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Lingua e linguistica ( Nencioni Giovanni , 1983 )
Saggistica ,
1 . Che cos ' è la linguistica ? È facile rispondere : È lo studio scientifico della lingua . Non è però facile andare oltre questa elementare affermazione , cioè risolverne le ambiguità , esplicitarne le implicazioni . Anzitutto : " la lingua " ; che valore daremo a questo singolare ? È un singolare specifico e quindi significa " la nostra lingua , la lingua materna " ? ; o un singolare generico , e quindi significa " la facoltà di linguaggio , il linguaggio " ? ; o è un singulare pro plurali e quindi significa " le lingue , tutte le lingue del globo , morte e viventi " ? Mettiamo di interpretare nel senso specifico , e apparente - mente più concreto , quel singolare " la lingua " come " la nostra lingua naturale , materna " . Ma è davvero possibile studiare scientificamente la nostra propria lingua senza avere idee generali sulla facoltà di linguaggio , su questa facoltà costitutiva dell ' uomo quale noi lo conosciamo e che evidentemente presiede a tutte le lingue naturali ? Se vogliamo una prova storica di questa impossibilità , pensiamo agli antichi grammatici greci che fecero la descrizione grammaticale del greco appoggiandola alla struttura logica del giudizio e alle categorie aristoteliche e fondarono le loro etimologie su opposte soluzioni del gran problema dell ' origine ( e quindi della natura ) della lingua . Ci limitiamo a questo solo esempio storico , perché è dirimente . Infatti dopo di allora non c ' è stato studio di lingua , fosse pure il più ristretto e il più episodico - dalla semplice normativa grammaticale alla storia di singoli fenomeni - , che non abbia implicato idee generali sul linguaggio ; le quali erano spesso quelle ereditate dalla tradizione greco - latina e perciò date come scontate , ma non perciò meno condizionatrici dei metodi e dei risultati . È poi facile constatare che il maggior rigoglio degli studi linguistici si è avuto quando , in età antica o moderna , lo studio delle singole lingue e di particolari fenomeni è stato accompagnato o addirittura promosso da nuove concezioni del linguaggio . Si potrebbe logicamente concludere che allo " studio scientifico della lingua " ( come abbiamo definito la linguistica ) è necessaria una teoria del linguaggio ; o , in termini più odierni , che alla linguistica applicata è indispensabile la linguistica teorica . Ma non affrettiamoci . Proviamo ad interpretare quel singolare " la lingua " come un singulare pro plurali . Ebbene : lo studio di più lingue naturali , se non fatto a scopo di pratico poliglottismo , ha sempre indotto lo studioso ad un confronto sistematico tra varie lingue ; confronto che può portare alla scoperta di una origine comune ( è stato il caso , modernamente , delle lingue indeuropee , ed anche , nel Rinascimento , di quelle neolatine ) o alla constatazione di profonde diversità strutturali . Dalla scoperta dell ' origine comune è sorta la ricerca della causa della separazione originaria o dei motivi del progressivo diversificarsi nel tempo ; dalla constatazione delle differenze strutturali è sorto il problema della diversità dei prodotti ( le lingue ) di un ' unica facoltà umana ( il linguaggio ) , e dei modi e limiti di tale diversità . Dalla linguistica comparata , insomma , o contrastiva ( come oggi si usa dire ) è nata la tipologia linguistica nella sua duplice dimensione : storica e teorica . Può dunque darsi che una seria osservazione empirica susciti esigenze teoriche e proponga problemi di portata generale ; come , all ' inverso , che una concezione teorica scopra aspetti nuovi della realtà e suggerisca sperimentazioni prima intentate . In ogni caso , resta confermato il principio che nessuna scienza , quindi neppure la scienza dei fenomeni linguistici , può prescindere da una teoria o , detto in termini più odierni , da un modello , unico o plurimo , dell ' oggetto . 2 . Ma qual è l ' oggetto della linguistica ? Abbiamo già detto che lo studio della lingua materna rinvia il linguista a delle idee generali sulla lingua intesa come facoltà di linguaggio ; e che lo studio comparato di lingue diverse , ivi compresa la materna del linguista , lo rinvia del pari all ' unica facoltà di linguaggio come problema della compatibilità di questa con la pluralità delle lingue umane in quanto prodotte da un ' unica facoltà fondamentale e tuttavia diverse . È il problema degli universali linguistici , che periodicamente risorge imponendo al linguista la ricerca degli elementi o caratteri presumibilmente comuni a tutte o alla maggior parte delle lingue . L ' oggetto della linguistica è dunque un oggetto complesso : anzitutto la facoltà di linguaggio ( o semplicemente linguaggio ) , poi la lingua materna , infine le lingue naturali non materne . Lo studio delle lingue naturali non materne implica la consapevole conoscenza della lingua materna , e lo studio della lingua materna implica l ' assunzione , magari acritica , di una concezione del linguaggio . La complessità e direi globalità dell ' oggetto si è fatta irrefutabile quando l ' attributo " scientifico " applicato allo studio dei fenomeni linguistici non si è più limitato a significare " descrittivo , classificatorio » , ma ha voluto significare " esplicativo " ; quando insomma la linguistica da empiria umanistica , cioè filologica , retorica e normativa , è assurta a sapere organico e formalizzato . Non si creda , però , che alla complessità e globalità dell ' oggetto della linguistica si sia addivenuti in epoca recente , come farebbero credere certi manuali che dividono la storia della linguistica in una fase prescientifica , che giungerebbe fino alle soglie dell ' età romantica , e in una fase scientifica , nella quale si affermerebbe , durante quasi tutto l ' Ottocento , la linguistica comparata come indirizzo prima storico e poi positivistico , e finalmente si aprirebbe , con Ferdinand de Saussure , la linguistica propriamente moderna , fondata su una teoria radicalmente nuova . Studiosi sagaci del passato , tra i quali è doveroso segnalare Luigi Rosiello , hanno dimostrato che ciò è vero solo al patto di ignorare la imponente tradizione speculativa di due secoli , abbassando una saracinesca nella continuità costruttiva della storia . In realtà i problemi e i temi che costituiscono la linguistica odierna sono stati impostati tra la seconda metà del Seicento e la fine del Settecento , col sorgere del pensiero moderno , e sono divenuti le costanti di uno sviluppo coerente e irreverso della disciplina , pur nel mutare delle professioni ideologiche . Mi si consenta di ripercorrere per sommi capi tale sviluppo , restaurando , insieme con la continuità di una linea , la possibilità di meglio valutare le peculiarità della linguistica dell ' età nostra . 3 . Il razionalismo cartesiano , sostenitore della corrispondenza fra la struttura della lingua e la innata struttura razionale del pensiero umano , mirò , attraverso la Scuola di Port - Royal , alla formulazione di una grammatica generale , cioè di un metodo di analisi e di descrizione che in ogni lingua storica reperisse gli universali logici presenti nella varietà dei fenomeni . Tale grammatica era l ' indubbio superamento di quella propria dell ' umanesimo , prescrittiva e retorica . D ' altra parte l ' empirismo inglese , concependo le parole , nominalisticamente , come segni delle idee ( e non delle cose ) costituiti al fine di assicurare la comunicazione fra gli uomini , si avviò a considerare il linguaggio come un sistema semiotico convenzionale , diversificato a seconda della cultura e dei bisogni dei vari popoli . Con ciò pose in termini non biblici il gran problema dell ' origine del linguaggio e affermò esplicitamente quel principio dell ' arbitrarietà del segno linguistico , cioè del suo rapporto non necessario con le cose , che alcuni hanno ritenuto una scoperta di Saussure . Alla metà del Settecento nell ' opera del sensista francese Condillac troviamo il culmine della speculazione illuministica sul linguaggio e già annunciati alcuni temi della linguistica odierna . Per lui il linguaggio , anziché il prodotto della mente razionale dell ' uomo , è un fattore costitutivo di quella mente , giacché organizza i contenuti sensibili . dell ' esperienza in segni che esprimono le idee e , combinandosi , le pongono in contatto reciproco . Il linguaggio è insomma la chiave e la garanzia della funzionalità operativa della mente . Il problema della origine delle facoltà dell ' intelletto , e del linguaggio stesso , si trasferiva così dalla metafisica alla psicologia , nel cui ambito si dava una classificazione dei segni fondata sul rapporto ( o accidentale o naturale o istituzionale [ cioè arbitrario ] ) col loro contenuto e con le reazioni psichiche degli uomini . È ovvio che la spiegazione psicologica e convenzionale della genesi del linguaggio , e l ' ammissione del suo condizionamento sociale , giustificassero la diversità delle lingue storiche assai meglio dell ' ontologismo linguistico cartesiano e invitassero allo studio della loro individualità . Fu così aperta la via da un lato all ' approfondimento dei rapporti della logica e dei linguaggi formalizzati con le lingue naturali , dall ' altro alla linguistica comparata e storica e alla tipologia linguistica dell ' età romantica , e finalmente allo psicologismo e sociologismo dell ' età positivistica . Non rileva poi molto , ai fini del progresso generale della disciplina , che questo o quel problema , questa o quella esperienza fossero affrontati all ' insegna dell ' idealismo o del positivismo : entrambi gli orientamenti contribuirono ad arricchire il patrimonio concettuale della linguistica , ad additare nuove soluzioni e prospettive . Faremo due soli grandi esempi . L ' idealismo di Humboldt mise in superba luce l ' aspetto attivo e creativo del linguaggio , da concepire non come prodotto inerte ( o èrgon ) ma come creazione continua ( o enèrgeia ) , come forma formante anziché come materia , come processo universale dell ' umanità e voce individuale delle nazioni , come scoperta e comprensione del mondo piuttosto che come nomenclatura e strumento di comunicazione . Una teoria siffatta fu del pari idonea a promuovere gli studi di antropologia e tipologia linguistiche e quelli sulle grandi lingue di cultura . L ' altro esempio , che sta sotto l ' opposta insegna del positivismo , è quello di Schleicher . Egli concepì le lingue storiche come organismi naturali , che nascono , crescono e muoiono per proprie leggi interne , analoghe a quelle biologiche , cioè indipendenti dalla volontà e dall ' intelletto dell ' uomo . Il suo genealogismo e il rigoroso concetto di legge fonetica gli permisero di trattare le lingue come fenomeni oggettivi , quindi spiegabili , prevedibili , ricostruibili entro un loro sviluppo necessario , al quale fini col dare un definitivo crisma naturalistico la teoria evoluzionistica di Darwin . Luigi Rosiello tenta di chiudere in una formula il senso di questa storia bisecolare della linguistica dicendo che , dopo una fase di ricerca di universali razionali , fondata sull ' assunto cartesiano del linguaggio come rappresentazione della innata razionalità del pensiero , la linguistica mirò , attraverso la grammatica generale di Port - Royal e dell ' Encyclopédie , al conseguimento di universali metodologici , che successivamente , calati nella comparazione delle lingue storiche , divennero universali storici . 4 . Agli inizi del Novecento la linguistica disponeva dunque di una problematica essenziale e specifica , già sperimentata alla luce di orientamenti diversi e in diverse prospettive ; si era inoltre adusata alla collaborazione con discipline scientifiche quali la psicologia , l ' etnologia , la sociologia , le scienze naturali ; aveva accumulato una grande e preziosa quantità di dati concreti attraverso la comparazione di lingue affini e la ricostruzione di fasi comuni non documentate ( genealogia indeuropea , semitica ecc . ) , o l ' inchiesta dialettologica ed etnologica sul campo ( rilievi geolinguistici , atlanti linguistici , lessici dialettali ecc . ) . Ma nella seconda metà dell ' Ottocento le discipline con cui la linguistica aveva collaborato si erano profondamente mutate . La più antica di esse , la logica classica e medievale , aveva ceduto il posto alla teorizzazione del linguaggio simbolico come calcolo indipendente dal linguaggio naturale , cioè a quella logica matematica che rifonda la semantica e la sintassi e studia la forma del conoscere scientifico con un rigore che s ' imporrà all ' attenzione della linguistica teorica . La psicologia , superata la fase filosofica e divenuta empirica e poi sperimentale , abbandonava l ' originario associazionismo per una concezione totale della coscienza e per una analisi più complessa della percezione in rapporto alla costituzione dell ' intelligenza ; e sorgeva , a incontrare tali tendenze ; la psicanalisi . L ' etnologia si andava distaccando dall ' antropologia fisica e temperava la visione evoluzionistica con quella degli scambi e prestiti culturali , arricchendosi di una prospettiva storica . La sociologia con tecniche di rilevamento statistico innestava nell ' organicismo oggettivo della linguistica schleicheriana il riferimento ad organismi collettivi concreti , quali gruppi , ceti , sfere sociali e culturali . All ' interno , d ' altronde , della stessa linguistica positivistica la critica dell ' assolutezza della legge fonetica in nome del ricorso all ' analogia e a fattori soggettivi di eccezione , riproponeva la presenza e l ' intervento dell ' uomo in un ambito di fenomeni che pareva dovergli essere sottratto , e insinuava una concezione storica , anziché naturalistica , dell ' organismo della lingua . Le polemiche , poi , del risorgente idealismo sgretolavano l ' apparente compattezza della linguistica positivistica , sia con l ' asserire il carattere estetico dell ' attività linguistica e porre al suo centro la fantasia individuale , sia col ritenere la lingua un mero specchio della storia delle idee , sostituendo bene spesso allo studio del sistema linguistico lo studio delle singole parole come esponenti concettuali o come tessere stilistiche . La linguistica rischiava , specialmente in Italia , di ridursi a lessicologia storica di indirizzo semasiologico od onomasiologico , collocandosi ai margini di discipline ben più ricche di contenuti intellettuali . E ciò proprio nel tempo in cui le scienze naturali avevano superato lo stadio descrittivo ed erano entrate in quello esplicativo e predittivo , e fra di esse la fisiologia , allargando e affinando le proprie tecniche d ' indagine , offriva al grezzo naturalismo dei linguisti l ' occasione di rivedere a fondo i metodi e i programmi . 5 . Se in Italia , e in altre aree periferiche , la linguistica rischiò di subordinarsi , pur con ottimi risultati parziali , alla filologia , alla storia delle idee , alla critica stilistica , nell ' Europa scientificamente più evoluta essa , la meno letteraria delle discipline umanistiche , senti il bisogno di adeguarsi al moto e al modo delle scienze . Il primo linguista ad avvertire lucidamente questo bisogno fu il ginevrino Ferdinand de Saussure , che volle anzitutto definire con precisione l ' oggetto della disciplina come un sistema di segni considerato in sé e per sé , rivendicandone la specificità e l ' autonomia di contro a interpretazioni ancillari , e ritenendo perciò la linguistica una semiologia . Approfondendo il concetto di segno , ne riaffermò l ' arbitrarietà ma al tempo stesso la sua solidarietà entro il sistema , in cui vide , anziché un agglomerato di sostanze monadiche , una rete di relazioni e di valori collettivi , di costanti differenziali presenti alla mente di ogni parlante come una tastiera potenziale per l ' attuazione del discorso . Così , senza negare l ' evoluzione delle lingue e quindi il loro studio diacronico , reagì ad uno storicismo frantumante col porre prioritario lo studio sincronico , cioè sistematico , che è proprio delle scienze naturali , e coerentemente , pur avendo dato un geniale contributo alla ricostruzione preistorica dell ' indeuropeo , costituì oggetto primario della linguistica la vivente lingua parlata , riassorbendo nella naturalità dell ' oggetto i processi psichici , quindi il fattore umano . Non si può dire che tutta la nuova linguistica del Novecento sia scaturita dall ' insegnamento teorico di Saussure . La linguistica statunitense , ad esempio , formatasi sulla ricerca etnologica ed etnolinguistica relativa agli indiani d ' America , trovò una sua via moderna nel contatto con lingue orali , prive di letteratura scritta e mal inseribili nei paradigmi della grammatica di tradizione classica . Essa ideò una tecnica descrittiva fondata sull ' analisi della frase in costituenti immediati , e sulla distribuzione delle parole nella frase , cioè elevò le posizioni costanti delle parole a categorie di equivalenza grammaticale , prescindendo per quanto possibile dal significato in senso concettualistico , anzi respingendolo in nome di una psicologia comportamentistica . Vide perciò la lingua come uno stimolo rivolto ad assicurare l ' interazione dei membri di una comunità ; come un sistema formale , autonomo dai contenuti mentali delle altre discipline ed esso stesso non mentalistico ( cioè indipendente da fattori non fisici , quali lo " spirito " , la " volontà " o la " mente " ) , ma meccanicistico , cioè retto dai meccanismi del sistema nervoso . Una grammatica così concepita , formalistica e operante sul corpus di ogni lingua con metodo rigorosamente induttivo , se da un lato costituiva un allineamento della linguistica con la psicologia prevalente in America e faceva esplicito ricorso alla fisiologia , dall ' altro riduceva semplicisticamente il gran problema del significato alla situazione schematica stimolo - reazione , cioè alle manifestazioni linguistiche meramente pratiche , e si appagava di risultati tassonomici e descrittivi . Va però detto che questa corrente della linguistica statunitense , benemerita sia per il risoluto tentativo di rinnovamento metodologico sia per l ' attenzione portata allo studio della sintassi ( cenerentola della linguistica tradizionale ) , fu la principale , non l ' unica . Di contro al nome di Leonard Bloomfield , suo capostipite , va posto il nome di Edward Sapir , che , provenendo dallo stesso campo dell ' etnolinguistica , collegò acutamente i fatti di lingua alla mentalità dei popoli primitivi e avanzò l ' ipotesi di una stretta correlazione fra le civiltà e le strutture delle lingue rispettive , in quanto implicanti un ' analisi dell ' esperienza e una visione del mondo . Orientamenti analoghi si affermavano quasi contemporaneamente nella scuola londinese , linguistica e antropologica , di Firth e Malinowski . 6 . Dalla teoria di Saussure , date le sue molte pregnanze , potevano diramarsi e si diramarono indirizzi diversi . Tutti però assunsero il carattere comune di strutturalismo linguistico , studiando ogni lingua come un insieme in cui " tout se tient , tout se rallie " , un insieme dunque raccolto in una coesione ed equilibrio interni che lo rendono sistematico . Il concetto di struttura largamente applicato nelle scienze della natura e nella tecnologia ora con valore ontologico ora come semplice metodo conoscitivo od operativo , ebbe una splendida affermazione nella Scuola di Praga , che alla fine degli anni Venti , sotto la guida di Trubeckoj , trasformò la fonetica da studio generale dei suoni linguistici in fonologia , ossia in studio dei fonemi delle singole lingue come sistemi chiusi di elementi fonici aventi valore distintivo delle parole . Si sottrasse così , per la prima volta , il suono linguistico ad una individuazione generica e fluttuante e lo si correlò direttamente al significato , ponendo un rapporto funzionale tra i due aspetti , il fonico e il semantico , del segno linguistico . Lo stesso criterio , applicato , oltre che al livello fonetico , a quello morfologico ( cioè ad un altro dei cosiddetti inventari chiusi della lingua ) , consenti eccellenti descrizioni , ovviamente sincroniche , di lingue vive e morte , e forni anche la spiegazione di fenomeni diacronici presentandoli come alterazione dell ' equilibrio di parti del sistema in una certa fase e come suo riassestamento in una fase ulteriore ; una diacronia , insomma , vista come la successiva stratificazione di più stadi subsistematici entro un sistema a tendenza autoconservativa e stabilizzatrice . Il difetto di questa filiazione della teoria saussuriana ( come del parallelo strutturalismo americano di cui abbiamo parlato ) era la visione eccessivamente oggettuale e statica della lingua , la cui coesione , dovuta alle forze interne , alla entelechia del sistema , non poteva ricevere da interventi esterni , primi fra tutti quelli dei parlanti , se non impulsi turbatori e destabilizzanti . Venne però al soccorso dello strutturalismo il concetto di funzione , concetto della matematica e della fisiologia , ma già diffuso in altri rami del sapere scientifico e tecnologico ; il quale , formalizzato algebricamente dalla glossematica del danese Hjelmslev per la combinatoria degli elementi del sistema , assurse a principio informatore di un cospicuo ramo dello strutturalismo che ben si poté chiamare funzionale ; dove il concetto di funzione non solo mise in evidenza il dinamismo delle strutture , cioè i fattori che le muovono governando l ' uso della lingua e ne provocano le modificazioni diacroniche , ma intervenne nel definire i fini stessi dell ' istituto . Non posso non ricordare qui la griglia funzionale proposta dal maggior esponente di questo strutturalismo , Roman Jakobson , uno dei capi del formalismo russo e dei fondatori della Scuola di Praga ; griglia che , assorbendo e arricchendo quella precedentemente formulata dallo psicologo tedesco Karl Bühler , intreccia e distingue sei funzioni della lingua : referenziale ( o rappresentativa o denotativa ) , conativa ( o appellativa o ingiuntiva ) , emotiva ( o espressiva o affettiva ) , fatica ( individuata da Malinowski ) , metalinguistica , poetica . L ' inclusione della poetica nella griglia delle funzioni della lingua segna una svolta storica , in quanto rivendica alla linguistica e al linguista quella " grammatica ( per dirla con lo stesso Jakobson ) della poesia " che per secoli ha gravitato sulla retorica e , più modernamente , sulla stilistica , senza trarne motivazione sufficiente . Questa griglia funzionale s ' imposta su uno schema dell ' atto di parola , o atto linguistico , che Jakobson mutua dalla teoria ingegneresca delle comunicazioni : la comunicazione verbale presuppone un emittente e un destinatario - ricevente che abbiano un codice comune e si tengano in contatto mediante un canale entro cui passi il messaggio . Tale schema e la connessa , non meno ingegneresca , teoria dell ' informazione , che ha reso possibile la quantificazione del significato , nonostante la loro rigidità tecnologica hanno aperto nuove prospettive e possibilità allo studio del parlato nella situazione comunicativa , tanto sotto l ' aspetto attivo che ricettivo . È grande merito di Jakobson non aver mai trascurato di collegare la linguistica con discipline scientifiche e tecnologiche da cui essa potesse trarre spunti , suggerimenti , occasioni di avanzamento . Si pensi ai suoi famosi saggi sull ' apprendimento infantile del linguaggio e sulle menomazioni afasiche , nei quali egli ha utilizzato i risultati degli esperimenti psicolinguistici sui bambini , e delle osservazioni neurologiche sugli afasici , come indizi della fondazione delle leggi strutturali fonologiche e delle leggi di codificazione e decodificazione in cagione dei rapporti di similarità ( o metafora ) e di contiguità ( o metonimia ) su cui si impernia la libertà selettiva e combinatoria del parlante . L ' idea nuova che unisce questi saggi è che tanto i processi di instaurazione che quelli di degradazione o dissoluzione dell ' attività linguistica ( disturbi di contiguità , o combinazione , e disturbi di similarità , o selezione ) possono dare al linguista preziose indicazioni sull ' origine , la struttura , il funzionamento e i mutamenti del linguaggio . Ma anche gli psicologi e i neurologi dalla interpretazione linguistica dei fenomeni fisiologici o patologici osservati possono trarre orientamento sia per la sperimentazione sia per la localizzazione e interpretazione dei disturbi , se è vero quanto asserisce Jakobson che non è assurdo pensare ad una correlazione tra la topografia cerebrale e le coordinate di simultaneità e successione che presiedono all ' uso del linguaggio ; e la terapia trova senza dubbio un gran vantaggio nella collaborazione iatrolinguistica . 7 . All ' analisi dell ' atto linguistico in situazione comunicativa si sono rivolti negli ultimi decenni studiosi di indirizzi affatto diversi . Si è accennato allo schema ingegneresco ripreso da Jakobson e da lui sotteso alla sua griglia funzionale . Un filosofo inglese , John Austin , capo della Scuola analitica di Oxford , ne ha data invece una formulazione fondata non tanto sulla funzione e quindi natura del messaggio , quanto sulla sua forza illocutiva , definita con criteri psico - semantici . La quale forza illocutiva prende , secondo l ' intenzione del parlante , il modo della domanda o del consiglio o dell ' asserzione o dell ' ordine o della promessa ecc . , e mira ad un effetto perlocutivo , che può essere di ottenere una . risposta , di convincere , d ' impedire , di spaventare ecc . , e può non essere raggiunto . Importante è stata la scoperta di una categoria di verbi che , usati in enunciati affermativi alla prima persona del tempo presente , hanno un effetto performativo o , per dirla italianamente , esecutivo , giacché il parlante ( o scrivente ) col solo emettere il proprio enunciato compie un ' azione pragmatica : quali ì verbi ordinare , promettere , approvare , attestare , comunicare ecc . ; a patto , ovviamente , che i relativi enunciati siano emessi in una condizione di " felicità " , che cioè siano presenti i presupposti necessari all ' effetto . Con tale concezione l ' atto linguistico da intellettivo che era entra in pieno dentro il mondo della prassi , dell ' azione , e rifonda modernamente le intuizioni dell ' antica retorica . Un passo ulteriore si deve al filosofo americano Paul Grice , che si è adoperato ad accorciare la distanza tra la semantica dei linguaggi formali e quella dei linguaggi naturali , tra la logica del vero e del falso e la logica di quell ' opera di collaborazione che è la conversazione , governata da una serie di massime e di implicature conversazionali che Grice formula con vivo senso del contesto situazionale dell ' atto linguistico , del suo carattere pragmatico e dell ' importanza dell ' ascoltatore collaborante . Queste teorie hanno promosso nell ' ultimo decennio un crescente interesse per la pragmatica , cioè per l ' effettivo studio di quella lingua parlata che , nonostante gli appelli di Saussure e dei suoi seguaci , non è mai stata esaminata nella globalità e nella immediatezza del suo manifestarsi . È evidente la complessità di una tale analisi : resta arduo , anzitutto , delimitare il contesto pragmatico dell ' interazione dialogica , le componenti di sua pertinenza ( nozioni generali presupposte comuni ai parlanti , o loro " enciclopedia " ; presupposizioni particolari ; differenze sociolinguistiche ecc . ) , e ipotizzare modelli di complementarizzazione fra tali componenti e la materia linguistica . Si deve poi tener conto che il messaggio orale è pluricodice , giacché il codice linguistico viene integrato , quando non duplicato , dal codice gestuale , e il profferimento degli enunciati è modulato da un andamento prosodico , cioè da fattori di intonazione , durata e intensità che incidono profondamente sul significato degli enunciati e sugli effetti perlocutivi ; fattori sinora scarsamente considerati , ma che la fonetica strumentale , ormai dotata di apparecchiature raffinate , sta analizzando con la indispensabile collaborazione di acustici , audiologi , matematici . L ' osservazione diretta del parlato , come ha contribuito a distaccare il significato dal concettualismo , e dal vero funzionalismo della logica , così ha indotto il linguista a superare i limiti della grammatica di frase per entrare in quella del discorso , la cui concatenazione e progressione non erano state finora sottoposte a rilievi sistematici . Tanto sul versante del parlato che sul versante dello scritto si va elaborando quella " linguistica del testo " che cerca di render conto di una compagine discorsiva con ragioni linguistiche ignote alla tradizionale teoria dei generi letterari . In che modo può cominciare un discorso ( o un testo ) , e come certi modi sono condizionati da certe situazioni e da certi presupposti ; con quali elementi s ' imposta la deissi spazio - temporale del dialogo o del racconto ; in che modo si attua la connessione e progressione tematica o rematica del discorso ( o testo ) ; che cosa assicura l ' unità e identità di esso : ecco i principali problemi di questa linguistica in cui confluiscono , oltre a metodologie letterarie e semiotiche ( basta fare il nome del geniale filologo e critico tedesco Harald Weinrich e richiamare i numerosi studi di semiotica del racconto o narratologia ) , la semantica generativa e la semantica logica rispettivamente applicate all ' analisi del testo dalla scuola olandese di van Dijk e dalla scuola tedesca di Petöfi . Né va dimenticato che l ' analisi approfondita del testo parlato ha giovato ad una migliore definizione , per differentiam , del testo scritto e dei suoi caratteri relativamente autonomi dalla situazione pragmatica ; testo scritto il cui organismo linguistico è stato dato per conosciuto durante molti secoli ed ha servito soltanto come documento di lingua o come oggetto di rilievi stilistici . Ovviamente l ' attenzione all ' atto linguistico in situazione comunicativa non poteva non avere conseguenze sulle ricerche dialettologiche di campo . Accanto al tradizionale carattere della raccolta lessicologica e della cartografia linguistica esse hanno assunto quelle dell ' inchiesta sociolinguistica . La degradazione dei dialetti sotto la pressione della lingua nazionale o della emigrazione interna , la condizione delle minoranze linguistiche , la correlazione tra inferiorità linguistica e inferiorità sociale , la questione della lingua comune come problema politico nel quadro della cultura dominante , della scuola dell ' obbligo e della lotta di classe , ecco le principali prospettive di un ramo della odierna linguistica che assume toni impegnati laddove si presentano dislivelli e travagli sociali e dove più ferve il dibattito ideologico . Siamo in quel campo della linguistica applicata dove l ' interesse teorico per il linguaggio cede a quello per la vita delle singole lingue nel contesto delle comunità storiche , interesse che può sfociare , attraverso programmazioni glottodidattiche , in una vera e propria politica della lingua . Un documento tipico della ideologizzazione del problema della lingua nella società e nella scuola contemporanee è la Lettera a una professoressa scritta da don Lorenzo Milani nel 1967 , lettera che riuscì a sommuovere l ' opinione degli insegnanti e ad avviare un fortemoto di contestazione dell ' insegnamento tradizionale nel suo aspetto non soltanto linguistico ; giacché toccare la lingua come problema sociale significa , specialmente in Italia , toccare anche la cultura di cui la lingua è stata strumento . 8 . La più importante e originale teoria linguistica apparsa dopo lo strutturalismo di Saussure e della Scuola di Praga è _ senza dubbio la grammatica generativa proposta dal linguista statunitense Noam Chomsky col celebre libretto Syntactic Structures del 1957 e instancabilmente , fino ad oggi , rielaborata . Per rendersi conto della sua portata speculativa e metodologica occorre rifarsi all ' ambiente culturale da cui è emersa e a cui si è contrapposta : quello strutturalismo formalistico e antimentalistico americano che era approdato ad una descrizione tassonomica fondata sull ' analisi della frase in costituenti , sulla categorizzazione delle parole secondo la loro distribuzione nella frase e sul significato come meccanismo comportamentistico ; analisi condotta con metodo induttivo sopra un corpus di enunciati . Chomsky non rinnega l ' analisi in costituenti né la maggiore innovazione di quell ' indirizzo : lo straordinario rilievo dato alla sintassi come oggetto primo dell ' analisi linguistica . Ma respinge la concezione comportamentistica che esteriorizza e meccanizza banalmente il processo linguistico , e afferma la necessità di riportarlo all ' interno , alla mente del parlante . Una mente , però , non contrapposta al corpo , concetto d ' altronde aperto ed in rapido svolgimento , ma biologicamente costituita ; e non unitaria , ma composta di varie facoltà che possiamo assimilare agli organi del corpo e analizzare come analizziamo quelli . Una di tali facoltà è appunto il linguaggio , il cui studio fa dunque parte della biologia umana . Il linguaggio è una facoltà " computazionale " , cioè un processing di principi e regole per larga parte inconsci , che determinano la forma e il significato delle frasi e si dividono in due sistemi : un sistema geneticamente innato , che definisce la facoltà di linguaggio per tutto il genere umano ed è perciò composto di universali linguistici , i quali si manifestano con straordinaria rapidità e facilità nell ' acquisizione infantile della lingua materna ; ed un sistema più ricco , più complesso , diversificato da lingua a lingua , che viene acquisito per costruzione lenta nel contatto con l ' ambiente . Ad una grammatica universale o centrale si unisce dunque , in ogni lingua storica , una grammatica particolare , intendendo col termine " grammatica " tanto l ' insieme finito delle regole che costituiscono nella mente del parlante la facoltà di linguaggio e quindi producono o , con termine matematico , " generano " mediante processi ricorsivi le infinite possibili frasi di una data lingua , quanto la teoria scientifica , formalizzata , che corrisponde a quella grammatica e che ha la più forte capacità di " generare " la descrizione strutturale delle stesse frasi . La grammatica interiorizzata costituisce quella che Chomsky chiama la competenza del parlante ( e dell ' ascoltatore ) e che non è identificabile né al " sentimento linguistico " degli studiosi di formazione storico - idealistica , né alla " lingua " degli strutturalisti , cioè al sistema linguistico come virtuale compagine di tostanti , ma è la facoltà stessa di linguaggio nella sua incessante generatività o " creatività " ( non però in accezione idealistica ) , che consiste nell ' applicare con ordine ciclico le regole e , anche , nel cambiarle . Il codice e programma computazionale , il software della facoltà di linguaggio è l ' insieme delle regole sintattiche , il cui dinamico processing porta alla superficie enunciativa gli elementi lessicali nella loro veste fonetica e nella loro " forma logica ' ' , che è quella forma per cui - come osservò il vecchio Aristotele - il significato della frase ( o significato linguistico ) non è la somma dei significati delle parole ( significato nozionale ) che la compongono . La sintassi è dunque al centro della concezione chomskiana ; la quale lascia in ombra la semantica , pur riconoscendo la sua presenza e problematicità ( e in penombra la fonetica , affidandola alla naturalità dell ' esecuzione ) . È per questo che una corrente , per così dire scismatica , della scuola di Chomsky , la Semantica generativa , ha tentato di restituire al significato una funzione primaria , ponendo le funzioni semantiche della frase ( i " casi " ) come struttura profonda . E , più o meno indipendentemente dalla stessa concezione chomskiana , la teorizzazione sul segno linguistico ( semiotica ) e recenti indirizzi della logica ( Montague , Searle , Cresswel ecc . ) hanno riportato il significato nell ' orbita problematica delle lingue naturali e lo hanno riproposto ai linguisti . Dei risultati della grammatica generativa nella descrizione ed esplicazione delle singole lingue faranno un bilancio preciso gli anni futuri . Nel presente s ' impone la novità e l ' audacia di una teoria che , fondandosi sopra una epistemologia rigorosa , ha rimosso la lingua dalla oggettività oggettuale e dal funzionalismo astratto in cui aveva finito col bloccarla lo strutturalismo e l ' ha in toto richiamata all ' interno del soggetto . 9 . Il mio sommario discorso ha tentato o , per essere più onesti , ha presunto di dare una risposta alla domanda : Che cos ' è la linguistica ? , che meglio sarebbe stato formulare : Che cosa sono le linguistiche ? , tante specializzazioni vanta ormai questa disciplina per la quale può valere il motto " Quantumvis circumi ; numquam me complecteris " . Una disciplina , comunque , non è mai ciò che parrebbe indicare la sua tramandata e corrente etichetta ; una disciplina non è , ma si fa , si fa incessantemente , e incessantemente plasma il proprio oggetto ; aggiungerei " inquietamente " , perché l ' inquietudine mentale , la " santa impazienza " di Valéry , è la ragion di vita della scienza e dello scienziato . Perciò ho voluto e quasi dovuto presentare la linguistica , sia pur schematicamente , nel suo rincorrere se stessa attraverso l ' imponente maturazione scientifica dell ' età moderna ; e ho tenuto a mettere in evidenza , accanto alle sue giuste pretese di autonomia , l ' appello che essa rivolge , soprattutto oggi , non solo alle discipline che le furono sempre compagne , come la logica , l ' etnologia e la psicologia , ma alla fisica , alla cibernetica , alla fisiologia , alla neurologia , a tutte quelle scienze , insomma , che possono far luce sulle strategie di percezione , di acquisizione , di memorizzazione , di programmazione , di esecuzione dell ' individuo parlante e ascoltante . Questo appello essa rivolge non per esorbitare presuntuosamente dal proprio compito di studiare le lingue naturali negli accettati livelli di struttura ( fonetico , morfologico - sintattico e semantico ) e nel dinamico rapporto fra tali livelli solo conoscitivamente separabili , ma per non potersi oggi esimere dall ' estendere la sua intellezione alla integrale fenomenologia del linguaggio come facoltà costitutiva dell ' essere umano , né dal fondarsi sopra assunti teorici che , al punto di esigenza metodologica ed esplicativa cui è giunta oggi , la linguistica ritiene tanto indispensabili quanto non più formulabili in via di domestica ipotesi . Chi insomma oggi fa della linguistica , sa e deve sapere che , o faccia della modesta grammatica storica o della formalizzata grammatica generativa , egli si muove in un flusso di pensiero e in una prospettiva giudicante cui il suo operare non può sottrarsi , ma solo il dato nella sua ingenua e disponibile datità . Al postutto , siano le linguistiche molte o una sola , siano i loro temi e problemi costanti o ricorrenti e le loro motivazioni alternative o complementari , sta di fatto che è il loro oggetto , la lingua , ad essere indelimitabile e inesauribile da qualsiasi approccio , cioè non riassorbibile in nessuno di essi . Al di là della logica , dell ' acustica , della biologia resta sempre la lingua , e il vero linguista se la ritrova davanti , circolarmente , oltre le griglie cognitive di cui essa è pur sempre un presupposto . L ' approccio logico o biologico , che punta sugli universali mentali o fisiologici , e l ' approccio idealistico , che punta sull ' individualità storica e creatrice , sono stati e sono momenti alterni e ricorrenti , che rispondono a istanze complementari dei loro oggetti , cioè di quella facoltà di linguaggio che non è un mero automatismo e di quelle lingue storiche che non sono né mera naturalità né meri codici , e sono pertanto non passibili di " calcoli " di precisione , e di previsione se non probabilistica , stando al loro centro un principio d ' indeterminazione , quel principio d ' indeterminazione della storia umana che è , secondo il parere di un fisico molto autorevole , l ' individuo .
Saggio sulle classi sociali ( Sylos Labini Paolo , 1974 )
Saggistica ,
Prefazione L ' origine di questo saggio è una conferenza tenuta nel marzo del 1972 per invito dell ' Associazione culturale italiana di Torino . Il testo fu pubblicato , in parte , nel fascicolo del 31 marzo 1972 dell ' " Astrolabio " e , integralmente , nel fascicolo XXXI dell ' Associazione culturale italiana ( giugno 1972 ) ; una versione rielaborata apparve nei " Quaderni di sociologia " ( dicembre 1972 ) ; ampi estratti sono stati poi inclusi nell ' antologia curata da Paolo Farneti , Il sistema politico italiano ( Il Mulino , Bologna , 1973 ) . Il tema prescelto per la conferenza si ricollegava a riflessioni che andavo facendo da qualche tempo sulla situazione economico - sociale del nostro paese e sul nuovamente insorgente pericolo fascista . In modo particolare intendevo richiamare l ' attenzione dei sociologi , degli studiosi di scienze politiche e degli stessi uomini politici sulla necessità di dare il giusto peso , nel predisporre i loro studi e le loro azioni , ai dati quantitativi della struttura sociale italiana . A quanto pare , esisteva il bisogno di un ' indagine di questo tipo , poiché prima l ' articolo apparso sull ' " Astrolabio " e , in seguito , il saggio apparso sui " Quaderni di sociologia " sono stati oggetto di numerosi dibattiti . Vi sono state critiche ; e di queste , nella misura in cui mi hanno convinto , ho cercato di tener conto nella nuova versione del mio lavoro , che costituisce appunto questo libro . Non entrerò nel merito delle critiche che non mi convincono , eccetto che in un caso : mi riferisco alla critica proveniente da alcuni intellettuali di sinistra secondo la quale io avrei indebitamente incluso fra le classi medie alcuni strati , come lo strato dei contadini poveri , che a tutti gli effetti vanno assimilati al proletariato ; più in generale , io avrei sottovalutato il processo di proletarizzazione , che investe oramai la maggior parte dei lavoratori dipendenti , inclusi gli impiegati pubblici e privati . Ora , non c ' è dubbio che qualsiasi classificazione , e quindi anche quella qui proposta , è fondata su criteri , in misura non piccola , arbitrari : ho presentato le stime delle sottoclassi e delle singole categorie proprio per aiutare quei lettori a ricomporre il quadro in rapporto ai loro fini . Tuttavia , debbo avvertire che io sono radicalmente contrario ad una concezione di tipo pirandelliano ( così è se vi pare ) . L ' arbitrio delle definizioni e delle classificazioni è inevitabile , ma solo entro limiti ; e le definizioni , come le classificazioni , non avvengono nel vuoto , ma acquistano significato in un contesto ben definito . Così , avevo incluso fra le " classi medie " tutti i coltivatori diretti compresi i contadini poveri tenendo conto , più che delle loro condizioni economiche , del loro tipo di cultura e dell ' attaccamento a certi valori tradizionali e patriarcali ; ma avevo già avvertito che queste persone si trovano in condizioni simili ( spesso anche peggiori ) di quelle dei salariati dell ' industria , cosicché i loro interessi possono convergere con quelli della classe operaia ; e si può operare politicamente in questa direzione . Tuttavia , se si fa riferimento ad un paese come l ' Italia e si vuole studiare la situazione sociale così com ' è e non come si vorrebbe che fosse o come forse sarà , conviene includere anche i contadini poveri fra le così dette classi medie . Viceversa , in paesi economicamente arretrati , dove masse di contadini e di salariati agricoli vivono al limite della sussistenza biologica e dove , man mano che si fa strada la coscienza della loro condizione , la domanda di una riforma agraria radicale o addirittura rivoluzionaria sommerge qualsiasi tradizionalismo , una tale procedura non sarebbe corretta ; ed in effetti , nel testo , per i paesi relativamente arretrati , ho proposto una diversa suddivisione delle classi , in cui si mette nel dovuto rilievo la posizione dei diversi strati sociali e delle diverse classi nell ' ambito dell ' agricoltura ( parte I , cap . 8 ) . In ogni modo , è certo importante approfondire l ' analisi critica della struttura sociale nell ' agricoltura del nostro paese . Ed è importante definire accuratamente e tentare di valutare , da un lato , il fenomeno della proletarizzazione di certi strati di ceti medi e , dall ' altro , il fenomeno dell ' imborghesimento di certi strati di operai . Ma la tesi secondo cui il processo di proletarizzazíone coinciderebbe col processo di espansione dei lavoratori dipendenti , di modo che esso investirebbe oramai la massima parte dei lavoratori , è una tesi falsa sul piano dell ' analisi e pericolosa anche da un punto di vista politico di sinistra . Sostenere che gl ' impiegati di aziende municipalizzate , o delle aziende di credito , o di enti locali , che hanno oggi ( 1974 ) uno stipendio medio che si aggira su quattrocento mila lire mensili ( con punte di 2-3 milioni ) stanno nella stessa barca in cui navigano gli operai metalmeccanici , che oggi hanno una retribuzione media nettamente inferiore alla metà e svolgono un lavoro duro , alienante e soggetto a gravi rischi d ' infortuni , non significa affatto compiere una coraggiosa opera di critica e di denuncia , ma significa oscurare l ' essenza del principale problema politico contemporaneo di paesi come il nostro , che è il problema dei rapporti fra classe operaia e ceti medi . Anzi , tesi di questo genere sono esse stesse una delle espressioni dell ' ideologia piccolo - borghese , che tende a minimizzare le differenze ( spesso enormi ) fra operai e ceti medi . Nel suo importante libro La giungla retributiva ( Il Mulino , Bologna , 1972 ) Ermanno Corrieri denuncia questa mistificazione in termini così efficaci , che non mi resta che riportarli : " Oggi (...) questa ideologia [ di ceti medi ] assume caratteri ancor più sottili e insidiosi , in quanto spesso si ammanta di tutto un complesso di argomentazioni " di sinistra " . Si afferma che è in atto un processo di proletarizzazione dei ceti medi , che la loro condizione va assimilandosi sempre più a quella degli operai e dei contadini . Si aggiunge che l ' area dello sfruttamento capitalistico si va estendendo a nuovi gruppi sociali : ai tecnici , agli intellettuali , agli artigiani , ai commercianti , ai piccoli industriali . Quindi il nemico da combattere è uno solo : il grande capitale monopolistico ; e sull ' altare di questa battaglia , non hanno importanza le altre diseguaglianze ; anzi il soffermarsi su di esse indebolisce la necessaria alleanza della classe operaia e contadina con i ceti medi , contro i " padroni " . Si teorizza la figura dell ' intellettuale spogliato di ogni funzione libera e autonoma e trasformato in strumento di trasmissione della cultura borghese e di conservazione del sistema capitalistico : come tale , anch ' egli , al pari dell ' operaio e del contadino , è espropriato di qualcosa e quindi è uno sfruttato . Ora , è evidente che queste tesi , di per sé , non sono prive di fondamento . Ma la mistificazione consiste nel passare da un discorso di sfruttamento e di subordinazione " politica " ad un discorso di disagio e di inferiorità economico - sociale che sarebbe comune ai ceti intellettuali e alla classe operaia e contadina . In forza di questo passaggio , gli intellettuali " di sinistra " e i loro sindacati , se a parole sono pronti a riconoscere la legittimità delle rivendicazioni operaie e contadine , di fatto , più che schierarsi e lottare al loro fianco , si sentono in diritto di chiedere la loro solidarietà a favore delle proprie lotte , anche se queste , spesso hanno per obiettivo la conservazione e il consolidamento di condizioni economiche avvantaggiate e , di conseguenza , il mantenimento delle distanze rispetto agli operai e ai contadini . Il fatto è che la matrice culturale e la collocazione sociale influenzano inconsapevolmente e pesantemente anche chi è impegnato , da posizioni di sinistra , in un sincero sforzo di trasformazione della società . E gli interessi costituiscono una molla potente che spinge tutti ad elaborare ideologie di giustificazione e di sostegno delle proprie esigenze . E così uomini di sinistra si associano alle rivendicazioni retributive delle categorie impiegatizio - intellettuali ( o magari alle lotte per il salario a tutti gli studenti ) , nella convinzione di operare di conserva con gli operai e i contadini contro il " sistema " , ma senza considerare che queste rivendicazioni finiscono per essere finanziate con un ulteriore prelievo sul risultato dell ' attività produttiva e quindi per esser pagate dai lavoratori impegnati in tale attività " . Mi è stata attribuita l ' idea secondo cui la " classe media " consisterebbe in un coacervo di ceti e di gruppi sociali essenzialmente corrotti e retrivi , così che nel nostro paese le prospettive non solo della vita sociale ma della stessa vita politica sarebbero catastrofiche . Una tale interpretazione è ingiustificata . Sebbene io faccia più volte riferimento agli individui famelici , servili e culturalmente rozzi , che sono molto numerosi fra i ceti medi , avverto altrettanto spesso che esistono strati civilmente robusti e capaci di operare come forze di progresso ; si tratta di strati esili , è vero , ma non trascurabili e suscettibili di espansione . Anzi , ritengo che il problema politico centrale nel nostro paese ( e non solo nel nostro paese ) consista oggi i nel fatto che la classe operaia , pur essendo sempre una classe subalterna , lo è in misura decrescente e , nel suo complesso , si trova economicamente e politicamente in ascesa . Ora , di fronte a questo processo i ceti medi reagiscono in modi profondamente contrastanti : alcuni l ' accettano , altri lo considerano con orrore . Tuttavia , l ' area del consenso cresce come conseguenza non di un processo di proletarizzazione economica , inesistente in quanto processo generale , ma di un processo di crescita civile e di maturazione culturale , processo che non si svolge nelle nuvole ma che certo , nella terminologia marxista , appartiene più alla sovrastruttura che alla struttura . Oltre ad alcune varianti di non grande rilievo , introdotte per tener conto di certe critiche o per chiarire e integrare le analisi già svolte , ho introdotte diverse innovazioni nel testo apparso nei " Quaderni di sociologia " . Ecco le principali innovazioni . 1 . Ho modificate le stime delle classi e sottoclassi sociali , specialmente quelle connesse con l ' agricoltura , dopo esser venuto a conoscenza dell ' importante monografia di Ornello Vitali , La popolazione attiva in agricoltura attraverso i censimenti italiani ( Istituto di demografia della Facoltà di scienze statistiche , Roma , 1968 ) . Le valutazioni della popolazione attiva in agricoltura sono comunque incerte e arbitrarie , per molte ragioni , in primo luogo per la posizione delle donne che vivono in campagna e che , specialmente nelle piccole aziende contadine , possono essere classificate come " attive " o come " casalinghe " secondo i criteri adottati . Le difficoltà si manifestano quando si vogliono compiere confronti intertemporali fra i diversi censimenti . Vitali ha compiuto una faticosa opera per rendere omogenei i criteri rispetto a quelli adottati in questo dopoguerra e ricostruire dati comparabili . Sebbene le mie stime precedenti , fondate sulle cifre dei censimenti e su valutazioni della Svimez , siano per certi anni ( fino al 1951 ) inferiori in misura tutt ' altro che trascurabile ai dati forniti da Vitali , nessuna delle considerazioni e illazioni proposte nel saggio originario viene modificata in modo sostanziale , se si eccettua la tendenza alla proletarizzazione di una parte dei contadini ( v . oltre , parte I , cap . 3 ) . Occorre però avvertire che dai nuovi dati possono ricavarsi illazioni diverse da quelle ricavabili dalle precedenti stime per problemi che qui non vengono trattati . 2 . Oltre i dati aggregati per l ' Italia , si presentano cifre per le tre grandi circoscrizioni : Nord , Centro e Sud ; vengono brevemente discusse alcune tendenze che emergono da questi dati , concentrando l ' attenzione sull ' Italia meridionale ( parte I , cap . 4 ) . 3 . Sono stati estesi i confronti internazionali . Nel saggio originario , oltre l ' Italia , si consideravano solo la Francia e il Giappone e si compivano confronti intertemporali solo per l ' Italia . Ora , attraverso i dati , si considera la struttura sociale contemporanea di cinque paesi relativamente evoluti ( Gran Bretagna , Spagna , Giappone , Argentina , Cile ) e si compiono confronti intertemporali per altri tre paesi evoluti : Francia ( 1886 e 1968 ) , Stati Uniti ( 1890 e 1969 ) e Unione Sovietica ( vari anni compresi nel periodo 1913-1972 ) ; infine , si presentano i dati relativi a cinque paesi relativi a cinque paesi relativamente arretrati ( parte I , cap . 8 ) . 4 . Si presentano le stime degli iscritti ai sindacati , distinguendo gli operai dagli impiegati nei diversi settori di attività : non giova a nessuno , certamente non giova all ' obiettivo di una sempre più ampia e vigorosa solidarietà fra operai e impiegati , ignorare o minimizzare le differenze ( parte Il , cap . 5 ) . Le tabelle statistiche sono in appendice e , di regola , sono precedute da un commento esplicativo . Anche le note al testo sono riportate in appendice ; per chiarezza , sono precedute da sottotitoli , affinché possano esser lette anche in modo autonomo . Per non appesantire il testo , indico fra parentesi le opere citate e non riporto , alla fine , nessuna nota bibliografica ; qui mi limito a segnalare il dibattito a 23 voci , curato da Fabio Luca Cavazza e Stephen R . Graubard e pubblicato da Garzanti nel marzo 1974 in un volume col titolo Il caso italiano e l ' ampia bibliografia pubblicata in appendice all ' articolo di Antonio Zavoli , Classi , proletariato e ceti medi in Marx e oggi per la rivoluzione ( " Per la lotta " , n . 34-36 , 1973 , pp. 55-8 ) . Ringrazio Marina Addis , Arturo Barone , Federico Caffè , Giorgio Careri , Flaminio De Cindio , Vittorio Frosini , Antonio Giolitti e Claudio Pavone per le loro critiche e i loro suggerimenti ; ringrazio , in modo particolare , Luciano Gallino , Michele Salvati e Leo Valiani , le cui osservazioni critiche mi hanno indotto a correggere alcuni errori e a chiarire punti oscuri o incompleti o male espressi . Avverto tuttavia che non si può attribuire agli studiosi ora ricordati nessuna responsabilità per le tesi qui espresse . Paolo Sylos Labini Roma , 15 aprile 1974 Introduzione Il fisico studia gli atomi , ma egli non è un atomo . Il microbiologo studia i microbi , ma egli non è un microbo . L ' economista , non diversamente dal sociologo , studia la società della quale fa parte : egli non è estraneo all ' oggetto del suo studio nel senso particolare in cui si può affermare che lo sia il cultore di scienze naturali . Di conseguenza , lo studioso di discipline sociali nella sua attività intellettuale ( e politica ) è necessariamente condizionato dall ' educazione che ha ricevuto , dall ' ambiente dal quale proviene , dalle sue preferenze circa i movimenti della società in cui vive , in una parola , dalla sua ideologia . Di ciò egli deve essere ben consapevole , proprio per ridurre le distorsioni che nelle sue analisi - addirittura nella scelta stessa dei temi da studiare - può provocare la sua ideologia . Lo studioso di discipline sociali che si crede orgogliosamente " obiettivo " , neutrale , fuori della mischia , è , tutto sommato , un personaggio patetico , perché è vittima di una ideologia senza saperlo e senza possibilità di contrastarne le pressioni . Se lo studioso non può sperare di essere rigorosamente " obiettivo " ( ciò che è impossibile ) , può e deve tuttavia sforzarsi di essere intellettualmente onesto , ossia può e deve cercare di vedere tutti gli aspetti di un determinato problema , anche gli aspetti per lui sgradevoli , e non solo quelli che sono conformi alla sua ideologia o utili per la sua parte politica . Detto tutto questo , credo di dover spiegare ai lettori alcuni frammenti della mia ideologia , nella misura in cui ne sono consapevole : tali indicazioni potranno anche chiarire , spero , il motivo o i motivi che mi hanno indotto ad affrontare questi problemi , ciò che a rigore rappresenta un ' invasione in campo altrui . Indicherò , in particolare , tre punti . Punto primo . La posizione del singolo nella società - in una determinata classe o gruppo sociale - condiziona il suo modo di pensare e di agire , ma non lo determina in modo puntuale . Il singolo può ampliare ( ma non indefinitamente ) i limiti entro cui pensa e agisce proprio attraverso la coscienza e la conoscenza critica della sua posizione nella vita sociale . Per il bene o per il male , la zona discrezionale è specialmente ampia nel caso di coloro che appartengono alle classi intermedie e , ancora più specialmente , nel caso degli intellettuali ; ma tende a crescere anche per coloro che appartengono alle così dette masse , man mano che il livello medio di vita supera il livello di sussistenza ( comunque venga inteso ) . Punto secondo . Con riferimento alla classificazione indicata nella prima tabella ( v . l ' Appendice ) , dal punto di vista economico - sociale chi scrive , che è un professore universitario , si considera membro di una frangia che sta fra la media e la piccola borghesia . Egli è dunque , per diversi motivi , un privilegiato - lo è dal punto di vista economico , lo è dal punto di vista del grado d ' istruzione che ha potuto conseguire grazie alla posizione sociale della sua famiglia e non per virtù " innate " . Ma il privilegio non è , in sé e per sé , un motivo di censura o di vergogna : lo è se è fine a se stesso ; non lo è se viene usato per fini socialmente e civilmente validi - in ultima analisi e in prospettiva , per negare i privilegi stessi . Punto terzo . Chi scrive si considera , politicamente , un onesto riformista - onesto nel senso che non solo crede ma , con le sue modestissime forze , opera per le riforme , specialmente per quelle riforme che possano contribuire a " sgombrare il terreno da tutti quegli impedimenti legalmente controllabili che impacciano lo sviluppo della classe operaia " ( Marx , Prefazione al Capitale , Ed . Rinascita , Roma , 1951 , p . 17 ) . Egli pensa di avere una tale concezione non per una straordinaria nobiltà di animo e per una generosità senza pari , ma semplicemente per ragioni di meditato egoismo : il processo di trasformazione sociale del nostro paese " si muoverà in forme più brutali o più umane secondo il grado di sviluppo della classe operaia " ( Marx ) e , più in generale , secondo il grado di sviluppo delle classi inferiori o subalterne : lo stesso livello civile della nostra società e , in definitiva , della nostra vita quotidiana , dipendono dal grado di sviluppo di queste classi , che nessuna legge soprannaturale ha condannato a rimanere per sempre subalterne . Pur considerandosi un riformista , chi scrive non ha ostilità , ha anzi rispetto , per coloro che vogliono operare da rivoluzionari , a condizione che si tratti di rivoluzionari seri e non di miserevoli parolai o di luridi imbroglioni . E sebbene egli auspichi le riforme non per consolidare il sistema ma per cambiarlo , chi scrive deve ammettere che gli fa difetto la fede rivoluzionaria - la fede nella necessità o nell ' utilità di un grande trauma nel processo di trasformazione sociale . Dopo questa premessa , lunga ma , spero , non inutile , entro nel tema che mi sono proposto . Intendo , in particolare , presentare un breve abbozzo di analisi , anche quantitativa , delle classi sociali considerate , in prima istanza , dal punto di vista economico . L ' obiettivo è di contribuire alla comprensione critica di noi stessi e dei nostri problemi sociali ; oggi , in particolare , è importante cercare di comprendere la natura degli ostacoli che finora hanno in gran parte impedito l ' attuazione delle riforme e il significato delle lotte sociali e politiche e delle alleanze che in queste lotte si stabiliscono fra le diverse classi e sottoclassi . Si tratta solo di un esame preliminare : se il punto di partenza è valido altri potranno elaborare una vera e propria analisi critica della società italiana di cui tutti , ma specialmente gli uomini della sinistra , avvertono oramai un acuto bisogno . I . Tendenze di lungo periodo 1 . Distribuzione del reddito e classi sociali La distribuzione del reddito nazionale costituisce il problema centrale degli economisti classici , particolarmente di Adam Smith e David Ricardo , i quali considerano essenzialmente tre grandi categorie di redditi , ossia tre grandi classi sociali : i proprietari fondiari ( rendita fondiaria ) , i capitalisti agrari , industriali e commerciali ( profitto ) e i lavoratori dipendenti ( salario ) . Per gli economisti classici la rendita urbana costituisce una sottocategoria della rendita fondiaria e l ' interesse è - usando l ' espressione di Smith - un " reddito derivato " : dal profitto nel caso di prestiti alla produzione , da uno degli altri due redditi nel caso di prestiti al consumo ; generalmente , sono i mercanti che fanno prestiti allo Stato o a privati - Marx parlerà poi di " capitalisti monetari " . I classici sono ben consapevoli che esistono i lavoratori indipendenti , al loro tempo molto numerosi : coltivatori diretti ( farmers ) e artigiani ( independent manufacturers ) : costoro ottengono redditi che sono una combinazione di due o tre dei redditi originari sopra indicati ; oggi parliamo di redditi " misti " . Infine , ci sono tutti coloro che percepiscono stipendi o altri compensi dallo Stato o da istituzioni o da " ricchi " : sono tutti lavoratori " improduttivi " , che ottengono redditi derivati ( Smith , Ricchezza delle nazioni , ed. Cannan , Methuen , Londra , 1961 , vol. I , p . 352 , trad. dell ' autore ) : Il lavoro di alcuni dei più rispettabili ordini della società è , come quello dei servitori , improduttivo di ogni valore , e non si fissa o si realizza in alcun oggetto durevole o in alcuna merce vendibile ... Il sovrano , per esempio , e tutti gli impiegati civili e militari che servono sotto di lui , l ' intero esercito e l ' intera marina sono lavoratori improduttivi . Essi sono servitori del pubblico e sono mantenuti con una parte del prodotto annuo dell ' operosità degli altri ... Alla stessa classe appartengono gli ecclesiastici , i giuristi , i letterati di ogni genere , i medici , come pure i commedianti , i buffoni , i musicisti , i cantanti , le ballerine , ecc. Mentre il concetto smithiano di lavoratori improduttivi è stato vivacemente attaccato dai successori degli economisti classici , la tripartizione smithiana dei redditi ( e delle classi ) è stata sostanzialmente accettata e tuttora si ritrova nei libri di testo di economia , anche se in questi libri si parla solo di redditi e non di classi ; l ' unico emendamento , per così dire , riguarda l ' interesse , che è stato elevato al grado di reddito originario , imputabile al capitale e quindi al proprietario del capitale stesso , distinguendolo dal profitto , imputabile all ' imprenditore . ( L ' emendamento è importante e si ricollega ad una certa evoluzione della teoria economica , che oggi è soggetta a critiche sempre più stringenti ; ma su tale questione non mi soffermo ) . Un altro emendamento , che pochi economisti fanno ma che comunque deve essere fatto , riguarda la rendita urbana e i connessi guadagni speculativi : mentre al tempo dei classici era giusto considerare la rendita fondiaria come la categoria principale e la rendita urbana dome una sottocategoria di secondaria importanza , oggi , col tumultuoso sviluppo delle città e , in certi casi , delle megalopoli , occorre rovesciare il giudizio sull ' importanza relativa delle due rendite : oggi gli stessi spostamenti di ricchezza e la rapida formazione di cospicui patrimoni provengono spesso da speculazioni connesse con la rendita urbana , speculazioni nelle quali , oltre il mercato , entra il potere politico , al livello centrale o al livello locale ; di più , quel che avviene in questo campo deturpa molte nostre città , ne rende penosa la vita e concorre grandemente a creare quella carenza di case a basso prezzo e quelle congestioni che , fra l ' altro , facendo salire il costo della vita e sterilizzando una parte del potere di acquisto dei salari , contribuiscono a distorcere e a frenare il processo di sviluppo economico . ( Tuttavia , non va soltanto rivisto il giudizio sull ' importanza relativa sui due tipi di rendite : va rivista la stessa concezione degli economisti classici , anche sulla traccia delle analisi di Marx e di Engels , poiché la natura della rendita urbana è profondamente diversa da quella della rendita fondiaria ) . Come eredità dei classici , è rimasto anche il concetto di reddito misto che , per definizione , costituirebbe una combinazione dei redditi originari . Gli stipendi degli impiegati pubblici continuano ad essere considerati quali redditi derivati , ciò che del resto è ovvio , essendo tali redditi pagati col gettito di tributi o contributi . Già Marx aveva avvertito ( Capitale , libro III , Editori Riuniti , Roma , 1965 , p . 993 ) che quelli che oggi chiamiamo redditi " misti " ( principalmente quelli dei coltivatori diretti , degli artigiani e dei piccoli commercianti ) avevano carattere pre - capitalistico e " solo fino ad un certo punto " potevano essere considerati come una combinazione dei tre redditi originari di Adam Smith . In verità , la teoria tradizionale , che accoglie acriticamente e senza qualificazioni una tale concezione , va riconsiderata a fondo : se fra i redditi " misti " e i tre redditi originari vi sono importanti elementi comuni , vi sono anche differenze profonde : perfino dal punto di vista quantitativo in pratica accade spesso ( e non solo in Italia ) che l ' intero reddito di un piccolo coltivatore diretto , per esempio , che in astratto dovrebbe conglobare rendita , profitto e salario , è inferiore al solo salario medio pagato nel settore industriale moderno . Per una tale revisione critica della teoria dei redditi misti che sono ottenuti dai così detti lavoratori indipendenti ( coltivatori diretti , artigiani , piccoli commercianti , professionisti indipendenti ) , è necessario partire dalla distinzione fra beni che entrano e beni che non entrano in concorrenza con quelli prodotti da unità produttive moderne . Nel primo caso , vi sarà una tendenza alla graduale emarginazione e , a lungo andare , eliminazione dei produttori indipendenti , che appunto soccombono nella concorrenza con le unità moderne : su questa base Marx formulava la sua previsione della tendenziale scomparsa di quei gruppi sociali . Una tale tendenza , che è debole quando è lento lo sviluppo dell ' industria moderna , forte quando questo sviluppo è rapido , può essere deliberatamente frenata dalla classe dominante , per mezzo di leggi e di altri interventi , proprio con l ' obiettivo di una stabilizzazione sociale e politica . Così , in Italia è stato frenato il declino numerico ed economico dei coltivatori diretti , con successo fino alla seconda guerra mondiale , anche per il relativamente lento sviluppo industriale ; in seguito , sia per il processo d ' integrazione economica internazionale , sia per l ' accelerazione dello sviluppo dell ' industria moderna , i freni non hanno più funzionato o , meglio , sono solo serviti a rendere forse meno precipitoso il processo ; in ogni modo , la flessione della massa dei coltivatori è stata non meno rilevante di quella dei salariati in agricoltura - essendo queste le due componenti dell ' enorme esodo agrario che si è verificato nel dopoguerra ( v . la tabella 1.1 ) . Molto più efficaci sono stati e continuano ad essere gl ' interventi a favore dei piccoli commercianti , il cui numero è andato crescendo e continua a crescere praticamente senza interruzione . Riguardo ai coltivatori diretti , il processo di espulsione va studiato , da un lato , con riferimento ai prezzi e ai costi dei prodotti agricoli e , dall ' altro , con riferimento alle possibilità di occupazione ed ai redditi ( particolarmente ai salari ) ottenibili nel settore moderno . Riguardo ai piccoli commercianti , occorre osservare che la concorrenza potenziale non proviene da merci ma da servizi , che potrebbero essere - e in misura nel nostro paese molto modesta sono - forniti da unità commerciali grandi ed efficienti : la legge e , sulla base della legge , gl ' interventi amministrativi spesso semplicemente impediscono a queste unità di sorgere . Inoltre , in queste condizioni - a differenza di quanto accade per le merci - la concorrenza internazionale manca del tutto . Questa è una delle principali ragioni che spiegano il successo degli interventi pubblici a favore dei piccoli commercianti . Nel caso di merci o servizi prodotte da lavoratori s indipendenti che non concorrono ma anzi sono complementari rispetto alle merci o ai servizi offerti dalle ' ' unità moderne , non c ' è quella tendenza al declino , ma anzi la tendenza opposta : ciò appunto si verifica per egli artigiani e i piccoli produttori che forniscono merci o servizi alle grandi unità , le quali cercano di utilizzare questi produttori per il proprio vantaggio . Un fenomeno analogo si verifica anche per le officine per la riparazione di automobili o di elettrodomestici o di altri oggetti o attrezzature domestiche . In ultima analisi , le unità artigianali di tipo moderno sono sempre direttamente o indirettamente satelliti delle grandi o grandissime imprese . In una situazione particolare si trovano i professionisti indipendenti ( specialmente medici , avvocati , ingegneri , architetti ) : molti di questi professionisti sono oramai indipendenti solo di nome , poiché sempre più frequenti sono i casi di rapporti organici con grandi società e con istituzioni pubbliche ; altri , tuttavia , sono effettivamente indipendenti , almeno entro certi limiti . Per questi professionisti , specialmente per quelli che riescono a raggiungere posizioni di rilievo , conviene usare come punto di partenza l ' analisi del monopolio o del quasi monopolio , tenendo conto che i prezzi dei loro servizi - come anche , sostanzialmente , i prezzi dei servizi commerciali - non sono propriamente regolati dal mercato ma sono prezzi " amministrati " sulla base di intese tacite o espresse o di regolamenti di ordini professionali . Vi sono infine gli stipendi degli impiegati , che l ' analisi economica tradizionale assimila ai salari , cosicché la teoria del salario viene ad includere la teoria dello stipendio . Questo punto di vista va radicalmente riconsiderato . Gli stipendi degli impiegati che operano in imprese o aziende pubbliche o private che producono merci o servizi nel mercato aperto rientrano nelle spese generali e sono in qualche modo collegati con l ' attività produttiva , con i costi ed i prezzi , anche se il collegamento è diverso da quello dei salari , che di regola , almeno finora , rientrano nelle spese dirette e variano immediatamente al variare della produzione . Per gli stipendi di questi impiegati valgono , ma solo fino ad un certo punto , le analisi che si possono elaborare per i salari degli operai . In una posizione particolare si trovano gli alti dirigenti delle società per azioni private e pubbliche , i quali ottengono emolumenti che solo per una parte hanno la natura di stipendi : per un ' altra parte - la parte variabile - rappresentano una sorta di partecipazione ai profitti . Inoltre , fra gl ' impiegati conviene distinguere gl ' impiegati amministrativi dai tecnici , che sovraintendono agli impianti , alle macchine e ai laboratori . Per gli stipendi degli impiegati che lavorano in imprese o aziende che non producono merci o servizi per il mercato o che lavorano in pubbliche amministrazioni , i punti di contatto con la logica che regola i salari sono molto indiretti e limitati . Perché il livello degli stipendi degli impiegati pubblici è quello che è ? Perché varia ? Per rispondere a queste domande , occorre certamente considerare , come punto di partenza , il livello e le variazioni degli stipendi degli impiegati privati , così come , per comprendere il livello e le variazioni di questi stipendi , occorre partire dalla considerazione dei salari . Ma è solo il primo passo : analogamente ai lavoratori salariati , che nel periodo moderno non sono affatto costretti al livello di sussistenza , sia pure inteso in senso sociale o storico , anche i lavoratori stipendiati si battono per partecipare nella massima misura possibile al sovrappiù , o reddito nazionale netto , e al suo incremento . Sia i salariati che gli impiegati non si battono solo con l ' arma dello sciopero , ma anche con mezzi più ampiamente politici , principalmente influendo sull ' azione dei partiti che ne rappresentano gl ' interessi per ottenere leggi e interventi amministrativi ad essi favorevoli . L ' azione degli impiegati , tuttavia , è caratterizzata da almeno due importanti elementi differenziali rispetto all ' azione dei salariati , uno a loro vantaggio , l ' altro a loro danno . L ' elemento a loro vantaggio sta nel fatto che la gestione della cosa pubblica , come anche la gestione dei partiti , è in grandissima parte nelle mani di membri della stessa classe alla quale appartengono , la piccola borghesia , particolarmente della piccola borghesia impiegatizia , così che essi trovano i loro punti di forza , più che negli scioperi , nel campo degli interventi legislativi e amministrativi . Sia pure con un significato alquanto diverso , si può ripetere quanto Smith scriveva quasi due secoli fa ( Ricchezza delle nazioni , cit . , II , p . 395 , trad. dell ' autore ) : Gli emolumenti dei funzionari sono forse , nella maggior parte dei paesi , più elevati di quanto occorrerebbe , poiché coloro che amministrano la cosa pubblica sono in generale inclini a remunerare se stessi e i loro immediati dipendenti piuttosto troppo che troppo poco . Questa osservazione tuttavia , se vogliamo prendere Smith alla lettera , vale per gl ' impiegati che dipendono immediatamente dai capi politici e amministrativi , i quali , oltre lo stipendio , hanno anche altri canali per attingere al " sovrappiù " - compensi speciali di vario genere , liquidazioni principesche e pensioni speciali . Vale anche per tutti quei funzionari e impiegati che riescono a conquistare posizioni di quasi monopolio e a difenderle con appropriate barriere istituzionali e legislative ; ciò avviene , nel nostro paese , in certi settori della burocrazia , negli istituti di credito , negli istituti di assistenza e previdenza - prima charitas mea charitas - , in numerosi enti pubblici e in aziende municipalizzate . ( Una particolareggiata analisi quantitativa degli stipendi e dei compensi dei gradi più elevati della burocrazia pubblica e degli enti di tipo pubblico sarebbe molto istruttiva ; ma , per ovvie ragioni , è difficilissima da fare ) . Il risultato delle spinte molteplici e d ' intensità molto differenziata messe in atto dalle diverse categorie di dipendenti pubblici ( in senso lato ) è una impressionante varietà di retribuzioni , che di recente è stata illustrata con tanta efficacia da Ermanno Gorrieri . Questa varietà , a sua volta , costituisce una fonte inesauribile di agitazioni , poiché i gruppi che restano indietro compiono ogni sforzo per avvicinarsi , economicamente , a quelli che sono riusciti ad andare avanti ; in queste agitazioni tutti i gruppi imitano la strategia e le parole d ' ordine dei sindacati operai e qualche volta adottano perfino una fraseologia rivoluzionaria . In queste agitazioni - che si aggravano nei periodi d ' inflazione - prevalgono i gruppi che sono più compatti e più forti , per motivi economici ( posizione di tipo monopolistico nel mercato ) o istituzionali , o politici , o , spesso , per una combinazione di questi motivi . Restano indietro i gruppi più deboli , che generalmente si trovano negli strati intermedi o inferiori degli impiegati pubblici o parastatali . E qui compare l ' altro elemento , quello sfavorevole , che differenzia gl ' impiegati dai salariati : data la minore penosità del lavoro e data la garanzia della stabilità , la pressione dei candidati ai posti del pubblico impiego è forse perfino proporzionalmente maggiore dell ' analoga pressione esercitata da coloro che vogliono diventare salariati - s ' intende , nel settore moderno ; comunque , le resistenze sono minori , perché nell ' amministrazione pubblica sono ben più incerte e indefinite che nelle imprese di produzione le esigenze organizzative e amministrative . Il limite , a rigore , è dato dalla capacità dei bilanci degli organismi su cui quegli impiegati gravano ; ma poiché si tratta di bilanci non collegati direttamente con attività produttive , quel limite è molto elastico . Nello stesso tempo , per ragioni di potere e di stabilizzazione politica , è forte l ' inclinazione dei gruppi dominanti , centrali o locali , a far entrare nella burocrazia quelli che sono o possono diventare loro clienti . Il risultato è , sotto un certo aspetto , sfavorevole per gli strati inferiori e intermedi di impiegati , nel senso che le remunerazioni di questi impiegati , a causa del numero , sono e restano relativamente basse o molto basse . Tuttavia , non va dimenticato che per numerosi impiegati dei gradi inferiori il vantaggio non sta in uno stipendio elevato , ma nel fatto stesso di essere entrati , grazie a favori di tipo politico , nella burocrazia , salvandosi , per così dire , da un lavoro manuale duro e mal remunerato o da condizioni di vera e propria disoccupazione . Esempi di attività in cui le frequenti retribuzioni privilegiate sono imputabili essenzialmente a posizioni di tipo monopolistico ovvero oligopolistico sono l ' industria elettrica il servizio telefonico , le aziende di credito ; gli ospedali , le aziende municipalizzate , le amministrazioni degli enti locali offrono esempi di aree in cui operano , contemporaneamente , fattori economici e fattori politici , specialmente di carattere clientelare . Vi sono dunque nella nostra società numerosi e ampi casi di parassitismo e una fetta non indifferente del reddito nazionale viene sprecata , dal punto di vista economico , in diversi modi , a volte in modi che non comportano semplicemente una redistribuzione , ma anche una riduzione del reddito e una distorsione nella sua composizione : rendite urbane ( con le connesse operazioni speculative che in questo dopoguerra sono all ' origine di numerosi patrimoni di medie e grandi dimensioni ) , guadagni di intermediazione spesso ingiustificabili sul piano strettamente economico , stipendi e compensi ingiustificatamente elevati per i gradi più alti della burocrazia statale e parastatale , stipendi e compensi per persone economicamente inutili . Si tratta , in tutti i casi , di parassitismo economico ; se in molti casi - specialmente nel settore del piccolo commercio e degli impiegati dei gradi inferiori - i guadagni sono magri , ciò non toglie affatto che si tratta , dal punto di vista economico , di guadagni parassitari . Ci sono , oramai , più parassiti e sfruttatori fra i così detti ceti medi che nell ' intera classe capitalistica . ( A rigore , sono da considerare parassitari anche i redditi che vanno a operai di industrie passive , che sono tenute in piedi con sovvenzioni statali ; ma indubbiamente il fenomeno del parassitismo è molto più grave nei settori sopra ricordati di ceti medi ) . Una considerazione a parte meritano i redditi di coloro che hanno occupazioni precarie e saltuarie e , più specificamente , di coloro che appartengono al sottoproletariato ( i quali , tutti , hanno occupazioni precarie ) ; in certi casi si tratta di redditi simili ai salari , ma di regola sensibilmente più bassi ; in altri , di redditi simili a quelli che sono stati definiti redditi " misti " ( commercianti ambulanti ) . In ogni caso si tratta di redditi che , oltre ad essere , considerati nel tempo , fra i più bassi , sono anche incerti ed altamente variabili , ciò che ha conseguenze di rilievo non solo dal punto di vista economico ma anche da quello sociologico . Appare chiaro , ora , quanto siano insoddisfacenti quegli schemi teorici che considerano , sia pure come prima approssimazione , solo due grandi quote , in corrispondenza delle due grandi classi sociali ( proletari e capitalisti ) : si può stimare che la somma dei salari e dei profitti propriamente detti non arrivi neppure al 50% del reddito nazionale ( v . la tabella 3.2 ) . 2 . Cause della diseguaglianza nella distribuzione del reddito In via generale , la diseguaglianza nella distribuzione del reddito può essere oggetto di due critiche distinte , secondo che essa si ricolleghi alla proprietà privata dei mezzi di produzione ovvero alla differenziazione delle attività lavorative . Con riferimento al primo ordine di critiche occorre ammettere , sempre in via generale , che in una società capitalistica la diseguaglianza dipende , alla radice , da un fatto istituzionale , che non può essere modificato se non modificando l ' intero assetto istituzionale ; subordinatamente , ma non marginalmente , dipende dalla forza comparativa , variabile nel tempo , dei gruppi sociali che concorrono alla spartizione del reddito . Nel settore privato di una società capitalistica il fatto istituzionale ( proprietà privata ) ha una rilevanza diretta , mentre nel settore pubblico ha assunto una rilevanza indiretta : nel settore pubblico il reddito viene ottenuto attraverso prelievi di tipo tributario e poi distribuito ai pubblici funzionari secondo leggi e regole che dipendono appunto dall ' assetto politico e istituzionale . Una posizione particolare assume il settore che fa capo alle società per azioni , in cui la proprietà privata dei mezzi di produzione diviene un concetto ambiguo e problematico ; una posizione ancor più particolare assume poi il sottosettore che fa capo a società per azioni a prevalente partecipazione statale . Nell ' intera società , la posizione preminente è quella di coloro che riescono in qualche modo a controllare o quanto meno ad influire sul processo di accumulazione nel settore privato o nel settore pubblico inteso in senso ampio . ( Anche nel collettivismo si può avere una diseguaglianza nella distribuzione del reddito non imputabile ad attività lavorative differenziate nella qualità e nella specializzazione : l ' appropriazione privilegiata di una quota del reddito da parte di alcuni gruppi dipende in questo caso dall ' assetto politico e istituzionale , ma non dalla proprietà privata dei mezzi di produzione , la cui abolizione , da sola , non assicura affatto l ' attuazione del socialismo ) . Le critiche del secondo ordine ( diseguaglianza imputabile alle diverse qualificazioni e specializzazioni ) pongono la questione dell ' accesso ai livelli medi e superiori dell ' istruzione e , più in generale , quella dei rapporti fra distribuzione del reddito e divisione sociale del lavoro : una questione che un tempo fu molto dibattuta fra gli economisti ( per esempio , da Smith e dai suoi epigoni ) , ma che oggi lo è solo eccezionalmente ; è invece studiata da sociologi e da pedagogisti , i quali ultimi per le società più avanzate hanno posto , come prospettiva di lungo periodo , la questione della possibile graduale sostituzione della divisione orizzontale con una certa rotazione verticale del lavoro che quanto meno elimini i lavori più ripetitivi e più umilianti ; naturalmente un tale processo implicherebbe l ' accelerazione e , per certi aspetti , la modifica dell ' evoluzione tecnologica . In una società come quella italiana , questo non sembra un problema urgente , come lo è invece quello delle diseguaglianze nella distribuzione del reddito e del potere economico e politico discendenti da altri motivi ( quelle che ho chiamate diseguaglianze del primo ordine ) . Il pedagogista Visalberghi , tuttavia , sostiene che gli studiosi e gli uomini politici che vogliono vedere lontano e che vogliono operare in vista di una società senza classi debbono porsi il problema fin da adesso anche in Italia . Oggi intanto domina l ' ideologia piccolo - borghese , molto efficacemente descritta da Ermanno Gorrieri : si fa una netta distinzione fra lavoro manuale e intellettuale e si proclama giusto il fatto che il secondo sia remunerato assai meglio del primo e riscuota maggior prestigio , dato che esso si fonda su sacrifici , dispendio di tempo per lo studio e rinuncia a guadagni più immediati . Questo punto di vista - sostiene Gorrieri , a mio parere assai fondatamente - costituisce in ultima analisi una mistificazione : 1 ) perché non è vero che lo studiare comporti sacrifici maggiori che il lavorare ; 2 ) perché " la possibilità di rinviare il momento di guadagnare e di sostenere le spese per gli studi dipende quasi sempre dalle condizioni economiche , della famiglia a cui il giovane appartiene . Nella maggior parte dei casi non si tratta di libera scelta degli interessati ma costituisce un privilegio di cui alcuni possono usufruire e altri no . In pratica , la possibilità di avvio e di riuscita negli studi superiori non rappresenta un ' opportunità offerta a tutti con uguale facilità ; la parità delle condizioni di partenza è ben lontana dal verificarsi nella realtà " . Insomma , non è lecito " il porre un privilegio ( l ' accesso alla cultura ) come legittimazione di un secondo privilegio ( una condizione economica più elevata ) " ( La giungla retributiva , cit . , pp. 251-2 ) . Dunque , in una società come quella italiana , la distribuzione del reddito oggi dipende , congiuntamente , dalla proprietà privata dei mezzi di produzione , dal controllo politico e amministrativo del processo di accumulazione e dai diversi gradi di istruzione e di qualificazione di coloro che lavorano : i tre aspetti in parte si sovrappongono . Si può affermare che la lotta per il potere - economico e politico - in ultima analisi riguarda le modalità e le conseguenze della proprietà privata dei mezzi di produzione e le possibilità di controllare e quindi d ' indirizzare , direttamente o indirettamente , il processo di accumulazione . Si può affermare tutto ciò purché si tenga sempre presente che le tre espressioni al singolare ( " la lotta " , " la proprietà " e " il controllo " ) sono modi abbreviati per indicare realtà estremamente complesse , contraddittorie , differenziate e mutevoli nel tempo . Nei capitoli che seguono mi propongo appunto di presentare elementi utili per un futuro approfondimento critico e particolareggiato di quelle affermazioni : non è da escludere che , una volta compiuto un tale approfondimento , quelle affermazioni , che qui sono assunte come pure ipotesi di lavoro , debbano essere modificate o addirittura sostituite con ipotesi diverse . Sulla base della precedente analisi della distribuzione del reddito possiamo formulare la seguente suddivisione delle classi sociali . I . Borghesia vera e propria : grandi proprietari di fondi rustici e urbani ( rendite ) ; imprenditori e alti dirigenti di società per azioni ( profitti e redditi misti che contengono elevate quote di profitto ) ; professionisti autonomi ( redditi misti , con caratteri di redditi di monopolio ) . IIa . Piccola borghesia impiegatizia ( stipendi ) . IIb . Piccola borghesia relativamente autonoma ( redditi misti ) : coltivatori diretti , artigiani ( inclusi i piccoli professionisti ) , commercianti . IIc . Piccola borghesia : categorie particolari ( militari , religiosi ed altri ) ( stipendi ) . IIIa . Classe operaia ( salari ) . IIIb . Sottoproletariato . Le tre categorie della piccola borghesia corrispondono a quelle che comunemente sono chiamate classi medie La definizione delle classi sociali e del concetto stesso di classe richiederebbe un ' ampia discussione , che qui neppure tento di affrontare . Mi limito a ricordare che le diverse classi e sottoclassi non sono divise da steccati : alcune zone sono terra di nessuno ed esiste una certa mobilità sociale , che presumibilmente è tanto maggiore quanto più rapido è il processo di sviluppo economico . Vi sono , inoltre , numerose persone che ottengono redditi plurimi . Si tratta , per esempio , di professionisti , o di impiegati , o di commercianti , che sono anche proprietari di fondi rustici o urbani ; in questo caso i redditi si sommano e gl ' interessi dei titolari sono molteplici : dal punto di vista economico converrà includere i titolari nella classe o nella sottoclasse in relazione alla fonte del reddito prevalente . Ancora : mentre i " ricchi " sono inclusi tutti nella prima classe , nelle altre troviamo individui " agiati " o " poveri " o addirittura " poverissimi " , secondo il livello del reddito . Se si considera la distribuzione del reddito per classe o sottoclasse , il valore di massima frequenza ( moda ) decresce passando dalla classe economicamente più elevata alle altre ; ma occorre tener presente che , per certi aspetti , può esservi comunanza d ' interessi e quindi solidarietà fra gli strati più elevati o , al contrario , fra quelli più bassi delle diverse classi e sottoclassi - dove il concetto di alto o basso , naturalmente , è riferito al livello del reddito . Tuttavia , da un punto di vista più ampio di quello strettamente economico si debbono considerare i legami dovuti al tipo di cultura , al modo di vita e all ' ambiente ( per esempio : grandi città e piccoli centri , città e campagna ) . Infine , occorre considerare la dinamica e quindi anche la storia precedente di ciascuna classe o sottoclasse ; da questo punto di vista , le stesse classi e sottoclassi appaiono profondamente diverse nelle regioni settentrionali rispetto alle regioni meridionali del nostro paese ; e le differenze diventano ancora più grandi quando si considerano paesi diversi . Per distinguere le diverse classi sociali il reddito è dunque un elemento importante , ma non tanto per il suo livello , quanto per il modo attraverso cui si ottiene ; tale modo si riflette nell ' ambiente e nel tipo di cultura ed è condizionato dalla storia precedente della società di cui le classi costituiscono parti integranti . " Con riferimento alla divisione delle società in classi , il " modo " è rilevante in quanto attiene ai rapporti di potere , e cioè in quanto indica attraverso quali forme di lotta per il potere si determina , o si concorre a determinare , una certa distribuzione del reddito e un certo tipo di accumulazione , ossia di sviluppo del reddito stesso " [ Queste osservazioni , riportate fra virgolette , mi sono state espresse , in una lettera , da Antonio Giolitti : ho ritenuto utile riportarle testualmente ] . Tenendo ben presenti queste avvertenze , può essere utile riflettere sulla distribuzione quantitativa del reddito fra le diverse classi e sottoclassi sociali in Italia . Le stime ( tabelle 3.1 e 3.2 ) riguardano il 1971 e rappresentano semplici ordini di grandezza : mi sono deciso a presentarle solo perché spero che esse possano provocare indagini più approfondite . 3 . Tendenze delle classi sociali L ' analisi quantitativa delle classi e sottoclassi sociali nel nostro paese mostra che il fenomeno più rilevante è il fortissimo aumento della piccola borghesia impiegatizia e commerciale : da meno di un milione su 16 milioni di occupati al principio del secolo ad oltre 5 milioni su 19 milioni di occupati . Prima di considerare i motivi di questa enorme espansione , dobbiamo considerare insieme le tendenze quantitative che emergono dalla prima tabella . L ' aspetto più impressionante è che , nel corso del tempo , le quote delle tre grandi classi sociali , pur fra qualche oscillazione , mostrano una fondamentale stabilità . Questa stabilità , tuttavia , è il risultato di variazioni contrastanti delle quote delle sottoclassi . In particolare , la relativa stabilità della quota imputabile alla piccola borghesia nel suo complesso è il risultato di un forte aumento della quota relativa alla piccola borghesia impiegatizia ( dal 2% nel 1881 al 17% nel 1971 ) , accompagnato da un ' altrettanto forte diminuzione della quota relativa alla piccola borghesia relativamente autonoma ( dal 41 al 29% ) ; ed anzi la diminuzione di quest ' ultima quota sarebbe stata anche maggiore se non ci fosse stato l ' aumento ( interno a questa sottoclasse ) nel numero dei commercianti . Analogamente , la relativa stabilità della quota relativa alla " classe operaia " è il risultato di una somma algebrica fra la forte flessione della quota dei salariati agricoli ( dal 36 al 6% ) e un aumento non meno rilevante nella quota dei salariati che lavorano in attività extra - agricole ( dal 17 al 42% ) . La borghesia vera e propria costituisce in tutto l ' arco del periodo considerato una quota esigua : dal 2 al 2,5% . Anche in questo caso particolare la quota è relativamente stabile , come relativamente stabile , anche se di meno , è il livello assoluto . Tuttavia , se le cifre cambiano poco , cambiano profondamente i contenuti : questa osservazione vale per tutte le classi , anche per quelle in forte espansione , ma vale con particolare forza per la borghesia . I grandi proprietari agrari , che nel secolo scorso avevano grande peso sociale e politico , oltre che economico , oggi hanno una modesta rilevanza . Gl ' imprenditori proprietari o comproprietari di grandi e medie imprese ( quelli che posseggono piccole o piccolissime imprese sono inclusi fra gli artigiani ) hanno pur sempre importanza , anche se la loro posizione relativa è mutata , mentre grandemente accresciuto è il peso dei dirigenti delle grandi imprese private e pubbliche organizzate nella forma di società per azioni , dei gruppi finanziari che in certi settori controllano queste imprese e dei grandi organismi pubblici di produzione e di erogazione . Oramai , coloro che dirigono i grandi complessi produttivi e finanziari non ne sono proprietari che in piccola parte , quelli che dirigono i grandi organismi pubblici sono ovviamente esclusi dalla proprietà di quegli organismi : la separazione fra proprietà e direzione è andata molto avanti nel settore moderno dell ' economia italiana . Se l ' espressione " neocapitalismo " ha un significato preciso , è appunto questo : un ' economia che nell ' industria e nella finanza è dominata da gruppi di società per azioni private e pubbliche e da enti pubblici , i cui massimi dirigenti ( i generali ) " s ' identificano " col gruppo o con la società o con l ' ente , mentre gl ' impiegati esecutivi ( gli ufficiali subalterni che hanno i rapporti diretti con i sergenti e i soldati ) sono tagliati fuori dai processi decisionali e i dirigenti intermedi in parte diventano " fiduciari " dei massimi dirigenti e in parte seguono la sorte degli impiegati esecutivi . La piccola borghesia relativamente autonoma , ossia la piccola borghesia tradizionale , costituita nella massima parte da contadini proprietari , da artigiani e da piccoli commercianti , è andata via via diminuendo nel numero , come aveva previsto Marx . Ma questa flessione è imputabile esclusivamente ai contadini proprietari ( coltivatori diretti ) , che , insieme con numerosi salariati , hanno abbandonato l ' agricoltura . Secondo Marx , anche gli artigiani e i piccoli commercianti sarebbero dovuti diminuire , progressivamente eliminati dalla concorrenza delle grandi unità moderne . Ora , questo fenomeno ha avuto luogo per l ' artigianato domestico ( se ne ha un chiara traccia nel periodo che va dal 1881 al 1901 ) e , comunque , per l ' artigianato di tipo antico , un artigianato produttore di merci che entravano in concorrenza con quelle sempre più efficientemente prodotte dalle imprese moderne ( tessuti , scarpe , mobili , oggetti di vestiario , prodotti dell ' industria alimentare ) : un tale processo si è svolto e tuttora si sta svolgendo , soprattutto nel Mezzogiorno . Ma , accanto a questo processo di crisi dell ' artigianato di tipo antico , si è andato sviluppando un artigianato di tipo nuovo , che non solo non è danneggiato dallo sviluppo dell ' industria moderna ma se ne avvantaggia , poiché produce merci e , più ancora , servizi , che sono complementari rispetto ai prodotti dell ' industria moderna . Il risultato delle contrastanti tendenze , l ' una col segno meno l ' altra col segno più , è una relativa stazionarietà negli ultimi decenni nelle dimensioni di questo gruppo sociale . La massa dei piccoli commercianti , invece , non solo non è diminuita ma è andata crescendo , grazie soprattutto alla protezione concessa dall ' autorità politica , protezione che in questo caso ha avuto pieno successo . La classe operaia nelle attività extra - agricole è andata sensibilmente crescendo dal 1881 al 1921 , corrispondentemente allo sviluppo del primo nucleo di capitalismo industriale moderno , soprattutto nelle regioni settentrionali , e poi dal 1936 al 1961 . In ogni modo , le variazioni quantitative , che finora sono state trascurate da quasi tutti gli studiosi , vanno considerate con spirito critico e sempre in congiunzione con le variazioni qualitative . Così , dalla tabella 1.1 appare che la borghesia vera e propria numericamente è cresciuta assai poco negli ultimi novant ' anni . Ma non solo si deve tener conto che il peso delle singole categorie è profondamente variato nel corso del tempo ; si deve anche tener presente che questa classe aveva , nel suo complesso , ben altri poteri e ben altra influenza verso la fine del secolo scorso , quando una bassissima percentuale di adulti aveva il diritto di voto e quando i sindacati dei lavoratori erano nella difficilissima fase della loro formazione . In quel tempo la gestione politica e amministrativa era molto più semplice di quanto sia diventata poi , specialmente dopo la seconda guerra : la classe dominante era divisa , nel suo interno , da precisi contrasti d ' interessi ; e la vita politica risultava essenzialmente dallo scontro e poi dai compromessi dei diversi gruppi d ' interessi operanti nell ' ambito della classe dominante . Oggi , soprattutto per l ' enorme espansione numerica e per l ' aumento del peso politico della piccola borghesia e per il fortemente accresciuto peso politico della classe operaia , i contrasti sono molto più differenziati e l ' intera gestione della società è divenuta di gran lunga più complessa di quanto fosse nel passato . Su un piano diverso , occorre poi osservare che le variazioni numeriche che si riscontrano nelle diverse classi sono di difficile interpretazione , a causa dei processi di travaso fra una classe e l ' altra e a causa dei movimenti della popolazione . Questo processo e questi movimenti rendono incerte le illazioni , anche nei casi di rilevanti variazioni numeriche , come quelle che si sono verificate , dopo la seconda guerra mondiale , nelle categorie di coloro che esplicano attività di tipo agricolo ( coltivatori diretti e salariati , fissi e giornalieri ) . Può essere utile , tuttavia , riflettere sulle seguenti cifre , che in sintesi indicano , da un lato , la riduzione della popolazione attiva in agricoltura e quindi l ' entità dell ' esodo agrario negli ultimi due decenni e , dall ' altro , l ' espansione di certe categorie sociali che svolgono attività extra - agricole . Le cifre sono espresse in milioni : Coltivatori Borghesia Impiegati Commercianti diretti ed altri -3,7 +0,1 +1,4 +0,6 = -1,6 Salariati agricoli Salariati nelle attività extra - agricole -1,1 +2,2 = +1,1 - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Occupazione totale -0,5 Queste cifre ( ricavate dalla tabella 1.1 ) non consentono illazioni precise e inequivocabili , a causa del carattere molto approssimativo dei dati e a causa di processi di travaso fra le classi . Tuttavia è possibile ricavare alcune indicazioni di larga massima : - numerosi contadini proprietari , o i loro figli , " salgono " nelle categorie impiegatizie o , in misura molto piccola , al livello della borghesia vera e propria , ovvero si spostano nella categoria dei commercianti e di altri lavoratori autonomi ; - altri contadini , o i loro figli , come anche la massima parte dei salariati agricoli , diventano salariati in attività extra - agricole . Conviene ricordare che per i salariati che lasciano le campagne l ' edilizia costituisce una specie di sala d ' attesa : l ' intento è trovare impiego nell ' industria manifatturiera . Se l ' edilizia entra in crisi , molti di coloro che lavorano in tale attività ritornano nelle campagne o vanno a popolare , come sottoproletari , le bidonvilles e i quartieri poverissimi delle città ( molti sottoproletari , comunque , vivono fra occupazioni saltuarie nell ' edilizia e piccoli traffici di vario genere ; v . l ' interessante monografia di Giulio Salierno , Il sottoproletariato in Italia , Samonà e Savelli , Roma , 1972 ) . Poiché un ' elevata quota dei salariati che lasciano l ' agricoltura proviene dalle regioni meridionali , appare qui una importante sovrapposizione fra esodo agrario ed emigrazione dal Sud al Nord . Presumibilmente , i contadini proprietari , che " scendono " e diventano salariati , appartengono agli strati più poveri , mentre i contadini che " salgono " appartengono agli strati relativamente più benestanti , che sono in grado di istruirsi o di fare istruire adeguatamente i loro figli . Di " proletarizzazione " in senso stretto si può parlare solo per quei contadini proprietari che diventano salariati . Come risulta dalle cifre indicate sopra , ha luogo , sempre negli ultimi venti anni , una flessione dell ' occupazione circa 500 mila persone . Questa flessione , che dal punto di vista puramente statistico dipende dal fatto che l ' esodo agrario è maggiore dell ' aumento dell ' occupazione nelle attività extra - agricole , è imputabile principalmente alla flessione netta dell ' occupazione femminile in agricoltura : le donne che lasciano le campagne , ove svolgono attività ausiliarie , quando vanno in città insieme con i mariti o con i padri non trovano lavoro a causa del basso grado d ' istruzione e di qualificazione ed a causa delle particolari caratteristiche della domanda di lavoro femminile , che , nella domanda complessiva , costituisce la frazione marginale : due fatti , questi , che sono fra loro interdipendenti e che , per l ' estensione che raggiungono nel nostro paese , sono di natura essenzialmente patologica . In complesso , e facendo riferimento alla classificazione qui adottata , sembra che negli ultimi venti anni l ' esodo agrario si traduca in larga misura a spostamenti interni alle classi : da un lato molti contadini , o i loro figli , abbandonano le campagne ma restano nell ' ambito di quella che qui è stata chiamata piccola borghesia ( impiegatizia o relativamente autonoma ) ; dall ' altro lato , i salariati che lasciano l ' agricoltura , o i loro figli , restano nell ' ambito della " classe operaia " ( e del sottoproletariato : v . la tabella 4.4 ) . Tuttavia , anche gli spostamenti interni alle classi hanno grande rilievo dal punto di vista dell ' equilibrio sociale , poiché molto diversi sono gl ' interessi e gli atteggiamenti politici prevalenti nelle sottoclassi coinvolte . Gli spostamenti fra l ' una e l ' altra classe riguardano l ' ascesa di un certo numero , molto esiguo , di contadini proprietari verso la borghesia propriamente detta e , in misura più consistente , la discesa di un buon numero di contadini proprietari ( presumibilmente : contadini poveri ) verso il proletariato extra - agricolo . Infine , una parte dell ' esodo si traduce in flessione netta dell ' occupazione complessiva . La tendenza dell ' occupazione a diminuire merita un commento particolare . Estendiamo l ' orizzonte temporale . Dal 1881 al 1921 il livello assoluto dell ' occupazione cresce in misura rilevante : da 16,3 a 20,4 milioni . Dal 1921 al 1961 quel livello subisce fluttuazioni molto modeste e , tutto sommato , varia relativamente poco . La flessione del livello assoluto si profila nell ' ultimo decennio , non per un ' accelerazione dell ' esodo agrario , ma a causa dell ' indebolimento dello sviluppo industriale . Come conseguenza di questi andamenti , la quota della popolazione attiva sulla popolazione totale che nel 1881 superava il 55% , oggi non raggiunge il 36% . Questa flessione va attribuita , in parte , a cause di natura fisiologica , come l ' aumento della scolarità e il ritiro volontario dal mercato del lavoro di un certo numero di persone anziane per il miglioramento delle pensioni . Ma per una quota non piccola , anche se non facilmente misurabile , si tratta di un fenomeno patologico : lo sviluppo della domanda di lavoro è troppo debole e la struttura di questa domanda non è quella socialmente desiderabile . 4 . Nord , Centro e Sud L ' evoluzione economica e sociale non è un processo uniforme ed equilibrato in nessun paese e da nessun punto di vista , neppure dal punto di vista territoriale ; meno che mai è uniforme nel nostro paese , dove il contrasto fra Nord e Sud costituisce il più grave problema nazionale ; inoltre , come si è già osservato , le stesse classi hanno connotati diversi nelle diverse regioni del nostro paese . Ma prima di soffermarci , schematicamente , su alcuni aspetti qualitativi consideriamo , nelle grandi linee , gli aspetti quantitativi ( v . le tabelle 1.3 , 1.4 , 1.5 e 1.6 ) . La fondamentale stabilità delle tre grandi classi sociali , che avevamo notato esaminando i dati nazionali , si nota anche al livello delle tre circoscrizioni ( Nord , Centro e Sud ) , sebbene a questo livello le oscillazioni risultino più accentuate . Anche per queste circoscrizioni vale l ' osservazione che le variazioni più importanti hanno luogo all ' interno delle classi medie e della classe operaia : flessione dei lavoratori autonomi ed aumento degli impiegati ; flessione dei salariati in agricoltura ed aumento dei salariati nelle altre attività , specialmente nell ' industria . Queste flessioni e questi aumenti , che sono l ' espressione di un processo di " modernizzazione " , hanno luogo in tutte e tre le circoscrizioni ; ma , com ' era da attendersi , nel Nord sono molto più accentuati . Soffermandoci sulla situazione attuale , è importante osservare che oggi , nel Sud , la quota degli impiegati privati - che sono direttamente collegati con la produzione - è sensibilmente inferiore a quella nazionale e , ancor più , a quella del Nord . Il quadro si rovescia se si considerano gl ' impiegati pubblici : nel Sud la quota è maggiore della media nazionale ed è molto maggiore di quella del Nord . Le quote risultano tutte spostate in alto di un punto e mezzo o due punti se invece degli impiegati pubblici si considerano i dipendenti della pubblica amministrazione , i quali includono anche i militari e i salariati . Ecco le percentuali sulla popolazione attiva : Nord 7,2 , Centro 12,8 , Sud 10,5 , media nazionale 9,2 . Poiché nel Sud , che è un ' area arretrata , c ' è relativamente meno da amministrare che nel Nord e poiché la quota del Centro è spinta in alto dalla burocrazia ministeriale ubicata a Roma , appare chiaro che la quota del Sud è patologicamente elevata . Quanto ai professionisti , è interessante rilevale che la quota degli avvocati sulla popolazione nel Sud è pari a circa il doppio di quella del Nord ( 0,30 contro lo 0,15% ) . Questo è il risultato di due spinte : da un lato , la scarsezza di sbocchi professionali e quindi l ' affollamento di questa come di certe altre professioni ; dall ' altro lato , la litigiosità nel campo economico , che è tanto più alta quanto più povera è l ' economia e quanto più stentato e diseguale e il suo sviluppo . Consideriamo ora la classe operaia . Nell ' agricoltura i salariati rappresentano il doppio della media nazionale ( 6,2% ) ed oltre tre volte la quota del Nord . Viceversa i salariati dell ' industria , esclusa l ' edilizia , nel Sud rappresentano una quota pari alla metà della media nazionale ( 25% ) ed a poco più di un terzo della quota del Nord . A causa dell ' esodo agrario , negli ultimi vent ' anni i contadini proprietari ( più i mezzadri e i fittavoli ) e i salariati si riducono sensibilmente . È da notare che la velocità assoluta e relativa dell ' esodo agrario nel Sud è paragonabile a quella dell ' esodo che ha avuto luogo nel Nord e nel Centro , sebbene le occasioni di lavoro extra - agricolo , in queste due aree , fossero molto maggiori e sebbene l ' emigrazione in regioni lontane ( o all ' estero ) sia molto più dolorosa , umanamente , di spostamenti nell ' ambito della stessa regione . Questo fatto è chiaramente la conseguenza delle condizioni di miseria e di deficienza e di precarietà delle occupazioni , soprattutto nelle zone agrarie dell ' interno . L ' esodo agrario e l ' emigrazione , insieme con lo sviluppo molto fiacco della domanda di lavoro fuori dall ' agricoltura , spiegano l ' agghiacciante caduta nel Sud , ben più grave che nel Centro e nel Nord , del tasso di attività . Esodo agrario in parte patologico , ipotrofia dell ' industria moderna , ipertrofia del pubblico impiego : sono queste le caratteristiche economico - sociali del Mezzogiorno . In generale , la flessione dei gruppi sociali legati all ' agricoltura e l ' accrescimento di quelli urbani tende ; ad aggravare l ' instabilità politica , almeno in una prima lunga fase . D ' altra parte , l ' ipertrofia dell ' impiego pubblico accompagnata all ' ipotrofia dell ' impiego privato tende , come sempre , in linea generale , a rafforzare le posizioni della conservazione , poiché gli impiegati privati , quando sono collegati alla produzione e , in particolare , alle fabbriche , tendono ad essere politicamente più " progressisti " dei loro colleghi del settore pubblico , ove prospera il clientelismo . Tutto questo è grave e preoccupante , ma è comprensibile : in una situazione economica come quella meridionale , la domanda di lavoro extra - agricolo cresce lentamente ; soprattutto i giovani appartenenti ai ceti medi impiegatizi e professionali , o i giovani appartenenti ai ceti medi costituiti dai lavoratori relativamente autonomi ( specialmente artigiani e contadini proprietari ) , che non vogliono o non possono trovare impiego nelle attività dei loro padri , premono in tutti i modi per ottenere un posto , un impiego , dopo essersi muniti di un diploma o di una laurea . In queste condizioni , le fortune stesse degli uomini politici sono legate alle loro capacità di procurare " posti " ; ed i " posti " spesso vengono assegnati in gran parte in modo indipendente dalla capacità delle persone . Si tratta di posti a livelli umili - per il così detto personale d ' ordine e esecutivo - e si tratta , in minor misura , di posti a livelli relativamente elevati che specialmente negli enti locali comportano stipendi buoni , relativamente agli altri lavoratori e relativamente alla situazione economica . Domina dunque , nel Mezzogiorno , il clientelismo politico e amministrativo . Gli stessi partiti di sinistra , quelli che hanno la falce e il martello e magari un libro come simbolo , rimangono inquinati da una tale situazione . Il clientelismo piccolo - borghese rischia di travolgere anche questi partiti , che in teoria dovrebbero costituire , in primo luogo , l ' espressione dei contadini più poveri e dei salariati agricoli ( falce ) e dei lavoratori salariati nell ' industria ( martello ) . In realtà , questi partiti , almeno negli organismi centrali , sono gestiti e diretti da piccoli borghesi , più o meno illuminati : l ' elogio del " proletario " , la proclamazione della sua egemonia , spesso diventano una maschera della situazione reale , in cui l ' egemonia è dei piccoli borghesi : molto libro , poco martello , pochissima falce . La verità è che i piccoli borghesi hanno conquistato l ' elettorato attivo e quello passivo , mentre gli uomini della falce e del martello di regola hanno solo l ' elettorato attivo . Le critiche ed anzi le invettive che Gaetano Salvemini scaglia contro la piccola borghesia meridionale sono dunque largamente valide anche oggi . Ecco qualche citazione : " La vita pubblica nel Mezzogiorno è assolutamente impraticabile per chi non sia una canaglia (...) . Va da sé che le lotte fra le fazioni non hanno nessun contenuto né sociale né politico . Si tratta di clientele concorrenti in cui si scinde l ' unica classe dominante (...) . Se qualcosa c ' è da dire sugli ideali dei vari eserciti in lotta , è che tutti hanno lo stesso ideale : togliersi un po ' di fame sul bilancio del comune " ( La piccola borghesia intellettuale nel Mezzogiorno d ' Italia , saggio del 1911 incluso nel volume Movimento socialista e questione meridionale , Feltrinelli , Milano , 1963 , pp. 487-93 ) . Nel nostro tempo , in alcuni centri meridionali ove si sono insediate grandi imprese si è creato un peculiare modus vivendi , di tacita divisione di attività fra la piccola borghesia locale e i dirigenti delle nuove unità industriali : i piccoli borghesi locali si occupano dell ' amministrazione pubblica , assai spesso con metodi clientelari non molto diversi dagli antichi , e i dirigenti si occupano dell ' attività produttiva : sfortunatamente , non c ' è stata , o non c ' è ancora stata , una vera integrazione su un livello moderno e civilmente accettabile ( A . Graziani , Il Mezzogiorno nell ' economia italiana degli ultimi anni , nel volume Nord e Sud nella società e nell ' economia italiana di oggi , Atti del convegno promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi , Torino , 1968 , spec . pp. 34-7 ) . Dal principio del secolo ad oggi , dunque , le condizioni della vita pubblica sembra siano mutate più nella forma che nella sostanza . In gran parte le cose stanno proprio così . Tuttavia , se l ' osservatore riesce a dominare le sue emozioni e l ' angoscia e la rabbia di fronte ad uno spettacolo spesso barbaro ed incivile , egli deve riconoscere che molte cose sono cambiate anche nella sostanza ; ed i cambiamenti hanno avuto luogo non solo nelle campagne ( le condizioni economiche dei contadini sono molto migliorate ed il loro numero è fortemente diminuito per via dell ' emigrazione ) , ma anche nelle città dove , in certi casi , sono sorti nuclei piccoli ma dinamici di classe operaia moderna . I ceti medi impiegatizi e professionali , che sono in forte espansione , destano le maggiori preoccupazioni poiché costituiscono il terreno ideale per la coltura e lo sviluppo dei virus del clientelismo , che diventa mafia quando assume connotati criminali . Tuttavia , perfino in quest ' ambito vi sono cambiamenti rilevanti o almeno potenzialmente rilevanti , grazie all ' accresciuta mobilità delle persone ed al miglioramento del livello culturale e grazie alle conseguenze dell ' irrobustimento dei sindacati , a cominciare da quelli degli operai , irrobustimento che rende più difficili di quanto fossero ai tempi di Salvemini le prevaricazioni e gli abusi sistematici . È legittimo sperare che , lottando molto duramente , cambiamenti più vasti e profondi possano essere , attuati ; ma occorre tener sempre ben presente che assai grave è il peso della storia recente e , ancor più , il peso della storia passata : non bisogna farsi nessuna illusione sui tempi e sugli sforzi necessari . 5 . Marx e la piccola borghesia Mentre Marx aveva esattamente previsto la flessione della piccola borghesia agraria e dell ' artigianato di tipo antico , bisogna dire che egli non aveva previsto né lo sviluppo dell ' artigianato di tipo nuovo né l ' enorme espansione della piccola borghesia impiegatizia e commerciale . È vero : in un passo sovente citato della Storia delle teorie economiche ( Einaudi , Torino , 1935 , vol. II , p . 634 ) Marx , dopo aver notato che il progresso tecnico fa aumentare il reddito netto , afferma che questo aumento a sua volta dà luogo ad una " costante espansione delle classi che si trovano in mezzo fra gli operai da un lato ed i capitalisti e i proprietari fondiari dall ' altro , le quali in gran parte sono mantenute direttamente dal reddito e , mentre gravano sulla sottostante base lavoratrice , accrescono la sicurezza e la potenza sociale dei diecimila soprastanti " . Tuttavia , questa osservazione rimane isolata ; sembra che Marx attribuisca maggiore importanza ad un ' altra conseguenza del progresso della tecnica in regime capitalistico , una conseguenza che egli considera nel primo libro del Capitale ( l ' unico che abbia rivisto e completato per la pubblicazione ) : " lo straordinario aumento raggiunto dalla forza produttiva nelle sfere della grande industria - egli scrive - permette di adoperare improduttivamente una parte sempre maggiore della classe operaia e quindi di riprodurre specialmente gli antichi schiavi domestici sotto il nome di " classe di servitori " , come camerieri , serve , lacchè , ecc . , sempre più in massa " ; e per suffragare le sue tesi si ferma ad esaminare alcune statistiche inglesi ( libro I , Editori Riuniti , Roma , 1952 , vol. II , pp. 154-5 ) . La prima osservazione , quella riguardante le classi medie , era sulla strada giusta ; lo stesso non si può dire della seconda : a quanto pare la tendenza all ' aumento dei servitori durò pochi decenni e fu poi sostituita da una tendenza opposta ( v . le tabelle 1.1 e 2.1 ) . In ogni modo , la " questione dei domestici " , pur essendo apparentemente umile , presenta interesse , poiché ha fatto parte integrante di un certo modo di vita e riveste comunque rilevanza nelle famiglie della media e piccola borghesia ( per quelle della grande borghesia la questione si pone in termini assai diversi ) . La questione delle classi medie , pressoché ignorata da Marx sul piano dell ' elaborazione concettuale , è stata acutamente e ripetutamente discussa da un grande pensatore che si dichiara seguace di Marx e cioè da Mao Tse - tung ( v . specialmente il saggio Analisi delle classi sociali cinesi incluso nel I volume delle Opere scelte , Casa editrice in lingue estere , Pechino , 1969 ) . Quell ' accenno all ' espansione delle classi medie , dunque , resta isolato , come restano isolate altre osservazioni - geniali , considerando il tempo in cui Marx scriveva - sui dirigenti industriali ( managers ) e sui tecnici . Riguardo alle classi medie sembra che tanto le conseguenze analitiche quanto le conseguenze politiche rimangano , per Marx , quelle che egli insieme con Engels considerava nel Manifesto , nel quale prospettava il declino , fin quasi alla sparizione in quanto forza sociale e politica , della piccola borghesia , che nello stesso Manifesto è vista come una classe composta da contadini proprietari , artigiani e piccoli commercianti . Nelle opere storiche concrete ( per esempio : Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 , Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte ) , Marx considera diverse classi e sottoclassi e mostra di essere ben consapevole del ruolo della piccola borghesia . Egli mette in rilievo i conflitti fra la borghesia industriale moderna , da un lato , e la borghesia agraria e quella finanziaria dall ' altro : è la lotta fra il nuovo ed il vecchio nel seno stesso della classe dominante , la lotta attraverso la quale la borghesia industriale cerca di imporre il suo predominio ; le altre frazioni della borghesia , a loro volta , cercano di allearsi alla piccola borghesia . Ma la piccola borghesia di Marx è essenzialmente quella di tipo tradizionale , che nel tempo avrebbe subito una " inevitabile decadenza " , così come le altre frazioni della grande borghesia avrebbero progressivamente perduto d ' importanza , lasciando libero il campo ai due grandi protagonisti - antagonisti : la borghesia industriale e il proletariato industriale . La successiva evoluzione delle classi sociali non ha corrisposto alla previsione di Marx . Il fatto nuovo più rilevante nell ' evoluzione delle classi nel nostro paese , come anche negli altri paesi che si sono andati sviluppando secondo lo schema capitalistico , è stato appunto l ' enorme espansione della piccola borghesia impiegatizia e , in via subordinata , di quella commerciale . Se la borghesia vera e propria ( la grande e media borghesia ) può essere quasi certamente considerata come una classe sia dal punto di vista sociale sia da quello politico ; e se la classe operaia , anche in seguito allo sviluppo di molte imprese moderne e alla forte flessione dei salariati agricoli , comincia probabilmente ora ad assumere i caratteri di una classe , almeno nel suo nucleo più omogeneo ( salariati dell ' industria moderna ) , la piccola borghesia - i ceti medi - non sono propriamente una classe : si può parlare , al massimo , di una quasi classe , che possiede alcune solidarietà di fondo ( per ragioni economiche e culturali ) , ma che è suddivisa in tanti e tanti gruppi , con interessi economici diversi e spesso contrastanti , con diversi tipi di cultura e con diversi livelli di quella che si potrebbe chiamare moralità civile . È stato sostenuto , soprattutto da studiosi marxisti , che è in atto un processo di proletarizzazione ( culturale e politica , più che economica ) dei ceti medi . Per contro , è stato sostenuto , da critici del marxismo , che è in atto un processo di " integrazione " e di imborghesimento ( economico , culturale e politico ) della classe operaia . Non posso entrare in tali questioni , che sono state dibattute a lungo dai sociologi e continuano ad essere discusse . Tuttavia , considero false entrambe le tesi se ad esse si vuole attribuire validità generale : è vero , invece , che certi strati dei ceti medi tendono a proletarizzarsi , così come è vero che tendono a imborghesirsi alcuni strati superiori della classe operaia . È possibile che il processo di proletarizzazione di certi strati dei ceti medi compia rapidi progressi ( v . oltre , parte I , cap . 7 ) ; ed è possibile al contrario che il processo d ' imborghesimento col tempo si estenda addirittura a tutta la classe operaia ; come è possibile che tutto ciò non avvenga . Quel che è certo è che oggi la classe operaia italiana è ancora molto arretrata : sono ancora numerosi i salariati agricoli , fissi e giornalieri ( braccianti ) ; numerosi sono anche gli occupati nell ' edilizia , un ' attività dispersa e in gran parte arretrata . Nell ' industria , inclusa l ' edilizia , gli operai occupati in unità con oltre 100 addetti - le unità industriali moderne - sono circa 2 milioni ( poco più di un quinto dell ' intera classe operaia : v . le tabelle 4.2 e 4.3 ) . Al polo opposto vi sono oltre 3 milioni e mezzo di occupati precari , tre quarti dei quali si trovano nel Mezzogiorno , dove tuttavia vive soltanto un terzo della popolazione totale ( nella tabella 1.1 gli occupati precari e , in particolare , i sottoproletari non sono considerati separatamente ; alcune stime di larga massima sono indicate nella tabella 4.4 ) . Ricordiamoci poi che oltre il 70% di coloro che appartengono alle forze di lavoro al massimo ha la licenza elementare ; e si deve presumere che in gran parte queste persone siano lavoratori salariati ( vedi la tabella 6.2 ) . Il quadro è spaventoso ; ma la politica dello struzzo non ha mai giovato a nessuno . 6 , La rapida espansione della burocrazia privata e pubblica Perché è cresciuta tanto la piccola borghesia impiegatizia ? Principalmente per tre ragioni . In primo luogo , per il progresso tecnico e organizzativo , che ha portato ad un continuo aumento nelle dimensioni e quindi ad una " burocratizzazione " di molte imprese ed ha dato luogo alla formazione e allo sviluppo di nuovi uffici pubblici per amministrare tutti quegli interventi necessari per sostenere lo sviluppo delle grandi imprese o per puntellare o " salvare " quelle grandi imprese che si venivano a trovare in difficoltà . Al tempo stesso , diverse grandi imprese , salvate appunto nei periodi di crisi ovvero create dall ' autorità pubblica per sostenere lo sviluppo del reddito e dell ' occupazione , sono diventate imprese pubbliche e gl ' impiegati sono entrati a far parte di una burocrazia di tipo nuovo , formalmente privata ma sostanzialmente pubblica ( nella tabella 1.1 questi sono inclusi fra gli impiegati privati ) . In secondo luogo , è stato creato e poi progressivamente allargato un gran numero di organismi e di uffici pubblici per amministrare le così dette spese di trasferimento ( che oggi rappresentano circa il 40% del bilancio pubblico ) : è questo il risultato di una vasta opera di " mediazione " ( l ' espressione è di Augusto Illuminati ) , attuata dalla classe dominante per stabilizzare il sistema sociale dando , sia pure in parte , soddisfazione alle richieste delle classi subalterne : si tratta essenzialmente di pensioni 1e di contributi agli enti di previdenza e di assistenza . In terzo luogo , un numero crescente di persone , che erano riuscite a conseguire un diploma o una laurea , sono poi riuscite a entrare nella burocrazia centrale o locale grazie a pressioni clientelari o politiche : non i funzionari a servizio del pubblico , ma il pubblico a servizio dei funzionari . In questi casi gli stipendi non sono altro che larvati sussidi di disoccupazione ; in ultima analisi , anche questi casi sono la conseguenza di una particolare opera di stabilizzazione sociale e politica . Mentre i casi relativi ai primi due ordini di motivi possono essere considerati fisiologici , quelli del terzo ordine di motivi sono certamente patologici dal punto di vista economico . Che l ' inflazione patologica della burocrazia abbia assunto , in Italia , proporzioni cospicue è provato , oltre che dall ' esperienza diretta , da almeno due fatti . 1 ) L ' incidenza degli impiegati pubblici sull ' occupazione totale è sensibilmente più alta nel Sud di quanto sia nel Nord ; e nessuno potrà credere che nelle regioni meridionali le esigenze del primo e del secondo ordine siano maggiori che nelle più evolute regioni settentrionali . ( Naturalmente ho escluso dal confronto le regioni del Centro , dove si trova , a Roma , la burocrazia ministeriale ) . 2 ) Di tanto in tanto il governo promette premi e liquidazioni speciali per indurre un certo numero d ' impiegati a dimettersi e a lasciare la burocrazia ; provvedimenti che non rimediano a nulla , sia per i loro limitatissimi effetti , sia perché l ' inflazione patologica non si distribuisce in modo uniforme in tutti i rami della pubblica amministrazione , ma è particolarmente grave nel caso del personale puramente amministrativo e poco qualificato ; negli uffici tecnici vi è anzi carenza di personale specializzato . ( Anche a questo motivo va attribuita l ' inefficienza della pubblica amministrazione ) . La conformazione della burocrazia italiana è simile , insomma , a quella che assume il corpo di molti bambini sottonutriti del terzo mondo : un ventre patologicamente gonfio , uno scheletro debolissimo e insufficientemente sviluppato . Non si deve pensare , tuttavia , che i larvati sussidi di disoccupazione , ossia gli stipendi non giustificati dalle " necessità sociali della produzione " e dell ' amministrazione , riguardino solo certi strati inferiori della burocrazia . In alcune sfere dell ' alta burocrazia , nell ' area degli enti pubblici e delle aziende municipalizzate si trovano numerose persone la cui attività sarebbe arduo giustificare con quelle necessità sociali . Sono persone che riescono a " farsi assegnare taglie ingenti sul reddito nazionale " approfittando di una sorta di omertà di classe e facendo leva sulle " necessità politiche del gruppo fondamentale dominante " ( Gramsci , Gli intellettuali e l ' organizzazione della cultura , Einaudi , Torino , 1953 , p . 10 ) . Come in parte si può desumere da quanto si è detto dianzi e in parte potrà apparire più oltre nel capitolo riguardante il fascismo ( parte I , cap . 9 ) , la espansione patologica della burocrazia è anche il risultato di situazioni politiche di stallo che più volte si sono create nel nostro paese nei periodi in cui più aspri sono stati i conflitti fra borghesia vera e propria e strati più o meno ampi di lavoratori salariati ( fra i due litiganti il terzo gode ) . In quei periodi gli strati più elevati della borghesia hanno favorito le concessioni , in termini di impieghi e di aumenti di stipendi , ai funzionari e specialmente ai funzionari di grado più elevato , per tirarli dalla propria parte . In siffatti periodi la burocrazia non solo si espande , ma acquista un potere relativamente autonomo , per la " crisi di autorità " e il " vuoto di potere " che risultano dalla situazione di stallo fra i maggiori contendenti . Probabilmente quello che stiamo vivendo oggi in Italia costituisce uno di tali periodi [ Sono stato indotto ad esprimere le osservazioni contenute in questo capoverso dopo la lettura dei commenti critici che Marcello Colitti mi ha comunicato in una lettera . Cfr . M . Colitti , Le grandi imprese e lo Stato , Einaudi , Torino 1972 e A . Gramsci , Note sul Machiavelli , Einaudi , Torino 1953 , pp. 50-62 . ] . Privilegiata , però , non è l ' intera burocrazia , ma solo la fetta già elevata ; e un ' analoga considerazione vale per tutti gli altri ceti medi . Più precisamente , vi sono aree di privilegio sia in singoli settori di attività , protetti economicamente e politicamente , o , nell ' ambito di tutti o quasi tutti i settori , al vertice delle diverse gerarchie . In via generale , le condizioni economiche delle classi medie ( esclusi i contadini proprietari , che costituiscono un caso a parte ) sono tanto migliori rispetto a quelle della classe operaia quanto più tardivo è il processo di sviluppo dell ' industria moderna e quanto più debole è la forza contrattuale della classe dei lavoratori salariati , per la presenza di un ' ampia disoccupazione manifesta e nascosta , soprattutto in agricoltura . In queste condizioni , infatti , i salari reali aumentano ad un saggio relativamente lento , cosicché i lavoratori partecipano in misura modesta all ' aumento del sovrappiù sociale , o reddito netto ; di conseguenza , una parte crescente del sovrappiù diviene disponibile per i non salariati : capitalisti veri e propri , proprietari di case e di terreni e ceti medi , che mettono a frutto la loro posizione di quasi monopolio dell ' istruzione media e superiore . Di qui , l ' aumento del benessere relativo di certi strati di impiegati e di commercianti . ( Questa ipotesi , che è emersa da una conversazione con Fernando Vianello , andrebbe verificata sulla base di confronti con l ' evoluzione delle classi e dei gruppi sociali in altri paesi , specialmente di quelli molto sviluppati e , all ' opposto , relativamente arretrati . Un punto di partenza per tali confronti può essere offerto dall ' ottimo volume di Gino Germani , Sociologia della modernizzazione . L ' esperienza dell ' America Latina , Laterza , Bari , 1971 , particolarmente i capp . VI e X ) . 7 . L ' ubiquità della piccola borghesia Sebbene la piccola borghesia non costituisca propriamente una classe , essa tuttavia , come certi santi , possiede il dono dell ' ubiquità . Gli stessi interessi della classe operaia sono in gran parte gestiti - almeno sul piano politico e su quello delle organizzazioni sindacali centrali - da membri della piccola borghesia , i quali a differenza dei lavoratori salariati hanno , fra gli altri privilegi , più tempo libero e un più elevato grado d ' istruzione . Pur amministrando la cosa pubblica e , nella massima parte , gli apparati dei partiti politici , e pur condizionando ampiamente i gusti e le aspirazioni sociali , non si può affermare che il " potere " sia nelle mani di questa quasi classe . Nei paesi economicamente più evoluti i piccoli borghesi sono gli amministratori universali ; condizionano le scelte di fondo - fin quasi ad esercitare in molti casi una specie di potere di veto - , ma non sono loro a prenderle . Se si considera che la piccola borghesia è spezzettata in tanti e tanti gruppi ( localmente , in tante e tante clientele ) e che non pochi di questi gruppi sono costituiti in misura notevole da individui famelici , servili e culturalmente rozzi - da quelli che chiamerei i topi nel formaggio - si comprende perché nella nostra vita pubblica siano così diffuse certe pratiche non di rado sgradevoli e perfino ripugnanti della nostra vita pubblica , fra cui sono da annoverare molte pratiche di sottogoverno . Forse gli strati civilmente più robusti della piccola borghesia s sono da ricercare ai due estremi : fra quelli di formazione più antica ( che hanno certe " tradizioni " ) e quelli di formazione più recente e appartenenti a famiglie non proprio miserabili ( i cui membri anziani , di origine contadina e operaia , hanno impartito un ' educazione " austera " ai membri più giovani ) ; mentre fra gli strati di formazione intermedia , specialmente se provengono da famiglie miserabili , si ritrovano più di frequente gli individui peggiori , disposti a intraprendere l ' ascesa sociale e la scalata al benessere con ogni mezzo . Questi individui , se restano ai margini , in posizioni umili quanto a reddito e quanto a prestigio sociale , sono spesso indotti , dall ' ansia di differenziarsi dalle classi di provenienza , a prendere anche politicamente le posizioni più reazionarie . L ' instabilità politica e la superficialità culturale che caratterizzano numerosi strati della piccola borghesia , insieme con l ' acuto desiderio di sfuggire ad una vita mediocre e squallida e di " emergere " ad ogni costo , possono contribuire a spiegare i salti acrobatici compiuti da certi individui dall ' estrema sinistra all ' estrema destra ( molto raramente nella direzione opposta ) : uno dei più noti campioni di questo genere di salti è , nella nostra storia , Benito Mussolini , rappresentante caratteristico di certi strati della piccola borghesia provinciale . Debbo insistere : non vedo , nella piccola borghesia soltanto individui di questo tipo ; non vedo questa quasi classe soltanto a colori foschi . Certo , a causa della nostra storia , la fascia che può esser vista a colori non foschi è piuttosto esile ; ma esiste ; ed in questa fascia risiede una delle speranze per il futuro . In ogni modo , l ' espressione " piccola borghesia " , spesso usata in senso quasi dispregiativo , non deve trarre in inganno : in questa quasi classe , non meno che nelle altre , si trovano individui di grande onestà civile , di grande coraggio e di grande forza d ' animo : furono molti i piccoli borghesi che morirono nella Resistenza o nei campi di concentramento nazisti . Ma anche fra i torturatori erano assai numerosi i piccoli borghesi . La mediocrità della vita quotidiana di moltissime famiglie piccolo - borghesi non esclude dunque - anzi , forse , in certe circostanze contribuisce a determinare - una polarizzazione verso gli estremi , verso il meglio ed il peggio che si può trovare nell ' umanità . Proprio a causa della sua frammentazione in tanti ` e tanti gruppi e per la sua eterogeneità economica e sociale , la piccola borghesia è politicamente instabile . L ' instabilità è accresciuta dal fatto che , per non essere costretti , come gli operai , ad una dura disciplina di lavoro e ad uno sforzo incessante di sopravvivenza , molti piccoli borghesi - fra cui sono numerosi intellettuali - hanno una non indifferente zona discrezionale , ossia possono scegliere , per il bene o per il male , entro limiti relativamente più ampi non solo degli operai , ma perfino della grande e media borghesia , i cui membri subiscono fortemente le pressioni della loro classe , assai più omogenea della piccola borghesia . L ' instabilità e la polivalenza o indeterminatezza politica della piccola borghesia assumono la massima intensità nei suoi strati giovanili . Nei movimenti giovanili piccolo - borghesi , specialmente , in quello che è stato il movimento studentesco e poi negli attuali gruppi extra - parlamentari di estrema sinistra , confluiscono le motivazioni e gl ' impulsi più diversi : alcuni certamente nobili e degni del massimo rispetto , altri assai poco rispettabili . Numerosi giovani o giovanissimi hanno scoperto l ' esistenza delle classi e le discriminazioni e le tremende ingiustizie che discendono da questa realtà e sovente si sono gettati all ' estrema sinistra per una sorta di complesso di colpa derivante dai privilegi di cui si sono accorti di godere , o per un " inconscio desiderio di realizzare essi l ' egemonia della loro propria classe sul popolo " ( Gramsci , Gli intellettuali e l ' organizzazione della cultura , cit . , p . 43 ) . Numerosi giovani e giovanissimi hanno messo sotto accusa i padri , molti dei quali avevano la coda di paglia ( il contrasto fra giovani e anziani è antico quanto l ' umanità ; oggi , cadute molte bardature ipocrite , ha assunto in molti paesi forme nuove ed esasperate ) . La tensione , fra gli studenti , i diplomati e i laureati , è stata aggravata dalla crescente disoccupazione intellettuale - un fenomeno anche questo antico , che di recente ha assunto proporzioni molto gravi , sia per l ' impulso proveniente dallo sviluppo del sistema economico verso una più larga base per la selezione di tecnici e di specialisti , sia per l ' accresciuto reddito di famiglie appartenenti a gruppi sociali relativamente meno agiati , che hanno potuto inviare i loro figli alle scuole di ordine superiore e far loro prendere un diploma o una laurea , senza però che , nell ' economia , la domanda di lavoro intellettuale aumentasse in misura corrispondente all ' offerta . L ' instabilità e la polivalenza politica della piccola borghesia trovano un contrappeso , o un correttivo , in una serie di elementi ai quali è necessario dedicare un brevissimo cenno . Per ottenere e mantenere il " consenso " e la lealtà dei ceti piccolo - borghesi verso il così detto " sistema " e , possibilmente , per mantenerli in uno stato di subordinazione , in una parola per rafforzare ed allargare le propensioni conservatrici di quei ceti , la classe dominante tende , da un lato , a facilitare moderatamente la mobilità ascendente di quei ceti e , dall ' altro , a utilizzare le diverse istituzioni . La mobilità ascendente non è affatto costante nei diversi periodi e nelle diverse società ed è difficile da definire e misurare in modo rigoroso ; ma è certo che non è molto ampia ( specialmente quando si tratta della cooptazione nella stessa classe dominante ) ed è anche certo che la classe dominante tende a presentarla come molto più ampia di quanto essa in realtà sia . Non si tratta di un programma razionalmente elaborato e consapevolmente perseguito dalla classe dominante ; si tratta piuttosto di un processo che viene alimentato in modo quasi automatico attraverso un sistema , prodotto da una lunga tradizione storica , di approvazioni e di riprovazioni morali e sociali e , corrispondentemente , di promozioni o di punizioni , secondo i comportamenti individuali di conservazione e di accettazione ovvero di dissenso e di rifiuto . Un analogo processo , autoperpetuantesi in forme nuove anche dopo cambiamenti e perfino dopo fratture nella vita sociale , è all ' origine delle " istituzioni " ( magistratura , scuola , esercito , polizia ed altre ) , che costituiscono l ' area sociale dove tipicamente opera la piccola borghesia impiegatizia del settore pubblico e la cui logica ( incluse le specifiche " scale di valori " ) mira ad attuare l ' identificazione fra gli uomini e l ' istituzione alla quale appartengono e il totale condizionamento della loro personalità . L ' appartenenza alle diverse istituzioni dei diversi gruppi della piccola borghesia impiegatizia costituisce il principale elemento connettivo di questi ceti ed entro certi limiti li stabilizza e li subordina alla classe dominante . Tuttavia , soprattutto in questo periodo , la stabilizzazione e , ancora di più , la subordinazione non sono più generalmente accolte come fatti ovvi , ossia spontanei , ossia fondati sul consenso , ma sono messi in discussione . In linguaggio marxista , tutti questi fenomeni fanno parte della " sovrastruttura " - un ' espressione ambigua e , io ritengo , ingannevole se intesa in senso letterale . Se usata con un grano di sale , si può dire che nel capitalismo moderno , con i crescenti margini discrezionali consentiti dalla liberazione dalle necessità elementari della vita di masse crescenti di persone , specialmente nel settore della piccola borghesia , la " sovrastruttura " diventa almeno altrettanto importante della " struttura " [ Ho scritto queste ultime osservazioni in seguito alle critiche ed ai suggerimenti espressi da Giorgio Ruffolo e da Giulio Salierno in un dibattito promosso il 24 novembre 1972 dall ' Istituto romano per la storia dal fascismo alla Resistenza , dibattito che riguardava appunto questo lavoro ] . Nonostante l ' instabilità e la polivalenza politica che caratterizzano la piccola borghesia nei suoi molteplici strati , e nonostante i correttivi istituzionali e politici cui ora si è accennato , probabilmente è giusto sostenere , come hanno fatto alcuni sociologi ( Luciano Gallino ed altri ) , che nell ' ambito di quella che io chiamo piccola borghesia impiegatizia comincia a delinearsi una certa differenziazione fra i quadri intermedi che vengono a integrarsi nel gruppo dominante e i quadri intermedi che invece assumono le caratteristiche di impiegati esecutivi ( cfr. parte I , cap . 3 ) . E si può dire che questi , specialmente nelle grandi fabbriche , tendono a proletarizzarsi , non tanto nel senso strettamente economico ( reddito individuale ) , quanto dal punto di vista della qualità del lavoro e dello status sociale e quindi nel senso che i loro interessi e i loro ideali si avvicinano progressivamente a quelli della classe operaia ; corrispondentemente , le azioni sindacali e politiche di questi impiegati e quelle degli operai dell ' industria moderna diventano sempre più simili fra loro . Per altri strati della piccola borghesia specialmente nel settore pubblico , si è avuta invece una proletarizzazione non nel senso sociale e politico ma nel senso economico , ossia nel senso di un avvicinamento alle condizioni materiali di vita degli operai . Tuttavia , la tendenza alla proletarizzazione nel senso economico di certi strati di piccoli borghesi può spingerli , per un desiderio di rivalsa e di differenziazione sociale , non verso posizioni sindacali e politiche di sinistra , ma , proprio al contrario , verso posizioni di destra o di estrema destra : dal punto di vista sociale e politico il problema è indeterminato . Per alcuni strati della piccola borghesia impiegatizia probabilmente ha avuto luogo un processo di proletarizzazione nel senso economico . In effetti , confrontando le variazioni di lungo periodo dei salari reali dell ' industria moderna con quelle delle retribuzioni reali degli impiegati pubblici , si notano le seguenti tendenze ( v . la tabella 5.3 ) : 1 ) un aumento molto notevole dei salari reali ( dal 1880 al 1970 circa 5 volte ) ; 2 ) un aumento molto meno accentuato degli stipendi reali ( meno di 2 volte nello stesso periodo ) ; 3 ) un conseguente progressivo avvicinamento fra le condizioni economiche degli impiegati pubblici e quelle degli operai nell ' industria moderna ( fa eccezione il periodo fascista , durante il quale i salari reali diminuiscono di circa il 15-20% e gli stipendi reali aumentano del 3-4% ) . È necessario tener ben presente che la riduzione della distanza media fra impiegati e operai non contraddice l ' ipotesi che in certe fasce le distanze siano perfino aumentate . Inoltre , è necessario tener presente che quell ' avvicinamento è avvenuto in salita , ossia con un aumento sensibile per tutti , ma specialmente per gli operai , del tenore di vita . Questo non significa che le spinte verso una trasformazione radicale o addirittura rivoluzionaria necessariamente vengano meno . Significa però che le spinte innovatrici perdono man mano il carattere elementare di protesta economica : notevoli gruppi di operai e di impiegati tendono a porsi sul piano , ben più complesso , dell ' affermazione e dell ' ascesa sociale in una struttura sempre più differenziata . Rispetto alla situazione studiata dai classici del marxismo i termini del problema appaiono profondamente mutati . Perché , dunque , molti piccoli borghesi decidono di schierarsi con gli operai e comunque di " andare a sinistra " ? I motivi sono disparati . Innanzi tutto ci sono i motivi ignobili : arricchirsi in nomine falcis et mallei coi mezzi e nei modi più svariati - essenzialmente con posti conquistati " politicamente " e retribuiti munificamente . Motivi di questo genere , che , è doloroso dirlo , sono tutt ' altro che rari , appaiono particolarmente ripugnanti , considerata l ' ideologia professata e considerati gl ' interessi che per la platea si pretende di voler difendere . Ma consideriamo i motivi non ignobili . Gli strati piccolo - borghesi le cui condizioni economiche si sono avvicinate a quelle della grande maggioranza degli operai ( redditi relativamente bassi , nessuna proprietà di immobili o titoli ) possono trovare conveniente associarsi agli operai , oltre che sul piano politico , anche sul piano sindacale , raccordando le loro rivendicazioni con quelle operaie . Una tale situazione ha luogo specialmente nel caso degli impiegati collegati con le fabbriche . Negli strati più colti della piccola borghesia possono essere frequenti coloro che si sentono solidali con gli operai non tanto per ragioni economiche , quanto per ragioni ideali o di progresso civile ; e si comprende allora perché vi sono persone che appoggiano anche provvedimenti dannosi per i propri interessi economici immediati . La scelta dei piccoli borghesi che si dedicano alla vita politica o sindacale può essere determinata da motivazioni ideali , ma può essere anche ( e contemporaneamente ) determinata dalla più o meno consapevole considerazione che andando dalla parte degli operai essi possono divenire leaders , mentre volgendosi verso la grande borghesia essi diverrebbero ufficiali subalterni o amministratori o , peggio , maggiordomi o , peggio ancora , servitori . Tuttavia , nell ' ipotesi che la scelta sia " a sinistra " , esiste in ogni caso la possibilità che i piccoli borghesi , qualunque sia la motivazione della scelta , gretta ed egoistica o generosa e nobile , nel fatto operino preoccupandosi in primo luogo dell ' immediato vantaggio proprio o del gruppo sociale dal quale provengono e solo in via subordinata del vantaggio della classe operaia . In conclusione , nel seno di tutti i ceti della piccola borghesia troviamo numerose frange di sinistra e numerose frange di destra ( in atto o in potenza ) ; ma , considerata la grande differenziazione di questa quasi classe , i confini non sono né stabili né ben definiti . Inoltre , non bisogna fidarsi delle etichette , che certe volte ( specialmente quando si va " in alto " ) possono essere ingannevoli : è indispensabile esaminare criticamente e a fondo i contenuti e le azioni effettive . 8 . Confronti internazionali Nelle considerazioni espresse nei due precedenti capitoli è implicita l ' idea che nell ' analizzare la distribuzione del reddito non sia da considerare solo l ' antagonismo fra salari e profitti ; esiste un antagonismo anche fra salari e redditi caratteristici di ampi strati di ceti medi , specialmente stipendi e certi tipi di redditi misti . Un tale antagonismo come quello fra salari e profitti , risulta attenuato quando il reddito , crescendo , lascia maggiore spazio per tutti i redditi , così che quel duplice antagonismo riguarda solo le quote . Tuttavia , l ' aumento del reddito , nel breve periodo - un anno - raramente supera il 5-6%; e l ' aumento è ben lungi da ripartirsi proporzionalmente fra tutti i redditieri . Il contrasto diventa veramente aspro quando il reddito cessa di crescere o addirittura diminuisce . Quell ' antagonismo , dunque , sussiste , e non può essere trascurato , considerando le dimensioni che le classi medie hanno raggiunto nel nostro paese . Si pone allora il quesito : negli altri paesi le classi medie sono altrettanto ampie ? La risposta è affermativa : indubbiamente i confronti internazionali sulla stratificazione sociale sono molto problematici ; ma sono importanti : l ' estero è lo specchio del diavolo , in esso possiamo vedere meglio noi stessi , possiamo comprenderci e criticarci con maggiore cognizione di causa . Dunque , nonostante le difficoltà , è indispensabile procedere a confronti internazionali , usando la necessaria cautela . Ritengo che , se vengono considerati come ordini di grandezza i dati con gran fatica selezionati per certi paesi e riportati nelle tabelle , in appendice , non siamo ingannevoli e , se pure entro limiti molto ristretti , consentono certi confronti ( i paesi esaminati , oltre l ' Italia , sono la Spagna , il Giappone , la Francia , la Gran Bretagna gli Stati Uniti , l ' Argentina e il Cile ( v . le tabelle 2.1 e 2.2 ) . Da questi confronti emergono due caratteristiche degne di nota : la quota delle classi medie sulla popolazione attiva è molto simile a quella osservata per l ' Italia ( 50% ) e , come per l ' Italia , è relativamente stabile nel tempo . Si tratta di caratteristiche sorprendenti ( mezzo secolo fa sarebbe stata proclamata l ' esistenza di una " legge " ) , poiché si osservano in paesi molto diversi e , per alcuni dei paesi considerati , in tempi molto diversi . Più precisamente : le quote delle classi medie e delle classi operaie in complesso sono stabili ( se mai , la quota della classe operaia ha forse una certa tendenza a flettere ) . Ma cambiano in modo molto significativo i contenuti : nell ' ambito delle classi medie , diminuiscono i coltivatori diretti e , almeno relativamente , gli altri lavoratori autonomi ( eccetto i commercianti ) , mentre aumentano gli impiegati sia privati che pubblici ; nell ' ambito della classe operaia , diminuiscono i salariati agricoli ed aumentano i salariati nelle altre attività , specialmente nell ' industria . t lecito presumere che col procedere dello sviluppo economico aumentano , in termini assoluti e relativi , gli operai occupati in aziende industriali moderne ( diciamo , in aziende che impiegano più di cento addetti ) ; questa presunzione si fonda , oltre che sulla logica , su un confronto internazionale ( tabella 4.3 ) . Poiché i paesi esaminati si trovano in stadi molto diversi dello sviluppo economico , conviene riflettere sui rapporti fra grado di sviluppo e quote dei diversi gruppi sociali ( tabella 2.2 ) . Risulta confermato che col procedere dello sviluppo diminuisce la piccola borghesia relativamente autonoma e cresce la piccola borghesia impiegatizia . Anzi , il confronto internazionale mostra che l ' Italia non è affatto più avanti degli altri paesi sulla strada dell ' espansione burocratica ; e mostra anche che ha ancora . una strada relativamente lunga da percorrere riguardo alla flessione della piccola borghesia autonoma . Restano confermati anche i mutamenti che hanno luogo nell ' ambito della classe operaia : man mano che procede lo sviluppo diminuiscono i salariati agricoli e aumentano gli operai industriali ; ma non sembra che vi sia uno stretto legame fra altezza della percentuale degli operai nell ' industria e grado di sviluppo ( probabilmente , il nesso è stretto se si considerano solo gli operai della grande industria ) . Le uniformità sopra indicate costituiscono , in sostanza , delle specificazioni di quella che Colin Clark chiama " legge di Petty " e che riguarda le relazioni fra sviluppo economico e sviluppo relativo dei tre grandi settori : col procedere dello sviluppo economico , si sviluppano in via preliminare le attività primarie ( agricoltura e miniere ) e poi , via via , le attività secondarie ( industriali ) e quelle terziarie ( commercio , credito , servizi , pubblica amministrazione ) . Le specificazioni sopra indicate permettono di dar ragione di alcune anomalie e di alcune apparenti eccezioni alla " legge " , come quella secondo cui in certi paesi molto arretrati l ' espansione del commercio precede quella delle così dette attività primarie : il punto è che occorre disaggregare e distinguere , in relazione al procedere dello sviluppo , le diverse attività terziarie ( C . Clark , The Conditions to Economic Progress , Macmillan , London , 19573; P . T . Bauer and B . S . Yamey , The Economics of Underdeveloped Countries , Cambridge University Press , 1957 ) . Quanto alla piccola borghesia impiegatizia , se è vero che l ' Italia si trova in linea , sia per la quota di impiegati privati sia per quella di impiegati pubblici , come si può affermare che la burocrazia pubblica del nostro paese è ipertrofica ? Innanzi tutto , occorre richiamare le ragioni dell ' espansione burocratica ( parte I , cap . 6 ) : 1 ) crescenti esigenze amministrative per sempre più ampi interventi nell ' economia ; 2 ) crescenti spese di trasferimento ; 3 ) " sistemazione " di un certo numero di persone grazie a pressioni clientelari o politiche . L ' ipertrofia , ossia l ' espansione patologica , ha luogo quando la burocrazia cresce per il terzo ordine di motivi . Ora , come si è già fatto rilevare , questa ipertrofia non riguarda l ' intera burocrazia , ma soltanto i gradi più bassi e le fasce meno qualificate della burocrazia ( negli uffici tecnici v ' è carenza di personale ) . Che le cose stiano così è indicato dal fatto ( anche questo già messo in rilievo ) che la quota della burocrazia pubblica è più alta nel più arretrato Sud che nel Nord . Inoltre , se si distinguono , fra gli impiegati pubblici , gl ' insegnanti dagli altri impiegati , si ha il quadro che segue e che riguarda , oltre l ' Italia , quattro paesi per i quali si sono trovati i dati necessari per il confronto ( i dati sono espressi in percentuale della popolazione attiva ) . Spagna Italia Francia Gran Bretagna Stati Uniti ( 1970 ) ( 1971 ) ( 1968 ) ( 1968 ) ( 1969 ) Insegnanti 2,4 3,1 3,6 5,6 5,7 Altri impiegati 3,9 5,0 3,7 5,6 8,2 pubblici In Italia , la percentuale degli impiegati pubblici , esclusi gl ' insegnanti , è nettamente maggiore che in Francia ed è simile a quella dell ' Inghilterra , il cui sviluppo economico e civile è ben più avanzato . Da ciò si può dedurre che la detta percentuale in Italia è patologicamente elevata . L ' aspetto patologico appare anche più grave se si considera che negli altri paesi non è stato possibile separare la quota ( piccola ma non trascurabile ) dei salariati pubblici , quota che dovrebbe essere inclusa nella classe operaia . Aggiungendo questa quota , che in Italia era stata esclusa , si giunge ad una percentuale di dipendenti pubblici ( esclusi gli insegnanti ) del 5,5% , una cifra pressoché identica a quella inglese . Negli Stati Uniti sono sensibilmente più elevate che in Italia tanto la quota degli insegnanti quanto quella degli altri dipendenti pubblici . È senz ' altro fisiologico questo fatto ? Considerato l ' elevato grado di sviluppo economico della società americana , la risposta potrebbe essere affermativa . Tuttavia , non può essere scartata a priori l ' ipotesi che anche negli Stati Uniti , se pure per motivi alquanto diversi da quelli considerati per l ' Italia , la burocrazia pubblica sia ipertrofica : una volta che la struttura produttiva ha raggiunto un elevato grado di concentrazione , lo sviluppo economico capitalistico può proseguire solo se la domanda effettiva viene sostenuta dall ' autorità pubblica ; e questo vale sia per la domanda di prodotti che per la domanda di lavoro . D ' altro canto , in regime capitalistico lo sviluppo deve proseguire se si vuole evitare un aumento crescente della disoccupazione , dato che l ' aumento di produttività - risultato necessario della competizione nazionale e internazionale caratteristica del capitalismo - proseguirebbe in ogni modo . ( Una tale tesi è stata proposta , in forme e tempi diversi da diversi autori ; è stata proposta dallo scrivente nell ' opera Oligopolio e progresso tecnico , ed . , Giuffrè , Milano , 1956; è stata proposta da Michal Kalecki in un articolo pubblicato in polacco pure nel 1956 e pubblicato , tradotto in inglese , solo recentemente ; l ' articolo ha per titolo The Economic Situation in the United States as Compared with the Pre - War Period , ed è incluso nel volume The Last Phase in the Transformation of Capitalism , Monthly Review Press , New York , 1972 ) . Che lo sviluppo della burocrazia negli Stati Uniti sia abnorme , può forse risultare da un confronto con la situazione dell ' Unione Sovietica . fi una opinione diffusa che gli Stati Uniti sono il paese della iniziativa individuale , mentre l ' economia dell ' Unione Sovietica è retta da una burocrazia mastodontica e onnipresente . Confrontare i dati sovietici con i dati americani è ancora più rischioso che negli altri casi ; ma io penso che questo confronto abbia un senso . Esso mostra che la realtà è ben lontana da quella opinione : se per burocrazia " privata " s ' intende , con riferimento all ' Unione Sovietica , quella corrispondente alla massa degli impiegati di azienda e per burocrazia " pubblica " s ' intende quella costituita da insegnanti , da ricercatori e da impiegati addetti all ' istruzione e da tutti gl ' impiegati addetti all ' apparato statale , risulta che la percentuale sulla popolazione attiva della burocrazia " pubblica " così intesa non supera il 12% , mentre la corrispondente percentuale negli Stati Uniti è del 13,9% ( v . le tabelle 2.2 e 2.5 ) . $ da notare che la valutazione della burocrazia " pubblica " dell ' Unione Sovietica è probabilmente errata per eccesso , dato che non pochi ricercatori e non pochi addetti all ' istruzione negli Stati Uniti appartengono al settore privato . In ogni modo , i possibili dubbi sul grado di burocratizzazione degli Stati Uniti rispetto all ' Unione Sovietica vengono a cadere se si considerano le quote degli impiegati , sia " pubblici " che " privati " : il 38% negli Stati Uniti e solo il 21% nell ' Unione Sovietica . Lungi dall ' essere il paese dell ' iniziativa individuale gli Stati Uniti sono dunque divenuti un paese di colletti bianchi e di mezze maniche ; ed anzi l ' incremento degli impiegati rispetto alla forza di lavoro addizionale rappresenta una quota anche più alta della media : 60-70% ogni anno contro il 38-40% . Insomma : è molto più burocratizzata l ' economia americana di quella russa ! Molte altre illazioni potrebbero essere tratte dall ' esame dei dati riguardanti i due colossi , quello capitalistico e quello collettivistico . Per esempio , la struttura sociale dell ' Unione Sovietica mostra , almeno apparentemente ( com ' è ovvio , i contenuti sono profondamente diversi ) , parecchie rassomiglianze con quello degli Stati Uniti e di altri paesi non collettivistici . La struttura sociale della Russia del 1913 , invece , presentava caratteristiche molto particolari e , a quanto pare , costituiva un ' eccezione rispetto alla composizione sociale prevalente in tempi molto diversi negli altri paesi qui esaminati : borghesia 16,3% , piccola borghesia impiegatizia 2,4% , contadini e artigiani 66,7% , operai 14,6% ( v . la tabella 2.3 ) . Ma , a parte l ' inclusione - dichiarata - dei contadini ricchi ( kulaki ) fra la borghesia vera e propria , è possibile che fra i contadini poveri siano state incluse molte persone che lavoravano prevalentemente da salariati agricoli , così che la classe dei " contadini e artigiani " risulta gonfiata ( considerati i criteri seguiti in questo saggio ) rispetto alla classe operaia . In ogni modo , è certo che subito prima della rivoluzione quella russa era , in misura preponderante , una società a carattere rurale , con una classe operaia molto piccola e con una classe dominante numericamente molto esigua , in parte aristocratica e in parte borghese ( v . la tabella 2.4 ) . I paesi considerati nei precedenti confronti appaiono tutti , sia pure in diversi gradi , socialmente evoluti ( o " moderni " ) se si usano congiuntamente due indici , ossia la quota degli impiegati e quella dei contadini : più alta è la prima e più bassa la seconda e più socialmente evoluto è il paese in esame . ( Faccio osservare che sulla base di questo criterio certi paesi dell ' America latina , come l ' Argentina e il Cile , debbono essere annoverati fra i paesi evoluti , mentre altri paesi , come il Brasile , vanno inclusi fra quelli arretrati ) . Per i paesi arretrati nel senso ora specificato , conviene usare una diversa suddivisione fra le classi , che consenta di mettere in adeguato rilievo la struttura sociale dell ' agricoltura . Una suddivisione adatta allo scopo potrebbe essere la seguente ( fra parentesi sono indicate le percentuali di composizione ) ( v . la tabella 2.6 ) : I . Grandi proprietari , grossi commercianti , industriali medi e grandi ( 1-2% ) . II . Impiegati privati e pubblici ( 5-10% ) . III . Lavoratori autonomi , esclusi i contadini poveri ( 15-20% ) . IV . Contadini poveri e salariati agricoli ( incluso il sottoproletariato delle campagne ) ( 40-70% ) . V . Salariati nelle attività extra - agricole ( incluso il sottoproletariato urbano ) ( 7-37% ) . In questi paesi solo le classi II e III possono essere considerate piccola borghesia . Ho già osservato più volte , ed argomenterò fra breve con riferimento al fascismo , che nei paesi detti evoluti i piccoli borghesi sono diventati oggi gli amministratori universali , ma non sono i dirigenti effettivi ; hanno contribuito a fornire una base di massa a regimi di destra o anche di sinistra , ma non sono mai stati la classe dominante . Tuttavia , secondo una interessante tesi di Michal Kalecki , in diversi paesi arretrati , dove la piccola borghesia ( specialmente quella di tipo tradizionale , che ha interessi opposti a quelli delle imprese capitalistiche moderne ) ha un peso relativo considerevole - essendo normalmente nullo il peso politico della gran massa di contadini - e dove la borghesia moderna è assai poco sviluppata , anche a causa del predominio delle grandi società straniere , sono sorte condizioni favorevoli alla costituzione di governi che rappresentano in modo preminente e diretto gl ' interessi delle classi medie inferiori , nonostante l ' alleanza fra gl ' interessi stranieri e i gruppi locali di grandi proprietari di tipo feudale e di grossi commercianti ; la formula economica è quella del capitalismo di Stato e la formula politica contiene elementi di un feroce anticomunismo ( M . Kalecki , Intermediate Regimes , articolo incluso nel volume già citato ) . 9 . Piccola borghesia e fascismo L ' instabilità politica della piccola borghesia ha rilevanti conseguenze : quando , in periodi di crisi , ampi strati di questa quasi classe si alleano con i gruppi dominanti della grande borghesia , il paese corre il pericolo del fascismo . Nel nostro paese conosciamo una tale esperienza . Per evitare il rischio di affermazioni generiche , rischio elevato in questo tipo di analisi , conviene richiamare alcuni aspetti essenziali dell ' ascesa al potere del fascismo in Italia , dopo la prima guerra mondiale . Nel 1921 l ' economia italiana subì una crisi , che in parte aveva origini internazionali e che nel nostro paese risultò particolarmente grave sia per la debolezza della struttura industriale italiana , fondata ancora in misura modesta su imprese moderne , sia per le difficoltà connesse con la conversione delle industrie che avevano rifornito l ' amministrazione militare durante la guerra . La crisi rese acutissime le tensioni sociali e quindi le tensioni politiche . Ai contadini sotto le armi ed agli operai nelle fabbriche durante la guerra erano state fatte promesse di ampie concessioni , che poi , passato il pericolo , erano state mantenute solo in minima parte ; la crisi anzi aggravava le loro condizioni economiche . Queste promesse erano state ripetute in trincea , sulla base delle dichiarazioni degli uomini politici , dagli ufficiali subalterni - uomini provenienti nella massima parte dalla media e piccola borghesia ; tornata la pace , l ' ostilità e perfino l ' odio delle masse popolari , esasperate per il peggioramento delle loro condizioni , si riversarono verso le persone fisiche che avevano ripetuto loro quelle promesse . Né stavano molto meglio , tornati a casa , gli ex ufficiali subalterni , che stentavano a trovare una occupazione ; ma la loro volontà di un radicale cambiamento si mosse in direzione opposta a quella delle masse popolari , che li attaccavano personalmente . Si ebbero scioperi e agitazioni gravissime , numerose fabbriche e proprietà terriere furono occupate . La spinta delle masse popolari veniva rafforzata e resa fortissima , anche se rimaneva in gran parte caotica e disorganizzata , dall ' esempio della rivoluzione bolscevica russa . La grande borghesia fu presa dal panico ; estese i finanziamenti ai giornali e a molti uomini politici di destra ; finanziò bande armate , che misero a ferro e a fuoco le sedi di molte organizzazioni popolari : sindacati , cooperative , sedi di partiti di sinistra . Vi furono numerosi assassinii . La grande borghesia terriera e industriale ( con diverse eccezioni , tuttavia ) trovò in ampi strati della media e , soprattutto , nella piccola borghesia gli alleati più decisi ; gli scherani , come altre volte è successo in condizioni analoghe , furono reclutati nel sottoproletariato ; i principali centri del potere pubblico - ampie sezioni della magistratura , della polizia e dell ' apparato militare - in modo aperto o nascosto fornirono il loro appoggio . La guida politica della reazione fu assunta dal partito fascista , che - ironicamente , ma non immotivatamente , poiché sfruttava a fini concreti la retorica piccolo - borghese - si autodefiniva partito rivoluzionario . In particolare , per mobilitare diversi strati della piccola borghesia il partito fascista sfruttò il mito della " vittoria mutilata " - il sentimento di frustrazione per le concessioni coloniali e territoriali ritenute insufficienti , che il trattato di Versailles attribuiva all ' Italia . Anche se il fascismo cominciò ad organizzarsi nel 1919-21 , esso divenne virulento e pervenne a conquistare il potere non durante la crisi economica del 1921 , ma proprio quando questa crisi era chiaramente in via di superamento , non solo in Italia , ma anche negli altri paesi industriali ( primavera - estate 1922 ) . Subito dopo essere salito al potere , il partito fascista pagò il conto per gli aiuti finanziari e politici ottenuti negli anni precedenti dalla grande borghesia . Il governo decise : 1 ) di sopprimere , in pratica , la Commissione per l ' indagine sui sovraprofitti di guerra ; 2 ) di abolire la nominatività dei titoli azionari ; 3 ) di trasferire la rete telefonica a società private ; 4 ) di rinnovare le concessioni alle società elettriche ; 5 ) di abolire il monopolio statale delle assicurazioni sulla vita e di trasferire una cospicua quota di tali assicurazioni a società private ; 6 ) di attuare il salvataggio , con danaro pubblico , di alcune grandi banche , che restarono private ; 7 ) di riformare il regime fiscale , in senso favorevole ai privati , dei trasferimenti a titolo ereditario ; 8 ) di " sospendere " la legge di riforma agraria ; 9 ) di abolire , attraverso una numerosa serie di eccezioni , il limite massimo di otto ore per la giornata lavorativa , limite che gli operai avevano conquistato dopo dure lotte nel 1919 e nel 1920 . A favore di una parte della piccola borghesia furono presi diversi provvedimenti , fra cui occorre ricordare : 1 ) l ' assunzione di notevoli schiere di persone nella burocrazia , nell ' esercito , in quella speciale milizia di partito denominata " milizia volontaria per la sicurezza nazionale " e negli uffici organizzati nell ' ambito del partito fascista ; 2 ) la revoca delle sovvenzioni governative alle cooperative ( che danneggiavano gl ' interessi dei piccoli commercianti ) ; 3 ) la revisione , in senso restrittivo , delle norme per la concessione delle licenze per il commercio al minuto ; 4 ) provvedimenti a favore di varie categorie di artigiani . Da questa cospicua serie di concessioni restavano esclusi i lavoratori salariati , i quali , anzi , dopo essere stati privati delle loro organizzazioni sindacali e cooperative e dei partiti che ne esprimevano gl ' interessi , ben presto subirono duri colpi anche sotto forma di riduzioni salariali . In breve , dal punto di vista sociale e politico si può affermare che il fascismo fu il risultato della saldatura fra grande borghesia terriera , finanziaria e industriale e larghe sezioni della piccola borghesia ( impiegati pubblici e privati , liberi professionisti , piccoli commercianti ) . Tale saldatura fu rafforzata dalla rivalutazione della lira del 1926 , una decisione che bloccava il processo inflazionistico e in questo modo , almeno per un certo periodo , consentiva l ' aumento del potere d ' acquisto degli stipendi e favoriva il risparmio individuale . ( La rivalutazione danneggiò gl ' industriali che producevano per l ' esportazione , anche se avvantaggiò gl ' industriali che producevano principalmente per il mercato interno con materie prime importate , come era il caso delle principali industrie tessili . Inoltre , essendo stata completata l ' opera di distruzione dei sindacati operai , i salari vennero decurtati , ciò che compensò almeno parzialmente gli industriali danneggiati dalla rivalutazione . Il principale obiettivo della rivalutazione della lira , tuttavia , era un obiettivo politico , di " stabilizzazione sociale " , condiviso da un ' ampia parte della grande borghesia industriale : si voleva favorire la piccola borghesia risparmiatrice , che era stata danneggiata dalla precedente tendenza inflazionistica ) . Pare certo che il reddito individuale medio assoluto e relativo della piccola borghesia impiegatizia e commerciale sia sensibilmente aumentato durante il periodo fascista , mentre è diminuito il reddito medio assoluto e , ancora di più , relativo dei lavoratori salariati . Il fascismo è dunque il risultato di un ' alleanza fra grande e piccola borghesia ; ma non si tratta di un ' alleanza inter pares : la responsabilità prevalente va attribuita alla grande borghesia . È esatto affermare che ampi strati della piccola borghesia , insieme con limitati strati di lavoratori relativamente privilegiati o , all ' opposto , poverissimi ( sottoproletari ) , hanno fornito al fascismo una certa base di massa , i quadri intermedi e buona parte dei quadri superiori . È anche esatto sostenere che l ' iniziativa di organizzare il partito fascista partì , anche cronologicamente ( 1919-21 ) , da piccoli e medi borghesi e che solo in un secondo tempo ( 1922 ) la grande borghesia intervenne con il suo aiuto finanziario e politico . Occorre però subito aggiungere che senza questo aiuto - e senza l ' aiuto di ampie sezioni dei poteri costituiti - il fascismo non avrebbe preso il potere ; ed occorre anche aggiungere che , se i gruppi dominanti della grande borghesia intervennero in forza solo in un secondo tempo , ci furono i pionieri della prima ora , che cercarono subito di sfruttare il malcontento popolare , causato per esempio dal caro - viveri , fomentando i tumulti proprio allo scopo di preparare il terreno per una feroce azione di repressione ( Salvemini , Scritti sul fascismo , Feltrinelli , Milano , 1961 , vol. I , p . 474 ) . È vero : i gruppi dominanti della grande borghesia che appoggiarono il fascismo lo volevano in via transitoria , per ripristinare l ' " ordine " : il disegno era quello di restaurare una rispettabile democrazia parlamentare . Ma quell ' appoggio fu determinante ; ed anche quando i vassalli si abbarbicarono al potere gestendolo poi in modo non sempre conforme agli interessi della borghesia , quei gruppi non ritirarono il loro appoggio ma fecero buon viso a cattivo gioco . La tesi opposta - essere cioè il fascismo da attribuire all ' azione autonoma e comunque determinante di ampi strati della piccola borghesia - risulta grossolanamente falsa , anche se corrisponde al modo con cui i piccoli borghesi protagonisti dell ' esperienza fascista vedevano , o volevano vedere , se stessi . Per fare giustizia sommaria di tale tesi basterebbe , da sola , la documentazione raccolta ed analizzata da uno studioso non marxista , Ernesto Rossi , documentazione che include i due " bollettini della vittoria " della Confindustria del 1922 ( subito dopo l ' ascesa del fascismo ) e del 1926 ( subito dopo le leggi eccezionali ) e si avvale dell ' analisi e delle candide ammissioni di uno dei responsabili della politica economica fascista ( Padroni del vapore e fascismo , Laterza , Bari , 1966 , specialmente le pp. 11-5 e 50-1 ) . Tenuto conto dell ' evoluzione subita dalla piccola borghesia nell ' ultimo mezzo secolo e , in particolare , considerata la comparsa di strati nuovi di intellettuali e di tecnici , oggi le spinte di tipo fascista sono ben diverse da quelle del primo dopoguerra . Ma le varietà del fascismo - è triste riconoscerlo - sono molteplici . In ogni modo , pare abbastanza evidente che o , T „ la grande borghesia , e specialmente la grande borghesia industriale , salvo poche se pur rilevanti eccezioni , non vuole il fascismo , e per diverse ragioni , fra cui sono i conflitti sociali , gravi e di esito incerto , che un tentativo in quella direzione comporterebbe e la conclusione , fallimentare per tutti , della precedente esperienza . Oggi il fascismo esprime quasi esclusivamente gli strati più retrivi della piccola borghesia ed è appoggiato da alcune sezioni dei poteri costituiti ( magistratura , polizia , esercito ) , sezioni di ampiezza non trascurabile ma di gran lunga minore di quelle che aiutarono il fascismo nel 1920-1922 . Il tentativo dell ' attuale movimento fascista di ripetere , nelle mutate condizioni , la strategia di mezzo secolo fa - crescere numericamente , irrobustirsi organizzativamente , creare il caos con mezzi criminali per poi offrirsi come forza di restaurazione - sembra destinato a fallire . Tuttavia esiste pur sempre il pericolo di un peggioramento della situazione economica e di un aumento delle tensioni sociali , tensioni che potrebbero venire aggravate da errori di tattica e di strategia dei sindacati e dei partiti di sinistra . II . Lo stato attuale e le prospettive 1 . La questione delle riforme Dunque , in periodi di crisi , un ' alleanza fra la grande borghesia e ampi strati della piccola borghesia può condurre al fascismo . Viceversa , un ' alleanza di strati ( pure ampi , ma in larga misura diversi ) della piccola borghesia con coloro che gestiscono gl ' interessi della classe operaia può dar luogo a politiche di tipo laburista e , comunque , può consentire riforme anche radicali . Tuttavia gli ostacoli alle riforme , più che nella grande borghesia , vanno ricercati nel seno stesso della piccola borghesia e particolarmente nei gruppi che hanno i maggiori privilegi e la più forte capacità di condizionare le scelte politiche . Gli ostacoli si manifestano in tre fasi : nella fase della preparazione dei progetti di riforma , preparazione faticosissima per le spinte eterogenee e contraddittorie , poi nella fase dell ' approvazione e , infine , nella fase dell ' attuazione ( finora raggiunta in Italia da ben pochi progetti ) . Consideriamo alcuni esempi particolari . L ' esempio più ovvio di un progetto rimasto fermo addirittura alla prima fase è quello della riforma della pubblica amministrazione : il sabotaggio è stato compiuto dalle cerchie più influenti della burocrazia . In altri casi occorre , sì , considerare gli ostacoli frapposti da gruppi d ' interessi operanti nell ' ambito della grande borghesia , ma bisogna guardarsi dal trascurare quelli provenienti da gruppi appartenenti alla media e alla piccola borghesia . Così , gli ostacoli alla riforma sanitaria non sono stati posti solo dai grandi " baroni " della medicina , dai proprietari delle cliniche private , dalle opere pie e dai gruppi d ' interessi legati alle case farmaceutiche , ma anche dalla burocrazia alta e bassa delle mutue e dal personale medico in generale , che , appena si è cominciato a parlare di riforme , ha immediatamente scatenato una serie di rivendicazioni di tipo monetario e di tipo normativo favorendo in tal modo , nel fatto se non nelle intenzioni , i nemici della riforma . La riforma urbanistica ha trovato ostacoli non solo nelle grandi società immobiliari , ma anche nella miriade di proprietari di piccole aree potenzialmente fabbricabili , oltre che nella burocrazia dei diversi organi ed enti per l ' edilizia pubblica . La riforma universitaria è stata ostacolata non solo dall ' opposizione dei grandi baroni ( soprattutto medici e baroni politici ) ma anche dalla rivendicazione penosamente corporativa dell ' immissione automatica ( ope legis ) nei ruoli dei docenti " subalterni " , rivendicazione per la quale si sono ostinatamente battuti , facendo perdere molto tempo prezioso , gruppi che rappresentavano una parte tutto considerato esigua dei suddetti docenti . Grandi energie sono state dedicate alla questione dei pre - salari , che per la massima parte vanno a beneficio di famiglie piccolo - borghesi , mentre lo sforzo anche finanziario per spalancare le porte della scuola secondaria ai figli della classe operaia è stato estremamente modesto o addirittura trascurabile . Gli investimenti per la costruzione di edifici scolastici e universitari - oltre che per la costruzione di ospedali - sono rimasti in buona parte sulla carta non solo e non tanto per la famosa inefficienza della pubblica amministrazione , quanto perché sono stati mantenuti e perfino resi più complicati i paralizzanti controlli , le competenze ministeriali plurime ed i molteplici concorsi per volontà della burocrazia e degli ordini professionali degli ingegneri e degli architetti , volontà pienamente assecondata dai politici . L ' idea , semplice e ovvia , di unificare competenze , controlli e concorsi ha incontrato la più fiera opposizione : più numerosi sono i controlli , maggiore è il potere della burocrazia e minori le sue responsabilità . È importante osservare che nei due casi in cui erano colpiti quasi soltanto gl ' interessi di certe sezioni della grande borghesia - la nazionalizzazione dell ' energia elettrica e lo statuto dei lavoratori - i riformatori hanno avuto la meglio . Tutto sommato , la grande borghesia , particolarmente quella industriale , ha interesse che si facciano le riforme rivolte alla " razionalizzazione " del sistema ed alla stabilizzazione sociale : si tratterebbe , è vero , di riforme limitate , ma tali da non impedire di compiere passi avanti . Tuttavia , la grande borghesia , che da sola rappresenta un ' entità numericamente modesta e quindi politicamente vulnerabile , ha bisogno di cercare alleanze fra i ceti medi , soprattutto fra gli strati più conservatori . In questo senso la grande borghesia ha un ' assai rilevante responsabilità per la mancata attuazione delle principali riforme ; in effetti , per mantenere e allargare l ' appoggio degli strati più conservatori deí ceti medi ha attivamente contribuito a contrastare le riforme , in modo particolare quella urbanistica . Lo strato più " progressista " della grande borghesia è dato da quello che controlla l ' industria moderna ; ma la stessa grande borghesia industriale non ha interessi limitati alla sola industria : i suoi interessi si intrecciano con quelli immobiliari e finanziari " . Inoltre , lo strato più retrivo , quello che controlla la finanza , non è affatto fuori gioco : come ricorderemo fra breve , negli ultimi tempi ha acquistato un notevole peso politico oltre che economico . Se le cose stanno così , quali sono le forze sociali che in un paese come l ' Italia possono spingere verso l ' attuazione di riforme radicali ? La destra ben difficilmente può farlo , almeno in regime di democrazia parlamentare , per le ragioni richiamate poco fa . La sinistra in via di principio può farlo , sulla base di una alleanza fra quegli strati della classe operaia e dei ceti medi che alle riforme sono interessati , per ragioni economiche o civili . Considerata l ' eterogeneità dei ceti medi , che è anche più accentuata di quella della classe operaia , le possibilità di successo di una strategia rivolta all ' attuazione delle riforme dipendono in larga misura dalla capacità e dall ' abilità degli uomini politici al potere e dalla loro conoscenza critica dei problemi e delle forze in gioco . È chiaro che una riforma sanitaria , per esempio , difficilmente si potrà fare se la maggioranza dei medici la osteggiano ; e d ' altra parte , non tutte le proposte ( o le controproposte ) dei medici sono necessariamente viziate da " interessi corporativi " : possono esserci medici che , più che allo stipendio o a posizioni di potere o di micro - potere , sono interessati a lavorare in ambienti civili e moderni , capaci di consentire un ' attività soddisfacente : in primo luogo , essi vogliono sentirsi effettivamente utili . D ' altra parte , anche le proposte o le critiche di tipo corporativo possono contenere - se opportunamente depurate ed emendate - elementi validi per una riforma radicale e socialmente soddisfacente . Considerazioni analoghe valgono per la riforma della scuola e per gl ' insegnanti . L ' abilità dei politici sta nel compiere una sintesi nell ' interesse generale , mediando , sì , i diversi interessi , ma evitando sia il compromesso con í gruppi più retrivi sia le posizioni demagogiche , che sono avallate o da intellettuali che non sanno valutare le forze in gioco , o da gruppi di persone " escluse " ed esasperate , che intendono rifarsi di colpo delle passate privazioni , spingendo verso un male opposto ma non meno grave di quello che si vuole eliminare . La strategia delle riforme esige dunque , soprattutto in Italia , una cospicua abilità di sintesi da parte degli uomini politici che la guidano ; ma esige anche una grande capacità intellettuale e critica : concepire e poi attuare il nuovo , presenta difficoltà che si aggiungono agli ostacoli frapposti dagli interessi minacciati . In via generale , la democrazia italiana oggi si trova in una situazione di crisi , apparentemente non catastrofica né clamorosa , ma certo molto grave . A determinare una tale situazione ha contribuito il contrasto fra le attese suscitate dai governi di centro - sinistra di vaste riforme e le modestissime realizzazioni . Nel tentativo di chiarire i motivi di questa situazione , di disorientamento e di frustrazione , si è andati anche più indietro nel tempo e , soprattutto da alcune frazioni delle nuove generazioni , è stato imbastito il processo alla Resistenza ed alle ragioni del fallimento delle aspettative , che l ' avevano animata , di un rinnovamento ben più profondo e radicale ( anche se non ben specificato ) di quello promesso dai governi di centro - sinistra . Perché quelle aspettative sono andate deluse ? Per colpa degli uomini dei partiti innovatori , che non hanno avuto sufficiente coraggio , tenacia e determinazione , o per ragioni di forza maggiore ? Indubbiamente le colpe ci sono e sono gravi . Ma a mio parere all ' origine di quella delusione esiste una forte componente di illusione sulle reali condizioni sociali del nostro paese e sul grado di sviluppo civile delle diverse classi , specialmente della piccola borghesia . Alla luce delle numerose indagini storiche e sociologiche riguardanti l ' Italia moderna e contemporanea , appare oramai evidente che il fascismo non fu un accidente , non fu un fenomeno paragonabile all ' invasione degli Hyksos in Egitto , come disse Croce , né fu una camicia di forza imposta ad un paese democraticamente maturo da un pugno di banditi prezzolati dal grande capitale ; appare chiaro , viceversa , che il fascismo ha avuto un ' ampia base sociale fra strati della piccola borghesia e perfino fra strati , sia pure esigui , di operai relativamente privilegiati . Pertanto , cessata la guerra , quella di " un fascismo senza Mussolini " era una possibilità effettiva che per un certo periodo fu molto seriamente considerata anche da influenti circoli alleati , come hanno dimostrato Salvemini e La Piana ( La sorte dell ' Italia , ed. inglese 1943 , trad. it. nel volume L ' Italia vista dall ' America , a cura di E . Tagliacozzo , Feltrinelli , Milano , 1969 ) . Il regio governo di Badoglio ( che aveva avuto l ' intenzione di nominare Dino Grandi come ministro degli Esteri ) era appunto un tentativo di avviare un " fascismo senza Mussolini " . Questo tentativo falli , come fallirono altri tentativi consimili , proprio grazie alla Resistenza ed all ' ampiezza ed alla forza del movimento popolare che la esprimeva . È vero : mentre non esisteva la possibilità di una rivoluzione proletaria , che neppure il partito comunista veramente voleva , esisteva la possibilità di una rivoluzione democratica , caratterizzata da profonde riforme sociali , non diverse , almeno negli elementi essenziali , da quelle introdotte in Inghilterra subito dopo la fine della guerra ; e gli uomini che sono emersi dalla Resistenza come leaders hanno la responsabilità di non aver saputo sfruttare una tale possibilità . Ma bisogna aggiungere che i limiti erano molto angusti , non solo e non tanto per i condizionamenti imposti dalle potenze vincitrici quanto per le condizioni sociali italiane . Se ci si rende veramente conto , di là dalla retorica di cui , più o meno , tutti siamo vittime , della nostra gravissima arretratezza civile , si deve dire che le aspettative di una palingenesi sociale erano generose , nobili ma molto ingenue : non diversamente dalle aspettative degli intellettuali che guidarono , nel 1799 , il tentativo rivoluzionario a Napoli , quelle aspettative erano fondate su un ' immagine del tutto utopistica del nostro paese . Il " fallimento " della Resistenza appare tale solo se misurato sul metro di quelle aspettative ; se invece si assume , come si deve , il metro della realtà , ossia quello di un paese paurosamente arretrato sul piano civile , il " fallimento " appare uno straordinario successo . Oggi noi tutti non potremmo godere di quelle libertà e di quelle autonomie - circoscritte , limitate , condizionate finché si vuole , ma sensibilmente maggiori di zero - senza il sacrificio degli uomini della Resistenza [ Ho modificato alcuni dei giudizi espressi nella seconda parte di questo paragrafo dopo le osservazioni critiche gentilmente comunicatemi da Leo Valiani ] . In ogni caso , per giudicare correttamente i nostri attuali problemi , occorre essere ben consapevoli che il nostro paese " per trecento lunghi anni patì l ' obbrobrio e il danno delle dominazioni straniere " ( Giustino Fortunato ) . È straordinariamente cupa la storia di due terzi del nostro paese , il Sud ed il Centro : quasi inesistente , nel Sud , l ' esperienza dell ' autonomia comunale , una dominazione di tipo al tempo stesso feudale e coloniale , con l ' aggravante delle frequenti incursioni dei pirati lungo le coste ; un regime , quello borbonico , definito da uno straniero , distaccato nel suo giudizio , William Gladstone : " the negation of God transformed into a system of government " ; un ' amministrazione , nel Centro , che dal punto di vista civile , pur considerando la diversità dei tempi , non è esagerato definire raccapricciante , se si deve prestar fede alle descrizioni di un altro straniero , anch ' esso distaccato e disinteressato , William Nassau Senior . La riflessione approfondita e critica del nostro presente e , per comprenderlo , sul nostro passato , può dar luogo a conclusioni catastrofiche e paralizzanti per l ' azione : la realtà è veramente orribile . Ma - si spera - può dar luogo a una benefica rabbia di ricostruzione e , paradossalmente , può indurre a giudizi tutto sommato positivi ( come nel caso della Resistenza ) poiché , nonostante tutto , molte cose stanno cambiando nel nostro paese . 2 . Intellettuali e tecnici Dove si trovano , quali sono gli strati socialmente più robusti della piccola borghesia ? Ho già risposto , in parte , a questa domanda : si trovano in tutti i gruppi che formano questa classe composita . Sociologi e politici hanno concentrato la loro attenzione su due gruppi particolari : quello degli intellettuali e quello degli scienziati , dei tecnici e degli specialisti , di formazione molto recente ( gli " intellettuali di tipo nuovo " di Gramsci ) . Ritengo che sia giusto soffermarsi in modo particolare su questi due gruppi , sia perché il grado di cultura critica è , in media , più elevato che negli altri gruppi , considerati nel loro complesso , sia perché anche la relativa " libertà di scelta " è più ampia . Benedetto Croce aveva torto quando considerava gl ' intellettuali come persone totalmente libere e " indipendenti " , addirittura come artefici collettivi ma autonomi della storia ; aveva tuttavia ragione ad attribuire grande importanza nello svolgimento della storia a quella che egli chiamava " classe intellettuale " . E Antonio Gramsci , che esortava " a fare i conti " in termini dialettici con la filosofia crociana ( " occorre rifare per la concezione filosofica del Croce la stessa riduzione che i primi teorici della filosofia della prassi hanno fatto per la concezione hegeliana " ) , aveva ragione quando scriveva : Il pensiero del Croce ... deve , per lo meno , essere apprezzato come valore strumentale , e così si può dire che esso ha energicamente attirato l ' attenzione sull ' importanza dei fatti di cultura e di pensiero sullo sviluppo della storia , sulla funzione dei grandi intellettuali nella vita organica della società civile e dello Stato , sul momento dell ' egemonia e del consenso come forma necessaria del blocco storico concreto ( Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce , Einaudi , Torino , 1953 , pp. 199-201 ) . Coloro che , come chi scrive , si augurano che una profonda trasformazione dell ' ordinamento sociale possa essere promossa , nel nostro paese , da una rinnovata e organica alleanza fra classe operaia ed ampi strati della piccola borghesia , debbono puntare soprattutto su quei due gruppi . Ma è necessario non farsi illusioni : anche in questi due gruppi la fascia socialmente solida , capace di sostenere gli sforzi di lungo periodo che una tale alleanza richiede , è ancora esile nel nostro paese . D ' altra parte , in questi due gruppi particolari - intellettuali e tecnici - , come del resto negli altri gruppi e nelle altre classi sociali , non esiste solo una fascia civilmente robusta ed una fascia di topi nel formaggio ; esiste anche una larga fascia intermedia di individui personalmente onesti ma politicamente indifferenti , individui che sarebbero capaci di sacrificare alcuni loro interessi economici in nome di interessi civili più ampi . È anche su questa fascia che bisogna puntare per quella rinnovata alleanza . Sotto l ' aspetto della classificazione qui adottata , gl ' intellettuali in senso stretto e i tecnici si trovano prevalentemente nella piccola borghesia ( gli strati più elevati sono inclusi nella borghesia vera e propria ) ( v . le tabelle 1.1 e 4.1 ) . Gl ' intellettuali , non diversamente dai quadri intermedi della burocrazia ( parte I , capp . 5 e 7 ) , tendono a suddividersi in due categorie : quelli organicamente integrati nella classe dominante e quelli che tendono ad avvicinarsi agli interessi e agli ideali della classe operaia ; e una tale suddivisione vale non solo per gl ' intellettuali di nuovo tipo ( scienziati , ricercatori , tecnici di livello elevato e , in generale , uomini di cultura prevalentemente " scientifica " ) , ma anche per gl ' intellettuali di tipo tradizionale ( letterati , filosofi , artisti e , in generale , uomini di cultura prevalentemente " umanistica " ) . Parlo di tendenze e non di realtà effettive , poiché i margini d ' indeterminazione , non trascurabili in nessuna classe o sottoclasse , sono particolarmente rilevanti nel caso degli intellettuali , soprattutto nell ' attuale fase dello sviluppo storico della nostra società . La posizione dei tecnici ( che , come i politici , rientrano nella categoria degli intellettuali in senso lato ) è anche più indeterminata e polivalente di quella degli intellettuali in senso stretto : possono essere cooptati dalla classe dominante , come quegli impiegati che ne diventano " fiduciari " ; ma possono anche allearsi con la classe operaia ; infine , possono restare , per così dire , disponibili , in una posizione critica ed autonoma , se pure non neutrale . In ogni modo , la questione dei tecnici va vista congiuntamente a quella dei dirigenti ( managers dei massimi livelli , che in parte sono appunto i tecnici cooptati dalla classe dominante ) ; ed entrambe le questioni vanno considerate nel quadro dell ' evoluzione del capitalismo moderno , che ha assunto le caratteristiche che oggi conosciamo ( non solo nel nostro paese ) con lo sviluppo delle società per azioni , quindi dei gruppi finanziari di queste società ( holdings ) e infine , nel periodo più recente , specialmente nei paesi capitalistici più avanzati , dei gruppi multinazionali . Questo capitalismo è caratterizzato da una progressiva separazione fra proprietà e controllo : il processo di concentrazione - intravisto , già al suo primo manifestarsi , da Marx e da Engels - ha compiuto , nel tempo , passi da gigante ; ma ( ed è questa una tesi fondamentale di Alberto Breglia ) , un tale processo non sembra condurre di per sé al collettivismo pubblico ( socialismo ) ; può invece condurre , e in una certa misura ha condotto , ad una sorta di collettivismo privato , ossia a un sistema che perpetua i privilegi sotto forme nuove , non fondate più , principalmente , sulla proprietà privata dei mezzi di produzione ma sulla forza politica e sulla divisione del lavoro , in un peculiare assetto istituzionale , che risulta da una commistione fra pubblico e privato . 3 . I condizionamenti internazionali e le tensioni di origine interna I movimenti e le tendenze politiche che si manifestano , in Italia , nel seno di ciascuna delle diverse classi condizionano e sono condizionati dai movimenti e dalle tendenze politiche che si manifestano nelle analoghe classi sociali degli altri paesi relativamente evoluti , specialmente dell ' Europa . Data la sua particolare instabilità sociale e politica e dato il suo maggior grado di cultura , ciò è specialmente vero per la piccola borghesia , i cui movimenti , come quelli di un pendolo , entrano in risonanza con i movimenti delle piccole borghesie degli altri paesi che si trovano in condizioni relativamente simili : l ' " effetto dimostrativo " , rilevante per tutti i gruppi sociali , è particolarmente rilevante nel caso della piccola borghesia . Di ciò occorre tener conto nel riflettere sulla grave crisi sociale e politica che ora è in atto nel nostro paese : le spinte e le tensioni che l ' hanno provocata hanno origine non solo all ' interno ma anche all ' esterno della nostra società . Il movimento studentesco e poi i gruppi extra - parlamentari sono stati fortemente influenzati da spinte esterne , così come lo sono state le tensioni nel mercato del lavoro : in tutti i paesi più evoluti negli ultimi anni gli scioperi sono diventati più frequenti e più lunghi , e ciò come conseguenza dell ' accresciuta pressione inflazionistica ( che è un fenomeno internazionale ) e per una sorta di reciproco " effetto dimostrativo " , che in certi casi ( autunno caldo italiano del 1969 ) è stato rafforzato dal timore che i sindacati avevano di essere scavalcati a sinistra dai gruppi extra - parlamentari , com ' era avvenuto nel maggio francese del 1968 . La conseguenza dell ' esplosione salariale che , più o meno , si è verificata in tutti o quasi tutti i paesi industrializzati , è stata una sensibile flessione del saggio del profitto , la quale a sua volta ha frenato gl ' investimenti e fatto aumentare la disoccupazione . Le difficoltà economiche sono state aggravate dal disordine nel sistema monetario internazionale e dalla crisi di importanti rami produttivi , come l ' industria tessile e la chimica di base , crisi provocata , oltre che dal forte aumento del costo del lavoro , dall ' accresciuta concorrenza internazionale e da cospicui errori compiuti negli ultimi anni da certi grandi complessi produttivi nella politica di investimenti . Le gravi difficoltà economiche nelle quali si dibatte il nostro paese da alcuni anni hanno avuto e stanno avendo rilevanti conseguenze : hanno fatto crescere il numero dei fallimenti e , per le imprese con un numero di addetti relativamente elevato , hanno provocato salvataggi da parte dell ' autorità pubblica ; più in generale , hanno dato luogo ad una rapida accelerazione dell ' area d ' influenza delle imprese a partecipazione statale ; infine , insieme con altri fattori , hanno concorso a stimolare fusioni non solo al livello interno ma anche al livello internazionale . La debolezza del capitale privato italiano ha comportato dunque una espansione assoluta e relativa sia del capitale pubblico sia del capitale estero , specialmente nell ' industria ; in certi rami sono comparse oppure hanno grandemente esteso la loro influenza le grandi società multinazionali . Questo è un fatto nuovo di fondamentale importanza di cui d ' ora in poi non solo i sindacati ma anche i partiti di sinistra dovranno tenere il massimo conto . Le difficoltà economiche , aggravando il problema della disoccupazione ( operaia e intellettuale ) , hanno esasperato le tensioni sociali , sia nel mondo del lavoro sia , più in generale , nel mondo dei giovani . Queste tensioni , che sono comuni a molti altri paesi capitalistici , hanno assunto caratteristiche particolarmente gravi nel nostro paese , che ha strutture civili debolissime , sia perché il suffragio universale è un fatto relativamente recente ( in pratica comincia ad essere applicato solo dopo la seconda guerra mondiale ) , sia per il basso grado d ' istruzione delle masse sia per l ' espansione enorme , relativamente recente e in parte patologica , della piccola borghesia . La persistente flessione del saggio medio del profitto , che - ripeto - è comune a molti altri paesi capitalistici , può avere effetti molto gravi sia sul piano economico sia sul piano politico , dato che " il saggio del profitto costituisce la forza motrice della produzione capitalistica " ( Marx ) . Una crisi economica è già in atto ed è elevato il rischio che si aggravi , con un cospicuo aumento della disoccupazione . Politicamente , sono fortissime le spinte per una svolta a destra ; è da prevedere che la reazione della borghesia diventerà ancora più dura , con spinte di tipo fascista che oggi a quanto pare provengono , più che dalla grande borghesia , dagli strati reazionari della piccola borghesia . Si tratta di vedere quale risposta sono in grado di dare i partiti che in qualche modo rappresentano gl ' interessi della classe operaia e i sindacati : sono pronti al decisivo scontro frontale , comunque a una strategia rivolta a impartire colpi d ' intensità progressivamente crescente per mutare il " sistema " ? La risposta di chi scrive è negativa . Sembra che la classe operaia sia diventata abbastanza forte sul piano sindacale da impartire duri colpi al " sistema " , ma non abbastanza forte e compatta e consapevole da mutarlo . Se così è , dovrebbe essere ovvio che alla classe operaia e ai suoi rappresentanti e alleati oggi conviene evitare lo scontro frontale e , comunque , non conviene adottare una strategia di tipo rivoluzionario . Di questo i dirigenti politici e sindacali sembrano convinti , poiché si rendono conto che la grande maggioranza degli operai non vuole veramente una rivoluzione . Ma una frazione della " base " , che tuttavia riesce ad avere una notevole influenza , anche sotto la spinta dei gruppi extra - parlamentari , continua a spingere come se una strategia di tipo rivoluzionario fosse desiderabile . Questa è una contraddizione grave , che nel nostro paese assume una gravità ben maggiore che in altri paesi capitalistici europei . Il massimalismo , non suffragato da una forza proporzionata agli obiettivi , non ha mai dato frutti positivi in nessun paese e in nessun tempo . Sul piano sociale e politico , le spinte esterne s ' intrecciano e si combinano con spinte e tensioni specificamente interne . A titolo illustrativo , si possono considerare due aree , profondamente diverse , in cui qualche anno fa si sono localizzate le tensioni più acute : Milano e Reggio Calabria . A Milano è particolarmente acuta , in molte fabbriche , la tensione fra dirigenti e operai , soprattutto quelli da poco immigrati dal Sud . Questi operai , che hanno reciso i legami con le zone di origine attratti dal miraggio di un relativo benessere , hanno scoperto : 1 ) che il loro salario viene decurtato da fitti esosi ; 2 ) che , dato il loro grado d ' istruzione , sono assegnati ai lavori più umili e più " alienanti " ; 3 ) che l ' ambiente sociale è quasi razzialmente ostile nei loro confronti . Di qui la loro rabbia , che si riversa sui dirigenti di fabbrica , da loro visti come capitalisti e sfruttatori , e che a volte viene incanalata e diretta dai gruppi extra - parlamentari . È rilevante anche la tensione fra certi strati di operai di recente immigrazione e certi strati di operai di provenienza locale . Anche in certi strati di operai locali vi sono tensioni , come conseguenza del fatto che , dopo gli elevati aumenti salariali del 1962-1964 , gl ' industriali hanno cercato di accrescere la produttività non tanto con nuove macchine , quanto attraverso processi di " razionalizzazione " aziendale , attraverso l ' intensificazione dei ritmi di lavoro e il ricorso al lavoro straordinario . Queste tensioni , tuttavia , assumono più la forma di rivendicazioni sindacali ( aumenti dei salari e migliori condizioni di lavoro ) che la forma di spinte rabbiose o eversive . Per Reggio Calabria , occorre in primo luogo tener presente la seguente osservazione di Gramsci : Il " morto di fame " piccolo - borghese è originato dalla borghesia rurale : la proprietà si spezzetta in famiglie numerose e finisce con l ' essere liquidata , ma gli elementi della classe non vogliono lavorare manualmente : così si forma uno strato famelico di aspiranti a piccoli impieghi municipali , di scrivani , di commissionari , eccetera ... Molti piccoli impiegati delle città derivano socialmente da questi strati ... Il " sovversivismo " di questi strati ha due facce : verso sinistra e verso destra , ma il volto sinistro è un mezzo ricatto : essi vanno sempre a destra nei momenti decisivi e il loro " coraggio " disperato preferisce avere i carabinieri come alleati ( Passato e presente , Einaudi , Torino , 1953 , p . 15 ) . In effetti , la rivolta di Reggio è stata promossa da piccoli borghesi " sovversivi " che hanno fatto leva soprattutto sulla rabbia di alcuni strati del sottoproletariato cittadino . Naturalmente , l ' osservazione di Gramsci riguarda solo un aspetto della complessa situazione ( uno degli elementi particolari sta in ciò , che l ' istituzione degli uffici regionali può avere grande importanza per l ' impiego di numerose persone ) ; un altro aspetto è dato dall ' esasperazione , che serpeggia in tutti gli strati della popolazione meridionale , per le promesse , fatte ripetutamente dai politici e in gran parte non mantenute , circa l ' avvio di un vigoroso processo di sviluppo del reddito e dell ' occupazione . Queste indicazioni , pur brevi e frammentarie , bastano a mettere in evidenza la necessità di studiare a fondo i seguenti fenomeni , che in parte si sovrappongono e che comunque sono fra loro interdipendenti : l ' esodo agrario , l ' emigrazione dal Sud al Nord e gli spostamenti interni alle classi , specialmente quelli che hanno luogo nelle regioni meridionali . Come si è osservato ( parte I , cap . 4 ) , gli spostamenti principali avvengono nell ' ambito della piccola borghesia ( flessione dei coltivatori diretti , aumento degli impiegati e dei commercianti ) e nell ' ambito della classe operaia ( flessione dei salariati agricoli , aumento dei salariati nelle attività extra - agricole e dei sottoproletari ) . Sebbene le sottoclassi ora nominate , specialmente quelle della piccola borghesia , siano tutte molto eterogenee , sembra tuttavia lecito affermare che la sottoclasse composta dai contadini proprietari ( coltivatori diretti ) in generale è caratterizzata da tendenze di tipo conservatore , e comunque è più stabile e tradizionalista delle altre sottoclassi piccolo - borghesi , ben più eterogenee e oscillanti verso l ' uno o l ' altro estremo dello schieramento politico ( la spinta verso l ' estrema destra eversiva essendo presente soprattutto nelle fasce poco o male inserite in attività economiche moderne ) . Analogamente , i salariati dell ' agricoltura sono più tradizionalisti degli altri e più suscettibili , almeno in certe zone , di subire l ' influenza delle autorità ecclesiastiche locali , mentre i salariati dei settori extra - agricoli sono ben più attivi dal punto di vista sindacale e politico . Il risultato di quegli spostamenti sociali , pertanto , è un aumento dell ' instabilità sociale e delle tensioni politiche . 4 . La sinistra tradizionale e i ceti medi Tensioni della più diversa natura esistono dunque nel nostro paese . Queste tensioni sono state aggravate anche da disordini e da violenze deliberatamente provocate da settori della destra politica ed economica operante nell ' interno e fuori dello Stato , proprio per spingere all ' estrema destra ampi strati della piccola borghesia e per determinare così una crisi politica ; un ' ulteriore spinta a destra degli stessi strati è stata originata da certi provvedimenti radicali del governo di centro - sinistra , come le leggi , tutto considerato opportune e utili dal punto di vista generale , riguardanti i fondi rustici e l ' edilizia residenziale . La sinistra tradizionale ( partito comunista e partito socialista ) ha indubbiamente fatto tesoro , e non solo da ora , della lezione del 1921-1922 , quando , come scrive Gramsci , con la sua politica passiva e permissiva nei riguardi delle spinte caotiche che spaventavano molti piccoli borghesi , già traumatizzati dagli sconvolgimenti della guerra , la sinistra " se li rese nemici gratis , invece di renderseli alleati , cioè li ributtò verso la classe dominante " ( Passato e presente , cit . , p . 54 ) . Di qui una politica cauta e comprensiva , verso i così detti ceti medi , sia del partito socialista sia del partito comunista ( i cui apparati centrali , d ' altra parte , sono in larga misura composti da persone provenienti da questi ceti ed i cui votanti sono , per quote non piccole , persone appartenenti agli stessi ceti ) . I giovani dei gruppi extra - parlamentari , che criticano " da sinistra " il partito socialista e quello comunista , dovrebbero cercare di comprendere le ragioni di una tale politica . È vero : l ' attuale sinistra potrà apparire ai futuri storici come oggi ci appare la " sinistra storica " del secolo scorso ; ma non ha senso attribuire la politica perseguita dall ' attuale sinistra al " tradimento " dei capi o al loro imborghesimento : la critica può diventare seria solo dopo un ' analisi approfondita , che deve tener conto dell ' attuale grado di sviluppo delle forze produttive e delle diverse classi sociali nel nostro paese . Il rabbioso estremismo di certi gruppi della sinistra extra - parlamentare non è affatto un fenomeno tipicamente italiano ; anzi , nel nostro paese questi gruppi sono meno virulenti che altrove . Si tratta , salvo poche eccezioni , di gruppi di piccoli borghesi declassati e disperati : è questa la caratteristica dei tupamaros di certi paesi latino - americani ; era questa la caratteristica dei nichilisti russi del secolo scorso . Non c ' è dubbio che i gruppi extra - parlamentari con la loro azione hanno contribuito alla ripresa del pericolo fascista ; per esempio , l ' attacco ai " dirigenti " delle fabbriche , assecondato e certe volte diretto da questi gruppi , ricorda sotto certi aspetti l ' attacco agli ufficiali reduci dal fronte dopo la prima guerra mondiale , attacco che certi settori della sinistra assecondarono o promossero e che contribuì alla " cessione gratuita " di questi reduci alla classe dominante . Fortunatamente , la scala del fenomeno oggi è molto più limitata ; oggi non sussistono le condizioni di sconvolgimento che allora sussistevano ; la sinistra ha imparato la lezione ; infine , il ventennio nero ha rappresentato una forte vaccinazione , non solo per la classe operaia ma anche per molti strati delle classi medie . Tuttavia , se il pericolo del fascismo manifesto è basso , è elevato il pericolo di una svolta politica antifascista a parole ma sostanzialmente fascista nei fatti : l ' arretratezza sociale e politica del nostro paese e la protervia di ampie sezioni della classe dominante rende questo pericolo molto reale nelle attuali condizioni di crisi . Il partito democratico cristiano , che ha la sua base elettorale in tutte e tre le classi sociali ( v . le tabelle 7.1 , 7.2 , 7.3 e 7.4 dell ' Appendice ) , preoccupato per la fuga a destra di una frazione dell ' elettorato piccolo - borghese , dalla fine del 1971 in poi ha attuato una sterzata a destra . I risultati delle elezioni del maggio 1972 mostrano che la manovra di recupero ha avuto un notevole successo . È necessario tuttavia tener conto che la piccola borghesia è una classe , o quasi classe , particolarmente instabile ; per questo una manovra di recupero a destra può avere successo in un periodo breve , senza determinare perdite sensibili di voti operai . Ma se la rotta dovesse continuare verso destra , in un periodo non breve le perdite di voti a sinistra potrebbero diventare rilevanti : le contraddizioni dell ' interclassismo vengono alla luce nei periodi di gravi tensioni sociali e politiche [ Scrivevo queste osservazioni verso la fine del 1972 ] . La situazione della sinistra italiana ( e per questo aspetto quella della sinistra francese ) è resa difficile dal fatto che il partito comunista , il quale politicamente rappresenta una quota rilevante , anche se non maggioritaria , della classe operaia ed una quota pure notevole di ceti medi ( v . le tabelle 7.3 e 7.4 ) , è tuttora in una certa misura legato al modello sovietico , nonostante le distanze prese nell ' ultimo decennio , specialmente dopo la tragedia cecoslovacca ; e per un paese come l ' Italia ( e la Francia ) il modello sovietico appare sempre meno un " modello " da seguire , non solo e non tanto per ragioni economiche , quanto per ragioni civili . Perfino quella rottura così profonda che è stata la rivoluzione bolscevica non è valsa a interrompere certe linee della storia russa , che si ricollegano ad antiche tradizioni autocratiche e repressive , comprensibili ( dolorosamente ) in un paese che in pratica non ha avuto una vera e propria rivoluzione borghese e che fino a pochi decenni or sono era un paese molto arretrato . Si tratta di una contraddizione grave , le cui conseguenze si riflettono negativamente non solo sulla sinistra , ma sull ' intera vita sociale e politica del nostro paese . Quanto prima se ne potrà uscire , tanto meglio sarà . Riguardo alle relazioni fra classi e partiti , bisogna dire che anche il partito comunista è interclassista , come lo è il partito socialista . Tuttavia , se è vero che tutti i partiti di sinistra e di destra sono interclassisti , alcuni lo sono più degli altri . In particolare , i ceti medi sono largamente rappresentati sia a sinistra che a destra . Ma vi sono ceti medi genuinamente progressisti , almeno in modo potenziale ; e vi sono ceti medi conservatori o reazionari . ( A questo proposito conviene leggere , naturalmente interpretandola con un grano di sale per adattarla alla nostra situazione , l ' analisi delle classi di Mao Tse - tung citata nel capitolo 5 della parte I ) . Inoltre , certe categorie di persone sono bene ancorate a interessi organici di classe ; altre , lo sono poco e male , come accade nel caso degli studenti , ' dei pensionati e delle così dette casalinghe . P . presumibile che i voti di queste persone siano particolarmente fluttuanti . Ed è anche presumibile che la Democrazia cristiana sia riuscita finora ad ottenere una percentuale relativamente stabile di voti grazie a oscillazioni di segno opposto dei votanti . La varietà delle frazioni di classi e di sottoclassi che convergono nella Democrazia cristiana appare impressionante , se si giudica dalla varietà degli uomini rappresentativi : alcuni fanno parte di quanto di meglio offra il nostro paese , molti altri sono personaggi da galera ; e sembra siano particolarmente numerosi , fra i votanti della Democrazia cristiana , quelli che appartengono alle categorie " disancorate " ( vedi l ' indagine di Giuliana Saladino pubblicata da " L ' Ora " di Palermo nei giorni 16 , 18 , 20 , 23 e 27 luglio 1973 ) . Ci si deve domandare che cosa può accadere a questo partito se continua l ' ascesa assoluta e relativa della classe operaia e se i partiti di sinistra riescono a rinnovarsi in profondità , rendendo molto più omogeneo e compatto il loro interclassismo e promuovendo una rappresentanza operaia diretta attraverso una qualche trasfusione di sangue , per esempio , attraverso l ' introduzione negli organismi centrali di un quorum gradualmente crescente riservato agli operai ; un provvedimento , questo , che appare quanto mai auspicabile se è vero che il movimento operaio è immune da quelle degenerazioni e da quegli " intrallazzi " che inquinano la piccola borghesia . Sul piano della gestione concreta della cosa pubblica , occorre riflettere sull ' esperienza emiliana e di altre regioni " rosse " , dove si è attuata un ' alleanza organica fra ceti medi e classe operaia , con un ' evidente egemonia dei primi . 5 . Sindacati operai e sindacati dei ceti medi Nella prima parte ho avuto occasione di far notare che la distanza fra impiegati e operai , misurata per mezzo dello stipendio medio e del salario medio , negli anni più recenti è andata diminuendo e che , ciò nonostante , in singoli settori o al vertice delle diverse gerarchie , le distanze presumibilmente sono andate crescendo . La questione è importante e merita un attento esame . Per un complesso di circostanze , il movimento operaio , insieme con quelle ampie fette del movimento sindacale e della sinistra politica che bene o male lo rappresentano , ha raggiunto importanti risultati , specialmente negli ultimi anni . La posizione degli operai nella fabbrica e nella società è pur sempre subordinata , ma lo è incomparabilmente meno di quanto fosse appena dieci anni fa . Questo importante processo di crescita civile avviene attraverso dure lotte , attraverso errori e rilevanti costi economici , che vanno a carico di tutti , sia pure in diverse proporzioni . In questo processo s ' innesta quell ' avvicinamento delle posizioni medie di cui ho detto . La scelta sindacale dell ' inquadramento unico in parte sanziona questa nuova tendenza e in parte contribuisce ad accelerarla , almeno nel settore degli impiegati di azienda . Si tratta di una scelta di grande rilievo . Ora questo processo di avvicinamento economico e sociale fra certi strati di operai e certi strati di ceti medi sta provocando - come già altre volte nel passato ma in forme e con conseguenze nuove - una spaccatura nell ' ambito degli stessi ceti medi . In alcuni strati quell ' avvicinamento suscita orrore e dà luogo a sforzi per contrapporsi ad esso , anche attraverso una strategia " corporativa " rivolta a ripristinare le distanze e possibilmente ad accrescerle ; l ' orrore per il comunismo e , più in generale , per la sinistra , ha spesso una tale origine . Altri strati di ceti medi , invece , considerano positivamente questo processo , poiché l ' alleanza organica con gli operai , se ha degli svantaggi economici ( da un punto di vista piccolo - borghese ) , ha diversi rilevanti vantaggi in termini di civiltà e di forza politica . Da un lato , l ' ascesa di una parte della classe operaia e l ' affermazione di una strategia " non corporativa " ( specialmente nelle fabbriche e fra gli intellettuali ) , dall ' altro lato , la reazione di particolari strati di ceti medi a tali tendenze ha assai inasprito le lotte sociali e politiche , non solo nel nostro ma anche in altri paesi europei . Gli stessi capitalisti industriali sono divisi . È in gioco non solo il potere della grande borghesia , ma anche quello , a carattere in gran parte condominiale e subalterno , della media e piccola borghesia . All ' origine di questi contrasti e di queste contrapposizioni , dunque , è l ' ascesa non solo assoluta ma anche relativa della classe operaia ; un ' ascesa che ha luogo non solo nel campo economico ma anche nel campo sociale e politico e che presenta a sua volta elementi in parte contraddittori : da un lato ha una componente potenzialmente rivoluzionaria - almeno nel lungo periodo - dall ' altra parte promuove le tendenze verso l ' imborghesimento . Una tale ascesa , se da un lato costituisce una minaccia per la grande borghesia , dall ' altro lato costituisce ( di nuovo , contraddittoriamente ) una minaccia e , al tempo stesso , una possibilità di alleanza per la piccola borghesia , a cominciare da quella impiegatizia e intellettuale . Tutto questo dimostra com ' è importante studiare le relazioni ( complementari e di contrapposizione ) fra operai e ceti medi , in tutti i campi sociali , compreso quel campo particolarissimo che è il campo sindacale . Un tale studio è tanto più necessario in quanto finora sulle relazioni fra sindacati operai e sindacati dei ceti medi ( sindacati che in molti casi fanno capo alle stesse organizzazioni centrali ) è stato steso pudicamente un velo ; è possibile che questo sia accaduto sotto l ' influsso dell ' ideologia piccolo - borghese che , col pretesto di non creare divisioni all ' interno della " classe lavoratrice " , mira a cementare una solidarietà che va in buona parte a beneficio dei ceti medi impiegatizi e professionali . Ora , l ' opportunismo e l ' ipocrisia nelle analisi sociali non hanno mai giovato a nessuno , tanto meno hanno giovato agli " innovatori " , ossia agli uomini della sinistra . Con non poca fatica , e grazie all ' aiuto di diversi amici sindacalisti , sono riuscito a elaborare due tabelle in cui si presentano le stime degli iscritti ai sindacati distinguendo gli operai dagli impiegati nei diversi settori di attività ( v . tabelle 5.1 e 5.2 ) . Le statistiche degli iscritti ai sindacati godono di pessima reputazione e in effetti fino a pochi anni fa erano inattendibili ; da qualche tempo , da quando cioè la concorrenza fra le tre grandi centrali sindacali si è andata attenuando in seguito alla graduale attuazione di una strategia unitaria , si è andata attenuando anche la " guerra delle cifre " e i dati sugli iscritti sono oramai abbastanza attendibili , o per lo meno non sono grossolanamente ingannevoli . La distinzione fra operai e impiegati nei settori direttamente produttivi , come l ' industria , è frutto di stime suggeritemi dai sindacalisti ; nel caso dei sindacati d ' impiegati , collegati con le tre centrali sindacali o autonomi , questo problema non si pone . Sui dati esprimerò pochi e schematici commenti . Rispetto al totale degli iscritti di ciascuna centrale sindacale , la Cgil ha la più alta quota degli iscritti di operai e impiegati addetti all ' industria , il 49% , contro il 39% della Cisl e il 42% dell ' Uil ; e poiché nell ' industria gli operai costituiscono la grande maggioranza degli addetti ( oltre il 90% ) , si può desumere che la Cgil ha , fra i propri iscritti , la più alta quota di operai . Al contrario , la Cisl ha la più alta quota di iscritti nelle altre attività , dove prevalgono gl ' impiegati . La diversa composizione della Cgil e della Cisl si ricollega ad un diverso rapporto col partito dominante , la Dc , ciò che fino ad un tempo recente ha anche comportato discriminazioni nelle assunzioni , specialmente nell ' ambito dei ceti medi e , in parte , un diverso modo di concepire l ' alleanza fra operai e ceti medi ( particolarmente quelli impiegatizi ) , anche se tanto l ' una quanto l ' altra concezione - quella della Cgil proclama l ' esigenza dell ' egemonia operaia - sono ambigue , per le ragioni più volte chiarite . Il grado di sindacalizzazione , naturalmente , va riferito agli operai occupati in unità con oltre 10 addetti ( per gli impiegati la questione non si pone ) . Ora , il grado di sindacalizzazione è relativamente alto nell ' industria per quanto riguarda gli operai ( oltre il 60% ) , mentre è relativamente basso nel caso degli impiegati ( circa un terzo ) . Per le altre attività le quote corrispondenti sono il 20% ( livello , come si vede , molto basso ) e 62% ( livello relativamente elevato : le attività terziarie costituiscono il caratteristico campo degli impiegati ) . Nella pubblica amministrazione - un settore quasi esclusivamente composto da impiegati - il grado di sindacalizzazione è relativamente elevato : 1'80%; ma per circa un sesto si tratta di iscritti a sindacati detti autonomi , che spesso sono affetti dal virus del corporativismo . I sindacati autonomi sono incredibilmente numerosi : se ne contano alcune decine nel solo settore dell ' istruzione e non meno di cinque nel settore della sanità . Paradossalmente , una tale situazione di divisione e frammentazione non fa la debolezza , ma , spesso , fa la forza , se si considera che il così detto " datore di lavoro " ha , come precipuo interesse , quello di far funzionare il servizio per ragioni che in un modo o nell ' altro sono di ordine pubblico , così che perfino un singolo sindacato , che raggruppi una quota non proprio trascurabile di lavoratori altamente specializzati in un sottosettore circoscritto ma indispensabile , può esercitare una pressione straordinariamente forte . La frammentazione sindacale può essere anche il risultato di una deliberata politica , tendente a favorire certi gruppi di lavoratori o certe clientele , o mirante ad impedire l ' affermarsi di determinate organizzazioni sindacali . Il grado di sindacalizzazione dei pubblici dipendenti è elevato ; ma non c ' è molto da rallegrarsi per questo . Il fatto è che le alte percentuali spesso sono la conseguenza d ' intese con le amministrazioni , per una sorta d ' iscrizione automatica degli impiegati ( e fin qui , nonostante i pericoli di burocratizzazione , non ci sarebbe molto da criticare ) ; ma non di rado le alte percentuali delle tre grandi organizzazioni sindacali sono imputabili alla facilità con cui esse hanno accolto , come affiliati , dei sindacati assai poco diversi , nella linea di condotta di tipo corporativo , dai sindacati autonomi . In realtà , fra certi sindacati e le grandi centrali sussistono legami puramente formali , simili a quelli che venivano ad instaurarsi nel tardo Medioevo fra il re o l ' imperatore e certi signori feudali . Inoltre , i sindacati di diversi settori del pubblico impiego riescono a non far pagare gli scioperi ai propri iscritti con diversi espedienti ; ora , gli scioperi sono una cosa seria solo se sono una forma di lotta effettiva ; e le lotte sono costose . Per gli operai le lotte sono costose e rischiose ( licenziamento ) e non è ammissibile che ci siano due pesi e due misure . Senza dubbio , nel settore del pubblico impiego ci sono agitazioni e scioperi pienamente validi , ossia non corporativi , ossia ancora capaci di promuovere la crescita economica e civile di tutti i lavoratori ; ma è legittimo affermare che la percentuale di scioperi di questo genere è molto inferiore a quella che si riscontra nel caso della classe operaia . Le tre grandi centrali sindacali hanno la grave responsabilità di aver assecondato o di non aver condannato , o di aver condannato con estrema timidezza , gli scioperi e le rivendicazioni a carattere manifestamente corporativo di impiegati e di professionisti operanti nel settore pubblico : il reddito nazionale , anche quando cresce , è limitato : se la quota che va a certi gruppi sociali cresce , le altre quote necessariamente diminuiscono . In breve , nel campo sindacale , il settore del pubblico impiego inteso in senso lato è quello che più degli altri esige una vasta opera di riorganizzazione , strettamente collegata con direttive politiche generali , prima fra tutte la direttiva di una stretta integrazione fra la strategia dei sindacati del pubblico impiego e sindacati operai , in antitesi alle spinte clientelari e corporative tuttora paurosamente diffuse . Non può andare esente da critiche neppure il sindacato a prevalente partecipazione operaia . Tuttavia , se si eccettuano evidenti errori di strategia e soprattutto di tattica ( agitazioni in certi periodi troppo frequenti , abuso di scioperi con rivendicazioni di politica generale ) , bisogna dire che da questa parte le cose vanno molto meglio ; e più di una volta , se ci sono state al vertice incertezze e impostazioni burocratiche , la base ha imposto rivendicazioni sacrosante come quella , già ricordata , dell ' inquadramento unico , o quella per gl ' investimenti nel Mezzogiorno , o le rivendicazioni per il miglioramento delle condizioni di lavoro nelle fabbriche , specialmente la lotta a favore della salubrità degli ambienti e contro l ' assai gravemente insufficiente prevenzione degli infortuni . Il fatto che rivendicazioni qualitative stiano avendo un peso crescente in confronto alle rivendicazioni puramente pecuniarie è un fatto di grande rilievo , poiché è un indice della crescita civile degli operai , pur fra tanti errori , tante ingenuità e tante aberrazioni . In ogni modo , per il meglio o per il peggio , i sindacati sono al centro dell ' attuale crisi politica , la quale è grave e complessa e richiede un ' analisi molto approfondita , illuminata da ipotesi appropriate . 6 . L ' attuale crisi politica e la borghesia finanziaria Sotto molti aspetti , l ' attuale quadro politico italiano appare come una desolata palude : specialmente ( ma non esclusivamente ) nella cerchia dei ceti medi , la corruzione , le spinte corporative e la caccia ai privilegi si moltiplicano , come una volta in Uruguay , con un progressivo aumento dell ' uso parassitario delle risorse a danno degli impieghi produttivi e quindi a danno delle capacità di sviluppo economico . Al centro del quadro - con ramificazioni a destra e a sinistra - c ' è una gran massa di piccoli borghesi che pensa principalmente , o esclusivamente , al proprio " particolare " e se ne infischia della cosa pubblica . A sinistra ci sono quei partiti di cui ho parlato e che , senza una profonda riorganizzazione e senza una " trasfusione di sangue " , rischiano di corrompersi o di sclerotizzarsi in modo irreversibile . All ' estrema sinistra ci sono alcuni gruppi , che oggi tutto possono far meno che la rivoluzione . Ancora a sinistra , nelle fabbriche , c ' è un consistente nucleo di classe operaia industriale moderna in netta ascesa . Corrispondentemente , all ' estrema destra si profila il pericolo di una reazione fascista di tipo nuovo . Insomma , sembra che la prospettiva sia quella di uscire dalla palude per andare a finire o in un campo di concentramento o in un bel cimitero , con i viali ordinati ed ornati di fiori , oppure in una palude di altro genere . Che cosa si può fare per uscire dalla crisi ? La strada è certamente ardua e lunga . Il passo preliminare consiste in un ' adeguata analisi critica della situazione attuale ( 1974 ) : da un lato occorre studiare la condotta idei diversi sindacati e i condizionamenti posti dalla così detta base , dall ' altro si devono esaminare i cambiamenti che stanno avendo luogo nella parte alta della piramide sociale . Per avviare la suddetta analisi critica conviene riflettere in modo particolare su alcuni punti emersi nei precedenti capitoli . 1 . Nei periodi di aspri conflitti fra borghesia e parte della classe operaia , le concessioni ai funzionari e specialmente a quelli di grado più elevato sono state più frequenti e più sostanziose . In questo modo si sono rafforzati i privilegi dell ' alta burocrazia ( parte I , cap . 6 ) . 2 . Mentre la distanza media fra impiegati e operai , misurata dai livelli delle retribuzioni , è andata diminuendo negli ultimi anni , in certe fasce di impiegati le distanze specifiche sono perfino aumentate , come conseguenza di reazioni corporative , rese rabbiose da quello che i sociologhi chiamano " panico di status " ( parte I , cap . 7 ) . 3 . Con l ' esodo agrario e l ' urbanesimo , sono grandemente cresciute le rendite urbane , con le connesse operazioni speculative ; si è formato in questo modo , un numero relativamente consistente di nouveaux riches ( parte I , cap . 1 ) . 4 . Da anni il nostro paese si dibatte in gravi difficoltà economiche che in gran parte sono la conseguenza di agitazioni sindacali particolarmente violente ( parte II , cap . 4 ) e le agitazioni sindacali sono state e sono particolarmente violente anche a causa dell ' insufficienza di quelle infrastrutture civili che dovrebbero essere attuate con l ' attuazione delle riforme ; di recente , le difficoltà economiche sono state drammaticamente aggravate dall ' aumento nei prezzi internazionali delle materie prime e , soprattutto , del petrolio , con un conseguente enorme deficit nella bilancia dei pagamenti ( parte II , capp . 1 e 3 ) . 5 . Principalmente a causa della politica clientelare perseguita con crescente protervia dagli stati maggiori dei partiti che sono al potere al centro e alla periferia ed a causa di leggi approvate per favorire ora l ' uno ora l ' altro dei gruppi burocratici e dei " corpi separati " , il deficit della pubblica amministrazione è andato crescendo in misura paurosa . Per finanziare tale deficit , il pubblico erario e il sistema creditizio hanno dovuto destinare mezzi crescenti , sottraendoli al finanziamento degli investimenti produttivi . Alla formazione e poi alla crescita di questo deficit , che sta diventando una voragine , hanno contribuito in parte notevole i disavanzi degli ospedali e degli enti locali , disavanzi che a loro volta sono stati alimentati da assunzioni massicce , di tipo appunto clientelare , e da enormi aumenti di stipendio ottenuti dai diversi gruppi di dipendenti con l ' appoggio - o almeno senza l ' opposizione - delle centrali sindacali . Il costo del finanziamento degli investimenti produttivi , d ' altro canto , è andato crescendo anche a causa dei molto gravosi oneri per il personale appartenente alle istituzioni creditizie , che dal punto di vista delle retribuzioni costituisce un ' altra caratteristica isola di privilegio . 6 . Le gravi difficoltà economiche si sono tradotte , fra l ' altro , in una flessione dei profitti e in un crescente numero di fallimenti , ciò che ha provocato salvataggi da parte dell ' autorità pubblica , ha rapidamente allargato l ' area d ' influenza delle imprese a partecipazione statale ed ha favorito l ' ingresso , silenzioso ma massiccio , del capitale estero , controllato , in parte , da grandi società multinazionali ( parte II , cap . 3 ) . Queste difficoltà economiche hanno reso più debole la borghesia industriale a vantaggio della borghesia finanziaria e speculativa , che ha avuto tendenza a integrarsi con l ' alta borghesia burocratica ( punti 1 e 2 ) e a rafforzarsi sia inserendosi in speculazioni edilizie ( punto 3 ) sia collegandosi con le attività connesse col petrolio . In effetti , se si mette da parte la petrolchimica , si deve riconoscere che il commercio e la raffinazione dei prodotti petroliferi richiedono ben poche capacità imprenditoriali : si tratta di sapersi muovere nel mondo della pubblica amministrazione ed in quello delle compagnie petrolifere multinazionali piuttosto che saper affrontare le così dette alee dell ' organizzazione produttiva e del mercato . Quelle del petrolio possono quindi a buon diritto essere incluse fra le attività speculative intese in senso ampio e i proprietari che le controllano possono essere inclusi nella borghesia finanziaria . Speculazioni edilizie , esportazioni di capitali , petrolio , costituiscono le tipiche aree del profitto speculativo : sono aree economicamente inquinate anche da un punto di vista capitalistico ; a fortiori sono aree inquinate ed inquinanti dal punto di vista politico . 7 . La flessione dei profitti ( parte II , cap . 3 ) è stata interrotta dalla " fluttuazione libera " della lira , ossia , in sostanza , dalla svalutazione della nostra moneta in termini di divise estere , che è cominciata nel febbraio del 1973 e che oggi ( aprile 1974 ) supera il 20% . Tale svalutazione ha favorito , in generale , i profitti e , in particolare , ha favorito le operazioni speculative ( comprese le esportazioni e le importazioni di capitali ) dirette ed organizzate dalla borghesia finanziaria . I punti 6 e 7 ora ricordati sono stati elaborati da Giorgio Galli , che ha formulato la seguente ipotesi interpretativa della crisi politica in atto : " Si è venuta formando in Italia una borghesia finanziaria e speculativa nei suoi strati superiori e burocratico - parassitaria nei suoi strati immediatamente inferiori , che non è affatto interessata alla razionalizzazione del sistema sociale e che sta conquistando l ' egemonia nell ' ambito dell ' alta borghesia . Quella che si viene consolidando , dunque , è un ' alleanza non tra grande borghesia industriale e ceti medi conservatori ( come negli anni Sessanta ) , bensì un ' alleanza tra alta borghesia speculativa e media borghesia burocratica , l ' una e l ' altra non legate alle imprese ed alle professioni , ma alla speculazione ed alla rendita derivante dal controllo di posizioni chiave nell ' apparato amministrativo ( alti burocrati ) , creditizio ( alti funzionari delle banche ) , delle imprese ed enti pubblici e nell ' apparato politico strettamente connesso ai precedenti ( lo strato superiore dei funzionari di partito ) , dei politici professionisti " ; gl ' interessi politici della borghesia finanziaria e speculativa sarebbero rappresentati in misura nettamente prevalente dalla Democrazia cristiana ( Distribuzione dei reddito e classi sociali , comunicazione presentata al convegno " Distribuzione del reddito e modello di sviluppo " , organizzato dal Club Turati di Torino , nei giorni 6-7 marzo 1974 , pp. 1 e 6 ) . Quella che io chiamo borghesia finanziaria e Giorgio Galli borghesia finanziaria e speculativa è denominata da Carlo Marx " aristocrazia finanziaria " . Marx la descrive nei seguenti termini : " Sotto Luigi Filippo , non regnava la borghesia francese , ma una frazione di essa . I banchieri , i re della borsa , i re delle ferrovie , i proprietari delle miniere di carbone e di ferro e delle foreste , e una parte della proprietà fondiaria venuta con essi a un accordo : la cosiddetta " aristocrazia finanziaria " . Essa sedeva sul trono , essa dettava leggi nelle Camere , essa distribuiva gli impieghi dello Stato , dal ministero allo spaccio dei tabacchi . (...) Mentre l ' aristocrazia finanziaria faceva le leggi , dirigeva l ' amministrazione dello Stato , disponeva di tutti i pubblici poteri organizzati , dominava l ' opinione pubblica , coi fatti e con la stampa , in tutti gli ambienti , dalla corte sino al Café Borgne , si spandeva l ' identica prostituzione , l ' identica frode svergognata , l ' identica smania di arricchirsi non con la produzione , ma rubando le ricchezze altrui già esistenti . Alla sommità stessa della società borghese trionfava il soddisfacimento sfrenato , in urto ad ogni istante con le stesse leggi borghesi , degli appetiti malsani e sregolati in cui logicamente cerca la sua soddisfazione la ricchezza scaturita dal giuoco , in cui il godimento diventa crapuleux , e il denaro , il fango e il sangue scorrono insieme . L ' aristocrazia finanziaria , nelle sue forme di guadagno come nei , suoi piaceri , non è altro che la riproduzione del sottoproletariato alla sommità della società borghese " ( Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 , in Opere scelte di Marx e di Engels , Editori Riuniti , Roma , 1966 , pp. 376 e 378-9 ) . D ' altro lato , la corruzione dilagante , nel nostro come anche in altri paesi , nell ' ambito della borghesia ed in particolare della piccola borghesia ricorda , sotto alcuni aspetti , la corruzione dilagante nell ' ambito delle aristocrazie feudali quando stavano per perdere potere e predominio . In quelle circostanze trionfava la filosofia del carpe diem o dell ' après moi le déluge - manifestazione caratteristica , questa , di una classe dominante che perde la fiducia nei propri valori e nei propri ideali . Potremmo essere tentati d ' interpretare l ' attuale processo di sgretolamento facendo riferimento all ' ascesa , di cui abbiamo parlato più volte , della classe nuova , quella degli operai , che , insieme con molti tecnici e intellettuali e parecchi impiegati relativamente immuni da interessi corporativi , ha posto la candidatura all ' egemonia . Debbo dire che una tale interpretazione a me sembra troppo ottimistica e troppo semplicistica . Però credo che tanto in questa interpretazione quanto in quella precedentemente accennata ( che hanno certi punti di contatto ) ci siano elementi di verità su cui dobbiamo riflettere . Per la così detta " aristocrazia finanziaria " Marx ha dunque parole di fuoco : egli parla di " prostituzione " - naturalmente in senso civile - di " frode svergognata " ; parla anche di " contratti d ' appalto fraudolenti , corruzioni , malversazioni , bricconate di ogni specie " . La descrizione di Marx ( che , sia detto fra parentesi , deve apparire moralistica ai nostri marxisti ortodossi ) è di un ' attualità impressionante . Detto questo , e pur considerando l ' ipotesi interpretativa di Galli interessante e degna di riflessione e di studio , non mi sento in grado di pronunciarmi sulla sua validità . Mi limito tuttavia a ricordare che i legami fra borghesia finanziaria e le altre frazioni della borghesia sono oggi così stretti , in Italia , da rendere particolarmente problematica l ' attribuzione di ruoli distinti . Chi voglia , ciò nonostante , isolare la borghesia finanziaria , deve tener presente che , per la sua natura , il potere economico ( e politico ) di questa frazione della borghesia è assai più instabile e oscillante di quello che , di tempo in tempo e di zona in zona , può essere stato conquistato dalle altre frazioni ( specialmente : borghesia agraria e borghesia industriale ) . In questo caso , perciò , anche più che in altri , occorre essere molto cauti nelle generalizzazioni . Ricordiamoci , in ogni modo , che l ' ascesa della borghesia finanziaria - ossia della frazione meno " rispettabile " della classe - più che essere la causa è l ' effetto del declino ( non si sa se duraturo o temporaneo ) della borghesia industriale e di quel vuoto di potere di cui ho parlato più volte . 7 . Un popolo di semianalfabeti Le attuali difficoltà economiche e politiche sono in larga misura simili a quelle sperimentate da altri paesi ; all ' origine , io credo , c ' è l ' ascesa assoluta e relativa della classe operaia ( si consideri in modo speciale il caso della Gran Bretagna ; si considerino i recenti massicci scioperi in Giappone , i cui sindacati erano presentati come modelli di autocontrollo e di disciplina ) . Tuttavia , in Italia le difficoltà assumono una gravità particolare per ragioni connesse con la nostra struttura sociale . Noi siamo un paese relativamente sviluppato dal punto di vista economico ; ma siamo un paese arretrato dal punto di vista civile . Ho già fatto osservare che il 70% della popolazione attiva del nostro paese possiede , al massimo , la licenza elementare : una percentuale che non trova riscontro in nessuno dei paesi considerati civili ( v . la tabella 6.2 ) . E sappiamo che , con la licenza elementare , si possono fare solo lavori ripetitivi : salvo casi eccezionali , non si può partecipare , neppure in forma modesta , alla gestione della cosa pubblica o dei patiti ; di regola , non si può neppure gestire la sezione di un partito in un piccolo comune . Con la licenza elementare ( che è il livello massimo di quel 70% ) si giunge a scrivere qualche lettera alla madre o alla fidanzata quando l ' uomo è sotto le armi e a leggere un giornale sportivo . ( Certo , gli autodidatti possono svilupparsi culturalmente anche con la sola licenza elementare ; ma è ben difficile pensare che si tratti di un numero elevato di persone ) . Quella percentuale è illuminante : spiega , da sola , perché le tirature dei giornali sono da noi vergognosamente limitate ; spiega l ' atteggiamento spesso arrogante e insolente dei piccoli burocrati , specialmente nelle zone più depresse , dove , naturalmente , la percentuale dei semianalfabeti è ancora più alta della media nazionale , come ben più alta di quella ufficiale è la percentuale degli analfabeti totali o degli analfabeti di ritorno ; spiega il basso livello della nostra vita politica ( ciascuno di noi , in quanto uomo di parte , è incline a vedere le miserie culturali e morali negli altri partiti e ad essere particolarmente indulgente con quelle del partito al quale appartiene o per il quale vota ) ; spiega - ma qui l ' analisi diventa molto più difficile - l ' atteggiamento dei " mandarini " - di noi , piccoli e medi borghesi - che spesso inconsapevolmente tendono a trar vantaggio nei modi più diversi dalla loro posizione di quasi monopolisti dell ' istruzione media e superiore . È vero : l ' afflusso nelle scuole medie e superiori delle nuove leve è sensibilmente maggiore che nel passato , così che quella percentuale ( 70% ) va diminuendo ; ma la velocità con cui diminuisce ( poco più di un punto l ' anno ) non è grande : con una tale velocità solo fra tre o quattro lustri arriveremo al livello attuale della Francia ( circa il 45% ) , che pure è fra i più alti nell ' ambito dei paesi civili . Ma allora , oltre ad essere un popolo di eroi , di santi , di poeti , di navigatori e di scienziati siamo anche , e innanzi tutto , un popolo di semianalfabeti ? Dopo aver tolto di mezzo la storia degli eroi e degli scienziati - una espressione caratteristica della retorica piccolo - borghese - togliamo pure di mezzo ogni forma di feroce esagerazione autocritica ; riconosciamo pure l ' esistenza di una minoranza di persone civili , che oltre a non essere semianalfabete non sono neppure topi nel formaggio e non si preoccupano esclusivamente del proprio " particolare " ; in quella minoranza - se proprio abbiamo deciso di tirarci su il morale - possiamo includere anche noi : me che scrivo , voi che leggete . Dopo aver fatto tutto questo , resta la fondamentale verità della risposta : sì , le eccezioni sono eccezioni , le oasi non impediscono al deserto di restare deserto , anzi ne sono la conferma . Come massa , siamo un popolo di semianalfabeti ; e ciò ci condiziona tutti , in un modo o nell ' altro , nell ' indurci in tentazione , ossia nel dar sfogo al nostro egoismo o nell ' attuare una qualche forma di prevaricazione sociale ; ci condiziona anche negli sforzi che possiamo fare per migliorare la situazione , sforzi faticosissimi e in gran parte , almeno a prima vista , inutili , o nello spingerci verso atteggiamenti scettici o cinici e , nel fondo , quasi disperati . Quella percentuale è il più grave atto di accusa ai gruppi che si sono succeduti al potere nel nostro paese , alla così detta classe dirigente , in ultima analisi a noi stessi - chi legge questo scritto può esser certo di appartenere alla frazione più elevata del 30% dei privilegiati ( i laureati non raggiungono neppure il 4% della popolazione attiva ) . Come si concilia quella tremenda percentuale con l ' esplosione scolastica , di cui tutti parlano ? Si concilia per diverse ragioni . In primo luogo , l ' esplosione è tale , o appare tale , per la radicale insufficienza delle strutture scolastiche ( delle strutture molto più che del personale ) . In secondo luogo , la mortalità scolastica è molto elevata : non sono pochi i ragazzi che frequentano una , due o tre classi delle scuole medie inferiori senza giungere al diploma . In terzo luogo , l ' aumento dei diplomati ( o dei diplomandi ) , certamente più rapido che nel passato , incide solo lentamente sullo stock : l ' Italia imperiale di Mussolini ci aveva lasciato il 90% di semianalfabeti . Ora siamo al 70% : un progresso è stato fatto ; ma quanto è lunga la via ! Il quadro è spaventoso se visto nei suoi termini quantitativi . Forse sarebbe ancora più grave se si potessero esaminare a fondo gli aspetti qualitativi : i diplomi e le lauree di quel 30% di quasi - monopolisti , quale valore hanno ? Possiamo tentare di ridurre l ' angoscia pensando alla curva di Gauss , che domina in tutti i fenomeni sociali : una parte , non proprio piccola , delle scuole funziona , una parte , non proprio esigua , del personale insegnante è costituita da persone capaci e preparate . Tuttavia , la curva di Gauss va interpretata considerando l ' altezza della moda e l ' unità di misura , e forse è un bene che queste due quantità restino indeterminate . L ' aumento nel numero dei diplomati e dei laureati è troppo lento sotto l ' aspetto dello sviluppo civile , ma , al contrario , è troppo rapido con riferimento allo sviluppo economico , poiché l ' espansione della domanda del lavoro intellettuale qualificato risulta inferiore all ' espansione dell ' offerta : il risultato è un aumento della disoccupazione intellettuale , soprattutto fra i giovani . Sia chiaro : l ' accento posto sulle gravi carenze nel campo dell ' istruzione non implica che queste carenze costituiscano la " causa " dell ' arretratezza civile , oltre che economica , della nostra società : esse ne sono piuttosto un importante indicatore . ( D ' altra parte , come Gino Germani mette in evidenza nell ' opera citata - spec . a p . 131 - coloro che acquistano un grado di istruzione relativamente alto e poi non riescono ad ottenere le posizioni sociali cui aspirano o addirittura restano disoccupati , possono diventare causa di forti tensioni sociali ) . L ' arretratezza civile risulta da tanti e tanti elementi , che possono essere efficacemente riassunti - me l ' ha fatto osservare lo stesso Germani - dal concetto di " estraneità " delle masse dalla vita politica , estraneità quasi totale nel secolo scorso , ma tuttora ampia , essendo la partecipazione delle masse alla vita politica o circoscritta ovvero saltuaria ed episodica . 8 . Contrasti economici e contrasti sociali Si sente ripetere spesso che oramai l ' Italia è diventata un paese moderno , che è entrata nel novero dei dieci paesi più industrializzati del mondo . Questo è vero , ma è solo una parte della verità . Per una distorsione probabilmente imputabile alla grande influenza del pensiero economico sulla cultura sociale e politica , si tende a stabilire un ' equivalenza fra grado di sviluppo economico e grado di sviluppo civile . t triste osservare che così non è : il nostro reddito individuale medio oggi è solo limitatamente inferiore a quello inglese - siamo arrivati al 70-75% . Ma , pur senza tener conto del fatto che la distribuzione personale e regionale del reddito nazionale italiano è molto più diseguale di quanto sia in Inghilterra , si deve dire che se il grado di sviluppo civile fosse quantificabile esso sarebbe molto inferiore a quel 70% . Qualche aspetto quantitativo della nostra arretratezza economica e civile , ben più significativo del livello relativo del reddito individuale , può essere individuato esaminando con attenzione i contrasti economici e sociali che caratterizzano il nostro paese . Certo , tutte le società contengono nel proprio seno elementi contrastanti ; ma nella società italiana i contrasti raggiungono un ' intensità molto difficilmente riscontrabile in altri paesi : - accanto a imprese moderne , grandi e piccole , esiste nell ' industria un gran numero di unità produttive arcaiche e inefficienti , la cui attività si fonda sul lavoro a domicilio o sui sottosalari o su opere ottenute in sub - appalto ; - l ' esodo agrario - che si è svolto e si svolge in tutti i paesi industrializzati - in Italia assume caratteristiche patologiche , poiché le terre che si spopolano non sono necessariamente le meno fertili e le meno suscettibili di sviluppo , ma quelle in cui manca Il supporto dello sviluppo di attività extra - agricole ; moderne ; - le attività produttive moderne si concentrano in certe aree del Nord , in contrasto crescente con la rarefazione delle attività produttive in molte aree del Sud : alla congestione di quelle aree fanno riscontro i vuoti delle zone meridionali ; - la percentuale dei disoccupati è fra le più alte dei paesi industrializzati , e certamente la più alta è la percentuale di occupati precari , in gran parte concentrati nelle regioni meridionali ; corrispondentemente , il sottoproletariato urbano e quello rurale assumono proporzioni enormi , specialmente nelle città e nelle aree ad agricoltura povera del Mezzogiorno ; viceversa , la percentuale della popolazione attiva è fra le più basse ( forse la più bassa dei paesi industrializzati ) ; - l ' Italia è forse l ' unico paese che riesce ad esportare simultaneamente lavoratori e capitali - un fatto apparentemente assurdo , da un punto di vista economico ; - allo sviluppo del settore privato moderno fa riscontro un gravissimo sottosviluppo del settore pubblico ( problema della burocrazia e questione delle riforme ) . A questi contrasti economici corrispondono , necessariamente , contrasti nella società e nella composizione delle classi sociali : - la percentuale di semianalfabeti non trova riscontro in nessun paese civile ; - la classe borghese , che pure è relativamente la più omogenea , presenta , nel suo interno , differenziazioni culturali e politiche rilevanti ; - la classe operaia , se si eccettua il suo nucleo industriale moderno , è fortemente differenziata , come conseguenza dello sviluppo fortemente differenziato in senso geografico e settoriale ( nel Mezzogiorno la classe operaia in senso proprio è molto limitata : i legami fra i diversi gruppi di salariati e di contadini poveri sono deboli ) ; - la piccola borghesia è ancor più fortemente differenziata , sia in senso economico che in senso sociale e politico ; considerata l ' instabilità di questa quasi classe e considerata la sua estensione numerica , è qui che occorre concentrare l ' analisi critica per porre in termini appropriati i problemi politici del nostro paese . 9 . Il grande tiro alla fune Oramai è chiaro che l ' enorme espansione della piccola borghesia - un ' espansione che nel nostro paese è stata patologicamente rapida - ha modificato in profondità i termini dei conflitti sociali e delle lotte di classe . In ultima analisi nel nostro tempo la lotta politica consiste essenzialmente in un grande tiro alla fune ( ammesso che la fune non si spezzi , a destra o a sinistra ) : da un lato i partiti di destra , che esprimono soprattutto gli interessi della grande e media borghesia , e , dall ' altro , i partiti di sinistra , che in qualche modo esprimono gl ' interessi della molto più differenziata classe operaia , si sforzano di trascinare dalla propria parte la massima fetta possibile della piccola borghesia , una quasi classe socialmente eterogenea e politicamente instabile . In questo tiro alla fune , come abbiamo visto , i partiti delle due ali pagano certi prezzi , facendo concessioni che possono andare e spesso vanno a detrimento degli interessi immediati e diretti delle classi o sottoclassi di cui sono l ' espressione politica . Per la sinistra il problema è reso più grave dal fatto che gli apparati dei partiti sono amministrati in prevalenza a da piccoli borghesi . Questo è un fatto in buona parte - sebbene non completamente - inevitabile e fisiologico nelle presenti condizioni storiche del nostro paese ; ma di ciò i dirigenti della sinistra debbono essere ben consapevoli se vogliono ridurre i condizionamenti che da questo fatto derivano . Spesso , nella preoccupazione di consolidare e perfino di allargare l ' alleanza fra la fetta della classe operaia su cui si appoggiano ed una fetta della piccola borghesia , i partiti di sinistra hanno fatto concessioni eccessive e tutto sommato inutili ai gruppi più retrivi di questa quasi classe ( tipica è la vicenda della così detta riforma del commercio al minuto , tipiche le condiscendenze e le concessioni a diverse rivendicazioni " corporative " di certi gruppi di impiegati statali e parastatali ) ; concessioni inutili ed anzi dannose , perché si tratta di gruppi politicamente irrecuperabili per la sinistra , o recuperabili a costi tali da snaturarne profondamente la strategia . È augurabile che i partiti di sinistra intraprendano una riforma dei loro apparati e rivedano la loro strategia e la loro politica di alleanze al fine di ricomporre la loro base , cercando di allargare l ' appoggio non solo della classe operaia ma anche dei gruppi più robusti e relativamente più omogenei della piccola borghesia e rinunciando con decisione a ricercare l ' appoggio dei gruppi più retrivi , che , sfortunatamente , sono ampi . Preliminare , ad una tale riforma e ad una tale revisione , è un ' approfondita analisi critica delle classi e dei gruppi sociali e delle loro tendenze . Nelle odierne società capitalistiche , caduta la previsione del Manifesto circa la progressiva scomparsa delle classi medie , non è più sostenibile la tesi del bipolarismo classista , sia pure solo tendenziale , un bipolarismo che solo pochi studiosi marxisti cercano di motivare o giustificare in qualche modo sul piano analitico e che molti invece , specialmente fra i giovani e fra i leaders politici e sindacali di sinistra , intendono in modo rozzo e primitivo , nonostante i frequenti e generici richiami ai ceti medi . Negli ultimi decenni tutte le società capitalistiche hanno subito grandi mutamenti strutturali ; ma la sinistra ha continuato a vivere di rendita sul patrimonio intellettuale trasmesso dai grandi pensatori del passato , tradendo , in definitiva , il fondamentale messaggio critico del più grande dei pensatori di sinistra . È vitale , oramai , un approfondito riesame critico , condotto con mente aperta , della società in cui viviamo . Note al testo 1 . La nazionalizzazione e le retribuzioni nell ' industria elettrica ( nota a p . 18 ) Fino a quando l ' industria elettrica era divisa in diversi compartimenti privati , pubblici e municipalizzati , i salari e gli stipendi erano notevolmente differenziati , ma i salari medi non erano molto diversi da quelli delle altre industrie . Con la nazionalizzazione e quindi con l ' unificazione dell ' intera industria , dovevano necessariamente essere unificati anche salari e stipendi ; e ciò non poteva esser fatto che ai livelli più alti - livelli che erano , in alcuni casi , molto alti , poiché certe aziende , particolarmente quelle municipalizzate , avevano trasformato in aumenti di salari e di stipendi parte dei loro profitti monopolistici , che non potevano investire in altri campi . Di qui il molto rapido aumento del costo del lavoro e la caduta dei margini netti , dopo la nazionalizzazione ; di qui la comparsa , per le retribuzioni , di un ' area di privilegio , che tuttora permane . 2 . Le rendite edilizie ( nota a p . 18 ) Le rendite edilizie e i connessi guadagni speculativi sono generati o accresciuti dal rapido inurbamento di masse cospicue di persone , che è il fenomeno complementare dell ' esodo agrario . In via di larga massima , ho stimato che in Italia negli ultimi anni le rendite provenienti dalle aree edificate ( valutate come frazione dei fitti effettivamente pagati ) ascendono , ogni anno e in media , all'1-1,5% del reddito nazionale e che le aree annualmente vendute per l ' edificazione di nuovi fabbricati raggiungono , in valore , il 4-5% del reddito nazionale (2.000-2.500 miliardi di lire ) . 3 . Sulla possibile graduale sostituzione della divisione orizzontale del lavoro con una certa rotazione verticale ( nota a p . 23 ) L ' idea è che , nei paesi più avanzati , sia per l ' aumento del reddito individuale medio degli strati più bassi della popolazione , sia per la diffusione dell ' istruzione , diventa sempre più difficile trovare persone disposte a compiere lavori umili e non gratificanti , come quello degli edili , degli imbianchini , degli scaricatori , dei manovali . Questi paesi , per sopperire a queste esigenze , sono indotti a importare da altri paesi mano d ' opera non qualificata - gli " schiavi moderni " . ( Si calcola , per esempio , che nei paesi europei più avanzati , come la Germania , l ' Inghilterra , la Francia , la Svizzera e il Belgio , vivono e lavorano , quasi tutti svolgendo mestieri umili e rifiutati dai lavoratori nati in quei paesi , non meno di 6 milioni di persone , di cui circa la metà provenienti dai paesi o dalle regioni più arretrate dell ' Europa - Grecia , Spagna , Turchia , Italia meridionale - e l ' altra metà da paesi extra - europei , specialmente africani ) . Inoltre , un tale stato di cose spinge un numero crescente di industriali dei paesi avanzati a trasferire all ' estero certi impianti e certi processi produttivi che richiedono lavoratori non qualificati ( l ' incentivo ad un tale trasferimento è anche maggiore se quegli impianti e quei processi provocano inquinamento dell ' aria e dell ' acqua ) . Per l ' Italia , dolorosamente , il problema non è urgente , poiché le regioni meridionali del nostro paese sono tuttora larghe esportatrici di " schiavi moderni " . Cfr . A . Visalberghi , Educazione e divisione del lavoro . Prospettive della formazione tecnica e professionale nelle società tecnologicamente avanzate , La Nuova Italia , Firenze 1973; M . Salvati e B . Beccalli , Divisione del lavoro . Capitalismo , socialismo , utopia , " Quaderni piacentini " , 1970 , n . 40 , e S . Marglin , Origine et fonctions de la parcellization des tàches , nel volume Critique de la division du travail , a cura di A . Gorz , Editions du Seuil , Paris 1973 . 4 . Intorno alla suddivisione delle classi sociali ( nota a p . 25 ) Nella stesura originaria avevo suddiviso in modo diverso la piccola borghesia : oltre alle categorie particolari , avevo distinto fra piccola borghesia legata e quella non legata direttamente al processo produttivo ed avevo incluso , nella prima , i coltivatori diretti e gli artigiani e , nella seconda , gl ' impiegati e i commercianti . Michele Salvati mi ha persuaso a modificare la classificazione , distinguendo fra piccola borghesia impiegatizia ( lavoratori dipendenti stipendiati ) e piccola borghesia relativamente autonoma ( coltivatori diretti , artigiani e commercianti ) , una distinzione che si concilia meglio con i criteri ricavati dall ' analisi della distribuzione del reddito , la quale serve di base all ' intera classificazione . 5 . " Uomini di grande onestà civile " ( nota a p . 54 ) Per evitare possibili malintesi o equivoci su espressioni di questo tipo ( " strati civilmente robusti " , « uomini di grande onestà civile " ed altre che userò in seguito ) , espressioni che potrebbero indurre a ritenere che l ' autore è affetto da " moralismo " , o che propende verso una ingenua concezione " idealistica " della vita sociale , in contrasto con una ( non meno ingenua ) visione " marxista " o " materialistica " , debbo dire che uso queste espressioni nel senso in cui credo le usasse lo stesso Carlo Marx , quando , per esempio , definisce " uomini competenti , imparziali e privi di rispetti umani " " i relatori inglesi sulla salute pubblica [ cominciando dal loro capo , Leohnard Horner ] , i commissari inglesi per le inchieste sullo sfruttamento delle donne e dei fanciulli , sulle condizioni delle abitazioni e della nutrizione " . Osservo che molte delle vigorose denunce fatte da Marx sulle condizioni di vita della classe operaia inglese dei suoi tempi si fondano proprio sulle relazioni ufficiali di quegli uomini ; e quelle denunce e quelle relazioni , quindi , non hanno avuto un valore moralistico , ma analitico e politico . Osservo ancora che quello che negli stessi termini ingenui cui alludevo dianzi potrebbe essere definito il " moralismo " o l ' " idealismo " di Marx - un idealismo che include il pieno riconoscimento di una circoscritta ma importante libertà di scelta e quindi di una precisa responsabilità dei singoli individui - è sistematicamente ignorato o misconosciuto da diversi studiosi di Marx , soprattutto ( paradossalmente ) fra i giovani , molti dei quali si professano marxisti non per l ' acquisita coscienza di appartenere ad una determinata classe , ma , se è lecito esprimersi così , per " idealismo " . Mi auguro dunque di non essere frainteso se affermo che la posizione di classe di ciascuno entro certi limiti dipende non dal foro esterno ma da quello interno : entro certi limiti , appunto , è oggetto di scelta , anche se i condizionamenti obiettivi che derivano dalla classe di origine ben difficilmente possono essere del tutto eliminati . 6 . Espansione della burocrazia nel periodo fascista ( nota a p . 76 ) Come appare dalla tabella 1.1 , nel periodo fascista la burocrazia aumentò rapidamente . Se si considera che specialmente durante gli anni Trenta molti impiegati furono assunti per meriti politici e non per la loro capacità o qualificazione , che allora non erano possibili né le critiche della stampa né quelle di un ' opposizione parlamentare e che certe abitudini di irresponsabilità istituzionalizzata cominciarono a mettere le radici in quel periodo , ci si rende conto che l ' idropisia e l ' inefficienza della pubblica amministrazione che oggi ci affiggono costituiscono in misura non piccola un ' eredità del passato regime . 7 . Salari e stipendi nel periodo fascista ( nota a p . 77 ) Secondo mie stime di larga massima , durante il periodo fascista , esclusi gli anni di guerra , la massa dei salari reali è diminuita di una percentuale che va dal 10 al 15% , per l ' effetto combinato di una flessione del 15-20% dei salari reali individuali e di un modesto aumento nel numero dei salariati , mentre la massa degli stipendi reali degli impiegati pubblici e privati è cresciuta di circa il doppio , per effetto di un sia pure modesto aumento degli stipendi reali individuali e del raddoppio nel numero degli impiegati ( v . le tabelle 1.1 e 5.3 ) . 8 . Piccola borghesia e fascismo ( nota a p . 78 ) Come ho già osservato e come più ampiamente argomenterò fra breve , non è fatale che la piccola borghesia vada verso il fascismo , anche se non necessariamente va verso movimenti di carattere rivoluzionario . Con riferimento alla situazione della piccola borghesia nel periodo che precede il fascismo e poi alla confluenza , nel fascismo , di gruppi nazionalisti da un lato e di socialisti di sinistra e sindacalisti dall ' altro , tutti di provenienza piccolo - borghese , Renzo Del Carria scrive : " Occorre ... abbandonare la visione di un ceto medio che " fatalmente " sia prima pre - fascista e poi fascista , così come lo ha voluto sia la storiografia fascista sia quella antifascista in una analoga visione . Occorre vedere invece la piccola e media borghesia italiana nella sua impossibilità d ' inserirsi economicamente , socialmente , politicamente e culturalmente nell ' Italia giolittiana per le strozzature tipiche del sistema economico - sociale di allora , oscillanti , nell ' anelito di conquistare la propria libertà e di inserirsi in una società che la respingeva , tra una vocazione reazionaria ed una volontà rivoluzionaria di rompere l ' ordine esistente " ( Proletari senza rivoluzione . Storia delle classi subalterne italiane dal 1860 al 1950 , Edizioni Oriente , Milano 1971 , vol. I , pp. 352-3 ) . Del Carria passa poi ad esaminare le ragioni che possono spiegare il prevalere della vocazione reazionaria nella piccola borghesia dopo la prima guerra mondiale . L ' opera di Del Carria mi è stata segnalata dopo che avevo già scritto e poi rielaborato questo saggio ; sebbene l ' angolo visuale ideologico sia diverso , debbo dire che concordo con la massima parte dei giudizi che Del Carria esprime sui ceti medi e , in particolare , sulla piccola borghesia ( v . particolarmente le pp. 347-54 del primo volume ) . 9 . Riforma scolastica ( nota a p . 84 ) Anche le riforme dei contenuti dei programmi scolastici sono state oggetto di accese discussioni e di spinte profondamente contraddittorie , in vista di diversi obiettivi relativi alla formazione degli studenti ( cultura per la cultura , istruzione per l ' inserimento nell ' attività produttiva e professionale , spazio da destinare alla cultura critica riguardante la società ) ; anche queste spinte contraddittorie vanno viste non come il risultato di diverse idee astratte , ma , principalmente , come il risultato della indeterminatezza e della polivalenza culturale caratteristiche della piccola ( e , in parte , della grande ) borghesia nell ' attuale fase dello sviluppo economico - sociale . 10 . Potere , controlli e responsabilità della burocrazia ( nota a p . 85 ) Osserva Gunnar Myrdal , a proposito dell ' inefficienza del sistema amministrativo indiano e delle difficoltà nel migliorarlo , che " in una situazione di diffusa corruzione il funzionario ha interesse a mantenere macchinose le procedure burocratiche : se è disonesto , siffatte procedure possono accrescere le occasioni di intascare " bustarelle " , se è onesto , possono proteggerlo dai sospetti " . Infatti , nota ancora Myrdal , la propensione della burocrazia a rendere minime le responsabilità moltiplicando i controlli è tanto maggiore quanto più diffusi sono i sospetti di corruzione sulla pubblica amministrazione ; e sebbene questi sospetti da noi siano probabilmente più diffusi di quanto sia giustificato , è doloroso ma doveroso riconoscere che un tale fattore esiste anche nel nostro paese , ha un non trascurabile fondamento e contribuisce alla grave lentezza della burocrazia . Conviene riportare alcune osservazioni di un autore indiano ( Chhatrapati ) , citate da Myrdal : " Per evitare responsabilità dirette in qualsiasi decisione di rilievo , la burocrazia si sforza di associare a tali decisioni il maggior numero possibile di uffici e di funzionari . Le consultazioni debbono lasciare una traccia scritta . Perciò , un fascicolo deve essere trasferito - cosa che , da sola , richiede un certo tempo - da un tavolino all ' altro e da un ministero all ' altro , per le osservazioni ; e passano mesi e mesi prima che la decisione giunga alla conclusione . Perfino quando i fatti rendono ovvia la decisione e non implicano nessun allontanamento dalla consuetudine , siffatte consultazioni sono considerate necessarie per " sicurezza " " ( G . Myrdal , Asian Drama . An Inquiry into the Poverty of Nations , Penguin Books , Harmondsworth , Middlesex , England , 1968 , vol. II , pp. 954-5 ) . 11 . La strategia della grande borghesia industriale ( nota a p . 86 ) È essenziale tenere ben presente che , in Italia , nel settore industriale sono rimaste oramai pochissime grandi imprese private : come conseguenza di una lunga evoluzione , che fa capo al processo di concentrazione e che è contrassegnata da crisi di vario genere , le grandi imprese industriali sono divenute in gran parte statali o sono cadute sotto il controllo dello Stato e l ' area privata si è ristretta alle medie e piccole imprese . Fra le pochissime eccezioni è la Fiat , controllata dalla famiglia Agnelli , che , anche nel seno della Confederazione generale dell ' industria , sta elaborando una complessa strategia , i cui principali obiettivi sembrano essere i seguenti : 1 ) assicurarsi l ' egemonia sul settore industriale privato , ossia sul settore delle medie e piccole imprese , un buon numero delle quali , in Piemonte e fuori del Piemonte , lavora per conto della Fiat ; 2 ) rafforzare il settore industriale privato e , corrispondentemente , contenere l ' espansione delle imprese controllate dallo Stato , le quali , grazie ai fondi di dotazione e alla maggiore facilità di ottenere crediti , possono fare una concorrenza che spesso disturba non solo le imprese private italiane ma anche quelle straniere ( e la Fiat ha importanti interessi internazionali ) ; 3 ) conquistare un ' influenza crescente sulla cultura italiana moderna , con vari mezzi , fra cui è il controllo di una fetta crescente dell ' industria editoriale ; 4 ) assicurarsi alleanze con alcuni settori moderni del proletariato industriale e della piccola borghesia attraverso un attacco alle " rendite " ( presumibilmente , nel settore commerciale e nel settore urbanistico ) ed una spinta ad ammodernare alcuni settori della pubblica amministrazione ( a cominciare dal settore previdenziale ) , anche a costo di provocare l ' ostilità di certi gruppi sociali e di subire un " lucro cessante " , considerato l ' intreccio fra gli interessi industriali della Fiat con gli interessi immobiliari , finanziari e commerciali . Ritengo che questa strategia , anche se ha limiti abbastanza ristretti per le ragioni brevemente richiamate nel testo , deve essere considerata dalle forze di sinistra con molta attenzione .
Ex absurdo. Riflessioni di un fisico ottuagenario ( Toraldo di Francia Giuliano , 1997 )
Saggistica ,
Ridentem dicere verum quid vetat ? ORAZIO Ma che c ' entra l ' assurdo Chi scrive queste pagine è un fisico , che nell ' esercizio della sua ricerca è stato abituato da sempre a perseguire il rigore logico , l ' esattezza matematica , la massima razionalità . Ci si aspetterebbe che di conseguenza egli rifuggisse da ogni discorso vago , basato su semplici analogie o sull ' abuso della metafora ; e che massimamente si tenesse lontano dal vaneggiamento onirico . Ma bisogna fare attenzione a non concludere troppo sbrigativamente su questi argomenti . Il nostro cervello è come un formidabile calcolatore che , nel corso dei millenni ( anzi , dei milioni di anni ) , si è evoluto e adattato nel modo più propizio per farci sopravvivere in un certo ambiente . Si tratta precisamente della superficie della Terra , quale a noi si è offerta circa quattro miliardi e mezzo di anni dopo la nascita del pianeta ( e di tutto il sistema solare ) . A prima vista si potrebbe pensare che le condizioni dell ' ambiente non dovessero in alcun modo avere a che fare col corretto funzionamento del cervello . Un ragionamento , se è giusto , dovrebbe essere giusto sulla Terra , come su Marte , come su Andromeda . Ma in realtà non è esattamente così : infatti prima di stabilire se l ' argomentazione è corretta o no , si tratta di sapere se i termini in cui essa è formulata hanno senso . Vediamo di spiegarci meglio . La Terra non è un oggetto di tipo molto comune nell ' Universo . La sua temperatura assoluta alla superficie è molto bassa e varia in un intervallo piccolissimo , che va all ' incirca da 220 a 330 ° K ( gradi Kelvin ) . Per capire che cosa questo significa , si pensi che nell ' Universo si trovano temperature che vanno dai 2,7 ° K della radiazione elettromagnetica di fondo ( quella che riempie tutto lo spazio cosiddetto " vuoto " ) alle centinaia di milioni di ° K dell ' interno delle stelle . Una conseguenza decisiva di questo stato di cose è che nel nostro ambiente terrestre l ' energia media dell ' agitazione termica delle molecole è spesso minore della forza di coesione intermolecolare ; è per questo che una gran parte delle molecole hanno tendenza a riunirsi in corpi solidi o quasi solidi . Il nostro stesso corpo è di tale tipo ed è formato da parecchi miliardi di miliardi di molecole . È per tale circostanza che nella vita quotidiana noi abbiamo a che fare più che altro con sistemi solidi e macroscopici , o , come suol dirsi , a misura d ' uomo . I solidi hanno per loro natura la tendenza a mantenersi a lungo aggregati in forma stabile e distinti dal mondo circostante ; tanto che nella didattica scientifica di altri tempi si insisteva addirittura sulla cosiddetta impenetrabilità dei corpi . In una parola , a noi sembra che essi abbiano e conservino ciascuno una propria identità separata . Questo comportamento ci ha suggerito di attribuire a ognuno degli oggetti un nome , come pure di contarli e di distribuirli quali elementi distinti nei loro diversi insiemi . Non c ' è dunque da meravigliarsi se , allo scopo di sopravvivere al meglio nel nostro ambiente , abbiamo sviluppato per selezione naturale una logica classica , che opera con individui e insiemi di individui . Su di essa abbiamo fondato la nostra razionalità e , dati gli ottimi risultati ottenuti con quella logica nell ' orientarsi e nell ' agire in un mondo di oggetti macroscopici , abbiamo concluso che è molto bene evitare di discostarsene . Ma insistiamo ancora sull ' importanza dell ' ambiente , facendo un ' ipotesi ... assurda . Supponiamo che gli umani fossero nati e si fossero sviluppati sul Sole . In tale ambiente non esistono corpi solidi : e anche se vi venissero portati , si volatilizzerebbero immediatamente . In nessun modo avremmo potuto farci un ' idea dei corpi solidi e della loro individualità . In ogni caso , una tale idea sarebbe stata assolutamente inutile per sbrigarcela sul Sole ! Naturalmente si obietterà che anche sul Sole esistono gli oggetti della microfisica , vale a dire i singoli atomi e molecole , nonché i corpuscoli subatomici , come protoni ed elettroni . E supponiamo pure che i nostri ipotetici uomini solari , fin dall ' epoca dell ' apparizione della loro specie sulla superficie dell ' astro , fossero stati in grado di scoprire e di osservare i suddetti oggetti . Ne sarebbe derivata - per noi esseri umani terrestri e attuali - una conseguenza assolutamente sconcertante . Infatti gli oggetti della microfisica , stando alla nostra logica , si comportano in modo proprio assurdo . Ci ritorneremo a suo tempo . Ma già da ora ricordiamo che quando si muovono , non hanno una traiettoria ; quando non sono osservati , non ha senso dire dove si trovano ; il luogo in cui verranno osservati si può prevedere solo in modo probabilistico ; appena vengono osservati cambia la loro distribuzione di probabilità riguardo alle osservazioni future ; a volte appaiono come corpuscoli , a volte come onde , a seconda dell ' esperienza che eseguiamo ; due corpuscoli della stessa specie sono indistinguibili e appena ne chiamiamo uno Pietro e l ' altro Paolo , non possiamo più determinare in nessun modo quale è Paolo e quale è Pietro ; e altre stranezze che qui non stiamo a elencare . La nostra logica classica è ancora adeguata per trattare enti così singolari ? La risposta a questa domanda non è chiaramente univoca . Si può , come si è fatto fin dai primi decenni di questo secolo , continuare ad applicare la logica classica , accettando di buon grado che il comportamento dei microggetti sia diverso da quello dei macroggetti con i quali abbiamo a che fare di solito ; e che la loro individualità , come pure la loro identità , o non abbiano senso o abbiano un significato diverso da quello che noi concepiamo . Oppure si possono prendere misure più drastiche , ideando addirittura nuove logiche , in un certo senso sorprendenti , perché più tolleranti della logica classica : come le logiche a più valori , le logiche sfumate ( fuzzy ) , la logica quantistica e altre diavolerie che sono tuttora in corso di rapida elaborazione . Non di rado in esse si fa a meno perfino del principio di contraddizione e non si paventa la minaccia di Duns Scoto : " ex absurdo sequitur quodlibet " . Non di questi sviluppi tecnici ci vogliamo qui occupare . Ci basterà osservare che oggi i concetti di logico e di assurdo hanno una validità molto meno assoluta di una volta . Ma , qualunque sia la logica che vogliamo adottare , è lecito domandarsi : il nostro pensiero nasce logico ? Probabilmente tutti si saranno accorti che non è così . L ' ideazione , frutto di quella che a volte chiamiamo fantasia , è sempre anteriore a qualsiasi sistemazione logica . Si ha quasi l ' impressione che nella nostra mente - forse nell ' inconscio - esista una ricchissima " sorgente " d ' immagini , di suggestioni e di collegamenti , che obbedisce a una sorta di logica a noi assolutamente ignota , o che addirittura non è soggetta ad alcuna logica . Soltanto in un secondo tempo noi passiamo al setaccio quelle immagini , prima trasformandole in concetti logici , poi mettendole a confronto con tutto ciò che già sappiamo - o crediamo di sapere - del mondo , infine scartando più o meno inconsciamente tutto quello che non ci sembra aver senso . Di solito l ' uomo colto e civilizzato esegue l ' intera operazione con grande celerità . Infatti - come abbiamo già notato - si tratta di usare uno strumento che nel nostro ambiente agisce con notevole efficacia e ci conferisce un deciso vantaggio nella lotta per la sopravvivenza . Ma chi lo usa è quasi sempre convinto che in quel modo si avvicina meglio alla " realtà " . Forse più lenti nel compiere l ' operazione di vaglio sono gli uomini cosiddetti primitivi , il visionario , il sognatore . Tuttavia si badi bene che il poeta ( quello vero ) di proposito non sottopone troppo severamente le sue immagini alla sistemazione logica , ben sapendo che , se lo facesse , le distruggerebbe . E del resto soltanto una tradizione filosofica piuttosto vecchiotta e dubbia può continuare a sostenere che quelle immagini non sono realtà . Invece sono una realtà umana , umanissima , niente affatto da scartare . Semmai rimane tuttora un affascinante problema : quello della strana - quasi schizofrenica - mescolanza di immagini accettate tali e quali dalla scaturigine primitiva e della successiva sistemazione logica , che - pur attenuandosi in misura sempre più decisiva nel corso dei secoli - non può certo cessare né è cessata interamente presso i poeti contemporanei . Ebbene , lasciando ormai da parte le poesie e í sogni , ci si può domandare se l ' assurdo abbia ancora una qualche funzione essenziale o illuminante in ben altre e più " severe " speculazioni , quali quelle della scienza , della filosofia , dell ' ordinamento sociale , o addirittura della tecnica . Ma certo che ce l ' ha ! Si tratta niente meno che della perenne sorgente delle nostre ideazioni . Non esitiamo ad affermare che " un pizzico di assurdo " c ' è sempre . Consideriamo una delle più nobili aspirazioni umane : la curiosità e la voglia di sapere . Per millenni si sono utilizzate le acque del Nilo per alimentare una stupenda civiltà , senza sapere da dove venisse giù quella benedizione . Ma la voglia di conoscere le sorgenti ha assillato le menti più acute di antichi e moderni , reclamando anche non poche vittime nell ' ardua esplorazione . Certo si credeva che quella ricerca fosse solo fine a se stessa . Ma , come sempre avviene nelle imprese conoscitive umane , una volta risolto l ' enigma , la scoperta si è rivelata ( magari alla lunga ) utilissima per il progresso agricolo , energetico , industriale , politico e quanto altro . Allo stesso modo non è vano indagare in generale quali siano le scaturigini del pensiero umano . Esse stanno riposte in quelle immagini " assurde " , che noi a posteriori ci diamo ad arginare e a regolamentare nei concetti e nelle regole logiche . Quest ' ultima operazione - ripetiamolo ancora , a scanso dei soliti insulsi , tendenziosi equivoci di chi disprezza la razionalità - è necessaria per sviluppare la scienza e indispensabile per agire proficuamente nel nostro mondo . Ma il chiudere , il disseccare le sorgenti del pensiero , o anche solo il tentare di ignorarle , sarebbe pura follia . Oggi ci stiamo rendendo conto sempre meglio che lo studio delle scaturigini ci può aiutare immensamente perfino nello sviluppo del processo logico e del razionale . Soprattutto può aiutarci molto nella scoperta di nuove vie . Se Newton avesse rifiutato a priori di soffermarsi sull ' idea " assurda " dell ' azione a distanza , tutta la scienza moderna sarebbe stata priva di una sua parte essenziale . E sarà certo inutile ricordare ( anche senza scomodare la psicoanalisi ) quanto le fantasticherie assurde , alle quali ogni tanto - per nostra fortuna - ci abbandoniamo , ci aiutino a sondare e a capire meglio noi stessi . Mi pare ora che sia più che opportuno riflettere su un fatto abbastanza paradossale . La vita - sì , la vita stessa - rappresenta per ciascuno di noi l ' avventura più " assurda " che ci potesse capitare . Eppure quelli che lo avvertono meglio - e qui sta il paradosso - sono proprio coloro che si dedicano con più impegno a indagare razionalmente la condizione della nostra esistenza e a tentare di dare una sistemazione sensata , logica , sicura , a ciò che ne sappiamo e ne pensiamo . Naturalmente si può semplicemente scaricare la responsabilità di ciò che ci sta accadendo , attribuendola alla imperscrutabile volontà di un essere superiore . È una via senza dubbio degna di rispetto e da molti seguita in varie forme e in diversi gradi . Ma in quel modo si cancella , non si risolve l ' assurdo . Per completare questa breve introduzione alle pagine che seguiranno , facciamo un ' altra riflessione . Tutti sanno che l ' assurdo ha assai spesso legami piuttosto stretti con il comico . Fin da tempi immemorabili si è tentato di capire che cosa sia il comico : perché una cosa è buffa , perché la troviamo umoristica , perché ne ridiamo ? Innumerevoli spiegazioni e teorie sono state presentate - a volte anche con una certa supponenza - invocando la psicologia , la sociologia , l ' inconscio ( e chi più ne ha più ne metta ) . Il sottoscritto non è mai rimasto convinto da simili teorie ; e si guarderà bene dall ' aggiungere la sua inutile opinione in proposito . Quello che è certo è che l ' assurdo , una volta riconosciuto , suscita quasi sempre l ' ilarità . Allora , per meglio scorgere che cosa c ' è sotto , faremo bene a non negarci all ' occasione una sana risata ; o almeno un sorriso . Tuttavia non sarà male guardarsi dalle indebite generalizzazioni e dalle inversioni d ' implicazioni logiche . Se è vero che l ' assurdo provoca il riso , non è vero che solo l ' assurdo possa indurci al riso o al sorriso . L ' incantevole esametro di Virgilio : " Incipe , parve puer , risu cognoscere matrem " non vuoi dire affatto che per il bambino la madre sia un personaggio assurdo ! 1 . Quando Margherita filava L ' arcolaio era di quelli che si usavano molto tempo fa e che si vedono ancora oggi in tante riproduzioni o nei musei : una grande ruota azionata da un pedale , sulla quale si avvolgeva il filo proveniente dalla rocca . La fanciulla filava e cantava , seguendo distratta il regolare ma vivace sfarfallìo dei raggi della ruota e scandendo il ritmo col monotono su e giù del pedale ; eppure il canto era tutt ' altro che monotono . Era quasi un grido agitato e convulso di chi ha un peso sul cuore e sente di aver perduto per sempre la pace interiore ; di chi non può distogliere la mente da un ' immagine adorata e allo stesso tempo temuta . Margherita era altrove , il suo pensiero volava a quell ' uomo fatale che l ' aveva incantata , al ricordo di quel nobile portamento , di quel sorriso , di quegli occhi , di quella voce , di quel bacio ... ah , il suo bacio ! Intuiva benissimo che dinanzi a lei si apriva un abisso pauroso , eppure le era impossibile ritrarsi . Ma come avevano fatto quel poeta e quel musicista ( che tra l ' altro le pareva non fossero ancora nati ) a capire così bene quello che ella sentiva e soffriva ? Alla fine , volendo tornare a badare al suo lavoro , si dette a raccogliere il filo in una matassa . Ma , avendo ripreso subito a vagare col pensiero , riusciva solo a combinare un grosso pasticcio e finì col trovarsi lei stessa avvolta in un inestricabile groviglio . In quel mentre si affacciò alla porta un soldato , che , dato un rapido sguardo , chiese meravigliato : " Sorella mia , che stai facendo ? Hai perso il senno ? " " Sì , credo proprio di aver perso il senno ... Ma ora sto cercando il bandolo da dare a questa matassa . Voglio sincerarmi che il filo fatto oggi sia lo stesso di quello che avevo cominciato a filare ieri . " Il fratello , che pure era arrivato piuttosto accigliato , si mise a ridere ed esclamò : " Ma che dici ? Come fa quello di oggi a essere lo stesso di quello che hai filato ieri ? " Ci sembra altamente improbabile che Valentino , un modesto soldato della guarnigione , conoscesse le acute enunciazioni di Eraclito sul fatto che " tutto scorre e cambia " e che " non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume " . Lui si stava soltanto attenendo a quell ' elementare buon senso , che a volte circola perfino nelle caserme . " Tu hai voglia di scherzare , " ribatté triste la sorella , " ma io no , non sono di quell ' umore . Eppure è semplice . Se riavvolgendo il filo in un gomitolo arrivo all ' inizio di quello che ho filato ieri , vuol dire che è lo stesso filo e ne posso fare un ' unica matassa , senza ingannare nessuno a cui lo cedo . Se invece trovo un ' interruzione , vuoi dire che sono due fili diversi . " Il soldato non sembrava molto convinto e stava a sua volta per replicare , quando alla porta comparve un altro personaggio piuttosto inquietante : un bell ' uomo dal fare calmo , alquanto ironico e sicuro di sé , ma dallo sguardo fulminante . Appena Valentino lo scorse , parve riconoscerlo e gli si rivolse minaccioso : " Ah , sei tu quel malnato furfante che si dà da fare per rovinare mia sorella ! " Ma quello lo tacitò , alzando tranquillamente una mano : " Piano , piano , coraggioso soldatino ! Non è ancora venuto il momento di inscenare quell ' insensato duello in cui vorrai per forza trovare la morte . Piuttosto mi sento coinvolto dal problema che stavate discutendo . È una questione molto più spinosa e profonda di quanto possiate immaginare ; un problema che sconcerta e assilla anche me . " I due fratelli si guardavano meravigliati e smarriti . Ma che c ' entrava quell ' individuo terrificante - che in realtà Margherita già conosceva , senza volerlo ammettere davanti a Valentino - e che intendeva dire ? Ma l ' uomo , sorridendo beffardo , riprese con una bizzarra domanda : " Tu , Valentino , se vuoi partire per Norimberga , che strada prendi ? " " Quella che esce dalla porta meridionale della città . " " E se invece vuoi recarti a Spira , che strada prendi ? " " La stessa strada . " " Ecco dunque : tu hai detto che quella che porta a Norimberga e quella che porta a Spira sono la stessa strada . " Valentino si grattò la testa alquanto confuso e imbarazzato , poi esclamò un po ' irritato : " Ma no ! Procedendo per la strada meridionale , a un certo punto trovo un bivio . Lì , se prendo a destra vado a Spira , se prendo a sinistra , arrivo a Norimberga . " " Allora ti ingannavi quando hai dichiarato che avresti preso la stessa strada . In realtà sono due strade diverse . Ciononostante , se parti di qui , sia che tu vada a Norimberga , sia che tu vada a Spira , non trovi alcuna interruzione e il tuo cavallo continua a seguire a testa bassa la strada . È proprio quello che avviene anche per il filo di Margherita . Lei può continuare a raccoglierlo dal principio alla fine , senza interruzioni ; e tuttavia non essere sicura che sia ' lo stesso ' filo . " I due fratelli rimanevano sempre più sbigottiti da quei ragionamenti astrusi . Ma si accorsero che sulla porta era comparso un quarto personaggio : un giovane , distinto , elegante e fascinoso , dalla fronte ampia e l ' aria intelligente . Margherita si precipitò a buttargli le braccia al collo ed esclamò : " Enrico ! Finalmente tu sei qui ; sono felice e non desidero sapere altro . " L ' uomo dagli occhi di fuoco si mostrò stupito e domandò al nuovo venuto : " Enrico ? Dottore , che vuoi dire ? " " Sì ... lei mi conosce con questo nome . " Poi , superato un po ' d ' imbarazzo , proseguì : " Ma ora , se Margherita si decide a lasciarmi respirare , parliamo di altro . Sono qui da qualche tempo e ho udito quanto dicevate . Io lo so bene perché quel tale problema ti assilla . Tu l ' hai presa larga , parlando a questi giovani di strade e di bivii . Ma in realtà , ragionando vorresti convincerti che l ' uomo che si è impegnato a servirti nell ' " aldilà " ( quell ' aldilà che tu nella tua strana lingua chiami drüben ) sarò sempre io . Ebbene no , disilluditi : non sarò io . " " Come , non sarete voi ? " e gli occhi minacciosi ora sprigionavano proprio faville . " Ricordatevi che avete firmato un patto col vostro sangue ! " " Sì , questo è vero . Ma tu credi che quando sarò drüben , avrò il sangue ? " " Che domanda sciocca , Dottore . Certo che non l ' avrete . Gli spiriti non hanno il sangue . " " Allora è sicuro che non mi potrai più rinfacciare che la firma è stata tracciata col mio sangue . Sarà il sangue di un altro , di un individuo a me drüben totalmente sconosciuto ; e di quello sconosciuto , nonché di ciò che egli ha firmato o non firmato non me ne importerà proprio nulla . " " Come ? Ignorate forse che dopo la morte sarete voi , sì proprio voi , a sopravvivere come puro spirito ? Osereste dunque mettere in dubbio perfino quello che hanno sempre affermato gli stessi seguaci della ' vostra ' religione ? " " Oh , oh , ora mi fai proprio ridere ! Dunque tu credi a quelle assurde favole . Mi stai forse diventando religioso ? " " Ohibò , io religioso ... assolutamente no ! Eppure sono sicuro che la religione è necessaria . Per me poi è necessaria , come per voi è necessaria l ' aria che respirate . " " Questa è bella davvero , non l ' avrei mai creduta ! " " Ma riflettete un po ' spassionatamente , Dottore . Gli uomini hanno una maledetta voglia di conoscere , che li spinge a scoprire e a imparare sempre di più . Un bel giorno , seguendo quella perversa inclinazione , si permetteranno perfino di mettere in dubbio che io esista ! Per fortuna saranno proprio le più alte autorità delle grandi religioni a rimettere le cose a posto e a imporre ai fedeli di credere che io esisto . " " Allora tu dovresti ... ringraziare quelle ' alte autorità '." " Certamente , sono disposto a ringraziarle : purché loro ringrazino me . Il favore è reciproco . Loro non danno mai nulla per nulla . Se i fedeli non fossero convinti che io esisto e che posso trascinarli drüben , che se ne farebbero della religione ? Credetemi , l ' accordo è funzionale e vantaggioso per tutti . Ma c ' è di più . È convinzione comune che il mondo è pieno di ' male ' . Ora come può un Dio onnipotente e infinitamente buono aver creato un mondo pieno di male ? Per tirarsi fuori da questo assurdo addossano a me tutta la colpa ; dicono che sono io , che voglio il male e lo introduco nel mondo . " " Sì , mi persuadi e non posso darti torto . Comunque sappi che quella che tu chiami la ' mia ' religione non è affatto tale . Io sono convinto che non saprò mai se Dio esiste o no . Ma sono del pari sicuro che , se esiste , non è così banalmente umano come lo dipingono tutte le religioni . " E dopo un momento di riflessione aggiunse : " Ma questo vale anche per te . Già Senofane quasi duemila anni fa riconosceva che , se i cavalli e i buoi sapessero disegnare , raffigurerebbero gli dèi come cavalli o come buoi . Così , dato che gli uomini sono cattivi , non possono ammettere che il diavolo , cioè un essere almeno altrettanto cattivo quanto loro , non abbia caratteristiche umane " . 2 . Davvero sopravvivo a me stesso ? La questione che aveva dato origine al dibattito fra Mefistofele e Faust ha radici remote , quasi quanto il mondo degli esseri viventi . Gli animali hanno quello che - con espressione un po ' vecchiotta , ma efficace - si chiama istinto di conservazione . Probabilmente essi non hanno idea chiara di che cosa sia la propria morte , ma di fatto il loro comportamento naturale li spinge a evitare in tutti i modi di morire ; perché ? Chi muore non ha più possibilità di continuare a propagare il proprio patrimonio genetico ; di conseguenza esso si può estinguere . È facile quindi capire com ' è che , per via di mutazione e selezione , il comportamento di autoconservazione finisce per inscriversi nello stesso genoma della specie . I gruppi o le specie che non avessero tale comportamento sarebbero destinati a soccombere ben presto e sparirebbero dalla Terra . Facciamo subito una doverosa correzione , nonché una precisazione . Non è detto che la conservazione a tutti i costi dell ' individuo sia sempre giovevole alla specie . Il caso di un individuo che si sacrifica per difendere il gruppo o la propria discendenza è frequente , non solo fra gli animali sociali come le api o le formiche , ma in tutto il regno animale . Anche quello è un comportamento ben a ragione selezionato dalla natura . Per esempio , ci sono certe specie di ragni ( come la vedova nera ) in cui il maschio dopo l ' accoppiamento si lascia mangiare dalla femmina . Si può arrivare , come caso limite , allo strabiliante comportamento , recentemente descritto , di un ragno maschio , ridicolmente più piccolo della femmina , che dopo l ' accoppiamento si getta spontaneamente - e con apparente soddisfazione ! - nelle fauci della femmina , che se lo mangia . Così il maschio - che , a quanto pare , avrebbe grandissima difficoltà a trovare altre femmine - riesce almeno a favorire in qualche modo la nascita della sua prole . Naturalmente nel caso dell ' uomo le cose sono ben più complicate che per gli altri animali . Prima di tutto l ' uomo ha coscienza - anche se tutt ' altro che accettata di buon grado - dell ' ineluttabilità della propria morte ; in secondo luogo , qualunque individuo ha in sé , sovrapposta alla semplice natura , una massiccia dose di cultura , che si sviluppa gradualmente ed entra a far parte della sua stessa identità . La cultura nelle varie regioni e nelle varie epoche può assumere le forme più svariate , ma quasi sempre arriva ad aggiungere potenzialità alle qualità naturali dell ' individuo . Per questo - come del resto da tempo immemorabile e quasi universalmente si è capito - la sapienza e l ' esperienza degli anziani possono essere altrettanto utili alla sopravvivenza del gruppo quanto la capacità riproduttiva dei giovani . Forse sarà per tale ragione che la pressione selettiva non ha privato dell ' istinto di conservazione nemmeno gli anziani ( salvo rare eccezioni ) . Sia come sia , è certo che l ' essere umano è sempre in aspettazione e in progettazione del suo futuro ; non può in nessun modo accettare , se non facendo violenza a se stesso , l ' assenza di futuro . Di qui è facile - sì , forse anche troppo facile - arrivare a capire perché , almeno da vari millenni , si è immaginato un qualche tipo di continuazione della vita dopo la morte . Ciò è attestato , se non altro , dalle sepolture che fin da tempi remoti venivano fornite di risorse e di oggetti necessari alla vita ... del defunto . Per non parlare delle piramidi dei faraoni e dei mausolei degl ' imperatori , che dimostrano che il morto , non solo sopravviveva , ma doveva continuare a essere importante e a godere della ricchezza che aveva avuto da vivo . I poveri invece potevano rimanere tali . Tutto questo a noi sembra ridicolo , è vero . Ma siamo giusti e domandiamoci : l ' approdo del cristianesimo e di altre religioni al concetto di " puro spirito " e di " anima " segna proprio in tutto e per tutto un progresso ? Certamente sì ; e certamente no . Da un lato libera gli esseri umani da una troppo ingenua superstizione di sopravvivenza ; ma dall ' altro li mette dinanzi a un formidabile problema filosofico ... insolubile . È il problema del sangue di Faust , il problema dell ' identità di individui , che prima e dopo la morte riconosciamo essere ben disparati . Cavarsela dicendo che si tratta di un mistero è una misera scappatoia . Si può legittimamente parlare di mistero quando si constata che avviene un qualcosa di molto strano , che ( almeno per il momento ) non sappiamo in nessun modo spiegare . Ma questo qualcosa , ancorché strano , deve potersi descrivere con termini che hanno tutti un ben preciso significato e non sono solo emissioni di suoni . " Papé Satàn , papé Satàn aleppe " non è un mistero . Piuttosto , per chiarire meglio l ' idea , mi si perdoni ora , senza storcere troppo il naso , una fuggevole caduta in un genere ben minore rispetto al poema di Goethe . I mystery stories della letteratura poliziesca ci prospettano veri e propri misteri , in quanto ci descrivono le situazioni in termini tutti di per sé comprensibili e significativi ; e non per niente alla fine ci viene svelato che cosa è realmente accaduto e " chi è l ' assassino " . Ma che cosa può significare che io sopravviverò alla mia morte ? Ripetiamo , perché le confusioni purtroppo sono quanto mai frequenti : non si tratta di sapere se sopravviverò o no , ma di dare un qualche significato plausibile a quella sopravvivenza . Decine e decine di grandi filosofi , di teologi , di ministri del culto , hanno dedicato profonde meditazioni a questo tema ( e sarebbe velleitario tentare di riassumerle in poche parole ) . Ciò nondimeno nessuno di quegl ' ingegnosi tentativi sembra aver portato con sé la fulgida luce della convinzione : i filosofi rimangono quanto meno perplessi , mentre gli " uomini della strada " si limitano a dire che , poiché così ci viene insegnato che è ( e così speriamo che sia ) , un qualche significato ci sarà certo . Quando rivolgo lo sguardo alla mia esistenza , io scorgo un essere che vede , sente , mangia , beve , dorme ; progetta , agisce sul mondo esterno , costruisce ; desidera , gioisce , si rattrista , ha paura , soffre . Che cosa di tutto questo può avere un puro spirito ? Niente , altrimenti non sarebbe un puro spirito . Allora si deve concludere che non vivrà affatto . Ma si obietterà che qui di proposito mi sono limitato alle mie qualità più meschinamente terrene . Ho dimenticato il meglio : cioè il fatto che oltre ad avere quelle attività , io anche penso e amo . Va bene ; se vogliamo seguire Cartesio , accettiamo pure che basti che nell ' aldilà io pensi , per poter affermare che sono . Ma si rifletta che per Cartesio " pensare " voleva dire seguire nella mente una catena di immagini simboliche - o addirittura di parole - destinate ad approdare a una conclusione ; a una nuova determinazione del mio agire , o almeno a una nuova conoscenza , a un nuovo stato d ' animo . Ma quale puro spirito può voler raggiungere tali scopi e può aver bisogno per raggiungerli di seguire quella catena lungo Io scorrer del tempo ? Quanto all " ` amare " , prendiamo pure il termine nella sua accezione più nobile e conveniente a un puro spirito : vuol dire sentirsi attratto dalla persona amata e desiderarne il bene . Ma di chi desidererò il bene nell ' aldilà ? Di Dio ? Ne ha proprio bisogno ? Di un ' anima già passata nell ' aldilà ? Che vuole dire ? E se si tratta invece di una persona ancora rimasta in terra , perché dovrei amare quella piuttosto che un ' altra ? Umano , troppo umano . Come è ben noto , molti di quegli assurdi che presenta la questione della sopravvivenza dopo la morte , vengono superati da alcune religioni mediante lo stratagemma della " resurrezione dei corpi " . A questo proposito anche i più ingenui sono portati a domandarsi : ma a che età risusciterò ? Sarò giovane , sarò vecchio , sarò imberbe , sarò calvo ? Riavrò anche la gamba che persi da bambino ? E se sarò morto appena nato , si darà per scontato che debba essere cresciuto , oppure continuerò a vagire ? E poi dove va a finire la convinzione moderna che la nostra identità personale consiste anche nella cultura ricevuta dall ' ambiente in cui viviamo e pertanto si va formando e completando fino all ' ora della morte ? Bene ha visto Jean Cocteau ( Poésie critique ) quando ha affermato : De notre naissance à notre mort , nous sommes un cortège d ' autres qui sont reliés par un fil tenu . E inoltre , di qui fino alla risurrezione dei corpi che cosa farò ? Sarò ibernato ? Bella soddisfazione , sussistere ibernati ! Ma c ' è qualcosa di meno banale . Oggi sappiamo benissimo che ( nonostante le mirabolanti promesse di certa genetica più o meno giornalistica ) vivere è invecchiare . La morte è inclusa nel nostro programma genetico di vita . Le nostre cellule non si riproducono oltre un certo numero di generazioni . Il nostro cervello perde ogni giorno migliaia e migliaia di neuroni . Se i puri spiriti non invecchiano , non vivono . Se poi si afferma che la vita nell ' aldilà è cosa totalmente diversa da quella nell ' aldiqua , ci risiamo con il mistero e con il problema del significato . Dire che un certo termine della lingua umana ha un significato , ma che nessun essere umano lo può conoscere , è come non dire nulla . Proviamo allora a seguire l ' indicazione piena di saggezza di Leibniz : due oggetti sono identici - e quindi secondo lui sono lo stesso oggetto - quando hanno tutte e sole le stesse proprietà . Ora l ' esempio del sangue ci convince che il Faust terreno e quello ultraterreno non possono essere identici in quel senso . Il Faust ultraterreno o non ha il sangue , e allora non è Faust ; oppure il suo corpo è risorto , ma nessuno sa se apparirà qual era prima della ... cura Mefistofele o dopo . Ma , a parte gli scherzi , è certo che in questo caso non possiamo applicare il criterio leibniziano alle proprietà che i due oggetti da comparare hanno allo stesso tempo . Qui intervengono invece quei filosofi che si sono occupati dell ' identità dell ' individuo attraverso il tempo ; questione spinosissima fino dall ' epoca dei presocratici e che , fra l ' altro , la fisica moderna è venuta a complicare notevolmente . Per l ' individuo umano molti si sono basati sulla proprietà della memoria : io sono oggi lo stesso di ieri o di un anno fa , perché mi ricordo quello che ho fatto ieri o un anno fa . Ma il guaio è che ormai si sa che la memoria non è cosa puramente spirituale : ha anch ' essa una base organica . Tanto è vero che chi subisce una certa lesione al cervello non ricorda , così come chi subisce un altro tipo di lesione non parla o non cammina . Pertanto , passando nell ' aldilà dovremmo portarci dietro il cervello ( che invece è rimasto a marcire nella tomba ) . Dunque l ' idea dell ' identità " anamnestica " oltre la morte non è sostenibile . Dal punto di vista psicologico è molto interessante notare come anche chi avrebbe tutti i mezzi intellettuali per compiere i ragionamenti testé svolti , ne rifugga e speri nientemeno che di riposare nella tomba . Fra le migliaia di esempi che ognuno conosce , citiamo lo stesso Goethe che , in quella piccola gemma che è il primo Canto notturno del viandante , promette : Warte nur , balde / Ruhest du auch , aspetta , ché presto riposi anche tu . E non parliamo dell ' assurdo requiescat in pace augurato al morto da coloro che pur sono fermamente convinti dell ' esistenza dell ' anima . Ma chi deve riposare ? L ' anima o le ossa ? Che mai vorrà dire il riposo eterno ( requiem aeternam ecc . ) per chi è destinato a finire o all ' inferno o in paradiso ? Si ricordi che nella Passione secondo Matteo di Bach il coro arriva ad augurare " dolce riposo " ( Ruhe sanfte ) a Gesù Cristo . Ma lui doveva pensare a risorgere , non a riposare ! Nella descrizione che Dumas ( La Comtesse de Charny ) fa della morte di Mirabeau si trova un ' affermazione di commovente profondità e chiaroveggenza . Il grande oratore giace sul letto di morte e soffre terribilmente . All ' amico medico , che tenta più o meno di consolarlo , promettendogli una rapida fine , egli esclama : " Je ne meurs pas mort , cher docteur , je meurs vivant ... " . Sì , splendido ! Ecco fatto il punto in pochissime parole . Tutto quello che noi pensiamo , diciamo , soffriamo a causa della morte lo soffriamo da vivi . Altro che riposo eterno ! Di quello non ce ne facciamo proprio nulla . Anche al momento della morte noi siamo saldamente legati all ' aldiqua . Sempre sul piano psicologico è davvero suggestivo che perfino un fermo credente come Dante ritenga che a chi è già nell ' aldilà stia tanto a cuore l ' aldiquà . Com ' è possibile che la notizia che Guido è morto sia un colpo straziante per Cavalcante , tanto che egli " supin ricadde e più non parve fora " ? Allora lo stare sulla terra è il bene supremo ? E perché i morti desiderano così ardentemente e costantemente di essere ricordati dai vivi ? Anche la dolce , timida Pia - che pare che da sé si sia collocata alla fine del Canto , per non disturbare e andarsene in punta di piedi - non può resistere al desiderio di sussurrare : " ricorditi di me che son la Pia ... " . 3 . I binari e gli scambi Mefistofele l ' aveva presa larga col soldatino : a lui stava a cuore soprattutto il problema dell ' identità dell ' individuo attraverso il tempo , per essere sicuro che quelli che trascinava presso di sé dopo la morte fossero proprio coloro che in vita era riuscito a sedurre . Ma aveva cominciato col chiedere una cosa apparentemente molto diversa : se e perché una strada potesse dirsi sempre la stessa , quando si prolunga nello spazio . Non sembra proprio che si tratti del medesimo problema semantico . In ogni caso converrà approfondire un po ' . Prima di tutto si è portati a chiedersi se la domanda riguardo alla strada abbia un senso ben chiaro , o se invece si tratti solo di vuote parole . Che un qualche senso debba averlo e che la cosa sia tutt ' altro che di poco conto anche nella realtà , lo si può vedere per esempio così : molte volte nel resoconto di un disastro ferroviario ci capita di leggere che due treni , per un tragico errore , sono stati avviati sullo stesso binario . Eppure , sia prima dello scontro , sia proprio al momento dell ' impatto , le rotaie sulle quali si trovavano l ' uno e l ' altro treno erano necessariamente diverse . Come si può parlare dello stesso binario ? Un criterio di pura continuità materiale è molto ingenuo e non può certo bastare ; infatti sappiamo bene che la strada ferrata seguita da un treno può incontrare sul suo cammino un certo numero di scambi , che decidono la destinazione finale , ma non interrompono la continuità del metallo . La domanda è analoga a quella che era stata posta al soldato : anche se seguiamo con continuità la strada , con quale criterio si può giudicare che al termine si tratta proprio della stessa strada ? Il problema si presenta senza difficoltà quando , invece che di una continuità materiale , si parla semplicemente di due linee geometriche consecutive : si riconosce infatti in tal caso che nell ' affermare che esse sono parti di una medesima linea , noi introduciamo sempre una buona dose di convenzionalità . Spesso si tratta di una pura definizione : per esempio , due segmenti consecutivi di una retta appartengono alla stessa retta proprio per definizione . E non bisogna nemmeno dimenticare l ' importanza del " sistema di riferimento " nel quale ci poniamo per formulare il giudizio . Supponiamo che un astronomo stia spiegando che il cammino seguito oggi dalla nostra Terra è solo un segmento di una ben determinata ellisse attorno al Sole , che - a parte piccolissime differenze - si prolungherà identica a se stessa anno dopo anno . Nel dire questo egli ha ragione : purché lui e i suoi ascoltatori convengano - magari tacitamente - di riferirsi alla traiettoria rispetto al Sole , pensato come fisso . Altrimenti l ' astronomo non parlerebbe certo di piccolissime differenze . Infatti tutta la Galassia ruota ; e il Sole - che non è affatto al centro di essa - si muove vertiginosamente con tutto il suo sistema di pianeti . La traiettoria che ne risulta per la Terra è una sorta di " cicloide " , enormemente diversa dalla classica ellisse kepleriana ! Si può dunque comprendere che anche l ' identità del binario , che prosegue la sua traiettoria ( con porzioni di acciaio sempre diverse ) è piuttosto convenzionale : si potrebbe addirittura supporre che per il ferroviere quell ' identità significhi semplicemente che due treni che procedono in senso inverso su due segmenti contigui del binario vengono necessariamente a collisione . Lasciamo dunque stare l ' identità di un ente che si prolunga puramente nello spazio e veniamo a parlare dell ' identità attraverso lo scorrere del tempo . Questa sembra una questione ben diversa e non banalmente convenzionale . Naturalmente qui non ci occuperemo più della sopravvivenza dell ' anima di un individuo , perché abbiamo già messo in serio dubbio che i termini usati nella formulazione tradizionale di quel problema siano tutti provvisti di un ragionevole significato . Prendiamo invece di mira un oggetto materiale e osserviamolo con continuità lungo tutto il suo cammino . Non possiamo forse esser certi che alla fine si tratta ancora dello stesso oggetto ? Veramente sappiamo già che a tale conclusione potremmo arrivare solo se - con un po ' di buona volontà - fossimo disposti a trascurare le già menzionate obiezioni di Eraclito sul fatto che tutto cambia ; e noi le trascureremo . Anzi , faremo di più : accetteremo per buone le affermazioni della scienza classica , quando essa ci assicura che un certo corpo materiale avrebbe potuto essere seguito con continuità , anche se in realtà non lo abbiamo fatto . È il caso della " stella del mattino " e della " stella della sera " ( Venere ) , che Gottlob Frege , padre della semantica moderna , prende come esempio di un medesimo corpo designato con nomi diversi . Ma i guai veramente seri sono stati portati dall ' affermarsi nella fisica delle particelle atomiche e subatomiche - alle quali già accennammo - della teoria quantistica ( spesso chiamata un po ' restrittivamente " meccanica quantistica " ) . Quella teoria al suo sorgere - e per lungo tempo in seguito - dette luogo a gravissimi dubbi , a vivaci dibattiti , a vere e proprie polemiche . Sarebbe fuori luogo qui anche solo tentare di ricapitolare tutta la storia . Ci limiteremo invece a ricordare che esiste un " ` interpretazione ortodossa " della teoria - a volte anche chiamata " di Copenhagen " , perché originata in sostanza dal sommo fisico danese Niels Bohr - che a tutt ' oggi è condivisa dalla grande maggioranza dei fisici e che non è mai stata contraddetta dall ' esperienza . Secondo la concezione ortodossa una particella ha solo una probabilità di essere rivelata in un punto o in un altro , ma non ha una traiettoria ! Vediamo se si riesce a suffragare con poche parole ( ma non è facile ) quest ' ultima affermazione , chiedendoci come si muove una particella della microfisica . Poniamo di aver osservato la particella nel punto di partenza A : secondo le indicazioni della meccanica classica non vi sarebbe limite alla precisione con cui - avendone gli strumenti - potremmo determinare la posizione di A . Egualmente potremmo determinare senza alcun limite teorico la velocità e la direzione di partenza . Con questi dati le leggi della meccanica classica ci permettono di calcolare con precisione quando e come raggiungerà un punto finale B . Naturalmente , se la particella è libera , seguirà la retta AB ( se invece è soggetta a forze conosciute - gravitazionali , elettriche ecc. - potremo egualmente stabilire con precisione la traiettoria percorsa ; ma non complichiamo le cose ) . Con la meccanica quantistica invece nascono i guai . Infatti in tal caso è ineluttabile il principio d ' indeterminazione di Heisenberg . Esso stabilisce che : quanto maggiore è la precisione con cui determiniamo la posizione di A , tanto minore sarà la precisione con cui potremo conoscere la velocità e la direzione di partenza della particella . Pertanto la traiettoria esatta non è conoscibile . Proviamo allora con un metodo osservativo , anziché predittivo , e supponiamo di aver visto la particella in un punto intermedio C , fra A e B . Ciò significa che in C la particella è stata colpita da un fotone e lo ha riflesso verso il nostro occhio . Ora il fotone , rimbalzando verso di noi , dà una botta alla particella e le comunica una quantità di moto ( il cui valore è noto solo con distribuzione probabilistica ) . Dunque non possiamo assolutamente asserire che , se la particella fosse stata libera ( e non disturbata dal nostro fotone ) , sarebbe proprio finita in B . D ' altra parte , se effettivamente l ' abbiamo vista prima in A e poi in B , ma non abbiamo illuminato la zona intermedia , non possiamo asserire con sicurezza che è passata per C . Si pensi che perfino nel caso che fra A e B si interponga un diaframma opaco con due forellini molto vicini , vedendo la particella giungere in B , senza averla in alcun modo disturbata nel frattempo , non si può assolutamente decidere da quale dei due forellini è passata . Se invece la disturbiamo , per vedere da quale forellino passa , la particella o non arriva in B o , arrivata in quel punto , si comporta in modo diverso da quanto avrebbe fatto indisturbata . Quest ' ultima affermazione vuol dire quanto segue : se facciamo partire da A uno sciame di particelle eguali e non riveliamo per quale forellino passa ciascuna , le particelle , arrivando su un successivo schermo , si distribuiscono secondo una figura caratteristica che si chiama frange d ' interferenza ; se invece noi riveliamo da quale forellino passa ciascuna particella , spariscono le frange d ' interferenza . Che le cose stiano proprio così , è ormai accettato da tutti i fisici . Bisogna rassegnarci quindi a concludere che la traiettoria ha un senso solo per gli oggetti " macroscopici " , cioè per quegli oggetti che vediamo e tocchiamo e che ( praticamente ) non vengono perturbati dalla nostra osservazione . Gli oggetti atomici e subatomici invece non possono essere seguiti e osservati con continuità senza essere perturbati e senza che si perda di conseguenza la possibilità di affermare che cosa avrebbero fatto spontaneamente . Chiariamo ora in che modo tutto questo può essere rilevante , anzi decisivo , per la questione dell ' identità . Bisogna prima di tutto ricordare che nella microfisica s ' incontrano diverse specie di particelle e che quelle che appartengono a una medesima specie hanno tutte esattamente le stesse proprietà . Per esempio , un elettrone ha tutte le proprietà eguali a quelle di un altro elettrone ; e lo stesso dicasi per la specie dei protoni , per quella dei neutroni ecc. Si dice che al di dentro di ciascuna specie si tratta di particelle indistinguibili l ' una dall ' altra . Bisognerà precisare meglio . A volte si è portati ad affermare che due gemelli sono indistinguibili l ' uno dall ' altro . In questo c ' è sempre una buona dose di esagerazione ; ma ora prescindiamone . Per trarci d ' impaccio , potremo sempre legare un nastro rosso al braccio dell ' uno e un nastro verde al braccio dell ' altro . In tal modo avremo conferito due proprietà diverse a due individui e riusciremo facilmente a distinguerli . Tuttavia non potremo legare nessun nastro al braccio di un elettrone ! Né potremo deformarlo , portarne via un pezzo , dargli un colore , una carica , una temperatura diversi dall ' altro elettrone . Appena avremo stabilito che un elettrone si chiama Pietro e l ' altro Paolo , non avremo alcun modo per riconoscere quale è Pietro e quale è Paolo . Non c ' è nessuna proprietà che li distingue . A questo punto il lettore accorto obietterà che una proprietà diversa ci può essere : vale a dire la collocazione nello spazio . Se Pietro si trova nel punto P e Paolo nel punto Q ( e non si muovono ) , continueremo a chiamare Pietro quello in P e Paolo quello in Q . Eppure non va bene nemmeno questo ! Purtroppo qui dobbiamo ricorrere a considerazioni non troppo elementari : quelle della fisica statistica . In tale parte della fisica si suole contare in quanti modi diversi si possono distribuire le particelle microscopiche per arrivare a realizzare un medesimo stato macroscopico . Nella fisica classica il caso in cui Pietro è in P e Paolo in Q e quello in cui Pietro è in Q e Paolo in P sono due casi differenti e come tali vanno contati . Invece nella fisica quantistica essi costituiscono uno stesso caso e così contandoli danno luogo a risultati diversi da quelli classici . Ebbene , l ' esperienza dà ragione alla statistica quantistica . Pietro e Paolo possono essere scambiati , senza che accada assolutamente nulla di rilevabile . Leibniz certo non ci avrebbe creduto . E si badi che oggi si hanno prove inoppugnabili che quel comportamento non è valido solo per le particelle singole , bensì - in condizioni opportune - anche per atomi e molecole , cioè per sistemi in ciascuno dei quali sono riunite più particelle . Da tutto ciò si dovrà concludere che l ' identità individuale non ha senso per i corpi microscopici . Sembrerebbe allora che essa fosse un ' emergenza , una proprietà nuova , che scaturisce nel caso macroscopico , cioè quando si mettono assieme miriadi e miriadi di particelle , come per esempio in due palle di biliardo o addirittura in due corpi umani . Questo in un certo senso è vero e in un altro senso non è vero . Supponiamo infatti che sia possibile avere due gemelli assolutamente identici dal punto di vista fisico . I loro corpi dovranno essere costituiti esattamente da eguali atomi e molecole , distribuiti nello stesso modo , e negli stessi stati di eccitazione . Si badi bene che ciò implica che anche tutti i neuroni dei due gemelli e tutte le loro sinapsi dovranno trovarsi negli stessi identici stati . Cosicché i due dovranno avere le stesse memorie ; e se l ' uno dirà di chiamarsi Pietro , anche l ' altro dovrà dirlo ! In queste condizioni è difficile dubitare che anche per loro varrebbe la perfetta interscambiabilità quantistica . Tuttavia questo caso , non solo è fantastico , ma è addirittura impossibile . Infatti basta che uno dei gemelli veda un oggetto dal suo punto di vista e l ' altro da un punto di vista differente perché le loro memorie comincino a differire e siano distinguibili . Ma del resto non c ' è nemmeno bisogno di parlare proprio di gemelli umani per convincersi che due corpi identici non esistono praticamente mai . Stando così le cose , non ci si può meravigliare se la mente umana , nata ed evoluta in un ambiente di corpi macroscopici , si è abituata a concepire l ' identità in senso leibniziano , e ad affermare che due corpi non possono differire " solo numero " , cioè avere tutte le stesse proprietà , pur essendo due corpi , anziché un corpo solo . Invece due elettroni hanno tutte le stesse proprietà , eppure sono certamente due . E così dicasi per i numeri superiori a due . Per esempio , l ' atomo di uranio ha novantadue elettroni , distribuiti in diversi stati di diversa energia . Questo lo sappiamo per certo . Ma sarebbe assurdo dire che nel primo stato - che contiene due elementi - ci sono Pietro e Paolo , nel secondo - che ne contiene sei - ci sono Giovanni , Mario , Guido , Luigi , Marco , Alberto ; e così via . È chiaro che da tutto questo si deve trarre un grande insegnamento . Chi pensa che la nostra logica e la nostra semantica siano qualcosa di superiore ed estraneo all ' uomo e non rappresentino invece facoltà ordinatrici del nostro sistema nervoso centrale - facoltà che l ' uomo ha faticosamente acquisito nel corso della sua evoluzione , allo scopo di riuscire a vivere in un certo ambiente fisico - fa semplicemente cattiva filosofia . Credere che quelle classificazioni che ci sono necessarie - e in molti casi perfino sufficienti - per cavarcela in un ambiente di corpi macroscopici ( ciascuno costituito da miriadi di particelle aggregate ) debbano valere in tutti i campi della realtà , è molto ingenuo . È un ' estrapolazione assolutamente gratuita e ingiustificata , almeno fino a che l ' esperienza non ne abbia confermata la validità . Ebbene , si dà il caso che l ' esperienza l ' abbia inequivocabilmente smentita ! Perfino il venerabile principio d ' identità non è nelle cose , ma si rivela un ' esigenza puramente umana . 4 . Dio bono ! " Maestro , che vuoi dire sessuofobia ? " La domanda a bruciapelo era stata formulata con perfetta semplicità , senza un pizzico ( almeno apparente ) di malizia , da Mario , un frugoletto dagli occhi vispi e dalla curiosità di solito inesauribile . La sua parlata schiettamente toscana - con qualche sfumatura addirittura arcaica - rivelava sì la provenienza da un ceto culturalmente piuttosto modesto , ma non si abbassava quasi mai alla volgarità esibita da certi compagni " signorini " . Il maestro Consigli , superando un momento di esitazione , ma stando bene attento a non mostrare imbarazzo , rispose con naturalezza : " Vuoi dire paura del sesso . È chiaro . " E intanto diceva spavaldamente dentro di sé : no , no , non sono affatto imbarazzato , che diamine ! Ciononostante quasi arrossì quando si accorse di provare un certo sollievo nel poter buttare tutto sull ' erudito e sul didascalico : " La parola oggi è spesso usata e probabilmente l ' avrai letta in qualche giornale . Non è molto ben formata , perché la prima parte vien dal latino e la seconda dal greco . " Ma Mario non mollava e , dopo un po ' di riflessione , riprese : " Che cos ' è il sesso non avrei a saperlo : lo so . Per esempio io sono un maschio e la Lorella è una femmina . Ma perché la gente ne ha da aver paura ? " A questo punto il bravo Consigli - pur non volendo ammetterlo - dovette avvertire qualche difficoltà . A ogni modo proseguì imperterrito : " Vedi , Mario , l ' essere uomo o donna implica tante cose , oltre a portare i pantaloni o la sottana ( quando si portava ) . Dovrei cominciare col premettere molte spiegazioni ... " Ma la quindicenne Lorella intervenne subito in tono di sfida : " Per me è inutile . Io so tutto ! " Si erano trovati ai giardini prospicienti le scuole , l ' elementare e la media , ospitate in un medesimo edificio . Il maestro sedeva su una panchina un po ' stanco e un po ' pensoso , domandandosi per l ' ennesima volta se proprio valeva la pena di continuare a sgolarsi per quei marmocchi . Loro , in fondo , quando erano in classe non aspettavano altro che il suono della campanella finale , per sciamare festosi o litigiosi via dal chiuso delle aule , lontano dai maestri e dai bidelli . Non c ' era dubbio che quello della scuola era il contatto fra due mondi diversi : solo un legame temporaneo , costrittivo e insopportabile . E poi nell ' era dei " media " lui aveva l ' impressione che ogni sera sistematicamente qualcuno disfacesse quella tela che lui con fatica tentava di tessere di giorno . Non si sentiva affatto di rimpiangere i tempi passati e di respingere il nuovo . Ma avvertiva che quel nuovo creava paurose dissonanze . Ricordava con cocente umiliazione quel giorno in cui , essendo di buon umore , accennava fischiettando il tema dell ' Inno alla gioia di Beethoven e un ragazzo passando osservò : " È la musica dell ' Arancia meccanica ! " . E quanto alla scuola , si domandava se in fondo non avesse ragione Ivan Illich , che proponeva di " descolarizzare la società " . Come si fa a persuadere gli alunni a interessarsi di quello che non li interessa affatto , e com ' è possibile per un maestro continuare a occuparsi sempre di cose che per lui ormai sono routine banale ? Ma forse ... non era proprio così . Già altre volte , quando Consigli sedeva su quella panchina , assorto nelle sue considerazioni , gli si era avvicinato Mario , che invece di correre a casa con lo zainetto multicolore sulle spalle , gli si accoccolava ai piedi e lo scrutava . E poi arrivava anche la Lorella , che qualche anno prima era stata sua scolara ; ma adesso lo guardava con occhi ben diversi da allora . Lei certo non lo sapeva , ma lui lo avvertiva e non di rado doveva studiare come comportarsi . Del resto non era la prima volta che gli capitava : giovane , con aspetto malinconico e un po ' trasandato , aveva già incontrato qualche ex scolara che lo contemplava con aria adorante . E , in fondo , sentiva benissimo che quella presenza cambiava per lui in modo sottile l ' ambiente circostante . In quel mentre nel vialetto dinanzi a loro stava passando un distinto signore con i capelli grigi ben pettinati , in un semplice , ma elegante completo anch ' esso grigio e un maglione celestino paricollo . " Don Rino , don Rino ! " chiamò il maestro , quasi volesse aggrapparsi a una tavola di salvezza . L ' insegnante di religione si soffermò a guardarli , poi si avvicinò premuroso , con la domanda : " Che c ' è , Consigli ? " " C ' è che Mario qui mi ha chiesto che cos ' è la sessuofobia . Forse lei glielo sa spiegare meglio di me . " Don Rino represse a stento una risata divertita ed esclamò : " Proprio io ? " . Poi si riprese e aggiunse : " Ma sì ... forse è giusto . Pensi che , per aver parlato troppo liberamente in classe di queste cose e di altre del genere , mi sono già beccato varie ramanzine da parte della Curia ; e anche da più in alto " . " Quanto più in alto ? " si azzardò a chiedere Consigli . " Be ' ... per via indiretta , s ' intende : da chi sta al vertice della Chiesa . " " Accipicchia ! A me mi pare che sia il Papa ! " esclamò sbalordito Mario , che - pur usando un pleonasmo rimproverato dai pedanti - maneggiava benissimo e con naturalezza i congiuntivi . Ma don Rino , come se non avesse sentito , proseguì : " Io credo che insegnando nelle scuole , predicando ai fedeli o scrivendo , si debba dire pane al pane e vino al vino ; con prudenza sì , ma anche con chiarezza . E se su qualcosa uno non è d ' accordo con la dottrina ufficiale , ha il dovere di dichiararlo , sia pure con tutta umiltà . La fede in Dio non ne viene intaccata : è il Vangelo stesso che ci esorta a dire sì sì e no no , senza infingimenti . " " Allora , don Rino , " intervenne la Lorella con spavalderia , ma anche con un lieve sospetto di rossore , " ci dica pane al pane e sesso al sesso , senza infingimenti . " " Tutti sanno , " incominciò don Rino , comprendendo bene che ormai non poteva sottrarsi , " che per procreare i figli ci vogliono un uomo e una donna che facciano all ' amore . Ora l ' amore è certamente una cosa molto bella ... " " È la cosa più bella che esista ! " esclamò la Lorella ; e Consigli si sorprese a domandarsi se lei lo sapeva davvero o se invece volesse a tutti i costi immaginarlo . " Sì , è molto bella , " riprese imperturbabile e un po ' didattico don Rino . " Ma proprio perché può dare grande gioia , anche fisica , all ' essere umano , qualcuno è portato a scambiarlo per un puro piacere , anziché per quello che deve essere in realtà : un innalzamento e un completamento spirituale dell ' uomo . La Chiesa , specie in passato , vedendo nella ricerca del piacere una tentazione del demonio , un atteggiamento peccaminoso , una deviazione da quella concezione ascetica della vita che riteneva avvicinasse a Dio , finì quasi per condannare il sesso in quanto tale . Arrivò così a concepire e a diffondere nei suoi ranghi la ` sessuofobia ' . Ma fu un errore : e di esso si avvertono ancora nefaste conseguenze . " " Fu un errore ? " domandò sorridendo Consigli , che si divertiva un mondo a punzecchiare l ' amico don Rino . " Ma lei non è scapolo proprio in quanto prete cattolico ? " " Non scherziamo troppo su queste cose , che sono molto serie , " rispose l ' altro con una punta di rimprovero . " Io sono disposto ad accettare umilmente rinunce anche gravi , impostemi da chi guida la Chiesa , pur di continuare a esercitare il mio ministero . Ma credo di avere diritto alla mia opinione . E sono convinto che i preti protestanti sposati possono svolgere benissimo ( chissà , forse anche meglio di noi ) la loro missione . Del resto i tempi cambiano ; bisogna attendere con pazienza il futuro ... " " Ma come si fa a pensare , " intervenne la Lorella , " che qualcosa creato e voluto da Dio sia cattivo e da fuggire ? Dio può aver fatto soltanto cose belle e da amare ; altrimenti dove starebbe la sua infinita bontà ? " " Dici bene , Lorella , non lo nego . Ma chi siamo noi per pretendere di capire tutto ? È impossibile sfuggire alla domanda : perché ci sono le cose che a noi paiono cattive ? E non c ' è nemmeno bisogno di arrivare a parlare delle pratiche più riprovevoli del sesso . L ' amore , anche quello puro e sublime , può far soffrire immensamente l ' essere umano . Quasi ogni giorno c ' è un ragazzo o una ragazza che si uccide per amore . Si può pensare una cosa più orribile ? Ma io credo che il giudizio che noi diamo su quello che è buono o è cattivo risenta troppo spesso della nostra miopia , della nostra inadeguatezza . Il bene può essere anche dove non siamo capaci di vederlo . In fondo , quando uno ha letto la fine tragica di Romeo e Giulietta , è certamente spinto a sentirsi più in alto e più buono . " " Sì , è proprio così , " disse la Lorella . " Io non ho letto quella commedia ... " " Quella tragedia ! " interruppe ridendo Consigli . ... ma ho visto alla televisione la storia di Romeo e Giulietta . Fa piangere ; ma non fa male , fa bene . " Seguì qualche momento di silenzio . Ciascuno rimaneva impigliato in quei pensieri che difficilmente si riesce a esprimere pienamente , anche a se stessi . Consigli si domandava : devo dirlo o no come mi sembra che stiano realmente le cose ? Perché insinuare dubbi sulla bellezza e sulla bontà del mondo in chi dimostra di volerci credere con entusiasmo ? Naturalmente non pensava a don Rino : quello su certi argomenti la sapeva lunga . Ma Mario e Lorella ... Lui tempo addietro aveva intrapreso gli studi di scienze all ' università , proprio perché voleva capire come è fatto veramente il mondo . Certo , moltissime nozioni utili le aveva imparate e aveva allargato enormemente il suo orizzonte . Ma alla fine si era convinto che anche per quella via non si arrivava mai a scoprire quello che a lui sembrava " il nocciolo della questione " , cioè il perché e il come della condizione umana . Aveva rinunciato a laurearsi - pur continuando ad aggiornarsi come poteva - e si era dedicato invece a educare alla vita i bambini , cioè coloro che dovevano essere preparati a costituire in futuro una società civile e democratica . Sapeva benissimo che pochi lo approvavano , anzi che molti lo criticavano : ma quella era stata la sua scelta . Ora , ricordando quante volte lui stesso aveva insegnato che bisogna esprimere con franchezza il proprio parere , si risolse ad affrontare l ' argomento : " Sentite , amici miei , finché si parla di esseri umani , di alti sentimenti e di poesia , potrei anche esser d ' accordo con voi . Gli antichi Greci usavano un parolone , ` catarsi ' , per esprimere quel senso di purificazione che eleva l ' animo umano al termine di una tragedia . Ma al mondo non tutto è poesia ; e non ci sono soltanto gli esseri umani ... " " Ci sono anche le bestie ! " intervenne Mario , che già aveva intuito dove si andava a parare . " Certo , " ribatté don Rino . " Ma , come ben avvertiva san Francesco , la bontà di Dio discende verso tutte le sue creature . Io credo che un uomo offenda Dio anche quando fa soffrire inutilmente un animale . Il creato è buono . Solo gli uomini sono spesso molto cattivi . " " Sarà , " riprese perplesso il maestro , " ma io non ne sono così convinto . Nella scienza naturale sono noti mille casi in cui sembrerebbe proprio il contrario . Voglio farvi un esempio fra mille . C ' è un gruppo di vespe dal difficile nome scientifico , a proposito delle quali il grande Darwin scriveva che non poteva persuadersi che un Dio benefico e onnipotente le avesse create con l ' intento specifico che si cibassero dei corpi vivi dei bruchi . Infatti la vespa depone le uova nel corpo di un bruco , ma prima colpisce col suo pungiglione ciascun ganglio del sistema nervoso del poveretto , in modo da paralizzarlo totalmente senza ucciderlo . Schiusesi poi le uova , le larve si cibano di carne sempre fresca , guardandosi fino all ' ultimo dal distruggere i centri vitali della vittima . Il bruco si sente gradualmente straziare dentro , patisce atrocemente , ma non può reagire , non può muovere un muscolo . Quando poi non c ' è più nulla da mangiare e il bruco è svuotato , lo si lascia morire . " " Dio bono ! " sbottò Mario inorridito . " Sì , " riprese Consigli sorridendo amaramente , " forse hai detto giusto , anche senza volerlo . C ' è proprio da chiedersi se Dio e la natura esprimano soltanto bontà verso le proprie creature . L ' esistenza di cose così terribili pone angosciose domande , non solo ai credenti , ma anche ai laici come me . Perché tutto questo ? Ma vedi , alcuni pensatori di grande levatura affermano che la domanda è insensata ; dicono che semplicemente non c ' è un perché . Io non credo che abbiano del tutto torto . Ma allora mi assilla un dubbio ulteriore : perché ci poniamo quelle domande ? " Don Rino da qualche minuto guardava nervosamente l ' orologio e disse : " È tardi , Consigli . Io devo scappare e questi ragazzi devono correre a casa . Non è che io mi voglia sottrarre a questa discussione , intendiamoci . Anch ' io sono turbato , lo confesso ; ma sono aiutato dalla fede . Bisognerà ritrovarsi ed esaminare tutto con calma . " E s ' incamminò con passo elastico verso il convento , presso il quale aveva trovato ospitalità incondizionata da quei buoni padri . Ma già Mario correva a perdifiato verso il suo autobus , facendo segni disperati al conduttore , mentre la Lorella si avviava a malincuore verso la macchina , nella quale la mamma l ' attendeva un po ' spazientita . 5 . L ' importanza di essere un pomo " Le Dieu des chrétiens est un père qui fait grand cas de ses pommes et fort peu de ses enfants " [ " Il Dio dei cristiani è un padre che fa gran caso dei suoi pomi e ben poco dei suoi figli " ] . Così annotava Diderot nella sedicesima aggiunta ai suoi pensieri filosofici . Forse , trasportato un po ' dalla sua corrosiva vis polemica , si era dimenticato di dire che in realtà quello era il Dio degli ebrei ; un Dio che i cristiani si trovarono già bell ' e fatto così com ' era e che - spinti del resto da non disprezzabili ragioni di tradizione storica - ebbero poi l ' imprudenza di ereditare senza beneficio d ' inventario , accettando perfino quella bizzarra gelosia per le sue " pommes " . Sembrerebbe che nel pensiero espresso dal filosofo i figli di cui Dio non si curerebbe abbastanza fossero gli esseri umani . Ma in verità Diderot era troppo fino per accettare senza obiezioni quella ben nota noncuranza per le sofferenze degli animali , che era abbastanza abituale ai suoi tempi . Infatti in una successiva riflessione , parlando della condanna della donna a partorire nel dolore : la donna - egli dice - era in fondo una peccatrice , ma che gli avevano fatto ( al Creatore ) le femmine degli animali , che pure generano con dolore ? Il buon maestro Consigli dunque non aveva tirato fuori cose troppo nuove . Cartesio se la cavava immaginando che gli animali fossero soltanto macchine : meravigliose sì , ma pur sempre macchine . E noi dobbiamo riconoscere che i robot che oggi sono capaci - e ancor più lo saranno domani - di fare cose strabilianti , sono appunto macchine . Tuttavia non possiamo ignorare che qualcuno comincia ormai a non essere più tanto sicuro che gli elaboratori di grande complessità siano necessariamente privi di sentimenti e di sofferenze ( si rammentino , per esempio , le suggestioni di 2001 : Odissea nello spazio ) . Ma lasciamo stare la fantascienza . È innegabile che la sensibilità del pubblico generale nei riguardi degli animali è oggi in larga misura cambiata rispetto a quella che era molto diffusa una volta . Chi , possedendo e amando un cane , può dubitare che quello sia capace di soffrire ? Certo si può sensatamente obiettare che , per sapere se le cose stanno veramente così , bisognerebbe entrare nella testa del cane . I segni esteriori di sofferenza potrebbe darli anche una macchina . E non è affatto inimmaginabile che si arrivi a costruire un automa elettronico che , alla nostra domanda se soffra , risponda con un lamento e affermi : sì , sto soffrendo . Ma attenzione ! Siamo su una china pericolosa . Per quella via si arriva facilmente a dubitare che anche i nostri simili umani soffrano , dato che , per quanti segni esteriori essi diano , noi non possiamo mai entrare nella loro testa . Tutto questo è vero ; eppure la compassione e l ' empatia sono costituenti irrinunciabili della nostra natura , sì che negandole negheremmo noi stessi . Soffrire nel vedere in altri i segni della sofferenza fa parte della nobiltà della natura umana . Dostoevskij nell ' Idiota afferma : " La compassione è la più importante e forse l ' unica legge di vita dell ' umanità intera " . Del resto nessuno può dimenticare il dantesco : " E se non piangi , di che pianger suoli ? " . Fra le due posizioni estreme - quella che gli animali abbiano una sensibilità di tipo umano e quella che li vuole assolutamente insensibili - ce n ' è una più ragionevole , anch ' essa espressa bene da Dante . È l ' affermazione della tradizione aristotelico - tomistica seguita dal poeta , " che vuol quanto la cosa è più perfetta / più senta il bene e così la doglienza " . Può essere un pregiudizio , confessiamolo pure , ma anche coloro che ne negano la validità , non se ne liberano mai sul serio ; altrimenti non si avvierebbero mai a una passeggiata nel bosco , dissuasi dal timore di calpestare centinaia di formiche e di altre innocue bestioline ; né prenderebbero mai un antibiotico , ben sapendo che con quello uccidono miliardi di poveri germi ! Certo per applicare la massima di Dante a quanto stiamo discutendo bisogna credere che un essere umano sia più " perfetto " di un verme ; e qualcuno potrà obiettare che una tale affermazione è solo segno di ingenua presunzione . Riconosciamo pure che questo è anche vero , nel senso che il verme è " perfettamente " adatto a fare quello che fa e a sopravvivere nel suo ambiente . In realtà si tratta solo di un uso un po ' antiquato del concetto di perfezione , che di per sé può significare molte cose diverse . Forse oggi preferiremmo parlare piuttosto di complessità che di perfezione ; ed è certo che il sistema nervoso dell ' uomo è enormemente più complesso di quello del verme . Che poi questo significhi che l ' essere umano sia capace di soffrire più del verme è un ' inferenza non garantita da alcuna prova sicura . Ciononostante noi viviamo come se fosse proprio così e ci è difficile dar credito a chi lo nega . Tutto quello che si potrebbe supporre abbastanza sensatamente è che l ' uomo , più degli animali cosiddetti inferiori , sia conscio di soffrire ; e probabilmente qualcuno vorrebbe aggiungere che proprio questa è la vera sofferenza . Comunque , anche accettando l ' ipotesi della maggiore o minore capacità di soffrire e pensando che essa sia massima nell ' uomo , il discorso sarcastico di Diderot non perde molta della sua incisività . Anzi , può lasciare il pio credente ancora più perplesso di prima . Infatti , mentre l ' uomo può sperare in un compenso nell ' aldilà , che cosa può aspettarsi il verme in cambio della sua più o meno grande sofferenza ? Non è crudele farlo patire senza alcuno scopo ? È difficile non cedere all ' umana tentazione di colpevolizzare qualcuno per la propria e l ' altrui sofferenza . Questa non lodevole abitudine può magari portarci a prendercela con la natura , come faceva Leopardi , quando gridava a se stesso : " Ormai disprezza / te , la natura , il brutto / poter che , ascoso , a comun danno impera ... " . Una concezione più moderna - che da qualcuno molto impropriamente viene supposta ateistica - non nega che possa esserci stato un creatore dell ' universo ( qualunque cosa si voglia intendere per creazione ) ; ma non può ammettere che costui , una volta costruito questo immenso marchingegno e datagli la spinta iniziale , sorvegli con ansietà la sua creatura e intervenga continuamente a violare le leggi che egli stesso ha stabilito , allo scopo di modificarne quelle conseguenze che non gli vanno a genio . Si arriva allora alla teoria della suprema indifferenza , quella che lo stesso Leopardi , quando è meno stizzito e più lucido , esprime con le amare parole : " Ma da natura / altro negli atti suoi / che nostro male o nostro ben si cura " . La teoria dell ' indifferenza non viene di solito accettata di buon grado , perché rende molto arduo - per tutti quelli che ci credono - continuare a sperare nella divina provvidenza ed essere così aiutati a sopportare le sventure . L ' autore di queste pagine ( gli si perdoni un vivo ricordo personale ) aveva molti anni fa un amico , ormai scomparso , frate domenicano di rara intelligenza e apertura mentale . Una volta , durante la guerra , sentendo qualcuno pronunciare la frase stereotipa : " siamo nelle mani della provvidenza , " non poté trattenersi dall ' esclamare : " In che brutte mani siamo ! " . Che era successo ? Aveva forse perduto la fede , bestemmiava ? Assolutamente no ; la sua fede era salda . Voleva solo osservare realisticamente che per arrivare a invocare un improbabile intervento dall ' alto bisognava trovarsi proprio male ! Lui credeva in un Dio molto al di sopra dei terreni desideri o timori umani . Lasciando stare la teologia e spostandoci su un piano ben differente , non possiamo fare a meno di affermare che la teoria dell ' indifferenza va perfettamente d ' accordo con le migliori risultanze della scienza contemporanea . Si tratta della ben nota fusione del vecchio - ma sempre valido - concetto darwiniano di selezione naturale con le conoscenze derivanti dalla scoperta del codice genetico e delle sue casuali mutazioni . Riassumiamo in pochissime - e di conseguenza quanto mai inadeguate - parole di che si tratta . I caratteri di un essere vivente sono dettati da certe complesse strutture molecolari che si chiamano geni e che nel loro insieme costituiscono il genoma o genotipo di quell ' individuo . I geni - per varie cause , sulle quali ora non ci soffermiamo - sono soggetti a subire ogni tanto dei cambiamenti . Una mutazione del genotipo ha per conseguenza una mutazione del fenotipo , cioè della costituzione e del comportamento dell ' essere vivente . Se la mutazione è favorevole , quel fenotipo è più adatto a sopravvivere nel suo ambiente e quindi ad avere discendenti , ai quali passerà in eredità il suo mutato genoma : in tal modo può anche nascere una nuova specie . Se invece la mutazione è sfavorevole , minore ( o nulla ) sarà la probabilità che quella varietà di essere vivente si propaghi : prima o poi il nuovo genotipo e il suo fenotipo si estinguono . Con questo meccanismo è avvenuta ( e avviene tuttora ) l ' evoluzione delle specie . Per quanto ne sappiamo a tutt ' oggi , le mutazioni avvengono a caso ; e questo desta non poche perplessità . Ma Monod ( Il caso e la necessità ) afferma senza mezzi termini : " Il caso puro , il solo caso , libertà assoluta ma cieca , sta alla radice del prodigioso edificio dell ' evoluzione ; oggi questa nozione centrale della biologia non è più un ' ipotesi fra le molte possibili o perlomeno concepibili , ma è la sola concepibile in quanto è l ' unica compatibile con la realtà quale ce la mostrano l ' osservazione e l ' esperienza " . Tutto si svolge dunque a caso . Ma la selezione naturale fa sì che le cose vadano " come se " l ' unico interesse e scopo di un gene fosse quello di continuare a sussistere e di propagarsi nei successivi esseri viventi , senza alcun riguardo per la maggiore o minore sofferenza dell ' individuo del quale fa parte . Si può arrivare a parlare ( Dawkins ) di gene egoista . Quanto alla natura , essa è certamente indifferente a quanto accade alle " pommes " di Dio o agli esseri umani . Già Chamfort ( Massime ) scrisse sapidamente : " Qualcuno diceva che provvidenza è il nome di battesimo del caso ; qualche devoto dirà che caso è un soprannome della provvidenza " . In un certo senso avevano ragione tutti e due ! Infatti , se è vero che tutto avviene per puro caso , non si può che rimanere strabiliati nel constatare che il caso ci ha portato a risultati così incredibili , quasiché un sapiente architetto li abbia progettati . Il guaio è che non abbiamo alcun modo per dimostrare che l ' architetto c ' è stato veramente . Anzi , poiché quell ' immagine si rifà inevitabilmente a un ' esperienza umana , in cui un uomo provvisto di speciali competenze prima progetta e poi , valendosi di materiali e di leggi già esistenti , costruisce l ' edificio , è impossibile sottrarsi alla conclusione che stiamo ancora parlando di uomini e non di dèi . 6 . Gli altri : che scocciatura ! L ' apparire della visione biologica testé descritta , porta necessariamente a domandarci : che ne è oggi dei concetti di bene , di male , di etica , di morale ? Che ne è dei valori , la cui supposta " perdita " fa stare tanti valentuomini con il fazzoletto in mano per asciugarsi il pianto ( magari non del tutto sincero ) ? Non è forse venuto il momento di riesaminare tutta la questione con un ' attrezzatura un po ' più critica e sensata di quella del passato ? Attualmente ci sono in proposito tre atteggiamenti differenti , abbastanza diffusi . 1 ) Il primo è solo l ' intransigente arroccamento sulle posizioni tradizionali , che attribuiscono a tutti quei concetti un contenuto oggettivo , indipendente dalle credenze e dalle circostanze umane , se non addirittura trascendente e dettato da Dio . ( E in quest ' ultimo caso sono divertenti le dispute su che cosa veramente Dio abbia voluto dettare . ) 2 ) Il secondo atteggiamento - spesso egualmente intransigente - è quello di chi , estendendo in modo indebito le scoperte moderne della genetica , butta tutto sul biologico e considera i suddetti concetti come ormai in tutto superati dalla concezione scientifica dell ' indifferenza . 3 ) Il terzo atteggiamento - molto più saggio , ci si permetta di dirlo - è di chi , senza trionfalismi , ma anche senza sciocchi " rimpianti " del buon tempo antico , prende atto delle conquiste della scienza moderna e indaga in quel quadro il sorgere delle varie assiologie , il loro significato e la loro importanza per la sopravvivenza e lo sviluppo dell ' umanità . Qui ci atterremo senz ' altro alla terza delle concezioni indicate , anche se , essendo la meno semplicistica , è anche ovviamente la meno semplice da seguire in tutti i suoi risvolti . Naturalmente vogliamo arrivare a parlare di noi stessi , cioè della specie homo sapiens sapiens . Per quanto riguarda i cosiddetti " animali inferiori " , la loro etologia è certamente fissata in larga misura - ma , a quanto appare dalle indagini moderne , non proprio sempre e interamente - dal loro patrimonio genetico . Per fare un semplice esempio , le formiche di una certa specie costruiscono il formicaio , seguendo un certo modello , che è come disegnato e stampato al loro interno . Quel modello è il risultato di un lungo processo di selezione . Se , per ipotesi assurda , una formica un po ' bizzarra si discostasse molto dal procedimento tradizionale della sua specie e convincesse le sue compagne a imitarla , quella specie ( quasi certamente ) si estinguerebbe . Quanto detto non esclude affatto che il genoma di un animale sia così congegnato da indurlo anche a tutta una serie di comportamenti che noi , col nostro metro umano , classificheremmo come " morali " . Prima di tutto è abbastanza generalizzata la proibizione di uccidere i propri simili . La spiegazione di questo comportamento è addirittura banale . Se gl ' individui di una stessa specie si uccidono fra loro , la specie ha una notevole probabilità di estinguersi . Ma stiamo attenti : questa proibizione è soggetta anche a eccezioni . Si tratta di quei casi in cui l ' uccisione dei propri simili - e perfino il cannibalismo ! - trovano giustificazione proprio nel vantaggio del gene egoista . Campioni di questa naturale trasgressione sono certi insetti . Per esempio , le coccinelle - pur così graziose - si rivelano esseri feroci : quando una scarsezza di naturali risorse minaccia la propagazione del gruppo , non esitano a divorare le loro simili più giovani o appena nate . Tuttavia negli animali cosiddetti superiori è abbastanza diffusa la regola del " cane non mangia cane " . I moderni studi di sociobiologia vanno molto più in là e arrivano a giustificare con la selezione naturale perfino l ' altruismo . Fanno osservare che un membro del mio gruppo ha grande probabilità di avere alcuni geni uguali ai miei : aiutandolo a sopravvivere , aiuto quei geni ( benché egoisti come tutti i geni ) a continuare a sussistere e a propagarsi . Ma tutto quello che abbiamo detto ci appare come pura etologia , non etica nel senso umano . Per quanto riguarda l ' uomo , le cose sono molto più complicate . Prima di tutto sgombriamo il terreno da un ingenuo pregiudizio , abbastanza diffuso fra molti che si credono saggi . Si tratta di coloro che vogliono a tutti i costi che i nostri comportamenti siano tutti e soltanto appresi e non derivino anche dalla nostra costituzione genetica . Per vedere che è una sciocchezza basterebbe riflettere banalmente che , se il patrimonio genetico non fosse tale da impartire al fenotipo la capacità di apprendere - anzi una spiccata propensione a farlo , soprattutto mediante la curiosità - non vi sarebbero comportamenti appresi . È vero che molti animali superiori hanno almeno un barlume di tale capacità e possono essere ammaestrati . Ma proprio il fatto che , pur lasciandoci ammirati , essi rimangono ben lontani dall ' imparare a fare tutto quello che fa l ' uomo , dimostra che le loro strutture genetiche non sono adatte a quei compiti . E indubbio che altrettanto ingenuo sarebbe , per converso , supporre che tutto quello che facciamo stesse scritto così com ' è nel nostro patrimonio genetico . Se questo fosse proprio vero , parleremmo tutti la stessa lingua e crederemmo tutti nello stesso Dio ! Tuttavia si faccia attenzione : nel genoma umano c ' è fissato molto di più di quanto generalmente si creda . A questo proposito - tanto per fare un esempio - è sommamente interessante quanto è stato recentemente descritto di un gruppo di qualche centinaio di bambini del Nicaragua , affetti da sordità congenita . Ciascuno di essi era vissuto , fin quasi dalla nascita , praticamente isolato da rapporti con adulti . Dopo alcuni anni di convivenza nel gruppo , quei bambini hanno sviluppato un linguaggio gestuale assolutamente originale , che contiene nomi e verbi , sottopone questi ultimi a una rudimentale coniugazione e distingue perfino il soggetto dall ' oggetto ! Ciò - sia detto per inciso - va d ' accordo con le idee di Chomski sull ' esistenza di una grammatica universale innata . La posizione di quasi tutti gli studiosi moderni è che il comportamento umano derivi da un ' inestricabile interazione fra i geni e l ' ambiente ( anche umano , ovviamente ) , o - come spesso si dice più volgarmente - fra natura e cultura . Continua certamente a sussistere in noi la propensione a seguire la primitiva etologia animale , ma il comportamento si complica notevolmente quando - immaginando tutta una pluralità di mondi possibili alla Leibniz - cominciamo a capire e a pesare le conseguenze del nostro agire in un modo piuttosto che in un altro . Inoltre è di enorme importanza il nascere negli uomini della coscienza di essere liberi di scegliere la via da seguire . ( Ma qui non vogliamo certo risollevare la vetusta controversia del libero arbitrio . ) Ne scaturisce un nuovo originalissimo concetto , che ci fa passare dalla pura etologia del " fare " all ' etica del " dover fare " . Sorge subito la domanda : perché tutto questo ? Qual è per la nostra specie il vantaggio selettivo del passare dal fare al dover fare ? Cominciamo col dare una prima risposta , che è abbastanza facile , ma probabilmente non del tutto sufficiente . I comportamenti dettati puramente dall ' impianto genetico sono in numero magari grande , ma necessariamente limitato . Le condizioni di vita degli esseri umani divengono invece sempre più complicate e le possibili nuove evenienze sono innumerevoli . Soltanto un enorme elaboratore qual è il nostro cervello può tentare di far fronte a tutto , purché inoltre l ' utilizzatore abbia intera libertà di giudizio e di scelta . La continua scelta diviene una componente essenziale della vita umana . Gli uomini , fin dal più lontano paleolitico , hanno vissuto in piccoli gruppi e hanno senza dubbio ereditato per via genetica quelle prescrizioni di comportamento del " cane non mangia cane " , che abbiamo già riconosciute comuni a moltissimi animali . Ma è facile presumere che con lo sviluppo di enormi facoltà intellettuali , col sorgere del linguaggio e della trasmissione culturale , si siano resi ben conto che era necessario darsi delle regole di comportamento al di dentro del gruppo , a vantaggio di tutti . Bisognava costantemente tener conto degli altri . E altamente probabile che - almeno agli inizi - non avessero chiara coscienza che in tal modo stavano stringendo un vero e proprio patto sociale ; ma lo stipulavano di fatto . Ed è anche probabile che quei gruppi che erano più lenti o più restii nello stipularlo risultavano perdenti e rischiavano l ' estinzione . Non sarà proprio così , cioè per via di " selezione culturale " , che nel nostro patrimonio genetico cominciò a inscriversi la norma fondamentale di ogni convivenza civile : pacta sunt servanda ? Non ne abbiamo le prove , né mai le avremo ; ma ci atterremo a questa come a un ' ipotesi molto verosimile . Certamente col mesolitico e soprattutto poi col neolitico la vita associata ebbe uno sviluppo enorme . Dalla pura caccia e raccolta si passa all ' agricoltura , alla domesticazione degli animali , alla divisione del lavoro ; nascono la città con le sue fortificazioni e il suo esercito , lo stato , il diritto , la legge . La compravendita mediante denaro , forse più di ogni altra istituzione , denuncia chiaramente l ' esistenza di un patto . La legge , prima orale poi scritta , farà nascere un vero e proprio contratto sociale . Come un giorno dirà Rousseau ( Du contrat social ) , il fine del contratto è : " Trouver une forme d ' association qui défende et protège de toute la force commune la personne et les biens de chaque associé , et par laquelle chacun s ' unissant à tous n ' obeisse pourtant qu ' à lui - même et reste aussi libre qu ' auparavant " [ " Trovare una forma di associazione che difenda e protegga con tutta la forza comune la persona e i beni di ciascun associato , e per la quale ciascuno unendosi a tutti non obbedisca tuttavia che a se stesso e resti libero come prima " ] . L ' ultima frase è essenziale . Bellissima poi è la nota di Rousseau , quasi intraducibile in italiano : " les maisons font la ville , mais les citoyens font la cité " . E la fanno proprio in virtù del patto . A questa rivoluzione epocale conseguì fra l ' altro uno sviluppo demografico senza precedenti . I diversi gruppi umani , ormai numerosi e potenti , cominciarono a gareggiare mediante la concorrenza commerciale , ma più spesso con le armi . I gruppi che non avevano un patto sociale efficiente e rispettato venivano più facilmente eliminati dalla scena . Accanto all ' etologia di ogni animale , che bada soprattutto - ma non soltanto , come già detto - alla sopravvivenza dell ' individuo , si sviluppa necessariamente e viene inscritto nel genoma l ' impulso a compiere quelle azioni che sono necessarie alla preservazione del gruppo . Il fare e il dover fare : due leggi , spesso contraddittorie , regnano ormai nell ' animo umano . E , data la complicazione dei casi nei quali esse si scontrano , i millenni non sono ancora stati sufficienti per conciliarle interamente . Non per niente Sartre ( Huis clos ) esclamò : " L ' enfer , c ' est les autres " . Ed è proprio la frequente contraddizione fra le due leggi che fa nascere la meraviglia , la speculazione sull ' originale condizione umana . Fra l ' altro obbliga a trovare , per distinguere e intendersi , una nuova terminologia . Ma è dubbio che dietro di essa si debba vedere qualche cosa di più di una serie di definizioni . Così la naturalissima tendenza a fare il proprio interesse diviene il " riprovevole " egoismo , mentre la tendenza a fare gli interessi degli altri o del gruppo diviene il " lodevole " comportamento morale . Quando un individuo non segue quest ' ultimo , diviene preda del senso di colpa e del rimorso . E uno stato d ' animo piuttosto spiacevole ; ma , poiché persuade l ' individuo a comportarsi diversamente la prossima volta , alla fin fine torna a vantaggio del gruppo e dei suoi geni . Forse a questo punto possiamo inserire qualche parola su quell ' atteggiamento ancor più ossessionante ( e ridicolo ) dell ' egoismo che è chiamato egocentrismo . Spesso è insopportabile . Ma bisogna partire dalla presa di atto che nel fondo tutti siamo egocentrici e non fingere di non saperlo . È cosa naturale e perciò non deve scandalizzare . Volere primeggiare e attrarre l ' attenzione di tutti è una 56strategia abbastanza ben giustificata per arrivare a proteggere i propri geni . Ma diventa pagliaccesca e addirittura controproducente quando assume i caratteri di un vizio , quando spinge a parlare ininterrottamente ( magari urlando ) senza ascoltare , a mettersi in mostra a ogni occasione , a non tener conto che nel patto sociale c ' è anche il rispetto della personalità degli altri . La cosiddetta buona educazione è un atteggiamento civile , corollario appunto del patto sociale . L ' egocentrismo si risolve spesso in pura maleducazione . 7 . Vendetta , tremenda vendetta Ebbene , con tutto il rispetto dovuto a un grandissimo come Kant - che ammirava il cielo stellato sopra di sé e la legge morale dentro di sé ( Critica della ragion pratica ) - decidiamoci a riconoscere che tutto quello che vi è in natura può destare il più alto stupore . Lo desta indubbiamente il cielo stellato sopra di me ; ma in eguale misura lo destano sia la legge morale che è dentro di me , sia l ' istinto di conservazione individuale , che è pure dentro di me . Non è affatto vero che la prima sia più mirabile del secondo . Del resto lo stesso Kant afferma che le nostre azioni non ci risultano affatto ordinate da Dio : " al contrario , ci sembrano ordinate da Dio perché ci sono imposte da una nostra legge interiore " . E non è forse una nostra legge interiore anche quella che ci ordina l ' autoconservazione ? Il tentare di spiegare con considerazioni scientifiche per quale via tutti e due quegl ' impulsi - ormai interiorizzati - siano sorti , si siano sviluppati e per selezione naturale siano stati incorporati nel patrimonio genetico non sminuisce in nessun modo la grandezza dell ' universo , il misterioso fascino della natura , la nobiltà dell ' uomo , la sublimità del suo creatore ( se vi è stato ) . E se vogliamo chiamare morale l ' azione che mira a conservare la specie attraverso la preservazione degli altri , anziché dell ' individuo che agisce , facciamolo pure . Siamo liberi di definire quello che vogliamo . Ma non fingiamo d ' ignorare che la preservazione dell ' individuo mira esattamente allo stesso scopo . A questo punto , al fine di chiarire bene il concetto , converrà inserire qualche parola sulla vendetta e sulla sua ( quasi ) generale condanna . Ebbene , la vendetta - secondo la stessa definizione testé data - risponde a un impulso altamente morale ! Chi la esercita non ci guadagna nulla , anzi quasi sempre rischia . ( Il povero Rigoletto - certo senza saperlo coscientemente - in quel modo rischia e sacrifica addirittura la vita dell ' amata figlia . ) Ma il vendicatore di regola si sacrifica in favore di tutti gli altri . Infatti va a finire che nel gruppo primitivo un individuo evita di compiere certe azioni dannose a un altro individuo , proprio perché teme la vendetta di costui . E un deterrente che di solito funziona bene . Ciò non toglie che , quando avanza la civiltà , si scopre che è mille volte meglio delegare il deterrente alla società formalmente costituita , cioè allo stato ; ma ci risparmieremo lo sviluppo delle serie ragioni , facilmente intuibili , per cui ciò è vero . Nasce così il concetto di giustizia pubblica e il patto di rispettarla . Quanto sono ridicole le protestazioni - udite fino alla nausea - di coloro che affermano virtuosamente di non volere vendetta , ma solo giustizia ! Pare impossibile che così pochi si chiedano : e perché la vogliono proprio quelli ? Forse perché sono parenti delle vittime ? Ma andiamo ! La giustizia devono volerla egualmente tutti i cittadini . L ' espressione continuamente usata e abusata , " farsi giustizia da sé " , è semplicemente idiota . E ancor più idiota è affermare che giustizia chiedono i morti . Eppure è molto , molto difficile liberarsi da quell ' impulso - in sé naturalissimo , ripetiamo - che ci spinge a inscrivere l ' istinto di vendetta addirittura nel campo dei sentimenti onorevoli . La mente corre subito , naturalmente , alle consorterie della criminalità organizzata ( gli uomini d ' onore ) ; ma limitarsi a ciò è quanto mai semplicistico e riduttivo . Dobbiamo proprio ricordare la canzone in cui il pio Dante afferma : " Ché bell ' onor s ' acquista in far vendetta " , o ignorare le mille volte che Dante stesso - e una folla di autori di tutte le letterature - parlano nientemeno che della vendetta di Dio o del Cielo ? Ma , una volta accettata la visione sopra esposta , che ne è del male e del bene , di cui parliamo continuamente ? Dovrebbe esser chiaro che non si tratta di enti trascendenti oggettivi , bensì di due delle innumerevoli ipostatizzazioni , di cui gli uomini da che mondo è mondo si sono resi responsabili . Prima si introduce un concetto astratto , che ci è utile per capirsi in modo sintetico ; quindi si attribuisce a esso un ' entità sostanziale , che in realtà non c ' è . Non ci si limita a riconoscere che abbiamo semplicemente introdotto una parola per esprimere un concetto da noi stessi costruito . No : si crede possibile tirar fuori dalla parola il vero contenuto di quel concetto . Quanti insigni pensatori hanno sprecato il loro tempo dietro a quei venerabili fantasmi ! Non stiamo scoprendo nulla di nuovo . Infatti , è ben noto che il pregiudizio è molto antico . Vi fu una ( quasi ) unanime oggettivazione del Bene e del Male da parte dei filosofi antichi e medievali . Per Platone ( Repubblica ) , come il Sole illumina , rende visibili e alimenta le cose sensibili , così il Bene rende conoscibili gli oggetti intelligibili e conferisce a essi l ' esistenza . A complicare le cose ci si misero poi le religioni , con i loro dèi , angeli , arcangeli , santi ecc. da una parte , nonché con le schiere di diavoli e di geni malevoli dall ' altra . Gli uni impersonano e difendono il bene , mentre gli altri impersonano e difendono il male , in un ' eterna battaglia , combattuta sulla pelle degli uomini . Tuttavia si farebbe torto ad alcuni pensatori più vicini a noi , affermando che nel passato si è sempre creduto a un contenuto puramente oggettivo del bene e del male . Per esempio Spinoza ( Ethica ) dice testualmente : " Bonum et malum quod attinet , nihil etiam positivum in rebus , in se scilicet consideratis , indicant , nec aliud sunt , praeter cogitandi modos , seu notiones , quas formamus ex eo , quod res ad invicem comparamus . Nam una eademque res potest eodem tempore bona , et mala , et etiam indifferens esse " . [ " Per quel che riguarda il bene e il male , neanch ' essi indicano qualcosa di positivo nelle cose , cioè considerate in sé , ed essi non sono altro se non modi del pensare , o nozioni che formiamo perché confrontiamo le cose fra di loro . Infatti una sola e medesima cosa può essere allo stesso tempo buona e cattiva e anche indifferente " ] . Fra i contemporanei nostri poi moltissimi hanno decisamente cominciato ad affermare che la valutazione è puramente soggettiva . E infatti , proprio come Spinoza , fanno notare che essa è diversa da individuo a individuo , da luogo a luogo , da epoca a epoca . Fecero male o fecero bene i congiurati che uccisero Giulio Cesare ? Fecero male o fecero bene i vandeani a opporsi alla Rivoluzione ? Fecero male o fecero bene gli americani a costruire la bomba atomica ? Sembra impossibile : ma alcuni pensatori piuttosto attardati ne discutono ancora , naturalmente senza alcun risultato che possa incontrare approvazione generale . Vi è anche chi stenta addirittura ad afferrare il concetto della imperturbabile indifferenza della natura e arriva a invocare la pioggia ( il bene ) o a scongiurare i terremoti ( il male ) . La tempesta che nel 1588 semidistrusse l ' Invencible Armada fu un bene per gli inglesi , un male per gli spagnoli . C ' è da giurare che qualcuno nelle cattedrali britanniche ringraziò Dio per il beneficio , mentre qualcuno dei sudditi di Filippo II ( e forse lo stesso re ) si diede a far penitenza dei suoi peccati , perché certamente quella era stata una punizione di Dio . Ma veniamo a qualcosa di ben più importante , qualcosa che è divenuto addirittura assillante nell ' epoca contemporanea . Che dobbiamo fare con tutte le nuove , meravigliose e spaventose possibilità che ci offre la scienza ? Probabilmente fra qualche centinaio di anni i nostri discendenti si meraviglieranno della pervicacia dimostrata dagli uomini della fine del ventesimo secolo nel voler tirar fuori dai logori concetti di bene e di male , supposti " oggettivi " , le risposte sul da farsi in situazioni che né la naturale evoluzione né le religioni tradizionali potevano minimamente prevedere . Da quella parte le risposte " giuste " non possono venire , semplicemente perché le relative domande non erano mai state poste ! È venuto il momento di convincersi che , prima di statuire per contratto sociale che cosa dobbiamo fare , bisogna ben consultarsi su che cosa vogliamo fare . L ' unica via veramente razionale sta nella ricerca scientifica seria , unita alla democrazia . Questo non significa che si possa ammettere a priori di esser liberi di fare tutto quello che si vuole . Infatti della vecchia e gloriosa etica tradizionale c ' è certamente una massima irrinunciabile , proprio perché si può star sicuri che è voluta da tutti e sarebbe facilmente sancita da qualsiasi referendum . È quella contenuta nel quarto articolo della dichiarazione dei diritti dell ' uomo del 1789 : " La libertà consiste nel poter fare tutto quello che non nuoce altrui " . E appunto per stabilire fondatamente che cosa non nuoce altrui - anche e soprattutto , si badi bene , alle generazioni future - la ricerca scientifica dovrà procedere intensamente . Ma , se proprio ci teniamo , continuiamo pure a parlare con solennità dei comitati di bioetica . Il nome conta poco . 8 . Dimmi come parli Il signor Bartoni era da anni impiegato al catasto . Ma ogni giorno , terminato coscienziosamente il suo lavoro , s ' immergeva nella lettura di buoni libri o in solitarie meditazioni , sì da meritarsi indubbiamente la qualifica di uomo colto e intellettuale . Non era affatto entusiasta del suo mestiere , per il quale non sentiva " vocazione " . Ma chi - si domandava per consolarsi - ha la vocazione di fare l ' impiegato del catasto ? Einstein non aveva forse lavorato all ' ufficio brevetti in Svizzera ? Melville non era finito in un servizio di dogana a New York ? Kafka non era stato alle dipendenze di una compagnia di assicurazioni a Trieste ? Bastava sapere aspettare : e poi chissà . Gli piaceva assumere dinanzi a se stesso l ' atteggiamento dell ' uomo saggio , che prende atto del mondo come è e non si lascia scuotere nella propria atarassia . E poi chi mai è contento del lavoro che fa e del ruolo che gli altri gli assegnano nella vita ? Ognuno è sicuro di essere sottovalutato , ma non deve prendersela per questo . Sì , eppure ... eppure nel subconscio qualcosa continuava a tormentarlo . E lui - molto spesso senza rendersene conto - si sfogava di quel qualcosa pungendo gli altri con amara ironia . Ma non era cattivo ; del resto , quella ironia la rivolgeva imparzialmente ( o quasi ) anche a se stesso . Quando si dava a riflettere , abbandonandosi al suo malinconico umorismo , gli piaceva recarsi a passeggiare in un luogo solitario , nelle periferie più anonime della città , dove gli amici intellettuali di buon gusto non si incontrano proprio mai ; tanto lui - affermava a se stesso , ridendo per primo di quella megalomania - guardava soprattutto dentro di sé . E poi , anche se guardava fuori , come faceva in realtà ... qualcuno ( Gide ) non aveva detto : l ' importanza sia nel tuo sguardo , non in quello che guardi ? Ma non sempre si recava in periferia . A volte seguiva proprio la strategia opposta . Infischiandosene dei dettami dei salutisti , andava a sedersi a un tavolino all ' aperto di un caffè situato nel punto più nevralgico della città , in mezzo alla confusione infernale di una folla che andava e veniva , sempre indaffarata e affrettata , nonché al crepitare e strombazzare di veicoli perennemente in ingorgo . Diceva a se stesso ( ma sapeva benissimo di non scoprire nulla di originale ) che lì , fra tutte quelle facce anonime , si trovava la vera solitudine , quella triste , spessa , da tagliarsi col coltello : quella che , trascurando i troppi particolari , ci fa scorgere cose di grande importanza . Quel giorno era proprio seduto al solito tavolino e si stava ripetendo le cose pensate mille volte , quando la sua attenzione fu attratta da un curioso giovane azzimato , con una bella cravatta a farfallino , che , venendo dall ' interno del bar , era comparso sulla porta e guardava ansiosamente di qua e di là . Teneva con una mano una tazzina di caffè e con l ' altra le reggeva sotto il piattino . Bartoni , vedendo che tutti i tavolini erano occupati , gli si rivolse gentilmente , invitandolo : " Se vuoi sedersi qui , c ' è una sedia libera . " Quello fu per un po ' titubante , poi si decise e si sedette , dicendo : " Grazie . Buon giorno e buona giornata . " Bartoni alzò un po ' le sopracciglia , meravigliato dall ' insulsa ridondanza . Comunque stese la mano e disse : " Permette ? Bartoni . " " Ah ... come l ' attore Barton . " " Forse vuol riferirsi all ' attore Burton [ pronunciato correttamente ]..." " Alla televisione , l ' ho sentito benissimo , dicono Barton . " Bartoni rimase un po ' perplesso . Ribattere pedantemente o lasciar correre ? Poi non poté fare a meno di chiedere : " Ma lei impara a parlare dalla televisione ? " L ' altro sembrò non poco infastidito dalla domanda , che aveva l ' aria di una presa di bavero , e ribatté : " Esatto . Guardi ... " "Guardo..." "...mi consenta ... " " Le consento ... "...guardi, mi consenta un attimo . La televisione è ... come dire ... un fatto pubblico nazionale ed è ... così ... un attimino attenta nei confronti di come parla , no ? " " Veramente la televisione di ` confronti ' ne fa pochi , soprattutto con i vocabolari - italiani e stranieri - e con i buoni libri . " " Ecco l ' autogol : i libri , me l ' aspettavo ; ora possono partire le immagini ... " " Partono ? E dove vanno ? " " Lei sicuramente dovrebbe essere ... il condizionale è d ' obbligo ... così ... diciamo un intellettuale . " Bartoni stava pensando : non c ' è speranza con questo . È meglio cambiare discorso : " Non mi ha detto ancora chi è lei . " " Chi sono ? Sono un poeta . " " Veramente questa è già stata detta . Ma che fa per vivere ? " " Cosa faccio ? Scrivo . " " Anche questa è stata detta . E come si chiama ? " "Chicco." " Chicco ... di nome o di cognome ? " " Fa lo stesso . Il nominativo completo è inutile . " " Ah , già : un poeta lo conoscono tutti con il nome di battaglia . " "Esatto." Bartoni fece alcuni sforzi non affatto convinti per ricordare se per caso avesse visto da qualche parte una poesia firmata Chicco , ma invano . Ebbe anche voglia di scherzare su quel noto verso di Dante che parla del " bel paese là dove l ' esatto sona " . Poi si disse ancora una volta che era meglio piantarla lì . Intanto l ' altro guardava nervosamente l ' orologio ed esclamava con impazienza : " Perbacco , si fa tardi ; si sta sforando ! " " Aspetta qualcuno ? " " Esatto . Dovrebbe proprio arrivare ... come dire ... il condizionale è d ' obbligo ... no ? " " Eh , con le donne non si sa mai . " Chicco rimase un po ' interdetto , quindi ribatté : " Guardi , mi consenta un attimo . Chi le ha detto che aspetto ... diciamo ... una donna ? " Ahimè , disse fra sé Bartoni , forse , chissà , ho fatto una gaffe . Ma guarda un po ' , proprio io che non ho nessun pregiudizio in proposito e che vado predicando saggiamente che se lui è diverso da me , io sono diverso da lui e quindi siamo pari . Ma adesso chi lo convince questo che io appunto non ho nessun pregiudizio ? Comunque provò a riconoscere con grande naturalezza : " Ah , sì , potrebbe essere un uomo . Perché no ? " " Esatto . Ma è un giallo ... " " Ah , un giapponese ... " "...è un giallo perché non so chi sia : è una scheggia impazzita . Potrebbe essere un uomo , ma potrebbe essere una donna ... il condizionale è d ' obbligo , no ? Niente . So solo e soltanto che mi deve portare un ' agenzia eclatante . A mio avviso ... " " Di garanzia ? " " Non faccia così tanto lo spiritoso e mi consenta . In buona sostanza ... " " E se fosse cattiva sostanza ? " "...in buona sostanza , a mio avviso lei sta facendo muro contro muro ... " " Veramente basta un muro solo , dato che i muri non si muovono . " "...quelli come lei fanno quadrato , mettono paletti nei miei confronti ... e portano avanti ... così ... un teorema ... " " Come quello di Pitagora ? " " Chi è , un ' attrice ? E che ci azzecca quella ? " " Mi scusi . Lasciamo stare e continui pure a dirmi quale sarebbe il mio teorema ' nei suoi confronti '." Non c ' era bisogno di chiederglielo . Chicco - dando di tanto in tanto nuovi impazienti sguardi all ' orologio - continuava ormai inesorabile come un fiume in piena , che straripa da tutte le parti : " Niente . Ormai sono nel suo mirino . Il suo teorema nei miei confronti è che io sono ... come dire ... di basso profilo , no ? " " Veramente io la sto guardando in faccia ... " "...e invece si dice proprio così : di basso profilo . Oggi si fa un gran parlare ... " " Ah , il parlare si fa ... " "...di persone di serie A e di serie B , no ? A suo avviso io sarei di serie B o perlomeno ... così ... come dire ... fuorigioco , no ? Niente , lei vuoi fare l ' arbitro , ma non può supportare il suo verdetto ... diciamo ... senza consultare il guardalinee . Non si salvi in calcio d ' angolo . Ma mettiamo la palla al centro e cerchiamo alcuni comuni denominatori ... " " Quanti ? " " Guardi , sediamoci attorno a un tavolo ... " " In due sarà difficile . " "...Dunque io mi trovo ora in una enclave [ pronunciato all ' italiana ] o in una impasse [ pronunciato all 'italiana]..." " Vuol dire in un ' impasse [ pronunciato correttamente ]." " Ma lasci stare l ' Enpas ! Niente ... è un giallo . Non so perché ce l ' hanno così tanto ... " "...basta dire tanto ... " "...così tanto nei miei confronti . È una cosa di estrema importanza , uno scoop con prezzo da capogiro ; ma finora nessuno mi ha voluto aiutare un attimino a capire : bocche cucite . Vogliono mettermi in ginocchio : non vorrei ... come dire ... essere raggiunto da un provvedimento nei miei confronti ... " " Se non vuole essere raggiunto , si metta a correre velocemente ... " Ma Bartoni non poté terminare la frase , perché la sua attenzione fu attratta da una donna con una lunga sottana , che lei sì , correva velocemente per non essere raggiunta , aprendosi il varco a gomitate . Dopo poco comparve una signora che la inseguiva gridando : fermatela ! Mi ha derubata , fermatela ! Infine arrivò un vigile trafelato , che teneva legata con una corda , a mo ' di guinzaglio , una bambina piagnucolante . Bartoni non credeva ai suoi occhi . Non riuscì a trattenersi e sbottò indignato : " Ma che fa ? Le pare questo il modo ? Sleghi subito quella bambina ! " " Non posso . Se la slego , scappa . E io devo riportarla alla madre . " " Lasci stare la bambina e si occupi piuttosto del furto commesso dalla madre . " " Quello non è compito mio , ma della polizia . Io devo riportare la bambina alla sua mamma , sennò si perde . " Intanto la bambina , molto meravigliata , si era avvicinata al tavolino di quello strano signore che la difendeva , mentre tutti gli astanti mostravano solidarietà col vigile . Bartoni si accorse allora divertito ( ma non troppo ) che la pargoletta aveva fatto scomparire dal piattino le cinquemila lire che lui aveva lasciate di mancia . Lo fece notare al vigile , il quale ribatté imperturbabile : " Signore , quel denaro era res nullius . " Bartoni non poté celare una esterrefatta ammirazione ed esclamò : " Ma guarda che vigile colto ! Comunque quel denaro non era affatto res nullius . Era del cameriere . " " Signore , mi permetta di farle notare che il cameriere per ora non l ' aveva visto e non sapeva nemmeno che esistesse . Dunque non poteva essere suo . Vieni , mocciosa , andiamo dalla mamma . " E , prima che Bartoni potesse riprendersi dallo stupore destato in lui da quella ferrea logica , il vigile e la bambina erano già lontani . Ma in quel mentre arrivò correndo a perdifiato un altro personaggio . Era un signore piccolo , grasso , dall ' aria insignificante , che sudava e gridava : eccomi , eccomi qui ! Si fermò raggiante davanti a Bartoni e a Chicco ed esclamò con tono rassicurante : " Eccomi qui finalmente , sono arrivato ! " Bartoni e Chicco si guardavano con aria interrogativa , ciascuno pensando che l ' altro sapesse . Poi all ' unisono chiesero : " Ma lei chi è ? " " Che domande . Sono quello che aspettate . " " Quello che aspettiamo ? E come si chiama ? " "Godot." " Godò ? " fece Chicco storcendo il naso . " Mai sentito nominare . " Bartoni invece l ' aveva sentito nominare , eccome . Certamente era stupito . Eppure più che dalla meraviglia era colpito da una piuttosto cocente delusione . Ma come ? Quello scialbo , insulso , banale omiciattolo era il famoso Godot , quello che lui e tanti altri avevano aspettato per tutta la vita ? Ebbe improvvisa la rivelazione di uno stupido errore commesso . E ora come farò , si domandava smarrito , ora che ho scoperto tutto , ora che mi mancherà il Godot delle mie lunghe fantasticherie ? Forse lui , dopo tutto , lo sa : bisogna chiederlo proprio a lui . Ma Godot già si allontanava veloce e agile tra la folla . Di scatto Bartoni si alzò e si mise a rincorrerlo , seguito per inerzia da Chicco : " Godot , Godot , si fermi , per favore , aspetti ! " Chicco dal canto suo correva gridando : " Godò , si fermi . Così ci rovina il palinsesto ! " Intanto era sbucata di nuovo , da una via laterale , la donna dalla lunga sottana e dietro di lei , sempre correndo e gridando fra l ' indifferenza generale , la derubata ; infine il vigile con la bambina al guinzaglio . Il tutore dell ' ordine si fermò un momento al solito tavolino per chiedere notizie e , visto che i due non c ' erano più , proseguì l ' inseguimento . Il cameriere , richiamato dal trambusto , era uscito sulla soglia , e per forza di abitudine , aveva dato uno sguardo al piattino : era vuoto . Infatti la bambina aveva fatto a tempo ad afferrare con incredibile destrezza le seconde cinquemila lire , che Bartoni , sorridendo amaramente , aveva tirato fuori dopo la prima sparizione . Il commento del cameriere fu : " Ma guarda un po ' questi intellettuali . Sempre tirchi . Non ti lasciano nemmeno una lira . " 9 . La vita non è sogno Bartoni girellava pensoso nella sua poco attraente e anonima periferia e andava rimuginando sugli strani avvenimenti di quella mattinata . Li aveva vissuti davvero , o era stato solo un sogno ? Ma che domande banali e trite ! Da che mondo è mondo miriadi di scrittori , poeti , filosofi hanno fatto a gara a osservare sospirosamente - ripetendosi quasi senza pudore - che la nostra vita si svolge come in sogno ! Anche un impiegato del catasto poteva tirare fuori decine di quelle citazioni , che sembrano così profonde e commoventi e poi ... lasciano il tempo che trovano . Gli piaceva piuttosto ricordare un detto di Giraudoux , che aveva letto da qualche parte : " Il plagio è la base di tutte le letterature , eccettuata la prima , peraltro ignota " . E poi la metafora del sogno è affascinante , certo , ma non sostenibile fino in fondo , come ognuno ben sa . Bisogna ragionare e distinguere . È vero che il vissuto della realtà giornaliera e quello del sogno hanno spesso caratteristiche fenomenologiche molto simili o addirittura identiche . Tuttavia l ' avere alcune caratteristiche comuni non significa , come è ovvio , che due cose siano in tutto eguali . Quello che chiamiamo " realtà " è un testo che viene scritto - o meglio , che si lascia leggere - con una sintassi ben diversa rispetto a quella del sogno ; e chiunque li sa distinguere . Lo stesso Calderón de la Barca nel suo celebre La vida es sue fio termina la seconda giornata con le parole : " toda la vida es suefio y los suefios suenos son " . Tutta la vita è sogno , sì , ma i sogni rimangono sogni ! Tanto è vero che , mentre siamo di solito molto curiosi di conoscere i fatti dei nostri simili e di sapere come " realmente sono andate le cose " , i sogni degli altri spesso ci annoiano . Non ci riguardano ; e la suddetta mancanza di una riconoscibile sintassi li rende anche ben diversi dai romanzi e dalle favole che a volte ci dilettiamo a leggere , ansiosi di sapere come va a finire . Chiaramente se n ' è accorto il Della Casa , quando scrive ( Galateo ) : " Male fanno ancora quelli , che tratto tratto si pongono a recitar i sogni loro con tanta affezione e facendone sì gran maraviglia , che è uno isfinimento di cuore sentirli " . Esperienza frequentissima di tutti noi ! In fondo , anche l ' assimilazione di una vita umana al sogno piuttosto che alla realtà dipende solo dalla disposizione di chi parla o scrive , dalla sua interiorità , dal voler privilegiare le circostanze esistenziali rispetto alla questione della sintassi . Perché Leopardi sussurra a Silvia : " come un sogno fu la tua vita " ? Che ne sa lui ? È lui che la sogna e la vede passare in questo mondo rapida , con il perpetuo canto , con la mano veloce che si affatica a percorrere la tela . Non ci addentreremo certo nelle varie " teorie " dei sogni come : scarica di impulsi repressi - sessuali e non - , desideri insoddisfatti , espressioni simboliche , pure ripetizioni dei vissuti della veglia , e chi più ne ha più ne metta . Quanto tali congetture siano fondate e illuminanti non è cosa che qui ci concerna e noi non siamo chiamati a pronunciarci sulla loro attendibilità . Diremo soltanto che , proprio perché i vissuti sono gli stessi e solo la sintassi è diversa , possiamo concludere che la distinzione fra il sogno e la vita che chiamiamo " reale " c ' è certamente , sia pure in via di definizione convenzionale . Indubbiamente una tale distinzione è essenziale per giustificare l ' intenzionalità delle nostre azioni , il loro progetto , la loro concatenazione , il loro successo . Nel sogno ci sono ben poche intenzionalità e concatenazioni logiche ( se pure in qualche misura ci sono ) . Ma perché mai quello che è così importante per il nostro agire dovrebbe proprio incidere anche sul nostro immaginare , sul nostro proiettarsi all ' esterno per esprimersi , magari in quel modo che chiamiamo artistico ? Sembra una costrizione artificiosa . Come non comprendere e non giustificare il desiderio di evadere da tale costrizione ? Quel desiderio c ' è , c ' è sempre stato e si è manifestato in tanti modi . " Je crois à la résolution future de ces deux états , en apparence si contradictoires , que sont le rêve et la réalité , en une sorte de réalité absolue , de surréalité , si l ' on peut ainsi dire " [ " Io credo alla risoluzione futura di questi due stati , in apparenza così contraddittori , che sono il sogno e la realtà , in una sorta di realtà assoluta , di surrealtà , se così si può dire " ] . Così scriveva Breton nel primo manifesto del surrealismo . Certo qualcuno osserverà pedantemente che il surrealismo è datato . E che vuol dire ? Tutto è datato in questo mondo , anche noi siamo datati . Quello che importa sapere è se quel desiderio di evasione che portò al surrealismo ebbe e ha tuttora le sue ragioni . Le ha . A proposito dello strano dialogo che si era svolto fra Bartoni e Chicco , è suggestivo ricordare che nel citato manifesto Breton così si esprime ( e ora sarebbe pedante riportarlo in francese ) : " È ancora al dialogo che le forme del linguaggio surrealista si adattano meglio . In esso due pensieri si affrontano ; mentre l ' uno si porge , l ' altro si occupa di esso , ma come se ne occupa ? Supporre che lo incorpori sarebbe ammettere che per un certo tempo gli sia possibile vivere tutto intero in quell ' altro pensiero , ciò che è sommamente improbabile [...] . La mia attenzione [...] tratta il pensiero avversario , come nemico : nella conversazione corrente , lo ' riprende ' quasi sempre sulle parole , sulle figure di cui si serve ; mi mette in grado di trarne partito nella replica snaturandole " . Tutto questo certamente non è datato e rimane invece attualissimo . Quante volte , vuoi nell ' animata tavola rotonda politica in televisione , vuoi nella conversazione fra amici , gl ' interlocutori dovrebbero rendersi conto che stanno sviluppando un happening surrealista ! Ma un simile sospetto nemmeno li sfiora . Stanno bucando a grandi colpi la realtà , credendo di avere i piedi ancora posati sulla terra . Ma torniamo al nostro assunto principale . Non poco dell ' eredità surrealista viene raccolta da Beckett e in genere dal teatro dell ' assurdo . Aspettando Godot , con il dialogo fra Estragon e Vladimir , come pure con l ' apparizione di Pozzo che tiene Lucky legato al guinzaglio , ci ricorda appunto tante situazioni già viste e non viste , tante parole ascoltate e non ascoltate , una realtà che è la nostra , ma non esattamente la nostra . Ci fa quasi sentire rimorso di vivere in un mondo che noi chiamiamo sensato , semplicemente perché gli assegnamo una nostra sintassi . Non stiamo forse costringendo il mondo e noi stessi in una sorta di prigione ? Perché non spiare attraverso la nostra stretta finestra lo sconfinato , variegato pullulare di tutti i mondi possibili ? Facciamo attenzione . Nessuno potrebbe rivendicare come un " progresso " il trasferimento generalizzato di tutta la nostra vita nell ' assurdo . Ci condanneremmo a non poter agire proficuamente , in una parola , all ' annientamento . Eppure è certo che , aprendo la mente all ' infinito ventaglio di possibilità da noi concepibili , anche se non realizzate , arriviamo ad approfondire la conoscenza di noi stessi . Sorprendiamo in noi facoltà insospettate , recessi mai abbastanza esplorati . Inoltre arricchiamo - e forse rendiamo più tollerabile - la nostra vita , accompagnandola e circondandola con quell ' immenso svolazzo variopinto di tutti i mondi assurdi . Il razionale è certamente il pane della nostra vita ; senza di esso moriremmo . Ma l ' assurdo è il companatico . Se non vi fosse l ' assurdo , la vita perderebbe sapore e non varrebbe la pena di essere vissuta . In un certo senso sarebbe come trovarsi al di dentro del meccanismo di un orologio . Non ci resterebbe che aspettare senza alcuna trepidazione o meraviglia l ' inesorabile scorrere dei minuti e il battere delle ore . I film che non di rado anche i registi apprezzabili ci propinano oggi sembrano avere un nucleo più o meno centrale ragionevole ( o quasi ) e poi tutto un contorno assolutamente assurdo . Nessuno se ne cura : prima di tutto perché ciò che veramente interessa lo spettatore medio è quello che abbiamo chiamato il nucleo centrale della vicenda ; in secondo luogo perché anche chi assume un atteggiamento più sensato sa bene che i nuclei centrali della vita nuotano sempre in un mare di assurdo . Da un punto di vista esistenziale , in tutto quello che intraprende un essere umano c ' è una parte di razionale e una buona dose di assurdo . La stessa continua scelta di quello che ci sembra proficuo e ragionevole è , in fondo , assurda , perché prima o poi , qualunque cosa facciamo o non facciamo , approderemo inesorabilmente allo scacco finale . La soddisfacente propagazione dei nostri geni è un fine giustamente perseguito dalla natura . Ma in che modo riguarda veramente noi e il nostro intimo ? Tutto questo ragionamento attorno all ' assurdo ha certamente del vero ; ma guardiamoci dal dargli una sopravvalutazione addirittura ontologica , che non può proprio sostenere . " Credo quia absurdum " è affermazione ... assurda , perché è intesa a inquadrare in quella stessa sintassi , della quale noi ci serviamo per parlare di ciò che chiamiamo " reale " , concetti che invece le sono assolutamente refrattari . È solo un solenne pasticcio . 10 . Il mezzo è ambiente E perché poi Chicco - e un ' infinita turba di sciocchi , ma anche di non sciocchi , con lui - parla in quel modo ? Qual è la spiegazione di quel pullulare di fastidiosi linguaggi , come il burocratese , il politichese , il televisese ( ma anche il culturese ) , che inesorabilmente ci perseguitano ? Perché si affermano tutte quelle squallide parole e frasi fatte , che non vogliono dir nulla , o addirittura significano il contrario di quello che vorrebbero ? Perché tutti quegl ' insulsi riempitivi del discorso ? Bisogna forse cominciare col distinguere i vari individui e le varie situazioni . Prendiamo , per esempio , il burocratese . Esso , anche se è diventato particolarmente insopportabile ai giorni nostri , ha origini e motivazioni che vengono da ben lontano . Infatti esso ha certamente molto in comune col linguaggio ieratico . Quello che viene dall ' alto ed è pronunciato in nome di un ' indiscussa autorità suprema non può essere rivestito delle usuali parole del volgo profano . Far parlare quell ' autorità come parlano i comuni mortali sarebbe quasi una mancanza di rispetto . Scherza coi fanti , ma lascia stare i santi . Naturalmente una volta si trattava quasi esclusivamente delle parole di Dio e dei suoi sacerdoti . Ma bisogna riconoscere che in questo campo - almeno nella religione cattolica - si sono fatti molti passi avanti . L ' abbandono del latino , che tuttora non pochi deplorano , si è reso necessario semplicemente perché esso non era più soltanto una lingua ieratica , ma era diventato una lingua assolutamente incomprensibile per la stragrande maggioranza dei fedeli ! E giustamente si è voluto che per essi la trasmissione di un messaggio di elevatissimo contenuto morale non si riducesse alla pura emissione di suoni senza senso . Certo non è detto che all ' orante sia sempre sgradita l ' emissione di suoni senza senso : a volte ha una funzione altamente consolante anche quella . In tutte le religioni esistono formule assolutamente prive di senso , che vengono ripetute con grande fiducia da tutti i fedeli in coro . E del resto non è affatto sicuro che il fedele , anche quando vuoi capire qualcosa di quello che gli viene dall ' alto , desideri intendere proprio tutto ... Anzi , a volte la sua concezione del " sacro " esige proprio il contrario . È nota la storiella del buon villico che , tornato dalla messa celebrata dal nuovo parroco del paese , fu interrogato sull ' impressione che gli aveva fatto la predica di quel personaggio . Non mi è piaciuta , disse candidamente : si è capito tutto ! Oggi le cose sono alquanto cambiate , non tanto perché le religioni stesse siano sentite in modo diverso da una volta - il che ci sembra innegabile - ma anche perché sono nati e si sono rafforzati gli stati laici . Ormai la suprema autorità che tutti devono riconoscere è quella dello stato , che inesorabile insegue ognuno di noi con documenti , identificazioni , certificazioni , notificazioni , assolutamente indispensabili per vivere . Anche quando non si tratta di un " Grande Fratello " , è sempre lui che ci dà il diritto di nascere , di morire , di esistere , di possedere , che ci provvede dei necessari trasporti , delle cure sanitarie , delle protezioni ( o persecuzioni ) poliziesche . Con lo stato non si scherza ; e per questo non si può parlare la lingua volgare di tutti i giorni . I suoi biglietti non si timbrano , bensì si obliterano , i suoi treni non effettuano servizio viaggiatori , ma lo disimpegnano ( forse andando a ritirarlo al Monte di Pietà ) ; e così via , con un ormai lunghissimo e tedioso elenco , noto a tutti . Ma , intendiamoci , lo stato si comporta anche da padre pietoso , preoccupato di risparmiare umiliazioni terminologiche ai suoi sudditi meno fortunati : ed ecco così i " non vedenti " , i " non udenti " , i " non deambulanti " . Aspettiamo da un momento all ' altro anche i " non pensanti " . Per quanto riguarda il politichese , in gran parte le cause sono simili a quelle elencate per il linguaggio ieratico e per il burocratese . Anche il politichese è un linguaggio ieratico , in cui la supposta magia della formula pretende eludere - e in parte , diciamo la verità , ci riesce - la mancanza di qualsiasi riferimento a concreti provvedimenti o ad azioni da intraprendere . Il messaggio unico , essenziale , che l ' uditore deve percepire , è : votate per me e sostenetemi al governo ; tutto il resto conta ben poco . Ma il linguaggio involuto , incomprensibile , del politico ha il vantaggio di lasciare la porta aperta a ogni possibile cambio di direzione nel prossimo futuro ; oppure - e soprattutto - all ' assoluta mancanza di direzione . Non tutti gli uomini pubblici sono così sprovveduti come si dice : invece molti politici conoscono bene l ' efficacia di parlare in un certo modo . Di sfuggita abbiamo accennato anche al culturese . Non vogliamo assolutamente inoltrarci nella sua stupida e abusata convenzionalità . Eppure ... come rinunciare a nominare almeno l ' insopportabile chiave di lettura ? Davvero si legge con le chiavi ? Tornando al nostro argomento generale , bisogna tener conto del fatto che tutti muoiono dalla voglia di esprimersi , di parlare o di scrivere ; ma si vergognano di usare una lingua semplice , non artefatta , per il timore di apparire banali e non à la page . Ed è spesso questo timore che li spinge a imbarcarsi in imprese più grandi di loro , per le quali non sono affatto preparati . Fatto sta che parlare o scrivere bene è difficilissimo . Rendere chiaramente un pensiero con parole essenziali e frasi brevi è un compito quanto mai arduo , che costa tempo , fatica e lungo esercizio . Splendida l ' uscita di Pascal ( Les provinciales ) , che si scusava di aver fatto una lettera troppo lunga , soltanto perché non aveva avuto il tempo di farla più corta ! Naturalmente è inutile ripetere per l ' ennesima volta che , almeno per quanto riguarda lo sviluppo della capacità di esprimersi in quel modo , la nostra scuola è un fallimento . Viene il sospetto - o più che il sospetto - che a volte proprio essa insegni a usare come indispensabili i paroloni e i periodoni . Chi non ricorda la sofferenza dello scolaro che , prima di consegnare il compito scritto di quella materia che viene chiamata italiano , si accorge di aver compilato soltanto due paginette ? ( Ma , a proposito , che c ' entra in questo l ' italiano ? In tedesco o in arabo non sarebbe lo stesso ? ) E chi teme di non riuscire a fare abbastanza periodoni , infarcisce il suo elaborato di riempitivi . Non sa che la vera arte di scrivere sta nel saper sintetizzare , anziché nell ' espandere . Ma veniamo ora al televisese , al linguaggio di Chicco e di tanti nostri concittadini . Su di esso vale la pena di soffermarci ( un attimino , naturalmente ) : nonostante che tanto sia stato già detto - a proposito e a sproposito - sull ' argomento , forse ci sono ancora cose di un certo interesse da aggiungere . Come è noto , il sociologo canadese McLuhan ha espresso a proposito dei mezzi di comunicazione di massa ( e diciamo pure " media " , ma non l ' orrendo midia ! ) l ' opinione che " il mezzo è il messaggio " . Ebbene , se è davvero così , prepariamoci e smettiamo di lamentarci . Dobbiamo far di necessità virtù e abituarci . Oggi le grandi masse , ma soprattutto i giovani , sono facilmente indotti a credere che solo in quel modo si possa trasmettere un messaggio , o meglio che per chi vive da contemporaneo nel mondo contemporaneo non ci sia altro messaggio da trasmettere all ' infuori di quello . E il messaggio , proprio allo scopo di creare o preservare un ' identità di massa , vale a dire allo scopo di non sentirsi estranei , va trasmesso in quelle forme . Ma forse c ' è qualcosa di più e di diverso da dire . L ' uomo non vive mai isolato nel nulla , ma vive in un ambiente . Anzi il nulla gli fa orrore e l ' ambiente gli è necessario , non solo per provvedere ai suoi bisogni materiali , ma anche per fornire una base psicologica alla sua identità . Per essere e sentirsi qualcuno è necessario percepire se stesso come essere umano in un dato ambiente . Del resto con nessuno sforzo d ' immaginazione si riesce a intuire che cosa potremmo essere , se fossimo privi di ambiente . Domandiamoci ora : che cos ' è l ' ambiente ? Di solito si pensa che esso sia il mondo materiale e umano che ci sta attorno . Questo è giusto , ma non è tutto . Per vederci più chiaro ricorriamo a qualche esempio . Supponiamo che io sia malfermo di gambe e che pertanto ricorra a un bastone . Dove lo trovo un bastone ? Nell ' ambiente circostante , sia che raccolga un ramo di albero , sia che mi rechi da un venditore di bastoni . Dunque il bastone fa parte dell ' ambiente ; ma è molto diversa la funzione del bastone da quella delle mie gambe ? Forse è azzardato dirlo . Supponiamo ora che io sia meno fortunato e che , essendomi rotto una gamba , sia costretto a ricorrere a una clinica ortopedica , nella quale mi sostituiscono un pezzo d ' osso con un materiale artificiale . Quel materiale fa ancora parte dell ' ambiente ? Per quale magia ne sarebbe escluso , venendo a far parte di me stesso , come le mie gambe ? È abbastanza chiaro ora dove andiamo a parare , pensando a protesi sempre più importanti , alla sostituzione di valvole cardiache , a tutto un cuore o ad altri organi artificiali . E per chi vive dentro un tubo metallico che lo fa respirare artificialmente , il tubo non è ambiente anch ' esso ? Per questa strada si arriva facilmente a pensare che il nostro stesso corpo , con parti vuoi naturali , vuoi artificiali , faccia parte dell ' ambiente in cui viviamo . Anzi saremo più audaci e affermeremo tout court che il nostro primo ambiente siamo noi stessi . Quello che chiamiamo il nostro corpo è il nostro primo ambiente . Ma , a scanso di equivoci , affrettiamoci subito a dire che non intendiamo affatto risuscitare l ' antico dualismo , per cui noi siamo composti di anima e di corpo , affermando che la prima abita in qualche modo nel secondo . No , il nostro assunto è diverso : vogliamo dire che l ' essere umano è un tutto che ha due aspetti inseparabili , due punti di vista dai quali può essere considerato . Quello che chiamiamo ambiente è un aspetto della sua stessa personalità e della sua identità . Oggi si parla con grande interesse - e spesso con grande apprensione - della possibilità di modificare il nostro corpo e quindi di modificare noi stessi . In realtà non c ' è nulla di concettualmente nuovo se non il grado in cui ci valiamo e ancor più ci varremo di questa possibilità . E la continuazione sempre più incisiva di una vecchissima impresa . L ' uomo ha cominciato a modificare se stesso quando si è dato a trasformare il suo ambiente . Quando , una volta ideato il linguaggio simbolico e domato il fuoco , è arrivato ( nel neolitico ) a domesticare gli animali , a coltivare i campi , a costruire le case , le città , a darsi le relazioni e le istituzioni sociali , ha certo modificato in modo possente l ' ambiente , ma allo stesso tempo ha generato un nuovo tipo di uomo , assolutamente sconosciuto ai suoi predecessori . Si è dato una nuova identità . Naturalmente trasformazioni di quel tipo , in misura maggiore o minore , si sono verificate nel corso di tutta la storia seguente . Ma forse non esageriamo affermando che mai sono avvenute nella misura che oggi abbiamo dinanzi agli occhi . Rinunciando alle abbastanza insulse previsioni sul terzo millennio - che oggi vanno tanto di moda e che probabilmente sono tutte sbagliate - guardiamoci attorno al tempo presente . Basta pensare che le facoltà naturali del nostro corpo sono aumentate a dismisura . Prima di tutto le difese contro i microaggressori che vengono dall ' esterno sono oggi diventate formidabili ( anche se i soliti sciocchi vogliono tutto e subito e continuano a lamentarsi della inadeguatezza della scienza attuale ) . In secondo luogo la mobilità che ci era stata garantita dalle gambe oggi fa ridere . A proposito , quale guidatore non sente l ' automobile come parte del suo corpo ? E lo specchietto retrovisore non fa , sia pure all ' indietro , esattamente quello che fanno i nostri occhi ? Ma davvero tutto quello è solo ambiente ? Tuttavia è innegabile che le cose più strabilianti sono venute e stanno venendo dalla parte dei mezzi di massa e dall ' informatica . Fanno scorrere fiumi di parole e d ' inchiostro coloro che parlano di quei mezzi e soprattutto della televisione . Non si tratta solo del problema dei bambini ( i quali , senza dubbio , vanno cautamente protetti da diseducative e spesso ignobili suggestioni ) , ma anche degli adulti , che in media passano ore e ore alla televisione . Non intendiamo qui fare i moralisti a buon mercato e solo deplorare . Cerchiamo soltanto di prendere atto di quello che è avvenuto e delle sue inevitabili conseguenze . Una volta s ' imparava a parlare dalla famiglia , dalla scuola e dalle relazioni sociali . In altre parole , s ' imparava dall ' ambiente nel quale si cresceva . Oggi s ' impara dalla televisione , perché la televisione è ambiente . Ma lasciamo stare le lamentele più o meno filologiche e destinate a estinguersi di chi è stato ( se non altro , per ragioni di età ) educato in modo ben diverso . Non fingiamo d ' ignorare che l ' ambiente è parte dell ' identità dell ' essere umano ! È per questo che voler costringere l ' uomo comune a parlare una lingua diversa dal televisese è come costringerlo a privarsi di una parte della sua identità . È quasi una crudeltà inutile . E come costringere un orso ad andare in bicicletta in un circo , un gatto ad abbaiare , una rondine a non fare il nido . L ' ascolto della televisione - anzi spesso il mero rumore della televisione accesa - è come il nido che dà a tanti un senso di sicurezza , la riprova di essere se stessi e di essere a casa . Mille esempi potrebbero suffragare l ' opinione che l ' ambiente è parte essenziale e irrinunciabile della nostra identità . Se ne accorge amaramente Mattia Pascal di Pirandello , che , illusosi di essere ufficialmente scomparso per sempre e di essere diventato veramente Adriano Meis , scopre che nel nuovo ambiente non gli è concesso in nessun modo di vivere . Pentito , tenta di tornare indietro , ma non gli è permesso nemmeno di riacquistare l ' identità di Mattia Pascal , semplicemente perché l ' ambiente che aveva lasciato non è più quello ; fra l ' altro la moglie si è risposata . Qual è allora la vera identità di quel povero essere umano ? Ma torniamo al televisese . Prima di tutto è difficile ignorare quel pullulare di parole inglesi - e non inglesi - smozzicate e mal pronunciate , che caratterizza l ' espressione verbale dei cosiddetti giovani d ' oggi ( i quali spesso non sono nemmeno giovani ) . Forse è un po ' da miopi ribellarsi a questo fenomeno ; non stiamo noi oggi assistendo allo stabilirsi di una specie di koiné mondiale ? Ora , a parte qualsiasi considerazione estetica - che allo stato attuale sarebbe soltanto disastrosa , in quanto si sa che i gusti possono cambiare - non ha essa il sicuro merito di essere appunto una lingua comune ? È troppo presto per pronunciarsi ; tuttavia non dimentichiamo che spesso la lingua elegante di oggi è scaturita dalla lingua errata e volgare ( ma vivacemente espressiva ) di ieri . Tuttavia c ' è anche un altro fenomeno importante da segnalare . Il televisese comincia ad abbondare , non solo nella lingua dei cosiddetti sciocchi e ignoranti , ma si sta insinuando inesorabile anche nell ' espressione di parlatori e scrittori colti . Sta persino forzando la penna dei migliori e più forbiti giornalisti . È una penetrazione subdola , perché basata su locuzioni che , pur non essendo necessariamente errate , andrebbero usate solo quando aderiscono perfettamente al pensiero che si vuole esprimere . Oggi invece non è così : esse stanno acquistando una fastidiosa frequenza in contesti nei quali non tornano affatto a pennello , ingenerando non solo tolleranza , ma addirittura abitudine . Ne abbiamo già dato qualche esempio con : " esatto " , " nei confronti di " , " essere raggiunto da un provvedimento " , " consentire " , " fare un gran parlare " , " mettere in ginocchio " , " basso profilo " , " buon giorno e buona giornata " , " così tanto " , " in buona sostanza " ; e mille altri ne potremmo aggiungere , come è ben noto a tutti . In quei casi non si tratta affatto di sacrificare l ' eleganza allo scopo supremo di riuscire un giorno a conquistare una koiné mondiale . Si tratta invece di creare agli ascoltatori italiani un ambiente confusionario e di cattivo gusto , dal quale usciranno inesorabilmente plasmati . A proposito di koiné falsa e buffonesca , è difficile tacere di alcuni autentici mostri che hanno preso dimora stabile fra noi , come se realmente esistessero al di fuori dei nostri confini , con quei significati che noi - e soltanto noi ! - gli attribuiamo : esempio tipico è il " pullman " . ( George Pullman era semplicemente quel signore che alla fine dell ' Ottocento inventò le carrozze ferroviarie lussuose e con letti , carrozze che da lui presero il nome . ) 11 . Aspettando Quanto al Godot di Beckett , egli rappresentò la scoperta - tanto rilevante quanto ... ovvia - di un personaggio essenziale nella vita umana . Tutti , senza eccezione , attendiamo Godot , senza averlo mai visto e senza avere la minima idea di chi veramente egli sia . È una presenza nascosta che ci aiuta a vivere , o meglio ci costringe a vivere . Vivere è un ' attesa , è una continua proiezione in un futuro , che , proprio perché mai raggiunto e visto in faccia , ci permette di perpetuare le illusioni : quelle illusioni che sono i I nostro nutrimento , il nostro carburante . In realtà non di rado crediamo di sapere bene chi o che cosa stiamo aspettando . In tal caso di solito l ' attesa non è gradita e la reputiamo uno dei mali di quel mondo in cui l ' umanità è costretta a vivere suo malgrado . Attendiamo quando facciamo la coda in un ufficio , quando dobbiamo essere ricevuti da un dentista , quando il nostro treno ha ritardo , quando la giuria è in camera di consiglio , quando deve iniziare uno spettacolo ; e in mille altre occasioni . La sofferenza dell ' attesa si è acutizzata in modo esasperante nell ' epoca moderna , ma , come è ovvio , non è nata oggi . È una costante della condizione umana . Attende Penelope , attende Butterfly ... L ' attesa è così universalmente reputata spiacevole , che si è istituita nella società una regola di precedenza , che stabilisce chi deve aspettare l ' altro . Specie nel caso che l ' atteso sia un personaggio importante , guai a trasgredirla . Anzi , in tal caso si pretende perfino , per sicurezza , che la sofferenza di chi aspetta sia lunga . Si narra ( ma probabilmente è una leggenda ) che una volta Luigi XIV , arrivando soltanto un momento dopo i gentiluomini che aveva convocato in udienza , esclamò corrucciato : " J ' ai failli attendre ! " , c ' è mancato poco che dovessi aspettare . Ma non aspettano solo gl ' individui . Aspettano anche i gruppi , i partiti , i popoli , gli stati . Molto spesso ne va della stessa identità della loro aggregazione , che andrebbe perduta se mancasse l ' attesa . Basta pensare a tutte le minoranze che - a ragione o a torto - si sentono oppresse e conculcate e attendono l ' emancipazione : è il caso dei diversi per etnia , per colore , per lingua , per inclinazioni sessuali , degl ' irredentisti , degl ' indipendentisti di ogni tipo , o per converso degli espansionisti . Attendono i curdi , i baschi , i ceceni , i palestinesi , gl ' israeliani , i corsi , i catalani , i sudtirolesi ; e purtroppo l ' elenco non finirebbe mai . Eppure per tutti costoro la sofferenza dell ' attesa è insieme una colla che unisce e una ragione di vita . Molti di loro , cessata in qualche modo l ' attesa , si domanderebbero qual è il senso del loro esistere come gruppo . E che dire di coloro che per secoli hanno aspettato il Messia o il suo ritorno , l ' Apocalisse , il Giudizio universale ? L ' essere umano è costretto per sua natura a guardare al futuro e a credere che l ' essenziale sia ancora da completare . Alcuni attendono una radiosa meta sociale , come il sole dell ' avvenire . Altri ipotizzano che sia l ' uomo stesso a non aver ancora raggiunto lo stadio finale : " l ' uomo è qualcosa che deve essere superato " ( Nietzsche ) . Perché l ' uomo è tanto legato all ' idea di futuro e alla relativa attesa ? In fondo l ' uomo è un prodotto dell ' universo . Ma l ' Universo , nel quale siamo nati e nel quale ci troviamo a vivere volenti o nolenti , è imperturbabile : non distingue l ' ieri dal domani , e in nessun modo privilegia l ' oggi . Tutti gl ' istanti sono eguali e non ne esiste uno particolarissimo da chiamare ora . L ' Universo non attende affatto un suo completamento , che non avrebbe alcun senso . Noi abbiamo inventato l ' ora " e il " domani " , concetti assolutamente indefinibili in termini puramente fisici , cioè senza fare intervenire di volta in volta il nostro orizzonte temporale , il nostro esserci . Ma ora sarà opportuno distinguere il microscopico dal macroscopico . Il corpo umano - compreso il cervello - è un complesso macroscopico , composto da miliardi di miliardi di atomi e molecole . Qualcuno ritiene che l ' uomo non sia costituito soltanto da quelle cose ; ne prendiamo atto , tuttavia non intendiamo impegnarci qui in un dibattito metafisico o addirittura teologico . In ogni caso , quello che nessuno avrà il coraggio di negare è che l ' uomo sia anche un complesso d ' innumerevoli particelle . Come già fu notato , i corpi della microfisica , quali gli atomi , le molecole o le particelle subatomiche , non invecchiano , non sentono il passare del tempo , non hanno un " ora " ; oppure possiamo dire che per loro è sempre ora , in quanto la loro aspettazione di vita è sempre la stessa . Se sopravvivono a una ( impredicibile ) disintegrazione , il loro futuro è identico al passato , nel senso che non c ' è barba d ' uomo che possa distinguere un loro stato futuro da uno stato del passato . I corpi macroscopici invece si comportano in modo diverso . Sono soggetti alla seconda legge della termodinamica : quando sono chiusi e isolati , la loro entropia - ovvero il disordine complessivo dei loro componenti - va aumentando . Un organismo vivente non è certo un sistema chiuso e isolato : è invece aperto , in quanto scambia continuamente materia , energia e informazione con l ' ambiente esterno . In tali condizioni non sono da escludere fenomeni di autorganizzazione , nei quali nasce spontaneamente un certo tipo di ordine ( Prigogine ) . Appunto in questo modo si pensa che sia nata e si sia sviluppata la vita sulla Terra . Ma - sia detto per inciso - non si creda che la seconda legge della termodinamica sia violata . Se diminuisce l ' entropia in un certo sistema , esso riversa entropia ( in misura maggiore ) nell ' ambiente circostante e di conseguenza l ' entropia complessiva va aumentando . A volte si parla di freccia del tempo , intendendo che essa indichi quel senso in cui aumenta l ' entropia complessiva . Ora noi viviamo in un ambiente , a rigore né chiuso né isolato . Ciononostante il fenomeno di gran lunga più cospicuo che notiamo e contro il quale combattiamo una battaglia ( perduta ) è un continuo aumento di entropia dell ' ambiente esterno . Nella Farsaglia di Lucano , Cesare , che visita il luogo dove sorgeva Troia , dà occasione al poeta di scrivere un magnifico emistichio : " etiam periere ruinae " . Ma non c ' illudiamo : anche il nostro corpo , pur essendo vivente e sfruttando la sua apertura agli apporti esterni per tentare in ogni modo di mantenere l ' ordine dentro di sé , non sfugge alla legge dell ' entropia . Le stesse reazioni chimiche , che mettiamo in opera per fare quell ' ordine , vanno per lo più nel senso entropico voluto dalla natura . In ogni caso se , mettendo una mano nell ' acqua bollente , vedessimo che il calore passasse dalla mano all ' acqua , penseremmo di aver perduto la ragione ; invece ( come è naturale ) ci scottiamo . Ci è psicologicamente impossibile liberarci da una continua soggezione alla freccia del tempo . Fra l ' altro in noi si accumulano - e si deteriorano - i ricordi del passato , non certo quelli dell ' avvenire . In queste condizioni non possiamo fare altro che andare sempre in avanti nel tempo e pensare continuamente all ' avvenire , progettando , progettandoci e attendendo , ovvero anticipando quello che vivremo . Ben inteso , ci aspettiamo anche la morte . Quanto al passato , il suo ricordo ci può essere dolce o triste , ma siamo sicuri che è inutile progettarlo , dato che su di esso non possiamo intervenire . È immutabile e scritto per sempre . Fin dai tempi di Plauto ( Aulularia ) è stato detto : " Factum illud infectum fieri non potest " . Ora , premesse queste doverose considerazioni fisiche sul nostro modo di vivere , cerchiamo di scavare più nel profondo dello specifico umano , così esistenzialmente basato sull ' attesa . Prima di tutto , se è vero , come testé ricordato , che gli umani e le loro associazioni attendono spesso qualche cosa di cui credono di avere un ' idea ben precisa , è anche vero che per lo più , raggiunto lo scopo , sono destinati a provare un ' amara delusione . Hanno quasi l ' impressione di una sconfitta , hanno perso una ragione di vita , sentono sul collo l ' alito della morte . Lo sa bene quel personaggio di Joyce ( Ulisse ) che afferma : " Fummo sempre fedeli alle cause perse . Il successo per noi è la morte dell ' intelletto e della fantasia " . Ma in secondo luogo sta il fatto che ancora più spesso ci sentiamo in perpetua attesa , senza avere nemmeno una minima idea di che cosa stiamo aspettando . Sono la noia , l ' angoscia , che ci attanagliano , almeno finché una sofferenza - magari fisica - non venga a liberarcene . " Amaro e noia / la vita , altro mai nulla , " dice Leopardi ( A se stesso ) , non certo per consolarsi . E se poi , credendo di aspettare qualcosa , noi aspettassimo solo noi stessi ? Veramente suggestiva è questa riflessione di Heidegger ( Essere e tempo ) : " l ' Esserci [ Dasein , in sostanza l ' uomo ] non perviene primariamente a se stesso nel suo poter - essere più proprio e incondizionato ; al contrario , prendendo cura [ Sorge ] , aspetta se stesso da ciò che l ' oggetto della sua cura gli può offrire o rifiutare " . E più in là riprende : " Soltanto perché l ' Esserci effettivo è aspettantesi il suo poter - essere da ciò di cui si prende cura , esso può essere in attesa e ripromettersi qualcosa . L ' aspettarsi deve aver già sempre aperto l ' orizzonte e l ' ambito di cui qualcosa può essere atteso . L ' attendere è un modo dell ' avvenire fondato nell ' aspettarsi , avvenire che si temporalizza autenticamente come anticipazione . Ecco perché l ' anticipazione costituisce un essere - per - la - morte più originario di quello consistente nell ' attesa della morte " . Questo è verissimo . Molto spesso noi aspettiamo ; ma quasi mai aspettiamo la morte . Abbiamo visto come già Mirabeau in punto di morte osservasse amaramente che lui moriva da vivo : se avesse aspettato la morte , avrebbe aspettato qualcosa che lui non avrebbe mai potuto vedere e gustare . Il nostro essere - per - la - morte , per dirla con Heidegger , è una modalità costante della nostra vita , non uno scopo o un fine che inseguiamo e che riusciremo a raggiungere . In fondo , a ogni istante noi moriamo e rinasciamo e la nostra attesa è appunto una continua attesa di rinascita di noi stessi . Per terminare , dopo tante considerazioni non esattamente gioiose sullo scorrere del tempo umano e sulla nostra perpetua attesa , troveremo forse qualche consolazione ricordando il gentile verso di Montale : " ma in attendere è gioia più compita " . 12 . Nei giardini di Academo Si annunciava la primavera in una splendida giornata mediterranea e le piante erano già quasi tutte piene di bocci e di fiori . Nel giardino , su un sedile di marmo un po ' appartato , un uomo vigoroso sulla quarantina , con una notevole barba fluente , già un po ' brizzolata , non sembrava prendere parte a quella festa della natura . Appoggiando un gomito sul ginocchio e la testa sulla mano , rimaneva immerso nei suoi pensieri . Molte domande lo assillavano , quasi lo tormentavano . La principale si poteva forse riassumere così : era davvero sicuro di essere stato sempre fedele al suo maestro , esponendone le idee genuine e il metodo , oppure si era approfittato della celebrità di lui per diffondere la sua dottrina personale ? E poi quel Socrate era proprio come lui lo aveva descritto , idealizzandolo , oppure aveva ragione Aristofane , che tanti anni prima , nella commedia Le nuvole , lo aveva dipinto in termini ben diversi , tutto intento a insegnare come si può con un po ' di dialettica far prevalere l ' opinione peggiore su quella migliore ? No , a chi lo aveva conosciuto bene non sembrava affatto che le cose stessero così come diceva Aristofane . Gli sembrava tendenzioso , ingiusto assimilare Socrate ai sofisti . Lui sapeva bene che il maestro era uno degli uomini più onesti , più buoni , più saggi che fossero mai esistiti . Ma a dire il vero , lo aveva incontrato troppo tardi per poter smentire con sicurezza Aristofane . Non poteva darsi che effettivamente Socrate in gioventù fosse stato molto diverso da come poi lo aveva conosciuto lui e che a un dato momento della vita fosse cambiato in modo radicale ? Non poteva ciò essere avvenuto proprio a causa del responso ricevuto dall ' oracolo di Delfi , come del resto era voce abbastanza comune ? Loracolo , riferito da Cherefonte , aveva sentenziato che Socrate era il più sapiente degli uomini ; e Socrate , conscio invece di non saper nulla , si era dato alla ricerca appassionata della verità , accompagnandola con l ' assunzione di modi di vita ascetici . L ' asserire che le cose terrene sono solo copie imperfette di modelli ideali e perfetti non aiutava molto . Se l ' idea di uomo buono e saggio è fissa e inattaccabile dagli eventi mondani , quale Socrate era una copia imperfetta di essa ? Naturalmente il Socrate successivo agli anni della giovinezza . E perché poi ? Forse che il ravvedersi e il cambiare avevano un significato assoluto ? Per quale ragione il poi doveva valere più che il prima ? Quello era solo un pregiudizio umano ingiustificato . Fra l ' altro , se era così , un punto fondamentale della dottrina dell ' unità e stabilità del Bene non tornava affatto . Qualcuno poteva essere buono in certi periodi della vita e pessimo in altri . Era opinione comune che gli dèi nell ' Ade premiassero i buoni e punissero i cattivi . Ma chi erano i buoni ? Nel mondo delle idee che importanza poteva avere se uno era buono prima o dopo ? Perché continuare a fingere che gli uomini fossero diversi da come realmente sono per natura ? E del resto quello stesso che ora seduto sul marmo così ragionava non si sentiva profondamente cambiato dopo aver fatto quel viaggio nella Grande Ellade , dopo aver avuto quei colloqui col pitagorico Archita di Taranto , dopo aver visto a Siracusa come agiva il tiranno Dionigi ? E non provava anche un sottile rimorso per quel po ' di piaggeria che , con la magra scusa di cambiarlo , aveva dimostrato verso lo stesso tiranno ? Si riprometteva di tornare un giorno in quelle terre , per riparare e imparare ulteriormente . Inoltre , per quanto riguarda il giudizio sulla sofistica , che cosa vuol dire che un ' opinione o una ragione è migliore o peggiore di un ' altra ? Davvero lui credeva di saperlo ? Forse lo stesso Socrate nella sua grande saggezza non aveva mai scritto nulla di suo pugno , proprio perché si era reso conto che una cosa è discutere a voce su un concetto e impresa ben diversa è fissarlo con la scrittura . Per lui la saggezza e la verità consistevano anche - o soprattutto - nel porre le giuste domande e nell ' analizzare le risposte sensate . Nella conversazione , nel dialogo c ' è sempre una buona dose di eristica , di voglia di vincere e sopraffare l ' avversario , indipendentemente dalla maggiore o minore bontà delle idee . Ma le parole volano e quel peccato si può perdonare , anzi può essere di stimolo per escogitare domande e argomenti sempre migliori ; gli scritti invece restano e prima o poi vengono confutati da colui al quale non puoi rispondere . L ' importante è dunque imparare a formulare correttamente le domande e a esaminare senza pregiudizio tutto il ventaglio delle risposte possibili . Eppure ... non poteva essere sempre così . Non molto tempo prima lui stesso ne aveva dato una prova inconfutabile , affermando che Socrate era riuscito a far dimostrare a uno schiavo di Menone che , dato un quadrato , il quadrato costruito sulla sua diagonale ha area doppia di esso . Si sentiva sicuro che nessuno in avvenire avrebbe potuto smentire quella prova e quel risultato . Del resto nella matematica si danno centinaia di proposizioni e di prove assolutamente inattaccabili come quella . Se invece si voleva dimostrare qualche proposizione rispetto alla virtù , al bene , al male ... era un altro discorso . Ma in quel mentre la sua attenzione fu attratta da una ben strana apparizione . Un bellissimo gallo , urlando e starnazzando con le penne arruffate , attraversava di corsa il prato di fronte , per poi scomparire fra la vegetazione , dalla quale subito sfrecciava via un gruppo di uccelli spaventati . Il filosofo aveva appena alzato le sopracciglia , un po ' stupito , quando vide comparire tutto affannato un uomo che lui conosceva benissimo e che , a quanto pareva , inseguiva il gallo . Lo chiamò a gran voce : " Critone , Critone ! Che fai , dove vai ? " Critone arrestò un momento la corsa , piuttosto sorpreso e confuso : " Platone , tu qui ? Lo vedi , corro perché devo riacchiappare quel gallo . " " E perché lo vuoi riacchiappare ? " " Perché lo devo portare ad Asclepio , come mi aveva chiesto Socrate prima di morire . Non ricordi il racconto di Fedone di Elide , quel racconto che tu stesso hai recentemente messo per iscritto ? " Platone ricordava benissimo e forse era dei pochi che a suo tempo avevano capito . Socrate voleva donare il gallo ad Asclepio , dio della salute , per ringraziarlo di aver liberato la sua anima da quella vera e propria malattia che era lo stare congiunta col corpo . Ma lo stupore non faceva che aumentare . " Critone , sei diventato folle ? Quell ' incarico Socrate te lo dette dodici anni fa e tu lo adempi ora ? " " Questo ritardo non ha nessuna importanza . " " Come asserisci che non ha importanza ? " " Dimmi , Platone : è vero che tutti gli dèi sono immortali ? " " Sì , per Zeus ! " " E Asclepio non è un dio ? " "Certamente." " Allora Asclepio è immortale . " " Senza dubbio . " " E per chi è immortale dodici anni o un ' ora non sono la stessa cosa ? " " Così sembra anche a me ... " Ma Critone aveva già ripreso la corsa dietro al gallo e stava provocando un nuovo svolazzìo di uccelli in fuga . Forse non era male , perché in realtà Platone dava l ' impressione di esser rimasto quasi senza parole . Era veramente colpito da come Critone aveva appreso bene quell ' arte dialettica di interrogare e di argomentare , insegnata da Socrate . Ormai sembrava che lo scolaro fosse diventato lui , Platone . L ' apparizione del gallo e il fugace scambio di battute con Critone avevano riportato la sua mente a quel tristissimo giorno in cui Socrate , attorniato da una piccola folla di ammiratori e di seguaci , aveva buttato giù in un sorso la cicuta . Si sentiva in colpa e si vergognava . Perché lui non c ' era a dare quell ' ultimo saluto al maestro ? L ' affermazione di Fedone " credo che Platone fosse malato " era davvero molto debole . Come avrebbero potuto crederci i posteri , tanto più sapendo bene che tali parole in bocca a Fedone le aveva poste proprio colui che aveva scritto il dialogo ? Per disertare un incontro come quello ci sarebbe voluta una malattia molto grave , tale da mettere in pericolo la sua vita , qualora fosse uscito di casa . Ma di che mai era malato in quel lontano giorno un robusto giovane che al presente era ancora ben vivo e vegeto e che tutto faceva presagire che sarebbe vissuto fino a tarda età ? Forse non se l ' era sentita di assistere a una scena straziante , in cui nessuno ( tranne Socrate ) era riuscito a trattenere le lacrime . Ma un vero uomo dovrebbe sapere che esistono anche le lacrime . In quel momento Platone vide avanzarsi dal fondo del giardino una turba di uomini che discutevano animatamente fra loro e gesticolavano . C ' erano i pitagorici Echecrate di Fliunte , Simmia e Cebete di Tebe , il cinico Antistene , Euclide di Megara , Aristippo di Cirene , Apollodoro ( l ' affezionatissimo del maestro ) , Ermogene , Critobulo , Ctesippo , Menesseno e tanti altri scolari e seguaci di Socrate , che Platone non conosceva o lì per lì non riusciva a distinguere . Quelli si fermarono facendo cerchio attorno a lui , con aria rispettosa , ma abbastanza decisa . Platone li guardò un po ' in silenzio , poi , sempre benevolo e disponibile , domandò : " Che volete , amici miei ? " Seguì un certo imbarazzo , quindi Cebete si decise a rompere il ghiaccio e , facendosi avanti , disse : " Platone , or non è molto tu hai scritto e diffuso un nuovo dialogo , in cui fai raccontare a Fedone le ultime ore di Socrate . " " È vero . " " Ebbene , molti di noi lo hanno letto con sommo interesse ; e ora ne stavamo discutendo . " Il volto del filosofo si illuminò . Anche Platone aveva la sua vanità e difficilmente nascondeva il desiderio che gli altri approvassero quello scritto , che a lui sembrava un capolavoro . Chiese allora con ansia : " Ebbene , che ve ne pare ? " " Per gli dèi , ci pare composto splendidamente . " " Ne sono lieto . Ma ho l ' impressione che non siete venuti a dirmi soltanto questo . " L ' imbarazzo parve un po ' aumentare . Poi Cebete si decise a dire : " Non ti nascondo che alcune cose ci hanno lasciato parecchi dubbi . " " Per Zeus ! Ditemele . Che aspettate ? " " Ecco , alcuni di noi non sono rimasti convinti da quello che affermi riguardo all ' anima e alle sue trasmigrazioni da un corpo a un altro . " " Non mi meraviglia . Ma spiegati meglio . " " Prima di tutto sembra nel tuo dialogo che Socrate desse per scontata quell ' opinione che vuole che il corpo sia nettamente separato dall ' anima , benché forse tale opinione sia tutt ' altro che generalmente accettata nell ' Ellade e che non sia dimostrata con argomenti abbastanza solidi . Fatto questo , tu ti affidi troppo facilmente al ' si dice ' [ léghetai ] , alle credenze oracolari , ai miti orfici , dionisiaci , popolari . Dimentichi che quelle , anche quando fossero opinioni vere - e noi non contestiamo che possano esserlo - non sono accompagnate da ragioni [ lògoi ] tali da dissipare i dubbi . Perfino ai grandi poeti ti appelli , a quelli che nel Menone dici che sono come gli dèi . " " E non lo sono ? Non hanno i poeti grandi visioni e divinazioni ? " " A volte sì . Ma a volte narrano cose fantastiche e assolutamente incredibili . Immagino che tu ricordi bene i poemi del sommo Omero . " " Come no ? " " E credi davvero che esistano quei giganti con un occhio solo che chiamano Ciclopi ? Ma lasciamo stare Omero . Socrate afferma che il cigno canta prima di morire . Hai tu conosciuto un solo Elleno che abbia veramente sentito cantare un cigno in punto di morte ? " Platone appariva sempre più spazientito e intervenne per riportare Cebete in argomento : " Tu stai divagando e ti dimentichi di che cosa veramente stavamo discutendo . " " Forse hai ragione . Ma io parlavo dei poeti perché mi rammento che nel Menone tu citi Pindaro , per suffragare l ' opinione che quando uno ha trascorso nove anni nell ' Ade , la sua anima può tornare alla luce in un nuovo corpo . " " Così è . " " Ebbene , oggi Socrate i suoi nove anni nell ' Ade li ha già trascorsi e quindi può risorgere dovunque , da un momento all 'altro." "Certo." " Facciamo allora una qualunque ipotesi ammissibile . Supponiamo che fra tre anni egli rinasca a Stagira e che lo chiamino Aristotele . " " Strano nome ; e perché poi a Stagira ? Ma le ipotesi sono solo ipotesi , ammettiamolo pure . " " Ora , data l ' inclinazione alla filosofia dimostrata da Socrate nella vita precedente , è verosimile che il nuovo individuo che ha quell ' anima si dia anch ' egli alla ricerca della verità . " " È probabile . " " Supponiamo che fra una ventina di anni Aristotele , ormai cresciuto , entri nella tua scuola , qui all ' Accademia . Credi forse che egli continuerà a insegnare esattamente le stesse cose che insegnava Socrate e che userà lo stesso metodo ? " " Questo non mi sembra da credersi . " " O ritieni che si limiterà a imparare e a ripetere esattamente le tue dottrine ? " "Nemmeno." " Non è invece da supporre che , essendo una mente di grande levatura , cambierà qualcosa e aggiungerà molti pensieri suoi e originali ? " " Così sembra . " " Ma a quali reminiscenze si rifarà la nuova dottrina ? Forse a quelle di Socrate o a quelle di Platone ? Lo abbiamo testé escluso . Allora dovremmo concludere che Aristotele avrà appreso quei pensieri nuovi nell ' Ade e che qualcosa qui sulla Terra gli desterà reminiscenza di essi . " " È vero . " " Ma mi sai dare una ragione per cui quelle dottrine non l ' avessero già apprese nell ' Ade gli stessi Socrate e Platone ? Forse dobbiamo dire che quelle idee allora non c ' erano ancora nell ' Ade e che siano spuntate solo recentemente ? " " No , no . Tu sbagli , Cebete . Le idee ci sono sempre state tali e quali nell ' Ade . Tutto quello che possiamo ragionevolmente supporre è che nella loro vita Socrate e Platone non abbiano incontrato quelle particolari cose che hanno destato in Aristotele le sue specifiche reminiscenze . " " Sei molto astuto , Platone . Ma supponi ora che su alcuni ben determinati argomenti Aristotele si pronunci in modo contrario a Socrate e a Platone . Che dici in questo caso ? " Platone sudava e appariva piuttosto in difficoltà . Ma guarda un po ' - si diceva - a che punto può portare il metodo socratico delle domande e risposte quando è applicato a me stesso ! Tuttavia tentò di cavarsela in un modo che , a vero dire , non gli piaceva molto : " Be ' , se ciò avviene ( ma mi sembra poco verosimile ) vuoi dire che qualcuno di loro ha ricordato male e di conseguenza ha avuto una reminiscenza sbagliata . In ogni caso rammentati che , per quanto riguarda l ' immortalità dell ' anima e dell ' apprendere considerato come reminiscenza , io ho avanzato non una sola ragione , ma tutta una molteplicità di ragioni . " " Proprio qui ti volevo . Non ti sembra che il dare molte ragioni a sostegno di una stessa opinione dimostri che nessuna di esse è veramente cogente e tale da togliere ogni dubbio ? " " Confesso che può apparire così ... " Ma qui intervenne Simmia , che da tempo dava segni d ' impazienza : " No , Platone . Prima di passare ad altro , torniamo alla tua dottrina che imparare è avere reminiscenza di ciò che si è appreso nell ' Ade . Quante volte secondo te una stessa anima ha trasmigrato da un corpo a un altro ? Infinite volte o un numero finito di volte ? " " Non mi sembra che il numero possa essere infinito . " " Certo , hai ragione . Infatti se uno fosse passato infinite volte nell ' Ade , ormai avrebbe appreso tutto . Altri passaggi su e giù , altre trasmigrazioni , altre dimenticanze , seguite da reminiscenze , sarebbero assolutamente inutili ; e gli dèi sarebbero i primi a non volere una cosa tanto assurda . " " Così pare anche a me . " " Allora supponiamo che si tratti solo di un numero finito di volte . In tal caso ci deve essere stata necessariamente una prima volta . Ma quell ' individuo venuto al mondo per la prima volta come avrebbe potuto imparare qualcosa nella sua vita , dato che non aveva reminiscenza di nulla ? Se poi si ammette che già avanti che nascesse la prima volta gli fosse stato mostrato dagli dèi tutto il mondo delle idee , che necessità ci sarebbe di rinascere tante altre volte ? " " Simmia , io ti posso solo dire che sono molte le cose che non sappiamo riguardo alle anime e agli dèi . Non per questo dobbiamo smettere d ' indagare e di ragionare . " " Non ti sembra invece che dovremmo smettere d ' indagare quelle cose che vanno al di là della nostra vita e del mondo sensibile e sulle quali non avremo mai ulteriori informazioni sicure , ma solo supposizioni ? " " Eppure è indubbio che ci sono cose non attestate unicamente dai sensi - che , come si sa , possono essere fallaci - sulle quali , ragionando , si può raggiungere la verità . Lo può fare perfino uno schiavo , come io ho mostrato inconfutabilmente nel dialogo intitolato a Menone . " A questo punto si fece avanti con decisione un nuovo personaggio , che Platone fino allora non aveva notato nella folla . Era un uomo giovanissimo , dalla fronte ampia e dalla chioma scapigliata , che esclamò : " Platone , tu hai le doglie ! " Nell ' udire tali parole , Platone rimase attonito . Gli pareva che quel ragazzo fosse un po ' insolente , ma non riusciva a sottrarsi a un certo fascino che emanava da lui . Domandò un po ' indispettito : " Chi sei , giovanotto ? " " Sono Teeteto . " " Teeteto ? Ho udito bene ? " " Hai udito bene . " " Allora saresti quel Teeteto che adolescente , quasi bambino , discusse con Socrate su che cosa è la scienza ? " " Sono quello . " " Per Zeus ! Sono proprio felice di incontrarti finalmente . Socrate andava ripetendo che gli avevi fatto una grande impressione e pronosticava per te un brillante avvenire . Diceva che avresti potuto diventare un eccellente matematico . " " Sono un matematico . " " Sono stato or non è molto a Megara e ancora una volta Euclide mi ha parlato di te . Egli ha preso nota della tua discussione con Socrate . Bisogna proprio che un giorno - forse anche fra vent ' anni - si decida a raccontarmi tutto per filo e per segno , in modo che io possa scriverci un dialogo da lasciare ai posteri . Ma dimmi , perché hai affermato quella strana cosa che io ho le doglie ? " " Ah , Platone , non ricordi in qual modo procedeva il tuo maestro Socrate ? " " Come no ? " " Sua madre Fenarete era una levatrice . E lui fin da piccolo era stato abituato a sapere che lei aiutava i bambini a nascere . I bambini c ' erano già ben formati nel ventre della madre , ma era bene aiutarli a uscire . Così , diceva Socrate , si doveva fare anche per le idee : con la maieutica si deve solo aiutare le idee a uscire dalla mente dell ' interlocutore . Quello era il vero insegnamento . " " Ricordo bene . Ma perché ora tu hai usato quell ' espressione parlando di me ? " " Perché tu , a proposito dello schiavo di Menone , stavi per partorire un ' idea giustissima . Poco importa ora che Socrate abbia usato quella che chiamava maieutica . Nelle cose matematiche essa non è affatto indispensabile ; o per meglio dire uno può benissimo usarla su se stesso , ragionando e tirando fuori le conclusioni giuste . " " E allora che cos ' altro è importante , secondo te ? " " Quello che nella matematica è importante secondo me è che quando uno ha un ' opinione vera , può far sì mediante il ragionamento che non solo lui , ma anche un altro - fosse pure uno schiavo - sia costretto a riconoscere che è vera . Altro che maieutica , altro che reminiscenza ( non ti offendere , ti prego ) ! " " Allora tu non credi che lo schiavo avesse già dentro di sé quelle nozioni e che bisognasse solo tirarle fuori ? " " No , Platone . Io credo invece che la mente sana - sia essa di un uomo , di una donna , di un cittadino , di uno schiavo - sia fatta così da saper ragionare correttamente sulle cose della matematica . Per esempio , io ti potrei dimostrare in modo inoppugnabile che quella diagonale di cui parlava Socrate è incommensurabile ' col lato del quadrato : cioè che non esistono due numeri interi che stanno fra loro come la diagonale e il lato . Non è il caso di farlo qui ora ; ma , se lo facessi , sono sicuro che tutti gli astanti sarebbero costretti a dirsi d 'accordo." Platone non sembrava del tutto convinto e osservò : " Ma se lo schiavo , sia pure guidato dalle domande di Socrate , è riuscito a dimostrare una proposizione tutt ' altro che facile , non è evidente che egli aveva già visto altrove quelle cose e che in un certo modo le ricordava ? " " No , Platone . Lo vedi questo vaso che ho testé acquistato dal mercante ? " " Sì , Teeteto ; è molto bello . " " Ebbene , questo vaso è uscito or non è molto dalle mani del vasaio e quindi è da credere che non abbia mai contenuto l ' acqua o il vino . Ma non credi che se io ci verso dell ' acqua o del vino esso li conterrà ? " " Non ne dubito . " " Forse questo vuol dire che prima che lo portassi qui qualcuno , a mia insaputa , ha versato dell ' acqua nel vaso e che esso ora se ne ricorda ? " Platone si accarezzava nervosamente la barba , ma Teeteto proseguiva implacabile : " No , tutto ciò che si può dire è che l ' esperto vasaio lo ha fatto in modo che potesse contenere i liquidi . Nel fabbricarlo gli ha conferito questa capacità . Così gli dèi - o il Demiurgo , come forse diresti tu - hanno dotato la mente umana della capacità di ragionare correttamente delle cose matematiche . Naturalmente questo non significa che la tua opinione che la diagonale e il lato del quadrato esistano realmente nel mondo delle idee sia necessariamente giusta o errata . " " Ma perché parli solo della matematica ? Perché non possiamo ragionare correttamente e in modo riconosciuto inoppugnabile da tutti anche su altre cose : per esempio sulla virtù , sulla conoscenza , sulle cose sensibili , sull ' anima ? In fondo , Critone mi ha testé fatto un ragionamento che , anche se non matematico , mi sembra inoppugnabile . Mi ha detto : tutti gli dèi sono immortali , Asclepio è un dio , dunque Asclepio è immortale . " Teeteto rimase per un po ' pensoso , poi rispose : " Platone , ti confesso che io non so che dire . Forse qualcuno più sagace di me saprà mettere un po ' di ordine sul nostro modo di ragionare in generale . Forse un giorno sarà quell ' ipotetico Aristotele , di cui parlava Cebete , a classificare bene tutto ciò che riguarda l ' arte di ragionare correttamente [ loghiké téchne ] . Forse fra alcuni secoli qualcuno troverà anche un modo efficace e convincente di indagare le cose sensibili . Ma dubito molto che si riesca a convincere tutti su tutto . E in fondo nemmeno mi dispiace che sia così . " A questo punto intervenne uno straniero , che tutti guardavano con un certo rispetto misto a timore . Si rivolse subito a Platone con queste parole : " Platone , arrivo proprio ora dalla Focide e vi porto le ultime divinazioni della Pizia . Credo che ti dovrebbero interessare . " " Sì , per Zeus , parla ! " " Sai chi sono i Latini ? " " Mi pare che un giorno me ne parlasse Archita di Taranto . Sono forse quei rozzi e feroci contadini che abitano molto più a settentrione di Elea ? Perché dovrebbero interessarci ? " " Perché costoro stanno diventando sempre più forti e l ' oracolo dice che un giorno conquisteranno tutta l 'Ellade." Platone si coprì il volto con le mani ed esclamò gemendo : " Ahimè , sciagura , che disastro ! " " No , forse non sarà un disastro . Sappi che quei rozzi contadini sono abbastanza intelligenti . Una volta padroni dell ' Ellade , capiranno subito che la nostra sapienza e le nostre arti sono cento volte superiori alle loro . Allora faranno a gara a impararle e poi le diffonderanno in tutto il mondo . Per millenni quello che noi stiamo seminando continuerà a dare meravigliosi frutti . " Il volto di Platone andava rasserenandosi e il suo sguardo sembrava già riempirsi di futuro . Poi lo straniero continuò : " Quanto a te , Platone , tu avresti particolare ragione di rallegrarti . L ' oracolo ha predetto che fra ben ventitré secoli , in un ' isola immersa nelle nebbie iperboree , un grande sapiente chiamato Whitehead ... " " Come hai detto ? " " Sì , il nome è impronunciabile da una bocca ellena ... Bene , quel sapiente dirà che tutto quello che la filosofia sarà riuscita a produrre nel corso di quei ventitré secoli sarà soltanto un commento alla filosofia di Platone ! " Il sommo filosofo non riusciva a nascondere il suo grande compiacimento . In quel momento ricomparve Critone , che trionfante teneva il gallo saldamente per le zampe . Il gallo continuava ad agitarsi e a urlare . Ciò che l ' oracolo non aveva rivelato era che il gallo doveva ritenersi ben più fortunato dei due polli che un bel giorno un certo Renzo avrebbe portato tenuti per le zampe ; quelli avrebbero continuato a litigare e a becchettarsi ferocemente per tutto il cammino .
OPUSCOLI DI DIRITTO CRIMINALE ( CARRARA FRANCESCO , 1870 )
Saggistica ,
ÿþCANTÙ E CARMIGNANI ( dagli Opuscoli di Diritto criminale , Lucca , 1870 , vol . II , 597 ss . ) Cesare Cantù ( quel potente ed infaticabile ingegno , che tanto arrecò di onoranza alla patria nostra ) ha dato in luce un frutto novello dei suoi studi , nel libro che intitolò Beccarìa e la scienza criminale . In cotesto scritto l ' illustre autore , seguitando un sistema altra volta da lui felicemente sperimentato , prende occasione dalla biografia di un uomo ad intessere la storia della scienza che da quello si coltivò , e delle opinioni dei tempi che lo precedettero , e lo seguitarono . Così dalla vita del Beccarìa coglie il Cantù destramente occasione di registrare numerosa serie di fatti interessanti la scienza penale ed esponendo lo stato della dottrina che precedette e susseguì gli scritti del suo protagonista , viene parlando degli uomini che poscia meditarono le palpitanti questioni da lui sollevate nel magistero punitivo . Non intralascia l ' esimio scrittore di esprimere il suo pensiero sulle diverse scuole che si formarono dipoi nella scienza del diritto penale ; e di mostrarci sovente come sappia la sua mente acutissima con brevi parole demolire una intera dottrina . Non è mio intento di tessere elogi di questo scritto pregevolissimo e benemerito della scienza alla quale consacro i miei studi : né di sindacare le opinioni che in quello trapelano , o rilevarne se pur vi sono i difetti . Mio solo scopo è d ' adempiere un sacro dovere di gratitudine . E in vista di cotesta cagione spero che l ' insigne scrittore vorrà perdonare alle rispettose mie osservazioni . Evvi in quello scritto una pagina ( la 292 ) ove il Cantù favella di colui che io considero come decoro d ' Italia , luminare e maestro della dottrina penale : Giovanni Carmignani . Il Cantù , che tutti novera i criminalisti surti in Italia fino ai dì nostri , non consacra al Carmignani che quella pagina . Ed anzi la maggior parte di quella pagina è ingombrata da una satira che fu lanciata contro Giovanni Carmignani mentre a Firenze faceva i suoi primi infelicissimi tentativi nella scienza alla quale diede poscia tanto incremento . Del rimanente non altro si dice del Carmignani tranne accennare la sua divergenza con Pellegrino Rossi ( al quale pure il Cantù fa in altro luogo rimprovero di aver bevuto le ispirazioni francesi da Broglie e Guizot ) ed affermare che il Carmignani fino al 1836 fu un caldo propugnatore della pena di morte . Aggiungendo che solo a questo ultimo stadio della sua vita ei cambiò di opinione ; e repentinamente invitato il pubblico a straordinaria lezione , si diede a combatterla . Ora questa notizia che riferisce il Cantù per inesatte informazioni , non può lasciarsi inosservata da chi meglio conobbe le massime insegnate dal professore pisano , assai difformi da quelle che si vorrebbero a lui attribuire . Rettificare con documenti cotesto equivoco , e rivendicare il nome di quel sapiente dalla taccia di incostanza scientifica , è un debito di reverenza in chi , sebbene indegnamente , siede alla cattedra che tanto si onorò di quel grande . Giovanni Carmignani uscito dalla pisana Università con la laurea dottorale , recavasi per sue convenienze alla capitale della Toscana e trovava colà un Ministero , che impaurito dell ' uragano minaccevole d ' oltremonte , ripristinava con la legge del 1795 la pena di morte , e riconduceva in generale le punizioni a più severa misura . È naturale in tutti i Governi , che promuovono una riforma legislativa , di cercare attorno qualche scrittore che con gli elogi suoi si studi a rendere popolare la nuova legge , e persuada il pubblico della convenienza , e saviezza della medesima . Se pochi sono i Legislatori i quali , ad imitazione del Bavarese , recidano il pericolo di una censura con lo interdire ogni commento sul nuovo codice , nessuno di loro tollera in pace la critica . E ciò tanto più è naturale , quanto più la legge novella è avversa alle opinioni dominanti nel popolo ; com ' era , ed è sempre stata avversa ai toscani la pena di morte . E bene a ragione un popolo civile doveva osteggiare la pena di morte . Poiché questa altro non è che l ' ultimo residuo della barbara idea del taglione . Singolare esempio di pregiudizi umani ! Mentre è ormai rejetta la erronea dottrina , se ne venera la più fatale estrinsecazione ! Nessuno oggi oserebbe sul serio riproporre il taglione come misura della pena . E non si vuol vedere che la idea di uccidere l ' uccisore altro non è che la prima formula del taglione ! Di ciò che avvenne il 1795 , vedemmo noi stessi ripetuto l ' esempio nel 1853 alla pubblicazione del nuovo codice penale . Il Ministero accarezza coloro che elogiano il parto della sua mente , come una tenera madre simpatizza per chiunque rivolga ai suoi bambini parola di encomio o di affetto : e quelli che ambiscono i favori dell ' autorità comprendono ben tosto qual è la via che si deve calcare per guadagnarseli . Narro cosa che è notoria fra noi . Anelava il Governo Toscano del 1795 trovar modo onde vincere l ' antipatia popolare contro la pena di morte . Carmignani ebbe la debolezza di cedere alla lusinga : ed a suggerimento di Lorenzo Pignotti , pubblicò nel 1795 a Firenze coi tipi della Stamperia Granducale un pessimo libro , intitolato Saggio di Giurisprudenza criminale : ove calorosamente sostenne la utilità e la giustizia della pena di morte . Ecco il peccato capitale di Giovanni Carmignani : ma fu il peccato del giovine dottore , inesperto della vita ; e balbettante ancora nell ' atrio della scienza . Ma fu un peccato che egli pianse amaramente fino a che visse , cercando distruggere come poteva ogni esemplare di quel libro male augurato ; deplorando con gli amici l ' error giovanile e vergando di proprio pugno sull ' esemplare che qua si conserva degli eredi di lui , solenni parole di anatema . Ivi in testa al capitolo quinto , intitolato della utilità della pena di morte , leggiamo scritto da lui - orribile intitolazione ! ! Eppure uscì dalla mia penna e dalla mia mente ! Fu un errore giovanile , che doveva dirsi redento dai fruttuosi sudori del professore pisano ; e dagli sforzi energici coi quali combattè sempre i falsi principii da lui disavvedutamente seguitati in quell ' opera informe . L ' albero non dee giudicarsi dai frutti immaturi che per ridondanza di umore vitale egli emetta precocemente , come l ' uomo non dee giudicarsi sulle aberrazioni della sua giovinezza . Troppi sarebbero i grandi che si farebbero impiccolire , misurandoli col criterio dei giovanili conati . Chi valutasse l ' Alfieri sui meriti della Cleopatra , lo direbbe un ridicolo tragico . Chi giudicasse Byronnei suoi versi giovanili , direbbe che quel gigante fu un meschino poeta . Del resto non fu tardo il Carmignani a conoscere quella trista verità , che chi si lascia sedurre dalle aure del potere , se qualche volta guadagna fortuna , quasi mai profitta nella onoranza e nella benevolenza dei cittadini . Non solo a lui piovve addosso il madrigale che riporta il Cantù , e che fu diretto contro il dottore Carmignani e non contro il professore pisano ; ma la lepidezza fiorentina versò contro lui un torrente di satire e di motteggi , di cui furon pieni persino gli angoli delle pubbliche vie . E fu tale e tanto il gridare contro di lui , che chi ne meditò allora le cause , non iscorgendo proporzionata a quelle ire la inisignificanza del libro , e la oscurità dell ' autore , vi riconobbe piuttosto una manifestazione contro l ' esoso indietreggiare del governo . Tutt ' altro cuore che quel di Giovanni sarebbesi annientato in faccia a tanta tempesta . Ma il Carmignani dalla infelicità della prima esperienza trasse invece argomento a meglio approfondare i suoi studi nel giure penale , e sostituire i concetti proprii e il risultato delle proprie meditazioni alle inspirazioni di una servile deferenza . Laonde , quando nel 1803 fu chiamato alla lettura del diritto criminale nella pisana Università , ei si presentò ai suoi alunni , non più parteggiatore di crudeli dottrine , ma deciso sostenitore della mitezza nei gastighi ; ed appose per eserga alle sue istituzioni di diritto criminale che ( per quanto mi è dato di rintracciare ) pubblicò in latino la prima volta nel 1808 , questa sentenza - temperatus cohibet timor ; assiduos acer extrema admovens , in audaciam jacentes excitat - quasi a programma e solenne professione di fede , quasi a segnale della bandiera sotto la quale ei si apparecchiava a pugnare . Salito in Cattedra egli sentì il debito di coscienza d ' insegnare agli alunni suoi quelle che riconosceva come grandi verità della scienza , e non i placiti della autorità . Fondatore dell ' insegnamento filosofico del giure penale ( 1 ) [ ( 1 ) Del giure penale fu Giovanni Carmignani l ' Apostolo ed il Dottore . Ne fu l ' Apostolo , perché i principii umanitarii propugnò sempre con amore caldissimo , ed a propagarli volse ogni suo studio con indefessa operosità . Ne fu il Dottore , perché alla civilizzazione del giure punitivo egli diede opera utilissima e salda col ricostituirne dalle basi lo insegnamento . Già i pubblicisti nella seconda metà del passato secolo avevano fatto crollare lo edifizio barbaro del vecchio giure punitivo , e già Leopoldo I di Toscana , convertendo in legge le nuove dottrine , aveva mostrato come potesse senza ferocia di pene mantenersi la sicurezza di un popolo . Ma i novatori a patrocinare la santa causa avevano usato e forse abusato delle patetiche declamazioni ; perché in quei primi attacchi era buono fare appello al cuore per commuovere gli animi e condurli a dimettere le tenebrose abitudini . Se però l ' impeto giova per demolire , non vale altrettanto a ricostruire ; ed il secolo passato , che fu tremendo demolitore , lasciava al presente il retaggio della ricostruzione anche nell ' argomento del diritto penale . E poiché gli avversarii non posavano le armi , ma appunto , pigliando occasione dal metodo della aggressione , falsavano la situazione della lotta e screditando i novatori come sentimentalisti vantavano a loro pro il presidio della ragione ; era tempo si desse loro battaglia sovra più severo terreno , e costringerli , se fia possibile , ad un perpetuo silenzio . Questa fu la mente del Carmignani quando nel 1807 dettò nella lingua dei dotti i suoi elementi di diritto criminale ampliati poscia e corretti nelle successive edizioni . Riedificare tutta la dottrina penale sulla base semplice , ma sempre vera , della natura delle cose onde mostrare che le riforme , chieste dal progresso civile , non si volevano per un sentimento di pietà verso i colpevoli ma pei rigorosi precetti di assoluta giustizia , era il bisogno del tempo ; e sorse Carmignani a soddisfare questo bisogno . Aridi come una matematica , e denudati dei fiori rettorici , dei quali pure sapeva egli bene usare nel foro , gli scritti didattici del Carmignani ricondussero il giure penale ad una dottrina ontologica . Tre furono i cardini sui quali egli adagiò la scienza filosofica della ragione penale . Aderire tenacemente alla distinzione fra imputazione e pena . Aderire tenacemente alla distinzione fra quantità e grado così nel delitto come nella pena . Notomizzare il delitto e la pena decomponendoli nelle respettive loro forze così fisiche come morali , cercando nelle forze oggettive del delitto il criterio della sua quantità , e nelle soggettive il criterio del suo grado , onde trovare la quantità e grado corrispondente nelle penalità . Fu questo il tripode sul quale egli pose la conclusione che la mitezza delle pene come generale veduta legislativa non era chiesta dalla misericordia ma dalla giustizia , e che debito di giustizia distributiva , non di pietà , erano le mitigazioni dei castighi nei singoli casi . Alla dottrina arbitraria ed empirica delle circostanze attenuanti non fece appelli giammai , anzi la bandì come funesto veleno dal suo sistema , perché volle che il giudice fosse guidato dallo intelletto e non soggiogato dal cuore . Punire meno , perché non si ha diritto di punire oltre ; punire meno dovunque si trova meno nelle condizioni giuridiche del fatto : ecco le formule alle quali da capo a fondo s ' inspirò lo insegnamento del grande maestro : insegnamento che può spregiarsi soltanto da chi non sa o non vuole comprenderlo , ma che compreso una volta è fonte perenne di luce in ogni problema del giure punitivo . È vero che nello svolgimento dei singoli problemi lasciò Carmignani qualche angolo inesplorato ; ma le linee fondamentali tracciate da lui erano facile guida alle desiderate soluzioni . È vero che Carmignani mostrò qualche volta allearsi alla scuola così detta politica , e qualche volta chiedere ajuti alla scuola utilitaria , ma non pose né nell ' una e né nell ' altra la vera radice delle sue dottrina , perché troppo era libero pensatore per farlo . Fu questa per lui una necessità di situazione . Egli si trovava alle spalle la falsa filosofia del secondo decimottavo , si vedeva sorgere al fianco ( troppo potente in quel periodo ) la falsa ed empirica scuola detta utilitaria capitanata da Bentham . Accintosi egli a muover guerra senza transazione con la scuola ascetica e con la scuola terrorista sentì qualche volta il bisogno di una alleanza ; ma i principii che egli poneva come cardini della sua dottrina dovevano per necessità logica demolire il trono dei momentanei alleati . Carmignani fu il riordinatore del giure punitivo , ed il suo riordinamento , perché strettamente aderente alla nuda verità delle cose , ha dato a questa scienza una base solida ed imperitura , sulla quale bisogna si assida ogni svolgimento ulteriore della teorica per parte di chiunque cerchi e desideri la verità . E qual fosse lo mostrò fino dal 1807 ponendo in capo al suo libro il significantissimo eserga temperatus cohibet timor . ] le sue letture apparvero una novità a coloro che erano usi ad intendere il nudo commento del diritto romano e delle leggi locali ; o la descrizione dei diversi modi di delinquenza secondo il diritto costituito ; o le maniere di formare un processo sulla prammatica inquisitoria . Ridurre i principii del Beccaria a formule scientifiche ed a metodo didattico fu il suo precipuo divisamento : e le sue istituzioni ne fanno solenne testimonianza . E quanto alla pena di morte , se leggessi ciò che ei ne scrisse nella edizione del 1808a pag . 135 , cesserà per sempre la fantasia di affermare che il Carmignani fosse in tutto il corso del suo insegnamento propugnatore dell ' estremo supplizio . Fu egli che in quella pagina pose innanzi quel potente dilemma contro la pena capitale ; dilemma che sotto il rapporto della pretesa utilità di tal pena , vale assai meglio di tante altre declamazioni . O volete adoprare ( egli scriveva ) la pena estrema contro i delitti che muovono da passioni cieche e bollenti ; e l ' uomo furioso sprezzerà la pena più atroce , come sprezza qualunque pericolo . O volete adoperarla contro i delitti che muovono da freddo calcolo ; e dovete riconoscere che in questo calcolo entra per soverchia misura la speranza della impunità : e la speranza d ' impunità non diminuisce ma si moltiplica per la ferità di un castigo , che eccita commiserazione , e che per la sua irreparabilità accresce il dubitare delle coscienze . Laonde se l ' uomo che delinque per freddo calcolo prevede che lo colpisca il castigo , ha nella minaccia della perpetua privazione della libertà e di tutti i godimenti della vita , ostacolo sufficiente a frenarlo : che se prevede di eludere la giustizia , e calcola sulla impunità , la pena più atroce gli presenta una ragione di maggiore probabilità per confidarvi . Io non discuto ora cotesto argomento . Ma lo ricordo solo perché mi sembra irrecusabile prova a mostrare che il Carmignani combatteva fino dai primi anni del suo maestrato la pena di morte . È vero che seguace del principio della politica necessità , egli opponeva piuttosto la inutilità che la illegittimità radicale di cotesta pena . O , a meglio dire , ei voleva desumerne la illegittimità col dimostrarla non necessaria . È vero che codesto ordine d ' idee lo condusse ad ammettere la pena di morte nel caso estremo del perduelle , la uccisione del quale fosse l ' unico mezzo possibile di rendere alla pace la società . Ma questa concessione ( o a meglio dire codesta logica deduzione del principio assunto da lui come fondamento del diritto di punire ) ei la fece con tali restrizioni , da ridurne l ' applicazione all ' esercizio del diritto di guerra . E ciò non autorizza per fermo a noverare il Carmignani fra i sostenitori della pena di morte . Questa sua dottrina egli riprodusse nelle consecutive edizioni che fece delle sue istituta , da quella del 1819 fino all ' ultima . E più latamente la svolse nella sua opera intitolata Teoria sulle Leggi della sicurezza Sociale da lui pubblicata nel 1831 . Che poi dalla Cattedra in tutto il corso del suo insegnamento combattesse la pena di morte , tutti i suoi discepoli possono testificarlo ; e molti ricordano come accorressero anche da lunge al pisano ateneo numerosi uditori il giorno in cui correa voce che Carmignani avrebbe detta la sua lezione contro la pena di morte . E se in alcuni anni di agitazioni politiche , o segreti ordini , o prudenza lo astrinsero a non potere senza pericolo ripetere la sua dottrina ; egli se ne passò dal 1831 al 1834 col non discutere i problema , piuttosto che risolverlo in un modo contrario alle sue convinzioni : le quali anche allora con quel silenzio eloquente mostrò bene di qual tempra si fossero . La lezione da lui pubblicata alle stampe contro la pena di morte nel 1836 non fu dunque una inattesa ritrattazione di quel sapiente , fu il riassunto delle dottrina che per oltre trent ' anni e con gli scritti e con la voce caldamente avea sostenute . La convocazione straordinaria a quella lezione , la pubblicazione mercè la stampa di quella monografia , male si dipinge come segno d ' incostanza e di ritrattazione . Se da quello scritto si toglie l ' ornato della erudizione , e l ' orpello del retore , poco o niente vi si riscontra che già non avesse il Carmignani per anni ed anni ripetuto , o parlando , o scrivendo . Censurisi pertanto se vuolsi il nostro Professore , o come letterato o come filosofo . Ma come criminalista non gli si neghi il pregio di essere umanitario , come non può negarglisi il merito di aver recato immenso incremento alla scienza penale . Sul qual proposito in non intendo già di applaudire ai principii che Giovanni Carmignani assunse come fondamentali del diritto di punire . Io nol potrei , poiché ne discordo . E come siano coteste basi fallaci , bene lo mostrò il chiarissimo Prof . Centofanti in un suo scritto inserito nell ' ultimo volume dell ' Antologia ; che lascia tuttavia a desiderare la promessa continuazione . Ma il Carmignani doveva bene subire la influenza dei tempi e delle false dottrine politiche e filosofiche che non ancora si erano rese per vinte in faccia alla luce del secolo XIX . Ciò peraltro non toglie che le opere di quest ' uomo non segnino una lunga corda nella linea saliente del progresso della scienza penale . Alcuni ardui problemi della medesima non hanno ancora ricevuto la ultima soluzione , e forse correranno molti anni prima che sorga il nuovo Neutòno e recarvi la luce . Ma tutti coloro che sudarono utilmente a diradare le tenebre , debbono dirsi benemeriti della scienza ; e sovrattutti il Carmignani che per quarant ' anni d ' insegnamento pertinace si affaticò nell ' opera santa : né il merito dei benefizi recati può menomarsi , perché tali benefizi che si estesero a moltissimi punti della dottrina non riuscissero uguali in altre parti della medesima . Se un uomo od un libro dovesse elogiarsi allora soltanto quando ei fosse scevro affatto di errori , noi non potremmo elogiare che l ' Uomo Dio , e le pagine del Vangelo . Ciò che al Carmignani fruttò l ' ammirazione dell ' Europa ; ciò che gli assicura distintissimo saggio nel Panteon dei criminalisti , e renderà immortale il suo nome , è la esattezza del metodo , e l ' ordine preclaro col quale egli seppe disporre nelle sue Istituta i precetti della giustizia penale . Metodo ed ordine che lo condusse per forza potente di logica a dileguare una folla di errori , che aveva fino ai suoi giorni dominato nelle scuole e nel fôro ; e che dopo lui nessuno osò più riproporre . Metodo ed ordine , del quale ( oso dire ) è impossibile trovare il migliore per chiunque voglia dettare un libro destinato all ' insegnamento del giure penale . È sotto questo aspetto che le sue istituzioni sono un vero gioiello . Onde il primo titolo che al Carmignani si deve è quello di riordinatore dell ' insegnamento criminale . Egli è il Linneo della nostra scienza . Poterono i posteri trovar difetto in qualche famiglia : poterono discuoprire qualche specialità da aggiungersi ad una o ad un ' altra classe : ma Linneo resterà sempre il fondatore del sistema . La lucidità ed esattezza dell ' ordine doveva , com ' è naturale , aprire al Carmignani la via per illuminare molti punti oscuri e perplessi , e rettificare parecchi equivoci . E difatti noi lo vediamo sfruttare fino all ' ultima conseguenza la radicale distinzione tra la violazione della morale , e la violazione del diritto , tra la imputazione e la pena ; separare con mano ferma la quantità del delitto dal suo grado ; condurre , nelle ultime edizioni dei suoi elementi , alla più completa rettificazione questa differenza normale , purgandosi dagli avanzi dell ' antica confusione che aveva lasciato qualche vestigia di sé nei primi suoi esperimenti . Noi lo vediamo arrecare fasci di splendida luce sulla teoria del conato , che fino ai suoi giorni , vacillante fra gli estremi di un soverchio rigore e di una eccessiva lassezza , agitavasi incerta nelle scuole e nel fôro , come nave senza nocchiero . Noi lo vediamo assegnare all ' elemento intenzionale del delitto quel primato che la ragione gli attribuisce , e che lo rende dominatore nel calcolo della imputazione , e nella esatta classazione dei diversi reati ; e al tempo stesso togliergli la balìa di cangiare il magistero penale in un sindacato monastico , col sottoporne la potenza alla necessità di una estrinsecazione politicamente dannosa . Noi lo vediamo delineare coi più pronunziati colori i diversi metodi di procedura , e dipingerne al vivo i respettivi pregi e difetti . Noi lo vediamo , in una parola , ovunque pone la mano portarvi uno sviluppo d ' idee , e tutte concatenate per guisa che si coadiuvano come forze congiunte . Né ad insinuare la idea che il Carmignani fosse mai per alcun temo della sua vita cattedratica parteggiatore della pena di morte , può darsi valore al fatto , che pure sembra a lui rinfacciare il Cantù , di avere cioè esso Carmignani nel progetto di codice penale che spontaneo presentò alle Cortes di Portogallo , mantenuto il supplizio capitale . È vero che in questo schema di codice mantenne il nostro maestro la pena di morte proponendone la esecuzione col mezzo di strangolamento per ossequio alla opinione del Cabanis . Ma poco vi vuole a comprendere che aspirando il Carmiganni a vedere attuato il suo progetto di codice , era nella necessità di renderlo possibile . E sarebbe stata una utopia in quell ' epoca il credere possibile in Portogallo un codice penale , in cui per i più gravi reati politici non si fosse minacciata la morte . Ond ' è che in questo progetto tolse egli affatto la pena di morte per tutti i delitti contro i privati , serbandola solo nei sommi casi contro i delitti politici . E che anche cotesta concessione il Carmiganni facesse in ossequio alle esigenze del momento , e contro le sue convinzioni , lo mostra ciò che egli scrisse nella prefazione a quel codice - ivi - Contro la propria coscienza lo scrittore ha proposto di ritenerla ( la pena di morte ) per i delitti di stato . La ragione ha portato ad evidenza la ingiustizia di questa pena : la esperienza della Toscana ove niuno si uccide , ne ha dimostrato la inutilità : la stessa esperienza in paesi ove se ne fa uso , come Lucca a contatto della Toscana , mostra quanto ella sia impolitica , e maestra di delitti di sangue . Questa verità si conferma dalla nota che a cotesto luogo appose l ' editore di quel progetto ( Carmignani scritti inediti , vol . 5 , pag . 6 ) - ivi - A ragione asserisce l ' autore che contro la propria coscienza ha proposto in questo progetto la pena di morte per i delitti di stato . Poiché tanto nella sua teoria delle leggi sulla sicurezza sociale ( tom . 3 pag . 160 edizione del 1832 ) quanto nella sue lezioni orali , ha sempre insegnato : - 1.° - Che quando trattasi per la società di aggressione presente con pericolo della di lei esistenza , che venga da questo delitto minacciata , e che non si possano disarmare gli aggressori senza ucciderli , la morte non dee riguardarsi come una pena , ma come un male indispensabile a respingere la ingiusta istantanea aggressione , colla teoria stessa della incolpata tutela - 2.° - Che quando nel delitto politico manca l ' istantaneità del pericolo , allora soltanto può parlarsi di pena : e i delinquenti cadendo nella classe dei delinquenti ordinarii , non vi è ragione di versare il loro sangue . Io non dico che questo progetto del Carmignani avesse grandi pregi , né che giusti fossero li sdegni di lui al non vederlo accettato ; dico solo che da cotesto fatto male se ne deduce argomento per dubitare che Carmiganni oscillasse nelle sue convinzioni , le quali furono sempre recisamente pronunziate contro il supplizio capitale . Non è d ' altronde meraviglia se il Cantù , il quale nel suo libro non era chiamato a far parola di Carmignani se non di passaggio , fu indotto in equivoco sul conto della più vera dottrina del nostro professore . Non è meraviglia , poiché noi vediamo che quelli stessi che si sono costituiti biografi del grande criminalista hanno spacciato sul conto suo tali cose che non potevano neppur sognarsi da chi avesse letto i suoi scritti . A modo di esempio , nella biografia dell ' avvocato Carmignani che il prof . Caruana Dingli leggeva all ' Accademia Maltese alla seduta del 16 novembre 1847 ( biografia che poscia venne premessa alla versione italiana degli Elementi del Carmignani pubblicati in Malta nello stesso anno ) si leggono parecchie specialità in ordine al movimento delle opinioni del nostro professore , e alle diverse vicende di quella opera insigne . Ora chi crederebbe che in questa biografia , la quale dicesi desunta da un ' altra biografia del Carmignani pubblicata dal prof . Pardini ( scritto che io non ho potuto riscontrare ) , si narrano circostanze totalmente insussistenti e sbagliate ? Enumerando le varie edizioni degli elementi del Carmignani , quei biografi le riducono a cinque ; la prima di Firenze nel 1808 , coi tipi Molini , contenente soltanto la parte generale in un volume : la seconda di Pisa coi tipi Prosperi nel 1819 , in due volumi , completata del terzo libro sui delitti in specie , e di un quarto sulla prevenzione diretta : la terza di Pisa coi tipi Nistri nel 1822 : la quarta di Macerata coi tipi Cortesi nel 1829 : la quinta di Pisa coi tipi Nistri nel 1833 . Ma nel confronto delle progressive mutazioni intervenute in quelle ristampe il biografo maltese cade in equivoci che sono fatti palesi ad oculos dal testo delle diverse edizioni . Così egli incomincia dal dire che nel 1808 il Carmignani pubblicò le sue istituzioni sotto il titolo di Elementa JURISPRUDENTIALE criminalis , e che soltanto nella successiva terza edizione cambiò quel titolo nell ' altro Elementa JURIS Criminalis . Donde sia tratta questa notizia io non so indovinarla davvero . So unicamente esser positivo che la instituta del prof . Pisano ebbero sino dalla edizione del 1808 il battesimo di Elementa juris , e conservarono cotesto titolo in tutte le cinque loro riproduzioni senza modificazione nessuna ; e basta leggere i frontespizii delle edizioni del 1808 e del 1819 per restarne convinti . Inoltre il Caruana racconta che soltanto nella quarta edizione romana ( ossia maceratese ) e così al 1829 , il Carmignani trovò quella celebre distinzione fra la intenzione indiretta positiva , e indiretta negativa . Ciò leggiamo nella nota 20 a pag . XVII - ivi - al vol . 1 pag . 54 della quarta edizione introdusse una originale ed importantissima nomenclatura , della intenzione cioè indiretta negativamente tale . Or bene , il § . 97 che trovasi a pag . 54 della quarta edizione , non è che la letterale riproduzione del § . 97 della terza edizione , e del § . 70 della seconda , nel quale trovasi negli stessi identici termini quella originale importantissima nomenclatura . Cosicchè tale scoperta erasi fatta dal Carmignani dieci anni innanzi . Inoltre il Caruana dopo aver ricordato quel tristo saggio pubblicato dal Dott . Giovanni il 1795 , procede a dire - ivi - era riserbato alla sua età più provetta l ' onore di proscrivere dalla scienza siffatti errori - e continua nella nota 15 - ivi - il Cav . Carmignani nel § . 318 e nella nota al § . 319 della terza edizione dei suoi elementi di diritto criminale , e nella nota al § . 350 della quinta edizione , giustamente si corregge di una erronea opinione nel suo saggio adottata , di attribuire cioè una politica efficacia all ' acerbità delle pene . Tutta questa canzone della resipiscenza del Cavalier Carmignani , e del pentimento della più provetta età è una fola . E forse può congetturarsi che il Cantù abbia incorso nell ' equivoco da me sopra notato , sulla fede dell ' inesatto biografo del Carmignani . Il professore Carmignani non aveva errori da rinnegare . Esordì la carriera cattedratica con bandiera tutta opposta a quella che avea sedotto il neofito nel 1795 . E quella nota che il biografo suppone aggiunta dal Carmignani alla terza edizione , esiste nella prima edizione di Firenze del 1808 a pag . 137 nota 6 al § . 275 - ivi - Quae heic exposuimus principia , juris criminalis costituendi regulas dumtaxat respiciunt , adeout ubi jus constitutum diversis inniti videatur principiis , ibi ulteriori indagini locus non patet . Putaveram et ipse olim aliquam poenarum acerbitati politicam inesse efficaciam ; postea vero meliora edoctus , ac re rectius perpensa diversam sententiam amplexus sum ; confer meam quam multis abhinc annis edidi opellam , saggio di giurisprudenza criminale , Firenze , 1795 . Può dunque dirsi con tutta verità che dal primo giorno in cui nel pisano Ateneo si assise Giovanni Carmignani come professore di diritto criminale , gli alunni ed il pubblico non salutarono in lui un criminalista feroce , né un propugnatore della pena di morte ; ma bensì invece il coraggioso banditore delle dottrine umanitarie , per le quali combattè finchè visse . Né la pena di morte osteggiò soltanto il Carmignani con lo insegnamento della Cattedra ; né con quell ' atto di solenne protesta , con cui , offertagli nel 1808 una magistratura , la ricusò , dicendo che la sua coscienza non gli consentiva di emettere sentenze di morte in opposito ai principii che professava ; né soltanto la combattè con gli scritti , e coi più energici conati nelle criminali difese , ma infaticabile nella sua santa missione , slanciossi sovente anche oltre il confine della sua patria onde arrestare la bipenne , che pendea sopra il capo di umane creature . Di questa verità io ne ebbi solenne testimonianza , ricordare la quale parmi doveroso tributo alla memoria del grande maestro . Nel già ducato lucchese erasi da parecchi anni costituita una società di malfattori , alla quale era scopo consumare dei rubamenti specialmente a danno di Canoniche e Chiese parrocchiali della campagna . Scoperti i principali di questa masnada , che già parecchi furti avea consumato nel contado lucchese , furono processati , convinti , e sei di loro condannati di morte . Ragione per il capitale supplicio non si traeva già in uccisioni che costoro avessero perpetrato ; poiché nelle loro ruberie avevano mai sempre rispettato le vite . Ma si desumeva dalla legge penale in Francia , che allora continuava ad essere regolatrice nel ducato lucchese . Legge che punisce di morte anche il furto non accompagnato da strage , quando ci concorrano le circostanze di violenza contro le persone , violenza contro le cose in luogo abitato , tempo notturno , delazione di armi , e numero di persone . Difensori dei sei condannati erano con me i signori avvocati Michele Mariani , Donato Borromei , Carlo Massei , Tommaso Ghilarducci , e dottore Cherubino Laurenzi . Palpitanti della grave responsabilità che ci pesava sugli omeri , nessuno di noi risparmiava dal suo canto studio ed industria per allontanare il miserando eccidio . L ' Avv . Mariani ed io , che più particolare conoscenza avevamo col prof . Carmignani , lo ricercavamo dapprima del suo consiglio : ma ne traemmo la scoraggiante certezza che in faccia alla legge di Francia poteva a nome dell ' umanità e della scienza protestarsi contro la esorbitanza del suo rigore , ma non coltivare speranza che la giustizia risparmiasse cotesta fiata l ' opera del carnefice . E il risultato corrispose al vaticinio pur troppo , poiché la Rota criminale pronunziò , e il Supremo Tribunale di revisione confermò , la condanna a morte dè sei sciagurati . All ' aspetto della imminente carnificina noi tornammo allora ad implorare dal maestro aiuta e consiglio . Ed egli non esitò un istante ad allearsi con noi per strappare per via di grazia dal Principe ciò che per via di giustizia era stato vanità lo sperare . Fu in tale occasione , che il Carmignani dettò sotto il titolo di supplichevole ragionamento quella solenne protesta contro la pena di morte , che poscia si pubblicò coi tipi dei Nistri in Pisa nel quarto volume delle cause celebri del Carmignani , a pag . 467 . Egli distese la supplica al Duca Carlo Ludovico , che si conserva da noi nel suo autografo : supplica che dal collegio dei difensori si presentava al principe corredata del ragionamento del Carmignani , come documento di appoggio . A questa fatica , a questa opera generosa , all ' attuazione di questo audace concetto , non guidavano il Carmignani sentimenti comuni . Non interesse , poiché tutto fu gratuito per parte sua . Non relazioni di benevolenza , poiché nessuno dei condannati erasi da lui conosciuto personalmente . Egli si inspirava soltanto alla religione della sua fede scientifica , che facevalo inorridire al pensiero di tanto supplizio , e sentire come debito di ogni uomo levare la voce al principe ad implorare misericordia . Il concetto del ragionamento del Carmignani erasi quello di censurare rispettosamente la legge punitiva che colpisce del capo il ladro non micidiale ; e così persuadere al principe che la grazia in questo caso non era facoltà di clemenza , ma debito di giustizia . E con qual cuore , e con quanta ansietà e doloroso desiderio ei si gittasse alla caritatevole impresa , si rileva dal fitto carteggio con noi tenuto in quella circostanza , e specialmente da alcune sue lettere indirizzate all ' avv . Mariani , e che furono pubblicate nel Vol . I del giornale contro la pena di morte dell ' esimio Prof . Pietro Ellero . Ogni linea di quelle lettere palesa i palpiti di un cuore , che si agita all ' imminenza di un grande pericolo ; ogni suo motto rivela la convinzione profonda di questo vero , che ogni esecuzione capitale è una sociale calamità . E quando tornati vani tutti gli sforzi per la irremovibilità del principe , giunse al Carmignani l ' annunzio della terribile esecuzione : mostra come ei ne sentisse strazio profondo la lettera di conforto che a me scriveva , e che fu pubblicata nel suddetto giornale . Ad altri dunque si vada narrando che Carmignani fu un propugnatore della pena di morte . Ad altri si insinui che soltanto nel 1836 per la vanità di mercar applauso ad una solenne lezione , rinnegasse le sue credenze . A noi ciò non si dica , che lo vedemmo per tutta la sua vita combatterla . E dico per tutta la sua vita , poiché la vita del professore incomincia dal 1803; né gli svolazzi del giovane possono attribuirsi al cattedratico , che pertinacemente li repudiò . A Carmignani si attribuisca il titolo di acerrimo oppositore del carnefice ; dalla assottigliata schiera dei suoi difensori si tolga l ' insigne suo nome . DANTE CRIMINALISTA ( 1864 ) ( dagli Opuscoli di Diritto criminale , Lucca , 1870 , vol . II , 647 ss . ) ( STUDIO STORICO ) E non nasconder quel ch ' io non nascondo . ( Purg . C . XXIV ) Il concetto che Dante avea dei poeti non era certamente circoscritto alle immagini e alla rima . Per l ' Alighieri , poeta era colui che rivelava con l ' incantevol magistero della poesia un aspetto della verità all ' uman genere profittevole ; era colui che avanzando il proprio secolo o combattendone le false opinioni , spingeva gli uomini alla conquista della civiltà . A suo duce per i regni paurosi dell ' inferno ed per quelli mistici del Purgatorio , aveva scelto il vate dell ' incivilimento latino : a Virgilio egli si era rivolto con quell ' alto e gentilissimo verso , O tu che onori ogni scienza ed arte ! È per questo che nella Divina Commedia , i cultori di tutte le scienze e delle arti cercano all ' occasione la veneranda autorità ; quasi ad esempio dei sacri oratori che ricercarono nei Vangeli una divina sanzione ai loro insegnamenti . E bene s ' adoperano , avvegnachè il gran poema dell ' Alighieri sia come l ' evangelio della civiltà moderna . Dello , che a somiglianza dei giureconsulti romani , i quali si onoravano di citare l ' egregio Virgilio nel testo ( 1 ) [ ( 1 ) Instit . lib . I , tit . 2 . ] , quelli italiani imitino il magno esempio con Dante , il quale precorrendo con l ' acceso ingegno le nasciture generazioni sembra profeta ; onde fu assomigliato al Titone della favola , che valica i secoli senza incanutire , e invecchiando ringiovanisce . Infatti il magno poeta , innamorato di Roma antica , non poteva trascurare il Diritto ; ed altri dottamente dimostrò quanto egli ben ragionasse nell ' alta filosofia civile , e come la sua definizione del Diritto gareggiasse con quella del Digesto , e quasi precorresse con tale dottrina Emanuele Kant nel misurare le individuali libertà , onde ne resultasse bene ordinata la sociale convivenza ( 2 ) [ ( 2 ) Ecco la definizione di Dante " Jus est realis et personalis hominis ad hominem proportio , quae servata , servat societatem : corrupta corrumpit " . Vedasi Saggi di filosofia civile dell ' Accademia Italica , pubblicati per Girolamo Boccardo , Genova , 1852 , tom . I , 86 . ] . Né mancò chi più specialmente indagasse come nel divino poema ei spieghi l ' origine della forza pubblica e la gerarchia dei poteri , come dipinga graficamente il libero arbitrio , esprima la nozione delle azioni negativa , delinei la forza morale dell ' offesa e l ' indole dell ' intenzione ( 1 ) [ ( 1 ) Carmignani , Teoria delle leggi della sicurezza sociale ; Tomo I , pag . 68; II , pag . 50 , 59 e 64 . ) ] . Né infine mancò chi si affaticasse a dimostrarlo sapientissimo nell ' analisi morale di quegli atti umani i quali scoppiano , per dirla col Parini . . . dal cupo ove gli affetti han regno ; e anche facesse palese come studiandolo filologicamente si potesse ripulire ed accrescere la lingua forense , oggi tanto oscura e barbara ( 2 ) [ ( 2 ) Il celebre criminalista Nicolini in tutte le sue opere , e specialmente nelle sue note alla Procedura penale nel regno delle due Sicilie . ] . Ancora egli dunque , magistrato di Firenze , ambasciatore , cittadino , in cui era riposta al dir del Boccaccio tutta la speranza pubblica , fu sacerdote del Diritto . Ma siamo franchi ; non crediamo che sempre mettesse quel suo straordinario ingegno sul retto sentiero nella contemplazione filosofica del giure penale : non ascondiamo in circostanza tanto solenne ( dirò con le sue parole tolte ad epigrafe di questo mio breve lavoro ) quello che ei non nasconde . Il diritto penale ai tempi di Dante era cotanto in basso caduto da rendere quasi impossibile la percezione della sua idea , in mezzo al fango macchiato di sangue nel quale giaceva miseramente sepolto . Troppo erano radicate in quelle anime fortemente temperate le tradizioni dè secoli che per la loro ferocia furon detti di ferro : né potevano certamente aver norma dal giure romano , il quale veniva ricostituendosi in autorità , poiché in esso il concetto della penalità troppo era guasto dai sanguinari editti dei Cesari di Oriente ; né gli sparsi lampi che tralucevano dalle opere dei Padri della Chiesa , né gl ' incipienti tentativi dei romani Pontefici bastar potevano a diradare così dense tenebre . Il magistero penale per la universale credenza di allora ritenevasi come un atto di forza , non già come una santa attuazione del Diritto : sua guida nel divieto il bisogno degl ' imperanti ; sua misura nel gastigo l ' arbitrio : e cotesto bisogno e cotesta misura non regolate da imparziale ragione , ma dalle ispirazioni della vendetta sospinte . Bene il Ghibellino talvolta si avvide , che quanto rimaneva delle tradizioni di Roma libera intrecciato col traboccante dispotismo dei Cesari di Oriente , si rendeva flagello e non sostegno del Diritto , se non rinfocavasi ai supremi principj della ragione e allo spirito di carità ; ma relativamente al diritto penale , sì nel divieto che nei castighi , la sua mente fu pur essa quasi in tutto mancipia di quell ' universale errore . E questo non può desumersi ancora dalla maniera onde egli si comportò nella propria causa ? Chè se nella santità del Diritto avesse l ' Alighieri ravvisato il supremo giudice della punizione inflitta dagli uomini , alle ingiuste sentenze contro di lui saettate dai dominatori della sua patria , bene altrimenti avrebbe risposto . Vero , che era necessità l ' esilio per scampare la vita , in quanto il conte dei Gabbrielli non fosse altro che un giudice ingiusto e prepotente di un tribunale rivoluzionario ; ma neanco prese la penna a confutare l ' iniquo giudicato ; invece impugnò la spada e mutò parte ! Anche Dante , come tutti i gagliardi di cotesti tempi , aveva in cuore il motto sublime : Dio e il mio Diritto ! ma quel motto avea pur egli vergato sopra la spada . No , il maestro del sorriso e dell ' ira , come lo chiamò il Manzoni , trasportato da più alte speculazioni , troppo vicino ai tempi eroici della politica italiana , non assorse alla piena considerazione della sublime idea informante la odierna giustizia penale . Né son venuto in questa opinione esaminando la penalità della Divina Commedia . Nelle prime due cantiche di cotesta opera egli trascende dalla personalità creata all ' infinito ideale . Egli si metteva dentro gli ultramondani regni per una porta sulla quale stava scritto : Lasciate ogni speranza , o voi che entrate ! e per quanto se ne disputi in contrario , la sua teologia era ben diversa da quella oggi in voga di Herder , di Reynaud , di Montanelli , i quali arditamente cancellarono dalla porta paurosa Quelle parole di colore oscuro . Nella sacra epopea non avrebbe forse potuto trovar luogo ai buoni precetti dell ' umano giure penale neppure un criminalista moderno il più edotto alle speculazioni della scienza novella . Non i rapporti tra l ' uomo e l ' uomo , ma quelli ben diversi tra l ' uomo e Dio ; non il campo giuridico ma il campo teologico , dovevasi esplorare nella prima cantica . Però non mi sorprende che i semplici vizj si puniscano colà come i più gravi delitti . Per la qual cosa non rimprovero a Dante , che in Pier delle Vigne ( Inf . c . XIII ) parifichi il nudo consiglio all ' esecuzione del reato : che in Mordrec ( Inf . c . XXXII ) punisca la tentata strage paterna quanto il parricidio compiuto , quantunque la più veloce spada del genitore rompendo il petto e l ' ombra di quello sciagurato impedisse il nefando delitto . In faccia al giudizio dell ' Onniveggente dee ben tenersi più conto della pravità interiore che dello esteriore nocumento . E come sarebbe cattivo argomento quello di chi asseverasse per cotesti luoghi del Poeta , che umanamente giudicando esso avrebbe punito e vizj e conato e consiglio con severità uguale a quella che è riserbata alle più malvage delinquenze , così sarebbe ingiusta la censura di chi per questo accusasse il Poeta di aver disconosciuto nel diritto penale quelle altissime verità , che oggimai da tutte le civili nazioni ( tranne poche ostinate ) senza dubitare si accettano . Io non ho saputo intendere , lo confesso , né per meditazione né per riscontro un passo di Vittor Hugo , il quale spaccia il sistema penale di Montesquieu esser esemplato su quello Dantesco ( 1 ) [ ( 1 ) William Shakspeare par Victor Hugo ; Paris , 1864 , pag . 94 . ] . Quando Cristiano di Danimarca venne a Firenze nel 1474 si fece apportare le Pandette e gli Evangelj , e ponendovi sopra la mano , ecco disse i soli tesori degni di un re . Ma quella mano avea coperta dal guanto di ferro : e il poeta rendeva la grande anima il 1321 : ancora più secoli dovevano volgersi prima che nell ' ingegno del Beccaria splendesse la novella idea della scienza dei delitti e delle pene . Non per questo io intendo di negare al divino Alighieri l ' attitudine a conoscere alcune verità del diritto penale , perché non vi è ramo di scienza o d ' arte in cui egli non infuturasse il pensiero e non ne divinasse molti veri . Io voglio additarne uno da lui discoperto e proclamato , per il quale non gli si debba né possa negare prestanza neppure in questa disciplina . Sta in uno dei suoi più terribili e sublimi episodj , la morte del conte Ugolino e dei figli suoi ( Inf . c . XXXIII ) . Narra il Poeta l ' atroce punizione irrogata al traditore di Pisa , e cotesto tormento ei neppur sembra disapprovare , poiché gravissima era sopra tutte la colpa ; né avverso l ' atrocità de ' supplizi soleva ribellarsi in que ' giorni il sentimento generale . Ma ciò che apertamente disapprova il Poeta è la condanna dei figli innocenti . Se il Conte , egli dice , avesse pur meritato per la tradizione delle castella così vituperevole e crudel pena , o città di Pisa , non dovevi estenderla ai figli suoi innocenti del fallo paterno . Ora cotesta splendida apostrofe rivela in Dante l ' emancipazione dell ' intelletto suo , almeno in tal parte , dalle ferocissime regole che niuno , tranne pochi solitari pensatori dei chiostri , osava in quegli oscurissimi tempi impugnare . Tutta la umanità della infaustamente celebre costituzione di Arcadio si venerava in quell ' epoca come un oracolo di giustizia ( 1 ) . [ ( 1 ) Vedasi nella dottissima lettera del Carmignani al Rosini sul verso , Poesia più che il dolor potè il digiuno , un cenno della giurisprudenza di quell ' età sulle pene dei figli innocenti , per i delitti dei padri . La seconda ediz . di Pisa , pag . 58 , n . 2 . ] . I figli dei perduelli , quantunque scevri d ' ogni partecipazione nel delitto paterno , la paterna colpa ereditavano . Dovevano dessi alla pari dei genitori proscriversi come peste della repubblica e involgersi malgrado la loro innocenza nel supplizio paterno . Essi , scriveva l ' imperatore , dovrebbero insieme col padre morire sul patibolo , ed è solo per clemenza nostra , se loro si lascia la vita a condizione però che questa non sia per loro che un perpetuo supplizio . Se Dante avesse ( quando dettava il suo Paradiso ) ricordato cotesta legge , per la quale l ' esecrando principio della corruzione del sangue ebbe troppo lungo tempo più esecranda sanzione , io tengo per certo che ei non sarebbe stato così benigno verso Giustiniano , il quale aveva rinnovellata nel suo codice l ' autorità di quella costituzione , non già con inchiostro vergata , ma come disse un sapiente , vergata col sangue . Ma anche se Dante volle obliare cotesti falli di Giustiniano ei non se ne volle almeno render partecipe , poiché nel luogo di che favello coraggiosamente protestò contro l ' ingiustizia di mescolare i figli innocenti nella colpa del padre . E quando altro in Dante non si trovasse consentaneo al giure moderno , questa eloquente protesta basterebbe considerate le condizioni dei tempi né quali scriveva , a farlo citare con onore nella storia del diritto penale . Se non che taluno potrebbe a questo mio pensiero obiettare che il Poeta voleva i figli del conte di Donoratico esenti dalla pena non per la loro innocenza , bensì per la tenera età in cui erano : Innocenti facea l ' età novella ! Per cui può sembrare , che dove un ' età più matura si fosse da loro raggiunta avessero potuto venissimo mescolarsi nel supplizio del genitore . Ed anzi potrebbe dirsi che Dante scientemente falsasse la storia onde giustificare il severo rimprovero che ei volea scagliare contro Pisa ; temendo forse di non poterlo dicevolmente fare senza di cotesta ragione . L ' obiezione però non ha saldezza che valga , se si rammenta come la funesta teoria orientale della corruzione del sangue non ammettesse distinzione di sorta riguardo all ' età dei figli , e i pargoletti insieme cogli adulti nello stesso anatema confondesse . Laonde potrebbe in senso contrario ritorcersi l ' obiezione e sostenere , che Dante a bella posta mentisse alla storia per fare contro l ' errore comune una più solenne protesta , la quale fosse con maggiore efficacia universalmente e velocemente sentita . Imperocchè se nei figli adulti potevasi in qualche modo sospettare una partecipanza alla nequizia del padre , ciò non si poteva né figli di tenera età ; onde più chiaro facendosi che Pisa aveva manomesso quei giovinetti non per sospetto di reità propria ( che impossibile essa era per la novella età ) , ma unicamente perché figli del Conte , più evidente resultava l ' influsso dell ' orrendo principio della corruzione del sangue , al quale lo sdegnoso Poeta voleva imprecare ; e forse non senza particolari motivi , dacchè la storia contemporanea doveva a lui per miserandi esempj aver fatto vivamente sentire tutte le funeste conseguenze di quella iniqua teorica . Io non voglio dunque sofisticare sul vero concetto che Dante volle esprimere con quelle parole " età novella " ; né muover dubbio se veramente da lui volesse significarsi novella l ' età per rispetto al numero degli anni , ossivvero per rispetto ai costumi tuttora giovanili per il candore dell ' animo che spesso al di là dell ' ordinario si conserva , od anche se vuoi , perché nuovi alla politica . Comunque s ' intenda , l ' anatema contro l ' aberrazione della pena , bisogna leggerlo in quei due versi del divino nostro Poeta . E lo stupendo principio , come tanti altri , fu in prima sentito che pensato ed approvato . Quando poi la verità , secondo la bella immagine di Romagnosi , condotta per mano dal Tempo , si fece più aperta agli uomini , allora si cercarono gli autori di questi principii , e coloro che primi gli avevano insegnati : le nazioni che poterono riguardarli come figli propri se ne onorarono grandemente . Questo mi sembra che avvenga dell ' Alighieri nel giro della nostra scienza , riguardo alla massima di diritto penale da lui per il primo proclamata : proclamata a viso aperto nell ' episodio più popolare e pieno di forte poesia che abbia la Divina Commedia . Francesco Carrara IL CARCERE PREVENTIVO E L ' APPLICAZIONE DELLA PENA ( LETTERA ALL ' AVV . GUSTAVO SANGIORGI ) ( 1869 ) ( dagli Opuscoli di Diritto criminale , Lucca , 1870 , vol . II , 495 ss . ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ All ' avv . Gustavo Sangiorgi - Bologna Tu mi hai fatto dono del tuo libretto intitolato - Il carcere preventivo e l ' applicazione della pena - Te ne ringrazio . E poiché veggo che tu pure combatti sotto quella bandiera dello umanitarismo nel giure penale che fu l ' orifiamma al quale consacrai tutta la vita , io ti stringo fraternamente la mano come ad un gagliardo commilitone . Permetti però che io ti richiami un istante su quanto dici a pag . 138 linea 3 . Ivi tu accenni con dolore ( e il dolore sarebbe giustissimo ) : non ho presente che esista legislazione che abbia fatto applicazione completa del principio da me propugnato , vale a dire del principio che nell ' applicazione della pena ad un condannato debba imputarsi la carcere preventiva sofferta a causa delle procedure . Questa legislazione degna di esser tolta ad esempio , esiste . Essa la trovi nel codice Toscano del 1856 agli articoli 69 , 70; e la troveresti ancora in altre più antiche leggi della Toscana , dove sempre si è tenuta a calcolo la carcere preventiva in diminuzione di pena . Forse neppure le leggi toscane soddisfanno ai tuoi voti , perché tu vorresti lo scomputo completo mentre quelle leggi non prescrivono che uno scomputo parziale . Ma ciò nonostante bisogna confessare che il principio , come principio , è da quelle leggi riconosciuto . Tu accenni a questo luogo al Progetto di codice penale italiano come se il medesimo avesse proposto una nuovità . No : la onorevole Commissione in questo argomento , come in molti altri , non ha introdotto nessuna novità , ma soltanto ha portato ad una più larga applicazione il principio già da lunga stagione proclamato fra noi , e già fra noi allargato con le riforme del 1859 . Dovendo essa fare un Progetto di codice penale per la Italia che oggi è governata da quattro codici penali diversi , cioè l ' Austriaco per la Venezia , il Toscano per la Toscana , il Napoletano ( ossia Sardo riformato ) per le Provincie meridionali , ed il Gallo Sardo per tutte le altre Provincie : la Commissione si è stimata in dovere di portare i suoi studi principalmente su quasi quattro codici vigenti , e da ciascuno di loro prendere il meglio . Non hanno fatto altrettanto molti di coloro che postisi a scranna nel preconcetto che si dovesse censurare il nuovo Progetto perché troppo umanitario , e quasi direbbesi , precursore della rovina d ' Italia hanno dato l ' aria di novità ad alcuna della disposizioni proposte in quello senza ricordare che tali disposizioni avevano già da lunghi anni una vita reale in alcune delle precedenti legislazioni . Costoro in tal guisa oltre a dar segno di ferocia d ' animo ( che Dio la perdoni loro ) hanno mostrato o ignoranza o dissimulazione imperdonabile : ignoranza se si accingevano a criticare una legge senza conoscere i fonti dai quali era tratta : dissimulazione se conoscendo tali fonti ne hanno fatto reticenza per artifizio oratorio . Non ragioniam di lor , ma guarda e passa . Le mie parole si dirigono a te solo ; che certamente non sei fra coloro dei quali direbbe Dante Che non fur mai vivi . Ed a te dirigo parola di elogio , e d ' incoraggiamento per la via nella quale tu prendi le mosse con tanto senno e valore . Ed a te porgo amichevole invito a voler essere in questo argomento della custodia preventiva ( che tu hai preso così felicemente a trattare ) anche più radicale . Non è soltanto lo scomputo nella pena della carcere preventivamente sofferta , la proposizione che noi dobbiamo propugnare perché comandata dalla giustizia . Dobbiamo attaccare il mostro di fronte , e a viso scoperto combattere le esorbitanze tiranniche della legge data all ' Italia ( copiando quella di Francia del 14 agosto 1865 ) intorno alla custodia preventiva . Ed anche qui io non voglio aprire una polemica , ma soltanto fare lo storico lasciando il ragionamento al tuo chiarissimo senno . In Toscana non solo avevamo da lunghissimo tempo il precetto legislativo dello scomputo della carcere punitiva : principio che quantunque più o meno allargato nelle sue applicazioni secondo il variare dei tempi fu sempre fra noi proclamato come assoluto e riconosciuto come sacro . Noi avevamo di più da lunga stagione e con frutto buonissimo l ' altro principio , dettato come precetto legislativo , della eccezionalità del carcere preventivo . Non si poteva ( per letterale disposto di legge ) arrestare preventivamente un cittadino che fosse imputato di un delitto ( salvo poche speciali eccezioni ) il quale non potesse portare ad una pena superiore a due anni di prigionia : ed ogni arresto doveva eseguirsi per decreto il Magistrato , e non per arbitrio di un birro . Sotto questa legge vissero tranquilli i due milioni di uomini che popolano la Toscana , ed era legge di governo dispotico . Noi non eravamo felici , perché infelici ci rendevano le piaghe dei nostri fratelli , e la nazionale aspirazione compressa dal giogo straniero : ma eravamo tranquilli in quanto alla libertà individuale che non poteva venirci tolta meno che per gravi delitti , e con forme prudentemente ordinate . Venne il nuovo ordine di cose ed esultammo per la indipendenza della Nazione e per la grandezza d ' Italia . Ma questa a noi toscani costò il sacrificio della libertà individuale , giacchè ci trovammo esposti per la nuova legge di procedura ad essere carcerati ad arbitrio di un uomo anche per il sospetto di lievissima colpa ed anche per una trasgressione di polizia : e ci trovammo esposti ad essere sostenuti in carcere per sei o dieci mesi per dar conto di un fallo che incontra dopo la sua verificazione appena un mese di carcere . Visita le carceri d ' Italia , e vedrai che questa è storia contemporanea . Derisoria e ipocrita è stata la formula con la quale siamo stati condotti a questa condizione pericolosa , poiché si è detto che a noi si portava una nuova e generosa guarentigia introducendo il sistema della scarcerazione provvisoria mediante cauzione . Quando ad un uomo al quale jeri la legge diceva , tu non potrai essere carcerato se non a titolo di pena dopo una condanna definitiva ; si è detto , tu dovrai subito andare prigione , ma io ti concedo il diritto di chiedere di essere scarcerato se così piacerà ai superiori , e previo deposito di quella somma che ai medesimi piacerà di ordinare : dimmi tu se può essere sincero il vanto di aver migliorato la condizione di quell ' uomo in quanto al prezioso diritto della libertà individuale . Ti prego meditare su questi fatti e istituire confronto delle leggi nuove con le precedenti leggi toscane ; e poiché nel tuo scritto hai riconosciuto che la Toscana in materia di diritto penale segnava lo avanzamento maggiore del progresso civile , prosegui ( se tali sono le tue convinzioni ) a combattere con la voce e con la penna questo mostruoso regresso al quale si vorrebbe condurre l ' Italia con un deplorabile anacronismo . Pisa 7 ottobre 1869 . SULLA CRISI LEGISLATIVA IN ITALIA ( CONSIDERAZIONI ) ( 1863 ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ In risposta al quesito propostomi da S . E . il Ministro Pisanelli sulla progettata estensione delle leggi Penali sarde alle provincie toscane ( dagli Opuscoli di Diritto criminale , Lucca , 1870 , vol . II , 167 ss . ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ Dettando queste pagine io non ho l ' intendimento di farmi sostenitore di una dottrina , o avversatore di un ' altra ; né di assumere il patrocinio di particolari opinioni . Intendo soltanto di esprimere le mie personali convinzioni ; e di ricordare le osservazioni che una lunga pratica mi ha suggerito . E ciò senza impegno , senza animo di entrare in polemiche , senza desiderio di imporre ad altri le opinioni mie ; contentandomi di serbarle , e lasciare le opposte a cui piacciono . Io scendo dall ' altezza delle speculazioni scientifiche , per contemplare le cose nelle pratiche applicazioni : poiché bene comprendo che non tutte le teorie dell ' accademia possono trovar plauso nelle discussioni legislative , finchè la scienza non abbiale completamente elaborate , e finchè non siano rendute possibili dal naturale svolgimento del progresso civile . Io dimentico i pensieri della cattedra , per non ricordare che le sensazioni della tribuna defensionale ove mi sono per oltre trenta anni agitato ; le sensazioni della giudicatura per dieci anni ad intervalli esercitata come supplente ; e le sensazioni anche più vive dei confidenziali colloquii coi rei , o condannati o da condannarsi . Clinica penosa , ma maestra di grandi verità , che non si apprendono né sui libri , né altrove . In questo concetto non desti sorpresa se io procederò per via di asserzioni , piuttostochè per via di diffuse dimostrazioni . Io non disdegno di fare un trattato ; ma soltanto di palesare ciò che penso , e di narrare dei fatti . La unificazione delle leggi penali in tutte le province del nuovo Regno d ' Italia è senza dubbio un desiderio comune . È un desiderio sensato , in quanto ciò simboleggia la unità , nel tempo stesso che la rassoda . È un desiderio giusto ; perché veramente non è a lungo tollerabile che un ' azione sia delitto per un cittadino , mentre per un altro non lo è ; che la difesa abbia in un tribunale guarentigie e favori , che non ha in altro ; né che due cittadini sieno disugualmente puniti , solo per la differenza di poche spanne nel territorio dello stesso regno , ove le respettive azioni si consumarono . Pure alla unità di una nazione , o alla grandezza di un impero , non è condizione assolutamente necessaria la unità ( 1 ) [ ( 1 ) Vedasi in questa raccolta l ' opuscolo XI . ] di leggi neppure penali . Il reame di Francia fu compatto e potente malgrado la enorme disparità di leggi che regolavano le sue province ; e come fossero svariate anche le procedure penali lo ricorda il processo Damiens , nel quale si cercò qual fosse nel regno il tribunale che adoperava mezzi più feroci di tortura , per inviargli , in grazia di questo merito , quel grande scellerato . Il reame di Prussia dal 1814 al 1851 si è retto con tre legislazioni penali diverse ; e quanto diverse ! Così Svezia e Norvegia ; così Austria fino al 1852; così Baviera fino al 1861; ed altri . È un inconveniente : grave inconveniente . Ma quando dalla unificazione dovesse soffrirne o la sicurezza in alcune province , o la giustizia in altre , non potrìa negarsi che quello inconveniente fosse un male minore ; e perciò da preferirsi temporaneamente agli altri maggiori . La unificazione potrebbe compromettere la sicurezza in alcune province quando le condizioni di queste fossero tali da esigere una maggiore energia di castighi , e questi si dettassero per loro più miti a cagione di riguardi ad altre province che non ne abbisognassero . E potrebbe invece compromettere la giustizia , quando per riguardo a quelle si estendessero a queste i castighi più severi dei quali esse non hanno bisogno . Certamente ogni penalità irrogata oltre il bisogno offende , a tacere d ' altro , la giustizia . Ora evvi egli pericolo che a questo repentaglio corrano incontro le province italiane se ad un solo dettato penale si compongano ? Occasione del dubbio è precipuamente la pena di morte : ed è davvero occasione ben grave . Io tengo per fermo che la pena di morte di Toscana sia una inutile crudeltà . Io ho esercitato per sedici anni la difesa criminale in Lucca , ove rimaneva il codice di Francia del 1810 nella sua originaria crudezza ; anzi con qualche più fiera appendice . E come cotesto codice prodigasse la pena di morte ognuno lo sa . Io la esercitai poscia dal 1847 al 1852 con la pena di morte abolita . Io la esercitai dal 1852 al 1859 con la pena di morte ripristinata . Io la esercitai dal 1859 fino al presente con la pena di morte novellamente abolita . Ebbene ! In questo avvicendarsi di esperienza io non mi avvidi mai dal numero dei delitti se la pena di morte vi fosse o no . Vidi farsi più o meno frequenti gli omicidj in rissa secondo la varietà delle occasioni , e secondo il crescere o il decrescere della crittogama . Vidi farsi più o meno frequenti i furti secondo il crescere o decrescere delle vigilanze preventive . Ma nei casi capitali , negli omicidj premeditati , non potei scorgere variazione . Vidi cospirare in faccia al carnefice , forse più che nella sua assenza . Vidi incendiare luoghi abitati , e quando si giocava la testa , e quando si rischiavano pochi anni di detenzione . Vidi un toscano abbandonare la Toscana , dove potea falsare monete col pericolo di temporanea reclusione ; e recarsi a far la sua opera in Lucca , dove lo minacciò la decapitazione : dalla quale potei a stento salvarlo mercè la insperata accoglienza di una sottigliezza di diritto , che forse ebbe plauso più per l ' impero del cuore sull ' intelletto , che per la mia poca eloquenza o per rigore di principii . Io mi convinsi perciò che la pena di morte non è necessaria in Toscana . Ed oso dire che cotesta non è soltanto opinione particolare mia ; ma opinione generale e prevalente fra coloro che per dottrina ed imparzialità ne sono giudici competenti . Ed in cotesto pensiero io non veggo come si possa dal Governo italiano estendere ala provincia toscana il codice penale che governa oggi le altre province del regno . Estendere la pena di morte ad una provincia che ha dato chiara prova di non volerne e di non averne mestiero , e che ne dà prova tuttodì quantunque sbrigliata da ogni buona legge di polizia , sarebbe una flagrante ingiustizia : per tacere del brutto ricambio che ciò farebbe all ' affratellamento spontaneo che unisce al Regno la provincia Toscana . È vero che la pena di morte si è nel codice Sardo ristretta a soli nove casi : ma volendo anche prescindere dai primi due ( art . 153 e 154 ) pei quali amo imitare il pensiero di Solone , lo introdurla per gli altri sette in Toscana io lo considero un impossibile morale . Se è impossibile moralmente di unificare la Toscana al rimanente del regno nella pena di morte , sarà egli possibile coordinare il sistema punitivo delle altre province alla moderazione toscana ? Io non sono giudice competente di ciò . Per principio generale io penso non necessaria assolutamente la pena capitale ovunque albeggi un qualche bagliore di civiltà , e dovunque il Governo non abbia coscienza della propria debolezza . Né posso credere così indietro le altre province , da esigere imperiosamente la pedagogìa del carnefice . Ma ascolto da tante parti , e da persone così in alto locate e così edotte nella vita pratica delle città dove nacquero e vissero ; ascolto , io dissi , ripetere con tanta sicurezza essere in certe province la pena di morte una necessità locale , che io mi resto dubbioso : non parendo a me accettabile cotesta dolorosa sentenza , e non potendo d ' altronde comprendere che una asseveranza così positiva proceda da pregiudizj , ai quali permettasi di far velo all ' intelletto in argomento cotanto grave . Certo è che se cotesta opinione non fosse il sospetto di pochi , ma veramente la opinione generale di quelle province , un governo saggio dovrebbe temporeggiare ; e dando opera attiva a dileguare siffatti timori correggere la pubblica opinione , al fine di rendere anche là possibile la proscrizione della pena capitale . E dico ciò perché mia opinione è che la misura della severità nelle pene non debba cercarsi nella impressione che esse recano sui malvagi , ma nella impressione che fanno sugli onesti . Lo errore che la pena dovesse raggiungere tal grado di severità da impedire il delitto in tutti i facinorosi fu la causa fatale del progressivo inferocire dei supplizi . E fu un errore , perché procedeva da un concetto impossibile . È impossibile per quanto si martori il colpevole , ottenere che non si commettano delitti : perché il delitto vi sarà sempre per difetto della umana natura : e perché l ' uomo perduto , o sia che lo acciechi disperata passione per cui vegga nel male presente il peggiore di tutti , sia che lo illuda la speranza d ' impunità ; quando la sua indole è corrotta e le circostanze che lo circondano lo spingono imperiose al misfatto , vi correrà come vi è sempre corso , a malgrado di tutti i più terribili supplizj che a lui minacci la legge . E la storia fu sollecita coi suoi documenti infallibili a far la riprova di quanto fosse fallace il sistema della intimidazione . Le pene devono contentarsi di trattenere i male inclinati , e di vincere le mezzane cagioni ; ed a quest ' uopo non occorrono estreme . Contro i grandi scellerati e contro le prepotenti cagioni , esse rimasero e rimarranno sempre inefficaci . Ma il vero , il costante benefizio del magistero penale , è pel lato della impressione morale che egli fa sugli onesti . È in questo senso che desso è un solido cemento della civile consociazione . Bisogna che ai buoni cittadini sembri di essere sicuri nella loro vita : bisogna che sembri loro che la proprietà , la famiglia , l ' onore loro , sia protetto dalla legge punitiva . Ciò è necessario , e perché divelga dagli animi ogni velleità di privata vendetta , e perché i consociati esercitino la loro attività . Questo è il fine primario , questo è il risultamento effettivo del maestrato penale . Senza di lui o gli uomini si getterebbero disperati in una inerzia fatale , adoperando alla personale custodia dei pochi beni che hanno quelle forze che varrebbono a procacciarne di maggiori , o deserterebbero spaventati una città dove non si sentirebbero sicuri . È perciò che mentre niente affatto credo che vi siano provincie in Italia nella quali l ' abolizione della pena di morte facesse cessare ogni sicurezza reale ; ammetto che vi possano essere provincie nelle quali l ' abolizione toglierebbe la sicurezza opinata . Ciò può essere per la ragione della trista abitudine . Né io sono in grado di emettere giudizio se ciò veramente sia . Dico però , che qualora ciò fosse ( e questa è cosa della quale non può un privato essere giudice competente , ma soltanto l ' alta sapienza di chi regge lo Stato ) la prudenza governativa non tollererebbe che si adottasse un metodo di unificazione che diminuisse la sicurezza opinata di certi paesi ; quantunque la sicurezza reale ne rimanesse nel medesimo stato di inferiorità , al quale oggi possono condannarla la specialità ed i costumi di alcune province . Ma essendo debito dei governi di guidare per la retta via la pubblica opinione e raddrizzare i torti pensieri , se ne avrebbe una ragione di più per respingere l ' opposto metodo di unificazione . Infatti lo estendere alla provincia toscana la pena di morte per la ragione di un pregiudizio dominante in altre provincie , oltre alla ingiustizia intollerabile che avrebbe in sé , sarebbe cagione infallibile di perpetuare quel pregiudizio che si vorrebbe correggere . Laddove mantenendo la provincia toscana nella mitezza di penalità che le basta , l ' esempio di quella varrebbe nel giro di breve tempo a procacciare la rettificazione spontanea degli esagerati timori dei popoli affratellati . Sicchè , nella supposta ipotesi , obbedendo alla fatale necessità a cui l ' uomo soggiace di preferire spessissimo il male minore al maggiore , io non esiterei piuttosto a respingere un affetto di simmetria che mi condurrebbe alla ingiustizia ed alla perpetuazione dell ' errore ; e nella fiducia di impedire l ' una e l ' altra , manterrei precariamente la disparità delle pene . Brutta cosa per certo : ma sempre meno brutta delle altre . Meno gravi difficoltà incontra la desiderata unificazione sotto il rapporto delle leggi procedurali . Vi ha , è vero , in Toscana una repugnanza ai giurati ; ma questa repugnanza si limita al ceto di certi magistrati , né vale indagare le cagioni . Nella curia prevale il desiderio di cotesta istituzione . E se vi sono dei dubbi e dei timori cadono più sulla forma speciale della giuria , com ' è costituita oggi in Italia , di quello che rispetto alla istituzione in sé stessa . Senza dubbio lamentasi giustamente che la legge piemontese troppo riproduca i difetti della giuria francese ed in special modo non procacci a sufficienza la divisione di certe questioni complesse , e la separazione vera e completa del fatto dal diritto nelle ricerche da sottoporsi ai giurati . Ma tali mende , che la dottrina del Ministero ed una ferma elaborazione della giurisprudenza può di facile toglier via , non sono difficoltà che valgono a ritardare la unificazione per questo lato . La quale a parer mio potrebbe pur farsi malgrado rimanesse qualche diversità nelle sanzioni penali . Se vi è paese che non debba avere repugnanza ad accettare i giurati , questo è la Toscana . Perché in Toscana già da cinque lustri si tollera quello che il sommo vizio rimproverato alla giurìa : voglio dire che i giudici criminali si convincano e condannino senza dar ragione in sentenza del perché condannano e si convincono . Ove le maggiori guarentigie delle prove legali o semi - legali vigessero , ove almeno si avesse avuto il riguardo di esigere che la sentenza facesse fede che quelle cognizioni scientifiche delle quali si presumono forniti i magistrati , furono veramente la guida delle loro determinazioni ( esse , non il sentimento dell ' uomo ) là io comprenderei bene che si facesse viva opposizione ai giurati . L ' emblema della opposizione sarebbe una dottrina , non una questione di persona : poiché si direbbe , vogliamo esser certi di esser giudicati con la mente e non col cuore . Ma in Toscana , dove da cinque lustri si vive sotto il singolare sistema del magistrato sapiente a cui non si impone di render conto della sua sapienza : in Toscana , dove da cinque lustri si vedono spesso sorgere convinzioni inesplicabili , insostenibili coi dettami della ragione e della scienza , eppure incensurabili benchè paurose , l ' avversione contro i giurati se regna in qualche animo imparziale non può regnarvi come dottrina , ma come sentimento di antipatia : al quale si contrappone gagliarda la simpatia dei più verso un ordinamento giudiciale che rappresenta il completamento di quelle politiche guarentigie per le quali si ringagliardisce la civile libertà di una nazione . Io dico infine che la maggiore difficoltà che osteggi i giurati potendo nascere dalla ignoranza del popolo , è oggi un vero rovescio di idee , un andare a ritroso del vero , negarli alla Toscana mentre si sono allargati per tutto il rimanente del Regno . E poiché sono in questo argomento dei giudizj criminali , osserverò che chiunque mediti lo stato attuale di rapporto che esiste fra le due frazioni del nostro Reame , sorge intuitivo l ' incontrastabile controsenso che oggi vi domina . Abbiamo penalità più miti in Toscana : abbiamo penalità più severe nel resto ; ciò rimanendo non potrebbe rimanere che come segno di maggiore civiltà . Ma ammesso ciò , come si concilia che in quella provincia dove la penalità più mite fa per l ' oracolo del legislatore testimonianza di maggiore civiltà , si conservino forme procedurali che più avversano i sacri diritti della difesa , e che meno accordano di guarentigia ai cittadini ? È un male per molti anni deplorato in Toscana da tutta la curia , non che da tutti coloro che poterono sentire l ' intollerabile peso , la esorbitante prevalenza dell ' arbitrio magistrale ; è un male profondamente sentito lo stato di annientamento del diritto della difesa nelle parti più vitali del suo indispensabile movimento . Possono essi ammettersi in un popolo civile i preventivi processi segreti che l ' accusa liberamente compila per conto proprio , e chiude nel suo cassetto senza farne comunicazione al difensore ? Non nego la convenienza di precedenti informazioni che si procuri l ' accusa prima di lanciarsi alla persecuzione di un cittadino . Ma perché , quando i testimoni che si esaminarono nella informazione segreta si ripetono al dibattimento orale , non deve l ' accusato preventivamente sapere cosa hanno detto nel primo esame ? Può egli tollerarsi là dove si riconosce in principio la uguaglianza ( per lo meno ) dell ' accusa e della difesa in faccia alla legge , che l ' accusatore alla vigilia del dibattimento citi a talento suo in un processo indiziario un numero di testimoni senza far noti all ' accusato i fatti o gl ' indizi novelli che intende provare al mezzo di quei testimoni novellamente indotti e sui quali si propone di argomentare ? L ' accusato , si dice , è in debito di capitolare i fatti dei quali vuole attingere contezza dai singoli testimoni che reca al giudizio , affinchè il pubblico ministero sostenitore della legge conoscendo tempestivamente cotali circostanze , che altrimenti a lui sarebbe impossibile d ' indovinare , possa preparare ove lo creda opportuno la controprova , e non sia volto a sorpresa . Ottima osservazione ; alla quale io pienamente mi sottoscrivo . Al pubblico ministero , si soggiunge , non fa invece bisogno d ' imporre codesto debito in ordine ai nuovi testimoni che aggiunge oltre i già esaminati , perché l ' accusato deve conoscere al solo udire il nome del testimone , quali saranno le circostanze delle quali verrà a deporre . Falsissima osservazione ; alla quale recisamente mi oppongo come a pernicioso sofisma . Ed il sofisma sta in ciò che in cosiffatto argomento si presume nientemeno che l ' accusato sia colpevole : pensiero ormai anatemizzato e proscritto dalla odierna civiltà , quantunque inconsiderato e latente rimanga troppo spesso nel cuore di alcuno . Se l ' accusato si presume colpevole , ei saprà bene che Tizio trovossi presente al fatto suo criminoso , e che Sempronio ebbe da lui la fiduciosa rivelazione del delitto commesso . Laonde al solo udire che Tizio e Sempronio sono chiamati dall ' accusa al processo orale , già capirà che Tizio sarà a deporre di ciò che vide e Sempronio di ciò che udì . Ma presumete invece , com ' è dovere , la innocenza dell ' inquisito , e ditemi allora come può egli , che forse mai non vide Tizio né parlo con Sempronio , indovinare cosa verranno a dire costoro , e preordinarsi alla controprova ! Il sofisma è pertanto palpabile ed il sistema è vizioso . E pur vidi talvolta alla vigilia del dibattimento notificarsi dal pubblico ministero i nomi di nuovi testimoni contro un accusato di due o tre delitti , senza neppure rendergli noto su quale dei diversi reati che a lui si rimproveravano si volessero esaminare quei nuovi testimoni . Il sistema è vizioso non solo perché pecca contro la uguaglianza che deve essere la prima legge sovrana di ogni buon procedimento ; ma perché ancora ha radice su due presunzioni entrambo fallaci . La presunzione di reità dell ' accusato , che è falsa sempre teoricamente e falsa spessissimo praticamente ; e la presunzione di veridicità dei testimoni , e di esattezza ed infallibilità del loro giudizio , la quale benchè vera teoricamente essendo spesso falsa praticamente , importa il bisogno che si diano mezzi sufficienti a combatterla . Può egli tollerarsi che all ' accusato non basti capitolare i fatti che intende provare a proprio discarico ; ma la facoltà in lui di avere alla udienza i testimoni , dai quali confida essere chiarito innocente , dipenda dall ' assoluto arbitrio del Presidente ? Incensurabile arbitrio ; che non dà ragione di sé ; e che spesso può trovare l ' unico suo movente nella economia del tempo o del denaro del fisco . Come possono gli onesti sentirsi sicuri dalle conseguenze di una calunnia dove la legge , paga di concedere loro larghezza di ciarle , ammette che il capriccio di un uomo possa frapporre insuperabile barriera alla giustificazione della innocenza ! Io non mi turbo , né mi commuovo per un grado maggiore di severità con cui si ferisca il colpevole , perché ho fiducia di non divenirlo . Ma palpito e tremo se penso che quando un ' apparenza fatale mi dipingesse colpevole , lo avere aperta la via a produrre la mia giustificazione dipenderebbe dalla benignità e dall ' arbitrio di un uomo . Cosa è poi la oralità nel sistema Toscano ? La legge dispone che il processo scritto non abbia alcun valore giuridico : che solo valga il processo orale della ultima udienza . Ma chi ha potuto vedere addentro nella realtà dei fatti , ha dovuto troppe volte convincersi non essere questa una verità , ma una pomposa parola . Non può essere una verità , se si riflette che la legge toscana mantiene la pena dello spergiuro contro il testimone che abbia nel processo scritto mentito : e così rende impossibile la ritrattazione di un teste mentitore , per quanto una resipiscenza salutare lo abbia condotto nella determinazione di redimersi alla pubblica udienza palesando la verità . Perché riesca utile codesto metodo bisogna sperare che il falso testimone non solo siasi pentito ma sia divenuto un santo , onde affrontare coraggioso il proprio martirio pria che persistere nell ' affermata falsità . Sogni sono questi e guarentigie di mera apparenza . Chè anzi codesta posizione non solo trattiene dal ritrattarsi il testimone mendace , ma ne trattiene eziandio il testimone che abbia errato e fatto poi miglior senno ; non che il testimone le cui parole si siano intese a traverso dall ' attuario . Spesso è avvenuto ed avviene che un testimone di poco spirito all ' udire la voce severa del presidente che gli ripete la consueta contestazione - diceste voi il vero od il falso nel processo scritto ? - si intimidisca del proprio pericolo , ed affermi come verità ciò che gli vien letto su quelle pagine , quantunque senta che quello scritto non riprodusse il genuino stato delle cose , né il vero concetto di ciò che egli intese deporre nel suo primo esame . Non è sempre , né può essere una verità questa prevalenza del processo orale sopra lo scritto , perché i risultati di quello non si raccolgono esattamente , ma si consegnano alla memoria dei giudicanti : i quali debbono poi riprodurselo fedelmente , spesso dopo uno intervallo di parecchi giorni , nella camera di consiglio ; dove peraltro sta sul tavolino immutabile il processo scritto , che in faccia ai giurati niente vale . Io non ebbi che poche volte occasione di esercitare la difesa degli accusati nelle altre province del Regno . Ma per quanto mi addimostrò codesto esperimento , e per quanto mi rivela lo studio di quelli ordinamenti , io li stimo molto migliori delle procedure penali toscane ; le quali ( spiaccia a chi vuolsi la mia professione di fede ) io reputo viziosissime fra le viziose . È poi nuovamente una guarentigia apparente , che torna a discapito della guarentigia reale , la duplicazione delle Camere d ' invio come in Toscana si esercita . Si è creduto di dare una tutela maggiore agli imputati dei delitti di alto criminale , con lo esigere che due turni successivi ripetano l ' affermazione della sufficienza degli indizi . Ma io vidi spesso la duplicità delle ruote ritardare non solo , ma rendere inutile il movimento della macchina . Non dirò che ciò sempre avvenga : perché magistrati coscienziosi ed illuminati la intendono spesso come si deve . Ma è avvenuto ed avviene ( ed io ne sono testimonio ) che nei giudici della camera di consiglio della prima istanza si tenga la opinione che quando il titolo del reato è di alto criminale , non possa la prima camera giudicare della sufficienza degli indizi : perché , come io mi sono sentito parecchie volte obiettare , è questo un invadere la giurisdizione della camera di accusa , alla quale esclusivamente spetta la cognizione del fatto . Ed è avvenuto poi che la camera delle accuse abbia trovato una difficoltà nel decreto d ' invio della prima camera , come un precedente che impaccia , necessitando quasi a trovarvi un grave errore per revocarlo . La legge sarda , per quanto a me pare , nell ' ordinamento di cui gli art . 244 , 414 e seguenti , è più semplice , più spedita , e forse meglio sicura . Si farà il solito obietto che la unica camera sarda è copiata dalla legge francese del 1856 . Ma le due camere della legge toscana del 1838 non erano esse copiate dall ' antico codice Francese ! Bensì nel grave argomento della custodia preventiva mi pare che ecceda in peggio da un lato la legge sarda per non destinarle dei limiti assoluti , come la legge toscana . E che dall ' altro lato prevalga in meglio sulla toscana per gli ordinamenti provvidi sulla cauzione . In Toscana siamo avvezzi a non vedere andar prigione prima della condanna altro che i ladri , ed i prevenuti di delitti che espongono a carcere oltre i due anni . La indefinita carcerazione preventiva della legge sarda sarebbe intollerabile . Questa è copiata dalla legge francese . Ma si guardi un momento oltre le Alpi . E vedrassi che in questo momento le grida contro cotesta preventiva carcerazione sorgono là da ogni lato . Pullulano oggi gli articoli di giornali , le monografie , i lamenti di ogni genere contro questo difetto ; talchè parmi che oggi sia questo il tema là divenuto di moda . E ciò significa che tra poco vedremo sorgere una emenda in Francia sul tal proposito , ed accettarsi alcuno dei tanti diversi piani che veggo progettarsi dagli scrittori . Bella gloria sarebbe andare innanzi ai nostri vicini , pria che aspettare ad imitarli , trascinati dalla prepotenza del vero . E noi ne abbiamo i materiali , sol che agli ordinamenti toscani sulla carcerazione preventiva , e sulla sua valutazione , si unissero i provvedimenti sardi sulla cauzione . Io non vorrei fidare la libertà dell ' innocente né a questi soli , né a quelli . Volgono poche sere che un provetto magistrato toscano ( e non era dei più miti ) mi diceva che nella pratica aveva trovato il sistema toscano della carcerazione preventiva tropo severo e impaccioso . Il suo completamento deve essere la cauzione . Esisteranno forse anche nella procedura sarda dei difetti notevoli , che io non vi scorgo . E tengo opinione che delle leggi procedurali male si giudichi a tavolino : e bisogni studiarle nella loro vita e nella esperienza . Ma nell ' insieme , tolto ciò che ho notato , io non vedrei ragione di dolermi del cambio . Ora tornando all ' argomento della penalità ( qualunque sia per essere la soluzione del grande preliminare problema sulla pena capitale ) sarà sempre a vedersi se rimpetto al codice Toscano che si toglierebbe a queste province , possa essere accettabile il codice Sardo tal quale sta : se sia cioè accettabile rispetto al progresso della scienza in questa provincia ; se sia accettabile rispetto ai suoi bisogni , ed alle abitudini che la governano . E qui di nuovo ripeterò che non intendo fare un trattato scientifico , né un corso di codice comparato , né d ' immergermi nella dimostrazione di speciali teoriche . Il cerchio di questo scritto , e la pochezza dei miei lumi , non si adattano a siffatto lavoro . Intendo solo di esprimere senza pretensioni quello che io penso su qualche punto dei più culminanti , sparpagliatamente e per via di semplici accenni . Incominciando dalle nozioni e dalle generalità , dirò che la definizione del delitto mancato , quale si pone all ' articolo 97 del codice Sardo , non è all ' unisono con gli ultimi pronunciati della dottrina . Ivi si confonde il conato pretergresso , che è l ' ultimo stadio del tentativo prossimo , col delitto mancato : ente giuridico , ritrovato della scienza moderna e creazione tutta Italiana perché figlia di quell ' altissima mente di Romagnosi . Il delitto mancato sta distinto come una specialità fra il conato pretergresso e il delitto consumato . La migliore definizione che del delitto mancato legga nei codici contemporanei ( ed oso dire la più esatta che possa darsi ) è quella che trovasi all ' articolo 46 del codice Toscano . Il delitto mancato deve presentare perfetto in sé stesso l ' elemento subiettivo ; il quale può essere imperfetto anche nel conato pretergresso . E perché l ' elemento subiettivo sia perfetto , bisogna che il non successo sia esclusivamente attribuibile ad un fortuito imprevisto : e che sia perciò dipendente affatto dal modo di agire e dalla forma di determinazione del colpevole . Equiparare il conato pretergresso al delitto mancato porta alla ingiustizia : perché con ciò sulla bilancia politica una serie di atti , che per quante volte si ripetessero in quelle condizioni dovrebbero sempre ( tranne la providenziale interposizione di un fortuito ) consumare la infrazione , si equipara ad una serie di atti che per la legge immutabile delle fisiche relazioni avevano in loro stessi la probabilità di risultare inetti . E così per una parità del mero elemento intenzionale si parificano , a discapito della giustizia politica , due materialità ontologicamente diverse , e rappresentanti un diversissimo grado di pericolo sociale . La sostituzione dell ' art . 46 toscano all ' art . 97 sardo sarebbe un omaggio alla scienza ed un servizio alla giustizia ; e nulla disturberebbe la economia di questo codice , il quale d ' altronde nella distribuzione della penalità del tentativo offre campo bastevole per la repressione del conato pretergresso . Dissonante coi principii della scienza , ed eccessivo di rigore è l ' art . 536 del codice penale Sardo ; il quale prevede una specialità che , dove presenti i termini del tentativo , troverà congrua repressione nella sua sede ; dove non li presenti , non può essere mai meritevole di tanta repressione . Nulla osservò sull ' art . 99 del codice Sardo per non ripetere le censure già svolte da altri . In quanto alla istigazione a delinquere non accolta , ricorderò ciò che altra volta ebbi occasione di dire . Se spiace ad alcuno che il codice Sardo non abbia nessuna disposizione speciale contro la istigazione non accolta , è però esorbitante l ' art . 54 del codice Toscano che ammette la punibilità di qualsiasi istigazione non accolta , e non fa le debite distinzioni fra il dolo di proposito ed il dolo d ' impeto , che può bene verificarsi anche nell ' istigatore , e che rende scusabile una parola proferita in un momento di esaltazione ; né fa la debita restrizione per la levità del malefizio a cui si sarebbe istigato . È incontrastabile che tutti i buoni criminalisti i quali hanno ammesso la punibilità della istigazione non accolta , l ' ammettono soltanto in atrocioribus . E fu un vero gioco di parole l ' argomento che vidi adoperare a difesa di quell ' art . 54 , dicendo che il medesimo non dichiarava punibile qualsisia istigazione , ma soltanto quelle che avessero il carattere di efficacia . In verità a me parve priva di ogni valore cotale risposta , poiché se la istigazione che quell ' articolo vuol punire si suppone per necessità non accolta , non so per modo alcuno comprendere come possa ella dirsi efficace . La efficacia di una istigazione non vuole già cercarsi in un influsso fisico che non esiste , ma soltanto nella pressione che esercitò sulla determinazione criminosa dell ' autore del malefizio . Laonde se la istigazione non fu accolta è chiara prova che non ebbe efficacia sulla determinazione , perché non persuase colui che voleva persuadere al delitto . Una efficacia astratta disgiunta dalla efficacia concreta è un ente così indefinibile ed elastico da essere quasi impossibile a concepirsi . In quanto alla recidiva il codice Sardo ( art . 118 ) parifica la recidiva vera alla finta ; la recidiva propria alla impropria ; e rende perpetuo ( art . 125 ) lo stato di recidivanza . Il codice Toscano ( art . 82 ) non considera la recidiva finta , esigendo la piena espiazione della pena : non considera la recidiva impropria ( art . 84 ) , esigendo un delitto congenere : non riconosce perpetuità ( art . 83 ) nello stato di recidivanza . Nel conflitto delle due opposte dottrina io tengo una opinione eclettica . Non trovo giusto che si parifichi , come nel codice Sardo , la recidiva nell ' istesso reato con quella in reato diverso . Né che si parifichi la recidiva dopo la espiazione della pena , alla recidiva dopo una semplice condanna . Ma trovo insufficiente ai bisogni della pubblica difesa che la ricaduto dopo una condanna , o la ripetizione di diversa delinquenza si lascino , come nel codice Toscano , affatto inosservate . Nel mio modo di vedere dovrebbe esservi una gradazione , nella quale questi due ultimi casi dovrebbero rappresentare una media . È poi assolutamente risibile l ' aumento di penalità che il codice Toscano ( art . 85 ) infligge contro i recidivi , senza limite alcuno nel minimo . E la dico tale , perché tale me l ' ha mostrata la pratica ; vedendo spesso nei giudizj correzionali risolversi in un giorno di carcere la conseguenza della recidiva contro un ladro che tornerà forse per la decima volta a molestare la giustizia . Lodo il codice Sardo per avere ammesso la prescrizione della pena , che dal codice Toscano non si volle riconoscere per una soverchianza di rispetto al principio morale sul principio politico . E noto che la prescrizione dello stato di recidivanza non è che una logica deduzione di quel principio . Adesso faccio passaggio alla considerazione di alcune specialità penali ; sempre procedendo non per via di un ' analisi metodica e completa , ma spezzatamente annunziando i pensieri miei . La penalità dell ' omicidio nel codice Toscano ( articolo 310 ) è troppo mite nel suo massimo . Non sta in proporzione con le penalità dallo stesso codice sancite contro il furto violento ( art . 390 ) e contro la violenza carnale ( art . 281 ) . Non sta in proporzione con la importanza di tutelare la vita umana . E specialmente è troppo dimesso quel massimo , perché non lascia adito a proporzionare la repressione ai gradi diversi di malvagità della proeresi criminosa ; gradi che nei delitti di sangue , più che in ogni altra specie , sono infinitamente variabili di variazioni pronunciatissime sotto il rapporto della moralità dell ' azione . L ' omicidio può essere predisposto senza giungere a presentare quei rigorosi estremi che costituire devono la premeditazione . L ' omicidio può essere conseguenza d ' istantanea risoluzione ; ma figlio di una crudele proclività , perché scompagnato da qualunque concitazione dell ' animo . L ' omicidio può essere conseguenza di un esaltamento di passione istantanea che senza presentare i caratteri giuridici della provocazione , meriti peraltro un riguardo . Tutte queste diverse forme dell ' elemento intenzionale nei delitti di sangue si riunirono dal codice Toscano in un fascio , unificate sotto la generica denominazione di omicidio improvviso . E per la ristretta graduabilità della pena che quell ' articolo stringe dai 7 anni ai 12 di casa di forza non rimase a sperare che la prudenza ed equità dei magistrati potesse in pratica bastantemente supplire a quella proporzionata distribuzione , che giustizia esige e che ha trascurato di fare la legge . Ma d ' altro lato il codice Sardo con la sua nozione dell ' omicidio volontario ( art . 522 ) , e con la sua penalità ( art . 534 ) affatto ingraduabile , riproduce sotto altro aspetto anche più sensibili questi difetti . E se il codice Toscano offende la giustizia distributiva per la troppa mitezza verso i micidiali più scellerati ; il codice Sardo la offende per la soverchia severità verso i micidiali più meritevoli di qualche commiserazione . Stimo viziosa la nozione dell ' infanticidio quale trovasi nel codice Sardo ; e molto migliore e più conforme alla scienza quella del codice Toscano ( art . 316 ) . Ad ogni modo la gradazione della penalità nell ' infanticidio sembrami troppo ristretta nell ' art . 532 del codice Sardo : non potendo , per quanto mi pare , discender mai per la madre illegittimamente fecondata e minacciata di sovrastanti sevizie , al disotto dei sette anni di reclusione . Il caso previsto dall ' art . 318 del codice Toscano parmi che non abbia provvisione speciale nel codice Sardo . Tanto il codice Sardo quanto il Toscano cadono peraltro ambedue nel difetto di definire la scusa con la designazione dello stato di fatto anziché con la designazione dello stato dell ' animo della donna colpevole . La ragione per cui secondo l ' uno si degrada la imputazione dello infanticidio , e secondo l ' altro se ne costruisce la nozione speciale , non risiede nel mero stato di fatto ; nello essere cioè la femmina illecitamente fecondata . La ragione della scusa sta nel bisogno di salvare l ' onore , e nel turbamento e nella pressione che il pericolo dell ' onore e di gravi danni futuri esercitò sull ' animo della sciagurata e la sospinse alla strage . La illecita fecondazione è la causa della causa minorante , ma non rappresenta in sé sola la minorante , se non le tenne dietro la vera causa di questa . Ora non per tutte le femmine la illecita fecondazione può riconoscersi come causa di pericolo nell ' onore , e così come causa di turbamento meritevole di commiserazione . Non lo è nella donna di bordello , né in colei che già fosse altra volta punita come infanticida . Ora se la minorante si annette al solo stato di fatto viene per necessità a vedersi applicata la medesima anche a coloro per le quali il pericolo dell ' onore era un epigramma , e per le quali in conseguenza la vera causa che minora ( o respettivamente impropria ) il reato non ricorre assolutamente . Non bisogna dunque desumere la definizione di cotesto caso dalla causa , quando questa può qualche volta non corrispondere a quella . Bisogna definirlo con referenza alla vera causa prossima ; che è il pericolo dell ' onore . Quando il codice Sardo lasciata da parte la inutile enunciativa della illecita fecondazione avesse dichiarato scusabile l ' infanticidio commesso per salvare l ' onore della donna : e quando il codice Toscano avesse fatto altrettanto per dare la nozione speciale del titolo d ' infanticidio , avrebbero l ' uno e l ' altro esattamente riprodotto il concetto ed intendimento loro ; ed avrebbero evitato il rischio di risultamenti che sono un vero sconcio ed una vera contradizione . È però traboccante di rigore il codice Toscano ( art . 310 § . 2 ) in ordine alla penalità dell ' omicidio provocato . Esorbitante di rigore in faccia ai principj ; esorbitante in faccia alle giurisprudenze ed a tutti i codici contemporanei . Lo proclamo tale senza esitazione ; sì perché ammette l ' arbitrio libero ed incensurabile nei giudici , malgrado qualsiasi veemente provocazione , d ' infliggere la pena ordinaria dei sette anni di casa di forza ; sì perché quando i magistrati consentano ad abbassare la pena , non ammette abbassamento sotto i tre anni della casa di forza . Onde ne avviene in pratica la conseguenza che quando i giudici si sentono commossi a riguardo di un imputato , debbono scendere ad una finzione ; adoperando il rimedio dell ' art . 64 . E dico finzione , perché la provocazione può essere veementissima ed intollerabile , quantunque non tolga all ' omicida la coscienza dei propri atti e la libertà di elezione . Tutti i codici contemporanei rispettano questa mal frenabile condizione della umana natura , che spinge l ' uomo a reagire con la violenza contro la ingiusta violenza . E senz ' andare a supporre perturbazione di mente , trovano nella giusta indignazione da un lato , e nella ingiusta brutalità dall ' altro lato , una legittima ragione di scusa ; ed abbassano la pena dell ' omicidio provocato , i più severi fino ad un anno di carcere ; i più miti ( fra i quali è in questo punto nell ' art . 562 il codice Sardo ) fino a sei mesi di carcere secondo il grado della provocazione . Stimo dunque in questa parte assai di gran lunga migliore il codice Sardo . E qui mi si permetta di osservare , che se adopero sempre la espressione codice Sardo , non è per un ' antitesi municipale , ma perché non posso chiamarlo codice Italiano mentre di fatto non lo è : e mi giustifica il frontespizio della edizione officiale del 1859 . In proposito delle lesioni trovo meritevole di speciale osservazione l ' art . 544 del codice Sardo § . 3 , il quale prevede una forma di ferimento , che a ragione si tiene come aggravata per la causa dalla quale procede la proeresi criminosa : e può anche dirsi aggravata per il risultato politico , stante il periodo che ne deriva allo svolgimento della pubblica giustizia . L ' articolo 548 del codice Sardo è una vera necessità che si mantenga , com ' è una vera lacuna lamentata da molti la omissione di questo titolo di reato nel codice Toscano . Questa fatale lacuna fu quella che eccitò in Toscana una vivissima lotta fra le esigenze della scienza , e dirò anche della verità delle cose , e le esigenze della pubblica sicurezza . Queste fecero sentire tutto lo inconveniente di lasciare senza repressione la esplosione di un ' arma da fuoco avvenuta in rissa , perché fortunatamente per l ' uno , ma poi sfortunatamente per l ' altro , non aveva recato nessuna lesione . Ad evitare siffatta bruttura lo zelo dei Magistrati si trovò costretto ad allargare la nozione del tentato omicidio oltre quei confini che la scienza le segnava e che la verità delle cose imponeva di osservare ; e si pretese di trovare il tentato omicidio nelle esplosioni senza effetto quantunque commesse per impeto istantaneo ed in rissa . Così il non avere recato offesa fu sventura per l ' esploditore , perché quando egli ebbe ferito si tradusse per titolo di lesione ; ma quando non produsse effetto nessuno si tradusse per tentativo , perché mancando nella legge il titolo di esplosione contra hominem non si sapeva qual delitto rimproverargli , e pareva sconcio lasciato impunito : ed il tentativo non volle arrestarsi alla lesione , ma referirsi all ' omicidio . Di qui la discordia che tenne divisi i magistrati , e li tiene tuttora . Perché i più affezionati ai veri principii della dottrina non vogliono sapere di considerazioni politiche che rimandano all ' aula legislativa ; e recisamente fanno omaggio al principio che nei fatti d ' impeto nega potersi riconoscere tentato omicidio , per la ragione che tale è l ' insegnamento presso che universale dei criminalisti , e perché il concetto del tentativo applicato agli atti di chi non calcola e non riflette è un ' assoluta contradizione psicologica . Di qui il conflitto di giudicati contradittorii , perché altri Magistrati ( alla cui dottrina fa velo l ' apprensione del pericolo sociale ) ammettono indistintamente il tentativo nell ' impeto . E ammesso questo si apre una strada dolorosa agli errori giudiciarii , sostituendosi facilmente lo elemento materiale del conato al suo elemento intenzionale , che dovrebbe essere separato ed avere la sua prova specifica : ed imprestandosi dal freddo calcolo del magistrato la risoluzione diretta alla uccisione dell ' avversario ad un uomo nella cui mente , nella verità delle cose , il pensiero di quella uccisione non aveva neppure balenato ; o che agendo sotto l ' impulso di un dolo indeterminato aveva concepito soltanto l ' idea di sfogare la sua collera recando male al nemico senza speciale previsione , senza speciale interesse , senza speciale desiderio che questo male fosse precisamente la morte . Perché la considerazione dell ' affetto prevalga alla considerazione dell ' effetto nella misura della penale responsabilità , bisogna che l ' affetto sia positivo e determinato , e che il maggior male non avvenuto non si trovi soltanto nelle possibilità fisiche del fatto materiale , ma nel resultato del giudizio e del calcolo dell ' agente : giudizio e calcolo che negli atti impetuosi non può essere mai netto , e che si supplisce dalle congetture del giudice con una divinazione troppo spesso ingiusta e contraria al vero . Si stabilisca la misura della responsabilità negli atti materiali che in loro stessi presentano pericolo di un male maggiore di quello prodotto . La misura cercata in questo campo procede sovra dati positivi , dipendenti dall ' ordine naturale di relazione fra causa ed effetto , secondo la esperienza della sua maggiore probabilità . Il pericolo è nel fatto . Chi esegui quel fatto non può lagnarsi se sulla bilancia della giustizia pesa il pericolo di codesto fatto , che egli volle ed eseguì . Ma quando la misura della sua responsabilità non più si cerca soltanto negli immutabili rapporti delle cose secondo l ' ordine fisico , ma in una intenzione del reo che si vuol supporre più brava , bisogna che di tale intenzione si porgano riscontri più positivi , e meno fallibili di quelli che si possono desumere dagli atti precipitosi dell ' uomo che agisce sotto la istantanea perturbazione dello sdegno . Quando il magistrato dice - io ti condanno perché tu hai eseguito un atto che recava pericolo di dar morte e tu dovevi prevedere questo pericolo - il condannato non può ispondere al suo giudice - tu sei ingiusto . Ma quando il magistrato dice al reo - io ti punisco perché tu non solo eri in debito di conoscere quel pericolo dell ' atto tuo ; ma perché avevi precisa volontà di cagionare quel maggior male , e non altro - il condannato che ritorna sovra sé stesso e ricorda di non avere a quel male più grave fermato il pensiero , né diretta la sua volontà , risponde al suo giudice con fronte sicura - tu hai mentito ed io ne sono certo assai meglio di te . Un ' adequata penalità che si distribuisca contro certi atti gravemente pericolosi benchè riuscissero innocui , permette di rispettare senza esitanza la regola che nega il tentativo nell ' impeto , e coordina la giustizia pratica con la giustizia assoluta , la tutela del diritto col rispetto alla verità , e bandisce per sempre i voli della fantasia dalle meditazioni dei Magistrati . Procedendo ad altri generi di delinquenze , io trovo che troppo meschina la repressione del furto semplice nel codice Toscano ( art . 376 ) ; non che , per alcuni casi , quella di certi furti qualificati ( art . 386 lettera b . ) Ammetto che debba tenersi conto nella penalità del furto del valore del tolto , ultima misura del danno immediato in tali reati . Ma dovrebbe esservi un principio di penalità preambula ed invariabile , relativa alla violazione del diritto astratto di proprietà e di domicilio . Su ciò è notabile una singolarità che sorge dal confronto dell ' art . 376 coll ' art . 363 del codice Toscano . Questo ultimo articolo contempla il reato di violato domicilio , e sotto questo titolo colpisce con la carcere fino a sei mesi chiunque s ' introduca contro volontà di chi ha diritto di escluderlo nell ' altrui abitazione o nelle sue appartenenze . Chi entra in casa d ' altri , anche per mera curiosità , può dunque essere punito con sei mesi di carcere . Ma l ' art . 376 punisce col carcere di un mese al più chi commette furto minore di venti lire , ancorchè il furto sia commesso nell ' abitazione del proprietario o nelle sue appartenenze . Chi dunque s ' introdusse in casa altrui per mera curiosità sarà punito sei volte più di colui che vi s ' introdusse a fine di rubare e rubò ! E quegli che si trova sotto l ' accusa di violato domicilio , dovrà esso contro la verità dichiarare che vi si era introdotto per commettere un piccolo furto , onde uscirne con pena minore ! Non mi persuade che un ladro , ogni due o tre mesi chiamato regolarmente in faccia ad un tribunale di prima cognizione per render conto di un furto del quale è riuscito convincerlo , non possa soggettarsi a carcere maggiore di un mese , con più quindici giorni per la recidiva , perché questo mestierante ha avuto l ' accortezza di rubare soltanto venti lire . Non ammetto che quando una schiera di malviventi ha notturnamente invaso la mia casa , atterrandone audacemente le chiusure per saccheggiarla , possa , incontrando giudici misericordiosi , uscirne con un anno di carcere perché non potè rubare più di cento lire . I diritti di proprietà e d ' inviolabilità di domicilio , hanno un valore reale che deve ritrovare il suo peso sulla bilancia della giustizia politica , né permettono che la loro tutela si abbassi a proporzioni cotanto elusorie . Se si medita la ultima fattispecie trovasi ancora che il concetto del tentativo non svolge pariformi conseguenze nel delitto di furto come negli altri reati . Riflettasi infatti se egli è possibile credere che una mano di mariuoli organizzino la invasione di una casa , si procaccino chiavi false , e mezzi idonei per atterrare gli usci , per forzare le interne chiusure , e rubare ; si espongano ai rischi della impresa ; e tuttociò per rubare cento lire ! Un concetto pazzo non può imprestarsi ad alcuno . Bisogna dunque persuadersi che costoro si auguravano di rubare migliaia . Ma nol poterono perché il proprietario aveva di là tolto gli oggetti di ingente prezzo , che dovevano costituire l ' agognato bottino , e vi aveva lasciato soltanto quel meschino valore . Laonde per la regola comunemente accettata , che ricusa la nozione del conato dove riscontrarsi la mancanza del soggetto passivo ( lascio adesso di discutere le condizioni che secondo me dovrebbe avere questa regola ) non è possibile condurre costoro a pena superiore mediante l ' applicazione del tentativo di furto magno . Che ne consegue ? Che un fatto di questa natura resta represso con poca carcere . Ne consegue che al diritto di proprietà e di domicilio non può neppure indirettamente adattarsi dai magistrati una difesa proporzionata alla loro importanza . La intenzione in una parola , si volle che fosse tutta nei delitti di sangue ; si volle nulla nel delitto di furto . L ' effetto insignificante non fu che di poco proficuo nei primi ; fu benefizio grandissimo nel secondo . Ma l ' effetto morale più grave che risulta nell ' animo mio è egli lo spavento che mi cagiona la invasione del mio domicilio , o il dolore che mi cagiona la perdita di cento lire ? Dal lato dell ' elemento intenzionale nei delitti di sangue la scusa può dirsi la regola : la rissa , l ' impeto , lo irriflettuto agire sono il caso più frequente ; la brutalità e la premeditazione sono la eccezione . Nel furto invece il mestiere , e il deliberato proposito sono la regola : raro ed eccezionale il caso di scusa . Non nego che anche il furto non abbia le sue scusa : concordo che debbano valutarsi per assoluta giustizia . La occasione tentatrice , la urgenza di gravi bisogni di famiglia , non possono non essere valutati . Ma questi casi estremi che prestarono tanta materia di declamazione ai romanzieri contemporanei , io ripeto che sono una rara eccezione : a cui si provvede con un ' attenuanza bene ordinata . Ma il caso ordinario e normale nel furto è quello della speculazione ; è quello di una guerra sistematica alla proprietà : guerra alla quale deve contrapporsi una difesa proporzionata alla importanza sociale del diritto astratto . Gli antichi che della recidiva nel furto fecero un caso eccezionale , no , non mancarono di filosofia e di esperienza benchè trasmodassero nelle punizioni . Più tenero custode della proprietà il codice Sardo ( mentre non ha esagerato la penalità dei furti qualificati , ed anzi in alcune combinazioni possa risultare più mite del toscano ) lascia ai magistrati ( articolo 622 ) maggiore larghezza per reprimere i furti semplici . Soltanto all ' art . 625 § . 1 è troppo elevata la somma di lire venti , la quale non può raggiungersi che in casi eccezionalissimi nei furti campestri . In questa parte la proprietà è meglio protetta dal codice Toscano ( art . 376 lettera a ) . Ed io non vorrei cambiarlo : e solo vorrei con la provvisione speciale del n . 3 dell ' art . 625 Sardo , aggiungere una migliore protezione delle proprietà rurali contro il flagello dei danneggiatori . Io credo perciò che in questa parte la estensione delle sanzioni sarde alla Toscana , fatte piccole modificazioni sulle orme della teoria toscana dei furti aggravati , sarebbe salutata come una fortuna tra noi da tutti i proprietarii . Il codice Sardo ha capito ciò a cui non pose mente il legislatore toscano : voglio dire che se non è a prevedersi che alcuno oggidì eserciti l ' arte di feritore , è pur troppo una verità che molti esercitano il furto come mezzo d ' industria . Ed in proposito di questa idea del delitto esercitato come industria , vorrei si meditasse se l ' assoluta irresponsabilità del minore , estesa dal codice Toscano , sul fac - simile del codice Badese , agli anni dodici ( art . 36 ) non sia assai pericolosa . Penso io pure che uno stadio di assoluta irresponsabilità nell ' aurora della intelligenza umana vi debba essere ; e che sia impolitica una procedura criminale contro un bambinello . Perciò non lodo ( anzi trovo difettosissimo ) il codice Sardo , ove ad imitazione del codice di Francia , e contro la universale pratica contemporanea , ammette ( art . 88 ) che possa instaurarsi , se così piace a cui spetta , la solennità di un giudizio criminale contro un fanciullo di quattro o sei anni . Ma lo estendere la irresponsabilità ai dodici , parmi cosa gravida di pericolo per la morale pubblica ; appunto perché in certe famiglie , nelle quali ( tristissima verità ) il delitto è mestiero , può esser questo un impulso a precoce demoralizzazione : per l ' avvio che può farsi dei figliuoletti al furto o ad altra delinquenza , nella certezza di non vederli perseguitati con regolare procedimento . Lo stadio della irresponsabilità , ammesso da tutte le altre legislazioni contemporanee , fu esteso dove ai sette , dove agli otto anni ; e al più ai nove , ed ai dieci in paesi settentrionali . Era veramente la Toscana una regione , sotto il cui cielo si potesse presumere una tardività di sviluppo , da estendere ai 12 anni compiti il debito di rispettare le leggi ? Il povero colono che trova nel suo podere una schiera di giovinetti vendemmiando il frutto dei suoi sudori , è un barbaro se li percuote , ed è punito severamente . Ma se chiede alla giustizia protezione , la trova egli ? Io penso dunque 1.° che sia un difetto del codice Sardo il non avere stabilito uno stadio di irresponsabilità per presunzione juris et de jure in un primo periodo della vita - 2.° che sia vizioso il codice Toscano che estende tale stadio a 12 anni - 3.° che sia difetto in questo , e pregio nel codice Sardo ( art . 91 ) lo aver previsto come minorante la età dai 18 ai 21 : sebbene fra i casi esclusi dal benefizio di questo articolo mi parrebbe doversi annoverare anche il furto . Saggio mi sembra del pari il codice Sardo , quando all ' art . 639 subordina la repressione dei ricettatori di cose furtive alle varietà criminose del furto donde quelle cose provennero ; né voglio ripetere le critiche già da me pubblicate su ciò contro il codice Toscano . Onde io preferisco il criterio assunto dal Sardo per la misura di questo malefizio . Al codice Sardo può farsi rimprovero di difettare nella previsione del favoreggiamento , considerato come delitto di per sé stante ; che ha il suo obietto speciale nella pubblica giustizia , da lui impedita . Ma il codice Toscano , affezionato alla idea del favoreggiamento , ne allargò la nozione oltre la misura della sua verità , estendendola al caso della partecipazione posteriore nel lucro di un delitto ( art . 60 ) ; e poscia con una singolare predilezione facendo pei compratori dolosi di cose furtive ( art . 418 ) una benignissima restrizione di penalità . Sicchè il compratore doloso , anche dei giojelli rubati alla Galleria di Firenze , non potrebbe colpirsi col carcere al di sopra di un anno ; e non lo potrebbe quantunque il furto fosse accompagnato dalle circostanze più odiose . Laddove chi ad uno di quei mariuoli avesse pietosamente agevolato la fuga potrebbe incorrere nella carcere per due anni . Io cerco la nozione del fatto criminoso nella intenzione dell ' agente , e nel risultato : non nei voli fantastici di una dottrina . E nella intenzione e nel risultamento , il compratore o ricevitore doloso di cosa furtiva vuole violare il diritto di proprietà ; ed effettivamente lo viola col fatto suo . Ed è perciò ( non si questioni del nome ) un aiutatore del ladro a consumare lo spoglio del proprietario , ed a renderlo irreparabile . L ' art . 137 del codice Toscano , che nel modo con cui giace fa un antagonismo alle disposizioni dello Statuto fondamentale , aveva il suo correlativo nel vecchio codice Sardo al capitolo 2; dove fu cancellato nella nuova promulgazione del 1859 . Cancellarlo , o correggerlo anche in Toscana , perché il codice si coordini allo Statuto , sarà obbedienza alla logica . È parimente una necessità logica la provvisione dell ' art . 188 del codice Sardo ; se non che parmi che questo articolo ( non che l ' articolo 183 ) nella misura della penalità non abbiano tenuto conto abbastanza della gravità del mezzo ( tumulti ) che si presuppone adoperato a disturbare le sacre funzioni . Sembrami poi che il codice Sardo negli articoli dal 194 a 204 protegga la libertà personale del cittadino in faccia al pericolo di abusi della pubblica forza ( non che il domicilio all ' art . 205 ) con economia più prudente di quella usata dal codice Toscano negli art . 184 , 190; con l ' ultimo dei quali adegua la perquisizione arbitraria all ' arresto arbitrario della persona : e poi scende a punire con una multa riducibile a trenta lire il pubblico ufficiale che per capriccio violi il domicilio del cittadino ; o tenga indebitamente in carcere ( art . 184 ) un individuo . Se temevasi di rallentare lo zelo di questi pubblici ufficiali , valeva meglio tacere di tali fatti , e restarsene ad una semplice indennità , anziché ridurli a così meschine proporzioni . Bensì nel codice Sardo mi sembra in proposito della tutela della libertà personale sia una lacuna . Non trovo in alcun luogo previsto il caso della violenza privata che sia fine a sé stessa ; vale a dire che non abbia servito di mezzo a commettere un altro delitto . Questo reato , ben definito , e congruamente punito dall ' art . 361 del codice Toscano , non può pretermettersi . Poiché egli è ormai pacifico nella scienza che anche quando facciasi violenza ad alcuno per un fine non delittuoso , poiché si lede un diritto importante dell ' uomo ed a lui carissimo , voglia bene ragione che anche codesto diritto si protegga dalla legge punitiva . Ugualmente è da lamentarsi nel codice Sardo la mancata repressione della minaccia semplice , adequatamente prevista e punita dall ' art . 362 del Toscano . In quanto alla resistenza contro la pubblica forza , il codice Toscano è mirabile per la severità con cui la colpisce nella sua minima forma : quando cioè è scompagnata da turba , da lesioni gravi , od altre aggravanti . Esso dopo un massimo di quattro anni di carcere ( art . 143 ) si ferma al minimo di sei mesi . E così pone la misura del minimo dove il codice di Francia ( art . 212 ) pose la misura del massimo ! Il codice Sardo ( art . 251 ) si trattiene come il Francese al massimo di sei mesi quando la resistenza non commettasi da riunione armata . In ciò concorda col codice Francese e con altri molti . E qui mi piace notare che anche il codice che Francesco V dettò nel 1855 al già suo Ducato di Modena , all ' art . 188 § . 4 , puniva la resistenza semplice col carcere non mai superiore a sei mesi . Lo speciale rigore del codice Toscano contro questo delitto , che spesso si estrinseca con moti quasi istintivi diretti a conservare la libertà propria , o di persona a sé cara , non può trovare ragione in una speciale fierezza ed insubordinazione delle popolazioni toscane ; come non ve la torva l ' eccessivo rigore contro gli omicidii provocati . La deconsiderazione in quel codice dell ' impero che può esercitare sull ' animo anche dei più onesti l ' istantaneo sentimento di un pericolo , o un giusto sdegno , sembra rivelare un arcano pensiero che anela spegnere nei sudditi la coscienza dei propri diritti , e mansuefarli alla monastica tolleranza delle ingiurie . E questa osservazione estendo ancora alla valutazione della difesa propria ed altrui , in faccia ad un grave ed ingiusto pericolo che minacci la vita o la pudicizia di un cittadino . Ad ogni modo la estensione alla Toscana delle più miti penalità sarde verso il delitto di resistenza , e della giustissima mitigazione delle medesime prescritta all ' art . 267 , non potrà incontrare disapprovazione dai dotti , né eccitare malcontento . Anche qui mi assiste una reminiscenza . In Lucca ebbe vigore per trent ' anni una legge speciale dettata nel 1816 dal Governo provvisorio tedesco : che alla resistenza senz ' armi con lesione lievissima fulminava un minimo di vent ' anni di galera . Malgrado questa legge , gelosamente conservata dal Governo borbonico , non vidi mai poscia tanto frequenti le resistenze alla forza quanto in allora . E dovevano esserlo ; perché la severità delle pene eccitava maggior desiderio di sottrarsi all ' arresto . Pretendere con qualche mese più di carcerazione minacciata alla resistenza , che un reo non lotti per sottrarsi alla mano che vuol condurlo prigione , è una idea vana . Il reo in codesto pauroso momento ha nella pena che vuole evitare troppa ragione di scordare la pena che si minaccia alla resistenza ; ed il magistero penale elide sé stesso . Corre sullo stesso ordine d ' idee la disparità fra il rigore eccessivo del codice Toscano ( art . 344 ) e la mitezza del Sardo ( art . 589 ) in proposito del duello . Non voglio a questo proposito trattenermi sulla divergenza relativa alla politica imputabilità dei padrini ( art . 593 Sardo , art . 348 Toscano ) troppo essendo combattute nella dottrina le respettive opinioni . E solo dirò che alla prevenzione meglio provvede il codice Toscano . Ma la pena della casa di forza da tre a dieci anni sancita dall ' art . 344 Toscano contro l ' omicidio commesso in duello mi sembra troppo severa , e preferirei la penalità dell ' art . 589 Sardo ; aggiungendovi però all ' ultimo alinea la limitazione dell ' art . 343 Toscano ; e non dimenticando la previsione dell ' art . 595 Sardo . Il quale non parmi repugni ai principj della scienza : almeno per la opinione che io credo più vera in ordine alla estraterritorialità del giure penale . Parmi poi che sia una lacuna nel codice Sardo la mancata previsione della frode ( art . 346 Toscano ) . Non può esser dubbioso che qualsiasi slealtà tolga al duello il criterio psicologico della sua specialità , vale a dire la obbedienza ad un sentimento di onore . Prevede il codice Sardo ( art . 286 e segg . ) la ragion fattasi di privato arbitrio . Procede da un lato con una discriminazione di casi , sotto il rapporto della penalità , più diffusa che non sia quella del codice Toscano ( art . 146 ) : ma dall ' altro lato , per ciò che attiene alla indicazione della materialità del fatto ( art . 286 primo alinea ) il codice Sardo restringe la nozione di quel reato a certi determinati scopi . Ciò sotto un aspetto può meritare osservazione per la parità in cui si pose la demolizione dei fabbricati con gli altri fatti ; e sotto altro aspetto offre il pericolo di lasciare scoperta qualche contingenza speciale di ragion fattasi , che non cada sotto le tassative descrizioni colà enumerate . La definizione toscana è molto migliore . Sono però di opinione che la limitazione dell ' articolo 288 del codice Sardo sia lodevole , e giusta . So benissimo che questo reato non trae la propria essenza da un principio morale , ma da un principio puramente politico : e che in faccia alla dottrina scientifica la nozione della ragion fattasi non si modifica per la verità o insussistenza del diritto arbitrariamente esercitato . Ma la scienza è salva quando si conserva la nozione malgrado la verità del diritto esercitato . Né si contradice la scienza se , coordinando il principio morale al principio politico , si ammette una minorante nella verità del diritto esercitato . È un fatto che in questo caso la giustizia è lesa solo nella forma , e non più nella forma e nella sostanza . Anche in ordine alla vendita di fumo il codice Sardo ( art . 313 , e 314 ) colpisce un caso che il codice Toscano ( art . 200 ) non prevede . Il caso cioè delle millantazioni fatte dal sicofanta non per estorcer denaro ma solo per boria , per acquistarsi credito , o per malavoglienza contro gli ufficiali . Il codice Toscano lascia scoperti codesti casi , tranne quando possano trarsi sotto il titolo d ' ingiuria contro il pubblico ufficiale . In questo punto mi pare che il concetto del codice Sardo sia più conforme ai principii della scienza : per la quale nel punire questo delitto non si vuol proteggere l ' interesse del privato , che mirando ad un fine illecito non può meritare protezione . Ma si guarda al discredito della pubblica giustizia nella opinione popolare . In ordine alla falsa moneta il codice Sardo ( art . 316 e seguenti ) minaccia pene certamente più severe di quelle toscane ( art . 222 e seguenti ) . Ma chiunque rifletta che questo delitto è sempre premeditato , e può formare argomento di una speculazione perniciosissima , non trova che sia male collocata una certa severità . D ' altronde l ' art . 222 lett . a , e 223 lett . a del codice Toscano ( malgrado le dichiarazioni dell ' art . 240 ) sono a mio parere poco sufficienti alla repressione e viziosi . E là infatti si ammette il possibile che un fabbricante abilissimo di falsa moneta d ' oro se la passi con sei mesi di carcere , perché per avventura non sia riuscita l ' accusa a sorprendere gli ordigni ( che d ' altronde sono quasi un presupposto necessario ) ed abbia potuto contestargli soltanto la fabbricazione di una moneta . Qui evidentemente esercitarono l ' influsso loro le tradizioni di una dottrina inesatta che un tempo prevalse in Toscana ; cioè che la falsa moneta non fosse che un furto qualificato . Ed anzi se si confronti l ' art . 386 , trovasi la fabbricazione di falsa moneta punita meno del furto domestico ; quantunque , se questo viola la fede privata , quella violi la fede pubblica . Anche in proposito di questo delitto io penso dunque che una elevazione di rigore non potesse eccitare repugnanze nella popolazione toscana . Per il delitto di adulterio il codice Toscano ( art . 291 ) è assai più severo del codice Sardo ( art . 486 ) . Carcere da tre mesi a due anni per questo . Carcere da due anni a quattro per quello . Ma su ciò non dimoro . Perché porto opinione che dove la religione , la morale , e l ' affetto alla famiglia non valga , nessuna donna si asterrà mai dal darsi in braccio ad altri per il pensiero di una pena più o meno prolungata , che terrà dietro alla sorpresa , allo scuoprimento , alla querela maritale , ed alla persistenza nella medesima . Le pene contro l ' adulterio vi debbono essere per evitare le vendette maritali . Ecco la utilità sociale di siffatte punizioni . Sicchè la severità maggiore usata dal codice nostro contro le adultere non potrebbe trovare ragione in altro che nello essere i mariti toscani più risentiti e vendicativi dei sardi ; onde facesse mestieri offrir loro più larga soddisfazione a moderarne lo sdegno . Ma questa è una ipotesi . Non bisogna però dimenticare che l ' art . 485 secondo alinea del codice Sardo si connette con le disposizioni del codice civile in ordina alla ricerca della paternità . Laonde questo articolo non avrebbe senso ove tale ricerca fosse permessa dalle leggi civili . Fecondo di gravi difficoltà è il confronto fra l ' articolo 300 del codice Toscano , ed il 421 del codice Sardo , relativi a certi delitti contro il buon costume . E le difficoltà nascono a cagione dell ' urto fra il rispetto alla libertà individuale , ed il rispetto alla morale pubblica . E siffatto urto divide la dottrina dei criminalisti in Italia e fuori . Il codice Sardo ha provveduto alla tutela del buon costume soltanto là dove si congiunge alla tutela del diritto . per punire dove non concorse violenza esige che trattisi di persona minore dei ventuno anni . Guarda alla corruzione della gioventù , e finquì non vi è nulla da censurare . Ma il codice Toscano va oltre alla tutela del diritto ; va oltre alla tutela delle famiglie ; va oltre all ' impedimento dello scandalo . Qualifica lenocinio , e punisce col carcere da sei mesi a tre anni chiunque agevola la prostituzione anche di una cortigiana . E la giurisprudenza ha detto che somministrare la casa o il luogo alla prostituta cade sotto quest ' articolo . Così ho veduto in pratica ( non con gran plauso della pubblica opinione ) condannare a lunga prigionia donne di mala vita , non per ciò che esse facevano senza opposizione o pericolo abitualmente , ma perché avevano preso a retta un ' altra donna della lor taglia , o a lei affittato una camera . Provato che la padrona di casa sapeva che qualche uomo visitava la inquilina , vi si è trovato il lenocinio , benchè non si trattasse di giovinetti , né di allettamenti usati dalla padrona . Tale è stata la conseguenza logica del verbo agevolare adoperato dalla legge . Ciò ha portato a dei pubblici giudizi , nei quali si sono citati come testimoni gli uomini visitatori della inquilina , non senza qualche disturbo delle loro famiglie . La rozza logica del volgo non si persuase che la padrona di casa dovesse essere punita perché quegli uomini erano andati in camera della inquilina , anziché in camera della padrona . E taluno che troppo spesso riflette come siffatte donne quando non hanno luogo si approfittino delle vie solitarie , venne nel pensiero che per tal guisa si facesse uno scandalo per punire un fatto che aveva evitato uno scandalo . Questo argomento eccita serie considerazioni , specialmente in quelle città dove si persiste a credere impossibili i regolamenti circa le tollerate . Finalmente in ordine al delitto di fallimento doloso o colposo è deplorabile la trascuranza del codice Toscano nel definire i casi diversi e i diversi gradi di questo importante delitto ( art . 409 ) . Ma chi sperasse di trovare un più largo svolgimento nel codice Sardo ( art . 381 ) , rimarrebbe ugualmente deluso . La idea di non invadere le materie commerciali è probabilmente il motivo di tale trascuranza tropo comune ai codici moderni . Ma è una lacuna che prima o poi deve essere riempita , restituendo al giure penale il suo dovuto dominio anche nel regolamento di questa materia . Riassumendo i pensieri sparsi in questa rapida ed incompleta escursione , concluderò : 1.° Che la introduzione della pena di morte in Toscana ( specialmente pei delitti comuni ) non potrebbe non dar luogo a gravi lagnanze e disaffezioni . 2.° Che la introduzione dei giurati in Toscana non può essere argomento di gravi difficoltà ; ma invece salutare occasione al sapiente del Governo di procurare la emenda di alcuni difetti del relativo ordinamento . 3.° Che la estensione alla Toscana delle altre regole di procedura punitiva non può essere , comparativamente considerata , che un benefizio ; purchè se ne modifichi lo illimitato della custodia preventiva . 4.° Che la scala delle penalità Sarde modificata leggermente , come di necessità richiederebbe il toglimento della pena di morte , sarebbe accettabile . 5.° Che dovrebbe però non procedersi col brusco trasporto del codice ; ma con una specie di rifusione ; nella quale per ciò che attiene a certe nozioni , ed alla esattezza del linguaggio scientifico , non potrebbe farsi meglio che prenderle tali quali stanno nel codice Toscano . Questo è un omaggio che si deve alla scienza : ed un rispetto meritato da quella provincia ; nella quale e per lo slancio del codice Leopoldino , e per le teoriche delle sue giudiciali osservanze , e per la opera perseverante dell ' immortale Carmignani , bisogna riconoscere dal 1786 fino al 1853 un continuato movimento progressivo della dottrina penale . 6.° Che questa fusione , nella quale potrebbe pure tenersi conto di alcuni lodevoli provvedimenti del codice Napoletano , non dovrebbe lasciarsi in mano di una commissione , dove si aprirebbe per necessità una polemica senza fine ; ma farsi per opera del Ministero . 7.° Che di questo codice così rifuso dovrebbe ottenersi la sanzione dal Parlamento senza discussione di articoli , onde si approvi per via di esperimento ; decretandone fin da ora la revisione fra tre anni almeno ; e proponendo alle Camere di nominare nel loro seno una commissione incaricata di preparare gli studi per questa revisione futura . Non adottando quest ' ultimo metodo : procedendo per via di commissioni preambule , e di discussioni per articoli , si getterà tempo , e fatica : e se la discussione darà occasione allo svolgimento di maravigliose polemiche , non darà sicuramente per anni ed anni il risultato della desiderata unificazione . Questa verità la proclama la stessa ragione , e la conferma la storia contemporanea . Questa ci addita come si siano prolungate per molti lustri le relative preparazioni in Prussia , Norvegia , Belgio ed altrove ; ed in alcuni di questi Reami non abbiano ancora condotto la opera al suo compimento . Ripeterò con le parole del compilatore del Progetto Belga ( il celebre Professore Haus ) che la scienza penale non ha ancora fornito la metà del suo cammino . Mentre anche le sue primordiali verità sono tuttora un problema , sul quale i più sapienti discordano , è necessario riconoscere una verità pratica : cioè che è vanità sperare oggi che un dettato in questa materia si riconosca come il meglio universalmente ; e bisogna temere che il desiderio del meglio non tolga il buono . In mezzo alla rapidità del progresso generale contemporaneo ; in mezzo alle controversie tra cui si agita nell ' accademia il giure penale , ed alle difficoltà fra le quali lotta nel foro , non è più tempo di presumere che un codice penale duri intatto per lunga stagione . Non siamo più ai tempi della Carolina , delle Partidas , o delle Ordinanze . Qualunque cosa si faccia offrirà il fianco alle censure contemporanee , ed alle modificazioni future . Pisa 3 aprile 1863 . Codicizzazione ( STUDI LEGISLATIVI ) ( 1869 ) ( dagli Opuscoli di Diritto criminale , Lucca , 1870 , vol . II , 215 ss . ) I codici destinati a reggere le Nazioni nascono , crescono e progrediscono in numero , in bellezza , ed autorità , nella ragione diretta della respettiva civilizzazione . È impossibile che i popoli primitivi finchè si agitano nella barbarie sentano il bisogno di ordinamenti legislativi completi , o chiedano codici , o pensino a procacciarne . La prima idea di legge che appo loro si sviluppa si estrinseca nella leggi religiose e militari , perché la coscienza giuridica non ha ancora assunto una forma sensibile in quelli animi rozzi . Per loro la idea del diritto si confonde con la idea della forza . Una legge imposta a nome di Dio ( forza sovrumana ed ignota ) a nome di un Duce di eserciti ( forza naturale presente e temuta ) esprime per loro il diritto perché esprime una potenza alla quale non è dato resistere . Essi accettano la consociazione come un fatto : vi aderiscono per obbedienza allo istinto della socievolezza che la legge di natura provvidenzialmente impose alla umanità , come impose la legge di attrazione ai corpi al fine di condurre questi all ' ordine fisico e quelli all ' ordine morale : vi aderiscono pel sentimento vago dei bisogni : se la tengono cura per le consuetudini contratte nelle relazioni necessitose della famiglia . Ma il concetto giuridico della consociazione non cape ancora nella mente loro selvaggia , perché tuttora incapaci a concepire la idea del diritto nello individuo altro che come forza , è impossibile che in loro prenda radice il pensiero di una collezione di diritti affidati ad una personalità morale pel fine di essere da questa difesi . Obbediscono al sacerdote , perché parla a nome di un Dio che ha mezzi di potenza e di forza superiore ad ogni forza e potenza umana : obbediranno ad un Duce , perché lo veggono cinto di un numero di sgherri volontariamente alleatisi a lui che li fa conscii della loro soggezione : ma in ciò non si ha l ' opera di un calcolo di ragione che a tale obbedienza porga la forma di un dovere morale ; bensì unicamente uno stato di fatto che li lega in ragione della loro impotenza a resistere , a meno che con l ' astuzia non riescano ad eludere quella forza . La consociazione non è per loro che uno stato inavvertito di fatto nel quale si trovano senza saperne il perché , mentre ne approfittano per procacciarsi anche a scapito altrui i beni agognati a soddisfacimento degli appetiti proprii senza cercare se con ciò si offenda la personalità degli altri o si diminuisca l ' altrui libertà . La idea pura del diritto non può concepirsi che sotto forma complessa e reciproca , perché il riconoscimento razionale di una facoltà pertinente a noi come diritto ha per necessario contenuto il riconoscimento di uguale facoltà in ogni altro essere simile a noi ; lo che conduce al desiderio di una legge che sia vincolo a noi medesimi , e che sia vincolo agli altri . Ma tale idea è troppo elevata perché possa raggiungersi da genti selvagge per le quali potestà materiale e facoltà morale identificandosi in un solo concetto , viene respinto il pensiero di un vincolo puramente razionale imposto a noi medesimi , ai proprii appetiti , ai proprii bisogni . Ove pure appo simili genti siasi venuto lentamente formando un ceto di uomini illuminati ai quali trovisi rivelato il concetto della giustizia come forza morale destinata a resistere alla forza materiale e fatta capace a dare al debole prevalenza e ragione sopra il forte ; questa rivelazione conquistata dagli eletti non appartenendo che ad una minoranza , la lotta della civiltà contro la barbarie si combatte sempre con disuguaglianza , per cui i pochi illuminati dove pure concepiscono la idea di dare una legge che a tutti ugualmente sovrasti e tutti ugualmente protegga i diritti dei consociati , non possono attuarla , e neppure osano tentarne la prova , perché siffatta idea non è intesa né accettata dalla maggioranza . Allora soltanto quando nella Nazione si è sviluppato il senso giuridico in una maggioranza capace di farsi rispettare , nasce il desiderio di un codice universale della Nazione regolatore dei diritti di ognuno , e nasce insieme la potestà di attuarlo e di mantenerlo in una vita efficace e reale . È allora soltanto che il popolo insorge e chiede i Decemviri e le tavole permanenti della legge comune : è questa l ' epoca dei Soloni , dei Licurghi , dei Caronda , e dei Pittagora ; uomini che saliti in fama di sapienza hanno ottenuto la fiducia del popolo e ricevono invito da questo di segnar loro il modo col quale meglio possa avere soddisfacimento e proclamazione solenne quella coscienza giuridica che si è maturata nelle moltitudini . È allora che quel popolo muove i primi passi verso la civiltà . E di vero cosa è dessa la civiltà ? Tutti gridano civiltà , civiltà ; tutti parlano di progresso civile dei popoli : ma molti non si avvicinano al concetto che chiudesi sotto quelle parole , e quello rimane per loro uno indefinito . E che forse la civiltà di un popolo consiste dessa nell ' orpello dei modi , nell ' amore delle arti , nella raffinatezza dei cibi e degli agi della vita , nei sontuosi spettacoli , nelle magnificenze delle fabbriche , ed altre simili cose ? Il volgo lo pensa , e non si avvede che scambia la cultura esteriore ed il lusso con la civilizzazione . Cultura e civiltà sono due cose radicalmente distinte . Ottima l ' una per certo e feconda di benefizi purchè non avversi alla seconda ; ma questa manca sovente dove quella grandeggia , e questa è la primaria a desiderarsi da un popolo che ama fondare la propria felicità e la propria grandezza sopra il rispetto alla dignità dello essere umano : senza questa i cittadini possono somigliarsi alle antiche vittime che s ' inviavano al sacrificio inebriate da canti festosi , dai vapori di olezzanti profumi , e tutte ornate di fiori . Civiltà è parola che trae la propria etimologia da civis , Città , ed ha il vero concetto proprio nel vero concetto di questa . La civiltà consiste nello sviluppo in cuore di tutti della coscienza giuridica e della natura giuridica della consociazione . Recognizione del diritto non come forza , né come bisogno , ma come dettato di ragione : recognizione universale nelle coscienze della pertinenza del diritto a tutti ugualmente ; recognizione del diritto come dettato di una legge superiore imposta da Dio alla umanità : abitudine nel popolo in ogni sua classe di rispettare quella legge con religioso affetto anche a ritroso dei propri appetiti corporei , facendo dell ' amore dei nostri simili la forma preferita dell ' amore di noi stessi : recognizione della missione della società nel tutelare in tutti ugualmente il diritto . io non mi esalto la mente alla contemplazione della piramidi , delle meravigliose statue della Grecia , degli archi superbi dell ' antica Roma . Io veggo là parecchi milioni di umane creature tenute da un numero inferiore di potenti nella più abietta servitù ; io veggo quella folla d ' infelici ridotti alla condizione di cose e vittime della negazione del diritto ; e dico che quei popoli per quanto giustamente orgogliosi della loro sapienza nella cultura esteriore non furono popoli veramente civili . La ebrietà dei sensi non mi fa velo allo intelletto , quando contemplo la squisitezza delle delizie orientali ; in quelle magiche reggie io veggo una mano di uomini che si stimano esseri superiori agli altri , e vantano illimitata balìa sovra cose e persone ; veggo al di fuori un gregge trepidante che al giogo reverente si curva né sente in sé stesso la virtù della divina scintilla ; e dico che quel popolo non è altrimenti civile . Dimostrisi pure che nelle contrade meridionali di America si hanno più gentili i costumi , più ricercati gli agi del vivere , più raffinati i piaceri , meno bruschi e rozzi i modi che non lo siano nelle contrade del Nord . Io veggo che di là si pugna per mantenere la servitù mentre di qua si sacrifica generosamente un mare di sangue al fine di sopprimerla , e di porre in trono il programma della uguaglianza completa di ogni umana creatura ; e dico che la civiltà è maggiore nel settentrione di quello nol sia nel mezzogiorno di America . Fosse pure al più elevato apogeo la industria , la raffinatezza dei modi , la cura degli agi della vita e di ogni più delicato soddisfacimento dei sensi nella vetusta Sibari divenuta proverbiale per il suo lusso , io veggo i signori di Sibari mettere a morte gli ambasciatori di Crotone ed appendere i cadaveri alle loro muraglie ; e veggo al tempo stesso i cittadini di Crotone quantunque nemici di ogni ricercatezza di lusso proclamare il suffragio universale come base delle loro istituzioni : ed a tale confronto la voce della ragione dilegua il fascino della Sirena , e nell ' intimo cuore io mi sento condotto a dire che fuvvi civiltà maggiore in Crotone che non in Sibari . Ecco come io la intendo questa parola civiltà , che per molti è parola diafana e per altri molti un prisma fallace . E tornando ai codici , io ripeto che i primi trionfi della civiltà rendono soli possibile un codice : ma che un codice perfetto non è possibile se non ove la civiltà ha raggiunto quell ' apogeo che è sperabile sulla terra ; cioè dove è più universale ed illimitata la recognizione dello imperativo giuridico così nella idea come nel fatto così nelle parole come nella realtà , e dove quella legge regna sovrana nella coscienze come sovrastante a tutti ugualmente , e per tutti ugualmente patrona . Tale recognizione si è dopo lotte lunghissime raggiunta in astratto da molti popoli i quali pertanto possono dirsi maturi per dare a sé medesimi ottimi codici . Ma perché i codici siano buoni bisogna che in ogni loro linea rispondano a quella idea , e che all ' astratta recognizione di quella si coordini la sua recognizione concreta e la sua coraggiosa proclamazione per parte del codice ; il quale non lasci pertugio per dove possa introdursi per arte o potenza nessuna dei pochi la supremazia della forza , perpetua nemica della ragione . Lo ideale della bontà di un codice è questo solo di essere il palladio della uguaglianza per tutti . Vi dunque da un codice ogni disposizione che con modi più o meno aperti disturbi lo equilibrio giuridico fra i cittadini : via ogni privilegio per cui venga una classe di uomini a rendersi più ricca di diritti , più scura nello esercizio loro , e più insindacabile nel proprio operato a discapito o pericolo altrui : via tutte le leggi di occasione , le quali possono esser buone come necessità inevitabile in faccia a condizioni eccezionalmente calamitose non debbono trovar sede in un ordinamento stabile destinato ad incarnarsi nei costumi e negli effetti del popolo . Più specialmente un codice penale deve essere il catechismo della coscienza civica , ove si raccolgano le tradizioni della giustizia pratica e si conservino con più solenne sanzione e con autorità più gagliarda . Finchè un codice non può farsi tale , è vanità tentarne la prova ; e se tale non vuol farsi per segrete cagioni che prevalgono appo coloro cui pertiene il reggimento della cose pubblica , ella è una ipocrisia , è un tradimento darsi vanto di codicizzare le leggi di uno Stato . Si ripari allora con leggi provvisorie ai bisogni dei tempi nelle materie del diritto le quali portino in fronte la dichiarazione della loro precarietà e rechino contemporanea alla propria nascita la speranza della loro abolizione . Ad una Nazione che sente la propria dignità si può inculcare la tolleranza di un provvedimento temporaneo quantunque meno buono , scusandolo con le tristi condizioni di una fase transitoria in cui versi lo Stato , e temperandone la innormalità con la precarietà della sua sanzione . Ma è un insulto porgere a lei col nome di codice ( e così come supremo effato della coscienza giuridica ) precetti e sanzioni che alla suprema ragione giuridica non siano conformi , e che trovino la genesi loro nelle vedute di un partito dominante , o nei bisogni di una politica transitoria . L ' uomo coscienzioso e leale quando si faccia convinto di una necessità che gli vieta di fare una cosa come dovrebbe esser fatta , si astiene piuttosto dal farla anziché farla in modo riprovevole . Farisaica parola è quella di chi confessa la verità di un supremo principio di ragione , ed al tempo stesso viene a dettare un codice che lo conculca e lo rinega , scusandosi con le condizioni dei tempi e con quella sentenza perpetua patrona del male - che anche la verità ha la sua ora . Avrà pur troppo la sua ora anche la verità ; perché non a tutte le ore degli uomini si vuole intendere , e perché essa ha bisogno di essere intesa da coloro che debbono proclamarla , e che sono sovente i più duri o i più tardi ad intenderla . Ma , se la verità ha la sua ora , perché non aspettare che sorga , e frattanto vivere con le leggi già costituite , prorogando a quell ' ora il generale e duraturo riordinamento delle medesime ? Perché tanta furia di codicizzare , mentre si confessa che le incertezze dei tempi sono disadatte a quell ' opera ? Potrebbe qui bene ripetersi col Menzini - in questo di Procuste orrido letto , chi ti sforza a giacere ? Un principio erroneo ed ingiusto attuato per eccezionali cagioni in un regolamento particolare è un male sensibile ma limitato . Il male diventa troppo più grave più funesto e pernicioso nelle sue conseguenze quando di quel principio erroneo l ' autorità sociale fa solenne proclamazione in un codice : perché con ciò corrompe la coscienza pubblica presentandole come severo e costante dettato della ragione giuridica quello che è soltanto un provvedimento empirico che si accetta per le transitorie condizioni dei tempi . O se a voi preme di farvi codicizzatori e volete anche in questo adulare la Nazione che da voi si governa dandole a credere che i tempi sono maturi per un codice universale , ed inebriandola in questo pomposo pensiero , abbiate almeno il pudore di lasciare in disparte quelli argomenti nei quali credete di non poter proclamare la suprema giustizia : se tali argomenti sono molti , abbandonate la idea della codicizzazione ; se sono pochi lasciateli sotto la direzione di leggi particolari : ma non bruttate il catechismo che voi date alla vita esteriore del popolo col proclamarvi una menzogna giuridica . Val meglio una lacuna che l ' apostolato di una falsa dottrina . Se fuvvi mai una epoca che apparisse disadatta alla formazione di un codice universale tale era lo Stato dello Impero Germanico nei primordi del secolo decimosesto . Le dissidenze religiose fra i diversi Stati di quello Impero erano vivacissime allora , perché grondavano di fresco sangue ; e chiunque fosse stato chiamato a dettare un codice penale per lo Impero sarebbesi sgomentato in faccia a quelle dissidenze dal por mano nella materia dei delitti religiosi . Ma Carlo V voleva ad ogni costo dettare un codice universale che governasse lo Impero e che portasse il suo nome . Cosa fece egli con la sua celebre costituzione criminale ? Dei delitti religiosi non tenne che fugace parola , e la sua costituzione ebbe plauso concorde nel 1532 alla Dieta di Ratisbona dai Principi colà convenuti così cattolici come protestanti : e la sua Nemesi potè durare per tre secoli come codice fondamentale di gran parte della Germania , ed adottarsi e mantenersi persino da quelle provincie che ( come la Svizzera ) avevano scosso il giogo politico dello Impero . La Convenzione di Francia fu prepotente e ferocissima nella sua prepotenza , ma fu più logica di molti altri Governi quando nel tempo stesso che le sue mannaie mietevano le vite dei cittadini proclamava come principio l ' abolizione della pena di morte . Essa sentiva la differenza che passa fra la proclamazione di un principio come verità giuridica , e le esigenze o vere o false della politica del momento . Ma non si fu altrettanto logici , né allora né poi , quando le leggi di occasione si vollero convertire in articoli di un codice destinato a passare alle generazioni future . Adesso a noi italiani si è iniziata la esecuzione della promessa codicizzazione universale . I codici regolatori degli interessi civili , commerciali , e procedurali ebbero ormai la respettiva sanzione , e spetta all ' avvenire il farsene giudice . Ma il codice penale ha incontrato più seri ostacoli . E gli ostacoli sorgono non solo per la diversità delle scuole giuridiche che prevalgono nelle diverse provincie del Regno ; non solo per la diversità dei costumi più o meno purificati degli effetti del dispotismo religioso e civile ; ma più specialmente per le tradizioni delle leggi penali precedenti che alle diverse provincie furono dettate dai respettivi reggitori come catechismo della vita civile . È una verità filosofica che i costumi fanno le leggi , ma è pur troppo una verità pratica che le leggi fanno i costumi . Più che è feroce un popolo più sarà feroce il suo codice ; più sarà feroce un codice più si manterrà il popolo nelle consuetudini della ferocia . Queste sono due verità storiche che come risultamento di un imperativo logico impreteribile si danno reciprocamente la mano . E ciò porta ad una conseguenza ; e questa conseguenza , quantunque aspra e dura a proferirsi , bisogna pur proferirla perché è verità impreteribile . Questa verità è che le attuali condizioni d ' Italia le rendono assolutamente impossibile di ottenere un codice penale comune che sia riconosciuto universalmente per buono , e sia da tutti applaudito . L ' abitudine a certe penalità eccessive incarnatasi nelle genti di una provincia per virtù di un codice che per lunga stagione le fuorviava dal retto col proclamare la necessità e la giustizia delle medesime ; l ' abitudine a certe penalità più miti ed umane incarnata nelle genti di altra provincia per virtù di leggi penali che seppero mostrar loro come quelle fossero più che sufficienti ai bisogni della pubblica e privata sicurezza , e per virtù della consecutiva esperienza che le dimostrò sufficienti ; queste abitudini io dico non si cancellano con un tratto di penna dal nuovo legislatore . Dal che nasce una situazione scabrosa , difficile e penosissima per la coscienza di chiunque sente nell ' animo che anche il legislatore deve avere una coscienza ; la quale deve inspirarsi al vero ed al giusto , e non agli abiti od alle passioni . La situazione è questa : o inferocire i costumi delle provincie meno feroci col portarvi leggi esorbitantemente severe , lo che sarebbe operazione vandalica e patente regresso ; o tentare di raddolcire i costumi delle provincie più fiere col portarvi più miti sanzioni . Questo è il problema interiore che tiene oggi incerti gli animi dei legislatori penali d ' Italia . E alla difficoltà interiore che tiene esitanti le coscienze per riguardo al sentimento del proprio dovere rispondono difficoltà esteriori che procedono da quel perpetuo ostacolo ad ogni ben fare , voglio dire il rispetto umano . Avvegnacchè all ' apparizione del nuovo progetto di codice penale del Regno d ' Italia siasi verificato ciò che i veggenti avevano preveduto da lunga mano , e ciò che inevitabilmente doveva verificarsi per virtù delle condizioni eccezionali della nuova consociazione ; voglio dire che da tutti i lati sonosi sollevati anatemi e riprovazioni contro quel disgraziato progetto , del quale può dirsi che ebbe molti censori , lodatori pochissimi . Ma chi guardi addentro a quelle grida di riprovazione , e le congiunga ( come pur devesi ) in un insieme , forza è si convinca per le stesse contradizioni che s ' incontrano fra di loro che il progetto subisce gli effetti della situazione e non di alcuna colpa dei suoi estensori . Se nei compilatori di quel Progetto può trovarsi una colpa ( e se questa sia colpa lo giudichino gl ' imparziali ) essa consiste nel non avere alzato lo stendardo di uno dei due partiti scientifici che oggi si contrastano la signoria della Italia nell ' argomento della penalità ; il partito della severità e della intimidazione , ed il partito della mitezza e della emenda del colpevole . Se una di quelle due bandiere si fosse recisamente e coraggiosamente posta in fronte al nuovo progetto i detrattori sarebbero stati da un lato ma i difensori dall ' altro . Ma gli uomini chiamati a quello arduo ufficio non s ' inspirarono alle abitudini di questa o di quella Provincia ; non alle utopie di una o di altra Cattedra , non alle esigenze delle Curie , né alle pretese di coloro che rappresentano l ' autorità e che tenacemente intendono non solo a mantenerla ma a circondarla sempre meglio di ferro ; essi s ' inspirarono allo affetto del vero e del buono , e volenterosi esposero sé medesimi al turbine che doveva colpirli . Certamente quel lavoro non è immune da errori e da equivoci , particolarmente nella parte speciale , e nei fatti minimi , e talvolta anche nella forma della redazione . Ma queste non sono mende che possano far sorgere serio conflitto in un ' aula legislativa . La questione seria e di altissimo ed universale interesse è radicale ; e la sua soluzione sta per esercitare la più grande influenza sull ' avvenire d ' Italia : la questione ridotta ai minimi termini verte sul concetto fondamentale del nuovo codice . La questione consiste nel decidere se debbasi andare innanzi nella via del progresso civile avvicinandosi alla Germania che seppe trarre così buon frutto dalla scuola teorica italiana , o se piuttosto si debba tornare indietro avvicinandosi alla Francia ed a quelle provincie italiane che più si lasciarono andare all ' ossequio di quella . Non è questione di scienza ; è questione di civiltà . Ora su questo palpitante problema io dico una sola parola : ed è che se deve tornarsi indietro val meglio non farsi il codice , e lasciare che ogni provincia continui a reggersi secondo le consuetudini proprie anziché dare una solenne sanzione a principii retrivi facendone ingrata importazione in quelle terre dove non è più possibile generare la fede della loro giustizia senza deteriorarne i costumi , e così manomettere il più santo , il più bello fra i doveri dell ' autorità sociale , voglio dire la missione educativa del popolo . Questo è il pensiero che già adombrai in uno scritto ( 1 ) [ ( 1 ) Vedasi in questa raccolta l ' opuscolo XI ] renduto di pubblica ragione quattro anni addietro ; ed ogni ulteriore osservazione , ogni ulteriore meditazione mi ha confermato in tale pensiero . Se sia vero che nei delitti atroci non si debbano ammettere le circostanze attenuanti ( Questioni singolari ad occasione della Giuria ) ( 1868 ) ( dagli Opuscoli di Diritto criminale , Lucca , 1870 , vol . II , 459 ss . ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ Questa proposizione udii cadere dal labbro di un pubblico Ministero , d ' altronde dottissimo , quando egli cercava di distogliere i giurati da ogni movimento di pietà verso il colpevole di un omicidio premeditato commesso con un colpo di coltello . Con un fino artifizio oratorio declinando ogni discussione sulle circostanze attenuanti , delle quali forse non era penuria in quel caso , egli adagiò la sua tesi di rigore su cotesta generalità da lui asserita come un dettato apodittico di giustizia . Egli fece bene il dovere suo come vindice della società offesa . Ma se i giurati allorchè unanimi respinsero le circostanze attenuanti si lasciarono sedurre da codesto postulato giuridico , io dico che i giurati errarono in fatto per conseguenza di un errore di diritto . Le circostanze attenuanti disse Eusebio Selverte essere un rimedio provvisorio . Il pensiero al quale ispirossi codesta sentenza è sotto il punto di vista dell ' avvenire l ' identico pensiero al quale io m ' inspirava anni addietro quando sotto il punto di vista del presente scriveva che le circostanze attenuanti sono un rimedio necessario per un codice cattivo , mentre sono una flagrante aberrazione della giustizia sotto un codice buono . Ma se le due sentenze si unificano nel concetto radicale non è peraltro che con le medesime siasi voluto censurare l ' attenuanza sotto un punto astratto di vista . In massima nessuno può controvertere questa grande verità , compenetrata nel sommo principio della giustizia distributiva in materia penale , che nel misurare la imputazione debba aversi riguardo ad ogni più piccola circostanza per la quale si modifichi il delitto così nella sua forza oggettiva come nella sua forza soggettiva ( lo che noi chiamiamo quantità e grado del delitto ) e che nel tempo stesso debba modificarsi la pena per virtù di certe circostanze estrinseche al delitto , ma inerenti allo individuo al quale vuole applicarsi la pena , e per certe specialità per le quali la medesima applicata nel suo rigore riuscirebbe contraria o al pubblico bene , o alla coscienza universale ; lo che noi chiamiamo diminuenti la pena . Questo non può in punto astratto controvertersi senza immolare impudentemente la giustizia ad uno stoicismo crudele . Ciò che da noi si volle criticare è unicamente lo indefinito nel quale le leggi di Francia , ed i codici che le imitarono , lasciano le circostanze attenuanti . Indefinito terribile per cui si converte spesso in una operazione del cuore quella che dovrebbe essere opera della ragione ; e si ammettono o si negano le attenuanti sulla guida di un sentimento o di pietà o di ribrezzo che seppe nell ' animo dei giurati eccitare la rettorica del difensore , o quella del pubblico Ministero . Sente ognuno come per siffatto sistema la giustizia abbandonisi alla balìa di un ' onda infida e variabile , e debbano vedersi ( come pur troppo si veggono in pratica ) delle oscillazioni di pietà e di rigore le quali affievoliscono nel popolo che riflette la fede della punitiva giustizia . Molti moderni legislatori fecero dei lodevoli tentativi per togliere la penalità da coteste incertezze . Il codice Spagnuolo del 1848 , il codice Austriaco del 1852 , si provarono a definire ed a circoscrivere quelle circostanze che sole potevano ammettersi , a parer loro , come attenuanti : il progetto Portoghese andò ancora più innanzi ; ed oltre a circoscrivere le attenuanti e le aggravanti volle distinguerle in classi diverse ed assegnare a ciascuna di loro il respettivo valore , determinandone per cotal guisa e la ammissibilità ed il grado relativo di efficacia minoratrice . Questi tentativi , meritevoli senza dubbio di plauso , non hanno ancora recato peraltro la piena luce su tale argomento , perché da tutti quei legislatori si è voluto procedere per via di contemplazione generale , e definire una serie di attenuanti che fossero comuni a tutti i malefizi , ed in tutti dare a ciascuna di quelle uno eguale influsso . E questo è il difetto del nuovo sistema ; difetto minore dello indefinito , ma pur sempre difetto . Perché sebbene alcune circostanze possano accettarsi come generali ed attenuanti qualsisia forma delittuosa , molte ve ne ha che debbono considerarsi come proprie di alcuni reati ed indifferenti in reati diversi , ed altre molte ve ne ha che in un reato funzionano come attenuanti , mentre forse in un reato diverso dovrebbero funzionare come aggravanti . Ma lasciamo di questo che è troppo grave argomento . Le leggi che governano la giustizia penale in Italia hanno oggi ad imitazione della Francia lasciato alla balia dei giurati il solo riconoscimento delle circostanze attenuanti e limitato solo entro certi confini la valutazione della loro efficacia , consegnando tale valutazione al calcolo e giudizio delle Corti . In questo indefinito potrà essa figgere lo sguardo la scienza ? Potranno i cultori del giure penale studiarsi di tracciare una qualche linea che serva di guida alla coscienza del giurato , onde non si muova per un solo moto di simpatia a cui dovrebbe esser sordo , o per una contemplazione della pena , alla quale egli non dovrebbe pensare ? Io credo che ciò entro certi confini si possa . E quel pubblico Ministero che pronunciò la sentenza non doversi ammettere le circostanze attenuanti nei delitti atroci evidentemente cerò di segnare una linea che fosse un regolo costante alla coscienza dei giurati ; subordinando così ad un asserto principio giuridico ciò che nel concetto della nostra legge dovrebbe essere un puro giudizio di fatto . Ma codesta linea a mio credere è falsa e pericolosa . E tale la dimostra la ragione , e l ' autorità . In primo luogo è a dimandarsi cosa s ' intenda per delitto atroce ? Nel linguaggio degli antichi giuristi si dicevano atroci tutti i delitti gravi . Si disse atroce in molti casi fino la ingiuria . Sicchè anche la parola atroci altro non è che un indefinito il quale può avere un senso quando si adopra in un punto di vista comparatico , ma non può averlo giammai in un senso assoluto . In faccia al sentimento di un uomo mite e civile ogni omicidio è un delitto atroce ; più atroce ancora se fu premeditato . Nessuno potrà ricusarsi ad un sentimento di ribrezzo verso un essere tanto aberrante dalla umanità da calcolare freddamente i modi di spegnere una creatura simile a lui . Ma per simile ribrezzo , per simile atrocità , per simile aberrazione della umana natura dovrà egli dirsi che tutti gli omicidi respingono ogni possibilità di attenuanza , o che la respingono almeno tutti gli omicidi commessi con fredda deliberazione ? La pratica universale rinnega codesta dottrina . La ragione invece suggerisce spontaneo il pensiero che ai delitti più gravi minacciando la legge una pena più severa , e spesso la più severa di tutte , quella cioè nella quale si estrinseca lo estremo supplizio sotto qualunque forma lo accolga la legge ; si può appunto nei delitti più gravi correre con minore pericolo ad ammettere le attenuanze . Operandosi per queste la diminuzione di un grado , la pena inferiore rimarrà sempre gravissima ; né vi sarà luogo a temere la sua inettitudine ai bisogni della pubblica tranquillità . L ' atrocità di un delitto non potendo al fine di che si parla ravvisarsi nel solo fatto di avere volontariamente sparso il sangue del nostro simile , potrà essa trovarsi nei modi coi quali fu consumato l ' omicidio ? Alcuni legislatori lo pensarono . E ( sotto la formula di atti di barbarie ) i tormenti esercitati contro la vittima , e le crudeltà raffinate con le quali il colpevole non pago di toglier la vita al nemico aveva voluto ancora pascere la propria immanità nei patimenti di quella , furono agli occhi loro sufficiente ragione per costituire una speciale qualifica tanto grave da condurre di per sé sola allo estremo supplizio . Discordarono altri da siffatto modo di vedere , almeno come proposizione generale ; e l ' autore del codice Spagnuolo , lo illustre e dotto Pacecho troppo presto dallo infausto colera rapito alla scienza e ai desiderio degli amici , propugnò la opposta dottrina , osservando con molta verità che simili eccessi aberranti dalla umana natura quando si esercitavano contro un nemico mostravano un tal grado di esaltazione di spirito , e la pressione di un affetto così delirante da condurre alla conseguenza del tutto contraria nel calcolo della imputazione . Ma sia che vuolsi delle due opposte dottrina , per la questione che adesso considero mi sembra indifferente : perché o la legge che governa le sorti dello accusato non ha previsto simile circostanza come qualifica dell ' omicidio , o l ' ha prevista . Se non l ' ha preveduta in presenza di tanti codici che la prevedono vuol dire che ha trovato giusto di non farne un ' aggravante assoluta : ed il pubblico Ministero che volesse imporre ai giurati come regola costante di non ammettere le attenuanti dove concorrono atti di crudeltà , non solo anderebbe oltre la lettera della legge , ma anderebbe apertamente a ritroso del pensiero del legislatore , il quale col non costituirne un ' aggravante perpetua mostrò di riconoscere potervi essere non infrequenti casi nei quali non fosse tale . Se poi la legge che ci governa abbia di simile concomitante avuto riguardo per costituirne un aggravamento speciale , il giurato che valuti la medesima per negare le attenuanti pecca della più flagrante ingiustizia . Esso ha giù tenuto il debito calcolo di tale concomitante quando ha risposto affermativamente alla relativa questione , e con ciò ha portato il giudicabile ad una pena esasperata . Se poscia per la medesima concomitante egli si determina a negare le attenuanti cade in una ingiusta duplicazione del calcolo . Lo effetto che la legge voleva si operasse da siffatta aggravante , la legge lo ha già determinato , ed ha stabilito un ' aggiunta al castigo senza per altro negare neppure allora al giurato la facoltà di attenuare . Codesto giurato pertanto si mostra più severo della legge e pone due volte sulla propria bilancia lo stesso elemento . Questa osservazione può esser fatta sotto un punto di vista più generale ; essa è comune tanto alle aggravanti quanto alle minoranti . Ad un giurato che abbia negato le attenuanti in un omicidio premeditato , e le abbia ammesse in un omicidio provocato , dimandate perché abbia agito in codesta guisa . Se egli ingenuamente vi risponde ; le negai nel primo caso perché vi era la premeditazione e le ammisi nel secondo caso perché vi era la provocazione , rispondete francamente che esso è caduto in un gravissimo errore , ed ha in ambo i casi commesso una ingiustizia duplicando il calcolo o della aggravante , o della minorante . Ambedue queste circostanze erano già valutate dalla legge in tutta la loro portata giuridica ; al giurato la legge commetteva di riconoscerne la esistenza di fatto , non già di farne una seconda valutazione . Lo stesso ripetasi dello scasso nel furto , o della quantità del tolto dove la medesima fu tenuta a calcolo dal legislatore . I giurati di Francia che vivono sotto una legge la quale eguaglia nella pena il furto di un franco al furto di diecimila , potranno benissimo nei congrui casi trovare l ' attenuanza nella modicità del tolto , perché quello che il legislatore respinse come criterio assoluto è rilasciato alla libertà della loro valutazione come criterio speciale . Ma errerebbero a mio parere i giurati che procedessero ugualmente in Toscana dove il legislatore ha dato alla quantità del tolto quella valutazione che ha creduto doverosa . Ma forse tornerò altra volta più in lungo su questo argomento . Giovi intanto osservare sotto un punto di vista meramente generale che le circostanze attenuanti hanno un modo di essere tutto loro proprio e spessissimo indipendente dalle circostanze essenziali di un malefizio e da quelle concomitanti che ne modificano la quantità , o che lo degradano nelle sue forze . Questo modo di essere tutto intrinseco può avere una vita indipendente dalla natura del reato , e perciò comune a tutti i reati , e può avere una vita connessa con una certa forma di reati in quanto possa assumere l ' aspetto di causa impellente al medesimo , o di conseguenza derivatane : ma sempre per un ' indole tutta specifica . Giovi mostrarlo con gli esempi . La ultronea dedizione in mano della giustizia , la spontanea confessione del proprio fallo , gli atti coi quali siasi dal colpevole cercato di riparare al male cagionato , la buona condotta antecedente scevra di macchia , la trascurata educazione del colpevole , che nella sua giovinezza fu lasciato miseramente privo di ogni cultura morale , sono circostanze attenuanti comuni a qualunque malefizio ; come possono essere circostanze speciali nel furto la urgenza di straordinari bisogni ; e nei delitti di sangue una eccezionale e quasi morbosa irritabilità di temperamento . Or bene : se la ragione consiglia che siffatte circostanze debbano accogliersi come attenuanti dov ' è il plausibile motivo pel quale alle medesime debba ogni riguardo negarsi in certi delitti perché essi sono più gravi ? Se sono più gravi la legge gli ha anche più gravemente puniti ; sicchè la pena diminuita subisce sempre quel rapporto di calcolo proporzionale che la legge stabilì per la pena non diminuita . E se sotto il pretesto della gravità del delitto non si valuta in un caso quell ' attenuante che si valutò in altro caso si pecca contro la giustizia distributiva , perché si porta alla identica pena i due autori di fatti consimili i quali presentavano tra loro la differenziale che l ' uno era un birbo matricolato , e l ' altro un galantuomo stimato fino a quel giorno , e riverito da tutti . È questa la considerazione che debbono avere i giurati sempre fissa nell ' animo loro : di non adeguar mai , per quanto da loro si può , i giudicabili che versano in condizioni disperate . Se il confronto si presentasse ai giurati in un solo tratto e congiuntamente , io sono certissimo che il senso morale li preserverebbe da tale aberrazione . Suppongasi che abbiano a giudicare due correi del medesimo delitto , e sia pure un delitto atrocissimo . Ma uno degli accusati è un vecchio scellerato , che ha pertinacemente negato , e dopo il fatto non ha dato segni di pentimento ; l ' altro invece era un onesto padre di famiglia ; mostrossi amaramente pentito ; confessò e riprovò ingenuamente il proprio trascorso ; e cercò per quanto poteva di ripararvi . Credete voi che i giurati chiamati in tal guisa a decidere prima sull ' attenuanza rispetto all ' uno , poi sull ' attenuanza rispetto all ' altro nel medesimo verdetto , non sentissero ribrezzo di dare una identica risposta negativa per ambedue circa le attenuanti ? Credete voi che non si presentasse agli occhi loro palpabile tutta la iniquità di parificare nella pena uno scellerato ed uno infelice vittima di momentanea aberrazione ? No : io sono certo che ogni uomo gentile ponendo la mano sulla propria coscienza deve rispondere , no : ciò non può essere , ciò non si farebbe da noi : si negherebbero le attenuanti al primo ; si ammetterebbero al secondo , e così il supremo debito della giustizia distributiva sarebbe soddisfatto . Ebbene : ciò che voi avreste repugnanza a fare in un unico verdetto , voi siete spinti a farlo in due verdetti successivi , quando vi si grida che nei delitti atroci non dovete ammettere circostanze attenuanti . Disingannatevi da tale errore . La legge giudica il fatto criminoso e non l ' uomo , chè non può giudicarlo perché non lo conosce . Voi giudicate il fatto indipendentemente dall ' uomo quando vi pronunziate sulle circostanze materiali che accompagnarono il delitto : voi dovete poscia giudicar l ' uomo indipendentemente dal fatto quando siete richiamati a decidere se l ' accusato sia o no meritevole d ' indulgenza . Ecco qual ' è lo spirito della legge che vi governa ; ecco ciò che la ragione vi detta . Né manca alla mia tesi il presidio dell ' autorità . Né tale autorità io voglio cercare nella storia dei verdetti stranieri , perché non voglio portare come autorità classica la pratica di quegli uomini i quali possono aver subito lo influsso d ' impulsi speciali quando procederono ad ammettere l ' attenuanza per Madama Lafarges che col sorriso sulle labbra , e fra gli amplessi di amore aveva continuato a porgere per lunghi mesi al fidente marito il micidiale veleno , e per tanti altri atrocissimi delinquenti di troppo famosa celebrità . Io tratto le questioni di fatto sotto un punto di vista giuridico in quanto la questione giuridica ( vogliasi o no ) può compenetrarsi con le medesime , e non posso proporre come autorità decisioni dettate dal sentimento . L ' autorità alla quale faccio appello è quella dei tre legislatori , di Spagna , di Austria , e di Portogallo , i quali fecero precetto che si dovesse sempre diminuire la pena quando concorreva alcuna delle attenuanti da loro definite e circoscritte : e non fecero limitazione nessuna per l ' atrocità del delitto . Quando segnarono la buona condotta antecedente dell ' accusato come circostanza possibilmente attenuante ogni e qualunque sorta di malefizio , quando riconobbero uguale virtù nella trascurata educazione e nella mancata cultura del giudicabile senza riguardo alla natura delle delinquenze , essi fecero solenne protesta contro la pretesa regola dell ' inammissibilità delle attenuanti nei delitti atroci . Il giurato non meno che il giudice il quale vuole distinguere dove non distingue la legge , la fa da legislatore ; lo che , specialmente ad effetto odioso , da lui non si può . Se i legislatori italiani non hanno proceduto con uguale circoscrizione hanno proceduto però ancor essi ugualmente senza distinguere ; e il difetto della distinzione arbitraria con cui si vogliano intrudere nella legge dei limiti che la medesima non dettò e tanto più intollerabile quanto più fu larga la libertà che la legge consegnò ai giudicanti . L ' autorità che io qui invoco è quella della Suprema Corte di giustizia in Vienna . Consesso rispettabilissimo per sapienza , e le cui decisioni si tengono come autorevolissime in tutta Lamagna . Potrei noverare moltissimi esempi di delitti atrocissimi nei quali senza esitazione quella Corte Suprema ammise le attenuanti . Ma troppo mi dilungherei . Mi limiterò ad indicarne uno perché in termini di speciale gravità , e che venne recentemente riprodotto nell ' Eco dei tribunali al N . 1632 . Una donna questuante vagava con due suoi figli frutto di illegittimi amori , l ' uno dei quali aveva dodici anni l ' altro ne aveva quattro . Il piccolo bambino piangeva per via a causa del fastidio che lo vessava . La donna irritata di quel piangere lo minacciò di piantargli un coltello nella gola se non taceva . Ma il miserello continuava nei gemiti suoi . La barbara madre giunta in vicinanza di un fosso ripieno di acqua ordinò al figlio maggiore che il fratello quadrienne togliesse seco , e lo annegasse in quel fosso . Il piglio puntualmente obbedì agli ordini della novella Medea , e ricongiuntosi con la madre continuarono entrambo tranquillamente il loro viaggio . Volle fortuna che gente sopravvenuta salvasse quel bambino ; onde non trattossi di altra accusa che quella di tentato omicidio . I tribunali inferiori condannarono quella donna a sei anni di carcere duro . Ricorse essa alla Suprema Corte di giustizia di Vienna , e questa con giudicato del 15 aprile 1857 dichiarò che concorrevano le due circostanze attenuanti della mancata cultura , e della antecedente condotta irreprensibile , e ridusse il carcere duro a quattro anni . Poiché ognuno sente nel cuore che un delitto più atroce e barbaro di questo non può forse immaginarsi , questo giudicato valga a mostrare ciò che documentare potrei con altri innumerevoli esempi , vale a dire che pei tribunali composti di giureconsulti l ' atrocità del crimine non si tiene come buona ragione per negare le circostanze attenuanti ; e che la nuova proposizione di diritto che nei delitti atroci non siano ammissibili le circostanze attenuanti altro non è che uno sleale artifizio oratorio col quale un accusatore anelante severità cerca d ' illudere la inesperienza della giuria . Finalmente io non ho bisogno di cercare altrove il conforto dell ' autorità alla mia tesi . Io la trovo eloquentissima nello stesso codice Toscano . Il legislatore toscano aborrì ( e sapiente com ' era non poteva non aborrirlo ) il sistema delle circostanze attenuanti . Ei non ammise per nessun delitto che le considerazioni estrinseche ed i riguardi alla persona del giudicabile potessero eliminare la pena ordinaria da lui stabilita contro ciascun reato . Ad onta di tanta avversione il legislatore toscano una sola volta , all ' art . 309 § . 2 , accettò il sistema delle attenuanti e per un solo caso . E qual caso era questo ? Precisamente l ' omicidio premeditato . Ora si venga a spacciare ai giurati come regola di assoluta giustizia che nei delitti atroci non sono ammissibili le attenuanti ! Pisa 1868 .
Saggistica ,
Nota dell ' autore Nel levare per l ' ultima volta la mano da questi Discorsi , mi fo lecito di avvertire , che , sebbene finiti soltanto oggi , furono da assai tempo incominciati e maturati , e scritti anche e pubblicati in parte . Qualche germe o idea ne gittai già nel discorso Di un migliore avviamento delle lettere italiane moderne al proprio loro fine , che servì d ' introduzione al Poliziano , specie di periodico letterario fiorentino nato e morto nel 1859 . Di non poche osservazioni e giudizii intorno al secolo decimoquinto , che sono nel discorso quarto , mi giovai per il saggio Delle poesie toscane di messer Angelo Poliziano , messo innanzi alla edizione delle Stanze , Orfeo e Rime di quel poeta curata da me e pubblicata da G . Barbèra , Firenze , 1863 . Un breve compendio di tutti cinque lessi all ' Ateneo italiano in un ' adunanza tenuta per le feste del centenario di Dante ; e fu pubblicato quasi per intiero dalla Rivista italiana di scienze lettere ed arti stampata allora in Firenze ( anno VI , n . 248 , 16 ottobre 1865 ) . Molta parte del discorso secondo uscì nel vol . XIII , fasc . IV , della Nuova Antologia ( aprile 1870 ) con questa intitolazione , Dello Svolgimento letterario in Italia nel sec . XIII ; e quasi tutto il terzo uscì , intitolato Firenze e il triumvirato letterario del sec . XIV , nel vol . XIX , fasc . I ( 1 gennaio 1872 ) dello stesso periodico . Ora io non dico già di rifiutare ( che sarebbe troppo superbo e troppo umil vocabolo ) coteste pubblicazioni oramai vecchie e fatte a pezzi e brani e con errori non imputabili a me , ma prego , ove fosse il caso , di esser letto e giudicato nella presente , sola compiuta . ( 30 maggio 1873 ) DISCORSO PRIMO Dei tre elementi formatori della letteratura italiana : l ' elemento ecclesiastico , il cavalleresco , il nazionale . I . V ' imaginate il levar del sole nel primo giorno dell ' anno mille ? Questo fatto di tutte le mattine ricordate che fu quasi miracolo , fu promessa di vita nuova , per le generazioni uscenti dal secolo decimo ? Il termine delle profezie etrusche segnato all ' esser di Roma ; la venuta del Signore a rapir seco i morti e i vivi nell ' aere , annunziata già imminente da Paolo ai primi cristiani ; i pochi secoli di vita che fin dal tempo di Lattanzio credevasi rimanere al mondo ; il presentimento del giudizio finale prossimo attinto da Gregorio Magno nelle disperate ruine degli anni suoi ; tutti insieme questi terrori , come nubi diverse che aggroppandosi fan temporale , confluirono su ' l finire del millennio cristiano in una sola e immane paura . - - Mille , e non più mille - - aveva , secondo la tradizione , detto Gesù : dopo mille anni , leggevasi nell ' Apocalipsi , Satana sarà disciolto . Di fatto nelle nefandezze del secolo decimo , in quello sfracellarsi della monarchia e della società dei conquistatori nelle infinite unità feudali , in quell ' abiettarsi ineffabile del ponteficato cristiano , in quelle scorrerie procellose di barbari nuovi ed orribili , non era egli lecito riconoscere i segni descritti dal veggente di Patmo ? E già voci correvano tra la gente di nascite mostruose , di grandi battaglie combattute nel cielo da guerrieri ignoti a cavalcione di draghi . Per ciò tutto niun secolo al mondo fu torpido , sciagurato , codardo , siccome il decimo . Che doveva importare della patria e della società umana ai morituri , aspettanti d ' ora in ora la presenza di Cristo giudicatore ? E poi , piuttosto che ricomperarsi una misera vita coll ' argento rifrugato tra le ceneri della patria messa in fiamme dagli Ungari , come avean fatto i duecento sopravvissuti di Pavia , non era meglio dormire tutti insieme sepolti sotto la ruina delle Alpi e degli Appennini ? Battezzarsi e prepararsi alla morte , era tutta la vita . Alcuni , a dir vero , moveansi : cercavano peregrini la valle di Josafat , per ivi aspettar più da presso il primo squillo della tromba suprema . Fu cotesto l ' ultimo grado della fievolezza e dell ' avvilimento a cui le idee degli ascetici e la violenza dei barbari avevano condotta l ' Italia romana . E che stupore di gioia e che grido salì al cielo dalle turbe raccolte in gruppi silenziosi intorno a ' manieri feudali , accosciate e singhiozzanti nelle chiese tenebrose e ne ' chiostri , sparse con pallidi volti e sommessi mormorii per le piazze e alla campagna , quando il sole , eterno fonte di luce e di vita , si levò trionfale la mattina dell ' anno mille ! Folgoravano ancora sotto i suoi raggi le nevi delle Alpi , ancora tremolavano commosse le onde del Tirreno e dell ' Adriatico , superbi correvano dalle rocce alpestri per le pingui pianure i fiumi patrii , si tingevan di rosa al raggio mattutino così i ruderi neri del Campidoglio e del Fòro come le cupole azzurre delle basiliche di Maria . Il sole ! Il sole ! V ' è dunque ancora una patria ? v ' è il mondo ? E l ' Italia distendeva le membra raggricciate dal gelo della notte , e toglieasi d ' intorno al capo il velo dell ' ascetismo per guardare all ' oriente . II . Di fatti sin nei primi anni del secolo undecimo sentesi come un brulicare di vita ancor timida e occulta , che poi scoppierà in lampi e tuoni di pensieri e di opere : di qui veramente incomincia la storia del popolo italiano . Gl ' imperatori sassoni , intendendo a frenare l ' anarchia ribelle dei grandi feudatari , ne avevano spezzato i possedimenti , e , confinando essi nelle contee della campagna , avevan trasmesso ai vescovi la signoria delle città . Vero è che la corruzione già grande della chiesa spirituale ne divenne maggiore ; ma ne crebbe anche , anzi ne rinacque , la virtù dell ' elemento romano ; poiché i vescovi , o per essersi il clero mescolato ai nazionali conquistati e per essere in parte nazionale esso stesso , o per tener fronte ai feudatari della campagna , si aiutarono del popolo e soffiarono nelle ceneri ancor calde del municipio . Cresciuta intanto la corruzione ecclesiastica , i primi imperatori salici vollero aver la funesta gloria di purificare e riformare la chiesa . Ora la chiesa purificata , vale a dire , risanata e rinsanguata , con quel suo romano organamento rafforzatosi nei secoli , era naturale che non volesse sopra di sé padroni . Non era ella successa nelle tradizioni unitarie all ' antico impero , avendo suoi prefetti i vescovi per tutto l ' occidente ? non era ella che avea creato l ' impero nuovo ? Quindi la ruina della casa salica e del dominio tedesco . Gregorio VII , toscano e di popolo , apparisce nella istoria come un muro ciclopico delle città etrusche presso cui era nato : nell ' urto contro di lui , le labarde tedesche volano in ischegge ; e come ai promontorii della sua nativa maremma l ' onda del Mediterraneo , schiuma impotente a ' suoi piedi la rabbia dell ' imperator salico . Noi né compiangeremo quell ' imperatore né oltraggeremo quel papa : lasciamo certi sfoghi all ' arcadia ghibellina di coloro che odian Pietro per amore di Cesare , e ammiriamo il popolo ; il popolo italiano che , in mezzo a quel fracasso di tutta Europa , fattosi avanti senza rumore , nelle città riprende ai vescovi diritti e regalie , nelle campagne batte i feudatari , e un bel giorno piantatosi in mezzo tra i due contendenti li squadra in aria di dire : Ci sono anch ' io . I due contendenti allora si porsero in fretta la mano , perocché intesero troppo bene che cosa quel terzo venuto volesse . E indi a pochi anni Arnaldo da Brescia lo gridò alto - - Né papa né imperatore . Risaliamo il Campidoglio , e ristoriam la repubblica - - . L ' Italia s ' era rilevata appoggiandosi d ' una mano alla croce di Cristo , ma ben presto aveva disteso l ' altra a ricercare tra le rovine di Roma i fasci consolari . Il moto politico necessariamente commosse gl ' ingegni e le facoltà artistiche , indirizzando queste nel campo della vita effettiva , quelli alla coltura specialmente civile . E già sull ' aprire del secolo decimoprimo il tedesco Vippone proponeva ad Arrigo II l ' esempio degl ' italiani , che tutti facevano ai figliuoli sin dai primi anni imparare , non che lettere , la propria legge ; e , su ' l fine del decimosecondo , Corrado abate urspergense gli ammirava « agguerriti , discreti , sobrii , parchi nelle spese non necessarie , e soli tra tutt ' i popoli che reggansi a leggi scritte » : stoffa repubblicana in somma d ' uomini pratici , dalla quale non v ' è speranza di tagliare trovatori e menestrelli e perdigiorni poetici . E le città , ferventi di popolo nuovo , s ' arricchivano d ' officine e si munivano di costruzioni da guerra contro gl ' imperatori ed i nobili del contado ; poi , vinti questi e costrettili a farsi cittadini , elle spingevano al cielo altrettante torri quante eran le case , arnesi di battaglia sociale , necessaria e feconda , tra due ordini della nazione ; poi , impetrando da Dio la confermazione della libertà che si andava conquistando , gl ' inalzavano tempii eguali nella grandezza all ' animo d ' un popolo che solo nel cielo poteva accettare un re . Su ' l finire del secolo decimosecondo fu anche in Italia un gran fabbricare di basiliche e domi : era un festeggiare il risorgimento , un attestar la fidanza ; « era , scrive con grottesca evidenza un cronista alemanno , come se il mondo , scossa da sé la vecchiezza , si rivestisse per tutto d ' una candida veste di chiese » . Né gli scrittori mancarono ; latini , s ' intende : incomincia allora ne ' due primi campi d ' azione della penisola , il settentrione e il mezzogiorno , la storia secolare , comunale o monarchica ; e compariscono alfine gli storici cittadini . E rilevanti sono le attinenze tra gli scrittori latini di questi due secoli e gli scrittori volgari dei susseguenti , e notevolissima ed evidente l ' aria di famiglia . I cronisti democratici milanesi arieggiano assai i guelfi Villani , come il monarchista siciliano Falcando può in qualche parte esser paragonato al cittadino di parte bianca Compagni . Certamente Gherardo da Cremona , che per amore della scienza si esiglia e muore tra gli arabi di Spagna , è anticipata imagine degli eruditi del secolo decimoquinto . E gli Accursi e Cino da Pistola e Bartolo non fanno che seguitare a svolgere l ' opera d ' Irnerio ; e Tommaso d ' Aquino riassume e compie Anselmo d ' Aosta e Pietro Lombardo , i due institutori della scolastica nel secolo decimoprimo e decimosecondo , della scolastica che empie della sua prevalenza o della resistenza tutti i tre secoli della letteratura originale . In somma , uno è il fondo ; la diversità è della lingua . Ma con tutto questo non prima del trecento poté l ' Italia comparir degnamente nel campo dell ' arte . Chi ripensi la storia politica nostra dei secoli duodecimo e decimoterzo e riguardi poi alla letteratura di essi secoli , quegli anche crederà di leggero che a tanta mole di fatti non si agguagliasse di certo la gloria degli scritti . E già la lingua nuova più tardi che altrove fu qui levata all ' uso letterario : poi la nostra prosa e poesia per tutto quasi il duecento fu in gran parte eco di letterature straniere . Come ? La Spagna ha già tessuto la leggenda del Cid campeggiatore , la Francia settentrionale ripete da molti anni le sue canzoni di gesta e svolge quasi a trastullo i lunghi cicli delle sue cento epopee , esulta in mille forme la lirica su la mandola del trovatore di Provenza e sul liuto del minnesinghero nei castelli della verde Soavia e della Turingia , la Germania ha già fermato in un ' ultima composizione il suo poema nazionale ; e l ' Italia non fa che ricantare o rinarrare balbettando quel che fu già cantato in lingua d ' oc e in lingua d ' oil ? Si , ma intanto ella ha constituito a repubblica i suoi comuni ; ella ha fiaccato l ' impero e fa già paura al papato . Non vale tutto ciò una epopea a stanze monoritme ? Ella ha ristaurato il diritto romano , ed instaura i codici di commercio nell ' Europa feudale ; ella pe ' l commercio dominatrice d ' Europa cuopre di legni il Mediterraneo , dispensiera delle ricchezze d ' oriente spinge le sue peregrinazioni fino alla Cina ed al Malabar : ciò le scusa il difetto di canzoni originali . L ' italiano non è popolo nuovo : altrove dalla mistura dei galloromani e degl ' iberi coi burgundi coi vandali coi franchi coi goti escono i provenzali i francesi i catalani i castigliani : qui permane l ' Italia , qui l ' Italia delle confederazioni umbre latine sannitiche liguri etrusche , l ' Italia della guerra sociale , risorge dalle ruine di Roma . L ' Italia ha dunque un principio di civiltà proprio ed antico ; e , quando sarà tempo che questo sormonti agli altri principii i quali dettero una prima e nuova civiltà al resto d ' Europa , allora anche l ' Italia avrà una letteratura . Come due astri , riprendendo la solenne metafora , guidavano la società umana per la età di mezzo , il papa cioè e l ' imperatore ; così due erano i principii più generali di quella civiltà letteraria comune a tutta l ' Europa , l ' ecclesiastico e il cavalleresco . L ' Italia ebbe di proprio i comuni e l ' elemento romano e popolare . III . Discorrere del principio ecclesiastico , e pur della parte che egli ebbe nel soggetto dell ' arte e della letteratura , è cosa difficile e non senza odio ; né io vorrei disconoscere quel bene che la morale evangelica penetrata nelle instituzioni e nei costumi possa avere operato . Se non che , la morale evangelica quando mai regnò ella , sola e pura , su la società del medio evo ? e l ' età dell ' oro del cristianesimo non la vediamo noi , a mano a mano che risalgasi la storia , allontanarsi più sempre e dileguarsi nel buio delle catacombe ? e la comunione di Gesù dove fu ella , dopo la morte degli apostoli ? La idea religiosa dunque , la chiamerò così però che nei tempi di mezzo religione e cristianesimo fu tutt ' uno , la idea religiosa , chi la riguardi nel movimento letterario , si porge molto complessa ; ma più specialmente si manifesta per due guise d ' azione e con due forme : ascetica ed ecclesiastica . Nella sua parte ascetica , il cristianesimo rimane orientale , e ritiene la immobilità , e impone l ' annegamento del finito nell ' infinito e dell ' uomo in Dio : nella parte ecclesiastica , si fa romano , ed appropriandosi quale retaggio le tendenze universali e le tradizioni eclettiche dell ' impero trasforma a sua foggia il paganesimo sensuale delle genti latine e il paganesimo naturale delle germaniche per servirsi dell ' uno contro l ' altro e vicendevolmente modificarli . Tra spirito e materia , tra anima e corpo , tra cielo e terra non v ' è mezzo : lo spirito l ' anima il cielo è Gesù ; la materia il corpo la terra , Satana . La natura il mondo la società è Satana ; il vuoto il deserto la solitudine , Gesù . Felicità , dignità , libertà , è Satana ; servitù , mortificazione , dolore , Gesù . E questo Gesù è soave tanto da scendere co ' l perdono e con l ' amore fin tra i dannati ; ma a patto che prima sia l ' inferno nell ' universo . Questa l ' idea della perfezione cristiana , la cui più alta astrazione non manifestasi già nei martiri e nei controversisti , nei quali il fervor della lotta manteneva ancora l ' agitazione del sangue ; ma il suo fior più puro , le cui acute fragranze inebrian di morte , è l ' asceticismo monastico . La stoltezza della croce , l ' obbrobrio del mondo , la sete del dissolvimento , la rinnegazione della vita , questo è la legge e la filosofia : i Santi Padri del deserto sono la storia eroica plutarchiana . Nei funerali pagani le fiamme de ' roghi accompagnavano splendidamente l ' ultimo addio dell ' anima al corpo , e le belle urne cinerarie o negli atrii delle case e nelle vie popolose rammemoravano le virtù civili degli estinti o commovevano pietosamente gli affetti dei vivi : i miasmi della putrefazione nel santuario cristiano ammoniscono di continuo l ' uomo della viltà sua , e gl ' ispirano a un tempo il disgusto dell ' essere e l ' orrore del nonessere . Tutto rappresenta la morte ; e il dio crocefisso e gli ossami e gli scheletri esposti alla venerazione su gli altari han preso il luogo di Apollo e Diana , che lanciavansi , giovenili forme divine , dal marmo pario negli spazi della vita . E pure , no ' l negherò già io , quelle idee e quelle rappresentazioni furono storicamente necessarie ad abbattere pur una volta la sozza materialità dell ' impero e ad atterrire i Trimalcioni dell ' aristocrazia romana , tiranni godenti del mondo ; furono necessarie a contenere la materialità selvaggia de ' barbari , a infrenare la forza cieca e orgogliosa dei discendenti di Attila di Genserico di Clodoveo : con tanta carne e tanto sangue un po ' d ' astinenza ci voleva . E Gesù consolò molte anime d ' oppressi , asciugò molte lacrime di schiavi : nella servitù generale la chiesa del figliuol del legnaiuolo era pur sempre il ricovero della libertà e dell ' eguaglianza . Ma con idee e con rappresentazioni sì fatte non vi può essere arte umana ; anzi non vi può essere arte del tutto : non è ella in vero anche l ' arte vanità terrena , distrazione dell ' anima , peccato ? L ' anima cristiana può bene dinanzi a ' suoi fantasmi prorompere in un grido di terrore , di pietà , di adorazione ; può co ' suoi fantasmi profondarsi in sé stessa e sublimarsi negli spazi dell ' infinito ; può col pensiero sfrenato dalla solitudine nel vuoto rigirarsi sopra sé quasi con tanti molinelli fino alla vertigine : ecco il cantico , la visione , la meditazione ; ecco la Dies irae di Tommaso da Celano , lo Stabat mater di Jacopo da Todi , il Pange lingua di Tommaso d ' Aquino , le tre più grandi odi cristiane ; ecco la Imitazione di Cristo , il più sublime libro religioso del medio evo e un de ' più dannosi libri del mondo ; ecco le mille visioni stupende e stupide . Ma tutto questo è arte ? No . Tanto è vero , che , se i critici e i retori del rinascimento han disdegnato coteste scritture come monumenti letterari , i dogmatici e i fedeli si scandalizzano quando i critici e gli estetici odierni le discutono e le trattano come monumenti letterari . Tra l ' aspirazione cristiana e l ' arte v ' è odio . Tuttavia quelle idee e quelle rappresentazioni , né pur questo io negherò , non furono senza utili effetti su l ' arte moderna . Sembra , per esempio , che quel senso profondo della così detta letteratura interiore , da Dante e dal Petrarca al Rousseau e allo Chateaubriand e a ' più recenti , siasi per grandissima parte educato nel raccoglimento cui il cristianesimo avvezzò le anime , nell ' analisi della lotta de ' due Adami entro l ' uomo , tanto paventata ed esecrata , ma pur riconosciuta e studiata dagli osservatori cristiani . Non che il sentimento del mondo interno mancasse agli antichi ; ma per essi avea sempre del naturale , del materiato , carne e colore . La poesia intima cristiana invece sente l ' estenuamento e ha dell ' infermo : ricorda il febbricitante che si tócca il polso e guardasi l ' unghie , e l ' etico che si mira allo specchio e si palpa le braccia smunte e si tenta il petto . Sarà la malattia della conchiglia che produce la perla , ma è malattia . Questo , l ' ascetismo puro : veniamo ora al principio ecclesiastico misto . Perocché durar sempre così non potevasi : e la chiesa fattasi , dopo la distruzione dell ' antico impero , romana ella , pur serbando fede teoricamente al suo ideale , riconobbe quel non so che di pagano , che , a confessione di Agostino , è pur sempre insito nell ' uomo ; e seppe giovarsene . Così , passati i primi furori , santificò il colosseo piantandovi la croce ; raccolse nel panteon le ossa dei martiri ; dedicò a Maria i tempii di Vesta ; dei numi agresti e dei semòni delle campagne italiche , che si ostinavano a rimanere in vita , fe ' santi ; di quelli delle selve germaniche , demoni e mostri ; e così contentando l ' un popolo e l ' altro preparò materia al lavoro fantastico . Ancora : anatemizzò i mimi su le piazze , ma gli ribenedisse nei vestiboli delle chiese e gli accolse a mezzo la celebrazione della messa ; proscrisse i poeti gentili , ma vestì delle loro spoglie i suoi santi . Quasi allo stesso modo si comportò con la scienza . Distruggere tutta la civiltà passata non era né possibile né utile : onde cominciò dal cercare un accordo tra la filosofia pagana e i suoi dogmi , traviando in principio nelle scuole alessandrine : sopravvenute poi l ' età grosse della barbarie , come avea imposto il nome di Maria al tempio e al culto di Vesta , così indossò alla scienza la tonaca della teologia : indi all ' ombra dei chiostri , con lento processo , nel quale alla larghezza dei primi filosofi preferì l ' angusto metodo dei compilatori del decadimento e dei commentatori , ella pervenne a cristallizzare il sistema aristotelico nella scolastica . Quanto alle forme , avversata in principio la chiesa dall ' aristocrazia politica e letteraria di Roma e ogni forza riconoscendo dalla plebe , il suo processo , anche in letteratura , cominciò popolare . Dello scadere la lingua e letteratura romana non fu la chiesa cagione primissima , ma certo vi conferì potentemente aiutando co ' suoi scrittori lo scompaginarsi della sintesi grammaticale e della metrica , nobilitando nelle predicazioni e ne ' libri il sermone rustico e la locuzione volgare e il ritmo negl ' inni . Per tanto ella fu da prima instrumento efficacissimo alla formazione delle lingue e letterature nuove , alle quali partecipò dell ' ispirazione e dell ' afflato orientale : ma , come ogni forza , giunta che sia a condizione di potenza , diviene di natura sua conservatrice , così la chiesa , dinanzi ai barbari e anche dinanzi al prorompere d ' un ' altra forza , la popolare , nella manifestazione delle lingue nuove , si atteggiò a conservatrice , e gelosa , della lingua latina : con che , tenendo ella dello stile viziato dei tempi del decadimento romano , fu cagione principalissima di quel fare concettoso , artifizioso , scolastico , di quella servilità precoce , che regna nell ' opera letteraria del medio evo . Del resto , conservando la lingua latina e spingendola anche oltre il termine delle antiche colonie romane , facendone per questa guisa il veicolo onde tutte le tradizioni e le cognizioni dell ' Europa s ' incontrarono e mescolarono tra loro , la chiesa compieva un alto officio : succedendo nell ' opera dell ' unificazione civile all ' antico impero , ella manteneva a suo modo la romanità dell ' occidente ; romanità , glorioso vocabolo , trovato da uno de ' suoi , da Tertulliano . Ma ciò tutto in fondo è poco artistico , bisogna pur confessarlo . O sia che il tipo letterario ecclesiastico è troppo complesso e resulta d ' elementi troppo eterogenei , o sia che esso il cristianesimo puro è troppo fuor della natura , cotesta religione non ha inspirato che la lirica e la meditazione : un ' epopea evangelica , un dramma cristiano , per intiero , non è mai riuscito . Ma parzialmente il principio religioso penetrò tutte quasi le forme artistiche : ma nel medio evo la chiesa cristiana , conservatrice unica d ' una gran lingua , d ' una letteratura e d ' una scienza , si mescolò a tutto ; a tutto attaccò quella febbre , quel mal essere , quella nervosa tensione di idee ascetiche e incivili ed egoistiche , che han fatto del mondo , del sano e luminoso mondo dei Greci , un ospitale , dalla cui mefite non riesce né pure oggi a noi di trarci fuora , o ce ne leviamo indolenziti . O come avrebber potuto trarsene gli uomini del medio evo ? Perocché dove non è la chiesa nel medio evo ? Ella restituisce l ' impero , o lo combatte ; ella benedice la cavalleria , o la scomunica ; ella favoreggia i comuni , o gl ' invade ; ella canonizza i dotti , o gli brucia . Tanto meno poteva a questo predominio sottrarsi la letteratura in Italia ; ove la chiesa aveva accettato e nobilitato la sensualità pagana ; ove , mescolando i suoi spiriti invasori e ambiziosi negli odii nazionali contro lo straniero ed i nobili , erasi insinuata in tutte quasi le nuove instituzioni ; ove asseriva a sé il vanto della conservata civiltà antica . IV . Di faccia alla chiesa sorge la barbarie , o , diciam meglio , la società di conquista , rappresentata nella civiltà e nella letteratura cavalleresca . Ma dell ' elemento cavalleresco , per quanto diversamente si modificasse nelle sue molteplici congiunzioni al genio paesano , non dubitiamo asserire che fu straniero fra noi e importato . È esso l ' espressione artistica di quella generazione che le conquiste longobarde franche sassoni alemanne lasciarono su ' l nostro suolo , di quella generazione che , per le origini sue germaniche tenendo all ' individualismo , si ordinò nella feudalità , fiorì vigorosa da Carlomagno al Barbarossa , e prima ribellante si legò poi per la maggior parte agl ' imperatori nelle guerre d ' investitura e contro i comuni , sin che vinta da questi si assembrò entro un cerchio di mura coi vincitori , durando tuttavia la primitiva e necessaria discordia nelle parti e nei nomi di ghibellini o di grandi , di guelfi o di popolo . Ella ebbe le ispirazioni e le forme dell ' arte fuori d ' Italia : di qual maniera , vediamo . Fermatisi gl ' invasori con obblighi da prima reciproci su le terre conquistate , da poi col mutar delle signorie e col mancar d ' una supremazia legislativa certa raggiunsero quella indipendenza individuale , che è un istinto speciale delle razze germaniche . Ne vennero quelle forze personali dominanti la scomposta società del medio evo , rappresentate nei tipi dell ' epopea romanzesca ; la quale , vero mito della società feudale , ha tanti protagonisti quanti attori , tanti episodi quanti i fatti dei singoli eroi . Allora accadde che la società barbarica si scompose in mille piccole unità ; e un sol diritto parea presso ad emergere dall ' anarchia europea , quel della forza . La chiesa accorse al riparo tentando di collegare e disciplinare sotto un vincolo religioso tanta baldanza di personalità vigorose . A tutelare la società dalla forza brutale con la forza disciplinata ne risultò la cavalleria : della quale non può negarsi essere stati ecclesiastici i cominciamenti , chi pensi alle forme religiose che ne consacravano i diversi gradi e al mito del sangraal , che altro non è se non simbolo dell ' eucaristia . Cotesti uomini , o raccolti nella vita dei castelli solitari o agitati nei contrasti di quella cupa lor società , nutriron forti gli affetti , il culto delle tradizioni della famiglia e dell ' ordine loro , il sentimento dell ' onore , l ' amore dagl ' instituti germanici e dalle dottrine cristiane fatto più severo e ideale . Ma i sentimenti , per forti che siano , hanno , a tradursi nell ' arte , bisogno d ' un attrito col mondo esteriore ; e i baroni , sol quando riuniti su ' l campo delle crociate , trovarono al principio cavalleresco la forma estetica . Allora le tradizioni delle varie genti si fermarono in un ' epopea nuova ; e la chiesa , che prima le aveva riprovate e tentato distruggerle nella forma dei canti nazionali , le consacrò col suggello della religione ; e religione , amore , onore , individuità , avventure informarono quelle mille epopee che non hanno né oggetto né termine . Il sentimento delle nuove razze del medio evo , così intenso per lo innanzi nella solitudine , evaporò a poco a poco in una folla di parvenze bizzarre , che si accavallavano le une alle altre tumultuando e sfumavano a un tratto . Termini di tempi , di luoghi , di genti scomparvero ; e una metafora originava gli eroi e le geste . Ora tutto ciò non potea convenire con gli spiriti romanamente pratici e sociali del popolo italiano : di più l ' ordine feudale da cui moveva e a cui ritornava la poesia cavalleresca , rimanendo tra noi senza un centro monarchico nazionale , fu ben presto sopraffatto dall ' elemento indigeno e cittadino con cui per gran parte si fuse : il perché non ebbe mai l ' Italia né cavalleria vera né vera poesia cavalleresca , della quale attinse le materie e le forme al di fuori , per trasmutarle e rimaneggiarle . V . Il principio ecclesiastico dunque era comune a tutta la cristianità , comune a tutta la feudalità europea il principio cavalleresco ; né abbiamo ancora trovato un che di speciale all ' Italia . In fatti , fino a un certo punto dei nostri annali , del solo elemento straniero e della razza dominatrice è l ' istoria ; e che osi affrontarla con ardimento che talvolta veste sembianze di opposizione nazionale e democratica non v ' è che il chiericato . Ma intanto , all ' ombra della chiesa , un terzo elemento dalle gilde commerciali e dalle maestranze delle arti avanzava a poco a poco alla massa alla credenza al comune , e nelle contese tra pontefici e imperatori sorse , terzo e più vero potere , fin allora sconosciuto ed oppresso ; ma con lui e per lui stava il diritto e la forza e l ' avvenire ; e chiamavasi , con nome nella storia d ' Italia eternamente memorando , il popolo . Quel popolo , che altrove rimaso terzo stato aiutò i monarchi a snervare ed abbattere il clero e la nobiltà , qui all ' ardita opera procede primo e solo . E , come egli era in effetto il risvegliato elemento romano , così l ' opera sua di civiltà è essenzialmente pratica , e il movimento ideale è di restaurazione e continuazione delle tradizioni antiche . Né queste son fantasie indettate da un postumo classicismo . Interrogate le vecchie cronache delle nostre città ; e udite come tutte amino fidare le loro origini alla protezione del gran nome di Roma , quali germogli novelli sotto la materna ombra dell ' albero antico . Udite , nella canzone delle scólte modenesi che guardano la città dagli Unni , la ricordanza del vegliare di Ettore sopra Troia : udite il favoleggiare delle donne fiorentine su Fiesole e Roma , e i nomi di Catilina e di Cesare innestati alle origini della città guelfa : udite il rapsodo latino della vittoria pisana su i saracini affermare ch ' ei rinnova la memoria degli antichi romani e della guerra cartaginese . Vedete Firenze serbare con gelosa cura il tronco del suo Marte , opporsi Milano che non si abbatta il suo Ercole , Padova mostrar la tomba di Antenore , Mantova stampar nel conio delle monete l ' imagine di Virgilio e cantarne il nome nei sacri ufficii , i pescatori di Messina rinnovare a ogni anno la processione di Saturno e di Rea . Volevasi dimenticare la barbarie impiantatasi su le rovine italiche : in certi giorni , a certe rimembranze , torcevasi quasi la faccia dalla croce di Cristo per salutare ancora una volta gl ' iddii dell ' Italia vittoriosa : il paganesimo perdurava . Della qual devozione alle tradizioni antiche , come , per ciò che spetta a reggimento , fu insigne testimone nel secolo duodecimo Arnaldo , così fu nelle lettere il grammatico Vilgardo , che teneva scuola a Ravenna , nel secolo undecimo . Il quale di tanto amore s ' era preso pei solenni scrittori dell ' antichità , che insegnava doversi a tutti i loro dettati ed in tutto prestare credenza , ed altre cose molte contrarie alla fede ; e credea vedere nella notte le ombre gloriose di Virgilio di Orazio e di Giovenale , che , ringraziatolo del culto onde in secolo infelice ei proseguiva le sacre e diredate lettere , gli promettevano di metterlo a parte della lor gloria . Delirii innocenti dell ' infelice grammatico , se il chiericato desto sempre contro le lettere profane , che gli erano sospette quando non coltivate da lui , non avesse sentenziato le ombre degli antichi poeti esser demonii , lui eretico e condannabile , perocché troppi , aggiungea notabilmente la sentenza , erano in Italia gl ' ingegni macchiati dalla stessa labe . Se non che , questa forza vitale che fermentò lunghi secoli occulta ne ' residui dell ' antica Italia , che fu come il glutine della nuova Italia , che per ciò può dirittamente considerarsi come l ' elemento nazionale , non è del resto un proprio e puro elemento . Ma è anzi una forza complessa , che si spiega per due maniere di azione in effetti , se non opposti , diversi . Per una parte , in quanto ella mira alla ristorazione alla conservazione alla unità nelle forme delle instituzioni e dell ' arte , in quanto ella torna a un ideale di nazione di letteratura di stile , il suo elemento è romano , e l ' azione sua è dotta e aulica : per un ' altra parte , in quanto ella tende al rinnovamento e alla varietà , e si produce nelle mille forme dialettali rapsodiche tradizionali della regione e del comune , il suo elemento è l ' italico della guerra sociale , e l ' azione sua è popolare o plebea . VI . Ora la storia di queste tre varie o forze o elementi , l ' ecclesiastico , il cavalleresco , il nazionale , e dell ' accordo e della discordia tra il misto elemento ecclesiastico e l ' elemento nazionale complesso i quali a diversi fini incontraronsi in un ' azione medesima , e dell ' opera loro di modificazione su l ' elemento cavalleresco il quale in Italia fu soltanto e sempre soggetto e materia , e dell ' ultimo e final dissidio , dopo un momento di armonia , tra que ’ due primi elementi , e della scissione dell ' elemento nazionale vittorioso ne ' suoi due principii , il romano e l ' italico , il dotto e il popolare , e dell ' ultima armonia di essi due principii signoreggianti oramai nell ' ideal della forma tutta la materia soggetta del medio evo ; questa storia , dico , è la storia della letteratura italiana . Da Arnaldo al Savonarola , da Francesco d ' Assisi a Filippo Neri , da ' due Landolfi e da Falcando al Machiavelli e al Guicciardini , dalla traduzione della Tavola rotonda e dal Febusso e Breusso all ' Ariosto , da Dante o meglio da Giacomino di Verona al Tasso , dal Novellino al Bandello e al Giraldi , da Folgore di San Gemignano al Berni , da Albertano al Castiglione , da Lorenzo veronese e da Arrigo settimellese al Fracastoro al Vida al Flaminio , da Nicolò pisano e da Cimabue a Michelangelo e a Tiziano , è perennità , è continuità , è processo e progresso di svolgimento e di moto . DISCORSO SECONDO Dei quattro periodi di contrasto e di formazione : periodo latino , lombardo , siculo , bolognese . Quando , come , tra quali circostanze e su quali soggetti cominci l ' opera della letteratura nazionale . I . Quando contro la potenza di Federico II , che dal mezzogiorno riallargavasi ingrossando verso il settentrione solo a tempo abbandonato dal padre suo , si stringeva la seconda lega delle città lombarde , Tirteo della libera gesta fu Pier della Caravana , piemontese . Egli cantava : « Ecco il nostro imperadore che raccoglie gran gente . Lombardi , guardatevi bene , che non siate ridotti peggio che schiavi comprati , se non durate fermi .... Sovvengavi dei valenti baroni di Puglia , i quali nelle loro case non hanno oramai che dolore : guardate non avvenga altrettanto di voi . Non vogliate amare la gente di Lamagna , non vi piaccia usare la sua compagnia : lungi , lungi da voi questi cani arrabbiati . Dio salvi Lombardia , Bologna e Milano e loro consorti , e Brescia e ' l mantovano , e i buoni marchigiani , sì che niuno di loro sia servo » . Così il nobile Piemonte dava all ' Italia il primo poeta di libertà . Ma egli poetava in provenzale : oh perché non suonò nella lingua della patria la fierezza di quei sensi , l ' ardenza di quei versi , e il martellar feroce del ritornello finale , Lombart , beus gardaz , Qe ja non siaz Pejer qe compraz , Si ferm non estaz ! E già prima , circa il 1195 , quando Lombardia erasi anche levata contro Arrigo VI , all ' espressione dell ' odio popolare contro il tedesco avea dato violenti forme in provenzale Pier Vidal . All ' incontro , la vittoria parmense del 1248 che dette il colpo mortale a Federico II , quando il plebeo Gambacorta predò la corona imperiale mostruosa di ricchezza e di peso , fu cantata in latino : in latino l ' epinicio guelfo annunziava alle città confederate di Milano , di Bologna , di Venezia , d ' Ancona , che « il Signore levossi a tutela della nostra libertà e già apparve alla città sua di Parma » . Ora questo fatto delle battaglie nazionali d ' un popolo nuovo cantate in lingua straniera o antica a troppi altri consimili fatti succede , sì che non se ne vogliano sottilmente ricercare e discorrere le ragioni . Con che ci verrà fatto di rinvenire il perché s ' indugiasse di tanto il volgare italiano a manifestarsi nell ' opera letteraria , e di segnare i termini de ' periodi che a quella manifestazione furono innanzi e le ragioni varie dei fenomeni che vi si svolser per entro . II . Della vitalità tra noi del latino dobbiamo certo in gran parte riferir la cagione al principio religioso , il quale rappresentando allora una specie di gerarchica civiltà avea consacrato l ' idioma dell ' antico impero come lingua cattolica sì della chiesa sì della scienza d ' occidente . E ciò poté più efficacemente volere e più largamente conseguire in Italia , dove la chiesa era in questo suo intendimento aiutata dallo stesso principio popolare . Il quale e nella scuola conservava la tradizione classica , e con le leggi e con le forme del reggimento mirava tuttavia a Roma ; la cui grande imagine stié sempre dinanzi agli occhi degl ' italiani , gli confortò schiavi , gli inanimò ribelli , liberi gl ' illustrò della sua gloria radiante di tra le ruine , come la fiammella della lampade mortuaria la quale raccontasi si serbasse viva a traverso i secoli nella tomba della fanciulla romana figliuola del grande oratore . Anche per gli altri popoli d ' occidente era il latino la lingua officiale della chiesa e della scuola , dell ' impero e delle leggi : ma fuor di chiesa e del chiostro , al di qua dei cancelli della corte di giustizia , essi sbrigliavano il volo delle fantasie e l ' impeto degli affetti nei volgari nuovi . Per gl ' italiani il latino era la lingua dei padri loro , con la quale avevano imperato al mondo ; la intendevano e la parlavano più comunemente ; la reputavano sola degna a cui commettere i pensamenti dei savi , le gesta delle città , il lavorìo dell ' arte ; speravano per avventura di restituirle l ' antico uso di dignità . Per ciò , mentre gli altri popoli cominciarono ben presto a intessere il racconto epico o a svolgere il sentimento lirico nei nuovi idiomi , i nostri l ' una cosa e l ' altra fecero latinamente . Ebbero anch ' essi le loro leggende su le barbariche signorie , su le dinastie che li opprimevano ; ma gli avanzi informi d ' una leggenda italica primitiva di Valtario d ' Aquitania e di Carlo Magno e Adelchi giacciono trasfigurati nella cronaca del monastero della Novalesa . Tentarono di raccogliere le fila dei miti antichi ondeggianti ancora per l ' aere di primavera nei crepuscoli tinti in rosa dagli ultimi raggi del sole su le vette favolose dei colli etruschi e latini ; ma dei canti misteriosi , che le ninfe o le fate lasciavan sentire dagli spechi di Fiesole di Chiusi di Volterra , un ' eco a pena è ripercossa nel Ninfale fiesolano e nell ' Ameto del Boccaccio e nel Novelliere di Domenico da Prato . Di quel che le donne fiorentine nelle veglie severe favoleggiavano « de ' troiani , di Fiesole e di Roma » , una traccia rimane , leggera e interrotta , nelle croniche del Malespini e del Villani ; si leggono nelle croniche del Cobelli le vicende dei discendenti da ' fondatori romani di Forlì mescolate alle gesta dei signori nuovi goti e longobardi : ma il Malespini attesta di aver còlto il leggiadro racconto da certe antiche scritture ch ' ei vide in casa d ' un gentiluomo vecchio romano , e il Cobelli da altri libri pur latini d ' un cronicatore antico di Ravenna ; Roma e Ravenna , le due città classiche ed imperiali . E da croniche latine antiche delle due città romane d ' Aquileia e Concordia provenne il poema di Attila e de ' suoi italici antagonisti Giano e Foresto , romanzato poi nel secolo decimoquarto in versi francesi dal bolognese Nicolò Càsola e nel secolo decimoquinto in prosa popolare veneziana e nel decimosesto in elegante prosa italiana da Gian Maria Barbieri e da altri in ottave : documento non unico di tutte le trasformazioni per cui passò la materia primitiva della nazional letteratura nei primi quattro secoli originali . Cotesti libri latini del resto , che certamente esisterono e che potevano dimostrarci l ' azione prossima esercitata dalle tradizioni della patria antichità su le fantasie degl ' italiani del medio evo e darne a divedere l ' opera loro di rifusione dell ' ideale antico col nuovo soprannaturale e con la storia di tutti i giorni ; cotesti libri , dico , dopo il fiorir vigoroso della letteratura nazionale e il rifiorire del classicismo , andarono spregiati e perduti . A ogni modo ; e i vestigi sparsi che avanzano di così fatte leggende paesane nelle croniche latine e volgari fino al secolo decimoquinto ; e i lineamenti che un po ' svaniti o ver caricati pur emergono di quei miti nelle imitazioni letterarie , nelle rapsodie e nelle fiorite dello stesso tempo ; e i pochi canti lirici latini che sopravvivono interi , ultimo de ' quali l ' epinicio parmense pur ora ricordato ; tutto ciò dà fede d ' un periodo fossile , per così dire , e preistorico della letteratura nazionale : periodo che da ' Carolingi , se non da innanzi , estendesi a mezzo il secolo decimoterzo , e nel quale il principio popolare ebbe in lingua latina una letteratura sua , ma che pur sentì l ' influsso degli altri due principii , l ' ecclesiastico e il cavalleresco . E cotesta letteratura fu certamente il substrato della posteriore in lingua volgare . Così nulla va perduto nel mondo : non l ' orma de ' misteriosi augelli primitivi su l ' arena di tanti secoli che s ' è fatta pietra , e né pure , quel ch ' è più mirabile , lo sfiorar dell ' ala della fantasia umana su le brume del passato sfumanti in vetta alla montagna dei secoli . Ma l ' uomo non bada . III . Se non che , quando il settentrione della penisola diventò primo campo alle battaglie del risvegliato elemento romano , o perché il movimento letterario della nuova lingua non si accompagnò alla vitale contesa dei comuni lombardi coll ' impero e alla vittoria che la coronò ? Perché non si manifestò egli da prima nella valle del Po e dell ' Adige , tutta ancora fremente dell ' ardore della riscossa ? perché , in quella vece , i monumenti letterari di cotesta gloriosa regione in cotesta età gloriosissima sono eglino , tutti da prima , e quasi tutti anche di poi , in lingua provenzale ? Probabilmente anche tra noi il primo impulso a una poesia artifiziosa in lingua nuova mosse dal principio cavalleresco , che aggiunse il sommo dell ' esser suo prima che fosse maturo il nazionale . Ora il principio cavalleresco si manifestò colle imitazioni delle corti di Provenza e colla importazione della poesia provenzale in Lombardia , o più largamente nella Italia superiore , da mezzo l ' imperare del Barbarossa a tutto il regno di Federico II . Perocché i trovadori provenzali , gente di corte attratta dal barbaglio dell ' acciaio e dell ' oro , cominciarono a passare in Italia all ' occasione delle varie calate del Barbarossa , e , seguitando il campo o la corte di lui e alle varie corti feudali accogliendosi che allora in Italia fiorivano , vi portarono colle più belle costumanze e co ' più fini riti di cavalleria tutto il corpo della poesia loro , la lirica meglio loro propria e i romanzi che per lo più imitarono dalla Francia settentrionale . A questa prima immigrazione una più stabile ne seguitò nei primi trent ' anni del secolo decimoterzo , massimamente quando la spada di Simone di Montfort ebbe reciso nel proprio terreno quel lieto e gentil fiore della coltura occitanica . Allora i trovadori , e altri che della gaia scienza si facevano un mestiero per vivere , ripararono in Italia , quando a punto la potenza ghibellina e con essa il principio cavalleresco pareva raffermarsi tra noi mediante il naturalizzarsi dell ' impero con Federico II . A questo tempo la imitazione delle cortesie e delle fantasie cavalleresche risplende nelle feste , nelle costumanze , nei nomi ; e non fu solamente dei signori e feudatarii , ma e dei cittadini de ' nuovi comuni che pure in ciò vollero venire in gara con quelli . Ne seguì la coltura anche tra noi della gaia scienza , la quale aveva raggiunto la perfezione artistica nella poesia provenzale . Ma questa poesia era tale un sistema artificioso d ' idee complicate e riflesse , di sentimenti squisiti e affettati , di convenute sottigliezze e di forme consacrate e immutabili , che ricercava una lingua , se non doviziosa , raffinatissima e nata insieme con i concetti tutti speciali a cui doveva adattarsi . Ora i dialetti dell ' Italia superiore , ispidi di per sé né politi dall ' uso o al più adoperati in un ' arte di popolo semplicissima e primordiale , erano tutt ' altro che acconci a ricevere la studiatissima forma trovadorica e a rendere le sottigliezze dell ' amore cavalleresco . Il perché parve ai nostri più agevol cosa l ' usare a ciò la lingua stessa provenzale , che del resto era anche la lingua di moda , come più tardi fu la francese , del più bel fiore della cavalleria europea . Così pigliando le mosse da Nizza e giù per la riviera toccando Genova e spingendoci alle foci della Magra , risalendo poi Monferrato sino a Torino , sostando oltre Po a Pavia e a Milano e su ' l Mincio a Mantova , montando per il Friuli e discendendo a Venezia e ripassando in fine il Po da Ferrara a Bologna , in poco più di mezzo secolo , da Alberto Malaspina marchese di Lunigiana che rimava circa il 1204 fino a mastro Ferrari che visse alla corte di Azzo VII estense , possiamo contare un venticinque italiani i quali cantarono in provenzale : due soli , tra essi , toscani ; feudatarii quasi tutti , e , salvo pochissimi , di parte imperiale , od uomini di corte . E tutt ' insieme questi rimatori , provenzali nativi e italiani che provenzalmente componevano , agitarono la vita e le passioni entro la valle del Po nelle guerre de ' comuni con l ' impero o de ' comuni co ' grandi feudatarii o de ' feudatarii tra loro , constituendo un secondo periodo letterario , il periodo lombardo , che s ' incastra in parte nel primo periodo latino e precede in parte e in parte accompagna lo svolgimento del volgare italiano . Certo , in niuna altra regione d ' Italia fiorì la coltura cavalleresca meglio che in Lombardia e nella Marca trivigiana , ma fu coltura straniera ; tanto che , mentre in Lombardia poetavasi in provenzale , alle corti del Friuli si parlava francese , e francese si scrisse anche più tardi in Venezia e in Bologna da ' poeti cortigiani della cavalleresca casa d ' Este . Onde ciò ? Troppo era per avventura mista di sangui diversi la generazione lombarda , e troppo il sangue predominante era affine al celtico d ' oltr ' alpe , onde quella nuova letteratura procedeva . Che se cotesta mescolanza di sangui fu e allora e di poi argomento di vigore e cagione di lunga vitalità a quel forte popolo , le impedì anche di dare su quel súbito la propria impronta all ' opera artistica . O forse anche il principio cavalleresco era tra noi troppo debole , sì che potesse domare e fecondare un dialetto ancor vergine . Su ' l finire del periodo , circa il 1250 , l ' ombra di un nuovo idioma italiano sembrò voler sorgere nelle parti settentrionali d ' Italia e distinguersi dall ' italiano del centro , parve prossima a farsi un ' idealizzazione letteraria de ' dialetti circumpadani ; e tentativi di poesia religiosa ci furono nelle cantilene di fra ' Giacomino da Verona e nelle altre d ' ignoti , di poesia borghese in quelle di fra ' Bonvicino da Riva , e , un po ' più dopo , d ' imitazione delle rapsodie francesi nel Renardo . Ma era troppo tardi , rispetto alle condizioni politiche della Italia settentrionale ; e quei dialetti troppo riuscivano all ' opera poveri e rozzi , e troppo erano anche sottomesse le menti agl ' influssi d ' oltr ' alpe , sì che la nazione se ne potesse giovare . Da altri anni adunque e da altri paesi dové l ' Italia aspettarsi i primi e vigorosi esperimenti d ' una propria letteratura in lingua sua . IV . Del resto , che del mancato svolgimento d ' una letteratura nazionale in Lombardia non debba recarsi la cagione a solo il dialetto , ma sì più tosto al principio cavalleresco che informò quel periodo , anche da questo apparisce : quasi allo stesso tempo che in Lombardia , al mezzogiorno , secondo centro d ' attrazione alla vita nuova d ' Italia , si può determinare un terzo periodo letterario , che pur s ' incastra per il tempo nel periodo lombardo , ed è il siculo ; e questo in un dialetto che fu veramente idealizzato a idioma letterario , o che almeno molto influì e contribuì nella lingua letteraria , tanto che da Dante e dal Petrarca si dà a ' siciliani l ' onor del primato di tempo , che par difficile contrastare , nella volgar poesia : e tuttavia anche il periodo siculo è nazionale solo nelle forme esterne , e non in tutte . E pure se il principio cavalleresco avesse mai potuto esser cagione efficace da per sé solo di propria e nazionale letteratura , qual migliore occasione , qual miglior tempo , qual miglior luogo di quello ! L ' ideale cavalleresco , che oltre alpe cominciava già a illanguidire , pareva allora raccogliere i raggi più puri intorno al biondo capo del giovine imperador di Soavia : con lui era da principio la chiesa , ed egli conducea le crociate ; e quando la chiesa l ' abbandonò , gli vennero fedeli a ' due lati la scienza e la forza : ricco e bello ed ameno il paese , se altro mai , e lungo i fiorenti e odorati seni del Ionio sonante ancora delle sacre armonie della musa greca : molle , colorito , profondamente soave l ' accento su le rosee labbra delle donne di Sicilia ; potente e altamente intonato su la bocca della viril gioventù . Con tutto ciò quella misera poesia siciliana e pugliese fu tutt ' altro , ripetiamolo , che nazionale . Allor che il regno di Sicilia e Puglia passò per eredità negli svevi , spostatosi il centro della politica ghibellina , la coltura cavalleresca , aulica di sua natura e feudale non ostante qualche accenno in contrario , seguì dall ' alta Italia a Palermo , ove i normanni le avean preparato la stanza , la corte degli imperatori . Ma le contrade meridionali trasformano e fanno simili a sé così gli uomini come le piante : bisogna o morirvi o prender l ' abito del paese . A quel modo che gli svevi nel mezzogiorno divennero principi italiani , la poesia provenzale si fe ' siciliana . Ma , come sotto la simulazione italiana trasparisce più d ' una volta in Federico II la bestialità tedesca , così nella poesia siciliana , sol che guardiate oltre la prima pelle , vedrete scorrere , languido omai e scolorato , il sangue provenzale . Ragion vuole che si distinguano alcuni versi da cui spira fresco e odorato un alito di sensibile voluttà o da cui rompe alcun grido di passione degno d ' un popolo misto di sangue greco e di arabo , che si avverta ad alcuni echi dell ' idillio di Teocrito , ad alcune melodie che prenunziano il Mèli . E cotesta , qualunque siasi , è poesia che esce dall ' ordine delle ispirazioni e forme cavalleresche : son frammenti di un ' arte paesana e di popolo , anteriore alle imitazioni occitaniche : son faville di quella letteratura sensuale e ardente che si addimostrerà poi nelle novelle del Boccaccio , nelle ballate del Poliziano , nelle pastorali del Tasso e del Guarino . Ma quelle rime auliche , quelle rime della così detta academia fondata da Federico II , quelle rime oh che misera cosa son esse ! Né la miseria loro procede già dai difetti che son quasi necessari in arte nascente . Che anzi la pretensione v ' è troppa : v ' è arguzia , v ' è sforzo , v ' è erudizione accattata ; v ' è , innanzi alle academie propriamente dette , il colore academico : è il balbettare infantile della decrepitezza . E di fatti la poesia cavalleresca fu , dopo pochi anni di esistenza , ridotta al verde : lasciate pure che sotto il patrocinio di Manfredi la sua fiammolina si allarghi ancora tra i ghibellini di Toscana ; lasciate queste illusioni di vitalità alla povera moribonda . Ella trascinerà la sua poca vita fino al 1266 , poi cadrà anch ' ella su ' l campo di Benevento ; e il compianto che un trovator provenzale scioglierà su la morte del re tedesco nato in Italia sarà ad un tempo il canto di requie a una generazione di poeti defunti . Mentre i cavalieri angioini si spartivano co ' piedi i tesori di casa sveva , e un ribaldo dell ' esercito di Carlo gittava il corpo del re di Sicilia , del re dei poeti e delle belle , ignudo e sozzo di polvere e sangue , a traverso un asino , gridando pe ' l campo - - Chi compra Manfredi ? - - ; mentre de ' suoi baroni un solo , il prigioniere conte Giordano Lancia , osava riconoscere il suo re e lacrimando e piangendo abbracciarne il cadavere ; mentre niuno dei rimatori cortigiani di Sicilia e di Puglia aveva un accento di dolore per il nipote di tanti imperatori caduto con la sua casa e co ' l suo regno in battaglia ; un povero trovatore straniero , Americo di Peguilhan , si ricordò di lui , di lui che ne ' bei dì della gloria avrà a pena fatto un cenno di grazia al poeta . E - - Tutti gli onori , cantava , tutte le azioni gloriose furono guaste e messe in fondo il giorno che morte uccise colui che meglio le pregiava , il più piacente che nascesse mai di madre umana , il valente re Manfredi che fu capitano di valore e di ogni virtù . Ora l ' onore se ne va solo e piangendo , ché non è uomo né cosa che a sé lo chiami , non è conte né marchese né re che si faccia innanzi e lo inviti . Ora il disonore fa tutto ciò che mai volle fare . Per tutto il mondo e per tutt ' i mari voglio che vada questo mio sirventese , se potesse trovar uomo che gli sapesse dir nuove del re Artù e quando dee rivenire . - - Re Arturo , o poeta , dorme ben forte nelle grotte armoricane di sua sorella Morgana , e non torna più : i cavalieri e i trovatori della dolce Provenza giacciono per sempre schiacciati sotto le ruine dei loro castelli messi a fuoco dai gentiluomini francesi e dai frati spagnuoli : il re Manfredi non ode , sotto la « grave mora » degli Angioini , il tuo compianto . I re se ne vanno , o poeta , ma l ' onore rimane , e la poesia alla loro morte rinasce . La cavalleria è morta , ben veramente morta ; ma le succede il popolo . Firenze , ove e già nato Dante , ove stan per nascere il Petrarca e il Boccaccio , non ha per suo grido di guerra nome alcuno d ' imperatore o di re o di barone ; ella « in poca piazza fa mirabil cose » con due parole plebee , Popolo e Libertà . V . La poesia cavalleresca finisce dunque in Lombardia e in Sicilia senza eredi . Quelle piante esotiche menavano frutti , perché il favore principesco le annaffiava : tolto cotesto , appassiscono e in terreno non suo vengono meno . Ma in lor vece è ella fiorita per avventura la letteratura nazionale ? Dante nasce poco men d ' un anno prima che si combatta a Benevento . Intanto tra la vecchia poesia che rappresentava il principio caduto in Benevento e la poesia nuova che sgorgherà gloriosa dal petto di questo fanciullo intercede un momento d ' inerzia e incertezza . Col sormontare di parte guelfa conseguente a quella battaglia , spostato una terza volta il centro politico dell ' Italia , il primato civile che non poteva esser più ripreso dalle città lombarde rifinite omai di forze dalla difesa lunga contro l ' impero e già sottomesse a tiranni domestici o vicine ad essere , il primato civile , dico , passa alle città del mezzo , che se lo contendon tra loro fin che lo prende tutto Firenze . Allora quasi ognuna di quelle città e di quelle terre ebbe poeti e scrittori ; ma l ' arte non si levò súbito a nuove altezze . Tra due età che differiscono di spiriti e forme havvi sempre , chi sappia scorgerlo , un limite nel quale vengono a combaciarsi , trasmutandosi a grado a grado il vecchio nel nuovo . Ma degli autori che segnano nell ' età letterarie questo passaggio è destino esser poi sopraffatti dai successori , e obliati , quando non disprezzati ; se pure alcuno dei più grandi che mosse i primi passi sotto la loro scorta non gli salvi con un benigno riguardo di gratitudine . L ' oblio e lo spregio toccò per gran parte a Guittone d ' Arezzo , che pur s ' ingegnò primo di far passare la poesia dal principio cavalleresco al nazionale , dalle forme trovadoriche alle latine ; a Guittone , che aspirò a quella poesia politica concionatrice levata di poi sì alto dal Petrarca ; a Guittone , che diede il primo esempio della prosa dotta italiana . Lo sguardo benigno d ' un gran poeta toccò a Guido Guinicelli e alla scuola bolognese . Bologna , posta fra Lombardia e Toscana , raccolse in sé le tradizioni delle due più gloriose popolazioni italiane ; gloriosa la prima nel cominciare , gloriosa la seconda nel continuare il movimento nazionale . E non poteva non essere che l ' arte della parola , tócco a pena il suolo santificato dalla libertà , non ne attignesse forze nuove e altra vita . In Bologna , Guidotto , accomodando primo tra i nostri i precetti dell ' antica eloquenza alla lingua nuova , trovava modo , pur dedicando il suo libro a Manfredi re , trovava modo a designare l ' officio di parlator cittadino in comune libero . E nella canzone del Guinicelli la fredda affettazione dei siculi cede luogo all ' imaginoso sentimento lirico , la dovizia misera del ritmo provenzale all ' ondeggiamento armonioso e solenne della stanza italica , le forme convenute agl ' intelletti della scienza . Per amore del Guinicelli , riconosciuto novatore solenne fin da ' coetanei e salutato padre da Dante , a questo quarto periodo della nascente letteratura , che è periodo di passaggio e che si estese ad altre regioni dell ' Italia mediana , rimane e rimarrà l ' aggiunto di bolognese . Bologna , la madre degli studi , prima sentì l ' arte e prima all ' arte sposò la scienza , divinando gli spiriti e le forme della grande letteratura che era per venire . VI . Dalle prime croniche del mille , ove l ' elemento nazionale incomincia a dare indizio di vitalità , fino alla morte del Guinicelli avvenuta nel 1276 , è tutto dunque un contrasto fra i diversi elementi o principi che informar dovevano la letteratura novella . Come i quattro periodi letterari finora segnati s ' incrociano e incastrano l ' uno nell ' altro ; così i principii moventi s ' intrecciano ed avviluppano nell ' azion letteraria , e la materia soggetta si agita e si rimesce senza posarsi in una forma determinata . Nel periodo latino l ' elemento nazionale apparisce in potenza , ma sotto l ' azione prevalente del principio ecclesiastico e cavalleresco : nel periodo lombardo l ' elemento cavalleresco si mescola al nazionale , e questo per la parte sua più popolana al religioso : nel periodo siculo il principio cavalleresco informa un ' arte puramente feudale e di corte : il periodo bolognese in fine , serbando del contenuto e delle forme anteriori , discuopre gl ' intendimenti e i lineamenti primi di un ' arte nazionale e dotta . E quando in Italia sta per sorgere questa letteratura , nazionale ad un tempo ed europea ; quando cominciano ad apparire nella penisola i pensatori , gli scrittori , gli artisti , per i quali la patria nostra esercitò il glorioso officio di conciliatrice tra l ' antichità e l ' età di mezzo , tra l ' età di mezzo e la moderna ; quando si determina tra noi il proprio e vero rinascimento letterario , considerato come ideale ed artistica manifestazione del risvegliato e ritemperato elemento romano ; in quel tempo , dico , la nativa e legittima arte del medio evo va scadendo così nella feudale Germania come nella Francia cavalleresca . In Germania , il decadimento ha principio col finire della imperial casa sveva ; con quella stessa ruina che segnò un mutamento essenziale e un rinnovamento letterario per l ' Italia . Sotto gli Absburghi le grandi epopee intisichiscono , svaporano le sottili fantasie e i tenui sentimenti dei minnesingheri ; e invano Ulrico di Lichtenstein tenta di ravvivare con l ' esagerazione , come in simili casi suol farsi , la tradizione dell ' amore cavalleresco , ché Hadlaub di Zurigo volta in parodia i canti dei trovatori . Succede il poema didattico prosaico e pedantesco ; e la poesia piattamente borghese dei maestri artigiani tiene il campo per lunghi anni . Anche in Francia la gloriosa età letteraria del medio evo finisce press ' a poco in quel medesimo tempo , col regno di Luigi IX : nata con le crociate , quell ' arte non sopravvive al santo re che muore in potere degli infedeli . Suo fido vassallo e storico , il signor di Joinville , della partenza per oltremare scrive con la solita potente semplicità : « Io non volli rivolger mai gli occhi verso Joinville , perché il cuore non mi s ' intenerisse del bel castello che io lasciava e de ' miei due fanciulli » . Questo sentimento così umano di rincrescimento pe ' i beni terreni che si lasciano alle spalle , quando s ' ha dinanzi alla vista dell ' anima Terra Santa , è già ben lontano dal furor sacro che spingeva le turbe della prima crociata , guerrieri e vecchi , donne e fanciulli , a gridare : Dio lo vuole ! Il succhio di quella superba vegetazione di cento e cento epopee , la fede e l ' entusiasmo , s ' è dunque esaurito : anche qui è la volta dei poemi d ' imitazione , e , peggio , delle contraffazioni e delle parodie . Perocché con Filippo il bello , col re odiato da Dante , in Francia , nella terra dei cavalieri , comincia una letteratura borghese . Di tal mutamento la prova più parlante è nelle due parti , distinte così per l ' autore come per gli spiriti , del Romanzo della Rosa . Nella prima parte , composta sotto il regno di Luigi IX da Guglielmo di Lorris , spira l ' ultimo anelito dell ' amore cavalleresco : ella è una mummia che mostra i lineamenti disfatti dell ' Arte d ' amare di Ovidio , raffazzonata con gli stracci a più colori delle allegorie monacali , e suvvi tra le rappezzature qualche fiorellino vizzo dell ' arte trovadorica ; cammina in punta di piedi e barcollando su le sottigliezze della scolastica . La seconda parte , composta da Giovanni di Meung sotto Filippo il Bello , è un lungo , troppo lungo e troppo grossolano , scoppio di risa plebee contro tutto ciò che pochi anni innanzi era stato grande , gentile , ideale ; contro l ' amore e contro le donne , contro la cavalleria e contro la religione . Né basta . Così in Francia come in Germania la bella poesia della prima età del medio evo divenne ben presto antica , tanto antica , che , dimenticata per più secoli come cosa morta , ella fu solo a questi ultimi tempi dissotterrata dai dotti e rimessa su gli altari , nazionale reliquia . E non pur essa era morta , ma anche la lingua che le servì d ' instrumento . La Canzone di Rolando in Francia e i Nibelunghi in Germania , perché sieno intesi dai francesi e dai tedeschi d ' oggigiorno , convien tradurli nel francese e nel tedesco d ' oggigiorno . Quelle lingue , germanica e francese d ' allora , soggette a mutazioni continue , parevano non poter uscire dalla condizione tumultuosa di dialetti . E già in Alemagna il dialetto meridionale dei minnesingheri era succeduto a più altri più antichi , per cedere poi il luogo alla lingua di Lutero , che fu , solo fa ora a pena cent ' anni , classicamente fermata dal Klopstock e dal Goethe . In Francia alla lingua cavalleresca dei secoli decimosecondo e decimoterzo si frappose un ' anarchica invasione di dialetti , s ' impose il pedantismo dei dotti di Carlo V e VI , e su questo il grecismo e latinismo della pleiade in lotta coll ' imitazione italiana e con lo spirito gallese puro al tempo di Francesco I , e di poi la dittatura grammaticale del Malherbe sotto Enrico IV , e in fine il purismo academico del decimoquarto Luigi . Così cinque strati diversi di lingua s ' accumularono aggravando su la primitiva letteratura francese . Tutto al contrario in Italia . Qui la lingua nuova ascese tardi al ministero delle lettere : ma a pena si mostra , ed è già fermata , determinata : e con essa , le forme dell ' arte nazionale . Che cosa v ' è da aggiungere di essenziale , che cosa è stato mai aggiunto di veramente nuovo e bello e grande , che cosa d ' inevitabilmente necessario , all ' arte di Dante , del Petrarca , del Boccaccio ? O abbiam noi per avventura bisogno di tradurre , perché sia inteso dalla maggior parte della nazione , il canto di Ugolino ? Le letterature medievali di Francia e Germania , e come nazionali e come europee , furono per grandissima parte , lo abbiam detto più volte , la espressione di una civiltà di convenzione di un ordine privilegiato . Ora , quando su lo scorcio del secolo decimoterzo la grande unità cristiana s ' interruppe nell ' occidente , causa in parte il venir meno delle crociate e in parte l ' indebolimento dell ' impero ; quando le grandi guerre si ruppero tra francesi e fiamminghi , tra francesi e inglesi ; quando cominciarono in Germania le rivolte dei borghesi , e in Francia il sollevamento del terzo stato ; quelle letterature e divennero straniere l ' una all ' altra , e perdettero la continuità e il filo della tradizione , e furono sopraffatte dall ' elemento plebeo , che le ammaccò e infranse come il godendac dei fiamminghi fiaccò la cavalleria francese a Coltrai . Vero è che né in Germania né in Francia l ' elemento popolare era constituito politicamente o constituibile ; onde là la lotta sociale non fu che una delle conseguenze anarchiche dello sfacimento dell ' impero , e qua il terzo stato non fe ' che servire , credendosele collegato , alla monarchia , la quale , adoperato che l ' ebbe a recidere i nervi del feudalismo e del clero , pose d ' un sol cenno silenzio al canto fescennino , e ridusse l ' ilota all ' usata catena . Ma ad ogni modo , tra lo smembramento dell ' unità cristiana del medio evo su ' l finire del secolo decimoterzo e il ricostruirsi delle unità monarchiche nel decimosesto , una gran lacuna per l ' Europa ci fu : lacuna che è segnata dalle orme gravi della barbarie . In questo mezzo sta l ' Italia , che di tra la luce crepuscolare del medio evo ha ripreso la fiaccola della civiltà nelle tombe del passato , ne ha illuminato un gran tratto di cielo , e la distende benigna e incurante ad accendere le lampadi delle sorelle che la percuotono . Perocché in Italia il principio popolare era la forza dell ' elemento romano connaturato al terreno e ritemperatosi alla vita novella . Educato nelle tradizioni della civiltà antica , raffermatosi nell ' uso dei reggimenti e delle leggi , con gli attriti con le industrie co ' viaggi e i commerci s ' era fatto pratico di tutta l ' Europa . Scelse il tempo e il luogo opportuno , e poi guidato dal genio antico , e conscio dei nuovi fati , procedé grave , severo , all ' opera letteraria . Già lo dissi : l ' Italia avrà letteratura nuova e sua , quando il principio popolare , più veramente qui nazionale , potrà equilibrarsi o sormontare agli altri , l ' ecclesiastico e il cavalleresco . Ora siamo al punto . VII . Il termine della potenza imperiale tra noi fu segnato , lo ripeto , dalla battaglia di Benevento . In Benevento di fatti , meglio che l ' infelice e valoroso Manfredi , cadeva ferita al cuore la parte imperiale con le sue tradizioni necessariamente germaniche e feudali . La battaglia di Benevento compiva quella di Legnano ; e le spade dei guelfi fiorentini che seguivano , o , meglio , precedevano Carlo d ' Angiò , rescindevan di fatto i vincoli onde i mal destri guelfi lombardi si erano volontariamente impedite le mani a Costanza . Che importa se un papa bandisce cotesta guerra , se la conduce un francese ? Lasciate passare qualche anno ; e se il papa , libero al fine dalla téma dell ' imperatore presente , vorrà allungare li ugnòli , i comuni e i signori italiani non son più ormai bestiuole da prendersi a inganno e farne strazio : parte guelfa si rinnoverà per modo da far rientrare pietosamente quelle granfie . Lasciate passare qualche anno ; e la concordia tra i reali di Francia e la chiesa finirà con lo schiaffo di cui Filippo il Bello , mediante la mano inguantata di ferro di Sciarra Colonna , lasciò l ' impronta su la faccia senile di Bonifazio VIII . Conseguitata allora all ' abbiettazione del principio d ' autorità feudale quella dell ' ecclesiastico , e trasferita la sede alla così detta cattività babilonica d ' Avignone , nell ' ecclisse dei due luminari del medio evo , la luce della civiltà italiana empirà mirabilmente tutto il cielo d ' Europa . La battaglia di Benevento [ 1266 ] , e la caduta della repubblica di Firenze [ 1530 ] , la nascita di Dante e la morte dell ' Ariosto , sono dunque come l ' oriente e l ' occidente di questo glorioso giorno d ' Italia ; o , se volete comprendervi i crepuscoli dell ' aurora e quelli del vespero , la pace di Costanza [ 1183 ] e il trattato di Castel Cambresis [ 1559 ] che sottometteva del tutto l ' Italia alla casa austriaca di Spagna . Così , quando gli astri del ponteficato e dell ' impero tramontano , nasce quello d ' Italia : a pena i primi si rincrociano su l ' orizzonte come sinistre comete , quel d ' Italia ricade . VIII . Ma quando il principio popolare e nazionale si mise all ' opera letteraria , quali monumenti trovò egli per la sua via , quali avanzi , quali parti incompiute o lasciate a mezzo o a pena delineate , del gran lavoro che avean fatto per addietro o stavan facendo i due principii emuli ? Badò egli o disprezzò ? Riformò o distrusse ? Distruggere è dei barbari ; e l ' elemento italiano troppo è di natura sua assimilatore . E di più l ' opera di quei due principii tanto era stata prossima e tanto influsso aveva esercitato su le idee , che sottrarsele ed evitarla diveniva , per allora almeno , impossibile . Cominciamo dal principio cavalleresco , la cui arte si spande per due rivi : soggettiva , nella lirica amorosa dei trovadori e minnesingheri ; oggettiva , nelle epopee romanzesche normanne bretoni e alemanne . Ma l ' epopea romanzesca non divenne europea e popolare se non per la intromissione e la mezzanità del principio religioso . Ora nel primo ciclo di quelle epopee , intieramente germanico , anzi della Germania pagana , nel ciclo dei Nibelunghi e della Kudrun e del Libro degli eroi , la chiesa non ebbe che fare ; né il cristianesimo era ancor giunto a incivilire con la cavalleria quegli eroi , che son veri germani della migrazione e si scannano ferocemente tra loro da veri burgundi e franchi veri . Questo ciclo adunque rimase interamente germanico , e non poteva entrare a parte della letteratura cavalleresca europea , e tanto meno della italiana . Delle quali in vece è universal vanto il ciclo carolingio , probabilmente normannico , santificato dalla chiesa colla introduzione delle crociate e delle guerre per la fede , e per ciò , e per la memoria del ristorato impero , coltivato con amore speciale dai popoli di Europa . Romanzesco più veramente nel senso moderno , pieno cioè di avventure ardite e di tenere elegie d ' amore , era il terzo ciclo , celtica invenzione dei bretoni , più intimo , più moderno , più veramente francese : e anche di quello s ' impossessò la chiesa , e lo affidò a ' pii tedeschi che lo idealizzassero fino a simboleggiarvi il mistero dell ' eucaristia . Tale era la materia epica , germanica e celtica , che l ' Italia ebbe innanzi . Ma l ' ordine feudale da cui moveva e a cui ritornava la poesia cavalleresca , in Italia , senza centro suo d ' unità , fu bentosto sopraffatto dall ' elemento indigeno e cittadino con cui si fuse : onde ispirazione d ' arte puramente cavalleresca l ' Italia non ebbe mai . Ebbe una materia cavalleresca , che fu spasso al popolo e soggetto di esperienze artistiche ai poeti . Le canzoni di gesta e i romanzi avevano da un pezzo passate le Alpi , e seguitavano probabilmente a passarle dopo l ' avvenimento degli angioini . Ma gente che finiva allora d ' avere messo insieme il corpo del diritto romano , gente che aveva da affrontare la realtà della vita negl ' interessi dei comuni , nelle lotte dei partiti , negli ardimenti dell ' industria , potevano per allora pensare a rifar su ' l serio quegl ' intrecci di eroi dai lievi contorni che vanno sfumando in un turbine di avventure mal comprese ? potevano pensarvi essi che ammiravano Virgilio ed Ovidio ? Cavalieri e dame leggevano di Lancillotto e Ginevra in francese : il popolo ascoltava con diletto nelle piazze i cantastorie di Orlando e Carlo Magno , che potevano essere anche francesi o che cantavano un francese fatto a pena italiano nelle desinenze , come è quello del Renart veneto ; ascoltava , e , dov ' ei vedesse un masso di meravigliosa mole , diceva esser quello stesso che fu spezzato in due dalla spada del paladino d ' Anglante ; affermava rialzate o edificate dal santo imperatore quelle mura e quella basilica ; poneva nell ' Etna il fatale nascondiglio di Artù o nelle buche delle fate di Fiesole il misterioso sacrario dell ' incantagione d ' Orlando . Ma intanto il comune di Bologna , a cui certi oziosi circoli non garbavano , vietava con decreto del 1288 , che i cantores francigenarum si fermassero su le piazze . E i cavalieri attendevano alle loro possessioni allodiali , o con lor masnade andavano di terra in terra per capitani e podestà ; e il popolo badava a snidar dai castelli quel che avanzava di feudatarii e a costringerli a città e poi cacciarli anche di città come grandi . I romanzi d ' avventura furon dunque riserbati per il rifacimento , pe ' l ricreamento , dirò anzi , artistico , a secoli più oziosi o più aristocraticamente foggiati , il decimoquinto e il decimosesto ; per allora si tradussero alla meglio , tanto per servire alla richiesta dei disoccupati e delle donne , alla meglio , come sono stati tradotti a ' nostri tempi i romanzi del Dumas da mestieranti . Ci fu per avventura qualche tentativo poetico , ma di poco nome o di niuno : tutto finisce qui . Per adesso della poesia cavalleresca maggior vestigi lasciò e più si apprese alle menti quella parte che di natura sua è più universale e comune ; la lirica individuale . E due effetti operò ; buono l ' uno , e pessimo l ' altro : inculcò , almeno per moda , quello speciale rispetto alla donna , considerata come sorgente di virtù e perfezione , che mantenne certa gentilezza nel costume e nelle idee de ' nostri popoli di un po ' rude naturalezza : esercitò con le sue forme una ben triste influenza su la lirica italiana , impigliandone più d ' una volta e costringendone il proprio e libero procedere , e avvezzandola talvolta , e assai di buon ' ora , a un che di arguto e manierato . Più efficace opera , e di più durevole impressione , almeno in parte , aveva fatto il principio ecclesiastico . Lasciamo stare i suoi cicli leggendarii accumulati nelle età grosse del medio evo e tramandati di secolo in secolo ; i cicli orientali e bizantini dei martiri , dei solitari e dei contemplanti ; i cicli latini cominciati da Gregorio Magno col Dialogo e chiusi coll ' Aurea leggenda del Da Varagine ; lasciamoli stare , sebbene e ' sien qui tutti pronti su le soglie dell ' età nuova a fornire materia ed argomento ai raccontatori ed ai mistici del secolo decimoquarto , alla poesia drammatica del secolo decimoquinto , alla pittura dal duecento a tutto quasi il cinquecento . La chiesa avea fatto assai di più . Su ' l principio del secolo decimoterzo , contro le eresie della ragione e del sentimento d ' ogni dove irrompenti e favoreggiate più o meno apertamente , secondo le occasioni , da Federico II e dalla parte imperiale , la chiesa avea commesso il suo verbo a due potenti milizie ; e queste si erano sparse tra le genti rinnovando su ' l mondo il suggello della fede . Intorno al capo di san Francesco , frate innamorato di tutte le creature , socialista cristiano , volano le colombe , e i lupi gli lambiscon la mano ; e il popolo gl ' intesse una ghirlanda lucida e serena che si riflette su l ' arte della parola e del disegno . Intorno al capo di san Domenico rugghiano le fiamme dei roghi e sibila come fionda di piombo il sillogismo del definitore teologo : egli brandisce una facella , che vorrebbe esser di luce , ma che vapora d ' inferno per la via dei secoli . E due famiglie , due eserciti , seguitano quei padri e quei duci . In mezzo all ' una procede contemplando e inneggiando il serafico autore dell ' Itinerario della mente verso Dio , in mezzo all ' altra , tutto chiuso e concludendo in forma , l ' « Angelo delle scuole » . Gli uni si rivolgono al sentimento col misticismo , gli altri all ' intelletto colla scolastica . Letterati e artisti , gli uni fanno miglior prova nella leggenda nella lirica nell ' architettura , gli altri nel trattato e nella pittura . Ribelli all ' autorità , gli uni si chiameranno fraticelli della povera vita , specie di quaqueri , e daranno , vittima ignota , un fra ' Michele ; gli altri produranno fra ' Girolamo Savonarola e i piagnoni , tendenti a una democrazia monastica . Per intanto due forme d ' arte mistica rifioriscono intorno a loro , la visione e la meditazione . E in cima alla Somma di Tommaso d ' Aquino la teologia s ' abbraccia con la scienza ; e in cima alla ontologia di Bonaventura la fede s ' abbraccia con l ' arte ; e tutte quattro paion d ' alto irraggiare le belle cattedrali sorgenti nell ' Italia di mezzo e i timidi colori dell ' arte che aspetta Giotto . Dante sta ritto in piedi tra i colonnati solenni e leggiadri , e guarda , rapito in contemplazione . DISCORSO TERZO Del periodo toscano : affermarsi della letteratura nazionale : Firenze e il gran triumvirato . I . Diamo ora uno sguardo a tutto insieme il fluire maestoso di questo fiume divino , come avrebbe detto Omero , della letteratura italiana nel secolo decimoterzo e nel decimoquarto . Incominciata dalla poesia individuale , seguitò , come letteratura di popolo libero , segnando la superbia del nome latino rivendicato e i fasti della nuova libertà nelle croniche , descrivendo le tradizioni e i costumi nelle leggende e novelle ; abbracciò , come ne ' suoi principii ogni letteratura non primitiva , tutta la scienza e del passato e del presente nelle enciclopedie ; attestò nei volgarizzamenti la conservazione dell ' arte e della scienza antica . Altrove si scherzò con versi leggeri , ma nell ' Italia del mezzo e tra la cittadinanza fiorentina nacque la prosa del Trecento , gentile ed elevata , forte ed elegante , come poi l ' architettura di Santo Spirito ; qui prese moto e colore quella poesia che nelle luminose visioni della Vita nuova sembra tendere al cielo come i due angeli dipinti da Giotto nella cattedrale d ' Assisi , o che sorge come Santa Maria del Fiore gigantesca e solitaria nella Divina Commedia . Sublime spettacolo , il popolo italiano , raffermo e assodato , porre il fondamento e dare proprissime alla sua civiltà la forza e l ' azione , le figure e le sembianze , con un acconcio temperamento dell ' antico e del nuovo , del cristiano e dell ' etnico , del latino e del medievale , tanto ne ' reggimenti e negl ' instituti , quanto nella scienza e nell ' arte ; certo per quella facoltà di sapiente eclettismo e di artistica assimilazione che fu della gente nostra , degli elleni e latini . Ma il popolo d ' Italia , più simiglievole in ciò a ' greci che non a ' romani , questi mezzi di ravvicinamento gli ebbe in sé stesso ; come quello che si aveva connaturato , pur riadattandolo estrinsecamente a sé , il cristianesimo , e che ne ' forzati mescolamenti delle genti settentrionali qualche cosa aveva attinto di loro . E come il popolo d ' Italia , a quella guisa che i romani con le armi e i greci con le colonie e le dinastie , si stese con i commerci per tutto il levante e a settentrione ; così le lettere ed arti sue , a guisa di chi sentesi ricco di dottrina ed esperienza propria e pur gli giova guardare all ' altrui e profittarne , attinse largamente non che dal francese e dal germanico , ma e dal bizantino e dall ' orientale . E come la nuova plebe latina aveva co ' l lavoro di secoli contemperato a sé artisticamente il cristianesimo anzi che essersi lasciata ritemprare da quello ; e come ella , più presto che non distrusse , assorbì in sé molta parte di feudalismo e d ' aristocrazia , facendo cittadini e artigiani i suoi antichi signori ; e come lasciò poi sorgere di sé il popolo grasso e la nobiltà popolana , non restando ella veramente in soggezione de ' nuovi ordini , ma piuttosto partecipando con quelli il reggimento ; così la primitiva letteratura italiana , incominciata dal popolo e promossa e aiutata dal sentimento religioso e dal principio ecclesiastico , prese poi della feudale ed ecclesiastica quello che le conveniva , rinnovandola per altro a maggior durata col temprarne l ' essenza e le forme ; quindi lasciò sviluppare di sé una letteratura più dotta , alla quale seguitò ella a porger del suo , perché riuscisse più che altro una sua necessaria prosecuzione e un perfezionamento . Adunque , ricollegare pazientemente l ' antico col nuovo , la imitazione allargare , accomodare la scienza a tale arte che pur rimanesse popolana e sopra tutto guardar sempre al popolo e alla nazione ; furono i caratteri della prima letteratura d ' Italia . Quindi volgarizzamenti di scrittori greci e latini , sacri e profani ; vite di santi e leggende bizantine e orientali , e trattati e poemi di origine provenzale ed arabica ; quindi il re Artù e Tristano ed Isotta la bionda per una parte , e Alessandro e Cesare e Catilina per un ' altra ; e novelle che la materia pigliano da ogni paese ; e nella poesia la canzon filosofica accanto al sirventese politico e alla gaia ballata , e le ire di municipio con la carità di cristiano , e l ' erudizione classica col genio paesano d ' Italia e con gli spiriti cavallereschi di Provenza ; e l ' elegia che fiorisce d ' onde spunta la satira , e l ' entusiasmo lirico col sillogismo delle scuole ; e negli spazi della visione popolati di mille fantasie le arduità matematiche : il che tutto raccoglie in sé , rappresentatore supremo di questa universalità della prima arte italiana , Orfeo , Omero ed Esiodo a un tempo , Dante Alighieri . E in questa varietà è tuttavia da notare la potenza , che quei nostri vecchi ebbero mirabile , di dare l ' aria del paese e l ' atteggiamento di famiglia così alle erudizioni diverse e alle difficili astrazioni della scienza come alle fantasie che pigliavano di lontano . I romanzatori de ' Reali di Francia attinsero certo d ' oltre monte la materia e parte anche delle forme ; ma quei romanzi divennero accettissimi alla nazione , e tuttora rimangono lettura tradizionale di questo popolo , che dei moderni imitatori di Francia e di Germania non sa pure il nome . Ritraggono dall ' oriente le leggende cristiane ; ma sono ad un ' ora di quelle cose dove più cara fiorisce la favella toscana e dove il sentimento popolano fiammeggia più limpido . Il Cavalcanti poeteggia sottili filosofemi nelle gravi stanze della canzone ; ma le sue ballate furono certo intese e cantate dalle donne e dai giovani . E non erano elleno popolari le fantasie della Divina Commedia ? e anche l ' allegoria che la domina non era il popolo d ' allora avvezzo a contemplarla e meditarla nelle leggende nelle pitture e fin negli ornamenti architettonici delle chiese ? in fin , non era egli tutto avvivato dalle ricordanze del popolo italiano il poema dell ' aristocratico fiorentino ? Onde il popolo e lo cantò , come poi udì cantare nelle piazze versi del Petrarca , e volle che glie ne fosse dichiarata nelle chiese ai dì di festa la parte scientifica . E dal popolo desunse il Boccaccio non poco della materia al suo Decameron , e delle forme le più belle e durature . Allora Dante , il Petrarca , il Boccaccio , ingegni sovrani , parlavano al popolo d ' alte cose e di leggiadre con alti ed ornati sensi e parole ; e n ' erano compresi ed ammirati . Oggi ingegni mezzanissimi fanno prova d ' imitare il popolo ; e le sono smorfie ; e il popolo non bada a loro . Degnamente . Il popolo vuolsi rialzare ; non rimpiccolir noi né bamboleggiare senilmente , per mantenerlo sempre in condizion di minore . II . Del resto , la letteratura del Trecento è toscana quasi tutta , sì per gli scrittori e la lingua , come per le esterne cagioni che la informarono e condizionarono via via . Dei volgarizzamenti , che tanto conferirono a scozzonare la favella e scaltrirla agli stili diversi , i più e i maggiori , in tutte le direzioni dello spirito e in tutte le colture , la religiosa , la classica , la cavalleresca , sono opera di toscani : toscani i predicatori e gli autori spirituali , tanta parte allora della educazione e lettura popolare : toscani i meglio dei cronisti e i novellatori : toscani poi tutti gli scrittori che più fedelmente e largamente comprendono e rendono nelle opere loro il movimento il sentimento il colorito del tempo : Brunetto Latini , il Giamboni , Giordano da Rivalta , il Cavalcanti , Dante , Dino , il Cavalca , Bartolommeo da San Concordio , il Villani , il Petrarca , Fazio degli Uberti , il Passavanti , il Boccaccio , Caterina da Siena , Giovanni dalle Celle , Franco Sacchetti . Dinanzi a tali nomi ed opere perdono ogni importanza quegli alcuni o rimatori o volgarizzatori o cronisti di altre regioni italiane , i quali , del resto , se scrivono con intenzione di arte , seguono con più o meno d ' incertezza i toscani , o vero nella rozzezza loro tradiscono la niuna cultura del dialetto nativo ; quando invece dal volgare delle domestiche e private scritture fiorentine pisane e senesi al volgare del Villlani del Cavalca di Caterina non corre divario , o ben poco . Insomma , nella prima età della letteratura italiana , il suggello è nazionale e toscana l ' impronta . Toscana ho detto e doveva dir fiorentina . Perocché Arezzo Pistoia Lucca tacciono ben presto ; un poco più tardi , e onoratamente , ma pur anche Siena e Pisa cedon del campo ; che Firenze occupa e tiene , sempre , sola , gloriosa . III . Per quel che concerne la materia e l ' instrumento letterario ; più puro , più elegante , più regolare degli altri italici apparisce dalle scritture private che di quei tempi ci avanzano il dialetto che si parlava in Firenze . Non che si voglia o debbasi con ciò dare il vanto della lingua a lei tutta sola ; ché italiano erasi già scritto a Palermo , erasi scritto a Bologna . E fu notato che i primi tentativi per sollevare a dignità letteraria i varii dialetti riuscivano come al ritrovamento di una lingua comune . Il che non parrà strano , quando si ripensi che quei dialetti , reliquie dei vecchi linguaggi italici passati per il crogiuolo del latino , erano allora per la più parte men lontani tra loro e men diversi che oggi non siano ; e la prova veniva sempre facendosi allo specchio del latino da uomini ingegnosi , nelle città più cólte d ' Italia . Con tali condizioni e con sì fatta norma era naturale che ad una lingua comune , stabile e regolare , si arrivasse ben presto , quando la letteratura da benigna necessità storica fu condotta a fiorire nel bel mezzo dell ' Italia centrale , nel bel mezzo della famiglia de ' dialetti più veramente latini , dove più omogeneamente tenevasi raccolto l ' elemento antico e men turbato da misture straniere . Ma veramente per solo il dialetto non avrebbe Firenze potuto esercitare quella gran parte che ebbe nello svolgimento della letteratura nazionale e della coltura moderna . Altre e più forti ragioni vi sono per le quali il Comune che occupava poche miglia d ' un territorio non fertile dovesse occupare del suo nome l ' Europa . Nello scorcio del secolo decimoterzo gli angioini di Napoli , non avendo piè fermo né diritti sovrani su le parti più vitali della penisola , non ebbero più dopo Carlo I vera potenza , e l ' opera loro non fu che d ' intrighi più o meno avveduti e ambiziosi : al settentrione , i signori pullulavano da per tutto , rappresentanti , è vero , del popolo contro i nobili e i grandi , ma non amici di libertà , e i comuni , esauste le forze , si accasciavano omai sotto il giogo civile di uno più volontieri che non combattessero contro cento : le repubbliche marittime attendevano a ' lor commerci e conquisti e a contenderseli fra loro : nel centro , Roma , dopo l ' esilio de ' papi e negli scismi che lo accompagnarono e nella debolezza che da quelli conseguitò al ponteficato , travagliava nell ' anarchia sé e le province che le erano addette di diritto o di fatto . Ecco , parmi , le cagioni più apparenti per che focolare proprio alla nuova civiltà fu per gran parte Toscana , e per grandissima parte Firenze . Quando le altre repubbliche allentavano il corso e sostavano in una quiete che era stanchezza , ella , l ' ultima nata delle grandi sorelle , aveva a pena preso le mosse : con lei era la gioventù e la freschezza delle forze , e per lei l ' avvenire . In Firenze , il Comune , o meglio , la cittadinanza popolaresca che fu il nocciolo vero del Comune , di mezzo alle schiatte di nobili , tedesche e feudali , partite in guelfe e ghibelline , aveva con rigoroso ordinamento civile e militare saputo e potuto constituirsi in modo da acquistare un ' azione propria e indipendente , da infrenare le due parti , o , all ' occasione , abbatter l ' una collegandosi all ' altra . Guelfo il Comune di Firenze fu , come in fondo ogni comune italiano , per rispetto a quel certo favoreggiamento che le libertà civili ebbero , nel loro primo contendere ad affermarsi , dalla politica dei papi improvvida delle conseguenze ; fu guelfo in opposizione al ghibellinismo cesareo di casa sveva , al ghibellinismo tirannico e aristocratico degli aderenti suoi feudatari e nobili ; ma gl ' interessi dell ' esistenza libera , i diritti allo svolgimento infinito della vita democratica , gli manteneva e proseguiva contro guelfi e ghibellini del pari . La cittadinanza guelfa di Firenze , o , a dir più chiaro , la borghesia , nel contrasto dei due poteri e delle parti , fu neutrale ad un ' ora ed attiva : ella era anzi tutto fiorentina ; e con questa politica venne a stabilirsi nella constituzione del 1282 . Allora , posta tra l ' alta e la mediana Italia , con in mano le chiavi dell ' Appennino , con un ' indomita forza di espansione , con una operosità infaticabile , Firenze divenne ben presto potentato italiano , leva al movimento politico , economico , artistico della penisola . E ben presto , per ricchezza di commercio , per esuberanza di produzione materiale e intellettuale , per prosperità e civiltà interna , per influenza tutta popolare e industriale al di fuori , non ebbe pari , su ' l finire del secolo decimoterzo e nel decimoquarto ; più tardi , ebbe pari soltanto le città di Olanda . Ella era la prima potenza denaresca d ' Europa ; le sue banche fiorivano ad Augusta a Marsiglia a Parigi a Londra , negli scali d ' Oriente : il pontefice chiamavala fonte dell ' oro , il soldano ammirava i suoi fiorini , i re d ' Europa ricorrevano a ' suoi banchieri o li rubavano . Ma i fiorentini non erano solamente e grossolanamente banchieri e mercanti . Come le corporazioni delle arti venivano ad essere , più utilmente forse che non le società politiche della rivoluzione francese , altrettante repubbliche nella repubblica , così ogni mercante , ogni artigiano , anche prima di prender parte al governo , anche senza prendervi parte , si addestrava nella discussione , nella conoscenza degli statuti e del reggimento , nell ' amministrazione degl ' interessi pubblici , non che dei grandi interessi della sua corporazione sparsi per tutta la terra civile . E per tutta la terra civile cotesti mercanti e artigiani portavano il fino ingegno , lo scòrto maneggio , l ' acuta osservazione , il sentimento nobile della patria repubblicana : per essi Firenze si rispecchiava nell ' Europa e nell ' Asia , e l ' Asia e l ' Europa in Firenze : onde il detto di Bonifazio VIII , quando nel ricevere ambasciatori di varie e strane nazioni li sentì tutti fiorentini , essere i fiorentini il quinto elemento del mondo . E certo furono nel medio evo e nel Rinascimento l ' elemento essenziale della civiltà moderna . Né il commercio ammolliva loro il braccio o ne rimpiccioliva l ' animo o ne fiaccava gli spiriti . Fuori , i negozi e le banche spargevano le fiorentine manifatture , moltiplicavano l ' oro fiorentino : dentro , gli opificii delle sete e delle lane risuonavano del lieto strepito del lavoro : ma a un bisogno , sol che la nota insegna sventolasse dalla casa del gonfalonier di quartiere , le spole e i naspi tacevano , e quattordicimila lavoranti e capi di bottega erano in armi a difendere da ogni attentato la constituzione del popolo , a rivendicar tutti l ' oltraggio fatto ad un solo . E quando l ' imperatore o alcun de ' tiranni ghibellini minacciasse il comune , venticinquemila uomini portanti l ' armi rassegnava la città , settantamila si raccoglievano nel contado : onde alle minacce di Arrigo VII potevasi rispondere senza iattanza , Firenze non aver mai per niun signore abbassate le corna . E intanto in quel reggimento che passava per tutte le fasi di uno stato a popolo , con la partizione e lo sminuzzamento all ' infinito del potere e degli offici voluto dalla gelosia democratica , non che per le vive emulazioni delle parti , le forze individuali dovevano manifestarsi , esplicarsi , incontrarsi per tutti i versi . Aggiungete il sentimento generale che in paese piccolo e raccolto più facilmente viene educato dai personaggi gloriosi per poi alla sua volta educarli . Aggiungete l ' occasione , gli stimoli , l ' insegnamento , che lo Stato porgeva , risvegliava , forniva . Nel popolo di Firenze l ' istruzione più che elementare era diffusa come oggi nelle principali città di Germania : molti libri di compilazioni e di versioni , oggi testi di lingua , eran composti per il popolo ; e il bottegaio teneva sotto il banco Livio e Sallustio , l ' Eneide e la Tavola rotonda , ultimamente tradotti ; leggeva e giudicava il Villani e anche Dante , e ne trascriveva ne ' suoi quaderni le cose notevoli o che più lo toccassero . Le scuole di grammatica e di logica erano frequentate da seicento studenti , e dal fiore della gioventù popolana le prime università d ' Italia e d ' Europa . Intendesi così come le cure del guadagno e degli utili e materiali godimenti non ottundessero il senso de ' bisogni morali , non ghiacciassero l ' alito delle pure e sublimi aspirazioni , non intralciassero e impedissero lo svolgimento intimo e intellettivo : intendesi come quella libera larghezza di vivere non respingesse troppo presto le nobili usanze antiche , non rompesse così subito i confini dell ' antica disciplina . Onde quella varietà , quella molteplicità , quel contrasto di colori nella superficie della società fiorentina : qui le feste magnifiche ed eleganti , i lieti ritrovi dei giovani con giuochi d ' armi e di cavalleria , e il culto gentile della donna : là le famiglie attinenti ed avverse ragunate al corrotto de ' morti , e quindi d ' intorno alla bara e dalla chiesa saltare all ' armi in su la piazza : e le confraternite dalle lugubri fogge e dai lugubri canti nelle cappelle sotterranee , e le rappresentazioni dei misteri della vita oltremondana su i ponti e le piazze ; e in mezzo a tutto questo i tentativi severi nel campo della verità e della bellezza , della scienza e dell ' arte , salutati come una gioia e come una gloria del comune : la tradizione della Madonna dipinta da Cimabue e del popolo che trae raggiante di letizia a vederla , onde il nome di Borgo Allegri , quante mai cose dimostra , quanti secreti rivela ! Tutti i diversi elementi della vita nuova italiana ; la fantasia religiosa etrusca , l ' intelletto sociale romano , il sentimento individuale germanico , lo spirito leggiadro provenzale e francese , l ' istinto pratico e progressivo dei comuni lombardi ; tutto ciò ne si presenta in Firenze in meravigliosa varietà di fenomeni ; in Firenze che vede presso su ' l monte le ruine etrusche di Fiesole , in Firenze colonia romana e di romane memorie superba , in Firenze ove i tedeschi venuti con Ottone constituiscono la nobiltà più armigera e irrequieta , in Firenze il cui giglio ama fiorire co ' l giglio di Francia e che sormonta coll ' avvenimento degli angioini . Ma tutto ciò Firenze lo trasforma a nuova e originale unità . Arnolfo e Giotto dalla durezza dalla rigidità dall ' inceppamento dell ' arte bizantina e tedesca passano alle serene e liete forme italiane : il Cavalcanti e Dante appianano e arrotondano le asperità e la rozzezza della scolastica in quello stesso che sollevano nel dotto edificio della strofe la leggera canzone provenzale . Lo slancio degli uomini e degli ingegni , in così breve spazio , entro sì angusti termini , fu miracoloso , e non ha pari nella storia che quel d ' Atene dopo Maratona ; col quale ha pur questa essenzial somiglianza , che in tanto ardimento , in tanta realtà di vita , non fu deposto quel quasi senso fanciullesco , nel significato migliore della parola , d ' un ' arte nuova , il tremore l ' orrore l ' amore dinanzi al soprannaturale all ' infinito al divino ; orrore e tremore che è lo stesso in Eschilo e in Dante , amore che è in Sofocle e nel Petrarca . IV . Per le quali cose tutte , Firenze su ' l finire del medio evo fu all ' Europa dal lato della coltura e della civiltà secolare quel che era Roma per la religione , Parigi per la scolastica . Per la letteratura nazionale poi , i termini del primo originale periodo si riscontrano agevolmente e naturalmente nella storia fiorentina ; dal 1282 , quando il reggimento si rinnovò con la instituzione de ' priori delle arti e di libertà , nel quale anno o nell ' appresso Dante scrisse il primo sonetto della Vita nuova , al 1378 , quando la democrazia fiorentina passata per tutte le rivoluzioni precipitò nel tumulto sociale dei Ciompi : quattro anni avanti erano morti il Petrarca e il Boccaccio . L ' anno 1282 fu , nelle debite proporzioni , per il popolo di Firenze quel che il 1789 per la borghesia di Francia : sterpate già al di fuori le più prossime piante dell ' aristocrazia feudale , fu in cotesto anno con la instituzione de ' priori estirpato anche ogni germe interno dell ' aristocrazia di nascita , e assicurato il governo nelle mani del popolo grasso . L ' anno 1293 fu per Firenze quel che il 1793 per la Francia : allargò i termini del governo popolare , lo corroborò con la instituzione dei gonfalonieri capi della milizia civica , e con gli ordinamenti di giustizia che furono , senza sangue , la legge dei sospetti contro le famiglie grandi . La rivoluzione del 1301 , a cui seguitò la cacciata dei Bianchi , non fu che un colpo di stato di Corso Donati e di alcuni oligarchi borghesi , non contro la constituzione , ma contro parte Bianca , che aveva allora il potere e lo esercitava con molto rispetto alla legge , se bene non con efficacia democratica . Da quell ' avvenimento alla cacciata del duca d ' Atene , dal 1301 al 1343 , in un continuo alternare di oligarchie sofferte o rovesciate , di signorie invocate o cacciate , di guerre grosse vigorosamente sostenute dalla borghesia , il governo e la città sono dal più al meno in mano di essa , che dilaga e compenetra di sé tutte le instituzioni , tutti i fatti e le idee . Dal 1343 al 1378 la borghesia , pur seguitando a battere i grandi dentro la città e fuori per tutta la Toscana e a contrabilanciare minacciosa le signorie crescenti nella penisola , si divide sempre più tra sé , e così porge il fianco al popolo minuto ; il quale fin dalla cacciata del duca d ' Atene aveva cominciato a numerarsi e a paragonarsi , e che in fine piglia lo stato ed irrompe nel tumulto sociale , succeduto alla rivoluzione del 18 luglio 1376 fatta da Salvestro de ' Medici contro la borghesia , come le giornate del giugno 1848 successero alla rivoluzione di febbraio . Così tre generazioni diverse , tre diversi popoli , con origini con sentimenti con intendimenti diversi , passano su la scena del comune : il popolo vecchio , dei cittadini e grandi antichi , i quali avevano stabilita o accettata la constituzione dell'82 : il popolo nuovo , la borghesia più piccola e l ' avventizia del contado , che tiene il campo dopo il '93 e specialmente dopo il 1301 : il popolo minuto , o la plebe , che si fa avanti dal 1343 al '78 . Ora Dante , il Petrarca , il Boccaccio , per una ventura che non è tutta caso , ne si prestano a darne la storia dello svolgersi l ' ideale artistico e civile nelle diverse fasi , negli strati , per così dire , diversi del comune fiorentino , che del resto raccoglie e riflette in sé la vita degli altri comuni italiani che non ebbero letteratura . V . Dante rappresenta il popolo vecchio . Gli Elisei , ceppo di sua gente , vantavano sangue romano , un cavaliere di Carlomagno , un gentiluomo di compagnia d ' Arrigo II , un crociato cavaliere di Corrado III e martire della fede ; tennero parte ghibellina , e aveano castella in contado e torri in città . Gli Alighieri , diramatine al tempo dei consoli , seguitarono in vece parte guelfa , e furono della nobiltà del primo popolo : Brunetto , zio di Dante , era guardia al carroccio nella battaglia di Montaperto contro i ghibellini cesarei , come Dante combatté a Campaldino contro i ghibellini feudali . Cresciuto così tra memorie gentilizie e tradizioni guelfe , egli difese con le armi il governo del 1882 e l ' ornò con gli studii . In quella primavera della storia fiorentina che durò dall''82 al '93 e anche al 1300 , quando tra il popolo nuovo e le vecchie famiglie che avevano accettato la constituzione borghese era tregua che pareva pace , era accordo che pareva fusione ; quando la vita repubblicana abbellivasi ancora di fogge cavalleresche per le fósche vie non più asserragliate passava la « festa del dio d ' amore » , Dante prese dalla parte più severa dell ' anterior generazione la poesia lirica , quella poesia che , provenuta dall ' elemento cavalleresco , cantava già civilmente l ' amore come principio di gentilezza e salute , come instrumento e forma in somma di perfezionamento morale ; la prese e compenetrò di dottrine scolastiche per sollevarla a un ideale immateriato di meditazione e contemplazione mistica . Egli « trasse fuori le nuove rime » contro gli antichi trovatori : cioè l ' opera sua giovanile , che consiste nel recare l ' astrazione e la spiritualità dell ' amore e della poesia al più alto punto che mai toccassero , fu anch ' ella un ' opera di reazione intellettuale e morale del nuovo comune contro la corruzione monarchica e aristocratica dell ' impero di Federico II , contro l ' averroismo della corte sveva , l ' epicureismo di Farinata e dei ghibellini toscani , la sensualità della poesia siciliana e di parte imperiale : Dante scriveva le rime della Vita nuova in quegli anni stessi che l ' una dopo l ' altra , e l ' una a canto all ' altra , quasi per incanto , sorgevano le chiese bellissime di Firenze , Santa Maria Novella , Santa Croce , Santa Maria del fiore . Ma a rompere quella processione di visioni ove tutto è sovrumano , a fugare quelle forme angeliche ondeggianti nell ' azzurro infinito , a richiudere il cielo , sopravvenne non tanto la morte di Beatrice quanto Giano della Bella con gli Ordinamenti di giustizia , i quali escludevano dallo stato tutte le antiche famiglie che non lavorassero o non inscrivessero i loro nomi alle arti . Dante si segnò speziale , e diedesi a studi più gravi di filosofia e di arte civile sempre negl ' intendimenti , di ristaurazione e progresso a un tempo , del Comune . Così il Convito è la prima opera italiana , ove l ' elemento nazionale si manifesti con un ben determinato concetto sì della scienza sì delle forme antiche , e con la trattazione per volgare delle materie scolastiche segna a un ' ora il primo passo alla secolarizzazione della scienza e alla confermazione classica dell ' arte nuova . E il poeta aveva dalla parte sua fatto di tutto per seguitare il rapido corso della democrazia , si era adoperato del suo meglio per entrare come nella civiltà del comune così nella vita pratica del popolo nuovo : egli ambasciatore , egli priore , egli fin sindaco sulle strade : quando venne d ' un tratto il colpo di stato di Corso Donati e degli oligarchi alleati di parte guelfa a spazzar via il partito bianco , che fu come la Gironda della repubblica fiorentina . Dante esule sentì finalmente che ogni rivendicazione pacifica e legale tornava oramai impossibile , che il popolo vecchio aveva finito , che le antiche famiglie , le quali obliando tutto il glorioso passato non iscendessero a patti prima co ' tiranni del momento poi col nuovo ordine di cose , erano destinate inesorabilmente a consumarsi rabbiose nell ' esilio o a languire innominate in domestiche relegazioni entro quella patria che più non le conosceva . Le memorie soavi della giovinezza , le nobili ambizioni della virilità , le speranze di un bello e riposato vivere tra le vecchie tradizioni e le glorie nuove nella patria felice : tutto era perduto . E in lui risorse l ' antico aristocratico : dimenticò suo zio Brunetto e il carroccio , dimenticò Campaldino e il priorato , per ricordare soltanto gli avi suoi romani , gli avi suoi crociati , gli avi suoi cavalieri di Carlomagno , di Arrigo II , di Corrado III . Nella espansione vertiginosa del comune non vide che anarchia ; nella esuberanza della vita economica e commerciale non vide che corruzione ; nell ' affollarsi della plebe al conquisto dei diritti politici non vide che villani puzzolenti d ' Aguglione e di Signa , che villan rifatti figliuoli di padri accattoni , i quali andavano già alla cerca in Semifonte e ora chiudevano le porte della patria su ' l petto a lui , sangue romano , che per amor della patria si era fatto speziale . E al comune toscano incanagliato preferì le corti dell ' alta Italia : « S ' io son fatto romano e tu lombardo » , rinfacciavagli sin da quei giorni l ' Angiolieri senese , e Giuseppe Ferrari ben qualificò da questo lato la Divina Commedia per il poema della tirannia italiana . Perocché Dante per dispetto del presente ritornò non tanto al tempo di Federico II , da cui , pur ammirando egli quel diffuso splendore di civiltà profana , le credenze sue religiose e le opinioni filosofiche e l ' indirizzo de ' suoi studii e i ricordi de ' suoi giovenili sentimenti aborrivano , ma al tempo del buon Federico I , sotto il cui imperial protettorato il popolo vecchio delle città italiane avrebbe dopo la pace di Costanza con miglior senno potuto ordinarsi a regolata aristocrazia ; tornò anche più a dietro , e invidiò i tempi beati di Cacciaguida , quando Firenze aveva confine il Galluzzo . Da ciò all ' unità d ' Italia ci corre . E pure come smisuratamente , nel rimpicciolimento de ' concetti politici e delle passioni di parte , come smisuratamente si svolse e crebbe oltre i termini nostri quell ' animo e quell ' ingegno ! Quanto mai devono l ' Italia e l ' arte e il mondo a quell ' esilio , che d ' un priore fiorentino , d ' un poeta elegiaco , d ' un trattatista scolastico , fece l ' uomo fatale , il cui severo profilo , nel quale disegnasi tutta un ' epoca della storia umana , domina i secoli , ne fece , dico , il profeta non nazionale , ma europeo , ma cristiano , dell ' evo medio ! Profeta , ho detto ; e Dante in vero , come i profeti del popolo ebreo , ebbe un ideale del passato : quanti passi innanzi aveva fatti l ' Italia comunale nelle idee politiche e sociali , tanti egli ne fece per indietro : la sua Roma , « che il buon tempo feo » con i suoi due soli ( perocché è un degli ardimenti di Dante di aver sollevato l ' imperatore dal grado di luna , a cui il medio evo l ' avea confinato , a quel di sole , per agguagliarlo al pontefice ) , la sua Roma è la Roma di Costantino e di Giustiniano : quel paradiso , che con i suoi nove cieli concentrici quasi con altrettanti cerchi di adamante racchiude e sòffoca la terra , ha la sembianza d ' una cupola bizantina , sotto la cui stretta volta smaltata ad oro e azzurro il poeta contempli , figurato in rigido musaico , lo aggreggiarsi pacifico , uniforme , monotono , dei regni e dei popoli , dei signori e dei Comuni , nella monarchia di Dio , sotto lo scettro dell ' imperatore , sotto il pastorale del papa . E ciò quando i mercanti fiorentini segnavano schernevolmente nei loro libri di banco le partite inesigibili a conto d ' Arrigo di Lucimburgo imperator di Lamagna , quando del papa il re di Francia aveva fatto un suo cappellano , quando l ' uman pensiero cominciava già ad irrompere nel sacrario della teologia e della scolastica dietro la scienza e la libertà , a quel modo onde un de ' contemporanei antisegnani di quelle , Raimondo Lullo , aveva , essendo ancor cavaliere , seguìto galoppando a cavallo la dama de ' suoi pensieri entro la chiesa di Maiorca . E all ' idea sociale e politica risponde nella maggiore opera di Dante il concepimento estetico . Egli giunse a tempo a raccogliere in sé i riverberi delle mille visioni del medio evo e a rispecchiarli potentemente uniti su ' l mondo ; giunse a tempo a chiudere con un monumento gigantesco l ' età dell ' allegoria . Egli , in quel secolo stesso che le cattedrali di Germania e d ' Italia rimanevano interrotte per non essere riprese più mai ; egli , come per uno di quegl ' incanti o di quei miracoli de ' quali intorno alla fabbrica di quelle cattedrali favoleggiavasi ; egli , nella solitudine dell ' esilio , in una notte di dolore , imaginò , disegnò , distribuì , adornò , dipinse , finì in tutti i minimi particolari , il suo monumento gigantesco , il domo e la tomba del medio evo . Havvi momenti storici in che le nazioni , dopo lente e lunghe modificazioni che per una parte hanno operato su la religione e per l ' altra hanno dalla religione ricevuto , giungono quasi a identificarsi con essa religione nei sentimenti e nelle idee , nei costumi e nelle instituzioni : allora la religione prende quasi il carattere della nazione , e la nazione quel della religione alla sua volta : in cotesti momenti solo è possibile la epopea religiosa a un tempo e politica . Ciò dopo Pier Damiano , Francesco d ' Assisi , Tommaso d ' Aquino , Bonaventura da Bagnorea , dopo Gregorio VII ed Innocenzo III , vivente Bonifazio VIII , in quegli ultimi dieci anni del secolo XIII che furono la primavera della democrazia e dell ' arte toscana e dell ' anima di Dante , era avvenuto del cattolicismo rispetto all ' Italia . Ora Dante , com ' è natura de ' poeti veramente grandi di rappresentare e conchiudere un grande passato , Dante fu l ' Omero di cotesto momento di civiltà . Ma son momenti che presto passano ; e i diversi elementi , dopo incontratisi nelle loro correnti , riprendono ognun la sua via . Per ciò avvenne che della Divina Commedia , rimanendo vivo tutto che è concezione e rappresentazione individuale , fosse già antica fin nel Trecento la forma primigenia , la visione teologica : per ciò Dante non ebbe successori in integro . Egli discese di paradiso portando seco le chiavi dell ' altro mondo , e le gettò nell ' abisso del passato : niuno le ha più ritrovate . VI . Il Petrarca , figliuolo d ' un notaio venuto dall ' Incisa , rappresenta quella parte più eletta del popolo nuovo che sorse intorno a Giano della Bella o poco dopo lui ; ritrae moralmente dai Bianchi , dei quali il padre suo partecipò gli affetti politici e la sorte , meglio di Dante , che tratto fra loro dal corso degli avvenimenti se ne distaccò poi bruscamente ; e ciò tutto rappresenta e ritrae con tanto più nobile e più pura astrazione , quanto egli visse lontano da Firenze e dagli affari e dai turbamenti delle parti . E come quegli che vide sol da lontano e senza passioni la vita dei comuni d ' Italia , allargò il nome e l ' affetto di patria : per lui l ' Italia non è il giardino dell ' impero né la polledra indomita che il Cesare tedesco ha da inforcare , ella è la gloriosa nazione romana che si stende dall ' Alpi al mare e che dee sterminare da sé ogni straniero , ogni barbaro : egli creò il concetto o l ' ideale letterario d ' un ' Italia . Ancora : come quegli che secondo gl ' instinti suoi nobili rappresentò l ' elemento italico del popolo nuovo , specialmente nella tendenza alla ristorazione delle instituzioni e della civiltà antica , così egli sollevò l ' idea del comune fino alla repubblica degli Scipioni . Per l ' impero fu freddissimo , senza amore e senza odio ; sebbene qualche volta sentì e confessò riciso esser nome vano senza soggetto ; sebbene altra volta , dopo la mala prova della repubblica di Cola , alle lusinghe di Carlo di Lussemburgo rispose con un omaggio da antiquario inviandogli certe monete romane ( il povero imperatore avrebbe tolto invece fiorini ) e molti conforti a venir in Italia e ricalcar le orme degli Augusti e de ' Traiani , non senza rampogne d ' inerzia e d ' inettitudine . Odiò la corte romana e assalse la chiesa corrotta con tanta ira che parve poi ribellione ; sebbene egli rimanesse intimamente devoto , ma non , come Dante , religioso essenzialmente . Con queste affezioni e con questi istinti affrettò l ' uscita dal medio evo . Come il popolo , di cui era nato , invocava di quando in quando la balía di un re o di un signore , così egli non rigettò le grazie de ' príncipi , alla cui protezione del resto anche Dante erasi male affidato ; e , se vi lasciaste ingannare alle brutte forme della sua retorica latina , parrebbe che gli adulasse . Non è vero : niuno sentì così fieramente l ' eguaglianza democratica e la dignità umana in conspetto agli ordini privilegiati e prepossenti . Il Petrarca nella vita letteraria prosegue a modo suo l ' opera di Giano della Bella : che anzi nella esortatoria a Cola di Rienzo l ' odio suo contro i grandi oltrepassa gli ordinamenti di giustizia , e in quel bando di persecuzione e di sterminio diresti che il « dolce testor degli amorosi detti » rasentasse alcuna volta la feroce eloquenza dell ' « Amico del Popolo » . Letterato , si lasciò richiedere e desiderare ai principi , li trattò graziosamente da pari a pari , fe ' sentire ai tiranni guelfi e ghibellini , ai re di Napoli e d ' Ungheria , all ' imperatore e al papa esservi al mondo oramai un ' altra potenza , crescente ogni di più e tendente a cacciar di luogo quella della nascita e della spada , la potenza del pensiero . Niuno onorò in sé e fece onorata da popoli e principi l ' arte e la dottrina meglio e più del Petrarca : niuno fece rispettare e ammirare il popolo d ' Italia , che dalle sue città piene di gloria e lavoro chiedeva i titoli di nobiltà non ai secoli passati ma agli avvenire , non all ' imperatore ma al mondo , niuno , dico , fece riverire e ammirare all ' Europa feudale cotesto popolo di borghesi ribelli meglio e più del Petrarca , di questo figliuolo d ' un notaio fiorentino , al quale i re s ' inchinavano . La incoronazione di lui in Campidoglio , tra il popolo plaudente , con la fortunata assenza del papa e dell ' imperatore , fu come la sacra del Rinascimento in mezzo all ' Europa nel medio evo : su la quale , a grande augumento della civiltà , egli esercitò nel tempo suo quella medesima dittatura , anzi legislazione dell ' ingegno e dell ' arte , che esercitarono poi su ' l secolo XVI Erasmo di Rotterdam e sul XVIII il Voltaire . Come artista , egli , uscito di un popolo che faceva constituzioni e commerci , non comprese il mondo fantastico e avventuriere del medio evo , e sentì che era finito co ' poemi francesi ; sentì che anche il mondo soprannaturale cristiano erasi chiuso con Dante , e non avea certo l ' intuizione universale di lui ; del mondo antico non sentì che le forme , e non le migliori . Ma sentì in sé l ' uomo ; e mentre gl ' infiniti lirici del medio evo , francesi , tedeschi , italiani , dei quali è mal vezzo di critici superficiali e ripetitori l ' accusarlo imitatore , lui originalissimo e che deve agli antecessori suoi solo qualche frase di cattivo gusto , mentre quei lirici cantarono o il senso ben limitato o l ' idea molto indeterminata , egli scoprì in sé e rivelò l ' uomo ; l ' uomo del medio evo , a cui la natura ha cominciato a rifavellare da ' libri de ' poeti antichi , l ' uomo del medio evo in contrasto tra la materia e la forma , tra il senso e lo spirito , tra il cristiano e il pagano . E questo contrasto ei lo prese ad analizzare e a svolgere sottilmente , finamente , profondamente , per ogni verso , con tutta leggerezza di tócco , con tutta delicatezza di ombreggiamento , con tutta misura , senza lasciarsi vincer la mano alla passione inestetica . Riprese l ' opera giovanile di Dante , movendo anch ' egli dall ' antecedente lirica cavalleresca : ma Dante risalì o si smarrì nel misticismo , il Petrarca ritornò al naturalismo ideale , e anche per questa parte apre l ' età del Rinascimento . VII . Dante e il Petrarca avean mosso ambedue dal medio evo e dal principio cavalleresco : Dante poi erasi fermato al principio ecclesiastico e alle sue forme , la visione e l ' allegoria . Contro l ' uno e l ' altro di questi principii insorge ora il più fervido ammiratore di Dante , l ' amico più affettuoso del Petrarca , Giovanni Boccaccio , cittadin fiorentino . Il Boccaccio era nipote a un Chellino venuto a città dal contado di Val d ' Elsa , da Certaldo che allora aveva nome soltanto dalle cipolle che produce in copia ; apparteneva dunque a quella cittadinanza che Dante spregiava di cuore , « la cittadinanza , ch ' è or mista Di Campi , di Certaldo e di Figghine » ; e la nobil donna , de ' cui fastidi il certaldese si vendicò nel Corbaccio , poteva bene mandargli a dire « Torni a sarchiar le cipolle e lasci star le gentildonne » . Più : egli era nato a Parigi dagli amori non consecrati di suo padre mercante con una donna francese . Plebeo , bastardo , e con sangue parigino dentro le vene , il gran distruttore dell ' amore cavalleresco e dell ' ideale monastico è il più sicuro rappresentante di quel popolo grasso del secolo XIV , che finì di ricoprire con la sua alluvione il popolo vecchio e l ' Italia del secolo XIII . Egli è il vero borghese italiano del Trecento ; se non quanto , non ostante la pompa delle sue allusioni , delle sue erudizioni , del suo stile , non ostante l ' ammirazione e devozione sua all ' aristocrazia dell ' ingegno , egli piega inconsciamente verso i Ciompi ; però che anch ' egli intende a distruggere ciò ch ' era stato venerato fin allora . Come uomo e cittadino , è repubblicano più francamente del Petrarca ; più francamente e finamente di lui deride l ' imperatore e l ' impero : anche , rimprovera l ' amico del frequentare ch ' ei fa i tiranni lombardi : non fioretta panegirici ai re , e poco usa a corte , se non da giovane e per amoreggiarne le figliuole : al suo comune e ai cittadini dice aspre verità , ma quello serve e con questi si trova a suo agio ; non gli odia come Dante , non gli sfugge come il Petrarca , ne studia il ridicolo . Una sola grandezza v ' è , della quale egli si fa volentieri cortigiano , che egli ama di amor più tenero che non le donne : la grandezza dell ' ingegno . L ' ideale suo è tutto soggettivo : l ' arte . E per ciò , riproduttore largo e indifferente , diresti ch ' e ' cercasse di fondare come il Goethe una letteratura eclettica : certo , fece anche egli le sue prove in tutt ' i generi , nella visione allegorica di Dante , nella lirica amorosa del Petrarca , nella epopea antica , nella epopea cavalleresca , nel romanzo d ' avventura , nel racconto mitologico , nella leggenda , nella satira , nell ' orazione , nell ' ecloga e nell ' idillio , nella geografia , nella mitologia , nella filologia e nella erudizione ; e riesce solo quando scende al reale , quando rappresenta il sensuale , il sensuale , dico , nel migliore e peggior significato : del reale è veramente pittore , anzi scultore , miracoloso . Ma , se pone l ' arte in cima d ' ogni idea , non per ciò egli è scrittore ozioso , non per ciò egli sbizzarrisce soltanto . Il Decameron non fu scritto , come una ignorante e parzial critica afferma , per trarre l ' Italia al bordello : il Decameron fu opera d ' opposizione contro il principio cavalleresco ed ecclesiastico . Ricordiamo che le cento novelle s ' incoronano con la « Griselda » , stupenda rappresentazione della donna del dovere , glorioso trionfo della donna moglie e madre , come cavalieri e frati non volevano che la donna fosse . Contro cavalieri e frati , e contro i borghesi in parte , il ridicolo , il grottesco , il triviale e il sublime , sì , anche il sublime , sono in cotesta grande commedia umana del plebeo certaldese adoperati come niuno gli adoperò dopo Aristofane e avanti il Molière . Il Decameron , la commedia umana di Giovanni Boccaccio , è la sola opera comparabile per universalità alla Commedia divina di Dante . Due grandi artisti , con intendimenti diversi , da opposti lati , sorpresero e abbracciarono tutt ' insieme con un olimpico sguardo due mondi antipodi , e gl ' improntarono vivi e spiranti in tale una materia e forma , che è marmo per lo splendore e la durata , cristallo per la trasparenza . VIII . Così in Dante nel Petrarca nel Boccaccio si raccoglie la somma della letteratura del secolo decimoquarto , del periodo del comune ; nel quale il principio nazionale con i suoi due elementi romano e italico s ' equilibrò da prima e poi prevalse agli altri principii : s ' equilibrò nell ' opera di Dante al principio ecclesiastico , trasformò in quella del Petrarca il principio cavalleresco , e all ' uno e all ' altro prevalse in quella del Boccaccio . Così Dante , il Petrarca , il Boccaccio , accogliendo in sé il secolo XIV , quel secolo , cioè , nel quale il movimento democratico dei comuni attinse l ' ultima velocità e pienezza , diedero ancora alla letteratura nazionale la materia e gl ' instrumenti e le forme che meglio fiorirono nell ' età migliori e che durano ancora : Dante , la lingua lo stile e gli animi a tutta la poesia ; il Petrarca , i metri e le forme alla lirica ; il Boccaccio , l ' ottava e il periodo alla epopea e alla prosa del Rinascimento . E come il Rinascimento muove da essi , così nelle opere loro è in germe il fiore lussureggiante dell ' arte del Cinquecento : v ' è quel carattere speciale che fu proprio della nostra letteratura e pe ' l quale ella è quasi mezzo tra l ' arte antica e l ' arte del medio evo , tra la Grecia e la Germania ; quel , come uno scrittor tedesco lo chiama , non pure presentimento , nato da affinità , del bello classico , ma vera affinità elettiva con quello spirito d ' intelligente e discreta proporzione in tutte cose che è l ' essenza fondamentale di esso bello , con quella sofrosine in opposizione alla stravaganza senza forma e senza misura che domina le rappresentazioni medioevali . Se non che , mentre il Petrarca e il Boccaccio furono subito fatti famigliari alla lontana Inghilterra dallo Chaucer , ed ebbero poco di poi la cittadinanza in tutte le nuove letterature ; mentre il Petrarca restò lungamente modello alla lirica non pure italiana , ma francese e spagnola , ma tedesca e inglese ; mentre non pur le forme del Boccaccio si perennarono nei novellatori italiani e francesi del secolo XV e XVI ma ne rivissero gli spiriti nel Machiavelli e nell ' Ariosto comici , nel Rabelais , nel Molière , nel Voltaire , nel Lessing ; scarso per contro e debole fu l ' influsso di Dante , sebbene la singolar grandezza sua fosse , massime in Italia , riconosciuta sempre . Anche il suo metro , la mistica terzina , ch ' egli creò veramente quasi risonante segno della sua venerazione al cabalistico tre continuamente rintrecciantesi nel nove , non ebbe quella splendida posterità che la ottava limitata del novellatore : non ebbe la Divina Commedia tra noi altro che pallide imitazioni nella parte dottrinale e allegorica , il Dittamondo e il Quadriregio ; al di fuori , appena una traduzione francese di quel secolo stesso , che , per trovarsi in solo un codice , è da credere fosse più che altro uno studio individuale ; ebbe invece ben presto , e in poco più che cent ' anni , tre versioni nella cattolica Spagna e imitatore valente un baron castigliano . Or vengano i soliti critici a rimproverare all ' Italia l ' abbandono delle tradizioni dantesche . E già , se non intendano delle tradizioni di stile e di forma e di pura poesia , che non sarebbe vero ; se per avventura non pretendono che tutta la nostra letteratura fosse una continua e fedel ripetizione della Commedia ; che cosa sono allora coteste tradizioni dantesche ? la filosofia di san Tommaso ? la mistica di Dionigi Areopagita e d ' Ugo o di Riccardo da San Vittore ? la visione teologica ? l ' allegoria ? l ' impero del buon Barbarossa o di Giustiniano santo ? l ' età dell ' oro di Cacciaguida ? il concerto di maledizioni a tutt ' i comuni d ' Italia ? Dante stesso ci narra come egli dopo la morte di Beatrice si lasciasse movere ai segni di pietà che scòrse in viso di una donna gentile , e tanto se ne lasciasse poi attrarre da darsi per qualche tempo in signoria di lei , dimenticando la gentilissima Beatrice passata al reame ove gli angeli hanno pace . Quella nuova donna gentile era , com ' egli stesso ci afferma , la filosofia , e gli toccò poi smarrirsi nella selva a ruinare in basso loco , e gli bisognò attraversare il centro della terra , per ritornare alla sua Beatrice beata , alla Beatrice trasfigurata , alla Beatrice teologale . Egli dunque , l ' uomo del medio evo , ritornò a Beatrice ; ma l ' Italia non più mai . IX . Un ' ultima osservazione resta a fare . La poesia delle altre genti d ' Europa , divenute nazioni molto prima della italiana , ebbe anche oltre le forme un contenuto nazionale : i Nibelunghi rappresentano i Germani delle migrazioni , i romanzi francesi cantano le glorie dell ' impero di Carlomagno e la lotta della feudalità co ' discendenti di lui , quelli spagnoli la guerra continuata con gli invasori . La poesia italiana , tardiva come la nazione , non ha un fondo nazionale : la Commedia , il Canzoniere , il Decameron sono per il contenuto più presto europei , cristiani o umani , che non italiani . Ricordiamo che l ' elemento popolare risorse nella penisola come romano , e che l ' Italia appariva a Dante come il giardino dell ' impero , al Petrarca come la sede della repubblica degli Scipioni . Di qui avvenne che i nostri cercassero le loro tradizioni nazionali nell ' antichità , e la parte epica della storia italiana consista nelle origini troiane o romane delle città e nella derivazione delle famiglie nobili dagli ultimi romani che contrastarono ai barbari : Virgilio , Lucano , Claudiano erano sempre i poeti di nostra gente ; Cesare , Livio , Sallustio , gli storici . E l ' Italia , in quello stesso che non aveva la conscienza di nazione moderna , sentivasi , nella sua continuazione romana , la capitale d ' Europa . I nostri poeti quindi vennero a compiere e a nobilitare il medio evo con le forme antiche , come poeti dell ' Europa cristiana , dell ' occidente latino . Ecco : Dante dà la consecrazione cattolica e classica a tutte le visioni dell ' oltremondo smarrite per le isole brittaniche , per la Germania e la Francia : il Petrarca chiude il ciclo dei poeti d ' amore provenzali , francesi , tedeschi , nel suo virgiliano « bosco degli ombrosi mirti » : il Boccaccio raccoglie le pietruzze dai conti dai favolelli dalle leggende di tutti i giullari e menestrelli per istoriarne il suo musaico romano . Quel che le altre nazioni produssero singolo , staccato , informe , in Italia è uno , armonico , vivo . La terra dei comuni non può restringersi troppo tosto nella esclusività di nazione : come i suoi padri con le armi , ella conquista con l ' arte tutti i paesi : come l ' impero e la chiesa cattolica , onde ella eredita , diedero la cittadinanza romana a tutti i corpi e a tutte le anime , così ella la dà a tutte le tradizioni , a tutte le idee : dà alla turbolenta rappresentanza del medio evo germanico la forma artistica antica e lo spirito nuovo sociale , creando la letteratura universale del Rinascimento . E tutto ciò fu fatto nello spazio di tre generazioni da tre uomini di Firenze : così il comune specchia l ' umanità . DISCORSO QUARTO Del Quattrocento : il rinascimento e la federazione ; la letteratura dotta e la popolare . I . Nominanza non buona ha tra i secoli della coltura italiana il decimoquinto ; e gli nuoce forse più ch ' altro la gloria grande della età che gli fu innanzi e di quella che dopo . Gli storici della nostra letteratura , attratti agli splendori del Trecento e del Cinquecento , cercano solo in que ' due secoli le manifestazioni della vita italiana nell ' arte , e , pur trovandole tanto diverse tra loro , di quella diversità non curano indagar le ragioni o ne recano di tali che potrebbero al più valer per le forme : nel Quattrocento poi non veggono che densa barbarie e ricrudescenza di vecchiume e brulicame di pedanteria , dove galleggia , non si sa come , il Boiardo e il Poliziano , e onde emergono il Bembo e il Sannazzaro , il Machiavello e l ' Ariosto , così la storia della letteratura , la storia cioè de ' mutamenti e degli avvenimenti de arte , mutamenti e avvenimenti che procedendo dalle facoltà intellettuali e morali dell ' uomo hanno uno svolgimento tutto graduale e coordinato , si cambia per molti in una storia di miracoli . O , meglio , così certi geografi , conosciuti da Plutarco , i paesi a loro ignoti sopprimevano nelle estremità di lor tavole , notando ne ' margini che al di là erano secche arene e torbida palude o freddo scitico o mare agghiacciato . Ma perché la produzione letteraria del Cinquecento è tanto ricca e svariata e lieta in confronto a quella del Trecento che per parte sua è più profonda più comprensiva più vera ? Perché tanta differenza tra la poesia di Dante e quella dell ' Ariosto ? E quale delle due risponde meglio al genio del popolo italiano ? quale ne rende meglio gli spiriti ? e come si trasmutò o come si fermò questo genio , che dall ' una si potesse passare all ' altra ? Dalla risposta a tali dimande si avrà la piena intelligenza del generale svolgimento della letteratura nazionale ; e quella risposta non saprei richiederla che allo studio su le mutazioni della vita intellettuale italiana nel secolo XV , il quale non fu né di sosta né di scadimento , ma di fermentazione e di maggior dichiarazione del carattere e del sentimento italiano . Né altrimenti poteva essere il secolo , nel quale l ' Europa vide fermarsi le diverse nazionalità e gli ordini politici tuttora esistenti , e , nel cominciato dissidio tra il ragionamento e la fede , il pensiero umano in faccia alle presentite battaglie armarsi di nuovi e stupendi trovati ; il secolo nel quale non fu speranza agl ' italiani dolorosa e scherno agli estranei miserabile la indipendenza d ' Italia , e Italia vide lo scoprimento del nuovo e il ritrovamento dell ' antico mondo compiuto da soli quasi italiani , e fiorire nelle lettere insieme il Belcari ed il Poggio , il Pulci e il Ficino , il Boiardo e il Pontano , e Lorenzo de ' Medici e il Savonarola . II . Le novissime parole su la grande letteratura del secolo XIV , con la espressione del presentimento , radamente vano , che ha della debolezza de ' suoi successori ogni generazione vigorosa , furono dette da Franco Sacchetti nella canzone per la morte del Boccaccio : Sonati sono i corni D ' ogni parte a ricolta : La stagione è rivolta : Se tornerà non so , ma credo tardi . E in vero come disco su la fine del corso segna ancora per la forza del primo impulso alcuni giri nella rena , poi vacilla , poi cade ; così , su ' l declinare del Trecento e ' l cominciare del secolo di poi , la letteratura toscana divenuta per virtù del triumvirato italiana . Ora di quello scoramento e di quella diminuzione di pensieri e di produzioni debbonsi cercare più sottilmente le cause . Unico Dante aveva potuto rivolgere laicamente il principio religioso ad una sua grande concezione artistica , del resto più tosto cristiana che nazionale , più tosto europea che italiana . Del principio cavalleresco il Petrarca aveva saputo trasformare classicamente l ' elemento soggettivo lirico : l ' elemento oggettivo ed epico era stato incominciato a lavorare con sola intenzione e a solo fine di arte dal Boccaccio ne ' suoi poemi . Quanto al principio nazionale , la restaurazione della tradizion romana nell ' idea di stato e di patria e nelle forme civili , e con ciò della tradizion virgiliana e tulliana nell ' arte e nello stile , la restaurazione in somma della tradizione solenne aristocratica unitaria , era stata in gran parte operata per intiero e in altre parti tentata felicemente da tutti tre insieme quei grandi scrittori : ma il Boccaccio poi rappresentava meglio nell ' opera sua maggiore la tradizione italica di varietà , di libertà , di resistenza , la tradizione democratica e federale di Nevio , di Lucilio , di Plauto . La Divina Commedia , ammirata , venerata , ma solitaria , rimaneva quasi monumento di un favoloso gigante , che gli uomini contemplano stupiti , ma che non lascia addentellato alle costruzioni di una generazione minore , che niuno osa abitare , niuno edificarvi appresso , e sorge come avvolto nell ' ombra di una sacra paura : la luce della visione allegorica già abbuiatasi nel Quadriregio finisce spegnendosi in alcuni poemi inferiori nominati appena dai dotti . È pur forza persuadersene : Dante nella vita del popolo italiano è una apparizion singolare : più che romano o italico , lo direste etrusco : vissuto un po ' prima , nel secolo duodecimo , egli avrebbe forse suscitato una letteratura religiosa e ideale , ma più civile che non fosse poi quella della Spagna cattolica , ma più pratica che non quella della panteistica Germania : fiorito nel Trecento , di vivo ed effettuale non lasciò che il movimento impresso alla lingua , il lavoro poetico , la passione sua , e non è poco ; ma l ' essersi vent ' anni dopo la Commedia potuto comporre e universalmente ammirare il Decameron , prova che l ' idea fondamentale , l ' anima di quella era sparita , era fuggita dalla nazione . Tanto ciò è vero , che la forma dell ' epopea dantesca servì nel Quattrocento al Medici per la satira comica de ' Beoni , e la solenne terzina andò a finire ne ' capitoli berneschi ; mentre l ' ottava del novellatore , del Filocopo , della Teseide , del Ninfale , divenne di più in più popolare , visse di florida vita , maestrevolmente coltivata dal Poliziano , dall ' Ariosto , dal Tasso . Della poesia del Petrarca il contenuto era molto inferiore al dantesco e più limitato il campo , ma quello più comprensibile e a più , più accessibile questo : onde gli effetti furono più larghi e più duraturi . Se non che , anche del Petrarca le forme anzi che altro rimasero : le forme che eccitavano il vagheggiamento lo studio la imitazione , perché meglio mostravano il lavorio , a dir vero finissimo e meraviglioso : onde tutt ' insieme esercitarono non inutilmente le facoltà artistiche dei successori . Ma l ' intima poesia del canzoniere non poteva , come s ' intende facilmente , essere riprodotta : ci voleva quell ' anima e quella vita : onde che la elegia psicologica del Petrarca , già svaporata nelle eleganti fantasiucce del Montemagno , inacidì ben presto tra le frasi contorte o pedantesche di Cino Rinuccini e coetanei , e svanì del tutto nelle lievi imitazioni di Giusto de ' Conti . Rimaneva il Boccaccio ; il cui ingegno eclettico , oggettivo , sensuale , meglio accordavasi al genio del popolo italiano ; la cui opera molteplice , con la rappresentazione della vita reale nelle novelle , col rimaneggiamento non epico ma romanzesco della materia cavalleresca ne ' poemi d ' argomento medioevale , colla riproduzione del fantastico dell ' arte antica innovellato ne ' poemi d ' argomento classico , fornì gli esempi e le norme al lavoro delle generazioni posteriori , che meno distratte dalla agitazione politica e nulla preoccupate dal sentimento religioso dovevano essere più artistiche se meno poetiche . Ma e il Boccaccio e gli altri maggiori del Trecento , quantunque traessero intenzioni e modi dall ' età loro , tuttavia nei concepimenti dell ' arte e nell ' uso della dottrina di troppo avanzarono i contemporanei e i prossimi successori , i quali non avevano più né forze né mezzi ad aiutare e continuare adeguatamente il rinnovamento da quelli promosso . Anche : è vero che i tre grandi scrittori del Trecento improntarono saldamente e immutabilmente alla nuova produzione letteraria un suggello nazionale ; ma l ' opera fu , più che altro , individuale , e toscano l ' instrumento e la materia . Occorreva adunque esercitar le forze e mettere in comune i mezzi del lavoro artistico , per aggiungere quel grado di perfezione , per serbare quell ' ideale di bellezza che il gran triumvirato del Trecento avea tócco . Occorreva che l ' opera stessa da individuale divenisse comparativamente sociale , e l ' impronta di toscana si facesse italiana . Il movimento letterario nel Trecento fu parziale , generale nel Cinquecento : il processo fu nel Trecento toscano , italiano nel Cinquecento . Il Quattrocento fu secolo di passaggio ; un po ' staccato , un po ' anarchico , ma tutto fermentante e fecondo di trasformazioni e fenomeni nuovi . Sotto questo aspetto vuolsi studiare il Quattrocento , o , meglio , quella età critica della nostra letteratura che corre dal tumulto de ' Ciompi alla seconda cacciata dei Medici , dal ristabilimento dei papi in Italia e dal primo affermarsi delle signorie in principati regionali fino alla calata di Carlo VIII , dal 1378 al 1494 , dalla morte del Petrarca e del Boccaccio a quella del Boiardo e del Poliziano , dalla morte di Caterina da Siena a Girolamo Savonarola . Ora questa età presenta così negli avvenimenti storici come in quelli della coltura e degli spiriti due periodi nettamente distinti : il primo , nella storia politica , è dello scisma e dei condottieri ; nella letteraria , è del dissidio tra l ' italiano e il latino e della poesia popolare : il secondo , nella storia politica , è della confederazione ordinata e dell ' equilibrio , nella letteraria , è il rinascimento della vita italiana nella forma classica . III . La letteratura dell ' età anteriore , come scintilla dall ' attrito di due massi , come fulmine dallo scontro di due nubi , proruppe dai contrasti della chiesa con l ' impero , e poi del popolo con l ' impero e la chiesa : l ' elemento romano contro il germanico , la borghesia contro la feudalità , la plebe contro la borghesia , il laicismo contro il chiericato , ecco i moventi , o almeno le circostanze di quella letteratura . Ma il papato , conteso per settanta interi anni tra due o tre pretendenti , schiaffeggiato da tutti i principi e dai preti stessi nei concilii di Costanza e Basilea , mentre un soldato di ventura assidevasi nella Marca funesta agli imperatori del secolo XIII segnando le lettere Ex Girifalco nostro firmiano invito Petro et Paulo ; il papato , non che delle ire di Dante e del Petrarca , era indegno oramai degli sghignazzamenti del Boccaccio e del Sacchetti : « Papa Martino non vale un quattrino » , questo distico intonato dietro il successore di Gregorio VII d ' Innocenzo III di Bonifazio VIII dai ragazzi della guelfa Firenze , ecco i paralipomeni dell ' invettiva di san Pietro nel ventisettesimo del Paradiso , ecco la sola poesia degna del papato nel secolo XV . E l ' impero ? A chi importava più dell ' impero in Italia ? L ' ultimo dei lussemburghesi , di quella famiglia che tanti amori e odi di sé aveva eccitati nel secolo prima , Sigismondo , mercanteggi pure a sua posta le alleanze , ingrossi gli stati ereditari , faccia il gendarme ai preti di Costanza ; l ' Italia sa a pena che egli esista . E in Italia intanto la democrazia avea da per tutto ceduto o cedeva il luogo ai tiranni mutantisi in príncipi , e la borghesia con le invidie e paure sue avea sollevato i signori . Chi ricorda come finisse Michele di Lando , il Cavaignac dei Ciompi , dai borghesi , per merito di averli sottratti alla vendetta plebea , cacciato in esilio ? La stessa oscurità che è su la fine dell ' eroe popolare involge il lento venir meno della democrazia fiorentina . Spaventata co ' supplizi , dispersa per gli esili , lusingata , domata forse con la miseria e con la corruzione ad un ' ora , la plebe tace , s ' allontana , sparisce , se non quanto si mostra a bestemmiare i vinti ad applaudire i vincitori padroni . Le grandi casate del popolo grasso costituiscono a poco a poco un ' aristocrazia dell ' oro , avida , inetta , brigante , senza né onore né valore ; e come già ai comuni del Duecento e del Trecento si sovrappose a poco alla volta l ' oligarchia della capital regionale , così tra le famiglie borghesi insorge e soverchia , quasi da parte della plebe e rappresentante e vindice de ' suoi diritti , prima un uomo , poi una famiglia ; e ne riesce il più corruttor de ' governi , il principato civile in uno stato a forme repubblicane . Né i príncipi sentirono più le grandi ambizioni , onde dai popoli troppo spesso si fan perdonare la tirannia : niuno di essi dopo Giovan Galeazzo Visconti ordinò al suo gioielliere la corona d ' Italia . Battaglie ingloriose degli angioini tra loro nel mezzogiorno e nel centro , poi d ' angioini e d ' aragonesi ; schermaglie tra il senato veneto la cui cupidigia non può chiamarsi ambizione , la debolezza di Filippo Maria Visconti e l ' astuzia di Cosimo dei Medici ; e scorrazzare delle masnade di ventura da una parte ad un ' altra , e sorgerne un prode o fortunato od accorto e giungere al regno : ecco i fatti della metà prima del secolo . L ' oscurarsi delle idee , il mancare de ' principii , la incertezza degli stessi avvenimenti avean tolto via quei contrasti fecondi delle passioni e dei pensieri onde risulta la letteratura viva . In verità la sola letteratura a cotesti anni possibile fu quella degli antiquari , che nel fervore dei ritrovamenti e nella adorazione del passato non avean agio da riguardare al presente o non se ne accorgevano , o solo ne coglievano le apparenze mobili e false . In fatti súbito dopo la morte del Boccaccio l ' elemento nazionale cominciò a manifestare nello svolgimento letterario due tendenze diverse : l ' armonia , che nelle opere del triumvirato era stata meravigliosa , tra la ristorazione e l ' innovazione , tra le memorie dell ' antichità e le instituzioni nuove e il sentimento del presente , tra l ' ideale e il reale , tra la nobiltà dei concetti e la popolarità delle forme , si rompe ; e , per l ' una parte , la forza viva popolare , sopraffatta nel Trecento dallo splendore del triumvirato , si risente ora e sbizzarrisce a baldanza in una quasi anarchica foggia di produzione , e il tumulto de ' Ciompi passa dalla piazza nell ' arte , ove par che vada perdendosi ogni decoro , ogni norma , ogni ordine ; per l ' altra la letteratura dotta crede che la tradizione classica basti a sé sola , e tesaurizzando l ' antichità riprende l ' opera della ristorazione romana dai tre grandi fiorentini con devoto ardore incominciata , ma rimasta ben di qua dal termine di perfezione a cui aveano condotto il rinnovamento italiano ; la riprende con intendimenti esclusivi e come fine a sé stessa . Ed ecco : per un Petrarca che andava frugando le città dei barbari in cerca di qualche opera obliata di Cicerone ; per un Boccaccio che saliva trepidante di gioia nella biblioteca di Montecassino tra l ' erba cresciuta grande su ' l pavimento , mentre il vento soffiava libero per le finestre scassinate e le porte lasciate senza serrami scotendo la polvere da lunghi anni ammontata su ' volumi immortali , e sdegnavasi a vederli mancanti de ' quadernetti onde la stupida ignoranza dei monaci avea fatto brevi da vendere alle donne ; per uno , dico , ecco sorgere le diecine di questi devoti dell ' antichità , affrontando pericoli di lunghi viaggi , passando monti e mari , peregrinando poveri e soli per contrade inospitali , tra popoli o avversi o sopettosi , de ' quali non sapevan la lingua , tra tedeschi , tra turchi . Andavano , dicean essi , a liberare i gloriosi padri « dagli ergastoli dei germani e dei galli » . E i baroni dai torrazzi del castello e i servi dalla gleba per avventura ridevano al veder passare quegl ' italiani magri , sparuti , con lo sguardo fisso , con l ' aria trasognata , e salire affannosi le scale ruinate di qualche abbazia gotica , e scenderne raggianti con un codice sotto il braccio : ridevano , e non sapevano che da quel codice era per uscire la parola e la libertà , che dovea radere al suolo quelle torri e spezzare quelle catene ; non sapevano che quei poveri stranieri erano i vati d ' un dio ancora ignoto ma prossimo successore al dio medioevale , immane dio medioevale con la cui sanzione non solo i servi esistevano , ma erano dati cibo ai mastini del barone , e le loro donne arse per istreghe dai monaci . Fino a questi ultimi tempi usò in Italia ridere del fanatismo erudito del Quattrocento ; e più ne ridevano e declamavano i più ignoranti , ai quali è permesso godere i frutti della coltura laica moderna e schernirne i primi operai , perché non ebbero propriamente l ' aria di giardinieri eleganti . Ma è forza ai discreti ammirare la fede e la religione che ebbe per la scienza e per l ' arte il secolo XV , riconoscere il progredimento della società italiana ne ' suoi amori nelle sue passioni intellettive , quando leggesi ( e sia pur un mito ) come il Guarino veronese , perdute per naufragio due casse di libri che trasportava da Costantinopoli , incanutì dal cordoglio , come il Panormita per comperare un Tito Livio vendé un podere , come gli antichi manoscritti rubavansi con lo stesso furore di devozione che secoli innanzi le reliquie dei santi . E a quella guisa che alcuni secoli innanzi l ' un re mandava all ' altro per dono preziosissimo qualche frammento di un legno della croce , così ora la repubblica di Lucca attestava la sua gratitudine al duca Filippo Maria di Milano col presente di due codici ; e Cosimo de ' Medici inviava per tessera di pace ad Alfonso di Napoli un Tito Livio , aperto súbito con avidità grande dal re contro l ' avviso dei cortigiani e dei fisici , i quali coi sospetti d ' allora ammonivano , badasse bene , in quel libro , dono di nemico , potersi ascondere un veleno che solo aspirato uccidesse l ' uomo ; e quel re stesso a udirsi leggere un capitolo di Quinto Curzio guaría dalla febbre . Secolo strano cotesto , in cui i re ed i potenti facevano da cortigiani a poveri grammatici . Cotanto amore sfrenato per la ritrovata antichità prese veramente la forma di superstizione : il furore dei crociati parve rinascere negli eruditi viaggianti in cerca di codici , ma fu una crociata della civiltà : come quella fratellanza degli studi umani per mezzo della lingua latina fu quasi un cattolicismo letterario contro la barbarie e la tirannia spirituale . E testimonianza onesta rendevane Poggio Bracciolini , quando in mezzo a ' chierici del concilio di Costanza e a ' masnadieri di Sigismondo imperatore osava , solo forse in Europa , venerare la gran figura di Girolamo da Praga e accoglier nel cuore gli ultimi accenti dell ' inno che tra il vortice delle fiamme attizzate dallo scettro e dal pastorale quel martire del libero esame cristiano innalzava al trono del suo dio . Ora questo ritorno all ' antichità , il quale contribuì più d ' ogni altra cosa a liberar l ' Europa dai lacci della scolastica e dal carcere tenebroso del medio evo , è senza dubbio il fatto del secolo XV più notato e più notevole : del quale alcuni vorrebbero dar l ' onore ai greci sfuggenti dinanzi alla ruina ottomana , e nel quale altri veggono un furore intempestivo che venne a interrompere il filo delle tradizioni nazionali nell ' arte e impedì lo svolgimento ulteriore dell ' original medio evo . Per noi è la continuazione e l ' esplicazione necessaria del moto di restaurazione del risvegliato elemento romano . Come ? pochi greci passando in Italia avranno informato un secolo intiero e fatto rinascere la letteratura classica qui , dove , pur tacendo del Petrarca e del Boccaccio , fin Tommaso d ' Aquino fu ricercatore avidissimo degli autori antichi ? ove la Divina Commedia fu cominciata in versi latini , ove in latino fu scritta la più antica forse delle tragedie europee , certo la prima d ' argomento moderno , da Albertino Mussato ? La caduta dell ' impero orientale recò nuovi aiuti al classico rinascimento : ma la cagione intrinseca era , lo ripeto , nel genio paesano , allettato anche da quel bisogno di riposo in un ideale artistico determinato , che ogni nazione sente dopo le grandi creazioni prime . L ' idea di ristorazione , e l ' ho avvertito già più d ' una volta in questi discorsi , ebbe gran parte nelle rivoluzioni italiane del medio evo ; o almeno il movimento fu sentito e operato come restaurazione dai nostri . Dante credeva nell ' impero romano , reduce con Cesare , quando che fosse , in Campidoglio , e scriveva latino ; come latino scriveva il Petrarca , aspettando ch ' e ' ritornasse lingua civile dell ' Italia innovata e affrettando co ' voti la repubblica degli Scipioni . E se i cronisti del secolo XIII chiamavano figliuola di Roma Firenze e la dicevano fabbricata da Cesare a imagine di Roma , se i nobili del primo cerchio vantavano sé di puro sangue romano ; potea bene il Poliziano chiamarla anch ' egli città meonia , potea ben dire , come avrebbe detto Catullo della Roma dei tempi suoi , essere in essa trasportato con tutto il suo suolo e con ogni suppellettile Atene . E se i pavesi celebravano offici di santo a Boezio , se Dante d ' accordo col tempo suo metteva in paradiso Traiano e custode al purgatorio Catone , qual meraviglia che il Ficino tentasse d ' intramettere all ' ufficiatura ecclesiastica qualche sentenza di Platone ? E quando Pomponio Leto , per l ' amore dell ' antichità romana a cui aveva consacrato il suo libero e alto animo e la vita innocente , mutava in gentili i nomi cristiani degli ascritti alla sua academia , quando partiva il tempo per calende , quando nell ' annuale dell ' edificazione di Roma si prostrava co ' suoi dinanzi alla statua di Romolo Quirino ; non era ciò una conseguenza , fantastica se volete , ma pur conseguenza , dell ' essere stato il rinascimento italiano inauspicato nel nome di Roma antica e delle antiche instituzioni da Arnaldo ? E osservate : per una parte Paolo II scomunica l ' academia romana e imprigiona gli academici , a quel modo stesso e per quella stessa ragione che l ' arcivescovo di Ravenna aveva nel secolo XI scomunicato il grammatico Vilgardo : per l ' altra Lorenzo Valla , lo scrittore delle eleganze latine , combatte non pure gli aristotelici e gli scolastici in nome della natura e della voluttà , ma la donazione di Constantino e il dominio temporale dei papi in nome della critica storica . IV . Il che tutto se è vero , pur da questo apparrà vana l ' accusa che altri fanno al culto delle risorte lettere latine e greche : cioè dello avere l ' arte italiana per esse smarrito il sentimento e il concetto religioso , abbandonato le tradizioni nazionali , alterato le forme , impoverito la lingua . È vero che il secolo XV non ebbe nei primi cinquanta o sessanta anni scrittori italiani degni di nota : ché tali non sono certamente i poveri imitatori del Petrarca o di Dante , né i continuatori delle leggende ascetiche , e né pure Leon Battista Alberti e quei pochi i quali del Boccaccio ripresero più o meno felicemente lo stile non i modi larghi e vivi della rappresentazione . Ma in quella metà prima del Quattrocento séguita da canto alla corrente un po ' mista e non troppo abondevole della letteratura dotta , séguita dalle sorgive del Duecento e Trecento a devolversi il bel fiume della popolar letteratura , e par che acquisti in cammino maggior copia di acque , e a certi luoghi anche rompendo dilaga per nuove campagne con avviamenti nuovi . Vi sarebbe da mettere insieme una rara e non breve biblioteca di cotesta letteratura popolare , e per ciò quasi tutta anonima , del secolo XV : la quale , in disparte dalle tre grandi opere classiche del Trecento , onde solo accettò certe forme e colori di stile , ebbe largamente coltivati , oltre le novelle e leggende in prosa , i tre generi della poesia , la lirica , la epica , la drammatica . Della lirica popolare del Quattrocento , che trae la vita dal secolo innanzi benché allora fosse più regolata su gli esempi de ' poeti letterati , e che su quelli esempi improntò o modificò le forme retoriche e metriche , poco v ' è a dire , non potendosi né dovendosi qui far dimostrazioni od analisi . Vi scarseggia , se non manca del tutto , l ' elemento epico : nulla che pur da lontano assomigli alla ballata scozzese , alla romanza spagnuola : v ' è in quella vece l ' elemento della novella borghese , satirica e cinica , con le smorfie della farsa . Del resto , la maggior sua materia sono le laudi religiose , le canzoni a ballo , le canzonette e frottole , gli strambotti o rispetti d ' amore : né tra il canto religioso e l ' amoroso v ' è differenza altro che dell ' oggetto ; la intonazione , la espressione , la versificazione è la stessa ne ' due diversi indirizzi : si cantavano i medesimi strambotti alla Vergine e alla donna del cuore , alla rosa di Gerico e alla rosa rossa del balcone : le antiche stampe delle laudi avvertono che « Crocifisso a capo chino » si canta su l ' aria di una delle più sconce ballate . Non è lirica di riflessione come quella de ' migliori poeti de ' due secoli anteriori , e né pur di forma , di pura forma classica , come quella de ' secoli di poi . È lirica di sentimento , e , più che di sentimento , di senso , con tutti i rapimenti e le delicature , ma anche con le volgarità e i traviamenti , del senso : esclamazione enfatica , più che espressione ; improvvisazione abondante in cui il sospiro si smarrisce tra le parole , l ' affetto tra i colori . E con tutto ciò v ' è passione , la passione degli elegiaci latini che fu sublimata e diversamente atteggiata dall ' Ariosto e dal Tasso in Olimpia e in Fiordiligi , in Armida e in Erminia . Del resto , quella lirica vive tutt ' ora , a punto perché è la natural rappresentazione della vita affettiva del popolo nostro , vive materiata nei canti popolari che si van raccogliendo per le diverse regioni d ' Italia , vive idealizzata nella nostra opera in musica dal Cimarosa al Rossini . Più notevoli , per la opposizione tra la materia e il lavoro , per la complicazione dei soggetti con l ' opera , sono la epica e la drammatica popolare del Quattrocento . Il popolo italiano era risorto pagano e classico , e ciò non per tanto nel secolo XV lavora e rilavora la materia cavalleresca e cristiana . Né poteva altrimenti avvenire . Antico , e molto meno misto di nuovi elementi che non fossero al paragone gli altri popoli neo ­ latini , come quello che con la sua potente vitalità romana aveasi assorbito e assimilato il germanesimo , egli non aveva né materia né idea epica sua : imperocché la epopea , quando è indigena , necessaria , primitiva , sia quasi l ' ardore e la luce che manda una nazione ancor rovente nella fusione de ' suoi vari elementi . Per la drammatica poi , almeno in quanto la drammatica non è intieramente comica né recente , doveva anch ' esso partire dalla religione : nella razza nostra le origini del dramma sono religiose , il primo teatro è il tempio . Così , nell ' Italia del Quattrocento , l ' epopea , o , a dir meglio , il racconto poetico fu cavalleresco , biblico od evangelico il dramma . Ho detto che il nostro racconto poetico fu cavalleresco ; e avrei dovuto dire che i nostri lavorarono la materia epica francese importata in Italia con le idee cavalleresche fin dal primo Duecento . La quale , fatta ormai volgare nel Trecento dai cantastorie specialmente lombardi e veneti che la riproducevano in un francese italianizzato o in un italiano francesizzato , avea già preso nella prosa de ' Reali di Francia le forme classiche nostre , con un ' ampiezza di riposata narrazione quasi liviana , con una macchina ideale quasi virgiliana , con un accendimento nella rappresentazione delle passioni d ' amore quasi ovidiano , con un apparente intendimento di cristianesimo , ma di cristianesimo tutto politico , tutto romano . I Reali di Francia sono ancora oggi lettura del popolo , e specialmente dei campagnoli ; e ciò dimostra che quella ricomposizione romanzesca rispondea veramente al sentimento epico fantastico del popolo italiano preso in generale . Ma per il popolo delle città italiane del secolo XV , ove le cattedrali rimanevano interrotte , ove le logge d ' ordine misto s ' eran fatte largo tra le torri feudali smozzate o atterrate , ove su le pareti a bozze che rammentavano i castelli feudali cominciava a ridere la finestra del rinascimento co ' l suo colonnato ad arco rotondo e , dentro , l ' atrio ad ordine dorico , ciò era già troppo : in quella prosa quasi aristocratica soverchia l ' idealismo del Trecento . Ignoti raspodi ripresero adunque quella materia : la rimaneggiarono e la rimpastarono in forma più moderna , più ciompa : la volgarizzarono con un senso di crudo realismo . I paladini ne divennero un po ' bèceri e lazzaroni ; ma ne acquistarono un tanto di vita , in paragone almeno non degli originali francesi , ma delle misere traduzioni e imitazioni italiane del Duecento e dei rifacimenti del Trecento . Con le sacre rappresentanze il popolo italiano arrivò da sé , senza o prima che gli scrittori propriamente detti se ne accorgessero o lo tentassero essi , a quello che è il terzo stadio d ' una civiltà letteraria , il passaggio dal racconto all ' imitazione del fatto , dall ' epopea o dalla leggenda al dramma . E questo procedimento lo fece su la materia greggia ch ' egli aveva presente , il mito religioso , la leggenda cristiana . Ma al modo onde il popolo italiano maneggia cotesta materia , alla trasformazione ch ' ei fa de ' tipi mitici , è facile avvedersi come a perdere il sentimento intimamente religioso non gli occorressero motivi od esempi esterni ; ei di per sé non lo aveva . Nelle sacre rappresentanze del secolo XV ricerchereste in vano l ' ideale e la fede ; in vano guardate intorno al capo dei personaggi del vecchio e nuovo Testamento , intorno al capo dei martiri o dei padri del deserto , per l ' aureola d ' oro e d ' azzurro : i santi han messo il cappuccio e portano la barbetta aguzza ed arguta del cittadin fiorentino . Nelle città di Palestina o d ' Egitto , nel tempio ebraico , nel pretorio o nell ' anfiteatro romano , nelle catacombe voi rivedete la piazza di Firenze , il palazzo dei Signori , Mercato vecchio , San Marco e Santa Maria Novella , con le loro anguste superstizioni , coll ' ipocrisia loro , co ' l loro formalismo , con la commedia , che non avendo ancora un campo proprio e una forma sua , sbizzarrisce ad arbitrio nella leggenda del martirologio e sotto i veli della religione . Nella poesia sacra è avvenuto ben presto , troppo presto forse , lo stesso che nella pittura religiosa : le figure bizantine hanno disciolto quelle loro avviluppate e indistinte gambe , e movon quegl ' informi piedi danzando : le teste estatiche , ove Giotto raccogliea tutta la vita della figura , hanno scosso il lor duro incordamento , e si volgono meravigliate e ridenti su ' l corpo di carne novellamente acquistato , tutte liete che siasi rotto lo incanto che le condannava all ' immobilità ascetica . Masaccio e il naturalismo fioriscono e regnano : frate Angelico , che dipinge in ginocchio , è solitario nel suo chiostro di San Marco : Lippo Lippi disegna le vergini facendo all ' amore con le monache , e rapisce dal convento i modelli . Quindi è facile presentire che , quando l ' antichità con le sue forme e co ' l senso del naturale idealizzato si rivelerà a questo popolo , questo popolo sarà ben preparato ad accoglierla e ad abbracciarla . V . Ma ciò non poteva essere nei primi cinquanta anni del secolo XV ; quando , tra perché la poesia popolare o borghese trasse a sé le moltitudini al cui intendimento agguagliavasi senza sollevarlo , e perché i dotti non curarono d ' indirizzarsi al popolo reputando la erudizione sola degna a cui si attendesse , avvenne che letteratura propriamente nazionale in lingua italiana non esistesse ; quella letteratura , cioè , che al di sopra delle partizioni di scuole e di classi si fa specchio a tutto il pensiero e il sentimento della nazione , ne séguita i movimenti , ne è come l ' irradiazione spirituale . In questi anni preparavansi soltanto gli elementi di una nuova assimilazione . Ma il necessario procedere degli avvenimenti cagionava circa la metà del secolo un mutamento notevolissimo nelle condizioni così civili come letterarie d ' Italia . E prima di tutto per la occupazione di Costantinopoli ( 1453 ) la patria nostra divenne sola erede e conservatrice della civiltà antica , come già era la ordinatrice della nuova . Quindi lo stimolo a una letteratura più operosa , fatto poi maggiore dalla invenzione della stampa che ben presto di Germania passò tra di noi ( 1465 ) . Aggiungasi che il fine dello scisma occidentale ( 1438 ) rese stabile a Roma il papato e una successione per alcuni anni di pontefici men tristi ; che l ' impiantamento definitivo degli aragonesi in Napoli ( 1441 ) e degli Sforza in Lombardia ( 1447 ) e la nuova dignità degli estensi ( 1450 ) e l ' affermarsi dei Medici in Firenze ( 1434­1480 ) determinarono meglio le relazioni dei maggiori stati d ' Italia : onde si condusse questa a più pacifico e ordinato vivere , e nella confederazione mantenuta coll ' equilibrio si aprirono quei quarant ' anni di florida se non gloriosa indipendenza tanto ricordati poi e rimpianti dal Machiavelli e dal Guicciardini . In quella quiete confortata dalla prosperità materiale , rallegrata dai sollazzi , dalle feste , dalle magnificenze civili e principesche , la poesia italiana risalì di per le strade e le piazze , nei palagi e nelle regge : dove strinse e riaffermò un ' alleanza talvolta un po ' servile , come avviene ai potentati freschi , con la classica letteratura . Lo studio dei grandi modelli dell ' antichità , lo addestramento e il disciplinamento degli ingegni e delle facoltà in quelle forme organiche e sintetiche , doveva essere il mezzo onde gli scrittori delle varie regioni italiche riuscissero a fare italiana la toscanità nazionale di Dante del Petrarca del Boccaccio . Ciò si preparava , ciò cominciava a scorgersi : ma la fusione , la trasformazione , non era ancora avvenuta . La nuova letteratura del Quattrocento rimase letteratura della confederazione . E come la confederazione ebbe specialmente tre centri intorno a cui si raccolsero le forze minori , Napoli pe ' l mezzogiorno , Milano pe ' l settentrione , Firenze pe ' l mezzo ; così tre scuole o tre capitali ebbe la letteratura della confederazione ; Napoli con isfoggio di erudizione e lussuria di forma monarchica ; non Milano che troppo poco aveva nel Bellincioni e nel Visconti ed era riserbata centro a un posteriore rinnovamento , ma Ferrara coi suoi duchi già ospiti dei trovatori , con le sue tradizioni signorili e l ' aria magnifica e cavalleresca ; e Firenze in ultimo , sempre democratica per una parte , per l ' altra contemperatrice dei diversi elementi nell ' arte a quel modo che nell ' ordine politico era co ' l Medici conservatrice dell ' equilibrio . VI . A Napoli avvenne ciò che a Roma : erano ambedue quelle città troppo rimaste fuori dal movimento dei comuni , e per ciò tardi entrarono al lavoro letterario , e vi entrarono con il latino . Napoli nel Quattrocento con la sua academia pontaniana promuove e coopera anche più che essa Roma al movimento di restaurazione dell ' arte classica e della poesia latina . All ' ultima perfezione dell ' arte classica , quale dimostravasi nella poesia latina rinnovellata allora genialmente in Italia , toccò , in mezzo la erudizione del secolo XV , Gioviano Pontano . Da quella folla di grammatici e retori , di filologi ed eruditi , che empierono di lor fatiche la maggior parte del secolo , più lavoranti che artisti , più zappatori che costruttori , egli uscì fuori poeta ; egli , e il Poliziano : ma il Pontano rende ancora più spiccata imagine che non il Poliziano di ciò che fu il pensiero e l ' opera di tutto insieme il secolo , la reazione estetica e dotta contro il misticismo e l ' idealismo cristiano dell ' età anteriore . I libri suoi degli amori e li endecasillabi baiani sono proprio il contrario dei canzonieri di Dante e del Petrarca , e Fannia e Focilla il contrapposto di Beatrice e di Laura : queste non hanno mai velo che basti , quelle si affrettano ridenti a denudare ogni loro bellezza in conspetto al sole e all ' amore : quelli adorarono , inginocchiati o con gli occhi levati ; il Pontano abbraccia con un rapimento di voluttà non meno lirico di quell ' estasi . Tutto ciò che la fantasia riflessa dell ' antichità poteva operare su ' l sentimento assai superficiale d ' un borghese italiano del Quattrocento , il Pontano lo provò e lo rese . E , con quel suo riposato senso di voluttà e di sincero godimento della vita , egli , in latino , è il poeta più moderno e più vero del suo tempo e del suo paese . Perocché Napoli , la sensuale e imaginosa Napoli , non ha poeti ed artisti nel più severo significato della parola : quel popolo , così potente nell ' astrazione , non ha vigore alla concezione feconda e all ' espressione vitale del fantasma : un ' onda colorata e sonante , senza armonia nel suo monotono flusso e riflusso ; un vortice di forme e d ' imagini lussureggianti che s ' incalzano e si confondono tra loro sino al delirio della tarantella ; ecco la poesia napolitana o meridionale . E così la rappresenta nel secolo XV il Pontano fattosi napolitano d ' imaginazione , di studi , di affetti , il Pontano che è per avventura il maggiore dei napolitani poeti , che ricorda Ovidio e che accenna un po ' a quel che sarà nelle parti più elette il Marini . Ma il Pontano non presenta che una sembianza del Rinascimento : questo nel concetto suo più nobile , come risorgimento del naturalismo ideale , doveva nell ' accordo dell ' antichità e del cristianesimo e nell ' accordo esteticamente migliore delle belle forme greche alle belle forme toscane , di Omero a Dante , di Virgilio al Petrarca , doveva , dico , essere inteso e tentato in Firenze . Nel palazzo di Via Larga , monumento magnifico dell ' arte toscana adorno delle più rare e pregiate reliquie di Grecia , Lorenzo de ' Medici dà l ' una mano al Poliziano , l ' altra al Pulci . Ei per sé non fu artista o inventore eccellentissimo , ma operò efficacemente su i circostanti e i contemporanei , risollevando a più razionalità col platonismo l ' ideale dantesco e petrarchesco , e con ciò ritornando egli e richiamando l ' arte e lo stile alle nobili tradizioni del Trecento per quanto , e non era poco , rimaneva in esse di vivo , e in quelle chiare fresche e dolci acque riforbendo la poesia popolare dall ' attrito plebeo : nella quale ultima opera gli fu compagno il Poliziano . E tutti due presero a rifare un po ' più letterariamente il dramma popolare , senza che riuscissero a dargli novità alcuna o movimento di vita e di composizione ; ripresero , e con incomparabile felicità , la lirica popolare : le canzoni a ballo e certe ottave sì dell ' uno sì dell ' altro sono delle cose più spontanee e più schiette di tutta la nostra poesia , ridono d ' una rosea morbidezza che è pur gran pregio dell ' arte e non fu raggiunta più mai . Ma il sommo di quell ' arte assimilatrice in originale imitazione , che uscir dovea dagli antichi monumenti e da quei del Trecento studiati con ingegno e con animo desto al senso del presente , il sommo di quella bella e breve arte fu toccato dal Poliziano . Scrittore greco e latino a quattordici anni , traduttore di Omero a quindici , padre della filologia , revisore del testo delle Pandette , poeta di mitologia viva e di classicismo elegante e fervido nelle Stanze e nell ' Orfeo , e insieme improvvisator fiorentino ; egli , accoppiando la dottrina alla popolarità , la riflessione alla spontaneità , è il tipo , se non più grande , certo più universale e più vero , del miglior Quattrocento . E , non ostante alcune macchie della sua vita e alcune brutture de ' suoi carmi latini , anche il più gentile . Il Pontano è troppo materialmente sensuale e stanca : il Poliziano ama con sentimento di greco la natura bella e serena , e ne rispecchia la imagine nella quiete dell ' idillio , ch ' egli insegnò o lasciò in retaggio con l ' armonia dell ' ottava all ' Ariosto ed al Tasso . Il Medici e il Poliziano detersero quella parte di poesia popolana ch ' e ' tolsero a maneggiare ; il Pulci nella massa informe dell ' epopea di popolare sollazzo , della quale abbozzai più sopra l ' imagine , impresse il suo individuale suggello . Egli sentendosi , come ogni poeta vero , tratto ad espandere la disposizione dell ' animo suo nel suo tempo , le cui tempre e condizioni partecipava e sperimentava tutte , non andò cercando materie e forme strane ; ma ad infondervi l ' anima sua tolse la materia che più aveva alla mano , le rapsodie cavalleresche e avventuriere delle piazze e delle strade ; e anche serbò il colorito e le formole dei rapsodi che le componevano o le cantavano . Ma non si lasciò assorbire com ' essi dall ' argomento : egli intervenne co ' sentimenti suoi all ' opera epica , vi mescolò i suoi intendimenti , che erano a punto i sentimenti e gl ' intendimenti della borghesia italiana del tempo . Il Pulci non è ateo : egli , come il popolo italiano , ondeggia tra lo scetticismo a cui la educazione delle circostanze lo portarono , e le memorie affettive , più che credenze , della religione a cui il sentimento della prima educazione lo richiama : quindi una professione di fede epicurea a canto d ' una invocazione a Maria . Il Pulci in fondo non crede a quelli imperatori e re , a quelli eroi , a que ' giganti , e più d ' una volta dà loro repubblicanamente e filosoficamente la baia ; ma curioso , e , come il popolo italiano , avido del mirabile , del fantastico , del soprannaturale ben trovato e bene adobbato , cupido d ' impressioni e di sensazioni tuttor rinnovantisi , si lascia trasportare dal suo racconto ; e a certi punti grida , strepita , benedice , prega e piange , per poi tornare a scherzare e sorridere quando il nodo dell ' avventura è sciolto . Tale è Luigi Pulci : non credente ma né pure ateo , non certo caldo di spiriti cavallereschi ma né pure intenzionato di parodiarli , non romanzesco ma né pure burlesco : tutto insieme , il poeta più indipendente del Rinascimento , il più popolare forse della nostra letteratura o quello almeno che più si lascia andare alla natura sua ; e per ciò forse il più maltrattato dai cultori della poesia fatturata . Il Pulci , in Firenze democratica , infondeva i suoi spiriti e la vita del suo ingegno nella materia epica cavalleresca , pur serbandole la trasformazione che il popolo le aveva dato : Matteo Boiardo , nell ' aristocratica Ferrara , prendeva a rinnovarla signorilmente con l ' intenzione a un ideale artistico . Ciò che dell ' elemento feudale e delle tradizioni cavalleresche poté salvarsi e soprannuotare alla invasione borghese e plebea erasi raccolto nelle corti lombarde , e le popolazioni lombarde , forse per una segreta affinità elettiva a quelle tradizioni , le conservarono più volentieri e più lungamente ; e da codeste tradizioni fu ben presto attratto il conte di Scandiano , gentiluomo e feudatario . Egli sarebbe , senza Torquato Tasso , il primo e l ' ultimo vero cavaliere della poesia italiana : certo , è il solo cavaliere della prima età del Rinascimento , e pure non ha nulla del don Chisciotte : è cavaliere e dotto e cittadino italiano insigne . Studia i poeti francesi , e traduce Erodoto e Senofonte ; compone rime colle più squisite forme dantesche e petrarchiane ammollite e rifiorenti alla tepid ' aura dell ' antica poesia , e traduce lo Anfitrione e l ' Asino d ' oro ; ricerca memorie storiche pe ' suoi castelli e contraffà i cronisti del medio evo , e scrive ecloghe latine ; serve i duchi come governatore militare , e si fa rimproverare da un solenne giurista l ' avversione alla pena di morte ; conversa con i contadini del suo feudo , e fa suonare le campane a doppio quando ha trovato un bel nome per un bell ' episodio . Così fatto il Boiardo , un de ' più vari e larghi e amabili esemplari dell ' ingegno italiano , imprese la più varia e larga e genial rinnovazione della materia cavalleresca a racconto romanzesco che abbiano le letterature del Rinascimento , fondendo insieme per una parte i poemi del ciclo carolingio e quelli del ciclo bretone , l ' eroismo e l ' avventura , l ' ideale epico e l ' intreccio amoroso , e in quella fusione mescolando per l ' altra parte l ' epopea antica , gli episodi omerici e virgiliani . E tutto questo fece su ' l serio , imperocché egli credeva a ' suoi cavalieri e gli amava : quanto studio di verità , quanto fervore di artista nei caratteri che egli primo in questa terza lavorazione dell ' antica materia determinò , e fissò ! quanta gentilezza in quelle donne , ch ' egli creò , naturali e tenere e nobili insieme ! Il Boiardo è senza dubbio un de ' più grandi poeti italiani : con tutto ciò a quella prolissità , a quel suo manco , alle volte , di forza risentita nel colorire , mentre ha pur così larga facoltà di comprendere e rappresentare , voi v ' accorgete che egli , il cavaliere , è vecchio di qualche secolo . Che aveva a fare con la età dei condottieri e degli avvelenatori il principio cavalleresco ? E , poi che la Divina Commedia non aveva lasciato effetti , che cosa poteva ormai operare in Italia il principio religioso ? Dal lavoro letterario troppo è evidente la sua assenza . E pure , mentre per un lato l ' elemento ecclesiastico seguitava esagerando la sua trasformazione romana sino a far pagana la corte dei papi , il principio religioso , per l ' altro lato , contro il sensualismo classico del Pontano , contro lo scetticismo popolaresco del Pulci , contro il paganesimo artistico del Poliziano , contro l ' idealismo romanzesco del Boiardo , contro la corruzione dei Medici , di Firenze , d ' Italia e della Chiesa , contro il Rinascimento in somma insorgeva con un ultimo tentativo di ascetica reazione in persona di Girolamo Savonarola . Non tutto il clero , a dir vero , avea seguitato il pontificato nella sua abiettazione , e nella sua degenerazione la Chiesa : che anzi , quanto più quello e questa avanzavano , tanto più , in quegli ordini specialmente che parteciparono con maggior ardenza al rinnovamento cattolico dei secoli XII e XIII , andavano crescendo gli spiriti dell ' opposizione : la quale negli scrittori ascetici del Trecento e del Quattrocento va sempre più maturando un cotal concetto di riformazione , tanto più chiaramente accennato quanto quegli scrittori sentivano la necessità di raffermare , purificando la Chiesa , il sentimento cristiano e il dogma cattolico contro la civiltà profana che d ' ogni parte dilagava e premeva . E il movimento di opposizione cristiana mise capo in Girolamo Savonarola . Nel quale , posto , per un ' incidenza che non è tutta caso , tra il chiudere del medio evo e l ' aprirsi della modernità , quasi a raccogliere e benedire gli ultimi aneliti della libertà popolana già sórta nel nome del cristianesimo e a mandare l ' ultima vampa di fede verso i tempi nuovi , voi vedete convergere le aspirazioni più pure , voi vedete rinascere le figure più ardite del monachismo democratico . In lui lo sdegno su la corruzione della chiesa che traeva alla solitudine i contemplanti , in lui l ' amore alle plebi fraterne che richiamava su le piazze e tra le armi dei cittadini contendenti ad uccidersi i frati paceri , in lui la scienza teologica e civile di Tommaso , in lui il repubblicanismo di Arnaldo , in lui finalmente anche le fantasie e le fantasticherie di Iacopone da Todi . E di quel pensiero italiano che intorno alla religione andavasi da secoli svolgendo nell ' arte nella scienza nella politica , di quel pensiero che è lo stesso così in Arnaldo repubblicano all ' antica come in Dante ghibellino o nel Petrarca letterato , così in fra ' Iacopone maniaco religioso come nel Sacchetti novelliere profano , il Savonarola pronunziò la formola : Rinnovamento della Chiesa . Era troppo tardi . Quel che nella mente italiana del Savonarola era avanzato di intendimento civile tra le ebrietà mistiche del chiostro , ei lo depose grandiosamente nella instituzione del Consiglio grande : del resto , come martire religioso , salva la reverenza debita sempre a cui nobilita il genere umano attestando col sangue suo la sua fede , come novatore mistico , egli ( perché no ' l diremo ? ) egli è misero . Rivocare il medio evo su la fine del secolo XV ; far da profeta alla generazione tra cui cresceva il Guicciardini ; ridurre tutta a un monastero la città ove il Boccaccio avea novellato di ser Ciappelletto e dell ' agnolo Gabriele , la città ove di poco era morto il Pulci ; respingere le fantasie dalla natura , novamente rivelatasi , alla visione , le menti dalla libertà e dagli strumenti suoi , novamente conquistati , alla scolastica : fu concetto quanto superbo altr ' e tanto importuno e vano . Il Rinascimento sfolgorava da tutte le parti ; da tutti i marmi scolpiti , da tutte le tele dipinte , da tutti i libri stampati in Firenze e in Italia irrompeva la ribellione della carne contro lo spirito , della ragione contro il misticismo ; ed egli , povero frate , rizzando suoi roghi innocenti contro l ' arte e la natura , parodiava gli argomenti di discussione di Roma ; egli ribelle , egli scomunicato , egli in nome del principio d ' autorità destinato a ben altri roghi . E non sentiva che la riforma d ' Italia era il Rinascimento pagano , che la riforma puramente religiosa era riservata ad altri popoli più sinceramente cristiani ; e tra le ridde de ' suoi piagnoni non vedeva , povero frate , in qualche canto della piazza sorridere pietosamente il pallido viso di Nicolò Machiavelli . DISCORSO QUINTO Del Cinquecento : l ' unità classica , l ' idealismo e lo scadimento . I . L ' ultimo canto dell ' Orlando innamorato , breve contro il consueto degli altri , termina abbandonando i lettori a mezzo un racconto d ' amore . Però che il poeta vede la Italia tutta a fiamma e foco per i Galli che vengono e non può più cantare ; racconterà , egli promette , un ' altra volta : ma non raccontò , perché mori poco dopo , in quel funesto 1494 venuto a chiudere i quaranta anni di pace e prosperità dell ' Italia equilibrata nella federazione . La quinta età della letteratura nazionale , l ' età del perfezionamento nella copia ordinata , nella ricca e baliosa eleganza , nell ' armonica varietà , nell ' unità concettuale delle forme , si svolge a punto dal 1494 , l ' anno della prima invasione straniera , con l ' uscire del Sannazaro e del Bembo a dittatori del nuovo gusto e riformatori della lingua nelle regioni del mezzogiorno e del settentrione , co ' l crescere del maggior poeta , l ' Ariosto , e del maggior prosatore , il Machiavelli . La maturità è circa il 1530 , l ' anno della caduta di Firenze , nel quale morirono il Sannazaro e Andrea del Sarto : il Machiavelli era morto nel '27 e il Castiglione nel '29; Leonardo da Vinci nel '19 e Raffaello nel '20 : l ' Ariosto morrà nel '33 e il Correggio nel '34 . Il movimento fecondo séguita fino al 1559 , l ' anno della pace di Castel Cambrésis che affermò il dominio e il predominio della casa austriaca di Spagna sopra l ' Italia e aprì nella penisola l ' età delle signorie straniere avvalorate dal diritto europeo ; e si può tenere che venisse mancando circa il 1565 , un anno dopo la chiusura del concilio tridentino , che compì il rinnovamento cattolico e soffocò la libertà del pensiero e della parola , fino allora , di fatto se non di diritto , lasciata alle lettere , o , salvo qualche resipiscenza furiosa , almen tollerata . Questi ultimi anni nell ' arte son pieni della vecchiezza di Michelangelo e di Tiziano ; nella letteratura , del fiore dei minori prosatori : il Guicciardini morì nel '40 e il Bembo nel '47 , il Fracastoro nel '53 e il Vida nel '66 : Torquato Tasso era nato nel '44 . II . Ora , enumerando pur questi nomi e ricorrendo con la memoria quelle tante opere a cui vanno congiunti , avviene di dubitare se parecchi storici delle cose e delle lettere italiane non abbiano per avventura fatto del piagnone a gridare la morte dell ' Italia , quando ella più fervidamente addimostrava la sua vitalità in così frequenti e così nobili produzioni di pensiero e di arte . E come per fermo creder morto o malato a morte un popolo , dal cui mezzo esce il Colombo a trovare fra gli errori paurosi della tradizione un nuovo mondo ? dal cui mezzo esce il Machiavello a liberare d ' ogni ombra mitica , d ' ogni apparenza fantastica , il campo della storia e riporvi la verità del fatto umano ? dal cui mezzo uscirà il Galileo a cacciare dai pianeti , loro ultimo nido , l ' autorità e la fizione scolastica , a rifare co ' l cannocchiale i cieli , co ' l metodo sperimentale le menti ? Morto questo popolo , che in nome della ragione e da parte della libertà prende possesso del mare , del cielo , della terra e dell ' uomo ? E che morti sono questi a cui canta le esequie l ' Ariosto , Michelangelo edifica il cimitero e scolpisce i sepolcri , i quali a gara dipingono Leonardo e Raffaello e Tiziano ? Sono dunque testamenti le filosofie del Telesio e del Bruno ? Potrà bene quel filosofo della storia con molta accensione d ' ingegno provarci che il movimento dell ' Italia nel secolo XVI altro non fu che oblio spensierato della realità e un prepararsi a ben morire , che l ' Italia doveva morire perché non si era fatta nazione e non aveva la conscienza di nazione : potrà questo storico della letteratura con isquisite sottigliezze mostrarci che tutta l ' arte del secolo XVI è dissoluzione , e che l ' Italia doveva dissolversi perché non credeva , perché non aveva operato la riforma della religione . Ma la storia è quel che è : volerla rifare noi a nostro senno , voler riveder noi come un tema scolastico il gran libro dei secoli e inscrivervi sopra con cipiglio di maestri le correzioni , e , peggio , cancellar d ' un frego di penna le pagine che non ci gustano , e , peggio ancora , castigare con la ferula della dialettica nostra o della nostra declamazione un popolo come uno scolare , o anche tagliargli il capo di netto quando è tutto vivo , perché non ha fatto a punto come noi intendevamo che fosse il meglio o come noi avremmo voluto che facesse ; tutto ciò è arbitrio o ginnastica d ' ingegno , ma non è il vero , anzi è il contrario . La storia è quel che è : certi spostamenti , certi oscuramenti , certe , direi , sincopi , nella ragione dell ' universal movimento , nel rifrangersi della luce da uno ad altro lato , nell ' affluire del sangue più tosto a quella che a questa parte del corpo sociale , sono necessarie ; né avvengon già sempre per colpa del popolo che pure ha più da soffrirne , né si potevano per altre disposizioni evitare , né era bene che si evitassero . Il Cinquecento apre in Europa un ' età nuova : alla quale dié principio la Francia , rafforzatasi nell ' unità sotto l ' undecimo Luigi e compiutasi per l ' aggiunta del gran feudo di Borgogna sotto l ' ottavo Carlo , col manifestare la sua forza d ' espansione , e la Spagna , uscendo dalle lunghissime guerre co ' Mori vittoriosa , compatta , irritata al combattimento , con la conquista ; e con la rivoluzione religiosa la Germania , covante nell ' inerzia feudale ardori di battaglia e lusingante gli odii antichi di razza con novelli ardiri di ragionamento ; la Germania a cui anche l ' impero , incominciando e fermarsi nella casa d ' Austria forte di stati ereditari , dava , se non la compattezza di quelle altre due nazioni , il peso d ' una gran mole ; la Germania cui anche la irrequietezza del nuovo imperatore Massimiliano conferiva a riportare nell ' azione europea . A cotesta età dunque la Francia e la Spagna impartirono il movimento storico , che fu quello degl ' interessi dinastici , al cui servigio i monarchi adoperarono le nazioni novellamente formatesi intorno a loro ; la Germania impartì un po ' più tardi l ' ardore della controversia e della discussione , che non doveva né restringersi nei limiti della conscienza religiosa né finire con i soli effetti estrinseci della riforma . Ora , dinanzi alla foga della Francia e della Spagna traboccanti dall ' alveo loro , da poi che ivi il popolo nell ' urto contro gli stranieri si era agglomerato con le feudalità attorno il re a forma di nazione , l ' Italia non aveva che le sue tradizioni e gli ordinamenti suoi federali : il turbine poi delle passioni religiose che ventava dalle alpi germaniche non la distrasse dalla quiete solenne nella quale ella svolgeva l ' elaborazione ultima del suo organamento nazionale e politico , della sua conscienza di popolo , nel pensiero e nell ' arte . Imperocché nazione ella sentivasi ed era nelle tradizioni , nella lingua , nella gloria : ma , scossa che ebbe la soma dell ' impero tedesco , non aveva voluto sacrificare la libertà alla forza , la varietà all ' unità . E perché avrebbe dovuto farlo , ella , che dalle ruine di Roma era risorta col senso dell ' Italia sociale , dell ' Italia delle confederazioni sannitiche ed etrusche ? E se lo avesse fatto , se fossesi lasciata maneggiare da uno svevo o da un angioino o da un Visconti che , domata , spremuta , battuta , l ' avesse poi spinta come caval di battaglia alle conquiste , avrebbe ella operato quel che operò nello svolgimento libero di tutti gli elementi suoi , di tutte le sue genti ? avrebbe ella avuto i suoi commerci unificatori d ' Europa , l ' arte sua conciliatrice dell ' antichità e del medio evo , il suo rinascimento ? o avrebbe ella potuto produrlo con tale una rifioritura universale , con tale un ' efficacia feconda , da inocularne lo spirito vivificatore alle altre nazioni ? o non più tosto lo avrebbe prodotto manco e superficiale come la Francia , parziale come la Germania ? La riforma religiosa come avrebbe dovuto o potuto promuoverla o accettarla l ' Italia , ella che aveva fatto ad imagine sua pagano il cristianesimo ? Come avrebbe dovuto accettar da Lutero l ' autorità della bibbia ella che nella politica poneva co ' l Machiavelli fattore e signore del tutto il pensiero umano , ella che nella scienza era co ' l Galileo per dare il primo crollo alla Genesi , ella che nell ' arte fastidiva co ' l Bembo lo stile di san Paolo ? Ma è egli possibile a imaginare il rinascimento in Italia luterano ? e un Ariosto zuingliano ? un Machiavelli puritano ? un Raffaello calvinista ? un Michelangelo quaquero ? No , veramente : la vita e l ' anima dell ' Italia fu la federazione nell ' ordinamento politico , il razionalismo in filosofia e in religione , il naturalismo in arte . Ella nel secolo XVI finiva di compiere , per quel che spetta ad arte e pensiero , l ' opera che aveva cominciato fino dal mille , con la rivoluzione sociale dei Comuni , il rinascimento : il rinascimento che fu motivo alla riforma religiosa di Germania , la quale alla sua volta trasportatasi e trasformatasi tra gli olandesi e gl ' inglesi fu nutrimento e incentivo alla rivoluzione politica maturata dalla Francia nell ' ottantanove . A ciascuna nazione l ' età sua , a ciascuna età il suo officio . Che colpa , del resto , aveva la nostra patria , se ella era a quel tempo la più libera , la più bella , la più ricca , la più civile e comparativamente la più felice tra le nazioni d ' Europa ? Ella compiva serenamente disinteressata l ' officio suo , quando Spagna Francia e Germania nel lor bisogno di gittarsi fuora a pascolare e a sbizzarrire secondarono gli avidi e avventurieri istinti dei re condottieri intorno ai quali eransi aggreggiate , e presero questa bella musa che cantava la libertà la natura la ragione , e la gittarono con le mani e i piedi legati e co ' l bavaglio alla bocca in balia dei due ciclopi del medio evo . Certo , che , quando papa ed imperatore fossero per necessità di cose tornati concordi all ' azione loro in Europa , la vita dell ' Italia liberamente federale e produttiva , che era un ribellamento a quell ' azione ed avea vigoreggiato negl ' intervalli o nella sòsta di essa , dovea finire e languire . E così la ruina ultima dell ' Italia provenne da ciò che era stato oggetto alle utopie idealistiche de ' suoi grandi uomini . Cesare tornò pur troppo , e questa volta pose da vero mano alla predella e inforcò la polledra selvaggia : Dante poteva esser contento , l ' idea ghibellina aveva trionfato . Pietro si era riconciliato con Cesare , e in una città del retaggio di Matilde gli avea dato il bacio di pace in bocca e la corona dell ' impero in capo , e ne avea ricevuto il donativo dell ' altare : il Petrarca e Caterina da Siena potevano ringraziare Dio , i vóti dei guelfi eran pieni . Firenze e Siena lo seppero , ed esperimentò ben Milano per oltre tre secoli gli effetti pratici del trattato di monarchia . Ma dire che ciò avvenisse non curante e non resistente l ' Italia , non resistente per la debolezza e la opposizione d ' interessi cagionata dall ' ordinamento federale , non curante per la dissoluzione in cui lo scetticismo e il materialismo pratico l ' avevano precipitata , non è né vero né giusto né generoso . E , anzi tutto , onde partirono le provocazioni all ' invasione straniera ? da ' due stati monarchici , da Milano e da Napoli ; e la causa più vera o il pretesto più prossimo ne fu una ragione di succession dinastica a Napoli , al regno da antico accentratore . E dove la resistenza agli oppressori stranieri e indigeni fu nobile , eroica , senza concessioni , fino agli estremi , con aureola di sacrificio ? nelle repubbliche democratiche di Firenze e di Siena . E quali furono gli stati che la piena barbarica non ricoprì o che si tennero diritti in mezzo al temporale ? Ancora le repubbliche , Venezia e Genova . Io non dico se quelle repubbliche sarebbero desiderabili oggi : elle erano quel che dovevano e potevano essere secondo le rivoluzioni loro e rispetto alle condizioni italiane e europee : io rilevo un fatto . E tanto aveva l ' Italia poca voglia di morire , che il sacro romano impero dové adoperarsi con tutte le sue forze , con tutti gli argomenti anche co ' l tradimento , per istrangolare due città come Firenze e Siena ; e pur tra le branche del ciclope le due viragini belle si divincolavano fieramente , ed empievano della meraviglia dei loro ultimi sforzi e della pietà di lor grida Europa : soccomberono , ma non furono violate . E tanta era la vitalità del popolo italiano , e tanto era egli poco rassegnato a morire , che , mancato all ' operosità sua il campo domestico , ei ne si ripresenta meditante e operante in tutta la storia d ' Europa . Questa Europa , che ci voleva morti , i nostri scrittori la illuminano , i nostri artisti l ' adornano , i nostri uomini di stato l ' agitano o la infrenano , i nostri guerrieri la insanguinano . Chi ornò Versaglia ed il Louvre ? chi l ' Escuriale ? E onde vennero all ' impero i Farnesi , i Piccolomini , i Montecuccoli , gli Eugenio di Savoia ? E non pare una vendetta del fato che il Mazzarino governasse la Francia e l ' Alberoni la Spagna ? III . Il sin qui detto mi esenterà da altre apologie e da parziali difese , e servirà pure a determinar meglio l ' essere e i modi della letteratura italiana nel secolo XVI . Il cui svolgimento procedé poi così largo e magnifico , che le ragioni di tutte le sue varietà non possono restar contenute nei limiti di un discorso : del resto , chi non sa esser quella , almeno per gli effetti largamente ed efficacemente prodotti su la nuova coltura europea , l ' età più gloriosa delle lettere italiane ? E io credo che nulla di propriamente nuovo avanzi a dire , per esempio , su ' l Machiavelli o su l ' Ariosto : essi , rispetto a Dante e agli altri scrittori del Trecento e del Quattrocento , sono moderni , o sì veramente principiasi con essi quella età che fu moderna fino all ' ottantanove , che sussiste ancora per poco : tutti noi gli comprendiamo a un modo , e l ' Europa li ha giudicati con la sicurtà del senso recente . Per ciò , a non voler ripetere cose già dette , mi contenterò di rilevare più netto ch ' io possa le linee del movimento e i contorni del confine di quella letteratura . Della quale se il decimosesto secolo vide il frutto , il germe fu nel decimoquinto . Nel secolo XV eran nati a poca distanza tra loro il Machiavelli , il Buonarroti , il Guicciardini che in sé accolsero gli ultimi spiriti dei Comuni e la somma dell ' esperienza e le virtù estreme del reggimento libero , e il Sannazaro il Bembo il Castiglione , rappresentanti della più eletta coltura aulica secondo l ' intendimento di Dante , che sórsero dittatori del bel costume alle nuove generazioni e del linguaggio regolare e dello stile elegante . Nel secolo XV era cresciuto l ' Ariosto , che nella maggiore opera sua procede senza dubbio dal Boiardo : come il Machiavelli procede per una piccola parte dalla erudizione e dalla critica degli umanisti , per esempio , del Valla , e indubbiamente poi ritrae la materia e il meccanismo di storico più dagli storiografi latini del Quattrocento che dai cronisti del Trecento . Anzi che concepimenti e produzioni nuove , vide adunque il secolo XVI compiersi e fermarsi , nell ' accordo delle attività diverse e nell ' armonia delle forme , l ' ultimo perfezionamento di tutta la produzione anteriore ancor viva o vitale . La letteratura del Trecento nella espressione artistica era stata individuale e d ' impronta toscana : quella del Quattrocento , parziale e federale : quella del Cinquecento fu una , classica , italiana . Sì , il carattere più rilevatamente storico ed estetico della letteratura del Cinquecento è l ' unità nel classicismo della forma e nella italianità della lingua . L ' unità italica non risultò mai così evidente nell ' arte come in quel secolo : parve che la patria nostra nell ' imminenza del suo sfacelo politico intendesse con ogni vigor che le avanzava a chiarirsi ed affermarsi nazione . E tuttavia non vi fu sfórzo : era l ' ultima conseguente modificazione dello svolgimento . Cessato l ' urto tra i diversi elementi a mano a mano con l ' estinguersi sin dalla fine del secolo XIII dell ' elemento feudale , co ' l languire del religioso e co ' l sormontare necessario dell ' elemento nazionale ; cessò nel secolo XVI anche il dissidio tra le due forze o tendenze differenti di quest ' ultimo elemento , l ' aristocratica e la democratica , la unitaria e la federale , la romana e l ' italica : forze e tendenze che Dante aveva già riconosciute e contrassegnate , quando distingueva l ' idioma illustre , cardinale , aulico , curiale , e la poesia che in quello componevasi , dal volgare plebeo e paesano . Il contrasto e il distacco tra Dante e l ' Angiolieri , tra Battista Alberti e il Burchiello , tra il Boiardo e Sostegno di Zanobi , non fu più possibile nel Cinquecento come fatto letterario notevole e notato . Il processo di assimilazione era compíto , dell ' assimilazione della materia indigena e medievale co ' l classicismo rinato ; e le idee e le forme ne avean preso un atteggiamento nuovo . L ' assimilazione , se vuolsi , non fu tutta omogenea , e l ' atteggiamento non senza sforzo : ma la mutazione o , meglio , la trasformazione era avvenuta . Di che deesi per gran parte recar la cagione all ' avere la coltura classica acquistato sempre più del terreno : ma è anche vero che il popolo nel secolo XVI si ritrasse quasi volontario dell ' intervenir più come autore nel lavoro letterario . E di codesto ritrarsi altri potrebbe , con apparenza e forse con parte di verità , trovar la ragione nella caduta d ' ogni reggimento democratico , nel forzato spegnersi della vita pubblica e nella società artifiziata delle corti e delle academie da per tutto prevalsa . Sebbene è forse più vero che quello che nel nostro popolo , non nuovo e per ciò non intimamente poeta , vigeva d ' impulso creatore o modificatore , erasi omai rilassato . E di fatti pare che l ' avvenimento dell ' ottava , metro popolare e per ciò passato in silenzio dall ' autore del Vulgare Eloquio e dagli altri trattatisti del Trecento , al regno dell ' epopea classica segni l ' ultimo grado dell ' ascensione poetica del popolo italiano : come il suo sentimento soggettivo era evaporato compenetrando la parte più viva e calda della lirica del Duecento e del Quattrocento , del Cavalcanti e del Poliziano , così il sentimento oggettivo si era idealizzato , o stava idealizzandosi , ne ' poemi dell ' Ariosto e del Tasso : dopo di che , pago a contemplare e ad ammirare in quei poemi la sua trasformazione ideale , il popolo italiano non dié veramente più opera , né con inspirare le forme né con provvedere gli argomenti , al lavoro letterario nazionale . Nella lingua avvenne quasi lo stesso . Il primato della Toscana , la quale co ' l suo dialetto foggiato a idioma letterario rappresentava la tendenza popolare , scadde un tal poco nel Cinquecento ; ma le successe l ' Italia , e piemontesi e istriani e marchigiani e lombardi scrissero regolarmente e quasi ad un tipo solo . E primo introduttore del regolare italiano nel mezzogiorno fu un solenne poeta latino , il Sannazaro : e primo a fermare in regole pratiche la grammatica e a restituire il bell ' uso del Petrarca e del Boccaccio fu il Bembo , la cui maggiore opera è di prosa latina : tanto è vero che in questo fatto della unificazione e fermazion della lingua e della prosa è più veramente e specialmente da riconoscere il lavorío lungo lento instancabile della tradizione aulica e dotta . Già da principio Guittone nelle Lettere , Dante nel Convito , e in tutte le prose il Boccaccio , avevano inteso a cotesto , con l ' esempio del latino essi toscani ; e solo il molto uso del latino nel secolo XV riuscì a disciplinare le impazienze anarchiche delle regioni italiane : allo specchio del latino gli altri dialetti si raffrontarono col toscano , e il toscano si rassettò ; e in quel rassettamento , che fu concessione , venne accolto . Così nel secolo XVI il concetto del Vulgare Eloquio e di tutta la teorica di Dante era effettuato , e assommato l ' edifizio della letteratura nazionale . E pure cotesta classica unità letteraria , fatta bene ma con un po ' di sopraffazione e di frode , come del resto tutte le unità , lasciò in fine solo e malcontento il popolo . E questo , per quel tanto che gli era rimasto di vita , fece la secessione nel campo de ' dialetti . In fatti , la letteratura dei dialetti , ricchissima negli ultimi tre secoli e più originale , in molte parti , che non la nazionale , incomincia dal Cinquecento ; e in essa sopravvive l ' autonomia fantastica e artistica delle regioni . IV . Dopo ciò , chi si rechi a mente la contenenza della letteratura italiana nel Cinquecento , dovrà , se abbia osservato largamente e con quiete , ammirare tanta ricchezza e orginalità di prosa , tanta squisita eleganza di poesia . Prima del Cinquecento , per quanto grandi o felici esempi individuali possano arrecarsi e contrapporsi da ' due secoli anteriori , prima del Cinquecento resta pur sempre vero che l ' Italia non ebbe prosa stabile e formata ; e nel Cinquecento questo , per così dire , tipo nazionale di prosa lo ebbe . Non sarà quello che possa piacere a noi , non risponderà ai nostri gusti e bisogni ; ma allora fu vivo e vero e bello , fu quel che occorreva alla coltura e civiltà d ' allora : tanto è vero che francesi e spagnoli lo presero ad imitare . Né quella prosa era certamente , nella sua idealità tipica , tutta uniforme o improntata a uno stampo : quanta varietà più tosto e che diversità dal Machiavelli al Caro , dal Sannazaro al Firenzuola , dal Castiglione al Davanzati , dal Tasso al Cellini ! Minore per contrario nella moltitudine delle rime la varietà : ma negare la bontà estetica di non poche tra quelle poesie italiane e latine non potrebbe senza ingiustizia chi abbia conoscenza adeguata dell ' arte : per esempio , le Api del Rucellai e la Ninfa tiberina del Molza hanno la stessa ragion d ' essere che certi lavori d ' oreficeria del Cellini . Se non che tra tanta prosa e sì grave come mai tante rime e sì leggere ? Se il determinarsi della storia a genere letterario e la classificazione della prosa sono i segni più certi che l ' intendimento e il lavoro sociale dell ' epopea e della poesia universalmente sono finiti , come mai il Cinquecento , non pur ricchissimo di storie e quali storie ! , ma che tutti produsse e perfezionò i generi della prosa , come poté essere secolo poetico ? Poetico veramente non fu , fu artistico . Dante e il Boccaccio , il Boiardo e il Pulci , il Petrarca e il Poliziano erano passati ; e il popolo italiano era giunto alla maturità per mezzo ogni maniera di esperimenti , eravi giunto un po ' lasso e disilluso e tra tali circostanze che gli toglievano luogo e agio a rifarsi . Per ciò la maturità sua non fu consolata di memorie o speranze liete , non ebbe né Erodoto , né Platone né Demostene : ebbe la intuizione del reale nell ' universo e l ' idealismo dell ' arte nella vita . Tali furono le condizioni morali e le manifestazioni spirituali dell ' Italia al secolo XVI ; e in questa ella cercava riposo da quella , e ambedue erano il portato necessario dello svolgimento anteriore : e si addimostrarono più che altrove insigni nelle opere di Nicolò Machiavelli e di Ludovico Ariosto , nei quali pare che si raccolga e rifletta tutto ciò che sparsamente fu il pensiero e l ' arte italiana in quella età grande e triste . Negli scritti del Machiavelli risorge , senza pompa di toga e spacciatamente succinto , il genio romano , pratico , ordinatore , imperatorio , accresciuto della energia tumultuosa e della forte pazienza dei Comuni , avvalorato alla freddezza della contemplazione senza visioni dall ' accoramento del cittadino che vede fuor di speranza cadersi sotto gli occhi la patria e la repubblica . A misurar giusto l ' altezza del Principe , dei Discorsi su le Deche , dell ' Arte della guerra , delle Storie fiorentine , servono mirabilmente le tante commissioni e provvisioni e le legazioni e relazioni del gran segretario , dietro la cui scorta possiamo seguitarne i passi nella conoscenza dei fatti e delle persone dell ' Italia , dell ' Europa , del mondo . E l ' uom si spaventa a considerare come non v ' è cosa per piccola la quale non si faccia immensa sotto la osservazione di lui , che l ' abbraccia la compenetra la riempie di luce per ogni minutissima fibra : come non v ' è personaggio o avvenimento grande che sotto lo sguardo acuto freddo fisso di quell ' occhio nero e duro non rimpiccolisca . Come diventan meschini Massimiliano imperatore e Luigi re di Francia , e che importanza acquistano la guerra di Pisa e la ribellione d ' Arezzo ! E qual sublime e doloroso spettacolo quella grandezza inaudita d ' ingegno costretto a dibattersi impotente nell ' angustia dal difetto dei tempi ! Egli , con in sé la forza di un fatale institutore e legislator di repubbliche , dover vedere nel 1512 la ruina miserabile dell ' onesto governo di Pier Soderini , dover sentirsi interdetto il palazzo della Signoria dal misero governo del cardinal Giulio : egli , con in mente tutta la futura rivoluzione del pensiero europeo , andare commissario di questo governo al capitolo dei frati minori in Carpi , e riconoscere il sommo non della gratitudine o della stima ma dei favori della sua patria e del secolo nella provvisione con cui gli officiali dello Studio fiorentino , per volere del cardinale dei Medici , lo stipendiano , pe ' l termine di due anni e a cento fiorini di lire quattro per anno , a far più cose in loro servigio , e , tra le altre , gli annali e le cronache fiorentine ! E pure né lagni né dispetti , e né meno l ' ombra di una preoccupazione privata , risalivano a turbare l ' asciutta serenità di quell ' alta mente virile , quando , nei tristi ozii della villa di San Casciano , dopo ingaglioffatosi tutto il giorno giocando a tric trac e contendendo per un quattrino con beccai mugnai e fornaciai , il segretario rientrava la sera nel suo studio , e , spogliatasi quella vesta contadina tutta piena di fango e rivestitosi condecentemente di panni reali e curiali , ritornava a parlare con gli antichi uomini e a intrattenersi con loro da pari a pari , pascendosi di quel cibo che solo era suo e per il quale era nato . Ora in questo sentimento artistico di trattare e considerare la politica in sé e per sé senza riguardo a un fine immediato , in questo astrarre dalle apparenze parziali del presente transitorio per meglio impossessarsi del reale eterno e imminente e assoggettarselo , in questo a punto è la singolarità dell ' ingegno di Nicolò Machiavelli , ed in questo egli prende e rende gli spiriti e gl ' intendimenti tutti dell ' Italia del Cinquecento . Chi potrebbe senza ingiustizia negare al Commines e al De Thou qualità e virtù di osservatori e storici non comuni ? ma essi rimangono sempre incatenati al fatto presente ; l ' avvenimento giorno per giorno impaccia loro il passo e ne occupa e ritiene troppo gli sguardi , che non si stendono mai riposati su larga distesa . Nicolò Machiavelli in vece non è propriamente il politico del tempo suo : forse nel giudizio dei fatti e degli uomini di quel tempo , e certo nella larga rappresentazione della storia contemporanea e nel sapiente svolger dei fili che gli avvenimenti d ' Italia collegavano a quelli d ' Europa , gli va innanzi d ' assai Francesco Guicciardini , il più poderoso storico del rinascimento . Ancora : il Machiavelli non ebbe forse l ' attitudine e l ' abitudine storica ; e le sue Storie fiorentine sono per avventura più tosto un gran libro di dimostrazione e un ' eloquente opera politica , che non una storia vera , esatta , fedele , ordinata della città di Firenze ; che anzi , e per la scelta critica e per la intierezza della esposizione , lasciano a desiderare , e appariscono più che altro come la improvvisazione di un grand ' ingegno . Cha importa cotesto ? Il Machiavelli ha tre fasi e tre stili . Negli scritti d ' officio , il segretario fiorentino osserva , pensa e scrive , avvisato e arguto , spigliato e serrato , in farsetto ; è in somma fiorentino , come altri molti , salvo la maggior prestanza dell ' ingegno suo : nei lavori letterarii , eccetto la Mandragora e la Commedia in versi , è anch ' egli rotondo e ridondante e profuso e incerto , e somiglia un po ' troppo agli altri cinquecentisti della metà prima del secolo che avevano il gusto non ancora formato : nelle Storie tiene molto delle virtù fiorentine e qualcosa dei vizi retorici , e non poco de ' pregi e delle qualità sue proprie uniche e sole : pregi e qualità che risplendono nell ' Arte della guerra e specialmente nel Principe e nei Discorsi . In coteste opere lo stile è combattimento , combattimento a corpo a corpo della parola lucidissima col profondissimo pensiero ; e l ' alitare del combattente rileva a pena il tessuto sopraffino delle maglie sottilissime del periodo : e i colpi sono freddi , spessi , sicuri , e dati co ' l riposo solenne e leggiadro di schermidore maestro . Imperocché non bisogna credere che la conversazione serale del villeggiante di San Casciano fosse così idilliaca com ' egli ce la descrive nella mirabile lettera del 10 decembre 1513 , onde la ho riferita più sopra : non gli credete ch ' ei si rivestisse di panni reali e tanto men di curiali . Egli con la vesta contadina spogliavasi ogni vezzo , ogni affezione nazionale e cittadina , e nell ' atletica nudità muscolosa del suo pensiero lottava con tutte le apparizioni monumentali e gigantesche e mostruose del tempo antico e del nuovo , e se le abbatteva a ' piedi , e le cacciava dal campo della storia , per poi su quello disgombrato continuare la sua lotta fredda , accanita , anelante , col fenomeno informe del fatto politico . Da alcuni luoghi dei Discorsi su le Deche e dalle Storie apparrebbe che egli intendesse a dar documenti e instituzioni di repubblica ; dalla conchiusione del Principe , ch ' egli pensasse alla unificazione d ' Italia : e all ' Italia gitta qualche volta un grido di fiero amore , e volge gli occhi quasi in cerca di qualcheduno , sia un Borgia sia un Medici , che metta le mani nelle trecce alla sciagurata e la strappi alle voglie dei forestieri e dei preti , dell ' imperatore e del papa . Ma non lasciate illudervi al movimento passionato dell ' istante . Egli torna súbito e tutto freddo a studiare così la patria sua come la patria degli svizzeri e le altre patrie antiche e moderne , a dissolvere e ricomporre così monarchie come repubbliche , a discutere dittatori e profeti , re e numi . E stritolando sotto i suoi colpi il mondo eroico e il mondo sacro , e soffiando via con un alito il mondo artisticamente fattizio del rinascimento , prepara la rivoluzione e la informa alla pura energia del pensiero umano . Di Ludovico Ariosto non si può dire che preparasse o incominciasse un rivolgimento nella poesia ; perocché , mentre le opere del Machiavelli segnano il passaggio della conscienza e del pensiero della nazione italiana dalla concezione e produzione fantastica alla osservazione sperimentale e reale , la maggior poesia dell ' Ariosto è l ' ultimo fenomeno di quel primo stato , il frutto maturo di quella fervida estate : ma del resto , come per il Machiavelli la meditazione politica è fine a sé stessa , così per l ' Ariosto la poesia : egli è tra i poeti italiani quello che più veramente fece ciò che i moderni dicono l ' arte per l ' arte . Non che l ' Ariosto non sentisse i mali della patria e le brutture di quel mondo tra cui era sortito a vivere ; che anzi se ne compianse e se ne sdegnò più d ' una volta , e dié anche qualche crollo per iscuoter via dalle sue belle ali di fenice la polvere e il fango della corte e del secolo . Ma poi egli cercava e trovava per sé e apriva altrui un refugio nell ' arte . E l ' arte ei non trattò né come un simbolo né come un apologo né come la dimostrazione di una tesi : egli inventò per amore dell ' invenzione , tutto inteso a svolgere dilettosamente la sua facoltà creativa e a riprodurre moltiplicata la sua lieta e serena fantasia per mille aspetti e in mille forme , che empiessero a lui di sorrisi gl ' intervalli della vita , e di luce e di canto all ' Italia gl ' intermezzi del triste dramma storico che precipitava alla catastrofe . Egli fece quel che desiderava , quel che voleva e ispirava l ' Italia d ' allora : un ' opera da esser letta nelle sale del ducal palazzo d ' Urbino immenso e leggiadro , posto che avesse termine il Castiglione ai discorsi di gentilezza e d ' amore , tra i cerchi delle gentildonne presiedute dalla elegante e pensosa Elisabetta Gonzaga : un ' opera da esser letta nelle sale del castello di Ferrara o del palazzo di Belfiore , dopo alcuno dei pranzi inauditamente sfarzosi d ' Alfonso I , tra i cavalieri italiani e francesi concorsi ai tornei ed alle feste , arridente Lucrezia Borgia che sapea di latino e ammirante la giovinetta Renata di Francia : un ' opera da poter esser letta nelle sale di Roma o di Venezia , alle cui pareti ridesse o una Galatea affrescata da Raffaello o una Venere colorita da Tiziano , nel cui mezzo risplendesse un candelabro di Benvenuto e si contorcesse in un angolo un satiro di bronzo di Michelangelo ; sale che la sera potessero essere preparate per la recitazione della Calandra o della Mandragora o della Cassaria : un ' opera in fine da potere esser letta e cantata per le vie di Ferrara , su le piazze e i ponti di Roma e di Firenze , ne ' canali di Venezia , su ' l porto di Napoli , da un popolo abituato a spettacoli e pompe di cui eran parte imperatori e re e principi e cavalieri e soldati di tutte le lingue d ' Europa , francesi , spagnoli , tedeschi , fiamminghi ; da un popolo abituato a vedersi da un giorno all ' altro sorgere sotto gli occhi quei palazzi quelle chiese quelle piazze e fontane di stile e di ornato così originalmente classico così bizzaramente puro , a contemplare in quelle chiese in quei palazzi in quelle piazze tanta copia di statue e di bassorilievi e di quadri e di cose belle , che a ripensarci in questa gretta e gelida vita odierna , nella quale per riscaldarci leggiamo o inventiamo ciascuno a nostra posta un sistema estetico al giorno , paiono un giuoco di ridenti e prodighe fate : e tutto ciò in mezzo a rumore di guerre grosse e spicciolate , lente e furiose , lunghe , rinnovate , continue , che desolavano regioni intiere per lunghi anni , e oggi levavano di mezzo uno stato , domani un altro . Cotali circostanze , tra le quali fu maturato e compito l ' Orlando furioso , aiutano a intendere e a mostrare ciò che l ' opera sia . È la riproduzione della vista esterna , estetica e morale , d ' allora : è uno specchio in cui apparenze straordinarie , mobili , instabili , abbaglianti , ma senza fisionomia , s ' affacciano , s ' intrecciano , s ' inseguono , spariscono , rapide , improvvise , inconsulte : all ' Orlando furioso manca il nodo epico , come alla storia italiana del Cinquecento una ragione intima sua . Ma non perciò l ' opera è meno meravigliosa . L ' Ariosto , pur lavorandovi intorno con quella serietà che gli artisti grandi portano nelle cose dell ' arte , non ebbe l ' intendimento di fare un poema , un di quei poemi di composizione riflessa che pur tengono sì alto luogo nelle età secondarie di una letteratura : senza rendersene forse ragione , egli sentiva che la cavalleria , cosa rimorta , non poteva dar vita a un poema . Ma anche sottilizzò , e con poco adeguata conoscenza dell ' uomo e del tempo , chi sostenne ch ' e ' mirasse a una parodia de ' poemi cavallereschi , ch ' e ' fosse come il precursore del Cervantes . L ' Ariosto non ebbe secondi fini : egli intese di fare un romanzo da dilettare e meravigliare la generazione tra cui viveva . L ' epopea francese , che dovrebbe essere la materia sua , non gli è che mezzo : il Boiardo aveva empito della sua fama e dell ' infinito poema gli ultimi anni del secolo XV e abituato specialmente la corte e la città di Ferrara a quel genere : l ' Ariosto , che l ' aveva fin da giovinetto ammirato , maturo lo continuò : era il più comodo : Ferrara con i suoi antichissimi estensi non era omai la città epica e romanzesca ? Ma della leggenda epica francese il fondo è storico ; l ' anima , nazionale e cristiana ; la forma , popolare e primitiva come poteva nel medio evo : dalla parte loro gl ' italiani , che prima dell ' Ariosto avean preso a rifare tutto cotesto , avevan pure , secondo che eran borghesi o cavalieri , dato a quei loro poemi , di genere , per così dire , composito , le sembianze nazionali del tempo loro e del loro ordine . L ' Ariosto no ; egli , intimamente italiano nella pienezza armonica delle sue facoltà e nella determinatezza smagliante del colorito , nel soggetto e nei caratteri non è poi né italiano né francese : di storico non ha che le appendici estensi , di nazionale che qualche grido di dolore mandato quasi tra parentesi . L ' Italia si presentava per l ' ultima volta nella sua sembianza cosmopolitica e romana di capitale dell ' Europa ; e come avea dato al medio evo il maggior poeta cristiano in Dante , così diede al rinascimento il maggiore artista pagano nell ' Ariosto . Ed egli , come Michelangelo le statue bibliche , come Raffaello le Vergini , moltiplicava le sue fantasie di dame e cavalieri e amori per versar loro attorno tutti i tesori della divina arte plastica greca e romana . Direste che egli si compiacesse di veder tumultuare nel mondo fantastico da sé creato un popolo d ' imperatori e di re e di guerrieri e di donne e di giganti e di nani e di mostri e di spiriti e di maghi e di fate , per poi trarseli dietro ammaliati al suono dell ' orfica lira e attelati al suo carro infrenarli con le redini d ' oro dell ' Apollo ellenico . V . Così , mentre l ' apparizione del Machiavelli , e con lui dell ' osservazione esperimentale su ' l fatto umano , annunzia finita l ' età della poesia , come causa a un tempo ed effetto di una data civiltà , come lavoro a cui la nazione tutta coopera ; il poema dell ' Ariosto , nel quale la fantasia individuale licenziasi a un viaggio senza termine ed oggetto , viene a dire lo stesso . L ' arte per l ' arte è la fine della poesia popolare e nazionale o sociale che voglia dirsi : l ' arte per l ' arte gira e rigira sopra sé stessa , e anche nega e rinnega e oltraggia e distrugge , non sé veramente e il sentimento o lavoro individuale , ma il termine oggettivo della poesia . Ed ecco : al poema romanzesco prima assai che la dolorosa e alta satira del Cervantes e il lepido travestimento del Tassoni , tocca la parodia grossolana del Folengo e dell ' Aretino : le maccaronee sbizzarriscono a canto alle eleganze latine del Fracastoro e del Vida ; e un nuovo genere , il bernesco , si contrappone alla lirica . L ' Italia nel secolo XVI levò la poesia a idealismo artistico , e insieme , che è effetto assai comune dell ' idealizzare , la fissò , la cristallizzò . Pure le rimaneva ancora del movimento e dell ' azione : il Machiavelli e l ' Ariosto da due parti opposte venivano a riscontrarsi e toccarsi nella commedia ; e il fatto di uno storico e di un epico commediografi dà ragione , più assai che ogni lungo discorrere , di quel secolo e di quella letteratura . Ma in vece di buone commedie l ' Italia ebbe un altro poema , un poema eroico e religioso , la Gerusalemme liberata . L ' Europa latina pareva su quelle prime accettar con fervore il rinnovamento cattolico che la chiesa tentò opporre nel concilio tridentino alla riforma protestante ; tutta l ' Europa cristiana sentiva minacciata la sua civiltà dall ' impero ottomano : suonava ancora dai mari il fragore della battaglia di Lepanto , l ' ultima grande battaglia cristiana della quale tanta parte furono gl ' italiani , l ' ultimo còzzo glorioso tra l ' occidente e l ' oriente . Il tempo era opportuno , e il Tasso tale da poter sorgere poeta e del rinnovamento cattolico e della civiltà cristiana . Nessuna figura in fatti ha il Cinquecento così seria e gentile come quella di Torquato Tasso . Egli è l ' erede legittimo di Dante Alighieri : crede , e ragiona la sua fede per filosofia : ama , e comenta gli amori dottrinalmente : è artista , e scrive dialoghi di speculazioni scolastiche che vorrebbon essere platonici : innova , e teorizza . E , come Dante , ha sempre qualcosa da rimproverarsi nella conscienza sua di cattolico : al suo poema , pur essenzialmente religioso e cavalleresco , sovraintesse un ' allegoria spirituale e morale : a ogni modo teme sempre di averlo fatto soverchiamente profano , e lo rifà purificato : né anche del rifacimento si contenta , e finisce co ' l poema della creazione . Egli è il solo cristiano del nostro rinascimento : del quale per altro partecipa tanto , che il sensualismo nell ' opera sua si mescola al misticismo ; ed egli se ne addolora e pente , mentre il popolo se ne piace . Ma di questa duplicità dell ' essere suo ondeggiante tra il sensualismo e l ' idealismo tra il misticismo e l ' arte ; ma di questa discordia della vita a cui è condannato egli , cavaliere del medio evo , scolastico del secolo XIII , erede di Dante , smarrito in mezzo al rinascimento , tra l ' Ariosto e il Machiavelli , tra il Rabelais e il Cervantes ; di questa duplicità , di questa discordia egli porta innocente la pena , e se ne accora tanto che ne impazza . Il grido molle e straziante della elegia che pur tra gli accordi della tromba epica gli prorompe dal cuore mesto e voluttuoso lo annunzia il primo in tempo dei poeti moderni : il Tasso ha la malattia delle età di passaggio , dello Chateaubriand , del Byron , del Leopardi . E così in disaccordo com ' egli era co ' l tempo suo , poté raccogliere in sé gli estremi spiriti della cavalleria e della religione . E fu l ' ultima prova . Dopo lui , né la raffermatasi autorità ecclesiastica né la tradizione monarchica cominciata coll ' impianto di una gran dinastia straniera al mezzogiorno e al settentrione poterono o eccitare o ravvivare più oltre fra noi il movimento cavalleresco e il religioso . E quello andava oscuramente a finire nei cavalieri serventi ; e questo , aduggiato dalla triste ombra del gesuitismo , degenerò dai santi popolari , la cui serie si chiude con Filippo Neri , nell ' egoismo ascetico di Luigi Gonzaga , e dalle grandi leggende del medio evo nell ' eroicomica scimunitaggine del padre Ceva De puero Jesu . Del resto , terminata l ' età del sentimento e della fantasia ed esaurito anche l ' idealismo artistico , con quale azione e a qual punto l ' Italia libera del suo svolgimento avrebbe potuto seguitare ad espandersi nella riflessione nell ' osservazione nell ' indagine del pensiero , e a quali effetti avrebbe portato il suo lavoro di trecento anni , e come ne fosse impedita , lo dicano il Telesio , il Bruno , il Vanini . Ma oramai dopo la pace di Castel Cambrésis e il concilio di Trento al Machiavelli non poteva succedere altri che il Galileo . Il cielo rimaneva libero , e non senza pericolo : con men di pericolo i sepolcri . Notevole in fatti su lo scorcio del secolo XVI apparisce la trasformazione della storia ; la quale di particolare tende a farsi generale , di politica o patriottica diviene erudita e critica . L ' Italia , non potendo altro , sfoga il bisogno del dubbio , dell ' investigazione e della disamina intorno la materia dei fatti ; e dopo i Discorsi su le Deche e le Istorie fiorentine produce i Trattati su ' l diritto romano e la Storia del regno d ' Italia di Carlo Sigonio , che aprono insignemente all ' Europa l ' età critica degli studi su l ' antichità e su ' l medio evo . Nulla doveva mancare a quella nostra universal letteratura del Cinquecento . Ma intanto la poesia e l ' arte emigravano alle altre genti latine , alle giovini e vittoriose nazioni di Spagna e di Francia : nella prima delle quali il principio religioso e nella seconda il cavalleresco o feudale doveano fare la miglior prova d ' una letteratura cattolica e monarchica . E così in Spagna e in Francia , come in Inghilterra che a punto allora presentava i primi frutti dell ' ingegno germanico maturatosi nella riforma , la gloria maggiore della nuova letteratura fu il dramma . L ' Europa in fatti era giunta a quel secondo stadio storico , nel quale il dramma è la vera estrinsecazione artistica di un popolo , che , passato per una gran prova , si sente essere nel rigoglio delle sue forze e nella pienezza della vita , ha in fine la conscienza di nazione co ' l sentimento o il presentimento della civiltà che gli conviene , non importa poi sotto qual reggimento o con quali forme politiche . Ora l ' Italia , non per colpa sua , ma per la necessità storica dello svolgersi di altre genti con idee di stato altre da quelle tra le quali ella aveva esercitato la sua operosità civile , l ' Italia sopraffatta e spostata non aveva più né quel senso del presente né quel presentimento fiducioso . E però non ebbe un teatro , quale i primi esperimenti e massime quel del Machiavelli parevano imprometterle . Ebbe per altro due opere drammatiche originali e sue , che dopo la Gerusalemme furono anche le due opere più insigni dello scorcio del secolo ; l ' Aminta e il Pastor fido : originali e sue veramente , come quelle che sono la miglior dimostrazione estetica dell ' idealismo artistino italiano del Cinquecento applicato al dramma ; e l ' Aminta per la finitezza determinata pare far riscontro alla Gerusalemme e il Pastor fido per la florida e bizzarra varietà all ' Orlando . E voglionsi ricordare , non tanto perché al meno nelle forme offersero quelle opere il passaggio dall ' idealismo del Cinquecento alla maniera dell ' Arcadia , quanto perché il dramma pastorale e mitologico fu la materia propria della musica . La poesia italiana nel suo progressivo idealizzarsi andò sempre più estenuandosi : a poco a poco non più invenzione né movimento né azione , non più caratteri né passioni , non più stile né forme : ma colori e parole e suoni che simulavano lusinghieramente la vita ; sin che la poesia evaporò , e fu la musica : la musica , sola arte che all ' Italia rimanesse dopo il secolo XVI , e sola sua gloria per troppo tempo di poi . La sua grande letteratura , la letteratura viva , nazionale a un tempo ed umana , con la quale ella conciliò l ' antichità e il medio evo e rappresentò romanamente l ' Europa innovata , finì co ' l Tasso . VI . Spettacolo che altri potrà dir vergognoso e che a me apparisce pieno di sacra pietà , cotesto di un popolo di filosofi di poeti di artisti , che in mezzo ai soldati stranieri d ' ogni parte irrompenti séguita accorato e sicuro l ' opera sua di civiltà . Crosciano sotto le artiglierie di tutte le genti le mura che pur videro tante fughe di barbari : guizza la fiamma intorno ai monumenti dell ' antichità , e son messe a ruba le case paterne : la solitudine delle guaste campagne è piena di cadaveri : e pure le tele e le pareti non risero mai di più allegri colori , non mai lo scalpello disascose dal marmo più terribili fantasie e forme più pure , non mai più allegre selve di colonne sorsero a proteggere ozii e sollazzi e pensamenti che oramai venivano meno ; e il canto de ' poeti supera il triste squillo delle trombe , straniere , e i torchi di Venezia di Firenze di Roma stridono all ' opera d ' illuminare il mondo . Non è codardia : perocché , dove fu popolo , ivi fu ancora resistenza e pugna gloriosa . E né pure è spensieratezza . Oh quanta mestizia nel dolce viso di Raffaello , che cipiglio corruccioso in quel del Buonarroti e quanta pena nelle figure del Machiavelli e del Guicciardini ! l ' Ariosto sorride , ma come triste ! fino il Berni si adira . Perché oltraggiare quei grandi intelletti del Cinquecento ? non vediamo noi l ' arcano dolore , il fastidio fatale che da ogni parte gl ' investe ? Sempre grande il sacrifizio ; ma , quando sia una nazione che si sacrifichi , è cosa divina : e l ' Italia sacrificò sé all ' avvenire degli altri popoli . Cara e santa patria ! ella ricreò il mondo intellettuale degli antichi , ella diè la forma dell ' arte al mondo tumultuante e selvaggio del medio evo , ella aprì alle menti un mondo superiore di libertà e di ragione ; e di tutto fe ' dono all ' Europa : poi avvolta nel suo manto sopportò con la decenza d ' Ifigenia i colpi dell ' Europa . Così finiva l ' Italia .
COSTANTINOPOLI ( DE_AMICIS EDMONDO , 1878 )
Saggistica ,
AI MIEI CARI AMICI DI PERA ENRICO SANTORO GIOVANNI ROSSASCO E FAUSTO ALBERI Amigos , es este mi último libro de viaje ; desde adelante no escucharé mas que las inspiraciones del corazón . Luis de Guevara , Viaje en Egypto . L ' ARRIVO L ' emozione che provai entrando in Costantinopoli mi fece quasi dimenticare tutto quello che vidi in dieci giorni di navigazione dallo stretto di Messina all ' imboccatura del Bosforo . Il mar Jonio azzurro e immobile come un lago , i monti lontani della Morea tinti di rosa dai primi raggi del sole , l ' Arcipelago dorato dal tramonto , le rovine d ' Atene , il golfo di Salonicco , Lemno , Tenedo , i Dardanelli , e molti personaggi e casi che mi divertirono durante il viaggio , si sbiadirono per modo nella mente , dopo visto il Corno d ' oro , che se ora li volessi descrivere , dovrei lavorare più d ' immaginazione che di memoria . Perché la prima pagina del mio libro m ' esca viva e calda dall ' anima , debbo cominciare dall ' ultima notte del viaggio , in mezzo al mare di Marmara , nel punto che il capitano del bastimento s ' avvicinò a me e al mio amico Yunk , e mettendoci le mani sulle spalle , disse col suo schietto accento palermitano : - Signori ! Domattina all ' alba vedremo i primi minareti di Stambul . Ah ! ella sorride , mio buon lettore , pieno di quattrini e di noia ; ella che , anni sono , quando le saltò il ticchio d ' andare a Costantinopoli , in ventiquattr ' ore rifornì la borsa e fece le valigie , e partì tranquillamente come per una gita in campagna , incerto fino all ' ultimo momento se non fosse meglio prendere invece la via di Baden - Baden ! Se il capitano del bastimento ha detto anche a lei : - Domani mattina vedremo Stambul - lei avrà risposto flemmaticamente : - Ne ho piacere . - Ma bisogna aver covato quel desiderio per dieci anni , aver passato molte sere d ' inverno guardando melanconicamente la carta d ' Oriente , essersi rinfocolata l ' immaginazione colla lettura di cento volumi , aver girato mezza l ' Europa soltanto per consolarsi di non poter vedere quell ' altra mezza , essere stati inchiodati un anno a tavolino con quell ' unico scopo , aver fatto mille piccoli sacrifizi , e conti su conti , e castelli su castelli , e battagliole in casa ; bisogna infine aver passato nove notti insonni sul mare , con quell ' immagine immensa e luminosa davanti agli occhi , felici tanto da provar quasi un sentimento di rimorso pensando alle persone care che si sono lasciate a casa ; e allora si capisce che cosa voglion dire quelle parole : - Domani all ' alba vedremo i primi minareti di Stambul ; - e invece di rispondere flemmaticamente : - ne ho piacere - si picchia un pugno formidabile sul parapetto del bastimento . Un gran piacere per me e per il mio amico era la profonda certezza che la nostra immensa aspettazione non sarebbe stata delusa . Su Costantinopoli infatti non ci son dubbi ; anche il viaggiatore più diffidente ci va sicuro del fatto suo ; nessuno ci ha mai provato un disinganno . E non c ' entra il fascino delle grandi memorie e la consuetudine dell ' ammirazione . È una bellezza universale e sovrana , dinanzi alla quale il poeta e l ' archeologo , l ' ambasciatore e il negoziante , la principessa e il marinaio , il figlio del settentrione e il figlio del mezzogiorno , tutti hanno messo un grido di maraviglia . È il più bel luogo della terra a giudizio di tutta la terra . Gli scrittori di viaggi , arrivati là , perdono il capo . Il Perthusier balbetta , il Tournefort dice che la lingua umana è impotente , il Pouqueville crede d ' esser rapito in un altro mondo , il La Croix è innebriato , il visconte di Marcellus rimane estatico , il Lamartine ringrazia Iddio , il Gautier dubita della realtà di quello che vede ; e tutti accumulano immagini sopra immagini , fanno scintillare lo stile e si tormentano invano per trovare un ' espressione che non riesca miseramente al disotto del proprio pensiero . Il solo Chateaubriand descrive la sua entrata in Costantinopoli con un ' apparenza di tranquillità d ' animo che reca stupore ; ma non tralascia di dire che è il più bello spettacolo dell ' universo ; e se la celebre Lady Montague , pronunziando la stessa sentenza , ci premette un forse , è da credersi che l ' abbia fatto per lasciare tacitamente il primo posto alla propria bellezza , della quale si dava molto pensiero . C ' è persino un freddo tedesco il quale dice che le più belle illusioni della gioventù e i sogni stessi del primo amore sono pallide immagini in confronto del senso di dolcezza che invade l ' anima alla vista di quei luoghi fatati ; e un dotto francese afferma che la prima impressione che fa Costantinopoli è lo spavento . Immagini chi legge il ribollimento che dovevano produrre tutte queste parole di foco , cento volte ripetute , nel cervello d ' un bravo pittore di ventiquattr ' anni , e in quello d ' un cattivo poeta di vent ' otto ! Ma nemmeno queste lodi illustri di Costantinopoli ci bastavano , e cercavamo le testimonianze dei marinai . E anch ' essi , povera gente rozza , per dare un ' idea di quella bellezza , sentivano il bisogno d ' esprimersi con qualche similitudine o parola straordinaria , e la cercavano volgendo gli occhi qua e là e stropicciando le dita , e facevano dei tentativi di descrizione con quel suono di voce che par che venga di lontano e quei gesti larghi e lenti con cui la gente del popolo esprime la meraviglia quando non le bastano le parole . - Entrare con una bella mattinata in Costantinopoli - , ci disse il capo dei timonieri - , credete a me , signori : è un bel momento nella vita d ' un uomo . Anche il tempo ci sorrideva ; era una notte serena e tepida ; il mare accarezzava con un mormorìo leggerissimo i fianchi del bastimento ; gli alberi e i più minuti cordami si disegnavano netti ed immobili sul cielo coperto di stelle ; non pareva nemmeno che si navigasse . A prora v ' era una folla di turchi sdraiati che fumavano beatamente il loro narghilè col viso rivolto alla luna , la quale faceva un contorno d ' argento ai loro turbanti bianchi ; a poppa un visibilio di gente d ' ogni paese , fra cui una compagnia famelica di commedianti greci che s ' erano imbarcati al Pireo . Vedo ancora , in mezzo a una nidiata di bambine russe che vanno a Odessa colla madre , il visetto della piccola Olga , tutta meravigliata ch ' io non capisca la sua lingua e indispettita d ' avermi fatto tre volte la medesima domanda senza ottenere una risposta intelligibile . Ho da una parte un grosso e sucido prete greco , col cappello a staio rovesciato , che cerca col canocchiale l ' arcipelago di Marmara ; dall ' altra un ministro evangelico inglese , rigido e freddo come una statua , che in tre giorni non ha ancora detto una parola nè guardato in faccia anima viva ; davanti , due belle signorine ateniesi colla berrettina rossa e le treccie giù per le spalle , che appena uno le guarda , si voltano tutte due insieme verso il mare per farsi vedere di profilo ; un po ' più in là un negoziante armeno che fa scorrere tra le dita le pallottoline del rosario orientale , un gruppo d ' ebrei vestiti del costume antico , degli albanesi colle sottanine bianche , un ' istitutrice francese che fa la malinconica , qualcuno di quei soliti viaggiatori di nessuna tinta , che non si capisce di che paese siano nè che mestiere facciano ; e in mezzo a questa gente , una piccola famiglia turca composta d ' un babbo in fez , d ' una mamma velata e di due bambine coi calzoncini , tutti e quattro accovacciati sotto una tenda , a traverso un mucchio di materasse e di cuscinetti variopinti , in mezzo a una corona di carabattole d ' ogni forma e d ' ogni colore . Come si sentiva la vicinanza di Costantinopoli ! C ' era una vivacità insolita . Quasi tutti i visi che s ' intravvedevano al lume delle lanterne , erano visi allegri . Le bambine russe saltellavano intorno alla madre gridando l ' antico nome russo di Stambul : - Zavegorod ! Zavegorod ! - Passando accanto ai crocchi , si udivano qua e là i nomi di Galata , di Pera , di Scutari , di Bujukderé , di Terapia , che luccicavano alla mia fantasia come le prime scintille d ' un grande foco d ' artifizio sul punto d ' accendersi . Anche i marinai erano contenti d ' avvicinarsi a quel luogo dove , com ' essi dicevano , si dimenticano almeno per un ' ora tutte le noie della vita . Persino a prora , in mezzo a quel biancume di turbanti , c ' era un movimento straordinario : anche quei mussulmani pigri e impassibili vedevano già cogli occhi della immaginazione ondulare all ' orizzonte i fantastici contorni di Ummelunià , la madre del mondo , " la città " , come dice il Corano , " di cui un lato guarda la terra e due guardano il mare . " Pareva che il bastimento , anche senza la forza motrice del vapore , avrebbe dovuto andare innanzi da sè , spinto dall ' impeto dei desiderii e delle impazienze che fremevano sulle sue tavole . Di tratto in tratto mi appoggiavo al parapetto per guardare in mare , e mi pareva che cento voci confuse mi parlassero col mormorìo delle acque . Erano tutte le persone che mi amano , che dicevano : Va , va , figliuolo , fratello , amico , va ; va a goderti la tua Costantinopoli ; te la sei guadagnata , sii felice , e Dio t ' accompagni . Soltanto verso la mezzanotte i viaggiatori cominciarono a scendere sotto coperta . Il mio amico ed io scendemmo gli ultimi e a passo di formica , perché ci ripugnava d ' andare a chiudere fra quattro pareti un ' allegrezza a cui pareva angusto il circuito della Propontide . Quando fummo a metà della scaletta sentimmo la voce del capitano che c ' invitava a salire la mattina seguente sul ponte riserbato al comando . - Siano su prima del levar del sole , - gridò affacciandosi alla botola - ; faccio buttare in mare chi ritarda . Una minaccia più superflua non è mai stata fatta dopo che mondo è mondo . Io non chiusi occhio . Credo che il giovane Maometto II , in quella famosa notte di Adrianopoli , in cui disfece il letto a furia di voltarsi e di rivoltarsi , agitato dalla visione della città di Costantino , non abbia fatto tanti rivoltoloni quanti ne feci io nella mia cuccetta in quelle quattr ' ore d ' aspettazione . Per dominare i miei nervi , provai a contare fino a mille , a tener l ' occhio fisso sulle ghirlande bianche che l ' acqua rotta dal bastimento sollevava intorno all ' occhio del mio camerino , a canterellare delle ariette cadenzate sul rumore monotono della macchina a vapore ; ma era inutile . Avevo la febbre , mi sentivo mancare il respiro e la notte mi pareva eterna . Appena vidi un barlume di giorno , saltai giù ; Yunk era già in piedi ; ci vestimmo in furia , e salimmo in tre salti sopra coperta . Maledizione ! C ' era la nebbia . Una nebbia fitta copriva l ' orizzonte da tutte le parti ; pareva imminente la pioggia ; il grande spettacolo dell ' entrata in Costantinopoli era perduto ; il nostro più ardente desiderio , deluso ; il viaggio in una parola , sciupato ! Io rimasi annichilito . In quel punto comparve il capitano col suo solito sorrisetto sulle labbra . Non ci fu bisogno di parlare ; appena ci vide , capì , e battendoci una mano sulla spalla , disse in tuono di consolazione : - Niente , niente . Non si sgomentino , signori . Benedicano anzi questa nebbia . In grazia della nebbia loro faranno la più bella entrata in Costantinopoli che abbiano mai potuto desiderare . Fra due ore avremo un sereno meraviglioso . Riposino sulla mia parola . Mi sentii tornare la vita . Salimmo sul ponte del Comando . A prora tutti i turchi erano già seduti a gambe incrociate sui loro tappeti , col viso rivolto verso Costantinopoli . In pochi minuti tutti gli altri viaggiatori usciron fuori , armati di canocchiali d ' ogni forma , e si appoggiarono , stesi in una lunga fila , al parapetto di sinistra , come alla balaustrata d ' una galleria di teatro . Tirava un ' arietta fresca ; nessuno parlava . Tutti gli occhi e tutti i canocchiali si rivolsero a poco a poco verso la riva settentrionale del mare di Marmara . Ma non si vedeva ancor nulla . La nebbia però non formava che una fascia biancastra all ' orizzonte , sopra la quale splendeva il cielo sereno e dorato . Diritto dinanzi a noi , nella direzione della prora , appariva confusamente il piccolo arcipelago delle nove Isole dei Principi , le Demonesi degli antichi , luogo di piaceri della Corte al tempo del Basso Impero , ed ora luogo di ritrovo e di festa degli abitanti di Costantinopoli . Le due rive del mar di Marmara erano ancora completamente nascoste . Soltanto dopo un ' ora che s ' era sul ponte si vide ... Ma è impossibile intender bene la descrizione dell ' entrata in Costantinopoli , se non si ha chiara nella mente la configurazione della città . Supponga il lettore d ' aver davanti a sè l ' imboccatura del Bosforo , il braccio di mare che separa l ' Asia dall ' Europa e congiunge il mar di Marmara col mar Nero . Stando così s ' ha la riva asiatica a destra e la riva europea a sinistra ; di qui l ' antica Tracia , di là l ' antica Anatolia . Andando innanzi , infilando cioè il braccio di mare , si trova a sinistra , appena oltrepassata l ' imboccatura , un golfo , una rada strettissima , la quale forma col Bosforo un angolo quasi retto , e si sprofonda per parecchie miglia nella terra europea , incurvandosi a modo di un corno di bue ; donde il nome di Corno d ' oro , ossia corno dell ' abbondanza , perché v ' affluivano , quand ' era porto di Bisanzio , le ricchezze di tre continenti . Nell ' angolo di terra europea , che da una parte è bagnato dal mar di Marmara e dall ' altra dal Corno d ' oro , dov ' era l ' antica Bisanzio , s ' innalza , sopra sette colline , Stambul , la città turca . Nell ' altro angolo , bagnato dal Corno d ' oro e dal Bosforo , s ' innalzano Galata e Pera , le città franche . In faccia all ' apertura del Corno d ' oro , sopra le colline della riva asiatica , sorge la città di Scutari . Quella dunque , che si chiama Costantinopoli , è formata da tre grandi città divise dal mare , ma poste l ' una in faccia all ' altra , e la terza in faccia alle due prime , e tanto vicine tra loro , che da ciascuna delle tre rive si vedono distintamente gli edifizii delle altre due , presso a poco come da una parte all ' altra della Senna e del Tamigi nei punti dove sono più larghi a Parigi e a Londra . La punta del triangolo su cui s ' innalza Stambul , ritorta verso il Corno d ' oro , è quel famoso Capo del Serraglio , il quale nasconde fino all ' ultimo momento , agli occhi di chi viene dal mar di Marmara , la vista delle due rive del Corno , ossia la parte più grande e più bella di Costantinopoli . Fu il Capitano del bastimento , che col suo occhio di marinaio scoperse per il primo il primo barlume di Stambul . Le due signore ateniesi , la famiglia russa , il ministro inglese , Yunk , io ed altri , che andavamo tutti a Costantinopoli per la prima volta , stavamo intorno a lui stretti in un gruppo , silenziosi , stancandoci gli occhi inutilmente sopra la nebbia , quand ' egli stese il braccio a sinistra , verso la riva europea , e gridò : - Signori , ecco il primo spiraglio . Era un punto bianco , la sommità d ' un minareto altissimo , di cui la parte di sotto rimaneva ancora nascosta . Tutti vi appuntarono su i canocchiali e si misero a frugare cogli occhi in quel piccolo squarcio della nebbia come per farlo più largo . Il bastimento filava rapidamente . Dopo pochi minuti si vide accanto al minareto una macchia incerta , poi due , poi tre , poi molte che a poco a poco prendevano il contorno di case , e la fila s ' allungava , s ' allungava . Dinanzi a noi e sulla nostra destra , tutto era ancora coperto dalla nebbia . Quella che s ' andava scoprendo allora , era la parte di Stambul che s ' allunga , formando un arco di circa quattro miglia italiane , sulla riva settentrionale del mar di Marmara , fra il Capo del Serraglio e il Castello delle Sette Torri . Ma tutta la collina del Serraglio era ancora velata . Dietro le case spuntavano l ' un dopo l ' altro i minareti , altissimi e bianchi , e le loro sommità , illuminate dal sole , erano color di rosa . Sotto le case cominciavano a scoprirsi le vecchie mura merlate , di color fosco , rafforzate , a distanze eguali , da grosse torri , che formano intorno a tutta la città una cintura non interrotta , contro la quale si rompono le onde del mare . In poco tempo rimase scoperto un tratto di città lungo due miglia ; ma , dico il vero , lo spettacolo non corrispondeva alla mia aspettazione . Eravamo nel punto in cui il Lamartine domandò a sè stesso : - È questa Costantinopoli ? - e gridò : - Che delusione ! - Le colline erano ancora nascoste , non si vedeva che la riva , le case formavano una sola fila lunghissima , la città pareva tutta piana . - Capitano ! - esclamai anch ' io - ; è questa Costantinopoli ? - Il capitano m ' afferrò per un braccio , e accennando colla mano dinanzi a sè : - Uomo di poca fede ! - gridò - ; guardi lassù . - Guardai ! e mi fuggì un ' esclamazione di stupore . Un ' ombra enorme , una mole altissima e leggiera , ancora coperta da un velo vaporoso , si sollevava al cielo dalla sommità d ' un ' altura , e rotondeggiava gloriosamente nell ' aria , in mezzo a quattro minareti smisurati e snelli , di cui le punte inargentate scintillavano ai primi raggi del sole . - Santa Sofia ! - gridò un marinaio ; e una delle due signore ateniesi disse a bassa voce : - Hagia Sofia ! ( La santa sapienza ) . I turchi a prora s ' alzarono in piedi . Ma già dinanzi e accanto alla grande basilica , si sbozzavano a traverso la nebbia altre cupole enormi , e minareti fitti e confusi come una foresta di gigantesche palme senza rami - La moschea del Sultano Ahmed ! - gridava il capitano , accennando - ; la moschea di Bajazet , la moschea d ' Osman , la moschea di Laleli , la moschea di Solimano . Ma nessuno lo sentiva più . Il velo si squarciava rapidamente , e da ogni parte balzavan fuori moschee , torri , mucchi di verzura , case su case ; e più andavamo innanzi , più la città s ' alzava e mostrava più distinti i suoi grandi contorni rotti , capricciosi , bianchi , verdi , rosati , scintillanti ; e la collina del serraglio disegnava già intera la sua forma gentile sopra il fondo grigio della nebbia lontana . Quattro miglia di città , tutta la parte di Stambul che guarda il mare di Marmara , si stendeva dinanzi a noi , e le sue mura fosche e le sue case di mille colori si riflettevano nell ' acqua terse e nitide come in uno specchio . A un tratto il bastimento si fermò . Tutti s ' affollarono intorno al capitano domandando perchè . Egli ci spiegò che per andare innanzi bisognava aspettare che svanisse la nebbia . La nebbia infatti nascondeva ancora l ' imboccatura del Bosforo come una fitta cortina . Ma dopo meno d ' un minuto , si poté proseguire , andando però cautissimamente . Ci avvicinavamo alla collina dell ' antico serraglio . Qui la curiosità mia e di tutti diventò febbrile . - Si volti in là - , mi disse il capitano - e aspetti a guardare quando tutta la collina ci sia davanti . Mi voltai e fissai gli occhi sopra uno sgabello che mi pareva che ballasse . - Eccoci ! - esclamò il Capitano dopo qualche momento . Mi voltai . Il bastimento s ' era fermato . Eravamo in faccia alla collina , vicinissimi . È una grande collina tutta vestita di cipressi , di terebinti , d ' abeti e di platani giganteschi , che spingono i rami fuori delle mura merlate fino a far ombra sul mare ; e in mezzo a questo mucchio di verzura s ' alzano disordinatamente , separati e a gruppi , come sparsi a caso , cime di chioschi , padiglioncini coronati di gallerie , cupolette inargentate , piccoli edifizii di forme gentili e strane , colle finestre ingraticolate e le porte a rabeschi ; tutto bianco , piccino , mezzo nascosto , che lascia indovinare un labirinto di giardini , di corridoi , di cortili , di recessi ; un ' intera città chiusa in un bosco ; separata dal mondo , piena di mistero e di tristezza . In quel momento vi batteva su il sole , ma la ricopriva ancora un velo leggerissimo . Non vi si vedeva nessuno , non vi si sentiva il più leggiero rumore . Tutti i viaggiatori stavano là cogli occhi fissi su quel colle coronato dalle memorie di quattro secoli di gloria , di piaceri , d ' amori , di congiure e di sangue ; reggia , cittadella e tomba della grande monarchia ottomana ; e nessuno parlava , nessuno si moveva . Quando a un tratto il secondo del bastimento gridò : - Signori , si vede Scutari ! Ci voltammo tutti verso la riva asiatica . Scutari , la Città d ' oro , era là sparsa a perdita d ' occhi sulle sommità e per i fianchi delle sue grandi colline , velata dai vapori luminosi del mattino , ridente , fresca come una città sorta allora al tocco d ' una verga fatata . Chi può descrivere quello spettacolo ? Il linguaggio con cui descriviamo le città nostre non serve a dare una idea di quella immensa varietà di colori e di prospetti , di quella meravigliosa confusione di città e di paesaggio , di gaio e d ' austero , d ' europeo , d ' orientale , di bizzarro , di gentile , di grande ! S ' immagini una città composta di diecimila villette gialle e purpuree , e di diecimila giardini lussureggianti di verde , in mezzo a cui s ' alzano cento moschee candide come la neve ; di sopra , una foresta di cipressi enormi : il più grande cimitero dell ' Oriente ; alle estremità , smisurate caserme bianche , gruppi di case e di cipressi , villaggetti raccolti sui poggi , dietro ai quali ne spuntano altri mezzo nascosti fra la verzura ; e per tutto cime di minareti e sommità di cupole biancheggianti fino a mezzo il dorso d ' una montagna che chiude come una gran cortina l ' orizzonte ; una grande città sparpagliata in un immenso giardino , sopra una riva qui rotta da burroni a picco , vestiti di sicomori , là digradante in piani verdi , aperta in piccoli seni pieni d ' ombra e di fiori ; e lo specchio azzurro del Bosforo che riflette tutta questa bellezza . Mentre stavo guardando Scutari , il mio amico mi toccò col gomito per annunziarmi che aveva scoperto un ' altra città . E vidi infatti , voltandomi verso il mar di Marmara , sulla stessa riva asiatica , al di là di Scutari , una lunghissima fila di case , di moschee e di giardini dinanzi a cui era passato il bastimento , e che fino allora eran rimasti nascosti dalla nebbia . Col canocchiale si discernevano benissimo i caffè , i bazar , le case all ' europea , gli scali , i muri di cinta degli orti , le barchette sparse lungo la riva . Era Kadi - Kioi , il villaggio dei giudici , posto sulle rovine dell ' antica Calcedonia , già rivale di Bisanzio ; quella Calcedonia fondata seicento ottantacinque anni prima di Cristo dai Megaresi , ai quali fu dato dall ' oracolo di Delfo il soprannome di ciechi per avere scelto quel sito invece della riva opposta dove sorge Stambul . - E tre città - ci disse il Capitano - ; le contino sulle dita perché a momenti ne salteranno fuori delle altre . Il bastimento era sempre immobile fra Scutari e la collina del Serraglio . La nebbia nascondeva affatto il Bosforo da Scutari in là , e tutta Galata e tutta Pera che stavano dinanzi a noi . Ci passavano accanto dei barconi , dei vaporini , dei caicchi , dei piccoli legni a vela ; ma nessuno li guardava . Tutti gli occhi erano fissi sulla cortina grigia che copriva la città franca . Io fremevo d ' impazienza e di piacere . Ancora pochi momenti , e lo spettacolo meraviglioso , che strappa un grido dall ' anima ! Appena potevo tener fermo agli occhi il canocchiale , tanto mi tremava la mano . Il capitano mi guardava , pover ' uomo , e godeva della mia emozione , e fregandosi le mani esclamava : - Ci siamo ! ci siamo ! Finalmente incominciarono ad apparire dietro al velo prima delle macchie bianchiccie , poi il contorno vago d ' una grande altura , poi uno sparso e vivissimo luccichio di vetrate percosse dal sole , e infine Galata e Pera in piena luce , un monte , una miriade di casette di tutti i colori , le une sulle altre ; una città altissima coronata di minareti , di cupole e di cipressi ; sulla sommità i palazzi monumentali delle Ambasciate , e la gran torre di Galata ; ai piedi il vasto arsenale di Tophanè e una foresta di bastimenti ; e diradando sempre la nebbia , la città s ' allungava rapidamente dalla parte del Bosforo , e balzavano fuori borghi dietro borghi , distesi dall ' alto dei colli fino al mare , vasti , fitti , picchiettati di bianco dalle moschee ; file di bastimenti , piccoli porti , palazzi a fior d ' acqua , padiglioni , giardini , chioschi , boschetti ; e confusi nella nebbia lontana , altri borghi di cui si vedevano soltanto le sommità dorate dal sole ; uno sbarbaglio di colori , un rigoglio di verde , una fuga di vedute , una grandezza , una delizia , una grazia da far prorompere in esclamazioni insensate . Sul bastimento tutti erano a bocca aperta : viaggiatori , marinai , turchi , europei , bambini . Non si sentiva uno zitto . Non si sapeva più da che parte guardare . Avevamo da una parte Scutari e Kadi - Kioi ; dall ' altra la collina del Serraglio ; in faccia Galata , Pera , il Bosforo . Per vedere ogni cosa , bisognava girare sopra sè stessi ; e giravano , lanciando da tutte le parti degli sguardi fiammeggianti , e ridendo e gesticolando senza parlare , con un piacere che ci soffocava . Che bei momenti , Dio eterno ! Eppure il più grande e il più bello rimaneva da vedere . Noi eravamo ancora immobili al di qua della punta del Serraglio ; senza oltrepassare la quale non si può vedere il Corno d ' oro , e la più meravigliosa veduta di Costantinopoli è sul Corno d ' oro . - Signori , stiano attenti - esclamò il capitano prima di dar l ' ordine d ' andare avanti ; - ora viene il momento critico . In tre minuti siamo in faccia a Costantinopoli ! Provai un senso di freddo . Si aspettò qualche altro momento . Ah ! come mi saltava il cuore ! Con che febbre nell ' anima aspettavo quella benedetta parola : - Avanti ! - Avanti ! - gridò il capitano . Il bastimento si mosse . Andiamo ! Re , principi , Cresi , potenti e fortunati della terra , in quel momento io ebbi compassione di voi ; il mio posto sul bastimento valeva tutti i vostri tesori , e non avrei venduto un mio sguardo per un impero . Un minuto - un altro minuto - si passa la punta del Serraglio - intravvedo un enorme spazio pieno di luce e un ' immensità di cose e di colori - la punta è passata ... Ecco Costantinopoli ! Costantinopoli sterminata , superba , sublime ! Gloria alla creazione ed all ' uomo ! Io non avevo sognato questa bellezza ! Ed ora descrivi , miserabile ! profana colla tua parola questa visione divina ! Chi osa descrivere Costantinopoli ? Chateaubriand , Lamartine , Gautier , che cosa avete balbettato ? Eppure le immagini e le parole s ' affollano alla mente e fuggono dalla penna . Vedo , parlo , scrivo , tutto ad un tempo , senza speranza , ma con una voluttà che m ' innebria . Vediamo dunque . Il Corno d ' oro , diritto dinanzi a noi , come un largo fiume ; e sulle due rive , due catene d ' alture su cui s ' innalzano e s ' allungano due catene parallele di città , che abbracciano otto miglia di colli , di vallette , di seni , di promontorii ; cento anfiteatri di monumenti e di giardini ; una doppia immensa gradinata di case , di moschee , di bazar , di serragli , di bagni , di chioschi , svariati di colori infiniti ; in mezzo ai quali migliaia di minareti dalla punta lucente s ' alzano al cielo come smisurate colonne d ' avorio ; e sporgono boschi di cipressi che discendono in striscie cupe dalle alture al mare , inghirlandando sobborghi e forti ; e una possente vegetazione sparsa si rizza e ribocca da ogni parte , impennacchia le cime , serpeggia fra i tetti e si curva sulle sponde . A destra , Galata con dinanzi una selva di antenne e di bandiere ; sopra Galata , Pera che disegna sul cielo i possenti contorni dei suoi palazzi europei ; dinanzi , un ponte che unisce le due rive , corso da due opposte folle variopinte ; a sinistra , Stambul , distesa sulle sue larghe colline , ognuna delle quali sorregge una moschea gigantesca dalla cupola di piombo e dalle guglie d ' oro : Santa Sofia , bianca e rosata ; Sultano Ahmed , fiancheggiata da sei minareti ; Solimano il Grande , coronata di dieci cupole ; Sultana Validè , che si specchia nelle acque ; sulla quarta collina , la moschea di Maometto II ; sulla quinta , la moschea di Selim ; sulla sesta , il serraglio di Tekyr ; e al disopra di tutte le altezze , la torre bianca del Seraschiere che domina le rive dei due continenti dai Dardanelli al mar Nero . Di là dalla sesta collina di Stambul e di là da Galata non si vedono più che profili vaghi , punte di città e di sobborghi , scorci di porti , di flotte e di boschi , quasi svaniti in una atmosfera azzurrina , che non paiono più cose reali , ma inganni dell ' aria e della luce . Come afferrare i particolari di questo quadro prodigioso ? Lo sguardo si fissa per qualche momento sulle rive vicine , sopra una casetta turca o sopra un minareto dorato ; ma subito si rilancia in quella profondità luminosa e spazia a caso fra quelle due fughe di città fantastiche , seguito a stento dalla mente sbalordita . Una maestà infinitamente serena è diffusa su tutta quella bellezza : un non so che di giovanile e d ' amoroso , che risveglia mille rimembranze di racconti di fate e di sogni primaverili ; un che d ' aereo , d ' arcano e di grande , che rapisce la fantasia fuori del vero . Il cielo , sfumato a finissime tinte opaline ed argentee , contorna con una nettezza meravigliosa tutte le cose ; il mare , color di zaffiro , tutto picchiettato di gavitelli porporini , fa tremolare i lunghi riflessi bianchi dei minareti ; le cupole scintillano ; tutta quella immensa vegetazione s ' agita e freme all ' aria della mattina ; nuvoli di colombi svolazzano intorno alle moschee ; migliaia di caicchi dipinti e dorati guizzano sulle acque ; il venticello del Mar Nero porta i profumi di dieci miglia di giardini ; e quando inebriati da questo paradiso , e già dimentichi d ' ogni altra cosa , ci si volta indietro , si vede con un sentimento nuovo di meraviglia la riva dell ' Asia che chiude il panorama colla bellezza pomposa di Scutari e colle cime nevose dell ' Olimpo di Bitinia ; il mar di Marmara sparso d ' isolette e biancheggiante di vele ; e il Bosforo coperto di navi , che serpeggia fra due file interminabili di chioschi , di palazzi e di ville , e si perde misteriosamente in mezzo alle più ridenti colline dell ' Oriente . Ah sì ! Questo è il più bello spettacolo della terra ; chi lo nega è ingrato a Dio e ingiuria la creazione ; una più grande bellezza soverchierebbe i sensi dell ' uomo ! Passata la prima emozione , guardai i viaggiatori : tutte le faccie erano mutate . Le due signore ateniesi avevano gli occhi inumiditi ; la signora russa , nel momento solenne , s ' era stretta sul cuore la piccola Olga ; persino il freddo prete inglese faceva sentire per la prima volta la sua voce , esclamando di tratto in tratto : - wonderful ! wonderful ! - ( stupendo stupendo ! ) . Il bastimento s ' era fermato poco lontano dal ponte ; in pochi minuti vi si radunò intorno un visibilio di barchette e irruppe sopra coperta una folla di facchini turchi , greci , armeni ed ebrei , che bestemmiando un italiano dell ' altro mondo , s ' impadronirono delle nostre robe e delle nostre persone . Dopo un tentativo inutile di resistenza , diedi un abbraccio al capitano , un bacio a Olga , un addio a tutti e scesi col mio amico in un caicco a quattro remi , che ci condusse alla dogana , di dove ci arrampicammo per un labirinto di stradicciuole fino all ' albergo di Bisanzio , sulla sommità della collina di Pera . CINQUE ORE DOPO La visione di stamattina è svanita . Quella Costantinopoli tutta luce e tutta bellezza è una città mostruosa , sparpagliata per un saliscendi infinito di colline e di valli ; è un labirinto di formicai umani , di cimiteri , di rovine , di solitudini ; una confusione non mai veduta di civiltà e di barbarie , che presenta un ' immagine di tutte le città della terra e raccoglie in sè tutti gli aspetti della vita umana . Non ha veramente di una grande città che lo scheletro , che è la piccola parte in muratura ; il resto è un enorme agglomeramento di baracche , uno sterminato accampamento asiatico , in cui brulica una popolazione che non fu mai numerata , di gente d ' ogni razza e d ' ogni religione . È una grande città in trasformazione , composta di città vecchie che si sfasciano , di città nuove sorte ieri , d ' altre città che stanno sorgendo . Tutto v ' è sossopra ; da ogni parte si vedono le traccie d ' un gigantesco lavoro : monti traforati , colli sfiancati , borghi rasi al suolo , grandi strade disegnate ; un immenso sparpagliamento di macerie e d ' avanzi d ' incendi sopra un terreno perpetuamente tormentato dalla mano dell ' uomo . È un disordine , una confusione d ' aspetti disparati , un succedersi continuo di vedute imprevedibili e strane , che dà il capogiro . Andate in fondo a una strada signorile , è chiusa da un burrone ; uscite dal teatro , vi trovate in mezzo alle tombe ; giungete sulla sommità d ' una collina , vi vedete un bosco sotto i piedi , e un ' altra città sulla collina in faccia ; il borgo che avete attraversato poc ' anzi , lo vedete , voltandovi improvvisamente , in fondo a una valle profonda , mezzo nascosto dagli alberi ; svoltate intorno a una casa , ecco un porto ; scendete per una strada , addio città ! siete in una gola deserta , da cui non si vede altro che cielo ; le città spuntano , si nascondono , balzan fuori continuamente sul vostro capo , ai vostri piedi , alle vostre spalle , vicine e lontane , al sole , nell ' ombra , fra i boschi , sul mare ; fate un passo avanti , vedete un panorama immenso ; fate un passo indietro , non vedete più nulla ; alzate il capo , mille punte di minareti ; scendete d ' un palmo , spariscon tutti e mille . Le strade , infinitamente reticolate , serpeggiano fra i poggi , corrono su terrapieni , rasentano precipizi , passano sotto gli acquedotti , si rompono in vicoli , discendono in gradinate , in mezzo ai cespugli , alle roccie , alle rovine , alle sabbie . Di tratto in tratto , la gran città piglia come un respiro nella solitudine della campagna , e poi ricomincia più fitta , più colorita , più allegra ; qui pianeggia , là s ' arrampica , più in là precipita , si disperde e poi si riaffolla ; in un luogo fuma e strepita , in un altro dorme ; in una parte rosseggia tutta , in un ' altra parte è tutta bianca , in una terza vi domina il color d ' oro , una quarta presenta l ' aspetto d ' un monte di fiori . La città elegante , il villaggio , la campagna , il giardino , il porto , il deserto , il mercato , la necropoli , si alternano senza fine innalzandosi l ' uno sull ' altro , a scaglioni , in modo che da certe alture si abbracciano con uno sguardo solo , sopra una sola china , tutte le varietà d ' una provincia . Un ' infinità di contorni bizzarri si disegna da ogni parte sul cielo e sulle acque , così fitti , così pazzamente spezzettati e dentellati dalla meravigliosa varietà delle architetture , che si confondono agli occhi come se tremolassero e s ' intricassero gli uni cogli altri . In mezzo alle casette turche si alza il palazzo europeo ; dietro il minareto , il campanile ; sopra la terrazza , la cupola ; dietro la cupola , il muro merlato ; i tetti alla chinese dei chioschi sopra i frontoni dei teatri , i balconi ingraticolati degli arem di rimpetto ai finestroni a vetrate , le finestrine moresche in faccia ai terrazzi a balaustri , le nicchie delle madonne sotto gli archetti arabi , i sepolcri nei cortili , le torri fra i tugurii ; le moschee , le sinagoghe , le chiese greche , le cattoliche , le armene , le une sulle altre , come se facessero a soverchiarsi , e in tutti i vani , cipressi , pini a ombrello , fichi e platani che stendono i rami sopra i tetti . Una indescrivibile architettura di ripiego asseconda gli infiniti capricci del terreno con un tritume di case tagliate a spicchi , in forma di torri triangolari , di piramidi diritte e rovesciate , circondate di ponti , di puntelli e di fossi , ammucchiate alla rinfusa , come massi franati da una montagna . A ogni cento passi tutto muta . Qui siete in una strada d ' un sobborgo di Marsiglia ; svoltate : è un villaggio asiatico ; tornate a svoltare : è un quartiere greco ; svoltate ancora : è un sobborgo di Trebisonda . Alla lingua , ai visi , all ' aspetto delle case riconoscete di aver cangiato di stato ; sono spicchi di Francia , striscie d ' Italia , screziature d ' Inghilterra , innesti di Russia . Sulla immensa faccia della città si vede rappresentata ad architetture e a colori la grande lotta che si combatte fra la famiglia cristiana che riconquista e la famiglia islamitica che difende colle ultime sue forze la terra sacra . Stambul , una volta tutta turca , è assalita da ogni parte da quartieri cristiani , che la rodono lentamente lungo la sponda del Corno d ' oro e del Mar di Marmara ; dall ' altra parte la conquista procede in furia : le chiese , i palazzi , gli ospedali , i giardini pubblici , gli opifici , le scuole squarciano i quartieri musulmani , soverchiano i cimiteri , si avanzano di collina in collina , e già disegnano vagamente sul terreno sconvolto la forma d ' una grande città che un giorno coprirà la riva europea del Bosforo come quella d ' ora copre le rive del Corno d ' oro . Ma da queste osservazioni generali distraggono ad ogni passo mille cose nuove : in una via il convento dei dervis , in un ' altra la caserma di stile moresco , il caffè turco , il bazar , la fontana , l ' acquedotto . In un quarto d ' ora bisogna cangiar dieci volte d ' andatura : scendere , arrampicarsi , saltellar giù per una china , salire per una scalinata di macigni , affondar nella mota e scansar mille ostacoli , aprendosi la via ora tra la folla , ora tra gli arbusti , ora tra i cenci appesi , ora turandosi il naso , ora aspirando ondate d ' aria odorosa . Dalla gran luce d ' un sito aperto , donde si vede il Bosforo , l ' Asia e un cielo infinito , si cala con pochi passi nell ' oscurità triste d ' una rete di vicoli fiancheggiati da case cadenti ed irti di sassi come letti di ruscelli ; da un verde fresco e ombroso , in un polverio soffocante , saettato dal sole ; da crocicchi pieni di rumore e di colori , in recessi sepolcrali , dove non è mai sonata una voce umana ; dal divino Oriente dei nostri sogni , in un altro Oriente lugubre , immondo , decrepito che supera ogni più nera immaginazione . Dopo un giro di poche ore non si sa più dove s ' abbia la testa . A chi ci domandasse improvvisamente che cos ' è Costantinopoli , non si saprebbe rispondere che mettendosi una mano sulla fronte per quetare la tempesta dei pensieri . Costantinopoli è una Babilonia , un mondo , un caos . È bella ? Prodigiosa . È brutta ? Orrenda . Vi piace ? Ubbriaca . Ci stareste ? Chi lo sa ! Chi può dire che starebbe in un altro astro ? Si ritorna a casa pieni d ' entusiasmo e di disinganni , rapiti , stomacati , abbarbagliati , storditi , con un disordine nella mente che somiglia al principio d ' una congestione cerebrale , e che si queta poi a poco a poco in una prostrazione profonda e in un tedio mortale . Si son vissuti parecchi anni in fretta , e ci si sente invecchiati . E la popolazione di questa città mostruosa ? IL PONTE Per vedere la popolazione di Costantinopoli bisogna andare sul ponte galleggiante , lungo circa un quarto di miglio , che si stende dalla punta più avanzata di Galata fino alla riva opposta del Corno d ' oro , in faccia alla grande moschea della sultana Validè . L ' una e l ' altra riva sono terra europea ; ma si può dire che il ponte unisce l ' Europa all ' Asia , perché in Stambul non v ' è d ' europeo che la terra , ed hanno colore e carattere asiatico anche i pochi sobborghi cristiani che le fanno corona . Il Corno d ' Oro , che ha l ' aspetto d ' un fiume , separa , come un oceano , due mondi . Le notizie degli avvenimenti d ' Europa , che circolano per Galata e per Pera , vive , chiare , minute , commentate , non giungono all ' altra riva che monche e confuse come un eco lontano ; la fama degli uomini e delle cose più grandi dell ' Occidente , s ' arresta dinanzi a quella poc ' acqua , come dinanzi a un baluardo insuperabile ; e su quel ponte dove passano centomila persone al giorno , non passa ogni dieci anni un ' idea . Stando là , si vede sfilare in un ' ora tutta Costantinopoli . Sono due correnti umane inesauribili , che s ' incontrano e si confondono senza posa dal levar del sole al tramonto , presentando uno spettacolo del quale non sono certamente che una pallida immagine i mercati delle Indie , le fiere di Niinj - Norgorod e le feste di Pekino . Per veder qualche cosa bisogna fissarsi un piccolo tratto del ponte e non guardare che lì ; se si vaga cogli occhi , la vista s ' abbarbaglia e la testa si confonde . La folla passa a grandi ondate , ognuna delle quali offre mille colori , ed ogni gruppo di persone rappresenta un gruppo di popoli . S ' immagini pure qualunque più stravagante accozzo di tipi , di costumi e di classi sociali ; non si giungerà mai ad avere un ' idea della favolosa confusione che si vede là nello spazio di venti passi e nel giro di dieci minuti . Dietro una frotta di facchini turchi , che passano correndo , curvi sotto pesi enormi , s ' avanza una portantina intarsiata di madreperla e d ' avorio , a cui fa capolino una signora armena ; e ai due lati un beduino ravvolto in un mantello bianco e un vecchio turco col turbante di mussolina e il caffettano color celeste , accanto al quale cavalca un giovane greco seguito dal suo dracomanno colla zuavina ricamata , e un dervis col gran cappello conico e la tonaca di pelo di cammello , che si scansa per lasciar passare la carrozza d ' un ambasciatore europeo , preceduta da un battistrada gallonato . Tutto questo non si vede , s ' intravvede . Prima che vi siate voltati indietro , vi trovate in mezzo a una brigata di Persiani col berrettone piramidale d ' astrakan , passati i quali vi vedete dinanzi un ebreo insaccato in un lungo vestito giallo aperto sui fianchi ; una zingara scapigliata , che porta un bambino in un sacco appeso alla schiena ; un prete cattolico , con bastone e breviario ; mentre in mezzo a una folla confusa di greci , di turchi e d ' armeni , s ' avanza gridando : - Largo ! - un grosso eunuco a cavallo che precede una carrozza turca , dipinta a fiori e ad uccelli , con dentro le donne d ' un arem , vestite di violetto e di verde , e ravvolte in grandi veli bianchi ; e dietro , una suora di carità d ' uno spedale di Pera , seguita da uno schiavo africano che porta una scimmia , e da un raccontatore di storie in abito di negromante . E , cosa naturale , ma che par strana al nuovo venuto , tutta questa gente così diversa s ' incontra e passa oltre senza guardarsi , come la folla di Londra ; nessuno si ferma ; tutti vanno a passo affrettato , e su cento visi , non se ne vede uno che sorrida . L ' albanese colle sottanine bianche e i pistoloni alla cintura , passa accanto al tartaro vestito di pelle di montone ; il turco a cavallo a un asino bardato con gran pompa , guizza fra due file di cammelli ; dietro all ' aiutante di campo dodicenne d ' un principino imperiale , piantato sopra un corsiero arabo , barcolla un carro carico delle masserizie bizzarre d ' una casa turca ; la mussulmana a piedi , la schiava velata , la greca colla berrettina rossa e le treccie giù per le spalle , la maltese incapucciata nella faldetta nera , l ' ebrea vestita dell ' antichissimo costume della Giudea , la negra ravvolta in uno scialle variopinto del Cairo , l ' armena di Trebisonda tutta nera e velata come un ' apparizione funebre , si trovano qualche volta in una sola fila , come se vi si fossero messe apposta , per prender risalto l ' una dall ' altra . È un musaico cangiante di razze e di religioni che si compone e si scompone continuamente con una rapidità che si può appena seguire collo sguardo . È bello tener gli occhi fissi sul tavolato del ponte , non guardando altro che i piedi : passano tutte le calzature della terra , da quella d ' Adamo agli stivaletti all ' ultima moda di Parigi : babbuccie gialle di turchi , rosse di armeni , turchine di greci , nere d ' israeliti ; sandali , stivaloni del Turkestan , ghette albanesi , scarpette scollate , gambass di mille colori dei cavallari dell ' Asia minore , pantofole ricamate d ' oro , alpargatas alla spagnuola , calzature di raso , di corda , di cenci , di legno , fitte in maniera che mentre se ne guarda una , se ne intravvedono cento . A non badarci bene , c ' è da essere rovesciati a ogni passo . Ora è un portatore d ' acqua con un otre colossale sul dorso , ora una signora russa a cavallo , ora un drappello di soldati imperiali , vestiti alla zuava , che par che vadano all ' assalto , ora una squadra di facchini armeni che passano reggendo sulle spalle , a due a due , delle lunghissime sbarre , a cui sono sospese delle balle smisurate di mercanzia ; ora delle frotte di turchi che si lanciano a destra e a sinistra del ponte per imbarcarsi sui piroscafi . È uno scalpiccio , un fruscio , un sonare di voci esotiche , di note gutturali , d ' aspirazioni , d ' interjezioni incomprensibili , in mezzo a cui le poche parole francesi o italiane che arrivano agli orecchi di tratto in tratto , fanno l ' effetto di punti luminosi in una tenebra fitta . Le figure che dan più nell ' occhio in quella folla , sono i Circassi , che vanno per lo più a tre , a cinque insieme , a passo lento ; pezzi d ' uomini barbuti , dalla faccia terribile , che portano un grosso berrettone di pelo alla foggia dell ' antica guardia napoleonica , un lungo caffettano nero , un pugnale alla cintura e un cartucciere d ' argento sul petto ; vere figure di briganti , ognuno dei quali pare che sia venuto a Costantinopoli per vendere una figliuola o una sorella , e debba avere le mani intrise di sangue russo . Poi i siriani col loro vestito in forma di dalmatica bizantina e il capo ravvolto in un fazzoletto rigato d ' oro ; i bulgari , vestiti d ' un saio grossolano , con un berretto incoronato di pelliccia ; i giorgiani con un caschetto di cuoio verniciato e la tunica stretta alla vita da un cerchio metallico ; i greci dell ' arcipelago coperti da capo a piedi di ricami , di nappine e di bottoncini luccicanti . La folla di tanto in tanto radeggia un poco ; ma subito s ' avanzano altre frotte serrate , ondate di papaline rosse e di turbanti bianchi , in mezzo ai quali spuntano cappelli cilindrici , ombrelle e pettinature piramidali di signore europee , che par che galleggino portate via da quel torrente musulmano . C ' è da stupire soltanto a notare la varietà della gente di religione . Qui luccica il cucuzzolo d ' un padre cappuccino , là torreggia il turbante alla giannizzera d ' un ulema , più in là ondeggia il velo nero d ' un prete armeno . Passano degli iman colla tunica bianca , delle monache stimmatine , dei cappellani dell ' esercito turco , vestiti di verde , colla sciabola al fianco , dei frati domenicani , dei pellegrini reduci dalla Mecca con un talismano appeso al collo , dei gesuiti , dei dervis , - e questo è strano davvero - dei dervis che nelle moschee si straziano le carni in espiazione dei peccati , e passando il ponte si riparano dal sole coll ' ombrellino . A starci bene attenti , seguono in quella confusione mille piccoli accidenti amenissimi . È un eunuco che mostra il bianco dell ' occhio a un zerbinotto cristiano , il quale ha guardato troppo curiosamente dentro alla carrozza della sua padrona ; è una cocotte francese , vestita coll ' ultimo figurino , che pedina il figliuolo d ' un pascià ingioiellato e inguantato ; è una signora di Stambul che finge di aggiustarsi il velo per sbirciar lo strascico d ' una signora di Pera ; è un sergente di cavalleria in uniforme di gala , che si ferma nel bel mezzo del ponte , si stringe il naso con due dita e slancia nello spazio un guai a chi tocca , da mettere i brividi ; è un ciurmadore che , preso un soldo da un povero diavolo , gli fa sul viso un gesto cabalistico , che lo deve guarire del mal d ' occhi ; è una famiglia di viaggiatori grandi e piccini , arrivata quel giorno stesso , che s ' è smarrita in mezzo a una turba di canaglia asiatica , e la madre cerca i bimbi che strillano , e gli uomini si fanno largo a spintoni . I cammelli , i cavalli , le portantine , le carrozze , i buoi , le carrette , le botti rotolate , gli asini sanguinolenti , i cani spelacchiati , formano delle lunghe file , che dividono per mezzo la folla . Qualche volta passa un grosso pascià di tre code , sdraiato in una carrozza splendida , seguito a piedi dal suo portapipa , dalla sua guardia e da un nero , e allora tutti i turchi salutano toccandosi la fronte e il petto , e le mendicanti musulmane , orribili megere , col volto imbaccucato e il seno nudo , si slanciano agli sportelli chiedendo l ' elemosina . Gli eunuchi fuor di servizio , passano a due , a tre , a cinque insieme , colla sigaretta in bocca ; e si riconoscono alla molle corpulenza , alle lunghe braccia , ai grandi abiti neri . Le belle bambine turche , vestite da maschietti , con calzoncini verdi e panciottini rosati o gialli , corrono e saltellano con un ' agilità felina , facendosi largo colle piccole mani tinte di color di porpora . I lustrascarpe colla cassetta dorata , i barbieri ambulanti colla seggiola e la catinella in mano , i venditori d ' acqua e di dolci , fendono la calca in tutte le direzioni , urlando in greco ed in turco . A ogni passo si vede luccicare una divisa militare : uffiziali in fez e calzoni scarlatti , col petto costellato di decorazioni ; palafrenieri del serraglio , che paiono generali d ' armata ; gendarmi con un arsenale alla cintura ; zeibek , o soldati liberi , con quegli enormi calzoni a borsa deretana , che danno loro il profilo della venere ottentotta ; guardie imperiali , con un lungo pennacchio bianco sul casco e il petto coperto di galloni ; guardie di città che girano colle manette fra le mani ; guardie di città a Costantinopoli ! È come chi dicesse : gente incaricata di tener a segno l ' oceano Atlantico . È bizzarro il contrasto di tutto quell ' oro e di tutti quei cenci , della gente sovraccarica di roba , che paion bazar ambulanti , e della gente quasi nuda . Il solo spettacolo della nudità è una meraviglia . Si vedono tutte le sfumature della pelle umana , dal bianco latteo dell ' Albania al nero corvino dell ' Africa centrale e al nero azzurrognolo del Darfur ; dei petti che , a picchiarli , par che debbano risonare come vasi di bronzo , o sgretolarsi come forme di terra secca ; schiene oleose , petrose , lignee , irsute come dorsi di cinghiale ; braccia rabescate di rosso e di blù , con disegni di rami e di fiori , e iscrizioni del Corano e immagini grossolane di battelli , e di cuori attraversati da freccie . Ma in una prima passeggiata , per il ponte , non c ' è nè tempo nè modo d ' osservare tutti questi particolari . Mentre guardate i rabeschi d ' un braccio , il vostro cicerone vi avverte che è passato un serbo , un montenegrino , un valacco , un cosacco dell ' Ukrania , un cosacco del Don , un egiziano , un tunisino , un principe d ' Imerezia . C ' è appena tempo a tener d ' occhio le nazioni . Pare che Costantinopoli sia sempre quella che fu : la capitale di tre continenti e la regina di venti vicereami . Ma nemmeno quest ' idea risponde alla grandezza di quello spettacolo , e si fantastica un incrociamento d ' emigrazioni , prodotto da qualche enorme cataclisma che abbia sconvolto l ' antico continente . Un occhio esperto discerne ancora in quel mare magno i volti e i costumi della Caramania e dell ' Anatolia , quei di Cipro e di Candia , quei di Damasco e di Gerusalemme , il druso , il curdo , il maronita , il talemano , il pumacco , il croato , ed altre innumerevoli varietà dell ' innumerevole confederazione d ' anarchie che si stende dal Nilo al Danubio e dall ' Eufrate all ' Adriatico . Chi cerca il bello e chi cerca l ' orrido , trovano qui egualmente superati i loro più audaci desiderii : Raffaello rimarrebbe estatico e il Rembrandt si caccierebbe le mani nei capelli . La più pura bellezza della Grecia e delle razze caucasee , è mescolata coi nasi camusi e colle teste schiacciate ; vi passano accanto figure di regine e faccie di furie ; visi imbellettati e visi sformati dai morbi e dalle ferite , piedoni colossali e piedini circassi lunghi come la mano , facchini giganteschi , enormi pinguedini di turchi , e neri stecchiti come scheletri , larve d ' uomini che mettono pietà e raccapriccio ; tutti gli aspetti più strani in cui si possano presentare al mondo la vita ascetica , l ' abuso della voluttà , le fatiche estreme , l ' opulenza che impera e la miseria che muore . E nondimeno la varietà di vestimenti è senza confronto più meravigliosa della varietà delle persone . Chi sente i colori , ci ha da ammattire . Non ci son due persone vestite eguali . Sono scialli attorcigliati intorno al capo , bendature di selvaggi , corone di cenci , camicie e sottovesti rigate e quadrettate come il vestito d ' arlecchino , cinture irte di coltellacci che salgono dai fianchi alle ascelle , calzoni alla mammalucca , mezze mutande , gonnellini , toghe , lenzuoli che strascicano , abiti ornati d ' ermellino , panciotti che sembrano corazze d ' oro , maniche a gozzo e a sgonfietti , vestiti monacali e spudorati , uomini abbigliati da donna , donne che sembran uomini , pezzenti che sembran principi , un ' eleganza di stracci , una follìa di colori , una profusione di frangie , di gale , di frappe , di svolazzi , d ' ornamenti teatrali e bambineschi , che dà l ' immagine d ' un veglione dentro a un immenso manicomio , in cui abbiano vuotate le loro casse tutti i rigattieri dell ' universo . Sopra il mormorìo sordo , che esce da questa moltitudine , si sentono gli strilli acuti dei ragazzi greci , carichi di giornali d ' ogni lingua ; le grida stentoree dei facchini , le risa sgangherate delle donne turche , le voci infantili degli eunuchi , i trilli in falsetto dei ciechi che cantano versetti del Corano , il rumor cupo del ponte che ondeggia , i fischi e le campanelle di cento piroscafi , di cui il vento abbatte tratto tratto il fumo denso sopra la folla , in modo che per qualche minuto non si vede più nulla . Questa mascherata di popoli scende nei vaporini che partono ogni momento per Scutari , per il villaggio del Bosforo e per i sobborghi del Corno d ' oro ; si spande per Stambul , nei bazar , nelle moschee , nei borghi di Fanar e di Balata , fino ai quartieri più lontani del mar di Marmara ; irrompe sulla riva franca , a destra verso i palazzi del Sultano , a sinistra verso gli alti quartieri di Pera , di dove poi ricasca sul ponte per le innumerevoli stradicciuole che serpeggiano lungo i fianchi delle colline ; e allaccia così l ' Asia e l ' Europa , dieci città e cento sobborghi , in una rete di faccende , d ' intrighi e di misteri , dinanzi a cui l ' immaginazione si sgomenta . Pare che questo spettacolo debba mettere allegrezza . E non è vero . Passata la prima meraviglia , i colori festosi si sbiadiscono : non è più una grande processione carnevalesca che ci passa dinanzi ; è l ' umanità intera che sfila con tutte le sue miserie , con tutte le sue follìe , coll ' infinita discordia delle sue credenze e delle sue leggi ; è un pellegrinaggio di popoli decaduti e di razze avvilite ; una immensità di sventure da soccorrere , di vergogne da lavare , di catene da rompere ; un cumulo di tremendi problemi scritti a caratteri di sangue , e che non si scioglieranno che con torrenti di sangue ; e questo immenso disordine rattrista . E poi il senso della curiosità è prima rintuzzato che soddisfatto da questa sterminata varietà di cose strane . Che misteriosi rivolgimenti accadono nell ' anima umana ! Non era passato un quarto d ' ora dal mio arrivo sul ponte , che stavo appoggiato alle spallette , rabescando sbadatamente un pezzo di trave colla matita , e dicendo a me stesso , tra uno sbadiglio e l ' altro , che c ' è qualchecosa di vero in quella famosa sentenza della Stael , che il viaggiare è il più triste dei piaceri . STAMBUL Per riaversi da questo sbalordimento , non c ' è che infilare una delle mille stradicciuole che serpeggiano su per i fianchi delle colline di Stambul . Qui regna una pace profonda , e si può contemplare tranquillamente in tutti i suoi aspetti quell ' Oriente misterioso e geloso , che sull ' altra riva del Corno d ' oro non si vede che a tratti fuggitivi in mezzo alla confusione rumorosa della vita europea . Qui tutto è schiettamente orientale . Dopo un quarto d ' ora di cammino non si vede più nessuno e non si sente più alcun rumore . Di qua e di là son tutte casette di legno , dipinte di mille colori , nelle quali il primo piano sporge sopra il piano terreno , e il secondo sul primo ; e le finestre hanno dinanzi una specie di tribune , invetriate da ogni parte , e chiuse da grate di legno a piccolissimi fori , che paiono altrettante casette appese alle case principali , e danno alle strade un aspetto singolarissimo di tristezza e di mistero . In alcuni luoghi le strade sono così strette , che le parti sporgenti delle case opposte quasi si toccano , e così si cammina per lunghi tratti all ' ombra di quelle gabbie umane , proprio sotto i piedi delle donne turche che vi passano una gran parte della giornata , non vedendo che una striscia sottilissima di cielo . Le porte son tutte chiuse ; le finestre del pian terreno , ingraticolate ; tutto spira diffidenza e gelosia ; par di attraversare una città di monasteri . Tratto tratto sentite uno scoppio di risa , e alzando il capo , vedete per qualche spiraglio un nodo di treccie o un occhietto scintillante che subito sparisce . In alcuni punti sorprendete una conversazione vivace e sommessa da una parte all ' altra della strada ; ma cessa improvvisamente al rumore del vostro passo . Passando , scompigliate per un momento chi sa che rete di pettegolezzi e d ' intrighi . Non vedete nessuno e mille occhi vi vedono ; siete soli , e vi sentite come in mezzo a una folla ; vorreste passare inosservati , aleggerite il passo , camminate composti , misurate lo sguardo . Una porta che s ' apra o una finestra che si chiuda , vi riscuote bruscamente come un grande rumore . Pare che queste strade debbano riuscire uggiose . Ma è tutt ' altro . Una macchia verde in fondo da cui esce un minareto bianco ; un turco vestito di rosso che scende verso di voi ; una serva nera ferma dinanzi a una porta , un tappeto persiano appeso a una finestra , bastano a formare un quadretto così pieno di vita e d ' armonia , che stareste un ' ora a contemplarlo . Della poca gente che vi passa accanto , nessuno vi guarda . Soltanto qualche volta sentite gridare alle vostre spalle : - Giaur ! ( Infedele ) ; - e voltandovi , vedete sparire dietro un ' imposta la testa d ' un ragazzo . Altre volte s ' apre la porticina d ' una di quelle casette : vi soffermate aspettando l ' apparizione della bella d ' un arem , e n ' esce invece una signora europea , con cappellotto e strascico , che mormora un adieu o un au revoir , e s ' allontana rapidamente , lasciandovi colla bocca aperta . In un ' altra strada , tutta turca e tutta silenziosa , sentite a un tratto uno squillo di corno e uno scalpitio di cavalli : vi voltate , che cos ' è ? Appena credete ai vostri occhi . È un grande omnibus , che viene innanzi su due rotaie che non avevate vedute , pieno di turchi e di franchi , col suo usciere in uniforme e coi suoi cartelli delle tariffe , come un tramway di Vienna o di Parigi . La stonatura che fa quest ' apparizione in una di queste strade , non si può esprimere con parole : vi pare una burla o uno sbaglio , e vi vien da ridere , e guardate quel veicolo stupiti come se non ne aveste mai visti . Passato l ' omnibus , par che sia passata l ' immagine viva dell ' Europa , e vi ritrovate in Asia come al cangiar di scena in un teatro . Da queste strade solitarie riuscite in piazzette aperte , quasi interamente ombreggiate da un platano gigantesco . Da una parte c ' è una fontana , dove bevono dei cammelli ; dall ' altra un caffè , con una fila di materasse distese dinanzi alla porta , e qualche turco sdraiato , che fuma ; e accanto alla porta un gran fico , abbracciato da una vite , i cui pampini spenzolano fino a terra , lasciando vedere tra foglia e foglia l ' azzurro lontano del mar di Marmara , e qualche veletta bianca . Una luce bianchissima e un silenzio mortale danno a tutti questi luoghi un carattere così tra solenne e melanconico , che li rende indimenticabili , anche a vederli una volta sola . Si va innanzi , innanzi , quasi attirati da quella quiete arcana , che entra a poco a poco nell ' anima come una leggera sonnolenza , e dopo breve tempo si perde ogni sentimento della distanza e dell ' ora . Si trovano dei vasti spazi colle traccie d ' un grande incendio recente ; chine dove non sono che poche case sparpagliate , fra le quali cresce l ' erba , e serpeggiano dei sentieri da capre ; punti elevati , da cui si abbracciano collo sguardo strade , vicoletti , giardini , centinaia di case , e non si vede da nessuna parte nè una creatura umana , nè un nuvolo di fumo , nè una porta aperta , nè il menomo indizio d ' abitazione e di vita ; tanto che si potrebbe credere d ' essere soli in quell ' immensa città , e a pensarci un momento , s ' è quasi presi dalla paura . Ma scendete la china , arrivate in fondo a una di quelle stradette : tutto è cangiato . Siete in una delle grandi vie di Stambul , fiancheggiata da monumenti , dove non bastano più gli occhi all ' ammirazione . Camminate in mezzo alle moschee , ai chioschi , ai minareti , alle gallerie arcate , alle fontane di marmo e di lapislazzuli , ai mausolei dei sultani splendenti di rabeschi e d ' iscrizioni d ' oro , ai muri coperti di musaici , sotto le tettoie di cedro intarsiato , all ' ombra d ' una vegetazione pomposa che supera i muri di cinta e i cancelli dorati dei giardini , e riempie la via di profumi . Per queste vie s ' incontrano a ogni passo carrozze di pascià , ufficiali , impiegati , aiutanti di campo , eunuchi di grandi case , una processione di servitori e di parassiti , che vanno e vengono fra i ministeri . Qui si riconosce la metropoli del grande impero , e s ' ammira in tutta la sua magnificenza . È per tutto una bianchezza , una grazia d ' architetture , un gorgoglio d ' acque , una freschezza d ' ombre , che accarezza i sensi come una musica sommessa , e riempie la mente d ' immagini ridenti . Per queste vie s ' arriva alle grandi piazze dove s ' innalzano le moschee imperiali , e dinanzi a queste moli si rimane sgomenti . Ognuna di esse forma come il nodo d ' una piccola città di collegi , di spedali , di scuole , di biblioteche , di magazzini , di bagni , che quasi non si avvertono , schiacciati come sono dalla cupola enorme a cui fanno corona . L ' architettura , che s ' immaginava semplicissima , presenta invece una varietà di particolari , che tira gli sguardi da mille parti . Sono cupolette rivestite di piombo , tetti di forme bizzarre che s ' alzano l ' uno sull ' altro , gallerie aeree , grandi portici , finestre a colonnine , archi a festoni , minareti accannellati , cinti di terrazzini lavorati a giorno , con capitelli a stalattiti ; porte e fontane monumentali , che sembrano rivestite di trina ; muri picchiettati d ' oro e di mille colori ; tutto ricamato , cesellato , leggero , ardito , ombreggiato da quercie , da cipressi e da salici , da cui escono nuvoli d ' uccelli che vagano a lenti giri intorno alle cupole e riempiono d ' armonia tutti i recessi dell ' immenso edifizio . Qui si comincia a provar qualchecosa che è più profondo e più forte del sentimento della bellezza . Quei monumenti che sono come una colossale affermazione marmorea d ' un ordine d ' idee e di sentimenti diverso da quello in cui siamo nati e cresciuti , che sono quasi l ' ossatura d ' una razza e d ' una fede ostile , che ci raccontano con un linguaggio muto di linee superbe e di altezze temerarie le glorie d ' un Dio che non è nostro e d ' un popolo che ha fatto tremare i nostri padri , incutono un rispetto misto di diffidenza e di timore , che sulle prime vince la curiosità , e ce ne trattiene lontani . Si vedono , dentro ai cortili ombrosi , turchi che fanno le abluzioni alle fontane , pezzenti accovacciati ai piedi dei pilastri , donne velate che passeggiano lentamente sotto le arcate ; tutto quieto , e come adombrato d ' una tinta di mestizia e di voluttà , che non si capisce bene d ' onde derivi , e su cui la mente si ferma e lavora come sopra un enimma . Galata , Pera , quanto sono lontane ! Voi vi sentite soli in un altro mondo e in un altro tempo , nella Stambul di Solimano il Grande e di Baiazet secondo , e provate un vivo sentimento di stupore quando , usciti da quella piazza , e perduto d ' occhio quel monumento smisurato della potenza degli Osmanli , vi ritrovate in mezzo alla Costantinopoli di legno , meschina , cadente , piena di sudiciume e di miseria . Via via che andate innanzi le case si scoloriscono , i pergolati si sfasciano , le vasche delle fontane si coprono di muschio ; trovate delle moschee nane , coi muri screpolati e i minareti di legno , circondate di rovi e d ' ortiche ; dei mausolei in rovina , delle scale infrante , dei passaggi coperti ingombri di macerie , dei quartieri decrepiti d ' una tristezza infinita , dove non si sente altro rumore che il frullo dell ' ali degli sparvieri e delle cicogne , o la voce gutturale d ' un muezzin solitario , che grida la parola di Dio dall ' alto d ' un minareto nascosto . Nessuna città rappresenta meglio di Stambul la natura e la filosofia del suo popolo . Tutto ciò che v ' è di grande e di bello è di Dio o del sultano , immagine di Dio sulla terra ; tutto il rimanente è passeggiero e porta l ' impronta d ' una profonda trascuranza delle cose mondane . La tribù dei pastori è diventata nazione ; ma il suo amore istintivo della natura campestre , della contemplazione e dell ' ozio , ha conservato alla metropoli l ' aspetto dell ' accampamento . Stambul non è una città , non lavora , non pensa , non crea ; la civiltà sfonda le sue porte e assalta le sue vie ; essa sonnecchia e fantastica all ' ombra delle moschee , e lascia fare . È una città slegata , dispersa , deforme , che rappresenta piuttosto , la sosta d ' una razza pellegrinante , che la potenza d ' uno Stato immobile ; un immenso abbozzo di metropoli ; un grande spettacolo piuttosto che una grande città . E non se ne può avere una giusta immagine , se non si percorre intera . Bisogna partire dalla prima collina , quella che forma la punta del triangolo , ed è bagnata dal mar di Marmora . Qui è per così dire la testa di Stambul ; un quartiere monumentale , pieno di memorie , di maestà e di luce . Qui l ' antico serraglio , dove sorgeva prima Bisanzio colla sua acropoli e il tempio di Giove , e poi il palazzo dell ' imperatrice Placidia e le terme d ' Arcadio ; qui la moschea di Santa Sofia e la moschea d ' Ahmed , e l ' At - meidan che occupa lo spazio dell ' Ippodromo antico , dove in mezzo a un Olimpo di bronzo e di marmo , tra le grida d ' una folla vestita di seta e di porpora , volavano le quadrighe d ' oro al cospetto degl ' imperatori sfolgoranti di perle . Da questa collina si scende in una valle poco profonda , dove si stendono le mura occidentali del serraglio , che segnano il confine della Bisanzio antica , e s ' alza la Sublime Porta , per la quale s ' entra nel palazzo del gran vizir e nel Ministero degli esteri : quartiere austero e silenzioso , in cui sembra raccolta tutta la tristezza delle sorti dell ' impero . Da questa valle si sale sulla seconda collina , dove sorge la moschea marmorea di Nuri - Osmanié , luce d ' Osmano , e la colonna bruciata di Costantino , che sosteneva un Apollo di bronzo colla testa del grande Imperatore , ed era nel bel mezzo dell ' antico foro , circondato di portici , d ' archi di trionfo e di statue . Al di là di questa collina si apre la valle dei bazar , che dalla moschea di Bajazet va fino a quella della sultana Validè , ed abbraccia un labirinto immenso di strade coperte , piene di gente e di rumore , da cui s ' esce colla vista annebbiata e colle orecchie stordite . Sulla terza collina , che domina ad un tempo il mar di Marmara e il Corno d ' oro , giganteggia la moschea di Solimano , rivale di Santa Sofia , gioia e splendore di Stambul , come dicono i poeti turchi , e la torre meravigliosa del Ministero della guerra , il quale s ' alza sulle rovine degli antichi palazzi dei Costantini , abitati un tempo da Maometto il conquistatore , poi convertiti in serraglio delle vecchie sultane . Fra la terza e la quarta altura si stende come un ponte aereo l ' enorme acquedotto dell ' imperatore Valente , formato da due ordini d ' archi leggerissimi , vestiti di verzura , che spenzola a ghirlande sopra la valle popolata di case . Si passa sotto l ' acquedotto , si sale sulla quarta collina . Qui , sulle rovine della chiesa famosa dei Santi Apostoli , fondata dall ' imperatrice Elena e rifabbricata da Teodora , s ' eleva la moschea di Maometto II , circondata di scuole , d ' ospedali e d ' alberghi da carovane ; accanto alla moschea , il bazar degli schiavi , i bagni di Maometto e la colonna granitica di Marciano , che porta ancora il suo cippo di marmo ornato delle aquile imperiali ; e vicino alla colonna il luogo dove era la piazza dell ' Et - Meidan , in cui fu consumata la strage famosa dei Giannizzeri . S ' attraversa un ' altra valle , coperta da un ' altra città , e si sale alla quinta collina , sulla quale è posta la moschea di Selim , presso all ' antica cisterna di San Pietro , convertita in giardino . Sotto , lungo il Corno d ' oro , si stende il Fanar , quartiere greco , sede del patriarca , in cui s ' è rifugiata l ' antica Bisanzio , coi discendenti dei Paleologhi e dei Comneni , e dove seguirono le orrende carnificine del 1821 . Si scende in una quinta valle , si sale sopra la sesta collina . Qui s ' è già sul terreno che occupavano le otto coorti dei quarantamila Goti di Costantino , fuori della cerchia delle prime mura , le quali non abbracciavano che la quarta collina ; e appunto nello spazio occupato dalla coorte settima , che ha lasciato al luogo il nome di Hebdomon . Sulla sesta collina , rimangono le mura del palazzo di Costantino Porfirogenete , dove si coronavano gl ' imperatori , chiamato ora dai turchi Tekir - Serai , palazzo dei principi . Ai piedi della collina , Balata , il ghetto di Costantinopoli , quartiere immondo , che s ' allunga sulla riva del Corno fino alle mura della città , e al di qua di Balata , il sobborgo antico delle Blacherne , una volta ornato di palazzi dai tetti dorati , soggiorno prediletto degl ' imperatori , famoso per la gran chiesa dell ' imperatrice Pulcheria e per il santuario delle reliquie ; ora pieno di rovine e tristezza . Alle Blacherne cominciano le mura merlate che dal Corno d ' oro corrono fino al mar di Marmara , abbracciando la settima collina , dov ' era il foro boario , e c ' è ancora il piedestallo della colonna d ' Arcadio : la collina più orientale e più grande di Stambul , fra la quale e le altre sei scorre il piccolo fiume Lykus , che entra nella città presso la porta di Carisio e si va a gettar nel mare vicino all ' antico porto di Teodosio . Dalle mura delle Blacherne , si vede ancora il sobborgo d ' Ortaksiler , che scende dolcemente verso la rada , incoronato di giardini ; al di là d ' Ortaksiler il sobborgo d ' Eyub , terra santa degli Osmanli , colla sua moschea gentile , e il suo vasto cimitero ombreggiato da un bosco di cipressi e biancheggiante di mausolei e di tombe ; dietro Eyub , l ' altopiano dell ' antico campo militare , dove le legioni levavan sugli scudi i nuovi imperatori ; e di là dall ' altopiano , altri villaggi i cui vivi colori ridono vagamente in mezzo al verde dei boschetti bagnati dalle ultime acque del Corno d ' oro . Ecco Stambul . È divina . Ma il cuore si sgomenta a pensare che questo sterminato villaggio asiatico si stende sulle rovine di quella seconda Roma , di quell ' immenso museo di tesori rapiti all ' Italia , alla Grecia , all ' Egitto , all ' Asia minore , di cui il solo ricordo abbaglia la mente come un sogno divino . Dove sono i grandi portici che attraversavano la città dal mare alle mura , le cupole dorate , i colossi equestri che s ' innalzavano sui pilastri titanici dinanzi agli anfiteatri e alle terme , le sfingi di bronzo sedute sui piedestalli di porfido , i templi e i palazzi che innalzavano i frontoni di granito in mezzo a un popolo aereo di numi di marmo e d ' imperatori d ' argento ? Tutto è sparito o trasformato . Le statue equestri di bronzo son state fuse in cannoni ; le rivestiture di rame degli obelischi , ridotte in monete ; i sarcofagi delle imperatrici , cangiati in fontane ; la chiesa di Santa Irene è un arsenale , la cisterna di Costantino un ' officina , il piedestallo della colonna d ' Arcadio una bottega di maniscalco , l ' Ippodromo un mercato di cavalli ; l ' edera e le macerie coprono le fondamenta delle reggie , sul suolo degli anfiteatri cresce l ' erba dei cimiteri , e poche iscrizioni calcinate dagli incendi o mutilate dalle scimitarre degl ' invasori rammentano che su quei colli vi fu la metropoli meravigliosa dell ' impero d ' Oriente . Su questa immane rovina siede Stambul , come un ' odalisca sopra un sepolcro , aspettando la sua ora . ALL ' ALBERGO Ed ora i lettori vengano con me all ' albergo a prendere un po ' di respiro . Una gran parte di quello che ho descritto fin qui , il mio amico ed io lo vedemmo il giorno stesso dell ' arrivo : immagini chi legge come dovessimo aver la testa ritornando all ' albergo sul far della notte . Per strada non si disse una parola , e appena entrati nella camera , ci lasciammo cadere sul sofà guardandoci in viso e domandandoci tutt ' e due insieme : - Che te ne pare ? - Che cosa ne dici ? - E pensare ch ' io son venuto qui per dipingere ! - Ed io per scrivere ! E ci ridemmo sul viso in atto di fraterno compatimento . Quella sera , in fatti , ed anche per varii giorni dopo , sua maestà Abdul - Aziz m ' avrebbe potuto offrire in premio una provincia dell ' Asia Minore , che non sarei riuscito a metter insieme dieci righe intorno alla capitale dei suoi Stati , tanto è vero che per descrivere le grandi cose bisogna farsi di lontano , e per ricordarsene bene , averle un po ' dimenticate . E poi come avrei potuto scrivere in una camera da cui si vedeva il Bosforo , Scutari e la cima dell ' Olimpo ? L ' albergo stesso era uno spettacolo . A tutte le ore del giorno , per le scale e pei corridoi , andava e veniva gente d ' ogni paese . Alla tavola rotonda sedevano ogni giorno venti nazioni . Desinando , non mi potevo levar dalla testa d ' essere un delegato del governo italiano , e di dover prendere la parola alle frutta su qualche grande questione internazionale . C ' erano visi rosei di lady , teste scapigliate d ' artisti , grinte d ' avventurieri da batterci moneta sopra , testine di vergini bizantine a cui non mancava che il nimbo d ' oro , faccie bizzarre e sinistre ; e ogni giorno cangiavano . Alle frutta , quando tutti parlavano , pareva d ' essere nella torre di Babele . Vi conobbi fin dal primo giorno parecchi russi infatuati di Costantinopoli . Ogni sera ci ritrovavamo là , di ritorno dai punti estremi della città , e ognuno aveva un viaggio da raccontare . Chi era salito in cima alla torre del Seraschiere , chi aveva visitato i cimiteri di Eyub , chi veniva da Scutari , chi aveva fatto una corsa sul Bosforo ; la conversazione era tutta ordita di descrizioni piene di colori e di luce ; e quando mancava la parola , i vini dolci e profumati dell ' Arcipelago facevano da suggeritori . C ' erano pure alcuni miei concittadini , bellimbusti danarosi , che mi fecero divorar molta stizza , perché dalla minestra alle frutta non facevano che dire ira d ' Iddio di Costantinopoli : e che non c ' eran marciapiedi , e che i teatri erano oscuri , e che non si sapeva come passar la sera . Erano venuti a Costantinopoli per passar la sera . Uno di costoro aveva fatto il viaggio sul Danubio . Gli domandai se gli era piaciuto il gran fiume . Mi rispose che in nessuna parte del mondo si cucinava lo storione come sui piroscafi della reale e imperiale Compagnia austriaca . Un altro era un tipo amenissimo di viaggiatore amoroso ; uno di coloro che viaggiano per sedurre , col taccuino delle conquiste . Era un contino lungo e biondo , largamente dotato dell ' ottavo dono dello Spirito Santo , che quando il discorso cadeva sulle donne turche , chinava la testa con un sorriso misterioso , e non pigliava parte alla conversazione se non con mezze parole troncate sempre artificialmente da una sorsata di vino . Arrivava tutti i giorni a desinare un po ' più tardi degli altri , tutto ansante , coll ' aria d ' averla fatta al Sultano un quarto d ' ora prima , e tra un piatto e l ' altro faceva passare di tasca in tasca , con molta cautela , dei bigliettini piegati , che dovevano parere lettere d ' odalische , ed erano sicurissimamente note d ' albergo . Ma i soggetti che s ' inciampano in questi alberghi di città cosmopolite ! Bisogna esserci stati per crederci . V ' era un giovane ungherese , sulla trentina , alto , nervoso , con due occhi diabolici e una parlantina febbrile , il quale , dopo aver fatto il segretario d ' un ricco signore a Parigi , era andato ad arruolarsi fra gli zuavi francesi in Algeria , era stato ferito e preso prigioniero dagli Arabi , poi scappato nel Marocco , poi ritornato in Europa e corso all ' Aja a chiedere il grado d ' ufficiale per andare a combattere contro gli Accinesi ; respinto all ' Aja , aveva deciso d ' arrolarsi nell ' esercito turco ; ma passando a Vienna per venire a Costantinopoli , s ' era preso una palla di pistola nel collo , in un duello per una donna , e faceva vedere la cicatrice ; respinto anche a Costantinopoli , - cos ' ho da fare ? - diceva - je suis enfant de l ' aventure ; bisogna bene ch ' io mi batta ; ho già trovato chi mi conduce alle Indie , - e mostrava il biglietto d ' imbarco - ; mi farò soldato inglese ; nell ' interno c ' è sempre qualcosa da fare ; io non cerco che di battermi ; che cosa m ' importa di morire ? Tanto ho un polmone rovinato . - Un altro bell ' originale era un francese , la cui vita pareva non fosse altro che una perpetua guerra colla posta : aveva una quistione pendente con la posta austriaca , colla francese , coll ' inglese ; mandava articoli di protesta alla Neue Freie Presse ; lanciava impertinenze telegrafiche a tutte le stazioni postali del continente , aveva ogni giorno un diverbio a qualche finestrino di posta , non riceveva una lettera a tempo , non ne scriveva una che arrivasse dov ' era mandata , e raccontava a tavola tutte le sue disgrazie e tutte le sue baruffe , concludendo sempre coll ' assicurarci che la Posta gli avrebbe accorciata la vita . Mi ricordo pure d ' una signora greca , un viso di spiritata , vestita bizzarramente , e sempre sola , che ogni sera si alzava da tavola a metà del desinare , e se n ' andava dopo aver fatto sul piatto un segno cabalistico di cui nessuno riuscì mai a capire il significato . Non ho più dimenticata nemmeno una coppia valacca , un bel giovane sui venticinque anni e una giovanetta sul primo sboccio , comparsi una sera sola , che erano indubitatamente due fuggiaschi ; lui rapitore , lei complice ; perché bastava fissarli un momento per farli arrossire , e ogni volta che s ' apriva la porta , scattavano come due molle . Di chi altri mi ricordo ? di cento altri , se ci pensassi . Era una lanterna magica . Ci divertivamo , il mio amico ed io , i giorni dell ' arrivo d ' un piroscafo , a veder entrare la gente per la porta di strada : tutti stanchi , sbalorditi , qualcuno ancora commosso dallo spettacolo della prima entrata ; faccie che dicevano : - Che mondo è questo ? Dove siamo venuti a cascare ? - Un giorno entrò un giovinetto , arrivato allora , che pareva matto dalla contentezza di essere finalmente a Costantinopoli , sogno della sua infanzia , e stringeva con tutt ' e due le mani la mano di suo padre ; e suo padre gli diceva con voce commossa : - Je suis heureux de te voir heureux , mon cher enfant . - Poi passavamo le ore calde alla finestra a guardare la Torre della fanciulla , che s ' alza , bianca come la neve , sopra uno scoglio solitario del Bosforo , in faccia a Scutari ; e mentre fantasticavamo sulla leggenda del principe di Persia che va a succhiare il veleno dal braccio della bella sultana , morsicata dall ' aspide , da una finestra della casa in faccia , ogni giorno alla stess ' ora , un ragazzo di cinque anni ci faceva le corna . Tutto era curioso in quell ' albergo . Fra le altre cose , dinanzi alla porta , trovavamo ogni sera uno o due soggetti di faccia equivoca , che dovevano essere provveditori di modelle per i pittori , e che pigliando tutti per pittori , a tutti domandavano a bassa voce : - Una turca ? una greca ? un ' armena ? un ' ebrea ? una nera ? COSTANTINOPOLI Ma torniamo a Costantinopoli , e spaziamovi come gli uccelli nel cielo . Qui ci si può levare tutti i capricci . Si può accendere il sigaro in Europa e andare a buttar la cenere in Asia . La mattina , levandoci , possiamo domandarci : - Che parte del mondo vedrò quest ' oggi ? - Si può scegliere fra due continenti e due mari . S ' ha a nostra disposizione dei cavalli sellati in ogni piazzetta , delle barchette a vela in ogni seno , dei piroscafi a cento scali ; il caicco che guizza , la talika che vola , e un esercito di ciceroni che parlano tutte le lingue d ' Europa . Volete sentir la commedia italiana ? veder ballare i dervis ? sentir le buffonate di Caragheuz , il pulcinella turco ? udire le canzonette licenziose dei teatrini di Parigi ? assistere alle rappresentazioni ginnastiche degli zingari ? farvi raccontare una leggenda araba da un rapsodo ? andare al teatro greco ? sentir predicare un iman ? veder passare il Sultano ? Chiedete e domandate . Tutte le nazioni sono al vostro servizio : l ' armeno per farvi la barba , l ' ebreo per lustrarvi le scarpe , il turco per condurvi in barca , il nero per strofinarvi nel bagno , il greco per porgervi il caffè , e tutti quanti per truffarvi . Per dissetarvi , passeggiando , trovate dei gelati fatti colla neve dell ' Olimpo ; se siete golosi , potete bere dell ' acqua del Nilo , come il Sultano ; se siete deboli di stomaco , acqua dell ' Eufrate ; se siete nervosi , acqua del Danubio . Potete desinare come l ' arabo nel deserto o come l ' epulone alla Maison dorée . Per far la siesta , avete i cimiteri ; per stordirvi , il ponte della Sultana Validè ; per sognare , il Bosforo ; per passar la domenica , l ' Arcipelago dei Principi ; per veder l ' Asia Minore , il monte di Bulgurlù ; per vedere il Corno d ' Oro , la torre di Galata ; per veder ogni cosa , la torre del Seraschiere . Ma è una città ancora più strana che bella . Le cose che non si presentarono mai insieme alla nostra mente , là si presentano insieme al nostro sguardo . Da Scutari parte la carovana per la Mecca e parte il treno diretto per Brussa , l ' antica metropoli ; fra le mura misteriose del vecchio serraglio , passa la strada ferrata che va a Sofia ; i soldati turchi scortano il prete cattolico che porta il Santo Sacramento ; il popolo fa festa nei cimiteri ; la vita , la morte , i piaceri , tutto s ' allaccia e si confonde . V ' è il movimento di Londra e la letargia dell ' ozio orientale , un ' immensa vita pubblica e un impenetrabile mistero nella vita privata ; un governo assoluto e una libertà senza confini . Per i primi giorni non si raccapezza nulla ; pare che d ' ora in ora o debba cessare quel disordine o seguire una rivoluzione ; ogni sera , tornando a casa , ci sembra di tornare da un viaggio ; ogni mattina uno si domanda : - Ma è proprio qui vicina Stambul ? - Non si sa dove andare a battere il capo , un ' impressione cancella l ' altra , i desiderii s ' affollano , il tempo fugge ; si vorrebbe restar là tutta la vita , si vorrebbe partire il giorno dopo . E quando poi s ' ha da descriverlo questo caos ? A momenti vi vien la tentazione di fare un fascio di tutti i libri e di tutti i fogli che ho sul tavolino , e di buttare ogni cosa dalla finestra . GALATA Il mio amico ed io non mettemmo testa a partito che il quarto giorno dopo l ' arrivo . Eravamo sul ponte , di buon mattino , ancora incerti di quello che avremmo fatto nella giornata , quando Yunk mi propose di fare una prima grande passeggiata , con una meta determinata , coll ' animo tranquillo , per osservare e studiare . - Percorriamo , - mi disse , - tutta la riva settentrionale del Corno d ' Oro , anche a costo di camminare fino a notte . Faremo colezione in una taverna turca , faremo la siesta all ' ombra d ' un platano e ritorneremo in caicco . - Accettai la proposta ; ci provvedemmo di sigari e di spiccioli , e data un ' occhiata alla carta della città , ci avviammo verso Galata . Il lettore che vuol conoscer bene Costantinopoli faccia il sacrifizio d ' accompagnarci . Arriviamo a Galata . Di qui deve cominciare la nostra escursione . Galata è posta sopra una collina che forma promontorio tra il Corno d ' Oro ed il Bosforo , dov ' era il grande cimitero dei Bizantini antichi . È la city di Costantinopoli . Son quasi tutte vie strette e tortuose , fiancheggiate da taverne , da botteghe di pasticcieri , di barbieri e di macellai , da caffè greci ed armeni , da ufficii di negozianti , da officine , da baracche ; tutto fosco , umido , fangoso , viscoso , come nei bassi quartieri di Londra . Una folla fitta e affaccendata va e viene per le vie , aprendosi continuamente per dar passo ai facchini , alle carrozze , agli asini , agli omnibus . Quasi tutto il commercio di Costantinopoli passa per questo borgo . Qui la Borsa , la Dogana , gli uffici del Lloyd austriaco , quelli delle Messaggerie francesi ; chiese , conventi , ospedali , magazzeni . Una strada ferrata sotterranea unisce Galata a Pera . Se non si vedessero per le strade dei turbanti e dei fez , non parrebbe d ' essere in Oriente . Da tutte le parti si sente parlar francese , italiano e genovese . Qui i Genovesi sono quasi in casa propria , e si danno ancora un po ' d ' aria di padroni , come quando chiudevano il porto a loro piacimento , e rispondevano col cannone alle minaccie degl ' Imperatori . Ma della loro potenza non rimangono più altri monumenti che alcune vecchie case sostenute da grossi pilastri e da arcate pesanti , e l ' antico edifizio dove risiedeva il Podestà . La Galata antica è quasi interamente sparita . Migliaia di casupole sono state rase al suolo per far luogo a due lunghe strade : una delle quali rimonta la collina verso Pera , e l ' altra corre parallela alla riva del mare da un ' estremità all ' altra di Galata . Per questa c ' innoltrammo il mio amico ed io , rifugiandoci ogni momento nelle botteghe per lasciar passare dei grandi omnibus , preceduti da turchi scamiciati che sgombravano la strada a colpi di verga . A ogni passo ci suonava nell ' orecchio un grido . Il facchino turco urlava : - Sacun ha ! - ( Largo ! ) ; il saccà armeno , portatore d ' acqua : - Varme su ! - l ' acquaiolo greco : - Crio nero ! - l ' asinaio turco : - Burada ! - il venditore di dolci : - Scerbet ! - il venditore di giornali : - Neologos ! - il carrozziere franco : Guarda ! Guarda ! Dopo dieci minuti di cammino , eravamo assordati . A un certo punto , con nostra meraviglia , ci accorgemmo che la strada non era più lastricata , e pareva che il lastrico fosse stato levato di fresco . Ci fermammo a guardare , cercando d ' indovinar la cagione . Un bottegaio italiano ci levò la curiosità . Quella strada conduce ai palazzi del Sultano . [ Torre di Galata ] Pochi mesi prima passando di là il corteo imperiale , il cavallo di sua maestà Abdul - Aziz era scivolato e caduto , e il buon Sultano , irritato , aveva ordinato che fosse tolto immediatamente il lastrico dal luogo della caduta fino al suo palazzo . In questo punto memorabile fissammo il termine orientale del nostro pellegrinaggio , e voltate le spalle al Bosforo , ci dirigemmo , per una serie di vicoli tetri e sudici , verso la torre di Galata . La città di Galata ha la forma d ' un ventaglio spiegato , e la torre , posta sul culmine della collina , rappresenta il suo perno . È una torre rotonda , altissima , di color fosco , che termina in una punta conica , formata da un tetto di rame , sotto il quale ricorre un giro di larghe finestre vetrate , una specie di terrazza coperta e trasparente , dove giorno e notte vigila una guardia per segnalare il primo indizio d ' incendio che apparisca nell ' immensa città . Fino a questa torre giungeva la Galata dei Genovesi , e la torre s ' innalza appunto sulla linea delle mura che separavano Galata da Pera ; mura di cui non rimane più traccia . E neanche la torre non è più l ' antica torre di Cristo , eretta in onore dei Genovesi caduti combattendo ; poichè la rifabbricò il sultano Mahmut II , ed era già stata prima restaurata da Selim III ; ma è pur sempre un monumento incoronato della gloria di Genova , e un Italiano non può contemplarlo , senza pensare con un sentimento d ' alterezza a quel pugno di mercanti , di marinai e di soldati , orgogliosamente audaci ed eroicamente cocciuti , che vi tennero su inalberata per secoli la bandiera della madre repubblica , trattando da pari a pari cogl ' Imperatori d ' Oriente . Appena oltrepassata la torre , ci trovammo in un cimitero musulmano . [ Cimitero di Galata ] Era quello che si chiama il cimitero di Galata : un grande bosco di cipressi , che dalla sommità della collina di Pera scende ripidamente fino al Corno d ' Oro , ombreggiando una miriade di colonnette di pietra o di marmo , inclinate in tutte le direzioni , e sparse in disordine giù per la china . Alcune di queste colonnette son terminate in forma di turbante rotondo , e serbano traccie di colori e d ' iscrizioni ; altre son terminate in punta ; molte rovesciate ; alcune monche , col turbante portato via di netto , e si crede che sian quelle dei giannizzeri , che il Sultano Mahmut volle sfregiare anche dopo la morte . La maggior parte delle fosse sono indicate da un rialzamento di terra in forma di prisma , e da due sassi confitti alle due estremità , sui quali , giusta la superstizione musulmana , devono sedere i due angeli Nekir e Munkir per giudicare l ' anima del defunto . Qua e là si vedono dei piccoli terrapieni circondati da un muricciolo o da una ringhiera , in mezzo ai quali s ' alza una colonnetta sormontata da un grosso turbante , e intorno altre colonnette minori : è un pascià o un gran signore , sepolto in mezzo alle sue donne e ai suoi figliuoli . Dei piccoli sentieri serpeggiano e s ' incrociano in mille punti da un ' estremità all ' altra del bosco ; qualche turco fuma la pipa seduto all ' ombra ; alcuni ragazzi corrono e saltellano in mezzo ai sepolcri ; qualche vacca pascola ; centinaia di tortore grugano fra i rami dei cipressi ; passano gruppi di donne velate ; e fra cipresso e cipresso , luccica giù in fondo l ' azzurro del Corno d ' Oro rigato di bianco dai minareti di Stambul . [ Pera ] Usciamo dal cimitero , ripassiamo ai piedi della torre di Galata e infiliamo la strada principale di Pera . Pera è alta cento metri sopra il mare , è ariosa ed allegra , e guarda il Corno d ' Oro ed il Bosforo . È la Westend della colonia europea ; la città dell ' eleganza e dei piaceri . La strada che percorriamo è fiancheggiata da alberghi inglesi e francesi , da caffè signorili , da botteghe luccicanti , da teatri , da Consolati , da club , da palazzi d ' ambasciatori ; tra i quali giganteggia il palazzo di pietra dell ' ambasciata russa , che domina come una fortezza Pera Galata e il sobborgo di Funduclù , posto sulla riva del Bosforo . Qui brulica una folla affatto diversa da quella di Galata . Sono quasi tutti cappelli a staio e cappelletti piumati o infiorati di signore . Sono zerbinotti greci , italiani e francesi , negozianti d ' alto bordo , impiegati delle legazioni , ufficiali di navi straniere , carrozze d ' ambasciatori , e figurine equivoche d ' ogni nazione . I turchi si fermano ad ammirare le teste di cera delle botteghe dei barbieri , le turche si piantano colla bocca aperta davanti alle vetrine delle modiste ; l ' europeo parla ad alta voce , sghignazza e scherza in mezzo alla strada ; il musulmano , si sente in casa d ' altri , e passa colla testa meno alta che a Stambul . Tutt ' a un tratto il mio amico mi fece voltare indietro perché guardassi Stambul : da quel punto , infatti , si vedeva lontano , dietro un velo azzurrino , la collina del Serraglio , Santa Sofia e i minareti del Sultano Ahmed ; un altro mondo da quello in cui eravamo ; e poi mi disse : - Guarda qui , adesso . - Abbassai gli occhi e lessi in una vetrina : - La dame aux camelias , Madame Bovary , Mademoiselle Giraud ma femme . E anche a me quel rapido passaggio fece un senso vivissimo , e dovetti star là un momento a pensarci sopra . Un ' altra volta fermai io il mio compagno e fu per mostrargli un caffè meraviglioso : un lungo e largo corridoio oscuro , in fondo al quale , per una grande finestra spalancata , si vedeva a una lontananza che pareva immensa , Scutari illuminata dal sole . Andiamo innanzi per la gran strada di Pera , e siamo quasi arrivati in fondo , quando sentiamo gridare da una voce tonante : - T ' amo , Adele ! t ' amo più della vita ! T ' amo quanto si può amare sulla terra ! - Ci guardiamo in faccia trasecolati . Di dove viene quella voce ? Voltandoci , vediamo per le fessure d ' un assito un giardino pieno di sedili , un palco scenico e dei commedianti che fanno le prove . Una signora turca , poco lontano da noi , guarda anch ' essa per le fessure , e ride dai precordi . Un vecchio turco che passa scrolla la testa in segno di compassione . All ' improvviso la turca getta un grido e fugge ; altre donne là intorno mettono uno strillo e voltan le spalle . Che è accaduto ? È un turco , un uomo sulla cinquantina , conosciuto da tutta Costantinopoli , il quale passeggia per le vie nello stato in cui voleva ridurre tutti i musulmani il famoso monaco Turk sotto il regno di Maometto IV : ignudo dalla testa ai piedi . Il disgraziato saltella sui ciottoli urlando e sghignazzando , e un branco di monelli lo insegue facendo un baccano d ' inferno . - È da sperarsi che lo arresteranno , - dico al portinaio del teatro . - Nemmen per sogno , - mi risponde ; - son mesi che gira per la città liberamente . - Intanto vedo giù per la via di Pera gente che vien fuori dalle botteghe , donne che scappano , ragazze che si coprono il viso , porte che si chiudono , teste che si ritirano dalle finestre . E questo segue tutti i giorni e nessuno se ne dà pensiero ! Uscendo dalla via di Pera , ci troviamo dinanzi a un altro cimitero musulmano , ombreggiato da un boschetto di cipressi e chiuso tutt ' intorno da un alto muro . Se non ce l ' avessero detto poi , non avremmo mai indovinato il perché di quel muro , che fu innalzato di fresco : ed è che il bosco sacro al riposo dei morti era diventato un nido d ' amori soldateschi ! Andando oltre , infatti , trovammo l ' immensa caserma d ' artiglieria innalzata da Scialil - Pascià : un solido edificio di forma rettangolare , dello stile moresco del rinascimento turco , con una porta fiancheggiata da colonne leggere e sormontata dalla mezzaluna e dalla stella d ' oro di Mahmut , con gallerie sporgenti e finestrine ornate di stemmi e di arabeschi . Dinanzi alla caserma passa la strada di Dgiedessy che è un prolungamento di quella di Pera , di là dalla strada si stende una vasta piazza d ' armi , e di là dalla piazza d ' armi altri borghi . Qui , dove nei giorni feriali regna ordinariamente un profondo silenzio , la sera della domenica passa un torrente di gente e una processione di carrozze , tutta la società elegante di Pera , che va a spandersi nei giardini nelle birrerie e nei caffè di là dalla Caserma . In uno di questi caffè si fece la nostra prima sosta ; nel caffè della Bella vista , luogo di ritrovo del fiore della società perota , e degno veramente del suo nome ; perché dal suo vasto giardino , che sporge come una terrazza sulla sommità dell ' altura , si vede sotto il grande sobborgo musulmano di Funduclù , il Bosforo coperto di bastimenti , la riva asiatica sparsa di giardini e di villaggi , Scutari colle sue bianche moschee , una bellezza di verde , d ' azzurro , e di luce , che sembra un sogno . Ci levammo di là con rammarico , e ci parve a tutt ' e due d ' esser pitocchi a buttar sul vassoio otto miserabili soldi per due tazze di caffè , dopo aver goduto quella visione di paradiso terrestre . [ Gran Campo dei Morti ] Uscendo dalla Bella vista ci trovammo in mezzo al Gran Campo dei morti dove è sepolta in cimiteri distinti gente di tutti i culti , eccettuato l ' ebraico . È un bosco fitto di cipressi , d ' acacie e di sicomori , nel quale biancheggiano migliaia di pietre sepolcrali , che da lontano paiono le rovine d ' un immenso edifizio . Tra albero e albero si vede il Bosforo e la riva asiatica . Fra le tombe serpeggiano dei larghi viali in cui passeggiano dei greci e degli armeni . Su alcune pietre stanno seduti dei turchi colle gambe incrociate , guardando il Bosforo . V ' è un ' ombra , un fresco e una pace che , al primo entrarvi , si prova una sensazione deliziosa , come entrando d ' estate in una grande cattedrale semioscura . Ci arrestammo nel cimitero armeno . Le pietre sepolcrali son tutte grandi e piane , coperte d ' iscrizioni nel carattere regolare ed elegante della lingua armena , e su quasi tutte è scolpita un ' immagine che rappresenta il mestiere o la professione del morto . Sono martelli , seghe , penne , scrigni , collane ; il banchiere è rappresentato da una bilancia , il prete da una mitra , il barbiere da una catinella , il chirurgo da una lancetta . Sopra una pietra vedemmo una testa spiccata dal busto , e il busto grondante di sangue : era il sepolcro d ' un assassinato o d ' un giustiziato . Un armeno vi dormiva accanto , sdraiato sull ' erba , colla faccia in aria . Entrammo nel cimitero musulmano . Anche qui una infinità di colonnette a file e a gruppi disordinati ; alcune colla testa dipinta e dorata ; quelle delle donne terminate da un gruppo d ' ornamenti in rilievo che rappresentano dei fiori ; molte circondate d ' arbusti e di pianticelle fiorite . Mentre stavamo osservando una di queste colonne , due turchi che tenevano per mano un bambino , ci passarono accanto , andarono innanzi altri cinquanta passi , si fermarono dinanzi a un tumulo , vi sedettero sopra , e aperto un involto che portavano sotto il braccio , si misero a mangiare . Io stetti ad osservarli . Quand ' ebbero finito , il più avanzato in età raccolse qualchecosa in un foglio di carta , - mi parve un pesce e del pane , - e con un atto rispettoso , mise il piccolo pacco in un buco accanto al sepolcro . Dopo questo accesero tutti e due la pipa e fumarono tranquillamente : il bambino s ' alzò e si mise a scorrazzare per il cimitero . Quel pesce e quel pane , ci fu spiegato poi , erano la parte di cibo che i turchi lasciavano in segno d ' affetto al loro parente , sepolto probabilmente da poco ; e quel buco era l ' apertura che si lascia nella terra vicino al capo di tutti i sepolti musulmani , perché possano udire i lamenti e i pianti dei loro cari e ricevere qualche goccia d ' acqua di rosa o sentir il profumo di qualche fiore . Finita la loro fumatina funebre , i due turchi pietosi si alzarono , e ripreso per mano il bambino , disparvero in mezzo ai cipressi . [ Pancaldi ] Usciamo dal cimitero , ci troviamo in un altro quartiere cristiano , Pancaldi , attraversato da strade spaziose , fiancheggiate da edifizi nuovi ; circondato di villette , di giardini , di ospedali e di grandi caserme ; il sobborgo di Costantinopoli più lontano dal mare ; visitato il quale , torniamo indietro per ridiscendere verso il Corno d ' Oro . Ma nell ' ultima strada del sobborgo , assistiamo a uno spettacolo nuovo e solenne : il passaggio d ' un convoglio funebre greco . Una folla silenziosa si schiera dalle due parti della strada : viene innanzi un gruppo di preti greci , colle toghe ricamate ; l ' archimandrita con una corona sul capo e un lungo abito luccicante d ' oro ; dei giovani ecclesiastici vestiti di colori vivi ; uno stuolo di parenti e d ' amici coi loro vestimenti più ricchi , e in mezzo a loro una bara inghirlandata di fiori , sulla quale è distesa una giovanetta di quindici anni , vestita di raso e tutta splendente di gioielli , col viso scoperto , - un piccolo viso bianco come la neve , colla bocca leggermente contratta in una espressione di spasimo , - e due bellissime treccie nere distese sulle spalle e sul seno . La bara passa , la folla si chiude , il convoglio s ' allontana , e noi rimaniamo soli e pensierosi in una strada deserta . [ San Dimitri ] Scendiamo dalla collina di Pancaldi , attraversiamo il letto asciutto d ' un torrentello , saliamo su per un altro colle , ci troviamo in un altro sobborgo : San Dimitri . Qui la popolazione è quasi tutta greca . Si vedono da ogni parte occhi neri e nasi aquilini e affilati ; vecchi d ' aspetto patriarcale ; giovani svelti e arditi ; donnine colle trecce sulle spalle ; ragazzi dai visetti astuti che sgallettano in mezzo alla via fra le galline e i maiali , riempiendo l ' aria di grida argentine e di parole armoniose . Ci avvicinammo a un gruppo di quei ragazzi che si baloccavano coi sassi , chiacchierando tutti ad una voce . Uno di essi , sugli otto anni , il più indiavolato di tutti , che ogni momento buttava in aria il suo piccolo fez gridando : - Zito ! Zito ! - ( Viva ! Viva ! ) - si voltò improvvisamente verso un altro monello seduto dinanzi a una porta e gridò : - Checchino ! Buttami la palla ! - Io lo afferrai per il braccio con un movimento da zingaro rapitore di fanciulli e gli dissi : - Tu sei italiano ! - No signore , - rispose , - sono di Costantinopoli . - E chi t ' ha insegnato a parlare italiano ? - domandai . - Oh bella ! - rispose , - la mamma . - E dov ' è la mamma ? In quel punto mi s ' avvicinò una donna con un bimbo in collo , tutta sorridente , e mi disse ch ' era pisana , moglie d ' uno scalpellino livornese , che si trovava a Costantinopoli da ott ' anni , e che quel ragazzo era suo figlio . Se quella buona donna avesse avuto un bel viso di matrona , una corona turrita sulla testa e un manto sulle spalle , non avrebbe rappresentato più vivamente l ' Italia ai miei occhi e al mio cuore . - Come vi ritrovate qui ? - le domandai ; - che ne dite di Costantinopoli ? - Che n ' ho da dire ? - rispose sorridendo ingenuamente . - L ' è una città che ... a dirle il vero , mi ci par sempre l ' ultimo giorno di carnovale . - E qui , dando la stura alla sua parlantina toscana , ci fece sapere che pe ' musulmani il loro Gesù è Maometto , che un turco può sposare quattro donne , che la lingua turca è bravo chi ne intende una parola , e altre novità dello stesso conio ; ma che dette in quella lingua , in mezzo a quel quartiere greco , ci riuscirono più care di qualunque notizia più peregrina , tanto che prima di andarcene lasciammo un piccolo ricordo d ' argento nella manina del monello , e andandocene esclamammo tutti e due insieme : - Ah ! una boccata d ' Italia , di tanto in tanto , come fa bene ! [ Tataola ] Attraversammo una seconda volta la piccola valle , e ci trovammo in un altro quartiere greco , Tataola , dove lo stomaco suonando a soccorso , cogliemmo l ' occasione per visitare l ' interno d ' una di quelle taverne innumerevoli di Costantinopoli , che hanno un aspetto singolarissimo , e son tutte fatte ad un modo . È uno stanzone grandissimo , di cui si potrebbe fare un teatro , non rischiarato per lo più che dalla porta di strada , e ricorso tutt ' intorno da un alta galleria di legno a balaustri . Da una parte v ' è un enorme fornello dove un brigante in maniche di camicia frigge dei pesci , fa girare degli arrosti , rimesta degl ' intingoli , e s ' adopera in altri modi ad accorciare la vita umana ; dall ' altra un banco dove un ' altra faccia minacciosa distribuisce vino bianco e vino nero in bicchieri a manico ; in mezzo e sul davanti , seggiole nane senza spalliera e tavolette poco più alte delle seggiole che rammentano i bischetti dei calzolai . Entrammo un po ' vergognosi perché v ' era un gruppo di greci e d ' armeni di bassa lega , e temevamo che ci guardassero con curiosità canzonatoria ; ma nessuno invece ci degnò d ' un ' occhiata . Gli abitanti di Costantinopoli sono , io credo , la gente meno curiosa di questo mondo ; bisogna almeno essere Sultani o passeggiar nudi per le strade come il pazzo di Pera , perché qualcuno s ' accorga che siete al mondo . Ci sedemmo in un angolo e stemmo ad aspettare . Ma nessuno veniva . Allora capimmo che nelle taverne costantinopolitane c ' è l ' uso di servirsi da sè . Andammo prima al fornello a farci dare un arrosto , Dio sa di che quadrupede , poi al banco a prendere un bicchier di vino resinoso di Tenedo , e portato ogni cosa sopra la tavola che ci arrivava al ginocchio , mostrandoci l ' un l ' altro il bianco degli occhi , si consumò il sacrificio . Pagammo con rassegnazione , e usciti in silenzio per paura che ci uscisse dalla bocca un raglio o un latrato , ripigliammo il nostro viaggio verso il Corno d ' Oro . [ Kassim - pascià ] Dopo dieci minuti di cammino , ci trovammo daccapo in piena Turchia , nel grande sobborgo musulmano di Kassim - pascià , in una vera città popolata di moschee e di conventi di dervis , piena d ' orti e di giardini , che occupa una collina e una valle , e si distende fino al Corno d ' Oro , abbracciando tutta l ' antica baia di Mandracchio , dal cimitero di Galata fino al promontorio che prospetta il sobborgo di Balata sull ' altra riva . Dall ' alto di Kassim - pascià si gode uno spettacolo incantevole . Si vede sotto , sulla riva , l ' immenso arsenale Ters - Kané : un labirinto di bacini , d ' opifici , di piazze , di magazzini e di caserme , che si stende per la lunghezza d ' un miglio lungo tutta la parte del Corno d ' Oro che serve di Porto di guerra ; il palazzo del Ministro della Marina , elegante e leggero , che par che galleggi sull ' acqua , e disegna le sue forme bianche sul verde cupo del cimitero di Galata ; il porto percorso da vaporini e caicchi pieni di gente , che guizzano in mezzo alle corazzate immobili e alle vecchie fregate della Guerra di Crimea ; e sulla sponda opposta , Stambul , l ' acquedotto di Valente che slancia i suoi archi altissimi nell ' azzurro del cielo , le grandi moschee di Maometto e di Solimano , e una miriade di case e di minareti . Per godere meglio questo spettacolo ci sedemmo dinanzi a un caffè turco , e sorbimmo la quarta o la quinta delle dodici tazze che , volere o non volere , stando a Costantinopoli , bisogna tracannare ogni giorno . Era un caffè meschino , ma come tutti i caffè turchi , originalissimo : non molto diverso , forse , dai primissimi caffè dei tempi di Solimano il Grande , o da quelli in cui irrompeva colla scimitarra nel pugno il quarto Amurat , quando faceva la ronda notturna per castigar di sua mano gli spacciatori del liquore proibito . Di quanti editti imperiali , di quante dispute di teologi e lotte sanguinose è stato cagione questo " nemico del sonno e della fecondità , " come lo chiamavano gli ulema austeri ; questo " genio dei sogni e sorgente dell ' immaginazione " , come lo chiamavano gli ulema di manica larga , ch ' è ora , dopo l ' amore e il tabacco , il conforto più dolce d ' ogni più povero Osmano ! Ora si beve il caffè sulla cima della torre di Galata e della torre del Seraschiere , il caffè in tutti i vaporini , il caffè nei cimiteri , nelle botteghe dei barbieri , nei bagni , nei bazar . In qualunque parte di Costantinopoli uno si trovi non ha che a gridare , senza voltarsi : - Caffè - gì ! ( Caffettiere ! ) e dopo tre minuti gli fuma dinanzi una tazza . [ Il Caffè ] Il nostro caffè era una stanza tutta bianca , rivestita di legno fino all ' altezza d ' un uomo , con un divano bassissimo lungo le quattro pareti . In un angolo c ' era un fornello su cui un turco dal naso forcuto stava facendo il caffè in piccole caffettiere di rame , che vuotava man mano in piccolissime tazze , mettendovi egli stesso lo zucchero ; poichè da per tutto , a Costantinopoli , si fa il caffè apposta per ogni avventore , e gli si porta bell ' inzuccherato , con un bicchiere d ' acqua che i Turchi bevono sempre prima di avvicinare la tazza alle labbra . Ad una parete era appeso un piccolo specchio , e accanto allo specchio una specie di rastrelliera piena di rasoi a manico fisso ; poichè la maggior parte dei caffè turchi sono ad un tempo botteghe di barbieri , e non di rado il caffettiere è anche cavadenti e salassatore , e macella le sue vittime nella stanza medesima dove gli altri avventori pigliano il caffè . Alla parete opposta era appesa un ' altra rastrelliera piena di narghilè di cristallo coi lunghi tubi flessibili , attorcigliati come serpenti , e di cibuk di terra cotta colle cannette di legno di ciliegio . Cinque turchi pensierosi stavano seduti sul divano , fumando il narghilè ; altri tre erano dinanzi alla porta , accoccolati sopra bassissime seggiole di paglia senza spalliera , l ' uno accanto all ' altro , colle spalle appoggiate al muro e colla pipa alle labbra ; un giovane della bottega radeva il capo , davanti allo specchio , a un grosso dervis insaccato in una tonaca di pelo di cammello . Nessuno ci guardò quando sedemmo , nessuno parlava , e fuorchè il caffettiere e il suo giovane , nessuno faceva il menomo movimento . Non si sentiva altro rumore che il gorgoglio dell ' acqua dei narghilè , che somiglia alla voce dei gatti quando fanno le fusa . Tutti guardavano diritto dinanzi a sè , cogli occhi fissi , e con un viso che non esprimeva assolutamente nulla . Pareva un piccolo museo di statue di cera . Quante di queste scene mi son rimaste impresse nella memoria ! Una casa di legno , un turco seduto , una bellissima veduta lontana , una gran luce e un gran silenzio : ecco la Turchia . Ogni volta che questo nome mi passa per la mente , ci passano nello stesse punto quelle immagini , come un mulino a vento e un canale all ' udir nominare Olanda . [ Pialì - Pascià ] Di là , fiancheggiando un grande cimitero mussulmano , che dall ' alto della collina di Kassim - pascià scende fino a Ters - Kanè , rimontammo verso settentrione , scendemmo nella valletta di Pialì - Pascià , piccolo sobborgo mezzo nascosto in mezzo alla verzura dei giardini e degli orti ; e ci fermammo dinanzi alla moschea che gli dà il nome . È una moschea bianca , sormontata da sei cupole graziose , con un cortile circondato d ' archi e di colonnine gentili , un minareto leggerissimo e una corona di cipressi giganteschi . In quel momento tutte le casette circostanti erano chiuse , le strade deserte , il cortile stesso della moschea , solitario ; la luce e l ' uggia del mezzogiorno avvolgevano ogni cosa ; e non si sentiva che il ronzìo dei tafani . Guardammo l ' orologio : mancavano tre minuti alle dodici : una delle cinque ore canoniche dei musulmani , in cui i muezzin s ' affacciano al terrazzo dei minareti per gridare ai quattro punti dell ' orizzonte le formole sacramentali dell ' Islam . Sapevamo bene che non c ' è minareto in tutta Costantinopoli sul quale , a quell ' ora fissa , non comparisca , puntuale come l ' automa d ' un orologio , l ' annunziatore del profeta . Eppure ci pareva strano che anche in quella estremità della città immensa , su quella moschea solitaria , a quell ' ora , in quel silenzio profondo , dovesse comparire quella figura e suonare quella voce . Tenni l ' orologio in mano , e guardando attentamente la lancetta dei minuti e la porticina del terrazzo del minareto , alta quasi come un terzo piano d ' una casa ordinaria , stetti aspettando con viva curiosità . La lancetta toccò il sessantesimo trattino nero , e nessuno comparve . - Non viene ! - dissi . - [ Pialì - Pascià ] Eccolo ! - rispose Yunk . Era comparso . Il parapetto del terrazzo lo nascondeva tutto , fuorchè il viso , di cui , per la lontananza , non si distingueva la fisonomia . Stette per qualche secondo immobile ; poi si tappò le orecchie colle dita , e alzando il volto al cielo , gridò con una voce lenta , tremula e acutissima , con un accento solenne e lamentevole , le sacre parole , che risuonano , nello stesso punto su tutti i minareti dell ' Affrica , dell ' Asia e dell ' Europa : - Dio è grande ! Non v ' è che un Dio ! Maometto è il profeta di Dio ! Venite alla preghiera ! Venite alla salute ! Dio è grande ! Dio è un solo ! Venite alla preghiera ! - Poi fece un mezzo giro sul terrazzo e ripetè le stesse parole rivolto a settentrione ; poi a levante , poi a occidente , e poi disparve . In quel punto ci arrivarono all ' orecchio fioche fioche le ultime note d ' un ' altra voce lontana , che pareva il grido d ' uno che chiedesse soccorso , e poi tutto tacque , e rimanemmo anche noi per qualche minuto silenziosi , con un sentimento vago di tristezza come se quelle due voci avessero consigliato la preghiera soltanto a noi , e sparendo quel fantasma , fossimo rimasti soli nella valle come due abbandonati da Dio . Nessun suono di campana mi ha mai toccato il cuore così intimamente ; e soltanto quel giorno compresi il perché Maometto , per chiamare i fedeli alla preghiera , abbia preferito all ' antica tromba israelitica e all ' antica tabella cristiana , il grido dell ' uomo . E su quella scelta fu lungo tempo incerto ; onde poco mancò che tutto l ' Oriente non pigliasse un aspetto assai diverso da quello che ha ora ; poichè s ' era scelta la tabella , che poi si cangiò in campana , si sarebbe certo trasformato il minareto , e uno dei tratti più originali e più graziosi della città e del paesaggio orientale sarebbe andato perduto . [ Ok - Meidan ] Risalendo da Pialì - Pascià sulla collina , verso occidente , ci trovammo in un vastissimo spazio di terreno brullo , da cui si vedeva tutto il Corno d ' Oro e tutta Stambul , dal borgo d ' Eyub alla collina del serraglio ; quattro miglia di giardini e di moschee , una grandezza e una leggiadria , da contemplarsi in ginocchio come una apparizione celeste . Era l ' Ok - meïdan , la piazza delle freccie , dove andavano i Sultani a tirar dell ' arco secondo l ' uso dei re Persiani . Vi sono ancora sparse , a distanze ineguali , alcune colonnine di marmo , segnate d ' iscrizioni , che indicano i punti dove caddero le freccie imperiali . V ' è ancora il chiosco elegante , con una tribuna , da cui i sultani tendevano l ' arco . A destra , nei campi , si stendeva una lunga fila di pascià e di bey , punti viventi d ' ammirazione , coi quali il padiscià rendeva omaggio alla propria destrezza ; a sinistra , dodici paggi della famiglia imperiale , che correvano a raccogliere gli strali e a segnare il punto della caduta ; intorno , dietro gli alberi e i cespugli , qualche turco temerario venuto per contemplare di nascosto le sembianze sublimi del Gran Signore ; e sulla tribuna campeggiava nell ' atteggiamento d ' un atleta superbo , Mahmut , il più vigoroso arciere dell ' impero , di cui l ' occhio scintillante faceva curvar la fronte agli spettatori , e la barba famosa , nera come il corvo del Monte Tauro , spiccava di lontano sul grande mantello candido , spruzzato del sangue dei Giannizzeri . Ora tutto è cangiato e diventato prosaico : il Sultano tira colla rivoltella nei cortili del suo palazzo e sull ' Ok - meïdan s ' esercita al bersaglio la fanteria . Da una parte v ' è un convento di dervis , dall ' altra un caffè solitario ; e tutta la campagna è desolata e malinconica come una steppa . [ Piri - Pascià ] Scendendo dall ' Ok - meïdan verso il Corno d ' Oro , ci trovammo in un altro piccolo sobborgo musulmano , chiamato Piri - Pascià , forse da quel famoso gran vizir del primo Selim , che educò Solimano il Grande . Piri - Pascià prospetta il sobborgo israelitico di Balata , posto sull ' altra riva del Corno . Non v ' incontrammo che qualche cane e qualche vecchia turca mendicante . Ma questa solitudine ci permise di considerare a nostro bell ' agio la struttura del borgo . È una cosa singolare . In quel borgo , come in qualunque altra parte di Costantinopoli uno s ' addentri , dopo averla vista o dal mare o dalle alture vicine , si prova la medesima impressione che a guardare un bello spettacolo coreografico dal palco scenico dopo averlo visto dalla platea ; ci si meraviglia che quell ' insieme di cose brutte e meschine possa produrre una così bella illusione . Non v ' è nessuna città al mondo , io credo , nella quale la bellezza sia così pura apparenza come a Costantinopoli . Veduta da Balata , Piri - Pascià è una cittadina gentile , tutta colori ridenti , inghirlandata di verzura , che si specchia nelle acque del Corno d ' Oro come una ninfa , e desta mille immagini d ' amore e di delizia . Entrateci , tutto svanisce . Non sono che casupole rozze , tinte di coloracci da baracche di fiera ; cortiletti angusti e sucidi , che paiono ricettacoli di streghe ; gruppi di fichi e di cipressi polverosi , giardini ingombri di calcinacci , vicoli deserti , miseria , immondizie , tristezza . Ma scendete una china , saltate in un caicco , e dopo cinque remate , rivedete la cittadina fantastica , in tutta la pompa della sua bellezza e della sua grazia . [ Hasskioi ] Andando innanzi , sempre lungo la riva del Corno d ' Oro , scendiamo in un altro sobborgo , vasto , popoloso , d ' aspetto strano , dove , fin dai primi passi , ci accorgiamo di non essere più in mezzo ai musulmani . Da ogni parte si vedono bambini coperti di gore e di scaglie che si ravvoltolano per terra ; vecchie sformate e cenciose che lavorano colle mani scheletrite sugli usci delle case ingombre di ciarpame e ferravecchi ; uomini ravvolti in lunghi vestiti sudici , con un fazzoletto in brandelli attorcigliato intorno alla testa , che passano lungo i muri in aspetto furtivo ; visi macilenti alle finestre ; cenci appesi fra casa e casa ; strame e belletta in ogni parte . È Hasskioi , il sobborgo israelitico , il ghetto della riva settentrionale del Corno d ' Oro , che fa fronte a quello dell ' altra riva , al quale lo congiungeva durante la guerra di Crimea un ponte di legno di cui non rimane più traccia . Di qui comincia un ' altra lunga catena di arsenali , di scuole militari , di caserme e di piazze d ' armi , che si stende fin quasi in fondo al Corno d ' oro . Ma di questo non vedemmo nulla perché ormai non ce lo consentivano nè le gambe , nè la testa . Già tutte le cose vedute ci si confondevano nella mente ; ci pareva di essere in viaggio da una settimana ; pensavamo a Pera lontanissima con un leggiero sentimento di nostalgia , e saremmo tornati indietro , se non ci avesse trattenuto il proposito fatto solennemente sul vecchio ponte , e se Yunk non m ' avesse rianimato , secondo il suo solito , intonando la gran marcia dell ' Aida . [ Halidgi - Oghli ] Avanti dunque . Attraversiamo un altro cimitero musulmano , saliamo sopra un ' altra collina , entriamo in un altro sobborgo , nel sobborgo di Halidgi - Oghli , abitato da una popolazione mista ; una piccola città dove ad ogni svolto di vicolo , si trova una nuova razza e una nuova religione . Si sale , si scende , si rampica , si passa in mezzo alle tombe , alle moschee , alle chiese , alle sinagoghe ; si gira intorno a cimiteri e a giardini ; s ' incontrano delle belle armene di forme matronali e delle turche leggiere che sbirciano a traverso il velo ; si sente parlar greco , armeno e spagnuolo , - lo spagnuolo degli ebrei - ; e si cammina , si cammina . Si dovrà pure arrivare in fondo a questa Costantinopoli ! - diciamo fra noi . - Tutto ha un confine su questa terra ! Già le case di Halidgi - Oghli diradano , cominciano a verdeggiare li orti , non c ' è più che un gruppo di abituri , vi passiamo in mezzo , siamo finalmente arrivati ... [ Sudludgé ] Ahimè ! non siamo arrivati che a un altro sobborgo . È il sobborgo cristiano di Sudludgé , che s ' innalza sopra una collina , circondato di orti e di cimiteri ; sulla collina ai piedi della quale metteva capo il solo ponte che unisse anticamente le due rive del Corno d ' oro . Ma questo sobborgo , come Dio vuole , è l ' ultimo , e la nostra escursione è finita . Usciamo di fra le case per cercare un luogo di riposo ; saliamo su per una altura ripida e nuda che s ' alza alle spalle di Sudludgé , e ci troviamo dinanzi al più grande cimitero israelitico di Costantinopoli : un vasto piano coperto d ' una miriade di pietre abbattute , le quali presentano l ' aspetto sinistro d ' una città rovinata dal terremoto , senza un albero , senza un fiore , senza un filo d ' erba , senza una traccia di sentiero : una solitudine desolata che stringe il cuore , come lo spettacolo d ' una grande sventura . Sediamo sopra una tomba , rivolti verso il Corno d ' oro , ed ammiriamo , riposando , il panorama immenso e gentile che ci si stende dintorno . Si vede , sotto , Sudludgé , Halidgi - Oghli , Hasskioj , Piri - Pascià , una fuga di sobborghi chiusi fra l ' azzurro del mare e il verde dei cimiteri e dei giardini ; a sinistra l ' Okmeïdan solitario , e i cento minareti di Kassim - Pascià ; più lontano , Stambul , sterminata e confusa ; di là da Stambul , le somme linee delle montagne dell ' Asia , quasi svanite nel cielo ; dinanzi , proprio in faccia a Sudludgé , dall ' altra parte del Corno d ' oro , il borgo misterioso d ' Eyub , di cui si distinguono uno per uno i ricchi mausolei , le moschee di marmo , le chine ombrose sparse di tombe , i viali solitari , e i recessi pieni di tristezza di grazia ; e a destra d ' Eyub altri villaggi che si guardan nell ' acqua , e poi l ' ultima svolta del Corno d ' oro , che si perde fra due alte rive rivestite d ' alberi e di fiori . Spaziando collo sguardo su quel panorama , stanchi , quasi in uno stato di dormiveglia , senz ' accorgercene , mettiamo in musica quella bellezza , canterellando non so che cosa ; ci domandiamo chi sarà il morto su cui siamo seduti ; frughiamo con un fuscello dentro un formicaio ; parliamo di mille sciocchezze ; ci diciamo di tratto in tratto : - Ma siamo proprio a Costantinopoli ? - ; poi pensiamo che la vita è breve e che tutto è vanità ; e poi ci piglian dei fremiti d ' allegrezza ; ma in fondo sentiamo che nessuna bellezza della terra dà una gioia veramente intera , se contemplandola , non si sente nella propria mano la manina della donna che si ama . [ In caicco ] Verso il tramonto scendiamo al Corno d ' oro , entriamo in un caicco a quattro remi , e non abbiamo ancora pronunziato la parola : - Galata ! - che la barchetta gentile è già lontana dalla riva . E il caicco è veramente la barchetta più gentile che abbia mai solcato le acque . È più lungo della gondola , ma più stretto e più sottile ; è scolpito , dipinto e dorato ; non ha nè timone , nè sedili ; vi si siede sopra in cuscino o un tappeto , in modo che non riman fuori che la testa e le spalle ; è terminato alle due estremità in maniera da poter andare nelle due direzioni ; si squilibra al menomo movimento , si spicca dalla riva come una freccia dall ' arco , par che voli a fior d ' acqua come una rondine , passa da per tutto , scivola e fugge specchiando nell ' onde i suoi mille colori come un delfino inseguito . I nostri rematori erano due bei giovani turchi col fez rosso , con una camicia cilestrina , con un paio di grandi calzoni bianchissimi , colle braccia e colle gambe nude ; due atleti ventenni , color di bronzo , puliti , allegri e baldanzosi , che ad ogni remata mandavano innanzi la barca di tutta la sua lunghezza ; altri caicchi ci passavano accanto di volo , che appena si vedevano ; ci passavano vicino degli stormi d ' anitre , ci roteavano sul capo degli uccelli , ci rasentavano delle grandi barche coperte , piene di turche velate , e le alghe di tratto in tratto ci nascondevano ogni cosa . Vista d ' in fondo al Corno d ' Oro , a quell ' ora , la città presentava un aspetto nuovissimo . Non si vedeva la riva asiatica , a cagione della curvatura della rada ; la collina del Serraglio chiudeva il Corno d ' oro come un lunghissimo lago ; le colline delle due rive sembravano ingigantite ; e , Stambul , lontana lontana , sfumata con una gradazione dolcissima di tinte cineree e azzurrine , enorme e leggera come una città fatata , pareva che galleggiasse sul mare e si perdesse nel cielo . Il caicco volava , le due rive fuggivano , i seni succedevano ai seni , i boschetti ai boschetti , i sobborghi ai sobborghi ; e via via che s ' andava innanzi , tutto ci s ' allargava e ci s ' innalzava dintorno , i colori della città illanguidivano , l ' orizzonte s ' infocava , le acque mandavano dei riflessi d ' oro e di porpora , e un profondo stupore ci entrava a poco a poco nell ' anima , misto a una dolcezza indefinibile , che ci faceva sorridere e non ci lasciava parlare . Quando il caicco si fermò allo scalo di Galata , uno dei barcaioli ci dovette gridare negli orecchi : Monsù ! Arrivar ! - e ci destammo come da un sogno . IL GRAN BAZAR Dopo aver visto di volo tutta Costantinopoli , percorrendo le due rive del Corno d ' oro , è tempo di entrare nel cuore di Stambul , d ' andar a vedere quella fiera universale e perpetua , quella città nascosta , oscura , piena di meraviglie , tesori e di memorie , che si distende fra la collina di Nuri - Osmanié e quella del Seraschiere , e si chiama il Grande Bazar . Partiamo dalla piazza della moschea Sultana - Validè . Qui forse si vorrebbe fermare più d ' un lettore goloso per dare un ' occhiata al Balik - Bazar , mercato dei pesci , famoso fin dai tempi di quel vecchio Andronico Paleologo , il quale , com ' è noto , dal solo prodotto della pesca lungo le mura della città ricavava di che far fronte alle spese culinarie di tutta la sua corte . La pesca , infatti , è ancora abbondantissima a Costantinopoli , e il Balik - Bazar , nei suoi bei giorni , potrebbe offrire all ' autore del Ventre de Paris il soggetto d ' una descrizione pomposa e appetitosa come le grandi mense dei vecchi quadri olandesi . I venditori son quasi tutti turchi , e stanno schierati intorno alla piazza , coi pesci ammucchiati sopra stuoie distese in terra , o sopra lunghe tavole , intorno a cui si disputano lo spazio una folla di compratori e un esercito di cani . Là si ritrovano le triglie squisite del Bosforo , quattro volte più grosse di quelle dei nostri mari ; le ostriche dell ' isola di Marmara , che i Greci e gli Armeni soli sanno cuocere a punto sulla brace ; le palamite e i tonni che son salati quasi esclusivamente dagli Ebrei ; le alici che i Turchi impararono a salare dai Marsigliesi ; le sardelle di cui Costantinopoli provvede l ' Arcipelago ; gli ulufer , i pesci più saporiti del Bosforo , che si pigliano al lume della luna ; gli scombri del Mar Nero , che fanno sette invasioni successive nelle acque della città , levando uno strepito che si sente dalle ville delle due rive ; isdaurid colossali , pesci spada enormi , rombi , o come li chiamano i Turchi , Kalkan - baluk , pesci scudo , e altri mille pesci minori , che guizzano fra i due mari , inseguiti dai delfini e dai falianos , e cacciati da innumerevoli alcioni , a cui strappano la preda dal becco i piombini . Cuochi di pascià , vecchi buongustai musulmani , schiave e giovani di taverna , s ' avvicinano alle tavole , guardano i pesci in atto meditabondo , contrattano a monosillabi , e se ne vanno colla loro compra appesa a uno spago , tutti gravi e taciturni , come se portassero la testa d ' un nemico ; a mezzogiorno la piazza è sgombra , e i rivenditori son già sparsi per i caffè vicini , dove stanno fino al cader del sole , sognando ad occhi aperti , colle spalle al muro , e il bocchino del narghilè tra le labbra . Per andare al Gran Bazar , s ' infila una strada che sbocca nel mercato dei pesci , tanto stretta che le sporgenze delle case opposte quasi si toccano , e si va innanzi per un buon tratto in mezzo a due file di botteghe basse ed oscure , dove si vende il tabacco " la quarta colonna della tenda della voluttà " dopo il caffè , l ' oppio ed il vino , o " il quarto sofà dei godimenti " , anch ' esso , come il caffè , fulminato un tempo da editti di sultani e da sentenze di muftì , e cagione di torbidi e di supplizi , che lo resero più saporito . Tutta la strada è occupata dai tabaccai . Il tabacco è messo in mostra sopra assicciuole , a piramidi e a mucchi rotondi , ognuno sormontato da un limone . Sono piramidi di latakié d ' Antiochia , di tabacco del Serraglio biondo e sottilissimo che par seta della più fina , di tabacco da sigarette e da cibuk , di tutte le gradazioni di sapore e di forza , da quel che fuma il facchino gigantesco di Galata a quello che concilia il sonno alle odalische annoiate nei chioschi dei giardini imperiali . Il tombeki , tabacco fortissimo , che darebbe al capo anche a un vecchio fumatore , se il fumo non giungesse alla bocca purificato dall ' acqua del narghilè , è chiuso in boccie di vetro come un medicinale . I tabaccai son quasi tutti greci od armeni cerimoniosi , che affettano un certo fare signorile ; gli avventori tengono crocchio ; vi si fermano degli impiegati del ministero degli esteri e del Seraschierato ; alle volte vi dà una capatina qualche pezzo grosso ; vi si spolitica , si va a raccogliervi la notizia e a raccontarvi il fattarello ; è un piccolo bazar appartato e aristocratico , che invita al riposo , e fa sentire , anche a passarvi soltanto , la voluttà della chiacchera e del fumo . Andando innanzi , si passa sotto una vecchia porta ad arco , inghirlandata di pampini , e si riesce in faccia ad un vasto edifizio di pietra , attraversato da una lunga strada diritta e coperta , fiancheggiata da botteghe oscure , e ingombra di gente , di casse , di sacchi , di mucchi di mercanzie . Entrando , si sente un odore d ' aromi acutissimo , che quasi ributta indietro . È il bazar egiziano dove sono raccolte tutte le derrate dell ' India , della Siria , dell ' Egitto e dell ' Arrabia , che ridotte poi in essenze , in pastiglie , in polveri , in unguenti , vanno a colorar visetti e manine d ' odalische , a profumar stanze e bagni e bocche e barbe e pietanze , a rinvigorire Pascià sfibrati , ad assopire spose infelici , a istupidire fumatori , a spander sogni , ebbrezza ed obblìo nella città sterminata . Fatti pochi passi in questo bazar , si comincia a sentir la testa pesante , e si fugge ; ma la sensazione di quell ' aria calda e grave , e di quei profumi inebbrianti , ci accompagna ancora per un buon tratto all ' aria libera , e rimane poi viva nella memoria come una delle più intime e più significanti impressioni dell ' Oriente . Uscendo dal bazar egiziano , si passa in mezzo a officine rumorose di calderai , a taverne turche , che riempiono la strada di puzzi nauseabondi , a mille botteguccie e nicchiette e buchi oscuri , dove si fabbrica e si vende una minutaglia infinita d ' oggetti senza nome , e si arriva finalmente al Grande Bazar . Ma assai prima d ' arrivarci , s ' è assaliti e bisogna difendersi . A cento passi dalla gran porta d ' entrata , sono appostati , come bravi , i sensali dei mercanti , e i sensali dei sensali , che alla prima occhiata v ' hanno riconosciuto per forestiero , hanno capito che andate al bazar per la prima volta , e indovinato presso a poco di che paese siete , tanto che assai di rado sbagliano lingua nel dirigervi la parola . S ' avvicinano col fez in mano e col sorriso sulle labbra e v ' offrono i loro servizi . Allora segue quasi sempre un dialogo come questo . - Non compro nulla - rispondete . - Che importa , signore ? Io non voglio che farle vedere il bazar . - Non voglio vedere il bazar . - Ma io l ' accompagno gratis . - Non voglio essere accompagnato gratis . - Ebbene , non l ' accompagnerò che fino in fondo alla strada , per darle qualche informazione che le sarà utile un altro giorno , quando verrà per comprare . - Ma se non voglio neppur sentir discorrere di comprare ! - Parleremo d ' altro , signore . È a Costantinopoli da molto tempo ? È soddisfatto del suo albergo ? Ha ottenuto il permesso di visitare le moschee ? - Ma se vi dico che non voglio parlare , che voglio esser solo ! - Ebbene , la lascierò solo ; la seguiterò alla distanza di dieci passi . - Ma perché mi volete seguitare ? - Per impedire che la truffino nelle botteghe . - Ma se non entro nelle botteghe ! - Allora ... per impedire che le diano noia per la strada . Insomma , o bisogna rimetterci il fiato , o lasciarsi accompagnare . Il grande bazar non ha nulla all ' esterno che attiri l ' occhio e faccia indovinare il di dentro . È un immenso edifizio di pietra , di stile bizantino , di forma irregolare , circondato d ' alte mura grigie , e sormontato da centinaia di cupolette rivestite di piombo e traforate , che danno luce all ' interno : l ' entrata principale è una porta arcata , senza carattere architettonico ; dai vicoli intorno non si sente nessun rumore ; a quattro passi dalla porta si può credere ancora che dietro quei muri di fortezza non ci sia altro che solitudine e silenzio . Ma appena entrati , si rimane sbalorditi . Non si è dentro a un edifizio , ma in un labirinto di strade coperte da volte arcate e fiancheggiate da pilastri scolpiti e da colonne ; in una vera città , colle sue moschee , colle sue fontane , coi suoi crocicchi , colle sue piazzette , rischiarata da una luce vaga come quella d ' una foresta fitta in cui non penetri un raggio di sole ; e percorsa da una folla immensa . Ogni strada è un bazar , e quasi tutte metton capo in una strada principale , coperta da una volta ad archi di pietre bianche e nere , e decorata d ' arabeschi , come una navata di moschea . In queste strade semioscure , in mezzo alla folla ondeggiante , passano carrozze , cammelli e cavalieri , che fanno uno strepito assordante . In ogni parte si è apostrofati a parole e a cenni . Il mercante greco chiama ad alta voce e gesticola in atto quasi imperioso ; l ' armeno , altrettanto furbo , ma d ' apparenza più modesta sollecita con maniere ossequiose ; l ' ebreo susurra le sue offerte nell ' orecchio ; il turco silenzioso , accosciato sopra un cuscino sulla soglia della bottega , non invita che cogli occhi e si rimette al destino . Dieci voci insieme vi chiamano : Monsieur ! Captan ! Caballero ! Signore ! Eccellenza ! Kyrie ! Milord ! - Ad ogni svolta , per le porte laterali , si vedono fughe d ' arcate e di pilastri , lunghi corridoi , scorci di stradette , prospetti lontani e confusi di bazar , e per tutto botteghe , merci appese ai muri e alle volte , mercanti affaccendati , facchini carichi , gruppi di donne velate , un fermarsi e un disfarsi continuo di crocchi rumorosi , un rimescolìo di gente e di cose , da dare il capogiro . La confusione , però , non è che apparente . Questo immenso bazar è ordinato come una caserma , e bastano poche ore per mettersi in grado di trovarci qualunque cosa vi si cerchi , senza bisogno di guida . Ogni genere di mercanzia ha il suo piccolo quartiere , la sua stradetta , il suo corridoio , la sua piazzuola . Sono cento piccoli bazar che mettono l ' uno nell ' altro , come le sale di un vastissimo appartamento ; ed ogni bazar è nello stesso tempo un museo , un passeggio , un mercato e un teatro , nel quale si può veder tutto senza comprar nulla , prendere il caffè , godere il fresco , chiacchierare in dieci lingue e fare agli occhi colle più belle donnine dell ' Oriente . Si può prendere un bazar a caso e passarci una mezza giornata senz ' accorgersene : per esempio il bazar delle stoffe e dei vestiti . È un emporio di bellezze e di ricchezze da perderci gli occhi , il cervello e la borsa ; e bisogna star in guardia , perché il menomo capriccio può aver per conseguenza di farci chiedere soccorso a casa per telegrafo . Si passeggia in mezzo a mucchi e a torri di broccati di Bagdad , di tappeti di Caramania , di sete di Brussa , di tele dell ' Indostan , di mussoline del Bengala , di scialli di Madras , di casimir dell ' India e della Persia , di tessuti variopinti del Cairo , di cuscini rabescati d ' oro , di veli di seta rigati d ' argento , di sciarpe di tocca a righe azzurre e incarnate , leggiere e trasparenti che paiono vaporose , di stoffe d ' ogni forma e d ' ogni disegno , in cui il chermisino , il blu , il verde , il giallo , i colori più ribelli alle combinazioni simpatiche , si avvicinano e s ' intrecciano con un ardimento e un ' armonia da far rimanere a bocca aperta ; di tappeti da tavola d ' ogni grandezza , a fondo rosso o bianco , ricamati d ' arabeschi , di fiori , di versetti del Corano , di cifre imperiali , che si starebbe un giorno a contemplarli come le pareti dell ' Alhambra . Qui si possono ammirare ad una ad una tutte le parti del vestiario turco signorile , come nelle alcove d ' un arem , dalle cappe verdi , ranciate e color di giacinto , che coprono ogni cosa , fino alle camicie di seta , ai fazzoletti ricamati d ' oro e alle cinture di raso a cui non può giungere altro sguardo d ' uomo che quel del signore e dell ' eunuco . Qui i caffettani di velluto rosso , contornati d ' ermellino e coperti di stelle ; i bustini di raso giallo , i calzoncini di seta color di rosa , le sottovesti di damasco bianco tempestate di fiori d ' oro , i veli di sposa scintillanti di pagliuole d ' argento , i casacchini di terzopelo verde , orlati di piumino di cigno ; le vesti greche , armene e circasse , di mille tagli capricciosi , sovraccariche d ' ornamenti , dure e splendenti come corazze ; e in mezzo a tutti questi tesori , le stoffe prosaiche di Francia e d ' Inghilterra , dai colori sinistri , che ci fanno la figura della nota d ' un sarto in mezzo alle pagine d ' un poema . Nessuno che ami una donna , può passare in quel bazar senza considerare come una grande sventura di non essere millionario , e senza sentirsi per un momento divampare nell ' anima il furore del saccheggio . Per liberarsi da queste idee , non c ' è che a svoltare nel bazar delle pipe . Qui l ' immaginazione è ricondotta a desiderii più tranquilli . Sono fasci di cibuk di gelsomino , di ciliegio , d ' acero e di rosaio ; bocchini d ' ambra gialla del mar Baltico , levigati e luccicanti come il cristallo , d ' innumerevoli gradazioni di colore e di trasparenza , ornati di rubini e di diamanti ; pipe di Cesarea , colla cannetta fasciata di fili d ' oro e di seta ; borse da tabacco del Libano , a losanghe di varii colori , rabescati di ricami splendenti ; narghilè di cristallo di Boemia , d ' acciaio e d ' argento , di belle forme antiche , damaschinati , niellati , tempestati di pietre preziose , con tubi di marocchino scintillanti di dorature e d ' anelli , fasciati nella bambagia , e perpetuamente custoditi da due occhi fissi , che all ' avvicinarsi d ' ogni curioso si dilatano come occhi di civetta , e fanno morir sulle labbra la richiesta del prezzo a chiunque non sia almeno vizir o pascià e non abbia dissanguato per qualche anno una provincia dell ' Asia Minore . Qui non viene a comprare che il messo della Sultana che vuol dare un pegno di gratitudine al gran vizir arrendevole , o l ' alto dignitario di Corte che , prendendo possesso della nuova carica , è costretto , per suo decoro , a spendere cinquanta mila lire in una rastrelliera di pipe ; o l ' ambasciatore del Sultano che vuol portare al Monarca europeo un ricordo splendido di Stambul . Il turco modesto dà uno sguardo malinconico e passa oltre , parafrasando , per consolarsi , la sentenza del Profeta : - il fuoco dell ' inferno tuonerà come il muggito del cammello nel ventre di colui che fuma in una pipa d ' oro o d ' argento . Di qui si ricasca fra le tentazioni entrando nel bazar dei profumieri , che è uno dei più schiettamente orientali e dei più cari al Profeta , il quale diceva : - Donne , bambini e profumi - , per dire i suoi tre più dolci piaceri . Qui si trovano le famose pastiglie del Serraglio che profumano i baci , le cassule di gomma odorosa che staccano dal mastico le forti fanciulle di Chio , per mandarla a rafforzar le gengive delle molli musulmane ; le essenze squisite di bergamotto e di gelsomino , e quelle potentissime di rosa , chiuse in astucci di velluto ricamato d ' oro , d ' un prezzo da far rizzare i capelli ; qui il collirio per le sopracciglia , l ' antimonio per gli occhi , l ' henné per le unghie , i saponi che ammorbidiscono la cute delle belle siriane , le pillole che fanno cadere i peli dal volto delle maschie circasse , le acque di cedro e d ' arancio , i sacchetti di muschio , l ' olio di sandalo , l ' ambra grigia , l ' aloè per profumare le chicchere e le pipe , una miriade di polveri , d ' acque e di pomate , distinte con nomi fantastici e destinate ad usi indicibili , che rappresentano ciascuna un capriccio amoroso , un proposito di seduzione , un raffinamento di voluttà , e spandono tutte insieme una fragranza acuta e sensuale , che fa veder come in sogno dei grandi occhi languidi e delle manine carezzevoli , e sentire un suono sommesso di respiri e di baci . Tutte queste fantasie svaniscono entrando nel bazar dei gioiellieri , che è una stradetta oscura e deserta , fiancheggiata da botteguccie d ' aspetto meschino , in cui nessuno direbbe mai che sian nascosti , come ci sono , dei tesori favolosi . Le gioie sono chiuse in cofani di legno di quercia , cerchiati e corazzati di ferro , e posti sul davanti delle botteghe , sotto gli occhi dei mercanti : vecchi turchi o vecchi ebrei , dalle lunghe barbe e dallo sguardo acuto , che par che penetri nelle tasche e trapassi i portamonete . Qualcuno sta ritto dinanzi alla sua tana , e quando gli passate accanto , prima vi ficca gli occhi negli occhi , poi con un rapido movimento vi mette sotto il viso un diamante di Golconda o uno zaffiro d ' Ormus o un rubino di Giamscid , che al menomo vostro cenno negativo , ritira colla medesima rapidità con cui l ' ha porto . Altri girano a passi lenti , vi fermano in mezzo alla strada e , dopo aver rivolto intorno uno sguardo sospettoso , tirano fuor del seno un cencio sucido , e lo spiegano , e vi fanno vedere un bel topazio del Brasile o una bella turchina di Macedonia , guardandovi coll ' occhio di demoni tentatori . Altri non fanno che darvi un ' occhiata scrutatrice , e non giudicandovi una faccia da pietre preziose , non si degnano di offrirvi nulla . Nessuno poi fa l ' atto d ' aprire il cofanetto , se anche aveste la faccia d ' un santo o l ' aria d ' un Creso . Le collane d ' opale , i fiori e le stelle di smeraldo , le mezzelune e i diademi contornati di perle d ' Ofir , i mucchietti abbarbaglianti di acque - di - mare , di crisoberilli , d ' avventurine , di agate , di granate , di lapislazzuli , rimangono inesorabilmente nascosti agli occhi dei curiosi senza quattrini , e specialmente a quelli d ' uno scrittore italiano . Tutt ' al più egli può arrischiarsi a domandare il prezzo di qualche tespí , o coroncina d ' ambra , di sandalo o di corallo , da far scorrere tra le dita , come i turchi , per ingannare il tempo negli intervalli dei suoi lavori forzati . Per divertirsi bisogna entrare nelle botteghe dei franchi , mercanti di stoffe , dove c ' è merce per tutte le borse . Appena entrati , si ha intorno un cerchio di gente che non si capisce di dove sia sbucata . Non è mai possibile l ' aver che fare con un solo . Tra il mercante , i soci del mercante , i sensali , i manutengoli e i tirapiedi , son sempre una mezza dozzina . Se non v ' accoppa uno , v ' impicca l ' altro : non c ' è modo di scansare una brutta fine . E non si può dire con che arte , con che pazienza , con che ostinazione , con che diabolici raggiri fanno comprare quello che vogliono . Domandano d ' ogni cosa un subisso : offrite il terzo : lasciano cader le braccia in segno di profondo scoraggiamento , o si battono la fronte in atto disperato , e non rispondono ; oppure si espandono in un torrente di parole appassionate per toccarvi il cuore . Siete un uomo crudele , volete costringerli a chiuder bottega , volete ridurli alla miseria , non avete compassione dei loro figliuoli , non capiscono che cosa possano avervi fatto di male per trattarli in quella maniera . Mentre vi dicono il prezzo d ' un oggetto , un sensale d ' una bottega vicina vi susurra nell ' orecchio : - Non comprate , vi truffano . - Voi credete che sia sincero , e invece è d ' accordo col mercante ; vi dice che vi truffano collo scialle , per guadagnare la vostra fiducia , e farvi rompere il collo un minuto dopo , consigliandovi di comprare il tappeto . Mentre esaminate la stoffa , essi si parlano a gesti , a occhiate , a colpi di gomito , a mezze parole . Se sapete il greco , parlano turco ; se sapete il turco , parlano armeno ; se sapete l ' armeno , parlano spagnuolo ; ma in qualche modo s ' intendono e ve l ' accoccano . Se poi tenete duro , v ' insaponano ; vi dicono che parlate bene la loro lingua , che avete un fare da gentiluomo e che non dimenticheranno mai più la vostra bella figura ; vi discorrono del vostro paese , nel quale sono stati molto tempo , perché sono stati da per tutto ; vi fanno il caffè , vi offrono d ' accompagnarvi alla dogana quando partirete , per impedire che vi facciano dei soprusi , ossia per truffar voi , la dogana e i vostri compagni di viaggio , se ne avete ; mettono sottosopra tutta la bottega , e non vi fanno punto il viso arcigno se ve n ' andate senza comprare : se non è quel giorno , sarà un altro ; al bazar ci dovete tornare , i loro cani da caccia vi riconosceranno ; se non cadrete nelle loro mani , cadrete in quelle d ' un loro socio ; se non vi peleranno come mercanti , vi scorticheranno come sensali ; se non vi aggiusteranno in bottega , vi serviranno la messa alla dogana ; il colpo non può fallire . A che popolo appartengono costoro ? Non si capisce . A furia di parlar lingue diverse , han perduto il loro accento primitivo ; a forza di far la commedia , hanno alterati i tratti fisionomici della loro razza ; son di che paese si vuole , fanno il mestiere che si desidera , sono interpreti , guide , mercanti , usurai ; e sopra ogni cosa , artisti insuperabili nell ' arte di scroccare l ' universo . I mercanti musulmani offrono un campo d ' osservazioni affatto diverso . Fra loro si ritrovano ancora quei vecchi turchi , ormai rari per le vie di Costantinopoli , che sono come la personificazione del tempo dei Maometti e dei Bajazet , i resti viventi del vecchio edifizio ottomano , ch ' ebbe il primo crollo dalle riforme di Mahmut , e che di giorno in giorno , pietra per pietra , rovina e si trasforma . Bisogna venire nel gran bazar e ficcare lo sguardo in fondo alle botteguccie più oscure delle stradette più appartate , per ritrovare i vecchi turbanti enormi dei tempi di Solimano , dalla forma di cupole di moschee ; le faccie impassibili , gli occhi di vetro , i nasi adunchi , le lunghe barbe bianche , gli antichi caffettani aranciati e purpurei , i grandi calzoni a mille pieghe stretti intorno alla vita dalle sciarpe smisurate , gli atteggiamenti alteri e tristi dell ' antico popolo dominatore , i visi istupiditi dall ' oppio o illuminati dal sentimento d ' una fede ardente . Essi son là in fondo alle loro nicchie , colle braccia e colle gambe incrociate , immobili e gravi come idoli , e aspettano , senz ' aprir bocca , i compratori predestinati . Se le cose vanno bene , mormorano : - Mach Allà ! - Sia lodato Iddio ! - ; se vanno male : - Olsun ! - Così sia - , e chinano la testa rassegnati . Alcuni leggono il Corano , altri fanno scorrere fra le dita le pallettine del tespì , mormorando sbadatamente i cento epiteti d ' Allà ; altri che han fatto buoni affari , bevono il loro narghilè , per dirla coll ' espressione turca , girando intorno lentamente uno sguardo voluttuoso e pieno di sonno ; altri stanno curvi , cogli occhi socchiusi e colla fronte corrugata come occupati da un profondo pensiero . A che cosa pensano ? Forse ai loro figliuoli morti sotto le mura di Sebastopoli o alle loro carovane disperse o alle loro voluttà perdute o ai giardini eterni , promessi dal Profeta , dove all ' ombra delle palme e dei granati , sposeranno le vergini dagli occhi neri , che nè uomo nè genio non ha mai profanate . Tutti hanno qualchecosa di bizzarro , tutti sono pittoreschi ; ogni bottega è la cornice d ' un quadro pieno di colori e di pensiero , che fa balenare alla mente la storia intera d ' una vita avventurosa e fantastica . Quest ' uomo secco e abbronzato , dai lineamenti arditi , è un arabo che ha guidato egli stesso dal fondo della sua patria lontana i suoi cammelli carichi di gemme e d ' alabastro , e s ' è sentito più volte fischiare agli orecchi le palle dei ladroni del deserto . Quest ' altro dal turbante giallo e dall ' aspetto signorile , ha attraversato a cavallo le solitudini della Siria , portando le sete di Tiro e di Sidone . Questo nero col capo ravvolto in un vecchio scialle di Persia , colla fronte rigata di cicatrici che gli fecero i negromanti per salvarlo dalla morte , che tiene il viso alto , come se guardasse ancora le teste dei colossi di Tebe e le cime delle Piramidi , è venuto dalla Nubia . Questo bel moro dalla faccia pallida e dagli occhi neri , ravvolto in una cappa bianchissima , ha portato i suoi caic e i suoi tappeti dalle ultime falde occidentali della catena dell ' Atlante . Questo turco dal turbante verde e dal volto estenuato ha fatto quest ' anno stesso il grande pellegrinaggio , ha visto parenti ed amici morir di sete in mezzo alle pianure interminabili dell ' Asia Minore , è arrivato alla Mecca in fin di vita , ha fatto sette volte strascinandosi il giro della Kaaba , ed è caduto in deliquio coprendo di baci furiosi la Pietra nera . Questo colosso dal viso bianco , dalle sopracciglia arcate , dagli occhi fulminei , che par più un guerriero che un mercante , e spira da tutta la persona l ' ambizione e l ' orgoglio , ha portato le sue pelliccie dalle regioni settentrionali del Caucaso , dove , nei suoi begli anni , fece cader la testa dalle spalle a più d ' un Cosacco . E questo povero mercante di lane , dal viso schiacciato e dagli occhi piccoli e obliqui , tarchiato e rude come un atleta , non è gran tempo che disse le sue preghiere all ' ombra dell ' immensa cupola che protegge il sepolcro di Timur : egli è partito da Samarkanda , ha valicato i deserti della grande Bukaria , è passato in mezzo alle orde dei turcomanni , ha attraversato il Mar Morto , è sfuggito alle palle dei Circassi , ha ringraziato Allà nelle moschee di Trebisonda , ed è venuto a cercar fortuna a Stambul , di dove ritornerà , vecchio , in fondo alla sua Tartaria , che gli sta sempre nel cuore . Uno dei bazar più splendidi è il bazar delle calzature , ed è forse anche quello che mette più grilli nel capo . Sono due file di botteghe smaglianti che danno alla strada l ' aspetto d ' una sala di reggia , o d ' uno di quei giardini delle leggende arabe in cui gli alberi hanno le foglie d ' oro e fiori di perle . C ' è da calzare tutti i piedini di tutte le corti dell ' Asia e dell ' Europa . Le pareti son coperte di pantofole di velluto , di pelle , di broccato , di raso , dei colori più petulanti e delle forme più capricciose , ornate di filigrana , contornate di lustrini , abbellite di nappine di seta e di piuma di cigno , stelleggiate e infiorate d ' argento e d ' oro , coperte d ' arabeschi intricati che non lasciano più vedere il tessuto , e lampeggianti di zaffiri e di smeraldi . Ce n ' è per le spose dei barcaiuoli e per le belle del Sultano , da cinque e da mille lire il paio ; ci sono le scarpette di marocchino che premeranno i ciottoli di Pera , le babbuccie che striscieranno sui tappeti degli arem , gli zoccoletti che faranno risonare i marmi dei bagni imperiali , le pianelline di raso bianco su cui s ' inchioderanno le labbra ardenti dei Pascià , e forse qualche paio di pantofole imperlate che aspetteranno ogni mattina lo svegliarsi d ' una bella Georgiana accanto al letto del Gran Signore . Ma che piedi possono entrare in quelle babbuccie ? Ve ne sono che paion tagliate ai piedi delle urì e delle fate ; lunghe come una foglia di giglio , larghe come una foglia di rosa , d ' una piccolezza da far disperare tutta l ' Andalusia , d ' una grazia da farsi sognare ; non babbuccie , ma gioielli da tenersi sul tavolino ; scatolini da metterci dei dolci o dei bigliettini amorosi ; da non poter immaginare che ci sia un piedino che v ' entri , senza desiderare di rivoltarselo un mese fra le mani affollandolo di domande e di vezzi . Questo bazar è uno dei più frequentati dagli stranieri . Vi si vedono spesso dei giovani europei , che hanno in un pezzetto di carta la misura d ' un piedino italiano o francese , di cui forse sono alteri , e che fanno un atto di stupore o di dispetto , riconoscendo che passa di molto la lunghezza d ' una certa babbuccina su cui han posto gli occhi ; ed altri che , domandato il prezzo , e sentita una schiopettata , scappano senza ribatter parola . Qui pure spesseggiano le signore mussulmane , le hanum dai grandi veli bianchi , e occorre sovente di cogliere passando qualche frammento dei loro lunghi dialoghi coi venditori , qualche parola armoniosa della loro bella lingua , pronunziata da una voce chiara e dolce che accarezza l ' orecchio come il suono d ' una mandòla . - Buni catscia verersin ? - Quanto vale questo ? - Pahalli dir . - È troppo caro . - Ziadè veremèm . - Non pagherò di più . E poi una risata fanciullesca e sonora , che mette voglia di pigliarle un pizzico di guancia e darle una presa di monella . Il bazar più ricco e più pittoresco è quello delle armi . Non è un bazar , è un museo , riboccante di tesori , pieno di memorie e d ' immagini che trasportano il pensiero nelle regioni della storia e della leggenda , e destano un sentimento indescrivibile di meraviglia e di sgomento . Tutte le armi più strane , più spaventose e più feroci che sono state brandite dalla Mecca al Danubio in difesa dell ' Islam , sono là schierate e forbite , come se ce l ' avessero appese poco prima le mani dei soldati fanatici di Maometto e di Selim ; e par di veder scintillare fra le loro lame gli occhi iniettati di sangue di quei sultani formidabili , di quei giannizzeri forsennati , di quegli spahì , di quegli azab , di quei silidar senza pietà e senza paura che seminarono l ' Asia Minore e l ' Europa di teste recise e di corpi dilaniati . Là si ritrovano le scimitarre famose che tagliavano le penne in aria e spiccavan le orecchie agli ambasciatori insolenti ; i cangiari pesanti che d ' un colpo fendevano il cranio e scoprivano il cuore ; le mazze d ' armi che stritolavano i caschi serbi e ungheresi ; gli yatagan dal manico intarsiato d ' avorio e tempestato d ' amatiste e di rubini , che serbano ancora segnato a intagli nella lama il numero delle teste troncate ; i pugnali dai foderi d ' argento , di velluto e di raso , coi manichi di agata e d ' avorio , ornati di granate , di corallo e di turchine , istoriati di versetti del Corano in lettere d ' oro , colle lame incurvate e ritorte che par che cerchino un cuore . Chi sa che in questa armeria confusa e terribile non ci sia la scimitarra d ' Orcano , o la sciabola di legno con cui il braccio poderoso d ' Abd - el - Murad , il dervis guerriero , spiccava d ' un colpo le teste ; o il famoso jatagan col quale il Sultano Musa spaccò Hassan dalla spalla al cuore ; o la sciabola enorme del gigantesco bulgaro che appoggiò la prima scala alle mura di Costantinopoli ; o la mazza con cui Maometto II freddò il soldato rapace sotto le vôlte di Santa Sofia ; o la gran sciabola damascata di Scanderberg che fendette in due Firuz - Pascià sotto le mura di Stetigrad ? I più formidabili fendenti e le più orrende morti della storia ottomana s ' affacciano alla mente , e par che proprio su quelle lame debba esser rappreso quel sangue , e che i vecchi turchi rintanati in quelle botteghe , abbiano raccolto armi e cadaveri sul terreno della strage , e custodiscano ancora gli scheletri sfracellati in qualche angolo oscuro . In mezzo alle armi si vedono pure le grandi selle di velluto scarlatto e celeste , ricamate a stelle e a mezzelune d ' oro e di perle , i frontali impennacchiati , i morsi d ' argento niellato e le gualdrappe splendide come manti reali : bardature da cavalli delle Mille e una notte , fatte per l ' entrata trionfale d ' un re dei genii in una città dorata del mondo dei sogni . Al di sopra di questi tesori , sono sospesi alle pareti vecchi moschetti a ruota e a miccia , grosse pistole albanesi , lunghissimi fucili arabi lavorati come gioielli , scudi antichi di scorza di tartaruga e di pelle d ' ippopotamo , maglie circasse , scudi cosacchi , celate mongoliche , archi turcassi , coltellacci da carnefici , lamaccie di forme sinistre , ognuna delle quali pare la rivelazione d ' un delitto , e fa pensare agli spasimi di un ' agonia . In mezzo a quest ' apparato minaccioso e magnifico , siedono a gambe incrociate i mercanti più schiettamente turchi del Grande Bazar , la più parte vecchi , d ' aspetto tetro , smunti come anacoreti e superbi come Sultani , figure d ' altri secoli , vestiti alla foggia delle prime egire , che sembrano risuscitati dal sepolcro per richiamare i nipoti imbastarditi alla austerità dell ' antica razza . Un altro bazar da vedersi è quello degli abiti vecchi . Qui il Rembrant ci avrebbe preso domicilio e il Goya speso la sua ultima peceta . Chi non ha mai visto una bottega di rigattiere orientale non può immaginare che stravaganza di stracci , che pompa di colori , che ironia di contrasti , che spettacolo ad un tempo carnevalesco , lugubre e schifoso , presenti questo bazar , questa cloaca di cenci , in cui tutti i rifiuti degli arem , delle caserme , della corte , dei teatri , vengono ad aspettare che il capriccio d ' un pittore o il bisogno d ' un pezzente li riporti alla luce del sole . Da lunghe pertiche confitte nei muri , pendono vecchie uniformi turche , giubbe a coda di rondine , dolman di gran signori , tuniche di dervis , cappe di beduini , tutte untume , brindelli e buchi , che paiono state crivellate a colpi di pugnale e rammentano le spoglie sinistre degli assassinati che si vedono sulle tavole delle Corte d ' Assisie . In mezzo a questi cenci luccica ancora qua e là qualche rabesco d ' oro ; spenzolano vecchie cinture di seta , turbanti sciolti , ricchi scialli lacerati , bustini di velluto a cui pare che la mano furiosa d ' un ladro abbia strappato insieme il pelo e le perle , calzoncini e veli che sono forse appartenuti a qualche bella infedele , la quale dorme cucita in un sacco in fondo alle acque del Bosforo , ed altre vesti ed ornamenti di donna , di mille colori gentili , imprigionati fra i grossi caffettani circassi , dai cartuccieri irruginiti , fra le lunghe toghe nere degli ebrei , fra le rozze casacche e i pesanti mantelli , che hanno nascosto chi sa quante volte il fucile del bandito o lo stile del sicario . Verso sera , alla luce misteriosa che scende dai fori della volta , tutti quei vestiti appesi prendono una vaga apparenza di corpi d ' impiccati ; e quando in fondo a una bottega si vedono scintillare gli occhi astuti d ' un vecchio ebreo , che si gratta la fronte con una mano adunca , si direbbe che è quella la mano che ha stretto i lacci , e si dà uno sguardo alla porta del bazar , per paura che sia chiusa . Non basterebbe una giornata di giri e di rigiri se si volessero veder tutte le stradette di questa strana città . V ' è il bazar dei fez , dove si trovano fez di tutti i paesi , da quelli del Marocco a quelli di Vienna , ornati d ' iscrizioni del Corano che preservano dagli spiriti maligni ; i fez che le belle greche di Smirne portano sulla sommità della testa , sopra il nodo delle treccie nere scintillanti di monete ; le berrettine rosse delle turche ; fez da soldati , da generali , di sultani , da zerbinotti , di tutte le sfumature di rosso e di tutte le forme , da quelli primitivi dei tempi d ' Orcano fino al gran fez elegante del Sultano Mahmut , emblema delle riforme e abbominazione dei vecchi mussulmani . V ' è il bazar delle pelliccie dove si trova la sacra pelle di volpe nera , che una volta poteva portare il solo Sultano o il gran vizir ; la martora con cui si foderavano i caffettani di gala ; l ' orso bianco , l ' orso nero , la volpe azzurra , l ' astrakan , l ' ermellino , lo zibellino , in cui altre volte i sultani profusero tesori favolosi . È pure da vedersi il bazar dei coltellinai , non fosse che per pigliare in mano una di quelle enormi forbici turche , colle lame bronzate e dorate , adorne di disegni fantastici d ' uccelli e di fiori , che s ' incrociano ferocemente lasciando in mezzo un vano in cui potrebbe entrare la testa d ' un critico maligno . V ' è ancora il bazar dei filatori d ' oro , quello dei ricamatori , quello dei chincaglieri , quello dei sarti , quello dei vasellami , tutti diversi l ' un dall ' altro di forma e di gradazione di luce ; ma tutti eguali in questo : che non vi si vede nè vendere , nè lavorare una donna . Tutt ' al più può accadere che qualche greca seduta per un momento davanti a una sartoria vi offra timidamente un fazzoletto finito allora di ricamare . La gelosia orientale interdice la bottega al bel sesso come una scuola di civetteria e un nascondiglio d ' intrighi . Ma ci sono ancora altre parti del gran bazar in cui uno straniero non può avventurarsi se non lo accompagna un mercante o un sensale ; e sono le parti interne dei piccoli quartieri in cui è divisa questa città singolare , il di dentro dei piccoli isolati intorno a cui girano le stradette percorse dalla folla . Se nelle stradette c ' è pericolo di smarrirsi , là dentro è impossibile non perdersi . Da corridoi poco più larghi d ' un uomo , in cui bisogna chinarsi per non urtar nella volta , si riesce in cortiletti grandi come celle , ingombri di casse e di balle , e appena rischiarati da un barlume ; si scende a tentoni per scalette di legno , si ripassa per altri cortili rischiarati da lanterne , si ridiscende sotto terra , si risale alla luce del giorno , si cammina a capo basso per lunghi anditi serpeggianti , sotto volte umide , in mezzo a muri neri e ad assiti muscosi , che conducono a porticine segrete , dalle quali si ritorna inaspettatamente nel luogo di dove s ' è partiti ; e da per tutto ombre che vanno e che vengono , spettri immobili negli angoli , gente che rimesta mercanzie o che conta denari ; lumicini che appaiono e dispaiono , voci e passi frettolosi che risuonano non si sa dove ; e incontri inaspettati di ostacoli neri che non si capisce che cosa siano , e giuochi di luce non mai veduti , e contatti sospetti , e odori strani , che par di girare per i meandri d ' una caverna di fattucchieri , e non si vede l ' ora d ' esserne fuori . Per solito i sensali fanno passare in questi luoghi gli stranieri per condurli a quelle botteghe , per lo più appartate , nelle quali si vende un po ' di tutto : specie di Gran - bazar in miniatura , botteghe da rigattieri signorili , curiosissime a vedersi , ma molto pericolose , perché contengono tante e così strane e così rare cose da far vuotare la borsa anche all ' avarizia incarnata . Questi mercanti d ' un po ' d ' ogni cosa , furbacchioni matricolati , si sottintende , e poliglotti come i loro fratelli di banda , usano nel tentare la gente un certo procedimento drammatico che diverte assai , e che di rado fallisce allo scopo dell ' attore . Le loro botteghe son quasi tutte stanzuccie oscure piene di casse e d ' armadi , dove bisogna accendere il lume e c ' è appena posto da rigirarsi . Dopo avervi fatto vedere qualche vecchio stipetto intarsiato d ' avorio e di madreperla , qualche porcellana chinese , qualche vaso del Giappone , il mercante vi dice che ha qualche cosa di speciale per voi , tira fuori un cassetto e vi rovescia sulla tavola un mucchio di ninnoli : un ventaglio di penne di pavone , per esempio , un braccialetto di vecchie monete turche , un cuscinetto di pelo di cammello colla cifra del Sultano ricamata in oro , uno specchietto persiano dipinto d ' una scena del libro di paradiso , una spatola di tartaruga con cui i turchi mangiano la composta di ciliegie , un vecchio gran cordone dell ' ordine dell ' Osmaniè . Non c ' è nulla che vi piaccia ? Rovescia un altro cassetto e questo è proprio un cassetto che aspettava voi solo . È una zanna rotta d ' elefante , un braccialetto di Trebisonda che pare una treccia di capelli d ' argento , un idoletto giapponese , un pettine di sandalo della Mecca , un gran cucchiaio turco lavorato a rabeschi e a trafori , un antico narghilè d ' argento dorato e istoriato , delle pietruzze dei musaici di Santa Sofia , una penna d ' airone che ha ornato il turbante di Selim III , il mercante ve lo assicura da uomo d ' onore . Non trovate nulla di vostro genio ? E lui rovescia un altro cassetto , da cui casca un ovo di struzzo del Sennahar , un calamaio persiano , un anello damaschinato , un arco di Mingrelia col suo turcasso di pelle d ' alce , un caschetto circasso a due punte , un tespì di diaspro , una profumiera d ' oro smaltato , un talismano turco , un coltello da cammelliere , una boccettina d ' atar - gull . Non c ' è nulla che vi tenti , per Dio ? Non avete regali da fare ? Non pensate ai vostri parenti ? Non avete cuore per i vostri amici ? Ma forse voi avete la passione delle stoffe e dei tappeti , e anche in questo egli può servirvi da amico . - Ecco un mantello rigato del Kurdistan , milord ; ecco una pelle di leone , ecco un tappeto d ' Aleppo coi chiodini d ' acciaio , ecco un tappeto di Casa - blanca spesso tre dita che dura per quattro generazioni , guarentito ; ecco , eccellenza , i vecchi cuscini , le vecchie cinture di broccato e i vecchi copripiedi di seta , un po ' sbiaditi e un po ' tarlati , ma ricamati come ora non si ricamano più , nemmeno a pagarli un tesoro . A lei , caballero , ch ' è venuto qui condotto da un amico , a lei dò questa vecchia cintura per cinque napoleoni , e mi rassegno a mangiar pane e aglio per una settimana . - Se nemmeno da questo vi lasciate tentare , vi dirà nell ' orecchio che può vendervi la corda con cui i terribili muti del Serraglio hanno strangolato Nassuh Pascià , il gran vizir di Maometto III ; e se voi gli ridete sul viso dicendogli che non la bevete , la lascia cascare da uomo di spirito , e fa l ' ultimo tentativo buttandovi davanti una coda da cavallo di quelle che si portavano davanti e dietro ai pascià ; una marmitta di Giannizzero portata via da suo padre , ancora spruzzata di sangue , il giorno stesso della strage famosa ; un pezzo di bandiera di Crimea , colla mezzaluna e le stelline d ' argento ; un vaso da lavarsi le mani , tempestato di agate ; un bracierino di rame cesellato ; un collare di dromedario colle conchiglie e le campanelle , un frustino da eunuco di cuoio d ' ippopotamo , un corano legato in oro , una sciarpa del Korassan , un paio di babbuccie da Cadina , un candelliere fatto con un artiglio d ' aquila , tanto che infine la fantasia s ' accende , i capricci saltellano , e vi assale una matta voglia di buttar là portamonete , orologio , pastrano , e gridare : - Caricatemi ! - ; e bisogna proprio esser figliuoli assestati o padri di giudizio per resistere alla tentazione . Quanti artisti sono usciti di là scannati come Giobbe e quanti ricconi ci hanno bucato il patrimonio ! Ma prima che il gran bazar si chiuda bisogna ancora fare un giro per vedere il suo aspetto dell ' ultima ora . Il movimento della folla si fa più affrettato , i mercanti chiamano con gesti più imperiosi , greci ed armeni corrono gridando per le strade con uno scialle o un tappeto sul braccio , si formano dei gruppi , si contratta alla spiccia , i gruppi si sciolgono e si rifanno più lontano ; i cavalli , le carrozze , le bestie da soma passano in lunghe file diretti verso l ' uscita . In quell ' ora tutti i bottegai con cui avete litigato senza cadere d ' accordo , vi vaneggiano intorno , in quella mezza oscurità , come pipistrelli ; li vedete far capolino dietro le colonne , li incontrate alle svolte , vi attraversano la strada e vi passano sui piedi guardando in aria , per rammentarvi colla loro presenza quel tal tessuto , quel certo gingillo , e farvene rinascere il desiderio . Alle volte ne avete un drappello alle spalle : se vi fermate , si fermano , se scantonate , scantonano , se vi voltate indietro incontrate dieci occhioni dilatati e fissi che vi mangian vivo . Ma già la luce manca , la folla si dirada . Sotto le lunghe volte arcate risuona la voce di qualche mezzuin invisibile che annunzia il tramonto da un minareto di legno ; qualche turco stende il tappeto dinanzi alla bottega e mormora la preghiera della sera ; altri fanno le abluzioni alle fontane . Già i vecchi centenarii del bazar delle armi hanno chiuso le grandi porte di ferro ; i piccoli bazar sono deserti , i corridoi si perdono nelle tenebre , le imboccature delle strade paiono aperture di caverne , i cammelli vi giungono addosso all ' impensata , la voce dei venditori d ' acqua muore sotto le arcate lontane , le turche affrettano il passo , gli eunuchi aguzzano gli occhi , gli stranieri scappano , le imposte si chiudono , la giornata è finita . * * * Ed ora io mi sento domandare da ogni parte : - E Santa Sofia ? E l ' antico Serraglio ? E i palazzi del Sultano ? E il castello delle Sette torri ? E Abdul - Aziz ? E il Bosforo ? Descriverò tutto e con tutta l ' anima ; ma prima ho ancora bisogno di spaziare un po ' liberamente per Costantinopoli , cambiando d ' argomento a ogni pagina , come là cangiavo di pensieri a ogni passo . * * * [ La luce ] E prima d ' ogni cosa , la luce ! Uno dei miei piaceri più vivi , a Costantinopoli , era di veder levare e tramontare il sole , stando sul ponte della Sultana Validè . All ' alba , in autunno , il Corno d ' oro è quasi sempre coperto da una nebbia leggiera , dietro alla quale si vede la città confusamente , come a traverso que ' veli bianchi che si calano sul palco scenico per nascondere gli apparecchi d ' una scena spettacolosa . Scutari è tutta coperta : non si vedono che i contorni scuri ed incerti delle sue colline . Il ponte e le rive sono deserte , Costantinopoli dorme : la solitudine e il silenzio rendono lo spettacolo più solenne . Il cielo comincia a dorarsi dietro le colline di Scutari . Su quella striscia luminosa si disegnano ad una ad una , precise e nerissime , le punte dei cipressi del vastissimo cimitero , come un esercito di giganti schierati sopra le alture ; e da un capo all ' altro del Corno d ' oro corre un lucicchio leggerissimo che è come il primo fremito della grande città che risente la vita . Poi dietro ai cipressi della riva asiatica , spunta un occhio di foco , e subito le sommità bianche dei quattro minareti di Santa Sofia si colorano di rosa . In pochi momenti , di collina in collina , di moschea in moschea , fino in fondo al Corno d ' oro , tutti i minareti , l ' un dopo l ' altro , arrossiscono , tutte le cupole , una dopo l ' altra , s ' inargentano , il rossore discende di terrazzo in terrazzo , il lucicchio s ' allarga , il gran velo cade , e tutta Stambul appare , rosata e risplendente sulle alture , azzurrina e violacea lungo le rive , tersa e fresca , che pare uscita dalle acque . A misura che il sole s ' alza , la delicatezza delle prime tinte svanisce in un immenso chiarore , e tutto rimane come velato dalla bianchezza della luce fin verso sera . Allora lo spettacolo divino ricomincia . L ' aria è limpida tanto che da Galata si vedono nettamente uno per uno gli alberi lontanissimi dell ' ultima punta di Kadi - Kioi . Tutto l ' immenso profilo di Stambul si stacca dal cielo con una nitidezza di linee e un vigore di colori , che si potrebbero contare , punta per punta , tutti i minareti , tutte le guglie , tutti i cipressi che coronano le alture dal capo del Serraglio al cimitero d ' Eyub . Il Corno d ' oro e il Bosforo pigliano un meraviglioso colore oltramarino : il cielo , color d ' amatista a oriente , s ' infuoca dietro Stambul , tingendo l ' orizzonte d ' infiniti lumeggiamenti di rosa e di carbonchio che fanno pensare al primo giorno della creazione ; Stambul s ' oscura , Galata s ' indora , e Scutari , percossa dal sole cadente , tutta scintillante di vetri , pare una città in preda alle fiamme . È questo il più bel momento per contemplare Costantinopoli . È una rapida successione di tinte soavissime , d ' oro pallido , di rosa e di lilla , che tremolano e fuggono su per i fianchi dei colli e sulle acque , dando e togliendo ora all ' una ora all ' altra parte della città il primato della bellezza e rivelando mille piccole grazie pudiche di paesaggio che non osavano mostrarsi alla gran luce . Si vedono dei grandi sobborghi malinconici , perduti nell ' ombra delle valli ; delle piccole città purpuree , che ridono sulle alture ; villaggi e città che languono , come se mancasse loro la vita ; altre che muoiono tutt ' a un tratto come incendi soffocati ; altre che , credute già morte , risuscitano improvvisamente , tutte in foco , e tripudiano ancora per qualche momento sotto l ' ultimo raggio del sole . Poi non rimangono più che due cime risplendenti sulla riva dell ' Asia : la sommità del monte Bulgurlù e la punta del capo che guarda l ' entrata della Propontide ; son prima due corone d ' oro , poi due berrettine di porpora , poi due rubini ; poi tutta Costantinopoli è nell ' ombra , e dieci mila voci annunziano il tramonto dall ' alto di dieci mila minareti . * * * [ Gli uccelli ] Costantinopoli ha una gaiezza e una grazia sua propria , che le viene da un ' infinità d ' uccelli d ' ogni specie , per i quali i Turchi nutrono un vivo sentimento di simpatia e di rispetto . Moschee , boschi , vecchie mura , giardini , palazzi , tutto canta , tutto gruga , tutto chiocchiola , tutto pigola ; per tutto si sente frullo d ' ali , per tutto c ' è vita e armonia . I passeri entrano arditamente nelle case e beccano nella mano dei bimbi e delle donne ; le rondini fanno il nido sulle porte dei caffè e sotto le vôlte dei bazar ; i piccioni , a sciami innumerevoli , mantenuti con làsciti di Sultani e di privati , formano delle ghirlande bianche e nere lungo i cornicioni delle cupole e intorno ai terrazzi dei minareti ; i gabbiani volteggiano festosamente intorno ai caicchi , migliaia di tortorelle amoreggiano fra cipressi dei cimiteri ; intorno al castello delle Sette torri crocitano i corvi e rotano gli avvoltoi ; gli alcioni vanno e vengono in lunghe file fra il mar Nero e il mar di Marmara ; e le cicogne gloterano sulle cupolette dei mausolei solitari . Per il Turco ognuno di questi uccelli ha un senso gentile o una virtù benigna : le tortore proteggono gli amori , le rondini scongiurano gl ' incendi dalle case dove appendono il nido , le cicogne fanno ogni inverno un pellegrinaggio alla Mecca , gli alcioni portano in paradiso le anime dei fedeli . Così egli li protegge e li alimenta per gratitudine e per religione , ed essi gli fanno festa intorno alla casa , sul mare e tra i sepolcri . In ogni parte di Stambul si è sorvolati , circuiti , rasentati dai loro stormi sonori , che spandono per la città l ' allegrezza della campagna e rinfrescano continuamente nell ' anima il sentimento della natura . * * * [ Le memorie ] In nessun ' altra città d ' Europa i luoghi e i monumenti leggendarii o storici muovono così vivamente la fantasia come a Stambul , poichè in nessun ' altra città essi ricordano avvenimenti così recenti ad un tempo e così fantastici . Altrove , per ritrovar la poesia delle memorie , bisogna tornar indietro col pensiero di parecchi secoli ; a Stambul , basta retrocedere di pochi anni . La leggenda , o ciò che ha natura ed efficacia di leggenda , è di ieri . Sono pochi anni che nella piazza dell ' At - meidan fu consumata l ' ecatombe favolosa dei Giannizzeri ; pochi anni che il mar di Marmara rigettò sulla riva dei giardini imperiali i venti sacchi che racchiudevano le belle di Mustafà ; che nel castello delle Sette torri fu scannata la famiglia di Brancovano ; che due capigì - basci trattenevano per le braccia gli ambasciatori europei al cospetto del Gran Signore , del quale non appariva che mezzo il viso , rischiarato da una luce misteriosa ; e che fra le mura dell ' antico serraglio cessò quella vita così stranamente intrecciata d ' amori , d ' orrori e di follie , che ci pare già tanto lontana . Girando per Stambul con questi pensieri , si prova quasi un sentimento di stupore al veder la città così quieta , così ridente di vegetazione e di colori . Ah perfida ! - si direbbe , - che cos ' hai fatto di que ' monti di teste e di quei laghi di sangue ? Possibile che tutto sia già così ben nascosto , spazzato , lavato , che non se ne ritrovi più traccia ? Sul Bosforo , in faccia alla torre di Leandro che sorge dalle acque come un monumento d ' amore , sotto le mura dei giardini del Serraglio , si vede ancora il piano inclinato per cui si facevano rotolare nel mare le odalische infedeli ; in mezzo all ' At - meidan la colonna serpentina porta ancora la traccia della sciabolata famosa di Maometto il Conquistatore ; sul ponte di Mahmut si segna ancora il luogo dove il sultano focoso freddò con un fendente il dervis temerario che gli scagliò in volto l ' anatema ; nella cisterna dell ' antica chiesa di Balukli , guizzano ancora i pesci miracolosi che vaticinarono la caduta della città dei Paleologhi ; sotto gli alberi delle Acque dolci d ' Asia si accennano ancora i recessi dove una Sultana dissoluta imponeva ai favoriti d ' un istante un amore che finiva colla morte . Ogni porta , ogni torre , ogni moschea , ogni piazza , rammenta un prodigio , una strage , un amore , un mistero , una prodezza di Padiscià o un capriccio di Sultana ; tutto ha la sua leggenda , e quasi per tutto gli oggetti vicini , le vedute lontane , l ' odore dell ' aria e il silenzio , concorrono a portar l ' immaginazione dello straniero , che s ' immerge in quei ricordi , fuori del suo secolo e della città dell ' oggi e di sè stesso ; tanto che accade sovente , a Stambul , di riscotersi improvvisamente alla strana idea di dover tornare all ' albergo . Come ? - si pensa , - c ' è un albergo ? * * * [ Le rassomiglianze ] Nei primi giorni , fresco com ' ero di letture orientali , vedevo da ogni parte i personaggi famosi delle storie e delle leggende , e le figure che me li rammentavano , somigliavano qualche volta così fedelmente a quelle che m ' ero foggiate coll ' immaginazione , ch ' ero costretto a fermarmi per contemplarle . Quante volte ho afferrato per un braccio il mio amico , e accennandogli una persona che passava , gli dissi : - Ma è lui , cospetto ! non lo riconosci ? - Nella piazzetta della Sultana - Validè ho visto molte volte il turco gigante che dalle mura di Nicea rovesciava i macigni sulle teste dei soldati del Buglione ; ho visto dinanzi a una moschea Umm Dgiemil , la vecchia megera della Mecca , che spargeva i rovi e le ortiche dinanzi alla casa di Maometto ; ho trovato nei bazar dei librai , con un volume sotto il braccio , Digiemal - eddin , il gran dotto di Brussa , che sapeva a memoria tutto il dizionario arabo ; son passato accanto ad Aiscié , la sposa prediletta del Profeta , che mi fissò in volto i suoi occhi lucenti e umidi come la stella nel pozzo ; ho riconosciuto nell ' At - meidan la bellezza famosa della povera greca uccisa ai piedi della colonna serpentina da una palla dei cannoni d ' Orban ; mi son trovato faccia a faccia , allo svolto d ' una stradetta del Fanar , con Kara - Abderrahman , il più bel giovane turco dei tempi d ' Orkano ; ho riconosciuto Coswa , la cammella di Maometto ; ho ritrovato Karabulut , il cavallo nero di Selim ; ho visto il povero poeta Fighani condannato a girare per Stambul legato a un asino , per aver ferito con un distico insolente il gran vizir d ' Ibrahim ; ho trovato in un caffè Solimano il grosso , l ' ammiraglio mostruoso , che quattro schiavi robusti riuscivano appena a sollevar dal divano ; Alì , il gran vizir , che non trovò in tutta l ' Arabia un cavallo che lo reggesse ; Mahmut Pascià , l ' ercole feroce che strozzò il figlio di Solimano ; e lo stupido Ahmet II che ripeteva continuamente : Kosc ! Kosc ! - va bene , va bene - accovacciato dinanzi alla porta del bazar dei copisti , vicino alla piazza di Bajazet . Tutti i personaggi delle Mille e una notte , gli Aladini , le Zobeidi , i Sindbad , le Gulnare , i vecchi mercanti ebrei possessori di tappeti fatati e di lampade meravigliose , mi sfilarono dinanzi , come una processione di fantasmi . * * * [ Il vestire ] Questo è veramente il periodo di tempo migliore per veder la popolazione musulmana di Costantinopoli , perché nel secolo scorso era troppo uniforme e sarà probabilmente troppo uniforme nel secolo venturo . Ora si coglie quel popolo nell ' atto della sua trasformazione , e perciò presenta una varietà meravigliosa . Il progresso dei riformatori , la resistenza dei vecchi turchi , e le incertezze e le transazioni della grande massa che ondeggia fra quei due estremi , tutte le fasi , insomma , della lotta fra la nuova e la vecchia Turchia , sono fedelmente rappresentate dalla varietà dei vestimenti . Il vecchio turco inflessibile porta ancora il turbante , il caffettano e le scarpe tradizionali di marocchino giallo ; e i più ostinati fra i vecchi un turbante più voluminoso . Il turco riformato porta un lungo soprabito nero abbottonato fin sotto il mento e i calzoni scuri colle staffe , non conservando altro di turco che il fez . Fra questi , però , i giovani più arditi hanno già buttato via il lungo soprabito nero , portano panciotti aperti , calzoni chiari , cravattine eleganti , gingilli , mazza e fiori all ' occhiello . Fra quelli e questi , fra chi porta caffettano e chi porta soprabito , v ' è un abisso ; non v ' è più altro di comune che il nome ; sono due popoli affatto diversi . Il turco del turbante crede ancora fermamente al ponte Sirath , che passa sopra all ' inferno , più sottile d ' un capello e più affilato d ' una scimitarra ; fa le sue abluzioni alle ore debite , e si rincasa al calar del sole . Il turco del soprabito si ride del Profeta , si fa fotografare , parla francese e passa la sera al teatro . Fra l ' uno e l ' altro vi son poi i titubanti , dei quali alcuni hanno ancora il turbante , ma piccolissimo , in modo che potranno inaugurare il fez senza scandalo ; altri portano ancora il caffettano , ma hanno già inaugurato il fez ; altri vestono ancora all ' antica , ma non han più nè cintura nè babbuccie , nè colori vistosi ; e a poco a poco butteranno via tutto il resto . Le donne soltanto conservano tutte l ' antico velo e il mantello che nasconde le forme ; ma il velo è diventato trasparente e lascia intravvedere un cappelletto piumato , e il mantello copre spesso una veste tagliata sul figurino di Parigi . Ogni anno cadono migliaia di caffettani e sorgono migliaia di soprabiti ; ogni giorno muore un vecchio turco e nasce un turco riformato . Il giornale succede al tespì , il sigaro al cibuk , il vino all ' acqua concia , la carrozza all ' arabà , la grammatica francese alla grammatica araba , il pianoforte al timbur , la casa di pietra alla casa di legno . Tutto si altera , tutto si trasforma . Forse tra meno d ' un secolo bisognerà andar a cercare i resti della vecchia Turchia in fondo alle più lontane provincie dell ' Asia Minore , come si va a cercare quelli della vecchia Spagna nei villaggi più remoti dell ' Andalusia . * * * [ Costantinopoli futura ] Questo pensiero m ' assaliva sovente , contemplando Costantinopoli dal ponte della Sultana - Validè . Che cosa sarà questa città fra uno o due secoli , anche se i Turchi non siano cacciati d ' Europa ? Ahimè ! Il grande olocausto della bellezza alla civiltà sarà già consumato . Io la vedo quella Costantinopoli futura , quella Londra dell ' Oriente che innalzerà la sua maestà minacciosa e triste sulle rovine della più ridente città della terra . I colli saranno spianati , i boschetti rasi al suolo , le casette multicolori atterrate ; l ' orizzonte sarà tagliato da ogni parte dalle lunghe linee rigide dei palazzi , delle case operaie e degli opifici , in mezzo a cui si drizzerà una miriade di camini altissimi d ' officine , e di tetti piramidali di campanili ; lunghe strade diritte e uniformi divideranno Stambul in diecimila parallelepipedi enormi ; i fili del telegrafo s ' incrocieranno come un ' immensa tela di ragno sopra i tetti della città rumorosa ; sul ponte della Sultana - Validè non si vedrà più che un torrente nero di cappelli cilindrici e di berrette ; la collina misteriosa del Serraglio sarà un giardino zoologico , il Castello delle Sette torri un penitenziario , l ' Ebdomon un museo di storia naturale ; tutto sarà solido , geometrico , utile , grigio , uggioso , e una immensa nuvola oscura velerà perpetuamente il bel cielo della Tracia , a cui non s ' alzeranno più nè preghiere ardenti nè occhi innamorati nè canti di poeti . Quando quest ' immagine mi si presentava , sentivo proprio una stretta al cuore ; ma poi mi consolavo pensando : - Chi sa che qualche sposa italiana del secolo ventunesimo , venendo qui a fare il suo viaggio di nozze , non esclami qualche volta : - Peccato ! Peccato che Costantinopoli non sia più come la descrive quel vecchio libro tarlato dell ' ottocento che ritrovai per caso in fondo all ' armadio della nonna ! * * * [ I cani ] E allora sarà anche sparita da Costantinopoli una delle sue curiosità più curiose , che sono i cani . Qui proprio voglio lasciar correre un po ' la penna perché l ' argomento lo merita . Costantinopoli è un immenso canile : tutti l ' osservano appena arrivati . I cani costituiscono una seconda popolazione della città , meno numerosa , ma non meno strana della prima . Tutti sanno quanto i Turchi li amino e li proteggano . Non ho potuto sapere se lo facciano per il sentimento di carità che raccomanda il Corano anche verso le bestie ; o perché li credano , come certi uccelli , apportatori di fortuna , o perché li amava il Profeta , o perché ne parlano le loro sacre storie , o perchè , come altri pretende , Maometto il Conquistatore si conduceva dietro un folto stato maggiore canino che entrò trionfante con lui per la breccia di porta San Romano . Il fatto è che li hanno a cuore , che molti Turchi lasciano per testamento delle somme cospicue per la loro alimentazione , e che quando il sultano Abdul - Mejid li fece portar tutti nell ' isola di Marmara , il popolo ne mormorò , e quando ritornarono , li ricevette a festa , e il Governo , per non provocar malumori , li lasciò in pace per sempre . Però , siccome il cane , secondo il Corano , è un animale immondo , e ogni turco , ospitandolo , crederebbe di contaminare la casa , così nessuno degli innumerevoli cani di Costantinopoli ha padrone . Formano tutti insieme una grande repubblica di vagabondi liberissimi , senza collare , senza nome , senza uffici , senza casa , senza leggi . Fanno tutto nella strada ; vi si scavano delle piccole tane , vi dormono , vi mangiano , vi nascono , vi allattano i piccini , e vi muoiono ; e nessuno , almeno a Stambul , li disturba menomamente dalle loro occupazioni e dai loro riposi . Essi sono i padroni della via . Nelle nostre città è il cane che si scansa per lasciar passare i cavalli e la gente . Là è la gente , sono i cavalli , i cammelli , gli asini che fanno anche un lungo giro per non pestare i cani . Nei luoghi più frequentati di Stambul , quattro o cinque cani raggomitolati e addormentati proprio nel bel mezzo della strada , si fanno girare intorno per una mezza giornata tutta la popolazione d ' un quartiere . E lo stesso accade a Pera e a Galata , benchè qui siano lasciati in pace non già per rispetto , ma perché sono tanti , che a volerseli cacciare di fra i piedi , bisognerebbe non far altro che tirar calci e legnate dal momento che s ' esce di casa al momento che si ritorna . A mala pena si scomodano quando , nelle strade piane , si vedono venire addosso una carrozza a tiro a quattro , che va come il vento , e non ha più tempo di deviare . Allora si alzano , ma non prima dell ' ultimo momento , quando hanno le zampe dei cavalli a un filo dalla testa , e trasportano stentatamente la loro pigrizia quattro dita più lontano : lo strettissimo necessario per salvare la vita . La pigrizia è il tratto distintivo dei cani di Costantinopoli . Si accucciano in mezzo alle strade , cinque , sei , dieci in fila od in cerchio , arrotondati in maniera che non paion più bestie , ma mucchi di sterco , e lì dormono delle giornate intere , fra un viavai e uno strepito assordante , e non c ' è nè acqua , nè sole , nè freddo che li riscuota . Quando nevica , rimangon sotto la neve ; quando piove , restano immersi nella mota fin sopra la testa , tanto che poi , alzandosi , paiono cani sbozzati nella creta , e non ci si vede più nè occhi , nè orecchie , nè muso . A Pera e a Galata , però , son meno indolenti che a Stambul , perché ci trovano meno facilmente da mangiare . A Stambul sono in pensione , a Pera e a Galata mangiano alla carta . Sono le scope viventi delle strade . Quello che rifiutano i maiali , per loro è ghiottoneria . Fuor che i sassi mangiano tutto , e appena hanno tanto in corpo da non morire , tornano a raggomitolarsi in terra e ridormono fin che non li sveglia la fame . Dormono quasi sempre nello stesso luogo . La popolazione canina di Costantinopoli è divisa per quartieri come la popolazione umana . Ogni quartiere , ogni strada è abitata , o piuttosto posseduta da un certo numero di cani , parenti ed amici , che non se ne allontanano mai , e non vi lasciano penetrare stranieri . Esercitano una specie di servizio di polizia . Hanno i loro corpi di guardia , i loro posti avanzati , le loro sentinelle fanno la ronda e le esplorazioni . Guai se un cane d ' un altro quartiere , spinto dalla fame , s ' arrischia nei possedimenti dei suoi vicini ! Una frotta di cagnacci insatanassati gli piomba addosso , e se lo coglie , lo finisce ; se non può coglierlo , lo insegue rabbiosamente fino ai confini del quartiere . Sino ai confini , non più in là ; il paese nemico è quasi sempre rispettato e temuto . Non si può dare un ' idea delle battaglie , dei sottosopra che seguono per un osso , per una bella , o per una violazione di territorio . Ogni momento si vede una frotta di cani stringersi furiosamente in un gruppo intricato e confuso , e sparire in un nuvolo di polvere , e lì urli e latrati e guaiti da lacerare le orecchie ad un sordo ; poi la frotta si sparpaglia , e a traverso il polverìo diradato si vedono distese sul terreno le vittime della mischia . Amori , gelosie , duelli , sangue , gambe rotte e orecchie lacerate , son l ' affare d ' ogni momento . Alle volte se ne radunan tanti e fanno tali baldorie davanti a una bottega , che il bottegaio e i garzoni son costretti ad armarsi di stanghe e di seggiole e a fare una sortita militare in tutte le regole per sgombrare la strada ; e allora si sentono risonar teste e schiene e pancie , e ululati che fanno venir giù l ' aria . A Pera e a Galata in specie , quelle povere bestie sono tanto malmenate , tanto abituate a toccare una percossa ogni volta che vedono un bastone , che al solo sentir battere sul ciottolato un ombrello o una mazzina , o scappano o si preparano a scappare ; ed anche quando sembra che dormano , tengono quasi sempre un occhio socchiuso , un puntino impercettibile di pupilla , con cui seguono attentissimamente , anche per un quarto d ' ora filato , e a qualunque distanza , tutti i più leggieri movimenti di qualsiasi oggetto che abbia apparenza d ' un bastone . E son così poco assuefatti a trattamenti umani , che basta , passando , accarezzarne uno , che dieci altri accorrono saltellando , mugolando , dimenando la coda , e accompagnano il protettore generoso fino in fondo alla strada , cogli occhi luccicanti di gioia e di gratitudine . La condizione d ' un cane a Pera e a Galata è peggiore , ed è tutto dire , di quella d ' un ragno in Olanda , che è l ' essere più perseguitato di tutto il regno animale . Non si può , vedendoli , non credere che ci sia anche per loro un compenso dopo morte . Anch ' essi , come ogni altra cosa a Costantinopoli , mi destavano una reminiscenza storica ; ma era un ' amara ironia ; erano i cani delle caccie famose di Baiazet , che correvano per le foreste imperiali dell ' Olimpo colle gualdrappine di porpora e coi collari imperlati . Quale diversità di condizione sociale ! La loro sorte infelice dipende anche in parte dalla loro bruttezza . Sono quasi tutti cani della razza dei mastini o dei can lupi , e ritraggono un po ' del lupo e della volpe ; o piuttosto non ritraggono di nulla ; sono orribili prodotti d ' incrociamenti fortuiti , screziati di colori bizzarri , della grandezza dei così detti cani da macellaio , e magri che se ne possono contar le costole a venti passi . La maggior parte poi , oltre alla magrezza , son ridotti dalle risse in uno stato che , se non si vedessero camminare , si piglierebbero per carcami di cani macellati . Se ne vedono colla coda mozza , colle orecchie monche , col dorso spelato , col collo scorticato , orbi d ' un occhio , zoppi di due gambe , coperti di guidaleschi e divorati dalle mosche ; ridotti agli ultimi termini a cui si può ridurre un cane vivente ; veri avanzi della fame , della guerra e della vaga venere . La coda , si può dire che è un membro di lusso : è raro il cane di Costantinopoli che la serbi intera per più di due mesi di vita pubblica . Povere bestie ! metterebbero pietà in un cuore di sasso ; eppure si vedono qualche volta potati e rosicchiati in un modo così strano , si vedono camminare con certi dondolamenti così svenevoli , con certi barcollii così grotteschi , che non si possono trattenere le risa . E non son nè la fame nè la guerra nè le legnate il loro peggiore flagello : è un uso crudele invalso da qualche tempo a Galata e a Pera . Sovente , di notte , i pacifici peroti sono svegliati nei loro letti da un baccano indiavolato ; e affacciandosi alle finestre , vedon giù nella strada una ridda spaventevole di cani che spiccano salti altissimi , e fanno rivoltoloni furiosi e battono capate tremende nei muri ; e la mattina all ' alba la strada è coperta di cadaveri . È il dottorino o lo speziale del quartiere , che avendo l ' abitudine di studiare la notte , e non volendo esser disturbati dalla canea , si sono procurati una settimana di silenzio con una distribuzione di polpette . Queste ed altre cagioni fanno sì che il numero dei cani diminuisca continuamente a Pera e a Galata ; ma a che pro ? Intanto a Stambul crescono e si moltiplicano , sin che non trovando più alimento nella città turca , migrano a poco a poco all ' altra riva , e riempiono nella famiglia sterminata tutti i vuoti che v ' han fatto le battaglie , la carestia e il veleno . * * * [ Gli eunuchi ] Ma vi sono altri esseri , a Costantinopoli , che fanno più compassione dei cani , e son gli eunuchi , i quali , come s ' introdussero fra i turchi malgrado i precetti formali del Corano che condannano questa infame degradazione della natura , sussistono ancora , malgrado la legge recente che ne proibisce il traffico , poichè è più forte della legge la scellerata avidità dell ' oro che fa commettere il delitto , e l ' egoismo spietato che se ne vale . Questi disgraziati s ' incontrano ad ogni passo nelle strade , come s ' incontrano , ad ogni passo nella storia . In fondo a ogni quadro della storia turca , campeggia una di queste figure sinistre , colle fila d ' una congiura nel pugno ; coperto d ' oro o intriso di sangue , vittima , o favorito , o carnefice , palesemente od occultamente formidabile , ritto come uno spettro all ' ombra del trono , o affacciato allo spiraglio d ' una porta misteriosa . Così per Costantinopoli , in mezzo alla folla affaccendata dei bazar , tra la moltitudine allegra delle Acque dolci , fra le colonne delle moschee , accanto alle carrozze , nei piroscafi , nei caicchi , in tutte le feste , in tutte le folle , si vede questa larva d ' uomo , questa figura dolorosa , che fa colla sua persona una macchia lugubre su tutti gli aspetti ridenti della vita orientale . Scemata l ' onnipotenza della corte , è scemata la loro importanza politica , come rilassandosi la gelosia orientale , è diminuita la loro importanza nelle case private ; i vantaggi del loro stato son quindi molto scaduti ; essi non trovano più che assai difficilmente nella ricchezza e nella dominazione un compenso alla loro sventura ; non si trovano più i Ghaznefer Agà che consentono alla mutilazione per diventar capi degli eunuchi bianchi ; tutti sono ora certamente vittime , e vittime senza conforti ; comprati o rubati bambini , in Abissinia od in Siria , uno su tre sopravvissuti al coltello infame , e rivenduti in onta alla legge , con una ipocrisia di segretezza , più odiosa d ' un aperto mercato . Non c ' è bisogno di farseli indicare , si riconoscono all ' aspetto . Son quasi tutti d ' alta statura , grassi , flosci , col viso imberbe e avvizzito , corti di busto , lunghissimi di gambe e di braccia . Portano il fez , un lungo soprabito scuro , i calzoni all ' europea e uno staffile di cuoio d ' ippopotamo , che è l ' insegna del loro ufficio . Camminano a lunghi passi , mollemente , come grandi bambini . Accompagnano le signore a piedi o a cavallo , davanti e dietro le carrozze , quando uno , quando due insieme , e rivolgono sempre intorno un occhio vigilante , che al menomo sguardo o atto irriverente di chi passa , piglia un ' espressione di rabbia ferina che mette paura e ribrezzo . Fuor di questi casi , il loro viso o non dice assolutamente nulla , o non esprime che un tedio infinito d ' ogni cosa . Non mi ricordo d ' averne visto ridere alcuno . Ce ne sono dei giovanissimi , che par che abbiano cinquant ' anni ; dei vecchi , che sembrano adolescenti invecchiati in un giorno ; dei molto pingui , tondi , molli , lucidi , che sembrano enfiati o ingrassati apposta come bestie suine ; tutti vestiti di panni fini , puliti e profumati come damerini vanitosi . Ci sono degli uomini senza cuore che passando accanto a quei disgraziati li guardano e ridono . Costoro credono forse che , essendo così come sono fin dall ' infanzia , non comprendano la loro sventura . Si sa invece che la comprendono e che la sentono ; ma se anche non si sapesse , come si potrebbe dubitarne ? Non appartenere ad alcun sesso , non essere che una mostra d ' uomo ; vivere in mezzo agli uomini e vedersene separati da un abisso ; sentir fremere la vita intorno a sè , come un mare , e dovervi rimanere in mezzo , immobili e solitarii come uno scoglio ; sentire tutti i propri pensieri e tutti i sentimenti strozzati da un cerchio di ferro che nessuna virtù umana potrà mai spezzare ; aver perpetuamente dinanzi un ' immagine di felicità , a cui tutto tende , intorno a cui tutto gira , di cui tutto si colora e s ' illumina , e sentirsene smisuratamente lontani , nell ' oscurità , in un vuoto immenso e freddo , come creature maledette da Dio ; essere anzi i custodi di quella felicità , la barriera che l ' uomo geloso mette fra i suoi piaceri ed il mondo , il puntello con cui assicura la sua porta , il cencio con cui copre il suo tesoro ; e dover vivere tra i profumi , in mezzo alle seduzioni , alla gioventù , alla bellezza , ai tripudi , colla vergogna sulla fronte , colla rabbia nell ' anima , disprezzati , scherniti , senza nome , senza famiglia , senza madre , senza un ricordo affettuoso , segregati dall ' umanità e dalla natura , ah ! dev ' essere un tormento che la mente umana non può comprendere , come quello di vivere con un pugnale confitto nel cuore . E questa infamia si sopporta ancora , questi sventurati passeggiano per le vie di una città d ' Europa , vivono in mezzo agli uomini , e non urlano , non mordono , non uccidono , non sputano in viso all ' umanità codarda che li guarda senza arrossire e senza piangere , e fa delle associazioni internazionali per la protezione dei gatti e dei cani ! La loro vita non è che un supplizio continuo . Quando le donne non li trovano arrendevoli ai loro intrighi , li odiano come carcerieri e come spie , e li torturano con una civetteria crudele , sino a farli diventar furiosi o insensati , come il povero eunuco nero delle Lettere persiane quando metteva nel bagno la sua signora . Tutto è sarcasmo per loro : portano dei nomi di profumi e di fiori , per allusione alle donne di cui sono custodi : sono possessori di giacinti , guardiani di gigli , custodi di rose e di viole . E qualche volta amano , gli sciagurati ! perché in loro delle passioni sono spenti gli effetti , non le cause ; e son gelosi , e si rodono e piangono lagrime di sangue ; e qualche volta , quando uno sguardo procace si fissa in volto alla loro donna , e s ' accorgono che è corrisposto , perdon la ragione e percuotono . Al tempo della guerra di Crimea un eunuco diede una frustata in viso ad un ufficiale francese , e questi gli spaccò il cranio con una sciabolata . Chi può dire che cosa soffrano , come li desoli la bellezza , come li strazii un vezzo , come li trafigga un sorriso , e quante volte mentre al loro orecchio arriva il suono d ' un bacio , la loro mano afferra il manico del pugnale ! Non è meraviglia che nel vuoto immenso del loro cuore non attecchiscano per lo più che le passioni fredde dell ' odio , della vendetta e dell ' ambizione ; che crescano acri , mordaci , pettegoli , pusillanimi , feroci ; che siano o bestialmente devoti o astutissimamente traditori , e che quando sono potenti , cerchino di vendicarsi sull ' uomo dell ' affronto che fu fatto in loro alla natura . Ma per quanto siano intristiti , sentono sempre nel cuore il bisogno prepotente della donna , e poichè non possono averla amante , la cercano amica ; si ammogliano ; sposano delle donne incinte , come Sunbullù , il grand ' eunuco di Ibraim I , per avere un bambino da amare ; si fanno un arem di vergini , come il grand ' eunuco di Ahmed II , per avere almeno lo spettacolo della bellezza e della grazia , l ' amplesso affettuoso , un ' illusione d ' amore ; adottano una figliuola per aver un seno di donna su cui chinare la testa quando son vecchi , per non morire senza sapere che cos ' è una carezza , per sentire nei loro ultimi anni una voce amorosa dopo aver sentito per tutta la vita il riso dell ' ironia e del disprezzo ; e non son rari quelli che , arricchiti alla corte o nelle grandi case , dove esercitano insieme l ' ufficio di capi degli eunuchi e d ' intendenti , si comprano , vecchi , una bella villetta sul Bosforo , e là cercano di dimenticare , di sopire il sentimento della propria sventura nell ' allegrezza delle feste e dei conviti . Fra le molte cose che mi furon dette di questi infelici , una mi è rimasta viva più di tutte nella memoria ; ed è un giovane medico di Pera che me l ' ha raccontata . Confutando gli argomenti di chi crede che gli eunuchi non soffrano : - Una sera , - mi disse , - uscivo dalla casa d ' un ricco musulmano , dov ' ero andato a visitare per la terza volta una delle sue quattro mogli malata di cuore . All ' uscire come all ' entrare m ' aveva accompagnato un eunuco gridando le solite parole : - donne , ritiratevi ! - per avvertir signore e schiave che un uomo era nell ' arem , e che non dovevano lasciarsi vedere . Quando fui nel cortile , l ' eunuco mi lasciò , ed io mi diressi solo verso la porta . Nel punto che stavo per aprire , mi sentii toccare il braccio , e voltandomi , mi vidi dinanzi , così tra il chiaro e lo scuro , un altro eunuco , un giovanetto di diciotto o vent ' anni , di aspetto simpatico , che mi guardava fisso con gli occhi umidi di lagrime . Gli domandai che cosa voleva . Titubò un momento a rispondere , poi m ' afferrò una mano con tutt ' e due le mani , e stringendomela convulsivamente mi disse con una voce tremante , in cui si sentiva un dolore disperato : - Dottore ! Tu che sai un rimedio per tutti i mali , non ne sapresti uno per il mio ? - Io non so dire quello che produssero in me queste semplici parole ; volli rispondere , mi mancò la voce , e non sapendo nè che fare nè che dire , apersi bruscamente la porta e fuggii . Ma per tutta quella sera e per molti giorni dopo , mi parve di vedere quel giovane e di sentir quelle parole , e più d ' una volta dovetti far forza a me stesso per non piangere di pietà . - O filantropi , pubblicisti , ministri , ambasciatori , e voi , signori deputati al Parlamento di Stambul e senatori della mezzaluna , levate un grido , in nome di Dio , perché questa sanguinosa ignominia , questa orrenda macchia dell ' onore umano , non sia più nel ventesimo secolo che una memoria dolorosa come le carneficine della Bulgaria . * * * [ L ' esercito ] Benchè sapessi , prima d ' arrivare a Costantinopoli , che non ci avrei più ritrovato traccia dello splendido esercito dei bei tempi antichi , pure , appena arrivato , cercai con vivissima curiosità i soldati , mia perpetua simpatia . Ma , pur troppo , trovai la realtà peggiore dell ' aspettazione . In luogo delle antiche vestimenta ampie , pittoresche e guerriere , trovai le divise nere e attillate , i calzoni rossi , le giacchettine scarse , i galloni da usciere , i cinturini da collegiale , e su tutte le teste , da quella del Sultano a quella del soldato , quel deplorabile fez , che oltre ad esser meschino e puerile , in specie sul cocuzzolo dei musulmani corpulenti , è cagione d ' infinite oftalmie ed emicranie . L ' esercito turco non ha più la bellezza d ' un esercito turco , non ha ancora la bellezza d ' un esercito europeo ; i soldati mi parvero tristi , svogliati e sudici ; saranno valorosi , ma non son simpatici . E quanto alla loro educazione , mi basta questo : che ho visto sergenti e ufficiali soffiarsi il naso colle dita in mezzo alla strada ; che ho visto un soldato di guardia al ponte , dove è proibito di fumare , strappar il sigaro di bocca a un viceconsole ; e che nella moschea dei dervis giranti di via di Pera , un altro soldato , me presente , per far capire a tre signori europei che bisognava levarsi il cappello , li scappellò tutti e tre con una manata . E ho saputo che , ad alzar la voce in simili casi , il meno che possa capitare è d ' essere abbracciati come un sacco di cenci e portati di peso nel corpo di guardia . Per la qual cosa , in tutto il tempo che rimasi a Costantinopoli , ho sempre dimostrato un profondo rispetto ai soldati . E d ' altra parte , cessai di meravigliarmi delle loro maniere , dopo aver visto coi miei occhi che cosa è quella gente prima di vestir l ' uniforme . Vidi un giorno passare per una strada di Scutari un centinaio di reclute che venivano probabilmente dall ' interno dell ' Asia Minore . Mi fecero compassione e ribrezzo . Mi parve di vedere quegli spaventosi banditi d ' Hassan il pazzo , che attraversarono Costantinopoli sulla fine del sedicesimo secolo , per andar a morire sotto la mitraglia austriaca nella pianura di Pest . Vedo ancora quelle faccie sinistre , quelle lunghe ciocche di capelli , quei corpi seminudi e arabescati , quegli ornamenti selvaggi , e sento il tanfo di serraglio di belve che lasciarono nella via . Quando giunsero le prime notizie delle stragi di Bulgaria , pensai subito a loro . - Debbono essere i miei amici di Scutari , - dissi in cuor mio . Essi però sono l ' unica immagine pittoresca che mi sia rimasta de ' soldati musulmani . Belli eserciti di Bajazet , di Solimano e di Maometto , chi vi potesse rivedere per un minuto , dall ' alto delle mura di Stambul , schierati sulla pianura di Daud - Pascià ! Ogni volta che passavo dinanzi alla porta trionfale d ' Adrianopoli , quei belli eserciti mi si affacciavano alla mente come una visione luminosa , e mi soffermavo a contemplare la porta , come se di momento in momento dovesse apparire il pascià quartier mastro , araldo delle schiere imperiali . Il pascià quartier mastro , in fatti , camminava alla testa dell ' esercito , con due code di cavallo , insegna della sua dignità . Dietro a lui , si vedeva di lontano un vivissimo luccichìo . Erano ottomila cucchiai di rame confitti nei turbanti di ottomila giannizzeri , in mezzo ai quali ondeggiavano le penne d ' airone e scintillavano le armature dei colonnelli , seguiti da uno sciame di servi carichi di armi e di vivande . Dietro ai giannizzeri veniva un piccolo esercito di volontarii e di paggi , colle vesti di seta , colle maglie di ferro , coi caschi luccicanti , accompagnati da una banda di musici ; dietro ai paggi , i cannonieri , coi cannoni uniti da catene di ferro ; e poi un altro piccolo esercito di agà , di paggi , di ciambellani , di soldati feudatarii , piantati sopra cavalli corazzati e impennacchiati . E questa non era che l ' avanguardia . Sopra le schiere serrate sventolavano stendardi di mille colori , ondeggiavano code di cavallo , s ' urtavano lancie , spade , archi , turcassi , archibugi , in mezzo ai quali si vedevano appena le faccie annerite dal sole delle guerre di Candia e di Persia ; e i suoni scordati dei tamburi , dei flauti , delle trombe e delle timballe , la voce dei cantanti che accompagnavano i giannizzeri , il tintinnio delle armature , lo strepito delle catene , le grida di : Allà , si confondevano in un frastuono festoso e terribile , che dal campo di Daud - Pascià si spandeva fino all ' altra riva del Corno d ' oro . Oh ! pittori e poeti che avete studiato amorosamente quel bel mondo orientale , svanito per sempre , aiutatemi a far uscir intero dalle vecchie mura di Stambul l ' esercito favoloso di Maometto III . L ' avanguardia è passata : un altro sfolgorìo s ' avanza . È il Sultano ? No , il Nume non è forse ancora uscito dal tempio . Non è che il corteo del vizir favorito . Sono quaranta agà vestiti di zibellino , su quaranta cavalli dalle gualdrappe di velluto e dalle redini d ' argento , a cui tien dietro una folla di paggi e di palafrenieri pomposi , che conducono a mano altri quaranta corsieri , bardati d ' oro , carichi di scudi , di mazze e di scimitarre . Viene innanzi un altro corteo . Non è ancora il Sultano . Sono i membri della Cancelleria di Stato , i grandi dignitari del Serraglio , il gran tesoriere , accompagnati da una banda di suonatori e da uno sciame di volontarii coi berretti purpurei ornati d ' ale d ' uccelli , vestiti di pelliccie , di taffettà incarnato , di pelli di leopardo , di kolpak ungheresi , e armati di lunghe lancie fasciate di seta e inghirlandate di fiori . Un ' altra onda di cavalli sfolgoranti esce dalla porta d ' Adrianopoli . Non è ancora il Sultano . È il corteo del gran vizir . Vien prima una folla d ' archibugieri a cavallo , di furieri e d ' agà benemeriti del gran Signore , e poi altri quaranta agà del gran vizir in mezzo a una foresta di mille e duecento lancie di bambù impugnate da mille e duecento paggi , e altri quaranta paggi del gran vizir vestiti di color ranciato e armati d ' archi e di turcassi ricamati d ' oro , e altri duecento giovanetti divisi in sei schiere di sei colori , in mezzo ai quali cavalcano governatori e parenti del primo ministro , seguiti da una turba di palafrenieri , d ' armigeri , d ' impiegati , di servi , di paggi , d ' agà dalle vesti dorate e di vessilliferi dalle bandiere di seta ; e ultimo il Kiaya , ministro dell ' interno , in mezzo a dodici sciaù , esecutori di giustizia , seguiti dalla banda del gran vizir . Un ' altra folla sbocca fuori dalle mura . Non è ancora il Sultano . È una folla di sciaù , di furieri , d ' impiegati , vestiti di assise splendide , che fanno corteo ai giureconsulti , ai mollà , ai muderrì , a cui tien dietro il gran cacciatore per le caccie al falcone , all ' avoltoio , allo sparviero ed al nibbio , seguito da una fila di cavalieri che portano in sella i gatti pardi ammaestrati alla caccia , e da una processione di falconieri , di scudieri , di squartatori , di guardiani di furetti , di drappelli di trombettieri e di mute di cani ingualdrappati e ingioiellati . Un ' altra folla compare . Gli spettatori accalcati si prostrano : è il Sultano ! Non è ancora il Sultano ; non è la testa , ma il cuore dell ' esercito ; il focolare del coraggio e dell ' ira sacra , l ' arca santa , il carroccio dei musulmani , intorno a cui s ' alzeranno mucchi di cadaveri e scorreranno torrenti di sangue , la bandiera verde del Profeta , l ' insegna delle insegne , tolta alla moschea del Sultano Ahmed , che sventola in mezzo a una turba feroce di dervis coperti di pelli d ' orso e di leone , in mezzo a una corona di sceicchi predicatori dall ' aspetto ispirato , ravvolti in mantelli di pelo di cammello ; fra due schiere d ' emiri , discendenti di Maometto , coronati di turbanti verdi , che levano tutti insieme un clamore minaccioso e sinistro di evviva , di ruggiti , di preghiere , di canti . Esce un ' altra ondata d ' uomini e di cavalli . Non è ancora il Sultano . È uno stuolo di sciaù che brandiscono i loro bastoni inargentati per far largo al giudice di Costantinopoli e al gran giudice d ' Asia e d ' Europa , i cui turbanti enormi torreggiano al disopra della folla ; sono il vizir favorito e il vizir caimacan , coi turbanti stelleggiati d ' argento e gallonati d ' oro ; sono tutti i vizir del divano , dinanzi ai quali ondeggiano le code di cavallo tinte di henné , appese in cima a lancie rosse ed azzurre ; e infine i giudici dell ' esercito e un codazzo sterminato di servi vestiti di pelli di leopardo e armati di stocco , e paggi e armigeri e vivandieri . Un altro barbaglio di colori e di splendori annunzia un altro corteo : è il Sultano finalmente ! Non è ancora il Sultano . È il gran vizir , vestito d ' un caffettano purpureo foderato di zibellino ; montato sopra un cavallo coperto d ' acciaio e d ' oro , seguito da uno sciame di servi in abito di velluto rosso , attorniato da una folla di alti dignitari e di luogotenenti generali dei giannizzeri , fra i quali biancheggia il muftì , come un cigno in mezzo a uno stormo di pavoni ; e dietro a costoro , fra due schiere di lancieri dai giustacuori dorati , fra due file d ' arcieri dai pennacchi a mezzaluna , i palafrenieri sfarzosi del serraglio che conducono per mano una frotta di cavalli arabi , turcomanni , persiani , caramaniani , dalle selle di velluto , dalle nappine di canutiglia , dalle redini dorate , dalle staffe damaschinate , carichi di scudi e d ' armi scintillanti di rubini e di smeraldi ; e infine due cammelli consacrati , uno dei quali porta il Corano e l ' altro una reliquia della Kaaba . Passato il corteo del gran vizir , scoppia una musica fragorosa di trombe e di tamburi , gli spettatori fuggono , il cannone tuona , uno stuolo di battistrada irrompe fuor della porta mulinando le scimitarre , ed ecco in mezzo a una selva fitta di lancie , di pennacchi e di spade , tra uno sfolgorio abbagliante di caschi d ' oro e d ' argento , sotto un nuvolo di stendardi di raso , ecco il Sultano dei Sultani , il re dei re , il distributore delle corone ai principi del mondo , l ' ombra di Dio sulla terra , l ' imperatore e signore sovrano del mar bianco e del mar nero , della Rumelia e dell ' Anatolia , della provincia di Sulkadr , del Diarbekir , del Kurdistan , dell ' Aderbigian , dell ' Agiem , dello Sciam , di Haleb , d ' Egitto , della Mecca , di Medina , di Gerusalemme , di tutte le contrade dell ' Arabia e dell ' Yemen e di tutte le altre provincie conquistate dai suoi gloriosi predecessori ed augusti antenati o sottomesse alla sua gloriosa maestà dalla sua spada fiammeggiante e trionfatrice . Il corteo solenne e tremendo passa lentamente , aprendo a quando a quando un piccolo spiraglio ; e allora s ' intravvedono i tre pennacchi imperlati del turbante del Dio , il viso pallido e grave e il petto lampeggiante di diamanti ; poi il cerchio si richiude , la cavalcata s ' allontana , le scimitarre minacciose s ' abbassano , gli spettatori atterriti rialzano la fronte , la visione è svanita . Al corteo imperiale tien dietro una folla d ' ufficiali di corte , di cui uno porta sul capo lo sgabello del Sultano , un altro la sciabola , un altro il turbante , un altro il mantello , un quinto la caffettiera d ' argento , un sesto la caffettiera d ' oro ; passano altre schiere di paggi ; passa il drappello degli eunuchi bianchi , passano trecento ciambellani a cavallo , vestiti di caffettani candidi ; passano le cento carrozze dell ' arem dalle ruote inargentate , tratte da buoi inghirlandati di fiori o da cavalli bardati di velluto , e fiancheggiate da una legione d ' eunuchi neri ; passano trecento schiere di mule che portano i bagagli e il tesoro della corte , passano mille cammelli carichi di acqua , passano mille dromedarii carichi di viveri ; passa un esercito di minatori , d ' armaioli e d ' operai di Stambul , accompagnati da bande di buffoni e di giocolieri ; e in fine passa il grosso dell ' esercito combattente : le orte dei giannizzeri , i silidar gialli , gli azab porporini , gli spahí dalle insegne rosse , i cavalieri stranieri dagli stendardi bianchi , i cannoni che vomitano blocchi di marmo e di piombo , le milizie feudatarie dei tre continenti , i volontarii selvaggi delle estreme provincie dell ' impero ; nuvoli di bandiere , selve di pennacchi , torrenti di turbanti , valanghe di ferro , che vanno a rovesciarsi sull ' Europa come una maledizione di Dio , lasciando dietro di sè un deserto sparso di macerie fumanti e di piramidi di teschi . * * * [ L ' ozio ] Benchè in qualche ora del giorno Costantinopoli paia molto operosa , in realtà è forse la città più pigra dell ' Europa . Per questo , turchi e franchi si possono dare la mano . Si levano tutti il più tardi possibile . Anche d ' estate , all ' ora in cui le nostre città son già in movimento da un capo all ' altro , Costantinopoli dorme ancora . Prima che il sole sia alto , è difficile trovare una bottega aperta e poter bere una tazza di caffè . Alberghi , uffici , bazar , banche , tutto russa allegramente , e non si scuoterebbe nemmeno col cannone . S ' aggiungano le feste : il venerdì dei turchi , il sabato degli ebrei , la domenica dei cristiani , i santi innumerevoli del calendarii greci ed armeni , osservati scrupolosamente ; tutte feste che , sebbene siano parziali , costringono all ' ozio anche una parte della popolazione che v ' è straniera ; e s ' avrà un ' idea del lavoro che può fare Costantinopoli nel giro di sette giorni . Vi sono degli uffici che non stanno aperti più di ventiquattr ' ore per settimana . Ogni giorno v ' è uno dei cinque popoli della grande città che va a zonzo per le strade , in abito festivo , senz ' altro pensiero che d ' ammazzare il tempo . In quest ' arte i turchi sono maestri . Son capaci di far durare per una mezza giornata una tazza di caffè da due soldi e di star cinque ore immobili a ' piedi d ' un cipresso d ' un cimitero . Il loro ozio è veramente l ' ozio assoluto , fratello della morte come il sonno , un riposo profondo di tutte le facoltà , una sospensione di tutte le cure , un modo di esistenza affatto sconosciuto agli europei . Non vogliono nemmeno aver il pensiero di passeggiare . A Stambul non ci sono passeggi fatti espressamente , e se ci fossero , il turco non ci andrebbe , perché l ' andare apposta in un luogo determinato per far del movimento , gli parrebbe una specie di lavoro . Egli entra nel primo cimitero o infila la prima strada che gli si presenta , e va senza proposito dove lo portan le gambe , dove lo conducono i serpeggiamenti del sentiero , dove lo trascina la folla . Raramente egli va in un luogo per vedere il luogo . Vi sono dei turchi di Stambul che non sono mai andati più in là di Kassim - pascià , dei signori musulmani che non si sono mai spinti oltre le isole dei Principi dove hanno un amico , e oltre il Bosforo dove hanno una villa . Per loro il colmo della beatitudine consiste nell ' inerzia della mente e del corpo . Perciò lasciano ai cristiani irrequieti le grandi industrie che richiedono cure , passi e viaggi ; e si ristringono al commercio minuto , che si può esercitar da seduti , e quasi più cogli occhi che col pensiero . Il lavoro che fra noi è quello che signoreggia e regola tutte le altre occupazioni della vita , là è subordinato , come un ' occupazione secondaria , a tutti i comodi e a tutti i piaceri . Qui , il riposo non è che un ' interruzione del lavoro ; là il lavoro non è che una sospensione del riposo . Prima bisogna a qualunque costo dormicchiare , sognare , fumare , quelle tante ore ; e poi , nei ritagli di tempo , far qualche cosa per procacciarsi la vita . Il tempo , per i turchi , significa tutt ' altra cosa da quel che significa per noi . La moneta giorno , mese , anno , per loro non ha che la centesima parte del valore che ha in Europa . Il minor tempo che domandi un impiegato d ' un ministero turco per dare una qualunque risposta intorno al più semplice affare , è un paio di settimane . La premura di finire una cosa per il piacere di finirla , non sanno che cosa sia . Dai facchini all ' infuori , non si vede mai per le vie di Stambul un turco affaccendato che affretti il passo . Tutti camminano colla stessa cadenza , come se misurassero tutti l ' andatura al suono d ' uno stesso tamburo . Per noi la vita è un torrente che precipita ; per loro è un ' acqua che dorme . * * * [ La notte ] Costantinopoli è di giorno la città più splendida e di notte la città più tenebrosa d ' Europa . Pochi fanali , a gran distanza l ' un dall ' altro , rompono appena l ' oscurità nelle vie principali ; le altre son buie come spelonche , e non vi è chi ci s ' arrischii senza un lume alla mano . Perciò , col cader della notte , la città si fa deserta ; non si vedono più che guardie notturne , frotte di cani , peccatrici furtive , qualche brigata di giovanotti che sbuca dalle birrerie sotterranee , e lanterne misteriose che appariscono e spariscono , come fuochi fatui , qua e là per i vicoli e pei cimiteri . Allora bisogna contemplare Stambul dai luoghi alti di Pera e di Galata . Le innumerevoli finestrine illuminate , i fanali dei bastimenti , i riflessi del Corno d ' oro e le stelle , formano sopra un orizzonte di quattro miglia un immenso tremolìo di punti di foco , in cui si confondono il porto , la città ed il cielo , e par tutto firmamento . E quando il cielo è nuvoloso e in un piccolo spazio sereno splende la luna , si vedono sopra Stambul tutta scura , sopra le macchie nerissime dei boschi e dei giardini , biancheggiare le moschee imperiali , come una fila di enormi tombe di marmo , e la città presenta l ' immagine della necropoli d ' un popolo di giganti . Ma è anche più bella e più solenne nelle notti senza stelle e senza luna , nell ' ora in cui tutti i lumi son spenti . Allora non si vede che un ' immensa macchia nera dal Capo del Serraglio al sobborgo d ' Eyub , un profilo smisurato in cui le colline sembran montagne , e le punte infinite che le coronano , pigliano apparenze fantastiche di foreste , di eserciti , di rovine , di castelli , di roccie , che fanno vagare la mente nelle regioni dei sogni . In queste notti oscure , è bello il contemplare Stambul da un ' alta terrazza e abbandonarsi alla propria fantasia : penetrar col pensiero in quella grande città tenebrosa , scoperchiare quella miriade di arem rischiarati da una luce languente , veder le belle favorite che tripudiano , le abbandonate che piangono , gli eunuchi frementi che tendono l ' orecchio alle porticine ; seguire gli amanti notturni per i labirinti dei vicoli montuosi ; girare per le gallerie silenziose del gran bazar , passeggiare per i vasti cimiteri deserti , smarrirsi in mezzo alle innumerevoli colonne delle grandi cisterne sotterranee ; raffigurarsi d ' esser rimasti chiusi nella gigantesca moschea di Solimano e di far risonare le navate oscure di grida di spavento e d ' orrore strappandosi i capelli e invocando la misericordia di Dio ; e poi tutt ' a un tratto esclamare : - Che baie ! Sono sulla terrazza del mio amico Santoro , e nella sala di sotto m ' aspetta una cena da sibarita in compagnia dei più amabili capi ameni di Pera . * * * [ La vita a Costantinopoli ] In casa del mio buon amico Santoro si radunavano ogni sera molti italiani : avvocati , artisti , medici , negozianti , coi quali passai delle ore carissime . Quella era una conversazione ! Se fossi stato stenografo , avrei potuto cavarne ogni sera un libro amenissimo . Il medico che aveva visitato un arem , il pittore ch ' era stato sul Bosforo a fare il ritratto a un pascià , l ' avvocato che aveva difeso una causa dinanzi a un tribunale , il caposcarico che aveva stretto il nodo d ' un amoretto internazionale , raccontavano le loro avventure , ed ogni racconto era un bozzetto graziosissimo di costumi orientali . Ogni momento se ne sentiva una nuova . Arrivava uno : - Sapete quello che è seguito stamani ? Il Sultano ha tirato un calamaio sulla testa al ministro delle finanze . - Arrivava un altro : - Avete inteso la notizia ? Il governo , dopo tre mesi , ha finalmente pagato gli stipendi agli impiegati , e Galata è inondata da un torrente di monete di rame . - Arrivava un terzo , e raccontava che un turco presidente di tribunale , irritato delle cattive ragioni colle quali un cattivo avvocato francese difendeva una causa sballata , gli aveva fatto questo bel complimento in presenza di tutto l ' uditorio : - Caro avvocato , è inutile che tu ti affanni tanto per far parer buona la tua causa ; la ... - e aveva pronunziato in tutte lettere la parola di Cambronne - per quanto la si volti e la si rivolti , è sempre ... - e aveva pronunziato un ' altra volta quella parola . La conversazione , naturalmente , spaziava in un campo geografico affatto nuovo per me . Colla stessa frequenza con cui si parla fra noi di persone e di cose di Parigi , di Vienna , di Ginevra , là si parlava di persone e di cose di Tiflis , di Trebisonda , di Teheran , di Damasco , dove uno aveva un amico , un altro c ' era stato , un terzo ci voleva andare ; io mi sentivo nel centro d ' un altro mondo , e tutt ' intorno mi si aprivano nuovi orizzonti . E qualche volta pensavo con rammarico al giorno in cui avrei dovuto rientrare nel cerchio angusto della mia vita ordinaria . Come potrò più adattarmi - dicevo tra me - a quei soliti discorsi e a quei soliti casi ? E questo è un sentimento che provano tutti gli Europei di Costantinopoli . A chi ha vissuto quella vita , ogni altra pare che debba riuscire scolorita e uniforme . È una vita più leggiera , più facile , più giovanile di quella d ' ogni altra città d ' Europa . Quel viver là come accampati in un paese straniero , in mezzo a un succedersi continuo d ' avvenimenti strani e imprevedibili , finisce coll ' infondere un certo sentimento della instabilità e della futilità delle cose mondane , che somiglia molto alla fede fatalistica dei musulmani , e dà una certa serenità spensierata d ' avventurieri . L ' indole di quel popolo che vive , come disse un poeta , in una specie di famigliarità intima colla morte , considerando la vita come un pellegrinaggio , durante il quale nè c ' è tempo nè mette conto di prefiggersi dei grandi scopi da conseguire con lunghe fatiche , si attacca a poco a poco anche all ' europeo , e lo riduce a vivere un po ' alla giornata , senza frugar troppo dentro sè stesso , e facendo nel mondo , per quanto gli è possibile , la parte semplice e riposata di spettatore . L ' aver che fare con popoli tanto diversi , e il dover pensare e parlare un po ' a modo di tutti , dà allo spirito una certa leggerezza che lo fa come sorvolare a molti sentimenti ed idee , a cui noi , nei nostri paesi , vorremmo che si conformasse il mondo , e per ottenerlo , e del non poterlo ottenere , ci affanniamo . Oltrechè la presenza del popolo musulmano , oggetto continuo di curiosità e di osservazione , è uno spettacolo di tutti i giorni , che rallegra e svia la mente da molti pensieri e da molte cure . E a questo giova anche la forma della città assai più che non potrebbero fare le città nostre , nelle quali lo sguardo e il pensiero è quasi sempre come imprigionato in una strada o in un circuito angusto ; mentre là , ad ogni tratto , occhio e mente trovano una scappatoia per la quale si slanciano a immense lontananze ridenti . E c ' è infine una illimitata libertà di vita , concessa dalla grandissima varietà dei costumi : là tutto si può fare , nulla stupisce ; la notizia della cosa più strana muore appena uscita in quell ' immensa anarchia morale ; gli europei vivono là come in una confederazione di repubbliche ; vi si gode la libertà che si godrebbe in qualunque città europea nel momento d ' un grande trambusto ; è come un veglione interminabile o un perpetuo martedì grasso . Per questo , più che per la bellezza , Costantinopoli è una città , che non si può abitare un certo tempo , senza ricordarla poi con un sentimento quasi di nostalgia ; per questo gli europei l ' amano ardentemente e vi mettono radici profonde ; ed è giusto in questo senso il chiamarla come i turchi " la fata dai mille amanti " o dire col loro proverbio che chi ha bevuto dell ' acqua di Top - hané , - non c ' è più rimedio , - è innamorato per la vita . * * * [ Gl ' Italiani ] La colonia italiana è una delle più numerose di Costantinopoli ; ma non delle più prospere . Ha pochi ricchi , molti miserabili , specialmente operai dell ' Italia meridionale che non trovan lavoro , ed è la colonia più meschinamente rappresentata dalla stampa periodica , quando pure è rappresentata , perché i suoi giornali non fanno che nascere e morire . Quando c ' ero io , s ' aspettava l ' apparizione del Levantino , ed era uscito intanto un numero di saggio , che annunziava i titoli accademici e i meriti speciali del direttore : settantasette in tutto , senza contare la modestia . Bisogna passeggiare la mattina della domenica in via di Pera , quando le famiglie italiane vanno alla messa . Si sentono parlare tutti i dialetti d ' Italia . Io mi ci godevo ; ma non sempre . Qualche volta sentivo quasi pietà al vedere tanti miei concittadini senza patria , molti dei quali dovevano esser stati sbalestrati là chi sa da che avvenimenti dolorosi o strani ; al veder quei vecchi , che forse non avrebbero mai più riveduta l ' Italia ; quei bambini , a cui quel nome non doveva risvegliare che un ' immagine confusa d ' un paese caro e lontano ; quelle ragazze di cui molte dovevano forse sposare uomini d ' un ' altra nazione , e fondar famiglie in cui non sarebbe rimasto altro d ' italiano che il nome e le memorie della madre . Vedevo delle belle genovesine che parevano discese allora dai giardini dell ' Acquasola , dei bei visetti napoletani , delle testine capricciose che mi pareva d ' aver incontrate cento volte sotto i portici di Po o sotto la Galleria di Milano . Avrei voluto legarle tutte a due a due con un nastrino color di rosa , metterle in un bastimento e ricondurle in Italia filando quindici nodi all ' ora . Come curiosità , avrei anche voluto portare in Italia un saggio della lingua italiana che si parla a Pera dagl ' italiani nati nella colonia ; e specialmente da quelli della terza o della quarta generazione . Un accademico della Crusca che li sentisse , si metterebbe a letto colla terzana . La lingua che formerebbero mescolando il loro italiano un usciere piemontese , un fiaccheraio lombardo e un facchino romagnolo , credo che sarebbe meno sciagurata di quella che si parla in riva al Corno d ' oro . È un italiano già bastardo , screziato d ' altre quattro o cinque lingue alla loro volta imbastardite . E il curioso è che , in mezzo agl ' infiniti barbarismi , si senton dire di tratto in tratto , da coloro che hanno qualche coltura , delle frasi scelte e delle parole illustri , come dei puote , degli imperocchè , degli a ogni piè sospinto , degli havvi , dei puossi ; ricordi di letture d ' Antologia , colle quali molti di quei nostri buoni compatrioti cercano , nei ritagli di tempo , di rifarsi la bocca al toscano parlar celeste . Ma appetto agli altri , costoro posson pretendere , come diceva il Cesari , alla fama di buoni dicitori . Ce n ' è di quelli che non si capiscono quasi più . Un giorno fui accompagnato non so dove da un giovanetto italiano di sedici o diciassette anni , amico d ' un mio amico , nato a Pera . Per strada , attaccai discorso . Mi parve che non volesse parlare . Rispondeva a mezza voce , a parole tronche , abbassando la testa , e facendo il viso rosso : si vedeva che pativa . - Via che cos ' ha ? - gli domandai . - Ho - rispose sospirando - che parlo tanto male ! - Continuando a discorrere , in fatti , m ' accorsi che balbettava un italiano bizzarro , pieno di parole contraffatte e incomprensibili , molto somigliante a quella così detta lingua franca , la quale , come disse un bell ' umore francese , consiste in un certo numero di vocaboli e di modi italiani , spagnuoli , francesi , greci , che si buttano fuori l ' un dopo l ' altro rapidissimamente , finchè se ne imbrocca uno che sia capito dalla persona che ascolta . Questo lavoro , però , occorre raramente di farlo a Pera e a Galata , dove un po ' d ' italiano lo capiscono e lo parlano quasi tutti , compresi i turchi . Ma è lingua , se si può chiamar lingua , quasi esclusivamente parlata , se si può dir parlata . La lingua più comunemente usata scrivendo è la francese . Letteratura italiana non ce n ' è . Mi ricordo soltanto d ' aver trovato un giorno , in un caffè di Galata affollato di negozianti , in fondo a un giornaletto commerciale scritto metà in francese e metà in italiano , sotto le notizie della Borsa , otto versetti malinconici , che parlavano di zeffiri , di stelle e di sospiri . Oh povero poeta ! Mi parve di veder lui , in persona , sepolto sotto un mucchio di mercanzie , che esalasse con quei versi il suo ultimo fiato . * * * [ I teatri ] A Costantinopoli , chi è molto forte di stomaco , può passar la sera al teatro , e può scegliere tra una canaglia di teatruccoli d ' ogni specie , molti dei quali sono insieme giardini e birrerie , e in qualcuno si ritrova sempre la commedia italiana , o piuttosto una muta di attori italiani , i quali fanno spesso desiderare di veder convertita la platea in un vasto mercato di frutte verdi . I turchi , però , frequentano di preferenza i teatri in cui certe francesi imbellettate , scollacciate e sfrontate , cantano delle canzonette coll ' accompagnamento d ' un ' orchestra da galera . Uno di questi teatri era allora l ' Alhambra , posto nella gran via di Pera : un lungo stanzone , sempre affollato , e tutto rosso di fez dal palco scenico alla porta . Che cosa fossero quelle canzonette e con che razza di gesti quelle intrepide signore s ' ingegnassero di farne capire ai turchi i significati riposti , non si può nè immaginare nè credere . Solo chi è stato al teatro los Capellanes di Madrid , può dire d ' aver sentito e visto qualchecosa di simile . Agli scherzi più procaci , ai gesti più impudenti , tutti quei turconi , seduti in lunghe file , prorompevano in grasse risa ; e cadendo allora dalle loro faccie la maschera della dignità abituale , vi appariva tutto il fondo della loro natura e tutti i segreti della loro vita grossolanamente sensuale . Eppure non v ' è nulla che il turco nasconda abitualmente così bene come la sensualità della sua natura e della sua vita . Per le strade , l ' uomo non s ' accompagna mai alla donna ; raramente la guarda ; più raramente ne parla ; ritiene quasi come un ' offesa che gli si domandi notizia delle sue mogli ; a giudicar dalle apparenze , si direbbe che quel popolo è il più casto e il più austero della terra . Ma sono mere apparenze . Quello stesso turco che arrossisce fino alle orecchie se gli si domanda come sta la sua sposa , manda i suoi bimbi e le sue bimbe a sentire le turpissime oscenità di Caragheus , che corrompe la loro fantasia prima che si sian svegliati i loro sensi ; ed egli stesso dimentica sovente le dolcezze dell ' arem per le voluttà nefande di cui diede il primo esempio famoso Baiazet la folgore , e non l ' ultimo , probabilmente , Mahmut il riformatore . E quando non ci fosse altro , basterebbe quel Caragheus a dare nello stesso tempo un ' immagine e una prova della profonda corruzione che si nasconde sotto il velo dell ' austerità musulmana . È una figurina grottesca che rappresenta la caricatura del turco del mezzo ceto , una specie d ' ombra chinese , che muove le braccia , le gambe e la testa dietro un velo trasparente , e fa quasi sempre da protagonista in certe commediole strampalatamente buffonesche , di cui il soggetto è per lo più un intrigo amoroso . Egli è un quissimile , ma depravato , di Pulcinella : sciocco , furbo e cinico , lussurioso come un satiro , sboccato come una baldracca , e fa ridere , anzi urlare d ' entusiasmo l ' uditorio con ogni sorta di lazzi , di bisticci e di gesticolamenti stravaganti , che sono o nascondono ordinariamente un ' oscenità . E di che natura siano queste oscenità , è facile immaginarlo quando si sappia che se Caragheus nello spirito somiglia a Pulcinella , nel corpo somiglia a Priapo ; della quale somiglianza , prima che la censura restringesse d ' alquanto la sua libertà sconfinata , egli dava tratto tratto la prova visibile alla platea , e spesso tutta la commedia girava sopra questo nobilissimo perno . * * * [ La cucina ] Volendo fare un po ' di studio anche della cucina turca , mi feci condurre dai miei buoni amici di Pera in una trattoria ad hoc , dove si trova qualunque piatto orientale , dalle più squisite ghiottornie del Serraglio fino alla carne di cammello acconciata all ' araba e alla carne di cavallo condita alla turcomanna . L ' amico Santoro ordinò un desinare rigorosamente turco dall ' antipasto alle frutta , ed io , incoraggiandomi col pensiero dei molti uomini egregi morti per la scienza , mandai giù un po ' di tutto senza emettere un grido . Ci furono serviti più d ' una ventina di piatti . I Turchi , come gli altri popoli orientali , sono un po ' in questo come i ragazzi : al satollarsi di poche cose , preferiscono il beccare un tantino di moltissime ; pastori d ' ieri l ' altro , poichè son diventati cittadini , pare che disdegnino la semplicità del mangiare come una pitoccheria da villani . Non potrei rendere un conto esatto di tutte le pietanze poichè di molte non m ' è rimasta che una vaga reminiscenza sinistra . Ricordo il Rebab , che è composto di piccolissimi pezzetti di montone arrostiti a fuoco vivo , conditi con molto pepe e molto garofano , e serviti su due biscotti molli e grassi : piatto indicabile per i reati leggieri . Risento ancora qualche volta il sapore del pilav , composto di riso e di montone , ch ' è il sine qua non di tutti i desinari , e per così dire il piatto sacramentale dei turchi , come i maccheroni per i napoletani , il cuscussù per gli arabi e il puchero per gli Spagnuoli . Ricordo , ed è la sola cosa che ricordi con desiderio , il Rosh ' ab , che si beve col cucchiaio in fin di tavola : fatto d ' uva secca , di pomi , di prune , di ciliegie e d ' altre frutta , cotte nell ' acqua con molto zucchero , e aggraziate con essenza di muschio o con acqua di rosa e di cedro . C ' erano poi molti altri piattini di carne d ' agnello e di montone , ridotta in bricioli e bollita tanto che non aveva quasi più sapore ; dei pesci natanti nell ' olio , delle pallottoline di riso ravvolte in foglie di vite , della zucca giulebbata , delle insalatine impastate , delle composte , delle conserve , degl ' intingoli conditi con ogni sorta di erbe aromatiche , da poterne notar uno in coda ad ogni articolo del codice penale , per i delinquenti recidivi . Infine un gran piatto di dolci , capolavoro di qualche pasticciere arabo , fra cui v ' era un piccolo piroscafo , un leoncino chimerico e una casettina di zucchero colle sue finestrine ingraticolate . Tutto sommato , mi parve d ' essermi vuotata in corpo una farmacia portatile , e d ' aver veduto uno di quei desinaretti che preparano per spasso i ragazzi , coprendo una tavola di piattini pieni di mattone trito , d ' erba pesta e di frutti spiaccicati , che facciano un bel vedere di lontano . Tutti quei piatti vengon serviti rapidamente a quattro o cinque alla volta , e i turchi vi pescano colle dita , non essendo in uso fra loro altro che il coltello e il cucchiaio ; e serve per tutti una sola coppa , nella quale un servitore versa continuamente acqua concia . Così non facevano però i turchi che desinavano vicino a noi nella trattoria . Eran turchi amanti dei proprii comodi , tanto è vero che tenevano le babbuccie sulla tavola ; avevano ciascuno il loro piatto , si servivano bravamente della forchetta , e trincavano liquore a tutto spiano , in barba a Maometto . Osservai di più che non baciarono il pane , da buoni musulmani , prima di cominciare a mangiare , e che non si peritavano a slanciare tratto tratto un ' occhiata concupiscente alle nostre bottiglie , quantunque , giusta le sentenze dei muftì , sia peccato anche il fissar gli occhi sopra una bottiglia di vino . Del resto questo " padre delle abbominazioni " , del quale basta una goccia a far cadere sul capo del musulmano " gli anatemi di tutti gli angioli del cielo e della terra " va di giorno in giorno guadagnando devoti fra i turchi , e ormai si può dire che è un resto di rispetto umano quello che li trattiene dal rendergli un pubblico omaggio ; e io credo che se un giorno scendesse tutt ' a un tratto sopra Costantinopoli una tenebra fitta , e dopo un ' ora tornasse a splendere il sole improvvisamente , si sorprenderebbero cinquantamila turchi colla bottiglia alla bocca . E anche in questo , come in molti altri traviamenti degli Osmanli , furono la pietra dello scandalo i Sultani ; ed è curioso che sia appunto la dinastia regnante sopra un popolo per il quale è un ' offesa a Dio il bever vino , quella che forse , fra tutte le dinastie d ' Europa , ha dato da registrare alla storia un maggior numero d ' ubbriaconi : tanto è parso dolce il frutto proibito anche alle ombre di Dio sulla terra . Fu , si dice , Baiazet I quello che iniziò la serie interminabile delle cotte imperiali , e come nel peccato originale , fu anche in questo prima colpevole la donna : la moglie dello stesso Baiazet , figlia del re dei Serbi , che offerse al marito il primo bicchiere di Tokai . Poi Baiazet II s ' ubbriacò di vin di Cipro e di vin di Schiraz . Poi quel medesimo Solimano I , che fece bruciare nel porto di Costantinopoli tutti i bastimenti carichi di vino e versar piombo liquefatto in bocca ai bevitori , morì brillo per mano d ' un arciere . Poi venne Selim II , soprannominato il messth , l ' ubbriaco , il quale pigliava delle bertucce che duravan tre giorni , e durante il suo regno trincarono pubblicamente uomini di legge e uomini di religione . Invano Maometto III tuona contro " l ' abbominazione suggerita dal demonio " ; invano Ahmed I fa distruggere tutte le taverne e sfondare tutti i tini di Stambul ; invano Murad IV gira per la città accompagnato dal carnefice , e fa cader la testa di chi ha il fiato vinoso . Egli stesso , l ' ipocrita feroce , barcolla per le sale del serraglio come un bettolante plebeo ; e dopo di lui la bottiglia , piccolo e festoso folletto nero , irrompe nei serragli , si caccia nelle botteghe dei bazar , si nasconde sotto il capezzale dei soldati , ficca la sua testa inargentata o purpurea sotto il divano delle belle , e violata la soglia delle moschee , spruzza le sue spume sacrileghe sulle pagine ingiallite del Corano . * * * [ Maometto ] A proposito di religione , io non potevo , passeggiando per Costantinopoli , levarmi dalla testa questo pensiero : se non si sentisse la voce dei muezzin , come s ' accorgerebbe un cristiano che la religione di questo popolo non è la sua ? L ' architettura bizantina delle moschee può farle parere chiese cristiane ; del rito islamitico non si vede alcun segno esteriore ; i soldati turchi scortano il viatico ; un cristiano ignorante potrebbe vivere un anno a Costantinopoli senz ' accorgersi che sulla maggior parte della popolazione regna Maometto invece di Cristo . E questo pensiero mi riconduceva sempre a quello delle piccole differenze sostanziali , del filo d ' erba , come dicevano gli abissini cristiani ai primi seguaci di Maometto , che divide le due religioni ; e alla piccola causa per la quale avvenne che l ' Arabia si convertisse all ' islamismo , invece che al cristianesimo , o se non al cristianesimo a una religione così strettamente affine ad esso , che , o confondendosi con esso posteriormente od anche rimanendo tal quale , avrebbe mutate affatto le sorti del mondo orientale . E quella piccola causa fu la natura voluttuosa d ' un bel giovane arabo , alto , bianco , dagli occhi neri , dalla voce grave , dall ' anima ardente , il quale , non avendo la forza di dominare i propri sensi , invece di recidere alle radici il vizio dominante del suo popolo , si contentò di potarlo ; invece di proclamare l ' unità coniugale come proclamò l ' unità di Dio , non fece che stringere in un cerchio più angusto , consacrato dalla religione , la dissolutezza e l ' egoismo dell ' uomo . Certo ch ' egli avrebbe avuto a vincere una resistenza più forte ; ma non può parere impossibile che la vincesse , chi atterrò , per fondare il culto d ' un Dio unico fra un popolo idolatra , un edifizio enorme di tradizioni , di superstizioni , di privilegi , d ' interessi d ' ogni natura , strettissimamente intrecciati da secoli , e chi fece accettare fra i dogmi della sua religione , per cui morirono poi milioni di credenti , un paradiso , il cui primo annunzio destò in tutto il suo popolo un sentimento d ' indignazione e di scherno . Ma il bel giovane arabo patteggiò coi suoi sensi e mezza la terra mutò faccia , poichè fu veramente la poligamia il vizio capitale della sua legislazione , e la cagione prima della decadenza di tutti i popoli che abbracciarono la sua fede . Senza questa degradazione dell ' un sesso a favore dell ' altro , senza la sanzione di questa enorme ingiustizia , che turba tutto quanto l ' ordine dei doveri umani , che corrompe la ricchezza , che opprime la povertà , che fomenta l ' ignavia , che snerva la famiglia , che generando la confusione dei diritti di nascita nelle dinastie regnanti , sconvolge le reggie e gli Stati , che s ' oppone , infine , come una barriera insuperabile all ' unione della società musulmana colle società d ' altra fede che popolano l ' oriente ; se , per tornare alla prima cagione , il bel giovane arabo avesse avuto la disgrazia di nascere un po ' meno robusto o la forza di vivere un po ' più casto , chi sa ! forse ci sarebbe ora un Oriente ordinato e civile , e sarebbe più innanzi d ' un secolo la civiltà universale . * * * [ Il Ramazan ] Trovandomi a Costantinopoli nel mese di Ramazan , che è il nono mese dell ' anno turco , nel quale cade la quaresima musulmana , vidi ogni sera una scena comica che merita d ' essere descritta . Durante tutta la quaresima è proibito ai turchi di mangiare , di bere e di fumare dal levar del sole al tramonto . Quasi tutti gozzovigliano poi tutta la notte ; ma fin che c ' è il sole , rispettano quasi tutti il precetto religioso , e nessuno ardisce di trasgredirlo pubblicamente . Una mattina il mio amico ed io andammo a visitare un nostro conoscente , aiutante di campo del Sultano , un giovane ufficiale spregiudicato , e lo trovammo in una stanza a terreno del palazzo imperiale , con una tazza di caffè fra le mani . Come mai - gli domandò Yunk - osate prendere il caffè dopo il levar del sole ? - L ' ufficiale scrollò le spalle e rispose che se ne rideva del Ramazan e del digiuno ; ma proprio in quel punto s ' aperse improvvisamente una porta , ed egli fece un movimento così rapido per nasconder la tazza , che se la versò mezza sui piedi . Si capisce da questo che rigorosa astinenza debbano serbare tutti coloro che stanno tutto il giorno sotto gli occhi della gente : i barcaiuoli per esempio . Per godersela , bisogna andarli a vedere dal ponte della Sultana Validè , qualche minuto prima che si nasconda il sole . Tra quei che stan fermi e quei che vogano , tra vicini e lontani , se ne vede intorno a un migliaio . Sono tutti digiuni dall ' alba , arrabbiano dalla fame , han già la loro cenetta pronta nel caicco , girano continuamente gli occhi dal sole alla cena e dalla cena al sole , s ' agitano e sbuffano come le fiere d ' un serraglio nel momento della distribuzione delle carni . Il nascondersi del sole è annunziato da un colpo di cannone . Non c ' è caso che prima di quel momento sospirato nessuno si metta in bocca nè un briciolo di pane nè una goccia d ' acqua . Qualche volta , in un angolo del Corno d ' oro , abbiamo stimolato a mangiare i barcaiuoli che ci conducevano ; ma ci hanno sempre risposto : - Jok ! Jok ! Jok ! - No , no , no - , accennando il sole con un atto timoroso . Quando il sole è nascosto per più della metà dietro i monti , cominciano a prendere in mano i loro pani , e a palparli e a fiutarli voluttuosamente . Quando non si vede più che un sottile arco luminoso , allora tutti quei che son fermi e tutti quei che remano , quelli che attraversano il Corno d ' oro , quelli che guizzano sul Bosforo , quelli che vogano nel Mar di Marmara , quelli che riposano nei seni più solitarii della riva asiatica , tutti si voltano verso occidente , e stanno immobili collo sguardo nel sole , colla bocca aperta , col pane in aria , colla gioia negli occhi . Quando non si vede più che un punto di foco , già i mille pani toccano le mille bocche . Finalmente il punto di foco si spegne , il cannone tuona , e nello stesso momento trentaduemila denti staccano dai mille pani mille enormi bocconi ; ma che dico mille ! in tutte le case , in tutti i caffè , in tutte le taverne , accade nel medesimo punto la medesima cosa ; e per qualche minuto , la città turca non è più che un mostro di centomila bocche che tracanna e divora . * * * [ Costantinopoli antica ] Ma che cosa doveva essere quella città nei bei tempi della gloria ottomana ! Io non potevo levarmi dalla testa questo pensiero . Allora , dal Bosforo tutto bianco di vele , non s ' alzava un nuvolo di fumo nero a macchiar l ' azzurro del cielo e delle acque . Nel porto e nei seni del Mar di Marmara , fra le vecchie navi da guerra , dalle alte poppe scolpite , dalle mezzelune d ' argento , dagli stendardi di porpora , dai fanali d ' oro , galleggiavano carcasse fracassate e insanguinate di galere genovesi , veneziane e spagnuole . Sul Corno d ' oro non v ' erano ponti : da una sponda all ' altra guizzava perpetuamente una miriade di barchette pompose , in mezzo alle quali spiccavano di lontano le lancie bianchissime del serraglio , coperte di baldacchini scarlatti dalle frangie dorate , e condotte da rematori vestiti di seta . Scutari era ancora un villaggio ; di là da Galata non si vedevano che case sparpagliate per la campagna ; nessun grande palazzo alzava ancora la testa sopra la collina di Pera ; l ' aspetto della città era meno grandioso che non è ora ; ma era più schiettamente orientale . La legge che prescriveva i colori essendo ancora in vigore , dai colori delle case si riconosceva la religione degli abitanti : Stambul era tutta gialla e rossa , fuorchè gli edifizi pubblici e sacri ch ' erano bianchi come la neve ; i quartieri armeni erano cinerini chiari , i quartieri greci cinerini carichi , i quartieri ebrei pavonazzi . Era universale , come in Olanda , la passione dei fiori , e i giardini parevan grandi mazzi di giacinti , di tulipani e di rose . La vegetazione rigogliosa delle colline non essendo ancora atterrata dai nuovi sobborghi , Costantinopoli presentava l ' immagine d ' una città nascosta in una foresta . Dentro non c ' eran che viuzze ; ma le abbelliva una folla meravigliosamente pittoresca . Non si vedevano che turbanti enormi , che davano alla popolazione mascolina un ' apparenza colossale e magnifica . Tutte le donne , fuor che la madre del sultano , essendo rigorosamente velate , e in modo da non lasciar vedere che gli occhi , formavano una popolazione a parte , anonima ed enimmatica , che spandeva per tutta la città un ' aura di mistero gentile . Una legge severa determinando il vestiario di tutti , si distinguevano dalle forme dei turbanti e dai colori dei caffettani i ceti , i gradi , gli uffici , le età , come se Costantinopoli fosse un ' immensa corte . Il cavallo essendo ancora quasi " il solo cocchio dell ' uomo " , giravano per le vie migliaia di cavalieri , e le lunghe file dei cammelli e dei dromedarii dell ' esercito che attraversavano la città in tutte le direzioni le davano l ' aspetto selvaggio e grandioso d ' un ' antica metropoli asiatica . Le arabà dorate , tratte dai buoi , s ' incrociavano colle carrozze rivestite di panno verde degli ulemi , con quelle rivestite di panno rosso dei Kadì - aschieri , colle talike leggerissime dalle tendine di raso , colle bussole ornate di pitture fantastiche . Schiavi di tutti i paesi , dalla Polonia all ' Etiopia , passavano a frotte , facendo risuonare le loro catene ribadite sui campi di battaglia . Sui crocicchi , nelle piazze , nei cortili delle moschee , si vedevano gruppi di soldati vestiti di cenci gloriosi , che mostravano le braccia monche e le cicatrici ancor fresche delle ferite toccate a Vienna , a Belgrado , a Rodi , a Damasco . Centinaia di rapsodi dalla voce tonante e dal gesto ispirato raccontavano , in mezzo a crocchi di musulmani superbi , le gesta degli eserciti che combattevano a tre mesi di marcia da Stambul . I pascià , i bey , gli agà , i musselim , un ' infinità di dignitari e di gran signori , vestiti con uno sfarzo teatrale , accompagnati da frotte di servi , fendevano la folla che si curvava al loro passaggio come una messe sotto il soffio del vento ; passavano , con un corteo da principi , ambasciatori di tutti gli Stati d ' Europa , venuti a chieder pace o alleanza ; sfilavano carovane cariche di doni di re affricani ed asiatici ; sciami di silidar e di spahì fastosi e insolenti , trascinavano per le vie i sciaboloni macchiati del sangue di venti popoli , e i bei paggi greci ed ungheresi del serraglio , vestiti come piccoli re , passeggiavano alteramente fra la moltitudine ossequiosa , che rispettava in loro i capricci snaturati del suo Signore . Qua e là , dinanzi alle porte , si vedeva un trofeo di bastoni nodosi : era un corpo di guardia di Giannizzeri , che allora esercitavano la polizia nell ' interno della città . S ' incontravano degli ebrei che portavano nel Bosforo il corpo dei giustiziati ; si trovava ogni mattina nel Balik - bazar qualche cadavere disteso in terra , con la testa sotto l ' ascella destra , la sentenza sul petto e una pietra sulla sentenza ; si vedevano per le vie nobili impiccati al primo gancio o alla prima trave che avevan trovata i carnefici frettolosi ; s ' inciampava di notte in qualche disgraziato buttato in mezzo alla strada da una stanza di tortura dove gli avevano spezzato i piedi e le mani con una mazza ; si vedevano sotto il sole di mezzogiorno dei mercanti colti in frode inchiodati per un orecchio all ' uscio della loro bottega . E non c ' essendo ancora la legge che restrinse poi la libertà sconfinata delle sepolture , si vedevano scavar fosse e sotterrar morti , ad ogni ora del giorno , nei giardini , nei vicoli , nelle piazze , dinanzi alle porte delle case . Si sentivano nei cortili gli urli dei montoni e degli agnelli scannati in olocausto ad Allà per le nascite e per le circoncisioni . A quando a quando passava di galoppo un drappello d ' eunuchi gridando e minacciando , le vie si facevano deserte , le porte si chiudevano , le finestre si coprivano , un intiero quartiere pareva morto : e allora passavano in una fila di carrozze luccicanti le belle del Gran Signore , che empievano l ' aria di profumi e di risa . Qualche volta un personaggio della corte , attraversando una strada affollata , impallidiva improvvisamente alla vista di sei popolani di meschina apparenza che entravano in una bottega : quei sei popolani erano il sultano , quattro ufficiali e un carnefice , che giravano di bottega in bottega per verificare i pesi e le misure . In tutto quanto il corpo enorme di Costantinopoli ribolliva una vita pletorica e febbrile . Il tesoro riboccava di gemme , gli arsenali , d ' armi , le caserme , di soldati , i caravanserai , di viaggiatori ; il mercato di schiavi era un formicaio di belle , di mercantesse e di gran signori ; i dotti s ' affollavano nei grandi archivii delle moschee ; i vizir dalla lunga lena preparavano alle generazioni future gli annali sterminati dell ' impero ; i poeti , pensionati dal serraglio , si raccoglievano nei bagni a cantare le guerre e gli amori imperiali ; turbe d ' operai bulgari ed armeni lavoravano ad innalzar moschee con blocchi di granito d ' Egitto e di marmo di Paros , mentre per mare arrivavano le colonne dei tempii dell ' Arcipelago e per terra le spoglie delle chiese di Pest e di Ofen ; nel porto si allestivano le flotte di trecento vele che dovevano portare il terrore su tutte le rive del Mediterraneo ; fra Stambul e Adrianopoli si spandevano cavalcate di settemila falconieri e di settemila guardacaccia , e negl ' intervalli delle rivolte soldatesche , delle guerre lontane , degli incendi che riducevano in cenere ventimila case in una notte , si celebravano feste di trenta giorni dinanzi ai plenipotenziarii di tutti gli stati dell ' Affrica , dell ' Asia e dell ' Europa . Allora l ' entusiasmo musulmano diventava follia . Al cospetto del Sultano e della corte , in mezzo a quelle smisurate palme di nozze , cariche d ' uccelli , di frutti e di specchi , per dar passo alle quali si atterravano le case e le mura ; in mezzo a file di leoni e di sirene di zucchero , portati da cavalli ingualdrappati di damasco argentato ; in mezzo a monti di doni reali recati da tutte le parti dell ' Impero e da tutte le corti del mondo , si alternavano le finte battaglie dei giannizzeri , i balli furiosi dei dervis , le mischie sanguinose dei prigionieri cristiani , i banchetti popolari di diecimila piatti di cuscussù ; nell ' Ippodromo danzavano gli elefanti e le giraffe ; si sguinzagliavano tra la folla gli orsi e le volpi coi razzi alla coda ; alle pantomime allegoriche succedevano le danze lascive , le mascherate grottesche , le processioni fantastiche , le corse , i carri simbolici , i giochi , le commedie , le ridde ; la festa degenerava a poco a poco , col calar della notte , in un tumulto forsennato , e cinquecento moschee scintillanti di lumi formavano sopra la città un ' immensa aureola di foco che annunziava ai pastori delle montagne dell ' Asia e ai naviganti della Propontide , le orgie della nuova Babilonia . Così era Stambul , la sultana formidabile , voluttuosa e sfrenata ; appetto alla quale la città d ' oggi non è più che una vecchia regina malata d ' ipocondria . * * * [ Gli Armeni ] Occupato quasi sempre dei turchi , non ebbi il tempo , come ognuno può capire , di studiare molto le tre nazioni , armena , greca ed ebrea , che formano la popolazione dei rajà ; studio , d ' altra parte , assai lungo , poichè se ognuno di quei popoli ha conservato dal più al meno la natura propria , la vita esteriore di tutti e tre ha preso come una velatura di colore musulmano , la quale va ora perdendosi alla sua volta sotto la tinta della civiltà europea : onde presentano tutti e tre la difficoltà d ' osservazione che presenterebbe un quadro mobile e cangiante . Gli armeni , in special modo , " cristiani di spirito e di fede , e musulmani asiatici di nascita e di carne " , non sono soltanto difficili a studiare intimamente , ma anche a distinguere a occhio dai turchi , poichè quella parte di loro che non ha ancora preso il vestiario europeo , è vestita alla turca , salvo piccolissime differenze ; e non usa quasi più affatto l ' antico berrettone di feltro , che era , con certi colori speciali , il segno distintivo della nazione . E non differiscono molto dai turchi anche nell ' aspetto . Sono per lo più alti di statura , robusti , corpulenti , di carnagione chiara , d ' andatura e di modi gravi , e mostrano nel viso le due qualità proprie della loro natura : lo spirito aperto , alacre , industrioso , pertinace , per cui sono meravigliosamente atti al commercio , e quella placidità , che altri vuol chiamare pieghevolezza servile , con cui riuscirono a farsi un covo per tutto , dall ' Ungheria alla China , e a rendersi accetti particolarmente ai turchi , dei quali si cattivarono la fiducia , sudditi docili e amici ossequenti . Non hanno nè fuori nè dentro nulla di bellicoso e d ' eroico . Tali , forse , non erano anticamente nella regione asiatica da cui vennero , e si dice infatti che siano tuttora assai diversi i loro fratelli che l ' abitano ; ma quei che furon trapiantati di qua dal Bosforo , sono veramente un popolo mansueto e prudente , modesto nella vita , non inteso ad altro che ai suoi traffici , e più sinceramente religioso , si dice , d ' ogni altro popolo di Costantinopoli . I turchi li chiamano i cammelli dell ' impero e i franchi dicono che ogni armeno nasce calcolatore ; questi due motti sono in gran parte giustificati dal fatto , poichè in grazia appunto della loro forza fisica e della loro intelligenza agile ed acuta , oltre a un buon numero d ' architetti , d ' ingegneri , di medici , d ' artefici ingegnosi e pazienti , essi forniscono a Costantinopoli la maggior parte dei facchini e dei banchieri : facchini che portan pesi e banchieri che ammassano tesori favolosi . A primo aspetto , però , nessuno s ' accorgerebbe che v ' è un popolo armeno a Costantinopoli , tanto la pianta ha preso , come suol dirsi , il colore del concio . Le donne stesse , per cagione delle quali la casa armena è chiusa allo straniero quasi altrettanto severamente che la musulmana , vestono alla turca , e non c ' è che un occhio molto esperto che le possa riconoscere in mezzo alle loro concittadine maomettane . Sono anch ' esse per lo più bianche e grassotte , ed hanno la linea aquilina del profilo orientale , grandi occhi e lunghe ciglia ; molte d ' alta statura e di forme matronali , che coronate d ' un turbante , parrebbero bellissimi sceicchi ; e quasi tutte d ' aspetto signorile e modesto ad un tempo , in cui se qualche cosa manca , è la luce dell ' anima che brilla sul volto della donna greca . * * * [ I Greci ] Quanto è difficile riconoscere a occhio l ' armeno , altrettanto è facile riconoscere il greco , anche non badando al vestire ; tanto egli è diverso di natura e d ' aspetto dagli altri sudditi dell ' Impero , e principalmente dal turco . Per rendersi ragione di questa diversità , o piuttosto di questo contrasto , basta osservare un turco ed un greco , che si trovino seduti l ' uno accanto all ' altro in un caffè o in un piroscafo . Hanno un bell ' essere press ' a poco della stessa età e dello stesso ceto , e vestiti tutt ' e due all ' europea , ed anche somiglianti di viso ; non è possibile sbagliare . Il turco è immobile , e tutti i suoi lineamenti riposano in una specie di quiete senza pensiero , che somiglia a quella d ' un animale satollo ; o se il suo viso rivela un pensiero , pare che debba essere un pensiero immobile come il suo corpo . Non guarda nessuno , non dà segno d ' accorgersi d ' esser guardato ; il suo atteggiamento mostra una profonda noncuranza di tutti coloro e di tutto quello che ha intorno ; il suo viso esprime qualcosa della tristezza rassegnata d ' uno schiavo e dell ' orgoglio freddo d ' un despota ; un che di duro , di chiuso , di cocciuto , da far disperare alla prima chi si proponesse di persuaderlo di qualche cosa o di rimoverlo di una risoluzione . Ha , insomma , l ' aspetto d ' uno di quegli uomini tutti d ' un pezzo , coi quali pare che non si possa vivere altrimenti che obbedendoli o comandandoli ; e che per quanto tempo ci si viva insieme , non si debba mai poterci prendere una famigliarità intera . Il greco invece è mobilissimo , e rivela con mille sfuggevoli guizzi dello sguardo e delle labbra tutto quello che gli passa nell ' anima ; scuote la testa con movimenti di cavallo indomito ; il suo volto esprime un ' alterezza giovanile , e qualche volta quasi fanciullesca ; se si vede guardato , s ' atteggia ; se non è guardato , si mette in mostra ; par sempre che desideri o che fantastichi qualche cosa ; spira da tutta la persona l ' accorgimento e l ' ambizione ; e inspira simpatia , anche se ha la faccia d ' un cattivo soggetto , e gli si darebbe la mano anche quando non si vorrebbe affidargli la borsa . Basta veder vicini questi due uomini , per capire che l ' uno deve parere all ' altro un barbaro , un orgoglioso , un prepotente , un brutale ; che questi deve giudicar quello un uomo leggiero , falso , maligno , turbolento ; e che debbono disprezzarsi e detestarsi reciprocamente con tutte le forze dell ' anima ; e non trovar la via di vivere d ' accordo . La stessa differenza si osserva tra le donne greche e le altre donne levantine . In mezzo alle turche e alle armene belle e floride , ma che toccan quasi più i sensi di quello che parlino all ' anima , si riconoscono alla prima , con un sentimento di grata meraviglia , i visi eleganti e puri delle greche , illuminati da due occhi pieni di pensiero , dei quali ogni sguardo fa venir sulle labbra il verso d ' un ode ; e i bei corpi maestosi insieme e leggeri , che ispirano il desiderio di stringerli fra le braccia , piuttosto per metterli sopra un piedestallo , che per portarli nell ' arem . Se ne vedono di quelle che portano ancora i capelli cadenti , all ' antica , in lunghe ciocche ondulate , e una grossa treccia ravvolta intorno alla testa in forma di diadema ; così belle , così nobili , così classiche , che si piglierebbero per statue di Prassitele e di Lisippo , o per giovanette immortali ritrovate dopo venti secoli in qualche valle ignorata della Laconia o in qualche isoletta dimenticata dell ' Egeo . Sono però rarissime queste bellezze sovrane anche tra le greche , e oramai non se ne trova più esempio che fra la vecchia aristocrazia dell ' impero , nel quartiere silenzioso e triste del Fanar , dove s ' è rifugiata l ' anima dell ' antica Bisanzio . Là si vede ancora qualche volta una di quelle donne superbe affacciata a un balcone a balaustri , o all ' inferriata d ' una finestra altissima , cogli occhi fissi nella strada solitaria , nell ' atteggiamento d ' una regina prigioniera ; e quando il servidorame dei discendenti dei Paleologhi e dei Comneni , non sta oziando dinanzi alle porte , si può , contemplandola di nascosto , credere per un momento di veder per lo squarcio d ' una nuvola il viso d ' una dea dell ' Olimpo . * * * [ Gli Ebrei ] Riguardo alle ebree , posso affermare , dopo esser stato nel Marocco , che quelle di Costantinopoli non hanno che fare con quelle della costa settentrionale dell ' Affrica , nelle quali i dotti osservatori credono di vedere ancora in tutta la sua purezza il primo tipo orientale della bellezza ebraica . Colla speranza di trovare questa bellezza , mi armai di coraggio , e feci molti giri per il vasto ghetto di Balata , che s ' allunga , come un serpente immondo , sulla riva del Corno d ' oro . Mi spinsi fin nei vicoli più miserabili , in mezzo a casupole " grommate di muffa " come le ripe della bolgia dantesca , per crocicchi dove non ripasserei più che sui trampoli e colle narici turate ; guardando per le finestre tappezzate di cenci nauseabondi , nelle stanze nere e viscose ; soffermandomi dinanzi alle porte dei cortili umidi da cui usciva un tanfo da mozzare il fiato , facendomi largo in mezzo a gruppi di ragazzi scrofolosi e tignosi , toccando col gomito dei vecchi orrendi , che parevano morti di peste risuscitati ; scansando a ogni passo cani coperti di piaghe e laghi di mota nera e panni schifosi appesi a corde bisunte , e mucchi di putridumi da far cadere in deliquio ; ma il mio coraggio non fu ricompensato . Fra le molte donne che incontrai imbacuccate nel loro calpak nazionale , che sembra un turbante allungato e copre i capelli e le orecchie , vidi bensì qualche viso in cui riconobbi quella regolarità delicata di lineamenti e quell ' aria soave di rassegnazione , che si considera come il tratto distintivo delle ebree di Costantinopoli ; vidi qualche vago profilo di Rebecca e di Rachele , dagli occhi a mandorla , pieni di dolcezza e di grazia ; e qualche figura elegante , ritta in un atteggiamento raffaellesco sulla soglia d ' una porta , con una mano sottile appoggiata sul capo ricciuto d ' un bimbo . Ma nella maggior parte non vidi che i segni della degradazione della razza . Che differenza tra quelle figure stentite , e gli occhi di fuoco , i colori pomposi e le forme opulente che ammirai un anno dopo nei mellà di Tangeri e di Fez ! Ed è lo stesso degli uomini , spersoniti , giallognoli , molli , di cui tutta la vitalità pare che si sia raccolta negli occhi scintillanti d ' astuzia e di cupidigia , che essi girano continuamente intorno a sè stessi , come se da tutte le parti sentissero saltellare delle monete . Ed ora m ' aspetto che i miei buoni critici israeliti , che già mi diedero sulle dita a proposito dei loro correligionarii del Marocco , ricantino la stessa canzone , scrivendo a colpa dei turchi oppressori la decadenza e l ' avvilimento degli ebrei di Costantinopoli . Ma badino che nelle medesime condizioni politiche e civili degli ebrei si trovarono tutti gli altri sudditi non musulmani della Porta ; e che se anche questo non fosse , sarebbe assai difficile il provare che la vergognosa immondizia , la precocità dei matrimonii e l ' astensione da tutti i mestieri faticosi , considerate come cause efficacissime di quella decadenza , siano una conseguenza logica della mancanza di libertà e d ' indipendenza . E se mi vorranno dire invece , che non l ' oppressione politica dei turchi , ma le piccole persecuzioni e il disprezzo di tutti , sono stati la cagione di quell ' avvilimento , domandino prima a sè stessi se per caso non fosse vero il contrario ; se la prima cagione non sia piuttosto da ricercarsi nei loro costumi e nella loro vita ; e se invece di nasconder la piaga , non sarebbe utile che essi medesimi la toccassero col ferro rovente . * * * [ Il bagno ] Dopo aver fatto un giro per Balata , non è delle peggio , come si dice a Firenze , l ' andare a fare un bagno turco . Le case dei bagni si riconoscono di fuori : sono edifizi senza finestre , della forma di piccole moschee , sormontati da una cupola e da alti camini conici , che fumano perpetuamente . Ma prima d ' entrare , bisogna pensarci due volte , e domandarsi quid valeant humeri , perché non tutti possono resistere all ' aspro governo che si fa d ' un uomo fra quelle mura salutari . Io confesso che dopo quello che ne avevo inteso dire , c ' entrai con un po ' di trepidazione ; e i lettori vedranno che ero da compatire . Ripensandoci , mi sento uscire dalle tempie due goccioline di sudore che aspettano ch ' io sia nel vivo della descrizione per filarmi giù per le guancie . Ecco dunque quello che fu fatto della mia povera persona . Entro timidamente e mi trovo in una gran sala che mi lascia un momento incerto , se sia un teatro o un ospedale . Nel mezzo zampilla una fontana , coronata di fiori ; e lungo le pareti gira una galleria di legno , dove dormono profondamente o fumano sonnecchiando alcuni turchi sdraiati su materasse e ravvolti dalla testa ai piedi in pannolini bianchissimi . Mentre guardo intorno in cerca del bagnaiuolo , due tarchiati mulatti seminudi , sbucati non so di dove , mi si rizzano dinanzi come due spettri , e mi domandano tutti e due insieme con voce cavernosa : Hammamun ? ( bagno ? ) - Evvet ( sì ) rispondo con un filo di voce . Mi accennano di seguirli e mi rimorchiano su per una scaletta di legno in una stanza piena di stuoie e di cuscini , dove mi fanno capire che mi debbo spogliare . Mi stringono una stoffa azzurra e bianca intorno alle reni , mi raspano la testa con un pezzo di mussolina , mi fanno infilare due zoccoli colossali , mi pigliano sotto le braccia come un ubbriaco e mi conducono , o piuttosto mi traducono in un ' altra sala calda e semi - oscura , dove mi distendono sopra un tappeto e stanno ad aspettare colle mani sui fianchi che mi si ammorbidisca la pelle . Tutti questi apparecchi , che somigliano molto a quelli d ' un supplizio , mi mettono addosso una inquietudine , la quale si cangia in un sentimento anche meno onorevole , quando i due aguzzini mi toccano la fronte , si scambiano uno sguardo che significa : - può resistere - e par che vogliano dire : - alla ruota - e ripigliandomi per le braccia mi accompagnano in una terza sala . Qui provo una sensazione stranissima . Mi par d ' essere in un tempio sottomarino . Vedo vagamente , a traverso un velo bianco di vapori , delle alte pareti marmoree , delle colonne , degli archi , la vôlta d ' una cupola finestrata , da cui scendono dei raggi di luce rossa , azzurra e verde , dei fantasmi bianchi che vanno e vengono rasente le pareti , e nel mezzo della sala , uomini seminudi distesi sul pavimento come cadaveri , sui quali altri uomini seminudi stanno chinati nell ' atteggiamento di medici che facciano un ' autopsia . La temperatura della sala è tale che , appena entrato , mi sento tutto in sudore , e mi pare che non potrò più uscir di là che sotto la forme d ' un fiumicello , come l ' amante d ' Aretusa . I due mulatti trasportano il mio corpo in mezzo alla sala e lo adagiano sopra una specie di tavola anatomica , che è una grande lastra di marmo bianco , rilevata dal pavimento , sotto la quale ardono le stufe . La lastra scotta ed io vedo le stelle ; ma oramai ci sono e bisogna striderci . I due mulatti cominciano la vivisezione , canterellando una canzonetta funebre . Mi pizzicano le braccia e le gambe , mi premono i muscoli , mi fanno scricchiolare le articolazioni , mi fregano , mi strizzano , mi stropicciano ; mi fanno voltar bocconi , e ricominciano ; mi rimettono supino , e tornan da capo ; mi stirano e mi schiacciano come un fantoccio di pasta , a cui vogliano dare una forma che hanno in mente , e non ci riescano , e ci s ' arrabbino ; poi pigliano un po ' di respiro ; poi di nuovo pizzicotti e strizzatine e schiacciature da farmi temere che sia quello il mio ultimo quarto d ' ora . Finalmente , quando tutto il mio corpo schizza acqua come una spugna spremuta , quando mi vedono circolare il sangue sotto la pelle , quando s ' accorgono che proprio non ci posso più reggere , tiran su i miei resti da quel letto di tortura , e li portano in un angolo , dinanzi a una piccola nicchia , dove sono due cannelle di rame , che gettano acqua calda e acqua fresca in una vaschetta di marmo . Ma , ahimè ! qui comincia un altro martirio . E veramente la cosa piglia un certo andare , che , senza celia , io mi domando se non è il caso di appoggiare un cappiotto a destra e uno scopaccione a sinistra , e di battermela come mi trovo . Uno dei due tormentatori si mette un guanto di pelo di cammello e comincia a fregarmi la schiena , il petto , le braccia e le gambe , colla grazia con cui striglierebbe un cavallo , e la strigliatura si prolunga per la bellezza di cinque minuti . Finita la strigliatura , mi rovesciano addosso un torrente d ' acqua tepida , e ripigliano fiato . E lo ripiglio anch ' io , ringraziando il cielo che sia finita . Ma non è finita ! Il mulatto feroce si leva il guanto e ricomincia l ' operazione colla mano nuda , ed io m ' indispettisco e gli fo cenno di smettere , e lui , mostrandomi la mano , mi prova , con mia grande meraviglia , che deve fregare ancora . Finito di fregare , un altro rovescio d ' acqua , e poi un ' altra operazione . Prendono tutti e due uno strofinaccio di stoppa imbevuto di sapone di Candia , e m ' insaponano dalla testa ai piedi . Finita l ' insaponata , un altro diluvio d ' acqua profumata , e poi da capo lo strofinamento colla stoppa . Ma questa volta , come dio vuole , la stoppa è asciutta e strofinano per asciugare . Asciugato che sono , mi rifasciano la testa , mi rimettono il grembiale , mi ravvolgono in un lenzuolo , mi riconducono nella seconda sala , e dopo una sosta di qualche minuto , mi fanno rientrar nella prima . Qui trovo una materassa tepida sulla quale mi distendo mollemente e i due esecutori di giustizia mi danno gli ultimi pizzicotti per rendere uguale in tutte le membra la circolazione del sangue . Ciò fatto , mi mettono un cuscino ricamato sotto la testa , una coperta bianca addosso , una pipa in bocca , una limonata accanto , e mi lascian lì fresco , leggiero , odoroso , colla mente serena , col cuore contento , con un senso così puro e così giovanile della vita , che mi par d ' esser nato allora , come Venere , dalla spuma del mare , e di sentirmi frullare sopra la testa le ali degli amorini . * * * [ La Torre del Seraschiere ] Sentendosi così puri e disposti a riveder le stelle non c ' è di meglio che arrampicarsi sopra la testa di quel titano di pietra che si chiama la torre del Seraschiere . Io credo che Satana , se volesse tentare un ' altra volta qualcuno coll ' offerta del regno della terra , sarebbe sicuro del fatto suo , trasportando la sua vittima su quella cima . La torre , fabbricata sotto il regno di Mahmud II , è piantata sulla collina più alta di Stambul , nel mezzo del cortile vastissimo del ministero della guerra , nel punto che i turchi chiamano l ' ombelico della città . È costrutta in gran parte con marmo bianco di Marmara , sul piano d ' un poligono regolare di sedici lati , e si slancia in alto , ardita e svelta come una colonna , sorpassando d ' un buon tratto i minareti giganteschi della vicina moschea di Solimano . Si va su per una scala a chiocciola , rischiarata da poche finestre quadrate , per le quali s ' intravvede , passando , ora Galata , ora Stambul , ora i sobborghi del Corno d ' oro ; e non s ' è ancora a mezza altezza , che già , lanciando uno sguardo fuori , pare di essere nella regione delle nuvole . Qualche volta salendo , si sente un leggero rumore sul proprio capo , e quasi nello stesso punto si vede passare e sparire una larva , che sembra una cosa che precipita piuttosto che un uomo che discende ; ed è uno dei guardiani che stanno giorno e notte alla vedetta sulla sommità della torre , il quale ha visto probabilmente in qualche punto lontano dell ' orizzonte un nuvolo di fumo sospetto , e ne porta avviso al Seraschierato . La scala ha circa duecento scalini , e conduce a una specie di terrazza rotonda , coperta di sopra e vetrata tutt ' intorno , nella quale gira perpetuamente un guardiano , che serve il caffè ai visitatori . Al primo entrare in quella gabbia trasparente , che par sospesa tra il cielo e la terra , al vedere tutt ' intorno quell ' immenso vuoto azzurro , al sentire il vento che strepita e fa sonare i vetri e scricchiolare gli assiti , s ' è quasi presi dalle vertigini e tentati di rinunziare al panorama . Ma alla vista della scaletta appoggiata al finestrino del tetto , il coraggio ritorna , si sale col cuore palpitante , e si getta un grido di meraviglia . È un momento sublime . Si rimane come sfolgorati . Tutta Costantinopoli è là e s ' abbraccia tutta con un giro dello sguardo ; tutte le colline e tutte le valli di Stambul , dal castello delle Sette Torri ai cimiteri d ' Eyub ; tutta Galata e tutta Pera , come se lo sguardo vi cadesse a fil di piombo ; tutta Scutari , come se fosse lì sotto ; tre file di città , di boschi , di flotte , che fuggono a perdita d ' occhi lungo tre rive incantevoli , e altre striscie interminabili di villaggi e di giardini che si perdono serpeggiando nell ' interno delle terre ; tutto il Corno d ' oro , immobile , cristallino e picchiettato d ' innumerevoli caicchi , che sembrano moscerini natanti ; tutto il Bosforo , che par chiuso qua e là dalle colline più avanzate delle due rive , e presenta l ' immagine d ' una successione di laghi , e ogni lago par circondato da una città , e ogni città è inghirladata di giardini ; di là dal Bosforo , il mar Nero azzurrino che si confonde col cielo ; dalla parte opposta , il mar di Marmara , il golfo di Nicomedia , le isole dei Principi , la riva europea e la riva asiatica biancheggianti di villaggi ; di là dal mar di Marmara , lo stretto dei Dardanelli , che luccica come un sottile nastro d ' argento ; oltre i Dardanelli un vago bagliore bianco , ch ' è il mare Egeo e una curva oscura che è la riva della Troade ; di là da Scutari , la Bitinia e l ' Olimpo ; di là da Stambul , le solitudini ondulate e giallognole della Tracia ; due golfi , due stretti , due continenti , tre mari , venti città , una miriade di cupole inargentate e di guglie d ' oro , una gloria di colori e di luce , da far dubitare se quella sia una veduta del nostro pianeta o di un altro astro più favorito da Dio . * * * [ Costantinopoli ] E sulla torre del Seraschiere , come su quella di Galata , come sul vecchio ponte , come a Scutari , io mi domandai cento volte : - Ma in che maniera hai potuto innamorarti dell ' Olanda ? - E non solo quel paese , ma Parigi , ma Madrid , ma Siviglia , mi parevano città oscure e malinconiche , in cui non avrei più potuto vivere un mese . Poi ripensavo alle mie povere descrizioni e mi dicevo con rammarico : - Ah ! disgraziato ! Quante volte hai sciupato le parole bello , splendido , immenso ! Ed ora che cosa dirai di questo spettacolo ? - Ma già mi pareva che da Costantinopoli non avrei cavato una pagina . E il mio amico Rossasco mi diceva : - Ma perché non ti ci provi ? - Ed io gli rispondevo : - Ma se non ho nulla da dire ! - E alle volte , chi lo crederebbe ? quello spettacolo , per qualche minuto secondo , a certe ore , a una certa luce , mi pareva meschino , ed esclamavo quasi con sgomento : - O dov ' è la mia Costantinopoli ? - Altre volte mi pigliava un sentimento di tristezza pensando che mentre io ero là dinanzi a quella immensità e a quella bellezza , mia madre era in una piccola stanza , da cui non si vedeva che un cortile uggioso e una piccola striscia di cielo ; e mi pareva una colpa mia , e avrei dato un occhio per aver la mia buona vecchia a bracetto e condurla a Santa Sofia . La giornata però correva quasi sempre allegra e leggera come un ' ora d ' ebbrezza . E le rare volte che faceva capolino l ' umor nero , il mio amico ed io avevamo un mezzo sicuro di liberarcene . Scendevamo a Galata in due caicchi a due remi , i più variopinti e i più dorati dello scalo , e gridavamo : - Eyub ! - ed eravamo già in mezzo al Corno d ' oro . I nostri rematori si chiamavano Mahmut , Baiazet , Ibraim , Murat , avevano vent ' anni per uno e due braccia di ferro , e vogavano a gara incitandosi con grida e ridendo come bambini ; il cielo era sereno e il mare trasparente ; noi rovesciavamo il capo indietro per bere a sorsate più lunghe l ' aria piena di profumi , e lasciavamo spenzolare una mano nell ' acqua ; i due caicchi volavano , di qua e di là ci fuggivano allo sguardo i chioschi , i palazzi , i giardini , le moschee ; ci pareva d ' esser portati dal vento a traverso un mondo fatato , sentivamo un piacere inesprimibile d ' esser giovani e d ' essere a Stambul , Yunk cantava , io recitavo delle ballate orientali di Vittor Hugo , e vedevo ora a destra , ora a sinistra , ora vicino , ora lontano , balenare per aria un viso amoroso , coronato di capelli bianchi e illuminato da un sorriso dolcissimo , che diceva : - Sii felice , figliuolo ! Io ti benedico e ti seguo . SANTA SOFIA Ed ora , se anche un povero scrittore di viaggi può invocare una musa , io la invoco a mani giunte perché la mia mente si smarrisce " in faccia al nobile subbietto " e le grandi linee della basilica bizantina mi tremano dinanzi come un ' immagine riflessa da un ' acqua agitata . La musa m ' ispiri , Santa Sofia m ' illumini e l ' imperatore Giustiniano mi perdoni . Una bella mattina d ' ottobre , accompagnati da un cavas turco del Consolato d ' Italia e da un dracomanno greco , andammo finalmente a visitare il " paradiso terrestre , il secondo firmamento , il carro dei cherubini , il trono della gloria di Dio , la meraviglia della terra , il maggior tempio del mondo dopo San Pietro " . La quale ultima sentenza , - lo sappiano i miei amici di Burgos , di Colonia , di Milano , di Firenze , - non è mia , e non oserei farla mia ; ma l ' ho citata , colle altre , perché è una delle molte espressioni consacrate dall ' entusiasmo dei Greci , che il nostro dracomanno ci andava ripetendo per via . E avevamo scelto pensatamente , insieme a un vecchio cavas turco , un vecchio dracomanno greco , colla speranza , che non fu delusa , di sentire nelle loro spiegazioni e nelle loro leggende cozzare le due religioni , le due storie , i due popoli ; e che l ' uno ci avrebbe esaltato la chiesa l ' altro magnificato la moschea , in modo da farci vedere Santa Sofia come dev ' esser veduta : con un occhio di cristiano e un occhio di turco . La mia aspettazione era grande e la curiosità vivissima ; eppure , strada facendo , pensavo come penso ancora , che non c ' è monumento famoso , e sia pure degno della sua fama , dal quale venga all ' anima una commozione così vivamente e schiettamente piacevole com ' è quella che si prova nell ' andarlo a vedere . Se dovessi rivivere un ' ora di tutti i giorni in cui vidi qualche grande cosa , sceglierei quella che passò fra il momento in cui dissi : - Andiamo - ; e il momento in cui intesi dire : - Siamo giunti . Le più belle ore dei viaggi son quelle . Andando , par di sentirsi ingrandir l ' anima come per contenere il sentimento di ammirazione che vi sorgerà tra poco ; si rammentano i desiderii della prima giovinezza , che parevan sogni ; si rivede un vecchio professore di geografia che , dopo aver segnato Costantinopoli sulla carta d ' Europa , traccia per aria , con una presa di tabacco tra le dita , le linee della grande basilica ; si vede quella stanza , quel caminetto , dinanzi al quale , nel prossimo inverno , si descriverà il monumento in mezzo a un cerchio di visi meravigliati ed immobili ; si sente sonar quel nome di Santa Sofia nella testa , nel cuore , nelle orecchie , come il nome d ' un essere vivo che ci aspetti e ci chiami per rivelarci qualche grande segreto ; si vedono apparire sul nostro capo archi e pilastri prodigiosi d ' edifizii che si perdono nel cielo ; e quando si è a pochi passi dalla meta , si prova ancora un piacere inesprimibile a soffermarsi per guardare un ciottolo , per veder fuggire una lucertola , per raccontare una barzelletta , per perdere un po ' di tempo , per ritardare di qualche minuto quel momento che s ' è desiderato per vent ' anni e che si ricorderà per tutta la vita . Per modo che rimane assai poca cosa di questi celebrati piaceri dell ' ammirazione , se si toglie il sentimento che li precede e quello che li segue . È quasi sempre un ' illusione , seguita da un leggiero disinganno , dal quale noi , ostinati , facciamo pullulare altre illusioni . La moschea di Santa Sofia è posta in faccia all ' entrata principale dell ' antico Serraglio . Arrivando , però , nella piazza che si stende dinanzi al Serraglio , la prima cosa che attira gli occhi , non è la moschea , ma la fontana famosa del Sultano Ahmed III . È uno dei più originali e più ricchi monumenti dell ' arte turca . Ma più che un monumento , è un vezzo di marmo , che un galante sultano mise in fronte alla sua Stambul in un momento d ' amore . Io credo che non lo possa descriver bene che una donna . La mia penna non è abbastanza fina per ritrarne l ' immagine . A prima vista , non si direbbe una fontana . Ha la forma d ' un tempietto quadrato , ed è coperto da un tetto alla chinese , che spinge le sue falde ondulate molto al di fuori dei muri , e gli dà una vaga apparenza di pagoda . Ai quattro angoli vi sono quattro torricciuole rotonde , munite di finestrine ingraticolate , o piuttosto quattro chioschetti di forma gentilissima , ai quali corrispondono , sopra il tetto , altrettante cupolette svelte , sormontate ciascuna da una guglia graziosa ; le quali fanno corona a una cupoletta più grande , posta nel mezzo . In ciascuno dei quattro muri ci sono due nicchie eleganti ; fra le nicchie un arco a sesto acuto ; sotto l ' arco , una cannella che versa l ' acqua in una piccola vasca . Intorno all ' edifizio gira una iscrizione che dice : - Questa fontana ti parla della sua età nei seguenti versi del sultano Ahmed : volgi la chiave di questa sorgente pura e tranquilla e invoca il nome di Dio ; bevi di quest ' acqua inesauribile e limpida e prega per il Sultano . - Il piccolo edifizio è tutto di marmo bianco , che appena apparisce sotto gl ' infiniti ornamenti che coprono i muri ; sono archetti , nicchiette , colonnine , rosoni , poligoni , nastri , ricami di marmo , dorature su fondo azzurro , frangie intorno alle cupole , intarsiature sotto il tetto , musaici di cento colori , arabeschi di mille forme , che par che s ' intrichino a fissarvi lo sguardo , ed irritano quasi il senso dell ' ammirazione . Non c ' è lo spazio d ' una mano che non sia scolpito , miniato , tormentato . È un prodigio di grazia , di ricchezza e di pazienza , da tenersi sotto una campana di cristallo ; una cosa che pare non sia fatta soltanto per gli occhi , ma che debba avere un sapore , e se ne vorrebbe succhiare una scheggia ; uno scrigno , che si vorrebbe aprire , per vedere che cosa c ' è dentro : se una dea bambina o una perla enorme o un anello fatato . Il tempo n ' ha in parte sbiadito le dorature , confusi i colori e anneriti i marmi . Che cosa doveva essere questo gioiello colossale quando fu scoperto la prima volta , tutto nuovo e sfolgorante , agli occhi del Salomone del Bosforo , cento e sessant ' anni or sono ? Ma così vecchio e nero come si ritrova , tiene ancora il primato su tutte le piccole meraviglie di Costantinopoli ; ed oltre a ciò , è un monumento così schiettamente turco , che visto una volta , si fissa per sempre nella memoria in mezzo a quel certo numero d ' immagini , che balenano poi tutte insieme alla mente ogni volta che ci suoni all ' orecchio il nome di Stambul , e formano come il fondo del quadro orientale , su cui si moverà perpetuamente il nostro pensiero . Dalla fontana si vede la moschea di Santa Sofia , che chiude un lato della piazza . L ' aspetto esterno non ha nulla di notevole . La sola cosa che arresti lo sguardo sono i quattro altissimi minareti bianchi , che sorgono ai quattro angoli dell ' edifizio su piedestalli grandi come case . La cupola famosa sembra piccina . Non pare che possa essere quella medesima cupola che si vede rotondeggiare nell ' azzurro , come la testa d ' un titano , da Pera , dal Bosforo , dal mar di Marmara e dalle colline dell ' Asia . È una cupola schiacciata , fiancheggiata da due mezze cupole , rivestita di piombo , coronata di finestre , che s ' appoggia su quattro muri dipinti a larghe striscie bianche e rosate , sostenuti alla loro volta da enormi contrafforti , intorno ai quali sorgono confusamente molti piccoli edifizii d ' aspetto meschino , - bagni , scuole , mausolei , ospizi , cucine pei poveri . - che nascondono l ' antica forma architettonica della basilica . Non si vede che una mole pesante , irregolare , di color scialbo , nuda come una fortezza , e non tanto grande all ' apparenza , da far supporre a chi non lo sappia che vi sia dentro il vano immenso della navata di Santa Sofia . Della basilica antica non apparisce propriamente che la cupola , la quale pure ha perduto lo splendore argentino che si vedeva , a detta dei Greci , dalla sommità dell ' Olimpo . Tutto il rimanente è musulmano . Un minareto fu innalzato da Maometto il Conquistatore , un altro da Selim II , gli altri due dal terzo Amurat . Dello stesso Amurat sono i contrafforti innalzati sulla fine del sedicesimo secolo per sostenere i muri stati scossi da un terremoto , e la smisurata mezzaluna di bronzo , piantata sulla sommità della cupola , di cui la sola doratura costò cinquantamila ducati . L ' antico atrio è sparito ; il battisterio convertito in mausoleo di Mustafà e d ' Ibraim I quasi tutti gli altri piccoli edifizii annessi alla chiesa greca , o distrutti , o nascosti da nuovi muri , o trasformati in maniera che non si riconoscono . Da tutte le parti la moschea stringe , opprime e maschera la chiesa , che non ha più libero che il capo , sul quale però vigilano , come quattro sentinelle gigantesche i quattro minareti imperiali . Dalla parte d ' Oriente v ' è una porta ornata di sei colonne di porfido e di marmo ; a mezzogiorno un ' altra porta per cui s ' entra in un cortile , circondato d ' edifìci bassi e disuguali , in mezzo al quale zampilla una fontana per le abluzioni , coperta da un tempietto arcato , sostenuto da otto colonnine . A guardarla di fuori , non si distinguerebbe Santa Sofia dalle altre grandi moschee di Stambul , se non perché è meno bianca e meno leggiera ; e molto meno passerebbe pel capo che sia quello " il maggior tempio del mondo dopo San Pietro " . Le nostre guide ci condussero , per una stradicciuola che fiancheggia il lato settentrionale dell ' edifizio , a una porta di bronzo che girò lentamente sui cardini , ed entrammo nel vestibolo . Questo vestibolo , che è una lunghissima ed altissima sala , rivestita di marmo e ancora luccicante qua e là degli antichi mosaici , dà accesso alla navata dal lato orientale per nove porte , e dal lato opposto metteva anticamente , per altre cinque porte , in un altro vestibolo , che per altre tredici porte comunicava coll ' atrio . Appena oltrepassata la soglia , mostrammo il nostro firmano d ' entrata a un sacrestano in turbante , infilammo le pantofole , e a un cenno delle guide , ci avvicinammo , trepidando , alla porta di mezzo del lato orientale , che ci aspettava spalancata . Messo appena il piede nella navata , rimanemmo tutti e due come inchiodati . Il primo effetto , veramente , è grande e nuovo . Si abbraccia con uno sguardo un vuoto enorme , un ' architettura ardita di mezze cupole che paion sospese nell ' aria , di pilastri smisurati , di archi giganteschi , di colonne colossali , di gallerie , di tribune , di portici , su cui scende da mille grandi finestre un torrente di luce ; un non so che di teatrale e di principesco , più che di sacro ; una ostentazione di grandezza e di forza , un ' aria d ' eleganza mondana , una confusione di classico , di barbaro , di capriccioso , di presuntuoso , di magnifico ; una grande armonia , in cui , alle note tonanti e formidabili dei pilastri e degli archi ciclopici , che rammentano le cattedrali nordiche , si mescono gentili e sommesse cantilene orientali , musiche clamorose dei conviti di Giustiniano e d ' Eraclio , echi di canti pagani , voci fioche d ' un popolo effeminato e stanco , e grida lontane di Vandali , d ' Avari e di Goti ; una grande maestà sfregiata , una nudità sinistra , una pace profonda ; un ' idea della basilica di San Pietro raccorciata e intonacata , e della basilica di San Marco ingigantita e deserta ; un misto non mai veduto di tempio , di chiesa e di moschea , d ' aspetti severi e d ' ornamenti puerili , di cose antiche e di cose nove , e di colori disparati , e d ' accessorii sconosciuti e bizzarri ; uno spettacolo , insomma , che desta un sentimento di stupore insieme e di rammarico , e fa stare per qualche tempo coll ' animo incerto , come cercando una parola che esprima ed affermi il proprio pensiero . L ' edifizio è fabbricato sopra un rettangolo quasi equilatero , nel mezzo del quale s ' innalza la cupola maggiore , sorretta da quattro grandi archi , i quali posano su quattro pilastri altissimi , che sono come l ' ossatura di tutta la basilica . Ai due archi che si presentano in faccia a chi entra , si appoggiano due grandi semicupole , le quali coprono tutta la navata , e ciascuna d ' esse s ' apre in altre due semicupole minori , che formano come quattro tempietti rotondi nel grande tempio . Fra i due tempietti della parte opposta all ' entrata , s ' apre l ' abside , pure coperta da una vôlta a quarto di sfera . Sono dunque sette mezze cupole che fanno corona alla cupola maggiore , due sotto questa , e cinque sotto quelle due , senza punto d ' appoggio apparente , in modo che presentano tutte insieme un aspetto di leggerezza meravigliosa , e sembrano davvero , come disse un poeta greco , appese per sette fili alla volta del cielo . Tutte queste cupole sono rischiarate da grandi finestre arcate e simmetriche . Fra i quattro pilastri enormi che formano un quadrato nel mezzo della basilica , s ' alzano , a destra e a sinistra di chi entra , otto meravigliose colonne di breccia verde , su cui s ' incurvano degli archi graziosi scolpiti a fogliami , che formano un porticato elegantissimo ai due lati della navata , e sorreggono a una grande altezza due vaste gallerie , le quali presentano due altri ordini di colonne e d ' archi scolpiti . Una terza galleria , che comunica colle due prime , corre lungo tutto il lato dell ' entrata , e s ' apre sulla navata con tre grandi archi , sostenuti da colonne gemelle . Altre gallerie minori , sostenute da colonne di porfido , tramezzano i quattro tempietti posti alle estremità della navata , e sorreggono altre colonne , sulle quali s ' appoggiano delle tribune . Questa è la basilica . La moschea è come sparpagliata nel suo seno e appiccicata alle sue mura . Il Mirab , - la nicchia che indica la direzione della Mecca , - è scavato in un pilastro dell ' abside . Alla sua destra , in alto , è appeso uno dei quattro tappeti , su cui Maometto faceva le sue preghiere . Sull ' angolo dell ' abside più vicino al Mirab , in cima a una scaletta ripidissima , fiancheggiata da due balaustrate di marmo scolpite con una delicatezza magistrale , sotto un bizzarro tetto conico , in mezzo a due bandiere trionfali di Maometto II , sporge il pulpito dove sale il Ratib a leggere il Corano , con una scimitarra sguainata nel pugno , per significare che Santa Sofia è moschea conquistata . In faccia al pulpito v ' è la tribuna del Sultano , coperta da una graticola dorata . Altri pulpiti , o specie di terrazze , munite di balaustrate scolpite a giorno , e sorrette da colonnine di marmo e da archi arabescati , si stendono qua e là lungo i muri o s ' avanzano verso il mezzo della navata . A destra e a sinistra dell ' entrata , ci sono due enormi urne d ' alabastro , rinvenute fra le rovine di Pergamo , e fatte trasportare a Costantinopoli da Amurat III . Dai pilastri , a una grande altezza , pendono dei dischi verdi smisurati , con iscrizioni del Corano a caratteri d ' oro . Di sotto sono attaccate ai muri delle grandi cartelle di porfido , che portano scritti i nomi d ' Allà , di Maometto e dei quattro primi Califfi . Negli angoli formati dai quattro archi che sostengono la cupola si vedono ancora le ali gigantesche di quattro cherubini di musaico , ai quali è stato coperto il viso con un rosone dorato . Dalle volte delle cupole pendono innumerevoli cordoni di seta , che misurano quasi tutta l ' altezza della basilica , e sostengono ova di struzzo , lampade di bronzo cesellato e globi di cristallo . Qua e là si vedono dei leggii di legno a ìccase , intarsiati di madreperla e di rame , con su dei Corani manoscritti . Il pavimento è coperto di tappeti e di stuoie . I muri son nudi , biancastri , giallognoli , grigi oscuri , ornati ancora in qualche punto di musaici scoloriti . L ' aspetto generale , triste . La prima meraviglia della moschea è la grande cupola . Guardandola dal mezzo della navata , par davvero di vedere , come dice la Stael della cupola di San Pietro , un abisso sospeso sul nostro capo . È altissima , ha una circonferenza enorme e la sua profondità non è che un sesto del suo diametro ; il che la fa apparire anche più grande . Alla sua base gira un terrazzino ; sopra il terrazzino una corona di quaranta finestre ad arco . Sulla sommità c ' è scritta la sentenza che pronunciò Maometto II arrestando il suo cavallo dinanzi all ' altar maggiore della basilica , il giorno della presa di Costantinopoli : - Allà è la luce del cielo e della terra - ; e alcune delle lettere , bianche su fondo oscuro , hanno la lunghezza di nove metri . Come tutti sanno , questo prodigio aereo non si sarebbe potuto compiere coi materiali ordinarii ; le volte furon costrutte con pietra pomice che galleggia sull ' acqua e con mattoni dell ' isola di Rodi , cinque dei quali pesano appena quanto un mattone comune . In ogni mattone era iscritta la sentenza di Davide : - Deus in medio eius non commovebitur . Adiuvabit eam Deus vultu suo . - Ogni dodici giri di mattoni , si muravano nella volta delle reliquie di santi . Mentre gli operai lavoravano , i sacerdoti cantavano ; Giustiniano , vestito d ' una tunica di lino , assisteva ; una folla immensa ammirava . E non c ' è da stupire quando si pensi che la costruzione di questo " secondo firmamento " ancora meraviglioso ai giorni nostri , era un ardimento senza esempio nel sesto secolo . Il volgo credeva che stesse su per incanto , e i turchi , per molto tempo dopo la conquista , dovettero , pregando nella moschea di Santa Sofia , far forza a sè stessi per volgere lo sguardo ad Oriente invece d ' innalzarlo a quel " cielo di pietra " . La cupola , infatti , copre circa la metà della navata in modo che signoreggia e rischiara tutto l ' edifizio e da tutte le parti se ne vede un segmento ; e vai vai si finisce sempre per trovarvisi sotto , e tornare per la centesima volta a farci rotear dentro il proprio sguardo e i propri pensieri , con un brivido di piacere acuto , che somiglia alla sensazione del volo . Vista la navata e la cupola , non s ' è che cominciato a veder Santa Sofia . Chi appena ha un ' ombra di curiosità storica , per esempio , può dedicare un ' ora all ' esame delle colonne . Qui ci sono le spoglie di tutti i templi del mondo . Le colonne di breccia verde che sostengono le due grandi gallerie , furon regalate a Giustiniano dai magistrati d ' Efeso , e appartenevano al tempio di Diana , messo in fiamme da Erostrato . Le otto colonne di porfido che s ' alzano a due a due fra i pilastri , appartenevano al tempio del Sole innalzato da Aureliano a Balbek . Altre colonne sono del tempio di Giove di Cizico , del tempio d ' Helios di Palmira , dei templi di Tebe , d ' Atene , di Roma , della Troade , delle Cicladi , d ' Alessandria ; e presentano una varietà infinita di grandezze e di colori . Tra le colonne , le balaustrate , i piedestalli , e le lastre che rimangono dell ' antico rivestimento dei muri , si vedon marmi di tutte le cave dell ' Arcipelago , dell ' Asia Minore , dell ' Affrica e della Gallia . Il marmo del Bosforo , bianco , picchiettato di nero , fa contrapposto al celtico nero venato di bianco ; il marmo verde di Laconia si riflette nel marmo azzurro di Libia ; il porfido punteggiato d ' Egitto , il granito stellato di Tessaglia , il cario del monte Iassi strisciato di bianco e di rosso , il caristio pallido screziato di ferro , mescolano i loro colori alla porpora del marmo frigio , alla rosa del marmo di Synada , all ' oro del marmo di Mauritania , alla neve del marmo di Paros . A questa varietà di colori , s ' aggiunge la varietà indescrivibile delle forme dei fregi , dei cornicioni , dei rosoni , dei balaustri , dei capitelli d ' un bizzarro stile corinzio , in cui s ' intrecciano animali , fogliami , croci , chimere , e di altri che non appartengono a nessun ordine , fantastici di disegno e disuguali di grandezza , accoppiati a casaccio ; e dei fusti di colonne e dei piedestalli ornati di sculture capricciose , logorati dai secoli e scheggiati dalle scimitarre ; che presentano tutt ' insieme un aspetto bizzarro di magnificenza disordinata e barbaresca , e sono il vilipendio del buon gusto , e non se ne può staccare lo sguardo . Stando nella navata , però , non si può comprendere tutta la vastità della moschea . La navata , infatti , non ne è che una piccola parte . I due porticati che sorreggono le gallerie laterali sono per sè soli due grandi edifizii , di cui si potrebbero fare due tempii . Ciascuno d ' essi è diviso in tre parti , separate da archi altissimi . Qui pure colonne , architravi , pilastri , volte , tutto è enorme . Passeggiando sotto quelle arcate , s ' intravvede appena , per gl ' interstizii delle colonne del tempio d ' Efeso , la grande navata , e par quasi di essere in un ' altra basilica . Lo stesso effetto si prova dalle gallerie a cui si va per una scala a spirale d ' inclinazione leggerissima , o piuttosto per una strada in salita , poichè non ci sono gradini , e potrebbe salirvi comodamente un uomo a cavallo . Le gallerie erano il " gineceo " ossia la parte della chiesa riserbata alle donne ; i penitenti stavano nel vestibolo , il comune dei fedeli nella navata . Ciascuna galleria potrebbe contenere la popolazione d ' un sobborgo di Costantinopoli . Non par più di essere in una chiesa ; par di passeggiare per la loggia d ' un teatro titanico , dove debba scoppiare da un momento all ' altro un canto di centomila voci . Per veder la moschea bisogna affacciarsi alla balaustrata e allora tutta la grandezza appare . Gli archi , le volte , i pilastri , tutto è ingigantito . I dischi verdi , che parevano da misurarsi colle braccia , coprirebbero una casa . Le finestre sono portoni di palazzi ; le ali dei cherubini sono vele di bastimento ; le tribune son piazze ; la cupola dà il capogiro . Abbassando lo sguardo si prova un ' altra meraviglia . Non si credeva d ' essere saliti tant ' alto . Il piano della navata è giù in fondo a un abisso , e i pulpiti , le urne di Pergamo , le stuoie , le lampade , sembrano straordinariamente rimpicciolite . Di là si vede meglio che di sotto una particolarità curiosa della moschea di Santa Sofia , ed è che la navata non avendo la direzione precisa della Mecca , a cui i musulmani debbono rivolgersi pregando , tutte le stuoie e tutti i tappeti sono disposti obliquamente alle linee dell ' edifizio , e offendono gli occhi come un madornale errore di prospettiva . Di lassù si abbraccia bene collo sguardo e col pensiero tutta la vita della moschea . Si vedono dei turchi inginocchiati sulle stuoie colla fronte a terra ; altri ritti come statue colle mani dinanzi al viso , come se interrogassero le rughe delle palme ; alcuni seduti a gambe incrociate ai piedi d ' un pilastro , come se riposassero all ' ombra d ' un albero ; qualche donna velata , in ginocchio in un angolo solitario ; dei vecchi seduti dinanzi ai leggii , che leggono il Corano ; un iman che fa recitare dei versetti sacri a un gruppo di ragazzi ; e qua e là , sotto le arcate lontane e per le gallerie , iman , ratib , muezzin , servitori della moschea , in abiti strani , che vanno e vengono tacitamente come se non toccassero il pavimento . La melodia vaga formata dalle voci sommesse e monotone di chi legge e di chi prega , quelle mille lampade bizzarre , quella luce chiara ed eguale , quell ' abside deserta , quelle vaste gallerie silenziose , quella immensità , quelle memorie , quella pace lasciano nell ' animo un ' impressione di grandezza e di mistero , che nè la parola può esprimere nè il tempo può cancellare . Ma in fondo , come già dissi , è un ' impression triste , e non diede nel falso il grande poeta che paragonò la moschea di Santa Sofia a un " colossale sepolcro " , perché da tutte le parti vi si vedono le traccie d ' una devastazione orrenda , e si prova maggior rammarico pensando a ciò che fu , di quello che si goda nell ' ammirazione di ciò che è ancora . Quietato il sentimento della prima meraviglia , il pensiero si slancia irresistibilmente nel passato . E oggi ancora , dopo tre anni , non mi si affaccia mai alla mente la grande moschea , ch ' io non mi sforzi di rappresentarmi invece la chiesa . Atterro i pulpiti musulmani , levo le lampade e le urne , stacco i dischi , e le cartelle di porfido , riapro le porte e le finestre murate , raschio l ' intonaco che copre le pareti e le vôlte , ed ecco la basilica intera e novissima , come tredici secoli or sono , quando Giustiniano esclamò : - Gloria a Dio che m ' ha giudicato degno di compiere quest ' opera ! Salomone , io t ' ho vinto ! - Da qualunque parte si giri lo sguardo , tutto luccica , scintilla e lampeggia come nelle reggie fatate delle leggende . Le grandi pareti , rivestite di marmi preziosi , mandano dei riflessi d ' oro , di avorio , d ' acciaio , di corallo , di madreperla ; le innumerevoli macchiette dei marmi , offrono l ' aspetto di corone e di ghirlande di fiori ; gli infiniti mosaici di cristallo danno ai muri , su cui batte un raggio di sole , l ' apparenza di muri d ' argento tempestati di diamanti . I capitelli , i cornicioni , le porte , i fregi degli archi sono di bronzo dorato . Le vôlte dei porticati e delle gallerie , dipinte a fuoco , offrono immagini colossali d ' angeli e di santi in campo d ' oro . Dinanzi ai pilastri , nelle cappelle , accanto alle porte , in mezzo alle colonne , si drizzano statue di marmo e di bronzo , candelabri enormi d ' oro massiccio , vangeli giganteschi appoggiati sopra leggii risplendenti come sedie reali , alte croci d ' avorio , vasi scintillanti di perle . In fondo alla navata non si vede che un bagliore confuso come di molte cose che ardano . È la balaustrata del coro , di bronzo dorato ; è il pulpito , incrostato di quarantamila libbre d ' argento , che costò il tributo d ' un anno dell ' Egitto ; sono le sedie dei sette preti , il trono del patriarca , il trono dell ' imperatore , dorati , scolpiti , intarsiati , imperlati , su cui , quando scende diritta la luce , non si può fissare lo sguardo . Al di là di questi splendori , nell ' abside , si vede uno sfolgorio più vivo . È l ' altare , di cui la mensa , sostenuta da quattro colonne d ' oro , è fatta d ' una fusione d ' argento , d ' oro , di stagno e di perle , e il ciborio formato da quattro colonne d ' argento puro , sulle quali s ' innalza una cupola d ' oro massiccio , sormontata da un globo e da una croce d ' oro del peso di ducento sessanta libbre . Di là dall ' altare , s ' alza una figura gigantesca della divina Sapienza che tocca il pavimento coi piedi e la vôlta dell ' abside col capo . Su tutti questi tesori splendono in alto le sette mezzecupole coperte di mosaici di cristallo e d ' oro , e la grande cupola , su cui s ' allungano le immagini smisurate degli apostoli , degli evangelisti , della Vergine e della Croce , tutta dorata , colorita e scintillante , come una vôlta di gioielli e di fiori . E cupole e colonne e statue e candelabri si specchiano sull ' immenso pavimento di marmo proconnesio ondulato , che visto dalle quattro porte principali , presenta l ' immagine di quattro fiumi maestosi , increspati dal vento . Così era l ' interno della basilica . Ma bisogna rappresentarsi ancora il grande atrio , circondato di colonne e di muri rivestiti di mosaico , e ornato di fontane di marmo e di statuette equestri ; la torre da cui trentadue campane facevano sentire i loro rintocchi formidabili alle sette colline ; le cento porte di bronzo decorate di bassorilievi e d ' iscrizioni d ' argento ; le sale dei sinodi , le stanze dell ' Imperatore , le prigioni dei sacerdoti , il battisterio , le vaste sacristie riboccanti di tesori , e un labirinto di vestiboli , di triclinii , di corridoi , di scale nascoste che giravano nei fianchi dell ' edifizio e conducevano alle tribune o gli oratorii segreti . Ora si può immaginare che spettacolo offerisse una tale basilica nelle grandi solennità di nozze imperiali , di concilii , d ' incoronazioni ; quando dal palazzo enorme dei Cesari , per una strada fiancheggiata da mille colonne , sparsa di mirto e di fiori , profumata d ' incenso e di mirra , fra le case ornate di vasi preziosi e di parati di seta , fra due schiere d ' azzurri e di verdi , fra i canti dei poeti e i clamori degli araldi che gridavano evviva in tutte le lingue dell ' impero , veniva innanzi l ' Imperatore , colla tiara sormontata da una croce , imperlato come un idolo , seduto sopra un carro d ' oro dalle tende di porpora , tirato da due mule bianche , e circondato da un corteo di monarca persiano ; e gli andava incontro il clero pomposo nell ' atrio della basilica ; e tutta quella turba di cortigiani , di scudieri , di logoteti , di protospatari , di drongarii , di conestabili , di generali eunuchi , di governatori ladri , di magistrati venduti , di patrizie spudorate , di senatori codardi , di schiavi , di buffoni , di casisti , di mercenarii d ' ogni paese , tutta quella canaglia fastosa , tutto quel putridume dorato irrompeva per ventisette porte nella navata illuminata da sei mila candelabri ; e si vedeva lungo la balaustrata del coro , sotto i portici e nelle tribune un via vai , un rimescolìo concitato di teste chiomate e di cappe purpuree , uno sfolgorìo di berretti gemmati , di collane d ' oro , di corazze d ' argento , un ricambiarsi di atti cerimoniosi , un incrociarsi d ' inchini e di sorrisi , uno strascicare affettato di zimarre di seta e di spade di gala ; e un molle profumo riempiva l ' aria ; e una immensa folla vigliacca faceva risonare le vôlte di grida di gioia e d ' applausi profani . Dopo aver fatto in silenzio parecchi giri per la moschea , lasciammo parlare le nostre guide , che cominciarono col farci vedere le cappelle poste sotto le gallerie e spogliate d ' ogni cosa , come ogni altra parte della basilica . Alcune servono di tesorerie , come l ' opistodomo del Partenone , nelle quali i turchi che partono per un lungo viaggio o che temono i ladri , depositano i loro denari e i loro oggetti preziosi , e ce li lasciano anche per anni sotto la guardia di Dio ; altre , chiuse da un muro , son convertite in infermerie , in cui aspetta la guarigione o la morte qualche malato incurabile o qualche idiota , che fanno tratto tratto risonare la moschea di grida lamentevoli o di risate infantili . Di qui ci ricondussero in mezzo alla navata , e cominciò il dracomanno greco a raccontar le maraviglie della basilica . Il disegno fu tracciato , è vero , dagli architetti Antemio di Tralles e da Isidoro di Mileto ; ma è un angelo che ne ha ispirato loro il primo concetto . È un angelo pure che ha suggerito a Giustiniano di far aprire tre finestre nell ' abside , che rappresentassero le tre persone della Trinità . Così le cento e sette colonne della chiesa rappresentano le cento e sette colonne che sostengono la casa della Sapienza . Per radunare i materiali necessarii alla costruzione dell ' edifizio , furono impiegati sette anni . Cento capi mastri sopraintendevano al lavoro , e diecimila operai lavoravano nello stesso tempo , cinque mila da una parte e cinque mila dall ' altra . I muri non erano ancora alti da terra che pochi palmi , e già s ' era speso per più di quattro cento cinquanta quintali d ' oro . La spesa totale per il solo edifizio ammontò a venticinque milioni di lire . La chiesa fu consacrata dal Patriarca cinque anni , undici mesi e dieci giorni dopo che n ' era stata messa la prima pietra , e Giustiniano ordinò in quell ' occasione dei sacrifizi , delle feste , delle distribuzioni di danaro e di viveri , che durarono due settimane . Qui prese la parola il cavas turco , e fu per accennarci il pilastro su cui il sultano Maometto II , entrando vincitore in Santa Sofia , lasciò l ' impronta sanguinosa della mano destra come per suggellare la sua conquista . Poi ci mostrò , vicino al Mirab , la così detta finestra fredda , dalla quale spira continuamente un ' aria freschissima , che ispirò le più belle prediche ai più grandi dottori dell ' Islamismo . Ci fece vedere , a un ' altra finestra , la famosa pietra risplendente , che è una lastra di marmo diafano , la quale risplende come un pezzo di cristallo quando vi batte il raggio del sole . A sinistra di chi entra per la porta dal lato settentrionale , ci fece toccare la colonna che suda : una colonna rivestita di bronzo , della quale si vede il marmo sempre umido per una piccola screpolatura del rivestimento . E infine ci indicò un blocco di marmo cavo , portato da Betlemme , nel quale si dice che fu messo , appena nato , Sidi Yssa " il figlio di Maria , l ' apostolo di Dio , lo spirito che da lui procede , e che merita onore in questo mondo e nell ' altro " . Ma mi parve che nè il turco nè il greco ci credessero molto . Prese ancora una volta la parola il dracomanno , passando dinanzi a una porta murata delle gallerie , per raccontare la leggenda celebre del vescovo , e questa volta parlò con un accento di persuasione , che se non era schietto , era ben simulato . Nel momento che i turchi irruppero nella chiesa di Santa Sofia , un vescovo greco stava dicendo la messa all ' altar maggiore . Alla vista degl ' invasori abbandonò l ' altare , salì sulla galleria e , inseguito dai soldati , scomparve per quella piccola porta , che rimase istantaneamente chiusa da un muro di pietra . I soldati si misero a percuotere il muro furiosamente ; ma non riuscirono che a lasciarvi le traccie delle loro armi ; furono chiamati dei muratori ; ma dopo aver lavorato un giorno intero coi picconi e le stanghe , dovettero rinunziare all ' impresa ; ci si provarono in seguito tutti i muratori di Costantinopoli , e tutti caddero inutilmente spossati dinanzi al muro miracoloso . Ma quel muro si aprirà ; s ' aprirà il giorno in cui la basilica profanata sarà restituita al culto di Cristo , e allora ne uscirà il vescovo greco , vestito dei suoi abiti pontificali , col calice in mano , col volto radiante , e risaliti i gradini dell ' altare , ripiglierà la messa nel punto a cui l ' aveva lasciata ; e quel giorno splenderà l ' aurora di nuovi secoli per la città di Costantino . Al momento d ' uscire , il sacrestano turco , che ci aveva seguiti sino allora ciondolando e sbadigliando , ci diede una manata di pezzetti di mosaico che aveva staccati poco prima da un muro , e il dracomanno , fermandoci sulla porta , incominciò il racconto , che gli tagliammo in bocca , della profanazione di Santa Sofia . Ma non vorrei che altri lo tagliasse in bocca a me ora che la descrizione della basilica mi ha ravvivato nella mente i particolari di quella scena . Appena sparsa la notizia , verso le sette della mattina , che i turchi avevano superate le mura , una folla immensa s ' era rifugiata in Santa Sofia . Erano intorno a centomila persone : soldati fuggiaschi , monaci , sacerdoti , senatori , migliaia di vergini fuggite dai monasteri , famiglie patrizie coi loro tesori , grandi dignitari dello Stato e principi del sangue imperiale , che correvano per le gallerie e per la navata , e si pigiavano per tutti i recessi dell ' edifizio , alla rinfusa con la feccia del volgo , cogli schiavi , coi malfattori vomitati dalle carceri e dalle galere , e tutta la basilica risonava di grida di terrore come un teatro affollato al divampare d ' un incendio . Quando la navata , tutte le gallerie e tutti i vestiboli furon pieni stipati , si sbarrarono e si asserragliarono le porte , e al frastuono dei primi momenti succedette una quiete spaventosa . Molti credevano ancora che i vincitori non avrebbero osato profanare la chiesa di Santa Sofia ; altri aspettavano con una stupida sicurezza l ' apparizione dell ' Angelo , annunziato dai profeti , il quale avrebbe sterminato l ' esercito musulmano prima che le avanguardie arrivassero alla colonna di Costantino ; altri , saliti sul terrazzo interno della grande cupola , spiavano dalle finestre l ' avanzarsi del pericolo , e ne davano notizia coi cenni ai centomila volti smorti che guardavano in su dalle gallerie e dalla navata . Di lassù si vedeva un ' immensa nuvola bianca che copriva le mura dalle Blacherne fino alla Porta dorata ; e di qua dalle mura , quattro striscie lampeggianti , che s ' avanzavano fra le case come quattro torrenti di lava , allargandosi e rumoreggiando , in mezzo al fumo e alle fiamme . Erano le quattro colonne assalitrici dell ' esercito turco , che cacciavano dinanzi a sè gli avanzi disordinati dell ' esercito greco , e convergevano , saccheggiando e incendiando , verso Santa Sofia , l ' Ippodromo e il palazzo imperiale . Quando le avanguardie delle colonne arrivarono sulla seconda collina , gli squilli delle trombe risonarono improvvisamente nella chiesa , e la moltitudine atterrita cadde in ginocchio . Ma anche in quei momenti , molti confidavano ancora nell ' apparizione dell ' Angelo ed altri speravano che un sentimento di rispetto e di terrore avrebbe arrestato gl ' invasori dinanzi alla maestà di quell ' enorme edificio consacrato a Dio . Ma anche quest ' ultima illusione non tardò a dileguarsi . Gli squilli delle trombe s ' avvicinarono , un rumore confuso di armi e di grida , irrompendo dalle mille finestre , riempì la basilica , e un minuto dopo rimbombarono i primi colpi delle ascie ottomane sulle porte di bronzo dei vestiboli . Allora quella immensa folla sentì il freddo della morte , e tutti si raccomandarono a Dio . Le porte sfracellate o sgangherate rovinarono , e un ' orda selvaggia di giannizzeri , di spahì , di timmarioti , di dervis , di sciaù , lordi di polvere e di sangue , trasfigurati dal furore della battaglia , della rapina e dello stupro , apparve sulle soglie . Al primo aspetto della grande navata sfolgorante di tesori , gettarono un grido altissimo di meraviglia e di gioia ; poi irruppero dentro come un torrente furioso . Una parte si precipitò sulle vergini , sulle dame , sui patrizii , schiavi preziosi , che , istupiditi dal terrore , porsero spontaneamente le braccia alle corde e alle catene ; gli altri piombarono sulle ricchezze della chiesa . I tabernacoli furono predati , le statue stramazzate , i crocifissi d ' avorio frantumati ; i musaici , creduti gemme , disfatti a colpi di scimitarra , caddero in pioggie scintillanti nei caffettani e nelle cappe aperte ; le perle dei vasi , scastonate dalle punte dei pugnali , saltellarono sul pavimento inseguite come cose vive , e disputate a morsi e a sciabolate ; l ' altar maggiore andò disperso in mille rottami d ' oro e d ' argento ; le seggiole , i troni , il pulpito , la balaustrata del coro scomparvero come stritolati da una valanga di pietra . E intanto continuavano a irrompere nella chiesa , a ondate sanguinose , le orde asiatiche ; e in breve non si vide più che un turbinìo vertiginoso di predoni briachi , camuffati di tiare e di abiti sacerdotali , che agitavano nell ' aria calici e ostensorii , trascinando file di schiavi legati colle cinture dorate dei pontefici , in mezzo ai cammelli e ai cavalli carichi di bottino , scalpitanti sul pavimento ingombro di scheggie di statue , di vangeli lacerati e di reliquie di santi ; un ' orgia forsennata e sacrilega , accompagnata da un frastuono orrendo di urli di trionfo , di minaccie , di nitriti , di risa , di grida di fanciulle e di squilli di trombe ; fin che tutto tacque improvvisamente , e sulla soglia della porta maggiore apparve a cavallo Maometto II , circondato da una folla di principi , di vizir e di generali , superbo e impassibile come l ' immagine vivente della vendetta di Dio , e rizzandosi sulle staffe , lanciò con voce tonante nella basilica devastata la prima formula della nuova religione : - Allà è la luce del cielo e della terra ! DOLMA BAGCÉ Ogni venerdì il Sultano va a far le sue preghiere in una moschea di Costantinopoli . Noi lo vedemmo un giorno che andò alla moschea d ' Abdul - Megid , posta sulla riva europea del Bosforo , vicino al palazzo imperiale di Dolma Bagcé . Per andare a Dolma Bagcé , da Galata , si passa per il quartiere popoloso di Top - hané , fra una grande fonderia di cannoni e un vasto arsenale ; si percorre tutto il sobborgo musulmano di Funduclù , che occupa il luogo dell ' antico Aïanteion , e si riesce in una piazza spaziosa , aperta verso il mare , di là dalla quale , lungo la riva del Bosforo , s ' innalza il palazzo famoso dove risiedono i Sultani . È la più grande mole di marmo che riflettano le acque dello stretto dalla collina del Serraglio alle bocche del Mar Nero , e non si abbraccia tutta con uno sguardo che passandovi davanti in caicco . La facciata , che si stende per la lunghezza di circa un mezzo miglio italiano , è rivolta verso l ' Asia , e si vede biancheggiare a una grande distanza fra l ' azzurro del mare e il verde cupo delle colline della riva . Non è propriamente un palazzo perché non c ' è un unico concetto architettonico ; le varie parti sono slegate e vi si mescolano in una confusione non mai veduta lo stile arabo , il greco , il gotico , il turco , il romano , quello del nascimento ; e colla maestà dei palazzi reali d ' Europa , la grazia quasi femminea delle moresche di Siviglia e di Granata . Piuttosto che il " palazzo " si potrebbe chiamare " la città imperiale " come quella dell ' Imperatore della China ; e più che per la vastità , per la forma , pare che debba essere abitato , non da un solo monarca , ma da dieci re fratelli od amici , che vi passino il tempo fra gli ozi e i piaceri . Dalla parte del Bosforo presenta una serie di facciate di teatri o di templi , sulle quali v ' è una profusione indescrivibile d ' ornamenti , buttati via , come dice un poeta turco , dalle mani d ' un pazzo ; che rammentano quelle favolose pagode indiane , su cui l ' occhio si stanca al primo sguardo , e sembrano l ' immagine degli infiniti capricci amorosi e fastosi dei principi sfrenati che vivono tra quelle mura . Sono file di colonne doriche e ioniche , leggiere come aste di lancia ; finestre inquadrate in cornici a festoni e in colonnine accannellate ; archi pieni di fogliami e di fiori che s ' incurvano su porte coperte di ricami ; terrazze gentili coi parapetti scolpiti a giorno ; trofei , rosoni , viticci ; ghirlande che s ' annodano e s ' intrecciano , vezzi di marmo che s ' affollano sui cornicioni , lungo le finestre , intorno a tutti i rilievi ; una rete d ' arabeschi che si stende dalle porte ai frontoni , una fioritura , uno sfarzo e una finezza di fregi e di gale architettoniche , che danno ad ognuno dei piccoli palazzi di cui è composto il grande edifizio multiforme , l ' apparenza d ' un prodigioso lavoro di cesellatura . Pare che non debba essere un tranquillo architetto armeno quello che n ' ebbe il primo concetto ; ma un sultano innamorato il quale l ' abbia visto in sogno , dormendo tra le braccia della più ambiziosa delle sue amanti . Dinanzi si stende una fila di pilastri monumentali di marmo bianco , uniti da cancellate dorate , che rappresentano un intreccio delicatissimo di rami e di fiori , e che viste di lontano sembrano cortine di trina , che il vento debba portar via . Lunghe gradinate marmoree discendono dalle porte alla sponda e si nascondono nel mare . Tutto è bianco , fresco , nitido come se il palazzo fosse fatto d ' ieri . L ' occhio d ' un artista ci potrà vedere mille errori d ' armonia e di gusto ; ma l ' insieme di quella mole smisurata e ricchissima , il primo aspetto di quella schiera di reggie bianche come la neve , niellate come gioielli , coronate da quel verde , riflesse da quelle acque , lascia un ' impressione di potenza , di mistero e d ' amore , che fa quasi dimenticare la collina dell ' antico Serraglio . Quelli che ebbero la fortuna di penetrare fra quelle mura , dicono che il di dentro corrisponde alla facciata : che son lunghe sfilate di sale dipinte a fresco di soggetti fantastici e di colori ridenti , con porte di cedro e d ' acagiù scolpite e ornate d ' oro , che s ' aprono su interminabili corridoi rischiarati da una luce dolcissima , dai quali si va in altre sale colorate di foco da cupolette di cristallo porporino , e in stanze da bagno che sembrano scavate in un solo blocco di marmo di Paros ; e di qui su terrazze aeree , che pendono sopra giardini misteriosi e sopra boschetti di cipressi e di rose , dai quali , per lunghe fughe di portici moreschi , si vede l ' azzurro del mare ; e finestre , terrazze , loggie , chioschetti , tutto ribocca di fiori , per tutto c ' è acqua che schizza e ricasca in piogge vaporose sulla verzura e sui marmi , e da ogni parte s ' aprono vedute divine sul Bosforo , di cui l ' aria viva spande in tutti i recessi della reggia enorme un delizioso fresco marino . Dalla parte di Funduclù v ' è una porta monumentale , sopraccarica d ' ornamenti ; il Sultano doveva uscire da quella porta e attraversare la piazza . Non c ' è altro re sulla terra che abbia una così bella piazza per fare una uscita solenne dalla sua reggia . Stando ai piedi della collina , si vede da un lato la porta del palazzo , che sembra un arco di trionfo d ' una regina ; dall ' altro la moschea graziosa di Abdul - Megid , fiancheggiata da due minareti gentili , in faccia , il Bosforo ; di là , le colline dell ' Asia , verdissime , picchiettate d ' infiniti colori dai chioschi , dai palazzi , dalle moschee , dalle ville , che presentano l ' aspetto d ' una grande città parata a festa ; più lontano , la maestà ridente di Scutari , colla sua corona funebre di cipressi ; e fra le due rive , un incrociarsi continuo di legni a vela , di navi da guerra imbandierate , di vaporini affollati che paiono colmi di fiori , di bastimenti asiatici di forme antiche e bizzarre , di lancie del Serraglio , di barchette signorili , di stormi d ' uccelli che radono le acque : una bellezza piena d ' allegria e di vita , dinanzi alla quale lo straniero che aspetta l ' uscita del corteo imperiale , non può che immaginare un Sultano bello come un angelo e sereno come un fanciullo . Mezz ' ora prima , v ' erano già nella piazza due schiere di soldati vestiti alla zuava , che dovevano far ala al passaggio del Sultano , e un migliaio di curiosi . Non c ' è nulla di più strano della raccolta di gente che si vede per il solito in quell ' occasione . C ' erano ferme qua e là parecchie splendide carrozze chiuse , con dentro delle turche " dell ' alta signoria " guardate da giganteschi eunuchi a cavallo , immobili accanto gli sportelli ; alcune signore inglesi in carrozze da nolo scoperte ; varii crocchi di viaggiatori col cannocchiale a tracolla , fra i quali vidi il contino conquistatore dell ' albergo di Bisanzio , venuto forse , il crudele ! per fulminare d ' uno sguardo di trionfo il suo rivale potente e infelice . Tra la folla giravano parecchie figure cappellute , con un album sotto il braccio , che mi parvero disegnatori venuti per schizzare furtivamente le sembianze imperiali . Vicino alla banda musicale c ' era una bellissima signora francese , vestita un po ' stranamente , d ' aspetto e di atteggiamenti arditi , che stava dinanzi a tutti , che doveva essere un ' avventuriera cosmopolitica venuta là per dar nell ' occhio al Gran Signore , poichè le si leggeva sul viso " la trepida gioia d ' un gran disegno " . C ' erano di quei vecchi turchi , sudditi fanatici e sospettosi , che non mancano mai al passaggio del loro Sultano , perché vogliono proprio assicurarsi coi loro occhi che è vivo e sano per la gloria e la prosperità dell ' universo ; e il Sultano esce appunto ogni venerdì per dare al suo buon popolo una prova della propria esistenza , potendo accadere , come accadde più volte , che la sua morte naturale o violenta sia tenuta segreta da una congiura di corte . C ' erano dei mendicanti , dei bellimbusti musulmani , degli eunuchi sfaccendati , dei dervis . Fra questi notai un vecchio alto e sparuto , dagli occhi terribili , immobile , che guardava verso la porta del palazzo con un ' espressione sinistra ; e pensai che aspettasse il Sultano per piantarglisi davanti e gridargli in faccia come il dervis delle Orientali al Pascià Alì di Tepeleni : - Tu non sei che un cane e un maledetto ! - Ma di questi ardimenti sublimi non si dà più esempio dopo la sciabolata famosa di Mahmud . C ' erano poi varii gruppi di donnine turche , in disparte , che parevano gruppi di maschere , e quella solita accozzaglia di comparse da palco scenico che è la folla di Costantinopoli . Tutte le teste si profilavano sull ' azzurro del Bosforo , e probabilmente tutte le bocche dicevano le stesse parole . Si cominciava a parlare appunto in quei giorni delle stravaganze d ' Abdul Aziz . Già da un pezzo si parlava della sua insaziabile avidità di denaro . Il popolo diceva : - Mamhud avido di sangue , Abdul - Megid di donne , Abdul - Aziz d ' oro . - Tutte le speranze che s ' erano fondate su di lui , principe imperiale , quando , ammazzando un bue con un pugno , diceva : - Così ammazzerò la barbarie , - erano già svanite d ' un pezzo . Le tendenze a una vita semplice e severa , di cui aveva dato prova nei primi anni del suo regno , amando , come si diceva , una donna sola , e ristringendo inesorabilmente le spese enormi del Serraglio , non erano più che una memoria . Forse erano anche anni ed anni che aveva smesso affatto quegli studi di legislazione , d ' arte militare e di letteratura europea , di cui s ' era fatto tanto scalpore , come se in essi riposassero tutte le speranze della rigenerazione dell ' Impero . Da molto tempo non pensava più che a sè stesso . Ogni momento correva la voce di qualche sua escandescenza contro il ministro delle finanze che non voleva o non poteva dargli tutto il denaro ch ' egli avrebbe voluto . Alla prima obbiezione scaraventava addosso alla malcapitata Eccellenza il primo oggetto che gli cadeva nelle mani , recitando per filo e per segno , con quanta voce aveva in gola , la formola antica del giuramento imperiale : per il Dio creatore del cielo e della terra , per il profeta Maometto , per le sette varianti del Corano , per i centoventiquattromila profeti di Dio , per l ' anima di mio nonno e per l ' anima di mio padre , per i miei figli e per la mia spada , portami del danaro o faccio piantare la tua testa sulla punta del più alto minareto di Stambul . E per un verso o per un altro veniva a capo di quel che voleva , e il danaro estorto in quella maniera , ora lo ammucchiava e se lo covava gelosamente come un avaro volgare , ora lo profondeva a piene mani in capricci puerili . Oggi era il capriccio dei leoni , domani delle tigri , e mandava incettatori nelle Indie e nell ' Affrica ; poi per un mese filato cinquecento pappagalli facevano risonare i giardini imperiali della stessa parola ; poi gli pigliava il furore delle carrozze e dei pianoforti che voleva far sonare sorretti dalla schiena di quattro schiavi ; poi la mania dei combattimenti dei galli , a cui assisteva con entusiasmo , e appendeva di sua mano una medaglia al collo dei vincitori , e cacciava in esilio , di là dal Bosforo , i vinti ; poi la passione del gioco , dei chioschi , dei quadri ; la corte pareva tornata ai tempi del primo Ibraim ; ma il povero principe non trovava pace , non faceva che passare da una noja mortale a un ' inquietudine tormentosa ; era torbido e triste ; pareva che presentisse la fine infelice che lo aspettava . A volte si ficcava nel capo di dover morire avvelenato , e per un pezzo , diffidando di tutti , non mangiava più che ova sode ; altre volte , preso dal terrore degl ' incendi , faceva togliere dalle sue stanze tutti gli oggetti di legno , persino le cornici degli specchi . In quel tempo appunto si diceva che , per paura del fuoco , leggesse di notte al lume d ' una candela piantata in un secchio d ' acqua . E malgrado queste follie , di cui si diceva che fosse la prima cagione una cagione che non c ' è bisogno di dire , egli conservava tutta la forza imperiosa della volontà antica , e sapeva farsi obbedire e faceva tremare i più arditi . La sola persona che potesse sull ' animo suo era sua madre , donna d ' indole altera e vana , che nei primi anni del suo regno faceva coprire di tappeti di broccato le strade dove passava suo figlio per andare alla moschea , e il giorno dopo regalava tutti quei tappeti agli schiavi che li andavano a levare . Però , anche nel disordine della sua vita affannosa , fra l ' uno e l ' altro dei suoi grandi capricci , Abdul Aziz aveva pure dei capricci piccolissimi , come quello di volere sopra una data porta un dipinto a fresco di natura morta , con quei certi frutti e quei certi fiori , combinati in quella data maniera , e prescriveva accuratamente ogni cosa al pittore , e stava là lungo tempo a contare le pennellate , come se non avesse altro pensiero al mondo . Di tutte queste bizzarrie , frangiate chi sa come dalle mille bocche del Serraglio , tutta la città parlava , e forse fin d ' allora s ' andavano raccogliendo le prime fila della congiura che lo rovesciò dal trono due anni dopo . La sua caduta , come dicono i Musulmani , era già scritta , e con essa la sentenza che fu poi pronunziata sopra di lui e sopra il suo regno . La quale non è molto diversa da quella che si potrebbe dare su quasi tutti i Sultani degli ultimi tempi . Principi imperiali , spinti verso la civiltà europea da un ' educazione superficiale , ma varia e libera , e dal fervore della giovinezza desiderosa di novità e di gloria , vagheggiano , prima di salire sul trono , grandi disegni di riforme e di rinnovamenti , e fanno il proposito fermo e sincero di dedicare a quel fine tutta la loro vita , che dovrà essere una vita austera di lavoro e di lotta . Ma dopo qualche anno di regno e di lotte inutili , circondati da mille oracoli , inceppati da tradizioni e da consuetudini avversati dagli uomini e dalle cose , spaventati dalla grandezza non prima misurata dell ' impresa , se ne sdanno sfiduciati , per domandare ai piaceri quello che non possono avere dalla gloria , e perdono a poco a poco , in una vita tutta sensuale , perfino la memoria dei primi propositi e la coscienza del loro avvilimento . Così accade che al sorgere d ' ogni nuovo Sultano si faccia sempre , e non senza fondamento , un pronostico felice a cui segue sempre un disinganno . Abdul - Aziz non si fece aspettare . All ' ora fissata , s ' udì uno squillo di tromba , la banda intonò una marcia di guerra , i soldati presentarono le armi , un drappello di lancieri uscì improvvisamente dalla porta del palazzo , e si vide apparire il Sultano a cavallo , che venne innanzi lentamente , seguito dal suo corteo . Mi passò dinanzi a pochi passi , ed ebbi tutto il tempo di considerarlo attentamente . La mia immaginazione fu stranamente delusa . Il re dei re , il sultano scialacquatore , violento , capriccioso , imperioso , - che era allora sui quarantaquattr ' anni , - aveva l ' aspetto di una buonissima pasta di turco , che si trovasse a fare il sultano senza saperlo . Era un uomo tarchiato e grasso , un bel faccione con due grandi occhi sereni e una barba intera e corta , già un po ' brizzolata di bianco ; aveva una fisonomia aperta e mansueta , un atteggiamento naturalissimo , quasi trascurato ; e uno sguardo quieto e lento in cui non appariva la minima preoccupazione dei mille sguardi che gli erano addosso . Montava un cavallo grigio bardato d ' oro , di bellissime forme , tenuto per le briglie da due palafrenieri sfolgoranti . Il corteo lo seguiva a grande distanza , e da questo solo si poteva capire che era il Sultano . Il suo vestimento era modestissimo . Aveva un semplice fez , un lungo soprabito di color scuro abbottonato fin sotto il mento , un paio di calzoni chiari e gli stivali di marocchino . Veniva innanzi lentissimamente , guardando intorno con un ' espressione tra benevola e stanca , come se volesse dire agli spettatori : - Ah ! se sapeste come mi secco ! - I musulmani s ' inchinavano profondamente ; molti europei si levavano il cappello : egli non restituì il saluto a nessuno . Passando dinanzi a noi , diede uno sguardo a un ufficiale d ' alta statura che lo salutava colla sciabola , un altro sguardo al Bosforo , e poi uno sguardo più lungo a due giovani signore inglesi che lo guardavano da una carrozza , e che si fecero rosse come due fragole . Osservai che aveva la mano bianca e ben fatta , ed era appunto la mano destra , colla quale , due anni dopo , si aperse le vene nel bagno . Dietro di lui passò uno stuolo di pascià , di cortigiani , di pezzi grossi , a cavallo ; quasi tutti omaccioni con gran barbe nere , vestiti senza pompa , silenziosi , gravi , cupi , come se accompagnassero un convoglio funebre ; dopo , un drappello di palafrenieri che conducevano a mano dei cavalli superbi ; poi uno stuolo d ' ufficiali a piedi col petto coperto di cordoni d ' oro ; passati i quali , i soldati abbassarono le armi , la folla si sparpagliò per la piazza , ed io rimasi là immobile , cogli occhi fissi sulla cima del monte Bulgurlù , pensando alla singolarissima condizione in cui si trova un sultano di Stambul . È un monarca maomettano , pensavo , e ha la reggia ai piedi di una città cristiana , Pera , che gli torreggia sul capo . È sovrano assoluto d ' uno dei più vasti imperi del mondo , e ci sono nella sua metropoli , poco lontano da lui , dentro ai grandi palazzi che sovrastano al suo Serraglio , quattro o cinque stranieri cerimoniosi che la fanno da padroni in casa sua , e che trattando con lui , nascondono sotto un linguaggio reverente una minaccia perpetua che lo fa tremare . Ha nelle mani un potere smisurato , gli averi e la vita di milioni di sudditi , il mezzo di soddisfare i suoi più pazzi desiderii , e non può cambiare la forma della sua copertura di capo . È circondato da un esercito di cortigiani e di guardie , che bacerebbero l ' orma dei suoi piedi , e trema continuamente per la propria vita e per quella dei suoi figliuoli . Possiede mille donne fra le più belle donne della terra , ed egli solo , tra tutti i musulmani del suo impero , non può dare la mano di sposo a una donna libera , non può aver che figli di schiave , ed è chiamato egli stesso : - Figlio di schiava , - da quello stesso popolo che lo chiama " ombra di Dio " . Il suo nome suona riverito e terribile dagli ultimi confini della Tartaria agli ultimi confini del Maghreb , e nella sua stessa metropoli v ' è un popolo innumerevole , e sempre crescente , su cui non ha ombra di potere e che si ride di lui , della sua forza e della sua fede . Su tutta la faccia del suo immenso impero , fra le tribù più miserabili delle provincie più lontane , nelle moschee e nei conventi più solitarii delle terre più selvaggie , si prega ardentemente per la sua vita e per la sua gloria ; ed egli non può fare un passo nei suoi stati , senza trovarsi in mezzo a nemici che lo esecrano e che invocano sul suo capo la vendetta di Dio . Per tutta la parte del mondo che si stende dinanzi alla sua reggia , egli è uno dei più augusti e più formidabili monarchi dell ' universo ; per quella che gli si stende alle spalle , è il più debole , il più pusillo , il più miserevole uomo che porti una corona sul capo . Una corrente enorme d ' idee , di volontà , di forze contrarie alla natura e alle tradizioni della sua potenza , lo avvolge , lo soverchia , trasforma sotto di lui , intorno a lui , suo malgrado , senza che se n ' avveda , consuetudini , leggi , usi , credenze , uomini , ogni cosa . Ed egli è là , tra l ' Europa e l ' Asia , nel suo smisurato palazzo bagnato dal mare , come in una nave pronta a far vela , in mezzo a una confusione infinita d ' idee e di cose , circondato d ' un fasto favoloso e d ' una miseria immensa , già non più nè due nè uno , non più vero musulmano , non ancora vero europeo , regnante sopra un popolo già in parte mutato , barbaro di sangue , civile d ' aspetto , bifronte come Giano , servito come un nume , sorvegliato come uno schiavo , adorato , insidiato , accecato , e intanto ogni giorno che passa spegne un raggio della sua aureola e stacca una pietra dal suo piedestallo . A me pare che se fossi in lui , stanco di quella condizione così singolare nel mondo , sazio di piaceri , stomacato d ' adulazioni , affranco dai sospetti , indignato di quella sovranità malsicura ed oziosa sopra quel disordine senza nome , qualche volta , nell ' ora in cui l ' enorme Serraglio è immerso nel sonno , mi butterei a nuoto nel Bosforo come un galeotto fuggitivo , e andrei a passar la notte in una taverna di Galata in mezzo a una brigata di marinai , con un bicchiere di birra in mano e una pipa di gesso fra i denti , urlando la marsigliese . Dopo una mezz ' ora , il Sultano ripassò rapidamente in carrozza chiusa , seguito da un drappello d ' ufficiali a piedi , e lo spettacolo fu finito . Di tutto , quello che mi fece un senso più vivo , furono quegli ufficiali in grande uniforme , che correvano saltellando , come una frotta di lacchè , dietro la carrozza imperiale . Non vidi mai una prostituzione simile della divisa militare . Questo spettacolo del passaggio del Sultano , è ora , come si vede , una cosa assai meschina . I sultani d ' altri tempi uscivano in gran pompa , preceduti e seguiti da un nuvolo di cavalieri , di schiavi , di guardie dei giardini , d ' eunuchi , di ciambellani , che visti di lontano , presentavano l ' aspetto , come dicevano i cronisti entusiastici , " d ' una vasta aiuola di tulipani . " I sultani d ' oggi invece par che rifuggano dalle pompe come da un ' ostentazione teatrale della grandezza perduta . Io mi domando sovente che cosa direbbe uno di quei primi monarchi se , risorgendo per un momento dal suo sepolcro di Brussa o dal suo turbè di Stambul , vedesse passare uno di questi suoi nepoti del secolo diciannovesimo , insaccato in un soprabito nero , senza turbante , senza spada , senza gemme , in mezzo a una folla di stranieri insolenti . Io credo che arrossirebbe di rabbia e di vergogna , e che in segno di supremo disprezzo gli farebbe , come Solimano I ad Hassan , tagliare la barba a colpi di scimitarra , che è la più crudele ingiuria che si passa fare a un osmano . E veramente , fra i sultani d ' ora e quei primi , i cui nomi risonarono in Europa tra il secolo XII e il XVI come scoppi di folgore , corre la stessa differenza che tra l ' impero ottomano dei nostri giorni e quello dei primi secoli . Quelli raccoglievano davvero in sè la gioventù , la bellezza e il vigore della loro razza ; e non erano soltanto un ' immagine vivente del proprio popolo , una bella insegna , una perla preziosa della spada dell ' islamismo ; ma ne costituivano per sè soli una vera forza , e tale , che non c ' è chi possa disconoscere nelle loro qualità personali una delle cagioni più efficaci del meraviglioso incremento della potenza ottomana . Il più bel periodo è quello della prima giovinezza della dinastia che abbraccia centonovantatrè anni da Osmano a Maometto II . Quella fu davvero una catena di principi fortissimi , e fatta una sola eccezione , e tenuto conto dei tempi e delle condizioni della razza , austeri e saggi e amati dai propri sudditi ; spesso feroci , ma di rado ingiusti , e sovente anche generosi e benefici verso i nemici ; e tutti poi quali si capisce che dovessero essere dei principi di quella gente , belli e tremendi d ' aspetto , leoni veri , come le loro madri li chiamavano " di cui il ruggito faceva tremare la terra . " Gli Abdul - Megid , gli Abdul - Aziz , i Murad , gli Hamid non sono che larve di padiscià in confronto di quei giovani formidabili , figli di madri di quindici e di padri di diciott ' anni , nati dal fiore del sangue tartaro e dal fiore della bellezza greca , persiana , caucasea . A quattordici anni comandavano eserciti e governavano provincie , e ricevevano in premio dalle proprie madri delle schiave belle ed ardenti come loro . A sedici anni erano già padri , a settanta lo diventavano ancora . Ma l ' amore non infiacchiva in loro la tempra gagliardissima dell ' animo e delle membra . L ' animo era di ferro , dicevano i poeti , e il corpo era d ' acciaio . Avevano tutti certi tratti comuni , che si perdettero poi nei loro nepoti degeneri : la fronte alta , le sopracciglia arcate e riunite come quelle dei persiani , gli occhi azzurrini dei figli delle steppe , il naso che si curvava sulla bocca purpurea " come il becco d ' un pappagallo sopra una ciliegia " e foltissime barbe nere , per le quali i poeti del serraglio si stillavano a cercar paragoni gentili o terribili . Avevano " lo sguardo dell ' aquila di monte Tauro e la forza del re del deserto ; colli di toro , larghissime spalle , petti sporgenti che poteva contenere tutta l ' ira guerriera dei loro popoli " , braccia lunghissime , articolazioni colossali , gambe corte ed arcate , che facevano nitrir di dolore i più vigorosi cavalli turcomanni , e grandi mani irsute che palleggiavano come canne le mazze e gli archi enormi dei loro soldati di bronzo . E portavano dei soprannomi degni di loro : il lottatore , il campione , la folgore , lo stritolatore d ' ossa , lo spargitore di sangue . La guerra era dopo Allà il primo dei loro pensieri , e la morte era l ' ultimo . Non avevano il genio dei grandi capitani , ma erano dotati tutti di quella prontezza di risoluzione che quasi sempre vi supplisce , e di quella feroce ostinatezza che consegue non di rado i medesimi effetti . Trasvolavano , come furie alate , pei campi di battaglia , mostrando di lontano le lunghe penne d ' airone confitte nei turbanti candidi , e gli ampi caffettani tessuti d ' oro e di porpora , e i loro urli selvaggi ricacciavano innanzi le schiere macellate dalla mitraglia serba e tedesca , quando non bastavano più i nerbi di bue di mille sciaù furibondi . Lanciavano i loro cavalli a nuoto nei fiumi mulinando al disopra delle acque le scimitarre stillanti di sangue ; afferravano per la strozza e stramazzavano di sella , passando , i pascià infingardi o vigliacchi ; balzavano giù da cavallo , nelle rotte , e piantavano i loro pugnali scintillanti di rubini nel dorso dei soldati fuggiaschi ; e feriti a morte , salivano , comprimendo la ferita , sopra un rialto del campo , per mostrare ai loro giannizzeri il volto smorto ma ancora minacciane e imperioso , finchè cadevano ruggendo di rabbia ma non di dolore . Quale doveva essere il sentimento di quelle loro giovanette circasse o persiane appena uscite dalla puerizia , quando per la prima volta , la sera d ' un giorno di battaglia , sotto una tenda purpurea , al lume velato d ' una lampada , si vedevano comparire davanti uno di quei sultani spaventosi e superbi , inebbriati dalla vittoria e dal sangue ? Ma allora essi diventavano dolci e amorosi , e stringendo quelle mani infantili nelle loro gigantesche mani ancora convulse dalla stretta della spada , cercavano mille immagini dai fiori dei loro giardini , dalle perle dei loro pugnali , dai più belli uccelli dei loro boschi , dai più bei colori delle aurore dell ' Anatolia e della Mesopotamia per lodare la bellezza delle loro schiave tremanti , fin che esse prendevano animo , e rispondevano nel loro linguaggio appassionato e fantastico : - Corona del mio capo ! Gloria della mia vita ! Mio dolce e tremendo Signore ! Che il tuo volto sia sempre bianco e splendido nei due mondi dell ' Asia e dell ' Europa ! Che la vittoria ti segua da per tutto dove ti porterà il tuo cavallo ! Che la tua ombra si stenda sopra tutta la terra ! Io vorrei essere una rosa per olezzare sulla cima del tuo turbante , o una farfalla per battere le ali sulla tua fronte ! - E poi , colla voce velata , raccontavano a quei grandi amanti appagati , che s ' assopivano sul loro seno , le loro storie fanciullesche di palazzi di smeraldo e di montagne d ' oro , mentre intorno alla tenda , per la campagna insanguinata ed oscura , l ' esercito feroce dormiva . Ma essi lasciavano ogni mollezza sulla soglia dell ' arem , e uscivano da quegli amori più fieri e più ardenti . Erano dolci nell ' arem , feroci sul campo , umili nella moschea , superbi sul trono . Di qui parlavano un linguaggio pieno d ' iperboli sfolgoranti e di minacce fulminee , ed ogni loro sentenza era una sentenza irrevocabile che bandiva una guerra , o innalzava un uomo all ' apice della fortuna , o faceva rotolare una testa ai piedi del trono , o scatenava un uragano di ferro o di foco sopra una provincia ribelle . Così turbinando dalla Persia al Danubio e dall ' Arabia alla Macedonia , fra le battaglie , i trionfi , le caccie , gli amori , passavano dal fiore degli anni a una virilità più bollente e più audace della giovinezza , e poi a una vecchiaia della quale non s ' accorgeva nè il seno delle loro belle nè il dorso dei loro cavalli nè l ' elsa della loro spada . E non solo nella vecchiaia , anche nell ' età verde avveniva qualche volta che , oppressi dal sentimento della loro mostruosa potenza , sgomentati tutt ' a un tratto , nel furore delle vittorie e dei trionfi , dalla coscienza d ' una responsabilità più che umana , e presi da una specie di terrore nella solitudine della propria altezza , si volgevano con tutta l ' anima a Dio , e passavano i giorni e le notti nei recessi oscuri dei loro giardini a comporre poesie religiose , o andavano a meditare il Corano sulle rive del mare o a ballare le ridde frenetiche dei dervis o a macerarsi coi digiuni e coi cilicii nella caverna d ' un vecchio eremita . E come nella vita , così nella morte si presentarono quasi tutti ai loro popoli in una figura o venerabile o tremenda , sia che morissero colla serenità dei santi come il capo della dinastia , o carichi d ' anni di gloria e di tristezza come Orkano , o del pugnale d ' un traditore come Murad I , o nella disperazione dell ' esilio come Baiazet , o conversando placidamente fra una corona di dotti e di poeti come il primo Maometto , o del dolore d ' una sconfitta come il secondo Murad ; e si può dir con sicurezza che i loro fantasmi minacciosi sono quanto rimarrà di più grande e di più poetico sugli orizzonti color di sangue della storia ottomana . LE TURCHE È una grande sorpresa per chi arriva a Costantinopoli , dopo aver inteso parlar tanto della schiavitù delle donne turche , il veder donne da tutte le parti e a tutte le ore del giorno , come in una qualunque città europea . Pare che appunto in quel giorno a tutte quelle rondini prigioniere sia stato dato il volo per la prima volta e che sia cominciata un ' èra nuova di libertà per il bel sesso musulmano . La prima impressione è curiosissima . Lo straniero si domanda , al vedere tutte le donne con quei veli bianchi e quelle lunghe cappe di colori ciarlataneschi , se son maschere o monache o pazze ; e siccome non se ne vede una sola accompagnata da un uomo , pare che non debbano essere di nessuno , che siano tutte vedove o ragazze , o che appartengano tutte a un qualche grande ritiro di " malmaritate " . Nei primi giorni non ci si può persuadere che tutti quei turchi e tutte quelle turche che s ' incontrano e si toccano senza guardarsi e senza accompagnarsi mai , possano avere tra loro qualcosa di comune . E ogni momento s ' è costretti a fermarsi per osservare quelle strane figure e per meditare su quello stranissimo uso . Son queste dunque , si dice , son proprio queste quelle " avvincitrici di cuori " , quelle " fonti di piacere " , quelle " piccole foglie di rosa " e " uve primaticcie " e " rugiade del mattino " e " aurore " e " vivificatrici " e " lune splendenti " di cui mille poeti ci hanno empita la testa ? Queste le hanum e le odalische misteriose , che a vent ' anni , leggendo le ballate di Victor Hugo all ' ombra d ' un giardino , abbiamo sognate tante volte , come creature d ' un altro mondo , di cui un solo amplesso avrebbe consunto tutte le forze della nostra giovinezza ? Queste le belle infelici , nascoste dalle grate , vigilate dagli eunuchi , separate dal mondo , che passano sulla terra , come larve , gettando un grido di voluttà e un grido di dolore ? Vediamo che cosa c ' è ancora di vero in tutta questa poesia . - Prima di tutto , il viso della donna turca non è più un mistero , e perciò una gran parte della poesia che la circondava è svanita . Quel velo geloso che , secondo il Corano , doveva essere " un segno della sua virtù e un freno ai discorsi del mondo " , non è più che un ' apparenza . Tutti sanno come è fatto il jasmac . Sono due grandi veli bianchi , di cui uno , stretto intorno al capo come una benda , copre la fronte fino alle sopracciglia , s ' annoda dietro , nei capelli , al di sopra della nuca , e ricade sulla schiena , in due lembi , fino alla cintura ; l ' altro copre tutta la parte inferiore del viso , e va ad annodarsi col primo , in modo che par tutto un velo solo . Ma questi due veli , che dovrebbero essere di mussolina e stretti in maniera da non lasciar vedere che gli occhi e la sommità delle guancia , sono invece di tulle radissimo , e allentati tanto , che lasciano vedere non solo il viso , ma gli orecchi , il collo , le treccie , e spesso anche i cappellini all ' europea , ornati di penne e di fiori , che portano le signore " riformate " . E perciò accade appunto il contrario di quello che si vedeva una volta , quando alle donne attempate era lecito di andare col viso un po ' più scoperto , e alle giovani era imposto di coprirsi più rigorosamente . Ora son le giovani , e specialmente le belle , quelle che si mostrano meglio , e son le vecchie che per ingannare il mondo portano il velo fitto e serrato . Quindi un ' infinità di bei misteri e di belle sorprese , raccontate dai romanzieri e dai poeti , non sono più possibili ; ed è una fiaba , fra le altre , quella che lo sposo veda per la prima volta il viso della sua sposa nella notte nuziale . Ma fuorchè il viso , tutto è ancora nascosto ; non si può intravvedere nè il seno , nè la vita , nè il braccio , nè il fianco ; il feregé nasconde rigorosamente ogni cosa . È una specie di tonaca , guernita d ' una pellegrina , di maniche lunghissime , larga , senza garbo , cadente come un mantellaccio dalle spalle ai piedi , di panno l ' inverno , di seta l ' estate , e tutta d ' un colore , quasi sempre vivissimo : ora rosso vivo , ora ranciato , ora verde ; e l ' uno o l ' altro predomina d ' anno in anno , rimanendo inalterata la forma . Ma benchè insaccate in quel modo , tanta è l ' arte con cui sanno aggiustarsi il jasmac , che le belle paiono bellissime , e le brutte graziose . Non si può dire che cosa fanno con quei due veli , con che grazia se li dispongono a corona e a turbante , con che ampiezza e con che nobiltà di pieghe li ravvolgono e li sovrappongono , con che leggerezza e con che elegante trascuranza li allentano e li lasciano cadere , come li fanno servire nello stesso tempo a mostrare , a nascondere , a promettere , a proporre degli indovinelli e a rivelare inaspettatamente delle piccole meraviglie . Alcune pare che abbiano intorno al capo una nuvola bianca e diafana , che debba svanire ad un soffio ; altre sembrano inghirlandate di gigli e di gelsomini ; tutte paiono di pelle bianchissima , e prendono da quei veli delle sfumature nivee e un ' apparenza di morbidezza e di freschezza che innamora . È un ' acconciatura ad un tempo austera e ridente , che ha qualche cosa di sacerdotale e di virgineo ; sotto la quale pare che non debbano nascere che pensieri gentili e capricci innocenti .... Ma vi nasce un po ' d ' ogni cosa . - È difficile definire la bellezza della donna turca . Posso dire che quando ci penso vedo un viso bianchissimo , due occhi neri , una bocca purpurea e un ' espressione di dolcezza . Quasi tutte però son dipinte . S ' imbiancano il viso con pasta di mandorle e di gelsomino , s ' ingrandiscono le sopracciglia con inchiostro di china , si tingono le palpebre , s ' infarinano il collo , si fanno un cerchio nero intorno agli occhi , si mettono dei nei sulle guance . Ma fanno questo con garbo ; non come le belle di Fez , che si danno delle pennellate da imbianchini . La maggior parte hanno un bel contorno ovale , un nasino un po ' arcato , le labbra grossette , il mento rotondo , colla fossetta ; molte hanno le fossette anche nelle guance ; un bel collo lunghetto e flessibile ; e mani piccine , quasi sempre coperte , peccato , dalle maniche della cappa . Quasi tutte poi sono grassotte e moltissime di statura più che mezzana : rarissime le acciughe e i crostini dei nostri paesi . Se hanno un difetto comune , è quello di camminar curve e un po ' scomposte , con una certa cascaggine di bambolone cresciute tutt ' a un tratto ; il che deriva , si dice , da una mollezza di membra , di cui è cagione l ' abuso del bagno , ed anche un po ' dalla calzatura disadatta . Si vedono , infatti , delle donnine elegantissime , che debbono avere un piedino di nulla , calzate di babbuccie da uomo o di stivaletti lunghi , larghi e aggrinziti , che una pezzente europea sdegnerebbe . Ma anche in quella brutta andatura hanno un certo garbo fanciullesco che , quando ci si è fatto l ' occhio , non dispiace . Non si vede nessuna di quelle figure impettite , di quelle mostre da modista , così frequenti nelle città europee , che vanno a passetti di marionetta , e che par che saltellino sopra uno scacchiere . Non hanno ancora perduto la pesantezza e la trascuranza naturale dell ' andatura orientale , e se la perdessero , riuscirebbero forse più maestose , ma meno simpatiche . Si vedono delle figure bellissime e di bellezza infinitamente svariata , poichè c ' entra col sangue turco , il sangue circasso , l ' arabo , il persiano . Ci sono delle matrone di trent ' anni , di forme opulente , che il feregé non basta a nascondere , altissime , con grandi occhi scuri , colle labbra tumide , colle narici dilatate , - pezzi di hanum da far tremare cento schiave con uno sguardo , - vedendo le quali , par davvero una ridicola e temeraria spacconata quella dei signori turchi che pretendono d ' esser quattro volte mariti . Ce n ' è dell ' altre , piccolette e paffutelle , che han tutto rotondo - volto , occhi , naso , bocca - ed un ' aria così queta , così benevola , così bambina , un ' apparenza di rassegnazione così docile al loro destino , di non essere che un trastullo e una ricreazione , che passandogli accanto , vi verrebbe voglia di mettergli in bocca una caramella . Ci son poi anche le figurine svelte , sposine di sedici anni , ardite e vivacissime , cogli occhi pieni di capricci e d ' astuzie , che fanno pensare con un sentimento di pietà al povero effendi che le ha da tenere in freno e al disgraziato eunuco che le deve tener d ' occhio . E la città si presta mirabilmente a inquadrare , per dir così , la loro bellezza e il loro vestiario . Bisogna vedere una di quelle figurine col velo bianco e col feregé purpureo , seduta in un caicco , in mezzo all ' azzurro del Bosforo ; o adagiata sull ' erba , in mezzo al verde bruno d ' un cimitero ; o anche meglio , vederla venir giù per una stradetta ripida e solitaria di Stambul , chiusa in fondo da un grande platano , quando tira vento , e i veli e il feregé svolazzano , e scoprono collo , piedino e calzina ; e v ' assicuro che in quel momento , se fosse sempre in vigore l ' indulgente decreto di Solimano il Magnifico , che multa d ' un aspro ogni bacio dato alla moglie e alla figliola altrui , allungherebbe un calcio all ' avarizia anche Arpagone . E non c ' è caso che quando tira vento , la donna turca s ' affanni a tener basso il feregé , perché il pudore delle musulmane non va più in giù delle ginocchia , e s ' arresta qualche volta assai prima . - Una cosa che stupisce , sulle prime , è la loro maniera di guardare e di ridere , che scuserebbe qualunque giudizio più temerario . Accade spessissimo che un giovane europeo , guardando fisso una donna turca , anche di alto bordo , sia ricambiato con uno sguardo sorridente o con un sorriso aperto . Non è raro nemmeno che una bella hanum in carrozza , faccia , di nascosto all ' eunuco , un saluto grazioso colla mano a un giovanotto franco a cui si sia accorta di piacere . Qualche volta , in un cimitero o in una strada appartata , una turca capricciosa s ' arrischia perfino a gettare un fiore passando , o a lasciarlo cadere in terra coll ' intenzione manifesta che sia raccolto dal giaurro elegante che le vien dietro . Per questo un viaggiatore fatuo può prendere dei grandi abbagli , e ci sono infatti degli europei scimuniti , che , essendo stati un mese a Costantinopoli , credono in buona fede d ' aver rubata la pace a un centinaio di sventurate . C ' è senza dubbio , in quegli atti , un ' espressione ingenua di simpatia ; ma c ' entra in parte assai maggiore uno spirito di ribellione , che tutte le turche hanno in cuore , nato dall ' uggia della soggezione in cui sono tenute , e al quale danno sfogo , come e quando possono , in piccole monellerie , non fosse che per far dispetto , in segreto , ai loro padroni . Fanno in quel modo più per fanciullaggine che per civetteria . E la loro civetteria è d ' un genere singolarissimo , che somiglia molto ai primi esperimenti delle ragazzine quando cominciano ad accorgersi d ' esser guardate . È un gran ridere , un guardare in su colla bocca aperta in atto di stupore , un fingere d ' aver male al capo o a una gamba , certi atti di dispetto il feregé che le imbarazza , certi scatti da scolarette , che sembran fatti più per far ridere che per sedurre . Mai un atteggiamento da salotto o da fotografia . Quella po ' d ' arte che mostrano è proprio un ' arte rudimentale . Si vede , come direbbe il Tommaseo , che non hanno molti veli da gettar via ; che non sono abituate ai lunghi amoreggiamenti , ad " essere circuite alla muta " come le donne geroglifiche del Giusti ; e che quando hanno una simpatia , invece di star lì tanto a sospirare e a girar gli occhi , direbbero addirittura , se potessero esprimere il loro sentimento : - Cristiano , tu mi piaci . - Non potendolo dire colla voce , glie lo dicono francamente , mostrando due belle file di perle luccicanti , ossia ridendogli sul viso . Sono belle tartare ingentilite . - E son libere : è una verità che lo straniero tocca con mano appena arrivato . È una esagerazione il dire come Lady Montague che son più libere delle europee ; ma chiunque è stato a Costantinopoli non può a meno di ridere quando sente parlare della loro " schiavitù " . Le signore , quando vogliono uscire , ordinano agli eunuchi di preparar la carrozza , escono senza chiedere il permesso a nessuno , e tornano a casa quando vogliono , purchè sia prima di notte . Una volta non potevano uscire senz ' essere accompagnate da un eunuco , o da una schiava , o da un ' amica , e le più ardite , se non volevano altri , dovevano almeno condur con sè un figlioletto , che fosse come un titolo al rispetto della gente . Se qualcheduna si faceva veder sola in un luogo appartato , era facilissimo che una guardia di città o un qualunque vecchio turco rigorista la fermasse e le domandasse : - Dove vai ? D ' onde vieni ? Perché non hai nessuno con te ? Così rispetti il tuo effendi ? Torna a casa ! - Ma ora escon sole a centinaia , e se ne vedono a tutte le ore per le vie dei sobborghi musulmani e della città franca . Vanno a far visita alle amiche da un capo all ' altro di Stambul , vanno a passar delle mezze giornate nelle case di bagni , fanno delle gite in barchetta , il giovedì alle Acque dolci d ' Europa , la domenica alle acque d ' Asia , il venerdì al cimitero di Scutari , gli altri giorni alle isole dei Principi , a Terapia , a Bujukderé , a Kalender , a far merenda colle loro schiave , in brigatelle di otto o dieci ; vanno a pregare alle tombe dei Padiscià e delle Sultane , a vedere i conventi dei dervis , a visitare le mostre pubbliche dei corredi nuziali , e non c ' è effigie d ' uomo , non che le accompagni o le segua , ma che , se anche son sole , ardisca di far loro un ' osservazione . Vedere un turco in una via di Costantinopoli , non dico a braccetto , ma al fianco , ma fermo per un momento a discorrere con una " velata " , quando anche portassero scritto in fronte che son marito e moglie , parrebbe a tutti la più strana delle stranezze , o per meglio dire un ' impudenza inaudita , come nelle nostre vie un uomo e una donna che si facessero ad alta voce delle dichiarazioni d ' amore . Da questo lato le donne turche sono veramente più libere che le europee , e non si può dire questa libertà quanto la godano , e con che matto desiderio corrano allo strepito , alla folla , alla luce , all ' aria aperta , esse che in casa non vedono che un uomo solo , ed hanno finestre e giardini claustrali . Escono e scorazzano per la città coll ' allegrezza di prigioniere liberate . C ' è da divertirsi a pedinarne una a caso , alla lontana , per vedere come sanno sminuzzarsi e raffinarsi i piaceri del vagabondaggio . Vanno nella moschea più vicina a dire una preghiera e si fermano a cicalare un quarto d ' ora con un ' amica sotto le arcate del cortile ; poi al bazar a dare una capatina in dieci botteghe , e a farne metter sottosopra un paio , per comprare una bagattella ; poi pigliano il tramway , scendono al mercato dei pesci , passano il ponte , si fermano a contemplare tutte le treccie e tutte le parrucche dei parrucchieri di via di Pera , entrano in un cimitero e mangiano un dolce sopra una tomba , ritornano in città , ridiscendono al Corno d ' oro scantonando cento volte e guardando colla coda dell ' occhio ogni cosa - vetrine , stampe , annunzi , signore che passano , carrozze , insegne , porte di teatri - comprano un mazzo di fiori , bevono una limonata da un acquaiolo , fanno l ' elemosina a un povero , ripassano il Corno d ' oro in caicco , ricominciano a far dei nastri per Stambul ; poi pigliano il tramway un ' altra volta , e arrivate sulla porta di casa , son capaci di tornare indietro , per fare ancora un giro di cento passi intorno a un gruppo di casette ; tale e quale come i ragazzi che escon soli la prima volta , e che in quell ' oretta di libertà ci vogliono far entrare un po ' di tutto . Un povero effendi corpulento che volesse tener dietro a sua moglie per scoprire se ha qualche ripesco , rimarrebbe sgambato a mezza strada . - Per vedere il bel sesso musulmano , bisogna andare un giorno di gran festa alle Acque dolci d ' Europa , in fondo al Corno d ' oro , o a quelle d ' Asia , vicino al villaggio di Anaduli - Hissar ; che sono due grandi giardini pubblici , coperti da boschetti foltissimi , attraversati da due piccoli fiumi , e sparsi di caffè e di fontane . Là sopra un vasto piano erboso , all ' ombra dei noci , dei terebinti , dei platani , dei sicomori , che formano una successione di padiglioni verdi , per cui non passa un raggio di sole , si vedono migliaia di turche sedute a gruppi e a circoli , circondate di schiave , d ' eunuchi , di bambini , che merendano e folleggiano per una mezza giornata , in mezzo a un via vai di gente infinito . Appena giunti si rimane come trasognati . Par di vedere una festa del paradiso islamitico . Quella miriade di veli bianchissimi e di feregé scarlatti , gialli , verdi e cinerei , quegli innumerevoli gruppi di schiave vestite di mille colori , quel formicolìo di bimbi in costume di mascherine , i grandi tappeti di Smirne distesi in terra , i vasellami argentati e dorati che passano di mano in mano , i caffettieri musulmani , in abito di gala , che corrono in giro portando frutti e gelati , gli zingari che danzano , i pastori bulgari che suonano , i cavalli bardati d ' oro e di seta che scalpitano legati agli alberi , i pascià , i bey , i giovani signori che galoppano lungo la riva del fiume , il movimento della folla lontana che sembra il tremolìo d ' un campo di camelie e di rose , i caicchi variopinti e le carrozze splendide che arrivano continuamente a versare in quel mare di colori altri colori , e il suono confuso dei canti , dei flauti , delle zampogne , delle nacchere , delle grida infantili , in mezzo a quella bellezza di verde e d ' ombra , svariata qua e là da piccole vedute luminose di paesaggi lontani ; presentano uno spettacolo così festoso e così nuovo che al primo vederlo vien voglia di batter le mani e di gridare : - Bravissimi ! - come a scena di teatro . - Ed anche là , malgrado la confusione , è rarissimo il cogliere sul fatto un turco e una turca che amoreggino cogli occhi o si scambino dei sorrisi e dei gesti d ' intelligenza . Là non esiste la galanteria coram populo come nei nostri paesi ; non ci sono nè le sentinelle melanconiche , che vanno e vengono sotto le finestre , nè le retroguardie affannose che camminano per tre ore sulle orme delle loro belle . L ' amore si fa tutto in casa . Se qualche volta , in una strada solitaria , si sorprende un giovane turco che guarda in su a una finestrina ingraticolata dietro la quale scintilla un occhietto nero o spunta una manina bianca , si può esser quasi certi che è un fidanzato . Ai fidanzati soli si permette il servizio di ronda e di scorta e tutte le altre fanciullaggini dell ' amore ufficiale , come quella di parlarsi di lontano con un fiore , con un nastro , o per mezzo del colore d ' un vestito o di una ciarpa . E in questo le turche sono maestre . Hanno migliaia di oggetti , tra fiori , frutti , erbe , penne , pietre , ciascuno dei quali possiede un significato convenuto , che è un epiteto o un verbo od anche una proposizione intera , in modo che possono mettere insieme una lettera con un mazzetto e dir mille cose con una scatolina o una borsa piena di oggettini svariatissimi , che paiono riuniti a caso ; e siccome il significato d ' ogni oggetto è per lo più espresso in un verso , così ogni amante è in grado di comporre una poesia amorosa od anche un poemetto polimetrico in cinque minuti . Un chiodetto di garofano , una striscia di carta , una fettina di pera , un pezzetto di sapone , un fiammifero , un po ' di fil d ' oro e un grano di cannella e di pepe , vogliono dire : - È molto tempo che t ' amo - , che ardo - , che languisco - , che muoio d ' amore per te . - Dammi un po ' di speranza - non mi respingere - rispondimi una parola . - E oltre all ' amore , c ' è modo di dir mille cose : si possono far dei rimproveri , dar consigli , avvertimenti , notizie ; ed è una grande occupazione delle giovanette , al tempo dei primi palpiti , quella d ' imparare questo frasario simbolico , e di comporne delle lunghe lettere dirette a dei bei sultani ventenni , veduti in sogno . E fanno lo stesso per il linguaggio dei gesti , alcuni dei quali sono graziosissimi ; quello che fa l ' uomo , per esempio , fingendo di lacerarsi il petto con un pugnale , che significa : - Sono lacerato dalle furie dell ' amore - ; a cui la donna risponde lasciando cader le braccia lungo i fianchi , in modo che s ' apra un poco dinanzi il feregé , che vuol dire : - Io t ' apro le mie braccia . - Ma non c ' è forse un Europeo che abbia mai visto far queste cose ; le quali , d ' altra parte , sono oramai piuttosto tradizioni che usi ; e non s ' imparano dai Turchi , i quali arrossirebbero di parlarne , ma da qualche ingenua hanum , che le confida a qualche amica cristiana . - Per questo mezzo pure si conosce il modo di vestire della donna turca fra le pareti dell ' arem , quel bel costume capriccioso e pomposo , di cui tutti hanno un ' idea , e che dà a ogni donna la dignità d ' una principessa e la grazia d ' una bambina . Noi non lo vedremo mai , eccetto che la moda lo porti nei nostri paesi , perchè , se anche un giorno cadrà il feregé , le turche saranno allora vestite all ' europea anche di sotto . Che rodimento per i pittori e che peccato per tutti ! Bisogna raffigurarsi una bella turca " svelta come un cipresso " e colorita " di tutte le sfumature dei petali della rosa " con una berrettina di velluto rosso o di stoffa argentata , un po ' inclinata a destra ; colle treccie nere giù per le spalle ; con una veste di damasco bianco ricamata d ' oro , colle maniche a gozzi e un lunghissimo strascico , aperta dinanzi in modo da lasciar vedere due grandi calzoni di seta rosea , che cascano con mille pieghe su due scarpettine ritorte in su alla chinese ; con una cintura di raso verde intorno alla vita ; con diamanti nelle collane , negli spilloni , nei braccialetti , nei fermagli , nelle treccie , nella nappina del berretto , sulle babbuccie , sul collo della camicia , sulla cintura , intorno alla fronte ; lampeggiante da capo a piedi come una madonna delle cattedrali spagnuole , e adagiata , in un atteggiamento infantile , sopra un largo divano , in mezzo a una corona di belle schiave circasse , arabe e persiane , ravvolte , come statue antiche , in grandi vesti cadenti ; - o immaginare una sposa " bianca come la cima dell ' Olimpo " , vestita di raso cilestrino e tutta coperta da un grande velo intessuto d ' oro , seduta sopra un ' ottomana imperlata , dinanzi alla quale lo sposo , inginocchiato sopra un tappeto di Teheran , fa la sua ultima preghiera prima di scoprire il suo tesoro ; - o rappresentarsi una favorita innamorata , che aspetta il suo signore nella stanza più segreta dell ' arem , non più vestita che della zuavina e dei calzoncini , che mettono in rilievo tutte le grazie del suo corpo flessibile , e le danno l ' aspetto d ' un bel paggio snello e elegante ; e bisogna convenire che quei brutti turchi " riformati " colla testa pelata e il soprabito nero , hanno assai più di quello che meritano . Questo vestiario di casa , però , va soggetto ai capricci della moda . Le donne , non avendo altro da fare , passano il tempo a cercare nuove acconciature ; si coprono di gale e di fronzoli , si mettono penne e nastri nei capelli , bende intorno al capo , pelliccie intorno al collo e alle braccia ; prendono qualcosa ad imprestito da tutti i vestimenti orientali ; mescolano la moda europea colla moda turca ; si mettono delle parrucche , si tingono i capelli di nero , di biondo , di rosso , si sbizzarriscono in mille modi e gareggiano fra di loro come le più sfrenate ambiziose delle grandi città europee . Se un giorno di festa , alle Acque dolci , si potessero far sparire con un colpo di bacchetta magica tutti i feregé e tutti i veli , si vedrebbero probabilmente delle turche vestite da regine asiatiche , altre da crestaine francesi , altre da gran signore in abbigliamento da ballo , altre da mercantesse in pompa magna , da vivandiere , da cavallerizze , da greche , da zingarelle : tante varietà di vestiario quante se ne vedono nel sesso mascolino sul ponte della Sultana Validè . - Gli appartamenti dove stanno queste belle e ricche maomettane corrispondono in qualche modo al loro vestiario seducente e bizzarro . Le stanze riserbate alle donne sono per lo più in bei siti , da cui si godono vedute meravigliose sulla campagna o sul mare o sopra una gran parte di Costantinopoli . Sotto , c ' è un giardinetto chiuso da alti muri , rivestiti d ' edera e di gelsomini ; sopra , una terrazza ; dalla parte della strada , dei camerini sporgenti e vetrati , come i miradores delle case spagnuole . L ' interno è delizioso . Sono quasi tutte piccole sale : i palchetti coperti di stuoie chinesi o di tappeti , i soffitti dipinti di frutti e di fiori , larghi divani lungo le pareti , una fontanella di marmo nel mezzo , vasi di fiori alle finestre , e quella luce vaga e soavissima , che è tutta propria della casa orientale , una luce di bosco , che so io ? di claustro , di luogo sacro e gentile , che impone di camminare sulla punta dei piedi , di parlar con un filo di voce , di non dire che parole umili e dolci , di non discorrere che d ' amore o di Dio . Questa luce languida , i profumi del giardino , il mormorio dell ' acqua , le schiave che passano come ombre , il silenzio profondo che regna in tutta la casa , le montagne dell ' Asia di cui si vede l ' azzurro a traverso i fori delle grate e i rami del caprifoglio che fanno tenda alle finestre , destano nelle europee , che entrano fra quelle mura per la prima volta , un sentimento inesprimibile di dolcezza e di malinconia . La decorazione della maggior parte di questi arem è semplice e quasi severa ; ma ve ne sono pure degli splendidissimi , colle pareti coperte di raso bianco rabescato d ' oro , coi soffitti di cedro , colle grate dorate , con suppellettili preziose . Dalle suppellettili s ' indovina la vita . Non si vedono che poltrone , ottomane grandi e piccine , piccoli tappeti , sgabelli , panchettini , cuscini di tutte le forme e materasse coperte di scialli e di broccati ; un mobilio tutto mollezza e delicature , che dice in mille modi : - Siedi , allungati , ama , addormentati , sogna . - Ci si trovano qua e là degli specchietti a mano e dei larghi ventagli di penne di struzzo ; dalle pareti pendono dei cibuk cesellati ; ci son gabbie d ' uccelli alle finestre , profumiere in mezzo alle stanze , orologi a musica sui tavolini , balocchi e gingilli d ' ogni maniera , che accusano i mille capricci puerili d ' una donnina sfaccendata che si secca . E non c ' è soltanto il lusso delle cose apparenti . Ci son case in cui tutto il servizio da tavola è d ' argento dorato , d ' oro massiccio i vasi delle acque odorose , le serviette di raso frangiate d ' oro , e brillanti e pietre preziose nelle posate , nelle tazze da caffè , nelle anfore , nelle pipe , nelle tappezzerie , nei ventagli ; come ci son altre case , e in molto maggior numero , si capisce , in cui nulla o quasi nulla è mutato dall ' antica tenda o capanna tartara , di cui tutta la masserizia sta sul dorso di un mulo , dove tutto è pronto per un nuovo pellegrinaggio a traverso l ' Asia ; case verginalmente maomettane ed austere , nelle quali , quando sia giunta l ' ora della partenza , non suonerà che la voce pacata del padrone , che dirà : - Olsun ! - Così sia ! - - La casa turca è divisa , come tutti sanno , in due parti : l ' arem e il selamlik . Il selamlik è la parte riserbata all ' uomo . Qui egli ci lavora , ci desina , ci riceve gli amici , ci fa la siesta , e ci dorme la notte quando amore " non gli detta dentro " . La donna non ci penetra mai . E come nel selamlik è padrone l ' uomo , nell ' arem è padrona la donna . Essa ne ha l ' amministrazione ed il governo e ci fa quello che vuole fuorchè ricevervi degli uomini . Quando non le garbi di ricevere suo marito , può anche fargli dire cortesemente che torni un ' altra volta . Una sola porta e un piccolo corridoio divide per lo più il selamlik dall ' arem ; eppure sono come due case lontanissime l ' una dall ' altra . Gli uomini vanno a visitar l ' effendi e le donne vanno a trovar la hanum senza incontrarsi e senza sentirsi , e il più delle volte son gente sconosciuti gli uni agli altri . Le persone di servizio sono separate , e separate quasi sempre le cucine . Ciascuno si diverte e scialaqua per conto suo . Raramente il marito desina colla moglie , in ispecie quando ne ha più d ' una . Non hanno nulla di comune fuorchè il divano su cui s ' avvicinano . L ' uomo non entra quasi mai nell ' arem come marito , ossia come compagno e come educatore dei figliuoli ; non v ' entra che come amante . Entrandovi , lascia sulla soglia , se può , tutti i pensieri che potrebbero turbare il piacere ch ' egli va a cercarvi ; tutta quella parte di sè stesso , che non ha che fare col suo desiderio di quel momento . Egli va là per dimenticare le cure o i dolori della giornata , o piuttosto per assopirne in sè il sentimento ; non per domandar lume a una mente serena e conforto a un cuore gentile . Nè la sua donna , sarebbe atta a quell ' ufficio . Egli non si cura nemmeno di presentarsele circondato di quella qualsiasi gloria d ' ingegno o di sapere o di potenza , che potrebbe renderlo più amabile . A che pro ? Egli è il dio del tempio e l ' adorazione gli è dovuta ; non ha bisogno di farsi valere ; la preferenza ch ' egli dà alla donna che ricerca basta a far sì ch ' essa gli dia con un sentimento di gratitudine che sembra amore l ' amplesso desiderato da lui . " Donna " per lui significa " piacere " . Quel nome porta il suo pensiero diritto a quel senso ; è anzi quasi il nome stesso del senso ; e per questo gli pare impudico il pronunziarlo , e non lo pronuncia mai ; e se ha da dire : - M ' è nata una femmina - dice : - M ' è nata una velata , una nascosta , una straniera . - Così non ci può essere un ' intimità vera fra loro , perché v ' è sempre tra l ' uno e l ' altro come il velo del senso , il quale nasconde quegli infiniti segretissimi recessi dell ' anima , che non si vedono se non a traverso la limpidezza d ' una famigliarità lunga e tranquilla . Oltrechè la donna , sempre preparata alla visita , abbigliata e atteggiata quasi per quel momento , intesa sempre a vincere una rivale o a conservare una predominanza che è continuamente in pericolo , dev ' essere sempre un po ' cortigiana , far forza a sè stessa perché tutto sorrida intorno al suo signore , anche quando il suo cuore è triste , mostrargli sempre la maschera ridente d ' una donna fortunata e felice , perché egli non se ne uggisca e se ne sdia . Perciò il marito la conosce di rado come sposa , come non ha e non può averla conosciuta figliuola , sorella , amica ; come non la conosce madre . Ed essa lascia così isterilire a poco a poco in sè medesima le qualità nobili che non può rivelare o che non le sono pregiate ; s ' abitua a non curare se non quello che le si cerca , e soffoca spesso risolutamente la voce del suo cuore e del suo spirito , per trovare in una certa sonnolenza di vita animalesca , se non la felicità , la pace . Ha , è vero , il conforto dei figliuoli , e il marito li cerca e li abbraccia dinanzi a lei ; ma è un conforto amareggiato dal pensiero che forse , un ' ora prima , egli ha baciato i figliuoli d ' un ' altra , che bacierà forse un ' ora dopo quelli d ' una terza , e che bacierà quelli d ' una quarta tra qualche anno . L ' amore d ' amante , l ' affetto di padre , l ' amicizia , la confidenza , tutto è diviso e suddiviso , ed ha il suo orario , i suoi riguardi , le sue misure , le sue cerimonie ; quindi tutto è freddo e insufficiente . E poi v ' è sempre in fondo qualcosa di sprezzante e di mortalmente ingiurioso per la donna nell ' amore del marito che le tiene ai fianchi un eunuco . Egli le dice in sostanza : - Io t ' amo , tu sei " la mia gioia e la mia gloria " , tu sei " la perla della mia casa " ; ma sono sicuro che se questo mostro che ti sorveglia fosse un uomo , tu ti prostituiresti al tuo servitore . - Variano però grandemente le condizioni della vita coniugale secondo i mezzi pecuniarii del marito , anche non tenuto conto di questo , che chi non ha mezzi di mantenere più d ' una donna è costretto ad avere una moglie sola . Il ricco signore vive separato di casa e di spirito dalla moglie , perché può tenere un appartamento od anche una casa per lei sola , e perchè , volendo ricevere amici , clienti , adulatori , senza che le sue donne sian viste o disturbate , è costretto ad avere una casa separata . Il turco di mezzo ceto , per ragioni d ' economia , sta più vicino a sua moglie , la vede più sovente e vive con essa in maggiore famigliarità . Il turco povero , in fine , che è costretto a vivere nel minor spazio e colla minor spesa possibile , mangia , dorme , passa tutte le sue ore libere colla moglie e coi figliuoli . La ricchezza divide , la povertà unisce . Nella casa del povero non c ' è differenza reale tra la vita della famiglia cristiana e quella della famiglia turca . La donna , che non può avere una schiava , lavora , e il lavoro rialza la sua dignità e la sua autorevolezza . Non è raro che essa vada a tirar fuori il marito ozioso dal caffè o dalla taverna , e che lo spinga a casa a colpi di pantofola . Si trattano da pari a pari , passano la sera l ' uno accanto all ' altro davanti alla porta di casa ; nei quartieri più appartati , vanno sovente insieme a far le spese per la famiglia ; e occorre molte volte di vedere , in un cimitero solitario , il marito e la moglie che fanno merenda vicino al cippo d ' un parente , coi loro bambini intorno , come una famigliuola d ' operai dei nostri paesi . Ed è uno spettacolo più commovente appunto perché è più singolare . E non si può , vedendolo , non sentire che c ' è qualcosa di necessario e d ' universalmente ed eternamente bello in quel nodo d ' anime e di corpi , in quel gruppo unico d ' affetti ; che non c ' è posto per altri ; che una nota di più in quell ' armonia la guasta o la distrugge ; che s ' ha un bel dire e un bel fare , ma che la forza prima , l ' elemento necessario , la pietra angolare d ' una società ordinata e giusta è là ; - che ogni altra combinazione d ' affetti e d ' interessi è fuori della natura ; - che quella sola è una famiglia , e l ' altra un armento ; - che quella sola è una casa , e l ' altra un lupanare . - E v ' è chi dice che le donne orientali sono soddisfatte della poligamia e che non ne comprendono neppure l ' ingiustizia . Per creder questo bisogna non conoscere , non dico l ' Oriente , ma nemmeno l ' anima umana . Se questo fosse vero , non seguirebbe quello che segue : cioè che non v ' è quasi ragazza turca la quale , accettando la mano d ' un uomo , non gli metta per condizione di non sposarne un ' altra , lei viva ; non ci sarebbero tante spose che ritornano alla loro famiglia quando il marito manca a quella promessa ; e non ci sarebbe un proverbio turco che dice : - casa di quattro donne , barca nella burrasca . - Anche se è adorata da suo marito , la donna orientale non può che maledire la poligamia , per cui vive sempre con quella spada di Damocle sul capo , di avere di giorno in giorno una rivale , non nascosta o lontana e sempre colpevole , com ' è necessariamente quella di una moglie europea ; ma installata accanto a lei , in casa sua , col suo titolo , coi suoi stessi diritti ; di vedere fors ' anche una delle sue schiave , prescelta a odalisca , alzare tutt ' a un tratto la fronte dinanzi a lei , e trattarla da eguale , e mettere al mondo dei figliuoli che hanno gli stessi diritti dei suoi . È impossibile che il suo cuore non senta l ' ingiustizia di quella legge . Quando il marito amato da lei , le conduce in casa un ' altra donna , essa avrà un bel pensare che , facendo questo , l ' uomo non fa che valersi d ' un diritto che gli dà il codice del Profeta . In fondo all ' anima sua sentirà che v ' è una legge più antica e più sacra che condanna quell ' atto come un tradimento e una prepotenza , sentirà che quell ' uomo non è più suo , che il nodo è sciolto , che la sua vita è spezzata , ch ' essa ha il diritto di ribellarsi e di maledire . E se anche non ama suo marito , ha mille ragioni di detestare quella legge : l ' interesse leso dei suoi figliuoli , il suo amor proprio ferito , la necessità in cui è posta , o di vivere abbandonata o di non essere più cercata dall ' uomo che per compassione o per un desiderio senz ' amore . Si dirà che la donna turca sa che queste cose accadono pure alla donna europea : è vero ; ma sa pure che la donna europea non è costretta dalla legge civile e religiosa a rispettare e a chiamar sorella colei che le avvelena la vita , e che ha almeno la consolazione di esser considerata come una vittima , e che ha mille modi di consolarsi e di vendicarsi senza che il marito le possa dire , come può dire il poligamo a una delle sue mogli infedeli : - Io ho il diritto di amare cento donne , e tu hai il dovere di non amar che me solo . - È vero che la donna turca ha molte guarentigie dalla legge e molti privilegi per consuetudine . È generalmente rispettata con una certa forma di gentilezza cavalleresca . Nessun uomo oserebbe alzar la mano sopra una donna in mezzo alla via . Nessun soldato , anche nel tafferuglio d ' una sedizione , s ' arrischierebbe a maltrattare la più insolente delle popolane . Il marito tratta la moglie con una certa deferenza cerimoniosa . La madre è oggetto d ' un culto particolare . Non c ' è uomo che osi far lavorare la donna per campare sul suo lavoro . È lo sposo che assegna una dote alla sposa ; essa non porta alla casa maritale che il suo corredo e qualche schiava . In caso di ripudio o di divorzio , il marito è obbligato a dare alla moglie tanto che basti per vivere senza disagio ; e quest ' obbligo lo trattiene da usar con lei dei cattivi trattamenti , che le diano il diritto d ' ottenere la separazione . La facilità del divorzio rimedia in parte alle tristi conseguenze dei matrimonii , fatti quasi sempre alla cieca per effetto della costituzione speciale della società turca , nella quale i due sessi vivono divisi . Alla donna , per ottenere il divorzio , basta poca cosa : che il marito l ' abbia maltrattata una volta , che l ' abbia offesa parlando con altri , che l ' abbia trascurata per un certo tempo . Quando essa ha da lagnarsi di suo marito , non ha che da presentare le sue lagnanze per scritto al tribunale ; può , quando occorra , presentarsi in persona a un vizir , al gran vizir stesso , da cui è quasi sempre ricevuta e ascoltata senza ritardo e benignamente . Se non può andar d ' accordo colle altre mogli , il marito è tenuto a darle una casa separata ; e se anche va d ' accordo , ha diritto a un appartamento per sè sola . L ' uomo non può nè sposare nè far sue odalische le schiave che la moglie ha portato con sè dalla casa paterna . Una donna stata sedotta e abbandonata , può farsi sposare dal suo seduttore , se questi non ha già quattro mogli ; e se ne ha quattro , farsi pigliare in casa come odalisca , e il padre deve riconoscere il figliuolo ; il perché fra i turchi non ci son bastardi . Rarissimi i celibi , rarissime le vecchie ragazze ; assai meno frequenti che non si creda i matrimonii forzati , perché la legge punisce i padri che se ne rendono colpevoli . Lo Stato dà una pensione alle vedove senza parenti e senza mezzi , e provvede alle orfane ; molte bambine rimaste in mezzo alla strada , sono pure raccolte da signore ricche , che le educano e le maritano ; è raro che una donna sia lasciata nella miseria . Tutto questo è vero ed è buono ; ma non toglie che i Turchi ci facciano ridere quando vogliono confrontare con vantaggio la condizione sociale della loro donna a quella della nostra , e affermare la loro società immune dalla corruzione di cui accusano la società europea . Che valgono alla donna le forme del rispetto , se la sua condizione di moglie suppletoria è per sè stessa umiliante ? Che le vale la facilità di divorziare e di rimaritarsi , se qualunque altro uomo la sposi , ha il diritto di metterla nelle condizioni medesime , per le quali s ' è separata dal primo marito ? Che gran cosa che l ' uomo abbia l ' obbligo di riconoscere il figlio illegittimo se non ha i mezzi di mantenerlo , e se può averne legittimamente cinquanta , ai quali , se non il nome , tocca di bastardi la miseria o l ' abbandono ? Ci dicono che non commettono infanticidii ; ma li aborti voluti , per i quali hanno delle case apposite , chi li conta ? Ci dicono che non hanno prostituzione . Ma come ! E che altro mestiere è quello delle mille concubine caucasee , comprate e rivendute cento volte ? Dicono : non c ' è almeno quella pubblica . Che baie ! Murad III non avrebbe ordinato di mandare di là dal Bosforo tutte le donne di mala vita , e si sa che ne fu fatta una grande retata . Vorrebbero poi farci credere che è più facile ad uomo aver la fedeltà di quattro donne che di una sola ? E darci ad intendere che il turco che ha quattro mogli , non commette più peccati fuori di casa e fuori della propria religione ? E ci parleranno di moralità gli uomini più devoti alla nefanda voluptas che sian sulla terra ? - Da tutto questo è facile argomentare che cosa siano le donne turche . Non sono la maggior parte che " femmine piacevoli " . Le più non sanno che leggere e scrivere , e nè leggono nè scrivono ; e sono creature miracolose quelle che hanno una superficialissima coltura . Già ai turchi , secondo i quali le donne " hanno i capelli lunghi e l ' intelligenza corta " , non garba ch ' esse coltivino la mente perché non conviene che siano in nulla eguali o superiori a loro . Così , non ricavando istruzione dai libri , e non potendo riceverne dalla conversazione cogli uomini , rimangono in una crassa ignoranza . Dalla separazione dei due sessi nasce che all ' uno manca qualche cosa di gentile e all ' altro qualche cosa di alto : gli uomini diventano rozzi , le donne diventano comari . E non praticando della società altro che un piccolo cerchio donnesco , ritengono quasi tutte fino alla vecchiezza qualche cosa di puerile nelle idee e nelle maniere : una curiosità matta di mille cose , uno stupirsi di tutto , un fare un gran caso d ' ogni inezia , una maldicenza piccina , un ' abitudine di sdegni e di dispettucci da educande , un ridere sguaiato a tutti i propositi , e un divertirsi per ore a giochi bambineschi , come inseguirsi di stanza in stanza e strapparsi di bocca i confetti . È vero che hanno per contrapposto , per dirla alla rovescia dei francesi , la buona qualità nel difetto ; ed è che sono nature schiette e trasparenti , dentro alle quali si legge alla prima ; che sono quello che paiono , persone vere , come diceva la signora di Sevigné , non maschere , nè caricature , nè scimmie ; donne aperte e tutte d ' un pezzo anche nella tristizia ; e se è vero che basta che una di esse giuri e spergiuri una cosa perché nessuno ci creda , vuol dire appunto che non hanno arte abbastanza per riuscire nell ' inganno . E non è una piccola lode il dire anche che non ci sono fra loro nè dottoresse pesanti , nè maestruccole che non ciancino altro che di lingua e di stile , nè creature vaporose che vivano fuori della vita . Ma è anche vero che in quella vita angusta , priva di alte ricreazioni dello spirito , nella quale rimane perpetuamente insoddisfatto il desiderio istintivo della gioventù e della bellezza , di essere ammirate e lodate , l ' animo loro s ' inasprisce ; e che , non avendo il freno dell ' educazione , corrono a qualunque eccesso , quando una brutta passione le muove . E l ' ozio fomenta in loro mille capricci insensati , in cui s ' ostinano con furore , e li vogliono appagati a qualunque prezzo . Oltrechè , in quell ' aria sensuale dell ' arem , in quella compagnia di donne inferiori a loro di nascita e d ' educazione , lontane dall ' uomo che servirebbe loro di freno , s ' assuefanno a una crudità indicibile di linguaggio , non conoscono le sfumature dell ' espressione , dicono le cose senza velo , amano la parola che fa arrossire , lo scherzo inverecondo , l ' equivoco plebeo ; diventano sboccatamente mordaci ed insolenti ; tanto che all ' europeo che intende il turco , occorre qualche volta di sentire dalla bocca d ' una hanum d ' aspetto signorile , stizzita contro un bottegaio indiscreto o sgarbato , delle impertinenze che non isfuggono tra noi se non alle donne della specie peggiore . E questa loro acrimonia va crescendo col crescere delle loro relazioni colle donne europee o della loro conoscenza dei nostri costumi , che alimentano in esse lo spirito di ribellione ; e quando sono amate , si vendicano con una tirannide capricciosa sui loro mariti della tirannide sociale a cui sono soggette . Molti hanno dipinte le donne turche tutte dolci , mansuete , peritose . Ma ci sono anche fra loro le anime ardite e feroci . Anche là , nelle sommosse popolari , si vedono le donne in prima linea ; si armano , s ' assembrano , arrestano le carrozze dei vizir invisi , li coprono di contumelie , li pigliano a sassate e resistono alla forza . Sono dolci e mansuete , come tutte le donne , quando nessuna passione le rode o le accende . Trattano amorevolmente le schiave , se non ne sono gelose ; dimostrano tenerezza pei figliuoli , benchè non sappiano o non si curino d ' educarli ; contraggono fra di loro , specialmente quelle divise dai mariti o afflitte dallo stesso dolore , delle amicizie tenerissime , piene d ' entusiasmo giovanile , e si dimostrano l ' affetto reciproco vestendosi degli stessi colori , profumandosi colle medesime essenze , e facendosi dei nei della stessa forma . E qui potrei aggiungere quello che scrisse più d ' una viaggiatrice europea , " che ci sono fra loro tutti i vizii di Babilonia " ; ma mi ripugna , in una cosa così grave , l ' affermare sulla fede altrui . - Quale è la loro indole , tali sono le loro maniere . Somigliano la maggior parte a quelle ragazze di buona famiglia , ma cresciute in campagna , le quali , nell ' età in cui non sono più bambine e non sono ancora donne , commettono in società mille piacevolissime sconvenienze , per cui ogni momento si fanno far gli occhiacci dalla mamma . Bisogna sentirne parlare da una signora europea , che abbia visitato un arem . È una cosa comicissima . La hanum , per esempio , che nei primi minuti sarà stata seduta sopra il sofà nello stesso atteggiamento composto della sua visitatrice , tutt ' a un tratto incrocicchierà le dita sopra la testa , o tirerà un lungo sbadiglio , o si piglierà un ginocchio tra le mani . Abituate alla libertà , per non dire alla licenza , dell ' arem , agli atteggiamenti cascanti dell ' ozio e della noia , e ammollite come sono dai lunghi bagni , si stancano subito d ' una qualunque compostezza forzata . Si coricano sul divano , si voltano e si rivoltano continuamente attorcigliando e districando in mille modi il loro lunghissimo strascico , si raggomitolano , si pigliano i piedini in mano , si mettono un cuscino sulle ginocchia e i gomiti sul cuscino , s ' allungano , si storcono , si stirano , fanno la gobbina come i gatti , rotolano dal divano sulla materassa , dalla materassa sul tappeto , dal tappeto sul marmo del pavimento , e s ' addormentano dove il sonno le coglie come i bambini . Una viaggiatrice francese ha detto che hanno qualcosa del mollusco . Son quasi sempre in un atteggiamento da poterle prendere fra le braccia come una cosa rotonda . La loro posizione meno rilassata è quella di star sedute a gambe incrociate . E dicono che derivi appunto dallo star sedute quasi sempre in questa maniera , fin dall ' infanzia , il difetto che hanno quasi tutte delle gambe un po ' arcate . Ma con che garbo si siedono ! Si vede nei cimiteri e nei giardini . Cascano a piombo e rimangono sedute in terra , senza puntar le mani , immobili come statue , e si drizzano poi in piedi , senz ' appoggiarsi , d ' un sol tratto , come se scattassero . Ma è forse questo il loro solo movimento vivace . La grazia della donna turca è tutta nel riposo ; - nell ' arte di mettere in evidenza le belle curve con atteggiamenti stanchi d ' addormentata , col capo arrovesciato indietro , coi capelli sciolti , colle braccia penzoloni , - l ' arte che strappa l ' oro e i gioielli al marito , e sconvolge il sangue e la ragione all ' eunuco . - E lo studio di quest ' arte non è l ' ultimo dei mezzi con cui esse cercano di alleggerire la noia mortale che pesa sulla maggior parte degli arem ; noia che deriva non tanto dalla mancanza d ' occupazioni e di distrazioni , quanto dall ' esser queste tutte d ' un colore ; come certi libri che , pure essendo svariati nella sostanza , seccano per l ' uniformità dello stile . Per salvarsi dalla noia fanno di tutto ; la loro giornata non è spesso che una lotta continua contro questo mostro ostinato . Sedute sui cuscini o sui tappeti , accanto alle loro schiave , orlano innumerevoli fazzoletti da regalare alle amiche , ricamano berretti da notte o borse da tabacco pei mariti , per i padri , e per i fratelli ; fanno scorrere cento volte le pallottoline del tespì ; contano fin al numero più alto a cui sanno contare ; seguitano coll ' occhio , per lunghi tratti , dai finestrini rotondi delle stanze alte , i bastimenti che passano sul Bosforo o sul Mar di Marmara , o si mettono a fantasticare ricchezze , libertà ed amori accompagnando collo sguardo le spire azzurrine del fumo della sigaretta . Quando son stanche della sigaretta assaporano nel cibuk i " biondi capelli del Latachié " ; sazie di fumare , sorbono una tazzina di caffè di Siria ; rosicchiano frutta e confetti ; si fanno durare mezz ' ora un gelato ; poi fanno un ' altra fumatina col narghilè profumato d ' acqua di rosa ; poi succhiano un po ' di mastico per levarsi il sapore del fumo ; poi prendono la limonata per levarsi il sapore del mastico . Si vestono , si svestono , si mettono tutte le robe del loro cassettone , esperimentano tutte le tinture dei loro vasetti , si fanno e si disfanno dei nei in forma di stelle e di mezzelune , e combinano in tutte le maniere possibili una dozzina di specchi e di specchietti per vedersi da tutte le parti , finchè si vengono in uggia . Allora due schiave di quindici anni ballano il balletto obbligato colle nacchere e col tamburello ; una terza ripete per la centesima volta una canzonetta o una favola che sanno tutte a memoria ; o le due solite maschiotte vestite da acróbata fanno la solita lotta , che finisce con un pattone sul pavimento e una risata senza sapore . Qualche volta c ' è la novità d ' una brigatella di ballerine egiziane , e allora è una piccola festa ; qualche altra volta capita una zingara , e allora la hanum si fa dir la ventura sulla palma , o compera un talismano per esser sempre giovane , un decotto per aver figliuoli , un filtro per farsi amare . Stanno ore col viso alle grate a guardar la gente e i cani che passano , insegnano una parola nuova a un pappagallo , scendono in giardino a fare all ' altalena , risalgono in casa a dir le preghiere , tornano a sdraiarsi sul divano per giocare alle carte , saltan su per ricever la visita d ' una parente o d ' un ' amica , e allora ricomincia la solita sequela di caffè , di fumatine , di limonate , di merenduccie , di risate stanche e di sbadigli sonori , fin che l ' amica se ne va , e l ' eunuco , apparendo sulla soglia , dice a bassa voce : - L ' Effendi . - Ah ! finalmente ! È proprio Allà che lo manda , foss ' anche il più brutto marito di Stambul . - Questo segue negli arem dove c ' è , se non altro , la pace ; negli altri la noia è soffocata dal furore delle passioni , e vi si mena una vita affatto diversa . Regna la pace nell ' arem in cui v ' è una donna sola , amata da suo marito , il quale non bada alle schiave , e non ha intrighi fuor di casa . C ' è pure , se non felicità , pace , negli arem dove sono parecchie mogli di carattere leggiero o freddo , indifferenti per il marito il quale non fa differenza tra loro , che ricevono ciascuna alla propria volta le sue preferenze senza amore , senza gelosia e senza ambizione di predominio . Queste mogli di buona pasta cercano di cavare all ' Effendi tutto il denaro che possono , stanno nella stessa casa , vivono d ' accordo , si chiamano sorelle , si divertono insieme , e addio ; la barca è fatta alla diavola , ma tanto e tanto va avanti . C ' è ancora la pace , un ' apparenza almeno di pace , negli arem dove la moglie posposta a una nuova venuta , si rassegna tristamente al suo destino , e pure rifiutando i ritagli d ' amore che le vorrebbe dar suo marito , rimane amica sua , nella sua casa , e cerca un conforto nei figli , e vive in un raccoglimento dignitoso . Ma è un tutt ' altro vivere negli arem dove ci sono donne di cuor fiero e di sangue ardente che non vogliono sottostare al trionfo d ' una rivale , che non possono sopportar l ' onta dell ' abbandono , che non si rassegnano a veder posposti i propri figli a quelli d ' un ' altra madre . In questi arem c ' è l ' inferno . Qui si piange , si strepita , si spezzano porcellane e cristalli , si fanno morir delle schiave a colpi di spillo , si ordiscono delle congiure , si meditano dei delitti , e qualche volta si consumano : si avvelena , si stiletta , si gettano delle bocce di vitriolo nel viso ; qui la vita non è che una trama orribile di persecuzioni , di odii implacabili , di guerre sorde e feroci . L ' uomo che ha più mogli , in conclusione , o ne ama una sola davvero , e non ha la pace ; o le ama tutte ad un modo per aver la pace , e non ha l ' amore . E nell ' un caso e nell ' altro , va quasi sempre diritto alla rovina , poichè se fra le sue donne non c ' è gelosia d ' amore , c ' è sempre gelosia d ' amor proprio , rivalità d ' ambizione , gara di splendidezze ; ed egli non può regalare alla sua prediletta del giorno un gioiello o una carrozza o una villetta sul Bosforo , senza che ne nasca un sottosopra ; il perché è costretto a far per tutte quello che vorrebbe fare per una , vale a dire a comprar la pace a peso d ' oro . E quello che segue tra le donne , segue tra i figliuoli , i quali o son figli della madre negletta , e odiano ; o son figli della favorita , e sono odiati . Ed è facile immaginare che educazione possono ricevere nell ' arem , in quelle case piene di rancori e d ' intrighi , in mezzo alle schiave e agli eunuchi , senza l ' assistenza del padre , senza l ' esempio del lavoro , in quell ' aria bassa e sensuale ; le ragazze in special modo , che s ' avvezzano fin dai primi anni a fondare tutte le speranze della propria fortuna sopra le arti d ' una seduzione per la quale è troppo alto l ' epiteto di " amorosa " , e che imparano queste arti dalla madre , e il rimanente dalle schiave , e il di più da Caragheuz . - Vi sono poi due altre specie di arem , oltre ai pacifici e ai tempestosi : l ' arem del turco giovane e spregiudicato , che seconda le tendenze europee della moglie , e quello del turco o rigorista per sentimento proprio , o dominato da parenti , e in particolar modo da una vecchia madre , musulmana inflessibile , avversa ad ogni novità , che gli fa governar la casa a modo suo . Fra questi due arem corre una gran differenza . Il primo arieggia la casa d ' una signora europea . C ' è un pianoforte che la hanum impara a sonare da una maestra cristiana ; ci son dei tavolini da lavoro , delle seggiole impagliate , un letto di mogogon , una scrivania ; c ' è appeso a una parete un bel ritratto a matita dell ' Effendi fatto da un pittore italiano di Pera ; c ' è in un cantuccio uno scaffaletto con una ventina di libri , fra i quali un piccolo dizionario turco e francese e l ' ultimo numero della Mode illustrée che la signora riceve di seconda mano dalla consolessa di Spagna . La signora possiede pure tutto l ' occorrente per dipingere all ' acquerello e dipinge con passione fiori e frutti . Essa assicura alle sue amiche che non ha un momento di noia . Tra un lavoro e l ' altro scrive le sue memorie . A una cert ' ora riceve il maestro di francese ( un vecchio gobbo e sfiatato , s ' intende ) col quale fa esercizio di conversazione . Qualche volta viene a farle il ritratto una fotografa tedesca di Galata . Quando è malata , viene a visitarla un medico europeo , il quale può anche essere un bel giovane , chè il marito non è poi così bestialmente geloso come certi suoi amici antiquati . E viene una volta ogni tanto anche una modista francese a misurarle un vestito tagliato proprio sull ' ultimo figurino del giornale della moda , col quale la signora vuol fare una bella sorpresa al marito la sera del giovedì , che è la sera sacramentale degli sposi musulmani , nella quale l ' effendi ha una specie di cambiale galante da pagare alla sua " foglia di rosa " . E l ' effendi , che è uomo d ' alto affare , le ha promesso di farle vedere dallo spiraglio d ' una porta il primo gran ballo che darà nel prossimo inverno l ' ambasciata d ' Inghilterra . La hanum , insomma , è una signora europea di religione musulmana , e lo dice con compiacenza alle amiche : - Io vivo come una cocona , - come una cristiana ; - e le amiche e le parenti sue professano almeno gli stessi principii , se non possono condurre la stessa vita , e fra lei e loro si discorre di mode e di teatri , si canzonano le " superstizioni " , le " pedanterie " , le " bigotterie della vecchia Turchia " e si finisce ogni discorso col dire che " è tempo di cominciare a vivere in una maniera più ragionevole " . Ma nell ' altro arem ? Qui tutto è rigorosamente turco dal vestire della signora fino alla più piccola suppellettile . Di libri non c ' entra che il Corano , di giornali non ci penetra che lo Stambul . Se la signora s ' ammala , non si chiama il medico , ma una di quelle tante dottoresse turche , che hanno uno specifico miracoloso per tutti i mali . Se il padre e la madre della signora son gente infetta dalla tabe europea , non si permette loro di veder la figliuola che una volta la settimana . Tutte le aperture della casa sono bene ingraticolate e chiavistellate , e d ' europeo non c ' entra proprio altro che l ' aria , eccetto il caso che la signora abbia avuto la disgrazia d ' imparare un po ' di francese da bambina , chè allora la suocera è capace di metterle in mano un qualche romanzaccio della peggio specie , per poterle dir poi : - Lo vedete che bella società è quella che voi volete scimmiottare ? che fior di roba produce ? che belli esempi vi porge ? - Eppure la vita delle donne turche è piena d ' accidenti , di brighe , di pettegolezzi , che a primo aspetto non si credono possibili in una società dove i due sessi non hanno comunicazione diretta fra loro . In un arem , per esempio , c ' è la vecchia madre che vuol levar dal cuore di suo figlio una delle mogli per farci entrare la prediletta da lei , e cerca ogni modo di nascondergli i figliuoli di quella , e di farne trasandare l ' educazione perché egli non ci ponga affetto , e non li preferisca a quei dell ' altra . In un altro c ' è una moglie , che non potendo staccare il marito dalla sua rivale per riaverne l ' amore essa sola , cerca almeno di sfogare il proprio dispetto staccandolo da quella per un ' altra , e a questo scopo cerca per mare e per terra una bella schiava da metter sotto gli occhi all ' Effendi , perché se ne incapricci e tradisca con essa la sua favorita . Un ' altra moglie , che fa per inclinazione naturale la sensale di matrimonii , s ' ingegna di fare in maniera che un tale suo parente veda spesso una tale ragazza , e se ne innamori , e la sposi , e la rubi così al proprio marito il quale cova da un pezzo il proposito di farla sua . Qui è un gruppo di signore che si quotano a un tanto ciascuna per regalare , con qualche secondo fine , una bella schiava al gran Visir o al Sultano ; là sono altre signore , alto locate , che movendo mille fili segreti di parentele potenti , vengono a capo di quello che vogliono , e fanno cader nemici da alte cariche , e salirvi amici , e divorziar l ' uno , e partire un altro per una provincia lontana . E benchè ci sia meno commercio sociale che nelle nostre città , non si sanno meno che fra noi i fatti degli altri . La fama d ' una donna spiritosa , o d ' una gran maldicente , o d ' una gelosa feroce , o d ' una grulla , si spande molto al di là del cerchio dei conoscenti . Anche là i motti arguti e i bei giochi di parole , a cui la lingua turca si presta mirabilmente , corrono di bocca in bocca e fanno dei giri infiniti . Le nascite , le circoncisioni , i matrimonii , le feste , tutti i più piccoli avvenimenti che seguono nelle colonie europee e nel Serraglio , sono argomento di chiacchiere interminabili . Avete visto il nuovo cappellino dell ' Ambasciatrice di Francia ? Si sa nulla della bella schiava venuta dalla Georgia , che la Sultana Validè regalerà al Sultano il giorno del gran Beiram ? È vero che la moglie di Ahmed - Pascià è uscita ieri l ' altro cogli stivaletti all ' europea guerniti di nappine di seta ? Sono finalmente arrivati i vestiarii da Parigi per la rappresentazione del Bourgeois gentilhomme al teatro del Serraglio ? È una settimana che la moglie di Mahmud - effendi va a pregare ogni mattina nella moschea di Baiazet per ottenere la grazia di due gemelli . È seguito uno scandalo in casa del tal fotografo di via di Pera , perché Ahmed - effendi ci ha trovato il ritratto di sua moglie . La signora Aiscè beve vino . La signora Fatima s ' è fatta fare dei biglietti di visita . La signora Hafiten è stata vista entrare alle tre e uscire alle quattro dalla bottega d ' un franco . La piccola cronaca maligna circola con una rapidità incredibile fra quelle innumerevoli casette gialle e vermiglie , s ' allaccia con quella della corte , si spande per Scutari , s ' allunga sulle due rive del Bosforo fino al mar Nero , e arriva non di rado fino alle grandi città di provincia , di dove ritorna ricamata e frangiata a provocar nuove risate e nuovi pettegolezzi nei mille arem della metropoli . - Sarebbe un divertimento curioso , se ci fossero fra i turchi , come ce n ' è fra noi , di quei gazzettini viventi del bel mondo , che conoscono tutti e sanno e propalano tutto ; sarebbe un divertimento insieme e uno studio amenissimo dei costumi di Costantinopoli , l ' andarsi a piantare con uno di costoro all ' entrata delle Acque dolci d ' Europa , un giorno di festa , e farsi dire una paroletta a proposito di tutte le persone notevoli per un verso o per l ' altro che ci passerebbero davanti . Ma che importa che non si sia fatto ? Le cose si sanno , le persone si possono immaginare . Per me è come se vedessi e sentissi in questo momento . La gente passa , e il turco accenna e ciancia . Quella signora lì s ' è rotta che è poco con suo marito ed è andata a stare a Scutari ; Scutari è il rifugio delle malcontente e delle imbronciate ; è andata a stare con una sua amica , e ci starà fin che suo marito , il quale in fondo le vuol bene , le andrà ad annunziare che s ' è sbarazzato della concubina , cagione della rottura , e la ricondurrà a casa pacificata . Questo effendi che passa è un impiegato del Ministero degli esteri , il quale per non aver che fare con parenti e parenti di parenti , che spesso mettono la discordia in casa , ha fatto come fanno tanti altri : ha sposato una schiava araba , che prende appunto in questi giorni le prime lezioni di lingua turca dalla sorella del marito . Quest ' altra bella donnina è una divorziata , la quale aspetta che l ' effendi tale abbia ripudiata una delle sue quattro mogli per andare a prendere il posto che le è stato promesso da un pezzo . Quell ' altra laggiù è una signora che dopo aver fatto divorzio due volte dallo stesso marito , lo vuol sposare daccapo , e lui è d ' accordo ; e per far questo essa sposa fra qualche giorno , come vuole la legge , un altr ' uomo , il quale sarà suo marito per una notte sola , e farà divorzio subito , dopo di che la bella capricciosa potrà celebrare il suo terzo matrimonio col primo sposo . Questa brunetta cogli occhi spiritati è una schiava abissina , stata regalata da una gran signora del Cairo a una gran signora di Stambul , la quale è morta , e le ha lasciato il posto di padrona di casa . Questo effendi di cinquant ' anni è già stato marito di dieci donne . Questa vecchietta vestita di verde può vantarsi d ' essere stata moglie legittima di dodici uomini . Quest ' altra è una signora che si fa d ' oro comprando ragazze di quattordici anni , a cui fa insegnare la musica , il ballo , il canto , le belle maniere della società signorile , e poi le rivende col guadagno del cinquecento per cento . Ecco là un ' altra bella signora di cui posso dirvi il costo esatto : è una circassa che fu comprata a Tophané per cento e venti lire turche e rivenduta tre anni dopo per la bagattella di quattrocento . Questa qui che s ' aggiusta il velo è passata per una trafila singolare : è stata prima schiava , poi odalisca , poi moglie , poi divorziata , poi moglie daccapo , e adesso è vedova e sta brigando per un nuovo matrimonio . Guardate questo effendi : è in una condizione curiosa ; ve la do in mille a indovinare ; sua moglie è innamorata d ' un eunuco , e si dice che è capace di dare a suo marito una cattiva tazza di caffè , per andare a stare in pace coll ' amante , e non sarebbe il primo esempio d ' un amore così mostruosamente spirituale . Quello là è un negoziante che per ragioni di commercio ha sposate quattro donne , e ne tiene una a Costantinopoli , una a Trebisonda , una a Salonico e la quarta in Alessandria d ' Egitto , ed ha così quattro porti amorosi in cui riparare al termine dei suoi viaggi . Questo bel pascià di ventiquattr ' anni non era un mese fa che un povero uffiziale subalterno della guardia imperiale , e l ' ha fatto pascià di sbalzo il Sultano per dargli in moglie una sua sorella ; ma sconta i peccati degli altri mariti turchi , perché con una Sultana non si celia , e si sa che quella è " gelosa come un usignolo " , e forse , se cercassimo bene tra la folla , troveremmo una schiava che lo pedina alla lontana per scoprir chi guarda e chi non guarda . Guardate questo bel fusto di donna : non c ' è bisogno d ' un occhio fine per accorgersi che è un fiore uscito dal Serraglio ; è stata una bella del Sultano , e l ' ha sposata mesi sono un impiegato del Ministero della guerra , che per mezzo suo ha ora un piede nella Corte e farà in poco tempo molta strada . Ecco là una bambina di cinque anni che fu fidanzata oggi a un ragazzo di otto ; lo sposino è stato condotto dai parenti a farle visita , l ' ha trovata di suo genio e ha fatto subito le furie perché un cuginetto alto un metro l ' ha baciata in presenza sua . Ecco una vecchia strega che ieri l ' altro ha fatto scannar due montoni in ringraziamento ad Allà perché la sbarazzò d ' una nuora che detestava . Ecco là una medichessa briccona , a cui una signora ha messo nelle mani una delle sue schiave , incaricandola di farle andare a male il frutto d ' un suo intrighetto coll ' Effendi , poichè se la schiava mette al mondo una creatura , la padrona non la può più vendere e il padrone bisogna che se la tenga . Quest ' altra è una donna dello stesso conio , a cui certi effendi danno di tratto in tratto l ' incarico di verificare de visu se una schiava che vogliono pigliarsi in casa è proprio schietta farina . Quella là col viso tutto coperto e col feregé lilla , è la moglie d ' un turco amico mio ; ma non è turca , è cristiana , è va tutte le domeniche in chiesa ; ma non ne dite nulla a nessuno , per riguardo a lei , non già per il marito , chè il Corano non proibisce di sposar le cristiane , e per purificarsi dall ' abbraccio d ' un infedele basta lavarsi il viso e le mani . Ah ! che cos ' abbiamo perduto ! È passata una carrozza del Serraglio ; c ' era dentro la terza cadina del Sultano : ho riconosciuto il nastro color di rosa al collo dell ' intendente : la terza cadina , regalo del pascià di Smirne , che ha i più grandi occhi e la più piccola bocca dell ' impero ; una figura sul gusto di questa piccola hanum col nasino arcato , che ieri offese Gesù e Maometto con un pittore inglese di mia conoscenza . La sciagurata ! E pensare che quando i due angeli Nekir e Munkir giudicheranno l ' anima sua , essa crederà di scusarsi colla solita bugia , dicendo che in quel momento aveva gli occhi chiusi e non riconobbe l ' infedele ! - Ma dunque ci sono delle turche infedeli ? Se ce ne sono ! Nonostante la gelosia degli effendi e la vigilanza degli eunuchi , nonostante i cento colpi di frusta che il Corano minaccia ai colpevoli , nonostante che i mariti turchi formino tra loro una specie di società di mutua assicurazione , e che segua là tutto l ' opposto di quello che segue in altri paesi , dove par che tutti cospirino tacitamente a danno della felicità coniugale ; si può quasi affermare che le " velate " di Costantinopoli non commettono meno peccati che le " non velate " di molte città cristiane . Se ciò non fosse , Caragheuz non avrebbe così spesso sulla bocca la parola kerata , la quale , tradotta in un nome storico , significa Menelao . O com ' è possibile ? È possibile in mille maniere . Già bisogna dire che donne nel Bosforo non se ne gettano più , nè dentro un sacco , nè senza sacco , e che i castighi del digiuno , del silenzio , del cilicio , delle bastonate sulle piante dei piedi , non son più che minacce di qualche kerata bestiale . La gelosia cerca d ' impedire il tradimento ; ma quando s ' accorge di non esservi riuscita , non fa più nè le furie nè le vendette d ' una volta , poichè ora è assai più difficile di tener nascoste le tragedie domestiche fra le mura della casa , e nella società musulmana è entrata , con molte altre forze europee , la forza del ridicolo , di cui la gelosia ha paura . E oltre a ciò la gelosia turca , che nella maggior parte dei casi è una gelosia fredda , corporale , d ' amor proprio più che d ' amore , è bensì severa , pesante , ed anche vendicativa ; ma non può avere i mille occhi e l ' attività investigatrice e infaticabile di quella che vien proprio dal vivo dell ' anima innamorata . E poi chi vigila sulle donne separate dal marito , od anche non separate , ma che stanno in una casa a parte , dove egli non va tutti i giorni ? Chi le segue per i vicoli intricati di Pera e di Galata e per i quartieri lontani di Stambul ? Chi impedisce a un bell ' aiutante di campo del Sultano di fare quel che gli vidi far io , di passar di galoppo accanto a una carrozza , alla svoltata d ' uno stradone , nel punto in cui l ' eunuco che è dinanzi gli volge le spalle e quello di dietro non può vederlo perché c ' è la carrozza frammezzo , e di gettare passando un bigliettino nello sportello ? E le sere del Ramazan che le donne stan fuori fino a mezzanotte ? E le cocone compiacenti , specie quelle che stanno sul confine d ' un sobborgo cristiano e d ' un sobborgo musulmano , che ricevono in casa un ' amica velata , senza chiuder la porta ad un amico europeo ? Le avventure però non son più nè strane nè terribili come altre volte . Non ci son più le gran dame che di notte , dopo soddisfatto un capriccio , precipitano nel Bosforo per un trabocchetto il giovane di bottega che ha portata all ' arem la stoffa comprata da loro la mattina ; come faceva una Sultana del secolo scorso . Ora tutto procede prosaicamente . I primi convegni si danno per lo più nelle retrobotteghe . Si sa ; ci sono da per tutto dei bottegai che fanno bottega d ' ogni cosa . E non c ' è da domandare se le autorità turche cerchino di impedire questi abusi . Basti il dire che delle prescrizioni per il buon ordine che dà la Polizia di Costantinopoli in occasione delle grandi feste , la maggior parte si riferiscono alle donne , e sono direttamente rivolte a loro in forma di consigli o di minaccie . È proibito alle donne , per esempio , d ' entrare nelle stanze interne delle botteghe : debbono stare in modo da esser viste dalla strada . È proibito alle donne di andare in tramway per divertimento : ossia debbono scendere al termine della corsa e non tornare subito indietro per la stessa via . È proibito alle donne di far segni alla gente che passa , di fermarsi qui , di passar per di là , di trattenersi più di quel certo tempo in quei dati luoghi : tutte prescrizioni che ognuno può immaginare come vengano poi rispettate e se sia possibile farle rispettare . E poi c ' è quel benedetto velo , che fu istituito come una salvaguardia dell ' uomo , e che ora è diventato una salvaguardia della donna , perché se lo mettono trasparente per far saltare i capricci , e fitto per poterli appagare ; dal che si dice che nascano molti accidenti bizzarri : di amanti fortunati che dopo molto tempo non sanno ancora chi siano le loro belle ; di donne che si nascondono sotto il nome d ' un ' altra per fare una vendetta ; di corbellature , di riconoscimenti , d ' imbrogli , che danno luogo a chiacchiere e a battibecchi infiniti . - Le chiacchiere vanno poi tutte a confondersi e a ribollire nelle case di bagni , che sono i luoghi usuali di convegno per le donne turche . Il bagno è in certo modo il loro teatro . Ci vanno a coppie e a brigate colle schiave , portando con sè cuscini , tappeti , oggetti di toeletta , ghiottonerie , e qualche volta il desinare , per starvi dalla mattina alla sera . Là , in quelle sale semioscure , fra i marmi e le fontane , si trovano qualche volta insieme più di duecento donne , nude come ninfe o mal velate , che a detta delle signore europee che ci furono , presentano uno spettacolo da far cadere il pennello di mano a cento pittori . Vi si vedono le hanum bianchissime accanto alle schiave nere come l ' ebano ; le belle matrone dalle forme poderose che rappresentano l ' ideale della bellezza per i turchi di gusto antico ; delle sposine smilze e giovanissime , coi capelli corti e ricciuti , che sembrano giovinetti ; circasse coi capelli d ' oro che cascano fino alle ginocchia ; turche che hanno fino a cento trecce nerissime sparse per il seno e per le spalle ; altre coi capelli divisi in un ' infinità di piccole ciocche disordinate che fanno la figura d ' una parrucca enorme ; una con un amuleto al collo , un ' altra con uno spicchio d ' aglio legato al capo per scongiurare il mal d ' occhio ; delle mezze selvagge con rabeschi sopra le braccia ; le donnine alla moda che hanno intorno alla vita le tracce del busto e intorno al collo del piede i segni dello stivaletto ; e qualche volta anche delle povere schiave che mostrano sulle spalle le impronte del frustino degli eunuchi . Si vedono mille gruppi e mille atteggiamenti graziosi e bizzarri ; alcune fumano sdraiate sui tappeti , altre si fanno pettinar dalle schiave , altre ricamano , altre canterellano , ridono , si spruzzano e si rincorrono , o strillano sotto le doccie , o gozzovigliano sedute in cerchio , o tagliano i panni al prossimo aggruppate in disparte . E scoprendo il loro corpo , scoprono anche , là più che altrove , la loro indole fanciullesca . Si misurano i piedini , si giudicano , si confrontano . Una dice francamente : - Son bella ; - un ' altra : - Son passabile : - un ' altra : - Mi rincresce d ' aver questo difetto - oppure : - Ma sai che sei più bella di me , tu ? - E qualcuna dice in tuono di rimprovero all ' amica : - Ma guarda dunque la signora Ferideh com ' è diventata grassa a mangiar gamberi schiacciati , tu che dicevi che fanno meglio le pallottole di riso ? - E quando c ' è una cocona garbata la circondano e le fanno mille domande : - Ma è vero che andate ai balli scoperte fin qui ? Il vostro effendi che cosa ne pensa ? E gli altri uomini che cosa ne dicono ? E come vi pigliate per ballare ? In codesto modo ? Ma davvero ? Ma son proprio cose che bisognerebbe vederle per poterci credere ! - E non solo nei bagni , ma per tutto e in tutte le occasioni cercano di conoscere signore europee , e son felici quando possono attaccar discorso con esse , e specialmente quando possono riceverle in casa . Allora radunano le amiche , mettono in vista tutte le donne di servizio , fanno un po ' di festa , rimpinzano la visitatrice di dolci e di frutti , e di rado la lasciano andar via senza un regalo . Il sentimento che le muove a queste dimostrazioni è più la curiosità , si capisce , che la benevolenza ; e infatti , appena hanno preso un po ' di famigliarità colla nuova amica , si fanno dire mille particolari della vita europea , esaminano il suo vestiario parte per parte dal cappellino agli stivaletti , e non sono soddisfatte se non quando l ' hanno condotta al bagno e hanno visto bene com ' è fatta una nazarena , una di queste donne straordinarie , che studiano tante cose , che dipingono , che scrivono per le stampe , che lavorano negli uffici pubblici , che montano a cavallo , che salgono sulla cima delle montagne . Da molto tempo , però , non hanno più di loro le strane idee che avevano prima della riforma ; non credono più , per esempio , che il busto sia una specie di corazza messa dai mariti alle mogli per assicurarsi della loro fedeltà , e di cui essi soli abbian la chiave ; nè che le donne europee siano di tutti coloro con cui vanno una volta a braccetto ; per il che le guardavano con diffidenza e ne parlavano con disprezzo , non invidiando nemmeno la loro coltura , di cui non avevano idea o che non erano in grado d ' apprezzare . Ora nutrono invece per esse un tutt ' altro sentimento , e son diventate diffidenti nel senso opposto ; si vergognano , cioè , in faccia a loro , della propria ignoranza ; temono di parer rozze o sciocche o puerili ; e molte non s ' abbandonano più coll ' ingenuità confidente delle prime volte . Ma le imitano sempre più nel vestire e nei modi . Quelle che studiano una lingua europea , la studiano più per imitazione che per desiderio di sapere , o la studiano per parlare con le cristiane . Discorrendo , s ' ingegnano d ' incastrare nel turco qualche parola francese ; quelle che non sanno quella lingua , fingon di saperla o almeno d ' intenderla ; sono beate di sentirsi chiamar madame ; vanno apposta in certe botteghe di franchi per essere salutate con quel titolo ; e Pera , la gran Pera le attira , come il lume le farfalle ; attira i loro passi , le loro fantasie e i loro quattrini , e qualche volta anche i loro peccati . Per questo son smaniose di conoscer signore franche , che sono per esse come le rivelatrici d ' un nuovo mondo . Da loro si fanno descrivere i grandi spettacoli dei teatri d ' occidente , i balli splendidi , i bei conviti , i ricevimenti sontuosi delle gran dame , le avventure carnevalesche e i grandi viaggi , e tutte queste immagini luminose turbinano poi tutte insieme nella loro testina affaticata , fra le pareti uggiose dell ' arem , all ' ombra dei giardini malinconici ; e come le donne europee sognano gli orizzonti sereni dell ' Oriente , esse sospirano in quei momenti , la vita varia e febbrile dei nostri paesi , e darebbero tutte le meraviglie del Bosforo per un quartiere nebbioso di Parigi . Ma non è soltanto la vita varia e febbrile ch ' esse sospirano ; è anche , e più sovente e più intimamente desiderata , la vita domestica , il piccolo mondo della casa europea , il cerchio degli amici devoti , le mense coronate di figli , le belle vecchiezze onorate ; quel santuario pieno di memorie , di confidenze e di tenerezze , che può render bella l ' unione di due anime anche senza l ' amore ; al quale si ritorna anche dopo una lunga vita d ' aberrazioni e di colpe ; nel quale , anche fra i dolori del presente e le tempeste della giovinezza , il pensiero si rifugia e il cuore si conforta , come in una promessa di pace per gli anni più tardi , come nella bellezza d ' un tramonto sereno contemplato dall ' oscurità della valle . - Ma c ' è una gran cosa da dire a conforto di tutti coloro che lamentano la sorte della donna turca , ed è che la poligamia decade di giorno in giorno . Già è stata considerata sempre dai turchi medesimi piuttosto come un abuso tollerabile che come diritto naturale dell ' uomo . Maometto disse : - È sempre lodevole chi sposa una donna sola , - benchè egli ne abbia sposato parecchie ; e sposano infatti una donna sola tutti coloro che vogliono dar l ' esempio di costumi onesti ed austeri . Chi n ' ha più d ' una , non è apertamente disapprovato , ma non è nemmeno lodato . Sono pochi i turchi che sostengono la poligamia apertamente , più rari quelli che l ' approvino nella loro coscienza . Quasi tutti ne comprendono l ' ingiustizia e le male conseguenze ; molti la combattono a viso aperto e con ardore . Tutti coloro che sono in una condizione sociale che impone una certa rispettabilità di carattere e una qualche dignità di vita , non hanno che una donna . Ne hanno una sola gli alti impiegati dei ministeri , gli ufficiali dell ' esercito , i magistrati , gli uomini di religione . Una sola , per necessità , tutti i poveri e quasi tutti gli uomini del mezzo ceto . Quattro quinti dei turchi di Costantinopoli non sono più poligami . Molti , è vero , non sposano che una donna per la manìa d ' imitar gli europei ; e molti altri , che hanno una moglie sola , si rifanno colle odalische . Ma quella manìa d ' imitazione ha le sue prime radici in un sentimento confuso della necessità d ' un cangiamento nella società musulmana ; e l ' uso delle odalische , apertamente biasimato come vizio , non può che scemare col ristringersi del commercio , ancora tollerato , delle schiave , fin che si confonderà colla corruzione ordinaria di tutti i paesi europei . Ne nascerà una corruzione maggiore ? Ad altri la sentenza . Questo è il fatto : che la trasformazione europea della società turca non è possibile senza la redenzione della donna , che la redenzione della donna non si può compiere senza la caduta della poligamia , e che la poligamia cade . Nessuno forse leverebbe la voce , se la sopprimesse improvvisamente domani un decreto del Gran Signore . L ' edifizio è crollato e non c ' è più che da sgombrar le rovine . La nuova aurora tinge già di rosa le terrazze degli arem . Sperate , o belle hanum ! Le porte del selamlik saranno spezzate , le grate cadranno , il feregé andrà a decorare i musei del gran bazar , l ' eunuco non sarà più che una reminiscenza nera dell ' infanzia , e voi mostrerete liberamente al mondo le grazie del vostro viso e i tesori della vostra anima ; e allora , ogni volta che si nomineranno in Europa le " perle dell ' Oriente " , s ' intenderà di nominar voi , o bianche hanum ; voi , belle musulmane , colte , argute e gentili ; non le inutili perle che brillano intorno alla vostra fronte in mezzo alle pompe fredde dell ' arem . Coraggio , dunque ! Il Sole si leva . Per me - e questo lo dico ai miei amici increduli - vecchio come sono , non ho ancora rinunziato alla speranza di dare il braccio alla moglie d ' un pascià di passaggio per Torino , e di condurla a passeggiare sulle rive del Po , recitandole un capitolo dei Promessi Sposi . IANGHEN VAR Stavo appunto fantasticando intorno a questa passeggiata , verso le cinque della mattina , nella mia camera dell ' Albergo di Bisanzio , e così tra il sonno e la veglia , vedendo lontano la collina di Superga , cominciavo a dire alla mia hanum viaggiatrice : - " Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno fra due catene non interrotte .... " - quando mi comparve dinanzi , col lume in mano , il mio amico Yunk " bianco vestito " e mi domandò con gran meraviglia : - Che cosa accade questa notte a Costantinopoli ? Tesi l ' orecchio e sentii un rumore sordo e confuso che veniva dalla strada , un suono di passi affrettati per le scale , un mormorio , un fremito , che pareva di giorno . Mi affacciai alla finestra e vidi giù nell ' oscurità un gran correre di gente verso il Corno d ' oro . Corsi sul pianerottolo , afferrai un cameriere greco che scendeva le scale a precipizio e gli domandai che cos ' era accaduto . Egli si svincolò dicendo : - Ianghen var , per Dio ! Non avete sentito il grido ? - E poi soggiunse scappando : - Guardate la cima della Torre di Galata . - Tornammo alla finestra e guardando giù verso Galata vedemmo tutta la parte superiore della gran torre illuminata da una luce purpurea vivissima , e una gran nuvola nera che s ' alzava dalle case vicine in mezzo a un vortice di scintille e s ' allargava rapidamente sopra il cielo stellato . Subito il nostro pensiero corse ai formidabili incendii di Costantinopoli , e specialmente a quello spaventevole di quattr ' anni innanzi ; e il nostro primo sentimento fu di terrore e di compassione . Ma immediatamente dopo , - lo confesso e me ne vergogno , - un altro sentimento egoistico e crudele , - la curiosità del pittore e del descrittore , - prese il disopra e , - confesso anche questo , - ci scambiammo un sorriso che il Doré avrebbe potuto cogliere a volo per stamparlo sulla faccia d ' uno dei suoi demoni danteschi . Chi ci avesse aperto il petto , in quel momento , non ci avrebbe trovato che un calamaio e una tavolozza . Ci vestimmo e scendemmo in furia giù per la gran strada di Pera . Ma la nostra curiosità , per fortuna , fu delusa . Non eravamo ancora arrivati alla torre di Galata che l ' incendio era quasi spento . Finivano di bruciare due piccole case ; la gente cominciava a ritirarsi ; le strade erano allagate dall ' acqua delle pompe e ingombre di mobili e di materasse , fra le quali andavano e venivano , nell ' oscurità grigia del mattino , uomini e donne in camicia , tremanti dal freddo , levando in cento lingue un vocìo assordante , nel quale non si sentiva più che quel resto di paura che dà sapore alla chiacchiera dopo un grave pericolo svanito . Vedendo che tutto stava per finire , scendemmo verso il ponte per consolarci del nostro dispetto scellerato colla levata del sole . Qui assistemmo a uno spettacolo che valeva quello d ' un incendio . Il cielo cominciava appena a chiarirsi dietro le colline dell ' Asia . Stambul , scossa per poco al primo annunzio dell ' incendio , era già rientrata nella quiete solenne della notte . Le rive e il ponte erano deserti ; tutto il Corno d ' oro dormiva , coperto da una bruma leggerissima e immerso in un silenzio profondo . Non moveva una barca , non volava un uccello , non stormiva un albero , non si sentiva un respiro . Quella interminabile città azzurra , muta e velata , pareva dipinta nell ' aria , e sembrava che , gettando un grido , avrebbe dovuto svanire . Costantinopoli non ci s ' era mai mostrata in un aspetto così aereo e così misterioso ; non ci aveva mai presentato più vivamente l ' immagine di quelle città favolose delle storie orientali , che il pellegrino vede sorgere improvvisamente dinanzi a sè , e vi trova , entrando , un popolo immobile , pietrificato , negli infiniti atteggiamenti di una vita affaccendata ed allegra , dalla vendetta improvvisa d ' un Re dei geni . Stavamo là appoggiati alle spallette del ponte , contemplando quella scena meravigliosa , senza più pensare all ' incendio , quando sentimmo prima un vocìo fioco e confuso di là dal Corno d ' oro , come di gente che chiedesse soccorso , e poi uno scoppio di grida altissime : - Allà ! Allà ! Allà ! - che risonarono improvvisamente nel vano enorme e silenzioso della rada , e nello stesso tempo apparve sulla sponda opposta , e si slanciò giù per il ponte , correndo precipitosamente verso di noi , una folla rumorosa e sinistra . - Tulumbadgi ! - gridò uno dei guardiani del ponte . - ( I pompieri ! ) Noi ci tirammo da una parte . Un ' orda di selvaggi seminudi , col capo scoperto , coi petti irsuti , grondanti di sudore , vecchi , giovani , neri , nani e giganti cappelluti e rapati , faccie d ' assassini e di ladri , quattro dei quali portavano sulle spalle una piccola pompa e pareva una bara di fanciullo ; armati di lunghe aste uncinate , di fasci di corde , d ' ascie , e di picconi , - ci passarono accanto , urlando e anelando , cogli occhi dilatati , coi capelli sparsi , coi cenci al vento , stretti , impetuosi e biechi , - e gettandoci in viso una tanfata d ' odor di belve , disparvero nella strada di Galata , d ' onde ci giunsero le loro ultime grida fioche di Allà , e poi fu di nuovo un silenzio profondo . L ' impressione che mi fece quell ' apparizione tumultuosa e fulminea in quella quiete arcana della grande città addormentata , non la so esprimere ; - so che compresi e vidi in un momento mille scene d ' invasioni barbariche , di saccheggi e d ' orrori di paesi e di tempi lontani , che fino allora la mia immaginazione si era sforzata inutilmente di rappresentarsi al vivo , e che mi domandai se quella era la città , se quello era proprio il ponte , su cui , di giorno , passavano degli ambasciatori europei , delle signore vestite alla parigina e dei venditori di giornali francesi . Un minuto dopo , il silenzio solenne del Corno d ' oro fu rotto di nuovo da un gridìo lontano , e un ' altra turba scamiciata e selvaggia ci passò dinanzi , come un turbine , sul ponte ondeggiante e sonante , levando un frastuono confuso di urli , di sbuffi , d ' aneliti , di risa soffocate e sinistre , e un ' altra volta le grida prolungate e lamentevoli di Allà si perdettero per le strade di Galata , seguite da un silenzio mortale . Poco dopo passò un ' altra turba , e poi una quarta , e poi altre due , e infine passò il pazzo di Pera , nudo dalla testa ai piedi , mezzo morto dal freddo , gettando grida acutissime , inseguito da un branco di monelli turchi , che disparvero con lui e coi pompieri dietro le case della riva franca ; e sulla grande città , dorata dai primi raggi dell ' aurora , tornò a regnare un altissimo silenzio . Di lì a poco si levò il sole , comparvero i muezzin sui minareti , si mossero i caicchi , si svegliò il porto , cominciò a passar gente sul ponte e a spandersi intorno il rumor sordo della vita cittadina , e noi ritornammo verso Pera . Ma l ' immagine di quella grande città assopita , di quel cielo albeggiante , di quella pace solenne , di quelle orde selvaggie , ci rimase così profondamente stampata nella mente , che oggi ancora non ci rivediamo una volta senza ricordarcela , con un misto piacevolissimo di stupore e di paura , come una scena veduta nella Stambul d ' altri secoli , o sognata nell ' ebbrezza dell ' hascisc . Così non vidi lo spettacolo di un incendio a Costantinopoli ; ma se non lo vidi coi miei occhi , conobbi tanti testimonii oculari di quello che distrusse Pera nel 1870 , e ne raccolsi notizie così minute , che posso dire d ' averlo visto colla mente , e descriverlo forse con non minore evidenza che se ne fossi stato anch ' io spettatore . La prima fiamma s ' accese in una piccola casa di via Feridié , in Pera , il giorno cinque di giugno , stagione in cui una buona parte della popolazione agiata di Costantinopoli villeggia sul Bosforo ; al tocco dopo mezzogiorno , ora in cui quasi tutti gli abitanti della città , anche europei , stanno chiusi in casa a far la siesta . Nella casa di via Feridié non c ' era che una vecchia serva ; la famiglia era partita la mattina per la campagna . Appena s ' accorse dell ' incendio , la vecchia si slanciò nella strada e si mise a correre gridando : - Al fuoco ! - Subito accorse gente dalle case intorno , con secchie e con piccole pompe - , perché era già caduta la legge insensata che proibiva di spegnere gli incendii prima che arrivassero gli ufficiali dei Seraschierato - , e , come sempre , si precipitarono tutti verso la fontana più vicina per prender acqua . Le fontane di Pera , a cui i portatori d ' acqua vanno ad attingere , a certe ore , per le famiglie del quartiere , vengono tutte chiuse a chiave dopo la distribuzione , e l ' impiegato che le ha in custodia non può più aprirle senza il permesso dell ' autorità . In quel momento appunto v ' era accanto alla fontana una guardia turca della municipalità di Pera , che aveva la chiave in tasca , e stava là spettatrice impassibile dell ' incendio . La folla affannata lo circonda e gl ' intima di aprire . Egli rifiuta dicendo che non ha l ' ordine . Gli si stringono addosso , lo minacciano , lo afferrano : egli resiste , si dibatte , grida che non leveranno la chiave che dal suo cadavere . Intanto le fiamme avvolgono tutta la casa e cominciano ad attaccarsi alle case vicine . La notizia dell ' incendio si propaga di quartiere in quartiere . Dalla sommità della torre di Galata e di quella del Seraschiere , i guardiani hanno visto il fumo e messo fuori le grandi ceste purpuree , segnale degl ' incendii di giorno . Tutte le guardie di città corrono per le strade battendo i loro lunghi bastoni sul ciottolato e mettendo il grido sinistro : - Ianghen var ! - C ' è il fuoco ! - a cui rispondono con rulli cupi e precipitosi i mille tamburi delle caserme . Il cannone di Top - hané annunzia il pericolo alla immensa città con tre colpi che risuonano dal mar di Marmara al mar Nero . Il Seraschierato , il serraglio , le ambasciate , tutta Pera e tutta Galata sono sottosopra ; e pochi minuti dopo arrivano a spron battuto in via Feridié il ministro della guerra , un nuvolo di ufficiali , un esercito di pompieri , e cominciano precipitosamente il lavoro . Ma come accade quasi sempre , quel primo tentativo riuscì inutile . Le strade strettissime non concedevano libertà di movimenti ; le pompe non servivano , l ' acqua era insufficiente e lontana ; i pompieri , mal disciplinati , come sempre , e piuttosto intesi a crescere che a scemare la confusione , per pescare nel torbido ; e per di più scarseggiavano i facchini per il trasporto delle robe , essendone andato un gran numero , quel giorno , alla festa nazionale armena che si celebra a Beicos . È a notarsi , inoltre , che le case di legno erano allora in assai maggior numero che non siano ora , e che anche le case di pietra e di mattoni avevano , come quelle di legno , dei tetti sottili , difesi da radissime tegole , e perciò facilissimi ad accendersi . E non v ' era nemmeno il vantaggio che presenta , in simili occasioni , la popolazione musulmana , la quale , fatalista ed apatica com ' è in faccia alla sventura , non si atterrisce gran fatto all ' aspetto d ' un incendio , e se non aiuta abbastanza a spegnere , non intralcia almeno l ' opera degli altri con la propria forsennatezza . Quella era popolazione quasi tutta cristiana e perdette immediatamente la testa . L ' incendio non abbracciava ancora che poche case , che già in tutte le strade d ' intorno era un tramestìo indescrivibile , un precipitar di mobili dalle finestre , un tumulto di pianti e di grida , uno sgomento , un ingombro , contro cui non potevano nè le minaccie , nè la forza , nè le armi . Un ' ora era appena trascorsa dall ' apparire delle prime fiamme , e già tutta la strada Feridié era accesa , e gli ufficiali e i pompieri indietreggiavano rapidamente da tutte le parti , lasciando qua e là morti e feriti , e la speranza di soffocar l ' incendio sul nascere era perduta . Per maggior disgrazia tirava quel giorno un vento fortissimo che abbatteva le fiamme delle case ardenti sopra i tetti delle case vicine , in larghe vampe orizzontali , che parevano tende ondeggianti , in modo che il fuoco penetrava in tutte le case dal tetto , come rovesciatovi sopra da un vulcano . L ' accensione era così rapida , che le famiglie raccolte nelle case , sicure d ' essere ancora in tempo a portar via una parte dei loro averi , si sentivano tutt ' a un tratto crepitare il tetto sul capo , e appena riuscivano a metter in salvo la vita . Le case s ' accendevano l ' una dopo l ' altra come se fossero state intonacate di pece , e subito , dalle innumerevoli finestrine prorompevano le fiamme lunghe , diritte , mobilissime , come serpenti smaniosi di preda , che si curvavano fino a lambire la strada quasi per cercar vittime umane . L ' incendio non correva , volava , e prima di avvolgere , copriva , come un mare di fuoco . Dalla via Feridiè irruppe furiosamente nella via di Tarla - Bascì , di qui tornò indietro e invase come un torrente la via di Misc , poi infiammò come una foresta secca il quartiere Aga - Dgiami , poi la via Sakes - Agatsce , poi quella di Kalindgi - Kuluk , e poi di strada in strada , coprì di fuoco tutta la china di Yeni - Sceir , e s ' incrociò col turbine di fiamme che veniva giù strepitando e muggendo per la gran strada di Pera . Non c ' erano soltanto mille incendii da spegnere , mille nemici sparsi da combattere ; erano come le insidie e i colpi di mano inaspettati d ' un grande esercito , che pareva fosse guidato astutamente da una volontà unica , per cogliere nella rete la città intera , e non lasciar scampo a nessuno . Erano tanti torrenti di lava che si riunivano e s ' incrociavano , precipitando e spandendosi in laghi di fuoco con una rapidità che preveniva tutti i soccorsi . In capo a tre ore metà di Pera era in fiamme . Una miriade di colonne di fumo vermiglio , sulfureo , bianco , nero , fuggivano rapidissimamente rasente i tetti e s ' allungavano a perdita d ' occhi lungo le colline , ottenebrando e tingendo di colori sinistri i vasti sobborghi del Corno d ' oro ; per tutto era un turbinio furioso di cenere e di scintille ; e il vento sbatteva contro le case ancora intatte dei bassi quartieri una vera grandine di braci e di tizzi , che spazzavano le strade come scariche di mitraglia . Le strade dei quartieri accesi non erano più che grandi fornaci , sopra alcune delle quali le fiamme formavano come un fitto padiglione , e là precipitavano e saltellavano con un fracasso orrendo i pini del mar Nero delle travature dei tetti , i travicelli sottili dei ciardak , i balconi vetrati , i minareti di legno delle piccole moschee , che pareva rovinassero spezzati da un terremoto . Per le strade ancora accessibili , si vedevano passare , come spettri , illuminati da bagliori d ' inferno , lancieri a cavallo , ventre a terra , che portavano in tutte le direzioni gli ordini del Seraschierato ; ufficiali del Serraglio , col capo scoperto e la divisa abbruciacchiata ; cavalli sciolti di soldati caduti ; frotte di facchini carichi di masserizie , sciami di cani ululanti , turbe di fuggiaschi che inciampavano e stramazzavano urlando giù per le chine , tra i feriti , i cadaveri e le macerie , e sparivano tra il fumo e le fiamme , come legioni di dannati . Per un momento , fu visto immobile dinanzi all ' imboccatura d ' una strada accesa del quartier Aga - Dgiami , il Sultano Abdul - Aziz , a cavallo , circondato dal suo corteo , pallido come un cadavere , cogli occhi dilatati e fissi nelle fiamme , come se ripetesse tra sè le parole memorabili di Selim I : - Ecco il soffio ardente delle mie vittime ! Io lo sento , che distruggerà la città , il mio serraglio e me pure ! - E poi disparve in un nuvolo di cenere , trascinato dai suoi cortigiani . Tutto l ' esercito di Costantinopoli e tutta l ' innumerevole turba dei pompieri era in moto , a frotte , a lunghissime catene , a semicerchi immensi che abbracciavano interi quartieri , sorvegliati e diretti da visir , da ufficiali di corte , da pascià , da ulema ; in alcuni punti , per tagliar la strada alle fiamme , fervevano battaglie disperate ; case dietro case , in pochi minuti , cadevano sotto le scuri ; i tetti formicolavano di gente ardita che affrontava il fuoco a bruciapelo , e cadevano a capofitto nei crateri aperti sotto i loro piedi , e altri vi succedevano , come in una mischia , ostinati , gettando grida selvaggie , e agitando i fez abbruciacchiati in mezzo al fumo color di foco . Ma l ' incendio s ' avanzava vittorioso in mezzo ai mille getti d ' acqua , sorpassando a grandi salti piazze , giardini , grandi edifici di pietra , piccoli cimiteri , e faceva da tutte le parti retrocedere pompieri , soldati e cittadini , come un esercito in rotta , flagellandoli alle spalle con una pioggia di carboni roventi . Si compievano , anche in quell ' orrenda confusione , dei belli atti di coraggio e di umanità . Si videro in molti punti , fra le rovine ardenti delle case , sventolare i veli bianchi delle Suore di Carità , curve sui moribondi ; dei turchi che si slanciarono tra le fiamme e ricomparvero poco dopo sollevando sulle braccia scorticate dei bambini cristiani ; altri musulmani che , dinanzi a una casa infiammata , immobili , colle braccia incrociate in mezzo a una famiglia cristiana in preda alla disperazione , offrivano freddamente cento lire turche a chi salvasse un ragazzo europeo rimasto nel fuoco ; alcuni che raccoglievano in drappelli , per le strade , i bimbi smarriti , e li legavano colle bende del turbante , per restituirli poi ai parenti ; altri che aprivano le loro case ai fuggitivi seminudi ; più d ' uno , che , per dar un esempio di coraggio e di disprezzo dei beni terreni , mentre la propria casa bruciava , stava seduto nella via sopra un tappeto , fumando tranquillamente il narghilè , e si faceva in là , con suprema indifferenza , man mano che le fiamme s ' avvicinavano . Ma il coraggio e la freddezza d ' animo non valevano più oramai contro quella tempesta di fuoco . A momenti , pareva che , scemando un poco il vento , l ' incendio rimettesse della sua furia ; ma subito il vento ricominciava a soffiare con maggior veemenza , e le fiamme , che s ' erano appena risollevate , tornavano a curvarsi con impeto e a vibrare come freccie le loro punte diritte e implacabili , levando uno strepito cupo e precipitoso , rotto dagli scoppi improvvisi delle farmacie piene di petrolio , dalle detonazioni del gaz sparso per le case , di cui i tubi disfatti mandavano fuori rigagnoli di piombo fuso ; dai tetti che rovinavano d ' un colpo come schiacciati da una valanga ; dal crepitìo dei giardini di cipressi che si contorcevano e s ' infiammavano a un tratto , sciogliendosi in una pioggia di resina ardente ; dai gruppi di vecchie case di legno , che s ' accendevano scoppiettando come fuochi d ' artifizio , e sprigionavano fasci enormi di fiamme bianche in cui parevano che soffiassero mantici di cento officine . Era uno stritolamento , un rovinìo , una distruzione rabbiosa , che pareva prodotta nello stesso tempo da un incendio , da un ' inondazione , da una convulsione della terra e dalla rapina d ' un esercito . Nessuno aveva mai nè visto nè sognato un simile orrore . La popolazione pareva impazzita . Per le strade di Pera era un rimescolamento vertiginoso e un urlìo forsennato come sul ponte d ' un bastimento nel momento del naufragio . In mezzo ai mobili rotolati , sotto al balenìo delle spade degli ufficiali , fra gli urti e le bastonate dei facchini e dei portatori d ' acqua , in mezzo ai cavalli dei Pascià e alle frotte dei pompieri che passavano di corsa investendo e rovesciando quanto incontravano , famiglie italiane , francesi , greche , armene , poveri e ricchi , donne e fanciulli , smarriti , smemorati , si cercavano brancolando , si chiamavano gridando e piangendo , soffocati dal fumo e accecati dalle scintille ; passavano ambasciatori , seguiti da drappelli di servi , carichi di carte e di libri ; frati che innalzavano un crocifisso sopra la folla ; gruppi di donne turche che portavano fra le braccia gli oggetti più preziosi dell ' arem ; stuoli di gente curva sotto spoglie di chiese , di teatri , di scuole , di moschee ; e a quando a quando , una nuvola enorme di fumo caliginoso , spinta giù da una ventata improvvisa , immergeva tutti nelle tenebre e cresceva lo scompiglio e il terrore . A crescere ancora gli orrori di quel disastro , c ' era , come sempre , ma più quel giorno che mai , una miriade di ladri d ' ogni paese , sbucati da tutti i covi di Costantinopoli , riuniti a drappelli d ' intesa fra loro , e vestiti da facchini , da signori o da soldati , i quali entravano nelle case e rubavano a man salva , e correvano poi in frotte a Kassim - Pascià e a Tataola , a depositarvi il bottino ; e i soldati li cacciavano , stendendosi in cordoni , e assalendoli a pattuglie , e seguivano lotte , dispersioni e inseguimenti , che aggiungevano sgomento a sgomento . I pompieri , i facchini , i portatori d ' acqua , spalleggiati dai loro parenti , stretti in bande brigantesche , sotto gli occhi delle famiglie desolate di cui ardevano le case , interrompevano il lavoro , e mettevano a prezzo d ' oro la continuazione . I mobili ammucchiati a traverso le strade strette , difesi dalle famiglie , erano presi d ' assalto da torme di predoni , colle armi alla mano , e poi ridifesi , come barricate , dall ' assalto di altri predoni . Turbe di fuggitivi , incontrandosi colle loro robe nei varchi angusti , si disputavano ferocemente la precedenza del passaggio , e lasciavano il terreno ingombro di gente soffocata o ferita . Ma già dopo le prime quattr ' ore d ' incendio , la furia del foco era tale che pochi s ' affannavano più per le proprie robe , e a tutti pareva già molto di metter in salvo la vita . Due terzi di Pera ardevano , e le fiamme , correndo sempre più rapidamente in tutte le direzioni , accerchiavano quasi all ' improvviso dei vasti spazii prima che la gente , ch ' era dentro , se ne avvedesse . Centinaia di sventurati , stretti in folla , si slanciavano su per una stradicciuola tortuosa per cercare uno scampo , e improvvisamente , a una svoltata , si vedevano venir contro un uragano di vampe e di fumo , che li ricacciava indietro , forsennati , a cercare un ' altra uscita . Famiglie intere , - ed una , fra queste , di ventidue persone , - erano tutt ' a un tratto circondate , asfissiate , arse , carbonizzate . Presi dalla disperazione , si rifugiavano nelle cantine dove rimanevano soffocati , si precipitavano nei pozzi e nelle cisterne , s ' impiccavano agli alberi , o dopo aver cercato inutilmente un ricovero nei ripostigli più segreti della casa , smarrita la ragione , uscivano all ' aperto e correvano a buttarsi nelle fiamme . Dai luoghi alti di Pera , si vedevano giù per le chine , in mezzo a cerchi di fuoco , famiglie inginocchiate sulle terrazze , colle braccia tese e le mani giunte , che chiedevano al cielo il soccorso che non speravano più dalla terra . Si vedevano venir giù di corsa dalle alture di Pera e sparpagliarsi per Galata , per Top - hanè , per Funduclù , per i bassi cimiteri , stormi di gente pallida e scapigliata , stravolta dal terrore , che cercava ancora dove nascondersi , come se fosse inseguita dal fuoco ; fanciulli insanguinati , donne lacere , coi capelli arsi , che stringevano fra le braccia bimbi morti o acciecati ; uomini col viso e le braccia scorticate che si scontorcevano per terra fra gli spasimi dell ' agonia ; vecchi singhiozzanti come bambini , signori ridotti alla miseria che davan del capo nei muri , giovanetti deliranti che andavano a cadere estenuati sulla riva del Corno d ' oro , famiglie che portavano cadaveri anneriti , sventurati impazziti dallo spavento che trascinavano seggiole attaccate a uno spago o si serravano sul petto delle bracciate di cocci e di cenci , prorompendo in grida lamentevoli o in risa frenetiche . E intanto , continuavano a salire dai quartieri bassi , dagli arsenali di Ters - hanè e di Top - hanè , dalle caserme , dalle moschee , dai palazzi del Sultano , e correvano come a un assalto , urlando Janghen var e Allà , su per le colline , fra il turbinìo della cenere e delle scintille , sotto una pioggia di caligine ardente , per le strade coperte di tizzoni e di rottami , battaglioni di nizam , bande di ladri , falangi di pompieri , generali , dervis , messi della Corte , famiglie che tornavano indietro a cercare i parenti perduti , predatori ed eroi , la sventura , la carità e il delitto , confusi in una turba spaventevole , che montava rumoreggiando come un mare in tempesta , colorata dai riflessi vermigli dell ' immensa fornace . E poco lontano da quell ' inferno , rideva , come sempre , la maestà serena di Stambul e la bellezza primaverile della riva asiatica , specchiata dal mar di Marmara e dal Bosforo , coperto di bastimenti immobili ; una folla immensa , che faceva nere tutte le rive , assisteva muta e impassibile allo spettacolo spaventoso ; i muezzin annunziavano con lente cantilene dai terrazzi dei minareti il tramonto del sole ; gli uccelli roteavano allegramente intorno alle moschee delle sette colline ; e i vecchi turchi , seduti all ' ombra dei platani , sopra le alture verdi di Scutari , mormoravano con voce pacata : - È sonata l ' ultima ora per la città dei Sultani . - Il giorno prescritto è venuto . - La sentenza d ' Allà si compisce . - Così sia - Così sia . L ' incendio , per fortuna , non si protrasse nella notte . Alle sette della sera s ' accendeva , per ultimo , il palazzo dell ' ambasciata d ' Inghilterra ; dopo di che il vento cessava improvvisamente , e le fiamme morivano , spontaneamente o soffocate , da tutte le parti . In sei ore due terzi di Pera erano stati distrutti dalle fondamenta , nove mila case incenerite , due mila persone morte . Dopo l ' incendio famoso del 1756 , che distrusse ottanta mila case , e spianò due terzi di Stambul , sotto il regno di Otmano III , non s ' era più visto un disastro così tremendo ; e nessun incendio , dalla presa di Costantinopoli in poi , mietè un così gran numero di vite . Il giorno seguente Pera offriva un aspetto meno spaventevole , ma non meno triste che durante l ' infuriare dell ' incendio . Dov ' era passato il fuoco , era un deserto , e apparivano le forme nude e sinistre della grande collina ; nuovi prospetti , una luce nuova , vastissimi spazi coperti di cenere in mezzo ai quali non rimanevano che le torricine affumicate dei camini , come monumenti funebri ; quartieri interi scomparsi come accampamenti di beduini portati via dall ' uragano ; strade e crocicchi di cui non rimanevan più che le traccie nere e fumanti sulla terra , fra le quali erravano migliaia di sventurati cenciosi e sparuti , che chiedevano l ' elemosina in mezzo a un via vai di soldati , di medici , di monache , di sacerdoti d ' ogni religione e d ' impiegati di tutti i gradi , che distribuivano pane e denaro , e guidavano lunghe file di carri carichi di materasse e di coperte , mandate dal governo per la gente rimasta senza casa . Il governo aveva fatto pure distribuire le tende dei soldati . Le alture di Tataola e il grande cimitero armeno erano coperti d ' accampamenti , in cui brulicava una folla immensa . Per tutto si vedevano strati e monti di masserizie su cui sedevano famiglie estenuate e istupidite . Nel vasto cimitero di Galata erano sparsi e accatastati alla rinfusa , come in un bazar messo sottosopra , lungo i sentieri e in mezzo ai sepolcri , divani , letti , cuscini , pianoforti , quadri , libri , carrozze sconquassate , cavalli feriti legati ai cipressi , portantine dorate d ' ambasciatori e gabbie di pappagalli degli arem , custoditi da una folla di servi e di facchini neri di caligine e cascanti di sonno . Una poveraglia innumerevole , immonda , non mai veduta , girava per le strade a cercar chiodi e serrature fra le macerie , scansando i soldati e i pompieri addormentati per terra , sfiniti dalle fatiche della notte ; si vedeva per tutto gente affaccendata a rizzar baracche sulle rovine delle proprie case , con tende ed assiti ; famiglie inginocchiate in mezzo ai muri affumicati di chiese senza tetto , dinanzi ad altari bruciati ; gruppi di uomini e di donne che correvano affannosamente , col capo chino , osservando viso per viso lunghe file di cadaveri carbonizzati e sformati , e lì riconoscimenti , grida disperate , scoppi di pianto , gente che stramazzava come fulminata , in mezzo a una processione di lettighe e di bare , a un polverìo denso , a un ' aria infocata , a un puzzo di carni arse , a nuvoli di scintille che si sollevavano improvvisamente sotto le vanghe e i picconi degli scavatori , e ricadevano sopra una folla fitta , lenta , silenziosa , sbalordita , accorsa da tutte le parti di Costantinopoli , sopra alla quale apparivano le faccie pallide e gravi dei Consoli e degli Ambasciatori , che arrestavano i cavalli sui crocicchi , e guardavano intorno sgomentati dall ' immensità del disastro . Eppure anche quell ' immenso disastro , come segue sempre nei paesi orientali , fu presto dimenticato . Quattro anni dopo io non ne vidi più traccia , fuorchè qualche tratto di terreno sgombro all ' estremità di Pera , dinanzi all ' altura di Tataola . Dell ' incendio si parlava già come d ' un avvenimento molto lontano . Per qualche tempo , mentre le ceneri erano ancora calde , i giornali avevano chiesto al governo dei provvedimenti : che riordinasse il corpo dei pompieri , che mutasse le pompe , che si procurasse maggior abbondanza d ' acqua , che regolasse la costruzione delle case ; ma il governo aveva fatto il sordo e gli europei avevano rimesso il cuore in pace , continuando a vivere alla turca , ossia fidando un po ' nel buon Dio e un po ' nella buona fortuna . Così , nulla o quasi nulla essendo mutato , si può andar sicuri che quello del 1870 non fu l ' ultimo dei grandi incendi dai quali " è scritto " che la città dei Sultani sia ogni tanti anni desolata . Le case di Pera sono ora quasi tutte , è vero , di muratura ; ma costrutte la maggior parte malamente , da architetti senza studii e senza esperienza , non invigilati dal Governo , e spesso anche costrutte dal primo venuto , in maniera che molte rovinano prima d ' esser terminate , e quelle che rimangono su , non possono opporre alcuna resistenza alle fiamme . L ' acqua , specialmente a Pera , è sempre scarsa e soggetta a un monopolio vergognoso ; e siccome viene in gran parte dai serbatoi del villaggio di Belgrado , costrutti dai Romani , manca affatto quando non cadono pioggie abbondanti in primavera e in autunno ; onde chi ha denari deve pagarla a peso d ' oro e i poveri bevono fango . I pompieri sono sempre piuttosto una grande banda di malfattori , che un corpo ordinato di operai ; banda composta di gente d ' ogni paese , dipendenti più di nome che di fatto dal Seraschierato , da cui non ricevono che una razione di pane ; inesperti , indisciplinati , ladri , detestati e temuti dalla popolazione quanto il fuoco che non sanno spegnere , e sospetti , non senza fondamento , di desiderare gl ' incendi , come occasione di far bottino . Le pompe non scarseggiano , è vero , e i turchi ne vanno alteri come di macchine meravigliose ; ma sono ridicole carabattole , che contengono una dozzina di litri d ' acqua , e mandano uno zampillo sottilissimo , piuttosto adatto a innaffiare giardini che a spegnere incendi . E sarebbe nondineno una gran fortuna , se rimanendo questi inconvenienti , fossero cessati gli altri , che sono molto più gravi . Non è credibile , senza dubbio , quello che molti credono ancora , che il Governo , cioè , susciti gl ' incendii per allargare le strade , chè il danno e il pericolo sarebbero troppo sproporzionati ai vantaggi ; nè accade più come per il passato , che il " partito d ' opposizione " dia fuoco a un quartiere di Costantinopoli per spaventare il Sultano , nè che l ' esercito incendii un sobborgo per ottenere un accrescimento di paga . Ma il sospetto , che gl ' incendii siano molte volte suscitati da coloro che ne possono trarre guadagno , è sempre vivo , e il fatto provò troppo spesso che non è un sospetto infondato . Per il che la popolazione vive in un ' ansietà continua . Teme dei portatori d ' acqua , dei facchini , degli architetti , dei mercanti di legna e di calce , e massimamente dei servitori , che sono la peggior genìa di Costantinopoli , legati la maggior parte con ladri , i quali sono alla loro volta ordinati in associazioni e in comitati , da cui altre compagnie occulte compran la roba rubata e facilitano con varii mezzi il delitto . E la polizia locale mostra con questa gente una fiacchezza , per non chiamarla indulgenza , la quale produce quasi gli effetti della complicità . Non fu mai condannato un incendiario . Raramente i ladri , dopo gl ' incendii , sono colti e puniti . È anche più raro che gli oggetti sequestrati dalla polizia siano restituiti ai proprietarii . Di più , essendoci a Costantinopoli del canagliume di tutti i paesi , l ' azione della giustizia è inceppata in mille modi dai trattati internazionali ; i Consolati reclamano a sè i malfattori della propria nazione ; i processi durano un secolo ; molti delinquenti scappano ; il timore del castigo non serve quasi affatto di freno agli scellerati , e il saccheggio negl ' incendii è considerato da loro quasi come un privilegio tacitamente riconosciuto dalle autorità , come era altre volte per gli eserciti il mettere a sacco le città espugnate . Per questo la parola " incendio " significa ancora per la popolazione di Costantinopoli " tutte le sventure " e il grido di Janghen var è sempre un grido tremendo , solenne , fatale , al cui suono tutta la città si rimescola fin nel più profondo delle sue viscere , come all ' annunzio d ' un castigo di Dio . E chi sa quante volte la grande metropoli dovrà ancora essere incenerita e rialzata sulle sue ceneri prima che la civiltà europea abbia piantato la sua bandiera sul palazzo imperiale di Dolma - Bagcé ! Nei tempi andati , quando scoppiava un incendio in Costantinopoli , se il Sultano si trovava in quel momento nell ' arem , gli portava l ' annunzio del pericolo un ' odalisca tutta vestita color di porpora dal turbante alle babbuccie , la quale aveva l ' ordine di presentarsi a Lui in qualunque luogo egli fosse ; fosse anche stato in braccio alla più cara delle sue favorite . Essa non aveva che da presentarsi sulla soglia : il color di fuoco dei suoi panni era l ' annunzio muto della sventura . Ebbene , chi crederebbe che fra tante immagini grandiose e terribili che mi si affacciano alla mente quando penso agl ' incendii di Costantinopoli , sia la figura di quell ' odalisca quella che scuote più vivamente tutte le mie fibre d ' artista ? Io vorrei essere pittore per dipingere quel quadro , e supplicherò tutti i pittori di dipingerlo , sin che n ' abbia trovato uno che s ' innamori dell ' argomento , e a lui sarò grato per la vita . Egli rappresenterà , in una stanza dell ' arem imperiale , tappezzata di raso e rischiarata da una luce soavissima , sopra un largo divano , accanto a una circassa bionda di quindici anni , coperta di perle , Selim I , il Sultano tremendo , che s ' è svincolato impetuosamente dalle braccia della sua cadina , e fissa i grand ' occhi atterriti sopra l ' odalisca purpurea , muta , sinistra , ritta sulla soglia come una statua , la quale , con un volto pallido che rivela la venerazione e il terrore , sembra voler dire : - Re dei Re , Allà ti chiama e il tuo popolo desolato t ' aspetta ! - e sollevando la cortina della porta , mostra di là da un terrazzo , in una grande lontananza azzurrina , la città enorme che fuma . LE MURA Il giro intorno alle antiche mura di Stambul lo volli far solo , e consiglio ad imitarmi tutti gl ' Italiani che andranno a Costantinopoli , perché lo spettacolo delle grandi rovine solitarie non lascia un ' impressione veramente profonda e durevole se non in chi è tutto inteso a riceverla , e può seguire liberamente il corso dei suoi pensieri , in silenzio . C ' era da fare una passeggiata di circa quindici miglia italiane , a piedi , sotto i raggi del sole , per strade deserte . - Forse - dissi al mio amico - a metà strada mi piglierà la tristezza della solitudine e t ' invocherò come un Santo ; ma tant ' è , voglio andar solo . - Alleggerii il portamonete per il caso che qualche ladro suburbano avesse voluto vederci dentro , gittai qualchecosa " dentro alle bramose canne " per poter dir poi a me stesso : - " taci , maledetto lupo " - ; e m ' incamminai alle otto della mattina , sotto un bel cielo lavato da una pioggerella della notte , verso il ponte della Sultana Validè . Il mio disegno era d ' uscire da Stambul per la porta del quartiere delle Blacherne , di percorrere la linea delle mura dal Corno d ' oro fino al castello delle Sette Torri , e di ritornare lungo la riva del Mar di Marmara , girando così intorno a tutto il grande triangolo della città musulmana . Passato il ponte , svoltai a destra e m ' innoltrai nel vasto quartiere chiamato Istambul - disciaré , o Stambul esterna , che è una lunga striscia di città , compresa fra le mura ed il porto , tutta casupole e magazzini d ' oli e di legna , stata distrutta più volte dagli incendii . Fra le viuzze e la riva del Corno d ' oro , lungo la quale si stende una fila di piccoli scali e di seni pieni di bastimenti e di barconi , c ' è un viavai fitto di facchini , di ciucci e di cammelli , un rimescolìo di gente strana e di cose sporche , e un urlìo incomprensibile , che fa pensare a quei porti meravigliosi del mar dell ' Indie e del mar della China dove s ' incontrano i popoli e le merci dei due emisferi . Le mura che rimangono da questo lato della città , sono alte cinque volte un uomo , merlate , fiancheggiate di cento in cento passi da piccole torri quadrangolari , e in molte parti rovinate ; ma sono il tratto meno notevole e per arte e per memorie delle mura di Stambul . Attraversai il quartiere del Fanar , passando sulla riva ingombra di fruttaioli , di pasticcieri , di venditori d ' anice e di rosolio , e di cucine esposte all ' aria aperta , in mezzo a gruppi di bei marinari greci atteggiati come le statue dei loro Numi antichi ; girai intorno al vastissimo ghetto di Balata ; percorsi il quartiere silenzioso delle Blacherne , e uscii finalmente di città per la porta chiamata Egri - Kapú , poco lontana dalla riva del Corno d ' oro . Tutto questo è presto detto ; ma è una camminata di un ' ora e mezzo , ora in salita , ora in discesa , intorno a laghi di mota , sopra ciottoli enormi , per vicoli senza fine , sotto volte oscure , a traverso a vasti spazii solitari , senz ' altra guida che la punta dei minareti della moschea di Selim . A un certo punto si cominciano a non veder più nè faccie nè abiti di franchi ; poi spariscono le casette all ' europea ; poi il ciottolato , poi le insegne delle botteghe , poi l ' indicazione delle strade , poi ogni rumor di lavoro ; e più si va innanzi , più i cani guardano torvo , più i monelli turchi fissano con l ' occhio ardito , più le donne del volgo si nascondono la faccia con cura , fin che ci si trova in piena barbarie asiatica , e la passeggiata di due ore pare che sia stata un viaggio di due giorni . Uscendo da Egri - Kapú , voltai a sinistra e vidi improvvisamente un larghissimo tratto delle mura famose che difendono Stambul dalla parte di terra . Sono passati tre anni da quel momento ; ma non posso ricordarmene senza provare un sentimento vivissimo di maraviglia . Non so in quale altro luogo dell ' Oriente si trovino così raccolte la grandezza dell ' opera umana , la maestà della potenza , la gloria dei secoli , la solennità delle memorie , la mestizia delle rovine , la bellezza della natura . È una vista che ispira insieme ammirazione , venerazione e terrore ; uno spettacolo degno d ' un canto d ' Omero . A primo aspetto , si scoprirebbe il capo e si griderebbe : - Gloria ! - come dinanzi a una schiera interminabile di giganteschi eroi mutilati . La cinta delle mura e delle torri enormi si stende fin dove arriva lo sguardo , salendo e scendendo a seconda delle alture e degli avvallamenti , dove bassissima che par che si sprofondi nella terra , dove alta che par che coroni la sommità d ' una montagna ; svariata d ' infinite forme di rovine , tinta di mille colori severi , dal calcareo fosco quasi nero al giallo caldo quasi dorato , e rivestita d ' una vegetazione rigogliosa d ' un verde cupo , che s ' arrampica su per i muri , ricasca in ghirlande dai merli e dalle feritoie , si rizza in ciuffi alteri sulla cima delle torri , s ' ammucchia in piramidi altissime , vien giù quasi a cascatelle dalle cortine , e colma brecce , spaccature e fossati , e si avanza fin sulla via . Sono tre ordini di mura che formano come una gradinata gigantesca di rovine : il muro interno , che è il più alto , fiancheggiato , a brevi distanze eguali , da grossissime torri quadrate ; quel di mezzo , rafforzato da piccole torri rotonde ; l ' esterno senza torri , bassissimo , e difeso da un fosso largo e profondo , anticamente riempito dalle acque del Corno d ' oro e del Mar di Marmara , ora coperto d ' erba e di cespugli . Tutte queste mura sono ancora , presso a poco , quali erano il giorno dopo la presa di Costantinopoli : perché sono pochissima cosa i ristauri fatti da Maometto e da Bajazet II . Vi si vedono ancora le breccie che v ' apersero i cannoni enormi d ' Orbano , le tracce dei colpi degli arieti e delle catapulte , gli squarci delle mine , e tutti gl ' indizii dei luoghi dove si diedero gli assalti più furiosi e si opposero le resistenze più disperate . Le torri rotonde delle mura di mezzo sono quasi tutte rovinate fino alle fondamenta ; le torri delle mura interne , quasi tutte ritte ; ma smerlate , scantonate , ridotte in punta alla sommità come tronchi d ' alberi enormi acuminati a colpi d ' accetta , e screpolate di cima in fondo o incavate alla base come scogli rosi dal mare . Pezzi smisurati di muratura , rotolati giù dalle cortine , ingombrano la piattaforma del muro di mezzo , quella del muro esterno ed il fosso . Piccoli sentieri serpeggiano fra le macerie e le erbaccie e si perdono nell ' ombra cupa della vegetazione alta , fra i macigni e gli scoscendimenti della terra messa a nudo dai muri precipitati . Ogni tratto di bastione compreso fra due torri è un quadro stupendo di rovine e di verde , pieno di maestà e di grandezza . Tutto è colossale , selvatico , irto , minaccioso , e improntato d ' una bellezza pomposa e triste , che impone la riverenza . Par di vedere le rovine d ' una catena sterminata di castelli feudali , o i resti d ' una di quelle muraglie prodigiose che circondavano i grandi imperi leggendarii dell ' Asia orientale . La Costantinopoli del secolo decimonono è sparita ; si è dinanzi alla città dei Costantini ; si respira l ' aria del quattrocento ; tutti i pensieri corrono al giorno dell ' immensa caduta e si rimane per un momento sbalorditi e sgomenti . La porta per cui ero uscito , chiamata dai turchi Egri - Kapú , era quella famosa porta Caligaria , per la quale fece la sua entrata trionfale Giustiniano , ed entrò poi Alessio Comneno per impadronirsi del trono . Dinanzi v ' è un cimitero musulmano . Nei primi giorni dell ' assedio era stato messo là quello smisurato cannone d ' Orbano , intorno al quale lavoravano quattrocento artiglieri e che cento buoi stentavano a smovere . La porta era difesa da Teodoro di Caristo e da Giovanni Greant , contro l ' ala sinistra dell ' esercito turco che si stendeva fino al Corno d ' oro . Da quel punto fino al Mar di Marmara non c ' è più un sobborgo nè un gruppo di case . La strada corre diritta fra le mura e la campagna . Non v ' è nulla che distragga dalla contemplazione delle rovine . Mi misi in cammino . Andai per un lungo tratto in mezzo a due cimiteri ; uno cristiano a sinistra , sotto le mura ; un altro maomettano , a destra , vastissimo e ombreggiato da una selva di cipressi . Il sole scottava ; la strada si stendeva dinanzi a me bianca e solitaria , e sollevandosi a poco a poco tagliava con una linea retta , sulla sommità dell ' altura , il cielo , limpidissimo . Da una parte le torri succedevano alle torri , dall ' altra le tombe succedevano alle tombe . Non sentivo che il rumore cadenzato del mio passo e di tratto in tratto il fruscìo di un lucertolone fra i cespugli vicini . Andai così per un lungo tratto , fin che mi trovai impensatamente davanti a una bella porta quadrata , sormontata da un grande arco a tutto sesto e fiancheggiata da due grosse torri ottagone . Era la porta d ' Adrianopoli , la Polyandria dei Greci ; quella che sostenne nel 625 , sotto Eraclio , l ' urto formidabile degli Avari , che fu difesa contro Maometto II dai fratelli Paolo e Antonino Troilo Bochiardi , e che divenne poi la porta delle uscite e dell ' entrate trionfali degli eserciti musulmani . Nè dinanzi nè intorno non c ' era anima viva . Improvvisamente uscirono di galoppo due cavalieri turchi , mi ravvolsero in un nuvolo di polvere e sparirono per la strada d ' Adrianopoli ; poi tornò a regnare un silenzio profondo . Di là , voltando le spalle alle mura , mi avanzai per la strada d ' Adrianopoli , discesi nel vallone del Lykus , salii sopra un ' altura , e mi trovai dinanzi al vastissimo piano ondulato e arido di Dahud - Pascià , dove tenne il quartier generale Maometto II , durante l ' assedio di Costantinopoli . Stetti qualche tempo là immobile , guardando intorno con una mano sugli occhi , come per cercare le traccie dell ' accampamento imperiale e rappresentarmi il grande e strano spettacolo che doveva offrire quel luogo sul finire della primavera del 1453 . Là proprio rifluiva , come al suo cuore , la vita di tutto l ' enorme esercito che stringeva nel suo formidabile amplesso la grande città moribonda . Di là partivano gli ordini fulminei che movevano le braccia di centomila operai , che facevano trascinare per terra duecento galere dalla baia di Besci - tass alla baia di Kassim - Pascià , che spingevano nelle viscere della terra eserciti di minatori armeni , che sguinzagliavano da cento parti i drappelli d ' araldi ad annunziar l ' ora degli assalti , e facevano , nel tempo che s ' impiega a contare le pallottoline d ' un tespì , tendere trecentomila archi e sguainare trecentomila scimitarre . Là i messi pallidi di Costantino s ' incontravano coi genovesi di Galata venuti a vender l ' olio per rinfrescare i cannoni d ' Orbano e colle vedette musulmane che spiavano dalla riva del Mar di Marmara se apparissero all ' orizzonte le flotte europee a portar gli ultimi soccorsi della cristianità all ' ultimo baluardo dei Costantini . Là era un formicolìo di cristiani rinnegati , d ' avventurieri asiatici , di vecchi sceicchi , di dervis macilenti , laceri e stremati dalle lunghe marcie , che andavano e venivano affannosamente intorno alle tende di quattordicimila giannizzeri , fra schiere interminabili di cavalli bardati , fra lunghissime file di alti cammelli immobili , in mezzo a catapulte e a baliste infrante , a rottami di cannoni scoppiati , a piramidi di palle enormi di granito ; incrociandosi con le processioni dei soldati polverosi che portavano a due a due , dalle mura all ' aperta campagna , cadaveri sformati e feriti urlanti , a traverso una nuvola perpetua di fumo . In mezzo all ' accampamento dei giannizzeri s ' alzavano le tende variopinte della Corte , e al di sopra di queste , il padiglione vermiglio di Maometto II . E ogni mattina , allo spuntar del giorno , egli era là , ritto dinanzi all ' apertura del suo padiglione , pallido della veglia affannosa della notte , col suo gran turbante ornato d ' un pennacchio giallo e il suo lungo caffettano color di sangue , e fissava il suo sguardo d ' aquila sull ' immensa città che gli si stendeva dinanzi , tormentando con una mano la folta barba nera e coll ' altra il manico d ' argento del suo pugnale ricurvo . Accanto a lui c ' era Orbano , l ' inventore del cannone prodigioso , che doveva pochi giorni dopo , scoppiando , slanciare le sue ossa sulla spianata dell ' Ippodromo ; l ' ammiraglio Balta - Ogli , già turbato dal presentimento della sconfitta , che fece cadere sul suo capo il bastone d ' oro del Gran Signore ; il comandante temerario dell ' Epepolin , il grande castello mobile , coronato di torri e irto di ferro , che cadde poi incenerito davanti alla porta di San Romano ; una corona di legisti e di poeti abbronzati dal sole di cento battaglie ; un corteo di pascià colle membra coperte di cicatrici e i caffettani lacerati dalle freccie ; una folla di giannizzeri giganteschi colle lame nude nel pugno e di sciaù armati di verghe di acciaio , pronti a far cadere le teste e a lacerare le carni ai ribelli e ai vigliacchi ; tutto il fiore di quella sterminata moltitudine asiatica , piena di gioventù , di ferocia e di forza , che stava per rovesciarsi , come un torrente di ferro e di fuoco , sugli avanzi decrepiti dell ' Impero bizantino ; e tutti , immobili come statue , tinti di rosa dai primi raggi dell ' aurora , guardavano all ' orizzonte le mille cupole argentee della città promessa dal Profeta , sotto le quali sonavano , in quell ' ora , le preghiere e i singhiozzi del popolo codardo . Io vedevo i visi , gli atteggiamenti , i pugnali , le pieghe delle cappe e dei caffettani , e le grandi ombre che s ' allungavano sul terreno incavato dalle ruote dei cannoni e delle torri . Ma a un tratto , lasciando cader gli occhi sopra una grossa pietra mezzo affondata nella terra , e leggendovi una rozza iscrizione , quel gran quadro disparve come una visione fantasmagorica , e vidi sparpagliarsi per la pianura brulla una moltitudine allegra di cacciatori di Vincennes , di zuavi e di fantaccini dai calzoni rossi ; sentii cantare le canzonette della Provenza e della Normandia ; vidi il maresciallo Saint - Arnaud , Canrobert , Forey , Espinasse , Pelissier ; riconobbi mille volti e mille colori vivi nella mia memoria e cari al mio cuore fin dall ' infanzia ... e rilessi con un sentimento inesprimibile di sorpresa e di piacere quella povera iscrizione . La quale diceva : - Eugène Saccard , caporal dans le 22° léger , 16 Juin 1854 . Di là ripassai per il vallone del Lykus e ritornai sulla strada che fiancheggia le mura , sempre solitaria e sempre serpeggiante fra le rovine e i cimiteri . Passai dinanzi all ' antica porta militare di Pempti , ora murata ; attraversai un ' altra volta il Lykus , che entra nella città in quel punto , e arrivai finalmente dinanzi alla porta chiamata del Cannone , dal gran cannone d ' Orbano , che v ' era appostato davanti ; la porta contro cui rivolse il suo ultimo assalto l ' esercito di Maometto . Alzando gli occhi alla sommità delle mura , vidi dietro ai merli parecchie orribili faccie nere , coi capelli scarmigliati , che mi guardavano in aria di stupore . Seppi poi che s ' era annidata là una tribù di zingari , ficcando le sue capanne nelle spaccature delle cortine e delle torri . Qui le traccie della lotta sono veramente gigantesche e superbe : le mura sventrate , crivellate , stritolate ; le torri dimezzate ed informi , le piattaforme sepolte sotto monti di ruderi , le feritoie squarciate , il terreno sconvolto , il fosso ingombro di rottami colossali , che sembrano massi di roccie franati da una montagna . La battaglia tremenda sembra stata combattuta il giorno innanzi e le rovine raccontano meglio d ' una voce umana l ' orribile eccidio di cui furono spettatrici . E fu poco meno che il medesimo dinanzi a tutte le porte , per tutta la lunghezza delle mura . La lotta cominciò allo spuntare del giorno . L ' esercito ottomano era diviso in quattro enormi colonne , e preceduto da centomila volontarii , che formavano un ' immensa avanguardia predestinata alla morte . Tutta questa carne da cannone , questa turba indisciplinata e temeraria di tartari , di caucasei , d ' arabi , di negri , guidati dai sceicchi , eccitati dai dervis , cacciati innanzi a nerbate da un esercito di sciaù , si slanciò per la prima all ' assalto , carica di terra e di fascine , formando una sola catena e cacciando un urlo solo dal Mar di Marmara al Corno d ' oro . Arrivati sulla sponda del fosso , una grandine di ferro e di pietre li arresta e li macella ; cadono a cento a cento , schiacciati dai macigni , crivellati dalle freccie , fulminati dalle palle , arsi dalle vampe delle spingarde , vecchi , fanciulli , schiavi , ladri , pastori , briganti ; altre turbe , spinte da turbe più lontane , sottentrano ; in poco tempo il fosso e le sponde sono coperte di mucchi di cadaveri , di membra palpitanti , di turbanti insanguinati , d ' archi , di scimitarre ; su cui altri torrenti d ' armati passano muggendo e vanno a frangersi e a insanguinarsi ai piedi delle cortine e delle torri , sotto un rovescio più fitto di giavellotti e di sassi , in una nuvola densa che nasconde le mura , i difensori , i morti , la strada ; fin che mille trombe ottomane fanno sentire i loro squilli selvaggi sopra il tumulto della battaglia , e la grande avanguardia dimezzata e sanguinosa retrocede confusamente da tutta la linea delle mura . Allora Maometto II sguinzaglia all ' assalto il grosso delle sue forze . Tre grandi eserciti , tre fiumane d ' uomini , condotti da cento Pascià , sorvolati da mille stendardi , s ' avanzano , s ' allargano , coprono le alture , allagano le valli , scendono levando un frastuono spaventoso di trombe , di timballi e di spade , e gettando un grido : - La Ilah illa lah ! - che rimbomba come uno scoppio di fulmine dal Corno d ' oro alle Sette Torri , spiccano la corsa e vanno a precipitarsi contro le mura come un oceano in tempesta contro una riva di roccie tagliate a picco . Allora comincia la grande battaglia , ossia cento battaglie , alle porte , alle breccie , nei fossi , sulle piattaforme , ai piedi delle cortine , da un capo all ' altro dell ' enorme baluardo secolare di Costantinopoli . Dieci mila feritoie vomitano la morte sopra duecento mila vite . Dall ' alto delle cortine e delle torri ruzzolano i macigni , le travi , le botti piene di terra , le fascine accese . Le scale , cariche d ' assalitori , rovinano ; i ponti levatoi delle torri di assedio precipitano ; le catapulte fiammeggiano . Schiere dietro schiere s ' avventano e ricadono , sfolgorate , sulle macerie , sui molti sfracellati , sui moribondi , nel sangue , nell ' acqua , sulle armi dei compagni , dentro a un fumo fitto , illuminato qua e là dalle vampe improvvise del fuoco greco , fra i sibili rabbiosi della mitraglia , fra gli scoppi delle mine , fra gli urli dei mutilati , fra i rimbombi formidabili delle diciotto batterie di Maometto , che fulminano la città dalle alture . Di tratto in tratto la battaglia si rallenta come per riprender respiro , e allora sulla larga breccia di porta San Romano , a traverso il fumo diradato , si vede per qualche momento ondeggiare il mantello di porpora di Costantino , scintillare le armature di Giustiniani e di Francesco di Toledo , e agitarsi confusamente le terribili figure dei trecento arcieri genovesi . Poi la mischia si riaccende , il fumo rinasconde le breccie , le scale si riappoggiano alle mura , e ricominciano a cader rovine su rovine e cadaveri su cadaveri alla porta d ' Adrianopoli , alla porta Dorata , alla porta di Selymbria , alla porta di Tetarté , alla porta di Pempti , alla porta di Russion , alle Blacherne , all ' Heptapyrgion ; e turbe armate dietro turbe armate , che par che escano dalla terra , seguitano a irrompere contro le mura , valicano il fosso , superano le prime cortine , cadono , risorgono , s ' arrampicano su per le macerie , strisciano sui cadaveri , sotto nuvoli di freccie , sotto tempeste di palle , sotto nembi di fuoco . Finalmente gli assalitori , diradati e sfiniti , cedono , retrocedono , si sparpagliano , e un grido altissimo di vittoria e un coro solenne di canti sacri s ' innalza dalle mura . Dall ' altura di fronte a San Romano , Maometto II , circondato da quattordicimila giannizzeri , vede , e rimane qualche tempo incerto se debba ritentare l ' assalto o rinunziare all ' impresa . Ma girato uno sguardo sui suoi formidabili soldati che lo guardano in volto fremendo d ' impazienza e d ' ira , si rizza superbamente sulle staffe e getta un ' altra volta il grido della battaglia . Allora è la vendetta di Dio che si scatena . I giannizzeri rispondono con quattordicimila grida in un grido ; le colonne si movono ; una turba di dervis si spande per il campo a rianimare i dispersi , i sciaù arrestano i fuggenti , i pascià riformano le schiere , il Sultano , brandendo la sua mazza di ferro , s ' avanza tra uno sfolgorìo di scimitarre e d ' archi , in mezzo a un mare di turbanti e di caschi ; sulla porta di San Romano torna a rovesciarsi una grandine di freccie e di palle ; Giustiniani , ferito , scompare ; gl ' italiani , scoraggiti , si scompigliano ; il gigantesco giannizzero Hassan d ' Olubad sale per il primo sui baluardi ; Costantino , combattendo in mezzo agli ultimi suoi valorosi della Morea , è precipitato dai merli , lotta ancora sotto alla porta , stramazza in mezzo ai cadaveri ... ; l ' Impero d ' Oriente è caduto . La tradizione dice che un grande albero segnava il luogo dove fu trovato il corpo di Costantino ; ma non ne vidi più traccia . Fra quei ruderi , dove corsero rigagnoli di sangue , la terra era tutta bianca di margheritine e di ombrellifere , sulle quali svolazzava un nuvolo di farfalle . Colsi un fiore per ricordo , sotto gli sguardi attoniti degli zingari , e mi rimisi in cammino . Le mura mi si stendevano sempre dinanzi a perdita d ' occhi . Nei luoghi alti nascondevano affatto la città , in modo che chi non l ' avesse saputo , non avrebbe pensato mai che dietro quelle rovine solitarie e silenziose , ci potesse essere una vasta metropoli , coronata di grandi monumenti e abitata da un grande popolo . Nei luoghi bassi , invece , apparivano dietro i merli punte inargentate di minareti , sommità di cupole , tetti di chiese greche , vette di cipressi . Qua e là , per uno squarcio delle cortine , vedevo di sfuggita , come per una porta improvvisamente aperta e chiusa , un pezzo di città : gruppi di case che parevano abbandonate , vallette deserte , orti , giardini , e più lontano , sfumati nella chiarezza bianca del mezzogiorno , i contorni fantastici di Stambul . Passai dinanzi alla porta murata di Tetartè , non indicata che da due torri vicinissime . In quel tratto le mura sono meglio conservate . Si vedono dei lunghi pezzi delle cortine di Teodosio II , quasi intatte ; delle belle torri del prefetto del Pretorio Antemio e dell ' imperatore Ciro Costantino , che portano ancora gloriosamente sul capo invulnerato la loro corona di quindici secoli , e par che sfidino un nuovo assalto . In alcuni punti , sulle piattaforme , ci sono delle capanne di contadini , che danno un risalto inaspettato , colla loro fragile piccolezza , alla salda maestà delle mura , e paion nidi d ' uccelli appesi ai fianchi dirupati d ' una montagna . E a destra sempre cimiteri , boschi di cipressi in salita e in discesa , vallette grigie di pietre sepolcrali ; qui un convento di dervis , mezzo nascosto da una corona di platani ; là un caffè solitario ; più in là una fontana ombreggiata da un salice ; e di là dai boschetti , sentieri bianchi che si perdono nella campagna alta ed arida , sotto un cielo abbagliante , in cui ruotano degli avoltoi . Dopo un altro quarto d ' ora di cammino arrivai dinanzi alla porta chiamata Yeni - Mewle - hane , da un famoso convento di dervis che c ' è davanti : una porta bassa , nella quale sono incastrate quattro colonne di marmo , e ai cui lati s ' innalzano due torri quadrate , ornate d ' un ' iscrizione di Ciro Costantino , del 447 , e d ' un ' iscrizione di Giustino II e di Sofia , nella quale l ' ortografia dei nomi imperiali è sbagliata : saggio curioso della ignoranza barbarica del V secolo . Guardai dentro la porta , sulle mura , intorno al convento , nei cimiteri : non c ' era anima nata . Riposai qualche momento appoggiato alle spallette del piccolo ponte che accavalcia il fosso delle mura , e poi ripresi la mia strada . Io darei il ricordo d ' una delle più belle vedute di Costantinopoli per poter trasfondere in chi legge soltanto un ' ombra del sentimento profondo e singolarissimo che provavo andando così solo fra quelle due catene interminabili di rovine e di sepolcri , sotto quel sole , in quella solitudine severa , in mezzo a quella immensa pace . Molte volte , nei giorni tristi della mia vita , fantasticando , desiderai di trovarmi fra una carovana di gente misteriosa e muta , che camminasse eternamente , per paesi sconosciuti , verso una meta ignorata . Ebbene , quella strada rispondeva a quel mio desiderio . Avrei voluto che non finisse mai . Ma non m ' inspirava mestizia ; mi dava invece serenità e ardimento . Quei colori vigorosi della vegetazione , quelle forme ciclopiche delle mura , quelle grandi linee del terreno simili alle onde d ' un oceano agitato , quelle solenni memorie d ' imperatori , d ' eserciti , di lotte titaniche , di popoli scomparsi , di generazioni defunte , accanto a quella città enorme , in quel silenzio mortale , rotto soltanto dal frullo possente delle ali dell ' aquile che spiccavano il volo dalla sommità delle torri , mi destavano nella mente un ribollimento di fantasie gigantesche e di desiderii smisurati , che mi raddoppiava il sentimento della vita . Avrei voluto esser più alto di due palmi e vestire l ' armatura colossale del Grand ' Elettore di Sassonia che avevo veduto nell ' Armeria di Madrid , e che il mio passo risonasse in quel silenzio come il passo misurato d ' un reggimento d ' alabardieri del medioevo . Avrei voluto aver la forza d ' un Titano per sollevare fra le braccia i ruderi immani di quelle mura superbe . Camminavo colla fronte alta , colle sopracciglia corrugate , colla mano destra serrata , apostrofando a grandi versi sciolti Costantino e Maometto , rapito in una specie d ' ebbrezza guerriera , con tutta l ' anima nel passato ; e mi sentivo tanta giovinezza nella mente e nel sangue , ed ero così beato d ' esser solo , e così geloso di quella solitudine piena di vita , che non avrei voluto incontrare nemmeno il più intimo dei miei amici . Passai dinanzi all ' antica porta militare di Trite , oggi chiusa . Le cortine e le torri sfracellate indicano che dinanzi a quel tratto di mura debbono esser stati posti alcuni dei grossi cannoni d ' Orbano . Si crede anzi che fosse là una delle tre grandi breccie che Maometto II accennò all ' esercito il giorno prima dell ' assalto , quando disse : - Voi potrete entrare in Costantinopoli a cavallo per le tre brecce che ho aperte . - Di là riuscii davanti a una porta aperta , fiancheggiata da due torri ottagone , e riconobbi dal piccolo ponte a tre archi d ' un bel color d ' oro , la porta di Selivri , da cui partiva la grande strada che conduceva alla città di Selybmria , che le diede il nome , cangiato dai Turchi in Selivri . Durante l ' assedio di Maometto , difendeva quella porta Maurizio Cattaneo , genovese . La strada conserva ancora alcune pietre del lastricato che vi fece fare Giustiniano . Dinanzi c ' è un vasto cimitero e di là dal cimitero il monastero notissimo di Baluklù . Appena entrato nel cimitero , trovai da me solo il luogo solitario dove sono sepolte le teste del famoso Alì di Tepeleni , pascià di Giannina ; dei suoi figli : Velì , governatore di Trihala , Muctar , comandante d ' Arlonia , Saalih , comandante di Lepanto ; e di suo nipote Mehemet , figlio di Velì , comandante di Delvina . Sono cinque colonnine di pietra , terminate in forma di turbante , che portano tutte la data del 1827 , e un ' iscrizione semplicissima , fatta da quel povero Solimano dervis , amico d ' infanzia d ' Alì , che comperò le teste , dopo che furono staccate dai merli del Serraglio , e le seppellì di sua mano . L ' iscrizione del cippo d ' Alì , che è posto nel mezzo , dice : - Qui giace la testa del famoso Alì - Pascià di Tepeleni , governatore del Sangiaccato di Giannina , il quale , per più di cinquant ' anni , s ' affaticò per l ' indipendenza dell ' Albania . - Il che prova che anche sui sepolcri musulmani si scrivono delle pietose menzogne . Mi arrestai qualche momento a contemplare quella poca terra che copriva quel formidabile capo , e mi venivano in mente le domande d ' Amleto al teschio di Yorik . Dove sono i tuoi Palicari , leone d ' Epiro ? Dove sono i tuoi bravi Arnauti e i tuoi palazzi irti di cannoni e il tuo bel chiosco riflesso dal lago di Giannina e i tuoi tesori sepolti nelle roccie e i begli occhi della tua Vasiliki ? E pensavo alla bellissima donna vagante per le vie di Costantinopoli , povera e desolata dai ricordi della sua felicità e della sua grandezza , quando sentii un leggero fruscio , e voltandomi , vidi un uomo lungo e stecchito , vestito d ' una gran tonaca scura , col capo scoperto , che mi guardava in aria interrogativa . Da un cenno che mi fece , capii che era un monaco greco di Baluklù , che voleva farmi vedere la fontana miracolosa , e m ' incamminai con lui verso il monastero . Mi condusse a traverso un cortile silenzioso , aperse una porticina , accese una candela , mi fece scendere con sè per una scaletta , sotto una volta umida e oscura , e fermandosi dinanzi a una specie di cisterna , sulla quale raccolse con una mano la luce della fiammella , mi accennò di guardare i pesci rossi che guizzavano nell ' acqua . Mentre guardavo , mi borbottò un discorso incomprensibile che doveva essere la favola famosa del miracolo dei pesci . Mentre i Musulmani davano l ' ultimo assalto alle mura di Costantinopoli , un monaco greco , in quel convento , friggeva dei pesci . Improvvisamente s ' affacciò alla porta della cucina un altro monaco , tutto atterrito , e gridò : - La città è presa ! - Che ! - rispose l ' altro : - lo crederò quando vedrò i miei pesci saltar fuori della padella . - E i pesci saltarono fuori sull ' atto , belli e vivi , mezzi bruni e mezzi rossi perché non erano fritti che da una parte , e furono rimessi religiosamente , come ognuno può pensare , nell ' acqua dov ' erano stati pigliati e dove guizzano ancora . Finita la sua chiacchierata , il monaco mi gettò sul viso alcune goccie dell ' acqua sacra , che gli ricascarono in mano convertite in soldi , e dopo avermi riaccompagnato alla porta , stette un pezzo a guardarmi , mentre m ' allontanavo , coi suoi piccoli occhi annoiati e sonnolenti . E sempre , da una parte , mura dietro mura e torri dietro torri , e dall ' altra cimiteri ombrosi , qualche campo verde , qualche vigneto , qualche casa chiusa , e di là , il deserto . Qualche volta , guardando le mura da un luogo basso , mi pareva di vederne l ' ultimo profilo ; ma fatta una breve salita , le vedevo di nuovo stendersi dinanzi a me senza fine , e a ogni passo saltavan fuori le torri , lontano , l ' una dietro l ' altra , a due , a tre insieme , come se accorressero sulla strada per veder chi turbava il silenzio di quella solitudine . La vegetazione , in quel tratto , è maravigliosa . Alberi frondosi si rizzano sulle torri , come sopra vasi giganteschi ; dai merli spenzolano ciuffi di fiori gialli e di fiori rossi e ghirlande d ' edera e di caprifoglio ; di sotto ci son mucchi inestricabili di corbezzoli , di lentischi , di ortiche , di pruni , in mezzo a cui sorgono dei platani e dei salici , che coprono d ' ombra il fosso e le sponde . Grandi tratti di muro sono completamente coperti dall ' edera , che trattiene come una rete i mattoni e i calcinacci staccati , e nasconde le breccie e le feritoie . Il fosso è coltivato a orticelli ; sulle sponde pascolano capre e pecore custodite da ragazzi greci , coricati all ' ombra degli alberi ; dai muri escono stormi d ' uccelli ; l ' aria è piena delle fragranze acute dell ' erbe selvatiche ; e spira non so che allegrezza primaverile sulle rovine , che paiono inghirlandate e infiorate per il passaggio trionfale d ' una Sultana . Tutt ' a un tratto mi sentii nel volto un soffio d ' aria salina , e alzando gli occhi vidi lontano , dinanzi a me , l ' azzurro del Mar di Marmara . Nello stesso punto mi parve che una voce sommessa mi mormorasse nell ' orecchio : - Il castello delle Sette Torri - e mi fermai un momento in mezzo alla strada , con un sentimento vago d ' inquietudine . Poi ripresi il cammino , passai dinanzi all ' antica porta Deleutera , oltrepassai la porta Melandesia , e mi trovai in faccia al castello . Questo edificio di malaugurio , innalzato da Maometto II sull ' antico Cyclobion dei Greci , per difendere la città nel punto in cui le mura che la proteggono dalla parte di terra si congiungono con quelle che la difendono dalla parte del Mar di Marmara , e convertito poi in prigione di Stato , appena le ulteriori conquiste dei Sultani , mettendo al sicuro Stambul dal pericolo d ' un assedio , lo ebbero reso inutile come fortezza ; non è più ora che uno scheletro di castello , custodito da pochi soldati ; una rovina maledetta , piena di memorie dolorose e orribili , che corrono in leggende sinistre per le bocche di tutti i popoli di Costantinopoli , e non veduta dai viaggiatori , per solito , che di sfuggita , dalla prora del bastimento che li porta al Corno d ' oro . I Turchi lo chiamano Jedi - Kulé , ed è per loro ciò che la Bastiglia per la Francia e la Torre di Londra per l ' Inghilterra : un monumento che ricorda i tempi più nefandi della tirannia dei Sultani . Le mura della città lo nascondono agli occhi di chi guarda dalla strada , eccetto due delle sette grandi torri che gli diedero il nome , delle quali non ce n ' è più intere che quattro . Nel muro esterno rimangono due colonne corinzie , che appartenevano all ' antica Porta dorata , per la quale fecero le loro entrate trionfali Narsete ed Eraclio , e che è la stessa , giusta una leggenda comune ai musulmani ed ai greci , per la quale passeranno i Cristiani il giorno che rientreranno vincitori nella città di Costantino . La porta d ' entrata è dentro le mura , in una piccola torre quadrata , dinanzi a cui sonnecchia una sentinella in babbuccie , la quale acconsente quasi sempre a lasciar entrare nello stesso tempo una moneta in tasca e un viaggiatore nel castello . Entrai e mi trovai solo in un grande recinto , d ' un aspetto lugubre di cimitero e di carcere , che mi fece arrestare il passo . Tutt ' intorno s ' alzano mura enormi e nere , che formano un pentagono , coronate di grosse torri quadrate e rotonde , altissime e basse , alcune diroccate , altre intere e coperte da alti tetti conici , rivestiti di piombo , e innumerevoli scale in rovina , che conducono ai merli e alle feritoie . Dentro al recinto c ' è una vegetazione alta e fitta , dominata da un gruppo di cipressi e di platani , sopra i quali spunta il minareto d ' una piccola moschea nascosta ; fra le piante più basse , i tetti d ' un gruppo di capanne , in cui dormono i soldati ; nel mezzo , la tomba d ' un vizir che fu strangolato nel castello ; qua e là i resti deformi d ' un antico ridotto ; e fra i cespugli e lungo i muri , frammenti di bassorilievi , tronchi di colonne e capitelli affondati nella terra , mezzo coperti dalle erbaccie e dall ' acqua dei pantani : un disordine bizzarro e triste , pieno di misteri e di minaccie , che mette ripugnanza a inoltrarsi . Stetti un po ' incerto guardando intorno , e poi andai innanzi , con circospezione , come per timore di mettere il piede in una pozza di sangue . Le capanne erano chiuse , la moschea chiusa ; tutto solitario e quieto , come in una rovina abbandonata . In qualche punto dei muri ci sono ancora tracce di croci greche , frammenti di monogrammi costantiniani , ali spezzate d ' aquile romane e resti di fregi dell ' antico edifizio bizantino , anneriti dal tempo . Su alcune pietre si vedono incise rozzamente delle iscrizioni greche in caratteri minuti : quasi tutte iscrizioni dei soldati di Costantino , che custodivano la fortezza , sotto il comando del fiorentino Giuliani , il giorno prima della caduta di Costantinopoli ; povera gente rassegnata a morire , che invocava Iddio perché salvasse la loro città dal saccheggio e le loro famiglie dalla schiavitù . Delle due torri poste dietro alla Porta dorata , una è quella in cui venivano chiusi gli ambasciatori degli Stati ch ' erano in guerra coi Sultani , e vi si leggono ancora sui muri parecchie iscrizioni latine , delle quali la più recente è degli ambasciatori veneti imprigionati sotto il regno d ' Ahmed III , quando scoppiò la guerra della Morea . L ' altra è la torre famosa a cui si riferiscono le più lugubri tradizioni del castello : la torre che racchiudeva un labirinto di segrete orrende , sepolcri di vivi , nelle quali i vizir e i grandi della Corte aspettavano , pregando nelle tenebre , l ' apparizione del carnefice , o impazziti dalla disperazione , lasciavano sulle pareti le traccie sanguinose delle unghie e del cranio . In uno di quei sepolcri c ' era il grande mortaio in cui si stritolavano le ossa e le carni agli ulema . A pian terreno v ' è lo stanzone rotondo , chiamato prigione di sangue , dove si decapitavano secretamente i condannati , e si buttavano le teste in un pozzo , detto il pozzo di sangue , di cui si vede ancora la bocca nel mezzo del pavimento ineguale , coperta da due lastre di pietra . Sotto c ' era la così detta caverna rocciosa , rischiarata da una lanterna appesa alla volta , dove si tagliava la pelle a striscie ai condannati alla tortura , si versava la pece infiammata nelle piaghe aperte dalle verghe e si schiacciavano colle mazze i piedi e le mani , e gli urli orrendi degli agonizzanti non arrivavano che come un lamento fioco agli orecchi dei prigionieri della torre . In un angolo del recinto si vedono ancora le traccie d ' un cortile nel quale si troncava la testa , di notte , ai condannati comuni ; e là vicino c ' era ancora , non è gran tempo , un muro di ossa umane che s ' innalzava fin quasi alla piattaforma del castello . Vicino all ' entrata c ' è la prigione di Otmano II , la prima vittima imperiale dei Giannizzeri . È la stanza dove il povero Sultano diciottenne , a cui la disperazione raddoppiava le forze , resistette furiosamente ai suoi quattro carnefici , fin che una mano spietata e codarda , esercitata a far gli eunuchi , lo afferrò " alle sorgenti della virilità " e gli strappò un altissimo grido , che fu soffocato dal capestro . In tutte le altre torri e in parte delle mura c ' era un andirivieni di corridoi tenebrosi , di scalette segrete , di porte basse , chiuse da battenti di ferro o di travi , sotto le quali curvarono la testa per l ' ultima volta pascià , principi imperiali , governatori , ciambellani , grandi ufficiali nel fiore della giovinezza e nel colmo della potenza , a cui tutto veniva tolto in un ' ora ; e il loro capo aveva già rigato di sangue le mura esterne del castello , che le loro spose li aspettavano ancora vestite a festa fra gli splendori degli arem . Passavano per quei corridoi stillanti d ' acqua e per quelle scale sepolcrali , di notte , al lume delle lanterne , soldati e carnefici dalle mani sanguinose , e messaggieri del Serraglio che venivano a portare ai condannati a morte , ancora illusi da un barlume di speranza , l ' ultimo no dei Sultani , e cadaveri cogli occhi fuor della fronte e coll ' orrendo cordone di seta alla gola , portati da sciaù affannati e stanchi dalle lunghe lotte combattute nelle tenebre contro la rabbia della disperazione . Alla estremità opposta di Stambul , sulla collina del Serraglio , v ' era il tribunale spaventoso della Corte . Qui era una macchina enorme di supplizio , coronata da sette patiboli di pietra , la quale riceveva dal mare e dalla terra , al lume della luna , le vittime vive , e non restituiva al sole che teschi e cadaveri ; e dall ' alto delle torri , in cui si moriva , le sentinelle notturne vedevano lontano i chioschi del Serraglio illuminati per le feste imperiali . Ed ora si prova un senso di piacere al veder il castello infame così deformato , come se tutte le vittime risuscitate l ' avessero roso e sgretolato colle unghie e coi denti per vendicarsi sulle mura non potendo vendicarsi sugli uomini . Il grande mostro , disarmato e decrepito , sbadiglia colle cento bocche delle sue feritoie e delle sue porte squarciate , ridotto a un vano spauracchio , e una miriade di topi , di biscie e di scorpioni giallognoli , pullulati , come vermi , dal suo corpaccio infracidito , gli brulica nel ventre vuoto e per le reni spezzate , in mezzo a una vegetazione insolente che lo inghirlanda e lo impennacchia per ludibrio . Dopo essermi affacciato a varie porte senza veder altro che una fuga precipitosa di topacci , salii per una scala erbosa sopra una delle cortine del lato occidentale . Di là si domina tutto il castello : un vasto disordine di rovine , di torri , di merli , di scale , dì piatteforme , tutto nerastro o rosso cupo , intorno a un gran mucchio di verde vivo ; e di là , altre torri e altri merli innumerevoli delle mura orientali di Stambul ; così che a socchiuder gli occhi , par di vedere una sola vastissima fortezza abbandonata , che si disegna sull ' azzurro del Mar di Marmara . A sinistra si vede una gran parte di Stambul , tagliata da parecchie lunghissime strade serpeggianti , che fuggono nella direzione dell ' antica via trionfale degl ' Imperatori Bizantini , la quale dalla Porta Dorata , passando per il foro d ' Arcadio e per il foro di Costantino , andava fino alla reggia . Era una veduta immensa e ridente , che mi faceva parer più sinistro il mucchio di rovine malaugurate che avevo ai piedi . Rimasi lungo tempo là , appoggiato a un merlo infocato dal sole , abbagliato da una luce vivissima , guardando sotto quel grande sepolcro scoperchiato con quella curiosità pensierosa e diffidente con cui si guardano i luoghi dove fu commesso di fresco un delitto . Regnava un silenzio profondo . Per i muri correvano delle grosse lucertole , giù nei fossi gracidavano i rospi , sopra le torri roteavano dei corvi , intorno al capo mi ronzava un nuvolo d ' insetti venuti su dai pantani delle rovine , e l ' aria un po ' agitata mi portava il puzzo d ' un cavallo putrefatto , disteso in fondo al fosso esterno della fortezza . Mi prese un senso di schifo e di ribrezzo ; eppure mi sentivo inchiodato là , come affascinato , immerso in una specie d ' assopimento ; e tenendo gli occhi socchiusi , quasi sognando , in quella pace morta del mezzogiorno , mi pareva d ' udire , nel ronzio monotono degl ' insetti , il tonfo dei teschi gettati nel pozzo , le grida lamentevoli dei moribondi dei sotterranei e la voce del figliuolo minore di Brancovano , che sentendosi sul collo il freddo del capestro , gridava : - Padre mio ! Padre mio ! - E siccome ero stanco e la luce m ' abbagliava , chiusi gli occhi e rimasi un momento assopito ; e subito tutte quelle orribili immagini mi si affollarono alla mente con un ' evidenza spaventosa . In quel punto fui riscosso da un grido acuto e sonoro , e vidi sotto , sul terrazzo del piccolo minareto , il muezzin della moschea del castello . Quella voce lenta , dolce , solenne , che parlava di Dio , in quel luogo , in quel momento , mi discese nel più profondo dell ' anima ! Pareva che parlasse in nome di tutti coloro che eran morti là dentro , che dicesse che i loro dolori non erano stati inutili , che le loro ultime lacrime erano state raccolte , che le loro torture avevano avuto un compenso , che essi avevano perdonato , che bisognava perdonare , che si doveva pregare e confidare in Dio , anche quando il mondo ci abbandona , e che tutto è vano sulla terra fuorchè questo sentimento infinito di amore e di pietà ... E uscii dal castello , commosso . Ripresi il mio cammino verso il mare lungo le mura esterne di Stambul . Là vicino c ' è la stazione di Adrianopoli e s ' incrociano sotto le mura parecchi tronchi di strada ferrata . Mi trovai in mezzo a lunghe file di vagoni logori e polverosi . Non c ' era nessuno . Se fossi stato un turco fanatico , nemico delle novità europee , avrei potuto incendiare l ' una dopo l ' altra quelle baracche , e andarmene tranquillamente senz ' essere molestato . Andai innanzi sull ' orlo della strada temendo di sentire da un momento all ' altro l ' olà minaccioso d ' un guardiano ; ma nessuno mi diede noia , In poco tempo arrivai all ' estremità delle mura . Credevo di poter entrare in Stambul per di là : fui deluso . Le mura del lato di terra si congiungono sulla spiaggia con quelle della parte di mare , e non c ' è effigie di porta . Allora mi avanzai su per le rovine d ' un antico molo e sedetti sopra un macigno , in mezzo all ' acqua . Di là non vedevo altro che il Mar di Marmara , i monti dell ' Asia , e le alture azzurrine , che parevano lontanissime , di Scutari . La spiaggia era deserta ; mi pareva d ' esser solo nell ' universo . Le onde venivano a rompersi ai miei piedi e mi spruzzavano il volto . Rimasi là un pezzo , pensando a mille cose , vagamente . Vedevo me , solo , uscir dalla porta Caligaria e venir giù lentamente per la strada solitaria , fra i cimiteri e le torri , e seguitavo quell ' uomo , come se fosse un altro . Poi mi diedi a cercare Yunk nella città immensa . Poi stetti a osservare le onde che venivano l ' una dopo l ' altra a distendersi mormorando sulla riva e sparivano l ' una dopo l ' altra in silenzio ; e vedevo in esse l ' immagine dei popoli e degli eserciti che eran venuti l ' un dopo l ' altro a urtarsi contro le mura di Bisanzio : le falangi di Pausania e d ' Alcibiade , le legioni di Massimo e di Severo , le torme dei Persiani , le orde degli Avari , e gli Slavi e gli Arabi e i Bulgari e i Crociati , e gli eserciti di Michele Paleologo e di Comneno e quei di Baiazet Ilderim e quelli del secondo Amurat e quelli di Maometto il conquistatore , svaniti l ' un dopo l ' altro nel silenzio infinito della morte ; e provavo la tristezza che stringeva il cuore al Leopardi la sera del dì di festa , quando sentiva morire a poco a poco il canto solitario dell ' artigiano , che gli rammentava il suono dei popoli antichi , e pensava che tutto passa come un sogno sopra la terra . Di là tornai indietro fino alla porta delle Sette Torri ed entrai dentro le mura per percorrere tutta Stambul lungo la riva del Mar di Marmara . Ero già mezzo sgambato ; ma nelle lunghe passeggiate , a un certo punto , nasce dalla stanchezza medesima una cocciutaggine animalesca che ravviva le forze . Mi vedo ancora camminare e camminare per quelle strade deserte , sotto quel sole ardente , dominato da non so che sonnolenza fantastica , nella quale mi passavan dinanzi faccie d ' amici di Torino , episodi di romanzi , vedute di altri paesi e pensieri vaghi sulla vita umana e sull ' immortalità dell ' anima ; e tutto metteva a capo alla tavola rotonda dell ' albergo di Bisanzio , scintillante di lumi e di cristalli , che vedevo lontanissima , al di là d ' una città cento volte più grande di Stambul , e già coperta dalla notte . Attraverso un sobborgo musulmano , che par disabitato , nel quale spira ancora la tristezza del castello delle Sette Torri , ed entro nel vasto quartiere di Psammatia , abitato da greci e da armeni , e anch ' esso deserto . Vado innanzi per una interminabile stradicciuola tortuosa , dalla quale vedo giù a destra , fra casa e casa , le mura merlate della città , che profilano i loro merli neri nell ' azzurro vivo del mare . Passo sotto la porta di Psammatia e mi trovo daccapo in un quartiere musulmano , tra finestre ingraticolate , porte chiuse , piccole moschee , giardini nascosti , cisterne erbose , fontane abbandonate . Attraverso lo spazio dov ' era l ' antico foro boario , vedendo sempre , giù a destra , le mura e le torri , e non incontrando che qualche cane che si ferma per vedermi passare e qualche monello turco , seduto in terra , che mi fissa in volto , pensando un ' impertinenza . Qualche finestra s ' apre e si chiude improvvisamente , e vedo di sfuggita una mano o il lembo d ' una manica di donna . Giro intorno ai vasti giardini di Vlanga che fanno corona all ' antico porto di Teodosio ; vedo dei vasti spazii colle traccie d ' un incendio recente , dei luoghi dove pare che la città finisca nella campagna , dei conventi di dervis , delle chiese greche , delle piazzette misteriose ombreggiate da un grande platano , sotto il quale sonnecchia qualche vecchio col bocchino del narghilè tra le dita . Vado innanzi , mi fermo dinanzi a un piccolo caffè per bere un bicchier d ' acqua messo in mostra sulla finestra , chiamo , picchio , nessuno risponde . Esco dal quartiere greco di Jeni - Kapú , entro in un altro quartiere musulmano , rientro un ' altra volta fra le casette greche ed armene del quartiere di porta Kum , e m ' accompagnano sempre da una parte i merli delle mura e l ' azzurro del mare , e non incontro che cani , mendicanti , monelli , e sento sonare in alto la voce dei muezzin che annunziano il tramonto . L ' aria si fa oscura ; e continuano a succedersi le casette , le moschee malinconiche , i crocicchi deserti , le imboccature dei vicoli ; e comincio a sentirmi spossato e a pensare di buttarmi sopra una materassa dinanzi al primo caffè veduto , quando , a una svoltata , mi sorge improvvisamente dinanzi la mole enorme di Santa Sofia . Oh , la cara vista ! Le forze mi tornano , i pensieri si rasserenano , affretto il passo , arrivo al porto , passo il ponte , ed ecco dinanzi alla porta illuminata del primo caffè di Galata , Yunk , Rosasco , Santoro , tutta la mia piccola Italia che mi viene incontro col volto sorridente e colle mani tese ... e tiro uno dei più lunghi e larghi respiri che abbiano mai tirato i polmoni d ' un galantuomo . L ' ANTICO SERRAGLIO Come a Granata prima d ' aver visto l ' Alhambra , così a Costantinopoli pare che tutto rimanga da vedere fin che non si è penetrati fra le mura dell ' antico Serraglio . Mille volte al giorno , da tutti i punti della città e del mare , si vede là quella collina verdissima , piena di segreti e di promesse , che attira sempre gli sguardi come una cosa nuova , che tormenta la fantasia come un enimma , che si caccia in mezzo a tutti i pensieri , a segno che si finisce per andarci prima del giorno fissato , più per liberarsi da un tormento che per cercarvi un piacere . Non c ' è infatti un altro angolo di terra in tutta Europa , di cui il solo nome risvegli nella mente una più strana confusione d ' immagini belle o terribili ; intorno al quale si sia tanto pensato e scritto e cercato d ' indovinare ; che abbia dato luogo a tante notizie vaghe e contradditorie ; che sia ancora oggetto di tante curiosità inappagabili , di tanti pregiudizii insensati , di tanti racconti meravigliosi . Ora tutti ci penetrano e molti ne escono coll ' animo freddo . Ma si può esser sicuri che , anche fra secoli , quando forse la dominazione ottomana non sarà più che una reminiscenza in Europa , e su quella bella collina s ' incroceranno le vie popolose d ' una città nuova , nessun viaggiatore vi passerà senza riveder col pensiero gli antichi chioschi imperiali , e senza pensare con invidia a noi del secolo diciannovesimo che abbiamo ancora ritrovato in quei luoghi le memorie vive e parlanti della grande reggia ottomana . Chi sa quanti archeologi cercheranno pazientemente le traccie d ' una porta o d ' un muro nei cortili dei nuovi edifizii e quanti poeti scriveranno dei versi sopra poche macerie sparse sulla riva del mare ! O forse anche , fra molti secoli , quelle mura saranno ancora gelosamente custodite , e andranno a visitarle dotti , innamorati ed artisti , e la vita favolosa che vi fu vissuta per quattrocent ' anni , si ridesterà e si spanderà in una miriade di volumi e di quadri su tutta la faccia della terra . Non è la bellezza architettonica che attira su quelle mura la curiosità universale . Il Serraglio non è un grande monumento artistico come l ' Alhambra . Il solo cortile dei leoni della reggia araba vale tutti i chioschi e tutte le torri della reggia turca . Il pregio del Serraglio è d ' essere un grande monumento storico , che commenta ed illumina quasi tutta la vita della dinastia ottomana ; che porta scritta sulle pietre dei suoi muri e sul tronco dei suoi alberi secolari tutta la cronaca più intima e più secreta dell ' impero . Non vi manca che quella degli ultimi trent ' anni e quella dei due secoli che precedettero la conquista di Costantinopoli . Da Maometto II che ne pose la fondamenta a Abdul - Megid che l ' abbandonò per andare ad abitare il palazzo di Dolma - Bagcé , ci vissero venticinque Sultani . Qui la dinastia pose il piede appena conquistata la sua metropoli europea , qui salì all ' apice della sua fortuna , qui cominciò la sua decadenza . Era insieme una reggia , una fortezza e un santuario ; v ' era il cervello dell ' impero e il cuore dell ' islamismo ; era una città nella città , una rocca augusta e magnifica , abitata da un popolo e custodita da un esercito , la quale abbracciava fra le sue mura una varietà infinita d ' edifizi , luoghi di delizie e luoghi d ' orrore , città e campagna , reggie , arsenali , scuole , uffici , moschee ; dove si alternavano le feste e le stragi , le cerimonie religiose e gli amori , le solennità diplomatiche e le follie ; dove i Sultani nascevano , erano innalzati al trono , deposti , incarcerati , strozzati ; dove s ' ordiva la trama di tutte le congiure ed echeggiava il grido di tutte le ribellioni ; dove affluiva l ' oro e il sangue più puro dell ' impero ; dove girava l ' elsa della spada immensa che balenava sul capo di cento popoli ; dove per quasi tre secoli tennero fisso lo sguardo l ' Europa inquieta , l ' Asia diffidente e l ' Affrica impaurita , come a un vulcano fumante , che minacciasse la terra . Questa reggia mostruosa è posta sulla collina più orientale di Stambul , che declina dolcemente verso il mar di Marmara , verso l ' imboccatura del Bosforo e verso il Corno d ' oro ; nello spazio occupato anticamente dall ' Acropoli di Bisanzio , da una parte della città e da un ' ala dei grandi palazzi degl ' imperatori . È la più bella collina di Costantinopoli e il promontorio più favorito dalla natura di tutta la riva europea . Vi convergono , come a un centro , due mari e due stretti ; vi mettevano capo le grandi strade militari e commerciali dell ' Europa orientale ; gli acquedotti degl ' imperatori bizantini vi conducevano torrenti d ' acqua ; le colline della Tracia lo riparano dai venti del settentrione ; il mare lo bagna da tre parti ; Galata lo prospetta dal lato del porto ; Scutari lo guarda dalla parte del Bosforo ; e le grandi montagne della Bitinia gli chiudono dinanzi colle loro cime nevose gli orizzonti dell ' Asia . È un colle solitario , posto all ' estremità della grande metropoli , quasi isolato , fortissimo e bellissimo , che sembra fatto dalla natura per servire di piedestallo a una grande monarchia e per proteggere la vita deliziosa ed arcana d ' un principe quasi Dio . Tutta la collina è circondata , ai piedi , da un alto muro merlato , fiancheggiato da grosse torri . Sulla riva del mar di Marmara e lungo il Corno d ' oro , queste mura sono le mura stesse della città ; dalla parte di terra , son mura innalzate da Maometto II , le quali separano la collina del Serraglio da quella su cui s ' innalza la Moschea di Nuri - Osmaniè , svoltano ad angolo retto vicino alla Sublime Porta , passano dinanzi a Santa Sofia , e descrivendo una grande curva in avanti , vanno a congiungersi con quelle di Stambul sulla riva del mare . Questa è la cinta esterna del Serraglio . Il Serraglio propriamente detto si stende sulla sommità , circondato alla sua volta da alti muri , che formano come un ridotto centrale della gran fortezza della collina . Ma sarebbe fatica sprecata il descrivere il Serraglio quale è ridotto al presente . La strada ferrata passa a traverso le mura esterne ; un grande incendio , nel 1865 , distrusse molti edifizi ; i giardini sono in gran parte devastati ; vi furono innalzati ospedali , caserme e scuole militari ; degli edifizi rimasti parecchi vennero cangiati di forma e di uso ; e benchè i muri principali rimangano , in modo da presentare ancora tutta intera la forma del Serraglio antico , le piccole alterazioni son tante e tali , e l ' abbandono in cui è lasciata ogni cosa da circa trent ' anni ha mutato in maniera l ' aspetto delle parti intatte , che non si potrebbe descrivere il luogo fedelmente senza che ne rimanesse delusa anche la più modesta aspettazione . Val meglio per chi scrive e per chi legge il rivedere questo Serraglio famoso qual era nei bei tempi della grandezza ottomana . Allora , chi poteva abbracciare tutta la collina con uno sguardo , o dai merli d ' una delle torri più alte , o da un minareto della moschea di Santa Sofia , godeva una veduta meravigliosa . In mezzo all ' azzurro vivo del mare , del Bosforo e del porto , dentro al grande semicerchio bianco delle vele della flotta , si vedeva la vasta macchia verde della collina , circondata di mura e di torri , coronate di cannoni e di sentinelle ; e in mezzo a questa macchia , ch ' era una selva d ' alberi enormi , fra i quali biancheggiava un labirinto di sentieri e ridevano i colori di mille aiuole fiorite , si stendeva , sull ' alto del colle , il vastissimo rettangolo degli edifizi del serraglio , diviso in tre grandi cortili , o meglio in tre piccole città fabbricate intorno a tre piazze ineguali , da cui s ' innalzava una moltitudine confusa di tetti variopinti , di terrazze colme di fiori , di cupole dorate , di minareti bianchi , di cime aeree di chioschi , d ' archi di porte monumentali , frammezzati di giardini e di boschetti , e mezzo nascosti dalle fronde . Era una piccola metropoli bianca , scintillante e disordinata , leggera come un accampamento di tende , da cui spirava non so che di voluttuoso , di pastorale e di guerriero ; in una parte piena di gente e di vita ; in un ' altra solitaria e muta come una necropoli ; dove tutta scoperta e dorata dal sole ; dove inaccessibile ad ogni sguardo umano e immersa in un ' ombra perpetua ; rallegrata da infiniti zampilli , abbellita da mille contrasti di splendori e d ' oscurità e di colori possenti e di sfumature di tinte argentee e azzurrine , riflesse dai marmi dei colonnati e dalle acque dei laghetti , e sorvolata da nuvoli di rondini e di colombi . Tale era l ' aspetto esterno della città imperiale , non vastissima all ' occhio di chi la guardava dall ' alto ; ma così divisa e suddivisa e intricata dentro , che servitori , i quali ci vivevano da cinquant ' anni , non riuscivano a racappezzarvisi , e i giannizzeri che l ' invadevano per la terza volta ci si smarrivano ancora . La porta principale era ed è sempre la Bab - Umaiùn , o porta augusta , che dà sulla piccola piazza dove s ' innalza la fontana del Sultano Ahmed , dietro alla moschea di Santa Sofia . È una grande porta di marmo bianco e nero , decorata di ricchi arabeschi , sulla quale s ' appoggia un alto edifizio , con otto finestre , coperto da un tetto sporgente ; e appartiene a quel misto di stile arabo e persiano , da cui si riconoscono quasi tutti i monumenti innalzati dai Turchi nei primi anni dopo la conquista , prima che cominciassero ad imitare l ' architettura bizantina . Sopra l ' apertura , in una cartella di marmo , si legge ancora l ' iscrizione di Maometto II : - Allà conservi in eterno la gloria del suo possessore - Allà consolidi il suo edifizio - Allà fortifichi le sue fondamenta . È la porta dinanzi alla quale veniva ogni mattina il popolo di Stambul a vedere di quali grandi dello Stato o della corte fosse caduta la testa nella notte . Le teste erano appese a un chiodo dentro a due nicchie che si vedono ancora , quasi intatte , a destra e a sinistra dell ' entrata ; oppure esposte in un bacino d ' argento , accanto al quale era affissa l ' accusa e la sentenza . Sulla piazza , davanti alla porta , si buttavano i cadaveri dei condannati al capestro ; e là s ' arrestavano , aspettando l ' ordine d ' entrare nel primo recinto del Serraglio , i distaccamenti degli eserciti lontani , venuti a portare i trofei delle vittorie ; e ammucchiavano sulla soglia augusta armi , bandiere , teschi di capitani e splendide divise insanguinate . La porta era custodita da un grosso drappello di capigì , figli di bey e di pascià , vestiti pomposamente ; i quali assistevano dall ' alto delle mura e delle finestre alla processione continua della gente che entrava ed usciva , o tenevano indietro colle larghe scimitarre la folla muta dei curiosi , venuti là per veder di sfuggita , per uno spiraglio , un pezzo di cortile , un frammento della seconda porta , un barlume almeno di quella reggia enorme ed arcana , argomento di tanti desiderii e di tanti terrori . Passando di là , il musulmano devoto mormorava una preghiera per il suo Sublime Signore ; il giovinetto povero e ambizioso , sognava il giorno in cui avrebbe oltrepassato quella soglia per andar a ricevere la coda di cavallo ; la fanciulla bella e cenciosa fantasticava , con una vaga speranza , la vita splendida della Cadina ; i parenti delle vittime abbassavano il capo , fremendo ; e in tutta la piazza regnava un silenzio severo , non turbato che tre volte al giorno dalla voce sonora dei muezzin di Santa Sofia . Dalla porta Umaium s ' entrava nel così detto cortile dei Giannizzeri , che era il primo recinto del Serraglio . Questo gran cortile c ' è ancora , circondato d ' edifizi irregolari , lunghissimo , e ombreggiato da varii gruppi d ' alberi , fra cui il platano enorme detto dei Giannizzeri , del quale dieci uomini non bastano ad abbracciare il tronco . A sinistra di chi entra , v ' è la chiesa di Sant ' Irene , fondata da Costantino il Grande , e convertita dai turchi in armeria . Più in là e tutt ' intorno v ' era l ' ospedale del Serraglio , l ' edifizio del tesoro pubblico , il magazzino degli aranci , le scuderie imperiali , le cucine , le caserme dei capigì , la zecca , e le case degli alti ufficiali della Corte . Sotto il grande platano ci sono ancora due colonnette di pietra , sulle quali si eseguivano le decapitazioni . Di qui passavano tutti coloro che dovevano andare al divano o dal Padiscià . Era come uno smisurato vestibolo aperto , sempre affollato , nel quale tutto era rimescolìo e affaccendamento . Centocinquanta fornai e duecento tra cuochi e sguatteri lavoravano nelle grandi cucine , a preparare il vitto per la famiglia sterminata " che mangiava il pane e il sale del Gran Signore " . Dalla parte opposta s ' affollavano le guardie ed i servi , finti malati , per farsi ammettere alla vita molle dell ' ospedale sontuoso , in cui erano impiegati venti medici e un esercito di schiavi . Lunghe carovane di muli e di cammelli entravano a portar provvigioni alle cucine , o a portar armi d ' eserciti vinti nella chiesa di Sant ' Irene , dove accanto alla sciabola di Maometto II scintillava la scimitarra di Scanderberg e il bracciale di Tamerlano . I percettori delle imposte passavano , seguiti da schiavi carichi d ' oro , diretti alla tesoreria , dove c ' erano tante ricchezze , come diceva Sokolli , gran vizir di Solimano il Grande , da costrurre delle flotte colle ancore d ' argento e coi cordami di seta . Passavano a frotte , condotti dai bei palafrenieri della Bulgaria , i novecento cavalli di Murad IV , che si pascevano a mangiatoie d ' argento massiccio . V ' era dalla mattina alla sera un formicolìo luccicante d ' uniformi , in mezzo al quale spiccavano gli alti turbanti bianchi dei giannizzeri , i grandi pennacchi d ' airone dei solak , i caschi argentati dei peik , guardie del Sultano , vestite d ' una tunica d ' oro stretta alla vita da una cintura ingemmata ; i zuluftú - baltagì , impiegati al servizio degli ufficiali di camera , colle loro treccie di lana pendenti dal berretto ; i kassekì , col loro bastone emblematico in mano ; i balta - gì coll ' accetta ; i valletti del gran vizir colla frusta ornata di catenelle d ' argento ; i bostangì , guardie dei giardini , coi grandi berretti purpurei ; e una folla svariata di cento colori e di cento emblemi , d ' arcieri , di lancieri , di guardie del tesoro , di guardie coraggiose , di guardie temerarie , d ' eunuchi neri e d ' eunuchi bianchi , di scudieri e di sciaù , uomini alti e poderosi , d ' aspetto altero , improntato della dignità signorile della Corte , che riempivano il cortile di profumi . Un orario minuzioso e severo regolava le faccende di tutti in quell ' apparente disordine . Tutti si movevano in quel cortile come gli automi giranti sopra la tavola che rinchiude il meccanismo . Allo spuntare del giorno comparivano i trentadue muezzin della Corte , scelti fra i cantori più dolci di Stambul , ad annunziare l ' alba dai minareti delle moschee del Serraglio , e s ' incontravano cogli astrologhi e cogli astronomi che scendevano dalle terrazze , dove avevano passato la notte studiando il firmamento dalle terrazze per determinare le ore propizie alle occupazioni del Sultano . Poi il primo medico del Serraglio entrava a chieder notizie della salute del Padiscià ; l ' ulema istitutore andava a dare all ' augusto discepolo il solito insegnamento religioso ; il segretario privato a leggergli le suppliche ricevute la sera ; i professori di arti e di scienze passavano per recarsi nel terzo cortile a far le lezioni ai paggi imperiali . Ognuno alla sua ora , tutti i personaggi impiegati al servizio dell ' augusta persona passavano di là per andare a chieder gli ordini per la giornata . Il bostangi - bascì , generale delle guardie imperiali , governatore del Serraglio e delle ville del Sultano sparse sulle rive del Bosforo e della Propontide , veniva a informarsi se al Gran Signore piacesse di fare una gita sul mare , perché spettava a lui il governo del timone e ai suoi bostangì l ' onore dei remi . Venivano a interrogare i capricci del Padiscià il gran maestro delle caccie , accompagnato dal gran falconiere , insieme al capo dei cacciatori dei falconi bianchi , al capo dei cacciatori degli avoltoi e a quello dei cacciatori degli sparvieri . Veniva l ' intendente generale della città , uno stuolo d ' intendenti , delle cucine , delle monete , dei foraggi , del tesoro , l ' uno dopo l ' altro , in un ordine prestabilito , ciascuno coi suoi memoriali , colle sue parole preparate , coi suoi servi distinti da un vestimento speciale . Più tardi , seguiti da un corteo di segretari e di famigliari , passavano i vizir della Cupola per recarsi al divano . Passavano personaggi a cavallo , in carrozza , in bussola , e scendevano tutti alla seconda porta , la quale non si poteva oltrepassare che a piedi . Tutta questa gente era riconoscibile , carica per carica , dalla forma dei turbanti , dal taglio delle maniche , dalla qualità delle pelliccie , dai colori delle fodere , dagli ornamenti delle selle , dall ' avere la barba intera o i baffi soli . Nessuna confusione seguiva in quell ' affollamento continuo . Il muftì era bianco ; i vizir si riconoscevano al verde chiaro , i ciambellani allo scarlatto ; l ' azzurro carico distingueva i sei primi ufficiali legislativi , il capo degli emiri e i giudici della Mecca , di Medina e di Costantinopoli ; i grandi ulema avevano il color violaceo ; i muderrì e gli sceicchi indossavano l ' azzurro chiaro ; il cilestrino chiarissimo segnalava gli sciaù feudatarii e gli agà dei vizir ; il verde cupo era privilegio degli agà della staffa imperiale e del portatore dello stendardo sacro ; gl ' impiegati delle scuderie del sultano vestivano il verde pallido ; i generali dell ' esercito portavano gli stivali rossi , gli ufficiali della Porta , gialli , gli ulema , turchini ; e alla scala dei colori corrispondeva una gradazione nella profondità degl ' inchini . Il bostangì - bascì , capo della polizia del Serraglio , comandante un esercito di carcerieri e di carnefici , che spandeva il terrore col suono del suo nome e dei suoi passi , attraversava il cortile in mezzo a due schiere di teste chinate a terra . Passava il capo degli Eunuchi , gran maresciallo della Corte interna ed esterna , e si curvavano i caschi , i turbanti , i pennacchi , come spinti giù da cento mani invisibili . Il grande elemosiniere passava fra mille saluti ossequiosi . Tutti coloro che avvicinavano il Sultano , il capo degli staffieri che gli reggeva la staffa , il primo cameriere che portava i suoi sandali , il Silihdar agà che forbiva le sue armi , l ' eunuco bianco che lambiva il pavimento colla lingua prima di stendere il tappeto , il paggio che versava al Sultano l ' acqua per le abluzioni , quello che gli porgeva l ' archibugio nelle caccie , quello che custodiva i suoi turbanti , quello che spolverava i suoi pennacchi ingemmati , quello che aveva cura delle sue vesti di volpe nera , passavano in mezzo a dimostrazioni speciali di curiosità e di rispetto . Un bisbiglio sommesso precedeva e seguiva il passaggio del predicatore della Corte e del gran mastro della guardaroba , che gettava i denari al popolo nelle feste imperiali . Passava saettato da molti sguardi invidiosi il musulmano fortunato che ogni dieci giorni radeva il capo al Sultano dei Sultani . La folla s ' apriva con una premura particolare davanti al primo chirurgo incaricato della circoncisione dei principi , davanti al primo oculista che preparava il collirio per le palpebre delle cadine e delle odalische , davanti al gran maestro dei fiori , affaccendato dai capricci di cento belle , che portava sotto il caffettano il suo poetico diploma ornato di rose dorate . Il primo cuoco riceveva i suoi saluti adulatorii . Sorrisi cerimoniosi salutavano il guardiano dei pappagalli e degli usignuoli che potevano varcare le soglie dei chioschi più segreti . Erano migliaia di persone , divise in una gerarchia minutissimamente graduata , governate da un cerimoniale di cinquanta volumi , vestite in mille foggie pittoresche , che sfilavano o circolavano per il vasto cortile , e ad ogni minuto era una folla nuova . Tratto tratto passava rapidamente un messaggiero e tutte le teste si voltavano . Era il vizir karakulak , messaggiere tra il Sultano e il primo ministro , che andava a fare un ' imbasciata segreta al Gran Vizir ; era un capigí che correva al palazzo d ' un pascià caduto in sospetto , a portargli l ' ordine di presentarsi immediatamente al divano ; era il portatore di buone notizie che veniva ad annunziare al Padiscià il fortunato arrivo della grande carovana alla Mecca . Altri messaggieri speciali tra il Sultano e i grandi ufficiali dello Stato , ciascuno distinto con un titolo e riconoscibile a qualche particolarità del vestimento , s ' aprivano il passo , correndo , e sparivano per le due porte del cortile . Passavano sciami di caffettieri per recarsi alle cucine della corte , frotte di cacciatori imperiali curvi dal peso dei carnieri dorati ; file di facchini carichi di stoffe , preceduti dal Gran Mercante , provveditore del Sultano ; drappelli di galeotti condotti dagli schiavi ai lavori più faticosi del Serraglio . Poi cento sguatteri , due volte al giorno , uscivano dalle cucine e portavano all ' ombra dei platani , sotto le arcate , lungo i muri , piramidi enormi di riso e montoni interi arrostiti ; una turba di guardie e di servitori accorreva , e il grande cortile offriva lo spettacolo festoso del convito d ' un esercito . Poco dopo la scena mutava , e si vedeva venir innanzi un ' ambasciata straniera in mezzo a due muri d ' oro e di seta . Là , come scriveva Solimano il grande allo Scià di Persia , " affluiva tutto l 'universo." Gli ambasciatori di Carlo V vi si trovavano al fianco degli ambasciatori di Francesco I ; gl ' inviati dell ' Ungheria , della Serbia e della Polonia vi entravano accanto ai rappresentanti della repubblica di Genova e di Venezia . Il peskesdgi - bascì , incaricato di ricevere i doni , andava incontro alle carovane straniere sul limitare di Bab - Umaiùn , e venivano innanzi , tra mille spettatori , elefanti che portavano troni d ' oro , gazzelle gigantesche , gabbie di leoni , cavalli della Tartaria , e cavalli dei deserti , vestiti di pelli di tigri e carichi di scudi d ' orecchie d ' elefante ; gl ' inviati della Persia coi vasi della china ; i messi dei Sultani delle Indie con scatole d ' oro colme di gemme ; gli ambasciatori dei re affricani con tappeti di pelo di cammelli strappati dal ventre delle madri e pezzi di stoffa argentata che facevan piegar le schiene di dieci schiavi ; gli ambasciatori degli Stati nordici seguiti da drappelli di servi carichi di pelliccie e d ' armi preziose . Entravano , dopo le guerre fortunate , per esser mostrati al Padiscià , generali carichi di catene e principesse prigioniere , velate , coi loro cortei disarmati e tristi , e stuoli d ' eunuchi d ' ogni età e d ' ogni colore , carpiti come bottino di guerra , o offerti in dono dai principi vinti . E intanto gli ufficiali degli eserciti vincitori s ' affollavano alle porte della Tesoreria a deporre i broccati e le sciabole imperlate prese nei saccheggi delle città persiane , l ' oro e le gemme tolte ai mammalucchi d ' Egitto , le coppe d ' oro intopaziate del tesoro dei Cavalieri di Rodi , i torsi delle statue di Diana e d ' Apollo rapite alla Grecia e all ' Ungheria , e chiavi di città e di castelli ; e altri conducevano al secondo cortile i giovanetti e le fanciulle rubate all ' isola di Lesbo . Tutte le enormi provvigioni d ' ogni natura che venivano al Serraglio dai porti dell ' Africa , della Caramania , della Morea , del mar Egeo , passavano o s ' arrestavano fra quelle mura , e un esercito di maggiordomi e di segretarii erano continuamente affaccendati a registrare , a pagare , a disporre , a fissare udienze , a dare ordinazioni . I mercanti dei bazar di schiave di Brussa e di Trebisonda si trovavano dinanzi alla seconda porta , ad aspettare il turno d ' entrata , insieme ai poeti venuti da Bagdad per recitar dei versi al Sultano . I governatori caduti in disgrazia , venuti per comprare la propria salvezza con una coppa piena di monete d ' oro , aspettavano accanto ai messi d ' un Pascià venuti ad offrire in dono al Gran Signore una bella vergine tredicenne , trovata dopo tre mesi di ricerche sotto a una capanna dell ' Anatolia ; in mezzo a spie ritornate da tutti i confini dell ' Impero , vicino a famiglie stanche arrivate da provincie lontane per chieder giustizia , tra donne e fanciulli dell ' infima plebe di Stambul ammessi a presentare le loro querele al divano . E i giorni di divano si vedevano passar di là , fra gli scherni dei curiosi , gli ambasciatori delle provincie ribelli , a cavallo a un asino , colla barba rasa e un berretto di donna sul capo , e i messi insolenti dei principi asiatici col naso spuntato dalle scimitarre dei sciaù ; di là gli ufficiali dello Stato che uscivano , inconsapevoli , per portare a un governatore lontano uno scialle prezioso , dono del Gran vizir , che nascondeva fra le sue pieghe la loro sentenza di morte ; di là i visi radianti degli ambiziosi che avevano ottenuto una satrapìa coll ' intrigo e i visi pallidi di quei che avevano sentito nel divano la minaccia sorda d ' una disgrazia vicina ; di là i portatori di quegli hattiscerif , inesorabili come il destino , che andavano , sulla groppa d ' un cavallo , lontano trecento miglia , a portar la rovina e la morte nel palazzo di un vicerè ; di là i terribili muti della corte mandati a strozzare i prigionieri illustri nei sotterranei delle Sette Torri . E con questi si incontravano gli ulema , i bey , i mollà , gli emiri , che tornavano o si recavano alle udienze col capo basso , cogli occhi a terra , con le mani nascoste nelle grandi maniche ; i vizir , che tenevano il Corano in tasca per leggere , a un ' occorrenza , le orazioni dei morti ; il gran vizir , despota spiato dal boia , che portava sotto il caffettano il proprio testamento , per essere sempre pronto a morire . E tutti passavano composti , a passo lento , in silenzio , o parlando a bassa voce un linguaggio circospetto e corretto , proprio del Serraglio ; e si vedeva un continuo ricambiarsi di sguardi gravi e scrutatori , e un posar delle mani sulla fronte e sul petto , accompagnato da bisbigli interrotti , da un fruscìo discreto di cappe e di babbuccie , da un tintinnare sommesso di scimitarre , da non so che di monacale e di triste , che faceva contrasto colla fierezza guerriera dei volti , colla pompa dei colori , collo splendore delle armi . In tutti gli occhi si leggeva un pensiero , su tutte le fronti si vedeva il terrore d ' un uomo , che era sopra tutti , che era scopo di tutto , davanti al quale tutto s ' inchinava , strisciava , s ' annichiliva , e pareva che ogni cosa ne presentasse l ' immagine e che in ogni rumore si sentisse il suo nome . Da questo cortile s ' entrava nel secondo per la grande porta Bab - el - selam , o porta della Salute , che è ancora intatta in mezzo a due grosse torri , e non ci si passa , nemmeno ora , senza un firmano . Anticamente due grandi battenti la chiudevano dalla parte del primo cortile e altri due dalla parte del secondo , in modo che ci rimaneva dentro , quando tutto era chiuso , uno stanzone oscuro , dove un uomo poteva essere spacciato segretamente . Là sotto c ' erano le celle dei carnefici , le quali , per un andito cieco , comunicavano colla sala del divano . Là andavano ad aspettare la loro sentenza gli alti personaggi caduti in disgrazia , e vi ricevevano sovente , nello stesso punto , la sentenza e la morte . Altre volte il governatore o il vizir disgraziato , era chiamato al Serraglio con un pretesto ; veniva ; passava , senza sospetti , sotto la volta sinistra , entrava nel divano , era ricevuto con un sorriso benevolo o con una severità mite che non minacciava che un castigo lontano , e congedato , tornava a passare tranquillamente sotto la porta . Ma all ' improvviso , senza veder nessuno , si sentiva una lama nelle reni o un capestro alla gola , e stramazzava senz ' aver tempo a resistere . Al grido del moribondo , cento visi si voltavano per un momento dai due cortili ; poi tutti ripigliavano , in silenzio , le loro faccende . La testa era portata in una nicchia di Bab - Umaiùn , il cadavere ai corvi della spiaggia di Santo Stefano , la notizia al Sultano , e tutto era finito . C ' è ancora a destra , sotto la volta , la porticina ferrata della prigione in cui si gettavano le vittime , quando veniva disdetto a tempo l ' ordine di morte o per prolungare la loro agonia o per cacciarle invece in esilio . Uscendo di sotto a Bab - el - selam si entra immediatamente nel secondo cortile . Qui si cominciava a sentir più viva l ' aura sacra del Signore " dei due mari e dei due mondi , " e chi vi penetrava per la prima volta , si fermava involontariamente , appena entrato , preso da un sentimento di timore e di venerazione . Era un vastissimo cortile irregolare , una smisurata sala a cielo aperto , circondata da edifizii graziosi e da cupole argentate e dorate , sparsa di gruppi d ' alberi bellissimi , e attraversata da due viali fiancheggiati di cipressi giganteschi . Tutt ' intorno girava un bel loggiato , sorretto da delicate colonne di marmo bianco , e coperto da un tetto sporgente rivestito di piombo . A sinistra , entrando , v ' era la sala del divano , sormontata da una cupola scintillante ; più in là , la sala dei grandi ricevimenti , dinanzi alla quale sei enormi colonne di marmo di Marmara sostenevano un largo tetto a falde , ondulate : basi , capitelli , muri , tetto , porte , archi , tutto cesellato , intarsiato , dipinto , dorato , leggerissimo e gentile come un padiglione di merletti tempestati di gemme , e ombreggiato da un gruppo di platani superbi . Dagli altri lati , v ' erano gli archivi , le sale dove si custodivano i vestimenti d ' onore , i magazzeni delle tende , la casa del grande Eunuco nero , le cucine della Corte . Qui stava quel grande Intendente , più affaccendato d ' un Ministro della Cupola , che aveva ai suoi ordini cinquanta sottintendenti , ai quali obbediva un esercito di cuochi e di confettieri , aiutati , nelle grandi occasioni , da artisti fatti venire d ' ogni parte dell ' impero . Là si faceva il desinare per i visir i giorni di divano ; là si preparavano , in occasione delle circoncisioni e delle nozze principesche , i famosi giardini di pasta dolce , le cicogne , i falchi , le giraffe , i cammelli di zucchero , i montoni arrostiti da cui uscivano stormi d ' uccelli ; che si portavano poi , in gran pompa , nella piazza dell ' Ippodromo ; là gl ' infiniti dolciumi di mille forme e di mille colori che andavano a sciogliersi nelle innumerevoli boccuccie golose dell ' arem . Vicino alle cucine formicolavano , nelle grandi feste , gli ottocento operai incaricati di drizzare le tende del Sultano e dell ' arem nei giardini del Serraglio o sulle colline del Bosforo ; e quando non bastavan più le tende dei vastissimi magazzini , si formavano i padiglioni colle vele della flotta , e con cipressi interi sradicati dai boschetti delle ville imperiali . La casa del grande Eunuco , là vicina , era una piccola reggia , fra la quale e il terzo cortile andava e veniva una processione continua d ' eunuchi neri , di schiave e di servi . In questo cortile passavano le Ambasciate per andare dal Sultano . Allora tutto il loggiato era parato di panno vermiglio , i muri luccicavano , il suolo era pulito come il pavimento d ' una sala ; duecento tra giannizzeri , spahì e silihdar , che formavano la guardia del divano , vestiti e armati come principi , stavano schierati all ' ombra dei cipressi e dei platani , e drappelli d ' eunuchi bianchi e d ' eunuchi neri , lindi e profumati , facevano ala alle porte . Tutto , in questo secondo cortile , annunziava la vicinanza del Gran Signore ; le voci suonavano più basse , i movimenti eran più raccolti , non vi si sentiva nè scalpitìo di cavalli nè rumor di lavoro ; i servi e i soldati passavano tacitamente ; e una certa quiete di santuario regnava in tutto il recinto , non turbata che dallo strepito improvviso degli uccelli che fuggivano dagli alberi o dall ' urto sonoro delle grandi porte di ferro chiuse dai capigì . Di tutti gli edifizii del cortile non vidi che la sala del divano , la quale è quasi intatta , com ' era quando vi si teneva il consiglio supremo dello Stato . È una grande sala a vôlta , rischiarata dall ' alto , da finestrine moresche , e rivestita di marmi ornati di rabeschi d ' oro , senz ' altra suppellettile che il divano su cui sedevano i membri del Consiglio . Sopra il posto del gran vizir c ' è ancora la finestrina chiusa da una graticola di legno dorato , dietro alla quale prima Solimano il grande e poi tutti gli altri Padiscià assistevano , non visti , o si credeva che assistessero alle sedute : un corridoio segreto conduceva da quello stanzino nascosto agli appartamenti imperiali del terzo cortile . In questa sala sedeva cinque volte la settimana il gran consesso dei ministri , presieduti dal gran vizir . L ' apparato era solenne . Il gran vizir sedeva in faccia alla porta d ' entrata ; vicino a lui i vizir della Cupola , il capudan - pascià , grande ammiraglio ; i due grandi giudici d ' Anatolia e di Rumelia , rappresentanti della magistratura delle provincie d ' Asia e d ' Europa ; da una parte i tesorieri dell ' impero ; dall ' altra il nisciandgì , che metteva il suggello del Sultano ai decreti ; più in là , a destra e a sinistra , due schiere di ulema e di ciambellani ; agli angoli , sciaù , portatori d ' ordini , esecutori di supplizii , esercitati a comprendere ogni cenno e ogni sguardo . Era uno spettacolo davanti a cui i più arditi tremavano e i più innocenti interrogavano paurosamente la propria coscienza . Tutta quella gente stava là col volto impassibile , colle braccie incrociate , colle mani nascoste . Una luce vaga , scendendo dalla vôlta , tingeva d ' un color d ' oro pallido i turbanti bianchi , le faccie gravi , le lunghe barbe immobili , le ricche pellicce , i manichi gemmati dei pugnali . A prima vista il Consiglio presentava l ' apparenza morta d ' un grande gruppo di statue vestite e dipinte . Le stuoie non lasciavan sentire il passo di chi entrava e di chi usciva , l ' aria odorava dei profumi delle pelliccie , le pareti marmoree riflettevano il verde degli alberi del cortile ; il canto degli uccelli , nei momenti di silenzio , risonava sotto la vôlta luccicante d ' oro ; tutto era dolce e grazioso in quel tribunale tremendo . Le voci sonavano una alla volta , tranquille e monotone come il mormorio d ' un ruscello , senza che chi accusava o si scolpava , ritto in mezzo alla sala , s ' accorgesse da che bocca uscivano . Cento grandi occhi fissi scrutavano il volto d ' un solo . Gli sguardi erano studiati , le parole pesate , i pensieri indovinati dai più sfuggevoli movimenti del viso . Le sentenze di morte escivano a parole pacate , dopo lunghi dialoghi sommessi , accolte con un silenzio sepolcrale ; oppure scoppiavano improvvisamente , come folgori , e avevan per eco quelle tremende parole che escono dall ' anima disperata nei momenti supremi ; e allora , a un cenno , le scimitarre spezzavano le vertebre , il sangue spicciava sui tappeti e sui marmi ; agà di spahì e di giannizzeri , cadevano crivellati di pugnalate ; governatori e kaimacan stramazzavano col laccio al collo e cogli occhi fuori della fronte . Un minuto dopo , i cadaveri erano distesi all ' ombra dei platani , coperti da un panno verde ; il sangue era lavato , l ' aria profumata , i carnefici al posto , e il consesso ripigliava la sua seduta coi volti impassibili , colle mani nascoste , colle voci pacate e monotone , sotto la luce vaga delle finestrine moresche che tingeva d ' un colore d ' oro pallido i grandi turbanti e le grandi barbe . Ma si scotevano alla loro volta , quei fieri giudici , quando Murad IV o il secondo Selim , scontenti del divano , facevano scricchiolare con un pugno furioso la graticola dorata della segreta imperiale ! Dopo un lungo silenzio e un consultarsi a vicenda cogli sguardi smarriti , ripigliavano anche allora la seduta , col volto impassibile e colle voci solenni ; ma le mani agghiacciate tremavano per lungo tempo nelle grandi maniche , e le anime si raccomandavano a Dio . In fondo a questo secondo cortile , che era in certo modo il cortile diplomatico del Serraglio , s ' apriva la terza grande porta , fiancheggiata da colonne di marmo e coperta da un gran tetto sporgente , dinanzi alla quale stava di guardia notte e giorno un drappello d ' eunuchi bianchi e uno stuolo di capigì , armati di sciabole e di pugnali . Era questa la famosa Bab - Seadet o porta della Felicità , che conduceva al terzo cortile ; la porta sacra che rimase chiusa per quasi quattro secoli ad ogni cristiano , che non si presentasse in nome d ' un re o d ' un popolo ; la porta misteriosa alla quale picchiò invano la curiosità supplichevole di mille viaggiatori potenti ed illustri ; la porta da cui uscirono e si sparsero per il mondo tante fole gentili e tante leggende di dolori , tanti fantasmi di bellezza e di piacere , tante rivelazioni vaghe di segreti d ' amore e di sangue e un ' aura infinita di poesia voluttuosa e terribile ; la porta solenne del Santuario del re dei re , che il popolo nominava con un senso segreto di sgomento , come la porta d ' un recinto fatato , entrando nel quale una creatura profana dovesse rimaner petrificata o veder cose che il linguaggio umano non avrebbe potuto descrivere ; la porta dinanzi a cui , anche ora , il viaggiatore più freddo d ' immaginazione e di sentimento si arresta con una certa titubanza e guarda con stupore l ' ombra del suo cappello cilindrico che si allunga sui battenti socchiusi . Eppure anche là , davanti a quella porta solenne , arrivò il flutto muggente delle ribellioni soldatesche . Si può anzi dire che quell ' angolo del grande cortile , che è compreso fra la sala del divano e la porta Seadet , è il punto del Serraglio dove il furore dei ribelli commise gli atti più temerarii e più sanguinosi . Il Gran Signore governava colla spada e la spada gli dettava la legge . Il despotismo che difendeva gli accessi del Grande Serraglio era lo stesso che ne violava i penetrali . Allora si vedeva su che fragile piedestallo si reggesse il colosso minaccioso , quando gli si ritiravano d ' intorno i puntelli delle scimitarre ! Orde armate di giannizzeri e di spahì , nel cuore della notte , colle fiaccole nel pugno , rovesciavano a colpi di scure le porte del primo e del secondo cortile , e irrompevano là agitando sulla punta delle lame le suppliche che chiedevano le teste dei vizir , e le loro grida di morte risonavano di là dai muri inviolabili , nel recinto sacro dei loro Sovrani , dove tutto era confusione e spavento . Invano dall ' alto dei muri si gettavano sacchi di monete d ' oro e d ' argento ; invano il muftì , gli sceicchi , gli ulema , i grandi della Corte , smarriti , ragionavano , pregavano , tentavano dolcemente d ' abbassare le braccia convulse dall ' ira ; invano le Sultane - validè , smorte , mostravano dalle finestre ingraticolate i piccoli figliuoli innocenti . Il mostro dalle mille teste , scatenato e cieco , voleva la sua preda , le vittime vive , le carni da lacerare , il sangue da spargere , i teschi da piantare sulle picche . I Sultani s ' affacciavano fra i merli , s ' arrischiavano fin sulle barricate della porta , in mezzo agli eunuchi e ai paggi tremanti , armati di pugnali inutili ; disputavano le teste a una a una , promettevano , piangevano , chiedevano grazia in nome della propria madre , dei propri figli , del Profeta , della gloria dell ' impero , della pace del mondo . Uno scoppio di minaccie e d ' insulti e un agitare vertiginoso di fiaccole e di scimitarre rispondeva alle loro grida impotenti . E allora dalla porta della Felicità uscivan fuori a uno a uno , brancolando , e cadevano in mezzo alle belve assetate di sangue , i tesorieri , i vizir , gli eunuchi , le favorite , i generali , e l ' un dopo l ' altro cadevano lacerati da cento lame e sformati da cento piedi . Così Murad III gettava Mehemed , il suo falconiere favorito , che era messo in brani sotto i suoi occhi ; così Maometto III gettava il Kislaragà Otmano e il capo degli eunuchi bianchi Ghaznéfer , ed era costretto a salutare la soldatesca dinanzi ai due cadaveri insanguinati ; così Murad IV gettava , singhiozzando , il gran vizir Hafiz , a cui diciassette pugnali squarciavano il petto e le reni ; così Selim III gettava tutte le teste del suo divano ; e mentre i Padiscià rientravano nelle loro stanze , imprecando , straziati dal dolore e dalla vergogna , le mille fiaccole dei ribelli correvano per le vie di Stambul , rischiarando gli avanzi dei cadaveri , trascinati in trionfo in mezzo alla folla briaca . La porta della Felicità formava , come la Bab - el - Selam , un lungo andito , dal quale si riusciva direttamente nel recinto arcano che racchiudeva il " fratello del sole . " Qui , per dare un ' immagine viva del luogo , bisognerebbe che la mia parola fosse accompagnata da una musica sommessa , piena di sorprese e di capricci . Era una piccola città fatata , un disordine bizzarro d ' architetture misteriose e gentili , nascoste in un bosco di cipressi e di platani smisurati , che stendevano i loro rami sui tetti , e coprivano d ' ombra un labirinto intricatissimo di giardini pieni di rose e di verbene , di cortiletti circondati di portici , di stradicciuole fiancheggiate da chioschi e da padiglioncini chinesi , di praticelli , di laghetti coronati di mirti , che riflettevano piccole moschee bianchissime e cupolette argentate d ' edifizi della forma di tempietti e di chiostri , congiunti da gallerie coperte , sostenute da file di colonne leggere ; e tetti di legno intarsiato e dipinto che sporgevano sopra porticine coperte di rabeschi e sopra scalette esterne che conducevano a terrazze munite di balaustri graziosi ; e per tutto prospetti oscuri , in cui biancheggiavano fontane di marmo e apparivano tra le fronde archetti e colonnine d ' altri chioschi ; e da tutti i punti , fra il verde dei pini e dei sicomori , vedute lontane ed immense del mar di Marmara , delle due rive del Bosforo , del porto e di Stambul ; e sopra questo paradiso , quel cielo . Era una piccola città sepolta in un mucchio enorme di verzura , costrutta a poco a poco , senza un disegno prefisso , secondo i bisogni o i capricci del momento , pomposa e fragile come un apparato teatrale , tutta nascondigli e bizzarrie gelose e puerili ; che vedeva tutto ed era invisibile , che formicolava di gente e pareva solitaria , come se vi regnasse ancora lo spirito pastorale e meditativo degli antichi principi ottomani ; un accampamento di pietra , che ricordava ancora , tra il fasto , quello di tela delle tribù erranti della Tartaria ; una gran reggia sparpagliata , composta di cento piccole reggie nascoste l ' una all ' altra , da cui spiravano insieme la mestizia della prigione , l ' austerità del tempio e la gaiezza della campagna ; uno spettacolo pieno d ' ostentazione principesca e d ' ingenuità barbarica , dinanzi al quale il nuovo venuto si domandava in che secolo vivesse e in che mondo fosse cascato . Questo era il cuore del Serraglio a cui mettevano tutte le vene della monarchia e da cui partivano tutte le arterie dell ' impero . Il primo edifizio che s ' incontrava entrando , era quello della sala del Trono , che c ' è ancora , e che potei visitare . È un piccolo edifizio quadrato , intorno al quale gira un bel porticato di marmo , e ci s ' entra per una ricca porta , fiancheggiata da due belle fontane . La sala è coperta da una volta decorata d ' arabeschi dorati , le pareti son rivestite di marmi e di lastrine di porcellana combinate a figure simmetriche , nel mezzo c ' è una fontana di marmo , la luce scende da alte finestre chiuse da vetri coloriti , e in fondo c ' è il trono della forma d ' un grande letto , coperto da un baldacchino frangiato di perle , che s ' appoggia su quattro alte e sottili colonne di rame dorato , ornate d ' arabeschi e di pietre preziose , e sormontate da quattro palle d ' oro , con quattro mezzalune , da cui spenzolano delle code di cavallo , emblema della potenza militare dei Padiscià . Qui il Gran Signore faceva i ricevimenti solenni , in presenza di tutta la Corte ; qui venivano buttati ai suoi piedi i fratelli e i nipoti uccisi per rassicurare il suo regno dalle congiure e dai tradimenti . Pensai , appena entrato , ai diciannove fratelli di Maometto III . Essi avevano ricevuto la sentenza di morte , in fondo alle loro prigioni , dai colpi di cannone che annunziavano all ' Asia e all ' Europa la morte del loro padre . I muti del Serraglio ammucchiarono i loro cadaveri davanti al trono . Ce n ' eran di tutte le età , dall ' infanzia all ' età matura , l ' uno sull ' altro , cogli occhi fuori dell ' orbite , coll ' impronta delle mani omicide sul viso e nel collo ; le piccole teste bionde dei bambini appoggiate sul petto robusto degli adolescenti , le teste grigie schiacciate contro il pavimento dai piedi dei fratelli decenni ; caffettani rozzi di prigionieri e pannolini levati dalle culle , contaminati insieme dal capestro , e confusi fra le membra irrigidite e i volti deformi . Ne videro dei zampilli di sangue quei bei rabeschi d ' oro e quelle porcellane luccicanti , qui dove scoppiarono le collere formidabili di Selim II , di Murad IV , di Ahmed I , d ' Ibraim , spettatori esultanti delle agonie disperate ! Qui ne stramazzavano dei vizir , sotto i piedi dei sciaù , spezzandosi il cranio contro il marmo della fontana ! Qui ne rotolarono delle teste di governatori portate dalla Siria e dall ' Egitto , appese alla sella d ' un agà ! Chi entrava là colla coscienza malsicura , si voltava sulla soglia a dare un addio al bel cielo e alle belle colline dell ' Asia , e chi n ' usciva salvo risalutava il sole col sentimento d ' un infermo che ritorna alla vita . Questo padiglione del trono non è il solo che si possa visitare . Uscendo di là , si passa per varii giardini e cortiletti circondati da piccoli edifizii ad archi moreschi , sostenuti da colonnine di marmo . Là i paggi stavano riuniti in un collegio , in cui erano istrutti per occupare poi le alte cariche dell ' impero e della corte , e avevano abitazioni sontuose e sale di ricreazione e servi e maestri scelti fra gli uomini più dotti dello Stato . In mezzo a quegli edifizii s ' alzava una fila di graziosi chioschi seracineschi , coi peristilii aperti , nei quali c ' era la biblioteca , e ne rimane uno , ammirabile principalmente per la sua grande porta di bronzo , ornata di rilievi di diaspro e di lapislazzuli , e coperta d ' una cesellatura prodigiosa d ' arabeschi , di stelle , di fogliami , di figure d ' ogni forma , delicatissime e intricatissime , che non sembrano opera umana . Poco lontano dalla biblioteca s ' alzava il padiglione del Tesoro imperiale , tutto luccicante di porcellana , dove eran chiuse ricchezze immense , composte in gran parte d ' armi conquistate o donate ai Sultani o lasciate per testamento dai Sultani stessi , come ricordi . Il solo Mahmud II , ch ' era calligrafo valente , e se ne teneva , ci lasciò il suo calamaio d ' oro , tempestato di diamanti . Ora una buona parte di questi tesori passò , cangiata in oro , nelle casse dell ' erario . Ma ai bei tempi della monarchia il padiglione era tutto sfolgorante di scimitarre damascate , di cui l ' elsa pareva un nodo solo di perle e di gemme ; di pistole enormi , con fino a duecento diamanti sull ' impugnatura ; di pugnali che valevano la rendita d ' un anno d ' una provincia asiatica ; di mazze d ' argento massiccio o d ' acciaio colla testa formata da un solo pezzo di cristallo faccettato e dorato , frammiste ai pennacchi ingioiellati dei Murad e dei Maometti , alle tazze d ' agata in cui avevano spumato i vini di Ungheria nei banchetti imperiali , alle coppe incavate in una sola turchina , ch ' eran passate per le reggie dei re persiani e di Timur , alle collane ornate di diamanti grossi come noci di Caramania , alle cinture imperlate , alle selle coperte d ' oro , ai tappeti scintillanti di gemme , per cui la sala pareva tutta ardente , e offuscava insieme la ragione e la vista . Poco lontano dal padiglione del Tesoro v ' è ancora , in mezzo a un giardino solitario , quella famosa gabbia degli uccelli , in cui , da Maometto IV in poi , si chiudevano i principi del sangue , che facevano ombra al Padiscià ; e là rimanevano , sepolti vivi , ad aspettare che le grida dei giannizzeri li chiamassero al trono o che venisse il carnefice a strozzarli . È un edifizio della forma d ' un tempietto , di grosse mura , senza finestre , rischiarato dall ' alto e chiuso da una piccola porta di ferro , contro la quale si metteva un grosso macigno . Là fu chiuso Abdul - Aziz durante i pochi giorni che trascorsero fra la sua caduta dal trono e la sua morte . Là fece la sua orribile e miseranda fine il Caligola degli Ottomani , Ibrahim , e la sua immagine è la prima che si rizza sulla soglia di quella necropoli di vivi in faccia al visitatore straniero . Gli agà militari l ' avevano tirato giù dal trono e strascinato , come un miserabile , alla prigione . Qui era stato chiuso con due delle sue odalische predilette . Dopo le prime furie della disperazione , s ' era rassegnato . - Questo - diceva - era scritto sulla mia fronte ; era l ' ordine di Dio . - Di tutto il suo impero e dell ' immenso arem in cui aveva folleggiato per nove anni , non gli rimaneva più che una carcere , due schiave e il Corano ; ma si credeva sicuro della vita , e viveva tranquillamente , consolato ancora da un raggio di speranza ; che i suoi partigiani delle taverne e delle caserme di Stambul riuscissero a mutare le sue sorti . Ma egli aveva dimenticato la sentenza del Corano : se ci sono due Califfi , uccidetene uno , e il muftì , interrogato dagli agà e dai vizir , se n ' era ricordato . Il suo ultimo giorno egli stava seduto sopra una stuoia in un angolo della sua tomba e leggeva il Corano alle due schiave , ritte dinanzi a lui , colle braccia incrociate sul petto . Era vestito d ' un caffettano nero , stretto intorno alla vita da uno scialle in brandelli ; e aveva in capo un berretto di lana rossa . Un raggio di luce pallida , scendendo dalla vôlta , rischiarava il suo viso smunto e cereo , ma tranquillo . A un tratto udì un rumore cupo e balzò in piedi ; la porta era aperta e un gruppo di figure sinistre occupava la soglia . Capì , alzò gli occhi a una tribuna ingraticolata che sporgeva dall ' alto d ' una parete , e vide traverso ai fori i volti impassibili del muftì , degli agà e dei vizir , su cui era scritta la sua sentenza . Il terrore lo invase , e un ' onda di parole supplichevoli gli uscì dalla bocca : - Pietà di me ! Pietà del Padiscià ! Fatemi grazia della vita ! Se c ' è qualcuno fra voi che abbia mangiato del mio pane , mi soccorra , in nome di Dio ! Tu , muftì Abdul - rahim , bada a quello che stai per fare ! Vedi se gli uomini son ciechi insensati ! Ora te lo dico : Iusuf - pascià m ' aveva consigliato a farti morire come traditore , e io non volli , e tu ora vuoi la mia morte ! Leggi il Corano come me , leggi la parola di Dio , che condanna l ' ingratitudine e l ' ingiustizia . Lasciami la vita , Abdul - rahim , la vita ! la vita ! - Il carnefice , tremante , alzò gli occhi verso la tribuna ; ma una voce secca , uscita di mezzo a quei visi immobili come simulacri , rispose : - Kara - alì , eseguisci . - Il carnefice gettò le mani sulle spalle di Ibrahim . Ibrahim gettò un urlo e si rifugiò in un angolo , dietro le due schiave . Allora Kara - alì e gli sciaù accorsero , gettarono a terra le donne , e si precipitarono sul Padiscià ; s ' intese uno scoppio di maledizioni e di bestemmie , il rumore d ' un corpo stramazzato , un grido altissimo che morì in un rantolo sordo , e poi un silenzio profondo . Un piccolo cordoncino di seta aveva slanciato nell ' eternità il diciannovesimo Padiscià della dinastia degli Osmani . Altri edifizi , oltre ai descritti e a quelli dell ' arem , erano sparsi qua e là in mezzo ai giardini e ai boschetti . V ' erano i bagni di Selim II , che comprendevano trentadue vastissime sale , tutte marmo , oro e pittura ; v ' erano dei chioschi ottagoni e rotondi , sormontati da cupole e da tetti d ' ogni forma , che coprivano salotti rivestiti di madreperla e decorati d ' iscrizioni arabe , dove a tutte le finestre spenzolavano gabbie dorate di usignoli e di pappagalli , e i vetri colorati spandevano una dolcissima luce azzurrina o rosea ; chioschi in cui i Padiscià andavano a sentir leggere le Mille e una notte dai vecchi dervis ; altri in cui eran date solennemente le prime lezioni di lettura ai principini ; piccoli chioschi per le meditazioni , padiglioncini per convegni notturni , nidi e prigioni gentili , innalzati e rovesciati da un ghiribizzo , che godevano la vista di Scutari imporporata dal tramonto e dell ' Olimpo inargentato dalla luna , e la carezza perpetua dei venticelli del Bosforo , pieni di fragranze , che facevano tremolare le mezzalune d ' oro sulla punta delle loro guglie sottili . E infine , nella parte più segreta dell ' arem , il tempietto delle reliquie , o camera della nobile veste , imitata dalla sala aurea degl ' Imperatori bizantini , e chiusa da una porta argentata ; nella quale si conservava il mantello del Profeta , scoperto solennemente , una volta all ' anno , in presenza di tutta la Corte , il suo bastone , l ' arco chiuso in una guaina d ' argento , le reliquie della Kaaba , e il venerato e tremendo stendardo delle guerre sante , ravvolto in quaranta coperte di seta , dal quale sarebbe rimasto acciecato , come da un colpo di fulmine , l ' infedele che v ' avesse fissato lo sguardo . Tutto quello che aveva di più sacro la razza , di più prezioso l ' impero , di più diletto e di più arcano la dinastia , era raccolto là , in quel recinto ombroso e discreto , in quella piccola città occulta , verso la quale pareva che convergesse da tutte le parti la metropoli immensa , come una folla innumerevole che volesse prostrarsi e adorare . In un angolo di questo terzo recinto , a sinistra di chi entrava , all ' ombra di alberi più folti , fra un mormorio più sonante di fontane e un bisbiglio più fitto d ' uccelli , s ' innalzava l ' arem , che era come un quartiere separato della cittadina imperiale , e si componeva di molti piccoli edifizii bianchi coperti da cupolette di piombo , ombreggiati da aranci e da pini a ombrello , separati da giardinetti cinti di muri rivestiti di caprifoglio e d ' edera , in mezzo ai quali serpeggiavano sentieri sparsi di minutissime conchiglie combinate a musaico , che si perdevano fra i roseti , gli ebani e i mirti ; tutto piccino , chiuso , diviso , suddiviso ; i balconi coperti , le finestrine ingraticolate , i loggiati nascosti da tendine color di rosa , i vetri coloriti , le porte ferrate , le stradicciuole senza uscita ; e in ogni parte una luce crepuscolare dolcissima , una freschezza di foresta , un ' aria di mistero e di pace , che faceva sognare . Qui viveva , amava , languiva , serviva , rinnovandosi continuamente , tutta la grande famiglia muliebre del Serraglio . Era un vasto monastero , che aveva per religione il piacere e per Dio il Sultano . C ' erano gli appartamenti imperiali . Ci stavano le quattro cadine , amanti titolate del Gran Signore , ciascuna delle quali aveva il suo chiosco , la sua piccola corte , i suoi grandi ufficiali , le sue barchette rivestite di raso , le sue carrozze dorate , i suoi eunuchi , le sue schiave e il suo denaro delle pantofole , ch ' era la rendita d ' una provincia . Ci abitava la Sultana Madre , col suo corteo innumerevole d ' ustà , divise in compagnie di venti o trenta , ciascuna impiegata a un servizio speciale . C ' era tutta la famiglia del Padiscià , zie , sorelle , figliuole , nipoti , che formavano una corte nella corte , coi principi bambini e adolescenti . C ' erano le ghediclù , di cui le dodici più belle servivano , ciascuna con un titolo e un ufficio speciale , la persona del Sultano ; cento sciaghird , o novizie , che facevano il tirocinio per occupare i posti vacanti delle ustà ; un formicaio di schiave d ' ogni paese , d ' ogni colore , d ' ogni divisa , scelte fra mille e mille , che empivano quell ' enorme gineceo , scompartito come un alveare in cellette innumerevoli , d ' un fremito di gioventù poderosa , d ' un profumo caldo di voluttà affricana ed asiatica , che montava al capo del Nume , e si rispandeva poi , trasfuso nelle sue passioni formidabili , su tutta la faccia dell ' impero . Quante memorie fra gli alberi di quei giardini e le pareti di quei piccoli chiostri bianchi ! Quante belle figliuole del Caucaso e dell ' Arcipelago , delle montagne dell ' Albania e dell ' Etiopia , del deserto e del mare , musulmane , nazarene , idolatre , conquistate dai pascià , comprate dai mercanti , regalate dai principi , rubate dai corsari , passarono , come ombre , sotto quelle cupolette argentine ! Son questi i muri e le volte che videro folleggiare , col capo incoronato di fiori e la barba scintillante di gemme , il primo Ibraim , il quale faceva rincarare le schiave in tutti i mercati dell ' Asia , e decuplare il prezzo dei profumi dell ' Arabia ; che assistettero alle furie della sensualità morbosa del terzo Murad , padre di cento figli ; che videro Murad IV , decrepito a trentun ' anno , irrompere barcollando agli amplessi infami ; che furono testimoni delle orgie e dei delirii del secondo Selim . Per questi sentieri passavano , la notte , ebbri di vino e di lussuria , quei dissoluti feroci , a cui la madre , i vizir , i pascià , offerendo schiave su schiave , non facevano che infocare i desiderii ; e correvano di chiosco in chiosco , cercando la voluttà e non trovando che lo spasimo , fin che la fantasia stravolta li trascinava , rabbiosi , fuor della reggia , a cercare i resti delle bellezze famose fra le mura malinconiche dell ' Eschi - Seraï . Qui si celebravano quelle strane feste notturne , in cui sulle cupole , sui tetti e sugli alberi erano disegnate a tratti di fuoco le navi della flotta , e migliaia di vasi di fiori , illuminati da migliaia di fiammelle , riflesse da innumerevoli specchi , presentavano l ' immagine d ' un vasto giardino ardente , dove centinaia di belle s ' affollavano intorno a bazar pieni di tesori , e gli eunuchi sollevavano fra le braccia , spasimando , le schiave seminude , abbandonate al vortice dei balli sfrenati , in mezzo al fumo di mille profumiere , che il vento del Mar Nero spandeva per tutto il serraglio insieme al frastuono d ' una musica barbaresca e guerriera . Risuscitiamo quella vita , in una bella giornata d ' aprile , sotto il regno del grande Solimano o del terzo Ahmed . Il cielo è sereno , l ' aria piena di fragranze primaverili , i giardini tutti in fiore . Per il labirinto dei sentieri ancora umidi della rugiada , girano , oziando , eunuchi neri vestiti di tuniche dorate , e passano schiave , vestite di stoffe rigate di colori vivissimi , che portano e riportano vassoi e panierini coperti di veli verdi fra i chioschi e le cucine . Le ustà della Validé s ' incontrano sotto i piccoli portici moreschi colle gheduclù del Sultano , che passano alteramente , seguite da schiave novizie , cariche della biancheria imperiale . Tutti gli sguardi si voltano da una parte : è uscita per una porticina e sparita su per una scaletta la più giovane delle dodici gheduclù privilegiate , la coppiera , una fanciulla siriana benedetta da Allà , che piacque al Gran Signore , il quale le ha già accordato il titolo di figlia della felicità , e le darà la pelliccia di zibellino , appena essa dia segno d ' esser madre . Lontano , all ' ombra dei platani , giocano i buffoni del Sultano , vestiti di panni arlecchineschi , e nani deformi col capo coperto da turbanti spropositati . Più in là , dietro una siepe , un eunuco gigantesco , con un cenno impercettibile delle dita e del capo , ordina a cinque muti , esecutori di supplizi , di recarsi da Kislar - agà , che li cerca per un affare segreto . Dei giovinetti , d ' una bellezza ambigua , abbigliati con una ricercatezza femminea , s ' inseguono , correndo , fra le siepi d ' un giardino ombreggiato da un enorme platano . In un ' altra parte , un drappello di schiave s ' arresta improvvisamente e si divide in due ali , inchinandosi per lasciar passare la Kiaya , grande governatrice dell ' arem , la quale restituisce il saluto con un cenno del suo bastoncino ornato di lamine d ' argento , che porta a un ' estremità il suggello imperiale . Nello stesso punto , la porta d ' un chiosco vicino s ' apre , e n ' esce una cadina , in abito celeste , ravvolta in un fitto velo bianco , seguita dalle sue schiave , la quale va , col permesso della Governatrice , ottenuto il giorno prima , a giocare al palloncino volante con un ' altra cadina , e svoltando in un vialetto ombroso , incontra e saluta mollemente una sorella del Sultano , che si reca al bagno colle sue bimbe e colle sue ancelle . In fondo al piccolo viale , davanti al chiosco di un ' altra cadina , sotto una graziosa tettoia sorretta da quattro colonnine alte e snelle come fusti di palma , un eunuco aspetta un cenno per far entrare una ebrea , mercantessa di gioielli , che dopo molto intrigare ha ottenuto il diritto d ' entrata nell ' arem imperiale , dove , coi gioielli , porterà imbasciate segrete di pascià ambiziosi e d ' amanti temerarii . All ' estremità opposta dell ' arem , la hanum incaricata di visitare le nuove schiave , va in cerca della Governatrice , per riferirle che la giovane abissina presentata il giorno avanti , le è parsa degna d ' esser ricevuta fra le gheduclù , se non si bada a una piccola escrescenza che ha sulla spalla sinistra . Intanto , in un praticello circondato di mortelle , sotto un alto pergolato , si raccolgono le venti nutrici dei principini nati nell ' anno , e un gruppo di schiave suonano il flauto e la chitarra in mezzo a un cerchio saltellante di bambine vestite di velluto cilestrino e di raso vermiglio , a cui la Sultana Validé getta dei dolci dall ' alto d ' una terrazza . Passano le maestre che vanno a dar lezioni di danza , di musica e di ricamo alle sciaghird ; eunuchi che portano grandi piatti pieni di dolci della forma di leoncini e di pappagalli ; schiave che reggono fra le braccia grossi vasi di fiori e pesanti tappeti : doni d ' una sultana a una cadina , d ' una cadina alla Validè , della Validè alle nipoti . La tesoriera dell ' arem , accompagnata da tre schiave , arriva con una notizia sul volto : i bastimenti imperiali mandati incontro alle galere veneziane e genovesi , le hanno incrociate a venti miglia dal porto di Sira , e hanno accaparrato tutte le sete e tutti i velluti del carico per l ' arem del Padiscià . Arriva di corsa un eunuco ad annunciare a una Sultana trepidante che la circoncisione del bimbo è riuscita a meraviglia , e poco dopo due altri eunuchi sopraggiungono , di cui l ' uno porta in un piatto d ' argento , alla madre , la parte tagliata dal chirurgo , l ' altro , in un piatto d ' oro , alla Validè , il coltello insanguinato . È un continuo aprire e chiudere di porte e sollevare e ricascar di cortine , per lasciar passare notizie , imbasciate , regaletti , pettegolezzi . Chi potesse dall ' alto penetrar collo sguardo a traverso ai tetti e alle cupole , vedrebbe in una sala una Sultana alla finestra , che guarda melanconicamente , fra le tendine di raso , le montagne azzurre dell ' Asia , pensando forse al suo sposo , un bel pascià , governatore d ' una provincia lontana , stato strappato alle sue braccia , secondo il costume , dopo sei mesi d ' amore , perché non avessero figli ; in un ' altra saletta , rivestita di marmi e di specchi , una cadina di quindici anni , che aspetta nella giornata una visita del Padiscià , scherza fanciullescamente in mezzo a un gruppo di schiave che la profumano e l ' infiorano , magnificando le sue bellezze più segrete con atti servili di meraviglia e di gioia ; sultane giovinette che si rincorrono pei giardinetti chiusi , intorno ai bacini luccicanti di pesci dorati , facendo scricchiolare le conchiglie dei sentieri sotto le loro babbuccie di raso bianco ; altre , pallide , sedute in fondo a stanzine oscure , in atto di meditare vendette ; salotti tappezzati di broccato , dove bimbi condannati a morte nascendo , si ravvoltolano sui cuscini di raso rigati d ' oro e sotto le tavole di madreperla ; belle principesse nude nei bagni di marmo di Paros ; gheduclù addormentate sui tappeti ; crocchi e viavai di schiave e d ' eunuchi per le gallerie coperte , giù per le scalette nascoste , nei vestiboli , per i corridoi semioscuri ; e da per tutto volti curiosi dietro le grate , saluti muti ricambiati fra le terrazze e i giardini , cenni furtivi dietro le tende , dialoghetti a monosillabi , fra spiraglio e spiraglio , rotti di tratto in tratto da risate sonore e compresse , seguite da rapide fughe di gonnelle che svaniscono lungo i muri claustrali . Ma non s ' incrociavano soltanto intrighi amorosi e pettegolezzi puerili in quel labirinto di giardini e di tempietti . La politica c ' entrava per le commessure di tutte le porte e per i fori di tutte le grate , e la potenza dei begli occhi sugli affari dello Stato non era minore là che nelle reggie d ' occidente ; chè anzi la vita reclusa e monotona cresceva intensità alle gelosie e alle ambizioni . Quelle testoline ingemmate agitavano , da quelle piccole prigioni odorose , la corte , i divani , il serraglio intero . Per mezzo degli eunuchi comunicavano col muftì , coi vizir e cogli agà dei giannizzeri . Dagli amministratori dei loro beni , coi quali potevano conferire , a traverso a una tenda o a una grata , sui propri interessi , erano tenute in corrente di tutti i più piccoli avvenimenti della reggia e della metropoli ; sapevano i pericoli da cui erano minacciate , imparavano a conoscere gli uomini di Stato di cui avevano a temere o da cui potevano sperare , e ordivano pazientemente le congiure misteriose che precipitavano i nemici e sollevavano i protetti . Tutti i partiti della Corte e dell ' Impero avevano là dentro una radice , cento radici , ramificate nei cuori delle validè , delle sorelle del Sultano , delle cadine , delle odalische . Erano quistioni e armeggi infiniti per l ' educazione dei figli , per il matrimonio delle figliuole , per le dotazioni , per le precedenze nelle feste , per la successione dei principini al trono , per le paci e per le guerre . I capricci delle belle mandavano eserciti di trentamila giannizzeri e di quarantamila spahì a coprir di cadaveri le rive del Danubio , e flotte di cento navi a insanguinare il Mar Nero e l ' Arcipelago . A loro ricorrevano , con lettere segrete , i principi d ' Europa per assicurare il buon esito dei negoziati . Dalle loro manine bianche uscivano i decreti che davano i governi delle provincie e gli alti gradi dell ' esercito . Sono le carezze di Rosellana che fecero stringere il laccio al collo ai gran vizir Ahmed e Ibrahim . Sono i baci di Saffié , la bella veneziana , perla e conchiglia del califfato , che mantennero per tanti anni le relazioni amichevoli della Porta e della repubblica di Venezia . Sono le sette cadine di Murad III che governarono l ' impero per gli ultimi vent ' anni del secolo sedicesimo . È la bella Makpeiker , forma di luna , la cadina dai duemila settecento scialli , che regnò sui due mari e sui due mondi da Ahmed I sino al quarto Maometto . Fu Rebia Gulnuz , l ' odalisca dalle cento carrozze d ' argento , che resse i divani imperiali nei primi dieci anni della seconda metà del secolo decimosettimo . È Scekerbulì , il pezzettino di zucchero , che faceva viaggiare pei suoi fini , come un automa , fra Stambul e Adrianopoli , il sanguinario Ibrahim . Che confusione di maneggi , che reticolazione intricata di spionaggi terribili e di ciancie puerili ci doveva essere in quella piccola città amorosa e onnipotente ! Passando per quei viali , mi pareva di sentire da ogni parte un bisbiglio accelerato di voci femminili , che svolgessero , interrogando e rispondendo , tutta la cronaca intima del serraglio . E doveva essere una cronaca stranamente svariata e intrecciata . Si trattava di sapere quale cadina il Sultano avrebbe condotto nell ' estate al suo chiosco delle Acque dolci ; che dote sarebbe stata fatta alla terza figliola del Padiscià , che doveva sposare il grande ammiraglio ; se era vero che l ' erba data alla governatrice Raazgié dal mago Sciugaa avesse fatto concepire la terza cadina infeconda da cinque anni ; se era un fatto sicuro che la favorita Giamfeda avesse ottenuto per il governatore d ' Anatolia il governo della provincia di Caramania . Di chiosco in chiosco circolava la notizia che , sgravandosi felicemente la prima cadina , il nuovo gran vizir , per superare il suo predecessore , le avrebbe regalato una culla d ' argento massiccio , tutta tempestata di smeraldi ; che la prescelta dal Sultano sarebbe stata la schiava regalata dalla kiaya - harem e non quella regalata dal Pascià d ' Adrianopoli ; che morendo il grande eunuco bianco ch ' era agli estremi , il giovane paggio Mehemet avrebbe comprato col sacrifizio della sua virilità la carica ambita da tanto tempo . Si diceva sotto voce che non si sarebbe più fatto il gran canale dell ' Asia Minore proposto dal gran vizir Sinau , per non allontanare gli operai occupati ad innalzare il nuovo chiosco per la Sultana Baffo ; e che la cadina Saharai , trentacinquenne , piangeva da due giorni e da due notti per timore d ' essere relegata al vecchio Serraglio ; e che il buffone Ahmed aveva fatto ridere così di cuore il Sultano , che questi l ' aveva nominato sul momento agà dei Giannizzeri . E poi scoppiettavano mille chiacchiere sulle prossime feste per il matrimonio d ' Otman - pascià colla Sultana Ummetullà , nelle quali un drago di bronzo avrebbe vomitato fuoco nell ' At - meidan ; sul nuovo vestito della Sultana Validè , tutto di zibellino , di cui ogni bottone era una pietra preziosa del valore di cento scudi d ' oro ; sul nuovo appannaggio dato alla cadina Kamarigé , luna di bellezza , della rendita della Valachia , e sulla piccola rosa color di sangue scoperta nel collo alla sciamascirusta , custode della biancheria del Sultano , e sui bei capelli biondi inanellati dell ' ambasciatore della repubblica di Genova , e sulla meravigliosa lettera scritta di proprio pugno dalla prima moglie dello Scià di Persia in risposta alla sultana Currem , l ' allegra . Tutte le voci venute dalla città , tutti gl ' incidenti clamorosi delle discussioni del divano , tutti i rumori uditi la notte nel serraglio , erano commentati e passati alla trafila di mille congetture in tutti quei giardinetti , da cento gruppi di testoline circospette e curiose . Là pure passavano di mano in mano e di bocca in bocca i madrigali anonimi dei Padiscià , i versi tristi e liberi di Abdul - Baki l ' immortale , e le poesie smaglianti d ' Abu - Sud , di cui " ogni parola era un diamante " , e i canti ebbri d ' oppio e di vino di Fuzuli , e le lascivie canore di Gazali . E tutto cangiava col cangiare dell ' indole e della vita dei Padiscià . Ora passava a traverso quel piccolo mondo come una corrente di tenerezza e di malinconia , e allora una certa dignità gentile rialzava tutte le fronti , il furore del lusso si quetava , i modi si correggevano , il linguaggio si purgava , nasceva il gusto delle letture pie , si ostentava il raccoglimento e la devozione religiosa , e le feste medesime , senza essere meno splendide , assumevano l ' aspetto di cerimonie liete , ma composte . Ora invece saliva al trono un Padiscià educato dall ' infanzia al vizio e alle follie , e allora la dea Voluttà riconquistava il suo impero , i veli cadevano , si tornava a sentire il linguaggio senza sottintesi e la risata clamorosa , si tornavano a vedere le nudità senza pudore ; gl ' incettatori della bellezza partivano per la Georgia e per la Circassia ; le fanciulle affluivano ; cento donne si potevano vantare degli amplessi del Gran Signore , i chioschi si popolavano di culle , le casse dell ' erario versavano torrenti d ' oro , i vini di Cipro e d ' Ungheria gorgogliavano sulle mense coperte di fiori , Sodoma alzava la fronte , Lesbo trionfava , i bei volti dai grandi occhi neri impallidivano , e tutto l ' arem febbricitava , rabbioso di voluttà , in un ' atmosfera carica di profumi e di vizio , fin che una notte si svegliava improvvisamente abbagliato da mille fiaccole , e subiva dalle scimitarre dei Giannizzeri il castigo di Dio . Venivano le notti tremende anche per quella piccola Babilonia nascosta tra i fiori . La ribellione non rispettava il terzo recinto più di quel che rispettasse gli altri due . La soldatesca atterrava le porte della Felicità e irrompeva nell ' arem . Cento eunuchi difendevano invano , a pugnalate , le soglie dei chioschi . I giannizzeri salivano sui tetti , rompevano le cupole , si precipitammo nelle sale a strappare i principi dalle braccia delle madri . Le Validè erano tirate per i piedi fuori dei loro nascondigli , si difendevano a unghiate e a morsi , cadevano riverse sotto le ginocchia dei baltagì e morivano strangolate coi cordoni delle tendine . Le Sultane , rientrando in casa , gettavano grida disperate alla vista delle culle vuote , e voltandosi a interrogare le schiave , n ' avevano in risposta un silenzio tremendo , che voleva dire : - Vallo a cercare ai piedi del trono il tuo bambino ! - Gli eunuchi , atterriti , venivano ad annunziare alle favorite , svegliate da un tumulto lontano , che le loro teste erano aspettate e che bisognava prepararsi a morire . Le tre cadine del terzo Selim , condannate al capestro ed al sacco , sentivano , nella notte , le grida supreme l ' una dell ' altra , e spiravano nelle tenebre sotto le mani convulse dei muti . Gelosie mortali e vendette orrende facevano risonare i chioschi di gemiti e di strida che spandevano il terrore in tutto l ' arem . La Circassa madre di Mustafà lacerava il viso a Rosellana , le favorite rivali schiaffeggiavano Scekerbulì , la sultana Tarchan vedeva balenare sul capo delle sue creature il pugnale di Maometto IV , la prima cadina del primo Ahmed strozzava colle proprie mani la schiava rivale , e stramazzava alla sua volta , pugnalata in viso , sotto i piedi del Padiscià , urlando di dolore e di rabbia ; le cadine gelose s ' aspettavano nei corridoi oscuri , si trattavano ad alte grida di " carne venduta " e s ' avvinghiavano come tigri straziandosi il collo e le reni colla punta degli stiletti avvelenati . E chi sa quanti eccidi rimasti ignoti , di schiave soffocate nelle fontane , freddate a colpi d ' elsa nelle tempie , lacerate dal colbac degli eunuchi , schiacciate fra le porte di ferro dalle braccia d ' acciaio di dieci gelose frenetiche ! I veli soffocavano i lamenti , i fiori nascondevano il sangue , due ombre si perdevano nel labirinto dei viali oscuri portando una cosa nera ; le sentinelle delle torri , sulla riva del Mar di Marmara , sentivano un tonfo nelle acque , e l ' arem si ridestava all ' alba , come sempre , odoroso e ridente , senza accorgersi che una delle sue mille stanze era vuota . Tutte queste immagini mi venivano alla mente , girando per quel recinto , e alzando gli occhi alle grate di quei chioschi abbandonati e tristi come sepolcri . Eppure , in mezzo a quelle memorie sinistre , provavo di tratto in tratto un certo batticuore piacevole , una specie di trepidazione voluttuosa d ' adolescente , mista di malinconia e di tenerezza , pensando che le scalette per cui salivo e scendevo , avevano sentito il peso di quelle donne bellissime e famose ; che i sentieri che calpestavo avevano udito il fruscìo delle loro vesti , che le vôlte di quei piccoli portici di cui accarezzavo , passando , le colonnine , avevano ripercosso il suono delle loro risa infantili . Mi pareva che qualche cosa di loro ci dovesse ancora essere dietro quei muri , in quell ' aria . Avrei voluto cercare , gridare quei nomi memorabili , chiamarle a una a una cento volte , e mi pareva che qualche risposta di voce lontana l ' avrei sentita , che qualchecosa di bianco l ' avrei visto passare sulle alte terrazze o in fondo ai boschetti solitarii . E giravo gli occhi qua e là , e interrogavo le grate e le porte . Quanto avrei dato per sapere dove era stata chiusa la vedova di Alessio Comneno , la più bella delle prigioniere di Lesbo e la più seducente greca del suo secolo , o dov ' era stata pugnalata la cara figliuola d ' Erizzo , governatore di Negroponte , che preferì la morte all ' amplesso brutale di Maometto II ! E Currem , la favorita di Solimano , a che finestra si affacciava , coi suoi belli atteggiamenti languidi di persiana , per fissare nel Mar di Marmara i suoi potenti occhi neri , velati dalle lunghissime ciglia di seta ? Qui , su questo sentiero , non avrà lasciato molte volte le traccie del suo passo leggiero la bella danzatrice ungherese che levò Saffiè dal cuore di Murad III , scattando come una lama d ' acciaio fra le braccia imperiali ? E da quest ' aiuola non avrà mai strappato un fiore , passando , Kesem , la bella greca , la gelosa feroce , dal viso pallido e malinconico , che vide il regno di sette Sultani ? E l ' armena gigantesca , che fece impazzir d ' amore Ibrahim , non avrà mai immerso il suo enorme braccio bianco nell ' acqua di questa fontana ? E chi aveva il piede più piccino , la piccola favorita di Maometto IV , di cui due babbuccie non facevano la lunghezza d ' uno stiletto , o Rebia Gulnuz , la bevanda delle rose di primavera , che aveva i più begli occhi azzurri dell ' Arcipelago , e non lasciava traccia del suo passo sulle sabbie bianche del suo giardino ? E i capelli più dorati e più morbidi chi li possedeva , Marhfiruz , la favorita dell ' astro delle notti , o Miliclia , la giovane odalisca russa , che soggiogò la ferocia del secondo Otmano ? E le fanciulle persiane ed arabe che addormentavano colle loro favole Ibrahim ? E le quaranta giovinette che bevettero il sangue del terzo Murad ? Non ne rimane più nulla , nemmeno una ciocca di capelli , nemmeno il filo d ' un velo , nemmeno un segno nelle pareti ? E queste fantasie terminavano tutte in una visione dolorosa e spaventevole . Le vedevo passare , a file interminabili , lontano , fra i tronchi fitti degli alberi e sotto i lunghi portici , l ' una dietro l ' altra , sultane validè , sultane sorelle , cadine , odalische , schiave , fanciulle appena sbocciate , donne trentenni , vecchie coi capelli bianchi , visi timidi di vergini e visi terribili di gelose , dominatrici d ' imperi , favorite d ' un giorno , trastulli d ' un ' ora ; creature di dieci generazioni e di cento popoli , coi loro bimbi strozzati fra le braccia o per mano ; una col laccio al collo , una con un pugnale nel cuore , un ' altra grondante d ' acqua del Mar di Marmara , splendenti di gemme , coperte di ferite , moribonde di veleno , trasfigurate dalle lunghe agonie del vecchio Serraglio ; e passavano mute e leggiere come fantasime , e si perdevano in file interminabili nell ' oscurità dei boschetti , lasciando dietro di sè una lunga traccia di fiori appassiti e di goccie di pianto e di sangue ; e un ' immensa pietà mi stringeva il cuore . Di là dal terzo recinto , si stende un tratto di terreno piano , tutto coperto d ' una vegetazione rigogliosa , e sparso di piccoli edifizi gentili , in mezzo ai quali s ' innalza la così detta colonna di Teodosio , di granito grigio , sormontata da un bel capitello corinzio , e sorretta da un largo piedestallo , su cui si leggono ancora le due ultime parole d ' una iscrizione latina che diceva : Fortunae reduci ob devictos Gothos . E qui finisce l ' alto piano sul quale si distende il grande rettangolo centrale degli edifizi del Serraglio . Di qui fino al capo del Serraglio , e in tutto lo spazio compreso fra il circuito dei tre recinti e le mura esteriori , lungo i fianchi della collina , era tutto un bosco di grandi platani , di cipressi altissimi , di filari di pini , di gruppi d ' allori e di terebinti e di pioppi inghirlandati di pampini , che ombreggiavano una successione di giardini pieni di rose e d ' elitropie , disposti a scaglioni , e attraversati da larghe gradinate di marmo per le quali si scendeva fino al mare . Lungo le mura , in faccia a Scutari , c ' era il nuovo palazzo del Sultano Mahmud , che s ' apriva sul mare in una grande porta rivestita di rame dorato . Vicino al Capo del Serraglio , s ' innalzava l ' arem d ' estate , che era un vastissimo edifizio semicircolare , capace di cinquecento donne , con vasti cortili e bagni splendidi e giardini , dove si facevano quelle luminarie fantastiche , che diventarono celebri sotto il nome di feste dei tulipani . Davanti a quest ' arem , fuori delle mura , sopra la riva del mare , c ' era la batteria famosa del Serraglio , formata di venti cannoni di forme bizzarre , scolpiti e istoriati , ch ' erano stati tolti agli eserciti cristiani nelle prime guerre europee . Le mura avevano otto porte , tre dalla parte della città , e cinque dalla parte del mare . Grandi terrazze di marmo s ' avanzavano dalle mura sulla riva . Strade sotterranee conducevano dalla reggia alle porte del Mar di Marmara , in modo che i Sultani potevano salvarsi da un assalto imbarcandosi segretamente , e riparando a Scutari o a Top - Hané . Nè qui era tutto il Serraglio . Vicino alle mura esterne e per i fianchi della collina s ' innalzavano ancora molti chioschi , della forma di piccole moschee , di fortini e di gallerie , da ognuno dei quali , per un sentiero nascosto da alte spalliere di verzura , si riusciva alle porte secondarie del terzo recinto . V ' era il chiosco Yali , ora distrutto , che si specchiava nel Corno d ' oro . C ' è ancora , quasi intatto , il Nuovo chiosco , che è una piccola reggia rotonda , tutta ornata di dorature e di pitture , nella quale i Sultani andavano , sul tramonto , a godere la vista delle mille navi del porto . Vicino all ' arem d ' estate v ' era il chiosco degli Specchi , dove fu segnato il trattato di pace del 1784 , con cui la Turchia cedette la Crimea alla Russia , e il chiosco d ' Hassan Pascià , tutto splendente d ' oro , le cui pareti coperte di specchi rallegravano con un gioco fantastico di riflessi le feste e le orgie notturne dei Sultani . Il chiosco del Cannone per le cui finestre si gettavano nel mare i cadaveri , sorgeva vicino alla batteria del Capo del Serraglio . Il chiosco del Mare , in cui teneva i suoi divani segreti la Validè di Maometto IV , pendeva a filo sulle correnti confuse del Mar di Marmara e del Bosforo . Il chiosco delle Rose dominava la spianata in cui facevano gli esercizi i paggi , e dove fu proclamata , nel 1839 , la nuova costituzione dell ' Impero , col famoso hatti - scerif di Gul - Hané . Dall ' altra parte del Serraglio c ' era ancora il chiosco delle Riviste , da cui i Sultani vedevano passare , non visti , tutti coloro che andavano al divano ; sull ' angolo delle mura vicino a Santa Sofia , il chiosco d ' Alai , dal quale Maometto IV gittò all ' esercito ribelle la sua favovita Meleki , e ventinove ufficiali della Corte , sbranati sotto i suoi occhi ; e all ' altra estremità delle mura , il chiosco Sepedgiler , vicino al quale i Padiscià davano congedo ai grandi ammiragli che partivano per le guerre lontane . Così la reggia formidabile , dall ' alto del colle , dov ' erano raccolte e nascoste le sue parti più vitali , si sparpagliava per la china e lungo la riva del mare , coronata di torri , irta di cannoni , inghirlandata di rose ; slanciava da tutte le parti le sue barchette dorate , levava al cielo un nuvolo di profumi come un enorme altare , specchiava nelle acque le mille fiammelle delle sue feste , gettava dall ' alto delle sue mura oro alla folla e cadaveri alle onde , ieri in balìa d ' una schiava , oggi in potere d ' un forsennato , domani ludibrio della soldatesca , bella come un ' isola fatata e sinistra come un sepolcro di vivi ... La notte è alta ; il Mar di Marmara riflette il cielo ardente di stelle ; la luna inargenta le cento cupole del Serraglio e imbianca le cime dei cipressi e dei platani , che distendono le loro grandi ombre nei vasti recinti , circondati da innumerevoli finestrine illuminate che si vanno spegnendo a una a una . I chioschi e le moschee risaltano con una bianchezza di neve in mezzo al verde lugubre dei boschetti . Le guglie , le punte dei minareti , le mezzelune aeree , le porte di bronzo , le graticole dorate luccicano fra gli alberi , presentando l ' apparenza vaga d ' una città d ' oro e d ' argento . La città imperiale s ' addormenta . Le tre grandi porte son state chiuse ora ora , e le chiavi enormi suonano ancora fra le mani dei capigì , sotto le vôlte degli alti vestiboli . Un drappello di capigì veglia dinanzi alla porta della Salute ; trenta eunuchi bianchi custodiscono la porta della Felicità , appiccicati ai muri e immobili come bassorilievi , col volto nell ' ombra . Centinaia di sentinelle invisibili , vigilano dalle mura e dalle torri , guardando il mare , il porto , le strade tenebrose di Stambul , e la mole enorme e muta di Santa Sofia . Nelle grandi cucine del primo cortile si vede ancora un saliscendi di lanterne , che rischiarano gli ultimi lavori ; poi tutto l ' edifizio rimane oscuro . Un lume brilla ancora nelle case del Veznedar agà e del Defterdar effendi . Qualche cosa brulica , nel secondo recinto , dinanzi alla casa del Grand ' Eunuco nero . Nel labirinto dell ' arem si vanno chiudendo le ultime porte . Gli eunuchi girano per i viali deserti , intorno ai chioschi oscuri , non udendo altro rumore che lo stormire degli alberi agitati dall ' aria marina e il mormorio monotono delle fontane . Un ' alta pace par che regni su tutta la reggia . Eppure una vita febbrile ribolle ancora fra quelle mura . Da tutto quel popolo di schiave , di soldati , di prigionieri , di servi , i pensieri della notte si levano confusamente , e superate le mura del Serraglio , volano ai quattro angoli del mondo a cercar luoghi cari e madri abbandonate dall ' infanzia , e a riandare vicende strane e terribili di tempi lontani . Le preghiere e i lamenti muti s ' incrociano per gli anditi e per i boschetti oscuri coi propositi di vendetta e di sangue , e coi desiderii insensati delle ambizioni segrete . La grande reggia dorme un sonno torbido , interrotto da riscotimenti improvvisi di diffidenza e di paura . Un bisbiglio diffuso di parole di cento lingue si confonde col suono dei respiri e col mormorio della vegetazione ventilata . A breve distanza , divisi da poche pareti , dorme il paggio che s ' è prostituito , l ' iman che ha predicato la parola di Dio , il carnefice che ha strozzato un innocente , il principe prigioniero che aspetta la morte , la sultana innamorata che si prepara alle nozze . Creature diseredate d ' ogni bene , riposano accanto a ricchezze favolose ; la bellezza divina , la deformità derisa , tutti i vizii , tutte le sventure , tutte le prostituzioni dell ' anima e della carne , si trovano rinchiuse fra le stesse mura . Le architetture moresche , che s ' innalzano sopra gli alberi , profilano nel cielo stellato le loro mille forme bizzarre ed aeree ; sui muri si allungano ombre graziose di frangie , di festoni e di trine ; le fontane illuminate dalla luna schizzano zaffiri e diamanti ; e tutti i profumi del giardino volano , portati dall ' aria notturna , confusi in una fragranza potente che entra per le grate nelle sale a destar fremiti di piacere e sogni lascivi . È l ' ora in cui gli eunuchi , seduti sotto gli alberi , cogli occhi fissi nel lume fioco che traluce dalle finestre dei chioschi , si rodono l ' anima e il cuore , tastando colle dita tremanti la punta del pugnale ; l ' ora in cui la povera giovinetta , rubata e venduta di fresco , dal finestrino alto della sua cella , guarda cogli occhi umidi di lagrime gli orizzonti sereni dell ' Asia , rimpiangendo la capanna dov ' è nata e la valle dove sono sepolti i suoi padri ; l ' ora in cui il galeotto incatenato , il muto macchiato di sangue , il nano spregiato , misurano con un tremito di sgomento l ' infinita distanza che li separa dall ' uomo che è sopra tutti , e interrogano dolorosamente il potere ascoso che tolse all ' uno la libertà , all ' altro la parola , al terzo la forma umana per dare ogni cosa ad un solo . È l ' ora in cui piangono i reietti e in cui tremano i grandi , malsicuri del domani . Le lanterne sparse per gli edifizi multiformi rischiarano fronti pallide di tesorieri curvi sulle carte ; teste scarmigliate d ' odalische , disperate d ' un lungo abbandono , che cercano il sonno invano sui guanciali infocati ; visi abbronzati di giannizzeri erculei , addormentati con un sorriso feroce , che tradisce la visione di una strage . I muri sottili sentono aneliti di voluttà e singhiozzi rotti da parole disperate . E mentre in un chiosco spuma il liquore maledetto in mezzo a un cerchio di baccanti seminude ; mentre in una sala semioscura , una povera sultana , madre da un istante , nasconde , urlando , il viso nei guanciali , per non vedere un lago di sangue nel quale spira la sua creatura , a cui , per ordine del Padiscià , la levatrice lasciò aperto il tubo ombelicale ; mentre le teste dei bey , uccisi al cader della notte , stillano le loro ultime goccie di sangue sui marmi delle nicchie di Bab - Umaiun ; nel chiosco più alto del terzo recinto , in una sala tappezzata di damasco vermiglio , sopra un letto di zibellino , in mezzo a un disordine sfarzoso di cuscini imperlati e di coperte di velluto splendenti d ' oro , su cui scende la luce vaga d ' una lanterna moresca d ' argento cesellato , appesa al soffitto di cedro , una bella fanciulla bruna , ravvolta in un grande velo bianco , che pochi anni sono conduceva l ' armento a traverso le pianure dell ' Arabia Felice , chinata sul viso pallido del terzo Murad , che riposa , sonnecchiando , ai suoi piedi , gli mormora con una voce timida e dolce : - V ' era una volta a Damasco un mercante chiamato Abu - Eiub che aveva raccolte molte ricchezze e viveva onorevolmente . E possedeva un figliuolo , ch ' era bello e che sapeva molte cose e che si chiamava Schiavo d ' amore , e una figliuola bellissima , che aveva per soprannome Forza dei cuori . Ora Abu - Eiub venne a morire e lasciò tutte le sue mercanzie fasciate e legate , e su tutte c ' era scritto : Per Bagdad . E Schiavo d ' amore domandò alla madre : - Perché c ' è scritto per Bagdad su tutte le mercanzie di mio padre ? - E la madre rispose : - Figliuol mio .... - Ma il Padiscià s ' è addormentato e la schiava abbandona dolcemente il suo capo sopra i guanciali . Tutte le porte dell ' arem son chiuse , tutti i lumi son spenti , la luna inargenta le cento cupole , le mezzelune e le finestre dorate luccicano tra gli alberi , le fontane zampillano rumorosamente nell ' alto silenzio della notte : tutto il Serraglio riposa . E così riposa da trent ' anni , abbandonato sulla sua collina solitaria ; e si possono ripetere per esso i versi del poeta persiano che vennero sulle labbra a Maometto il conquistatore quando pose il piede nel palazzo devastato degl ' Imperatori d ' Oriente : L ' immondo ragno ordisce le sue tele nelle sale dei re , e dalle vette superbe d ' Erasciab , il corvo vibra nell ' aria il suo canto sinistro . GLI ULTIMI GIORNI A questo punto mi trovo spezzata la catena delle reminiscenze minute e lucide , che permettono le lunghe descrizioni ; e non ricordo più che una serie di corse affannose da una riva all ' altra del Corno d ' oro e dall ' Europa all ' Asia , dopo le quali , la sera , mi vedevo passare davanti rapidissimamente , come in sogno , città luminose , folle immense , boschi , flotte , colline , e il pensiero della partenza vicina dava a ogni cosa un leggiero colore di tristezza , come se già quelle visioni non fossero più che ricordi d ' un paese lontano . [ Le moschee ] Eppure alcune immagini rimangono immobili in mezzo alla fuga di persone e di cose , a cui mi sembra d ' assistere quando penso a quei giorni . Ricordo la bella mattinata in cui visitai la maggior parte delle moschee imperiali , e pensandoci , mi pare ancora che si faccia intorno a me un immenso vuoto e un silenzio solenne . L ' immagine di Santa Sofia non scema affatto la meraviglia che si prova al primo entrare in mezzo a quelle mura titaniche . Anche là , come altrove , la religione dei vincitori s ' è appropriata l ' arte della religione dei vinti . Quasi tutte le moschee sono imitate dalla Basilica di Giustiniano ; hanno la grande cupola , le mezze cupole sottoposte , i cortili , i portici ; qualcheduna , la forma della croce greca . Ma l ' islamismo ha sparso su ogni cosa il colore e la luce propria , in modo che il complesso di quelle forme note presenta l ' apparenza d ' un edifizio nuovo , in cui s ' intravvedono gli orizzonti d ' un mondo sconosciuto e si sente l ' aura d ' un altro Dio . Sono navate enormi , d ' una semplicità austera e grandiosa , bianche in ogni parte , e rischiarate da finestre innumerevoli , che mettono per tutto una luce dolce ed uguale , in cui l ' occhio vede ogni cosa , da un ' estremità all ' altra , e riposa , insieme col pensiero , quasi addormentato in una quiete soave e diffusa , che somiglia a quella d ' una valle nevosa , coperta da un cielo bianco . Non si crederebbe d ' essere in un luogo chiuso se non si sentisse l ' eco sonora del proprio passo . Non v ' è nulla che distragga la mente : il pensiero va dritto , a traverso quel vuoto e quella chiarezza , all ' oggetto dell ' adorazione . Non v ' è argomento nè di malinconie nè di terrori ; non vi sono nè illusioni , nè misteri , nè angoli oscuri , in cui brillino vagamente le immagini d ' una gerarchia complicata d ' esseri sovrumani , che confondon la mente ; non v ' è che l ' idea chiara , netta , abbagliante , formidabile d ' un Dio solitario , che predilige la nudità severa dei deserti inondati di luce , e non ammette altro simulacro di sè stesso che il cielo . Tutte le moschee imperiali di Costantinopoli presentano questo medesimo aspetto di grandezza che solleva la mente , e di semplicità che la fissa in un solo pensiero , e differiscono così poco nei particolari , che è difficile il ricordarle a una , a una . La moschea d ' Ahmed , enorme , e pure graziosa e leggera , all ' esterno , come un edifizio aereo , appoggia la sua cupola sopra quattro smisurati pilastri rotondi di marmo bianco , nel cui seno si potrebbero aprire quattro piccole moschee , ed è la sola di Stambul che abbia la corona gloriosa di sei minareti . La moschea di Solimano , che è , più che un tempio , una città sacra , nella quale lo straniero si smarrisce , è formata da tre navate , e la sua cupola , più alta di quella di Santa Sofia , riposa sopra quattro colonne meravigliose di granito roseo , che fanno pensare ai fusti dei famosi alberi giganteschi della California . La moschea di Maometto è una Santa Sofia bianca ed allegra ; quella di Baiazet gode la primazia dell ' eleganza delle forme ; quella di Osmano è tutta di marmo ; quella di Scià - Zadé ha i due più graziosi minareti di Stambul ; quella di Ak - Serai è il più gentile modello del rinascimento dell ' arte turca ; quella di Selim è la più grave , quella di Mahmud la più capricciosa , quella della Sultana Validè la più ornata . Ognuna ha qualche bellezza sua propria o una leggenda o un privilegio . Sultan - Ahmed custodisce lo stendardo del Profeta , Sultan - Baizit è coronata di colombi , Solimaniè vanta le iscrizioni di Karà - hissari , Validè Sultan ha la falsa colonna d ' oro che costò la vita al conquistatore della Canea ; Sultan - Mehemet vede " undici moschee imperiali chinar la testa intorno a lei , come davanti al manipolo di Giuseppe s ' inchinavano i manipoli dei fratelli " . In una s ' innalzano le colonne del palazzo imperiale e dell ' Augusteon di Giustiniano , che portarono le statue di Venere , di Teodora e d ' Eudossia ; in altre si ritrovano i marmi delle chiese antiche di Calcedonia , colonne delle rovine di Troia , pilastri di templi d ' Egitto , vetri preziosi rapiti alle reggie persiane , materiali di circhi , di fori , di acquedotti , di basiliche : tutto confuso e svanito nell ' immensa bianchezza della religione vincitrice . Dentro differiscono anche meno che nella forma esterna . In fondo v ' è un pulpito di marmo ; in faccia , la loggia del Sultano chiusa da una grata dorata ; accanto al Mihrab , due candelabri enormi che sorreggono torcie alte come fusti di palme ; e per tutta la navata , lampade innumerevoli formate di grandi globi di vetro , e disposte in una maniera bizzarra , che par più propria a una grande festa di ballo che a una solennità religiosa . Le grandi iscrizioni sacre che girano intorno ai pilastri , alle porte , alle finestre delle cupole , qualche finto fregio dipinto a imitazione del marmo , e i vetri disegnati e coloriti a fiorami , sono i soli ornamenti che risaltino nella nudità bianca di quelle mura monumentali . Tesori di marmo sono profusi nei pavimenti dei vestiboli , nei portici che circondano i cortili , nelle fontane per le abluzioni , nei minareti ; ma non alterano il carattere graziosamente sobrio ed austero dell ' edifizio , tutto bianco , circondato di verde e coronato di cupole , scintillanti sull ' azzurro del cielo . E la moschea non occupa che la parte minore del recinto , il quale abbraccia un labirinto di cortili e di case . E qui ci sono auditorii per la lettura del Corano e luoghi di deposito per i tesori dei privati , biblioteche e accademie , scuole di medicina e scuole pei bambini , quartieri per gli studenti e cucine per i poveri , manicomi , infermerie , ricoveri per i viaggiatori , sale da bagno : una piccola città ospitale e benefica , affollata intorno alla mole altissima del tempio , come ai piedi d ' una montagna , e ombreggiata da alberi giganteschi . Ma tutte queste immagini si sono oscurate nella mia mente ; e non vedo più , in questo punto , che la piccola macchietta nera della mia persona , quasi smarrita , come un atomo , nelle enormi navate , in mezzo a lunghe file di piccolissimi turchi prostrati che pregano ; e vo innanzi abbagliato da quella bianchezza , stupito da quella luce strana , sbalordito da quella immensità , strascicando le mie babbuccie sdruscite e il mio orgoglio schiacciato di descrittore ; e mi par che una moschea si confonda coll ' altra , e che mi si stenda d ' intorno , in tutte le direzioni , una successione interminabile di pilastri e di volte , e una folla bianca infinita , nella quale il mio sguardo si perde . [ Le cisterne ] Le reminiscenze d ' un altro giorno son tutte oscure e piene di misteri e di fantasmi . Entro nel cortile d ' una casa musulmana , discendo , al lume di una fiaccola , sino all ' ultimo gradino di una scala tetra e umida , e mi trovo sotto le volte di Kere - batan Serai , la grande cisterna basilica di Costantino , della quale il volgo di Stambul dice che non si conoscono i confini . Le acque verdastre si perdono sotto le volte nere , rischiarate qua e là da un barlume di luce livida che accresce l ' orrore delle tenebre . La fiaccola colora di fuoco gli archi vicini alla porta , fa luccicare i muri sgocciolanti , e rivela confusamente file sterminate di colonne che intercettano lo sguardo da tutte le parti , come i tronchi degli alberi in una fittissima foresta allagata . La fantasia , attratta dalla voluttà del terrore , si slancia per quelle fughe di portici sepolcrali , sorvolando le acque sinistre , e si smarrisce in infiniti giri vertiginosi in mezzo alle colonne innumerevoli , mentre la voce sommessa d ' un dracomanno racconta le storie paurose di chi s ' avventurò sopra una barca in quel sotterraneo per scoprirne i confini , e tornò indietro molte ore dopo , remando disperatamente , col volto trasfigurato e coi capelli irti , mentre le volte lontane echeggiavano di risate fragorose e di fischi acuti ; e d ' altri che non tornarono più , che finirono chi sa come , forse impazziti dal terrore , forse morti di fame , forse trascinati da una corrente misteriosa in un abisso sconosciuto , molto lontano da Stambul , Dio solo sa dove . Questa visione lugubre sparisce improvvisamente nella grande luce della piazza dell ' At - meidan , e pochi minuti dopo mi trovo daccapo sotto terra , fra le duecento colonne della cisterna asciutta Bin - birdirek , dove cento operai greci filano la seta , cantando con voci acute una canzone guerriera , rischiarati da un raggio di luce pallida che si rompe negl ' incrociamenti delle arcate ; e sento sopra il mio capo lo strepito confuso d ' una carovana che passa . Poi daccapo l ' aria aperta e la luce del sole , e poi di nuovo l ' oscurità , sotto altre arcate secolari , in mezzo ad altre file di colonne , in una quiete di sepolcro , turbata da un suono fioco di voci lontane ; e così fino a sera , un pellegrinaggio misterioso e pensieroso , dopo il quale mi rimane per molto tempo dinanzi agli occhi l ' immagine di un vasto lago sotterraneo , in cui sia sprofondata la metropoli dell ' impero greco , e in cui Stambul , ridente ed incauta debba un giorno alla sua volta sparire . [ Scutari ] Tutta questa oscurità svanisce dinanzi all ' immagine splendida di Scutari . Andando a Scutari , sopra un piroscafo affollato , discutevamo sempre , il mio amico ed io , se il primato della bellezza appartenesse a quella riva o alle due rive del Corno d ' oro . Yunk preferiva Scutari ; io , Stambul . Ma Scutari m ' innamorava coi suoi improvvisi cangiamenti d ' aspetto , coi quali pare che voglia pigliarsi gioco di chi le s ' avvicina dal mare . Guardata dal Mar di Marmara , non pare che un grande villaggio disteso sopra una collina . Guardata dal Corno d ' oro , presenta già l ' aspetto d ' una città . Ma quando il piroscafo , girando intorno alla punta più avanzata della riva asiatica , va dritto verso il suo porto , allora la cittadina s ' allarga e s ' innalza ; le colline coperte d ' edifizi saltan fuori l ' una di dietro all ' altra ; i sobborghi sbucano dalle valli , le villette si sparpagliano sulle alture ; la riva , tutta variopinta di casette , si svolge a perdita d ' occhi ; una città enorme , pomposa , teatrale , che non si comprende dove potesse stare nascosta , si scopre allo sguardo in pochi momenti come all ' alzarsi d ' un telone immenso , e fa rimaner là stupefatti come aspettando che torni a sparire . Si scende sopra uno scalo di legno , fra un visibilio di barcaiuoli , di noleggiatori di cavalli e di dracomanni , e si va su per la via principale che sale dolcemente , serpeggiando , in mezzo a casette rosse e gialle , vestite d ' edera e di pampini , fra muri di giardini riboccanti di verzura , sotto alti pergolati , all ' ombra di grandi platani che chiudono quasi il passaggio ; si passa dinanzi a caffè turchi , ingombri di fannulloni asiatici , che fumano , sdraiati , cogli occhi fissi non si sa dove ; s ' incontrano branchi di capre , carri pesanti di campagna , tirati da bufali colla testa infiorata , contadini in fez e in turbante , convogli funebri musulmani , e brigatelle di hanum villeggianti , che portano mazzi di fiori e ramoscelli . Par di vedere un ' altra Stambul , meno maestosa , ma più gaia e più fresca di quella delle sette colline . È come una grande città villereccia . La campagna l ' invade da tutte le parti . Le stradicciuole , fiancheggiate da casine da presepio , scendono e salgono per valli e per colline , e si perdono nel verde dei giardini e degli orti . Nelle parti alte della città regna la pace profonda della campagna ; nelle parti basse brulica la vita affaccendata delle città di mare ; dalle grandi caserme che sorgono qua e là , esce un frastuono confuso di grida , di canti e di tamburi , e migliaia d ' uccelletti saltellano , per le viuzze solitarie . Seguitando un convoglio mortuario , usciamo dalla città , ci addentriamo nel cimitero famoso , ci smarriamo in una grande foresta di cipressi altissimi , che si stende da una parte verso il Mar di Marmara e dall ' altra verso il Corno d ' oro , sopra un vasto terreno montuoso . Le pietre sepolcrali biancheggiano tutt ' intorno fin dove arriva lo sguardo , a mucchi , a file sterminate , in mezzo ai cespugli e ai fiori selvatici , in una rete infinita di sentieri , fra i tronchi fittissimi , che lasciano appena vedere l ' orizzonte come una lontana striscia luminosa e ondeggiante . Andiamo innanzi , a caso , in mezzo ai cippi dipinti e dorati , ritti e rovesci , fra le cancellate dei sepolcri di famiglia , fra i piccoli mausolei dei pascià , fra le colonnette rozze del volgo , vedendo qua e là mazzi di fiori appassiti e cocuzzoli di cranii che spuntano fra la terra smossa , udendo grugare da ogni parte i colombi nascosti nei cipressi ; e via via , pare che la foresta si allarghi , che le pietre pullulino , che i sentieri si moltiplichino , che la striscia luminosa dell ' orizzonte si allontani , che il regno della morte s ' avanzi a passo a passo con noi ; e cominciamo a domandarci come n ' usciremo , quando sbocchiamo inaspettatamente in un larghissimo viale , che ci conduce nella vasta pianura aperta d ' Haidar pascià , dove si raccoglievano gli eserciti musulmani per muovere alle guerre dell ' Asia , e di là abbracciamo con uno sguardo il Mar di Marmara , Stambul , l ' imboccatura del Corno d ' oro , Galata e Pera , tutto velato leggermente dai vapori della mattina e tinto di colori di paradiso , che ci fanno risentire un fremito della meraviglia e della gioia dell ' arrivo . [ Palazzo di Ceragan ] Un ' altra mattina ci troviamo in un carrozzone del tramway , in mezzo a due colossali eunuchi neri , incaricati da un aiutante di campo d ' Abdul - Aziz di condurci a visitare il palazzo imperiale di Ceragan , posto sulla riva del Bosforo ai piedi del sobborgo di Bescic - Tass . Mi ricordo del sentimento indefinibile , misto di curiosità e di ribrezzo , che provavo guardando colla coda dell ' occhio l ' eunuco che m ' era accanto , il quale mi sorpassava di quasi tutta la testa , e teneva stesa sul ginocchio una mano smisurata ; e ogni volta che mi voltavo , sentivo un profumo leggiero di essenza di bergamotto che usciva dai suoi panni lucidi e corretti di cortigiano . Quando il carrozzone si fermò , misi la mano in tasca per prendere il portamonete ; ma la mano smisurata dell ' eunuco m ' afferrò il braccio come una tanaglia di ferro , e i suoi grandi occhi di negro si fissarono nei miei , come per dire : - Cristiano , non mi far questo affronto o ti slogo le ossa . - Si discese dinanzi a una piccola porta arabescata , si percorse un lunghissimo corridoio , dove ci venne incontro un drappello di servitori in livrea , e infilate le babbuccie , si salì per una larga scala , che metteva alle sale della reggia . Qui non ci fu bisogno d ' evocare i ricordi storici per procurarsi un ' illusione di vita . L ' aria era ancora calda dell ' alito della Corte . I larghissimi divani coperti di velluto e di raso , che si stendevano lungo le pareti , erano proprio quelli su cui , poche settimane prima , si erano sedute le odalische del Gran Signore . Un vago profumo di vita molle e fastosa riempiva ancora l ' aria . Si passò per un lungo giro di sale , decorate con uno stile misto di europeo e di moresco , nitidissime e belle d ' una certa semplicità superba , che ci faceva abbassare la voce ; mentre gli eunuchi , borbottando spiegazioni incomprensibili , ci indicavano ora un angolo , ora una porta , con un gesto circospetto , come se accennassero a un mistero . Le cortine di seta , i tappeti di mille colori , le tavole di musaico , i bei quadri a olio messi a contrallume , i begli archi a stalattiti delle porte tramezzate da colonnine arabe , gli altissimi candelabri simili ad alberi di cristallo che tintinnavano rumorosamente al nostro passaggio , si succedevano e si confondevano , appena visti , nella nostra fantasia , tutta intesa a inseguire immagini fuggenti di cadine sorprese . Non mi è rimasta dinanzi agli occhi che la sala da bagno del Sultano , tutta di marmo bianchissimo , scolpito a stalattiti , a fiori penzoli , a frangio e a ricami aerei , d ' una delicatezza , da far temere che si stacchino a toccarli colla punta delle dita . La disposizione delle sale mi ricordava vagamente l ' Alhambra . Camminavamo in fretta sui tappeti spessissimi , senza far rumore , quasi furtivamente . Di tanto in tanto un eunuco tirava un cordone , una tenda verde s ' alzava , e vedevamo , per un ' ampia finestra , il Bosforo , l ' Asia , mille navi , una gran luce ; poi tutto spariva ad un tratto lasciandoci come abbarbagliati da un lampo . Da una finestra vedemmo di sfuggita un piccolo giardino , chiuso da alti muri , lindo , compassato , monacale , che ci rivelò in un momento mille segrete malinconie di belle donne assetate d ' amore e di libertà , e disparve improvvisamente dietro la tenda . E le sale non finivan mai , e alla vista d ' ogni nuova porta , affrettavamo il passo per affacciarci inaspettati alla nuova sala ; ma non si vedeva più nemmeno lo strascico d ' una veste , le odalische erano scomparse , un silenzio profondo regnava in ogni parte , il fruscìo che ci faceva voltare indietro curiosamente non era che il fruscìo delle tende pesanti di broccato che ricadevano sulla soglia della porta ; e il tintinnìo dei candelabri di cristallo c ' indispettiva come se fosse la risata argentina di qualche bella nascosta , che ci schernisse . E infine ci venne in uggia quell ' andare e venire senza fine per quella reggia muta , fra quelle ricchezze morte , vedendo riflesse a ogni passo , dai grandi specchi , quelle faccie nere d ' eunuchi , quel drappello sinistro di servitori pensierosi , e i nostri due visi attoniti di vagabondi ; e uscimmo quasi correndo , e provammo un gran piacere nel ritrovarci all ' aria libera , fra le case miserabili , in mezzo alla popolaglia cenciosa e vociferante del quartiere di Top - hanè . Eyub E la necropoli d ' Eyub come dimenticarla ? Ci andammo una sera al tramonto , e m ' è sempre rimasta nella memoria , così come la vidi , illuminata dagli ultimi raggi del sole . Un caicco leggerissimo ci condusse fino in fondo al Corno d ' oro , e salimmo alla " terra santa " degli Osmani per un sentiero ripido , fiancheggiato di sepolcri . In quell ' ora gli scalpellini che lavorano il giorno intorno ai cippi , e fanno echeggiare la vasta necropoli dei loro colpi sonori , erano già partiti ; il luogo era deserto . Andammo innanzi , circospetti , guardando intorno se apparisse il volto severo d ' un iman o d ' un dervis , poichè là , meno che in ogni altro luogo sacro , è tollerata la curiosità profana di un giaurro ; ma non vedemmo nè cappelli conici nè turbanti . Arrivammo , con qualche trepidazione , sino a quella misteriosa moschea d ' Eyub , della quale avevamo visto mille volte dalle colline dell ' altra riva e da tutti i seni del Corno d ' oro le cupolone scintillanti e i minareti leggieri . Nel cortile , all ' ombra d ' un grande platano , s ' innalza in forma di chiosco , perpetuamente rischiarato da una corona di lampade , il mausoleo che racchiude il corpo del portastendardo famoso del Profeta , morto coi primi musulmani sotto Bisanzio , e ritrovato otto secoli dopo , sepolto su quella riva , da Maometto il conquistatore . Maometto gli consacrò quella moschea , nella quale vanno i Padiscià a cingere solennemente la spada d ' Otmano ; poichè è quella la moschea più santa di Costantinopoli , come il cimitero che la circonda è il più sacro dei cimiteri . Intorno alla moschea , all ' ombra di grandi alberi , s ' innalzano turbè di Sultane , di vizir , di grandi della Corte , circondati di fiori , splendidi di marmi e di rabeschi d ' oro , e decorati d ' iscrizioni pompose . In disparte v ' è il tempietto mortuario dei muftì coperto da una cupola ottagona , nel quale riposano i grandi sacerdoti chiusi in enormi catafalchi neri , sormontati da altissimi turbanti di mussolina . È una città di tombe , tutta bianca e ombrosa , e regalmente gentile , che insieme alla tristezza religiosa ispira non so che sentimento di soggezione mondana , come un quartiere aristocratico , muto d ' un silenzio superbo . Si passa in mezzo a muri bianchi e a cancellate delicatissime da cui scende a ghirlande e a ciocche la verzura dei giardini funebri , e sporgono i rami delle acacie , delle quercie e dei mirti , e per le trine di ferro dorato che chiudono le finestre arcate dei turbè , si vedono dentro , in una luce soave , i mausolei marmorei , tinti dei riflessi verdi degli alberi . In nessun altro luogo di Stambul si spiega così graziosamente l ' arte musulmana di illeggiadrire l ' immagine della morte e di farvi fissare il pensiero senza terrore . È una necropoli , una reggia , un giardino , un panteon , pieno di malinconia e di grazia , che chiama insieme sulle labbra la preghiera e il sorriso . E da tutte le parti gli si stendono intorno i cimiteri , ombreggiati da cipressi secolari , attraversati da viali serpeggianti , bianchi di miriadi di cippi che par che si precipitino giù per le chine per andarsi a tuffare nelle acque o che si affollino lungo i sentieri per veder passare delle larve . E da mille recessi oscuri , allargando i rami dei cespugli , si vede a destra , confusamente , Stambul lontana , che presenta l ' aspetto d ' una fuga di città azzurrine , staccate l ' una dall ' altra ; sotto , il Corno d ' oro , su cui lampeggia l ' ultimo raggio del sole ; in faccia , i sobborghi di Sudlugé , di Halidgi - Ogli , di Piri - Pascià , di Hass - kioi , e più lontano il grande quartiere di Kassim e il profilo vago di Galata , perduti in una dolcezza infinita di tinte tremole e morenti , che non paion cosa di questa terra . [ Il museo dei Giannizzeri ] Tutto questo svanisce , e mi trovo a passeggiare per lunghissimi cameroni nudi , in mezzo a due schiere immobili di figure sinistre , che paiono cadaveri inchiodati alle pareti . Non ricordo d ' aver mai provato un senso così vivo di ribrezzo fuorchè a Londra , nell ' ultima sala del museo Tussaud , dove s ' intravvedono nell ' oscurità i più orrendi assassini d ' Inghilterra . È come un museo di spettri , o piuttosto un sepolcro aperto , in cui si trovano , mummificati , i più famosi personaggi di quella vecchia Turchia splendida , stravagante e feroce , che non esiste più se non nella memoria dei vecchi e nella fantasia dei poeti . Sono centinaia di grandi figure di legno , colorite , vestite dei vecchi costumi , ritte , in atteggiamenti rigidi e superbi , coi visi alti , cogli occhi spalancati , colle mani sull ' else , che par che aspettino un cenno per snudare le lame e far sangue , come al buon tempo antico . Prima viene la casa del Padiscià : il grand ' eunuco , il gran vizir , il muftì , ciambellani e grandi ufficiali , col capo coperto di turbanti d ' ogni colore , piramidali , sferici , quadrati , spropositati , prodigiosi , con caffettani di broccato di colori smaglianti , coperti di ricami , con tuniche di seta vermiglia e di seta bianca , strette alla vita da sciarpe di casimir , con vesti dorate , coi petti coperti di lastre d ' oro e d ' argento , con armi principesche : due lunghe file di spauracchi bizzarri e splendidi , che rivelano in modo ammirabile la natura dell ' antica corte ottomana , spudoratamente fastosa e barbaricamente superba . Seguono i paggi che portano le pelliccie del Padiscià , il turbante , lo sgabello , la spada . Poi le guardie delle porte e dei giardini , le guardie del Sultano , gli eunuchi bianchi e gli eunuchi neri , con visi di magi e d ' idoli , scintillanti , impennacchiati , colle teste coperte di cappelli persiani e di caschi metallici , di berrette purpuree , di turbanti strani , della forma di mezzelune , di coni , di piramidi rovescie ; armati di verghe d ' acciaio , di pugnalacci e di fruste come un branco d ' assassini e di carnefici ; e l ' uno guarda in aria di disprezzo , un altro digrigna i denti , un terzo caccia fuor dell ' orbita due occhi assetati di sangue , un quarto sorride con un ' espressione di sarcasmo satanico . E in fine , il corpo dei giannizzeri , col suo santo patrono , Emin babà , scheletrito , vestito d ' una tunica bianca , e ufficiali di tutti i gradi simboleggiati dai varii uffici della cucina , e soldati di ogni classe con tutti gli emblemi e tutte le divise di quell ' esercito insolente sterminato dalla mitraglia di Mahmud . E qui la bizzarria grottesca e puerile dei vestiari , mista al terrore delle memorie , produce l ' impressione d ' una pagliacciata feroce . La più sbrigliata fantasia di pittore non riuscirebbe mai a formare una così pazza confusione di vestimenti da re , da sacerdoti , da briganti , da giullari . I " portatori d ' acqua " , i " preparatori della minestra " , i " cuochi superiori " , i " capi dei guatteri " , i soldati incaricati di servizii speciali , si succedono in lunghe file , colle scope e coi cucchiai nei turbanti , cui sonagli appesi alle tuniche , cogli otri , colle marmitte famose che davano il segnale delle rivolte , coi grandi berretti di pelo , colle larghe stoffe cadenti , come mantelli di negromanti , dalla nuca sui lombi , colle larghe cinture di dischi di metallo cesellato , colle sciabole gigantesche , cogli occhi di granchio , coi busti enormi , coi volti contratti in atteggiamenti di beffa , di minaccia e d ' insulto . Ultimi vengono i muti del Serraglio , col cordone di seta alla mano , e i nani e i buffoni , con visi ributtanti di cretini inviperiti , e corone burlesche sul capo . Le grandi vetrine in cui è chiusa tutta questa gente , danno al luogo una cert ' aria di museo anatomico , che rende più verosimile l ' apparenza cadaverica dei simulacri e fa qualche volta torcere il viso con orrore . Arrivati in fondo , sembra d ' esser passati per una sala dell ' antico serraglio , in mezzo a tutta la Corte , agghiacciata di terrore da un grido minaccioso del Padiscià ; ed uscendo e incontrando sulla piazza dell ' Atmeidan i pascià in abito nero e i nizam vestiti modestamente alla zuava , oh come par mite ed amabile la Turchia dei nostri giorni ! E anche di là ritorno irresistibilmente fra le tombe , in mezzo agli innumerevoli turbé imperiali sparsi per la città turca , che rimarranno sempre nella mia memoria come una delle più gentili manifestazioni dell ' arte e della filosofia musulmana . Un firmano ci fece aprire , per il primo , il turbè di Mahmud il riformatore , posto poco lontano dall ' Atmeidan , in un giardino pieno di rose e di gelsomini . È un bel tempietto esagono , di marmo bianco , coperto di una cupola rivestita di piombo , sostenuto da pilastri ionici e rischiarato da sette finestre chiuse da inferriate dorate , alcune delle quali guardano in una delle vie principali di Stambul . Le pareti interne sono ornate di bassorilievi e decorate di tappeti di seta e di broccato . Nel mezzo sorge il sarcofago coperto di bellissimi scialli persiani ; e v ' è sopra il fez , emblema della riforma , col pennacchietto scintillante di diamanti , e intorno una graziosa balaustrata , intarsiata di madreperla , che racchiude quattro grandi candelabri d ' argento . Lungo le pareti ci sono i sarcofagi di sette sultane . Il pavimento è coperto di stuoie finissime e di tappeti variopinti . Qua e là , sopra ricchi leggii , brillano dei corani preziosi , scritti in caratteri d ' oro . In una cassetta d ' argento v ' è un lungo pezzo di mussolina , arrotolato , tutto coperto di minutissimi caratteri arabi , tracciati dalla mano di Mahmud . Prima di salire al trono , quando viveva prigioniero nell ' antico serraglio , egli trascrisse pazientemente su quel pezzo di stoffa una gran parte del Corano , e morendo , ordinò che quel suo ricordo giovanile fosse posto sulla sua tomba . Dall ' interno del turbé si vede a traverso le inferriate dorate il verde del giardino e si sente l ' odor delle rose ; una luce viva rischiara tutto il tempietto ; tutti i rumori della città vi risuonano come sotto un portico aperto ; le donne e i fanciulli , dalla strada , s ' affacciano alle finestre e bisbigliano una preghiera . V ' è in tutto questo un che di primitivo e di dolce , che tocca il cuore . Pare che non il cadavere , ma l ' anima del Sultano sia chiusa fra quelle pareti , e che veda e senta ancora il suo popolo , che passa e lo saluta . Morendo , egli non ha fatto che cambiare di chiosco ; dai chioschi del Serraglio è venuto in quest ' altro , non meno ridente , ed è sempre alla luce del sole , in mezzo allo strepito della vita di Stambul , tra i suoi figli , anzi più vicino ad essi , sull ' orlo della via , sotto gli occhi di tutti , e mostra ancora al popolo il suo pennacchietto scintillante come quando andava alla moschea , pieno di vita e di gloria , a pregare per la prosperità dell ' Impero . E così son quasi tutti gli altri turbé , quello d ' Ahmed , quello di Bajazet , che appoggia la testa sopra un mattone composto colla polvere raccolta dai suoi abiti e dalle sue babbuccie ; quello di Solimano , quello di Mustafà e di Selim III , quello d ' Abdul - Hamid , quello della sultana Rosellana . Son tempietti sostenuti da pilastri di marmo bianco e di porfido , luccicanti d ' ambra e di madreperla ; in alcuni dei quali scende l ' acqua piovana , per un ' apertura della cupola , a bagnare i fiori e l ' erbe intorno ai sarcofagi , coperti di velluti e di trine ; e dalle volte pendono ova di struzzo e lampade dorate che rischiarano le tombe dei principi , disposte a corona intorno al sepolcro paterno , con su i fazzoletti che servirono a strozzarli bambini o giovinetti ; forse per indurre nei fedeli , colla pietà delle vittime , il sentimento della necessità fatale di quei delitti . E ricordo , che a furia di vedere immagini di quelle morti , cominciavo a sentire in me come un principio di asservimento del pensiero e del cuore alla iniqua ragione di Stato che le sanciva ; come a furia di trovare a ogni passo , nelle moschee , nelle fontane , nei turbé , in mille immagini , ricordato e glorificato il nome d ' un uomo , una potenza assoluta e suprema , qualche cosa , dentro di me , cominciava a sottomettersi ; come a furia di errare all ' ombra dei cimiteri e di fissare il pensiero nei sepolcri , cominciavo a considerare sotto un nuovo aspetto , quasi sereno , la morte ; a provare un sentimento più queto e più noncurante della vita ; a abbandonarmi a non so che filosofia odiosa , a un vagare indefinito del pensiero , a uno stato nuovo dell ' animo , in cui mi pareva che il meglio fosse passare il tempo placidamente sognando e lasciare che quello che è scritto si compia . E provavo un sentimento improvvido di uggia e d ' avversione quando in mezzo a quelle fantasie serene e quiete , mi s ' affacciava l ' immagine delle nostre città affaticate , delle nostre chiese oscure , dei nostri cimiteri murati e deserti . [ I dervis ] E anche i dervis mi passano dinanzi , fra le immagini di quegli ultimi giorni ; e sono i dervis Mevlevi ( il più famoso dei trentadue ordini ) che hanno un notissimo tekké in via di Pera . Ci andai preparato a vedere dei volti luminosi di santi , rapiti da allucinazioni paradisiache . Ma ci ebbi una gran delusione . Ahimè ! anche nei dervis la fiamma della fede " lambe l ' arido stame " . La famosa danza divina non mi parve che una fredda rappresentazione teatrale . Sono curiosi a vedersi , senza dubbio , quando entrano nella moschea circolare , l ' un dietro l ' altro , ravvolti in un grande mantello bruno , col capo basso , colle braccia nascoste , accompagnati da una musica barbara , monotona e dolcissima , che somiglia al gemito del vento fra i cipressi del cimitero di Scutari , e fa sognare a occhi aperti ; e quando girano intorno , e s ' inchinano a due a due dinanzi al Mirab , con un movimento maestoso e languido che fa nascere un dubbio improvviso sul loro sesso . Così è pure una bella scena quando buttano in terra il mantello con un gesto vivace , e appariscono tutti vestiti di bianco , colla lunga gonnella di lana , e allargando le braccia in atto amoroso e rovesciando la testa , si abbandonano l ' un dopo l ' altro ai giri , come se fossero slanciati da una mano invisibile ; e quando girano tutti insieme nel mezzo della moschea , equidistanti fra loro , senza scostarsi d ' un filo dal proprio posto , come automi sur un perno , bianchi , leggeri , rapidissimi , colla gonnella gonfia e ondeggiante , e cogli occhi socchiusi ; e quando si precipitano tutti insieme , come atterrati da una apparizione sovrumana , soffocando contro il pavimento il grido tonante di Allà ; e quando ricominciano a inchinarsi e a baciarsi le mani e a girare intorno , rasente il muro , con un passo grazioso tra l ' andatura e la danza . Ma le estasi , i rapimenti , i volti trasfigurati , che tanti viaggiatori videro e descrissero , io non li vidi . Non vidi che dei ballerini agilissimi e infaticabili che facevano il loro mestiere colla massima indifferenza . Vidi anzi delle risa represse ; scopersi un giovane dervis che non pareva punto scontento d ' esser guardato fisso da una signora inglese affacciata a una tribuna in faccia a lui ; e ne colsi sul fatto parecchi che , nell ' atto di baciar le mani ai compagni , tiravano a morderli di nascosto , e questi li respingevano a pizzicotti . Ah gl ' ipocriti ! Quello che mi fece più senso fu il vedere in tutti quegli uomini , e ce n ' eran d ' ogni età e d ' ogni aspetto , una grazia e un ' eleganza di mosse e d ' atteggiamenti , che potrebbero invidiare molti dei nostri ballerini da salotto ; e che è certo un pregio naturale delle razze orientali , dovuto ad una particolare struttura del corpo . E lo notai anche meglio un altro giorno , in cui potei penetrare in una celletta del tekké , e veder da vicino un dervis che si preparava alla funzione . Era un giovane imberbe , alto e snello , di fisonomia femminea . Si stringeva ai fianchi la sottana bianca , guardandosi nello specchio ; si voltava verso di noi e sorrideva ; si tastava colle mani la vita sottile ; si accomodava in fretta , ma con garbo , e con un occhio d ' artista , tutte le parti del vestimento , come una signora che dia gli ultimi tocchi alla sua acconciatura ; e visto di dietro , con quello strascico , presentava infatti il profilo di un bel fusto di ragazza vestita da ballo che domandasse un giudizio allo specchio .... Ed era un frate ! . Oh strane cose in vero , come diceva Desdemona a Otello . [ Ciamligià ] Ma il più bello dei miei ultimi ricordi è sulla cima del monte Ciamligià , che s ' alza alle spalle di Scutari . Di là diedi alla città il mio ultimo saluto , e fu l ' ultima e la più splendida delle mie grandi visioni di Costantinopoli . Andammo a Scutari allo spuntare del giorno con un tempo nebbioso . La nebbia c ' era ancora , quando s ' arrivò sulla cima del monte ; ma il cielo prometteva una giornata serena . Sotto di noi , tutto era nascosto . Era uno spettacolo singolarissimo . Una immensa tenda grigia orizzontale , che noi dominavamo tutta collo sguardo , copriva Scutari , il Bosforo , il Corno d ' oro , tutta Costantinopoli . Non si vedeva assolutamente nulla . La grande città , con tutti i suoi sobborghi e tutti i suoi porti , pareva che fosse sparita . Era come un mare di nebbia da cui non usciva che la cima di Ciamligià , come un ' isola . E noi guardavamo quel mare grigio , immaginando di essere due poveri pellegrini , venuti d ' in fondo all ' Asia Minore , e arrivati là , prima dell ' alba , sopra quella gran nebbia , senza sapere che ci fosse sotto la grande metropoli dell ' Impero ottomano , e provavamo un gran piacere a seguire colla fantasia il sentimento crescente di stupore e di meraviglia che quei pellegrini avrebbero provato vedendo apparire a poco a poco , al levarsi del sole , sotto quell ' immenso velo grigio , la città meravigliosa e inaspettata . E infatti , di là a poco , il velo fittissimo si cominciò a rompere nello stesso tempo in varii punti . Si videro apparire qua e là , su quella vasta superficie grigia , come tanti principii di città , che parevano isolette ; un arcipelago di cittadine nuotanti nella nebbia , e sparpagliate a grandi distanze : la cima di Scutari , le sette cime delle colline di Stambul , la sommità di Pera , i sobborghi più alti della riva europea del Bosforo , la cresta di Kassim Pascià , qualcosa di confuso dei più lontani sobborghi del Corno d ' Oro , laggiù verso Eyub e Hass - Kioi ; venti piccole Costantinopoli , rosate ed aree , irte di innumerevoli punte bianche , verdi e argentine . Poi ciascheduna prese a allargarsi , a allargarsi , come se s ' innalzasse lentamente sopra quel mare vaporoso , e venivan su , a galla , da tutte le parti , migliaia di tetti , di cupole , di torri , di minareti , che pareva s ' affollassero , o si schierassero in furia , per trovarsi al proprio posto prima di esser sorprese dal sole . Già si vedeva sotto tutta Scutari ; in faccia , quasi tutta Stambul ; sull ' altra riva del Corno d ' oro , la parte più alta di tutti i sobborghi che si stendono da Galata alle Acque dolci ; e sulla riva europea del Bosforo , Top - hané , Funduclú , Dolma bagcè , Besci - tass , e via , a perdita d ' occhi , città accanto a città , gradinate immense di edifizi , e città più lontane che non mostravano che la fronte , suffuse dall ' aurora d ' un soavissimo rossore di corallo . Ma il Corno d ' oro , il Bosforo , il mare erano ancora nascosti . I pellegrini non ci avrebbero capito nulla . Avrebbero potuto immaginare che l ' immensa città fosse fabbricata sopra due valli profonde , e perpetuamente nebbiose , di cui l ' una entrasse nell ' altra , e domandarsi che cosa si potesse nascondere in quei due abissi misteriosi . Ma ecco , in pochi momenti , il grigio delle ultime nebbie si chiarisce - azzurreggia - splende - è acqua - è una rada - uno stretto - un mare - due mari : tutta Costantinopoli è là , immersa in un oceano di luce , d ' azzurro e di verde , che par creato da un ' ora . Ah ! in quel punto , s ' ha un bell ' avere già contemplato da mille altezze quella bellezza , s ' ha un bell ' averla scrutata in tutti i suoi particolari , e aver espresso in mille modi lo stupore e l ' ammirazione ; ma bisogna strepitare e gridare ancora ; e pensando che fra pochi giorni tutto sparirà dai nostri occhi , per non esser più che un ricordo confuso , che quel velo di nebbia non si alzerà mai più , che è quello il momento di dare l ' ultimo addio a ogni cosa ... non so ... sembra di dover partire per l ' esilio e che l ' orizzonte della nostra vita s ' oscuri . Eppure anche a Costantinopoli , negli ultimi giorni , ci colse la noia . La mente affaticata si rifiutava alle nuove impressioni . Passavamo sul ponte senza voltarci . Tutto ci pareva d ' un colore . Giravamo senza scopo , sbadigliando , coll ' aria di vagabondi sconclusionati . Passavamo ore ed ore dinanzi a un caffè turco , cogli occhi fissi sui ciottoli , o alla finestra dall ' albergo a guardare i gatti che vagavano sui tetti delle case dirimpetto . Eravamo sazii d ' Oriente ; cominciavamo a sentire un bisogno prepotente di raccoglimento e di lavoro . Poi piovve per due giorni : Costantinopoli si convertì in un immenso pantano e diventò tutta grigia . E quello fu il colpo di grazia . Ci pigliò l ' umor nero , dicevamo corna della città , eravamo diventati insolenti , sfrontati , pieni di pretese e di boria europea . Chi ce l ' avesse detto il giorno dell ' arrivo ! E a che punto si giunse ! Si giunse a far festa il giorno che s ' uscì dall ' ufficio del Lloyd austriaco con due biglietti d ' imbarco per Varna e per il Danubio ! Ma c ' era un punto nero in quella festa , ed era il dispiacere di doverci separare dai nostri buoni amici di Pera , coi quali passammo tutte quelle ultime sere , affettuosamente . Com ' è tristo questo dover sempre dire addio , e spezzar sempre dei legami , e lasciare un briciolo del proprio cuore da per tutto ! Non c ' è dunque proprio in nessuna parte del mondo una bacchetta fatata con cui io possa un giorno , a una data ora , far ricomparire tutti insieme intorno a una gran tavola imbandita tutti i miei buoni amici sparsi alle quattro plaghe dei venti : te da Costantinopoli , Santoro ; te dalle rive dell ' Affrica , Selam ; te dalle dune dell ' Olanda , Ten Brink ; te , Segovia , dal Guadalguivir , e te , Saavedra , dal Tago , per gridarvi che vi avrò sempre nel cuore ? Ahimè ! la bacchetta non si trova , e intanto gli anni passano e le speranze volano via . I TURCHI Ora , prima di salire sul bastimento austriaco che fuma nel Corno d ' oro , in faccia a Galata , pronto a partire per il Mar Nero , mi rimane da esporre modestamente , da povero viaggiatore , alcune osservazioni generali , che rispondano alla domanda : - Che cosa t ' è parso dei Turchi ? - osservazioni spontanee , liberissime da ogni considerazione degli avvenimenti presenti , e ricavate tali e quali dalle mie memorie di quei giorni . A quella domanda : - Che cosa t ' è parso dei Turchi ? - mi si ravviva , per prima cosa , l ' impressione che produsse in me , così il primo giorno che l ' ultimo , l ' aspetto esteriore della popolazione maschia di Stambul . Anche non tenendo conto della differenza delle forme fisiche , è un ' impressione affatto diversa da quella che produce la gente di qualunque altra città europea . Sembra di vedere un popolo - non so come render meglio la mia idea - nel quale tutti pensino perpetuamente alla medesima cosa . La stessa impressione possono produrre , in un abitante dell ' Europa meridionale , che osservi superficialmente , gli abitanti delle città nordiche ; ma la cosa è molto diversa . Questi hanno la serietà e il raccoglimento di gente affaccendata , che pensi ai fatti proprii ; i turchi hanno l ' aspetto di gente che pensi a qualche cosa remota e indeterminata . Paiono tutti filosofi assorti in un ' idea fissa , o sonnambuli , che camminino senza accorgersi del luogo dove sono e delle cose che hanno intorno . Guardano tutti diritto e lontano come chi è abituato a contemplare dei grandi orizzonti , e hanno una vaga espressione di tristezza negli occhi e nella bocca , come chi è abituato a vivere molto chiuso in sè stesso . È in tutti la stessa gravità , la stessa compostezza di modi , lo stesso riserbo del linguaggio , dello sguardo , dei gesti . Paiono tutti signori , educati tutti ad un modo , dal pascià al merciaiolo , e ammantati d ' una specie di dignità aristocratica , la quale fa sì che nessuno s ' accorgerebbe , a primo aspetto , che ci sia una plebe a Stambul , se non fosse la differenza dei vestimenti . Son quasi tutti visi freddi , che non rivelano affatto l ' animo e il pensiero . È rarissimo trovare una di quelle fisonomie chiare , così frequenti tra noi , che sono come lo specchio d ' un ' indole amorevole o appassionata o bisbetica , e che consentono un giudizio pronto e sicuro dell ' uomo . Fra loro ogni viso è un enimma ; il loro sguardo interroga , ma non risponde ; la loro bocca non tradisce nessun movimento del cuore . Non si può dire quanto pesi sull ' animo dello straniero questo mutismo dei volti , questa freddezza , questa uniformità d ' atteggiamenti statuarii e di sguardi fissi , che non dicono nulla . A volte vien voglia di gridare in mezzo alla folla : - Ma scotetevi una volta ! diteci chi siete , che cosa pensate , che cosa vedete dinanzi a voi , per aria , con quegli occhi di vetro ! - E la cosa par tanto strana , che si stenta quasi a credere che sia naturale ; si dubita , in qualche momento , che sia una finzione convenuta , o l ' effetto passeggiero di qualche malattia morale comune a tutti i musulmani di Costantinopoli . Dà nell ' occhio alle prime , però , in quella uniformità di modi e d ' atteggiamenti , una differenza notevole d ' aspetto fra una parte e l ' altra della popolazione . I tratti originali della razza turca , che è bella e robusta , non son rimasti inalterati che nel basso popolo , che serba per necessità o per sentimento religioso la sobrietà di vita dei suoi padri . In esso si vedono i corpi asciutti e vigorosi , le teste ben formate , gli occhi vivi , il naso aquilino , le ossa mascellari prominenti , e un che di forte e d ' ardito in tutte le forme della persona . I turchi delle alte classi , per contro , in cui è antica la corruzione e maggiore la mescolanza del sangue straniero , hanno per lo più dei corpi grossi d ' una molle pinguedine , teste piccine , fronti basse , occhi senza lampo , labbra cadenti . E a questa differenza fisica corrisponde una non meno grande , o forse maggiore differenza morale , che è quella che corre fra il turco vero , schietto , antico , e quell ' essere ambiguo , senza colore e senza sapore , che si chiama il turco della riforma . Dal che nasce una grande difficoltà allo studiare quello che si chiama in modo generale il popolo turco ; poichè colla parte di esso , che ha serbato intatto il carattere nazionale , o non c ' è modo di mescolarsi o non c ' è verso d ' intendersi ; e l ' altra parte , colla quale c ' è facilità di commercio e d ' osservazione , non rappresenta fedelmente nè l ' indole ne le idee della nazione . Ma nè la corruzione nè la nuova tinta di civiltà europea ha ancora tolto ai turchi delle classi superiori quel non so che d ' austero e di vagamente triste , che si osserva nel popolo basso , e che , non considerato negli individui , ma nella generalità della popolazione , produce un ' impressione innegabilmente favorevole . A giudicarne , in fatti , dall ' apparenza , la popolazione turca di Costantinopoli parrebbe la più civile e la più onesta dell ' Europa . Non si dà caso , nemmeno per le strade più solitarie di Stambul , che uno straniero sia insultato ; si possono visitare le moschee , anche durante le preghiere , con assai più sicurezza d ' essere rispettati che non potrebbe averne un turco che visitasse le nostre chiese ; tra la folla , non s ' incontra mai uno sguardo , non dico insolente , ma neanche troppo curioso ; rarissime le risse , rarissima la gente del popolo che si scanagli in mezzo alla strada , nessun vocìo di donnacole alle porte , alle finestre , nelle botteghe ; nessun ' apparenza pubblica di prostituzione , nessun atto indecente ; il mercato poco meno dignitoso della moschea ; per tutto una gran parsimonia di gesti e di parole ; non canti , non risate clamorose , non schiamazzi plebei , non crocchi importuni che impediscano il passo ; visi , mani e piedi puliti ; rari i cenci , e raramente sudici ; punto becerume ; e una manifestazione universale e reciproca di rispetto fra tutte le classi sociali . Ma ciò non è che apparenza . Il marcio è nascosto . La corruzione è dissimulata dalla separazione dei due sessi , l ' ozio è larvato dalla quiete , la dignità fa da maschera all ' orgoglio , la compostezza grave dei visi , che pare indizio di profondi pensieri , nasconde l ' inerzia mortale dell ' intelletto , e quella che sembra temperanza civile di vita , non è che mancanza di vera vita . La natura , la filosofia , l ' intera vita di questo popolo è significata da uno stato particolare dello spirito e del corpo , che si chiama Kief , e che è il supremo dei suoi piaceri . Aver mangiato parcamente , aver bevuto un bicchiere d ' acqua di fonte , aver detto le preghiere , sentire la carne quieta e la coscienza tranquilla , e star così , in un punto da cui si veda un vasto orizzonte , seduti all ' ombra d ' un albero , seguitando collo sguardo i colombi del cimitero sottoposto , i bastimenti lontani , gl ' insetti vicini , le nuvole del cielo e il fumo del narghilé , pensando vagamente a Dio , alla morte , alla vanità dei beni della terra e alla dolcezza del riposo eterno d ' un ' altra vita : ecco il Kief . Star spettatore inoperoso del gran teatro del mondo : ecco la grande aspirazione del turco . A questo lo porta la sua natura antica di pastore contemplativo e lento , la sua religione che lega le braccia all ' uomo , rimettendo ogni cosa a Dio , la sua tradizione di soldato dell ' islamismo , per il quale non c ' è altra azione veramente grande e necessaria che combattere e vincere per la propria fede , e finita la battaglia , ogni dovere è compiuto . Per lui , tutto è fatale ; l ' uomo non è che uno strumento nelle mani della Provvidenza ; è inutile che egli si agiti per dare alle cose umane altro corso da quello che è prescritto nel cielo ; la terra è un caravanserai ; Dio ha creato l ' uomo perché vi passi , pregando e ammirando le suo opere ; lasciamo fare a Dio ; lasciamo cadere quello che cade e passare quello che passa ; non ci affanniamo per rinnovare , non ci affanniamo per conservare . Così il suo supremo desiderio è la quiete , ed egli si preserva con somma cura da tutte le commozioni che possono turbare l ' armonia pacata della sua vita . Quindi nè avidità di sapere , nè febbre di guadagni , nè furore di viaggi , nè passioni vaghe e inappagabili d ' amore e d ' ambizione . La mancanza dei moltissimi bisogni intellettuali e fisici , per soddisfare i quali noi lottiamo con un lavoro continuo , fa sì ch ' egli non comprenda nemmeno in noi la ragione di questo lavoro . Egli lo considera come un indizio di aberrazione morbosa del nostro spirito . L ' ultimo scopo d ' ogni fatica parendogli necessariamente la pace di cui egli gode senza affaticarsi , gli pare altresì che sia più saggio e più utile l ' arrivarci per la via breve e piana per cui egli ci arriva . Tutto il grande lavorìo di pensieri e di braccia dei popoli europei , gli pare un anfanamento puerile , perché non ne vede gli effetti in una possessione maggiore della sua felicità ideale . Non lavorando , non ha sentimento del valore del tempo ; e mancandogli questo sentimento , non può nè desiderare nè pregiare tutti i trovati dell ' ingegno umano che tendono ad accelerare la vita e il cammino dell ' umanità . È capace di domandarsi a che cosa giovi una strada ferrata se non conduce a una città dove si possa viver più felici che in quella da cui si parte . La sua fede fatalista , che gli fa parer vano il darsi pensiero dell ' avvenire , è cagione pure ch ' egli non pregi nessuna cosa se non per quel tanto di godimento sicuro e immediato che gli può procurare . Perciò non gli pare che un sognatore l ' europeo che prevede e che prepara , che getta le fondamenta d ' un edifizio di cui non vedrà il compimento , che consuma le sue forze , che sacrifica la sua pace ad un fine dubbio e lontano . Perciò giudica la nostra razza una razza frivola , meschina , presuntuosa , imbastardita , di cui il solo pregio è una scienza orgogliosa delle cose terrene , ch ' egli disdegna , se non in quanto è costretto a valersene per non rimanerci al di sotto . E ci disprezza . Per me è questo il sentimento dominante che ispiriamo noi europei ai veri turchi che costituiscono ancora la grande maggioranza della nazione ; e si potrà negare e fingere di non crederci ; ma non si può non sentire da chi sia vissuto poco o molto in mezzo a loro . E questo sentimento di disprezzo deriva da molte cagioni : la prima delle quali è la considerazione d ' un fatto significantissimo per essi : che cioè , da più di quattro secoli , benchè relativamente scarsi di numero , dominano una gran parte di Europa di fede avversa alla loro , e vi si mantengono malgrado tutto quello che accadde e che accade . La parte minima della nazione vede la cagione di questo fatto nelle gelosie e nelle discordie degli Stati d ' Europa ; la parte maggiore la vede invece nella superiorità delle proprie forze , e nel nostro avvilimento . Non cade neppur nella mente , infatti , a nessun turco del volgo che un ' Europa islamitica avrebbe subito e subirebbe l ' affronto d ' una conquista cristiana dai Dardanelli al Danubio . Ai vanti della nostra civiltà , essi oppongono il fatto della loro dominazione . Orgogliosi di sangue , fortificati in quest ' orgoglio dalla consuetudine dell ' impero , abituati a sentirsi dire , in nome di Dio , ch ' essi appartengono a una razza conquistatrice , nata alla guerra , non al lavoro , abituati anzi a vivere del lavoro dei vinti , non comprendono nemmeno come i popoli soggetti a loro possano accampare un diritto qualsiasi all ' eguaglianza civile . Per loro , posseduti da una fede cieca nel regno sensibile della Provvidenza , la conquista dell ' Europa è stata l ' adempimento di un decreto di Dio ; è Dio che li ha investiti , in segno di predilezione , di questa sovranità terrena ; e il fatto ch ' essi la conservino , contro tante forze ostili , è una prova incontestabile del loro diritto divino , e nello stesso tempo un argomento luminoso in favore della verità della loro fede . Contro questo loro sentimento si spezzano tutti i ragionamenti di civiltà , di diritto , d ' eguaglianza . La civiltà per loro non è che una forza ostile che vuol disarmarli senza combattere , a poco a poco , a tradimento , per abbassarli a paro dei loro soggetti e spogliarli della loro dominazione . Quindi , oltre al disprezzarla come vana , la temono come nemica ; e poichè non possono respingerla colla forza , le oppongono la invincibile resistenza della loro inerzia . Trasformarsi , incivilirsi , eguagliarsi ai loro soggetti , essi comprendono che significa doversi mettere a gareggiare con quelli d ' ingegno , di studio e di lavoro ; acquistare una superiorità nuova ; rifare colle forze dello spirito la conquista già fatta colla spada ; e a questo s ' oppone , oltre il loro interesse materiale di dominatori , il loro disprezzo religioso per gli infedeli , la loro alterezza soldatesca , la loro indolenza fatta seconda natura , l ' indole del loro ingegno mancante d ' ogni facoltà iniziatrice , e intorpidito nell ' immobilità di quelle cinque idee tradizionali , che formano tutto il patrimonio intellettuale della nazione . Essi non vedono , d ' altra parte , in quella classe sociale , che accetta , secondo loro , la civiltà europea , e che rappresenta ai loro occhi lo stato in cui l ' Europa vorrebbe veder ridotti tutti i figli d ' Osmano , non vedono in quei loro fratelli in soprabito e in guanti , che balbettano il francese e non vanno alla moschea , un esempio che possa ragionevolmente convertirli . Come rappresenta la civiltà quella parte della nazione ottomana ? Su questo son presso a poco tutti d ' accordo . Il nuovo turco non vale il vecchio . Egli ha preso i nostri panni , i nostri comodi , i nostri vizii , le nostre vanità ; ma non ha accolto , per ora , nè i nostri sentimenti , nè le nostre idee ; e in questa trasformazione parziale , ha perduto quello che c ' era di buono in fondo alla sua natura genuina di Osmano . Il vecchio turco non vede per ora altri frutti dell ' incivilimento che una più diffusa peste dicasterica , un ' impiegataglia innumerevole , oziosa , inetta , miscredente , rapace , mascherata alla franca , che disprezza tutte le tradizioni nazionali , e una specie di jeunesse dorée , corrotta e sfrontata , che promette di riuscire assai peggiore dei suoi padri . Così vestire e così vivere , giusta il concetto del vero turco , è esser civili ; e infatti egli chiama fare , pensare , vivere alla franca , tutti gli usi e tutte le azioni che non solo la sua coscienza di maomettano , ma la coscienza di qualunque uomo onesto condanna . Considera quindi gli " inciviliti " , non come musulmani più avanzati degli altri sulla via d ' un miglioramento qualsiasi ; ma come gente scaduta , traviata , poco meno che apostata e che traditrice della nazione ; e diffida delle novità , e le respinge per quanto è in lui , non foss ' altro che perché gli vengono da quella parte , in cui egli ne vede tutto giorno gli effetti funesti . Ogni novità europea è per lui un attentato contro il suo carattere e contro i suoi interessi . Il governo è rivoluzionario , il popolo è conservatore ; la semenza delle nuove idee casca in un terreno rigido e unito che le rifiuta gli umori per la fecondazione ; la mano di chi regge le cose , stringe ed agita l ' elsa ; ma la lama gira nel manico . Questa è la ragione per cui tutta l ' opera riformatrice che si va tentando da cinquant ' anni , non ha ancora passato la prima pelle della nazione . Si sono mutati i nomi , sono rimaste le cose . Il poco che fu fatto , fu fatto colla violenza , e a questo il popolo attribuisce l ' audacia crescente degl ' infedeli , la corruzione che piglia campo nel cuore dell ' impero , e tutte le sventure nazionali . Perché mutare le nostre istituzioni , egli si domanda , se son quelle colle quali abbiamo vinto e dominato per secoli ? Perché adottar quelle che non ebbero forza di resistere all ' urto della nostra spada ? L ' organesimo , la vita , le tradizioni del popolo turco son quelle d ' un esercito vincitore accampato in Europa ; esso ne esercita il comando , ne gode i privilegi e gli ozii , e ne sente l ' orgoglio ; e come tutti gli eserciti , preferisce la disciplina di ferro , che gli concede la prepotenza sui vinti , a una disciplina più mite , ma che incatena il suo arbitrio di vincitore . Ora lo sperare che questo stato di cose , immobile da secoli , possa mutare nel giro di pochi anni , è un sogno . Le avanguardie leggere della civiltà possono procedere quanto vogliono rapidamente ; ma il grosso dell ' esercito , carico ancora delle pesanti armature medioevali , o non si muove , o non le segue che alla lontana , a lentissimo passo . Non sono che cose di ieri , convien ricordarsi , il dispotismo cieco , i giannizzeri , il serraglio coronato di teste , il sentimento dell ' invincibilità degli osmani , il raià considerato e trattato con un essere immondo , gli ambasciatori di Francia vestiti e pasciuti sul limitare della sala del trono , per simboleggiare la vile povertà degl ' infedeli al cospetto del Gran Signore . Ma su questo argomento , non c ' è , credo , gran disparità di pareri nemmeno fra gli Europei e i Turchi medesimi . La disparità dei giudizii , e quindi la difficoltà per uno straniero di dare un giudizio proprio , è nell ' estimazione delle intime qualità individuali del turco ; poichè a interrogarne i raià , non si sentono che i vilipendii dell ' oppresso contro l ' oppressore ; a domandarne gli Europei liberi delle colonie , i quali non hanno ragione nè di temere nè di odiare gli Osmani , non solo , ma hanno mille ragioni di compiacersi dello stato attuale delle cose , non si ottengono in generale che giudizii , forse coscienziosamente , ma certo eccessivamente favorevoli . I più di questi sono concordi nel riconoscere il turco probo , franco , leale , e sinceramente religioso . Ma riguardo al sentimento religioso , la cui conservazione gli potrebbe esser tenuta in conto d ' un grande merito , è da notarsi che la religione in cui si mantiene saldo , non s ' oppone ad alcune delle sue tendenze e ad alcuno dei suoi interessi ; accarezza , anzi , la sua natura sensuale , giustifica la sua inerzia , sancisce la sua dominazione ; egli vi si attiene tenacemente , poichè sente che la sua nazionalità è nel suo dogma e il suo destino nella sua fede . Riguardo alla probità , si citano molte prove di fatti individuali dei quali si potrebbero citare esempi innumerevoli anche fra il più corrotto popolo europeo . Ma è da considerarsi , anche a questo riguardo , che non ha poca parte l ' ostentazione nella probità che mostra il turco nei suoi commerci coi cristiani , coi quali fa spesso per orgoglio quello che non farebbe per semplice impulso della coscienza , poichè gli ripugna di comparire dappoco in faccia a gente a cui si tiene superiore di razza e di valore morale . Così nascono pure dalla sua stessa condizione di dominatore certe qualità , astrattamente pregevoli , di franchezza , di fierezza , di dignità , che non è ben certo se avrebbe conservate , messo nella condizione di chi gli è soggetto . Non gli si può negare , però , nè il sentimento della carità , il quale è il solo balsamo agl ' infiniti mali della sua società mal ordinata , benchè incoraggi l ' indolenza e moltiplichi la miseria ; nè altri sentimenti che sono indizii di gentilezza d ' animo , come la gratitudine ch ' egli serba per i più piccoli benefizii , il culto dei morti , la cortesia ospitale , il rispetto degli animali . È bello il suo sentimento dell ' eguaglianza di tutte le classi sociali . È innegabile una certa moderazione severa della sua indole , che traspare dagli innumerevoli proverbi pieni di saggezza e di prudenza ; una certa semplicità patriarcale , una tendenza vaga alla solitudine e alla malinconia , che esclude la volgarità e la tristizia dell ' animo . Senonchè tutte queste qualità galleggiano , per così dire , al sommo dell ' anima sua , nella quiete non turbata della vita ordinaria ; e v ' è in fondo , come addormentata , la sua violenta natura asiatica , il suo fanatismo , il suo furore di soldato , la sua ferocia di barbaro , che , stimolati , prorompono , e ne balza fuori un altr ' uomo . Il perché è giusta la sentenza che il turco ha un ' indole mitissima quando non taglia le teste . Il tartaro è come rannicchiato dentro di lui , e assopito . Il vigore nativo è rimasto intero in lui , quasi custodito dalla indolente mollezza della sua vita , la quale non se ne serve che nelle occasioni supreme . Così gli è rimasto intero il coraggio di cui la cultura dell ' intelligenza rallenta la molla , raffinando il sentimento della vita , resa più cara dal concetto e dalla speranza di godimenti maggiori . In lui la passione religiosa e guerriera trova un campo non guasto nè da dubbi , nè da ribellioni dello spirito , nè da cozzi d ' idee ; una sostanza tutta e istantaneamente infiammabile ; un uomo tutto d ' un pezzo che scatta , a un tocco , tutto intero ; una lama sempre affilata , su cui non è scritto che il nome d ' un Dio e d ' un Sovrano . La vita sociale ha appena digrossato in lui l ' uomo antico della steppa e della capanna . Spiritualmente , egli vive ancora nella città presso a poco come viveva nella tribù , in mezzo alla gente , ma solitario coi suoi pensieri . Non c ' è , anzi , fra loro , una vera vita sociale . La vita dei due sessi dà l ' immagine di due fiumi paralleli , i quali non confondono le loro acque , se non qua e là per via di comunicazioni sotterranee . Gli uomini si raccolgono fra loro , ma non vivono in intimità di pensiero gli uni cogli altri ; si avvicinano , ma non si legano ; ciascuno preferisce alla espansione di sè medesimo , quella che un grande poeta definì mirabilmente la vegetazione sorda delle idee . La nostra conversazione , agile e varia , che scherza , discute , insegna , ricrea , il nostro bisogno di dare e di ricevere sentimenti e pensieri , questa estrinsecazione reciproca del nostro essere , in cui l ' intelligenza si esercita e il cuore si riscalda , pochissimi tra loro la conoscono . I loro discorsi radono quasi sempre la terra e trattano per lo più di cose materialmente necessarie . L ' amore è escluso , la letteratura è privilegio di pochi , la scienza è un mito , la politica si riduce per lo più a una quistione di nomi , gli affari non occupano che una piccolissima parte nella vita del maggior numero . Alle discussioni astratte la natura della loro intelligenza si rifiuta . Essi non comprendono bene che quello che vedono e quello che toccano ; del che è una prova la loro lingua stessa , la quale difetta ogni volta che c ' è da esprimere un ' astrazione ; per il che i turchi istruiti sono costretti a ricorrere all ' arabo e al persiano , o a una lingua europea . Essi non sentono il bisogno , d ' altra parte , di forzare la mente a comprendere cose che son fuori dei loro desiderii , e quasi della loro vita . Il persiano è più investigatore , l ' arabo è più curioso : il turco non ha che una suprema indifferenza per quello che non conosce . E non avendo idee da scambiare , non cerca la compagnia degli europei ; e non ama nè le loro interminabili e sottili discussioni , nè loro stessi . Nè ci può esser intera confidenza fra gli uni e gli altri , dacchè l ' uno dei due nasconde perpetuamente una parte di sè : i suoi affetti più intimi , la sua casa , i suoi piaceri , e quello che più importa , il vero sentimento che nutre verso l ' altro ; che è un sentimento invincibile di diffidenza . Il turco tollera l ' armeno , sprezza l ' ebreo , odia il greco , diffida del franco . Sopporta , in generale , tutti quanti , come un grosso animale che si lascia passeggiare sulla schiena una miriade di mosche , riserbandosi a darci su una codata quando si senta pungere nel vivo . Lascia che tutti facciano , armeggino , rimestino ogni cosa intorno a lui ; si vale degli europei che gli possono essere utili ; accetta le novazioni materiali di cui riconosce il vantaggio immediato ; sta a sentire senza batter palpebra le lezioni di civiltà che gli si danno ; muta leggi , foggie e cerimoniali ; impara a ripetere correttamente le nostre sentenze filosofiche ; si lascia travestire , imbellettare , mascherare ; ma dentro è sempre , immutabilmente , invincibilmente lo stesso . Eppure ripugna alla ragione il rassegnarsi a credere che l ' azione lenta e continua della civiltà non possa , in un periodo di tempo indeterminato , infondere la scintilla d ' una nuova vita in questo gigantesco soldato asiatico , che dorme a traverso ai due continenti , e non si sveglia mai che per brandire la spada . Ma considerando gli sforzi fatti e i frutti ottenuti sinora , questo periodo di tempo appare alla mente tanto lungo , in confronto ai bisogni e alle impazienze dei popoli cristiani d ' Oriente , da rendere vana la speranza che la quistione intorno a cui s ' affanna ora l ' Europa si possa risolvere coll ' incivilimento progressivo del popolo turco . Questa è l ' opinione che mi son formata nel mio breve soggiorno a Costantinopoli . - O in che altro modo si può dunque risolvere la quistione ? Ah ! signori , qui proprio non mi credo obbligato a rispondere , perché non potrei rispondere senz ' aver l ' aria di dar consigli all ' Europa ; e a questo si rifiuta inesorabilmente la mia modestia . E poi ... l ' ho già detto che v ' è un bastimento austriaco che fuma sul Corno d ' oro , in faccia a Galata , pronto a partire per il Mar Nero ; e il lettore lo sa dove deve passare , questo bastimento ! IL BOSFORO Appena saliti a bordo , vediamo come un velo grigio stendersi su Costantinopoli , e su questo velo disegnarsi le montagne della Moravia e dell ' Ungheria , e le alpi della bassa Austria . È un rapido cangiamento di scena che si vede sempre salendo sopra un bastimento in cui s ' incontrano già i visi e si sentono già gli accenti del paese per cui si parte . Siamo imprigionati in un cerchio di faccie tedesche che ci fanno sentire innanzi tempo il freddo e l ' uggia del settentrione . I nostri amici ci hanno lasciati : non vediamo più che tre fazzoletti bianchi che sventolano sopra un caicco lontano , in mezzo a un via vai di barconi neri , in faccia alla casa della dogana . Siamo nello stessissimo punto in cui si fermò il nostro bastimento siciliano il giorno dell ' arrivo . È una bella sera d ' autunno , splendida e tiepida . Costantinopoli non ci è mai parsa così ridente e così grande . Per l ' ultima volta cerchiamo di fissarci nella mente i suoi contorni immensi e i suoi colori vaghi di città fatata ; e slanciamo lo sguardo per l ' ultima volta in fondo a quel meraviglioso Corno d ' oro , che ci si nasconderà fra pochi momenti per sempre . I fazzoletti bianchi sono scomparsi . Il bastimento si muove . Tutto pare che si sposti . Scutari viene avanti , Stambul si tira indietro , Galata gira sopra sè stessa , come per vederci partire . Addio al Corno d ' oro ! Un guizzo del bastimento ci rapisce il sobborgo di Kassim - Pascià , un altro guizzo ci porta via Eyub , un altro , la sesta collina di Stambul ; scompare la quinta , si nasconde la quarta , svanisce la terza , sfuma la seconda ; non rimane più che la collina del Serraglio , la quale , grazie al cielo , non ci lascierà per un pezzo . Navighiamo già nel bel mezzo del Bosforo , rapidamente . Passa il quartiere di Top - hané , passa il quartiere di Funduclù ; fuggono le facciate bianche e cesellate del palazzo di Dolma - Bagcé ; e Scutari distende , per l ' ultima volta , il suo anfiteatro di colli coperti di giardini e di ville . Addio , Costantinopoli ! cara e immensa città , sogno della mia infanzia , sospiro della mia giovinezza , ricordo incancellabile della mia vita ! Addio , bella e immortale regina dell ' Oriente ! Che il tempo muti le tue sorti , senza offendere la tua bellezza , e possano vederti un giorno i miei figli colla stessa ebbrezza d ' entusiasmo giovanile colla quale io ti vidi e t ' abbandono . La mestizia dell ' addio , però , non durò che pochi momenti , perché un ' altra Costantinopoli , più vasta , più bella , più allegra di quella che lasciavo sul Corno d ' oro , mi si stendeva dinanzi per la lunghezza di ventisettemila metri , sulle due più belle rive della terra . Il primo villaggio che si presenta a sinistra , sulla riva europea del Bosforo , è Bescik - Tass ; un grosso villaggio turco , o piuttosto un grande sobborgo di Costantinopoli , che si stende ai piedi d ' una collina , intorno a un piccolo porto . Dietro gli s ' apre una bella valle ; l ' antica valle degli allori di Stefano , di Bisanzio , che rimonta verso Pera ; fra le case s ' innalza un gruppo di platani che ombreggiano il sepolcro del famoso corsaro Barbarossa ; un gran caffè , stipato di gente , sporge sulle acque , sorretto da una selva di palafitte ; il porto è pieno di barche e di caicchi ; la riva affollata ; la collina coperta di verzura , la valle piena di case e di giardini . Ma non c ' è più l ' aspetto dei sobborghi di Costantinopoli . C ' è già la grazia e la gaiezza tutta propria e indimenticabile dei villaggi del Bosforo . Le forme son più piccine , la verzura più fitta , i colori più arditi . È come una nidiata di casette ridenti , che paiono sospese fra la terra e l ' acqua , una cittadina da innamorati e da poeti , destinata a durare quanto una passione od un estro , piantata là per un capriccio , in una bella notte d ' estate . Non vi si è ancora fissato lo sguardo , che già è lontana , e ci passa davanti il palazzo di Ceragan , o piuttosto una schiera di palazzi di marmo bianco , semplici e magnifici , decorati di lunghe file di colonne e coronati di terrazze a balaustri , sui quali si drizza una merlatura vivente d ' innumerevoli uccelli bianchi del Bosforo , messi in rilievo dal verde vigoroso delle colline della riva . Ma qui comincia il caro tormento di veder fuggire mille bellezze , nel punto che se ne ammira una sola . Mentre noi contempliamo Bescik - Tass e Ceragan , dall ' altra parte fugge la riva asiatica , coperta di villaggi deliziosi , che si vorrebbero poter comprare e portar via , come gioielli . Fugge Kuzgundgiuk , tinto di tutti i colori dell ' iride , col suo piccolo porto , dove dice la tradizione che approdasse la giovenca Io , dopo aver attraversato il Bosforo , per salvarsi dai tafani di Giunone ; passa Istauros , colla sua bella moschea dai due minareti ; scompare il palazzo imperiale di Beylerbey , coi suoi tetti conici e piramidali , e le sue mura gialle e grigie , che presenta l ' aspetto misterioso e bizzarro di un convento di principesse ; e poi il villaggio di Beylerbey , riflesso dalle acque , dietro al quale s ' innalza il monte di Bulgurlù ; e tutti questi villaggi , raccolti o sparsi ai piedi di piccole colline verdissime , e tuffati in una vegetazione opulenta , che par che tenda a coprirli , sono legati fra loro da ghirlande di ville e di casette e da lunghi filari d ' alberi che corrono lungo la riva , o scendono a zig zag dalle alture al mare , a traverso a innumerevoli giardini e orti e piccoli prati , disposti a scacchi e a scaglioni , e coloriti d ' infinite sfumature di verde . Bisogna dunque rassegnarsi a veder tutto di volo , girando continuamente la testa a destra e a sinistra , con una regolarità automatica . Oltrepassato di poco Ceragan , si vede , a sinistra , sulla riva europea , il grande villaggio Orta - Kioi , al di sopra del quale mostra la sua cupola luccicante la moschea della Sultana Validè , madre d ' Abdul - Aziz , e sporge i suoi tetti graziosi il palazzo di Riza - Pascià ; ai piedi d ' una collina , sulla cui cima , in mezzo a una folta vegetazione , s ' alzano le muraglie bianche e leggiere del chiosco imperiale della Stella . Orta - Kioi è abitato da molti banchieri armeni , franchi e greci . In quel momento vi approdava il piroscafo di Costantinopoli . Una folla sbarcava , un ' altra folla stava aspettando sullo scalo , per imbarcarsi . Erano signore turche , signore europee , ufficiali , frati , eunuchi , zerbinotti , fez , turbanti , cappellini , cappelli a staio , confusi : spettacolo che si vede in tutte le venti stazioni del Bosforo , principalmente la sera . In faccia a Orta - Kioi , sulla riva asiatica , brilla di mille colori , in mezzo a una corona di ville , il villaggio di Cengel , dell ' ancora , da una vecchia ancora di ferro che trovò su quella riva Maometto II ; e gli si alza alle spalle il chiosco bianco , di trista memoria , da cui Murad IV , roso da un ' invidia feroce , ordinava la morte della gente allegra che passava pei campi cantando . Guardando daccapo verso l ' Europa , ci troviamo in faccia al bel villaggio e al porto grazioso di Kuru - Cesmé , l ' antica Anaplos , dove Medea , sbarcata con Giasone , piantò l ' alloro famoso ; e voltandoci nuovamente verso l ' Asia , vediamo i due villaggi ridenti di Kulleli e di Vani - Kioi , sparsi lungo la riva , a destra e a sinistra d ' una smisurata caserma , simile a un palazzo reale , che si specchia nelle acque . Dietro ai due villaggi s ' alza una collina coronata da un grande giardino , in mezzo al quale biancheggia , quasi tutto nascosto dagli alberi , il chiosco dove Solimano il Grande visse tre anni , nascosto in una piccola torre , per sottrarsi alle ricerche delle spie e dei carnefici di suo padre Selim . Mentre noi cerchiamo la torre fra gli alberi , il bastimento passa dinanzi ad Arnot - Kioi , il villaggio degli Albanesi , ora abitato da Greci , disteso in forma di mezzaluna , sulla riva europea , intorno a un piccolo seno , pieno di bastimenti a vela . Ma come si può vedere ogni cosa ? Un villaggio ci ruba l ' altro , una bella moschea ci distrae da un paesaggio gentile , e mentre si guardano i villaggi ed i porti , passano i palazzi dei vizir , dei pascià , delle Sultane , dei grandi eunuchi , dei gran signori ; case gialle , azzurre e purpuree , che paiono galleggianti sull ' acqua , vestite d ' edera e di liane , coperte di terrazze colme di fiori , e mezzo nascoste in boschetti di cipressi , d ' allori e d ' aranci ; edifizi sormontati da frontoni corinzii e decorati di colonne di marmo bianco ; villette svizzere , casine giapponesi , piccole reggie moresche , chioschi turchi , di tre piani , sporgenti l ' uno sull ' altro , che sospendono sull ' azzurro del Bosforo i balconi ingraticolati degli arem , e spingono innanzi i loro piccoli scali a gradinate e i loro giardinetti accarezzati dalla corrente ; tutti piccoli edifizii leggeri e passeggieri , che rappresentano appunto la fortuna dei loro abitatori : il trionfo d ' una giovinetta , il buon successo d ' un intrigo , un ' alta carica che sarà perduta domani , una gloria che finirà nell ' esilio , una ricchezza che svapora , una grandezza che crolla . Non c ' è quasi tratto delle due rive che non sia coperto di case . È una specie di Canal grande d ' una smisurata Venezia campestre . Le ville , i chioschi , i palazzi s ' alzano l ' un dietro l ' altro , disposti in modo che tutta la facciata di ciascheduno è visibile , e quei di dietro paiono piantati sul tetto di quei davanti , e in mezzo agli uni e agli altri , e di là dai più lontani , tutto è verde , per tutto s ' alzano punte e chiome di quercie , di platani , d ' aceri , di pioppi , di pini , di fichi , fra cui biancheggiano fontane e scintillano cupolette di turbé e di moschee solitarie . Voltandoci verso Costantinopoli , vediamo ancora , confusamente , la collina del Serraglio , e la cupola enorme di Santa Sofia , che nereggia sul cielo limpido e dorato . Intanto sparisce Arnot - Kioi , Vani , Kulleli , Cengel , Orta , e tutto è mutato intorno a noi . Par di essere in un vasto lago . Una piccola baia si apre a sinistra , sulla riva europea ; un ' altra piccola baia a destra , sulla riva asiatica . Sulla riva di sinistra si stende a semicerchio la bella cittadina greca di Bebek , ombreggiata da alberi altissimi , fra i quali sorge una bella moschea antica e il chiosco imperiale d ' Humaiun - Habad , dove altre volte i Sultani ricevevano a convegni segreti gli ambasciatori europei . Una parte della città si nasconde nella verzura folta d ' una piccola valle ; un ' altra parte si sparpaglia alle falde d ' una collina , coperta di quercie , sulla cima della quale è un bosco famoso per un ' eco potentissima , che risponde alla pesta d ' un cavallo collo scalpitìo d ' uno squadrone . È un paesaggio grazioso e ridente da incapricciare una regina ; ma si dimentica , voltandosi dalla parte opposta . Qui la riva dell ' Asia offre una veduta da paradiso terrestre . Sopra un largo promontorio si distende , ad arco sporgente , il villaggio di Kandilli , variopinto come un villaggio olandese , con una moschea bianchissima , e un folto corteo di villette ; dietro al quale s ' alza la collina florida di Igiadié , sormontata da una torre merlata , che spia gl ' incendii sulle due rive . A destra di Kandilli , sboccano sulla baia , a breve distanza l ' una dall ' altra , due valli : quella del grande e quella del piccolo ruscello celeste , fra le quali si stende la prateria deliziosa delle Acque dolci d ' Asia , coperta di sicomori , di quercie e di platani , e dominata dal chiosco ricchissimo della madre d ' Abdul - Megid , disegnato e scolpito sullo stile del palazzo di Dolma - Bagcé , e circondato di alti giardini , rosseggianti di rose . E di là dal " gran ruscello celeste " si vedono ancora i mille colori del villaggio d ' Anaduli - Hissar , steso alle falde d ' un ' altura , su cui si drizzano le torri snelle del castello di Baiazet - Ilderim , che fronteggia il castello di Maometto II , posto sulla riva europea . Tutto questo bel tratto del Bosforo , in quel momento , era pieno di vita . Nella baia di Europa guizzavano centinaia di barchette ; passavano legni a vela e a vapore , diretti al porto di Bebek ; i pescatori turchi gettavano le reti dai loro gabbiotti aerei , sostenuti sull ' acqua da altissime travi incrociate ; un piroscafo di Costantinopoli versava sullo scalo della cittadina europea una folla di signore greche , di Lazzaristi , di allievi della scuola protestante americana , di famigliuole cariche d ' involti e di vesti ; e dalla parte opposta , si vedevano , col cannocchiale , gruppi di signore musulmane , che passeggiavano sotto gli alberi delle Acque dolci , o stavano sedute in crocchio sulla sponda del ruscello celeste , mentre un gran numero di caicchi e di barche a baldacchino , piene di turchi e di turche , andavano e venivano lungo la riva . Pareva una festa . Era un non so che d ' arcadico e d ' amoroso , che metteva voglia di buttarsi giù dal bastimento , di raggiungere a nuoto una delle due rive , e di piantarsi là , e di dire : - Nasca che nasca , non mi voglio più muovere di qui ; voglio vivere e morir qui , in mezzo a questa beatitudine musulmana . Ma a un tratto lo spettacolo cangia e tutte quelle fantasie pigliano il volo . Il Bosforo si stende diritto dinanzi a noi , e presenta una vaga immagine del Reno ; ma d ' un Reno ingentilito , e tinto sempre dei colori caldi e pomposi dell ' oriente . A sinistra , un cimitero coperto da un bosco di cipressi e di pini , rompe la linea delle case , sino a quel punto non interrotta ; e subito appresso , alle falde del piccolo monte roccioso d ' Hermaion , s ' innalzano le tre grandi torri di Rumili - Hissar , il castello d ' Europa , circondate di avanzi di mura merlate e di torri minori , che scendono in una gradinata pittoresca di rovine fin sull ' orlo della riva . È il castello famoso che innalzò Maometto II un anno prima della presa di Costantinopoli , malgrado le calde rimostranze di Costantino , i cui ambasciatori , come tutti sanno , furono rimandati indietro minacciati di morte . È quello il punto in cui è più impetuosa la corrente ( chiamata perciò " gran corrente " dai Greci e corrente di Satana dai Turchi ) ed è pure il tratto più stretto del Bosforo , non distando le due rive che poco più di cinquecento metri . Là fu gettato da Mandocle di Samo il ponte di barche su cui passarono i settecentomila soldati di Dario , e là pure si crede che siano passati i diecimila , ritornando dall ' Asia . Ma non rimane più traccia nè delle due colonne di Mandocle , nè del trono scavato nella roccia del monte Hermaion , dal quale il re persiano avrebbe assistito al passaggio del suo esercito . Un piccolo villaggio turco sorride segretamente , rannicchiato ai piedi del castello , e la riva asiatica fugge sempre più verde e più allegra . È una successione continua di casette di barcaioli e di giardinieri , di vallette che riboccano di vegetazione , di piccoli seni solitarii quasi coperti dai rami giganteschi degli alberi della riva , sotto i quali passano lentamente delle velette bianche di pescatori ; di prati fioriti che scendono con un declivio dolcissimo fino all ' orlo della riva ; di piccole roccie da giardino fasciate d ' edera ; di piccoli cimiteri che biancheggiano sulla sommità di alti poggi tagliati a picco . Improvvisamente , balza fuori sulla stessa riva asiatica , il bel villaggio di Kanlidgié , tutto vermiglio , posto su due promontorii rocciosi , contro i quali si rompono le onde rumorosamente , e ornato d ' una bella moschea che slancia i suoi due minareti candidi fuori d ' una macchia di cipressi e di pini a ombrello . E qui ricominciano a innalzarsi i giardini , a modo di belvederi , l ' uno dietro l ' altro , e a spesseggiare le ville , fra le quali splende il palazzo incantevole di quel celebre Fuad - Pascià , diplomatico e poeta , vanitoso , voluttuoso e gentile , che fu chiamato il Lamartine ottomano . Poco più innanzi , sulla riva europea , si mostra il villaggio amenissimo di Balta - Liman , posto all ' imboccatura d ' una valletta , per cui scende nel porto un piccolo fiume , e dominato da una collina sparsa di ville , fra le quali s ' alza l ' antico palazzo di Rescid - Pascià ; e poi la piccola baia d ' Emir - Ghian - Ogli Bagcè , tutta verde di cipressi , in mezzo ai quali brilla d ' una bianchezza di neve una moschea solitaria , lambita dalle acque , e sormontata da un grande globo irto di raggi d ' oro . Intanto il bastimento s ' avvicina ora all ' una ora all ' altra riva , e allora si vedono mille particolari del grande paesaggio : qui il vestibolo del selamlik d ' una ricca casa turca , aperto sulla sponda , in fondo al quale fuma un grosso maggiordomo , coricato sopra un divano ; là un eunuco , ritto sull ' ultimo gradino della scala esterna d ' una villa , che aiuta due turche velate a scendere in un caicco ; più oltre un giardinetto circondato di siepi , e quasi interamente coperto da un platano , ai piedi del quale riposa , a gambe incrociate , un vecchio turco dalla barba bianca , che medita sul Corano ; famiglie di villeggianti raccolte sulle terrazze ; branchi di capre e di pecore che pascolano per i prati alti ; cavalieri che galoppano lungo la riva , carovane di cammelli che passano sulla sommità delle colline , disegnando i loro contorni bizzarri sul cielo sereno . All ' improvviso il Bosforo s ' allarga , la scena cangia , siamo di nuovo fra due baie , nel mezzo d ' un vasto lago . A sinistra è una baia stretta e profonda , intorno alla quale gira la cittadina greca d ' Istenia ; Sosthenios , dal tempio e dalla statua alata che innalzarono là gli Argonauti , in onore del Genio tutelare che li aveva resi vittoriosi nella lotta contro Amico , re di Bebrice . Grazie a una leggera curva che descrive il bastimento verso l ' Europa , vediamo distintamente i caffè e le casette schierate lungo la riva , le piccole ville sparse fra gli olivi e i vigneti , la valle che sbocca nel porto , il torrentello che precipita da un ' altura e la famosa fontana moresca di marmo bianco nitidissimo , ombreggiata da un gruppo d ' aceri enormi , da cui spenzolano le reti dei pescatori , in mezzo a un va e vieni di donnine greche , che portano le anfore sul capo . In faccia a Istenia , sopra la baia della riva asiatica , fa capolino , fra gli alberi , il villaggio turco di Cibulkú , dove c ' era il convento rinomato dei Vigili , che pregavano e cantavano , senza interruzione , il giorno e la notte . Le due rive del Bosforo sono piene , da un mare all ' altro , delle memorie di questi cenobiti e anacoreti fanatici del quinto secolo , che erravano per i colli , carichi di croci e di catene , tormentati da cilici e da collari di ferro , o che stavano settimane e mesi , immobili sulla cima d ' una colonna o d ' un albero , intorno a cui andavano a prostrarsi , a digiunare , a pregare , a percotersi il petto principi , soldati , magistrati e pastori , invocando una benedizione o un consiglio , come una grazia di Dio . Ma è un potere singolare che ha il Bosforo , quello di sviare irresistibilmente dal passato il pensiero del viaggiatore che scorra per le prime volte lungo le sue rive . Tutti i ricordi , tutte le immagini più grandi , più belle o più tristi , che possa fornire la storia o la leggenda di quei luoghi , rimangono offuscate , soverchiate , sto per dire sepolte da quel rigoglio prodigioso di vegetazione , da quello sfolgorio di colori festosi , da quella esuberanza di vita , dalla giovinezza poderosa e superba di quella bella natura tutta sorriso e tutta festa . Bisogna fare uno sforzo per credere che in quelle acque , in mezzo a quella bellezza fatata , abbiano potuto urtarsi furiosamente , ardersi e insanguinarsi , le flotte dei bulgari , dei goti , degli eruli , dei bizantini , dei russi , dei turchi . I castelli medesimi , che coronano le colline , non destano nemmeno un ' idea di quel sentimento di terrore poetico , che ispirano in altri luoghi le rovine di quella natura ; e paion piuttosto una decorazione artificiale del paesaggio , che monumenti veri di guerra , che un giorno abbiano vomitato la morte . Tutto è come velato da una tinta di languore e di dolcezza che non desta se non pensieri sereni e un desiderio immenso di pace . Di là da Istenia il Bosforo s ' allarga ancora , e il bastimento arriva in pochi minuti in un punto da cui si gode la più stupenda veduta di quante se ne sono offerte sinora ai nostri occhi . Voltandoci verso l ' Europa , abbiamo davanti la piccola città greca ed armena di Ieni - Kioi , posta alle falde d ' un ' alta collina coperta di vigneti e di boschetti di pini , e distesa ad arco sporgente sopra una riva rocciosa , contro cui si rompe la corrente con grande strepito ; e un po ' più in là , la bellissima baia di Kalender , piena di barchette , contornata di casette da giardino , e inghirlandata da una vegetazione lussureggiante , sopra la quale sporgono le terrazze aeree d ' un chiosco imperiale . Voltandoci indietro , abbiamo davanti la riva asiatica che s ' incurva in un grande arco , formando un meraviglioso anfiteatro di colli , di villaggi e di porti . È Indgir - Kioi , il villaggio dei fichi , coronato di giardini ; accanto a Indgir - Kioi , Sultanié , che par nascosto in un bosco ; dopo Sultanié , il grosso villaggio di Beikos , circondato di orti e di vigneti , e ombreggiato da altissimi noci , il quale si specchia nel più bel golfo del Bosforo , che è l ' antico golfo dove il re di Bebrice fu vinto da Polluce , e dov ' era l ' alloro prodigioso che faceva impazzire chi ne toccava le foglie ; e di là da Beikos , lontano , il villaggio di Iali , l ' antica Amea , che non par più che un mucchio di fiori gialli e vermigli sopra un grande tappeto verde . Ma questo non è che un abbozzo del grande quadro . Bisogna immaginare le forme indescrivibilmente gentili di quei colli , che si vorrebbero accarezzare colla mano ; quegli innumerevoli piccolissimi villaggi senza nome , che paiono messi là dalla mano d ' un pittore ; quella vegetazione di tutti i climi , quelle architetture di tutti i paesi , quelle gradinate di giardini , quelle cascatelle d ' acqua , quelle ombre cupe , quelle moschee luccicanti , quell ' azzurro picchiettato di vele bianche e quel cielo rosato dal tramonto . Ma arrivato là provai anch ' io un senso di sazietà , come lo provan quasi tutti , a un certo punto del Bosforo . Stanca quella successione interminabile di linee molli e di colori ridenti . È una monotonia di gentilezza e di grazia in cui il pensiero si addormenta . Si vorrebbe veder sorgere tutt ' a un tratto sopra una di quelle rive una roccia smisurata e deforme o stendersi un lunghissimo tratto di spiaggia deserta e triste , sparsa degli avanzi d ' un naufragio . E allora , per distrarsi , non c ' è che a fissar l ' attenzione sulle acque . Il Bosforo pare un porto continuo . Si passa accanto alle corazzate splendide dell ' armata ottomana ; in mezzo a flotte di bastimenti mercantili di tutti i paesi , dalle vele variopinte e dalle poppe bizzarre , affollate di gente strana ; s ' incontrano i legni dalle forme antiche dei porti asiatici del Mar Nero , e le piccole corvette eleganti delle Ambasciate ; passano , come saette , le barchette a vela dei signori , che volano a gara , sotto gli occhi degli spettatori schierati sulla riva ; barche di tutte le forme , piene di gente di tutti i colori , si spiccano o approdano ai mille piccoli scali dei due continenti ; i caicchi rimorchiati guizzano in mezzo a lunghe file di barconi carichi di mercanzie ; le lancie imbandierate dei marinai si incrociano colle zattere dei pescatori , coi caicchi dorati dei Pascià , coi piroscafi di Costantinopoli , pieni di turbanti , di fez e di veli , che attraversano il canale a zig zag per toccare tutte le stazioni . E siccome anche il nostro bastimento va innanzi serpeggiando , così tutto questo spettacolo par che ci giri intorno : i promontorii si spostano , le colline cambiano inaspettatamente di forma , i villaggi si nascondono e poi ricompaiono in un nuovo aspetto , e davanti e dietro di noi , ora il Bosforo si chiude come un lago , ora s ' apre e lascia vedere una fuga di laghi e di colli lontani ; poi , tutt ' a un tratto , le colline tornano a congiungersi davanti e di dietro , e si rimane in una conca verde da cui non si capisce come si potrà uscire ; ma s ' ha appena il tempo di scambiar dieci parole con un vicino , che già la conca è sparita , e si vedono intorno nuove alture , nuove città , nuovi porti . Si è fra la baia di Terapia , - Pharmacia , dei veleni di Medea - , e la baia di Hunchiar Iskelessi , scalo dei Sultani , dove fu segnato nel 1833 il trattato famoso che chiuse i Dardanelli alle flotte straniere . Qui lo spettacolo del Bosforo è al penultimo grado della sua bellezza . Terapia è la più splendida cittadina che orni le sue rive , dopo Bujukderè , e la valle che si apre dietro la baia di Hunchiar - Iskelessi è la più verde , la più cara , la più poetica valle che si possa ammirare fra il Mar di Marmara e il Mar Nero . Terapia si stende in parte sopra una riva diritta , ai piedi di una grande collina , e parte intorno a un seno profondo , che è il suo porto , pieno di bastimenti e di barche , sul quale sbocca la valletta di Krio - nero , in cui un ' altra parte della città s ' appiatta fra la verzura . La riva del mare è tutta coperta di caffè pittoreschi , che sporgono sull ' acqua , di alberghi signorili , di casette pompose , di gruppi d ' alberi altissimi , che ombreggiano piazzette e fontane ; di là dai quali s ' alzano i palazzi d ' estate delle Ambasciate di Francia , d ' Italia e di Inghilterra , e sopra questi , un chiosco imperiale ; e tutt ' intorno , e su per la collina , terrazze su terrazze , giardini su giardini , ville su ville , boschetti sopra boschetti ; e gente vestita di vivi colori formicola nei caffè , nel porto , sulle rive , su per i sentieri delle alture , come in una piccola metropoli in festa . Dalla parte dell ' Asia , invece , tutto è pace . Il piccolo villaggio di Hunchiar - Iskelessi , soggiorno prediletto dei ricchi armeni di Costantinopoli , dorme fra i platani e i cipressi , intorno al suo piccolo porto , percorso da poche barchette furtive ; di là dal villaggio , sulla cima d ' una vasta scala di giardini , torreggia , solitario , il chiosco magnifico d ' Abdul - Aziz ; e di là dal chiosco svolta e si nasconde , in mezzo a uno sfarzo indescrivibile di vegetazione tropicale , la valle favorita dei Padiscià , piena di misteri e di sogni . Ma tutta questa bellezza non par più nulla , un miglio più innanzi , quando il bastimento è arrivato davanti al golfo di Bujuk - deré . Qui è la maestà e la grazia suprema del Bosforo . Qui chi era già stanco della sua bellezza , ed aveva pronunciato irriverentemente il suo nome , si scopre la fronte , e gli domanda perdono . Si è in mezzo a un vasto lago coronato di meraviglie , che ispira l ' idea di mettersi a girare , come i dervis , sulla prora del bastimento , per veder tutte le rive e tutte le colline in un punto . Sulla riva d ' Europa , intorno a un golfo profondo , dove va a morire la corrente in molli ondulazioni , alle falde d ' una grande collina , sparsa di ville innumerevoli , s ' allarga la città di Bujuk - derè , vasta , colorita come un ' immensa aiuola di fiori , tutta palazzine , chioschi e villette tuffate in una verzura vivissima , che par che esca dai tetti e dai muri , e colmi le strade e le piazze . La città si stende a destra fino ad un piccolo seno , che è come un golfo nel golfo , intorno a cui gira il villaggio di Kefele - Kioi ; e dietro a questo s ' apre una larga vallata , tutta verde di praterie , e biancheggiante di case , per la quale si va al grande acquedotto di Mahmud e alla foresta di Belgrado . È la valle in cui , giusta la tradizione , si sarebbe accampato nel 1096 l ' esercito della prima crociata ; e uno dei sette platani giganteschi , a cui il luogo deve la sua fama , è chiamato il platano di Goffredo di Buglione . Di là da Kefele - Kioi , s ' apre un ' altra baia , verde di cipressi e bianca di case , e di là dalla baia , si vede ancora Terapia , sparpagliata ai piedi della sua collina verdecupa . Arrivati fin là collo sguardo , ci si volta indietro , verso l ' Asia , e si prova un sentimento vivissimo di sorpresa . Si è dinanzi al più alto monte del Bosforo , il monte del Gigante , della forma d ' una enorme piramide verde , dov ' è il sepolcro famoso , chiamato da tre leggende " letto d ' Ercole , fossa d ' Amico , tomba di Giosuè giudice degli Ebrei ; " custodito ora da due dervis e visitato dai musulmani infermi , che vanno a deporvi i brandelli dei loro vestiti . Il monte spinge le sue falde alberate e fiorite fin sulla riva , dove , fra due promontorii verdeggianti , s ' apre la bella baia d ' Umuryeri , macchiettata di cento colori dalle case d ' un villaggio musulmano disperso capricciosamente sulle sue sponde , al quale fanno ala altri branchi di villini e di casette , disseminate , come fiori buttati via , per le praterie e per le alture vicine . Ma lo spettacolo non è tutto in questo cerchio . Diritto in faccia a noi luccica il Mar Nero ; e voltandoci verso Costantinopoli , si vede ancora , di là da Terapia , in una lontananza violacea e confusa , la baia di Kalender , Kieni - Kioi , Indgir - Kioi , Sultanié , che paiono , piuttosto che prospetti veri , vedute immaginarie d ' un mondo remoto . Il sole tramonta ; la riva d ' Europa comincia a velarsi di ombre azzurrine e cineree ; la riva d ' Asia è ancora dorata ; le acque lampeggiano ; sciami di barchette , cariche di mariti e d ' amanti , reduci da Costantinopoli , corrono verso la riva europea , incontrate , arrestate , circuite da altre barchette , cariche di signore e di fanciulli , che vengono dalle ville ; dai caffè di Bujukderè ci arrivano suoni interrotti di musiche e di canti ; le aquile ruotano sopra la montagna del Gigante , i marki bianchi svolazzano lungo la riva , gli alcioni radono le acque , i delfini guizzano intorno al bastimento , l ' aria fresca del Mar Nero ci soffia nel viso . Dove siamo ? Dove andiamo ? È un momento d ' illusione e d ' ebbrezza , in cui i ricordi di tutto quello che vediamo da due ore sulle due rive del Bosforo , si confondono nella nostra mente nella immagine d ' una sola prodigiosa città , dieci volte più grande di Costantinopoli , abitata da popoli di tutta la terra , privilegiata di tutti i favori di Dio , e abbandonata a una festa perpetua , che ci riempie di tristezza e d ' invidia . Ma questa è l ' ultima visione . Il bastimento esce rapidamente fuori del golfo di Buiukderé . Vediamo a sinistra il villaggio di Sariyer , circondato di cimiteri , dinanzi al quale s ' apre una piccola baia , formata da quell ' antico promontorio di Simas , dove s ' innalzava il tempio a Venere meretricia , oggetto d ' un culto particolare dei naviganti greci ; poi il villaggio di Jeni - Makallé ; poi il forte di Teli - Tabia , che fa fronte a un altro piccolo forte posto sulla riva asiatica , ai piedi del monte del Gigante ; poi il castello Rumili - Cavak , che segna i suoi contorni severi sul cielo rosato dagli ultimi chiarori del crepuscolo . Sull ' altra riva , di fronte a Rumili - Kavak , s ' alza un ' altra fortezza , la quale corona il promontorio , ove sorgeva il tempio dei dodici Dei , costrutto dall ' argivo Frygos , vicino a quello di Giove " distributore dei venti propizii " , fondato dai Calcedonesi , e convertito poi da Giustiniano in una chiesa consacrata all ' arcangelo Michele . È quello il punto dove il Bosforo si restringe per l ' ultima volta , fra l ' estremo contrafforte delle montagne di Bitinia e l ' estrema punta della catena dell ' Hemus ; considerato sempre come la prima porta del canale , da difendersi contro le invasioni del Settentrione , e teatro , perciò , di lotte ostinate fra bizantini e barbari , fra veneziani e genovesi . Due castelli genovesi , posti l ' uno in faccia all ' altro , fra i quali era stesa una catena di ferro che chiudeva il canale , mostrano ancora confusamente , là presso , le loro torri e le loro mura rovinate . Da quel punto il Bosforo va diritto , gradatamente allargandosi , al mare ; le due rive sono alte e ripide , come due enormi bastioni , e non mostrano più che qualche gruppo di case meschine , qualche torre solitaria , qualche rovina di monastero , qualche avanzo di moli e d ' argini antichi . Dopo un lungo tragitto , vediamo ancora scintillare sulla riva europea i lumi del villaggio di Buiuk - Liman , e dall ' altra parte la lanterna d ' una fortezza , che domina il promontorio dell ' Elefante ; poi , a sinistra , la gran massa rocciosa dell ' antica Gipopoli , dove sorgeva il palazzo di Fineo , infestato dalle Arpie ; e a destra la fortezza del capo Poiraz , che ci appare come una vaga macchia oscura sul cielo grigiastro . Qui le rive sono lontanissime ; il canale par già un grande golfo ; la notte discende , la brezza marina geme fra i cordami del bastimento , e il tristo mare cimmerium stende dinanzi a noi il suo infinito orizzonte livido e inquieto . Ma il pensiero non si può ancora staccare da quelle rive piene di poesia e di memorie , non più sopraffatte dalla bellezza della natura ; e vola , a sinistra , ai piedi dei piccoli Balcani , a cercare la torre d ' Ovidio esule , e la muraglia meravigliosa d ' Anastasio ; e vaga , a destra , per una vasta terra vulcanica , a traverso le foreste infestate dai cinghiali e dagli sciacalli , in mezzo alle capanne d ' un popolo selvaggio e malnoto , di cui ci par di vedere le ombre bizzarre affollate sull ' alta riva , che c ' imprechino un viaggio malavventurato sulle fera litora Ponti . Due punti luminosi rompono per l ' ultima volta l ' oscurità , come gli occhi ardenti di due ciclopi , messi a guardia dello stretto fatato : l ' Anaduli - Fanar , il fanale dell ' Asia , a destra ; e il Rumili - Fanar a sinistra , ai piedi del quale le Simplegadi favolose ci mostrano ancora vagamente , nell ' ombra della riva , i profili tormentati delle loro roccie . Poi i due lidi dell ' Europa e dell ' Asia non son più che due striscie nere , e poi quocumque adspicias , nihil est nisi pontus et aer , come cantava il povero Ovidio . Ma la vedo ancora , la mia Costantinopoli , dietro a quelle due rive nere scomparse ; la vedo più grande e più luminosa ch ' io non l ' abbia mai veduta dal ponte della Sultana Validé e dalle alture di Scutari ; e le parlo e la saluto e l ' adoro come l ' ultima e la più cara visione della mia giovinezza che tramonta . Ma uno spruzzo improvviso d ' acqua salsa m ' innaffia il volto e mi butta in terra il cappello ; - mi sveglio ; - mi guardo intorno ; - la prora è deserta , il cielo è nebbioso , un vento rigido d ' autunno mi agghiaccia le ossa , il mio buon Yunk , preso dal mal di mare , m ' ha lasciato ; non sento più che il tintinnio delle lanterne e lo scricchiolìo del bastimento che fugge , sballottato dalle onde , nell ' oscurità della notte .... Il mio bel sogno orientale è finito . FINE .
STATO E CHIESA ( MINGHETTI MARCO , 1878 )
Saggistica ,
PREFAZIONE Negotium in otio . 18 marzo 1877 . Platone , nel suo dialogo Della Repubblica , pone nella bocca di Socrate , queste parole : " Io scongiuro Adrastèa ( una Nemesi , figlia di Giove , punitrice degli omicidii anche involontari ) , io scongiuro Adrastèa di far grazia alle mie parole , perché io temo che sia minor delitto uccidere involontariamente un uomo , di quello che ingannarlo sul bello , sul buono , sul giusto , sulle leggi *." Un sentimento assai simigliante surse nell ' animo mio più volte nel vergar queste pagine , e mi trattenne il pensiero e la mano ; ma fu poi sempre vinto dal suo contrario . Parendomi che in un paese libero sia necessario che tutte le opinioni sincere intorno all ' ordinamento della cosa pubblica facciano udire la voce loro , e siano recate francamente in dibattito ; affinché la verità esca dal cozzo loro , come dalla selce percossa la scintilla . Né fra gli argomenti che all ' ordinamento della cosa pubblica si riferiscono ve n ' ha alcuno più importante e più opportuno di quello che risguarda le relazioni fra lo Stato e la Chiesa . Queste relazioni furono varie secondo i tempi , perché talora lo Stato tenne la Chiesa come una istituzione dipendente da sé , e come strumento al proprio fine civile ; talora la Chiesa sormontò in guisa da dominare lo Stato e riguardarlo come il braccio secolare delle sue deliberazioni . In alcuni tempi seguirono trattati fra le due potestà , ond ' elleno si divisero , per dir così , le parti nel governo della società . Talora anche lo Stato , lasciando alla Chiesa libertà nelle cose meramente ecclesiastiche , e quivi fortemente proteggendola , volle nondimeno esercitare un influsso e un sindacato nei suoi procedimenti e nella sua gerarchia , allo intento d ' impedire che essa abusasse del suo potere , o per usurpare i diritti proprii , o per abbassare le prerogative dei fedeli . Queste varie forme non erano a caso , ma nascevano dalle condizioni materiali e morali della società , e ciò che preme qui di avvertire è , che ciascuna ebbe una legislazione appropriata e diversa . Né poteva avvenire altrimenti : imperocché , quando muta l ' uno dei due soggetti , o mutano entrambi , anche le relazioni loro di necessità si trasformano , e quella legislazione che era un tempo bene adatta ed efficace , non lo è più , ma richiede di essere cambiata . Se non che gli uomini , avvezzi a giudicar l ' avvenire dal passato , si sforzano pur sempre a trovar modo di conciliare le leggi precedenti colle situazioni nuove , e specialmente in materia di religione , dove la tradizione e l ' abitudine tanto possono , che ogni cambiamento pare prematuro e funesto , e dove si teme ognora che , mutando la forma , anche la sostanza possa con essa perire . Sicché non è da maravigliare se molti uomini dotti ed accorti cercano eziandio in leggi che ebbero vigore , o l ' hanno ancora in qualche luogo , una regola ed un rimedio . Il mio concetto è , che alle condizioni materiali e morali della società presente , più non rispondono le forme legislative del passato : non dico quelle sole che esprimevano la dominazione assoluta dello Stato sulla Chiesa o della Chiesa sullo Stato , ma neppur quelle che discendono dai concordati o dal sistema così detto giurisdizionale . Io giudico invece che vi risponda la separazione della Chiesa dallo Stato , e quindi occorra una legislazione nuova che provveda alle nuove esigenze . E ciò mi pare anche consentaneo alle altre parti del governo civile . Imperocché tutto ciò che si attiene alla politica , al giure , alla economia , si va rimutando , e noi assistiamo ad una grande trasformazione della società , dei suoi ordini e delle sue leggi . Però mi preme di notare anzitutto due cose . L ' una è , che parlando delle condizioni materiali e morali della Europa , io ho dinanzi agli occhi più specialmente le nazioni cattoliche , e in particolare l ' Italia : che anzi , quando considero i paesi protestanti , mi apparisce meno necessaria ed urgente questa separazione . In secondo luogo , che la mia tesi esprime una tendenza , la cui compiuta effettuazione può essere ritardata da circostanze speciali , o temperata da provvedimenti che le circostanze medesime richiedessero . Il concetto della separazione della Chiesa dallo Stato fu già , da parecchi anni in qua e in più luoghi , manifestato e messo in discussione , né appartiene propriamente ad alcuna società religiosa o partito politico , anzi fu sostenuto da uomini che avevano opinioni diverse , e professavano disparate credenze . Quanto a me , io adombrai il medesimo pensiero sin dal 1855 , cioè in un tempo così differente dall ' odierno che potrebbe credersi trascorso un grande aevi spatium * . Più tardi mi toccò la fortuna di essere compagno al conte di Cavour nel divisare le prime linee di quel disegno in che doveva essere attuato il suo principio della Libera Chiesa in libero Stato * . E tale rimembranza non fu estranea alla composizione di questo libro : ché anzi mi sembrò scrivendolo di rendere omaggio di reverenza e di gratitudine al grande statista . Caduto a vuoto , per la sua morte , quel disegno , dond ' egli sperava che verrebbe un grande e benefico rivolgimento non pure nella penisola , ma anche di fuori , tentai di ripigliarlo parzialmente in occasione delle questioni sull ' asse ecclesiastico e sulle corporazioni religiose : né ho tralasciato mai , ogni qualvolta mi si porgeva il destro , di manifestare le mie idee nel Parlamento . Le quali cose io ricordo qui non per vanità , da cui l ' animo mio abborre , ma soltanto per dimostrare che lo scritto presente non è che il seguito e lo svolgimento di pensieri da me altre volte enunciati , e resi più evidenti dalla meditazione . Ma se non è nuova l ' idea della separazione dello Stato e della Chiesa , ella è però tuttavia assai oscura ed involuta . Né gli scrittori che hanno trattato di questa materia , né le discussioni che hanno avuto luogo in alcune assemblee , mi pare che l ' abbiano bastevolmente messa in chiaro . Molto rimane tuttavia di perplesso , molto di indeterminato e di contradditorio per ben definire in che consista la invocata separazione , e quali caratteri simiglianti e quali differenti dai sistemi passati la distinguano . Il che non deve far stupore ad alcuno , quando si consideri che questa idea , la quale apparisce a prima giunta semplicissima , è invece complessa sommamente , e però ad essere formulata in modo sintetico , richiede innanzi un ' analisi accurata di tutte le sue parti . Inoltre le abitudini e le tradizioni della unione fra Stato e Chiesa sono tanto radicate che si mescolano ad ogni nostro atto , e inconsapevolmente fanno velo al nostro giudizio . Questa confusione delle menti poi è massima in Italia , dove l ' idea della Chiesa libera nello Stato libero fu accolta da prima con singolare unanimità di voleri e con fervore di affetti ; ma fu appresso siffattamente descritta e commentata , e spesso anche trasfigurata e stravolta , che molti non sanno più né che significhi né che valore si possa darle . Finalmente si aggiunge che essendo la Chiesa cattolica ostile al presente ordinamento dell ' Italia , è nato in molti il timore che lo Stato , abbandonando le armi che il sistema giurisdizionale poneva in sua mano per lo passato , si trovi destituito di ogni difesa contro gli assalti e le insidie che possono minacciarlo . Ma la separazione della Chiesa dallo Stato non implica punto che lo Stato rimanga esposto agli assalti di qualsivoglia istituzione . Una legislazione nuova dee provvedere diversamente , ma con pari efficacia ai bisogni essenziali della società . Io confido pertanto che non avrò fatto opera del tutto vana ; e nol sarà , se ecciti altri a meditarne e scriverne , e sia impulso alla ricerca della verità , la quale sola ha diritto di trionfare . Ché da lei vengono i veri e durabili beni del privato e della società , come dall ' ignoranza e dall ' errore i più tristi mali . Se non che a trattarlo compiutamente , il tema si porge alla mente vastissimo , essendo in parte razionale , ma in parte anche storico . Per ben descrivere le vicende che corsero fra Stato e Chiesa , bisognerebbe rifare per intiero la storia del medio evo e della età moderna , dove prendono origine e s ' appuntano i fatti capitali dei quali ci convien discorrere : per isvolgere razionalmente in tutta la sua ampiezza l ' argomento , si converrebbe assai maggior dottrina nel diritto civile e nel canonico di quella che io sento di possedere . Mi è di necessità adunque di restringere il mio discorso , e toccando la parte storica solo in quanto è strettamente necessario , esaminerò il problema più specialmente rispetto al tempo presente e all ' Italia . Ho cercato anche di esser breve al possibile , perché al nostro secolo affaccendato e irrequieto non garbano i lavori di lunga lena , e volendo riuscire a qualsivoglia intento è d ' uopo in qualche parte adattarsi all ' andazzo corrente ; cosicché colui che desidera di persuadere bisogna che trovi modo di essere ascoltato , e per essere ascoltato bisogna , fra le altre cose , che stringa in poco il suo discorso . Dirò nel primo Capitolo come lo Stato e la Chiesa siano stati sin qui insieme uniti , ma però con diverse norme ed indirizzo ; esporrò il sistema dei fautori della potestà pontificia e di quelli della potestà regia , e toccherò dei concordati , che altro non sono che una serie di transazioni fra le pretese di quelle due potestà . Nel secondo Capitolo mostrerò che , nella condizione presente dell ' Europa , e in ispecie dell ' Italia , quella unione che ebbe luogo in passato , non ha più ragion di sussistere per l ' avvenire in nessuna delle forme descritte , e che volendo di qualche guisa mantenerla , i suoi inconvenienti pratici sarebbero assai maggiori dei vantaggi , di guisa che bisognerà tosto o tardi venirne alla separazione dello Stato dalla Chiesa . Ma qual è il modo di attuare questa separazione ? Di ciò tratterò nel terzo Capitolo , proponendomi di analizzarne le varie parti , e di studiarne le molteplici applicazioni . Nel quarto risponderò alle obbiezioni che possono muoversi a questo sistema , e indicherò eziandio per quali temperamenti e trapassi convenga andare dallo stato di unione a quello di separazione . Finalmente nel quinto Capitolo mi piglierò licenza ed ardire di fare alcune induzioni sulle conseguenze probabili che la separazione dello Stato dalla Chiesa può avere nella società civile , e sull ' avvenire religioso delle nazioni europee . Esposto così l ' idea capitale , e le principali divisioni di questo scritto , non terrò più a bada il lettore , ma entrerò difilato nell ' argomento . CAPITOLO PRIMO Chiunque mediti le istorie scorge manifestamente come nei tempi passati la unione fra lo Stato e la Chiesa fosse universalmente reputata necessaria . Questo concetto signoreggiò sinora le menti , informò gli ordini civili ed ecclesiastici e lasciò impronta di sé in tutte le legislazioni . Esso è fondato sulla identità del subbietto , in questo senso che l ' uomo è ad un tempo cittadino e credente , né le due qualità possono scindersi fra loro nella medesima persona . È fondato altresì sulla intima connessione dell ' obbietto , in questo senso che l ' appagamento e la perfezione , il fine terreno ed il fine oltremondano ai quali l ' uomo è indirizzato , hanno continue e strette attinenze . È fondato finalmente , sulla nozione giuridica dello Stato , al quale si attribuisce non solo la tutela dei diritti individuali , ma altresì un ' azione diretta al buon essere e al miglioramento del cittadino , alla conservazione e al progresso della società . Ciò posto , si vede chiaro perché si elevasse a principio la unione , o per lo meno l ' accordo intimo delle istituzioni civili e religiose , onde il privato e le società sono governati . E siccome le istituzioni religiose hanno sugli eventi civili grandissimo influsso , e questi alla volta loro ne hanno uno non meno rilevante sulle istituzioni religiose , i fatti più spiccati della storia porgevano un argomento potentissimo per confermare il detto principio . Tanto più doveva la cosa procedere di tal guisa inquantoché dopo la caduta dell ' Impero Romano , e dopoché i barbari ebbero abbracciato il Cristianesimo , l ' Europa intera nel medio evo professava una sola religione positiva , la cattolica ; e cogli altri popoli della terra che tenevano credenze diverse , o non aveva relazione di sorta , o li combatteva come pagani e come nemici . E però finché la religione cattolica fu comune a tutti i popoli europei , e in parte a quelli dell ' Asia e dell ' Africa , e resse il pensiero di ciascun cittadino e ne infervorò il cuore , non sorse neppure il dubbio che la cosa potesse andare altrimenti . Comunque e per qualsiasi mezzo volesse conseguirsi la unione fra lo Stato e la Chiesa , il principio stesso della unione rimaneva inconcusso . Fu soltanto quando le nazioni europee cominciarono a scindersi in materia di religione , e che una parte di esse , abbandonato il cattolicismo , professarono confessioni diverse da quello , e diverse fra loro , e il numero delle sette si moltiplicò a dismisura , fu soltanto allora che si presentò la difficoltà che lo Stato potesse con ciascuna di loro vivere e accordarsi egualmente . E crebbe poscia il dubbio quando nelle nazioni stesse , rimaste cattoliche , uno spirito diverso dalla religione dominante si diffuse e penetrò gli animi . D ' altra parte la Chiesa , assalita colle armi della dottrina e spesso ancora con quelle materiali , rimossa da molte ingerenze che aveva avuto sino allora , si restrinse in sé medesima ; e laddove prima aveva studiato di capitanare il moto intellettuale e morale dei popoli , d ' allora in poi , scorgendo in ogni novità un pericolo , in ogni riforma un peccato , osteggiò tutti i progressi , e finì col condannare tutti i portati della civiltà moderna e separare dalla comunione propria tutto ciò che v ' era di più vivace e di più ardito nella civil compagnia * . Quindi si pose il problema , se in tanta diversità di credenze , se in tanto conflitto fra la società religiosa e la civile fosse ancor possibile l ' unione fra lo Stato e la Chiesa . Ma prima che io venga ad esaminare questo punto uopo è che io mi rifaccia indietro e cerchi di esporre brevemente quali nell ' ipotesi dell ' unione fra Stato e Chiesa fossero le teoriche che successivamente hanno prevalso nei tempi passati , per esaminar se alcuna di esse sia ancor possibile ed adatta alle condizioni presenti della società . Comincio dalle teoriche più estreme , e poi dirò di quelle mediane , che sono una transazione o un compromesso fra di loro * . Il fondamento del sistema pontificio ( o , come dicono gli scrittori al di là delle Alpi , sistema oltremontano ) è riposto nella distinzione fra il fine terreno , che è il bene individuale e civile , ed il fine celeste che è la salute eterna , e da questa distinzione scaturisce l ' altra dello Stato e della Chiesa , della potestà temporale e della spirituale . Ma se il fine eterno è infinitamente superiore al terreno , se questo talvolta è mezzo , tal altra ostacolo a quello , di necessità ne viene che le leggi e le pratiche che mirano al primo fine siano senza comparazione più importanti di quelle che mirano al secondo ; e quindi viene la supremazia della potestà spirituale e della sua gerarchia sulle potestà temporali * . Questo concetto fu effigiato in molte similitudini , sì nelle scritture dei Dottori della Chiesa , sì nei decreti dei Pontefici . Si disse che la Chiesa rappresentava l ' anima , e lo Stato rappresentava il corpo * , quella il pensiero , questo l ' azione * . La Chiesa fu comparata al sole , lo Stato alla luna * , quella all ' oro e questo al piombo * . Si andò anche più oltre : si paragonò la Chiesa alla ragione , la Stato alla sensualità * ; e come la prima traeva origine da Dio , così la seconda era la conseguenza della natura corrotta , e persino del demonio * . Posta la superiorità della gerarchia ecclesiastica alla civile , e della sovranità papale alla imperiale , ne venivano agevolmente molte conseguenze e furono recate in atto con logica imperterrita . Nessuna legge civile era valida e rispettabile se contraddiceva in qualche guisa ai diritti della Chiesa , ché anzi al Papa spettava lo affermare o negare la sua intrinseca bontà ; che se l ' Imperatore o il Principe si ostinava a mantenere un decreto condannato da Roma , poteva il Papa esortare i popoli a disobbedienza e ribellione , prosciogliendoli dal vincolo di sudditanza , e deporre i Re dal trono * . Sono troppo note le controversie fra i Papi e gli Imperatori perché io qui le ricordi . A questa teorica si congiunge per una parte anche la dottrina del regicidio , la quale venne poi da taluni scrittori dell ' ordine di Gesù portata a perfezione di dottrina . Imperocché il re può uccidersi quando è tiranno , ed è tiranno allorquando è fuori della Chiesa * . Né solo era il Papa , per dir così , sovrano e padrone dei troni della terra , potendo con una parola debellarli e sovvertirli , ma i prìncipi erano obbligati a dare il braccio secolare alla Chiesa , a proteggerla internamente ed esternamente da ogni assalto * , e punire colle corporali pene tutti coloro che si attentassero di muovere contro di essa . Di ciò la storia della Inquisizione fornisce un terribile commentario . Come il Papa è superiore all ' Imperatore , così i chierici sono superiori ai laici . Molti concilii ricordano il Nolite tangere Christos meos , ossia i chierici ; e taluni canonisti , volendo esaltare la dignità sacerdotale , dicono che il prete in quanto è ministro di religione , eziandio se fosse il più corrotto degli uomini , sarebbe da reputarsi migliore del più santo dei laici * . Quindi il concetto delle immunità ecclesiastiche sì personali che reali e locali . Immunità personale in quanto che il prete non può essere sottoposto alla giustizia comune , ed è dispensato dai servizi pubblici ; immunità reale in quanto che i suoi possessi non pagano all ' erario alcun tributo , immunità locali , cioè inviolabilità delle sue sedi * . E per conseguenza il foro ecclesiastico , il quale trae a sé anche i laici laddove sia contesa fra essi e gli ecclesiastici , e il diritto d ' asilo , e infine la percezione delle decime a favore del sacerdozio e la facoltà riservata al Papa di mettere imposte per un fine spirituale . A questo segue la facoltà di possedere o di perpetuare la mano morta indefinitamente , la istituzione dei monasteri di ogni genere , la competenza esclusiva nelle materie matrimoniali , la tenuta dello Stato Civile , la pretesa assoluta della Chiesa di dirigere , informare e vigilare sovra ogni maniera d ' insegnamento , quella infine di amministrare e distribuire tutta quanta la pubblica beneficenza . Tale è la teorica schietta del Papato nella sua forma più logica , tali sono i principii che esso cercò di stabilire e che in parte o in tutto furono dominanti in Europa durante il medio evo con una legislazione ad essi appropriata . E nondimeno , da chi ha retto giudizio e senso storico , non si vogliono giudicare alla stregua delle idee moderne . La tutela del Papato e della gerarchia ecclesiastica sovra la potestà temporale , può essere giudicata e riconosciuta anche benefica nei tempi d ' ignoranza e di barbarie * . L ' errore nacque allorquando si volle di condizioni temporanee farne regole assolute , e , nonostante la mutata condizione dei tempi , si pretese signoreggiare il laicato mentre esso aveva già acquistato la coscienza dei propri diritti e la deliberata volontà di esercitarli . Però non è senza timore che noi veggiamo questo terribile edificio innalzarsi e aduggiare poi con la sua ombra tutte le istituzioni civili . Ma in pari tempo non è senza ammirazione che ci vengono innanzi i grandi personaggi di Gregorio VII , d ' Innocenzo III e di Bonifacio VIII * . I diritti che accampano sono nel convincimento dell ' anima loro diritti di Dio , la organizzazione che si sforzano di stabilire è la pura teocrazia , le signorie temporali non sono che ministre del Pontefice , e dell ' Impero non rimane che il nudo nome * . Queste idee propugnate dalla Chiesa * contro ogni resistenza dei prìncipi , quando essa si sentiva forte del consenso dei popoli e del terrore dei suoi fulmini , furono dai canonisti stessi alquanto temperate ed attenuate dopo il risorgimento delle scienze e delle lettere , allorché i giureconsulti e gli statisti cominciarono ad avere seguito e potenza . Sorse da prima e fu da Bellarmino ben espressa la teorica della potestà diretta e indiretta . Il Papa non era già padrone dello spirituale e del temporale , né poteva esercitare il suo influsso in ogni parte dell ' ordine civile , bensì soltanto in quelle cose che avessero una relazione col fine religioso * . Poi questa stessa teorica , che da principio era come una transazione fra le pretese del Pontificato e quelle dei prìncipi , fu attenuata , e i canonisti moderni la rigettarono * , riconoscendo che era troppo vaga , e nella sua ampiezza tale da render di leggieri illusoria ogni indipendenza dallo Stato * . Però continuarono a rivendicare la suggezione dello Stato alla Chiesa in tuttociò che era mezzo essenziale alla salute eterna , e la protezione dovutale , ossia il braccio secolare per tutelarne l ' integrità ed il possesso . In sostanza mantennero la superiorità della Chiesa sullo Stato , restringendone il campo , dando in ogni parte , che non fosse essenziale ad essa , piena indipendenza al principe , e sforzandosi di togliere o mitigare i possibili conflitti . Quanto alle immunità personali e reali dei chierici , si fece una distinzione : quelle che erano strettamente necessarie all ' esercizio delle funzioni ecclesiastiche si difesero siccome procedenti da diritto divino ; quanto a quelle che non erano necessarie ma solo utili , si disse che potevano essere richieste in un tempo , abbandonate in un altro , ed anche i modi pratici e concreti di soddisfare alle prime erano lasciati al giudizio dei prìncipi o all ' accordo comune . Così la Chiesa non rifiutò che i chierici rei di delitti comuni fossero giudicati da tribunali laici , con questo però che essa prendesse notizia del fatto criminoso e degradasse il sacerdote pria di consegnarlo . Le tasse si consentirono anche sui beni ecclesiastici , prima in forma di donativo volontario , poi di balzello vero e proprio come per gli altri cittadini ; il diritto d ' asilo fu temperato e fu concesso all ' autorità laica di catturare in sagrato i rei dopo il permesso dell ' autorità ecclesiastica ; si trovò ragionevole che al moltiplicarsi soverchio dei conventi anche la potestà temporale potesse recare qualche ritegno , e che la istruzione e la carità fossero esercitate anche da laici , purché l ' una non si dilungasse dalle verità dommatiche , e qualsivoglia deviazione ne fosse impedita da una vigilanza operosa del clero , l ' altra fosse informata da spiriti religiosi . Tali teoriche furono sostenute da canonisti moderni * . Ma di rado e a mala pena i Pontefici s ' indussero ad accoglierle . E per iscegliere fra molti un esempio nostrale , citerò la corrispondenza di Clemente XI col Duca di Savoja , dove dice espressamente non potere egli transigere sulle immunità della Chiesa sulla giurisdizione e sul diritto d ' asilo perché non sono suoi diritti , ma diritti di Dio * . E chi ben guardi troverà che in sostanza tutti questi temperamenti sono fatti buoni , in riguardo ai tempi , ma nondimeno campeggia sempre nella curia romana il concetto della preminenza assoluta della sovranità spirituale alla temporale e del sacerdote sopra il laico . Il che si appunta sul dato fondamentale , che la società è una , quindi fra l ' autorità spirituale e la temporale deve essere accordo , ma il fine della salute eterna essendo infinitamente superiore ai fini terreni , questi possono cercarsi e seguirsi solo in tanto , in quanto sono mezzi e in ogni caso non sono ostacoli al conseguimento del fine supremo , e per conseguenza sotto l ' indirizzo e la vigilanza del sacerdozio . Laonde nella questione recentemente sollevata da uno degli uomini più eminenti dell ' Inghilterra , il signor Gladstone , circa la dottrina romana in relazione alla obbedienza civile , e alla fedeltà dovuta al proprio sovrano , egli è , a mio avviso , indubitabile che considerando le dottrine romane nella essenza e nello spirito loro , le conseguenze che egli ne trae sono logiche , e che la obbedienza e la fedeltà del cittadino verso il proprio sovrano hanno pel cattolico un limite , fuori dello Stato , nelle sentenze del Pontefice . D ' altra parte non si può negare , ponendo mente alla storia , che queste dottrine sono state in pratica da due secoli in qua mitigate , e che la Chiesa romana andò guardinga nell ' usare armi le quali ella medesima sentiva essere spuntate . Perciò si comprende benissimo che uomini egregi abbiano sostenuto , rispondendo al Gladstone , che la infallibilità papale non poteva ingerirsi a determinare i rapporti del suddito e del sovrano ; che essa non doveva , anzi , intendersi se non là dove il Papa definisca materie di fede , né le era dato soffocare in nessun caso la voce della coscienza , la quale è pur voce di Dio . Ma egli è evidente che la Chiesa non ha rinunziato mai alle sue antiche teoriche ; e la pubblicazione del Sillabo e i decreti dell ' ultimo Concilio Vaticano erano tali da suscitare il timore che Roma volesse rifarsi nella intensità del poter suo di ciò che perdeva ogni giorno nella estensione del numero dei credenti . Certo è poi che , ammettendo anche le opinioni dei più temperati , come quelle del dottor Newman , non si può negare che le idee del Sillabo e il decreto della Infallibilità non siano tali da esercitare sui credenti un influsso grandissimo in senso opposto alle leggi , alle prerogative dello Stato , all ' autorità del Principe * . Di riscontro al sistema romano o teocratico , sta il sistema che pone nello Stato , e nel Principe che lo rappresenta , la somma dell ' autorità non solo civile ma religiosa . Il concetto regalistico , o , come altri lo chiamano , giurisdizionale , nella sua purezza è questo : la religione doversi riguardare come una istituzione dello Stato , e procede da ciò che ammesso l ' unità del fine nel cittadino , cioè il buonessere e il perfezionamento morale , spetta allo Stato indirizzarlo a questo fine , e fra gli ordini che al conseguimento di tal fine si richieggono v ' ha anche la religione * . Adunque la Chiesa è una istituzione dello Stato , e come tale esso la difende e la sussidia , ma la invigila affinché adempia dirittamente il suo ufficio , e la corregge se disvia . Questa forma nei tempi moderni si verifica principalmente nello Stato protestante e quivi anche è temperata , ma le si approssimano più o meno le moderne istituzioni in tutti gli Stati cattolici . E già il Gallicanismo ne fu una parziale espressione . Lasciando stare quella parte che raffrena la potestà assoluta dei Papi e tenendoci solo a ciò che riguarda le relazioni dello Stato colla Chiesa , il gallicanismo pone che entrambe le potestà spirituale e temporale sono di diritto divino , che sono pari e che procedono parallele * . Secondo il pensiero dei famosi cinque articoli con tanta efficacia propugnati dal Bossuet , fra le due potestà dovrebbe essere sempre accordo ; ma se nasce conflitto chi discrimina e decide * ? Il Gallicanismo non risolve il problema , ma i Parlamenti e la magistratura francese , gelosi delle prerogative dello Stato , non cessarono mai dal sostenere e dal praticare che lo Stato aveva la facoltà di pronunziare da ultimo , e per conseguenza veniva ad avere un potere indiretto sulla Chiesa * . E questo medesimo principio , più o meno largamente effettuato , pur tenne il campo in tutti i paesi cattolici . I sovrani più infervorati di religione e più disposti a tutelarla col sangue dei dissidenti , come Filippo II , resistettero a Roma * . E col progredire dei tempi la resistenza divenne ognor più forte e più tenace * . Secondo questo sistema , lo Stato protegge la Chiesa , ma il jus protegendi non va disgiunto dal jus inspiciendi . E siccome la Chiesa ha il suo centro e la sua sovranità fuori dello Stato , così esso prima di ammettere alcuna bolla pontificia vuol prenderne notizia , ed ogni atto di Roma è sottoposto al regio placito innanzi di essere pubblicato e messo in vigore . Anche le corrispondenze fra il Papa ed i Vescovi sono soggette al visto del Governo . È rivendicata allo Stato intera la giurisdizione civile e penale sui preti come sui laici , non è più caso di diritto d ' asilo , e cessano le immunità ecclesiastiche sì personali che reali , cosicché il foro ecclesiastico cede al laico , e i beni della Chiesa sono sottoposti , come gli altri , ai tributi pubblici . Ma lo Stato , ove l ' utile pubblico lo richiegga , va più oltre , e si attribuisce il diritto di sopprimere gli enti giuridici ecclesiastici , d ' incamerarne i beni o di convertirli in altra maniera di ricchezza , sostituendovi talvolta un assegnamento che inscrive nei suoi bilanci ; o se concede loro il possesso territoriale del beneficio , nella vacanza dell ' ufficio ne assume esso l ' amministrazione . Rispetto alle corporazioni monastiche ammette solo quelle che crede innocue e ne determina il numero e la disciplina , né depone mai la facoltà di discioglierle se divenissero dannose . Non esclude l ' ingerenza del clero nell ' insegnamento e nella beneficenza pubblica , ma ne vigila l ' indirizzo e l ' attuazione . Anzi , va più innanzi , crea egli stesso e informa del suo spirito i seminari , e così , avviata la educazione del clero , può discernere chi sia più degno di essere eletto ai sommi uffici . A queste elezioni prende parte o colle nomine dirette o colla presentazione al Papa , e in ogni caso si riserva l ' exequatur sulle bolle : onde nessun ufficiale ecclesiastico può occupare il posto suo senza ottenere prima il regio assenso , e senza prestare il giuramento di fedeltà al principe . Finalmente si costituisce giudice anche dell ' operato spirituale degli ecclesiastici , e deferisce l ' autorità giudicatoria a un consiglio laico , al quale le parti che si credono lese possano ricorrere come appello dall ' abuso ; e ciò non pure nelle applicazioni civili di una decisione ecclesiastica come il possesso del beneficio , ma negli atti stessi puramente spirituali , come l ' amministrazione dei sacramenti . Invero dacché lo Stato protegge la Chiesa ed in sé raccoglie ed esercita tutte le attribuzioni del laicato , egli ha diritto non solo di difendere i laici dalle usurpazioni ecclesiastiche , ma il clero stesso minore dai soprusi dei superiori , e questi medesimi dalla oltrapotenza di una potestà esterna quale è Roma . Infine lo Stato regola e governa tutti quegli atti della Chiesa che hanno una manifestazione pubblica e che possono avere relazione col proprio fine . Queste riforme furono introdotte successivamente negli Stati cattolici lungo il XVII e XVIII secolo , e sebbene la corte di Roma protestasse fortemente contro le dottrine regalistiche * , pur nondimeno è da notare , ciò che fa al proposito nostro , che i prìncipi i quali introdussero le riforme non si avvisarono di combattere la religione , ma soltanto di medicarne gli abusi e di rivendicare allo Stato quei diritti che stimavano giustamente competergli . Né ciò fecero soltanto i prìncipi del secolo XVII , ma altresì quelli del XVIII . Giuseppe II e Leopoldo I non avevano in mira di assecondare le tendenze del tempo a incredulità , bensì piuttosto infrenarle , introducendo nella disciplina ecclesiastica una riforma che fosse consentanea alla condizione dei tempi * . Ma le prime assemblee francesi , che si adunarono nel 1789 spinsero più oltre le cose , e ritornarono al concetto antico , che considera la religione come uno dei mezzi più potenti di governo . Perciò conveniva , secondo loro , metterla ognor più nelle mani dell ' autorità civile e servirsene , riconducendola alla sua primitiva istituzione , e riducendo il clero ad una classe di cittadini utile per l ' insegnamento e per l ' esempio che dà al popolo * . Il qual concetto si continuò e si manifestò , benché in modo meno espresso , nei tempi napoleonici . Io accennavo sopra che la Corte di Roma ha protestato sempre contro le dottrine giurisdizionali e contro quelle ingerenze dello Stato , che essa ha chiamato usurpazioni dei suoi diritti e oppressione della Chiesa . Quindi la storia del XVII e XVIII secolo è piena dei conflitti fra la Santa Sede e il Principato accompagnati non di rado da scomuniche e interdetti * . Nondimeno , commossa dell ' opinione dei popoli e degli atti resoluti dei governi , Roma entrò ad accordi e concesse in parte ciò che la potestà temporale esigeva . Quindi hanno origine i concordati o convenzioni fatte fra la Chiesa e i potentati . Il primo di essi è quello di Worms nel 1122 fra Callisto II ed Enrico V imperatore , il quale si riferisce alla famosa questione delle investiture , e si conchiude con una transazione , dove l ' imperatore consente che la elezione e la consecrazione dei vescovi sia libera , e l ' investitura coll ' anello e col pastorale sia fatta dalla Chiesa , e d ' altra parte il Papa consente che il vescovo eletto riceva la regalia dall ' Imperatore per mezzo dello scettro . Segue nel 1289 il concordato fra il Re di Portogallo e Nicolò IV , e nel 1447 quello fra Federico III Re de ' Romani e Niccolò V . I più importanti cominciarono col Concordato di Bologna fra Leone X e Francesco I nel 1516 . Abbondano nel XVIII secolo e nel presente , e seguendone la serie si vede che per ragione dei tempi e dell ' opportunità e per evitare mali maggiori , la Chiesa concede sempre nuove e più larghe franchigie , e transige in molte questioni , come quella della comunicazione reciproca fra il clero i vescovi ed il Pontefice , della protezione nomina o rinunzia dei vescovi e dei vicari , dell ' autorità dei vescovi sui fedeli , dei seminari e convitti , della circoscrizione delle diocesi e delle parrocchie , delle pene e censure , dei beneficî e della loro provvisione , del giuramento , delle immunità , delle corporazioni e fondazioni pie , dei beni ecclesiastici e della dotazione del clero * . Notissimo in fra tutti è il concordato del 1801 , col quale si ripristinava in Francia la religione cattolica , ma gli articoli organici non furono dal Papa riconosciuti * . Le difficoltà massime di queste convenzioni si riscontrano sempre in quelle che chiamansi materie miste , cioè dove si riconosce anticipatamente che Chiesa e Stato hanno diritto d ' intervenire , ma quando si tratta di fissarne i limiti , ivi le due potestà accampano le loro pretese , e secondo il soprastar dell ' una o dell ' altra variano le concessioni . Le due qualità speciali dei concordati rispetto alla S . Sede , mi sembrano essere queste : la prima che la potestà spirituale s ' induce a far concessioni di ciò che stimerebbe pur suo diritto ; ma pel bene della pace vi rinunzia * . E distingue queste concessioni in due specie : le une vere e proprie , che hanno carattere di stabilità , le altre di semplice tolleranza e perciò revocabili a migliore opportunità . La seconda è che la Chiesa riguarda questi concordati come veri trattati internazionali vincolanti in perpetuo lo Stato contraente , sino a che essa medesima non l ' abbia in parte o in tutto prosciolto dall ' osservarli * . Questa esposizione del sistema romanista , vuoi nella sua rigidità , vuoi temperato , e del sistema giurisdizionale parimente puro o misto , infine delle transazioni che ebbero luogo , ossia del sistema dei concordati fra la potestà spirituale e la temporale , comecché breve ed incompletissimo , mi par nondimeno bastevole all ' intento che io mi era proposto , cioè , a dimostrare che qualunque fossero le relazioni fra lo Stato e la Chiesa ebbero sempre a fondamento la necessità e la convenienza dell ' unione loro , e quindi della comune azione in alcuni punti , e della reciproca ingerenza in altri , affinché il fine sociale e religioso potessero meglio conseguirsi . Ciò posto , mi pare che la questione debba porsi in questi termini : Nelle condizioni presenti d ' Europa e specialmente in quelle d ' Italia , l ' unione dello Stato e della Chiesa è vantaggiosa ? È pur solo possibile stabilmente ? O per lo contrario è possibile e vantaggiosa una separazione ? E può questa farsi senza offendere alcun diritto dell ' individuo e della società ? CAPITOLO SECONDO La pace di Vestfalia ( 1648 ) segna il fine delle guerre religiose onde l ' Europa per tanto tempo era stata travagliata e diserta , e consacra il riconoscimento del Protestantismo sotto le varie sue forme * . Contro questo trattato protestò indarno Innocenzo X , dichiarandolo nullo e di niun valore , e prosciogliendo dall ' osservarlo coloro che ne avessero giurato i patti * ; indarno protestarono i suoi successori * : imperocché d ' allora in poi esso fu base del diritto pubblico europeo . Nel medesimo tempo l ' Inghilterra , distaccatasi dalla fede cattolica di Roma , dopo avere costituito una forte chiesa nazionale , fu però costretta di riconoscere in sé medesima e rispettare almeno in parte le sètte dissidenti . È evidente che per questi avvenimenti la unione dello Stato colla Chiesa dovette ricevere una grande scossa . La consistenza di diverse confessioni cristiane in uno Stato medesimo , e il riconoscimento della loro legalità , per la quale il cittadino possiede ed esercita egualmente i diritti civili e politici sia esso cattolico , o luterano , o dissidente , pone lo Stato in una condizione diversa da quella che era da prima . Non è più lecito allo Stato proclamare come assolutamente vera una sola forma di religione , e proteggerla contro ogni assalto , ma in quella vece esso è costretto a riconoscere parecchie confessioni , siccome pari fra loro in dignità , e sollevarsi , per così dire , ad una forma più generale ed astratta di cristianesimo , la quale possa abbracciare in sé medesima tanto il cattolico quanto il protestante . Questa conseguenza può effettuarsi più o meno rapidamente ed efficacemente , ma è il portato della condizione morale della società moderna . La costituzione prussiana del 1850 l ' ha formulato chiaramente * . E il passo è già grandissimo se si riscontra col medio evo . Ora l ' esperienza ha già dimostrato due cose che un tempo si sarebbero credute impossibili , l ' una che queste diverse confessioni cristiane possono convivere senza perturbazione della pace pubblica ; anzi senza impedire l ' azione comune di coloro che le professano al fine della società civile . L ' altra che lo Stato non ha perciò perduto punto di moralità e di vigore ; imperocché non si può negare che i paesi dove protestanti e cattolici vivono insieme sotto una legge medesima , hanno progredito più dei paesi che sono esclusivamente cattolici , e forse anche più di quelli che rimasero esclusivamente legati ad una forma del protestantismo . Ma procediamo innanzi . Se nei paesi di razza latina , la forza dei Prìncipi , alleati colla Chiesa romana , potè reprimere e soffocare ogni moto riformativo nel XVI secolo , non però i germi ne furono estirpati , e nonostante la reazione ascetica che segue al concilio di Trento , e nella quale i Gesuiti sono gli attori più arditi , più tenaci e più affascinanti * , pur quei germi posero radice , e quanto più lungamente occulti , tanto più si diffusero , come umore che scomparso dalla epidermide serpeggia nelle vene , e s ' insinua negli organi della vita . Così il sentimento razionalista , che da più secoli veniva diffondendosi , scoppiò con grande impeto nella filosofia francese del secolo scorso , la quale , fra le altre sue note spiccatissime , ebbe quella di un ' ostilità accanita contro il cristianesimo , e si conchiuse poi con la rivoluzione formidabile del 1789 e con la dittatura napoleonica . D ' allora in poi , non ostante la restaurazione del cattolicismo nella Francia e i concordati , pur nondimeno il principio della libertà religiosa fece grandissimi passi in tutto il continente europeo . Non si trattò più di riconoscere legalmente varie sètte cristiane , ma di riconoscere qualsiasi forma di credenza che non offendesse la pace e la sicurezza pubblica . Né giovò che talune costituzioni politiche contenessero qualche articolo che dava esplicitamente il primato ad una data forma di religione e di culto sovra tutte le altre , come per esempio lo Statuto piemontese del 1848 , che divenne poscia lo Statuto italiano . Quegli articoli furono interpretati in guisa da poterne dedurre in pratica la parità di tutte le religioni e di tutti i culti . Anzi si venne a considerare la religione come argomento spettante al diritto privato , sul quale lo Stato non dovesse avere ingerenza , se non in quanto le pubbliche sue manifestazioni si attengono alla sicurezza pubblica . Indi la libertà di coscienza e dei culti si levò in grido come la prima e principale fra le franchigie costituzionali . Ho detto che il sentimento razionalista veniva da più secoli crescendo e diffondendosi in Europa . Io intendo per ciò , non già un sistema definito e preciso di filosofia , ma una tendenza , un metodo , una cotal forma di pensiero , per la quale l ' uomo mira ad attribuire i fenomeni fisici dell ' universo a leggi costanti anziché a cause miracolose , e deduce le regole della morale e della politica dalla ragione , anziché da una dottrina rivelata . Questo sentimento precedette il protestantismo , ché anzi , come tendenza naturale all ' uomo , manda qua e là scintille anche nel buio del medio evo , benché scarsamente , e sian tosto estinte : ma comincia a manifestarsi apertamente quando col rinascimento delle lettere e delle arti l ' antica filosofia diviene patrimonio comune della moderna Europa . Io avrò occasione di parlarne più diffusamente nel Capitolo V del presente lavoro * . Per ora mi basti notare che il protestantismo da una banda accoglie il principio razionale nella sua più ardita espressione , poiché pone nella ragione individuale il criterio della interpretazione della Bibbia , ma dall ' altra banda lo ferma e gli impone limiti nella divinità del libro stesso che si tratta d ' interpretare . Ma gittato il seme esso fruttifica sopratutto nelle sètte dissidenti , e queste sètte , valicato l ' Atlantico , fuggendo la tirannide e la persecuzione , conservano il fuoco sacro , e il giorno stesso che costituiscono la novella repubblica settentrionale d ' America proclamano il principio della libertà religiosa in modo assoluto , come legge generale dello Stato . Dove è da notare questa differenza notevolissima con ciò che accadde in Francia di poi ; che in America il principio di che parliamo era venuto in atto senza ostilità alcuna verso la religione , senza ire e senza rancori contro i suoi ministri , ma come conseguenza di un profondo sentimento di libertà e di rispetto reciproco dei cittadini . Washington , che personifica quel grande rivolgimento , era credente , eppure egli esprimeva il suo concetto con queste parole : " Allorché gli uomini osservano esattamente i loro doveri civili , essi hanno fatto ciò che lo Stato ha il diritto di esigere e di aspettarsi da loro : essi sono responsabili verso Dio solo della religione che professano e del culto che preferiscono * " . È questo il principio proclamato dagli Stati - Uniti nella costituzione loro del 17 settembre 1787 . Il Congresso non fa leggi che riguardino lo stabilimento di alcuna religione , o che ne proibiscano il libero esercizio : nessuno che si conduca pacificamente e regolarmente sarà mai molestato per opinioni religiose o per la forma del suo culto ; nessuna professione di fede sarà mai richiesta come condizione ad alcun ufficio o mandato pubblico della Confederazione * . Comunque in Europa siano in vigore leggi e pratiche le quali non consuonano pienamente con queste massime , tuttavia parmi non potersi negare che il cammino delle nazioni moderne è volto a tal mira , e che tutte le leggi recenti fatte dai Parlamenti sia nelle monarchie temperate sia nelle repubbliche , si informano al medesimo principio . Ora qual è il significato intimo di siffatta legislazione ? Egli è che lo Stato il quale , come dicemmo innanzi , era passato dalla professione di un dogma concreto ed esclusivo ad una forma astratta di cristianesimo , che potesse comprendere tanto i cristiani , quanto i protestanti , e le varie loro sètte dissidenti , procede ancora un passo più oltre , e si eleva ad un astrazione maggiore . Esso pone allora la sua base non più nella dottrina cattolica o protestante , neppure sulla dottrina meramente cristiana , ma sulle verità morali comuni a tutti i culti , e , se vuolsi , anche sul sentimento religioso che è come il sustrato di tutte le credenze positive , e su ciò che possa concepirsi e credersi indipendentemente da qualsiasi dogma rivelato . Che se nonostante questa imparzialità verso tutte le religioni e le sètte , pure lo Stato moderno continua a chiamarsi cristiano ciò è ( come dice il Blüntschli ) in quanto che il cristianesimo ha nella storia dei popoli odierni europei profonde radici , e informa tutta quanta la civiltà loro presente . Può lo Stato chiamarsi cristiano anche per ciò che la massima parte del popolo , professando la religione di Cristo , esso ne rispetta ed onora la morale . Così la intendono anche gli americani , che assai più degli europei hanno stabilito la separazione giuridica fra Stato e Chiesa , e nondimeno continuano a parlare della religione come di elemento sostanziale e di principio costitutivo del diritto comune . In questo senso più lo Stato moderno è divenuto equo ed umano , più è divenuto cristiano * . Ma tornando all ' andamento storico verso la libertà religiosa , mi par da notare che gli Stati particolari che formano l ' Unione Americana ci danno un esempio di quel trapasso del quale ho sopra discorso , cioè di quella maniera di generalizzazione per la quale lo Stato si eleva ad una forma ognora più astratta di religione sino alla pura morale . E perché è rapido e chiaro mi par che illustri mirabilmente il lento progredimento della Europa nella stessa via . Ho detto sopra che la costituzione americana sancisce la libertà religiosa come uno de ' suoi principî fondamentali . Nondimeno se si guarda alle legislazioni speciali dei singoli Stati , si trova che , anche senza offendere direttamente la massima sopracitata , pure vi si manifesta qualche parzialità verso taluna forma di culto . Così nella Carolina del Nord la costituzione dell ' anno 1776 , disponeva in tal guisa : " nessuno potrà tenere un ufficio pubblico qualora egli non professi la religione evangelica . " Ma nel 1836 fu introdotto un emendamento , pel quale alla parola religione evangelica erano surrogate le altre : " religione cristiana . " Ora una religione cristiana in genere non esiste , ma esiste nella forma del cattolicismo , del protestantismo , e delle altre sette dissidenti ; però a ciascuno , qual che ne fosse la confessione , diveniva lecito adire i pubblici impieghi . Finalmente un secondo emendamento modifica di nuovo questa dizione , e non si esige più una professione di fede positiva , ma soltanto è promulgato che non potrà esercitare un pubblico impiego chi neghi l ' esistenza di Dio . Eccoci alla forma più generale e più astratta del sentimento religioso . Né diverso fu l ' andamento delle cose nella Pensilvania , dove la formula pura protestante fu convertita nella seguente : " chiunque non creda nell ' esistenza di Dio e in uno stato di premî e di pene nella vita futura , è escluso da ogni pubblico ufficio . " Similmente nel Maryland chi non crede in Dio e nell ' immortalità dell ' anima non può esser giurato né testimonio , ma nelle ultime costituzioni del Mississipì , dell ' Arkansas ed altre , anche siffatte limitazioni furono tolte * . Questo procedimento è degnissimo di nota , e mostra , in primo luogo , come la separazione dello Stato dalla Chiesa è tanto lungi dall ' escludere il sentimento religioso , che anzi esso traspare non pure negli atti ma nelle leggi . Le costituzioni americane dei vari Stati ne hanno qual più qual meno un sentore . Così quella di New York comincia dal render omaggio di gratitudine al Creatore dell ' Universo , quello del New Hampshire afferma che la pietà e la morale fondata sui principî evangelici sono la maggiore guarentigia e la migliore condizione del buon governo ; la costituzione del Massachussets pone nel culto del Signore e nell ' istruzione religiosa il presidio dello Stato repubblicano , e la causa precipua della felicità del popolo ; e quelle della Virginia e del Delaware dichiarano che , sebbene in fatto di religione non si debba procedere colla violenza ma colla persuasione , nondimeno la credenza ed il culto sono il primo dovere morale dell ' uomo . Dal che si vede in sostanza come codeste leggi muovono dal principio che la religione è necessaria non pure al cittadino privato , ma alla conservazione , alla prosperità e alla grandezza della repubblica . Ma nel tempo medesimo non riconoscono nessuna attinenza necessaria fra questo sentimento e una forma determinata di religione e di culto . Imperocché , come dice benissimo il Wharton * , il dogma è riguardato come estraneo allo Stato , ma la morale cristiana è il fondamento di tutte le istituzioni degli Stati Uniti . Il che pronunziava la stessa Corte d ' Appello di New York , quando diceva in una sua sentenza che la religione cristiana è intessuta nella società e congiunta a tutte le abitudini , ai costumi , ai modi della vita * . Insomma la condizione delle cose agli Stati Uniti d ' America prova che insieme colla separazione giuridica dello Stato dalle Chiese può coesistere l ' unione morale fra di loro . E siccome questi concetti sono pure i medesimi espressi negli articoli della costituzione prussiana del 1850 , di che ho parlato sopra , così mi parve che il presente moto europeo si trovasse effigiato in compendio nei procedimenti di alcuni di quegli Stati . Se non che , dalle premesse sopraindicate , le conseguenze logiche vanno ancor più oltre , imperocché la piena libertà della coscienza e dei culti concede eziandio , come dimostrano i detti esempi , di non credere ad alcun domma rivelato , di non praticare culto di sorta . Giuridicamente codesta posizione non può essere sforzata dallo Stato . Per coloro poi che credono , la libertà equivale alla facoltà di associarsi con altri cittadini che partecipino alla medesima credenza , di organare codesta associazione , e governarla secondo tali o tali altre massime e tradizioni , di praticare il culto che si stima più confacente , infine di diffondere la propria fede colla predicazione e coll ' insegnamento . Lo spirito di proselitismo e di propaganda è inseparabile dalla fede , e forma parte esseriziale della libertà sino a che non offenda i diritti altrui . Vedesi adunque che non si tratta di una concessione fatta per schivare un male maggiore , né di una semplice tolleranza ; ma di un vero principio che informa tutto il diritto pubblico moderno , e che muta essenzialmente i rapporti dello Stato colla Chiesa o colle Chiese esistenti . Per conseguenza non si può immaginare una legislazione liberale la quale comandasse un domma , o ponesse sanzioni positive ad uno o ad un altro culto religioso . E similmente non si può immaginare una legislazione liberale che vietasse ai cittadini di associarsi a fin di religione e di culto , quando non offendano i diritti altrui . Noteremo qui di passata come le chiese repugnassero sempre a ciò , né la cattolica sola , ma anche le altre confessioni ; ma il principio di libertà trionfò malgrado gli sforzi loro * . E non è che parecchio tempo appresso che alcune di esse hanno pensato di rallegrarsene , e di poterne trarre utilità . Per riepilogare il mio pensiero , io dico che la unione dello Stato colla Chiesa era fondata essenzialmente sulla unità di religione , sicché il credente era cittadino e il cittadino credente . Questa unione fu già grandemente scossa quando più confessioni religiose poterono coesistere nello Stato medesimo , ma nondimeno , siccome elleno erano rami di un medesimo tronco , si può ancora concepire lo Stato che spande la sua protezione e la sua tutela sopra di tutte , come avviene anche oggi in molti paesi protestanti . Ma quando il principio razionale prevale nella sua schiettezza , quando il cittadino può , non solo appartenere all ' una o all ' altra confessione cristiana , ma a qualunque altra religione , o anche non ammettere religione positiva di sorta alcuna ; e ciò non diminuisce i suoi diritti e i suoi doveri verso lo Stato : quando la determinazione legislativa di quei diritti e di quei doveri non s ' ispira più al precetto di una dottrina rivelata , ma soltanto ai dettami della ragione , allora la unione della Chiesa collo Stato , la unione giuridica , dico , e legale , non risponde più alle condizioni della società . La teocrazia e il regalismo hanno perduto la loro ragione d ' essere entrambi , e i concordati e i provvedimenti che tramezzano fra quei due sistemi , possono menarsi buoni come espedienti temporanei , non come stabile assetto di cose . A una condizione sociale , qual è quella che abbiamo descritta , risponde necessariamente una nuova forma civile e legislativa che è il tema del mio discorso . Ora io dico che questa forma non può trovarsi che nella separazione della Chiesa , anzi di tutte le Chiese dallo Stato . Il che non implica già che le Chiese sciolte da ogni freno possano combattere fra loro e colle altre istituzioni civili , e meno ancora assalire lo Stato . No , per certo . Ma alle antiche forme legislative si debbono sostituire forme novelle , ai freni che rispondevano a condizioni sociali diverse dalla presente , si debbono sostituire freni che colle condizioni delle società presenti si concordino . Avverrà qui la trasformazione che è avvenuta in ogni altro ramo della legislazione , e dove non è compiuta ancora , verrà compiendosi nell ' avvenire . Al sistema preventivo si andrà surrogando il sistema repressivo . Lo Stato , invece di prendere come una volta , delle cautele generali e anticipate per evitare che certi atti tornassero in danno comune , al presente determina i limiti in ogni materia , e interviene solo quando quegli atti ne trascorrono . Potrei citare molti argomenti : quello della stampa , per esempio , e del diritto di riunione , dove alla censura , o al permesso , è surrogata una legge punitiva degli eccessi , quello delle società industriali e commerciali , dove le cautele del decreto regio che le autorizzava , e dell ' approvazione dei loro statuti , fa luogo a leggi generali determinatrici delle forme e dei limiti entro i quali queste società possono liberamente crearsi . Così avverrà anche rispetto alla religione . Laonde coloro i quali credono che rinunziando al sistema giurisdizionale , cioè , alla presentazione dei vescovi , agli exequatur ai placet , agli appelli da abuso , lo Stato rinunzi ad ogni difesa de ' suoi diritti , s ' ingannano . Lo Stato rinunzia alle vecchie difese preventive che più non reggono , ma ne crea di nuove , repressive , con una legislazione appropriata alle circostanze presenti . Però se l ' andamento storico della civiltà nostra ci conduce a queste conclusioni , possiamo noi dire che elleno sieno conformi anche ad uno stato normale di cose ? Questa libertà religiosa può essa consistere colla nozione che noi ci formiamo dello Stato e dei suoi attributi necessarii ? Può lo Stato rinunziare ad ogni ingerenza preventiva in materia religiosa , senza spogliarsi di funzioni essenziali al suo fine ? Il concetto dello Stato e degli attributi che gli spettano si desume dal suo fine . Ora il fine dello Stato è duplice : primieramente la tutela dei diritti , e in secondo luogo la cura di quegli interessi veramente generali , ai quali per sé soli non possono supplire i cittadini , e le varie loro maniere di associazione . A conseguire il primo , lo Stato , dopo avere riconosciuto e determinato nelle leggi i diritti medesimi , li protegge da ogni violazione interna e da ogni esterno invadimento , circoscrivendo così la libera attività dei privati , entro i termini necessarii all ' esercizio della libertà altrui . L ' idea generatrice di questo ordine di funzioni , è quella del suum cuique tribuere , cioè , la giustizia . Quanto all ' altro ordine di funzioni , l ' idea generatrice di esse è quella di integrazione . Là dov ' è un interesse generale , importante , e a soddisfarlo si riconoscano insufficienti , non pur gli individui singolarmente , ma le associazioni spontanee di ogni genere , ivi subentra l ' opera dello Stato , la quale si manifesta o rimuovendo ostacoli , o fornendo notizie , o porgendo aiuti e sussidii , e talvolta anche facendo esso ciò che gli altri non sarebbero potenti a fare . Di che segue che nella essenza dello Stato havvi qualche cosa di assoluto e di perpetuo , ed havvi eziandio qualche cosa di mutevole e di relativo . Ne segue altresì che mano a mano che i cittadini , o i consorzi loro si abilitano per istruzione , per ricchezza , per ordini interni , a compiere certi dati uffici da loro medesimi , lo Stato cessa dalle funzioni integrative che a ciò si riferiscono , e restringe proporzionatamente il suo còmpito . Anzi a questo restringimento deve mirare grado grado , come ad intento nobilissimo , inquantoché lascia ognor più largo campo alla attività dell ' uomo e ne solleva la dignità * . Nondimeno si vuol notare che la ingerenza dello Stato in molti casi non cessa interamente , ma si trasforma : è un nuovo modo che esso prende in luogo dell ' antico , più confacente al grado di civiltà ed a promuovere certe generali imprese che appagano essenziali bisogni delle popolazioni . Né si dee dimenticare altresì che il progresso della civiltà implica sempre fra i cittadini nuove relazioni che lo Stato è chiamato a determinare giuridicamente e a favorire , ove occorra , e similmente che esso non potrà mai considerarsi estraneo alla moralità ed al costume in che il cittadino attinge le forze necessarie allo svolgimento delle sue facoltà . Cosicché non si può supporre che lo Stato arrivi mai a spogliarsi interamente di ogni attributo d ' integrazione , e che possa restringersi puramente e semplicemente alla tutela dei diritti . Finalmente lo Stato , non essendo una semplice agglomerazione d ' individui , ma un tutto organico , può dirsi che ha un fine anche in sé stesso , nella conservazione delle sue istituzioni , della tradizione e della solidarietà fra le generazioni presenti e le future . Posti questi principii , lo Stato dee ingerirsi in materia di religione ? É chiaro innanzi tutto che questa facoltà entra nell ' ordine secondo degli attributi che gli abbiam riconosciuto , e non nel primo che è meramente negativo ; onde vuol giudicarsi piuttosto alla stregua della storia di quello che in modo assoluto . E veramente riguardando indietro troviamo che lo Stato riguardò mai sempre la religione , non solo come un presidio ai suoi ordini interni , ma altresì come una necessità sociale , e quindi in varie forme cercò di proteggerla , di favorirla , di mantenere integra e pura la fede . Parve eziandio che esso non dovesse rimanere indifferente a tali cose , donde può venire la ruina del costume . Ma se tutto ciò vuol essere giustificato dalle condizioni in cui la società si trovava nel passato , non è lecito argomentarne che in altre circostanze lo Stato non possa deporre questo ufficio , e lasciare che la libertà del privato vi abbia il campo , pur di non offendere la libertà degli altri . Si può egli asserire che lo Stato nella sua normale costituzione e pel conseguimento de ' suoi fini , debba professare una forma di religione positiva ? E risalendo anche più alto , cioè al principio filosofico che informa tutta la questione , l ' osservanza della giustizia , la cura di certi interessi generali , la integrazione del cittadino e dei suoi consorzi ad utilità comune , richiede la professione di un domma rivelato e la osservanza di un determinato culto ? Quanto al primo capo io affermo che una connessione necessaria fra la giustizia e il domma rivelato non v ' è * . Certo la giustizia richiede , anzi è essa medesima cognizione ed attuazione di leggi morali , ma la natura di queste leggi non è sovrintelligibile né rivelata , sì bene naturale e conoscibile dall ' umano intelletto . A tal conoscimento basta dunque quel lume che illumina tutti gli uomini che vengono in questo mondo ; bastano quelle verità che i teologi e le chiese stesse ( compresa la chiesa cattolica ) ammettono come preparazione e base su cui si fonda la rivelazione . In prova di questa proposizione basterà por mente a due notevolissimi esempi : le leggi romane , che anche oggidì riscuotono la nostra ammirazione e servon di esempio alle legislazioni moderne , appartengono per gran parte ad un periodo anteriore al cristianesimo ; il codice napoleonico , che è come il tipo dei codici moderni , non ha dipendenza dal domma . Certamente poi , né gli Stati protestanti si mostrano inferiori ai cattolici , né questi a quelli nei loro codici , nella tutela dei diritti , nell ' amministrazione della giustizia , nella difesa del territorio nazionale . Resta a vedere se questa connessione fosse necessaria al secondo dei capi sopradetti . Ma quali sono oggi gli attributi che lo Stato ha , oltre la tutela rigorosa del diritto ? Esso ha la polizia preventiva che riguarda la sicurezza pubblica , ha una vigilanza igienica che risguarda la salubrità delle popolazioni , una tutela eminente sulle amministrazioni parziali , le poste , i telegrafi , una parte notevole nei lavori pubblici che superano le forze locali , infine favorisce col credito , coi trattati commerciali , coi premi , coi sussidii , coll ' istruzione tecnica , la produzione della ricchezza ; ma tutte codeste cose non hanno relazione diretta col culto . In due punti potrebbe nascere il dubbio che questa relazione sia inevitabile , nell ' insegnamento , cioè , che insieme coi privati lo Stato comparte , e nella beneficenza . Ma quanto all ' insegnamento , è mestieri distinguere l ' istruzione dalla educazione , e come la prima può appartenere , in alcuni casi , allo Stato , così la seconda soverchia in generale le sue forze , imperocché non è solo esposizione di veri , ma ispirazione di affetti impressi con autorità benefica , e ricevuti con ossequio spontaneo e confidente . Potrà esigersi per avventura che l ' istruzione officiale non impedisca l ' educazione e non ne turbi gli effetti , ma non si può pretendere che la potestà civile si faccia arbitra e dispensatrice dell ' insegnamento religioso , come discorrerò più ampiamente in altro luogo . E quanto alla beneficenza , la quale non può essere ufficio dello Stato se non in certe particolari , e direi quasi straordinarie circostanze , essa non può , in tali circostanze , collegarsi alla professione di un culto qualsivoglia , e si esercita a prò dell ' individuo non già come credente , e direi quasi neppure come cittadino , ma come uomo , in quanto si riconosce o ridotto ad impotenza o destituito di ogni altro aiuto civile . Resterebbe dunque che lo Stato , come nella forma giurisdizionale che abbiamo descritta nel precedente Capitolo , si facesse esso stesso promotore diretto della religione , estirpatore di quelli che crede abusi , favoreggiatore del culto e della pietà ; e tutto ciò come bene in sé stesso , e come mezzo al mantenimento o al miglioramento del costume . Ma cotale ufficio non può essere esercitato dallo Stato che nella sua parte estrinseca e formale : esso presuppone , per usare una parola che oggi è molto in voga , un contenuto , cioè il sentimento religioso e la fede , né solo una fede per dir così generica in Dio e nella provvidenza , ma in una religione positiva e rivelata . Or se questa fosse spenta o intiepidita nei cuori , lo Stato non avrebbe efficacia di suscitarla , né da esso può venire un eccitamento che li risvegli e li infervori . L ' iniziativa individuale , la potenza dell ' associazione spontanea sola vale a rianimare il sentimento religioso , e la fede : tutto ciò che lo Stato potrebbe fare , bene spesso ( e la storia ce lo prova ) non servirebbe che a disvogliare gli animi e porli in guardia contro una forma artificiale e coattiva . Qui cade anche in acconcio una osservazione del Macaulay * che ogni istituzione tanto meglio raggiunge il suo fine se riguarda quello solo e non altro . Nota eziandio il medesimo scrittore che la professione di una religione , e la pratica d ' un culto non è necessaria a formare associazioni di uomini ad importanti scopi con unità d ' interessi , con organizzazione potente , e capi aventi fortissime responsabilità . Egli non rifiuta allo Stato l ' ufficio di promuovere indirettamente la scienza , le arti , l ' istruzione popolare , e favorire per tal via anche lo svolgersi dei sentimenti religiosi . Ma insiste su questo punto capitale , che il fine della difesa e della propagazione delle verità religiose è altro dal fine della difesa sociale . E veramente se la difesa e la propagazione delle verità religiose fosse il fine precipuo dello Stato , come potrebbe lo Stato escludere dal suo Codice i delitti di religione , come potrebbe anzi non punire l ' eresia , la quale fa un male gravissimo , assai più grave di quel che arrechi un materiale delitto ? Ora come il Codice ha pene per coloro che stimolano altri a rubare , ad uccidere , ad incendiare , così dovrebbe averne per chi toglie colle sue predicazioni il maggior bene , quello dell ' anima , e il più solido fondamento della morale e della società . Si dirà essere chiaro e manifesto a tutti l ' influsso che la religione esercita sulla legislazione e sulle istituzioni di uno Stato , anzi sovra ogni parte del costume . Il che è verissimo , ed io sono ben lungi dal disdirlo , che anzi niuno potrebbe negare che la massima parte dei beni onde la moderna civiltà si vanta , sono un portato del cristianesimo . Gli spiriti cristiani lentamente penetrarono e s ' insinuarono nell ' uomo e nella società , e quest ' azione continuò e continua tuttavia , né meno efficace né meno visibile dopo la riforma e dopo la filosofia del secolo passato , comecché l ' una alterasse i dommi , l ' altra li combattesse . È degno della nostra meditazione , e fu già da molti avvertito * come coloro stessi che più si accanivano nel far guerra al Cristianesimo per caldeggiare le rìforme sociali , spesso non facevano che dedurre le dottrine loro dai suoi insegnamenti : ed oggi ancora può dirsi con certezza che quegl ' insegnamenti non sono svolti interamente , né hanno recato tutte le conseguenze civili onde sono suscettivi . Ma la questione che noi trattiamo non è questa . Concedo che v ' ha fra tutti gli elementi onde l ' umana natura e la società si compone un reciproco influsso : l ' utile , il vero , il bello , il giusto , il divino si collegano fra loro e nell ' idea e nel fatto : la ricchezza , la scienza , le arti , le leggi , le religioni , reciprocamente si modificano , e formano la civiltà . Né contendo eziandio al sentimento religioso un primato sugli altri e m ' accordo che esso sia capace più di tutti d ' ispirare la virtù e il sacrifizio ; che anzi i due elementi estremi della umana natura , in un certo aspetto i più potenti , sono l ' utile in quanto è soddisfazione immediata dei bisogni necessari alla vita , e il divino in quanto vince di dignità e d ' importanza ogni cosa terrena , e si infutura nell ' eternità . La storia ce ne porge un ammaestramento , al quale non si possono chiudere gli occhi , perché i più grandi mutamenti , le guerre più formidabili , le rivoluzioni più radicali , ebbero in uno di questi due campi la loro prima radice . Ma , ripeto , tale non è la questione . Noi investighiamo qui non già qual sia l ' influsso della religione sul costume , e per esso sulla legislazione e sulle istituzioni civili , bensì esaminiamo se nella essenza e negli attributi che appartengono in ogni tempo allo Stato , siavi quello d ' ingerirsi nelle materie religiose ; se lo Stato debba professare un domma , ed esercitare un culto . Qui non si tratta adunque di notare la connessione degli elementi sociali , e l ' azione loro reciproca , ma si tratta di coglierne invece la distinzione . Imperocché nell ' ordine universale delle cose tutto è connesso , ma nulla è confuso , ed ogni elemento ha eziandio la sua peculiare manifestazione , e il suo svolgimento autonomo . Che se fu proprio delle età primitive ed inculte che tutti gli elementi sociali vi apparissero implicati e congiunti , è proprio delle età culte e civili la separazione loro . La quale non impedisce che lo svolgimento di ciascun elemento sia armonico cogli altri , ma di armonia spontanea e non imposta . Ora la nota caratteristica che contraddistingue lo Stato è la potestà coattiva , è il comando e il divieto , e questo non ci pare sia applicabile alla religione . Che se è necessario che lo Stato professi un domma ed eserciti un culto , uopo è altresì che lo imponga a tutti i cittadini , e con ciò verrebbe a violare quello che abbiam detto essere principalissimo fra i diritti individuali . La opinione contraria , cioè la necessaria unione dello Stato colla Chiesa deriva da un concetto che gli uomini sovente si fecero dello Stato , troppo più ampio di quello che la filosofia e la politica permettono . Imperocché fu stimato che ufficio dello Stato fosse procurare la massima perfezione del cittadino * con che veniva a confondersi l ' ordine giuridico coll ' ordine morale * . Ciò posto egli è evidente che la religione ne formerebbe uno degli attributi necessarii , anzi il più essenziale , e dovrebbe essere una istituzione civile come appo gli antichi , ovvero signoreggiare lo Stato medesimo come nel medio evo . Questa ultima sarebbe anzi la più logica deduzione dalla premessa , perché se la virtù sovrasta alla semplice giustizia , la perfezione morale al rispetto dei diritti , se la salute eterna è infinitamente superiore a tutti i terreni appagamenti , ne segue che alla potestà che si propone il fine supremo devon essere subordinate quelle che conducono a fini secondari . Ora noi teniamo una opinione diversa , e stimiamo invece che la ricerca della virtù , della perfezione morale , della salute eterna non appartengano allo Stato , ma che gli appartenga invece il còmpito di assicurare all ' individuo e alle associazioni libere l ' esercizio de ' loro diritti , non impigliandone la esecuzione in una forma più che nell ' altra . Ben è vero che gli interessi che lo Stato cura non sono solo materiali ma eziandio morali , ben è vero che lo Stato supplisce ed integra al possibile la deficienza dei privati , ma quando la famiglia , e le altre associazioni private o pubbliche possano bastare ai loro determinati fini , non si appartiene ad esso d ' ingerirsene direttamente . Resterebbe un ultimo punto da considerare , ed è che la religione liberamente professata e il culto esercitato senza la direzione dello Stato possono divenire alla volta loro ostacoli al compimento delle funzioni che allo Stato si appartengono . E ciò , sia per l ' insegnamento di massime opposte a quelle che esso ha adottato , sia per la resistenza che i credenti in certi casi sarebbero indotti a porre alla esecuzione delle leggi , sia infine per certe abitudini che , insinuandosi a poco a poco nelle popolazioni , finirebbero per scalzare le fondamenta dello Stato medesimo , o tarlarne le travi maestre , come certi insetti che in lungo volgere di tempo tolgono stabilità e fermezza agli edificii più solidi e meglio costituiti . In tesi generale non può ammettersi questo dubbio , perché la religione mira a render pura l ' anima e innocenti le mani dei fedeli , e per conseguenza , indirettamente , giova e coopera ai fini dello Stato . Però potrebbe avvenire per abuso , e in effetto così avvenne non di rado , e in tal caso l ' ingerenza dello Stato sarebbe giustificata , ma ristretta a ciò , che le massime della religione e le pratiche del culto non osteggiassero l ' opera sua , né scemassero i benefici influssi del suo ufficio . Di questa parte avremo luogo a parlare nel cap . IV ; qui non mi pare che abbia sua sede , poiché esaminiamo se lo Stato debba normalmente professare un domma , praticare un culto , e organizzare una chiesa , e non ci occupiamo delle cautele che a difesa propria e dei cittadini possa assumere contro i danni o i pericoli che dalla professione di un domma o dal contegno di una Chiesa potessero derivare . Parmi adunque che nella nozione giuridica dello Stato non vi sia nulla che necessariamente includa la sua ingerenza in materia religiosa . La quale , appartenendo a quel gruppo di funzioni che sono relative a certi tempi e a certi luoghi , potrà trovare una storica giustificazione , ma non è essenzialmente connessa coll ' idea di Stato , cosicché la separazione di esso dalla Chiesa non vi contraddice punto * ; che se d ' altra banda noi volessimo considerare ed esporre anche i danni che la unione dello Stato colla Chiesa ha recato ai popoli per lo passato , avremmo una messe copiosissima da raccogliere , ma non è questo il luogo . Però a meglio chiarire la cosa è opportuno soggiungere , che posta la libertà di coscienza e di culto come base delle moderne costituzioni , lo Stato può concepirsi in tre diverse posizioni rispetto alle religioni e alle chiese che esistono nel territorio nazionale . Può proteggerne , sussidiarne , tutelarne una , senza però contrariar le altre ; può proteggerle , tutelarle , sussidiarle tutte egualmente ; può infine dichiararsi incompetente , e lasciando all ' iniziativa dei cittadini tutto ciò che riguarda la religione e la Chiesa loro determinare solo e mantenere i diritti di ciascheduna nei limiti che non offendano i diritti altrui . Ho fatto anche la prima ipotesi , ma egli è facile dimostrare che essa corrisponde ad una situazione nella quale vi sia quasi unanimità di credenze nel popolo , e verace unione fra Stato e Chiesa , né s ' accorda colla libertà religiosa interamente , perché la protezione di una Chiesa a preferenza delle altre , quand ' anche non si punisca come colpa il non appartenervi , è però una negazione del principio di libertà , e arguisce per sé stessa una disuguaglianza . Imperocché , lasciando stare tante altre considerazioni , i mezzi materiali e pecuniarii , onde lo Stato si serve per sussidiare e proteggere la Chiesa ufficiale , sono tratti anche da coloro che non professano quella religione . La seconda forma ha sembianza di un espediente , e oltreché offende l ' eguaglianza e il diritto di coloro i quali non professano alcuna forma determinata di culto , ha poi questo svantaggio , che non può estendersi senza inconvenienti a tutte le confessioni religiose che potessero sorgere o introdursi nell ' avvenire . Ancora non cessa d ' insinuare negli animi un cotal senso di scetticismo , come se lo Stato giudicasse e riguardasse le diverse forme religiose per vere e buone egualmente , laddove in verità esso non deve costituirsi giudice , né ha titolo per pronunziare sentenze su tale argomento . Resta dunque che col principio moderno della libertà religiosa non può , a lungo andare , logicamente coesistere altro che la separazione dello Stato dalla Chiesa . Ma le istituzioni civili non camminano solo a filo di logica ; esse hanno un ' attinenza stretta colle opinioni , e colle disposizioni degli animi , tantoché la regola dell ' opportunità tempera e modifica l ' applicazione dei principii . Quella forma che abbiamo dianzi toccata , dove il Governo tutela e protegge ad un tempo diverse confessioni religiose , esprime uno stato di transizione e un trapasso dall ' antico al nuovo , e può convenire più o meno durevolmente ed utilmente , certo con soddisfazione ed espressa volontà dei cittadini . Non basta dunque aver dimostrato che la separazione della Chiesa dallo Stato è la conseguenza logica delle libertà religiosa , e non contraddice punto alla nozione giuridica dello Stato e delle sue essenziali funzioni ; non basta aver mostrato che una tendenza manifesta da secoli ci avvia e ci porta volenti o nolenti verso quel termine ; bisogna anche esaminare la questione di opportunità in questo senso , se cioè l ' opinione pubblica nelle nazioni civili d ' Europa , e specialmente in Italia , sia bastantemente matura , e inclinata a discutere con imparziale dibattito questa nuova forma di legislazione , e quando ne sia fatta persuasa a richiederla dai Parlamenti . Imperocché se la separazione , che noi propugniamo , dovesse oggidì offendere la coscienza dei cittadini e perturbare la civile compagnia , certo si potrebbe esaminarla per istudio di sapere , ma sarebbe inutile divisarne la pratica attuazione . Bisogna dunque por mano a questa indagine , e così compiere la dimostrazione che mi sono assunto . Ho detto altrove che il concetto della unione della Chiesa collo Stato prevalse universalmente senza contrasto sin quasi al tempo presente , e che invece il principio della libertà religiosa penò a introdursi nel pensiero e poi nelle costituzioni civili , ma che ora tende rapidamente a radicarsi e a stendersi dovunque . Di pari passo procede l ' opinione pubblica riguardo alla idea della separazione assoluta dello Stato dalla Chiesa . Picciola confusa e ristretta , questa idea è venuta crescendo chiarendosi e diffondendosi tanto che molti uomini qualificati oggi la professano apertamente , né mancarono disegni di legge presentati nei Parlamenti su tale materia . Ma questa tendenza è maggiore e più manifesta nei paesi cattolici , di quello che nei paesi protestanti . Ed a ragione : innanzi tutto il protestantismo non osteggia la potestà civile , anzi ad essa si sottomette e ne accetta l ' indirizzo nelle discipline esteriori , e il suo clero è in continua comunicazione col laicato e non forma , per così dire , una casta distinta ; in secondo luogo permette la coesistenza di varie confessioni , perché seguendo il principio del libero esame non può coll ' autorità soffocare il giudizio individuale , né rifiutare la istituzione di nuove chiese ; da ultimo v ' ha nella sua essenza un principio d ' ammenda e di riforma , direi quasi perpetuo , perché implica una revisione continua del simbolo , e ammette un processo di evoluzione nell ' avvenire . È dunque naturale che il bisogno di separare la Chiesa dallo Stato vi sia meno sentito , e che in generale gli uomini che fanno professione di studî teologici , e gli statisti , s ' accordino nel considerare come possibile il regolare le attinenze delle due autorità in modo vantaggioso pei cittadini . Che se nelle politiche provvisioni la opportunità ha pur grandissima parte , egli è agevole il comprendere la cagione delle recenti leggi confessionali prussiane , sulle quali si è menato tanto scalpore . Il fatto doveva recare tanto meno meraviglia , inquantoché le dette leggi avevano un riscontro in altri paesi germanici , come la Baviera e il Würtemberg . Però , a chi guardi attentamente , anche ivi e in tutti i paesi protestanti , il moto verso la separazione apparisce evidente . Pongasi mente a tuttociò che riguarda lo stato civile : la cura di esso apparteneva per la massima parte anzi quasi esclusivamente alla Chiesa . Ora lo Stato a sé la rivendica e viene a poco a poco impossessandosene . La materia matrimoniale , i cimiteri , le scuole sono sottratti via via all ' azione ecclesiastica . E nel seno della Chiesa stessa evangelica in Germania sorsero voci per invocare l ' assoluta libertà religiosa e la separazione dallo Stato . E che altro significa in Inghilterra quella lunga serie di atti che , cominciando dal separare scientificamente , la teologia dalla morale * , separò anche in parte le credenze religiose dalle politiche , e si continuò colla emancipazione dei cattolici , colla ammissione loro in Parlamento , coll ' abolizione del giuramento per gli ebrei che vi entrarono , e colla soppressione effettiva della Chiesa in Irlanda ? Le condizioni dell ' Irlanda son troppo note perché io mi soffermi ad esporle , e molti scrittori della Gran Brettagna e del continente ne trattarono lungamente . La chiesa protestante vi si era imposta colla conquista , e per trecento anni vi aveva esercitato assoluto dominio , introducendo leggi terribili , improntate della più cruda intolleranza . Questa chiesa , piccola pel numero dei fedeli , ma potente per la sua gerarchia , fortemente organizzata , ripartita per tutta l ' isola , ricchissima e collegata coi possessori delle terre , colla Chiesa inglese , collo Stato , sovrastava a un popolo miserrimo di cattolici fermi nella loro fede , senza che mai le riuscisse di convertirli o di temperarne l ' ardore . Per usare le parole del Conte di Cavour dirò anch ' io * : " I risultati di codesto sistema disumano di governo furono deplorevoli . La crudeltà non produsse gli effetti che si aspettavano , anzi il cattolicismo si rinfrancò nell ' odio verso la religione degli oppressori , e ogni tentativo di conversione tornò a vuoto ... La presenza di un clero protestante che divide coi ricchi proprietarî il frutto del lavoro di un popolo ferventemente cattolico , è cagione di perenne irritazione . E sebbene il clero sia ai nostri dì migliorato , e mostri disposizioni più umane e caritative , pur nondimeno esso appare sempre come causa della miseria , ed è testimonio vivente delle oppressioni secolari , sicché inasprisce il dolore e fa sentire alla moltitudine la sua umiliazione . " Finalmente un ' êra novella sorse per quel paese mercè la legge del 1869* . Per questo atto del Parlamento britannico la unione legislativa fra la Chiesa d ' Irlanda e quella d ' Inghilterra erano disciolte col 1.° gennaio 1871 , anzi la Chiesa d ' Irlanda cessava di sussistere nella presente sua forma . I vescovi irlandesi non avevano più sede in Parlamento , le corporazioni esistenti erano sopresse , salvo a potersene riformare di nuove sotto l ' impero della legge comune , gli statuti della Chiesa irlandese rimanevano in vigore pei fedeli solo sotto forma di obbligo contrattuale , le corti e le giurisdizioni ecclesiastiche erano abolite . Tre Commissarî furono destinati alla esecuzione di questa grande riforma . Tutta la proprietà ecclesiastica era in loro trasferita ; ma i diritti acquisiti furono rispettati , vita durante degli attuali possessori , i quali , per quanto riguardava la terra e le case , avevano anche l ' opzione fra il conservarle a tempo o permutarle in una annualità vitalizia . Fatta ragione di quest ' annualità , e degli oneri che gravavano il patrimonio ecclesiastico , tutto il restante ( e si calcolava questo restante non meno di 125 milioni di lire nostre ) era destinato in opere di beneficenza a favore dell ' Irlanda , senza che perciò venissero alleggeriti i presenti tributi imposti sulla possidenza a vantaggio dei poveri . Tali furono sostanzialmente le disposizioni di questa legge , della quale avremo occasione nel capitolo seguente di citare alcune parti ; tale fu l ' opera di giustizia e di libertà vera , proposta dal signor Gladstone e , dopo molti contrasti , vinta in Parlamento ed attuata . Essa produsse frutti salutari , e sopra tutti gli altri una grande pacificazione degli animi nel popolo irlandese . Né può dirsi che la Chiesa protestante ne sia rimasta irosa e disanimata . Per quanto noi possiamo discernere nel breve tempo della prova , ci sembra piuttosto il contrario . Imperocché lasciando stare che i posseditori di qualsivoglia diritto non furono punto lesi , il culto religioso presso i protestanti irlandesi si è acconciato della separazione , e non ha punto scemato né di fervore né di mezzi temporali , ma al contrario la pietà dei fedeli ha supplito al difetto di assistenza governativa . Quando quel sistema si discuteva alla Camera dei Comuni , il Disraeli , che l ' oppugnava , s ' era naturalmente fatto un ' arme delle conseguenze possibili di così ardito provvedimento , e non si era peritato d ' affermare che siffatta legge sarebbe stato il primo passo verso la soppressione della Chiesa ufficiale d ' Inghilterra . Ma quella riforma , che era richiesta dall ' Irlanda , non si attagliava all ' Inghilterra , che trovavasi in condizioni religiose al tutto diverse . E perciò non poteva attecchire la proposta fattane dal Miall in Parlamento nel maggio 1871 . Ma perché a questa proposta seguì una discussione assai notevole , ci pare da non passarsi sotto silenzio * . Il Miall distingue la sua argomentazione in quattro proposizioni , e sentenzia che la condizione presente della Chiesa ufficiale in Inghilterra ( established Church ) involge la violazione della eguaglianza religiosa , priva la Chiesa del diritto di governarsi da sé , impiglia il Parlamento in ufficî pei quali è incompetente , e finalmente contraria gli interessi religiosi e politici della società . A lui rispondono il Gladstone ( allora primo ministro ) il Disraeli ( capo dell ' opposizione ) e altri autorevolissimi uomini . Ma ( cosa degna di esser notata ) tutte le risposte loro si fondano sempre sulla opportunità ; essi oppugnano la proposta del Miall , non perché sia in sé irrazionale , ma perché offende le tradizioni , non si accorda allo stato presente degli animi , né troverebbe favore nella pubblica opinione . E il Gladstone conchiude in questi termini : " Ciascheduno degli argomenti addotti dall ' oratore richiederebbe un volume ad essere degnamente trattato , ma ad una assemblea politica non fa d ' uopo entrare in disquisizioni teoriche , quando si manifesta evidente il sentimento della opportunità . Ora la mozione di che si tratta non risponde punto , alle idee , ai bisogni , alle aspettative del paese nella sua grande maggioranza . E per conseguenza è necessario prima di portarla in Parlamento predisporre la pubblica opinione in suo favore . " Nonostante queste giuste ragioni , l ' autorità degli uomini che le pronunziavano , il consenso del Ministero e della opposizione , pure la proposta del Miall trovò 89 voti in suo favore contro 374 . La posizione del Gladstone in questa materia era alquanto singolare . Egli aveva pubblicato nel 1838 un libro intorno ai rapporti dello Stato colla Chiesa , sul quale il Macaulay ebbe a scrivere uno de ' suoi saggi * . In quel tempo di sua giovinezza , il Gladstone opinava che lo Stato nelle sue condizioni normali ha il dovere di discernere la verità dall ' errore in materia religiosa , e che la Gran Brettagna nelle condizioni sue presenti è obbligata a porgere efficace ed esclusivo sostegno alla Chiesa officiale ( established Church ) . Più tardi il Gladstone modificò le sue opinioni , e con quella nobiltà di sentire , e con quella schiettezza di linguaggio che gli è propria , ne fece la confessione in alcune pagine di autobiografia * . Quando egli scriveva il suo libro , le cose stavan di fatto in modo conforme ai suoi desideri , salvo pochissime , limitate e locali eccezioni rispetto alla Scozia ; nessuno pensava a mutare né allora , né per un prossimo tempo questo stato di cose ; pur nondimeno il tentativo di dargli un vigore maggiore ed una vitalità più duratura di quella che comportasse il fatto stesso , era un anacronismo di tempo e di luogo . Allorché , dic ' egli , parlando del sistema vigente , io gli imponeva di vivere , appunto allora cominciava a morire . Nelle stesse confessioni il Gladstone aggiunge che nel 1865 egli credeva che la questione della separazione della Chiesa dallo Stato in Irlanda fosse un tema remoto , e non richiesto dalla politica contemporanea . Pochi anni dopo fu egli medesimo costretto di sollevare la questione e di risolverla . Ora se l ' argomentazione del Gladtone contro il Miall fu tutta di opportunità , ciò significa che se l ' opinione pubblica in Inghilterra procedesse in questo ordine d ' idee , nel quale veggiamo parecchi essere entrati , il Gladstone non potrebbe dissentire dal principio che noi propugniamo . Avvegnaché egli conclude quella sua autobiografia dicendo che criterii pratici anziché teorici debbano risolvere la questione . Qualora la unione della Chiesa collo Stato produca molto bene nel presente , e ne prometta anche maggiore nell ' avvenire ; qualora le tradizioni di un lungo e glorioso periodo siano tanto forti negli animi da mantenerli nel medesimo ordine d ' idee ; qualora la moltitudine sia devota ed affezionata alla Chiesa del pari che allo Stato , allora , dic ' egli , codesta unione è da conservare . Se per lo contrario la Chiesa coll ' appoggio dello Stato non genera e non può generare buoni effetti che in pochi uomini , se i suoi servigi non sono invocati dal popolo , se non trova adito nel cuore di esso , ma le sue tradizioni ricordano persecuzioni ed oppressioni , allora è meglio che la Chiesa si spogli del manto che le porge lo Stato , e rinunziando al credito e al discredito che le vengono dalla sua posizione ufficiale , cerchi la forza in sé stessa , e ponga la sua fiducia nella dottrina che diffonde fra gli uomini . Tali sono le idee odierne del Gladstone : ma anche fra i suoi oppositori , fra i capi stessi di quel partito conservatore nel cui vessillo sta scritto : " unione dello Stato e della Chiesa " noi troviamo pure qualche confessione che è segno dei tempi . Citeremo soltanto ad esempio le seguenti parole * : " Nella generalità dei cittadini va crescendo il sentimento che l ' ingerenza del Parlamento in materia ecclesiastica non ha contribuito né all ' educazione spirituale né al miglioramento materiale delle moltitudini . Se il divorzio della Chiesa dallo Stato si avverasse , quella potestà spirituale che pugnò contro re tiranni , e resistette ad armi barbare nel passato , pugnerà di nuovo contro nemici diversi , ma le di cui opere non sono meno esiziali per la società perché vi diffondono l ' egoismo , la durezza d ' animo e la ingiustizia . " Mi piace anche di notare che in quella discussione furono citate due opinioni molto gravi in favore della separazione dello Stato dalla Chiesa , quella di uno scrittore egregio , che era stato membro del ministero , il signor Grant Duff , e quella di un rispettabile ecclesiastico , il signor Alford , diacono di Canterbury . Il primo si era espresso così : " La Chiesa dovrà un giorno essere separata dallo Stato . La corrente dell ' opinione tende colà , e gli uomini sentono ogni di più , che tutto quanto riguarda le relazioni loro coll ' infinito vuol essere ordinato liberamente secondo il cuore e la coscienza loro , e non per meccanismi di Stato . " E l ' Alford * : O si richieggano anni o decadi di anni a compiere la separazione dello Stato dalla Chiesa , e comunque possa essere ritardato e contrariato tale esito , certo è che esso non potrà mancare . La storia coll ' opera dei secoli ne ha spianato la via , il braccio divino ha guidato le nazioni , e la potenza dell ' uomo non potrà arrestarle . " Io mi sono fermato alquanto su questa , che chiamerei anticipazione dell ' avvenire negli uomini di Stato e negli scrittori inglesi , per due ragioni : primo perché se vi ha paese dove l ' unione dello Stato colla Chiesa abbia profonde radici non solo nella legislazione , ma altresì nella opinione pubblica , ella è appunto l ' Inghilterra ; in secondo luogo , perché se vi sono statisti nel mondo alieni dal mescolare teoriche o principii astratti colla politica , e che più abbiano il sentimento della realtà delle cose e della possibilità pratica delle riforme , son pure gli Inglesi : cosicché queste testimonianze hanno nella bocca loro un valore maggiore di quel che avrebbero se venissero da altri . Non voglio tacere della Svizzera . Ivi il principio della libertà religiosa è consacrato nella costituzione federale , la libertà di coscienza dichiarata inviolabile , e riconosciuta la facoltà nei cittadini di associarsi , purché il fine e i mezzi loro non contraddicano al diritto comune , e non rechino pericolo allo Stato . Ciò non ostante , ai Cantoni rimane molta parte sia legislativa , sia amministrativa , sia giudiziaria , che riguarda le relazioni dello Stato colla Chiesa ; e così è che concordati , diritto scritto , diritto consuetudinario , regolamenti locali governano questa materia , con differenze notevoli fra l ' uno e l ' altro Cantone , né mancano privilegi qua in favore della Chiesa cattolica , altrove della riformata * . Però il concetto della separazione della Chiesa dallo Stato fu messo innanzi , specialmente nel Cantone di Ginevra , benché poi non ebbe seguito , anzi prevalse il suo contrario , cioè la Chiesa fu messa in piena balìa dello Stato . Quando la questione fu sollevata nell ' ottobre del 1872 , uomini ragguardevoli espressero la opinione loro in favore del principio ali libertà , e pareva anzi che tutti s ' accordassero nell ' ammetterla astraendo da talune circostanze di fatto ; ma poi , quando si venne al concreto , il progetto di legge che fu messo in discussione non corrispose punto all ' aspettativa : esso aveva di mira solo di sgravare i bilanci dai sussidii allogati alle varie Chiese , onde non è a meravigliare se alla fine naufragò , poiché non poteva appagare nessuna delle esigenze di una società veramente libera . Ma quella ostilità contro le Chiese tutte in generale , e più specialmente contro il cattolicismo , che avea mosso alcuni autori del progetto , crebbe ed ingigantì per modo che un anno dopo sotto nome di libertà si pigliarono provvedimenti atti a colpire l ' associazione religiosa in tutte le sue forme . E tali vigono ancora . Però mi sembra probabile che la stessa esagerazione di quei provvedimenti , debba alienare gli animi , e suscitare in avvenire una reazione , perché si faccia ritorno al punto donde erano state prese le mosse nel 1872 , cioè ad una separazione dello Stato dalle varie Chiese , che sia sincera , e per conseguenza lasci ad esse libero lo svolgersi e l ' operare secondo la volontà dei credenti , entro i limiti di giuste leggi . Che se ci piace di volger l ' occhio al movimento interno di alcune confessioni protestanti che esistono in paesi cattolici , noi scorgiamo che ivi pure appaiono dubbiezze ed ansietà , e n ' escono voci che invocano separazione dallo Stato . Di ciò è notevole testimonio la Sinodo protestante francese tenuta nel 1871 a Parigi . Questa aveva il proposito di comporre i dissidii nati nel seno della sua Chiesa , e non riuscì ad altro che a renderli più manifesti e più vivi . Vero è che la parte fedele alle antiche dottrine vinse , e sancì con 61 voti contro 45 una dichiarazione esplicita dove le dette dottrine in materia di fede erano riconfermate . Ma la minoranza sostenne la libertà indefinita delle opinioni religiose e si mostrò inclinata a negare il carattere sovrannaturale delle sacre scritture , mentre poi una parte media , evitando questi punti , si contentava di raccogliere espressamente tutti i congregati in una comune credenza , che la persona di Cristo e i suoi insegnamenti hanno un carattere di bontà maravigliosa ed incomparabile . In mezzo a questi dissidii tutte le parti riconobbero l ' andamento della società odierna verso la separazione della Chiesa dallo Stato : con tal differenza fra loro che mentre gli uni ne formularono un voto esplicito e solenne , gli altri invitarono soltanto i fedeli ad apparecchiarvisi fin d ' ora per essere pronti al momento in cui questo grande principio venga attuato * . Ma egli è principalmente nei paesi cattolici che la tendenza alla separazione è espressa in modo più risentito ed impaziente , di che la ragione principale sta nel conflitto in che più o meno , ma pur dovunque in modo palese la Chiesa si trova collo Stato e il clero col laicato . La Chiesa cattolica , che un tempo capitanava la scienza e la società , s ' è a poco a poco allontanata da esse e ha finito coll ' osteggiarle entrambe . E di quanto perdeva nel numero dei proseliti , di tanto si sforzava di rendere più vigorosa fra i rimasti la sua potenza , accentrando nel capo la somma d ' ogni cosa e spogliando di vita e di vigore tutte le sue membra . Da tre secoli il Papato si studia di sopprimere come pericolosa qualunque partecipazione giuridica del laicato e del clero stesso al governo della chiesa , e il magistero religioso si trasforma in una polizia ; della quale tendenza non sono , per avventura , che ultimi corollarî il Sillabo e la dichiarazione solenne dell ' infallibilità del Papa ; certo ne sono la più spiccata espressione . Nel Sillabo infatti tu trovi formulate e sottoposte ad anatema tutte le proposizioni più essenziali degli statuti moderni e i diritti più gelosamente custoditi dai popoli * . Coll ' infallibilità del Papa poi è tolto ogni sostanziale diritto ai fedeli , al clero , all ' episcopato stesso nel reggimento della Chiesa . Roma sola pronunzia , e alla sua parola dee ognuno inchinarsi , sotto pena di essere divulso dalla società religiosa . Ora questo accentramento diviene tanto più esiziale poiché Roma stessa si è stretta ad un partito politico , collegando le sue sorti con quelle istituzioni che il mondo civile ripudia dovunque . Non è la religione che sovrasta , ma il dominio terreno , il linguaggio di Roma s ' è fatto iroso e intrattabile , e il furore è salito al colmo colla abolizione del poter temporale del Papa . Ma codesto grande avvenimento , che in altri tempi avrebbe scosso gli animi tutti , e sollevato in armi le nazioni che si vantavano di essere propugnatrici del Pontefice , non ha prodotto oggi se non una lieve ed inefficace agitazione . Il che prova che il fervore cattolico è scemato dovunque . La Spagna , che fu impregnata di spiriti intolleranti più che ogni altra nazione * , balbettava testè proposte di separazione della Chiesa dallo Stato . L ' Austria , che per tanti anni tutelò colle armi la dominazione pontificia contro le insurrezioni del popolo che voleva scuoterne il giogo , l ' Austria è costretta a disdire il Concordato colla Santa Sede , e a secolarizzare le leggi e l ' insegnamento . La Francia stessa , comecché si atteggi più d ' ogn ' altra nazione ad amica del Papa , e colleghi quest ' amicizia coll ' odio alla Prussia protestante da cui fu vinta , pur nondimeno non è punto clericale nella generalità dei suoi cittadini . Nella Baviera e nel Belgio le parti si bilanciano , ma non sì che già non si veggano inchinare alla parte liberale piuttosto che alla cattolica . E comunque si voglia giudicare il movimento dei vecchi cattolici e il suo avvenire nella Germania , certo è nondimeno che esprime una resistenza alle pretese pontificie , e un principio di separazione . Ma io prenderò a considerare e riguardare specialmente l ' Italia , sì per le maggiori notizie che posso averne , sì perché l ' oggetto di questo scritto è principalmente italiano . Laonde io mi studierò di ritrarre fedelmente ed imparzialmente la condizione genuina delle cose , cosicché , se per avventura in alcuna parte dovessi dilungarmi dal vero , certo sarebbe errore inconsapevole , desiderando io , sopra tutto e solo , di scoprire ed effigiare la verità . L ' Italia è apparentemente tutta cattolica , anzi è questo uno degli argomenti che più spesso s ' invocano contro la sua recente legislazione . Ma se sotto le apparenze guardiamo la verità , troveremo che la cosa è ben diversa , e che in molti casi le pratiche esterne non hanno un sentimento religioso interno che le vivifichi . Cominciamo dal clero . Tutti gli scritti del Gioberti , dal Primato sino al Rinnovamento , dalle pagine in cui splendidamente preconizzava la grandezza di Roma papale , sino a quelle in cui ne annunziava la inevitabile riforma , hanno questo concetto di comune , che il clero cattolico , e specialmente italiano , è al tutto inferiore al suo còmpito per ingegno e per dottrina : " In molti fra i chierici , dic ' egli , è ignoranza , in tutti scienza insufficiente e sproporzionata al secolo . Quindi esso stagna , s ' impoltrisce , perde le cognizioni dei tempi , e il maneggio delle cose e degli uomini . " Questa descrizione fatta dal Gioberti non è , a mio avviso , esagerata , e sebbene ci siano fra gli ecclesiastici uomini qualificati per ingegno e per erudizione , si può nondimeno asserire che il clero in Italia non supera , e forse è al di sotto della coltura delle classi medie . Né potrebbe essere altrimenti , quando lo si educa all ' orrore della scienza e della critica . Vedete nei primi tempi della Chiesa , ed eziandio nell ' epoca scolastica quanta arditezza di pensiero , quanta libertà di giudizio ! Si leggono negli scritti dei Padri e dei Dottori degli squarci che oggi metterebbero i brividi nelle vene dei nostri maggiorenti ecclesiastici , e sarebbero condannati spietatamente . Oramai ogni critica , sia pur modesta e sincera , è riguardata dalla Corte di Roma come distruttiva del deposito della fede ; il che è segno di decrepitezza : imperocché la critica è come l ' aroma che preserva dalla corruzione . In conseguenza di questi timori l ' istruzione che si dà al clero nei seminarî è al tutto meschina , e tale quale se i giovani , che ne usciranno , dovessero vivere in un eremo , anziché combattere in mezzo alla società . Tutto si riduce a zibaldoni , a catechismi , a opere viete e di poca lena : la cultura della memoria prevale alla ginnastica dell ' ingegno , e l ' educazione clericale mira ad abituare anzitutto alle formule , alle rubriche degli atti necessarî del culto , insomma alla parte meccanica , non alla parte vitale della religione * . Si dirà che la moralità del clero è cresciuta anziché venir meno , ed a me è grato il riconoscerlo ; e , cominciando dalla Corte di Roma , il concistoro dei cardinali porge immagine di una vita intemerata e pia , né più s ' ode , né si tollererebbero più quegli scandali che pur altra volta erano frequenti . Così io credo che nelle città e nelle campagne , il clero in generale non è inferiore al laicato nel costume e nella moralità . Ma ciò non basta per un ceto d ' uomini che dovrebbe esser guida ed esempio alla moltitudine ; né si può esercitare durevolmente un influsso tutto di persuasione negli animi , se non sovrastando agli altri per virtù , per ingegno , per sapere . Inoltre , come io accennava sopra , in una parte del clero s ' è infiltrato lo spirito politico , e sebbene sia per avventura meno fazioso e meno inframettente in Italia che nella Francia e nel Belgio , pure è tale che mette i fedeli in suspicione , e scema nell ' animo di essi ogni riverenza . L ' arrovellamento contro i razionalisti , lo zelo comandato pel poter temporale della Chiesa , le imprecazioni contro coloro che non accettano il Sillabo e l ' infallibilità del Papa , le forzate sottoscrizioni agli indirizzi , sono il solo risalto sulla monotona giornata ecclesiastica : ma salvo gli addetti , ciò rimuove e separa il popolo dal clero , poiché il popolo vorrebbe lume di verità , opere di misericordia , esempio di umiltà e di annegazione . E un ' altra conseguenza di questa alienazione è , che pochi entrano nella carriera sacerdotale , e quei pochi non appartengono alle classi più facoltose e più colte della società . Ché , laddove nei tempi antichi , non v ' era famiglia illustre che non avesse qualche suo membro negli ordini ecclesiastici ; e in qualsivoglia ceto un giovine che mostrasse vigoria singolare d ' ingegno si destinava al sacro ministero ; ora invece si scorge il contrario , e il clero si assottiglia di numero , e va declinando di potenza . Ruit iste catholicus ordo , sclamava l ' Arcivescovo di Parigi , quell ' uomo che testimoniò col sangue la sua fede ; ruit iste catholicus ordo , e questa triste ruina è pur troppo in gran parte dovuta al clero stesso , che cessando di pensare e di fare cose grandi , e avvallandosi in una debole mediocrità , ha perduto quella sovranità morale che appartiene sopratutto all ' ingegno ed alla magnanimità . Dal clero , passando ad esaminare il popolo , è da notare che in generale il genio del popolo italiano non fu mai ascetico né mistico : ma certamente nel secolo presente il sentimento religioso giace prostrato , e con esso quello spirito di carità e di sacrificio che ne forma l ' essenza vitale . Le moltitudini , sopratutto nelle campagne , sono , è vero , cattoliche , spesso ancora superstiziose , e in alcune contrade ti danno a primo sguardo l ' immagine delle plebi del medio evo ; ma più in esse vale l ' abitudine che la fede : scarsi sono gli influssi di questa nel pensiero , più scarsi ancora nelle opere ; e se la voce del sacerdote può dar regola alle pratiche quotidiane non suscita però il fervore dell ' animo . Nelle città la classe degli operai somiglia a quella delle campagne , cattolica anch ' essa più di forma che di sostanza : però non di rado trovi in essa uomini animati da rancori e da odî contro la Chiesa ed i suoi ministri . Tale in ispecialità è il caso di quelle città che furono sottoposte al dominio temporale del Pontefice , e similmente là dove il soffio delle dottrine comunistiche ha spirato , ivi suscitando l ' invidia e la cupidigia , ha disseccato ogni affetto divino . Quanto alle classi più agiate e più colte , l ' opinione in esse può dividersi in tre parti . L ' una è cattolica , militante , si vale delle antiche armi e delle nuove che la civiltà le ammannisce , come la stampa , l ' associazione , i congressi ; e difende a spada tratta la Chiesa e il Papa . Ma se tu prendi ad analizzarla e penetri nell ' intimo di essa , non è tutta sincera , e vi trovi il baco . Molti invero sono di cuore religiosi , e quanto più veggono combattersi il cattolicismo , tanto più si stringono ad esso con persuasione di verità e con affetto : vi sono fra loro delle anime nobili e pietose cui è mortale angoscia la bufera del mondo . Ma in altri hanno preso il sopravvento gli avvedimenti politici , cosicché la religione è un manto che copre l ' ingrandimento proprio e dei loro addetti , e non odi parlare che di partito cattolico e d ' interessi cattolici . E taluni che sono scevri da personali risguardi , propugnano la religione come necessaria all ' ordine civile . A loro sembra che il movimento odierno della società conduca alla ruina di tutte le antiche istituzioni , e mano mano che un lembo se ne stacca e cade , essi più strettamente s ' abbrancano a ciò che rimane in piedi ; e stimano che la Chiesa sia ancora la forza sola che può ricondurci al passato , quando le generazioni , stanche di questa affannosa vicenda di rivoluzioni , vorranno trovare un punto stabile sul quale riedificare l ' ordine sociale . Modesta ma sommamente rispettabile è la schiera di coloro che professano sinceramente la fede de ' nostri padri , fermi di non allontanarsene mai né col cuore né cogli atti , ma desiderosi anche di conciliarla quanto è possibile coi progressi civili : se non che il Vaticano ha fatto ogni opera per assottigliare questa schiera , nella quale pareva riposta la speranza dell ' avvenire . Una seconda parte delle classi superiori è quella degli scienziati e degli uomini politici , e questa è nella sua maggioranza ostile alla Chiesa , e direttamente o indirettamente ne scalza i dommi , ne condanna la disciplina , e di questo suo procedere spesso si vanta come di vero progresso * . La terza parte tramezza fra queste due genti , ed è composta in gran parte della borghesia , dove trovi tutte le sfumature dal clericalismo sino alla incredulità . Molti si professano cattolici , ma fanno in cuor loro delle eccezioni e delle riserve sì ai dogmi che alle pratiche spirituali : che anzi taluni sentono il bisogno di una riforma religiosa , ma difettano della forza intellettuale per affrontarne i problemi , e della forza morale di affermarne la necessità e la urgenza . Molti non dissimulano lo spirito scettico che li pervade , ma poi non vedendo che cosa surrogare alla fede presente , si conservano di nome cattolici , benché di fatto apatici e indifferenti . E questa condizione dell ' animo , mentre da una parte li rende ostili alle pretese romane , dall ' altra li inclina a tolleranza , e mal patirebbero che il Governo si atteggiasse a persecutore della Chiesa . Quando si pensa che per trent ' anni e più di questo secolo , le lettere e le scienze in Italia attinsero la maggior loro bellezza e forza nel sentimento religioso , eppure non solo non si disgiunsero dal più puro affetto della patria , ma si collegarono al suo risorgimento , mal si comprende come quel moto non abbia lasciato orma più profonda e più durevole negli animi . Vero è che da ultimo surse una pugna fra la Curia Romana e le aspirazioni nazionali . Ma è singolare prova dell ' esiguità del sentimento religioso anche questo fatto , che allora appunto che più ferveva nella politica la contesa , dall ' una parte le minaccie e le scomuniche papali non produssero sensibili effetti , e dall ' altra i tentativi fatti da varie sette protestanti di trovare proseliti , non approdarono minimamente . La Chiesa evangelica americana , le cui dottrine meno dell ' altre si scostano dal cattolicismo romano , ed è avvezza a vivere in mezzo a libertà , ne fece la prova con tenace proposito , ma dovette riconoscerlo , come apertamente si vede dai suoi rapporti * . Non parlo di una Chiesa così detta nazionale di cui qualche straniero ebbe ad occuparsi , la quale non giunse in alcun luogo a porre radici . Pur troppo v ' ha molto di vero nelle severe parole del Bonghi , laddove parla delle condizioni d ' Italia * : " È terreno stanco il nostro , e la vittoria successiva e poi il tranquillo trionfo del cattolicismo , per tanti secoli l ' hanno esaurito ; a questo è parso che nessuno gli avrebbe mai tolto di pugno l ' animo religioso degli italiani quando l ' ha mano a mano mortificato ed agghiacciato . Scavando una tomba in cui riposare , s ' è immaginato che s ' alzasse un trono su cui dominare . Oggi , se la vera religione è necessaria a fecondare l ' intelletto , e a ravvivare lo spirito di una nazione , e renderlo gagliardamente fecondo , si può poco sperare che spiri nell ' animo nostro . " Si può egli dire il medesimo delle altre nazioni cattoliche ? Io non oserei certo di affermarlo ; nondimeno mi sembra che , in proporzioni diverse pur la condizione degli animi sia la medesima . Forse laddove i cattolici si trovano in presenza dei protestanti , ivi è serbata più scienza , più vigor spirituale , più dignità ; ma il Gioberti stesso , la cui vita fu spesa in gran parte nello studio e nella difesa del cattolicismo , e che ne vagheggiava il risorgimento , scriveva queste parole : " Il cattolicismo è ridotto nominalmente a un terzo d ' Europa , effettivamente a pochissimi ; è destituito d ' ogni virtù generativa .... la mancanza di vita è il verme che rode il cattolicismo attuale , ed è cento volte peggiore della eresia e dello scisma . Queste son malattie acute da cui un corpo robusto si può riavere ; quello è un morbo cronico che adduce alla morte .... Da tre secoli in qua non passa un istante che la vita del cattolicismo non si assottigli nei cuori e negli spiriti .... Il languore del cattolicismo non fu mai così grande e spaventevole come al presente *." Ma tornando all ' Italia , alla quale più propriamente si volge il mio discorso , in questa condizione degli spiriti è egli possibile effettuare una sincera unione dello Stato colla Chiesa ? È possibile dare a questa unione una forma giuridica che trovi in tutte le classi del popolo il suo consenso e la cooperazione leale ed attiva che si richiede ? O invece non si presenta la separazione come il più razionale sistema , e ad un tempo il più pratico ? Quali siano per esserne gli effetti probabili , io lo esaminerò altrove : ma non posso immaginare che lo Stato sia potente a rianimare il sentimento religioso . Potrà lo Stato colle sue leggi ordinare le cose in guisa da porgere a questo sentimento il modo di vivificarsi e rimuoverne gli ostacoli esteriori , ma il soffio della vita non puo venire che dalla coscienza individuale . Cosicché coloro stessi , che pur in certe date condizioni di popoli vagheggiano l ' unione dello Stato e delle Chiesa come il migliore degli ordinamenti , dovrebbero riconoscere che oggi , in Italia , né sarebbe schiettamente possibile , né essendo possibile sarebbe efficace . Che se il moto generale delle nazioni è verso la separazione , e più specialmente delle nazioni cattoliche ; se lo Stato per la natura e l ' indole sua , e per le attribuzioni che gli appartengono , non è in tesi normale competente a regolare la vita religiosa , e a inframmettersi del culto ; se infine l ' Italia , esaminata attentamente , presenta tali fenomeni che alla sincera unione della Chiesa collo Stato si oppongono , parmi che io potrei riguardare come dimostrata la mia tesi , e passare a considerare come e in quale forma codesta separazione possa effettuarsi . Ma debbo toccare eziandio di alcuni argomenti peculiari all ' Italia , alla quale più propriamente si rivolge questo discorso , e che confermano il mio asserto . Voglio dire che le tradizioni tutte del nostro risorgimento a ciò ne guidano , e che ponendo come fine la distruzione del potere temporale del Pontefice , e il collocamento della capitale in Roma , abbiamo preso degli impegni morali ai quali non dobbiamo venir meno . Invero l ' abolizione del potere temporale del Pontefice era necessaria per assicurare la indipendenza , per fondare la unità e la libertà della patria , ma conteneva in sé un problema più vasto della patria stessa , pigliava un carattere più generale ed internazionale . V ' ha taluni che immaginano ed effigiano il potere temporale dei Pontefici come sempre identico a sé stesso dalla sua origine : costoro dicono che da Pipino e da Carlomagno fino ad oggi , per mille anni , fu il suo possesso riconosciuto ed esercitato liberamente . Questo giudizio è al tutto fallace . Il potere temporale dei Papi ha avuto forma ed indole diversa secondo i tempi , e pigliò l ' essere suo proprio soltanto nel secolo XVI . Tanto era lungi Carlomagno dal credere che Roma fosse necessaria al Papa , che nell ' atto stesso a cui si fa risalire il titolo di questa sovranità , egli si riserva i suoi diritti e sul Papa e su Roma . Non è veramente che da Sisto IV , Alessandro VI e Giulio II che il potere temporale comincia a formarsi secondo che lo si concepisce oggi , sebbene ancora per lungo tempo e sino alla fine del secolo scorso , si conservino sotto di esso molte franchigie municipali . Adunque è degno di nota che il potere temporale coincide colla fine del medio evo , colla formazione dei grandi Stati moderni , e colla riforma protestante . Indi ebbero luogo le dispute fra il Papato e la Monarchia circa i limiti delle due potestà e ne seguì la rivendicazione di molte prerogative regali contro la pretesa di Roma . Da ciò i difensori del potere temporale dei Papi hanno tratto un grande argomento contro i loro avversarii . Fra le provvisioni giurisdizionali dei Sovrani e il potere temporale del Pontefice , essi hanno trovato un nesso assai più importante di quello che a prima vista potrebbe apparire . Finché lo Stato possedeva ed usava di tante armi per contenere entro i suoi termini la Chiesa , finché non permetteva che alcuno corrispondesse con Roma senza il regio gradimento né che gli atti e le ordinanze ecclesiastiche fossero esecutorie senza l ' exequatur ed il placet , o i vescovi pubblicassero omelìe senza il visto dei suoi censori , finché si ingeriva in mille pratiche imposte alla Chiesa , e talora concorreva nei suoi atti come per la presentazione dei vescovi , talora si sostituiva ad essa , come nella Legazia apostolica di Sicilia , nelle pensioni e nell ' amministrazione delle sedi vacanti ; finché , dico , esisteva tutto questo edificio , era evidente che lo Stato medesimo poteva abusare della sua forza e impedire talora il libero esercizio dell ' autorità spirituale della Chiesa ; epperciò era conveniente che la Chiesa stessa avesse un territorio suo proprio nel quale tutte le sue ordinanze , tutti i suoi atti , tutte le sue provvisioni potessero essere eseguite senza contrasto ; dove la tiara ed il regno essendo riuniti , si trovasse pienamente libera , e né concordati , né leggi giurisdizionali la sforzassero . Di qui la necessità del potere temporale . E questa necessità fu espressa nel 1849 da Odillon Barrot al Parlamento francese , quando diceva , parlando della spedizione di Roma : " Il faut que les deux pouvoirs soient confondus dans l ' Etat romain pour qu ' ils soient séparés dans le reste du monde . " E molto più chiaramente altri scrittori competenti dicevano che , finché il potere civile poteva usare delle sue armi contro la libertà religiosa , era necessario che il trono temporale del Pontefice si conservasse , e la Chiesa potesse trattare coi Governi da potentato a potentato . Questo fu il concetto che prevalse da ultimo in tutti i paesi cattolici , e questa fu una delle principali ragioni per le quali il conte di Cavour , quando parlò della fine del potere temporale del Papa e di Roma capitale d ' Italia , non solo disse delle guarentigie , dell ' indipendenza personale e delle immunità locali del Pontefice , ma ferì il problema nel cuore , e proclamò la libertà della Chiesa . Chi legge quelle discussioni non può a meno di scorgere che il pensiero del conte di Cavour era precisamente questo , che la Chiesa fosse collocata in tal posizione che ben doveva essere reputata superiore al possesso di un lembo di territorio e di una mano di sudditi da governare , e che egli stimava di conseguire lo intento di rassicurare i cattolici di buona fede , proclamando la separazione dei due poteri , e il principio di libertà , lealmente , largamente applicato ai rapporti della società civile colla religiosa . Bisognava togliere dagli animi sinceri il timore che l ' Italia andando a Roma volesse recare offesa alla indipendenza spirituale del capo della religione cattolica ; e cancellare anche un altro sospetto , che il governo italiano potesse un giorno servirsi del Papato come di uno stromento ai propri fini . Imperocché sebbene meno chiaramente espresso v ' era ancora questo dubbio , ed agitava specialmente gli uomini politici , ai quali pareva che quel Re , nel cui territorio fosse il pontefice , avrebbe potuto tosto o tardi agevolmente venire a patti con esso , e della sua influenza valersi a propria grandezza ed esaltazione . " Il concetto di Cavour fu accolto in Europa dai liberali tutti con entusiasmo , e apparve allora l ' aspetto veramente grande del rivolgimento italiano e il còmpito della nostra patria nei tempi nuovi , poiché essa recava nel mondo , o almeno nei paesi cattolici , l ' attuazione di una nuova idea , quella della separazione della Chiesa dallo Stato *." Né potrei lasciare questo tema senza indicare quella speranza che balenava al pensiero del conte di Cavour in sul finire della sua vita : " Forse , diceva egli , potrò io segnare dal Campidoglio un ' altra pace di religione , un trattato che avrà , per l ' avvenire delle società umane , delle conseguenze ben altrimenti grandi che la pace di Westfalia * . " Ma pur vagheggiando questo alto ideale , non dissimulava a sé medesimo le obbligazioni e le difficoltà immense della pratica , e per ciò non esitava a dire che quand ' anche il pontefice rimanesse fermo nel respingere ogni maniera di accordi , non per questo l ' Italia cesserebbe di proclamare i principî che egli aveva esposto , e qualunque fosse il modo col quale l ' Italia giungerebbe alla città eterna , appena avrebbe dichiarato la decadenza del potere temporale , essa proclamerebbe il principio della separazione ed attuerebbe il principio della libertà della chiesa sulle basi più larghe * Io so bene che dopo la morte del conte di Cavour molti si sono fatti a commentare la sua formola , e di sottigliezza in sottigliezza sono riusciti persino a metterne in dubbio la sincerità . Certo il conte di Cavour , esprimendo un concetto generale , non si era addentrato in tutti i particolari di esso e non aveva delineato ancora le varie parti del sistema che egli voleva inaugurare . Ma che tale fosse la sua intima persuasione , che tale fosse la proposta che egli faceva all ' Italia ed al mondo , meravigliati di tanto ardimento , non si può revocare in dubbo da chi legge quei stupendi discorsi che egli tenne in Parlamento , e che furono gli ultimi della sua gloriosa carriera politica * . E tanto meno può revocarsi in dubbio che la separazione della Chiesa e dello Stato nella comune libertà si connetteva nel suo pensiero con tutto un ordine di idee politiche , amministrative e sociali * . Pertanto v ' ha una ragione speciale che trae l ' Italia a seguir questo sistema , oltre la logica dei principii , oltre lo stato degli animi in riguardo alla fede religiosa , ed è il gran fatto compiuto da essa in Roma e la trasformazione che ne segue di necessità fra i rapporti del Papato colle altre nazioni . Infine v ' ha anche in ciò una tradizione del risorgimento italiano , il quale pose sin da principio il suo fine e i suoi limiti : abolizione del poter temporale del Papa , Roma capitale , libera Chiesa in libero Stato . Ho citato sopra il Gioberti in quanto giudicava la situazione del cattolicismo in Europa . Ora egli stesso aveva , per così dire , il presentimento che in questa situazione la soluzion sola possibile fosse quella che io mi sforzo di dimostrare . " Non bisogna , dic ' egli misurare le relazioni future del Pontificato cogli Stati liberi da quelle che ebbe nel passato coi dominii assoluti dentro e fuori d ' Italia , e la nuova politica fondata sulla libertà religiosa dall ' antica che aveva una base diversa . Oggi i tempi sono mutati . La civiltà è cresciuta , l ' opinione pubblica signoreggia , e la separazione assoluta dello spirituale dal temporale è prossima a stabilirsi presso i popoli più civili * . Ed un uomo che ebbe pure notevol parte nelle vicende italiane scriveva : " Finché la completa separazione delle due potestà non sarà fatta , sinché i legislatori , lasciando la fatalissima via del mezzo , non provvederanno in modo eroico a questo bisogno supremo della moderna società , noi vedremo sempre o la Chiesa che opprime lo Stato , o lo Stato che opprime la Chiesa , e nell ' un caso e nell ' altro la santità delle coscienze violata , la pace delle famiglie turbata , la libertà in pericolo o spenta * . Sostenendo pur noi questa tesi , è necessario però che poniamo ben chiaro dinanzi alla mente dei nostri lettori , ciò che del resto risulta da tutto il contesto di questo libro : che , riconoscendo ora necessaria ed utile la separazione della Chiesa dallo Stato , non intendiamo perciò di condannare tutto il processo storico onde il cristianesimo s ' immedesimò quasi coll ' azione civile , né la legislazione che nei tempi passati ne fu il prodotto , e inoltre che si tratta di una separazione giuridica , la quale non esclude punto la unione morale . Abbiamo già toccato sopra e più volte del nesso intimo e profondo che lega tutti gli elementi della società fra loro , tanto nell ' individuo , che è cittadino e credente ad un tempo , quanto nelle istituzioni e nelle leggi ; quindi non ci sfugge dal pensiero l ' ideale onde alcuni vorrebbero che all ' unità dell ' uomo e del mondo rispondesse anche la unità sociale . Ma la questione che qui si tratta è diversa . Si tratta se lo Stato debba normalmente professare una religione officiale , e se anche potendolo in certi tempi , in altri invece la sua ingerenza non diventi nociva e perturbatrice . Ma quand ' anche la legge non protegga nessuna forma di religione e tuteli la più illimitata libertà di coscienza , pur nulla vieta , anzi tutto consiglia a che vi sia accordo fra lo Stato e le Chiese che esistono nel suo territorio . Se non che questo accordo dee partire da un sentimento profondo delle anime , non avere la più lieve traccia di coazione . Fra tutte le istituzioni che si formano nella società e che hanno fini diversi , pur nondimeno il rispetto , l ' armonia , la deferenza reciproca non può che tornare a vantaggio dei cittadini . Perciò l ' unione morale è sempre possibile e desiderabile . Così in certi momenti tra tutte le sette religiose d ' America si osserva un consenso unanime ad un fine , ed il Presidente della Repubblica non crede di violare il principio della libertà religiosa o della separazione della Chiesa dallo Stato , quando invita i cittadini a ringraziare Iddio dei beneficî che ha impartito alla patria . Premesse queste avvertenze , raccolgo in breve quanto esposi in questo capitolo . Il principio della libertà religiosa che comprende non solo la libertà di coscienza , ma eziandio quella dei culti , prevale in tutte le costituzioni moderne . Codesto principio arguisce che fra le funzioni essenziali dello Stato non vi è quella di discernere la verità dall ' errore religioso , propugnar la prima e combattere il secondo : che esso può adempier le sue funzioni indipendentemente dalla professione di un domma determinato , che è incompetente in materia religiosa . Da ciò deriva per razionale deduzione che la Chiesa sia giuridicamente separata dallo Stato . Che se dalla teorica discendiamo alla pratica , la condizione delle varie Chiese cristiane , ma sopratutto la condizione della Chiesa cattolica , e il conflitto in che oggi si trova con la scienza e con gli ordini civili , rendono questa separazione opportuna in talune contrade , e sopratutto in Italia . Né vi si oppone lo stato degli animi , anzi la opinione pubblica è conformata in guisa che ad essa più non risponde quella unione fra Stato e Chiesa , che fu la norma della legislazione nei secoli passati . Finalmente v ' ha per l ' Italia qualche cosa di più , un impegno preso nel medesimo tempo che essa oppugnava il potere temporale del Pontefice , e rivendicava Roma come sua capitale . I rivolgimenti dei popoli , per essere veramente grandi e fecondi , debbono avere non solo un carattere interno e nazionale , ma eziandio esterno , segnare , per dir così , un ' impronta nella storia , e darle un indirizzo nell ' avvenire . Ora questo mi pare appunto il concetto internazionale del rinnovamento italiano , di attuare il concetto di separazione fra Stato e Chiesa , e di dare un esempio che sarà seguìto in tempo non remoto anche da altre nazioni . CAPITOLO TERZO La convenienza di separare la Chiesa dallo Stato che io mi sono studiato di dimostrare nel precedente capitolo , potrà per avventura entrare nell ' animo di molti come proposizione generale ed astratta . Le difficoltà cominciano e si moltiplicano a dismisura quando si viene al concreto della sua attuazione . Vige ancora , e per una lunga tradizione pare indissolubile , l ' unione dello Stato colla Chiesa . Gli istituti civili dell ' uno sono sifattamente collegati colle pratiche dell ' altro che ogni atto che si fa per disgiungerli offende qualche abitudine , e ferisce qualche affetto , sicché riesce strano e doloroso . Nondimeno due punti possono dirsi oramai acquisiti anche nella presente condizione nostra . L ' uno si è che lo Stato ha fatto suoi gli atti più essenziali della vita del cittadino , i quali erano altre volte nelle mani della Chiesa , dico quelli che risguardano la nascita , il matrimonio , la morte . E se nel cuore del fedele questi atti hanno mestieri di un rito religioso e divengono sacramenti , non però di meno dirimpetto alla società civile hanno un valore proprio ed indipendente . Il secondo punto è che la Chiesa è liberata almeno di fatto da ogni ingerenza dello Stato in ciò che riguarda le cose intimamente spirituali . Nessun governo vorrebbe oggidì mescolarsi dell ' amministrazione dei sacramenti , salvo forse in qualche caso di turbato ordine pubblico , né contrastare alla Chiesa il diritto di espellere dal suo seno qualunque ella giudichi avere incorso nelle maggiori censure : esso tutt ' al più ne prenderà cognizione e ne impedirà gli effetti civili , se ve ne sono , ma non tocca l ' essenza dell ' atto ecclesiastico . Eppure anche questo punto è entrato da breve ora e con fatica nella opinione universale . Lasciamo stare il secolo passato , quando per esempio un tribunale laico non solo condannava i canonici di Châlons a seppellire uno dei suoi che essi reputavano scomunicato , ma per giunta li obbligava a fondare coi loro denari una messa perpetua di requie per l ' anima sua * . Ma anche ai dì nostri potè il Lamennais , non senza ragione , scrivere quelle memorabili parole , che se a taluni seppero amare , pur rispondevano alla coscienza dei credenti e al sentimento di libertà : " Si ordina ai preti , dic ' egli , di violare i canoni accordando la sepoltura ecclesiastica ad uomini morti in peccato ; si sottopongono alla giurisdizione del governo anche i sacramenti ; i confessori sono trascinati in Corte di giustizia per diniego di assoluzione , e per decreto del tribunale laico , un usciere , nel cui animo può maggiormente il comando di un giudice sacrilego che il timore di Dio , va , infrange il tabernacolo di Cristo , e impugna il santo dei santi per dare ad un settario agonizzante la gioja orribile di profanarlo *." In tempi più recenti il caso di Santa Rosa commosse e perturbò la popolazione torinese , sebbene già matura a libertà e posseditrice di franchigie costituzionali . E nel 1861 dovè il Ministro dell ' interno , in occasione di negata sepoltura ad un cittadino valdese , determinare le norme che regolassero questa materia . Egli mantenne fermo che dentro un solo e medesimo cimitero dovessero sepellirsi i cittadini , comecché professassero diverse credenze , e solo concesse , a guisa di temperamento , che potesse dentro il recinto distinguersi il luogo per gli uni e per gli altri . Né in quella occasione mancò di esporre il concetto , che i cimiteri sono una istituzione eminentemente civile , la quale deve essere regolata e diretta dalle civili autorità * . Ora la questione è sciolta , né appo noi potrebbero rinnovarsi quelle dispute e quelle querele che ebbero luogo nel Belgio non senza pericolo della pace pubblica * . Imperocché ivi la Chiesa cattolica rivendicava gli antichi cimiteri come sua proprietà esclusiva , e pretendeva che i Comuni erigessero cimiteri nuovi per sepellirvi coloro che non appartengono alla sua comunione . Coloro pertanto che avessero ripudiato i dommi cattolici professati dai loro antecessori , si trovavano in questo bivio , o di commettere nell ' ultima ora della loro vita un atto di ipocrisia , ovvero di rinunziare ad essere sepelliti nella tomba della famiglia loro , poiché la Chiesa li respingeva dal luogo sacro . E ne seguiva la necessità di tre specie di cimiteri : gli uni confessionali per i credenti in una medesima fede , gli altri comunali , i terzi gentilizii . Tutte queste difficoltà non hanno luogo in Italia poiché la legge assegna al Comune la costruzione e il traslocamento dei cimiteri sotto le debite discipline d ' igiene e di sanità * . Quindi la cerimonia religiosa e , per così dire , la consacrazione della tomba è personale e non locale . Tutti sono raccolti nel medesimo campo , gli uni in forma semplicemente civile , gli altri col rito religioso di quella Chiesa nella quale ebbero fede . Adunque oggi in questa parte le nostre leggi hanno provveduto , e la opinione s ' è acconciata alle nuove forme , per guisa che sembra al tutto improbabile il retrocederne . Anche nei paesi protestanti sebbene , come dimostrai innanzi , l ' accordo fra la Chiesa e lo Stato sia assai più agevole che nei paesi cattolici , pur nondimeno si procede in questa via . In Inghilterra il matrimonio civile , che fu per lungo tempo collegato al rito religioso , può oggi contrarsi davanti al sopraintendente registratore * ; ed eziandio in Prussia colla legge 16 marzo 1874 il matrimonio civile è stato definitivamente introdotto * . Ma il concetto di separazione va assai più oltre di questi punti , e per discuterlo partitamente ci è mestieri tornare alquanto indietro , là donde movemmo nel capitolo precedente , cioè alla natura stessa dello Stato e della Chiesa . Imperocché bisogna definir bene i vocaboli , rimuovere alcuni pregiudizii , e , per così dire , purgare il terreno prima di metterlo in coltura . Si parla sempre di due potestà , l ' una temporale l ' altra spirituale , e da questo concetto , accolto a priori , si deduce tutta una serie di conseguenze che repugnano al sistema della separazione , o almeno inducono nell ' animo forte perplessità . Che cosa intendesi per potestà , sovranità , imperium ? Intendesi propriamente la facoltà di fare leggi accompagnate da una sanzione coercitiva , cioè di obbligare i cittadini ad osservarle anche colla forza . Le leggi determinando i diritti degli individui , comandano o divietano certi atti , e dispongono in parecchi casi , dove la volontà del privato non provvede . Ora questa sovranità è la nota caratteristica dello Stato , e appartiene ad esso solo , e per esso all ' autorità che lo rappresenta , a difesa dell ' ordine interno e della esterna incolumità : né alcun altro ente fuori di esso può possederla . Gli appartiene inoltre come conseguenza necessaria un ' alta vigilanza sui privati e sulle associazioni , ché non trapassino la sfera dei loro diritti * . Non si può dunque dire che vi sono due potestà , perché la proposizione implicherebbe due Stati coesistenti di tempo e di luogo , e quindi conflitto fra loro . La Chiesa però non l ' intendeva in questo modo , e pretendeva non già di usare essa stessa la forza per obbligare gli uomini ad eseguire i suoi comandamenti , ma sì che lo Stato si mettesse al suo servizio e ne fosse il braccio esecutore , il che in pratica conduceva al medesimo effetto * . Qui vi sono due idee da chiarire . Per l ' una parte i comandamenti della Chiesa non debbono imporsi colla forza , il suo ministerio è tutto di persusione , si rivolge all ' anima dei credenti , è un autorità che deve cattivarsi spontaneo ossequio . Per l ' altra lo Stato , per raggiungere il suo fine , per stabilire le leggi determinatrici e proteggitrici dei diritti dei cittadini , non ha mestieri di fondarsi sopra un domma rivelato né sopra una Chiesa peculiare . Come dimostrai nel precedente capitolo , gli basta quel lume di verità che illumina ogni uomo che viene in questo mondo , quella ragione che i teologi stessi ammettono come inizio e apparecchio della rivelazione . Se dunque lo Stato non ha mestieri di una rivelazione soprannaturale per raggiungere il suo fine , non può neppure su questo punto coercere la libertà del cittadino . E viceversa , questi può a suo grado abbracciare e seguire quella religione che stima vera , senza che lo Stato vi si mescoli se non in quanto i precetti o le pratiche di essa violassero i diritti altrui , o mettessero a repentaglio l ' ordine pubblico . L ' associazione dei cittadini in una fede e in un culto forma la Chiesa , i cui capi non hanno potestà o impero , ma una autorità tutta morale e spontaneamente ricevuta . E ciò posto , dinanzi allo Stato non può esservi differenza fra il chierico ed il laico , inquantoché questa distinzione è estranea allo scopo dello Stato , e non risulta che da accordo spontaneo , da volontaria convenzione , sia essa tacita o espressa , tanto che può dirsi che il concordato non è più fra la Chiesa e lo Stato , ma fra la Chiesa e i suoi fedeli . E si noti bene che questo concetto non immedesima lo Stato con la società , la cui idea è molto più complessa , e comprende assai più funzioni che non appartengono ad esso ; né tampoco l ' uso della forza al proprio fine dà allo Stato una dignità superiore in tutto . Lo Stato è un organo naturale , necessario , nobilissimo della società , ma non è la società , né menoma la grandezza , la dignità , la efficacia degli altri organi di essa . Finalmente nulla vieta e tutto consiglia che lo Stato , e le altre istituzioni che si formano nella società , procedano concordi nel promuovere il bene e la perfezione degli uomini . Se questa teorica è accettata , è evidente che tutte le pretese teocratiche vengono meno , e cessa il conflitto che sarebbe inevitabile quando vi fossero nella società due potestà eguali e parallele . E già nel capitolo primo abbiamo toccato questo argomento , e abbiamo detto che i concordati furono indirizzati al fine di togliere i conflitti fra Chiesa e Stato , ma non poterono riuscirvi mai interamente , nonostante il sentimento universale e le consuetudini secolari aiutatrici della efficacia degli accordi . Ma nelle condizioni presenti la pugna risorgerebbe più viva che mai * . Adunque , per concludere , la sovranità risiede nello Stato ; ogni cittadino , ogni gerarchia di associazione può avere un autorità morale e per le sue opere e per le tradizioni esercitare un influsso grandissimo nella civile compagnia , ma il potere coattivo non appartiene ad altri che allo Stato , e non vi è potestà fuori di essa . Di riscontro a questo punto capitale , noi ne poniamo un altro parimenti importante , cioè , la incompetenza dello Stato in materia dommatica e religiosa . Dalla analisi che abbiamo istituita nel precedente capitolo , intorno alla sua indole ed al suo fine , risulta questa incompetenza . Posto che lo Stato ha essenzialmente per ufficio la determinazione e la tutela dei diritti , e inoltre interviene ed integra l ' opera dei privati cittadini e delle associazioni , laddove si tratta di interessi generali di rilievo ai quali gli uni e le altre non basterebbero da soli , ne segue che non può costituirsi giudice di ciò che oltrepassa la sfera delle cose terrene e si solleva oltre il naturale ed il razionale . I comandi e i divieti che emanano dalla potestà pubblica , risguardano i delitti e non i peccati , gli atti esterni e non gli interni , e anche quelle prescrizioni del codice che riguardano un ' azione morale si giustificano per i rapporti ed effetti inevitabili che hanno nell ' ordine esteriore della convivenza civile . La stessa intensità dell ' azione dello Stato , che coerce e punisce , ne limita la estensione , dovendosi , quanto meno è possibile , scemare la libertà individuale . Abbiam veduto eziandio altrove che il perfezionamento umano non è lo scopo diretto dello Stato ; sebbene vi cooperi in varii modi , prima , inquantoché il rispetto dei diritti altrui è condizione ed apparecchio a virtù , poi perché rimuove ostacoli , agevola l ' uso dei mezzi educativi , e talvolta anche ajuta e supplisce alle famiglie , al comune , ai consorzi , sicché non può dirsi che lo Stato abbia in cura solo interessi materiali . Ma , non di meno il perfezionamento , la esemplarità , il sacrifizio sono intenti principalissimi della morale e della religione , la quale abbraccia tutto l ' uomo e vi s ' insinua colla persuasione e coll ' affetto , ma degli atti esterni non si briga se non in tanto e in quanto arguiscono lo interno della coscienza . Invece lo Stato non può ivi penetrare senza snaturarsi e senza diventare tirannico . La storia ribocca di esperienze per le quali è dimostrata l ' inefficacia dell ' ingerenza governativa al di là dei proprii limiti . Imperocché l ' azione dello Stato quando vuol spingersi nell ' intimo del cuore e tenta regolare l ' educazione , dar legge alle relazioni morali di individuo a individuo , gitta non solo la perturbazione , ma corrompe la società . La utopia di Platone , se fosse attuata , sarebbe il peggiore dei governi , e il tentativo dei Gesuiti nel Paraguay riuscì solo a chiarirne l ' impotenza . Da queste due premesse ne consegue che la Chiesa non può essere , dirimpetto allo Stato , che un ' associazione totale , o parziale di cittadini ad un determinato fine religioso che non offenda né i diritti altrui , né la sicurezza dello Stato medesimo . E dentro questi limiti nulla è più sacro di questa associazione , siccome di tutte le libertà la prima e fondamentale è la libertà della coscienza . La quale , come abbiamo detto , comprende , non solo il diritto di credere ed aderire ad una determinata dottrina , ma quello eziandio di esprimere le sue credenze , di diffonderle , di collegarsi con quelli che professano la stessa fede , e di compiere insieme con loro tutti gli atti che si reputano necessari e conducenti alla eterna salute . Pertanto dall ' indole dello Stato e della Chiesa e dai caratteri loro si possono logicamente dedurre le seguenti due conclusioni : l . a Le leggi imperano su tutti i cittadini senza distinzione della religione che professano : ogni cittadino , qualunque sia la credenza alla quale aderisce , per ciò solo che è cittadino , è ugualmente soggetto alla legge . E questo è il concetto fondamentale di tutte le moderne costituzioni , cioè l ' eguaglianza ; 2.a L ' associazione , o le associazioni religiose dei cittadini fra di loro , sono autonome e indipendenti , dentro la sfera che lo Stato determina a tutela dei diritti dei singoli e della incolumità sociale . E questo risponde agli altri due concetti pur fondamentali della società civile , cioè la libertà e la fratellanza . Dal primo punto si deduce l ' abolizione di tutti i privilegi della Chiesa , ma in pari tempo è forza dedurne anche l ' abolizione di tutte le disposizioni eccezionali che la vincolano , e che restringono i diritti dei chierici e dei fedeli a confronto di quelli di altri cittadini ; nel secondo punto si fondano tutte le ragioni della Chiesa libera , ben inteso sotto la osservanza delle leggi . Trattasi , come dice ottimamente il Mamiani * , di ampliare il diritto comune per forma che tutte le libertà interne , e quindi anche quella della Chiesa , possano dentro l ' orbita propria , e nei limiti della rispettiva autonomia giuridica , conseguire quel maggiore sviluppo che sia compatibile coll ' altrui diritto , coll ' ordine pubblico e colla sicurezza dello Stato . Quanti e quali fossero i privilegi dei chierici nei tempi passati lo abbiamo toccato già sopra , e pigliavano radice e vigoria nella idea che fra l ' uomo e Dio fosse necessario un intermedio , cioè il sacerdote , a cui spettava perciò la supremazia rispetto ai laici . Quindi il concetto dell ' immunità personale e della reale , della giurisdizione e del foro ecclesiastico che attraeva a sé anche i laici , della esenzione data a beni della Chiesa da ogni gabella , della imposizione della decima , poi il diritto d ' asilo , e tante altre franchigie e dimostrazioni d ' onore . Tutto ciò è in gran parte cessato , ma dove ne rimangano traccie , col principio della separazione dello Stato dalla Chiesa , esse debbono scomparire interamente . La qualità di ministro di un culto non può dispensare alcuno dagli oneri personali o reali che colpiscono gli altri cittadini ; e la legge italiana presentata al Parlamento , dapprima nel 1864 , e poi vinta nel 1869 , che abolì il favore onde fruivano gli ecclesiastici rispetto al servizio militare , non è che una conseguenza logica del principio medesimo * . Similmente lo Stato non può riconoscere colle sue leggi delle obbligazioni d ' indole meramente morale , né per conseguenza prestare sanzione a voti religiosi perpetui , quali che essi siano . La efficacia di questi è tutta fondata nella coscienza , ma dinanzi alla legge civile non hanno valore . Così il matrimonio , in quanto è contratto civile , e si appartiene allo Stato , non può negarsi dall ' autorità municipale , sol perché vi ostassero dei voti religiosi ; così il rifiuto della eredità , fondato pure su voti , non è , né può essere , dalla legge sancito . Che se si volessero considerare come obbligazioni civili , nate da contratti , uopo è osservare che queste obbligazioni non possono disgiungersi da una condizione , che il contraente sia e voglia restare nel grembo della Chiesa . E siccome lo Stato non può costringere alcun cittadino a rimanervi , così le obbligazioni medesime verrebbero meno dinanzi alla contraria dichiarazione , salvo i diritti legalmente acquisiti da terzi * . Insomma lo Stato non considera alcuna speciale caratteristica nel sacerdote , ma lo riguarda come ogni altro cittadino . Solo per certi effetti giuridici può riguardare le obbligazioni da esso contratte nel far parte di un ' associazione avente i suoi statuti , come vedremo appresso . Ma se esorbitanti furono nei tempi passati i privilegi degli ecclesiastici , sicché l ' autorità regia , pur conservando l ' unione fra la Chiesa e lo Stato , fu spinta dall ' andamento dell ' opinione pubblica a contrastarli ed anche in gran parte a respingerli ; se , in virtù del concetto di separazione , debbono al tutto scomparire , per la medesima ragione debbono anche scomparire tutte le cautele e i provvedimenti presi contro gli ecclesiastici , in quanto sono tali e che costituiscono una eccezione al diritto comune . Anche codeste restrizioni furono per lo passato moltissime * e giova indicarle , perché sebbene in Italia siano per la massima parte abolite dalla legge del 1871 pure ne rimangono tuttavia dei brandelli , e in altri paesi trovansi ancora in vigore . E quivi scorgesi che mentre lo Stato accorda dei privilegi alla Chiesa , le pone altresì dei vincoli , avvegnacché esso , secondo i casi , esercita una censura preventiva sulla Chiesa , comanda o proibisce degli atti puramente ecclesiastici , si crede in diritto talora di partecipare alle cose sacre , infine si sostituisce alla Chiesa medesima . Lo Stato esercita una censura preventiva col divieto di riunire Sinodi o Concilii senza suo permesso , col regio gradimento richiesto perché gli ecclesiastici possano corrispondere con Roma , colla proibizione di pubblicare encicliche , omelìe , e persino calendarii ecclesiastici senza il visto dell ' autorità civile , e in generale col regio placet ed exequatur , per lo quale soltanto divengono esecutivi gli atti dell ' autorità religiosa . Lo Stato comanda o proibisce o regola l ' azione della Chiesa , laddove , come abbiamo accennato sopra , siede a giudice se i sacramenti debbano o no somministrarsi , e laddove prescrive le norme per le visite pastorali e pel modo col quale debbono essere eseguite , o determina la tariffa dei servigi religiosi , divisando persino quali debban esser gli ornamenti della Chiesa , quali le pratiche del coro , quale il modo di vestire dei sacerdoti . Lo Stato coopera colla Chiesa quando nomina i Vescovi che dovranno solo ricevere la confermazione del Papa , o i Parroci che dovranno riceverla dai Vescovi , o ne presenta i candidati per le elezioni , o si riserva di aggradire quelli che dall ' autorità ecclesiastica saranno indicati . Finalmente lo Stato si sostituisce alla Chiesa quando nelle vacanze del titolare amministra il benefizio , quando accorda pensioni sul medesimo , e in generale quando giudica in materia ecclesiastica . E sebbene talvolta ciò abbia vestito la forma di vera delegazione pontificia , come nell ' Apostolica Legazione di Sicilia , per la quale il Monarca o il Giudice detto di Monarchia riceveva i reclami e sentenziava sugli appelli delle cause , che altrove sarebbero state portate in Roma , pure questa ingerenza dava allo Stato una grandissima competenza ed autorità in materie che sono puramente spirituali . Dico adunque che se cessano i privilegi ecclesiastici debbono cessare anche i privilegi governativi in materia di religione , e che tutti i decreti che governano la materia predetta debbono essere aboliti * , come già in Italia in gran parte lo furono . Altre restrizioni e cautele si riscontrano in altre leggi , e medesimamente rivolte a restringere i diritti dei sacerdoti . Così la legge elettorale stabilisce la ineliggibilità a deputato degli ecclesiastici aventi cura d ' anime o giurisdizione , e i membri dei Capitoli e delle Collegiate * , e la legge amministrativa li rende del pari ineleggibili al Consiglio del Comune e della Provincia * . La legge sulla milizia cittadina esclude i preti dal farne parte * e quella sull ' ordinamento giudiziario , interdice loro di essere giurati * . Ecco altrettante diminuzioni del diritto comune inflitte ai preti , per la qualità loro sacerdotale . Non sarà fuor d ' opera il notare però come anche nell ' America settentrionale , nonostante il principio della separazione completa dello Stato dalla Chiesa , pure in parecchi Stati si mantengono talune di queste esclusioni , come per esempio , quella del prete dalle funzioni politiche . Ma siffatta esclusione potrebbe colà piuttosto chiamarsi un privilegio , perché non è fatta in senso odioso , anzi favorevole , per non distoglierlo troppo dagli uffici religiosi . E similmente alcuni altri favori sparsamente vi sono conservati , come la esenzione dal servizio militare , la immunità dall ' arresto durante gli ufficii sacri e via dicendo . V ' ha persino qualche contrada dove i chierici sono esenti dal pagamento dei pedaggi , e talune società ferroviarie ribassano di metà il prezzo del biglietto a favor loro . In generale la legislazione americana è inchinevole a favorire il prete , purché non si offenda il diritto altrui , e si proceda con pari lance verso tutte le comunioni * . D ' altra parte i Codici penali contemplarono sino ad ora anche delitti denominati contro la religione , e con più o meno gravi pene ne punirono i colpevoli . Dicemmo già altrove che il sistema teocratico confonde il peccato col delitto . Però , quando esso signoreggia nella società , il giudizio piglia , per dir così , le forme solenni di un rito religioso , e il sacerdozio siede pro tribunali . I diritti dell ' uomo si annullano dinanzi a quelli di Dio , l ' espiazione è il fine della pena , e questa non è mai bastevolmente crudele perché l ' offesa è fatta ad un ente infinito . Poi quando il sistema teocratico s ' allenta nel suo rigore e si trasforma , lo Stato non s ' arroga più di farsi vindice della maestà di Dio , ma punisce nondimeno i peccatori per placarlo , affinché il suo sdegno non cada sul popolo . Tale dottrina è formulata da Giustiniano nella Novella 77 , Cap . I , là dove dice : " Propter talia enim delicta , et fames , et terrae motus , et pestilentiae fiunt . Praecipimus , permanentes in praedictis illicitis et impiis actibus comprehendere , et ultimis subdere suppliciis , ut non ex contemtu talium , inveniatur et Civitas et Respublica per hos impios actus laedi . " A siffatto pensiero sono informate le ordinanze dei Re di Francia , quella di Filippo VI del 22 febbraio 1347 , quella di Carlo VII del 14 ottobre 1460 e quella di Luigi XII del 9 marzo 1510 , che puniscono fieramente i delitti contro la religione , perché , a cagion d ' essi , avvengono en notre royaume guerres , divisions , pestilences , sterilité de terre et autres persécutions * . Presso alcune genti , la conquista fu il principio delle pene , e , volendo imporre la religione ai popoli che si sottomettevano , si puniva nei recalcitranti il rifiuto di obbedienza : laonde può dirsi che il proselitismo si compenetrò nella idea religiosa penale . Nelle nazioni moderne il concetto della unione necessaria fra lo Stato e la Chiesa recò per sua conseguenza che i delitti contro la religione si punissero come violazioni dell ' ordine morale ; anzi , poiché la religione pigliava aspetto di una istituzione pubblica , altresì come violazione dell ' ordine civile . Ma questo criterio diveniva men chiaro laddove , oltre la religione dominante , erano permessi altri culti . Si cercava ancora di giustificarlo come cagione di conflitto fra i cittadini e impedimento alla pubblica pace ; ma questo criterio tutto preventivo non poteva reggere quando trattavasi di repressione , e la diversità del delitto , secondo la diversa religione dell ' accusato , offuscava l ' idea medesima della giustizia . Col principio della libertà religiosa non può consistere alcuna pena contro chi violi i dogmi che altri professa . Il criterio penale si fonda sulla offesa del diritto umano , e sulla difesa confidata allo Stato della incolumità di esso e della sicurezza sociale . Che se offesa può farsi non solo alla persona od agli averi , ma altresì alle affezioni , alle aspettative , alle speranze ; il delitto che li offende potrà ricomparire nei codici moderni come delitto lesivo di un diritto comune quando vi concorra e il dolo , ed il danno , e la pubblicità dell ' atto , ma non è più delitto contro la divinità e la religione . Il mio còmpito non mi concede di entrare a lungo in questa materia , mi basta averla toccata per ispiegare come dai codici informati al principio che noi sosteniamo debbano scomparire per sempre l ' eresia , la propalazione di empi dommi , l ' apostasia , lo scisma , il sacrilegio , la magia , il sortilegio , la simonia . E quanto all ' oltraggio al culto , al proselitismo forzato , alla bestemmia , possono trovarvi luogo nel senso e nella misura di offese ai diritti altrui , come pure i delitti di violato sepolcro o di violata clausura , di spergiuro , di simulazione di sacerdozio , trovano il titolo di loro punizione in argomento diverso dall ' idea religiosa . E già i più dei codici furono modificati in questo senso , e fra gli altri eziandio quello compilato nel 1859 , che vige per la maggior parte d ' Italia . Nel codice toscano invece durano ancora le traccie dell ' antico sistema sotto il nome di delitti di lesa venerazione * . La pena della casa di forza è profusamente minacciata contro la diffusione di dottrine contrarie alla religione dello Stato , la contaminazione dei vasi sacri e via dicendo . La bestemmia , ancorché profferita in impeto di collera e per malvagia abitudine , è punita col carcere . Il che aveva pôrto occasione al deputato Puccioni di proporne l ' abrogazione , e di stabilire alcuni provvedimenti relativi , sino a che un codice penale comune a tutta l ' Italia fosse promulgato . La sua proposta non potè compiere tutti gli stadi legislativi , ma rimase come tentativo razionale che tende al fine da me indicato * . Imperocché , per raccogliere in uno le cose dette sopra , laddove la separazione dello Stato dalla Chiesa sia stabilita , e per conseguenza ammessa la libertà dei culti , il delitto meramente religioso non ha ragion d ' essere , e solo possono punirsi alcuni atti attinenti a religione in quanto offendano il diritto del cittadino . Abbiamo visto le conseguenze del principio dell ' eguaglianza dei chierici e dei laici dirimpetto al diritto comune , onde tutte le leggi civili e penali si parificano sopra di loro . Vediamo ora le conseguenze dell ' altro principio che abbiamo fissato , quello cioè di autonomia dell ' associazione religiosa . Esse sono le seguenti : che dentro la sfera delle leggi generali , l ' associazione religiosa può formarsi , e fare tutti quegli atti che reputa consentanei al suo fine ; e di queste giova indicarne due come importantissime . L ' una , di determinare i propri statuti e regolamenti interni , di modificarli o mutarli secondo le proprie convenienze ; l ' altra di eleggersi i propri capi nel modo che stima migliore . Un ' associazione , alla quale fossero imposte le regole e gli uomini che debbano governarla da una autorità estranea , non ha alcuna indipendenza , anzi non ha vero valore . Adunque per questa via si giunge alle medesime conclusioni , alle quali siamo pervenuti , deducendole dal principio di eguaglianza , voglio dire che non hanno ragione d ' essere nel nostro sistema né le cautele e i provvedimenti preventivi che esigono per taluni atti ecclesiastici il permesso governativo , né i placet e gli exequatur , né la partecipazione alle nomine degli ufficiali ecclesiastici , né la sanzione loro , né l ' ingerenza nell ' amministrazione interna della Chiesa . Finché la Chiesa come associazione , e i suoi membri come cittadini , non offendono il diritto altrui , e non mettono a repentaglio la sicurezza pubblica , lo Stato non ha alcun diritto di mescolarsene . Bensì è evidente che qualora uno statuto ecclesiastico fosse in contraddizione colle leggi generali dello Stato , esso non può essere riconosciuto . E similmente qualora la nomina di un ufficiale ecclesiastico potesse suscitare pericolo dell ' ordine pubblico , le leggi stesse di sicurezza danno sempre allo Stato la facoltà in quei casi d ' intervenire , e d ' impedire ad esso l ' esercizio del proprio ufficio . Qui parrà a taluno che cada in acconcio di parlare del valore giuridico degli statuti dell ' associazione religiosa sui membri di essa , ossia sui fedeli , dei diritti che questi possono avere verso l ' associazione , e a chi competa il tutelarli , dei conflitti che possono nascere fra loro e con cittadini estranei all ' associazione stessa , e a chi spetti il risolverli . Ma io prego il lettore ad attendere più oltre la disanima di questa questione ; e intanto mi par conveniente di compiere il già detto , toccando del diritto di riunione e delle varie forme che l ' associazione religiosa può prendere e come vanno trattate . Invero data la libertà di associazione non vi può essere alcun ostacolo alla riunione dei suoi membri , che anzi essi vogliono essere tutelati e difesi dallo Stato nell ' esercizio dei loro diritti . Da ciò vengono quelle disposizioni legislative che si trovano in parecchi codici e che sono a ciò relative , fra le quali due si rinvengono comuni ai vari Stati dell ' America settentrionale , e contengono la proibizione , primo , d ' interrompere e disturbare le persone che si trovano raccolte a fini religiosi con discorsi profani , con atti incivili e sconvenienti , ovvero eziandio facendo rumori nel luogo di riunione e nelle sue vicinanze ; secondo , di vendere al minuto liquori , o tenere banco , o fiera , o esposizione a pubblico spettacolo , teatri e giuochi , sino ad una certa distanza del luogo di riunione * . Le stesse leggi proteggono altresì i camp meeting o grandi riunioni all ' aria aperta , tenute specialmente dalle sette dei metodisti * . Nel campo prescelto accorrono uomini , donne , fanciulli , e quivi dimorano parecchi giorni pernottando o in capanne e tende abborracciate , o sotto i lor carriaggi , o sotto gli alberi del bosco . Tutto il giorno è speso in preghiere e in concioni sacre , avvegnaché appo i Metodisti ognun che si senta ispirato , predica immantinente a braccia , né mancano i contorcimenti , le grida e le convulsioni delle femmine , sicché spesso codesto campo ti dà sembianza di tumulto * . Così molti curiosi , e in ispecie forestieri , v ' intervengono a modo di spettatori , ma guai se mancassero al rispetto dovuto , imperocché sono costituiti dei comitati speciali i quali vigilano alla conservazione dei diritti dell ' assemblea , ed è noto che qualunque offesa o perturbazione vi si tentasse , sarebbe immediatamente e severamente punita dai tribunali ordinari . Ma un ' associazione di uomini ad un dato fine può prender varie forme e può diramarsi in associazioni parziali e minori , può costituirsi in ente giuridico , in corporazione , in fondazione . Uopo è dunque esaminare e definire alquanto la natura di queste associazioni dirimpetto allo Stato , materia che nella mente di molti è ancora confusa , e quindi argomentarne sino a che punto anche l ' associazione religiosa debba fruire dei medesimi vantaggi delle altre . Né a tal fine è mestieri sollevarci a una questione generale che si agita oggi molto in Germania * : se l ' idea di persona giuridica in generale sia giusta e necessaria , ovvero basti formarsi il concetto di un patrimonio assegnato ad uno scopo sotto forma giuridica . Io mi terrò a più modesta indagine , e considerando le istituzioni quali oggidì si formano nei paesi civili , mi basterà che si ammetta che oltre la persona vera e viva e individua , la legge riconosce anche una personificazione ideale ad un dato fine , la quale ha determinate forme e determinati effetti giuridici che ne dipendono . Adunque , lasciando stare il tema troppo astratto , dico che l ' associazione , nella sua prima forma , è un semplice accordo d ' individui mossi da uno stesso sentimento , i quali cercano nella comunione cogli altri il proprio fine . Ma , come dissi , appena ella si crea , ha mestieri per vivere di una specie di gerarchia e di qualche norma che la governi . E anche in tal forma è meramente temporanea , ma per durare ed esplicarsi , è mestieri che si costituisca più fermamente , ed abbia sua autorità e suoi statuti , e acquisti insomma una cotale personalità duratura di pubblico diritto . Tutto ciò è il portato della spontaneità umana , e male dicono alcuni che lo Stato crea le associazioni e le persone giuridiche : imperocché lo Stato non fa che riconoscere ciò che naturalmente si svolge per opera degli individui , e in virtù della loro iniziativa , quando ciò non offenda i diritti di alcuno , né la incolumità sociale * . E volendo anche meglio specificare il nostro concetto , rispetto alle persone giuridiche , o come taluni dicono , istituzioni , non ci distenderemo a parlare né dei Comuni , né delle Provincie , né dei Consorzi , ma tenendoci più stretti al nostro soggetto , gioverà distinguere società , corporazioni e fondazioni . La società è specificata dalle seguenti note : pluralità di persone aventi scopo , istituti e patrimonio comune . La società in generale è temporanea e può sciogliersi , nel qual caso il patrimonio si ripartisce fra i soci in parti eguali , o in ragione della messa sociale , se pure non sia previsto dagli statuti suoi qualche altra destinazione . La corporazione comprende anch ' essa pluralità di persone con iscopo e statuto comune , ma si ritiene perpetua . Vero è che in Inghilterra si ammette l ' idea della corporazione singolare , cioè composta di un individuo solo avente certi peculiari diritti che si trasmettono in perpetuo o per successione o per elezione * . La nazione britannica è una corporazione , similmente il vescovo , il parroco , ecc . ; pure nel continente noi intendiamo sempre la corporazione come composta di più persone . Però , sia essa sola o multipla , il suo patrimonio non è proprietà dell ' individuo , o dei soci : esso appartiene invece allo scopo , quand ' anche tale scopo si riferisca alla persona , o alle persone che formano la corporazione . E siccome la corporazione non prevede la propria fine , ne segue che nel caso eventuale di scioglimento , le persone non possono vantare sul patrimonio alcuna ragione di possesso , ma solo delle ragioni creditorie . Nella fondazione , infine , la pluralità delle persone non è punto considerata . Lo scopo è il vero ente giuridico a cui tutto si riferisce . E quand ' anche le persone che operano a conseguirlo , usufruttino il patrimonio in parte o in tutto a beneficio proprio , pure non considerano mai sé stesse che come mezzo ad ottenere lo scopo , laddove nella corporazione propriamente detta lo scopo è immedesimato , per così dire , in loro , e sono pur esse ad un tempo mezzo e fine . Di queste corporazioni e fondazioni fu ed è grandissimo il numero , e specialmente nella materia alla quale il presente discorso si riferisce , perché il sentimento religioso collegandosi ad ogni atto della vita , e accompagnando il fedele in tutte le sue condizioni , la Chiesa , vi provvide con istituzioni accomodate e speciali ; donde le parrocchie , le diocesi , i capitoli , i seminarii , i collegi , le confraternite , le fabbricerie , gl ' istituti spedalieri ed elemosinari . La costituzione dell ' Ente giuridico si concepisce o per un atto di volontaria associazione dei suoi membri , purché non sia contrario alle leggi ( illicitum collegium ) , e in questo caso gl ' inglesi dicono che vi è implicito il consenso della corona , ovvero per espresso atto del Sovrano o del Parlamento , o infine per effetto di una legge generale la quale determini le condizioni secondo le quali è ammessa e registrata la incorporazione . Costituito una volta l ' Ente giuridico , e denominatolo ( gli inglesi pongono molta importanza non solo al nome , ma al sigillo speciale con che autentica i suoi atti ) , esso ha suo essere e suo organismo compiuto , autonomo , e atto a reggersi in mezzo alla mutabilità delle persone che lo compongono , ed esercita certi poteri , diritti e capacità legali . Può stare in giudizio col nome assunto nella sua costituzione , possedere , e quindi acquistare , ereditare , vendere , e trasferire in altri i propri possessi . È responsabile dei suoi atti in quanto ente collettivo , ma non comunica la responsabilità ai singoli membri . Può formare i propri statuti al miglior governo di sé medesimo , i quali sono obbligatorii per i suoi membri * . Abbiamo detto che le corporazioni , come le fondazioni , hanno essenzialmente il carattere di perpetuità . Può invero concepirsi il caso che lo scopo sia temporaneo , anzi che sia determinato il tempo di sua durata ; ma in questo caso l ' Ente giuridico è piuttosto società che altra istituzione . Pure , nonostante il carattere di perpetuità , le corporazioni possono essere disciolte o cessare per varie cagioni : l . ° per la naturale morte di tutti i suoi membri , o di quel numero che fosse indicato come necessario a costituirle , senza che prima sieno da alcun altro surrogati ; 2.° per la spontanea rassegna delle loro facoltà in mano del governo , il che gli inglesi qualificano come una specie di suicidio ; 3.° per violazione dei loro statuti , e per abuso dei loro diritti , nel qual caso la legge giudica esser venute meno le condizioni poste alla esistenza loro ; 4.° finalmente gli inglesi ammettono che senz ' altro possono essere disciolte per atto di Parlamento , poiché il potere di questo è illimitato . Ma gli americani non consentono in questa sentenza : essi dicono che il potere legislativo , una volta costituita regolarmente la corporazione , non ha diritto di annullarla , o di alterarne le capacità contro il consenso della corporazione stessa , salvo il caso di violazione di leggi , e questa sia giudizialmente verificata e dichiarata , il che rientra nella terza delle cagioni esposte . Quanto alle fondazioni , anch ' esse possono cessare d ' esistere giuridicamente quando cessi lo scopo pel quale furono istituite , di che avremo occasione di parlare nuovamente più oltre . L ' importanza in un governo libero delle corporazioni , delle fondazioni di quei sodalizii insomma , che il Lieber ha ben descritto sotto il nome di istituzioni * , è , a mio avviso , grandissima , e da essa dipende in molta parte la buona riuscita dei governi liberi moderni . Imperocché , laddove non è che l ' individuo solo di fronte allo Stato , ivi l ' oltrapotenza di questo si dispiega , e nessun riparo vi può far la gente . Le istituzioni invece , raccogliendo insieme la volontà e gli sforzi di molti , creando un complesso di diritti e di doveri , temperano e mantengono nei giusti limiti l ' azione governativa , mentre svolgono e fortificano l ' azione di ciascun cittadino , ne informano l ' animo alla dignità del carattere , e sono il miglior tirocinio di libertà . Esse sono un portato spontaneo , come già si disse , dei bisogni e dei sentimenti degli uomini ; però si costituiscono a seconda di ciascuno di essi , e ne nascono istituzioni economiche , scientifiche , artistiche , politiche , religiose ; e quanto è maggiore la spontaneità nel crearle , nel reggerle , nel perfezionarle , tanto sono più efficaci . Il Lieber , studiando le qualità caratteristiche delle istituzioni , vi trova la pluralità degli associati , la elezione libera dei loro ufficiali , un complesso di precetti e di consuetudini coordinati ad un fine , una larga sfera d ' azione , guarentigie di durata , autonomia di interno reggimento . E attribuisce alla moltiplicità di codeste istituzioni la vita politica , rigogliosa e prospera delle nazioni di stirpe anglo - sassone . Nella Francia , invece , la monarchia assoluta venne menomando i privilegi delle istituzioni ( universitates ) , e la rivoluzione del 1789 compì , per questa parte , l ' opera della monarchia assoluta . Si comprende invero che nel secolo passato gli enciclopedisti francesi osteggiassero certe maniere di corporazione e di fondazione per la decadenza loro e per gli abusi che ne erano scaturiti . Imperocché talune , lungi dal servire ai fini ai quali furono originariamente consacrate , erano divenute un campo di rapina e di dissipazione degli amministratori , un sostegno di tutte le tirannidi e di tutti i soprusi ; si comprende , dico , la repugnanza e l ' ira che suscitarono contro di sé , tanto che neppure la gran mente di Turgot potè andarne libera * . E si verificò anche qui ciò che lo Stuart Mill molto acconciamente dice , cioè che fra i danni dei nostri funesti pregiudizii , uno dei maggiori si è che al loro declinare suscitano dei contro - pregiudizii . Così la rivoluzione francese rovesciò e annullò tutte le autonomie ; scomparvero le associazioni e corporazioni delle arti , senza che nulla vi fosse sostituito ; le università scientifiche non furono più che una emanazione dello Stato insegnante : i sodalizii ecclesiastici vennero aboliti e il sacerdote diventò un salariato pubblico ; i Comuni e le Provincie , si trovarono , dirimpetto allo Stato , nella condizione di un pupillo dirimpetto al suo curatore . Coloro che studiano la storia dovranno riconoscere che in questo abbattimento di ogni istituzione autonoma , nella eguaglianza prodotta a forza dallo spianatoio rivoluzionario , nella disgregazione dei cittadini , a guisa di tanti atomi , sta una delle cause precipue di tutte quelle vicissitudini dolorose per le quali passò la Francia senza trovar mai posa , e senza pur veder da lungi il porto della sua salvezza . Ora viene la questione fondamentale del nostro subbietto . Imperocché il sistema che da taluni si è voluto inaugurare sotto nome di separazione della Chiesa dallo Stato , sarebbe questo , che l ' associazione religiosa fosse una riunione del tutto temporanea , eslege , e direi quasi ignorata dallo Stato , e in tal modo dovrebbe vivere giorno per giorno colle oblazioni dei fedeli , e nessun diritto e nessun dovere speciale vi diventerebbe mai giuridico , ma ogni vincolo si ridurrebbe ad obbligazione morale . Ora io sostengo che questa forma non solo sarebbe la negazione della libertà della Chiesa , ma sarebbe lesiva della libertà individuale , poiché contrasterebbe al cittadino il diritto di costituire in materia religiosa quello che gli è lecito di fare in ogni altro campo civile . Giova spiegare più chiaramente le obbiezioni e le nostre risposte , parendoci questi una parte vitale dell ' argomento . Taluni consentono di buon grado nell ' accordare la libertà amministrativa ai Comuni e alle Provincie , lodano altresì le Compagnie industriali e commerciali , gli Istituti di credito e le Società operaie di mutuo soccorso . Alquanto più difficilmente , ma pur s ' inducono ad ammettere una certa autonomia negli Istituti d ' insegnamento , purché siano sotto l ' indirizzo dello Stato . Nelle opere Pie vogliono un influsso e un sindacato continuo del Governo , finalmente rifiutano qualunque personalità ad istituzioni d ' indole meramente religiosa . A costoro pare che se gli interessi materiali possono sostenere la libertà e il reggimento di sé stessi , troppo pericoloso è lasciare alla spontaneità dei cittadini ciò che riguarda gli interessi morali . E pur approvando il principio della separazione della Chiesa dallo Stato nel diritto comune , interpretano però la libertà in un senso assai diverso dal nostro . Imperocché , come già accennai dianzi , essi dicono : sia ogni Chiesa o comunione di credenti una associazione libera ed eslege , e non venga determinata da alcuna regola speciale . Viva e si sostenti e compia i suoi uffici per mezzo di spontanee offerte dei fedeli , e con temporanee collette . Lo Stato non riconosce né assocazioni né enti giuridici eccleesiastici per fine di culto , d ' insegnamento , di beneficenza : si neghi per conseguenza ogni potestà alla Chiesa d ' incorporarsi e di avere istituzioni o fondazioni durature . Tale opinione si dilunga , a mio avviso , dal concetto vero della libertà , per la qual cosa non solo è esclusiva , ma eziandio erronea . Si noti in prima che l ' associazione in generale non può essere eslege , avendo lo Stato diritto e dovere di riconoscerla quando non sia contraria alle leggi e all ' utilità pubblica . Ma egli è evidente che questa maniera di esistenza è troppo precaria ed incerta rispetto al desiderio e alle tendenze dell ' uomo , e in ispecie alle tendenze religiose . Invero , quando l ' uomo si propone un fine , e raccoglie i mezzi per giungervi , egli sente di subito la pochezza dei suoi sforzi e la brevità della sua vita . Da ciò il pensiero di dare a codesto fine tanta stabilità da permettere l ' uso dei mezzi medesimi anche al di là della presente generazione . L ' idea di personificare il fine e di fare un organismo appropriato ad esso , si manifesta spontaneo e generale sin dai primordi della società civile , ed è anzi uno dei segni della civiltà progrediente . Codesto desiderio , che non esito a chiamare magnanimo , perché porta l ' uomo fuor della cerchia delle cure quotidiane ed egoistiche , si dispiega per ciascuna delle naturali sue attitudini , e si diffonde in ogni parte della cosa pubblica . Le associazioni che si vengono formando nelle arti , nei commerci , negli studi e nella beneficenza , vogliono diventar salde , perpetuarsi , avere una durata indipendente dai cittadini che le formarono . Or , quanto non sarà egli sentita maggiormente questa brama in fatto di religione ? Imperocché di tutte cose è quella che più s ' infutura , più mira all ' eterno , e dove la stabilità sembra agli occhi di tutti condizione indispensabile . Arroge che a questa guisa soltanto si può assicurare il possesso ed il diritto d ' acquisto , e l ' uso dei beni che la pietà dei fedeli accumula colla propria astinenza a beneficio comune . Né si può dire che ciò sia di poco rilievo : perché al contrario la proprietà è il completamento della libertà , e non si può raggiungere un fine sulla terra , foss ' anche il più ideale , il più astratto , senza sussidio di qualche mezzo materiale . E di fatto , appena si forma una comunione di credenti in una medesima fede , tu noti gli sforzi che essi fanno per diffonder la fede loro e svolgerne gli effetti in ogni parte della società , e in tutti gli atti della vita mediante istituzioni perpetue . Istituzioni per la preghiera e pel culto , istituzioni per le opere di misericordia , istituzioni per propagare la fede , istituzioni per educare la gioventù . Se contendete a codesti consociati la facoltà di farlo , è evidente che si sentiranno costretti , e malcontenti , e l ' opera parrà loro difettosa ed incompleta . Codesta è osservazione di fatti intimi della coscienza , e la storia dovunque la riproduce e la conferma . Si dirà che di questa tendenza e di questa facoltà si è molto abusato , e che la smania di assicurare la proprietà in perpetuo è stata uno degli ostacoli precipui allo spiegarsi dell ' attività individuale e della prosperità comune . Ma di che non si è abusato nel mondo ? Però l ' abuso non può condannare il principio : sarà legittimo argomento per stabilire delle condizioni alla formazione degli enti collettivi per impor loro limiti e freno , per determinare le condizioni di loro esistenza , non per annullarli od impedirli . Imperocché nulla di ciò che è essenziale alla umana natura si vuol mutilare o sopprimere . Invero alcuni legisti dicono che la legge fa , anzi , crea la persona civile degli enti morali * , quindi la può , a sua posta , negare , disfare ed annullare . Ma questa frase è sommamente esagerata e non ha riscontro nella verità delle cose . S ' intende che la pronunzino coloro pei quali ogni diritto , ogni proprietà è fattura artificiale dello Stato : ma non coloro che stimano i diritti e la proprietà essere fatti naturali che la legge sancisce , tutela , regola altresì e limita , ma non crea né potrebbe creare di pianta . Adunque , se è vero ciò che abbiamo sopra espresso , cioè che la formazione dell ' ente collettivo è un portato della tendenza dell ' uomo , risponde ai suoi fini , è necessaria al suo appagamento , potrà ben dirsi che la legge riconosce cotal fatto , lo sancisce , lo regola , lo limita ma non lo crea . Né giova il soggiungere che l ' ente collettivo è astratto , indefinito , impalpabile ; perché a chi ben guarda , sempre vi sottostà la persona vera e reale che amministra , o in cui vantaggio l ' istituzione è fondata . Coloro che governano questa istituzione e la usufruiscono , rappresentano colla loro adesione , colla loro volontà e colla loro opera , il diritto e la volontà dei fondatori * . D ' altra parte , come può dirsi che la materia religiosa sia trattata secondo il diritto comune , se è negato ad essa ciò che è conceduto ad ogni altro elemento della vita civile ? Le società commerciali o industriali , anonime o per accomandita , le istituzioni di credito , i comizii agrarii , le opere di mutuo soccorso , moltiplicano col favore universale , e si vuole anzi che non abbiano più bisogno di autorizzazione governativa per costituirsi , ma che costituendosi , secondo certe date regole , e in certe ferme prescritte anticipatamente dalla legge , basti loro una semplice registrazione * . Le Opere pie possono anch ' esse erigersi in corpi morali , e pigliare tutte le forme che piaccia alla liberalità del fondatore di dar loro , e solo sono soggette alla tutela della deputazione provinciale * ; che se le università ed altri istituti d ' istruzione pubblica , secondo le leggi nostre , appartengono in regola generale al Governo , alla Provincia ed al Comune , pure niente vieta che una università o un collegio sussista come corporazione autonoma e se ne hanno degli esempi . Il voler adunque negare all ' associazione religiosa la facoltà di costituirsi con quegli organismi che le sono congeneri e di fondare degli enti giuridici , non è già sottoporla al diritto comune , ma escluderla dal beneficio di esso : egli è fare una eccezione odiosa contro di lei , surrogare il regime dell ' arbitrio e della esclusione al regime naturale della libertà sotto la vigilanza dello Stato , offendere in sostanza il diritto individuale . Ma quali sono gli effetti di codesto diniego ? Due sono capitalissimi , ed entrambi esiziali perché suscitano avversione negli animi ed ipocrisia nel costume . L ' uno è , che sospinge i credenti in una via di rancori e di reazione , imperocché gli uomini pii sentendosi offesi nel sentimento loro e nel loro diritto , riguardano lo Stato come un nemico da combattere , anziché come il protettore della giustizia e della sicurezza di tutti . Quinci viene che pigliano l ' atteggiamento di partigiani , e di faziosi , e sperando nella mutazione del Governo una mutazione di leggi rispetto a sé medesimi , la bramano , la caldeggiano , la promuovono . Una delle cagioni , per le quali i cattolici formano in alcune regioni d ' Europa un partito politico ( oltre la questione del poter temporale del Papa ) , ella è appunto questa che si sentono esclusi del diritto comune , e banditi dal godimento di quei benefizii ai quali i cittadini in ogni altro ramo della cosa pubblica aspirano e che pervengono pure ad ottenere . Questa storia si ripete appo tutti i popoli , ché laddove una classe di cittadini si sente stretta , disagiata ed offesa , essa avversa le istituzioni , cospira a mutarle , e se non iscende a combattere per le vie , insinua nondimeno un lento e pestifero veleno nelle membra del corpo sociale . L ' altro effetto , che si collega al precedente e ne è eziandio la conseguenza , è il seguente : che gli uomini cercano i mezzi tutti di eludere il divieto dello Stato , e trovano cavilli e sotterfugi per raggiungere sotto altra forma il medesimo fine . Quando i Belgi si lagnano delle gherminelle e delle frodi colle quali le corporazioni religiose si ricompongono e ripullulano * , essi non comprendono che ciò avviene perché le leggi non diedero sempre adito legale ad un sentimento naturale e potente . Tagliate la pianta che aveva profonde radici , esse germogliano virgulti ; fermate il corso dell ' acqua , questa s ' impaluda ; proibite la stampa pubblica , sorge la clandestina ; impedite ogni maniera di associazione , si organizzano segretamente le sette . Il clero cattolico ebbe modi singolari di esistenza ed ordinamenti di privilegio nel medio evo , e sino ai tempi moderni . Che codesti modi ed ordini non rispondano più alle nuove condizioni di cose mi pare evidente , e quindi la necessità di abolirli in parte , e in parte riformarli , accomodandoli al principio della separazione dello Stato dalla Chiesa . Ma sinché la legge non avrà pôrto ai fedeli altre forme legittime di costituirsi , in guisa che , pur ottemperando alla odierna civiltà , raggiungano il loro fine , si può prevedere che lo Stato troverà resistenza e repugnanza negli uomini pii e nelle associazioni religiose , e queste non potendo percorrere la strada regia , s ' aggireranno per diverticoli e per coperte vie . Al contrario , se voi gli date soddisfazione in ciò che v ' ha di giusto nelle esigenze loro , egli è molto probabile che potendo dispiegare la propria attività entro una cerchia bastevolmente ampia , ne rispetteranno i limiti , e non si attenteranno d ' invadere il campo delle attività altrui . Nota a buon diritto il Friederich * che nei governi costituzionali il clero può diventare anche più formidabile che nei governi assoluti , per lo influsso che esercita nelle elezioni dei rappresentanti della nazione . Il che è vero : imperciocché se questo clero dee vivere a discrezione dello Stato , se ne riceve uno stipendio , se nulla gli guarentisce una esistenza certa e duratura , la prima cura per lui sarà questa , che i legislatori , nelle cui mani sono e il bilancio e le leggi , non gli sortiscano contrari , quindi la scelta di essi è nel suo animo determinata da tali considerazioni . Che se per converso le libertà che il clero dimanda gli fossero ottriate e guarentite in giusta misura , non avrebbe più premura a mescolarsi nelle questioni politiche o certo l ' avrebbe assai minore che non l ' abbia al presente . E invece di un clero inframettente e fazioso , come nel Belgio , lo vedremmo quale trovasi negli Stati Uniti , dove non solo è permessa l ' associazione religiosa , ma altresì la istituzione religiosa , l ' ente morale con tutte le conseguenze della stabilità e della perpetuità , ben inteso entro quei limiti che sono richiesti dalla sicurezza dello Stato . E per conseguenza noi non sappiamo giudicar normale il sistema , per il quale , negandosi la personalità giuridica agli enti religiosi , e per conseguenza la facoltà di acquistare e possedere , vi si sostituisca un assegno regolare pagato dallo Stato ; sistema che ha prevalso specialmente nella Francia . Dalle cose dette sopra discende logicamente ed in modo evidente come questa forma né risponda alle esigenze degli uomini religiosi , né ottenga il suo fine : anzi può dirsi che ne è la contraddizione più spiccata . Imperocché non solo rimane una unione effettiva e visibile fra lo Stato e la Chiesa , ma il vescovo o il parroco non è che un funzionario dello Stato . Molte altre cose potrebbero dirsi su questo tema : mi basterà indicare come il conte di Cavour combattesse in ogni occasione il disegno del clero stipendiato . Egli , già al suo entrare nel reggimento della cosa pubblica , ebbe ad esprimersi sull ' argomento , e nella seduta del 15 gennaio 1851 , la prima volta che prendeva a parlare come ministro , disse le seguenti parole : " Io porto opinione che sia molto meglio avere un clero che possegga , che non un clero stipendiato . Che se non sono da tollerare le usurpazioni del potere ecclesiastico , nulla altresì v ' ha di più funesto di un clero assolutamente dipendente dal potere politico . " E tale era anche l ' opinione del Tocqueville , i cui studi , sull ' America settentrionale e sulla situazione della Chiesa in quella regione , meritano anche oggi tutta la considerazione degli statisti : imperocché ben si vede come la democrazia sia colà temprata al sentimento religioso , e come questo vigoreggi mentre lo Stato lascia assoluta indipendenza ad ogni confessione e ad ogni culto . Ma tornando al punto donde prendemmo le mosse , cioè all ' opinione di coloro che non vogliono conoscere altra forma di associazione religiosa , se non quella che è libera , eslege e destituita di proprietà , a me pare di aver dimostrato quanto s ' ingannino , e mi pare eziandio di avere anticipatamente confutato gli argomenti che sogliono accampare . I quali son due principali * : l ' uno che accordando ai fedeli di accumulare ricchezze in capo ad un ente fattizio , si protegge questo culto , e si fa eccezione al diritto comune ; l ' altro che lo Stato , riconoscendo la personalità civile in una associazione religiosa , impegna l ' avvenire che gli è ignoto . Dico che per le cose sopra esposte si desume che tanto è lungi che la incorporazione sia una deroga al diritto comune , che anzi ne è la naturale esplicazione in tutti i rami della cosa pubblica . E quanto ad impegnarsi in un avvenire ignoto , ciò potrebbe esser vero , se lo Stato non vi ponesse condizioni , non vi esercitasse la sua vigilanza , e finalmente riguardasse la istituzione come cosa indipendente e irreformabile . Il che non crediamo possa ammettersi né per la istituzione religiosa né per alcuna altra istituzione di altro genere . In sostanza la nostra teorica è questa , che lo Stato non crea ma riconosce l ' ente collettivo , e per conseguenza non può , in tesi generale ed in modo assoluto , proibirlo . Ma lo Stato avendo per ufficio precipuo di riconoscere , determinare e tutelare i diritti di tutti , ne segue che anche rispetto alle associazioni in generale , e alle religiose in particolare , egli definisce le condizioni e i limiti delle instituzioni che vogliono sorgere ; e poi create che siano , ha il diritto di vigilarle perché nessuna esca dalla propria sfera di azione e offenda l ' altrui . A questa superiore vigilanza non può sfuggire alcuna istituzione di diritto pubblico . Ma posto ciò , mi par verissimo e concorda in tutto con le precedenti argomentazioni il discorso del Bonghi , là dove dice : " Non basta davvero dichiarare l ' eguaglianza giuridica dei culti , se si vuol creare una condizione di cose che colla soddisfazione degli spiriti crei la pace dello Stato e lasci le religioni diverse contente e sicure del proprio lavoro . Bisogna che le leggi civili dello Stato siano tali da permettere a codesti culti di sussistere non precariamente e di giorno in giorno , ma durevolmente senza partecipazione od ajuto dello Stato , che non può essere ammesso con uno e molto meno con tutti ; e di espandersi ciascuno nelle diverse forme che sono collegate colla sua natura , ed essenzialmente proprie di questa . Se le leggi civili non sono tali , è necessario correggerle , perché a qualunque associazione religiosa legittima ( e si suppone che siano tutte legittime , quando si dà a tutte licenza di vivere ) non si può negare la facoltà di costituirsi così come il suo genio le ispira , e stabilmente come desidera di essere costituita ogni operosità che ha , o crede di avere , per fine suo la salvezza continua delle anime * . Messo in sodo questo punto , il quale è la base per dir così di tutto il sistema di legislazione che noi crediamo accomodato ai tempi e che tanto si dilunga dalla unione giuridica dello Stato colla Chiesa , quanto dalla associazione religiosa eslege , si presenta però subito un quesito gravissimo che è il seguente : Può lo Stato riconoscere la qualità di ente giuridico nel vero e proprio senso ad una associazione la quale si estenda fuori della sua giurisdizione territoriale , anzi che non abbia limite alcuno così di tempo , come di spazio ? Mi sembra che la risposta torni agevole a darsi e non possa essere che negativa . Dal momento che lo Stato ha dei diritti di riconoscimento , di vigilanza , e in certi casi anche di soppressione , l ' ente giuridico dee essere nazionale , non fuori dello Stato . Dal che , segue che la Chiesa cattolica o universale può dirimpetto allo Stato rimanere come un ' associazione , ma che la qualità di ente giuridico non può riconoscersi che nelle associazioni parziali come le parrocchie , le diocesi , le fondazioni , le corporazioni . Si potrebbe da taluno giudicare che la Chiesa cattolica sia riconosciuta in quanto è anche Chiesa nazionale ; ma questa parmi una sottilità , né dalla Chiesa stessa sarebbe mai desiderato un riconoscimento sotto questa forma . E poiché abbiamo detto che la proprietà è uno dei mezzi naturali ed essenziali allo scopo , e che l ' ente giuridico ha il diritto di possedere , ne segue che lo Stato non può riconoscere un possesso della Chiesa cattolica , ma soltanto di una determinata istituzione o fondazione o corporazione cattolica . Lo stesso tempio , comecché aperto alla generalità dei credenti , e in questo senso riguardato come cosa comune ai fedeli , pure , in quanto è proprietà , appartiene sempre ad una associazione locale . So bene che tale non è il concetto di molti canonisti , i quali non solo reputano che la Chiesa in quanto società universale possa acquistare e possedere , ma stimano che lo può essa sola . E dicono che alla corporazione , alla parrocchia , alla diocesi appartiene l ' usufrutto , e , secondo piace ad altri , la proprietà utile , ma il soggetto ultimo e supremo del dominio vuol cercarsi nella Chiesa universale . Ond ' è , che quando venisse a mancare la comunità particolare , i beni di essa accrescono al restante della Chiesa , la quale conserva sempre il diritto di cangiare razionalmente gli usi primitivi di un dato patrimonio , e convertire a bene comune quel che serviva a bene particolare . E ciò è molto ovvio che si propugni da chi pone che la Chiesa è una società superore o parallela allo Stato , che ha una potestà da esso indipendente , e quindi non ha bisogno del riconoscimento civile per avere i diritti di acquisto e di possesso , e tutto ciò che costituisce la così detta personalità giuridica . Però , come dice il Pertile * , altri anche fra i buoni cattolici insegnano che il soggetto attivo del dominio sono le Chiese particolari , al cui uso i beni vennero destinati salvo tuttavia la solidarietà dell ' intera comunanza nel caso di straordinarii bisogni . E invero noi non intendiamo negare che con certe debite cautele , la proprietà possa essere trasferita anche dall ' uno all ' altro ente giuridico , e cessando lo scopo di uno di essi , un altro possa essere cercato a surrogarlo . Ciò che noi diciamo è che nel nostro concetto della separazione dello Stato dalla Chiesa , la qualità di possedere con le altre che l ' accompagnano non può essere dallo Stato riconosciuta che ad enti speciali e locali ; laddove la Chiesa in universale può essere riconosciuta solo come un ' associazione , e questa forma basta a ciò che essa sussista per diritto pubblico e possa trovarsi anche in rapporto collo Stato * . Però anche sulle associazioni , in generale lo Stato ha sempre una vigilanza superiore per impedire che si discostino dalla legge , o per richiamarvele , e questa tutela non può essergli contesa in nessun caso perché essenziale alla sua costituzione ed al suo fine . Ma passando a considerare le varie forme di enti giuridici ai quali può dar luogo l ' associazione religiosa , sarà opportuno che noi entriamo più particolarmente in questa materia , e che noi veniamo divisando quali sono le condizioni che lo Stato dee apporre alla loro formazione , quali limiti prescrivere all ' azione di esse , quale ingerenza serbare a sé medesimo , e finalmente , nel caso che debba sopprimerne taluna esistente , veggiamo quali modi gli convenga tenere , e come disporre delle sue proprietà . Ho detto che la prima e più semplice forma di ente collettivo e giuridico è quella che si chiama propriamente società . Codesta unione è destinata più specialmente ad un fine d ' industria , di commercio , e talvolta anche di onesta ricreazione ; ma non v ' è contraddizione alcuna che possa formarsi ad un fine religioso . E siccome della semplice società è nota caratteristica che in caso di scioglimento il patrimonio si divida fra i soci , o in parti eguali o in ragione della messa sociale , così non è d ' uopo che c ' intratteniamo sopra di ciò . Ben è vero che nel Belgio si è veduto talora formarsi delle società aventi apparentemente uno scopo industriale , le quali in effetto erano vere e proprie corporazioni monastiche . Ma in tal caso esse cadrebbero nella categoria di che passiamo a discorrere . Ed è questa veramente la parte più controversa del subbietto . Le corporazioni monastiche , nate sin dai primi secoli della Chiesa cristiana , cresciute appresso in molte e varie forme secondo i varii luoghi ove penetrava il cristianesimo , o secondo le condizioni diverse di civiltà , ebbero un periodo fiorentissimo , e furono , in certi casi , tesoro di scienza come di virtù , e stimolo di civiltà . Ma poscia moltiplicarono di numero e di potenza , e declinando dal primitivo spirito , si corruppero in guisa da suscitare contro di loro una grandissima avversione . Sôrte con professione di povertà , di umiltà , di obbedienza , accaparrarono tante ricchezze , si munirono di tanti privilegi , che la decadenza seguì rapida al loro splendore , e dopo avere raccolto in sé gli uomini più eminenti per istudi e per santità , finirono spesso col dare esempio ignobile di vita oziosa e disutile . Il Papato stesso se ne impensierì , e cercò di frenarle . Nelle odierne contrade che godono di libero reggimento , esse furono contenute , ristrette ed eziandio sbandite . E laddove avevano avuto maggiore potenza e dominazione esorbitante , ivi più che altrove lo Stato si manifestò loro nemico , e non si contentò di abolire l ' ente giuridico , ma espulse gli abitatori dai chiostri , talora eziandio con sevizia , e messa la mano nei loro beni , se ne impossessò a tutto suo vantaggio . È necessario ora che noi vediamo se , alla regola generale sopra stabilita , onde si ammette l ' ente giuridico a fine religioso , sia il caso di fare una eccezione vietando le corporazioni monastiche . Non è per ciò solo che alcuni uomini si riuniscono a vita comune , e mettono insieme i loro averi a fin di preghiera o di carità , che si possa impedire la corporazione : secondo quello che abbiamo sopra esposto , altre cagioni debbono recarsi innanzi . Quindi si osserva ( e fu ripetuto anche nelle discussioni dell ' Assemblea di Ginevra ) che le corporazioni monastiche , nella loro essenza , sono contrarie al diritto civile . Primo , il legarsi con voti perpetui , e questo medesimo farsi da giovanetti non ancora maggiori di età , senza consenso di parenti e di tutori ; secondo , il rinunciare alle successioni avvenire , e ad altri diritti , il che è vietato espressamente dal codice ; terzo , l ' assoggettarsi ad una disciplina peculiare con statuti e giudici speciali senza potestà di appellarne all ' autorità civile . Cosicché vi si può scorgere una violazione flagrante e perenne del codice e delle altre leggi comuni . Ché , laddove queste riguardano ogni persona come viva , e padrona di sé stessa , e responsabile dei suoi atti , gli ordini religiosi invece ne fanno una cosa morta a sindacato ed arbitrio di un superiore * . Qui bisogna distinguere due cose che sogliono troppo spesso confondersi , tanto nei conventi di uomini che di donne : prima , la unione di più persone a vita comune , e con comunanza di beni a intento di religione e di culto ; l ' altra , i voti di povertà , di castità e di obbedienza , che il frate o la monaca professano . Questi voti , dirimpetto allo Stato , non hanno , come già si disse , valore civile : né si può riconoscere ad essi altra efficacia fuor quella che gli dà la spontaneità , e il sentimento morale di chi li proferisce . Ma la professione di vita comune , e la comunanza di beni , possono vestire i caratteri di una obbligazione e di un contratto giuridico . Ora , il volere generalmente impedire siffatta manifestazione del sentimento umano , parmi un detrarre troppo alla libertà individuale . Presso quasi tutti i popoli e in tutte le religioni scorgiamo rinnovarsi questo fatto , del quale molte e varie son le cagioni , dalla esuberanza di vita e dall ' ardore mistico che non può trovar posa che nella contemplazione dell ' infinito , sino alla prostrazione dell ' animo che fugge la compagnia degli altri uomini , e anela alla solitudine . Alla donna specialmente , che più dilicatamente sente ed ama , ed a cui le agitazioni della vita mondana apportano travaglio e stanchezza , alla donna il convento può parere ed essere l ' unico porto di refugio e di salute , e il voler contenderle codesto porto in nome di principii astratti , mi sembra divieto eccessivo . E chi bene esamini , vedrà che le obbiezioni indicate sopra , non hanno che un valore relativo , quando lo Stato ponga le condizioni che stima necessarie alla validità di questo contratto , poniamo l ' età maggiore e il consenso dei genitori , le coordini con tutte le altre leggi ed istituzioni , e si riservi la facoltà di mandare suoi agenti e di visitare dentro le mura del chiostro se nulla vi si commette di contrario alle leggi . Con queste condizioni lo Stato , senza sopprimere alcuna delle tendenze che si manifestano in seno della società quand ' anche paiano a prima giunta contraddirsi fra loro , le modera e le governa , traendo fuori dai contrasti l ' armonia , e il buon essere di tutti . Ma se per proibire rigorosamente la formazione delle corporazioni monastiche non possiamo ricorrere a principî assoluti , potrebbero esservi motivi di opportunità e di convenienza sociale che lo consigliassero , quando non solo paia che questo modo di vita sia al tutto fuori dello spirito dei nostri tempi , ma eziandio che nessuna condizione appostavi basti a renderlo innocuo . Ma posto ancora che questi motivi vi siano , e concesso il valore che loro si attribuisce , resta a considerare se lo Stato abbia mezzi efficaci per conseguire lo scopo della completa soppressione . Ora l ' esperienza ha finora dimostrato che nò ; perché la legge non giunge a distruggere quello che il progresso del tempo non ha ancora distrutto nello intelletto e nel cuore dei cittadini . Imperocché , se si ammette l ' associazione libera ed eslege , come appo noi , qual differenza è da ciò al convento , per gli effetti che si vogliono evitare ? Nessun altra , fuorché vi manca la qualità di ente giuridico , sicché l ' associazione non può acquistare , possedere , stare in giudizio , e va dicendo . Or mentre codesto divieto irrita gli uomini inclinati a quella vita , e li costringe , come già dicemmo sopra , a trovare avvolgimenti e coperte vie , e li atteggia , per così dire , a consorzi ostili allo Stato , non toglie , almeno in gran parte , le temute conseguenze della vita monastica , poiché , mediante il possesso individuale dei membri dell ' associazione , o la fiducia data ad un privato , possessore apparente dei beni , si consegue lo stesso fine . Perciò , laddove lo Stato volle assolutamente vietare le corporazioni religiose , ripullularono sotto altra forma ; e invece di contenerne l ' espansione , e diminuirne il numero , esso dovette , colle braccia in croce , scorgere che suo malgrado si moltiplicavano . Lo stesso Laurent è costretto a riconoscere questo inconveniente , e dice , che mentre la personificazione legale dava allo Stato un diritto d ' ingerirsene , e un mezzo di frenare gli abusi , la personificazione fraudolenta gli toglie questi mezzi , e rende ogni guarentigia impossibile * . E questo stesso concetto risulta dalla inchiesta inglese * , dove la Commissione afferma che i testimoni unanimi concordano nel chiamare lesiva della libertà la limitazione imposta ai cattolici di un diritto comune a tutti gli altri cittadini , ma dichiara poi che in fatto e nonostante ciò , le corporazioni monastiche esistono , né il modo di possedere senza riconoscimento e senza guarentigia legale sembra aver loro arrecato danno o impedimento alcuno , poiché l ' obbligazione morale supplisce al vincolo giuridico . Laonde più tardi , nel 1874 , il Newdegate concludeva una sua mozione alla Camera dei Comuni , in questi termini : " Io chiedo che il Governo usi della facoltà che ha , e della quale non si è valso finora , di costringere alla registrazione i membri degli ordini monastici della Chiesa di Roma . " E il Ministro , rispondendogli combatteva la proposta , non in sé , ma perché quella registrazione e quel legale riconoscimento che ne è la conseguenza , sarebbe stato un ostacolo alla libera loro formazione * . Abbiamo detto che secondo le esperienze fatte finora , lungi dallo scemare la frequenza delle corporazioni monastiche , la soppressione della personalità loro giuridica parve aiutarne lo accrescimento . Basta leggere le statistiche recenti e citate nei Parlamenti di Francia , del Belgio , di Prussia e d ' Inghilterra , per averne una evidente conferma . Ed è a temere che lo stesso avvenga anche in Italia . Ma per lo contrario laddove , come in Austria e in Baviera , è ammesso il principio della corporazione monastica , salvo l ' assenso della potestà civile , ivi o non vi fu aumento delle congregazioni religiose o è stato molto scarso . E per di più , se quivi lo Stato conosce le regole , i soci ed i capi di quelle associazioni incorporate , e vigila i provvedimenti loro , nell ' associazione libera esse sfuggono alla sua vigilanza , ed operano spesso anche in frode , nascondendo i loro possessi ed i loro atti * . Quando si guarda storicamente il problema delle corporazioni religiose , è agevole comprendere che , dopo l ' immenso abuso di che per secoli diedero l ' esempio , e la tirannide onde furono strumenti o vittime , è agevole , dico , comprendere come si suscitasse nel mondo tale una reazione che le volesse abolite . È agevole eziandio lo scorgere che v ' ha in esse qualcosa di diverso , anzi di avverso allo spirito dei tempi moderni . Ma finché questo sentimento non sia penetrato in tutti gli animi , finché anche questa forma di associazione religiosa pare a taluni la sola che porge loro appagamento nella vita presente , e speranza di conseguire la futura , sembra che lo Stato , anziché spegnerla , possa regolarla a modo di eccezione , cioè , determinando le condizioni necessarie alla sua creazione , riconoscendo solo quella parte degli statuti che non ripugna alle leggi comuni , dando norma e limiti al suo possesso e ai modi di usufruirlo . Finalmente , in quella guisa che la sanzione legislativa è richiesta a formare le corporazioni , così lo Stato conserva sempre la facoltà di toglierla a quelle che trovasse in fatto dannose . Resta solo a considerare un caso più speciale di conflitti o di circostanze tali , nelle quali spassionatamente lo Stato scorga un pericolo e un danno imminente alla sicurezza pubblica dalla conservazione loro . E quando questo pericolo e questo danno sia , in quel dato tempo e luogo , veramente inevitabile , allora ha ragione di vietarle . Imperocché il rispetto alla libertà individuale , di cui il convento è una delle molteplici manifestazioni , cede all ' interesse supremo che è la incolumità pubblica . Ma in tal caso bisogna altresì avvisare alle cautele necessarie per impedire che il fine sia frustrato e che le corporazioni monastiche rivivano sotto la forma di associazioni più o meno pubbliche con tutti gli inconvenienti che avevano prima , e senza nessuna specie di vigilanza e di freno . Di che avremo occasione di dire qualche parola più oltre . Passiamo ora alle così dette fondazioni . I beni dati alla Chiesa dai fedeli , ebbero , sino ab antico , tre differenti destinazioni : l ' una , di sostentare il clero ; l ' altra , di curare la conservazione dei templi ed il culto ; la terza , di provvedere all ' insegnamento e alla carità . Ma da principio , per la fede vivissima che regnava nei donatori , erano fra loro confuse . Più tardi si vennero specificando e vennero formandosi tre corrispondenti maniere di fondazione , voglio dire , i benefizi , le fabbricerie , e le opere pie ed educative eccleesiastiche . Porta il pregio che noi ci intratteniamo sopra ciascuna di esse , in relazione al principio della separazione della Chiesa dallo Stato , e alla legislazione che deve esserne la conseguenza . Le origini del benefizio sono manifestamente feudali , ed hanno stretta analogia con le altre forme introdotte in quel sistema . Ivi la proprietà si accompagna con una funzione e si chiama feudo o benefizio * , vien concessa in unione ed in corrispettivo di un servizio militare , giudiziario , ecclesiastico . Se non che , la forma del benefizio nella proprietà ecclesiastica si diffuse tanto da abbracciarla quasi tutta quanta ; ed è rimasta poi integra anche quando le altre forme feudali sono scomparse . In questa forma del benefizio vi furono da principio due elementi : l ' uno civile , che riconosceva il possesso dei beni e lo dotava di privilegi , l ' altro ecclesiastico , che gli attribuiva una funzione e una giurisdizione spirituale , vuoi come causa , vuoi come conseguenza del possesso che ne formava la dote * . Quindi le contese fra Principato e Sacerdozio , e le transazioni su questa materia , che è una di quelle onde più spesso parlano i concordati . Una condizione del benefizio è la esistenza di un patrono , il quale è il fondatore , o un discendente di esso , e a lui spetta la nomina o presentazione del rispettivo titolare , salvo la investitura dell ' autorità superiore ecclesiastica , che è sempre necessaria ; ma è da notare che molti dei patronati appartennero al clero stesso ab origine , moltissimi poi ricaddero in esso per la cessazione del patrono laico , per la qual cosa oggi questo elemento laico specialmente in alcuni luoghi è poco frequente . Si può , si deve sopprimere il benefizio ? È codesta una forma di proprietà che concordi colle odierne istituzioni ? In verità esso è scomparso nella Francia , nel Belgio , nella Spagna , nel Portogallo : ma dura ancora nelle contrade cattoliche della Germania , nell ' Impero Austro - Ungarico , nella Svizzera , e nell ' Italia . Però , come dissi , non può disconoscersi che discende dal sistema feudale , anzi , è una delle poche reliquie di esso soprannotate al gran naufragio . Sicché , né per le sue origini , né per ciò solo che in alcuni paesi siasi perpetuato , si può argomentare la convenienza di conservarlo nell ' ordinamento normale che noi stiamo delineando . Bisogna dunque esaminarlo nella sua natura intrinseca . Esso è una proprietà riconosciuta come perpetua ad un fine , e perciò un ente giuridico : ma l ' amministrazione e il godimento ne appartiene a colui che esercita un determinato ufficio ecclesiastico , vescovo , parroco , canonico , tal fiata puramente sacerdote . Gli Inglesi , come accennai di sopra , lo chiamerebbero una corporazione singolare , perché si riferisce ad un individuo solo . Se io ben ricordo , una setta moderna , quella dei Sansimoniani , voleva precisamente fondare il titolo della proprietà stabile in una funzione sociale , accordandone l ' uso vitalizio a coloro che fossero chiamati a esercitare certi uffici . Ma il concetto non poteva reggere dinanzi al principio economico , che pone nel lavoro la causa e il fattore precipuo d ' ogni specie di ricchezza . Però lasciando stare la questione della proprietà fondiaria , e pigliando ogni maniera di proprietà anche mobile , cui niente vieta costituire la dote del benefizio , e ponendo altresì che la legge consenta la dotazione degli enti ecclesiastici , come noi dimostrammo giusto e conveniente , rimane però sempre nella forma del benefizio lo inconveniente del distacco assoluto e completo fra il beneficiario che esercita l ' ufficio e gode i frutti della dote , e la comunione di coloro a pro dei quali è stato istituito . E questa solitudine porta seco un altro male , cioè che gli manca il germe di ogni possibile riforma . Dove può essere introdotto l ' elemento di elezione , è possibile eziandio che col mutarsi delle circostanze e dei tempi si trasformi l ' istituzione . Ma nel caso del benefizio , l ' investito non si ritiene che custode e usufruttuario della rendita per trasmetterla in tutto al suo successore . Laonde si può concepire , che in una parrocchia , qual ' è oggi costituita , tutti gli abitanti mutassero religione e divenissero , per esempio , protestanti , mentre il benefizio parrocchiale rimanesse a pro di un prete cattolico nella sua integrità . Ora chi non vede che siffatta condizione di cose è fuori di ogni ragione ? Nella predetta ipotesi apparisce l ' assurdo ; disgiunto il benefizio dalla cura di anime , e mantenuti i vantaggi temporali ad un prete che spiritualmente non avrebbe più alcuna efficacia . Finché lo Stato era il tutore e il vindice della fede , sinché il diffidare e il discredere era un delitto contemplato nei codici penali , il benefizio si comprende benissimo , sebbene l ' aver rotto ogni filo di elezione fra il beneficiato e il popolo fosse gran nocumento , e principio di corruzione * . Ma quando si attui il principio della separazione giuridica dello Stato e della Chiesa , parmi potersi concludere che la forma di possesso dell ' associazione e della corporazione religiosa che si chiama beneficio non è normale , né conforme allo stato della odierna civiltà . Vedremo nel capitolo seguente se e come praticamente possa trasformarsi laddove esiste , e con quali temperamenti e cautele , rispettando i diritti acquisiti . Qui , dove trattiamo dell ' attuazione pura del nostro concetto , non esitiamo a manifestare l ' idea che il benefizio debba essere abolito , e debba sostituirvisi un ente giuridico , sia vescovato o parrocchia , o altro istituto che abbia sue forme e sua amministrazione peculiare . E seguitando nell ' esame di queste varie istituzioni , troviamo sommamente conforme all ' indole dei tempi nostri e di un libero reggimento quella che chiamasi Fabbriceria , ed è un collegio elettivo di una certa località che possiede e amministra i beni per mantenere la chiesa e le fabbriche addette al culto , e talvolta anche per fornire quanto fa mestieri alle sacre funzioni . La fabbriceria , od Opera , è antichissima , sebbene i redditi delle chiese , secondo le vetuste prescrizioni canoniche , in parte dovevano essere consacrate al mantenimento degli edifizi e del culto . Però non può identificarsi colla parrocchia della quale alcuni vorrebbero che fossero soltanto una denominazione differente * . Il che presuppone che il parroco sia stipendiato dal governo , e che la fabbriceria comprenda tutti i beni che alla parrocchia appartengono . Neppure conviene attribuire la fabbriceria al Comune , sebbene laddove una , e sola , e universale è la credenza degli abitanti , possa apparire ovvia l ' ingerenza comunale . Ma nel concetto nostro il Comune ha tutt ' altro ufficio che la Parrocchia ; quello è un ente che provvede a certi fini amministrativi e locali , questa risponde ad uno scopo spirituale ; e l ' uno e l ' altra si servono di mezzi al tutto diversi . Ben può concepirsi che una congregazione sola amministri tutti i beni temporali addetti ad una parrocchia , e col ritratto dell ' amministrazione provveda al mantenimento degli edifizi religiosi e del culto , alla dotazione del parroco e suoi coadiutori , e finalmente alle opere di carità . La istituzione sarebbe complessa ma locale , e questo è in generale il sistema che prevale in America . Né diverso fu il concetto dello schema di legge che una commissione del Parlamento italiano aveva proposto nel 1865* , dove la universalità dei cattolici , domiciliati da sei mesi nella diocesi o nella parrocchia , eleggeva una congregazione diocesana o parrocchiale che ne rappresentava la proprietà , e colle rendite di essa faceva le spese del culto ; concetto che in sé medesimo è giusto , ma appo noi incontra la difficoltà di una trasformazione troppo rapida dell ' ordine di cose che vige al presente . Ma non è questo il luogo di trattare diffusamente di questa materia . Per noi basta il dire che la Fabbriceria esiste in quasi tutti i paesi cattolici come ente giuridico , e con fine determinato e proprio , che nella sua costituzione nulla vi ha d ' irrazionale , che come elemento di partecipazione laica nell ' amministrazione di una parte dei beni della Chiesa fu assai favoreggiata dai governi , e talora anche le sue attribuzioni si estesero a tutto quanto il patrimonio temporale della parrocchia . Al nostro proposito le predette nozioni sono sufficienti : chi volesse più particolarmente esaminare questo punto vegga il decreto del 30 dicembre 1809 di Francia , che forma anche oggidì la base della legislazione francese nella materia , e vegga le discussioni che ebbero luogo in Belgio nel 1864 e nel 1865 , e le modificazioni che furono recate a quel decreto che ivi ancora vigeva . Un ' altra maniera di associazioni , che in certi luoghi ebbe , ed ha tuttora la personalità giuridica , e quindi acquista e possiede , è la Congregazione o Confraternita , destinata a certe speciali opere di culto e di misericordia . Sembra che ve ne fossero esempi eziandio presso i Romani nei Collegia sodalium . L ' annalista Baronio ne trova la regolare costituzione nel 313 , ma altri invece la fissa dopo la metà del secolo VII appresso il Concilio di Nantes . Certo è che nel secolo XII si svolsero mirabilmente , e in taluni luoghi , come a Venezia , chiamaronsi Scuole . Ed oggi ancora abbondano nelle città , nei villaggi , e si ritrovano anche nelle campagne e sui più remoti monti * . V ' ha inoltre un grandissimo numero di fondazioni e un ' infinità di opere pie che hanno un carattere essenzialmente religioso , sia nelle persone a cui sono destinate , sia in quelle che ne amministrano le sostanze . Il cristianesimo fu maravigliosamente fecondo nell ' indagare le miserie tutte della vita e nel cercarvi riparo o sollievo . Quindi conservatorii , orfanotrofii , spedali , monti di pietà e via dicendo . E finalmente v ' hanno i seminari e le altre istituzioni consacrate ad allevare ed istruire coloro che vogliono dedicarsi alla professione del sacerdozio . Egli è evidente che secondo il nostro disegno nessuna di queste istituzioni può in massima essere dal governo vietata , imperocché il principio di libertà esige che sia lasciato campo aperto ad ogni spontanea manifestazione del sentimento religioso ; e lo Stato , pur imponendovi dei limiti , ne guarentisce e protegge l ' attuazione sotto la scorta di leggi generali . Ma egli è tempo che noi veniamo a considerare quali siano questi limiti , quali queste leggi che si appartiene allo Stato di stabilire . E innanzi tutto , a quelli guisa che io sostenni il diritto di coloro che professano la medesima fede religiosa ad incorporarsi , e stabilire fondazioni perpetue , contro l ' opinione che non vuol riconoscere nei fedeli altro che una libera associazione , così mi pare egualmente esagerata l ' altra opinione di coloro i quali dopo aver negato la personalità collettiva all ' associazione religiosa , vogliono poi questa scevra da ogni legge . Dico che è una esagerazione , imperocché nessuna libertà va senza regola e senza freno , e come lo Stato determina i diritti e i doveri del privato cittadino allorché agisce per sé solo , così li determina altresì quando agisce in unione ad altri . Può dunque e deve esistere una legge sull ' associazione così ecclesiastica come di altra natura , e il governo ha diritto di conoscerne precisamente lo scopo , i membri che la compongono , gli statuti che la reggono , i luoghi e i periodi di sua riunione . Né si può contrastargli anche la facoltà di far intervenire propri delegati alle riunioni pubbliche , e quando esse divenissero pericolose alla pubblica sicurezza di scioglierle . Rispetto poi alle corporazioni e agli enti giuridici , due vie possono seguirsi : l ' una è che ciascuno di essi abbisogni di uno special decreto che lo sancisca per singolo , siccome avviene oggi in Italia delle società di credito , commerciali , agrarie , esaminato e approvato il loro Statuto . E questa è la pratica che vige eziandio in alcuni Stati germanici rispetto alle congregazioni monastiche , ciascuna delle quali ha d ' uopo per esistere di un atto peculiare della potestà legislativa . Ma l ' altra via che è seguita in Inghilterra e negli Stati Uniti dell ' America , mi pare più savia e più conforme all ' indole di un popolo libero , e questa è una legge generale che determini le condizioni e le cautele colle quali può formarsi un ente giuridico , sia a fine religioso che civile * . Or quali debbono essere le fattezze principali di siffatta legge rispetto all ' associazione religiosa ? La legge prefigge il numero dei privati cittadini che occorrono per fondare l ' ente morale . E quand ' anche la proprietà sia donata da un solo , nondimeno richiede che l ' amministrazione di essa sia collettiva ed eletta . Questo punto della elezione periodica dei curatori è una condizione assolutamente richiesta , e di tal guisa l ' elemento progressivo è introdotto nella corporazione , come vedremo più innanzi . In secondo luogo , la legge dispone che debba l ' ente morale reggersi secondo uno statuto formato da coloro che lo compongono , e mutabile ancora secondo le deliberazioni loro avvenire , che però devono essere sempre notificate , pubblicate , e regolarmente registrate . Né occorre il dire che in tanto questo statuto è valido in quanto non offende le leggi generali dello Stato . Che se di questo genere di statuti e della organizzazione che ne discende , taluno voglia formarsi un idea chiara e precisa , consulti gli atti della Chiesa episcopale negli Stati Uniti , e sopratutto nel Canadà e nella Nuova Zelanda . Vedrà una costituzione completa , la quale statuisce regole per le sinodi diocesane , provinciali , e per la convenzione generale , e come il principio rappresentativo vi sia penetrato in ogni parte , e la rappresentanza non sia solo di chierici ma di laici . Vedrà come si eleggano i parroci e i vescovi , come si amministrino le temporalità , e avrà un concetto delle Corti diocesane e di appello e delle loro attribuzioni e competenze * . Esempio è questo di una Chiesa fortemente organizzata che vive ed opera al tutto separata dallo Stato . In terzo luogo , la legge prescrive che l ' ente giuridico debba conformarsi allo scopo che si propone e agli statuti che lo reggono , disviando dai quali , perde la sua ragione di essere . In quarto luogo , se si tratti di opere pie , o d ' istituti di istruzione e di educazione , li sottopone a quelle discipline che sono comuni alle opere ed istituiti di tal genere che non abbiano carattere religioso . La legge riserva sempre al Governo il diritto di visita e di ispezione , in guisa che non possa l ' ente sottrarre la sua amministrazione , e le relazioni fra i suoi membri alla vigilanza che allo Stato appartiene , nell ' interesse generale della società civile * . Può ancora la legge determinare la forma del possesso . Imperocché , una delle gravi questioni che sorgono a proposito dell ' ente giuridico , si è quella della mano morta . Ripetere ciò che è stato detto tante volte a questo proposito , spesso anche con iperbole , sarebbe opera al tutto vana . E in quanto alle mie opinioni in tal proposito , mi contento di rimandare il lettore ad un altro libro che scrissi sulla Economia * . Dirò dunque che il possesso della terra mal si conviene agli enti morali , che sono disadatti a trarne buon frutto , salvo la parte che è necessaria al fine loro , come la Chiesa , il presbitero , e gli edifizi ospitalieri o scolastici , e i giardini che ne dipendono . Mal si conviene del pari ad un ente morale quella parte di ricchezza che , essendo impiegata nelle industrie e nei commerci , va soggetta ad incertezze o ad alea . Bensì fra le ricchezze che si dicono mobili , vi sono molti titoli sicuri e perenni che alle istituzioni maravigliosamente si attagliano . Tali sono , per cagion d ' esempio , i crediti ipotecarii , e meglio ancora le cartelle di credito fondiario , le quali , all ' ipoteca , aggiungono la guarentigia di uno stabilimento di credito , i titoli di rendita pubblica ed altri . È chiaro che ad un Governo conviene assai che i titoli della sua rendita siano allogati a mani così ferme , come le istituzioni pubbliche che non ne fanno traffico o speculazione , e per conseguenza è naturale che lo favorisca con ogni mezzo in suo potere . Ma il voler imporre esclusivamente questa forma di possesso in condizioni normali , può parere che ecceda i limiti di giustizia e di equità . Può infine la legge mettere un limite ai possessi delle istituzioni ecclesiastiche , quando cioè la ricchezza loro trapassi in modo assoluto il fine che si propongono . Per esempio , la parrocchia ha cura delle anime di un certo territorio , il seminario ha un certo numero di studenti i quali può allevare : siasi pur larghi nel concedere all ' una e all ' altro tutti i mezzi dei quali possono abbisognare , ma poi v ' è un termine , al di là del quale è manifesto che la ricchezza sopravanzerebbe allo scopo , e si rivolgerebbe a splendore e lusso degli amministratori , anzicché al vero bene degli amministrati . E dell ' uno e dell ' altro di questi limiti , ci porge l ' America esempi copiosi . Così , per atto legislativo , nella Colombia nessuna corporazione può possedere in città più di tre acri di terreno , e in campagna più di cinquanta acri . Oppure , come nel Michigan , non può possedere di terra se non quanto serve alla chiesa , alla scuola , allo spedale . E finalmente , come nella Carolina del Sud , non può possedere di terra oltre quanto gli rende 6000 dollari di entrata . Rispetto poi alle leggi limitatrici del possesso delle istituzioni eccleesiastiche , lo Stato di Nuova York ce ne porge testimonio con varie serie di atti , come quelli del 1851 che fissano il massimo della rendita dell ' istituto per le vedove ed orfani del Clero Episcopale a 15 mila dollari , e dell ' Accademia femminile del Sacro Cuore a 5 mila dollari ; quello del 1855 che fissa il massimo del capitale della Chiesa Presbiteriana a 250 mila dollari ; quello del 1864 che fissa il massimo del capitale della Società della Missione a 100 mila dollari , e va dicendo . E perché queste disposizioni legislative siano eseguite debitamente , sonovi speciali cautele , come quella del 1863 , che obbliga le società cattoliche a presentare ogni tre anni alla Corte Suprema un inventario dei beni loro reali e personali : che se l ' inventario mostra che gli averi superano il limite determinato dalla legge , se ne fa partecipe l ' autorità legislativa * . Io non intendo portar giudizio sovra l ' uno o l ' altro speciale provvedimento , ma ho recato questi esempli per confermare l ' autorità che lo Stato ha in tale materia . Ho già accennato sopra un altro punto , cioè a chi appartenga la amministrazione dei beni che è concesso di possedere . E qui l ' America ci dà in generale la regola che questa amministrazione si appartiene ai laici interamente , reputandosi che il pensiero e l ' opera del sacerdozio siano diretti a più alti scopi * . Nondimeno io credo che sarebbe razionale lo stabilire che l ' amministrazione dei beni debba appartenere a tutta la comunione dei fedeli , compresovi eziandio la gerarchia ecclesiastica . Il che si rannoda a quanto ho detto sopra della opportunità che il benefizio cessi nella sua forma attuale . E avrò occasione di riparlarne quando tratterò delle transizioni e dei temperamenti pei quali si potrebbe trapassare dallo stato presente a quello che noi vagheggiamo come più consentaneo ai nostri tempi . Ora passiamo ad un altro importante quesito . Si chiede : Lo Stato può togliere la qualità di persona giuridica che un ' associazione religiosa abbia acquistato ? Io credo che sì , ed ho già superiormente indicato quali siano in Inghilterra le cause per le quali una corporazione o persona giuridica cessa di esistere . Ora vorrei soggiungere che mi sembra assai conveniente , per non dir necessario , che in una legge fatta per determinare le condizioni sotto le quali si forma l ' ente giuridico religioso , si ponga anche qualche clausola , per la quale la sua riforma sia possibile , per esempio , l ' elezione dei suoi ufficiali , la riunione periodica della corporazione , la potestà di modificare i suoi statuti , ecc .. Pur nondimeno può avvenire che si verifichi il caso nel quale sia impossibile o nocivo il mantenere una fondazione o una corporazione nei termini in cui essa fu stabilita * . Ciò supposto io reputo che lo Stato abbia diritto di riformarla di suo proprio moto , e all ' uopo anche di distruggerla . Ma qual è in tal caso la via da seguirsi ? È agevole risolvere questo quesito seguendo la massima della giurisprudenza , fundationes in piam causam non possunt commutari nisi in aliam aeque piam . La qual sentenza adottata e commentata dai canonisti , e fra gli altri dal cardinale De Luca , è pur sostanzialmente la stessa che propugnava uno degli uomini più eminenti nel partito liberale dell ' Inghilterra , lo Stuart Mill * . Egli giudica che non solo la proprietà dell ' ente distrutto debba essere impiegata utilmente , non solo debba tornare a beneficio della società , ma che siffatto beneficio debba essere d ' indole e di qualità somigliante a quella che era nell ' intenzione del fondatore . Però nel caso di un ente o di una istituzione ecclesiastica che fosse dallo Stato soppressa , la dotazione sua dovrebbe essere rivolta a ciò che era il fine della istituzione medesima cioè la educazione del popolo , intendendo con questa parola non già la istruzione sola ma una disciplina morale e perenne per tutta la vita , che sollevi l ' uomo alla più alta perfezione della sua natura spirituale . " Se noi metteremo le mani sopra la dotazione della Chiesa , conclude lo Stuart Mill , non per l ' incivilimento e la moralità del nostro popolo , ma per pagare una piccola frazione del debito nazionale , o per supplire ad una temporanea esigenza finanziaria , non solo compreremo un bene impercettibile a prezzo di uno importantissimo ; ma col gettarci dietro le spalle l ' intenzione dei proprietari originari noi avremo fatto ogni nostro potere per generare negli animi una disposizione a manomettere la santità dei depositi . " E ciò per riguardo all ' avvenire , imperocché quanto al presente si deve anche tener conto dei diritti acquisiti dai membri di quel sodalizio , e non frustrare le giuste loro aspettative . Laonde le nazioni più civili , qual ' è l ' Inghilterra , quand ' anche modificano la proprietà ecclesiastica , come avvenne per la chiesa d ' Irlanda nel 1871 , lasciano però goderne il frutto agli attuali investiti e non datano il compimento della riforma che dalla naturale loro morte . Laddove per contrario dove si opera per reazione , o avventatamente , quivi lo Stato non solo non tien conto delle intenzioni dei fondatori per la destinazione dei beni , ma nella sua impazienza offende altresì i diritti acquisiti . Della qual pecca forse l ' Italia non fu esente del tutto nelle sue leggi del 1861 e del 1867 . Se il desiderio non m ' inganna , mi pare di aver dimostrato che una giusta esigenza di ogni associazione religiosa è quella di stabilire istituzioni perpetue , e che la separazione dello Stato dalla Chiesa non solo non si oppone a cotale esigenza , ma la favoreggia . Ho indicato anche le regole sotto le quali ciò debba concedersi e come possa anche una istituzione essere soppressa o modificata , e con quali cautele . Ora viene un quesito gravissimo e forse il più arduo nella materia . È evidente che l ' appartenere ad una corporazione o anche semplicemente ad un ' associazione religiosa , dà origine a diritti e a doveri reciproci nei membri di essa , i quali durano ed obbligano ognuno che di quell ' associazione o corporazione fa parte , non già in virtù delle leggi generali , ma in virtù degli statuti peculiari di essa e a guisa di patto convenzionale . Ora , l ' esercizio di questi diritti e di questi doveri può dare occasione a dei conflitti ; conflitti degli inferiori coi superiori , dei membri stessi fra loro e cogli altri cittadini , e similmente della istituzione qual ente morale coi privati e collo Stato . Se non che fra cotali conflitti bisogna distinguerne due sorta . Vi sono anzitutto dei conflitti che scaturiscono da rapporti puramente morali e religiosi , che hanno , per dir così , il termine loro nell ' animo umano : ora il nostro principio , che lo Stato è incompetente nella materia , ci guida a tal conseguenza che sopra di essi non può né dettar leggi , né giudicar controversie , né fornire il braccio secolare in aiuto di una sentenza . Spetta alla prerogativa interna di ogni Chiesa il farlo , e questa dà origine alle Corti ecclesiastiche . Queste Corti non hanno vera e propria giurisdizione , né aver la possono : né tampoco le sentenze loro vogliono riguardarsi come sentenze pronunziate da autorità straniera , poiché l ' una e l ' altra di queste due forme implicherebbe il concetto di una potestà ecclesiastica pari allo Stato e indipendente . Bensì potrebbero riguardarsi come arbitri , nel qual caso però la difficoltà non fa che riprodursi , poiché da una sentenza arbitramentale è possibile l ' appello , e in ogni modo convien ricorrere ai Tribunali per la sua esecuzione . Queste idee si trovano espresse nella decisione del Comitato giudiziale del Consiglio privato d ' Inghilterra , il quale dice : " I tribunali così costituiti ( ecclesiastici ) non sono in nessun senso Corti di giustizia : essi non derivano l ' autorità loro dalla Corona , non hanno poter proprio di dare esecuzione alle sentenze ; essi devono rivolgersi per tal fine alle Corti stabilite dalla legge , e tali Corti daranno effetto alle loro decisioni , come danno effetto alle decisioni degli arbitri , la cui giurisdizione poggia interamente sul consenso delle parti *." Ma a chi ponga mente , assai di leggieri si fa manifesto che v ' è un ' altra sorte di conflitti , e che ogni atto o decreto ecclesiastico può avere , ed ha il più delle volte degli effetti giuridici e materiali . Vi sono dei diritti personali e reali che vogliono essere tutelati , come l ' uso dei templi , il possesso delle temporalità , e via dicendo . Poniamo che la interdizione dai sacri uffici abbia per conseguenza di togliere ad un prete il benefizio : ora , se egli avesse qualche ragione da addurre , a chi deve rivolgersi ? Imperocché secondo il nostro sistema , ogni ricorso al Governo in via amministrativa , ogni appello da abuso son cancellati dalla giurisprudenza . Or dunque , in questi casi a chi si ricorre ? In che modo si giudica ? Qual è il tribunale competente ? Quest ' ultimo nodo è solubile secondo il nostro avviso , mentre partiamo ognora dal diritto comune , sicché il Tribunale competente è il medesimo al quale ogni cittadino si rivolge , come lo Stato è quello che ha la suprema tutela di tutti i diritti . E questo si trova anche nell ' articolo 17 della legge delle guarentigie già citata . Ma con quali regole giudicherà siffatto Tribunale , se come abbiamo detto non si tratta di conflitti che nascono dalle leggi generali , e dal codice ? La sola soluzione del problema che si presenta all ' animo è questa , che dovrà giudicare come giudica di ogni obbligazione che nasce da contratto : cioè piglierà a sua norma lo statuto dell ' associazione o corporazione ; esaminerà se i diritti e gli obblighi che ne discendono per coloro i quali ne fanno parte abbiano conseguenze giuridiche , e porterà sopra di queste il suo esame e la sua decisione . Il che però è subordinato a due condizioni : la prima che l ' attore e il convenuto abbiano fatto e facciano veramente parte dell ' associazione : la seconda che la regola desunta dallo statuto dell ' associazione , e che qui si tratta di applicare , non contenga cosa che offenda le leggi e il diritto pubblico * . Adunque lo Stato non impone guari ai cittadini alcuno statuto particolare ad una società religiosa , ma attribuisce allo statuto , in quanto è patto accettato , la virtù che riconosce in tutti i patti di produrre obbligazioni civili sperimentabili avanti le autorità ordinarie . Questo è il solo concetto logico che nella presente condizione delle cose sia compatibile colla separazione della Chiesa dallo Stato , ed è il concetto medesimo che si applica alle società di qualsivoglia altra forma che si creano , vuoi a fin di scienza , vuoi a fin di commercio , d ' industria e via dicendo . Ond ' è a maravigliare , che quando ciò fu proposto in un disegno di legge al Parlamento , incontrasse tanta repugnanza e se ne levasse tanto scalpore ; il che a mio avviso più che da profondo studio ( al quale mancò persino il tempo ) derivava da ciò , che non fu bene esaminato ed inteso , ovvero da pregiudizii del passato che ci tengono ancora impastoiati e c ' impediscono di contemplare nella sua purezza il principio di libertà * . La dizione in cui si presentava tale concetto era la seguente : " Le costituzioni ed i canoni della Chiesa cattolica , cessando di avere autorità di legge nello Stato , sono considerati come regolamento o statuto particolare di essa Chiesa ; e per gli effetti civili che ne derivano nelle relazioni reciproche tra ' suoi componenti o tra ciascuno di loro e la società religiosa nel regno , possono essere invocati da coloro che fanno parte di questa dinanzi alle autorità ed ai tribunali civili , in quanto non siano contrari al diritto politico ed alle leggi dello Stato * . " Questo articolo , come accennai dianzi , suscitò tali contrarietà da render vana persino ogni discussione . Avvenne di ciò quello che nelle vicissitudini politiche suol non di rado avvenire , che un andazzo di opinione e di passione impedisce ogni pacato esame e travolge ogni proposta . Ma chi guarderà con animo sereno questa materia , dovrà convenire che la proposta contenuta nell ' articolo in sé stessa era ragionevole , salvo alcune avvertenze che verrò esponendo più oltre . E invero , tutte le ipotesi che possiamo esaminare sono le seguenti : o gli statuti di un ' associazione qualsiasi non importano altro che una obbligazione morale pei soci , e ciò equivale ad annullarne la esistenza civile : ovvero si annette all ' associazione il carattere di pubblica istituzione investita di giurisdizione , e in questo caso deciderebbe essa la questione anche nei rapporti civili , il che è contrario al concetto che della Chiesa ci siamo formato : o infine bisogna supporre un ' ingerenza amministrativa del Governo nel pronunziare intorno ai diritti e ai doveri degli associati , e non è compatibile coi principii veri di libertà . All ' infuori di tali ipotesi , le quali reputiamo insostenibili , bisogna seguire il sistema che abbiamo delineato , svolgendone nell ' avvenire le conseguenze . Né diversamente provvide il Parlamento inglese , quando compì l ' opera di trasformazione della Chiesa in Irlanda , della quale abbiamo toccato sopra , e l ' articolo che provvede ai conflitti e al giudizio sugli effetti civili di una provvisione ecclesiastica non è sostanzialmente diverso da quello che era stato qui proposto * . Abbiamo poi nella decisione del comitato giudiziale del Concilio Privato , il commento di tal articolo : " La Chiesa d ' Inghilterra ( dove essa non è stabilita e costituita per legge ) è nella stessa situazione di ogni altro corpo religioso , né più né meno , e i membri di essa possono adottare regole che legano coloro che espressamente o implicitamente vi hanno consentito . Pertanto , laddove un ' associazione religiosa o di altro genere , non solo ha convenuto nei termini della sua unione , ma ha stabilito un tribunale per determinare se e quali regole dell ' associazione siano state violate da alcuno dei suoi membri , e quali conseguenze arrechi questa violazione , allora la decisione di questo tribunale sarà obbligatoria se fu fatta nei limiti della sua autorità , e colla procedura richiesta , se si seguirono le forme prescritte , o in mancanza di queste i principii generali della giustizia . Soltanto il tribunale ecclesiastico non ha potere esecutivo ed è mestieri ricorrere perciò ai tribunali civili ordinari * . Di che adunque conosce e giudica il Tribunale civile ? Esso piglia le mosse da due punti , che la persona abbia contratto veramente un obbligo , o acquistato veramente un diritto verso l ' associazione religiosa , e l ' abbia tuttavia ; e inoltre che l ' obbligo o il diritto rechi con sé una conseguenza non solo morale ma anche giuridica ; e di questa appunto il Tribunale conosce e giudica . Se non che due difficoltà sembrano affacciarsi pure a primo sguardo ; l ' una , che il Tribunale sia obbligato in qualche guisa a farsi interprete degli statuti peculiari d ' ogni associazione religiosa , per esempio , del diritto canonico della Chiesa cattolica ; l ' altra , che la Chiesa co ' suoi statuti e la Corte ecclesiastica co ' suoi decreti , vincoli già e costringa in precedenza la decisione del Tribunale civile . Nel primo caso vi sarebbe usurpazione da parte della potestà civile , nell ' altro , il reclamo della parte lesa al Tribunale non avrebbe efficacia veruna . A questo dubbio risponde la distinzione fra l ' atto o la decisione dell ' autorità ecclesiastica , e le conseguenze giuridiche che ne risultano ; la quale distinzione non è nuova , ma si riscontra altresì nelle questioni amministrative . Invero , che cosa avviene là dove non esistono Tribunali speciali di contenzioso amministrativo , e le cause sono trattate tutte davanti ai Tribunali civili ? Poniamo che l ' autorità amministrativa abbia fatto un atto o pronunciato una decisione , in conseguenza della quale taluno reputi offeso il proprio diritto . Questi ricorre , e quando il Tribunale civile trovi giusto il ricorso , non per ciò revoca o modifica l ' atto o il decreto dell ' autorità amministrativa , ma ne limita gli effetti rispetto al caso presente , reintegrando il diritto offeso del ricorrente , e nel caso che la reintegrazione non sia possibile , stabilendo una indennità a favore della parte lesa * . Così il Tribunale civile senza invadere il campo dell ' autorità ecclesiastica , non s ' ingerisce della legittimità dell ' atto o del decreto , ma ne approva , ne limita , o ne modifica gli effetti giuridici . Si è chiesto da taluno se la parte lesa può eccepire anche davanti al Tribunale civile della incompetenza dell ' autorità ecclesiastica che pronunziò il decreto , o della nullità dell ' atto , deducendo questa incompetenza o questa nullità dagli statuti stessi ecclesiastici ; questa questione è stata dibattuta varie volte agli Stati Uniti , e fra le altre nel caso del Rev . Chentes di Chicago membro della chiesa episcopale * . La Corte suprema dell ' Illinois era unanime nel riconoscere che un Tribunale civile non rivedrà mai una decisione di una Corte ecclesiastica nel merito o in controversie di dottrina o disciplina religiosa , ma in quanto si riferisce ad un diritto civile , si restringerà a determinare se essa è quale pretende di essere , cioè una Corte ecclesiastica vera ed organizzata secondo i suoi statuti , e se ha competenza sopra le persone o le materie controverse . Quando essa non fosse di tal indole o non avesse tal competenza , dovrebbe essere fermata nel suo procedimento ; se invece lo è , la decisione nei confini della sua autorità è definitiva . Fin qui , dico , tutti i giudici erano concordi , ma dove si manifestavano opinioni diverse , egli era su questo punto : se fosse da tener conto della eccezione di irregolarità nell ' atto impugnato o nella sentenza denunziata . Intorno a ciò la maggioranza opinava che no , parendole che in quella guisa la potestà laica s ' ingerisse soverchiamente dell ' associazione religiosa , la minoranza invece teneva contrario parere , e stimava che il giudicare se l ' atto o la sentenza emani da un ' autorità che sia conforme agli statuti dell ' associazione religiosa , e questa abbia proceduto a tenore di essi , non tocchi la sostanza dell ' atto o della sentenza medesima . Ad ogni modo sembra che la giurisprudenza negli Stati Uniti non sia ancora bene stabilita su questo punto . Ma secondo la decisione del comitato giudiziario inglese di che sopra abbiamo toccato , si dovrebbe concludere , che una eccezione sui difetti di forma nell ' atto o nel decreto dell ' autorità ecclesiastica , fosse di competenza eziandio del tribunale ordinario . E qui mi sia lecito aggiungere quelle avvertenze che annunciai sopra , e integrare il concetto di che si tratta . Coloro che hanno meditato su questa materia , sono indotti a considerare come ogni volta che nella società si formano relazioni giuridiche non prima usitate , la giurisprudenza si sforzi di applicare ai casi le leggi comuni . Ed è questo procedimento giusto e salutare . Perché non si potrebbe facilmente a priori stabilire delle leggi acconce a tutte le nuove condizioni delle cose , e intanto bisogna risolvere mano a mano i conflitti e le quistioni che sorgono . Gli sforzi della giurisprudenza preparano per così dire la formazione di nuove leggi , se ne occorressero , sulla materia . Imperocché , pur sostenendo la regola generale che gli statuti delle associazioni religiose debbano considerarsi come patti che generano speciali diritti e doveri negli associati , è forza riconoscere che il contratto fra i fedeli nella Chiesa è un contratto sui generis che non può essere interamente assimilato agli altri . E come , per esempio , dopo aver applicato il diritto comune alla materia delle cambiali , e dopo le prove fatte intorno a ciò dalla giurisprudenza , si è dovuto alla perfine fare una legislazione cambiaria , così occorrerà forse , posta la separazione dello Stato dalla Chiesa , stabilire delle regole legislative speciali anche per i rapporti giuridici derivati da un atto ecclesiastico . E alla compilazione di quelle regole sarà conveniente preparazione la giurisprudenza che si sforza intanto di risolvere il problema colla legge comune . Ma io stimo che nella nostra condizione la giurisprudenza non sarebbe subito efficace abbastanza per interpretarla , e riempiere la lacuna in materia ecclesiastica . L ' efficacia della giurisprudenza pare sicura , a chi ha dinanzi alla mente il diritto romano e il suo svolgimento . Il pretore era l ' organo vivente di quel diritto , e lo riformava con perenne vicenda , avvegnaché l ' editto diventato consuetudine entrasse a far parte della legislazione . Certo il pretore si sforzava sempre di dare alle sue riforme una base giuridica , congiungendo le nuove disposizioni col diritto vigente . Ma in questa opera di correzione e di integrazione egli aveva larghissima balìa , e a tal uopo valevasi or delle finzioni di diritto , or delle azioni utili , or delle restituzioni in integro e via dicendo . Cosicché ivi ben può comprendersi tutta la parte che la giurisprudenza ebbe nelle leggi , assicurandone l ' esecuzione quando il legislatore non ne avesse indicato i mezzi , compiendo quelle parti che erano difettose , modificando eziandio talora direttamente le interpretazioni precedenti . Questo può anche intendersi sino ad un certo punto in Inghilterra . Colà oltre la legislazione scritta è la legge comune che non si differenzia dalla consuetudine , e sopra di essa è ancora l ' equità rappresentata da Corti speciali , il còmpito delle quali mai non può estendersi sino alla personale sicurezza dei cittadini , e quindi è ristretto alle questioni di proprietà , ma in questa sfera può investigare latenti cagioni che il Tribunale di giustizia non raggiunge , render obbligative le materie fiduciarie che legherebbero solo la coscienza , e dare specifico rilievo a certe circostanze , sulle quali la giurisdizione ordinaria non saprebbe fermarsi * . Ma in quei paesi dove la codificazione delle leggi è compiuta , anzi la legge comune altro non è che il codice scritto , né la consuetudine ha valore di modificarlo , là dove non esiste il Pretore nel senso romano , né il giudizio d ' equità nel senso inglese , l ' ufficio dei Tribunali è di applicare ai casi particolari la regola , anziché adattare questa a quelli , e secondo il diverso tenore di essi interpretarla e modificarla , di guisa che egli è a temere che la giurisprudenza nel nostro tema non sia bastantemente efficace al conseguimento del fine che ci proponiamo , e quindi viene la conclusione da me trattane , che la giurisprudenza aprirà coi suoi responsi e talora colla dimostrazione della impotenza propria nella materia , l ' adito ad una legislazione provvida e bastevole al fine . Ma , quando sia venuto il tempo legislativo , sarà allora necessario altresì di trovar modo espresso affinché i membri di una comunione religiosa abbiano legittima via , come già toccai , di modificare gli statuti , e con essi anche i diritti e i doveri loro . L ' importanza di questo punto non isfuggirà certo all ' accorto lettore . Dappoiché lo Stato non deve ingerirsi nelle materie chiesastiche perché incompetente , uopo è che ci sia nel seno di ogni Chiesa la possibilità di modificare il patto e quindi i diritti e gli obblighi giuridici a seconda delle circostanze e dei bisogni del tempo ; né giova il dire che , in talune società religiose , questa facoltà di modificare gli statuti e i canoni esiste ed appartiene al corpo sacerdotale , e che ciò è voluto o almeno sommessamente accettato dagli stessi fedeli . Ma questo non può essere ordinamento buono , perpetuamente ed assolutamente . La partecipazione dei fedeli al governo della Chiesa come fu la forma originaria e benefica di tutte le religioni , così è indispensabile mezzo a mantenere loro vita e vigore . Il principio rappresentativo è come l ' aroma che le preserva dalla corruzione , né senza di esso può esservi possibilità di riforma efficace e spontaneamente accettata . In secondo luogo , per ciò appunto che noi diciamo dover sorgere la riforma dall ' azione spontanea dei fedeli medesimi quand ' anche essi consentono alla presente condizione delle cose , non bisogna impedire una diversa azione nell ' avvenire . Ma se fra i fedeli e il corpo sacerdotale nascesse dissenso , come dovrebbero regolarsi i diritti acquisiti ? Il problema è gravissimo quando si tratta di fondazioni perpetue , e siccome noi abbiamo sostenuto che lo Stato debba ammetterle , come necessarie all ' indole di ogni associazione religiosa , così pure abbiamo soggiunto che , riconoscendo in quelle la personalità giuridica , lo Stato dee prevedere certe conseguenze e regolarle . Il caso da me immaginato parlando del beneficio parrocchiale , mentre tutti i parrocchiani che vivono per entro una data circoscrizione avessero mutato credenze , è per verità un caso estremo : ma possono esservene dei mediani . E quando i così detti vecchi cattolici della Germania , pur conservando tutte le tradizioni e gli statuti della Chiesa romana , si rifiutavano di accogliere l ' ultimo domma della infallibilità , e quindi fra essi e i loro correligionari nascevano essenziali differenze , che cosa doveva farsi del patrimonio ecclesiastico ? Doveva esso rimanere per intero a quelli che seguirono il dettato romano , e gli altri essere esclusi da ogni partecipazione al medesimo ? La cosa fu giudicata altrimenti nella Germania , e fu loro assegnata qualche tempio , ma ciò avvenne per decisione dello Stato . Nel caso nostro , cioè della separazione dello Stato dalla Chiesa , non si vuol pretermettere la necessità di un provvedimento , il quale non tocchi per guisa alcuna la parte religiosa del problema , ma solo il godimento dei diritti civili . Nello Stato di New York , e in generale anche negli altri Stati Americani , si è provveduto in questo modo , che l ' amministrazione dei beni di una fondazione qualunque è affidata ad un corpo di curatori eletto dai fedeli , e che perciò riflette la opinione loro . È la legge stessa che prescrive il numero dei curatori , il modo loro di agire , la forma e il periodo della elezione e le guarentigie della minoranza ; né io posso trattenermi dall ' insistere su questo punto come capitale . Io son d ' avviso , e mi piace ripeterlo , che il principio elettivo sia essenziale alla durata e alla prosperità di ogni associazione e corporazione sopratutto in materia religiosa . Il problema della sua pratica attuazione nella Chiesa cattolica è principalmente di opportunità , e dovrò trattarne di nuovo nel capitolo seguente . Ma sino a tanto che questo principio non sia attuato , e siasi provveduto con esso non solo alla conservazione del presente , ma eziandio alla regolare introduzione delle riforme nell ' avvenire ; sino a che , dico , ciò non sia fatto , i pronunziati della giurisprudenza suppliranno quanto è possibile alla deficienza sì degli statuti ecclesiastici , sì della legge comune , e prima la necessità , poi l ' esperienza , daranno lume tanto alla Chiesa che allo Stato per nuovi provvedimenti acconci alla situazione nuova in che l ' uno o l ' altra verrebbero a trovarsi . Abbiamo detto sopra che l ' ecclesiastico il quale commette un reato è passibile di pene al pari di ogni altro cittadino dinanzi allo stesso foro e colle medesime procedure . Se non che vi sono tali reati che solo i ministri del culto possono commettere e ai quali è mestieri por mente nella compilazione del Codice penale , e vi sono altri reati che , sebbene possano essere commessi da tutti i cittadini , però acquistano una gravità maggiore quando siano opera delsacerdote nell ' esercizio delle sue funzioni . Poniamo che un parroco predicando dal pergamo susciti gli animi a ribellione , poniamo che egli rifiuti di eseguire le leggi che lo riguardano . Evidentemente lo Stato può e deve provvedere a questa maniera di reati , e infliggervi proporzionate sanzioni . Il pericolo sta tutto nella definizione di questi reati , perché non v ' ha cosa più facile che di sdrucciolare nella materia meramente religiosa , nel qual caso la pena accuserebbe arbitrio e non giustizia . Io non mi perito di dichiarare che l ' articolo della legge penale piemontese che fu riproposto al Senato del Regno non è scevro di menda per questo capo . E invero esso considera il fatto che un sacerdote turbi la coscienza pubblica , o la pace delle famiglie . Ma che è la coscienza pubblica ? E come si turba la pace delle famiglie ? Chi non vede a quali gravi interpretazioni possano dar luogo quelle locuzioni ? Avrà turbato la coscienza pubblica quel parroco che negherà di ricevere nella sua chiesa , e di dire la messa funebre a un uomo morto nella miscredenza ? o la pace della famiglia potrà dirsi violata se il confessore nega al moribondo l ' assoluzione ? Eppure così potrebbe sentenziare un giudice , sopratutto se fosse spaventato dai clamori di una moltitudine irata . E per continuare questa materia ; più tardi furono presentati altri articoli nella Camera dei deputati * , pei quali s ' infligge la pena del carcere ai sacerdoti che esercitano atti di culto esterno contro provvedimenti del Governo . Qui la parola esterno è generatrice di grande confusione , perché tutto ciò che esce dal sacrario della coscienza si manifesta con atti esterni ; e similmente è vago il parlare di provvedimenti del Governo senza specificarli . Potrebbe dunque il Governo vietare tutte le manifestazioni religiose e punire coloro che non obbedissero al suo divieto . E similmente in un altro articolo è punito chi contravviene alle regole prescritte circa alla necessità dell ' assenso del Governo in quella materia in cui tuttora è richiesto . Tale è il caso assai frequente di vescovi , che non avendo ricevuto l ' exequatur e perciò non essendo stati messi in possesso delle temporalità , pur nondimeno vivono nella diocesi loro e vi esercitano i sacri uffici . Si comprende che il Governo non riconosca le disposizioni loro che hanno qualche attinenza con atti civili . Ma se l ' uomo che si crede vescovo , ed è per tale venerato dagli altri , ancorché privo dell ' exequatur regio , cresima , o assolve un peccato pel quale il semplice sacerdote non avrebbe la potestà necessaria , e se il cresimato o il penitente si tengono appagati di ciò , potrà il Governo minacciare il carcere o l ' ammenda all ' uno od all ' altro ? Insomma è da riconoscere che il codice deve contemplare anche i reati propri solo di chi esercita le funzioni religiose e quelli che , commessi nell ' esercizio di tali funzioni , acquistano perciò maggiore gravità . Ma è da prendere attentissima guardia di ben definire questi reati , e di non invadere il campo religioso , rinnovando sotto altra forma i provvedimenti giurisdizionali * . Nei tempi passati non solo il clero esercitava le funzioni ecclesiastiche , ma altre eziandio ne esercitava , che senza appartenere propriamente al culto , vi avevano strettissime attinenze , come l ' insegnamento e la beneficenza . Nel conflitto moderno fra la Chiesa e lo Stato , questo ha voluto strapparle di mano ogni ingerenza sull ' uno e sull ' altro degli argomenti ; il che ha pôrto occasione a discussioni vivissime e ne porge tuttavia . Io dunque favellerò di ciò prima di por termine a questo capitolo , e sopratutto dell ' istruzione . Gli inglesi con dizione molto acconcia chiamano educazione nazionale ( national education ) tutto quel complesso d ' insegnamenti pubblici di discipline e di cure onde il giovinetto comincia a dirozzarsi , e poi mano a mano viene erudito nella mente ed avviato al giusto ed al buono . Ciò corrisponderebbe a quello che i greci intendevano sotto il nome di musica in contrapposto alla ginnastica , a questo segno che la ginnastica mirava a render forte e destro il corpo , la musica comprendeva tutto ciò che illumina e migliora l ' animo * . Noi distinguiamo oggi l ' istruzione dalla educazione , ma per quanto si faccia , esse s ' intrecciano e si tengono sì intimamente connesse , che riesce assai malagevole il separarle ; certo è poi che soltanto le due unite insieme formano l ' uomo . Per siffatta connessione , non è meraviglia se la Chiesa pretendeva che a lei esclusivamente , o per la massima parte , quest ' ufficio competesse . Quindi non solo arrogavasi la facoltà di erigere scuole senza beneplacito o ingerenza alcuna del governo , ma pretendeva il diritto di esercitare un ' azione o almeno una vigilanza nelle scuole stesse laiche . D ' altra parte , secondo il concetto puro regalistico , la scuola essendo essenziale funzione ed attributo dello Stato , anche lo insegnamento puramente ecclesiastico , come quello che si dà nei seminarî e nelle facoltà teologiche , deve sottostare all ' indirizzo suo ed essere informato di quello spirito che si accorda colle massime del governo ; anzi siccome è suo precipuo fine la educazione del popolo , e la religione ne fa parte vitale , è desso che dee ministrarne o almeno regolarne il tirocinio a tutti i cittadini * . Queste sono le due massime estreme , e fra esse tramezza quella che pone la istruzione fra le materie miste intorno alle quali entrambe le potestà hanno legittima azione . Quindi i concordati si sforzano di determinare i diritti dell ' una potestà e dell ' altra , e alla Chiesa è dato sovente balìa di vigilare che negli istituti laici come ginnasi , licei , università , ecc . non si introducano libri e massime perniciose e contrarie alla religione . Più spesso ancora , nei consigli accademici seggono di pien diritto dignitari ecclesiastici , e la qualità di ministro dei culti basta a qualificare uno di maestro o pedagogo senz ' altra prova . Queste tre soluzioni non sono più accettabili secondo le idee e le regole che abbiamo delineato sopra , e per determinare il da farsi , è mestieri risalire anche una volta al concetto dello Stato , e ricordare quello che abbiamo già indicato di sopra . Imperocché noi abbiamo distinto due specie di attributi nello Stato : l ' uno che è la tutela dei diritti contro ogni offesa interna ed esterna , l ' altro che è la cura di promuovere taluni importanti interessi generali e di integrare certe funzioni , alle quali i singoli cittadini e le associazioni loro non possono sopperire . Ora l ' istruzione pubblica è certamente un interesse generale che lo Stato non può e non deve trascurare . Se nessuno gli contende la facoltà e il dovere di aprire vie di comunicazione , di migliorare porti , di curare il corso dei grandi fiumi , come si potrà dire che in una materia tanto rilevante egli possa rimanersi indifferente ? E non è anzi obbligo suo di porvi speciale sollecitudine ? Vero è che se i padri di famiglia , se gli istituti privati di ogni maniera , se le associazioni libere bastassero a provvedere alla debita istruzione di ogni cittadino , cesserebbe nello Stato la necessità di pigliarne cura diretta . Però egli è molto difficile che tali enti bastino a quel che la scienza moderna richiede , sì per la parte delle spese nei musei e nei laboratori , sì per la scelta dei professori più adatti . Che se bastassero , resterebbe pur sempre allo Stato una suprema vigilanza , e questa in nessun caso potrebbe deporla . Ma sinché la ipotesi non si verifichi , l ' azione dello Stato trova la sua giustificazione non solo nella gravità di un interesse veramente nazionale , ma altresì in ciò che egli protegge e difende un diritto , quello del figlio e del minore , quando il padre non possa , o non voglia adempiere al dovere di educarlo . E quanto poi alla vigilanza essa si rannoda pur sempre alla prima ed essenziale sua attribuzione , quella cioè di circoscrivere la sfera dei diritti e di tutelarli . Ora , poiché dall ' attuazione di questa ipotesi che si vuol fare , noi siamo ancora assai lontani , così è ragionevole e necessario che il governo prenda l ' ufficio dell ' istruzione , parte distribuendolo ai Comuni e alle Provincie , parte ritenendolo per sé stesso . Ma da ciò non segue che esso debba impedire ad altri di fare il simigliante sia individuo sia associazione , anzi ne segue il contrario . Quindi viene la concordia dell ' azione dello Stato col principio della libertà d ' insegnamento che noi propugniamo , quindi il rispetto delle prerogative della famiglia tanto vantate ; e invero non si può contraddire ai genitori lo zelo maggiore , e la maggior responsabilità nell ' allevamento dei figliuoli ; quindi infine discende che lo Stato può e deve avere istituti d ' istruzione di ogni maniera , ma che ogni privato o associazione può eziandio fondarne sotto le discipline comuni e sotto la perenne vigilanza del governo . Qui però insorgono coloro i quali paventano nello insegnamento la concorrenza , sopratutto delle associazioni ecclesiastiche , e dicono che lo Stato , i Comuni e le altre associazioni civili mal potrebbero sostenerla , sicché gli istituti loro rimarrebbero deserti , mentre invece sarebbero popolati quelli del clero . Ma come potremmo noi accogliere questa obbiezione ? Certo allo Stato non difettano i mezzi per fornire l ' istruzione : anzi , si potrebbe dire che raccogliendoli , mercè le tasse da tutti indistintamente i cittadini , qualunque sia la professione di fede religiosa , costringe il contribuente a cooperare ad un insegnamento che o ignora o può non convenirgli e non piacergli . Si potrebbe dubitare persino , se appunto per la efficacia dei suoi mezzi non sia in grado di rintuzzare e spegnere la concorrenza dei privati e delle associazioni , la quale non è fatta in parità di condizioni . Ma come sostenere giustamente la tesi contraria ? Se le scuole governative o comunali restano deserte , che cosa può inferirsi da ciò ? Niente altro che esse sono inferiori per maestri , per metodi , per disciplina , e che i vantaggi naturali dello insegnante governativo sono bilanciati e vinti da difetti speciali . Ma questa è prova d ' ignavia e di colpa , non argomento d ' impedire le libertà altrui . E se obbligando il fanciullo ad istruirsi , lo Stato tutela i suoi diritti , anche contro la indolenza o la malvagità del padre , non può usurpare però i diritti del padre quando vuole sinceramente il bene del suo nato . Comprendo che i privati possano querelarsi sino ad un certo punto della concorrenza dello Stato e delle associazioni ecclesiastiche che hanno in sé stesse alcune facilità ed attitudini speciali al còmpito dell ' insegnare , e un illustre statista del Belgio diceva , che si formano nella odierna Società due monopoli dell ' istruzione ; l ' uno , dello Stato , l ' altro , della Chiesa , triste condizione di cose quando al privato cittadino né l ' uno né l ' altro andasse a grado . Codesto io comprendo , ma siccome il monopolio risulta da condizioni naturali , così né può dirsi ingiusto , né può annullarsi del tutto , quand ' anche si cerchi con opportuni provvedimenti attenuarlo . Ma l ' andar più oltre sarebbe un contraddire manifestamente ai principii di libertà . V ' ha chi concedendo la libertà dell ' insegnamento nelle scuole primarie e mezzane la nega negli istituti superiori . Il che a prima vista sembrerebbe contradditorio , perché se pericolo vi ha , può temersi nel primo indirizzo della gioventù la quale , giunta ad una certa età e fornita di una certa coltura è in grado di spogliarsi dei pregiudizii , discernere da sé medesima la sincerità dall ' artifizio , rintracciare il retto sapere sopra ogni parvenza o lusinga . Ma contro di ciò si adopera il seguente argomento : per intendere il vero bisogna aver l ' animo aperto e disposto ad accoglierlo , e quindi rigettare ogni giudizio preconcetto . Ora la istruzione religiosa insinuando idee a priori sulle quali non ammette discussione , e volendo coi suoi dommi porre limiti e condizioni alla indagine , è contraria assolutamente al metodo scientifico e mira a costringere la verità entro un cerchio delineato innanzi , che è quanto dire a menomarla ed annullarla ; dunque alle associazioni religiose non si può permettere d ' insegnare la scienza . A questa proposizione molte cose si possono rispondere . La Chiesa , per cagion d ' esempio , sosterrà la tesi già da molti dotti uomini ecclesiastici propugnata cogli scritti e coll ' esempio , cioè che la verità religiosa e la verità scientifica non possono contraddirsi ; ma lasciamo ciò da parte . La sorgente dell ' errore sta in ciò che si attribuisce allo Stato non solo il diritto di vigilare che il padre di famiglia dia al suo figliuolo una istruzione e una educazione appropriata , non solo la facoltà d ' integrare quello insegnamento che la famiglia , il comune , le associazioni non basterebbero a fornire , non solo il titolo a fondare e mantenere col danaro pubblico istituti e università ricche di ogni suppellettile ; l ' errore sta in ciò che non si è paghi di riconoscere queste attribuzioni nello Stato ; ma gli si vuol dare l ' obbligo positivo di preferire l ' uno all ' altro metodo d ' insegnamento , di apparecchiare i cittadini a coltivar la scienza nel modo più perfetto , di rimuovere dall ' ufficio medesimo ogni altro che si creda a ciò meno adatto . Insomma sebbene lo Stato colle sue ricchezze , colla sua gerarchia , coi suoi mille congegni sia in grado di vincere anche nell ' insegnamento superiore , anzi quivi più che in ogni altra parte , ogni concorrenza , ciò non basta , ma si vuol frenare qualunque iniziativa privata minacci di uscire dal solco che lo Stato avrà tracciato per lo migliore . Ora questa a me sembra pretesa esorbitante , e credo che i rappresentanti della scienza dovrebbero contentarsi di avere la libertà piena , e gli aiuti del governo , confidando nell ' efficacia delle forze proprie per trionfare . Adunque secondo le nostre teoriche non si può negare , in tesi generale , all ' associazione religiosa di avere seminarii , convitti , licei e università . Ma i punti che rimangono a definire sono i seguenti : l . ° Quali condizioni può lo Stato imporre alle associazioni ecclesiastiche perché sia lecito ad esse di dedicarsi alla istruzione ? E sin dove si stende il suo diritto di vigilanza ? 2.° Lo Stato , dee esigere certe prove e guarentigie da chiunque imprenda a dare insegnamento ? 3.° A chi appartiene l ' ufficio di esaminare coloro che vogliono esercitare una professione pubblica ? 4.° Nel novero di queste professioni , dee porsi anche l ' esercizio del sacerdozio ? 5.° Lo Stato , dee insegnare una dottrina religiosa e stabilire facoltà teologiche nelle sue università ? 6.° Infine nelle scuole pubbliche inferiori e mediane dee essere prescritto l ' insegnamento religioso , e quale , e in che modo ? Lo Stato dee imporre alle scuole ecclesiastiche quelle medesime condizioni che impone alle altre . Condizioni igieniche in quanto alla salubrità e nettezza dei luoghi , condizioni morali in quanto all ' indole e al carattere dei maestri , alla natura degli studî , alla disciplina ; condizioni scientifiche in quanto al doversi compiere gli studî in certo ragionevole tempo e con certe forme ; dove è da notare che lo Stato , con tali prescrizioni , non s ' ingerisce mica nella natura dell ' insegnamento , ma vuol prevenire l ' inganno che potrebbe farsi ai padri di famiglia inducendo nell ' animo loro la facile e desiderata speranza che si erudissero i loro figliuoli improvvisamente e senza fatica alcuna , e occasionando per tal guisa una declinazione generale degli studî ; condizioni politiche infine in quanto non si permetta il disprezzo delle leggi , e s ' ingeneri l ' avversione alle patrie istituzioni . E la sua vigilanza dee esser tanta e tale quanto occorre perché le dette condizioni siano rigorosamente osservate . Né queste varie maniere di vigilanza debbono parer troppe , se si considera che non sono prescrizioni positive , ma negative , cioè a dire che sono limiti posti alla libertà indefinita dell ' insegnamento . In un suo recente libro il Bertini propone che anche nei licei e nelle classi superiori del ginnasio vi sia una specie di pubblicità , cosicché vi potessero avere adito coloro che dall ' autorità scolastica locale ne avessero il permesso , e crede che , se questo intervento delle persone che s ' interessano alla educazione di singoli allievi e della gioventù in generale , potesse entrare nelle nostre abitudini , ne verrebbe un gran bene per la cultura generale del paese *.Io avrei qualche dubbio sulla efficacia pratica di questo metodo , e non vorrei che potesse tornare a pompa di vanità nei maestri , e a distrazione nei discepoli . Ma questi dubbi vogliono essere risoluti dagli uomini che fanno speciale professione di studi sulla materia pedagogica . Quanto al principio in sé , io non avrei difficoltà alcuna ad ammetterlo . Imperocché " ogni diritto , e sopratutto quello dell ' istruire e dell ' educare che ha carattere sociale e pubblico , vuol essere esercitato con elevata coscienza dell ' ufficio che si adempie nell ' adoperarlo , e alla luce del giorno , sicché tutta la cittadinanza possa esser persuasa dell ' utilità che vi sia nel non toglierne a chi l ' ha o limitarne l ' uso * . Fra le guarentigie che lo Stato esige , accordando la libertà dell ' insegnamento , v ' ha quella che i maestri siano forniti di attestati di moralità , e dimostrino di avere compito con profitto certi studi , e di avere idoneità al loro ufficio . Ora si è preteso da taluno che i ministri del culto debbano esserne dispensati , essendo le funzioni loro guarentigia bastevole delle qualità morali e della cultura scientifica che si richiedono . Si è preteso da altri che nell ' insegnamento superiore non occorra alcuna prova d ' idoneità , sicché ciascheduno possa essere chiamato in una università libera . Ma siffatte prerogative nella nostra sentenza , non sono da ammettersi , riconoscendo noi fra le cautele che appartengono allo Stato anche queste come legittime . Ed inoltre avendo posto come canone la eguaglianza degli ecclesiastici agli altri cittadini , anche i primi come i secondi debbono sottomettersi al diritto comune . Ma gli allievi delle scuole libere , se vogliono esercitare una professione , debbono essi dare un esame come quelli che frequentano le università e le scuole dello Stato , e a chi spetta la facoltà di fare questo esame ? Che nelle condizioni presenti lo Stato richiegga una prova di determinati studi prima di abilitare alcuno all ' esercizio di una pubblica professione , è una tesi che anche gli economisti i più rigidi non si rifiutano di ammettere . Laddove cominciano i dispareri è nella qualità di questa prova e negli esami . Ora qui c ' è una parte tutta tecnica sulla quale io non m ' arrischio di pronunziare . Ben dirò che non mi sembra punto contrario alla tesi fin qui sostenuta che lo Stato assuma l ' ufficio di dare gli esami , e lo assuma esso solo . Che se ragioni pedagogiche dimostrassero la efficacia di commissioni di esame miste , cioè composte di persone provenienti da diversi istituti , io non avrei nulla da opporvi in quanto queste commissioni operassero per delegazione dello Stato . Ma se invece si reputassero più acconci a tale funzione gli insegnanti ufficiali , io dico che non v ' è necessità intrinseca di una guarentigia contro lo Stato . Imperocché nell ' ordine delle idee che abbiamo espresso , non è giusto né si conviene mettere lo Stato in suspicione quando il suo solo fine e il suo solo interesse è quello di elevare ognor più il grado degli esami e la cultura pubblica , e ad esso più che ad ogni altro si appartiene la imparzialità . Abbiamo detto che lo Stato non permette l ' esercizio di alcune professioni pubbliche se non se con date cautele e riguardi : esso vuole assicurare ai cittadini che colui che le esercita , abbia percorso certi studi e fatte certe prove . Ora si chiede se simiglianti cautele possano esigersi anche da quei cittadini che vogliono assumere nelle associazioni religiose riconosciute , l ' ufficio di ministri del culto e di pastori di anime . E rispondo di sì , perché anche quella è una professione pubblica e di grande importanza . Né qui è il caso di applicare in tutta la sua ampiezza il principio economico della libera concorrenza , per la quale sarebbe lecito a chiunque praticare qualsiasi arte , lasciando poi ai privati uomini di far intero giudizio sulla scelta della persona che può soccorrere ai loro bisogni ; e per usar la frase economica lasciando che i consumatori vadano in cerca di quei produttori che più loro talentano . Ma questa teorica troppo assoluta trova il suo freno in considerazioni di fatto , perché nel privato cittadino mancano le conoscenze per ben giudicare , mentre dall ' altra banda vi ha in quelle professioni facilità di abuso , e pericolo spesso irrimediabile per la famiglia e per la città . E può eziandio giustificarsi teoricamente col mostrare che qui la concorrenza vera sarebbe falsata dall ' impostura che ne piglierebbe il sembiante . Per la qual cosa come non saprei accogliere nelle condizioni presenti della società , il pensiero di far getto di tutte le cautele di tal genere , per quanto possono parere a taluni o soverchie o insufficienti , così io non veggo ragione per la quale tali o simiglianti cautele non potrebbero estendersi eziandio all ' esercizio del sacerdozio , che nella nostra ipotesi è una professione , per quanto nobile , non però disforme dalle altre . Adunque fra le ultime leggi prussiane , che pur sono informate al concetto giurisdizionale , questa però mi par d ' indole più generale e da accettarsi anche altrove , nella parte , dico , che riguarda l ' obbligazione degli studi per esercitare un ufficio ecclesiastico * . Ben è chiaro che , secondo il nostro disegno , non è della materia teologica che lo Stato debba inframettersi ; ma non vi sarebbe contradizione alcuna col principio da noi sostenuto se a coloro che si dedicano alla carriera ecclesiastica fossero prescritti certi studi ed esami di generale coltura : i quali sono tanto più giustificati quanto è più libera la formazione delle associazioni religiose , e vengono meno le guarentigie che gli antichi ordinamenti fornivano . E si avverta che ne scenderebbe per naturale conseguenza che , senza ulteriore difficoltà , in quelle materie gli ecclesiastici potessero eziandio riguardarsi come aventi il diritto ad esercitare gli uffici dell ' insegnamento . Passiamo a sciogliere gli ultimi due quesiti . Lo Stato dee insegnar religione , aprire seminari , istituire facoltà teologiche ? Secondo il nostro concetto la risposta a questo quesito è negativa , dappoiché per l ' una parte noi abbiamo sostenuto che esso non è competente in materia religiosa , e per l ' altra gli argomenti , che valgono a fornire col tributo comune l ' istruzione pubblica , non possono giungere sino al punto di fornire un insegnamento tutto speciale , che ciascun cittadino può attingere a quella fonte che più crede a sé propizia , mentre a nessuno è lecito imporgli una dottrina anziché un ' altra . Né diversamente la pensava il Conte di Cavour quando , nella tornata del 14 marzo 1851 , diceva che il Governo dovrebbe rimanere estraneo allo insegnamento della teologia , e rinunciare eziandio alla diretta ed immediata direzione dei seminari che in quel tempo aveva . Se non che , quando nel 1872 si trattò nel Parlamento italiano dell ' abolizione delle facoltà teologiche , sorsero alcune voci autorevoli a sostenerle anche sotto l ' aspetto meramente scientifico . E dicevano in sostanza che la università degli studi non può passarsi della contemplazione delle cose divine , vuoi speculativamente , vuoi storicamente , atteso lo influsso grandissimo che la religione ha nella scienza e nella vita non pur dell ' individuo ma delle nazioni . Però chi ben guarda vedrà che tutta l ' argomentazione si fondava sopra un concetto indistinto e confuso . Imperocché , chi potrebbe negare che in una università completa s ' insegnino eziandio le materie teologiche e la storia ecclesiastica , e la esegesi , e la critica dei libri sacri ? Anzi il trascurare questa materia sarebbe menomare l ' ampiezza dello scibile e tornerebbe a declinazione degli studi . Ciò che si nega è la facoltà teologica come espressione di un sistema determinato di credenze , coordinato ai dettati di un magistero ecclesiastico riconosciuto ed approvato dallo Stato . Imperocché ciascheduna Chiesa ha mestieri di una teologia accomodata ai suoi dogmi e alle sue discipline . Ma se lo Stato non ne riconosce alcuna con preferenza , non può farsi altrui maestro dell ' una più che dell ' altra . Né vale tampoco il dire che lo Stato non si fa mallevadore né vindice delle dottrine mediche , o legali , o fisiche , o filologiche , e pur ne porge l ' insegnamento ; imperocché codesta obbiezione al contrario ribadisce il nostro assunto . Non si nega che lo Stato fondi cattedre di teologia speculativa o storica , purché non siano necessariamente collegate e dipendenti da una Chiesa determinata . Ora è ciò appunto quello che sin qui fu inteso per facoltà teologica , e il volerla conservare in tali termini , importerebbe un insegnamento ufficiale dello Stato in questa materia , e trarrebbe per conseguenza pari insegnamento in tutti gli altri rami della scienza . Sicché a me pare che bene il Messedaglia concludesse così : " Non bisogna confondere insegnamento teologico con facoltà teologica . L ' insegnamento teologico può essere un insegnamento come qualunque altro , quando siagli mantenuta la sua piena indipendenza scientifica , e lo si consideri al modo degli altri insegnamenti di una facoltà puramente filosofica . Ma una facoltà teologica invece è qualche cosa di più ; è un insegnamento speciale di materia positiva che deve avere un carattere suo proprio , essenzialmente dommatico , nel senso di una o di un ' altra denominazione , denominational , come si dice in Inghilterra . Facoltà propriamente teologiche in questo senso non ne possono qui esistere . I relativi insegnamenti rientrerebbero senz ' altro nella facoltà filosofica *." Rimane solo a dire di un punto , ma forse il più arduo e scabroso degli altri . Nelle scuole pubbliche elementari e mediane , sopratutto nelle inferiori alle quali la moltitudine dei fanciulli accede , si dee o no insegnar religione ? E pare veramente che il difetto di ogni ammaestramento religioso sia capitale , e quasi renda nulla ogni efficacia degli altri primi rudimenti ; cosicché in un paese dove non è pluralità di credenze , i padri di famiglia si disvogliano dal mandare i figliuoli loro ad una scuola così arida , e destituita di ciò che più agevolmente può insinuarsi in quelle tenere menti , e deporvi i germi dell ' onesto vivere e dei più nobili sentimenti dell ' animo . Laddove molte sono le sette religiose , il padre può comprendere questa disposizione riguardo al figlio , ma lo può difficilmente dove c ' è una sola fede . Eppure , se vogliamo essere coerenti al principio da noi stabilito , se il Governo è davvero incompetente in materia religiosa , così com ' esso non fornisce lo insegnamento teologico , non dee neppure imporre il catechismo * . E quando io parlo di Governo intendo similmente di Provincia e Comune , che in ciò ponno considerarsi come piccoli stati . Qui ci soccorre l ' esempio dell ' America dove invero il sentimento religioso è così diffuso come profondo , e nondimeno nelle scuole elementari , che non sono tenute da associazioni ecclesiastiche , non s ' insegna religione . Però vi si hanno alcune cure le quali meritano ogni considerazione . Primo , che nei libri scolastici non vi sia cosa che possa indurre alla miscredenza o al dispregio della religione , e a tal fine i testi elementari sono , anche d ' accordo coi ministri dei vari culti riveduti ed espurgati . In secondo luogo , nell ' orario giornaliero delle lezioni si lascia sempre un ' adeguato tempo libero a chi vuole erudirsi nella religione . Anzi , nelle scuole stesse debbono essere apparecchiate sale all ' uso dell ' insegnamento religioso , e si forniscono di tutti gli utensili necessari , a comodo di quei preti e maestri che , scelti dalle famiglie , o aventi giurisdizione ecclesiastica nel luogo , siano deputati ad insegnar religione . E dai padri di famiglia si dichiara se vogliono che il figliuolo vi assista , ed in quale delle comunioni debba classificarsi * . Insomma , nelle scuole così dette libere che corrispondono alle nostre comunali o private , l ' insegnamento della religione non è obbligato , ma in due modi lo Stato lo favorisce : negativamente , non insegnando mai cosa che ad esso sia contraria , positivamente agevolando tutti i mezzi affinché nella scuola stessa possa il fanciullo apprendere la dottrina religiosa , se così vuole il padre di famiglia . Dove mi piace di notare la importanza massima di quella parte che ho chiamato negativa , e che consiste nel rispetto imposto ai maestri di qualsivoglia disciplina , verso la religione in generale , e in ispecie verso tutte le confessioni . Il che val meglio di uno insegnamento dommatico , ma svogliato , materiale , titubante che non parla all ' intelletto né al cuore , come quello che si dà in alcune scuole di qua dall ' Atlantico . Perché se il fanciullo , colla sua mente arguta , giunge ad indovinare che il maestro non dà vero e grande valore a ciò che gli spiega , ciò basta ad estinguere nell ' animo suo i germi del sentimento religioso , e può determinare la sua condotta avvenire in senso opposto a quello che coll ' istruzione religiosa s ' intende di conseguire . Adunque se nelle scuole pubbliche dell ' America per instituto non s ' insegna religione , ciò è non per ostilità o dispregio verso di essa , ma per ossequio ai sentimenti della famiglia , e per rispetto alla massima libertà individuale . La quale osservazione mi parve da non trascurare perché sia tolto ogni dubbio che la separazione giuridica della Chiesa dallo Stato significhi nimicizia e guerra fra loro . Che anzi , se v ' ha cosa che mi sembri evidente , ella è questa , che la separazione giuridica nelle condizioni presenti dell ' Europa , e in ispecie dell ' Italia , sia il solo mezzo di ravvivare il sentimento religioso , di ricreare nell ' avvenire la concordia degli animi , e di promuovere quella unità d ' intendimenti e di fini che meglio vale a felicitare e migliorare l ' umano consorzio . Più agevole mi riescirà il dire della beneficenza . Che gli uomini che hanno consacrato la loro vita al servizio di Dio si reputino anche più atti e più disposti dell ' universale alle Opere pie , apparisce assai naturale . Il sentimento d ' annegazione dovrebbe informare tutto l ' animo loro , e della religione fan parte nobilissima le cure date ai dolori e alle sventure del prossimo . Ma che codesto sia un titolo per fare della beneficenza un monopolio , e uno strumento di dominazione , ella è cosa che per nessuna guisa può concedersi . La carità non è un privilegio di pochi ma una dote di tutti gli uomini di cuor generoso e rampolla spontaneamente dagli animi loro ben fatti . E anche laddove la pietà degli avi ha lasciato sostanze destinate a sollievo dell ' umanità , non v ' è ragione alcuna perché l ' amministrazione di esse debba darsi piuttosto agli ecclesiastici che ai laici ; che se ciò fosse preordinato dalle tavole di fondazione , parmi questo uno dei casi nei quali il governo , colle debite cautele e riguardi , possa con utile riforma introdurvi il laicato . Pertanto , dirimpetto allo Stato , la Chiesa e i suoi ministri non hanno , nel governo della pubblica beneficenza , altro titolo che quello di ogni cittadino , il che concorda altresì colle tendenze del nostro tempo di sostituire alla elemosina il mutuo soccorso , e di far sì che il povero trovi nel risparmio del tenue suo obolo , una guarentigia di ristoro nei casi di sventura , di malattia e di vecchiezza . Or dunque , riassumendo le cose dette , la separazione della Chiesa dallo Stato implica queste condizioni : Che l ' associazione religiosa abbia suo peculiare essere , e sua organizzazione riconosciuta dallo Stato , entro tali limiti però che non possa offendere i diritti dei cittadini , delle altre associazioni , dello Stato stesso , della civile società ; Che rispetto alle funzioni sociali sinora esercitate dagli ecclesiastici o delle quali pretendono il monopolio , essi rientrino nel diritto comune , e siano pareggiati agli altri cittadini ; Che cessi ogni ingerenza ecclesiastica in tutto ciò che è atto civile , e cessi ogni ingerenza governativa in tutto ciò che è atto meramente religioso . Abbiamo cercato dimostrare questi punti , divisare le fattezze principali dell ' organizzazione che dovrebbero prendere le aggregazioni religiose , e disegnare le prime linee della legislazione che vi corrisponde . Che se il nostro discorso , tenendo alcun che di generale , è applicabile a tutta l ' Europa , pure è più particolarmente rivolto all ' Italia . Se non che una serie di obbiezioni s ' accampano contro la giustizia , la possibilità , la convenienza di attuare questo disegno . E posto ancora che lo si accolga come un ideale a cui gradatamente accostarci , si chiede per quali vie , con quali mezzi ciò possa farsi , e quali temperamenti occorrano nel periodo transitorio . Noi ci proveremo a risolvere queste varie questioni nel capitolo seguente . CAPITOLO QUARTO Sento affoltarsi le difficoltà contro il concetto così delineato , e contro i modi di attuarlo , e mi par necessario pigliarle ad una ad una , e tenterò di rispondervi . La prima e massima è pur quella intorno alla quale mi sono travagliato nel Capitolo secondo , e che da capo sempre ritorna , cioè , ch ' egli è impossibile il separare la Chiesa dallo Stato , perch ' è impossibile separare il credente dal cittadino e quasi divider l ' uomo in due brandelli . Al fine dello Stato è di supremo momento la buona educazione morale dei popoli : anzi vale più che le armi e i tribunali e le carceri , perocché assicura le persone e le proprietà , col mezzo più nobile e più sereno , cioè , coll ' ossequio alla verità . Indi segue che lo Stato non può lasciare alla balìa e all ' arbitrio dei privati questo punto capitale della umana conversazione . Se si vuol che regni la giustizia quanto è possibile in terra , bisogna coordinare tutte le forze a tal intendimento , e prima tra esse la religione . Questo per parte dello Stato . Quanto poi alla religione , se la vita eterna è il supremo fine dell ' uomo , se gli altri fini terreni debbono aver ragione di mezzi , o almeno non esser ostacoli al conseguimento di esso , chi non vede che tutti gli argomenti umani dei quali il Governo è uno dei più efficaci , debbono cospirare insieme a favorirla ? Così , o sotto l ' aspetto religioso , o sotto l ' aspetto sociale , si propugna l ' unità del pensiero e dell ' azione fra lo Stato e la Chiesa . Altri poi , i quali non giungono tant ' oltre da dichiarare la impossibilità della separazione loro , nondimeno reputano che al maggior bene dell ' individuo e della società , l ' accordo fra Stato e Chiesa sia di grandissimo rilievo , e pur riconoscendo la distinzione dei fini e dei mezzi , scorgono tanta attinenza fra quelli dell ' uno e quelli dell ' altra da conchiuderne che sia utilissima ed opportunissima la loro unione , e dannosa oltremodo la separazion loro , la quale implica altresì un abbassamento nella dignità di queste due grandi istituzioni . In tale ordine di idee sono gli Stati protestanti principalmente , laddove vi ha una Chiesa , come dicono , stabilita o ufficiale , le cui dignità s ' intrecciano colle dignità secolari , e i cui capi talora partecipano alla legislazione dello Stato . Io diceva sopra che a questo risponde tutto il Capitolo secondo ; nondimeno farò di raccoglierne sommariamente gli argomenti . E prima di tutto la unità assoluta dello Stato e della Chiesa , potè per avventura essere un bene nei primi periodi della società , ma in processo di tempo è chiarita dalle istorie esiziale . L ' unione della spada e del pastorale soffoca ed annienta qualsiasi libertà , e ben si può dire che uno dei grandi principii introdotti nel mondo dal Cristianesimo , e del quale più si è vantaggiata la civiltà , egli è appunto quello di aver distinto il regime spirituale dal temporale , e dato Caesari quae sunt Caesaris et Deo quae sunt Dei . E la forza di questa distinzione è tanta , che dopo la introduzione del Cristianesimo , mai non si potè , né mai si volle almeno teoricamente , riconfondere le due cose . Il sistema teocratico del medio evo riguardava sì l ' impero come sottoposto alla Chiesa , presidio e braccio secolare di essa ; ma gli riconosceva balìa di governare liberamente in tutto che alla Chiesa non avesse alcuna attinenza . Il sistema giurisdizionale , e quello dei protestanti , sebbene faccia della religione una istituzione dello Stato , e il Principe capo supremo di essa , pur nondimeno si precinge di cautele , e vuol che sia ben chiaro come la supremazia del Principe laico non riguarda che la esteriorità della Chiesa ; quanto alla interiorità veramente religiosa , si sforza di lasciare piena indipendenza alla gerarchia ecclesiastica e alle sue assemblee . Il Pontefice stesso sostenendo la necessità del suo potere temporale in Roma , oltrecché poneva la tesi di uno Stato piccolo di estensione , e paterno di autorità , era inoltre costretto a trarne la giustificazione da ciò appunto che negli altri Stati la Chiesa si sentiva vincolata dalle prescrizioni regie , ond ' era necessario un punto , nel quale le deliberazioni del Pontefice non trovassero ostacolo di sorta . Ma quando dalla teorica si passa all ' attuazione , qui ancora la storia ci dimostra le difficoltà insuperabili della impresa . Nota il Montesquieu * a ragione , che la più avvelenata fonte di sventura appo i Greci del Basso Impero , fu questa che mai non conobbero i limiti della potestà ecclesiastica e della civile , sicché da ambe le parti vi fu una sequela d ' invadimenti e di traviamenti . Nell ' Europa occidentale invece ferveva il conflitto fra le due potestà , e se talora parve posare fu perché l ' una tenne l ' altra sotto gravi pesi . Né i concordati ebbero esito migliore : erano soste temporanee delle quali l ' una e l ' altra parte era scontenta , e aspettava solo occasione propizia alla riscossa . La ragione è , che quando la società è pervenuta ad un certo grado di civiltà , ciascuno degli elementi connaturati all ' uomo tende a svolgersi in modo autonomo ed indipendente . Vi ha poi nella religione qualche cosa di così personale , intimo , e profondo che si ribella ad ogni costringimento esterno , e quando vi cede , egli è che lo spirito vivificatore si è dileguato , e ne resta solo la parte , per così dire , meccanica e di abitudine * . Però quando i giurisdizionalisti e gli uomini di Stato del passato secolo stimavano agevol opera riunire la Chiesa e lo Stato sotto l ' indirizzo e la disciplina di quest ' ultimo , non iscorgevano che la religione da essi raffigurata come esemplare , non era più che la forma apparente di essa , ma la sostanza ne svaniva . Io torno a ripetere che qui si tratta di unione giuridica , e non di accordo morale e spontaneo , il quale è sempre desiderabile fra tutti gli elementi della società , anzi , fornisce impulso a verace progresso . Si tratta di una organizzazione per la quale dall ' una parte lo Stato protegga la Chiesa , e dall ' altra la Chiesa tenga gli animi ben edificati all ' ubbidienza verso lo Stato . Ora , se tale organizzazione fosse stata anche possibile nelle età trascorse , se avesse perciò la sua giustificazione storica , io dico che la condizion degli spiriti in tutta Europa , e specialmente nei paesi cattolici non si presta più a questa colleganza giuridica qual che ne sia la forma . Allora solo la colleganza giuridica si concepisce possibile , e può , sino ad un certo punto , riuscire efficace quando vi sia comunione di credenza , e , se non intera , almeno tale da permettere che il Governo si professi apertamente e risolutamente cattolico , indirizzi la sua azione a mantenere la religione , a proteggerne il culto , a preservarne la purezza , e mostri nelle sue leggi che mai non fa astrazione dal domma . Non intendo con ciò che tale Stato sia intollerante o perseguiti i dissidenti e gli increduli : ma non li favorisca , né li incoraggi , né ponga in cima degli onori la filosofia libera , e quella scienza che si propone di scalzare la base di ogni credenza . Che anzi bisogna per l ' una parte che l ' insegnamento del laicato sia religioso , per l ' altra che nell ' insegnamento del clero lo Stato abbia una ingerenza , e che entrambe queste scuole cospirino allo stesso fine . Ora è possibile sì fatto ordine di cose in Europa , sopratutto nei paesi cattolici ? È possibile in Italia nella situazione del tempo ? A me pare che no , e quindi mi è d ' avviso che al momento storico presente ( per usare questa frase moderna ) null ' altro risponda che la separazione della Chiesa dallo Stato . Tutte le obbiezioni teoriche fanno capo a questa che abbiam tratteggiato sopra , nondimeno gioverà esaminarle più dappresso . Giuseppe Piola scrisse un libro pieno di sagaci e nobili pensieri e di sottili argomentazioni , nel quale , divisando ciò che egli intende per libertà della Chiesa , combatte le opinioni che abbiamo esposte di sopra , e più particolarmente la polizia ecclesiastica del Governo italiano in questi ultimi anni * . Il Piola prende le mosse dal distinguere le società di diritto privato , e le società di diritto pubblico o meglio ancora istituzioni . Giudica che queste sono indirizzate ad un fine connaturato all ' uomo , e perciò sono necessarie non volontarie ; e fra esse pone la Chiesa , alla quale , per conseguenza , sarebbe assurdo applicare quello che chiamasi diritto comune , mentre non può appartenerle che un diritto suo proprio e che dalla sua indole e dal suo fine scaturisca , come avviene del Comune , della Provincia , delle Opere Pie , ecc .. Quindi necessità di accordi fra Chiesa e Stato , quindi altresì giurisdizione dello Stato rispetto alla Chiesa . Questo concetto è il fondamento d ' ogni sua argomentazione . Allo Stato dee star a cuore che il sentimento religioso si svolga , e perciò che la istituzione sociale che vi provvede , sia bene ordinata e prospera ; e non una Chiesa in genere , ma una Chiesa peculiare , e se vuolsi anche parecchie confessioni della Chiesa medesima , ma determinate , precise , con certe credenze dommatiche , e certi dettami morali comuni . Che questo sia il concetto , come dissi , fondamentale del Piola , ci pare evidente da tutto il contesto , sebbene pur senta egli stesso qua e colà che allo Stato moderno non è possibile professare questa fede religiosa . Ed invero l ' autore vuole che lo Stato provveda che nelle scuole primarie l ' insegnamento religioso formi , per dir così , il condimento di tutta l ' istruzione * . Nelle scuole secondarie poi , dove si può parlare di più alla intelligenza , i principii religiosi debbono dar luogo ad un insegnamento speciale . Il quale sarebbe nella sua essenza insegnamento di morale dedotta dalla credenza religiosa . " Non si tratta , dic ' egli , di una morale , sociale o civile , o indipendente come suol dirsi , che significa in sostanza la morale delle convenienze sociali , e dell ' interesse temporale ben inteso . No , non è questa la morale del sacrifizio , dello subordinazione volontaria dell ' uomo ad un fine superiore a lui , non è questo che lo rende capace di azioni grandi , non è di cittadini educati a questo modo che lo Stato può esser contento . Rendere indipendente la morale dalla credenza religiosa , in quanto a noi , non lo comprendiamo più di quello che rendere indipendente un edifizio dai suoi fondamenti * . " Ma la conseguenza di questo giudizio dovrebbe essere l ' unità di religione , come una è la morale che allo Stato preme diffondere e mantenere fra i cittadini . Se il domma è il fondamento sul quale sorge l ' edifizio della morale , per seguire la stessa metafora , non è sopra fondamenti diversi gittati senza connessione fra loro , anzi in contrasto e mal solidi , che un edificio può sorgere . Ma è egli possibile oggi pretendere che lo Stato prescriva una determinata credenza , un domma religioso positivo , e non permetta altro insegnamento ? Certo no , e ben lo sente il Piola , ma invano tenta di svincolarsi dalla conseguenza delle sue premesse . " Questo insegnamento , dic ' egli , nelle scuole primarie e secondarie , potrebbe esser dato tanto da un laico quanto da un prete , o da un ministro protestante o da un rabbino , purché sia uomo che professi coscienziosamente la sua religione . Chiudiamo la cattedra delle scuole primarie e secondarie all ' ateo , al materialista , allo scettico , ed anche al semplice deista . Lungi dal sacerdozio dell ' insegnamento chi ha castrato l ' animo suo della idea e del sentimento religioso . A siffatti eunuchi noi non dobbiamo affidare l ' educazione morale e intellettuale dei nostri figli *." . Questo discorso può avere in sé molte parti di vero , ma perché sia efficace , è necessario che chi lo fa , creda nella verità del domma del quale richiede l ' insegnamento come indispensabile principio della morale . Deve lo Stato , può lo Stato in questo momento fare un cotal atto di fede ? Chi può farlo soltanto egli è il padre di famiglia , nella cui bocca il discorso riesce pienamente giustificato , avvegnaché noi lo ritenghiamo pronunziato con verità e con lealtà . A me pare che già il Piola disvii , e per così dire deroghi dal concetto genuino , quando pemette che lo Stato , nel curare lo svolgersi delle credenze religiose nelle anime dei cittadini , oscilli quasi indifferente fra il cattolicismo e il protestantismo , e accetti pur anche la dottrina israelitica . Codesta transazione lo pone sovente in una condizione difficile , nella quale mal potrà rimanere a lungo . L ' esempio che io ho dato sopra del giuramento prescritto in taluno degli Stati Uniti d ' America per ottenere impieghi pubblici , e che si è grado a grado trasformato , calza a questo proposito . Bisognava prima giurare di appartenere alla Chiesa evangelica , poi bastò giurare di esser cristiano , poi di credere in Dio e nella immortalità dell ' anima , e infine dovette abolirsi ogni specie di giuramento religioso . Questa è la vicenda inevitabile delle cose allo stato odierno . Un insegnamento morale fondato sul cattolicismo è cosa chiara e precisa . Un insegnamento morale impartito secondo il cristianesimo , lascia già qualche incertezza , ma pur tuttavia ha un punto fermo : la divinità della dottrina insegnata da Gesù Cristo . Ma quando abbandonando il nuovo Testamento ci contentiamo del vecchio , già la morale stessa si diversifica . Il passo è fatto , lo insegnamento a poco a poco abbandona il campo concreto e sollevasi ad una generalità più astratta , e finirà col trasformarsi in una morale puramente umana , quella che appunto il Piola non vuole . Ma il padre di famiglia , avendo una idea positiva della religione nella quale intende che il figlio suo sia allevato , esige perciò che quella e non altra sia istillata nell ' animo suo . Esso non può contentarsi di un insegnamento morale dedotto dalle credenze religiose che sono comuni all ' israelita e al cristiano , al protestante e al cattolico : e ripeterà con più persuasione , e diciamolo pure con più ragione , che non è là che il figliuol suo potrà attingere la virtù dell ' annegazione , della rassegnazione , della speranza . Adunque , che può far lo Stato che più non professa la fede ad una religione rivelata ? Null ' altro che astenersi . La spontaneità e la libertà suppliranno qui al bisogno religioso , al quale lo Stato è divenuto disadatto , una volta che egli , nella sua condotta politica e legislativa , si è emancipato da ogni determinata forma religiosa . Ho preso ad esaminare questo punto perché mi è sembrato che ben mostri dove giace la differenza , per così dire , originaria delle nostre opinioni , ed invero è alla stregua dell ' insegnamento che si può saggiare , più che ad ogni altra la tendenza dello Stato , e giustificarne la ingerenza . Ma affrettandomi a ciò , ho tralasciato di notare che la sua comparazione della Chiesa col Comune e colla Provincia non può accogliersi , né si possono dedurne conclusioni legittime . Invero il Comune e la Provincia hanno tali attribuzioni che molto si accostano a quelle dello Stato : si potrebbe dire anzi che sono lo Stato medesimo in piccolo , cioè circoscritto nella estensione , negli uffici , nei mezzi , ma avente sempre la sua caratteristica di comandare e di vietare , sotto la sanzione di una pena , e di obbligare i cittadini coattivamente a fare un dato atto , a pagare una data imposta , a prestare un dato servizio , ad astenersi dall ' una o dall ' altra opera che si crede nociva o disaggradevole agli altri cittadini . Nota il Piola che vi sono delle istituzioni le quali non hanno uno scopo unico , ma hanno scopi diversi , e però sono determinate dal soggetto e non dall ' oggetto . Esse hanno poi questo di peculiare , che quando manca una istituzione ordinata a dato scopo , possono sino ad un certo punto sostituirvisi , e supplirla * . Di tal genere sono , secondo l ' autore , il Comune e la Provincia : ma di altro genere è la Chiesa la quale è determinata dal suo scopo speciale . Al Comune e alla Provincia non si rinunzia altrimenti che spiantando sé medesimi dal suo territorio , laddove la Chiesa ha , per dir così , un territorio meramente morale , e morale è il suo comando e il suo divieto , e la pena non è altro che l ' ammonizione o la penitenza , o la segregazione dal corpo dei fedeli . Qui sta una differenza vera di opinione , perché se lo Stato considera la religione positiva come una istituzione sociale necessaria ai suoi propri fini , non può essere indifferente al mantenimento di essa , uopo è che la protegga , e quindi l ' esercitare un culto e il fungere certe opere di pietà , avrà carattere giuridico o meritorio dirimpetto ad esso , e , coloro che non professano quella religione positiva , se non avranno una pena , la quale più non si confà alle opinioni del tempo , dovranno riguardarsi almeno come cattivi cittadini , e tenersi al possibile lontani dal governo della cosa pubblica . Un altro punto , a mio avviso , segna la diversità della opinione del Piola dalla nostra , ed è quella che riguarda la giurisdizione * . Il Piola si meraviglia e trova strano che la giurisdizione intorno agli effetti giuridici di un decreto ecclesiastico o di un atto canonico , debba passare dalla potestà amministrativa alla giudiziaria . Se il Tribunale , dic ' egli , prima di determinare il diritto nascente da quel decreto o da quell ' atto , deve fare un giudizio sulla validità dell ' atto stesso , se sia o no conforme alle leggi dello Stato , all ' ordine pubblico , ai diritti privati , ciò non è altro che investire il Tribunale del diritto di exequatur e di placet che prima spettava allo Stato . A chi ben guardi , la questione si presenta nelle medesime forme che in molte altre parti delle odierne costituzioni . Il sistema delle monarchie assolute , o delle repubbliche aristocratiche , dava al Governo la facoltà di regolare anticipatamente molti atti del cittadino : che anzi si proponeva di evitare i mali sociali con mezzi di prevenzione ; il sistema liberale , di regola , non impedisce al cittadino la libertà di fare e per conseguenza anche di fare il male , la sua azione comincia solo quando il male si manifesta , e codesta azione dello Stato si limita a reprimere o punire le violazioni delle leggi . Così per venire al caso presente , lo Stato anticamente pigliava cognizione di ogni atto della Chiesa , sia intervenendo nei suoi sinodi e concilii , sia riservandosi l ' approvazione degli atti medesimi , prima che fossero pubblicati . Esso col suo visto , o col nulla - osta , veniva a riconoscere la validità , la efficacia civile di quell ' atto , e quindi gli prestava braccio e forza per la esecuzione ; mentre d ' altra banda , se gli ecclesiastici si ribellassero in qualche parte alle sue decisioni , rendeva nulli gli atti loro , e li sentenziava d ' abuso . Era il sistema preventivo applicato in tutta la sua ampiezza . Oggi invece lo Stato , secondo l ' opinione nostra , lascia alla Chiesa di deliberare i suoi statuti , di fare le sue decisioni secondo certe forme e regole generali che la legge avrà determinato , e oltre a ciò vi pone per condizione che non contraddicano alle leggi , né ai diritti dei privati . L ' azione dello Stato comincia solo quando da quegli statuti , da quella decisione si vuol far scaturire un diritto civile rispetto a persona o proprietà , diritto civile che abbia la sua effettuazione materiale o la sua sanzione . Or bene , lo Stato aspetta quell ' ora e lascia che il Tribunale non solo giudichi la questione di diritto che rampolla dall ' atto canonico , ma eziandio e preliminarmente se l ' autorità che lo ha emanato era legittima , e se nel suo atto si trovi cosa alcuna contraria alle leggi comuni . Non v ' è in ciò nulla di diverso da altri casi , non v ' è nulla intorno a che il Tribunale sia o apparisca incompetente . Il Piola esamina in un luogo il titolo del Codice di Procedura civile * dove si parla di dare esecuzione alle sentenze pronunziate da Autorità straniere per mezzo di un esame preliminare o come dicono di un giudizio di delibazione sulla competenza dell ' autorità e sulla regolarità degli atti ; se la sentenza contenga disposizioni contrarie all ' ordine pubblico , o al diritto pubblico interno del Regno . E per applicare questo metodo alla Chiesa , desidera aggiungervi una clausola , cioè : " se la sentenza sia in conformità delle leggi ecclesiastiche riconosciute dallo Stato . " Ora che è questo riconoscimento e come si opera ? Il Piola pretende che sia fatto ogni volta che la Chiesa fa una decisione ; e quindi nel diritto canonico e nelle bolle papali richiede a priori una classificazione : di quelle cioè riconosciute dallo Stato e però aventi efficacia civile , e di quelle non riconosciute dallo Stato e per conseguenza nulle rispetto al Tribunale . Noi invece diciamo : l ' efficacia civile di una decisione o di un atto ecclesiastico si riconosce dal Tribunale , il quale preliminarmente al giudizio sul diritto concreto , esamina e pronunzia se quella decisione o quell ' atto sia contrario alle leggi dello Stato . Codesto è il procedimento e la forma che più si coordina al fare delle altre nostre istituzioni . Si dirà che manca una giurisprudenza , che vi ha pericolo di interpretazioni disformi ; ma codesto pericolo si riscontra in tutte le materie giuridiche , e quanto alla giurisprudenza , se essa non è formata , ciò avviene perché fu seguìto sinora il metodo di prevenzione e non di repressione , ma si verrà formando a seconda dei casi , come si forma negli Stati Uniti , e forse risolverà molti problemi che a noi sembrano oggi impossibili a sciogliere , e sarà più equa , più conveniente che non sarebbe il decreto di un ' autorità amministrativa pronunziato in generale e fuori da ogni caso pratico di applicazione . Qui si manifesta adunque , come dissi di sopra , la surrogazione del sistema repressivo al sistema preventivo che è l ' essenza degli ordini liberali moderni , e in ciò sta la differenza delle nostre opinioni da quelle del Piola rispetto alla giurisdizione . Intanto ci piace ricordare ciò che abbiamo accennato nel capitolo precedente rispetto alle società d ' indole privata . Appo molte nazioni e anche in Italia , una società industriale o commerciale non si costituisce se non dopo un decreto reale che la riconosca e ne approvi gli statuti talvolta anche modificandoli . Qual ' è il desiderio , qual ' è la dimanda che si fa da assai tempo ? È quello di abolire questo preventivo permesso sostituendovi , come in Inghilterra , una legge generale che determini le forme onde le società si costituiscano , e una registrazione che dia notorietà alla esistenza loro e ai loro statuti . Quando ciò sia effettuato , e si effettuerà senza dubbio in breve , poniamo che si contenda di un diritto nascente dagli statuti di alcuna di queste società . Il Tribunale , prima di applicare al caso le sanzioni del codice relative ai contratti , dovrà esaminare se il capitolo dello statuto di che si tratta offendesse per avventura le leggi generali dello Stato , e in tal caso lo riterrà come nullo e di niun valore ed effetto . Egli è in questo senso che noi intendiamo la parola diritto comune quando ne invochiamo l ' applicazione anche alla Chiesa . Non è già che noi troviamo nella legislazione attuale sotto le prescrizioni necessarie per la separazione di essa dallo Stato . Si tratta in parte de jure condendo e non de jure condito ; e quindi , come il Mamiani notò benissimo , occorre ampliarlo * . E questa legislazione dee compiersi , informandosi rispetto alla Chiesa , ai principii di diritto e di equità generale , ma come non dee accordarle privilegi di sorta , così non dee neppure essere ispirata da sensi di suspicione e di ostilità . E dopo ciò , mi sarà agevole il combattere i particolari dell ' argomentazione . Il Piola non vuole che si convochino sinodi e concilii senza il permesso dello Stato : perché , dic ' egli , non sono riunioni private da considerarsi secondo lo statuto ; sono riunioni di diritto pubblico * . Eppure egli non potrebbe vietare una riunione di sacerdoti come quella di altri liberi cittadini . Ma una volta che sono riuniti chi può investigare se le deliberazioni che vi si prenderanno siano o no della natura di quelle che interessano allo Stato ? Non è che dopo l ' esito , ossia a deliberazione presa che si può conoscerle . Certo se vi era riunione ecclesiastica solenne fu il concilio vaticano del 1869; se vi erano punti di gran rilievo da definire , furono quivi risoluti . Eppure i Governi tutti d ' Europa rinunziarono spontaneamente al diritto già tante volte esercitato di mandare legati e di esporvi le opinioni loro : essi scorsero quasi per intuizione , qual meschina figura avrebbe fatto un diplomatico che si levasse a discutere di teologia , e come l ' autorità stessa dei Governi , anziché rafforzarsi da ciò , ne sarebbe scapitata . Il Piola vuole che si mantenga l ' exequatur e il placet nelle pubblicazioni ecclesiastiche per vedere se sono regolari nella forma , non eccedenti le attribuzioni dei poteri ecclesiastici , conformi alle leggi dello Stato . Non sono articoli di giornale , dic ' egli , né vi entra la libertà di stampa , poiché tali pubblicazioni creano dei diritti e dei doveri civili * . Creano sì , diciamo noi , dei diritti e dei doveri , ma in guisa contrattuale , e l ' adempimento loro non troverà ajuto nello Stato se non in quanto il principio onde discende l ' obbligazione non offenda le leggi comuni e i diritti privati . E si noti che quando lo Stato riservava a sé medesimo il visto prima della pubblicazione di un atto ecclesiastico , esso poteva altresì vietarne la stampa in qualsiasi modo , e impedire che venisse a cognizione del popolo . Oggi invece la bolla e il decreto sarebbero già stampati , letti , diffusi per tutto , prima che lo Stato pronunciasse il suo giudicio , e il divieto della sua pubblicazione avrebbe , dirimpetto alle popolazioni , qualche cosa di ridicolo e d ' impotente . Né si dica : quelle furono pubblicazioni extra officiali , questa è la officiale e la vera : perché già nell ' intervallo l ' opinione pubblica s ' è formata e gli uomini hanno preso il loro partito senza aspettar la sentenza del Governo . Anche l ' autore vuole che lo Stato approvi la elezione dei ministri della Chiesa , a quella guisa che approva la nomina dei direttori degli istituti di beneficenza , dei medici e dei maestri comunali * . Egli riconosce che la prima libertà di un ' associazione qualunque risiede nella elezione dei suoi officiali , perciò non è un diritto d ' ingerenza che si arroga , sibbene un semplice diritto di approvazione . Ma lasciando stare che l ' esempio dei medici , e dei maestri dei comuni non è esatto , perché questo consenso in molti casi non si richiede , quand ' anche lo fosse , non sarebbe proprio , poiché si tratta d ' istituzioni che sono , per così dire , parte dello Stato : nella questione poi dei direttori degli istituti di beneficenza in tanto questa approvazione si richiede in quanto non vi è un corpo elettorale vivente ed operante . Ma si consideri eziandio a questo , che l ' approvazione o è una semplice provvisione di polizia , ritenendo che il parroco , poniamo , o il vescovo designato potrebbero suscitare disordini e tumulti nel popolo della diocesi e della cura , e in simiglianti casi il diritto dello Stato resta sempre integro ; non si chiamerà approvazione preventiva , ma sarà divieto di agire , ed in certi casi anche divieto a quell ' ecclesiastico di recarsi al posto , perché lo Stato ha il debito di vigilare alla sicurezza pubblica , e di rimuovere le cagioni che la turbassero ; o invece questa approvazione è qualcosa di più , implica la cognizione delle qualità e dei difetti della persona designata , e allora su quali fondamenti può lo Stato fare questo giudizio ? Quando lo Stato manteneva e vigilava i seminari , e le facoltà teologiche fiorivano nelle università dalla scienza , si comprende che durante questo pubblico tirocinio potessero attingersi le notizie necessarie a giustificare l ' assenso o il diniego della dignità conferita . Ma in mancanza di questi argomenti , quando il sacerdote è educato ed istruito fuori da ogni tutela governativa , su che può fondarsi il giudizio dello Stato ? Sopra informazioni vaghe , e sarà un giudizio arbitrario , il peggiore dei giudizi . Se , come dicemmo dianzi , il sistema repressivo dee prendere nelle pubbliche faccende il luogo del sistema preventivo , se l ' autorità giudiziaria acquista perciò talune competenze che prima spettavano all ' autorità amministrativa , è chiaro che noi non possiamo ammettere coll ' autore * che sia mantenuta la giurisdizione per abuso , nella forma di giudizio possessorio , e di giudizio di cassazione , e ammettere non solo l ' azione privata , ma anche la pubblica , e affidarla al Consiglio di Stato , e non già ai Tribunali ordinari . Laddove parla dell ' appello al Principe , l ' autore cita l ' asserzione del De Marco , il quale afferma che questo giudizio straordinario gli compete per virtù della protezione che accorda alla Chiesa * . Ora ella è precisamente questa protezione che manca . Rimane la protezion generale che lo Stato accorda a tutti i cittadini e ad ogni associazione loro , vien meno quella protezion speciale che collegava la Chiesa allo Stato , e vengon meno altresì quelle ingerenze che da essa traevano la loro ragione . Dell ' insegnamento abbiamo già toccato sopra : resta soltanto la questione della proprietà . Il Piola , in tesi generale , sostiene che lo Stato può negare alla Chiesa il diritto di proprietà * . Noi invece crediamo che questo diritto è il complemento necessario e naturale di ogni associazione o istituzione , sopratutto se abbia un fine duraturo . Negare ad essa la sicurezza del suo sostentamento avvenire , negare a quelli che ne fanno parte il diritto e la consolazione di darle o di lasciarle i loro risparmi , è contraddire , a parer nostro , ai principii di libertà e di giustizia . Potrà invero lo Stato determinare le forme , i modi , i limiti di questa proprietà , ma negarla assolutamente sarebbe violenza . Certo ogni Chiesa può vivere anche senza la proprietà , come visse la Chiesa cristiana nelle catacombe : ma non è già questa una condizione normale di cose , non è già la giustizia sociale alla quale noi aspiriamo , e che vorremmo veder attuata nel mondo . E similmente ammesso il diritto di proprietà , non possiamo neppure menar buona quella sentenza del Piola che il mutare la destinazione dei patrimoni ecclesiastici sia un diritto dello Stato e non della Chiesa . Anche qui lo Stato può prevedere il caso che il fine a cui fu destinato il patrimonio venga meno o si trasformi , e in tal caso statuire come il patrimonio stesso debba subire delle modificazioni all ' avvenante . Ma si osservi bene che lo Stato , secondo giustizia , dà le regole generali e i modi di procedimento , non è lui che a suo talento dispone delle proprietà , e da un uso le converte in un altro . Un quesito molto simile sorge a risguardo delle Opere Pie : talvolta avviene che le intenzioni di colui che le ha fondate non trovano pratica attuazione nelle condizioni mutate della società , talora persino questo mutamento è tale che le intenzioni non solo rimangono frustrate , ma contraddette . È necessario che per siffatta evenienza la legge provvegga , e così dicasi dei patrimoni ecclesiastici , di che già abbiamo toccato largamente nel capitolo precedente . Ma lasciare allo Stato la piena balìa di disporre di questi patrimoni , non può , a nostro avviso , essere più giusto di quel che sarebbe lasciargli la balìa sui possedimenti della beneficenza . La incamerazione dei beni ecclesiastici che eseguirono molte nazioni trova la sua ragione o la sua scusa soltanto in una reazione naturale dello Stato contro le esorbitanti ricchezze e l ' abuso fattone dal clero . È una fase storica , e come tale può essere giustificata , ma non già posta a modello e norma di bene ordinata società . Che se nelle massime predette non possiamo consentire col Piola , consentiamo invece di buon grado nel suo concetto della abolizione del benefizio eccleesiastico . Qui ci pare veramente che entriamo nel campo delle modalità , e questa modalità feudale può essere rimossa dal Codice , come tante altre forme di quell ' epoca furono cancellate . Il Piola accetta la personalità giuridica della diocesi e della parrocchia * ; solo vorrebbe che il patrimonio fosse affidato ad una congregazione laica che l ' amministri , e posto sotto alle comuni norme di vigilanza del Governo sopra i beni delle fondazioni , e su questa materia , in massima parte , a lui ci accostiamo . Finalmente ( e questo raffigura tutto intero il concetto del Piola almeno quale noi ce lo siamo formato ) egli vorrebbe che lo Stato procacciasse la riforma interna della Chiesa , sia mediante la predetta costituzione delle amministrazioni della proprietà ecclesiastica , sia col promuovere la riunione delle assemblee deliberanti della Chiesa , sia coll ' eccitare la cultura del clero o in altri modi . Di tal guisa lo Stato , secondo l ' autore , non s ' ingerisce nella sfera dell ' azione eccleesiastica che fa le riforme , soltanto le promuove coi mezzi coi quali può agire , e questi mezzi non gli mancano * . Ma perché lo Stato possa promuovere una riforma , bisogna che egli abbia una idea chiara e di ciò che è imperfetto nella vecchia forma , e di ciò che gli si può sostituire di nuovo ; bisogna pertanto che abbia un ideale religioso al quale accostarsi . E questo ideale non sarà al certo quello della Chiesa ma prendendo in tal senso la gerarchia ecclesiastica che nella presente ipotesi resiste ed oppugna le pretese dello Stato ; non sarà neppure quello della maggioranza dei fedeli che nessuno si briga di consultare , né lo Stato saprebbe tampoco come porgli innanzi i quesiti . Qual sarà dunque ? Oh , qui sì che il Piola potrebbe appropriare a sé medesimo quelle esclamazioni ond ' è sì largo coi suoi avversari : " Che imbroglio è questo ! Che pervertimento di ordini ! Che storpiatura di competenze * ! " Per noi la soluzione di questo problema riesce assai più agevole . A nostro avviso lo Stato non sa né può determinare la riforma dell ' associazione religiosa . Ciò solo che egli può fare si è che , riconoscendo quest ' associazione , sciogliendola da pastoje delle quali lungamente si è querelata , dandole ogni ragionevole libertà , esiga questo da essa : che una minoranza non possa a lungo soperchiare la maggioranza dei fedeli contro sua voglia , che i reclami di questa si facciano udire all ' associazione intera , e che possano i fedeli , ma essi soli i fedeli , qualora lo credano , promuovere quelle riforme che stimano meglio confacenti al sentimento loro religioso , e al fine pel quale sono congregati . Questo ci par possibile , e pratico , e certo non v ' è gerarchia ecclesiastica che rifiutasse in principio la convenienza di udire i reclami dei fedeli ; e se a lungo non facesse loro ragione , essi , mediante l ' amministrazione della proprietà , avrebbero il modo di obbligarnela . Insomma , potrà lo Stato , introducendo il principio elettivo nella amministrazione , mettere i fedeli in grado di far sentire e prevalere la loro volontà , non potrà mai surrogarsi ad essi e far le veci loro . Rispondendo al Piola ci è parso di rispondere , nel medesimo tempo , anche al Friedberg che sostiene le stesse proposizioni nel suo libro , Sui limiti fra lo Stato e la Chiesa * , ricco di sodi pensieri e di eletta erudizione ; che anzi il Friedberg va più oltre . Egli considera nel sacerdote una specie di funzionario pubblico non diretto ma indiretto , e dice che lo Stato gli conferisce di qualche guisa una missione civile * . Il che presuppone non solamente che lo Stato sia competente in materia di religione , ma che debba curarne la fedele osservanza , ingerirsi nelle sue pratiche , insomma che la Chiesa sia quasi dello Stato un organo essenziale . Ma se il sacerdote ha una missione civile , allora tutto il sistema vuol essere nelle sue parti connesso , né si comprende perché il laicato avrebbe tolto al clero tutto ciò che si riferisce allo stato civile , dato al Comune i cimiteri , stabilito il matrimonio senza riguardo alcuno di religione e va dicendo . Se il prete è un impiegato anche indiretto dello Stato , come in certi casi lo è nelle nostre leggi il Sindaco , niuno meglio del prete può adempiere quegli ufficii che appunto i moderni codici gli hanno tolto . Il Friedberg però aggiunge contro la separazione della Chiesa dallo Stato , altre ragioni dedotte dall ' esperienza americana , e dalle condizioni di fatto della Chiesa sopratutto cattolica . Ma di ciò parleremo più oltre . Ora rimaniamo sempre nelle obbiezioni teoriche e generali , e diciamo alcune parole di Raffaele Mariano , scrittore altrettanto grave quanto sincero , che contrasta la separazione dello Stato dalla Chiesa , perciocché , a suo avviso , la funzione fondamentale dello Stato sia la educazione materiale , morale e spirituale del popolo , e fra gli elementi che cooperano alla educazione morale importantissimo fra tutti sia l ' elemento religioso . In sostanza , dic ' egli , è nella religione che il popolo trova il fondamento assoluto , la sanzione imperativa della sua vita morale , delle sue virtù non solo private e domestiche , ma pubbliche e civili , del suo amore alla patria , del suo rispetto alle leggi , sicché nulla più interessa che la religione anche per questi fini * . E quelli che vogliono che lo Stato in Italia faccia getto della questione religiosa , imprendono opera dissennata e contraria al bene della patria . Imperciocché la reintegrazione della vita interna del pensiero , dei sentimenti , delle credenze , è la condizione decisiva del risorgimento di ogni nazione , ma sopratutto d ' Italia . La quale ha d ' uopo di vincere le superstizioni , lo scetticismo e la indifferenza che la opprimono e la annientano , e per tal mezzo spezzerà veramente le catene della servitù , e preparerà la sua grandezza avvenire * . Non dissento dall ' autore nel dare all ' elemento morale e religioso un ' importanza grandissima nella vita delle nazioni ; ma dico che qui sono presupposte molte proposizioni senza dimostrarle , e cioè , che lo Stato sia capace di giudicare del vero e del falso in fatto di religione ; che gli appartenga di difendere e di proteggere l ' uno , di respingere l ' altro ; che abbia mezzi efficaci nelle condizioni della società odierna per farlo . Ora il lettore già sa che noi dissentiamo da questi giudizi . Lo Stato antico , dice il Mariano , aveva la coscienza chiara dell ' indissolubilità del sentimento politico , morale e religioso . Certamente sì , perché la religione presso gli antichi , e i Romani ce ne porgono il più cospicuo esempio , altro non era che uno strumento di regno . Leggansi i discorsi del Machiavelli sopra le deche di Tito Livio * , laddove dice di quanta importanza sia tener conto della religione , e come i Romani si servivano di essa per riordinare la città , per seguire le loro imprese e fermare i tumulti . Nel qual giudicio consente il Guicciardini * : " Certo è che le armi e la religione sono fondamento principale delle repubbliche e dei regni e tanto necessarii che mancando ciascuno di questi si può dire che manchino le parti vitali e sustanziali ... E certo , o la prudenza o la fortuna dei Romani , o l ' uno e l ' altro insieme , fu ammirabile che i primi suoi due re fossero eccellentissimi , l ' uno nelle arti della guerra , l ' altro in quelle della pace , e che il primo fosse quello della guerra perché colle armi dette tanta vita alla nuova città , che potette aspettare che Numa la ordinasse con la religione . " Ora questa medesimezza dello Stato e della Chiesa arguisce una condizione diversa di civiltà , e non è argomento di perfezione , mentre uno dei progressi più grandi del cristianesimo , come dissi di sopra , è stato appunto quello di separare il regno della coscienza dal regno delle cose esteriori , rivendicando a quella la libertà contro qualunque tirannide di Stato . Non bisogna confondere Società e Stato . Della Società è organo lo Stato per una parte nobilissima e importantissima qual ' è la tutela del diritto , e inoltre per le ragioni che discorremmo al capitolo secondo , esso non solo rimuove molti ostacoli all ' attività privata , ma altresì supplisce ed integra quel che in essa piò esservi di manchevole quando si tratti d ' interessi generali . Ma non perciò si vuole affermare che lo Stato si sostituisca all ' individuo ed all ' associazione , e che il fine a lui proprio abbracci e comprenda ogni altro fine sociale . Ora noi abbiamo dimostrato che il fine dello Stato è distinto da quello dell ' associazione religiosa , e altresì che esso è incompetente a scernere e determinare il grado di verità che può esservi nelle diverse credenze . E da queste generali considerazioni passando a quelle più pratiche che si attengono al presente essere della società europea , noi abbiamo stimato di ravvisarvi alcuni fatti che rendono impossibile allo Stato il mescolarsi di materie religiose , sia perché la vivacità della fede è assai affievolita negli animi , sia perché la credenza è spezzata in molte e diverse confessioni , sia perché ferve una pugna fra le tendenze scientifiche e le tendenze religiose , tantoché il presente momento è uno di quelli nei quali è più oscura la risoluzione degli eterni problemi delle origini e dei fini che la coscienza si pone . In tale situazione , come si può pretendere che lo Stato faccia professione di un domma , o promuova una riforma negli ordini ecclesiastici , o anche semplicemente si colleghi ad una delle Chiese esistenti ? Non è presumibile che invece di trovare in ciò un mezzo per raggiungere il suo fine proprio , se ne disvii ? E invero , dopo aver propugnato la massima che io ho indicato sopra , quali sono i suggerimenti pratici che il Mariano dà al governo ? Ben vorrebbe che in Italia si facesse o si tentasse qualche cosa , non per distruggere ed annullare il cattolicismo , ma per correggerlo , purificarlo se è possibile in sé stesso e di fuori * . Ma quando siamo ad esaminare i mezzi , li troviamo analoghi a quelli che sopra abbiamo notato nel libro del Piola , e in sostanza si risolvono nel ripristinare in parte il sistema giurisdizionale . Ma l ' egregio autore sente vacillare la fiducia negli effetti di questo sistema : " Se il bisogno di una riforma spirituale , dic ' egli , non è sentito spontaneamente ed interiormente , se la coscienza non prova in sé l ' energia della verità , niuno può mettervela di fuori , né suscitarla per mezzi meccanici e artificiali *." E così è veramente * . Se una riforma spirituale dovrà seguire nell ' Italia e nell ' Europa , essa non sarà l ' effetto di combinazioni esterne , né di provvedimenti governativi , né di atti comandati ma sarà il prodotto spontaneo dello spirito , che , lasciato nella piena libertà di sé stesso , si solleva verso Iddio come l ' ideale di ogni bene , non trovando nel mondo l ' appagamento al quale anela . La formola cavouriana è accusata di condurre all ' atomismo religioso * , il che non è giusto poiché lascia sussistere anzi favoreggia l ' associazione in ogni maniera ; ma quando pur fosse , bisognerebbe dire che dove l ' aggregato non ha più forza di coesione è dall ' atomo che si convien da capo partire per formare un nuovo composto . Così l ' individuo , tornato in sé medesimo , lungi dal lasciarsi anelare ad una incredulità frivola e spensierata cercherà nell ' intimo della propria coscienza quelle forze che più non gl ' inspirano né le dottrine tradizionali né il culto consuetudinario , né le pratiche vuote di ogn ' ispirazione verace . Nel suo libro sulla Chiesa e sulle società cristiane , il Guizot esprime questo pensiero , che lo Stato e la Chiesa separandosi , perdono della dignità , della sicurezza , dell ' autorità loro , e volgono entrambe a decadenza * . La podestà civile , dic ' egli , non avendo più attinenze coi cittadini altro che per cagione di affari e d ' interessi , ed essendo allontanata , per dir così , da ogni principio e sentimento religioso , si materializza . La Chiesa , perdendo il carattere pubblico , non riscuote più dalle popolazioni il medesimo ossequio , ed inoltre corre pericolo di esagerare i suoi precetti , perduto il senso delle cose necessarie all ' ordine civile . A voler dire il vero non si può accogliere la sentenza che lo Stato , per ciò solo che è separato dalla Chiesa , si racchiuda e si tuffi negli affari e negli interessi . La legislazione ha un àmbito ben più vasto , e tocca molti rapporti morali della famiglia e della patria . Né parimenti si può accogliere la sentenza che la Chiesa perda per la separazione dallo Stato il senso delle cose necessarie all ' ordine civile . Anzi , dovendo essa vivere per le proprie forze , dovendo ogni giorno dibattere e sulle dottrine e sulla pratica , e sforzandosi di vincere , bisogna che si arroti con gli uomini e con le cose e può comprenderne meglio le esigenze quotidiane . Ella è piuttosto inclinata a dimenticarle allora quando ha nello Stato il suo presidio e da esso attinge la sicurezza della sua esistenza . Imperocché le podestà che non hanno sindacato o contrasto , son esse che più facilmente abusano , perché non trovando ostacoli non sentono l ' obbligo di temperarsi , e invadono i diritti altrui . Né tampoco m ' indurrei a far buona la opinione , che spogliati i ministri della Chiesa di un carattere ufficiale , perderebbero in dignità e in rispetto : anzi , per avventura oserei dire che nella indipendenza loro ne acquisterebbero maggiormente . Se vi ha qualche cosa di vero nella sentenza del Guizot , appartiene ad un ordine più generale di principii , e si collega agli effetti della divisione del lavoro trasportati al morale . È noto come gli economisti moderni abbiano osservato acconciamente che mentre il progresso della civiltà tende ad assegnare ad ogni uomo un còmpito speciale e a indirizzarne l ' intelletto ad un ' opera sola , la quale perciò diventa più perfetta in sé e più agevole a farsi , ne segue però l ' inconveniente di rinserrare l ' intelletto medesimo in una chiostra più stretta , e renderlo meno atto a scorgere i varî aspetti e le relazioni delle cose . Similmente nella vita civile la separazione degli ufficî fa che questi si adempiano ciascuno in sé più prontamente e più efficacemente , ma abitua gli uomini a considerarne l ' oggetto come l ' unico o il più essenziale delle società , trascurando gli altri o dando loro minor valore di quello che hanno . Cosicché l ' ordine moderno della ripartizione del lavoro se vince l ' antico nell ' analisi e nella perfezione dei particolari , sottostà ad esso nella sintesi e nello svolgimento contemporaneo di tutte le facoltà . Ma a questo difetto può e dee supplire la educazione , e la istruzione proporzionalmente svariata . E come questa si richiede all ' operaio per bilanciare la ottusità dell ' intelletto che dalla ripetizione continua di un solo atto nascerebbe , così fa che ogni altro cittadino partecipi non solo a quell ' ufficio che gli è proprio , ma intenda e senta le sue relazioni con tutti gli altri . Ma ciò non basta per alcuni i quali dicono che la religione ha bisogno dello Stato , e che senza il suo aiuto , i falsi principii , il dubbio , l ' indifferenza si propagano nel mondo . Ora a chi ben miri questa obbiezione prende origine da una proposizione più generale : essa suppone che la natura umana sia più inclinata al male che al bene , e che perciò lasciata a sé stessa senza una forza che la guidi , la sospinga o la infreni , corre a perdizione . Ma fatta questa prima ipotesi uopo è farne eziandio una seconda , la quale si mostra contraddittoria alla prima , ed è che gli uomini che reggono la cosa pubblica vadano esenti da codesto difetto comune , ed essendo migliori della moltitudine sappiano dirigerla nelle cose morali e religiose . Ora se questa seconda ipotesi può essere in alcuni casi accettata , e riguardata anzi come tipo , non però si verifica sempre , e non solo può concepirsi , ma si è visto non di rado il contrario , cioè l ' errore e la corruzione partire dal capo e diffondersi per tutte le membra sociali . Ma quand ' anche si voglia accettarla nella sua interezza , non perciò sarebbe sperabile che il governo potesse aver tanta efficacia sugli animi da vincere la tendenza universale e profonda al male , quando questa fosse veramente quale s ' immagina . E tanto meno si potrebbe attribuirgli la desiderata efficacia , in quanto che la forza , che è il suo attributo , può comprimere la manifestazione delle opinioni religiose , ma non estirparle e meno ancora suscitarle a vita . Se la religione è un bisogno del cuore , non si dee riguardare come necessaria l ' opera del governo a custodirla . E come la scienza , l ' arte , la filantropia sussistono e si svolgono senza il suo intervento , similmente dobbiamo supporre che non venga meno un sentimento tanto più vigoroso e più espansivo , qual è il sentimento religioso . Del resto ove si ammetta questa tendenza universale di correre al male tutto il sistema liberale ne sarebbe scosso in ogni sua parte . Forse l ' aiuto dello Stato potrà contribuire a popolare i templi di uomini tiepidi e svogliati pei quali la religione è un ' abitudine , un pregiudizio , una paura ; ma se la separazione può dare maggior spinta a questi uomini indifferenti che solo di nome s ' intitolano fedeli , essa susciterà invece la sollecitudine dei veri credenti , i quali oggi confidano nell ' intervento legale del governo e temono di esercitare uno zelo intempestivo ; imperocché lo Stato , usurpando la competenza in materia di religione , non è una delle ultime cause della indifferenza generale . Togliete questo puntello , e gli uomini pii sentiranno la necessità di stringersi fra loro , d ' intendersi , di operare , e una forza quasi novella , che giaceva in essi latente , coglierà l ' occasione di estrinsecarsi . Né la storia smentisce questo argomento . Il cristianesimo nacque , si diffuse , trionfò , separato dallo Stato ; anzi , da prima trovò in esso ostilità , persecuzione , condanna ; e se poscia nell ' alleanza col medesimo attinse anche dei vantaggi , non per ciò si può dire che quest ' alleanza gli fosse indispensabile . E anche durante questo periodo le più grandi imprese che la religione condusse a termine , rampollarono dalla spontaneità individuale e dalle libere associazioni . Furono queste che mandarono le missioni in tutte le parti del mondo , che diedero vita alle corporazioni monastiche , che apersero gli spedali e le scuole , che divelsero i terreni incolti , che custodirono le ultime faville dell ' antica civiltà . Giammai il governo potrebbe né saprebbe favorire quelle grandi temerità che la fede osa tentare , quelle che furono chiamate le follie della croce ma che mutarono il mondo . Anche se si riguarda soltanto ai mezzi materiali , si vedrà che la Chiesa li raccolse non già da contributi dei governi , ma da spontanee largizioni di privati . La unione della Chiesa collo Stato s ' è fatta storicamente , non fu il prodotto di una teorica , e storicamente dovrà disfarsi . Né la Chiesa officiale , o direi meglio governativa , che si fondò nei paesi protestanti , ha potuto impedire le sètte dissidenti di moltiplicarsi . Ma questo suddividersi delle sètte religiose è poi un male assoluto ? Ovvero non rappresenta i molteplici aspetti della verità religiosa dirimpetto alla diversità indefinita che si riscontra nell ' umana natura * ? Passo ora a discorrere delle altre obbiezioni che riguardano la pratica attuazione del nostro concetto e più specialmente riguardo all ' Italia . Il Sybel , nelle sue lezioni * , facendo la storia degli intendimenti e degli atti del partito clericale , mostra che questo partito minaccia ovunque d ' invadere e di soverchiare i diritti dello Stato , e paventa che la separazione della Chiesa se può momentaneamente apparire ed essere eziandio un regime più comodo , celi però un lento progresso della potenza clericale , ed alla perfine nell ' avvenire una sicura sottomissione dello Stato . Anche il Friedberg * nota che la Chiesa separata dallo Stato non perde di sua potenza , anzi ne acquista una maggiore . La lunga ed intima unione con esso l ' ha aiutata a metter radici nella società , sicché i suoi influssi nelle famiglie , nelle scuole , nelle Opere Pie son molti e grandi , e a questi si aggiungerebbero per soprassello i vantaggi delle nuove franchigie che le sono accordate . Così , toltole ogni freno , la Chiesa può insinuare negli animi i propri sentimenti , infiammarli sino al fanatismo , e , quando si tratti di comizî popolari , spingere i fedeli alle urne e riempiere i parlamenti di uomini a sé devoti . E come si varrà la Chiesa di questa sua oltrapotenza ? Se ne varrà contro lo Stato . E qui gli oppositori accennano più specialmente , taluni anche esclusivamente , alla Chiesa cattolica . Così il Laveleye * , riconoscendo che v ' ha una tendenza a separar la Chiesa dallo Stato , giudica ciò essere fattibile nei paesi protestanti , ma non potersi sperare giammai nei paesi cattolici . La Chiesa cattolica , si dice , è una grande istituzione , che ha tradizioni alte e profonde , che è organata in modo da penetrare dovunque , che esercita il suo dominio non solo pubblicamente ma più assai nel segreto per mezzo della confessione . Date a questa istituzione la libertà , ed essa tornerà più formidabile di prima , e potrà forse un giorno compiere l ' impresa a cui , se non bastò nel medio evo , tiene pur sempre rivolte le sue speranze , cioè la dominazione universale . Intanto non solo non si piegherà alle leggi dello Stato che voi avete annoverate come necessarie , ma impugnerà ad esso il diritto di porle dei limiti , negherà la legittimità de ' suoi atti , e già vedete che rifiuta il principio stesso della separazione * . Essa è convinta di poter mutare i suoi statuti senza intervento né approvazione di governi ; laonde , ove occorra , li muterà e vi introdurrà clausole avverse al reggimento della cosa pubblica ; e già sin da ora , minaccia la scomunica e l ' interdetto a chi ubbidisce allo Stato . Essa consente persino di allearsi alla demagogia pur di sovvertire e dominare . Forti mali adunque noi possiamo prevedere dalla libertà della Chiesa cattolica , ma sopratutto in Italia dove non ha contrappeso di altre confessioni religiose , e dove le tradizioni , l ' affetto e le abitudini danno a lei intera balîa nelle famiglie . Ed inoltre quivi già è nemica sfidata ed aperta dallo Stato sentendosi offesa per tante leggi fatte nel corso degli ultimi venti anni , e più ancora per la perdita della signoria temporale negli Stati romani , a riguadagnar la quale non si periterebbe di suscitare la guerra civile , di chiamare gli stranieri in casa , e di mandar in fondo la unità , la indipendenza e la libertà della patria . Pertanto la società religiosa in generale non può essere lasciata libera , e meno di ogni altra la cattolica , tanto più che la sua gerarchia non è nazionale ma cosmopolitica . Che se rispetto all ' Italia può dirsi che forma uno Stato nello Stato , rispetto alle altre nazioni vi si aggiunge che il suo capo è fuori di esse . E invano si argomenta di poterla frenare come ogni altra associazione : al contrario la si rende oltrapotente e nessun riparo vi si potrà fare più mai . Vede il lettore che io non dissimulo la gravità delle obbiezioni . Ma in quanto alla prima parte , che riguarda le associazioni religiose , in generale non so come si possa credere che senza l ' ajuto dello Stato , divengano più poderose di quello che munite di tutti i suoi presidî , come sono al presente ; che se la libertà ha tanta efficacia per sé sola di rinvigorirle o rinnuovarle , ciò presuppone almeno che esse l ' accettino sinceramente , e se ne valgano , e per dir così la rendano famigliare a tutti i lor atti : nel qual caso i pericoli che si temono verrebbero meno . Perché se le associazioni religiose entrassero veramente nello spirito buono dell ' età nostra , e agissero come ogni altra istituzione nella misura dei loro diritti senza offendere gli altrui , non è da dolersi che esse vigoreggiassero , anzi la gagliardia loro tornerebbe a vantaggio di tutta intera la società . Quanto all ' altra parte dell ' argomento che riguarda specialmente la Chiesa cattolica , l ' accusa è molto grave , ma bisogna ben porre la questione perché non entri qualche estraneo elemento a perturbare il nostro giudizio . La sostanza delle sopradette argomentazioni si riduce a ciò che si attribuisce alla gerarchia cattolica e ai suoi seguaci un ' avversione decisa allo Stato , e una cospirazione perfida e permanente contro di esso , il che per alcuni segni oggi non potrebbe negarsi . Ma innanzi tutto è da esaminare se questo è effetto di una temporanea pugna , e segna un periodo , dirò così , di transizione ; oppure se appartiene all ' essenza stessa di quella religione . La pugna si comprende come conseguenza dell ' andamento storico e di tutti gli arrotamenti che fra le due potestà ebbero luogo sinora . Comunque si giudichi il passato , io consento che il presente stato di cose possa giustificare certe cautele , ed un procedere lento ed accurato verso il fine che abbiamo descritto ; comprendo anche , in certi casi , qualche provvedimento transitorio di resistenza , qualche freno eccezionale . Quando lo Stato si vedesse minacciosamente assalito , è suo diritto e suo dovere il difendersi . Il concetto del conte di Cavour , nella sua formola , non fu mai di lasciare lo Stato disarmato dirimpetto alla Chiesa armata , come ad alcuni piacque di supporre . Bastano a riconoscerlo le prime linee di quei negoziati che aveva intrapreso , e le sue chiare affermazioni , e il fermo convincimento da lui espresso , che la potenza legislativa ed esecutiva fossero sufficienti a stornare ogni pericolo . Ma non si può , da condizioni temporanee , argomentare contro l ' ordine normale delle cose . E se l ' essenza del cattolicismo non è tale da renderlo incompatibile coi diritti dello Stato , il periodo transitorio avrà fine , e la Chiesa cattolica dovrà acconciarsi della nuova sua vita in mezzo al turbine delle opinioni e delle passioni moderne . Sarà come una pianta cresciuta in stufa con assidue cure , che si trasporta all ' aria aperta , e si espone al soffiar dei venti , e all ' imperversar delle stagioni . Perché essa viva e si vesta di fronde , uopo è che resista ai nuovi elementi in mezzo ai quali si regge , e dopo qualche stento abbarbichi le radici , e nel terreno ov ' è posta succhi confacevole nutrimento . Così la Chiesa cattolica dovrà adattarsi agli elementi ond ' è circondata e accettare alla perfine schiettamente il regime della libertà . Vi sarà un periodo d ' incertezze , di stenti , anche di pugna . Ma la pugna si andrà rallentando , le passioni si calmeranno , e alla tempesta succederà l ' ordine e la quieta convivenza . L ' esperienza del passato dovrebbe condurci a queste medesime conclusioni , perché la Chiesa s ' è piegata a molte e diverse condizioni di società . Essa ha convissuto e prosperato cogli Imperatori romani che la tenevano soggiogata , e più tardi sotto la tirannide bizantina , ha accolto e ritemprato nel suo battesimo i barbari scapigliati del settentrione , si è fatta feudale col feudalismo , ha carezzate le mobili e irrequiete repubbliche del medio evo , e nonostante i contrasti si è stretta in alleanza colla monarchia assoluta dei tempi moderni . Lasciate che la generazione presente giaccia nel sepolcro , che l ' Italia sia consolidata in guisa che a nessuno più sembri fattibile una restaurazione del Papato temporale , che le franchigie costituzionali , oppugnate dal sillabo , sian divenute succo e sangue dei popoli , e la Chiesa cattolica dovrà mutar le sue arti , e camminar di conserva collo spirito moderno . Allora potrà esservi accordo fra fede e ragione , fra civiltà e religione , e il sillabo sarà interpretato , come già alcuni tentarono , in guisa che la condanna mostri cadere non sulla libertà , ma sopra gli abusi della medesima . Ma se ciò non fosse possibile ? Se ciò non fosse possibile , se veramente nel cattolicismo si trovasse assoluta incompatibilità di convivere colla società e collo Stato moderno , se la guerra fosse ad oltranza , io chieggo allora ai miei oppositori : Credete voi possibile di ovviare ad una pugna implacabile , di armonizzare una contraddizione flagrante con alcune cautele giurisdizionali ? I vostri mezzi sono troppo impari al fine che volete conseguire ; né parmi che laddove furono usati , abbiano nulla prevenuto , nulla represso . In quella ipotesi non resterebbe che un partito solo da prendere , quello di combattere con le armi della libertà , contraporre cattedra a cattedra , scuola a scuola , discussione a discussione , influenza ad influenza , e confidare nella efficacia della verità che finirà col trionfare . Imperocché non saprei supporre il partito di farsi persecutori , come già lo furono gli Imperatori romani , e come la Chiesa col braccio secolare dello Stato lo fu contro gli eretici . Nessuno oserebbe oggi di richiederlo , e nell ' ordine delle nostre idee e dei nostri sentimenti , al di là di un certo limite , ciò non si potrebbe , o susciterebbe tale una reazione da tornare piuttosto dannosa che utile alla causa che si propugna . Ricordiamoci che la coscienza non patisce vincoli troppo stretti , e che una causa perseguitata trova sempre delle anime generose che l ' amano e la difendono . A che prò riuscirono i furori della rivoluzione francese se non a suscitare il clericalismo , che oggi in quella nazione è più potente che nol fosse nel 1789 ? Quanto poi al timore che la Chiesa possa colla libertà conseguire la dominazione cui aspira sin dal medio evo , a me sembra che la storia ci assicuri contro questa ipotesi . In vero la Chiesa cattolica nel medio evo ebbe le condizioni più favorevoli per riuscire nel suo intento . Tutti s ' inchinavano dinanzi a lei , prìncipi e popoli , non un ' aura di scetticismo alitava , ed essa raccoglieva nel suo seno quanti per ingegno o per virtù primeggiassero ; in lei sola la scienza , in lei la pratica delle cose umane . Eppure non solo fu rintuzzata nelle sue pretese , ma da cinque secoli può dirsi che perdette ognora del campo che aveva acquistato . Ed oggi in tanto lume di scienza , in tanta diffusione di studî , in tanto svolgersi d ' industrie e di commerci , in tanto ardore verso la ricchezza e i beni materiali , si teme che possa compiere ciò che nel medio evo non le riuscì ? A ciò dovrebbe bastare la sua organizzazione : né io nego che gli uomini congiunti insieme con comunanza di fine e di mezzi , e con gerarchia di capi e di esecutori abbiano assai più efficacia di azione che non avrebbero operando singolarmente . Ma non bisogna dare a ciò un valore troppo superiore al vero , come fecero alcuni filosofi del secolo passato , i quali immaginavano di poter , con accomodate leggi ed istituzioni , rifare un popolo di spartani , di ateniesi e di romani , e dalle forme politiche , si ripromettevano il mutamento della società . Ma l ' esperienza non tardò a dissipare quei sogni , e mostrò che le stesse leggi e le stesse costituzioni qui davano frutti di progresso e di prosperità , altrove di disordine e di miseria . Non si può dunque dare alla organizzazione della Chiesa cattolica tutta quella efficacia che si suppone a comodo d ' una tesi , né credere che senza un contenuto vivo per ingegno e per virtù possa attuare grandi imprese . E inoltre è da riflettere che anche lo Stato ha la sua organizzazione , tanto più poderosa quantoché ai mezzi della persuasione si aggiungono quelli della forza . Né si vuol dimenticare che gli stessi eventi non si rinnuovano nelle stesse forme , e che la società moderna ha altri pericoli da combattere , non quelli della teocrazia . Finalmente questo argomento si risolve pur sempre nell ' altro che toccai sopra , cioè nella sfiducia che si ha della libertà , e nella confidenza che si ripone invece sopra certi argomenti estrinseci ai quali si attribuisce una virtù riparatrice che non hanno . Perché se davvero il mondo corresse ferventemente verso il principio religioso , e fosse disposto a sobbarcarsi alla gerarchia ecclesiastica , se fosse , per così dire , infatuato di queste idee , non sarebbero le difese giurisdizionali che potrebbero contenere la piena del fiume che dilagasse . Ma di ciò avrò occasione di parlare nuovamente nel capitolo quinto , laddove prendo a congetturare gli effetti della separazione della Chiesa dallo Stato . Qual ' è in sostanza la conclusione del Sybel , dopo averci descritto con sì vivi colori la marea clericale che sorge e gonfia tanto da minacciare i fertili e coltivati campi della civiltà ? " Procedere ponderatamente , e con le proprie forze , evitare ogni tasto che tocchi la vita religiosa interna , ma quando trattisi dei diritti veri dello Stato tener ferma la potenza della sua legislazione * . " In verità a questa conclusione non abbiamo nulla da opporre : se non che troviamo molto più agevole il farlo nel sistema che noi reputiamo opportuno , di quello che nella condizione di unione giuridica più o meno stretta fra le due potestà . Egli opina che non sia possibile stabilire trattati con simili avversarî : ma dato i rapporti fra Stato e Chiesa quali sono oggidì nella massima parte dell ' Europa , anche senza concordati espressi , pure vi è sempre necessità di qualche accordo , avvegnaché lo Stato , nel sistema regalistico , non solo frena e vigila la Chiesa , ma la sorregge , e procede in molte cose di pari passo con essa . Così è per esempio nella Germania , anche dopo le leggi confessionali recenti e direi di più in virtù delle medesime , né diverso è lo spirito che le anima , comecché altri gridasse senza fondamento che si voleva distruggere la Chiesa . Laddove nella nostra ipotesi lo Stato rende a ciascuno il suo diritto , ma tutti li circoscrive e li sovrasta . Questa prima obbiezione adunque non ci par tale da vincere le ragioni che abbiamo altrove addotte . Un ' altra obbiezione si deduce dalla esperienza . Questa che voi descrivete , ella è , dicesi , nella massima parte del mondo una grande novità : solo nell ' America settentrionale si riscontra quell ' ideale che vagheggiate , né puranco perfetto , nell ' Irlanda , e specialmente nel Belgio . Ma i suoi effetti non furono lodevoli , né incoraggianti . In America già appaiono sintomi di guerra , e lo Stato dee pensare alle difese . Gli influssi clericali già sentonsi nei Municipi e nei Parlamenti locali , alle largizioni dei quali la Chiesa cattolica deve più della metà dei beni in terre che essa possiede , il che avvenne contro lo spirito della costituzione e barattando i voti degli emigrati Irlandesi . E nello Stato di Nuova York s ' andò più oltre ; una legge del 1863 trasferisce nelle mani della gerarchia cattolica il possesso legale dei beni della Chiesa togliendo ai laici molte difese che avevano innanzi * . Di tal che i principî della legislazione americana sono interpretati in senso contrario alle intenzioni del legislatore , e assicurano alla Chiesa cattolica l ' ingerenza nelle istituzioni temporali , e alle sue corporazioni la impunità . Né diversamente avviene in Inghilterra . Imperocché la Chiesa cattolica separata dallo Stato lo osteggia , e ne ruina le fondamenta , ancorché sia da poco tempo organizzata e formi una minoranza al dirimpetto del clero anglicano che con forte animo resiste alle sue usurpazioni * . Finalmente chi non si sente commosso allo spettacolo del Belgio , dove nonostante gli sforzi del partito liberale , il clericalismo ha posto i suoi fortilizî , e con tutte le armi che porge la libertà tenta di accaparrare la educazione della gioventù , di afferrar le redini del potere , e minaccia quasi ad ogni ora la guerra civile ? Pertanto quei pochi esempi che abbiamo del nuovo sistema sono tali da allontanarci da un sentiero pieno di triboli e d ' insidie , laddove l ' antica via per quanto faticosa e contrastata ci porge modo di preservare la società . Egli è vero ; la via della libertà e della separazione della Chiesa dallo Stato è nuova e non sperimentata bastevolmente nel mondo , ma nuova similmente è la condizione della società alla quale essa corrisponde , e il sentimento religioso dei nostri giorni è diverso e non paragonabile , in alcuni punti , a quello dei tempi passati . Sarà una via agitata e pericolosa , ma questo appartiene alla essenza della libertà , il che troppo spesso non avvertono coloro i quali invocano la quiete dei tempi passati , dimentichi che la società si governava a reggimento assoluto . Quanto agli Stati Uniti , noi comincieremo dal contraporre alle allegazioni degli oppositori una grande autorità , quella del Bancroft , lo storico insigne della sua patria , il quale afferma che la separazione della Chiesa dallo Stato , stabilendo una perfetta eguaglianza religiosa , portò questo maraviglioso effetto , che fu poscia approvata dall ' universale dei cittadini dovunque , e sempre . La quale testimonianza è confermata anche da un recente scrittore , il quale dice che il principio della libertà religiosa , accettato cordialmente da tutti , è osservato senza esitazione e senza riserva non già come una fattura esterna imposta agli Stati , ma come un principio interno e sostanziale di quella società politica * . Ora i fatti nuovi che ci si narrano sono parziali e non gravi , e le conclusioni che se ne traggono sono troppo generali ed assolute . È evidente che ivi parimente la Chiesa cattolica tende a concentrare nella sua gerarchia non pure l ' amministrazione spirituale ma la temporale , e questa tendenza è avvalorata dall ' esempio dell ' Europa e dai comandi di Roma . Ma le eccezioni sono poche e tali che non può essere difficile ovviarvi legislativamente reintegrando il senso vero della costituzione , e impedendo , per quanto è possibile , gli abusi in modo più efficace del presente . Che se fosse vero che la Chiesa cattolica patteggia cogli emigrati irlandesi , e compra i voti dei Parlamenti locali , in tal caso riconosco anch ' io la difficoltà dell ' impresa , poiché una corruzione di cancrena sarebbe veramente inoltrata negli elettori e negli eletti . Ma in uno Stato libero quando scoppia questo morbo , egli è principalmente nel costume , e nella forte diffusione del vero che si può cercarne il rimedio , né gli espedienti giurisdizionali che in Europa si lodano , sarebbero bastevoli . E poi ogni Stato singolare potrebbe sempre modificare le sue leggi nel senso della opinione regnante fra i legislatori . Imperocché il Parlamento non è un ente astratto , ma è un accolta di uomini , di quegli stessi uomini che si dicono accessibili alle influenze ecclesiastiche ed alla corruzione . E così dicasi dei laici che debbono governare l ' amministrazione delle società religiose ; dove la vigilanza e i diritti che si attribuiscono al laicato sopra la Chiesa non hanno valore se non in tanto in quanto il laicato sappia e voglia servirsene . Se esso vi rinuncia spontaneamente , se non si cura delle proprie franchigie , se è indifferente o ciecamente sommesso , vano sarebbe ogni sforzo . Per sperare di ottenere qualche risultato , bisognerebbe almeno accettare l ' ipotesi di un governo assoluto , dove tutti pensano e agiscono a balìa di un monarca o di pochi che impongono la loro volontà , ma non quella di una repubblica dove la maggioranza prevale . Mi giova ripetere ciò che dissi sopra , parlando della possibilità di introdurre riforme nella Chiesa : lo Stato governato da laici indifferenti o sommessi come gli altri , non soffierà l ' alito della vita laddove è spento . Adunque per tornare in cammino , l ' esperienza degli Stati Uniti non può rimuoverci dal nostro disegno , anzi vi ci riconferma , essendo pochi e sanabili gli inconvenienti , molti per lo contrario i benefii riconosciuti . Quanto all ' Irlanda non accettiamo punto come vero ciò che taluni affermano : certo l ' esperienza è breve , nondimeno essa dovrebbe incoraggiare i nostri sforzi , poiché dopo tante previsioni tetre , al contrario le cose vi procedono con molto maggiore soddisfazione degli animi , e se i cattolici non hanno più ragione di chiamarsi oppressi , i protestanti non hanno perciò perduto nulla né della organizzazione loro né del loro zelo . Il solo esempio che potrebbe veramente sconfortarci è quello del Belgio . Ma è facile scorgere che mal se ne trarrebbero illazioni rispetto a quella che noi abbiamo rappresentato come idea normale . E ciò sì per le origini dell ' odierno stato belgico che per le sue leggi . Dico per le origini , avvegnaché è noto come la rivoluzione del 1830 contro la casa d ' Orangia , e la dominazione olandese , prendesse suo principal motivo , ed esca nel sentimento religioso . Furono i preti che suscitarono , che spinsero , che condussero quella sollevazione ; e così la politica e la religione suggellarono un patto del quale pur troppo gli effetti si sentono , e lungo tempo si sentiranno nella vita politica del Belgio . Laddove noi al contrario desideriamo che la separazione sia fatta in tal tempo e in tal modo , che la società religiosa non abbia né da mescolarsi nella politica , né da ricevere da essa influssi svantaggiosi . Riguardo poi alle leggi non si può dire che la Chiesa sia separata dallo Stato , perché il clero riceve i suoi stipendi da esso , e inoltre è abilitato ad alcune ingerenze sopratutto nelle scuole primarie , ingerenze tali che implicano quasi un riconoscimento del suo primato * . Da un ' altra parte il clero è aspreggiato , e gli si contende ogni maniera d ' incorporazione che dia all ' esser suo una stabile durata . Perciò , mentre si sente incerto della sua libertà e della sua proprietà , per assicurarle non gli si para innanzi altro mezzo fuor quello di avere nel governo e nel parlamento un forte sostegno , e di ripigliarvi , potendo , un brano di dominazione . Invece , secondo il pensiero che noi siamo venuti delineando , perché la Chiesa rinunzi alle inframmettenze politiche , uopo è che sia indipendente dal bilancio dello Stato , e che nella sua sfera d ' azione ragionevole ed equa non incontri ostacoli o molestie . La cura assidua di cercare qualche sotterfugio per sottrarre alle investigazioni dello Stato la esistenza della corporazione , diventa un ' abitudine delle più infeste alla veracità della parola , e alla rettitudine degli atti . E più la legge si sforza di chiudere al clero la strada battuta , più esso disvia ne ' diverticoli . Noi abbiamo già esaminato altrove come vi sieno certi penetrali dove la legge non può giungere mai . Quando , per esempio , più uomini si associano a vita comune , con patto tacito e senza apparenza di corporazione , come lo Stato può sperperarli ? Quando un privato amministra una proprietà in modo fiduciario per distribuirne i frutti a coloro coi quali è collegato da vincoli religiosi , come può lo Stato impedirlo ? Qui tornerebbero in campo gli stessi argomenti coi quali si mostra che imbavagliando la stampa pubblica sorge la clandestina , vietando le associazioni si formano le sètte . Imperocché il divieto non basta a estirpare il male , solo dall ' esterno lo fa rientrare nel corpo sociale , e gli dà un corso più segreto e più pericoloso . L ' esempio del Belgio adunque , se merita tutta la nostra attenzione per evitare i mali che lo minacciano , non può allegarsi come una prova della mala riuscita della separazione dello Stato dalla Chiesa , sia perché questa separazione non vi è di fatto , sia perché al clero sono interdette alcune funzioni ragionevoli , mentre ad un tempo gli sono dati e sussidii e privilegi . Ora tutta la forza e tutta la speranza dell ' ordinamento che abbiamo propugnato , sta nell ' accordare all ' associazione religiosa quanto è di giusto nella sua natura e nelle sue aspirazioni , e mantenere poi fermamente i limiti di sua azione sicché non offenda i diritti degli altri e quelli dello Stato . Laonde quando si parla ( e con ciò chiudo l ' esame di questa e della precedente obbiezione ) e si paventa dal clero una resistenza faziosa , cominciando dal rifiuto di obbedienza alle leggi e giungendo sino alla cospirazione , alla ribellione e alla guerra civile , io dico che ciò non mi par probabile , e che in ogni modo lo Stato non ha difficoltà maggiore a reprimerla di ogni altra resistenza o ribellione che s ' incontri nella Società . Che se i diritti della Chiesa siano con imparziale giustizia determinati , e sia dato ad essa quella libertà che le compete , ognuno di questi conati costituirebbe un reato la cui punizione la più severa , minacciata dai codici ed eseguita inesorabilmente , non susciterebbe alcuna pietà . Vero è che l ' associazione religiosa nella sua universalità non si può sciogliere , ma si ponno sciogliere le associazioni parziali , e anche la prima può essere frenata nei suoi membri , se uscendo dal proprio campo si attenti d ' invadere i diritti dello Stato . Qui è veramente il punto dove il giure comune che abbiamo invocato fa di sé mostra , e la violazione delle leggi è punita egualmente per tutti . Un ' altra obbiezione è speciale all ' Italia , e si pretende che la legge del 13 maggio 1871 detta delle prerogative del Sommo Pontefice , ossia delle guarentigie della sua indipendenza , sia in contraddizione con l ' ideale che noi siam venuti raffigurando . Avvegnacché non si può parlare di separazione dello Stato dalla Chiesa , di libertà , e di diritto comune , laddove la gerarchia ecclesiastica è privilegiata di diritti proprî e d ' immunità esorbitanti . Questa obbiezione ha una parte di vero : e la contraddizione di che si parla fra il sistema da noi descritto e la legge delle guarentigie giace principalmente nel riconoscere nel Pontefice la qualità di sovrano , e perciò inviolabile , nell ' accordargli le immunità personali e locali che alla sovranità si addicono e la assistenza di un corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede . Però è d ' uopo considerare che la legge detta delle guarentigie è legge , se altra fu mai , politica e di opportunità . Imperocché si trattava di rassicurare i governi e i popoli cattolici che la fine del poter temporale del Papa non implica la servitù spirituale della Chiesa . Pongasi mente che il Governo temporale dei Papi , secondo l ' affermazione romana , già da dieci secoli aveva avuto legittimo principio , ma certamente da tre secoli in qua vigeva nella sua forma presente ed incontrastata , e per essa fu mescolato a tutti gli avvenimenti d ' Europa , facendo parte di quello che chiamavasi equilibrio dei potentati , anzi di questo equilibrio era reputato elemento essenziale ; tantocché nel 1815 dopo la tempesta delle rivoluzioni e delle guerre era stato ripristinato , e poi nonostante le frequenti sollevazioni de ' sudditi , rimesso in piedi con aiuti stranieri , e sorretto dal 1831 al 1838 , e dal 1849 al 1870 . Inoltre si era intessuta tutta una dottrina , di cui ebbi già a discorrere , per dimostrare che il sistema giurisdizionale negli Stati , in tutto o in parte cattolici , non solo era bilanciato , ma reso possibile della esistenza di un territorio piccolo sì , ma dove la libertà della gerarchia ecclesiastica fosse intera . Così tra per la sua antichità , e per la riverenza che s ' accompagna al Papato , tra per gli interessi che vi erano implicati , e le teoriche inventate per colorirli , tra per gli sforzi patiti a mantenerne la interezza contro la volontà dei sudditi , il dominio temporale pareva agli occhi della diplomazia un domma inconcusso . Tolto codesto presidio , si vedevano sorgere pericoli di ogni maniera : il Papa errante fuori di Roma a guisa di sublime mendico con pericolo gravissimo della quiete degli Stati pei quali passasse , o il Papa in Roma prigioniero , o finalmente il Papa strumento di regno , e come dicevasi , con vecchia frase , gran capellano e limosiniere del Re d ' Italia . Che se l ' ipotesi della cattività si faceva suonare alta a commovimento degli animi pii , l ' altra era più sentita nei gabinetti , dove pareva che un Re in Roma il quale se la intendesse col Pontefice , e facesse servire le influenze religiose ai suoi fini mondani , potrebbe conseguire tale una forza nel mondo da vincere ogni resistenza . Per tutti questi motivi i cattolici vedevano con terrore approssimarsi il momento già annunciato dapprima , nel quale le armi italiane avrebbero occupato la eterna città . Si formava in aspettativa di questo evento un cumulo di odii , che poteva suscitare al nuovo Regno gravissime difficoltà . Perciò conveniva rassicurare gli animi , e dare ampie e sincere promesse che giunti gli italiani a Roma e ivi posta la capitale , avrebbero assicurato il Pontificato , e il Sacro Collegio con tali guarentigie da poter esercitare in piena libertà e indipendenza l ' apostolico ministero , e da non lasciar dubbio negli animi dei cattolici che le sentenze e i responsi del Vaticano non fossero la espressione veridica di ciò che là entro si pensava e si deliberava . Tale fu il fine della legge sulle guarentigie , il qual fine può dirsi conseguito : imperocché nonostante i clamori e le querele , nessuno potè dubitare che la libertà del Pontefice nelle sue relazioni coi governi e coi popoli non rimanesse incolume anche dopo che fu cessato il dominio temporale . Adunque fin a tanto che presso alle altre nazioni , che sono cattoliche o hanno sudditi cattolici , avrà vigore il sistema giurisdizionale onde la chiesa è una istituzione connessa allo Stato e il suo capo ha una potestà pubblica uguale e parallela a quella del monarca o che fra loro sono concordati e convenzioni di pubblico diritto , il Papa non si potrà considerare soltanto come un cittadino suddito del Re . Allora solo la legge delle guarentigie cesserebbe di aver ragione , e verrebbe meno , quando queste necessità internazionali finissero , e quando la separazione della Chiesa dallo Stato avesse avuto qui ed altrove il suo pieno compimento nelle leggi , e la sua conferma nell ' esperienza dei fatti . E poiché ho parlato della legge delle guarentigie mi sembra conveniente toccare altresì , a guisa di digressione di un punto che recentemente fu assai discusso in specie nella Germania * , con argomenti assai sottili . La libertà della Chiesa , si disse , comunque essa sia praticata in uno Stato , non dee però violare le regole riconosciute dal diritto delle genti . Ora una di codeste regole fondamentali è la seguente : quando in uno Stato è commesso un atto ingiusto e criminoso contro un altro Stato , l ' offeso dee poter trovare chi ne abbia la responsabilità . Ed ecco il caso . Il Papa con una enciclica eccita a ribellione sudditi tedeschi verso il legittimo lor sovrano . Se il Papa fosse sovrano anch ' esso di un territorio , la Germania potrebbe far la guerra al Papa ; se fosse suddito del Re d ' Italia , la Germania potrebbe esigere che codesto suddito fosse punito secondo le leggi del paese . Nella condizione presente invece il Papa non è né sovrano effettivo , né suddito , e mentre il Governo italiano rifiuta ogni responsabilità dei suoi atti e delle sue parole , però lo tutela e lo rende inaccessibile , dandogli così un privilegio che nessun sovrano né suddito ha nel mondo di porsi sopra tutte le regole del diritto pubblico . Questo argomentare , mentre turbava gli spiriti di alcuni , sollevava gli animi di altri , e sopratutto dei difensori del potere temporale del Pontefice . I quali ne traevano questa illazione che la Germania stessa , sebbene ostile al Papato , era costretta a riconoscere la indispensabile necessità che possedesse un territorio suo proprio . Ma guardando attentamente questo sillogismo , si vedrà che la premessa non è razionale . Imperocché non sempre uno Stato offeso può materialmente trovare dinanzi a sé un offensore accessibile , contro il quale esercitare la sua vendetta . Vi sono degli Stati così piccoli , senza porti di mare o rinchiusi nel territorio di Stati maggiori , ove non si possono portare le armi . E vi sono de ' delitti , specialmente politici , pei quali non è lecito chiedere l ' estradizione , né si può invocare un giudizio penale da uno Stato straniero . Poniamo che il Papa peregrinando esule nel mondo , avesse posto la sua sede nell ' isola di Malta sotto i dominii della Regina d ' Inghilterra . Forsecché la Germania avrebbe potuto punirlo o esigerne la punizione dal Governo britannico ? Sono ancora presenti alla memoria i tentativi fatti in altro tempo contro cospiratori e scrittori che avevano loro sede in Londra stessa , dove ogni sforzo della diplomazia tornò vano contro le consuetudini di quel governo . Che se il Papa avesse avuto ancora un territorio , e la Germania perciò avesse potuto colpirlo , o con la occupazione di Civitavecchia o con quella di Roma stessa , lasciamo stare che altre potenze si sarebbero mescolate nella questione , non perciò il problema sarebbe stato risoluto . E se il Papa si fosse ostinato nei sentimenti espressi nella enciclica , invano colla forza si presumeva di trionfarne . E si avverta che in questo caso si desidera una sovranità temporale al solo intento di distruggerla , e un possesso territoriale al solo fine di conquistarlo : il che renderebbe poscia egualmente vana la premessa da cui il raziocinio si parte . Ma il vero è che vi sono de ' problemi d ' indole morale e talvolta anche politica , che materialmente non si possono risolvere . Né la legge delle guarentigie ha dato al Papa autorità o forza spirituale , maggiore di quella che avesse in prima . Dopo avere delineato la legislazione che si addice alla separazione della Chiesa dallo Stato , e risposto alle obbiezioni principali che le si muovono , potrà taluno chiedere se questa legislazione sia da attuarsi immediatamente e tutta di un pezzo in Italia . Rispondo che in parte essa è iniziata , in parte potrà compiersi appresso , ma si vuol procedervi con grande cautela e prender quei temperamenti che meglio si addicono alla condizione delle cose . La esperienza ha dimostrato da gran tempo che come nella natura così nella società si progredisce grado a grado e non per salti . E se gli uomini vogliono contrastare a questa legge non fanno opera durevole : e poniamo che pochi giungano ad imporre un loro concetto immaturo , non possono mantenerlo senza violenza , cosicché a breve andare si ritorna più indietro di quello che si fosse in prima . Ma consentendo che si proceda gradatamente e con temperamenti , vuolsi però avvertire che questi non avrebbero valore e spesso anche potrebbero tornare dannosi , quando non si abbia un criterio fisso di condotta , e dinanzi agli occhi chiara la meta verso la quale si cammina . Or questa meta è appunto l ' ideale che abbiamo descritto , e il criterio della condotta deve essere la tendenza di accostarci sempre ad esso secondo che le occasioni ce ne porgano il destro . Questa condotta a mio avviso dee avere manifestamente due caratteri : una grande fermezza nella osservanza delle leggi vigenti , sinché esse non sieno mutate , onde appaia manifesto che lo stato non balena fra opinioni diverse , e non permette che alcuno si sottragga con sotterfugi e avvolgimenti ai suoi decreti ; e in pari tempo un grande rispetto pel sentimento e per la società religiosa , onde sia tolto ogni dubbio che il governo si muova per ostilità preconcette o coll ' intendimento di violentare le coscienze . La forza grandissima della politica italiana sinora , per la quale ha potuto risolvere senza scosse tanti problemi scabrosissimi , come la fine del dominio temporale dei Papi , l ' abolizione delle corporazioni religiose , e la trasformazione degli Istituti ecclesiastici stranieri in Roma , consiste tutta nella saviezza e nella temperanza del suo contegno , e nella persuasione che ha di tal guisa saputo infondere in Europa , che il nuovo Regno non voleva attentare né alle credenze religiose , né all ' organismo spirituale della Chiesa cattolica . In questo indirizzo , iniziato dal conte di Cavour , si convien perdurare fermamente , e non lasciarsi rimuovere da esso per andazzo di pregiudizii volgari , o per vani risentimenti . Pessima di tutte le politiche sarebbe quella che per ismania di rumorosa popolarità agitasse la questione religiosa senza proposito , e desse al clero il pretesto di gridare alla persecuzione e di atteggiarsi a vittima , pur non facendo alcun passo verso la soluzione dei problemi religiosi del tempo nostro . La moderazione politica che ho lodato , e per la quale lo Stato si astiene da tutto ciò che può essere vessatorio senza ragione , e mal interpretato senza profitto , m ' induce a trovare assolutamente erroneo il consiglio che dà il Bertini , cioè che dopo la morte di Pio IX il governo italiano ponga al riconoscimento del suo successore alcune condizioni ; principalissima fra le quali sarebbe una condanna esplicita e solenne di quella dottrina per cui l ' indipendenza del potere spirituale del Papa richiede , in modo indissolubile , il civile principato . " Bisogna finirla , dice il Bertini , e ottenere a qualunque costo dal Papa futuro la condanna esplicita di una teorica evidentemente falsa e immorale , qual ' è quella che pone il dominio temporale come condizione della indipendenza spirituale del Pontefice *." Sebbene sia vero che codesta teorica è divenuta assurda , e noi abbiamo coi fatti provato di riguardarla come tale , pur nondimeno non sarebbe né savio , né prudente , né utile pretendere dal nuovo Pontefice questa formale condanna . Imperocché l ' Italia non ne abbisogna , avendo già sotto l ' impero di quella massima e contrariamente ad essa , abolito il potere temporale , compiuto la nazionale unità , e costituito in Roma la sua capitale . Ben potrebbe la Chiesa replicare che non ha mai proclamato siffatta massima come assoluta , e che la stessa dichiarazione dei vescovi nel 1862 era condizionata , poiché vi si legge : in praesenti rerum humanarum statu : e questo stato di cose è già cambiato e può cambiare ad ogni ora ; infine nel sillabo si condanna solo chi dice che l ' abolizione del potere temporale conferisce grandemente alla felicità e alla grandezza della Chiesa * , il che è assai diverso dalla proposizione di un nesso necessario fra loro . Ad ogni modo il nuovo Pontefice potrebbe rispondere al Governo italiano che egli si riguarda come capo della Chiesa cattolica per volontà divina , e non per sanzione dello Stato . Potrebbe aggiungere , se ogni passione fosse nel suo animo attutita , che egli rispetta le leggi civili , obbedisce alle autorità costituite in tutto ciò che è richiesto , ma non dimanda loro riconoscimento . E potrebbe anche andar più oltre e chiedere con qual diritto gli si chieda di ritrattare una opinione , che non sarebbe vietato alla pubblica stampa di sostenere . Ma a che prò perderci in queste congetture ? Quando il Governo italiano volesse minacciare una sanzione all ' inadempimento della sua domanda , e far forza nel Papa , dovrebbe farla o nei suoi beni o nella sua persona . Ma l ' assegno pecuniario fatto dall ' art . 4.° della legge delle guarentigie , non fu mai riscosso finora , e così può essere rifiutato nell ' avvenire . E quanto alla persona , ogni violenza non approderebbe alla nazione , ma guasterebbe i vantaggi conseguiti sin qui , non migliorerebbe i rapporti dello Stato colla Chiesa , anzi li peggiorerebbe , perché ad un Papa esule non mancherebbe mai un asilo sicuro donde potesse proclamare le sue massime e scagliare i suoi fulmini . Ed io ho voluto esaminare questo luogo del Bertini , d ' altronde uomo religioso e dotto , per mostrare quanto dobbiamo evitare che alcuni pregiudizii ci distolgano da quell ' indirizzo che fu seguìto sin dalle origini del nostro risorgimento . Adunque , per tornare all ' argomento , conviene mantenere fermamente le leggi di fronte al papato e alla chiesa , ma non retrocedere dalla via della libertà nella quale ci siamo messi . Eccetto il caso che il papato assalisse con nuove armi manifestamente e direttamente lo Stato , costringendolo a provvedimenti eccezionali di legittima difesa , io credo che qualunque passo a ritroso oltrecché toglierebbe il suo carattere al risorgimento italiano , ci allontanerebbe dal fine che vogliamo raggiungere . Ma non potrei tampoco ( salvo circostanze peculiari e temporanee che non sono ora prevedibili ) consentire nell ' opinione del Laurent che accetta come transazione acconcia al nostro tempo quella dei concordati * . L ' argomento che adopera il Laurent è il seguente : La Chiesa pretende di essere una potestà pubblica , ed è inutile che lo Stato dichiari di non riconoscerla come tale , e finga persino d ' ignorarla . Il fatto è così , e i fatti si osservano , e se ne tiene conto , sotto pena d ' incorrere in gravi mali . Questo videro gli uomini che governavano la Francia nel 1801 e preferirono ad ogni altro sistema quello del concordato . Meglio è in fatti transigere , quando la transazione riesca più agevole e più utile di quello che il mantenimento rigoroso del puro diritto . Laonde un concordato dovrà assicurare alla Chiesa tutta la libertà che è compatibile colla esistenza dello Stato e coi suoi diritti essenziali . Che se la Chiesa rifiutasse di trattare a condizioni simiglianti , allora non resterebbe che la separazione netta , intera , assoluta . Ma siccome questa separazione è gravida di pericoli per la Chiesa e per la religione , così egli è d ' avviso che dovendo scegliere fra i due , la Chiesa s ' indurrà ad accettare piuttosto un concordato , ancorché sia poco soddisfacente ai suoi desiderî . Lasciamo da parte il giudizio storico che io reputo inesatto , parendomi invece che Napoleone I , quando fece il concordato con Pio VII , più che dalle predette cagioni fosse mosso dall ' intendimento vero e proprio di stringere un vincolo di unione colla Chiesa per guisa da trovare in essa un aiuto a governare più fermamente all ' interno , ed estendere i propri influssi di fuori . Era in lui fermo il concetto dell ' alleanza fra il trono e l ' altare , e Napoleone si mostrava in ciò l ' erede di Pipino e di Carlomagno . Né tampoco ripeterò le considerazioni già fatte disopra , per le quali mi è d ' avviso , che la separazione non possa arrecare danno alla religione , né allo Stato . Ma se da un lato si riconosce la Chiesa come potestà pubblica , e dall ' altro la si sforza ad accettare delle condizioni dure , questo patto non sarà né sicuro , né stabile . La Chiesa avrà sempre in mira di migliorare le condizioni proprie , e si varrà dell ' acquistato come scala a nuovi acquisti , anzi porrà tal prezzo alla sua cooperazione . Sarà questa altresì una cagione indiretta di dare al clero quel carattere di partito politico , dal quale sopra ogni altra cosa noi abborriamo . Adunque , una volta usciti dai concordati , mi sembra che il ritornarci , senza gravissime ragioni , quand ' anche contenessero patti a primo aspetto favorevoli , sarebbe un passo contrario al nostro fine . Quanto al fare dei passi ulteriori verso di questo , ogni volta che ci si presenti la necessità di una riforma di codici , o di leggi che abbiano attinenze coll ' associazione ecclesiastica , noi dovremmo profittarne per introdurvi quelle modificazioni che li mettano in accordo col principio da noi stabilito , tenuto conto della condizione degli animi , e delle circostanze presenti . Finalmente nella legge stessa delle guarentigie , n ' è promessa un ' altra speciale che deve regolare la proprietà ecclesiastica , e questa legge può essere occasione propizia per dare esecuzione ad una parte delle idee da noi propugnate , e per aprire anche ai fedeli l ' adito ad inframmettersi nell ' amministrazione della Chiesa . L ' articolo 18 della legge 13 maggio 1871 , suona così : " Con altra legge sarà provveduto al riordinamento , alla conservazione e all ' amministrazione delle proprietà ecclesiastiche nel Regno . " Oggi la proprietà ecclesiastica in Italia appartiene , secondo varie distinzioni , a beneficî di vescovi , di parrochi , o di canonici ; a fabbricerie , a confraternite ed altri enti , parte religiosi , parte aventi carattere di Opere Pie ; agli Economati , al Fondo pel culto , alla Giunta liquidatrice nelle provincie romane . È evidente che nel nostro concetto queste tre ultime amministrazioni che appartengono allo Stato debbono gradatamente cessare . Ma quali saranno gli enti che potranno conservare , o ricevere proprietà ecclesiastiche ? In che forma l ' amministreranno ? Vi sarà una tutela , e a chi affidata ? A nostro avviso , le diocesi e le parrocchie debbono continuare a riconoscersi come enti giuridici , le altre associazioni religiose , come le fabbricerie e le confraternite potranno esserlo , ma gioverà , innanzi di determinarlo , avere una cognizione esatta del loro scopo , delle tavole di fondazione , del modo onde oggi i legati si adempiono , e va dicendo . In massima non v ' è ragione di sopprimere questi enti , in pratica possono essere fatte delle esclusioni ragionevoli . Accennai altrove come già sin dal 1865 una commissione parlamentare avesse pensato a formare delle congregazioni diocesane o parrocchiali , le quali amministrassero la sostanza destinata alla provvisione degli ecclesiastici , al culto e alle cose sacre * . Ma l ' opinion pubblica allora non era preparata a questa riforma , e trovavasi assai più avviluppata in antiche consuetudini . Non so se oggi sia ancor matura , ma ciò può suggerire dei temperamenti , non rimuoverci dallo scopo . Per me , siccome dissi nel capitolo precedente , credo che il beneficio non sia più compatibile coll ' ordinamento generale delle proprietà e colle relazioni civili del tempo nostro , e inoltre , mi piace ripeterlo , tengo per fermo che il principio elettivo sia essenziale alla durata e alla prosperità d ' ogni associazione o corporazione , le quali non possono durare se non in quanto abbiano in sé stesse il principio della propria riforma , o del proprio rinnovamento . Quindi le norme alle quali dovremmo conformarci nella nuova legge da farsi , sarebbero , a mio avviso , la separazione del beneficio dall ' ufficio , la creazione di congregazioni elettive e responsabili , le quali amministrino i beni ecclesiastici al fine di provvedere ai ministri del culto , agli edificii , alle cose sacre , un resoconto pubblico di codeste amministrazioni , un ' alta tutela affidata ai tribunali , dinanzi ai quali e ministri del culto e fedeli e tutti coloro insomma che hanno interesse alla conservazione del patrimonio ed alla equa erogazione della rendita dei beni ecclesiastici , avrebbero diritto di ricorrere * . In questa parte , stabilito il principio , bisognerebbe lasciare anche molto alla giurisprudenza , la quale coi suoi pronunziati supplirà alle deficienze degli statuti ecclesiastici e della legge comune , sinché Chiesa e Stato con nuovi provvedimenti suggeriti dalla esperienza abbiano , ciascuno per la parte che lo riguarda , regolato tutta la materia . Ma egli è evidente che introdotto il principio elettivo nelle congregazioni dove i laici avrebbero la massima parte , e affidata loro l ' amministrazione e la responsabilità , il germe della riforma è gittato , è aperta cioè la via al laicato cattolico ed al clero minore di conseguire non solo nell ' ordine temporale della Chiesa , ma altresì nell ' ordine spirituale quelle mutazioni che rispondano al bisogno della coscienza loro e alla necessità dei tempi . Ma per ciò fa d ' uopo che nell ' uno e nell ' altro vi sia vitalità , energia , perseveranza di azione . Che se essi non hanno tali doti , non è la ingerenza dello Stato che potrà supplirvi . L ' ufficio dello Stato in questa materia , per giudizio nostro , finisce quando esso abbia posto legislativamente il laicato cattolico , e il clero minore in tali condizioni da poter rivendicare i loro diritti * . Potrebbe sorgere una difficoltà pratica quando la gerarchia cattolica vedesse nella creazione di queste congregazioni un atto di violenza e di spogliazione , e il laicato medesimo rifiutasse perciò di assumere ogni ingerenza , ogni diritto che si volesse concedergli . Ne nascerebbe quindi una perturbazione gravissima , e non si otterrebbe l ' intento . Se non che mi sembra difficile che si giunga a tale rifiuto che sarebbe dannoso agli interessi ecclesiastici tanto spirituali che temporali . Certo le regole di queste istituzioni debbono esser eque ; equa la forma di elezione , poniamo che fosser chiamati i padri di famiglia a scegliere i componenti la congregazione parrocchiale ; e questi , in secondo grado , a scegliere i componenti la congregazione diocesana . Il che non offenderebbe i canoni della Chiesa . Né qui si tratta di altro che della conservazione e amministrazione dei beni . Che se questo può essere scala a maggiori franchigie , e condurre alla elezione stessa del parroco e del vescovo , dalla quale v ' ha chi trae ogni ulteriore riforma * , cioè dee seguire per spontaneo ed interno moto dei fedeli che fan parte della Chiesa , non essere comandato dallo Stato . Aggiungasi che il detto ordinamento potrebbe cominciare a tentarsi rispetto all ' amministrazione di quei beni che sono nelle mani del governo . Il fondo pel culto può con sagace distribuzione divenire il nucleo di questo rivolgimento amministrativo ; e se mano a mano che gl ' investiti di un beneficio muoiono , gli Economati che amministrano i beni delle sedi vacanti organizzassero a tal fine le predette Congregazioni con questa sanzione , per cagion d ' esempio , che ove non si trovassero parrocchiani che accettassero l ' ufficio , o questi rifiutassero di continuare dopo la nomina del parroco ; i beni tornerebbero in mano degli Economati stessi , io mi penso che in questo modo o in altro conveniente che rispetti i diritti acquisiti , si potrebbe giungere in tempo non lungo ad attuare la nuova istituzione . Però non posso lasciar di notare che queste riforme non avrebbero più ragione , qualora lo Stato s ' impossessasse di tutti i beni ecclesiastici che rimangono , e vi sostituisse un assegnamento a carico del bilancio , o ciò che è molto analogo un titolo di rendita pubblica . E invero la partecipazione dei laici all ' amministrazione diverrebbe così lieve da non eccitare neppure l ' interesse delle Congregazioni . Laonde un provvedimento di questo genere sarebbe un vero regresso per coloro che in queste Congregazioni scorgono un germe della riforma ecclesiastica : sarebbe in sostanza il sistema del clero salariato , che noi già mostrammo non essere né razionale né confacente al pubblico bene . Molte altre questioni politiche potrebbero esaminarsi a tale proposito , ma non è questo il luogo per trattarne , e concludo che pur procedendo con tutte le cautele e le riserve si debba sempre avere di mira la meta quale noi l ' abbiamo delineata , non indietreggiare da quella via che si è percorsa e cogliere ogni opportunità propizia a darvi un passo ulteriore . Imperocché tutte le obbiezioni che siamo venuti esaminando via via , non ci sembrano tali da mutare il nostro proposito , e agli occhi nostri rimane provato che nelle condizioni odierne d ' Europa , e specialmente in quelle d ' Italia , la separazione della Chiesa dallo Stato sia l ' unica soluzione desiderabile . CAPITOLO QUINTO È egli necessario congetturare gli effetti della separazione della Chiesa dallo Stato ? È possibile il prevederli ? A queste due dimande altri può rispondere per avventura negativamente . Si dirà che se la separazione della Chiesa dallo Stato è un portato inevitabile delle condizioni della società mederna , noi dobbiamo rassegnarvici quali che ne siano le conseguenze . Si dirà inoltre che gli eventi umani essendo l ' effetto di cause molteplici , se riesce sommamente arduo sceverare ciò che all ' una o all ' altra si deve nel passato , più arduo ancora e quasi sfidato egli è indagare nell ' avvenire gli effetti di una singola causa . Eppure nell ' animo nostro vi ha qualche cosa che ci spinge a siffatta indagine . Come colui che lascia una terra lungamente abitata e si affida alla nave che lo trasporterà a remoti lidi , non può non pensare a ciò che troverà in quelle contrade , e quale vi sarà la sua vita ; così ad ogni vecchia istituzione che si cambia e ad ogni nuova che si manifesta nella società , siamo mossi ad anticiparne col pensiero gli effetti . Né tampoco questa indagine può dirsi inutile , poiché se non altro ella ci ammonisce degli apparecchi che occorrono , dei presidî onde dobbiamo fornirci , dei pericoli che dobbiamo evitare . Rispondendo nel capitolo precedente a coloro i quali pretendevano di contrapporre l ' esperienza degli Stati Uniti , dell ' Irlanda , del Belgio a dissuasione delle nostre idee , io ho dimostrato quanto si dilungassero dal vero , e ho notato che rispetto al Belgio , non si possono trarre legittime illazioni da una condizione di cose , che in taluni punti sostanziali è diversa da quella che noi proponiamo ; che rispetto all ' Irlanda i risultati della separazione furono finora soddisfacenti ; che infine , rispetto all ' America Settentrionale , sebbene vi siano taluni paurosi che dalla libertà religiosa possa venirne qualche iattura alle istituzioni o perturbazione alla pubblica quiete , sono però pochi di numero e poco ascoltati , ma finora non v ' ha nulla di così serio da scuotere la fede colla quale gli americani hanno proceduto sempre in tale materia . Pur nondimeno a quella guisa che ho respinto quegli esempi , quando si recarono innanzi contro la nostra tesi , con pari imparzialità consento che gli esperimenti sono ancora troppo scarsi , e il tempo di lor durata è troppo breve , perché noi possiamo dai medesimi argomentare con sicurezza intorno all ' avvenire . Ma ben altre e maggiori dubbiezze possono sorgere nell ' animo quando si tratta di prevedere gli effetti di quel principio in società diversamente costituite , e sopratutto in quei popoli nei quali una sola religione signoreggia . Imperocché , là dove molte sètte si bilanciano , pare ovvio ad alcuni che la separazione possa essere ammessa , e che non debbano scaturire funeste conseguenze : ma egli è colà appunto , nel continente europeo , dove se ne sente meno il bisogno . Già notammo che gli Stati protestanti possono per avventura rimanere ancora lungo tempo nel sistema giurisdizionale che vi prevale , sebbene anche ivi appaiano taluni sintomi della decadenza di questo sistema . Ma nei paesi come l ' Italia , dove per l ' appunto noi invochiamo la separazione come un assetto normale , ivi una sola religione può dirsi viva , cioè il cattolicismo . Onde il cercare esempi dove invece è pluralità di credenze poco approda , e le conclusioni che dall ' un paese si vorrebbero tirare all ' altro , male vi si attagliano . Bisogna dunque considerare in sé le cose , e cercare di argomentare per induzioni dallo stato presente il futuro . E qual sia la condizione d ' Italia e in gran parte dei paesi cattolici noi lo abbiamo già descritto nel capitolo secondo . Una gran massa credente sì , ma più che credente superstiziosa o ignorante o poco fervida nel suo pensiero e nel suo sentimento ; un ' altra gran massa indifferente , o quasi indifferente , che se adempie le pratiche esterne della religione lo fa per tradizione , o per abitudine , o per convenienza , o per quel calcolo di probabilità di che parla il Pascal * . Scarsa la schiera che professi la religione non solo a parole , ma nel suo vero spirito , e dirimpetto ad essa una minorità ostile al cattolicismo , parte anche alle idee religiose di ogni genere , la quale si forma degli uomini dati alla scienza , alla politica , agli affari , a quelli che si dicono l ' eletta della compagnia civile . Ora che avverrebbe , posto che fosse effettuata la separazione della Chiesa dallo Stato ? Ci sia lecito fare alcune ipotesi . V ' ha chi presume che vi possa essere nei paesi nostri un forte cambiamento di opinioni e di sentimenti , una reazione onde la società ridivenga fervidamente credente , e tutta o quasi tutta sinceramente e operosamente cattolica , nel senso che lo era e che può essere dal Vaticano desiderato . Si adduce , ad esempio di ciò , l ' Inghilterra nel principio del secolo scorso . In quel tempo Leibnizio , addolorato , scriveva alla Principessa di Galles , che non pur la religione rivelata , ma altresì la religione naturale era colà minacciata e scossa , e poscia Montesquieu nelle sue note di viaggio scriveva : point de religion en Angleterre . E in vero una lunga tratta di scrittori , da Hobbes a Bolingbroke , avevano fatto la critica della religione , e messo in voga lo scetticismo . Voltaire inneggiava a Bolingbroke e lo chiamava il capo della grande scuola . Ma questa voga d ' incredulità era più apparente che reale ; solo alla superficie della società si agitavano queste idee . La moltitudine del popolo era religiosa , e nella coscienza popolare s ' ispirarono coloro che purificando il protestantesimo spensero anche nelle classi agiate e potenti lo scetticismo . Il popolo inglese , come bene osserva un sagace scrittore , essendo mirabilmente pratico , sa rifarsi per necessità civili e politiche anche la coscienza religiosa * . Non si può dunque argomentare dal fatto parziale della Inghilterra del secolo passato , alla Francia , all ' Italia , all ' Europa del secolo presente : né mi par fondata la aspettativa di una restaurazione cattolica . Di ciò mi persuade eziandio un fatto che accennai già nel secondo capitolo , e del quale dissi che avrei parlato più oltre , e qui mi sembra opportuno insistervi , siccome decisivo nel giudizio delle probabilità avvenire , intendo quella tendenza razionale che si manifesta nella storia dal secolo decimoterzo in poi , cioè da quel momento nel quale le scienze , le lettere , le arti ricominciarono a luccicare dopo la profonda notte che per quasi dieci secoli aveva ottenebrato l ' Europa . Questa tendenza fu nei suoi inizii timida e ritrosa , ma crebbe continuamente , e si diffuse e pigliò da ultimo ardire e baldanza di tutto soggiogare . Chiunque studia attentamente il medio evo scorge come fra le forze morali una sola abbia vigore sugli animi , ed è la religione , ma dal rinascimento in poi un ' altra grande forza sorge e gli si contrappone , ed è la scienza . Nel medio evo l ' uomo non cerca già d ' investigare i fatti che lo circondano e le leggi della natura ; ma è inclinato ad attribuire ogni fenomeno ad influssi sopranaturali . Non vi è luogo , non vi è tempo che non abbia il suo miracolo , non vi è individuo che non sia stato testimone di prodigi di ogni specie , che non abbia avuto visioni , che non abbia udito profezie . Le potestà celesti ed infernali gareggiano , secondo il pensiero di quell ' epoca , nel governo delle cose umane ; per l ' una parte la Vergine , i Santi del Cielo , le preghiere dei buoni , i meriti dei penitenti , per l ' altra i diavoli , tutte le arti magiche , le stregonerie , i peccati quotidiani dei rei . Un gran terrore signoreggiava . L ' inferno è l ' idea principale , l ' immagine rappresentata in mille forme con descrizioni vivissime , e all ' inferno si collega nel pensiero degli uomini il concetto della eredità della colpa del primo progenitore , il quale ha irremissibilmente perduto tutta l ' umanità , salvo i pochi che il Redentore per grazia si degni di salvare ; sicché intere generazioni , intere nazioni che non avevano udito mai parlare della religione cristiana erano dannate per tale ignoranza . Ma anche nelle popolazioni illuminate dalla luce della verità , il conseguimento della vita eterna era opera ardua e seminata di pericoli . La terra si riguardava come destituita di ogni pregio , piena di dolori e d ' inganni , il pessimismo ( come direbbero alcuni germanici odierni ) era il criterio di ogni giudizio , e allontanava gli uomini anche dai beni più innocenti , siccome quelli che potevano precipitarlo in una eternità di pene , e la vita già sì misera e travagliata in quella scurissima condizione di tempi era resa anche più infelice dal timore . Quindi l ' ascetismo , la mortificazione , la contrizione , e frutto di tali sentimenti le moteplici istituzioni monastiche , e le compagnie dei laici penitenti : perenne intento della vita ( per quanto il comportasse l ' umana resistenza ) la rinunzia ad ogni diletto e conforto come esiziale o pericoloso . Fuori della Chiesa non v ' è salute , ecco il sentimento più profondo del cuore , ecco il grido dei popoli ; e quindi la rivolta contro di essa , cioè l ' eresia è tenuta per il peggior dei delitti , e l ' eretico pel più scellerato dei colpevoli . E che era mai un gastigo feroce e la strage a petto dei mali che la diffusione di una eresia avrebbe generato nella Società ? E qual pietà poteva commuovere i giudici , se Dio stesso puniva l ' errore e l ' ignoranza dei misteri al pari del più grave dei peccati con infiniti tormenti ? L ' idea della persecuzione degli eretici è tanto naturale in quell ' epoca e per alcun tempo dopo , che nessuno , sia pur grande l ' ingegno suo , se ne può sottrarre del tutto , e uomini per ogni parte virtuosi e miti soffocano nel cuore ogni senso di misericordia , e credono di onorare Iddio colla ecatombe dei loro avversari . La scienza non è ammessa , se non in quanto serve alla teologia : da questa riceve i suoi metodi , i limiti , i postulati , e se ne intitola ancella . L ' arte nei suoi incunabuli è rinchiusa nel santuario , ne piglia le ispirazioni , e mira a renderlo più adorno . La voce di laico significa illetterato , e non solo lo Stato soggiace alla Chiesa , ma il governo stesso delle cose temporali è affidato in gran parte ad ecclesiastici . A poco a poco questo stato di cose si modifica : le crociate , sebbene ispirate da sentimento pio , e indirizzate ad un fine tutto religioso , pure ebbero nella società conseguenze contrarie a quelle che pareva dovessero derivarne . Gli uomini che s ' eran trovati di fronte popoli professanti credenze diverse , e che avevano pur dovuto riconoscere in essi valore e merito , divennero alquanto meno aspri nei loro giudizi , e più tolleranti nella pratica * . Un desiderio inusitato di ricchezza si propagò in Europa , e quindi surse l ' industria , e con essa un ' avversione allo spirito monastico e alla vita meramente contemplativa e di romitaggio . In Italia intanto risorgeva l ' amore del bello nelle lettere e nelle arti . E più tardi , colla caduta di Costantinopoli , quando i Greci esulando in Europa portarono seco le reliquie dell ' antichità , si ravvivò generalmente la conoscenza e la passione delle cose classiche , e l ' ammirazione di un ideale diverso da quello che fino allora proponevasi alla imitazione . Coloro fra i moderni storici che hanno attribuito lo spirito razionale al solo protestantismo sono in errore . Il protestantismo fu una delle sue manifestazioni , ma non ne fu causa , poiché era già sorto molto innanzi . Anzi i primi protestanti furono inconsci delle conseguenze che portava in sé il principio che adottavano . Lutero e Calvino professavano le più lugubri teoriche del cattolicismo , e la persecuzione contro coloro che non parteggiavano per essi non fu meno fiera né meno ostinata di quella dei cattolici . Ma , nonostante cattolici e protestanti , la tendenza di che abbiamo parlato vien sempre crescendo e diffondendosi . Non v ' è ostacolo che l ' arresti , non v ' è persecuzione che la domi . La scienza si scioglie dai vincoli della teologia , e più tardi colla scuola sperimentale , mira a spiegare con leggi costanti tutti i fenomeni dell ' universo , e uomini pii si sforzano di dare all ' intervento soprannaturale nelle leggi del mondo una spiegazione che sia conciliabile colla filosofia * . I prodigi , i miracoli divengono ogni giorno più rari , le streghe , già così numerose e temute , scompaiono dalla scena del mondo . Di pari colla scienza anche le arti pigliano un andamento indipendente della religione . La polizia si secolarizza , e non solo il governo della cosa pubblica passa ovunque nelle mani dei laici , ma si afforza lo spirito di resistenza ad ogni pretesa di Roma , e alla tutela cosmopolitica della Chiesa succede una tutela nazionale nei consolati , e nella diplomazia . L ' opinione si fa più umana ; l ' idea che gli uomini giusti possano salvarsi ancorché nati e vissuti fuori della Chiesa s ' impone quasi a malgrado : la persecuzione degli eretici perde ogni sua ragione e ispira anzi sgomento ed orrore : il concetto stesso della eternità delle pene si attenua , si tempera e incontra dubbi e ripugnanze che un tempo sarebbero parse enormità di perfidia . Infine le dottrine economiche e lo svolgimento della industria che contraddistinguono l ' età presente , fazionano una società del tutto opposta alla società che era informata alle dottrine ascettiche del medio evo . Tutto ciò che noi indichiamo per sommi capi è opera di secoli , ma il movimento è costante , e di questo movimento razionale la separazione della Chiesa dallo Stato è , come dimostrammo nei capitoli precedenti , la conclusione necessaria . Ora per tornare al nostro tema è egli possibile che avvenga una reazione nel senso cattolico ? Notisi innanzi tutto che tre volte già seguì questo fatto . La prima quando la tendenza razionale e industriale era ancor piccina , e la reazione fu potentissima con San Francesco e San Domenico . Maggiore fu lo scoppio del protestantesimo , e per converso minore la seconda reazione capitanata dai grandi Papi del secolo XVI e XVII , tuttoché assai potente da mantenere alcune nazioni in fede , e da ricuperare una parte delle perdite fatte : oltrecché la scoperta dell ' America aperse un campo vastissimo alle sue missioni . Massima fu l ' azione anticattolica della rivoluzione francese , minima dirimpetto alle precedenti è la reazione che si manifestò nel principio del secolo presente : di che si vede che la tendenza razionale ha nel suo corso qualche cosa di fatale o per dir meglio qualche cosa di providenziale . Ora come si potrebbe supporre un movimento assolutamente contrario , e una riscossa del papato , e delle istituzioni religiose più rigide a ritroso della legge , colla quale sinora si è dispiegata la storia ? V ' ha nondimeno chi stima codesta reazione possibile , se non per vicenda regolare , per eventi straordinarii : dicono costoro che il principio del libero esame che il protestantesimo ha allevato e cresciuto , e che la filosofia corona e mitria , non ha portato ancora tutti i suoi frutti , né la rivoluzione ha compiuto il suo ciclo . Prima essa abbattè il Papato , poi la nobiltà , indi assalì i re ; oggi apre la breccia nella borghesia e nei popolani grassi , sinché la feccia della plebe sormonti e vinca . Quando ciò avvenga , i principii più sovversivi della proprietà , della famiglia , dello Stato che qualche sètta ha recato innanzi , verranno in atto , e la Comune di Parigi nel 1870 sarà stata come una picciola favilla rispetto al grande incendio che divamperà tutta Europa . La nostra civiltà tanto vantata eppure così superficiale , concludono essi , non avrà forza per reggersi ma andrà in fascio , e altri barbari , non già venuti dal Settentrione ma dal fondo stesso della società , rinnoveranno i più tetri secoli dell ' antichità e del medio evo . A qual difesa a qual presidio a qual conforto si volgeranno allora gli uomini , se non alla religione e alla Chiesa , a quella Chiesa che mai non fu scossa né da minaccie né da allettatrici lusinghe , ma rimase immobile sempre nel suo insegnamento , né mai permise che la purezza del suo terso cristallo fosse pur di un apice intaccata dalla lima delle false dottrine ? Così la Providenza , con le forti battiture , richiamerà i popoli al retto sentiero dal quale sono disviati . A tali profezie molte cose si possono opporre . E innanzi tutto è fortemente a dubitare se codesto universale diluvio sia per ricoprire la civiltà . Non sono nuovi nel mondo gli audaci conati di generale sovvertimento , ma incontrarono sempre valida resistenza , né poterono riuscire , o riusciti durarono brevissimamente , perché le cose contrarie alla essenza dell ' uomo non mettono radice , e dopo la vittoria i vincitori stessi pugnano fra loro , né sanno ordinarsi . Dalla guerra di Spartaco a quella dei villani in Germania e al terrore in Francia , dai ciompi e dagli straccioni , ai seguaci di Münzer , di Giovanni di Leida , e alla Comune di Parigi , ne abbiamo nella storia esempi numerosi . E sebbene gli uomini che vissero in que ' tempi , percossi da stupore , abbian talora paventato che siffatte catastrofi potessero sovvertire tutta intera la società , nondimeno in poco d ' ora quelle furie si calmarono , a guisa delle febbri ardenti , dove la forza stessa della natura viene in soccorso , senza di che come il corpo umano , così la società si dissolverebbe . Certo v ' ha nelle moltitudini odierne un gran fermento misto di bene e di male , bisogni materiali e morali non mai prima sentiti le stimolano , ma l ' ignoranza e l ' invidia vi recano grandi guasti . Però se il governo passasse nelle mani loro prima che l ' istruzione e l ' educazione ne abbiano ingentiliti gli animi , e sia penetrato in esse il sentimento della necessità di una gerarchia , cui per ingegno e per virtù si appartiene il reggimento della cosa pubblica , gravi guai ne verrebbero alla società . Ma quand ' anche il temuto regno della plebe si avverasse , quando anche ne venissero i mali che si sono preconizzati , non però si ritornerebbe al passato . Imperocché la storia ci ammaestra che dopo i più grandi rivolgimenti le società civili non rinvertono mai al punto di prima , meno ancora risalgono indietro alle origini , ma pigliano un andamento nuovo , poniamo pure che sia men buono dell ' antico , ma esso è diverso , ed esprime quasi una linea risultante dai fatti precedenti , e dalle qualità essenziali ad ogni nuova società . Oltredicché le scienze , le applicazioni loro sono pervenute a tal grado da non potersene cancellare la memoria , né impedirne la efficacia ravvivatrice . Fu da taluno mosso un quesito singolare : Se ai tempi dell ' Impero romano la scienza fosse stata così progredita come oggi è , avrebbero potuto i barbari trionfare , e trionfando spegnere per sì lungo tempo la luce della civiltà ? Checché ne sia di ciò , egli è certo che le verità delle quali il genere umano è venuto in cognizione , e quella che chiamasi generale coltura sarebbero un grande ostacolo al regresso della civiltà , un temperamento ai mali , ed un germe di pronto risorgimento . Cosicché neppure per questa forma si può credere al ritorno del passato , né alla probabilità di una potente restaurazione della Chiesa cattolica quale fu al medio evo , e quale oggi essa si manifesta di voler essere . V ' ha invece una parte la quale non ispera conseguire questo fine attraverso disordini e sciagure civili , ma sì per via del progresso , e presuppone una conciliazione della Chiesa cattolica colla scienza e colla società moderna . Filosofi e letterati nella prima metà del secolo presente si accinsero a questa impresa , della quale può dirsi che nessuna era più nobile ed onorata . In Italia ne rimarrà perpetua la gloria al Manzoni , al Pellico , al Rosmini , al Gioberti , al Balbo , al Troya e a tant ' altri . Secondo questi eletti ingegni la civiltà moderna doveva deporre quegli spiriti scettici e materiali che la guastano , e la Chiesa abbandonare tutto quello che di vieto e di temporaneo in sé racchiude , siccome non necessario alla sua essenza : onde il restauro delle credenze veniva ad accompagnarsi ad una riforma religiosa per la quale la fede avrebbe pôrto la mano alla scienza , e santificato tutta la moderna civiltà . Ma questo nobile tentativo lungi dall ' essere assecondato dal Vaticano fu da esso respinto , e gli uomini che lo propugnavano furono astiati ancor più degli increduli . E non solo colla negazione e colle ripulse , ma il Vaticano vi rispose con atti che parvero i più acconci a consacrare una scissura perenne fra la fede e la ragione , fra la religione e la civiltà , voglio dire il sillabo e la dichiarazione della infallibilità del Pontefice . Si può egli ripigliare questa trama oggi non solo interrotta ma lacerata e divisa ? V ' hanno uomini rispettabilissimi che lo credono , e ultimamente il Bertini , filosofo di gran vaglia , esorta i pochi cattolici illuminati e liberali a pigliare in mano la causa della riforma , e afferma che da loro può dipendere , umanamente parlando : " che la religione purificata , secondo lo spirito del suo fondatore , da tutti gli elementi che ripugnano alla ragione e al senso morale e ne indeboliscono la certezza e la efficacia sugli animi , la religione risorga più bella , più santa , più benefica che mai non fu nei diciannove secoli della sua esistenza , e possa essere in un più felice avvenire la regola della educazione , la base dell ' ordinamento sociale * . Per verità quando si pensa ai primi tempi di Pio IX , allo entusiasmo col quale furono accolte le sue riforme , alle speranze che destò nel mondo , non si può affermare che ciò sia impossibile . Nondimeno egli è , a mio avviso , molto difficile , non solo perché la mala riuscita di un tentativo di questo genere nuoce all ' avvenire , non solo perché le antiche istituzioni sorpassate dalla civiltà , anziché affrettare il passo per raggiungerla , si adombrano e si ostinano nella immobilità ; ma sopratutto perché a stabilire una conciliazione vera fra il cattolicismo e la scienza occorrebbero tali trasformazioni che non possono aspettarsi da una gerarchia fondata su antiche tradizioni , dalle quali non può scostarsi senza perdere molte ragioni di sua esistenza . E per conseguenza questo nobilissimo fine se anche si supponga potersi un giorno raggiungere , non è tale da potervi fare assegnamento immediato né prevederlo fra gli eventi prossimi della società . Taluni credono possibile la diffusione del protestantismo in Italia e nelle altre nazioni cattoliche . Lasciamo stare che la esperienza di questi ultimi anni contraddice interamente una siffatta probabilità . Ma anche procedendo solo col ragionamento , a me codesta pare speranza , se è nell ' animo di taluno , più vana delle altre . Imperocché per mutare in parte la propria religione occorre che vi sia un grande fervore di credenza in quella parte che si conserva , ed altresì un sentimento vivissimo della necessità della innovazione , che è pure una forma di fede . Ora il gran difetto che noi abbiamo riscontrato nelle nazioni cattoliche si è questo , che le classi veramente credenti sono altresì superstiziose , e non sentono il bisogno di ripurgare la fede nella quale vivono , aliene pur dal pensiero che possa migliorarsi . Le classi poi che sentirebbero questa necessità di una purificazione nelle forme cattoliche , sono tiepide e indifferenti , senza parlare di quelle che sono ostili . Dove si può dunque trovare la materia per operare questa riforma , dove i capi che la guidino , dove gli adepti che la seguano ? Si aggiunse a ciò che la confessione protestante ha una forma così severa ed arida che repugna alla fantasia accesa e agli animi passionati degli abitanti del mezzogiorno . Noi italiani siamo e saremo sempre nemici degli iconoclasti : per noi istintivamente ( ma forse con verità più profonda di quella che sentono i protestanti ) l ' arte è indivisa dalla religione , sicché l ' ideale di questa si presenta al nostro pensiero vestito delle immagini di quella . E tutto ciò che mira a rinserrare un sentimento nella intimità del cuore senza espansione alcuna , non avrà per le nostre razze e sotto il nostro cielo , abbastanza attrattiva . Ma ciò che è singolare a notarsi , egli è che questo bisogno di forme , e diciam pur anche di pompe esterne , non è solo proprio dei popoli del mezzodì ma esercita un ' azione anche su quelli del settentrione . L ' inchiesta fatta recentemente in Inghilterra rispetto al ritualismo , ha mostrato che laddove s ' introducevano quelle funzioni religiose , che si chiamano ritualiste ( che in sostanza sono più simiglianti alle funzioni cattoliche ) , ivi i dissenzienti in numero notevole ritornavano alla Chiesa anglicana . Un cerimoniale più appariscente e quasi cattolico , un rito più elevato e grandioso riconduce molti , sopratutto operai , dalle cappelle dissenzienti a quelle della Chiesa ufficiale . Inoltre il protestantismo richiede una specie di tirocinio che abiliti l ' uomo a passarsi dell ' aiuto e della mediazione di altri , e a trovare in sé stesso guida , sindacato e giudizio . Ma codesto tirocinio nelle popolazioni cattoliche manca interamente , ed è a dubitare se possa mai divenire universale . Vi sarà sempre una quantità d ' uomini e di donne ai quali , sopratutto in materia religiosa , par che tardi di affidarsi tranquilli nel giudizio e nell ' indirizzo altrui . A loro non dà forza , ma incute terrore il sentirsi abbandonati , il dover col proprio intendimento interpretare la Bibbia , il cercare in sé stessi la penitenza e l ' assoluzione del peccato . Queste sono angoscie dell ' animo dalle quali rifuggono . E invece li consola e li conforta il sentimento che vi è un ' autorità ultima e imprescrittibile che dà ai libri sacri la significazione vera , che determina ciò che debba credersi e sino a che limiti , che nella vita pratica accoglie gli erranti , li ammonisce , misura la loro colpa , e infine li ritorna mondi dinanzi agli occhi della divinità . Questo bisogno del mediatore non è estraneo alla umana natura , anzi risponde mirabilmente ad un lato di essa , come lo prova del resto la storia di tutti i popoli antichi e moderni . E in un sentimento naturale di tal sorta trova il cattolicismo grande ragione di resistenza e di vittoria contro ogni tendenza protestante . Finalmente , oltre a tutti i predetti motivi , ve n ' ha un altro più potente , ed è , che se il cattolicismo è in decadenza , lo è non meno il protestantismo . Potè questo essere un progresso al suo tempo , ma nol sarebbe più oggi . Lasciamo stare lo sminuzzamento delle sètte , cosa già preveduta a principio e descritta da Bossuet , la pugna che regna fra di esse , e in seno di ciascheduna . Ma le obbiezioni che la scienza accampa oggi , sono comuni tanto al cattolicismo , quanto al protestantismo , e li colpiscono entrambi . Che se guardiamo a quello che si intitola protestantismo liberale , il quale vorrebbe serbare alcun che della tradizione , accettando le conclusioni scientifiche le più ardite , vedremo che sinora tutto vi è vago , indeterminato , e perciò alieno da ciò che l ' uomo cerca nella religione , la spiegazione cioè di quei grandi problemi che dalla scienza non ponno essere risoluti . In questa parte non si può dire che Eduardo Hartmann abbia tutto il torto * , quando accusa il protestantismo così detto liberale , di mantenere soltanto l ' apparenza del cristianesimo , ma di non possederne più la sostanza . La metafisica di codesta scuola conserva ancora le espressioni cristiane , ma in realtà le interpreta in un modo contrario alle tradizioni genuine della religione , e la sua morale staccata dalla metafisica si fonda più sulle qualità dell ' uomo che sul precetto divino ; di modo che la povertà di vera dottrina religiosa vi è troppo manifesta , e alla dottrina filosofica manca il soffio animitore della vita avvenire dei popoli . V ' è una schiera di protestanti , la quale più che della parte dommatica , si cura della parte morale , e mentre vuol ridurre i dommi al minor numero possibile , si sforza di ravvivare colla predicazione e coll ' esempio la dottrina evangelica . Di questa professione di fede , che chiamano unitaria inquantocché mirerebbe ad unire nella imitazione della vita di Cristo , tutte le varie sètte protestanti , furono insigni rappresentanti due americani , il Channing e il Parker * . Ed è naturale che questo movimento s ' iniziasse appunto in America , laddove il numero delle sètte cristiane è moltiplicato a dismisura . Certo è che in quei due uomini apparisce maraviglioso il fervore cristiano , e pari a quello dei più bei tempi della Chiesa , e in ogni parola , in ogni atto si manifesta l ' amore dell ' umanità e quell ' alto spirito di sacrificio di sé al bene degli altri uomini , che è il suggello della vera grandezza morale . Però questa forma di cristianesimo unitario , come dicemmo , non contiene quasi altro che la morale , e si fonda piuttosto sulla unità degli affetti che su quella delle credenze . Certo la morale è la cima della religione , e persino nella formola del supremo giudizio , Cristo non parla di credenze o di riti , ma di amore e di misericordia * . Ma se la carità , anche sola , basta a salvare le anime e felicitare il mondo , l ' intelletto umano anela senza posa alla cognizione di alcuni veri per lui sostanziali , e non trovandoli nella scienza li chiede alla religione . Io non so se l ' indirizzo dei due illustri americani possa condurre alla elaborazione di novelle forme più precise e più complete : so che sinora vi manca una parte pur sostanziale alla costituzione di un simbolo che raduni intorno a sé i credenti ; e invero la sètta unitaria non ha fatto , che io sappia , dopo la morte loro , tanto numerosi proseliti quanto si sarebbe potuto credere dall ' entusiasmo che in vita avevano suscitato . Il Chauncy Langdon che abbiamo altrove menzionato parla di una futura Chiesa cristiana i cui segni saranno i seguenti : la massima cattolicità o universalità insieme col più esatto adattamento all ' indole di ogni popolo , e alle circostanze di ogni luogo ; la fedeltà scrupolosa ai dommi del cristianesimo primitivo insieme col più ardito ragionar dei moderni , una profonda riverenza verso la gerarchia ecclesiastica colla partecipazione del laicato in ogni affare della Chiesa , e la credenza al divino ufficio sacerdotale insieme al principio democratico della libera scelta degli uomini che debbono esercitarlo * . Tale sembra , in qualche luogo , anche la speranza del Bertini sopra citato . Egli prevede " che il movimento riformativo , per quanto lento e intralciato , interrotto anche da stasi o da regressi , conseguirà il suo fine , che è l ' annientamento di ogni superstizione ortodossista , e il ritorno a quella religione schiettamente umana , e insieme sovranaturalmente divina , che fu insegnata da Gesù di Nazaret . In questa sola potranno conciliarsi , anzi unificarsi il cattolicismo ed il protestantismo , la religione e la filosofia , la Chiesa e lo Stato * . " Simiglianti concetti erano stati già ideati dal Gioberti negli ultimi suoi tempi , e si possono leggere nei frammenti pubblicati dopo la sua morte , dove si abbozza un ' arditissima sintesi che avrebbe dovuto congiungere tutto il sostanziale della tradizione con tutto ciò che la scienza e la civiltà moderna hanno di più indipendente * . E sia pur questo un ideale , al quale giovi rivolgere lo sguardo , ma i segni che ne annunziano la prossima attuazione non mi sembrano tali da poter con certezza farvi assegnamento . Io tralascio di parlare di coloro che annunziano una religione nuova di pianta , alla quale farebbe contrasto non solo la repugnanza odierna al soprannaturale , ma altresì quella legge che si riscontra come nei fatti fisici così nei morali , onde i mutamenti si susseguono gradatamente , e per così dire l ' un dall ' altro scaturiscono e si evolvono ; ma nulla scoppia d ' improvviso e senza precedenti . Tacerò ancora di quella mescolanza che alcuni vagheggiano del cristianesimo colle venerabili religioni dell ' Asia . In un libro come il presente che mira a delineare un ' idea normale sì , ma di effettuazione pratica e non troppo remota , io non potrei entrare addentro in tutte queste ipotesi , le quali provano soltanto un travaglio interno delle anime , e un bisogno di qualche credenza che dia valore a questa umile vita terrena , ponendole dinanzi un ideale infinito . Qual sarà dunque il prossimo destino dell ' Europa e dell ' Italia in materia di religione ? Noi non possiamo concepirne altro per un tempo più o men lungo ma certamente non breve , se non la coesistenza del cattolicismo con quelle altre confessioni cristiane che parzialmente vi regnano , e insieme ancora colla opinione che non ammette sotto veruna denominazione né in qualsivoglia forma una rivelazione positiva , né tampoco una fede religiosa . La ragione di questa coesistenza è nella sua necessità , avvegnaché ciascuna di queste idee rappresenta un lato del pensiero e del sentimento umano , ed è viva in una classe numerosa di uomini , mentre nulla si scorge ancora oggidì che possano tutti raccoglierli e appagare i loro desiderii * . Il cattolicismo è mirabilmente adatto a soddisfare il bisogno di certezza assoluta e di pace interna dell ' anima : le forme protestanti si confanno a coloro che pure anelando ad una credenza positiva non possono rinunciare ad una maggior attività intellettuale e a una più ampia libertà : il principio razionale o , come meglio chiamasi , la filosofia , è in progresso da secoli , sicché non si può concepire la sua fine o la sua sosta . E qui ne sia lecito di ripetere e d ' insistere ancora sul concetto fondamentale del libro presente . Se la coesistenza di queste credenze e di queste opinioni è necessaria ed inevitabile ; se lo Stato deve essere egualmente imparziale verso gli uomini che le professano , a simigliante condizione di cose null ' altro nella legislazione e nell ' ordinamento sociale può logicamente corrispondere se non la separazione giuridica dello Stato e della Chiesa . Ora ci sembra che sotto questa legislazione e in questo ordinamento tutti potrebbero e dovrebbero vivere in pace fra loro e collo Stato . Colui che nutre nell ' animo verace fede nella sua religione , dee credere che non potendo perpetuamente trionfare l ' errore , la vittoria definitiva spetterà a quella che è assoluta verità . Perché dunque vorrebbe rifuggire dal libero dibattito * ? E qual cagione potrebbe trattenere i cittadini di buona fede , sieno essi credenti o no , di accogliere il sistema da noi descritto ? Il rifiutarlo implica che al trionfo della loro opinione essi reputano indispensabile associare la forza materiale o almeno la protezione e i sussidi del governo , e quindi poco si affidano nel valore delle argomentazioni e nell ' esempio della vita loro caritativa . Certo se v ' ha chi per le tradizioni passate abbia a sentire difficoltà maggiori ad abbracciare questo sistema , si comprende che siano i cattolici ; eppure in America accettano sinceramente la libertà . Ce lo esprime in bella sentenza il Kenkrick , vescovo prima di Filadelfia , e poi arcivescovo di Baltimora . " Sono lontano , dice egli , dal dolermi che nell ' attuale condizione della nostra società la Chiesa per godere della sua indipendenza debba rinunziare ai favori che lo Stato altre volte gli accordava . Ma sappiano tutti che , amico come sono dell ' ordine e della pace , io pienamente e lealmente accetto la costituzione politica sotto la quale viviamo . Noi non chiediamo alcun privilegio , non miriamo a sovrastare ; una cosa sola dimandiamo , ed è la guarentigia per tutti i nostri concittadini dei diritti civili che presentemente godiamo * . " E un altro cattolico scrive : È destino degli Stati Uniti di rendere pratiche le relazioni normali fra Stato e Chiesa . Una legale costituzione della Chiesa non apporterebbe nessuna verace protezione ad essa , non le aggiungerebbe potere o efficacia , non produrrebbe vantaggio alcuno per la fede o per la pietà ; perché l ' una e l ' altra sono offerte volontarie e spontanee a Dio *." Or chi non vede i benefici effetti di questa condizione di cose , quando ella sia non solo sancita dalle leggi , ma entrata nei costumi e immedesimata nella società ? Il primo di essi è che il clero non osteggiato né favorito , ma pure sentendo la sua dignità e l ' alta missione che gli è affidata , non avrà ragione più di atteggiarsi a partito politico . Come ben dice il Bonghi : " quando la Chiesa senta di non aver esistenza precaria e soggetta all ' arbitrio volubile della maggioranza , quando senza falsi pretesti non le si neghi di poter realizzare tutte quelle forme di culto in comune della cui utilità e convenienza non può giudicare che essa sola , quando non le si vieti di esercitare , sotto la responsabilità sua e liberamente , ciascuna delle funzioni che sono proprie di una istituzione intesa per sua essenza ad influire su tutta la natura morale dell ' uomo e ad investirla per ogni lato , si può essere sicuri che non le parrà picciolo il campo che le rimane , e che del resto è il solo che ella s ' è ascritto la missione di coltivare . Se la legge comune sarà questa , la Chiesa smetterà d ' essere un partito politico fra le stirpi latine , come non lo è fra le anglo - sassoni , e attenderà tranquilla alla immensa opera a cui s ' è creduta destinata sin da principio *." E questa pacificazione degli animi sarà conseguita nei paesi cattolici quando il clero cesserà di apparirvi agli occhi del volgo quale pur troppo è in molti casi , sostenitore e scudo di tutte le istituzioni viete ed opposto ai desideri delle moltitudini . Le quali da ciò traggono argomento a combattere non il clero solo , ma la religione . Quando questa sia assolutamente messa fuori dalle battaglie politiche , è da sperare che nelle classi inferiori cessi quella foga che è tanto più terribile , quantocché non vi è bilanciata dagli elementi di una vasta coltura e di una educazione profonda , la quale trovasi più spesso nei fautori della scienza , anche quando sono ostili alla religione . Ma questi fautori della scienza , che cosa dimandano essi ? Null ' altro , dicono , che la indagine libera del vero e il libero giudizio : e quando questo non solo non è conteso per guisa alcuna , ma anzi è loro assicurato nei modi i più efficaci , e in ogni materia senza riserva alcuna , quando inoltre tutti gareggiano nel porgere alla scienza incoraggiamenti e sussidi , dove possono attingere ragioni per le quali convenga che la propagazione religiosa sia contrariata ? Si direbbe che v ' ha una repugnanza , e quasi un timore di essere soprafatti , che spinge gli uomini avversi ad ogni idea religiosa verso questa difesa ; e forse una natural propensione a spegnere colla violenza tutto ciò che non è secondo i nostri pensieri o i nostri interessi . Imperocché , una scintilla d ' inquisizione si cova nel cuore anche di coloro che s ' intitolano liberi pensatori . D ' altra parte le associazioni religiose hanno ben altro a fare che combattersi . V ' ha qualche cosa di comune a loro , ed è oggidì di somma importanza , il còmpito , cioè , di ravvivare la fede , e di mostrare colle opere che da essa può venire all ' uomo e alla società un bene maggiore che da ogni altro razionale trovato . La guerra che si muove ad ogni credenza in tutto ciò che è soprannaturale è così fiera , che ben si richiede che nessuna forza vada dispersa . Io ho pensato sovente fra me medesimo di quanto potrebbero avvantaggiarsi le sètte religiose se invece di partire dai massimi e più complicati dommi preferissero invece di prender le mosse dei dommi minimi e più semplici . Imperocché un uomo pio è già in comunione di pensieri e di affetti con tutti coloro che accettano la massima " ama il prossimo come te stesso . " Questa comunione si fa più intima fra quelli che riconoscono un Dio creatore dell ' universo e l ' onorano e l ' amano sopra le cose create . " Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli . " Il terzo grado è nella speranza , e congiunge tutti i credenti nella immortalità dell ' anima e in una vita avvenire dove sia ricompensato ogni atto secondo il suo vero merito . Questi sentimenti di loro natura morali più che dommatici , sono però un apparecchio , una guida che conduce l ' uomo alla fede storica nella esemplarità della vita di Cristo , e quindi alla divinità del medesimo , e di là poi si procede via via ai dommi ammessi dalle diverse confessioni cristiane e infine dalla Chiesa cattolica . Si dirà che il metodo qui indicato , scientificamente procederebbe a ritroso , mentre in religione il metodo vero prende le mosse dalla credenza al sovrannaturale e dalla rivelazione , per discendere poi via via alle sue applicazioni , e la metafisica precede e informa la morale . Ma a chi mi faccia codesta obbiezione è agevole il rispondere che io non esamino qui la questione sotto l ' aspetto dottrinale , ma sotto l ' aspetto pratico della coesistenza di tutte le credenze in una condizione di libertà assicurata e protetta dallo Stato . Sia pure che voi perveniate al più semplice dei precetti , alla carità , scendendo dalle alte cime della teologia , mentre altri vi sale da considerazioni naturali , e da istinti congeniti all ' indole umana : quando v ' incontrate in quel punto , voi avete già qualcosa d ' intimo che vi unisce , e che può essere principio fecondo di bene per l ' umanità . Il secolo XIX ha molta somiglianza col secolo XVI . Anche allora come oggi alcune invenzioni singolari indussero nella società trasformazioni grandissime . La scoperta dell ' America , la invenzione delle artiglierie e la stampa non furono men potenti cagioni di rivolgimenti , di quello che lo siano oggi la ferrovia e il telegrafo elettrico . Il risorgimento delle lettere e l ' ardore col quale gli animi si rivolsero agli studi classici non ebbe minor valore di quel che abbia oggidì la osservazione e lo sperimento applicato a tutte le scienze . Se nella parte politica al disgregamento ed allo scompiglio del medio evo succede nel sedicesimo secolo la formazione dei grandi Stati colla monarchia assoluta col sistema dell ' equilibrio e la diplomazia ; nel nostro secolo il principio rappresentativo penetra in ogni parte della cosa pubblica . E in religione alla riforma protestante fa riscontro oggi la tendenza razionale più spiccata . Né per compiere la somiglianza mancano al quadro anche le esagerazioni speculative e le esorbitanze materiali : perché se noi abbiamo avuto i sansimoniani , i furieristi , i communardi , il secolo decimosesto ebbe i comunisti e gli anabattisti di varie specie , e non vi fu alcuna delle più avventate dottrine che oggi ci spaventano come la redenzione della carne , la distruzione della famiglia e della proprietà , la comunanza dei beni , l ' eguaglianza assoluta , l ' abolizione delle scienze e delle arti e va dicendo ; ne vi fu alcuna delle scene più desolate di rapina e di sangue delle quali l ' Europa è stata afflitta recentemente , che non avesse allora il suo riscontro . E anche allora le anime gentili e pie mandarono gridi di disperazione come se la civile compagine fosse schiantata dalle fondamenta . La rottura della unità cattolica era stata la cagione prima dei mali , il suo ripristinamento poteva solo rimediarvi . Tentativi di conciliazione ebbero luogo , e se ciò fosse stato possibile la grande anima del Contarini forse vi sarebbe riuscita . Eppure , dopo un secolo e mezzo di guerre , il cattolicismo e il protestantismo rimasero fermi entrambi , e nella pace di Vestfalia l ' Europa dovè riconoscere la legale esistenza dell ' uno e dell ' altro . Non diverso sarà l ' esito di questa pugna , benché assai più forte e più profonda . E già ne toccai sopra quando ebbi a parlare di coloro che dall ' eccesso del male sperano il rimedio . Ma gli elementi essenziali della umana natura , e le condizioni indispensabili d ' ogni società non possono venir meno . Né le possenti tradizioni che per secoli hanno signoreggiato gli animi possono sradicarsi , né tampoco senza lunga opera trasmutarsi . Tale sarà necessariamente lo stato d ' Europa per un tempo la cui durata non si può prevedere . E durante questo tempo la legislazione la più appropriata alle nazioni civili , dovrà sancire la separazione dello stato dalla Chiesa , le franchigie di ciascheduna associazione religiosa , e finalmente i limiti dell ' azione loro dirimpetto ai diritti altrui , e a quelli dello Stato . E gli effetti di questa separazione , nelle circostanze odierne , non potranno che essere migliori di quello che sarebbe o la unione coatta di una Chiesa collo Stato , il quale pur moderandola dovrebbe proteggerla come avviene nel sistema giurisdizionale , o la unione con alcune chiese ad esclusione di altre , o la ostilità e la persecuzione , sia essa manifesta o velata contro le associazione religiose , che non farebbe avanzare di un passo la civiltà , e al contrario porrebbe tutte le anime generose della lor parte , e susciterebbe nuovi conflitti . E finalmente , qualunque sia la forma religiosa che il progredire della scienza comporti , e il rinnovamento della civiltà accolga , egli è certo che questo fine sarà tanto più presto raggiunto quanto più ogni privato ed ogni associazione si sentano liberi di svolgere quello che essi credono verità assoluta , e che gli avversari loro credono errore , ma forse non è altro che una verità relativa e parziale . Se non che altri spingendo lo sguardo più oltre , crede che un giorno verrà , e non lontano , nel quale ogni religione sarà tolta dall ' animo umano , e che la scienza da sé sola potrà bastare ad appagare l ' intelletto ed il cuore dell ' uomo e a condurlo al massimo suo buon essere , e alla massima perfezione . Prima di chiudere il mio lavoro , anche a questo argomento oserò consacrare alcune parole . I conflitti fra la scienza e la religione rivelata sono stati descritti da molti scrittori . Si è messo in contrasto le dottrine dell ' una e quelle dell ' altra sulla esistenza e la unità di Dio , sulla natura dell ' anima e le sue relazioni col corpo , sul governo dell ' universo , sulla età della terra , sul criterio della verità morale , e va dicendo * . Ma quand ' anche questi conflitti fossero tutti veri , e impossibili a concordare mediante una sintesi superiore , ciò proverebbe solo che la scienza odierna ripudia i dommi oggi professati , non altri dommi diversi . Bisognerebbe dimostrare che la scienza non può consistere con alcuna maniera di credenze che da lei non derivi . Ora qual ' è il concetto fondamentale della scienza moderna ? È il seguente : doversi accogliere soltanto come vero ciò che sia dimostrato dalla osservazione , dalla esperienza , o dalla legittima induzione . Non essendo il presente scritto un trattato di filosofia , non è luogo a discutere le questioni di metodo che pur hanno una importanza suprema , né ad esaminare se la osservazione , e l ' esperienza , non presuppongano alcuni postulati , come a cagion d ' esempio , la possibilità stessa della osservazione e della esperienza , la veracità dei sensi , e la costanza dei fatti * . Ma non volendo tener conto di ciò , e pigliando il detto canone semplicemente quale si espone , uopo è almeno ben definire cosa s ' intenda per osservazione e per esperienza . Imperocché la osservazione non è solo dei fatti che son fuori di noi , né per mezzo dei sensi esterni , ma eziandio dei fatti interni per mezzo della coscienza ; e la esperienza non è solo di ciò che noi , provando e riprovando , possiam ripetere , ma altresì di ciò che si manifesta nella storia . Poste le quali cose , bisogna determinare ancora sin dove l ' induzione può legittimamente giungere , e se per avventura sui dati stessi della osservazione e della esperienza ( quello che taluni chiamano metodo empirico ) non si possa fondare a buon dritto tutta la metafisica e risolverne i più ardui problemi * . Ma lasciando da parte questi punti , dei quali ognuno vede la gravezza , ci basti notare che la scienza per quanto progredisca non potrà mai conoscere e spiegare tutto . Sta dinanzi alla mente umana tutto l ' universo che non ha confine per lei . Essa indaga i fatti particolari dai quali sale a leggi generali , e in queste trova la spiegazione di quelli ; ma al di là di una legge ve n ' ha sempre una più generale , al di là di una spiegazione vi è la spiegazione di essa , la causa della causa , il perché del perché . Il paragone volgare che rappresenta il moto progrediente dell ' intelletto , come il passaggio da un anello della catena ad un altro sta , purché si pensi che l ' anello al quale siamo giunti o giungeremo , non è mai il primo . Così noi sappiamo che le nostre cognizioni possono sempre ampliarsi senza esaurire la materia , perché al di là della cognizione presente vi è sempre una incognita . E sappiamo di più che questa incognita in parte può scoprirsi , ma in parte è inconoscibile ; e questa parte inconoscibile sentiamo che pure è qualche cosa e non un nulla . Onde la conoscenza nostra è composta non solo di scienza ma di nescienza , in questo senso che il pensiero ha la certezza di non conoscere tutto quello che esiste e di non poterlo conoscere mai , pure avendo la certezza della esistenza di questa incognita . Ogni progresso dunque della scienza può dirsi che rende naturale e spiegabile ciò che pareva soprannaturale e inspiegabile , ma lascia sempre soprannaturale e inspiegabile qualche cosa al di là , sino al principio e alla genesi di ciò che è noto . Questo solo punto basta ad argomentare la necessità e la essenza anche razionale della religione * . Qual ' è l ' idea che abbiamo di Dio ? Molti filosofi e teologi e Padri della Chiesa ci rappresentano la idea di Dio come composta di due parti ; l ' una , negativa che afferma la sua esistenza inconoscibile , l ' altra , simbolica ossia composta di similitudini , le quali tengono il luogo della parte positiva , ed alla mancanza di questa in qualche modo suppliscono * . Stando pertanto le cose come le abbiamo accennate , non solo la scienza non può pretendere di dimostrare il contrario di questa sentenza , perché secondo il canone fondamentale del suo metodo gliene mancherebbero gli elementi , ma ci porta anzi essa stessa sino al limitare del santuario , a quel punto cioè che è comune tanto ad essa che alla religione . Vero è che altri filosofi e teologi contraddicono a questo concetto meramente negativo di Dio , e vogliono sostituirvi un concetto positivo e ontologico . Ma questi per sostenere la loro tesi sono costretti di ricorrere ad un fatto primitivo della coscienza , che sarebbe l ' intuito stesso di Dio * . Ora è evidente che questo intuito , se fosse veramente un fatto incontrastabile testimoniato dalla osservazione e dalla esperienza interna , starebbe nella cerchia delle verità naturali e non potrebbe dalla scienza essere rifiutato . Di guisa che contraddizione fra il principio fondamentale della religione che è l ' esistenza di Dio , e la scienza non può esservi mai * . Lo stesso dicasi delle altre idee fondamentali della religione , che sono la libertà morale dell ' uomo , la immortalità dell ' anima , e il governo provvidenziale del mondo . E cominciando dalla prima essa ha radice in fatti interni della coscienza che la osservazione e l ' esperienza quotidiana ci indicano , i quali dall ' istinto ci conducono per gradi sino a quell ' atto della volontà dove l ' uomo sente di poter scegliere fra il bene ed il male * . La immortalità dell ' anima non è di questo genere , ma essa si fonda sopra argomenti induttivi e congetture di probabilità : che se non è dimostrabile scientificamente , non è dimostrabile tampoco il suo contrario . E finalmente quanto al governo provvidenziale dell ' universo , non v ' ha nella scienza moderna cosa alcuna che possa infirmarne il concetto anzi tutto mira a ribadirlo . Tale , per esempio , è la legge di evoluzione che di essa scienza si annuncia come uno dei portati principali . Imperocché se l ' intervento del creatore è rimosso nella successione dei fatti , in quantocché essi non possono più spiegarsi come mutazioni parziali o eventuali della legge di natura , non è rimosso dalle origini della legge stessa , onde tutto ciò che si evolve era contenuto e preordinato nella sua prima creazione . Anche la ipotesi meccanica implica un ' attitudine originaria a ciò che è avvenuto dipoi ; se pure la stessa creazione non è immanente . Del resto il lettore avvezzo agli studi filosofici , discorrendo le moderne argomentazioni intorno a questa materia , è portato a concludere di esse che nulla v ' ha di nuovo sotto il sole , avvegnaché furono trattate sin dal primo momento nel quale secondo i ricordi storici l ' uomo volse la riflessione sopra sé stesso ; e presso i popoli antichi dell ' Asia , e poi nella Grecia , e nel medio evo sotto altre forme le stesse dottrine ricomparvero ; ed ora si ripigliano senza che perciò sia possibile oltrepassare quei limiti che alla nostra conoscenza sono prefissi . Che se lo scienziato dice : io mi fermo alle leggi indotte dalla osservazione e dalla esperienza , non curo e non voglio procedere più oltre ; e sapendo che una cosa è indimostrabile , non mi tormento ad indagarla , né mi brigo di crederla ; a costui non intendiamo contrastare il suo diritto , ma non crediamo che potrà fazionare gli altri secondo questa disposizione del suo animo , e farne la regola di tutta la umanità . Né egli medesimo potrà negare taluni fatti costanti di tutti i tempi e di tutti i luoghi , i quali sospingono il pensiero verso quelle indagini . Imperocché a chi ponga mente ai fatti della coscienza e a quelli della storia apparisce chiara e ferma , sotto varie forme , una tendenza del pensiero verso l ' infinito , ed una irrequieta brama che non trova posa nelle cose transitorie e relative e vuol salire all ' assoluto . E sarebbe uno smentire la coscienza e la storia il negare che l ' uomo si pone tre quesiti terribili , e si affanna a chiederne la soluzione . Questi si presentano egualmente all ' intelletto del pastore vagante nell ' Asia , e del pensatore educato nella moderna scuola , e ne crucciano l ' animo con eguale ansia : donde vengo ? perché mi trovo in questo mondo ? e dove andrò dopo la vita presente ? Ora posto che la scienza si dichiari incompetente a risolvere tali problemi , non può negare la esistenza loro come problemi e perciò come fatti interni , e di conseguenza gli è mestieri di riconoscere nella coscienza umana un elemento indistruttibile che è la base delle credenze religiose , avvegnaché esse sole valgano a darvi soddisfazione . Alle quali indarno si vorrebbe sostituire quello che si chiama umanesimo ossia il culto dell ' uomo e della natura . Imperocché l ' uomo sente di non poter essere Dio a se medesimo * e si slancia col pensiero al di là di tutto ciò che è finito * . Fin qui ho considerato la parte risguardante l ' intelletto : ma questi fatti e queste tendenze molto più si appalesano nella parte risguardante il sentimento . Avvegnaché l ' uomo non solo pensa , ma sente ed ama , ed immagina , e vuole . Né la verità gli basta , ma cerca l ' ideale della bellezza e la perfezione della bontà . E sebbene il bello ed il buono s ' intreccino col vero , e si appuntino originariamente in esso , pure non v ' ha identità fra loro dinanzi alla umana ragione . E similmente le facoltà per le quali siamo capaci dell ' uno e dell ' altro , hanno relazioni molte e intime , non medesimezza , né il grado dell ' una è proporzionato a quello dell ' altra , né sono sempre concordi , ma talora hanno repugnanza e conflitto . E lasciando stare anche alcuni problemi morali , non meno terribili di quelli che abbiamo sopra discorso , e che pur s ' affacciano alla mente umana e la perseguono incessantemente , come per esempio , quello della origine del male sulla terra , egli si pare a chi ben guardi che è di suprema importanza lo stabilire la norma e la sanzione morale delle nostre azioni . Ora l ' Herbert Spencer novera , fra i pregiudizii che chiama antiteologici e che pone fra gli ostacoli al progresso della Sociologia , anche quello di affermare , che colla sola ragione si possa trovare una guida e una regola alla condotta della vita privata e pubblica , e formare un codice morale che abbia la debita efficacia * . Certo è che tutto l ' antico materialismo e quella dottrina che si chiama oggi positivismo , apparve sinora insufficiente a darci il criterio e la norma dell ' operare ; e se pure con indicibile sforzo potè raccapezzare qualche regola delle azioni umane , però ad essa manca una proporzionata sanzione per dover anteporre la giustizia alla nostra utilità ed al nostro diletto , allorché si trovino in contrasto . Tutta la schiera delle passioni si ribella alla teorica meramente empirica : eppure esse hanno tanta parte nella vita quotidiana . Egualmente se ne allontana il regno della bellezza . Or questa a me sembra una formidabile obbiezione contro il positivismo , ché quando pretende di surrogare ogni altra cosa nel mondo , si trova impotente a ciò che più onora ed abbella l ' umanità . Uopo è risalire perciò a qualche elemento soprannaturale che ci raffiguri la perfezione di ogni bene e l ' ideale di ogni bello e al quale possiamo aspirare ; se ciò non fosse , verrebbe sbandito dall ' umanità l ' entusiasmo dell ' arte che è la forma più elevata del sentimento , e il sacrifizio di sé medesimo che è la forma più elevata della morale . Potrebbe dubitarsi se veramente tali fatti siano universali o non piuttosto parziali e locali , voglio dire proprii soltanto di certi tempi e di certi luoghi ; e innanzi tutto tornerebbe in acconcio esaminare il problema se in tutte le istorie antiche e moderne di che abbiamo contezza , si riscontri qualche tribù destituita al tutto di ogni idea religiosa . Il problema non può dirsi risoluto , mentrecché dei viaggiatori e geografi , taluni tennero l ' una , altri l ' altra opinione . Ma la conclusione dei più recenti e più accurati studii può esprimersi così : Tutte le tribù che si sono potute esaminare e conoscere intimamente e con cura , hanno una qualche nozione religiosa , una credenza comunque rudimentale ad esseri spirituali . Questo è il risultato dei moderni studi , sebbene non si possa affermare in modo assoluto che non esista nel mondo qualche tribù che di tale nozione sia priva , e meno ancora si potrebbe affermare che tutte le tribù che sono menzionate nella storia , o delle quali ci rimangono reliquie , abbiano avuto alcun che d ' idea religiosa * . Pertanto allo stato attuale della scienza , possiamo considerare il sentimento religioso come una qualità che si manifesta sin dal periodo primitivo e selvaggio in tutti quegli uomini che abbiamo potuto esaminare accuratamente , e per conseguenza possiamo indurne sino a prova in contrario che esso è connaturato e rivela una qualità fondamentale atta a svolgersi , perfezionarsi , modificarsi ; qualità che nessun argomento di fatto o di analogia c ' induce a credere che possa un giorno essere al tutto soppressa . Che se anche potesse scoprirsi e provarsi che qualche selvaggia tribù non ebbe contezza alcuna di idee spirituali e religiose resterebbe pur vero che queste idee si sviluppano e crescono appena l ' uomo passa ad uno stato personale e sociale meno imperfetto . Se non che taluni incalzano sul tema . Pure ammettendo i punti che abbiamo delineato sinora , anzi ammettendo che nelle epoche primitive la religione sia vivissima , dicono che il progresso della umanità consiste appunto nel distaccarsi da essa e sostituirvi le idee scientifiche . La religione farebbe l ' ufficio dei cotiledoni che nutrono il seme sinchè germogli , e abbia vigore di trarre da sé i succhi della terra e dell ' aria e vegetare per forza propria . Così pare a loro che l ' umanità trapassi , prima per un periodo teologico che sarebbe come la sua infanzia , e poi entri in uno metafisico corrispondente alla sua giovinezza , e finalmente si posi nella virilità ossia nell ' età positiva , nella quale la scienza sola basta ad appagare l ' umano intelletto , e condurre l ' uomo e la società al massimo bene e alla massima perfezione * . Ma se ciò che abbiamo discorso è vero , rimane dimostrato che la scienza non potrà dare mai quell ' intero appagamanto all ' intelletto che da lei si ricerca , perché non potrà mai spiegar tutto , e resterà sempre al di là un campo dove essa non può penetrare , che è quello della religione . E similmente non potrà dare intero appagamento alle facoltà estetiche e morali , non essendo capace di raffigurare né l ' ideale della bontà né quello della bellezza . Quella distinzione che gli antichi fecero con tanta accuratezza fra scienza e sapienza , questa più ampia e più comprensiva di quella , imperocché non solo l ' abbraccia , ma abbraccia insieme a lei l ' esercizio completo e ordinato di tutte le facoltà , quella distinzione risorgerà sempre , ad onta di tutte le sottilità , perché fondata sul vero . Naturam expellas furca tamen usquerecurret * . Così alla ripartizione della storia nelle tre epoche teologica , metafisica , e positiva , si può rispondere esser questa una ipotesi foggiata al servizio della proposizione a priori , non una rigorosa induzione dei fatti . Imperocché la storia ci mostra dei periodi dove il sentimento e l ' idea religiosa tengono veramente il campo , ai quali successero sino ab antico periodi di dubbio angoscioso , e alla perfine altri in cui le credenze dommatiche vennero meno . E qui è degno di nota che quando la religione positiva ebbe perduto più credito , allora scoppiò maggiore la foga dei pregiudizii e delle superstizioni , come se l ' uomo travagliato e sospinto dal bisogno di credere a qualche cosa di soprannaturale , ne cerchi le traccie smarrite nei fenomeni più ovvii della natura . Tale è lo spettacolo che ci porgono i primi dell ' era cristiana , quando il paganesimo non aveva più forza alcuna di persuasione , e il cristianesimo era celato ancora nelle catacombe e nel cuore di pochi eletti * . E forse non è molto dissimile , quella che direi smania morbosa per la quale nel finire del passato secolo e nel presente , molti corsero dietro a prodigi di mesmerismo e di spiritismo . Certo è che l ' uomo dopo aver distrutto la forma religiosa che sin allora aveva riscosso la fede generale , dopo avere rotto il filo della tradizione , spento in sé medesimo la speranza dell ' avvenire , e per conseguenza la rassegnazione del passato , l ' uomo , dico , si rimane sgomento della sua propria fattura e la terra gli pare una prigione tormentosa , e la natura eterna sua nemica , non gli porge che dolori inutili , e solo pasce d ' inganni la sua presuntuosa vanità * . Così lo scetticismo s ' incontra col più sottile misticismo , e per due vie interamente opposte si raggiunge la stessa meta . Ma dopo un travaglio , che dura talvolta qualche secolo , si vede alla perfine la religione rivivere sotto una forma che non è più l ' antica , ma che ha eguale potenza di signoreggiare gli intelletti , e infervorare gli animi , cosicché la storia ci fornisce l ' esempio della declinazione e della fine dell ' una o dell ' altra forma religiosa , ma nessuna prova di un decadimento progressivo e continuo del sentimento religioso , tale da farci credere che esso possa aver termine . Imperocché la stessa tendenza razionale se restringe , per dir così , l ' estensione del soprannaturale , non ne scema punto l ' essenza . Ci resta a vedere la religione non più in rapporto coll ' uomo singolo , e per dir così colla unità cellulare , ma coll ' organismo che comprende molti uomini , cioè colla società civile . Ha la religione un influsso sull ' andamento della società ? Concorre essa al progresso dei popoli ? Gli antichi nol posero neppure in dubbio , e qual che ne fosse la filosofia reputarono la religione necessaria ed efficacissima al bene e alla prosperità dei popoli . Così Aristotile nella politica , così Platone nella repubblica e nelle leggi : lo stesso Epicuro scrisse libri religiosi , e raccomandò ai cittadini la venerazione verso gli Dei * . Cicerone può dirsi che lo inculca in tutti i suoi scritti , e Tacito dà a Numa il vanto di aver collegato il popolo colla religione * . Lasciamo stare il medio evo nel quale l ' idea religiosa predomina tutto , ma gli statisti più positivi dopo il risorgimento come Machiavelli e Guicciardini posero la religione a fondamento principale delle repubbliche e de ' regni , e la reputarono tanto necessaria che mancando quella si può dire manchi la parte vitale e sostanziale * . Tutto il sistema giurisdizionale di cui abbiamo discorso nel capitolo primo , ha sua radice in questo pensiero , cioè che una nazione non si puo mantenere ben ordinata se non mediante la congiunzione degli uomini con Dio . Infine gli uomini di Stato , o che hanno parte nelle cose pubbliche , ancora oggidì riguardano come canone indubitato la necessità della religione al bene dei popoli . Qui anche m ' incontro coll ' Herbert Spencer , il quale fra i pregiudizii antiteologici avversi alla scienza della Sociologia , pone quello che nega alla religione il carattere di fattore normale ed essenziale di civiltà nella società umana * . Nondimeno v ' ha chi rifiuta questa sentenza , e uno degli scrittori più insigni del tempo nostro , il Buckle * , pretese di mostrare che al progresso della civiltà gl ' influssi morali , comprendendo sotto questo nome eziandio quelli della religione , sono molto scarsi . La dimostrazione di questa sentenza rampolla dalle seguenti premesse : la religione e la morale hanno un limite tanto nell ' ordine dei principii quanto nell ' ordine dei fatti : nei principii non cambiano né progrediscono , nei fatti ogni uomo che ci nasce deve cominciarne da capo , e per conto proprio il tirocinio , e le sue buone azioni hanno immediato compimento , cosicché l ' influsso loro può operare sul cittadino preso singolarmente , ma non sulla società . Laddove per lo contrario la scienza non ha limiti nelle sue scoperte e nelle sue applicazioni alle arti , e le verità da essa accumulate si soprappongono successivamente e si trasmettono di generazione in generazione , per cui ogni uomo comincia dove l ' altro ha terminato , e profittando di tutti i trovati precedenti alla sua venuta nel mondo , ne aggiunge di nuovi e li consegna ai venturi : Et , quasi cursores , vitaï lampadatradunt * . Ora di due forze onde voglia misurarsi l ' effetto , pigliando la similitudine della meccanica , se l ' una è costante , l ' altra in continuo aumento , egli è evidente che a lungo andare la importanza di quest ' ultima sormonta , e la efficacia della prima scema , e svanisce . Tale è l ' argomento del Buckle . Ma io credo che la similitudine sulla quale è fondato non sia esatta . Quando due elementi concorrono di necessità a produrre un effetto , sicché per quanto l ' uno cresca costantemente , e l ' altro rimanga fermo , pure l ' effetto non si consegue senza il concorso di entrambi , la importanza loro non si può desumer solo dalla proporzione dell ' uno verso l ' altro . Sebbene il trasportar le leggi della natura fisica alla morale non possa farsi senza molte cautele , chi volesse pur sforzarsi di trovare qualche similitudine appropriata , converrebbe che andasse in traccia di essa piuttosto nella chimica che nella meccanica , e ponesse mente che una scintilla fa scoppiare le polveri qual che ne sia lo ammasso , e un grano di lievito fa fermentare il liquido tanto in una vaschetta quanto in un pelago . Ma lasciando le metafore che talora oscurano il soggetto anzichè illustrarlo , la prima nostra risposta è che le due forze sono entrambe essenziali al progresso della civiltà , né si può far a meno dell ' una né dell ' altra . Lo stesso autore che abbiamo sopra citato lo riconosce esplicitamente in un suo luogo , quando dice che non si potrebbe intendere la storia di un popolo che davvero progredisse , se la sua abilità crescente fosse congiunta a crescenti vizii , e similmente se l ' uomo divenendo più virtuoso diventasse del pari più ignorante . Ora mal s ' intende come posta siffatta proposizione , egli abbia poscia potuto dedurne la conclusione di che noi parliamo . Pure è indubitabile che quell ' ingegno acutissimo non esitò a venire a questa conclusione ; che dei due elementi che concorrono al progresso della umana stirpe , l ' elemento scientifico , essendo il più poderoso , la civiltà obbedisce ad esso , e le sue operazioni non possono essere che accidentalmente perturbate dall ' agente minore , che è l ' elemento morale * . Inoltre , aggiungeva , come le tendenze degli uomini essendo diverse e talora contrarie , il senso virtuoso degli uni è bilanciato dalle ree inclinazioni degli altri , le passioni sono in antagonismo fra loro e si contrappesano in guisa che , guardando al lume della storia il complesso delle azioni umane in quanto sono prodotte da cause morali , è agevole scorgere che si compensano e si elidono in una grande media , e per conseguenza ciò che le determina veramente è la somma del sapere . Non v ' è ragione di credere , secondo lui , che alcun cangiamento permanente sia succeduto nella proporzione che esiste fra gli uomini di buone intenzioni e di ree ; non v ' è prova di progresso nelle facoltà originarie del genere umano , né per conseguenza nelle dottrine morali o nel costume . Questa proposizione non è vera che in parte , onde pigliata in senso assoluto ed esclusivo riesce falsa . Essa è la conseguenza di un manchevole supposto , che l ' elemento morale e religioso non sia progressivo né in teorica né in pratica , e che ciò lo renda infinitamente meno efficace della scienza che sempre s ' accresce . Ma considerando le cose nel vero loro essere , è facile dimostrare che la religione e la morale non si rimane immutabile ma anch ' essa si perfeziona e si svolge : che il grado di sua efficacia negli uomini è diverso secondo il modo onde si presenta ad essi , e secondo l ' intensità dell ' affetto ond ' è accolta ; che la sua applicazione alle varie condizioni della vita e della società , vien facendosi grado grado maggiore ; infine che il sentimento del giusto e dell ' onesto si diffonde ognor più ampiamente nelle moltitudini . Egli è solo tenendo conto di questi fatti che si può giudicare in totale delle azioni del genere umano * . Dico in primo luogo che l ' elemento morale ( e in esso s ' intenda sempre compreso anche l ' elemento religioso ) non è sempre uguale né identico a sé stesso , ma si svolge e progredisce . Basta dare una occhiata alla storia per iscorgere come da un ' epoca all ' altra il criterio dei doveri e dei diritti si venga purificando e precisando . Tutti gli studi fatti dai naturalisti e dai filosofi confermano , come appo le tribù selvaggie sia imperfettissima l ' idea della giustizia , e piena di superstizioni quella di religione . E i versi di Lucrezio e quelli di Orazio * circa le origini del genere umano , sembrano rinfrancati dagli studi più recenti circa l ' uomo primitivo . Talvolta la differenza nella qualità delle idee morali non ha mestieri per essere notata di lunghissimi intervalli . Basterà per esempio prendere i due poemi attribuiti ad un medesimo autore , dico l ' Iliade e l ' Odissea , per iscorgere come nei tempi rappresentati nel secondo poema , le idee e i sentimenti morali avessero grandemente variato da quel che erano nei tempi della guerra di Troja . L ' adorazione degli idoli , il politeismo greco e romano , l ' idea di un Dio solo e creatore ; la schiavitù , la servitù della gleba , la libertà personale ; la promiscuità dei sessi e la famiglia rappresentano differenze immense e passi giganteschi nel cammino della perfezione umana , e quasi ne mutano l ' essenza . E veramente il Cristianesimo ha trasformato in gran parte la morale , e sparso nel mondo idee nuove e feconde non prima ascoltate giammai . So che taluni lo negano , e si è scritto un libro delle verità cristiane innanzi il Cristianesimo . Non sapremmo consentirvi parendoci che rispetto ad esso , la filosofia e le sètte religiose dell ' antichità siano come il crepuscolo di uno splendido sole . Ma concedasi . Ciò proverebbe anzi che la stessa massima , secondo la intensità del suo grado , e secondo il modo ond ' è annunziata , apparisce cosa al tutto diversa . Poniamo pure che tutte le idee cristiane si trovino non solo in germe ma espresse in qualche libro sacro dell ' India , e della China , nelle massime di Pittagora , nei dialoghi di Platone , nelle dottrine degli Stoici , degli Esseni , dei Terapeuti ed altri che precedettero Cristo . Ma chi non vede che il riunire queste massime fra loro , il coordinarle , dando a ciascuna la importanza che le appartiene , e facendo discendere le une dalle altre , trasforma , vivifica e rinnuova , per dir così , la dottrina ? Tanto è vero che il Vangelo è apparso come la buona novella , come cosa fuor d ' ogni aspettazione e d ' ogni fiducia nel mondo antico : sicché può dirsi che la morale e la religione nella natura dei loro dettami non solo , ma nel grado di valore attribuito ai medesimi si perfezionano . Ma quand ' anche si ammetta che le massime fondamentali siano sempre le stesse ed ugualmente luminose , il passaggio loro dalla speculazione alla pratica è smisurato , e il modo onde sono accolte influisce alla vita dell ' individuo e della società . Che giova , per cagion d ' esempio , che Pittagora abbia proclamato l ' eguaglianza degli uomini , se la schiavitù rimaneva effettiva nella sua più dura forma , se era sancita dalle istituzioni pubbliche e come principio di diritto accolta e giustificata dai più grandi filosofi , e dallo stesso Aristotile ? Che giova qualche baleno di luce onde la donna sia fatta segno al rispetto dei cittadini , se la donna antica per senso proprio e universale era considerata quasi come una cosa ? Lo stesso Vangelo pur chiarendo ed esaltando alcuni doveri ed alcune virtù , non fu inteso che dopo lungo andar di tempo , e può dirsi che lo spirito di esso non è penetrato ancora nel pensiero e nelle istituzioni . Sono appena due secoli che nelle relazioni internazionali i suoi principii cominciano ad insinuarsi , e paiono trovati nuovi quelli che non sono altro che conseguenze logiche di antiche premesse . Io ho notato sovente fra me medesimo come certe dottrine evangeliche non siano mai state neppure nei libri ascetici del medio evo espresse con tanta evidenza e soavità come nella prosa e nella poesia di due nostri contemporanei , Alessandro Manzoni e Silvio Pellico . Pertanto , quand ' anche si voglia ammettere che le massime fondamentali della morale sono antichissime e in sé stesse immutate , resterebbe sempre vero che la chiarezza loro , la impressione che fanno negli animi , e l ' applicazione a tutte le parti della vita , al diritto privato , al diritto pubblico ed internazionale , è opera dei secoli , e che in ciò vi può essere progresso come in ogni altro ramo di civiltà . Ma un altro elemento da considerare nel giudizio sulle società umane è la maggiore o minore diffusione del senso del giusto , del divino nelle moltitudini . Imperocché le massime potrebbero esser vere , chiare , profonde , efficaci , ma ristrette in pochi uomini . Ora perché un popolo possa dirsi civile occorre che la moralità vi sia ampiamente e universalmente praticata . Fu detto , e non senza ragione , che nelle nazioni orientali la pienezza dell ' umanità era in uno o in pochissimi smisuratamente sollevati oltre la natura comune , che nella Grecia e in Roma fu propria di una classe di cittadini ad esclusione delle moltitudini , che nel mondo moderno tende ad attuarsi in tutti . E che è codesto se non un progresso della morale ? Progresso del quale mal saprebbero segnarsi i confini , perché l ' amor del bene può diffondersi in un cerchio sempre più ampio di uomini , i quali imparino a conoscerlo , vi aderiscano spontanei e ne facciano la norma dei loro atti . E quando presso un popolo tutto ciò sia divenuto consuetudine , allora si forma anche una specie di ambiente morale che rende più facile l ' adempimento della giustizia e della virtù . E se la teorica della eredità che oggi si tenta di ripristinare su base scientifica è vera , se il motto del poeta " Fortes a fortibus nascuntur et bonis * " trova conforto nella fisiologia , chi non vede la speranza che si apre alle genti venture , e chi può negare che vi sarebbe anche in ciò quella accumulazione di forze trasmesse di generazione in generazione che è il desiderato dell ' autore del quale parliamo ? Queste osservazioni provano che la religione e la morale progrediscono anch ' esse in molti modi , poiché il progresso avviene nella qualità e nel grado delle dottrine , nella intensità dell ' affetto col quale sono annunziate ed accolte , nell ' applicazione loro a tutte le parti della vita privata e pubblica , nella sua diffusione in un numero ognor maggiore di uomini . Certo l ' elemento scientifico ha più estensione e maggior facilità di mantenersi , di accumularsi e di trasmettersi ; nessun limite lo arresta e può svolgersi e comunicarsi indefinitamente a beneficio della umanità . L ' elemento religioso e morale procede più lento : ha dei momenti di sosta e anche di regresso , ha però in quella vece dei momenti nei quali tiene il campo , e per che di sé infiammi e trascini tutto un popolo , e quelli sono i momenti eroici della sua storia . Chiunque in fatto medita le istorie trova dei periodi che la scienza può aver indirettamente preparato di lunga mano , ma dove essa non ha un ' azione immediata e diretta , e sono quelli nei quali apparisce spontaneo un impulso degli animi , una forza inusitata , un entusiasmo che non viene da riflessione , e pur sembra invadere tutto un popolo e per così dire ravvivarlo . Allora si compiono le più grandi innovazioni nella costituzione della società , come la redenzione di classi oppresse , la rivendicazione della indipendenza nazionale , la creazione di nuove religioni o la riforma profonda di esse , e il processo di questi fatti si dilunga totalmente dal processo scientifico . Nondimeno il Buckle con speciosa esemplificazione si sforza di mostrare che i progressi che ci sembrano più chiaramente da attribuirsi ad influsso religioso e morale , non sono altro che le conseguenze poco osservate sinora dei progressi scientifici . Ecco un uomo ingenuo e devoto al bene ; poniamo che costui abbia una falsa idea del dovere , egli farà con sicurtà di coscienza infinito male , assai maggiore di quello che commetterebbe un uomo indifferente ai principii morali . Testimonio gli imperatori romani che perseguitarono i cristiani ed erano forse i migliori : laddove Commodo ed Eliogabalo tanto vili quanto perfidi , di vita sozza e spregevolissima lasciarono in pace la nuova setta religiosa . Testimonio più recente e ancor più manifesto la Inquisizione della eretica pravità , la quale eretta e governata anche da uomini di vita santissima , pure , credendo di glorificare Iddio , immolava senza pietà tante vittime . Non vi è che il progresso della coltura e l ' introdursi grazie ad essa di un certo scetticismo , che scema , e alla fine impedisce la persecuzione religiosa . Dall ' altra parte alla conservazione della pace , o meglio alla diminuzione della guerra , più di tutte le prediche morali giovarono i trovati delle scienze . Tali furono le verità messe in luce dalla pubblica economia , le quali dissipando le supposte rivalità negli interessi delle nazioni , tolsero di mezzo una delle cagioni più potenti di animavversione fra loro . Tale l ' uso del vapore qual potenza motrice che , rendendo più agevoli i viaggi e le relazioni fra i popoli , spense quei pregiudizi secolari che ad ogni piè sospinto rinfocolavano le inimicizie e le convertivano in aperte guerre . Tali i perfezionamenti introdotti nelle stesse armi micidiali , che resero le guerre più brevi e meno crudeli . Accetto in molte parte questi pensieri , in ciò sopratutto che l ' ignoranza e l ' errore siano cause potentissime di mali privati e pubblici , ma non vi consento interamente , e dico che l ' esempio degli imperatori non quadra , perché la persecuzione non è un effetto esclusivamente della ignoranza incosciente , ma della violenza e delle passioni , di che ci dà esempio il periodo della rivoluzion francese che s ' intitola dal terrore . L ' economia scompagnata dalla morale se potè spegnere antiche cagioni di discordia , porse in pari tempo occasione a nuovi mali sociali . E così invece di quella vieta ruggine del sistema mercantile e della bilancia commerciale , abbiamo la guerra del lavoro contro il capitale e le minaccie sfrenate del socialismo . Le comunicazioni frequenti fra popoli corrotti potrebbero accomunarne i vizii , come accomunarono talvolta le epidemie . Così il commercio porta ai chinesi l ' oppio distruggitore delle facoltà intellettive , e spegnitore delle forze materiali , e porta alle tribù indiane i liquori che ne ardono ed avvelenano le viscere . Non che l ' oppio e i liquori siano una cosa in sé cattiva , ma lo divengono quando siano abusati , e qui il commercio fa ufficio di seduzione e di richiamo . Finalmente la diminuzione delle guerre , se c ' è veramente , si deve a molte altre cause che tendevano a scemare ed attutire quello stato di perenne ostilità che era proprio del medio evo , ma la scoperta di uno strumento micidiale non può avere altro effetto diretto fuor che quello di rendere la guerra più terribile , e solo per indiretto più evitata . Ma dato ancora per vero ed esatto ciò che qui si sostiene , a me pare che gli esempi predetti null ' altro dimostrino fuorché l ' influsso grandissimo che la cognizione del vero ha sulla pratica del bene , il che certo non intendiamo in guisa alcuna di negare . Solo combattiamo la prevalenza assoluta dell ' uno sull ' altro elemento al buon essere dell ' uomo e al progresso della civiltà . Imperocché ad esaminare a fondo la cosa , conviene anche riguardarla da un altro punto : cioè che la coltura e la conoscenza delle leggi naturali scompagnata dal sentimento della giustizia , può divenire strumento di male ai propri simili . Il che si avvera pur troppo frequentemente , e fu espresso dal nostro poeta là dove dice : Ché dove l ' argomento della menteSi aggiunge al mal volere ed alla possaNessun riparo vi può far la gente * . Nota lo Spencer , raccogliendo tutte le notizie circa l ' uomo primitivo , che mentre la crudeltà non è comune appo le tribù più ignoranti , diventa poi comune presso quelle che sono alquanto più dirozzate * . Dal che non può trarsi un argomento generale per affermare che queste tribù siano scadute da uno stato di primitiva innocenza , ma soltanto che il costume non segue di pari passo lo svolgimento delle facoltà intellettive , il quale in certi casi diventa stimolo a brutale ferocia . D ' altra parte la storia ci mostra esempi di gente oppressa ingiustamente e sterminata da altra gente che aveva superiorità di forza non di scienza né di civiltà . La pugna per la sussistenza che oggi si descrive come uno dei fenomeni costanti e decisivi tanto della natura che della società , e nella quale vincono i forti , prova che l ' elemento scientifico non ha l ' efficacia esclusiva che si vuole attribuirgli . I barbari , come dice Botta , non ascoltavano i sofisti ma davano piuttosto loro delle labarde su per la testa * . E veramente non si può negare che le cognizioni e la coltura fossero più diffuse durante l ' impero romano che nei secoli della repubblica , ma la mollezza ed il vizio avevano talmente snervato gli animi , che l ' impero non potè resistere alla interna dissoluzione , e alle orde invaditrici del settentrione . E sul fine del secolo XV e nel principio del XVI come abbiamo toccato anche altrove , chi può negare che l ' Italia non porgesse spettacolo meraviglioso di cultura e anche di civiltà ? epperò questa disparve in pochi anni come edificio che crolla per sostegno manco . Un altro aspetto ancora di questa ricerca sarebbe l ' influsso che ha il progresso morale sull ' andamento della scienza , poiché come la sincerità e il disinteresse aiutano alla indagine e alla contemplazione del vero , così la vanità , la cupidigia e il puntiglio ne disviano , e generano sofismi non solo di un uomo ma di una classe intera di uomini e di un tempo ; tantocché si può dire che il progresso delle scienze trova nelle abitudini morali aiuto e conforto , e nel contrario loro pregiudizi e resistenza . È profondo e vero insieme quel concetto che v ' ha una rettitudine di pensieri che viene dalla rettitudine del cuore . E finalmente se guardiamo all ' appagamento umano al quale ciascuno come suo fine intende , chi non vede che la scienza non può bastare per sé sola a generarlo ? anzi v ' ha una specie di sentimento che si manifesta appresso gli antichi e altresì appresso i moderni , che la scienza aggiunga affanni e dolori . Dall ' Ecclesiastico di Salomone al Fausto di Goethe è spiccata questa contraddizione onde si pare che il sapere non ha possanza di generare la contentezza dell ' uomo , anzi disgiunto da moralità lo trascina a triste esito . E ciò che dissi dell ' individuo preso singolarmente , può intendersi anche dei popoli . Ma ritorniamo là donde questa lunga digressione ci ha allontanato , imperocché lo intento mio era di mostrare che la religione è un elemento essenziale dell ' uomo e della società , e che la scienza non potrà mai svellerla dagli animi , né basterà da sé sola ad appagarli interamente . Perciò io non posso neppure acconciarmi alle dottrine di coloro che , mossi da tutt ' altri principii e intendimenti di quelli che abbiamo discorso fìnora , veggono nella religione come nell ' arte due funzioni essenziali dello spirito ma temporanee nella loro distinzione , e , per dir così , pedagogiche , destinate a introdurre l ' uomo alla filosofia , la quale tutto dee comprendere e tutto spiegare , e diverrà ad un tempo scienza , arte e religione * . Per me tutti questi elementi sono originarii , e saranno perpetui , voglio dire , sino a che l ' uomo sia costituito qual è sulla terra . Vi è qualche cosa di sostanzialmente connaturato in noi , e d ' inconfondibile fra loro , sicché nessun progresso come nessun regresso può cancellarne le differenze . Finalmente giova notare che un certo grado di sviluppo in ciascuno di questi elementi è necessario perché gli altri pure possano svolgersi . E come senza l ' appagamento dei primi bisogni , l ' intelletto non può esercitarsi , così senza certe cognizioni non si dà moralità nè religione , e senza di queste la società non sussisterebbe e ogni cultura diventerebbe impossibile . La civiltà vera richiede pertanto una giusta proporzione dei varii elementi nell ' individuo come nella società . Questa legge di proporzione governa tanto l ' ordine psicologico e civile quanto l ' ordine cosmico ; e come l ' osservanza di essa genera armonia ed appagamento , così la sua rottura è cagione di discordia e di dolori . Se non che il progresso di ciascun elemento si opera disgiuntamente , e quando l ' uno è proceduto senza che gli altri lo accompagnino , nascono i conflitti . Io ebbi già occasione altre volte di delineare gli effetti della legge di proporzione sulla produzione e sul riparto della ricchezza * e mi sarebbe agevole farne ampio riscontro nel tema presente : ma ciò richiederebbe un libro , ed io debbo contentarmi di averlo accennato , quasi un fuor d ' opera . Basti il considerare che vi sono periodi nella storia nei quali si manifesta un disaccordo fra la scienza , gli ordinamenti politici ed economici , la morale e la dottrina religiosa alla quale per lunga tradizione furono educati gli animi . Allora , mentre taluni godono di assalire e di calpestare le viete forme come assurde , altri invece vi si abbrancano siccome a cose credute sacre ed immutabili . In quei tempi regna la irrequietezza negli animi , e la incertezza negli ordini civili . Si direbbe , per usare una frase volgare , che nessun cittadino si trovi più nella sua nicchia , e siccome una idea nuova dovrà trionfare , quali che ne siano i sostenitori , talvolta pare che i malvagi sormontino e i buoni siano messi in fondo . Ma la società non ripiglia il suo assetto normale e il suo moto regolare , sinché l ' elemento religioso ed il morale , ripurgati e messi in armonia colla scienza e coi bisogni della nuova società , non abbiano ripreso vigore ed impero . Laonde se in alcuni tempi si oscurano e sembra smarrirsene la nozione ed il senso , questo stato di cose è passeggero , e dopo una ecclisse più o meno breve risplendono nuovamente di viva luce . Tale è la condizione del tempo in cui viviamo , nel quale , per conseguenza , la separazione dello Stato dalla Chiesa è la sola forma razionale e possibile , la sola che porga modo di preparar l ' avvenire . E questo mi conduce a riassumere , in poche conclusioni la sostanza del libro presente . La religione , nelle sue manifestazioni esterne , nella gerarchia e nel culto , fu , a principio , tutt ' uno collo Stato : più tardi il cittadino fu distinto dal credente , e dirimpetto allo Stato surse la Chiesa , però la unione loro fu reputata necessaria . Ma nella pratica , or l ' uno or l ' altra predominarono ; talora pugnarono insieme , più spesso furono uniti con relazioni intime e con patti come fra due potestà . Ma lo studio della storia di questi ultimi secoli in Europa ci ammonisce che un altro periodo è prossimo , quello della separazione dello Stato dalla Chiesa . Questa separazione è la logica conseguenza della libertà religiosa , proclamata in tutte le moderne costituzioni politiche ; essa potrà essere ritardata da istituzioni , o da atti di governi e di Parlamenti , e potrà lo Stato ancora sorreggere qualche Chiesa particolare , sovvenirla coi suoi mezzi , e conseguire una prolungazione della condizion presente di cose . Ma l ' esito non può essere diverso da quello che noi abbiamo pronosticato . La società avvenire in ciò avrà fattezze sue proprie , diverse dal passato , e una legislazione che le corrisponda . Noi pensiamo che la nuova legislazione non abbandonerà punto i diritti dello Stato né tampoco quelli degli individui , ma nel medesimo tempo guarentirà a ciascuna associazione e confessione religiosa , tutta la libertà che le è necessaria per organizzarsi e per svolgersi . Di questa legislazione ci siamo sforzati di divisare le prime linee . Quindi abbiamo veduto che tutte le obbiezioni che si fanno al nostro concetto , derivano da una imperfetta cognizione dello stato reale delle cose , o dalla speranza fallace , che giunti al punto in che siamo , con mezzi esteriori che non hanno altra qualità che di espedienti , si possa supplire alla mancanza di spontaneità e di fervore negli animi . Rivolgendo infine lo sguardo agli effetti di tale ordinamento , ci è sembrato che debbano essere propizii alla civiltà . Le confessioni religiose , coesistendo insieme con parità di diritti , e avendo di riscontro il pensiero critico che non solo le vigilerà , ma si sforzerà di abbattere ogni domma , dovranno cercare in sé stesse la ragione di esistere , e l ' impulso a trovare degli aderenti . Sarà una gara di sapienza e di virtù , e la vittoria apparterrà a chi meglio infonda negli animi il proprio spirito , e renda maggiori beneficii all ' umanità . È questa la nostra speranza . Pertanto i veri credenti non debbono paventare la separazione della Chiesa dallo Stato , anzi aspettarla nella fiducia che la libertà apporti il trionfo della loro dottrina . Né possono oppugnarla gli uomini che cercano ed amano sopratutto la scienza , consci che nessun pregiudizio potrà mai più venire , come ostacolo , a frapporsi al loro cammino . Ma debbono desiderarla principalmente coloro nei quali si agita vivo il sentimento religioso , ma nessuna delle forme presenti risponde a tutte le esigenze della ragione loro . I quali però sono persuasi che la protezione e i congegni governativi non avrebbero vigore per rinnovare le credenze , e che solo dalla spontaneità della coscienza libera può erompere una iniziativa che ridoni alle generazioni , avide di fede , il simbolo intorno al quale raccogliersi . Ma il più alto salire della umanità sarà sempre nella sua aspirazione ad un ideale supremo , il quale non si restringa entro i confini di questa vita mortale , e congiunga insieme l ' uomo , la società , la terra , l ' universo , e Dio . FINE
I PARTITI ANARCHICI IN ITALIA ( BONGHI RUGGERO , 1878 )
Saggistica ,
AVVERTIMENTO . Sotto un titolo solo - I partiti anarchici in Italia - il mio amico Treves ristampa due scritti miei , vecchi l ' uno di cinque mesi : - l ' Italia non aspetta ; l ' altro di tre settimane : - La situazione morale del paese e il diritto d ' associazione - Pubblicati amendue nella Nuova Antologia . Essi sono stati scritti prima che il 17 novembre fosse attentato alla vita del Re : e prima che , qualche giorno innanzi o dopo , le bombe scoppiate a Firenze , a Pisa , a Livorno , le risse a Bologna , l ' assalto tentato di notte a una caserma in Pesaro , l ' assassinio d ' un ufficiale di polizia a Fabriano , i cartelli affissi a Roma , gli arresti preventivi che hanno solo impedito maggiori guai , e molti altri indizii non attestassero , che il regicida di Napoli , mandatario o no d ' una setta , ha pur sempre concepito l ' atroce delitto non nella solitudine della sua mente , ma in una comunicazione di spirito e d ' intenti con molti . Cotesti fatti , che io non potevo sapere , mentre scrivevo è chiaro , a chi oggi mi legge , che io li presentissi . Errano in un punto solo : credevo , che avrebbero indugiato di più . Io prevedevo cotesto scoppio di passioni e d ' ire per il giorno , che il presente indirizzo di governo sarebbe stato mutato in Italia ; ma gli odii non hanno avuto pazienza , ed hanno cessato di covare anche prima . Vuol dire , che il lavoro delle sette anarchiche è maturo in Italia , ed hanno rinnovato , più presto che io non aspettavo , le gesta e i fasti , da ' quali nel luglio sembravano tuttora lontani . lo dicevo allora , che si preparavano , crescevano , invigorivano le forze e disposizioni morali nei partiti contrari al presente ordine di cose , le quali prima o poi avrebbero turbato la serenità apparente del paese ; coteste forze erano già preparate , cresciute , invigorito più che non si poteva congetturare , mentre stavano ancora nascose quasi del tutto . Ma , si sente dire : - siano stati pur molti e subitanei cotesti segni di corruttela politica ; quando vi si contrapponga la manifestazione maravigliosa di affetto al Re e di fede alla monarchia , che hanno eccitato in tutto il paese , essi perdono valore e significato insieme . Vero : ma chi parla così non ragiona giusto . Un regno recente avrebbe perso ogni speranza d ' avvenire , se già non sentisse più che nella forma monarchica assunta da esso sta il maggior suo fondamento e la migliore sua . sicurezza ; una società , che non fosse presa tutta d ' un brivido all ' annuncio , che il capo dello Stato ha rischiato di rimanere vittima del coltello d ' un assassino , si dovrebbe credere giunta all ' estremo grado di degenerazione e poco meno che già morta e spenta oramai . Ciò che s ' è fatto e detto in Italia , dopo saputo l ' attentato al Re , può parere poco a qualcuno : non può parere troppo a nessuno . Che così gran maggioranza si sia mostrata sgomenta del pericolo corso dal Re e gli abbia acclamato con rinnovata lena , è naturale , e grandissimo conforto a chi punto ne dubitava : ma è un fatto di maggiore importanza , che in così gran convocio di applausi . e di esecrazioni non solo qualche voce ha disturbato , ma qualcuno è stato mosso dal sentimento suo a trovarvi persino nuova occasione e stimolo di delitto . Ciò non si spiega , non a un modo solo . In coteste città dove simili voci sono stato udite o simili atti compiuti , le sette devono già avere viziata l ' atmosfera , più che non pare . Deve respirar aria molto infetta , quegli nel cui animo scendono siffatti pensieri e proponimenti , poiché non è soprattutto un ' ingordigia o rabbia privata quel che lo muove . Chi ne respira una sana e buona , non può essere tratto per nessuna via e modo a concepirli . è ozioso ricercare quali sette siano soprattutto il crogiuolo , dove si fonde così ogni chiarezza di mente ed ogni bontà di cuore . Il Passannante può essere qualcosa tra un repubblicano e un socialista ; ovvero più del primo o più del secondo . Ma non perciò i repubblicani o i socialisti insegnano tutti le dottrine dell ' assassinio politico , e molto meno le . praticherebbero tutti . Cotesta dottrina è il motto misterioso ed ultimo di ciascuna setta , che vuole colla violenza sovvertire l ' ordine attuale dello Stato ; e tutte , contrastate un pezzo ed impedite dal raggiugnere il loro fine , terminano col supporre la violenza unico mezzo di raggiugnerlo . Ma l ' atto dell ' assassino non è un effetto , puro e semplice , della dottrina ; questa gli abbuja la coscienza ; ma non gli arma ancora la mano . Il coltello gli è appuntato dal livore , dallo sdegno , dal dispetto , dal bisogno , dal vizio : da tutti que ' risentimenti , che ribollono nell ' imo fondo di ciascuna setta , dove precipita e posa la faccia , che entra nella composizione ma in tanta maggiore proporzione , quanto più essa è anarchica , quanto , cioè , è più ampio e difficile il sentimento politico e sociale che si propone . Io non dubito che Aurelio Saffi davvero creda che l ' ufficio del partito repubblicano deva oggi essere soltanto questo : predicare l ' eccellenza del principio repubblicano , e restrignersi nel pensiero , aspettando a lanciarsi nell ' azione che la coscienza della nazione sia matura . Io non dubito che siano di buona fede quegli studenti repubblicani dell ' Università e scuole d ' applicazione Bolognese , che , innalzandosi in nome della legge morale e dell ' umanità al disopra d ' ogni differenza di parte , si condolgono dell ' attentato con Umberto di Savoja , che ha rischiato di rimanere vittima , e con Benedetto Cairoli che v ' è rimasto ferito . Ma è evidente , che cotesti leali studenti ignorano che , uno Stato monarchico , il quale lascia in una instituzione sua , come è l ' Università , ordinarsi liberamente , un gruppo di studenti i quali si danno titolo di repubblicani , e non ha neanche cuore a mostrare d ' avere inteso che in un indirizzo al Presidente del Consiglio , essi hanno sconosciuto il Re , è uno Stato , al quale il paese comincia a temere che manchi la coscienza della sua forza , e il rispetto del suo diritto ; ed Aurelio Saffi ignora altresì , che la sua speculativa predicazione repubblicana in uno Stato , che dovrà prima o poi impedire che venga all ' atto , crea una condizione d ' animi violenta , e diventa il fomite , di organizzazioni , di combinazioni , di cospirazioni , le quali gittano necessariamente intorno a sé il seme dei delitti , onde l ' animo suo , come il nostro , è eccitato a così grande orrore . Il ministero poi , anzi , si può dire , il governo ha mostrato d ' ignorare così da tre anni in qua ciò che sfugge a quegli studenti , come ciò a cui gli occhi del Saffi non giungono . Noi abbiamo avuto per un due anni ministeri , che hanno scemato credito e valore a quanto v ' era nel paese di più sano , di più sicuro , di più tranquillo , ed ora da meno di un anno n ' abbiamo uno il quale ha lasciato espandersi ed affiatarsi quanto v ' ha di più malsano , di più torbido e mobile . I diritti supposti e immaginarli delle minoranze sovvertitrici , parte coll ' ajuto stesso del governo , parte da sé , hanno avuto modo di sovrapporsi a diritti veri e legali della maggioranza conservatrice e prevalere . Raccogliamo ora i frutti di così falsa politica ; e s ' è tuttora lontani dall ' averli raccolti tutti . Stiamo anzi , a principio ; ed o io non ricordo nessuna storia e non ho acquistato in trent ' anni di tempeste nessuna esperienza , o è pur vera la triste previsione dell ' animo mio : che la strada nella quale siamo ci meni a un precipizio . Non ci s ' illuda , né in su né in mezzo né in giù ; e poiché tocca a tutti , ci si pensi tutti . Napoli , 22 Novembre 1878 . Bonghi L ' ITALIA NON ASPETTA Sarebbe rincrescevole , davvero , se il più amabile dei repubblicani - come tanti altri del resto innanzi a lui - voltasse a monarchico . Pure , questa è l ' impressione , che ha fatto sopra parecchi un opuscolo pubblicato a questi giorni da Agostino Bertani , col titolo : L ' Italia aspetta . " Adunque , il Re , dopo il Cairoli , chiamerà il Bertani " . Così sentivo esclamare uno cui cotesto opuscolo era venuto alle mani . E di fatti , sinché i moti politici non si posano , o almeno la coscienza di tutti non li senta posati , non si suole intendere altro progresso , che quello vago , indeterminato , illusorio , in diritta linea verso il discioglimento della forma , in cui si crede abbiano fatto sosta per poco . Sicché son creduti via via uomini d ' avvenire gli uni rispetto agli altri quelli che più son riputati in grado ed in desiderio di operare cotesto dissolvimento . Chi più è tenuto atto e volonteroso a ciò , è avanzato , sta avanti a chi è meno . In cotesta preposizione avanti è inclusa tutta la politica . La quale non è già più l ' arte del proporzionare i mezzi ai fini , dell ' attagliare le istituzioni alle condizioni dei popoli , del mantenere da una parte le forme essenziali di una società , e trarne dall ' altra i maggiori effetti di coltura intellettuale , di soddisfazione morale , di utilità sociale , e di prosperità economica , che i tempi comportino ; ma bensì l ' arte di camminare a occhi chiusi verso una meta oscura , pur di non guardarsi mai indietro , in una linea che par retta , perché non si vede . , e perché non si sa dove metta capo . L ' assurdità del proponimento è poi causa essa sola , che non ne risulti nulla di sincero e di vero ; che il paese , cui non s ' è promesso altro , se non che sarebbe andato avanti , non avanza in realtà da nessuna parte ; e la sola cosa che avanzi , sono i vantaggi e le vanità degli uomini , che , pur di farsi strada , l ' avean cullato in così vana speranza ; ragione potentissima poi di disistima e corruttela pubblica . Però , il Bertani non ha , per verità , nessuna colpa , che il giudizio sopra di lui e il suo libriccino , - ha 40 pagine e l ' autore si vede , che non giugne senza fatica a scriverne tante , - si sia sommato in quelle poche parole . Sarebbe maligno e falso l ' affermare , che , nel suo parere , quello che l ' Italia propriamente aspetti , sia lui . Non s ' intende davvero molto chiaramente , ciò che l ' Italia aspetti , ma non aspetta , a quanto pare , lui . Il pensiero dell ' autore è , in fin delle fini , incerto molto . Talora , si direbbe , ch ' egli , insomma , voglia dire , che l ' Italia aspetta la Repubblica , e che l'onor8 Cairoli ce l ' avvii ; talora invece , l ' aspettazione è assai più modesta . Quando l ' Italia , parrebbe , avesse ottenuto , che i Comuni non avessero più parte nell ' istruzione primaria , e nelle scuole elementari non s ' insegnasse più religione ; - quando l ' azione della giustizia precedresse , più spedita , e la magistratura , pagata meglio , rispondesse più alla nobiltà dell ' ufficio suo ; - quando le comunicazioni da una ad altra regione fossero agevolate mediante i più recenti e facili mezzi di trasporto , - l ' Italia , almeno per ora , non aspetterebbe altro . Succede del libro del Bertani come di tante altre manifestazioni d ' uomini politici in Italia , che l ' hiatus è grande , e la parola , che poi n ' esce , piccola . A veder quello , non v ' ha gran canto , che non si creda dovere , potere venirne fuori , poi è un fil di voce , quello che n ' esce , appena percettibile . E le ragioni di ciò son due : - aprono la bocca male ; e si sono troppo scarsamente nudriti . O , fuor di metafora , non muovono da un retto principio , e la lor mente non è abbastanza educata da studi di quel genere e maturità , che occorrerebbe . Che il Bertani , per esempio , paragoni sé , quando discorre o scrive di medicina o chirurgia , e quando scrive invece o discorre di qualche ordinamento sociale o politico ! Come la parola gli sgorga limpida , e la penna gli scorre fluida e il pensiero gli si affolla copioso nel primo caso ; come la parola gli s ' impaccia , e la penna gli si congela , e il pensiero gli s ' incaglia nel secondo ! Egli ricorda di sé l ' alta carità che gli ha insegnata l ' arte sanguinosa e precisa nella quale un fortunato ardimento gli conciliò qualche rispetto dai colleghi suoi ; bene a ragione ; ma ripensi , quanto la mano gli è ferma nel trattare quei dolorosi istrumenti , che devono ripristinare le forze e le funzioni dell ' organismo in quegli stessi di cui mettono talora la vita a nuovo pericolo ; e quanto invece gli oscilla , allorché deve non operare , ma disegnare soltanto con essa i movimenti , che si devono produrre nei corpi delle società umane per risanarli ! Ciascuna arte vuole le preparazioni sue ; e il genio , supponiamo che ci sia , non basta oggi a vincer le guerre più che a condurre gli Stati . Gli elementi della vita in questi , come i mezzi di morte in quelle , son diventati troppi ! L ' onorevole Bertani è riputato il capo dei repubblicani in Parlamento . Se repubblicani vi hanno ad essere , - e non si può fare a meno che non ce ne sia , - e devono avere un capo , nessuno ci sgomenta meno di lui . " Solo per tanti anni nella Camera , e lungamente inviso , come profanatore dell ' arca santa , io sostenni che un partito di schietta democrazia doveva manifestarsi in Parlamento , segnacolo e voce di quello che senza cospirazioni e violenze , ma per fatale evoluzione della coscienza nazionale , andava ingrossando al di fuori " . Così egli scrive di sé ; e noi diciamo che ha fatto bene , e l ' Italia deve avergliene grado . È stato nocivo , che nessun clericale , - nessun uomo cioè , d ' una parte politica che nega da un opposto aspetto l ' ordine attuale di cose , - si sia risoluto a fare il medesimo : e che i clericali , i quali già erano in Parlamento , abbiano creduto , una volta che questo ha preso sede in Roma , di doverne uscire . Le istituzioni rappresentative non son sicure di produrre tutto il frutto che se n ' aspetta , non sono in grado d ' acquistare un moto ordinato , tranquillo , fecondo , continuo , se non quando le opinioni del paese sieno rappresentate tutte , e si acconcino ad essere varietà d ' indirizzi politici e sociali dentro la cerchia di quelle . Ché se esse a principio , come è succeduto già e succede tuttora ai repubblicani , persistono nell ' asserire di sé che son sempre le stesse , e nel pretendere di non avere rinunciato o non volere rinunciare a nulla ; a mano a mano , e quasi senza che si accorgano e certo senza che se lo confessino , queste lor presunzioni si smorzano , si spuntano , e nei contatti quotidiani delle composizioni e scomposizioni delle parti politiche , s ' abituano a rinserrarsi nella lizza , in cui sono scese a combattere , e che finisce col parer sufficiente ad ogni loro gara , e non levare a nessuno la cara speranza di poter continuare la sua battaglia in perpetuo . Ma la maggiore o minore importanza di un fatto , come quello che l ' onorevole Bertani ascrivo a sé , - cioè l ' entrata della parte repubblicana in Parlamento , - dipende dall ' assenso che trovano nel rimanente di essa coloro i quali vi si son risoluti . Che se questi son pochi , o piuttosto so , essendo Pochi , il maggior numero dei repubblicani li reputa piuttosto traditori della parte , che rappresentanti suoi , il fatto loro può avere ragioni più o meno buone , motivi più o meno fondati , onorevoli , nobili , ma non ha valore oltre le loro stesse persone ; non acquista un ' efficacia davvero politica e seria . Il caso del partito repubblicano è appunto quest ' ultimo . Vi hanno repubblicani in Parlamento , - e si può dirlo senza ingiuria , poiché quelli che son tali , non se ne scusano , né se ne infingono ; - ma non si può affermare , che cotesti repubblicani rappresentino tutta la loro parte . I più di questa , - e tra i principalissimi , - non approvano la condotta di cotesti loro fratelli un po ' spurii , né riconoscono ad essi maggiore autorità che in una famiglia si accorderebbe a questi . I repubblicani in Parlamento , da quelli , che non solo ne rimangono coi fatti , ma vogliono per convincimento rimanerne fuori , son riputati cristianelli annacquati . Né tutti credono che l ' opera loro sia utile . Poiché nei partiti v ' ha sempre due opinioni : quella di coloro , i quali vedono il fine del partito tanto più facile a conseguire , quanto meno si accusa ; e quella di coloro i quali invece stimano appunto il contrario . A ' primi pare , che pur di riuscire , anzi per riuscire , giova sopratutto che la repubblica si umanizzi , e si serva delle indulgenze del Governo pro tempore , per farsi strada ; i secondi invece immaginano che quando cotesta repubblica faccia fieramente parte da sé , e , trattasi in un canto , si contenti , finché l ' ora sua non sia arrivata , di gridare su per i tetti l ' idea sua e di segnare a dito il venir meno e il fallire d ' ogni altra , cotesta sua ora arriverà prima che in qualunque altro modo e più efficacemente , più degnamente . S ' intende , che i repubblicani di questa seconda maniera non consentono con quei della prima , ma nel fondo del cuore gli sprezzano . Quando noi , quindi , avremo raccolto il pensiero del Bertani , non dovremo già figurarci di aver raccolto quello di tutta la parte politica , a cui nome egli parla . Ciò che potremo dire , è di avere saputo dal Bertani , che concetto si formino del valore , dell ' avvenire , dell ' importanza dell ' instituzione monarchica quelli tra i repubblicani , i quali hanno creduto di poter entrare in qualche componimento temporaneo con essa , e di farne così per comodo quella provvisoria , illusoria , superficiale ricognizione , che implica , nel parer loro , un giuramento . Ora , per vero dire , dal Bertani appare ch ' egli e i suoi repubblicani rosati si formano di cotesta monarchia un concetto che è tanto contrario al vero , quanto al sentimento di quegli ai quali essa pare un ' istituzione fondamentale del paese . Il che , di certo , è naturale , e si potrebbe quasi sottintendere ; ma è importante a notare e provare , poiché il Bertani pretende che tale opinione sua deva essere , anzi sia quella del ministero , a cui la monarchia ha appunto commesso ora il Governo ; sicché questo non si possa aspettare l ' appoggio di lui e della parte sua se non a patto che questa opinione spicchi sempre più nell ' azione e nella condotta di esso , Proximus ardet Ucalegon , dunque ; se l ' illustre medico indovini la diagnosi , o piuttosto , se mi pare che la indovini , dirò più in là . Or ecco che cosa intanto il Bertani vuole che la monarchia sia , per aspettare , tranquillamente che la si spenga . Egli nega al Re qualunque parte di sovranità anzi lo contrappone al sovrano , che è il popolo , da cui il Re ha solo una delegazione d ' esercizio d ' una piccola parte di potere pubblico . La libertà ha un proprio nome ed ideale , e questo è repubblica ; la rivoluzione italiana è stata schiettissimo ed unico frutto della forza e della volontà popolare vittoriosa , e quindi nasce , natural conseguenza della vittoria , il diritto della nazione d ' innalzare la propria coscienza al governo di sé medesima . Democrazia e repubblica è tutt ' uno , e la conciliazione tra gl ' interessi della monarchia e quelli della democrazia , iniziata un dì , per altissimi intenti , da Mazzini stesso , non può essere se non temporanea . Questa conciliazione non può durare se non fin dove e fin quando la monarchia non resista ai progressi della libertà , e la democrazia non s ' imponga pel bene d ' Italia . I plebisciti furon dettati da necessità transitorie ; la nuova sovranità nazionale sorge e si posa calma e severa a reclamare un diritto le cui ragioni porta in sé stessa costitutive , inalienabili , imprescrittibili . Dal centro vitale dell ' istituzione monarchica si sviluppa ogni giorno più tardo il moto , e la sua circolazione si va ogni di più intorpidendo ; e le va contrapposto un giovane e vigoroso organismo dalla giovinezza immortale che , stringendosi in pugno il vessillo del progresso , additi un nuovo primato all ' Italia fra i popoli civili . Cotesto organismo è vaticinato all ' Italia dal suo genio speciale , dal martirologio e dagli accelerati progressi odierni . La monarchia costituzionale povera , timida creatura , ponte gettato da venti anni fra le diffidenze dell ' Europa dispotica ed il bisogno della ricostituzione nazionale , ha avuto un periodo necessario , periodo dominato dal prepotente concetto dell ' unità della patria . Ma , l ' unità raggiunta , può la mente italiana tenersi indissolubilmente unita a forme divenute più che mai accessorie ? Avvinta tuttora in quelle fascie che protessero la sua infanzia , l ' Italia , cresciuta e adulta nella vita politica , ne risente già le molestie e si rende conto troppo chiaro , delle contraddizioni e dei vizi costitutivi della forma accettata . Un breve periodo di vita costituzionale è bastato ad imbastardire il genio italiano , a sfibrarne il carattere , a deprimerne la intelligenza . Una reazione in favore dell ' ideale è inevitabile , e guai se questa sorprenda gl ' Italiani deboli di mente e prostrati nella coscienza , disciplinati da una forma politica eviratrice ! La monarchia deve spogliarsi man mano dei suoi privilegi ed indietreggiare dai diritti storici e dalle pretese convenzionali , se vuole che gl ' Italiani aspettino pazientemente la fine sua . L ' autorità regia deve residuarsi a lieve cosa , e non superare quella d ' un presidente di repubblica . Deve durare nell ' attitudine passiva che le conviene . Ora questo , come si è detto , è il concetto della monarchia italiana che si formano i più temperati dei repubblicani , quegli i quali non dicono di sé : Amiamo più fortemente la repubblica , perché più fortemente amiamo la verità . Ebbene , questo concetto è già , nel parer mio , interamente falso ; ed un Governo che in Italia non lo ripudiasse nell ' animo suo , non sarebbe in grado se non di condurre il paese a rovina . Il monarca non e stato passivo nella costituzione di questa Italia nuova , né può rimanere passivo nell ' opera del consolidamento di essa . Affermare che l ' istituzione monarchica sia contraria al genio italiano e alle tradizioni o leggi storiche del nostro sviluppo è vanissimo , e chi si lascia tirare a siffatte affermazioni dalle reminiscenze gloriose della repubblica romana , o fastidiose e turbolente delle repubblichette del medio evo , mostra di ricordare la storia della sua patria e poco e male . Un popolo tutto libero è un fatto modernissimo ; una nazione italiana che concorra effettivamente tutta al governo di sé medesima è un fatto nuovissimo . L ' ultimo sviluppo della nostra storia recente non trova in nessuno dei periodi precedenti di essa le norme del suo governo . E la forma costituzionale ch ' esso ha assunto , per necessità di fatto assentita dalla volontà nazionale , non è più forestiera che italiana nell ' essenza sua ; è un rampollo delle condizioni proprie delle società europee ; e l ' essersi mostrato altrove prima che qui , sicché l ' averlo trapiantato qui può parere imitazione , si deve a ciò solo , che coteste condizioni si son maturate in altri Stati prima che nel nostro , nato , nella sua forma attuale , per l ' ultimo . Non discutiamo , - che è quistione oziosa , - se sieno stati in maggior numero repubblicani o monarchici gli uomini che hanno concorso a ridestare l ' Italia , a riporla in piedi ed a dirle : cammina . Ammettiamo pure , se si vuole , che la più parte di coloro i quali , sfidando ogni minaccia , affrontando ogni pericolo , tra patimenti , tra contrasti , tra martiri infiniti , concitando nell ' animo proprio tutti gli ardori dell ' amore arrischiato d ' una patria infelice , si sono affaticati a redimerla , abbia vagheggiato nella sua mente un ideale di Governo il più opposto a quello contro cui combatteva . Non solo non sarebbe meraviglia che così fosse stato , ma sarebbe meraviglia se fosse accaduto il contrario . Non sono le fantasie eccitate da una lotta disuguale e crudele i giudici migliori dell ' assetto nel quale il lor paese poserà , una volta che quella sia vinta . Riconosciamo senza paura le speranze generose di quegli animi infiammati , ma non facciamo loro il torto di credere che i sogni d ' una giovinezza torbida sarebbero stati i consigli d ' una maturità sicura e calma . Quelli che ora si giovano dell ' esempio delle opinioni di cotesti trapassati , sono così indietro al proprio tempo come essi erano avanti al loro . Ciò che però è chiaro , è che cotesti sforzi , tentativi , desideri di uomini privati , o repubblicani che fossero o monarchici di sentimento , come non erano bastati in mezzo secolo a sollevare l ' Italia dalla misera condizione in cui era , così non vi sarebbero bastati in venti altri . Chi trascura tra i motori di questa risurrezione d ' Italia il monarca s ' affanna a non intenderla . Poiché se il pensiero , non delle plebi dimentiche , ma della parte intellettuale e più eletta del paese l ' ha preparata con una secolare pazienza , l ' ha compiuta l ' istinto antico tradizionale d ' una dinastia più che secolare , e l ' arte politica d ' un governo , la cui esistenza legale e legittima aveva avuto assai più volte , che quella forse di nessun altro , la ricognizione del diritto pubblico d ' Europa . Qui è stato attivo e supremamente attivo , non che il re stesso nella sua persona , - e più la vita di Vittorio Emanuele sarà nota , più la parte presa da lui nel risorgimento italiano apparirà grande , - ma il re , come instituto giuridico e politico . Cotesta autorità regia è quella che ha ordinato le forze del moto italiano , anzi quella che a questo moto ideale degli spiriti ha dato la forza , a questa materia , che voleva essere trasformata , ha fornito la forma nuova , nella quale foggiarsi . La monarchia , quindi , non è un accidente della risurrezione italiana , non è una veste che questa ha indossata per un commodo passaggiero ; non è un ' appendice , un accessorio della nostra esistenza nazionale ; è bensì la radice stessa , donde quella restaurazione è germogliata ; è il cuore donde muove e tòrna , con circolo perpetuo , il sangue del nostro Stato ; è il pernio intorno a cui gira , la base su cui sta . Chi levasse quella di mezzo , non farebbe altrimenti al nostro essere nazionale di quello che a un albero chi lo schiantasse . Solo perché l ' autorità regia ridava una forma allo Stato nuovo , nella stessa ora che discioglieva la vecchia , è stato possibile all ' Italia di trovare nelle guerre che doveva combattere , alleati coi quali vincerle , e nell ' interno di ordinare subito uno Stato capace d ' un avviamento costante , e non costretto a sobbalzare senza posa . Se sono venti anni che duriamo , e in questi venti anni tutto un organismo , più o men bene e fortunatamente , s ' è formato e ha vissuto , è alla monarchia solo che lo dobbiamo . La più grave questione della nostra interna costituzione , l ' esistenza d ' un papa in Roma , dobbiamo al Re lo averla sciolta . La guerra , che gl ' interessi molteplici connessi col Papato e sparsi per tutta Europa , - interessi morali , sociali , politici , - più volte secolari tutti , ci hanno fatta , anzi ci fanno tuttora , non l ' avremmo vinta , né le resisteremmo ora , un Re , d ' antichissima dinastia , non avesse sviata , distratta , confusa , sgomenta così gran parte di quegl ' interessi stessi . Questo , che io descrivo , noto , mostro da più lati , è il carattere evidente , proprio , peculiare , ideale davvero , della nostra rivoluzione , ci piace darle questo nome . Qui spira , l ' italianità , ma un ' italianità non sognata , non immaginata , non indotta dalle passioni di parte o dal ghiribizzi del proprio cervello , ma attinta , provata dall ' esperienza del fatto . E i ministri i quali , morta , Vittorio Emanuele Il , hanno dato al figliuolo , distratto dal dolore , nome di Umberto I , distaccandolo da quegli antenati , coi quali suo padre aveva espressamente , nel suo titolo stesso , voluto nella nuova fortuna affermare il vecchissimo vincolo , hanno mostrato di non intendere cotesta italianità del movimento politico nostro , e tentato , per quali era in loro , in una occasione siffatta , di surrogare , alla monarchia antichissima dal cui tronco tuttora vegeto è germogliata la recentissima Italia , una monarchia nata da ieri , ancora imberbe , sovrapposta al paese , e non connaturata con esso . Il Bertani afferma che cotesta monarchia italiana divori gli uomini ; anzi , non l ' afferma lui , ma dice a dirittura , che il popolo italiano nel suo buon senso è quello che l ' asserisce . Qui certamente ha frainteso , e scrive della monarchia ciò che s ' è detto sempre della rivoluzione . La monarchia ha sinora in Italia rifatto gli uomini . Si sono visti molti repubblicani diventare monarchici ; ma nessun monarchico diventare repubblicano . Il Bertani confessa del Cairoli quella prima trasformazione ; e molti ne sono già in dubbio per lui . Ma , ciò fosse vero di lui , - che non so né credo , - egli non sarebbe il secondo . La vita parlamentare italiana è stata più volte testimone di questa mutazione di opinione , che io non solo devo e voglio credere , ma credo davvero perfettamente leale . Né le scema credito , nel parer mio , che essa appar succeduta via via che il Governo s ' è accostato a quelli in cui il miracolo s ' è operato ; sicché il sentimento repubblicano è svaporato , appena i raggi dell ' autorità regia sono stati abbastanza vicini da riscaldare il cuore , nel cui lago , a dirla con Dante , era sin allora durato . Il diritto proprio del monarca , - come del resto , in qualunque forma di governo , del capo del potere esecutivo , - di nominare i suoi ministri , e la perfetta imparzialità del Principe italiano nello sceglierli secondo l ' animo della maggioranza dell ' assemblea , son bastati a smorzare infiniti ardori contrari alla monarchia , e a farla parere sopportabile a chi prima , per più anni , non l ' aveva riguardata senza grandi sospetti e disdegni . Né i moderati , monarchici ab origine , devono avere nessuna gelosia se cotesti trafugati in mezzo ad essi dal campo nemico non solo non raccolgono biasimo dalla loro variazione di pensiero e di condotta , ma ne hanno lode , e sono anzi visti con maggior favore , paiono quasi gli aspettati delle genti , le quali non si struggano d ' altro desiderio se non di veder subito il governo nelle mani più nuove . Poiché corto non si considera che chi dopo avere lungamente pensato il contrario , si risolve infine a venire nell ' opinione tua , mostra almeno minor acume e prudenza di chi aveva tenuta sin da principio cotesta opinione stessa . I monarchici si devono rallegrare d ' un fatto simile , il quale vuol infine dire che il paese sopra un punto solo non transige , ed è , che come si sia , o prima o dopo , si sia diventati monarchici . L ' attrattiva che la monarchia esercita intorno a sé , è uno dei suoi principali e più naturali uffici ; e insomma codesto piegare di tutte le persone sensato avanti ad essa , o di quelle che non essendo tali da prima , diventano tali per effetto d ' una esperienza quotidiana ed ogni giorno più chiara , prova che entra negli animi di tutti quello che forma la sostanza del pensiero liberale in Italia : essere la monarchia il fulcro stesso dello Stato . E la condizione intellettuale e morale del paese non si può dire peggiorata durante i venti anni di regno , che serio già scorsi . Chi sa dove il Bertani , che si dice ottimista , ha scoverto gl ' indizi dell ' imbastardirsi che il carattere italiano abbia fatto in quest ' intervallo di tempo ? Dio buono ! che riputazione si sarebbe egli acquistata nell ' arte medica , se v ' avesse usato con altrettanta leggerezza raccogliere i sintomi delle sue diagnosi ! Quando il carattere italiano gli è parso meno bastardo di ora ? Forse nel cittadino turbolento , crudele , licenzioso dell ' evo medio ; o in quello volpino e rotto ad ogni eccesso del decimoquinto secolo ; o nel dimentico d ' ogni patria , e già affranto dal dominio forestiero del secolo che segue ; o nel cicisbeo e nell ' arcade dei due secoli successivi ; o nel settario infiammato da una parte , e nello sbirro sagace dall ' altra del principio di questo ? Comparare i caratteri dei diversi popoli tra di loro , o d ' un popolo in diversi tempi , è cosa estremamente difficile , ed aperta , per sé stessa , a ' giudizi i meno fondati e i più strampalati . Ma , pur riconoscendo il moltissimo che resta a fare , per ridestare l ' antico rigoglìo della mente italiana e per rifarci gli animi , calunnia l ' età sua chi sconosce che e per l ' una cosa e per l ' altra qualcosa si è fatto . La franchezza del pensare e del dire , la schietta professione dei sentimenti propri , la libera difesa delle opinioni e dottrine che si credono le migliori , l ' assumere aperto della responsabilità in cui s ' incorre , la coscienza di appartenere ormai ad una nazione non dispregiata nel mondo , e senza il cui intervento non si concluderebbe nessun negoziato di valore generale tra gli Stati di Europa , son tutti germi onde il carattere nazionale nasce e si sviluppa , e onde è già cominciato a rinascere il nostro . Certo l ' esercizio della libertà politica ha sue proprie corruttele ; e , i partiti , che ne sono l ' istrumento e la forza motrice , hanno le più volte i piedi nel brago , quando anche toccano - che è raro - colla testa il cielo . Ma che i partiti vi sieno e sien tali , non è colpa della monarchia : e poiché nella repubblica non che continuare a persistere , s ' esacerberebbero e tumultuerebbero anche peggio , è ragionevole aggiungere che non sarebbe colpa neanche di quella . La colpa è dell ' umana natura , la quale non ha nessuna cura siffatta , che , sanandone alcuni mali , non ne promuova e non ne ecciti altri . Una repubblica già vecchia , quella degli Stati Uniti , ed una nuova , la francese , dovrebbero insegnare qualcosa ai repubblicani d ' Italia di buona fede . Dovrebbero insegnar loro che le degenerazioni morali degli uomini politici , non sono impedite dalle monarchie costituzionali , sono , si può dire , piuttosto fomentate che represso dalle repubbliche . Una forma di governo non è , per sé sola , in grado di pronunciare contro di quelle nessuno scongiuro , di far loro nessun incantesimo . E ciò poi che le aiuta sopratutto e le moltiplica , è la mutabilità e l ' incertezza degli ordini politici ; è la continua voglia del variarli , è l ' aspettazione che saranno altri domani , e bisognerà con altre arti , con altri aiuti agevolarsi la vita , o raggiungere la meta sperata . I tempi nei quali una rivoluzione è seguita senza posa da un ' altra , sono stati anche i più corrotti . Le rivoluzioni producono negli animi le stesse disposizioni che le pesti . Il più grande storico che sia vissuto dice di quelle : " Coloro i quali reggono le città , con titolo gli uni e gli altri specioso , quali a nome dell ' eguaglianza politica del popolo , quali a quello d ' un ' aristocrazia savia , parte volevano premio di ciascuno la cosa pubblica , ch ' era a parole la sola lor cura , parte , gareggiando per ogni modo a soverchiarsi l ' un altro , osavano le più atroci cose , e le eseguivano , non infliggendo le pene a norma del giusto e dell ' utile delle città , ma misurandolo al piacere proprio ; e possedendo il potere eran pronti a vincere il loro puntiglio o colla sentenza d ' un voto ingiusto o colla violenza del pugno " . E delle pesti : " Il morbo fu anche in altre cose principio alla città di vivere licenzioso . Che più facilmente osava ciascuno le cose che prima nascondeva , perché non fosse visto seguirvi l ' arbitrio del piacer suo : riguardando la volubile mutazione della gente fortunata che moriva di subito , e di quelli che non possedevan nulla prima , e ad un tratto entravano nelle stanze dei morti . Onde volevano i godimenti rapidi e il vivere a libito , stimando effimeri del pari corpi e i denari . E ad affaticarsi a quello che paresse bene non vi aveva nessuno l ' animo : riputando oscuro s ' egli non sarebbe venuto meno innanzi di raggiungerlo " . Nei due casi l ' incertezza del domani spezza e scioglie ogni disciplina nel presente ; e poiché pare che non resti che l ' oggi , il godere l ' ora che fugge è l ' unico proposito che sopravvive . " E ciò , aggiunge Tucidide , è stato sempre e sarà , sinché la natura umana resti la medesima " . Per fortuna , cotesti gridatori di rivoluzione , - mi scusi il Bertani , e tutti i repubblicani più o meno fervidi fratelli o cugini suoi , - sono gente antiquata . Non vorrei che paresse un paradosso a nessuno una verità così evidente ed umile com ' è quella che io son per dire . La vita sociale di Europa è in momento , nel quale nessuna delle quistioni ond ' essa è turbata , nessun dei problemi ond ' essa è impensierita o occupata , può essere risoluto da una mutazione nella forma del Governo , o d una rivoluzione intesa a produrla . Ciò che preme , al grado di civiltà intellettuale cui le nazioni europee sono giunte , è che i loro Governi riflettano e seguano la coscienza pubblica . Ora , l ' efficacia di questa è già tanta , che , anche quando lo Stato non è ordinato in modo da lasciarle una via abituale continua di manifestazione , essa ne trova una . Ma nei Governi liberi , nei quali le assemblee rappresentano , in uno od altro modo , immediatamente o no , la totalità dei cittadini ; la manifestazione dir cotesta coscienza pubblica è perenne , e , per una od altra via , esercita nell ' indirizzo dei Governi tanta influenza , che questi sono forzati , più o meno , o punto ripugnanti , a conformarvisi . E si attenda , a un fatto curioso e poco osservato . Le diversità delle leggi elettorali variano poco codesto effetto . Un ' opinione prevalente nel paese , - prevalente davvero , - finisce col prevalere nell ' assemblea rappresentativa di quello , o pochi o molti che siano i cittadini i quali hanno titolo ad esercitare il diritto di suffragio ; solo , se questi sono sproporzionatamente pochi , quell ' opinione avrà bisogno di due o tre elezioni generali per raggiungere la supremazia , che in un corpo elettorale più numeroso avrebbe raggiunto alla prima ; né l ' indugio fa sempre danno . Una vena d ' acqua , che attraverso più bocche , scorrerebbe tutta in pochi minuti , penerà un ' ora forse , se gliene è aperta soltanto una ; ma anche così scorrerà tutta . E d ' altra parte , i modi che la coscienza pubblica ha e tiene ad asserire il diritto suo , e a levare la sua voce più alto di qualunque altra , sono per lo appunto i medesimi in una monarchia o in una repubblica ; poiché la differenza sola che corre tra queste due forme , l ' eleggibilità e temporaneità del capo dello Stato , non influisce per nulla sul valore e sull ' efficacia della rappresentanza dei cittadini in ciascuna . Si sa quello che i repubblicani dicono . - Nelle monarchie ereditarie v ' ha qualcosa che ripugna alla ragione umana ; v ' ha la ricognizione d ' un diritto , che si fonda in un fatto indipendente dalla volontà della cittadinanza . L ' ordinamento dello Stato monarchico non è in tutto e per tutto razionale ; non risponde al vero , al reale , al certo , - son parole loro , - in ogni sua parte . Che uno , per ciò solo che è figliuolo dell ' altro , deva possedere ed esercitare una potestà suprema , trascende ogni diritto umano . Il diritto umano è , che ciascun uomo sia riputato pari all ' altro ; e tutti i gradi sulla scala del potere pubblico sieno conferiti dalla libera scelta del popolo . Ma appunto qui è il paralogismo fondamentale . Se il ragionamento è buono , non serve solo a distruggere la trasmissione ereditaria della monarchia , ma qualunque fatto , dal quale nella società umana provenga una disuguaglianza ; ed esige , che quella si ricomponga tutta , anzi persista e si travagli sempre nel ricomporsi , considerando ciascun suo membro , come spoglio a dirittura d ' ogni diritto , che non nasca dall ' assenso , comunque accertato , della cittadinanza . Se la vostra mento è siffatta , che vi pare contrario a ragione il riconoscere Principe chi non è stato creato tale dalla società stessa col suo suffragio , come non vi può parere contrario del pari , che altri sia ricco , sia primogenito , nasca da padre noto , anziché ignoto , o anche sia bello , sia fornito d ' ingegno , di per sé e per un arcano ordine , anziché per il consenso e il volere della società stessa ? La teorica , che non vuole nella società ammettere nessun fatto primigenio , e che non riconosca dal volere di essa stessa la sua ragione ed origine , non si accheta se non l ' ha prima svelta tutta dalle radici ; e i repubblicani che se ne voglion servire soltanto per abbattere la monarchia e sollevar la repubblica , non se ne intendono . Un ' esperienza pur lunga , e intelligibile ai più corti e più semplici , dovrebbe averli persuasi , che essi non sono in grado di fare al fuoco la parte , che sarebbe lor comodo di assegnare soltanto . Il resto brucia malgrado loro . L ' argomento fallace , che mettono innanzi per dimostrare la razionalità assoluta della repubblica , quando mancano loro tutti gli altri adatti a provarne l ' utilità attuale , è siffatto , che casca sul capo ad essi stessi , ed evoca dottrine e partiti , a ' quali tutto cotesto loro affannarsi intorno a un nome pare una beffa . Poiché qui è l ' error principale del Bertani e di tutti i suoi più o men concordi fratelli . Essi pongono il principal interesse in un punto solo della costituzione del potere esecutivo , e credono che il mondo sarebbe grandemente mutato in meglio , se il capo dello Stato fosse eletto a tempo , anziché essere ereditario ; ora , non solo questo miglioramento non s ' avvererebbe , ma il Governo ne diventerebbe , nella società nostra , più disadatto a compiere i fini che gli sono indicati . Oggi succede in verità alle società più civili e prospere quel medesimo che alle città antiche quando , pareggiato ogni diritto tra i cittadini antichi e le plebi sopravvenute , non restò altra distinzione se non tra i ricchi e i poveri , e una voglia irrefrenabile in questi di partecipare alla fortuna e al benessere di quelli . Come i repubblicani mostrano di non vedere ed intendere , che democrazia e repubblica non è tutt ' uno , così in genere non vedono neanche né intendono , che la democrazia , cara alle plebi , non è più quella la quale si contenta di pareggiare i diritti civili e politici tra tutte le classi , ma quella bensì che aspira a pareggiare tra esso i benefici sociali . Ora , la democrazia nel senso vecchio , - nel senso cioè , dell ' accomunare il diritto , sicché tutti sieno cittadini nello Stato , tutti sieno pari davanti alla legge civile e penale , e tutti , alle stesse condizioni , sieno in grado di prender parte all ' esercizio del potere politico , - non ha avuto bisogno della repubblica in nessun periodo del suo sviluppo . Così nei tempi antichi come nei moderni , le classi , alle quali nelle repubbliche era venuto nelle mani il governo , sono state singolarmente e tenacemente gelose di conservarlo a sé stesse . Sono state le monarchie , nell ' Europa moderna , quelle , che , nella lor guerra contro le aristocrazie feudali , hanno sopratutto sollevato e redento le plebi dalla loro soggezione civile e politica . E nello stesso modo , la democrazia , nel senso nuovo , nel senso davvero terribile e pauroso per l ' oscurità dei problemi che sveglia d ' un ordinamento sociale , i cui benefici si commisurino al lavoro attuale di ciascheduno , o , secondo altri , al bisogno di ciascheduno , qualunque sia la somma del lavoro di lui , - cotesta democrazia , oggi smaniosa e a tratto a tratto feroce , che esige tanta forza e prudenza nei governi che sono insieme chiamati a reprimerla e a soddisfarla , - non che richiedere una forma di reggimento politico , a cui la mutabilità del capo dello Stato scemi stabilità , vigore e credito , ne richiede forse una , in cui il potere esecutivo sia costituito ancora più fortemente , che nelle monarchie parlamentari non suole essere ; occorre , a dirla altrimenti , a trattarla , a vincerla , a calmarla , e persino , sin dove è lecito e possibile a contentarla , una monarchia non ridotta a zero , come quella che intanto il Bertani ci farebbe grazia di tollerare per poco , ma una monarchia , potente nel giro della sua competenza politica e sociale , gagliarda , fiduciosa di sé , supremamente attiva . Ci vuole un imperio non usurpato ; un imperio fondato in un ' antica tradizione di diritto , e in un attuale assenso di popolo ; l ' impero di Germania o la monarchia d ' Italia . Non paia strano , che , nel mio parere cotesta democrazia sociale va non solo compressa , ma , in una certa misura , contentata altresì . Però urge chiarirmi . è una quistione piena d ' ansietà , e non dilucidata a mio senno , abbastanza , se la condizione economica e morale delle classi operaie e campagnuole sia realmente migliorata da un secolo in qua . La dimanda , io la formulo così : Questo classi si sentono oggi soddisfatte della loro situazione più o meno di quello che fossero cento anni or sono ? - Giacché , è certamente importante il provare , che esse hanno ora maggiori diritti e più largo compenso del loro lavoro ; ma non basta all ' assunto , non si prova altresì , che il complesso delle lor circostanze è siffatto , che l ' esercizio di cotesti maggiori diritti e l ' uso di cotesti maggiori compensi producono ora nel loro animo una somma di soddisfazione più grande , di quello che un ' inferiore condizione giuridica e minori salari producevano in passato . Se la società intorno ad esse s ' è così mutata , che le loro voglie sono acuite in molto maggior proporzione che non sieno cresciute le loro capacità di soddisfarle , e le dottrine morali e religiose , che respirano ora , sono siffatte da turbare , commuovere e sollevare i loro spiriti , anziché mansuefarli e raddolcirli , come facevano prima ; non che esservi vantaggio di sorte , vi sarebbe infine grande scapito del loro benessere . Il Bertani si mostra molto pensieroso di ciò . Cita una massima d ' un illustre professore fiorentino ; - chi più ha , e più può , deve concorrere a chi non ha e non può , e la dice giusta . Davvero , quod superest , date pauperibus , è massima antica , e elle ha autore di molto più illustre . Ma essa non che scioglierlo , non tocca neanche il problema . La dottrina cristiana , per vero dire , mitigava questo di molto , e ne rinviava in infinito la soluzione terrena ; né per ora è dimostrato che si possa surrogargliene un ' altra con miglior frutto . Ad ogni modo , il problema , come è posto oggi , la trascende . Le classi infime , o quegli i quali parlan per esse , non chiedono nulla alla benevolenza altrui , e chiedono tutto alla presunzione del proprio diritto . Si può dire che questa è falsa ; e che il diritto inteso a lor modo , sconvolge e perverte tutte le relazioni giuridiche le quali nascono essenzialmente da quella che è la fonte d ' ogni diritto , la libertà di ciascuna persona morale . Ma ciò che bisogna ricercare , è , se a questa falsa presunzione di diritto non dieno occasione parecchie delle nostre leggi civili ed economiche , le quali , muovendo appunto dalla ricognizione di codesta libertà , hanno , come suole , perduto di vista i limiti e vincoli e doveri , cui essa è astretta dalle necessità del consorzio sociale , dalla necessità soprattutto , che l ' utilità di questo consorzio sia , il più che è lecito , sentita , usufruita , se non in maniera uguale , il meno disugualmente che si può , da tutti colori i quali v ' hanno parte . Certo la società moderna deve ritrovare in una nuova forma e che s ' attagli al suo genio , parecchie di quelle combinazioni di classi e d ' interessi , che sono state finite di distogliere sullo spirare del secolo scorso . Le associazioni degli operai , le società cooperative , le banche popolari sono , per mo ' di esempio , ricerche , tentativi di questa fatta ; ma siamo a principio . Ora , appunto qui i repubblicani d ' Italia hanno mostrato tutta la vanità loro . Hanno lungamente esitato se dovessero far causa comune cogl ' internazionalisti e co ' socialisti , e si sono nell ' ultimo Congresso risoluti di sì , intendendo che se v ' ha forza è in questi . Ma ciò che preme è da una parte il tenere i socialisti lontani da ogni influenza e pro dominio nello Stato , e dall ' altra lo studiare amorosamente i miglioramenti possibili nelle condizioni delle plebi ; ora , come i repubblicani non hanno saputo persistere nel primo punto , e anche hanno dato il più picciolo indizio d ' intendere il secondo . Dove invece il partito moderato e monarchico v ' ha atteso con molta cura , quando per iniziativa d ' alcuno dei migliori tra i suoi , quando per via di disposizione governativa o di legge . Il Bertani scrive non essersi visto in tutto il tempo dacché il regno d ' Italia esiste , se non provvedimenti fiscali . Di certo i Governi moderati si sono mostrati persuasi che la prima necessità fosse equilibrare il bilancio dello Stato , poiché uno Stato la : cui finanza duri disordinata , non è anche costituito , è prossimo a dissolversi , ed ha dentro di sé il principale fomito di rivoluzione che si possa pensare . Ma erra stranamente chi affermi che nello stesso tempo una gran trasformazione sociale non è stata fatta in Italia , la quale non manifesta tutti gli effetti suoi , solo perché la gravezza delle imposte e molte altre ragioni hanno fatto che i risparmi s ' accumulassero a stento , ed il capitale rimanesse caro e scarso . Non è qui il luogo di esporre a parte a parte gli elementi e i mezzi e i nodi di cotesta trasformazione , quantunque sarebbe lavoro utile il farlo . Ma mi basta ricordare le leggi sul Tavoliere di Puglia , sulla Sila di Calabria , sul riscatto delle decime in terra d ' Otranto , sull ' affrancazione dei censi , che hanno sciolta la terra , quasi già del tutto in Italia , da ogni vincolo e dai , ogni dannosa promiscuità di dominio ; le leggi di vendita della sostanza fondiaria , demaniale ed ecclesiastica e della censuazione dei beni ecclesiastici di Sicilia , che devono , per il modo con cui sono state fatte , avere moltiplicato , in maggiore o minore misura , il numero dei proprietari della terra , ed hanno , di certo , grandemente agevolato commerci e i trasferimenti di questa . Il credito agrario è stato fondato dallo Stato , e se nelle istituzioni che gli son proprie non è forse progredito quanto era desiderabile , per qualche difetto del loro organismo , le banche popolari , - una creazione quasi dovuta del tutto al Luzzati , e che , in mani e con norme diverse dalle sue , è andata sempre a male , - gli son venute in soccorso . Ad esse attingono il credito duemila contadini tra diciottomila agricoltori , piccoli proprietari , fittavoli ; e il moto della loro formazione è in via di sviluppo ed aumento continuo , e nell ' associazione ha acquistato ultimamente quella forza che nasce dal cospirare dei mezzi di tutte ad un fine , senza che nessuna perda di quell ' autonomia e spontaneità che le è necessaria ad acconciarsi al proprio luogo in cui vive . Il Minghetti , quando fu ministro d ' agricoltura e commercio , istituì il Consiglio del lavoro e della previdenza , che attese a studiare la riforma delle società di mutuo soccorso e cooperative , ed i mali e rimedi dell ' emigrazione , che diserta le campagne ; ed ora il Minghetti stesso da deputato , poiché il Governo è venuto nella mani di più colti , si vede , e maggiori uomini , ha proposto una legge sull ' emigrazione . L ' istituzione delle Casse di risparmio postali , il cui successo è già sicuro e notevole , è dovuta al Sella . Una legge che limiti e regoli il lavoro dei fanciulli nelle officine e nelle miniere vi sarebbe già , se la parte moderata non fosse stata , il 18 marzo 1876 , sbalzata di seggio . La legge che protegge i fanciulli vagabondi dalle insidie e dalle rapine di gente inumana e selvaggia , ha per autore il Guerzoni . Insomma , o poco o molto si sia fatto sinora in Italia per allargare il credito tra le plebi delle città e delle campagne , per volgere a fini utili e diffondere l ' associazione tra gli operai , per ispirare la voglia e l ' abitudine del risparmio , per un legittimo intervento dello Stato nella protezione di quei diritti che non sono capaci di difendersi da sé soli , migliorare insomma le condizioni sociali delle classi tra le quali la miseria e l ' invidia suole accreditare dottrine che sarebbero rovinose ad esso appunto per le prime , è tutto dovuto alla parte moderata , liberale , monarchica o dentro del Governo o fuori . La parte repubblicana non ha creduto degno di sé se non un ufficio solo : infettare di passione politica e volgere ad intento di cospirazione e di rivoluzione tutte le istituzioni popolari , nelle quali ha posto mano . Dove bisognava l ' amore tra le classi , ha ispirato l ' odio ; dove il lavoro sarebbe bastato a sanare le piaghe , ha consigliato l ' ozio del fantasticare rivoluzionario che le avvelena e le inciprignisce ; dove si grida da tutti pace , pace , pace , come la sola invocazione atta a calmare gli sdegni che , minacciano le società nostre , costoro non si sono dilettati né si dilettan che di gridare guerra , non parendo loro che la salvezza sia se non nel sognato assoluto predominio di talune idee e persone e nella sperata assoluta servitù , anzi annientamento , di altre persone ed idee . Ciò che manca loro è l ' intuito vivo di questa società nostra così complessa , la cui vita è la varietà molteplice dei desideri , delle opinioni , delle aspettative , e il cui progresso non può essere se non un risultato lento , continuo , degli accordi che via via si fanno tra tanti contrasti . In che questi accordi o tra tutti o tra molti o tra parecchi di tali contrasti possano succedere in ciascun momento della vita politica di un paese , è la dimanda a cui risponde di caso in caso un programma pratico di governo , programma che i diversi partiti devono e possono presentare ciascheduno alla sua volta , secondo e quando par giunta l ' ora che l ' inclinazione , l ' istinto , il pensiero principale dell ' uno o dell ' altro abbia l ' indirizzo della cosa pubblica . Il libretto del Bertani per piccolo che sia basta a provare che un siffatto programma di governo manca a quel gruppo di repubblicani , del quale egli si crede particolarmente il capofila . Son già tre anni che l ' Italia sta imparando che il programma non manca soltanto ad essi , ma anche a tutta quella sinistra colla quale sono andati in compagnia , e che menava così gran vanto , prima che fosse vista all ' opera ma che ai fatti , per usare la molto tenue frase del Bertani stesso , ha avuto troppo inadeguato successo . La ragione di questo fiasco è una sola : nelle condizioni attuali della società un programma siffatto non può essere se non il frutto di molta coltura e di un pensiero serio . Questa necessità , anzi , costituisce ora la nobiltà dell ' arte politica e la dignità dell ' uomo di Stato . Ora è doloroso , è pernicioso in un Governo parlamentare che i partiti s ' alternino al Governo , senza che appaia la ragione del loro alternarsi consistere in una vera e chiara diversità d ' idee . Il paese s ' induce a credere che la loro gara non sia se non il frutto d ' una ambizione abbietta e sterile , e coll ' abituarsi a disprezzarli , si svoglia altresì di quelle forme di governo nelle quali la loro azione e vicenda è efficace e necessaria . Il caso è strano davvero . La Sinistra venne al governo col pretesto che la Destra in una questione speciale , donde si concludeva a tutto l ' indirizzo politico suo , esagerasse l ' ingerenza e la competenza dello Stato . Ora , in un tempo breve , le cose son voltate in maniera , che la creazione del terzo Ministero di sinistra ha avuto , tra molti altri motivi , di certo anche questo , che nel partito si è sviluppata un ' opinione favorevole all ' allargamento dell ' ingerenza e della competenza dello Stato . Il Bertani vuole che tutta l ' istruzione primaria sia messa nelle mani di questo e tolta ai , comuni . Eppure , quando un ministro d ' istruzione pubblica propose , che la libertà de ' comuni nelle nomine dei maestri fosse soltanto ristretta e regolata così , che la professione del maestro elementare diventasse sicura , e desse qualche speranza di un aumento di salario via via che s ' inoltrava negli anni , trovò piccolo appoggio , per vero dire , a destra , ma nessuno a sinistra . Un istituto , la cui utilità morale può essere grande , - quello che accoglie in un convitto i figliuoli dei maestri elementari poveri per educarli gratuitamente , - è rimasto rattrappito e senza espansione , dacché il governo è uscito fuori dalle mani della parte moderata . E l ' Assemblea , eletta nel novembre dell ' anno scorso , ha votato molte leggi concernenti , l ' istruzione primaria son tutti disegni già presentati prima ch ' essa fosse evocata da un fiat violento del primo Ministero di sinistra ; disegni d legge che dall ' avere aspettato tanto non hanno tratto altro vantaggio se non di venir fuori le deliberazioni della Camera monchi e storpi , ed incapaci in buona parte di produrre gli effetti utili che ne sperano . Del rimanente , oggi la situazione è siffatta che , l ' Italia aspettasse qualcosa , non aspetterebbe altro se non d ' uscirne al più presto . Il Ministero , che , composto degli uomini , si credeva , più radicali che sedessero a mancina della Camera , è intanto tollerato dal Bertani , in quanto a lui pare e ne spera , che prepari la fine , senza inutili violenze a tempo e luogo , della monarchia , non si reggerebbe senza l ' aiuto della parte moderata , che , certo , ha tutt ' altro intendimento e desiderio . Pure la parte moderata gli sa grado di aver tratto il governo fuori di mani violente , e di aver fermato quella putredine di discredito che lo corrodeva , ed umiliava insieme il paese ; e non vedendo possibilità di avere uomini suoi a capo dello Stato , preferisce tra tutti , avversari dei quali è lecito di avere stima . Se non che ciò produce due effetti : primo , che il governo , retto da uomini forzati a cercare appoggio fuori della parte loro propria , e che in questa stessa non ne trova non a patto di fuorviare , non ha indirizzo chiaro , sicuro , fecondo , ed inverte in ogni suo atto , per cansare pericoli ed urti , le relazioni nelle quali l ' Assemblea dovrebb ' essere con esso , aspettando invano d ' esserne guidato anziché presumere di guidarla esso ; e poi , che intanto i repubblicani , che possono concepire di tali speranze , quali il Bertani , il più temperato di tutti , esprime , hanno la commodità , la sicurezza di esser lasciati espandersi , ordinarsi , contare i lor numeri , e combinare le loro forze . E ciò è il peggio : che quest ' aumento delle loro influenze ed attinenze , - naturale in tutte le parti estreme , che non trovano vigili le opinioni contrarie , - non è già un frutto di disposizioni effettive del ministri o delle segrete o palesi intenzioni di essi , bensì una conseguenza forzata , inevitabile , dell ' aria che respirano , dell ' ambiente nel quale vivono . Finché rimarranno al governo , forse non si vedrà nessun segno esterno del lavoro sotterraneo che pure si compie , sopratutto se durano poco ; ma il giorno che , per qualunque cagione , dovessero uscirne , e la direzione dello Stato venire in mani più risolute e sicure , voi vedrete il suolo scoppiare in più luoghi . Oggi l ' Italia ha l ' aspetto più sereno che qual sia altro paese d ' Europa ; la politica ci sveglia così pochi odii , gare e vendette , che sembriamo quasi dimentichi di noi . Ma non ci illudiamo : si preparano , crescono , invigoriscono quelle forze e disposizioni morali nei partiti contrari al presente ordine di cose , sia perché monarchico , sia perché unitario e nazionale , le quali o prima o poi turberanno , se non vi si pensa a tempo , tanta serenità , e noi vedremo rinnovarsi gesta e fatti , dai quali sembriamo lontanissimi ora . La caduta della parte moderata , e , - come è naturale , sopratutto in una parte che non è capace per sua essenza di nessun vigoroso ordinamento interno proprio fuori della generalità della cittadinanza e del governo , - la diminuzione della sua influenza e seguito nel paese , va producendo il necessario effetto suo , il gonfiare cioè delle parti radicale e clericale non atte che a cozzare l ' una coll ' altra , e a preparare al giovine Regno dolorosi giorni . Intanto , se è vero ciò che si è detto dianzi , che le condizioni attuali delle classi operaie delle città e delle campagne vogliono Governi di forte mano e di molta iniziativa , noi , si vede , siamo appunto come non dovremmo essere . Abbiamo un Governo siffattamente avviato , da dovere necessariamente riuscire fiacco ed infecondo . Dove la certezza dell ' indirizzo politico e la copia delle idee dovrebbero abbondare , l ' oscillazione di quello e la penuria di queste appaiono solo . Dove si dovrebbe vedere elevarsi sicura e rigogliosa una politica , che , salda ed immobile nella persuasione di tutti , sulla base d ' una monarchia non diminuita di potere né di prestigio non si lasciasse sviare , nel pensiero temperato e continuo della riforma efficace dello Stato , da ghiribizzi di uomini e di partiti , ma ascoltasse solo la voce della coscienza pubblica , si vede , invece , una politica interna , da cui ciascuno è in grado di sperare le cose più opposti , ed una politica esterna , che , se l ' Italia non avesse ereditato dal Piemonte un posto nel consorzio internazionale degli Stati di Europa , niente prova che l ' avrebbe acquistato oggi essa stessa . Se qualcuno ci fosse di parola o di penna tanto potente da infondere nell ' animo de ' cittadini un vivace sentimento della situazione dello Stato , l ' aspettazione di quelli sarebbe certo questa , che il medesimo uomo trovasse la via di trarneli fuori . Ma quest ' uno oggi manca ; e quell ' ansiosa aspettazione naturale che manchi anch ' essa con lui . L ' Italia , che non aspetta la Repubblica , né , nelle condizioni presenti , un Governo rispondente ai bisogni della civiltà sua , vuole soltanto , che nell ' intervallo i partiti estremi non l ' arruffino , né affievoliscano le instituzioni nelle quali ha fede . Il progredire è il desiderio di tutti , ma richiede due cose : stabilità , nel punto onde sì parte ; certezza a mano a mano nella meta ove s ' intende giungere . Dice a ragione il Mill , che le forze colle quali si conserva lo Stato , son le stesse che , in un diverso grado d ' intensità , ne effettuarono il moto e il progresso . I repubblicani vogliono invece rendere mobile e scorrevole il punto di partenza ; e quanto meta , ne vedono una sola , il capo dello Stato elettivo ed a tempo . L ' Italia , si può esser sicuri anziché aspettare ciò , è impensierita invece , che non prendano troppo balìa quegli i quali l ' aspettano . Non è contenta in ogni parte , - e come lo potrebbe essere ? - del suo ordinamento amministrativo , finanziario , economico ; ma è abbastanza vecchia , matura , assennata , per intendere che questo continuo vocìo che si deve ogni cosa e sempre rifare da capo , questa smania di leggi , che non si votano oggi , se non per dire che s ' hanno a rifare domani , e rumore di ciarlatani , innocenti e inconsapevoli , che stordiscono prima sè e poi altrui . Essa vuol camminare , sì , ma come persona sana ; non già come persona ebbra o riarsa dalla febbre . Gli ultimi due anni devono avere insegnato a tutti , che schermire il dolore col dar volta , non lo scema ; che v ' ha necessità di cose , cui la mutazione do ó li uomini non varia né altera punto ; e che i progressi veri sono cosa affatto diversa dalle promesse vane . Il paese è tutt ' altro che inclinato ad immaginare , che una modificazione in un punto della forma esterna dello Stato , migliorerebbe in nulla ciò che gli può parere desiderabile d ' emendare o rinforzare nella sua vita . ù troppo sperimentato , per credere , che con siffatta modificazione esso , come il Bertani dice , recherebbe in atto un ideale ; né la sua storia mostra quella vaga caccia d ' ideali , che l ' autore nostro molto bizzarramente figura attraverso , i secoli , e persin nel Papato . Sa invece , che qualunque modificazione di questo genere , anzi qualunque avviamento ad essa lo turberebbe profondamente , e vi susciterebbe una lotta intestina che , s ' anche non diventasse sanguinosa cesserebbe perciò d ' essere grandemente perniciosa ad ogni tranquillo e fecondo avvenire . I monarchici non si devono lasciar dire , ch ' essi si contentano d ' un ideale di Stato inferiore e men bello di quello che i repubblicani agognano . Né , devono parere come vergognosi dell ' ideale loro , accettando per patto , come s ' è visto , che in un banchetto politico non si cominci dal far brindisi al Re e alla Regina , o in una cerimonia pubblica si dica avanti ad essi silenziosi che la monarchia è un succiamento terribile delle forze vive d ' una nazione ; dove qui sentiamo il contrario . L ' inferiorità della forma monarchica è un falsissimo assunto ; mai quelli , che l ' accettano , e si contentano di difendersi coll ' opportunità momentanea di non mutare , preparano negli animi la distruzione della forma stessa . La monarchia ha questo beneficio sopra tutti gli altri ordinamenti politici , che essa sola , in una società come la nostra , impedisce che questa diventi da cima in fondo il ludibrio degl ' intriganti politici , ed è in grado di salvarla da questi , se per poco prevalgono ; e mentre essa è capace di tollerare ogni riforma dello Stato davvero progressiva , dà al Governo la forza di aspettare , che la riforma sia davvero riconosciuta tale , e voluta come tale dalla coscienza generale della cittadinanza . Qui è la salvezza dell ' Italia avvenire ; non cadere nelle mani degli sperimentatori arrisicati , che proclamano per speranze sue le loro proprie . Qui è la politica vera : non avventurare mutazioni nelle leggi e negli organismi sostanziali dello Stato ; ma , posta come sua forma certa e sicura la monarchia , ricusare ogni mutazione , che si annunci come il prodotto di speculazioni subiettive o di vanità di persone , e insieme non ricusarne nessuna la quale appaia veramente dettata da una larga , matura , costante convinzione del paese . 1 luglio 1878 LA SITUAZIONE DEL PAESE E IL DIRITTO D ' ASSOCIAZIONE I V ' ha qualcosa di guasto nello StatoDi Danimarca .... . dice Marcello nell ' Amleto ; e Orazio risponde : Iddio provveda . Vi sarebbe egli qualcosa di guasto in Italia ? Bisogna riguardarvi ; e ad ogni modo , col beneplacito di Dio , provvedervi noi . Io non sono sgomento ; anzi , devo dire , chi fosse sgomento , non mi parrebbe adatto a giudicar bene , e a distinguere le magagne reali dalle fantastiche . Il ministero che ci governa ora , venne su spinto sopra tutto dal sentimento , eccitato dagli scritti dell ' illustre letterato che ne fa parte , e dagli atti e dalle parole dei più autorevoli dei suoi colleghi , che le amministrazioni dello stesso suo partito ond ' era stato proceduto , non avessero rialzato il carattere morale del paese . La sua venuta rispose al desiderio generale , intanto , di respirare un ' aria più schietta , più pura , più libera . L ' onor . presidente del Consiglio , discorrendo il 15 ottobre a Pavia , suggellò l ' origine sua e dei suoi compagni con un motto : non saremo abili , ma onesti . E nessuno può negare che questa sorta d ' onestà appartenga a lui e a ' suoi colleghi principali in due rispetti ; poiché essi sono e privatamente onesti , e politicamente altresì , sin dove almeno onestà politica vuoi dire fedeltà alle opinioni espresso prima di giungere al Governo . Vero , che il Ministero , com ' è rimasto composto sin a qualche giorno dopo il discorso di Pavia non si poteva tutto insieme appropriare l ' onestà politica così intesa . Ma appunto il discorso di Pavia l ' ha disciolto ; e quegli tra i suoi membri , i quali non s ' erano associati prima né avevano potuto convenire poi nelle opinioni manifestate alla Camera o seguite nella condotta del Governo dal presidente del Consiglio o dal ministro dell ' interno , ne sono usciti . Però il presidente del Consiglio è stato autorizzato dal re a scegliersi altri colleghi in luogo de ' tre dei quali le dimissioni sono state accettate . In questa scelta non è anche riuscito né bene né in tutto ; ma quando vi sarà finito di riuscire e sin dove è riuscito già ora , si dovrà dire il Ministero ormai è tutto d ' un pezzo , ha detto quello che vuole nella politica interna , nell ' estera , in amministrazione , in finanza ; e il paese sa quale è la via per la quale deve essere menato , e può misurarla . Né tra i due discorsi di Pavia e d ' Iseo corre maggior differenza di quella , davvero grandissima , che distingue un uomo esperimentato da uno punto pratico nel discorrere , soprattutto quando il primo ha avuto modo di parlare avanti ad un uditorio più serio e meno smanioso del secondo . I tratti del programma del Governo sono , insomma , gli stessi ; ed è lo stesso il senso e il valore o l ' effetto . Noi siamo quindi , nella migliore condizione per discutere gli affari pubblici come s ' addice ad uomini liberi . Non abbiamo nessuna ragione o pretesto di disistima vicendevole ; e sappiamo , con quanta precisione è possibile , la mira cui intende dirigersi o si dirige , suo malgrado , il Governo . Non è mio pensiero il discutere a parte il programma del Ministero . L ' ha fatto l ' onorevole Minghetti a Legnago , colla sua chiarezza e facondia mirabile ; e non mi gioverebbe a nulla qui il provare che l ' onorevole Zanardelli non è stato in grado di rispondergli ad Iseo . Il mio disegno è tutt ' altro ; né intendo colorirlo , ma appena accennarlo . Che vuol egli dire sostanzialmente , io mi chiedo , l ' avviamento attuale del Governo , e quale è , rispetto ad esso , la situazione morale del paese ? Se devo ridurre le molto parole in poche , noi siamo a questo , che la mutazione succeduta il 18 marzo del 1876 , nella prevalenza dei partiti in Parlamento ha ormai acquistato un senso chiaro . Il fumo , dal quale questo era stato annebbiato , delle riforme amministrative e finanziarie , s ' è dileguato o ha preso tutt ' altro colore che bigio . Se quelle eran la meta cui il paese agognava , il moto in cui s ' è messo per giungervi , le ha oltrepassate . Se resta qualcosa del desiderio di quelle , se il pensiero del Governo vi accenna tuttora , non è più meramente amministrativo , non è meramente finanziario il criterio che vi si applica . Il criterio è sopratutto politico . Nell ' amministrazione si allarga il campo del potere elettivo ; nella finanza , con un intento benevolo , ma non ponderato , e che nei modi coi quali v ' è dato effetto , non è in grado di condurre se non a conseguenze appunto opposte , si ha il proponimento di aggradirsi le classi popolari . La principale questione è diventata per oggi la riforma della legge elettorale , sicché il suffragio riesca poco meno che universale , e ne resti parte esclusa , parte infinitamente scemata di peso , la parte più soda , più tranquilla , più conservativa , meno torbida del paese . Per aggiungere valore a vigore a quella invece più mobile , più inquieta , più agitata , più novatrice , è mutato persino il modo del suffragio , e surrogato a quello uninominale , che abbiamo ora , senza temperamento di sorta , lo scrutinio a più nomi in ciascun collegio sicché s ' accresce di gran lunga il bisogno dell ' organizzazione e della concitazione e dell ' intrigo largo , diffuso , corrotto , dei partiti politici . Contro questa prevalenza d ' un criterio meramente politico nell ' azione legislativa dello Stato , la coscienza del paese stesso ha combattuto persino durante le due prime amministrazioni di Sinistra ; ma ora , come pur doveva essere , segno incontestata , ed a ragione poiché s ' illudevano coloro i quali immaginavan che una mutazione come quella succeduta tre anni or sono , potesse cansare di arrivarci . Ma è chiaro che cotesta prevalenza non si fermerà qui . Il potere elettivo accresciuto di valore e di estensione nelle amministrazioni locali , la finanza disordinata per apparenza di beneficare le classi meno agiate , il suffragio così dannosamente allargato , lo scrutinio di lista , diventerebbero di per sé stessi il mezzo naturale , infallibile di modificare più tardi la costituzione politica dello Stato ; però , in Italia non aspetteremo che operi . Qui non si avrà pazienza che le riforme politiche maturino lentamente nella coscienza del paese ; basta che spuntino nella fantasia d ' un uomo di Stato , o di poco o di molto credito , per diventare oggetto di deliberazione legislativa . Si può stare , quindi , sicuri che proposte di modificare lo Statuto ritorneranno ad apparire anche prima che cotesti mezzi di più viva agitazione politica sian diventati operosi , e saranno , assai probabilmente , il primo pasto che si vorrà imbandire ad un ' assemblea rinnovata . Già uno dei principali uomini di Sinistra aveva fatto , di tali modificazioni , il punto principale del suo programma di governo ; e se il terzo Ministero di Sinistra non ne discorre ora , niente vieta che non ne discorra poi , o che un quarto Ministero non ne discorra invece di esso . L ' avviamento è là ; e s ' illuderebbe stranamente chi credesse che eccitato cotesto più vivace moto politico nel paese , si potrà fermarlo innanzi che se ne sia visto qualche effetto nella costituzione dei poteri pubblici . Invece , è da dubitare , se sarà agevole di dargli una sosta , quando avrà raggiunto qualcuno degli effetti soltanto previsti ed annunciati ora tra gli uomini i quali , venuti da diversa parte , consentono oggi , con più o meno persuasione , nell ' aver fede alla monarchia . Difatti uno dei fenomeni più naturali , più necessari nei moti politici è questo , che in essi un pensiero scoppia dall ' altro , una voglia dall ' altra ; e s ' intende ; il proprio di essi è di suscitare desideri di aspettazioni , che non riesce loro poi , in nessuno dei passi successivi di soddisfare . Sicché si lusingano sempre , che occorra fare un passo più in là , perché quella soddisfazione aspettata arrivi . Questo a me pare il carattere fondamentale nel Governo , il suo intento od effetto principale : eccitare un moto politico nel paese , fare che la fibra politica dentro il corpo suo diventi più eccitabile e più eccitata . E qui spieghiamoci ; non voglio dire che esso preveda che un moto siffatto deva o possa essere distruttivo delle istituzioni , o che miri a questo . L ' accusa delle intenzioni è la cosa più contraria alle abitudini della mia mente , Ora in quali condizioni è il paese , nel quale il Governo esercita un ' azione siffatta ? Il paese nella sua molto gran maggioranza non ha nessuna voglia di una vita politica più agitata , di esperimenti politici insoliti e nuovi . Si può con sicurezza affermare , che esso è invece stanco di quella tanta che ha avuto sinora , e chiede riposo . Però , si aggiugne , che non avendo tratti dalla ricomposizione nazionale quei benefici che ne aveva sopra tutto e con troppa fretta sperati , ed essendo stata quella accompagnata da sacrifici non pochi e di natura da non eccitare per lo più gli entusiasmi atti a rendere leggieri e sopportabili i più acuti dolori , cotesta gran maggioranza , svogliata da esperimenti nuovi , non si sente molto alacre e risoluta a mettere da sé ostacolo valido alle minoranze , che ne tentassero in un momento opportuno . La cittadinanza , insomma , guardata nel suo complesso , è in un ' ora di sconforto , in una di quelle ore che vogliono Governi seri e forti per trascorrere senza danno trabalzi e pericoli . Ma minoranze turbolente ve n ' ha in Italia ; ve n ' ha di quelle , che vogliono ricondurla indietro , e di quelle non più perniciose , ma più rigogliose , alle quali le trasformazioni , che ha già subite , non bastano . E v ' ha un intervallo di tempo , nel quale cotesta , minoranze d ' intenti opposti cooperano allo stesso fine , cioè minano a loro potere e scalzano d ' accordo lo Stato ; e noi siamo in questo intervallo . Lasciando stare le minoranze retrive , che hanno contrario il genio dei tempi e la fortuna , prendiamo quelle che si chiamano e si credono progressive o radicali . Ve n ' ha di due sorta , repubblicano e socialiste ; quelle mirano a mutare la forma politica , queste , di giunta , l ' assetto sociale dello Stato . Camminano , però , per un pezzo insieme ; poiché le seconde credono di non poter riuscire a mutare l ' assetto sociale dello Stato , senza averne innanzi mutata la forma politica . Ora , un fatto è certo , che queste due minoranze in Italia esistono ; e si organizzano e si agitano e si diffondono ogni giorno più , se è incerto quanta sia la forza rispettiva di ciascheduna . Ed un altro fatto , è anche certo , che gl ' internazionali non si contentano delle città , e già travagliano le campagne ; e se le mie informazioni sono esatte e veridiche , in più d ' un luogo dell ' Italia centrale , le relazioni tra coloni e proprietari se ne risentono , ed hanno perso o vanno perdendo l ' antica cordialità e fiducia . Il Governo guarda con diverso occhio coteste due minoranze turbolente . Non già che consenta nel disegno delle une e non in quello dell ' altre ; le ripudia , in cuor suo , amendue . Ma nel sommo della bocca non discorre della minoranza repubblicana collo stesso cipiglio e disprezzo con cui discorre della minoranza socialista . In ciò non discorda dal primo Ministero della stessa sua parte , quantunque questo finisse per alienarsele e minacciarle amendue . L ' effetto di cotesta maniera di giudicare è , che la minoranza repubblicana nella quale il ministero aveva già grandi amici prima , non l ' inimica ora ; anzi , la parte di quella , che ha accettato d ' entrare in Parlamento , e di giurare , aspettando , al re , è il partito parlamentare , sul quale , sopratutto oltre al piccolo gruppetto suo , il Ministero può meglio contare . Né la minoranza socialista , quantunque minacciata , l ' osteggia fieramente ; primo punto , non vede , gli effetti seguire alle minaccie ; poi quel tanto di favore indebito secondo noi , di libertà legittima secondo il Ministero , ch ' è consentito alle associazioni repubblicane basta intanto alle socialiste . Né la minoranza repubblicana discuto in astratto soltanto o aspetta a mani giunte . O molto , o poco , o punto numerosa che la sia , essa apparecchia i due mezzi necessari dell ' azione sua : l ' allentare , il dissolvere , il tentar di corrompere la forza ordinata dello Stato , e l ' organizzarne una sua . I circoli , che hanno preso nome da un caporale , fellone contro il re e i suoi compagni ; i tiri a segno repubblicani , son prova di questa doppia azione . Il Ministero ha in vero tanto orrore de ' primi , quanta è la impotenza che sente a reprimerli ; e i secondi spera di dominare con una legge generale sul tiro a segno , che non avrà altro effetto , se non di aggiungere forza a quelli soli . È infatti assurdo credere , che il complesso dei cittadini , cui non muove una passione politica , consenta a spendere il suo tempo nel prendere una abitudine delle armi , dalla quale non aspetta nessuno effetto . Le cose dette bastano a provare , che se la maggioranza è restia all ' agitazione politica , è aliena dal tuffarcisi , dal continuarla , v ' ha minoranze ardenti appunto a farlo esse ; e poiché in generale checché il Ministero dica , non sentono in esso un ostacolo o neanche un nemico , la disposizione dei loro animi non è quella stessa che sarebbe , sapessero al governo un Ministero , che , pur rattenendosi , per ossequio alla legge secondo che l ' intendesse , dal molestarle , avesse e presso quelle e in tutto il paese la riputazione di esserne inimico risoluto e schietto . Sarebbe soverchio il dire , che essa creda il Ministero consenziente , come di certo non è ; ma sarebbe anche falso l ' asserire , ch ' esse vi vedano una di quelle barriere che non si saltano . La minoranza repubblicana immagina che una parte non picciola di coloro i quali già le appartenevano ed ora si sono dilungati da essa , non dissentono però da questo concetto , che , cioè , ove la repubblica deva venire per effetto d ' una deliberazione del paese lentamente maturata , tranquillamente effettuata , non vi sia nulla a ridire . Il che sarebbe vero , un ' esperienza già lunga non insegnasse che deliberazione del paese vuol dire volontà di pochi , imposta a molti , od a tutti ; e se la compagine così recente dell ' Italia ricostituita potesse resistere alla prova a cui la si sfida . Noi abbiamo , dunque , minoranze vogliose di disfare , una maggioranza svogliata di affrontarle , ed un Governo a cui quelle si affidano più che questa . D ' altra parte , se noi guardiamo fuori delle parti politiche , non troviamo nulla che temperi il danno della situazione di quelle . L ' Italia è stata sorretta in tutto il suo cammino sinora da una condizione di cose nel rimanente d ' Europa , che l ' è stata favorevole in due rispetti . In primo luogo il moto nazionale e liberale , che ha avuto un ripiglio fortunato in Italia nel 1859 , si vide seguìto da moti consimili nel resto d ' Europa . Dopo il 1859 , la libertà costituzionale , accreditata presso di noi dagli eccellenti suoi frutti , prese piede in Austria ; l ' Ungheria ritrovò un assetto nazionale ; il Governo dell ' imperatore Napoleone s ' allentò , e cominciò ad accogliere alcuni de ' principi e norme dei regimi liberi ; la Germania accelerò , confermò un riordinamento nazionale più vigoroso . In secondo luogo , noi non restammo mai soli ; fummo prima colla Francia contro l ' Austria ; poi contro questa stessa colla Germania ; infine , compimmo la nostra impresa se non con piacere di tutti , senza opposizione di nessuno . Oggi , nei due rispetti , la situazione è mutata . Noi non troviamo né nell ' interno degli Stati una condizione , un avviamento conforme a quello dello Stato nostro , né nelle relazioni di nessuno degli Stati forestieri un concorso , un aiuto a qualcuno dei nostri interessi , senza dire che neanche di questi si vede un ' idea chiara e precisa , né nel Governo né nel paese . L ' amicizia dell ' Austria , la più utile per noi , poiché nessun ' altra ci permette meglio di attendere con successo e quiete agli affari nostri , c ' è messa a pericolo e dalla sua politica nell ' Oriente , a cui noi non ci possiamo associare senza danno , e dalla condotta del Governo italiano , che lascia ad una parte politica , la quale infine mette capo a Garibaldi e si collega col Ministero stesso , minacciare alcune Provincie austriache , solo perché in tutto o in parte abitate da Italiani . La politica interna della Germania è costretta dal socialismo a pigliare un indirizzo affatto contrario a quello in cui siamo noi , ed a stringere i freni , dove noi diciamo , che non ve ne sia ; né la sua politica estera è meno alienata dalla nostra , poiché quella è tanto chiara quanto la nostra è buia ; e durante tutta la crisi orientale , e prima e innanzi e durante il Congresso , s ' è visto che i tentativi del Ministero italiano di prendere a guida la Germania son sempre falliti , poiché questa non intendeva fare da guida . S ' aggiunge che il Governo germanico non può ora essere senza qualche grave sospetto verso di noi , poiché teme che tutta la nostra condizione interna ci cacci verso la Francia , e ci avvicini questa necessariamente . E certo è così ma in verità essa ci avvicina in Francia piuttosto a u partito che non a tutto il paese ; e quantunque quel partito abbia ora il disopra , e l ' avrà per qual che tempo , la sua fortuna non è la migliore àncora di salvezza per noi , anzi può diventare la maggiore spinta ad una rovina precipitosa nell ' intorno del nostro Stato in uno di quei sussulti e sobbalzi che arrivano improvvisi , e scuotono sin dalle fondamenta gli Stati , già preparati a saltar da una lunga debolezza del Governo . Questa cattiva situazione estera , nuova nella storia del nostro Regno , concorre a schiacciare , ad intorpidire gli spiriti . Sentire di essere diventati grossi e rimasti piccoli insieme , soffoca , angoscia , dissolve . Un paese non respira largamente , non vive prosperoso se non lo consola il pensiero ch ' esso è qualcosa e per qualcosa al mondo . I popoli , come le persone singole , muoiono chiusi in sé medesimi . Ora , noi non sappiamo dove il nostro nome oggi , dove la nostra influenza arrivi ed abbia , non ch ' altre , un senso . Il mondo è per noi lo spazio , donde ci sentiamo , son per dire , esclusi . Non è meraviglia , che nessuna nostra operosità sia eccitata , rinfrancata da una tal condizione di cose dentro e di fuori . L ' agitazione politica , non consentita da tutto il paese , non l ' avviva , ma l ' assonna ; la sua fibra non ne è fatta più sensibile ma più indolente . Se la sicurezza degli animi è per poco scossa , e la mente pubblica è tenuta sospesa da disegni vari e confusi , e delle molte vie , che le si tracciano dinanzi , non gliene s ' apre nessuna , e si diffonde una mala soddisfazione di tutto e di tutti , e non si vede uomo , nella cui mano s ' abbia fede , e tutto diventa falso e posticcio , lodi e biasimi , - l ' effetto può essere uno solo : che ciascuno aspetta e nessuno fa . Sarebbe uno studio grandemente utile e d ' infinito interesse l ' andare additando i riflessi di questa generale disposizione di spirito nei commerci , nelle industrie , nelle amministrazioni dello Stato , delle Provincie , dei Comuni , nelle scuole , nei libri , in tutto il moto morale e intellettuale del paese , ma non è il mio pensiero d ' entrare qui in questo studio . Mi piace rimanere nella sfera dell ' azione governativa ; della quale quando fosse mutato l ' indirizzo , io credo cotesta disposizione morale degli spiriti si correggerebbe . Poiché , l ' azione del Governo sull ' andamento d ' una società non è sempre ugualmente potente , nei casi , nei quali la magagna , che vizia un paese , è quella che s ' è detto , - una spossatezza grande della maggioranza , e un ' irrequietezza crescente delle minoranze , - e lo Stato è recente e s ' è , come il nostro , eretto su un gran sentimento nazionale , dipende dalla condotta del Governo poca meno che in tutto , il risanarlo e il ridargli la lena . Ma ciò non possono i Governi , i quali , in luogo d ' assumere iniziative grandi , le schivano tutte ; e in luogo di esercitare sul paese i poteri che sono la tutela naturale di questo , vi rinunciano . Ora , questo appunto è il caso nostro . Il Ministero , sollecito di promettere e presentare leggi , che stuzzicano gli appetiti malsani , intanto , raggrinza le funzioni sue ; ed ha aria d ' un uomo che , piegato , le braccia , guarda molte forze disordinate contendersi il predominio , curioso di vedere quale deva prevalere infine . Questa indifferenza gli pare una virtù e una dottrina ; e da essa è nata tutta la sua teorica dei doveri , che gl ' incombono rispetto alle associazioni repubblicane , le quali lascia così tranquillamente ordinare e largamente diffondere . II Ora , rinviando ad altre occasioni il penetrare più addentro nello spirito pubblico , e il riguardarne più lati , io voglio esaminare qui , se la teorica esposta e seguita dal Ministero su questo punto è vera , e quali sono i pericoli ch ' essa possa produrre . Altri soggetti , in effetti , possono essere più dilettevoli , ma nessuno più urgente . Ora , a me non pare che la dottrina del Governo sia vera , né che sia a dirittura impossibile il ritrovare una dottrina giusta su questo soggetto delle associazioni e il praticarla con rettitudine , senza indulgenze colpevoli o violenze arbitrarie . Che è lo Stato ? è una associazione naturale , primigenia e necessaria , nella quale le relazioni tra quelli che lo compongono sono determinate dal diritto e dall ' utilità , e siffattamente ordinata , da potere estrinsecare tutti i poteri e compiere tutte le funzioni , che sono richieste dal grado di sviluppo intellettuale e morale dei suoi membri , e conferiscano a mantenerlo , a migliorarlo . Ora , in cotesto Stato è possibile che alcuni cittadini , più o meno , combinino associazioni particolari , distinte da quella generale di cui fanno parte tutti , e destinate a conseguire fini loro propri e a promuovere interessi comuni , sia materiali , sia ideali , i quali stiano principalmente a cuore di quei tanti che s ' uniscono . In che differiscono queste associazioni particolari da quelle generali ? In ciò , che nessuna di esse mette i cittadini , che vi si combinano , in tutte le relazioni , nelle quali stanno coloro i quali formano l ' associazione generale ; che ciascuna li mette solo in alcune relazioni meramente volontarie e punto necessarie ; e che infine non hanno propriamente poteri , non quando e dove l ' associazione generale o lo Statuto , dentro cui stanno , vuole o permette che gli abbiano , e ne gli investe , e ad ogni modo questi stessi poteri non gli esercitano , se non verso i loro componenti o verso chi entra in una relazione giuridica con esse , e a tempo e a certi precisi patti dai quali ha sempre modo , più o men facile , chi vuole di disciogliersi o prima o poi . Coteste associazioni particolari , adunque , sono dentro lo Stato , e in tanto possono esistere , in quanto questo esiste . Par quindi chiaro che sino a che il loro fine o si restringe a promuovere l ' utilità de ' lor propri componenti , o ha anche in mira uno degl ' interessi comuni dello Stato , l ' associazione generale dei cittadini , onde questo è costituito , non ha ragione d ' impedirle o d ' incagliarle , e farebbe danno a sé stessa , ove lo tentasse ; ma quando esse prendessero per loro oggetto il distruggere l ' organismo dello Stato nelle sue parti essenziali , l ' associazione generale dei cittadini o lo Stato lascierebbe ledere il diritto di tutti , non le fermasse o le reprimesse . Quali sono queste parti essenziali dell ' organismo dello Stato , cui le associazioni particolari non possono attentare ? Prima , la costituzione stessa dei suoi poteri pubblici ; poi , i principi fondamentali su cui posa la sua costituzione sociale , la proprietà , per mo ' d ' esempio , e la famiglia : ché non intendo annoverarli tutti . Se quindi volessero formarsi associazioni particolari , le quali avessero per loro intento e in qualunque modo di distruggere l ' organismo politico o sociale dello Stato , esse non sarebbero né legittime , né legali ; e lo Stato , che ha l ' obbligo di tutelar sé medesimo , come l ' instituzione nella quale vivono tutte , ha per conseguenza il diritto d ' impedire che associazioni particolari siffatte si estendano e si diffondano . In una monarchia , quindi , le associazioni repubblicane non hanno diritto d ' esistere , come in una repubblica non hanno diritto di esistere le monarchiche : e né in una repubblica , né in una monarchia , del cui assetto sociale la proprietà individuale sia fondamento , hanno diritto di esistere associazioni intese a negarla . Quelle , o repubblicane in una monarchia , o monarchiche in una repubblica , attaccano nell ' essenza sua l ' organismo politico dello Stato ; queste , il cui scopo è di non riconoscere altra proprietà se non comune a tutta insieme la società in uno od altro modo , ne distruggono l ' assetto sociale . Tali associazioni vogliono dire rivoluzione . La rivoluzione può essere un fato storico , e avere ragione in una necessità che soprasta i singoli Stati , e li trascina tutti ; ma nessuno Stato è in grado di riconoscere alla rivoluzione il diritto di rovesciarlo , o mandarlo sossopra . Se l ' associazione , distruttiva dell ' organismo dello Stato , non può essere ammessa in nessuno Stato , invece quella che , senza attentare a quell ' organismo , o n ' aiuta la vita , nel campo intellettuale , morale o economico , o mira a perfezionarla , è tale , che nessuno Stato può a dirittura escluderla o vietarla in tutto e per tutto . Come istrumento , insomma , obbligatorio e forzato ovvero spontaneo e libero dello sviluppo intimo dell ' associazione generale , le associazioni particolari sono più o meno lecite ; come mezzo di dissolvere l ' associazione generale , sono affatto illecite . E dico più o meno , non avendo riguardo ad una legittimità ideale ; bensì a quella reale , che vien loro dall ' organismo reale dello Stato nel quale esistono . Quantunque molte cose si possano continuare a dire , le quali s ' attagliano ad ogni associazione del pari , pure è bene restringere il discorso a quelle politiche : e poiché queste , le quali hanno per loro oggetto gli affari pubblici , possono proporsi , sia l ' educazione politica delle persone che ne fanno o non ne fanno parte , sia d ' esercitare un ' immediata influenza sull ' andamento dello Stato , restringiamo il discorso a quest ' ultime . Così , le associazioni monarchiche in una repubblica o repubblicane in una monarchia , come quelle che mirano ad una rivoluzione sociale , sono evidentemente di questo secondo genere . Il loro fine non è di discutere sui temi ideali della monarchia , della repubblica , o della proprietà ; non è la libertà della discussione che esse dimandano , mettiamo , che anche quando chiedessero soltanto questa , si potrebbe lor concedere intera ; è la libertà di aggruppare uomini e d ' apparecchiare mezzi a produrre un effetto pratico e determinato , quello di convertire una repubblica in una monarchia , una monarchia in una repubblica , ovvero una società in cui ciascuno è o può essere proprietario , in una nella quale non possa essere proprietaria che la società stessa . Non si può affermare che un ' associazione non possa apparecchiare mezzi ed aggruppare uomini ; si tratta soltanto di sapere possa legalmente aggrupparne a questi fini . E frantende chi assimila la libertà speciale , che coteste associazioni chiedono , a quella della stampa o della parola colla quale non ha veramente nulla a che fare . Al più la libertà della stampa e della parola è uno dei mezzi di quella ; è uno dei modi d ' esercizio di quella : ed uno de ' più valevoli . Si può lasciare a ' cittadini libertà di scrivere intorno all ' utilità di surrogare la monarchia alla repubblica o viceversa , o di parlarne ; e pure , non lasciar loro quella di associarsi a fine di produrre l ' effetto del quale scrivono o parlano . Io ho detto che questa libertà non si deva lasciarla loro . Devo dire di più : lo Stato non ha , non che l ' obbligo , neanche il diritto di lasciargliela . L ' associazione politica particolare , che la richiede , è in contraddizione con quella generale nel cui seno e dei cui ordini vive . Né è a dire che l ' associazione generale è tirannica , toglie questa libertà a taluni de ' suoi componenti . Lo Stato non esiste perché altri gli usi indulgenza o perché esso n ' usi altrui ; non è un ' instituzione che può essere o no , e che è o no , perché piace o per piacere . Lo Stato è perché dev ' essere , ed ha un suo fondamento di diritto . Non può consentire a scalzarlo colle sue mani ; non può menomarne la dignità consentendo che una sua parte lo neghi non solo , chieda ad esso stesso di dar mano alla negazione che n ' è fatta . Ma v ' ha di più ancora . L ' associazione particolare , che si propone per iscopo la distruzione dello Stato o d ' una delle suo istituzioni fondamentali , non si contenta di un valore proporzionato al valore reale dell ' idea che rappresenta e delle persone che la compongono , ma n ' acquista in apparenza una molto maggiore . Per ciò stesso , che la sua mira è il mutare e il sovvertire , tutti gli elementi mobili dello Stato sono naturalmente tratti ad aggrupparlesi intorno . Essa crea una falsa apparenza di forza , dirimpetto alla quale quella dello Stato appare diminuita dapprima , e poi diventa davvero minore che non dovrebbe , quando si riguardi alla somma degl ' interessi che ha in cura , o al numero dei cittadini , che in realtà continuano a commetterle i propri e fanno sopra essa il fondamento della lor vita . Sicché queste associazioni particolari , non che giovare allo sviluppo dello Stato nel suo complesso , ed esercitare in quello un ' influenza rispondente alla verità e schiettezza dei loro intenti , turbano l ' assetto morale dello Stato e lo capovolgono . S ' apparecchiano a creare lo Stato nuovo , del quale si struggono , coll ' abbuiare quello in cui vivono , coll ' alterarne , a dirla altrimenti , la coscienza , le sembianze e le aspettazioni , ed empire di falsi vederi la cittadinanza . Voglio di ciò che scrivo un testimone irrefragabile , dopo le cui parole nessuno , credo , negherà che coteste associazioni , le quali non hanno diritto di esistere , sono anche estremamente nocive se son lasciate esistere . Quando Genet , il ministro cittadino , fu mandato dalla Repubblica francese , nel 1793 , agli Stati Uniti d ' America , in apparenza per ottenervi soltanto licenza di armare navi di corsa contro Stati coi quali quegli erano in pace e la Francia in guerra , in realtà per trarre gli Stati a collegarsi con questa , portò seco le abitudini turbolente della patria donde veniva , e poiché trovava Governo serio , tentò d ' inoculare nel popolo , di cui era ospite , le follie furiose del suo . Per sua istigazione , anzi la prima in Filadelfia a dirittura sotto la sua presidenza , vi si cominciarono a fondare associazioni politiche , chiamate Società democratiche , sull ' esempio dei clubs giacobini della Francia . Ora , si badi prima che queste non erano già intese a convertire una monarchia in una repubblica , bensì a influire sulla repubblica alterando l ' indirizzo del Governo e forse alcuni dei congegni delle istituzioni ; e pure , ecco come le giudicava il Washington , già presidente allora per la seconda volta : " Che queste Società siano state instituite dai più artificiosi ed ambiziosi dei loro membri ( parecchi dei quali , non ne dubito , pensano bene , ma sanno poco de ' disegni effettivi ) principalmente per gettare tra il popolo semi di gelosia e di sfiducia verso il Governo , col distruggere ogni confidenza nell ' amministrazione di esso , e che tali dottrine d ' allora in poi siano pullulate ed abbian fiorito sempre più , non riesce nuovo a nessuno , il quale conosca il carattere dei capi di quelle ed abbia atteso alle loro manovre . Vi può egli essere niente di più assurdo , di più arrogante , di più pernicioso alla pace della società , che cotesto costituirsi di corpi creati da se stessi a censori permanenti , e cotesto risolvere nell ' ombra della notte , in un conciliabolo , che atti del Congresso , i quali hanno subìta la più ponderata e solenne discussione per parte de ' rappresentanti del popolo , eletti appunto ed espressamente a ciò , e che portan seco dalle diverse parti dell ' Unione il sentimento dei loro elettori , e si sforzano , sin dove la natura della cosa l ' ammette , a formulare la volontà di quelli in leggi per il governo dell ' intero paese ; io dico , in circostanze siffatte , un corpo permanente ( perché nessuno nega il diritto del popolo di riunirsi in certe occasioni per fare , petizione di un atto qualsiasi della legislatura , o rimostrarvi contro ) creatosi da sé medesimo dovrà poter dichiarare che quest ' atto è incostituzionale , e che quest ' atto è pieno di danni , e che tutti quelli i quali votano contro i loro dommi sono mossi da motivi egoisti o sottostanno ad influenze forestiero , anzi meglio , son traditori del loro paese ? Un tale eccesso di presunzione arrogante si può egli conciliare con motivi lodevoli , in ispecie quando noi vediamo la stessa categoria d ' uomini sforzarsi a distruggere ogni confidenza nell ' amministrazione , coll ' accusare tutti i suoi atti , senza sapere su qual fondamento o con quale informazione essa proceda ? " E pochi anni innanzi egli non s ' era espresso altrimenti rispetto ad alcune Società , elle si solevano costituire in Virginia per discutere quistioni politiche , esaminare provvedimenti pubblici e dare istruzioni delegati alla legislatura : e aveva rimproverato un suo nipote d ' averci parte . E qui , si badi di nuovo , Washington non accenna punto ad associazioni , le quali si proponessero di distruggere la costituzione degli Stati Uniti non gli passano neanche per la mente . Sono associazioni intese a vigilare l ' andamento del Governo e a forzarlo , coll ' influenza dell ' opinione , a seguire vie e a lasciarsi condurre da uomini secondo il loro cuore . E gli paiono pessime . Ora , a me pare altresì che sieno per lo più o possano , riuscire tali ; ma non le dico , queste , illecite . E il Washington dice il perché gli paiono tali . Createsi da sé , non sentono responsabilità verso nessuno ; sono permanenti e quindi non soggette alle inclinazioni diverse e mutevoli dei partiti stessi che presumono di rappresentare ; ignorano il complesso delle condizioni dello Stato ; sono naturalmente tratte a screditare il Governo , ed esercitano un ' influenza sproporzionata al loro valore e peso , e getta a tutte le corruttele delle passioni e dell ' ingordigia privata . Ora , questi motivi di danno si riscontrano tutti nelle associazioni che dicevo illecite ; e vi s ' aggiunge la manifesta contraddizione del loro fine col fine generale e necessario dello Stato , contraddizione la quale deve avere per suo necessario effetto l ' accrescere a più doppi ed esacerbare quanto v ' ha già di maligno in quelle lecito . Uno scrittore di molto valore , il Lieber , pare che contraddica il Washington , nella cui patria ha pure scritto e attinto la molta sua dottrina politica . Pure , chi guardi bene , non è così . Egli dice molto ragionevolmente , che connesso col diritto de ' cittadini di mandar petizioni al Parlamento non è solo quello di riunirsi pacificamente e di prendere in considerazione gli affari pubblici , ma quello altresì di organizzarsi in associazioni intese a fini politici , religiosi , sociali , scientifici , industriali , commerciali o di cultura . L ' ammetto ; ma il Lieber aggiunge subito che questo diritto può diventare pericoloso , e leggi sono spesso necessarie a proteggere la società contro l ' abuso di esso , come sa perfettamente bene chiunque ha la minima convinzione della condotta dei clubs nella prima rivoluzione di Francia . Cotesto abuso possibile non lo distoglie però dall ' accettarne l ' uso , poiché gli pare che il principio associativo sia un elemento di progresso , di protezione e di attività efficace . Ma dov ' entra a darne prove ed esempi , ecco le associazioni che cita . Innanzi tutto cita la lega contro la legge de ' cereali in Inghilterra " che , con isforzi giganteschi , venne infine a capo d ' introdurre il libero commercio dei grani contro il più forte e il più privilegiato corpo di proprietari di terre che sia probabilmente esistito mai , nei tempi antichi o moderni " ; cita l ' associazione per l ' Emendazione della legge " , la quale già pareva a lui , nel 1859 , avesse prodotto molti benefici effetti ; e per gli Stati Uniti cita la società di colonizzazione , " una privata società che , fondando un nuovo Stato , sarà di grande influenza nel diffondere la civiltà , una società che , conforme alla dichiarazione liberiana d ' indipendenza , ha nobilmente ed in perfetta fede adempiuto i suoi obblighi " , e cita infine le associazioni ecclesiastiche , per le quali è mantenuto ciascun culto da ' fedeli stessi . Bene sta ; non una sola associazione di quelle che il Washington biasima , e ci paiono pur lecite ; non una sola di quelle che sono intrinsecamente illecite , e che il Washington non immagina neanche . E s ' intende che non avendo l ' occhio se non ad associazioni , le quali , in un fine economico , morale intellettuale , si propongono , non di distruggere lo Stato , e neppure di tirarne a sé il governo , ma di svilupparne e fecondarne la vita , il Lieber esca in quest ' inno : " Non v ' ha nulla che su una persona la quale arrivi per la prima volta dal continente europeo , sia negli Stati Uniti , sia in Inghilterra faccia più viva impressione che gl ' infiniti segni e prove di uno spirito associativo , penetrante da per tutto , in ogni campo d ' operosità reale e pratica , dalle compagnie e società commerciali , poco meno che universali , dalle banche mutue degli artigiani , o d ' ogni altra natura , sino a quelle associazioni non officiali , ma nazionali , che s ' elevano a vera grandezza . Cancellate dall ' Inghilterra o dall ' America questa fattezza o principio , e non vi vivrà più quello stesso popolo fiducioso di sé , vigoroso , indomabilmente operoso . Lo spirito di governo per sé stesso sarebbe ito . In Francia prevale uno spirito opposto . Non solo il Governo crede di dover tener ogni cosa sotto la sua mano ; ma il popolo stesso non s ' acconcia a credere nel successo sino a che il Governo non abbia fatta sua l ' intrapresa " . All ' Inghilterra e agli Stati Uniti il Lieber contrappone la Francia ; ai due paesi nei quali ha lodato esempi di associazione che concorrono collo Stato nello sviluppo della vita nazionale , contrappone quello in cui hanno sopratutto fiorito , con sì dannosa copia e tra repressioni così ripetute , le associazioni , delle quali il Washington si lagna , o che violano il diritto pubblico nella sua fonte stessa . E di fatti , più da una parte le associazioni politiche , perniciose o illegali , fioriscono , e più dall ' altra vengon meno , e s ' insteriliscono , intristiscono la associazioni della natura di quelle che il Lieber loda . Questo sono il grano ; quelle il loglio . Pure , corre per le bocche di tutti , a difesa di siffatte associazioni , una di quelle sentenze che i politici mediocri ripetono con infinita compiacenza , perché al loro piccolo criterio paiono d ' una evidenza perfetta , e tale da ammutolire ogni avversario . Questa sentenza è che siffatte associazioni giova il lasciarle formare , poiché impediscono che si formino le sette . Io dubito se persino , questo vantaggio sia tale da dovere permettere che associazioni contro la forma politica o l ' assetto sociale dello Stato si formino , con violazione del diritto dello Stato stesso ; giacché di quelle intese a dirigere a lor posta il governo , per quanto possano riuscire rincrescevoli e corrompere in qualche rispetto la vita pubblica , io non affermo che si possano in tutto e per tutto vietare . Il Foscolo ha sentito che " per fare l ' Italia bisogna disfare le sette " ; e tali associazioni , raggiugnendo questo secondo effetto , ci facessero conseguire il primo , qualche ragione di benedirle ci sarebbe pure . Ma il vero è che ciò non succede punto . In primo luogo , le associazioni contro lo Stato non sono pubbliche che in apparenza . Sono sette o combinazioni segrete , le quali non si giovano della pubblicità che loro consente il Governo , se non in picciola parte e superficialmente . Come il lor fine non è tale che tutti i mezzi se ne possano , per quanta sia la debolezza del Governo , palesemente ammannire , ciascuna di esse termina e si compie con una organizzazione settaria , che diventa il suo istrumento più efficace e più valido . Se sarebbe forse erroneo l ' affermare che nessuna setta sia nata mai se non da un ' associazione politica anarchica , la quale abbia pubblicamente , alla luce del sole , lavorato per maggior o minor tempo , è certamente non vero che le sette non durino ed esistano insieme colle associazioni , e non sopravvivano più o meno lungamente a queste quando sono soppresse . Così l ' esempio della Francia , durante la sua prima rivoluzione , come l ' esempio attuale degli Stati Uniti si può pure riconoscere che l ' associazione meramente politica o della natura così uggiosa al Washington , affatto illegale , degenera in setta necessariamente ; se una siffatta degenerazione si deve reputare accaduta , ogni volta che l ' oggetto dell ' associazione cessa di essere la cura e il pensiero di tutti quelli che le appartengono , e non rimane se non l ' oggetto di pochi , i quali , con segreti accordi e noti ad essi soli , maneggiano e guidano i loro compagni , o piuttosto servi . Una società , di fatti , così governata non è più un ' associazione politica , ma una setta , una fazione , che non nasconde ogni cosa solo perché non corre nessun pericolo se qualcosa mostra , se , rimanendo arcano tutto ciò in cui sta l ' azione sostanziale degli associati , accenna di fuori alcuni moti de ' loro capi , per sé soli non significano nulla . In effettti , negli Stati Uniti , dove tutto lo Stato si fonda sull ' alternare dei partiti , e ciascuno di questi ha una organizzazione sua propria , intesa a promuovere gl ' interessi e i fini , le associazioni son diventate settarie . " Alle assemblee primarie , scrive il Seaman , di ciascun partito prendono parte così poche persone ch ' è generalmente facile per due o tre capi di chiamarvi i loro amici e di ottenere la nomina di quei delegati che desiderano ; e sono così ammannite ( packed ) convenzioni intese a procurare la nomina di persone che non sarebbero nominate dal voto del partito lealmente espresso " . Ed aggiungne , a migliore intelligenza : " Non è generalmente difficile per un politico astuto di chiamare a raccolta i suoi amici , mediante un largo uso di denaro e l ' impiego di agenti in parecchie città e rioni , e procurare la nomina di un sufficiente numero di amici suoi a delegati alla Convenzione della contea o del distretto , quanti gli occorrono per assicurargli la nomina a quell ' ufficio qualsia di cui egli abbia voglia . Questo scopo è spesso conseguito mediante la spesa di considerevoli somme di denaro , e l ' uso profuso di promesse . E il processo ha un nome ; si chiama : ammannire una convenzione " . L ' associazione politica ha così smesso tutte le qualità che le si sogliono attribuire da chi immagina le cose , anziché guardarle cogli occhi ; e pure non si tratta ancora d ' un ' associazione cui il fine suo di distruggere lo Stato sforza a celarsi . Il risultato già negli Stati Uniti è questo : " Durante gli ultimi trent ' anni noi abbiamo avuto organizzazioni di partiti , comitati di partiti e convegni privati di partiti ( caucus ) , convenzioni di partiti e riunioni in massa pubbliche in tutti gli Stati ; clubs e confraternite ( clan ) I irlandesi nella più parte delle città ; società e confraternite tedesche in più città e distretti ; ed ora abbiamo club e confraternite di negri , con fratellanza negra nel Mezzogiorno , come un elemento politico perturbatore di più . Quale il risultato finale debba essere , non lo può dire se non il tempo e l ' esperienza " . Sicché io concludo : le associazioni politiche , intese a mutare la forma politica o l ' assetto sociale dello Stato , sono illecite ; ma , anche se non fossero tali , dagli effetti di quelle che si contentano di mirare a trarre il governo nelle loro mani , si può giudicare quanto esse sieno corrotte e dannose . Felice lo Stato libero i cui partiti non si organizzano , e possono , senza pericolo di essere sopraffatti , cansare di organizzarsi ad associazioni ; infelice e dimentico di sé quello che lascia organizzare nel suo seno associazioni intese a dirittura a distruggerlo ! III E si aggiunga : non n v ' ha Stato il quale abbia permesso o permetta a queste seconde associazioni di esistere . Appunto - mi sento dire - gli Stati Uniti hanno nella loro Costituzione un articolo , che persino vieta al Governo centrale d ' introdurre o sancire leggi contro di esse . Davvero ? Vediamo se chi m ' interrompe cosi sa quello che si dice . L ' articolo che egli intende citare , è uno di quelli formulati più tardi , quando fu chiesto al Congresso , e questo assentì , di aggiugnere alla Costituzione , già votata e che s ' era contentata di stabilire l ' organismo del governo , una cotal dichiarazione di diritti ; eccone il testo : " Il Congresso non farà nessuna legge concernente lo stabilimento di una religione , o intesa a proibirne l ' esercizio ; o a diminuire la libertà di parola o di stampa ; o il diritto del popolo di riunirsi pacificamente e di fare petizione al Governo per riparo di gravami " . L ' articolo , come si vede , non dice punto che il Congresso non possa far legge contro le associazioni , né che sia diritto primigenio ed infrenabile di ciascun cittadino il congiurare , associato con altri , contro lo Stato . L ' articolo , bensì , connette il diritto di riunione pacifica , come non è necessariamente connesso presso di noi , col diritto di petizione al Parlamento ; ed è copiato nella sua prima parte dal Bill of rights del 1688 , dove cotesto diritto di petizione , a scanso di ogni equivoco e della contestazione cui era stato soggetto prima della rivoluzione , fu esplicitamente riconosciuto e sancito . Senza ciò sarebbe stato persino inutile di dichiararlo , poiché , come scrive lo Story , " risulta dalla vera natura e struttura d ' un Governo repubblicano , ( o piuttosto libero ) . è impossibile il negarlo praticamente insino a che lo spirito di libertà non sia scomparso del tutto , ed il popolo non sia diventato così servile ed abbietto da essere affatto disadatto ad esercitare qualsiasi dei privilegi degli uomini liberi " . Ma con questo diritto di petizione s ' accompagna naturalmente quello di riunione pacifica , poiché l ' esercizio di questo precede l ' esercizio di quello , giacché per chiedere in comune bisogna innanzi deliberare in comune ciò che occorre chiedere . " Il diritto di far petizione , dice il Lieber e ripete il Cooley , è una necessaria conseguenza del diritto di libera parola e di deliberazione " . Ora , intesa a questo modo , ed è il modo , ch ' io sappia , comune , la dichiarazione dei diritti non è più larga dello Statuto nostro , che nei due articoli 32 e 58 riconosce il diritto di riunione e quello di petizione a parte l ' uno dall ' altro , e non metto il primo in necessaria relazione col secondo . S ' intende che se l ' articolo della costituzione americana non accenna ad altre riunioni se non a quelle il cui fine sia muovere petizione al Parlamento , non è perciò che in America non ne sia lecito e non ne usino altre . Mettiamo soltanto in sodo che il limite imposto al Congresso non riguarda non solo le prime ; e non concerne , poi , in nessuna maniera le associazioni . Se di leggi contro queste se ne farà negli Stati Uniti più tardi , nessuno può dire ; poiché questa Repubblica è tutt ' altro che alla fine de ' suoi esperimenti politici . IV - Ma in Inghilterra ? - Me l ' aspettavo quest ' altra interrogazione ; tanto sono state false le cose elle si sono scritte e che si credono tuttavia rispetto alla legislazione inglese . E davvero , questa , mentre è reputata semplicissima , anzi persino non esistere , è invece così complessa e copiosa , come il Cox dice , su questa materia , da diventarne difficile e certamente noiosa l ' esposizione . Pure si deve tentarla . A dirne in breve , il concetto è , questo . Per diritto comune ( Common law ) - cioè per quel diritto che non è scritto , ma deriva dalla natura stessa dello Stato , da principi stessi della legge o da precedenti giudiziari - ciascuna riunione che porta offesa alla pace pubblica , o ciascun ' associazione che è pericolosa allo Stato , è illecita ; ma il grado di pena , colla quale devono esserne puniti i membri , le definizioni del reato , gl ' indizi di esso , i giudici , sono determinati dal diritto statutario , Statute law , dal diritto , cioè , che emana dagli atti del Parlamento , ed è variabile con questi . L ' offesa alla pace pubblica - o reato contro questa - è costituita : 1° Dal riunirsi tumultuario di dodici o più persone , e che non si disperdano dietro intimazione ; 2° Dall ' Affray , o venire alle mani di due o più in luogo pubblico con paura del pubblico ; 3° Dal Rout , o perturbamento tumultuario della pace per parte di tre persone o più che si riuniscano di lor propria autorità , coll ' intento comune , di assistersi l ' un l ' altro contro chi si sia intenda opporsi loro in un ' impresa di privata natura , e che di fatti l ' eseguono in una maniera violenta e turbolenta , con terrore del popolo , sia che l ' atto propostosi da loro sia per sua natura legale o illegale ; 4° Dal Rout , ovvero perturbamento della pace , commesso da persone che si sono riunite coll ' intenzione di fare una cosa , la quale , quando fosse eseguita , li renderebbe Rioters ( 3° ) , e che attualmente intraprendono l ' eseguimento della cosa stessa ; 5° Dall ' Unlawful Assembly , o radunanza illegale , ovvero da un perturbamento della pace , commesso da persone che si sono meramente adunate coll ' intenzione di fare una cosa , che , se fosse eseguita , li renderebbe Rioters , ma che attualmente né l ' eseguono , né fanno nessun passo verso l ' esecuzione di essa . In queste distinzioni si sente un popolo non nuovo a ' pericoli della libertà , e che non crede necessario , per mantenersi questa , di chiudere gli occhi a quelli . Qui l ' atto tumultuoso è considerato attuale o remoto ; fatto già , o apparecchiato soltanto ; e secondo ha un fine pubblico o privato . Io non dirò le leggi diverse , colle quali l ' atto è stato colpito , e come , secondo i tempi , la mano del legislatore si sia più o meno aggravata , trasferendolo da una categoria di reato all ' altra , e qualificandolo quando di tradimento , quando di fellonia e quando di contravvenzione , se questa è la giusta traduzione della parola inglese Misdemeanour poiché la pena , variando colla qualificazione , s è attagliata alle necessità della repressione . Invece citerò le leggi che in Inghilterra tuttora vigono contro le società politiche , tralasciando le molte che sono abrogate , o fatte a tempo non sono state rinnovate . Coll ' atto 37 , Geor . III , c . 123 - vuol dir l ' atto registrato al capitolo 123 del volume degli Statuti , pubblicato l ' anno 37 di Giorgio III , - esteso dall ' atto 52 , Geor . III , c . 104 , - è dichiarato fellonia il richiedere un giuramento inteso a legare le persone che lo prendono a qualsia proponimento , ribelle o sedizioso o a disturbare la pubblica pace , o a formar parte di qualsia associazione , società o federazione instituita a tal fine . Un altro statuto , 39 Geor . III , c . 79 , vieta la società degli United Englishmen , ecc . , e la London Corresponding Society , e altresì qualunque altra società cui membri sieno richiesti di prestare giuramenti illegali , o nelle quali sia tenuto segreto il nome di un membro , o vi siano comitati o ufficiali segreti , o la società si componga di nuclei che operino separatamente , ed abbia ufficiali o delegati distinti eletti ad operare per ciascun nucleo . Si eccettuano le società le quali hanno fini religiosi o caritatevoli , e le logge de ' Framassoni . Per l ' atto 57 Geor . III , c.19 pag . 25 , ogni società o club , che elegga od impieghi qualsia comitato , delegato , rappresentante o messo per riunirsi o comunicare con qualunque altra società o club , o con qualsia comitato di questo , o per indurre qualsia persona a diventare membro , è proibita . Ed è dichiarato criminoso il corrispondere con una siffatta società o il sostenerla . Né è a dire che questa legislazione sia antiquata e vecchia , quantunque non abrogata . Mostra che si crede viva l ' avere dichiarato esenti da sanzioni le Friendly Societies o società di mutuo soccorso , per un atto del 10° anno ( c . 27 ) della regina Vittoria ; e in quello stesso anno , per un altro atto ( c . 33 ) , fu mutata la procedura , poiché il diritto di muovere accusa contro tali società vietate fu ristretto a Law Officers della corona , cioè al Solicitor general in Inghilterra , e al Lord advocate in Scozia , che sono , si badi bene , due impiegati non appartenenti per nessun modo all ' ordine giudiziario , ma al politico ed all ' amministrativo sicché fanno parte del Ministero e mutano con questo . La restrizione del diritto di accusa in cotesti due ufficiali del Governo ha accresciuto la responsabilità , e , com ' è naturale , la libertà del Governo rispetto alle società stesse ; ma le ha sciolta ciascuna dalla vigilanza della sua nemica . Io non entro qui nei particolari della procedura , che questi due ufficiali seguirebbero ; non troveremmo raffronti possibili . è vero che se le leggi esistono l ' uso n ' è estremamente raro ; anzi , dacché è stato introdotto nel sistema di procedura la modificazione cennata da ultimo , non s ' è dato caso d ' usarle . Ma , primo punto , come anche lo Gneist osserva , un potere quiescente , non è perciò meno un potere ; e poi , dove s ' è presentata l ' occasione o la necessità di colpire società pericolose in questo intervallo di tempo , come le Trade ' s Unions e i Feniani , gl ' Inglesi , secondo sogliono , hanno preferito leggi nuove speciali , e bene appropriate alle nuove malattie che lor bisognava curare . Poiché , si badi , essi non partecipano punto due grossi pregiudizi nostri : l ' uno che leggi eccezionali non se ne deva né possa fare in uno Stato libero ; l ' altro che le leggi fortemente repressivo non servono e non operano . Questi son pregiudizi da gente come siamo noi ora , nuova al governo , giovanile , punto pratica , e che si lascia abbagliare da ' sofismi , che s ' intrecciano , avviluppando generalità vuote e campate in aria . Quanto il primo pregiudizio sia lontano dagl ' Inglesi , voglio dirlo colle parole di lord Palmerston : " Mantenere , diss ' egli in un suo discorso del 1813 , che la legislatura d ' un paese non abbia il potere di colpire una classe qualsia della società di restrizioni , ch ' essa possa giudicare necessarie alla sicurezza e al benessere di tutti , è tutt ' uno coll ' attaccare i principi fondamentali su ' quali riposa un Governo civile " . E più tardi , scrivendo a W . Temple in Napoli , nel marzo del 1833 , chiama il Coercion Bill presentato dal Ministero di cui egli faceva parte , il " provvedimento più vigoroso che abbia mai preso forma di legge ; " ed aggiunge : " ben pochi Governi assoluti potrebbero , di lor propria autorità , introdurre un sistema di coercizione simile a quello che i rappresentanti del popolo , liberamente eletti , sono in via di mettere in questo momento alle mani del Governo di questo paese " . Presso di noi , si sa , è stato impossibile che si procedesse , con disposizioni di gran lunga meno severe , contro una verminaia d ' assassini indomabili ed indomati . Che poi alcune febbri morali non si possano utilmente trattare con revulsivi di questa sorte , né gl ' Inglesi , né gli Americani lo credono ; e neanche , per vero dire , i Francesi e i Tedeschi . è una semplicità tutta nostra . Il Raikes afferma che la legge pubblicata nel primo anno di Giorgio I per comprimere gli attacchi tumultuosi del partito dell ' alta Chiesa contro i dissenzienti , abbia giovato non meno di qualsia altra a conservare nel popolo inglese l ' abitudine dell ' ordine nello stesso tempo che quella della più libera espressione delle sue opinioni . è chiaro a tutti il beneficio prodotto dalle leggi contro le Trades Unions e contro i Feniani e il miglioramento che n ' è venuto , all ' assetto pacifico dello Stato . Come lord Palmerston dice in quella lettera citata più su , ogni cura d ' una profonda malattia sociale richiede due sorta di mezzi : il reprimerne i disordini che appaiono prima , il sanarne poi od insieme , quanto più e meglio possibile , le fonti e le scaturigini segrete , scovrendole , ed aprendo loro una via . la prima cosa senza la seconda non riesce , prima manca il tempo . è il concetto al quale il partito il principe di Bismarck nel presentare e nell ' ostinarsi a volere la legge contro i socialisti ; e l ' ha espresso nell ' esposizione dei motivi ; e il concetto è vero , qualunque sia il giudizio che si voglia fare della legge stessa . E concludo di nuovo . In Inghilterra associazioni distruttive dello Stato non sono lecite ; e se non vi si usano le leggi che già hanno contro di esse , è perché se ne fanno di nuove , appena la necessità si presenti , e non sono da ' pregiudizi nostri impediti dal farlo secondo e quali le richiede la necessità pubblica . V A me parrebbe qui un ' erudizione sciupata l ' andar esponendo le leggi che rispetto alle associazioni vigono in Francia , in Germania , in Austria , e le loro vicende . Importa ricercare , qual è la legislazione nostra . Il nostro Statuto è stato in gran parte copiato dal belga ; e l ' art . 32 del nostro è la traduzione , quasi precisa del 19 del belga . Ci corre fra i due questo solo divario , che nel belga è esplicitamente detto , che le leggi le qualisi fossero potuto far poi per regolare il diritto di riunione in luogo privato de ' cittadini , non avrebbero potuto gettarne l ' esercizio ad un ' autorizzazione preventiva , mentre non è vietato ciò alle nostre , che ci fosse parso bene di fare più tardi , ma non si sono poi fatte in nessun modo . Se non che nella Costituzione belga segue all ' art . 19 un ventesimo , il quale nel nostro Statuto non ha riscontro ; ed è questo : " 20 . Les Belges ont le droit de s ' associer : ce droit ne peut être soumis à aucune mesure préventive . " Per ritrovare le ragioni di coteste due disposizioni introdotte nella Costituzione belga bisognerebbe risalire alle restrizioni che a ' due diritti erano poste dalla legislazione francese ; e ricordarci che il divieto d ' ogni autorizzazione preventiva per le riunioni , e sopratutto la libertà assoluta dell ' associazione , erano sopratutto richieste dalla parte cattolica nel Congresso belga , che voleva esser sicura , per le sue riunioni e per le associazioni in ispecie , di non trovarsi soggetta a leggi , che , sotto nome di liberali , le avessero circoscritto la balìa di operare , ed influire ed ordinarsi , e moltiplicare a sua posta . Chi paragona ora il complesso dei due articoli belgi col nostro , ne ritrae che l ' autore dello Statuto italiano ha davvero assai bene distinto il diritto d ' associazione da quello di riunione ; e se non ha negato quello , non l ' ha voluto neanche riconoscere , dove quest ' ultimo l ' ha riconosciuto sarebbe soverchio l ' indurre dal silenzio del legislatore che , nel parer suo , gl ' Italiani non avrebbero avuto libertà d ' associarsi certo da ciò , ch ' egli riproduce nello Statuto nostro l ' art . 19 del belga , dove ne passa e trascura il ventesimo , si deve concludere , che nel suo spirito i due diritti sono distinti , e dove quello di riunione è guarentito contro un ripiglio di severità legislativa , che lo volesse più tardi negare , quello d ' associazione non ne è guarentito punto . Ma coi fatti noi siamo andati in una interpretazione opposta ; e s ' è in genere ritenuto che il diritto d ' associazione si comprendesse in quello di riunione del quale l ' art . 32 parlava solo . S ' è detto che questo non si limitasse alle sole riunioni ; poiché , se ciò fosse , " l ' esercizio del diritto sarebbe stato provvisorio , momentaneo , quasi casuale , in guisa che non debba esser permesso ai cittadini di associarsi per uno scopo determinato , di fissare a ciò per le assemblee politiche anche degl ' istituti permanenti " . Ora , qui , davvero , senza negare che il diritto d ' associazione ci sia , si può negare senza scrupolo , che l ' equiparazione sua con quello di riunione abbia ragione e fondamento . è molto chiaro che l ' associazione è la riunione con qualcosa di più ; il seguito , la durata , la connessione di più riunioni insieme , la stabilità periodica di ciascuna e in ispecie la preparazione lunga a raggiugnere un fine pratico . Questo qualcosa di più eccede il diritto di riunione , e non può essere tutt ' uno con questo , poiché a questo appunto manca . Uno scrittore recente in un libro molto lodato , il Woolsey , distingue così bene il diritto di riunione da quello dell ' associazione , che dove del primo , connesso col diritto di libera parola , dice , che persino in luogo pubblico le riunioni non devono essere proibite , se non vi sia pericolo , imminente ed indubitabile , di tumulto , ed anche allora , meglio che scioglierle , convenga il guarentirsi , col circondarle di molta forza , dagli effetti nocivi che ne potessero nascere , delle associazioni invece scrive così : " L ' immenso potere che le persone acquistano col combinarsi , e l ' estensione della quale l ' azione associata è capace , se è lasciata affatto libera di sé , ne fanno un oggetto di giusta paura , ch ' essa possa invadere le funzioni del Governo e persino i poteri dello Stato . Le leggi devono difenderlo dal sospetto cui va incontro sotto questo rispetto : e lo Stato deve avere qualche sindacato sopra di esso , perché non diventi un imperium in imperio . Esso può invadere altresì i diritti individuali , e opprimere i suoi competitori più deboli " . Ed altrove : " è evidente , che una compagnia anonima , se non è frenata , può diventare per il suo potere politico , come quella dell ' India orientale , o per la sua influenza sopra un Parlamento , un imperium in imperio : che i terrori , che le fratellanze dei mestieri ( Trade ' s Unions ) incutono negli operai , i quali ricusano di associarvisi , sono tutt ' altro che una preparazione per una vita di libertà politica o morale ; e che i clubs politici possono essere ancora più tirannici . Le associazioni , quindi , richiedono , oltre la protezione , il freno della legge pubblica ; e tanto più , in quanto persone unite in società fanno , o tollerano che siano commessi delitti dei quali una persona singola , che agisca sola , sentirebbe orrore " . Sicché i due diritti né sono identici nel concetto , né hanno lo stesso valore ; e l ' avere molto facilmente ammesso il contrario non è stata prova di molta ponderazione e di accurato esame . E siffatte prove , però , bisogna convenire , scarseggiano presso di noi ; e si son già lasciate introdurre più consuetudini e norme nell ' esercizio del nostro regime costituzionale , che mettono questo stesso a gran pericolo in un avvenire più o meno remoto . Checché però sia di ciò , è stato , certo , molto naturale , che , essendosi equiparati i due diritti per parte dei cittadini , si sieno equiparati altresì i poteri del Governo rispetto ad essi , i diritti , cioè , che nel Governo si contrappongono a quelli ; e se n ' è indotto che come una riunione può essere sciolta dalla polizia , così può essere sciolta altresì l ' associazione , che è una riunione ripetuta . Un ' analogia ha esteso i diritti ; un ' analogia ha fornito il modo della repressione . Se non che lo scioglimento è bensì rispetto alla riunione un mezzo efficace , poiché la riunione si dilegua e non è più , dopoché di buona o di mala voglia è disciolta ; ma non tale rispetto all ' associazione . Non si può di questa disciogliere se non una riunione , e sequestrare , i registri e le casse , quando ve ne sia . Ma il vincolo , che stringeva gli associati , rimane ed è germe , da cui l ' associazione ripullula . I registri si rifanno e il nome si muta ; e il denaro , non si potendo sequestrare senza sentenza dei Tribunali , va necessariamente restituito a quelli che se ne provano i proprietari . Lo scioglimento può essere il principio dell ' azione repressiva , ma non può esserne il fine . Ad ogni modo un effetto si ottiene pure , quantunque tutto morale . Il Governo ha affermato la sua opinione rispetto alla natura dell ' associazione , che reprime ; gli associati soli messi sull ' avviso , e chi s ' era lasciato attirare , come pur suole , per una cotal fiacchezza di animo o vaghezza di nuovo si ritrae indietro ; lo Stato ha affermato sé medesimo ; e la maggioranza del paese s ' affida . Pure , un così picciolo diritto di scioglimento è negato oggi al Governo ; anzi , il Governo lo nega a sé stesso , senza badare , ch ' esso è la conseguenza naturale dell ' avere equiparato il diritto d ' associazione a quello di riunione , e così esteso a quello le leggi di polizia , che hanno valore rispetto a questo . Quando nello sciogliere la riunione succede di dover arrestare qualcuno , " l ' arrestato è rimesso all ' autorità giudiziaria , che provvede a termine di legge , " cioè punisce , se qualche reato è stato commesso . Ora , rispetto all ' associazione , il Governo che si nega il diritto di scioglierla , e quindi d ' arrestare chi si sia , perché vi appartiene , resta altresì senza modo di rimettere chi si sia all ' autorità giudiziaria , e di obbligarla , quindi , a giudicarlo . L ' associazione , quindi , diventa con così bella teorica il solo reato possibile , davanti al quale il potere esecutivo si trova spogliato d ' ogni potere di prevenzione , e d ' ogni mezzo di provocare , nei modi usuali ed ordinari , l ' autorità giudiziaria . E pure l ' associazione è un mezzo , reputato potentissimo , di commettere nientemeno che il reato più grosso di tutti , quello della distruzione stessa dell ' intero Stato nella sua costituzione politica , nel suo assetto sociale . è davvero bizzarra ! Il potere esecutivo , quando crede che un ' associazione sia rea , non può secondo una così peregrina dottrina , se non avvisare l ' autorità giudiziaria dell ' esistenza di quella , come farebbe ciascun cittadino nella supposizione che l ' autorità giudiziaria non sia stata abbastanza vigile ed accorta per vedere da sé cotest ' associazione rea , quantunque pubblica ! Ora , l ' autorità giudiziaria , in un paese fornito d ' un Codice , non è in grado di applicare altre disposizioni di legge , non quelle che si contengono in questo , nè di sancirle con altro perle , se non quelle che vi sono indicate . La Common law degl ' Inglesi non v ' ha luogo . È necessario , dunque , per sapere , se l ' autorità giudiziaria è in grado di far nulla , di ricercare , se dal Codice è legittimata esprimere nessuna condanna . Nel Codice penale sardo v ' erano quattro articoli , il 483 , 484 , 485 e 486 , i quali , come in esso eran imitati dal francese , così n ' avevano altri corrispondenti ed analoghi nei Codici degli altri Stati italiani . Tali articoli si riferivano propriamente all ' associazione , e la vietavano per qualunque fine senza autorizzazione . Fu bene sopprimerli , come fu fatto nei primi bollori , con un decreto del 26 settembre 1848; ma fu male , che il legislatore , il quale aveva schivato di riconoscere esplicitamente , il diritto d ' associazione nello Statuto , paresse poi non ricordarsi punto che associazioni anche nocive ci avrebbero potute essere , e il dover suo di garantirne lo Stato . Se non che in simili cose , se si smarrisce il punto giusto e temperato in tempi di quiete e di pace , non si ritrova più , se pure , non dopo molte tempeste . Nel 1862 fu tentato di formulare una legge sulle associazioni ; il Rattazzi la presentò ; il Boncompagni no riferì ; ma la Camera non discusse , perciò la materia è estremamente difficile , e non era anche sorto dubbio , che il Governo non si credesse in dovere ed in diritto di accorrere al pericolo più prossimo , e di sciogliere le associazioni , che paressero illegali o minacciose e infine , i deputati erano restii - e s ' intende e non si biasimano - a deliberare senza un ' estrema necessità leggi le quali paressero recidere qualche parte della libertà sin allora lasciata ai cittadini . Non s ' erano anche viste né associazioni palesemente repubblicane , e che si confessavano tali col loro stesso titolo ; ne associazioni internazionali né circoli Barsanti . Al Consiglio di Stato , poiché non v ' era stato tuttora abuso , pareva miglior partito che legge alcuna non si facesse . S ' intende quindi , che nel Codice penale del 1865 non v ' ha disposizione veruna , la quale concerna le associazioni , poiché si sa , che né quelle che riguardano le società commerciali , né quelle che si riferiscono all ' associazione dei malfattori , hanno niente a fare colle associazioni di cui trattiamo , qui , colle associazioni intese , almeno in apparenza , a fini d ' interesse pubblico , secondo esse l ' intendono . Sicché l ' autorità giudiziaria , a cui un ' associazione è denunciata , comincia dal non ritrovare nel Codice nessuna disposizione che vi si riferisca , o che la sia pubblica , o che la sia segreta ; poiché anche ogni prescrizione di divieto o di punizione delle sette v ' è stata cancellata . Quantunque si è visto che contro queste l ' Inghilterra ha leggi speciali ; e il Woolsey non dubita di affermare ch ' esse non vanno tollerate , anzi , come quelle , che per effetto già dell ' arcano di cui si covrono , si devono ritenere inimiche , del loro paese , devono essere trattate non altrimenti dello , bettole , o dei luoghi sospetti e di cattiva riputazione . Poiché , dunque , in quanto associazioni ree di macchinazione contro lo Stato , l ' autorità giudiziaria non può coglierle , né soggettarle a nessuna pena che sia appropriata ad esse , come sarebbe lo scioglierle o il vietarle o il confiscarne i registri e la cassa , poiché nel Codice tali pene non sono indicate , appunto perché non v ' è discorso dell ' associazione né punto né poco , non le resta , se non di ricercare se qualcuno dei membri dell ' associazione si è reso reo di qualcuno dei reati che la legge punisce . Ora , mettiamo , che cotesta reità vi sia e si provi . L ' individuo è punito per averla commessa ; e sta bene ; ma non è punito punto per quella sua particolare reità che nasce dal far egli parte dell ' associazione colpevole . L ' essersi unito a questa o l ' averla fondata può essere stato un reato enorme contro la società in cui vive . Ma appunto questo reato è escluso , nella condizione della nostra legislazione , dell ' animavversione dei Tribunali . Se non che la maggior parte dei reati , che in un ' associazione possono essere stati commessi , riesce più difficile a provarsi appunto per ciò che son commossi nel seno di quella o da chi vi appartiene . Tali reati son descritti nel Codice penale dagli articoli 468-473 , e consistono nella provocazione con discorsi o scritti ai reati descritti negli articoli 133 e seguenti , cioè all ' attentato contro la sacra persona del re , o contro le persone della reale famiglia , ovvero alla mutazione delle forme dello Stato , o alla guerra civile , o qualsiasi altro reato ; consistono altresì in qualsisia altro pubblico discorso o scritto o fatto , di natura " ad eccitare lo sprezzo o malcontento contro la sacra persona del re , e le persone della reale famiglia , o contro le istituzioni costituzionali " . Si badi , che qui l ' associazione , di cui fa parte il reo , è l ' istrumento principale dell ' efficacia del reato ; ma non è toccata . Si badi , che quanto agli scritti , cadono già sotto la legge della stampa ; e quanto ai discorsi , l ' autorità giudiziaria non riesce a punirli , nelle riunioni pubbliche , poiché la polizia non crede più di dovere arrestare nessuno per averne fatti . Il titolo , poi , che le associazioni prendono , per chiaro che paia nei suoi intenti , non è una prova , di per sé solo , che nelle associazioni che lo portano , si commetta , il reato , cui si vede che quel titolo mira . Sicché il più probabile è che l ' autorità giudiziaria , la quale non ha modo , nella legislazione nostra , che punire l ' associazione , non vi trovi neanche quello di punire l ' associato ; e che il deferirle le associazioni , secondo il Governo dice di aver fatto , non abbia altro effetto non di salvare il ministro d ogni responsabilità , spogliandolo di ogni potere , e di scansare alle associazioni distruttive dello Stato o della società ogni condanna . Nello stesso tempo , l ' abbandono del diritto di scioglimento per parte il Governo le tutela da ogni repressione più o men lontana , da ogni prevenzione più o men vicina ; giacché prevenzione e repressione non sono , come parrebbe dall ' uso che molti ne fanno , due azioni che s ' escludono , e delle quali l ' una comincia dove l ' altra finisce ; poiché anzi s ' intrecciano l ' una coll ' altra ; e il prevenire tardi può essere tutt ' uno col reprimere presto , poiché prevenzione non è , se non una repressione fatta in uno degli stadi anteriori allo scoppio effettivo del reat . La dottrina , che il Governo non è legittimato ad agire se non quando e dove il reato è stato già commesso o è così vicino a commettersi , che solo l ' uso immediato di una forza maggiore basti ad impedirne Il ultima consumazione , è la più incivile ed illiberale . è strano che si dica e forse si pensi il contrario . Ci dev ' essere nascoso in un ' affermazione e giudizio siffatto un paralogismo o una confusione che non preme di ricercare e mostrare qui . Pure i Governi che , come oggi l ' italiano , rinunciano al diritto di prevenire e reprimere cogli scioglimenti , e mancano di quello di punire per difetto di legge , non si lasciano né si mantengono altra azione se non appunto quella sola di reprimere il reato colla forza bruta quando scoppia . Ora , l ' associazione è appunto il mezzo più potente , l ' istrumento più efficace , per riuscire a ciò , che in quell ' estremo momento manchi al Governo proprio la forza che allora gli occorrerebbe . L ' associazione politica , distruttiva dello Stato o della società , ha per principale suo fine e per principale suo effetto lo sgominarla , il corromperla , il divellerla cotesta forza , il minarla persino o il cariarla , sicché all ' improvviso caschi , nel maggior bisogno , e mentre par tutt ' ora viva e vegeta . Qui dunque si risolve tutta l ' azione del Ministero : a creare una condizione di cose , nella quale non rimanga luogo se non alla repressione sanguinosa e violenta , e ad apparecchiarvisi , di giunta , , che questa stessa non sia più sicuro di poterla fare . Nella Camera s ' è più volto discusso in questi anni del diritto delle associazioni politiche da una parte , e di quello , dall ' altra , del Governo a scioglierle e prevenirne gli eccessi . Sì può dire che non s ' è mai negato né l ' un diritto né l ' altro . Il Mancini , uomo il cui ingegno è spesso sedotto dal desiderio di andare a versi a ' più e ai più rumorosi , proponendo un ordine del giorno nel febbraio del 1867 contro il Ministero che aveva proibite alcune riunioni popolari nel Veneto , se da una parte chiedeva che ogni impedimento preventivo fosse tolto , dall ' altra ammetteva che anche il diritto di riunione cessava , quando " trasmodasse in offesa alle leggi ed in colpevoli disordini " . L ' ordine del giorno era fatto contro quello stesso Barone Ricasoli , che nel febbraio del 1862 aveva detto sul diritto dell ' associazione le parole più liberali che si potessero udire , e respingendone ogni restrizione , l ' aveva riconosciuto in tutta la larghezza sua . I ministri di parte moderata non hanno mai ricusato al Governo il diritto di sciogliere le associazioni nemiche dello Stato o minacciose ; un ministro di parte , come si dice , progressista , ha persin sostenuto che cotesto diritto , per vero dire , il Governo non lo avesse , ma fosse meritorio nel ministro l ' esercitarlo , ed esporsi , ove l ' avesse esercitato a sproposito , all ' ira e alle vendette del Parlamento . In verità non s ' intende urlo Stato , in cui il Governo non abbia il diritto e non possa assumere la responsabilità di esercitare , rispetto alle associazioni politiche , distruttive dello Stato o della società , qualche modo di prevenzione o repressione sia collo scioglierle , sia col sospenderlo , e nel quale poi , il reato , che così è stato prevenuto dal potere esecutivo , non sia deferito all ' autorità giudiziaria , punito o no da questa , secondo il criterio che essa trae dalla sua coscienza e dalle leggi , criterio il quale niente vieta che in un siffatto caso , come in tanti altri , sia diverso da quello della polizia . Un Governo , il quale non si riconoscesse altro diritto che quello di schiacciare colla forza il reato prossimo a compiersi o uccidere co ' fatti il reo , sarebbe barbaro . Appunto , perché ha un diritto di tutela preventiva di sé stesso , ha anche il diritto di fare , quando creda , una legge che freni le associazioni nemiche . Ma una legge sulle associazioni , lo confesso , è estremamente difficile , e risica d ' andare più in là del dovere , o restare in qua . Gl ' Inglesi hanno avuto ragione di non fare leggi generali , ma di formularne una via via che l ' occasione nasce , sicché s ' attagli perfettamente a questa . Noi c ' impacciamo nella legge generale , e siamo estremamente restii alle leggi speciali e particolari . Però , sino a che la legge generale e le particolari mancano , è impossibile che ne manchino altresì allo Stato i poteri che sono connessi coll ' essenza sua e che scaturiscono direttamente da questa . Il diritto di sciogliere le associazioni , o poco o molto efficace che ne riesca l ' esercizio , è uno di questi poteri . Il ministro che dichiara di non averlo , non rispetta , com ' egli immagina , la legge , che non esiste , ma nega lo Stato : non rispetta il diritto di pochi , ma scalza , per quanto è in lui , il diritto fondamentale di tutti . 15 novembre 1878 .
Saggistica ,
Le cose fuori del loro stato naturale né si adagiano , né vi durano . G . B . Vico Proemio Tra i fenomeni più recenti dell ' Italia politica è degno di nota quello di una nuova tendenza che sembra affermarsi sempre più , se lo si deve argomentare dal programma dei cattolici – nazionali e dalle ultime elezioni amministrative . Tale fenomeno ha richiamato l ' attenzione delle classi politiche . " Non è che il sogno innocente di conciliazioni impossibili , " dicono gli uni . Secondo altri invece , non sarebbe che l ' arrivo di fresche reclute anelanti a schierarsi incondizionatamente nelle file del partito moderato , e desiderose soltanto di un pretesto per giustificare l ' astensione loro nei tempi passati . Non mancano neppure i diffidenti che denunciano quelle tendenze come un pericolo per la libertà e per l ' unità nazionale . E finalmente si sono fatte sentire anche voci , le quali già hanno acclamato all ' Italia reale che muove a riscossa contro l ' Italia legale , adoperando una frase di cui lo scrivente si è servito , dieci anni fa , nel suo scritto " Sulle condizioni della cosa pubblica in Italia , dopo il 1866 " ; una frase che ha avuto il poco invidiabile onore di essere così spesso citata a sproposito , sebbene il significato attribuitole dall ' autore rendesse impossibile qualsiasi equivoco . Se non che , non potrebbe anche darsi che nessuna di queste spiegazioni fosse la vera ? e che non si tratti d ' altro se non del principio di un movimento di idee destinato a percorrere più di una fase e ad assumere forme diverse , di un movimento d ' idee meritevole di essere studiato nelle sue cause e nel suo possibile sviluppo , sebbene non maturo abbastanza per essere giudicato a prima vista solo tenendo conto del carattere superficiale dei pochi fatti che finora ci fu permesso di scorgere ? Confesso che inclino verso quest ' ultima ipotesi . Le nazioni che costituiscono la società europea , vanno diventando sempre più solidali tra loro . Apparisce chiaro che le identiche correnti oggi le percorrono tutte , manifestandosi sotto forme rispondenti alle condizioni proprie di ciascuna nazione . Fra queste correnti ce n ' è una conservatrice . Nell ' Impero britannico , il partito tory è salito e si mantiene al potere ; in Francia , AdolfoThiers lasciava di recente , per testamento , la profezia : la repubblica francese , o saprà essere conservatrice , o cadrà ; in Germania , il principe Bismarck si stacca dalla Nationalpartei , e ritorna , per un tratto di strada , verso gli amici della sua giovinezza ; in Austria , il Conte Taaffe attende a conciliare gli autonomisti colla colla costituzione . Tutto questo non accenna alla ristaurazione del passato , come si vorrebbe far credere da alcuni giornali italiani sull ' autorità della stampa partigiana estera , bensì al desiderio , non solo degli uomini di Stato , ma anche di una parte ragguardevole delle classi dirigenti di quei paesi , di rientrare nella carreggiata del progresso civile graduale , stato interrotto dai sussulti di profonde trasformazioni politiche e territoriali , di raccogliere in un fascio tutte le forze conservatrici del presente e di condurle a far fronte alle gravissime difficoltà interne e alle eventualità esterne piene di pericoli . Or bene , perché mai dovrebbe essere trovato assurdo supporre che quella medesima corrente cominci a diffondersi anche in Italia , favorita da circostanze , non somiglianti , ma corrispondenti ? e che , non trovando in Italia , né le classi dirigenti , né il governo disposti ad assecondarla , cerchi aprirsi nuove vie ? Alla studio spassionato della tendenza sopraindicata , in quanto potrebbe essere il punto di partenza di un aggruppamento di quelle forze conservatrici della società italiana , le quali sono rimaste finora disperse o spostate , e provocherebbe certamente , se ciò fosse , il risveglio operoso , per legge di contrasto , dei partiti disorientati e stagnanti , è consacrata la prima parte della pubblicazione presente . Che il partito governante sia oggi disorientato e come stagnante , e per conseguenza ridotto alla sterilità , non c ' è nessuno che non lo veda . L ' antica Sinistra non si mostra suscettibile di essere tenuta insieme se non da coalizioni artificiali di persone . In quanto alla antica Destra , i suoi uomini migliori hanno riacquistato credito ; ma , presa collettivamente , se dovesse rimanere chiusa nella originaria cerchia d ' idee , senza aver nulla imparato e nulla dimenticato , invano cercherebbe , in molte provincie almeno , durevole appoggio , e neppur potrebbe fare assegnamento sulla propria interna compattezza , tostoché dall ' atteggiamento passivo d ' opposizione passasse a quello attivo di reggere lo Stato . Da che deriva questo ? Non deriverebbe per avventura dal fatto che i partiti vecchi , non già gli uomini più preclari che li compongono , si sono esauriti , dopo aver prodotto tutto ciò che , costituiti com ' erano , e cogli intenti di un ' epoca che non è più , potevano produrre ; e che , per riprendere il cammino , e corrispondere ai nuovi bisogni del paese , è d ' uopo che si ritemprino , che riformino i quadri e allarghino le file ? La seconda parte di questo lavoro tende appunto a risolvere tali dubbi . Se non che neppure una ricostituzione di partiti , per sé sola , gioverebbe gran fatto . Una delle cause principali che contribuiscono a perturbare la cosa pubblica si è che certe verità , certe questioni di vitale importanza , le quali dovrebbero essere chiarite o risolute nel solo interesse della patria , perché stanno molto al disopra delle convenienze dei partiti , vengono invece date in pascolo a questi ultimi , e si vedono condannate a subire tutte le peripezie degli umori e dei conflitti partigiani , rimanendo per tal modo indefinitamente , o nell ' ombra , o sospese , o falsate . È sopra siffatta usurpazione che , nella terza parte dello scritto , che ho l ' onore di presentare al pubblico , mi provo a richiamare l ' attenzione di tutti coloro che amano l ' Italia , nella speranza di indurli a far valere ogni influenza , affinché quelle verità siano accettate da tutti , e quelle questioni rimesse al loro posto . Le considerazioni contenute in queste pagine hanno un carattere affatto obbiettivo , sono aliene da ogni spirito di parte , sono ispirate dal solo desiderio che la vita pubblica d ' Italia divenga più sana , più seria e più feconda . Valgano le buone intenzioni dell ' autore a cattivargli l ' indulgenza dei benevoli lettori . Casalbuttano , 1 Novembre 1879 . Parte Prima . Delle idee conservatrici nella nuova Italia . I . La scuola conservatrice nell ' Europa moderna . L ' idea di conservazione , in politica , non si concepisce disgiunta dall ' oggetto che s ' intende conservare , il quale è poi lo Stato , ossia un determinato consorzio di cittadini , considerato , non già sotto tutti i suoi aspetti , ma sotto quello del suo ordinamento giuridico e del suo governo . Un conservatore è colui che vuole la conservazione dello Stato a cui appartiene , purché indipendente da signoria straniera ; applicando i medesimi criterî , coi quali un individuo umano considera le condizioni di conservazione del proprio corpo , e suppone , per conseguenza , che nessun organismo estraneo parassita penetri in questo , e ne perturbi la normale esistenza , senza di che sarebbe inutile pensare a conservarlo . L ' idea di conservazione è complessa ; e comprende tanto il mantenimento di tutto quello che esiste di conforme alla ragione d ' essere dell ' oggetto conservato , quanto la eliminazione , entro i limiti del necessario , di tutto quello che un ' evidenza incontestabile , o una lunga esperienza , dimostrano come contrario a quella ragione d ' essere . Non basta quindi che una istituzione , o un modo di governare , esistano perché possano considerarsi da un conservatore , meritevoli d ' essere mantenuti soltanto perché esistono ; ma non basta neppure che un ' istituzione , o un modo di governare , contengano dei vizî di origine , perché si possa e si debba desiderare che vengano mutati , qualora facciano buona prova nell ' applicazione , e mostrino di acconciarsi sempre più al bene presente e futuro della maggioranza della nazione governata ; e infatti molte cose nate storte , man mano che crescono possono raddrizzarsi . Che se poi avviene che una istituzione , o un dato indirizzo di governo , producono insieme e del bene e del male , la tendenza conservatrice sarà rivolta , non già a farne tavola rasa , per lo scopo di sopprimere il male , ma solo a modificare quel tanto che basti per togliere ciò che vi ha di male , senza perdere ciò che vi ha di bene . La scuola dei conservatori prende le mosse dai fatti e dalle realtà politiche e sociali , ed applica il metodo esperimentale alla cosa pubblica . Essa non si può accusare di empirismo , per due ragioni . In primo luogo , perché tien conto anche di quelle leggi , le quali , derivando dalla natura morale e sociale dell ' uomo , sono inerenti a tutti gli umani consorzi e perciò non si lasciano violare impunemente ; e del resto la stessi indole positiva di questa scuola la induce ad ammettere come nulla possa reggere a lungo andare , se si è costretti a cozzare contro tali leggi . In secondo luogo , perché , proponendosi per meta il mantenimento , la consolidazione e lo sviluppo normale della patria , essa si prefigge un ideale non meno elevato e nobile di quello di coloro che si adoperarono a crearla ; solo esige che il modo di conseguirlo sia proporzionato ai mezzi che si hanno . Lontanissima , come quella che vive nell ' attualità , dalle dottrine retrive che si compiacciono degli anacronismi , essa accetta la democrazia , nel senso però soltanto della non esclusione d ' alcun cittadino dalla possibilità di raggiungere , per mezzo delle proprie opere , e non già in virtù di un diritto astratto , qualsiasi grado sociale e politico ; e considera poi la libertà ordinata e il sistema rappresentativo come poderose e indispensabili forze conservatrici . Essa si presta ad ispirare il governo , tanto in una repubblica , quanto in una monarchia rappresentativa ; ed anche in una monarchia assoluta , quando siffatta forma trovi la sua giustificazione nelle condizioni di una società ancor molto arretrata nell ' incivilimento , facendosi valere , in tal caso , coll ' opporsi all ' arbitrio , e col promuovere la scrupolosa osservanza delle leggi . Un adulatore del principe in una monarchia , non è un conservatore , ma un cortigiano ; come l ' adulatore del popolo , in una democrazia , non è un democratico , ma un demagogo . Alla scuola conservatrice si contrappone la radicale , la quale considera una nazione non come un organismo , ma , secondo la teoria del Contratto sociale del Rousseau , come un aggregato di individui tutti di egual valore , al quale aggregato è lecito applicare qualsiasi riforma , quando apparisca la migliore a priori , senza tener conto né delle tradizioni , né delle abitudini , né delle idee comunemente accettate , né degli interessi , né di tutto l ' insieme dei fatti sociali sempre sopravviventi alle mutazioni di Stato , e ripullulanti e reagenti più forti di prima , ogni qual volta furono compressi fuori di tempo . In Italia il radicalismo è rappresentato da una delle varietà dei repubblicani alla francese , e più specialmente dai semi – repubblicani ; e scambia facilmente licenza per libertà , demagogia per democrazia . Il radicalismo può concorrere a creare uno Stato , una forma di governo , nuove istituzioni ; ma non può contribuire a creare nessuna di quelle condizioni che occorrono per far sì che uno Stato , una forma di governo , una istituzione , si mantengano ; imperciocché tali condizioni non s ' improvvisano , e devono preesistere agli anzidetti mutamenti o con essi coesistere nel seno del consorzio civile . Se non ci sono , il radicalismo non le può decretare , nemmeno col suffragio universale . Quando un popolo , col suffragio universale , crede di poterle fornire mediante un semplice atto di volontà , esso mistifica sé medesimo . La tradizione del pensiero politico in Italia non fu mai radicale , incominciando dalla parabola di Menenio Agrippa e dal diritto romano , fino a Machiavelli , a Vico , a Romagnosi . Nemmeno i repubblicani moderni d ' Italia sono tutti radicali . Lo è stato Giuseppe Mazzini nel suo apostolato per la libertà , da non confondersi col suo apostolato per l ' idea nazionale , col quale seminò in terreno fecondo . Invece Carlo Cattaneo e Giuseppe Ferrari considerarono il consorzio dei cittadini come un organismo vivente ; e , se conclusero alla repubblica e alla repubblica federativa , non fu già per premesse radicali , ma per premesse esageratamente conservative . Essi furono d ' avviso che la recente monarchia unitaria sia sopravvenuta a sconvolgere lo sviluppo organico della società italiana , solo perché si rifiutarono ad ammettere che l ' organismo vecchio fosse suscettibile assimilare elementi nuovi , e perché agli elementi nuovi negarono la dovuta importanza , non avendoli rinvenuti nella storia passata d ' Italia . Ma non allontaniamoci dal nostro soggetto . Nulla di essenziale invece separa i conservatori dai liberali , propriamente detti , imperciocché gli uni e gli altri ritengono necessario , tanto la stabilità , quanto il progresso e la libertà . Si distinguono però riguardo alla misura diversa , secondo la quale intendono applicare ciascuna di quelle forze ; e perciò , non già secondo l ' esclusività , ma secondo la prevalenza che attribuiscono gli uni alla stabilità , gli altri al progresso e alla libertà , vengono denominati , per antonomasia , conservatori i primi , liberali i secondi . I primi intendono camminare bensì , ma in guisa che , per modo di parlare , le masse si possano muovere ordinatamente , senza rompere le file e senza sforzi ; mentre i secondi mirano a spingere le masse a marcie forzate per compiere più rapide evoluzioni . Pei liberali inoltre , generalmente parlando , l ' istruzione pubblica molto diffusa e i precetti dell ' economia politica sarebbero argini sufficienti contro le passioni anarchiche e ardenti , e contro le idee confuse di trasformazioni sociali che si agitano nei bassi fondi della società moderna ; quando invece pei conservatori , quei mezzi non sono ritenuti sufficienti se non li corrobora e li completa il Cristianesimo profondamente sentito , e praticato , tanto dai ricchi quanto dai poveri . Conservantismo e liberalismo , quando coesistano in permanenza nel seno di un corpo politico , l ' uno di fronte all ' altro , formano insieme le condizioni necessarie della sua salute normale ; e sono destinati , nell ' interesse del progresso civile , a prevalere alternativamente ; questo , quando occorre dar mano ad un lavoro indefesso di riforme ; quello , quando occorre riparare le forze che , per effetto del lavoro , si sogliono logorare , ciascuno sorvegliando l ' altro e impedendogli di trasmodare . Ecco i caratteri distintivi del conservantismo nella Europa moderna . Esso siede oggi al governo in parecchi degli Stati più importanti e più colti ; in preda a molti contrasti , è vero ; ma vi siede . Non c ' è ragione perché quei caratteri non abbiano ad essere distintivi dei conservatori anche in Italia . Quale sia la missione devoluta a questi ultimi nell ' opera del risorgimento di una nazione , lo dice uno dei più insigni e liberali trattatisti contemporanei di diritto pubblico e di scienza di Stato : Il conservantismo ha il suo ufficio naturale dopo una rivoluzione e dopo una trasformazione politica di un popolo , quando si tratta di mantenere i risultati raggiunti e impedire che trasmodino ( BLUNTSCHLI : La Politica , lib . XII , cap . 8 ) . Lo Stato in Italia è oggi il Regno che abbraccia la stirpe italica dalle Alpi al Lilibeo , e che è retto dalla dinastia di Savoia e dallo Statuto di Carlo Alberto . Profonde cause storiche hanno potuto far sì che esistano in Europa alcune autonomie politiche solidissime e sostenute dal libero consenso della grande maggioranza dei cittadini , nelle quali convivono diverse unità etnografiche , p . es . , la Svizzera ; o dove , sebbene ne esista una sola , l ' autonomia politica ha forma federativa , p . es . , l ' Impero Germanico . In tali casi , va da sé che lo spirito conservatore si rivolga a mantenere quelle forme . Peraltro è più consentaneo all ' ideale moderno che lo Stato coincida presso a poco col complesso di una nazione , e comprenda questa in una unità incondizionata di reggimento . Infatti l ' idea di patria non è forse , per sé medesima , una forza eminentemente conservatrice ? e l ' idea di patria non si è forse oggigiorno identificata con quella di nazione , per effetto di un lento lavorio della civiltà europea , giunto a maturanza solo nel secolo nostro ? Questo ideale lo abbiamo in Italia . L ' unità d ' Italia , la legittimità della casa regnante , lo Statuto vigente , essendo dunque i tre fondamenti dello Stato , un conservatore italiano , affinché sia lecito designarlo con questa denominazione , non può ammetterne neppure la discussione . Eccettuati questi tre punti , i quali , del resto , pel carattere loro generale , si adatterebbero e alla massima espansione di libertà praticabile nel mondo moderno e al più vigoroso potere esecutivo , eccettuati questi tre punti , un conservatore italiano può sindacare ogni cosa che si riferisce allo Stato . Nel qual sindacato , appoggiandosi ad un ' esperienza ventenne , esso inclinerà naturalmente a difendere tutto ciò che , nelle istituzioni e nell ' indirizzo del governo , risulta conforme , secondo quell ' esperienza , o secondo l ' evidenza incontestabile , al concetto conservatore ; a correggere , nella misura del necessario , tutto ciò che imperfettamente ad esso risponde ; a rimuovere tutto ciò che si presenta come un ostacolo permanente e crescente al trionfo del concetto medesimo . Questo è il significato che si attribuisce nel presente scritto alla denominazione di conservatore in Italia , il quale significato non è per nulla arbitrario , ma risponde esattamente a quello che gli viene attribuito nella maggior parte degli altri paesi civili moderni . Se esistano o non esistano dei conservatori italiani , è un ' altra questione intorno alla quale più oltre discorreremo . Ciò che fin d ' ora importa aver ben presente si è che , se esistono , non possono essere che così . [ Significati erronei attribuiti alla parola "conservatore".] Non crediamo sia cosa inutile insistere sul significato vero della denominazione anzidetta , imperocché essa ha generato da per tutto , e specialmente in Italia , ogni sorta di pregiudizi , ed ha dato luogo a molti equivoci . È un pregiudizio , p . es . , quello di credere che il tornaconto personale e il grado sociale di un uomo , quando si connettano con tutto ciò che si riferisce alla conservazione dello Stato , o dei beni a cui solo alcune classi possono partecipare , bastino , per sé soli , a farne un conservatore . Quel tornaconto , quel grado sociale , sono condizioni molto importanti bensì , ma occorre ch ' egli abbia una chiara consapevolezza di una tale connessione , il che spesso non accade , specialmente nei paesi nuovi alla libertà , e inoltre che il desiderio di popolarità , o il proposito vigliacco di trovar protettori fra i suoi naturali avversarî in vista di certe eventualità , o una prepotente indipendenza d ' ingegno , non lo inducano ad emanciparsi dall ' influenza del proprio grado sociale e del proprio tornaconto . Che la condizione sociale e il vantaggio individuale non siano tutto quanto occorre per formare un conservatore , è così vero , che molti i quali nel disfacimento di un interesse politico o sociale nulla avrebbero da perdere personalmente , ne sono spesso i più fermi e più sicuri difensori , per impulso di temperamento o di profonde convinzioni . Altri ancora hanno convenienza di conservare , insieme a tutto che c ' è di buono , anche i difetti , i vizî , gli abusi che si sono introdotti nello Stato , nel Governo , o in altri importanti interessi , siffatte magagne solitamente generando legioni di uomini impegnati a perpetuarle e non essendovi cosa per quanto guasta , che non torni a profitto di qualche gaudente . Ora siccome tali difetti e vizî e abusi trarrebbero alla fine quelle istituzioni a rovina , così quegli uomini non possono dirsi conservatori . Così pure è un pregiudizio lo scambiare il conservantismo colla forza d ' inerzia , forza poderosa tanto nel mondo sociale , quanto nel mondo fisico , la quale vuole essere tenuta nel debito conto dalla politica , ma non è tutt ' al più che uno dei due poli del conservantismo . Lasciata a sé sola , condurrebbe direttamente alla distruzione anziché alla conservazione , ogni qualvolta gli elementi dissolventi , a cui lascerebbe libero campo , riuscissero a prevalere . Anche l ' attribuire la denominazione di conservatori ai puri autoritarî è un pregiudizio . Il regime militare , lo stato d ' assedio , un colpo di Stato al bisogno , un capo investito di un potere illimitato e arbitrario , ecco lo specifico , secondo l ' opinione di costoro . Or bene può darsi che siffatti mezzi riescano per un dato momento ad arrestare la cancrena dell ' anarchia , ma per sé medesimi non bastano mai a ridonare la salute normale nell ' organismo di uno Stato infermo ; perciò non conservano nulla se non provvisoriamente ; mentre è proprio del conservantismo il provvedere , non solo all ' oggi , ma anche al domani . D ' altronde un atto autoritario delle specie sopraindicate , si presta spesso ad esser posto al servizio di un sistema anticonservatore per eccellenza . Nemmeno si possono chiamare conservatori quei dottrinarî da gabinetto i quali concepiscono una teorica di governo conservatore , e ad essa pretenderebbero assoggettare un paese , senza aver verificato se poi tale teorica si acconcerebbe nella applicazione alle condizioni di fatto di esso paese . Venendo a parlare dell ' Italia in particolare , noi vedremo a suo luogo quanto sia inesatto attribuire il nome di partito conservatore alla Destra parlamentare , come molti sogliono fare . La Destra parlamentare racchiude nel suo seno dei veri conservatori , e dei conservatori virtuali , ma ne ha anche di quelli , e non fra i meno influenti , che non lo sono né punto né poco . Presa poi collettivamente , ha seguito finora , un tempo per necessità , più tardi di propria elezione , un indirizzo politico tutt ' altro che conservatore ; mentre nella Sinistra , specialmente nei deputati meridionali , i conservatori virtuali non mancano . Non avremo poi bisogno di spender molte parole per dimostrare quanto sia male applicata la denominazione di conservatori agli aderenti alle cadute dinastie . A torto sogliono essi venir paragonati ai legittimisti francesi . Questi sono , innanzi tutto , eminentemente nazionali , e non mirano che ad un mutamento nella forma del governo ; mentre in Italia i legittimisti mirano alla distruzione della nazione . Il richiamo delle antiche dinastie italiane implica l ' idea di spezzare in frantumi uno Stato che esiste da venti anni ; in altre parole , suppone , anziché un concetto conservatore , il più profondo sconvolgimento di ogni cosa pubblica e privata , che immaginare si possa . Ma c ' è un partito molto più numeroso ed importante in Italia che si qualifica , nel modo più improprio , come conservatore . È d ' uopo perciò che ci arrestiamo un po ' più a lungo a discorrerne . È il partito che alcuni in Italia denominano clericale , vocabolo indeterminato ed elastico , nel quale alcuni vorrebbero comprendere , a torto , tutti gli ecclesiastici , tutti quelli che professano la religione cattolica , e persino tutti quelli che attribuiscono qual importanza al sentimento religioso ; è per ciò che non crediamo opportuno adottarlo , a scanso d ' equivoci . Preferiamo adoperare la definizione di cattolici intransigenti , per distinguere coloro che sostengono la subordinazione dello Stato alla Chiesa e la ristaurazione del potere temporale dei Papi . Or bene , la questione religiosa si presenta in Italia sotto tre aspetti diversi , che sono – il sentimento religioso – i rapporti fra lo Stato e la Chiesa – il papato . Vediamo in quali punti debba separarsi il conservantismo politico italiano dal cattolicismo intransigente , riguardo a ciascuno di quei tre aspetti . Secondo gli intransigenti , ogni ordine sociale , civile e politico dovrebbe avere per fondamento unico la religione . Il conservantismo politico invece ammette anche quegli altri fondamenti che si riferiscono a tutte le forme di attività sociale , a tutte le sfere dei sentimenti e degli interessi . Il sentimento religioso ha un ' importanza grandissima a ' suoi occhi , sia in sé stesso , sia perché predispone l ' uomo a concepire un ideale che lo rende capace di azioni generose e di sagrifizî , e gli apre più facilmente il cuore ad altri sentimenti elevatissimi , come sono quelli del dovere e della patria , senza i quali nulla v ' ha di stabile nella politica . Ciò è talmente vero che tanto più grandi sono stati i popoli antichi e moderni , quanto più profondamente religiosi ; e lo dimostra l ' esempio dei Romani antichi , delle repubbliche italiane del Medio Evo , degli Inglesi moderni , dei vincitori di Wörth e di Sedan . E il sentimento religioso degli Italiani è cattolico , né può essere che cattolico , l ' esperienza avendo dimostrato quanto siano infruttuosi i tentativi di coloro che vorrebbero far loro accettare altri culti . In quanto a noi , possiamo dire che non siamo mai riusciti a comprendere la distinzione fra cattolicismo liberale e cattolicismo non liberale . Ma c ' è un ' altra distinzione che comprendiamo benissimo , ed è questa . Nella religione cattolica ci sono due cose da distinguere . L ' una , obbiettiva , che è il patrimonio dei dogmi comuni a tutti i credenti . L ' altra , subbiettiva , che si atteggia al sentimento individuale di chi professa quella religione . L ' identica fede alcuni l ' hanno in cuore come , la ebbero , nella realtà , Tommaso da Kempis , Dante , Colombo , Bossuet , Manzoni , e , nella finzione , il cardinale Federigo , il Padre Cristoforo ; altri , invece , come don Abbondio ; altri come fra Galdino , e fra Galdino in questi ultimi tempi sembra molto in voga ; ma le voghe passano ; e l ' ultima Enciclica , Aeterni patris di Leone X sul bisogno che il clero sia molto istruito , non è certamente favorevole ai fra Galdini . Ciò che ci pare possa essere ritenuto per fermo è che l ' indole di una nazione non si modifica a piacimento di chi la vuole modificare ; e che gli Italiani , generalmente parlando , o sono cattolici , o non hanno religione alcuna . Possono essere cattolici però alla maniera del cardinale Federigo e del padre Cristoforo , ed è a questa maniera che la politica conservatrice deve desiderare che siano . Ma , ammesso tutto questo , è indubitabile che il sentimento religioso non basta da sé solo alla politica . La grandezza dei popoli citati è dovuta al sentimento religioso bensì , ma al concorso anche di altri fattori che sono appunto quelli di cui si occupa la politica , mentre , sotto l ' aspetto puramente religioso , tali fattori appariscono poco importanti . Quindi un cittadino italiano , nato fuori del culto cattolico , può essere ritenuto a ragione come un perfetto conservatore , quando lo sia in ogni altra cosa , ed abbia rispetto per quella religione della maggioranza ch ' egli non professa . Su questo punto pertanto c ' è una grande differenza fra un conservatore politico e un cattolico intransigente , ma non essenziale , solo di più o di meno . Più spiccata la differenza si rivela riguardo ai rapporti fra lo Stato e la Chiesa . La tendenza dei cattolici intransigenti è di subordinare affatto il primo alla seconda , mentre quella del conservantismo politico consisterebbe nel procurare alla Chiesa il modo di adagiarsi in mezzo alla società civile , rispettata e onorata dallo Stato , senza che per questo lo Stato rinunci alle prerogative inerenti alla propria natura e conformi al proprio fine . Ogni podestà esercitata da uomini al contatto con altre potestà , inclina sempre ad invadere la sfera d ' efficienza altrui . La lotta fra il clero e il laicato è antica quanto lo sono le società civili del globo terracqueo e non fu mai interrotta nemmeno dai principi più pii e più santi , valga per tutti l ' esempio di san Luigi di Francia ; perché , sebbene pii e santi , essi non potevano abbandonare la difesa delle prerogative che avevano il dovere di custodire intatte . Quando sarà venuto il momento di scrivere la storia imparziale dei governi caduti d ' Italia , apparirà che , anche nei peggiori tempi della patria nostra , i suoi governanti più volte seppero resistere virilmente alle pretese della potestà ecclesiastica . Peraltro c ' è differenza fra lotta e lotta . Deve essere nel proposito dei conservatori italiani di attenuare gli attriti fra i due poteri , di non creare delle difficoltà inutili , e di rendere facile al sacerdozio il modo di adempiere la sublime sua missione religiosa nella società . In quanto al rendere impossibili le contestazioni , sarebbe follìa sperarlo . La questione del sentimento religioso e quella dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa , sono posti all ' ordine del giorno della odierna società civile di tutto il mondo , e vi rimarranno a lungo ; per conseguenza sopravviverebbero in Italia anche alla pace , se mai si stipulasse , fra il Vaticano e il Quirinale . La questione invece che si presenta come esclusiva della patria nostra e vi implica una difficoltà delle più acute , è quella relativa al papato . Intorno ad essa l ' antagonismo fra lo spirito conservatore e l ' intransigente non potrebbe essere più flagrante fino a che il secondo persisterà nelle sue pretese . Per cedere di un punto occorrerebbe che il primo si uccidesse , imperocché la restituzione del potere temporale al Papa distruggerebbe l ' integrità dello Stato , che i conservatori , per essere tali , sono tenuti a difendere . Su questo argomento avremo occasione di trattenerci in seguito . Basti per ora notare su quali oggetti e in quali limiti i clericali contrastano l ' idea conservatrice ; per cui non può spettar loro la denominazione di conservatori , dal punto di vista della politica . I cattolici intransigenti pongono il terribile dilemma : " rinunciare o alla nuova Italia o alla fede cattolica " ed hanno per sé una logica spietata . A favore dei conservatori , che non intendono rinunciare né alla nuova Italia né alla fede de ' loro padri , milita l ' indole stessa degli Italiani , i quali , sebbene amino le frasi e le teoriche assolute , in pratica sono incomparabili nel trovar modo di scivolare fra le corna dei più formidabili dilemmi , bianchi , rossi e neri . Ben chiarito così il solo significato che può avere il conservantismo in Italia , e sottrattolo dalla possibilità di essere frainteso , ci sembra che se venisse , con bandiera spiegata , a prendere posto anch ' esso nell ' arena della politica militante , dovrebbe essere accolto cogli onori dovuti ad un avversario rispettabile , anche da quei suoi naturali avversari che sentono di essere del pari rispettabili . Alludiamo a quegli avversari più riputati che siedono nel Parlamento , ai membri delle principali associazioni politiche del paese , ai pubblicisti che meritano questo nome ; certamente non ai faccendieri , ai fondatori di sottogruppi e di vicegruppi parlamentari , ai politicastri da caffè ed agli zingari della stampa , i quali , riguardo alla misera , artificiale , vita pubblica italiana presente , possono dire : Deus nobis haec otia fecit . Quel che dovrebbe apparire come cosa incontrastabile è che il sistema rappresentativo non può operare senza distinzione e lotta di partiti . Ma come potranno i partiti distinguersi e combattere utili battaglie se non c ' è un partito conservatore , rispetto al quale ciascuno degli altri possibili trovi preindicato il posto relativo che gli spetta ? Quando un tale partito si presentasse , gli elementi oggi agitantisi nel mare torbido delle personalità , verrebbero attratti dalle affinità di pensiero e di intenti intorno a nuclei determinati e naturali ; e dalle istituzioni parlamentari si otterrebbero quei benefizî che esse possono fornire , e che oggi ancora non si hanno . [ Se esistano in Italia gli elementi di un partito conservatore . ] Ma esistono poi in realtà gli elementi conservatori nella nazione italiana ? Ecco il primo quesito che si affaccia a chi voglia discorrere di questa materia ; imperocché la semplice definizione del conservantismo italiano non condurrebbe molto lontano ; né basterebbe un programma , che mai si formulasse in quel senso , a creare gli elementi di un partito qualora non ci fossero . Un programma non può far di più che coordinare gli elementi che già esistono . Or bene , a noi sembra che domandare se in un grande consorzio umano , mirabilmente bene determinato dalla geografia e dalla etnografia , costituito in un solo corpo politico già da vent ' anni , e tenuto insieme da nessuna violenza , ci siano elementi conservatori , equivale al porre in dubbio che esista aria respirabile dove si incontrano quadrupedi viventi , ovvero terra vegetale dove si vedono crescere , rigogliosi o no , i cereali . Non c ' è bisogno di molto profonda sapienza civile per comprendere che basta mettere insieme una comunità qualsiasi , perché sorga , dalla convivenza di tanti individui umani , un modo di vita collettiva , anche indipendente da qualunque azione di governo ; la quale azione , se sarà provvida , perfezionerà siffatto processo naturale , ma , quand ' anche improvvida , non basterà ad arrestarlo . Le infinite necessità che alimentano tale vita collettiva e che , secondo le norme degli interessi e di innumerevoli affinità elettive , aggruppano in varie guise i cittadini e intrecciano le relazioni loro , operano costantemente nel senso di cementare e di individualizzare sempre più la comunità . Lo Stato certamente è altra cosa dal consorzio ch ' esso rappresenta ; ma , traendo dal medesimo la sua ragione d ' essere , si risente naturalmente di tutto ciò che contribuisce a rafforzarne l ' interna struttura . Ecco la prima base degli elementi conservatori . Se non ci fosse questo intimo processo che agisce nel seno degli umani consorzi anche indipendentemente dalla mano dei governi , sarebbe impossibile spiegare come mai l ' Impero romano , malgrado l ' opera insensata del maggior numero de ' suoi reggitori , e sebbene già avanzato sul pendìo della decadenza , poté rivelare tanta forza di resistenza prima di precipitare all ' estrema ruina ; come mai la Grecia e la Spagna dei giorni nostri , aumentino di coltura e di prosperità in mezzo alle crisi quotidiane dei loro governi ; come mai la Francia odierna sappia resistere così splendidamente a tante cause deleterie ; come mai l ' Italia nostra non soglia respirare più liberamente né si mostri tranquilla più di quando , per effetto delle vicissitudini parlamentari , se ne sta un buon mese senza titolari ai più importanti ministeri , e come sia riuscita , di proprio moto , a ridurre a lettera morta certe leggi che non le convenivano , p . es . , quella della guardia nazionale , o a mutare il carattere di altre , per es . , quella della tassa per la ricchezza mobile , e così via discorrendo . Se non che il processo medesimo , mentre va rafforzando i vincoli che servono a tenere unita la comunità , abbandonato a sé , deposita anche i germi dissolventi che ne preparano col tempo la decadenza e la ruina , come avviene in tutti gli organismi viventi . Uno dei compiti dei governi consiste appunto nel prevenire e nel contrastare lo sviluppo di quei germi . Noi vedremo , a suo luogo , se in Italia il governo adempia o non adempia a quest ' ufficio in modo soddisfacente . Ciò che per ora ci limitiamo a stabilire è che contradirebbe alle nozioni più elementari di fisiologia sociale il supporre che una grande comunità , quale è il Regno d ' Italia , messa insieme da oltre venti anni , non abbia prodotto in questo frattempo , o coll ' aiuto , o senza l ' aiuto , o , se così piacesse di dire , anche a dispetto , del suo governo , una copia immensa di elementi acconci a cementarla , in altre parole , di elementi utilizzabili indirettamente a beneficio della conservazione dello Stato . Per dimostrare che a questa supposizione corrisponde la realtà , fra innumerevoli fatti che potremmo passare in rassegna , ne sceglieremo tre soltanto . Non c ' è remoto casolare , in cui non abbia fatto ritorno in seno alla propria famiglia qualcuno de ' suoi abitatori , dopo aver servito sotto la bandiera nazionale in quell ' esercito che è il crogiuolo dove si elabora il più puro sentimento della grande patria italiana . È diventata adulta un ' intera nuova generazione , per la quale le antiche divisioni d ' Italia sono storia antica , perché essa non le ha neppur vedute , e non saprebbe neppur raccapezzarsi se dovesse concepire un ' Italia diversamente che unita . Si contano oramai a milioni le persone , le quali , per il possesso di qualche cedola , sono rese finanziariamente cointeressate all ' esistenza dello Stato italiano , o debitore , o fideiussore , o sorvegliatore del titolo rappresentato da quella cedola . Non bastano questi fatti ? [ Dei capisaldi della conservazione e dei germi di dissoluzione dello stato italiano . ] Veniamo ora a parlare degli elementi che si riferiscono direttamente allo Stato , e che da per tutto soglionsi considerare come i capisaldi della conservazione politica . Essi sono copiosi e robustissimi . Impareggiabile è la situazione esterna del Regno l ' Italia dal 1866 in poi , per la forza delle cose . Imperocché , riconosciuto da tutti gli Stati , ammesso di primo acchito nell ' areopago dirigente delle grandi potenze , la sua esistenza , senza diminuzione della sua estensione attuale , è riguardata come una necessità di primo ordine dell ' equilibrio europeo , e lo sarà finché il presente equilibrio non verrà alterato . Il violare questa esistenza da parte di uno dei vicini , desterebbe la gelosia e la coalizione in di lei favore di tutti gli altri . Si potrà bisticciarsi con questo o quel governo ; ma , tranne il caso che commettesse addirittura qualche atto d ' insania , lo Stato italiano è al riparo , più di qualunque altro d ' Europa , da ogni pericolo esterno . In quanto all ' interno , ha una casa regnante antica , gloriosa , e incontrastata come dinastia dell ' Italia unita , popolarissima , come lo hanno provato i funerali commoventi di Vittorio Emanuele , e le dimostrazioni entusiastiche che accolgono Umberto e Margherita dovunque si presentino ; la corona , osservatrice sino allo scrupolo de ' suoi pubblici doveri , moralmente e legalmente ; unità di territorio , di schiatta , di linguaggio , di costumi , di religione ; un esercito ottimo , disciplinato , patriottico , affezionato al Re ed alle libere istituzioni , senza traccie di distinzioni di provincie ; una magistratura integra e resistente finora a tutte le pressioni che vorrebbero infeudarla a scopi partigiani ; una camera vitalizia gelosa delle proprie prerogative , ma non invadente , e che non cessa di prestare alla patria il concorso zelante e sereno della propria esperienza ; la ricchezza abbastanza suddivisa ; eccellenti le masse , come l ' hanno dimostrato , e la facilità con cui si poterono introdurre la coscrizione militare nelle regioni dove era prima sconosciuta , e una serie di tasse non meno vessatorie che gravose ; sconosciuto il fanatismo religioso ; l ' immensa maggioranza , fedele al culto dei suoi padri , malgrado la lotta in permanenza fra lo Stato e la Chiesa , e sorda alle suggestioni delle due contrapposte intolleranze . Si è detto da certuni che il nuovo ordine di cose è stato voluto da una minoranza . Questo può esser esatto . I rivolgimenti nazionali sono sempre l ' opera di minoranze ; però sogliono riuscire solo quando hanno per sé l ' adesione , per lo meno istintiva , delle maggioranze . Tanto è vero che se fu una minoranza quella che produsse l ' ordine di cose nuovo , non solo non vi trovò un ' altra minoranza , ma proprio nessuno , per difendere l ' ordine antico . Altri sostengono che i voti dei plebisciti rappresentano una forza inerte . Ma , data e non concessa tale supposizione , è egli poca cosa il fatto che questa immensa forza , comunque essa chiamar si voglia , è oggi utilizzata a favore dell ' Italia unitaria ? Guardiamo ora il rovescio della medaglia , e diciamo pure tutta la verità , senza esitanze . I mali interni sono molti , e sollevano infiniti lamenti ; anzi si può dire che apparisce come un altro fattore di unificazione anche questa unanimità , uniformità e parificazione nel malcontento che serpeggia da un capo all ' altro delle terre italiche . Aggravî talmente eccessivi che , rispetto specialmente all ' imposta diretta , abbiamo acquistato sul globo terraqueo un primato incontestabile , e viviamo quasi soffocati fra le spire del fisco , il quale non si limita punto a spogliarci , ma accompagna la spogliazione con artistica raffinatezza di vessazioni ; dal che la quasi impossibilità dei risparmi e della formazione del capitale riparatore e riproduttivo ; una macchina amministrativa delle più complicate , cosicché sembrerebbe che gli amministrati siano stati creati per il comodo dell ' amministrazione , e non sia l ' amministrazione istituita per il comodo degli amministrati ; la sicurezza pubblica imperfetta come in nessun altro paese del mondo civile ; i maggiori comuni sull ' orlo del fallimento ; verdetti di giurati , in alcune provincie , divenuti uno scandalo ; le sètte in fiore , e intente a congiurare , in un paese dove è pur lecito promuovere qualunque idea alla luce del sole ; la partigianeria politica invadente e perturbante l ' amministrazione ; una produzione strabocchevole di frasi rettoriche , di iperboli e di ciancie sonore , e una grande scarsezza di sano lavoro intellettuale e di progresso economico ; un continuo parlar di diritti e non mai di doveri ; la libera stampa , in gran parte , molto al disotto della sua missione , e rivolta a rendere sempre più morboso lo spirito pubblico ; il materialismo irrompente e soffocante ogni ideale ; l ' abbondanza crescente degli individui spostati dall ' impiegomania , che non può essere appagabile per tutti , dalla febbre dei subiti guadagni e da un falso indirizzo di educazione ; lo spirito d ' associazione prontissimo a lasciarsi usufruire dalle consorterie di pochi ; una inesplicabile commiserazione pei delinquenti , che si rivela nella proposta dell ' abolizione della pena di morte e in altri sintomi , mentre gli onesti , spogliati , ricattati e trucidati , trovano poca commiserazione e guarentigia nessuna ; l ' assorbente influenza degli avvocati , non per le qualità personali e la coltura distintissima di molti di essi , ma solo perché esercenti l ' avvocatura ; l ' ozio con grande indulgenza tollerato . Cose tutte , le quali , propalate con molte esagerazioni nei paesi esteri , incominciano a risvegliare l ' attenzione dei nostri più vecchi e provati amici d ' oltremonte , e a renderli perplessi nei loro giudizî riguardo all ' avvenire che ci stiamo preparando , e alla nostra ragione d ' essere come nazione . Affrettiamoci ad osservare che possiamo addurre molte circostanze attenuanti in nostro favore . Nulla era preparato in Italia per sì alti destini , tranne il desiderio di conseguirli . Un grande Stato moderno non può sorgere armato di tutto punto come Minerva dalla testa di Giove . La formazione degli Stati ha le sue leggi fisiologiche . Sarebbe occorso per l ' Italia , o che , vincitrice di una lunga e difficile lotta combattuta colle sole proprie forze , avesse trovato in questo supremo conato , le condizioni del proprio assetto , come gli Stati Uniti d ' America ; ovvero che di lunga mano fosse stata predisposta , sopra ogni punto del suo territorio , l ' unificazione nella coltura , nei commerci , nelle armi , nei mezzi dì comunicazione , e accumulato un rigoglioso capitale omogeneo , intellettuale , economico e morale , come avvenne in Germania ; ovvero che un conquistatore di genio , Napoleone I , si fosse ricordato di essere italiano , e , dopo avere unificata l ' Italia , l ' avesse condotta per alcuni anni con una ferrea dittatura civile . Nessuna di queste tre condizioni essendosi , verificata per l ' Italia , la sua immensa fortuna non toglie che essa sia stata condannata ad una difficile prova , ed a chiedere che il tempo , la prudenza e la virile perseveranza , le preparino quello che , nei tre casi sopraindicati , sarebbe venuto di getto . Molti dei mali enumerati non sono nuovi ; sono mali antichi della stirpe nostra , che si riproducono sotto forma moderna , e che non potevano essere sradicati in breve tempo ; la pianta uomo ( se è lecito usare questo modo d ' esprimerci ) rimanendo presso a poco quella di prima , anche in mezzo alle trasformazioni politiche territoriali . Siamo uno Stato recentissimo , ma un popolo vecchio ; e trasciniamo con noi un retaggio di secolare decadenza , del quale non è responsabile la generazione attuale . A far apparire più spiccati quei mali concorrono poi le illusioni e i pregiudizî . Come una volta la storia veniva ridotta alle proporzioni di una biografia di personaggi illustri , all ' iniziativa dei quali si attribuiva tutta la responsabilità degli avvenimenti , mentre una critica più accurata dimostrò che spesso quelli non furono se non strumenti , e talvolta anche inconsci , dello spirito dei loro tempi , determinato da un ' infinità di fattori ; così , ai giorni nostri , sono numerosi coloro , i quali pretendono che alcune idee astratte applicate alla cosa pubblica , che l ' opera isolata di pochi uomini investiti del potere , in mezzo alla universale inerzia , bastino a procacciare quei beni che non possono essere se non il premio dell ' assidua cooperazione di tutti , diretta dalla saggia iniziativa dei pochi , cooperazione della quale i pochi non potrebbero far senza . Da ciò quello scarso sentimento , che si trova in Italia , della solidarietà esistente fra governo e governati in un paese libero ; da ciò il poco impegno di correggere i nostri difetti ereditarî per la supposizione che , anche senza darsi questa briga , a furia di mutare uomini e istituzioni , si finirà a raggiungere l ' assetto normale desiderato . Ma ormai l ' esperienza deve aver diminuito siffatte illusioni , e dimostrato che la botte non può dare se non il vino che contiene . Così pure è d ' uopo ricordare , a nostro scarico , che la enormezza , non però la vessatorietà , delle imposte , è giustificata dalla necessità di uno dei maggiori rivolgimenti politici che si siano compiuti al mondo , e che è forse l ' unico rivolgimento , il quale si è voluto onorevolissimamente condurre a termine senza il fallimento del pubblico erario . Siamo dunque obbligati a liquidare molte passività materiali di un passato recente , insieme alle passività morali di un passato remoto . Impresa veramente colossale , che richiede molto tempo e molta fatica . Se non che , ammesse anche le circostanze attenuanti , il cumulo dei mali apparisce grave assai ; e guai se questi si lasciassero troppo invecchiare , perché , essendo di natura cancrenosa , finirebbero per corrodere quei cardini di conservazione dello Stato e della società che più sopra abbiamo dimostrato così numerosi e robusti nella nuova Italia . Speriamo di non meritar la taccia di ottimismo , imperocché non abbiamo nascosto nessuna delle forze deleterie che si agitano nel seno della nuova Italia , e abbiano riconosciuto che , non contrastate vittoriosamente , sarebbero tali da trarla a certa perdizione , in un tempo più o meno lungo ; ma non ci sembra neppure di aver peccato di pessimismo , considerando che non vi è uomo spassionato , per quanto nemico , il quale , ponendo a raffronto gli elementi di conservazione cogli elementi di dissoluzione , non veda che questi ultimi non possono aver avuto tempo finora d ' intaccare seriamente i primi ; che questi ultimi , presi ad uno ad uno , sono tutti suscettibili di riparazione ; e che il primo giorno in cui si potesse constatare un principio di descrescenza dei medesimi ( il che dipende da noi di ottenere senza straordinari sforzi ) l ' animo potrebbe aprirsi , non solo alla speranza ma alla certezza che , in un avvenire prossimo , essi saranno ridotti a quelle proporzioni che hanno negli altri paesi . V . Degli elementi conservatori proprî dell ' Italia odierna . Se non che qualcuno potrebbe osservare che gli elementi di conservazione di cui abbiamo ragionato fin qui , sono di indole generale , ammessi e non rinnegati da nessuno dei partiti anche non conservatori , quando siano appena costituzionali . C ' incombe pertanto di ricercare , se ne esistano di quelli che accennano ad un conservantismo più speciale . Ci sembra che non occorra molta fatica per trovarne . Non può essere sfuggito a nessuno che , da qualche tempo in qua , vanno manifestandosi sintomi di un certo risveglio a favore della cosa pubblica presso molti , i quali , sebbene investiti del diritto elettorale politico , o per lo meno amministrativo , si erano astenuti finora dal farne uso , o per deliberato proposito , o per indifferenza . Incominciarono alcuni aderenti al partito repubblicano a chiedere a sé stessi se , in un paese in cui tanta libertà è concessa , fosse il caso di sottrarsi alla vita politica , e non convenisse di ammettere gli ordini attuali come punti di partenza per raggiungere l ' ideale loro per le vie legali . Forse l ' apparizione di un partito molto più avanzato , l ' internazionalista , che denuncia i repubblicani puri come poco meno che retrogradi , o per lo meno come gente invecchiata , che vive nel passato e non capisce più nulla dei tempi nuovi , può aver influito sulle loro risoluzioni . Il fatto sta che scossero il giogo dei loro capi . Quest ' esempio di insubordinazione contro i proprî capi ebbe il suo contraccolpo nel campo religioso . Il campo religioso era rimasto per molti anni dominato esclusivamente dai suoi rispettivi intransigenti , i quali , coltivando nell ' animo la speranza che la nuova Italia fosse destinata ad andare a soqquadro quandochessia , si erano fatti forti del consiglio pronunciato dalla più alta autorità ecclesiastica , per imprimere nell ' animo del maggior numero dei buoni cattolici , anche di quelli che son ben lontani dal rinnegare la patria , essere un dovere di coscienza non mescolarsi né punto né poco nella gestione della cosa pubblica . Ora , coll ' andar del tempo , le conseguenze di siffatta astensione sull ' andamento del paese , in cui anche i buoni cattolici vivono colle loro famiglie e coi loro beni terrestri , e , di più , sugli interessi medesimi della religione , balzando agli occhi di molti di loro , non mancarono quelli che espressero dubbî sull ' opportunità di un tal modo di condursi . Un uomo eloquente e di grande dottrina , il padre Curci , si fece organo di siffatta tendenza , e scrisse nel 1878 , un libro intitolato : " Il moderno dissidio fra la Chiesa e l ' Italia " . In esso egli sostiene la tesi che l ' astensione non è obbligatoria pei buoni cattolici ; e che questi invece dovrebbero trar partito delle vie costituzionali per arrivare ancor essi alla dominazione . Questa pubblicazione fu molto avversata dai cattolici intransigenti , e non a torto , secondo il loro punto di vista . Infatti , alla dominazione coll ' intento di distruggere lo Stato , che è la mira loro , conoscendo a fondo l ' indole tutta propria degli Italiani , i quali non sono né Brettoni , né Belgi , né Tirolesi , sentivano essi che mai alcuno arriverebbe e che , se ci arrivasse , troverebbe che l ' impresa di distruggere la nuova Italia è molto più difficile e faticosa che non sia stata quella di crearla . Ciò che invece sarebbe risultato , se si eseguissero i suggerimenti del padre Curci , è che gli astensionisti cattolici , entrando nella vita pubblica , avrebbero finito per transigere in molte cose , la politica militante non essendo che un tessuto di transazioni , e per adagiarsi nella nuova Italia , contribuendo così a consolidarla . Questi intransigenti si adoperarono perciò , affinché quel libro fosse posto all ' Indice , durante il pontificato di Pio IX , ma senza successo ; cosicché è apparso chiaro anche ai più meticolosi cattolici che si possa professare la dottrina anti – astensionista del padre Curci senza uscire dall ' orbita della ortodossia . L ' assunzione del cardinale Pecci , di quest ' uomo eminente per sapere e per virtù , alla cattedra di San Pietro , non poteva che rinforzare la sopraccennata tendenza , anche indipendentemente da qualunque atto pubblico del sommo Pontefice ; e ad alcune persone rispettabili , professanti sentimenti religiosissimi , ma che non avevano mai rinnegata la patria italiana , rimaste soltanto perplesse davanti alla sicurezza con cui parlavano gli intransigenti , bastò che sorgesse la contestazione su quel punto , perché esse si risolvessero nel senso della opinione più consentanea alle loro tendenze individuali . Per tal modo nacque il tentativo recente della formazione di un partito cattolico – nazionale , il quale non si peritò a metter fuori un apposito programma , sotto il fuoco incrociato di due opposte obbiezioni . Se siete veramente cattolici , esclamarono gli intransigenti , dovete seguire il Papa nella riserva che fa per la restituzione del dominio temporale , quindi non potete ammettere l ' integrità territoriale dello Stato . Se siete veramente nazionali , osservò a sua volta la stampa liberale , dovete dichiarare esplicitamente che accettate senza alcuna riserva l ' unità e l ' integrità territoriale dello Stato italiano , checché ne dica il sommo Pontefice . Se non che il sommo Pontefice veramente non ha stabilito in modo assoluto che il potere temporale sia per sé stesso una cosa necessaria , bensì soltanto che l ' indipendenza pienissima del capo della Chiesa cattolica è assolutamente necessaria , soggiungendo poi , ma in via subordinata , che non apparisce come vi possa essere una garanzia di siffatta indipendenza se non nel principato terrestre . Il sommo Pontefice non ha dunque detto che non sia possibile trovare un altro modo di guarentire quella indipendenza all ' infuori del principato temporale , ma soltanto che finora quest ' altro modo non fu trovato . Rimane quindi aperto il campo alla ricerca di esso . In attesa che esso si trovi , i cattolici nazionali rispondono che non vogliono essere , al pari degli intransigenti , più papisti dello stesso Papa ; e che , accettando i fatti compiuti senza approvare il modo con cui furono compiuti , intendono non rinunciare alla patria , e non trascurare i mezzi legali che stanno a loro disposizione per difendere nella patria gli stessi interessi della religione . Per loro la religione cattolica è la verità , ma è anche una verità la patria ; e poiché tra due verità non può darsi contraddizione essenziale , se una apparente sembra esistere tra quelle , ciò non può essere , a loro giudizio , che qualcosa di accidentale e di transitorio . La patria non può essere concepita altrimenti che indipendente da ogni signoria straniera . Nel 1848 e nel 1858 , fra le soluzioni possibili , ci poteva essere anche quella di un ' Italia federativa , indipendente , destinata a preparare le vie alla futura unità ; imperocché , chi è padrone di tutta la valle del Po , trovasi investito virtualmente della signoria sul resto della penisola . Ma oggi chi non vede che l ' unità , se si spezzasse , non darebbe già luogo , dopo gli avvenimenti che si sono compiuti , ad una confederazione , ma ad una violenta ristaurazione , che non potrebbe durare un giorno senza l ' occupazione straniera in permanenza ? Si condanni pure il modo con cui l ' Italia è sorta ; ma è forse la prima volta che la divina Provvidenza ha tratto il bene dalla radice del male , ed ha reso istrumenti inconsci de ' suoi disegni anche coloro che non la riconoscono ? E questo grande concetto dell ' unità politica d ' Italia , il sospiro di tutte le anime più elette della gente italiana nel corso di tanti secoli , e miracolosamente attuato sotto i nostri occhi , anziché provocar continue contumelie , non sembra esso fatto apposta per suscitare tesori di sentimenti religiosi nei cuori anche dei meno pii ? Come si vede , ai conservatori cattolici non mancano i buoni argomenti . Non è qui il luogo di inoltrarci in questa controversia . Ci basti aver constatato che le falangi di colore diverso , le quali , per progetto , non partecipavano alla cosa pubblica della nuova Italia , non presentano più la fronte compatta d ' altri tempi ; e che , fra le falangi distaccate , ce n ' è una , il cui posto , supponendo risoluta la difficoltà del riconoscere incondizionatamente l ' integrità territoriale , l ' unità e lo Statuto del Regno d ' Italia , sarebbe nelle file di quel partito che offrirà più seria garanzia di non voler offendere le convinzioni proprie di coloro che la compongono , e di essere disposto ad assecondarle entro i limiti fissati dall ' interesse dello Stato ; in altre parole , nelle file d ' un partito conservatore , quando questo ci fosse . Veniamo ora a parlare degli astensionisti per indifferenza . Le più recenti elezioni amministrative ne trassero molti alle urne . – Clericali ! tutti clericali ! – ecco il giudizio che , in presenza di questo inatteso fatto , pronunziarono molti giornali . Or bene , a noi sembra che coloro , i quali si sono espressi in questo senso , vivano in una sfera affatto convenzionale , in una sfera d ' astrazioni , come è , generalmente parlando , il mondo politico in Italia , e non abbiano mai rivolta la mente a studiare il paese un po ' davvicino . L ' elemento inatteso che si è presentato alle urne elettorali amministrative , esiste in tutti i paesi , ed è composto di gente quieta , che va in chiesa , ma non divide minimamente le tendenze dei cattolici intransigenti , e tiepidamente assai quelle dei cattolici nazionali . Assorbita dalle sue occupazioni giornaliere , che fanno di essa il nerbo economico della nazione , ma che le lasciano poco tempo di seguire le vicende della politica , essa giudica sommariamente un governo alla stregua dei beneficî che da questo riceve ; desiderosa di essere bene governata ed amministrata e niente affatto di governare e di amministrare , si mostra indispettita quando si vede incessantemente disturbata nelle sue abitudini e sempre più vessata e smunta dagli agenti del fisco . L ' Italia unita e la libertà sono ottime cose per essa ; ma le vorrebbe feconde di un po ' più di sicurezza , di benessere e di ordine materiale e morale . Questo elemento non aderisce a nessun partito politico determinato . In parte simpatizzò coll ' assunzione della Sinistra al potere , solo perché questa portava scritta sulla bandiera la parola riparazione , standosene però in gran parte a casa , per innata diffidenza . Ma alla fine , vedendo che l ' appagamento dei suoi modesti desiderî , anziché avvicinarsi , sembra allontanarsi sempre più , ha incominciato a scuotersi ed a comprendere che era venuto il tempo di farsi sentire . Si è decisa a far uso dei suoi diritti nelle elezioni provinciali , e specialmente nelle comunali , perché gli affari della provincia e del comune sono quelli che stanno più alla portata delle sue cognizioni ; e ad appoggiare col voto quelli fra i candidati proposti i quali , nelle loro famiglie , nella gestione dei loro interessi privati , danno miglior saggio di sé , confidando che faranno altrettanto anche nella amministrazione della provincia e del comune . Questo elemento , finora latente , darà esso segni di vita anche nelle elezioni politiche ? Non oseremmo decidere questa questione . Ci basti solo constatare il fatto della apparizione di un numeroso contingente di persone non aliene dall ' uscire dalla loro riserva , e inclinate a pigliare una direzione che accenna evidentemente alla stabilità , alla sicurezza del domani , al governo vigoroso , insomma al conservantismo . Si aggiunge alle due indicate , una terza categoria di persone . Il partito moderato , se , preso collettivamente , non è stato un partito conservatore , comprende molti uomini , ai quali spetta , nell ' ordine delle idee , tale denominazione . Questi ammisero , e i rappresentanti di questa tendenza nel Parlamento accettarono , la responsabilità dei mezzi rivoluzionarî , indispensabili , a loro avviso , per mettere in salvo un interesse eminente di sociale conservazione , quale è la patria . Ma tutti i mezzi di tale natura che non furono e non sono assolutamente indispensabili a quello scopo , ripugnò e ripugna loro , e li rifiutarono e li rifiutano , né lo tacquero . Rimasero fedeli alla Destra , ma solo perché , sopraffatti dalle tendenze radicali sempre più estese ed accentuate nel paese , era naturale che aderissero a quella parte che rappresenta l ' ordine materiale , e che , confrontata colla Sinistra , meno si discosta dalle loro aspirazioni . Ma se potessero distaccarsi da molti di coloro , coi quali oggi votano concordi nelle urne elettorali , senza produrre o aumentare il trionfo del radicalismo , lo farebbero assai volentieri . Se non lo fanno , egli è solo per questo timore . Non si confonda siffatta tendenza con quella che è rappresentata dall ' estrema Destra , distinzione questa ultima puramente parlamentare , indicante i più fervorosi campioni delle tradizioni speciali della Destra collettiva . A questi conservatori moderati , rappresentati da una parte della Destra , se ne aggiungano altri , le di cui tendenze conservatrici , ma sotto certi rispetti soltanto , si sentono meglio interpretate sui banchi del Centro , e persino su quelli della Sinistra . Come si vede , gli elementi conservatori speciali , non mancano in Italia . In quanto all ' essere potenti , è un ' altra questione . A primo aspetto , sembrerebbero forze poderose , attratte da una comune tendenza ad associarsi . Ma questo non avviene . Certamente che , se i cattolici nazionali potessero trascinar seco tutte le numerose falangi dei cattolici , e i quietisti , che ultimamente sono accorsi alle urne , quelle altrettanto numerose degli astensionisti per inerzia , e i conservatori moderati il resto dei moderati , si avrebbe una forza soverchiante . Ma ciò per ora è fuori dell ' orizzonte . Ciascuna delle tre categorie sopradescritte viene paralizzata dai contrasti che trova rispettivamente presso coloro , coi quali ha militato insieme fino ad oggi , non che dalle diffidenze che nutre verso le altre categorie . I cattolici nazionali sono condannati ad intraprendere una faticosa propaganda . I loro avversarî , gli intransigenti , per annullarne i tentativi , si limitano a dire alla massa dei cattolici più scrupolosi : si chieda al sommo Pontefice se dobbiamo intervenire alle urne elettorali politiche ; quando egli dirà di sì , naturalmente ci sottometteremo alla sua sentenza . Ora , che il sommo Pontefice si comprometta con una solenne dichiarazione in quel senso , è poco presumibile . Il massimo che i conservatori – nazionali possono sperare da lui , è che egli li lasci fare , non li disdica apertamente . Ma se egli si limita a lasciar fare , gl ' intransigenti , riferendosi a vecchie dichiarazioni esplicite , conserveranno il sopravvento presso la massa dei cattolici scrupolosi . Perciò la propaganda dei cattolici – nazionali non è cosa facile . D ' altra parte questi , siccome , anche accettando i risultati del rivolgimento italiano , non approvano il modo con che quei risultati furono ottenuti , non possono essere molto inclinati ad associarsi agli autori di quel rivolgimento . Uomini poi di sincere convinzioni come sono , debbono provare qualche ripugnanza ad allearsi coi quietisti , vedendoli preoccupati non di alcun ideale , ma soltanto dei loro interessi materiali . I quietisti non sono di natura da far propaganda alcuna . Quelli di loro che sono usciti dal solito riserbo per accorrere alle elezioni amministrative lo hanno fatto , ciascuno per conto proprio , sotto l ' impulso del disagio del momento . Alleviato che sia il disagio , tenderanno a ritornare alla innata indifferenza . E con chi poi si dovrebbero associare ? Coi cattolici nazionali ? Ma non vedono il nesso fra le credenze di questi e le aspirazioni proprie . Coi conservatori moderati ? Ma non furono i moderati che , essendo al potere , li sopraccaricarono di tasse e di vessazioni d ' ogni specie ? Finalmente i conservatori moderati hanno sempre vissuto in un mondo che ci si richiede un certo coraggio civile per chi voglia discostarsi dalla carreggiata in cui si rimase finora . L ' abitudine , venuta in tanta voga nel nostro paese , di parlare e di scrivere di politica prima ancora di pensare ; il difetto , comune presso i popoli immaginosi , di considerare la politica come una pura divagazione del cervello , per cui viene ritenuto tanto più liberale e patriota e progressista , non già chi ha operato di più per la libertà , per la patria e per il progresso , ma chi , nulla avendo operato , supplisce a questa mancanza coll ' aver sempre in bocca quelle parole ; tutto ciò ha contribuito a dare allo spirito pubblico una tale intonazione , che quei moderati , i quali facessero un passo verso i cattolici nazionali , sarebbero condannati a sentirsi affibbiare gli epiteti di codini , clericali camuffati e peggio , cosa poco gradevole per certo . D ' altronde essi , che sono conservatori nel fondo del cuore , ma che nell ' opera della indipendenza nazionale si gloriano di essersi giovati dei mezzi rivoluzionarî , hanno contratta l ' abitudine di guardare con disprezzo alla categoria dei quietisti il di cui patriottismo è stato così tiepido , e di nutrire molta diffidenza verso i cattolici nazionali che si astennero nei momenti decisivi dal partecipare ai pericoli e alle responsabilità dell ' impresa , e devono fare uno sforzo per persuadersi che , terminata la lotta nazionale , le ripugnanze e le diffidenze , riferibili al passato , non hanno più ragione d ' essere . Aggiungasi che nuove amicizie li distaccherebbero probabilmente da amici antichi e provati , uomini d ' ordine anch ' essi , ma a cui sarebbe impossibile rinunciare alle tradizioni pretofobe , divenute , per loro , una seconda natura . Ecco dunque come la natura dei molti elementi conservatori speciali che esistono in Italia , non permette , né che una sola delle categorie , in cui si raggruppano , basti a costituire un forte partito , né che le tre categorie si associno per formarlo , senza adattarsi a molte reciproche e non facili transazioni . Sta però sempre che questi elementi sono copiosi nel paese nostro , e suscettibili d ' aumentare ; che l ' associazione loro , fatta senza rinunzia all ' individualità propria di ciascuno , li renderebbe potenti ; che gli impedimenti a che una simile associazione si effettui , non dipendono se non da cause destinate a svanire sotto la pressione di un interesse imperioso più alto , appena questo si manifesti . E qui facciamo punto . Parte seconda . Della ragione d ' essere dei partiti politici durante il primo ventennio del Regno d ' Italia . [ Se il modo di formazione dello stato italiano escluda la possibilità di un ordinamento normale di partiti politici . ] Lo Stato italiano , non ha ancora una base storica , al pari degli altri grandi Stati d ' Europa . Perciò due scuole opposte prendono occasione da questa circostanza per giungere alla medesima conclusione , e sostenere cioè che , anche supponendo l ' esistenza in esso di tutti gli elementi necessarî per un ordinamento normale di partiti politici , il modo medesimo della sua formazione esclude affatto la possibilità di un siffatto ordinamento . " È un ' opera effimera delle sètte e della rivoluzione " dicono i nemici della nuova Italia " che trascina seco il proprio peccato originario , e la condanna a non aver mai pace né tregua , a perire per mano delle sètte e della rivoluzione " . E i radicali esclamano alla loro volta : " Sì , è un ' opera tutta nostra , e ce ne vantiamo ; e appunto per questo deve mantenersi in una condizione rivoluzionaria permanente , sotto pena altrimenti di decadere e perire " . Siffatti ragionamenti si fondano sul significato infinitamente vario che si suole attribuire al vocabolo rivoluzione . Il vero è che se la fondazione del Regno d ' Italia è l ' effetto di una rivoluzione , questa non è tale che fornisca ragionevolmente materia di scandalo a coloro che parlano con venerazione dell ' origine degli altri Stati più vecchi del nostro , né che conferisca ai radicali il diritto di attribuirsene il merito principale . La storia c ' insegna che ogni qualvolta si presentò un complesso di condizioni omogenee e acconcie a riunire in un tutto politico le popolazioni di un dato territorio , queste popolazioni furono costituite ad unità di Stato , tostoché sorsero gli uomini , o l ' uomo , che , in circostanze storiche favorevoli , assunsero di fondare siffatta unità . Tutti i grandi Stati d ' Europa ripetono la loro origine , o dalla conquista , o dalla egemonia non interrotta di una parte di una nazione sul resto di essa , secondate da circostanze storiche favorevoli , in momento opportuno , e promosse dall ' iniziativa di uomini non comuni , che seppero , poterono e vollero . Ora , le conquiste e il lavoro egemonico furono quasi sempre accompagnati da stragi , delitti , violenze , nequizie di ogni specie . Ecco le origini degli Stati che i nemici dell ' Italia nuova hanno in tanta venerazione , solo perché su quei fatti orribili sono passati parecchi secoli . E circa a questo punto è degno di esser notato che , solo quelle fra le creazioni anzi dette resistettero all ' azione del tempo , nelle quali la conquista , o l ' egemonia , si applicò ad assimilare popolazioni omogenee che avrebbero finito per fondersi da sé , cosicché si può dire che la violenza non fece che anticipare quella naturale fusione . La differenza fra la fondazione dell ' unità politica d ' Italia e quella degli altri Stati non è che di tempo ; il procedimento fu lo stesso , tranne che all ' assimilazione violenta degli elementi politici omogenei , la nuova Italia sostituì l ' assimilazione pacifica per la via dei plebisciti . Fra le cose possibili c ' era che l ' unità politica della stirpe italiana , predisposta dalla natura , più d ' ogni altra stirpe d ' Europa , a formare un tutto politico , venisse fondata , colla legge del più forte , dai Goti , dai Longobardi , dai Re elettivi succeduti ai Carolingi , da Gian Galeazzo Visconti , da Napoleone I . Ma all ' Italia dei secoli scorsi non si offrirono mai favorevoli le circostanze politiche , in momento opportuno . Quando ci furono , le fece sempre difetto , o l ' uomo che sapesse e volesse compiere l ' impresa quando avrebbe potuto , o l ' uomo che potesse e volesse quando sapeva , o l ' uomo che volesse quando sapeva e avrebbe potuto . Se l ' Italia è finalmente riuscita anch ' essa a costituirsi politicamente , non è per opera delle sètte , o come frutto effimero delle idee rivoluzionarie , bensì perché soltanto ai giorni nostri hanno potuto operare in suo favore quegli stessi fattori che non mancarono , nei secoli scorsi , ad altri paesi ; e appena si mostrarono , emerse l ' autonomia politica italiana , quasi per incanto , dagli abissi del passato , e riguadagnò in un baleno il tempo perduto , siccome frutto maturo della civiltà e della storia contemporanea . Se pertanto la distinzione che i nemici del rivolgimento italiano stabiliscono fra lo Stato nostro e gli altri grandi Stati europei , si riferisce al modo di creazione , questo modo risulta evidentemente favorevole a noi . Le atrocità che presiedettero agli esordî dello Stato in Francia , in Ispagna , in Inghilterra , in Russia , non hanno impedito a questi paesi di vivere e di prosperare . Perché mai i peccati di procedura , relativamente piccoli e incruenti , del risorgimento italiano , dovrebbero condannare il solo Regno d ' Italia a non aver mai né pace né tregua , ed a perire per mano delle sètte , le quali , attribuendo a sé il merito della sua creazione , se lo attribuiscono così a torto ? Sul quale proposito , dei fattori della creazione del Regno d ' Italia , sarà bene che ci fermiamo , perché lo esige l ' indole del presente lavoro . Quei fattori sono tre , cioè : il sentimento nazionale degli Italiani – le condizioni politiche interne ed esterne favorevoli – il genio iniziatore di un vero uomo di Stato . Sono intervenuti anche altri fattori ; ma gli essenziali sono quei tre soltanto ; e li chiamiamo essenziali perché , se fosse mancato un solo di essi , i risultati ottenuti non sarebbero neppure immaginabili , mentre quegli altri fattori potevano anche non esserci , senza che ciò compromettesse la riuscita . Esaminiamoli da vicino , uno ad uno . Il sentimento nazionale è cosa affatto moderna , come fattore politico . Il bisogno di indipendenza dalla dominazione straniera e di autonomia politica è divenuto connaturale ad ogni consorzio civile , nel quale l ' unità di lingua , di costumi , di coltura , di territorio ( fonte di interessi economici consimili ) abbia infuso la consapevolezza di formare una individualità etnografica ; e questo sentimento si è oggi identificato , allargandosi ma senza perdere d ' intensità , coll ' amor di patria , indelebile nel cuore umano e vecchio come il mondo e sempre considerato come sublime e santo , sebbene applicato diversamente secondo lo spirito diverso dei tempi . Sfidiamo chicchessia a negare che l ' amor di patria sia uno dei sentimenti più nobili dell ' uomo ed a sconoscere che nel secolo nostro , l ' idea di patria , piaccia o non piaccia , si sia fusa coll ' idea di nazione . È questo anzi uno dei fenomeni morali più culminanti dell ' odierna civiltà ; è il protagonista , per così dire , del grande dramma storico che si è svolto nel nostro secolo . Ora quando tutto il mondo civile è trascinato da una corrente di tale natura , se c ' è un qualche paese che non ne sia ancora invaso , basta una causa eccezionale qualunque per aprirvi un varco , e , aperto il varco , la corrente vi irrompe e trabocca e tende a frangere i ritegni artificiali . È il caso dell ' Italia nostra . L ' idea di un ' unità politica della stirpe italica , preconizzata e invocata dai più grandi poeti e pensatori nelle epoche del maggior accasciamento della nazione , alimentata per vie latenti da una indistruttibile omogeneità di condizioni territoriali , di lingua , di letteratura , di costumi , ma rimasta assopita nei secoli scorsi , era penetrata anche fra noi durante la prima metà del secolo nostro nelle classi colte , per riverbero di ciò che avveniva in vicini paesi , e aveva dato luogo a parziali tentativi di rivolta contro ai governi imposti dal trattato del 1815 . Ma non era ancora compresa dalle masse . La causa occasionale che le aprì l ' accesso nel cuore di tutti , furono i primi atti del pontificato di Pio IX . Fra il 1846 e il 1859 , divenne evidente che l ' idea di una patria italiana , o federale , o unitaria , o repubblicana , o monarchica , era gigante e matura , sostenuta , lo ripetiamo , dal sacro sentimento di patria , il quale si era trasformato in sentimento nazionale , per opera , non già delle sètte , ma delle leggi morali che presiedono allo svolgimento della civiltà moderna . Che il sentimento nazionale , una volta penetrato nelle masse , abbia prodotto quelle gesta eroiche , che sono le cinque giornate di Milano , la guerra che per quattro mesi sostenne vittoriosamente l ' esercito del piccolo Piemonte contro l ' immenso Impero austriaco , la difesa di Brescia , gli assedî di Roma e di Venezia e la spedizione dei mille , non abbiamo bisogno di rammentarlo . Esso ha la sua storia a parte , concomitante quella degli altri due fattori . Però è certo che non sarebbe bastato da solo , a costituire lo Stato italiano . E infatti gli ostacoli all ' attuazione del grande concetto , per una nazione assoggettata in molta parte alla dominazione d ' una delle più grandi potenze militari d ' Europa , erano materialmente così formidabili , che tanta preparazione degli animi poteva rimanere affatto sterile , come fu il caso della Polonia , dove il sentimento nazionale non è meno generale e ardente e di più assecondato anche da una base storica ; ma non è riuscito a trionfare , malgrado tanto valore prodigato sui campi di battaglia . Era d ' uopo che si verificasse anche il secondo dei fattori indispensabili al successo , vale a dire le circostanze politiche favorevoli concorrenti a quella meta ; e queste furono , come è noto , la patriotica pertinacia del Piemonte e della sua illustre dinastia , in primo luogo ; l ' aiuto armato della Francia , per ispirazione di Napoleone III , in secondo luogo . Anche questo secondo fattore pertanto , che si presenta sotto la forma di eserciti regolari comandati dai rispettivi sovrani combattenti per iscopi di alta politica , non è tale da poter essere guardato con ispregio dagli ammiratori dei vecchi Stati . Senonché tante fortunate circostanze non sarebbero ancora state sufficienti ad assicurare il trionfo della causa nazionale , se un uomo di genio , Cavour , non avesse saputo utilizzarle con una chiaroveggenza prodigiosa accoppiata ad un ' audacia senza pari . E per verità è molto incerto se l ' ajuto francese sarebbe stato possibile nel 1859 , qualora il grande uomo di Stato italiano , non avesse preso l ' iniziativa di un intervento piemontese nella guerra di Crimea , con che egli apriva a sé la porta del Congresso di Parigi del 1856 . Quel che si può sostenere con maggior sicurezza è che , senza Cavour , l ' impresa italiana del 1859 , arrestata inaspettatamente dai preliminari di pace di Villafranca , avrebbe finito per naufragare . Il terzo fattore fu dunque Cavour . Ma chi era Cavour ? Forse un demagogo , un settario ? Un uomo politico di genio non può mai essere né un demagogo né un settario . Cavour era il ministro costituzionale di un ' antica monarchia , cresciuto al culto della lealtà verso la casa regnante , educato alla scuola politica inglese più ortodossa , vagheggiante l ' indipendenza e l ' unità politica d ' Italia , ma , fino a quel giorno , anche sotto forma federativa . Ci permettiamo pertanto di chiedere a qualunque nemico di buona fede se , a lume di buon senso , i fattori della formazione dello Stato italiano siano tali , per sé stessi , da condannar questo a non far altro che della politica rivoluzionaria , e da togliergli per sempre la possibilità di vivere nelle condizioni normali degli altri Stati liberi ? [ Come una razionale divisione dei partiti fosse impossibile durante la lotta per la vita della nazionalità italiana . ] Qui ci par di sentire qualcuno che ci rivolge la domanda : Se esistono in Italia tutti gli elementi politici necessarî ad un ordinamento normale di partiti , perché questo ordinamento non ha avuto luogo fin da principio ? A questa domanda la risposta è facile . La storia dello Stato italiano si divide in due periodi : quello che si estende dai preliminari di pace a Villafranca sino alla liberazione del Veneto , e quello che è posteriore a siffatto avvenimento . Ci è mestieri considerare ciascuno di questi . Incominciando a parlare del primo periodo , risponderemo che durante il medesimo , una ragionevole divisione di partiti era affatto impossibile . Il periodo a cui accenniamo , si distacca per ogni rispetto dal periodo precedente e dal susseguente , e forma un tutto a sé , che non ha nessun riscontro con nessun periodo della storia d ' altri paesi , e vuol essere giudicato con criterî suoi propri . Che se si trascura siffatta precauzione , tanto gli amici come i nemici dell ' odierna Italia sono condannati a cadere in una confusione irremediabile , ogni qualvolta si mettono a discorrere dell ' attuale situazione politica nostra . Tale periodo si può chiamare , con perfetta proprietà di linguaggio , il periodo della lotta per la vita della nazionalità italiana . Esso cominciò a metà del 1859 , all ' annunzio delle stipulazioni di Villafranca , ed ebbe termine alla fine del 1866 , colla cessione del Veneto e delle fortezze del quadrilatero per parte dell ' Austria , e colla partenza da Roma dell ' esercito francese . Gli anzidetti due limiti di tempo non sono determinati arbitrariamente . E invero , l ' inaspettato e imprevedibile armistizio di Villafranca interruppe e rese impossibile lo svolgimento del piano politico preesistente , che era in corso di esecuzione , e incamminò il movimento nazionale italiano per vie affatto nuove , difficili ed arrischiatissime ; né il successo di esso movimento si potè considerare assicurato se non il giorno nel quale , in virtù di formali trattati , le due grandi potenze vicine ebbero sgombrato le terre italiche , e lasciata la nazione italiana libera affatto di disporre di sé stessa . Il periodo della lotta per la vita si svolge pertanto fra queste due date eternamente memorabili ; ed è duopo averle sempre presenti , imperocché molti hanno l ' abitudine di assegnare alla lotta per la vita un periodo molto più lungo , ma a torto . Alcuni la fanno incominciare molto prima , cioè dai primi tentativi intesi al conseguimento della indipendenza nazionale , senza tener conto che i tentativi non riusciti non avevano distrutto lo statu quo in Italia , e che lo statu quo avrebbe servito di punto di partenza per nuovi tentativi , mentre invece i preliminari di pace di Villafranca impedivano il proseguimento del piano in corso e in pari tempo tagliavano la via ad un ritorno allo statu quo , come verremo fra breve a spiegare . Altri invece vogliono comprendere nella lotta per l ' esistenza anche la questione delle finanze e quella del possesso di Roma , cose entrambe di cui ci guarderemmo bene dal contestare la grande importanza , ma che , a lume di buon senso , non si lasciano confondere colla questione dell ' essere o del non essere , creata per la nazionalità italiana della permanenza di un nemico potentissimo nel centro della valle del Po , e di un protettore altrettanto potente accampato nel mezzo della penisola . Riandiamo un momento questo periodo della lotta per l ' esistenza . Napoleone III era disceso in Italia con un programma federalista accettato da Cavour , ma subordinato alla liberazione completa della penisola dall ' Alpi all ' Adriatico . La distruzione della potenza austriaca nella penisola ; la formazione di tre Stati indipendenti , oltre ad un piccolo territorio pontificio , riuniti in una confederazione italiana ; a capo del più importante di essi Stati , il quale avrebbe abbracciato tutta la valle del Po e le sue adiacenze , Casa Savoia ; a capo degli altri , dinastie nuove . Ecco in che consistevano i concerti di Plombières , concerti conformi alle idee di una gran parte dei patrioti italiani d ' allora , compreso lo stesso Cavour . Agli occhi di essi , la riunione di tutta L ' Italia in uno Stato solo doveva essere una conseguenza immancabile , ma esclusa , nell ' ordine della probabilità , dall ' orizzonte della presente generazione . L ' Italia avrebbe avuto presso a poco l ' assetto dell ' odierna Germania . Il Regno dell ' Alta Italia sarebbe stato la Prussia , Napoli la Baviera , la Toscana il Würtemberg , dello Stato federale italiano . Villafranca distrusse in germe siffatto programma . I preliminari , formulati poscia a Zurigo in forma di trattato , avrebbero recato all ' Italia una situazione molto peggiore dello statu quo ante bellum , se fossero stati applicati , non solo nella lettera , ma anche nello spirito . E invero , secondo il tenore di quelle stipulazioni , l ' Austria , perduta la Lombardia , doveva rimanere , militarmente forte come prima , nelle fortezze del quadrilatero ; e , conservando alle provincie venete , che le erano rimaste , la denominazione di Regno Lombardo – Veneto , e custodendo a Vienna gelosamente la Corona di ferro , essa mostrava chiaramente quali fossero le sue intenzioni . Tutti i principi spodestati suoi satelliti , dovevano far ritorno e non essere molestati sui loro troni , col solo obbligo di diventare membri di una confederazione italica , della quale anche l ' Austria avrebbe fatto parte . Il Regno Sardo veniva ingrandito della Lombardia , è vero , ma di una Lombardia senza difese , e posta sotto il tiro di cannone dell ' Austria armata e minacciosa . Prima della guerra almeno , il Piemonte , senza vincoli cogli altri Stati della penisola , aveva potuto seguire liberamente una politica sua propria . Per effetto delle stipulazioni di Villafranca invece , esso sarebbe stato condannato a subire , nel seno della confederazione , la legge della maggioranza , di una maggioranza formata dall ' Austria e dai suoi satelliti . Siffatta eventualità disastrosa , Cavour non poteva sopportarla senza tradire il proprio Re , il proprio paese nativo , la causa d ' Italia . Era questione di vita e di morte . La vita consisteva nel contrapporre all ' Austria , rimasta padrona del Veneto e delle fortezze del quadrilatero , tutto il resto d ' Italia riunita in una Stato solo , dalle Alpi al Lilibeo ; la morte , nell ' accettare il progetto di Villafranca ; non c ' era via di mezzo possibile . Rispettare dunque la lettera delle stipulazioni di Villafranca tradotte nel trattato di Zurigo , ma renderne impossibile l ' esecuzione ; per raggiungere siffatto intento , ottenere dall ' Imperatore Napoleone III una dichiarazione escludente l ' intervento austriaco nei territorî già appartenenti ai principi spodestati , dichiarazione per nulla contraria alla lettera del trattato di Zurigo , secondo il quale la ristaurazione di quei principi non doveva aver luogo per mezzo di forze straniere ; dato quindi , lo sfratto ad ogni idea federativa coltivata anteriormente , promuovere in tutti i modi possibili la creazione di un solo Stato , sulla ruina di tutte le antiche divisioni . L ' esecuzione di tutto questo piano richiedeva un vero prodigio di acume , specialmente quando si trattò di annettere il reame delle due Sicilie , mantenendo salda la direzione del movimento nelle mani del regio governo sedente a Torino , e subordinando il movimento all ' egemonia piemontese , messa così alla rischiosa prova di abbracciare in una sola volta sì numerose popolazioni . L ' Europa , posta nel dilemma di dover scegliere fra un ' Italia unita , ma monarchica e ordinata , e un ' Italia in preda ad una rivoluzione le di cui conseguenze erano imprevedibili , non avrebbe potuto esitare . Ecco l ' evoluzione nel programma nazionale , rapidamente ideata , alla notizia dei preliminari di Villafranca , dal genio di Cavour . E poiché il genio in politica non è altro che il buon senso elevato alla sua maggior potenza , così non deve recar meraviglia , se quel concetto trovò un eco così pronto in un popolo dotato di un meraviglioso intuito politico . Per l ' attuazione di un simile concetto si presentava un insieme dì circostanze esterne ed interne favorevoli quali non sogliono ripetersi , per un popolo , due volte in un medesimo millennio : l ' adesione della Francia alla proposta di . impedite ogni intervento straniero nella penisola ; l ' entusiasmo , per la prima volta concorde , della grande maggioranza degli Italiani . Bisognava afferrare al varco la fortuna che un insigne uomo di Stato aveva saputo scoprire e trattenere , quando pareva già sparita agli occhi di tutti , e gettarsi con lei per la via ch ' essa ci apriva . Così incominciò per la nazione italiana la vera lotta per l ' esistenza politica , lotta che la morte del suo iniziatore non valse ad interrompere , e che durò sette anni ; durante la quale ogni cosa era subordinata in siffatta guisa alla questione immanente e incalzante dell ' essere e del non essere , che le discussioni circa agli ordinamenti interni del grande Stato , improvvisato per mezzo delle annessioni , non potevano richiamare l ' attenzione dei governanti e dei governati , se non per quel tanto che si riferisse alle esigenze della necessità suprema dell ' esistenza . Durante questa lotta , in cui non c ' era che una meta sola , e una via sola per raggiungerla , mancava il posto per una seria divisione di partiti . Tutti coloro che volevano l ' indipendenza nazionale , fossero anche stati per il passato fautori di una confederazione di principi , dovevano favorire l ' idea dell ' unità di Stato , avendo i patti di Villafranca reso impossibile ogni idea federativa ; fossero anche stati , per il passato , repubblicani , dovevano accettare la dinastia sabauda , perché questa soltanto forniva alla nazione quegli elementi di forza e di credito che erano indispensabili per condurre a termine l ' impresa . Fu dunque sotto l ' incubo di siffatta necessità , ognora presente ed assorbente , la quale peraltro , protraendosi per sette anni , non escludeva l ' altra necessità di provvedere alle mille esigenze quotidiane della vita di un grande Stato , che si adottò il parlamentarismo ad uso francese , solo perché aveva funzionato nel Piemonte nel decennio precedente , e perché sembrava dovesse rendere sempre più difficile un ritorno all ' assolutismo del passato , senza badare se quella forma di sistema rappresentativo , applicata in quel modo , corrispondeva al genio della nazione riunita . Fu sotto la medesima pressione che si abborracciò all ' infretta una amministrazione calcata sulle orme della francese e della belga , intesa allo scopo di far sparire le vestigie delle divisioni precedenti , senza verificare se armonizzava con abitudini immutabili e colle migliori tradizioni del pensiero italiano . Fu per l ' impulso delle medesime cause , che furono amalgamati nel medesimo lavoro , uomini di tendenze diversissime , i quali , in tempi normali , si sarebbero naturalmente avversati ; e si videro conservatori convinti compiere , senza esitanza , atti eminentemente rivoluzionarî , e uomini di tempra invincibilmente rivoluzionaria , o di coltura puramente teorica , assumere funzioni amministrative e d ' indole pratica , che a quelle qualità male si addicevano . La linea di condotta del governo italiano , dalla metà del 1859 alla fine del 1866 , era fatalmente tracciata . Non poteva essere che quella di un governo provvisorio , di una dittatura temporanea esercitata dalle classi , le quali delle esigenze della situazione straordinaria erano in grado di formarsi l ' idea più chiara , e assecondata dall ' istinto delle masse . Il còmpito suo di legislazione , di amministrazione , di finanza , in presenza delle fortezze del quadrilatero occupate dall ' Austria minacciosa , è paragonabile al còmpito del generale Todleben , che costruiva le fortificazioni di terra di Sebastopoli sotto il tiro dei cannoni degli alleati . L ' indole della politica di quel periodo consiste in ciò che patrioti di tendenze diverse , ma in maggioranza conservatori pei loro precedenti , adoperarono , per raggiungere un fine conservatore per eccellenza , come era la creazione della patria , mezzi eminentemente radicali . Questo contrasto fra i mezzi e il fine , in nessun atto si rivela più spiccato che nella Convenzione del 15 settembre 1864 . La transazione colla Francia , secondo la quale era provveduto allo sgombro di un territorio italiano da un esercito straniero , e venivano rese meno acute le difficoltà internazionali rispetto al papato , fu un provvedimento d ' indole conservatrice ; ma esso veniva accompagnato dall ' obbligo assunto verso quella potenza di trasportare la capitale fuori della culla del nuovo Regno , provvedimento quest ' ultimo d ' indole radicale . Ammesse alcune riserve circa a pochi fatti , e trascurati molti particolari , sui quali ci sarebbe da censurare ( se non ci fosse da censurare , con tanta inesperienza amministrativa , e tante illusioni che regnavano , si sarebbe compìto un miracolo ) , si può asserire che governo e Parlamento , classi dirigenti , popolo , durante il periodo suddetto , si sono resi benemeriti , imperocché riuscirono ad attuare le speranze vagheggiate indarno per tanti secoli , di riunire in un tutto autonomo e indipendente , le sparse membra della stirpe italiana . Per raggiungere siffatta meta le grandi linee della politica furono quelle che dovevano essere ; ed anche riguardo ai particolari difettosi , la nuova Italia non seppe far nulla di meglio , quando più tardi ne ebbe tutto l ' agio . Anche prescindendo dalla politica estera , la quale per opera di Cavour , colle annessioni , e per opera di Lamarmora , coll ' alleanza prussiana , fu addirittura splendida , una parte di ciò che si riferisce alla legislazione , alla amministrazione , alle finanze , alla milizia , ai lavori pubblici , all ' istruzione , sebbene improvvisata , resistette alla prova dell ' esperienza . Tutto questo può essere corretto , accresciuto e reso più compiuto , ma si presta a servire di fondamento a quanto si dovrebbe fare . Per le ragioni predette , sarebbe tempo ormai che tanto i nemici quanto i fautori dell ' Italia nuova cessassero di mettere in un fascio il periodo sopra descritto coll ' antecedente e sopratutto poi col susseguente ; i primi per condannare , in sé medesimi , i modi di formazione del Regno italiano , quasiché ce ne fossero stati degli altri disponibili per chi non era disposto a rinnegare la nazionalità italiana ; i secondi per invocare quei precedenti , dettati dalla necessità , affine di giustificare ogni atto compiutosi posteriormente , anche quando si sarebbe potuto fare altrimenti . Stipulata la pace coll ' Austria , il Regno d ' Italia , la cui esistenza era ancora sospesa ad un filo il giorno prima , venne a trovarsi collocato tutto ad un tratto in una situazione esterna così solida , che la maggiore non si saprebbe immaginare . Non solamente non avversato da nessuno , non solamente amico di tutti , non era forse anche divenuto parte integrante e solidale di un nuovo equilibrio scaturito dalla guerra italo prussiana – austriaca , per cui l ' interesse di tutti concorreva a preservarlo da ogni minaccia ? L ' esercito francese non era forse partito da Roma ? Se questi risultati l ' Italia li avesse dovuti esclusivamente alle proprie forze e non ad aiuto straniero , se gli ultimi fatti d ' armi per terra e per mare non fossero stati sfortunati , si sarebbe potuto dire che nulla mancava alla sua felicità . Ad ogni modo , i risultati c ' erano . Doveva sembrar naturale dunque che al consolidamento esterno non si sarebbe tardato un momento a far corrispondere il consolidamento interno , e a procurare al paese quell ' assetto normale a cui negli anni precedenti era stato impossibile pensare . [ Come , compiuta quella lotta , l ' intento di raggiungere il pareggio finanziario abbia sconsigliato le classi dirigenti dal mutare indirizzo di governo . ] E per verità , pretender che non solo una parte , ma tutto quello che era stato creato d ' improvviso , in materia d ' istituzioni civili , di legislazione , di amministrazione sotto l ' influenza di circostanze eccezionalissime , dovesse essere scrupolosamente mantenuto anche quando tali circostanze più non esistevano ; supporre che popolazioni così diverse fra loro , nei precedenti , nella coltura , nelle tendenze , nelle relazioni sociali , negli interessi morali ed economici , solo pel fatto che , nel momento del comune pericolo , avevano cooperato , tenute insieme da un sentimento patriottico , dovessero senza ripugnanza rinunziare per sempre a quelle ingenite diversità ; credere che le masse , le quali si erano assoggettate ad ogni specie di disagi , e di perturbazioni di interessi e di abitudini , senza mormorare , sino a tanto che l ' istinto presentava loro tali sacrificî come necessari , non dovessero risentirsi , tostoché il medesimo istinto le ebbe fatte accorte , che quella necessità più non esisteva o aveva preso un diverso aspetto , era contrario ad ogni ragionevole presunzione . Compita l ' impresa e resa sicura contro i pericoli esterni , tutti coloro che avevano ad essa partecipato , popolo , classi dirigenti , uomini parlamentari , dovevano trovarsi indotti a far ritorno alle proprie inclinazioni rispettive , modificate , finché si vuole , nelle applicazioni , per le mutate condizioni generali della patria , ma indelebili nell ' essenza . Naturam expellas furca , tamen usque recurret . Mettersi a capo di siffatte naturali tendenze , per dar loro un indirizzo più conforme alla nuova situazione del paese , avrebbe potuto essere il nuovo còmpito dei partiti . Durante la lotta per la vita , si erano formati nel Parlamento due partiti , denominati l ' uno di Destra , l ' altro di Sinistra . La loro ragion d ' essere rispettiva si rassomigliava assai . Se si guardava ai precedenti degli uomini che li componevano , si trovavano dei precedenti molto rivoluzionarî anche in non pochi che militavano nel campo della Destra , e che non permettevano si distinguessero , per questo titolo , dai loro colleghi di Sinistra ; se si guardava allo scopo a cui si tendeva , non era esso il medesimo ? e i mezzi per raggiungerlo adottati dal partito di Destra governante , potevano essere forse più radicali ? L ' unica distinzione fra i due partiti , non consisteva se non in questo , che la Destra intendeva che la direzione del movimento nazionale stesse nelle mani del governo , e la Sinistra che il governo si lasciasse un po ' più rimorchiare dalla corrente popolare , una distinzione impossibile a stabilirsi nettamente , nell ' ordine delle idee . Dopo il 1866 invece , un punto di partenza più razionale e più pratico per una divisione di partiti , era divenuta possibile , la Destra dovendo essere supposta inclinata a promuovere una revisione dell ' interno ordinamento , in senso più conservatore ; la Sinistra , in senso opposto . Se non che , terminata la lotta per la vita , le abitudini contratte in sette anni consecutivi di un medesimo indirizzo , ebbero forza abbastanza per far sì che e governo e classi dirigenti , non mostrassero accorgersi del mutamento essenziale avvenuto nella situazione del paese . Nulla è cambiato in Italia , non ci sono che i Veneti di più , sembrava che si dicesse . E sì che le elezioni del 1865 avevano lasciato trapelare quali umori , per solo ritardo frapposto dalle circostanze al trionfo della lotta per l ' indipendenza , fermentassero nel paese . Perché poterono le abitudini esercitar tanto potere ? Non si vedeva forse che le condizioni interne dell ' Italia , a causa vinta , lasciavano molto a desiderare ? Lo si vedeva , e tutti ne parlavano ; ma ripugnava ai più il ricercare le vere cause di ciò . Quali dunque erano queste ? Il legittimo compiacimento per tante generazioni contrastato , di veder raccolte tutte le popolazioni italiane in una casa sola e il timore di ricadere nelle antiche divisioni , avevano indotto i legislatori e le classi politiche , animate da ardente patriottismo , ma pochissimo esperte nelle cose d ' amministrazione , a spingere l ' accentramento governativo a proporzioni assurde , esagerando l ' esempio della vicina Francia , dove quell ' accentramento è il prodotto di una lunga preparazione storica . Il governo centrale incaricato di pensare a tutto e provvedere a tutto , fino alla nomina del bidello di un ginnasio o dell ' usciere di sotto – prefettura ; la sorte di ogni cittadino e le decisioni intorno alle cose sue , esclusivamente devolute agli uffici ministeriali della capitale , sotto alla controlleria , s ' intende bene , del Parlamento ; ecco il pensiero animatore dell ' assetto amministrativo del nuovo Stato . Or bene , siccome a questi ufficî presiedono i ministri , e la sorte dei ministri dipende dai deputati , l ' accentramento amministrativo ebbe per conseguenza l ' accentramento nei deputati di ogni specie di influenze . Non esiste cosa che più dell ' accentramento amministrativo francese , esagerato , sia incompatibile col parlamentarismo inglese ; accoppiati , l ' accentramento amministrativo snatura lo spirito parlamentare , nel mentre che il parlamentarismo guasta l ' amministrazione . Il parlamentarismo , perché funzioni a dovere , suppone il discentramento , o istituzionale o territoriale , secondo il quale , o tutti i grandi interessi abbiano vita autonoma , o , per lo meno , la giustizia amministrativa sia messa a comoda portata dei cittadini . L ' amministrazione accentrata , alla sua volta , perché adempia il proprio uffizio , richiede una divisione assoluta di competenze , una rigorosa controlleria , nessuna ingerenza estranea che s ' intrometta ; così perfino nei governi assoluti si riesce a porgere ai cittadini una certa quale garanzia di giustizia assoluta e di giustizia distributiva . Ma in Italia , la mancanza di discentramento , tanto istituzionale quanto territoriale , riduce tutti i beneficî della libertà al solo poter dire , per torto o per traverso , il proprio pensiero , o a voce o in iscritto , e alla soddisfazione di nominare i deputati onnipotenti . Quindi non basta lo Statuto , perché i cittadini italiani possano pretendere di essere pari nell ' esercizio della libertà a quelli di altri paesi , che hanno il modo di ingerirsi , sotto molte forme diverse , negli interessi amministrativi del grande consorzio . Tutto essendo nelle mani del potere centrale , i cittadini italiani , per non rimanere danneggiati , ricorrono al rispettivo deputato , perché voglia premere sopra il ministro e indur questo a premere a sua volta sugli uffici amministrativi da lui dipendenti , affinché soddisfacciano al desiderio loro , più o meno legittimo . Il deputato può non aderire , è vero , all ' importuna sollecitazione , e spesso non aderisce ; così pure il ministro può rifiutare il proprio appoggio ai deputato che si fa organo della sollecitazione , e spesso lo rifiuta . Sta bene . Ma in questo caso il deputato può esser certo di non aver il suffragio di quel cittadino , nelle future elezioni , il ministro di non potere contare sul voto di quel deputato , nel Parlamento . Per conseguenza , siccome la vita non può alimentarsi esclusivamente con discorsi politici , ne consegue che la mancanza di un ordinamento amministrativo posto al riparo di qualunque indebita ingerenza , rende peggiore la condizione dei cittadini italiani , per tutto ciò che si riferisce agli interessi giornalieri dipendenti dal governo , di quella dei cittadini di uno Stato assoluto , ma paterno e buon massaio ; dal che l ' adagio , che si stava meglio quando si stava peggio . Ciò essendo , come mai si sarebbe potuto togliere dalla mente di un buon borghese che , in quel tempio remoto e misterioso , quale è un ministero della capitale , dove si dispensa il bene e il male , dove non si accede se non per l ' intermezzo di pochi iniziati e dei sacerdoti autorizzati , che sono i deputati , non si compiano riti assai brutti e sufficienti a spiegare dove vadano a finire malamente tanti danari , che vengono tolti dalle tasche dei contribuenti ? Quando infieriva la peste di Milano chi avrebbe potuto impedire che non si credesse agli untori , una volta messa in giro questa superstizione ? La pubblica amministrazione in Italia si è mantenuta effettivamente , sia detto a sua lode , una delle meno corrotte che si conoscano in Europa e in America . Ma alcuni fatti di corruzione si verificarono , come era da aspettarsi , in mezzo a tanto affastellamento di uomini nuovi e di affari nuovi . Se non che il pubblico , eccitato ai sospetti , e non posto in condizione di veder chiaro in quell ' affastellamento , come avrebbe potuto astenersi dal credere che i fatti di corruzione , isolati , non fossero invece lo specchio , in ristretto , di tutto quanto accadeva negli uffici dello Stato ? Or bene , la novità delle istituzioni e la gioia della conquistata indipendenza nei primi anni , i pericoli incessanti che stavano sospesi sull ' esistenza della patria negli anni seguenti , avevan fatto si che sulle prime non si sentisse molto acutamente il male del sistema vigente . L ' ideale della patria da una parte , l ' inesperienza relativamente alla influenza che si poteva esercitare per mezzo del deputato , avevano servito di correttivo . Ma , soddisfatta l ' aspirazione nazionale colla stipulazione della pace coll ' Austria , vedendo ritardarsi il conseguimento di quei beni materiali che gli iniziatori della rivoluzione nazionale avevano fatto balenare agli occhi delle popolazioni , e soltanto , invece , aumentarsi le imposte , si riprese l ' abitudine ereditata dall ' epoca della signoria straniera e dell ' assolutismo , di considerare il governo , non già come il mandatario della volontà collettiva della nazione , ma come un nemico ; tanto più che non era mai stata perduta l ' altra abitudine di raffigurarselo come un ente , dal solo beneplacito del quale dipende che tutto proceda bene o male nel paese . Perdutosi di vista ogni ideale , incominciò a degenerare sempre più il concetto della deputazione politica , ridotta ad essere considerata come un ufficio di sollecitatore degli interessi locali e di quelli dei singoli elettori , facessero o non facessero a pugni tali interessi col bene della nazione ; e nelle elezioni incominciò ad essere praticato il sistema della selezione , ma in senso inverso di quello che , secondo il Darwin , si effettua nella natura . In non pochi collegi elettorali , stante il numero relativamente scarso degli investiti del diritto di eleggere , e il numero relativamente forte di quelli che , per progetto od indifferenza , si astengono dall ' esercitarlo , si era riusciti ad infeudare una maggioranza sicura a questa o a quella setta , tanto che il collegio non poteva più funzionare a beneficio della nazione , se non col beneplacito della setta . Ai partiti parlamentari , i quali , se non erano mai stati una realtà durante la lotta per l ' esistenza , avevano almeno esistito in aspirazione , si erano andate sostituendo le clientele , tradizione dell ' antichissima Italia , costituite per l ' unico scopo , o di farsi del governo uno strumento cieco degli interessi e delle piccole ambizioni dalle clientele patrocinate , o di abbatterlo , qualora resistesse . Che poi le sessioni parlamentari si prolungassero sterilmente all ' infinito , disgustando i migliori dal parteciparvi , è una conseguenza inevitabile di tutto questo . L ' educazione delle classi politiche in Italia non poteva essere eccellente , perché non aveva avuta occasione di formarsi . Né il reggimento degli antichi governi , né le peripezie e le emozioni da cui si era appena usciti , erano circostanze favorevoli a promuoverla ; però le discussioni parlamentari avrebbero potuto contribuire ad affrettarla , quelle discussioni cioè alle quali partecipavano , rivestiti di maggiore o di minor influenza , gli uomini più eminenti di tutti i partiti . E tanto più che , riguardo a molti argomenti d ' indole positiva , furono forniti in seno del Parlamento tali schiarimenti da illuminare completamente il paese , da distruggere un ' infinità di pregiudizî , da mettere il pubblico al fatto della vera situazione delle cose . Ma che cosa si sapeva nel pubblico delle discussioni del Parlamento , se non dai resoconti che si stampano , molti giorni dopo , nella Gazzetta Ufficiale , e che perciò nessuno legge , ovvero dai monchi estratti dei giornali , i quali , quasi sempre per ignoranza delle materie trattate , talvolta anche per ispirito di parte , sogliono svisare affatto il senso delle cose dette ? Non si è mai veduto qualche cosa di simile in nessun paese d ' Europa . Un gran numero di elettori , forse la maggioranza , per una lunga serie d ' anni , ha letto , nei propri giornali , dei resoconti parlamentari , i quali hanno a fare con ciò che è stato detto realmente , come colle discussioni del Parlamento delle isole Sandwich ! ! Questo fu il costante ed esclusivo nutrimento della loro intelligenza . È un fatto di grande importanza , e che ha avuto grandi conseguenze nelle elezioni , ma a cui non si è posto attenzione in quella serra calda , nella quale i rappresentanti della nazione si tengono segregati dalla nazione * . Se non che le discussioni serie , e condotte dagli oratori più autorevoli , andarono diventando sempre meno frequenti , e ciò tolse anche quel poco d ' influenza buona che il Parlamento poteva esercitare sull ' opinione pubblica per mezzo di quei poveri resoconti , e ne produsse invece , indirettamente , una perniciosa , che non possiamo passare sotto silenzio . Liberata la patria , sembrava dover esser giunto il momento , in cui tutte le persone , anche di mediocre coltura , si dovessero occupare da senno di quelle molte questioni , in apparenza modeste ma di vitale importanza per l ' andamento normale della cosa pubblica , di quelle questioni , le quali sogliono pur assorbire la massima parte della attività intellettuale di altri popoli . Le idee elaborate nel seno del paese da un ' opinione pubblica seria , vengono poi discusse nel Parlamento , e sogliono stabilire una tale solidarietà fra le classi politiche rappresentate e i loro mandatarî , e promuovono un tale soffio di vita sana e feconda in tutto l ' organismo dello Stato , che questo vien posto al riparo da ogni pericolo di corrompersi . Ma come era ciò possibile in mezzo a tanta anarchia prodotta dal mostruoso connubio dell ' accentramento amministrativo coll ' accentramento parlamentare ? Invece lo spettacolo delle sterili ma appassionate diatribe personali , dell ' armeggio partigiano , delle frequenti crisi ministeriali , che presentava la Camera elettiva , essendo soggetti molto acconci a destare la curiosità , distraeva le menti della maggioranza delle classi politiche , e le distoglieva dal riflettere ai veri interessi del paese . Inoltre molta parte della stampa , vedendo che aumentava la sua diffusione quanto più pasceva il pubblico di quello spettacolo , contribuiva ad aumentare la distrazione . Sparite le trepidazioni della lotta per l ' esistenza nazionale , durante la quale le classi politiche , avendo davanti a sé una meta nobilissima ed elevatissima , erano state mirabili per tatto e per serietà , l ' incessante fantasmagoria che si rappresentava sulla scena parlamentare , fece perder di vista questa verità , che cioè l ' esistenza nazionale non bastava , che essa aveva urgente bisogno di essere rassodata , e che non era con quella fantasmagoria che ciò si sarebbe ottenuto . Egli è per questo che venne in grandissimo fiore , e si costituì sovrana , la cosidetta politica da caffè , la quale non si alimenta che di crisi ministeriali , di pettegolezzi parlamentari , di connubii , di alleanze esterne , di convegni di potentati , e si lamenta se i giornali non le somministrano ogni giorno un po ' di siffatta merce . Insomma , sotto l ' azione di queste cause , si era finito per cadere nel seguente circolo vizioso : instabilità di governo , ridotto ormai a non essere altro che una continua fantasmagoria di uomini che vanno e vengono , non già pei meriti e demeriti loro , ma quali strumenti di un proteiforme giuoco d ' influenze di persone , di gruppi di persone e di coalizioni che nascono e muoiono all ' infuori di qualunque pubblico interesse , e senza che il paese sappia il perché ; infelice gestione dei pubblici affari per cagione della instabilità di governo ; disagio generale prodotto da quella infelice gestione ; malcontento prodotto dal disagio ; cattive elezioni parlamentari ispirate dal malcontento ; instabilità di governo , in conseguenza di cattive elezioni ; quindi , da capo . Il regionalismo , escluso dalle cose amministrative dove sarebbe stato a suo posto ( e Dio ne guardi a parlarne ! ) , entrato trionfalmente e insediato , come se nulla fosse , nell ' aula legislativa della nazione . Tutte queste cose si vedevano e si lamentavano . Per poco che si fosse approfondita la questione , non sarebbe stato nemmeno difficile scoprire la radice del male . Avrebbe dovuto apparir evidente che il giorno , in cui si fosse provveduto a discentrare l ' amministrazione , in parte istituzionalmente , in parte territorialmente , per il solo fatto che un certo numero d ' affari , i quali oggi si affastellano negli uffici della capitale , verrebbero disimpegnati a miglior portata degli amministrati , ed altri sottratti all ' ingerenza del Parlamento , e affidati alle provincie od a consorzi di provincie , molti degli accennati inconvenienti cesserebbero da sé ; e il giorno in cui si fosse modificata la base elettorale politica , verrebbe ridotta in pezzi una gran parte di quella rete di clientele e di combriccole che sono riuscite a sostituirsi al sincero verdetto del paese ; il quale paese , nella sua maggioranza , non cessava d ' invocare quiete , sicurezza del domani , e buon governo , e quindi non poteva presumersi fedelmente rappresentato da ' suoi più turbolenti mandatarî . E la ristaurazione stessa delle finanze , non sarebbe forse divenuta meno ardua , se si fossero tolte tante cause perturbatrici , da noi dimostrate inseparabili dal mantenimento integrale dell ' assetto interno che era stato improvvisato nei primordi dell ' esistenza dello Stato ? Come mai avvenne dunque che le classi dirigentiuscite fuor del pelago alla riva non si risolvettero ad inaugurare un nuovo indirizzo interno ? I motivi sono tre . L ' Italia aveva acquistato l ' indipendenza , ma non era stata fortunata in guerra , e ne era conseguito , anche per questo , un grande accasciamento . Or bene , il malcontento che infieriva , soleva essere attribuito interamente a quell ' accasciamento , e si sperava che , passato un po ' di tempo , senza alcuna mutazione nell ' assetto delle cose interne , ogni cosa avrebbe potuto camminare in via normale . Per i patrioti insigni che presiedettero al rivolgimento nazionale , il trionfo dell ' idea italiana era un tal bene impareggiabile , che presto , sembrava loro , avrebbe stornate le menti da ogni inconveniente accessorio . L ' ordinamento vigente aveva fatto buona prova durante i più terribili cimenti ; perché non avrebbe continuato a farla ? Quegli uomini benemeriti , proclivi al dottrinarismo e incanutiti nel costante pensiero della patria italiana , si meravigliavano che si potesse attribuire molta importanza a qualche imposta di più o a qualche inconveniente amministrativo . Essi giudicavano tutti gli altri da sé stessi , e dimenticavano che il più degli uomini , quando ha ottenuto un bene , lo dimentica facilmente e va in traccia di un altro . Non si accorgevano che cresceva una nuova generazione , la quale non aveva conosciuta l ' Italia schiava e non aveva potuto stabilire , per esperienza propria , il confronto fra ciò che si era prima con ciò che si era divenuti . Per la generazione che tramontava , l ' indipendenza e l ' unità d ' Italia erano la meta ; per la nuova , quest ' ultima non era che un punto di partenza per raggiungere altre mete . In secondo luogo , ogni sistema anche difettoso crea degli interessi impegnati a conservarlo . Un tentativo nel senso d ' introdurre mutamento nel medesimo , avrebbe sollevato infinite difficoltà , le quali avrebbero sempre più complicata la situazione . Si aggiunga che una modificazione d ' indirizzo interno , avrebbe avuto per conseguenza inevitabile di sciogliere , stante la difficoltà di mettersi d ' accordo circa ad alcuni punti essenziali , quel sodalizio composto di uomini diversi d ' indole , ma tenuti insieme dalla lunga abitudine , dalla stima reciproca e dalle reminiscenze della lotta recente combattuta nelle medesime file . Finalmente , la preziosa indipendenza si era ottenuta bensì , ma a patto di introdurre il corso forzoso ; e le nostre finanze si presentavano con un grosso disavanzo . Era una questione d ' onore per l ' Italia cansare l ' onta del fallimento , adempire gli impegni che aveva contratti allo scopo di costituirsi , affrettarsi ad aumentare i cespiti delle pubbliche entrate . Or bene , non appariva forse un ' idea inconsulta quella di complicare i provvedimenti intesi a colpire sempre più i contribuenti , sia con quelli richiesti per riordinare l ' amministrazione , sia , con una riforma elettorale ? Per questi motivi le classi dirigenti non posero nemmeno in discussione l ' idea di introdurre profonde riforme ; e i capi della Destra si rivolsero con raddoppiato vigore , e con successo , all ' impresa di pareggiare il bilancio , non lasciandosi distrarre o sgomentare , né dalla immensa impopolarità a cui andavano incontro , né dalle volgari e atroci accuse di cui si vedevano così ingiustamente fatti bersaglio . Sarebbe oggi inutile indagare se i capi della Destra bene si apponessero con siffatti ragionamenti ; se non era cosa troppo ardita pretendere che un paese si lasci indurre , per anni , a limitare tutte le sue aspirazioni al solo pagare più di prima per lo scopo di saldare i conti della rivoluzione ; e se invece la prospettiva di qualche interna riforma non sarebbe stata acconcia a rendere più sopportabile il peso delle imposte . Di questo argomento l ' autore del presente lavoro ebbe occasione di occuparsi nel suo libro pubblicato nel 1868 , sotto il titolo : Le condizioni della cosa pubblica in Italia dopo il 1866 . Il fatto è che quegli uomini egregi non si lasciarono smuovere dalle vie nelle quali s ' erano inoltrati . Intanto , in mezzo alla confusione d ' idee dominante e crescente nel seno di un pubblico ancora così poco educato alla vita politica , e sistematicamente sviato dal retto apprezzamento delle realità della situazione interna , in mezzo a tante bieche insinuazioni che trovavano facile accoglienza e che rinfocolavano il malcontento , lo scoraggiamento e il disgusto , l ' opposizione aveva buon gioco , imperocché non tralasciava di far intravedere che se fosse salita essa al governo , tutto si sarebbe mutato in meglio , come per incanto . Aumento di spese per moltiplicare le forze produttive d ' Italia , e , in pari tempo , diminuzione d ' imposte ; riforme dell ' amministrazione , e appagamento di tutti i desiderî del popolo italiano . Tutta la differenza pertanto fra il partito di Destra e quello di Sinistra , durante questo nuovo periodo , consistette in questo , che il primo stava al governo , che ne sentiva tutta la responsabilità e credeva non poter reggere lo Stato diversamente di così , se si voleva raggiungere il pareggio finanziario ; mentre il secondo , supponendosi dispensato da ogni responsabilità e da ogni obbligo di concretare le proprie idee , sosteneva in genere che si sarebbe potuto governare molto meglio . L ' opposizione sarebbe anche salita al potere molto prima del 1876 , se la campagna del pareggio non fosse stata interrotta dall ' episodio della presa di Roma . Lo scrivente tralascerà di parlare della politica seguìta dal governo nel 1870 rispetto a Roma , perché potrebbe essere accagionato di parzialità , avendola , a suo tempo , pubblicamente disapprovata . Per debito di giustizia peraltro , lo scrivente non tralascierà di ricordare che , allorché si trattò di trasferire la capitale da Firenze a Roma , avendo egli osservato , in una seduta della Camera vitalizia , non sembrargli che la breccia di Porta Pia fosse precisamente uno dei mezzi morali per aver Roma , di quei mezzi morali i quali , secondo Cavour e la sua scuola , erano i soli raccomandabili coll ' aiuto del tempo , un illustre amico e contradditore , in quella occasione , gli diede una risposta che ci piace trascrivere . Conveniva sospendere , diss ' egli , ogni giudizio meno favorevole , imperocché Roma è la città delle cose più maravigliose che si siano prodotte nel seno del genere umano , la grandezza latina , il diritto romano , e più tardi lo splendore del governo della Chiesa cattolica ; ed ora la nazione italiana , trasportando la sua capitale nella città dei prodigi , è impossibile non s ' inspiri alla memoria di tanta gloria passata , e non sappia trovare in sé stessa la soluzione dei problemi che le rimangono tuttora da risolvere . Veramente di prodigi non ne abbiamo visti . Ma bisogna ammettere che una vittoria politica importantissima , a beneficio della nazione , fu riportata in Roma . Se a Torino furono gettate le basi dell ' unità nazionale , se a Firenze si stipulò l ' alleanza italo – prussiana , la quale mutò la faccia dell ' Italia e dell ' Europa , a Roma raggiungemmo il pareggio . Marco Minghetti in principio del 1876 fu in grado di annunciare al paese che finalmente eravamo entrati nel porto dell ' equilibrio finanziario . Quell ' annuncio fu l ' estremo anelito della Destra . Essa era riuscita a toccare anche questa meta , ma v ' era giunta lacera , dissanguata e in fin di vita . I Centri parlamentari dissero allora a sé stessi : ora che si ha il pareggio , perché non potrebbe arrivare al potere la Sinistra ? A non prendere ombra di questa eventualità , il paese s ' era già abituato da parecchi anni , a poco a poco . La Destra moriva dignitosamente , di morte naturale , nel mese di marzo 1876 , lasciando il posto ai suoi avversarî . Fondare lo Stato e liquidare le spese di quella fondazione , era stata la sua ragione d ' essere . Se fosse rimasta al potere , il suo còmpito sarebbe stato di perfezionare , correggere e rassodare l ' opera fondata . Avrebbe essa avuto forza sufficiente a questo , così scarsa di numero , divenuta così impopolare , e appoggiata sui soli elementi da cui era costituita , senza allargare le proprie basi ? Ne dubitiamo assai . Se i suoi avversarî fossero meglio di lei in grado di assumere quel còmpito , il fatto lo avrebbe dimostrato . Era necessario ormai , nell ' interesse delle istituzioni , che la Sinistra venisse assunta al governo e fosse presa in parola . L ' educazione politica di un paese non si fa mai abbastanza bene né coi ragionamenti dei pubblicisti , né cogli esempî di altri paesi , ma , come avviene per gli individui giovani riguardo al vivere sociale , solo coll ' esperienza propria . [ Come l ' assunzione della sinistra al potere sia stata una conseguenza logica della situazione preparata dalla destra , e quali effetti abbia prodotto rispetto al paese . ] Tutto era predisposto pertanto per il trionfo della Sinistra parlamentare , e nel marzo 1876 questa prese in mano le redini dello Stato . Giammai crisi ministeriale ebbe così piena giustificazione come questa . Il deputato Depretis fa chiamato al governo ; e la maggioranza del paese , specialmente nelle provincie del mezzogiorno , salutò l ' avvenimento con grandissimo tripudio , e lo avvalorò eleggendo , nell ' autunno seguente , una camera composta per quattro quinti di avversarî della antica Destra . La dimostrazione non poteva essere né più esplicita né più solenne . Il discorso – programma pronunciato dal nuovo presidente dei ministri in un banchetto tenutosi a Stradella , era di una mirabile elasticità , acconcio a lusingare tutti i desiderî di coloro , che vagheggiavano un indirizzo diverso da quello seguìto fino allora , senza nulla determinare . In pari tempo i precedenti dell ' onor . Depretis , lo additavano , e meritamente , come un uomo che aveva già fatto esperienza delle cose di governo , e che perciò si sarebbe tenuto alieno da ogni utopia , La pretesa dei vincitori alla qualifica di liberali e di progressisti per antonomasia , trovò poco eco nel paese e fu accettata come un modo di dire , tutt ' al più ; imperocché tra le accuse , sotto il peso delle quali aveva dovuto la Destra cedere il posto , la maggiore non era punto quella di essere antiliberale o antiprogressista . Invece la qualifica che andò al cuore delle moltitudini , e su cui esse insistettero nel parlare di quell ' avvenimento , si riassumeva nella parola riparazione . Sì , certamente . La Sinistra era chiamata a riparare alla enormezza e alla vessatorietà delle imposte , allo sperpero del pubblico danaro in ispese improduttive , ai debiti insensati contratti dai comuni , all ' accentramento della pubblica amministrazione , alla mancanza di pubblica sicurezza , alla scarsezza delle opere pubbliche in confronto dei paesi più progrediti d ' Europa , all ' arenamento dei commerci , dell ' industria , e dell ' agricoltura , alla decadenza del prestigio italiano all ' estero , allo spreco di decorazioni riservate non al merito , ma ai fautori del governo , alla crescente immoralità che si rivelava nei casi verificatisi di malversatori del pubblico danaro , di cassieri che scappavano , di uomini che si facevano scala della deputazione per accaparrare lucrosi posti ovvero più numerose clientele di affari , allo spirito esclusivo dello stato maggiore della Destra , designato col nome di consorteria . Siccome alla generalità s i era fatto credere che di tutti questi malanni si doveva attribuire la colpa , non già in parte alla necessità di dover pagaie le spese di una profonda rivoluzione come fu quella d ' Italia , in parte alle illusioni dei primi anni intorno alla ricchezza del paese , in parte alla inesperienza , in parte alle tristi eredità dell ' epoca ancora recentissima della decadenza italiana , in parte alla naturale perversità della natura umana lasciata senza freni morali sufficienti , in parte alla conseguenza del parlamentarismo , applicato come era , del quale multiforme e gravissimo inconveniente però nessuno aveva mai creduto bene di far motto ; ma che tutto invece era da addebitarsi alla volontà e alla perversità degli uomini che fino allora erano seduti al governo , e di quelli che li avevano sostenuti , così era stata creata artificialmente la generale convinzione che , mutati quegli uomini e sostituiti al governo i loro accusatori , la riparazione si sarebbe effettuata da sé . Fra pochi mesi l ' Italia avrebbe navigato in piena riforma della amministrazione , dei tributi , dell ' elettorato ; dal che la felicità generale . Ogni nostro lettore imparziale è in grado di giudicare da solo se ai mali sopra enumerati e specificati , si sia posto rimedio ! Il nostro non è uno scritto di polemica . A questa illusione non poteva partecipare certamente , né l ' onorevole Depretis , né gli altri capi della Sinistra , troppo esperti delle misere realtà di questo basso mondo . Era facile accorgersi che l ' inaudito successo elettorale del 1876 non era ispirato da un sentimento di deferenza personale per loro , bensì dal malcontento generale prodotto da cause diversissime . Bastava una rassegna attenta dei nomi dei nuovi deputati per trovare , nelle file ministeriali , accanto a repubblicani , uomini di tendenze , specialmente nei nuovi eletti del mezzogiorno , assai più conservatrici che non i capi dell ' antica Destra . Era evidente che i nuovi governanti avevano accettato una cambiale terribile , per una somma enorme , affatto sproporzionata alle loro forze ; e che di questa cambiale doveva pur venire il giorno della scadenza . Per impedire che la cambiale cadesse in protesto , non c ' era che un mezzo : trovare un diversivo alla pubblica aspettazione sterminata , appagandola in parte . A noi sembra singolare , che l ' onor . Depretis , invece che ricorrere ai piccoli espedienti , soddisfare ai rancori o alle pretese dei suoi partigiani più esigenti , frugare di qua e di là per scoprire e se fosse possibile escogitare , alla spicciolata , nuove leggi che lo mostrassero più liberale de ' suoi predecessori , non abbia approfittato dell ' occasione unica che si è presentata a un uomo di Stato italiano , da Cavour in poi , dell ' occasione di poter disporre di una maggioranza così colossale , per ottenere dal Parlamento , o meglio ancora per introdurre , salva l ' approvazione del Parlamento , alcuni provvedimenti intesi a semplificare e a rendere meglio rispondente ai bisogni locali dei cittadini , la pubblica amministrazione , in quanto dipende dai ministeri dell ' interno , della giustizia , delle finanze , della istruzione pubblica , dei lavori pubblici e dell ' agricoltura e commercio . Che tali provvedimenti possano tornar utili , nessuno ne ha mai dubitato ; ma non c ' è mai stato ministero che si trovasse in grado di farli sanzionare dal Parlamento ; perché , disponendo sempre di una debole maggioranza , e dovendo naturalmente quei provvedimenti ferire gl ' interessi di un certo numero di collegi elettorali , i rappresentanti di questi , coalizzandosi coll ' opposizione politica sempre pronta alle offese , avrebbero rovesciato il ministero che avesse osato farsene iniziatore . L ' onor . Depretis fu il primo che si trovò nella fortunata posizione di poter dar mano con successo a questa operazione importante . Essa gli avrebbe probabilmente fatto perdere , lungo la strada , non pochi seguaci ; ma una maggioranza l ' avrebbe sempre conservata , cosicché sarebbe riuscito a poter dire con orgoglio al paese : " Ecco un atto riparatore , che nessuno dei miei predecessori sarebbe stato in grado neppur di proporre , e ch ' io ho saputo compiere . C ' è ancora un lungo tratto da percorrere . Ma intanto nessuno potrebbe negare che un passo è fatto . Lasciatemi tempo e faremo anche il resto . " Egli invece , per timore di perdere qualcuno de ' suoi seguaci , finì , in pochi mesi , col perderli quasi tutti , e coll ' abbandonare il potere senza aver potuto far nulla di diverso dai suoi predecessori , sciupando così un ' opportunità che forse non si ripresenterà più a nessuno . Gli succedette l ' onor . Cairoli , patriota insuperabile , e popolarissimo in tutta l ' Italia . Ma neppure a lui riuscì di riparare alcuna cosa sul serio , per quanto lo abbia desiderato ardentemente e per quanto il favore della popolarità , malgrado l ' insuccesso , non gli sia mai venuto meno . Personalmente anzi egli crebbe nel pubblico favore , dopo quanto fece per la salvezza del Re . Ma appunto la popolarità inesauribile dell ' onor . Cairoli avrebbe fornito anche a lui un ' ottima occasione di soddisfare il paese , molto sitibondo di saggio , vigoroso e liberale governo , e per nulla affatto sitibondo di rigorosa coerenza nei governanti , purché facciano bene . Egli solo , dopo aver verificato coll ' esperienza propria , che un nuovo indirizzo di governo è cosa più facile a dirsi che a farsi , avrebbe potuto elevarsi al disopra dei partiti e delle clientele militanti , formare un ministero composto degli uomini più capaci che il paese è in grado di fornire pei diversi rami della cosa pubblica , affinché lo coadiuvassero nel determinare l ' indirizzo di governo più conforme all ' interesse presente della patria ; poscia appellarsi alle urne elettorali con questo semplice programma : di voler , cioè , governare saggiamente , vigorosamente e liberalmente , col concorso degli uomini , che a lui sembrassero più addatti all ' uopo . Ma i legami di partito , probabilmente , lo avranno impedito , di riconoscere tutta la forza vera che stava in lui solo ; ed egli pertanto non entrò in questa via . Preferì cadere sulla teoria del reprimere anziché prevenire , pochi giorni dopo aver egli stesso prevenuto , e non essersi accontentato di reprimere , il colpo che la mano assassina vibrava contro il Re . È vero che ritornò al potere alcuni mesi dopo , ma diminuito di prestigio , non come patriota certamente , bensì come uomo di governo . L ' unica riforma seria inaugurata dalla Sinistra al potere fu l ' abolizione della tassa del macinato . Or bene , questo provvedimento meriterebbe invero il nome di riforma liberale , se l ' anzidetto cespite di pubblica entrata fosse stato introdotto dai ministeri precedenti senza aver prima aggravato la mano sulle classi più agiate fino all ' estremo limite del possibile . Invece è stato proposto come una triste necessità , destinata a sopperire al disavanzo , dopo esauriti tutti gli altri mezzi . Si tratta dunque di verificare se il disavanzo ci sarebbe o non ci sarebbe coll ' abolizione di questa tassa . È questione di contabilità . Quando mai è avvenuto che ad una questione di pura contabilità si sia attribuito un carattere di riforma finanziaria ? Malgrado le anzidette osservazioni , lo scrivente è d ' avviso che l ' assunzione della Sinistra al potere è stata utilissima al paese per tre ragioni . Primieramente , ne nacque che i suoi capi ebbero occasione di fare atto di lealtà monarchica al momento del lutto per la morte di Vittorio Emanuele e della trasmissione della corona all ' augusto suo figlio , e di controfirmare i primi atti del nuovo Regno ; il che è importante , non già perché si potesse metter in dubbio la lealtà di quei capi , ma perché ciò ha dimostrato ai nemici d ' Italia , non esser vero quello che andavano dicendo , appoggiarsi , cioè , la monarchia italiana esclusivamente sulla base poco estesa del partito moderato . In secondo luogo , è un bene che un ministero di Sinistra abbia appostola sua firma al trattato di Berlino . Non si poteva ottenere che i risultati fossero diversi , e lo scrivente lo ha dimostrato a suo tempo ( V . il libro Un po ' di commenti sul trattato di Berlino ) . Ma guai se un ministero di destra avesse sanzionato quell ' atto ! Non si sarebbe mai più rifinito , nel campo de ' suoi avversarî , di muovergli le più acerbe accuse , e di aggiungere , a tutti gli altri , questo nuovo fomite di malcontento . Finalmente , l ' esperimento triennale del governo di Sinistra dovrebbe avere ormai contribuito a mostrare al paese come " fra il detto e il fatto corre un gran tratto " ; sopratutto poi a distruggere un grosso equivoco , ed a convincerlo di una verità , la quale i posteri si meraviglieranno sia rimasta sì a lungo nascosta . Questa verità è che la Destra parlamentare italiana , presa collettivamente , non solo non è mai stata un partito conservatore , bensì è stata il partito più avanzato , e spesso anche il più radicale , che sia compatibile col sistema monarchico , sebbene abbia compiti anche taluni atti intrinsecamente conservatori . In qualunque altra monarchia d ' Europa essa avrebbe figurato come un ' estrema Sinistra , e presso a poco altrettanto in qualunque repubblica ordinata . Coloro che seguono le discussioni delle rappresentanze politiche di altri Stati europei , repubbliche o monarchie costituzionali , sono costretti a meravigliarsi vedendo ivi i riformatori più spinti mettere avanti proposte di leggi , fieramente combattute dagli altri partiti come proposte eccessivamente radicali , le quali esistono , applicate già da anni , fra noi , e per opera dei ministeri di Destra . Perciò non deve far meraviglia se parecchi chiari pubblicisti d ' Europa , giudicando le cose nostre con criterî molto elevati ed affatto ed imparziali , si sono posti il quesito , più d ' una volta , se il governo italiano ( stava allora la Destra al potere ) non avesse per avventura preceduto di troppo il moto naturale , di cui è suscettibile il proprio paese . Uno dei più illustri contemporanei , appartenente alla scuola liberale , in uno degli Stati , in cui la coltura è più progredita , chiedeva allo scrivente , nel 1875 , se il malcontento contro il governo in Italia , di cui giungeva l ' eco oltremonte , non nascondesse per avventura , sotto il velo di vaghe aspirazioni , a cui si attribuiva gratuitamente il carattere di un desiderio di maggior progresso , una resistenza invece della maggioranza degli Italiani a seguire il governo nella sua troppo rapida corsa alla ricerca di ideali troppo elevati , o , per meglio dire , di ideali che costano , per poter essere raggiunti , troppo disturbo , e troppo lavoro collettivo , e troppa spesa alla massa del paese , mentre soddisfanno , raggiunti che siano , la sola classe dei politicanti , rimanendo al volgo dei contribuenti di pagarne i conti . E per verità la Destra , prima di abbandonare il timone dello Stato , ha mietuto sulla via tutte le idee avanzate che sono compatibili con un reggimento ordinato , e nulla lasciò da spigolare , in fatto di tali idee , ai suoi successori di Sinistra . Gli uomini di Sinistra , i quali da anni avevano accusato la Destra di professare idee troppo conservatrici , ed erano riusciti a far credere ad una parte del ceto elettorale , che la cagione del malessere del paese dipendeva da quelle tendenze di governo , arrivati al potere , portativi da una marea irresistibile di malcontento , rovistarono da ogni parte per trovar qualcosa da fare in un senso più radicale , ma non lo trovarono , per il semplice motivo che più di quello che era già stato fatto , non si poteva fare , in quel senso . Come la Sinistra giunse al governo e vi rimase per breve tempo nel 1862 , avendo essa accusato la Destra , sotto agli auspici della quale erano pure state fatte le annessioni , di procedere troppo a rilento , e vedendo che non c ' era altro modo di far onore alle proprie accuse , si provò a rallentare un momento le redini della rivoluzione , usufruita fino allora , ma sempre frenata , dalla mano del governo , e il risultato fu Aspromonte ; e un grido di spavento rimise tosto le redini in mano alla Destra . Anche nel 1867 la Sinistra ebbe un episodio di governo ; ricalcò le orme del 1862; e si ebbe Mentana ; e una seconda volta il terrore del paese richiamò la Destra . Pervenuta per la terza volta alla direzione dello Stato , per far qualche cosa di più liberale della Destra , tollerò per qualche tempo l ' agitazione per l ' Italia irredenta ; ma l ' atteggiamento di tutti i governi vicini , anche i più amici , la fece accorta che aveva toccato un tasto , con cui non è lecito scherzare , tanto più quando si è divenuti una delle grandi potenze . Poi venne fuori colla teoria del reprimere e non prevenire ; ma uno sgomento , che s ' impossessò di tutta Italia , e che trovò eco in quasi tutti i banchi della Camera dei deputati , ricordando gli sgomenti per Aspromonte e per Mentana , provocò la caduta del ministero Cairoli . Se la Sinistra avesse frugato invece nell ' arsenale delle idee conservatrici di governo e non di partito , quante cose avrebbe trovato da fare , liberali , utili e pratiche , che la Destra trascurò sempre , o per iscrupoli dottrinarî , o perché , distratta da altre preoccupazioni , non ci aveva pensato . Ma chi avesse appena coltivato l ' idea di ricorrere a quell ' arsenale , come avrebbe potuto salvarsi dalle ire di certi amici ? La Destra , come si è già detto , aveva mietuto tutto il campo delle idee liberali e radicali attuabili , durante i quindici anni del suo governo , distrutto tutte le leggi preesistenti , sconvolte inveterate abitudini , spostati e feriti molti interessi , sempre colla meta davanti agli occhi di creare d ' un colpo l ' Italia una , libera , ricca e potente ; e tutto ciò senza badare agli attriti e alla spesa . Aveva introdotto una legislazione affatto democratica , come di più non sarebbe stato possibile , tranne in ciò che si riferisce al diritto elettorale ; e questa eccezione non fu già motivata dai suoi intenti conservatori , bensì dalla convinzione , in cui era , che la legge elettorale vigente , attribuiva la prevalenza alle classi autrici del rivolgimento italiano , e che , allargandola , si correva pericolo di aprir l ' adito alla influenza del clero . Nei rapporti colla Chiesa , la Destra aveva incamerati i beni ecclesiastici , adottate misure di rigore contro sacerdoti renitenti , sottoposti i chierici alla leva militare , stabilito il matrimonio civile , protetto il razionalismo in ogni maniera , rispettata non solo la libertà di stampa , ma sottratta questa al diritto comune per mezzo della finzione del gerente responsabile , lasciando esistere una così immunità a beneficio dei giornalisti . Essa fu così poco esclusiva nei piccoli favori ai suoi aderenti , da esser passato in proverbio che , per ottenere qualche cosa dal ministero , bisognava rivolgersi al patrocinio di qualche deputato dell ' opposizione . Convinta sinceramente che nei primordi del regno , essa sola era in grado di governare , le premeva di non lasciar in mano alla Sinistra nessuna idea di realizzazione possibile , in modo da spingere questa al bivio di diventare o faziosa o assurda . Appena la Sinistra sollevava una questione che avrebbe potuto procacciarle favore nelle moltitudini , la Destra se ne impadroniva subito , sapendo di essere in grado di soddisfare le moltitudini senza mettere in pericolo lo Stato ; il che , a suo giudizio , non si sarebbe potuto fare dalla Sinistra . Così , per esempio , la Sinistra si era fatta organo delle ripugnanze di una gran parte d ' Italia ad accettare l ' egemonia piemontese , egemonia indispensabile durante la gestazione dello Stato unitario ; e la Destra prese la palla al balzo , e promosse il trasferimento della capitale da Torino a Firenze , con rischio di strappare intempestivamente la dinastia dalla sua base secolare , e colla probabilità di provocare lo sdegno di una fiera popolazione ; sdegno che non mancò di prorompere , e le di cui traccie non sono ancora del tutto cancellate . La Sinistra portava scritto sulla sua bandiera : " Roma capitale , senza le riserve cavouriane . " Ebbene , la Destra aveva sottoscritta la convenzione del 15 settembre 1864 , e adduceva ottimi argomenti per sostenere che quello era un atto utile in sé stesso , come un espediente diplomatico che , impedendo ogni attrito immediato fra l ' Italia e il papato , lasciava che il tempo e le forze della civiltà preparassero il terreno ad una soluzione completa di sì grande problema , senza pregiudizio dell ' unità e integrità della patria italiana . È naturale quindi che non abbia dubitato di riconfermar quella convenzione nel 1870 , sul principio della guerra franco prussiana , coll ' intenzione di mantenerla fedelmente . Perché mai dunque si lasciò indurre a violare un trattato stipulato liberamente , e di propria iniziativa , sei anni prima , e ad aprir la breccia di Porta Pia ? Lo fece solo per non lasciare un ' arma nelle mani della Sinistra ( spalleggiata , in tale questione , dagli uomini più notevoli della Destra piemontese ) e impedirle di salire in quell ' occasione al potere dove , secondo il suo più profondo convincimento , avrebbe compromesso ogni cosa , senza volerlo . Quattro fattori si erano dati la posta , ad un tempo , per compromettere il programma dei mezzi morali , l ' occasione propizia cioè , l ' idea fissa delle classi dirigenti piemontesi , l ' interesse dei meridionali d ' avere la capitale più vicina , le reminiscenze classiche . Appariva dunque assai probabile che quel programma sarebbe caduto in ogni caso , ma col grave pericolo che mani inesperte creassero una situazione arruffatissima , il che invece si riuscì a schivare . La Sinistra accusava la Destra di non voler esercitare alcuna importante influenza nei grandi affari del mondo . La Destra , sebbene sapesse che , dopo il 1866 , la posizione esterna era eccezionalmente sicura , e che non si correva alcun pericolo ; sebbene preoccupata delle condizioni finanziarie , pure , per mostrare fallace l ' accusa , si lanciava in costosissimi armamenti marittimi , d ' indole affatto nuova , senza il conforto di alcuna esperienza già fatta dalle nazioni più ricche . La potenza della banca nazionale destava i mali umori della Sinistra . La Destra le dava soddisfazione per mezzo del consorzio delle banche . Ma sarebbe troppo lungo enumerare tutto ciò che fece la Destra nel senso sovraesposto . Basti dire che essa consegnò , colla massima lealtà , alla Sinistra la macchina dello Stato così congegnata e accentrata , da permettere ai vincitori di compiere legalmente contro di lei molti atti partigiani , i quali , se quella macchina fosse stata corretta a tempo , sarebbero stati impossibili . La Destra però era capitanata da uomini eminentemente serî , logici , e consci della responsabilità che pesava su loro . Essi non potevan supporre che chi voleva il fine escludesse i mezzi per raggiungerlo . Vedendo che la sola opposizione , la quale venisse mossa contro l ' indirizzo da essi dato alla cosa pubblica , si riassumeva nella accusa che non facessero abbastanza , sebbene evidentemente tale indirizzo dovesse riuscire costosissimo , dovevano ritenere che quella parte del paese , la quale inclinava verso l ' opposizione , implicitamente accettasse anche la spesa relativa , e quindi il corrispondente aumento d ' imposte . Se non che siffatto rapporto necessario fra il fine e i mezzi , non era capito da molta parte dei contribuenti , ai quali anzi si faceva o si lasciava credere che , se l ' opposizione fosse stata chiamata a governare , si sarebbe potuto spendere assai più proficuamente , diminuendo gli aggravî . Per conseguenza l ' impopolarità della Destra era giunta all ' apogeo nel 1876; e , siccome sarebbe irragionevole pretendere che una nazione nuova venga spontaneamente essa medesima ad imporre ai suoi governanti di soprassedere alle spese così dette produttive , di seguire una politica modesta , di completo raccoglimento , quindi in contraddizione coll ' amor proprio nazionale che tutti i suoi capo – partiti avevano gareggiato a stuzzicare , così diventava naturalissimo che l ' opposizione , o un po ' prima , o un po ' dopo , dovesse avere il sopravvento . L ' esperimento doveva farsi , lo ripetiamo , e fu fatto ; e non è riuscito , perché non poteva riuscire . Nessuna delle aspettative sotto gli auspicî delle quali la Sinistra poté salire al potere , fu appagata . Come si è veduto , la Sinistra , giunta al potere , è stata perseguitata inesorabilmente da un duplice peccato originale . Avendo sempre censurato , allorché era opposizione , tutto ciò che fu fatto dai suoi avversarî , senza eccettuare neppure quegli atti che la Destra aveva eseguiti solo perché sedeva al governo e che chiunque avrebbe compiuti a quel posto , e in pari tempo avendo stuzzicato e accarezzato ogni specie di aspettative , anche le più irrealizzabili , si è tagliata da sé la via ad attuare molte cose che altrimenti avrebbe potuto assumere nell ' interesse del paese . Serva questo almeno per l ' avvenire ! Anche le opposizioni devono ricordarsi di avere una responsabilità . La Sinistra ha finito per cacciarsi , probabilmente , in un bivio pieno di pericoli : o distruggere il pareggio per salvare il decoro del partito , ovvero imporre nuovi balzelli . Ma in entrambi i casi , che cosa direbbe il paese , o ricaduto nel disavanzo , o ridotto a dover pagare più di prima ? Malgrado tutto ciò , giustizia vuole che si riconoscano anche i meriti della Sinistra . Nell ' impotenza , in cui erano i ministeri dal suo seno usciti , di introdurre le riforme preconizzate , essa commise bensì alla spicciolata molti atti di partigianeria , con danno della amministrazione , per ingraziarsi i proprî addetti , ma si arrestò sempre ( finora almeno ) davanti a gravi risoluzioni che avrebbero potuto compromettere durevolmente il paese , anche a costo di essere accusata di inconseguenza . Di ciò bisogna tenerle conto . L ' uso del potere svegliò anche in lei il sentimento della responsabilità . Se poi si volesse fare una distinzione fra il partito , preso collettivamente , e gli uomini che lo compongono , come abbiamo fatto nel discorrere della Destra , esso ha anche mostrato di possedere parecchie individualità utili al paese , le quali forse sarebbero rimaste sempre nell ' ombra , ovvero in una falsa luce , quando quel partito non avesse fatto le sue prove . Perciò si può dire che se la Sinistra , formata com ' era , si è esaurita , è pur d ' uopo ammettere che vi sono degli uomini , anche nella medesima , i quali sopravviveranno al partito . Egli è vero che si sente parlare della ricostituzione della Sinistra . Ma un semplice accordo dei capi , poco conterebbe . Ciò che importa sapere è secondo quale programma , rispondente a qualcuna delle aspirazioni reali e non immaginarie del paese , o , in altre parole , su quale base duratura si fonderebbe siffatta ricostituzione . Se la base duratura si troverà , allora non sarà più la Sinistra di prima , ma una nuova Sinistra . Se non si troverà , svanirà come fumo ogni ricostituzione . La Destra , divenuta opposizione , si condusse nobilmente , e quindi anche abilmente . Il suo programma di opposizione fu semplicissimo : impedire , cioè , che i risultati utili al paese e da essa conseguiti , vengano compromessi . Un programma negativo , come si vede ; un programma però importantissimo , imperocché il pareggio finanziario è la condizione elementare della esistenza normale di uno Stato , e , se fosse compromesso , la prima cosa , anzi l ' unica cosa , a cui pensare , dovrebbe essere certamente quella di ristaurarlo . Ma , conservato il pareggio o ristauratolo , qualora ce ne fosse bisogno , il che si riferisce al passato , che cosa farebbe la Destra rispetto all ' avvenire ? Può essa ragionevolmente sperare di riuscire a trovare adesioni numerose , sicure , e durevoli nel paese , rimanendo nella cerchia identica delle idee di prima ? Sempre fedele al proposito di mostrare che nessuno potrebbe essere né più liberale , né più progressista , la Destra intanto si scelse a capo l ' onorevole Sella , la personificazione più completa e più degna di questa duplice tendenza . Gli altri uomini eminenti e riputati del partito , con molta abnegazione , e per spirito di disciplina , si trassero in disparte . Non deve quindi recar meraviglia se , in seno al paese , tutti coloro che giudicano la politica secondo l ' ordine delle idee , e non secondo le attinenze delle persone , vanno facendo a sé stessi queste due domande : Quale differenza c ' è fra gli uomini di quella parte della Destra che sta sempre in prima fila , ogni qualvolta si tratti di idee liberali e di progresso , e quegli uomini della Sinistra i quali , negli ultimi tre anni , hanno dato miglior saggio di sé ? Quale è la distanza che separa gli uomini più conservatori della stessa Destra , da quei nuovi conservatori di cui parlammo nella Parte Prima , dato che questi riconoscano , senza reticenze , i fatti compiuti dalla nazione ? E non deve neppure recar maraviglia se l ' estrema Sinistra , con una logica stringente , va dimostrando che gli ultimi ministeri che si sono succeduti , si sono immersi in un pelago di contraddizioni per non avere voluto mutare ogni cosa ab imis fundamentis . Accettando e conservando l ' edificio dello Stato tal quale l ' avevano ricevuto dai loro predecessori , e facendolo servire agli usi di prima , è naturale che la nazione dovesse finire per trovarvisi alloggiata male come prima . Se si vuole riformare sul serio , dice essa , è d ' uopo modificare più di un articolo dello Statuto . Pertanto , se abbiamo descritto esattamente la situazione dei partiti politici , dopo tre anni di governo della Sinistra , non può essere sfuggito ai nostri lettori che ci troviamo in presenza di un lavoro di decomposizione dei partiti vecchi , e di un altro di ricomposizione dei loro elementi in nuove combinazioni . [ Di un riordinamento dei partiti politici per legge naturale di evoluzione . ] Arrivati a questo punto , la parte principale del nostro còmpito potrebbe ritenersi come esaurita , entro i limiti concessi alle scarse nostre forze . Infatti non abbiamo voluto fare altro che contribuire , con un esame critico e spassionato della situazione , a sgombrare l ' orizzonte politico da una infinità di pregiudizî e di equivoci i quali , se si perpetuassero , impedirebbero alla generalità di raccapezzarsi in mezzo all ' attuale confusione . Il pensiero di indurre qualcuno ad assumere l ' iniziativa di costituire un partito nuovo non doveva di certo passarci per la mente , per il semplice motivo che ci parrebbe il più assurdo che immaginare si possa . La costituzione di un partito non si lascia improvvisare , né si lascia creare di getto per mezzo o di concerti stabiliti fra poche persone , o della enunciazione di alcune idee . Essa suol essere il frutto di evoluzioni che si compiono sotto la pressione delle circostanze . Ciò soltanto che ad un cultore delle scienze politiche e sociali è lecito e ragionevole tentare , si riduce al rimuovere gli ostacoli che appunto i pregiudizî e gli equivoci opporrebbero ad un riordinamento razionale di partiti rispondente alle realità del paese , qualora le circostanze favorevoli alla attuazione di siffatto riordinamento , si presentassero ; ritenuto che ciò sarebbe utile alla patria , e che il processo di evoluzione potrebbe avvenire tanto per la via delle affinità , quanto per quella dei contrasti . È uno studio politico , e non un atto politico , che lo scrivente ha inteso fare . Gli sembra che il momento psicologico di predisporre l ' opinione pubblica ad assecondare siffatta evoluzione , sia venuto e , in questo convincimento , ha stimato opportuno esprimere pubblicamente il proprio avviso . Quali potrebbero essere le circostanze favorevoli più acconcie a produrre l ' evoluzione , e quale forma prenderebbe questa , non sono cose che si lascino facilmente pronosticare . Ciò che crediamo poter dire con certezza è che qualunque risultato per tal modo si ottenesse , sarà sempre da preferirsi alla continuazione di una vita pubblica acciaccosa e stiracchiata come è la nostra attuale , di una vita pubblica che tanto riscontro presenta con quelle della Grecia e della Spagna ; e crediamo poter dire con pari certezza che sarà da preferirsi anche ad una artificiale ristaurazione pura e semplice dello stato delle cose parlamentari precedente il marzo 1876 . Una tale ristaurazione , forse , sarebbe bene accolta sulle prime in alcune provincie , e potrebbe celebrare una lieta luna di miele ; ma , se si volge il pensiero all ' avvenire , è impossibile non iscorgere i due gravi inconvenienti ch ' essa racchiuderebbe . Il primo è che arresterebbe quel duplice movimento di idee in senso conservatore , da noi descritto nella Prima Parte , un movimento d ' idee tendente a rifornire di nuove forze la vita pubblica . Queste forze non esistono esse realmente nel paese ? Se dunque esistono , è bene che entrino anch ' esse nell ' orbita costituzionale . Il secondo inconveniente consisterebbe in questo che , dopo l ' esperimento fatto dalla Sinistra al governo , è divenuto chiaro per tutti che , se questo partito fosse ricacciato nell ' opposizione , perderebbero ogni seguito quelli fra i componenti suoi più capaci , i quali vengono accusati , in seno stesso del partito , di aver ricalcato , mentre furono al governo , le orme della Destra . Acquisterebbero invece il sopravvento i più radicali . L ' opposizione futura così , per potersi sostenere , diventerebbe radicalissima , e rasenterebbe gli ultimi limiti che dividono la monarchia dalla repubblica . Or bene , nel caso che la Destra attuale , ritornata al potere , venisse poi costretta ad abbandonarlo un ' altra volta , quali sarebbero i suoi successori ? L ' estrema Sinistra ha anch ' essa la sua ragione d ' essere , perché rappresenta una delle opinioni che hanno corso nel paese , ed ha un programma molto più concreto che non l ' avesse l ' antica Sinistra . Perciò è utile che abbia il suo posto nel Parlamento , e che ivi discuta liberamente delle cose del paese in contradditorio cogli altri partiti ; ma da ciò al diventare essa l ' esclusiva opposizione , aspirante al governo , c ' è un gran tratto . Affinché l ' estrema Sinistra , anzi lo stesso partito esplicitamente repubblicano , abbiano a funzionare utilmente , nella Monarchia costituzionale italiana , occorre che faccia loro contrappeso un ' estrema Destra , che i cattolici intransigenti formeranno il giorno , non lontano , nel quale avranno cessato di far professione d ' astensionismo ; occorre inoltre che tra quei due estremi , non esista già un solo partito , ma abbiano a militare due partiti , entrambi capaci di governare ; l ' uno decisamente conservatore , nel senso ortodosso e nazionale della parola ; l ' altro eminentemente liberale e progressista , ma monarchico . Or bene non è che il processo naturale della evoluzione dei partiti oggi militanti , aiutato dalle circostanze e dall ' intervento di nuovi elementi nel campo della vita pubblica , che potrebbe produrre questa razionale divisione di partiti , esprimenti ciascuno , non già le qualità personali e le ambizioni dei loro componenti , bensì un complesso di idee , di intenti , di sentimenti e di pubblici interessi . Parte terza . Di alcuni criterî di Governo che potrebbero essere applicati astrazion fatta dalle lotte di partito . I . La politica estera . In attesa che una ricostituzione di partiti si compia sotto l ' influenza di circostanze che già stanno in prospettiva come possibili , crederemmo non aver esaurito il nostro studio , se non ci arrestassimo un momento , prima di deporre la penna , sopra alcuni criterî di governo i quali , sebbene di carattere conservatore , stanno , a parer nostro , al disopra dei partiti , e si presterebbero ad essere adottati da essi tutti . Incominciamo dalla politica estera . Le condizioni necessarie perché un governo adempia convenientemente ai suoi doveri , in questa parte della cosa pubblica , sono tre . Bisogna , in primo luogo , che abbia un ' idea molto chiara , precisa e determinata degli interessi permanenti del proprio paese ; in secondo luogo , che abbia un ' idea altrettanto chiara , precisa e determinata della situazione degli altri paesi e degli altri governi ; in terzo luogo , che non gli sfugga mai il nesso che esiste fra questi due termini , ogni qualvolta si presenta il caso di qualche mutamento nella situazione degli altri paesi . Questi due ultimi punti sono fuori del nostro soggetto , e sogliono variare da un giorno all ' altro . Riguardo al primo invece , ci è d ' uopo spendere alcune parole per lo scopo di chiarire alcune verità che , ci sembra , potrebbero essere accettate come assiomi , da tutti i partiti . È un assioma , a nostro avviso , che non ci può essere in Italia che una sola politica estera , la quale non è di Destra né di Sinistra , ma è la politica nazionale . Ad eccezione dell ' Impero Britannico , il quale , circondato dal mare come è , padrone del mare , senza vicini , inattaccabile in casa , può darsi il lusso di tenere a sua disposizione la scelta fra due diversi indirizzi di politica estera , tutti gli Stati d ' Europa non ne hanno , e non ne possono avere , che uno solo . E invero i rapporti d ' uno Stato cogli Stati esteri non sono accidentali , ma sogliono scaturire immediatamente dalle stesse necessità della sua creazione , della sua esistenza e della sua conservazione , ed hanno , nella essenza loro , un carattere così permanente e fisso che sopravvivono perfino al mutamento delle forme di governo , appena siano forme regolari . Ed è perciò che sorgono da sé le così dette tradizioni di politica estera dei grandi Stati ; e male ne incoglie a quei capi di nazioni , i quali abbandonano siffatte tradizioni . Che un governo , soltanto perché liberale , debba essere naturalmente alleato di tutti gli altri governi liberali , e avversario di quelli che non lo sono , e viceversa , è una proposizione che ha dell ' assurdo , e che viene smentita da tutta la storia . Questa non ci mostra forse Richelieu , cardinale , proteggere i protestanti di Germania contro i cattolici ? Luigi XVI di Francia prendere la parte dei repubblicani d ' America contro la monarchia inglese ? la Russia conculcare , in casa , la nazionalità polacca , e combattere fuori di casa a favore della nazionalità greca ? e Bismarck , monarchico fino al midollo , far voti non dissimulati per il mantenimento della forma repubblicana moderata in Francia ? La politica estera ha di mira interessi e non sentimenti ; si fonda nei rapporti reali fra Stato e Stato . Gli affari che dipendono dal dicastero delle cose estere offrono scarsa materia a controversie dei partiti interni , a meno che si tratti della questione personale della maggiore o minore idoneità del suo titolare , perché hanno per contraenti degli Stati stranieri , e non dipende dal governo di un paese far sì che gli Stati stranieri siano quello che non sono , o non siano quel che sono . D ' altra parte , i governi stranieri che si rivolgono al governo di un dato paese non si curano già di sapere a quale partito questo appartenga ; ma importa loro che sia serio , solido , capace di mantenere i propri impegni , e tale che , parlando esso in nome del proprio paese , quei governi siano certi di rispondere come se rispondessero al paese stesso da lui rappresentato . La differenza dei partiti non può riferirsi che alle cose interne . Or bene , malgrado queste evidenti verità , in Italia si è sempre parlato di una politica estera di Destra e di una di Sinistra ; attribuendo la denominazione di politica di Destra , o a quegli atti che furono suggeriti dalla stessa forza delle cose , e furono eseguiti dalla Destra perché era suo dovere eseguirli così , trovandosi essa al governo ( e li eseguì bene , quasi sempre ) ; o alle memorabili campagne diplomatiche compiute da uomini insigni che appartengono a tutta la nazione , più che ad un partito , sebbene militassero nel partito di Destra , come Cavour e Lamarmora , e che furono condotte a termine da loro , nell ' interesse della nazione , senza domandare il permesso ai proprî seguaci , anzi talvolta con grandissima ripugnanza della maggior parte di questi , i quali poscia li applaudirono . Un partito perciò ha ragione di vantarsi che gli uomini che hanno saputo meglio applicare l ' unica politica estera nazionale possibile , siano dei suoi ; ma non può dire di avere una politica estera propria esclusiva . Questo errore ha avuto le sue conseguenze . La Sinistra , avendo sempre condannato l ' unica politica estera possibile , che era chiamata di Destra , tentò sulle prime di farne una propria ; e siccome non ce n ' era che una possibile , incespicò ; fortunatamente che subito ritrasse il piede . Molti giornali d ' opposizione di Destra , alla loro volta , sentendo parlare di una nuova politica – estera , che la Sinistra al potere intendeva inaugurare , ne seguirono con occhio di lince , e con ispirito sospettoso e prevenuto tutti i passi , veri e supposti , che si riferivano all ' indirizzo tecnico , per così dire , del ministro speciale che agli affari esterni soprassiede , come se si trattasse di cose che possano offrire materia a lotta di partito ; e parlarono , a torto , di umiliazioni subìte , anche quando non ce ne furono punto , toccando una corda sensibile del paese che suole rispondere collo sconforto , quando non risponde con propositi inconsulti e pericolosi , di rappresaglie . Il punto veramente debole della condotta della Sinistra nella politica estera , non consiste nella trattazione degli affari diplomatici , se si eccettua qualche velleità , a cui non corrispose il successo , ma che non ci ha recato alcun danno irreparabile ; oltrecché sarebbe ingiusto pretendere che , in un periodo di intenso e arruffato lavoro diplomatico , pieno di peripezie e di improvvisi mutamenti di fronte operati da parecchie delle grandi potenze , quale fu il periodo dello svolgimento della questione d ' Oriente , ogni cosa dovesse procedere liscia come nel periodo precedente di profonda pace . Il punto veramente debole sta nel non avere i ministeri di Sinistra compreso nei loro primordî , che la politica estera è strettamente collegata coll ' interna , né si presta ad essere considerata come una cosa affatto a parte , e che essa non può dare utili frutti se non è in perfetta consonanza con tutto l ' insieme delle condizioni di un paese , e cogli atti che si compiono in casa . O si credeva poter esercitare una grande influenza nello svolgimento della questione d ' Oriente ( noi non crediamo che ciò fosse possibile ) , e allora si doveva soprassedere dal promuovere tanto scompiglio nel paese , sollevando una farraggine ( di ) problemi interni , uno più difficile dell ' altro , e tali da farci comparire , agli occhi degli stranieri , più divisi che mai , e quindi deboli ; o invece non lo si credeva , e in tal caso , sarebbe stato meglio assumere un atteggiamento degno e vigilante , ma molto conciliante , nelle cose estere , facilmente giustificabile in faccia al paese per l ' urgenza degli affari interni . Per tutto questo , può essere ritenuto come un altro assioma , che tanto migliori saranno le nostre relazioni cogli altri Stati , e che tanto più saremo da questi rispettati , temuti e ascoltati , quanto migliori saranno le nostre condizioni generali di sicurezza pubblica , di finanze , di armamento , di fiducia reciproca fra governanti e governati , quanto maggiore la serietà e la coerenza della politica interna , chiunque sieda al potere . Così pure è un assioma che non dipende dal beneplacito di questo o di quel ministro il far sì che l ' unica politica possibile per l ' Italia , nei rapporti internazionali , non abbia per necessità un carattere eminentemente conservatore , in senso europeo , e quindi pacifico . E per verità quel medesimo sconvolgimento che ha tratto all ' esistenza il Regno d ' Italia , ha creato contemporaneamente , e di consenso , tutto un nuovo assetto europeo in sostituzione dell ' equilibrio del 1815 . Di questo nuovo equilibrio l ' Italia è divenuta solidale , ne è parte integrante e sostanziale , ed è fra tutte le potenze la più interessata a mantenerlo intatto . Perciò qualunque iniziativa che il suo governo prendesse per sconvolgerlo , somiglierebbe all ' atto di quel demente che , per cogliere un frutto , tagliava l ' albero straordinariamente produttivo che lo portava . Egli è vero che altri governi potrebber trovare essi il loro utile nello sconvolgerlo ; anzi non è fuori della probabilità che un qualche giorno lo tentino . Ma in quel giorno emergerà più luminosa che mai l ' eccellenza della nostra posizione esterna , se non la comprometteremo con mosse intempestive , o col cader nell ' anarchia e nell ' impotenza . La postura del nostro paese è tale in mezzo ai possibili contendenti , che , senza bisogno di armamenti straordinarî , colla sola libera scelta di poter portare il proprio peso da una parte o dall ' altra , l ' Italia è in misura di far traboccar la bilancia ; anzi , solo minacciando di portar quel suo peso contro il primo che perturbasse la pace , potrebbe anche impedire il conflitto . Da ciò la differenza essenziale fra il carattere della politica del Piemonte dal 1847 al 1859 , del Regno d ' Italia dal 1859 al 1866 , l ' una e l ' altra essenzialmente offensive e bellicose , e il carattere della politica del Regno d ' Italia dal 1866 al giorno d ' oggi , essenzialmente difensiva e pacifica ; per cui l ' invocare l ' esempio di Cavour , a fin di invogliare i contemporanei a seguirne passo per passo la procedura , non regge . " In politica , " scrive Cesare Balbo , " la situazione naturale , che è perenne , può molto più che non le alleanze , i trattati , le promesse , le gratitudini , e tutti gli altri accidenti temporarj . " Liberiamoci quindi dalla nervosità che da qualche tempo si è impadronita del nostro ceto politico per ogni fatto estero anche di minima importanza ; non corriamo dietro a tutte le mosche che ci volano dappresso . Non isgomentiamoci troppo quando vediamo la medesima preda essere addentata da due naturali rivali . Respice finem . Anche la guerra combattuta in comune dall ' Austria e dalla Prussia contro la Danimarca nel 1863 , e l ' occupazione mista dello Schleswig – Holstein , diedero luogo a pronostici che furono precisamente l ' opposto di ciò che si è verificato . Fino a che in qualche grande paese vicino ci stuzzicheranno con opuscoli e articoli di giornali , i giuocatori di Borsa possono operare al rialzo imperterriti . Nessuno ci assalirebbe isolati , senza sconvolgere l ' Europa , se noi non assaliremo per i primi ; e il giorno in cui la pace europea fosse davvero minacciata , il sintomo più significativo di questa situazione sarà che , non solo nessuno ci stuzzicherà più , ma che tutti i vicini faranno a gara ad esaltare e a corteggiare l ' Italia , e a stringere pratiche col suo governo ; a meno che la patria nostra , decadendo intanto sempre più , non conti proprio per nulla . Che se l ' equilibrio attuale corresse rischio davvero di essere sconvolto , o in oriente o in occidente , a nostro danno , siccome il nostro danno è anche il danno di altri , così non saremmo isolati . Procuriamo dunque di mantenere rapporti d ' amicizia con tutte le potenze , senza sbilanciarci . Il che non è una frase vaporosa . Infatti è nostro interesse che nessuna delle altre cinque grandi potenze diminuisca d ' importanza , questa per un motivo , quella per un altro . La buona amicizia non impedisce di essere vigilanti , di prevedere e di provvedere a tempo ; anzi ce ne fornirà il mezzo più sicuro . Qualora siffatti assiomi fossero ben compresi dalle classi dirigenti di tutti i partiti , anche un giudizio più sereno intorno alla misura necessaria dei nostri armamenti ed alle spese corrispondenti , diventerebbe possibile ; e cesserebbero quei sussulti per cui l ' opinione pubblica , spaventata senza motivo , si abbandona talvolta alla smania di armamenti eccessivi , esiziali per l ' erario nazionale . Un esercito proporzionato ai nostri mezzi finanziarî , ben disciplinato , e perfezionato nel suo ordinamento , sostenuto da opere di difesa , e sopratutto da una politica interna assennata , e dai buoni rapporti colle potenze vicine , ci renderà assai più forti , rispettati , e preparati per l ' avvenire , che non un inconsulto sciupìo di danaro per emulare col numero dei militi , i più ricchi di noi , cosa che ci lascerebbe dissanguati ed esausti prima di potercene valere . [ La questione della santa sede , considerata dal punto di vista della politica estera italiana . ] Posti questi tre assiomi , ci si affaccia una grave questione di politica estera , delicatissima , difficilissima , che lasceremmo assai volentieri in disparte , se , lasciandola in disparte , potessimo ottenere che non esistesse punto . Ma essa esiste , piaccia o non piaccia . Non ci sentiamo in grado di indicare quale sia la miglior soluzione della medesima . Sosteniamo soltanto che è una questione suscettibile di essere riaperta , e che non è prudente per uno Stato trascinare con sé la servitù passiva di questioni diplomatiche di tale natura . Di ciò si mostrò convinto il principe Bismarck , il quale , giunto all ' apogeo della sua potenza , e senza che nulla si presentasse sull ' orizzonte immediato che sembrasse spingerlo , forte di un uti possidetis di dodici anni , mise tanto impegno ad ottenere dall ' Austria l ' abrogazione dell ' art . 5 del trattato di Praga , a proposito dello Schleswig settentrionale . Di ciò si mostrò non meno convinto il principe Gortschakoff , quando provocò , nel 1871 , l ' abolizione della clausola del trattato di Parigi del 1856 , che limitava alla Russia il diritto di costruir fortezze e navi da guerra in casa propria , sebbene sapesse che , data la situazione politica d ' allora , quella potenza avrebbe potuto costruire , senza impedimento , quante Sebastopoli e quante navi da guerra le fosse piaciuto , e sebbene non sentisse affatto l ' urgenza di tali costruzioni ; tanto è vero che mise pochissimo a profitto il suo successo diplomatico . Oltre questo sosteniamo che l ' assumere un ' aria distratta e spensierata davanti ad un problema molesto , e il professare che si deve vivere dell ' oggi e lasciar al caso la cura del domani , può conferire popolarità a chi segue siffatta corrente , ma non è una prova di senno . Intendiamo alludere alla questione dell ' indipendenza del papato , considerata nei suoi rapporti coll ' Italia . Non bisogna confondere la questione dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa , e l ' altra dello spirito religioso , con quella della indipendenza del papato . Le prime due sono questioni interne , e sembrano fatte apposta per alimentare , come nessun ' altra di più , la lotta dei partiti ; l ' ultima invece è una questione estera , anche per l ' Italia , sebbene il Papa viva in Italia ; e ci sembra superiore ai partiti . Infatti il papato , costituito come è , possegga o non possegga un principato temporale , è riconosciuto come un potere soprannazionale , universale , il quale , stante la grande influenza politica su tutto il mondo cattolico della quale dispone , e che è dovuta al modo in cui si trova costituito , deve essere assolutamente indipendente ; e ciò nell ' interesse , non solo degli Stati cattolici , ma anche di quelli che semplicemente racchiudono molti cittadini cattolici . Come tale è ammesso da tutti i governi del mondo i quali , quasi tutti , mantengono con lui relazioni diplomatiche per mezzo di speciali ambasciatori , o ministri , o agenti diplomatici . Come tale è ammesso anche dal Regno d ' Italia , per mezzo della legge del 13 maggio 1871 , sulle prerogative del sommo Pontefice e della Santa Sede . Ora , il papato protesta incessantemente contro la posizione che gli ha creato il governo italiano , dopo avergli tolto il principato temporale , e dichiara non essere libero né indipendente , ma essere soggetto al beneplacito di quel governo ; e tutti gli Stati , sebbene , per la loro benevolenza verso l ' Italia , non pronuncino verbo che sappia di opposizione contro di questa a proposito di tale questione , e non dichiarino che il sommo Pontefice abbia ragione , non si sono però nemmeno compromessi fino al punto di dichiarare , con qualche documento solenne , irrevocabile , che il governo italiano abbia ragione , e il sommo Pontefice torto . Probabilmente non è a caso che la visita fatta ad Habsburg – Lorena , e ad Hohenzollern , nelle rispettive capitali , da Savoia , venne cordialmente restituita da Habsburg – Lorena e da Hohenzollern a Savoia , il che è stato un vero successo pel ministero Minghetti , ma non nella capitale Roma , bensì a Venezia ed a Milano . Esaminiamo freddamente la situazione . Il governo italiano ha occupato Roma nel 1870 , vi si è insediato , l ' ha dichiarata capitale d ' Italia . Nessuna potenza si è opposta a questo atto , e certamente l ' opposizione non era da aspettarsi allora , né dalla Francia schiacciata dalle armi germaniche , né dalla Germania protestante impegnata in un ' acerba lotta col Vaticano , né dalla Russia scismatica , né dall ' Austria la quale , posta fra la Germania vincitrice e la Russia , doveva pensare ai casi suoi , né dalla Spagna che aveva espulso la regina Isabella . Comunque sia , nessuna potenza si è opposta ; e ciò è qualche cosa . Il governo italiano vi risiede già da dieci anni ; non ha disturbato la libertà delle comunicazioni e dei rapporti fra il Papa e le altre potenze e il mondo cattolico ; ha promulgato ed eseguito fedelmente la sopracitata ingegnosissima legge sulle guarentigie ; e , di più , è stato tenuto in Roma l ' ultimo conclave . Questi quattro fatti sono ancora più importanti di quello che sia l ' aver potuto occupare Roma senza opposizione della diplomazia . Anzi , dal punto di vista del liberalismo italiano , sono più che sufficienti per ritenere ormai la questione della Santa Sede come chiusa sotto ogni aspetto possibile . E lo sarebbe , se la questione papale si riducesse tutta a questione di possesso territoriale . Ma c ' è di mezzo quell ' altra dell ' indipendenza della Santa Sede , la quale non è ancora chiusa , dal punto di vista della diplomazia . Se il diritto di nazionalità fosse ammesso in diplomazia , la stessa legge sulle guarentigie sarebbe superflua . L ' Italia ha occupato Roma , potrebbesi sostenere , in virtù di questo diritto . Ha assicurato , senza esservi stata costretta , al Papa , il modo di godere della più completa libertà . Se c ' è qualche potenza che , oggi o in avvenire , volesse fare alla Santa Sede condizioni migliori , ci pensi essa per proprio conto . Il governo italiano non c ' entra per nulla in tutto questo , e pretende non essere tirato in causa da chicchessia né oggi né in futuro . Se non che il diritto di nazionalità non esiste per la diplomazia . Questa riconosce bensì molti fatti che furono compiuti in virtù del principio di nazionalità , ma i titoli giuridici che legalizzano quei fatti , ai suoi occhi , non sono che due : la prescrizione , cioè , e i trattati coi quali si riconoscono o esplicitamente o implicitamente i fatti compiuti . Or bene , nel caso di cui discorriamo , non può costituire materia di prescrizione il fatto della indipendenza effettiva del sommo Pontefice , consacrata sotto una forma tale che lo Stato italiano è sempre libero di modificarla a suo piacimento . La prescrizione deve avere per oggetto qualche cosa di immutabile in sé stessa ; quindi il carattere di mutabilità delle garanzie italiane impedisce che si fondi la prescrizione . D ' altri parte , non è intervenuto finora alcun trattato né che riconosca al governo italiano il diritto , in genere , di determinare esso , nel modo che gli sembra più acconcio , quali debbano essere le condizioni della indipendenza del Papa , né che imprima un carattere di stabilità e di irrevocabilità alle condizioni oggi esistenti in forza della legge delle guarentigie . Insomma la soluzione che l ' Italia ha dato al problema papale sta ancora sospesa in aria , diplomaticamente parlando , s ' intende bene . Nessuno è sorto finora a richiamarci alla memoria questa circostanza e non pare che abbia a sorgere in un prossimo avvenire . Ma , se in un avvenire più lontano , si modificasse il presente assetto d ' Europa , una potenza a cui interessasse per altri suoi fini , di assumere un atteggiamento ostile all ' Italia , non avrebbe bisogno di andare in cerca di un pretesto ; lo avrebbe già bell ' e pronto . " La legge sulle guarentigie , direbbe , non è che un atto interno dell ' Italia , e , potendo essere revocata da un momento all ' altro dai legislatori italiani , non offre sufficiente sicurezza per l ' avvenire , a meno che il Papa la accettasse . Ma il Papa persiste a respingerla . Siamo stati lunganimi finora , soggiungerebbe quella potenza a noi ostile , ad aspettare , con grandissima benevolenza verso gli Italiani , come sarebbe andata a finire questa controversia fra l ' Italia e il papato , a proposito della indipendenza della Santa Sede , alla quale controversia non possiam restare eternamente estranei . Vedendo che non finisce , crediamo venuto il momento di immischiarcene anche noi , perché sia risoluta in qualche altra maniera " ; e potrebbe finire poi collo immischiarsene con animo ostile . Ne risulta che , noi abbiamo accettata e messa in giro una cambiale in bianco . Questa cambiale si trova ora in mani amiche , incapaci di abusarne . Ma potrebbe un giorno passare anche in mani nemiche , e quindi non è prudenza lasciar in giro ( un ) in bianco simile . Lo stesso fatto che oggi il sommo Pontefice approfitta parzialmente delle guarentigie , risiedendo in Vaticano e governando il mondo cattolico da Roma , non scioglie il nodo , per la ragione che il fatto si fonda , come si è già detto , sopra una base mutabile ad arbitrio dell ' Italia . A noi sembra pertanto che la situazione presente del papato , se è fonte di debolezza all ' interno per la nuova Italia , perché tien perplesse le coscienze timorose di molti suoi cittadini , non lo è meno all ' estero ; e che quando il suo governo potesse dire che una tale questione è diplomaticamente chiusa , non sarebbe per la nuova Italia un giorno meno fausto di quello che fu per la Germania il giorno in cui Bismarck poté dire che l ' articolo 5 del Trattato di Praga era abrogato , e per la Russia il giorno in cui Gortschakoff le annunciò che quelle clausole del Trattato di Parigi , le quali le vietavano di costruire fortezze e navi da guerra nel mar Nero , erano state soppresse . Ci vedremmo allora sottratti al grande onore , al soverchio onore anzi , ma alla pesante responsabilità , di garantire noi soli un interesse che riguarda tutto il mondo ; e l ' Italia si troverebbe , rispetto alla Santa Sede , nell ' identica posizione , presso a poco , in cui si trovano gli altri Stati , mentre oggi ci siam messi in una posizione eccezionale , con un grave impegno incontrato , cioè , ma senza il corrispettivo di avere almeno , con quello , chiusa definitivamente la questione . Molti si compiacciono appunto della revocabilità delle guarentigie ; ma non riflettono che un legame positivo , ben determinato , e quindi limitato , e dagli altri accettato , vincola la libertà assai meno che non un obbligo assunto , il quale lasci ad altri la facoltà di discutere , in ogni tempo , i limiti entro i quali un tale obbligo deve essere adempiuto . Ci sembra pertanto che il chiudere la questione dell ' indipendenza della Santa Sede in modo da collocare l ' Italia nella stessa condizione , rispetto alla medesima , in cui si trovano presso a poco gli altri Stati , si presenti come un provvedimento di sicurezza esterna , superiore ai partiti . Vediamo ora in quanti modi la questione dell ' indipendenza del papato si potrebbe ritenere diplomaticamente , chiusa . I modi che si possono immaginare sarebbero molti , e procurererno di enumerarli . 1.º Il Papa finisce per accettare la legge delle guarentigie quale fu promulgata , venendo ad un accordo diretto col governo italiano . È questa una soluzione molto gradita alla maggioranza del ceto politico italiano , ma , in tutti i casi , lontanissima dall ' essere attuata , certamente non attuabile durante il pontificato presente . Così , mentre si aspetterebbe l ' adempimento lontanissimo di una speranza , continuerebbe il doppio disagio di una questione che rimarrebbe aperta , all ' estero in un senso , all ' interno in un altro . 2.º L ' istituzione del papato cade sotto i colpi del razionalismo e dell ' indifferentismo . Coloro che ragionano in questo modo , si condannano , per lo meno , ad aspettare maggior tempo ancora . Essi fanno assegnamento sulla mutilazione della natura morale dell ' uomo . Non si avvedono che la scienza soddisfa a un solo bisogno umano , quello di pensare ; mentre gli uomini ne hanno anche un altro , quello di credere e di sperare . La sola fede ha una parola pei deboli e per gli infelici ; e fra una religione che promette un ' eterna felicità , e una scienza , in fondo alla quale , si trova il nulla , non vi ha dubbio quale delle due alla lunga finirà per avere più ascoltatori e seguaci . Ora , è nel genio della nazione italiana che questa fede abbia la forma cattolica , e il papato è suscettibile di trasformazioni bensì , ma rimarrà sempre il perno della Chiesa cattolica . D ' altronde il razionalismo e l ' indifferentismo hanno molti proseliti nelle classi agiate e negli operai delle città ; ma tutti costoro , sommati insieme , non formano che una piccola minoranza nel mondo cattolico . I milioni e milioni che vivono nelle campagne , il sesso femminile in tutte le classi , stanno fermi nella fede avita ; e nella maggior parte dell ' Europa cattolica è notevole anzi un movimento molto pronunciato di ritorno verso le antiche credenze presso le alte classi , movimento che di riverbero finirà per propagarsi anche in Italia . 3.º L ' istituzione del papato si trasforma in modo che debba diminuire , nella Chiesa cattolica , l ' importanza personale del suo Capo , nello stesso modo che è minore l ' importanza personale di un Re costituzionale in confronto di quella di un Re assoluto . In tal caso , il vescovo di Roma , che regnerebbe e non governerebbe , non avrebbe bisogno di molte garanzie , perché la Chiesa cattolica si potesse ritenere indipendente . Ma dove si vede il principio di una tale trasformazione ? Ciò che vediamo invece , è l ' insuccesso completo del tentativo dei vecchi cattolici . 4.º L ' Italia diventa un paese così profondamente istituzionale da permettere che la Chiesa cattolica vi conviva con tante altre istituzioni di attività sociale , e il suo Capo , per tal modo , sia collocato sotto la guarentigia dell ' ordinamento stesso della società italiana . È questo un ideale vagheggiato da alcuni onesti dottrinarî poco famigliari col paese reale ; e quindi non occorre spendere molte parole per dimostrare quanto esso sia poco pratico nell ' epoca nostra . Dio volesse che divenisse pratico ! È uno dei problemi dell ' avvenire , ma non di un prossimo avvenire certamente . 5.º Il partito cattolico italiano , di tutte le gradazioni , divenuto , per le vie legali , il più potente fra tutti i partiti interni , subordina la legislazione interna alla Chiesa , e fa dell ' Italia uno Stato teocratico . Il Regno d ' Italia , ha voluto distruggere il potere temporale dei Papi ? Ebbene , i Papi reagiscono coi mezzi morali , conquistando in certo modo tutta l ' Italia , e riducendo il suo Re a rimaner tale di nome , ma ad essere in fatto il luogotenente del Papa . Se non che , per realizzare questa utopia , occorrerebbe cambiare la natura degli Italiani , il popolo meno fanatico che ci sia in Europa , e il più alieno dal prestarsi a un tentativo di questa fatta , poiché , per la vena di scetticismo che è in lui , gli sembrerebbe nientemeno che ridicolo . Siffatto tentativo del resto sarebbe assurdo , anche per altri motivi evidenti . 6.º Si mantiene il principio della indipendenza del Papa fondata sopra una sovranità territoriale , dichiarando Roma città libera , e il Papa sovrano onorifico di essa . Così rimarrebbe inalterato il principio che , dove è il Papa , nessuna sovranità territoriale sia accanto a lui , o sopra lui ; e infatti , che il Papa abbia tre milioni di sudditi , o ne abbia solo centomila , e che li governi con reggimento assoluto , o invece che questi si reggano da sé , lasciando che il sovrano regni e non governi , ciò torna lo stesso , e non altera minimamente quel principio . Ma l ' eterna città è stata dichiarata , non solo città , ma anche capitale , dello Stato italiano . Come si potrebbe pensar sul serio a cambiar capitale per la terza volta ? Perciò non occorre nemmeno confutare siffatta soluzione . 7.º Le principali potenze , apponendo la loro firma alla legge italiana delle guarentigie la convertono in un impegno internazionale . L ' indipendenza del Papa , posta sotto il protettorato perpetuo dell ' Europa invece di quello revocabile del Regno d ' Italia , sarebbe allora pienissima . Se ciò avvenisse , il Papa probabilmente protesterebbe ancora pro forma ; ma , reso realmente più sicuro , potrebbe acconciarsi poco a poco alla sua nuova situazione . Ma in questo caso , chi dovrebbe opporsi saremmo noi stessi . Noi concederemmo alle altre potenze il diritto di intervenire nelle cose nostre per verificare se manteniamo fedelmente tutti gli impegni contenuti nella legge delle guarentigie , sebbene alcuni di quelli impegni non riguardino che condizioni interne del nostro Stato . Esse avrebbero il diritto persino di controllare il modo con cui spendiamo il nostro danaro , perché , spendendolo male , potremmo essere condotti nella impossibilità di pagare al sommo Pontefice il pattuito appannaggio . 8.º L ' ultima soluzione immaginabile sarebbe che si stralciasse dalla legge delle guarentigie quelle disposizioni che si riferiscono esclusivamente alla posizione estranazionale del papato , e se ne facesse un tutto a parte ; e , in quanto all ' appannaggio annuo , lo si tramutasse in un capitale corrispondente , costituito di beni stabili inalienabili , sui quali il governo italiano s ' impegnerebbe a non prelevare in perpetuo nessuna imposta , ovvero costituito sotto altra forma indipendente dalla gestione delle finanze italiane ; e si consacrasse la parte , così stralciata , della legge delle guarentigie , mediante un formale impegno diplomatico . Confessiamo che , allo stato presente , questa ultima soluzione o , per parlare più esattamente , questo semplice miglioramento arrecato alla situazione di fatto attuale , ci sembra degno di qualche considerazione . Non siamo temerarî fino al punto di immaginare una soluzione definitiva del problema del papato . La grande istituzione del papato non è mai stata immobile , ma invece è stata costantemente in via di formazione e di progresso , nel che si rivela la sua forza prodigiosa . La sua forma esteriore è flessibile , e si rinnova sul modello delle società politiche e civili . Il governo della Chiesa cattolica fu semplice , severo , democratico nelle sue origini ; unitario cogli ultimi Cesari ; feudale , federativo e frazionato nel medio evo ; costituzionale coi concilî , vere assemblee deliberanti ; finalmente assoluto e accentrato colle grandi monarchie moderne ; chi può dire quale sarà la sua forma esterna per l ' avvenire in conseguenza dei rivolgimenti del secolo nostro ? Non si può pensare da noi che a trovar un modus vivendi . Dio farà il resto . Non sarà cosa facile indurre le maggiori potenze ad accedere ad una siffatta combinazione la quale limiterebbe , in modo tassativo , la responsabilità dell ' Italia rispetto alla indipendenza papale , per cui , mantenendo l ' Italia i proprj impegni , facilissimi a mantenere , la responsabilità di quella indipendenza verrebbe ad essere indirettamente divisa fra tutte le potenze . Esse si trovano oggi in questa ottima condizione , che , nulla facendo a proposito della questione papale , non offendono né il Papa né il governo d ' Italia . Peraltro è da ritenersi che la situazione presente anormale del papato è una cagione d ' inquietudine in tutto il mondo cattolico ; e che , se le potenze vedessero una soluzione la quale , non richiedendo che il Papa dichiari esplicitamente di accettarla senza riserve , recherebbe però un miglioramento sensibilissimo alla situazione della Santa Sede , parecchie di esse dovrebbero essere disposte ad appoggiarla . E qui si affaccia tutta l ' importanza che potrebbe avere , anche per un negoziato delicatissimo come questo , la misura del credito che il governo italiano sapesse procurarsi , per mezzo , sia di una buona politica interna , sia dei buoni rapporti che dipende da lui coltivare e di mantenere con tutte le potenze estere . Oggi ci troviamo posti in un circolo vizioso che , se non fosse rotto , prolungherebbe all ' infinito la situazione attuale reciproca del Regno d ' Italia e del papato , disastrosa per entrambi . Il sommo Pontefice non può prendere alcuna iniziativa ; è impedito dai propri giuramenti di far altra cosa che non sia il chiedere la restituzione dei suoi Stati . Le potenze , tutte amiche dell ' Italia , si guardano dall ' offendere quest ' ultima con proposte che , possono presumere , essa riguarderebbe come ingiuriose . Il governo italiano non fa alcun passo verso le medesime ; farlo col Papa sarebbe un ' utopia . Dunque ? Dunque per uscire da questa via cieca , sembrerebbe che non ci possa essere che l ' ultima indicata combinazione , da stipularsi fra l ' Italia e le grandi potenze , per la quale , da una parte , la condizione della Santa Sede verrebbe immensamente avvantaggiata in confronto di ciò che è , senza che si pretenda dal Papa alcuna ritrattazione ; dall ' altra , il Regno d ' Italia chiuderebbe diplomaticamente una questione importantissima che lo riguarda , senza alcun sagrificio di sorta . Da cosa nasce cosa . Chi non vede che un effetto immancabile di tale espediente sarebbe quello di diminuire assai la tensione dei rapporti fra l ' Italia e la Santa Sede , con fondata speranza che un giorno la tensione cessi affatto , o si riduca alle proporzioni di altri casi , in sui si verificarono dei contrasti fra il Papa e qualcuna delle potenze ? E tutto questo , lo ripetiamo , senza incontrare alcun reale sacrificio ; imperocché se l ' Italia è disposta a tener sempre a disposizione del Papa la somma annua stabilita nella legge delle guarentigie , ed a circondare il Capo della chiesa di quel rispetto , di quella inviolabilità , di quel carattere di estra – territorialità , e di quella libertà di comunicazioni col mondo cattolico , che gli assicura la legge sopraindicata , tanto vale convertire siffatti impegni interni , da cui non intende dipartirsi , e da cui non ci fu neppur uno dei ministeri di Sinistra che mostrasse di voler dipartirsi , in un atto diplomatico . Quest ' atto , essendo irrevocabile , farebbe cadere la principale delle obbiezioni che viene mossa alla legge delle guarentigie , l ' obbiezione cioè , che la sicurezza e l ' indipendenza di quel potere mondiale e sopranazionale , che è la Santa Sede , rimanga abbandonato al beneplacito mutabile dei legislatori italiani , e che i suoi mezzi di sussistenza figurino inscritti nel nostro bilancio . Non fu nostra intenzione di formulare una proposta normale . Volemmo soltanto far presente che lo scopo della legge del 13 maggio 1871 è stato di guarentire , ad un tempo , e l ' indipendenza del papato e la sicurezza futura del Regno d ' Italia ; e che quanto più indiscutibile sarà resa la prima , di altrettanto crescerà la seconda . III . Il discentramento amministrativo . Non si aspetti il benevolo lettore , che , sotto questo titolo , si passino da noi in rassegna tutti quanti i problemi della situazione interna dell ' Italia , i quali con esso si collegano . Oltreché l ' impresa sarebbe superiore alle nostre forze , intorno a molti di quei problemi è consolante poter dire che uomini assai competenti ed autorevoli hanno saputo in questi ultimi tempi spargere grandissima luce , per cui nulla saremmo in grado di aggiungere . Riguardo alle finanze , per esempio , il progresso dell ' opinione pubblica , nell ' ordine delle idee , è incontestabile , per merito di uno stuolo di valorosi che si sono dedicati allo studio del problema finanziario con un ' assiduità , con una passione , con un ' intelligenza , superiori ad ogni elogio . Si deve a loro se non c ' è ormai più nessuno che osi contestare la necessità di mantenere il pareggio fra le entrate e le spese , e per conseguenza quella di contrapporre a qualunque nuova spesa una nuova entrata corrispondente . Non c ' è più nessuno che non ammetta doversi porre un freno a nuove proposte di spese , sotto qualsiasi pretesto si vogliano , e anche si possano , giustificare . Non c ' è più nessuno che , più o meno , non riconosca , fatta eccezione di coloro , i quali per onore delle armi sono costretti di sostenere la tesi contraria , e tranne i mugnai , essersi commesso un grande errore abolendo una imposta a larga base come il macinato ; un ' imposta che , fatti bene i conti , ricadeva bensì sulle classi povere direttamente , ma indirettamente anche sulla possidenza e sull ' industria , come ogni aumento d ' imposta diretta sulla possidenza e sull ' industria si ripercuote indirettamente sugli operai di campagna e di città , e può reclamare , anche per sé , la denominazione di imposta della fame ; e ciò per effetto della legge naturale di riversabilità e di compenetrazione di tutte le imposte . Se si dovranno sostituire nuove tasse a quella del macinato , è difficile immaginare che gli effetti non abbiano ad essere risentiti da tutte le classi , nessuna eccettuata . Non c ' è più nessuno che non sia ormai persuaso che delle economie se ne possono introdurre bensì , perfezionando gli organici , ma che tutte le economie possibili non sono tali da recare un miglioramento immediato molto rilevante al bilancio della spesa , a meno che si mettesse fra le economie possibili la distruzione dell ' esercito , o una forte trattenuta sul pagamento degli interessi del debito pubblico , cose incompatibili colla sicurezza e coll ' onore dello Stato . Si dirà che queste verità , se sono ammesse generalmente , non si vede ancora che siano applicate , né dal governo , né dal Parlamento . Ciò è vero . Non si abbandonano facilmente da un giorno all ' altro le cattive abitudini . Ma è impossibile supporre che la consapevolezza , ormai penetrata in tutto il paese della realità della situazione finanziaria , non finisca per forzare la mano ai legislatori . Il paese è arrivato oggi al punto che si rassegna a pagare , purché sia indotto nella convinzione , non già da vaghe e illusorie promesse , ma da tutto l ' insieme della condotta del potere legislativo e del potere esecutivo , che non vi saranno ulteriori aumenti ; purché tocchi con mano che s ' incomincia sul serio a perequare l ' imposta fondiaria la quale , come oggi è , consacra la più flagrante violazione della giustizia distributiva ; purché si elimini ciò che esiste di vessatorio e di arbitrario nella applicazione della tassa sulla ricchezza mobile , sostituendo gli indizi alle denuncie e alle discussioni fra l ' agente fiscale e le parti , per determinare il reddito annuo del commercio , delle industrie e delle professioni . Dovrebbe perciò servire d ' incoraggiamento agli amministratori delle finanze italiane il pensiero che oramai la nazione sa di dover pagare quello che paga , vale a dire pagar molto , e che essi potrebbero diventar popolari ponendo termine soltanto a pretendere un aumento di carichi , e risparmiando un po ' di vessazioni ai contribuenti . Voti codesti modestissimi e relativamente facili ad appagare . Assicurato una volta un sopravvanzo reale di entrate , potrebbesi allora dar mano a quella riforma tributaria la quale , collegata con una corrispondente riforma amministrativa , permetterebbe ai contribuenti di sentir meno il peso della medesima somina stessa di imposte , anche mantenuta nella sua entità . Riguardo alla giustizia , l ' incongruenza delle quattro Corti di cassazione , e della soverchia moltiplicazione delle Preture con magistrati così mal retribuiti , è il discorso di tutti , e gli elementi non mancano che permettono una discussione seria sulla preferenza da accordarsi , non nell ' interesse della giustizia formale , ma della giustizia effettiva , piuttosto al sistema della cassazione che a quello della terza istanza , non che sull ' opportunità del sistema dei giurati in Italia , considerato , non già astrattamente , ma praticamente , in ordine alla sicurezza pubblica in molte provincie . Altrettanto si può dire riguardo a molti argomenti relativi ai lavori pubblici , alla sicurezza pubblica , ed all ' istruzione pubblica i quali , già profondamente studiati , si presterebbero ad essere discussi con criterî superiori allo spirito di parte , tostoché lo spirito di parte , cessando dall ' invadere ogni cosa e dall ' imprimere un carattere di parzialità ad ogni deliberazione del Parlamento , non sarà più un ostacolo ad un serio lavoro legislativo . Piuttosto ci arresteremo sopra due soggetti , intorno ai quali corrono ancora molti equivoci e pregiudizî ; intendiamo alludere al discentramento amministrativo e alla riforma elettorale . Che la questione del discentramento non sia una questione di partito , lo dimostra il fatto che , or sono otto anni , si costituì , per iniziativa del conte Ponza di San Martino e dello scrivente , una commissione reclutata in tutti i campi politici e in tutte le regioni d ' Italia . Ne facevano parte , fra gli altri , i senatori Alfieri , Benintendi , Cambray – Digny , Casaretto , Cantelli , De Gori , Magliani , Perez , Pasolini , Scialoja , Tabarrini , e i deputati Berti Domenico , Englen , Mordini , Pianciani , Corte , Puccioni , Lacava , Ferracciù , Seismit – Doda , Restelli ecc . , coll ' intento di studiare quel problema . Si tennero quindici sedute , si scoperse che i dissensi in seno alla maggioranza della commissione si riducevano a poca cosa , si discussero e si formularono varie proposte ; ma la salute malferma del presidente , il conte Ponza di San Martino , la difficoltà materiale di tener riuniti in Firenze , per un tempo sufficiente ad un lavoro sterminato , tanti uomini domiciliati ed occupatissimi nelle rispettive provincie , furono le cagioni per le quali gli studî venissero interrotti , e che non si giungesse ad alcuna conclusione definitiva , rimanendo però negli animi di tutti la convinzione che questo discentramento non era cosa temibile , né nell ' interesse della patria , né in quello d ' alcun partito , e che non era di difficile attuazione . Che male non ci apponemmo , nel presente scritto , stabilendo una distinzione fra i partiti presi collettivamente e gli uomini che li compongono , lo si può argomentare anche da questo che la Destra , presa collettivamente , ha sempre avversato il discentramento , ravvisando in quel concetto un pericolo per l ' unità d ' Italia , eppure racchiudeva nel suo seno discentratori dichiarati e di elevatissimo ingegno e provato patriottismo , basti citare l ' onorevole Minghetti ; e la Sinistra , presa collettivamente , ha inscritto quella parola sulla sua bandiera , e conta non pochi discentratori fra i suoi adepti , ma , ottenuta la vittoria , non ha discentrato nulla , e non ha più nemmeno parlato se non vaporosamente , di questo assunto . Il discentramento si può concepire sotto forma istituzionale e sotto forma territoriale ; la forma territoriale poi può riferirsi , tanto all ' organismo della amministrazione governativa , quanto alle rappresentanze degli interessi locali . La cagione per la quale hanno potuto spargersi idee tanto erronee circa a quel concetto , si è che fra noi si suol confondere assai facilmente , l ' una coll ' altra , quelle forme e quelle applicazioni del discentramento . La forma istituzionale si può chiamare l ' ultima parola della civiltà moderna ; ma finora le sole nazioni anglo – sassoni l ' hanno saputa attuare . Presso quelle nazioni , lo spirito dell ' autogoverno è , per così dire , nel sangue . Incomincia dall ' individuo e dalla famiglia . Le principali funzioni della vita pubblica che sussistono per forza propria organica , che si alimentano da sé , secondo la stregua della interessenza rispettiva delle persone che vi partecipano , che si eleggono liberamente i propri capi , che votano il proprio bilancio , che rimangono entro la sfera d ' efficienza determinata dalla loro ragione d ' essere , è un ' ideale attuazione del quale ogni buon Italiano deve desiderare per il proprio paese , e deve sperare che divenga possibile un giorno ; e che la speranza non sia irragionevole , lo si desume da alcuni fatti di discentramento istituzionale che già esistono nel nostro paese , ci basti citare , fra gli altri , l ' istituzione della cassa di risparmio di Milano . Sfortunatamente però esso suppone una strabocchevole abbondanza di forze economiche , morali , intellettuali e sociali , e di predisposizioni storiche , che noi siamo ancora lontanissimi dal possedere . Coloro che vagheggiano per l ' Italia odierna un ordinamento simile , mostrano di non essere stati nel mezzogiorno , e di conoscere poco anche il settentrione del nostro paese . Non bisogna dimenticare che siamo tutti usciti ieri soltanto dall ' assolutismo , e che già da tre secoli furono distrutti nella nazione nostra i germi di ogni autogoverno e d ' ogni autonomia istituzionale , che le età precedenti avevano sparso . In Italia non si può pensare per ora che a un discentramento territoriale , il quale si può effettuare , come già dicemmo in due modi ; nell ' ordinamento dell ' amministrazione governativa , cioè , e in quello delle rappresentanze degli interessi locali . Esaminiamo a parte ciascuno di questi due modi . L ' organismo della amministrazione governativa si presenta in Italia sotto l ' aspetto di un accentramento che non ha l ' eguale in nessun paese , nemmeno in Francia , che è pure la terra classica degli accentratori . Tutto fa capo in Italia ai dicasteri centrali . Tutto è regolato , assorbito , dal potere centrale , fino nei più minuti particolari ; gli uffici che rappresentano il governo nelle località , non possono nulla ; privi di potere e di responsabilità , non fanno che trasmettere al centro le petizioni , e ricevere dal centro , per trasmettere agli amministrati , i responsi dei dicasteri ministeriali , onniscienti , onniveggenti , onnipossenti . Quante complicazioni ! quanti giri e rigiri dal centro alle località , per avere schiarimenti , informazioni ; dalle località al centro , per far prevenire reclami , proteste , rettifiche ! Quanti intoppi ! Quante spese inutili ! Quanto perditempo ! Abbiamo descritto le conseguenze di questa mostruosità al contatto col potere parlamentare . Gli amministrati che hanno qualche affare , o bisogna che intraprendano un viaggio alla capitale , o che si rivolgano al rispettivo deputato . Se questo deputato è d ' un altro partito , o bisogna lasciar che ne soffra l ' interesse , o commettere un atto poco decoroso per il sollecitante e per il sollecitato . Ora , quale difficoltà e pericolo vi sarebbe se il governo nazionale diventasse un po ' più vivo ed efficace nei suoi organi locali , almeno quanto lo è in Francia , che è tutto dire , o quanto lo era nel primo Regno d ' Italia , investendo i suoi uffizî nelle provincie , di più ampie facoltà e di una corrispondente maggior responsabilità verso il potere centrale , affinché i cittadini trovino presso di sé , più immediata , più pronta , e più illuminata rispetto alle condizioni locali , la giustizia amministrativa a cui hanno diritto ? E quale pericolo vi sarebbe se si abolisse il controllo preventivo sui mandati , oggi affidato alla Corte dei conti ? Per non ripetere ciò che lo scrivente ha avuto l ' occasione di sostenere altre volte rispetto al discentramento , egli ama lasciar la parola al deputato Allievi , il quale , dopo essere stato prefetto alcuni anni , e sebbene aderente ad un ministero di Sinistra ( il quale però non fu indotto per questo a dargli retta ) non esitava a proclamare , rivolgendosi a proprî elettori , che questa facoltà del controllo preventivo , non compete alla Corte dei conti , o a qualsiasi altra istituzione analoga , in nessun grande Stato d ' Europa ; che il controllo preventivo sui mandati , quale è da noi , non esiste se non nel piccolo Belgio , paese che , per le sue condizioni geografiche e la sua concentrazione ferroviaria , si può dire tutto rinchiuso in un pugno ; che il controllo preventivo sui mandati , obbligando ogni menomo affare che importi spesa , ad affluire al centro , è uno dei fattori massimi della centralità amministrativa . Né si deve credere , soggiungeva egli ottimamente , che le garanzie nella erogazione del pubblico denaro siano per questo maggiori . Di tanto si ingrandisce il controllo preventivo , di altrettanto scema l ' efficacia del controllo consuntivo ; e sopratutto si annulla la responsabilità dei funzionarî pubblici . Non è ignoto a nessuno , infatti , che la cura più assidua e più ingegnosa pei ministeri è di far passare gli atti al controllo preventivo della Corte dei conti . Quando si è passati attraverso a quella filiera , si può vivere tranquilli ! La Corte dei conti , non vorrà , nel periodo di revisione consuntiva , disdire quello che essa ha detto nel periodo del controllo preventivo . La Corte dei conti è di sua natura diffidente ; cerca vedere il fondo delle cose ; e ci arriva assai spesso ; ma anche in molti casi non vede , e respinge od accetta fuor di ragione . Quanto è più serio , più temuto il controllo successivo , quando il funzionario pubblico deve unicamente consultarsi colla propria coscienza e colla propria responsabilità , per mettersi in regola con quelli che devono poi giudicare i suoi atti ! L ' assenza del controllo preventivo sui mandati permetterebbe di delegare molti fra gli atti amministrativi ai poteri locali , agli ufficî delle provincie , in modo che tali atti vi fossero condotti , senz ' altro , al pieno loro compimento . L ' on . Allievi ha voluto pigliare un caso pratico , un esempio , da un paese che ha fama di essere molto accentrato , dalla Francia , esaminando un servizio del ramo lavori pubblici : Strade nazionali , manutenzione di porti e di fari . Votato il bilancio dal Parlamento , il ministro dei lavori pubblici ripartisce le somme dei capitali relativi in altrettanti crediti aperti agli ingegneri – capi dei dipartimenti , ai prefetti . E questi fanno contratti , sorvegliano , liquidano , pagano ; solo che , appena compiuto un atto amministrativo , debbono tosto ragguagliare , non solo il ministero , ma la stessa Corte dei conti , la quale segue , con il suo controllo consuntivo , assai davvicino tutti gli atti della amministrazione . Tutto si compie nella provincia ; il cittadino ha davanti a sé l ' amministratore ; non ha d ' uopo di cercarlo lontano . Quanta maggior rapidità , quante semplificazioni , quante ingiustizie di meno ! Resta ben inteso che l ' organismo governativo locale dovrebbe essere completo nella parte amministrativa e nella finanziaria , affinché i diversi uffici tra loro si assistessero , e anche non mancassero le controllerie tra gli stessi ufficî locali . E ciò si potrebbe ottenere facilmente . Il bilancio votato dal Parlamento dovrebbe , per le spese stabilmente determinate da leggi o regolamenti , e per le somme di minore rilievo tradursi in bilanci governativi di ciascuna circoscrizione amministrativa ; e un ' autorità politica , una di finanza , e una di controllo soggetta alla Corte dei conti e indipendente , tutte con residenza nella circoscrizione , potrebbero aver la gestione autonoma del bilancio locale di quella . Queste considerazioni dell ' on . deputato di Macerata ci sembrano assennatissime . Non invano la sua qualità di prefetto lo ha messo a contatto colla realtà . Come si vede , non si tratta di una instauratio ab imis fundamentis , bensì soltanto di una migliore distribuzione di lavoro il quale , previe alcune modificazioni nelle istituzioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti , potrebbe essere compiuto dal medesimo personale d ' oggidì , solo che questo in parte dovrebbe disertare i ministeri della capitale per trasmigrare nelle provincie . In tutte le provincie ? Ecco un grave scoglio . Le provincie sono 69 . Essendo così numerose , si avrebbe bisogno di un aumento di personale governativo , il quale è già esuberante . Come rimediare a questo inconveniente ? Alcuni ci hanno già pensato . Sopprimiamo , dicono essi , le piccole provincie , e riduciamole al numero di 25 al più . Non conveniamo in questa opinione . Le provincie devono rimanere , come oggi sono , fornite dei medesimi ufficî presso a poco , che oggi hanno . Il sopprimerle desterebbe un malcontento che devesi evitare . Per ragioni d ' economia , e nell ' interesse della buona amministrazione , gli organi del potere centrale distaccati dalla capitale allo scopo di poter funzionare localmente , dovrebbero essere , a nostro avviso , principalmente regionali . La parola regione fa sopra molti un effetto che somiglia a quello che produce un panno rosso sventolato davanti agli occhi di un toro . Ciò non toglie che sia stata fatta , proprio in Italia , la celebre formola : – governare da lontano , amministrare da vicino – nella quale formola sta il fondamento di una buona amministrazione in ogni vasto Stato . Ciò non toglie che , essendo l ' Italia indelebilmente regionale , sebbene indissolubilmente cementata nell ' unità politica , l ' espansione naturale della sua vita economica , sociale ed intellettuale , ha fatto sì che oggi , in essa , le regioni esistono più che mai , economicamente , socialmente ed intellettualmente . Le quali regioni del resto non corrispondono sempre alle vecchie divisioni politiche . Tanto è vero che , p . es . , l ' antico reame napolitano al di qua dal Faro , si va sempre più scomponendo in quattro , o per lo meno in tre , regioni . Ormai si può dire che , tranne nell ' Annuario officiale e nella distribuzione degli ufficî governativi , Milano non è mai stata così completamente la capitale della Lombardia come lo è oggidì , né Torino dell ' antico Piemonte , né Firenze della Toscana , né Napoli delle provincie napoletane del Tirreno , ecc . Ma v ' ha di più , e questo è il peggio . Il regionalismo , espulso ufficialmente dagli ordini dell ' amministrazione , nei quali lo Stato , se si servisse di questa forza per i suoi scopi , otterrebbe tanti vantaggi , il regionalismo , diciamo , poiché esiste né si può sopprimere , è penetrato di contrabbando e si è assiso , senza pudore , nel luogo d ' onde avrebbe dovuto rimanere sempre espulso , cioè nel Parlamento della nazione ; ed oggi la fa da padrone , e discute e decide , con criteri propri , e quindi affatto regionali , dei grandi interessi e del governo della nazione . Questa violenza commessa a danno dell ' Italia reale , la quale si vendica colle armi fornitele dall ' Italia legale , incomincia a destare l ' attenzione degli uomini più eminenti nelle stesse provincie meridionali , dove un tempo perfino la parola regione incontrava tante ripugnanze nel partito liberale . L ' onor . Bonghi ebbe a dire , in un recente discorso , che la forza d ' Italia risiede nella prosperità delle sue regioni ; e l ' onor . De Sanctis così si esprimeva non è molto tempo : " L ' Italia , signori , non è un ' astrazione ; è la casa , la famiglia , il comune , la provincia , la regione ; e chi si sente fortemente legato a questi interessi , quello può sentire l ' Italia . Non faccio colpa all ' Italiano del Piemonte di essere buon piemontese , all ' Italiano di Toscana di essere buon toscano , all ' Italiano di Sicilia di essere buon siciliano . Dico a voi , se volete essere buoni Italiani , cominciate con esser buoni napoletani . Triste l ' uomo solo , senza legami , con l ' Italia innanzi , un ' Italia astratta , un ' Italia da accademia e da scuola . Più la mia anima è piena , più mi commuove il nome della mia famiglia , del mio paese nativo , della mia provincia , della mia regione , io più mi elevo , più sento vibrare in me l 'Italia." Or bene , se questa benedetta regione c ' è e rimane , checché si faccia per distruggerla , perché mai l ' Italia ufficiale non imita Maometto , il quale avendo intimato ad una montagna di venire da lui , e questa non movendosi , esclamò , da quell ' uomo di spirito che era : ebbene , anderò io verso la montagna ? L ' Italia ufficiale , perché mai non potrebbe approfittare di questa distribuzione delle provincie in naturali regioni , per insediare nelle metropoli naturali di queste regioni , dove già convengono spontaneamente gli affari delle provincie circostanti , le direzioni distaccate dai dicasteri centrali , per ciascuno dei principali servigi , incominciando da quello dalla pubblica sicurezza ? L ' argomento è troppo vasto perché ci sia possibile esaurirlo in poche pagine . Ci basti averne dato un cenno che valga a mostrare che , mediante alcune riforme , di cui poche per legge , il resto per decreti reali , si potrebbe ovviare ad una gran parte del malcontento amministrativo , soddisfare gli interessi locali dei cittadini , senza alterare le attuali circoscrizioni , senza scapito , né della forza , né del prestigio del governo centrale , il quale non cesserebbe di essere il governo centrale , anche delegando , sotto la propria responsabilità , alcuni suoi poteri a funzionarî lontani , come oggi ne delega a funzionarî vicini . Lo scrivente , essendo ministro dei lavori pubblici nel 1860 , ordinò il servizio dei telegrafi e quello delle poste , regionalmente ; e nel 1865 presentò una proposta per applicare il sistema regionale al genio civile . Che se la posizione degli impiegati e sopratutto le norme pei loro traslocamenti , dei quali tanto si è abusato in questi ultimi tempi , con criterî affatto partigiani , fossero meglio determinate per legge , vigilate e controllate , da un ' autorità irremovibile estraparlamentare , i fomiti , descritti a suo luogo , di regionalismo politico , cesserebbero forse del tutto . È stata una vera disgrazia quella che , nei primordi del Regno , quando si trattò di creare il nuovo assetto amministrativo , anziché il sistema francese e il belga , non si sia preso , per norma , l ' austriaco , sistema discentratore , eppure semplice e poco spendereccio . Il grande argomento che si fece valere in quel tempo , è che ai Veneti , tuttora viventi sotto la dominazione austriaca , non conveniva far vedere che si seguivano le pedate dei loro dominatori ; quasiché per questo i Veneti dovessero trovarsi meno disposti a riunirsi alla grande famiglia italiana ! Ma tant ' è ; l ' influenza dei pregiudizi nello ordinamento del nuovo Stato , meriterebbe uno studio a parte , e riuscirebbe molto istruttivo il verificare con quale cifra di milioni quei pregiudizî figurino direttamente o indirettamente nel gran libro del debito pubblico ! A questo discentramento territoriale dell ' amministrazione governativa , potrebbe aggiungersi come abbiamo già avvertito , l ' altro discentramento , quello cioè delle rappresentanze degli interessi locali . Ci sono molti , i quali , quando sono invitati ad uscire dalle nebulosità in cui tengono avvolto il concetto che si formano da discentramento , hanno sempre in bocca : dobbiamo accordare la massima autonomia , e maggiori attribuzioni , al comune e alla provincia . Or bene , a noi sembra che , in quanto ad autonomia , provincia e comune ne hanno , presso a poco , quello che loro occorre ; e in quanto ad attribuzioni , quello ch ' essi sono in grado di sopportare , colle forze intellettuali ed economiche di cui dispongono ; anzi ci sembra che i comuni piccoli ne hanno troppe , e che sia stato un errore quello della legge vigente , di parificarli ai grandi . La questione non è questa , è un ' altra . Ogni discentramento che non sia istituzionale , non ha serietà in Italia se non è regionale , per il solo fatto che la maggior parte delle attuali provincie , isolatamente , scarseggia troppo di mezzi e di personale per assumere incombenze molto più estese di quelle che oggi disimpegna . Le regioni invece posseggono siffatti requisiti . Molte spese collettivamente sarebbero minori e verrebbero eseguite meglio . Esistono interessi , i quali non sono niente affatto nazionali , ed hanno un carattere perfettamente locale ; si riferiscono questi a ' lavori pubblici , alla istruzione pubblica , al commercio , alla industria , alla agricoltura , alla selvicoltura , alle miniere , alla navigazione ; ma sono troppo vasti per poter essere appagati da una sola provincia ; perciò vanno ad accrescere il lavoro governativo sotto la controlleria del parlamento . Invece parecchie provincie associate , sarebbero in grado di assumere tali incombenze , qualora lo Stato lasciasse a loro la disposizione delle somme da esse oggi versate , a tal uopo , nelle casse erariali . Finché alcune provincie del mezzogiorno si credevano in diritto di reclamare dalla nazione che questa , per ragioni di giustizia distributiva , assumesse le spese occorrenti per fornirle di certe opere , le quali , se non erano di utilità nazionale , convenivano a parecchie di esse , si poteva comprendere facilmente la ripugnanza delle medesime ad ammettere il principio che le provincie associate , e non la nazione tutta , assumessero quell ' onere . Ma oggi , dopo che è in corso di esecuzione la legge per le strade obbligatorie , dopo che si sono stanziate nei bilanci tante spese per porti secondarî , dopo la votazione del recente provvedimento sulle ferrovie , leggi tutte le quali , buone o cattive che siano , devono essere attuate , quella ripugnanza non dovrebbe aver più fondamento . La situazione delle finanze è tale , che guai se non si ponesse un freno alle spese che non riguardano interessi nazionali ! È necessario che d ' ora in avanti , meno eccezioni straordinarie a favore di interessi puramente locali , intorno alle quali deciderà il Parlamento , i singoli comuni , le singole provincie , non ricorrano all ' erario nazionale per ottenere ciò che sarebbe utile ad esse soltanto , ma che se lo procaccino da sé ; e che quando l ' utilità di tali spese si estende a parecchie provincie , ci pensino , nella misura della interessenza rispettiva , le provincie associate . Or bene , le provincie associate non costituirebbero forse appunto una regione ? e questa associazione non potrebbe forse ricevere un organismo ? – Un parlamentino regionale ! Dio ne guardi ! – Ci sembra sentir esclamare . No , non ci sarebbe bisogno di un parlamentino regionale . Basterebbe che le singole Deputazioni provinciali di una data regione , incaricassero ciascuna , due o tre dei proprî colleghi a convenire insieme con quelli delle altre , per deliberare intorno alle spese da farsi in comune , salva l ' approvazione dei rispettivi Consigli provinciali . In piccola scala imiterebbero l ' esempio delle Delegazioni austro – ungariche . Così potrebbe essere attuata la rappresentanza degli interessi regionali , a scarico delle incumbenze del Parlamento , con probabilità che a quegli interessi venga provveduto meglio . Oggi per esempio , un interesse evidente e sacrosanto , comune a tutte le provincie piemontesi , può andar sagrificato per una coalizione parlamentare di siciliani , di toscani e di veneti , o viceversa . Per sventare siffatto pericolo i deputati piemontesi devono venire a patti con quelli di altre regioni ; e siccome tali patti si fondano sempre sul principio : do ut des , facio ut facias , così chi finisce ad andarci di mezzo , è l ' erario nazionale . Se si entrasse in questa via , solo allora sarebbe lecito sperare che le sessioni del Parlamento possano durare non più di pochi mesi , che il Parlamento non si abbia ad occupare d ' altro che degli interessi nazionali , che i deputati sollecitatori ricevano lo sfratto , e che nessuno più venga a domandare in quale provincia sia nato un consigliere della corona , per sapere se si deve combatterlo od appoggiarlo . Altrimenti temiamo che , più o meno , saremo sempre da capo cogli inconvenienti del parlamentarismo italiano . L ' Italia ha bisogno di un governo forte , forte entro la sfera delle attribuzioni che gli assegna lo Statuto , e capace di durare senza aver bisogno di ricorrere ad indecorose compiacenze verso interessi che non sono quelli della nazione ; ma non lo avrà mai questo governo forte , finché il potere centrale non venga esonerato da una infinità di minute incombenze che lo screditano , lo inceppano , lo affogano , e aprono la via alle ingerenze indebite della politica nella amministrazione . Anche liberati da molte incombenze minute , tutti i dicasteri centrali , avrebbero abbastanza da fare . A quelli che dipendono , prendiamoli come un esempio , dal ministero d ' agricoltura e commercio , resterebbe sempre un campo abbastanza vasto per mettere alla prova lo spirito di iniziativa di un ministro operoso , circondato da uno stato maggiore poco numeroso , ma ottimo , e per giustificare la presenza di lui nei consigli della corona . E ciò valga anche per altri ministeri . IV . La riforma elettorale . Veniamo ora alla questione della riforma elettorale . Ci sembra che , al pari di quella del discentramento , si presenti essa pure , nello stato attuale d ' Italia , come un argomento superiore ai partiti . Infatti , una riforma della legge elettorale , quando apparisca chiaro che la legge vigente non risponda allo scopo di fornire al paese , quale esso è costituito in realtà , il modo di esprimere fedelmente il proprio pensiero politico , e che la riforma da introdursi si debba limitare unicamente a conseguire siffatto scopo , non potrebbe essere avversata da nessun partito serio . Gli effetti delle riforme di questa specie , per poco che siano profonde , sono sempre una grande incognita . L ' esperienza di altri paesi c ' insegna che talvolta l ' innovazione introdotta finì per rivolgersi contro coloro che l ' avevano promossa . Ma c ' è sempre questo di buono , in una riforma che risponda allo scopo , che essa , cioè , fornisce la certezza ad ogni partito che abbia solide basi nel paese , di poter fare assegnamento anche sopra un ritorno verso lui del pubblico favore , quando questo lo avesse abbandonato . E invero il numero degli elettori inalterabilmente fedeli ad un partito è scarso dovunque . La grande massa dei medesimi suol funzionare da bilanciere e propendere piuttosto in un senso che in un altro , secondo che il momento in cui è consultata , essa giudica più utile al paese che prevalga piuttosto questo che quel partito . Se ciò non fosse , o i wigh o i tories si perpetuerebbero al governo . Se non che ci sembra che in Italia , da quando è stato messo sul tappeto il problema di una riforma elettorale , si sono manifestate due preoccupazioni opposte , le quali è a desiderarsi , a nostro avviso , non finiscano ad avere il sopravvento né l ' una , né l ' altra . Molti uomini della Destra ( malgrado il brutto tiro che ha fatto loro il sistema elettorale vigente , nel 1876 ) , non che dei Centri , hanno in grandissima diffidenza ogni mutamento a quel sistema , salvo che fosse di poca importanza , come p . es . , sarebbe il far discendere a 21 anni il limite d ' età voluto per l ' esercizio di esso diritto . Malgrado alcuni inconvenienti , la legge attuale ha questo di buono , secondo essi , che , presumibilmente , assicura il predominio a quella minoranza più colta del popolo italiano che ha preparato e compiuto la rivoluzione italiana . Se l ' applicazione di questa legge , in questi ultimi anni , si rivolse contro la Destra , siffatto sfregio inflittole sarà probabilmente passaggero . Dunque perché farne getto ? Ad avvalorare siffatta tesi , si mettono avanti due argomenti . In primo luogo , si dice che una vera agitazione nel paese a favore di un allargamento del diritto , non si è scorta finora ; in secondo luogo , che uno dei fatti politici più salienti che hanno richiamato finora la pubblica attenzione , è la scarsezza del numero degli attuali elettori inscritti che sogliono presentarsi alle urne , dal che si deve indurre che la base del diritto elettorale vigente è già fin troppo larga . Nella Sinistra invece si è sempre parlato di allargamento di base , e s ' invocava persino il suffragio universale diretto . Però in questi ultimi anni , una gran parte di essa finì per riconoscere che qualche restrizione era necessaria , e si ventilarono parecchi progetti in cui erano ammesse le categorie ; solo che , secondo tali progetti , la legge dovrebbe essere congegnata in modo da assicurare il predominio a quelle classi nelle quali è probabile che il partito recluterà il maggior numero di seguaci . S ' intenderebbe insomma di istituire una specie di oligarchia delle così dette capacità , con poco riguardo al censo , ossia a quelli che pagano . Coloro che avranno seguìto fin qui i ragionamenti svolti nel presente scritto , sono già in grado di scorgere le ragioni che c ' impediscono di associarci a coloro che vorrebbero conservata integralmente l ' attuale legge elettorale . Questa era perfettamente giustificata come una necessità nel periodo della lotta per l ' esistenza nazionale , durante la quale una minoranza aveva dovuto assumere ed esercitare una specie di dittatura patriottica . Ma , giunto il periodo del consolidamento dell ' opera compiuta è d ' uopo che sia ammesso a partecipare alla cosa pubblica il maggior numero di coloro che sono capaci di contribuire a consolidarla . Ora , se la creazione richiedeva un grado di cognizioni politiche e di iniziativa patriottica che solo certe classi potevano dare , il consolidamento si effettua sopratutto col lavoro più modesto di quei membri del consorzio civile , i quali recano ogni giorno la loro pietra all ' edifizio nazionale , e sebbene , né ricchi , né dotti , sono però forniti di una idoneità sufficiente a valutare la portata dei loro atti in relazione colla cosa pubblica . Allargare la base dell ' elettorato politico in questa misura , equivale a rendere più robusto l ' edificio dello Stato . Oggi il numero degli elettori politici inscritti non è che poco più di un mezzo milione , per una nazione di 27 milioni d ' abitanti ; il che significa la base elettorale più ristretta che oggi si conosca nei paesi liberi , salve poche eccezioni che il nostro amor proprio ci vieta d ' invocare . Sopra un numero così ristretto , ogni specie di pressioni illecite e di corruzioni si possono tentare con successo ; e non devono recar stupore i verdetti talvolta artificiali delle urne . Che se non si scorge alcuna agitazione nel paese a favore di un allargamento del diritto elettorale , ciò non ci sembra gran fatto concludente . Non c ' è stata agitazione nemmeno per ottenere la legge oggi vigente . Fu ricevuta quale venne decretata , come se ne sarebbe accettata una che fosse stata diversa . I plebisciti si riferivano all ' unità d ' Italia , alla dinastia di Savoia , allo Statuto ; queste erano idee chiare ; non già alla legge elettorale . Non è dunque col criterio della maggiore o minore agitazione pubblica per averla , che bisogna giudicare se una innovazione nell ' elettorato , sia da introdursi o no . Bensì bisogna cercare se l ' innovazione sarebbe utile , o no , allo Stato . Si ammette generalmente che il paese è oggi politicamente ammalato , e che ai buoni patrioti spetta di far da medici . Ora , che cosa si dovrebbe pensare di un medico il quale dicesse di non poter somministrare il tale rimedio salutare , solo perché l ' ammalato non glielo indica ? Se si avesse ragione di parlar così , non occorrerebbero i medici , basterebbero i farmacisti . Riguardo all ' altra obbiezione , della scarsezza dei votanti alle elezioni politiche , questo fatto deriva da molte cause , fra le altre dalla sfiducia che è andata sempre più diffondendosi nel paese , e dalla naturale pigrizia , che è un fenomeno affatto individuale , e che è comune a tutte le classi . Ammettendo che la pigrizia oggi dominante persista nel ceto elettorale , e che , anche dopo l ' allargamento del diritto elettorale , si conservi l ' attuale proporzione fra i votanti e gli inscritti , ci sarà sempre questo di guadagnato che la rappresentanza nazionale sarà eletta da un numero assoluto di votanti maggiore di prima . D ' altronde l ' allargamento del suffragio è una di quelle questioni che si ponno differire , ma se una volta sono poste , è pericoloso lasciarle troppo trascinare , perché sembrano fatte apposta per fornir pretesti alle agitazioni , anche quando le agitazioni a quel proposito non sorgono spontaneamente . Se queste ragioni c ' inducono a considerare come uno dei criteri conservatori di governo e non di partito , che si ammetta una riforma elettorale , è naturale che dobbiamo dichiararci di gran lunga più avversi ancora a tutti i progetti di riforma tendenti a falsificare sempre più , a beneficio di uno scopo di partito , l ' espressione del sincero voto del paese quale questo è costituito . Ci asteniamo dal discorrere dello scrutinio di lista e della rappresentanza delle minoranze , due argomenti degni d ' esame anch ' essi , ma la di cui importanza è maggiore o minore secondo i fondamenti dell ' elettorato che s ' intende adottare . Ma quali potrebbero essere dunque i fondamenti dell ' elettorato ? L ' indole di questo scritto ci dispensa dal formulare una concreta proposta , ma ci impegna ad indicare i criteri a cui si dovrebbe , a nostro avviso , ricorrere per formularla . I fondamenti di una riforma elettorale politica , quando l ' elettorato non abbia un carattere storico , come è il caso dell ' Inghilterra , possono essere , o naturali , o artificiali . Il fondamento più naturale è sembrato a molti consistere nel suffragio universale diretto . Ora , se c ' è un sistema elettorale , il quale sembra immaginato al solo intento di rappresentare il mondo al rovescio , è precisamente quello , tranne il caso di alcune società di costumi patriarcali , ovvero di popoli in formazione sopra un suolo vergine per effetto di emigrazioni da altri paesi . E per verità , nel regime del suffragio universale non si tiene conto della realtà . Invece di partire dai fatti , si immagina una teoria estraumana . Cesserebbe di rappresentare il mondo al rovescio solo quando tutti gli uomini fossero parificati , non già nel saper leggere e scrivere , che è l ' istrumento del sapere e non il sapere , ma anche nella coltura , nei servigi resi al paese , nel merito , nelle condizioni di famiglia , e quando , soppresso il diritto di proprietà , il capitale , e l ' iniziativa individuale nell ' industria e nel commercio , tutti i cittadini contribuissero in egual misura ai pubblici pesi . Ma , preso il mondo come oggi è , il buon senso si rivolta al pensiero che non ci debba essere la minima proporzione fra i diritti e i servigi , che quelli i quali più contribuiscono alla cosa pubblica non abbiano maggiori titoli al potere sociale , che i cittadini i quali danno più alla Società della loro virtù e intelligenza , della loro fortuna e del loro lavoro , non debbano partecipare di più al governo . No , dacché siamo stati risparmiati da questo malanno , teniamolo lontano , radicali , liberali , conservatori , retrivi , e quanti viviamo in Italia . Nei paesi dove è stato introdotto , i suoi effetti si vedono alquanto attenuati da circostanze speciali , p . es . , negli Stati Uniti d ' America , dove la società è ordinata istituzionalmente e lo Stato non è che una delle tante forze sociali ( e , diciamolo fra parentesi , la sola forza sociale che funziona male ) ; nell ' Impero Germanico , dove la società non è passata attraverso al crogiuolo livellatore della rivoluzione francese , e presenta poderose basi istoriche ; in Francia , dove l ' abbondanza della ricchezza economica suddivisa ha creato un fitto intreccio di interessi , i quali , finora almeno , hanno fatto argine allo straripamento del proletariato ignorante . Però le menti più liberali e più elevate di quei paesi si mostrano grandemente impensierite degli effetti di quel sistema , nel timore che alla lunga abbia a far capo ad una nuova barbarie . In Italia dove non esiste , né ordinamento istituzionale , né poderosi basi storiche nella società , né un fitto intreccio di interessi economici , se si introducesse il suffragio universale , all ' indomani , la barbarie , il caos , sarebbero alle porte . Invece ci sembra non riescirebbe contrario al buon senso che si distinguesse la fonte del diritto elettorale dall ' esercizio di questo , e si ammettesse che la fonte del diritto risieda in ogni cittadino adulto , ma che l ' esercizio abbia ad esserne ordinato in modo da atteggiarsi alle realità dei fatti sociali esistenti . Ciò si potrebbe ottenere in molte maniere . Ne citeremo due sole . L ' una sarebbe il sistema della elezione a due gradi , che è oggi praticato in parecchi fra i paesi più colti . Secondo quel sistema , il suffragio universale non elegge i rappresentanti della nazione , ma designa soltanto gli elettori che dovranno eleggere quei rappresentanti . Se è assurdo attribuire a tutti la stessa facoltà di eleggere immediatamente coloro , nelle cui mani sono riposti i più alti interessi della patria , non lo è il presumere che tutti siano in grado di decidere quale fra le persone che conoscono sia meglio d ' ogni altra adattata ad esercitare un mandato di fiducia , come quello di eleggere un rappresentante . Anche l ' uomo più rozzo , nella sua ingenuità , raramente s ' inganna quando giudica delle qualità morali di una persona che conosce . Al suffragio universale pertanto non si domanda che quello che può dare utilmente ; e siccome non viene impedito a nessun elettore di primo grado di essere anche eletto elettore di secondo grado , ed a nessun elettore di secondo grado di essere eletto rappresentante , e a nessun rappresentante di diventar ministro , così la parificazione potenziale di tutti rispetto al diritto elettorale , risulta completa . È la legge della selezione applicata alla materia elettorale . Come si vede , la differenza fra il suffragio universale diretto e l ' indiretto , in diritto pubblico , equivale alla differenza che ci sarebbe , in diritto privato , fra un codice civile che concedesse a tutti il diritto di avere un eguale possesso , e i codici vigenti d ' Europa , i quali concedono a tutti il diritto di poter possedere sotto certe condizioni determinate della legge . Il suffragio per censo invece , equivale , in diritto privato , alla esclusione di ogni individuo di una classe dalla facoltà di poter possedere , solo perché appartiene a quella classe . Oggi in Italia l ' elezione a due gradi esiste in fatto , ma in senso inverso . I prefetti , le sette , il giornalismo , i comitati elettorali , si costituiscono a modo di elettori di secondo grado , di uomini di fiducia ; scelgono essi il rappresentante , e poi si rivolgono agli elettori di primo grado , perché lo confermino e rendano legale la nomina . Col sistema in discorso non si lascerebbe che gli elettori di secondo grado , gli uomini di fiducia , si nominino da sé , come oggi avviene , talvolta con pochissima modestia e non senza petulanza , ma sarebbero scelti e nominati immediatamente dagli elettori di primo grado . L ' altro sistema sarebbe l ' elezione per classi , come avveniva nell ' antica Roma , e avviene oggi nell ' Impero d ' Austria . La classificazione più naturale peraltro , ma non ci consta che venga oggi applicata in alcun paese , sarebbe quella per cui ad ogni cittadino adulto venisse conferito il diritto ad un voto , ma a questo voto unitario ne potesse aggiungere tanti quanti corrispondono alle diverse qualifiche che possono riunirsi in lui e che accrescono il suo reale valore sociale . Un uomo pertanto potrebbe aver un voto politico come cittadino adulto , un altro come capo di famiglia , un terzo come possidente , un quarto come professionista , un quinto come membro di un ' accademia , un sesto come consigliere comunale ecc . , e disporre così di otto o dieci voti . Il Conte di Cavour e il suo mozzo di stalla concorrerebbero egualmente all ' elezione , ma il primo con quindici o venti voti , l ' altro con uno solo . Veniamo ora a parlare dei fondamenti artificiali , ossia delle categorie di censo e di capacità . La determinazione dei confini di queste categorie ha sempre qualche cosa di arbitrario a cui non si può rimediare . Oggi , per esempio , si richiede che si paghi 40 lire d ' imposta per essere elettore politico . Or bene , si può domandare qual differenza esiste nella mente del legislatore fra un uomo che paga 39 lire di imposta e uno che ne paga 40 ? eppure il primo è escluso . La stessa obbiezione si presenta anche se si abbassasse la cifra , imperocché , ammesse le categorie , occorre che la legge ne determini i limiti . Ciononostante , se è d ' uopo ricorrere ad una riforma che abbia un fondamento artificiale , ci sembra che il miglior argomento che si potrebbe invocare a favore di un sistema proposto , si è che abbia già fatto buona prova nel paese . In Italia la legge elettorale amministrativa è molto più larga della politica , e funziona regolarmente . Perché non si potrebbero introdurre in quest ' ultima i criterî elettorali ammessi perla prima ? È molto diverso , risponderanno alcuni , scegliere un buon deputato al Parlamento e un buon consigliere comunale . Non ci arrestiamo davanti a questa obbiezione . Chi è riuscito a scegliere un buon consigliere comunale applichi pure le norme del suo buon senso , facendo le debite distinzioni che lo stesso buon senso gli suggerirà , all ' elezione del deputato , e la nazione non avrà che a congratularsi con lui per quella scelta . Lo scrivente ha già avuto occasione di manifestare la sua preferenza per il sistema elettorale a due gradi , il quale ha dato , e dà , buoni risultati in altri paesi . Ma se l ' opinione pubblica non fosse ancora abbastanza preparata a fare buona accoglienza a questo sistema , perché non si potrebbe adottare come esperimento , l ' applicazione alle elezioni politiche la legge elettorale amministrativa vigente , le conseguenze della quale possono essere calcolate con bastante precisione ? E qui porremo termine alle nostre considerazioni . Non possiamo sapere fino a qual punto saranno approvate dai lettori . Osiamo sperare peraltro che questi , senza eccezione , vorranno ammettere due cose : l ' una che , nel dettarle , fu sempre presente alla nostra mente quella sentenza di Vico , da noi apposta per epigrafe al presente libro , che , cioè le cose fuori del loro stato naturale né si adagiano , né vi durano ; l ' altra che è vivissimo il nostro desiderio che la nazione italiana si adagi davvero nel nuovo ordine politico e vi duri .
LEGGENDE NAPOLETANE ( SERAO MATILDE , 1881 )
Saggistica ,
LA CITTÀ DELL ’ AMORE Mancano a noi le nere foreste del Nord , le nere foreste degli abeti , cui l ’ uragano fa torcere i rami come braccia di colossi disperati ; mancano a noi le bianchezze immacolate della neve che dànno la vertigine del candore ; mancano le rocce aspre , brulle , dai profili duri ed energici ; manca il mare livido e tempestoso . Sui nostri prati molli di rugiada non vengono gli elfi a danzare la ridda magica ; non discendono dalle colline le peccatrici walkirie , innamorate degli uomini ; non compaiono al limitare dei boschi le roussalke bellissime ; qui non battono i panni umidi le maledette lavandaie , perfide allettatrici del viandante ; il folletto kelpis non salta in groppa al cavaliere smarrito . Lassù una natura quasi ideale , nebulosa , malinconica , ispiratrice agli uomini di strani delirî della fantasia : qui una natura reale , aperta , senza nebbie , ardente , secca , eternamente lucida , eternamente bella che fa vivere l ’ uomo nella gioia o nel dolore della realtà . Lassù si sogna nella vita ; qui si vive in un sogno che è vita . Lassù i solitarî e tristi piaceri della immaginazione che crea un mondo sovrasensibile ; qui la festa completa di un mondo creato . E le nostre leggende hanno un carattere profondamente umano , profondamente sensibile che fa loro superare lo spazio ed il tempo . Soltanto , per ascendere ad una suprema idealità , hanno bisogno del misticismo : di quel misticismo che è la follia dell ’ anima , inebbriata omicida del corpo , di quel misticismo che è fede , pensiero , amore , arte , attraverso tutti i secoli , in ogni paese ; di quel misticismo che è il massimo punto divino a cui può giungere un ’ esistenza eccessivamente umana . Ma a questo dramma , a questa vittoria cruenta dello spirito sul corpo , vien dietro un altro dramma , più umano , più potente , dove il pensiero ed il sentimento non vincono la vita , ma vi si compenetrano e vi si fondono ; dove l ’ uomo non uccide una parte di sé per la esaltazione dell ’ altra , ma dove tutto è esistenza , tutto è esaltazione , tutto è trionfo : il dramma dell ’ amore . Le nostre leggende sono l ’ amore . E Napoli è stata creata dall ’ amore . Cimone amava la fanciulla greca . Invero ella era bellissima : era l ’ immagine della forte e vigorosa bellezza che ebbero Giunone e Minerva , cui veniva rassomigliata . La fronte bassa e limitata di dea , i grandi occhi neri , la bocca voluttuosa , la vivida candidezza della carnagione , lo stupendo accordo della grazia e della salute in un corpo ammirabile di forme , la composta serenità della figura , la rendevano tale . Si chiamava Parthenope , che nel dolce linguaggio greco significa Vergine . Ella godeva sedere sull ’ altissima roccia , fissando il fiero sguardo sul mare , perdendosi nella contemplazione delle glauche lontananze dello Ionio . Non si curava del vento marino che le faceva sbattere il peplo , come ala di uccello spaventato ; non udiva il sordo rumore delle onde che s ’ incavernavano sotto la roccia , scavandola a poco , a poco . L ’ anima cominciava per immergersi in un pensiero ; oltre quel mare , lontano lontano , dove l ’ orizzonte si curva , altre regioni , altri paesi , l ’ ignoto , il mirabile , l ’ indefinibile . In questo pensiero la fantasia si allargava in un sogno senza confine , la fanciulla sentiva ingrandire la potenza del suo spirito e , sollevata in piedi , le pareva di toccare il cielo col capo e di potere stringere nel suo immenso amplesso tutto il mondo . Ma presto questi sogni svaniscono . Ora ella ama Cimone , con l ’ unico possente , imperante amore della fanciulla , che si trasforma in donna . Nella notte di estate , notte bionda e bianca di estate , Cimone parla all ’ amata : – Parthenope , vuoi tu seguirmi ? – Partiamo , amore . – Tuo padre ti rifiuta al mio talamo , o soavissima : Eumeo vuole egli per tuo sposo e suo figliolo . Ami tu Eumeo ? – Amo te , Cimone . – Lode a Venere santa e grazie a te , suo figliola ! Pensa dunque quale nero incubo sarebbe la vita , divisi , lontani – e come , giovani ancora , aneleremmo alle cupe ombre dello Stige . Vuoi tu partire meco , Parthenope ? – Io sono la tua schiava , amore . – Pensa : dimenticare la faccia di tuo padre , cancellare dal tuo volto il bacio delle sorelle , fuggire le dolci amiche , abbandonare il tuo tetto ... – Partiamo , Cimone . – Partire , o dolcissima , partire per un viaggio lungo , penoso , sul mare traditore , per una via ignota , ad una meta sconosciuta ; partire senza speranza di ritorno ; affidarsi ai flutti , sempre nemici degli amanti ; partire per andare lontano , molto lontano , in terre inospitali , brune , dove è eterno l ’ inverno , dove il pallido sole si fascia di nuvole , dove l ’ uomo non ama l ’ uomo , dove non sono giardini , non sono rose , non sono templi ... Ma nei grandi occhi neri di Parthenope è il raggio di un amore insuperabile e nella sua voce armoniosa vibra la passione : – Io t ’ amo – ella dice – , partiamo . Sono mille anni che il lido imbalsamato li aspetta . Mille primavere hanno gittata sulle colline la ricchezza inesausta , rinascente , dalla loro vegetazione – e dalla montagna sino al mare si spande il lusso irragionevole , immenso , sfolgorante di una natura meravigliosa . Nascono i fiori , olezzano , muoiono perché altri più belli sfoglino i loro petali sul suolo ; milioni e milioni di piccole vite fioriscono anche esse per amare , per morire , per rinascere ancora . Da mille anni attende il mare innamorato , da mille anni attendono le stelle innamorate . Quando i due amanti giungono al lido divino un sussulto di gioia fa fremere la terra , la terra nata per l ’ amore , che senza amore è destinata a perire , abbruciata e distrutta dal suo desiderio . Parthenope e Cimone vi portano l ’ amore . Dappertutto , dappertutto essi hanno amato . Stretti l ’ uno all ’ altra , essi hanno portato il loro amore sulle colline , dalla bellissima , eternamente fiorita di Poggioreale , alla stupenda di Posillipo ; essi hanno chinato i loro volti sui crateri infiammati , paragonando la passione incandescente della natura alla passione del loro cuore ; essi si sono perduti per le oscure caverne che rendevano paurosa la spiaggia Platamonia ; essi hanno errato nelle vallate profonde che dalle colline scendevano al mare ; essi hanno percorso la lunga riva , la sottile cintura che divide il mare dalla terra . Dovunque hanno amato . Nelle stellate notti di estate , Parthenope si è distesa sull ’ arena del lido fissando lo sguardo nel cielo , carezzando con la mano la chioma di Cimone che è al suo fianco ; nelle lucide albe di primavera hanno raccolto , nel loro splendido giardino , fiori e baci , baci e fiori inesauribili ; ne ’ tramonti di porpora dell ’ autunno , nella stagione che declina , hanno sentito crescere in essi più vivo l ’ amore ; nelle brevi e belle giornate invernali hanno sorriso senza mestizia , pur anelando alla novella primavera . La pianta secolare ha prestata la sua ombra benevola a tanta gioventù ; la contorta e bruna pietra dei campi Flegrei non ha lacerato il gentil piede di Parthenope ; il mare si è fatto bonario ed ha cantata loro la canzoncina d ’ amore , la natura leale non ha avuto agguati per essi ; sugli azzurri orizzonti ha spiccato il profilo bellissimo della fanciulla , il profilo energico del garzone . Quando essi si sono chinati ed hanno baciato la terra benedetta , quando hanno alzato lo sguardo al cielo , un palpito ha loro risposto e fra l ’ uomo e la natura si è affermato il profondo , l ’ invincibile amore che li lega . Napoli , la città della giovinezza , attendeva Parthenope e Cimone ; ricca , ma solitaria , ricca , ma mortale , ricca , ma senza fremiti . Parthenope e Cimone hanno creata Napoli immortale . Ma il destino non è compito ancora . Più alto scopo ha l ’ amore di Parthenope . Ecco : dalla Grecia giunsero , per amor di lei , il padre e le sorelle e amici e parenti che vennero a ritrovarla ; ecco : sino al lontano Egitto , sino alla Fenicia , corre la voce misteriosa di una plaga felice dove nella bella festa dei fiori e dei frutti , nella dolcezza profumata dell ’ aria , trascorre beatissime la vita . Sulle fragili imbarcazioni accorrono colonie di popoli lontani che portano seco i loro figliuoli , le immagini degli dèi , gli averi , le comuni risorse ; alla capanna del pastore sorge accanto quella del pescatore ; la rozza e primitiva arte dell ’ agricoltura , le industrie manuali appena sul nascere compiono fervidamente la loro opera . Prima sorge sull ’ altura , il villaggio a grado a grado guadagna la pianura ; un ’ altra colonia se ne va sopra un ’ altra collina ed il secondo villaggio si unisce col primo ; le vie si tracciano , la fabbrica delle mura , cui tutti concorrono , rinserra poco a poco nel suo cerchio una città . Tutto questo ha fatto Parthenope . Lei volle la città . Non più fanciulla , ma ora donna completa e perfetta madre : dal suo forte seno dodici figliuoli hanno vista la luce , dal suo forte cuore è venuto il consiglio , la guida , il soffio animatore . È lei la donna per eccellenza , la madre del popolo , la regina umana e clemente , da lei si appella la città ; da lei la legge , da lei il costume , da lei il costante esempio della fede e della pietà . Due templi sorgono a dèe , invocate protettrici della città : Cerere e Venere . Ivi si prega , ivi , attraverso gli intercolunni , sale al cielo il fumo dell ’ olibano . Una pace profonda e costante è nel popolo su cui regna Parthenope ; ed il lavorìo operoso dell ’ uomo non è che una leggiera spinta alla natura benigna . La più bella delle civiltà , quella dello spirito innamorato ; il più grande dei sentimenti , quello dell ’ arte ; la fusione dell ’ armonia fisica con l ’ armonia morale , l ’ amore efficace , fervido , onnipossente è l ’ ambiente vivificante della nuova città . Quando Parthenope viene a sedere sulla roccia del monte Echia , quando essa fissa lo sguardo sul Tirreno , più fido dello Ionio , l ’ anima sua si assorbisce in un pensiero . La regione ignota è raggiunta , il mirabile , l ’ indefinibile , ecco , è creato , è reale , è opera sua . E mentre la fantasia si allarga , si allarga in un sogno senza confine , Parthenope sente giganteggiare il suo spirito e sollevata in piedi le pare di toccare il cielo col capo e di stringere il mondo in un immenso amplesso . Se interrogate uno storico , o buoni ed amabili lettori , vi risponderà che la tomba della bella Parthenope è sull ’ altura di San Giovanni Maggiore , dove allora il mare lambiva il piede della montagnola . Un altro vi dirà che la tomba di Parthenope è sull ’ altura di Sant ’ Aniello , verso la campagna , sotto Capodimonte . Ebbene , io vi dico che non è vero . Parthenope non ha tomba , Parthenope non è morta . Ella vive , splendida , giovane e bella , da cinquemila anni . Ella corre ancora sui poggi , ella erra sulla spiaggia , ella si affaccia al vulcano , ella si smarrisce nelle vallate . È lei che rende la nostra città ebbra di luce e folle di colori : è lei che fa brillare le stelle nelle notti serene ; è lei che rende irresistibile il profumo dell ’ arancio ; è lei che fa fosforeggiare il mare . Quando nelle giornate d ’ aprile un ’ aura calda c ’ inonda di benessere è il suo alito soave : quando nelle lontananze verdine del bosco di Capodimonte vediamo comparire un ’ ombra bianca allacciata ad un ’ altra ombra , è lei col suo amante ; quando sentiamo nell ’ aria un suono di parole innamorate ; è la sua voce che le pronunzia ; quando un rumore di baci , indistinto , sommesso , ci fa trasalire , sono i suoi baci ; quando un fruscìo di abiti ci fa fremere al memore ricordo , è il suo peplo che striscia sull ’ arena , è il suo piede leggiero che sorvola ; quando di lontano , noi stessi ci sentiamo abbruciare alla fiamma di una eruzione spaventosa , è il suo fuoco che ci abbrucia . È lei che fa impazzire la città : è lei che la fa languire ed impallidire di amore : è lei la fa contorcere di passione nelle giornate violente dell ’ agosto . Parthenope , la vergine , la donna , non muore , non ha tomba , è immortale , è l ’ amore . Napoli è la città dell ’ amore . VIRGILIO Oggi , domenica , festa degli Ulivi . Cristo entra in Gerusalemme portando in mano il ramoscello della pace . Oggi , buon lettore , si fa la pace . Vi è chi ha litigato con l ’ amico e chi con l ’ innamorata : vi è chi ha litigato con la persona indifferente , chi con quella che odia , chi con quella che ama di più : l ’ impiegato ha litigato col suo capo di ufficio , il marito con la moglie , l ’ artista ha detto molti improperi all ’ arte , lo scrittore si è accapigliato con la forma , il portinaio ha litigato col padron di casa . Tutti sono in bizza con qualcuno . Ma oggi una fogliolina , un ramoscello di olivo e la pace è fatta . Anche io ho litigato , e da tanto tempo , con una carissima persona , mentre ho continuato ad amarla piamente , nel segreto del cuore , mentre la sua assenza ha resa deserta e triste la mia casa , mentre la mancanza del suo alito soave ha reso arido e secco come la pomice quanto ho scritto . Questa carissima persona , la poesia , è da tanto tempo che non vuole saperne di me , quando io la desidero ardentemente e per orgoglio mi taccio . Oggi che l ’ orgoglio si smorza in una infinita tenerezza , voglio tentar di far la pace con la poesia mandandole una fogliolina di ulivo . Dopo Parthenope , mito e donna , vergine e sirena , misto singolare di fantastico , di ideale , di umano e di divino , cui Napoli deve la sua poetica origine ; dopo la poesia di Parthenope , quasi - Dea , creatrice , sorge la poesia di Virgilio , creatore , quasi - Divino . Noi conosciamo Virgilio il poeta delle “ Egloghe ” , delle “ Georgiche ” e dell ’ “ Eneide ” ; conosciamo poco Virgilio Mago che ha prodigato alla città diletta fra tutte i miracoli del suo potere magico . Noi siamo ingrati verso colui che esclama : Illo Virgilium me tempore dulcis alebat Parthenope .... . eppure molte cose che allettano ed incantano noi moderni e c ’ incatenano nella indolente ammirazione di questa bella ed oziosa città , molte cose la cronaca attribuisce alla magia di Virgilio . La cronaca è ingenua , semplice ed in buona fede . La cronaca farà sogghignare gli scettici , poiché essi non hanno più la consolazione di sorridere . La cronaca sarà qualificata una sciocchezza – e tira via . Ma l ’ oscuro traduttore e commentatore della cronaca gode specialmente di queste ingiurie e di questi sogghigni . Sentite dunque quello che la cronaca dice . Virgilio veniva di lontano , dal nord forse , dal cielo certamente ; egli era giovane , bello , alto nella persona , eretto nel busto , ma camminava con la testa curva e mormorando certe sue frasi , in un linguaggio strano che niuno poteva comprendere . Egli abitava sulla sponda del mare dove s ’ incurva il colle di Posillipo , ma errava ogni giorno nelle campagne che menano a Baia ed a Cuma ; egli errava per le colline che circondano Parthenope , fissando , nella notte , le lucide stelle e parlando loro il suo singolare linguaggio ; egli errava sulle sponde del mare , per la riva Platamonia , tendendo l ’ orecchio all ’ armonia delle onde , quasi che elle dicessero a lui solo parole misteriose . Onde fu detto Mago e molti furono i miracoli della sua magia . In allora Parthenope era molestata da una grande quantità di mosche , mosche che si moltiplicavano in così grande numero e davano tanto fastidio , da farne fuggire i tranquilli e felici abitatori . Virgilio , per rimediare a così grave sconcio , fece fare una mosca d ’ oro , qualmente egli prescrisse – e dopo fatta , le insufflò , con magiche parole , la vita : la quale mosca d ’ oro se ne andava volando di qua e di là ed ogni mosca vera che incontrava faceva morire . Così in poco tempo furono distrutte tutte le mosche che affliggevano la bella città di Parthenope . Altro miracolo fu questo : le molte paludi che allora si trovavano nella città , erano dannose , e perché i miasmi che esalavano guastavano l ’ aria producendo febbri , pestilenze ed altre morie , e perché erano infestate da pericolosissime sanguisughe , il cui morso feroce produceva la morte . Fatto un potente scongiuro , Virgilio fece morire le sanguisughe , asciugò le paludi dove sorsero case e giardini e l ’ aria vi divenne la più pura che mai respirar si potesse . Così , giovandosi del suo potere che era infinito , un giorno egli salì sopra una collina e chiamò alla sua obbedienza i venti ed ordinò al Favonio che spirava nella città nel mese di aprile e col suo caldo soffio abbruciava le piante , i fiori , di mutare direzione : e la flora primaverile crebbe più bella e più rigogliosa . Laggiù nel quartiere che noi moderni chiamiamo Pendino , annidava un formidabile serpente che era lo spavento di ogni uomo avendo già morsicato e strozzato bambini e fanciulle , e quando si mettevano in molti per combatterlo , esso scompariva rapidamente nelle viscere della terra per poi ricomparire più terribile che mai . Chiamato Virgilio in soccorso , egli si avviò tutto solo , ricusando ogni compagnia , al luogo dove s ’ annidava il mostro e con le sue formule magiche l ’ ebbe subito domato e morto . Anzi è da notarsi che , sebbene la città fosse eretta sopra un ’ altra città , nera e malsana , fatta di caverne , sotterranei e cloache , dove potrebbero allignare simili rettili , da quel tempo sinora , mai più ve ne furono . Quando un morbo fierissimo invase la razza dei cavalli , Virgilio fece fondere un grande cavallo di bronzo , gli trasfuse il suo magico potere e ogni cavallo condotto a fare tre giri intorno a quello di bronzo , era immancabilmente guarito , non senza molta collera di maniscalchi ed empirici che si vedevano superati e sbugiardati . Certi pescatori della spiaggia napoletana e propriamente quelli che dimoravano nel punto chiamato in seguito Porta di Massa , andarono a Virgilio , lagnandosi della scarsa pesca che vi facevano e chiedendo a lui un miracolo . Virgilio li volle contentare e in una grossa pietra fece scolpire un piccolo pesce , disse le sue incantagioni e piantata la pietra in quel punto , il mare fruttificò mai sempre di pesci innumerevoli . Virgilio fece mettere sulle porte di Parthenope , verso le vie della Campania , due teste augurali ed incantate , una che rideva e l ’ altra che piangeva : onde colui che capitava a passare sotto la porta dove la testa rideva ne traeva buon augurio per i suoi affari che sempre riuscivano a bene ed il contrario colui che passava sotto la testa piangente . Fu Virgilio che in poche notti fece eseguire da esseri sovrannaturali la grotta di Pozzuoli , per facilitare il viaggio agli abitanti di quei villaggi che venivano in città ; fu Virgilio che , per la sua virtù magica , fece sorgere un orto di erbe salutari per le ferite ed ottime come condimento alle vivande ; fu Virgilio che insegnò ai giovani i giuochi delle melarance e delle piastrelle che s ’ ignoravano ; fu Virgilio che di notte incantò le acque sorgive della riva Platamonia e della riva di Pozzuoli , dando loro singolare potenza per guarire ogni specie di malattia ; fu Virgilio che applicando certi suoi rimedii e proferendo gli scongiuri , sanò molti e molti ammalati ; fu Virgilio che volendo salvare la campagna del suo discepolo Albino , svelò il mistero dell ’ antro cumano dove i sacerdoti ingannavano il popolo coi responsi falsi , prodotti da una naturale combinazione di suoni . La cronaca soggiunge che Virgilio Mago fu amato , rispettato , idolatrato quasi come un Dio , poiché giammai rivolse la sua magia a scopo cattivo , sibbene sempre a vantaggio della città e dell ’ uomo . La cronaca non dice quando e dove morisse Virgilio : molti allora credettero alla sua immoralità ; qualcuno alla sua morte su quel colle presso Avellino che chiamasi Montevergine , dove s ’ era ridotto a studiare ed era diventato vecchissimo . Ad ogni modo gli abitanti di Parthenope gli eressero un grande monumento che poi fu distrutto ; quello che sorge all ’ imboccatura della gotta essendo un semplice colombario . Ma non ebbero alcuna sicuranza di fatto il sito e il modo e l ’ epoca della sua morte . Ebbene poc ’ anzi ho errato dicendo che noi non conoscevamo Virgilio Mago . Non vi è che un solo Virgilio : quello che la favolosa cronaca delinea nelle ombre della magia è proprio il poeta . Invero egli non ha avuto che una magia sola : la grandiosa poesia del suo spirito . Nella cronaca è il poeta . Il poeta con le sue lunghe peregrinazioni per quella orrida , bella e straziata campagna che sono i Campi Flegrei , donde egli fantasticava dell ’ Averno e dello Stige ; con le sue lunghe peregrinazioni nella Campania Felice , dove egli ha acquistato quell ’ amore profondo della natura , l ’ amore dei campi ubertosi che si stendono all ’ infinito sotto il sole , dei prati verdeggianti dove pascola quietamente il bove dai grandi occhi nei quali il cielo si riflette , l ’ amore dei boschi oscuri e silenziosi dove l ’ anima si calma e s ’ assopisce nella pace , l ’ amore dei colli aprichi , dove i liberi venti fanno ondeggiare tutta una coltivazione di fiori ; l ’ amore dell ’ uccello che canta e vola via , dell ’ insetto dorato che ronza , della foglia che il turbine si porta , della forte quercia che nulla scuote : quell ’ amore profondo della natura che è il sentimento più alto del suo poema , che è la magia per cui ancora c ’ incanta , che è – con una parola troppo moderna , ma vera – la nostalgia del suo cuore che lo fa esclamare ... “ fortunatos agricolas ” , che dà alla sua descrizione tanto colore , tanta luce , tanta vita . È il poeta che cerca ed interroga ogni angolo oscuro della natura ; è lui che parla alle stelle tremolanti di raggi nelle notti estive ; è lui che ascolta il ritmo del mare , quasi fosse il metro per cui il suo verso scandisce ; è il poeta che conosce la virtù dei semplici , è lui che ha scoverte certe leggi naturali , ignote a tutti ; è il poeta civile che uccide le bestie , fa rasciugare le paludi e fa sorgere a quel posto palagi e giardini ; è il poeta che insegna ai giovani i giuochi dove il corpo si fortifica e l ’ anima si serena ; è lui , sublime fantastico , che stabilisce l ’ augurio della buona o della mala ventura ; è lui che come calamita fortissima attrae a sé l ’ amore , l ’ ossequio , il rispetto ; è Virgilio poeta . E nulla si sa della sua morte . Come Parthenope , la donna , egli scompare . Il poeta non muore . IL MARE Voi errate lontano di qua , anima settentrionale e vagabonda , e le brume in cui si affissa il vostro malinconico occhio , vi mettono intorno quell ’ ambiente monotono e triste in cui si acqueta ogni agitazione . Ma nelle tranquille divagazioni dove il vostro spirito amareggiato si disacerba , nella sorridente mestizia che aleggia in quello che scrivete , io veggo ogni tanto una divagazione vivace . Voi non avete dimenticato il nostro mare , il nostro bel mare di Napoli . Ancora vi appare e scompare rapidissima innanzi agli occhi una visione azzurra ; ancora un molle suono , quasi indistinto e fuggente , vi lusinga l ’ orecchio ; un profumo sottile come un ricordo lontanissimo vi fa dilatare le nari . Il mio bel golfo voi non lo avete dimenticato . Io leggo quello che scrivete , ma indovino quello che pensate . Dovete soffrire di una segreta nostalgia che non osate confessare , voi , esiliato volontario . E come l ’ eco dolorosa si ripercuote sul mio fedele e forte cuore d ’ amica , così io risponderò a quello che nascondete invece che a quello che palesate , e vi narrerò non la storia , ma la leggenda del mio poetico golfo . Ognuno sa che Iddio , generoso , misericordioso e magnifico Signore , ha guardato sempre con occhio di predilezione la città di Napoli . Per lei ha avuto tutte le carezze di un padre , di un innamorato , le ha prodigato i doni più ricchi , più splendidi che si possano immaginare . Le ha dato il cielo ridente ed aperto , raramente turbato da quei funesti pensieri scioglientisi in lagrime che sono le nubi ; l ’ aria leggera , benefica e vivificante che mai non diventa troppo rude , troppo tagliente ; le colline verdi , macchiate di case bianche e gialle , divise dai giardini sempre fioriti ; il vulcano fiammeggiante ed appassionato , gli uomini belli , buoni , indolenti , artisti e innamorati ; le dame piacenti , brune , amabili e virtuose ; i fanciulli ricciuti , dai grandi occhi neri ed intelligenti . Poi , per suggellare tanta grazia , le ha dato il mare , ha saputo quel che si faceva . Quello che sarebbero i napoletani , quello che vorrebbero , egli conosceva bene e nel dar loro la felicità del mare , ha pensato alla felicità di ognuno . Questo immenso dono è saggio , è profondo , è caratteristico . Ogni bisogno , ogni pensiero , ogni corpo , ogni fantasia , trova il suo cantuccio dove s ’ appaga , il suo piccolo mare nel grande mare . Del passato , dell ’ antichissimo passato è il mare del Carmine . Poco distante dalla spiaggia è l ’ antica porta di mare che introduce alla piazza ; sulla piazza storicamente famosa si eleva il bruno campanile , coi suoi quattro ordini a finestruole che lo fanno rassomigliare stranamente al giocattolo grazioso di un bimbo gigante ; le casupole attorno sono basse , meschine , dalle finestre piccole , abitate da gente minuta . Il mare del Carmine è scuro , sempre agitato , continuamente tormentato . Sulla spiaggia semideserta non vi è l ’ ombra di un pescatore . Vi si profila qua e là la linea curva di una chiglia ; la barca è arrovesciata , forse si asciuga al sole . Dinanzi alla garitta passeggia un doganiere che ha rialzato il cappuccio per ripararsi dal vento che vi soffia impetuoso . Presso la riva una barcaccia nera stenta a mantenersi in equilibrio ; dal ponte per mezzo di tavole è stabilita una comunicazione con la terra ; vi vanno e vengono facchini , curvi sotto i mattoni rossi che scaricano a riva . Ma non si canta né si grida . Il mare del Carmine non scherza . In un temporale d ’ estate portò via un piccolo stabilimento di bagni ; in un temporale di inverno allagò la Villa del Popolo , giardino infelice , dove crescono male fiori pallidi e alberetti rachitici . Qualche cosa di solenne , di maestoso vi spira . Il mare del Carmine era l ’ antico porto di Parthenope dove approdavano le galee fenicie , greche e romane , ma era porto malsicuro ; esso ha visto avvenimenti sanguinosi e feste popolari . È un mare storico e cupo . Sulla piazza che quasi esso lambiva , dieci , venti volte sono state decise le sorti del popolo napoletano . Le onde sue melanconiche hanno dovuto mormorare per molto tempo : Corradino , Corradino . Le onde sue tempestose hanno dovuto ruggire per molto tempo : Masaniello , Masaniello . È il mare grandioso e triste degli antichi che sgomenta le coscienze piccine dei moderni . La sola voce del flutto rompe il silenzio che vi regna e qualche coraggioso , solitario e meditabondo spirito , vi passeggia , curvando il capo sotto il peso dei ricordi , fissando l ’ occhio sulla vita di quelli che furono . Ma ferve la gente e ferve la vita sul mare del Molo . Non è spiaggia , è porto queto e profondo . L ’ acqua non ha onde o appena s ’ increspa ; è nera , a fondo di carbone , un nero uniforme e smorto , dove nulla si riflette . Sulla superficie galleggiano pezzi di legno , brandelli di gomene , ciabatte sformate e sorci morti . Nel porto mercantile si stringono l ’ una contro l ’ altra le barcacce , gli schooners , i brigantini carichi di grano , di farina , di carbone , d ’ indaco , non vi è che una piccola linea di acqua sporca tra essi . Sul marciapiede una grua eleva nell ’ aria il suo unico braccio di ferro , che s ’ alza e s ’ abbassa con uno stridore di lima . Uomini neri dal sole , di fatica e di fumo , vanno , vengono , salgono e scendono . Un puzzo di catrame è nell ’ aria . Sulla banchina nuova , nel terrapieno , sono infissi pennoni a cui s ’ attorcigliano intorno grossissime gomene che danno una sicurezza maggiore ai vapori postali ancorati in rada . A destra c ’ è il porto militare , medesimo mare smorto e sporco , dove rimangono immobili le corazzate . Dappertutto barchette che sfilano , zattere lente , imbarcazioni pesanti ; le voci si chiamano , si rispondono , si incrociano . Il sole rischiara tutto questo , facendo brulicare nel suo raggio polvere di carbone , atomi di catene , limature di ferro ; la sera l ’ occhio del faro sorveglia il Molo . Il mare del Molo è quello dei grossi negozianti , dei grossi banchieri , degli spedizionieri affaccendati , dei marinari adusti , degli ufficiali severi che corrono al loro dovere , dei viaggiatori d ’ affari che partono senza un rimpianto . È per essi che il Signore ha fatto il lago nero del Molo . Del popolo e pel popolo è il mare di Santa Lucia . È un mare azzurro - cupo , calmo e sicuro . Una numerosa e brulicante colonia di popolani vive su quella riva . Le donne vendono lo spassatiempo , l ’ acqua solfurea , i polpi cotti nell ’ acqua marina ; gli uomini intrecciano nasse , fanno reti , pescano , fumano la pipa , guidano le barchette , vendono i frutti di mare , cantano e dormono . È un paesaggio acceso e vivace . Le linee vi sono dure e salienti , il sole ardente vi spacca le pietre . Si sente un profumo misto di alga , di zolfo e di spezierie soffritte . I bimbi seminudi e bruni si rotolano nella via , cascano nell ’ acqua , risalgono alla superficie , scuotendo il capo ricciuto e gridando di gioia . Sulla riva un ’ osteria lunga lunga mette le sue tavole dalla biancheria candida , dai cristalli lucidi , dall ’ argenteria brillante . Di sera vi s ’ imbandiscono le cene napoletane . Suonatori ambulanti di violino , di chitarra , di flauto improvvisano concerti ; cantatori affiochiti si lamentano nelle malinconiche canzonette , il cui metro è per lo più lento e soave e la cui allegria ha qualche cosa di chiassoso o di sforzato che cela il dolore ; accattoni mormorano senza fine la loro preghiera ; le donne strillano la loro merce . Di estate un vaporetto scalda la sua macchina per andare a Casamicciola , la bella distrutta , i barcaiuoli offrono con insistenza , a piena voce , in tutte le lingue , ai viaggiatori il passaggio fino al vaporetto . Dieci o dodici stabilimenti di bagni a camerini piccoli e variopinti ; si asciugano al sole , sbattute dal ponente , le lenzuola ; le bagnine hanno sul capo un fazzoletto rosso e fanno solecchio con la mano . Una folla borghese e provinciale assedia gli stabilimenti , scricchiolano le viottole di legno . Salgono nell ’ aria serena canti , suoni di chitarra , trilli d ’ organino , strilli di bimbi , bestemmie di facchini , rotolio di trams , profumi e cattivi odori ; rifuggono i colori rabbiosi e mordenti ; fiammeggiano le albe riflesse sul mare ; fiammeggiano meriggi lenti e voluttuosi , riflessi sul mare ; s ’ incendiano i tramonti sanguigni riflessi sul mare che pare di sangue . È il mare del popolo , mare laborioso , fedele e fruttifero , mare amante ed amato , per cui vive e con cui vive il popolo napoletano . Eppure , a breve distanza , tutto cangia d ’ aspetto . Dalla strada larga e deserta si vede il mare del Chiatamone . La vista si estende per quel vastissimo piano , si estende quasi all ’ infinito , poiché è lontanissima la curva dell ’ orizzonte . Quel piano d ’ acqua è desolato , è grigio . Nulla vi è d ’ azzurro e la medesima serenità ha qualche cosa di solitario che rattrista . Le onde si rifrangono contro il muraglione di piperno con un rumore sordo e cupo ; lontano , gli alcioni bianchi ne lambiscono le creste spumanti . A sinistra s ’ eleva sulla roccia il castello aspro , ad angoli scabrosi , a finestrelle ferrate ; il castello spaventoso dove tanti hanno sofferto ed hanno pianto ; il castello che cela il Vesuvio . Contro le sue basi di scoglio le onde s ’ irritano , si slanciano piene di collera e ricadono bianche e livide di rabbia impotente . Quando le nuvole s ’ addensano sul cielo e il vento tormentoso sibila fra i platani della villetta , allora la desolazione è completa , è profonda . Di lontano appare una linea nera : è una nave sconosciuta che fugge verso paesi ignoti . Alla sera passa lentamente qualche barca misteriosa che porta una fiaccola di luce sanguigna a poppa e che mette una striscia rossa nel palpito del mare : sono pescatori che stordiscono , con la fiaccola , il pesce . In quelle acqua un giovanetto nuotatore bello e gagliardo , vinto dalle onde , invano ha chiamato aiuto ed è morto affogato ; in una notte d ’ inverno una fanciulla disperata ha pronunciata una breve preghiera e si è lanciata in mare , donde l ’ hanno tratta , orribile cadavere sfracellato e tumefatto . È il mare che Dio – come dice la vecchia leggenda – ha fatto per i malinconici , per gli ammalati , per i nostalgici , per gl ’ innamorati dell ’ infinito . Invece ride il mare di Mergellina ; ride nella luce rosea delle giornate stupende ; ride nelle morbide notti di estate , quando il raggio lunare pare diviso in sottilissimo fili d ’ argento , ride nelle vele bianche delle sue navicelle che paiono giocondi pensieri aleggianti nella fantasia . Sulla riva scorre la fontana con un cheto e allegro mormorio ; i fanciulli e le fantesche in abito succinto vengono a riempirvi le loro brocche . Uno yacht elegante , dall ’ attrezzeria sottile come un merletto , dalle velette candide orlate di rosso , si culla mollemente come una creola indolente , porta il nome a lettere d ’ oro , il nome dolce di qualche creatura celestiale e bionda : Flavia . Uno stabilimento di bagni , piccolo ed aristocratico , si congiunge alla riva per una breve viottola , sulla viottola passano le belle fanciulle vestite di bianco , coi grandi cappelli di paglia coperti da una primavera di fiori , cogli ombrellini dai colori splendidi che si accendono al sole ; passano le sposine giovanette , gaie e fresche , attaccate al braccio dello sposo innamorato ; i bimbi graziosi , dai volti ridenti e arrossati dal caldo . E nel mare , giù , è un ridere , uno scherzare , un gridio fra il comico spavento e l ’ allegria dell ’ acqua fredda , e corpi bianchi che scivolano fra due onde e braccia rotonde che si sollevano e volti bruni dai capelli bagnati . È la festa di Mergellina , di Mergellina la sorridente , fatta per coloro cui allieta la gioventù , cui fiorisce la salute , fatta pei giovani che sperano e che amano , fatta per coloro cui la vita è una ghirlanda di rose che si sfogliano e rinascono sempre vive e profumate . Ma il mare dove finisce il dolore è il mare di Posillipo , il glauco mare che prende tutte le tinte , che si adorna di tutte le bellezze . Quanto può ideare cervello umano per figurarsi il paradiso , esso lo realizza . È l ’ armonia del cielo , delle stelle , della luce , dei colori , l ’ armonia del firmamento con la natura , mare e terra . Si sfogliano i fiori sulla sponda , canta l ’ acqua penetrando nelle grotte , l ’ orizzonte è tutto un sorriso . Posillipo è l ’ altissimo ideale che sfuma nella indefinita e lontana linea dell ’ avvenire ; Posillipo è tutta la vita , tutto quello che si può desiderare , tutto quello che si può volere . Posillipo è l ’ immagine della felicità piena , completa , per tutti i sensi , per tutte le facoltà . È la vita vibrante , fremente , nervosa e lenta , placida e attiva . È il punto massimo di ogni sogno , di ogni poesia . Il mare di Posillipo è quello che Dio ha fatto per i poeti , per i sognatori , per gl ’ innamorati di quell ’ ideale che informa e trasforma l ’ esistenza . Quando il Signore ebbe dato a noi il nostro bel golfo , udite quello che la sacrilega leggenda gli fa dire : uditelo voi , anima glaciale e cuore inerte . Egli disse : Sii felice per quello che t ’ ho dato , e se non lo puoi , se l ’ incurabile dolore ti traversa l ’ anima , muori nelle onde glauche del mare . LA LEGGENDA DELL ’ AMORE In questo pomeriggio lungo di luglio un grande silenzio regna intorno ; nelle vie abbruciate dal sole non passa alcuno ; ed i cittadini dormono nel pesante assopimento dell ’ estate ; vicino , sotto la finestra , in un tegame dove bolle lo strutto , scoppiettano e friggono certi peperoncini verdi ed arrabbiati ; lontano , in una via trasversale , un organino suona un valtzer languido e malinconico ; un moscone sussurra e dà di testa contro i vetri più alti della finestra socchiusa . Noi siamo tristi , ed il sangue che monta al capo , ci dà la vertigine : noi abbiamo l ’ anima di piombo e la bocca amara ; noi abbiamo il desiderio dell ’ ombra profonda e delle bevande ghiacciate – perché invero ci è intorno la violenza di una passione secca e rude , perché ci sembra assistere allo spasimo e udire i singhiozzi convulsi della natura che muore nell ’ amore del sole . Le vie sono bianche , polverose e fulgide ; le case gialle , rosse e bianche rifulgono ; i colli sono splendidi di luce ; il mare brilla tutto come un migliaio di specchi ; sulla punta del cratere qualche cosa abbrucia e fuma ed il cielo è cupo nella sua serenità . Tutto è luce vivida , tutto è intensità di colore , ogni cosa si condensa ; pare che si debbano spaccar le pietre , che le case debbano sbuzzar fuori , che le colline vogliano slanciarsi al cielo , che il mare voglia cangiarsi in metallo liquefatto e che la montagna voglia eruttare lave di fuoco – e tutto rimane immobile , tetro e grave . È per l ’ amore : voi certamente sapete che tutte le cose in Napoli , dalle pietre al cielo , sono innamorate . Non conoscete la storiella dei quattro fratelli ? Io ve la narrerò . Una volta , allora , allora , nel tempo dei tempi , v ’ erano quattro fratelli che s ’ amavano di cordialissimo amore e non si staccavano mai l ’ uno dall ’ altro . Erano belli , giovani , freschi , aitanti nella persona e sulle giovani teste ben s ’ addicevano le ghirlande di rose . Ognun di loro arse in segreto per una fanciulla , né se ne confidarono il nome ; ma la sorte malaugurata riunì tutti gli amori dei quattro fratelli in una donna sola . Ella nessuno di quelli voleva amare . Asperrima guerra sarebbe sorta tra loro e sangue fraterno sarebbe stato sparso , se una notte la loro bella non fosse sparita per sempre . Ma essi , pazienti ed innamorati , l ’ aspettano da migliaia di anni : sono cangiati in quattro colli ameni e fioriti che dal loro nome si chiamano Poggioreale , di Capodimonte , di San Martino , del Vomero – e l ’ uno accanto all ’ altro , immobilmente innamorati , aspettano il ritorno di colei che amano . Fioriscono le primavere sul loro capo , s ’ infiamma l ’ estate , piange l ’ autunno , s ’ incupisce la nera stagione ; ed i poggi non si stancano d ’ aspettare . Ma l ’ amore della bella assente è scarso al confronto dell ’ amore per una bella sempre presente e crudele . La sapete voi la seconda storiella ? Vi fu una volta un giovanetto leggiadro e gentile , nel cui volto si accoppiava il gaio sorriso dell ’ anima innocente al malinconico riflesso di un cuore sensibile ; egli era nel medesimo tempo festevole senza chiasso e serio senza durezza . Chi lo vedeva lo amava ; e la gente accorreva a lui come ad amico , per allietarsi della sua compagnia . Ma il bel giovanetto fu molto infelice , molto infelice ; gli entrò nell ’ anima un amore ardente , la cui fiamma , che saliva al cielo , non valse ad incendere il cuore della donna che egli amava . Era costei una donna di campagna , cui era stato dato in dono la bellezza del corpo , ma a cui era stata negata quella dell ’ anima : ella era una di quelle donne incantatrici , fredde e sprezzose che non possono né godere , né soffrire . Paiono fatte di pietra , di una pietra levigata , dura e glaciale ; vanno in pezzi ma non si ammolliscono ; cadono fulminate ma non muoiono . Tale era Nisida , colei che fu invano amata dal giovanetto , poiché nulla valse a vincerla . Allora lui che si chiamava Posillipo , amando invano la bella donna che viveva di faccia a lui , per sfuggire a quella vista che era il suo tormento e la sua seduzione , decise di precipitarsi nel mare e finire così la sua misera vita . Decisero però diversamente i Fati e rimasto a mezz ’ acqua il bel giovanetto , vollero lui mutato in poggio che si bagna nel mare e lei in uno scoglio che gli è dirimpetto : lui poggio bellissimo dove accorrono le gioconde brigate , in lui dilettandosi , lei destinata ad albergare gli omicidi ed i ladri che gli uomini condannano alla eterna prigionia – così eterno il premio , così eterno il castigo . E vi è anche l ’ amore che è un prodigioso abbagliamento , un miraggio fatale , l ’ acciecamento di colui che , ardito e folle , ha voluto fissare il sole . Era un pescatore abile e fortunato , colui di cui vi narro , e l ’ intiero suo giorno passava fra l ’ amo e le reti , lieto quando la pesca era abbondante , incollerito quando la tempesta che intorbida le acque , rendeva inefficace le sue fatiche . Era uomo semplice e buono , silenzioso ed ignorante d ’ amore : quando un giorno , mentre sedeva a riva ed immergeva l ’ amo nell ’ onda , dalle glauche acque , dinanzi a lui sorse una Ninfa marina , dal corpo bianco e provocante , dai lunghi e biondi capelli che il vento sollevava , dallo sguardo verde e terso come il cristallo ; ella cantava soavemente e le sue candide dita volavano sulla cetra . Era così lusinghiero , così attraente il suo canto che il povero pescatore sentì struggersi il cuore e non avendo che l ’ ardente desiderio di raggiungere la sirena e morire in un supremo abbraccio , precipitò nel mare . Tre volte venne a galla , tre volte scomparve nel mare – e lui fortunato se potette con la morte pagare così infinito godimento . Il sito dove egli precipitò fu chiamato Mergellina dal suo nome e dicesi ancora , nelle fosforescenti notti d ’ estate , vi ricompaia la sirena . V ’ è poi la pietosa istoria dell ’ amore felice che è combattuto e vinto dalla morte : una storiella ingenua come tutte le altre . Vi si narra di un ricco signore chiamato Sebeto , che abitava in una campagna presso Napoli , in un palazzo tutto di marmo . Egli per amore aveva menato in moglie una donna chiamata Megera che lo ricambiava con egual tenerezza . Egli teneva cara questa sua moglie sopra tutte le cose e profondeva per lei tutte le sue ricchezze : accadde che in un giorno ella volle andare a diporto sopra una feluca pel golfo di Napoli . Verso la riva Platamonia , dove il mare è sempre tempestoso , mentre i marinari volevano far forza contro il vento , la feluca si capovolse e Megera si annegò diventando uno scoglio . Alla orribile nuova Sebeto sentì spezzarsi il cuore e per molto tempo si sciolse in amarissime lagrime in modo che tutta la sua vita si disfece in acqua , correndo a gettarsi nel mare dove Megera era morta . E tutte le fontane di Napoli sono lagrime : quella di Monteoliveto è formata dalle lagrime di una pia monachella che pianse senza fine sulla Passione di Gesù ; quella dei Serpi sono le lagrime di Belloccia , una serva fedele innamorata del suo signore ; quella degli Specchi è fatta delle lagrime di Corbussone , cuoco di palazzo e folle di amore per la regina cui cucinava gli intingoli ; quella del Leone è il pianto di un principe napoletano , cui unico e buon amico era rimasto un leone che gli morì miseramente ; e quella di fontana Medina sono le lagrime di Nettuno , innamorato di una bella statua cui non arrivò a dar vita . Ma la passione è nell ’ ultima storiella che ascolterete . Vi si parla di un nobile signore , appartenente ad uno dei primi seggi della città , e che s ’ innamorò perdutamente di una fanciulla di casa nemica ; era il cavaliere di carattere violento , di temperamento focoso , pronto al risentimento ed all ’ ira . Pure , per ottenere la donna che amava , sarebbe diventato umile come un poverello cui manca il pane . Ma l ’ amore dei due giovani , anziché diminuire e lenire le collere di parte , valse a rinfocolarle – e per preghiere ed intercessioni che venissero fatte , la nobile famiglia Capri non volle accettare il matrimonio . Anzi per trovar rimedio all ’ amore dei due , fu deciso imbarcare la fanciulla sopra una feluca e mandarla in estranea contrada . Ma essa che si sentiva strappar l ’ anima , allontanandosi dal suo bene , come fu fuori del porto , inginocchiatasi e pronunciata una breve preghiera , si slanciò nell ’ onde , donde uscì isola azzurra e verdeggiante . Ma non si chetava l ’ amore nel cuore del nobile Vesuvio , quale era il nome del cavaliere e la collera gli bolliva in corpo : quando seppe della nuova crudele , cominciò a gittar caldi sospiri e lagrime di fuoco , segno della interna passione che lo agitava ; e tanto si gonfiò che divenne un monte nelle cui viscere arde un fuoco eterno d ’ amore . Così egli è dirimpetto alla sua bella Capri e non può raggiungerla e freme d ’ amore e lampeggia e s ’ incorona di fumo e il fuoco trabocca in lava corruscante … . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . O anime trafitte , o anime sconsolate , o voi che per l ’ amore portate nel cuore sette spade di dolore , non vi sorrida la speranza di guarirvi qui . Qui amano anche le pietre : gli uomini sani s ’ ammalano d ’ amore e gli infermi ne muoiono . IL PALAZZO DONN ’ ANNA Il bigio palazzo si erge nel mare . Non è diroccato , ma non fu mai finito ; non cade , non cadrà , poiché la forte brezza marina solidifica ed imbruna le muraglie , poiché l ’ onda del mare non è perfida come quella dei laghi e dei fiumi , assalta ma non corrode . Le finestre alte , larghe , senza vetri , rassomigliano ad occhi senza pensiero ; nei portoni dove sono scomparsi gli scalini della soglia , entra scherzando e ridendo il flutto azzurro , incrosta sulla pietra le sue conchiglie , mette l ’ arena nei cortili , lasciandovi la verde e lucida piantagione delle sue alghe . Di notte il palazzo diventa nero , intensamente nero ; si Serena il cielo Sul suo capo , rifulgono le alte e bellissime stelle , fosforeggia il mare di Posillipo , dalle ville perdute nei boschetti escono canti malinconici d ' amore e le monotone note del mandolino : il palazzo rimane cupo e sotto le sue vòlte fragoreggia l ’ onda marina . Ogni tanto par di vedere un lumicino passare lentamente nelle sale e fantastiche ombre disegnarsi nel vano delle finestre : ma non fanno paura . Forse sono ladri volgari che hanno trovato là un buon covo , ma la nostra splendida povertà non teme di loro ; forse sono mendicanti che trovarono un tetto , ma noi ricchi di cuore e di cervello , ci abbassiamo dalla nostra altezza per compatirli . E forse sono fantasmi e noi sorridiamo e desideriamo the ciò sia ; noi li amiamo i fantasmi , noi viviamo con essi , noi sogniamo per essi e per essi noi moriremo . Noi moriremo per essi , col desiderio di vagolare anche noi sul mare , per le colline , sulle rocce , nelle chiesette tetre ed umide , nei cimiteri fioriti , nelle fresche sale dove il medioevo ha vissuto . Fu una sera e splendevano di luce vivida quelle finestre ; attorno attorno il palazzo , sul mare , si cullavano barchette di piacere adorne di velluti che si bagnavano nell ’ acqua , vagamente illuminate da lampioncini colorati , coronate di fiori alla poppa ; i barcaiuoli si pavoneggiavano nelle ricche livree . Tutta la nobiltà napoletana , tutta la nobiltà spagnuola , accorreva ad una delle magnifiche feste che l ' altiera Donn ' Anna Carafa , moglie del duca di Medina C œ li , dava nel suo palazzo di Posillipo . Nelle sale andavano e venivano i servi , i paggi dai colori rosa e grigio , i maggiordomi dalla collana d ' oro , dalle bacchette di ebano : giungevano continuamente le bellissime signore , dagli strascichi di broccato , dai grandi collari di merletto , donde sorgeva come pistillo di fiore la testa graziosa , dai monili di perle , dai brillanti che cadevano sui busti attillati e seducenti ; giungevano accompagnate dai mariti , dai fratelli e qualcuna , più ardita , solamente dall ' amante . Nella grande sala , sulla soglia , nel suo ricchissimo abito rosso , tessuto a lama d ’ argento , con un lieve sorriso sulla bocca , il cui grosso labbro inferiore s ' avanzava quasi in atto di spregio , inchinando appena il fiero capo alle donne , dando la mano da baciare ai cavalieri grandi di Spagna di prima classe come lei , stava Donna Anna di Medina C œ li . L ' occhio grigio dal lampo d ' acciaio , simile a quello dell ’ aquila , rivelava l ’ interna soddisfazione di quell ' anima fatta d ' orgoglio : ella godeva , godeva senza fine nel vedere venire a lei tutti gli omaggi , tutti gli ossequi , tutte le adulazioni . Era lei la più nobile , la più potente , la più ricca , la più bella , la più rispettata , la più temuta , lei duchessa , lei signora , lei regina di forza e di grazia . Oh poteva salire gloriosa i due scalini che facevano del suo seggiolone quasi un trono ; poteva levare la testa al caldo alito dell ' ambizione appagata che le soffiava in volto . Le dame sedevano intorno a lei , facendole corona , minori tutte di lei : ella era sola , maggiore , unica . In fondo al grande salone era rizzato un teatrino destinato per lo spettacolo . Tutta quella eletta schiera d ' invitati dovevano dapprima assistere alla rappresentazione di una commedia ed a quella di una danza moresca ; poi nelle sale si sarebbero intrecciate le danze sino all ' alba . Ma la grande curiosità della rappresentazione era che gli attori , per una moda venuta allora di Francia , appartenessero alla nobiltà . Donn ' Anna Carafa di Medina disprezzava i facili costumi francesi che corrompevano la rigida corte spagnuola , ma scrutatrice dei cuori e apprezzatrice del favore popolare com ' era , s ' accorgeva che quelle molli usanze piacevano ed erano adottate con trasporto . Solo per questo ella aveva consentito che Donna Mercede de las Torres , sua nipote di Spagna , sostenesse una parte nella rappresentazione . Donna Mercede , giovane , bruna , dai grandi occhi lionati , dai neri capelli , le cui trecce le formavano un elmo sul capo , era una spagnuola vera . Ella rappresentava nella commedia la parte di una schiava innamorata del suo padrone , una schiava che lo segue dappertutto , e lo serve fedelmente sino a fargli da mezzana d ' amore , sino a morire per lui d ' un colpo di pugnale destinato al cavaliere da un padre crudele . Ella recitava con un trasporto , con un tale impeto che tutta la sala si commuoveva allo sventurato e non corrisposto amore della schiava Mirza : tutti si commuovevano , salvo Gaetano di Casapesenna che faceva la parte del cavaliere . Ma così dal poeta era stata ispirata ogni parola del cavaliere , ed egli , freddo , indifferente , inconscio , non faceva che rimaner fedele al carattere che rappresentava . Solo , alla fine della commedia , quando la sventurata Mirza ferita a morte , s ' accomiata con parole d ' affetto da colui che fu la sua vita e la sua morte , allora , egli , cui appare finalmente la verità qual luce diffusa meridiana , preso dall ' amore , s ' abbandona in ginocchio dinanzi al corpo della poveretta morente e copre di baci quel volto pallido d ' agonia . Invero , egli fu così focoso in tale slancio , così patetica ed improntata di dolore la sua voce , così disordinato ogni suo gesto , che veramente parve superiore ad ogni vero attore , e parve che la verità animasse il suo spirito , sino al punto che la sala intera scoppiò in applausi . Sola , sul suo trono , tra le sue gemme , sotto la sua corona ducale , Donn ' Anna impallidiva mortalmente e si mordeva le labbra . Non era lei la più amata . Le due donne s ' incontravano nelle sale del palazzo Medina ; si guardavano , Donna Mercede fremente di gelosia , l ' occhio nero covante fuoco , smorta , rodendo un freno che la sua libera anima aborriva ; Donna Anna , pallida di odio , muta nella sua collera ; si guardavano , impassibile e fredda Donn ' Anna , agitata e febbrile Donna Mercede . Scambiavano rade ed altere parole . Ma se la gelosia scoppiava irresistibile , l ' ingiuria correva sul loro labbro : – Le donne di Spagna sono esse le prime ad abbandonarsi all ' amante – diceva Donn ' Anna , con la sua voce dura e grave . – Le donne di Napoli si gloriano del numero degli amanti – rispondeva vivamente Donna Mercede . – Voi siete l ' amante di Gaetano Casapesenna , Donna Mercede . – Voi lo foste , Donn ' Anna . – Voi obliaste ogni ritegno , ogni pudore , dandoci vostro amore a spettacolo , Donna Mercede . – Voi tradiste il duca di Medina C œ li , mio nobile zio , Donn ' Anna Carafa . – Voi amate ancora Gaetano Casapesenna . – Voi anche lo amate ed egli non vi ama , Donn ' Anna . Vinceva la bollente spagnuola e Donna Anna si consumava dalla rabbia . Ma egualmente l ' odio glaciale della duchessa contro cui s ' infrangeva ogni slancio di Donna Mercede , tormentava la spagnuola . Esse avevano nel cuore un orribile segreto ; esse portavano nelle viscere il feroce serpente della gelosia , esse morivano ogni giorno di amore e di odio . Donn ' Anna celava il suo spasimo , ma Donna Mercede lo rivelava nelle convulsioni del suo spirito e del suo corpo . La duchessa agonizzava sorridendo ; Donna Mercede agonizzava , piangendo e strappandosi i neri capelli . Fino a che ella scomparve d ' un tratto dal palazzo Medina C œ li e fu detto che presa da improvvisa vocazione religiosa , avesse desiderato la pace del convento e fu narrato del misticismo ond ' era stata presa quell ' anima , e delle lunghe giornate passate in ginocchio dinanzi al Sacramento , e del fervore della preghiera e delle lagrime ardenti : ma non fu detto né il convento , né il paese , né il regno dove era il convento . Invano Gaetano di Casapesenna cercò Donna Mercede in Italia , in Francia , in Ispagna ed in Ungheria , invano si votò alla Madonna di Loreto , a San Giacomo di Campostella , invano pianse , pregò , supplicò . Mai più rivide la sua bella amante . Egli morì giovane , in battaglia , quale a cavaliere sventurato si conviene . Altre feste seguirono nel palazzo Medina , altri omaggi salutarono la ricca e potente duchessa Donn ' Anna ; ma ella sedeva sul suo trono , con l ' anima amareggiata di fiele , col cuore arido e solitario . Quei fantasmi sono quelli degli amanti ? O divini , divini fantasmi ! Perché non possiamo anche noi , come voi , spasimare d ' amore anche dopo la morte ? BARCHETTA - FANTASMA Li conosci tu ? Li conosci tu questi giorni fangosi e sporchi , quando la Noia immortale prende il colore bigio , l ' odore nauseante , la pesantezza opprimente della nebbia invernale , quando il cielo è stupidamente anemico , il sole è una lanterna semispenta e fumicante , i fiori impallidiscono ed appassiscono , le frutta imputridiscono , le guance delle donne sembrano di cenere , la mano degli uomini pare di sughero , la città patisce di acquavite e la campagna di siero ? È in questi giorni che la fantasia del mondo , esaltata nella sua febbre , senza trovare più pascolo , senza avere più refrigerio , si nutre orribilmente di se stessa , arroventandosi o disseccandosi . In questi giorni la poesia , la delicata ed esile fanciulla , irrimediabilmente ammalata , s ' illanguidisce , declina il capo e muore senza un gemito , senza un respiro – e l ' arte , la robusta fanciulla , colpita mortalmente , agonizza , torcendosi le braccia , effondendo in lugubri lamenti la sua disperazione . Invano l ' artista cerca immergersi nel suo sogno prediletto : il sogno è scomparso . Invano egli tenta tutte le corde della bionda lira : sotto la sua mano tremante le corde si spezzano , con un suono che si prolunga nell ' aria come un triste presagio . O giorni , o giorni scombuiati , feroci e maledetti . Ma perché in questi giorni non amiamo noi , sino a morirne ? Perché non chiudiamo gli occhi , lasciandoci rotolare in un abisso senza fondo dove è cosi dolcemente doloroso finire la vita ? Perché non parliamo noi di amore sino a che la voce si esaurisca nella gola riarsa e la parola diventi un mormorio indistinto ? Vieni dunque ad ascoltarmi . Narrerò a te d ' amore . A te , fantasma fuggevole ed inafferrabile , essere divinamente malvagio , umanamente buono , infinitamente caro , bello come una realtà , orribile come una illusione , sempre lontano , sempre presente , che vivi nelle regioni sconosciute , che sei in me : chimera , persona , nebulosa , nome , idea odiosa ed adorabile da cui parte ed a cui ritorna ogni minuto la mia vita ! L ' hai tu mai vista la barchetta - fantasma ? L ' hai tu vista , amor mio ? .... . Odimi . Io non so quando avvenne la storia d ' amore che ti narro ; l ' anno , il giorno e l ' ora , non li conosco . Ma che importa ? Oggi , ieri , domani , il dramma dell ' amore è multiforme ed unico . Batta il cuore sino a spezzarsi sotto una toga di lana , una corazza di acciaio o un abito di velluto , il suo palpito precipitoso non rovinerà meno o diversamente una esistenza ; siano le braccia dell ' amata cinte di bende sacre , nude , sotto le fasce dei braccialetti , chiuse nelle stoffe seriche , o seminascoste nei merletti , esse non abbracceranno con minore o diversa passione . Che importa una cifra ? Tecla era bella . Il suo volto era di quel candore caldo e vivo che diventa cereo sotto i baci ; nei grandi e voluttuosi occhi di leonessa si accendevano strane scintille d ' oro ; le labbra arcuate erano fatte per quel sorriso lungo , profondo e cosciente che poche donne conoscono ; le trecce folte , brune , s ' incupivano in un nero azzurro . Si chiamava Tecla , un nome duro e dolce , che nel fantasioso vocabolario dei nomi significa cuore colpevole . Hanno la loro fatalità anche i nomi . Fanciulla , Tecla aveva ignorato l ' amore , orgogliosa ed indifferente ; sposa a Bruno , Tecla aveva ignorato l ' amore , moglie superba e glaciale . Eppure aveva veduto struggersi , consumarsi d ' amore il forte cuore di Bruno , un ruvido ed aspro cuore che non aveva mai amato , ma quel soffio ardente di passione non l ' aveva riscaldata , quella voce ansiosa ed appassionata non l ' aveva commossa , l ' amore di Bruno era rimasto inutile , inutile . Bruno se lo sapeva , Tecla glielo aveva detto . Ella non mentiva mai . Era sposa a lui , senza odio , ma senza trasporto . Bruno non si rassegnava , no . Tecla era il cruccio insoffribile della sua vita , il chiodo irrugginito , ficcato nel cervello , il tronco di spada spezzato ed incastrato nel cuore . La ruga della sua fronte , la crudeltà del suo sguardo , il sogghigno del suo labbro , l ' amarezza della sua bocca , il fiele del suo spirito era Tecla . Avrebbe dovuto morire , ma quando s ' ama non se ne ha il coraggio . Avrebbe potuto uccidere Tecla , ma non vi pensava . Non si uccide una donna virtuosa : Tecla era virtuosa , di una virtù alta e fiera . Ma come ogni altezza ne trova un ' altra che la superi e la vinca , fino a che non si arrivi all ' invincibile ed all ' incommensurabile , così dinanzi alla virtù di Tecla giganteggiò , immenso , l ' amore . Fu una grande sconfitta ; fu un gran trionfo . D ' un tratto la fierezza si annegò nella umiltà , l ' orgoglio fu ingoiato , trovolto . Era singolarmente bello Aldo , un fascino irresistibile vibrava nella sua voce armoniosa , le sue parole struggevano come fuoco liquido , il suo sguardo dominava , vinceva , metteva nell ' anima uno , sgomento pieno di tenerezza ; ma se tutto questo non fosse stato , per Tecla egli era sempre , unico , l ' amore . Fu una notte in una sala fulgida di lumi che si videro . Nulla seppero dirsi . Pure fra quei due esseri che si separarono senza un saluto , senza un sorriso , un legame indissolubile era sorto . Camminavano uno verso l ' altro , dovendo inevitabilmente incontrarsi . – Che fai tu alla finestra , Tecla ? È un ' ora che guardi nel buio , quasi vi scorgessi qualche cosa . – Guardo il mare , Bruno , rispondeva lei con la infinita mestizia di chi comincia ad amare . – La brezza della sera ti fa male , Tecla . Tu sei pallida come un cadavere . – Lasciami qui , te ne prego . – Tu sei triste , Tecla . A che pensi ? – Io non penso , Bruno . – Dimmi , chi ti rattrista ? – Nessuno può rattristarmi . – Tecla , la tua mano è gelata e le tue labbra sono , ardenti ; tu soffri , tu tremi , tu vacilli ... – Muoio ... Ma in una notte cupa e profonda , dopo venti notti che l ' insonnia tormentosa si assideva al suo capezzale bagnato di lagrime , Tecla sentì scuotersi tutta , come se un appello possente la chiamasse . – Eccomi – mormorò . E muta , rigida , con l ' incesso uniforme e continuo di un automa , col lungo abito bianco che le si trascinava dietro come un sudario , col passo ritmico che appena sfiorava il suolo , coi lunghi capelli disciolti sugli omeri , con gli occhi spalancati nell ' oscurità , ella attraversò la casa ed uscì sul terrazzo che dava sul mare . Aldo era là . Ella andò a lui . Stettero a guardarsi , nell ' ombra . Non un detto , non un sospiro . L ' amore condensato , potente , sdegnoso di espansione , li soffocava . O indimenticabili notti create per l ' amore ! O eternamente bello golfo di Napoli , dall ' amore e per l ' amore creato ! Nelle notti di primavera , quando il fermento della terra conturba i sensi e tenta l ' anima , quando nell ' aria vi è troppo profumo di fiori , si può discendere al mare , entrare nella barca , fuggire la costiera , e sdraiati sui cuscini contemplare l ' azzurro cupo del cielo , l ' ondeggiamento voluttuoso del flutto , il palpito vivo delle stelle che pare si vogliano staccare per precipitare nell ' immenso aere . Nelle torbide notti estive che seguono le giornate violente e tormentose , quando la terra si riposa , sfiaccolata , da una passione di quattordici ore col sole , felice colui che può farsi cullare in una barca , come in un ' amaca , mentre il forte profumo marino gli fa sognare il tropico , la sua splendida e mostruosa vegetazione , e le svelte fanciulle brune che discendono sotto gli archi dei tamarindi . Nelle meste e bianche notti autunnali , quando la luna malaticcia si unisce alla candida malinconia del cielo , al languido pallore delle stelle , alla nebulosità ideale delle colline , quando tutto il mondo diventa fioccoso di spuma , vi è chi presceglie il mare per confidente e va a narrargli il disfacimento della sua vita che inclina a perdersi nel nulla , mentre la morbida curva di Posillipo pare che si abbassi anche essa desiderosa di scomparire nel mare . Nelle notti tempestose d ' inverno , quando il temporale della città ha tutta la grettezza e la miseria delle stradicciuole strette e delle grondaie piagnolose , quando l ' anima sente il bisogno imperioso di una mano che l ' afferri , che delizioso ed infinito terrore , che impressione incancellabile trovarsi in alto mare , in un ambiente nero , dove il pericolo è tanto più grande in quanto è indistinto . Ma più felice di tutti colui che godette queste notti carezzando i capelli morbidi di una donna adorata , che stringendola al cuore , potette sognare di rapirla nel paese sconosciuto desiderato dagli amanti , che potette sperare di morire con lei , sotto il cielo che s ' incurva , nel mare che li vuole . Più di tutti colpevolmente felici e colpevolmente invidiati Aldo e Tecla . – Aldo , il mare è troppo nero . – Io t ' amo , Tecla . – Io t ' amo , Aldo . Sostienimi col tuo valido braccio , amore . Perché quel barcaiuolo tace ? – Il suo lavoro è duro , forse . Gli daremo del denaro – .... . mi amerai sempre , sempre , Tecla ? – Sempre . Aldo , quella fiaccola gitta una luce sanguigna sui nostri volti e sul mare . Pare che illumini due cadaveri ed una tomba , amore . – Che temi tu dalla morte ? – Dividermi da te . – Giammai . Dio deve castigarci egualmente . Un silenzio si prolungò . Si guardavano , mentre alla loro passione si univa la nota dolce di una tenerezza grave come un presentimento . La barca volava sull ' acqua ; il barcaiuolo vogava con grande forza , senza volgere il capo a guardare gli amanti . – Non ti sembra , Aldo , che siamo lontani assai dalla sponda ? – Tanto meglio , dolcezza mia . – Perché quel barcaiuolo non parla ? – C ' invidia forse , Tecla . È giovane , amerà senza speranza . – Interrogalo , Aldo . Domandagli perché nasconde il suo volto . D ' un tratto il barcaiuolo si volse . Era Bruno . Era la figura dell ' odio . Aldo e Tecla si baciarono . E la barca si capovolse sul bacio degli amanti , sul grido di furore di Bruno . Tre volte vennero a galla gli amanti , abbracciati , stretti con una celestiale beatitudine nel viso , tre volte venne a galla una faccia contratta dalla collera . .... . Odimi , amore . In una certa ora della notte , sulla bella riva di Posillipo , su quella gaia di Mergellina , su quella cupa del Chiatamone , su quella fragorosa di Santa Lucia , su quella sporca del Molo , su quella tempestosa del Carmine , la barchetta fantasma appare , corre veloce sull ' acqua , gli amanti si baciano lentamente , la figura dello sposo si erge sdegnata , la barchetta si capovolge . Ancora tre volte si rivede quell ' eterno bacio , quell ' eterno odio . Ogni notte la barchetta - fantasma appare . Ma non tutti la vedono . Dio permette che solamente chi ama bene , chi ama intensamente possa vederla . Apparisce solamente per gli innamorati , i quali impallidiscono a quell ’ aspetto . È la pruova infallibile e singolare . L ’ hai tu vista ? L ’ hai tu vista , la barchetta - fantasma ? O sciagurata me , se fui sola a vederla ! IL SEGRETO DEL MAGO Nell ' anno 1220 della salutifera Incarnazione regnando in Palermo ed in Napoli il grande e buon re Federico secondo di Svevia , accadde in Napoli un caso bellissimo che non vi sarà discaro ascoltare , trattandosi di piacevole argomento . Simil novella non troverete né in istorici , né in eleganti narratori ; io stessa la raccolsi rozza ed informe dalla tradizione popolare e voglio , narrandola a voi , consacrarla in questa scrittura , affinché ne possano avere disadorna ma chiara notizia i più tardi nepoti , per cui lavora e s ’ affatica ogni scrittore disdegnoso del facile plauso contemporaneo . Ma senza più intrattenervi in preliminari , avendo spiegata chiaramente la mia intenzione , ecco il caso . Nello stretto vico dei Cortellari . che come ognuno sa , apparteneva al seggio di Portanova , v ' era una casuccia magra ed alta , dalle piccole finestre , aventi i vetri sporchi ed impiombati . La porta d ' entrata era bassa e oscura ; sporca e ripida la scala ; di rado si aprivano le finestruole . La gente vi passava dinanzi frettolosa , dando uno sguardo fra il collerico ed il pauroso , e borbottando fra i denti non so se una preghiera o una maledizione . In verità , nella casuccia abitava gente malfamata ; al primo piano v ' era un maledetto giudeo , degno discendente di coloro che crocifissero nostro signore Gesù Cristo , un giudeo ladro che dava il denaro ad usura e tosava le monete d ' oro ; al secondo una giovane bella , di quelle che sono la tentazione e la dannazione dell ' uomo ; al terzo un marito ed una moglie , brutti ceffi che il giorno eran fuori di casa a qualche ignoto ed equivoco mestiere e quando rincasavano , a notte piena , si battevano come la lana . Quello che formava lo sgomento dei viandanti non era specialmente l ' ebreo cane , lo sguardo provocante della donna , o gli strilli della moglie bastonata dal marito , ma era tutto questo insieme e principalmente il pensiero che all ' ultimo piano della casa indiavolata abitava Cicho il mago . Le anime timorate di Dio si facevano il segno della croce che è anche quello della nostra salvazione e passavano oltre ; gli spiriti mondani facevano le corna con la mano , si tastavano il ginocchio , pronunziavano qualche scongiuro e simili cose operavano che volgarmente si credono atte a disperdere il malocchio . Sebbene Cicho uscisse molto raramente e raramente spalancasse le imposte della sua finestruola , il popolo sapendo della sua magia , del suo potere sovrumano , n ' avea timore grandissimo . Senza dubbio i misteriosi andamenti di Cicho davan fede di verità a quanto di lui si dicea . Chi fosse non si sapea , né donde venisse ; sempre chiuso in casa ; in apparenza privo di amici e di parenti : curvo nell ' incedere , lento il passo , l ' occhio fisso a terra mormorando parole greche , latine o di qualche lingua demoniaca ; parco nel conversare , ma non aspro nei modi , anzi sorridente nella fluente barba bianca ; scuri ma netti i vestimenti . Invano , quando venne ad abitare nel vico Cortellari , le femminette d ' intorno s ' informavano di lui , chiesero , osarono interrogarlo , fermarono il suo servo e adoperarono i mille mezzi che mai sempre consiglia alla donna , la gran maestra e signora , la curiosità . Nulla potettero sapere e Cicho , la sua origine , la sua famiglia , la sua vita rimasero nelle tenebre dello sconosciuto . Ma in seguito , spiando , osservando , escogitando , si seppe che Cicho intendeva a opere magiche ; durante la notte , mai si spegneva la lampada della stanzuccia dove egli studiava su grossi volumi di manoscritti a fermaglio , tolti da una polverosa scansia , mai cessava d ' uscire , dalla cappa nera del suo focolare , un filo di fumo e la sua stanza era piena di storte , di lambicchi , di fornelli , di singolari coltelli in tutte le forme e di altri istrumenti in ferro destinati ad usi paurosi . Si dicea che spesso Cicho passava ore intere curvato sopra un pentolino che bolliva , bolliva e dove sicuramente danzavano le maledette erbe infernali che cagionano malsania , follìa e morte , sebbene il servo non comperasse in piazza che le erbe di cucina , come maggiorana , pomidoro , basilico , prezzemolo , cipolle , agli ed altro . Ma si sa che gli stregoni vanno sui prati , nella notte del sabato , incantano la luna , chiamano il diavolo e colgono le erbacce malefiche . Si diceva altresì che Cicho venisse fuori sul suo piccolo terrazzino , scuotendo dalle mani e dall ' abito una polvere bianca che certo doveva avvelenare l ' aria ; che spesso andasse a lavarsi le mani macchiate di rosso in un tinello di cui l ' acqua si corrompeva . Quelle mani macchiate di rosso davano autorità a orribili sospetti ; tanto più che si soggiungeva esservi spesso , nel laboratorio di Cicho , sul pavimento , larghe macchie di rossobruno , simili a pozze di sangue e che quello sciagurato stregone di Cicho si occupasse , nella notte , a tagliare coi sottili coltelli , sopra una grande tavola di marmo bianco , non so che di delicato . Membra di bambini , o gambe di rana , o pelli di serpentelli – ripeteva la gente . E quando camminava nella via , le comari ammiccavano e si davano delle gomitate nei fianchi , dicendo : – Cicho il mago , Cicho il mago ! – Cerca il modo di ridiventare giovane , il secchione ! – Vuol trovar l ’ oro , forse . – O quella pietra per cui s ’ ha virtù , saggezza e lunga vita . – Che ! ! Chiama il diavolo per diventare Gran Turco . Cicho ascoltava e tirava via sorridendo . In fondo le comari , avendone paura , non osavano maledirlo che sottovoce ; a ammonivano i bimbi ad usargli rispetto . lo stregone , malgrado le voci temerarie , aveva rispetto di galantuomo e quella tale aria di soddisfatto raccoglimento di chi medita una bella e feconda idea . Parea dicesse : verrà , verrà il giorno mio , o gente ingrata . A chiarirvi un poco il mistero ed a denudare la sua vita di quella parte sovrumana che Dio non permette più sulla terra , poiché Dio fa miracoli solamente per l ’ anima e non più per il corpo , vi dirò quanto segue . Cicho era stato a suo tempo ricco e gagliardo e bel giovanotto : aveva saputo goder bene della salute , della gioventù e della ricchezza ; amante , era stato amato ; aveva avuto palazzi , corridori di nobil sangue , pietre preziose , vestimenta intessute d ’ oro ; aveva goduto feste , conviti , balli , tormenti , giostre ; aveva assaporato col più vivo piacere baci di donne , colpi di spada di cavaliere e vini poderosi . Quando la sua ricchezza cominciò a dileguare , come sempre accade , si allontanarono donne ed amici ; ma Cicho che aveva fatta sugli scrittori antichi buona e larga provvista di filosofia , non se ne accorò . Sibbene rimasto solo , con niuna opera da compiere , gli venne vaghezza di rendersi utile agli uomini . E dopo aver escogitato tutti i mezzi , ricordando i suoi godimenti ed i suoi piaceri , entrò nella persuasione dover lui ritrovare qualche cosa che concorresse specialmente alla felicità del suo simile , felicità instabile e passeggera a cui egli voleva dare un qualche solido fondamento . Raffermato in questa intenzione comperò pergamene e volumi , studiò lungamente , tentando e ritentando ogni giorno prove novelle , sbagliando , ricominciando da capo , consumando le sue notti , il suo denaro ed il carbone dei suoi fornelli . Per molto tempo la mala fortuna lo perseguitò e le sue esperienze riuscirono sempre fallaci , ma non per questo venne meno la sua costanza . Ei lavorava per la felicità dell ’ uomo e cotale altissimo scopo gli era innanzi agli occhi come visione animatrice ; alla fine , dopo molti anni di travaglio , si poté dire di aver raggiunto la sua meta , gridando anche lui la parola del greco Archimede , di fronte a tanta scoperta . Poi , come usano gli inventori , s ’ occupò a vezzeggiare al sua scoperta , a carezzarla , a darle forme variate e seducenti , a perfezionarla , in modo da poter dire agli uomini : Eccola qui ; io ve la dono bella e completa . Ora accade che sul terrazzino di Cicho il mago sporgesse anche una porticina di una stanzuccia dove abitava con suo marito Jovannella di Canzio . Era costei maliziosa , astuta e linguacciuta quanto mai femmina possa essere ; e sua dilettosa occupazione era conoscere i fatti del vicinato o per trarne personale vantaggio o per malignarvi su . non è a dire se la malvagia Jovannella spiasse continuamente Cicho il mago ; ché anzi s ’ arrovellava di giorno e non aveva tregua nelle lenzuola alla notte , per la inappagata curiosità ; e più non riusciva a saper nulla , più , per dispetto , lacerava la riputazione delle vicine e tormentava il marito Giacomo , guattero di cucina al real palazzo . Ma non senza saviezza corrono dettami popolari esprimenti che la donna ottiene sempre quello che vuole fortemente – e malgrado le precauzioni di segretezza adoperate da Cicho il mago , malgrado le porte chiuse , le finestre sbarrate , la Jovannella seppe il segreto dello stregone . Fosse stato per buco di serratura , per fessura di porta , per foro nel muro , o per altro , io non so . Ma è certo che un giorno la trionfante Jovannella disse al guattero marito : – Giacomo , se hai ardire di uomo , la fortuna nostra è fatta . – Sei tu diventata strega ? Io mel sapeva . – Malann ’ aggia la tua bocca sconsacrata ! Ascolta . Vuoi tu dire al cuoco di palazzo che io conosco una vivanda di così nuova e tanto squisita fattura da meritare l ’ assaggio del re ? – Femmina , tu sei pazza ? – Dio mi sradichi questa lingua che ho tanto cara , s ’ io mento ! E con molte sue persuasioni lo indusse a parlarne col cuoco , che a sia volta ne discusse col maggiordomo , il quale ne tenne parola con un conte , che osò dirne al re . Piacque al re la novella e dette ordine che la moglie del sguattero si recasse nelle reali cucine e componesse la prelibata vivanda : infatti la Jovannella accorse prontamente e in tre ore ebbe tutto fatto . Ecco come : prese prima fior di farina , lo impastò con poca acqua , sale e uova , maneggiando la pasta lungamente per raffinarla e per ridurla sottile sottile come una tela ; poi la tagliò con un suo coltellaccio in piccole strisce , queste arrotolò a forma di piccoli cannelli e fattane un a grande quantità , essendo morbidi ed umidicci , li mise a rasciugare al sole . Poi mise in tegame strutto di porco , cipolla tagliuzzata finissima e sale ; quando la cipolla fu soffritta vi mise un grosso pezzo di carne ; quando questa si fu crogiolata bene ed ebbe acquistato un colore bruno - dorato , ella vi versò dentro il succo denso e rosso dei pomidoro che aveva spremuti in uno straccio ; coprì il tegame e lasciò cuocere , a fuoco lento , carne e salsa . Quando l ’ ora del pranzo fu venuta , ella tenne preparata una caldaia di acqua bollente dove rovesciò i cannelli di pasta : intanto che cuocevano , ella grattugiò una grande quantità di quel dolce formaggio che ha nome da Parma e si fabbrica a lodi . Cotta a punto la pasta , la separò dall ’ acqua ed in bacile di maiolica la condì mano mano con una cucchiaiata di formaggio ed un cucchiaio di salsa . Così fu la vivanda famosa che andò innanzi al grande Federigo , il quale ne rimase meravigliato e compiaciuto ; e chiamata a sé la Jovannella di Canzio , le chiese come avesse potuto immaginare un connubio così armonioso e stupendo . La rea femmina disse che ne aveva avuto rivelazione in sogno , da un angelo : il gran re volle che il suo cuoco apprendesse la ricetta e donò alla Jovannella cento monete d ’ oro dicendo che era molto da ricompensarsi colei che per una così grande parte aveva concorso alla felicità dell ’ uomo . Ma non fu questa solamente la fortuna di Jovannella , poiché ogni conte ed ogni dignitario volle avere la ricetta e mandò il proprio cuoco ad imparare da lei , dandole grosso premio ; e dopo i dignitarii vennero i ricchi borghesi e poi i mercati e poi i lavoratori di giornata e poi i poveri dando ognuno alla donna quel che poteva . Nel corso di sei mesi tutta Napoli si cibava dei deliziosi maccheroni – da macarus , cibo divino – e la Jovannella era ricca . Intanto Cicho il mago , solo nella sua cameruccia , modificava e variava la sua scoperta . Pregustava il momento in cui , fatto noto agli uomini il segreto , gliene sarebbe venuta gratitudine , ammirazione e fortuna . Infine , non vale più la scoperta di una nuova pietanza che quella di un teorema filosofico ? che quella di una cometa ? che quella di u nuovo insetto ? Bene , dunque : e lodato senza fine sia l ’ uomo che la fa . Ma un giorno che il termine era vicino , Cicho il mago uscì a respirare per la via del Molo : arrivato presso la porta del Caputo , un noto odore gli ferì le nari . Egli tremò e volle rincorarsi , pensando che era inganno . Ma roso dall ’ ansietà , entrò nella casa donde l ’ odore era venuto e domandò ad una donna che badava ad un tegame : – Che cucini tu ? – Maccheroni , vecchio . – Chi te lo insegnò , donna ? – Jovannella di Canzio . – Ed a lei ? – Un angiolo , dicono . Ella ne cucinò al re ; ne vollero i principi , i conti , tutta Napoli . In qualunque casa entrerai , o vecchio pallido e morente , troverai che vi si cucinano maccheroni . Hai fame ? Vuoi tu cibartene ? – No . Addio . Entrato in varie case , trascinandosi a stento , Cicho il mago ebbe certezza dell ’ accaduto e del tradimento di Jovannella ; il custode del palazzo reale gli ripeté la storiella . Allora , disperato d ’ ogni cosa , tornatosene alla sua casetta , rovesciò lambicchi , storte , tegami , forme e coltelli ; ruppe , fracassò tutto ; abbruciò i libri di chimica . E partissene solo ed ignorato , senza che mai più fosse veduto ritornare . Come è naturale , la gente disse che il diavolo aveva portato via il mago . Ma venuta a morte la Jovannella dopo una vita felice , ricca ed onorata , come la godono per lo più i malvagi , malgrado le massime morali in contrario , nella disperazione della sua agonia , confessò il suo peccato e morì urlando come una dannata . Neppur tarda giustizia fu resa a Cicho il mago : solamente la leggenda soggiunge che nella casa dei Cortellari , dentro la stanzuccia del mago , alla notte del sabato , Cicho il mago ritorna a tagliare i suoi maccheroni , Jovannella di Canzio gira la mestola nella salsa del pomodoro ed il diavolo con una mano gratta il formaggio e con l ’ altra soffia sotto la caldaia . Ma diabolica o angelica che sia la scoperta di Cicho , essa ha formato la felicità dei napoletani e nulla indica che non continui a farla nei secoli dei secoli . DONNALBINA , DONNA ROMITA , DONNA REGINA La leggenda di Donnalbina , Donna Romita , Donna Regina , corre ancora per la lurida via di Mezzocannone , per le primitive rampe del Salvatore , per quella pacifica parte di Napoli vecchia che costeggia la Sapienza . Corre la leggenda per quelle vie , cade nel rigagnolo , si rialza , si eleva sino al cielo , discende , si attarda nelle umide ed oscure navate delle chiese , mormora nei tristi giardini dei conventi , si disperde , si ritrova , si rinnovella – ed è sempre giovane , sempre fresca . Se voi volete , o miei fedeli ed amati lettori , io ve la narro . Se volete per un poco dimenticare le nostre folli passioni , i nostri odi di taciturni , i nostri volti pallidi , le nostre anime sconvolte , io vi parlerò di altre passioni diversamente folli , di altri odii , di altri pallori , di altre anime . Se volete io vi narrerò la leggenda delle tre sorelle : Donnalbina , Donna Romita , Donna Regina . Erano le tre figlie del barone Toraldo , nobile del sedile di Nilo . La madre , Donna Gaetana Scauro , di nobilissimo parentado , era morta molto giovane : il barone si crucciava che il suo nome dovesse estinguersi con esso : pure , non riprese moglie . Ottenne come special favore dal re Roberto d ' Angiò che la sua figliuola maggiore , Donna Regina , potesse , passando a nozze , conservare il suo nome di famiglia e trasmetterlo ai suoi figliuoli . E nel 1320 si morì , racconsolato nella fede del Cristo Signore . Donna Regina aveva allora diciannove anni , Donnalbina diciassette , Donna Romita quindici . La maggiore , dal superbo nome , era anche una superba bellezza : bruni e lunghi i capelli nella reticella di fil d ' argento , stretta e chiusa la fronte , gravemente pensosi i grandi occhi neri , severo il profilo , smorto il volto , roseo - vivo il labbro , ma parco di sorrisi , parchissimo di detti ; tutta la persona scultorea , altera , quasi rigida nell ' incesso , composta nel riposo . E lo spirito di Regina , per quanto ne poteva ricavare l ' indiscreto indagatore , rassomigliava al corpo . Era in quell ' anima un ' austerità precoce , un sentimento assoluto del dovere , un ' alta idea del suo còmpito , una venerazione cieca del nome , delle tradizioni , dei diritti , dei privilegi . Era lei il capo della famiglia , l ' erede , il conservatore del nobil sangue , dell ' onore , della gloria ; era nel suo fragile cuore di donna che dovevano trovare aiuto e sostegno queste cose – ed ella nel silenzio , nella solitudine , si adoperava ad invigorire il suo cuore : a farvi nascere la costanza e la fermezza , a cancellarvi ogni traccia di debolezza . A volte nel suo spirito , sempre freddo , sempre teso , passava un soffio caldo e molle – e le sorgevano in cuore vaghi desiderii di amore , di profumi , di colori abbaglianti , di sorrisi ; ma ella cercava vincersi , s ' inginocchiava a pregare , leggeva nel vecchio libro dove erano scritte le storie di famiglia e ridiventava l ' inflessibile giovinetta , Donna Regina , baronessa di Toraldo . Donnalbina , la seconda sorella , veniva chiamata cosi dalla bianchezza eccezionale del volto . Era una fanciulla amabile , sorridente nel biondo - cinereo della chioma , nel fulgore dello sguardo intensamente azzurro , nei morbidi lineamenti , nella svelta e gentile persona . I tratti duri , fieri , di Donna Regina diventavano femminilmente graziosi in Donnalbina . E veramente ella era la dolcezza di casa Toraldo . Era lei che presenziava i lunghi lavori delle sue donne sul broccato d ' oro , alle trine di lucido filo d ' argento , agli arazzi istoriati , andando da un telaio all ' altro , curvandosi sul ricamo , consigliando , dirigendo ; era lei , che , in ogni sabato , attendeva alla distribuzione delle elemosine ai poveri , curando che niuno fosse trattato con , durezza , che niuno fosse dimenticato , ritta in piedi sul primo scalino della porta , vivente immagine della misericordia terrestre . Era lei che portava alla sorella Regina le suppliche dei servi infermi , dei coloni poveri , di chiunque chiedesse una grazia , un soccorso . Nella sua affettuosa e gaia natura , si doleva del silenzio di quella casa , della austera gravità che vi regnava , dei corridoi gelati , delle sale marmoree che niun raggio di sole valeva a riscaldare ; si doleva del freddo cuore di Regina che niun affetto faceva sussultare – se ne doleva per Donna Romita . Perché Donna Romita era una singolare giovinetta , mezzo bambina . Così il suo aspetto : i capelli biondo cupo , corti ed arricciati , il viso bruno , di quel bruno caldo e vivo che pare ancora il riflesso del sole , gli occhi di un bel verde smeraldo , glauco e cangiante come quello del mare , le labbra fini e rosse , la personcina esile e povera di forma , bruschi i moti , irrequieta sempre . Ora appariva indifferente , glaciale , gli occhi smorti , le nari terree , quasi la vita fosse in lei sospesa ; ora si agitava , una fiamma le coloriva il volto , le labbra fremevano di baci , di parole , di sorrisi , l ’ angolo delle palpebre nascondeva una scintilla , scivolata dalla pupilla viva ; ora diventava irritata , superba , il viso chiuso , sbiancato da una collera interna . Nei giorni d ' inverno , quando la pioggia sferza i vetri , il vento sibila per le fessure delle porte , urta nel camino , del largo focolare , Donna Romita si rannicchiava in un seggiolone come un uccello pauroso ed ammalato ; nelle caldissime ore di estate , non lasciava le ombre del giardino , errando pei viali . A volte rimaneva lunghe ore pensosa . Pensava forse di sua madre , cui le avevano detto rassomigliasse . Pure , le tre sorelle menavano placida vita . Erano regolate le ore dell ' abbigliamento , della preghiera , del lavoro , dell ' asciolvere e della cena ; erano stabilite equamente le occupazioni di ogni settimana , di ogni mese . Dappertutto Donna Regina andava innanzi e le sorelle la seguivano ; ella aveva il seggiolone con la corona baronale , ella aveva le chiavi dei forzieri dove erano rinchiuse le insegne del suo grado ed i gioielli di famiglia ; a mensa , ella presiedeva , le due sorelle una a diritta l ' altra a sinistra , su ’ seggi più umili ; all ' oratorio ella intonava le laudi . La mattina e la sera le due sorelle minori salutavano la maggiore , inchinandosi e baciandole la mano : ella le baciava in fronte . Di rado le chiamava a consiglio , essendo , in lei il senno superiore alla età ed al sesso : ma se accadeva , le due attendevano pazienti di essere interrogate . Era in tutte tre profondo ed innato il sentimento dello scambievole rispetto : in Donnalbina e in Donna Romita un ossequio affettuoso per Donna Regina . Le sue parole erano una legge indiscutibile , cui non si sarebbero giammai ribellate . In fondo l ' amavano , ma senza espansioni . Ed essa era troppo rigida per mostrar loro il suo affetto , se le amava . Un giorno re Roberto si degnò scrivere di suo pugno a Donna Regina Toraldo che le aveva destinato in isposo Don Filippo Capece , cavaliere della corte napoletana . Imbruniva . Nel vano di un balcone sedeva Donna Regina , col libro delle ore fra le mani . Ma non leggeva . – Mi è lecito rimanere accanto a voi , sorella mia ? – chiese timidamente Donnalbina . – Rimanete , sorella – disse brevemente Regina . Regina era più smorta dell ' usato , un po ' abbassata la testa , errante lo sguardo . E Donnalbina cercava indovinare il pensiero segreto di quella fronte severa . – Mi ricercavate di qualche cosa , Donnalbina ? – chiese infine Regina , scuotendosi . – Voleva dirvi che la nostra sorella Donna Romita mi pare ammalata . – Non me ne addiedi . Mandaste per la medesima Giovanna ? – No , sorella , non mandai . – E perché ? – Ahimè ! sorella , dubito che i farmachi possano guarire Donna Romita . – E qual malore grave e strano è il suo , che non trovi rimedio ? – Donna Romita soffre , sorella mia . Nella notte è angosciosa la veglia ed agitati i suoi sonni ; nel giorno fugge la nostra compagnia , piange in qualche angolo oscuro ; passa ore ed ore nell ' oratorio inginocchiata , col capo su le mani . Donna Romita si strugge segretamente . – E sapete voi la causa di tanto struggimento , Donnalbina ? – chiese con voce aspra Donna Regina . – Io credo saperla – rispose , facendosi coraggio , la sorella minore . – Ditela , dunque . – Ma la vedete voi ? – Ve la chieggo . Tardaste troppo . – Donna Romita si strugge d ' amore , o mia sorella . – D ' amore , diceste ? – gridò Regina balzando sul seggiolone . – D ' amore . – E che ? Debbo io udire da voi queste parole ? Chi vi parlò prima d ' amore ? Chi vi ha insegnato la triste scienza ? Di chi io debbo crucciarmi , di Donna Romita che me lo cela , o di voi , Donnalbina , che lo indovinate e me lo narrate ? Come furon turbati il cuore dell ' una , la mente dell ' altra ? Sono stata io così poco provvida , cosi incapace da lasciare indifesa la vostra giovinezza . – L ' amore è nella nostra vita – rispose con dolce fermezza Donnalbina . Regina tacque un momento . Aveva corrugate le sopracciglia , quasi a ristringere ed a condensare il suo pensiero . – Il nome dell ' uomo ? – chiese poi duramente . Donnalbina tremò e non rispose . – Il nome dell ' uomo ? – insistette l ' altra . – È un giovane cavaliere , un cavaliere di nobil sangue , bello , dovizioso . – Il suo nome ? – Donna Romita è stata affascinata dalla eloquente parola , dallo sguardo di fuoco . Amò certo senza saperlo … – Il suo nome , vi dico . Debbi io pregarvi ? – Oh ! no , sorella . Ma voi le perdonerete , voi le perdonerete , non è vero ? E cercava prenderle le mani . – Che cosa debbo perdonarle ? Ditemi il nome del cavaliere . – Pietà per lei . Ella ama don Filippo Capace . – No ! ! – Lo ama , lo ama , sorella . Chi non l ’ amerebbe ? Non è egli valoroso , galante con le donne , seducente nell ’ aspetto ? Quando egli mormora una parola d ’ amore , il cuore della fanciulla deve struggersi in una dolcissima felicità ; quando il suo labbro sfiora la fronte della fanciulla , può ella invidiare le gioie degli angeli ? Essere sua ! Sogno benedetto , aura invocata , luce abbagliante ! Pietà per nostra sorella ! Essa lo ama – e cadde ginocchioni , balbettando ancora vaghe parole di preghiera . – Ma per chi mi chiedi pietà ? – gridò Donna Regina , rialzando bruscamente la sorella in un impeto di collera – per chi me la chiedi ? – Per Donna Romita … – rispose l ’ altra smarrita . – Chiedila anche per te . Tu , come lei , ami Filippo Capace . – Io non lo dissi ! – esclamò Albina folle di terrore . – Tu l ’ hai detto . L ’ ami . Ed io non posso , non posso perdonare . Io amo Filippo Capace – dice con voce disperata Regina . Le ombre della notte involgevano la casa Toraldo : una notte senza speranza di alba . Profondo è il silenzio nell ' oratorio . La lampada di argento , sospesa davanti ad una Madonna bruna , brucia il suo olio profumato , diradando il buio con una luce piccola ed incerta . Brilla una sola scintilla nella veste d ' argento della Vergine . Se si tende bene l ' orecchio , si ode un respiro lieve lieve . Non sul velluto rosso del cuscino , non sulla balaustra di legno lavorato dell ' inginocchiatoio , ma sul marmo gelido del pavimento è mezza distesa una forma umana ; l ' abito bianco e lungo in cui è avvolta ha qualche cosa di funebre . Donna Romita è là da più ore , dimentica di tutto , nell ' abbandono di tutto il suo essere , nel profondo assorbimento dell ' idea fissa . Ella non sente . il freddo dell ' ambiente , non vede l ' oscurità , non sa nulla del tempo , non sente lo spasimo delle sue ginocchia , non sente lo spasimo di tutta la sua vita ; ella non sente che il suo pensiero tormentoso , onnipresente , onnipotente . – Madonna santa , toglimi questo amore ! Madonna santa , strappami il cuore ! Madonna santa , fammi morire , fammi morire , fammi morire ! Toglimi questo amore ! E le invocazioni si moltiplicano ; essa stende le braccia alla immagine sacra e torna a chiedere la morte . La fronte ardente si curva sino al suolo , le labbra baciano il marmo , tutto il corpo si torce nella disperazione . Ad un tratto un singhiozzo interrompe il silenzio . Chi piange presso di lei ? È forse l ' eco del suo dolore ? È forse la sua ombra , quest ' altra fanciulla vestita di bianco che piange e prega in un angolo ! Sì , è l ' eco del suo dolore , è la sua ombra che si desola ; è Albina . Donna Romita fugge , fugge invasa dal terrore e dalla vergogna , lasciando nell ' oratorio un amore ed una sciagura simile alla sua . In quell ' ora medesima , nella vasta camera da letto , sola , seduta presso il tavolo di quercia , veglia Donna Regina . Sta immobile , non prega , non piange , non trasalisce . Tutto il volto pare scolpito nel granito , solo ardono gli occhi di un fuoco consumatore . Passano le ore sul suo capo altero , passano le ore sul suo cuore straziato , ma pel loro passaggio non si cangia il suo strazio . Allegre le vie della vecchia Napoli nella primavera novella dell ' anno , per la gioia degli uomini ; lieto lo scampanìo delle chiese . È la Pasqua di Risurrezione . La pace dal cielo scende sulla terra , nei fiori e nella luce primitiva . Il mondo rivive , rinasce la sua gioventù , un istante sopita . Nell ' aria si respira amore . Le due sorelle minori hanno chiesto a Donna Regina un colloquio particolare ed essa lo ha accordato ; era tempo che le tre sorelle non si vedevano , l ' una fuggendo le altre , mettendo la mestizia e il duolo nella loro casa , lo scompiglio tra i famigliari . Donna Regina è nella grande sala baronale , dove in antico si teneva corte di giustizia ; è splendidamente vestita ; ha indosso i gioielli magnifici di casa Toraldo , ha daccanto , sovra un cuscino , la corona ingemmata di zaffìri , di rubini e di smeraldi , lo scettro baronale ; sul volto un ' austerità calma , quasi decisa . Entrano Donnalbina e Donna Romita . Sono vestite di bruno , senza ornamenti . La gaia giovinezza di Donnalbina è svanita , è svanito il suo soave sorriso , è perduta la sua bionda bellezza . Donna Romita china il capo , abbattuta ; ancora non ha avuto il tempo di esser giovane e già si sente irresistibilmente attirata dalla morte . Esse s ’ inchinano a Donna Regina ed ella rende loro il saluto . – Parlate anche per me , Donnalbina – mormora a bassa voce Donna Romita . – Veniamo a dirvi , sorella nostra – prende a dire Donnalbina – che dobbiamo dividerci . Regina non trasalisce , non batte palpebra , aspetta . – È mia intenzione , è intenzione di Donna Romita , dare una metà della nostra dote ai poveri e l ’ altra parte dedicarla alla fondazione di un monastero , dove prenderemo il velo . – Ogni monaca di casa Toraldo ha diritto di diventare badessa nel monastero che ha fondato – rispose Regina con tono severo . – Sia pure . Attendiamo le vostre risoluzioni , sorella . Ella non rispose . Pensava , raccolta in se stessa . – Siateci generosa del vostro consenso , Donna Regina . Troppo vi offendiamo , è vero … – Desistete – fece quella con un moto di fastidio . – Non desistiamo , no – riprese Donnalbina , affannandosi . – Dio e voi offendemmo . Grave il peccato , grave l ’ espiazione . Ecco , ancora non giunsero per noi i venti anni e noi abbandoniamo questo mondo così bello , così ridente ; noi lasciamo la nostra casa , le nostre dolci amiche , e care abitudini ; lasciamo voi , sorella amata , per quanto offesa . Il chiostro ne aspetta . a voi l ’ onore di conservare il nostro nome , a voi le liete nozze , l ’ amore dello sposo , il bacio dei figliuoli … – Voi v ’ ingannate , o sorella – rispose Donna Regina lentamente . – È da tempo che ho deciso prendere il velo in un convento da me fondato . Un silenzio tristissimo segue le infauste parole . – Io non posso sposare Filippo Capace – riprese ella , mentre una vampa di sdegno le correva al viso . – Egli mi odia . – Ahimé ! io gli sono indifferente – mormorò Donnalbina . – Io anelo al chiostro . Egli mi ama – pronunziò con voce rotta Donna Romita . E le due sorelle baciarono Donna Regina sulla guancia e ne furono baciate . – Addio , sorella mia . – Addio , sorella mia . – Addio , sorelle . Donna Regina si alzò , prese lo scettro d ’ ebano torchiato d ’ oro , e lo franse in due pezzi . E rivolgendosi al ritratto dell ’ ultimo barone Toraldo , gli disse inchinandolo : – Salute , padre mio . La vostra nobile casa è morta ! Non hanno parole le brune vòlte dei monasteri , la pallida luce dei cere trasparenti , il profumo eccessivo e pesante dell ’ incenso , la profonda voce dell ’ organo , le bige pietre sepolcrali ; non han parola le fredde celle , il nudo e duro letto dove è scarso il sonno , il cilicio sanguinoso , le pagine distrutte dalle lagrime , i crocefissi distrutti dai baci ; non han parola i volti ingialliti , gli occhi cerchiati di nero , i corpi consunti , ma rianimati sempre da una fiamma rinascente ; non han parola le convulsioni spasmodiche , le allucinazioni , le estasi dolorose . Altrimenti storie meravigliose e drammatiche sarebbero narrate al mondo ; altrimenti noi sapremmo tutta la vita delle tre sorelle ; altrimenti noi sapremmo il giorno che finì la loro tortura . Ma il giorno , che importa ? Sappiamo noi se dopo non si ami ancora ? Finisce , forse , l ’ amore ? Noi non possiamo , non possiamo segnare il suo ultimo giorno , né la sua ultima parola . ‘ O MUNACIELLO La quale istoria fu così . Nell ’ anno 1445 dalla fruttifera Incarnazione , regnando Alfonso d ’ Aragona , una fanciulla a nome Caterina Frezza , figlia di un mercante di panni , si innamorò di un nobile garzone , Stefano Mariconda . E com ’ è usanza d ’ amore , il garzone la ricambiò di grandissimo affetto e di rado fu vista coppia d ’ amanti egualmente innamorata e fedele . E ciò non senza molto loro cordoglio , poiché per la disparità delle nascite che proibiva loro il nodo coniugale , grande guerra ferveva in casa Mariconda contro Stefano – e la Catarinella , in casa sua , era con ogni sorta di tormenti dal padre e dai fratelli torturata . Ma per tanto e continuo dolore , che si può dire mangiassero veleno e bevessero lagrime , avevano ore di gioia inestimabile . A tarda notte , quando nei chiassuoli dei mercanti non compariva viandante veruno , Stefano Mariconda avvolto dal bruno mantello , che mai sempre protesse ladri ed amanti , penetrava in andito nero ed angusto , saliva per una scala fangosa e dirupata , dove era facile il pericolo della rottura del collo , si trovava sopra un tetto e di là scavalcando , terrazzo per terrazzo , con una sveltezza ed una sicurezza che amore rinforzava , arrivava sul terrazzino dove lo aspettava , tremante dalla paura , Catarinella Frezza . Lettor mio , se mai fremesti d ’ amore , immagina quei momenti e non chiederne descrizione alla debole penna . Ma in una notte profonda , quando più alle anime loro si schiudeva la celestiale beatitudine del paradiso , mani traditrici e borghesi afferrarono Stefano alle spalle , e togliendogli ogni difesa , dalla ferriata lo precipitarono nella via , mentre Catarinella gridando e torcendosi le braccia , s ’ aggrappava ai panni degli assassini . Il bel corpo di Stefano Mariconda giacque , orribilmente sfracellato , nella fetida via per una notte ed un giorno : fino a che lo raccolse di là la pietà dei parenti , dandogli onorata sepoltura . Ma invero fu quella morte ignobilmente violenta ; e perché vi è dubbio sul destino di quell ’ anima , strappata dalla terra e mandata innanzi all ’ Eterno carica di peccati , e perché a gentiluomo non conviensi altra morte violenta che di spada . La Catarinella fuggì di casa , pazza di dolore , e fu piamente ricoverata in un monastero di monachelle . In un giorno , quando ancora il tempo assegnato dalla ragion divina e dalla ragion medica non era scorso , ella dette alla luce un bimbo piccino piccino , pallido e dagli occhi sgomentati . Per pietà di quel piccolo essere , le suore lasciarono la madre a nutrirlo e curarlo . Ma col tempo che passava , non cresceva molto il bambino e la madre , cui rimaneva confitta nella mente la bella ed aitante persona di Stefano Mariconda , se ne crucciava . Le suore la consigliarono di votarsi alla Madonna perché desse una fiorente salute al bambino ; ed ella votossi e fece indossare al bimbo un abito nero e bianco da piccolo monaco . Ma ben altro aveva disposto il Signore nella sua infinita saggezza e la Catarinella non s ’ ebbe la grazia chiesta . Il figliuoletto suo , crescendo negli anni , non crebbe che pochissimo nel corpo e fu simile a quei graziosi nani di cui si allietano molte corti di sovrani potenti . Sibbene ella continuò a vestirlo da piccolo monaco ; onde è che la gente chiamava in suo volgare il bambino ; ‘ o munaciello . Le monache lo amavano , ma la gente della via , ma i bottegai delle strade Armieri , Lanzieri , Cortellari , Taffettanari , Mercanti , si mostravano a dito il bambino troppo piccolo , dalla testa troppo grande e quasi mostruosa , dal volto terreo in cui gli occhi apparivano anche più grandi , anche più spaventati , dall ’ abituccio strano : e talvolta lo ingiuriavano , come fa spesso la plebe contro persona debole ed inerme . Quando ‘ o munaciello passava innanzi la bottega dei Frezza , zii e cugini uscivano sulla soglia e gli scagliavano le imprecazioni più orribili . Non è dato a me indagare quanto comprendesse ‘ o munaciello degli sgarbi e delle disoneste parole che gli venivano dirette , ma è certo che egli riedeva alla madre triste e melanconico . A volte un lampo di collera gli balenava negli occhi e allora la madre lo faceva inginocchiare e gli dettava le sante parole dell ’ orazione . A poco a poco in quei bassi quartieri dove egli muoveva i passi , si divulgò la voce che ‘ o munaciello avesse in sé qualche cosa di magico , di soprannaturale . Ad incontrarlo , la gente si segnava e mormorava parole di scongiuro . Quando ‘ o munaciello portava il cappuccetto rosso che la madre gli aveva tagliato in un pezzetto di lana porpora , allora era buon augurio ; ma quando il cappuccetto era nero , allora cattivo augurio . Ma come il cappuccetto rosso compariva molto raramente , ‘ o munaciello era bestemmiato e maledetto . Era lui che attirava l ’ aria mefitica nei quartieri bassi , che vi portava la febbre e la malsania ; lui che , guardando nei pozzi , guastava e faceva imputridire l ’ acqua , lui che toccando i cani li faceva arrabbiare , lui che portava la mala fortuna nei negozi ed il caro del pane , lui che , spirito maligno , suggeriva al re nuovi balzelli . Appena ‘ o munaciello scantonava , a capo basso , con l ’ occhio diffidente e pauroso , correndo o nascondendosi fra la folla , un coro di maledizioni lo colpiva . Il fango della via gli scagliavano a insudiciargli la tonacella ; le bucce delle frutte troppo mature lo ferivano nel volto . egli fuggiva , senza parlare , arrotando i denti , tormentato più dall ’ impotenza della piccola persona che dal villano insulto di quella borghesia . Catarinella Frezza era morta ; non lo poteva consolar più . Le monache lo impiegavano ai minuti servizi dell ’ orto ; ma , anche esse , a vederlo d ’ improvviso , in un corridoio , nella penombra , si sgomentavano come per apparizione diabolica . S ’ avvalorava il detto della faccia cupa del munaciello , dal non averlo mai visto in chiesa , dal trovarlo in tutti i luoghi a poca distanza di tempo . Finché una sera ‘ o munaciello scomparve . Non mancò chi disse che il diavolo lo avesse portato via pei capelli , come è solito per ogni anima a lui venduta . Ma per fede onesta di cronista , mi è d ’ uopo aggiungere che furono molto sospettati , e forse non a torto , i Frezza d ’ aver malamente strangolato ‘ o munaciello e gittatolo in una cloaca lì presso , da certe ossa piccine e da un teschio grande che vi fu trovato . Il discernere le cose vere dalle false , e lo speculare quale sia favola , quale verità , lascio e raccomando specialmente alla prudenza e saggezza del lettore . Questa qui è la cronaca . Ma nulla è finito – soggiungo io , oscuro commentatore moderno – con la morte del munaciello . Anzitutto è ricominciato . La borghesia che vive nelle strade strette e buie e malinconicamente larghe senza orizzonte , che ignora l ’ alba , che ignora il tramonto , che ignora il mare , che non sa nulla del cielo , nulla della poesia , nulla dell ’ arte ; questa borghesia che non conosce , che non conosce se stessa , quadrata , piatta , scialba , grassa , pesante , gonfia di vanità , gonfia di nullaggine ; questa borghesia che non ha , non può avere , non avrà mai il dono celeste della fantasia , ha il suo folletto . Non è lo gnomo che danza sull ’ erba molle dei prati , non è lo spiritello che canta sulla riva del fiume ; è il maligno folletto delle vecchie case di Napoli , è ‘ o munaciello . Non abita i quartieri aristocratici di Chiaia , di S . Ferdinando , del Chiatamone , di Toledo ; non abita i quartieri nuovi di Mergellina , Rione Amedeo , Corso Salvator Rosa , Capodimonte : la parte ariosa , luminosa , linda della città non gli appartiene . Ma per i vicoli che da Toledo portano giù , per le tetre vie dei Tribunali e della Sapienza , per la triste strada di Foria , per i quartieri cupi e bassi di Vicaria , Mercato , Porto e Pendino il folletto borghese estende l ’ incontrastato suo regno . Dove è stato vivo , s ’ aggira come spirito ; dove è apparso il suo corpo piccino , la testa grossa , la faccia pallida , i grandi occhi lucenti , la tonacella nera , la pazienza di lana bianca ed il cappuccetto nero , lì ricomparve ; nella medesima parvenza , pel terrore delle donne , dei fanciulli e degli uomini . Dove lo hanno fatto soffrire , anima sconosciuta e forse grande in un corpo rattrappito , debole e malaticcio , là egli ritorna , spirito malizioso e maligno , nel desiderio di una lunga e insaziabile vendetta . Egli si vendica epicamente , tormentando coloro che lo hanno tormentato . Chiedete ad un vecchio , ad una fanciulla , ad una madre , ad un uomo , ad un bambino se veramente questo munaciello esiste e scorazza per le case , e vi faranno un brutto volto , come lo farebbero a chi offende la fede . Se volete sentirne delle storie , ne sentirete ; se volete averne dei documenti autentici , ne avrete . Di tutto è capace il munaciello … Quando la buona massaia trova la porta della dispensa spalancata , la vescica dello strutto sfondata , il vaso dell ’ olio riverso e il prosciutto addentato dalla gatta , è senza dubbio la malizia del munaciello che ha schiusa quella porta e scagionato il disastro . Quando alla serva sbadata cade di mano il vassoio ed i bicchieri vanno in mille pezzi , colui che l ’ ha fatta incespicare è proprio lui , lo spiritello impertinente ; è lui che urta il gomito della fanciulla borghese che lavora all ’ uncinetto e le fa pungere il dito ; è lui che fa traboccare il brodo dalla pentola ed il caffè dalla cogoma ; è lui che fa inacidire il vino dalle bottiglie ; è lui che dà la iettatura alle galline che ammiseriscono e muoiono ; è lui che pianta il prezzemolo , fa ingiallire la maggiorana e rosicchia le radici del basilico . Se la vendita in bottega va male , se il superiore dell ’ uffizio fa una rimenata , se un matrimonio stabilito si disfà , se uno zio ricco muore lasciando tutto alla parrocchia , se al lotto vien fuori 34 , 62 , 87 invece di 35 , 61,88 , è la mano diabolica del folletto che ha preparato queste sventure grandi e piccole . Quando il bambino grida , piange , non vuole andare a scuola , scalpita , corre , salta sui mobili , rompe i vetri e si graffia le ginocchia , è il munaciello che gli mette i diavoli in corpo ; quando la fanciulla diventa pallida e rossa senza ragione , s ’ immalinconisce , sorride guardando le stelle , sospira guardando la luna , e piange nelle tranquille notti di autunno , è il munaciello che le guasta così la vita ; quando il giovanotto compra cravatte irresistibili , mette il profumo nel fazzoletto , e si fa arricciare i capelli , rincasa a tarda notte , col volto pallido e stanco , gli occhi pieni di visioni , l ’ aspetto trasognato , è il munaciello che turba la sua esistenza ; quando la moglie fedele si ferma a guardar troppo il profilo aquilino ed i mustacchi biondi del primo commesso di suo marito e , nelle fredde notti invernali , veglia con gli occhi aperti nel vuoto e le labbra che invano tentano mormorare la salvatrice Avemmaria , è il munaciello che la tenta , è il diavolo che ha preso la forma del munaciello , è il diavoletto che dà la marito il vago desiderio di dare un pizzicotto alla serva MariaFrancesca ; è il folletto che fa cadere in convulsioni le zitellone . È il munaciello che scombussola la casa , disordina i mobili , turba i cuori , scompiglia le menti , empiendole di paura . È lui , lo spirito tormentato e tormentatore , che porta il tumulto nella sua tonacella nera , la rovina nel suo cappuccetto nero . Ma la cronaca veridica lo dice , o buon lettore : quando il munaciello portava il cappuccetto rosso , al sua venuta era di buon augurio . È per questa sua strana mescolanza di bene e di male , di cattiveria e di bontà , che il munaciello è rispettato , temuto ed amato . È per questo che le fanciulle innamorate si mettono sotto la sua protezione perché non venga scoperto il gentile segreto ; è per questo che le zitellone lo invocano a mezzanotte , fuori il balcone , per nove giorni , perché mandi loro il marito che si fa tanto aspettare ; è per questo che il disperato giuocatore di lotto gli fa scongiuro tre volte , per averne i numeri sicuri ; è per questo che i bambini gli parlano , dicendogli di portar loro i dolci e di balocchi che desiderano . La casa dove il munaciello è apparso è guardata con diffidenza , ma non senza soddisfazione ; la persona che , allucinata , ha visto il folletto , è guardata compassionevolamente , ma non senza invidia . Ma colei che lo ha visto – apparisce per lo più a fanciulle ed a bimbi – tiene per sé il prezioso segreto , forse apportatore di fortuna . Infine il folletto della leggenda rassomiglia al munaciello della cronaca napoletana : è , vale adire , un ’ anima ignota , grande e sofferente in un corpo bizzarramente piccolo , in un abito stranamente piccolo , in un abito stranamente simbolico ; un ’ anima umana , dolente e rabbiosa ; un ’ anima che ha un pianto e fa piangere ; che ha sorriso e fa sorridere ; un bimbo che gli uomini hanno torturato ed ucciso come un uomo ; un folletto che tormenta gli uomini come un bambino capriccioso , e li carezza , e li consola come un bambino ingenuo ed innocente . IL DIAVOLO DI MERGELLINA Assisa innanzi allo specchio , ella lasciava che la sua acconciatrice passasse il pettine nella ricchezza dei capelli biondo - fulvi , di un colore acceso e voluttuoso . Si guardava attentamente nello specchio : sul volto di una candidezza abbagliante , che parea fosse fulgido , non compariva traccia di roseo ; nei grandi occhi glauchi , cristallini , il lampo dello sguardo era verde e freddo ; le labbra carnose , rosse , come il granato , dovevano essere dolci ed amare quanto il frutto che ricordavano ; il collo superbo , pieno e rotondo palpitava lentamente . Ella si guardò le mani attraverso la luce , mani candide quanto il viso ; si guardò le braccia sode e rasate come un frutto maturo in cui si possa mordere . Si trovava seducente , bellissima ; ed un eroico sorriso le sfiorò le labbra . Ella si adorava ; idolatrava la propria bellezza e vi abbruciava ogni giorno un copioso incenso che si univa a quello di tutti coloro che l ’ amavano . – Una lettera per madonna Isabella – disse un paggio ricciuto , inchinandosi e porgendo il biglietto sopra un vassoio d ’ argento . Madonna Isabella scórse la lettera . Messer Diomede Carafa le scriveva ancora d ’ amore , una lettera piena di fuoco che a volte scoppiava nell ’ impeto della disperazione , a volte si allentava e s ’ illanguidiva nelle divagazioni di una mestizia insanabile . Messer Diomede Carafa sapeva amare : la sua anima nobile ed eletta era aperta a tutte le squisite sensibilità dell ’ affetto , la sua forte anima comprendeva tutti gli slanci di una passione umana e potente ; le orgogliose dame spagnole della Corte vicereale avrebbero volentieri abbandonato la loro fierezza castigliana per esser amate da lui e per amarlo ; le fanciulle dell ’ aristocrazia napoletana , brune fanciulle dagli occhi azzurri , lo avrebbero amato se egli avesse voluto amarle . Ma messer Diomede non amava che madonna Isabella che aveva fama di donna crudele e disamorata ; difatti ella non fece che sorridere appena alle frasi amorose che messer Diomede le scriveva . Nel grande salone del suo palazzo , madonna Isabella , vestita di broccato rosso che faceva risaltare il pallore del volto , con una reticella di perle sulle fulve trecce , sedeva a conversazione con messer Diomede . Il giovane innamorato era seduto alquanto discosto dalla sua donna , ma la fissava con l ’ occhio intento e cupido , senza mai distogliere lo sguardo da quella figura ; a seconda che la donna parlava , sul viso del giovane passavano onde di sangue che lo coloravano , o un terreo pallore vi si diffondeva ; come il giovane si lasciava trasportare dall ’ amore , la sua voce tremava , ed in essa passava la nota tenera e grave dell ’ affetto , la vibrazione profonda della gelosia , l ’ ondulazione indefinita della mestizia , la nota stridula dell ’ ironia , tutte le variazioni che ha l ’ amore . La dama , placida , tranquilla , sorridente , agitando il leggiero ventaglio di piume , giocherellava amabilmente e ferocemente col cuore del giovane . Ella , a sua posta , creava in lui lo sconforto desolato o l ’ inesauribile speranza , la cupa gelosia o l ’ estrema fiducia , la collera senza nome e senza limiti o la gioia senza confine . Abituata a questi sottili e malvagi godimenti , ella si compiaceva stringere quel cuore innamorato in una mano di ferro che lo soffocava a poco a poco e poi ridonargli la vita , carezzandolo con una mano leggiera e vellutata ; si dilettava far sussultare di dolore quell ’ anima , gittandola bruscamente nella disperazione ; gioiva facendola esaltare grado a grado , sempre più , fino a farla impazzire nella vertigine dell ’ altissimo pinnacolo . Furono tali donne , sono e saranno . Il mondo le maledice , le disprezza , paiono fatte estranee alla soave comunanza femminile , paiono odiate , esecrate . Ma il mondo le ama , ma l ’ uomo le ama . Così è sempre , così sempre sarà . Pace a voi , giovanette gentili , dalle anime buone che rischiarano come luce di lampada familiare il corpo delicato ; pace a voi , donne il cui destino unico è l ’ amore , è il sagrifizio : giammai sarete amate come quelle donne lo saranno . Virtù , dolcezza , abnegazione , serenità , calma , felicità sono vani nomi : l ’ acre e malsano desiderio dell ’ uomo corre verso la misteriosa e temuta sirena . Pace a voi ; amate , soffrite , morite : giammai sarete amate come quelle donne lo saranno . Eppure fu un giorno in cui Diomede Carafa credette di arrivare al culmine inaccessibile della sua vita , al momento fatale in cui ogni facoltà , ogni potenza fisica , ogni luce di ragione , ogni festa di fantasia , ogni robustezza di fibra , si riuniscono in una sola , profonda , alta armonia che è l ' amore . Fu il giorno in cui madonna Isabella , all ' impensata , dopo una lotta d ' un anno in cui essa non aveva ceduto di una linea sola , presa da un subitaneo abbandono e dominata da una strana causa , disse d ' amarlo . Oh ! chi ha amato la conosce questa stagione calda ed esuberante , colorita dal sole , nell ' azzurro sconfinato , nell ' infiammato meriggio dove tutto arde e si consuma in una grande voluttà , quando i fiori nascono presto , vivono una vita rapida e soverchiante , esalano profumi grevi e violenti e muoiono per aver troppo vissuto ; la stagione fremente dove tutto è luce , tutto è fulgore , tutto è febbre che precipita il sangue ; la benedetta stagione , la eccelsa stagione dopo la quale tutto è cenere e fango . Chi ha amato sa la stagione d ' amore di Diomede Carafa e non aspetta dalla scialba parola del freddo e disanimato cronista una descrizione . Chi ha amato evochi tutti , tutti suoi ricordi di amore , riviva in quel passato pieno di una gioia e di un dolore che non hanno l ' eguale , palpiti , s ' agiti , abbia la convulsione ed il delirio di quell ' amore e saprà di Diomede Carafa . Le storie d ' amore non si raccontano , non si descrivono che miseramente : l ' arte istessa , la divina arte che tutto scopre , tutto rivela , non può che dare una sola e fuggevole immaginazione del proteiforme amore . Breve stagione . Se durasse , il cuore morirebbe nella esagerazione di un sentimento che è la follia . A poco a poco , con gradazioni impercettibili , madonna Isabella fu meno felice , meno innamorata ; il sorriso fu più scarso sulla bocca , le braccia più fiacche nell ' abbraccio , le labbra più gelide nel bacio , il palpito meno frequente nell ' arrivo e nel distacco . Diomede Carafa , cieco , pazzo d ' amore , non vedeva , non comprendeva . Madonna Isabella discendeva sempre più verso l ' indifferenza che poi era il suo stato abituale e la sua naturale ferocia rinasceva per la tortura di quell ' uomo . Ma Diomede Carafa soffriva e s ' inebriava di quella sofferenza , piangeva e s ' ubriacava di quelle lagrime , era ammalato e si consolava di quel morbo ora gelido , ora infuocato che gli consumava la vita ; era tormentato , oppresso , disperato . ma si estasiava di ciò come i martiri cristiani del sangue che usciva dalle loro vene esauste . Isabella si mostrava con lui chiusa , dura , sprezzante e lui l ' amava anche così , massimamente così ; Isabella si faceva volubile , leggiera , accogliendo in casa i più bei cavalieri napoletani e lui , morendo di gelosia , amava Isabella per la gelosia che aveva di lei . Egli gettava pazzamente i suoi averi , obliava le prerogative della sua nobiltà , non conosceva più amici , non conosceva più parentado , non sapeva più nulla di obblighi o di diritti : Isabella , Isabella , amare Isabella . Fino a che un giorno tutta la verità gli fu palese come parola di Dio e seppe del proprio avvilimento , seppe del tradimento di Isabella con Giovanni Verrusio , amico suo e suo compagno d ' infanzia . Egli nascose a tutti il dramma del suo spirito , sdegnoso di compianto . Il crollo immenso della sua felicità , la rovina tragica e nera dello splendido edificio non ebbero testimonio . Meglio così . Che vale il rimpianto ? Che cosa è la parola compassionevole e glaciale ? Foglie morte che il vento si porta via , ed il dolore rimane eterno . Invano egli errò , viaggiatore solitario e noncurante , per fiorenti paesi , invano chiese alle ricchezze , al lusso , ad altri amori , a feste stupende , l ' oblio ; invano egli volle innamorarsi delle vaghe creazioni dell ' arte per ritrovare la pace . Dappertutto , in ogni paese , in ogni donna , in ogni fiore , al fondo dei vini generosi , nelle figure dei quadri , nelle figure delle statue , negli ondeggiamenti della musica , egli ritrovava Isabella . Il suo dolore non era più acuto e straziante , ma lento , lungo , stupefacente . egli sentiva la sua anima gonfiarsi di affetto ed i suoi occhi gonfiarsi di lagrime ; egli provava il bisogno del sagrificio , del culto , dell ' estasi ... – Dio , Dio – ripetette un giorno la stanca amica sua . Diomede Carafa fu vescovo di Ariano , prelato esemplare e amatore dell ' arte . Leonardo da Pistoia , pittore , fu suo amico . Per sua ordinazione e per la chiesa di Piedigrotta dove giace il Sannazaro , il Leonardo fece il quadro bellissimo di S . Michele che atterra Lucifero . Lucifero vinto e bello e ancor folgorante , ha il volto di madonna Isabella . Ed è una donna il diavolo di Mergellina . MEGARIDE Là , dove il mare del Chiatamone è più tempestoso , spumando contro le nere rocce che sono le inattaccabili fondamenta del Castello dell ' Ovo , dove lo sguardo malinconico del pensatore scopre un paesaggio triste che gli fa gelare il cuore , era altre volte , nel tempo dei tempi , cento anni almeno prima la nascita del Cristo Redentore , un ' isola larga e fiorita che veniva chiamata Megaride o Megara che significa grande nell ' idioma di Grecia . Quel pezzo di terra s ' era staccato dalla riva di Platamonia , ma non s ' era allontanato di molto : e quasi che il fermento primaverile passasse dalla collina all ' isola , per le onde del mare , come la bella stagione coronava di rose e di fiori d ' arancio il colle , così l ' isola fioriva tutta in mezzo al mare come un gigantesco gruppo di fiori che la natura vi facesse sorgere , come un altare elevato a Flora , la olezzante dea . Nelle notti estive dall ' isola partivano lievi concenti e sotto il raggio della luna pareva che le ninfe marine , ombre leggiere , vi danzassero una danza sacra ed inebriante ; onde il viatore della riva , colpito dal rispetto alla divinità , torceva gli occhi allontanandosi , e le coppie di amanti cui era bello errate abbracciati sulla spiaggia davano un saluto all ' isola e chinavano lo sguardo per non turbare la sacra danza . Certo l ' isola doveva essere abitata , ne ’ suoi cespugli verdi , nei suoi alberi , nei suoi prati , nei suoi canneti , : dalle Nerèidi e dalle Drìadi : altrimenti non sarebbe stata così gaia sotto il sole , così celestiale sotto il raggio lunare , sempre colorita , sempre serena , sempre profumata . Era divina , poiché gli dèi l ' abitavano . Ma Lucullo , il forte guerriero , l ' amico dei letterati , primo fra gli epicurei , abituato a soddisfare ogni capriccio , amava le ville circondate da ogni parte dall ' acqua : egli era mortalmente stanco della sua casa splendida di Roma , della sua villa di Baja , della sua dimora di Tuscolo , della sua villa di Pompeja . Volle quella di Megaride e l ' ebbe . Egli violò la dimora delle ninfe oceanine per farsene la propria dimora ; egli volle per sé i prati , i boschetti di rose , i margini che digradavano lievemente nel mare ; scacciò le sirene e vi mise le sue bellissime schiave . Fu un pianto solo per le grotte di corallo tra le alghe verdi ; e le ninfe si lamentarono con Poseidone che non dette loro ascolto . Fu costruita la magnifica villa , sorsero per incanto i giardini degni di un imperatore , nei vivai diguazzarono le murene dalla brutta testa di serpente e dalla carne delicata , nelle uccelliere saltellarono i più rari uccelli , pasto di stomachi finissimi : sotto i portici della villa suonarono le cetre e le tiorbe in onore di Servilia sorella di Catone , moglie di Lucullo , bellissima fra le donne romane . Ivi danze festose , luminarie magiche , giuochi , banchetti , come solo Lucullo sapeva darne . Ivi profumi di nardo , coppe di nitido cristallo , nel cui vino generoso si scioglievano le perle : ivi toghe di porpora , pepli di bisso , gemme splendide , corone di rose ; l ' eterno cantico alla bellezza ed all ' amore . Ivi accorrevano per riscaldarsi alla luce degli occhi di Servilia i giovanotti timidi che non osavano pronunziar parola dinanzi a lei , i gagliardi garzoni la cui parola superava d ' audacia lo sguardo , gli uomini maturi e gravi che sorridevano ancora all ' amore , i vecchioni che sospiravano la gioventù : e Servilia rideva , giovane e gaia , di questo incenso d ' amore , rideva sempre , lusinghiera e crudele , come una sirena ; e Lucullo , placido filosofo e ancor più placido sposo , godeva dei trionfi di Servilia . Egli amava le feste sontuose che durano dalla sera sino ai primi albori , i pranzi lunghissimi dove nèttare s ' alterna a nèttare , dove la fantasia del cuoco vince quella di un poeta e fonde nel suo crogiuolo le ricchezze di un re ; egli amava conversare coi letterati cui donava vasi d ' oro , animali preziosi , case e giardini per provar loro la generosità di un privato . Servilia saliva la china ridente del piacere ed egli discendeva , tranquillo , verso la pace della vecchiaia . Per divertirsi , faceva scavare un canale d ' acqua viva , faceva elevare una palazzina , scacciava lontano il mare , allargando i limiti dell ' isoletta Megaride ; Servilia si lasciava profumare dalle ornatrici , prendeva bagni di latte d ' asina , portava alle gentili orecchie due pesanti perle che le laceravano la carne , le sue tuniche parevano tessute d ' aria , i suoi sandali costavano prezzi favolosi ; ed ella , assisa davanti alla spera , di acciaio , si contemplava . Ella era nel trionfo della bellezza e della gioventù . Gli occhi ardenti di coloro che l ' amavano , le davano una aureola di fuoco in cui ella camminava , graziosa salamandra , senza scottarsi : i sospiri di coloro che l ' amavano , formavano attorno a lei una nuvola in cui le piaceva di respirare . Il mare batteva dolcemente sulle sponde di Megaride e non osava tumultuare ; il sole la carezzava senza violenza e le aure leggiere ne facevano ondeggiare i fiori ; nella placida luce lunare , l ' isola sembrava tutta bianca , morbida e nevosa , in una infinita dolcezza d ' aria e di tinte . E Servilia distesa sul lettuccio , vestita di stoffa tessuta d ' oro , lasciandosi sventolare dalle schiave fremendo di piacere alla brezza marina , guardando distrattamente la ridda delle danzatrici , mormora fra sé , sono io , sono io la sirena ! E l ' aria mormora anch ' essa , dopo aver scherzato con le chiome olezzanti : è lei , è lei la sirena . Servilia quando solleva un cespo di fiori è bella come Flora ; Servilia , quando sceglie in un cestello la pesca matura , è bella quanto Pomona ; Servilia quando porta sui capelli la brillante mezzaluna e al fianco la faretra , è bella quanto Diana ; quando senza ornamenti , coi capelli disciolti , uscendo dal bagno , tutta stillante profumi , si lascia asciugare dalle schiave e s ' avvolge nella tunica bianca , è ... – … bella come Venere – sussurra lo schiavo innamorato . – Più bella di Venere – dice , col suo olimpico orgoglio , Servilia . Il che è udito dalle attente ninfe oceanine e Venere sa che Servilia l ' ha offesa e Poseidone questa volta dà ascolto alla preghiera della sua bella amante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Rosicchia , rosicchia , o polpo molle , grigio , rassomigliante ad un cencio ! Incrostati , incrostati ostrica , per minare le fondamenta ! Piantati , piantati , alga , per strappar via una zolletta di terreno ! Scavate , scavate , o piccoli animaletti del corallo ! Rodi la roccia , o costante onda marina , fa un buco coperto di arena , coperto di piante , un buco perfido , nero e profondo ! Rodete , rodete , piccole e pazienti potenze del mare ! Piansero le Nerèidi , piansero le Sirene , Venere fu offesa e Poseidone è in collera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Libiamo agli Dei infernali – disse tranquillamente Lucullo , nella sua villa di Tuscolo , al funesto annunzio , e sparse sul terreno alcune gocce dell ' inebriante liquore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Vuoi tu scandagliare la profondità dei mare , o ardito palombaro ? Sei tu stanco delle sirene della terra ? Va sulla spiaggia brulla del Chiatamone , raccogli il tuo respiro e precipitati nelle acque : in un momento giunto al fondo , vedrai gli archi della villa , i giardini di Lucullo e la bellissima moglie , che è diventata la Sirena del mare . Ma non ti lasciar sedurre dalla visione e ritorna a galla , o palombaro ardito : sulla terra troverai sirene come Servilia che non ti possono amare e ti facciano morire dal dolore . IL CRISTO MORTO La cappella è glaciale . Pavimento di marmo , marmo alle pareti , tombe di marmo , statue di marmo alle pareti , tombe di marmo , statue di marmo . Un marmo scuro , che ha preso una tinta malaticcia ed umida pel tempo che è trascorso , pel sole che manca , per la scialba luce che piove dalle vetrate . Non ornamenti di oro , non candelabri , non lampade votive , non fiori : invece fregi , ornamenti , mosaici , iscrizioni , palme , volute , capitelli in pietra bianca , grigia o nera , non altro che pietra . Tutto vi è gelido , tranquillo , serenamente sepolcrale . Altrove è vita la voce del prete che prega , la tenue fiammella delle candele , lo squillo del campanello , lo scricchiolio di una sedia , il fumo sottile dell ' incenso ; qui non si prega , non ardono lumi , non sedie , non suonano campanelli , non fumano incensi . Non si vive per pregare , si muore nello sfinimento della preghiera che s ' arresta sulle fredde labbra . Non è una chiesa , è una tomba . – Volete vedere il Cristo morto ? – chiede la guida , con la sua voce strascicata Quella voce umana e volgare mi scuote . Eppure mi parla ancora di morte . – Vediamo la prima cappella – mormoro , quasi vergognandomi di parlare . Coloro che vi giacciono , quieti ed immobili , le braccia in croce sul cuore morto , appartengono alla nobilissima fra le famiglie ; Grandi di Spagna di prima classe , due volte principi , due volte duchi , tre volte conti , cinque o sei volte marchesi . Sulla porta di entrata è la tomba dell ' antichissimo antenato che andò alle crociate : ferito o svenuto in un combattimento , fu creduto morto e portato a seppellire , ma risvegliatosi d ' un tratto , saltò fuori dalla bara più animoso e sbaragliò e sconfisse il gruppo dei nemici . Tombe dappertutto . Pompose iscrizioni latine in cui il sentimento ed il carattere s ' affogano nella monotona convenzionalità dell ' elogio . Solo le cifre hanno un malinconico significato : la vita non è lunga nella nobile casa Vi muoiono presto le fanciulle , vi muoiono presto i giovanetti . Ogni tomba ha la statua grande di colui che vi è sepolto , o almeno un medaglione su cui si disegnano e si rilevano certi profili soavi , certe linee serenamente altiere , certi ondeggiamenti marmorei di chiome disciolte . Nella famiglia è tradizionale una pura bellezza , più d ' espressione che di plastica . Ogni tomba ha la sua statua , ogni tomba ha il suo medaglione . – Volete vedere il Cristo morto ? – insiste il custode . – Finiamo di veder la cappella – ripeto io , singolarmente infastidita e colpita da quella insistenza . Fra una tomba e l ' altra , statue e gruppi allegorici , sempre in quell ' interno e freddo marmo . Ecco il Pudore col volto coperto da un velo , ecco la Fortezza , ecco la Temperanza , ecco la Gloria , ecco l ' Educazione , ecco l ' Amor filiale , vuote allegorie che non chiudono più alcuna idea . Ultimo , poeticamente ultimo , è il Disinganno , un uomo che cerca con uno sforzo supremo districarsi da una fitta rete che l ' avviluppa tutto . Singolare chiusura della vita , termine singolare di tutte le sublimità , di tutte le passioni , di tutti gli amori . Il Disinganno – e più altro . – Perché questa tomba non ha medaglione ? – domando al custode . Egli non m ' ha udita , perché ricomincia a dire : – Il Cristo morto … – Vediamo l ' altar maggiore – ripeto io , ostinandomi . Sì , l ' ultima tomba a dritta non ha medaglione . Manca il ritratto della nobile principessa che vi è sepolta , che è morta anch ' essa così giovane . Il medaglione è liscio , vuoto , bianco , come se ne avesse raspata , cancellata l ' immagine . Ed è triste come nella sala ducale , a Venezia , il ritratto di Faliero , coperto da un velo nero . L ' altar maggiore è nudo , severo . Sulla parete , in fondo , n alto v ' è un quadro , una Vergine della Pietà , scolorita , che sostiene sulle ginocchia il livido corpo di Gesù . La pittura è guasta , bruna , tetra ; un sorcio ha fatto un buco nero nel costato di Gesù . Più giù , proprio dall ' altar maggiore , un grande gruppo in marmo che rappresenta la Deposizione della Croce . Sempre lo stesso soggetto , sempre la morte . – Ed ecco – ripete trionfalmente il custode , staccandosi dall ' altar maggiore – il Cristo morto . Sta ai piedi dell ' altar maggiore , a sinistra . Sopra un largo piedistallo è disteso un materasso marmoreo ; sopra questo letto gelato e funebre giace il Cristo morto . È grande quanto un uomo , un uomo vigoroso e forte . Nella pienezza dell ' età . Giace lungo disteso , abbandonato , i piedi diritti , rigidi , uniti , le ginocchia sollevate lievemente , le reni sprofondate , il petto gonfio il collo stecchito , la testa sollevata sui cuscini , ma piegata , sul lato diritto , le mani prosciolte . I capelli sono arruffati , quasi madidi del sudore dell ' agonia . Gli occhi socchiusi , alle cui palpebre tremolano ancora le ultime e più dolorose lagrime . In fondo , sul materasso , sono gettati , con una spezzatura artistica , gli attributi della Passione , la corona di spine , i chiodi , la spugna imbevuta di fiele , il martello . Sul piedistallo , sotto i cuscini , questa iscrizione : Joseph Sammartino , Neap . , fecit , 1753 . E più nulla . Cioè no : sul Cristo morto , su quel corpo bello ma straziato , una religiosa e delicata pietà ha gettato un lenzuolo dalle pieghe morbide e trasparenti , che vela senza nascondere , che non cela la piaga ma la molce , che non copre lo spasimo ma lo addolcisce . Sopra un corpo di marmo , che sembra di carne , un lenzuolo di marmo che la mano quasi vorrebbe togliere . Niente manca , dunque , in questa profonda creazione artistica : e vi è il sentimento che fa palpitare la pietra , turbando il nostro cuore , e v ' è l ' audacia del creatore che rompe ogni regola , e v ' è il magistero di una forma eletta , pura , squisita . Quel corpo morto era poc ' anzi vivo , si contorceva nelle angosce di un ' agonia spaventosa , giovane e robusto si ribellava al male , si ribellava alla morte . Non vi era sfinimento , non vi era abbattimento : le fibre non volevano morire , il corpo non voleva morire . Ma sotto le pieghe del lenzuolo la testa ha un carattere stupendo : la fronte liscia ha un vasto pensiero ; piangono gli occhi , è vero , pel cruccio fisico , ma le labbra schiuse hanno una traccia di sorriso che è una indefinita speranza . È vero . è vero , il dolore è passato dal corpo all ' anima ; è vero , l ' anima è contristata , ma non è disperazione , ma non è desolazione . L ' anima come la bocca è abbeverata di fiele , ma una goccia di consolazione vi è stata . Tutto quel Cristo è un dolore supremo , ma è anche una suprema speranza ; ma il mistero di quella testa divina è così grandioso , ma l ' ammirazione per la meravigliosa opera d ' arte è così sconfinata , ma la pietà del bellissimo estinto è così invadente che il pensatore si scuote e non frena più le acute indagini dalla sua mente , l ' artista s ' inchina nella esaltazione del suo spirito ed il credente non può che abbandonarsi , piangendo , sui piedi del morto , cospargendoli di lagrime e di baci . Singolare anima d ' artista doveva esser quella dello scultore che ha dato all ' arte questo Cristo morto . Nell ' opera sua vi è tutto il suo spirito . Uno spirito dove sorgevano uguali , immensi , due amori : quello per una donna , quello per l ' arte . Infelicissimo , terribilmente doloroso il primo . Solamente chi ha conosciuto il furore acuto di una sofferenza senza nome può far passare tutta la poesia di questa sofferenza nel marmo senza vita ; solamente chi è vissuto nelle lagrime , nell ' angoscia , nella esaltazione di un ' anima innamorata e solitaria , può infondere nel marmo il solitario e cupo dolore di questo Cristo . Lo scultore ha saputo , ha sentito . Ha saputo , ha sentito che cosa fosse il tormento sottile che stride come una sega piccina ed inesorabile ; la desolazione grigia , lunga , monotona , dove tutto è cenere , tutto è nausea , tutto è disgusto : la disperazione larga e vasta e lenta come una fiumana di pianto ; la disperazione fragorosa e tumultuante come un torrente che tutto trascina . Chi ha fatto quel Cristo ha spasimato d ’ amore ; ha amato ed ha pianto ; ha amato ed un fremito mortale gli ha travolto le fibre ; ha amato ed una convulsione ha contorta e spezzata la sua vita ; ha amato senza speranza , senza gioia , senza diletto , abbruciando la propria esistenza nella tormentosa voluttà del dolore . Solo un uomo che ama può creare quel Cristo morto ; solo colui che soffre col trasporto , con la passione delle sofferenze , può mettere in una statua tutta la sublime epopea del dolore . Ogni colpo di scalpello che scheggiava , rompeva , carezzava , curvava , ammorbidiva il marmo , era una parola , un gemito , un lamento , un grido , uno scoppio furente di questo amore . La passione dell ' uomo vivo creava la passione del Cristo morto . E ne veniva fuori un ' anima d ' artista che imprimeva il suo carattere in un capolavoro dell ' arte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . – Perché quella tomba non ha ritratto ? – chiesi di nuovo uscendo dalla chiesa , mentre il custode faceva tintinnire le chiavi . – Lo scultore non ebbe tempo di finirlo ... – Quale scultore ? – Il Sammartino . – Ah ! ... – ... Morì prima di finirlo . Fu trovato in una straduccia buia , di notte , con un pugnale nel petto . – Fu ucciso o s ' uccise ? – Si crede che si fosse ucciso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Come nello strazio dell ’ ignota agonia , la testa del morto scultore doveva rassomigliare a quella del Cristo morto ! PROVVIDENZA , BUONA SPERANZA Sono belli i bimbi napoletani e ridono e giocano come tutti gli altri bimbi del mondo ; ma non vogliono alla sera stare quieti sotto il lume della lampada , se la giovane madre , o la gentile sorellina , o la nonna dagli occhiali d ’ oro , o la zia che lavora di calza , non racconta loro una storia , una bella e lunga storia che faccia spalancare i loro occhioni , sino a che il sonno li faccia diventare piccoli piccoli . Sono così tutti i bimbi del mondo ? Io non lo so : io conosco solamente i miei bimbi napoletani che amano le storielle della sera . Vorrei essere io la madre ancora gaia come una fanciulla , la grande sorella nel cui animo di giovinetta si forma la madre , la nonnina che ricorda il suo giocondo passato , la zia che non ha avuto passato d ’ amore , che non ha presente e la cui mano tremante di emozione si appoggia timidamente sul capo di bimbi non suoi : narrerei loro la storia di Provvidenza , buona speranza . La vorranno essi ascoltare da me , che narro grosse e cattive storielle agli uomini grandi e buoni ? I bimbi sono belli , amano le storielle e sono indulgenti col narratore … V ’ era dunque una volta , nella nostra carissima Napoli , un uomo molto strano . Io non vi dico l ’ epoca precisa in cui egli visse la sua vita singolare , poiché a voi , bambini ridenti , non importa nulla una data , voi che avete la fortuna di obliare ; poiché a voi non interessano le cifre , voi la cui vita è tutta una poesia . L ’ epoca io la so , poiché noi grandi abbiamo l ’ infelicità di sapere troppe cose inutili , di accumulare nella nostra testa tante notizie che a nulla ci valgono – lo so e non velo dico . A voi sicuramente interessa di più sapere come era fatto questo uomo strano , come vestiva , che cosa mangiava , quali erano le sue abitudini ed in che consisteva la sua stranezza . Uditemi tutti attentamente che qui comincia il buono : questo uomo di cui vi parlo era lungo lungo come mai uomo può essere lungo , in modo che il popolo diceva sempre che egli era cresciuto all ’ umido e che la mamma aveva sempre avuto cura ad annaffiarlo , perché crescesse , quasi che egli fosse un alberetto e non un uomo . L ’ uomo lungo era anche molto magro , con certe gambe che ballavano nei calzoni , come un fodero troppo largo , con certe braccia che sembravano due aste sottili di mulino sempre in moto . I mulini li avete visti , nevvero ? Si ? Va bene ; tiro innanzi . L ’ uomo lungo e magro non era molto vecchio , poiché aveva tutti i capelli neri senza un filo bianco e gli occhi suoi , bruni come il carbone , brillavano come quelli di un giovanetto , ma la pelle del viso era gialla come la cartapecora dei libri di vostro nonno e si piegava tutta in mille rughe ; il collo in cui i tendini erano salienti , rassomigliava alla zampa secca di una gallina morta . Egli era vestito sempre di nero , con certi pantaloni lucidi dal grande uso , troppo corti sul piede , lasciando scoperti gli scarponi di cuoio grosso e le calze bucate ; aveva un lungo soprabito , le cui falde svolazzavano , che gli si adattava male alla vita , alle spalle , al collo , di cui il primo bottone era sempre ficcato nel secondo occhiello e così di seguito . Portava al collo come cravatta un fazzoletto bianco ; in testa un cappellaccio , rosso dalla vergogna , tutto ammaccature e sassate , in mano un bastone nodoso , dal pomo grosso come quello di un capo - tamburo . Questo uomo non si sapeva da nessuno chi fosse , donde venisse , dove andasse ; ma tutti lo conoscevano poiché il giorno e la notte girava per le strade di Napoli , figura allampanata e fantastica che al lume dei lampioni assumeva proporzioni inverosimili ed alla luce del sole pareva uno spettro che avesse smarrita la via del cimitero . L ’ uomo si fermava a tutte le porte , si fermava sotto tutti i balconi e metteva fuori il suo grido , aspettava un momento , poi andava via . Egli conosceva tutte le case dove erano bambini e , arrestandosi lì sotto , gridava con la sua voce stridula : Provvidenza ! Allora il bambino veniva , salutava l ’ uomo e gli dava un soldetto , o un frutto , o un pezzo di pane . Egli conosceva bensì tutte le case dove non erano bambini e vi si fermava sotto , gridando : Buona speranza ! La sua voce suonava come un augurio e tutti coloro che hanno il desiderio vano pei figli , tutti coloro che li aspettano , tutti coloro che amano i bimbi , davan l ’ elemosina al mendico . Solo i cuori duri , quelli che sono egoisti , che non hanno mai voluto bene ad alcuno , non gli davano nulla ; il mendico ne conosceva le case e non vi si fermava . Egli , tra il frastuono dei carri , delle carrozze , dei mestieri rumorosi , dei venditori che strillano il prezzo della merce , gittava sempre il suo grido alto , a tutti superiore : Provvidenza , buona speranza ! Lo si udiva nelle cantine profonde , dalle soffitte altissime , dai giardini , dalle terrazze : il suo grido metteva allegria . Il povero ammalato che , confitto nel letto , guarda volare le mosche , conta i fiorami delle pareti ed i travicelli del tetto , sentiva volentieri quelle parole che dalla via pareva gli dessero promessa di una pronta guarigione : Provvidenza , buona speranza ! L ' operaio che nella sua bottega , nei calori soffocanti dell ' estate suda a tirare la sega su e giù , si rialza più vigoroso , quasi animato da una vaga fiducia che il lavoro diventasse meno duro , il padrone meno esigente ed il pane meno caro : Provvidenza , buona speranza ! La madre solitaria che di notte agucchia presso il tavolino , al lume temperato di una lampada e pensa al figliuolo marinaio , imbarcato su una nave che viaggia nei lontani mari del Giappone , e trema al soffio del vento , e ha gli occhi pieni di lagrime allo scroscio della pioggia , sorrideva a quella voce che nell ' ombra le diceva sperare : Provvidenza , buona speranza ! Ma il mendico singolare che non parlava mai d ' elemosina , s ' intratteneva volentieri coi bimbi di Napoli , ne conosceva dappertutto , ne sapeva i nomi e talvolta anche i piccoli segreti . Nella strada di Santa Lucia dove i bimbi sono bruni , magri e nervosi e rassomigliano ai pesciolini svelti del mare , egli si fermava a guardare i tonfi che essi fanno nel mare , animandoli con la voce , agitando il bastone , eccitando i più bravi , applaudendo ai salti migliori : i bimbi salivano a ridere con lui , soffregandosi alle sue lunghe gambe , mentre a lui un riso bonario spianava le rughe e rischiarava il volto . Nei quartieri nobili di Chiaia , di Toledo , della Riviera , egli guardava lungamente i bimbi vestiti di velluto e di trine , coi riccioli ben pettinati , gli stivalini nuovi fiammanti , le manine inguantate , i bimbi che vanno a passeggiare in carrozza o guidati dalla mamma : i bei bimbi non avevano paura né ribrezzo del mendico e talvolta gli davano un confetto o un pezzettino di cioccolatto che egli , che nessuno aveva mai veduto a mangiarne , divorava con una letizia sorridente , col capo riverso indietro , con gli occhi lucidi di contentezza . Nei quartieri bassi del Pendino e del Mercato , dove i bambini sono pallidi e malaticci pel cibo di frutta acerbe , egli , di nascosto , dava loro dei soldetti e fuggiva via con le sue lunghe gambe , gridando ed agitando il bastone . Su pei giardini delle colline , dove i bimbi sono floridi di ciera hanno i capelli gialli pel sole ed i piedi nudi nella polvere , egli li chiamava a frotte intorno a sé , faceva le capriole , si buttava per terra come un pazzo e se li faceva camminare sulle gambe , sulla pancia , sullo stomaco , ridendo e strillando , poi ne agguantava un paio , li baciava disperatamente e scappava via per le viottole , simile ad uno spaventa - passeri . Di notte girava per le vie della città dietro ai bimbi che cercano i mozziconi dei sigari e tastando in terra col bastone , coi suoi occhi di gatto che bucavano l ' oscurità , ne trovava , anche lui dei mozziconi e li buttava tacitamente nel cestino del piccolo trovatore ; si fermava sulle soglie delle chiese dove giacciono in terra a dormire , arrotondate come cani , tante miserabili creaturine senza tetto e sollevandole se ne metteva un paio col capo in grembo , coprendole con le falde del suo soprabitone , rimanendo immobile al freddo , seduto sugli scalini , guardando i ricchi e gli agiati che rincasano e vanno a baciare i bimbi che dormono nel calduccio del letticciuolo . Provvidenza , buona speranza , andava al mattino ed al pomeriggio sulla porta delle scuole a vedere i bambini che vanno o escono dalla scuola ; negli otto giorni di ogni anno in cui l ' ospizio dell ' Annunziata è aperto al pubblico , il mendico passeggiava gravemente nelle sale mirando i trovatelli , parlando loro , baciucchiandoli , palleggiandoli e canticchiando loro misteriose canzoni . Era singolare come il mendico intendesse il linguaggio fatto a balbettìi dei piccini piccini e le domande incoerenti dei più grandetti ed i bimbi comprendevano lui che non era compreso dagli uomini . Una notte Provvidenza , buona speranza , scomparve e non si seppe più nulla di lui , né fu più visto . Un ortolano di Capodimonte narrò di averlo visto , nella notte , sopra un masso , disperarsi , salutare , mandar baci alla città immersa nel sonno , buttarsi per terra col capo nella polvere , piangere , strapparsi i capelli , poi rialzarsi e partire . Quelli che lo conoscevano , si dispiacquero di non vederlo più , di non udire quel suo grido che rallegrava , i bimbi di Napoli ci pensarono un par di volte , e più altro . Fu detto poi che Provvidenza , buona speranza era un grande medico di un paese lontano come la Svezia , Norvegia o la Danimarca , che si fosse fatto amare dall ' unica figliuola del re , l ' avesse sposata segretamente e ne avesse avuto un bellissimo bambino – che il re , saputo il fatto , fosse montato in una grande collera , avesse esiliato per sempre il medico , carcerata la figliuola in un appartamento e messo a balia il bimbo – che il re vecchio , morto , il medico fosse chiamato accanto al re nuovo , suo cognato , a prendere il suo posto a corte presso la moglie ed il figlio . Fu detto questo , ma in Napoli , fra le madri ed i figliuoli , fra i bimbi ed i popolani , è rimasta tradizionale la figura di Provvidenza , buona speranza e l ' annuncio del suo arrivo serve ancora a calmare gli strilli dei piccoli impertinenti , ad asciugare le lagrime dei piagnolosi ed a far addormentare quelli troppo vivaci che hanno la pessima abitudine di vegliate tardi , senza sapere che il sonno ... I bimbi dormono . LEGGENDA DI CAPODIMONTE Lassù , sul colle , vive il bosco verdeggiante dalle fresche ombrie . I sentieri si allungano a perdita d ' occhio sotto i grandi alberi ; sulla terra scricchiolano lievemente le foglie morte . La vegetazione sbuca possente dal suolo , s ' ingrossa nei tronchi nodosi , si espande nei rami che si intrecciano , nelle innumerevoli foglie lucide e brune ; ai piedi degli alberi cresce l ' erba morbida e minuta , dalle foglioline piccine . Nelle siepi fiorisce l ' anemone , e sfoglia al suolo i suoi petali la rosa selvaggia . Schizzano , sfilano le lucertoline grigio - verde , dalla testolina mobile ed intelligente , dalla coda nervosa . Sotto gli archi dei grandi . alberi : penetra temperata la luce ; tra foglia e foglia il sole getta , sulla terra dei cerchielli ridenti e luminosi ; raggi sottili e biondi passano tra i rami . Il silenzio è profondo ; è lontana , lontana la rumorosa città . Un profumo vivificante si espande ; ogni tanto il garrito allegro di un uccello fa ondeggiare le conche rosee dell ' aria . Non è , non è la piccioletta e magra natura dei giardini tagliati ad angoli retti , squadrati , polverosi e malinconici ; non sono le aiuole di fiorellini variopinti che non dànno freschezza , non dànno ombra , tirati su con cure infinite ; non è la natura corretta e riveduta , sfacciata e pomposa che si stende al sole senza vergogna , riarsa , secca . È la forte e possente natura che irrompe dalla terra vera , e allaga , e inonda la campagna come oceano di verdura ; è la natura pudica e grande del bosco , che si ammanta di foglie , che vela il volto divino , che molce la passione delle sue nozze nell ' ombre discrete nei placidi silenzi , nei recessi ignoti . È nell ' immenso bosco che si sogna ; nei quadrivi lontani trapassa rapidissimo un lieve fantasma ; nei bruni tronchi apparisce qualche leggiadro volto di donna ; la foglia che cade sembra il rumore di un bacio scoccato . È nel discreto e amabile bosco che s ' ama … Egli errava nei viali , solo , pallido e triste . La città lo stancava ; era incurabile la malattia che gli corrompeva l ' anima . L ' occhio vitreo s ' affisava sopra ogni cosa bella senza piacere , senza dolore ; né festa di colori , né capolavoro d ' arte , né donna bellissima valevano a trargli un sorriso sulle labbra . Nella città una fanciulla sottile e pensosa si struggeva lentamente per lui d ' amore : egli non l ' amava . Altrove , altrove era il suo amore . Lassù , forse nelle incomparabili e lucide stelle , gioielli glaciali del cielo ; laggiù , forse nelle bianche e verdi onde , il cui fragore rassomiglia al metro di una poesia monotona ed uniforme ; al polo , forse , negli albori nevosi , nelle atmosfere frigide , dove il sole non riscalda e non illumina ; nella nera ed orrenda Africa , forse , fra le liane rosse e gigantesche e fra i serpenti azzurri dagli occhi ammaliatori . Egli amava lontano in un punto indefinito , in un paese sconosciuto , con un amore sconfinato ed ignoto , una creatura misteriosa che egli aveva creata . Non la chiamava , non la voleva , non la desiderava : l ' anima sua nulla sapeva di volontà e di desideri . Amava . Il suo palazzo rimaneva vuoto , la madre si desolava nella solitudine , i servi dormivano nelle anticamere , i nobili cavalli scalpitavano invano nelle vaste scuderie . Egli non si ricordava più di tutto questo . Trascinava la sua vita vagando nelle viottole di campagna , vagando nei viali del bosco , dove ritrovava la pace ; trascinava la lenta vita consumandosi nell ' amore . Il corpo s ' illanguidiva , le gote scarne avevano il colore della morte , non mandavano più lampi di vitalità le pupille . È questa la funesta malattia che uccide gli umani ; è il fatale ed insanabile amore dell ' ideale . Nella nebulosità di un viale , dove si elevava un velo opalino ed iridescente , in un mattino d ' inverno , egli la vide . Era una forma snella , senza contorni , fatta d ' aria , ondeggiante ; fu un balenìo lieve , un luccicare , un istante solo di luce . Egli corse , ansioso , rinvigorito ; nulla ritrovò , la forma gentile era scomparsa . Ma come il suo cuore si pose a desiderare ardentemente di rivedere il fuggevole fantasma , con la possanza della volontà lo evocò di nuovo . Sempre lontano , sempre un ' ombra vana . Qualche cosa di bianco e di lucido che tremolava , che non toccava il suolo , che si dileguava nelle linee indefinite dell ' aria . Quello , quello era il suo amore : giunto sul punto dove gli era apparso , egli s ' inginocchiava e baciava la terra , adorando così la immagine fuggitiva . Ogni giorno la divina creatura si concedeva sempre più : gli appariva meno lontana , distinta , più chiara . Era una creatura celestiale , una fanciulla bianca bianca , le cui forme quasi infantili si velavano in un abito candido . Ella compariva e nel volto circonfuso di luce , gli sorrideva ; agitando il capo , lo salutava . Poi cominciava a camminare , e lui la seguiva con gli occhi intenti , movendo i passi macchinalmente , concentrato tutto nell ' attenzione ; ella radeva appena la terra , abbandonava i sentieri noti , penetrava tra gli alberi , appariva e scompariva , voltandosi a sorridere , lasciando che il lembo bianco del suo abito radesse l ' erba , con un piccolo e lusinghiero mormorìo . Egli non osava parlarle , tremava , la voce gli moriva nella gola ; bastava alla sua felicità contemplare ardentemente , con la fissità della follia , con gli occhi aridi che gli bruciavano , il suo amore che fuggiva dinanzi a lui . Ella girava , girava pel bosco , arrestandosi soltanto un minuto , chinandosi a carezzare i fiori , ma non cogliendoli , non lasciando traccia sull ' erbetta calpestata ; appena egli la raggiungeva , ella riprendeva la sua corsa . Lui dietro , senza sentire la stanchezza delle sue gambe che diventavano pesanti come il piombo ; lui dietro , sostenuto dall ' indomita volontà , eccitato , esaltato , sospinto all ' ultima e più acuta vibrazione dei nervi . Fino a che , approssimandosi al castello , il celeste fantasma cessava di sorridere , ed una malinconia si effondeva dal volto gentile ; poi , entrato nel cupo androne , volgevasi per l ' ultima volta , salutava , agitando la mano , e scompariva . Lui non osava gridarle : rimani , rimani ! e s ' abbandonava sopra un banco , spossato , abbattuto , morto . – Perché non siedi a me daccanto , o dolce amor mio ? Perché non mi ti accosti ? Non temere , non mi appresserò troppo . Sai che t ' amo , so che m ' ami ; so che dobbiamo troppo avvicinarci . E neppure puoi parlarmi : così vuole il destino . Ma io t ' amo ; tu sei il mio cuore . L ' anima mia è fatta di te ; non sono io , sono te ; se io muoio , tu morrai ; se tu muori , io muoio . Come sei bianca , o divina fanciulla ! I tuoi occhi sono trasparenti e chiari , non mi guardano ; le tue guance hanno appena una trasparenza rosea , le tue labbra sono pallide pallide , le tue mani sono candide come la neve , ed un fiocco di neve è il tuo manto . Hai tu freddo , cuor mio ? Non sai che io ho la febbre , che il , sangue schiuma e bolle nelle mie vene , come un ' onda impetuosa ? Sorridi ? Puoi calmarmi così . Quest ' ardor che m ' infiamma , questo incendio che divampa in me , solo la carezza della tua gelida mano potrebbe domarlo , solo il tocco delle tue gelide labbra potrebbe assopirlo . No ! Non allontanarti , resta , resta per pietà di chi t ' ama . Non ti chiederò più nulla , creatura bianca ed innocente . Tu leggi in me , vedi che sono puro , che il mio cuore è candido come la tua veste , che non lo macchia desiderio di fango . Non fuggirmi , non rivolgere il , volto celestiale ; quando tu m ' abbandoni , ecco , la vita declina , in me : tutto diventa buio , tutto diventa muto , ed io piango sul mio sogno distrutto , sul mio cuore desolato . Donde vieni tu ? Dove vai , quando mi lasci ? E perché mi lasci ? T ' amo , non lasciarmi . Non parlava la fanciulla nei colloqui i d ' amore . Ella ascoltava immobile , bianca , pronta sempre a partire ; ogni tanto un sorriso indefinito le sfiorava le labbra , una mestizia le compariva in volto ; ma sorriso e mestizia erano spostamento di linee , non corrugamento di fronte o espansione di labbra ; era espressione , luce interna , quasi una lampada soave s ' accendesse dietro un velo . Non parlava la fanciulla , ma ogni giorno ella restava più a lungo con colui che l ' amava . Egli le parlava lungamente , poi stanco , la voce gli si abbassava a poco a poco , poi taceva . La contemplava , estatico . Ella si muoveva per andarsene . – Non partire , non partire ! – supplicava lui . Ella restava ferma innanzi a lui , i piedini bianchi come ale di colombo , appena posati a terra , coi capelli vagamente adorni di rose bianche , con un lembo di abito sostenuto da rose bianche . – Siedi , siedi accanto a me ! Ella non sedeva , immota , guardando dinanzi a sé coi grandi occhi senza pupilla . – Parlami , parlami – mormorava lui . Ella non aveva voce , non si muovevano le labbra . Invano egli la pregava , la scongiurava , s ' inginocchiava , ella non gli rispondeva . Era inflessibile e serena . Ma in un crepuscolo d ' autunno , egli trovò le frasi più eloquenti per esprimere la propria disperazione : batté la fronte a terra , sparse le lagrime più cocenti , adorò la fanciulla . Ella parea si trasformasse ; dietro il candore della pelle pareva che cominciasse a correre il sangue . Egli , folle , morente di amore , le offerse la sua vita per una parola . – M ' ami ? – Sì – parve un sussurrìo . Allora , in un impeto di passione , egli l ' abbracciò . Un orribile scricchiolìo s ' intese e la divina fanciulla cadde al suolo , frantumata in tanti cocci di porcellana candida . Nella notte profonda , quando i custodi dormivano , nella deserta sala delle porcellane cominciò un mormorìo , un bisbiglio , un ' agitazione . Correvano fremiti da una scansia all ' altra , attraverso i cristalli ; voci irose e sommesse si urtavano , fieri propositi , progetti di vendetta cozzavan l ' un contro l ' altro . Poco a poco la calma si ristabilì : tutto era deciso . La sfilata cominciò . Prima fu l ' Aurora bianca sul suo carro tirato da quattro cavalli candidi ; e discesa nel giardino dove lui giaceva svenuto accanto al suo idolo infranto , maledisse per sempre le sue albe ; la seguirono le ventiquattro fanciulle che sono le Ore , e sfogliarono rose avvelenate sullo svenuto ; dopo vennero gli Amorini , e gli conficcarono nel cuore i dardi acuti e dolorosi . Il gruppo passò . Secondi vennero i sette re di Francia , bianchi , sui cavalli bianchi , Carlomagno , S . Luigi , Francesco I , Enrico II , Enrico IV , Luigi XIII , Luigi XIV ; galoppando pei viali , toccarono con lo scettro , con la spada l ' infelice , ed ogni colpo gli rintronò nel cervello . Poi ogni statuina s ' avviò , gli sputò in viso , lo insultò , lo calpestò ; ogni tazza fu piena per lui di cicuta , ogni vassoio di cenere , ogni coppa da fiori contenne per lui fiori malefici e crudeli . Ed infine si mosse il grande gruppo dei Titani che vogliono scalare l ' Olimpo : Giove , seduto sull ' aquila , fulminò il moribondo , ed i Titani lo seppellirono sotto enorme sepolcro di massi . Poi ognuno riprese la sua via , i gruppi rientrarono nelle scansie e vi rimasero immobili . Fu questa la vendetta della fredda e candida porcellana su colui che aveva frantumata la fanciulla immortale . È questa la storia eterna e fatale . L ' ideale raggiunto , toccato , va in pezzi – – l ' arte si vendica sulla vita – e l ' anima muore sotto un immane sepolcro . LEGGENDA DELL ’ AVVENIRE Tu , buona e baldanzosa fanciulla , giunta al termine delle mie fantastiche storie , sorridi . Ed io , poveretto autore , condannato a leggere nel volto del suo lettore presente o ad indovinare l ' animo del lettore assente , cerco di spiegare che significhi il lampo del tuo occhio nero e l ’ arco ironico del tuo labbro rosso come il fiore del granato . E quasi o mia bella ed impenetrabile sfinge , dal viso puro e colorito come il granito di quelle statue , quasi comprendo il senso del tuo riso muto ed intelligente . Le fantastiche , istorie dove tanta parte della vita napoletana si riflette , non t ' hanno spaventata ; e se il tuo spirito è corso dietro all ' inafferrabile fantasma , al folletto piccolino , tu non ne hai avuto paura . Queste storielle sono antiche , alcune antichissime , appartengono al lontanissimo passato che non ritorna più ; furono vita e morirono ; furono dramma umano e sono parole vane , tradizione oscura e scorretta . Rimane di esse talvolta un quadro , una statua , una chiesa una tomba , un bosco , talvolta una semplice idea , talvolta un , semplice nome , ma è il passato . Tu , orgogliosa giovinetta sorridi nel presente , sorridi all ' avvenire , non puoi volgerti indietro , guardi innanzi , dove è la tua bella realtà di luce e di profumi . Tu leggi le storie del passato , ma le sirene , i cavalieri , le dame , i monaci , i grassi borghesi , i pallidi poeti non ti destano che un sorriso di pietà ; essi sono morti e vive Napoli bella ed immortale , vive la gioventù gioconda , vive il glauco mare , vivono i ridenti poggi . Immenso si svolge l ' avvenire . Lo so . Ma pel sarcastico sorriso con cui tu ti burli delle mie care larve , evocate dalla tradizione o dalla fantasia popolare , io voglio castigarti , cattiva fanciulla . Io voglio far un ' opera crudele e disonesta : voglio , narrandoti la fiammeggiante leggenda dell ' avvenire , distruggere il tuo mordente sorriso , farti impallidire le guance e farti fremere ogni fibra del corpo , ogni piega dell ' anima , pel raccapriccio e per l ' orrore . Oggi la città è bella perché così Iddio la volle , mentre poco la vogliono così gli uomini . Ma quando nella morbida e indolente natura dell ' uomo sarà entrata quella vivacità attiva ed operosa che non si perde in vuoto cicaleccio , in vaghe aspirazioni ed in sogni grandiosi ; quando alla lenta coscienza che si addorme volentieri nell ' ammirazione sarà subentrata l ' operosa coscienza che tenta vie migliori e di niuna s ' appaga e cerca raggiungere l ' alto scopo con ogni sforzo ; quando alla fantasia che crea , alla mente che trova , alla intelligenza che indovina , non rimarrà più disubbidiente ed inerte il braccio che opera ; quando accanto all ' artista che sogna sorgerà il popolo che intende , il borghese che pensa e l ' aristocratico che sente : allora solamente la città sarà stupenda . Ora ella s ' adorna di fiori , ma è povera ; ora ella sorride , ma appena appena il lacero vestito , che fu di porpora , copre le belle membra ; ora ella è gaia , ma spera solo dalle piogge benefiche il lavacro , che terge le sue strade nere e sporche , ora balla e canta sulle sue sponde odorose , dove il mare accompagna le sue danze e le sue canzoni , ma nel suo porto non accorrono ancora le navi dai gonfi fianchi carichi di mercanzie ; ora . biancheggiano le ville di cui s ' adornano i suoi colli , ma non sale ancora al cielo , incenso gradito , il fumo grigio dei mille opifici . Che importa ! Questo giorno verrà ed allora la città sarà santa . Pensa , o poetica amica , al felice connubio dell ’ arte con la natura , pensa alla celeste armonia fra l ' uomo che crea ed il mondo da lui creato , pensa alla città che sarà bella e buona , tutta bianca e colorita dal sole , senza macchie , senza cenci : oh , allora , allora ! O lontano avvenire , o giorno splendido che come quello di Faust meriteresti di essere fermato ... Ma la divina città che amiamo deve morire ; la crediamo immortale ed è sacrata alla morte ; la crediamo eterna e la sua vita è tenue come quella di un bambino . Deve morire . morrà ; si dovrà dire al viandante pensoso e malinconico : qui fu Napoli . Tutto le potremo dare : il lavoro che la nobiliti , il commercio che l ' arricchisca , l ' acqua che la lavi , il sole che penetri nelle larghe vie , ma non la sottrarremo alla morte . Sarà ninfa ridente , azzurra , rosea , bionda di sole , piena di gioventù , fremente di vita , ma sarà morente . Lo dice la profetica leggenda , ripetuta di bocca in bocca , che circola nelle vie , che entra nelle botteghe , che sale nei salotti della nobiltà . Verrà il novissimo giorno . Vedi tu quella montagna ai cui piedi si stendono i bei villaggi bagnati dal mare , sui cui fianchi verdi cresce la vigna del vino generoso ; vedi quella montagna striata da lugubri fasce nere ? È lei che farà morire Napoli : così dice la leggenda profetica . Arde il fuoco liquido , bolle e schiuma nei fianchi della montagna e si accumula da secoli pel giorno funesto ; di fuori appena una nuvoletta di fumo bianco ed innocente rivela il profondo lavorio . Correvano le bighe e le quadrighe per le vie di Pompeja la bella . Amavano al sole i leggiadri garzoni dalle tuniche bianche e le fanciulle dai candidi pallii , si vestivano di bisso e si profumavano di nardo le seducenti etere , correvano giovani e vecchi al foro , alle terme , ai teatri , sulle porte delle case erano sospese corone di rose olezzanti : la montagna volle e Pompeja morì . Quando la montagna vorrà , Napoli sarà distrutta : e il terribile e bel vicino che noi guardiamo con ammirazione e quasi con affetto , poiché egli è tanta parte della bellezza napoletana , sarà il carnefice . E nessuno ne saprà l ' ora , né il giorno . Nella città la gente tumultuosa andrà ai consueti uffici , correrà dove il piacere la chiama , dove la chiama il dolore , amerà , odierà , godrà , piangerà , vivrà insomma come se nulla fosse . Nel cielo sereno brilleranno le stelle ; nell ' aria calma s ' eleverà la sottile penna di fumo . Poi , sul cratere , comparirà une punto rosso , come un lumicino acceso lassù , come un carboncino ; i napoletani si stringeranno nelle spalle e mormoreranno : solite storie . L ' eruzione crescerà con molta lentezza e gli uomini di scienza d ' allora ne constateranno i fenomeni e ne annunzieranno la prossima fine ; ma l ' eruzione crescerà sempre , continuamente . Un rombo sotterraneo comincerà a far tremare i vetri delle case ; tre strisce vivide di lava scorreranno lungo i fianchi della montagna ; il cielo cupo si tingerà di rosso , il fondo del mare sarà rosso ; giungeranno i forestieri a contemplare il mirabile spettacolo , i napoletani si affolleranno sul molo , a S . Lucia , a Mergellina , sui terrazzi , sulle colline , compresi di ammirazione . Ma dai villaggi che sono sotto il monte principierà a fuggire la gente spaurita e si riverserà nella città , dove sarà accolta a braccia aperte – e la lava procederà sempre . Nuove bocche si apriranno . La lava è a Resina . Ma i napoletani non temono : il Vesuvio è loro vecchio amico , vuole scherzare , è un brontolone , ma presto tacerà . Poi vi è San Gennaro , che con le dita sollevate in atto d ' imperio , comanda alla lava di non avanzarsi ; le donne pregano il parroco della cattedrale a portare in piazza San Gennaro di argento o il prezioso suo sangue che è conservato nelle ampolline . In qualche chiesetta si prega . Una mattina il sole non viene fuori , una fitta nube grigia nasconde il cielo , piove cenere ; i napoletani sorridono ancora e vanno ai loro affari sotto quella strana pioggia . Ma il giorno seguente il rombo diviene tumultuoso , le scosse di terremoto si succedono l ' una all ' altra , orribili convulsioni squassano il monte , sui cui fianchi si aprono dappertutto bocche di fuoco , le lave si uniscono , si fondono , sono una lava sola , è una montagna di lava che cammina verso la città coi suoi ruscelli di fuoco ; soffocanti fetori di zolfo ammorbano l ' aria , piove cenere calda e pesante , acqua bollente , piovono lapilli infuocati sulla città : riuniti al grande vulcano corrispondono , con pauroso miracolo ridestati , le eruzioni dei monte Echia , dell ' Epomeo e di Pozzuoli . Piove la morte . Nel clamore disperato dei morenti , nel fragore delle case che nel tuono del terremoto , nella spaventosa tempesta del mare che si rizza incollerito o ribelle , nel bagliore sanguigno che capovolge la natura e le cose , la lava entra in Napoli e Napoli finisce di morire in un incendio colossale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . E che ? Tu sorridi ancora , orgogliosa creatura ? Ti comprendo : leggo nel tuo pensiero come in un libro dalle pagine aperte . Tu pensi quello che io penso ; tu sorridi a quella morte ; questa Napoli che fu creata dall ’ amore , che visse nella passione della luce , dei colori smaglianti , dei profumi violenti , delle notti innamorate , visse nel lusso grandioso della natura e nella espansione superba del sentimento , questa città appassionata morirà bene , morirà degnamente nell ’ altissima e fiammeggiante apoteosi di fuoco .