mio ministero . Ma credo di avere diritto alla mia opinione . E sono convinto che i preti protestanti sposati possono svolgere benissimo ( chissà , forse anche meglio di noi ) la loro missione . Del resto i tempi cambiano ; bisogna attendere con pazienza il futuro ... " " Ma come si fa a pensare , " intervenne la Lorella , " che qualcosa creato e voluto da Dio sia cattivo e da fuggire ? Dio può aver fatto soltanto cose belle e da amare ; altrimenti dove starebbe la sua infinita bontà ? " " Dici bene , Lorella , non lo nego . Ma chi siamo noi per pretendere di capire tutto ? È impossibile sfuggire alla domanda : perché ci sono le cose che a noi paiono cattive ? E non c ' è nemmeno bisogno di arrivare a parlare delle pratiche più riprovevoli del sesso . L ' amore , anche quello puro e sublime , può far soffrire immensamente l ' essere umano . Quasi ogni giorno c ' è un ragazzo o una ragazza che si uccide per amore . Si può pensare una cosa più orribile ? Ma io credo che il giudizio che noi diamo su quello che è buono o è cattivo risenta troppo spesso della nostra miopia , della nostra inadeguatezza . Il bene può essere anche dove non siamo capaci di vederlo . In fondo , quando uno ha letto la fine tragica di Romeo e Giulietta , è certamente spinto a sentirsi più in alto e più buono . " " Sì , è proprio così , " disse la Lorella . " Io non ho letto quella commedia ... " " Quella tragedia ! " interruppe ridendo Consigli . ... ma ho visto alla televisione la storia di Romeo e Giulietta . Fa piangere ; ma non fa male , fa bene . " Seguì qualche momento di silenzio . Ciascuno rimaneva impigliato in quei pensieri che difficilmente si riesce a esprimere pienamente , anche a se stessi . Consigli si domandava : devo dirlo o no come mi sembra che stiano realmente le cose ? Perché insinuare dubbi sulla bellezza e sulla bontà del mondo in chi dimostra di volerci credere con entusiasmo ? Naturalmente non pensava a don Rino : quello su certi argomenti la sapeva lunga . Ma Mario e Lorella ... Lui tempo addietro aveva intrapreso gli studi di scienze all ' università , proprio perché voleva capire come è fatto veramente il mondo . Certo , moltissime nozioni utili le aveva imparate e aveva allargato enormemente il suo orizzonte . Ma alla fine si era convinto che anche per quella via non si arrivava mai a scoprire quello che a lui sembrava " il nocciolo della questione " , cioè il perché e il come della condizione umana . Aveva rinunciato a laurearsi - pur continuando ad aggiornarsi come poteva - e si era dedicato invece a educare alla vita i bambini , cioè coloro che dovevano essere preparati a costituire in futuro una società civile e democratica . Sapeva benissimo che pochi lo approvavano , anzi che molti lo criticavano : ma quella era stata la sua scelta . Ora , ricordando quante volte lui stesso aveva insegnato che bisogna esprimere con franchezza il proprio parere , si risolse ad affrontare l ' argomento : " Sentite , amici miei , finché si parla di esseri umani , di alti sentimenti e di poesia , potrei anche esser d ' accordo con voi . Gli antichi Greci usavano un parolone , ` catarsi ' , per esprimere quel senso di purificazione che eleva l ' animo umano al termine di una tragedia . Ma al mondo non tutto è poesia ; e non ci sono soltanto gli esseri umani ... " " Ci sono anche le bestie ! " intervenne Mario , che già aveva intuito dove si andava a parare . " Certo , " ribatté don Rino . " Ma , come ben avvertiva san Francesco , la bontà di Dio discende verso tutte le sue creature . Io credo che un uomo offenda Dio anche quando fa soffrire inutilmente un animale . Il creato è buono . Solo gli uomini sono spesso molto cattivi . " " Sarà , " riprese perplesso il maestro , " ma io non ne sono così convinto . Nella scienza naturale sono noti mille casi in cui sembrerebbe proprio il contrario . Voglio farvi un esempio fra mille . C ' è un gruppo di vespe dal difficile nome scientifico , a proposito delle quali il grande Darwin scriveva che non poteva persuadersi che un Dio benefico e onnipotente le avesse create con l ' intento specifico che si cibassero dei corpi vivi dei bruchi . Infatti la vespa depone le uova nel corpo di un bruco , ma prima colpisce col suo pungiglione ciascun ganglio del sistema nervoso del poveretto , in modo da paralizzarlo totalmente senza ucciderlo . Schiusesi poi le uova , le larve si cibano di carne sempre fresca , guardandosi fino all ' ultimo dal distruggere i centri vitali della vittima . Il bruco si sente gradualmente straziare dentro , patisce atrocemente , ma non può reagire , non può muovere un muscolo . Quando poi non c ' è più nulla da mangiare e il bruco è svuotato , lo si lascia morire . " " Dio bono ! " sbottò Mario inorridito . " Sì , " riprese Consigli sorridendo amaramente , " forse hai detto giusto , anche senza volerlo . C ' è proprio da chiedersi se Dio e la natura esprimano soltanto bontà verso le proprie creature . L ' esistenza di cose così terribili pone angosciose domande , non solo ai credenti , ma anche ai laici come me . Perché tutto questo ? Ma vedi , alcuni pensatori di grande levatura affermano che la domanda è insensata ; dicono che semplicemente non c ' è un perché . Io non credo che abbiano del tutto torto . Ma allora mi assilla un dubbio ulteriore : perché ci poniamo quelle domande ? " Don Rino da qualche minuto guardava nervosamente l ' orologio e disse : " È tardi , Consigli . Io devo scappare e questi ragazzi devono correre a casa . Non è che io mi voglia sottrarre a questa discussione , intendiamoci . Anch ' io sono turbato , lo confesso ; ma sono aiutato dalla fede . Bisognerà ritrovarsi ed esaminare tutto con calma . " E s ' incamminò con passo elastico verso il convento , presso il quale aveva trovato ospitalità incondizionata da quei buoni padri . Ma già Mario correva a perdifiato verso il suo autobus , facendo segni disperati al conduttore , mentre la Lorella si avviava a malincuore verso la macchina , nella quale la mamma l ' attendeva un po ' spazientita . 5 . L ' importanza di essere un pomo " Le Dieu des chrétiens est un père qui fait grand cas de ses pommes et fort peu de ses enfants " [ " Il Dio dei cristiani è un padre che fa gran caso dei suoi pomi e ben poco dei suoi figli " ] . Così annotava Diderot nella sedicesima aggiunta ai suoi pensieri filosofici . Forse , trasportato un po ' dalla sua corrosiva vis polemica , si era dimenticato di dire che in realtà quello era il Dio degli ebrei ; un Dio che i cristiani si trovarono già bell ' e fatto così com ' era e che - spinti del resto da non disprezzabili ragioni di tradizione storica - ebbero poi l ' imprudenza di ereditare senza beneficio d ' inventario , accettando perfino quella bizzarra gelosia per le sue " pommes " . Sembrerebbe che nel pensiero espresso dal filosofo i figli di cui Dio non si curerebbe abbastanza fossero gli esseri umani . Ma in verità Diderot era troppo fino per accettare senza obiezioni quella ben nota noncuranza per le sofferenze degli animali , che era abbastanza abituale ai suoi tempi . Infatti in una successiva riflessione , parlando della condanna della donna a partorire nel dolore : la donna - egli dice - era in fondo una peccatrice , ma che gli avevano fatto ( al Creatore ) le femmine degli animali , che pure generano con dolore ? Il buon maestro Consigli dunque non aveva tirato fuori cose troppo nuove . Cartesio se la cavava immaginando che gli animali fossero soltanto macchine : meravigliose sì , ma pur sempre macchine . E noi dobbiamo riconoscere che i robot che oggi sono capaci - e ancor più lo saranno domani - di fare cose strabilianti , sono appunto macchine . Tuttavia non possiamo ignorare che qualcuno comincia ormai a non essere più tanto sicuro che gli elaboratori di grande complessità siano necessariamente privi di sentimenti e di sofferenze ( si rammentino , per esempio , le suggestioni di 2001 : Odissea nello spazio ) . Ma lasciamo stare la fantascienza . È innegabile che la sensibilità del pubblico generale nei riguardi degli animali è oggi in larga misura cambiata rispetto a quella che era molto diffusa una volta . Chi , possedendo e amando un cane , può dubitare che quello sia capace di soffrire ? Certo si può sensatamente obiettare che , per sapere se le cose stanno veramente così , bisognerebbe entrare nella testa del cane . I segni esteriori di sofferenza potrebbe darli anche una macchina . E non è affatto inimmaginabile che si arrivi a costruire un automa elettronico che , alla nostra domanda se soffra , risponda con un lamento e affermi : sì , sto soffrendo . Ma attenzione ! Siamo su una china pericolosa . Per quella via si arriva facilmente a dubitare che anche i nostri simili umani soffrano , dato che , per quanti segni esteriori essi diano , noi non possiamo mai entrare nella loro testa . Tutto questo è vero ; eppure la compassione e l ' empatia sono costituenti irrinunciabili della nostra natura , sì che negandole negheremmo noi stessi . Soffrire nel vedere in altri i segni della sofferenza fa parte della nobiltà della natura umana . Dostoevskij nell ' Idiota afferma : " La compassione è la più importante e forse l ' unica legge di vita dell ' umanità intera " . Del resto nessuno può dimenticare il dantesco : " E se non piangi , di che pianger suoli ? " . Fra le due posizioni estreme - quella che gli animali abbiano una sensibilità di tipo umano e quella che li vuole assolutamente insensibili - ce n ' è una più ragionevole , anch ' essa espressa bene da Dante . È l ' affermazione della tradizione aristotelico - tomistica seguita dal poeta , " che vuol quanto la cosa è più perfetta / più senta il bene e così la doglienza " . Può essere un pregiudizio , confessiamolo pure , ma anche coloro che ne negano la validità , non se ne liberano mai sul serio ; altrimenti non si avvierebbero mai a una passeggiata nel bosco , dissuasi dal timore di calpestare centinaia di formiche e di altre innocue bestioline ; né prenderebbero mai un antibiotico , ben sapendo che con quello uccidono miliardi di poveri germi ! Certo per applicare la massima di Dante a quanto stiamo discutendo bisogna credere che un essere umano sia più " perfetto " di un verme ; e qualcuno potrà obiettare che una tale affermazione è solo segno di ingenua presunzione . Riconosciamo pure che questo è anche vero , nel senso che il verme è " perfettamente " adatto a fare quello che fa e a sopravvivere nel suo ambiente . In realtà si tratta solo di un uso un po ' antiquato del concetto di perfezione , che di per sé può significare molte cose diverse . Forse oggi preferiremmo parlare piuttosto di complessità che di perfezione ; ed è certo che il sistema nervoso dell ' uomo è enormemente più complesso di quello del verme . Che poi questo significhi che l ' essere umano sia capace di soffrire più del verme è un ' inferenza non garantita da alcuna prova sicura . Ciononostante noi viviamo come se fosse proprio così e ci è difficile dar credito a chi lo nega . Tutto quello che si potrebbe supporre abbastanza sensatamente è che l ' uomo , più degli animali cosiddetti inferiori , sia conscio di soffrire ; e probabilmente qualcuno vorrebbe aggiungere che proprio questa è la vera sofferenza . Comunque , anche accettando l ' ipotesi della maggiore o minore capacità di soffrire e pensando che essa sia massima nell ' uomo , il discorso sarcastico di Diderot non perde molta della sua incisività . Anzi , può lasciare il pio credente ancora più perplesso di prima . Infatti , mentre l ' uomo può sperare in un compenso nell ' aldilà , che cosa può aspettarsi il verme in cambio della sua più o meno grande sofferenza ? Non è crudele farlo patire senza alcuno scopo ? È difficile non cedere all ' umana tentazione di colpevolizzare qualcuno per la propria e l ' altrui sofferenza . Questa non lodevole abitudine può magari portarci a prendercela con la natura , come faceva Leopardi , quando gridava a se stesso : " Ormai disprezza / te , la natura , il brutto / poter che , ascoso , a comun danno impera ... " . Una concezione più moderna - che da qualcuno molto impropriamente viene supposta ateistica - non nega che possa esserci stato un creatore dell ' universo ( qualunque cosa si voglia intendere per creazione ) ; ma non può ammettere che costui , una volta costruito questo immenso marchingegno e datagli la spinta iniziale , sorvegli con ansietà la sua creatura e intervenga continuamente a violare le leggi che egli stesso ha stabilito , allo scopo di modificarne quelle conseguenze che non gli vanno a genio . Si arriva allora alla teoria della suprema indifferenza , quella che lo stesso Leopardi , quando è meno stizzito e più lucido , esprime con le amare parole : " Ma da natura / altro negli atti suoi / che nostro male o nostro ben si cura " . La teoria dell ' indifferenza non viene di solito accettata di buon grado , perché rende molto arduo - per tutti quelli che ci credono - continuare a sperare nella divina provvidenza ed essere così aiutati a sopportare le sventure . L ' autore di queste pagine ( gli si perdoni un vivo ricordo personale ) aveva molti anni fa un amico , ormai scomparso , frate domenicano di rara intelligenza e apertura mentale . Una volta , durante la guerra , sentendo qualcuno pronunciare la frase stereotipa : " siamo nelle mani della provvidenza , " non poté trattenersi dall ' esclamare : " In che brutte mani siamo ! " . Che era successo ? Aveva forse perduto la fede , bestemmiava ? Assolutamente no ; la sua fede era salda . Voleva solo osservare realisticamente che per arrivare a invocare un improbabile intervento dall ' alto bisognava trovarsi proprio male ! Lui credeva in un Dio molto al di sopra dei terreni desideri o timori umani . Lasciando stare la teologia e spostandoci su un piano ben differente , non possiamo fare a meno di affermare che la teoria dell ' indifferenza va perfettamente d ' accordo con le migliori risultanze della scienza contemporanea . Si tratta della ben nota fusione del vecchio - ma sempre valido - concetto darwiniano di selezione naturale con le conoscenze derivanti dalla scoperta del codice genetico e delle sue casuali mutazioni . Riassumiamo in pochissime - e di conseguenza quanto mai inadeguate - parole di che si tratta . I caratteri di un essere vivente sono dettati da certe complesse strutture molecolari che si chiamano geni e che nel loro insieme costituiscono il genoma o genotipo di quell ' individuo . I geni - per varie cause , sulle quali ora non ci soffermiamo - sono soggetti a subire ogni tanto dei cambiamenti . Una mutazione del genotipo ha per conseguenza una mutazione del fenotipo , cioè della costituzione e del comportamento dell ' essere vivente . Se la mutazione è favorevole , quel fenotipo è più adatto a sopravvivere nel suo ambiente e quindi ad avere discendenti , ai quali passerà in eredità il suo mutato genoma : in tal modo può anche nascere una nuova specie . Se invece la mutazione è sfavorevole , minore ( o nulla ) sarà la probabilità che quella varietà di essere vivente si propaghi : prima o poi il nuovo genotipo e il suo fenotipo si estinguono . Con questo meccanismo è avvenuta ( e avviene tuttora ) l ' evoluzione delle specie . Per quanto ne sappiamo a tutt ' oggi , le mutazioni avvengono a caso ; e questo desta non poche perplessità . Ma Monod ( Il caso e la necessità ) afferma senza mezzi termini : " Il caso puro , il solo caso , libertà assoluta ma cieca , sta alla radice del prodigioso edificio dell ' evoluzione ; oggi questa nozione centrale della biologia non è più un ' ipotesi fra le molte possibili o perlomeno concepibili , ma è la sola concepibile in quanto è l ' unica compatibile con la realtà quale ce la mostrano l ' osservazione e l ' esperienza " . Tutto si svolge dunque a caso . Ma la selezione naturale fa sì che le cose vadano " come se " l ' unico interesse e scopo di un gene fosse quello di continuare a sussistere e di propagarsi nei successivi esseri viventi , senza alcun riguardo per la maggiore o minore sofferenza dell ' individuo del quale fa parte . Si può arrivare a parlare ( Dawkins ) di gene egoista . Quanto alla natura , essa è certamente indifferente a quanto accade alle " pommes " di Dio o agli esseri umani . Già Chamfort ( Massime ) scrisse sapidamente : " Qualcuno diceva che provvidenza è il nome di battesimo del caso ; qualche devoto dirà che caso è un soprannome della provvidenza " . In un certo senso avevano ragione tutti e due ! Infatti , se è vero che tutto avviene per puro caso , non si può che rimanere strabiliati nel constatare che il caso ci ha portato a risultati così incredibili , quasiché un sapiente architetto li abbia progettati . Il guaio è che non abbiamo alcun modo per dimostrare che l ' architetto c ' è stato veramente . Anzi , poiché quell ' immagine si rifà inevitabilmente a un ' esperienza umana , in cui un uomo provvisto di speciali competenze prima progetta e poi , valendosi di materiali e di leggi già esistenti , costruisce l ' edificio , è impossibile sottrarsi alla conclusione che stiamo ancora parlando di uomini e non di dèi . 6 . Gli altri : che scocciatura ! L ' apparire della visione biologica testé descritta , porta necessariamente a domandarci : che ne è oggi dei concetti di bene , di male , di etica , di morale ? Che ne è dei valori , la cui supposta " perdita " fa stare tanti valentuomini con il fazzoletto in mano per asciugarsi il pianto ( magari non del tutto sincero ) ? Non è forse venuto il momento di riesaminare tutta la questione con un ' attrezzatura un po ' più critica e sensata di quella del passato ? Attualmente ci sono in proposito tre atteggiamenti differenti , abbastanza diffusi . 1 ) Il primo è solo l ' intransigente arroccamento sulle posizioni tradizionali , che attribuiscono a tutti quei concetti un contenuto oggettivo , indipendente dalle credenze e dalle circostanze umane , se non addirittura trascendente e dettato da Dio . ( E in quest ' ultimo caso sono divertenti le dispute su che cosa veramente Dio abbia voluto dettare . ) 2 ) Il secondo atteggiamento - spesso egualmente intransigente - è quello di chi , estendendo in modo indebito le scoperte moderne della genetica , butta tutto sul biologico e considera i suddetti concetti come ormai in tutto superati dalla concezione scientifica dell ' indifferenza . 3 ) Il terzo atteggiamento - molto più saggio , ci si permetta di dirlo - è di chi , senza trionfalismi , ma anche senza sciocchi " rimpianti " del buon tempo antico , prende atto delle conquiste della scienza moderna e indaga in quel quadro il sorgere delle varie assiologie , il loro significato e la loro importanza per la sopravvivenza e lo sviluppo dell ' umanità . Qui ci atterremo senz ' altro alla terza delle concezioni indicate , anche se , essendo la meno semplicistica , è anche ovviamente la meno semplice da seguire in tutti i suoi risvolti . Naturalmente vogliamo arrivare a parlare di noi stessi , cioè della specie homo sapiens sapiens . Per quanto riguarda i cosiddetti " animali inferiori " , la loro etologia è certamente fissata in larga misura - ma , a quanto appare dalle indagini moderne , non proprio sempre e interamente - dal loro patrimonio genetico . Per fare un semplice esempio , le formiche di una certa specie costruiscono il formicaio , seguendo un certo modello , che è come disegnato e stampato al loro interno . Quel modello è il risultato di un lungo processo di selezione . Se , per ipotesi assurda , una formica un po ' bizzarra si discostasse molto dal procedimento tradizionale della sua specie e convincesse le sue compagne a imitarla , quella specie ( quasi certamente ) si estinguerebbe . Quanto detto non esclude affatto che il genoma di un animale sia così congegnato da indurlo anche a tutta una serie di comportamenti che noi , col nostro metro umano , classificheremmo come " morali " . Prima di tutto è abbastanza generalizzata la proibizione di uccidere i propri simili . La spiegazione di questo comportamento è addirittura banale . Se gl ' individui di una stessa specie si uccidono fra loro , la specie ha una notevole probabilità di estinguersi . Ma stiamo attenti : questa proibizione è soggetta anche a eccezioni . Si tratta di quei casi in cui l ' uccisione dei propri simili - e perfino il cannibalismo ! - trovano giustificazione proprio nel vantaggio del gene egoista . Campioni di questa naturale trasgressione sono certi insetti . Per esempio , le coccinelle - pur così graziose - si rivelano esseri feroci : quando una scarsezza di naturali risorse minaccia la propagazione del gruppo , non esitano a divorare le loro simili più giovani o appena nate . Tuttavia negli animali cosiddetti superiori è abbastanza diffusa la regola del " cane non mangia cane " . I moderni studi di sociobiologia vanno molto più in là e arrivano a giustificare con la selezione naturale perfino l ' altruismo . Fanno osservare che un membro del mio gruppo ha grande probabilità di avere alcuni geni uguali ai miei : aiutandolo a sopravvivere , aiuto quei geni ( benché egoisti come tutti i geni ) a continuare a sussistere e a propagarsi . Ma tutto quello che abbiamo detto ci appare come pura etologia , non etica nel senso umano . Per quanto riguarda l ' uomo , le cose sono molto più complicate . Prima di tutto sgombriamo il terreno da un ingenuo pregiudizio , abbastanza diffuso fra molti che si credono saggi . Si tratta di coloro che vogliono a tutti i costi che i nostri comportamenti siano tutti e soltanto appresi e non derivino anche dalla nostra costituzione genetica . Per vedere che è una sciocchezza basterebbe riflettere banalmente che , se il patrimonio genetico non fosse tale da impartire al fenotipo la capacità di apprendere - anzi una spiccata propensione a farlo , soprattutto mediante la curiosità - non vi sarebbero comportamenti appresi . È vero che molti animali superiori hanno almeno un barlume di tale capacità e possono essere ammaestrati . Ma proprio il fatto che , pur lasciandoci ammirati , essi rimangono ben lontani dall ' imparare a fare tutto quello che fa l ' uomo , dimostra che le loro strutture genetiche non sono adatte a quei compiti . E indubbio che altrettanto ingenuo sarebbe , per converso , supporre che tutto quello che facciamo stesse scritto così com ' è nel nostro patrimonio genetico . Se questo fosse proprio vero , parleremmo tutti la stessa lingua e crederemmo tutti nello stesso Dio ! Tuttavia si faccia attenzione : nel genoma umano c ' è fissato molto di più di quanto generalmente si creda . A questo proposito - tanto per fare un esempio - è sommamente interessante quanto è stato recentemente descritto di un gruppo di qualche centinaio di bambini del Nicaragua , affetti da sordità congenita . Ciascuno di essi era vissuto , fin quasi dalla nascita , praticamente isolato da rapporti con adulti . Dopo alcuni anni di convivenza nel gruppo , quei bambini hanno sviluppato un linguaggio gestuale assolutamente originale , che contiene nomi e verbi , sottopone questi ultimi a una rudimentale coniugazione e distingue perfino il soggetto dall ' oggetto ! Ciò - sia detto per inciso - va d ' accordo con le idee di Chomski sull ' esistenza di una grammatica universale innata . La posizione di quasi tutti gli studiosi moderni è che il comportamento umano derivi da un ' inestricabile interazione fra i geni e l ' ambiente ( anche umano , ovviamente ) , o - come spesso si dice più volgarmente - fra natura e cultura . Continua certamente a sussistere in noi la propensione a seguire la primitiva etologia animale , ma il comportamento si complica notevolmente quando - immaginando tutta una pluralità di mondi possibili alla Leibniz - cominciamo a capire e a pesare le conseguenze del nostro agire in un modo piuttosto che in un altro . Inoltre è di enorme importanza il nascere negli uomini della coscienza di essere liberi di scegliere la via da seguire . ( Ma qui non vogliamo certo risollevare la vetusta controversia del libero arbitrio . ) Ne scaturisce un nuovo originalissimo concetto , che ci fa passare dalla pura etologia del " fare " all ' etica del " dover fare " . Sorge subito la domanda : perché tutto questo ? Qual è per la nostra specie il vantaggio selettivo del passare dal fare al dover fare ? Cominciamo col dare una prima risposta , che è abbastanza facile , ma probabilmente non del tutto sufficiente . I comportamenti dettati puramente dall ' impianto genetico sono in numero magari grande , ma necessariamente limitato . Le condizioni di vita degli esseri umani divengono invece sempre più complicate e le possibili nuove evenienze sono innumerevoli . Soltanto un enorme elaboratore qual è il nostro cervello può tentare di far fronte a tutto , purché inoltre l ' utilizzatore abbia intera libertà di giudizio e di scelta . La continua scelta diviene una componente essenziale della vita umana . Gli uomini , fin dal più lontano paleolitico , hanno vissuto in piccoli gruppi e hanno senza dubbio ereditato per via genetica quelle prescrizioni di comportamento del " cane non mangia cane " , che abbiamo già riconosciute comuni a moltissimi animali . Ma è facile presumere che con lo sviluppo di enormi facoltà intellettuali , col sorgere del linguaggio e della trasmissione culturale , si siano resi ben conto che era necessario darsi delle regole di comportamento al di dentro del gruppo , a vantaggio di tutti . Bisognava costantemente tener conto degli altri . E altamente probabile che - almeno agli inizi - non avessero chiara coscienza che in tal modo stavano stringendo un vero e proprio patto sociale ; ma lo stipulavano di fatto . Ed è anche probabile che quei gruppi che erano più lenti o più restii nello stipularlo risultavano perdenti e rischiavano l ' estinzione . Non sarà proprio così , cioè per via di " selezione culturale " , che nel nostro patrimonio genetico cominciò a inscriversi la norma fondamentale di ogni convivenza civile : pacta sunt servanda ? Non ne abbiamo le prove , né mai le avremo ; ma ci atterremo a questa come a un ' ipotesi molto verosimile . Certamente col mesolitico e soprattutto poi col neolitico la vita associata ebbe uno sviluppo enorme . Dalla pura caccia e raccolta si passa all ' agricoltura , alla domesticazione degli animali , alla divisione del lavoro ; nascono la città con le sue fortificazioni e il suo esercito , lo stato , il diritto , la legge . La compravendita mediante denaro , forse più di ogni altra istituzione , denuncia chiaramente l ' esistenza di un patto . La legge , prima orale poi scritta , farà nascere un vero e proprio contratto sociale . Come un giorno dirà Rousseau ( Du contrat social ) , il fine del contratto è : " Trouver une forme d ' association qui défende et protège de toute la force commune la personne et les biens de chaque associé , et par laquelle chacun s ' unissant à tous n ' obeisse pourtant qu ' à lui - même et reste aussi libre qu ' auparavant " [ " Trovare una forma di associazione che difenda e protegga con tutta la forza comune la persona e i beni di ciascun associato , e per la quale ciascuno unendosi a tutti non obbedisca tuttavia che a se stesso e resti libero come prima " ] . L ' ultima frase è essenziale . Bellissima poi è la nota di Rousseau , quasi intraducibile in italiano : " les maisons font la ville , mais les citoyens font la cité " . E la fanno proprio in virtù del patto . A questa rivoluzione epocale conseguì fra l ' altro uno sviluppo demografico senza precedenti . I diversi gruppi umani , ormai numerosi e potenti , cominciarono a gareggiare mediante la concorrenza commerciale , ma più spesso con le armi . I gruppi che non avevano un patto sociale efficiente e rispettato venivano più facilmente eliminati dalla scena . Accanto all ' etologia di ogni animale , che bada soprattutto - ma non soltanto , come già detto - alla sopravvivenza dell ' individuo , si sviluppa necessariamente e viene inscritto nel genoma l ' impulso a compiere quelle azioni che sono necessarie alla preservazione del gruppo . Il fare e il dover fare : due leggi , spesso contraddittorie , regnano ormai nell ' animo umano . E , data la complicazione dei casi nei quali esse si scontrano , i millenni non sono ancora stati sufficienti per conciliarle interamente . Non per niente Sartre ( Huis clos ) esclamò : " L ' enfer , c ' est les autres " . Ed è proprio la frequente contraddizione fra le due leggi che fa nascere la meraviglia , la speculazione sull ' originale condizione umana . Fra l ' altro obbliga a trovare , per distinguere e intendersi , una nuova terminologia . Ma è dubbio che dietro di essa si debba vedere qualche cosa di più di una serie di definizioni . Così la naturalissima tendenza a fare il proprio interesse diviene il " riprovevole " egoismo , mentre la tendenza a fare gli interessi degli altri o del gruppo diviene il " lodevole " comportamento morale . Quando un individuo non segue quest ' ultimo , diviene preda del senso di colpa e del rimorso . E uno stato d ' animo piuttosto spiacevole ; ma , poiché persuade l ' individuo a comportarsi diversamente la prossima volta , alla fin fine torna a vantaggio del gruppo e dei suoi geni . Forse a questo punto possiamo inserire qualche parola su quell ' atteggiamento ancor più ossessionante ( e ridicolo ) dell ' egoismo che è chiamato egocentrismo . Spesso è insopportabile . Ma bisogna partire dalla presa di atto che nel fondo tutti siamo egocentrici e non fingere di non saperlo . È cosa naturale e perciò non deve scandalizzare . Volere primeggiare e attrarre l ' attenzione di tutti è una 56strategia abbastanza ben giustificata per arrivare a proteggere i propri geni . Ma diventa pagliaccesca e addirittura controproducente quando assume i caratteri di un vizio , quando spinge a parlare ininterrottamente ( magari urlando ) senza ascoltare , a mettersi in mostra a ogni occasione , a non tener conto che nel patto sociale c ' è anche il rispetto della personalità degli altri . La cosiddetta buona educazione è un atteggiamento civile , corollario appunto del patto sociale . L ' egocentrismo si risolve spesso in pura maleducazione . 7 . Vendetta , tremenda vendetta Ebbene , con tutto il rispetto dovuto a un grandissimo come Kant - che ammirava il cielo stellato sopra di sé e la legge morale dentro di sé ( Critica della ragion pratica ) - decidiamoci a riconoscere che tutto quello che vi è in natura può destare il più alto stupore . Lo desta indubbiamente il cielo stellato sopra di me ; ma in eguale misura lo destano sia la legge morale che è dentro di me , sia l ' istinto di conservazione individuale , che è pure dentro di me . Non è affatto vero che la prima sia più mirabile del secondo . Del resto lo stesso Kant afferma che le nostre azioni non ci risultano affatto ordinate da Dio : " al contrario , ci sembrano ordinate da Dio perché ci sono imposte da una nostra legge interiore " . E non è forse una nostra legge interiore anche quella che ci ordina l ' autoconservazione ? Il tentare di spiegare con considerazioni scientifiche per quale via tutti e due quegl ' impulsi - ormai interiorizzati - siano sorti , si siano sviluppati e per selezione naturale siano stati incorporati nel patrimonio genetico non sminuisce in nessun modo la grandezza dell ' universo , il misterioso fascino della natura , la nobiltà dell ' uomo , la sublimità del suo creatore ( se vi è stato ) . E se vogliamo chiamare morale l ' azione che mira a conservare la specie attraverso la preservazione degli altri , anziché dell ' individuo che agisce , facciamolo pure . Siamo liberi di definire quello che vogliamo . Ma non fingiamo d ' ignorare che la preservazione dell ' individuo mira esattamente allo stesso scopo . A questo punto , al fine di chiarire bene il concetto , converrà inserire qualche parola sulla vendetta e sulla sua ( quasi ) generale condanna . Ebbene , la vendetta - secondo la stessa definizione testé data - risponde a un impulso altamente morale ! Chi la esercita non ci guadagna nulla , anzi quasi sempre rischia . ( Il povero Rigoletto - certo senza saperlo coscientemente - in quel modo rischia e sacrifica addirittura la vita dell ' amata figlia . ) Ma il vendicatore di regola si sacrifica in favore di tutti gli altri . Infatti va a finire che nel gruppo primitivo un individuo evita di compiere certe azioni dannose a un altro individuo , proprio perché teme la vendetta di costui . E un deterrente che di solito funziona bene . Ciò non toglie che , quando avanza la civiltà , si scopre che è mille volte meglio delegare il deterrente alla società formalmente costituita , cioè allo stato ; ma ci risparmieremo lo sviluppo delle serie ragioni , facilmente intuibili , per cui ciò è vero . Nasce così il concetto di giustizia pubblica e il patto di rispettarla . Quanto sono ridicole le protestazioni - udite fino alla nausea - di coloro che affermano virtuosamente di non volere vendetta , ma solo giustizia ! Pare impossibile che così pochi si chiedano : e perché la vogliono proprio quelli ? Forse perché sono parenti delle vittime ? Ma andiamo ! La giustizia devono volerla egualmente tutti i cittadini . L ' espressione continuamente usata e abusata , " farsi giustizia da sé " , è semplicemente idiota . E ancor più idiota è affermare che giustizia chiedono i morti . Eppure è molto , molto difficile liberarsi da quell ' impulso - in sé naturalissimo , ripetiamo - che ci spinge a inscrivere l ' istinto di vendetta addirittura nel campo dei sentimenti onorevoli . La mente corre subito , naturalmente , alle consorterie della criminalità organizzata ( gli uomini d ' onore ) ; ma limitarsi a ciò è quanto mai semplicistico e riduttivo . Dobbiamo proprio ricordare la canzone in cui il pio Dante afferma : " Ché bell ' onor s ' acquista in far vendetta " , o ignorare le mille volte che Dante stesso - e una folla di autori di tutte le letterature - parlano nientemeno che della vendetta di Dio o del Cielo ? Ma , una volta accettata la visione sopra esposta , che ne è del male e del bene , di cui parliamo continuamente ? Dovrebbe esser chiaro che non si tratta di enti trascendenti oggettivi , bensì di due delle innumerevoli ipostatizzazioni , di cui gli uomini da che mondo è mondo si sono resi responsabili . Prima si introduce un concetto astratto , che ci è utile per capirsi in modo sintetico ; quindi si attribuisce a esso un ' entità sostanziale , che in realtà non c ' è . Non ci si limita a riconoscere che abbiamo semplicemente introdotto una parola per esprimere un concetto da noi stessi costruito . No : si crede possibile tirar fuori dalla parola il vero contenuto di quel concetto . Quanti insigni pensatori hanno sprecato il loro tempo dietro a quei venerabili fantasmi ! Non stiamo scoprendo nulla di nuovo . Infatti , è ben noto che il pregiudizio è molto antico . Vi fu una ( quasi ) unanime oggettivazione del Bene e del Male da parte dei filosofi antichi e medievali . Per Platone ( Repubblica ) , come il Sole illumina , rende visibili e alimenta le cose sensibili , così il Bene rende conoscibili gli oggetti intelligibili e conferisce a essi l ' esistenza . A complicare le cose ci si misero poi le religioni , con i loro dèi , angeli , arcangeli , santi ecc. da una parte , nonché con le schiere di diavoli e di geni malevoli dall ' altra . Gli uni impersonano e difendono il bene , mentre gli altri impersonano e difendono il male , in un ' eterna battaglia , combattuta sulla pelle degli uomini . Tuttavia si farebbe torto ad alcuni pensatori più vicini a noi , affermando che nel passato si è sempre creduto a un contenuto puramente oggettivo del bene e del male . Per esempio Spinoza ( Ethica ) dice testualmente : " Bonum et malum quod attinet , nihil etiam positivum in rebus , in se scilicet consideratis , indicant , nec aliud sunt , praeter cogitandi modos , seu notiones , quas formamus ex eo , quod res ad invicem comparamus . Nam una eademque res potest eodem tempore bona , et mala , et etiam indifferens esse " . [ " Per quel che riguarda il bene e il male , neanch ' essi indicano qualcosa di positivo nelle cose , cioè considerate in sé , ed essi non sono altro se non modi del pensare , o nozioni che formiamo perché confrontiamo le cose fra di loro . Infatti una sola e medesima cosa può essere allo stesso tempo buona e cattiva e anche indifferente " ] . Fra i contemporanei nostri poi moltissimi hanno decisamente cominciato ad affermare che la valutazione è puramente soggettiva . E infatti , proprio come Spinoza , fanno notare che essa è diversa da individuo a individuo , da luogo a luogo , da epoca a epoca . Fecero male o fecero bene i congiurati che uccisero Giulio Cesare ? Fecero male o fecero bene i vandeani a opporsi alla Rivoluzione ? Fecero male o fecero bene gli americani a costruire la bomba atomica ? Sembra impossibile : ma alcuni pensatori piuttosto attardati ne discutono ancora , naturalmente senza alcun risultato che possa incontrare approvazione generale . Vi è anche chi stenta addirittura ad afferrare il concetto della imperturbabile indifferenza della natura e arriva a invocare la pioggia ( il bene ) o a scongiurare i terremoti ( il male ) . La tempesta che nel 1588 semidistrusse l ' Invencible Armada fu un bene per gli inglesi , un male per gli spagnoli . C ' è da giurare che qualcuno nelle cattedrali britanniche ringraziò Dio per il beneficio , mentre qualcuno dei sudditi di Filippo II ( e forse lo stesso re ) si diede a far penitenza dei suoi peccati , perché certamente quella era stata una punizione di Dio . Ma veniamo a qualcosa di ben più importante , qualcosa che è divenuto addirittura assillante nell ' epoca contemporanea . Che dobbiamo fare con tutte le nuove , meravigliose e spaventose possibilità che ci offre la scienza ? Probabilmente fra qualche centinaio di anni i nostri discendenti si meraviglieranno della pervicacia dimostrata dagli uomini della fine del ventesimo secolo nel voler tirar fuori dai logori concetti di bene e di male , supposti " oggettivi " , le risposte sul da farsi in situazioni che né la naturale evoluzione né le religioni tradizionali potevano minimamente prevedere . Da quella parte le risposte " giuste " non possono venire , semplicemente perché le relative domande non erano mai state poste ! È venuto il momento di convincersi che , prima di statuire per contratto sociale che cosa dobbiamo fare , bisogna ben consultarsi su che cosa vogliamo fare . L ' unica via veramente razionale sta nella ricerca scientifica seria , unita alla democrazia . Questo non significa che si possa ammettere a priori di esser liberi di fare tutto quello che si vuole . Infatti della vecchia e gloriosa etica tradizionale c ' è certamente una massima irrinunciabile , proprio perché si può star sicuri che è voluta da tutti e sarebbe facilmente sancita da qualsiasi referendum . È quella contenuta nel quarto articolo della dichiarazione dei diritti dell ' uomo del 1789 : " La libertà consiste nel poter fare tutto quello che non nuoce altrui " . E appunto per stabilire fondatamente che cosa non nuoce altrui - anche e soprattutto , si badi bene , alle generazioni future - la ricerca scientifica dovrà procedere intensamente . Ma , se proprio ci teniamo , continuiamo pure a parlare con solennità dei comitati di bioetica . Il nome conta poco . 8 . Dimmi come parli Il signor Bartoni era da anni impiegato al catasto . Ma ogni giorno , terminato coscienziosamente il suo lavoro , s ' immergeva nella lettura di buoni libri o in solitarie meditazioni , sì da meritarsi indubbiamente la qualifica di uomo colto e intellettuale . Non era affatto entusiasta del suo mestiere , per il quale non sentiva " vocazione " . Ma chi - si domandava per consolarsi - ha la vocazione di fare l ' impiegato del catasto ? Einstein non aveva forse lavorato all ' ufficio brevetti in Svizzera ? Melville non era finito in un servizio di dogana a New York ? Kafka non era stato alle dipendenze di una compagnia di assicurazioni a Trieste ? Bastava sapere aspettare : e poi chissà . Gli piaceva assumere dinanzi a se stesso l ' atteggiamento dell ' uomo saggio , che prende atto del mondo come è e non si lascia scuotere nella propria atarassia . E poi chi mai è contento del lavoro che fa e del ruolo che gli altri gli assegnano nella vita ? Ognuno è sicuro di essere sottovalutato , ma non deve prendersela per questo . Sì , eppure ... eppure nel subconscio qualcosa continuava a tormentarlo . E lui - molto spesso senza rendersene conto - si sfogava di quel qualcosa pungendo gli altri con amara ironia . Ma non era cattivo ; del resto , quella ironia la rivolgeva imparzialmente ( o quasi ) anche a se stesso . Quando si dava a riflettere , abbandonandosi al suo malinconico umorismo , gli piaceva recarsi a passeggiare in un luogo solitario , nelle periferie più anonime della città , dove gli amici intellettuali di buon gusto non si incontrano proprio mai ; tanto lui - affermava a se stesso , ridendo per primo di quella megalomania - guardava soprattutto dentro di sé . E poi , anche se guardava fuori , come faceva in realtà ... qualcuno ( Gide ) non aveva detto : l ' importanza sia nel tuo sguardo , non in quello che guardi ? Ma non sempre si recava in periferia . A volte seguiva proprio la strategia opposta . Infischiandosene dei dettami dei salutisti , andava a sedersi a un tavolino all ' aperto di un caffè situato nel punto più nevralgico della città , in mezzo alla confusione infernale di una folla che andava e veniva , sempre indaffarata e affrettata , nonché al crepitare e strombazzare di veicoli perennemente in ingorgo . Diceva a se stesso ( ma sapeva benissimo di non scoprire nulla di originale ) che lì , fra tutte quelle facce anonime , si trovava la vera solitudine , quella triste , spessa , da tagliarsi col coltello : quella che , trascurando i troppi particolari , ci fa scorgere cose di grande importanza . Quel giorno era proprio seduto al solito tavolino e si stava ripetendo le cose pensate mille volte , quando la sua attenzione fu attratta da un curioso giovane azzimato , con una bella cravatta a farfallino , che , venendo dall ' interno del bar , era comparso sulla porta e guardava ansiosamente di qua e di là . Teneva con una mano una tazzina di caffè e con l ' altra le reggeva sotto il piattino . Bartoni , vedendo che tutti i tavolini erano occupati , gli si rivolse gentilmente , invitandolo : " Se vuoi sedersi qui , c ' è una sedia libera . " Quello fu per un po ' titubante , poi si decise e si sedette , dicendo : " Grazie . Buon giorno e buona giornata . " Bartoni alzò un po ' le sopracciglia , meravigliato dall ' insulsa ridondanza . Comunque stese la mano e disse : " Permette ? Bartoni . " " Ah ... come l ' attore Barton . " " Forse vuol riferirsi all ' attore Burton [ pronunciato correttamente ]..." " Alla televisione , l ' ho sentito benissimo , dicono Barton . " Bartoni rimase un po ' perplesso . Ribattere pedantemente o lasciar correre ? Poi non poté fare a meno di chiedere : " Ma lei impara a parlare dalla televisione ? " L ' altro sembrò non poco infastidito dalla domanda , che aveva l ' aria di una presa di bavero , e ribatté : " Esatto . Guardi ... " "Guardo..." "...mi consenta ... " " Le consento ... "...guardi, mi consenta un attimo . La televisione è ... come dire ... un fatto pubblico nazionale ed è ... così ... un attimino attenta nei confronti di come parla , no ? " " Veramente la televisione di ` confronti ' ne fa pochi , soprattutto con i vocabolari - italiani e stranieri - e con i buoni libri . " " Ecco l ' autogol : i libri , me l ' aspettavo ; ora possono partire le immagini ... " " Partono ? E dove vanno ? " " Lei sicuramente dovrebbe essere ... il condizionale è d ' obbligo ... così ... diciamo un intellettuale . " Bartoni stava pensando : non c ' è speranza con questo . È meglio cambiare discorso : " Non mi ha detto ancora chi è lei . " " Chi sono ? Sono un poeta . " " Veramente questa è già stata detta . Ma che fa per vivere ? " " Cosa faccio ? Scrivo . " " Anche questa è stata detta . E come si chiama ? " "Chicco." " Chicco ... di nome o di cognome ? " " Fa lo stesso . Il nominativo completo è inutile . " " Ah , già : un poeta lo conoscono tutti con il nome di battaglia . " "Esatto." Bartoni fece alcuni sforzi non affatto convinti per ricordare se per caso avesse visto da qualche parte una poesia firmata Chicco , ma invano . Ebbe anche voglia di scherzare su quel noto verso di Dante che parla del " bel paese là dove l ' esatto sona " . Poi si disse ancora una volta che era meglio piantarla lì . Intanto l ' altro guardava nervosamente l ' orologio ed esclamava con impazienza : " Perbacco , si fa tardi ; si sta sforando ! " " Aspetta qualcuno ? " " Esatto . Dovrebbe proprio arrivare ... come dire ... il condizionale è d ' obbligo ... no ? " " Eh , con le donne non si sa mai . " Chicco rimase un po ' interdetto , quindi ribatté : " Guardi , mi consenta un attimo . Chi le ha detto che aspetto ... diciamo ... una donna ? " Ahimè , disse fra sé Bartoni , forse , chissà , ho fatto una gaffe . Ma guarda un po ' , proprio io che non ho nessun pregiudizio in proposito e che vado predicando saggiamente che se lui è diverso da me , io sono diverso da lui e quindi siamo pari . Ma adesso chi lo convince questo che io appunto non ho nessun pregiudizio ? Comunque provò a riconoscere con grande naturalezza : " Ah , sì , potrebbe essere un uomo . Perché no ? " " Esatto . Ma è un giallo ... " " Ah , un giapponese ... " "...è un giallo perché non so chi sia : è una scheggia impazzita . Potrebbe essere un uomo , ma potrebbe essere una donna ... il condizionale è d ' obbligo , no ? Niente . So solo e soltanto che mi deve portare un ' agenzia eclatante . A mio avviso ... " " Di garanzia ? " " Non faccia così tanto lo spiritoso e mi consenta . In buona sostanza ... " " E se fosse cattiva sostanza ? " "...in buona sostanza , a mio avviso lei sta facendo muro contro muro ... " " Veramente basta un muro solo , dato che i muri non si muovono . " "...quelli come lei fanno quadrato , mettono paletti nei miei confronti ... e portano avanti ... così ... un teorema ... " " Come quello di Pitagora ? " " Chi è , un ' attrice ? E che ci azzecca quella ? " " Mi scusi . Lasciamo stare e continui pure a dirmi quale sarebbe il mio teorema ' nei suoi confronti '." Non c ' era bisogno di chiederglielo . Chicco - dando di tanto in tanto nuovi impazienti sguardi all ' orologio - continuava ormai inesorabile come un fiume in piena , che straripa da tutte le parti : " Niente . Ormai sono nel suo mirino . Il suo teorema nei miei confronti è che io sono ... come dire ... di basso profilo , no ? " " Veramente io la sto guardando in faccia ... " "...e invece si dice proprio così : di basso profilo . Oggi si fa un gran parlare ... " " Ah , il parlare si fa ... " "...di persone di serie A e di serie B , no ? A suo avviso io sarei di serie B o perlomeno ... così ... come dire ... fuorigioco , no ? Niente , lei vuoi fare l ' arbitro , ma non può supportare il suo verdetto ... diciamo ... senza consultare il guardalinee . Non si salvi in calcio d ' angolo . Ma mettiamo la palla al centro e cerchiamo alcuni comuni denominatori ... " " Quanti ? " " Guardi , sediamoci attorno a un tavolo ... " " In due sarà difficile . " "...Dunque io mi trovo ora in una enclave [ pronunciato all ' italiana ] o in una impasse [ pronunciato all 'italiana]..." " Vuol dire in un ' impasse [ pronunciato correttamente ]." " Ma lasci stare l ' Enpas ! Niente ... è un giallo . Non so perché ce l ' hanno così tanto ... " "...basta dire tanto ... " "...così tanto nei miei confronti . È una cosa di estrema importanza , uno scoop con prezzo da capogiro ; ma finora nessuno mi ha voluto aiutare un attimino a capire : bocche cucite . Vogliono mettermi in ginocchio : non vorrei ... come dire ... essere raggiunto da un provvedimento nei miei confronti ... " " Se non vuole essere raggiunto , si metta a correre velocemente ... " Ma Bartoni non poté terminare la frase , perché la sua attenzione fu attratta da una donna con una lunga sottana , che lei sì , correva velocemente per non essere raggiunta , aprendosi il varco a gomitate . Dopo poco comparve una signora che la inseguiva gridando : fermatela ! Mi ha derubata , fermatela ! Infine arrivò un vigile trafelato , che teneva legata con una corda , a mo ' di guinzaglio , una bambina piagnucolante . Bartoni non credeva ai suoi occhi . Non riuscì a trattenersi e sbottò indignato : " Ma che fa ? Le pare questo il modo ? Sleghi subito quella bambina ! " " Non posso . Se la slego , scappa . E io devo riportarla alla madre . " " Lasci stare la bambina e si occupi piuttosto del furto commesso dalla madre . " " Quello non è compito mio , ma della polizia . Io devo riportare la bambina alla sua mamma , sennò si perde . " Intanto la bambina , molto meravigliata , si era avvicinata al tavolino di quello strano signore che la difendeva , mentre tutti gli astanti mostravano solidarietà col vigile . Bartoni si accorse allora divertito ( ma non troppo ) che la pargoletta aveva fatto scomparire dal piattino le cinquemila lire che lui aveva lasciate di mancia . Lo fece notare al vigile , il quale ribatté imperturbabile : " Signore , quel denaro era res nullius . " Bartoni non poté celare una esterrefatta ammirazione ed esclamò : " Ma guarda che vigile colto ! Comunque quel denaro non era affatto res nullius . Era del cameriere . " " Signore , mi permetta di farle notare che il cameriere per ora non l ' aveva visto e non sapeva nemmeno che esistesse . Dunque non poteva essere suo . Vieni , mocciosa , andiamo dalla mamma . " E , prima che Bartoni potesse riprendersi dallo stupore destato in lui da quella ferrea logica , il vigile e la bambina erano già lontani . Ma in quel mentre arrivò correndo a perdifiato un altro personaggio . Era un signore piccolo , grasso , dall ' aria insignificante , che sudava e gridava : eccomi , eccomi qui ! Si fermò raggiante davanti a Bartoni e a Chicco ed esclamò con tono rassicurante : " Eccomi qui finalmente , sono arrivato ! " Bartoni e Chicco si guardavano con aria interrogativa , ciascuno pensando che l ' altro sapesse . Poi all ' unisono chiesero : " Ma lei chi è ? " " Che domande . Sono quello che aspettate . " " Quello che aspettiamo ? E come si chiama ? " "Godot." " Godò ? " fece Chicco storcendo il naso . " Mai sentito nominare . " Bartoni invece l ' aveva sentito nominare , eccome . Certamente era stupito . Eppure più che dalla meraviglia era colpito da una piuttosto cocente delusione . Ma come ? Quello scialbo , insulso , banale omiciattolo era il famoso Godot , quello che lui e tanti altri avevano aspettato per tutta la vita ? Ebbe improvvisa la rivelazione di uno stupido errore commesso . E ora come farò , si domandava smarrito , ora che ho scoperto tutto , ora che mi mancherà il Godot delle mie lunghe fantasticherie ? Forse lui , dopo tutto , lo sa : bisogna chiederlo proprio a lui . Ma Godot già si allontanava veloce e agile tra la folla . Di scatto Bartoni si alzò e si mise a rincorrerlo , seguito per inerzia da Chicco : " Godot , Godot , si fermi , per favore , aspetti ! " Chicco dal canto suo correva gridando : " Godò , si fermi . Così ci rovina il palinsesto ! " Intanto era sbucata di nuovo , da una via laterale , la donna dalla lunga sottana e dietro di lei , sempre correndo e gridando fra l ' indifferenza generale , la derubata ; infine il vigile con la bambina al guinzaglio . Il tutore dell ' ordine si fermò un momento al solito tavolino per chiedere notizie e , visto che i due non c ' erano più , proseguì l ' inseguimento . Il cameriere , richiamato dal trambusto , era uscito sulla soglia , e per forza di abitudine , aveva dato uno sguardo al piattino : era vuoto . Infatti la bambina aveva fatto a tempo ad afferrare con incredibile destrezza le seconde cinquemila lire , che Bartoni , sorridendo amaramente , aveva tirato fuori dopo la prima sparizione . Il commento del cameriere fu : " Ma guarda un po ' questi intellettuali . Sempre tirchi . Non ti lasciano nemmeno una lira . " 9 . La vita non è sogno Bartoni girellava pensoso nella sua poco attraente e anonima periferia e andava rimuginando sugli strani avvenimenti di quella mattinata . Li aveva vissuti davvero , o era stato solo un sogno ? Ma che domande banali e trite ! Da che mondo è mondo miriadi di scrittori , poeti , filosofi hanno fatto a gara a osservare sospirosamente - ripetendosi quasi senza pudore - che la nostra vita si svolge come in sogno ! Anche un impiegato del catasto poteva tirare fuori decine di quelle citazioni , che sembrano così profonde e commoventi e poi ... lasciano il tempo che trovano . Gli piaceva piuttosto ricordare un detto di Giraudoux , che aveva letto da qualche parte : " Il plagio è la base di tutte le letterature , eccettuata la prima , peraltro ignota " . E poi la metafora del sogno è affascinante , certo , ma non sostenibile fino in fondo , come ognuno ben sa . Bisogna ragionare e distinguere . È vero che il vissuto della realtà giornaliera e quello del sogno hanno spesso caratteristiche fenomenologiche molto simili o addirittura identiche . Tuttavia l ' avere alcune caratteristiche comuni non significa , come è ovvio , che due cose siano in tutto eguali . Quello che chiamiamo " realtà " è un testo che viene scritto - o meglio , che si lascia leggere - con una sintassi ben diversa rispetto a quella del sogno ; e chiunque li sa distinguere . Lo stesso Calderón de la Barca nel suo celebre La vida es sue fio termina la seconda giornata con le parole : " toda la vida es suefio y los suefios suenos son " . Tutta la vita è sogno , sì , ma i sogni rimangono sogni ! Tanto è vero che , mentre siamo di solito molto curiosi di conoscere i fatti dei nostri simili e di sapere come " realmente sono andate le cose " , i sogni degli altri spesso ci annoiano . Non ci riguardano ; e la suddetta mancanza di una riconoscibile sintassi li rende anche ben diversi dai romanzi e dalle favole che a volte ci dilettiamo a leggere , ansiosi di sapere come va a finire . Chiaramente se n ' è accorto il Della Casa , quando scrive ( Galateo ) : " Male fanno ancora quelli , che tratto tratto si pongono a recitar i sogni loro con tanta affezione e facendone sì gran maraviglia , che è uno isfinimento di cuore sentirli " . Esperienza frequentissima di tutti noi ! In fondo , anche l ' assimilazione di una vita umana al sogno piuttosto che alla realtà dipende solo dalla disposizione di chi parla o scrive , dalla sua interiorità , dal voler privilegiare le circostanze esistenziali rispetto alla questione della sintassi . Perché Leopardi sussurra a Silvia : " come un sogno fu la tua vita " ? Che ne sa lui ? È lui che la sogna e la vede passare in questo mondo rapida , con il perpetuo canto , con la mano veloce che si affatica a percorrere la tela . Non ci addentreremo certo nelle varie " teorie " dei sogni come : scarica di impulsi repressi - sessuali e non - , desideri insoddisfatti , espressioni simboliche , pure ripetizioni dei vissuti della veglia , e chi più ne ha più ne metta . Quanto tali congetture siano fondate e illuminanti non è cosa che qui ci concerna e noi non siamo chiamati a pronunciarci sulla loro attendibilità . Diremo soltanto che , proprio perché i vissuti sono gli stessi e solo la sintassi è diversa , possiamo concludere che la distinzione fra il sogno e la vita che chiamiamo " reale " c ' è certamente , sia pure in via di definizione convenzionale . Indubbiamente una tale distinzione è essenziale per giustificare l ' intenzionalità delle nostre azioni , il loro progetto , la loro concatenazione , il loro successo . Nel sogno ci sono ben poche intenzionalità e concatenazioni logiche ( se pure in qualche misura ci sono ) . Ma perché mai quello che è così importante per il nostro agire dovrebbe proprio incidere anche sul nostro immaginare , sul nostro proiettarsi all ' esterno per esprimersi , magari in quel modo che chiamiamo artistico ? Sembra una costrizione artificiosa . Come non comprendere e non giustificare il desiderio di evadere da tale costrizione ? Quel desiderio c ' è , c ' è sempre stato e si è manifestato in tanti modi . " Je crois à la résolution future de ces deux états , en apparence si contradictoires , que sont le rêve et la réalité , en une sorte de réalité absolue , de surréalité , si l ' on peut ainsi dire " [ " Io credo alla risoluzione futura di questi due stati , in apparenza così contraddittori , che sono il sogno e la realtà , in una sorta di realtà assoluta , di surrealtà , se così si può dire " ] . Così scriveva Breton nel primo manifesto del surrealismo . Certo qualcuno osserverà pedantemente che il surrealismo è datato . E che vuol dire ? Tutto è datato in questo mondo , anche noi siamo datati . Quello che importa sapere è se quel desiderio di evasione che portò al surrealismo ebbe e ha tuttora le sue ragioni . Le ha . A proposito dello strano dialogo che si era svolto fra Bartoni e Chicco , è suggestivo ricordare che nel citato manifesto Breton così si esprime ( e ora sarebbe pedante riportarlo in francese ) : " È ancora al dialogo che le forme del linguaggio surrealista si adattano meglio . In esso due pensieri si affrontano ; mentre l ' uno si porge , l ' altro si occupa di esso , ma come se ne occupa ? Supporre che lo incorpori sarebbe ammettere che per un certo tempo gli sia possibile vivere tutto intero in quell ' altro pensiero , ciò che è sommamente improbabile [...] . La mia attenzione [...] tratta il pensiero avversario , come nemico : nella conversazione corrente , lo ' riprende ' quasi sempre sulle parole , sulle figure di cui si serve ; mi mette in grado di trarne partito nella replica snaturandole " . Tutto questo certamente non è datato e rimane invece attualissimo . Quante volte , vuoi nell ' animata tavola rotonda politica in televisione , vuoi nella conversazione fra amici , gl ' interlocutori dovrebbero rendersi conto che stanno sviluppando un happening surrealista ! Ma un simile sospetto nemmeno li sfiora . Stanno bucando a grandi colpi la realtà , credendo di avere i piedi ancora posati sulla terra . Ma torniamo al nostro assunto principale . Non poco dell ' eredità surrealista viene raccolta da Beckett e in genere dal teatro dell ' assurdo . Aspettando Godot , con il dialogo fra Estragon e Vladimir , come pure con l ' apparizione di Pozzo che tiene Lucky legato al guinzaglio , ci ricorda appunto tante situazioni già viste e non viste , tante parole ascoltate e non ascoltate , una realtà che è la nostra , ma non esattamente la nostra . Ci fa quasi sentire rimorso di vivere in un mondo che noi chiamiamo sensato , semplicemente perché gli assegnamo una nostra sintassi . Non stiamo forse costringendo il mondo e noi stessi in una sorta di prigione ? Perché non spiare attraverso la nostra stretta finestra lo sconfinato , variegato pullulare di tutti i mondi possibili ? Facciamo attenzione . Nessuno potrebbe rivendicare come un " progresso " il trasferimento generalizzato di tutta la nostra vita nell ' assurdo . Ci condanneremmo a non poter agire proficuamente , in una parola , all ' annientamento . Eppure è certo che , aprendo la mente all ' infinito ventaglio di possibilità da noi concepibili , anche se non realizzate , arriviamo ad approfondire la conoscenza di noi stessi . Sorprendiamo in noi facoltà insospettate , recessi mai abbastanza esplorati . Inoltre arricchiamo - e forse rendiamo più tollerabile - la nostra vita , accompagnandola e circondandola con quell ' immenso svolazzo variopinto di tutti i mondi assurdi . Il razionale è certamente il pane della nostra vita ; senza di esso moriremmo . Ma l ' assurdo è il companatico . Se non vi fosse l ' assurdo , la vita perderebbe sapore e non varrebbe la pena di essere vissuta . In un certo senso sarebbe come trovarsi al di dentro del meccanismo di un orologio . Non ci resterebbe che aspettare senza alcuna trepidazione o meraviglia l ' inesorabile scorrere dei minuti e il battere delle ore . I film che non di rado anche i registi apprezzabili ci propinano oggi sembrano avere un nucleo più o meno centrale ragionevole ( o quasi ) e poi tutto un contorno assolutamente assurdo . Nessuno se ne cura : prima di tutto perché ciò che veramente interessa lo spettatore medio è quello che abbiamo chiamato il nucleo centrale della vicenda ; in secondo luogo perché anche chi assume un atteggiamento più sensato sa bene che i nuclei centrali della vita nuotano sempre in un mare di assurdo . Da un punto di vista esistenziale , in tutto quello che intraprende un essere umano c ' è una parte di razionale e una buona dose di assurdo . La stessa continua scelta di quello che ci sembra proficuo e ragionevole è , in fondo , assurda , perché prima o poi , qualunque cosa facciamo o non facciamo , approderemo inesorabilmente allo scacco finale . La soddisfacente propagazione dei nostri geni è un fine giustamente perseguito dalla natura . Ma in che modo riguarda veramente noi e il nostro intimo ? Tutto questo ragionamento attorno all ' assurdo ha certamente del vero ; ma guardiamoci dal dargli una sopravvalutazione addirittura ontologica , che non può proprio sostenere . " Credo quia absurdum " è affermazione ... assurda , perché è intesa a inquadrare in quella stessa sintassi , della quale noi ci serviamo per parlare di ciò che chiamiamo " reale " , concetti che invece le sono assolutamente refrattari . È solo un solenne pasticcio . 10 . Il mezzo è ambiente E perché poi Chicco - e un ' infinita turba di sciocchi , ma anche di non sciocchi , con lui - parla in quel modo ? Qual è la spiegazione di quel pullulare di fastidiosi linguaggi , come il burocratese , il politichese , il televisese ( ma anche il culturese ) , che inesorabilmente ci perseguitano ? Perché si affermano tutte quelle squallide parole e frasi fatte , che non vogliono dir nulla , o addirittura significano il contrario di quello che vorrebbero ? Perché tutti quegl ' insulsi riempitivi del discorso ? Bisogna forse cominciare col distinguere i vari individui e le varie situazioni . Prendiamo , per esempio , il burocratese . Esso , anche se è diventato particolarmente insopportabile ai giorni nostri , ha origini e motivazioni che vengono da ben lontano . Infatti esso ha certamente molto in comune col linguaggio ieratico . Quello che viene dall ' alto ed è pronunciato in nome di un ' indiscussa autorità suprema non può essere rivestito delle usuali parole del volgo profano . Far parlare quell ' autorità come parlano i comuni mortali sarebbe quasi una mancanza di rispetto . Scherza coi fanti , ma lascia stare i santi . Naturalmente una volta si trattava quasi esclusivamente delle parole di Dio e dei suoi sacerdoti . Ma bisogna riconoscere che in questo campo - almeno nella religione cattolica - si sono fatti molti passi avanti . L ' abbandono del latino , che tuttora non pochi deplorano , si è reso necessario semplicemente perché esso non era più soltanto una lingua ieratica , ma era diventato una lingua assolutamente incomprensibile per la stragrande maggioranza dei fedeli ! E giustamente si è voluto che per essi la trasmissione di un messaggio di elevatissimo contenuto morale non si riducesse alla pura emissione di suoni senza senso . Certo non è detto che all ' orante sia sempre sgradita l ' emissione di suoni senza senso : a volte ha una funzione altamente consolante anche quella . In tutte le religioni esistono formule assolutamente prive di senso , che vengono ripetute con grande fiducia da tutti i fedeli in coro . E del resto non è affatto sicuro che il fedele , anche quando vuoi capire qualcosa di quello che gli viene dall ' alto , desideri intendere proprio tutto ... Anzi , a volte la sua concezione del " sacro " esige proprio il contrario . È nota la storiella del buon villico che , tornato dalla messa celebrata dal nuovo parroco del paese , fu interrogato sull ' impressione che gli aveva fatto la predica di quel personaggio . Non mi è piaciuta , disse candidamente : si è capito tutto ! Oggi le cose sono alquanto cambiate , non tanto perché le religioni stesse siano sentite in modo diverso da una volta - il che ci sembra innegabile - ma anche perché sono nati e si sono rafforzati gli stati laici . Ormai la suprema autorità che tutti devono riconoscere è quella dello stato , che inesorabile insegue ognuno di noi con documenti , identificazioni , certificazioni , notificazioni , assolutamente indispensabili per vivere . Anche quando non si tratta di un " Grande Fratello " , è sempre lui che ci dà il diritto di nascere , di morire , di esistere , di possedere , che ci provvede dei necessari trasporti , delle cure sanitarie , delle protezioni ( o persecuzioni ) poliziesche . Con lo stato non si scherza ; e per questo non si può parlare la lingua volgare di tutti i giorni . I suoi biglietti non si timbrano , bensì si obliterano , i suoi treni non effettuano servizio viaggiatori , ma lo disimpegnano ( forse andando a ritirarlo al Monte di Pietà ) ; e così via , con un ormai lunghissimo e tedioso elenco , noto a tutti . Ma , intendiamoci , lo stato si comporta anche da padre pietoso , preoccupato di risparmiare umiliazioni terminologiche ai suoi sudditi meno fortunati : ed ecco così i " non vedenti " , i " non udenti " , i " non deambulanti " . Aspettiamo da un momento all ' altro anche i " non pensanti " . Per quanto riguarda il politichese , in gran parte le cause sono simili a quelle elencate per il linguaggio ieratico e per il burocratese . Anche il politichese è un linguaggio ieratico , in cui la supposta magia della formula pretende eludere - e in parte , diciamo la verità , ci riesce - la mancanza di qualsiasi riferimento a concreti provvedimenti o ad azioni da intraprendere . Il messaggio unico , essenziale , che l ' uditore deve percepire , è : votate per me e sostenetemi al governo ; tutto il resto conta ben poco . Ma il linguaggio involuto , incomprensibile , del politico ha il vantaggio di lasciare la porta aperta a ogni possibile cambio di direzione nel prossimo futuro ; oppure - e soprattutto - all ' assoluta mancanza di direzione . Non tutti gli uomini pubblici sono così sprovveduti come si dice : invece molti politici conoscono bene l ' efficacia di parlare in un certo modo . Di sfuggita abbiamo accennato anche al culturese . Non vogliamo assolutamente inoltrarci nella sua stupida e abusata convenzionalità . Eppure ... come rinunciare a nominare almeno l ' insopportabile chiave di lettura ? Davvero si legge con le chiavi ? Tornando al nostro argomento generale , bisogna tener conto del fatto che tutti muoiono dalla voglia di esprimersi , di parlare o di scrivere ; ma si vergognano di usare una lingua semplice , non artefatta , per il timore di apparire banali e non à la page . Ed è spesso questo timore che li spinge a imbarcarsi in imprese più grandi di loro , per le quali non sono affatto preparati . Fatto sta che parlare o scrivere bene è difficilissimo . Rendere chiaramente un pensiero con parole essenziali e frasi brevi è un compito quanto mai arduo , che costa tempo , fatica e lungo esercizio . Splendida l ' uscita di Pascal ( Les provinciales ) , che si scusava di aver fatto una lettera troppo lunga , soltanto perché non aveva avuto il tempo di farla più corta ! Naturalmente è inutile ripetere per l ' ennesima volta che , almeno per quanto riguarda lo sviluppo della capacità di esprimersi in quel modo , la nostra scuola è un fallimento . Viene il sospetto - o più che il sospetto - che a volte proprio essa insegni a usare come indispensabili i paroloni e i periodoni . Chi non ricorda la sofferenza dello scolaro che , prima di consegnare il compito scritto di quella materia che viene chiamata italiano , si accorge di aver compilato soltanto due paginette ? ( Ma , a proposito , che c ' entra in questo l ' italiano ? In tedesco o in arabo non sarebbe lo stesso ? ) E chi teme di non riuscire a fare abbastanza periodoni , infarcisce il suo elaborato di riempitivi . Non sa che la vera arte di scrivere sta nel saper sintetizzare , anziché nell ' espandere . Ma veniamo ora al televisese , al linguaggio di Chicco e di tanti nostri concittadini . Su di esso vale la pena di soffermarci ( un attimino , naturalmente ) : nonostante che tanto sia stato già detto - a proposito e a sproposito - sull ' argomento , forse ci sono ancora cose di un certo interesse da aggiungere . Come è noto , il sociologo canadese McLuhan ha espresso a proposito dei mezzi di comunicazione di massa ( e diciamo pure " media " , ma non l ' orrendo midia ! ) l ' opinione che " il mezzo è il messaggio " . Ebbene , se è davvero così , prepariamoci e smettiamo di lamentarci . Dobbiamo far di necessità virtù e abituarci . Oggi le grandi masse , ma soprattutto i giovani , sono facilmente indotti a credere che solo in quel modo si possa trasmettere un messaggio , o meglio che per chi vive da contemporaneo nel mondo contemporaneo non ci sia altro messaggio da trasmettere all ' infuori di quello . E il messaggio , proprio allo scopo di creare o preservare un ' identità di massa , vale a dire allo scopo di non sentirsi estranei , va trasmesso in quelle forme . Ma forse c ' è qualcosa di più e di diverso da dire . L ' uomo non vive mai isolato nel nulla , ma vive in un ambiente . Anzi il nulla gli fa orrore e l ' ambiente gli è necessario , non solo per provvedere ai suoi bisogni materiali , ma anche per fornire una base psicologica alla sua identità . Per essere e sentirsi qualcuno è necessario percepire se stesso come essere umano in un dato ambiente . Del resto con nessuno sforzo d ' immaginazione si riesce a intuire che cosa potremmo essere , se fossimo privi di ambiente . Domandiamoci ora : che cos ' è l ' ambiente ? Di solito si pensa che esso sia il mondo materiale e umano che ci sta attorno . Questo è giusto , ma non è tutto . Per vederci più chiaro ricorriamo a qualche esempio . Supponiamo che io sia malfermo di gambe e che pertanto ricorra a un bastone . Dove lo trovo un bastone ? Nell ' ambiente circostante , sia che raccolga un ramo di albero , sia che mi rechi da un venditore di bastoni . Dunque il bastone fa parte dell ' ambiente ; ma è molto diversa la funzione del bastone da quella delle mie gambe ? Forse è azzardato dirlo . Supponiamo ora che io sia meno fortunato e che , essendomi rotto una gamba , sia costretto a ricorrere a una clinica ortopedica , nella quale mi sostituiscono un pezzo d ' osso con un materiale artificiale . Quel materiale fa ancora parte dell ' ambiente ? Per quale magia ne sarebbe escluso , venendo a far parte di me stesso , come le mie gambe ? È abbastanza chiaro ora dove andiamo a parare , pensando a protesi sempre più importanti , alla sostituzione di valvole cardiache , a tutto un cuore o ad altri organi artificiali . E per chi vive dentro un tubo metallico che lo fa respirare artificialmente , il tubo non è ambiente anch ' esso ? Per questa strada si arriva facilmente a pensare che il nostro stesso corpo , con parti vuoi naturali , vuoi artificiali , faccia parte dell ' ambiente in cui viviamo . Anzi saremo più audaci e affermeremo tout court che il nostro primo ambiente siamo noi stessi . Quello che chiamiamo il nostro corpo è il nostro primo ambiente . Ma , a scanso di equivoci , affrettiamoci subito a dire che non intendiamo affatto risuscitare l ' antico dualismo , per cui noi siamo composti di anima e di corpo , affermando che la prima abita in qualche modo nel secondo . No , il nostro assunto è diverso : vogliamo dire che l ' essere umano è un tutto che ha due aspetti inseparabili , due punti di vista dai quali può essere considerato . Quello che chiamiamo ambiente è un aspetto della sua stessa personalità e della sua identità . Oggi si parla con grande interesse - e spesso con grande apprensione - della possibilità di modificare il nostro corpo e quindi di modificare noi stessi . In realtà non c ' è nulla di concettualmente nuovo se non il grado in cui ci valiamo e ancor più ci varremo di questa possibilità . E la continuazione sempre più incisiva di una vecchissima impresa . L ' uomo ha cominciato a modificare se stesso quando si è dato a trasformare il suo ambiente . Quando , una volta ideato il linguaggio simbolico e domato il fuoco , è arrivato ( nel neolitico ) a domesticare gli animali , a coltivare i campi , a costruire le case , le città , a darsi le relazioni e le istituzioni sociali , ha certo modificato in modo possente l ' ambiente , ma allo stesso tempo ha generato un nuovo tipo di uomo , assolutamente sconosciuto ai suoi predecessori . Si è dato una nuova identità . Naturalmente trasformazioni di quel tipo , in misura maggiore o minore , si sono verificate nel corso di tutta la storia seguente . Ma forse non esageriamo affermando che mai sono avvenute nella misura che oggi abbiamo dinanzi agli occhi . Rinunciando alle abbastanza insulse previsioni sul terzo millennio - che oggi vanno tanto di moda e che probabilmente sono tutte sbagliate - guardiamoci attorno al tempo presente . Basta pensare che le facoltà naturali del nostro corpo sono aumentate a dismisura . Prima di tutto le difese contro i microaggressori che vengono dall ' esterno sono oggi diventate formidabili ( anche se i soliti sciocchi vogliono tutto e subito e continuano a lamentarsi della inadeguatezza della scienza attuale ) . In secondo luogo la mobilità che ci era stata garantita dalle gambe oggi fa ridere . A proposito , quale guidatore non sente l ' automobile come parte del suo corpo ? E lo specchietto retrovisore non fa , sia pure all ' indietro , esattamente quello che fanno i nostri occhi ? Ma davvero tutto quello è solo ambiente ? Tuttavia è innegabile che le cose più strabilianti sono venute e stanno venendo dalla parte dei mezzi di massa e dall ' informatica . Fanno scorrere fiumi di parole e d ' inchiostro coloro che parlano di quei mezzi e soprattutto della televisione . Non si tratta solo del problema dei bambini ( i quali , senza dubbio , vanno cautamente protetti da diseducative e spesso ignobili suggestioni ) , ma anche degli adulti , che in media passano ore e ore alla televisione . Non intendiamo qui fare i moralisti a buon mercato e solo deplorare . Cerchiamo soltanto di prendere atto di quello che è avvenuto e delle sue inevitabili conseguenze . Una volta s ' imparava a parlare dalla famiglia , dalla scuola e dalle relazioni sociali . In altre parole , s ' imparava dall ' ambiente nel quale si cresceva . Oggi s ' impara dalla televisione , perché la televisione è ambiente . Ma lasciamo stare le lamentele più o meno filologiche e destinate a estinguersi di chi è stato ( se non altro , per ragioni di età ) educato in modo ben diverso . Non fingiamo d ' ignorare che l ' ambiente è parte dell ' identità dell ' essere umano ! È per questo che voler costringere l ' uomo comune a parlare una lingua diversa dal televisese è come costringerlo a privarsi di una parte della sua identità . È quasi una crudeltà inutile . E come costringere un orso ad andare in bicicletta in un circo , un gatto ad abbaiare , una rondine a non fare il nido . L ' ascolto della televisione - anzi spesso il mero rumore della televisione accesa - è come il nido che dà a tanti un senso di sicurezza , la riprova di essere se stessi e di essere a casa . Mille esempi potrebbero suffragare l ' opinione che l ' ambiente è parte essenziale e irrinunciabile della nostra identità . Se ne accorge amaramente Mattia Pascal di Pirandello , che , illusosi di essere ufficialmente scomparso per sempre e di essere diventato veramente Adriano Meis , scopre che nel nuovo ambiente non gli è concesso in nessun modo di vivere . Pentito , tenta di tornare indietro , ma non gli è permesso nemmeno di riacquistare l ' identità di Mattia Pascal , semplicemente perché l ' ambiente che aveva lasciato non è più quello ; fra l ' altro la moglie si è risposata . Qual è allora la vera identità di quel povero essere umano ? Ma torniamo al televisese . Prima di tutto è difficile ignorare quel pullulare di parole inglesi - e non inglesi - smozzicate e mal pronunciate , che caratterizza l ' espressione verbale dei cosiddetti giovani d ' oggi ( i quali spesso non sono nemmeno giovani ) . Forse è un po ' da miopi ribellarsi a questo fenomeno ; non stiamo noi oggi assistendo allo stabilirsi di una specie di koiné mondiale ? Ora , a parte qualsiasi considerazione estetica - che allo stato attuale sarebbe soltanto disastrosa , in quanto si sa che i gusti possono cambiare - non ha essa il sicuro merito di essere appunto una lingua comune ? È troppo presto per pronunciarsi ; tuttavia non dimentichiamo che spesso la lingua elegante di oggi è scaturita dalla lingua errata e volgare ( ma vivacemente espressiva ) di ieri . Tuttavia c ' è anche un altro fenomeno importante da segnalare . Il televisese comincia ad abbondare , non solo nella lingua dei cosiddetti sciocchi e ignoranti , ma si sta insinuando inesorabile anche nell ' espressione di parlatori e scrittori colti . Sta persino forzando la penna dei migliori e più forbiti giornalisti . È una penetrazione subdola , perché basata su locuzioni che , pur non essendo necessariamente errate , andrebbero usate solo quando aderiscono perfettamente al pensiero che si vuole esprimere . Oggi invece non è così : esse stanno acquistando una fastidiosa frequenza in contesti nei quali non tornano affatto a pennello , ingenerando non solo tolleranza , ma addirittura abitudine . Ne abbiamo già dato qualche esempio con : " esatto " , " nei confronti di " , " essere raggiunto da un provvedimento " , " consentire " , " fare un gran parlare " , " mettere in ginocchio " , " basso profilo " , " buon giorno e buona giornata " , " così tanto " , " in buona sostanza " ; e mille altri ne potremmo aggiungere , come è ben noto a tutti . In quei casi non si tratta affatto di sacrificare l ' eleganza allo scopo supremo di riuscire un giorno a conquistare una koiné mondiale . Si tratta invece di creare agli ascoltatori italiani un ambiente confusionario e di cattivo gusto , dal quale usciranno inesorabilmente plasmati . A proposito di koiné falsa e buffonesca , è difficile tacere di alcuni autentici mostri che hanno preso dimora stabile fra noi , come se realmente esistessero al di fuori dei nostri confini , con quei significati che noi - e soltanto noi ! - gli attribuiamo : esempio tipico è il " pullman " . ( George Pullman era semplicemente quel signore che alla fine dell ' Ottocento inventò le carrozze ferroviarie lussuose e con letti , carrozze che da lui presero il nome . ) 11 . Aspettando Quanto al Godot di Beckett , egli rappresentò la scoperta - tanto rilevante quanto ... ovvia - di un personaggio essenziale nella vita umana . Tutti , senza eccezione , attendiamo Godot , senza averlo mai visto e senza avere la minima idea di chi veramente egli sia . È una presenza nascosta che ci aiuta a vivere , o meglio ci costringe a vivere . Vivere è un ' attesa , è una continua proiezione in un futuro , che , proprio perché mai raggiunto e visto in faccia , ci permette di perpetuare le illusioni : quelle illusioni che sono i I nostro nutrimento , il nostro carburante . In realtà non di rado crediamo di sapere bene chi o che cosa stiamo aspettando . In tal caso di solito l ' attesa non è gradita e la reputiamo uno dei mali di quel mondo in cui l ' umanità è costretta a vivere suo malgrado . Attendiamo quando facciamo la coda in un ufficio , quando dobbiamo essere ricevuti da un dentista , quando il nostro treno ha ritardo , quando la giuria è in camera di consiglio , quando deve iniziare uno spettacolo ; e in mille altre occasioni . La sofferenza dell ' attesa si è acutizzata in modo esasperante nell ' epoca moderna , ma , come è ovvio , non è nata oggi . È una costante della condizione umana . Attende Penelope , attende Butterfly ... L ' attesa è così universalmente reputata spiacevole , che si è istituita nella società una regola di precedenza , che stabilisce chi deve aspettare l ' altro . Specie nel caso che l ' atteso sia un personaggio importante , guai a trasgredirla . Anzi , in tal caso si pretende perfino , per sicurezza , che la sofferenza di chi aspetta sia lunga . Si narra ( ma probabilmente è una leggenda ) che una volta Luigi XIV , arrivando soltanto un momento dopo i gentiluomini che aveva convocato in udienza , esclamò corrucciato : " J ' ai failli attendre ! " , c ' è mancato poco che dovessi aspettare . Ma non aspettano solo gl ' individui . Aspettano anche i gruppi , i partiti , i popoli , gli stati . Molto spesso ne va della stessa identità della loro aggregazione , che andrebbe perduta se mancasse l ' attesa . Basta pensare a tutte le minoranze che - a ragione o a torto - si sentono oppresse e conculcate e attendono l ' emancipazione : è il caso dei diversi per etnia , per colore , per lingua , per inclinazioni sessuali , degl ' irredentisti , degl ' indipendentisti di ogni tipo , o per converso degli espansionisti . Attendono i curdi , i baschi , i ceceni , i palestinesi , gl ' israeliani , i corsi , i catalani , i sudtirolesi ; e purtroppo l ' elenco non finirebbe mai . Eppure per tutti costoro la sofferenza dell ' attesa è insieme una colla che unisce e una ragione di vita . Molti di loro , cessata in qualche modo l ' attesa , si domanderebbero qual è il senso del loro esistere come gruppo . E che dire di coloro che per secoli hanno aspettato il Messia o il suo ritorno , l ' Apocalisse , il Giudizio universale ? L ' essere umano è costretto per sua natura a guardare al futuro e a credere che l ' essenziale sia ancora da completare . Alcuni attendono una radiosa meta sociale , come il sole dell ' avvenire . Altri ipotizzano che sia l ' uomo stesso a non aver ancora raggiunto lo stadio finale : " l ' uomo è qualcosa che deve essere superato " ( Nietzsche ) . Perché l ' uomo è tanto legato all ' idea di futuro e alla relativa attesa ? In fondo l ' uomo è un prodotto dell ' universo . Ma l ' Universo , nel quale siamo nati e nel quale ci troviamo a vivere volenti o nolenti , è imperturbabile : non distingue l ' ieri dal domani , e in nessun modo privilegia l ' oggi . Tutti gl ' istanti sono eguali e non ne esiste uno particolarissimo da chiamare ora . L ' Universo non attende affatto un suo completamento , che non avrebbe alcun senso . Noi abbiamo inventato l ' ora " e il " domani " , concetti assolutamente indefinibili in termini puramente fisici , cioè senza fare intervenire di volta in volta il nostro orizzonte temporale , il nostro esserci . Ma ora sarà opportuno distinguere il microscopico dal macroscopico . Il corpo umano - compreso il cervello - è un complesso macroscopico , composto da miliardi di miliardi di atomi e molecole . Qualcuno ritiene che l ' uomo non sia costituito soltanto da quelle cose ; ne prendiamo atto , tuttavia non intendiamo impegnarci qui in un dibattito metafisico o addirittura teologico . In ogni caso , quello che nessuno avrà il coraggio di negare è che l ' uomo sia anche un complesso d ' innumerevoli particelle . Come già fu notato , i corpi della microfisica , quali gli atomi , le molecole o le particelle subatomiche , non invecchiano , non sentono il passare del tempo , non hanno un " ora " ; oppure possiamo dire che per loro è sempre ora , in quanto la loro aspettazione di vita è sempre la stessa . Se sopravvivono a una ( impredicibile ) disintegrazione , il loro futuro è identico al passato , nel senso che non c ' è barba d ' uomo che possa distinguere un loro stato futuro da uno stato del passato . I corpi macroscopici invece si comportano in modo diverso . Sono soggetti alla seconda legge della termodinamica : quando sono chiusi e isolati , la loro entropia - ovvero il disordine complessivo dei loro componenti - va aumentando . Un organismo vivente non è certo un sistema chiuso e isolato : è invece aperto , in quanto scambia continuamente materia , energia e informazione con l ' ambiente esterno . In tali condizioni non sono da escludere fenomeni di autorganizzazione , nei quali nasce spontaneamente un certo tipo di ordine ( Prigogine ) . Appunto in questo modo si pensa che sia nata e si sia sviluppata la vita sulla Terra . Ma - sia detto per inciso - non si creda che la seconda legge della termodinamica sia violata . Se diminuisce l ' entropia in un certo sistema , esso riversa entropia ( in misura maggiore ) nell ' ambiente circostante e di conseguenza l ' entropia complessiva va aumentando . A volte si parla di freccia del tempo , intendendo che essa indichi quel senso in cui aumenta l ' entropia complessiva . Ora noi viviamo in un ambiente , a rigore né chiuso né isolato . Ciononostante il fenomeno di gran lunga più cospicuo che notiamo e contro il quale combattiamo una battaglia ( perduta ) è un continuo aumento di entropia dell ' ambiente esterno . Nella Farsaglia di Lucano , Cesare , che visita il luogo dove sorgeva Troia , dà occasione al poeta di scrivere un magnifico emistichio : " etiam periere ruinae " . Ma non c ' illudiamo : anche il nostro corpo , pur essendo vivente e sfruttando la sua apertura agli apporti esterni per tentare in ogni modo di mantenere l ' ordine dentro di sé , non sfugge alla legge dell ' entropia . Le stesse reazioni chimiche , che mettiamo in opera per fare quell ' ordine , vanno per lo più nel senso entropico voluto dalla natura . In ogni caso se , mettendo una mano nell ' acqua bollente , vedessimo che il calore passasse dalla mano all ' acqua , penseremmo di aver perduto la ragione ; invece ( come è naturale ) ci scottiamo . Ci è psicologicamente impossibile liberarci da una continua soggezione alla freccia del tempo . Fra l ' altro in noi si accumulano - e si deteriorano - i ricordi del passato , non certo quelli dell ' avvenire . In queste condizioni non possiamo fare altro che andare sempre in avanti nel tempo e pensare continuamente all ' avvenire , progettando , progettandoci e attendendo , ovvero anticipando quello che vivremo . Ben inteso , ci aspettiamo anche la morte . Quanto al passato , il suo ricordo ci può essere dolce o triste , ma siamo sicuri che è inutile progettarlo , dato che su di esso non possiamo intervenire . È immutabile e scritto per sempre . Fin dai tempi di Plauto ( Aulularia ) è stato detto : " Factum illud infectum fieri non potest " . Ora , premesse queste doverose considerazioni fisiche sul nostro modo di vivere , cerchiamo di scavare più nel profondo dello specifico umano , così esistenzialmente basato sull ' attesa . Prima di tutto , se è vero , come testé ricordato , che gli umani e le loro associazioni attendono spesso qualche cosa di cui credono di avere un ' idea ben precisa , è anche vero che per lo più , raggiunto lo scopo , sono destinati a provare un ' amara delusione . Hanno quasi l ' impressione di una sconfitta , hanno perso una ragione di vita , sentono sul collo l ' alito della morte . Lo sa bene quel personaggio di Joyce ( Ulisse ) che afferma : " Fummo sempre fedeli alle cause perse . Il successo per noi è la morte dell ' intelletto e della fantasia " . Ma in secondo luogo sta il fatto che ancora più spesso ci sentiamo in perpetua attesa , senza avere nemmeno una minima idea di che cosa stiamo aspettando . Sono la noia , l ' angoscia , che ci attanagliano , almeno finché una sofferenza - magari fisica - non venga a liberarcene . " Amaro e noia / la vita , altro mai nulla , " dice Leopardi ( A se stesso ) , non certo per consolarsi . E se poi , credendo di aspettare qualcosa , noi aspettassimo solo noi stessi ? Veramente suggestiva è questa riflessione di Heidegger ( Essere e tempo ) : " l ' Esserci [ Dasein , in sostanza l ' uomo ] non perviene primariamente a se stesso nel suo poter - essere più proprio e incondizionato ; al contrario , prendendo cura [ Sorge ] , aspetta se stesso da ciò che l ' oggetto della sua cura gli può offrire o rifiutare " . E più in là riprende : " Soltanto perché l ' Esserci effettivo è aspettantesi il suo poter - essere da ciò di cui si prende cura , esso può essere in attesa e ripromettersi qualcosa . L ' aspettarsi deve aver già sempre aperto l ' orizzonte e l ' ambito di cui qualcosa può essere atteso . L ' attendere è un modo dell ' avvenire fondato nell ' aspettarsi , avvenire che si temporalizza autenticamente come anticipazione . Ecco perché l ' anticipazione costituisce un essere - per - la - morte più originario di quello consistente nell ' attesa della morte " . Questo è verissimo . Molto spesso noi aspettiamo ; ma quasi mai aspettiamo la morte . Abbiamo visto come già Mirabeau in punto di morte osservasse amaramente che lui moriva da vivo : se avesse aspettato la morte , avrebbe aspettato qualcosa che lui non avrebbe mai potuto vedere e gustare . Il nostro essere - per - la - morte , per dirla con Heidegger , è una modalità costante della nostra vita , non uno scopo o un fine che inseguiamo e che riusciremo a raggiungere . In fondo , a ogni istante noi moriamo e rinasciamo e la nostra attesa è appunto una continua attesa di rinascita di noi stessi . Per terminare , dopo tante considerazioni non esattamente gioiose sullo scorrere del tempo umano e sulla nostra perpetua attesa , troveremo forse qualche consolazione ricordando il gentile verso di Montale : " ma in attendere è gioia più compita " . 12 . Nei giardini di Academo Si annunciava la primavera in una splendida giornata mediterranea e le piante erano già quasi tutte piene di bocci e di fiori . Nel giardino , su un sedile di marmo un po ' appartato , un uomo vigoroso sulla quarantina , con una notevole barba fluente , già un po ' brizzolata , non sembrava prendere parte a quella festa della natura . Appoggiando un gomito sul ginocchio e la testa sulla mano , rimaneva immerso nei suoi pensieri . Molte domande lo assillavano , quasi lo tormentavano . La principale si poteva forse riassumere così : era davvero sicuro di essere stato sempre fedele al suo maestro , esponendone le idee genuine e il metodo , oppure si era approfittato della celebrità di lui per diffondere la sua dottrina personale ? E poi quel Socrate era proprio come lui lo aveva descritto , idealizzandolo , oppure aveva ragione Aristofane , che tanti anni prima , nella commedia Le nuvole , lo aveva dipinto in termini ben diversi , tutto intento a insegnare come si può con un po ' di dialettica far prevalere l ' opinione peggiore su quella migliore ? No , a chi lo aveva conosciuto bene non sembrava affatto che le cose stessero così come diceva Aristofane . Gli sembrava tendenzioso , ingiusto assimilare Socrate ai sofisti . Lui sapeva bene che il maestro era uno degli uomini più onesti , più buoni , più saggi che fossero mai esistiti . Ma a dire il vero , lo aveva incontrato troppo tardi per poter smentire con sicurezza Aristofane . Non poteva darsi che effettivamente Socrate in gioventù fosse stato molto diverso da come poi lo aveva conosciuto lui e che a un dato momento della vita fosse cambiato in modo radicale ? Non poteva ciò essere avvenuto proprio a causa del responso ricevuto dall ' oracolo di Delfi , come del resto era voce abbastanza comune ? Loracolo , riferito da Cherefonte , aveva sentenziato che Socrate era il più sapiente degli uomini ; e Socrate , conscio invece di non saper nulla , si era dato alla ricerca appassionata della verità , accompagnandola con l ' assunzione di modi di vita ascetici . L ' asserire che le cose terrene sono solo copie imperfette di modelli ideali e perfetti non aiutava molto . Se l ' idea di uomo buono e saggio è fissa e inattaccabile dagli eventi mondani , quale Socrate era una copia imperfetta di essa ? Naturalmente il Socrate successivo agli anni della giovinezza . E perché poi ? Forse che il ravvedersi e il cambiare avevano un significato assoluto ? Per quale ragione il poi doveva valere più che il prima ? Quello era solo un pregiudizio umano ingiustificato . Fra l ' altro , se era così , un punto fondamentale della dottrina dell ' unità e stabilità del Bene non tornava affatto . Qualcuno poteva essere buono in certi periodi della vita e pessimo in altri . Era opinione comune che gli dèi nell ' Ade premiassero i buoni e punissero i cattivi . Ma chi erano i buoni ? Nel mondo delle idee che importanza poteva avere se uno era buono prima o dopo ? Perché continuare a fingere che gli uomini fossero diversi da come realmente sono per natura ? E del resto quello stesso che ora seduto sul marmo così ragionava non si sentiva profondamente cambiato dopo aver fatto quel viaggio nella Grande Ellade , dopo aver avuto quei colloqui col pitagorico Archita di Taranto , dopo aver visto a Siracusa come agiva il tiranno Dionigi ? E non provava anche un sottile rimorso per quel po ' di piaggeria che , con la magra scusa di cambiarlo , aveva dimostrato verso lo stesso tiranno ? Si riprometteva di tornare un giorno in quelle terre , per riparare e imparare ulteriormente . Inoltre , per quanto riguarda il giudizio sulla sofistica , che cosa vuol dire che un ' opinione o una ragione è migliore o peggiore di un ' altra ? Davvero lui credeva di saperlo ? Forse lo stesso Socrate nella sua grande saggezza non aveva mai scritto nulla di suo pugno , proprio perché si era reso conto che una cosa è discutere a voce su un concetto e impresa ben diversa è fissarlo con la scrittura . Per lui la saggezza e la verità consistevano anche - o soprattutto - nel porre le giuste domande e nell ' analizzare le risposte sensate . Nella conversazione , nel dialogo c ' è sempre una buona dose di eristica , di voglia di vincere e sopraffare l ' avversario , indipendentemente dalla maggiore o minore bontà delle idee . Ma le parole volano e quel peccato si può perdonare , anzi può essere di stimolo per escogitare domande e argomenti sempre migliori ; gli scritti invece restano e prima o poi vengono confutati da colui al quale non puoi rispondere . L ' importante è dunque imparare a formulare correttamente le domande e a esaminare senza pregiudizio tutto il ventaglio delle risposte possibili . Eppure ... non poteva essere sempre così . Non molto tempo prima lui stesso ne aveva dato una prova inconfutabile , affermando che Socrate era riuscito a far dimostrare a uno schiavo di Menone che , dato un quadrato , il quadrato costruito sulla sua diagonale ha area doppia di esso . Si sentiva sicuro che nessuno in avvenire avrebbe potuto smentire quella prova e quel risultato . Del resto nella matematica si danno centinaia di proposizioni e di prove assolutamente inattaccabili come quella . Se invece si voleva dimostrare qualche proposizione rispetto alla virtù , al bene , al male ... era un altro discorso . Ma in quel mentre la sua attenzione fu attratta da una ben strana apparizione . Un bellissimo gallo , urlando e starnazzando con le penne arruffate , attraversava di corsa il prato di fronte , per poi scomparire fra la vegetazione , dalla quale subito sfrecciava via un gruppo di uccelli spaventati . Il filosofo aveva appena alzato le sopracciglia , un po ' stupito , quando vide comparire tutto affannato un uomo che lui conosceva benissimo e che , a quanto pareva , inseguiva il gallo . Lo chiamò a gran voce : " Critone , Critone ! Che fai , dove vai ? " Critone arrestò un momento la corsa , piuttosto sorpreso e confuso : " Platone , tu qui ? Lo vedi , corro perché devo riacchiappare quel gallo . " " E perché lo vuoi riacchiappare ? " " Perché lo devo portare ad Asclepio , come mi aveva chiesto Socrate prima di morire . Non ricordi il racconto di Fedone di Elide , quel racconto che tu stesso hai recentemente messo per iscritto ? " Platone ricordava benissimo e forse era dei pochi che a suo tempo avevano capito . Socrate voleva donare il gallo ad Asclepio , dio della salute , per ringraziarlo di aver liberato la sua anima da quella vera e propria malattia che era lo stare congiunta col corpo . Ma lo stupore non faceva che aumentare . " Critone , sei diventato folle ? Quell ' incarico Socrate te lo dette dodici anni fa e tu lo adempi ora ? " " Questo ritardo non ha nessuna importanza . " " Come asserisci che non ha importanza ? " " Dimmi , Platone : è vero che tutti gli dèi sono immortali ? " " Sì , per Zeus ! " " E Asclepio non è un dio ? " "Certamente." " Allora Asclepio è immortale . " " Senza dubbio . " " E per chi è immortale dodici anni o un ' ora non sono la stessa cosa ? " " Così sembra anche a me ... " Ma Critone aveva già ripreso la corsa dietro al gallo e stava provocando un nuovo svolazzìo di uccelli in fuga . Forse non era male , perché in realtà Platone dava l ' impressione di esser rimasto quasi senza parole . Era veramente colpito da come Critone aveva appreso bene quell ' arte dialettica di interrogare e di argomentare , insegnata da Socrate . Ormai sembrava che lo scolaro fosse diventato lui , Platone . L ' apparizione del gallo e il fugace scambio di battute con Critone avevano riportato la sua mente a quel tristissimo giorno in cui Socrate , attorniato da una piccola folla di ammiratori e di seguaci , aveva buttato giù in un sorso la cicuta . Si sentiva in colpa e si vergognava . Perché lui non c ' era a dare quell ' ultimo saluto al maestro ? L ' affermazione di Fedone " credo che Platone fosse malato " era davvero molto debole . Come avrebbero potuto crederci i posteri , tanto più sapendo bene che tali parole in bocca a Fedone le aveva poste proprio colui che aveva scritto il dialogo ? Per disertare un incontro come quello ci sarebbe voluta una malattia molto grave , tale da mettere in pericolo la sua vita , qualora fosse uscito di casa . Ma di che mai era malato in quel lontano giorno un robusto giovane che al presente era ancora ben vivo e vegeto e che tutto faceva presagire che sarebbe vissuto fino a tarda età ? Forse non se l ' era sentita di assistere a una scena straziante , in cui nessuno ( tranne Socrate ) era riuscito a trattenere le lacrime . Ma un vero uomo dovrebbe sapere che esistono anche le lacrime . In quel momento Platone vide avanzarsi dal fondo del giardino una turba di uomini che discutevano animatamente fra loro e gesticolavano . C ' erano i pitagorici Echecrate di Fliunte , Simmia e Cebete di Tebe , il cinico Antistene , Euclide di Megara , Aristippo di Cirene , Apollodoro ( l ' affezionatissimo del maestro ) , Ermogene , Critobulo , Ctesippo , Menesseno e tanti altri scolari e seguaci di Socrate , che Platone non conosceva o lì per lì non riusciva a distinguere . Quelli si fermarono facendo cerchio attorno a lui , con aria rispettosa , ma abbastanza decisa . Platone li guardò un po ' in silenzio , poi , sempre benevolo e disponibile , domandò : " Che volete , amici miei ? " Seguì un certo imbarazzo , quindi Cebete si decise a rompere il ghiaccio e , facendosi avanti , disse : " Platone , or non è molto tu hai scritto e diffuso un nuovo dialogo , in cui fai raccontare a Fedone le ultime ore di Socrate . " " È vero . " " Ebbene , molti di noi lo hanno letto con sommo interesse ; e ora ne stavamo discutendo . " Il volto del filosofo si illuminò . Anche Platone aveva la sua vanità e difficilmente nascondeva il desiderio che gli altri approvassero quello scritto , che a lui sembrava un capolavoro . Chiese allora con ansia : " Ebbene , che ve ne pare ? " " Per gli dèi , ci pare composto splendidamente . " " Ne sono lieto . Ma ho l ' impressione che non siete venuti a dirmi soltanto questo . " L ' imbarazzo parve un po ' aumentare . Poi Cebete si decise a dire : " Non ti nascondo che alcune cose ci hanno lasciato parecchi dubbi . " " Per Zeus ! Ditemele . Che aspettate ? " " Ecco , alcuni di noi non sono rimasti convinti da quello che affermi riguardo all ' anima e alle sue trasmigrazioni da un corpo a un altro . " " Non mi meraviglia . Ma spiegati meglio . " " Prima di tutto sembra nel tuo dialogo che Socrate desse per scontata quell ' opinione che vuole che il corpo sia nettamente separato dall ' anima , benché forse tale opinione sia tutt ' altro che generalmente accettata nell ' Ellade e che non sia dimostrata con argomenti abbastanza solidi . Fatto questo , tu ti affidi troppo facilmente al ' si dice ' [ léghetai ] , alle credenze oracolari , ai miti orfici , dionisiaci , popolari . Dimentichi che quelle , anche quando fossero opinioni vere - e noi non contestiamo che possano esserlo - non sono accompagnate da ragioni [ lògoi ] tali da dissipare i dubbi . Perfino ai grandi poeti ti appelli , a quelli che nel Menone dici che sono come gli dèi . " " E non lo sono ? Non hanno i poeti grandi visioni e divinazioni ? " " A volte sì . Ma a volte narrano cose fantastiche e assolutamente incredibili . Immagino che tu ricordi bene i poemi del sommo Omero . " " Come no ? " " E credi davvero che esistano quei giganti con un occhio solo che chiamano Ciclopi ? Ma lasciamo stare Omero . Socrate afferma che il cigno canta prima di morire . Hai tu conosciuto un solo Elleno che abbia veramente sentito cantare un cigno in punto di morte ? " Platone appariva sempre più spazientito e intervenne per riportare Cebete in argomento : " Tu stai divagando e ti dimentichi di che cosa veramente stavamo discutendo . " " Forse hai ragione . Ma io parlavo dei poeti perché mi rammento che nel Menone tu citi Pindaro , per suffragare l ' opinione che quando uno ha trascorso nove anni nell ' Ade , la sua anima può tornare alla luce in un nuovo corpo . " " Così è . " " Ebbene , oggi Socrate i suoi nove anni nell ' Ade li ha già trascorsi e quindi può risorgere dovunque , da un momento all 'altro." "Certo." " Facciamo allora una qualunque ipotesi ammissibile . Supponiamo che fra tre anni egli rinasca a Stagira e che lo chiamino Aristotele . " " Strano nome ; e perché poi a Stagira ? Ma le ipotesi sono solo ipotesi , ammettiamolo pure . " " Ora , data l ' inclinazione alla filosofia dimostrata da Socrate nella vita precedente , è verosimile che il nuovo individuo che ha quell ' anima si dia anch ' egli alla ricerca della verità . " " È probabile . " " Supponiamo che fra una ventina di anni Aristotele , ormai cresciuto , entri nella tua scuola , qui all ' Accademia . Credi forse che egli continuerà a insegnare esattamente le stesse cose che insegnava Socrate e che userà lo stesso metodo ? " " Questo non mi sembra da credersi . " " O ritieni che si limiterà a imparare e a ripetere esattamente le tue dottrine ? " "Nemmeno." " Non è invece da supporre che , essendo una mente di grande levatura , cambierà qualcosa e aggiungerà molti pensieri suoi e originali ? " " Così sembra . " " Ma a quali reminiscenze si rifarà la nuova dottrina ? Forse a quelle di Socrate o a quelle di Platone ? Lo abbiamo testé escluso . Allora dovremmo concludere che Aristotele avrà appreso quei pensieri nuovi nell ' Ade e che qualcosa qui sulla Terra gli desterà reminiscenza di essi . " " È vero . " " Ma mi sai dare una ragione per cui quelle dottrine non l ' avessero già apprese nell ' Ade gli stessi Socrate e Platone ? Forse dobbiamo dire che quelle idee allora non c ' erano ancora nell ' Ade e che siano spuntate solo recentemente ? " " No , no . Tu sbagli , Cebete . Le idee ci sono sempre state tali e quali nell ' Ade . Tutto quello che possiamo ragionevolmente supporre è che nella loro vita Socrate e Platone non abbiano incontrato quelle particolari cose che hanno destato in Aristotele le sue specifiche reminiscenze . " " Sei molto astuto , Platone . Ma supponi ora che su alcuni ben determinati argomenti Aristotele si pronunci in modo contrario a Socrate e a Platone . Che dici in questo caso ? " Platone sudava e appariva piuttosto in difficoltà . Ma guarda un po ' - si diceva - a che punto può portare il metodo socratico delle domande e risposte quando è applicato a me stesso ! Tuttavia tentò di cavarsela in un modo che , a vero dire , non gli piaceva molto : " Be ' , se ciò avviene ( ma mi sembra poco verosimile ) vuoi dire che qualcuno di loro ha ricordato male e di conseguenza ha avuto una reminiscenza sbagliata . In ogni caso rammentati che , per quanto riguarda l ' immortalità dell ' anima e dell ' apprendere considerato come reminiscenza , io ho avanzato non una sola ragione , ma tutta una molteplicità di ragioni . " " Proprio qui ti volevo . Non ti sembra che il dare molte ragioni a sostegno di una stessa opinione dimostri che nessuna di esse è veramente cogente e tale da togliere ogni dubbio ? " " Confesso che può apparire così ... " Ma qui intervenne Simmia , che da tempo dava segni d ' impazienza : " No , Platone . Prima di passare ad altro , torniamo alla tua dottrina che imparare è avere reminiscenza di ciò che si è appreso nell ' Ade . Quante volte secondo te una stessa anima ha trasmigrato da un corpo a un altro ? Infinite volte o un numero finito di volte ? " " Non mi sembra che il numero possa essere infinito . " " Certo , hai ragione . Infatti se uno fosse passato infinite volte nell ' Ade , ormai avrebbe appreso tutto . Altri passaggi su e giù , altre trasmigrazioni , altre dimenticanze , seguite da reminiscenze , sarebbero assolutamente inutili ; e gli dèi sarebbero i primi a non volere una cosa tanto assurda . " " Così pare anche a me . " " Allora supponiamo che si tratti solo di un numero finito di volte . In tal caso ci deve essere stata necessariamente una prima volta . Ma quell ' individuo venuto al mondo per la prima volta come avrebbe potuto imparare qualcosa nella sua vita , dato che non aveva reminiscenza di nulla ? Se poi si ammette che già avanti che nascesse la prima volta gli fosse stato mostrato dagli dèi tutto il mondo delle idee , che necessità ci sarebbe di rinascere tante altre volte ? " " Simmia , io ti posso solo dire che sono molte le cose che non sappiamo riguardo alle anime e agli dèi . Non per questo dobbiamo smettere d ' indagare e di ragionare . " " Non ti sembra invece che dovremmo smettere d ' indagare quelle cose che vanno al di là della nostra vita e del mondo sensibile e sulle quali non avremo mai ulteriori informazioni sicure , ma solo supposizioni ? " " Eppure è indubbio che ci sono cose non attestate unicamente dai sensi - che , come si sa , possono essere fallaci - sulle quali , ragionando , si può raggiungere la verità . Lo può fare perfino uno schiavo , come io ho mostrato inconfutabilmente nel dialogo intitolato a Menone . " A questo punto si fece avanti con decisione un nuovo personaggio , che Platone fino allora non aveva notato nella folla . Era un uomo giovanissimo , dalla fronte ampia e dalla chioma scapigliata , che esclamò : " Platone , tu hai le doglie ! " Nell ' udire tali parole , Platone rimase attonito . Gli pareva che quel ragazzo fosse un po ' insolente , ma non riusciva a sottrarsi a un certo fascino che emanava da lui . Domandò un po ' indispettito : " Chi sei , giovanotto ? " " Sono Teeteto . " " Teeteto ? Ho udito bene ? " " Hai udito bene . " " Allora saresti quel Teeteto che adolescente , quasi bambino , discusse con Socrate su che cosa è la scienza ? " " Sono quello . " " Per Zeus ! Sono proprio felice di incontrarti finalmente . Socrate andava ripetendo che gli avevi fatto una grande impressione e pronosticava per te un brillante avvenire . Diceva che avresti potuto diventare un eccellente matematico . " " Sono un matematico . " " Sono stato or non è molto a Megara e ancora una volta Euclide mi ha parlato di te . Egli ha preso nota della tua discussione con Socrate . Bisogna proprio che un giorno - forse anche fra vent ' anni - si decida a raccontarmi tutto per filo e per segno , in modo che io possa scriverci un dialogo da lasciare ai posteri . Ma dimmi , perché hai affermato quella strana cosa che io ho le doglie ? " " Ah , Platone , non ricordi in qual modo procedeva il tuo maestro Socrate ? " " Come no ? " " Sua madre Fenarete era una levatrice . E lui fin da piccolo era stato abituato a sapere che lei aiutava i bambini a nascere . I bambini c ' erano già ben formati nel ventre della madre , ma era bene aiutarli a uscire . Così , diceva Socrate , si doveva fare anche per le idee : con la maieutica si deve solo aiutare le idee a uscire dalla mente dell ' interlocutore . Quello era il vero insegnamento . " " Ricordo bene . Ma perché ora tu hai usato quell ' espressione parlando di me ? " " Perché tu , a proposito dello schiavo di Menone , stavi per partorire un ' idea giustissima . Poco importa ora che Socrate abbia usato quella che chiamava maieutica . Nelle cose matematiche essa non è affatto indispensabile ; o per meglio dire uno può benissimo usarla su se stesso , ragionando e tirando fuori le conclusioni giuste . " " E allora che cos ' altro è importante , secondo te ? " " Quello che nella matematica è importante secondo me è che quando uno ha un ' opinione vera , può far sì mediante il ragionamento che non solo lui , ma anche un altro - fosse pure uno schiavo - sia costretto a riconoscere che è vera . Altro che maieutica , altro che reminiscenza ( non ti offendere , ti prego ) ! " " Allora tu non credi che lo schiavo avesse già dentro di sé quelle nozioni e che bisognasse solo tirarle fuori ? " " No , Platone . Io credo invece che la mente sana - sia essa di un uomo , di una donna , di un cittadino , di uno schiavo - sia fatta così da saper ragionare correttamente sulle cose della matematica . Per esempio , io ti potrei dimostrare in modo inoppugnabile che quella diagonale di cui parlava Socrate è incommensurabile ' col lato del quadrato : cioè che non esistono due numeri interi che stanno fra loro come la diagonale e il lato . Non è il caso di farlo qui ora ; ma , se lo facessi , sono sicuro che tutti gli astanti sarebbero costretti a dirsi d 'accordo." Platone non sembrava del tutto convinto e osservò : " Ma se lo schiavo , sia pure guidato dalle domande di Socrate , è riuscito a dimostrare una proposizione tutt ' altro che facile , non è evidente che egli aveva già visto altrove quelle cose e che in un certo modo le ricordava ? " " No , Platone . Lo vedi questo vaso che ho testé acquistato dal mercante ? " " Sì , Teeteto ; è molto bello . " " Ebbene , questo vaso è uscito or non è molto dalle mani del vasaio e quindi è da credere che non abbia mai contenuto l ' acqua o il vino . Ma non credi che se io ci verso dell ' acqua o del vino esso li conterrà ? " " Non ne dubito . " " Forse questo vuol dire che prima che lo portassi qui qualcuno , a mia insaputa , ha versato dell ' acqua nel vaso e che esso ora se ne ricorda ? " Platone si accarezzava nervosamente la barba , ma Teeteto proseguiva implacabile : " No , tutto ciò che si può dire è che l ' esperto vasaio lo ha fatto in modo che potesse contenere i liquidi . Nel fabbricarlo gli ha conferito questa capacità . Così gli dèi - o il Demiurgo , come forse diresti tu - hanno dotato la mente umana della capacità di ragionare correttamente delle cose matematiche . Naturalmente questo non significa che la tua opinione che la diagonale e il lato del quadrato esistano realmente nel mondo delle idee sia necessariamente giusta o errata . " " Ma perché parli solo della matematica ? Perché non possiamo ragionare correttamente e in modo riconosciuto inoppugnabile da tutti anche su altre cose : per esempio sulla virtù , sulla conoscenza , sulle cose sensibili , sull ' anima ? In fondo , Critone mi ha testé fatto un ragionamento che , anche se non matematico , mi sembra inoppugnabile . Mi ha detto : tutti gli dèi sono immortali , Asclepio è un dio , dunque Asclepio è immortale . " Teeteto rimase per un po ' pensoso , poi rispose : " Platone , ti confesso che io non so che dire . Forse qualcuno più sagace di me saprà mettere un po ' di ordine sul nostro modo di ragionare in generale . Forse un giorno sarà quell ' ipotetico Aristotele , di cui parlava Cebete , a classificare bene tutto ciò che riguarda l ' arte di ragionare correttamente [ loghiké téchne ] . Forse fra alcuni secoli qualcuno troverà anche un modo efficace e convincente di indagare le cose sensibili . Ma dubito molto che si riesca a convincere tutti su tutto . E in fondo nemmeno mi dispiace che sia così . " A questo punto intervenne uno straniero , che tutti guardavano con un certo rispetto misto a timore . Si rivolse subito a Platone con queste parole : " Platone , arrivo proprio ora dalla Focide e vi porto le ultime divinazioni della Pizia . Credo che ti dovrebbero interessare . " " Sì , per Zeus , parla ! " " Sai chi sono i Latini ? " " Mi pare che un giorno me ne parlasse Archita di Taranto . Sono forse quei rozzi e feroci contadini che abitano molto più a settentrione di Elea ? Perché dovrebbero interessarci ? " " Perché costoro stanno diventando sempre più forti e l ' oracolo dice che un giorno conquisteranno tutta l 'Ellade." Platone si coprì il volto con le mani ed esclamò gemendo : " Ahimè , sciagura , che disastro ! " " No , forse non sarà un disastro . Sappi che quei rozzi contadini sono abbastanza intelligenti . Una volta padroni dell ' Ellade , capiranno subito che la nostra sapienza e le nostre arti sono cento volte superiori alle loro . Allora faranno a gara a impararle e poi le diffonderanno in tutto il mondo . Per millenni quello che noi stiamo seminando continuerà a dare meravigliosi frutti . " Il volto di Platone andava rasserenandosi e il suo sguardo sembrava già riempirsi di futuro . Poi lo straniero continuò : " Quanto a te , Platone , tu avresti particolare ragione di rallegrarti . L ' oracolo ha predetto che fra ben ventitré secoli , in un ' isola immersa nelle nebbie iperboree , un grande sapiente chiamato Whitehead ... " " Come hai detto ? " " Sì , il nome è impronunciabile da una bocca ellena ... Bene , quel sapiente dirà che tutto quello che la filosofia sarà riuscita a produrre nel corso di quei ventitré secoli sarà soltanto un commento alla filosofia di Platone ! " Il sommo filosofo non riusciva a nascondere il suo grande compiacimento . In quel momento ricomparve Critone , che trionfante teneva il gallo saldamente per le zampe . Il gallo continuava ad agitarsi e a urlare . Ciò che l ' oracolo non aveva rivelato era che il gallo doveva ritenersi ben più fortunato dei due polli che un bel giorno un certo Renzo avrebbe portato tenuti per le zampe ; quelli avrebbero continuato a litigare e a becchettarsi ferocemente per tutto il cammino .
OPUSCOLI DI DIRITTO CRIMINALE ( CARRARA FRANCESCO , 1870 )
Saggistica ,
ÿþCANTÙ E CARMIGNANI ( dagli Opuscoli di Diritto criminale , Lucca , 1870 , vol . II , 597 ss . ) Cesare Cantù ( quel potente ed infaticabile ingegno , che tanto arrecò di onoranza alla patria nostra ) ha dato in luce un frutto novello dei suoi studi , nel libro che intitolò Beccarìa e la scienza criminale . In cotesto scritto l ' illustre autore , seguitando un sistema altra volta da lui felicemente sperimentato , prende occasione dalla biografia di un uomo ad intessere la storia della scienza che da quello si coltivò , e delle opinioni dei tempi che lo precedettero , e lo seguitarono . Così dalla vita del Beccarìa coglie il Cantù destramente occasione di registrare numerosa serie di fatti interessanti la scienza penale ed esponendo lo stato della dottrina che precedette e susseguì gli scritti del suo protagonista , viene parlando degli uomini che poscia meditarono le palpitanti questioni da lui sollevate nel magistero punitivo . Non intralascia l ' esimio scrittore di esprimere il suo pensiero sulle diverse scuole che si formarono dipoi nella scienza del diritto penale ; e di mostrarci sovente come sappia la sua mente acutissima con brevi parole demolire una intera dottrina . Non è mio intento di tessere elogi di questo scritto pregevolissimo e benemerito della scienza alla quale consacro i miei studi : né di sindacare le opinioni che in quello trapelano , o rilevarne se pur vi sono i difetti . Mio solo scopo è d ' adempiere un sacro dovere di gratitudine . E in vista di cotesta cagione spero che l ' insigne scrittore vorrà perdonare alle rispettose mie osservazioni . Evvi in quello scritto una pagina ( la 292 ) ove il Cantù favella di colui che io considero come decoro d ' Italia , luminare e maestro della dottrina penale : Giovanni Carmignani . Il Cantù , che tutti novera i criminalisti surti in Italia fino ai dì nostri , non consacra al Carmignani che quella pagina . Ed anzi la maggior parte di quella pagina è ingombrata da una satira che fu lanciata contro Giovanni Carmignani mentre a Firenze faceva i suoi primi infelicissimi tentativi nella scienza alla quale diede poscia tanto incremento . Del rimanente non altro si dice del Carmignani tranne accennare la sua divergenza con Pellegrino Rossi ( al quale pure il Cantù fa in altro luogo rimprovero di aver bevuto le ispirazioni francesi da Broglie e Guizot ) ed affermare che il Carmignani fino al 1836 fu un caldo propugnatore della pena di morte . Aggiungendo che solo a questo ultimo stadio della sua vita ei cambiò di opinione ; e repentinamente invitato il pubblico a straordinaria lezione , si diede a combatterla . Ora questa notizia che riferisce il Cantù per inesatte informazioni , non può lasciarsi inosservata da chi meglio conobbe le massime insegnate dal professore pisano , assai difformi da quelle che si vorrebbero a lui attribuire . Rettificare con documenti cotesto equivoco , e rivendicare il nome di quel sapiente dalla taccia di incostanza scientifica , è un debito di reverenza in chi , sebbene indegnamente , siede alla cattedra che tanto si onorò di quel grande . Giovanni Carmignani uscito dalla pisana Università con la laurea dottorale , recavasi per sue convenienze alla capitale della Toscana e trovava colà un Ministero , che impaurito dell ' uragano minaccevole d ' oltremonte , ripristinava con la legge del 1795 la pena di morte , e riconduceva in generale le punizioni a più severa misura . È naturale in tutti i Governi , che promuovono una riforma legislativa , di cercare attorno qualche scrittore che con gli elogi suoi si studi a rendere popolare la nuova legge , e persuada il pubblico della convenienza , e saviezza della medesima . Se pochi sono i Legislatori i quali , ad imitazione del Bavarese , recidano il pericolo di una censura con lo interdire ogni commento sul nuovo codice , nessuno di loro tollera in pace la critica . E ciò tanto più è naturale , quanto più la legge novella è avversa alle opinioni dominanti nel popolo ; com ' era , ed è sempre stata avversa ai toscani la pena di morte . E bene a ragione un popolo civile doveva osteggiare la pena di morte . Poiché questa altro non è che l ' ultimo residuo della barbara idea del taglione . Singolare esempio di pregiudizi umani ! Mentre è ormai rejetta la erronea dottrina , se ne venera la più fatale estrinsecazione ! Nessuno oggi oserebbe sul serio riproporre il taglione come misura della pena . E non si vuol vedere che la idea di uccidere l ' uccisore altro non è che la prima formula del taglione ! Di ciò che avvenne il 1795 , vedemmo noi stessi ripetuto l ' esempio nel 1853 alla pubblicazione del nuovo codice penale . Il Ministero accarezza coloro che elogiano il parto della sua mente , come una tenera madre simpatizza per chiunque rivolga ai suoi bambini parola di encomio o di affetto : e quelli che ambiscono i favori dell ' autorità comprendono ben tosto qual è la via che si deve calcare per guadagnarseli . Narro cosa che è notoria fra noi . Anelava il Governo Toscano del 1795 trovar modo onde vincere l ' antipatia popolare contro la pena di morte . Carmignani ebbe la debolezza di cedere alla lusinga : ed a suggerimento di Lorenzo Pignotti , pubblicò nel 1795 a Firenze coi tipi della Stamperia Granducale un pessimo libro , intitolato Saggio di Giurisprudenza criminale : ove calorosamente sostenne la utilità e la giustizia della pena di morte . Ecco il peccato capitale di Giovanni Carmignani : ma fu il peccato del giovine dottore , inesperto della vita ; e balbettante ancora nell ' atrio della scienza . Ma fu un peccato che egli pianse amaramente fino a che visse , cercando distruggere come poteva ogni esemplare di quel libro male augurato ; deplorando con gli amici l ' error giovanile e vergando di proprio pugno sull ' esemplare che qua si conserva degli eredi di lui , solenni parole di anatema . Ivi in testa al capitolo quinto , intitolato della utilità della pena di morte , leggiamo scritto da lui - orribile intitolazione ! ! Eppure uscì dalla mia penna e dalla mia mente ! Fu un errore giovanile , che doveva dirsi redento dai fruttuosi sudori del professore pisano ; e dagli sforzi energici coi quali combattè sempre i falsi principii da lui disavvedutamente seguitati in quell ' opera informe . L ' albero non dee giudicarsi dai frutti immaturi che per ridondanza di umore vitale egli emetta precocemente , come l ' uomo non dee giudicarsi sulle aberrazioni della sua giovinezza . Troppi sarebbero i grandi che si farebbero impiccolire , misurandoli col criterio dei giovanili conati . Chi valutasse l ' Alfieri sui meriti della Cleopatra , lo direbbe un ridicolo tragico . Chi giudicasse Byronnei suoi versi giovanili , direbbe che quel gigante fu un meschino poeta . Del resto non fu tardo il Carmignani a conoscere quella trista verità , che chi si lascia sedurre dalle aure del potere , se qualche volta guadagna fortuna , quasi mai profitta nella onoranza e nella benevolenza dei cittadini . Non solo a lui piovve addosso il madrigale che riporta il Cantù , e che fu diretto contro il dottore Carmignani e non contro il professore pisano ; ma la lepidezza fiorentina versò contro lui un torrente di satire e di motteggi , di cui furon pieni persino gli angoli delle pubbliche vie . E fu tale e tanto il gridare contro di lui , che chi ne meditò allora le cause , non iscorgendo proporzionata a quelle ire la inisignificanza del libro , e la oscurità dell ' autore , vi riconobbe piuttosto una manifestazione contro l ' esoso indietreggiare del governo . Tutt ' altro cuore che quel di Giovanni sarebbesi annientato in faccia a tanta tempesta . Ma il Carmignani dalla infelicità della prima esperienza trasse invece argomento a meglio approfondare i suoi studi nel giure penale , e sostituire i concetti proprii e il risultato delle proprie meditazioni alle inspirazioni di una servile deferenza . Laonde , quando nel 1803 fu chiamato alla lettura del diritto criminale nella pisana Università , ei si presentò ai suoi alunni , non più parteggiatore di crudeli dottrine , ma deciso sostenitore della mitezza nei gastighi ; ed appose per eserga alle sue istituzioni di diritto criminale che ( per quanto mi è dato di rintracciare ) pubblicò in latino la prima volta nel 1808 , questa sentenza - temperatus cohibet timor ; assiduos acer extrema admovens , in audaciam jacentes excitat - quasi a programma e solenne professione di fede , quasi a segnale della bandiera sotto la quale ei si apparecchiava a pugnare . Salito in Cattedra egli sentì il debito di coscienza d ' insegnare agli alunni suoi quelle che riconosceva come grandi verità della scienza , e non i placiti della autorità . Fondatore dell ' insegnamento filosofico del giure penale ( 1 ) [ ( 1 ) Del giure penale fu Giovanni Carmignani l ' Apostolo ed il Dottore . Ne fu l ' Apostolo , perché i principii umanitarii propugnò sempre con amore caldissimo , ed a propagarli volse ogni suo studio con indefessa operosità . Ne fu il Dottore , perché alla civilizzazione del giure punitivo egli diede opera utilissima e salda col ricostituirne dalle basi lo insegnamento . Già i pubblicisti nella seconda metà del passato secolo avevano fatto crollare lo edifizio barbaro del vecchio giure punitivo , e già Leopoldo I di Toscana , convertendo in legge le nuove dottrine , aveva mostrato come potesse senza ferocia di pene mantenersi la sicurezza di un popolo . Ma i novatori a patrocinare la santa causa avevano usato e forse abusato delle patetiche declamazioni ; perché in quei primi attacchi era buono fare appello al cuore per commuovere gli animi e condurli a dimettere le tenebrose abitudini . Se però l ' impeto giova per demolire , non vale altrettanto a ricostruire ; ed il secolo passato , che fu tremendo demolitore , lasciava al presente il retaggio della ricostruzione anche nell ' argomento del diritto penale . E poiché gli avversarii non posavano le armi , ma appunto , pigliando occasione dal metodo della aggressione , falsavano la situazione della lotta e screditando i novatori come sentimentalisti vantavano a loro pro il presidio della ragione ; era tempo si desse loro battaglia sovra più severo terreno , e costringerli , se fia possibile , ad un perpetuo silenzio . Questa fu la mente del Carmignani quando nel 1807 dettò nella lingua dei dotti i suoi elementi di diritto criminale ampliati poscia e corretti nelle successive edizioni . Riedificare tutta la dottrina penale sulla base semplice , ma sempre vera , della natura delle cose onde mostrare che le riforme , chieste dal progresso civile , non si volevano per un sentimento di pietà verso i colpevoli ma pei rigorosi precetti di assoluta giustizia , era il bisogno del tempo ; e sorse Carmignani a soddisfare questo bisogno . Aridi come una matematica , e denudati dei fiori rettorici , dei quali pure sapeva egli bene usare nel foro , gli scritti didattici del Carmignani ricondussero il giure penale ad una dottrina ontologica . Tre furono i cardini sui quali egli adagiò la scienza filosofica della ragione penale . Aderire tenacemente alla distinzione fra imputazione e pena . Aderire tenacemente alla distinzione fra quantità e grado così nel delitto come nella pena . Notomizzare il delitto e la pena decomponendoli nelle respettive loro forze così fisiche come morali , cercando nelle forze oggettive del delitto il criterio della sua quantità , e nelle soggettive il criterio del suo grado , onde trovare la quantità e grado corrispondente nelle penalità . Fu questo il tripode sul quale egli pose la conclusione che la mitezza delle pene come generale veduta legislativa non era chiesta dalla misericordia ma dalla giustizia , e che debito di giustizia distributiva , non di pietà , erano le mitigazioni dei castighi nei singoli casi . Alla dottrina arbitraria ed empirica delle circostanze attenuanti non fece appelli giammai , anzi la bandì come funesto veleno dal suo sistema , perché volle che il giudice fosse guidato dallo intelletto e non soggiogato dal cuore . Punire meno , perché non si ha diritto di punire oltre ; punire meno dovunque si trova meno nelle condizioni giuridiche del fatto : ecco le formule alle quali da capo a fondo s ' inspirò lo insegnamento del grande maestro : insegnamento che può spregiarsi soltanto da chi non sa o non vuole comprenderlo , ma che compreso una volta è fonte perenne di luce in ogni problema del giure punitivo . È vero che nello svolgimento dei singoli problemi lasciò Carmignani qualche angolo inesplorato ; ma le linee fondamentali tracciate da lui erano facile guida alle desiderate soluzioni . È vero che Carmignani mostrò qualche volta allearsi alla scuola così detta politica , e qualche volta chiedere ajuti alla scuola utilitaria , ma non pose né nell ' una e né nell ' altra la vera radice delle sue dottrina , perché troppo era libero pensatore per farlo . Fu questa per lui una necessità di situazione . Egli si trovava alle spalle la falsa filosofia del secondo decimottavo , si vedeva sorgere al fianco ( troppo potente in quel periodo ) la falsa ed empirica scuola detta utilitaria capitanata da Bentham . Accintosi egli a muover guerra senza transazione con la scuola ascetica e con la scuola terrorista sentì qualche volta il bisogno di una alleanza ; ma i principii che egli poneva come cardini della sua dottrina dovevano per necessità logica demolire il trono dei momentanei alleati . Carmignani fu il riordinatore del giure punitivo , ed il suo riordinamento , perché strettamente aderente alla nuda verità delle cose , ha dato a questa scienza una base solida ed imperitura , sulla quale bisogna si assida ogni svolgimento ulteriore della teorica per parte di chiunque cerchi e desideri la verità . E qual fosse lo mostrò fino dal 1807 ponendo in capo al suo libro il significantissimo eserga temperatus cohibet timor . ] le sue letture apparvero una novità a coloro che erano usi ad intendere il nudo commento del diritto romano e delle leggi locali ; o la descrizione dei diversi modi di delinquenza secondo il diritto costituito ; o le maniere di formare un processo sulla prammatica inquisitoria . Ridurre i principii del Beccaria a formule scientifiche ed a metodo didattico fu il suo precipuo divisamento : e le sue istituzioni ne fanno solenne testimonianza . E quanto alla pena di morte , se leggessi ciò che ei ne scrisse nella edizione del 1808a pag . 135 , cesserà per sempre la fantasia di affermare che il Carmignani fosse in tutto il corso del suo insegnamento propugnatore dell ' estremo supplizio . Fu egli che in quella pagina pose innanzi quel potente dilemma contro la pena capitale ; dilemma che sotto il rapporto della pretesa utilità di tal pena , vale assai meglio di tante altre declamazioni . O volete adoprare ( egli scriveva ) la pena estrema contro i delitti che muovono da passioni cieche e bollenti ; e l ' uomo furioso sprezzerà la pena più atroce , come sprezza qualunque pericolo . O volete adoperarla contro i delitti che muovono da freddo calcolo ; e dovete riconoscere che in questo calcolo entra per soverchia misura la speranza della impunità : e la speranza d ' impunità non diminuisce ma si moltiplica per la ferità di un castigo , che eccita commiserazione , e che per la sua irreparabilità accresce il dubitare delle coscienze . Laonde se l ' uomo che delinque per freddo calcolo prevede che lo colpisca il castigo , ha nella minaccia della perpetua privazione della libertà e di tutti i godimenti della vita , ostacolo sufficiente a frenarlo : che se prevede di eludere la giustizia , e calcola sulla impunità , la pena più atroce gli presenta una ragione di maggiore probabilità per confidarvi . Io non discuto ora cotesto argomento . Ma lo ricordo solo perché mi sembra irrecusabile prova a mostrare che il Carmignani combatteva fino dai primi anni del suo maestrato la pena di morte . È vero che seguace del principio della politica necessità , egli opponeva piuttosto la inutilità che la illegittimità radicale di cotesta pena . O , a meglio dire , ei voleva desumerne la illegittimità col dimostrarla non necessaria . È vero che codesto ordine d ' idee lo condusse ad ammettere la pena di morte nel caso estremo del perduelle , la uccisione del quale fosse l ' unico mezzo possibile di rendere alla pace la società . Ma questa concessione ( o a meglio dire codesta logica deduzione del principio assunto da lui come fondamento del diritto di punire ) ei la fece con tali restrizioni , da ridurne l ' applicazione all ' esercizio del diritto di guerra . E ciò non autorizza per fermo a noverare il Carmignani fra i sostenitori della pena di morte . Questa sua dottrina egli riprodusse nelle consecutive edizioni che fece delle sue istituta , da quella del 1819 fino all ' ultima . E più latamente la svolse nella sua opera intitolata Teoria sulle Leggi della sicurezza Sociale da lui pubblicata nel 1831 . Che poi dalla Cattedra in tutto il corso del suo insegnamento combattesse la pena di morte , tutti i suoi discepoli possono testificarlo ; e molti ricordano come accorressero anche da lunge al pisano ateneo numerosi uditori il giorno in cui correa voce che Carmignani avrebbe detta la sua lezione contro la pena di morte . E se in alcuni anni di agitazioni politiche , o segreti ordini , o prudenza lo astrinsero a non potere senza pericolo ripetere la sua dottrina ; egli se ne passò dal 1831 al 1834 col non discutere i problema , piuttosto che risolverlo in un modo contrario alle sue convinzioni : le quali anche allora con quel silenzio eloquente mostrò bene di qual tempra si fossero . La lezione da lui pubblicata alle stampe contro la pena di morte nel 1836 non fu dunque una inattesa ritrattazione di quel sapiente , fu il riassunto delle dottrina che per oltre trent ' anni e con gli scritti e con la voce caldamente avea sostenute . La convocazione straordinaria a quella lezione , la pubblicazione mercè la stampa di quella monografia , male si dipinge come segno d ' incostanza e di ritrattazione . Se da quello scritto si toglie l ' ornato della erudizione , e l ' orpello del retore , poco o niente vi si riscontra che già non avesse il Carmignani per anni ed anni ripetuto , o parlando , o scrivendo . Censurisi pertanto se vuolsi il nostro Professore , o come letterato o come filosofo . Ma come criminalista non gli si neghi il pregio di essere umanitario , come non può negarglisi il merito di aver recato immenso incremento alla scienza penale . Sul qual proposito in non intendo già di applaudire ai principii che Giovanni Carmignani assunse come fondamentali del diritto di punire . Io nol potrei , poiché ne discordo . E come siano coteste basi fallaci , bene lo mostrò il chiarissimo Prof . Centofanti in un suo scritto inserito nell ' ultimo volume dell ' Antologia ; che lascia tuttavia a desiderare la promessa continuazione . Ma il Carmignani doveva bene subire la influenza dei tempi e delle false dottrine politiche e filosofiche che non ancora si erano rese per vinte in faccia alla luce del secolo XIX . Ciò peraltro non toglie che le opere di quest ' uomo non segnino una lunga corda nella linea saliente del progresso della scienza penale . Alcuni ardui problemi della medesima non hanno ancora ricevuto la ultima soluzione , e forse correranno molti anni prima che sorga il nuovo Neutòno e recarvi la luce . Ma tutti coloro che sudarono utilmente a diradare le tenebre , debbono dirsi benemeriti della scienza ; e sovrattutti il Carmignani che per quarant ' anni d ' insegnamento pertinace si affaticò nell ' opera santa : né il merito dei benefizi recati può menomarsi , perché tali benefizi che si estesero a moltissimi punti della dottrina non riuscissero uguali in altre parti della medesima . Se un uomo od un libro dovesse elogiarsi allora soltanto quando ei fosse scevro affatto di errori , noi non potremmo elogiare che l ' Uomo Dio , e le pagine del Vangelo . Ciò che al Carmignani fruttò l ' ammirazione dell ' Europa ; ciò che gli assicura distintissimo saggio nel Panteon dei criminalisti , e renderà immortale il suo nome , è la esattezza del metodo , e l ' ordine preclaro col quale egli seppe disporre nelle sue Istituta i precetti della giustizia penale . Metodo ed ordine che lo condusse per forza potente di logica a dileguare una folla di errori , che aveva fino ai suoi giorni dominato nelle scuole e nel fôro ; e che dopo lui nessuno osò più riproporre . Metodo ed ordine , del quale ( oso dire ) è impossibile trovare il migliore per chiunque voglia dettare un libro destinato all ' insegnamento del giure penale . È sotto questo aspetto che le sue istituzioni sono un vero gioiello . Onde il primo titolo che al Carmignani si deve è quello di riordinatore dell ' insegnamento criminale . Egli è il Linneo della nostra scienza . Poterono i posteri trovar difetto in qualche famiglia : poterono discuoprire qualche specialità da aggiungersi ad una o ad un ' altra classe : ma Linneo resterà sempre il fondatore del sistema . La lucidità ed esattezza dell ' ordine doveva , com ' è naturale , aprire al Carmignani la via per illuminare molti punti oscuri e perplessi , e rettificare parecchi equivoci . E difatti noi lo vediamo sfruttare fino all ' ultima conseguenza la radicale distinzione tra la violazione della morale , e la violazione del diritto , tra la imputazione e la pena ; separare con mano ferma la quantità del delitto dal suo grado ; condurre , nelle ultime edizioni dei suoi elementi , alla più completa rettificazione questa differenza normale , purgandosi dagli avanzi dell ' antica confusione che aveva lasciato qualche vestigia di sé nei primi suoi esperimenti . Noi lo vediamo arrecare fasci di splendida luce sulla teoria del conato , che fino ai suoi giorni , vacillante fra gli estremi di un soverchio rigore e di una eccessiva lassezza , agitavasi incerta nelle scuole e nel fôro , come nave senza nocchiero . Noi lo vediamo assegnare all ' elemento intenzionale del delitto quel primato che la ragione gli attribuisce , e che lo rende dominatore nel calcolo della imputazione , e nella esatta classazione dei diversi reati ; e al tempo stesso togliergli la balìa di cangiare il magistero penale in un sindacato monastico , col sottoporne la potenza alla necessità di una estrinsecazione politicamente dannosa . Noi lo vediamo delineare coi più pronunziati colori i diversi metodi di procedura , e dipingerne al vivo i respettivi pregi e difetti . Noi lo vediamo , in una parola , ovunque pone la mano portarvi uno sviluppo d ' idee , e tutte concatenate per guisa che si coadiuvano come forze congiunte . Né ad insinuare la idea che il Carmignani fosse mai per alcun temo della sua vita cattedratica parteggiatore della pena di morte , può darsi valore al fatto , che pure sembra a lui rinfacciare il Cantù , di avere cioè esso Carmignani nel progetto di codice penale che spontaneo presentò alle Cortes di Portogallo , mantenuto il supplizio capitale . È vero che in questo schema di codice mantenne il nostro maestro la pena di morte proponendone la esecuzione col mezzo di strangolamento per ossequio alla opinione del Cabanis . Ma poco vi vuole a comprendere che aspirando il Carmiganni a vedere attuato il suo progetto di codice , era nella necessità di renderlo possibile . E sarebbe stata una utopia in quell ' epoca il credere possibile in Portogallo un codice penale , in cui per i più gravi reati politici non si fosse minacciata la morte . Ond ' è che in questo progetto tolse egli affatto la pena di morte per tutti i delitti contro i privati , serbandola solo nei sommi casi contro i delitti politici . E che anche cotesta concessione il Carmiganni facesse in ossequio alle esigenze del momento , e contro le sue convinzioni , lo mostra ciò che egli scrisse nella prefazione a quel codice - ivi - Contro la propria coscienza lo scrittore ha proposto di ritenerla ( la pena di morte ) per i delitti di stato . La ragione ha portato ad evidenza la ingiustizia di questa pena : la esperienza della Toscana ove niuno si uccide , ne ha dimostrato la inutilità : la stessa esperienza in paesi ove se ne fa uso , come Lucca a contatto della Toscana , mostra quanto ella sia impolitica , e maestra di delitti di sangue . Questa verità si conferma dalla nota che a cotesto luogo appose l ' editore di quel progetto ( Carmignani scritti inediti , vol . 5 , pag . 6 ) - ivi - A ragione asserisce l ' autore che contro la propria coscienza ha proposto in questo progetto la pena di morte per i delitti di stato . Poiché tanto nella sua teoria delle leggi sulla sicurezza sociale ( tom . 3 pag . 160 edizione del 1832 ) quanto nella sue lezioni orali , ha sempre insegnato : - 1.° - Che quando trattasi per la società di aggressione presente con pericolo della di lei esistenza , che venga da questo delitto minacciata , e che non si possano disarmare gli aggressori senza ucciderli , la morte non dee riguardarsi come una pena , ma come un male indispensabile a respingere la ingiusta istantanea aggressione , colla teoria stessa della incolpata tutela - 2.° - Che quando nel delitto politico manca l ' istantaneità del pericolo , allora soltanto può parlarsi di pena : e i delinquenti cadendo nella classe dei delinquenti ordinarii , non vi è ragione di versare il loro sangue . Io non dico che questo progetto del Carmignani avesse grandi pregi , né che giusti fossero li sdegni di lui al non vederlo accettato ; dico solo che da cotesto fatto male se ne deduce argomento per dubitare che Carmiganni oscillasse nelle sue convinzioni , le quali furono sempre recisamente pronunziate contro il supplizio capitale . Non è d ' altronde meraviglia se il Cantù , il quale nel suo libro non era chiamato a far parola di Carmignani se non di passaggio , fu indotto in equivoco sul conto della più vera dottrina del nostro professore . Non è meraviglia , poiché noi vediamo che quelli stessi che si sono costituiti biografi del grande criminalista hanno spacciato sul conto suo tali cose che non potevano neppur sognarsi da chi avesse letto i suoi scritti . A modo di esempio , nella biografia dell ' avvocato Carmignani che il prof . Caruana Dingli leggeva all ' Accademia Maltese alla seduta del 16 novembre 1847 ( biografia che poscia venne premessa alla versione italiana degli Elementi del Carmignani pubblicati in Malta nello stesso anno ) si leggono parecchie specialità in ordine al movimento delle opinioni del nostro professore , e alle diverse vicende di quella opera insigne . Ora chi crederebbe che in questa biografia , la quale dicesi desunta da un ' altra biografia del Carmignani pubblicata dal prof . Pardini ( scritto che io non ho potuto riscontrare ) , si narrano circostanze totalmente insussistenti e sbagliate ? Enumerando le varie edizioni degli elementi del Carmignani , quei biografi le riducono a cinque ; la prima di Firenze nel 1808 , coi tipi Molini , contenente soltanto la parte generale in un volume : la seconda di Pisa coi tipi Prosperi nel 1819 , in due volumi , completata del terzo libro sui delitti in specie , e di un quarto sulla prevenzione diretta : la terza di Pisa coi tipi Nistri nel 1822 : la quarta di Macerata coi tipi Cortesi nel 1829 : la quinta di Pisa coi tipi Nistri nel 1833 . Ma nel confronto delle progressive mutazioni intervenute in quelle ristampe il biografo maltese cade in equivoci che sono fatti palesi ad oculos dal testo delle diverse edizioni . Così egli incomincia dal dire che nel 1808 il Carmignani pubblicò le sue istituzioni sotto il titolo di Elementa JURISPRUDENTIALE criminalis , e che soltanto nella successiva terza edizione cambiò quel titolo nell ' altro Elementa JURIS Criminalis . Donde sia tratta questa notizia io non so indovinarla davvero . So unicamente esser positivo che la instituta del prof . Pisano ebbero sino dalla edizione del 1808 il battesimo di Elementa juris , e conservarono cotesto titolo in tutte le cinque loro riproduzioni senza modificazione nessuna ; e basta leggere i frontespizii delle edizioni del 1808 e del 1819 per restarne convinti . Inoltre il Caruana racconta che soltanto nella quarta edizione romana ( ossia maceratese ) e così al 1829 , il Carmignani trovò quella celebre distinzione fra la intenzione indiretta positiva , e indiretta negativa . Ciò leggiamo nella nota 20 a pag . XVII - ivi - al vol . 1 pag . 54 della quarta edizione introdusse una originale ed importantissima nomenclatura , della intenzione cioè indiretta negativamente tale . Or bene , il § . 97 che trovasi a pag . 54 della quarta edizione , non è che la letterale riproduzione del § . 97 della terza edizione , e del § . 70 della seconda , nel quale trovasi negli stessi identici termini quella originale importantissima nomenclatura . Cosicchè tale scoperta erasi fatta dal Carmignani dieci anni innanzi . Inoltre il Caruana dopo aver ricordato quel tristo saggio pubblicato dal Dott . Giovanni il 1795 , procede a dire - ivi - era riserbato alla sua età più provetta l ' onore di proscrivere dalla scienza siffatti errori - e continua nella nota 15 - ivi - il Cav . Carmignani nel § . 318 e nella nota al § . 319 della terza edizione dei suoi elementi di diritto criminale , e nella nota al § . 350 della quinta edizione , giustamente si corregge di una erronea opinione nel suo saggio adottata , di attribuire cioè una politica efficacia all ' acerbità delle pene . Tutta questa canzone della resipiscenza del Cavalier Carmignani , e del pentimento della più provetta età è una fola . E forse può congetturarsi che il Cantù abbia incorso nell ' equivoco da me sopra notato , sulla fede dell ' inesatto biografo del Carmignani . Il professore Carmignani non aveva errori da rinnegare . Esordì la carriera cattedratica con bandiera tutta opposta a quella che avea sedotto il neofito nel 1795 . E quella nota che il biografo suppone aggiunta dal Carmignani alla terza edizione , esiste nella prima edizione di Firenze del 1808 a pag . 137 nota 6 al § . 275 - ivi - Quae heic exposuimus principia , juris criminalis costituendi regulas dumtaxat respiciunt , adeout ubi jus constitutum diversis inniti videatur principiis , ibi ulteriori indagini locus non patet . Putaveram et ipse olim aliquam poenarum acerbitati politicam inesse efficaciam ; postea vero meliora edoctus , ac re rectius perpensa diversam sententiam amplexus sum ; confer meam quam multis abhinc annis edidi opellam , saggio di giurisprudenza criminale , Firenze , 1795 . Può dunque dirsi con tutta verità che dal primo giorno in cui nel pisano Ateneo si assise Giovanni Carmignani come professore di diritto criminale , gli alunni ed il pubblico non salutarono in lui un criminalista feroce , né un propugnatore della pena di morte ; ma bensì invece il coraggioso banditore delle dottrine umanitarie , per le quali combattè finchè visse . Né la pena di morte osteggiò soltanto il Carmignani con lo insegnamento della Cattedra ; né con quell ' atto di solenne protesta , con cui , offertagli nel 1808 una magistratura , la ricusò , dicendo che la sua coscienza non gli consentiva di emettere sentenze di morte in opposito ai principii che professava ; né soltanto la combattè con gli scritti , e coi più energici conati nelle criminali difese , ma infaticabile nella sua santa missione , slanciossi sovente anche oltre il confine della sua patria onde arrestare la bipenne , che pendea sopra il capo di umane creature . Di questa verità io ne ebbi solenne testimonianza , ricordare la quale parmi doveroso tributo alla memoria del grande maestro . Nel già ducato lucchese erasi da parecchi anni costituita una società di malfattori , alla quale era scopo consumare dei rubamenti specialmente a danno di Canoniche e Chiese parrocchiali della campagna . Scoperti i principali di questa masnada , che già parecchi furti avea consumato nel contado lucchese , furono processati , convinti , e sei di loro condannati di morte . Ragione per il capitale supplicio non si traeva già in uccisioni che costoro avessero perpetrato ; poiché nelle loro ruberie avevano mai sempre rispettato le vite . Ma si desumeva dalla legge penale in Francia , che allora continuava ad essere regolatrice nel ducato lucchese . Legge che punisce di morte anche il furto non accompagnato da strage , quando ci concorrano le circostanze di violenza contro le persone , violenza contro le cose in luogo abitato , tempo notturno , delazione di armi , e numero di persone . Difensori dei sei condannati erano con me i signori avvocati Michele Mariani , Donato Borromei , Carlo Massei , Tommaso Ghilarducci , e dottore Cherubino Laurenzi . Palpitanti della grave responsabilità che ci pesava sugli omeri , nessuno di noi risparmiava dal suo canto studio ed industria per allontanare il miserando eccidio . L ' Avv . Mariani ed io , che più particolare conoscenza avevamo col prof . Carmignani , lo ricercavamo dapprima del suo consiglio : ma ne traemmo la scoraggiante certezza che in faccia alla legge di Francia poteva a nome dell ' umanità e della scienza protestarsi contro la esorbitanza del suo rigore , ma non coltivare speranza che la giustizia risparmiasse cotesta fiata l ' opera del carnefice . E il risultato corrispose al vaticinio pur troppo , poiché la Rota criminale pronunziò , e il Supremo Tribunale di revisione confermò , la condanna a morte dè sei sciagurati . All ' aspetto della imminente carnificina noi tornammo allora ad implorare dal maestro aiuta e consiglio . Ed egli non esitò un istante ad allearsi con noi per strappare per via di grazia dal Principe ciò che per via di giustizia era stato vanità lo sperare . Fu in tale occasione , che il Carmignani dettò sotto il titolo di supplichevole ragionamento quella solenne protesta contro la pena di morte , che poscia si pubblicò coi tipi dei Nistri in Pisa nel quarto volume delle cause celebri del Carmignani , a pag . 467 . Egli distese la supplica al Duca Carlo Ludovico , che si conserva da noi nel suo autografo : supplica che dal collegio dei difensori si presentava al principe corredata del ragionamento del Carmignani , come documento di appoggio . A questa fatica , a questa opera generosa , all ' attuazione di questo audace concetto , non guidavano il Carmignani sentimenti comuni . Non interesse , poiché tutto fu gratuito per parte sua . Non relazioni di benevolenza , poiché nessuno dei condannati erasi da lui conosciuto personalmente . Egli si inspirava soltanto alla religione della sua fede scientifica , che facevalo inorridire al pensiero di tanto supplizio , e sentire come debito di ogni uomo levare la voce al principe ad implorare misericordia . Il concetto del ragionamento del Carmignani erasi quello di censurare rispettosamente la legge punitiva che colpisce del capo il ladro non micidiale ; e così persuadere al principe che la grazia in questo caso non era facoltà di clemenza , ma debito di giustizia . E con qual cuore , e con quanta ansietà e doloroso desiderio ei si gittasse alla caritatevole impresa , si rileva dal fitto carteggio con noi tenuto in quella circostanza , e specialmente da alcune sue lettere indirizzate all ' avv . Mariani , e che furono pubblicate nel Vol . I del giornale contro la pena di morte dell ' esimio Prof . Pietro Ellero . Ogni linea di quelle lettere palesa i palpiti di un cuore , che si agita all ' imminenza di un grande pericolo ; ogni suo motto rivela la convinzione profonda di questo vero , che ogni esecuzione capitale è una sociale calamità . E quando tornati vani tutti gli sforzi per la irremovibilità del principe , giunse al Carmignani l ' annunzio della terribile esecuzione : mostra come ei ne sentisse strazio profondo la lettera di conforto che a me scriveva , e che fu pubblicata nel suddetto giornale . Ad altri dunque si vada narrando che Carmignani fu un propugnatore della pena di morte . Ad altri si insinui che soltanto nel 1836 per la vanità di mercar applauso ad una solenne lezione , rinnegasse le sue credenze . A noi ciò non si dica , che lo vedemmo per tutta la sua vita combatterla . E dico per tutta la sua vita , poiché la vita del professore incomincia dal 1803; né gli svolazzi del giovane possono attribuirsi al cattedratico , che pertinacemente li repudiò . A Carmignani si attribuisca il titolo di acerrimo oppositore del carnefice ; dalla assottigliata schiera dei suoi difensori si tolga l ' insigne suo nome . DANTE CRIMINALISTA ( 1864 ) ( dagli Opuscoli di Diritto criminale , Lucca , 1870 , vol . II , 647 ss . ) ( STUDIO STORICO ) E non nasconder quel ch ' io non nascondo . ( Purg . C . XXIV ) Il concetto che Dante avea dei poeti non era certamente circoscritto alle immagini e alla rima . Per l ' Alighieri , poeta era colui che rivelava con l ' incantevol magistero della poesia un aspetto della verità all ' uman genere profittevole ; era colui che avanzando il proprio secolo o combattendone le false opinioni , spingeva gli uomini alla conquista della civiltà . A suo duce per i regni paurosi dell ' inferno ed per quelli mistici del Purgatorio , aveva scelto il vate dell ' incivilimento latino : a Virgilio egli si era rivolto con quell ' alto e gentilissimo verso , O tu che onori ogni scienza ed arte ! È per questo che nella Divina Commedia , i cultori di tutte le scienze e delle arti cercano all ' occasione la veneranda autorità ; quasi ad esempio dei sacri oratori che ricercarono nei Vangeli una divina sanzione ai loro insegnamenti . E bene s ' adoperano , avvegnachè il gran poema dell ' Alighieri sia come l ' evangelio della civiltà moderna . Dello , che a somiglianza dei giureconsulti romani , i quali si onoravano di citare l ' egregio Virgilio nel testo ( 1 ) [ ( 1 ) Instit . lib . I , tit . 2 . ] , quelli italiani imitino il magno esempio con Dante , il quale precorrendo con l ' acceso ingegno le nasciture generazioni sembra profeta ; onde fu assomigliato al Titone della favola , che valica i secoli senza incanutire , e invecchiando ringiovanisce . Infatti il magno poeta , innamorato di Roma antica , non poteva trascurare il Diritto ; ed altri dottamente dimostrò quanto egli ben ragionasse nell ' alta filosofia civile , e come la sua definizione del Diritto gareggiasse con quella del Digesto , e quasi precorresse con tale dottrina Emanuele Kant nel misurare le individuali libertà , onde ne resultasse bene ordinata la sociale convivenza ( 2 ) [ ( 2 ) Ecco la definizione di Dante " Jus est realis et personalis hominis ad hominem proportio , quae servata , servat societatem : corrupta corrumpit " . Vedasi Saggi di filosofia civile dell ' Accademia Italica , pubblicati per Girolamo Boccardo , Genova , 1852 , tom . I , 86 . ] . Né mancò chi più specialmente indagasse come nel divino poema ei spieghi l ' origine della forza pubblica e la gerarchia dei poteri , come dipinga graficamente il libero arbitrio , esprima la nozione delle azioni negativa , delinei la forza morale dell ' offesa e l ' indole dell ' intenzione ( 1 ) [ ( 1 ) Carmignani , Teoria delle leggi della sicurezza sociale ; Tomo I , pag . 68; II , pag . 50 , 59 e 64 . ) ] . Né infine mancò chi si affaticasse a dimostrarlo sapientissimo nell ' analisi morale di quegli atti umani i quali scoppiano , per dirla col Parini . . . dal cupo ove gli affetti han regno ; e anche facesse palese come studiandolo filologicamente si potesse ripulire ed accrescere la lingua forense , oggi tanto oscura e barbara ( 2 ) [ ( 2 ) Il celebre criminalista Nicolini in tutte le sue opere , e specialmente nelle sue note alla Procedura penale nel regno delle due Sicilie . ] . Ancora egli dunque , magistrato di Firenze , ambasciatore , cittadino , in cui era riposta al dir del Boccaccio tutta la speranza pubblica , fu sacerdote del Diritto . Ma siamo franchi ; non crediamo che sempre mettesse quel suo straordinario ingegno sul retto sentiero nella contemplazione filosofica del giure penale : non ascondiamo in circostanza tanto solenne ( dirò con le sue parole tolte ad epigrafe di questo mio breve lavoro ) quello che ei non nasconde . Il diritto penale ai tempi di Dante era cotanto in basso caduto da rendere quasi impossibile la percezione della sua idea , in mezzo al fango macchiato di sangue nel quale giaceva miseramente sepolto . Troppo erano radicate in quelle anime fortemente temperate le tradizioni dè secoli che per la loro ferocia furon detti di ferro : né potevano certamente aver norma dal giure romano , il quale veniva ricostituendosi in autorità , poiché in esso il concetto della penalità troppo era guasto dai sanguinari editti dei Cesari di Oriente ; né gli sparsi lampi che tralucevano dalle opere dei Padri della Chiesa , né gl ' incipienti tentativi dei romani Pontefici bastar potevano a diradare così dense tenebre . Il magistero penale per la universale credenza di allora ritenevasi come un atto di forza , non già come una santa attuazione del Diritto : sua guida nel divieto il bisogno degl ' imperanti ; sua misura nel gastigo l ' arbitrio : e cotesto bisogno e cotesta misura non regolate da imparziale ragione , ma dalle ispirazioni della vendetta sospinte . Bene il Ghibellino talvolta si avvide , che quanto rimaneva delle tradizioni di Roma libera intrecciato col traboccante dispotismo dei Cesari di Oriente , si rendeva flagello e non sostegno del Diritto , se non rinfocavasi ai supremi principj della ragione e allo spirito di carità ; ma relativamente al diritto penale , sì nel divieto che nei castighi , la sua mente fu pur essa quasi in tutto mancipia di quell ' universale errore . E questo non può desumersi ancora dalla maniera onde egli si comportò nella propria causa ? Chè se nella santità del Diritto avesse l ' Alighieri ravvisato il supremo giudice della punizione inflitta dagli uomini , alle ingiuste sentenze contro di lui saettate dai dominatori della sua patria , bene altrimenti avrebbe risposto . Vero , che era necessità l ' esilio per scampare la vita , in quanto il conte dei Gabbrielli non fosse altro che un giudice ingiusto e prepotente di un tribunale rivoluzionario ; ma neanco prese la penna a confutare l ' iniquo giudicato ; invece impugnò la spada e mutò parte ! Anche Dante , come tutti i gagliardi di cotesti tempi , aveva in cuore il motto sublime : Dio e il mio Diritto ! ma quel motto avea pur egli vergato sopra la spada . No , il maestro del sorriso e dell ' ira , come lo chiamò il Manzoni , trasportato da più alte speculazioni , troppo vicino ai tempi eroici della politica italiana , non assorse alla piena considerazione della sublime idea informante la odierna giustizia penale . Né son venuto in questa opinione esaminando la penalità della Divina Commedia . Nelle prime due cantiche di cotesta opera egli trascende dalla personalità creata all ' infinito ideale . Egli si metteva dentro gli ultramondani regni per una porta sulla quale stava scritto : Lasciate ogni speranza , o voi che entrate ! e per quanto se ne disputi in contrario , la sua teologia era ben diversa da quella oggi in voga di Herder , di Reynaud , di Montanelli , i quali arditamente cancellarono dalla porta paurosa Quelle parole di colore oscuro . Nella sacra epopea non avrebbe forse potuto trovar luogo ai buoni precetti dell ' umano giure penale neppure un criminalista moderno il più edotto alle speculazioni della scienza novella . Non i rapporti tra l ' uomo e l ' uomo , ma quelli ben diversi tra l ' uomo e Dio ; non il campo giuridico ma il campo teologico , dovevasi esplorare nella prima cantica . Però non mi sorprende che i semplici vizj si puniscano colà come i più gravi delitti . Per la qual cosa non rimprovero a Dante , che in Pier delle Vigne ( Inf . c . XIII ) parifichi il nudo consiglio all ' esecuzione del reato : che in Mordrec ( Inf . c . XXXII ) punisca la tentata strage paterna quanto il parricidio compiuto , quantunque la più veloce spada del genitore rompendo il petto e l ' ombra di quello sciagurato impedisse il nefando delitto . In faccia al giudizio dell ' Onniveggente dee ben tenersi più conto della pravità interiore che dello esteriore nocumento . E come sarebbe cattivo argomento quello di chi asseverasse per cotesti luoghi del Poeta , che umanamente giudicando esso avrebbe punito e vizj e conato e consiglio con severità uguale a quella che è riserbata alle più malvage delinquenze , così sarebbe ingiusta la censura di chi per questo accusasse il Poeta di aver disconosciuto nel diritto penale quelle altissime verità , che oggimai da tutte le civili nazioni ( tranne poche ostinate ) senza dubitare si accettano . Io non ho saputo intendere , lo confesso , né per meditazione né per riscontro un passo di Vittor Hugo , il quale spaccia il sistema penale di Montesquieu esser esemplato su quello Dantesco ( 1 ) [ ( 1 ) William Shakspeare par Victor Hugo ; Paris , 1864 , pag . 94 . ] . Quando Cristiano di Danimarca venne a Firenze nel 1474 si fece apportare le Pandette e gli Evangelj , e ponendovi sopra la mano , ecco disse i soli tesori degni di un re . Ma quella mano avea coperta dal guanto di ferro : e il poeta rendeva la grande anima il 1321 : ancora più secoli dovevano volgersi prima che nell ' ingegno del Beccaria splendesse la novella idea della scienza dei delitti e delle pene . Non per questo io intendo di negare al divino Alighieri l ' attitudine a conoscere alcune verità del diritto penale , perché non vi è ramo di scienza o d ' arte in cui egli non infuturasse il pensiero e non ne divinasse molti veri . Io voglio additarne uno da lui discoperto e proclamato , per il quale non gli si debba né possa negare prestanza neppure in questa disciplina . Sta in uno dei suoi più terribili e sublimi episodj , la morte del conte Ugolino e dei figli suoi ( Inf . c . XXXIII ) . Narra il Poeta l ' atroce punizione irrogata al traditore di Pisa , e cotesto tormento ei neppur sembra disapprovare , poiché gravissima era sopra tutte la colpa ; né avverso l ' atrocità de ' supplizi soleva ribellarsi in que ' giorni il sentimento generale . Ma ciò che apertamente disapprova il Poeta è la condanna dei figli innocenti . Se il Conte , egli dice , avesse pur meritato per la tradizione delle castella così vituperevole e crudel pena , o città di Pisa , non dovevi estenderla ai figli suoi innocenti del fallo paterno . Ora cotesta splendida apostrofe rivela in Dante l ' emancipazione dell ' intelletto suo , almeno in tal parte , dalle ferocissime regole che niuno , tranne pochi solitari pensatori dei chiostri , osava in quegli oscurissimi tempi impugnare . Tutta la umanità della infaustamente celebre costituzione di Arcadio si venerava in quell ' epoca come un oracolo di giustizia ( 1 ) . [ ( 1 ) Vedasi nella dottissima lettera del Carmignani al Rosini sul verso , Poesia più che il dolor potè il digiuno , un cenno della giurisprudenza di quell ' età sulle pene dei figli innocenti , per i delitti dei padri . La seconda ediz . di Pisa , pag . 58 , n . 2 . ] . I figli dei perduelli , quantunque scevri d ' ogni partecipazione nel delitto paterno , la paterna colpa ereditavano . Dovevano dessi alla pari dei genitori proscriversi come peste della repubblica e involgersi malgrado la loro innocenza nel supplizio paterno . Essi , scriveva l ' imperatore , dovrebbero insieme col padre morire sul patibolo , ed è solo per clemenza nostra , se loro si lascia la vita a condizione però che questa non sia per loro che un perpetuo supplizio . Se Dante avesse ( quando dettava il suo Paradiso ) ricordato cotesta legge , per la quale l ' esecrando principio della corruzione del sangue ebbe troppo lungo tempo più esecranda sanzione , io tengo per certo che ei non sarebbe stato così benigno verso Giustiniano , il quale aveva rinnovellata nel suo codice l ' autorità di quella costituzione , non già con inchiostro vergata , ma come disse un sapiente , vergata col sangue . Ma anche se Dante volle obliare cotesti falli di Giustiniano ei non se ne volle almeno render partecipe , poiché nel luogo di che favello coraggiosamente protestò contro l ' ingiustizia di mescolare i figli innocenti nella colpa del padre . E quando altro in Dante non si trovasse consentaneo al giure moderno , questa eloquente protesta basterebbe considerate le condizioni dei tempi né quali scriveva , a farlo citare con onore nella storia del diritto penale . Se non che taluno potrebbe a questo mio pensiero obiettare che il Poeta voleva i figli del conte di Donoratico esenti dalla pena non per la loro innocenza , bensì per la tenera età in cui erano : Innocenti facea l ' età novella ! Per cui può sembrare , che dove un ' età più matura si fosse da loro raggiunta avessero potuto venissimo mescolarsi nel supplizio del genitore . Ed anzi potrebbe dirsi che Dante scientemente falsasse la storia onde giustificare il severo rimprovero che ei volea scagliare contro Pisa ; temendo forse di non poterlo dicevolmente fare senza di cotesta ragione . L ' obiezione però non ha saldezza che valga , se si rammenta come la funesta teoria orientale della corruzione del sangue non ammettesse distinzione di sorta riguardo all ' età dei figli , e i pargoletti insieme cogli adulti nello stesso anatema confondesse . Laonde potrebbe in senso contrario ritorcersi l ' obiezione e sostenere , che Dante a bella posta mentisse alla storia per fare contro l ' errore comune una più solenne protesta , la quale fosse con maggiore efficacia universalmente e velocemente sentita . Imperocchè se nei figli adulti potevasi in qualche modo sospettare una partecipanza alla nequizia del padre , ciò non si poteva né figli di tenera età ; onde più chiaro facendosi che Pisa aveva manomesso quei giovinetti non per sospetto di reità propria ( che impossibile essa era per la novella età ) , ma unicamente perché figli del Conte , più evidente resultava l ' influsso dell ' orrendo principio della corruzione del sangue , al quale lo sdegnoso Poeta voleva imprecare ; e forse non senza particolari motivi , dacchè la storia contemporanea doveva a lui per miserandi esempj aver fatto vivamente sentire tutte le funeste conseguenze di quella iniqua teorica . Io non voglio dunque sofisticare sul vero concetto che Dante volle esprimere con quelle parole " età novella " ; né muover dubbio se veramente da lui volesse significarsi novella l ' età per rispetto al numero degli anni , ossivvero per rispetto ai costumi tuttora giovanili per il candore dell ' animo che spesso al di là dell ' ordinario si conserva , od anche se vuoi , perché nuovi alla politica . Comunque s ' intenda , l ' anatema contro l ' aberrazione della pena , bisogna leggerlo in quei due versi del divino nostro Poeta . E lo stupendo principio , come tanti altri , fu in prima sentito che pensato ed approvato . Quando poi la verità , secondo la bella immagine di Romagnosi , condotta per mano dal Tempo , si fece più aperta agli uomini , allora si cercarono gli autori di questi principii , e coloro che primi gli avevano insegnati : le nazioni che poterono riguardarli come figli propri se ne onorarono grandemente . Questo mi sembra che avvenga dell ' Alighieri nel giro della nostra scienza , riguardo alla massima di diritto penale da lui per il primo proclamata : proclamata a viso aperto nell ' episodio più popolare e pieno di forte poesia che abbia la Divina Commedia . Francesco Carrara IL CARCERE PREVENTIVO E L ' APPLICAZIONE DELLA PENA ( LETTERA ALL ' AVV . GUSTAVO SANGIORGI ) ( 1869 ) ( dagli Opuscoli di Diritto criminale , Lucca , 1870 , vol . II , 495 ss . ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ All ' avv . Gustavo Sangiorgi - Bologna Tu mi hai fatto dono del tuo libretto intitolato - Il carcere preventivo e l ' applicazione della pena - Te ne ringrazio . E poiché veggo che tu pure combatti sotto quella bandiera dello umanitarismo nel giure penale che fu l ' orifiamma al quale consacrai tutta la vita , io ti stringo fraternamente la mano come ad un gagliardo commilitone . Permetti però che io ti richiami un istante su quanto dici a pag . 138 linea 3 . Ivi tu accenni con dolore ( e il dolore sarebbe giustissimo ) : non ho presente che esista legislazione che abbia fatto applicazione completa del principio da me propugnato , vale a dire del principio che nell ' applicazione della pena ad un condannato debba imputarsi la carcere preventiva sofferta a causa delle procedure . Questa legislazione degna di esser tolta ad esempio , esiste . Essa la trovi nel codice Toscano del 1856 agli articoli 69 , 70; e la troveresti ancora in altre più antiche leggi della Toscana , dove sempre si è tenuta a calcolo la carcere preventiva in diminuzione di pena . Forse neppure le leggi toscane soddisfanno ai tuoi voti , perché tu vorresti lo scomputo completo mentre quelle leggi non prescrivono che uno scomputo parziale . Ma ciò nonostante bisogna confessare che il principio , come principio , è da quelle leggi riconosciuto . Tu accenni a questo luogo al Progetto di codice penale italiano come se il medesimo avesse proposto una nuovità . No : la onorevole Commissione in questo argomento , come in molti altri , non ha introdotto nessuna novità , ma soltanto ha portato ad una più larga applicazione il principio già da lunga stagione proclamato fra noi , e già fra noi allargato con le riforme del 1859 . Dovendo essa fare un Progetto di codice penale per la Italia che oggi è governata da quattro codici penali diversi , cioè l ' Austriaco per la Venezia , il Toscano per la Toscana , il Napoletano ( ossia Sardo riformato ) per le Provincie meridionali , ed il Gallo Sardo per tutte le altre Provincie : la Commissione si è stimata in dovere di portare i suoi studi principalmente su quasi quattro codici vigenti , e da ciascuno di loro prendere il meglio . Non hanno fatto altrettanto molti di coloro che postisi a scranna nel preconcetto che si dovesse censurare il nuovo Progetto perché troppo umanitario , e quasi direbbesi , precursore della rovina d ' Italia hanno dato l ' aria di novità ad alcuna della disposizioni proposte in quello senza ricordare che tali disposizioni avevano già da lunghi anni una vita reale in alcune delle precedenti legislazioni . Costoro in tal guisa oltre a dar segno di ferocia d ' animo ( che Dio la perdoni loro ) hanno mostrato o ignoranza o dissimulazione imperdonabile : ignoranza se si accingevano a criticare una legge senza conoscere i fonti dai quali era tratta : dissimulazione se conoscendo tali fonti ne hanno fatto reticenza per artifizio oratorio . Non ragioniam di lor , ma guarda e passa . Le mie parole si dirigono a te solo ; che certamente non sei fra coloro dei quali direbbe Dante Che non fur mai vivi . Ed a te dirigo parola di elogio , e d ' incoraggiamento per la via nella quale tu prendi le mosse con tanto senno e valore . Ed a te porgo amichevole invito a voler essere in questo argomento della custodia preventiva ( che tu hai preso così felicemente a trattare ) anche più radicale . Non è soltanto lo scomputo nella pena della carcere preventivamente sofferta , la proposizione che noi dobbiamo propugnare perché comandata dalla giustizia . Dobbiamo attaccare il mostro di fronte , e a viso scoperto combattere le esorbitanze tiranniche della legge data all ' Italia ( copiando quella di Francia del 14 agosto 1865 ) intorno alla custodia preventiva . Ed anche qui io non voglio aprire una polemica , ma soltanto fare lo storico lasciando il ragionamento al tuo chiarissimo senno . In Toscana non solo avevamo da lunghissimo tempo il precetto legislativo dello scomputo della carcere punitiva : principio che quantunque più o meno allargato nelle sue applicazioni secondo il variare dei tempi fu sempre fra noi proclamato come assoluto e riconosciuto come sacro . Noi avevamo di più da lunga stagione e con frutto buonissimo l ' altro principio , dettato come precetto legislativo , della eccezionalità del carcere preventivo . Non si poteva ( per letterale disposto di legge ) arrestare preventivamente un cittadino che fosse imputato di un delitto ( salvo poche speciali eccezioni ) il quale non potesse portare ad una pena superiore a due anni di prigionia : ed ogni arresto doveva eseguirsi per decreto il Magistrato , e non per arbitrio di un birro . Sotto questa legge vissero tranquilli i due milioni di uomini che popolano la Toscana , ed era legge di governo dispotico . Noi non eravamo felici , perché infelici ci rendevano le piaghe dei nostri fratelli , e la nazionale aspirazione compressa dal giogo straniero : ma eravamo tranquilli in quanto alla libertà individuale che non poteva venirci tolta meno che per gravi delitti , e con forme prudentemente ordinate . Venne il nuovo ordine di cose ed esultammo per la indipendenza della Nazione e per la grandezza d ' Italia . Ma questa a noi toscani costò il sacrificio della libertà individuale , giacchè ci trovammo esposti per la nuova legge di procedura ad essere carcerati ad arbitrio di un uomo anche per il sospetto di lievissima colpa ed anche per una trasgressione di polizia : e ci trovammo esposti ad essere sostenuti in carcere per sei o dieci mesi per dar conto di un fallo che incontra dopo la sua verificazione appena un mese di carcere . Visita le carceri d ' Italia , e vedrai che questa è storia contemporanea . Derisoria e ipocrita è stata la formula con la quale siamo stati condotti a questa condizione pericolosa , poiché si è detto che a noi si portava una nuova e generosa guarentigia introducendo il sistema della scarcerazione provvisoria mediante cauzione . Quando ad un uomo al quale jeri la legge diceva , tu non potrai essere carcerato se non a titolo di pena dopo una condanna definitiva ; si è detto , tu dovrai subito andare prigione , ma io ti concedo il diritto di chiedere di essere scarcerato se così piacerà ai superiori , e previo deposito di quella somma che ai medesimi piacerà di ordinare : dimmi tu se può essere sincero il vanto di aver migliorato la condizione di quell ' uomo in quanto al prezioso diritto della libertà individuale . Ti prego meditare su questi fatti e istituire confronto delle leggi nuove con le precedenti leggi toscane ; e poiché nel tuo scritto hai riconosciuto che la Toscana in materia di diritto penale segnava lo avanzamento maggiore del progresso civile , prosegui ( se tali sono le tue convinzioni ) a combattere con la voce e con la penna questo mostruoso regresso al quale si vorrebbe condurre l ' Italia con un deplorabile anacronismo . Pisa 7 ottobre 1869 . SULLA CRISI LEGISLATIVA IN ITALIA ( CONSIDERAZIONI ) ( 1863 ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ In risposta al quesito propostomi da S . E . il Ministro Pisanelli sulla progettata estensione delle leggi Penali sarde alle provincie toscane ( dagli Opuscoli di Diritto criminale , Lucca , 1870 , vol . II , 167 ss . ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ Dettando queste pagine io non ho l ' intendimento di farmi sostenitore di una dottrina , o avversatore di un ' altra ; né di assumere il patrocinio di particolari opinioni . Intendo soltanto di esprimere le mie personali convinzioni ; e di ricordare le osservazioni che una lunga pratica mi ha suggerito . E ciò senza impegno , senza animo di entrare in polemiche , senza desiderio di imporre ad altri le opinioni mie ; contentandomi di serbarle , e lasciare le opposte a cui piacciono . Io scendo dall ' altezza delle speculazioni scientifiche , per contemplare le cose nelle pratiche applicazioni : poiché bene comprendo che non tutte le teorie dell ' accademia possono trovar plauso nelle discussioni legislative , finchè la scienza non abbiale completamente elaborate , e finchè non siano rendute possibili dal naturale svolgimento del progresso civile . Io dimentico i pensieri della cattedra , per non ricordare che le sensazioni della tribuna defensionale ove mi sono per oltre trenta anni agitato ; le sensazioni della giudicatura per dieci anni ad intervalli esercitata come supplente ; e le sensazioni anche più vive dei confidenziali colloquii coi rei , o condannati o da condannarsi . Clinica penosa , ma maestra di grandi verità , che non si apprendono né sui libri , né altrove . In questo concetto non desti sorpresa se io procederò per via di asserzioni , piuttostochè per via di diffuse dimostrazioni . Io non disdegno di fare un trattato ; ma soltanto di palesare ciò che penso , e di narrare dei fatti . La unificazione delle leggi penali in tutte le province del nuovo Regno d ' Italia è senza dubbio un desiderio comune . È un desiderio sensato , in quanto ciò simboleggia la unità , nel tempo stesso che la rassoda . È un desiderio giusto ; perché veramente non è a lungo tollerabile che un ' azione sia delitto per un cittadino , mentre per un altro non lo è ; che la difesa abbia in un tribunale guarentigie e favori , che non ha in altro ; né che due cittadini sieno disugualmente puniti , solo per la differenza di poche spanne nel territorio dello stesso regno , ove le respettive azioni si consumarono . Pure alla unità di una nazione , o alla grandezza di un impero , non è condizione assolutamente necessaria la unità ( 1 ) [ ( 1 ) Vedasi in questa raccolta l ' opuscolo XI . ] di leggi neppure penali . Il reame di Francia fu compatto e potente malgrado la enorme disparità di leggi che regolavano le sue province ; e come fossero svariate anche le procedure penali lo ricorda il processo Damiens , nel quale si cercò qual fosse nel regno il tribunale che adoperava mezzi più feroci di tortura , per inviargli , in grazia di questo merito , quel grande scellerato . Il reame di Prussia dal 1814 al 1851 si è retto con tre legislazioni penali diverse ; e quanto diverse ! Così Svezia e Norvegia ; così Austria fino al 1852; così Baviera fino al 1861; ed altri . È un inconveniente : grave inconveniente . Ma quando dalla unificazione dovesse soffrirne o la sicurezza in alcune province , o la giustizia in altre , non potrìa negarsi che quello inconveniente fosse un male minore ; e perciò da preferirsi temporaneamente agli altri maggiori . La unificazione potrebbe compromettere la sicurezza in alcune province quando le condizioni di queste fossero tali da esigere una maggiore energia di castighi , e questi si dettassero per loro più miti a cagione di riguardi ad altre province che non ne abbisognassero . E potrebbe invece compromettere la giustizia , quando per riguardo a quelle si estendessero a queste i castighi più severi dei quali esse non hanno bisogno . Certamente ogni penalità irrogata oltre il bisogno offende , a tacere d ' altro , la giustizia . Ora evvi egli pericolo che a questo repentaglio corrano incontro le province italiane se ad un solo dettato penale si compongano ? Occasione del dubbio è precipuamente la pena di morte : ed è davvero occasione ben grave . Io tengo per fermo che la pena di morte di Toscana sia una inutile crudeltà . Io ho esercitato per sedici anni la difesa criminale in Lucca , ove rimaneva il codice di Francia del 1810 nella sua originaria crudezza ; anzi con qualche più fiera appendice . E come cotesto codice prodigasse la pena di morte ognuno lo sa . Io la esercitai poscia dal 1847 al 1852 con la pena di morte abolita . Io la esercitai dal 1852 al 1859 con la pena di morte ripristinata . Io la esercitai dal 1859 fino al presente con la pena di morte novellamente abolita . Ebbene ! In questo avvicendarsi di esperienza io non mi avvidi mai dal numero dei delitti se la pena di morte vi fosse o no . Vidi farsi più o meno frequenti gli omicidj in rissa secondo la varietà delle occasioni , e secondo il crescere o il decrescere della crittogama . Vidi farsi più o meno frequenti i furti secondo il crescere o decrescere delle vigilanze preventive . Ma nei casi capitali , negli omicidj premeditati , non potei scorgere variazione . Vidi cospirare in faccia al carnefice , forse più che nella sua assenza . Vidi incendiare luoghi abitati , e quando si giocava la testa , e quando si rischiavano pochi anni di detenzione . Vidi un toscano abbandonare la Toscana , dove potea falsare monete col pericolo di temporanea reclusione ; e recarsi a far la sua opera in Lucca , dove lo minacciò la decapitazione : dalla quale potei a stento salvarlo mercè la insperata accoglienza di una sottigliezza di diritto , che forse ebbe plauso più per l ' impero del cuore sull ' intelletto , che per la mia poca eloquenza o per rigore di principii . Io mi convinsi perciò che la pena di morte non è necessaria in Toscana . Ed oso dire che cotesta non è soltanto opinione particolare mia ; ma opinione generale e prevalente fra coloro che per dottrina ed imparzialità ne sono giudici competenti . Ed in cotesto pensiero io non veggo come si possa dal Governo italiano estendere ala provincia toscana il codice penale che governa oggi le altre province del regno . Estendere la pena di morte ad una provincia che ha dato chiara prova di non volerne e di non averne mestiero , e che ne dà prova tuttodì quantunque sbrigliata da ogni buona legge di polizia , sarebbe una flagrante ingiustizia : per tacere del brutto ricambio che ciò farebbe all ' affratellamento spontaneo che unisce al Regno la provincia Toscana . È vero che la pena di morte si è nel codice Sardo ristretta a soli nove casi : ma volendo anche prescindere dai primi due ( art . 153 e 154 ) pei quali amo imitare il pensiero di Solone , lo introdurla per gli altri sette in Toscana io lo considero un impossibile morale . Se è impossibile moralmente di unificare la Toscana al rimanente del regno nella pena di morte , sarà egli possibile coordinare il sistema punitivo delle altre province alla moderazione toscana ? Io non sono giudice competente di ciò . Per principio generale io penso non necessaria assolutamente la pena capitale ovunque albeggi un qualche bagliore di civiltà , e dovunque il Governo non abbia coscienza della propria debolezza . Né posso credere così indietro le altre province , da esigere imperiosamente la pedagogìa del carnefice . Ma ascolto da tante parti , e da persone così in alto locate e così edotte nella vita pratica delle città dove nacquero e vissero ; ascolto , io dissi , ripetere con tanta sicurezza essere in certe province la pena di morte una necessità locale , che io mi resto dubbioso : non parendo a me accettabile cotesta dolorosa sentenza , e non potendo d ' altronde comprendere che una asseveranza così positiva proceda da pregiudizj , ai quali permettasi di far velo all ' intelletto in argomento cotanto grave . Certo è che se cotesta opinione non fosse il sospetto di pochi , ma veramente la opinione generale di quelle province , un governo saggio dovrebbe temporeggiare ; e dando opera attiva a dileguare siffatti timori correggere la pubblica opinione , al fine di rendere anche là possibile la proscrizione della pena capitale . E dico ciò perché mia opinione è che la misura della severità nelle pene non debba cercarsi nella impressione che esse recano sui malvagi , ma nella impressione che fanno sugli onesti . Lo errore che la pena dovesse raggiungere tal grado di severità da impedire il delitto in tutti i facinorosi fu la causa fatale del progressivo inferocire dei supplizi . E fu un errore , perché procedeva da un concetto impossibile . È impossibile per quanto si martori il colpevole , ottenere che non si commettano delitti : perché il delitto vi sarà sempre per difetto della umana natura : e perché l ' uomo perduto , o sia che lo acciechi disperata passione per cui vegga nel male presente il peggiore di tutti , sia che lo illuda la speranza d ' impunità ; quando la sua indole è corrotta e le circostanze che lo circondano lo spingono imperiose al misfatto , vi correrà come vi è sempre corso , a malgrado di tutti i più terribili supplizj che a lui minacci la legge . E la storia fu sollecita coi suoi documenti infallibili a far la riprova di quanto fosse fallace il sistema della intimidazione . Le pene devono contentarsi di trattenere i male inclinati , e di vincere le mezzane cagioni ; ed a quest ' uopo non occorrono estreme . Contro i grandi scellerati e contro le prepotenti cagioni , esse rimasero e rimarranno sempre inefficaci . Ma il vero , il costante benefizio del magistero penale , è pel lato della impressione morale che egli fa sugli onesti . È in questo senso che desso è un solido cemento della civile consociazione . Bisogna che ai buoni cittadini sembri di essere sicuri nella loro vita : bisogna che sembri loro che la proprietà , la famiglia , l ' onore loro , sia protetto dalla legge punitiva . Ciò è necessario , e perché divelga dagli animi ogni velleità di privata vendetta , e perché i consociati esercitino la loro attività . Questo è il fine primario , questo è il risultamento effettivo del maestrato penale . Senza di lui o gli uomini si getterebbero disperati in una inerzia fatale , adoperando alla personale custodia dei pochi beni che hanno quelle forze che varrebbono a procacciarne di maggiori , o deserterebbero spaventati una città dove non si sentirebbero sicuri . È perciò che mentre niente affatto credo che vi siano provincie in Italia nella quali l ' abolizione della pena di morte facesse cessare ogni sicurezza reale ; ammetto che vi possano essere provincie nelle quali l ' abolizione toglierebbe la sicurezza opinata . Ciò può essere per la ragione della trista abitudine . Né io sono in grado di emettere giudizio se ciò veramente sia . Dico però , che qualora ciò fosse ( e questa è cosa della quale non può un privato essere giudice competente , ma soltanto l ' alta sapienza di chi regge lo Stato ) la prudenza governativa non tollererebbe che si adottasse un metodo di unificazione che diminuisse la sicurezza opinata di certi paesi ; quantunque la sicurezza reale ne rimanesse nel medesimo stato di inferiorità , al quale oggi possono condannarla la specialità ed i costumi di alcune province . Ma essendo debito dei governi di guidare per la retta via la pubblica opinione e raddrizzare i torti pensieri , se ne avrebbe una ragione di più per respingere l ' opposto metodo di unificazione . Infatti lo estendere alla provincia toscana la pena di morte per la ragione di un pregiudizio dominante in altre provincie , oltre alla ingiustizia intollerabile che avrebbe in sé , sarebbe cagione infallibile di perpetuare quel pregiudizio che si vorrebbe correggere . Laddove mantenendo la provincia toscana nella mitezza di penalità che le basta , l ' esempio di quella varrebbe nel giro di breve tempo a procacciare la rettificazione spontanea degli esagerati timori dei popoli affratellati . Sicchè , nella supposta ipotesi , obbedendo alla fatale necessità a cui l ' uomo soggiace di preferire spessissimo il male minore al maggiore , io non esiterei piuttosto a respingere un affetto di simmetria che mi condurrebbe alla ingiustizia ed alla perpetuazione dell ' errore ; e nella fiducia di impedire l ' una e l ' altra , manterrei precariamente la disparità delle pene . Brutta cosa per certo : ma sempre meno brutta delle altre . Meno gravi difficoltà incontra la desiderata unificazione sotto il rapporto delle leggi procedurali . Vi ha , è vero , in Toscana una repugnanza ai giurati ; ma questa repugnanza si limita al ceto di certi magistrati , né vale indagare le cagioni . Nella curia prevale il desiderio di cotesta istituzione . E se vi sono dei dubbi e dei timori cadono più sulla forma speciale della giuria , com ' è costituita oggi in Italia , di quello che rispetto alla istituzione in sé stessa . Senza dubbio lamentasi giustamente che la legge piemontese troppo riproduca i difetti della giuria francese ed in special modo non procacci a sufficienza la divisione di certe questioni complesse , e la separazione vera e completa del fatto dal diritto nelle ricerche da sottoporsi ai giurati . Ma tali mende , che la dottrina del Ministero ed una ferma elaborazione della giurisprudenza può di facile toglier via , non sono difficoltà che valgono a ritardare la unificazione per questo lato . La quale a parer mio potrebbe pur farsi malgrado rimanesse qualche diversità nelle sanzioni penali . Se vi è paese che non debba avere repugnanza ad accettare i giurati , questo è la Toscana . Perché in Toscana già da cinque lustri si tollera quello che il sommo vizio rimproverato alla giurìa : voglio dire che i giudici criminali si convincano e condannino senza dar ragione in sentenza del perché condannano e si convincono . Ove le maggiori guarentigie delle prove legali o semi - legali vigessero , ove almeno si avesse avuto il riguardo di esigere che la sentenza facesse fede che quelle cognizioni scientifiche delle quali si presumono forniti i magistrati , furono veramente la guida delle loro determinazioni ( esse , non il sentimento dell ' uomo ) là io comprenderei bene che si facesse viva opposizione ai giurati . L ' emblema della opposizione sarebbe una dottrina , non una questione di persona : poiché si direbbe , vogliamo esser certi di esser giudicati con la mente e non col cuore . Ma in Toscana , dove da cinque lustri si vive sotto il singolare sistema del magistrato sapiente a cui non si impone di render conto della sua sapienza : in Toscana , dove da cinque lustri si vedono spesso sorgere convinzioni inesplicabili , insostenibili coi dettami della ragione e della scienza , eppure incensurabili benchè paurose , l ' avversione contro i giurati se regna in qualche animo imparziale non può regnarvi come dottrina , ma come sentimento di antipatia : al quale si contrappone gagliarda la simpatia dei più verso un ordinamento giudiciale che rappresenta il completamento di quelle politiche guarentigie per le quali si ringagliardisce la civile libertà di una nazione . Io dico infine che la maggiore difficoltà che osteggi i giurati potendo nascere dalla ignoranza del popolo , è oggi un vero rovescio di idee , un andare a ritroso del vero , negarli alla Toscana mentre si sono allargati per tutto il rimanente del Regno . E poiché sono in questo argomento dei giudizj criminali , osserverò che chiunque mediti lo stato attuale di rapporto che esiste fra le due frazioni del nostro Reame , sorge intuitivo l ' incontrastabile controsenso che oggi vi domina . Abbiamo penalità più miti in Toscana : abbiamo penalità più severe nel resto ; ciò rimanendo non potrebbe rimanere che come segno di maggiore civiltà . Ma ammesso ciò , come si concilia che in quella provincia dove la penalità più mite fa per l ' oracolo del legislatore testimonianza di maggiore civiltà , si conservino forme procedurali che più avversano i sacri diritti della difesa , e che meno accordano di guarentigia ai cittadini ? È un male per molti anni deplorato in Toscana da tutta la curia , non che da tutti coloro che poterono sentire l ' intollerabile peso , la esorbitante prevalenza dell ' arbitrio magistrale ; è un male profondamente sentito lo stato di annientamento del diritto della difesa nelle parti più vitali del suo indispensabile movimento . Possono essi ammettersi in un popolo civile i preventivi processi segreti che l ' accusa liberamente compila per conto proprio , e chiude nel suo cassetto senza farne comunicazione al difensore ? Non nego la convenienza di precedenti informazioni che si procuri l ' accusa prima di lanciarsi alla persecuzione di un cittadino . Ma perché , quando i testimoni che si esaminarono nella informazione segreta si ripetono al dibattimento orale , non deve l ' accusato preventivamente sapere cosa hanno detto nel primo esame ? Può egli tollerarsi là dove si riconosce in principio la uguaglianza ( per lo meno ) dell ' accusa e della difesa in faccia alla legge , che l ' accusatore alla vigilia del dibattimento citi a talento suo in un processo indiziario un numero di testimoni senza far noti all ' accusato i fatti o gl ' indizi novelli che intende provare al mezzo di quei testimoni novellamente indotti e sui quali si propone di argomentare ? L ' accusato , si dice , è in debito di capitolare i fatti dei quali vuole attingere contezza dai singoli testimoni che reca al giudizio , affinchè il pubblico ministero sostenitore della legge conoscendo tempestivamente cotali circostanze , che altrimenti a lui sarebbe impossibile d ' indovinare , possa preparare ove lo creda opportuno la controprova , e non sia volto a sorpresa . Ottima osservazione ; alla quale io pienamente mi sottoscrivo . Al pubblico ministero , si soggiunge , non fa invece bisogno d ' imporre codesto debito in ordine ai nuovi testimoni che aggiunge oltre i già esaminati , perché l ' accusato deve conoscere al solo udire il nome del testimone , quali saranno le circostanze delle quali verrà a deporre . Falsissima osservazione ; alla quale recisamente mi oppongo come a pernicioso sofisma . Ed il sofisma sta in ciò che in cosiffatto argomento si presume nientemeno che l ' accusato sia colpevole : pensiero ormai anatemizzato e proscritto dalla odierna civiltà , quantunque inconsiderato e latente rimanga troppo spesso nel cuore di alcuno . Se l ' accusato si presume colpevole , ei saprà bene che Tizio trovossi presente al fatto suo criminoso , e che Sempronio ebbe da lui la fiduciosa rivelazione del delitto commesso . Laonde al solo udire che Tizio e Sempronio sono chiamati dall ' accusa al processo orale , già capirà che Tizio sarà a deporre di ciò che vide e Sempronio di ciò che udì . Ma presumete invece , com ' è dovere , la innocenza dell ' inquisito , e ditemi allora come può egli , che forse mai non vide Tizio né parlo con Sempronio , indovinare cosa verranno a dire costoro , e preordinarsi alla controprova ! Il sofisma è pertanto palpabile ed il sistema è vizioso . E pur vidi talvolta alla vigilia del dibattimento notificarsi dal pubblico ministero i nomi di nuovi testimoni contro un accusato di due o tre delitti , senza neppure rendergli noto su quale dei diversi reati che a lui si rimproveravano si volessero esaminare quei nuovi testimoni . Il sistema è vizioso non solo perché pecca contro la uguaglianza che deve essere la prima legge sovrana di ogni buon procedimento ; ma perché ancora ha radice su due presunzioni entrambo fallaci . La presunzione di reità dell ' accusato , che è falsa sempre teoricamente e falsa spessissimo praticamente ; e la presunzione di veridicità dei testimoni , e di esattezza ed infallibilità del loro giudizio , la quale benchè vera teoricamente essendo spesso falsa praticamente , importa il bisogno che si diano mezzi sufficienti a combatterla . Può egli tollerarsi che all ' accusato non basti capitolare i fatti che intende provare a proprio discarico ; ma la facoltà in lui di avere alla udienza i testimoni , dai quali confida essere chiarito innocente , dipenda dall ' assoluto arbitrio del Presidente ? Incensurabile arbitrio ; che non dà ragione di sé ; e che spesso può trovare l ' unico suo movente nella economia del tempo o del denaro del fisco . Come possono gli onesti sentirsi sicuri dalle conseguenze di una calunnia dove la legge , paga di concedere loro larghezza di ciarle , ammette che il capriccio di un uomo possa frapporre insuperabile barriera alla giustificazione della innocenza ! Io non mi turbo , né mi commuovo per un grado maggiore di severità con cui si ferisca il colpevole , perché ho fiducia di non divenirlo . Ma palpito e tremo se penso che quando un ' apparenza fatale mi dipingesse colpevole , lo avere aperta la via a produrre la mia giustificazione dipenderebbe dalla benignità e dall ' arbitrio di un uomo . Cosa è poi la oralità nel sistema Toscano ? La legge dispone che il processo scritto non abbia alcun valore giuridico : che solo valga il processo orale della ultima udienza . Ma chi ha potuto vedere addentro nella realtà dei fatti , ha dovuto troppe volte convincersi non essere questa una verità , ma una pomposa parola . Non può essere una verità , se si riflette che la legge toscana mantiene la pena dello spergiuro contro il testimone che abbia nel processo scritto mentito : e così rende impossibile la ritrattazione di un teste mentitore , per quanto una resipiscenza salutare lo abbia condotto nella determinazione di redimersi alla pubblica udienza palesando la verità . Perché riesca utile codesto metodo bisogna sperare che il falso testimone non solo siasi pentito ma sia divenuto un santo , onde affrontare coraggioso il proprio martirio pria che persistere nell ' affermata falsità . Sogni sono questi e guarentigie di mera apparenza . Chè anzi codesta posizione non solo trattiene dal ritrattarsi il testimone mendace , ma ne trattiene eziandio il testimone che abbia errato e fatto poi miglior senno ; non che il testimone le cui parole si siano intese a traverso dall ' attuario . Spesso è avvenuto ed avviene che un testimone di poco spirito all ' udire la voce severa del presidente che gli ripete la consueta contestazione - diceste voi il vero od il falso nel processo scritto ? - si intimidisca del proprio pericolo , ed affermi come verità ciò che gli vien letto su quelle pagine , quantunque senta che quello scritto non riprodusse il genuino stato delle cose , né il vero concetto di ciò che egli intese deporre nel suo primo esame . Non è sempre , né può essere una verità questa prevalenza del processo orale sopra lo scritto , perché i risultati di quello non si raccolgono esattamente , ma si consegnano alla memoria dei giudicanti : i quali debbono poi riprodurselo fedelmente , spesso dopo uno intervallo di parecchi giorni , nella camera di consiglio ; dove peraltro sta sul tavolino immutabile il processo scritto , che in faccia ai giurati niente vale . Io non ebbi che poche volte occasione di esercitare la difesa degli accusati nelle altre province del Regno . Ma per quanto mi addimostrò codesto esperimento , e per quanto mi rivela lo studio di quelli ordinamenti , io li stimo molto migliori delle procedure penali toscane ; le quali ( spiaccia a chi vuolsi la mia professione di fede ) io reputo viziosissime fra le viziose . È poi nuovamente una guarentigia apparente , che torna a discapito della guarentigia reale , la duplicazione delle Camere d ' invio come in Toscana si esercita . Si è creduto di dare una tutela maggiore agli imputati dei delitti di alto criminale , con lo esigere che due turni successivi ripetano l ' affermazione della sufficienza degli indizi . Ma io vidi spesso la duplicità delle ruote ritardare non solo , ma rendere inutile il movimento della macchina . Non dirò che ciò sempre avvenga : perché magistrati coscienziosi ed illuminati la intendono spesso come si deve . Ma è avvenuto ed avviene ( ed io ne sono testimonio ) che nei giudici della camera di consiglio della prima istanza si tenga la opinione che quando il titolo del reato è di alto criminale , non possa la prima camera giudicare della sufficienza degli indizi : perché , come io mi sono sentito parecchie volte obiettare , è questo un invadere la giurisdizione della camera di accusa , alla quale esclusivamente spetta la cognizione del fatto . Ed è avvenuto poi che la camera delle accuse abbia trovato una difficoltà nel decreto d ' invio della prima camera , come un precedente che impaccia , necessitando quasi a trovarvi un grave errore per revocarlo . La legge sarda , per quanto a me pare , nell ' ordinamento di cui gli art . 244 , 414 e seguenti , è più semplice , più spedita , e forse meglio sicura . Si farà il solito obietto che la unica camera sarda è copiata dalla legge francese del 1856 . Ma le due camere della legge toscana del 1838 non erano esse copiate dall ' antico codice Francese ! Bensì nel grave argomento della custodia preventiva mi pare che ecceda in peggio da un lato la legge sarda per non destinarle dei limiti assoluti , come la legge toscana . E che dall ' altro lato prevalga in meglio sulla toscana per gli ordinamenti provvidi sulla cauzione . In Toscana siamo avvezzi a non vedere andar prigione prima della condanna altro che i ladri , ed i prevenuti di delitti che espongono a carcere oltre i due anni . La indefinita carcerazione preventiva della legge sarda sarebbe intollerabile . Questa è copiata dalla legge francese . Ma si guardi un momento oltre le Alpi . E vedrassi che in questo momento le grida contro cotesta preventiva carcerazione sorgono là da ogni lato . Pullulano oggi gli articoli di giornali , le monografie , i lamenti di ogni genere contro questo difetto ; talchè parmi che oggi sia questo il tema là divenuto di moda . E ciò significa che tra poco vedremo sorgere una emenda in Francia sul tal proposito , ed accettarsi alcuno dei tanti diversi piani che veggo progettarsi dagli scrittori . Bella gloria sarebbe andare innanzi ai nostri vicini , pria che aspettare ad imitarli , trascinati dalla prepotenza del vero . E noi ne abbiamo i materiali , sol che agli ordinamenti toscani sulla carcerazione preventiva , e sulla sua valutazione , si unissero i provvedimenti sardi sulla cauzione . Io non vorrei fidare la libertà dell ' innocente né a questi soli , né a quelli . Volgono poche sere che un provetto magistrato toscano ( e non era dei più miti ) mi diceva che nella pratica aveva trovato il sistema toscano della carcerazione preventiva tropo severo e impaccioso . Il suo completamento deve essere la cauzione . Esisteranno forse anche nella procedura sarda dei difetti notevoli , che io non vi scorgo . E tengo opinione che delle leggi procedurali male si giudichi a tavolino : e bisogni studiarle nella loro vita e nella esperienza . Ma nell ' insieme , tolto ciò che ho notato , io non vedrei ragione di dolermi del cambio . Ora tornando all ' argomento della penalità ( qualunque sia per essere la soluzione del grande preliminare problema sulla pena capitale ) sarà sempre a vedersi se rimpetto al codice Toscano che si toglierebbe a queste province , possa essere accettabile il codice Sardo tal quale sta : se sia cioè accettabile rispetto al progresso della scienza in questa provincia ; se sia accettabile rispetto ai suoi bisogni , ed alle abitudini che la governano . E qui di nuovo ripeterò che non intendo fare un trattato scientifico , né un corso di codice comparato , né d ' immergermi nella dimostrazione di speciali teoriche . Il cerchio di questo scritto , e la pochezza dei miei lumi , non si adattano a siffatto lavoro . Intendo solo di esprimere senza pretensioni quello che io penso su qualche punto dei più culminanti , sparpagliatamente e per via di semplici accenni . Incominciando dalle nozioni e dalle generalità , dirò che la definizione del delitto mancato , quale si pone all ' articolo 97 del codice Sardo , non è all ' unisono con gli ultimi pronunciati della dottrina . Ivi si confonde il conato pretergresso , che è l ' ultimo stadio del tentativo prossimo , col delitto mancato : ente giuridico , ritrovato della scienza moderna e creazione tutta Italiana perché figlia di quell ' altissima mente di Romagnosi . Il delitto mancato sta distinto come una specialità fra il conato pretergresso e il delitto consumato . La migliore definizione che del delitto mancato legga nei codici contemporanei ( ed oso dire la più esatta che possa darsi ) è quella che trovasi all ' articolo 46 del codice Toscano . Il delitto mancato deve presentare perfetto in sé stesso l ' elemento subiettivo ; il quale può essere imperfetto anche nel conato pretergresso . E perché l ' elemento subiettivo sia perfetto , bisogna che il non successo sia esclusivamente attribuibile ad un fortuito imprevisto : e che sia perciò dipendente affatto dal modo di agire e dalla forma di determinazione del colpevole . Equiparare il conato pretergresso al delitto mancato porta alla ingiustizia : perché con ciò sulla bilancia politica una serie di atti , che per quante volte si ripetessero in quelle condizioni dovrebbero sempre ( tranne la providenziale interposizione di un fortuito ) consumare la infrazione , si equipara ad una serie di atti che per la legge immutabile delle fisiche relazioni avevano in loro stessi la probabilità di risultare inetti . E così per una parità del mero elemento intenzionale si parificano , a discapito della giustizia politica , due materialità ontologicamente diverse , e rappresentanti un diversissimo grado di pericolo sociale . La sostituzione dell ' art . 46 toscano all ' art . 97 sardo sarebbe un omaggio alla scienza ed un servizio alla giustizia ; e nulla disturberebbe la economia di questo codice , il quale d ' altronde nella distribuzione della penalità del tentativo offre campo bastevole per la repressione del conato pretergresso . Dissonante coi principii della scienza , ed eccessivo di rigore è l ' art . 536 del codice penale Sardo ; il quale prevede una specialità che , dove presenti i termini del tentativo , troverà congrua repressione nella sua sede ; dove non li presenti , non può essere mai meritevole di tanta repressione . Nulla osservò sull ' art . 99 del codice Sardo per non ripetere le censure già svolte da altri . In quanto alla istigazione a delinquere non accolta , ricorderò ciò che altra volta ebbi occasione di dire . Se spiace ad alcuno che il codice Sardo non abbia nessuna disposizione speciale contro la istigazione non accolta , è però esorbitante l ' art . 54 del codice Toscano che ammette la punibilità di qualsiasi istigazione non accolta , e non fa le debite distinzioni fra il dolo di proposito ed il dolo d ' impeto , che può bene verificarsi anche nell ' istigatore , e che rende scusabile una parola proferita in un momento di esaltazione ; né fa la debita restrizione per la levità del malefizio a cui si sarebbe istigato . È incontrastabile che tutti i buoni criminalisti i quali hanno ammesso la punibilità della istigazione non accolta , l ' ammettono soltanto in atrocioribus . E fu un vero gioco di parole l ' argomento che vidi adoperare a difesa di quell ' art . 54 , dicendo che il medesimo non dichiarava punibile qualsisia istigazione , ma soltanto quelle che avessero il carattere di efficacia . In verità a me parve priva di ogni valore cotale risposta , poiché se la istigazione che quell ' articolo vuol punire si suppone per necessità non accolta , non so per modo alcuno comprendere come possa ella dirsi efficace . La efficacia di una istigazione non vuole già cercarsi in un influsso fisico che non esiste , ma soltanto nella pressione che esercitò sulla determinazione criminosa dell ' autore del malefizio . Laonde se la istigazione non fu accolta è chiara prova che non ebbe efficacia sulla determinazione , perché non persuase colui che voleva persuadere al delitto . Una efficacia astratta disgiunta dalla efficacia concreta è un ente così indefinibile ed elastico da essere quasi impossibile a concepirsi . In quanto alla recidiva il codice Sardo ( art . 118 ) parifica la recidiva vera alla finta ; la recidiva propria alla impropria ; e rende perpetuo ( art . 125 ) lo stato di recidivanza . Il codice Toscano ( art . 82 ) non considera la recidiva finta , esigendo la piena espiazione della pena : non considera la recidiva impropria ( art . 84 ) , esigendo un delitto congenere : non riconosce perpetuità ( art . 83 ) nello stato di recidivanza . Nel conflitto delle due opposte dottrina io tengo una opinione eclettica . Non trovo giusto che si parifichi , come nel codice Sardo , la recidiva nell ' istesso reato con quella in reato diverso . Né che si parifichi la recidiva dopo la espiazione della pena , alla recidiva dopo una semplice condanna . Ma trovo insufficiente ai bisogni della pubblica difesa che la ricaduto dopo una condanna , o la ripetizione di diversa delinquenza si lascino , come nel codice Toscano , affatto inosservate . Nel mio modo di vedere dovrebbe esservi una gradazione , nella quale questi due ultimi casi dovrebbero rappresentare una media . È poi assolutamente risibile l ' aumento di penalità che il codice Toscano ( art . 85 ) infligge contro i recidivi , senza limite alcuno nel minimo . E la dico tale , perché tale me l ' ha mostrata la pratica ; vedendo spesso nei giudizj correzionali risolversi in un giorno di carcere la conseguenza della recidiva contro un ladro che tornerà forse per la decima volta a molestare la giustizia . Lodo il codice Sardo per avere ammesso la prescrizione della pena , che dal codice Toscano non si volle riconoscere per una soverchianza di rispetto al principio morale sul principio politico . E noto che la prescrizione dello stato di recidivanza non è che una logica deduzione di quel principio . Adesso faccio passaggio alla considerazione di alcune specialità penali ; sempre procedendo non per via di un ' analisi metodica e completa , ma spezzatamente annunziando i pensieri miei . La penalità dell ' omicidio nel codice Toscano ( articolo 310 ) è troppo mite nel suo massimo . Non sta in proporzione con le penalità dallo stesso codice sancite contro il furto violento ( art . 390 ) e contro la violenza carnale ( art . 281 ) . Non sta in proporzione con la importanza di tutelare la vita umana . E specialmente è troppo dimesso quel massimo , perché non lascia adito a proporzionare la repressione ai gradi diversi di malvagità della proeresi criminosa ; gradi che nei delitti di sangue , più che in ogni altra specie , sono infinitamente variabili di variazioni pronunciatissime sotto il rapporto della moralità dell ' azione . L ' omicidio può essere predisposto senza giungere a presentare quei rigorosi estremi che costituire devono la premeditazione . L ' omicidio può essere conseguenza d ' istantanea risoluzione ; ma figlio di una crudele proclività , perché scompagnato da qualunque concitazione dell ' animo . L ' omicidio può essere conseguenza di un esaltamento di passione istantanea che senza presentare i caratteri giuridici della provocazione , meriti peraltro un riguardo . Tutte queste diverse forme dell ' elemento intenzionale nei delitti di sangue si riunirono dal codice Toscano in un fascio , unificate sotto la generica denominazione di omicidio improvviso . E per la ristretta graduabilità della pena che quell ' articolo stringe dai 7 anni ai 12 di casa di forza non rimase a sperare che la prudenza ed equità dei magistrati potesse in pratica bastantemente supplire a quella proporzionata distribuzione , che giustizia esige e che ha trascurato di fare la legge . Ma d ' altro lato il codice Sardo con la sua nozione dell ' omicidio volontario ( art . 522 ) , e con la sua penalità ( art . 534 ) affatto ingraduabile , riproduce sotto altro aspetto anche più sensibili questi difetti . E se il codice Toscano offende la giustizia distributiva per la troppa mitezza verso i micidiali più scellerati ; il codice Sardo la offende per la soverchia severità verso i micidiali più meritevoli di qualche commiserazione . Stimo viziosa la nozione dell ' infanticidio quale trovasi nel codice Sardo ; e molto migliore e più conforme alla scienza quella del codice Toscano ( art . 316 ) . Ad ogni modo la gradazione della penalità nell ' infanticidio sembrami troppo ristretta nell ' art . 532 del codice Sardo : non potendo , per quanto mi pare , discender mai per la madre illegittimamente fecondata e minacciata di sovrastanti sevizie , al disotto dei sette anni di reclusione . Il caso previsto dall ' art . 318 del codice Toscano parmi che non abbia provvisione speciale nel codice Sardo . Tanto il codice Sardo quanto il Toscano cadono peraltro ambedue nel difetto di definire la scusa con la designazione dello stato di fatto anziché con la designazione dello stato dell ' animo della donna colpevole . La ragione per cui secondo l ' uno si degrada la imputazione dello infanticidio , e secondo l ' altro se ne costruisce la nozione speciale , non risiede nel mero stato di fatto ; nello essere cioè la femmina illecitamente fecondata . La ragione della scusa sta nel bisogno di salvare l ' onore , e nel turbamento e nella pressione che il pericolo dell ' onore e di gravi danni futuri esercitò sull ' animo della sciagurata e la sospinse alla strage . La illecita fecondazione è la causa della causa minorante , ma non rappresenta in sé sola la minorante , se non le tenne dietro la vera causa di questa . Ora non per tutte le femmine la illecita fecondazione può riconoscersi come causa di pericolo nell ' onore , e così come causa di turbamento meritevole di commiserazione . Non lo è nella donna di bordello , né in colei che già fosse altra volta punita come infanticida . Ora se la minorante si annette al solo stato di fatto viene per necessità a vedersi applicata la medesima anche a coloro per le quali il pericolo dell ' onore era un epigramma , e per le quali in conseguenza la vera causa che minora ( o respettivamente impropria ) il reato non ricorre assolutamente . Non bisogna dunque desumere la definizione di cotesto caso dalla causa , quando questa può qualche volta non corrispondere a quella . Bisogna definirlo con referenza alla vera causa prossima ; che è il pericolo dell ' onore . Quando il codice Sardo lasciata da parte la inutile enunciativa della illecita fecondazione avesse dichiarato scusabile l ' infanticidio commesso per salvare l ' onore della donna : e quando il codice Toscano avesse fatto altrettanto per dare la nozione speciale del titolo d ' infanticidio , avrebbero l ' uno e l ' altro esattamente riprodotto il concetto ed intendimento loro ; ed avrebbero evitato il rischio di risultamenti che sono un vero sconcio ed una vera contradizione . È però traboccante di rigore il codice Toscano ( art . 310 § . 2 ) in ordine alla penalità dell ' omicidio provocato . Esorbitante di rigore in faccia ai principj ; esorbitante in faccia alle giurisprudenze ed a tutti i codici contemporanei . Lo proclamo tale senza esitazione ; sì perché ammette l ' arbitrio libero ed incensurabile nei giudici , malgrado qualsiasi veemente provocazione , d ' infliggere la pena ordinaria dei sette anni di casa di forza ; sì perché quando i magistrati consentano ad abbassare la pena , non ammette abbassamento sotto i tre anni della casa di forza . Onde ne avviene in pratica la conseguenza che quando i giudici si sentono commossi a riguardo di un imputato , debbono scendere ad una finzione ; adoperando il rimedio dell ' art . 64 . E dico finzione , perché la provocazione può essere veementissima ed intollerabile , quantunque non tolga all ' omicida la coscienza dei propri atti e la libertà di elezione . Tutti i codici contemporanei rispettano questa mal frenabile condizione della umana natura , che spinge l ' uomo a reagire con la violenza contro la ingiusta violenza . E senz ' andare a supporre perturbazione di mente , trovano nella giusta indignazione da un lato , e nella ingiusta brutalità dall ' altro lato , una legittima ragione di scusa ; ed abbassano la pena dell ' omicidio provocato , i più severi fino ad un anno di carcere ; i più miti ( fra i quali è in questo punto nell ' art . 562 il codice Sardo ) fino a sei mesi di carcere secondo il grado della provocazione . Stimo dunque in questa parte assai di gran lunga migliore il codice Sardo . E qui mi si permetta di osservare , che se adopero sempre la espressione codice Sardo , non è per un ' antitesi municipale , ma perché non posso chiamarlo codice Italiano mentre di fatto non lo è : e mi giustifica il frontespizio della edizione officiale del 1859 . In proposito delle lesioni trovo meritevole di speciale osservazione l ' art . 544 del codice Sardo § . 3 , il quale prevede una forma di ferimento , che a ragione si tiene come aggravata per la causa dalla quale procede la proeresi criminosa : e può anche dirsi aggravata per il risultato politico , stante il periodo che ne deriva allo svolgimento della pubblica giustizia . L ' articolo 548 del codice Sardo è una vera necessità che si mantenga , com ' è una vera lacuna lamentata da molti la omissione di questo titolo di reato nel codice Toscano . Questa fatale lacuna fu quella che eccitò in Toscana una vivissima lotta fra le esigenze della scienza , e dirò anche della verità delle cose , e le esigenze della pubblica sicurezza . Queste fecero sentire tutto lo inconveniente di lasciare senza repressione la esplosione di un ' arma da fuoco avvenuta in rissa , perché fortunatamente per l ' uno , ma poi sfortunatamente per l ' altro , non aveva recato nessuna lesione . Ad evitare siffatta bruttura lo zelo dei Magistrati si trovò costretto ad allargare la nozione del tentato omicidio oltre quei confini che la scienza le segnava e che la verità delle cose imponeva di osservare ; e si pretese di trovare il tentato omicidio nelle esplosioni senza effetto quantunque commesse per impeto istantaneo ed in rissa . Così il non avere recato offesa fu sventura per l ' esploditore , perché quando egli ebbe ferito si tradusse per titolo di lesione ; ma quando non produsse effetto nessuno si tradusse per tentativo , perché mancando nella legge il titolo di esplosione contra hominem non si sapeva qual delitto rimproverargli , e pareva sconcio lasciato impunito : ed il tentativo non volle arrestarsi alla lesione , ma referirsi all ' omicidio . Di qui la discordia che tenne divisi i magistrati , e li tiene tuttora . Perché i più affezionati ai veri principii della dottrina non vogliono sapere di considerazioni politiche che rimandano all ' aula legislativa ; e recisamente fanno omaggio al principio che nei fatti d ' impeto nega potersi riconoscere tentato omicidio , per la ragione che tale è l ' insegnamento presso che universale dei criminalisti , e perché il concetto del tentativo applicato agli atti di chi non calcola e non riflette è un ' assoluta contradizione psicologica . Di qui il conflitto di giudicati contradittorii , perché altri Magistrati ( alla cui dottrina fa velo l ' apprensione del pericolo sociale ) ammettono indistintamente il tentativo nell ' impeto . E ammesso questo si apre una strada dolorosa agli errori giudiciarii , sostituendosi facilmente lo elemento materiale del conato al suo elemento intenzionale , che dovrebbe essere separato ed avere la sua prova specifica : ed imprestandosi dal freddo calcolo del magistrato la risoluzione diretta alla uccisione dell ' avversario ad un uomo nella cui mente , nella verità delle cose , il pensiero di quella uccisione non aveva neppure balenato ; o che agendo sotto l ' impulso di un dolo indeterminato aveva concepito soltanto l ' idea di sfogare la sua collera recando male al nemico senza speciale previsione , senza speciale interesse , senza speciale desiderio che questo male fosse precisamente la morte . Perché la considerazione dell ' affetto prevalga alla considerazione dell ' effetto nella misura della penale responsabilità , bisogna che l ' affetto sia positivo e determinato , e che il maggior male non avvenuto non si trovi soltanto nelle possibilità fisiche del fatto materiale , ma nel resultato del giudizio e del calcolo dell ' agente : giudizio e calcolo che negli atti impetuosi non può essere mai netto , e che si supplisce dalle congetture del giudice con una divinazione troppo spesso ingiusta e contraria al vero . Si stabilisca la misura della responsabilità negli atti materiali che in loro stessi presentano pericolo di un male maggiore di quello prodotto . La misura cercata in questo campo procede sovra dati positivi , dipendenti dall ' ordine naturale di relazione fra causa ed effetto , secondo la esperienza della sua maggiore probabilità . Il pericolo è nel fatto . Chi esegui quel fatto non può lagnarsi se sulla bilancia della giustizia pesa il pericolo di codesto fatto , che egli volle ed eseguì . Ma quando la misura della sua responsabilità non più si cerca soltanto negli immutabili rapporti delle cose secondo l ' ordine fisico , ma in una intenzione del reo che si vuol supporre più brava , bisogna che di tale intenzione si porgano riscontri più positivi , e meno fallibili di quelli che si possono desumere dagli atti precipitosi dell ' uomo che agisce sotto la istantanea perturbazione dello sdegno . Quando il magistrato dice - io ti condanno perché tu hai eseguito un atto che recava pericolo di dar morte e tu dovevi prevedere questo pericolo - il condannato non può ispondere al suo giudice - tu sei ingiusto . Ma quando il magistrato dice al reo - io ti punisco perché tu non solo eri in debito di conoscere quel pericolo dell ' atto tuo ; ma perché avevi precisa volontà di cagionare quel maggior male , e non altro - il condannato che ritorna sovra sé stesso e ricorda di non avere a quel male più grave fermato il pensiero , né diretta la sua volontà , risponde al suo giudice con fronte sicura - tu hai mentito ed io ne sono certo assai meglio di te . Un ' adequata penalità che si distribuisca contro certi atti gravemente pericolosi benchè riuscissero innocui , permette di rispettare senza esitanza la regola che nega il tentativo nell ' impeto , e coordina la giustizia pratica con la giustizia assoluta , la tutela del diritto col rispetto alla verità , e bandisce per sempre i voli della fantasia dalle meditazioni dei Magistrati . Procedendo ad altri generi di delinquenze , io trovo che troppo meschina la repressione del furto semplice nel codice Toscano ( art . 376 ) ; non che , per alcuni casi , quella di certi furti qualificati ( art . 386 lettera b . ) Ammetto che debba tenersi conto nella penalità del furto del valore del tolto , ultima misura del danno immediato in tali reati . Ma dovrebbe esservi un principio di penalità preambula ed invariabile , relativa alla violazione del diritto astratto di proprietà e di domicilio . Su ciò è notabile una singolarità che sorge dal confronto dell ' art . 376 coll ' art . 363 del codice Toscano . Questo ultimo articolo contempla il reato di violato domicilio , e sotto questo titolo colpisce con la carcere fino a sei mesi chiunque s ' introduca contro volontà di chi ha diritto di escluderlo nell ' altrui abitazione o nelle sue appartenenze . Chi entra in casa d ' altri , anche per mera curiosità , può dunque essere punito con sei mesi di carcere . Ma l ' art . 376 punisce col carcere di un mese al più chi commette furto minore di venti lire , ancorchè il furto sia commesso nell ' abitazione del proprietario o nelle sue appartenenze . Chi dunque s ' introdusse in casa altrui per mera curiosità sarà punito sei volte più di colui che vi s ' introdusse a fine di rubare e rubò ! E quegli che si trova sotto l ' accusa di violato domicilio , dovrà esso contro la verità dichiarare che vi si era introdotto per commettere un piccolo furto , onde uscirne con pena minore ! Non mi persuade che un ladro , ogni due o tre mesi chiamato regolarmente in faccia ad un tribunale di prima cognizione per render conto di un furto del quale è riuscito convincerlo , non possa soggettarsi a carcere maggiore di un mese , con più quindici giorni per la recidiva , perché questo mestierante ha avuto l ' accortezza di rubare soltanto venti lire . Non ammetto che quando una schiera di malviventi ha notturnamente invaso la mia casa , atterrandone audacemente le chiusure per saccheggiarla , possa , incontrando giudici misericordiosi , uscirne con un anno di carcere perché non potè rubare più di cento lire . I diritti di proprietà e d ' inviolabilità di domicilio , hanno un valore reale che deve ritrovare il suo peso sulla bilancia della giustizia politica , né permettono che la loro tutela si abbassi a proporzioni cotanto elusorie . Se si medita la ultima fattispecie trovasi ancora che il concetto del tentativo non svolge pariformi conseguenze nel delitto di furto come negli altri reati . Riflettasi infatti se egli è possibile credere che una mano di mariuoli organizzino la invasione di una casa , si procaccino chiavi false , e mezzi idonei per atterrare gli usci , per forzare le interne chiusure , e rubare ; si espongano ai rischi della impresa ; e tuttociò per rubare cento lire ! Un concetto pazzo non può imprestarsi ad alcuno . Bisogna dunque persuadersi che costoro si auguravano di rubare migliaia . Ma nol poterono perché il proprietario aveva di là tolto gli oggetti di ingente prezzo , che dovevano costituire l ' agognato bottino , e vi aveva lasciato soltanto quel meschino valore . Laonde per la regola comunemente accettata , che ricusa la nozione del conato dove riscontrarsi la mancanza del soggetto passivo ( lascio adesso di discutere le condizioni che secondo me dovrebbe avere questa regola ) non è possibile condurre costoro a pena superiore mediante l ' applicazione del tentativo di furto magno . Che ne consegue ? Che un fatto di questa natura resta represso con poca carcere . Ne consegue che al diritto di proprietà e di domicilio non può neppure indirettamente adattarsi dai magistrati una difesa proporzionata alla loro importanza . La intenzione in una parola , si volle che fosse tutta nei delitti di sangue ; si volle nulla nel delitto di furto . L ' effetto insignificante non fu che di poco proficuo nei primi ; fu benefizio grandissimo nel secondo . Ma l ' effetto morale più grave che risulta nell ' animo mio è egli lo spavento che mi cagiona la invasione del mio domicilio , o il dolore che mi cagiona la perdita di cento lire ? Dal lato dell ' elemento intenzionale nei delitti di sangue la scusa può dirsi la regola : la rissa , l ' impeto , lo irriflettuto agire sono il caso più frequente ; la brutalità e la premeditazione sono la eccezione . Nel furto invece il mestiere , e il deliberato proposito sono la regola : raro ed eccezionale il caso di scusa . Non nego che anche il furto non abbia le sue scusa : concordo che debbano valutarsi per assoluta giustizia . La occasione tentatrice , la urgenza di gravi bisogni di famiglia , non possono non essere valutati . Ma questi casi estremi che prestarono tanta materia di declamazione ai romanzieri contemporanei , io ripeto che sono una rara eccezione : a cui si provvede con un ' attenuanza bene ordinata . Ma il caso ordinario e normale nel furto è quello della speculazione ; è quello di una guerra sistematica alla proprietà : guerra alla quale deve contrapporsi una difesa proporzionata alla importanza sociale del diritto astratto . Gli antichi che della recidiva nel furto fecero un caso eccezionale , no , non mancarono di filosofia e di esperienza benchè trasmodassero nelle punizioni . Più tenero custode della proprietà il codice Sardo ( mentre non ha esagerato la penalità dei furti qualificati , ed anzi in alcune combinazioni possa risultare più mite del toscano ) lascia ai magistrati ( articolo 622 ) maggiore larghezza per reprimere i furti semplici . Soltanto all ' art . 625 § . 1 è troppo elevata la somma di lire venti , la quale non può raggiungersi che in casi eccezionalissimi nei furti campestri . In questa parte la proprietà è meglio protetta dal codice Toscano ( art . 376 lettera a ) . Ed io non vorrei cambiarlo : e solo vorrei con la provvisione speciale del n . 3 dell ' art . 625 Sardo , aggiungere una migliore protezione delle proprietà rurali contro il flagello dei danneggiatori . Io credo perciò che in questa parte la estensione delle sanzioni sarde alla Toscana , fatte piccole modificazioni sulle orme della teoria toscana dei furti aggravati , sarebbe salutata come una fortuna tra noi da tutti i proprietarii . Il codice Sardo ha capito ciò a cui non pose mente il legislatore toscano : voglio dire che se non è a prevedersi che alcuno oggidì eserciti l ' arte di feritore , è pur troppo una verità che molti esercitano il furto come mezzo d ' industria . Ed in proposito di questa idea del delitto esercitato come industria , vorrei si meditasse se l ' assoluta irresponsabilità del minore , estesa dal codice Toscano , sul fac - simile del codice Badese , agli anni dodici ( art . 36 ) non sia assai pericolosa . Penso io pure che uno stadio di assoluta irresponsabilità nell ' aurora della intelligenza umana vi debba essere ; e che sia impolitica una procedura criminale contro un bambinello . Perciò non lodo ( anzi trovo difettosissimo ) il codice Sardo , ove ad imitazione del codice di Francia , e contro la universale pratica contemporanea , ammette ( art . 88 ) che possa instaurarsi , se così piace a cui spetta , la solennità di un giudizio criminale contro un fanciullo di quattro o sei anni . Ma lo estendere la irresponsabilità ai dodici , parmi cosa gravida di pericolo per la morale pubblica ; appunto perché in certe famiglie , nelle quali ( tristissima verità ) il delitto è mestiero , può esser questo un impulso a precoce demoralizzazione : per l ' avvio che può farsi dei figliuoletti al furto o ad altra delinquenza , nella certezza di non vederli perseguitati con regolare procedimento . Lo stadio della irresponsabilità , ammesso da tutte le altre legislazioni contemporanee , fu esteso dove ai sette , dove agli otto anni ; e al più ai nove , ed ai dieci in paesi settentrionali . Era veramente la Toscana una regione , sotto il cui cielo si potesse presumere una tardività di sviluppo , da estendere ai 12 anni compiti il debito di rispettare le leggi ? Il povero colono che trova nel suo podere una schiera di giovinetti vendemmiando il frutto dei suoi sudori , è un barbaro se li percuote , ed è punito severamente . Ma se chiede alla giustizia protezione , la trova egli ? Io penso dunque 1.° che sia un difetto del codice Sardo il non avere stabilito uno stadio di irresponsabilità per presunzione juris et de jure in un primo periodo della vita - 2.° che sia vizioso il codice Toscano che estende tale stadio a 12 anni - 3.° che sia difetto in questo , e pregio nel codice Sardo ( art . 91 ) lo aver previsto come minorante la età dai 18 ai 21 : sebbene fra i casi esclusi dal benefizio di questo articolo mi parrebbe doversi annoverare anche il furto . Saggio mi sembra del pari il codice Sardo , quando all ' art . 639 subordina la repressione dei ricettatori di cose furtive alle varietà criminose del furto donde quelle cose provennero ; né voglio ripetere le critiche già da me pubblicate su ciò contro il codice Toscano . Onde io preferisco il criterio assunto dal Sardo per la misura di questo malefizio . Al codice Sardo può farsi rimprovero di difettare nella previsione del favoreggiamento , considerato come delitto di per sé stante ; che ha il suo obietto speciale nella pubblica giustizia , da lui impedita . Ma il codice Toscano , affezionato alla idea del favoreggiamento , ne allargò la nozione oltre la misura della sua verità , estendendola al caso della partecipazione posteriore nel lucro di un delitto ( art . 60 ) ; e poscia con una singolare predilezione facendo pei compratori dolosi di cose furtive ( art . 418 ) una benignissima restrizione di penalità . Sicchè il compratore doloso , anche dei giojelli rubati alla Galleria di Firenze , non potrebbe colpirsi col carcere al di sopra di un anno ; e non lo potrebbe quantunque il furto fosse accompagnato dalle circostanze più odiose . Laddove chi ad uno di quei mariuoli avesse pietosamente agevolato la fuga potrebbe incorrere nella carcere per due anni . Io cerco la nozione del fatto criminoso nella intenzione dell ' agente , e nel risultato : non nei voli fantastici di una dottrina . E nella intenzione e nel risultamento , il compratore o ricevitore doloso di cosa furtiva vuole violare il diritto di proprietà ; ed effettivamente lo viola col fatto suo . Ed è perciò ( non si questioni del nome ) un aiutatore del ladro a consumare lo spoglio del proprietario , ed a renderlo irreparabile . L ' art . 137 del codice Toscano , che nel modo con cui giace fa un antagonismo alle disposizioni dello Statuto fondamentale , aveva il suo correlativo nel vecchio codice Sardo al capitolo 2; dove fu cancellato nella nuova promulgazione del 1859 . Cancellarlo , o correggerlo anche in Toscana , perché il codice si coordini allo Statuto , sarà obbedienza alla logica . È parimente una necessità logica la provvisione dell ' art . 188 del codice Sardo ; se non che parmi che questo articolo ( non che l ' articolo 183 ) nella misura della penalità non abbiano tenuto conto abbastanza della gravità del mezzo ( tumulti ) che si presuppone adoperato a disturbare le sacre funzioni . Sembrami poi che il codice Sardo negli articoli dal 194 a 204 protegga la libertà personale del cittadino in faccia al pericolo di abusi della pubblica forza ( non che il domicilio all ' art . 205 ) con economia più prudente di quella usata dal codice Toscano negli art . 184 , 190; con l ' ultimo dei quali adegua la perquisizione arbitraria all ' arresto arbitrario della persona : e poi scende a punire con una multa riducibile a trenta lire il pubblico ufficiale che per capriccio violi il domicilio del cittadino ; o tenga indebitamente in carcere ( art . 184 ) un individuo . Se temevasi di rallentare lo zelo di questi pubblici ufficiali , valeva meglio tacere di tali fatti , e restarsene ad una semplice indennità , anziché ridurli a così meschine proporzioni . Bensì nel codice Sardo mi sembra in proposito della tutela della libertà personale sia una lacuna . Non trovo in alcun luogo previsto il caso della violenza privata che sia fine a sé stessa ; vale a dire che non abbia servito di mezzo a commettere un altro delitto . Questo reato , ben definito , e congruamente punito dall ' art . 361 del codice Toscano , non può pretermettersi . Poiché egli è ormai pacifico nella scienza che anche quando facciasi violenza ad alcuno per un fine non delittuoso , poiché si lede un diritto importante dell ' uomo ed a lui carissimo , voglia bene ragione che anche codesto diritto si protegga dalla legge punitiva . Ugualmente è da lamentarsi nel codice Sardo la mancata repressione della minaccia semplice , adequatamente prevista e punita dall ' art . 362 del Toscano . In quanto alla resistenza contro la pubblica forza , il codice Toscano è mirabile per la severità con cui la colpisce nella sua minima forma : quando cioè è scompagnata da turba , da lesioni gravi , od altre aggravanti . Esso dopo un massimo di quattro anni di carcere ( art . 143 ) si ferma al minimo di sei mesi . E così pone la misura del minimo dove il codice di Francia ( art . 212 ) pose la misura del massimo ! Il codice Sardo ( art . 251 ) si trattiene come il Francese al massimo di sei mesi quando la resistenza non commettasi da riunione armata . In ciò concorda col codice Francese e con altri molti . E qui mi piace notare che anche il codice che Francesco V dettò nel 1855 al già suo Ducato di Modena , all ' art . 188 § . 4 , puniva la resistenza semplice col carcere non mai superiore a sei mesi . Lo speciale rigore del codice Toscano contro questo delitto , che spesso si estrinseca con moti quasi istintivi diretti a conservare la libertà propria , o di persona a sé cara , non può trovare ragione in una speciale fierezza ed insubordinazione delle popolazioni toscane ; come non ve la torva l ' eccessivo rigore contro gli omicidii provocati . La deconsiderazione in quel codice dell ' impero che può esercitare sull ' animo anche dei più onesti l ' istantaneo sentimento di un pericolo , o un giusto sdegno , sembra rivelare un arcano pensiero che anela spegnere nei sudditi la coscienza dei propri diritti , e mansuefarli alla monastica tolleranza delle ingiurie . E questa osservazione estendo ancora alla valutazione della difesa propria ed altrui , in faccia ad un grave ed ingiusto pericolo che minacci la vita o la pudicizia di un cittadino . Ad ogni modo la estensione alla Toscana delle più miti penalità sarde verso il delitto di resistenza , e della giustissima mitigazione delle medesime prescritta all ' art . 267 , non potrà incontrare disapprovazione dai dotti , né eccitare malcontento . Anche qui mi assiste una reminiscenza . In Lucca ebbe vigore per trent ' anni una legge speciale dettata nel 1816 dal Governo provvisorio tedesco : che alla resistenza senz ' armi con lesione lievissima fulminava un minimo di vent ' anni di galera . Malgrado questa legge , gelosamente conservata dal Governo borbonico , non vidi mai poscia tanto frequenti le resistenze alla forza quanto in allora . E dovevano esserlo ; perché la severità delle pene eccitava maggior desiderio di sottrarsi all ' arresto . Pretendere con qualche mese più di carcerazione minacciata alla resistenza , che un reo non lotti per sottrarsi alla mano che vuol condurlo prigione , è una idea vana . Il reo in codesto pauroso momento ha nella pena che vuole evitare troppa ragione di scordare la pena che si minaccia alla resistenza ; ed il magistero penale elide sé stesso . Corre sullo stesso ordine d ' idee la disparità fra il rigore eccessivo del codice Toscano ( art . 344 ) e la mitezza del Sardo ( art . 589 ) in proposito del duello . Non voglio a questo proposito trattenermi sulla divergenza relativa alla politica imputabilità dei padrini ( art . 593 Sardo , art . 348 Toscano ) troppo essendo combattute nella dottrina le respettive opinioni . E solo dirò che alla prevenzione meglio provvede il codice Toscano . Ma la pena della casa di forza da tre a dieci anni sancita dall ' art . 344 Toscano contro l ' omicidio commesso in duello mi sembra troppo severa , e preferirei la penalità dell ' art . 589 Sardo ; aggiungendovi però all ' ultimo alinea la limitazione dell ' art . 343 Toscano ; e non dimenticando la previsione dell ' art . 595 Sardo . Il quale non parmi repugni ai principj della scienza : almeno per la opinione che io credo più vera in ordine alla estraterritorialità del giure penale . Parmi poi che sia una lacuna nel codice Sardo la mancata previsione della frode ( art . 346 Toscano ) . Non può esser dubbioso che qualsiasi slealtà tolga al duello il criterio psicologico della sua specialità , vale a dire la obbedienza ad un sentimento di onore . Prevede il codice Sardo ( art . 286 e segg . ) la ragion fattasi di privato arbitrio . Procede da un lato con una discriminazione di casi , sotto il rapporto della penalità , più diffusa che non sia quella del codice Toscano ( art . 146 ) : ma dall ' altro lato , per ciò che attiene alla indicazione della materialità del fatto ( art . 286 primo alinea ) il codice Sardo restringe la nozione di quel reato a certi determinati scopi . Ciò sotto un aspetto può meritare osservazione per la parità in cui si pose la demolizione dei fabbricati con gli altri fatti ; e sotto altro aspetto offre il pericolo di lasciare scoperta qualche contingenza speciale di ragion fattasi , che non cada sotto le tassative descrizioni colà enumerate . La definizione toscana è molto migliore . Sono però di opinione che la limitazione dell ' articolo 288 del codice Sardo sia lodevole , e giusta . So benissimo che questo reato non trae la propria essenza da un principio morale , ma da un principio puramente politico : e che in faccia alla dottrina scientifica la nozione della ragion fattasi non si modifica per la verità o insussistenza del diritto arbitrariamente esercitato . Ma la scienza è salva quando si conserva la nozione malgrado la verità del diritto esercitato . Né si contradice la scienza se , coordinando il principio morale al principio politico , si ammette una minorante nella verità del diritto esercitato . È un fatto che in questo caso la giustizia è lesa solo nella forma , e non più nella forma e nella sostanza . Anche in ordine alla vendita di fumo il codice Sardo ( art . 313 , e 314 ) colpisce un caso che il codice Toscano ( art . 200 ) non prevede . Il caso cioè delle millantazioni fatte dal sicofanta non per estorcer denaro ma solo per boria , per acquistarsi credito , o per malavoglienza contro gli ufficiali . Il codice Toscano lascia scoperti codesti casi , tranne quando possano trarsi sotto il titolo d ' ingiuria contro il pubblico ufficiale . In questo punto mi pare che il concetto del codice Sardo sia più conforme ai principii della scienza : per la quale nel punire questo delitto non si vuol proteggere l ' interesse del privato , che mirando ad un fine illecito non può meritare protezione . Ma si guarda al discredito della pubblica giustizia nella opinione popolare . In ordine alla falsa moneta il codice Sardo ( art . 316 e seguenti ) minaccia pene certamente più severe di quelle toscane ( art . 222 e seguenti ) . Ma chiunque rifletta che questo delitto è sempre premeditato , e può formare argomento di una speculazione perniciosissima , non trova che sia male collocata una certa severità . D ' altronde l ' art . 222 lett . a , e 223 lett . a del codice Toscano ( malgrado le dichiarazioni dell ' art . 240 ) sono a mio parere poco sufficienti alla repressione e viziosi . E là infatti si ammette il possibile che un fabbricante abilissimo di falsa moneta d ' oro se la passi con sei mesi di carcere , perché per avventura non sia riuscita l ' accusa a sorprendere gli ordigni ( che d ' altronde sono quasi un presupposto necessario ) ed abbia potuto contestargli soltanto la fabbricazione di una moneta . Qui evidentemente esercitarono l ' influsso loro le tradizioni di una dottrina inesatta che un tempo prevalse in Toscana ; cioè che la falsa moneta non fosse che un furto qualificato . Ed anzi se si confronti l ' art . 386 , trovasi la fabbricazione di falsa moneta punita meno del furto domestico ; quantunque , se questo viola la fede privata , quella violi la fede pubblica . Anche in proposito di questo delitto io penso dunque che una elevazione di rigore non potesse eccitare repugnanze nella popolazione toscana . Per il delitto di adulterio il codice Toscano ( art . 291 ) è assai più severo del codice Sardo ( art . 486 ) . Carcere da tre mesi a due anni per questo . Carcere da due anni a quattro per quello . Ma su ciò non dimoro . Perché porto opinione che dove la religione , la morale , e l ' affetto alla famiglia non valga , nessuna donna si asterrà mai dal darsi in braccio ad altri per il pensiero di una pena più o meno prolungata , che terrà dietro alla sorpresa , allo scuoprimento , alla querela maritale , ed alla persistenza nella medesima . Le pene contro l ' adulterio vi debbono essere per evitare le vendette maritali . Ecco la utilità sociale di siffatte punizioni . Sicchè la severità maggiore usata dal codice nostro contro le adultere non potrebbe trovare ragione in altro che nello essere i mariti toscani più risentiti e vendicativi dei sardi ; onde facesse mestieri offrir loro più larga soddisfazione a moderarne lo sdegno . Ma questa è una ipotesi . Non bisogna però dimenticare che l ' art . 485 secondo alinea del codice Sardo si connette con le disposizioni del codice civile in ordina alla ricerca della paternità . Laonde questo articolo non avrebbe senso ove tale ricerca fosse permessa dalle leggi civili . Fecondo di gravi difficoltà è il confronto fra l ' articolo 300 del codice Toscano , ed il 421 del codice Sardo , relativi a certi delitti contro il buon costume . E le difficoltà nascono a cagione dell ' urto fra il rispetto alla libertà individuale , ed il rispetto alla morale pubblica . E siffatto urto divide la dottrina dei criminalisti in Italia e fuori . Il codice Sardo ha provveduto alla tutela del buon costume soltanto là dove si congiunge alla tutela del diritto . per punire dove non concorse violenza esige che trattisi di persona minore dei ventuno anni . Guarda alla corruzione della gioventù , e finquì non vi è nulla da censurare . Ma il codice Toscano va oltre alla tutela del diritto ; va oltre alla tutela delle famiglie ; va oltre all ' impedimento dello scandalo . Qualifica lenocinio , e punisce col carcere da sei mesi a tre anni chiunque agevola la prostituzione anche di una cortigiana . E la giurisprudenza ha detto che somministrare la casa o il luogo alla prostituta cade sotto quest ' articolo . Così ho veduto in pratica ( non con gran plauso della pubblica opinione ) condannare a lunga prigionia donne di mala vita , non per ciò che esse facevano senza opposizione o pericolo abitualmente , ma perché avevano preso a retta un ' altra donna della lor taglia , o a lei affittato una camera . Provato che la padrona di casa sapeva che qualche uomo visitava la inquilina , vi si è trovato il lenocinio , benchè non si trattasse di giovinetti , né di allettamenti usati dalla padrona . Tale è stata la conseguenza logica del verbo agevolare adoperato dalla legge . Ciò ha portato a dei pubblici giudizi , nei quali si sono citati come testimoni gli uomini visitatori della inquilina , non senza qualche disturbo delle loro famiglie . La rozza logica del volgo non si persuase che la padrona di casa dovesse essere punita perché quegli uomini erano andati in camera della inquilina , anziché in camera della padrona . E taluno che troppo spesso riflette come siffatte donne quando non hanno luogo si approfittino delle vie solitarie , venne nel pensiero che per tal guisa si facesse uno scandalo per punire un fatto che aveva evitato uno scandalo . Questo argomento eccita serie considerazioni , specialmente in quelle città dove si persiste a credere impossibili i regolamenti circa le tollerate . Finalmente in ordine al delitto di fallimento doloso o colposo è deplorabile la trascuranza del codice Toscano nel definire i casi diversi e i diversi gradi di questo importante delitto ( art . 409 ) . Ma chi sperasse di trovare un più largo svolgimento nel codice Sardo ( art . 381 ) , rimarrebbe ugualmente deluso . La idea di non invadere le materie commerciali è probabilmente il motivo di tale trascuranza tropo comune ai codici moderni . Ma è una lacuna che prima o poi deve essere riempita , restituendo al giure penale il suo dovuto dominio anche nel regolamento di questa materia . Riassumendo i pensieri sparsi in questa rapida ed incompleta escursione , concluderò : 1.° Che la introduzione della pena di morte in Toscana ( specialmente pei delitti comuni ) non potrebbe non dar luogo a gravi lagnanze e disaffezioni . 2.° Che la introduzione dei giurati in Toscana non può essere argomento di gravi difficoltà ; ma invece salutare occasione al sapiente del Governo di procurare la emenda di alcuni difetti del relativo ordinamento . 3.° Che la estensione alla Toscana delle altre regole di procedura punitiva non può essere , comparativamente considerata , che un benefizio ; purchè se ne modifichi lo illimitato della custodia preventiva . 4.° Che la scala delle penalità Sarde modificata leggermente , come di necessità richiederebbe il toglimento della pena di morte , sarebbe accettabile . 5.° Che dovrebbe però non procedersi col brusco trasporto del codice ; ma con una specie di rifusione ; nella quale per ciò che attiene a certe nozioni , ed alla esattezza del linguaggio scientifico , non potrebbe farsi meglio che prenderle tali quali stanno nel codice Toscano . Questo è un omaggio che si deve alla scienza : ed un rispetto meritato da quella provincia ; nella quale e per lo slancio del codice Leopoldino , e per le teoriche delle sue giudiciali osservanze , e per la opera perseverante dell ' immortale Carmignani , bisogna riconoscere dal 1786 fino al 1853 un continuato movimento progressivo della dottrina penale . 6.° Che questa fusione , nella quale potrebbe pure tenersi conto di alcuni lodevoli provvedimenti del codice Napoletano , non dovrebbe lasciarsi in mano di una commissione , dove si aprirebbe per necessità una polemica senza fine ; ma farsi per opera del Ministero . 7.° Che di questo codice così rifuso dovrebbe ottenersi la sanzione dal Parlamento senza discussione di articoli , onde si approvi per via di esperimento ; decretandone fin da ora la revisione fra tre anni almeno ; e proponendo alle Camere di nominare nel loro seno una commissione incaricata di preparare gli studi per questa revisione futura . Non adottando quest ' ultimo metodo : procedendo per via di commissioni preambule , e di discussioni per articoli , si getterà tempo , e fatica : e se la discussione darà occasione allo svolgimento di maravigliose polemiche , non darà sicuramente per anni ed anni il risultato della desiderata unificazione . Questa verità la proclama la stessa ragione , e la conferma la storia contemporanea . Questa ci addita come si siano prolungate per molti lustri le relative preparazioni in Prussia , Norvegia , Belgio ed altrove ; ed in alcuni di questi Reami non abbiano ancora condotto la opera al suo compimento . Ripeterò con le parole del compilatore del Progetto Belga ( il celebre Professore Haus ) che la scienza penale non ha ancora fornito la metà del suo cammino . Mentre anche le sue primordiali verità sono tuttora un problema , sul quale i più sapienti discordano , è necessario riconoscere una verità pratica : cioè che è vanità sperare oggi che un dettato in questa materia si riconosca come il meglio universalmente ; e bisogna temere che il desiderio del meglio non tolga il buono . In mezzo alla rapidità del progresso generale contemporaneo ; in mezzo alle controversie tra cui si agita nell ' accademia il giure penale , ed alle difficoltà fra le quali lotta nel foro , non è più tempo di presumere che un codice penale duri intatto per lunga stagione . Non siamo più ai tempi della Carolina , delle Partidas , o delle Ordinanze . Qualunque cosa si faccia offrirà il fianco alle censure contemporanee , ed alle modificazioni future . Pisa 3 aprile 1863 . Codicizzazione ( STUDI LEGISLATIVI ) ( 1869 ) ( dagli Opuscoli di Diritto criminale , Lucca , 1870 , vol . II , 215 ss . ) I codici destinati a reggere le Nazioni nascono , crescono e progrediscono in numero , in bellezza , ed autorità , nella ragione diretta della respettiva civilizzazione . È impossibile che i popoli primitivi finchè si agitano nella barbarie sentano il bisogno di ordinamenti legislativi completi , o chiedano codici , o pensino a procacciarne . La prima idea di legge che appo loro si sviluppa si estrinseca nella leggi religiose e militari , perché la coscienza giuridica non ha ancora assunto una forma sensibile in quelli animi rozzi . Per loro la idea del diritto si confonde con la idea della forza . Una legge imposta a nome di Dio ( forza sovrumana ed ignota ) a nome di un Duce di eserciti ( forza naturale presente e temuta ) esprime per loro il diritto perché esprime una potenza alla quale non è dato resistere . Essi accettano la consociazione come un fatto : vi aderiscono per obbedienza allo istinto della socievolezza che la legge di natura provvidenzialmente impose alla umanità , come impose la legge di attrazione ai corpi al fine di condurre questi all ' ordine fisico e quelli all ' ordine morale : vi aderiscono pel sentimento vago dei bisogni : se la tengono cura per le consuetudini contratte nelle relazioni necessitose della famiglia . Ma il concetto giuridico della consociazione non cape ancora nella mente loro selvaggia , perché tuttora incapaci a concepire la idea del diritto nello individuo altro che come forza , è impossibile che in loro prenda radice il pensiero di una collezione di diritti affidati ad una personalità morale pel fine di essere da questa difesi . Obbediscono al sacerdote , perché parla a nome di un Dio che ha mezzi di potenza e di forza superiore ad ogni forza e potenza umana : obbediranno ad un Duce , perché lo veggono cinto di un numero di sgherri volontariamente alleatisi a lui che li fa conscii della loro soggezione : ma in ciò non si ha l ' opera di un calcolo di ragione che a tale obbedienza porga la forma di un dovere morale ; bensì unicamente uno stato di fatto che li lega in ragione della loro impotenza a resistere , a meno che con l ' astuzia non riescano ad eludere quella forza . La consociazione non è per loro che uno stato inavvertito di fatto nel quale si trovano senza saperne il perché , mentre ne approfittano per procacciarsi anche a scapito altrui i beni agognati a soddisfacimento degli appetiti proprii senza cercare se con ciò si offenda la personalità degli altri o si diminuisca l ' altrui libertà . La idea pura del diritto non può concepirsi che sotto forma complessa e reciproca , perché il riconoscimento razionale di una facoltà pertinente a noi come diritto ha per necessario contenuto il riconoscimento di uguale facoltà in ogni altro essere simile a noi ; lo che conduce al desiderio di una legge che sia vincolo a noi medesimi , e che sia vincolo agli altri . Ma tale idea è troppo elevata perché possa raggiungersi da genti selvagge per le quali potestà materiale e facoltà morale identificandosi in un solo concetto , viene respinto il pensiero di un vincolo puramente razionale imposto a noi medesimi , ai proprii appetiti , ai proprii bisogni . Ove pure appo simili genti siasi venuto lentamente formando un ceto di uomini illuminati ai quali trovisi rivelato il concetto della giustizia come forza morale destinata a resistere alla forza materiale e fatta capace a dare al debole prevalenza e ragione sopra il forte ; questa rivelazione conquistata dagli eletti non appartenendo che ad una minoranza , la lotta della civiltà contro la barbarie si combatte sempre con disuguaglianza , per cui i pochi illuminati dove pure concepiscono la idea di dare una legge che a tutti ugualmente sovrasti e tutti ugualmente protegga i diritti dei consociati , non possono attuarla , e neppure osano tentarne la prova , perché siffatta idea non è intesa né accettata dalla maggioranza . Allora soltanto quando nella Nazione si è sviluppato il senso giuridico in una maggioranza capace di farsi rispettare , nasce il desiderio di un codice universale della Nazione regolatore dei diritti di ognuno , e nasce insieme la potestà di attuarlo e di mantenerlo in una vita efficace e reale . È allora soltanto che il popolo insorge e chiede i Decemviri e le tavole permanenti della legge comune : è questa l ' epoca dei Soloni , dei Licurghi , dei Caronda , e dei Pittagora ; uomini che saliti in fama di sapienza hanno ottenuto la fiducia del popolo e ricevono invito da questo di segnar loro il modo col quale meglio possa avere soddisfacimento e proclamazione solenne quella coscienza giuridica che si è maturata nelle moltitudini . È allora che quel popolo muove i primi passi verso la civiltà . E di vero cosa è dessa la civiltà ? Tutti gridano civiltà , civiltà ; tutti parlano di progresso civile dei popoli : ma molti non si avvicinano al concetto che chiudesi sotto quelle parole , e quello rimane per loro uno indefinito . E che forse la civiltà di un popolo consiste dessa nell ' orpello dei modi , nell ' amore delle arti , nella raffinatezza dei cibi e degli agi della vita , nei sontuosi spettacoli , nelle magnificenze delle fabbriche , ed altre simili cose ? Il volgo lo pensa , e non si avvede che scambia la cultura esteriore ed il lusso con la civilizzazione . Cultura e civiltà sono due cose radicalmente distinte . Ottima l ' una per certo e feconda di benefizi purchè non avversi alla seconda ; ma questa manca sovente dove quella grandeggia , e questa è la primaria a desiderarsi da un popolo che ama fondare la propria felicità e la propria grandezza sopra il rispetto alla dignità dello essere umano : senza questa i cittadini possono somigliarsi alle antiche vittime che s ' inviavano al sacrificio inebriate da canti festosi , dai vapori di olezzanti profumi , e tutte ornate di fiori . Civiltà è parola che trae la propria etimologia da civis , Città , ed ha il vero concetto proprio nel vero concetto di questa . La civiltà consiste nello sviluppo in cuore di tutti della coscienza giuridica e della natura giuridica della consociazione . Recognizione del diritto non come forza , né come bisogno , ma come dettato di ragione : recognizione universale nelle coscienze della pertinenza del diritto a tutti ugualmente ; recognizione del diritto come dettato di una legge superiore imposta da Dio alla umanità : abitudine nel popolo in ogni sua classe di rispettare quella legge con religioso affetto anche a ritroso dei propri appetiti corporei , facendo dell ' amore dei nostri simili la forma preferita dell ' amore di noi stessi : recognizione della missione della società nel tutelare in tutti ugualmente il diritto . io non mi esalto la mente alla contemplazione della piramidi , delle meravigliose statue della Grecia , degli archi superbi dell ' antica Roma . Io veggo là parecchi milioni di umane creature tenute da un numero inferiore di potenti nella più abietta servitù ; io veggo quella folla d ' infelici ridotti alla condizione di cose e vittime della negazione del diritto ; e dico che quei popoli per quanto giustamente orgogliosi della loro sapienza nella cultura esteriore non furono popoli veramente civili . La ebrietà dei sensi non mi fa velo allo intelletto , quando contemplo la squisitezza delle delizie orientali ; in quelle magiche reggie io veggo una mano di uomini che si stimano esseri superiori agli altri , e vantano illimitata balìa sovra cose e persone ; veggo al di fuori un gregge trepidante che al giogo reverente si curva né sente in sé stesso la virtù della divina scintilla ; e dico che quel popolo non è altrimenti civile . Dimostrisi pure che nelle contrade meridionali di America si hanno più gentili i costumi , più ricercati gli agi del vivere , più raffinati i piaceri , meno bruschi e rozzi i modi che non lo siano nelle contrade del Nord . Io veggo che di là si pugna per mantenere la servitù mentre di qua si sacrifica generosamente un mare di sangue al fine di sopprimerla , e di porre in trono il programma della uguaglianza completa di ogni umana creatura ; e dico che la civiltà è maggiore nel settentrione di quello nol sia nel mezzogiorno di America . Fosse pure al più elevato apogeo la industria , la raffinatezza dei modi , la cura degli agi della vita e di ogni più delicato soddisfacimento dei sensi nella vetusta Sibari divenuta proverbiale per il suo lusso , io veggo i signori di Sibari mettere a morte gli ambasciatori di Crotone ed appendere i cadaveri alle loro muraglie ; e veggo al tempo stesso i cittadini di Crotone quantunque nemici di ogni ricercatezza di lusso proclamare il suffragio universale come base delle loro istituzioni : ed a tale confronto la voce della ragione dilegua il fascino della Sirena , e nell ' intimo cuore io mi sento condotto a dire che fuvvi civiltà maggiore in Crotone che non in Sibari . Ecco come io la intendo questa parola civiltà , che per molti è parola diafana e per altri molti un prisma fallace . E tornando ai codici , io ripeto che i primi trionfi della civiltà rendono soli possibile un codice : ma che un codice perfetto non è possibile se non ove la civiltà ha raggiunto quell ' apogeo che è sperabile sulla terra ; cioè dove è più universale ed illimitata la recognizione dello imperativo giuridico così nella idea come nel fatto così nelle parole come nella realtà , e dove quella legge regna sovrana nella coscienze come sovrastante a tutti ugualmente , e per tutti ugualmente patrona . Tale recognizione si è dopo lotte lunghissime raggiunta in astratto da molti popoli i quali pertanto possono dirsi maturi per dare a sé medesimi ottimi codici . Ma perché i codici siano buoni bisogna che in ogni loro linea rispondano a quella idea , e che all ' astratta recognizione di quella si coordini la sua recognizione concreta e la sua coraggiosa proclamazione per parte del codice ; il quale non lasci pertugio per dove possa introdursi per arte o potenza nessuna dei pochi la supremazia della forza , perpetua nemica della ragione . Lo ideale della bontà di un codice è questo solo di essere il palladio della uguaglianza per tutti . Vi dunque da un codice ogni disposizione che con modi più o meno aperti disturbi lo equilibrio giuridico fra i cittadini : via ogni privilegio per cui venga una classe di uomini a rendersi più ricca di diritti , più scura nello esercizio loro , e più insindacabile nel proprio operato a discapito o pericolo altrui : via tutte le leggi di occasione , le quali possono esser buone come necessità inevitabile in faccia a condizioni eccezionalmente calamitose non debbono trovar sede in un ordinamento stabile destinato ad incarnarsi nei costumi e negli effetti del popolo . Più specialmente un codice penale deve essere il catechismo della coscienza civica , ove si raccolgano le tradizioni della giustizia pratica e si conservino con più solenne sanzione e con autorità più gagliarda . Finchè un codice non può farsi tale , è vanità tentarne la prova ; e se tale non vuol farsi per segrete cagioni che prevalgono appo coloro cui pertiene il reggimento della cose pubblica , ella è una ipocrisia , è un tradimento darsi vanto di codicizzare le leggi di uno Stato . Si ripari allora con leggi provvisorie ai bisogni dei tempi nelle materie del diritto le quali portino in fronte la dichiarazione della loro precarietà e rechino contemporanea alla propria nascita la speranza della loro abolizione . Ad una Nazione che sente la propria dignità si può inculcare la tolleranza di un provvedimento temporaneo quantunque meno buono , scusandolo con le tristi condizioni di una fase transitoria in cui versi lo Stato , e temperandone la innormalità con la precarietà della sua sanzione . Ma è un insulto porgere a lei col nome di codice ( e così come supremo effato della coscienza giuridica ) precetti e sanzioni che alla suprema ragione giuridica non siano conformi , e che trovino la genesi loro nelle vedute di un partito dominante , o nei bisogni di una politica transitoria . L ' uomo coscienzioso e leale quando si faccia convinto di una necessità che gli vieta di fare una cosa come dovrebbe esser fatta , si astiene piuttosto dal farla anziché farla in modo riprovevole . Farisaica parola è quella di chi confessa la verità di un supremo principio di ragione , ed al tempo stesso viene a dettare un codice che lo conculca e lo rinega , scusandosi con le condizioni dei tempi e con quella sentenza perpetua patrona del male - che anche la verità ha la sua ora . Avrà pur troppo la sua ora anche la verità ; perché non a tutte le ore degli uomini si vuole intendere , e perché essa ha bisogno di essere intesa da coloro che debbono proclamarla , e che sono sovente i più duri o i più tardi ad intenderla . Ma , se la verità ha la sua ora , perché non aspettare che sorga , e frattanto vivere con le leggi già costituite , prorogando a quell ' ora il generale e duraturo riordinamento delle medesime ? Perché tanta furia di codicizzare , mentre si confessa che le incertezze dei tempi sono disadatte a quell ' opera ? Potrebbe qui bene ripetersi col Menzini - in questo di Procuste orrido letto , chi ti sforza a giacere ? Un principio erroneo ed ingiusto attuato per eccezionali cagioni in un regolamento particolare è un male sensibile ma limitato . Il male diventa troppo più grave più funesto e pernicioso nelle sue conseguenze quando di quel principio erroneo l ' autorità sociale fa solenne proclamazione in un codice : perché con ciò corrompe la coscienza pubblica presentandole come severo e costante dettato della ragione giuridica quello che è soltanto un provvedimento empirico che si accetta per le transitorie condizioni dei tempi . O se a voi preme di farvi codicizzatori e volete anche in questo adulare la Nazione che da voi si governa dandole a credere che i tempi sono maturi per un codice universale , ed inebriandola in questo pomposo pensiero , abbiate almeno il pudore di lasciare in disparte quelli argomenti nei quali credete di non poter proclamare la suprema giustizia : se tali argomenti sono molti , abbandonate la idea della codicizzazione ; se sono pochi lasciateli sotto la direzione di leggi particolari : ma non bruttate il catechismo che voi date alla vita esteriore del popolo col proclamarvi una menzogna giuridica . Val meglio una lacuna che l ' apostolato di una falsa dottrina . Se fuvvi mai una epoca che apparisse disadatta alla formazione di un codice universale tale era lo Stato dello Impero Germanico nei primordi del secolo decimosesto . Le dissidenze religiose fra i diversi Stati di quello Impero erano vivacissime allora , perché grondavano di fresco sangue ; e chiunque fosse stato chiamato a dettare un codice penale per lo Impero sarebbesi sgomentato in faccia a quelle dissidenze dal por mano nella materia dei delitti religiosi . Ma Carlo V voleva ad ogni costo dettare un codice universale che governasse lo Impero e che portasse il suo nome . Cosa fece egli con la sua celebre costituzione criminale ? Dei delitti religiosi non tenne che fugace parola , e la sua costituzione ebbe plauso concorde nel 1532 alla Dieta di Ratisbona dai Principi colà convenuti così cattolici come protestanti : e la sua Nemesi potè durare per tre secoli come codice fondamentale di gran parte della Germania , ed adottarsi e mantenersi persino da quelle provincie che ( come la Svizzera ) avevano scosso il giogo politico dello Impero . La Convenzione di Francia fu prepotente e ferocissima nella sua prepotenza , ma fu più logica di molti altri Governi quando nel tempo stesso che le sue mannaie mietevano le vite dei cittadini proclamava come principio l ' abolizione della pena di morte . Essa sentiva la differenza che passa fra la proclamazione di un principio come verità giuridica , e le esigenze o vere o false della politica del momento . Ma non si fu altrettanto logici , né allora né poi , quando le leggi di occasione si vollero convertire in articoli di un codice destinato a passare alle generazioni future . Adesso a noi italiani si è iniziata la esecuzione della promessa codicizzazione universale . I codici regolatori degli interessi civili , commerciali , e procedurali ebbero ormai la respettiva sanzione , e spetta all ' avvenire il farsene giudice . Ma il codice penale ha incontrato più seri ostacoli . E gli ostacoli sorgono non solo per la diversità delle scuole giuridiche che prevalgono nelle diverse provincie del Regno ; non solo per la diversità dei costumi più o meno purificati degli effetti del dispotismo religioso e civile ; ma più specialmente per le tradizioni delle leggi penali precedenti che alle diverse provincie furono dettate dai respettivi reggitori come catechismo della vita civile . È una verità filosofica che i costumi fanno le leggi , ma è pur troppo una verità pratica che le leggi fanno i costumi . Più che è feroce un popolo più sarà feroce il suo codice ; più sarà feroce un codice più si manterrà il popolo nelle consuetudini della ferocia . Queste sono due verità storiche che come risultamento di un imperativo logico impreteribile si danno reciprocamente la mano . E ciò porta ad una conseguenza ; e questa conseguenza , quantunque aspra e dura a proferirsi , bisogna pur proferirla perché è verità impreteribile . Questa verità è che le attuali condizioni d ' Italia le rendono assolutamente impossibile di ottenere un codice penale comune che sia riconosciuto universalmente per buono , e sia da tutti applaudito . L ' abitudine a certe penalità eccessive incarnatasi nelle genti di una provincia per virtù di un codice che per lunga stagione le fuorviava dal retto col proclamare la necessità e la giustizia delle medesime ; l ' abitudine a certe penalità più miti ed umane incarnata nelle genti di altra provincia per virtù di leggi penali che seppero mostrar loro come quelle fossero più che sufficienti ai bisogni della pubblica e privata sicurezza , e per virtù della consecutiva esperienza che le dimostrò sufficienti ; queste abitudini io dico non si cancellano con un tratto di penna dal nuovo legislatore . Dal che nasce una situazione scabrosa , difficile e penosissima per la coscienza di chiunque sente nell ' animo che anche il legislatore deve avere una coscienza ; la quale deve inspirarsi al vero ed al giusto , e non agli abiti od alle passioni . La situazione è questa : o inferocire i costumi delle provincie meno feroci col portarvi leggi esorbitantemente severe , lo che sarebbe operazione vandalica e patente regresso ; o tentare di raddolcire i costumi delle provincie più fiere col portarvi più miti sanzioni . Questo è il problema interiore che tiene oggi incerti gli animi dei legislatori penali d ' Italia . E alla difficoltà interiore che tiene esitanti le coscienze per riguardo al sentimento del proprio dovere rispondono difficoltà esteriori che procedono da quel perpetuo ostacolo ad ogni ben fare , voglio dire il rispetto umano . Avvegnacchè all ' apparizione del nuovo progetto di codice penale del Regno d ' Italia siasi verificato ciò che i veggenti avevano preveduto da lunga mano , e ciò che inevitabilmente doveva verificarsi per virtù delle condizioni eccezionali della nuova consociazione ; voglio dire che da tutti i lati sonosi sollevati anatemi e riprovazioni contro quel disgraziato progetto , del quale può dirsi che ebbe molti censori , lodatori pochissimi . Ma chi guardi addentro a quelle grida di riprovazione , e le congiunga ( come pur devesi ) in un insieme , forza è si convinca per le stesse contradizioni che s ' incontrano fra di loro che il progetto subisce gli effetti della situazione e non di alcuna colpa dei suoi estensori . Se nei compilatori di quel Progetto può trovarsi una colpa ( e se questa sia colpa lo giudichino gl ' imparziali ) essa consiste nel non avere alzato lo stendardo di uno dei due partiti scientifici che oggi si contrastano la signoria della Italia nell ' argomento della penalità ; il partito della severità e della intimidazione , ed il partito della mitezza e della emenda del colpevole . Se una di quelle due bandiere si fosse recisamente e coraggiosamente posta in fronte al nuovo progetto i detrattori sarebbero stati da un lato ma i difensori dall ' altro . Ma gli uomini chiamati a quello arduo ufficio non s ' inspirarono alle abitudini di questa o di quella Provincia ; non alle utopie di una o di altra Cattedra , non alle esigenze delle Curie , né alle pretese di coloro che rappresentano l ' autorità e che tenacemente intendono non solo a mantenerla ma a circondarla sempre meglio di ferro ; essi s ' inspirarono allo affetto del vero e del buono , e volenterosi esposero sé medesimi al turbine che doveva colpirli . Certamente quel lavoro non è immune da errori e da equivoci , particolarmente nella parte speciale , e nei fatti minimi , e talvolta anche nella forma della redazione . Ma queste non sono mende che possano far sorgere serio conflitto in un ' aula legislativa . La questione seria e di altissimo ed universale interesse è radicale ; e la sua soluzione sta per esercitare la più grande influenza sull ' avvenire d ' Italia : la questione ridotta ai minimi termini verte sul concetto fondamentale del nuovo codice . La questione consiste nel decidere se debbasi andare innanzi nella via del progresso civile avvicinandosi alla Germania che seppe trarre così buon frutto dalla scuola teorica italiana , o se piuttosto si debba tornare indietro avvicinandosi alla Francia ed a quelle provincie italiane che più si lasciarono andare all ' ossequio di quella . Non è questione di scienza ; è questione di civiltà . Ora su questo palpitante problema io dico una sola parola : ed è che se deve tornarsi indietro val meglio non farsi il codice , e lasciare che ogni provincia continui a reggersi secondo le consuetudini proprie anziché dare una solenne sanzione a principii retrivi facendone ingrata importazione in quelle terre dove non è più possibile generare la fede della loro giustizia senza deteriorarne i costumi , e così manomettere il più santo , il più bello fra i doveri dell ' autorità sociale , voglio dire la missione educativa del popolo . Questo è il pensiero che già adombrai in uno scritto ( 1 ) [ ( 1 ) Vedasi in questa raccolta l ' opuscolo XI ] renduto di pubblica ragione quattro anni addietro ; ed ogni ulteriore osservazione , ogni ulteriore meditazione mi ha confermato in tale pensiero . Se sia vero che nei delitti atroci non si debbano ammettere le circostanze attenuanti ( Questioni singolari ad occasione della Giuria ) ( 1868 ) ( dagli Opuscoli di Diritto criminale , Lucca , 1870 , vol . II , 459 ss . ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ Questa proposizione udii cadere dal labbro di un pubblico Ministero , d ' altronde dottissimo , quando egli cercava di distogliere i giurati da ogni movimento di pietà verso il colpevole di un omicidio premeditato commesso con un colpo di coltello . Con un fino artifizio oratorio declinando ogni discussione sulle circostanze attenuanti , delle quali forse non era penuria in quel caso , egli adagiò la sua tesi di rigore su cotesta generalità da lui asserita come un dettato apodittico di giustizia . Egli fece bene il dovere suo come vindice della società offesa . Ma se i giurati allorchè unanimi respinsero le circostanze attenuanti si lasciarono sedurre da codesto postulato giuridico , io dico che i giurati errarono in fatto per conseguenza di un errore di diritto . Le circostanze attenuanti disse Eusebio Selverte essere un rimedio provvisorio . Il pensiero al quale ispirossi codesta sentenza è sotto il punto di vista dell ' avvenire l ' identico pensiero al quale io m ' inspirava anni addietro quando sotto il punto di vista del presente scriveva che le circostanze attenuanti sono un rimedio necessario per un codice cattivo , mentre sono una flagrante aberrazione della giustizia sotto un codice buono . Ma se le due sentenze si unificano nel concetto radicale non è peraltro che con le medesime siasi voluto censurare l ' attenuanza sotto un punto astratto di vista . In massima nessuno può controvertere questa grande verità , compenetrata nel sommo principio della giustizia distributiva in materia penale , che nel misurare la imputazione debba aversi riguardo ad ogni più piccola circostanza per la quale si modifichi il delitto così nella sua forza oggettiva come nella sua forza soggettiva ( lo che noi chiamiamo quantità e grado del delitto ) e che nel tempo stesso debba modificarsi la pena per virtù di certe circostanze estrinseche al delitto , ma inerenti allo individuo al quale vuole applicarsi la pena , e per certe specialità per le quali la medesima applicata nel suo rigore riuscirebbe contraria o al pubblico bene , o alla coscienza universale ; lo che noi chiamiamo diminuenti la pena . Questo non può in punto astratto controvertersi senza immolare impudentemente la giustizia ad uno stoicismo crudele . Ciò che da noi si volle criticare è unicamente lo indefinito nel quale le leggi di Francia , ed i codici che le imitarono , lasciano le circostanze attenuanti . Indefinito terribile per cui si converte spesso in una operazione del cuore quella che dovrebbe essere opera della ragione ; e si ammettono o si negano le attenuanti sulla guida di un sentimento o di pietà o di ribrezzo che seppe nell ' animo dei giurati eccitare la rettorica del difensore , o quella del pubblico Ministero . Sente ognuno come per siffatto sistema la giustizia abbandonisi alla balìa di un ' onda infida e variabile , e debbano vedersi ( come pur troppo si veggono in pratica ) delle oscillazioni di pietà e di rigore le quali affievoliscono nel popolo che riflette la fede della punitiva giustizia . Molti moderni legislatori fecero dei lodevoli tentativi per togliere la penalità da coteste incertezze . Il codice Spagnuolo del 1848 , il codice Austriaco del 1852 , si provarono a definire ed a circoscrivere quelle circostanze che sole potevano ammettersi , a parer loro , come attenuanti : il progetto Portoghese andò ancora più innanzi ; ed oltre a circoscrivere le attenuanti e le aggravanti volle distinguerle in classi diverse ed assegnare a ciascuna di loro il respettivo valore , determinandone per cotal guisa e la ammissibilità ed il grado relativo di efficacia minoratrice . Questi tentativi , meritevoli senza dubbio di plauso , non hanno ancora recato peraltro la piena luce su tale argomento , perché da tutti quei legislatori si è voluto procedere per via di contemplazione generale , e definire una serie di attenuanti che fossero comuni a tutti i malefizi , ed in tutti dare a ciascuna di quelle uno eguale influsso . E questo è il difetto del nuovo sistema ; difetto minore dello indefinito , ma pur sempre difetto . Perché sebbene alcune circostanze possano accettarsi come generali ed attenuanti qualsisia forma delittuosa , molte ve ne ha che debbono considerarsi come proprie di alcuni reati ed indifferenti in reati diversi , ed altre molte ve ne ha che in un reato funzionano come attenuanti , mentre forse in un reato diverso dovrebbero funzionare come aggravanti . Ma lasciamo di questo che è troppo grave argomento . Le leggi che governano la giustizia penale in Italia hanno oggi ad imitazione della Francia lasciato alla balia dei giurati il solo riconoscimento delle circostanze attenuanti e limitato solo entro certi confini la valutazione della loro efficacia , consegnando tale valutazione al calcolo e giudizio delle Corti . In questo indefinito potrà essa figgere lo sguardo la scienza ? Potranno i cultori del giure penale studiarsi di tracciare una qualche linea che serva di guida alla coscienza del giurato , onde non si muova per un solo moto di simpatia a cui dovrebbe esser sordo , o per una contemplazione della pena , alla quale egli non dovrebbe pensare ? Io credo che ciò entro certi confini si possa . E quel pubblico Ministero che pronunciò la sentenza non doversi ammettere le circostanze attenuanti nei delitti atroci evidentemente cerò di segnare una linea che fosse un regolo costante alla coscienza dei giurati ; subordinando così ad un asserto principio giuridico ciò che nel concetto della nostra legge dovrebbe essere un puro giudizio di fatto . Ma codesta linea a mio credere è falsa e pericolosa . E tale la dimostra la ragione , e l ' autorità . In primo luogo è a dimandarsi cosa s ' intenda per delitto atroce ? Nel linguaggio degli antichi giuristi si dicevano atroci tutti i delitti gravi . Si disse atroce in molti casi fino la ingiuria . Sicchè anche la parola atroci altro non è che un indefinito il quale può avere un senso quando si adopra in un punto di vista comparatico , ma non può averlo giammai in un senso assoluto . In faccia al sentimento di un uomo mite e civile ogni omicidio è un delitto atroce ; più atroce ancora se fu premeditato . Nessuno potrà ricusarsi ad un sentimento di ribrezzo verso un essere tanto aberrante dalla umanità da calcolare freddamente i modi di spegnere una creatura simile a lui . Ma per simile ribrezzo , per simile atrocità , per simile aberrazione della umana natura dovrà egli dirsi che tutti gli omicidi respingono ogni possibilità di attenuanza , o che la respingono almeno tutti gli omicidi commessi con fredda deliberazione ? La pratica universale rinnega codesta dottrina . La ragione invece suggerisce spontaneo il pensiero che ai delitti più gravi minacciando la legge una pena più severa , e spesso la più severa di tutte , quella cioè nella quale si estrinseca lo estremo supplizio sotto qualunque forma lo accolga la legge ; si può appunto nei delitti più gravi correre con minore pericolo ad ammettere le attenuanze . Operandosi per queste la diminuzione di un grado , la pena inferiore rimarrà sempre gravissima ; né vi sarà luogo a temere la sua inettitudine ai bisogni della pubblica tranquillità . L ' atrocità di un delitto non potendo al fine di che si parla ravvisarsi nel solo fatto di avere volontariamente sparso il sangue del nostro simile , potrà essa trovarsi nei modi coi quali fu consumato l ' omicidio ? Alcuni legislatori lo pensarono . E ( sotto la formula di atti di barbarie ) i tormenti esercitati contro la vittima , e le crudeltà raffinate con le quali il colpevole non pago di toglier la vita al nemico aveva voluto ancora pascere la propria immanità nei patimenti di quella , furono agli occhi loro sufficiente ragione per costituire una speciale qualifica tanto grave da condurre di per sé sola allo estremo supplizio . Discordarono altri da siffatto modo di vedere , almeno come proposizione generale ; e l ' autore del codice Spagnuolo , lo illustre e dotto Pacecho troppo presto dallo infausto colera rapito alla scienza e ai desiderio degli amici , propugnò la opposta dottrina , osservando con molta verità che simili eccessi aberranti dalla umana natura quando si esercitavano contro un nemico mostravano un tal grado di esaltazione di spirito , e la pressione di un affetto così delirante da condurre alla conseguenza del tutto contraria nel calcolo della imputazione . Ma sia che vuolsi delle due opposte dottrina , per la questione che adesso considero mi sembra indifferente : perché o la legge che governa le sorti dello accusato non ha previsto simile circostanza come qualifica dell ' omicidio , o l ' ha prevista . Se non l ' ha preveduta in presenza di tanti codici che la prevedono vuol dire che ha trovato giusto di non farne un ' aggravante assoluta : ed il pubblico Ministero che volesse imporre ai giurati come regola costante di non ammettere le attenuanti dove concorrono atti di crudeltà , non solo anderebbe oltre la lettera della legge , ma anderebbe apertamente a ritroso del pensiero del legislatore , il quale col non costituirne un ' aggravante perpetua mostrò di riconoscere potervi essere non infrequenti casi nei quali non fosse tale . Se poi la legge che ci governa abbia di simile concomitante avuto riguardo per costituirne un aggravamento speciale , il giurato che valuti la medesima per negare le attenuanti pecca della più flagrante ingiustizia . Esso ha giù tenuto il debito calcolo di tale concomitante quando ha risposto affermativamente alla relativa questione , e con ciò ha portato il giudicabile ad una pena esasperata . Se poscia per la medesima concomitante egli si determina a negare le attenuanti cade in una ingiusta duplicazione del calcolo . Lo effetto che la legge voleva si operasse da siffatta aggravante , la legge lo ha già determinato , ed ha stabilito un ' aggiunta al castigo senza per altro negare neppure allora al giurato la facoltà di attenuare . Codesto giurato pertanto si mostra più severo della legge e pone due volte sulla propria bilancia lo stesso elemento . Questa osservazione può esser fatta sotto un punto di vista più generale ; essa è comune tanto alle aggravanti quanto alle minoranti . Ad un giurato che abbia negato le attenuanti in un omicidio premeditato , e le abbia ammesse in un omicidio provocato , dimandate perché abbia agito in codesta guisa . Se egli ingenuamente vi risponde ; le negai nel primo caso perché vi era la premeditazione e le ammisi nel secondo caso perché vi era la provocazione , rispondete francamente che esso è caduto in un gravissimo errore , ed ha in ambo i casi commesso una ingiustizia duplicando il calcolo o della aggravante , o della minorante . Ambedue queste circostanze erano già valutate dalla legge in tutta la loro portata giuridica ; al giurato la legge commetteva di riconoscerne la esistenza di fatto , non già di farne una seconda valutazione . Lo stesso ripetasi dello scasso nel furto , o della quantità del tolto dove la medesima fu tenuta a calcolo dal legislatore . I giurati di Francia che vivono sotto una legge la quale eguaglia nella pena il furto di un franco al furto di diecimila , potranno benissimo nei congrui casi trovare l ' attenuanza nella modicità del tolto , perché quello che il legislatore respinse come criterio assoluto è rilasciato alla libertà della loro valutazione come criterio speciale . Ma errerebbero a mio parere i giurati che procedessero ugualmente in Toscana dove il legislatore ha dato alla quantità del tolto quella valutazione che ha creduto doverosa . Ma forse tornerò altra volta più in lungo su questo argomento . Giovi intanto osservare sotto un punto di vista meramente generale che le circostanze attenuanti hanno un modo di essere tutto loro proprio e spessissimo indipendente dalle circostanze essenziali di un malefizio e da quelle concomitanti che ne modificano la quantità , o che lo degradano nelle sue forze . Questo modo di essere tutto intrinseco può avere una vita indipendente dalla natura del reato , e perciò comune a tutti i reati , e può avere una vita connessa con una certa forma di reati in quanto possa assumere l ' aspetto di causa impellente al medesimo , o di conseguenza derivatane : ma sempre per un ' indole tutta specifica . Giovi mostrarlo con gli esempi . La ultronea dedizione in mano della giustizia , la spontanea confessione del proprio fallo , gli atti coi quali siasi dal colpevole cercato di riparare al male cagionato , la buona condotta antecedente scevra di macchia , la trascurata educazione del colpevole , che nella sua giovinezza fu lasciato miseramente privo di ogni cultura morale , sono circostanze attenuanti comuni a qualunque malefizio ; come possono essere circostanze speciali nel furto la urgenza di straordinari bisogni ; e nei delitti di sangue una eccezionale e quasi morbosa irritabilità di temperamento . Or bene : se la ragione consiglia che siffatte circostanze debbano accogliersi come attenuanti dov ' è il plausibile motivo pel quale alle medesime debba ogni riguardo negarsi in certi delitti perché essi sono più gravi ? Se sono più gravi la legge gli ha anche più gravemente puniti ; sicchè la pena diminuita subisce sempre quel rapporto di calcolo proporzionale che la legge stabilì per la pena non diminuita . E se sotto il pretesto della gravità del delitto non si valuta in un caso quell ' attenuante che si valutò in altro caso si pecca contro la giustizia distributiva , perché si porta alla identica pena i due autori di fatti consimili i quali presentavano tra loro la differenziale che l ' uno era un birbo matricolato , e l ' altro un galantuomo stimato fino a quel giorno , e riverito da tutti . È questa la considerazione che debbono avere i giurati sempre fissa nell ' animo loro : di non adeguar mai , per quanto da loro si può , i giudicabili che versano in condizioni disperate . Se il confronto si presentasse ai giurati in un solo tratto e congiuntamente , io sono certissimo che il senso morale li preserverebbe da tale aberrazione . Suppongasi che abbiano a giudicare due correi del medesimo delitto , e sia pure un delitto atrocissimo . Ma uno degli accusati è un vecchio scellerato , che ha pertinacemente negato , e dopo il fatto non ha dato segni di pentimento ; l ' altro invece era un onesto padre di famiglia ; mostrossi amaramente pentito ; confessò e riprovò ingenuamente il proprio trascorso ; e cercò per quanto poteva di ripararvi . Credete voi che i giurati chiamati in tal guisa a decidere prima sull ' attenuanza rispetto all ' uno , poi sull ' attenuanza rispetto all ' altro nel medesimo verdetto , non sentissero ribrezzo di dare una identica risposta negativa per ambedue circa le attenuanti ? Credete voi che non si presentasse agli occhi loro palpabile tutta la iniquità di parificare nella pena uno scellerato ed uno infelice vittima di momentanea aberrazione ? No : io sono certo che ogni uomo gentile ponendo la mano sulla propria coscienza deve rispondere , no : ciò non può essere , ciò non si farebbe da noi : si negherebbero le attenuanti al primo ; si ammetterebbero al secondo , e così il supremo debito della giustizia distributiva sarebbe soddisfatto . Ebbene : ciò che voi avreste repugnanza a fare in un unico verdetto , voi siete spinti a farlo in due verdetti successivi , quando vi si grida che nei delitti atroci non dovete ammettere circostanze attenuanti . Disingannatevi da tale errore . La legge giudica il fatto criminoso e non l ' uomo , chè non può giudicarlo perché non lo conosce . Voi giudicate il fatto indipendentemente dall ' uomo quando vi pronunziate sulle circostanze materiali che accompagnarono il delitto : voi dovete poscia giudicar l ' uomo indipendentemente dal fatto quando siete richiamati a decidere se l ' accusato sia o no meritevole d ' indulgenza . Ecco qual ' è lo spirito della legge che vi governa ; ecco ciò che la ragione vi detta . Né manca alla mia tesi il presidio dell ' autorità . Né tale autorità io voglio cercare nella storia dei verdetti stranieri , perché non voglio portare come autorità classica la pratica di quegli uomini i quali possono aver subito lo influsso d ' impulsi speciali quando procederono ad ammettere l ' attenuanza per Madama Lafarges che col sorriso sulle labbra , e fra gli amplessi di amore aveva continuato a porgere per lunghi mesi al fidente marito il micidiale veleno , e per tanti altri atrocissimi delinquenti di troppo famosa celebrità . Io tratto le questioni di fatto sotto un punto di vista giuridico in quanto la questione giuridica ( vogliasi o no ) può compenetrarsi con le medesime , e non posso proporre come autorità decisioni dettate dal sentimento . L ' autorità alla quale faccio appello è quella dei tre legislatori , di Spagna , di Austria , e di Portogallo , i quali fecero precetto che si dovesse sempre diminuire la pena quando concorreva alcuna delle attenuanti da loro definite e circoscritte : e non fecero limitazione nessuna per l ' atrocità del delitto . Quando segnarono la buona condotta antecedente dell ' accusato come circostanza possibilmente attenuante ogni e qualunque sorta di malefizio , quando riconobbero uguale virtù nella trascurata educazione e nella mancata cultura del giudicabile senza riguardo alla natura delle delinquenze , essi fecero solenne protesta contro la pretesa regola dell ' inammissibilità delle attenuanti nei delitti atroci . Il giurato non meno che il giudice il quale vuole distinguere dove non distingue la legge , la fa da legislatore ; lo che , specialmente ad effetto odioso , da lui non si può . Se i legislatori italiani non hanno proceduto con uguale circoscrizione hanno proceduto però ancor essi ugualmente senza distinguere ; e il difetto della distinzione arbitraria con cui si vogliano intrudere nella legge dei limiti che la medesima non dettò e tanto più intollerabile quanto più fu larga la libertà che la legge consegnò ai giudicanti . L ' autorità che io qui invoco è quella della Suprema Corte di giustizia in Vienna . Consesso rispettabilissimo per sapienza , e le cui decisioni si tengono come autorevolissime in tutta Lamagna . Potrei noverare moltissimi esempi di delitti atrocissimi nei quali senza esitazione quella Corte Suprema ammise le attenuanti . Ma troppo mi dilungherei . Mi limiterò ad indicarne uno perché in termini di speciale gravità , e che venne recentemente riprodotto nell ' Eco dei tribunali al N . 1632 . Una donna questuante vagava con due suoi figli frutto di illegittimi amori , l ' uno dei quali aveva dodici anni l ' altro ne aveva quattro . Il piccolo bambino piangeva per via a causa del fastidio che lo vessava . La donna irritata di quel piangere lo minacciò di piantargli un coltello nella gola se non taceva . Ma il miserello continuava nei gemiti suoi . La barbara madre giunta in vicinanza di un fosso ripieno di acqua ordinò al figlio maggiore che il fratello quadrienne togliesse seco , e lo annegasse in quel fosso . Il piglio puntualmente obbedì agli ordini della novella Medea , e ricongiuntosi con la madre continuarono entrambo tranquillamente il loro viaggio . Volle fortuna che gente sopravvenuta salvasse quel bambino ; onde non trattossi di altra accusa che quella di tentato omicidio . I tribunali inferiori condannarono quella donna a sei anni di carcere duro . Ricorse essa alla Suprema Corte di giustizia di Vienna , e questa con giudicato del 15 aprile 1857 dichiarò che concorrevano le due circostanze attenuanti della mancata cultura , e della antecedente condotta irreprensibile , e ridusse il carcere duro a quattro anni . Poiché ognuno sente nel cuore che un delitto più atroce e barbaro di questo non può forse immaginarsi , questo giudicato valga a mostrare ciò che documentare potrei con altri innumerevoli esempi , vale a dire che pei tribunali composti di giureconsulti l ' atrocità del crimine non si tiene come buona ragione per negare le circostanze attenuanti ; e che la nuova proposizione di diritto che nei delitti atroci non siano ammissibili le circostanze attenuanti altro non è che uno sleale artifizio oratorio col quale un accusatore anelante severità cerca d ' illudere la inesperienza della giuria . Finalmente io non ho bisogno di cercare altrove il conforto dell ' autorità alla mia tesi . Io la trovo eloquentissima nello stesso codice Toscano . Il legislatore toscano aborrì ( e sapiente com ' era non poteva non aborrirlo ) il sistema delle circostanze attenuanti . Ei non ammise per nessun delitto che le considerazioni estrinseche ed i riguardi alla persona del giudicabile potessero eliminare la pena ordinaria da lui stabilita contro ciascun reato . Ad onta di tanta avversione il legislatore toscano una sola volta , all ' art . 309 § . 2 , accettò il sistema delle attenuanti e per un solo caso . E qual caso era questo ? Precisamente l ' omicidio premeditato . Ora si venga a spacciare ai giurati come regola di assoluta giustizia che nei delitti atroci non sono ammissibili le attenuanti ! Pisa 1868 .
Saggistica ,
Nota dell ' autore Nel levare per l ' ultima volta la mano da questi Discorsi , mi fo lecito di avvertire , che , sebbene finiti soltanto oggi , furono da assai tempo incominciati e maturati , e scritti anche e pubblicati in parte . Qualche germe o idea ne gittai già nel discorso Di un migliore avviamento delle lettere italiane moderne al proprio loro fine , che servì d ' introduzione al Poliziano , specie di periodico letterario fiorentino nato e morto nel 1859 . Di non poche osservazioni e giudizii intorno al secolo decimoquinto , che sono nel discorso quarto , mi giovai per il saggio Delle poesie toscane di messer Angelo Poliziano , messo innanzi alla edizione delle Stanze , Orfeo e Rime di quel poeta curata da me e pubblicata da G . Barbèra , Firenze , 1863 . Un breve compendio di tutti cinque lessi all ' Ateneo italiano in un ' adunanza tenuta per le feste del centenario di Dante ; e fu pubblicato quasi per intiero dalla Rivista italiana di scienze lettere ed arti stampata allora in Firenze ( anno VI , n . 248 , 16 ottobre 1865 ) . Molta parte del discorso secondo uscì nel vol . XIII , fasc . IV , della Nuova Antologia ( aprile 1870 ) con questa intitolazione , Dello Svolgimento letterario in Italia nel sec . XIII ; e quasi tutto il terzo uscì , intitolato Firenze e il triumvirato letterario del sec . XIV , nel vol . XIX , fasc . I ( 1 gennaio 1872 ) dello stesso periodico . Ora io non dico già di rifiutare ( che sarebbe troppo superbo e troppo umil vocabolo ) coteste pubblicazioni oramai vecchie e fatte a pezzi e brani e con errori non imputabili a me , ma prego , ove fosse il caso , di esser letto e giudicato nella presente , sola compiuta . ( 30 maggio 1873 ) DISCORSO PRIMO Dei tre elementi formatori della letteratura italiana : l ' elemento ecclesiastico , il cavalleresco , il nazionale . I . V ' imaginate il levar del sole nel primo giorno dell ' anno mille ? Questo fatto di tutte le mattine ricordate che fu quasi miracolo , fu promessa di vita nuova , per le generazioni uscenti dal secolo decimo ? Il termine delle profezie etrusche segnato all ' esser di Roma ; la venuta del Signore a rapir seco i morti e i vivi nell ' aere , annunziata già imminente da Paolo ai primi cristiani ; i pochi secoli di vita che fin dal tempo di Lattanzio credevasi rimanere al mondo ; il presentimento del giudizio finale prossimo attinto da Gregorio Magno nelle disperate ruine degli anni suoi ; tutti insieme questi terrori , come nubi diverse che aggroppandosi fan temporale , confluirono su ' l finire del millennio cristiano in una sola e immane paura . - - Mille , e non più mille - - aveva , secondo la tradizione , detto Gesù : dopo mille anni , leggevasi nell ' Apocalipsi , Satana sarà disciolto . Di fatto nelle nefandezze del secolo decimo , in quello sfracellarsi della monarchia e della società dei conquistatori nelle infinite unità feudali , in quell ' abiettarsi ineffabile del ponteficato cristiano , in quelle scorrerie procellose di barbari nuovi ed orribili , non era egli lecito riconoscere i segni descritti dal veggente di Patmo ? E già voci correvano tra la gente di nascite mostruose , di grandi battaglie combattute nel cielo da guerrieri ignoti a cavalcione di draghi . Per ciò tutto niun secolo al mondo fu torpido , sciagurato , codardo , siccome il decimo . Che doveva importare della patria e della società umana ai morituri , aspettanti d ' ora in ora la presenza di Cristo giudicatore ? E poi , piuttosto che ricomperarsi una misera vita coll ' argento rifrugato tra le ceneri della patria messa in fiamme dagli Ungari , come avean fatto i duecento sopravvissuti di Pavia , non era meglio dormire tutti insieme sepolti sotto la ruina delle Alpi e degli Appennini ? Battezzarsi e prepararsi alla morte , era tutta la vita . Alcuni , a dir vero , moveansi : cercavano peregrini la valle di Josafat , per ivi aspettar più da presso il primo squillo della tromba suprema . Fu cotesto l ' ultimo grado della fievolezza e dell ' avvilimento a cui le idee degli ascetici e la violenza dei barbari avevano condotta l ' Italia romana . E che stupore di gioia e che grido salì al cielo dalle turbe raccolte in gruppi silenziosi intorno a ' manieri feudali , accosciate e singhiozzanti nelle chiese tenebrose e ne ' chiostri , sparse con pallidi volti e sommessi mormorii per le piazze e alla campagna , quando il sole , eterno fonte di luce e di vita , si levò trionfale la mattina dell ' anno mille ! Folgoravano ancora sotto i suoi raggi le nevi delle Alpi , ancora tremolavano commosse le onde del Tirreno e dell ' Adriatico , superbi correvano dalle rocce alpestri per le pingui pianure i fiumi patrii , si tingevan di rosa al raggio mattutino così i ruderi neri del Campidoglio e del Fòro come le cupole azzurre delle basiliche di Maria . Il sole ! Il sole ! V ' è dunque ancora una patria ? v ' è il mondo ? E l ' Italia distendeva le membra raggricciate dal gelo della notte , e toglieasi d ' intorno al capo il velo dell ' ascetismo per guardare all ' oriente . II . Di fatti sin nei primi anni del secolo undecimo sentesi come un brulicare di vita ancor timida e occulta , che poi scoppierà in lampi e tuoni di pensieri e di opere : di qui veramente incomincia la storia del popolo italiano . Gl ' imperatori sassoni , intendendo a frenare l ' anarchia ribelle dei grandi feudatari , ne avevano spezzato i possedimenti , e , confinando essi nelle contee della campagna , avevan trasmesso ai vescovi la signoria delle città . Vero è che la corruzione già grande della chiesa spirituale ne divenne maggiore ; ma ne crebbe anche , anzi ne rinacque , la virtù dell ' elemento romano ; poiché i vescovi , o per essersi il clero mescolato ai nazionali conquistati e per essere in parte nazionale esso stesso , o per tener fronte ai feudatari della campagna , si aiutarono del popolo e soffiarono nelle ceneri ancor calde del municipio . Cresciuta intanto la corruzione ecclesiastica , i primi imperatori salici vollero aver la funesta gloria di purificare e riformare la chiesa . Ora la chiesa purificata , vale a dire , risanata e rinsanguata , con quel suo romano organamento rafforzatosi nei secoli , era naturale che non volesse sopra di sé padroni . Non era ella successa nelle tradizioni unitarie all ' antico impero , avendo suoi prefetti i vescovi per tutto l ' occidente ? non era ella che avea creato l ' impero nuovo ? Quindi la ruina della casa salica e del dominio tedesco . Gregorio VII , toscano e di popolo , apparisce nella istoria come un muro ciclopico delle città etrusche presso cui era nato : nell ' urto contro di lui , le labarde tedesche volano in ischegge ; e come ai promontorii della sua nativa maremma l ' onda del Mediterraneo , schiuma impotente a ' suoi piedi la rabbia dell ' imperator salico . Noi né compiangeremo quell ' imperatore né oltraggeremo quel papa : lasciamo certi sfoghi all ' arcadia ghibellina di coloro che odian Pietro per amore di Cesare , e ammiriamo il popolo ; il popolo italiano che , in mezzo a quel fracasso di tutta Europa , fattosi avanti senza rumore , nelle città riprende ai vescovi diritti e regalie , nelle campagne batte i feudatari , e un bel giorno piantatosi in mezzo tra i due contendenti li squadra in aria di dire : Ci sono anch ' io . I due contendenti allora si porsero in fretta la mano , perocché intesero troppo bene che cosa quel terzo venuto volesse . E indi a pochi anni Arnaldo da Brescia lo gridò alto - - Né papa né imperatore . Risaliamo il Campidoglio , e ristoriam la repubblica - - . L ' Italia s ' era rilevata appoggiandosi d ' una mano alla croce di Cristo , ma ben presto aveva disteso l ' altra a ricercare tra le rovine di Roma i fasci consolari . Il moto politico necessariamente commosse gl ' ingegni e le facoltà artistiche , indirizzando queste nel campo della vita effettiva , quelli alla coltura specialmente civile . E già sull ' aprire del secolo decimoprimo il tedesco Vippone proponeva ad Arrigo II l ' esempio degl ' italiani , che tutti facevano ai figliuoli sin dai primi anni imparare , non che lettere , la propria legge ; e , su ' l fine del decimosecondo , Corrado abate urspergense gli ammirava « agguerriti , discreti , sobrii , parchi nelle spese non necessarie , e soli tra tutt ' i popoli che reggansi a leggi scritte » : stoffa repubblicana in somma d ' uomini pratici , dalla quale non v ' è speranza di tagliare trovatori e menestrelli e perdigiorni poetici . E le città , ferventi di popolo nuovo , s ' arricchivano d ' officine e si munivano di costruzioni da guerra contro gl ' imperatori ed i nobili del contado ; poi , vinti questi e costrettili a farsi cittadini , elle spingevano al cielo altrettante torri quante eran le case , arnesi di battaglia sociale , necessaria e feconda , tra due ordini della nazione ; poi , impetrando da Dio la confermazione della libertà che si andava conquistando , gl ' inalzavano tempii eguali nella grandezza all ' animo d ' un popolo che solo nel cielo poteva accettare un re . Su ' l finire del secolo decimosecondo fu anche in Italia un gran fabbricare di basiliche e domi : era un festeggiare il risorgimento , un attestar la fidanza ; « era , scrive con grottesca evidenza un cronista alemanno , come se il mondo , scossa da sé la vecchiezza , si rivestisse per tutto d ' una candida veste di chiese » . Né gli scrittori mancarono ; latini , s ' intende : incomincia allora ne ' due primi campi d ' azione della penisola , il settentrione e il mezzogiorno , la storia secolare , comunale o monarchica ; e compariscono alfine gli storici cittadini . E rilevanti sono le attinenze tra gli scrittori latini di questi due secoli e gli scrittori volgari dei susseguenti , e notevolissima ed evidente l ' aria di famiglia . I cronisti democratici milanesi arieggiano assai i guelfi Villani , come il monarchista siciliano Falcando può in qualche parte esser paragonato al cittadino di parte bianca Compagni . Certamente Gherardo da Cremona , che per amore della scienza si esiglia e muore tra gli arabi di Spagna , è anticipata imagine degli eruditi del secolo decimoquinto . E gli Accursi e Cino da Pistola e Bartolo non fanno che seguitare a svolgere l ' opera d ' Irnerio ; e Tommaso d ' Aquino riassume e compie Anselmo d ' Aosta e Pietro Lombardo , i due institutori della scolastica nel secolo decimoprimo e decimosecondo , della scolastica che empie della sua prevalenza o della resistenza tutti i tre secoli della letteratura originale . In somma , uno è il fondo ; la diversità è della lingua . Ma con tutto questo non prima del trecento poté l ' Italia comparir degnamente nel campo dell ' arte . Chi ripensi la storia politica nostra dei secoli duodecimo e decimoterzo e riguardi poi alla letteratura di essi secoli , quegli anche crederà di leggero che a tanta mole di fatti non si agguagliasse di certo la gloria degli scritti . E già la lingua nuova più tardi che altrove fu qui levata all ' uso letterario : poi la nostra prosa e poesia per tutto quasi il duecento fu in gran parte eco di letterature straniere . Come ? La Spagna ha già tessuto la leggenda del Cid campeggiatore , la Francia settentrionale ripete da molti anni le sue canzoni di gesta e svolge quasi a trastullo i lunghi cicli delle sue cento epopee , esulta in mille forme la lirica su la mandola del trovatore di Provenza e sul liuto del minnesinghero nei castelli della verde Soavia e della Turingia , la Germania ha già fermato in un ' ultima composizione il suo poema nazionale ; e l ' Italia non fa che ricantare o rinarrare balbettando quel che fu già cantato in lingua d ' oc e in lingua d ' oil ? Si , ma intanto ella ha constituito a repubblica i suoi comuni ; ella ha fiaccato l ' impero e fa già paura al papato . Non vale tutto ciò una epopea a stanze monoritme ? Ella ha ristaurato il diritto romano , ed instaura i codici di commercio nell ' Europa feudale ; ella pe ' l commercio dominatrice d ' Europa cuopre di legni il Mediterraneo , dispensiera delle ricchezze d ' oriente spinge le sue peregrinazioni fino alla Cina ed al Malabar : ciò le scusa il difetto di canzoni originali . L ' italiano non è popolo nuovo : altrove dalla mistura dei galloromani e degl ' iberi coi burgundi coi vandali coi franchi coi goti escono i provenzali i francesi i catalani i castigliani : qui permane l ' Italia , qui l ' Italia delle confederazioni umbre latine sannitiche liguri etrusche , l ' Italia della guerra sociale , risorge dalle ruine di Roma . L ' Italia ha dunque un principio di civiltà proprio ed antico ; e , quando sarà tempo che questo sormonti agli altri principii i quali dettero una prima e nuova civiltà al resto d ' Europa , allora anche l ' Italia avrà una letteratura . Come due astri , riprendendo la solenne metafora , guidavano la società umana per la età di mezzo , il papa cioè e l ' imperatore ; così due erano i principii più generali di quella civiltà letteraria comune a tutta l ' Europa , l ' ecclesiastico e il cavalleresco . L ' Italia ebbe di proprio i comuni e l ' elemento romano e popolare . III . Discorrere del principio ecclesiastico , e pur della parte che egli ebbe nel soggetto dell ' arte e della letteratura , è cosa difficile e non senza odio ; né io vorrei disconoscere quel bene che la morale evangelica penetrata nelle instituzioni e nei costumi possa avere operato . Se non che , la morale evangelica quando mai regnò ella , sola e pura , su la società del medio evo ? e l ' età dell ' oro del cristianesimo non la vediamo noi , a mano a mano che risalgasi la storia , allontanarsi più sempre e dileguarsi nel buio delle catacombe ? e la comunione di Gesù dove fu ella , dopo la morte degli apostoli ? La idea religiosa dunque , la chiamerò così però che nei tempi di mezzo religione e cristianesimo fu tutt ' uno , la idea religiosa , chi la riguardi nel movimento letterario , si porge molto complessa ; ma più specialmente si manifesta per due guise d ' azione e con due forme : ascetica ed ecclesiastica . Nella sua parte ascetica , il cristianesimo rimane orientale , e ritiene la immobilità , e impone l ' annegamento del finito nell ' infinito e dell ' uomo in Dio : nella parte ecclesiastica , si fa romano , ed appropriandosi quale retaggio le tendenze universali e le tradizioni eclettiche dell ' impero trasforma a sua foggia il paganesimo sensuale delle genti latine e il paganesimo naturale delle germaniche per servirsi dell ' uno contro l ' altro e vicendevolmente modificarli . Tra spirito e materia , tra anima e corpo , tra cielo e terra non v ' è mezzo : lo spirito l ' anima il cielo è Gesù ; la materia il corpo la terra , Satana . La natura il mondo la società è Satana ; il vuoto il deserto la solitudine , Gesù . Felicità , dignità , libertà , è Satana ; servitù , mortificazione , dolore , Gesù . E questo Gesù è soave tanto da scendere co ' l perdono e con l ' amore fin tra i dannati ; ma a patto che prima sia l ' inferno nell ' universo . Questa l ' idea della perfezione cristiana , la cui più alta astrazione non manifestasi già nei martiri e nei controversisti , nei quali il fervor della lotta manteneva ancora l ' agitazione del sangue ; ma il suo fior più puro , le cui acute fragranze inebrian di morte , è l ' asceticismo monastico . La stoltezza della croce , l ' obbrobrio del mondo , la sete del dissolvimento , la rinnegazione della vita , questo è la legge e la filosofia : i Santi Padri del deserto sono la storia eroica plutarchiana . Nei funerali pagani le fiamme de ' roghi accompagnavano splendidamente l ' ultimo addio dell ' anima al corpo , e le belle urne cinerarie o negli atrii delle case e nelle vie popolose rammemoravano le virtù civili degli estinti o commovevano pietosamente gli affetti dei vivi : i miasmi della putrefazione nel santuario cristiano ammoniscono di continuo l ' uomo della viltà sua , e gl ' ispirano a un tempo il disgusto dell ' essere e l ' orrore del nonessere . Tutto rappresenta la morte ; e il dio crocefisso e gli ossami e gli scheletri esposti alla venerazione su gli altari han preso il luogo di Apollo e Diana , che lanciavansi , giovenili forme divine , dal marmo pario negli spazi della vita . E pure , no ' l negherò già io , quelle idee e quelle rappresentazioni furono storicamente necessarie ad abbattere pur una volta la sozza materialità dell ' impero e ad atterrire i Trimalcioni dell ' aristocrazia romana , tiranni godenti del mondo ; furono necessarie a contenere la materialità selvaggia de ' barbari , a infrenare la forza cieca e orgogliosa dei discendenti di Attila di Genserico di Clodoveo : con tanta carne e tanto sangue un po ' d ' astinenza ci voleva . E Gesù consolò molte anime d ' oppressi , asciugò molte lacrime di schiavi : nella servitù generale la chiesa del figliuol del legnaiuolo era pur sempre il ricovero della libertà e dell ' eguaglianza . Ma con idee e con rappresentazioni sì fatte non vi può essere arte umana ; anzi non vi può essere arte del tutto : non è ella in vero anche l ' arte vanità terrena , distrazione dell ' anima , peccato ? L ' anima cristiana può bene dinanzi a ' suoi fantasmi prorompere in un grido di terrore , di pietà , di adorazione ; può co ' suoi fantasmi profondarsi in sé stessa e sublimarsi negli spazi dell ' infinito ; può col pensiero sfrenato dalla solitudine nel vuoto rigirarsi sopra sé quasi con tanti molinelli fino alla vertigine : ecco il cantico , la visione , la meditazione ; ecco la Dies irae di Tommaso da Celano , lo Stabat mater di Jacopo da Todi , il Pange lingua di Tommaso d ' Aquino , le tre più grandi odi cristiane ; ecco la Imitazione di Cristo , il più sublime libro religioso del medio evo e un de ' più dannosi libri del mondo ; ecco le mille visioni stupende e stupide . Ma tutto questo è arte ? No . Tanto è vero , che , se i critici e i retori del rinascimento han disdegnato coteste scritture come monumenti letterari , i dogmatici e i fedeli si scandalizzano quando i critici e gli estetici odierni le discutono e le trattano come monumenti letterari . Tra l ' aspirazione cristiana e l ' arte v ' è odio . Tuttavia quelle idee e quelle rappresentazioni , né pur questo io negherò , non furono senza utili effetti su l ' arte moderna . Sembra , per esempio , che quel senso profondo della così detta letteratura interiore , da Dante e dal Petrarca al Rousseau e allo Chateaubriand e a ' più recenti , siasi per grandissima parte educato nel raccoglimento cui il cristianesimo avvezzò le anime , nell ' analisi della lotta de ' due Adami entro l ' uomo , tanto paventata ed esecrata , ma pur riconosciuta e studiata dagli osservatori cristiani . Non che il sentimento del mondo interno mancasse agli antichi ; ma per essi avea sempre del naturale , del materiato , carne e colore . La poesia intima cristiana invece sente l ' estenuamento e ha dell ' infermo : ricorda il febbricitante che si tócca il polso e guardasi l ' unghie , e l ' etico che si mira allo specchio e si palpa le braccia smunte e si tenta il petto . Sarà la malattia della conchiglia che produce la perla , ma è malattia . Questo , l ' ascetismo puro : veniamo ora al principio ecclesiastico misto . Perocché durar sempre così non potevasi : e la chiesa fattasi , dopo la distruzione dell ' antico impero , romana ella , pur serbando fede teoricamente al suo ideale , riconobbe quel non so che di pagano , che , a confessione di Agostino , è pur sempre insito nell ' uomo ; e seppe giovarsene . Così , passati i primi furori , santificò il colosseo piantandovi la croce ; raccolse nel panteon le ossa dei martiri ; dedicò a Maria i tempii di Vesta ; dei numi agresti e dei semòni delle campagne italiche , che si ostinavano a rimanere in vita , fe ' santi ; di quelli delle selve germaniche , demoni e mostri ; e così contentando l ' un popolo e l ' altro preparò materia al lavoro fantastico . Ancora : anatemizzò i mimi su le piazze , ma gli ribenedisse nei vestiboli delle chiese e gli accolse a mezzo la celebrazione della messa ; proscrisse i poeti gentili , ma vestì delle loro spoglie i suoi santi . Quasi allo stesso modo si comportò con la scienza . Distruggere tutta la civiltà passata non era né possibile né utile : onde cominciò dal cercare un accordo tra la filosofia pagana e i suoi dogmi , traviando in principio nelle scuole alessandrine : sopravvenute poi l ' età grosse della barbarie , come avea imposto il nome di Maria al tempio e al culto di Vesta , così indossò alla scienza la tonaca della teologia : indi all ' ombra dei chiostri , con lento processo , nel quale alla larghezza dei primi filosofi preferì l ' angusto metodo dei compilatori del decadimento e dei commentatori , ella pervenne a cristallizzare il sistema aristotelico nella scolastica . Quanto alle forme , avversata in principio la chiesa dall ' aristocrazia politica e letteraria di Roma e ogni forza riconoscendo dalla plebe , il suo processo , anche in letteratura , cominciò popolare . Dello scadere la lingua e letteratura romana non fu la chiesa cagione primissima , ma certo vi conferì potentemente aiutando co ' suoi scrittori lo scompaginarsi della sintesi grammaticale e della metrica , nobilitando nelle predicazioni e ne ' libri il sermone rustico e la locuzione volgare e il ritmo negl ' inni . Per tanto ella fu da prima instrumento efficacissimo alla formazione delle lingue e letterature nuove , alle quali partecipò dell ' ispirazione e dell ' afflato orientale : ma , come ogni forza , giunta che sia a condizione di potenza , diviene di natura sua conservatrice , così la chiesa , dinanzi ai barbari e anche dinanzi al prorompere d ' un ' altra forza , la popolare , nella manifestazione delle lingue nuove , si atteggiò a conservatrice , e gelosa , della lingua latina : con che , tenendo ella dello stile viziato dei tempi del decadimento romano , fu cagione principalissima di quel fare concettoso , artifizioso , scolastico , di quella servilità precoce , che regna nell ' opera letteraria del medio evo . Del resto , conservando la lingua latina e spingendola anche oltre il termine delle antiche colonie romane , facendone per questa guisa il veicolo onde tutte le tradizioni e le cognizioni dell ' Europa s ' incontrarono e mescolarono tra loro , la chiesa compieva un alto officio : succedendo nell ' opera dell ' unificazione civile all ' antico impero , ella manteneva a suo modo la romanità dell ' occidente ; romanità , glorioso vocabolo , trovato da uno de ' suoi , da Tertulliano . Ma ciò tutto in fondo è poco artistico , bisogna pur confessarlo . O sia che il tipo letterario ecclesiastico è troppo complesso e resulta d ' elementi troppo eterogenei , o sia che esso il cristianesimo puro è troppo fuor della natura , cotesta religione non ha inspirato che la lirica e la meditazione : un ' epopea evangelica , un dramma cristiano , per intiero , non è mai riuscito . Ma parzialmente il principio religioso penetrò tutte quasi le forme artistiche : ma nel medio evo la chiesa cristiana , conservatrice unica d ' una gran lingua , d ' una letteratura e d ' una scienza , si mescolò a tutto ; a tutto attaccò quella febbre , quel mal essere , quella nervosa tensione di idee ascetiche e incivili ed egoistiche , che han fatto del mondo , del sano e luminoso mondo dei Greci , un ospitale , dalla cui mefite non riesce né pure oggi a noi di trarci fuora , o ce ne leviamo indolenziti . O come avrebber potuto trarsene gli uomini del medio evo ? Perocché dove non è la chiesa nel medio evo ? Ella restituisce l ' impero , o lo combatte ; ella benedice la cavalleria , o la scomunica ; ella favoreggia i comuni , o gl ' invade ; ella canonizza i dotti , o gli brucia . Tanto meno poteva a questo predominio sottrarsi la letteratura in Italia ; ove la chiesa aveva accettato e nobilitato la sensualità pagana ; ove , mescolando i suoi spiriti invasori e ambiziosi negli odii nazionali contro lo straniero ed i nobili , erasi insinuata in tutte quasi le nuove instituzioni ; ove asseriva a sé il vanto della conservata civiltà antica . IV . Di faccia alla chiesa sorge la barbarie , o , diciam meglio , la società di conquista , rappresentata nella civiltà e nella letteratura cavalleresca . Ma dell ' elemento cavalleresco , per quanto diversamente si modificasse nelle sue molteplici congiunzioni al genio paesano , non dubitiamo asserire che fu straniero fra noi e importato . È esso l ' espressione artistica di quella generazione che le conquiste longobarde franche sassoni alemanne lasciarono su ' l nostro suolo , di quella generazione che , per le origini sue germaniche tenendo all ' individualismo , si ordinò nella feudalità , fiorì vigorosa da Carlomagno al Barbarossa , e prima ribellante si legò poi per la maggior parte agl ' imperatori nelle guerre d ' investitura e contro i comuni , sin che vinta da questi si assembrò entro un cerchio di mura coi vincitori , durando tuttavia la primitiva e necessaria discordia nelle parti e nei nomi di ghibellini o di grandi , di guelfi o di popolo . Ella ebbe le ispirazioni e le forme dell ' arte fuori d ' Italia : di qual maniera , vediamo . Fermatisi gl ' invasori con obblighi da prima reciproci su le terre conquistate , da poi col mutar delle signorie e col mancar d ' una supremazia legislativa certa raggiunsero quella indipendenza individuale , che è un istinto speciale delle razze germaniche . Ne vennero quelle forze personali dominanti la scomposta società del medio evo , rappresentate nei tipi dell ' epopea romanzesca ; la quale , vero mito della società feudale , ha tanti protagonisti quanti attori , tanti episodi quanti i fatti dei singoli eroi . Allora accadde che la società barbarica si scompose in mille piccole unità ; e un sol diritto parea presso ad emergere dall ' anarchia europea , quel della forza . La chiesa accorse al riparo tentando di collegare e disciplinare sotto un vincolo religioso tanta baldanza di personalità vigorose . A tutelare la società dalla forza brutale con la forza disciplinata ne risultò la cavalleria : della quale non può negarsi essere stati ecclesiastici i cominciamenti , chi pensi alle forme religiose che ne consacravano i diversi gradi e al mito del sangraal , che altro non è se non simbolo dell ' eucaristia . Cotesti uomini , o raccolti nella vita dei castelli solitari o agitati nei contrasti di quella cupa lor società , nutriron forti gli affetti , il culto delle tradizioni della famiglia e dell ' ordine loro , il sentimento dell ' onore , l ' amore dagl ' instituti germanici e dalle dottrine cristiane fatto più severo e ideale . Ma i sentimenti , per forti che siano , hanno , a tradursi nell ' arte , bisogno d ' un attrito col mondo esteriore ; e i baroni , sol quando riuniti su ' l campo delle crociate , trovarono al principio cavalleresco la forma estetica . Allora le tradizioni delle varie genti si fermarono in un ' epopea nuova ; e la chiesa , che prima le aveva riprovate e tentato distruggerle nella forma dei canti nazionali , le consacrò col suggello della religione ; e religione , amore , onore , individuità , avventure informarono quelle mille epopee che non hanno né oggetto né termine . Il sentimento delle nuove razze del medio evo , così intenso per lo innanzi nella solitudine , evaporò a poco a poco in una folla di parvenze bizzarre , che si accavallavano le une alle altre tumultuando e sfumavano a un tratto . Termini di tempi , di luoghi , di genti scomparvero ; e una metafora originava gli eroi e le geste . Ora tutto ciò non potea convenire con gli spiriti romanamente pratici e sociali del popolo italiano : di più l ' ordine feudale da cui moveva e a cui ritornava la poesia cavalleresca , rimanendo tra noi senza un centro monarchico nazionale , fu ben presto sopraffatto dall ' elemento indigeno e cittadino con cui per gran parte si fuse : il perché non ebbe mai l ' Italia né cavalleria vera né vera poesia cavalleresca , della quale attinse le materie e le forme al di fuori , per trasmutarle e rimaneggiarle . V . Il principio ecclesiastico dunque era comune a tutta la cristianità , comune a tutta la feudalità europea il principio cavalleresco ; né abbiamo ancora trovato un che di speciale all ' Italia . In fatti , fino a un certo punto dei nostri annali , del solo elemento straniero e della razza dominatrice è l ' istoria ; e che osi affrontarla con ardimento che talvolta veste sembianze di opposizione nazionale e democratica non v ' è che il chiericato . Ma intanto , all ' ombra della chiesa , un terzo elemento dalle gilde commerciali e dalle maestranze delle arti avanzava a poco a poco alla massa alla credenza al comune , e nelle contese tra pontefici e imperatori sorse , terzo e più vero potere , fin allora sconosciuto ed oppresso ; ma con lui e per lui stava il diritto e la forza e l ' avvenire ; e chiamavasi , con nome nella storia d ' Italia eternamente memorando , il popolo . Quel popolo , che altrove rimaso terzo stato aiutò i monarchi a snervare ed abbattere il clero e la nobiltà , qui all ' ardita opera procede primo e solo . E , come egli era in effetto il risvegliato elemento romano , così l ' opera sua di civiltà è essenzialmente pratica , e il movimento ideale è di restaurazione e continuazione delle tradizioni antiche . Né queste son fantasie indettate da un postumo classicismo . Interrogate le vecchie cronache delle nostre città ; e udite come tutte amino fidare le loro origini alla protezione del gran nome di Roma , quali germogli novelli sotto la materna ombra dell ' albero antico . Udite , nella canzone delle scólte modenesi che guardano la città dagli Unni , la ricordanza del vegliare di Ettore sopra Troia : udite il favoleggiare delle donne fiorentine su Fiesole e Roma , e i nomi di Catilina e di Cesare innestati alle origini della città guelfa : udite il rapsodo latino della vittoria pisana su i saracini affermare ch ' ei rinnova la memoria degli antichi romani e della guerra cartaginese . Vedete Firenze serbare con gelosa cura il tronco del suo Marte , opporsi Milano che non si abbatta il suo Ercole , Padova mostrar la tomba di Antenore , Mantova stampar nel conio delle monete l ' imagine di Virgilio e cantarne il nome nei sacri ufficii , i pescatori di Messina rinnovare a ogni anno la processione di Saturno e di Rea . Volevasi dimenticare la barbarie impiantatasi su le rovine italiche : in certi giorni , a certe rimembranze , torcevasi quasi la faccia dalla croce di Cristo per salutare ancora una volta gl ' iddii dell ' Italia vittoriosa : il paganesimo perdurava . Della qual devozione alle tradizioni antiche , come , per ciò che spetta a reggimento , fu insigne testimone nel secolo duodecimo Arnaldo , così fu nelle lettere il grammatico Vilgardo , che teneva scuola a Ravenna , nel secolo undecimo . Il quale di tanto amore s ' era preso pei solenni scrittori dell ' antichità , che insegnava doversi a tutti i loro dettati ed in tutto prestare credenza , ed altre cose molte contrarie alla fede ; e credea vedere nella notte le ombre gloriose di Virgilio di Orazio e di Giovenale , che , ringraziatolo del culto onde in secolo infelice ei proseguiva le sacre e diredate lettere , gli promettevano di metterlo a parte della lor gloria . Delirii innocenti dell ' infelice grammatico , se il chiericato desto sempre contro le lettere profane , che gli erano sospette quando non coltivate da lui , non avesse sentenziato le ombre degli antichi poeti esser demonii , lui eretico e condannabile , perocché troppi , aggiungea notabilmente la sentenza , erano in Italia gl ' ingegni macchiati dalla stessa labe . Se non che , questa forza vitale che fermentò lunghi secoli occulta ne ' residui dell ' antica Italia , che fu come il glutine della nuova Italia , che per ciò può dirittamente considerarsi come l ' elemento nazionale , non è del resto un proprio e puro elemento . Ma è anzi una forza complessa , che si spiega per due maniere di azione in effetti , se non opposti , diversi . Per una parte , in quanto ella mira alla ristorazione alla conservazione alla unità nelle forme delle instituzioni e dell ' arte , in quanto ella torna a un ideale di nazione di letteratura di stile , il suo elemento è romano , e l ' azione sua è dotta e aulica : per un ' altra parte , in quanto ella tende al rinnovamento e alla varietà , e si produce nelle mille forme dialettali rapsodiche tradizionali della regione e del comune , il suo elemento è l ' italico della guerra sociale , e l ' azione sua è popolare o plebea . VI . Ora la storia di queste tre varie o forze o elementi , l ' ecclesiastico , il cavalleresco , il nazionale , e dell ' accordo e della discordia tra il misto elemento ecclesiastico e l ' elemento nazionale complesso i quali a diversi fini incontraronsi in un ' azione medesima , e dell ' opera loro di modificazione su l ' elemento cavalleresco il quale in Italia fu soltanto e sempre soggetto e materia , e dell ' ultimo e final dissidio , dopo un momento di armonia , tra que ’ due primi elementi , e della scissione dell ' elemento nazionale vittorioso ne ' suoi due principii , il romano e l ' italico , il dotto e il popolare , e dell ' ultima armonia di essi due principii signoreggianti oramai nell ' ideal della forma tutta la materia soggetta del medio evo ; questa storia , dico , è la storia della letteratura italiana . Da Arnaldo al Savonarola , da Francesco d ' Assisi a Filippo Neri , da ' due Landolfi e da Falcando al Machiavelli e al Guicciardini , dalla traduzione della Tavola rotonda e dal Febusso e Breusso all ' Ariosto , da Dante o meglio da Giacomino di Verona al Tasso , dal Novellino al Bandello e al Giraldi , da Folgore di San Gemignano al Berni , da Albertano al Castiglione , da Lorenzo veronese e da Arrigo settimellese al Fracastoro al Vida al Flaminio , da Nicolò pisano e da Cimabue a Michelangelo e a Tiziano , è perennità , è continuità , è processo e progresso di svolgimento e di moto . DISCORSO SECONDO Dei quattro periodi di contrasto e di formazione : periodo latino , lombardo , siculo , bolognese . Quando , come , tra quali circostanze e su quali soggetti cominci l ' opera della letteratura nazionale . I . Quando contro la potenza di Federico II , che dal mezzogiorno riallargavasi ingrossando verso il settentrione solo a tempo abbandonato dal padre suo , si stringeva la seconda lega delle città lombarde , Tirteo della libera gesta fu Pier della Caravana , piemontese . Egli cantava : « Ecco il nostro imperadore che raccoglie gran gente . Lombardi , guardatevi bene , che non siate ridotti peggio che schiavi comprati , se non durate fermi .... Sovvengavi dei valenti baroni di Puglia , i quali nelle loro case non hanno oramai che dolore : guardate non avvenga altrettanto di voi . Non vogliate amare la gente di Lamagna , non vi piaccia usare la sua compagnia : lungi , lungi da voi questi cani arrabbiati . Dio salvi Lombardia , Bologna e Milano e loro consorti , e Brescia e ' l mantovano , e i buoni marchigiani , sì che niuno di loro sia servo » . Così il nobile Piemonte dava all ' Italia il primo poeta di libertà . Ma egli poetava in provenzale : oh perché non suonò nella lingua della patria la fierezza di quei sensi , l ' ardenza di quei versi , e il martellar feroce del ritornello finale , Lombart , beus gardaz , Qe ja non siaz Pejer qe compraz , Si ferm non estaz ! E già prima , circa il 1195 , quando Lombardia erasi anche levata contro Arrigo VI , all ' espressione dell ' odio popolare contro il tedesco avea dato violenti forme in provenzale Pier Vidal . All ' incontro , la vittoria parmense del 1248 che dette il colpo mortale a Federico II , quando il plebeo Gambacorta predò la corona imperiale mostruosa di ricchezza e di peso , fu cantata in latino : in latino l ' epinicio guelfo annunziava alle città confederate di Milano , di Bologna , di Venezia , d ' Ancona , che « il Signore levossi a tutela della nostra libertà e già apparve alla città sua di Parma » . Ora questo fatto delle battaglie nazionali d ' un popolo nuovo cantate in lingua straniera o antica a troppi altri consimili fatti succede , sì che non se ne vogliano sottilmente ricercare e discorrere le ragioni . Con che ci verrà fatto di rinvenire il perché s ' indugiasse di tanto il volgare italiano a manifestarsi nell ' opera letteraria , e di segnare i termini de ' periodi che a quella manifestazione furono innanzi e le ragioni varie dei fenomeni che vi si svolser per entro . II . Della vitalità tra noi del latino dobbiamo certo in gran parte riferir la cagione al principio religioso , il quale rappresentando allora una specie di gerarchica civiltà avea consacrato l ' idioma dell ' antico impero come lingua cattolica sì della chiesa sì della scienza d ' occidente . E ciò poté più efficacemente volere e più largamente conseguire in Italia , dove la chiesa era in questo suo intendimento aiutata dallo stesso principio popolare . Il quale e nella scuola conservava la tradizione classica , e con le leggi e con le forme del reggimento mirava tuttavia a Roma ; la cui grande imagine stié sempre dinanzi agli occhi degl ' italiani , gli confortò schiavi , gli inanimò ribelli , liberi gl ' illustrò della sua gloria radiante di tra le ruine , come la fiammella della lampade mortuaria la quale raccontasi si serbasse viva a traverso i secoli nella tomba della fanciulla romana figliuola del grande oratore . Anche per gli altri popoli d ' occidente era il latino la lingua officiale della chiesa e della scuola , dell ' impero e delle leggi : ma fuor di chiesa e del chiostro , al di qua dei cancelli della corte di giustizia , essi sbrigliavano il volo delle fantasie e l ' impeto degli affetti nei volgari nuovi . Per gl ' italiani il latino era la lingua dei padri loro , con la quale avevano imperato al mondo ; la intendevano e la parlavano più comunemente ; la reputavano sola degna a cui commettere i pensamenti dei savi , le gesta delle città , il lavorìo dell ' arte ; speravano per avventura di restituirle l ' antico uso di dignità . Per ciò , mentre gli altri popoli cominciarono ben presto a intessere il racconto epico o a svolgere il sentimento lirico nei nuovi idiomi , i nostri l ' una cosa e l ' altra fecero latinamente . Ebbero anch ' essi le loro leggende su le barbariche signorie , su le dinastie che li opprimevano ; ma gli avanzi informi d ' una leggenda italica primitiva di Valtario d ' Aquitania e di Carlo Magno e Adelchi giacciono trasfigurati nella cronaca del monastero della Novalesa . Tentarono di raccogliere le fila dei miti antichi ondeggianti ancora per l ' aere di primavera nei crepuscoli tinti in rosa dagli ultimi raggi del sole su le vette favolose dei colli etruschi e latini ; ma dei canti misteriosi , che le ninfe o le fate lasciavan sentire dagli spechi di Fiesole di Chiusi di Volterra , un ' eco a pena è ripercossa nel Ninfale fiesolano e nell ' Ameto del Boccaccio e nel Novelliere di Domenico da Prato . Di quel che le donne fiorentine nelle veglie severe favoleggiavano « de ' troiani , di Fiesole e di Roma » , una traccia rimane , leggera e interrotta , nelle croniche del Malespini e del Villani ; si leggono nelle croniche del Cobelli le vicende dei discendenti da ' fondatori romani di Forlì mescolate alle gesta dei signori nuovi goti e longobardi : ma il Malespini attesta di aver còlto il leggiadro racconto da certe antiche scritture ch ' ei vide in casa d ' un gentiluomo vecchio romano , e il Cobelli da altri libri pur latini d ' un cronicatore antico di Ravenna ; Roma e Ravenna , le due città classiche ed imperiali . E da croniche latine antiche delle due città romane d ' Aquileia e Concordia provenne il poema di Attila e de ' suoi italici antagonisti Giano e Foresto , romanzato poi nel secolo decimoquarto in versi francesi dal bolognese Nicolò Càsola e nel secolo decimoquinto in prosa popolare veneziana e nel decimosesto in elegante prosa italiana da Gian Maria Barbieri e da altri in ottave : documento non unico di tutte le trasformazioni per cui passò la materia primitiva della nazional letteratura nei primi quattro secoli originali . Cotesti libri latini del resto , che certamente esisterono e che potevano dimostrarci l ' azione prossima esercitata dalle tradizioni della patria antichità su le fantasie degl ' italiani del medio evo e darne a divedere l ' opera loro di rifusione dell ' ideale antico col nuovo soprannaturale e con la storia di tutti i giorni ; cotesti libri , dico , dopo il fiorir vigoroso della letteratura nazionale e il rifiorire del classicismo , andarono spregiati e perduti . A ogni modo ; e i vestigi sparsi che avanzano di così fatte leggende paesane nelle croniche latine e volgari fino al secolo decimoquinto ; e i lineamenti che un po ' svaniti o ver caricati pur emergono di quei miti nelle imitazioni letterarie , nelle rapsodie e nelle fiorite dello stesso tempo ; e i pochi canti lirici latini che sopravvivono interi , ultimo de ' quali l ' epinicio parmense pur ora ricordato ; tutto ciò dà fede d ' un periodo fossile , per così dire , e preistorico della letteratura nazionale : periodo che da ' Carolingi , se non da innanzi , estendesi a mezzo il secolo decimoterzo , e nel quale il principio popolare ebbe in lingua latina una letteratura sua , ma che pur sentì l ' influsso degli altri due principii , l ' ecclesiastico e il cavalleresco . E cotesta letteratura fu certamente il substrato della posteriore in lingua volgare . Così nulla va perduto nel mondo : non l ' orma de ' misteriosi augelli primitivi su l ' arena di tanti secoli che s ' è fatta pietra , e né pure , quel ch ' è più mirabile , lo sfiorar dell ' ala della fantasia umana su le brume del passato sfumanti in vetta alla montagna dei secoli . Ma l ' uomo non bada . III . Se non che , quando il settentrione della penisola diventò primo campo alle battaglie del risvegliato elemento romano , o perché il movimento letterario della nuova lingua non si accompagnò alla vitale contesa dei comuni lombardi coll ' impero e alla vittoria che la coronò ? Perché non si manifestò egli da prima nella valle del Po e dell ' Adige , tutta ancora fremente dell ' ardore della riscossa ? perché , in quella vece , i monumenti letterari di cotesta gloriosa regione in cotesta età gloriosissima sono eglino , tutti da prima , e quasi tutti anche di poi , in lingua provenzale ? Probabilmente anche tra noi il primo impulso a una poesia artifiziosa in lingua nuova mosse dal principio cavalleresco , che aggiunse il sommo dell ' esser suo prima che fosse maturo il nazionale . Ora il principio cavalleresco si manifestò colle imitazioni delle corti di Provenza e colla importazione della poesia provenzale in Lombardia , o più largamente nella Italia superiore , da mezzo l ' imperare del Barbarossa a tutto il regno di Federico II . Perocché i trovadori provenzali , gente di corte attratta dal barbaglio dell ' acciaio e dell ' oro , cominciarono a passare in Italia all ' occasione delle varie calate del Barbarossa , e , seguitando il campo o la corte di lui e alle varie corti feudali accogliendosi che allora in Italia fiorivano , vi portarono colle più belle costumanze e co ' più fini riti di cavalleria tutto il corpo della poesia loro , la lirica meglio loro propria e i romanzi che per lo più imitarono dalla Francia settentrionale . A questa prima immigrazione una più stabile ne seguitò nei primi trent ' anni del secolo decimoterzo , massimamente quando la spada di Simone di Montfort ebbe reciso nel proprio terreno quel lieto e gentil fiore della coltura occitanica . Allora i trovadori , e altri che della gaia scienza si facevano un mestiero per vivere , ripararono in Italia , quando a punto la potenza ghibellina e con essa il principio cavalleresco pareva raffermarsi tra noi mediante il naturalizzarsi dell ' impero con Federico II . A questo tempo la imitazione delle cortesie e delle fantasie cavalleresche risplende nelle feste , nelle costumanze , nei nomi ; e non fu solamente dei signori e feudatarii , ma e dei cittadini de ' nuovi comuni che pure in ciò vollero venire in gara con quelli . Ne seguì la coltura anche tra noi della gaia scienza , la quale aveva raggiunto la perfezione artistica nella poesia provenzale . Ma questa poesia era tale un sistema artificioso d ' idee complicate e riflesse , di sentimenti squisiti e affettati , di convenute sottigliezze e di forme consacrate e immutabili , che ricercava una lingua , se non doviziosa , raffinatissima e nata insieme con i concetti tutti speciali a cui doveva adattarsi . Ora i dialetti dell ' Italia superiore , ispidi di per sé né politi dall ' uso o al più adoperati in un ' arte di popolo semplicissima e primordiale , erano tutt ' altro che acconci a ricevere la studiatissima forma trovadorica e a rendere le sottigliezze dell ' amore cavalleresco . Il perché parve ai nostri più agevol cosa l ' usare a ciò la lingua stessa provenzale , che del resto era anche la lingua di moda , come più tardi fu la francese , del più bel fiore della cavalleria europea . Così pigliando le mosse da Nizza e giù per la riviera toccando Genova e spingendoci alle foci della Magra , risalendo poi Monferrato sino a Torino , sostando oltre Po a Pavia e a Milano e su ' l Mincio a Mantova , montando per il Friuli e discendendo a Venezia e ripassando in fine il Po da Ferrara a Bologna , in poco più di mezzo secolo , da Alberto Malaspina marchese di Lunigiana che rimava circa il 1204 fino a mastro Ferrari che visse alla corte di Azzo VII estense , possiamo contare un venticinque italiani i quali cantarono in provenzale : due soli , tra essi , toscani ; feudatarii quasi tutti , e , salvo pochissimi , di parte imperiale , od uomini di corte . E tutt ' insieme questi rimatori , provenzali nativi e italiani che provenzalmente componevano , agitarono la vita e le passioni entro la valle del Po nelle guerre de ' comuni con l ' impero o de ' comuni co ' grandi feudatarii o de ' feudatarii tra loro , constituendo un secondo periodo letterario , il periodo lombardo , che s ' incastra in parte nel primo periodo latino e precede in parte e in parte accompagna lo svolgimento del volgare italiano . Certo , in niuna altra regione d ' Italia fiorì la coltura cavalleresca meglio che in Lombardia e nella Marca trivigiana , ma fu coltura straniera ; tanto che , mentre in Lombardia poetavasi in provenzale , alle corti del Friuli si parlava francese , e francese si scrisse anche più tardi in Venezia e in Bologna da ' poeti cortigiani della cavalleresca casa d ' Este . Onde ciò ? Troppo era per avventura mista di sangui diversi la generazione lombarda , e troppo il sangue predominante era affine al celtico d ' oltr ' alpe , onde quella nuova letteratura procedeva . Che se cotesta mescolanza di sangui fu e allora e di poi argomento di vigore e cagione di lunga vitalità a quel forte popolo , le impedì anche di dare su quel súbito la propria impronta all ' opera artistica . O forse anche il principio cavalleresco era tra noi troppo debole , sì che potesse domare e fecondare un dialetto ancor vergine . Su ' l finire del periodo , circa il 1250 , l ' ombra di un nuovo idioma italiano sembrò voler sorgere nelle parti settentrionali d ' Italia e distinguersi dall ' italiano del centro , parve prossima a farsi un ' idealizzazione letteraria de ' dialetti circumpadani ; e tentativi di poesia religiosa ci furono nelle cantilene di fra ' Giacomino da Verona e nelle altre d ' ignoti , di poesia borghese in quelle di fra ' Bonvicino da Riva , e , un po ' più dopo , d ' imitazione delle rapsodie francesi nel Renardo . Ma era troppo tardi , rispetto alle condizioni politiche della Italia settentrionale ; e quei dialetti troppo riuscivano all ' opera poveri e rozzi , e troppo erano anche sottomesse le menti agl ' influssi d ' oltr ' alpe , sì che la nazione se ne potesse giovare . Da altri anni adunque e da altri paesi dové l ' Italia aspettarsi i primi e vigorosi esperimenti d ' una propria letteratura in lingua sua . IV . Del resto , che del mancato svolgimento d ' una letteratura nazionale in Lombardia non debba recarsi la cagione a solo il dialetto , ma sì più tosto al principio cavalleresco che informò quel periodo , anche da questo apparisce : quasi allo stesso tempo che in Lombardia , al mezzogiorno , secondo centro d ' attrazione alla vita nuova d ' Italia , si può determinare un terzo periodo letterario , che pur s ' incastra per il tempo nel periodo lombardo , ed è il siculo ; e questo in un dialetto che fu veramente idealizzato a idioma letterario , o che almeno molto influì e contribuì nella lingua letteraria , tanto che da Dante e dal Petrarca si dà a ' siciliani l ' onor del primato di tempo , che par difficile contrastare , nella volgar poesia : e tuttavia anche il periodo siculo è nazionale solo nelle forme esterne , e non in tutte . E pure se il principio cavalleresco avesse mai potuto esser cagione efficace da per sé solo di propria e nazionale letteratura , qual migliore occasione , qual miglior tempo , qual miglior luogo di quello ! L ' ideale cavalleresco , che oltre alpe cominciava già a illanguidire , pareva allora raccogliere i raggi più puri intorno al biondo capo del giovine imperador di Soavia : con lui era da principio la chiesa , ed egli conducea le crociate ; e quando la chiesa l ' abbandonò , gli vennero fedeli a ' due lati la scienza e la forza : ricco e bello ed ameno il paese , se altro mai , e lungo i fiorenti e odorati seni del Ionio sonante ancora delle sacre armonie della musa greca : molle , colorito , profondamente soave l ' accento su le rosee labbra delle donne di Sicilia ; potente e altamente intonato su la bocca della viril gioventù . Con tutto ciò quella misera poesia siciliana e pugliese fu tutt ' altro , ripetiamolo , che nazionale . Allor che il regno di Sicilia e Puglia passò per eredità negli svevi , spostatosi il centro della politica ghibellina , la coltura cavalleresca , aulica di sua natura e feudale non ostante qualche accenno in contrario , seguì dall ' alta Italia a Palermo , ove i normanni le avean preparato la stanza , la corte degli imperatori . Ma le contrade meridionali trasformano e fanno simili a sé così gli uomini come le piante : bisogna o morirvi o prender l ' abito del paese . A quel modo che gli svevi nel mezzogiorno divennero principi italiani , la poesia provenzale si fe ' siciliana . Ma , come sotto la simulazione italiana trasparisce più d ' una volta in Federico II la bestialità tedesca , così nella poesia siciliana , sol che guardiate oltre la prima pelle , vedrete scorrere , languido omai e scolorato , il sangue provenzale . Ragion vuole che si distinguano alcuni versi da cui spira fresco e odorato un alito di sensibile voluttà o da cui rompe alcun grido di passione degno d ' un popolo misto di sangue greco e di arabo , che si avverta ad alcuni echi dell ' idillio di Teocrito , ad alcune melodie che prenunziano il Mèli . E cotesta , qualunque siasi , è poesia che esce dall ' ordine delle ispirazioni e forme cavalleresche : son frammenti di un ' arte paesana e di popolo , anteriore alle imitazioni occitaniche : son faville di quella letteratura sensuale e ardente che si addimostrerà poi nelle novelle del Boccaccio , nelle ballate del Poliziano , nelle pastorali del Tasso e del Guarino . Ma quelle rime auliche , quelle rime della così detta academia fondata da Federico II , quelle rime oh che misera cosa son esse ! Né la miseria loro procede già dai difetti che son quasi necessari in arte nascente . Che anzi la pretensione v ' è troppa : v ' è arguzia , v ' è sforzo , v ' è erudizione accattata ; v ' è , innanzi alle academie propriamente dette , il colore academico : è il balbettare infantile della decrepitezza . E di fatti la poesia cavalleresca fu , dopo pochi anni di esistenza , ridotta al verde : lasciate pure che sotto il patrocinio di Manfredi la sua fiammolina si allarghi ancora tra i ghibellini di Toscana ; lasciate queste illusioni di vitalità alla povera moribonda . Ella trascinerà la sua poca vita fino al 1266 , poi cadrà anch ' ella su ' l campo di Benevento ; e il compianto che un trovator provenzale scioglierà su la morte del re tedesco nato in Italia sarà ad un tempo il canto di requie a una generazione di poeti defunti . Mentre i cavalieri angioini si spartivano co ' piedi i tesori di casa sveva , e un ribaldo dell ' esercito di Carlo gittava il corpo del re di Sicilia , del re dei poeti e delle belle , ignudo e sozzo di polvere e sangue , a traverso un asino , gridando pe ' l campo - - Chi compra Manfredi ? - - ; mentre de ' suoi baroni un solo , il prigioniere conte Giordano Lancia , osava riconoscere il suo re e lacrimando e piangendo abbracciarne il cadavere ; mentre niuno dei rimatori cortigiani di Sicilia e di Puglia aveva un accento di dolore per il nipote di tanti imperatori caduto con la sua casa e co ' l suo regno in battaglia ; un povero trovatore straniero , Americo di Peguilhan , si ricordò di lui , di lui che ne ' bei dì della gloria avrà a pena fatto un cenno di grazia al poeta . E - - Tutti gli onori , cantava , tutte le azioni gloriose furono guaste e messe in fondo il giorno che morte uccise colui che meglio le pregiava , il più piacente che nascesse mai di madre umana , il valente re Manfredi che fu capitano di valore e di ogni virtù . Ora l ' onore se ne va solo e piangendo , ché non è uomo né cosa che a sé lo chiami , non è conte né marchese né re che si faccia innanzi e lo inviti . Ora il disonore fa tutto ciò che mai volle fare . Per tutto il mondo e per tutt ' i mari voglio che vada questo mio sirventese , se potesse trovar uomo che gli sapesse dir nuove del re Artù e quando dee rivenire . - - Re Arturo , o poeta , dorme ben forte nelle grotte armoricane di sua sorella Morgana , e non torna più : i cavalieri e i trovatori della dolce Provenza giacciono per sempre schiacciati sotto le ruine dei loro castelli messi a fuoco dai gentiluomini francesi e dai frati spagnuoli : il re Manfredi non ode , sotto la « grave mora » degli Angioini , il tuo compianto . I re se ne vanno , o poeta , ma l ' onore rimane , e la poesia alla loro morte rinasce . La cavalleria è morta , ben veramente morta ; ma le succede il popolo . Firenze , ove e già nato Dante , ove stan per nascere il Petrarca e il Boccaccio , non ha per suo grido di guerra nome alcuno d ' imperatore o di re o di barone ; ella « in poca piazza fa mirabil cose » con due parole plebee , Popolo e Libertà . V . La poesia cavalleresca finisce dunque in Lombardia e in Sicilia senza eredi . Quelle piante esotiche menavano frutti , perché il favore principesco le annaffiava : tolto cotesto , appassiscono e in terreno non suo vengono meno . Ma in lor vece è ella fiorita per avventura la letteratura nazionale ? Dante nasce poco men d ' un anno prima che si combatta a Benevento . Intanto tra la vecchia poesia che rappresentava il principio caduto in Benevento e la poesia nuova che sgorgherà gloriosa dal petto di questo fanciullo intercede un momento d ' inerzia e incertezza . Col sormontare di parte guelfa conseguente a quella battaglia , spostato una terza volta il centro politico dell ' Italia , il primato civile che non poteva esser più ripreso dalle città lombarde rifinite omai di forze dalla difesa lunga contro l ' impero e già sottomesse a tiranni domestici o vicine ad essere , il primato civile , dico , passa alle città del mezzo , che se lo contendon tra loro fin che lo prende tutto Firenze . Allora quasi ognuna di quelle città e di quelle terre ebbe poeti e scrittori ; ma l ' arte non si levò súbito a nuove altezze . Tra due età che differiscono di spiriti e forme havvi sempre , chi sappia scorgerlo , un limite nel quale vengono a combaciarsi , trasmutandosi a grado a grado il vecchio nel nuovo . Ma degli autori che segnano nell ' età letterarie questo passaggio è destino esser poi sopraffatti dai successori , e obliati , quando non disprezzati ; se pure alcuno dei più grandi che mosse i primi passi sotto la loro scorta non gli salvi con un benigno riguardo di gratitudine . L ' oblio e lo spregio toccò per gran parte a Guittone d ' Arezzo , che pur s ' ingegnò primo di far passare la poesia dal principio cavalleresco al nazionale , dalle forme trovadoriche alle latine ; a Guittone , che aspirò a quella poesia politica concionatrice levata di poi sì alto dal Petrarca ; a Guittone , che diede il primo esempio della prosa dotta italiana . Lo sguardo benigno d ' un gran poeta toccò a Guido Guinicelli e alla scuola bolognese . Bologna , posta fra Lombardia e Toscana , raccolse in sé le tradizioni delle due più gloriose popolazioni italiane ; gloriosa la prima nel cominciare , gloriosa la seconda nel continuare il movimento nazionale . E non poteva non essere che l ' arte della parola , tócco a pena il suolo santificato dalla libertà , non ne attignesse forze nuove e altra vita . In Bologna , Guidotto , accomodando primo tra i nostri i precetti dell ' antica eloquenza alla lingua nuova , trovava modo , pur dedicando il suo libro a Manfredi re , trovava modo a designare l ' officio di parlator cittadino in comune libero . E nella canzone del Guinicelli la fredda affettazione dei siculi cede luogo all ' imaginoso sentimento lirico , la dovizia misera del ritmo provenzale all ' ondeggiamento armonioso e solenne della stanza italica , le forme convenute agl ' intelletti della scienza . Per amore del Guinicelli , riconosciuto novatore solenne fin da ' coetanei e salutato padre da Dante , a questo quarto periodo della nascente letteratura , che è periodo di passaggio e che si estese ad altre regioni dell ' Italia mediana , rimane e rimarrà l ' aggiunto di bolognese . Bologna , la madre degli studi , prima sentì l ' arte e prima all ' arte sposò la scienza , divinando gli spiriti e le forme della grande letteratura che era per venire . VI . Dalle prime croniche del mille , ove l ' elemento nazionale incomincia a dare indizio di vitalità , fino alla morte del Guinicelli avvenuta nel 1276 , è tutto dunque un contrasto fra i diversi elementi o principi che informar dovevano la letteratura novella . Come i quattro periodi letterari finora segnati s ' incrociano e incastrano l ' uno nell ' altro ; così i principii moventi s ' intrecciano ed avviluppano nell ' azion letteraria , e la materia soggetta si agita e si rimesce senza posarsi in una forma determinata . Nel periodo latino l ' elemento nazionale apparisce in potenza , ma sotto l ' azione prevalente del principio ecclesiastico e cavalleresco : nel periodo lombardo l ' elemento cavalleresco si mescola al nazionale , e questo per la parte sua più popolana al religioso : nel periodo siculo il principio cavalleresco informa un ' arte puramente feudale e di corte : il periodo bolognese in fine , serbando del contenuto e delle forme anteriori , discuopre gl ' intendimenti e i lineamenti primi di un ' arte nazionale e dotta . E quando in Italia sta per sorgere questa letteratura , nazionale ad un tempo ed europea ; quando cominciano ad apparire nella penisola i pensatori , gli scrittori , gli artisti , per i quali la patria nostra esercitò il glorioso officio di conciliatrice tra l ' antichità e l ' età di mezzo , tra l ' età di mezzo e la moderna ; quando si determina tra noi il proprio e vero rinascimento letterario , considerato come ideale ed artistica manifestazione del risvegliato e ritemperato elemento romano ; in quel tempo , dico , la nativa e legittima arte del medio evo va scadendo così nella feudale Germania come nella Francia cavalleresca . In Germania , il decadimento ha principio col finire della imperial casa sveva ; con quella stessa ruina che segnò un mutamento essenziale e un rinnovamento letterario per l ' Italia . Sotto gli Absburghi le grandi epopee intisichiscono , svaporano le sottili fantasie e i tenui sentimenti dei minnesingheri ; e invano Ulrico di Lichtenstein tenta di ravvivare con l ' esagerazione , come in simili casi suol farsi , la tradizione dell ' amore cavalleresco , ché Hadlaub di Zurigo volta in parodia i canti dei trovatori . Succede il poema didattico prosaico e pedantesco ; e la poesia piattamente borghese dei maestri artigiani tiene il campo per lunghi anni . Anche in Francia la gloriosa età letteraria del medio evo finisce press ' a poco in quel medesimo tempo , col regno di Luigi IX : nata con le crociate , quell ' arte non sopravvive al santo re che muore in potere degli infedeli . Suo fido vassallo e storico , il signor di Joinville , della partenza per oltremare scrive con la solita potente semplicità : « Io non volli rivolger mai gli occhi verso Joinville , perché il cuore non mi s ' intenerisse del bel castello che io lasciava e de ' miei due fanciulli » . Questo sentimento così umano di rincrescimento pe ' i beni terreni che si lasciano alle spalle , quando s ' ha dinanzi alla vista dell ' anima Terra Santa , è già ben lontano dal furor sacro che spingeva le turbe della prima crociata , guerrieri e vecchi , donne e fanciulli , a gridare : Dio lo vuole ! Il succhio di quella superba vegetazione di cento e cento epopee , la fede e l ' entusiasmo , s ' è dunque esaurito : anche qui è la volta dei poemi d ' imitazione , e , peggio , delle contraffazioni e delle parodie . Perocché con Filippo il bello , col re odiato da Dante , in Francia , nella terra dei cavalieri , comincia una letteratura borghese . Di tal mutamento la prova più parlante è nelle due parti , distinte così per l ' autore come per gli spiriti , del Romanzo della Rosa . Nella prima parte , composta sotto il regno di Luigi IX da Guglielmo di Lorris , spira l ' ultimo anelito dell ' amore cavalleresco : ella è una mummia che mostra i lineamenti disfatti dell ' Arte d ' amare di Ovidio , raffazzonata con gli stracci a più colori delle allegorie monacali , e suvvi tra le rappezzature qualche fiorellino vizzo dell ' arte trovadorica ; cammina in punta di piedi e barcollando su le sottigliezze della scolastica . La seconda parte , composta da Giovanni di Meung sotto Filippo il Bello , è un lungo , troppo lungo e troppo grossolano , scoppio di risa plebee contro tutto ciò che pochi anni innanzi era stato grande , gentile , ideale ; contro l ' amore e contro le donne , contro la cavalleria e contro la religione . Né basta . Così in Francia come in Germania la bella poesia della prima età del medio evo divenne ben presto antica , tanto antica , che , dimenticata per più secoli come cosa morta , ella fu solo a questi ultimi tempi dissotterrata dai dotti e rimessa su gli altari , nazionale reliquia . E non pur essa era morta , ma anche la lingua che le servì d ' instrumento . La Canzone di Rolando in Francia e i Nibelunghi in Germania , perché sieno intesi dai francesi e dai tedeschi d ' oggigiorno , convien tradurli nel francese e nel tedesco d ' oggigiorno . Quelle lingue , germanica e francese d ' allora , soggette a mutazioni continue , parevano non poter uscire dalla condizione tumultuosa di dialetti . E già in Alemagna il dialetto meridionale dei minnesingheri era succeduto a più altri più antichi , per cedere poi il luogo alla lingua di Lutero , che fu , solo fa ora a pena cent ' anni , classicamente fermata dal Klopstock e dal Goethe . In Francia alla lingua cavalleresca dei secoli decimosecondo e decimoterzo si frappose un ' anarchica invasione di dialetti , s ' impose il pedantismo dei dotti di Carlo V e VI , e su questo il grecismo e latinismo della pleiade in lotta coll ' imitazione italiana e con lo spirito gallese puro al tempo di Francesco I , e di poi la dittatura grammaticale del Malherbe sotto Enrico IV , e in fine il purismo academico del decimoquarto Luigi . Così cinque strati diversi di lingua s ' accumularono aggravando su la primitiva letteratura francese . Tutto al contrario in Italia . Qui la lingua nuova ascese tardi al ministero delle lettere : ma a pena si mostra , ed è già fermata , determinata : e con essa , le forme dell ' arte nazionale . Che cosa v ' è da aggiungere di essenziale , che cosa è stato mai aggiunto di veramente nuovo e bello e grande , che cosa d ' inevitabilmente necessario , all ' arte di Dante , del Petrarca , del Boccaccio ? O abbiam noi per avventura bisogno di tradurre , perché sia inteso dalla maggior parte della nazione , il canto di Ugolino ? Le letterature medievali di Francia e Germania , e come nazionali e come europee , furono per grandissima parte , lo abbiam detto più volte , la espressione di una civiltà di convenzione di un ordine privilegiato . Ora , quando su lo scorcio del secolo decimoterzo la grande unità cristiana s ' interruppe nell ' occidente , causa in parte il venir meno delle crociate e in parte l ' indebolimento dell ' impero ; quando le grandi guerre si ruppero tra francesi e fiamminghi , tra francesi e inglesi ; quando cominciarono in Germania le rivolte dei borghesi , e in Francia il sollevamento del terzo stato ; quelle letterature e divennero straniere l ' una all ' altra , e perdettero la continuità e il filo della tradizione , e furono sopraffatte dall ' elemento plebeo , che le ammaccò e infranse come il godendac dei fiamminghi fiaccò la cavalleria francese a Coltrai . Vero è che né in Germania né in Francia l ' elemento popolare era constituito politicamente o constituibile ; onde là la lotta sociale non fu che una delle conseguenze anarchiche dello sfacimento dell ' impero , e qua il terzo stato non fe ' che servire , credendosele collegato , alla monarchia , la quale , adoperato che l ' ebbe a recidere i nervi del feudalismo e del clero , pose d ' un sol cenno silenzio al canto fescennino , e ridusse l ' ilota all ' usata catena . Ma ad ogni modo , tra lo smembramento dell ' unità cristiana del medio evo su ' l finire del secolo decimoterzo e il ricostruirsi delle unità monarchiche nel decimosesto , una gran lacuna per l ' Europa ci fu : lacuna che è segnata dalle orme gravi della barbarie . In questo mezzo sta l ' Italia , che di tra la luce crepuscolare del medio evo ha ripreso la fiaccola della civiltà nelle tombe del passato , ne ha illuminato un gran tratto di cielo , e la distende benigna e incurante ad accendere le lampadi delle sorelle che la percuotono . Perocché in Italia il principio popolare era la forza dell ' elemento romano connaturato al terreno e ritemperatosi alla vita novella . Educato nelle tradizioni della civiltà antica , raffermatosi nell ' uso dei reggimenti e delle leggi , con gli attriti con le industrie co ' viaggi e i commerci s ' era fatto pratico di tutta l ' Europa . Scelse il tempo e il luogo opportuno , e poi guidato dal genio antico , e conscio dei nuovi fati , procedé grave , severo , all ' opera letteraria . Già lo dissi : l ' Italia avrà letteratura nuova e sua , quando il principio popolare , più veramente qui nazionale , potrà equilibrarsi o sormontare agli altri , l ' ecclesiastico e il cavalleresco . Ora siamo al punto . VII . Il termine della potenza imperiale tra noi fu segnato , lo ripeto , dalla battaglia di Benevento . In Benevento di fatti , meglio che l ' infelice e valoroso Manfredi , cadeva ferita al cuore la parte imperiale con le sue tradizioni necessariamente germaniche e feudali . La battaglia di Benevento compiva quella di Legnano ; e le spade dei guelfi fiorentini che seguivano , o , meglio , precedevano Carlo d ' Angiò , rescindevan di fatto i vincoli onde i mal destri guelfi lombardi si erano volontariamente impedite le mani a Costanza . Che importa se un papa bandisce cotesta guerra , se la conduce un francese ? Lasciate passare qualche anno ; e se il papa , libero al fine dalla téma dell ' imperatore presente , vorrà allungare li ugnòli , i comuni e i signori italiani non son più ormai bestiuole da prendersi a inganno e farne strazio : parte guelfa si rinnoverà per modo da far rientrare pietosamente quelle granfie . Lasciate passare qualche anno ; e la concordia tra i reali di Francia e la chiesa finirà con lo schiaffo di cui Filippo il Bello , mediante la mano inguantata di ferro di Sciarra Colonna , lasciò l ' impronta su la faccia senile di Bonifazio VIII . Conseguitata allora all ' abbiettazione del principio d ' autorità feudale quella dell ' ecclesiastico , e trasferita la sede alla così detta cattività babilonica d ' Avignone , nell ' ecclisse dei due luminari del medio evo , la luce della civiltà italiana empirà mirabilmente tutto il cielo d ' Europa . La battaglia di Benevento [ 1266 ] , e la caduta della repubblica di Firenze [ 1530 ] , la nascita di Dante e la morte dell ' Ariosto , sono dunque come l ' oriente e l ' occidente di questo glorioso giorno d ' Italia ; o , se volete comprendervi i crepuscoli dell ' aurora e quelli del vespero , la pace di Costanza [ 1183 ] e il trattato di Castel Cambresis [ 1559 ] che sottometteva del tutto l ' Italia alla casa austriaca di Spagna . Così , quando gli astri del ponteficato e dell ' impero tramontano , nasce quello d ' Italia : a pena i primi si rincrociano su l ' orizzonte come sinistre comete , quel d ' Italia ricade . VIII . Ma quando il principio popolare e nazionale si mise all ' opera letteraria , quali monumenti trovò egli per la sua via , quali avanzi , quali parti incompiute o lasciate a mezzo o a pena delineate , del gran lavoro che avean fatto per addietro o stavan facendo i due principii emuli ? Badò egli o disprezzò ? Riformò o distrusse ? Distruggere è dei barbari ; e l ' elemento italiano troppo è di natura sua assimilatore . E di più l ' opera di quei due principii tanto era stata prossima e tanto influsso aveva esercitato su le idee , che sottrarsele ed evitarla diveniva , per allora almeno , impossibile . Cominciamo dal principio cavalleresco , la cui arte si spande per due rivi : soggettiva , nella lirica amorosa dei trovadori e minnesingheri ; oggettiva , nelle epopee romanzesche normanne bretoni e alemanne . Ma l ' epopea romanzesca non divenne europea e popolare se non per la intromissione e la mezzanità del principio religioso . Ora nel primo ciclo di quelle epopee , intieramente germanico , anzi della Germania pagana , nel ciclo dei Nibelunghi e della Kudrun e del Libro degli eroi , la chiesa non ebbe che fare ; né il cristianesimo era ancor giunto a incivilire con la cavalleria quegli eroi , che son veri germani della migrazione e si scannano ferocemente tra loro da veri burgundi e franchi veri . Questo ciclo adunque rimase interamente germanico , e non poteva entrare a parte della letteratura cavalleresca europea , e tanto meno della italiana . Delle quali in vece è universal vanto il ciclo carolingio , probabilmente normannico , santificato dalla chiesa colla introduzione delle crociate e delle guerre per la fede , e per ciò , e per la memoria del ristorato impero , coltivato con amore speciale dai popoli di Europa . Romanzesco più veramente nel senso moderno , pieno cioè di avventure ardite e di tenere elegie d ' amore , era il terzo ciclo , celtica invenzione dei bretoni , più intimo , più moderno , più veramente francese : e anche di quello s ' impossessò la chiesa , e lo affidò a ' pii tedeschi che lo idealizzassero fino a simboleggiarvi il mistero dell ' eucaristia . Tale era la materia epica , germanica e celtica , che l ' Italia ebbe innanzi . Ma l ' ordine feudale da cui moveva e a cui ritornava la poesia cavalleresca , in Italia , senza centro suo d ' unità , fu bentosto sopraffatto dall ' elemento indigeno e cittadino con cui si fuse : onde ispirazione d ' arte puramente cavalleresca l ' Italia non ebbe mai . Ebbe una materia cavalleresca , che fu spasso al popolo e soggetto di esperienze artistiche ai poeti . Le canzoni di gesta e i romanzi avevano da un pezzo passate le Alpi , e seguitavano probabilmente a passarle dopo l ' avvenimento degli angioini . Ma gente che finiva allora d ' avere messo insieme il corpo del diritto romano , gente che aveva da affrontare la realtà della vita negl ' interessi dei comuni , nelle lotte dei partiti , negli ardimenti dell ' industria , potevano per allora pensare a rifar su ' l serio quegl ' intrecci di eroi dai lievi contorni che vanno sfumando in un turbine di avventure mal comprese ? potevano pensarvi essi che ammiravano Virgilio ed Ovidio ? Cavalieri e dame leggevano di Lancillotto e Ginevra in francese : il popolo ascoltava con diletto nelle piazze i cantastorie di Orlando e Carlo Magno , che potevano essere anche francesi o che cantavano un francese fatto a pena italiano nelle desinenze , come è quello del Renart veneto ; ascoltava , e , dov ' ei vedesse un masso di meravigliosa mole , diceva esser quello stesso che fu spezzato in due dalla spada del paladino d ' Anglante ; affermava rialzate o edificate dal santo imperatore quelle mura e quella basilica ; poneva nell ' Etna il fatale nascondiglio di Artù o nelle buche delle fate di Fiesole il misterioso sacrario dell ' incantagione d ' Orlando . Ma intanto il comune di Bologna , a cui certi oziosi circoli non garbavano , vietava con decreto del 1288 , che i cantores francigenarum si fermassero su le piazze . E i cavalieri attendevano alle loro possessioni allodiali , o con lor masnade andavano di terra in terra per capitani e podestà ; e il popolo badava a snidar dai castelli quel che avanzava di feudatarii e a costringerli a città e poi cacciarli anche di città come grandi . I romanzi d ' avventura furon dunque riserbati per il rifacimento , pe ' l ricreamento , dirò anzi , artistico , a secoli più oziosi o più aristocraticamente foggiati , il decimoquinto e il decimosesto ; per allora si tradussero alla meglio , tanto per servire alla richiesta dei disoccupati e delle donne , alla meglio , come sono stati tradotti a ' nostri tempi i romanzi del Dumas da mestieranti . Ci fu per avventura qualche tentativo poetico , ma di poco nome o di niuno : tutto finisce qui . Per adesso della poesia cavalleresca maggior vestigi lasciò e più si apprese alle menti quella parte che di natura sua è più universale e comune ; la lirica individuale . E due effetti operò ; buono l ' uno , e pessimo l ' altro : inculcò , almeno per moda , quello speciale rispetto alla donna , considerata come sorgente di virtù e perfezione , che mantenne certa gentilezza nel costume e nelle idee de ' nostri popoli di un po ' rude naturalezza : esercitò con le sue forme una ben triste influenza su la lirica italiana , impigliandone più d ' una volta e costringendone il proprio e libero procedere , e avvezzandola talvolta , e assai di buon ' ora , a un che di arguto e manierato . Più efficace opera , e di più durevole impressione , almeno in parte , aveva fatto il principio ecclesiastico . Lasciamo stare i suoi cicli leggendarii accumulati nelle età grosse del medio evo e tramandati di secolo in secolo ; i cicli orientali e bizantini dei martiri , dei solitari e dei contemplanti ; i cicli latini cominciati da Gregorio Magno col Dialogo e chiusi coll ' Aurea leggenda del Da Varagine ; lasciamoli stare , sebbene e ' sien qui tutti pronti su le soglie dell ' età nuova a fornire materia ed argomento ai raccontatori ed ai mistici del secolo decimoquarto , alla poesia drammatica del secolo decimoquinto , alla pittura dal duecento a tutto quasi il cinquecento . La chiesa avea fatto assai di più . Su ' l principio del secolo decimoterzo , contro le eresie della ragione e del sentimento d ' ogni dove irrompenti e favoreggiate più o meno apertamente , secondo le occasioni , da Federico II e dalla parte imperiale , la chiesa avea commesso il suo verbo a due potenti milizie ; e queste si erano sparse tra le genti rinnovando su ' l mondo il suggello della fede . Intorno al capo di san Francesco , frate innamorato di tutte le creature , socialista cristiano , volano le colombe , e i lupi gli lambiscon la mano ; e il popolo gl ' intesse una ghirlanda lucida e serena che si riflette su l ' arte della parola e del disegno . Intorno al capo di san Domenico rugghiano le fiamme dei roghi e sibila come fionda di piombo il sillogismo del definitore teologo : egli brandisce una facella , che vorrebbe esser di luce , ma che vapora d ' inferno per la via dei secoli . E due famiglie , due eserciti , seguitano quei padri e quei duci . In mezzo all ' una procede contemplando e inneggiando il serafico autore dell ' Itinerario della mente verso Dio , in mezzo all ' altra , tutto chiuso e concludendo in forma , l ' « Angelo delle scuole » . Gli uni si rivolgono al sentimento col misticismo , gli altri all ' intelletto colla scolastica . Letterati e artisti , gli uni fanno miglior prova nella leggenda nella lirica nell ' architettura , gli altri nel trattato e nella pittura . Ribelli all ' autorità , gli uni si chiameranno fraticelli della povera vita , specie di quaqueri , e daranno , vittima ignota , un fra ' Michele ; gli altri produranno fra ' Girolamo Savonarola e i piagnoni , tendenti a una democrazia monastica . Per intanto due forme d ' arte mistica rifioriscono intorno a loro , la visione e la meditazione . E in cima alla Somma di Tommaso d ' Aquino la teologia s ' abbraccia con la scienza ; e in cima alla ontologia di Bonaventura la fede s ' abbraccia con l ' arte ; e tutte quattro paion d ' alto irraggiare le belle cattedrali sorgenti nell ' Italia di mezzo e i timidi colori dell ' arte che aspetta Giotto . Dante sta ritto in piedi tra i colonnati solenni e leggiadri , e guarda , rapito in contemplazione . DISCORSO TERZO Del periodo toscano : affermarsi della letteratura nazionale : Firenze e il gran triumvirato . I . Diamo ora uno sguardo a tutto insieme il fluire maestoso di questo fiume divino , come avrebbe detto Omero , della letteratura italiana nel secolo decimoterzo e nel decimoquarto . Incominciata dalla poesia individuale , seguitò , come letteratura di popolo libero , segnando la superbia del nome latino rivendicato e i fasti della nuova libertà nelle croniche , descrivendo le tradizioni e i costumi nelle leggende e novelle ; abbracciò , come ne ' suoi principii ogni letteratura non primitiva , tutta la scienza e del passato e del presente nelle enciclopedie ; attestò nei volgarizzamenti la conservazione dell ' arte e della scienza antica . Altrove si scherzò con versi leggeri , ma nell ' Italia del mezzo e tra la cittadinanza fiorentina nacque la prosa del Trecento , gentile ed elevata , forte ed elegante , come poi l ' architettura di Santo Spirito ; qui prese moto e colore quella poesia che nelle luminose visioni della Vita nuova sembra tendere al cielo come i due angeli dipinti da Giotto nella cattedrale d ' Assisi , o che sorge come Santa Maria del Fiore gigantesca e solitaria nella Divina Commedia . Sublime spettacolo , il popolo italiano , raffermo e assodato , porre il fondamento e dare proprissime alla sua civiltà la forza e l ' azione , le figure e le sembianze , con un acconcio temperamento dell ' antico e del nuovo , del cristiano e dell ' etnico , del latino e del medievale , tanto ne ' reggimenti e negl ' instituti , quanto nella scienza e nell ' arte ; certo per quella facoltà di sapiente eclettismo e di artistica assimilazione che fu della gente nostra , degli elleni e latini . Ma il popolo d ' Italia , più simiglievole in ciò a ' greci che non a ' romani , questi mezzi di ravvicinamento gli ebbe in sé stesso ; come quello che si aveva connaturato , pur riadattandolo estrinsecamente a sé , il cristianesimo , e che ne ' forzati mescolamenti delle genti settentrionali qualche cosa aveva attinto di loro . E come il popolo d ' Italia , a quella guisa che i romani con le armi e i greci con le colonie e le dinastie , si stese con i commerci per tutto il levante e a settentrione ; così le lettere ed arti sue , a guisa di chi sentesi ricco di dottrina ed esperienza propria e pur gli giova guardare all ' altrui e profittarne , attinse largamente non che dal francese e dal germanico , ma e dal bizantino e dall ' orientale . E come la nuova plebe latina aveva co ' l lavoro di secoli contemperato a sé artisticamente il cristianesimo anzi che essersi lasciata ritemprare da quello ; e come ella , più presto che non distrusse , assorbì in sé molta parte di feudalismo e d ' aristocrazia , facendo cittadini e artigiani i suoi antichi signori ; e come lasciò poi sorgere di sé il popolo grasso e la nobiltà popolana , non restando ella veramente in soggezione de ' nuovi ordini , ma piuttosto partecipando con quelli il reggimento ; così la primitiva letteratura italiana , incominciata dal popolo e promossa e aiutata dal sentimento religioso e dal principio ecclesiastico , prese poi della feudale ed ecclesiastica quello che le conveniva , rinnovandola per altro a maggior durata col temprarne l ' essenza e le forme ; quindi lasciò sviluppare di sé una letteratura più dotta , alla quale seguitò ella a porger del suo , perché riuscisse più che altro una sua necessaria prosecuzione e un perfezionamento . Adunque , ricollegare pazientemente l ' antico col nuovo , la imitazione allargare , accomodare la scienza a tale arte che pur rimanesse popolana e sopra tutto guardar sempre al popolo e alla nazione ; furono i caratteri della prima letteratura d ' Italia . Quindi volgarizzamenti di scrittori greci e latini , sacri e profani ; vite di santi e leggende bizantine e orientali , e trattati e poemi di origine provenzale ed arabica ; quindi il re Artù e Tristano ed Isotta la bionda per una parte , e Alessandro e Cesare e Catilina per un ' altra ; e novelle che la materia pigliano da ogni paese ; e nella poesia la canzon filosofica accanto al sirventese politico e alla gaia ballata , e le ire di municipio con la carità di cristiano , e l ' erudizione classica col genio paesano d ' Italia e con gli spiriti cavallereschi di Provenza ; e l ' elegia che fiorisce d ' onde spunta la satira , e l ' entusiasmo lirico col sillogismo delle scuole ; e negli spazi della visione popolati di mille fantasie le arduità matematiche : il che tutto raccoglie in sé , rappresentatore supremo di questa universalità della prima arte italiana , Orfeo , Omero ed Esiodo a un tempo , Dante Alighieri . E in questa varietà è tuttavia da notare la potenza , che quei nostri vecchi ebbero mirabile , di dare l ' aria del paese e l ' atteggiamento di famiglia così alle erudizioni diverse e alle difficili astrazioni della scienza come alle fantasie che pigliavano di lontano . I romanzatori de ' Reali di Francia attinsero certo d ' oltre monte la materia e parte anche delle forme ; ma quei romanzi divennero accettissimi alla nazione , e tuttora rimangono lettura tradizionale di questo popolo , che dei moderni imitatori di Francia e di Germania non sa pure il nome . Ritraggono dall ' oriente le leggende cristiane ; ma sono ad un ' ora di quelle cose dove più cara fiorisce la favella toscana e dove il sentimento popolano fiammeggia più limpido . Il Cavalcanti poeteggia sottili filosofemi nelle gravi stanze della canzone ; ma le sue ballate furono certo intese e cantate dalle donne e dai giovani . E non erano elleno popolari le fantasie della Divina Commedia ? e anche l ' allegoria che la domina non era il popolo d ' allora avvezzo a contemplarla e meditarla nelle leggende nelle pitture e fin negli ornamenti architettonici delle chiese ? in fin , non era egli tutto avvivato dalle ricordanze del popolo italiano il poema dell ' aristocratico fiorentino ? Onde il popolo e lo cantò , come poi udì cantare nelle piazze versi del Petrarca , e volle che glie ne fosse dichiarata nelle chiese ai dì di festa la parte scientifica . E dal popolo desunse il Boccaccio non poco della materia al suo Decameron , e delle forme le più belle e durature . Allora Dante , il Petrarca , il Boccaccio , ingegni sovrani , parlavano al popolo d ' alte cose e di leggiadre con alti ed ornati sensi e parole ; e n ' erano compresi ed ammirati . Oggi ingegni mezzanissimi fanno prova d ' imitare il popolo ; e le sono smorfie ; e il popolo non bada a loro . Degnamente . Il popolo vuolsi rialzare ; non rimpiccolir noi né bamboleggiare senilmente , per mantenerlo sempre in condizion di minore . II . Del resto , la letteratura del Trecento è toscana quasi tutta , sì per gli scrittori e la lingua , come per le esterne cagioni che la informarono e condizionarono via via . Dei volgarizzamenti , che tanto conferirono a scozzonare la favella e scaltrirla agli stili diversi , i più e i maggiori , in tutte le direzioni dello spirito e in tutte le colture , la religiosa , la classica , la cavalleresca , sono opera di toscani : toscani i predicatori e gli autori spirituali , tanta parte allora della educazione e lettura popolare : toscani i meglio dei cronisti e i novellatori : toscani poi tutti gli scrittori che più fedelmente e largamente comprendono e rendono nelle opere loro il movimento il sentimento il colorito del tempo : Brunetto Latini , il Giamboni , Giordano da Rivalta , il Cavalcanti , Dante , Dino , il Cavalca , Bartolommeo da San Concordio , il Villani , il Petrarca , Fazio degli Uberti , il Passavanti , il Boccaccio , Caterina da Siena , Giovanni dalle Celle , Franco Sacchetti . Dinanzi a tali nomi ed opere perdono ogni importanza quegli alcuni o rimatori o volgarizzatori o cronisti di altre regioni italiane , i quali , del resto , se scrivono con intenzione di arte , seguono con più o meno d ' incertezza i toscani , o vero nella rozzezza loro tradiscono la niuna cultura del dialetto nativo ; quando invece dal volgare delle domestiche e private scritture fiorentine pisane e senesi al volgare del Villlani del Cavalca di Caterina non corre divario , o ben poco . Insomma , nella prima età della letteratura italiana , il suggello è nazionale e toscana l ' impronta . Toscana ho detto e doveva dir fiorentina . Perocché Arezzo Pistoia Lucca tacciono ben presto ; un poco più tardi , e onoratamente , ma pur anche Siena e Pisa cedon del campo ; che Firenze occupa e tiene , sempre , sola , gloriosa . III . Per quel che concerne la materia e l ' instrumento letterario ; più puro , più elegante , più regolare degli altri italici apparisce dalle scritture private che di quei tempi ci avanzano il dialetto che si parlava in Firenze . Non che si voglia o debbasi con ciò dare il vanto della lingua a lei tutta sola ; ché italiano erasi già scritto a Palermo , erasi scritto a Bologna . E fu notato che i primi tentativi per sollevare a dignità letteraria i varii dialetti riuscivano come al ritrovamento di una lingua comune . Il che non parrà strano , quando si ripensi che quei dialetti , reliquie dei vecchi linguaggi italici passati per il crogiuolo del latino , erano allora per la più parte men lontani tra loro e men diversi che oggi non siano ; e la prova veniva sempre facendosi allo specchio del latino da uomini ingegnosi , nelle città più cólte d ' Italia . Con tali condizioni e con sì fatta norma era naturale che ad una lingua comune , stabile e regolare , si arrivasse ben presto , quando la letteratura da benigna necessità storica fu condotta a fiorire nel bel mezzo dell ' Italia centrale , nel bel mezzo della famiglia de ' dialetti più veramente latini , dove più omogeneamente tenevasi raccolto l ' elemento antico e men turbato da misture straniere . Ma veramente per solo il dialetto non avrebbe Firenze potuto esercitare quella gran parte che ebbe nello svolgimento della letteratura nazionale e della coltura moderna . Altre e più forti ragioni vi sono per le quali il Comune che occupava poche miglia d ' un territorio non fertile dovesse occupare del suo nome l ' Europa . Nello scorcio del secolo decimoterzo gli angioini di Napoli , non avendo piè fermo né diritti sovrani su le parti più vitali della penisola , non ebbero più dopo Carlo I vera potenza , e l ' opera loro non fu che d ' intrighi più o meno avveduti e ambiziosi : al settentrione , i signori pullulavano da per tutto , rappresentanti , è vero , del popolo contro i nobili e i grandi , ma non amici di libertà , e i comuni , esauste le forze , si accasciavano omai sotto il giogo civile di uno più volontieri che non combattessero contro cento : le repubbliche marittime attendevano a ' lor commerci e conquisti e a contenderseli fra loro : nel centro , Roma , dopo l ' esilio de ' papi e negli scismi che lo accompagnarono e nella debolezza che da quelli conseguitò al ponteficato , travagliava nell ' anarchia sé e le province che le erano addette di diritto o di fatto . Ecco , parmi , le cagioni più apparenti per che focolare proprio alla nuova civiltà fu per gran parte Toscana , e per grandissima parte Firenze . Quando le altre repubbliche allentavano il corso e sostavano in una quiete che era stanchezza , ella , l ' ultima nata delle grandi sorelle , aveva a pena preso le mosse : con lei era la gioventù e la freschezza delle forze , e per lei l ' avvenire . In Firenze , il Comune , o meglio , la cittadinanza popolaresca che fu il nocciolo vero del Comune , di mezzo alle schiatte di nobili , tedesche e feudali , partite in guelfe e ghibelline , aveva con rigoroso ordinamento civile e militare saputo e potuto constituirsi in modo da acquistare un ' azione propria e indipendente , da infrenare le due parti , o , all ' occasione , abbatter l ' una collegandosi all ' altra . Guelfo il Comune di Firenze fu , come in fondo ogni comune italiano , per rispetto a quel certo favoreggiamento che le libertà civili ebbero , nel loro primo contendere ad affermarsi , dalla politica dei papi improvvida delle conseguenze ; fu guelfo in opposizione al ghibellinismo cesareo di casa sveva , al ghibellinismo tirannico e aristocratico degli aderenti suoi feudatari e nobili ; ma gl ' interessi dell ' esistenza libera , i diritti allo svolgimento infinito della vita democratica , gli manteneva e proseguiva contro guelfi e ghibellini del pari . La cittadinanza guelfa di Firenze , o , a dir più chiaro , la borghesia , nel contrasto dei due poteri e delle parti , fu neutrale ad un ' ora ed attiva : ella era anzi tutto fiorentina ; e con questa politica venne a stabilirsi nella constituzione del 1282 . Allora , posta tra l ' alta e la mediana Italia , con in mano le chiavi dell ' Appennino , con un ' indomita forza di espansione , con una operosità infaticabile , Firenze divenne ben presto potentato italiano , leva al movimento politico , economico , artistico della penisola . E ben presto , per ricchezza di commercio , per esuberanza di produzione materiale e intellettuale , per prosperità e civiltà interna , per influenza tutta popolare e industriale al di fuori , non ebbe pari , su ' l finire del secolo decimoterzo e nel decimoquarto ; più tardi , ebbe pari soltanto le città di Olanda . Ella era la prima potenza denaresca d ' Europa ; le sue banche fiorivano ad Augusta a Marsiglia a Parigi a Londra , negli scali d ' Oriente : il pontefice chiamavala fonte dell ' oro , il soldano ammirava i suoi fiorini , i re d ' Europa ricorrevano a ' suoi banchieri o li rubavano . Ma i fiorentini non erano solamente e grossolanamente banchieri e mercanti . Come le corporazioni delle arti venivano ad essere , più utilmente forse che non le società politiche della rivoluzione francese , altrettante repubbliche nella repubblica , così ogni mercante , ogni artigiano , anche prima di prender parte al governo , anche senza prendervi parte , si addestrava nella discussione , nella conoscenza degli statuti e del reggimento , nell ' amministrazione degl ' interessi pubblici , non che dei grandi interessi della sua corporazione sparsi per tutta la terra civile . E per tutta la terra civile cotesti mercanti e artigiani portavano il fino ingegno , lo scòrto maneggio , l ' acuta osservazione , il sentimento nobile della patria repubblicana : per essi Firenze si rispecchiava nell ' Europa e nell ' Asia , e l ' Asia e l ' Europa in Firenze : onde il detto di Bonifazio VIII , quando nel ricevere ambasciatori di varie e strane nazioni li sentì tutti fiorentini , essere i fiorentini il quinto elemento del mondo . E certo furono nel medio evo e nel Rinascimento l ' elemento essenziale della civiltà moderna . Né il commercio ammolliva loro il braccio o ne rimpiccioliva l ' animo o ne fiaccava gli spiriti . Fuori , i negozi e le banche spargevano le fiorentine manifatture , moltiplicavano l ' oro fiorentino : dentro , gli opificii delle sete e delle lane risuonavano del lieto strepito del lavoro : ma a un bisogno , sol che la nota insegna sventolasse dalla casa del gonfalonier di quartiere , le spole e i naspi tacevano , e quattordicimila lavoranti e capi di bottega erano in armi a difendere da ogni attentato la constituzione del popolo , a rivendicar tutti l ' oltraggio fatto ad un solo . E quando l ' imperatore o alcun de ' tiranni ghibellini minacciasse il comune , venticinquemila uomini portanti l ' armi rassegnava la città , settantamila si raccoglievano nel contado : onde alle minacce di Arrigo VII potevasi rispondere senza iattanza , Firenze non aver mai per niun signore abbassate le corna . E intanto in quel reggimento che passava per tutte le fasi di uno stato a popolo , con la partizione e lo sminuzzamento all ' infinito del potere e degli offici voluto dalla gelosia democratica , non che per le vive emulazioni delle parti , le forze individuali dovevano manifestarsi , esplicarsi , incontrarsi per tutti i versi . Aggiungete il sentimento generale che in paese piccolo e raccolto più facilmente viene educato dai personaggi gloriosi per poi alla sua volta educarli . Aggiungete l ' occasione , gli stimoli , l ' insegnamento , che lo Stato porgeva , risvegliava , forniva . Nel popolo di Firenze l ' istruzione più che elementare era diffusa come oggi nelle principali città di Germania : molti libri di compilazioni e di versioni , oggi testi di lingua , eran composti per il popolo ; e il bottegaio teneva sotto il banco Livio e Sallustio , l ' Eneide e la Tavola rotonda , ultimamente tradotti ; leggeva e giudicava il Villani e anche Dante , e ne trascriveva ne ' suoi quaderni le cose notevoli o che più lo toccassero . Le scuole di grammatica e di logica erano frequentate da seicento studenti , e dal fiore della gioventù popolana le prime università d ' Italia e d ' Europa . Intendesi così come le cure del guadagno e degli utili e materiali godimenti non ottundessero il senso de ' bisogni morali , non ghiacciassero l ' alito delle pure e sublimi aspirazioni , non intralciassero e impedissero lo svolgimento intimo e intellettivo : intendesi come quella libera larghezza di vivere non respingesse troppo presto le nobili usanze antiche , non rompesse così subito i confini dell ' antica disciplina . Onde quella varietà , quella molteplicità , quel contrasto di colori nella superficie della società fiorentina : qui le feste magnifiche ed eleganti , i lieti ritrovi dei giovani con giuochi d ' armi e di cavalleria , e il culto gentile della donna : là le famiglie attinenti ed avverse ragunate al corrotto de ' morti , e quindi d ' intorno alla bara e dalla chiesa saltare all ' armi in su la piazza : e le confraternite dalle lugubri fogge e dai lugubri canti nelle cappelle sotterranee , e le rappresentazioni dei misteri della vita oltremondana su i ponti e le piazze ; e in mezzo a tutto questo i tentativi severi nel campo della verità e della bellezza , della scienza e dell ' arte , salutati come una gioia e come una gloria del comune : la tradizione della Madonna dipinta da Cimabue e del popolo che trae raggiante di letizia a vederla , onde il nome di Borgo Allegri , quante mai cose dimostra , quanti secreti rivela ! Tutti i diversi elementi della vita nuova italiana ; la fantasia religiosa etrusca , l ' intelletto sociale romano , il sentimento individuale germanico , lo spirito leggiadro provenzale e francese , l ' istinto pratico e progressivo dei comuni lombardi ; tutto ciò ne si presenta in Firenze in meravigliosa varietà di fenomeni ; in Firenze che vede presso su ' l monte le ruine etrusche di Fiesole , in Firenze colonia romana e di romane memorie superba , in Firenze ove i tedeschi venuti con Ottone constituiscono la nobiltà più armigera e irrequieta , in Firenze il cui giglio ama fiorire co ' l giglio di Francia e che sormonta coll ' avvenimento degli angioini . Ma tutto ciò Firenze lo trasforma a nuova e originale unità . Arnolfo e Giotto dalla durezza dalla rigidità dall ' inceppamento dell ' arte bizantina e tedesca passano alle serene e liete forme italiane : il Cavalcanti e Dante appianano e arrotondano le asperità e la rozzezza della scolastica in quello stesso che sollevano nel dotto edificio della strofe la leggera canzone provenzale . Lo slancio degli uomini e degli ingegni , in così breve spazio , entro sì angusti termini , fu miracoloso , e non ha pari nella storia che quel d ' Atene dopo Maratona ; col quale ha pur questa essenzial somiglianza , che in tanto ardimento , in tanta realtà di vita , non fu deposto quel quasi senso fanciullesco , nel significato migliore della parola , d ' un ' arte nuova , il tremore l ' orrore l ' amore dinanzi al soprannaturale all ' infinito al divino ; orrore e tremore che è lo stesso in Eschilo e in Dante , amore che è in Sofocle e nel Petrarca . IV . Per le quali cose tutte , Firenze su ' l finire del medio evo fu all ' Europa dal lato della coltura e della civiltà secolare quel che era Roma per la religione , Parigi per la scolastica . Per la letteratura nazionale poi , i termini del primo originale periodo si riscontrano agevolmente e naturalmente nella storia fiorentina ; dal 1282 , quando il reggimento si rinnovò con la instituzione de ' priori delle arti e di libertà , nel quale anno o nell ' appresso Dante scrisse il primo sonetto della Vita nuova , al 1378 , quando la democrazia fiorentina passata per tutte le rivoluzioni precipitò nel tumulto sociale dei Ciompi : quattro anni avanti erano morti il Petrarca e il Boccaccio . L ' anno 1282 fu , nelle debite proporzioni , per il popolo di Firenze quel che il 1789 per la borghesia di Francia : sterpate già al di fuori le più prossime piante dell ' aristocrazia feudale , fu in cotesto anno con la instituzione de ' priori estirpato anche ogni germe interno dell ' aristocrazia di nascita , e assicurato il governo nelle mani del popolo grasso . L ' anno 1293 fu per Firenze quel che il 1793 per la Francia : allargò i termini del governo popolare , lo corroborò con la instituzione dei gonfalonieri capi della milizia civica , e con gli ordinamenti di giustizia che furono , senza sangue , la legge dei sospetti contro le famiglie grandi . La rivoluzione del 1301 , a cui seguitò la cacciata dei Bianchi , non fu che un colpo di stato di Corso Donati e di alcuni oligarchi borghesi , non contro la constituzione , ma contro parte Bianca , che aveva allora il potere e lo esercitava con molto rispetto alla legge , se bene non con efficacia democratica . Da quell ' avvenimento alla cacciata del duca d ' Atene , dal 1301 al 1343 , in un continuo alternare di oligarchie sofferte o rovesciate , di signorie invocate o cacciate , di guerre grosse vigorosamente sostenute dalla borghesia , il governo e la città sono dal più al meno in mano di essa , che dilaga e compenetra di sé tutte le instituzioni , tutti i fatti e le idee . Dal 1343 al 1378 la borghesia , pur seguitando a battere i grandi dentro la città e fuori per tutta la Toscana e a contrabilanciare minacciosa le signorie crescenti nella penisola , si divide sempre più tra sé , e così porge il fianco al popolo minuto ; il quale fin dalla cacciata del duca d ' Atene aveva cominciato a numerarsi e a paragonarsi , e che in fine piglia lo stato ed irrompe nel tumulto sociale , succeduto alla rivoluzione del 18 luglio 1376 fatta da Salvestro de ' Medici contro la borghesia , come le giornate del giugno 1848 successero alla rivoluzione di febbraio . Così tre generazioni diverse , tre diversi popoli , con origini con sentimenti con intendimenti diversi , passano su la scena del comune : il popolo vecchio , dei cittadini e grandi antichi , i quali avevano stabilita o accettata la constituzione dell'82 : il popolo nuovo , la borghesia più piccola e l ' avventizia del contado , che tiene il campo dopo il '93 e specialmente dopo il 1301 : il popolo minuto , o la plebe , che si fa avanti dal 1343 al '78 . Ora Dante , il Petrarca , il Boccaccio , per una ventura che non è tutta caso , ne si prestano a darne la storia dello svolgersi l ' ideale artistico e civile nelle diverse fasi , negli strati , per così dire , diversi del comune fiorentino , che del resto raccoglie e riflette in sé la vita degli altri comuni italiani che non ebbero letteratura . V . Dante rappresenta il popolo vecchio . Gli Elisei , ceppo di sua gente , vantavano sangue romano , un cavaliere di Carlomagno , un gentiluomo di compagnia d ' Arrigo II , un crociato cavaliere di Corrado III e martire della fede ; tennero parte ghibellina , e aveano castella in contado e torri in città . Gli Alighieri , diramatine al tempo dei consoli , seguitarono in vece parte guelfa , e furono della nobiltà del primo popolo : Brunetto , zio di Dante , era guardia al carroccio nella battaglia di Montaperto contro i ghibellini cesarei , come Dante combatté a Campaldino contro i ghibellini feudali . Cresciuto così tra memorie gentilizie e tradizioni guelfe , egli difese con le armi il governo del 1882 e l ' ornò con gli studii . In quella primavera della storia fiorentina che durò dall''82 al '93 e anche al 1300 , quando tra il popolo nuovo e le vecchie famiglie che avevano accettato la constituzione borghese era tregua che pareva pace , era accordo che pareva fusione ; quando la vita repubblicana abbellivasi ancora di fogge cavalleresche per le fósche vie non più asserragliate passava la « festa del dio d ' amore » , Dante prese dalla parte più severa dell ' anterior generazione la poesia lirica , quella poesia che , provenuta dall ' elemento cavalleresco , cantava già civilmente l ' amore come principio di gentilezza e salute , come instrumento e forma in somma di perfezionamento morale ; la prese e compenetrò di dottrine scolastiche per sollevarla a un ideale immateriato di meditazione e contemplazione mistica . Egli « trasse fuori le nuove rime » contro gli antichi trovatori : cioè l ' opera sua giovanile , che consiste nel recare l ' astrazione e la spiritualità dell ' amore e della poesia al più alto punto che mai toccassero , fu anch ' ella un ' opera di reazione intellettuale e morale del nuovo comune contro la corruzione monarchica e aristocratica dell ' impero di Federico II , contro l ' averroismo della corte sveva , l ' epicureismo di Farinata e dei ghibellini toscani , la sensualità della poesia siciliana e di parte imperiale : Dante scriveva le rime della Vita nuova in quegli anni stessi che l ' una dopo l ' altra , e l ' una a canto all ' altra , quasi per incanto , sorgevano le chiese bellissime di Firenze , Santa Maria Novella , Santa Croce , Santa Maria del fiore . Ma a rompere quella processione di visioni ove tutto è sovrumano , a fugare quelle forme angeliche ondeggianti nell ' azzurro infinito , a richiudere il cielo , sopravvenne non tanto la morte di Beatrice quanto Giano della Bella con gli Ordinamenti di giustizia , i quali escludevano dallo stato tutte le antiche famiglie che non lavorassero o non inscrivessero i loro nomi alle arti . Dante si segnò speziale , e diedesi a studi più gravi di filosofia e di arte civile sempre negl ' intendimenti , di ristaurazione e progresso a un tempo , del Comune . Così il Convito è la prima opera italiana , ove l ' elemento nazionale si manifesti con un ben determinato concetto sì della scienza sì delle forme antiche , e con la trattazione per volgare delle materie scolastiche segna a un ' ora il primo passo alla secolarizzazione della scienza e alla confermazione classica dell ' arte nuova . E il poeta aveva dalla parte sua fatto di tutto per seguitare il rapido corso della democrazia , si era adoperato del suo meglio per entrare come nella civiltà del comune così nella vita pratica del popolo nuovo : egli ambasciatore , egli priore , egli fin sindaco sulle strade : quando venne d ' un tratto il colpo di stato di Corso Donati e degli oligarchi alleati di parte guelfa a spazzar via il partito bianco , che fu come la Gironda della repubblica fiorentina . Dante esule sentì finalmente che ogni rivendicazione pacifica e legale tornava oramai impossibile , che il popolo vecchio aveva finito , che le antiche famiglie , le quali obliando tutto il glorioso passato non iscendessero a patti prima co ' tiranni del momento poi col nuovo ordine di cose , erano destinate inesorabilmente a consumarsi rabbiose nell ' esilio o a languire innominate in domestiche relegazioni entro quella patria che più non le conosceva . Le memorie soavi della giovinezza , le nobili ambizioni della virilità , le speranze di un bello e riposato vivere tra le vecchie tradizioni e le glorie nuove nella patria felice : tutto era perduto . E in lui risorse l ' antico aristocratico : dimenticò suo zio Brunetto e il carroccio , dimenticò Campaldino e il priorato , per ricordare soltanto gli avi suoi romani , gli avi suoi crociati , gli avi suoi cavalieri di Carlomagno , di Arrigo II , di Corrado III . Nella espansione vertiginosa del comune non vide che anarchia ; nella esuberanza della vita economica e commerciale non vide che corruzione ; nell ' affollarsi della plebe al conquisto dei diritti politici non vide che villani puzzolenti d ' Aguglione e di Signa , che villan rifatti figliuoli di padri accattoni , i quali andavano già alla cerca in Semifonte e ora chiudevano le porte della patria su ' l petto a lui , sangue romano , che per amor della patria si era fatto speziale . E al comune toscano incanagliato preferì le corti dell ' alta Italia : « S ' io son fatto romano e tu lombardo » , rinfacciavagli sin da quei giorni l ' Angiolieri senese , e Giuseppe Ferrari ben qualificò da questo lato la Divina Commedia per il poema della tirannia italiana . Perocché Dante per dispetto del presente ritornò non tanto al tempo di Federico II , da cui , pur ammirando egli quel diffuso splendore di civiltà profana , le credenze sue religiose e le opinioni filosofiche e l ' indirizzo de ' suoi studii e i ricordi de ' suoi giovenili sentimenti aborrivano , ma al tempo del buon Federico I , sotto il cui imperial protettorato il popolo vecchio delle città italiane avrebbe dopo la pace di Costanza con miglior senno potuto ordinarsi a regolata aristocrazia ; tornò anche più a dietro , e invidiò i tempi beati di Cacciaguida , quando Firenze aveva confine il Galluzzo . Da ciò all ' unità d ' Italia ci corre . E pure come smisuratamente , nel rimpicciolimento de ' concetti politici e delle passioni di parte , come smisuratamente si svolse e crebbe oltre i termini nostri quell ' animo e quell ' ingegno ! Quanto mai devono l ' Italia e l ' arte e il mondo a quell ' esilio , che d ' un priore fiorentino , d ' un poeta elegiaco , d ' un trattatista scolastico , fece l ' uomo fatale , il cui severo profilo , nel quale disegnasi tutta un ' epoca della storia umana , domina i secoli , ne fece , dico , il profeta non nazionale , ma europeo , ma cristiano , dell ' evo medio ! Profeta , ho detto ; e Dante in vero , come i profeti del popolo ebreo , ebbe un ideale del passato : quanti passi innanzi aveva fatti l ' Italia comunale nelle idee politiche e sociali , tanti egli ne fece per indietro : la sua Roma , « che il buon tempo feo » con i suoi due soli ( perocché è un degli ardimenti di Dante di aver sollevato l ' imperatore dal grado di luna , a cui il medio evo l ' avea confinato , a quel di sole , per agguagliarlo al pontefice ) , la sua Roma è la Roma di Costantino e di Giustiniano : quel paradiso , che con i suoi nove cieli concentrici quasi con altrettanti cerchi di adamante racchiude e sòffoca la terra , ha la sembianza d ' una cupola bizantina , sotto la cui stretta volta smaltata ad oro e azzurro il poeta contempli , figurato in rigido musaico , lo aggreggiarsi pacifico , uniforme , monotono , dei regni e dei popoli , dei signori e dei Comuni , nella monarchia di Dio , sotto lo scettro dell ' imperatore , sotto il pastorale del papa . E ciò quando i mercanti fiorentini segnavano schernevolmente nei loro libri di banco le partite inesigibili a conto d ' Arrigo di Lucimburgo imperator di Lamagna , quando del papa il re di Francia aveva fatto un suo cappellano , quando l ' uman pensiero cominciava già ad irrompere nel sacrario della teologia e della scolastica dietro la scienza e la libertà , a quel modo onde un de ' contemporanei antisegnani di quelle , Raimondo Lullo , aveva , essendo ancor cavaliere , seguìto galoppando a cavallo la dama de ' suoi pensieri entro la chiesa di Maiorca . E all ' idea sociale e politica risponde nella maggiore opera di Dante il concepimento estetico . Egli giunse a tempo a raccogliere in sé i riverberi delle mille visioni del medio evo e a rispecchiarli potentemente uniti su ' l mondo ; giunse a tempo a chiudere con un monumento gigantesco l ' età dell ' allegoria . Egli , in quel secolo stesso che le cattedrali di Germania e d ' Italia rimanevano interrotte per non essere riprese più mai ; egli , come per uno di quegl ' incanti o di quei miracoli de ' quali intorno alla fabbrica di quelle cattedrali favoleggiavasi ; egli , nella solitudine dell ' esilio , in una notte di dolore , imaginò , disegnò , distribuì , adornò , dipinse , finì in tutti i minimi particolari , il suo monumento gigantesco , il domo e la tomba del medio evo . Havvi momenti storici in che le nazioni , dopo lente e lunghe modificazioni che per una parte hanno operato su la religione e per l ' altra hanno dalla religione ricevuto , giungono quasi a identificarsi con essa religione nei sentimenti e nelle idee , nei costumi e nelle instituzioni : allora la religione prende quasi il carattere della nazione , e la nazione quel della religione alla sua volta : in cotesti momenti solo è possibile la epopea religiosa a un tempo e politica . Ciò dopo Pier Damiano , Francesco d ' Assisi , Tommaso d ' Aquino , Bonaventura da Bagnorea , dopo Gregorio VII ed Innocenzo III , vivente Bonifazio VIII , in quegli ultimi dieci anni del secolo XIII che furono la primavera della democrazia e dell ' arte toscana e dell ' anima di Dante , era avvenuto del cattolicismo rispetto all ' Italia . Ora Dante , com ' è natura de ' poeti veramente grandi di rappresentare e conchiudere un grande passato , Dante fu l ' Omero di cotesto momento di civiltà . Ma son momenti che presto passano ; e i diversi elementi , dopo incontratisi nelle loro correnti , riprendono ognun la sua via . Per ciò avvenne che della Divina Commedia , rimanendo vivo tutto che è concezione e rappresentazione individuale , fosse già antica fin nel Trecento la forma primigenia , la visione teologica : per ciò Dante non ebbe successori in integro . Egli discese di paradiso portando seco le chiavi dell ' altro mondo , e le gettò nell ' abisso del passato : niuno le ha più ritrovate . VI . Il Petrarca , figliuolo d ' un notaio venuto dall ' Incisa , rappresenta quella parte più eletta del popolo nuovo che sorse intorno a Giano della Bella o poco dopo lui ; ritrae moralmente dai Bianchi , dei quali il padre suo partecipò gli affetti politici e la sorte , meglio di Dante , che tratto fra loro dal corso degli avvenimenti se ne distaccò poi bruscamente ; e ciò tutto rappresenta e ritrae con tanto più nobile e più pura astrazione , quanto egli visse lontano da Firenze e dagli affari e dai turbamenti delle parti . E come quegli che vide sol da lontano e senza passioni la vita dei comuni d ' Italia , allargò il nome e l ' affetto di patria : per lui l ' Italia non è il giardino dell ' impero né la polledra indomita che il Cesare tedesco ha da inforcare , ella è la gloriosa nazione romana che si stende dall ' Alpi al mare e che dee sterminare da sé ogni straniero , ogni barbaro : egli creò il concetto o l ' ideale letterario d ' un ' Italia . Ancora : come quegli che secondo gl ' instinti suoi nobili rappresentò l ' elemento italico del popolo nuovo , specialmente nella tendenza alla ristorazione delle instituzioni e della civiltà antica , così egli sollevò l ' idea del comune fino alla repubblica degli Scipioni . Per l ' impero fu freddissimo , senza amore e senza odio ; sebbene qualche volta sentì e confessò riciso esser nome vano senza soggetto ; sebbene altra volta , dopo la mala prova della repubblica di Cola , alle lusinghe di Carlo di Lussemburgo rispose con un omaggio da antiquario inviandogli certe monete romane ( il povero imperatore avrebbe tolto invece fiorini ) e molti conforti a venir in Italia e ricalcar le orme degli Augusti e de ' Traiani , non senza rampogne d ' inerzia e d ' inettitudine . Odiò la corte romana e assalse la chiesa corrotta con tanta ira che parve poi ribellione ; sebbene egli rimanesse intimamente devoto , ma non , come Dante , religioso essenzialmente . Con queste affezioni e con questi istinti affrettò l ' uscita dal medio evo . Come il popolo , di cui era nato , invocava di quando in quando la balía di un re o di un signore , così egli non rigettò le grazie de ' príncipi , alla cui protezione del resto anche Dante erasi male affidato ; e , se vi lasciaste ingannare alle brutte forme della sua retorica latina , parrebbe che gli adulasse . Non è vero : niuno sentì così fieramente l ' eguaglianza democratica e la dignità umana in conspetto agli ordini privilegiati e prepossenti . Il Petrarca nella vita letteraria prosegue a modo suo l ' opera di Giano della Bella : che anzi nella esortatoria a Cola di Rienzo l ' odio suo contro i grandi oltrepassa gli ordinamenti di giustizia , e in quel bando di persecuzione e di sterminio diresti che il « dolce testor degli amorosi detti » rasentasse alcuna volta la feroce eloquenza dell ' « Amico del Popolo » . Letterato , si lasciò richiedere e desiderare ai principi , li trattò graziosamente da pari a pari , fe ' sentire ai tiranni guelfi e ghibellini , ai re di Napoli e d ' Ungheria , all ' imperatore e al papa esservi al mondo oramai un ' altra potenza , crescente ogni di più e tendente a cacciar di luogo quella della nascita e della spada , la potenza del pensiero . Niuno onorò in sé e fece onorata da popoli e principi l ' arte e la dottrina meglio e più del Petrarca : niuno fece rispettare e ammirare il popolo d ' Italia , che dalle sue città piene di gloria e lavoro chiedeva i titoli di nobiltà non ai secoli passati ma agli avvenire , non all ' imperatore ma al mondo , niuno , dico , fece riverire e ammirare all ' Europa feudale cotesto popolo di borghesi ribelli meglio e più del Petrarca , di questo figliuolo d ' un notaio fiorentino , al quale i re s ' inchinavano . La incoronazione di lui in Campidoglio , tra il popolo plaudente , con la fortunata assenza del papa e dell ' imperatore , fu come la sacra del Rinascimento in mezzo all ' Europa nel medio evo : su la quale , a grande augumento della civiltà , egli esercitò nel tempo suo quella medesima dittatura , anzi legislazione dell ' ingegno e dell ' arte , che esercitarono poi su ' l secolo XVI Erasmo di Rotterdam e sul XVIII il Voltaire . Come artista , egli , uscito di un popolo che faceva constituzioni e commerci , non comprese il mondo fantastico e avventuriere del medio evo , e sentì che era finito co ' poemi francesi ; sentì che anche il mondo soprannaturale cristiano erasi chiuso con Dante , e non avea certo l ' intuizione universale di lui ; del mondo antico non sentì che le forme , e non le migliori . Ma sentì in sé l ' uomo ; e mentre gl ' infiniti lirici del medio evo , francesi , tedeschi , italiani , dei quali è mal vezzo di critici superficiali e ripetitori l ' accusarlo imitatore , lui originalissimo e che deve agli antecessori suoi solo qualche frase di cattivo gusto , mentre quei lirici cantarono o il senso ben limitato o l ' idea molto indeterminata , egli scoprì in sé e rivelò l ' uomo ; l ' uomo del medio evo , a cui la natura ha cominciato a rifavellare da ' libri de ' poeti antichi , l ' uomo del medio evo in contrasto tra la materia e la forma , tra il senso e lo spirito , tra il cristiano e il pagano . E questo contrasto ei lo prese ad analizzare e a svolgere sottilmente , finamente , profondamente , per ogni verso , con tutta leggerezza di tócco , con tutta delicatezza di ombreggiamento , con tutta misura , senza lasciarsi vincer la mano alla passione inestetica . Riprese l ' opera giovanile di Dante , movendo anch ' egli dall ' antecedente lirica cavalleresca : ma Dante risalì o si smarrì nel misticismo , il Petrarca ritornò al naturalismo ideale , e anche per questa parte apre l ' età del Rinascimento . VII . Dante e il Petrarca avean mosso ambedue dal medio evo e dal principio cavalleresco : Dante poi erasi fermato al principio ecclesiastico e alle sue forme , la visione e l ' allegoria . Contro l ' uno e l ' altro di questi principii insorge ora il più fervido ammiratore di Dante , l ' amico più affettuoso del Petrarca , Giovanni Boccaccio , cittadin fiorentino . Il Boccaccio era nipote a un Chellino venuto a città dal contado di Val d ' Elsa , da Certaldo che allora aveva nome soltanto dalle cipolle che produce in copia ; apparteneva dunque a quella cittadinanza che Dante spregiava di cuore , « la cittadinanza , ch ' è or mista Di Campi , di Certaldo e di Figghine » ; e la nobil donna , de ' cui fastidi il certaldese si vendicò nel Corbaccio , poteva bene mandargli a dire « Torni a sarchiar le cipolle e lasci star le gentildonne » . Più : egli era nato a Parigi dagli amori non consecrati di suo padre mercante con una donna francese . Plebeo , bastardo , e con sangue parigino dentro le vene , il gran distruttore dell ' amore cavalleresco e dell ' ideale monastico è il più sicuro rappresentante di quel popolo grasso del secolo XIV , che finì di ricoprire con la sua alluvione il popolo vecchio e l ' Italia del secolo XIII . Egli è il vero borghese italiano del Trecento ; se non quanto , non ostante la pompa delle sue allusioni , delle sue erudizioni , del suo stile , non ostante l ' ammirazione e devozione sua all ' aristocrazia dell ' ingegno , egli piega inconsciamente verso i Ciompi ; però che anch ' egli intende a distruggere ciò ch ' era stato venerato fin allora . Come uomo e cittadino , è repubblicano più francamente del Petrarca ; più francamente e finamente di lui deride l ' imperatore e l ' impero : anche , rimprovera l ' amico del frequentare ch ' ei fa i tiranni lombardi : non fioretta panegirici ai re , e poco usa a corte , se non da giovane e per amoreggiarne le figliuole : al suo comune e ai cittadini dice aspre verità , ma quello serve e con questi si trova a suo agio ; non gli odia come Dante , non gli sfugge come il Petrarca , ne studia il ridicolo . Una sola grandezza v ' è , della quale egli si fa volentieri cortigiano , che egli ama di amor più tenero che non le donne : la grandezza dell ' ingegno . L ' ideale suo è tutto soggettivo : l ' arte . E per ciò , riproduttore largo e indifferente , diresti ch ' e ' cercasse di fondare come il Goethe una letteratura eclettica : certo , fece anche egli le sue prove in tutt ' i generi , nella visione allegorica di Dante , nella lirica amorosa del Petrarca , nella epopea antica , nella epopea cavalleresca , nel romanzo d ' avventura , nel racconto mitologico , nella leggenda , nella satira , nell ' orazione , nell ' ecloga e nell ' idillio , nella geografia , nella mitologia , nella filologia e nella erudizione ; e riesce solo quando scende al reale , quando rappresenta il sensuale , il sensuale , dico , nel migliore e peggior significato : del reale è veramente pittore , anzi scultore , miracoloso . Ma , se pone l ' arte in cima d ' ogni idea , non per ciò egli è scrittore ozioso , non per ciò egli sbizzarrisce soltanto . Il Decameron non fu scritto , come una ignorante e parzial critica afferma , per trarre l ' Italia al bordello : il Decameron fu opera d ' opposizione contro il principio cavalleresco ed ecclesiastico . Ricordiamo che le cento novelle s ' incoronano con la « Griselda » , stupenda rappresentazione della donna del dovere , glorioso trionfo della donna moglie e madre , come cavalieri e frati non volevano che la donna fosse . Contro cavalieri e frati , e contro i borghesi in parte , il ridicolo , il grottesco , il triviale e il sublime , sì , anche il sublime , sono in cotesta grande commedia umana del plebeo certaldese adoperati come niuno gli adoperò dopo Aristofane e avanti il Molière . Il Decameron , la commedia umana di Giovanni Boccaccio , è la sola opera comparabile per universalità alla Commedia divina di Dante . Due grandi artisti , con intendimenti diversi , da opposti lati , sorpresero e abbracciarono tutt ' insieme con un olimpico sguardo due mondi antipodi , e gl ' improntarono vivi e spiranti in tale una materia e forma , che è marmo per lo splendore e la durata , cristallo per la trasparenza . VIII . Così in Dante nel Petrarca nel Boccaccio si raccoglie la somma della letteratura del secolo decimoquarto , del periodo del comune ; nel quale il principio nazionale con i suoi due elementi romano e italico s ' equilibrò da prima e poi prevalse agli altri principii : s ' equilibrò nell ' opera di Dante al principio ecclesiastico , trasformò in quella del Petrarca il principio cavalleresco , e all ' uno e all ' altro prevalse in quella del Boccaccio . Così Dante , il Petrarca , il Boccaccio , accogliendo in sé il secolo XIV , quel secolo , cioè , nel quale il movimento democratico dei comuni attinse l ' ultima velocità e pienezza , diedero ancora alla letteratura nazionale la materia e gl ' instrumenti e le forme che meglio fiorirono nell ' età migliori e che durano ancora : Dante , la lingua lo stile e gli animi a tutta la poesia ; il Petrarca , i metri e le forme alla lirica ; il Boccaccio , l ' ottava e il periodo alla epopea e alla prosa del Rinascimento . E come il Rinascimento muove da essi , così nelle opere loro è in germe il fiore lussureggiante dell ' arte del Cinquecento : v ' è quel carattere speciale che fu proprio della nostra letteratura e pe ' l quale ella è quasi mezzo tra l ' arte antica e l ' arte del medio evo , tra la Grecia e la Germania ; quel , come uno scrittor tedesco lo chiama , non pure presentimento , nato da affinità , del bello classico , ma vera affinità elettiva con quello spirito d ' intelligente e discreta proporzione in tutte cose che è l ' essenza fondamentale di esso bello , con quella sofrosine in opposizione alla stravaganza senza forma e senza misura che domina le rappresentazioni medioevali . Se non che , mentre il Petrarca e il Boccaccio furono subito fatti famigliari alla lontana Inghilterra dallo Chaucer , ed ebbero poco di poi la cittadinanza in tutte le nuove letterature ; mentre il Petrarca restò lungamente modello alla lirica non pure italiana , ma francese e spagnola , ma tedesca e inglese ; mentre non pur le forme del Boccaccio si perennarono nei novellatori italiani e francesi del secolo XV e XVI ma ne rivissero gli spiriti nel Machiavelli e nell ' Ariosto comici , nel Rabelais , nel Molière , nel Voltaire , nel Lessing ; scarso per contro e debole fu l ' influsso di Dante , sebbene la singolar grandezza sua fosse , massime in Italia , riconosciuta sempre . Anche il suo metro , la mistica terzina , ch ' egli creò veramente quasi risonante segno della sua venerazione al cabalistico tre continuamente rintrecciantesi nel nove , non ebbe quella splendida posterità che la ottava limitata del novellatore : non ebbe la Divina Commedia tra noi altro che pallide imitazioni nella parte dottrinale e allegorica , il Dittamondo e il Quadriregio ; al di fuori , appena una traduzione francese di quel secolo stesso , che , per trovarsi in solo un codice , è da credere fosse più che altro uno studio individuale ; ebbe invece ben presto , e in poco più che cent ' anni , tre versioni nella cattolica Spagna e imitatore valente un baron castigliano . Or vengano i soliti critici a rimproverare all ' Italia l ' abbandono delle tradizioni dantesche . E già , se non intendano delle tradizioni di stile e di forma e di pura poesia , che non sarebbe vero ; se per avventura non pretendono che tutta la nostra letteratura fosse una continua e fedel ripetizione della Commedia ; che cosa sono allora coteste tradizioni dantesche ? la filosofia di san Tommaso ? la mistica di Dionigi Areopagita e d ' Ugo o di Riccardo da San Vittore ? la visione teologica ? l ' allegoria ? l ' impero del buon Barbarossa o di Giustiniano santo ? l ' età dell ' oro di Cacciaguida ? il concerto di maledizioni a tutt ' i comuni d ' Italia ? Dante stesso ci narra come egli dopo la morte di Beatrice si lasciasse movere ai segni di pietà che scòrse in viso di una donna gentile , e tanto se ne lasciasse poi attrarre da darsi per qualche tempo in signoria di lei , dimenticando la gentilissima Beatrice passata al reame ove gli angeli hanno pace . Quella nuova donna gentile era , com ' egli stesso ci afferma , la filosofia , e gli toccò poi smarrirsi nella selva a ruinare in basso loco , e gli bisognò attraversare il centro della terra , per ritornare alla sua Beatrice beata , alla Beatrice trasfigurata , alla Beatrice teologale . Egli dunque , l ' uomo del medio evo , ritornò a Beatrice ; ma l ' Italia non più mai . IX . Un ' ultima osservazione resta a fare . La poesia delle altre genti d ' Europa , divenute nazioni molto prima della italiana , ebbe anche oltre le forme un contenuto nazionale : i Nibelunghi rappresentano i Germani delle migrazioni , i romanzi francesi cantano le glorie dell ' impero di Carlomagno e la lotta della feudalità co ' discendenti di lui , quelli spagnoli la guerra continuata con gli invasori . La poesia italiana , tardiva come la nazione , non ha un fondo nazionale : la Commedia , il Canzoniere , il Decameron sono per il contenuto più presto europei , cristiani o umani , che non italiani . Ricordiamo che l ' elemento popolare risorse nella penisola come romano , e che l ' Italia appariva a Dante come il giardino dell ' impero , al Petrarca come la sede della repubblica degli Scipioni . Di qui avvenne che i nostri cercassero le loro tradizioni nazionali nell ' antichità , e la parte epica della storia italiana consista nelle origini troiane o romane delle città e nella derivazione delle famiglie nobili dagli ultimi romani che contrastarono ai barbari : Virgilio , Lucano , Claudiano erano sempre i poeti di nostra gente ; Cesare , Livio , Sallustio , gli storici . E l ' Italia , in quello stesso che non aveva la conscienza di nazione moderna , sentivasi , nella sua continuazione romana , la capitale d ' Europa . I nostri poeti quindi vennero a compiere e a nobilitare il medio evo con le forme antiche , come poeti dell ' Europa cristiana , dell ' occidente latino . Ecco : Dante dà la consecrazione cattolica e classica a tutte le visioni dell ' oltremondo smarrite per le isole brittaniche , per la Germania e la Francia : il Petrarca chiude il ciclo dei poeti d ' amore provenzali , francesi , tedeschi , nel suo virgiliano « bosco degli ombrosi mirti » : il Boccaccio raccoglie le pietruzze dai conti dai favolelli dalle leggende di tutti i giullari e menestrelli per istoriarne il suo musaico romano . Quel che le altre nazioni produssero singolo , staccato , informe , in Italia è uno , armonico , vivo . La terra dei comuni non può restringersi troppo tosto nella esclusività di nazione : come i suoi padri con le armi , ella conquista con l ' arte tutti i paesi : come l ' impero e la chiesa cattolica , onde ella eredita , diedero la cittadinanza romana a tutti i corpi e a tutte le anime , così ella la dà a tutte le tradizioni , a tutte le idee : dà alla turbolenta rappresentanza del medio evo germanico la forma artistica antica e lo spirito nuovo sociale , creando la letteratura universale del Rinascimento . E tutto ciò fu fatto nello spazio di tre generazioni da tre uomini di Firenze : così il comune specchia l ' umanità . DISCORSO QUARTO Del Quattrocento : il rinascimento e la federazione ; la letteratura dotta e la popolare . I . Nominanza non buona ha tra i secoli della coltura italiana il decimoquinto ; e gli nuoce forse più ch ' altro la gloria grande della età che gli fu innanzi e di quella che dopo . Gli storici della nostra letteratura , attratti agli splendori del Trecento e del Cinquecento , cercano solo in que ' due secoli le manifestazioni della vita italiana nell ' arte , e , pur trovandole tanto diverse tra loro , di quella diversità non curano indagar le ragioni o ne recano di tali che potrebbero al più valer per le forme : nel Quattrocento poi non veggono che densa barbarie e ricrudescenza di vecchiume e brulicame di pedanteria , dove galleggia , non si sa come , il Boiardo e il Poliziano , e onde emergono il Bembo e il Sannazzaro , il Machiavello e l ' Ariosto , così la storia della letteratura , la storia cioè de ' mutamenti e degli avvenimenti de arte , mutamenti e avvenimenti che procedendo dalle facoltà intellettuali e morali dell ' uomo hanno uno svolgimento tutto graduale e coordinato , si cambia per molti in una storia di miracoli . O , meglio , così certi geografi , conosciuti da Plutarco , i paesi a loro ignoti sopprimevano nelle estremità di lor tavole , notando ne ' margini che al di là erano secche arene e torbida palude o freddo scitico o mare agghiacciato . Ma perché la produzione letteraria del Cinquecento è tanto ricca e svariata e lieta in confronto a quella del Trecento che per parte sua è più profonda più comprensiva più vera ? Perché tanta differenza tra la poesia di Dante e quella dell ' Ariosto ? E quale delle due risponde meglio al genio del popolo italiano ? quale ne rende meglio gli spiriti ? e come si trasmutò o come si fermò questo genio , che dall ' una si potesse passare all ' altra ? Dalla risposta a tali dimande si avrà la piena intelligenza del generale svolgimento della letteratura nazionale ; e quella risposta non saprei richiederla che allo studio su le mutazioni della vita intellettuale italiana nel secolo XV , il quale non fu né di sosta né di scadimento , ma di fermentazione e di maggior dichiarazione del carattere e del sentimento italiano . Né altrimenti poteva essere il secolo , nel quale l ' Europa vide fermarsi le diverse nazionalità e gli ordini politici tuttora esistenti , e , nel cominciato dissidio tra il ragionamento e la fede , il pensiero umano in faccia alle presentite battaglie armarsi di nuovi e stupendi trovati ; il secolo nel quale non fu speranza agl ' italiani dolorosa e scherno agli estranei miserabile la indipendenza d ' Italia , e Italia vide lo scoprimento del nuovo e il ritrovamento dell ' antico mondo compiuto da soli quasi italiani , e fiorire nelle lettere insieme il Belcari ed il Poggio , il Pulci e il Ficino , il Boiardo e il Pontano , e Lorenzo de ' Medici e il Savonarola . II . Le novissime parole su la grande letteratura del secolo XIV , con la espressione del presentimento , radamente vano , che ha della debolezza de ' suoi successori ogni generazione vigorosa , furono dette da Franco Sacchetti nella canzone per la morte del Boccaccio : Sonati sono i corni D ' ogni parte a ricolta : La stagione è rivolta : Se tornerà non so , ma credo tardi . E in vero come disco su la fine del corso segna ancora per la forza del primo impulso alcuni giri nella rena , poi vacilla , poi cade ; così , su ' l declinare del Trecento e ' l cominciare del secolo di poi , la letteratura toscana divenuta per virtù del triumvirato italiana . Ora di quello scoramento e di quella diminuzione di pensieri e di produzioni debbonsi cercare più sottilmente le cause . Unico Dante aveva potuto rivolgere laicamente il principio religioso ad una sua grande concezione artistica , del resto più tosto cristiana che nazionale , più tosto europea che italiana . Del principio cavalleresco il Petrarca aveva saputo trasformare classicamente l ' elemento soggettivo lirico : l ' elemento oggettivo ed epico era stato incominciato a lavorare con sola intenzione e a solo fine di arte dal Boccaccio ne ' suoi poemi . Quanto al principio nazionale , la restaurazione della tradizion romana nell ' idea di stato e di patria e nelle forme civili , e con ciò della tradizion virgiliana e tulliana nell ' arte e nello stile , la restaurazione in somma della tradizione solenne aristocratica unitaria , era stata in gran parte operata per intiero e in altre parti tentata felicemente da tutti tre insieme quei grandi scrittori : ma il Boccaccio poi rappresentava meglio nell ' opera sua maggiore la tradizione italica di varietà , di libertà , di resistenza , la tradizione democratica e federale di Nevio , di Lucilio , di Plauto . La Divina Commedia , ammirata , venerata , ma solitaria , rimaneva quasi monumento di un favoloso gigante , che gli uomini contemplano stupiti , ma che non lascia addentellato alle costruzioni di una generazione minore , che niuno osa abitare , niuno edificarvi appresso , e sorge come avvolto nell ' ombra di una sacra paura : la luce della visione allegorica già abbuiatasi nel Quadriregio finisce spegnendosi in alcuni poemi inferiori nominati appena dai dotti . È pur forza persuadersene : Dante nella vita del popolo italiano è una apparizion singolare : più che romano o italico , lo direste etrusco : vissuto un po ' prima , nel secolo duodecimo , egli avrebbe forse suscitato una letteratura religiosa e ideale , ma più civile che non fosse poi quella della Spagna cattolica , ma più pratica che non quella della panteistica Germania : fiorito nel Trecento , di vivo ed effettuale non lasciò che il movimento impresso alla lingua , il lavoro poetico , la passione sua , e non è poco ; ma l ' essersi vent ' anni dopo la Commedia potuto comporre e universalmente ammirare il Decameron , prova che l ' idea fondamentale , l ' anima di quella era sparita , era fuggita dalla nazione . Tanto ciò è vero , che la forma dell ' epopea dantesca servì nel Quattrocento al Medici per la satira comica de ' Beoni , e la solenne terzina andò a finire ne ' capitoli berneschi ; mentre l ' ottava del novellatore , del Filocopo , della Teseide , del Ninfale , divenne di più in più popolare , visse di florida vita , maestrevolmente coltivata dal Poliziano , dall ' Ariosto , dal Tasso . Della poesia del Petrarca il contenuto era molto inferiore al dantesco e più limitato il campo , ma quello più comprensibile e a più , più accessibile questo : onde gli effetti furono più larghi e più duraturi . Se non che , anche del Petrarca le forme anzi che altro rimasero : le forme che eccitavano il vagheggiamento lo studio la imitazione , perché meglio mostravano il lavorio , a dir vero finissimo e meraviglioso : onde tutt ' insieme esercitarono non inutilmente le facoltà artistiche dei successori . Ma l ' intima poesia del canzoniere non poteva , come s ' intende facilmente , essere riprodotta : ci voleva quell ' anima e quella vita : onde che la elegia psicologica del Petrarca , già svaporata nelle eleganti fantasiucce del Montemagno , inacidì ben presto tra le frasi contorte o pedantesche di Cino Rinuccini e coetanei , e svanì del tutto nelle lievi imitazioni di Giusto de ' Conti . Rimaneva il Boccaccio ; il cui ingegno eclettico , oggettivo , sensuale , meglio accordavasi al genio del popolo italiano ; la cui opera molteplice , con la rappresentazione della vita reale nelle novelle , col rimaneggiamento non epico ma romanzesco della materia cavalleresca ne ' poemi d ' argomento medioevale , colla riproduzione del fantastico dell ' arte antica innovellato ne ' poemi d ' argomento classico , fornì gli esempi e le norme al lavoro delle generazioni posteriori , che meno distratte dalla agitazione politica e nulla preoccupate dal sentimento religioso dovevano essere più artistiche se meno poetiche . Ma e il Boccaccio e gli altri maggiori del Trecento , quantunque traessero intenzioni e modi dall ' età loro , tuttavia nei concepimenti dell ' arte e nell ' uso della dottrina di troppo avanzarono i contemporanei e i prossimi successori , i quali non avevano più né forze né mezzi ad aiutare e continuare adeguatamente il rinnovamento da quelli promosso . Anche : è vero che i tre grandi scrittori del Trecento improntarono saldamente e immutabilmente alla nuova produzione letteraria un suggello nazionale ; ma l ' opera fu , più che altro , individuale , e toscano l ' instrumento e la materia . Occorreva adunque esercitar le forze e mettere in comune i mezzi del lavoro artistico , per aggiungere quel grado di perfezione , per serbare quell ' ideale di bellezza che il gran triumvirato del Trecento avea tócco . Occorreva che l ' opera stessa da individuale divenisse comparativamente sociale , e l ' impronta di toscana si facesse italiana . Il movimento letterario nel Trecento fu parziale , generale nel Cinquecento : il processo fu nel Trecento toscano , italiano nel Cinquecento . Il Quattrocento fu secolo di passaggio ; un po ' staccato , un po ' anarchico , ma tutto fermentante e fecondo di trasformazioni e fenomeni nuovi . Sotto questo aspetto vuolsi studiare il Quattrocento , o , meglio , quella età critica della nostra letteratura che corre dal tumulto de ' Ciompi alla seconda cacciata dei Medici , dal ristabilimento dei papi in Italia e dal primo affermarsi delle signorie in principati regionali fino alla calata di Carlo VIII , dal 1378 al 1494 , dalla morte del Petrarca e del Boccaccio a quella del Boiardo e del Poliziano , dalla morte di Caterina da Siena a Girolamo Savonarola . Ora questa età presenta così negli avvenimenti storici come in quelli della coltura e degli spiriti due periodi nettamente distinti : il primo , nella storia politica , è dello scisma e dei condottieri ; nella letteraria , è del dissidio tra l ' italiano e il latino e della poesia popolare : il secondo , nella storia politica , è della confederazione ordinata e dell ' equilibrio , nella letteraria , è il rinascimento della vita italiana nella forma classica . III . La letteratura dell ' età anteriore , come scintilla dall ' attrito di due massi , come fulmine dallo scontro di due nubi , proruppe dai contrasti della chiesa con l ' impero , e poi del popolo con l ' impero e la chiesa : l ' elemento romano contro il germanico , la borghesia contro la feudalità , la plebe contro la borghesia , il laicismo contro il chiericato , ecco i moventi , o almeno le circostanze di quella letteratura . Ma il papato , conteso per settanta interi anni tra due o tre pretendenti , schiaffeggiato da tutti i principi e dai preti stessi nei concilii di Costanza e Basilea , mentre un soldato di ventura assidevasi nella Marca funesta agli imperatori del secolo XIII segnando le lettere Ex Girifalco nostro firmiano invito Petro et Paulo ; il papato , non che delle ire di Dante e del Petrarca , era indegno oramai degli sghignazzamenti del Boccaccio e del Sacchetti : « Papa Martino non vale un quattrino » , questo distico intonato dietro il successore di Gregorio VII d ' Innocenzo III di Bonifazio VIII dai ragazzi della guelfa Firenze , ecco i paralipomeni dell ' invettiva di san Pietro nel ventisettesimo del Paradiso , ecco la sola poesia degna del papato nel secolo XV . E l ' impero ? A chi importava più dell ' impero in Italia ? L ' ultimo dei lussemburghesi , di quella famiglia che tanti amori e odi di sé aveva eccitati nel secolo prima , Sigismondo , mercanteggi pure a sua posta le alleanze , ingrossi gli stati ereditari , faccia il gendarme ai preti di Costanza ; l ' Italia sa a pena che egli esista . E in Italia intanto la democrazia avea da per tutto ceduto o cedeva il luogo ai tiranni mutantisi in príncipi , e la borghesia con le invidie e paure sue avea sollevato i signori . Chi ricorda come finisse Michele di Lando , il Cavaignac dei Ciompi , dai borghesi , per merito di averli sottratti alla vendetta plebea , cacciato in esilio ? La stessa oscurità che è su la fine dell ' eroe popolare involge il lento venir meno della democrazia fiorentina . Spaventata co ' supplizi , dispersa per gli esili , lusingata , domata forse con la miseria e con la corruzione ad un ' ora , la plebe tace , s ' allontana , sparisce , se non quanto si mostra a bestemmiare i vinti ad applaudire i vincitori padroni . Le grandi casate del popolo grasso costituiscono a poco a poco un ' aristocrazia dell ' oro , avida , inetta , brigante , senza né onore né valore ; e come già ai comuni del Duecento e del Trecento si sovrappose a poco alla volta l ' oligarchia della capital regionale , così tra le famiglie borghesi insorge e soverchia , quasi da parte della plebe e rappresentante e vindice de ' suoi diritti , prima un uomo , poi una famiglia ; e ne riesce il più corruttor de ' governi , il principato civile in uno stato a forme repubblicane . Né i príncipi sentirono più le grandi ambizioni , onde dai popoli troppo spesso si fan perdonare la tirannia : niuno di essi dopo Giovan Galeazzo Visconti ordinò al suo gioielliere la corona d ' Italia . Battaglie ingloriose degli angioini tra loro nel mezzogiorno e nel centro , poi d ' angioini e d ' aragonesi ; schermaglie tra il senato veneto la cui cupidigia non può chiamarsi ambizione , la debolezza di Filippo Maria Visconti e l ' astuzia di Cosimo dei Medici ; e scorrazzare delle masnade di ventura da una parte ad un ' altra , e sorgerne un prode o fortunato od accorto e giungere al regno : ecco i fatti della metà prima del secolo . L ' oscurarsi delle idee , il mancare de ' principii , la incertezza degli stessi avvenimenti avean tolto via quei contrasti fecondi delle passioni e dei pensieri onde risulta la letteratura viva . In verità la sola letteratura a cotesti anni possibile fu quella degli antiquari , che nel fervore dei ritrovamenti e nella adorazione del passato non avean agio da riguardare al presente o non se ne accorgevano , o solo ne coglievano le apparenze mobili e false . In fatti súbito dopo la morte del Boccaccio l ' elemento nazionale cominciò a manifestare nello svolgimento letterario due tendenze diverse : l ' armonia , che nelle opere del triumvirato era stata meravigliosa , tra la ristorazione e l ' innovazione , tra le memorie dell ' antichità e le instituzioni nuove e il sentimento del presente , tra l ' ideale e il reale , tra la nobiltà dei concetti e la popolarità delle forme , si rompe ; e , per l ' una parte , la forza viva popolare , sopraffatta nel Trecento dallo splendore del triumvirato , si risente ora e sbizzarrisce a baldanza in una quasi anarchica foggia di produzione , e il tumulto de ' Ciompi passa dalla piazza nell ' arte , ove par che vada perdendosi ogni decoro , ogni norma , ogni ordine ; per l ' altra la letteratura dotta crede che la tradizione classica basti a sé sola , e tesaurizzando l ' antichità riprende l ' opera della ristorazione romana dai tre grandi fiorentini con devoto ardore incominciata , ma rimasta ben di qua dal termine di perfezione a cui aveano condotto il rinnovamento italiano ; la riprende con intendimenti esclusivi e come fine a sé stessa . Ed ecco : per un Petrarca che andava frugando le città dei barbari in cerca di qualche opera obliata di Cicerone ; per un Boccaccio che saliva trepidante di gioia nella biblioteca di Montecassino tra l ' erba cresciuta grande su ' l pavimento , mentre il vento soffiava libero per le finestre scassinate e le porte lasciate senza serrami scotendo la polvere da lunghi anni ammontata su ' volumi immortali , e sdegnavasi a vederli mancanti de ' quadernetti onde la stupida ignoranza dei monaci avea fatto brevi da vendere alle donne ; per uno , dico , ecco sorgere le diecine di questi devoti dell ' antichità , affrontando pericoli di lunghi viaggi , passando monti e mari , peregrinando poveri e soli per contrade inospitali , tra popoli o avversi o sopettosi , de ' quali non sapevan la lingua , tra tedeschi , tra turchi . Andavano , dicean essi , a liberare i gloriosi padri « dagli ergastoli dei germani e dei galli » . E i baroni dai torrazzi del castello e i servi dalla gleba per avventura ridevano al veder passare quegl ' italiani magri , sparuti , con lo sguardo fisso , con l ' aria trasognata , e salire affannosi le scale ruinate di qualche abbazia gotica , e scenderne raggianti con un codice sotto il braccio : ridevano , e non sapevano che da quel codice era per uscire la parola e la libertà , che dovea radere al suolo quelle torri e spezzare quelle catene ; non sapevano che quei poveri stranieri erano i vati d ' un dio ancora ignoto ma prossimo successore al dio medioevale , immane dio medioevale con la cui sanzione non solo i servi esistevano , ma erano dati cibo ai mastini del barone , e le loro donne arse per istreghe dai monaci . Fino a questi ultimi tempi usò in Italia ridere del fanatismo erudito del Quattrocento ; e più ne ridevano e declamavano i più ignoranti , ai quali è permesso godere i frutti della coltura laica moderna e schernirne i primi operai , perché non ebbero propriamente l ' aria di giardinieri eleganti . Ma è forza ai discreti ammirare la fede e la religione che ebbe per la scienza e per l ' arte il secolo XV , riconoscere il progredimento della società italiana ne ' suoi amori nelle sue passioni intellettive , quando leggesi ( e sia pur un mito ) come il Guarino veronese , perdute per naufragio due casse di libri che trasportava da Costantinopoli , incanutì dal cordoglio , come il Panormita per comperare un Tito Livio vendé un podere , come gli antichi manoscritti rubavansi con lo stesso furore di devozione che secoli innanzi le reliquie dei santi . E a quella guisa che alcuni secoli innanzi l ' un re mandava all ' altro per dono preziosissimo qualche frammento di un legno della croce , così ora la repubblica di Lucca attestava la sua gratitudine al duca Filippo Maria di Milano col presente di due codici ; e Cosimo de ' Medici inviava per tessera di pace ad Alfonso di Napoli un Tito Livio , aperto súbito con avidità grande dal re contro l ' avviso dei cortigiani e dei fisici , i quali coi sospetti d ' allora ammonivano , badasse bene , in quel libro , dono di nemico , potersi ascondere un veleno che solo aspirato uccidesse l ' uomo ; e quel re stesso a udirsi leggere un capitolo di Quinto Curzio guaría dalla febbre . Secolo strano cotesto , in cui i re ed i potenti facevano da cortigiani a poveri grammatici . Cotanto amore sfrenato per la ritrovata antichità prese veramente la forma di superstizione : il furore dei crociati parve rinascere negli eruditi viaggianti in cerca di codici , ma fu una crociata della civiltà : come quella fratellanza degli studi umani per mezzo della lingua latina fu quasi un cattolicismo letterario contro la barbarie e la tirannia spirituale . E testimonianza onesta rendevane Poggio Bracciolini , quando in mezzo a ' chierici del concilio di Costanza e a ' masnadieri di Sigismondo imperatore osava , solo forse in Europa , venerare la gran figura di Girolamo da Praga e accoglier nel cuore gli ultimi accenti dell ' inno che tra il vortice delle fiamme attizzate dallo scettro e dal pastorale quel martire del libero esame cristiano innalzava al trono del suo dio . Ora questo ritorno all ' antichità , il quale contribuì più d ' ogni altra cosa a liberar l ' Europa dai lacci della scolastica e dal carcere tenebroso del medio evo , è senza dubbio il fatto del secolo XV più notato e più notevole : del quale alcuni vorrebbero dar l ' onore ai greci sfuggenti dinanzi alla ruina ottomana , e nel quale altri veggono un furore intempestivo che venne a interrompere il filo delle tradizioni nazionali nell ' arte e impedì lo svolgimento ulteriore dell ' original medio evo . Per noi è la continuazione e l ' esplicazione necessaria del moto di restaurazione del risvegliato elemento romano . Come ? pochi greci passando in Italia avranno informato un secolo intiero e fatto rinascere la letteratura classica qui , dove , pur tacendo del Petrarca e del Boccaccio , fin Tommaso d ' Aquino fu ricercatore avidissimo degli autori antichi ? ove la Divina Commedia fu cominciata in versi latini , ove in latino fu scritta la più antica forse delle tragedie europee , certo la prima d ' argomento moderno , da Albertino Mussato ? La caduta dell ' impero orientale recò nuovi aiuti al classico rinascimento : ma la cagione intrinseca era , lo ripeto , nel genio paesano , allettato anche da quel bisogno di riposo in un ideale artistico determinato , che ogni nazione sente dopo le grandi creazioni prime . L ' idea di ristorazione , e l ' ho avvertito già più d ' una volta in questi discorsi , ebbe gran parte nelle rivoluzioni italiane del medio evo ; o almeno il movimento fu sentito e operato come restaurazione dai nostri . Dante credeva nell ' impero romano , reduce con Cesare , quando che fosse , in Campidoglio , e scriveva latino ; come latino scriveva il Petrarca , aspettando ch ' e ' ritornasse lingua civile dell ' Italia innovata e affrettando co ' voti la repubblica degli Scipioni . E se i cronisti del secolo XIII chiamavano figliuola di Roma Firenze e la dicevano fabbricata da Cesare a imagine di Roma , se i nobili del primo cerchio vantavano sé di puro sangue romano ; potea bene il Poliziano chiamarla anch ' egli città meonia , potea ben dire , come avrebbe detto Catullo della Roma dei tempi suoi , essere in essa trasportato con tutto il suo suolo e con ogni suppellettile Atene . E se i pavesi celebravano offici di santo a Boezio , se Dante d ' accordo col tempo suo metteva in paradiso Traiano e custode al purgatorio Catone , qual meraviglia che il Ficino tentasse d ' intramettere all ' ufficiatura ecclesiastica qualche sentenza di Platone ? E quando Pomponio Leto , per l ' amore dell ' antichità romana a cui aveva consacrato il suo libero e alto animo e la vita innocente , mutava in gentili i nomi cristiani degli ascritti alla sua academia , quando partiva il tempo per calende , quando nell ' annuale dell ' edificazione di Roma si prostrava co ' suoi dinanzi alla statua di Romolo Quirino ; non era ciò una conseguenza , fantastica se volete , ma pur conseguenza , dell ' essere stato il rinascimento italiano inauspicato nel nome di Roma antica e delle antiche instituzioni da Arnaldo ? E osservate : per una parte Paolo II scomunica l ' academia romana e imprigiona gli academici , a quel modo stesso e per quella stessa ragione che l ' arcivescovo di Ravenna aveva nel secolo XI scomunicato il grammatico Vilgardo : per l ' altra Lorenzo Valla , lo scrittore delle eleganze latine , combatte non pure gli aristotelici e gli scolastici in nome della natura e della voluttà , ma la donazione di Constantino e il dominio temporale dei papi in nome della critica storica . IV . Il che tutto se è vero , pur da questo apparrà vana l ' accusa che altri fanno al culto delle risorte lettere latine e greche : cioè dello avere l ' arte italiana per esse smarrito il sentimento e il concetto religioso , abbandonato le tradizioni nazionali , alterato le forme , impoverito la lingua . È vero che il secolo XV non ebbe nei primi cinquanta o sessanta anni scrittori italiani degni di nota : ché tali non sono certamente i poveri imitatori del Petrarca o di Dante , né i continuatori delle leggende ascetiche , e né pure Leon Battista Alberti e quei pochi i quali del Boccaccio ripresero più o meno felicemente lo stile non i modi larghi e vivi della rappresentazione . Ma in quella metà prima del Quattrocento séguita da canto alla corrente un po ' mista e non troppo abondevole della letteratura dotta , séguita dalle sorgive del Duecento e Trecento a devolversi il bel fiume della popolar letteratura , e par che acquisti in cammino maggior copia di acque , e a certi luoghi anche rompendo dilaga per nuove campagne con avviamenti nuovi . Vi sarebbe da mettere insieme una rara e non breve biblioteca di cotesta letteratura popolare , e per ciò quasi tutta anonima , del secolo XV : la quale , in disparte dalle tre grandi opere classiche del Trecento , onde solo accettò certe forme e colori di stile , ebbe largamente coltivati , oltre le novelle e leggende in prosa , i tre generi della poesia , la lirica , la epica , la drammatica . Della lirica popolare del Quattrocento , che trae la vita dal secolo innanzi benché allora fosse più regolata su gli esempi de ' poeti letterati , e che su quelli esempi improntò o modificò le forme retoriche e metriche , poco v ' è a dire , non potendosi né dovendosi qui far dimostrazioni od analisi . Vi scarseggia , se non manca del tutto , l ' elemento epico : nulla che pur da lontano assomigli alla ballata scozzese , alla romanza spagnuola : v ' è in quella vece l ' elemento della novella borghese , satirica e cinica , con le smorfie della farsa . Del resto , la maggior sua materia sono le laudi religiose , le canzoni a ballo , le canzonette e frottole , gli strambotti o rispetti d ' amore : né tra il canto religioso e l ' amoroso v ' è differenza altro che dell ' oggetto ; la intonazione , la espressione , la versificazione è la stessa ne ' due diversi indirizzi : si cantavano i medesimi strambotti alla Vergine e alla donna del cuore , alla rosa di Gerico e alla rosa rossa del balcone : le antiche stampe delle laudi avvertono che « Crocifisso a capo chino » si canta su l ' aria di una delle più sconce ballate . Non è lirica di riflessione come quella de ' migliori poeti de ' due secoli anteriori , e né pur di forma , di pura forma classica , come quella de ' secoli di poi . È lirica di sentimento , e , più che di sentimento , di senso , con tutti i rapimenti e le delicature , ma anche con le volgarità e i traviamenti , del senso : esclamazione enfatica , più che espressione ; improvvisazione abondante in cui il sospiro si smarrisce tra le parole , l ' affetto tra i colori . E con tutto ciò v ' è passione , la passione degli elegiaci latini che fu sublimata e diversamente atteggiata dall ' Ariosto e dal Tasso in Olimpia e in Fiordiligi , in Armida e in Erminia . Del resto , quella lirica vive tutt ' ora , a punto perché è la natural rappresentazione della vita affettiva del popolo nostro , vive materiata nei canti popolari che si van raccogliendo per le diverse regioni d ' Italia , vive idealizzata nella nostra opera in musica dal Cimarosa al Rossini . Più notevoli , per la opposizione tra la materia e il lavoro , per la complicazione dei soggetti con l ' opera , sono la epica e la drammatica popolare del Quattrocento . Il popolo italiano era risorto pagano e classico , e ciò non per tanto nel secolo XV lavora e rilavora la materia cavalleresca e cristiana . Né poteva altrimenti avvenire . Antico , e molto meno misto di nuovi elementi che non fossero al paragone gli altri popoli neo ­ latini , come quello che con la sua potente vitalità romana aveasi assorbito e assimilato il germanesimo , egli non aveva né materia né idea epica sua : imperocché la epopea , quando è indigena , necessaria , primitiva , sia quasi l ' ardore e la luce che manda una nazione ancor rovente nella fusione de ' suoi vari elementi . Per la drammatica poi , almeno in quanto la drammatica non è intieramente comica né recente , doveva anch ' esso partire dalla religione : nella razza nostra le origini del dramma sono religiose , il primo teatro è il tempio . Così , nell ' Italia del Quattrocento , l ' epopea , o , a dir meglio , il racconto poetico fu cavalleresco , biblico od evangelico il dramma . Ho detto che il nostro racconto poetico fu cavalleresco ; e avrei dovuto dire che i nostri lavorarono la materia epica francese importata in Italia con le idee cavalleresche fin dal primo Duecento . La quale , fatta ormai volgare nel Trecento dai cantastorie specialmente lombardi e veneti che la riproducevano in un francese italianizzato o in un italiano francesizzato , avea già preso nella prosa de ' Reali di Francia le forme classiche nostre , con un ' ampiezza di riposata narrazione quasi liviana , con una macchina ideale quasi virgiliana , con un accendimento nella rappresentazione delle passioni d ' amore quasi ovidiano , con un apparente intendimento di cristianesimo , ma di cristianesimo tutto politico , tutto romano . I Reali di Francia sono ancora oggi lettura del popolo , e specialmente dei campagnoli ; e ciò dimostra che quella ricomposizione romanzesca rispondea veramente al sentimento epico fantastico del popolo italiano preso in generale . Ma per il popolo delle città italiane del secolo XV , ove le cattedrali rimanevano interrotte , ove le logge d ' ordine misto s ' eran fatte largo tra le torri feudali smozzate o atterrate , ove su le pareti a bozze che rammentavano i castelli feudali cominciava a ridere la finestra del rinascimento co ' l suo colonnato ad arco rotondo e , dentro , l ' atrio ad ordine dorico , ciò era già troppo : in quella prosa quasi aristocratica soverchia l ' idealismo del Trecento . Ignoti raspodi ripresero adunque quella materia : la rimaneggiarono e la rimpastarono in forma più moderna , più ciompa : la volgarizzarono con un senso di crudo realismo . I paladini ne divennero un po ' bèceri e lazzaroni ; ma ne acquistarono un tanto di vita , in paragone almeno non degli originali francesi , ma delle misere traduzioni e imitazioni italiane del Duecento e dei rifacimenti del Trecento . Con le sacre rappresentanze il popolo italiano arrivò da sé , senza o prima che gli scrittori propriamente detti se ne accorgessero o lo tentassero essi , a quello che è il terzo stadio d ' una civiltà letteraria , il passaggio dal racconto all ' imitazione del fatto , dall ' epopea o dalla leggenda al dramma . E questo procedimento lo fece su la materia greggia ch ' egli aveva presente , il mito religioso , la leggenda cristiana . Ma al modo onde il popolo italiano maneggia cotesta materia , alla trasformazione ch ' ei fa de ' tipi mitici , è facile avvedersi come a perdere il sentimento intimamente religioso non gli occorressero motivi od esempi esterni ; ei di per sé non lo aveva . Nelle sacre rappresentanze del secolo XV ricerchereste in vano l ' ideale e la fede ; in vano guardate intorno al capo dei personaggi del vecchio e nuovo Testamento , intorno al capo dei martiri o dei padri del deserto , per l ' aureola d ' oro e d ' azzurro : i santi han messo il cappuccio e portano la barbetta aguzza ed arguta del cittadin fiorentino . Nelle città di Palestina o d ' Egitto , nel tempio ebraico , nel pretorio o nell ' anfiteatro romano , nelle catacombe voi rivedete la piazza di Firenze , il palazzo dei Signori , Mercato vecchio , San Marco e Santa Maria Novella , con le loro anguste superstizioni , coll ' ipocrisia loro , co ' l loro formalismo , con la commedia , che non avendo ancora un campo proprio e una forma sua , sbizzarrisce ad arbitrio nella leggenda del martirologio e sotto i veli della religione . Nella poesia sacra è avvenuto ben presto , troppo presto forse , lo stesso che nella pittura religiosa : le figure bizantine hanno disciolto quelle loro avviluppate e indistinte gambe , e movon quegl ' informi piedi danzando : le teste estatiche , ove Giotto raccogliea tutta la vita della figura , hanno scosso il lor duro incordamento , e si volgono meravigliate e ridenti su ' l corpo di carne novellamente acquistato , tutte liete che siasi rotto lo incanto che le condannava all ' immobilità ascetica . Masaccio e il naturalismo fioriscono e regnano : frate Angelico , che dipinge in ginocchio , è solitario nel suo chiostro di San Marco : Lippo Lippi disegna le vergini facendo all ' amore con le monache , e rapisce dal convento i modelli . Quindi è facile presentire che , quando l ' antichità con le sue forme e co ' l senso del naturale idealizzato si rivelerà a questo popolo , questo popolo sarà ben preparato ad accoglierla e ad abbracciarla . V . Ma ciò non poteva essere nei primi cinquanta anni del secolo XV ; quando , tra perché la poesia popolare o borghese trasse a sé le moltitudini al cui intendimento agguagliavasi senza sollevarlo , e perché i dotti non curarono d ' indirizzarsi al popolo reputando la erudizione sola degna a cui si attendesse , avvenne che letteratura propriamente nazionale in lingua italiana non esistesse ; quella letteratura , cioè , che al di sopra delle partizioni di scuole e di classi si fa specchio a tutto il pensiero e il sentimento della nazione , ne séguita i movimenti , ne è come l ' irradiazione spirituale . In questi anni preparavansi soltanto gli elementi di una nuova assimilazione . Ma il necessario procedere degli avvenimenti cagionava circa la metà del secolo un mutamento notevolissimo nelle condizioni così civili come letterarie d ' Italia . E prima di tutto per la occupazione di Costantinopoli ( 1453 ) la patria nostra divenne sola erede e conservatrice della civiltà antica , come già era la ordinatrice della nuova . Quindi lo stimolo a una letteratura più operosa , fatto poi maggiore dalla invenzione della stampa che ben presto di Germania passò tra di noi ( 1465 ) . Aggiungasi che il fine dello scisma occidentale ( 1438 ) rese stabile a Roma il papato e una successione per alcuni anni di pontefici men tristi ; che l ' impiantamento definitivo degli aragonesi in Napoli ( 1441 ) e degli Sforza in Lombardia ( 1447 ) e la nuova dignità degli estensi ( 1450 ) e l ' affermarsi dei Medici in Firenze ( 1434­1480 ) determinarono meglio le relazioni dei maggiori stati d ' Italia : onde si condusse questa a più pacifico e ordinato vivere , e nella confederazione mantenuta coll ' equilibrio si aprirono quei quarant ' anni di florida se non gloriosa indipendenza tanto ricordati poi e rimpianti dal Machiavelli e dal Guicciardini . In quella quiete confortata dalla prosperità materiale , rallegrata dai sollazzi , dalle feste , dalle magnificenze civili e principesche , la poesia italiana risalì di per le strade e le piazze , nei palagi e nelle regge : dove strinse e riaffermò un ' alleanza talvolta un po ' servile , come avviene ai potentati freschi , con la classica letteratura . Lo studio dei grandi modelli dell ' antichità , lo addestramento e il disciplinamento degli ingegni e delle facoltà in quelle forme organiche e sintetiche , doveva essere il mezzo onde gli scrittori delle varie regioni italiche riuscissero a fare italiana la toscanità nazionale di Dante del Petrarca del Boccaccio . Ciò si preparava , ciò cominciava a scorgersi : ma la fusione , la trasformazione , non era ancora avvenuta . La nuova letteratura del Quattrocento rimase letteratura della confederazione . E come la confederazione ebbe specialmente tre centri intorno a cui si raccolsero le forze minori , Napoli pe ' l mezzogiorno , Milano pe ' l settentrione , Firenze pe ' l mezzo ; così tre scuole o tre capitali ebbe la letteratura della confederazione ; Napoli con isfoggio di erudizione e lussuria di forma monarchica ; non Milano che troppo poco aveva nel Bellincioni e nel Visconti ed era riserbata centro a un posteriore rinnovamento , ma Ferrara coi suoi duchi già ospiti dei trovatori , con le sue tradizioni signorili e l ' aria magnifica e cavalleresca ; e Firenze in ultimo , sempre democratica per una parte , per l ' altra contemperatrice dei diversi elementi nell ' arte a quel modo che nell ' ordine politico era co ' l Medici conservatrice dell ' equilibrio . VI . A Napoli avvenne ciò che a Roma : erano ambedue quelle città troppo rimaste fuori dal movimento dei comuni , e per ciò tardi entrarono al lavoro letterario , e vi entrarono con il latino . Napoli nel Quattrocento con la sua academia pontaniana promuove e coopera anche più che essa Roma al movimento di restaurazione dell ' arte classica e della poesia latina . All ' ultima perfezione dell ' arte classica , quale dimostravasi nella poesia latina rinnovellata allora genialmente in Italia , toccò , in mezzo la erudizione del secolo XV , Gioviano Pontano . Da quella folla di grammatici e retori , di filologi ed eruditi , che empierono di lor fatiche la maggior parte del secolo , più lavoranti che artisti , più zappatori che costruttori , egli uscì fuori poeta ; egli , e il Poliziano : ma il Pontano rende ancora più spiccata imagine che non il Poliziano di ciò che fu il pensiero e l ' opera di tutto insieme il secolo , la reazione estetica e dotta contro il misticismo e l ' idealismo cristiano dell ' età anteriore . I libri suoi degli amori e li endecasillabi baiani sono proprio il contrario dei canzonieri di Dante e del Petrarca , e Fannia e Focilla il contrapposto di Beatrice e di Laura : queste non hanno mai velo che basti , quelle si affrettano ridenti a denudare ogni loro bellezza in conspetto al sole e all ' amore : quelli adorarono , inginocchiati o con gli occhi levati ; il Pontano abbraccia con un rapimento di voluttà non meno lirico di quell ' estasi . Tutto ciò che la fantasia riflessa dell ' antichità poteva operare su ' l sentimento assai superficiale d ' un borghese italiano del Quattrocento , il Pontano lo provò e lo rese . E , con quel suo riposato senso di voluttà e di sincero godimento della vita , egli , in latino , è il poeta più moderno e più vero del suo tempo e del suo paese . Perocché Napoli , la sensuale e imaginosa Napoli , non ha poeti ed artisti nel più severo significato della parola : quel popolo , così potente nell ' astrazione , non ha vigore alla concezione feconda e all ' espressione vitale del fantasma : un ' onda colorata e sonante , senza armonia nel suo monotono flusso e riflusso ; un vortice di forme e d ' imagini lussureggianti che s ' incalzano e si confondono tra loro sino al delirio della tarantella ; ecco la poesia napolitana o meridionale . E così la rappresenta nel secolo XV il Pontano fattosi napolitano d ' imaginazione , di studi , di affetti , il Pontano che è per avventura il maggiore dei napolitani poeti , che ricorda Ovidio e che accenna un po ' a quel che sarà nelle parti più elette il Marini . Ma il Pontano non presenta che una sembianza del Rinascimento : questo nel concetto suo più nobile , come risorgimento del naturalismo ideale , doveva nell ' accordo dell ' antichità e del cristianesimo e nell ' accordo esteticamente migliore delle belle forme greche alle belle forme toscane , di Omero a Dante , di Virgilio al Petrarca , doveva , dico , essere inteso e tentato in Firenze . Nel palazzo di Via Larga , monumento magnifico dell ' arte toscana adorno delle più rare e pregiate reliquie di Grecia , Lorenzo de ' Medici dà l ' una mano al Poliziano , l ' altra al Pulci . Ei per sé non fu artista o inventore eccellentissimo , ma operò efficacemente su i circostanti e i contemporanei , risollevando a più razionalità col platonismo l ' ideale dantesco e petrarchesco , e con ciò ritornando egli e richiamando l ' arte e lo stile alle nobili tradizioni del Trecento per quanto , e non era poco , rimaneva in esse di vivo , e in quelle chiare fresche e dolci acque riforbendo la poesia popolare dall ' attrito plebeo : nella quale ultima opera gli fu compagno il Poliziano . E tutti due presero a rifare un po ' più letterariamente il dramma popolare , senza che riuscissero a dargli novità alcuna o movimento di vita e di composizione ; ripresero , e con incomparabile felicità , la lirica popolare : le canzoni a ballo e certe ottave sì dell ' uno sì dell ' altro sono delle cose più spontanee e più schiette di tutta la nostra poesia , ridono d ' una rosea morbidezza che è pur gran pregio dell ' arte e non fu raggiunta più mai . Ma il sommo di quell ' arte assimilatrice in originale imitazione , che uscir dovea dagli antichi monumenti e da quei del Trecento studiati con ingegno e con animo desto al senso del presente , il sommo di quella bella e breve arte fu toccato dal Poliziano . Scrittore greco e latino a quattordici anni , traduttore di Omero a quindici , padre della filologia , revisore del testo delle Pandette , poeta di mitologia viva e di classicismo elegante e fervido nelle Stanze e nell ' Orfeo , e insieme improvvisator fiorentino ; egli , accoppiando la dottrina alla popolarità , la riflessione alla spontaneità , è il tipo , se non più grande , certo più universale e più vero , del miglior Quattrocento . E , non ostante alcune macchie della sua vita e alcune brutture de ' suoi carmi latini , anche il più gentile . Il Pontano è troppo materialmente sensuale e stanca : il Poliziano ama con sentimento di greco la natura bella e serena , e ne rispecchia la imagine nella quiete dell ' idillio , ch ' egli insegnò o lasciò in retaggio con l ' armonia dell ' ottava all ' Ariosto ed al Tasso . Il Medici e il Poliziano detersero quella parte di poesia popolana ch ' e ' tolsero a maneggiare ; il Pulci nella massa informe dell ' epopea di popolare sollazzo , della quale abbozzai più sopra l ' imagine , impresse il suo individuale suggello . Egli sentendosi , come ogni poeta vero , tratto ad espandere la disposizione dell ' animo suo nel suo tempo , le cui tempre e condizioni partecipava e sperimentava tutte , non andò cercando materie e forme strane ; ma ad infondervi l ' anima sua tolse la materia che più aveva alla mano , le rapsodie cavalleresche e avventuriere delle piazze e delle strade ; e anche serbò il colorito e le formole dei rapsodi che le componevano o le cantavano . Ma non si lasciò assorbire com ' essi dall ' argomento : egli intervenne co ' sentimenti suoi all ' opera epica , vi mescolò i suoi intendimenti , che erano a punto i sentimenti e gl ' intendimenti della borghesia italiana del tempo . Il Pulci non è ateo : egli , come il popolo italiano , ondeggia tra lo scetticismo a cui la educazione delle circostanze lo portarono , e le memorie affettive , più che credenze , della religione a cui il sentimento della prima educazione lo richiama : quindi una professione di fede epicurea a canto d ' una invocazione a Maria . Il Pulci in fondo non crede a quelli imperatori e re , a quelli eroi , a que ' giganti , e più d ' una volta dà loro repubblicanamente e filosoficamente la baia ; ma curioso , e , come il popolo italiano , avido del mirabile , del fantastico , del soprannaturale ben trovato e bene adobbato , cupido d ' impressioni e di sensazioni tuttor rinnovantisi , si lascia trasportare dal suo racconto ; e a certi punti grida , strepita , benedice , prega e piange , per poi tornare a scherzare e sorridere quando il nodo dell ' avventura è sciolto . Tale è Luigi Pulci : non credente ma né pure ateo , non certo caldo di spiriti cavallereschi ma né pure intenzionato di parodiarli , non romanzesco ma né pure burlesco : tutto insieme , il poeta più indipendente del Rinascimento , il più popolare forse della nostra letteratura o quello almeno che più si lascia andare alla natura sua ; e per ciò forse il più maltrattato dai cultori della poesia fatturata . Il Pulci , in Firenze democratica , infondeva i suoi spiriti e la vita del suo ingegno nella materia epica cavalleresca , pur serbandole la trasformazione che il popolo le aveva dato : Matteo Boiardo , nell ' aristocratica Ferrara , prendeva a rinnovarla signorilmente con l ' intenzione a un ideale artistico . Ciò che dell ' elemento feudale e delle tradizioni cavalleresche poté salvarsi e soprannuotare alla invasione borghese e plebea erasi raccolto nelle corti lombarde , e le popolazioni lombarde , forse per una segreta affinità elettiva a quelle tradizioni , le conservarono più volentieri e più lungamente ; e da codeste tradizioni fu ben presto attratto il conte di Scandiano , gentiluomo e feudatario . Egli sarebbe , senza Torquato Tasso , il primo e l ' ultimo vero cavaliere della poesia italiana : certo , è il solo cavaliere della prima età del Rinascimento , e pure non ha nulla del don Chisciotte : è cavaliere e dotto e cittadino italiano insigne . Studia i poeti francesi , e traduce Erodoto e Senofonte ; compone rime colle più squisite forme dantesche e petrarchiane ammollite e rifiorenti alla tepid ' aura dell ' antica poesia , e traduce lo Anfitrione e l ' Asino d ' oro ; ricerca memorie storiche pe ' suoi castelli e contraffà i cronisti del medio evo , e scrive ecloghe latine ; serve i duchi come governatore militare , e si fa rimproverare da un solenne giurista l ' avversione alla pena di morte ; conversa con i contadini del suo feudo , e fa suonare le campane a doppio quando ha trovato un bel nome per un bell ' episodio . Così fatto il Boiardo , un de ' più vari e larghi e amabili esemplari dell ' ingegno italiano , imprese la più varia e larga e genial rinnovazione della materia cavalleresca a racconto romanzesco che abbiano le letterature del Rinascimento , fondendo insieme per una parte i poemi del ciclo carolingio e quelli del ciclo bretone , l ' eroismo e l ' avventura , l ' ideale epico e l ' intreccio amoroso , e in quella fusione mescolando per l ' altra parte l ' epopea antica , gli episodi omerici e virgiliani . E tutto questo fece su ' l serio , imperocché egli credeva a ' suoi cavalieri e gli amava : quanto studio di verità , quanto fervore di artista nei caratteri che egli primo in questa terza lavorazione dell ' antica materia determinò , e fissò ! quanta gentilezza in quelle donne , ch ' egli creò , naturali e tenere e nobili insieme ! Il Boiardo è senza dubbio un de ' più grandi poeti italiani : con tutto ciò a quella prolissità , a quel suo manco , alle volte , di forza risentita nel colorire , mentre ha pur così larga facoltà di comprendere e rappresentare , voi v ' accorgete che egli , il cavaliere , è vecchio di qualche secolo . Che aveva a fare con la età dei condottieri e degli avvelenatori il principio cavalleresco ? E , poi che la Divina Commedia non aveva lasciato effetti , che cosa poteva ormai operare in Italia il principio religioso ? Dal lavoro letterario troppo è evidente la sua assenza . E pure , mentre per un lato l ' elemento ecclesiastico seguitava esagerando la sua trasformazione romana sino a far pagana la corte dei papi , il principio religioso , per l ' altro lato , contro il sensualismo classico del Pontano , contro lo scetticismo popolaresco del Pulci , contro il paganesimo artistico del Poliziano , contro l ' idealismo romanzesco del Boiardo , contro la corruzione dei Medici , di Firenze , d ' Italia e della Chiesa , contro il Rinascimento in somma insorgeva con un ultimo tentativo di ascetica reazione in persona di Girolamo Savonarola . Non tutto il clero , a dir vero , avea seguitato il pontificato nella sua abiettazione , e nella sua degenerazione la Chiesa : che anzi , quanto più quello e questa avanzavano , tanto più , in quegli ordini specialmente che parteciparono con maggior ardenza al rinnovamento cattolico dei secoli XII e XIII , andavano crescendo gli spiriti dell ' opposizione : la quale negli scrittori ascetici del Trecento e del Quattrocento va sempre più maturando un cotal concetto di riformazione , tanto più chiaramente accennato quanto quegli scrittori sentivano la necessità di raffermare , purificando la Chiesa , il sentimento cristiano e il dogma cattolico contro la civiltà profana che d ' ogni parte dilagava e premeva . E il movimento di opposizione cristiana mise capo in Girolamo Savonarola . Nel quale , posto , per un ' incidenza che non è tutta caso , tra il chiudere del medio evo e l ' aprirsi della modernità , quasi a raccogliere e benedire gli ultimi aneliti della libertà popolana già sórta nel nome del cristianesimo e a mandare l ' ultima vampa di fede verso i tempi nuovi , voi vedete convergere le aspirazioni più pure , voi vedete rinascere le figure più ardite del monachismo democratico . In lui lo sdegno su la corruzione della chiesa che traeva alla solitudine i contemplanti , in lui l ' amore alle plebi fraterne che richiamava su le piazze e tra le armi dei cittadini contendenti ad uccidersi i frati paceri , in lui la scienza teologica e civile di Tommaso , in lui il repubblicanismo di Arnaldo , in lui finalmente anche le fantasie e le fantasticherie di Iacopone da Todi . E di quel pensiero italiano che intorno alla religione andavasi da secoli svolgendo nell ' arte nella scienza nella politica , di quel pensiero che è lo stesso così in Arnaldo repubblicano all ' antica come in Dante ghibellino o nel Petrarca letterato , così in fra ' Iacopone maniaco religioso come nel Sacchetti novelliere profano , il Savonarola pronunziò la formola : Rinnovamento della Chiesa . Era troppo tardi . Quel che nella mente italiana del Savonarola era avanzato di intendimento civile tra le ebrietà mistiche del chiostro , ei lo depose grandiosamente nella instituzione del Consiglio grande : del resto , come martire religioso , salva la reverenza debita sempre a cui nobilita il genere umano attestando col sangue suo la sua fede , come novatore mistico , egli ( perché no ' l diremo ? ) egli è misero . Rivocare il medio evo su la fine del secolo XV ; far da profeta alla generazione tra cui cresceva il Guicciardini ; ridurre tutta a un monastero la città ove il Boccaccio avea novellato di ser Ciappelletto e dell ' agnolo Gabriele , la città ove di poco era morto il Pulci ; respingere le fantasie dalla natura , novamente rivelatasi , alla visione , le menti dalla libertà e dagli strumenti suoi , novamente conquistati , alla scolastica : fu concetto quanto superbo altr ' e tanto importuno e vano . Il Rinascimento sfolgorava da tutte le parti ; da tutti i marmi scolpiti , da tutte le tele dipinte , da tutti i libri stampati in Firenze e in Italia irrompeva la ribellione della carne contro lo spirito , della ragione contro il misticismo ; ed egli , povero frate , rizzando suoi roghi innocenti contro l ' arte e la natura , parodiava gli argomenti di discussione di Roma ; egli ribelle , egli scomunicato , egli in nome del principio d ' autorità destinato a ben altri roghi . E non sentiva che la riforma d ' Italia era il Rinascimento pagano , che la riforma puramente religiosa era riservata ad altri popoli più sinceramente cristiani ; e tra le ridde de ' suoi piagnoni non vedeva , povero frate , in qualche canto della piazza sorridere pietosamente il pallido viso di Nicolò Machiavelli . DISCORSO QUINTO Del Cinquecento : l ' unità classica , l ' idealismo e lo scadimento . I . L ' ultimo canto dell ' Orlando innamorato , breve contro il consueto degli altri , termina abbandonando i lettori a mezzo un racconto d ' amore . Però che il poeta vede la Italia tutta a fiamma e foco per i Galli che vengono e non può più cantare ; racconterà , egli promette , un ' altra volta : ma non raccontò , perché mori poco dopo , in quel funesto 1494 venuto a chiudere i quaranta anni di pace e prosperità dell ' Italia equilibrata nella federazione . La quinta età della letteratura nazionale , l ' età del perfezionamento nella copia ordinata , nella ricca e baliosa eleganza , nell ' armonica varietà , nell ' unità concettuale delle forme , si svolge a punto dal 1494 , l ' anno della prima invasione straniera , con l ' uscire del Sannazaro e del Bembo a dittatori del nuovo gusto e riformatori della lingua nelle regioni del mezzogiorno e del settentrione , co ' l crescere del maggior poeta , l ' Ariosto , e del maggior prosatore , il Machiavelli . La maturità è circa il 1530 , l ' anno della caduta di Firenze , nel quale morirono il Sannazaro e Andrea del Sarto : il Machiavelli era morto nel '27 e il Castiglione nel '29; Leonardo da Vinci nel '19 e Raffaello nel '20 : l ' Ariosto morrà nel '33 e il Correggio nel '34 . Il movimento fecondo séguita fino al 1559 , l ' anno della pace di Castel Cambrésis che affermò il dominio e il predominio della casa austriaca di Spagna sopra l ' Italia e aprì nella penisola l ' età delle signorie straniere avvalorate dal diritto europeo ; e si può tenere che venisse mancando circa il 1565 , un anno dopo la chiusura del concilio tridentino , che compì il rinnovamento cattolico e soffocò la libertà del pensiero e della parola , fino allora , di fatto se non di diritto , lasciata alle lettere , o , salvo qualche resipiscenza furiosa , almen tollerata . Questi ultimi anni nell ' arte son pieni della vecchiezza di Michelangelo e di Tiziano ; nella letteratura , del fiore dei minori prosatori : il Guicciardini morì nel '40 e il Bembo nel '47 , il Fracastoro nel '53 e il Vida nel '66 : Torquato Tasso era nato nel '44 . II . Ora , enumerando pur questi nomi e ricorrendo con la memoria quelle tante opere a cui vanno congiunti , avviene di dubitare se parecchi storici delle cose e delle lettere italiane non abbiano per avventura fatto del piagnone a gridare la morte dell ' Italia , quando ella più fervidamente addimostrava la sua vitalità in così frequenti e così nobili produzioni di pensiero e di arte . E come per fermo creder morto o malato a morte un popolo , dal cui mezzo esce il Colombo a trovare fra gli errori paurosi della tradizione un nuovo mondo ? dal cui mezzo esce il Machiavello a liberare d ' ogni ombra mitica , d ' ogni apparenza fantastica , il campo della storia e riporvi la verità del fatto umano ? dal cui mezzo uscirà il Galileo a cacciare dai pianeti , loro ultimo nido , l ' autorità e la fizione scolastica , a rifare co ' l cannocchiale i cieli , co ' l metodo sperimentale le menti ? Morto questo popolo , che in nome della ragione e da parte della libertà prende possesso del mare , del cielo , della terra e dell ' uomo ? E che morti sono questi a cui canta le esequie l ' Ariosto , Michelangelo edifica il cimitero e scolpisce i sepolcri , i quali a gara dipingono Leonardo e Raffaello e Tiziano ? Sono dunque testamenti le filosofie del Telesio e del Bruno ? Potrà bene quel filosofo della storia con molta accensione d ' ingegno provarci che il movimento dell ' Italia nel secolo XVI altro non fu che oblio spensierato della realità e un prepararsi a ben morire , che l ' Italia doveva morire perché non si era fatta nazione e non aveva la conscienza di nazione : potrà questo storico della letteratura con isquisite sottigliezze mostrarci che tutta l ' arte del secolo XVI è dissoluzione , e che l ' Italia doveva dissolversi perché non credeva , perché non aveva operato la riforma della religione . Ma la storia è quel che è : volerla rifare noi a nostro senno , voler riveder noi come un tema scolastico il gran libro dei secoli e inscrivervi sopra con cipiglio di maestri le correzioni , e , peggio , cancellar d ' un frego di penna le pagine che non ci gustano , e , peggio ancora , castigare con la ferula della dialettica nostra o della nostra declamazione un popolo come uno scolare , o anche tagliargli il capo di netto quando è tutto vivo , perché non ha fatto a punto come noi intendevamo che fosse il meglio o come noi avremmo voluto che facesse ; tutto ciò è arbitrio o ginnastica d ' ingegno , ma non è il vero , anzi è il contrario . La storia è quel che è : certi spostamenti , certi oscuramenti , certe , direi , sincopi , nella ragione dell ' universal movimento , nel rifrangersi della luce da uno ad altro lato , nell ' affluire del sangue più tosto a quella che a questa parte del corpo sociale , sono necessarie ; né avvengon già sempre per colpa del popolo che pure ha più da soffrirne , né si potevano per altre disposizioni evitare , né era bene che si evitassero . Il Cinquecento apre in Europa un ' età nuova : alla quale dié principio la Francia , rafforzatasi nell ' unità sotto l ' undecimo Luigi e compiutasi per l ' aggiunta del gran feudo di Borgogna sotto l ' ottavo Carlo , col manifestare la sua forza d ' espansione , e la Spagna , uscendo dalle lunghissime guerre co ' Mori vittoriosa , compatta , irritata al combattimento , con la conquista ; e con la rivoluzione religiosa la Germania , covante nell ' inerzia feudale ardori di battaglia e lusingante gli odii antichi di razza con novelli ardiri di ragionamento ; la Germania a cui anche l ' impero , incominciando e fermarsi nella casa d ' Austria forte di stati ereditari , dava , se non la compattezza di quelle altre due nazioni , il peso d ' una gran mole ; la Germania cui anche la irrequietezza del nuovo imperatore Massimiliano conferiva a riportare nell ' azione europea . A cotesta età dunque la Francia e la Spagna impartirono il movimento storico , che fu quello degl ' interessi dinastici , al cui servigio i monarchi adoperarono le nazioni novellamente formatesi intorno a loro ; la Germania impartì un po ' più tardi l ' ardore della controversia e della discussione , che non doveva né restringersi nei limiti della conscienza religiosa né finire con i soli effetti estrinseci della riforma . Ora , dinanzi alla foga della Francia e della Spagna traboccanti dall ' alveo loro , da poi che ivi il popolo nell ' urto contro gli stranieri si era agglomerato con le feudalità attorno il re a forma di nazione , l ' Italia non aveva che le sue tradizioni e gli ordinamenti suoi federali : il turbine poi delle passioni religiose che ventava dalle alpi germaniche non la distrasse dalla quiete solenne nella quale ella svolgeva l ' elaborazione ultima del suo organamento nazionale e politico , della sua conscienza di popolo , nel pensiero e nell ' arte . Imperocché nazione ella sentivasi ed era nelle tradizioni , nella lingua , nella gloria : ma , scossa che ebbe la soma dell ' impero tedesco , non aveva voluto sacrificare la libertà alla forza , la varietà all ' unità . E perché avrebbe dovuto farlo , ella , che dalle ruine di Roma era risorta col senso dell ' Italia sociale , dell ' Italia delle confederazioni sannitiche ed etrusche ? E se lo avesse fatto , se fossesi lasciata maneggiare da uno svevo o da un angioino o da un Visconti che , domata , spremuta , battuta , l ' avesse poi spinta come caval di battaglia alle conquiste , avrebbe ella operato quel che operò nello svolgimento libero di tutti gli elementi suoi , di tutte le sue genti ? avrebbe ella avuto i suoi commerci unificatori d ' Europa , l ' arte sua conciliatrice dell ' antichità e del medio evo , il suo rinascimento ? o avrebbe ella potuto produrlo con tale una rifioritura universale , con tale un ' efficacia feconda , da inocularne lo spirito vivificatore alle altre nazioni ? o non più tosto lo avrebbe prodotto manco e superficiale come la Francia , parziale come la Germania ? La riforma religiosa come avrebbe dovuto o potuto promuoverla o accettarla l ' Italia , ella che aveva fatto ad imagine sua pagano il cristianesimo ? Come avrebbe dovuto accettar da Lutero l ' autorità della bibbia ella che nella politica poneva co ' l Machiavelli fattore e signore del tutto il pensiero umano , ella che nella scienza era co ' l Galileo per dare il primo crollo alla Genesi , ella che nell ' arte fastidiva co ' l Bembo lo stile di san Paolo ? Ma è egli possibile a imaginare il rinascimento in Italia luterano ? e un Ariosto zuingliano ? un Machiavelli puritano ? un Raffaello calvinista ? un Michelangelo quaquero ? No , veramente : la vita e l ' anima dell ' Italia fu la federazione nell ' ordinamento politico , il razionalismo in filosofia e in religione , il naturalismo in arte . Ella nel secolo XVI finiva di compiere , per quel che spetta ad arte e pensiero , l ' opera che aveva cominciato fino dal mille , con la rivoluzione sociale dei Comuni , il rinascimento : il rinascimento che fu motivo alla riforma religiosa di Germania , la quale alla sua volta trasportatasi e trasformatasi tra gli olandesi e gl ' inglesi fu nutrimento e incentivo alla rivoluzione politica maturata dalla Francia nell ' ottantanove . A ciascuna nazione l ' età sua , a ciascuna età il suo officio . Che colpa , del resto , aveva la nostra patria , se ella era a quel tempo la più libera , la più bella , la più ricca , la più civile e comparativamente la più felice tra le nazioni d ' Europa ? Ella compiva serenamente disinteressata l ' officio suo , quando Spagna Francia e Germania nel lor bisogno di gittarsi fuora a pascolare e a sbizzarrire secondarono gli avidi e avventurieri istinti dei re condottieri intorno ai quali eransi aggreggiate , e presero questa bella musa che cantava la libertà la natura la ragione , e la gittarono con le mani e i piedi legati e co ' l bavaglio alla bocca in balia dei due ciclopi del medio evo . Certo , che , quando papa ed imperatore fossero per necessità di cose tornati concordi all ' azione loro in Europa , la vita dell ' Italia liberamente federale e produttiva , che era un ribellamento a quell ' azione ed avea vigoreggiato negl ' intervalli o nella sòsta di essa , dovea finire e languire . E così la ruina ultima dell ' Italia provenne da ciò che era stato oggetto alle utopie idealistiche de ' suoi grandi uomini . Cesare tornò pur troppo , e questa volta pose da vero mano alla predella e inforcò la polledra selvaggia : Dante poteva esser contento , l ' idea ghibellina aveva trionfato . Pietro si era riconciliato con Cesare , e in una città del retaggio di Matilde gli avea dato il bacio di pace in bocca e la corona dell ' impero in capo , e ne avea ricevuto il donativo dell ' altare : il Petrarca e Caterina da Siena potevano ringraziare Dio , i vóti dei guelfi eran pieni . Firenze e Siena lo seppero , ed esperimentò ben Milano per oltre tre secoli gli effetti pratici del trattato di monarchia . Ma dire che ciò avvenisse non curante e non resistente l ' Italia , non resistente per la debolezza e la opposizione d ' interessi cagionata dall ' ordinamento federale , non curante per la dissoluzione in cui lo scetticismo e il materialismo pratico l ' avevano precipitata , non è né vero né giusto né generoso . E , anzi tutto , onde partirono le provocazioni all ' invasione straniera ? da ' due stati monarchici , da Milano e da Napoli ; e la causa più vera o il pretesto più prossimo ne fu una ragione di succession dinastica a Napoli , al regno da antico accentratore . E dove la resistenza agli oppressori stranieri e indigeni fu nobile , eroica , senza concessioni , fino agli estremi , con aureola di sacrificio ? nelle repubbliche democratiche di Firenze e di Siena . E quali furono gli stati che la piena barbarica non ricoprì o che si tennero diritti in mezzo al temporale ? Ancora le repubbliche , Venezia e Genova . Io non dico se quelle repubbliche sarebbero desiderabili oggi : elle erano quel che dovevano e potevano essere secondo le rivoluzioni loro e rispetto alle condizioni italiane e europee : io rilevo un fatto . E tanto aveva l ' Italia poca voglia di morire , che il sacro romano impero dové adoperarsi con tutte le sue forze , con tutti gli argomenti anche co ' l tradimento , per istrangolare due città come Firenze e Siena ; e pur tra le branche del ciclope le due viragini belle si divincolavano fieramente , ed empievano della meraviglia dei loro ultimi sforzi e della pietà di lor grida Europa : soccomberono , ma non furono violate . E tanta era la vitalità del popolo italiano , e tanto era egli poco rassegnato a morire , che , mancato all ' operosità sua il campo domestico , ei ne si ripresenta meditante e operante in tutta la storia d ' Europa . Questa Europa , che ci voleva morti , i nostri scrittori la illuminano , i nostri artisti l ' adornano , i nostri uomini di stato l ' agitano o la infrenano , i nostri guerrieri la insanguinano . Chi ornò Versaglia ed il Louvre ? chi l ' Escuriale ? E onde vennero all ' impero i Farnesi , i Piccolomini , i Montecuccoli , gli Eugenio di Savoia ? E non pare una vendetta del fato che il Mazzarino governasse la Francia e l ' Alberoni la Spagna ? III . Il sin qui detto mi esenterà da altre apologie e da parziali difese , e servirà pure a determinar meglio l ' essere e i modi della letteratura italiana nel secolo XVI . Il cui svolgimento procedé poi così largo e magnifico , che le ragioni di tutte le sue varietà non possono restar contenute nei limiti di un discorso : del resto , chi non sa esser quella , almeno per gli effetti largamente ed efficacemente prodotti su la nuova coltura europea , l ' età più gloriosa delle lettere italiane ? E io credo che nulla di propriamente nuovo avanzi a dire , per esempio , su ' l Machiavelli o su l ' Ariosto : essi , rispetto a Dante e agli altri scrittori del Trecento e del Quattrocento , sono moderni , o sì veramente principiasi con essi quella età che fu moderna fino all ' ottantanove , che sussiste ancora per poco : tutti noi gli comprendiamo a un modo , e l ' Europa li ha giudicati con la sicurtà del senso recente . Per ciò , a non voler ripetere cose già dette , mi contenterò di rilevare più netto ch ' io possa le linee del movimento e i contorni del confine di quella letteratura . Della quale se il decimosesto secolo vide il frutto , il germe fu nel decimoquinto . Nel secolo XV eran nati a poca distanza tra loro il Machiavelli , il Buonarroti , il Guicciardini che in sé accolsero gli ultimi spiriti dei Comuni e la somma dell ' esperienza e le virtù estreme del reggimento libero , e il Sannazaro il Bembo il Castiglione , rappresentanti della più eletta coltura aulica secondo l ' intendimento di Dante , che sórsero dittatori del bel costume alle nuove generazioni e del linguaggio regolare e dello stile elegante . Nel secolo XV era cresciuto l ' Ariosto , che nella maggiore opera sua procede senza dubbio dal Boiardo : come il Machiavelli procede per una piccola parte dalla erudizione e dalla critica degli umanisti , per esempio , del Valla , e indubbiamente poi ritrae la materia e il meccanismo di storico più dagli storiografi latini del Quattrocento che dai cronisti del Trecento . Anzi che concepimenti e produzioni nuove , vide adunque il secolo XVI compiersi e fermarsi , nell ' accordo delle attività diverse e nell ' armonia delle forme , l ' ultimo perfezionamento di tutta la produzione anteriore ancor viva o vitale . La letteratura del Trecento nella espressione artistica era stata individuale e d ' impronta toscana : quella del Quattrocento , parziale e federale : quella del Cinquecento fu una , classica , italiana . Sì , il carattere più rilevatamente storico ed estetico della letteratura del Cinquecento è l ' unità nel classicismo della forma e nella italianità della lingua . L ' unità italica non risultò mai così evidente nell ' arte come in quel secolo : parve che la patria nostra nell ' imminenza del suo sfacelo politico intendesse con ogni vigor che le avanzava a chiarirsi ed affermarsi nazione . E tuttavia non vi fu sfórzo : era l ' ultima conseguente modificazione dello svolgimento . Cessato l ' urto tra i diversi elementi a mano a mano con l ' estinguersi sin dalla fine del secolo XIII dell ' elemento feudale , co ' l languire del religioso e co ' l sormontare necessario dell ' elemento nazionale ; cessò nel secolo XVI anche il dissidio tra le due forze o tendenze differenti di quest ' ultimo elemento , l ' aristocratica e la democratica , la unitaria e la federale , la romana e l ' italica : forze e tendenze che Dante aveva già riconosciute e contrassegnate , quando distingueva l ' idioma illustre , cardinale , aulico , curiale , e la poesia che in quello componevasi , dal volgare plebeo e paesano . Il contrasto e il distacco tra Dante e l ' Angiolieri , tra Battista Alberti e il Burchiello , tra il Boiardo e Sostegno di Zanobi , non fu più possibile nel Cinquecento come fatto letterario notevole e notato . Il processo di assimilazione era compíto , dell ' assimilazione della materia indigena e medievale co ' l classicismo rinato ; e le idee e le forme ne avean preso un atteggiamento nuovo . L ' assimilazione , se vuolsi , non fu tutta omogenea , e l ' atteggiamento non senza sforzo : ma la mutazione o , meglio , la trasformazione era avvenuta . Di che deesi per gran parte recar la cagione all ' avere la coltura classica acquistato sempre più del terreno : ma è anche vero che il popolo nel secolo XVI si ritrasse quasi volontario dell ' intervenir più come autore nel lavoro letterario . E di codesto ritrarsi altri potrebbe , con apparenza e forse con parte di verità , trovar la ragione nella caduta d ' ogni reggimento democratico , nel forzato spegnersi della vita pubblica e nella società artifiziata delle corti e delle academie da per tutto prevalsa . Sebbene è forse più vero che quello che nel nostro popolo , non nuovo e per ciò non intimamente poeta , vigeva d ' impulso creatore o modificatore , erasi omai rilassato . E di fatti pare che l ' avvenimento dell ' ottava , metro popolare e per ciò passato in silenzio dall ' autore del Vulgare Eloquio e dagli altri trattatisti del Trecento , al regno dell ' epopea classica segni l ' ultimo grado dell ' ascensione poetica del popolo italiano : come il suo sentimento soggettivo era evaporato compenetrando la parte più viva e calda della lirica del Duecento e del Quattrocento , del Cavalcanti e del Poliziano , così il sentimento oggettivo si era idealizzato , o stava idealizzandosi , ne ' poemi dell ' Ariosto e del Tasso : dopo di che , pago a contemplare e ad ammirare in quei poemi la sua trasformazione ideale , il popolo italiano non dié veramente più opera , né con inspirare le forme né con provvedere gli argomenti , al lavoro letterario nazionale . Nella lingua avvenne quasi lo stesso . Il primato della Toscana , la quale co ' l suo dialetto foggiato a idioma letterario rappresentava la tendenza popolare , scadde un tal poco nel Cinquecento ; ma le successe l ' Italia , e piemontesi e istriani e marchigiani e lombardi scrissero regolarmente e quasi ad un tipo solo . E primo introduttore del regolare italiano nel mezzogiorno fu un solenne poeta latino , il Sannazaro : e primo a fermare in regole pratiche la grammatica e a restituire il bell ' uso del Petrarca e del Boccaccio fu il Bembo , la cui maggiore opera è di prosa latina : tanto è vero che in questo fatto della unificazione e fermazion della lingua e della prosa è più veramente e specialmente da riconoscere il lavorío lungo lento instancabile della tradizione aulica e dotta . Già da principio Guittone nelle Lettere , Dante nel Convito , e in tutte le prose il Boccaccio , avevano inteso a cotesto , con l ' esempio del latino essi toscani ; e solo il molto uso del latino nel secolo XV riuscì a disciplinare le impazienze anarchiche delle regioni italiane : allo specchio del latino gli altri dialetti si raffrontarono col toscano , e il toscano si rassettò ; e in quel rassettamento , che fu concessione , venne accolto . Così nel secolo XVI il concetto del Vulgare Eloquio e di tutta la teorica di Dante era effettuato , e assommato l ' edifizio della letteratura nazionale . E pure cotesta classica unità letteraria , fatta bene ma con un po ' di sopraffazione e di frode , come del resto tutte le unità , lasciò in fine solo e malcontento il popolo . E questo , per quel tanto che gli era rimasto di vita , fece la secessione nel campo de ' dialetti . In fatti , la letteratura dei dialetti , ricchissima negli ultimi tre secoli e più originale , in molte parti , che non la nazionale , incomincia dal Cinquecento ; e in essa sopravvive l ' autonomia fantastica e artistica delle regioni . IV . Dopo ciò , chi si rechi a mente la contenenza della letteratura italiana nel Cinquecento , dovrà , se abbia osservato largamente e con quiete , ammirare tanta ricchezza e orginalità di prosa , tanta squisita eleganza di poesia . Prima del Cinquecento , per quanto grandi o felici esempi individuali possano arrecarsi e contrapporsi da ' due secoli anteriori , prima del Cinquecento resta pur sempre vero che l ' Italia non ebbe prosa stabile e formata ; e nel Cinquecento questo , per così dire , tipo nazionale di prosa lo ebbe . Non sarà quello che possa piacere a noi , non risponderà ai nostri gusti e bisogni ; ma allora fu vivo e vero e bello , fu quel che occorreva alla coltura e civiltà d ' allora : tanto è vero che francesi e spagnoli lo presero ad imitare . Né quella prosa era certamente , nella sua idealità tipica , tutta uniforme o improntata a uno stampo : quanta varietà più tosto e che diversità dal Machiavelli al Caro , dal Sannazaro al Firenzuola , dal Castiglione al Davanzati , dal Tasso al Cellini ! Minore per contrario nella moltitudine delle rime la varietà : ma negare la bontà estetica di non poche tra quelle poesie italiane e latine non potrebbe senza ingiustizia chi abbia conoscenza adeguata dell ' arte : per esempio , le Api del Rucellai e la Ninfa tiberina del Molza hanno la stessa ragion d ' essere che certi lavori d ' oreficeria del Cellini . Se non che tra tanta prosa e sì grave come mai tante rime e sì leggere ? Se il determinarsi della storia a genere letterario e la classificazione della prosa sono i segni più certi che l ' intendimento e il lavoro sociale dell ' epopea e della poesia universalmente sono finiti , come mai il Cinquecento , non pur ricchissimo di storie e quali storie ! , ma che tutti produsse e perfezionò i generi della prosa , come poté essere secolo poetico ? Poetico veramente non fu , fu artistico . Dante e il Boccaccio , il Boiardo e il Pulci , il Petrarca e il Poliziano erano passati ; e il popolo italiano era giunto alla maturità per mezzo ogni maniera di esperimenti , eravi giunto un po ' lasso e disilluso e tra tali circostanze che gli toglievano luogo e agio a rifarsi . Per ciò la maturità sua non fu consolata di memorie o speranze liete , non ebbe né Erodoto , né Platone né Demostene : ebbe la intuizione del reale nell ' universo e l ' idealismo dell ' arte nella vita . Tali furono le condizioni morali e le manifestazioni spirituali dell ' Italia al secolo XVI ; e in questa ella cercava riposo da quella , e ambedue erano il portato necessario dello svolgimento anteriore : e si addimostrarono più che altrove insigni nelle opere di Nicolò Machiavelli e di Ludovico Ariosto , nei quali pare che si raccolga e rifletta tutto ciò che sparsamente fu il pensiero e l ' arte italiana in quella età grande e triste . Negli scritti del Machiavelli risorge , senza pompa di toga e spacciatamente succinto , il genio romano , pratico , ordinatore , imperatorio , accresciuto della energia tumultuosa e della forte pazienza dei Comuni , avvalorato alla freddezza della contemplazione senza visioni dall ' accoramento del cittadino che vede fuor di speranza cadersi sotto gli occhi la patria e la repubblica . A misurar giusto l ' altezza del Principe , dei Discorsi su le Deche , dell ' Arte della guerra , delle Storie fiorentine , servono mirabilmente le tante commissioni e provvisioni e le legazioni e relazioni del gran segretario , dietro la cui scorta possiamo seguitarne i passi nella conoscenza dei fatti e delle persone dell ' Italia , dell ' Europa , del mondo . E l ' uom si spaventa a considerare come non v ' è cosa per piccola la quale non si faccia immensa sotto la osservazione di lui , che l ' abbraccia la compenetra la riempie di luce per ogni minutissima fibra : come non v ' è personaggio o avvenimento grande che sotto lo sguardo acuto freddo fisso di quell ' occhio nero e duro non rimpiccolisca . Come diventan meschini Massimiliano imperatore e Luigi re di Francia , e che importanza acquistano la guerra di Pisa e la ribellione d ' Arezzo ! E qual sublime e doloroso spettacolo quella grandezza inaudita d ' ingegno costretto a dibattersi impotente nell ' angustia dal difetto dei tempi ! Egli , con in sé la forza di un fatale institutore e legislator di repubbliche , dover vedere nel 1512 la ruina miserabile dell ' onesto governo di Pier Soderini , dover sentirsi interdetto il palazzo della Signoria dal misero governo del cardinal Giulio : egli , con in mente tutta la futura rivoluzione del pensiero europeo , andare commissario di questo governo al capitolo dei frati minori in Carpi , e riconoscere il sommo non della gratitudine o della stima ma dei favori della sua patria e del secolo nella provvisione con cui gli officiali dello Studio fiorentino , per volere del cardinale dei Medici , lo stipendiano , pe ' l termine di due anni e a cento fiorini di lire quattro per anno , a far più cose in loro servigio , e , tra le altre , gli annali e le cronache fiorentine ! E pure né lagni né dispetti , e né meno l ' ombra di una preoccupazione privata , risalivano a turbare l ' asciutta serenità di quell ' alta mente virile , quando , nei tristi ozii della villa di San Casciano , dopo ingaglioffatosi tutto il giorno giocando a tric trac e contendendo per un quattrino con beccai mugnai e fornaciai , il segretario rientrava la sera nel suo studio , e , spogliatasi quella vesta contadina tutta piena di fango e rivestitosi condecentemente di panni reali e curiali , ritornava a parlare con gli antichi uomini e a intrattenersi con loro da pari a pari , pascendosi di quel cibo che solo era suo e per il quale era nato . Ora in questo sentimento artistico di trattare e considerare la politica in sé e per sé senza riguardo a un fine immediato , in questo astrarre dalle apparenze parziali del presente transitorio per meglio impossessarsi del reale eterno e imminente e assoggettarselo , in questo a punto è la singolarità dell ' ingegno di Nicolò Machiavelli , ed in questo egli prende e rende gli spiriti e gl ' intendimenti tutti dell ' Italia del Cinquecento . Chi potrebbe senza ingiustizia negare al Commines e al De Thou qualità e virtù di osservatori e storici non comuni ? ma essi rimangono sempre incatenati al fatto presente ; l ' avvenimento giorno per giorno impaccia loro il passo e ne occupa e ritiene troppo gli sguardi , che non si stendono mai riposati su larga distesa . Nicolò Machiavelli in vece non è propriamente il politico del tempo suo : forse nel giudizio dei fatti e degli uomini di quel tempo , e certo nella larga rappresentazione della storia contemporanea e nel sapiente svolger dei fili che gli avvenimenti d ' Italia collegavano a quelli d ' Europa , gli va innanzi d ' assai Francesco Guicciardini , il più poderoso storico del rinascimento . Ancora : il Machiavelli non ebbe forse l ' attitudine e l ' abitudine storica ; e le sue Storie fiorentine sono per avventura più tosto un gran libro di dimostrazione e un ' eloquente opera politica , che non una storia vera , esatta , fedele , ordinata della città di Firenze ; che anzi , e per la scelta critica e per la intierezza della esposizione , lasciano a desiderare , e appariscono più che altro come la improvvisazione di un grand ' ingegno . Cha importa cotesto ? Il Machiavelli ha tre fasi e tre stili . Negli scritti d ' officio , il segretario fiorentino osserva , pensa e scrive , avvisato e arguto , spigliato e serrato , in farsetto ; è in somma fiorentino , come altri molti , salvo la maggior prestanza dell ' ingegno suo : nei lavori letterarii , eccetto la Mandragora e la Commedia in versi , è anch ' egli rotondo e ridondante e profuso e incerto , e somiglia un po ' troppo agli altri cinquecentisti della metà prima del secolo che avevano il gusto non ancora formato : nelle Storie tiene molto delle virtù fiorentine e qualcosa dei vizi retorici , e non poco de ' pregi e delle qualità sue proprie uniche e sole : pregi e qualità che risplendono nell ' Arte della guerra e specialmente nel Principe e nei Discorsi . In coteste opere lo stile è combattimento , combattimento a corpo a corpo della parola lucidissima col profondissimo pensiero ; e l ' alitare del combattente rileva a pena il tessuto sopraffino delle maglie sottilissime del periodo : e i colpi sono freddi , spessi , sicuri , e dati co ' l riposo solenne e leggiadro di schermidore maestro . Imperocché non bisogna credere che la conversazione serale del villeggiante di San Casciano fosse così idilliaca com ' egli ce la descrive nella mirabile lettera del 10 decembre 1513 , onde la ho riferita più sopra : non gli credete ch ' ei si rivestisse di panni reali e tanto men di curiali . Egli con la vesta contadina spogliavasi ogni vezzo , ogni affezione nazionale e cittadina , e nell ' atletica nudità muscolosa del suo pensiero lottava con tutte le apparizioni monumentali e gigantesche e mostruose del tempo antico e del nuovo , e se le abbatteva a ' piedi , e le cacciava dal campo della storia , per poi su quello disgombrato continuare la sua lotta fredda , accanita , anelante , col fenomeno informe del fatto politico . Da alcuni luoghi dei Discorsi su le Deche e dalle Storie apparrebbe che egli intendesse a dar documenti e instituzioni di repubblica ; dalla conchiusione del Principe , ch ' egli pensasse alla unificazione d ' Italia : e all ' Italia gitta qualche volta un grido di fiero amore , e volge gli occhi quasi in cerca di qualcheduno , sia un Borgia sia un Medici , che metta le mani nelle trecce alla sciagurata e la strappi alle voglie dei forestieri e dei preti , dell ' imperatore e del papa . Ma non lasciate illudervi al movimento passionato dell ' istante . Egli torna súbito e tutto freddo a studiare così la patria sua come la patria degli svizzeri e le altre patrie antiche e moderne , a dissolvere e ricomporre così monarchie come repubbliche , a discutere dittatori e profeti , re e numi . E stritolando sotto i suoi colpi il mondo eroico e il mondo sacro , e soffiando via con un alito il mondo artisticamente fattizio del rinascimento , prepara la rivoluzione e la informa alla pura energia del pensiero umano . Di Ludovico Ariosto non si può dire che preparasse o incominciasse un rivolgimento nella poesia ; perocché , mentre le opere del Machiavelli segnano il passaggio della conscienza e del pensiero della nazione italiana dalla concezione e produzione fantastica alla osservazione sperimentale e reale , la maggior poesia dell ' Ariosto è l ' ultimo fenomeno di quel primo stato , il frutto maturo di quella fervida estate : ma del resto , come per il Machiavelli la meditazione politica è fine a sé stessa , così per l ' Ariosto la poesia : egli è tra i poeti italiani quello che più veramente fece ciò che i moderni dicono l ' arte per l ' arte . Non che l ' Ariosto non sentisse i mali della patria e le brutture di quel mondo tra cui era sortito a vivere ; che anzi se ne compianse e se ne sdegnò più d ' una volta , e dié anche qualche crollo per iscuoter via dalle sue belle ali di fenice la polvere e il fango della corte e del secolo . Ma poi egli cercava e trovava per sé e apriva altrui un refugio nell ' arte . E l ' arte ei non trattò né come un simbolo né come un apologo né come la dimostrazione di una tesi : egli inventò per amore dell ' invenzione , tutto inteso a svolgere dilettosamente la sua facoltà creativa e a riprodurre moltiplicata la sua lieta e serena fantasia per mille aspetti e in mille forme , che empiessero a lui di sorrisi gl ' intervalli della vita , e di luce e di canto all ' Italia gl ' intermezzi del triste dramma storico che precipitava alla catastrofe . Egli fece quel che desiderava , quel che voleva e ispirava l ' Italia d ' allora : un ' opera da esser letta nelle sale del ducal palazzo d ' Urbino immenso e leggiadro , posto che avesse termine il Castiglione ai discorsi di gentilezza e d ' amore , tra i cerchi delle gentildonne presiedute dalla elegante e pensosa Elisabetta Gonzaga : un ' opera da esser letta nelle sale del castello di Ferrara o del palazzo di Belfiore , dopo alcuno dei pranzi inauditamente sfarzosi d ' Alfonso I , tra i cavalieri italiani e francesi concorsi ai tornei ed alle feste , arridente Lucrezia Borgia che sapea di latino e ammirante la giovinetta Renata di Francia : un ' opera da poter esser letta nelle sale di Roma o di Venezia , alle cui pareti ridesse o una Galatea affrescata da Raffaello o una Venere colorita da Tiziano , nel cui mezzo risplendesse un candelabro di Benvenuto e si contorcesse in un angolo un satiro di bronzo di Michelangelo ; sale che la sera potessero essere preparate per la recitazione della Calandra o della Mandragora o della Cassaria : un ' opera in fine da potere esser letta e cantata per le vie di Ferrara , su le piazze e i ponti di Roma e di Firenze , ne ' canali di Venezia , su ' l porto di Napoli , da un popolo abituato a spettacoli e pompe di cui eran parte imperatori e re e principi e cavalieri e soldati di tutte le lingue d ' Europa , francesi , spagnoli , tedeschi , fiamminghi ; da un popolo abituato a vedersi da un giorno all ' altro sorgere sotto gli occhi quei palazzi quelle chiese quelle piazze e fontane di stile e di ornato così originalmente classico così bizzaramente puro , a contemplare in quelle chiese in quei palazzi in quelle piazze tanta copia di statue e di bassorilievi e di quadri e di cose belle , che a ripensarci in questa gretta e gelida vita odierna , nella quale per riscaldarci leggiamo o inventiamo ciascuno a nostra posta un sistema estetico al giorno , paiono un giuoco di ridenti e prodighe fate : e tutto ciò in mezzo a rumore di guerre grosse e spicciolate , lente e furiose , lunghe , rinnovate , continue , che desolavano regioni intiere per lunghi anni , e oggi levavano di mezzo uno stato , domani un altro . Cotali circostanze , tra le quali fu maturato e compito l ' Orlando furioso , aiutano a intendere e a mostrare ciò che l ' opera sia . È la riproduzione della vista esterna , estetica e morale , d ' allora : è uno specchio in cui apparenze straordinarie , mobili , instabili , abbaglianti , ma senza fisionomia , s ' affacciano , s ' intrecciano , s ' inseguono , spariscono , rapide , improvvise , inconsulte : all ' Orlando furioso manca il nodo epico , come alla storia italiana del Cinquecento una ragione intima sua . Ma non perciò l ' opera è meno meravigliosa . L ' Ariosto , pur lavorandovi intorno con quella serietà che gli artisti grandi portano nelle cose dell ' arte , non ebbe l ' intendimento di fare un poema , un di quei poemi di composizione riflessa che pur tengono sì alto luogo nelle età secondarie di una letteratura : senza rendersene forse ragione , egli sentiva che la cavalleria , cosa rimorta , non poteva dar vita a un poema . Ma anche sottilizzò , e con poco adeguata conoscenza dell ' uomo e del tempo , chi sostenne ch ' e ' mirasse a una parodia de ' poemi cavallereschi , ch ' e ' fosse come il precursore del Cervantes . L ' Ariosto non ebbe secondi fini : egli intese di fare un romanzo da dilettare e meravigliare la generazione tra cui viveva . L ' epopea francese , che dovrebbe essere la materia sua , non gli è che mezzo : il Boiardo aveva empito della sua fama e dell ' infinito poema gli ultimi anni del secolo XV e abituato specialmente la corte e la città di Ferrara a quel genere : l ' Ariosto , che l ' aveva fin da giovinetto ammirato , maturo lo continuò : era il più comodo : Ferrara con i suoi antichissimi estensi non era omai la città epica e romanzesca ? Ma della leggenda epica francese il fondo è storico ; l ' anima , nazionale e cristiana ; la forma , popolare e primitiva come poteva nel medio evo : dalla parte loro gl ' italiani , che prima dell ' Ariosto avean preso a rifare tutto cotesto , avevan pure , secondo che eran borghesi o cavalieri , dato a quei loro poemi , di genere , per così dire , composito , le sembianze nazionali del tempo loro e del loro ordine . L ' Ariosto no ; egli , intimamente italiano nella pienezza armonica delle sue facoltà e nella determinatezza smagliante del colorito , nel soggetto e nei caratteri non è poi né italiano né francese : di storico non ha che le appendici estensi , di nazionale che qualche grido di dolore mandato quasi tra parentesi . L ' Italia si presentava per l ' ultima volta nella sua sembianza cosmopolitica e romana di capitale dell ' Europa ; e come avea dato al medio evo il maggior poeta cristiano in Dante , così diede al rinascimento il maggiore artista pagano nell ' Ariosto . Ed egli , come Michelangelo le statue bibliche , come Raffaello le Vergini , moltiplicava le sue fantasie di dame e cavalieri e amori per versar loro attorno tutti i tesori della divina arte plastica greca e romana . Direste che egli si compiacesse di veder tumultuare nel mondo fantastico da sé creato un popolo d ' imperatori e di re e di guerrieri e di donne e di giganti e di nani e di mostri e di spiriti e di maghi e di fate , per poi trarseli dietro ammaliati al suono dell ' orfica lira e attelati al suo carro infrenarli con le redini d ' oro dell ' Apollo ellenico . V . Così , mentre l ' apparizione del Machiavelli , e con lui dell ' osservazione esperimentale su ' l fatto umano , annunzia finita l ' età della poesia , come causa a un tempo ed effetto di una data civiltà , come lavoro a cui la nazione tutta coopera ; il poema dell ' Ariosto , nel quale la fantasia individuale licenziasi a un viaggio senza termine ed oggetto , viene a dire lo stesso . L ' arte per l ' arte è la fine della poesia popolare e nazionale o sociale che voglia dirsi : l ' arte per l ' arte gira e rigira sopra sé stessa , e anche nega e rinnega e oltraggia e distrugge , non sé veramente e il sentimento o lavoro individuale , ma il termine oggettivo della poesia . Ed ecco : al poema romanzesco prima assai che la dolorosa e alta satira del Cervantes e il lepido travestimento del Tassoni , tocca la parodia grossolana del Folengo e dell ' Aretino : le maccaronee sbizzarriscono a canto alle eleganze latine del Fracastoro e del Vida ; e un nuovo genere , il bernesco , si contrappone alla lirica . L ' Italia nel secolo XVI levò la poesia a idealismo artistico , e insieme , che è effetto assai comune dell ' idealizzare , la fissò , la cristallizzò . Pure le rimaneva ancora del movimento e dell ' azione : il Machiavelli e l ' Ariosto da due parti opposte venivano a riscontrarsi e toccarsi nella commedia ; e il fatto di uno storico e di un epico commediografi dà ragione , più assai che ogni lungo discorrere , di quel secolo e di quella letteratura . Ma in vece di buone commedie l ' Italia ebbe un altro poema , un poema eroico e religioso , la Gerusalemme liberata . L ' Europa latina pareva su quelle prime accettar con fervore il rinnovamento cattolico che la chiesa tentò opporre nel concilio tridentino alla riforma protestante ; tutta l ' Europa cristiana sentiva minacciata la sua civiltà dall ' impero ottomano : suonava ancora dai mari il fragore della battaglia di Lepanto , l ' ultima grande battaglia cristiana della quale tanta parte furono gl ' italiani , l ' ultimo còzzo glorioso tra l ' occidente e l ' oriente . Il tempo era opportuno , e il Tasso tale da poter sorgere poeta e del rinnovamento cattolico e della civiltà cristiana . Nessuna figura in fatti ha il Cinquecento così seria e gentile come quella di Torquato Tasso . Egli è l ' erede legittimo di Dante Alighieri : crede , e ragiona la sua fede per filosofia : ama , e comenta gli amori dottrinalmente : è artista , e scrive dialoghi di speculazioni scolastiche che vorrebbon essere platonici : innova , e teorizza . E , come Dante , ha sempre qualcosa da rimproverarsi nella conscienza sua di cattolico : al suo poema , pur essenzialmente religioso e cavalleresco , sovraintesse un ' allegoria spirituale e morale : a ogni modo teme sempre di averlo fatto soverchiamente profano , e lo rifà purificato : né anche del rifacimento si contenta , e finisce co ' l poema della creazione . Egli è il solo cristiano del nostro rinascimento : del quale per altro partecipa tanto , che il sensualismo nell ' opera sua si mescola al misticismo ; ed egli se ne addolora e pente , mentre il popolo se ne piace . Ma di questa duplicità dell ' essere suo ondeggiante tra il sensualismo e l ' idealismo tra il misticismo e l ' arte ; ma di questa discordia della vita a cui è condannato egli , cavaliere del medio evo , scolastico del secolo XIII , erede di Dante , smarrito in mezzo al rinascimento , tra l ' Ariosto e il Machiavelli , tra il Rabelais e il Cervantes ; di questa duplicità , di questa discordia egli porta innocente la pena , e se ne accora tanto che ne impazza . Il grido molle e straziante della elegia che pur tra gli accordi della tromba epica gli prorompe dal cuore mesto e voluttuoso lo annunzia il primo in tempo dei poeti moderni : il Tasso ha la malattia delle età di passaggio , dello Chateaubriand , del Byron , del Leopardi . E così in disaccordo com ' egli era co ' l tempo suo , poté raccogliere in sé gli estremi spiriti della cavalleria e della religione . E fu l ' ultima prova . Dopo lui , né la raffermatasi autorità ecclesiastica né la tradizione monarchica cominciata coll ' impianto di una gran dinastia straniera al mezzogiorno e al settentrione poterono o eccitare o ravvivare più oltre fra noi il movimento cavalleresco e il religioso . E quello andava oscuramente a finire nei cavalieri serventi ; e questo , aduggiato dalla triste ombra del gesuitismo , degenerò dai santi popolari , la cui serie si chiude con Filippo Neri , nell ' egoismo ascetico di Luigi Gonzaga , e dalle grandi leggende del medio evo nell ' eroicomica scimunitaggine del padre Ceva De puero Jesu . Del resto , terminata l ' età del sentimento e della fantasia ed esaurito anche l ' idealismo artistico , con quale azione e a qual punto l ' Italia libera del suo svolgimento avrebbe potuto seguitare ad espandersi nella riflessione nell ' osservazione nell ' indagine del pensiero , e a quali effetti avrebbe portato il suo lavoro di trecento anni , e come ne fosse impedita , lo dicano il Telesio , il Bruno , il Vanini . Ma oramai dopo la pace di Castel Cambrésis e il concilio di Trento al Machiavelli non poteva succedere altri che il Galileo . Il cielo rimaneva libero , e non senza pericolo : con men di pericolo i sepolcri . Notevole in fatti su lo scorcio del secolo XVI apparisce la trasformazione della storia ; la quale di particolare tende a farsi generale , di politica o patriottica diviene erudita e critica . L ' Italia , non potendo altro , sfoga il bisogno del dubbio , dell ' investigazione e della disamina intorno la materia dei fatti ; e dopo i Discorsi su le Deche e le Istorie fiorentine produce i Trattati su ' l diritto romano e la Storia del regno d ' Italia di Carlo Sigonio , che aprono insignemente all ' Europa l ' età critica degli studi su l ' antichità e su ' l medio evo . Nulla doveva mancare a quella nostra universal letteratura del Cinquecento . Ma intanto la poesia e l ' arte emigravano alle altre genti latine , alle giovini e vittoriose nazioni di Spagna e di Francia : nella prima delle quali il principio religioso e nella seconda il cavalleresco o feudale doveano fare la miglior prova d ' una letteratura cattolica e monarchica . E così in Spagna e in Francia , come in Inghilterra che a punto allora presentava i primi frutti dell ' ingegno germanico maturatosi nella riforma , la gloria maggiore della nuova letteratura fu il dramma . L ' Europa in fatti era giunta a quel secondo stadio storico , nel quale il dramma è la vera estrinsecazione artistica di un popolo , che , passato per una gran prova , si sente essere nel rigoglio delle sue forze e nella pienezza della vita , ha in fine la conscienza di nazione co ' l sentimento o il presentimento della civiltà che gli conviene , non importa poi sotto qual reggimento o con quali forme politiche . Ora l ' Italia , non per colpa sua , ma per la necessità storica dello svolgersi di altre genti con idee di stato altre da quelle tra le quali ella aveva esercitato la sua operosità civile , l ' Italia sopraffatta e spostata non aveva più né quel senso del presente né quel presentimento fiducioso . E però non ebbe un teatro , quale i primi esperimenti e massime quel del Machiavelli parevano imprometterle . Ebbe per altro due opere drammatiche originali e sue , che dopo la Gerusalemme furono anche le due opere più insigni dello scorcio del secolo ; l ' Aminta e il Pastor fido : originali e sue veramente , come quelle che sono la miglior dimostrazione estetica dell ' idealismo artistino italiano del Cinquecento applicato al dramma ; e l ' Aminta per la finitezza determinata pare far riscontro alla Gerusalemme e il Pastor fido per la florida e bizzarra varietà all ' Orlando . E voglionsi ricordare , non tanto perché al meno nelle forme offersero quelle opere il passaggio dall ' idealismo del Cinquecento alla maniera dell ' Arcadia , quanto perché il dramma pastorale e mitologico fu la materia propria della musica . La poesia italiana nel suo progressivo idealizzarsi andò sempre più estenuandosi : a poco a poco non più invenzione né movimento né azione , non più caratteri né passioni , non più stile né forme : ma colori e parole e suoni che simulavano lusinghieramente la vita ; sin che la poesia evaporò , e fu la musica : la musica , sola arte che all ' Italia rimanesse dopo il secolo XVI , e sola sua gloria per troppo tempo di poi . La sua grande letteratura , la letteratura viva , nazionale a un tempo ed umana , con la quale ella conciliò l ' antichità e il medio evo e rappresentò romanamente l ' Europa innovata , finì co ' l Tasso . VI . Spettacolo che altri potrà dir vergognoso e che a me apparisce pieno di sacra pietà , cotesto di un popolo di filosofi di poeti di artisti , che in mezzo ai soldati stranieri d ' ogni parte irrompenti séguita accorato e sicuro l ' opera sua di civiltà . Crosciano sotto le artiglierie di tutte le genti le mura che pur videro tante fughe di barbari : guizza la fiamma intorno ai monumenti dell ' antichità , e son messe a ruba le case paterne : la solitudine delle guaste campagne è piena di cadaveri : e pure le tele e le pareti non risero mai di più allegri colori , non mai lo scalpello disascose dal marmo più terribili fantasie e forme più pure , non mai più allegre selve di colonne sorsero a proteggere ozii e sollazzi e pensamenti che oramai venivano meno ; e il canto de ' poeti supera il triste squillo delle trombe , straniere , e i torchi di Venezia di Firenze di Roma stridono all ' opera d ' illuminare il mondo . Non è codardia : perocché , dove fu popolo , ivi fu ancora resistenza e pugna gloriosa . E né pure è spensieratezza . Oh quanta mestizia nel dolce viso di Raffaello , che cipiglio corruccioso in quel del Buonarroti e quanta pena nelle figure del Machiavelli e del Guicciardini ! l ' Ariosto sorride , ma come triste ! fino il Berni si adira . Perché oltraggiare quei grandi intelletti del Cinquecento ? non vediamo noi l ' arcano dolore , il fastidio fatale che da ogni parte gl ' investe ? Sempre grande il sacrifizio ; ma , quando sia una nazione che si sacrifichi , è cosa divina : e l ' Italia sacrificò sé all ' avvenire degli altri popoli . Cara e santa patria ! ella ricreò il mondo intellettuale degli antichi , ella diè la forma dell ' arte al mondo tumultuante e selvaggio del medio evo , ella aprì alle menti un mondo superiore di libertà e di ragione ; e di tutto fe ' dono all ' Europa : poi avvolta nel suo manto sopportò con la decenza d ' Ifigenia i colpi dell ' Europa . Così finiva l ' Italia .
COSTANTINOPOLI ( DE_AMICIS EDMONDO , 1878 )
Saggistica ,
AI MIEI CARI AMICI DI PERA ENRICO SANTORO GIOVANNI ROSSASCO E FAUSTO ALBERI Amigos , es este mi último libro de viaje ; desde adelante no escucharé mas que las inspiraciones del corazón . Luis de Guevara , Viaje en Egypto . L ' ARRIVO L ' emozione che provai entrando in Costantinopoli mi fece quasi dimenticare tutto quello che vidi in dieci giorni di navigazione dallo stretto di Messina all ' imboccatura del Bosforo . Il mar Jonio azzurro e immobile come un lago , i monti lontani della Morea tinti di rosa dai primi raggi del sole , l ' Arcipelago dorato dal tramonto , le rovine d ' Atene , il golfo di Salonicco , Lemno , Tenedo , i Dardanelli , e molti personaggi e casi che mi divertirono durante il viaggio , si sbiadirono per modo nella mente , dopo visto il Corno d ' oro , che se ora li volessi descrivere , dovrei lavorare più d ' immaginazione che di memoria . Perché la prima pagina del mio libro m ' esca viva e calda dall ' anima , debbo cominciare dall ' ultima notte del viaggio , in mezzo al mare di Marmara , nel punto che il capitano del bastimento s ' avvicinò a me e al mio amico Yunk , e mettendoci le mani sulle spalle , disse col suo schietto accento palermitano : - Signori ! Domattina all ' alba vedremo i primi minareti di Stambul . Ah ! ella sorride , mio buon lettore , pieno di quattrini e di noia ; ella che , anni sono , quando le saltò il ticchio d ' andare a Costantinopoli , in ventiquattr ' ore rifornì la borsa e fece le valigie , e partì tranquillamente come per una gita in campagna , incerto fino all ' ultimo momento se non fosse meglio prendere invece la via di Baden - Baden ! Se il capitano del bastimento ha detto anche a lei : - Domani mattina vedremo Stambul - lei avrà risposto flemmaticamente : - Ne ho piacere . - Ma bisogna aver covato quel desiderio per dieci anni , aver passato molte sere d ' inverno guardando melanconicamente la carta d ' Oriente , essersi rinfocolata l ' immaginazione colla lettura di cento volumi , aver girato mezza l ' Europa soltanto per consolarsi di non poter vedere quell ' altra mezza , essere stati inchiodati un anno a tavolino con quell ' unico scopo , aver fatto mille piccoli sacrifizi , e conti su conti , e castelli su castelli , e battagliole in casa ; bisogna infine aver passato nove notti insonni sul mare , con quell ' immagine immensa e luminosa davanti agli occhi , felici tanto da provar quasi un sentimento di rimorso pensando alle persone care che si sono lasciate a casa ; e allora si capisce che cosa voglion dire quelle parole : - Domani all ' alba vedremo i primi minareti di Stambul ; - e invece di rispondere flemmaticamente : - ne ho piacere - si picchia un pugno formidabile sul parapetto del bastimento . Un gran piacere per me e per il mio amico era la profonda certezza che la nostra immensa aspettazione non sarebbe stata delusa . Su Costantinopoli infatti non ci son dubbi ; anche il viaggiatore più diffidente ci va sicuro del fatto suo ; nessuno ci ha mai provato un disinganno . E non c ' entra il fascino delle grandi memorie e la consuetudine dell ' ammirazione . È una bellezza universale e sovrana , dinanzi alla quale il poeta e l ' archeologo , l ' ambasciatore e il negoziante , la principessa e il marinaio , il figlio del settentrione e il figlio del mezzogiorno , tutti hanno messo un grido di maraviglia . È il più bel luogo della terra a giudizio di tutta la terra . Gli scrittori di viaggi , arrivati là , perdono il capo . Il Perthusier balbetta , il Tournefort dice che la lingua umana è impotente , il Pouqueville crede d ' esser rapito in un altro mondo , il La Croix è innebriato , il visconte di Marcellus rimane estatico , il Lamartine ringrazia Iddio , il Gautier dubita della realtà di quello che vede ; e tutti accumulano immagini sopra immagini , fanno scintillare lo stile e si tormentano invano per trovare un ' espressione che non riesca miseramente al disotto del proprio pensiero . Il solo Chateaubriand descrive la sua entrata in Costantinopoli con un ' apparenza di tranquillità d ' animo che reca stupore ; ma non tralascia di dire che è il più bello spettacolo dell ' universo ; e se la celebre Lady Montague , pronunziando la stessa sentenza , ci premette un forse , è da credersi che l ' abbia fatto per lasciare tacitamente il primo posto alla propria bellezza , della quale si dava molto pensiero . C ' è persino un freddo tedesco il quale dice che le più belle illusioni della gioventù e i sogni stessi del primo amore sono pallide immagini in confronto del senso di dolcezza che invade l ' anima alla vista di quei luoghi fatati ; e un dotto francese afferma che la prima impressione che fa Costantinopoli è lo spavento . Immagini chi legge il ribollimento che dovevano produrre tutte queste parole di foco , cento volte ripetute , nel cervello d ' un bravo pittore di ventiquattr ' anni , e in quello d ' un cattivo poeta di vent ' otto ! Ma nemmeno queste lodi illustri di Costantinopoli ci bastavano , e cercavamo le testimonianze dei marinai . E anch ' essi , povera gente rozza , per dare un ' idea di quella bellezza , sentivano il bisogno d ' esprimersi con qualche similitudine o parola straordinaria , e la cercavano volgendo gli occhi qua e là e stropicciando le dita , e facevano dei tentativi di descrizione con quel suono di voce che par che venga di lontano e quei gesti larghi e lenti con cui la gente del popolo esprime la meraviglia quando non le bastano le parole . - Entrare con una bella mattinata in Costantinopoli - , ci disse il capo dei timonieri - , credete a me , signori : è un bel momento nella vita d ' un uomo . Anche il tempo ci sorrideva ; era una notte serena e tepida ; il mare accarezzava con un mormorìo leggerissimo i fianchi del bastimento ; gli alberi e i più minuti cordami si disegnavano netti ed immobili sul cielo coperto di stelle ; non pareva nemmeno che si navigasse . A prora v ' era una folla di turchi sdraiati che fumavano beatamente il loro narghilè col viso rivolto alla luna , la quale faceva un contorno d ' argento ai loro turbanti bianchi ; a poppa un visibilio di gente d ' ogni paese , fra cui una compagnia famelica di commedianti greci che s ' erano imbarcati al Pireo . Vedo ancora , in mezzo a una nidiata di bambine russe che vanno a Odessa colla madre , il visetto della piccola Olga , tutta meravigliata ch ' io non capisca la sua lingua e indispettita d ' avermi fatto tre volte la medesima domanda senza ottenere una risposta intelligibile . Ho da una parte un grosso e sucido prete greco , col cappello a staio rovesciato , che cerca col canocchiale l ' arcipelago di Marmara ; dall ' altra un ministro evangelico inglese , rigido e freddo come una statua , che in tre giorni non ha ancora detto una parola nè guardato in faccia anima viva ; davanti , due belle signorine ateniesi colla berrettina rossa e le treccie giù per le spalle , che appena uno le guarda , si voltano tutte due insieme verso il mare per farsi vedere di profilo ; un po ' più in là un negoziante armeno che fa scorrere tra le dita le pallottoline del rosario orientale , un gruppo d ' ebrei vestiti del costume antico , degli albanesi colle sottanine bianche , un ' istitutrice francese che fa la malinconica , qualcuno di quei soliti viaggiatori di nessuna tinta , che non si capisce di che paese siano nè che mestiere facciano ; e in mezzo a questa gente , una piccola famiglia turca composta d ' un babbo in fez , d ' una mamma velata e di due bambine coi calzoncini , tutti e quattro accovacciati sotto una tenda , a traverso un mucchio di materasse e di cuscinetti variopinti , in mezzo a una corona di carabattole d ' ogni forma e d ' ogni colore . Come si sentiva la vicinanza di Costantinopoli ! C ' era una vivacità insolita . Quasi tutti i visi che s ' intravvedevano al lume delle lanterne , erano visi allegri . Le bambine russe saltellavano intorno alla madre gridando l ' antico nome russo di Stambul : - Zavegorod ! Zavegorod ! - Passando accanto ai crocchi , si udivano qua e là i nomi di Galata , di Pera , di Scutari , di Bujukderé , di Terapia , che luccicavano alla mia fantasia come le prime scintille d ' un grande foco d ' artifizio sul punto d ' accendersi . Anche i marinai erano contenti d ' avvicinarsi a quel luogo dove , com ' essi dicevano , si dimenticano almeno per un ' ora tutte le noie della vita . Persino a prora , in mezzo a quel biancume di turbanti , c ' era un movimento straordinario : anche quei mussulmani pigri e impassibili vedevano già cogli occhi della immaginazione ondulare all ' orizzonte i fantastici contorni di Ummelunià , la madre del mondo , " la città " , come dice il Corano , " di cui un lato guarda la terra e due guardano il mare . " Pareva che il bastimento , anche senza la forza motrice del vapore , avrebbe dovuto andare innanzi da sè , spinto dall ' impeto dei desiderii e delle impazienze che fremevano sulle sue tavole . Di tratto in tratto mi appoggiavo al parapetto per guardare in mare , e mi pareva che cento voci confuse mi parlassero col mormorìo delle acque . Erano tutte le persone che mi amano , che dicevano : Va , va , figliuolo , fratello , amico , va ; va a goderti la tua Costantinopoli ; te la sei guadagnata , sii felice , e Dio t ' accompagni . Soltanto verso la mezzanotte i viaggiatori cominciarono a scendere sotto coperta . Il mio amico ed io scendemmo gli ultimi e a passo di formica , perché ci ripugnava d ' andare a chiudere fra quattro pareti un ' allegrezza a cui pareva angusto il circuito della Propontide . Quando fummo a metà della scaletta sentimmo la voce del capitano che c ' invitava a salire la mattina seguente sul ponte riserbato al comando . - Siano su prima del levar del sole , - gridò affacciandosi alla botola - ; faccio buttare in mare chi ritarda . Una minaccia più superflua non è mai stata fatta dopo che mondo è mondo . Io non chiusi occhio . Credo che il giovane Maometto II , in quella famosa notte di Adrianopoli , in cui disfece il letto a furia di voltarsi e di rivoltarsi , agitato dalla visione della città di Costantino , non abbia fatto tanti rivoltoloni quanti ne feci io nella mia cuccetta in quelle quattr ' ore d ' aspettazione . Per dominare i miei nervi , provai a contare fino a mille , a tener l ' occhio fisso sulle ghirlande bianche che l ' acqua rotta dal bastimento sollevava intorno all ' occhio del mio camerino , a canterellare delle ariette cadenzate sul rumore monotono della macchina a vapore ; ma era inutile . Avevo la febbre , mi sentivo mancare il respiro e la notte mi pareva eterna . Appena vidi un barlume di giorno , saltai giù ; Yunk era già in piedi ; ci vestimmo in furia , e salimmo in tre salti sopra coperta . Maledizione ! C ' era la nebbia . Una nebbia fitta copriva l ' orizzonte da tutte le parti ; pareva imminente la pioggia ; il grande spettacolo dell ' entrata in Costantinopoli era perduto ; il nostro più ardente desiderio , deluso ; il viaggio in una parola , sciupato ! Io rimasi annichilito . In quel punto comparve il capitano col suo solito sorrisetto sulle labbra . Non ci fu bisogno di parlare ; appena ci vide , capì , e battendoci una mano sulla spalla , disse in tuono di consolazione : - Niente , niente . Non si sgomentino , signori . Benedicano anzi questa nebbia . In grazia della nebbia loro faranno la più bella entrata in Costantinopoli che abbiano mai potuto desiderare . Fra due ore avremo un sereno meraviglioso . Riposino sulla mia parola . Mi sentii tornare la vita . Salimmo sul ponte del Comando . A prora tutti i turchi erano già seduti a gambe incrociate sui loro tappeti , col viso rivolto verso Costantinopoli . In pochi minuti tutti gli altri viaggiatori usciron fuori , armati di canocchiali d ' ogni forma , e si appoggiarono , stesi in una lunga fila , al parapetto di sinistra , come alla balaustrata d ' una galleria di teatro . Tirava un ' arietta fresca ; nessuno parlava . Tutti gli occhi e tutti i canocchiali si rivolsero a poco a poco verso la riva settentrionale del mare di Marmara . Ma non si vedeva ancor nulla . La nebbia però non formava che una fascia biancastra all ' orizzonte , sopra la quale splendeva il cielo sereno e dorato . Diritto dinanzi a noi , nella direzione della prora , appariva confusamente il piccolo arcipelago delle nove Isole dei Principi , le Demonesi degli antichi , luogo di piaceri della Corte al tempo del Basso Impero , ed ora luogo di ritrovo e di festa degli abitanti di Costantinopoli . Le due rive del mar di Marmara erano ancora completamente nascoste . Soltanto dopo un ' ora che s ' era sul ponte si vide ... Ma è impossibile intender bene la descrizione dell ' entrata in Costantinopoli , se non si ha chiara nella mente la configurazione della città . Supponga il lettore d ' aver davanti a sè l ' imboccatura del Bosforo , il braccio di mare che separa l ' Asia dall ' Europa e congiunge il mar di Marmara col mar Nero . Stando così s ' ha la riva asiatica a destra e la riva europea a sinistra ; di qui l ' antica Tracia , di là l ' antica Anatolia . Andando innanzi , infilando cioè il braccio di mare , si trova a sinistra , appena oltrepassata l ' imboccatura , un golfo , una rada strettissima , la quale forma col Bosforo un angolo quasi retto , e si sprofonda per parecchie miglia nella terra europea , incurvandosi a modo di un corno di bue ; donde il nome di Corno d ' oro , ossia corno dell ' abbondanza , perché v ' affluivano , quand ' era porto di Bisanzio , le ricchezze di tre continenti . Nell ' angolo di terra europea , che da una parte è bagnato dal mar di Marmara e dall ' altra dal Corno d ' oro , dov ' era l ' antica Bisanzio , s ' innalza , sopra sette colline , Stambul , la città turca . Nell ' altro angolo , bagnato dal Corno d ' oro e dal Bosforo , s ' innalzano Galata e Pera , le città franche . In faccia all ' apertura del Corno d ' oro , sopra le colline della riva asiatica , sorge la città di Scutari . Quella dunque , che si chiama Costantinopoli , è formata da tre grandi città divise dal mare , ma poste l ' una in faccia all ' altra , e la terza in faccia alle due prime , e tanto vicine tra loro , che da ciascuna delle tre rive si vedono distintamente gli edifizii delle altre due , presso a poco come da una parte all ' altra della Senna e del Tamigi nei punti dove sono più larghi a Parigi e a Londra . La punta del triangolo su cui s ' innalza Stambul , ritorta verso il Corno d ' oro , è quel famoso Capo del Serraglio , il quale nasconde fino all ' ultimo momento , agli occhi di chi viene dal mar di Marmara , la vista delle due rive del Corno , ossia la parte più grande e più bella di Costantinopoli . Fu il Capitano del bastimento , che col suo occhio di marinaio scoperse per il primo il primo barlume di Stambul . Le due signore ateniesi , la famiglia russa , il ministro inglese , Yunk , io ed altri , che andavamo tutti a Costantinopoli per la prima volta , stavamo intorno a lui stretti in un gruppo , silenziosi , stancandoci gli occhi inutilmente sopra la nebbia , quand ' egli stese il braccio a sinistra , verso la riva europea , e gridò : - Signori , ecco il primo spiraglio . Era un punto bianco , la sommità d ' un minareto altissimo , di cui la parte di sotto rimaneva ancora nascosta . Tutti vi appuntarono su i canocchiali e si misero a frugare cogli occhi in quel piccolo squarcio della nebbia come per farlo più largo . Il bastimento filava rapidamente . Dopo pochi minuti si vide accanto al minareto una macchia incerta , poi due , poi tre , poi molte che a poco a poco prendevano il contorno di case , e la fila s ' allungava , s ' allungava . Dinanzi a noi e sulla nostra destra , tutto era ancora coperto dalla nebbia . Quella che s ' andava scoprendo allora , era la parte di Stambul che s ' allunga , formando un arco di circa quattro miglia italiane , sulla riva settentrionale del mar di Marmara , fra il Capo del Serraglio e il Castello delle Sette Torri . Ma tutta la collina del Serraglio era ancora velata . Dietro le case spuntavano l ' un dopo l ' altro i minareti , altissimi e bianchi , e le loro sommità , illuminate dal sole , erano color di rosa . Sotto le case cominciavano a scoprirsi le vecchie mura merlate , di color fosco , rafforzate , a distanze eguali , da grosse torri , che formano intorno a tutta la città una cintura non interrotta , contro la quale si rompono le onde del mare . In poco tempo rimase scoperto un tratto di città lungo due miglia ; ma , dico il vero , lo spettacolo non corrispondeva alla mia aspettazione . Eravamo nel punto in cui il Lamartine domandò a sè stesso : - È questa Costantinopoli ? - e gridò : - Che delusione ! - Le colline erano ancora nascoste , non si vedeva che la riva , le case formavano una sola fila lunghissima , la città pareva tutta piana . - Capitano ! - esclamai anch ' io - ; è questa Costantinopoli ? - Il capitano m ' afferrò per un braccio , e accennando colla mano dinanzi a sè : - Uomo di poca fede ! - gridò - ; guardi lassù . - Guardai ! e mi fuggì un ' esclamazione di stupore . Un ' ombra enorme , una mole altissima e leggiera , ancora coperta da un velo vaporoso , si sollevava al cielo dalla sommità d ' un ' altura , e rotondeggiava gloriosamente nell ' aria , in mezzo a quattro minareti smisurati e snelli , di cui le punte inargentate scintillavano ai primi raggi del sole . - Santa Sofia ! - gridò un marinaio ; e una delle due signore ateniesi disse a bassa voce : - Hagia Sofia ! ( La santa sapienza ) . I turchi a prora s ' alzarono in piedi . Ma già dinanzi e accanto alla grande basilica , si sbozzavano a traverso la nebbia altre cupole enormi , e minareti fitti e confusi come una foresta di gigantesche palme senza rami - La moschea del Sultano Ahmed ! - gridava il capitano , accennando - ; la moschea di Bajazet , la moschea d ' Osman , la moschea di Laleli , la moschea di Solimano . Ma nessuno lo sentiva più . Il velo si squarciava rapidamente , e da ogni parte balzavan fuori moschee , torri , mucchi di verzura , case su case ; e più andavamo innanzi , più la città s ' alzava e mostrava più distinti i suoi grandi contorni rotti , capricciosi , bianchi , verdi , rosati , scintillanti ; e la collina del serraglio disegnava già intera la sua forma gentile sopra il fondo grigio della nebbia lontana . Quattro miglia di città , tutta la parte di Stambul che guarda il mare di Marmara , si stendeva dinanzi a noi , e le sue mura fosche e le sue case di mille colori si riflettevano nell ' acqua terse e nitide come in uno specchio . A un tratto il bastimento si fermò . Tutti s ' affollarono intorno al capitano domandando perchè . Egli ci spiegò che per andare innanzi bisognava aspettare che svanisse la nebbia . La nebbia infatti nascondeva ancora l ' imboccatura del Bosforo come una fitta cortina . Ma dopo meno d ' un minuto , si poté proseguire , andando però cautissimamente . Ci avvicinavamo alla collina dell ' antico serraglio . Qui la curiosità mia e di tutti diventò febbrile . - Si volti in là - , mi disse il capitano - e aspetti a guardare quando tutta la collina ci sia davanti . Mi voltai e fissai gli occhi sopra uno sgabello che mi pareva che ballasse . - Eccoci ! - esclamò il Capitano dopo qualche momento . Mi voltai . Il bastimento s ' era fermato . Eravamo in faccia alla collina , vicinissimi . È una grande collina tutta vestita di cipressi , di terebinti , d ' abeti e di platani giganteschi , che spingono i rami fuori delle mura merlate fino a far ombra sul mare ; e in mezzo a questo mucchio di verzura s ' alzano disordinatamente , separati e a gruppi , come sparsi a caso , cime di chioschi , padiglioncini coronati di gallerie , cupolette inargentate , piccoli edifizii di forme gentili e strane , colle finestre ingraticolate e le porte a rabeschi ; tutto bianco , piccino , mezzo nascosto , che lascia indovinare un labirinto di giardini , di corridoi , di cortili , di recessi ; un ' intera città chiusa in un bosco ; separata dal mondo , piena di mistero e di tristezza . In quel momento vi batteva su il sole , ma la ricopriva ancora un velo leggerissimo . Non vi si vedeva nessuno , non vi si sentiva il più leggiero rumore . Tutti i viaggiatori stavano là cogli occhi fissi su quel colle coronato dalle memorie di quattro secoli di gloria , di piaceri , d ' amori , di congiure e di sangue ; reggia , cittadella e tomba della grande monarchia ottomana ; e nessuno parlava , nessuno si moveva . Quando a un tratto il secondo del bastimento gridò : - Signori , si vede Scutari ! Ci voltammo tutti verso la riva asiatica . Scutari , la Città d ' oro , era là sparsa a perdita d ' occhi sulle sommità e per i fianchi delle sue grandi colline , velata dai vapori luminosi del mattino , ridente , fresca come una città sorta allora al tocco d ' una verga fatata . Chi può descrivere quello spettacolo ? Il linguaggio con cui descriviamo le città nostre non serve a dare una idea di quella immensa varietà di colori e di prospetti , di quella meravigliosa confusione di città e di paesaggio , di gaio e d ' austero , d ' europeo , d ' orientale , di bizzarro , di gentile , di grande ! S ' immagini una città composta di diecimila villette gialle e purpuree , e di diecimila giardini lussureggianti di verde , in mezzo a cui s ' alzano cento moschee candide come la neve ; di sopra , una foresta di cipressi enormi : il più grande cimitero dell ' Oriente ; alle estremità , smisurate caserme bianche , gruppi di case e di cipressi , villaggetti raccolti sui poggi , dietro ai quali ne spuntano altri mezzo nascosti fra la verzura ; e per tutto cime di minareti e sommità di cupole biancheggianti fino a mezzo il dorso d ' una montagna che chiude come una gran cortina l ' orizzonte ; una grande città sparpagliata in un immenso giardino , sopra una riva qui rotta da burroni a picco , vestiti di sicomori , là digradante in piani verdi , aperta in piccoli seni pieni d ' ombra e di fiori ; e lo specchio azzurro del Bosforo che riflette tutta questa bellezza . Mentre stavo guardando Scutari , il mio amico mi toccò col gomito per annunziarmi che aveva scoperto un ' altra città . E vidi infatti , voltandomi verso il mar di Marmara , sulla stessa riva asiatica , al di là di Scutari , una lunghissima fila di case , di moschee e di giardini dinanzi a cui era passato il bastimento , e che fino allora eran rimasti nascosti dalla nebbia . Col canocchiale si discernevano benissimo i caffè , i bazar , le case all ' europea , gli scali , i muri di cinta degli orti , le barchette sparse lungo la riva . Era Kadi - Kioi , il villaggio dei giudici , posto sulle rovine dell ' antica Calcedonia , già rivale di Bisanzio ; quella Calcedonia fondata seicento ottantacinque anni prima di Cristo dai Megaresi , ai quali fu dato dall ' oracolo di Delfo il soprannome di ciechi per avere scelto quel sito invece della riva opposta dove sorge Stambul . - E tre città - ci disse il Capitano - ; le contino sulle dita perché a momenti ne salteranno fuori delle altre . Il bastimento era sempre immobile fra Scutari e la collina del Serraglio . La nebbia nascondeva affatto il Bosforo da Scutari in là , e tutta Galata e tutta Pera che stavano dinanzi a noi . Ci passavano accanto dei barconi , dei vaporini , dei caicchi , dei piccoli legni a vela ; ma nessuno li guardava . Tutti gli occhi erano fissi sulla cortina grigia che copriva la città franca . Io fremevo d ' impazienza e di piacere . Ancora pochi momenti , e lo spettacolo meraviglioso , che strappa un grido dall ' anima ! Appena potevo tener fermo agli occhi il canocchiale , tanto mi tremava la mano . Il capitano mi guardava , pover ' uomo , e godeva della mia emozione , e fregandosi le mani esclamava : - Ci siamo ! ci siamo ! Finalmente incominciarono ad apparire dietro al velo prima delle macchie bianchiccie , poi il contorno vago d ' una grande altura , poi uno sparso e vivissimo luccichio di vetrate percosse dal sole , e infine Galata e Pera in piena luce , un monte , una miriade di casette di tutti i colori , le une sulle altre ; una città altissima coronata di minareti , di cupole e di cipressi ; sulla sommità i palazzi monumentali delle Ambasciate , e la gran torre di Galata ; ai piedi il vasto arsenale di Tophanè e una foresta di bastimenti ; e diradando sempre la nebbia , la città s ' allungava rapidamente dalla parte del Bosforo , e balzavano fuori borghi dietro borghi , distesi dall ' alto dei colli fino al mare , vasti , fitti , picchiettati di bianco dalle moschee ; file di bastimenti , piccoli porti , palazzi a fior d ' acqua , padiglioni , giardini , chioschi , boschetti ; e confusi nella nebbia lontana , altri borghi di cui si vedevano soltanto le sommità dorate dal sole ; uno sbarbaglio di colori , un rigoglio di verde , una fuga di vedute , una grandezza , una delizia , una grazia da far prorompere in esclamazioni insensate . Sul bastimento tutti erano a bocca aperta : viaggiatori , marinai , turchi , europei , bambini . Non si sentiva uno zitto . Non si sapeva più da che parte guardare . Avevamo da una parte Scutari e Kadi - Kioi ; dall ' altra la collina del Serraglio ; in faccia Galata , Pera , il Bosforo . Per vedere ogni cosa , bisognava girare sopra sè stessi ; e giravano , lanciando da tutte le parti degli sguardi fiammeggianti , e ridendo e gesticolando senza parlare , con un piacere che ci soffocava . Che bei momenti , Dio eterno ! Eppure il più grande e il più bello rimaneva da vedere . Noi eravamo ancora immobili al di qua della punta del Serraglio ; senza oltrepassare la quale non si può vedere il Corno d ' oro , e la più meravigliosa veduta di Costantinopoli è sul Corno d ' oro . - Signori , stiano attenti - esclamò il capitano prima di dar l ' ordine d ' andare avanti ; - ora viene il momento critico . In tre minuti siamo in faccia a Costantinopoli ! Provai un senso di freddo . Si aspettò qualche altro momento . Ah ! come mi saltava il cuore ! Con che febbre nell ' anima aspettavo quella benedetta parola : - Avanti ! - Avanti ! - gridò il capitano . Il bastimento si mosse . Andiamo ! Re , principi , Cresi , potenti e fortunati della terra , in quel momento io ebbi compassione di voi ; il mio posto sul bastimento valeva tutti i vostri tesori , e non avrei venduto un mio sguardo per un impero . Un minuto - un altro minuto - si passa la punta del Serraglio - intravvedo un enorme spazio pieno di luce e un ' immensità di cose e di colori - la punta è passata ... Ecco Costantinopoli ! Costantinopoli sterminata , superba , sublime ! Gloria alla creazione ed all ' uomo ! Io non avevo sognato questa bellezza ! Ed ora descrivi , miserabile ! profana colla tua parola questa visione divina ! Chi osa descrivere Costantinopoli ? Chateaubriand , Lamartine , Gautier , che cosa avete balbettato ? Eppure le immagini e le parole s ' affollano alla mente e fuggono dalla penna . Vedo , parlo , scrivo , tutto ad un tempo , senza speranza , ma con una voluttà che m ' innebria . Vediamo dunque . Il Corno d ' oro , diritto dinanzi a noi , come un largo fiume ; e sulle due rive , due catene d ' alture su cui s ' innalzano e s ' allungano due catene parallele di città , che abbracciano otto miglia di colli , di vallette , di seni , di promontorii ; cento anfiteatri di monumenti e di giardini ; una doppia immensa gradinata di case , di moschee , di bazar , di serragli , di bagni , di chioschi , svariati di colori infiniti ; in mezzo ai quali migliaia di minareti dalla punta lucente s ' alzano al cielo come smisurate colonne d ' avorio ; e sporgono boschi di cipressi che discendono in striscie cupe dalle alture al mare , inghirlandando sobborghi e forti ; e una possente vegetazione sparsa si rizza e ribocca da ogni parte , impennacchia le cime , serpeggia fra i tetti e si curva sulle sponde . A destra , Galata con dinanzi una selva di antenne e di bandiere ; sopra Galata , Pera che disegna sul cielo i possenti contorni dei suoi palazzi europei ; dinanzi , un ponte che unisce le due rive , corso da due opposte folle variopinte ; a sinistra , Stambul , distesa sulle sue larghe colline , ognuna delle quali sorregge una moschea gigantesca dalla cupola di piombo e dalle guglie d ' oro : Santa Sofia , bianca e rosata ; Sultano Ahmed , fiancheggiata da sei minareti ; Solimano il Grande , coronata di dieci cupole ; Sultana Validè , che si specchia nelle acque ; sulla quarta collina , la moschea di Maometto II ; sulla quinta , la moschea di Selim ; sulla sesta , il serraglio di Tekyr ; e al disopra di tutte le altezze , la torre bianca del Seraschiere che domina le rive dei due continenti dai Dardanelli al mar Nero . Di là dalla sesta collina di Stambul e di là da Galata non si vedono più che profili vaghi , punte di città e di sobborghi , scorci di porti , di flotte e di boschi , quasi svaniti in una atmosfera azzurrina , che non paiono più cose reali , ma inganni dell ' aria e della luce . Come afferrare i particolari di questo quadro prodigioso ? Lo sguardo si fissa per qualche momento sulle rive vicine , sopra una casetta turca o sopra un minareto dorato ; ma subito si rilancia in quella profondità luminosa e spazia a caso fra quelle due fughe di città fantastiche , seguito a stento dalla mente sbalordita . Una maestà infinitamente serena è diffusa su tutta quella bellezza : un non so che di giovanile e d ' amoroso , che risveglia mille rimembranze di racconti di fate e di sogni primaverili ; un che d ' aereo , d ' arcano e di grande , che rapisce la fantasia fuori del vero . Il cielo , sfumato a finissime tinte opaline ed argentee , contorna con una nettezza meravigliosa tutte le cose ; il mare , color di zaffiro , tutto picchiettato di gavitelli porporini , fa tremolare i lunghi riflessi bianchi dei minareti ; le cupole scintillano ; tutta quella immensa vegetazione s ' agita e freme all ' aria della mattina ; nuvoli di colombi svolazzano intorno alle moschee ; migliaia di caicchi dipinti e dorati guizzano sulle acque ; il venticello del Mar Nero porta i profumi di dieci miglia di giardini ; e quando inebriati da questo paradiso , e già dimentichi d ' ogni altra cosa , ci si volta indietro , si vede con un sentimento nuovo di meraviglia la riva dell ' Asia che chiude il panorama colla bellezza pomposa di Scutari e colle cime nevose dell ' Olimpo di Bitinia ; il mar di Marmara sparso d ' isolette e biancheggiante di vele ; e il Bosforo coperto di navi , che serpeggia fra due file interminabili di chioschi , di palazzi e di ville , e si perde misteriosamente in mezzo alle più ridenti colline dell ' Oriente . Ah sì ! Questo è il più bello spettacolo della terra ; chi lo nega è ingrato a Dio e ingiuria la creazione ; una più grande bellezza soverchierebbe i sensi dell ' uomo ! Passata la prima emozione , guardai i viaggiatori : tutte le faccie erano mutate . Le due signore ateniesi avevano gli occhi inumiditi ; la signora russa , nel momento solenne , s ' era stretta sul cuore la piccola Olga ; persino il freddo prete inglese faceva sentire per la prima volta la sua voce , esclamando di tratto in tratto : - wonderful ! wonderful ! - ( stupendo stupendo ! ) . Il bastimento s ' era fermato poco lontano dal ponte ; in pochi minuti vi si radunò intorno un visibilio di barchette e irruppe sopra coperta una folla di facchini turchi , greci , armeni ed ebrei , che bestemmiando un italiano dell ' altro mondo , s ' impadronirono delle nostre robe e delle nostre persone . Dopo un tentativo inutile di resistenza , diedi un abbraccio al capitano , un bacio a Olga , un addio a tutti e scesi col mio amico in un caicco a quattro remi , che ci condusse alla dogana , di dove ci arrampicammo per un labirinto di stradicciuole fino all ' albergo di Bisanzio , sulla sommità della collina di Pera . CINQUE ORE DOPO La visione di stamattina è svanita . Quella Costantinopoli tutta luce e tutta bellezza è una città mostruosa , sparpagliata per un saliscendi infinito di colline e di valli ; è un labirinto di formicai umani , di cimiteri , di rovine , di solitudini ; una confusione non mai veduta di civiltà e di barbarie , che presenta un ' immagine di tutte le città della terra e raccoglie in sè tutti gli aspetti della vita umana . Non ha veramente di una grande città che lo scheletro , che è la piccola parte in muratura ; il resto è un enorme agglomeramento di baracche , uno sterminato accampamento asiatico , in cui brulica una popolazione che non fu mai numerata , di gente d ' ogni razza e d ' ogni religione . È una grande città in trasformazione , composta di città vecchie che si sfasciano , di città nuove sorte ieri , d ' altre città che stanno sorgendo . Tutto v ' è sossopra ; da ogni parte si vedono le traccie d ' un gigantesco lavoro : monti traforati , colli sfiancati , borghi rasi al suolo , grandi strade disegnate ; un immenso sparpagliamento di macerie e d ' avanzi d ' incendi sopra un terreno perpetuamente tormentato dalla mano dell ' uomo . È un disordine , una confusione d ' aspetti disparati , un succedersi continuo di vedute imprevedibili e strane , che dà il capogiro . Andate in fondo a una strada signorile , è chiusa da un burrone ; uscite dal teatro , vi trovate in mezzo alle tombe ; giungete sulla sommità d ' una collina , vi vedete un bosco sotto i piedi , e un ' altra città sulla collina in faccia ; il borgo che avete attraversato poc ' anzi , lo vedete , voltandovi improvvisamente , in fondo a una valle profonda , mezzo nascosto dagli alberi ; svoltate intorno a una casa , ecco un porto ; scendete per una strada , addio città ! siete in una gola deserta , da cui non si vede altro che cielo ; le città spuntano , si nascondono , balzan fuori continuamente sul vostro capo , ai vostri piedi , alle vostre spalle , vicine e lontane , al sole , nell ' ombra , fra i boschi , sul mare ; fate un passo avanti , vedete un panorama immenso ; fate un passo indietro , non vedete più nulla ; alzate il capo , mille punte di minareti ; scendete d ' un palmo , spariscon tutti e mille . Le strade , infinitamente reticolate , serpeggiano fra i poggi , corrono su terrapieni , rasentano precipizi , passano sotto gli acquedotti , si rompono in vicoli , discendono in gradinate , in mezzo ai cespugli , alle roccie , alle rovine , alle sabbie . Di tratto in tratto , la gran città piglia come un respiro nella solitudine della campagna , e poi ricomincia più fitta , più colorita , più allegra ; qui pianeggia , là s ' arrampica , più in là precipita , si disperde e poi si riaffolla ; in un luogo fuma e strepita , in un altro dorme ; in una parte rosseggia tutta , in un ' altra parte è tutta bianca , in una terza vi domina il color d ' oro , una quarta presenta l ' aspetto d ' un monte di fiori . La città elegante , il villaggio , la campagna , il giardino , il porto , il deserto , il mercato , la necropoli , si alternano senza fine innalzandosi l ' uno sull ' altro , a scaglioni , in modo che da certe alture si abbracciano con uno sguardo solo , sopra una sola china , tutte le varietà d ' una provincia . Un ' infinità di contorni bizzarri si disegna da ogni parte sul cielo e sulle acque , così fitti , così pazzamente spezzettati e dentellati dalla meravigliosa varietà delle architetture , che si confondono agli occhi come se tremolassero e s ' intricassero gli uni cogli altri . In mezzo alle casette turche si alza il palazzo europeo ; dietro il minareto , il campanile ; sopra la terrazza , la cupola ; dietro la cupola , il muro merlato ; i tetti alla chinese dei chioschi sopra i frontoni dei teatri , i balconi ingraticolati degli arem di rimpetto ai finestroni a vetrate , le finestrine moresche in faccia ai terrazzi a balaustri , le nicchie delle madonne sotto gli archetti arabi , i sepolcri nei cortili , le torri fra i tugurii ; le moschee , le sinagoghe , le chiese greche , le cattoliche , le armene , le une sulle altre , come se facessero a soverchiarsi , e in tutti i vani , cipressi , pini a ombrello , fichi e platani che stendono i rami sopra i tetti . Una indescrivibile architettura di ripiego asseconda gli infiniti capricci del terreno con un tritume di case tagliate a spicchi , in forma di torri triangolari , di piramidi diritte e rovesciate , circondate di ponti , di puntelli e di fossi , ammucchiate alla rinfusa , come massi franati da una montagna . A ogni cento passi tutto muta . Qui siete in una strada d ' un sobborgo di Marsiglia ; svoltate : è un villaggio asiatico ; tornate a svoltare : è un quartiere greco ; svoltate ancora : è un sobborgo di Trebisonda . Alla lingua , ai visi , all ' aspetto delle case riconoscete di aver cangiato di stato ; sono spicchi di Francia , striscie d ' Italia , screziature d ' Inghilterra , innesti di Russia . Sulla immensa faccia della città si vede rappresentata ad architetture e a colori la grande lotta che si combatte fra la famiglia cristiana che riconquista e la famiglia islamitica che difende colle ultime sue forze la terra sacra . Stambul , una volta tutta turca , è assalita da ogni parte da quartieri cristiani , che la rodono lentamente lungo la sponda del Corno d ' oro e del Mar di Marmara ; dall ' altra parte la conquista procede in furia : le chiese , i palazzi , gli ospedali , i giardini pubblici , gli opifici , le scuole squarciano i quartieri musulmani , soverchiano i cimiteri , si avanzano di collina in collina , e già disegnano vagamente sul terreno sconvolto la forma d ' una grande città che un giorno coprirà la riva europea del Bosforo come quella d ' ora copre le rive del Corno d ' oro . Ma da queste osservazioni generali distraggono ad ogni passo mille cose nuove : in una via il convento dei dervis , in un ' altra la caserma di stile moresco , il caffè turco , il bazar , la fontana , l ' acquedotto . In un quarto d ' ora bisogna cangiar dieci volte d ' andatura : scendere , arrampicarsi , saltellar giù per una china , salire per una scalinata di macigni , affondar nella mota e scansar mille ostacoli , aprendosi la via ora tra la folla , ora tra gli arbusti , ora tra i cenci appesi , ora turandosi il naso , ora aspirando ondate d ' aria odorosa . Dalla gran luce d ' un sito aperto , donde si vede il Bosforo , l ' Asia e un cielo infinito , si cala con pochi passi nell ' oscurità triste d ' una rete di vicoli fiancheggiati da case cadenti ed irti di sassi come letti di ruscelli ; da un verde fresco e ombroso , in un polverio soffocante , saettato dal sole ; da crocicchi pieni di rumore e di colori , in recessi sepolcrali , dove non è mai sonata una voce umana ; dal divino Oriente dei nostri sogni , in un altro Oriente lugubre , immondo , decrepito che supera ogni più nera immaginazione . Dopo un giro di poche ore non si sa più dove s ' abbia la testa . A chi ci domandasse improvvisamente che cos ' è Costantinopoli , non si saprebbe rispondere che mettendosi una mano sulla fronte per quetare la tempesta dei pensieri . Costantinopoli è una Babilonia , un mondo , un caos . È bella ? Prodigiosa . È brutta ? Orrenda . Vi piace ? Ubbriaca . Ci stareste ? Chi lo sa ! Chi può dire che starebbe in un altro astro ? Si ritorna a casa pieni d ' entusiasmo e di disinganni , rapiti , stomacati , abbarbagliati , storditi , con un disordine nella mente che somiglia al principio d ' una congestione cerebrale , e che si queta poi a poco a poco in una prostrazione profonda e in un tedio mortale . Si son vissuti parecchi anni in fretta , e ci si sente invecchiati . E la popolazione di questa città mostruosa ? IL PONTE Per vedere la popolazione di Costantinopoli bisogna andare sul ponte galleggiante , lungo circa un quarto di miglio , che si stende dalla punta più avanzata di Galata fino alla riva opposta del Corno d ' oro , in faccia alla grande moschea della sultana Validè . L ' una e l ' altra riva sono terra europea ; ma si può dire che il ponte unisce l ' Europa all ' Asia , perché in Stambul non v ' è d ' europeo che la terra , ed hanno colore e carattere asiatico anche i pochi sobborghi cristiani che le fanno corona . Il Corno d ' Oro , che ha l ' aspetto d ' un fiume , separa , come un oceano , due mondi . Le notizie degli avvenimenti d ' Europa , che circolano per Galata e per Pera , vive , chiare , minute , commentate , non giungono all ' altra riva che monche e confuse come un eco lontano ; la fama degli uomini e delle cose più grandi dell ' Occidente , s ' arresta dinanzi a quella poc ' acqua , come dinanzi a un baluardo insuperabile ; e su quel ponte dove passano centomila persone al giorno , non passa ogni dieci anni un ' idea . Stando là , si vede sfilare in un ' ora tutta Costantinopoli . Sono due correnti umane inesauribili , che s ' incontrano e si confondono senza posa dal levar del sole al tramonto , presentando uno spettacolo del quale non sono certamente che una pallida immagine i mercati delle Indie , le fiere di Niinj - Norgorod e le feste di Pekino . Per veder qualche cosa bisogna fissarsi un piccolo tratto del ponte e non guardare che lì ; se si vaga cogli occhi , la vista s ' abbarbaglia e la testa si confonde . La folla passa a grandi ondate , ognuna delle quali offre mille colori , ed ogni gruppo di persone rappresenta un gruppo di popoli . S ' immagini pure qualunque più stravagante accozzo di tipi , di costumi e di classi sociali ; non si giungerà mai ad avere un ' idea della favolosa confusione che si vede là nello spazio di venti passi e nel giro di dieci minuti . Dietro una frotta di facchini turchi , che passano correndo , curvi sotto pesi enormi , s ' avanza una portantina intarsiata di madreperla e d ' avorio , a cui fa capolino una signora armena ; e ai due lati un beduino ravvolto in un mantello bianco e un vecchio turco col turbante di mussolina e il caffettano color celeste , accanto al quale cavalca un giovane greco seguito dal suo dracomanno colla zuavina ricamata , e un dervis col gran cappello conico e la tonaca di pelo di cammello , che si scansa per lasciar passare la carrozza d ' un ambasciatore europeo , preceduta da un battistrada gallonato . Tutto questo non si vede , s ' intravvede . Prima che vi siate voltati indietro , vi trovate in mezzo a una brigata di Persiani col berrettone piramidale d ' astrakan , passati i quali vi vedete dinanzi un ebreo insaccato in un lungo vestito giallo aperto sui fianchi ; una zingara scapigliata , che porta un bambino in un sacco appeso alla schiena ; un prete cattolico , con bastone e breviario ; mentre in mezzo a una folla confusa di greci , di turchi e d ' armeni , s ' avanza gridando : - Largo ! - un grosso eunuco a cavallo che precede una carrozza turca , dipinta a fiori e ad uccelli , con dentro le donne d ' un arem , vestite di violetto e di verde , e ravvolte in grandi veli bianchi ; e dietro , una suora di carità d ' uno spedale di Pera , seguita da uno schiavo africano che porta una scimmia , e da un raccontatore di storie in abito di negromante . E , cosa naturale , ma che par strana al nuovo venuto , tutta questa gente così diversa s ' incontra e passa oltre senza guardarsi , come la folla di Londra ; nessuno si ferma ; tutti vanno a passo affrettato , e su cento visi , non se ne vede uno che sorrida . L ' albanese colle sottanine bianche e i pistoloni alla cintura , passa accanto al tartaro vestito di pelle di montone ; il turco a cavallo a un asino bardato con gran pompa , guizza fra due file di cammelli ; dietro all ' aiutante di campo dodicenne d ' un principino imperiale , piantato sopra un corsiero arabo , barcolla un carro carico delle masserizie bizzarre d ' una casa turca ; la mussulmana a piedi , la schiava velata , la greca colla berrettina rossa e le treccie giù per le spalle , la maltese incapucciata nella faldetta nera , l ' ebrea vestita dell ' antichissimo costume della Giudea , la negra ravvolta in uno scialle variopinto del Cairo , l ' armena di Trebisonda tutta nera e velata come un ' apparizione funebre , si trovano qualche volta in una sola fila , come se vi si fossero messe apposta , per prender risalto l ' una dall ' altra . È un musaico cangiante di razze e di religioni che si compone e si scompone continuamente con una rapidità che si può appena seguire collo sguardo . È bello tener gli occhi fissi sul tavolato del ponte , non guardando altro che i piedi : passano tutte le calzature della terra , da quella d ' Adamo agli stivaletti all ' ultima moda di Parigi : babbuccie gialle di turchi , rosse di armeni , turchine di greci , nere d ' israeliti ; sandali , stivaloni del Turkestan , ghette albanesi , scarpette scollate , gambass di mille colori dei cavallari dell ' Asia minore , pantofole ricamate d ' oro , alpargatas alla spagnuola , calzature di raso , di corda , di cenci , di legno , fitte in maniera che mentre se ne guarda una , se ne intravvedono cento . A non badarci bene , c ' è da essere rovesciati a ogni passo . Ora è un portatore d ' acqua con un otre colossale sul dorso , ora una signora russa a cavallo , ora un drappello di soldati imperiali , vestiti alla zuava , che par che vadano all ' assalto , ora una squadra di facchini armeni che passano reggendo sulle spalle , a due a due , delle lunghissime sbarre , a cui sono sospese delle balle smisurate di mercanzia ; ora delle frotte di turchi che si lanciano a destra e a sinistra del ponte per imbarcarsi sui piroscafi . È uno scalpiccio , un fruscio , un sonare di voci esotiche , di note gutturali , d ' aspirazioni , d ' interjezioni incomprensibili , in mezzo a cui le poche parole francesi o italiane che arrivano agli orecchi di tratto in tratto , fanno l ' effetto di punti luminosi in una tenebra fitta . Le figure che dan più nell ' occhio in quella folla , sono i Circassi , che vanno per lo più a tre , a cinque insieme , a passo lento ; pezzi d ' uomini barbuti , dalla faccia terribile , che portano un grosso berrettone di pelo alla foggia dell ' antica guardia napoleonica , un lungo caffettano nero , un pugnale alla cintura e un cartucciere d ' argento sul petto ; vere figure di briganti , ognuno dei quali pare che sia venuto a Costantinopoli per vendere una figliuola o una sorella , e debba avere le mani intrise di sangue russo . Poi i siriani col loro vestito in forma di dalmatica bizantina e il capo ravvolto in un fazzoletto rigato d ' oro ; i bulgari , vestiti d ' un saio grossolano , con un berretto incoronato di pelliccia ; i giorgiani con un caschetto di cuoio verniciato e la tunica stretta alla vita da un cerchio metallico ; i greci dell ' arcipelago coperti da capo a piedi di ricami , di nappine e di bottoncini luccicanti . La folla di tanto in tanto radeggia un poco ; ma subito s ' avanzano altre frotte serrate , ondate di papaline rosse e di turbanti bianchi , in mezzo ai quali spuntano cappelli cilindrici , ombrelle e pettinature piramidali di signore europee , che par che galleggino portate via da quel torrente musulmano . C ' è da stupire soltanto a notare la varietà della gente di religione . Qui luccica il cucuzzolo d ' un padre cappuccino , là torreggia il turbante alla giannizzera d ' un ulema , più in là ondeggia il velo nero d ' un prete armeno . Passano degli iman colla tunica bianca , delle monache stimmatine , dei cappellani dell ' esercito turco , vestiti di verde , colla sciabola al fianco , dei frati domenicani , dei pellegrini reduci dalla Mecca con un talismano appeso al collo , dei gesuiti , dei dervis , - e questo è strano davvero - dei dervis che nelle moschee si straziano le carni in espiazione dei peccati , e passando il ponte si riparano dal sole coll ' ombrellino . A starci bene attenti , seguono in quella confusione mille piccoli accidenti amenissimi . È un eunuco che mostra il bianco dell ' occhio a un zerbinotto cristiano , il quale ha guardato troppo curiosamente dentro alla carrozza della sua padrona ; è una cocotte francese , vestita coll ' ultimo figurino , che pedina il figliuolo d ' un pascià ingioiellato e inguantato ; è una signora di Stambul che finge di aggiustarsi il velo per sbirciar lo strascico d ' una signora di Pera ; è un sergente di cavalleria in uniforme di gala , che si ferma nel bel mezzo del ponte , si stringe il naso con due dita e slancia nello spazio un guai a chi tocca , da mettere i brividi ; è un ciurmadore che , preso un soldo da un povero diavolo , gli fa sul viso un gesto cabalistico , che lo deve guarire del mal d ' occhi ; è una famiglia di viaggiatori grandi e piccini , arrivata quel giorno stesso , che s ' è smarrita in mezzo a una turba di canaglia asiatica , e la madre cerca i bimbi che strillano , e gli uomini si fanno largo a spintoni . I cammelli , i cavalli , le portantine , le carrozze , i buoi , le carrette , le botti rotolate , gli asini sanguinolenti , i cani spelacchiati , formano delle lunghe file , che dividono per mezzo la folla . Qualche volta passa un grosso pascià di tre code , sdraiato in una carrozza splendida , seguito a piedi dal suo portapipa , dalla sua guardia e da un nero , e allora tutti i turchi salutano toccandosi la fronte e il petto , e le mendicanti musulmane , orribili megere , col volto imbaccucato e il seno nudo , si slanciano agli sportelli chiedendo l ' elemosina . Gli eunuchi fuor di servizio , passano a due , a tre , a cinque insieme , colla sigaretta in bocca ; e si riconoscono alla molle corpulenza , alle lunghe braccia , ai grandi abiti neri . Le belle bambine turche , vestite da maschietti , con calzoncini verdi e panciottini rosati o gialli , corrono e saltellano con un ' agilità felina , facendosi largo colle piccole mani tinte di color di porpora . I lustrascarpe colla cassetta dorata , i barbieri ambulanti colla seggiola e la catinella in mano , i venditori d ' acqua e di dolci , fendono la calca in tutte le direzioni , urlando in greco ed in turco . A ogni passo si vede luccicare una divisa militare : uffiziali in fez e calzoni scarlatti , col petto costellato di decorazioni ; palafrenieri del serraglio , che paiono generali d ' armata ; gendarmi con un arsenale alla cintura ; zeibek , o soldati liberi , con quegli enormi calzoni a borsa deretana , che danno loro il profilo della venere ottentotta ; guardie imperiali , con un lungo pennacchio bianco sul casco e il petto coperto di galloni ; guardie di città che girano colle manette fra le mani ; guardie di città a Costantinopoli ! È come chi dicesse : gente incaricata di tener a segno l ' oceano Atlantico . È bizzarro il contrasto di tutto quell ' oro e di tutti quei cenci , della gente sovraccarica di roba , che paion bazar ambulanti , e della gente quasi nuda . Il solo spettacolo della nudità è una meraviglia . Si vedono tutte le sfumature della pelle umana , dal bianco latteo dell ' Albania al nero corvino dell ' Africa centrale e al nero azzurrognolo del Darfur ; dei petti che , a picchiarli , par che debbano risonare come vasi di bronzo , o sgretolarsi come forme di terra secca ; schiene oleose , petrose , lignee , irsute come dorsi di cinghiale ; braccia rabescate di rosso e di blù , con disegni di rami e di fiori , e iscrizioni del Corano e immagini grossolane di battelli , e di cuori attraversati da freccie . Ma in una prima passeggiata , per il ponte , non c ' è nè tempo nè modo d ' osservare tutti questi particolari . Mentre guardate i rabeschi d ' un braccio , il vostro cicerone vi avverte che è passato un serbo , un montenegrino , un valacco , un cosacco dell ' Ukrania , un cosacco del Don , un egiziano , un tunisino , un principe d ' Imerezia . C ' è appena tempo a tener d ' occhio le nazioni . Pare che Costantinopoli sia sempre quella che fu : la capitale di tre continenti e la regina di venti vicereami . Ma nemmeno quest ' idea risponde alla grandezza di quello spettacolo , e si fantastica un incrociamento d ' emigrazioni , prodotto da qualche enorme cataclisma che abbia sconvolto l ' antico continente . Un occhio esperto discerne ancora in quel mare magno i volti e i costumi della Caramania e dell ' Anatolia , quei di Cipro e di Candia , quei di Damasco e di Gerusalemme , il druso , il curdo , il maronita , il talemano , il pumacco , il croato , ed altre innumerevoli varietà dell ' innumerevole confederazione d ' anarchie che si stende dal Nilo al Danubio e dall ' Eufrate all ' Adriatico . Chi cerca il bello e chi cerca l ' orrido , trovano qui egualmente superati i loro più audaci desiderii : Raffaello rimarrebbe estatico e il Rembrandt si caccierebbe le mani nei capelli . La più pura bellezza della Grecia e delle razze caucasee , è mescolata coi nasi camusi e colle teste schiacciate ; vi passano accanto figure di regine e faccie di furie ; visi imbellettati e visi sformati dai morbi e dalle ferite , piedoni colossali e piedini circassi lunghi come la mano , facchini giganteschi , enormi pinguedini di turchi , e neri stecchiti come scheletri , larve d ' uomini che mettono pietà e raccapriccio ; tutti gli aspetti più strani in cui si possano presentare al mondo la vita ascetica , l ' abuso della voluttà , le fatiche estreme , l ' opulenza che impera e la miseria che muore . E nondimeno la varietà di vestimenti è senza confronto più meravigliosa della varietà delle persone . Chi sente i colori , ci ha da ammattire . Non ci son due persone vestite eguali . Sono scialli attorcigliati intorno al capo , bendature di selvaggi , corone di cenci , camicie e sottovesti rigate e quadrettate come il vestito d ' arlecchino , cinture irte di coltellacci che salgono dai fianchi alle ascelle , calzoni alla mammalucca , mezze mutande , gonnellini , toghe , lenzuoli che strascicano , abiti ornati d ' ermellino , panciotti che sembrano corazze d ' oro , maniche a gozzo e a sgonfietti , vestiti monacali e spudorati , uomini abbigliati da donna , donne che sembran uomini , pezzenti che sembran principi , un ' eleganza di stracci , una follìa di colori , una profusione di frangie , di gale , di frappe , di svolazzi , d ' ornamenti teatrali e bambineschi , che dà l ' immagine d ' un veglione dentro a un immenso manicomio , in cui abbiano vuotate le loro casse tutti i rigattieri dell ' universo . Sopra il mormorìo sordo , che esce da questa moltitudine , si sentono gli strilli acuti dei ragazzi greci , carichi di giornali d ' ogni lingua ; le grida stentoree dei facchini , le risa sgangherate delle donne turche , le voci infantili degli eunuchi , i trilli in falsetto dei ciechi che cantano versetti del Corano , il rumor cupo del ponte che ondeggia , i fischi e le campanelle di cento piroscafi , di cui il vento abbatte tratto tratto il fumo denso sopra la folla , in modo che per qualche minuto non si vede più nulla . Questa mascherata di popoli scende nei vaporini che partono ogni momento per Scutari , per il villaggio del Bosforo e per i sobborghi del Corno d ' oro ; si spande per Stambul , nei bazar , nelle moschee , nei borghi di Fanar e di Balata , fino ai quartieri più lontani del mar di Marmara ; irrompe sulla riva franca , a destra verso i palazzi del Sultano , a sinistra verso gli alti quartieri di Pera , di dove poi ricasca sul ponte per le innumerevoli stradicciuole che serpeggiano lungo i fianchi delle colline ; e allaccia così l ' Asia e l ' Europa , dieci città e cento sobborghi , in una rete di faccende , d ' intrighi e di misteri , dinanzi a cui l ' immaginazione si sgomenta . Pare che questo spettacolo debba mettere allegrezza . E non è vero . Passata la prima meraviglia , i colori festosi si sbiadiscono : non è più una grande processione carnevalesca che ci passa dinanzi ; è l ' umanità intera che sfila con tutte le sue miserie , con tutte le sue follìe , coll ' infinita discordia delle sue credenze e delle sue leggi ; è un pellegrinaggio di popoli decaduti e di razze avvilite ; una immensità di sventure da soccorrere , di vergogne da lavare , di catene da rompere ; un cumulo di tremendi problemi scritti a caratteri di sangue , e che non si scioglieranno che con torrenti di sangue ; e questo immenso disordine rattrista . E poi il senso della curiosità è prima rintuzzato che soddisfatto da questa sterminata varietà di cose strane . Che misteriosi rivolgimenti accadono nell ' anima umana ! Non era passato un quarto d ' ora dal mio arrivo sul ponte , che stavo appoggiato alle spallette , rabescando sbadatamente un pezzo di trave colla matita , e dicendo a me stesso , tra uno sbadiglio e l ' altro , che c ' è qualchecosa di vero in quella famosa sentenza della Stael , che il viaggiare è il più triste dei piaceri . STAMBUL Per riaversi da questo sbalordimento , non c ' è che infilare una delle mille stradicciuole che serpeggiano su per i fianchi delle colline di Stambul . Qui regna una pace profonda , e si può contemplare tranquillamente in tutti i suoi aspetti quell ' Oriente misterioso e geloso , che sull ' altra riva del Corno d ' oro non si vede che a tratti fuggitivi in mezzo alla confusione rumorosa della vita europea . Qui tutto è schiettamente orientale . Dopo un quarto d ' ora di cammino non si vede più nessuno e non si sente più alcun rumore . Di qua e di là son tutte casette di legno , dipinte di mille colori , nelle quali il primo piano sporge sopra il piano terreno , e il secondo sul primo ; e le finestre hanno dinanzi una specie di tribune , invetriate da ogni parte , e chiuse da grate di legno a piccolissimi fori , che paiono altrettante casette appese alle case principali , e danno alle strade un aspetto singolarissimo di tristezza e di mistero . In alcuni luoghi le strade sono così strette , che le parti sporgenti delle case opposte quasi si toccano , e così si cammina per lunghi tratti all ' ombra di quelle gabbie umane , proprio sotto i piedi delle donne turche che vi passano una gran parte della giornata , non vedendo che una striscia sottilissima di cielo . Le porte son tutte chiuse ; le finestre del pian terreno , ingraticolate ; tutto spira diffidenza e gelosia ; par di attraversare una città di monasteri . Tratto tratto sentite uno scoppio di risa , e alzando il capo , vedete per qualche spiraglio un nodo di treccie o un occhietto scintillante che subito sparisce . In alcuni punti sorprendete una conversazione vivace e sommessa da una parte all ' altra della strada ; ma cessa improvvisamente al rumore del vostro passo . Passando , scompigliate per un momento chi sa che rete di pettegolezzi e d ' intrighi . Non vedete nessuno e mille occhi vi vedono ; siete soli , e vi sentite come in mezzo a una folla ; vorreste passare inosservati , aleggerite il passo , camminate composti , misurate lo sguardo . Una porta che s ' apra o una finestra che si chiuda , vi riscuote bruscamente come un grande rumore . Pare che queste strade debbano riuscire uggiose . Ma è tutt ' altro . Una macchia verde in fondo da cui esce un minareto bianco ; un turco vestito di rosso che scende verso di voi ; una serva nera ferma dinanzi a una porta , un tappeto persiano appeso a una finestra , bastano a formare un quadretto così pieno di vita e d ' armonia , che stareste un ' ora a contemplarlo . Della poca gente che vi passa accanto , nessuno vi guarda . Soltanto qualche volta sentite gridare alle vostre spalle : - Giaur ! ( Infedele ) ; - e voltandovi , vedete sparire dietro un ' imposta la testa d ' un ragazzo . Altre volte s ' apre la porticina d ' una di quelle casette : vi soffermate aspettando l ' apparizione della bella d ' un arem , e n ' esce invece una signora europea , con cappellotto e strascico , che mormora un adieu o un au revoir , e s ' allontana rapidamente , lasciandovi colla bocca aperta . In un ' altra strada , tutta turca e tutta silenziosa , sentite a un tratto uno squillo di corno e uno scalpitio di cavalli : vi voltate , che cos ' è ? Appena credete ai vostri occhi . È un grande omnibus , che viene innanzi su due rotaie che non avevate vedute , pieno di turchi e di franchi , col suo usciere in uniforme e coi suoi cartelli delle tariffe , come un tramway di Vienna o di Parigi . La stonatura che fa quest ' apparizione in una di queste strade , non si può esprimere con parole : vi pare una burla o uno sbaglio , e vi vien da ridere , e guardate quel veicolo stupiti come se non ne aveste mai visti . Passato l ' omnibus , par che sia passata l ' immagine viva dell ' Europa , e vi ritrovate in Asia come al cangiar di scena in un teatro . Da queste strade solitarie riuscite in piazzette aperte , quasi interamente ombreggiate da un platano gigantesco . Da una parte c ' è una fontana , dove bevono dei cammelli ; dall ' altra un caffè , con una fila di materasse distese dinanzi alla porta , e qualche turco sdraiato , che fuma ; e accanto alla porta un gran fico , abbracciato da una vite , i cui pampini spenzolano fino a terra , lasciando vedere tra foglia e foglia l ' azzurro lontano del mar di Marmara , e qualche veletta bianca . Una luce bianchissima e un silenzio mortale danno a tutti questi luoghi un carattere così tra solenne e melanconico , che li rende indimenticabili , anche a vederli una volta sola . Si va innanzi , innanzi , quasi attirati da quella quiete arcana , che entra a poco a poco nell ' anima come una leggera sonnolenza , e dopo breve tempo si perde ogni sentimento della distanza e dell ' ora . Si trovano dei vasti spazi colle traccie d ' un grande incendio recente ; chine dove non sono che poche case sparpagliate , fra le quali cresce l ' erba , e serpeggiano dei sentieri da capre ; punti elevati , da cui si abbracciano collo sguardo strade , vicoletti , giardini , centinaia di case , e non si vede da nessuna parte nè una creatura umana , nè un nuvolo di fumo , nè una porta aperta , nè il menomo indizio d ' abitazione e di vita ; tanto che si potrebbe credere d ' essere soli in quell ' immensa città , e a pensarci un momento , s ' è quasi presi dalla paura . Ma scendete la china , arrivate in fondo a una di quelle stradette : tutto è cangiato . Siete in una delle grandi vie di Stambul , fiancheggiata da monumenti , dove non bastano più gli occhi all ' ammirazione . Camminate in mezzo alle moschee , ai chioschi , ai minareti , alle gallerie arcate , alle fontane di marmo e di lapislazzuli , ai mausolei dei sultani splendenti di rabeschi e d ' iscrizioni d ' oro , ai muri coperti di musaici , sotto le tettoie di cedro intarsiato , all ' ombra d ' una vegetazione pomposa che supera i muri di cinta e i cancelli dorati dei giardini , e riempie la via di profumi . Per queste vie s ' incontrano a ogni passo carrozze di pascià , ufficiali , impiegati , aiutanti di campo , eunuchi di grandi case , una processione di servitori e di parassiti , che vanno e vengono fra i ministeri . Qui si riconosce la metropoli del grande impero , e s ' ammira in tutta la sua magnificenza . È per tutto una bianchezza , una grazia d ' architetture , un gorgoglio d ' acque , una freschezza d ' ombre , che accarezza i sensi come una musica sommessa , e riempie la mente d ' immagini ridenti . Per queste vie s ' arriva alle grandi piazze dove s ' innalzano le moschee imperiali , e dinanzi a queste moli si rimane sgomenti . Ognuna di esse forma come il nodo d ' una piccola città di collegi , di spedali , di scuole , di biblioteche , di magazzini , di bagni , che quasi non si avvertono , schiacciati come sono dalla cupola enorme a cui fanno corona . L ' architettura , che s ' immaginava semplicissima , presenta invece una varietà di particolari , che tira gli sguardi da mille parti . Sono cupolette rivestite di piombo , tetti di forme bizzarre che s ' alzano l ' uno sull ' altro , gallerie aeree , grandi portici , finestre a colonnine , archi a festoni , minareti accannellati , cinti di terrazzini lavorati a giorno , con capitelli a stalattiti ; porte e fontane monumentali , che sembrano rivestite di trina ; muri picchiettati d ' oro e di mille colori ; tutto ricamato , cesellato , leggero , ardito , ombreggiato da quercie , da cipressi e da salici , da cui escono nuvoli d ' uccelli che vagano a lenti giri intorno alle cupole e riempiono d ' armonia tutti i recessi dell ' immenso edifizio . Qui si comincia a provar qualchecosa che è più profondo e più forte del sentimento della bellezza . Quei monumenti che sono come una colossale affermazione marmorea d ' un ordine d ' idee e di sentimenti diverso da quello in cui siamo nati e cresciuti , che sono quasi l ' ossatura d ' una razza e d ' una fede ostile , che ci raccontano con un linguaggio muto di linee superbe e di altezze temerarie le glorie d ' un Dio che non è nostro e d ' un popolo che ha fatto tremare i nostri padri , incutono un rispetto misto di diffidenza e di timore , che sulle prime vince la curiosità , e ce ne trattiene lontani . Si vedono , dentro ai cortili ombrosi , turchi che fanno le abluzioni alle fontane , pezzenti accovacciati ai piedi dei pilastri , donne velate che passeggiano lentamente sotto le arcate ; tutto quieto , e come adombrato d ' una tinta di mestizia e di voluttà , che non si capisce bene d ' onde derivi , e su cui la mente si ferma e lavora come sopra un enimma . Galata , Pera , quanto sono lontane ! Voi vi sentite soli in un altro mondo e in un altro tempo , nella Stambul di Solimano il Grande e di Baiazet secondo , e provate un vivo sentimento di stupore quando , usciti da quella piazza , e perduto d ' occhio quel monumento smisurato della potenza degli Osmanli , vi ritrovate in mezzo alla Costantinopoli di legno , meschina , cadente , piena di sudiciume e di miseria . Via via che andate innanzi le case si scoloriscono , i pergolati si sfasciano , le vasche delle fontane si coprono di muschio ; trovate delle moschee nane , coi muri screpolati e i minareti di legno , circondate di rovi e d ' ortiche ; dei mausolei in rovina , delle scale infrante , dei passaggi coperti ingombri di macerie , dei quartieri decrepiti d ' una tristezza infinita , dove non si sente altro rumore che il frullo dell ' ali degli sparvieri e delle cicogne , o la voce gutturale d ' un muezzin solitario , che grida la parola di Dio dall ' alto d ' un minareto nascosto . Nessuna città rappresenta meglio di Stambul la natura e la filosofia del suo popolo . Tutto ciò che v ' è di grande e di bello è di Dio o del sultano , immagine di Dio sulla terra ; tutto il rimanente è passeggiero e porta l ' impronta d ' una profonda trascuranza delle cose mondane . La tribù dei pastori è diventata nazione ; ma il suo amore istintivo della natura campestre , della contemplazione e dell ' ozio , ha conservato alla metropoli l ' aspetto dell ' accampamento . Stambul non è una città , non lavora , non pensa , non crea ; la civiltà sfonda le sue porte e assalta le sue vie ; essa sonnecchia e fantastica all ' ombra delle moschee , e lascia fare . È una città slegata , dispersa , deforme , che rappresenta piuttosto , la sosta d ' una razza pellegrinante , che la potenza d ' uno Stato immobile ; un immenso abbozzo di metropoli ; un grande spettacolo piuttosto che una grande città . E non se ne può avere una giusta immagine , se non si percorre intera . Bisogna partire dalla prima collina , quella che forma la punta del triangolo , ed è bagnata dal mar di Marmora . Qui è per così dire la testa di Stambul ; un quartiere monumentale , pieno di memorie , di maestà e di luce . Qui l ' antico serraglio , dove sorgeva prima Bisanzio colla sua acropoli e il tempio di Giove , e poi il palazzo dell ' imperatrice Placidia e le terme d ' Arcadio ; qui la moschea di Santa Sofia e la moschea d ' Ahmed , e l ' At - meidan che occupa lo spazio dell ' Ippodromo antico , dove in mezzo a un Olimpo di bronzo e di marmo , tra le grida d ' una folla vestita di seta e di porpora , volavano le quadrighe d ' oro al cospetto degl ' imperatori sfolgoranti di perle . Da questa collina si scende in una valle poco profonda , dove si stendono le mura occidentali del serraglio , che segnano il confine della Bisanzio antica , e s ' alza la Sublime Porta , per la quale s ' entra nel palazzo del gran vizir e nel Ministero degli esteri : quartiere austero e silenzioso , in cui sembra raccolta tutta la tristezza delle sorti dell ' impero . Da questa valle si sale sulla seconda collina , dove sorge la moschea marmorea di Nuri - Osmanié , luce d ' Osmano , e la colonna bruciata di Costantino , che sosteneva un Apollo di bronzo colla testa del grande Imperatore , ed era nel bel mezzo dell ' antico foro , circondato di portici , d ' archi di trionfo e di statue . Al di là di questa collina si apre la valle dei bazar , che dalla moschea di Bajazet va fino a quella della sultana Validè , ed abbraccia un labirinto immenso di strade coperte , piene di gente e di rumore , da cui s ' esce colla vista annebbiata e colle orecchie stordite . Sulla terza collina , che domina ad un tempo il mar di Marmara e il Corno d ' oro , giganteggia la moschea di Solimano , rivale di Santa Sofia , gioia e splendore di Stambul , come dicono i poeti turchi , e la torre meravigliosa del Ministero della guerra , il quale s ' alza sulle rovine degli antichi palazzi dei Costantini , abitati un tempo da Maometto il conquistatore , poi convertiti in serraglio delle vecchie sultane . Fra la terza e la quarta altura si stende come un ponte aereo l ' enorme acquedotto dell ' imperatore Valente , formato da due ordini d ' archi leggerissimi , vestiti di verzura , che spenzola a ghirlande sopra la valle popolata di case . Si passa sotto l ' acquedotto , si sale sulla quarta collina . Qui , sulle rovine della chiesa famosa dei Santi Apostoli , fondata dall ' imperatrice Elena e rifabbricata da Teodora , s ' eleva la moschea di Maometto II , circondata di scuole , d ' ospedali e d ' alberghi da carovane ; accanto alla moschea , il bazar degli schiavi , i bagni di Maometto e la colonna granitica di Marciano , che porta ancora il suo cippo di marmo ornato delle aquile imperiali ; e vicino alla colonna il luogo dove era la piazza dell ' Et - Meidan , in cui fu consumata la strage famosa dei Giannizzeri . S ' attraversa un ' altra valle , coperta da un ' altra città , e si sale alla quinta collina , sulla quale è posta la moschea di Selim , presso all ' antica cisterna di San Pietro , convertita in giardino . Sotto , lungo il Corno d ' oro , si stende il Fanar , quartiere greco , sede del patriarca , in cui s ' è rifugiata l ' antica Bisanzio , coi discendenti dei Paleologhi e dei Comneni , e dove seguirono le orrende carnificine del 1821 . Si scende in una quinta valle , si sale sopra la sesta collina . Qui s ' è già sul terreno che occupavano le otto coorti dei quarantamila Goti di Costantino , fuori della cerchia delle prime mura , le quali non abbracciavano che la quarta collina ; e appunto nello spazio occupato dalla coorte settima , che ha lasciato al luogo il nome di Hebdomon . Sulla sesta collina , rimangono le mura del palazzo di Costantino Porfirogenete , dove si coronavano gl ' imperatori , chiamato ora dai turchi Tekir - Serai , palazzo dei principi . Ai piedi della collina , Balata , il ghetto di Costantinopoli , quartiere immondo , che s ' allunga sulla riva del Corno fino alle mura della città , e al di qua di Balata , il sobborgo antico delle Blacherne , una volta ornato di palazzi dai tetti dorati , soggiorno prediletto degl ' imperatori , famoso per la gran chiesa dell ' imperatrice Pulcheria e per il santuario delle reliquie ; ora pieno di rovine e tristezza . Alle Blacherne cominciano le mura merlate che dal Corno d ' oro corrono fino al mar di Marmara , abbracciando la settima collina , dov ' era il foro boario , e c ' è ancora il piedestallo della colonna d ' Arcadio : la collina più orientale e più grande di Stambul , fra la quale e le altre sei scorre il piccolo fiume Lykus , che entra nella città presso la porta di Carisio e si va a gettar nel mare vicino all ' antico porto di Teodosio . Dalle mura delle Blacherne , si vede ancora il sobborgo d ' Ortaksiler , che scende dolcemente verso la rada , incoronato di giardini ; al di là d ' Ortaksiler il sobborgo d ' Eyub , terra santa degli Osmanli , colla sua moschea gentile , e il suo vasto cimitero ombreggiato da un bosco di cipressi e biancheggiante di mausolei e di tombe ; dietro Eyub , l ' altopiano dell ' antico campo militare , dove le legioni levavan sugli scudi i nuovi imperatori ; e di là dall ' altopiano , altri villaggi i cui vivi colori ridono vagamente in mezzo al verde dei boschetti bagnati dalle ultime acque del Corno d ' oro . Ecco Stambul . È divina . Ma il cuore si sgomenta a pensare che questo sterminato villaggio asiatico si stende sulle rovine di quella seconda Roma , di quell ' immenso museo di tesori rapiti all ' Italia , alla Grecia , all ' Egitto , all ' Asia minore , di cui il solo ricordo abbaglia la mente come un sogno divino . Dove sono i grandi portici che attraversavano la città dal mare alle mura , le cupole dorate , i colossi equestri che s ' innalzavano sui pilastri titanici dinanzi agli anfiteatri e alle terme , le sfingi di bronzo sedute sui piedestalli di porfido , i templi e i palazzi che innalzavano i frontoni di granito in mezzo a un popolo aereo di numi di marmo e d ' imperatori d ' argento ? Tutto è sparito o trasformato . Le statue equestri di bronzo son state fuse in cannoni ; le rivestiture di rame degli obelischi , ridotte in monete ; i sarcofagi delle imperatrici , cangiati in fontane ; la chiesa di Santa Irene è un arsenale , la cisterna di Costantino un ' officina , il piedestallo della colonna d ' Arcadio una bottega di maniscalco , l ' Ippodromo un mercato di cavalli ; l ' edera e le macerie coprono le fondamenta delle reggie , sul suolo degli anfiteatri cresce l ' erba dei cimiteri , e poche iscrizioni calcinate dagli incendi o mutilate dalle scimitarre degl ' invasori rammentano che su quei colli vi fu la metropoli meravigliosa dell ' impero d ' Oriente . Su questa immane rovina siede Stambul , come un ' odalisca sopra un sepolcro , aspettando la sua ora . ALL ' ALBERGO Ed ora i lettori vengano con me all ' albergo a prendere un po ' di respiro . Una gran parte di quello che ho descritto fin qui , il mio amico ed io lo vedemmo il giorno stesso dell ' arrivo : immagini chi legge come dovessimo aver la testa ritornando all ' albergo sul far della notte . Per strada non si disse una parola , e appena entrati nella camera , ci lasciammo cadere sul sofà guardandoci in viso e domandandoci tutt ' e due insieme : - Che te ne pare ? - Che cosa ne dici ? - E pensare ch ' io son venuto qui per dipingere ! - Ed io per scrivere ! E ci ridemmo sul viso in atto di fraterno compatimento . Quella sera , in fatti , ed anche per varii giorni dopo , sua maestà Abdul - Aziz m ' avrebbe potuto offrire in premio una provincia dell ' Asia Minore , che non sarei riuscito a metter insieme dieci righe intorno alla capitale dei suoi Stati , tanto è vero che per descrivere le grandi cose bisogna farsi di lontano , e per ricordarsene bene , averle un po ' dimenticate . E poi come avrei potuto scrivere in una camera da cui si vedeva il Bosforo , Scutari e la cima dell ' Olimpo ? L ' albergo stesso era uno spettacolo . A tutte le ore del giorno , per le scale e pei corridoi , andava e veniva gente d ' ogni paese . Alla tavola rotonda sedevano ogni giorno venti nazioni . Desinando , non mi potevo levar dalla testa d ' essere un delegato del governo italiano , e di dover prendere la parola alle frutta su qualche grande questione internazionale . C ' erano visi rosei di lady , teste scapigliate d ' artisti , grinte d ' avventurieri da batterci moneta sopra , testine di vergini bizantine a cui non mancava che il nimbo d ' oro , faccie bizzarre e sinistre ; e ogni giorno cangiavano . Alle frutta , quando tutti parlavano , pareva d ' essere nella torre di Babele . Vi conobbi fin dal primo giorno parecchi russi infatuati di Costantinopoli . Ogni sera ci ritrovavamo là , di ritorno dai punti estremi della città , e ognuno aveva un viaggio da raccontare . Chi era salito in cima alla torre del Seraschiere , chi aveva visitato i cimiteri di Eyub , chi veniva da Scutari , chi aveva fatto una corsa sul Bosforo ; la conversazione era tutta ordita di descrizioni piene di colori e di luce ; e quando mancava la parola , i vini dolci e profumati dell ' Arcipelago facevano da suggeritori . C ' erano pure alcuni miei concittadini , bellimbusti danarosi , che mi fecero divorar molta stizza , perché dalla minestra alle frutta non facevano che dire ira d ' Iddio di Costantinopoli : e che non c ' eran marciapiedi , e che i teatri erano oscuri , e che non si sapeva come passar la sera . Erano venuti a Costantinopoli per passar la sera . Uno di costoro aveva fatto il viaggio sul Danubio . Gli domandai se gli era piaciuto il gran fiume . Mi rispose che in nessuna parte del mondo si cucinava lo storione come sui piroscafi della reale e imperiale Compagnia austriaca . Un altro era un tipo amenissimo di viaggiatore amoroso ; uno di coloro che viaggiano per sedurre , col taccuino delle conquiste . Era un contino lungo e biondo , largamente dotato dell ' ottavo dono dello Spirito Santo , che quando il discorso cadeva sulle donne turche , chinava la testa con un sorriso misterioso , e non pigliava parte alla conversazione se non con mezze parole troncate sempre artificialmente da una sorsata di vino . Arrivava tutti i giorni a desinare un po ' più tardi degli altri , tutto ansante , coll ' aria d ' averla fatta al Sultano un quarto d ' ora prima , e tra un piatto e l ' altro faceva passare di tasca in tasca , con molta cautela , dei bigliettini piegati , che dovevano parere lettere d ' odalische , ed erano sicurissimamente note d ' albergo . Ma i soggetti che s ' inciampano in questi alberghi di città cosmopolite ! Bisogna esserci stati per crederci . V ' era un giovane ungherese , sulla trentina , alto , nervoso , con due occhi diabolici e una parlantina febbrile , il quale , dopo aver fatto il segretario d ' un ricco signore a Parigi , era andato ad arruolarsi fra gli zuavi francesi in Algeria , era stato ferito e preso prigioniero dagli Arabi , poi scappato nel Marocco , poi ritornato in Europa e corso all ' Aja a chiedere il grado d ' ufficiale per andare a combattere contro gli Accinesi ; respinto all ' Aja , aveva deciso d ' arrolarsi nell ' esercito turco ; ma passando a Vienna per venire a Costantinopoli , s ' era preso una palla di pistola nel collo , in un duello per una donna , e faceva vedere la cicatrice ; respinto anche a Costantinopoli , - cos ' ho da fare ? - diceva - je suis enfant de l ' aventure ; bisogna bene ch ' io mi batta ; ho già trovato chi mi conduce alle Indie , - e mostrava il biglietto d ' imbarco - ; mi farò soldato inglese ; nell ' interno c ' è sempre qualcosa da fare ; io non cerco che di battermi ; che cosa m ' importa di morire ? Tanto ho un polmone rovinato . - Un altro bell ' originale era un francese , la cui vita pareva non fosse altro che una perpetua guerra colla posta : aveva una quistione pendente con la posta austriaca , colla francese , coll ' inglese ; mandava articoli di protesta alla Neue Freie Presse ; lanciava impertinenze telegrafiche a tutte le stazioni postali del continente , aveva ogni giorno un diverbio a qualche finestrino di posta , non riceveva una lettera a tempo , non ne scriveva una che arrivasse dov ' era mandata , e raccontava a tavola tutte le sue disgrazie e tutte le sue baruffe , concludendo sempre coll ' assicurarci che la Posta gli avrebbe accorciata la vita . Mi ricordo pure d ' una signora greca , un viso di spiritata , vestita bizzarramente , e sempre sola , che ogni sera si alzava da tavola a metà del desinare , e se n ' andava dopo aver fatto sul piatto un segno cabalistico di cui nessuno riuscì mai a capire il significato . Non ho più dimenticata nemmeno una coppia valacca , un bel giovane sui venticinque anni e una giovanetta sul primo sboccio , comparsi una sera sola , che erano indubitatamente due fuggiaschi ; lui rapitore , lei complice ; perché bastava fissarli un momento per farli arrossire , e ogni volta che s ' apriva la porta , scattavano come due molle . Di chi altri mi ricordo ? di cento altri , se ci pensassi . Era una lanterna magica . Ci divertivamo , il mio amico ed io , i giorni dell ' arrivo d ' un piroscafo , a veder entrare la gente per la porta di strada : tutti stanchi , sbalorditi , qualcuno ancora commosso dallo spettacolo della prima entrata ; faccie che dicevano : - Che mondo è questo ? Dove siamo venuti a cascare ? - Un giorno entrò un giovinetto , arrivato allora , che pareva matto dalla contentezza di essere finalmente a Costantinopoli , sogno della sua infanzia , e stringeva con tutt ' e due le mani la mano di suo padre ; e suo padre gli diceva con voce commossa : - Je suis heureux de te voir heureux , mon cher enfant . - Poi passavamo le ore calde alla finestra a guardare la Torre della fanciulla , che s ' alza , bianca come la neve , sopra uno scoglio solitario del Bosforo , in faccia a Scutari ; e mentre fantasticavamo sulla leggenda del principe di Persia che va a succhiare il veleno dal braccio della bella sultana , morsicata dall ' aspide , da una finestra della casa in faccia , ogni giorno alla stess ' ora , un ragazzo di cinque anni ci faceva le corna . Tutto era curioso in quell ' albergo . Fra le altre cose , dinanzi alla porta , trovavamo ogni sera uno o due soggetti di faccia equivoca , che dovevano essere provveditori di modelle per i pittori , e che pigliando tutti per pittori , a tutti domandavano a bassa voce : - Una turca ? una greca ? un ' armena ? un ' ebrea ? una nera ? COSTANTINOPOLI Ma torniamo a Costantinopoli , e spaziamovi come gli uccelli nel cielo . Qui ci si può levare tutti i capricci . Si può accendere il sigaro in Europa e andare a buttar la cenere in Asia . La mattina , levandoci , possiamo domandarci : - Che parte del mondo vedrò quest ' oggi ? - Si può scegliere fra due continenti e due mari . S ' ha a nostra disposizione dei cavalli sellati in ogni piazzetta , delle barchette a vela in ogni seno , dei piroscafi a cento scali ; il caicco che guizza , la talika che vola , e un esercito di ciceroni che parlano tutte le lingue d ' Europa . Volete sentir la commedia italiana ? veder ballare i dervis ? sentir le buffonate di Caragheuz , il pulcinella turco ? udire le canzonette licenziose dei teatrini di Parigi ? assistere alle rappresentazioni ginnastiche degli zingari ? farvi raccontare una leggenda araba da un rapsodo ? andare al teatro greco ? sentir predicare un iman ? veder passare il Sultano ? Chiedete e domandate . Tutte le nazioni sono al vostro servizio : l ' armeno per farvi la barba , l ' ebreo per lustrarvi le scarpe , il turco per condurvi in barca , il nero per strofinarvi nel bagno , il greco per porgervi il caffè , e tutti quanti per truffarvi . Per dissetarvi , passeggiando , trovate dei gelati fatti colla neve dell ' Olimpo ; se siete golosi , potete bere dell ' acqua del Nilo , come il Sultano ; se siete deboli di stomaco , acqua dell ' Eufrate ; se siete nervosi , acqua del Danubio . Potete desinare come l ' arabo nel deserto o come l ' epulone alla Maison dorée . Per far la siesta , avete i cimiteri ; per stordirvi , il ponte della Sultana Validè ; per sognare , il Bosforo ; per passar la domenica , l ' Arcipelago dei Principi ; per veder l ' Asia Minore , il monte di Bulgurlù ; per vedere il Corno d ' Oro , la torre di Galata ; per veder ogni cosa , la torre del Seraschiere . Ma è una città ancora più strana che bella . Le cose che non si presentarono mai insieme alla nostra mente , là si presentano insieme al nostro sguardo . Da Scutari parte la carovana per la Mecca e parte il treno diretto per Brussa , l ' antica metropoli ; fra le mura misteriose del vecchio serraglio , passa la strada ferrata che va a Sofia ; i soldati turchi scortano il prete cattolico che porta il Santo Sacramento ; il popolo fa festa nei cimiteri ; la vita , la morte , i piaceri , tutto s ' allaccia e si confonde . V ' è il movimento di Londra e la letargia dell ' ozio orientale , un ' immensa vita pubblica e un impenetrabile mistero nella vita privata ; un governo assoluto e una libertà senza confini . Per i primi giorni non si raccapezza nulla ; pare che d ' ora in ora o debba cessare quel disordine o seguire una rivoluzione ; ogni sera , tornando a casa , ci sembra di tornare da un viaggio ; ogni mattina uno si domanda : - Ma è proprio qui vicina Stambul ? - Non si sa dove andare a battere il capo , un ' impressione cancella l ' altra , i desiderii s ' affollano , il tempo fugge ; si vorrebbe restar là tutta la vita , si vorrebbe partire il giorno dopo . E quando poi s ' ha da descriverlo questo caos ? A momenti vi vien la tentazione di fare un fascio di tutti i libri e di tutti i fogli che ho sul tavolino , e di buttare ogni cosa dalla finestra . GALATA Il mio amico ed io non mettemmo testa a partito che il quarto giorno dopo l ' arrivo . Eravamo sul ponte , di buon mattino , ancora incerti di quello che avremmo fatto nella giornata , quando Yunk mi propose di fare una prima grande passeggiata , con una meta determinata , coll ' animo tranquillo , per osservare e studiare . - Percorriamo , - mi disse , - tutta la riva settentrionale del Corno d ' Oro , anche a costo di camminare fino a notte . Faremo colezione in una taverna turca , faremo la siesta all ' ombra d ' un platano e ritorneremo in caicco . - Accettai la proposta ; ci provvedemmo di sigari e di spiccioli , e data un ' occhiata alla carta della città , ci avviammo verso Galata . Il lettore che vuol conoscer bene Costantinopoli faccia il sacrifizio d ' accompagnarci . Arriviamo a Galata . Di qui deve cominciare la nostra escursione . Galata è posta sopra una collina che forma promontorio tra il Corno d ' Oro ed il Bosforo , dov ' era il grande cimitero dei Bizantini antichi . È la city di Costantinopoli . Son quasi tutte vie strette e tortuose , fiancheggiate da taverne , da botteghe di pasticcieri , di barbieri e di macellai , da caffè greci ed armeni , da ufficii di negozianti , da officine , da baracche ; tutto fosco , umido , fangoso , viscoso , come nei bassi quartieri di Londra . Una folla fitta e affaccendata va e viene per le vie , aprendosi continuamente per dar passo ai facchini , alle carrozze , agli asini , agli omnibus . Quasi tutto il commercio di Costantinopoli passa per questo borgo . Qui la Borsa , la Dogana , gli uffici del Lloyd austriaco , quelli delle Messaggerie francesi ; chiese , conventi , ospedali , magazzeni . Una strada ferrata sotterranea unisce Galata a Pera . Se non si vedessero per le strade dei turbanti e dei fez , non parrebbe d ' essere in Oriente . Da tutte le parti si sente parlar francese , italiano e genovese . Qui i Genovesi sono quasi in casa propria , e si danno ancora un po ' d ' aria di padroni , come quando chiudevano il porto a loro piacimento , e rispondevano col cannone alle minaccie degl ' Imperatori . Ma della loro potenza non rimangono più altri monumenti che alcune vecchie case sostenute da grossi pilastri e da arcate pesanti , e l ' antico edifizio dove risiedeva il Podestà . La Galata antica è quasi interamente sparita . Migliaia di casupole sono state rase al suolo per far luogo a due lunghe strade : una delle quali rimonta la collina verso Pera , e l ' altra corre parallela alla riva del mare da un ' estremità all ' altra di Galata . Per questa c ' innoltrammo il mio amico ed io , rifugiandoci ogni momento nelle botteghe per lasciar passare dei grandi omnibus , preceduti da turchi scamiciati che sgombravano la strada a colpi di verga . A ogni passo ci suonava nell ' orecchio un grido . Il facchino turco urlava : - Sacun ha ! - ( Largo ! ) ; il saccà armeno , portatore d ' acqua : - Varme su ! - l ' acquaiolo greco : - Crio nero ! - l ' asinaio turco : - Burada ! - il venditore di dolci : - Scerbet ! - il venditore di giornali : - Neologos ! - il carrozziere franco : Guarda ! Guarda ! Dopo dieci minuti di cammino , eravamo assordati . A un certo punto , con nostra meraviglia , ci accorgemmo che la strada non era più lastricata , e pareva che il lastrico fosse stato levato di fresco . Ci fermammo a guardare , cercando d ' indovinar la cagione . Un bottegaio italiano ci levò la curiosità . Quella strada conduce ai palazzi del Sultano . [ Torre di Galata ] Pochi mesi prima passando di là il corteo imperiale , il cavallo di sua maestà Abdul - Aziz era scivolato e caduto , e il buon Sultano , irritato , aveva ordinato che fosse tolto immediatamente il lastrico dal luogo della caduta fino al suo palazzo . In questo punto memorabile fissammo il termine orientale del nostro pellegrinaggio , e voltate le spalle al Bosforo , ci dirigemmo , per una serie di vicoli tetri e sudici , verso la torre di Galata . La città di Galata ha la forma d ' un ventaglio spiegato , e la torre , posta sul culmine della collina , rappresenta il suo perno . È una torre rotonda , altissima , di color fosco , che termina in una punta conica , formata da un tetto di rame , sotto il quale ricorre un giro di larghe finestre vetrate , una specie di terrazza coperta e trasparente , dove giorno e notte vigila una guardia per segnalare il primo indizio d ' incendio che apparisca nell ' immensa città . Fino a questa torre giungeva la Galata dei Genovesi , e la torre s ' innalza appunto sulla linea delle mura che separavano Galata da Pera ; mura di cui non rimane più traccia . E neanche la torre non è più l ' antica torre di Cristo , eretta in onore dei Genovesi caduti combattendo ; poichè la rifabbricò il sultano Mahmut II , ed era già stata prima restaurata da Selim III ; ma è pur sempre un monumento incoronato della gloria di Genova , e un Italiano non può contemplarlo , senza pensare con un sentimento d ' alterezza a quel pugno di mercanti , di marinai e di soldati , orgogliosamente audaci ed eroicamente cocciuti , che vi tennero su inalberata per secoli la bandiera della madre repubblica , trattando da pari a pari cogl ' Imperatori d ' Oriente . Appena oltrepassata la torre , ci trovammo in un cimitero musulmano . [ Cimitero di Galata ] Era quello che si chiama il cimitero di Galata : un grande bosco di cipressi , che dalla sommità della collina di Pera scende ripidamente fino al Corno d ' Oro , ombreggiando una miriade di colonnette di pietra o di marmo , inclinate in tutte le direzioni , e sparse in disordine giù per la china . Alcune di queste colonnette son terminate in forma di turbante rotondo , e serbano traccie di colori e d ' iscrizioni ; altre son terminate in punta ; molte rovesciate ; alcune monche , col turbante portato via di netto , e si crede che sian quelle dei giannizzeri , che il Sultano Mahmut volle sfregiare anche dopo la morte . La maggior parte delle fosse sono indicate da un rialzamento di terra in forma di prisma , e da due sassi confitti alle due estremità , sui quali , giusta la superstizione musulmana , devono sedere i due angeli Nekir e Munkir per giudicare l ' anima del defunto . Qua e là si vedono dei piccoli terrapieni circondati da un muricciolo o da una ringhiera , in mezzo ai quali s ' alza una colonnetta sormontata da un grosso turbante , e intorno altre colonnette minori : è un pascià o un gran signore , sepolto in mezzo alle sue donne e ai suoi figliuoli . Dei piccoli sentieri serpeggiano e s ' incrociano in mille punti da un ' estremità all ' altra del bosco ; qualche turco fuma la pipa seduto all ' ombra ; alcuni ragazzi corrono e saltellano in mezzo ai sepolcri ; qualche vacca pascola ; centinaia di tortore grugano fra i rami dei cipressi ; passano gruppi di donne velate ; e fra cipresso e cipresso , luccica giù in fondo l ' azzurro del Corno d ' Oro rigato di bianco dai minareti di Stambul . [ Pera ] Usciamo dal cimitero , ripassiamo ai piedi della torre di Galata e infiliamo la strada principale di Pera . Pera è alta cento metri sopra il mare , è ariosa ed allegra , e guarda il Corno d ' Oro ed il Bosforo . È la Westend della colonia europea ; la città dell ' eleganza e dei piaceri . La strada che percorriamo è fiancheggiata da alberghi inglesi e francesi , da caffè signorili , da botteghe luccicanti , da teatri , da Consolati , da club , da palazzi d ' ambasciatori ; tra i quali giganteggia il palazzo di pietra dell ' ambasciata russa , che domina come una fortezza Pera Galata e il sobborgo di Funduclù , posto sulla riva del Bosforo . Qui brulica una folla affatto diversa da quella di Galata . Sono quasi tutti cappelli a staio e cappelletti piumati o infiorati di signore . Sono zerbinotti greci , italiani e francesi , negozianti d ' alto bordo , impiegati delle legazioni , ufficiali di navi straniere , carrozze d ' ambasciatori , e figurine equivoche d ' ogni nazione . I turchi si fermano ad ammirare le teste di cera delle botteghe dei barbieri , le turche si piantano colla bocca aperta davanti alle vetrine delle modiste ; l ' europeo parla ad alta voce , sghignazza e scherza in mezzo alla strada ; il musulmano , si sente in casa d ' altri , e passa colla testa meno alta che a Stambul . Tutt ' a un tratto il mio amico mi fece voltare indietro perché guardassi Stambul : da quel punto , infatti , si vedeva lontano , dietro un velo azzurrino , la collina del Serraglio , Santa Sofia e i minareti del Sultano Ahmed ; un altro mondo da quello in cui eravamo ; e poi mi disse : - Guarda qui , adesso . - Abbassai gli occhi e lessi in una vetrina : - La dame aux camelias , Madame Bovary , Mademoiselle Giraud ma femme . E anche a me quel rapido passaggio fece un senso vivissimo , e dovetti star là un momento a pensarci sopra . Un ' altra volta fermai io il mio compagno e fu per mostrargli un caffè meraviglioso : un lungo e largo corridoio oscuro , in fondo al quale , per una grande finestra spalancata , si vedeva a una lontananza che pareva immensa , Scutari illuminata dal sole . Andiamo innanzi per la gran strada di Pera , e siamo quasi arrivati in fondo , quando sentiamo gridare da una voce tonante : - T ' amo , Adele ! t ' amo più della vita ! T ' amo quanto si può amare sulla terra ! - Ci guardiamo in faccia trasecolati . Di dove viene quella voce ? Voltandoci , vediamo per le fessure d ' un assito un giardino pieno di sedili , un palco scenico e dei commedianti che fanno le prove . Una signora turca , poco lontano da noi , guarda anch ' essa per le fessure , e ride dai precordi . Un vecchio turco che passa scrolla la testa in segno di compassione . All ' improvviso la turca getta un grido e fugge ; altre donne là intorno mettono uno strillo e voltan le spalle . Che è accaduto ? È un turco , un uomo sulla cinquantina , conosciuto da tutta Costantinopoli , il quale passeggia per le vie nello stato in cui voleva ridurre tutti i musulmani il famoso monaco Turk sotto il regno di Maometto IV : ignudo dalla testa ai piedi . Il disgraziato saltella sui ciottoli urlando e sghignazzando , e un branco di monelli lo insegue facendo un baccano d ' inferno . - È da sperarsi che lo arresteranno , - dico al portinaio del teatro . - Nemmen per sogno , - mi risponde ; - son mesi che gira per la città liberamente . - Intanto vedo giù per la via di Pera gente che vien fuori dalle botteghe , donne che scappano , ragazze che si coprono il viso , porte che si chiudono , teste che si ritirano dalle finestre . E questo segue tutti i giorni e nessuno se ne dà pensiero ! Uscendo dalla via di Pera , ci troviamo dinanzi a un altro cimitero musulmano , ombreggiato da un boschetto di cipressi e chiuso tutt ' intorno da un alto muro . Se non ce l ' avessero detto poi , non avremmo mai indovinato il perché di quel muro , che fu innalzato di fresco : ed è che il bosco sacro al riposo dei morti era diventato un nido d ' amori soldateschi ! Andando oltre , infatti , trovammo l ' immensa caserma d ' artiglieria innalzata da Scialil - Pascià : un solido edificio di forma rettangolare , dello stile moresco del rinascimento turco , con una porta fiancheggiata da colonne leggere e sormontata dalla mezzaluna e dalla stella d ' oro di Mahmut , con gallerie sporgenti e finestrine ornate di stemmi e di arabeschi . Dinanzi alla caserma passa la strada di Dgiedessy che è un prolungamento di quella di Pera , di là dalla strada si stende una vasta piazza d ' armi , e di là dalla piazza d ' armi altri borghi . Qui , dove nei giorni feriali regna ordinariamente un profondo silenzio , la sera della domenica passa un torrente di gente e una processione di carrozze , tutta la società elegante di Pera , che va a spandersi nei giardini nelle birrerie e nei caffè di là dalla Caserma . In uno di questi caffè si fece la nostra prima sosta ; nel caffè della Bella vista , luogo di ritrovo del fiore della società perota , e degno veramente del suo nome ; perché dal suo vasto giardino , che sporge come una terrazza sulla sommità dell ' altura , si vede sotto il grande sobborgo musulmano di Funduclù , il Bosforo coperto di bastimenti , la riva asiatica sparsa di giardini e di villaggi , Scutari colle sue bianche moschee , una bellezza di verde , d ' azzurro , e di luce , che sembra un sogno . Ci levammo di là con rammarico , e ci parve a tutt ' e due d ' esser pitocchi a buttar sul vassoio otto miserabili soldi per due tazze di caffè , dopo aver goduto quella visione di paradiso terrestre . [ Gran Campo dei Morti ] Uscendo dalla Bella vista ci trovammo in mezzo al Gran Campo dei morti dove è sepolta in cimiteri distinti gente di tutti i culti , eccettuato l ' ebraico . È un bosco fitto di cipressi , d ' acacie e di sicomori , nel quale biancheggiano migliaia di pietre sepolcrali , che da lontano paiono le rovine d ' un immenso edifizio . Tra albero e albero si vede il Bosforo e la riva asiatica . Fra le tombe serpeggiano dei larghi viali in cui passeggiano dei greci e degli armeni . Su alcune pietre stanno seduti dei turchi colle gambe incrociate , guardando il Bosforo . V ' è un ' ombra , un fresco e una pace che , al primo entrarvi , si prova una sensazione deliziosa , come entrando d ' estate in una grande cattedrale semioscura . Ci arrestammo nel cimitero armeno . Le pietre sepolcrali son tutte grandi e piane , coperte d ' iscrizioni nel carattere regolare ed elegante della lingua armena , e su quasi tutte è scolpita un ' immagine che rappresenta il mestiere o la professione del morto . Sono martelli , seghe , penne , scrigni , collane ; il banchiere è rappresentato da una bilancia , il prete da una mitra , il barbiere da una catinella , il chirurgo da una lancetta . Sopra una pietra vedemmo una testa spiccata dal busto , e il busto grondante di sangue : era il sepolcro d ' un assassinato o d ' un giustiziato . Un armeno vi dormiva accanto , sdraiato sull ' erba , colla faccia in aria . Entrammo nel cimitero musulmano . Anche qui una infinità di colonnette a file e a gruppi disordinati ; alcune colla testa dipinta e dorata ; quelle delle donne terminate da un gruppo d ' ornamenti in rilievo che rappresentano dei fiori ; molte circondate d ' arbusti e di pianticelle fiorite . Mentre stavamo osservando una di queste colonne , due turchi che tenevano per mano un bambino , ci passarono accanto , andarono innanzi altri cinquanta passi , si fermarono dinanzi a un tumulo , vi sedettero sopra , e aperto un involto che portavano sotto il braccio , si misero a mangiare . Io stetti ad osservarli . Quand ' ebbero finito , il più avanzato in età raccolse qualchecosa in un foglio di carta , - mi parve un pesce e del pane , - e con un atto rispettoso , mise il piccolo pacco in un buco accanto al sepolcro . Dopo questo accesero tutti e due la pipa e fumarono tranquillamente : il bambino s ' alzò e si mise a scorrazzare per il cimitero . Quel pesce e quel pane , ci fu spiegato poi , erano la parte di cibo che i turchi lasciavano in segno d ' affetto al loro parente , sepolto probabilmente da poco ; e quel buco era l ' apertura che si lascia nella terra vicino al capo di tutti i sepolti musulmani , perché possano udire i lamenti e i pianti dei loro cari e ricevere qualche goccia d ' acqua di rosa o sentir il profumo di qualche fiore . Finita la loro fumatina funebre , i due turchi pietosi si alzarono , e ripreso per mano il bambino , disparvero in mezzo ai cipressi . [ Pancaldi ] Usciamo dal cimitero , ci troviamo in un altro quartiere cristiano , Pancaldi , attraversato da strade spaziose , fiancheggiate da edifizi nuovi ; circondato di villette , di giardini , di ospedali e di grandi caserme ; il sobborgo di Costantinopoli più lontano dal mare ; visitato il quale , torniamo indietro per ridiscendere verso il Corno d ' Oro . Ma nell ' ultima strada del sobborgo , assistiamo a uno spettacolo nuovo e solenne : il passaggio d ' un convoglio funebre greco . Una folla silenziosa si schiera dalle due parti della strada : viene innanzi un gruppo di preti greci , colle toghe ricamate ; l ' archimandrita con una corona sul capo e un lungo abito luccicante d ' oro ; dei giovani ecclesiastici vestiti di colori vivi ; uno stuolo di parenti e d ' amici coi loro vestimenti più ricchi , e in mezzo a loro una bara inghirlandata di fiori , sulla quale è distesa una giovanetta di quindici anni , vestita di raso e tutta splendente di gioielli , col viso scoperto , - un piccolo viso bianco come la neve , colla bocca leggermente contratta in una espressione di spasimo , - e due bellissime treccie nere distese sulle spalle e sul seno . La bara passa , la folla si chiude , il convoglio s ' allontana , e noi rimaniamo soli e pensierosi in una strada deserta . [ San Dimitri ] Scendiamo dalla collina di Pancaldi , attraversiamo il letto asciutto d ' un torrentello , saliamo su per un altro colle , ci troviamo in un altro sobborgo : San Dimitri . Qui la popolazione è quasi tutta greca . Si vedono da ogni parte occhi neri e nasi aquilini e affilati ; vecchi d ' aspetto patriarcale ; giovani svelti e arditi ; donnine colle trecce sulle spalle ; ragazzi dai visetti astuti che sgallettano in mezzo alla via fra le galline e i maiali , riempiendo l ' aria di grida argentine e di parole armoniose . Ci avvicinammo a un gruppo di quei ragazzi che si baloccavano coi sassi , chiacchierando tutti ad una voce . Uno di essi , sugli otto anni , il più indiavolato di tutti , che ogni momento buttava in aria il suo piccolo fez gridando : - Zito ! Zito ! - ( Viva ! Viva ! ) - si voltò improvvisamente verso un altro monello seduto dinanzi a una porta e gridò : - Checchino ! Buttami la palla ! - Io lo afferrai per il braccio con un movimento da zingaro rapitore di fanciulli e gli dissi : - Tu sei italiano ! - No signore , - rispose , - sono di Costantinopoli . - E chi t ' ha insegnato a parlare italiano ? - domandai . - Oh bella ! - rispose , - la mamma . - E dov ' è la mamma ? In quel punto mi s ' avvicinò una donna con un bimbo in collo , tutta sorridente , e mi disse ch ' era pisana , moglie d ' uno scalpellino livornese , che si trovava a Costantinopoli da ott ' anni , e che quel ragazzo era suo figlio . Se quella buona donna avesse avuto un bel viso di matrona , una corona turrita sulla testa e un manto sulle spalle , non avrebbe rappresentato più vivamente l ' Italia ai miei occhi e al mio cuore . - Come vi ritrovate qui ? - le domandai ; - che ne dite di Costantinopoli ? - Che n ' ho da dire ? - rispose sorridendo ingenuamente . - L ' è una città che ... a dirle il vero , mi ci par sempre l ' ultimo giorno di carnovale . - E qui , dando la stura alla sua parlantina toscana , ci fece sapere che pe ' musulmani il loro Gesù è Maometto , che un turco può sposare quattro donne , che la lingua turca è bravo chi ne intende una parola , e altre novità dello stesso conio ; ma che dette in quella lingua , in mezzo a quel quartiere greco , ci riuscirono più care di qualunque notizia più peregrina , tanto che prima di andarcene lasciammo un piccolo ricordo d ' argento nella manina del monello , e andandocene esclamammo tutti e due insieme : - Ah ! una boccata d ' Italia , di tanto in tanto , come fa bene ! [ Tataola ] Attraversammo una seconda volta la piccola valle , e ci trovammo in un altro quartiere greco , Tataola , dove lo stomaco suonando a soccorso , cogliemmo l ' occasione per visitare l ' interno d ' una di quelle taverne innumerevoli di Costantinopoli , che hanno un aspetto singolarissimo , e son tutte fatte ad un modo . È uno stanzone grandissimo , di cui si potrebbe fare un teatro , non rischiarato per lo più che dalla porta di strada , e ricorso tutt ' intorno da un alta galleria di legno a balaustri . Da una parte v ' è un enorme fornello dove un brigante in maniche di camicia frigge dei pesci , fa girare degli arrosti , rimesta degl ' intingoli , e s ' adopera in altri modi ad accorciare la vita umana ; dall ' altra un banco dove un ' altra faccia minacciosa distribuisce vino bianco e vino nero in bicchieri a manico ; in mezzo e sul davanti , seggiole nane senza spalliera e tavolette poco più alte delle seggiole che rammentano i bischetti dei calzolai . Entrammo un po ' vergognosi perché v ' era un gruppo di greci e d ' armeni di bassa lega , e temevamo che ci guardassero con curiosità canzonatoria ; ma nessuno invece ci degnò d ' un ' occhiata . Gli abitanti di Costantinopoli sono , io credo , la gente meno curiosa di questo mondo ; bisogna almeno essere Sultani o passeggiar nudi per le strade come il pazzo di Pera , perché qualcuno s ' accorga che siete al mondo . Ci sedemmo in un angolo e stemmo ad aspettare . Ma nessuno veniva . Allora capimmo che nelle taverne costantinopolitane c ' è l ' uso di servirsi da sè . Andammo prima al fornello a farci dare un arrosto , Dio sa di che quadrupede , poi al banco a prendere un bicchier di vino resinoso di Tenedo , e portato ogni cosa sopra la tavola che ci arrivava al ginocchio , mostrandoci l ' un l ' altro il bianco degli occhi , si consumò il sacrificio . Pagammo con rassegnazione , e usciti in silenzio per paura che ci uscisse dalla bocca un raglio o un latrato , ripigliammo il nostro viaggio verso il Corno d ' Oro . [ Kassim - pascià ] Dopo dieci minuti di cammino , ci trovammo daccapo in piena Turchia , nel grande sobborgo musulmano di Kassim - pascià , in una vera città popolata di moschee e di conventi di dervis , piena d ' orti e di giardini , che occupa una collina e una valle , e si distende fino al Corno d ' Oro , abbracciando tutta l ' antica baia di Mandracchio , dal cimitero di Galata fino al promontorio che prospetta il sobborgo di Balata sull ' altra riva . Dall ' alto di Kassim - pascià si gode uno spettacolo incantevole . Si vede sotto , sulla riva , l ' immenso arsenale Ters - Kané : un labirinto di bacini , d ' opifici , di piazze , di magazzini e di caserme , che si stende per la lunghezza d ' un miglio lungo tutta la parte del Corno d ' Oro che serve di Porto di guerra ; il palazzo del Ministro della Marina , elegante e leggero , che par che galleggi sull ' acqua , e disegna le sue forme bianche sul verde cupo del cimitero di Galata ; il porto percorso da vaporini e caicchi pieni di gente , che guizzano in mezzo alle corazzate immobili e alle vecchie fregate della Guerra di Crimea ; e sulla sponda opposta , Stambul , l ' acquedotto di Valente che slancia i suoi archi altissimi nell ' azzurro del cielo , le grandi moschee di Maometto e di Solimano , e una miriade di case e di minareti . Per godere meglio questo spettacolo ci sedemmo dinanzi a un caffè turco , e sorbimmo la quarta o la quinta delle dodici tazze che , volere o non volere , stando a Costantinopoli , bisogna tracannare ogni giorno . Era un caffè meschino , ma come tutti i caffè turchi , originalissimo : non molto diverso , forse , dai primissimi caffè dei tempi di Solimano il Grande , o da quelli in cui irrompeva colla scimitarra nel pugno il quarto Amurat , quando faceva la ronda notturna per castigar di sua mano gli spacciatori del liquore proibito . Di quanti editti imperiali , di quante dispute di teologi e lotte sanguinose è stato cagione questo " nemico del sonno e della fecondità , " come lo chiamavano gli ulema austeri ; questo " genio dei sogni e sorgente dell ' immaginazione " , come lo chiamavano gli ulema di manica larga , ch ' è ora , dopo l ' amore e il tabacco , il conforto più dolce d ' ogni più povero Osmano ! Ora si beve il caffè sulla cima della torre di Galata e della torre del Seraschiere , il caffè in tutti i vaporini , il caffè nei cimiteri , nelle botteghe dei barbieri , nei bagni , nei bazar . In qualunque parte di Costantinopoli uno si trovi non ha che a gridare , senza voltarsi : - Caffè - gì ! ( Caffettiere ! ) e dopo tre minuti gli fuma dinanzi una tazza . [ Il Caffè ] Il nostro caffè era una stanza tutta bianca , rivestita di legno fino all ' altezza d ' un uomo , con un divano bassissimo lungo le quattro pareti . In un angolo c ' era un fornello su cui un turco dal naso forcuto stava facendo il caffè in piccole caffettiere di rame , che vuotava man mano in piccolissime tazze , mettendovi egli stesso lo zucchero ; poichè da per tutto , a Costantinopoli , si fa il caffè apposta per ogni avventore , e gli si porta bell ' inzuccherato , con un bicchiere d ' acqua che i Turchi bevono sempre prima di avvicinare la tazza alle labbra . Ad una parete era appeso un piccolo specchio , e accanto allo specchio una specie di rastrelliera piena di rasoi a manico fisso ; poichè la maggior parte dei caffè turchi sono ad un tempo botteghe di barbieri , e non di rado il caffettiere è anche cavadenti e salassatore , e macella le sue vittime nella stanza medesima dove gli altri avventori pigliano il caffè . Alla parete opposta era appesa un ' altra rastrelliera piena di narghilè di cristallo coi lunghi tubi flessibili , attorcigliati come serpenti , e di cibuk di terra cotta colle cannette di legno di ciliegio . Cinque turchi pensierosi stavano seduti sul divano , fumando il narghilè ; altri tre erano dinanzi alla porta , accoccolati sopra bassissime seggiole di paglia senza spalliera , l ' uno accanto all ' altro , colle spalle appoggiate al muro e colla pipa alle labbra ; un giovane della bottega radeva il capo , davanti allo specchio , a un grosso dervis insaccato in una tonaca di pelo di cammello . Nessuno ci guardò quando sedemmo , nessuno parlava , e fuorchè il caffettiere e il suo giovane , nessuno faceva il menomo movimento . Non si sentiva altro rumore che il gorgoglio dell ' acqua dei narghilè , che somiglia alla voce dei gatti quando fanno le fusa . Tutti guardavano diritto dinanzi a sè , cogli occhi fissi , e con un viso che non esprimeva assolutamente nulla . Pareva un piccolo museo di statue di cera . Quante di queste scene mi son rimaste impresse nella memoria ! Una casa di legno , un turco seduto , una bellissima veduta lontana , una gran luce e un gran silenzio : ecco la Turchia . Ogni volta che questo nome mi passa per la mente , ci passano nello stesse punto quelle immagini , come un mulino a vento e un canale all ' udir nominare Olanda . [ Pialì - Pascià ] Di là , fiancheggiando un grande cimitero mussulmano , che dall ' alto della collina di Kassim - pascià scende fino a Ters - Kanè , rimontammo verso settentrione , scendemmo nella valletta di Pialì - Pascià , piccolo sobborgo mezzo nascosto in mezzo alla verzura dei giardini e degli orti ; e ci fermammo dinanzi alla moschea che gli dà il nome . È una moschea bianca , sormontata da sei cupole graziose , con un cortile circondato d ' archi e di colonnine gentili , un minareto leggerissimo e una corona di cipressi giganteschi . In quel momento tutte le casette circostanti erano chiuse , le strade deserte , il cortile stesso della moschea , solitario ; la luce e l ' uggia del mezzogiorno avvolgevano ogni cosa ; e non si sentiva che il ronzìo dei tafani . Guardammo l ' orologio : mancavano tre minuti alle dodici : una delle cinque ore canoniche dei musulmani , in cui i muezzin s ' affacciano al terrazzo dei minareti per gridare ai quattro punti dell ' orizzonte le formole sacramentali dell ' Islam . Sapevamo bene che non c ' è minareto in tutta Costantinopoli sul quale , a quell ' ora fissa , non comparisca , puntuale come l ' automa d ' un orologio , l ' annunziatore del profeta . Eppure ci pareva strano che anche in quella estremità della città immensa , su quella moschea solitaria , a quell ' ora , in quel silenzio profondo , dovesse comparire quella figura e suonare quella voce . Tenni l ' orologio in mano , e guardando attentamente la lancetta dei minuti e la porticina del terrazzo del minareto , alta quasi come un terzo piano d ' una casa ordinaria , stetti aspettando con viva curiosità . La lancetta toccò il sessantesimo trattino nero , e nessuno comparve . - Non viene ! - dissi . - [ Pialì - Pascià ] Eccolo ! - rispose Yunk . Era comparso . Il parapetto del terrazzo lo nascondeva tutto , fuorchè il viso , di cui , per la lontananza , non si distingueva la fisonomia . Stette per qualche secondo immobile ; poi si tappò le orecchie colle dita , e alzando il volto al cielo , gridò con una voce lenta , tremula e acutissima , con un accento solenne e lamentevole , le sacre parole , che risuonano , nello stesso punto su tutti i minareti dell ' Affrica , dell ' Asia e dell ' Europa : - Dio è grande ! Non v ' è che un Dio ! Maometto è il profeta di Dio ! Venite alla preghiera ! Venite alla salute ! Dio è grande ! Dio è un solo ! Venite alla preghiera ! - Poi fece un mezzo giro sul terrazzo e ripetè le stesse parole rivolto a settentrione ; poi a levante , poi a occidente , e poi disparve . In quel punto ci arrivarono all ' orecchio fioche fioche le ultime note d ' un ' altra voce lontana , che pareva il grido d ' uno che chiedesse soccorso , e poi tutto tacque , e rimanemmo anche noi per qualche minuto silenziosi , con un sentimento vago di tristezza come se quelle due voci avessero consigliato la preghiera soltanto a noi , e sparendo quel fantasma , fossimo rimasti soli nella valle come due abbandonati da Dio . Nessun suono di campana mi ha mai toccato il cuore così intimamente ; e soltanto quel giorno compresi il perché Maometto , per chiamare i fedeli alla preghiera , abbia preferito all ' antica tromba israelitica e all ' antica tabella cristiana , il grido dell ' uomo . E su quella scelta fu lungo tempo incerto ; onde poco mancò che tutto l ' Oriente non pigliasse un aspetto assai diverso da quello che ha ora ; poichè s ' era scelta la tabella , che poi si cangiò in campana , si sarebbe certo trasformato il minareto , e uno dei tratti più originali e più graziosi della città e del paesaggio orientale sarebbe andato perduto . [ Ok - Meidan ] Risalendo da Pialì - Pascià sulla collina , verso occidente , ci trovammo in un vastissimo spazio di terreno brullo , da cui si vedeva tutto il Corno d ' Oro e tutta Stambul , dal borgo d ' Eyub alla collina del serraglio ; quattro miglia di giardini e di moschee , una grandezza e una leggiadria , da contemplarsi in ginocchio come una apparizione celeste . Era l ' Ok - meïdan , la piazza delle freccie , dove andavano i Sultani a tirar dell ' arco secondo l ' uso dei re Persiani . Vi sono ancora sparse , a distanze ineguali , alcune colonnine di marmo , segnate d ' iscrizioni , che indicano i punti dove caddero le freccie imperiali . V ' è ancora il chiosco elegante , con una tribuna , da cui i sultani tendevano l ' arco . A destra , nei campi , si stendeva una lunga fila di pascià e di bey , punti viventi d ' ammirazione , coi quali il padiscià rendeva omaggio alla propria destrezza ; a sinistra , dodici paggi della famiglia imperiale , che correvano a raccogliere gli strali e a segnare il punto della caduta ; intorno , dietro gli alberi e i cespugli , qualche turco temerario venuto per contemplare di nascosto le sembianze sublimi del Gran Signore ; e sulla tribuna campeggiava nell ' atteggiamento d ' un atleta superbo , Mahmut , il più vigoroso arciere dell ' impero , di cui l ' occhio scintillante faceva curvar la fronte agli spettatori , e la barba famosa , nera come il corvo del Monte Tauro , spiccava di lontano sul grande mantello candido , spruzzato del sangue dei Giannizzeri . Ora tutto è cangiato e diventato prosaico : il Sultano tira colla rivoltella nei cortili del suo palazzo e sull ' Ok - meïdan s ' esercita al bersaglio la fanteria . Da una parte v ' è un convento di dervis , dall ' altra un caffè solitario ; e tutta la campagna è desolata e malinconica come una steppa . [ Piri - Pascià ] Scendendo dall ' Ok - meïdan verso il Corno d ' Oro , ci trovammo in un altro piccolo sobborgo musulmano , chiamato Piri - Pascià , forse da quel famoso gran vizir del primo Selim , che educò Solimano il Grande . Piri - Pascià prospetta il sobborgo israelitico di Balata , posto sull ' altra riva del Corno . Non v ' incontrammo che qualche cane e qualche vecchia turca mendicante . Ma questa solitudine ci permise di considerare a nostro bell ' agio la struttura del borgo . È una cosa singolare . In quel borgo , come in qualunque altra parte di Costantinopoli uno s ' addentri , dopo averla vista o dal mare o dalle alture vicine , si prova la medesima impressione che a guardare un bello spettacolo coreografico dal palco scenico dopo averlo visto dalla platea ; ci si meraviglia che quell ' insieme di cose brutte e meschine possa produrre una così bella illusione . Non v ' è nessuna città al mondo , io credo , nella quale la bellezza sia così pura apparenza come a Costantinopoli . Veduta da Balata , Piri - Pascià è una cittadina gentile , tutta colori ridenti , inghirlandata di verzura , che si specchia nelle acque del Corno d ' Oro come una ninfa , e desta mille immagini d ' amore e di delizia . Entrateci , tutto svanisce . Non sono che casupole rozze , tinte di coloracci da baracche di fiera ; cortiletti angusti e sucidi , che paiono ricettacoli di streghe ; gruppi di fichi e di cipressi polverosi , giardini ingombri di calcinacci , vicoli deserti , miseria , immondizie , tristezza . Ma scendete una china , saltate in un caicco , e dopo cinque remate , rivedete la cittadina fantastica , in tutta la pompa della sua bellezza e della sua grazia . [ Hasskioi ] Andando innanzi , sempre lungo la riva del Corno d ' Oro , scendiamo in un altro sobborgo , vasto , popoloso , d ' aspetto strano , dove , fin dai primi passi , ci accorgiamo di non essere più in mezzo ai musulmani . Da ogni parte si vedono bambini coperti di gore e di scaglie che si ravvoltolano per terra ; vecchie sformate e cenciose che lavorano colle mani scheletrite sugli usci delle case ingombre di ciarpame e ferravecchi ; uomini ravvolti in lunghi vestiti sudici , con un fazzoletto in brandelli attorcigliato intorno alla testa , che passano lungo i muri in aspetto furtivo ; visi macilenti alle finestre ; cenci appesi fra casa e casa ; strame e belletta in ogni parte . È Hasskioi , il sobborgo israelitico , il ghetto della riva settentrionale del Corno d ' Oro , che fa fronte a quello dell ' altra riva , al quale lo congiungeva durante la guerra di Crimea un ponte di legno di cui non rimane più traccia . Di qui comincia un ' altra lunga catena di arsenali , di scuole militari , di caserme e di piazze d ' armi , che si stende fin quasi in fondo al Corno d ' oro . Ma di questo non vedemmo nulla perché ormai non ce lo consentivano nè le gambe , nè la testa . Già tutte le cose vedute ci si confondevano nella mente ; ci pareva di essere in viaggio da una settimana ; pensavamo a Pera lontanissima con un leggiero sentimento di nostalgia , e saremmo tornati indietro , se non ci avesse trattenuto il proposito fatto solennemente sul vecchio ponte , e se Yunk non m ' avesse rianimato , secondo il suo solito , intonando la gran marcia dell ' Aida . [ Halidgi - Oghli ] Avanti dunque . Attraversiamo un altro cimitero musulmano , saliamo sopra un ' altra collina , entriamo in un altro sobborgo , nel sobborgo di Halidgi - Oghli , abitato da una popolazione mista ; una piccola città dove ad ogni svolto di vicolo , si trova una nuova razza e una nuova religione . Si sale , si scende , si rampica , si passa in mezzo alle tombe , alle moschee , alle chiese , alle sinagoghe ; si gira intorno a cimiteri e a giardini ; s ' incontrano delle belle armene di forme matronali e delle turche leggiere che sbirciano a traverso il velo ; si sente parlar greco , armeno e spagnuolo , - lo spagnuolo degli ebrei - ; e si cammina , si cammina . Si dovrà pure arrivare in fondo a questa Costantinopoli ! - diciamo fra noi . - Tutto ha un confine su questa terra ! Già le case di Halidgi - Oghli diradano , cominciano a verdeggiare li orti , non c ' è più che un gruppo di abituri , vi passiamo in mezzo , siamo finalmente arrivati ... [ Sudludgé ] Ahimè ! non siamo arrivati che a un altro sobborgo . È il sobborgo cristiano di Sudludgé , che s ' innalza sopra una collina , circondato di orti e di cimiteri ; sulla collina ai piedi della quale metteva capo il solo ponte che unisse anticamente le due rive del Corno d ' oro . Ma questo sobborgo , come Dio vuole , è l ' ultimo , e la nostra escursione è finita . Usciamo di fra le case per cercare un luogo di riposo ; saliamo su per una altura ripida e nuda che s ' alza alle spalle di Sudludgé , e ci troviamo dinanzi al più grande cimitero israelitico di Costantinopoli : un vasto piano coperto d ' una miriade di pietre abbattute , le quali presentano l ' aspetto sinistro d ' una città rovinata dal terremoto , senza un albero , senza un fiore , senza un filo d ' erba , senza una traccia di sentiero : una solitudine desolata che stringe il cuore , come lo spettacolo d ' una grande sventura . Sediamo sopra una tomba , rivolti verso il Corno d ' oro , ed ammiriamo , riposando , il panorama immenso e gentile che ci si stende dintorno . Si vede , sotto , Sudludgé , Halidgi - Oghli , Hasskioj , Piri - Pascià , una fuga di sobborghi chiusi fra l ' azzurro del mare e il verde dei cimiteri e dei giardini ; a sinistra l ' Okmeïdan solitario , e i cento minareti di Kassim - Pascià ; più lontano , Stambul , sterminata e confusa ; di là da Stambul , le somme linee delle montagne dell ' Asia , quasi svanite nel cielo ; dinanzi , proprio in faccia a Sudludgé , dall ' altra parte del Corno d ' oro , il borgo misterioso d ' Eyub , di cui si distinguono uno per uno i ricchi mausolei , le moschee di marmo , le chine ombrose sparse di tombe , i viali solitari , e i recessi pieni di tristezza di grazia ; e a destra d ' Eyub altri villaggi che si guardan nell ' acqua , e poi l ' ultima svolta del Corno d ' oro , che si perde fra due alte rive rivestite d ' alberi e di fiori . Spaziando collo sguardo su quel panorama , stanchi , quasi in uno stato di dormiveglia , senz ' accorgercene , mettiamo in musica quella bellezza , canterellando non so che cosa ; ci domandiamo chi sarà il morto su cui siamo seduti ; frughiamo con un fuscello dentro un formicaio ; parliamo di mille sciocchezze ; ci diciamo di tratto in tratto : - Ma siamo proprio a Costantinopoli ? - ; poi pensiamo che la vita è breve e che tutto è vanità ; e poi ci piglian dei fremiti d ' allegrezza ; ma in fondo sentiamo che nessuna bellezza della terra dà una gioia veramente intera , se contemplandola , non si sente nella propria mano la manina della donna che si ama . [ In caicco ] Verso il tramonto scendiamo al Corno d ' oro , entriamo in un caicco a quattro remi , e non abbiamo ancora pronunziato la parola : - Galata ! - che la barchetta gentile è già lontana dalla riva . E il caicco è veramente la barchetta più gentile che abbia mai solcato le acque . È più lungo della gondola , ma più stretto e più sottile ; è scolpito , dipinto e dorato ; non ha nè timone , nè sedili ; vi si siede sopra in cuscino o un tappeto , in modo che non riman fuori che la testa e le spalle ; è terminato alle due estremità in maniera da poter andare nelle due direzioni ; si squilibra al menomo movimento , si spicca dalla riva come una freccia dall ' arco , par che voli a fior d ' acqua come una rondine , passa da per tutto , scivola e fugge specchiando nell ' onde i suoi mille colori come un delfino inseguito . I nostri rematori erano due bei giovani turchi col fez rosso , con una camicia cilestrina , con un paio di grandi calzoni bianchissimi , colle braccia e colle gambe nude ; due atleti ventenni , color di bronzo , puliti , allegri e baldanzosi , che ad ogni remata mandavano innanzi la barca di tutta la sua lunghezza ; altri caicchi ci passavano accanto di volo , che appena si vedevano ; ci passavano vicino degli stormi d ' anitre , ci roteavano sul capo degli uccelli , ci rasentavano delle grandi barche coperte , piene di turche velate , e le alghe di tratto in tratto ci nascondevano ogni cosa . Vista d ' in fondo al Corno d ' Oro , a quell ' ora , la città presentava un aspetto nuovissimo . Non si vedeva la riva asiatica , a cagione della curvatura della rada ; la collina del Serraglio chiudeva il Corno d ' oro come un lunghissimo lago ; le colline delle due rive sembravano ingigantite ; e , Stambul , lontana lontana , sfumata con una gradazione dolcissima di tinte cineree e azzurrine , enorme e leggera come una città fatata , pareva che galleggiasse sul mare e si perdesse nel cielo . Il caicco volava , le due rive fuggivano , i seni succedevano ai seni , i boschetti ai boschetti , i sobborghi ai sobborghi ; e via via che s ' andava innanzi , tutto ci s ' allargava e ci s ' innalzava dintorno , i colori della città illanguidivano , l ' orizzonte s ' infocava , le acque mandavano dei riflessi d ' oro e di porpora , e un profondo stupore ci entrava a poco a poco nell ' anima , misto a una dolcezza indefinibile , che ci faceva sorridere e non ci lasciava parlare . Quando il caicco si fermò allo scalo di Galata , uno dei barcaioli ci dovette gridare negli orecchi : Monsù ! Arrivar ! - e ci destammo come da un sogno . IL GRAN BAZAR Dopo aver visto di volo tutta Costantinopoli , percorrendo le due rive del Corno d ' oro , è tempo di entrare nel cuore di Stambul , d ' andar a vedere quella fiera universale e perpetua , quella città nascosta , oscura , piena di meraviglie , tesori e di memorie , che si distende fra la collina di Nuri - Osmanié e quella del Seraschiere , e si chiama il Grande Bazar . Partiamo dalla piazza della moschea Sultana - Validè . Qui forse si vorrebbe fermare più d ' un lettore goloso per dare un ' occhiata al Balik - Bazar , mercato dei pesci , famoso fin dai tempi di quel vecchio Andronico Paleologo , il quale , com ' è noto , dal solo prodotto della pesca lungo le mura della città ricavava di che far fronte alle spese culinarie di tutta la sua corte . La pesca , infatti , è ancora abbondantissima a Costantinopoli , e il Balik - Bazar , nei suoi bei giorni , potrebbe offrire all ' autore del Ventre de Paris il soggetto d ' una descrizione pomposa e appetitosa come le grandi mense dei vecchi quadri olandesi . I venditori son quasi tutti turchi , e stanno schierati intorno alla piazza , coi pesci ammucchiati sopra stuoie distese in terra , o sopra lunghe tavole , intorno a cui si disputano lo spazio una folla di compratori e un esercito di cani . Là si ritrovano le triglie squisite del Bosforo , quattro volte più grosse di quelle dei nostri mari ; le ostriche dell ' isola di Marmara , che i Greci e gli Armeni soli sanno cuocere a punto sulla brace ; le palamite e i tonni che son salati quasi esclusivamente dagli Ebrei ; le alici che i Turchi impararono a salare dai Marsigliesi ; le sardelle di cui Costantinopoli provvede l ' Arcipelago ; gli ulufer , i pesci più saporiti del Bosforo , che si pigliano al lume della luna ; gli scombri del Mar Nero , che fanno sette invasioni successive nelle acque della città , levando uno strepito che si sente dalle ville delle due rive ; isdaurid colossali , pesci spada enormi , rombi , o come li chiamano i Turchi , Kalkan - baluk , pesci scudo , e altri mille pesci minori , che guizzano fra i due mari , inseguiti dai delfini e dai falianos , e cacciati da innumerevoli alcioni , a cui strappano la preda dal becco i piombini . Cuochi di pascià , vecchi buongustai musulmani , schiave e giovani di taverna , s ' avvicinano alle tavole , guardano i pesci in atto meditabondo , contrattano a monosillabi , e se ne vanno colla loro compra appesa a uno spago , tutti gravi e taciturni , come se portassero la testa d ' un nemico ; a mezzogiorno la piazza è sgombra , e i rivenditori son già sparsi per i caffè vicini , dove stanno fino al cader del sole , sognando ad occhi aperti , colle spalle al muro , e il bocchino del narghilè tra le labbra . Per andare al Gran Bazar , s ' infila una strada che sbocca nel mercato dei pesci , tanto stretta che le sporgenze delle case opposte quasi si toccano , e si va innanzi per un buon tratto in mezzo a due file di botteghe basse ed oscure , dove si vende il tabacco " la quarta colonna della tenda della voluttà " dopo il caffè , l ' oppio ed il vino , o " il quarto sofà dei godimenti " , anch ' esso , come il caffè , fulminato un tempo da editti di sultani e da sentenze di muftì , e cagione di torbidi e di supplizi , che lo resero più saporito . Tutta la strada è occupata dai tabaccai . Il tabacco è messo in mostra sopra assicciuole , a piramidi e a mucchi rotondi , ognuno sormontato da un limone . Sono piramidi di latakié d ' Antiochia , di tabacco del Serraglio biondo e sottilissimo che par seta della più fina , di tabacco da sigarette e da cibuk , di tutte le gradazioni di sapore e di forza , da quel che fuma il facchino gigantesco di Galata a quello che concilia il sonno alle odalische annoiate nei chioschi dei giardini imperiali . Il tombeki , tabacco fortissimo , che darebbe al capo anche a un vecchio fumatore , se il fumo non giungesse alla bocca purificato dall ' acqua del narghilè , è chiuso in boccie di vetro come un medicinale . I tabaccai son quasi tutti greci od armeni cerimoniosi , che affettano un certo fare signorile ; gli avventori tengono crocchio ; vi si fermano degli impiegati del ministero degli esteri e del Seraschierato ; alle volte vi dà una capatina qualche pezzo grosso ; vi si spolitica , si va a raccogliervi la notizia e a raccontarvi il fattarello ; è un piccolo bazar appartato e aristocratico , che invita al riposo , e fa sentire , anche a passarvi soltanto , la voluttà della chiacchera e del fumo . Andando innanzi , si passa sotto una vecchia porta ad arco , inghirlandata di pampini , e si riesce in faccia ad un vasto edifizio di pietra , attraversato da una lunga strada diritta e coperta , fiancheggiata da botteghe oscure , e ingombra di gente , di casse , di sacchi , di mucchi di mercanzie . Entrando , si sente un odore d ' aromi acutissimo , che quasi ributta indietro . È il bazar egiziano dove sono raccolte tutte le derrate dell ' India , della Siria , dell ' Egitto e dell ' Arrabia , che ridotte poi in essenze , in pastiglie , in polveri , in unguenti , vanno a colorar visetti e manine d ' odalische , a profumar stanze e bagni e bocche e barbe e pietanze , a rinvigorire Pascià sfibrati , ad assopire spose infelici , a istupidire fumatori , a spander sogni , ebbrezza ed obblìo nella città sterminata . Fatti pochi passi in questo bazar , si comincia a sentir la testa pesante , e si fugge ; ma la sensazione di quell ' aria calda e grave , e di quei profumi inebbrianti , ci accompagna ancora per un buon tratto all ' aria libera , e rimane poi viva nella memoria come una delle più intime e più significanti impressioni dell ' Oriente . Uscendo dal bazar egiziano , si passa in mezzo a officine rumorose di calderai , a taverne turche , che riempiono la strada di puzzi nauseabondi , a mille botteguccie e nicchiette e buchi oscuri , dove si fabbrica e si vende una minutaglia infinita d ' oggetti senza nome , e si arriva finalmente al Grande Bazar . Ma assai prima d ' arrivarci , s ' è assaliti e bisogna difendersi . A cento passi dalla gran porta d ' entrata , sono appostati , come bravi , i sensali dei mercanti , e i sensali dei sensali , che alla prima occhiata v ' hanno riconosciuto per forestiero , hanno capito che andate al bazar per la prima volta , e indovinato presso a poco di che paese siete , tanto che assai di rado sbagliano lingua nel dirigervi la parola . S ' avvicinano col fez in mano e col sorriso sulle labbra e v ' offrono i loro servizi . Allora segue quasi sempre un dialogo come questo . - Non compro nulla - rispondete . - Che importa , signore ? Io non voglio che farle vedere il bazar . - Non voglio vedere il bazar . - Ma io l ' accompagno gratis . - Non voglio essere accompagnato gratis . - Ebbene , non l ' accompagnerò che fino in fondo alla strada , per darle qualche informazione che le sarà utile un altro giorno , quando verrà per comprare . - Ma se non voglio neppur sentir discorrere di comprare ! - Parleremo d ' altro , signore . È a Costantinopoli da molto tempo ? È soddisfatto del suo albergo ? Ha ottenuto il permesso di visitare le moschee ? - Ma se vi dico che non voglio parlare , che voglio esser solo ! - Ebbene , la lascierò solo ; la seguiterò alla distanza di dieci passi . - Ma perché mi volete seguitare ? - Per impedire che la truffino nelle botteghe . - Ma se non entro nelle botteghe ! - Allora ... per impedire che le diano noia per la strada . Insomma , o bisogna rimetterci il fiato , o lasciarsi accompagnare . Il grande bazar non ha nulla all ' esterno che attiri l ' occhio e faccia indovinare il di dentro . È un immenso edifizio di pietra , di stile bizantino , di forma irregolare , circondato d ' alte mura grigie , e sormontato da centinaia di cupolette rivestite di piombo e traforate , che danno luce all ' interno : l ' entrata principale è una porta arcata , senza carattere architettonico ; dai vicoli intorno non si sente nessun rumore ; a quattro passi dalla porta si può credere ancora che dietro quei muri di fortezza non ci sia altro che solitudine e silenzio . Ma appena entrati , si rimane sbalorditi . Non si è dentro a un edifizio , ma in un labirinto di strade coperte da volte arcate e fiancheggiate da pilastri scolpiti e da colonne ; in una vera città , colle sue moschee , colle sue fontane , coi suoi crocicchi , colle sue piazzette , rischiarata da una luce vaga come quella d ' una foresta fitta in cui non penetri un raggio di sole ; e percorsa da una folla immensa . Ogni strada è un bazar , e quasi tutte metton capo in una strada principale , coperta da una volta ad archi di pietre bianche e nere , e decorata d ' arabeschi , come una navata di moschea . In queste strade semioscure , in mezzo alla folla ondeggiante , passano carrozze , cammelli e cavalieri , che fanno uno strepito assordante . In ogni parte si è apostrofati a parole e a cenni . Il mercante greco chiama ad alta voce e gesticola in atto quasi imperioso ; l ' armeno , altrettanto furbo , ma d ' apparenza più modesta sollecita con maniere ossequiose ; l ' ebreo susurra le sue offerte nell ' orecchio ; il turco silenzioso , accosciato sopra un cuscino sulla soglia della bottega , non invita che cogli occhi e si rimette al destino . Dieci voci insieme vi chiamano : Monsieur ! Captan ! Caballero ! Signore ! Eccellenza ! Kyrie ! Milord ! - Ad ogni svolta , per le porte laterali , si vedono fughe d ' arcate e di pilastri , lunghi corridoi , scorci di stradette , prospetti lontani e confusi di bazar , e per tutto botteghe , merci appese ai muri e alle volte , mercanti affaccendati , facchini carichi , gruppi di donne velate , un fermarsi e un disfarsi continuo di crocchi rumorosi , un rimescolìo di gente e di cose , da dare il capogiro . La confusione , però , non è che apparente . Questo immenso bazar è ordinato come una caserma , e bastano poche ore per mettersi in grado di trovarci qualunque cosa vi si cerchi , senza bisogno di guida . Ogni genere di mercanzia ha il suo piccolo quartiere , la sua stradetta , il suo corridoio , la sua piazzuola . Sono cento piccoli bazar che mettono l ' uno nell ' altro , come le sale di un vastissimo appartamento ; ed ogni bazar è nello stesso tempo un museo , un passeggio , un mercato e un teatro , nel quale si può veder tutto senza comprar nulla , prendere il caffè , godere il fresco , chiacchierare in dieci lingue e fare agli occhi colle più belle donnine dell ' Oriente . Si può prendere un bazar a caso e passarci una mezza giornata senz ' accorgersene : per esempio il bazar delle stoffe e dei vestiti . È un emporio di bellezze e di ricchezze da perderci gli occhi , il cervello e la borsa ; e bisogna star in guardia , perché il menomo capriccio può aver per conseguenza di farci chiedere soccorso a casa per telegrafo . Si passeggia in mezzo a mucchi e a torri di broccati di Bagdad , di tappeti di Caramania , di sete di Brussa , di tele dell ' Indostan , di mussoline del Bengala , di scialli di Madras , di casimir dell ' India e della Persia , di tessuti variopinti del Cairo , di cuscini rabescati d ' oro , di veli di seta rigati d ' argento , di sciarpe di tocca a righe azzurre e incarnate , leggiere e trasparenti che paiono vaporose , di stoffe d ' ogni forma e d ' ogni disegno , in cui il chermisino , il blu , il verde , il giallo , i colori più ribelli alle combinazioni simpatiche , si avvicinano e s ' intrecciano con un ardimento e un ' armonia da far rimanere a bocca aperta ; di tappeti da tavola d ' ogni grandezza , a fondo rosso o bianco , ricamati d ' arabeschi , di fiori , di versetti del Corano , di cifre imperiali , che si starebbe un giorno a contemplarli come le pareti dell ' Alhambra . Qui si possono ammirare ad una ad una tutte le parti del vestiario turco signorile , come nelle alcove d ' un arem , dalle cappe verdi , ranciate e color di giacinto , che coprono ogni cosa , fino alle camicie di seta , ai fazzoletti ricamati d ' oro e alle cinture di raso a cui non può giungere altro sguardo d ' uomo che quel del signore e dell ' eunuco . Qui i caffettani di velluto rosso , contornati d ' ermellino e coperti di stelle ; i bustini di raso giallo , i calzoncini di seta color di rosa , le sottovesti di damasco bianco tempestate di fiori d ' oro , i veli di sposa scintillanti di pagliuole d ' argento , i casacchini di terzopelo verde , orlati di piumino di cigno ; le vesti greche , armene e circasse , di mille tagli capricciosi , sovraccariche d ' ornamenti , dure e splendenti come corazze ; e in mezzo a tutti questi tesori , le stoffe prosaiche di Francia e d ' Inghilterra , dai colori sinistri , che ci fanno la figura della nota d ' un sarto in mezzo alle pagine d ' un poema . Nessuno che ami una donna , può passare in quel bazar senza considerare come una grande sventura di non essere millionario , e senza sentirsi per un momento divampare nell ' anima il furore del saccheggio . Per liberarsi da queste idee , non c ' è che a svoltare nel bazar delle pipe . Qui l ' immaginazione è ricondotta a desiderii più tranquilli . Sono fasci di cibuk di gelsomino , di ciliegio , d ' acero e di rosaio ; bocchini d ' ambra gialla del mar Baltico , levigati e luccicanti come il cristallo , d ' innumerevoli gradazioni di colore e di trasparenza , ornati di rubini e di diamanti ; pipe di Cesarea , colla cannetta fasciata di fili d ' oro e di seta ; borse da tabacco del Libano , a losanghe di varii colori , rabescati di ricami splendenti ; narghilè di cristallo di Boemia , d ' acciaio e d ' argento , di belle forme antiche , damaschinati , niellati , tempestati di pietre preziose , con tubi di marocchino scintillanti di dorature e d ' anelli , fasciati nella bambagia , e perpetuamente custoditi da due occhi fissi , che all ' avvicinarsi d ' ogni curioso si dilatano come occhi di civetta , e fanno morir sulle labbra la richiesta del prezzo a chiunque non sia almeno vizir o pascià e non abbia dissanguato per qualche anno una provincia dell ' Asia Minore . Qui non viene a comprare che il messo della Sultana che vuol dare un pegno di gratitudine al gran vizir arrendevole , o l ' alto dignitario di Corte che , prendendo possesso della nuova carica , è costretto , per suo decoro , a spendere cinquanta mila lire in una rastrelliera di pipe ; o l ' ambasciatore del Sultano che vuol portare al Monarca europeo un ricordo splendido di Stambul . Il turco modesto dà uno sguardo malinconico e passa oltre , parafrasando , per consolarsi , la sentenza del Profeta : - il fuoco dell ' inferno tuonerà come il muggito del cammello nel ventre di colui che fuma in una pipa d ' oro o d ' argento . Di qui si ricasca fra le tentazioni entrando nel bazar dei profumieri , che è uno dei più schiettamente orientali e dei più cari al Profeta , il quale diceva : - Donne , bambini e profumi - , per dire i suoi tre più dolci piaceri . Qui si trovano le famose pastiglie del Serraglio che profumano i baci , le cassule di gomma odorosa che staccano dal mastico le forti fanciulle di Chio , per mandarla a rafforzar le gengive delle molli musulmane ; le essenze squisite di bergamotto e di gelsomino , e quelle potentissime di rosa , chiuse in astucci di velluto ricamato d ' oro , d ' un prezzo da far rizzare i capelli ; qui il collirio per le sopracciglia , l ' antimonio per gli occhi , l ' henné per le unghie , i saponi che ammorbidiscono la cute delle belle siriane , le pillole che fanno cadere i peli dal volto delle maschie circasse , le acque di cedro e d ' arancio , i sacchetti di muschio , l ' olio di sandalo , l ' ambra grigia , l ' aloè per profumare le chicchere e le pipe , una miriade di polveri , d ' acque e di pomate , distinte con nomi fantastici e destinate ad usi indicibili , che rappresentano ciascuna un capriccio amoroso , un proposito di seduzione , un raffinamento di voluttà , e spandono tutte insieme una fragranza acuta e sensuale , che fa veder come in sogno dei grandi occhi languidi e delle manine carezzevoli , e sentire un suono sommesso di respiri e di baci . Tutte queste fantasie svaniscono entrando nel bazar dei gioiellieri , che è una stradetta oscura e deserta , fiancheggiata da botteguccie d ' aspetto meschino , in cui nessuno direbbe mai che sian nascosti , come ci sono , dei tesori favolosi . Le gioie sono chiuse in cofani di legno di quercia , cerchiati e corazzati di ferro , e posti sul davanti delle botteghe , sotto gli occhi dei mercanti : vecchi turchi o vecchi ebrei , dalle lunghe barbe e dallo sguardo acuto , che par che penetri nelle tasche e trapassi i portamonete . Qualcuno sta ritto dinanzi alla sua tana , e quando gli passate accanto , prima vi ficca gli occhi negli occhi , poi con un rapido movimento vi mette sotto il viso un diamante di Golconda o uno zaffiro d ' Ormus o un rubino di Giamscid , che al menomo vostro cenno negativo , ritira colla medesima rapidità con cui l ' ha porto . Altri girano a passi lenti , vi fermano in mezzo alla strada e , dopo aver rivolto intorno uno sguardo sospettoso , tirano fuor del seno un cencio sucido , e lo spiegano , e vi fanno vedere un bel topazio del Brasile o una bella turchina di Macedonia , guardandovi coll ' occhio di demoni tentatori . Altri non fanno che darvi un ' occhiata scrutatrice , e non giudicandovi una faccia da pietre preziose , non si degnano di offrirvi nulla . Nessuno poi fa l ' atto d ' aprire il cofanetto , se anche aveste la faccia d ' un santo o l ' aria d ' un Creso . Le collane d ' opale , i fiori e le stelle di smeraldo , le mezzelune e i diademi contornati di perle d ' Ofir , i mucchietti abbarbaglianti di acque - di - mare , di crisoberilli , d ' avventurine , di agate , di granate , di lapislazzuli , rimangono inesorabilmente nascosti agli occhi dei curiosi senza quattrini , e specialmente a quelli d ' uno scrittore italiano . Tutt ' al più egli può arrischiarsi a domandare il prezzo di qualche tespí , o coroncina d ' ambra , di sandalo o di corallo , da far scorrere tra le dita , come i turchi , per ingannare il tempo negli intervalli dei suoi lavori forzati . Per divertirsi bisogna entrare nelle botteghe dei franchi , mercanti di stoffe , dove c ' è merce per tutte le borse . Appena entrati , si ha intorno un cerchio di gente che non si capisce di dove sia sbucata . Non è mai possibile l ' aver che fare con un solo . Tra il mercante , i soci del mercante , i sensali , i manutengoli e i tirapiedi , son sempre una mezza dozzina . Se non v ' accoppa uno , v ' impicca l ' altro : non c ' è modo di scansare una brutta fine . E non si può dire con che arte , con che pazienza , con che ostinazione , con che diabolici raggiri fanno comprare quello che vogliono . Domandano d ' ogni cosa un subisso : offrite il terzo : lasciano cader le braccia in segno di profondo scoraggiamento , o si battono la fronte in atto disperato , e non rispondono ; oppure si espandono in un torrente di parole appassionate per toccarvi il cuore . Siete un uomo crudele , volete costringerli a chiuder bottega , volete ridurli alla miseria , non avete compassione dei loro figliuoli , non capiscono che cosa possano avervi fatto di male per trattarli in quella maniera . Mentre vi dicono il prezzo d ' un oggetto , un sensale d ' una bottega vicina vi susurra nell ' orecchio : - Non comprate , vi truffano . - Voi credete che sia sincero , e invece è d ' accordo col mercante ; vi dice che vi truffano collo scialle , per guadagnare la vostra fiducia , e farvi rompere il collo un minuto dopo , consigliandovi di comprare il tappeto . Mentre esaminate la stoffa , essi si parlano a gesti , a occhiate , a colpi di gomito , a mezze parole . Se sapete il greco , parlano turco ; se sapete il turco , parlano armeno ; se sapete l ' armeno , parlano spagnuolo ; ma in qualche modo s ' intendono e ve l ' accoccano . Se poi tenete duro , v ' insaponano ; vi dicono che parlate bene la loro lingua , che avete un fare da gentiluomo e che non dimenticheranno mai più la vostra bella figura ; vi discorrono del vostro paese , nel quale sono stati molto tempo , perché sono stati da per tutto ; vi fanno il caffè , vi offrono d ' accompagnarvi alla dogana quando partirete , per impedire che vi facciano dei soprusi , ossia per truffar voi , la dogana e i vostri compagni di viaggio , se ne avete ; mettono sottosopra tutta la bottega , e non vi fanno punto il viso arcigno se ve n ' andate senza comprare : se non è quel giorno , sarà un altro ; al bazar ci dovete tornare , i loro cani da caccia vi riconosceranno ; se non cadrete nelle loro mani , cadrete in quelle d ' un loro socio ; se non vi peleranno come mercanti , vi scorticheranno come sensali ; se non vi aggiusteranno in bottega , vi serviranno la messa alla dogana ; il colpo non può fallire . A che popolo appartengono costoro ? Non si capisce . A furia di parlar lingue diverse , han perduto il loro accento primitivo ; a forza di far la commedia , hanno alterati i tratti fisionomici della loro razza ; son di che paese si vuole , fanno il mestiere che si desidera , sono interpreti , guide , mercanti , usurai ; e sopra ogni cosa , artisti insuperabili nell ' arte di scroccare l ' universo . I mercanti musulmani offrono un campo d ' osservazioni affatto diverso . Fra loro si ritrovano ancora quei vecchi turchi , ormai rari per le vie di Costantinopoli , che sono come la personificazione del tempo dei Maometti e dei Bajazet , i resti viventi del vecchio edifizio ottomano , ch ' ebbe il primo crollo dalle riforme di Mahmut , e che di giorno in giorno , pietra per pietra , rovina e si trasforma . Bisogna venire nel gran bazar e ficcare lo sguardo in fondo alle botteguccie più oscure delle stradette più appartate , per ritrovare i vecchi turbanti enormi dei tempi di Solimano , dalla forma di cupole di moschee ; le faccie impassibili , gli occhi di vetro , i nasi adunchi , le lunghe barbe bianche , gli antichi caffettani aranciati e purpurei , i grandi calzoni a mille pieghe stretti intorno alla vita dalle sciarpe smisurate , gli atteggiamenti alteri e tristi dell ' antico popolo dominatore , i visi istupiditi dall ' oppio o illuminati dal sentimento d ' una fede ardente . Essi son là in fondo alle loro nicchie , colle braccia e colle gambe incrociate , immobili e gravi come idoli , e aspettano , senz ' aprir bocca , i compratori predestinati . Se le cose vanno bene , mormorano : - Mach Allà ! - Sia lodato Iddio ! - ; se vanno male : - Olsun ! - Così sia - , e chinano la testa rassegnati . Alcuni leggono il Corano , altri fanno scorrere fra le dita le pallettine del tespì , mormorando sbadatamente i cento epiteti d ' Allà ; altri che han fatto buoni affari , bevono il loro narghilè , per dirla coll ' espressione turca , girando intorno lentamente uno sguardo voluttuoso e pieno di sonno ; altri stanno curvi , cogli occhi socchiusi e colla fronte corrugata come occupati da un profondo pensiero . A che cosa pensano ? Forse ai loro figliuoli morti sotto le mura di Sebastopoli o alle loro carovane disperse o alle loro voluttà perdute o ai giardini eterni , promessi dal Profeta , dove all ' ombra delle palme e dei granati , sposeranno le vergini dagli occhi neri , che nè uomo nè genio non ha mai profanate . Tutti hanno qualchecosa di bizzarro , tutti sono pittoreschi ; ogni bottega è la cornice d ' un quadro pieno di colori e di pensiero , che fa balenare alla mente la storia intera d ' una vita avventurosa e fantastica . Quest ' uomo secco e abbronzato , dai lineamenti arditi , è un arabo che ha guidato egli stesso dal fondo della sua patria lontana i suoi cammelli carichi di gemme e d ' alabastro , e s ' è sentito più volte fischiare agli orecchi le palle dei ladroni del deserto . Quest ' altro dal turbante giallo e dall ' aspetto signorile , ha attraversato a cavallo le solitudini della Siria , portando le sete di Tiro e di Sidone . Questo nero col capo ravvolto in un vecchio scialle di Persia , colla fronte rigata di cicatrici che gli fecero i negromanti per salvarlo dalla morte , che tiene il viso alto , come se guardasse ancora le teste dei colossi di Tebe e le cime delle Piramidi , è venuto dalla Nubia . Questo bel moro dalla faccia pallida e dagli occhi neri , ravvolto in una cappa bianchissima , ha portato i suoi caic e i suoi tappeti dalle ultime falde occidentali della catena dell ' Atlante . Questo turco dal turbante verde e dal volto estenuato ha fatto quest ' anno stesso il grande pellegrinaggio , ha visto parenti ed amici morir di sete in mezzo alle pianure interminabili dell ' Asia Minore , è arrivato alla Mecca in fin di vita , ha fatto sette volte strascinandosi il giro della Kaaba , ed è caduto in deliquio coprendo di baci furiosi la Pietra nera . Questo colosso dal viso bianco , dalle sopracciglia arcate , dagli occhi fulminei , che par più un guerriero che un mercante , e spira da tutta la persona l ' ambizione e l ' orgoglio , ha portato le sue pelliccie dalle regioni settentrionali del Caucaso , dove , nei suoi begli anni , fece cader la testa dalle spalle a più d ' un Cosacco . E questo povero mercante di lane , dal viso schiacciato e dagli occhi piccoli e obliqui , tarchiato e rude come un atleta , non è gran tempo che disse le sue preghiere all ' ombra dell ' immensa cupola che protegge il sepolcro di Timur : egli è partito da Samarkanda , ha valicato i deserti della grande Bukaria , è passato in mezzo alle orde dei turcomanni , ha attraversato il Mar Morto , è sfuggito alle palle dei Circassi , ha ringraziato Allà nelle moschee di Trebisonda , ed è venuto a cercar fortuna a Stambul , di dove ritornerà , vecchio , in fondo alla sua Tartaria , che gli sta sempre nel cuore . Uno dei bazar più splendidi è il bazar delle calzature , ed è forse anche quello che mette più grilli nel capo . Sono due file di botteghe smaglianti che danno alla strada l ' aspetto d ' una sala di reggia , o d ' uno di quei giardini delle leggende arabe in cui gli alberi hanno le foglie d ' oro e fiori di perle . C ' è da calzare tutti i piedini di tutte le corti dell ' Asia e dell ' Europa . Le pareti son coperte di pantofole di velluto , di pelle , di broccato , di raso , dei colori più petulanti e delle forme più capricciose , ornate di filigrana , contornate di lustrini , abbellite di nappine di seta e di piuma di cigno , stelleggiate e infiorate d ' argento e d ' oro , coperte d ' arabeschi intricati che non lasciano più vedere il tessuto , e lampeggianti di zaffiri e di smeraldi . Ce n ' è per le spose dei barcaiuoli e per le belle del Sultano , da cinque e da mille lire il paio ; ci sono le scarpette di marocchino che premeranno i ciottoli di Pera , le babbuccie che striscieranno sui tappeti degli arem , gli zoccoletti che faranno risonare i marmi dei bagni imperiali , le pianelline di raso bianco su cui s ' inchioderanno le labbra ardenti dei Pascià , e forse qualche paio di pantofole imperlate che aspetteranno ogni mattina lo svegliarsi d ' una bella Georgiana accanto al letto del Gran Signore . Ma che piedi possono entrare in quelle babbuccie ? Ve ne sono che paion tagliate ai piedi delle urì e delle fate ; lunghe come una foglia di giglio , larghe come una foglia di rosa , d ' una piccolezza da far disperare tutta l ' Andalusia , d ' una grazia da farsi sognare ; non babbuccie , ma gioielli da tenersi sul tavolino ; scatolini da metterci dei dolci o dei bigliettini amorosi ; da non poter immaginare che ci sia un piedino che v ' entri , senza desiderare di rivoltarselo un mese fra le mani affollandolo di domande e di vezzi . Questo bazar è uno dei più frequentati dagli stranieri . Vi si vedono spesso dei giovani europei , che hanno in un pezzetto di carta la misura d ' un piedino italiano o francese , di cui forse sono alteri , e che fanno un atto di stupore o di dispetto , riconoscendo che passa di molto la lunghezza d ' una certa babbuccina su cui han posto gli occhi ; ed altri che , domandato il prezzo , e sentita una schiopettata , scappano senza ribatter parola . Qui pure spesseggiano le signore mussulmane , le hanum dai grandi veli bianchi , e occorre sovente di cogliere passando qualche frammento dei loro lunghi dialoghi coi venditori , qualche parola armoniosa della loro bella lingua , pronunziata da una voce chiara e dolce che accarezza l ' orecchio come il suono d ' una mandòla . - Buni catscia verersin ? - Quanto vale questo ? - Pahalli dir . - È troppo caro . - Ziadè veremèm . - Non pagherò di più . E poi una risata fanciullesca e sonora , che mette voglia di pigliarle un pizzico di guancia e darle una presa di monella . Il bazar più ricco e più pittoresco è quello delle armi . Non è un bazar , è un museo , riboccante di tesori , pieno di memorie e d ' immagini che trasportano il pensiero nelle regioni della storia e della leggenda , e destano un sentimento indescrivibile di meraviglia e di sgomento . Tutte le armi più strane , più spaventose e più feroci che sono state brandite dalla Mecca al Danubio in difesa dell ' Islam , sono là schierate e forbite , come se ce l ' avessero appese poco prima le mani dei soldati fanatici di Maometto e di Selim ; e par di veder scintillare fra le loro lame gli occhi iniettati di sangue di quei sultani formidabili , di quei giannizzeri forsennati , di quegli spahì , di quegli azab , di quei silidar senza pietà e senza paura che seminarono l ' Asia Minore e l ' Europa di teste recise e di corpi dilaniati . Là si ritrovano le scimitarre famose che tagliavano le penne in aria e spiccavan le orecchie agli ambasciatori insolenti ; i cangiari pesanti che d ' un colpo fendevano il cranio e scoprivano il cuore ; le mazze d ' armi che stritolavano i caschi serbi e ungheresi ; gli yatagan dal manico intarsiato d ' avorio e tempestato d ' amatiste e di rubini , che serbano ancora segnato a intagli nella lama il numero delle teste troncate ; i pugnali dai foderi d ' argento , di velluto e di raso , coi manichi di agata e d ' avorio , ornati di granate , di corallo e di turchine , istoriati di versetti del Corano in lettere d ' oro , colle lame incurvate e ritorte che par che cerchino un cuore . Chi sa che in questa armeria confusa e terribile non ci sia la scimitarra d ' Orcano , o la sciabola di legno con cui il braccio poderoso d ' Abd - el - Murad , il dervis guerriero , spiccava d ' un colpo le teste ; o il famoso jatagan col quale il Sultano Musa spaccò Hassan dalla spalla al cuore ; o la sciabola enorme del gigantesco bulgaro che appoggiò la prima scala alle mura di Costantinopoli ; o la mazza con cui Maometto II freddò il soldato rapace sotto le vôlte di Santa Sofia ; o la gran sciabola damascata di Scanderberg che fendette in due Firuz - Pascià sotto le mura di Stetigrad ? I più formidabili fendenti e le più orrende morti della storia ottomana s ' affacciano alla mente , e par che proprio su quelle lame debba esser rappreso quel sangue , e che i vecchi turchi rintanati in quelle botteghe , abbiano raccolto armi e cadaveri sul terreno della strage , e custodiscano ancora gli scheletri sfracellati in qualche angolo oscuro . In mezzo alle armi si vedono pure le grandi selle di velluto scarlatto e celeste , ricamate a stelle e a mezzelune d ' oro e di perle , i frontali impennacchiati , i morsi d ' argento niellato e le gualdrappe splendide come manti reali : bardature da cavalli delle Mille e una notte , fatte per l ' entrata trionfale d ' un re dei genii in una città dorata del mondo dei sogni . Al di sopra di questi tesori , sono sospesi alle pareti vecchi moschetti a ruota e a miccia , grosse pistole albanesi , lunghissimi fucili arabi lavorati come gioielli , scudi antichi di scorza di tartaruga e di pelle d ' ippopotamo , maglie circasse , scudi cosacchi , celate mongoliche , archi turcassi , coltellacci da carnefici , lamaccie di forme sinistre , ognuna delle quali pare la rivelazione d ' un delitto , e fa pensare agli spasimi di un ' agonia . In mezzo a quest ' apparato minaccioso e magnifico , siedono a gambe incrociate i mercanti più schiettamente turchi del Grande Bazar , la più parte vecchi , d ' aspetto tetro , smunti come anacoreti e superbi come Sultani , figure d ' altri secoli , vestiti alla foggia delle prime egire , che sembrano risuscitati dal sepolcro per richiamare i nipoti imbastarditi alla austerità dell ' antica razza . Un altro bazar da vedersi è quello degli abiti vecchi . Qui il Rembrant ci avrebbe preso domicilio e il Goya speso la sua ultima peceta . Chi non ha mai visto una bottega di rigattiere orientale non può immaginare che stravaganza di stracci , che pompa di colori , che ironia di contrasti , che spettacolo ad un tempo carnevalesco , lugubre e schifoso , presenti questo bazar , questa cloaca di cenci , in cui tutti i rifiuti degli arem , delle caserme , della corte , dei teatri , vengono ad aspettare che il capriccio d ' un pittore o il bisogno d ' un pezzente li riporti alla luce del sole . Da lunghe pertiche confitte nei muri , pendono vecchie uniformi turche , giubbe a coda di rondine , dolman di gran signori , tuniche di dervis , cappe di beduini , tutte untume , brindelli e buchi , che paiono state crivellate a colpi di pugnale e rammentano le spoglie sinistre degli assassinati che si vedono sulle tavole delle Corte d ' Assisie . In mezzo a questi cenci luccica ancora qua e là qualche rabesco d ' oro ; spenzolano vecchie cinture di seta , turbanti sciolti , ricchi scialli lacerati , bustini di velluto a cui pare che la mano furiosa d ' un ladro abbia strappato insieme il pelo e le perle , calzoncini e veli che sono forse appartenuti a qualche bella infedele , la quale dorme cucita in un sacco in fondo alle acque del Bosforo , ed altre vesti ed ornamenti di donna , di mille colori gentili , imprigionati fra i grossi caffettani circassi , dai cartuccieri irruginiti , fra le lunghe toghe nere degli ebrei , fra le rozze casacche e i pesanti mantelli , che hanno nascosto chi sa quante volte il fucile del bandito o lo stile del sicario . Verso sera , alla luce misteriosa che scende dai fori della volta , tutti quei vestiti appesi prendono una vaga apparenza di corpi d ' impiccati ; e quando in fondo a una bottega si vedono scintillare gli occhi astuti d ' un vecchio ebreo , che si gratta la fronte con una mano adunca , si direbbe che è quella la mano che ha stretto i lacci , e si dà uno sguardo alla porta del bazar , per paura che sia chiusa . Non basterebbe una giornata di giri e di rigiri se si volessero veder tutte le stradette di questa strana città . V ' è il bazar dei fez , dove si trovano fez di tutti i paesi , da quelli del Marocco a quelli di Vienna , ornati d ' iscrizioni del Corano che preservano dagli spiriti maligni ; i fez che le belle greche di Smirne portano sulla sommità della testa , sopra il nodo delle treccie nere scintillanti di monete ; le berrettine rosse delle turche ; fez da soldati , da generali , di sultani , da zerbinotti , di tutte le sfumature di rosso e di tutte le forme , da quelli primitivi dei tempi d ' Orcano fino al gran fez elegante del Sultano Mahmut , emblema delle riforme e abbominazione dei vecchi mussulmani . V ' è il bazar delle pelliccie dove si trova la sacra pelle di volpe nera , che una volta poteva portare il solo Sultano o il gran vizir ; la martora con cui si foderavano i caffettani di gala ; l ' orso bianco , l ' orso nero , la volpe azzurra , l ' astrakan , l ' ermellino , lo zibellino , in cui altre volte i sultani profusero tesori favolosi . È pure da vedersi il bazar dei coltellinai , non fosse che per pigliare in mano una di quelle enormi forbici turche , colle lame bronzate e dorate , adorne di disegni fantastici d ' uccelli e di fiori , che s ' incrociano ferocemente lasciando in mezzo un vano in cui potrebbe entrare la testa d ' un critico maligno . V ' è ancora il bazar dei filatori d ' oro , quello dei ricamatori , quello dei chincaglieri , quello dei sarti , quello dei vasellami , tutti diversi l ' un dall ' altro di forma e di gradazione di luce ; ma tutti eguali in questo : che non vi si vede nè vendere , nè lavorare una donna . Tutt ' al più può accadere che qualche greca seduta per un momento davanti a una sartoria vi offra timidamente un fazzoletto finito allora di ricamare . La gelosia orientale interdice la bottega al bel sesso come una scuola di civetteria e un nascondiglio d ' intrighi . Ma ci sono ancora altre parti del gran bazar in cui uno straniero non può avventurarsi se non lo accompagna un mercante o un sensale ; e sono le parti interne dei piccoli quartieri in cui è divisa questa città singolare , il di dentro dei piccoli isolati intorno a cui girano le stradette percorse dalla folla . Se nelle stradette c ' è pericolo di smarrirsi , là dentro è impossibile non perdersi . Da corridoi poco più larghi d ' un uomo , in cui bisogna chinarsi per non urtar nella volta , si riesce in cortiletti grandi come celle , ingombri di casse e di balle , e appena rischiarati da un barlume ; si scende a tentoni per scalette di legno , si ripassa per altri cortili rischiarati da lanterne , si ridiscende sotto terra , si risale alla luce del giorno , si cammina a capo basso per lunghi anditi serpeggianti , sotto volte umide , in mezzo a muri neri e ad assiti muscosi , che conducono a porticine segrete , dalle quali si ritorna inaspettatamente nel luogo di dove s ' è partiti ; e da per tutto ombre che vanno e che vengono , spettri immobili negli angoli , gente che rimesta mercanzie o che conta denari ; lumicini che appaiono e dispaiono , voci e passi frettolosi che risuonano non si sa dove ; e incontri inaspettati di ostacoli neri che non si capisce che cosa siano , e giuochi di luce non mai veduti , e contatti sospetti , e odori strani , che par di girare per i meandri d ' una caverna di fattucchieri , e non si vede l ' ora d ' esserne fuori . Per solito i sensali fanno passare in questi luoghi gli stranieri per condurli a quelle botteghe , per lo più appartate , nelle quali si vende un po ' di tutto : specie di Gran - bazar in miniatura , botteghe da rigattieri signorili , curiosissime a vedersi , ma molto pericolose , perché contengono tante e così strane e così rare cose da far vuotare la borsa anche all ' avarizia incarnata . Questi mercanti d ' un po ' d ' ogni cosa , furbacchioni matricolati , si sottintende , e poliglotti come i loro fratelli di banda , usano nel tentare la gente un certo procedimento drammatico che diverte assai , e che di rado fallisce allo scopo dell ' attore . Le loro botteghe son quasi tutte stanzuccie oscure piene di casse e d ' armadi , dove bisogna accendere il lume e c ' è appena posto da rigirarsi . Dopo avervi fatto vedere qualche vecchio stipetto intarsiato d ' avorio e di madreperla , qualche porcellana chinese , qualche vaso del Giappone , il mercante vi dice che ha qualche cosa di speciale per voi , tira fuori un cassetto e vi rovescia sulla tavola un mucchio di ninnoli : un ventaglio di penne di pavone , per esempio , un braccialetto di vecchie monete turche , un cuscinetto di pelo di cammello colla cifra del Sultano ricamata in oro , uno specchietto persiano dipinto d ' una scena del libro di paradiso , una spatola di tartaruga con cui i turchi mangiano la composta di ciliegie , un vecchio gran cordone dell ' ordine dell ' Osmaniè . Non c ' è nulla che vi piaccia ? Rovescia un altro cassetto e questo è proprio un cassetto che aspettava voi solo . È una zanna rotta d ' elefante , un braccialetto di Trebisonda che pare una treccia di capelli d ' argento , un idoletto giapponese , un pettine di sandalo della Mecca , un gran cucchiaio turco lavorato a rabeschi e a trafori , un antico narghilè d ' argento dorato e istoriato , delle pietruzze dei musaici di Santa Sofia , una penna d ' airone che ha ornato il turbante di Selim III , il mercante ve lo assicura da uomo d ' onore . Non trovate nulla di vostro genio ? E lui rovescia un altro cassetto , da cui casca un ovo di struzzo del Sennahar , un calamaio persiano , un anello damaschinato , un arco di Mingrelia col suo turcasso di pelle d ' alce , un caschetto circasso a due punte , un tespì di diaspro , una profumiera d ' oro smaltato , un talismano turco , un coltello da cammelliere , una boccettina d ' atar - gull . Non c ' è nulla che vi tenti , per Dio ? Non avete regali da fare ? Non pensate ai vostri parenti ? Non avete cuore per i vostri amici ? Ma forse voi avete la passione delle stoffe e dei tappeti , e anche in questo egli può servirvi da amico . - Ecco un mantello rigato del Kurdistan , milord ; ecco una pelle di leone , ecco un tappeto d ' Aleppo coi chiodini d ' acciaio , ecco un tappeto di Casa - blanca spesso tre dita che dura per quattro generazioni , guarentito ; ecco , eccellenza , i vecchi cuscini , le vecchie cinture di broccato e i vecchi copripiedi di seta , un po ' sbiaditi e un po ' tarlati , ma ricamati come ora non si ricamano più , nemmeno a pagarli un tesoro . A lei , caballero , ch ' è venuto qui condotto da un amico , a lei dò questa vecchia cintura per cinque napoleoni , e mi rassegno a mangiar pane e aglio per una settimana . - Se nemmeno da questo vi lasciate tentare , vi dirà nell ' orecchio che può vendervi la corda con cui i terribili muti del Serraglio hanno strangolato Nassuh Pascià , il gran vizir di Maometto III ; e se voi gli ridete sul viso dicendogli che non la bevete , la lascia cascare da uomo di spirito , e fa l ' ultimo tentativo buttandovi davanti una coda da cavallo di quelle che si portavano davanti e dietro ai pascià ; una marmitta di Giannizzero portata via da suo padre , ancora spruzzata di sangue , il giorno stesso della strage famosa ; un pezzo di bandiera di Crimea , colla mezzaluna e le stelline d ' argento ; un vaso da lavarsi le mani , tempestato di agate ; un bracierino di rame cesellato ; un collare di dromedario colle conchiglie e le campanelle , un frustino da eunuco di cuoio d ' ippopotamo , un corano legato in oro , una sciarpa del Korassan , un paio di babbuccie da Cadina , un candelliere fatto con un artiglio d ' aquila , tanto che infine la fantasia s ' accende , i capricci saltellano , e vi assale una matta voglia di buttar là portamonete , orologio , pastrano , e gridare : - Caricatemi ! - ; e bisogna proprio esser figliuoli assestati o padri di giudizio per resistere alla tentazione . Quanti artisti sono usciti di là scannati come Giobbe e quanti ricconi ci hanno bucato il patrimonio ! Ma prima che il gran bazar si chiuda bisogna ancora fare un giro per vedere il suo aspetto dell ' ultima ora . Il movimento della folla si fa più affrettato , i mercanti chiamano con gesti più imperiosi , greci ed armeni corrono gridando per le strade con uno scialle o un tappeto sul braccio , si formano dei gruppi , si contratta alla spiccia , i gruppi si sciolgono e si rifanno più lontano ; i cavalli , le carrozze , le bestie da soma passano in lunghe file diretti verso l ' uscita . In quell ' ora tutti i bottegai con cui avete litigato senza cadere d ' accordo , vi vaneggiano intorno , in quella mezza oscurità , come pipistrelli ; li vedete far capolino dietro le colonne , li incontrate alle svolte , vi attraversano la strada e vi passano sui piedi guardando in aria , per rammentarvi colla loro presenza quel tal tessuto , quel certo gingillo , e farvene rinascere il desiderio . Alle volte ne avete un drappello alle spalle : se vi fermate , si fermano , se scantonate , scantonano , se vi voltate indietro incontrate dieci occhioni dilatati e fissi che vi mangian vivo . Ma già la luce manca , la folla si dirada . Sotto le lunghe volte arcate risuona la voce di qualche mezzuin invisibile che annunzia il tramonto da un minareto di legno ; qualche turco stende il tappeto dinanzi alla bottega e mormora la preghiera della sera ; altri fanno le abluzioni alle fontane . Già i vecchi centenarii del bazar delle armi hanno chiuso le grandi porte di ferro ; i piccoli bazar sono deserti , i corridoi si perdono nelle tenebre , le imboccature delle strade paiono aperture di caverne , i cammelli vi giungono addosso all ' impensata , la voce dei venditori d ' acqua muore sotto le arcate lontane , le turche affrettano il passo , gli eunuchi aguzzano gli occhi , gli stranieri scappano , le imposte si chiudono , la giornata è finita . * * * Ed ora io mi sento domandare da ogni parte : - E Santa Sofia ? E l ' antico Serraglio ? E i palazzi del Sultano ? E il castello delle Sette torri ? E Abdul - Aziz ? E il Bosforo ? Descriverò tutto e con tutta l ' anima ; ma prima ho ancora bisogno di spaziare un po ' liberamente per Costantinopoli , cambiando d ' argomento a ogni pagina , come là cangiavo di pensieri a ogni passo . * * * [ La luce ] E prima d ' ogni cosa , la luce ! Uno dei miei piaceri più vivi , a Costantinopoli , era di veder levare e tramontare il sole , stando sul ponte della Sultana Validè . All ' alba , in autunno , il Corno d ' oro è quasi sempre coperto da una nebbia leggiera , dietro alla quale si vede la città confusamente , come a traverso que ' veli bianchi che si calano sul palco scenico per nascondere gli apparecchi d ' una scena spettacolosa . Scutari è tutta coperta : non si vedono che i contorni scuri ed incerti delle sue colline . Il ponte e le rive sono deserte , Costantinopoli dorme : la solitudine e il silenzio rendono lo spettacolo più solenne . Il cielo comincia a dorarsi dietro le colline di Scutari . Su quella striscia luminosa si disegnano ad una ad una , precise e nerissime , le punte dei cipressi del vastissimo cimitero , come un esercito di giganti schierati sopra le alture ; e da un capo all ' altro del Corno d ' oro corre un lucicchio leggerissimo che è come il primo fremito della grande città che risente la vita . Poi dietro ai cipressi della riva asiatica , spunta un occhio di foco , e subito le sommità bianche dei quattro minareti di Santa Sofia si colorano di rosa . In pochi momenti , di collina in collina , di moschea in moschea , fino in fondo al Corno d ' oro , tutti i minareti , l ' un dopo l ' altro , arrossiscono , tutte le cupole , una dopo l ' altra , s ' inargentano , il rossore discende di terrazzo in terrazzo , il lucicchio s ' allarga , il gran velo cade , e tutta Stambul appare , rosata e risplendente sulle alture , azzurrina e violacea lungo le rive , tersa e fresca , che pare uscita dalle acque . A misura che il sole s ' alza , la delicatezza delle prime tinte svanisce in un immenso chiarore , e tutto rimane come velato dalla bianchezza della luce fin verso sera . Allora lo spettacolo divino ricomincia . L ' aria è limpida tanto che da Galata si vedono nettamente uno per uno gli alberi lontanissimi dell ' ultima punta di Kadi - Kioi . Tutto l ' immenso profilo di Stambul si stacca dal cielo con una nitidezza di linee e un vigore di colori , che si potrebbero contare , punta per punta , tutti i minareti , tutte le guglie , tutti i cipressi che coronano le alture dal capo del Serraglio al cimitero d ' Eyub . Il Corno d ' oro e il Bosforo pigliano un meraviglioso colore oltramarino : il cielo , color d ' amatista a oriente , s ' infuoca dietro Stambul , tingendo l ' orizzonte d ' infiniti lumeggiamenti di rosa e di carbonchio che fanno pensare al primo giorno della creazione ; Stambul s ' oscura , Galata s ' indora , e Scutari , percossa dal sole cadente , tutta scintillante di vetri , pare una città in preda alle fiamme . È questo il più bel momento per contemplare Costantinopoli . È una rapida successione di tinte soavissime , d ' oro pallido , di rosa e di lilla , che tremolano e fuggono su per i fianchi dei colli e sulle acque , dando e togliendo ora all ' una ora all ' altra parte della città il primato della bellezza e rivelando mille piccole grazie pudiche di paesaggio che non osavano mostrarsi alla gran luce . Si vedono dei grandi sobborghi malinconici , perduti nell ' ombra delle valli ; delle piccole città purpuree , che ridono sulle alture ; villaggi e città che languono , come se mancasse loro la vita ; altre che muoiono tutt ' a un tratto come incendi soffocati ; altre che , credute già morte , risuscitano improvvisamente , tutte in foco , e tripudiano ancora per qualche momento sotto l ' ultimo raggio del sole . Poi non rimangono più che due cime risplendenti sulla riva dell ' Asia : la sommità del monte Bulgurlù e la punta del capo che guarda l ' entrata della Propontide ; son prima due corone d ' oro , poi due berrettine di porpora , poi due rubini ; poi tutta Costantinopoli è nell ' ombra , e dieci mila voci annunziano il tramonto dall ' alto di dieci mila minareti . * * * [ Gli uccelli ] Costantinopoli ha una gaiezza e una grazia sua propria , che le viene da un ' infinità d ' uccelli d ' ogni specie , per i quali i Turchi nutrono un vivo sentimento di simpatia e di rispetto . Moschee , boschi , vecchie mura , giardini , palazzi , tutto canta , tutto gruga , tutto chiocchiola , tutto pigola ; per tutto si sente frullo d ' ali , per tutto c ' è vita e armonia . I passeri entrano arditamente nelle case e beccano nella mano dei bimbi e delle donne ; le rondini fanno il nido sulle porte dei caffè e sotto le vôlte dei bazar ; i piccioni , a sciami innumerevoli , mantenuti con làsciti di Sultani e di privati , formano delle ghirlande bianche e nere lungo i cornicioni delle cupole e intorno ai terrazzi dei minareti ; i gabbiani volteggiano festosamente intorno ai caicchi , migliaia di tortorelle amoreggiano fra cipressi dei cimiteri ; intorno al castello delle Sette torri crocitano i corvi e rotano gli avvoltoi ; gli alcioni vanno e vengono in lunghe file fra il mar Nero e il mar di Marmara ; e le cicogne gloterano sulle cupolette dei mausolei solitari . Per il Turco ognuno di questi uccelli ha un senso gentile o una virtù benigna : le tortore proteggono gli amori , le rondini scongiurano gl ' incendi dalle case dove appendono il nido , le cicogne fanno ogni inverno un pellegrinaggio alla Mecca , gli alcioni portano in paradiso le anime dei fedeli . Così egli li protegge e li alimenta per gratitudine e per religione , ed essi gli fanno festa intorno alla casa , sul mare e tra i sepolcri . In ogni parte di Stambul si è sorvolati , circuiti , rasentati dai loro stormi sonori , che spandono per la città l ' allegrezza della campagna e rinfrescano continuamente nell ' anima il sentimento della natura . * * * [ Le memorie ] In nessun ' altra città d ' Europa i luoghi e i monumenti leggendarii o storici muovono così vivamente la fantasia come a Stambul , poichè in nessun ' altra città essi ricordano avvenimenti così recenti ad un tempo e così fantastici . Altrove , per ritrovar la poesia delle memorie , bisogna tornar indietro col pensiero di parecchi secoli ; a Stambul , basta retrocedere di pochi anni . La leggenda , o ciò che ha natura ed efficacia di leggenda , è di ieri . Sono pochi anni che nella piazza dell ' At - meidan fu consumata l ' ecatombe favolosa dei Giannizzeri ; pochi anni che il mar di Marmara rigettò sulla riva dei giardini imperiali i venti sacchi che racchiudevano le belle di Mustafà ; che nel castello delle Sette torri fu scannata la famiglia di Brancovano ; che due capigì - basci trattenevano per le braccia gli ambasciatori europei al cospetto del Gran Signore , del quale non appariva che mezzo il viso , rischiarato da una luce misteriosa ; e che fra le mura dell ' antico serraglio cessò quella vita così stranamente intrecciata d ' amori , d ' orrori e di follie , che ci pare già tanto lontana . Girando per Stambul con questi pensieri , si prova quasi un sentimento di stupore al veder la città così quieta , così ridente di vegetazione e di colori . Ah perfida ! - si direbbe , - che cos ' hai fatto di que ' monti di teste e di quei laghi di sangue ? Possibile che tutto sia già così ben nascosto , spazzato , lavato , che non se ne ritrovi più traccia ? Sul Bosforo , in faccia alla torre di Leandro che sorge dalle acque come un monumento d ' amore , sotto le mura dei giardini del Serraglio , si vede ancora il piano inclinato per cui si facevano rotolare nel mare le odalische infedeli ; in mezzo all ' At - meidan la colonna serpentina porta ancora la traccia della sciabolata famosa di Maometto il Conquistatore ; sul ponte di Mahmut si segna ancora il luogo dove il sultano focoso freddò con un fendente il dervis temerario che gli scagliò in volto l ' anatema ; nella cisterna dell ' antica chiesa di Balukli , guizzano ancora i pesci miracolosi che vaticinarono la caduta della città dei Paleologhi ; sotto gli alberi delle Acque dolci d ' Asia si accennano ancora i recessi dove una Sultana dissoluta imponeva ai favoriti d ' un istante un amore che finiva colla morte . Ogni porta , ogni torre , ogni moschea , ogni piazza , rammenta un prodigio , una strage , un amore , un mistero , una prodezza di Padiscià o un capriccio di Sultana ; tutto ha la sua leggenda , e quasi per tutto gli oggetti vicini , le vedute lontane , l ' odore dell ' aria e il silenzio , concorrono a portar l ' immaginazione dello straniero , che s ' immerge in quei ricordi , fuori del suo secolo e della città dell ' oggi e di sè stesso ; tanto che accade sovente , a Stambul , di riscotersi improvvisamente alla strana idea di dover tornare all ' albergo . Come ? - si pensa , - c ' è un albergo ? * * * [ Le rassomiglianze ] Nei primi giorni , fresco com ' ero di letture orientali , vedevo da ogni parte i personaggi famosi delle storie e delle leggende , e le figure che me li rammentavano , somigliavano qualche volta così fedelmente a quelle che m ' ero foggiate coll ' immaginazione , ch ' ero costretto a fermarmi per contemplarle . Quante volte ho afferrato per un braccio il mio amico , e accennandogli una persona che passava , gli dissi : - Ma è lui , cospetto ! non lo riconosci ? - Nella piazzetta della Sultana - Validè ho visto molte volte il turco gigante che dalle mura di Nicea rovesciava i macigni sulle teste dei soldati del Buglione ; ho visto dinanzi a una moschea Umm Dgiemil , la vecchia megera della Mecca , che spargeva i rovi e le ortiche dinanzi alla casa di Maometto ; ho trovato nei bazar dei librai , con un volume sotto il braccio , Digiemal - eddin , il gran dotto di Brussa , che sapeva a memoria tutto il dizionario arabo ; son passato accanto ad Aiscié , la sposa prediletta del Profeta , che mi fissò in volto i suoi occhi lucenti e umidi come la stella nel pozzo ; ho riconosciuto nell ' At - meidan la bellezza famosa della povera greca uccisa ai piedi della colonna serpentina da una palla dei cannoni d ' Orban ; mi son trovato faccia a faccia , allo svolto d ' una stradetta del Fanar , con Kara - Abderrahman , il più bel giovane turco dei tempi d ' Orkano ; ho riconosciuto Coswa , la cammella di Maometto ; ho ritrovato Karabulut , il cavallo nero di Selim ; ho visto il povero poeta Fighani condannato a girare per Stambul legato a un asino , per aver ferito con un distico insolente il gran vizir d ' Ibrahim ; ho trovato in un caffè Solimano il grosso , l ' ammiraglio mostruoso , che quattro schiavi robusti riuscivano appena a sollevar dal divano ; Alì , il gran vizir , che non trovò in tutta l ' Arabia un cavallo che lo reggesse ; Mahmut Pascià , l ' ercole feroce che strozzò il figlio di Solimano ; e lo stupido Ahmet II che ripeteva continuamente : Kosc ! Kosc ! - va bene , va bene - accovacciato dinanzi alla porta del bazar dei copisti , vicino alla piazza di Bajazet . Tutti i personaggi delle Mille e una notte , gli Aladini , le Zobeidi , i Sindbad , le Gulnare , i vecchi mercanti ebrei possessori di tappeti fatati e di lampade meravigliose , mi sfilarono dinanzi , come una processione di fantasmi . * * * [ Il vestire ] Questo è veramente il periodo di tempo migliore per veder la popolazione musulmana di Costantinopoli , perché nel secolo scorso era troppo uniforme e sarà probabilmente troppo uniforme nel secolo venturo . Ora si coglie quel popolo nell ' atto della sua trasformazione , e perciò presenta una varietà meravigliosa . Il progresso dei riformatori , la resistenza dei vecchi turchi , e le incertezze e le transazioni della grande massa che ondeggia fra quei due estremi , tutte le fasi , insomma , della lotta fra la nuova e la vecchia Turchia , sono fedelmente rappresentate dalla varietà dei vestimenti . Il vecchio turco inflessibile porta ancora il turbante , il caffettano e le scarpe tradizionali di marocchino giallo ; e i più ostinati fra i vecchi un turbante più voluminoso . Il turco riformato porta un lungo soprabito nero abbottonato fin sotto il mento e i calzoni scuri colle staffe , non conservando altro di turco che il fez . Fra questi , però , i giovani più arditi hanno già buttato via il lungo soprabito nero , portano panciotti aperti , calzoni chiari , cravattine eleganti , gingilli , mazza e fiori all ' occhiello . Fra quelli e questi , fra chi porta caffettano e chi porta soprabito , v ' è un abisso ; non v ' è più altro di comune che il nome ; sono due popoli affatto diversi . Il turco del turbante crede ancora fermamente al ponte Sirath , che passa sopra all ' inferno , più sottile d ' un capello e più affilato d ' una scimitarra ; fa le sue abluzioni alle ore debite , e si rincasa al calar del sole . Il turco del soprabito si ride del Profeta , si fa fotografare , parla francese e passa la sera al teatro . Fra l ' uno e l ' altro vi son poi i titubanti , dei quali alcuni hanno ancora il turbante , ma piccolissimo , in modo che potranno inaugurare il fez senza scandalo ; altri portano ancora il caffettano , ma hanno già inaugurato il fez ; altri vestono ancora all ' antica , ma non han più nè cintura nè babbuccie , nè colori vistosi ; e a poco a poco butteranno via tutto il resto . Le donne soltanto conservano tutte l ' antico velo e il mantello che nasconde le forme ; ma il velo è diventato trasparente e lascia intravvedere un cappelletto piumato , e il mantello copre spesso una veste tagliata sul figurino di Parigi . Ogni anno cadono migliaia di caffettani e sorgono migliaia di soprabiti ; ogni giorno muore un vecchio turco e nasce un turco riformato . Il giornale succede al tespì , il sigaro al cibuk , il vino all ' acqua concia , la carrozza all ' arabà , la grammatica francese alla grammatica araba , il pianoforte al timbur , la casa di pietra alla casa di legno . Tutto si altera , tut