Saggistica ,
1
.
Che
cos
'
è
la
linguistica
?
È
facile
rispondere
:
È
lo
studio
scientifico
della
lingua
.
Non
è
però
facile
andare
oltre
questa
elementare
affermazione
,
cioè
risolverne
le
ambiguità
,
esplicitarne
le
implicazioni
.
Anzitutto
:
"
la
lingua
"
;
che
valore
daremo
a
questo
singolare
?
È
un
singolare
specifico
e
quindi
significa
"
la
nostra
lingua
,
la
lingua
materna
"
?
;
o
un
singolare
generico
,
e
quindi
significa
"
la
facoltà
di
linguaggio
,
il
linguaggio
"
?
;
o
è
un
singulare
pro
plurali
e
quindi
significa
"
le
lingue
,
tutte
le
lingue
del
globo
,
morte
e
viventi
"
?
Mettiamo
di
interpretare
nel
senso
specifico
,
e
apparente
-
mente
più
concreto
,
quel
singolare
"
la
lingua
"
come
"
la
nostra
lingua
naturale
,
materna
"
.
Ma
è
davvero
possibile
studiare
scientificamente
la
nostra
propria
lingua
senza
avere
idee
generali
sulla
facoltà
di
linguaggio
,
su
questa
facoltà
costitutiva
dell
'
uomo
quale
noi
lo
conosciamo
e
che
evidentemente
presiede
a
tutte
le
lingue
naturali
?
Se
vogliamo
una
prova
storica
di
questa
impossibilità
,
pensiamo
agli
antichi
grammatici
greci
che
fecero
la
descrizione
grammaticale
del
greco
appoggiandola
alla
struttura
logica
del
giudizio
e
alle
categorie
aristoteliche
e
fondarono
le
loro
etimologie
su
opposte
soluzioni
del
gran
problema
dell
'
origine
(
e
quindi
della
natura
)
della
lingua
.
Ci
limitiamo
a
questo
solo
esempio
storico
,
perché
è
dirimente
.
Infatti
dopo
di
allora
non
c
'
è
stato
studio
di
lingua
,
fosse
pure
il
più
ristretto
e
il
più
episodico
-
dalla
semplice
normativa
grammaticale
alla
storia
di
singoli
fenomeni
-
,
che
non
abbia
implicato
idee
generali
sul
linguaggio
;
le
quali
erano
spesso
quelle
ereditate
dalla
tradizione
greco
-
latina
e
perciò
date
come
scontate
,
ma
non
perciò
meno
condizionatrici
dei
metodi
e
dei
risultati
.
È
poi
facile
constatare
che
il
maggior
rigoglio
degli
studi
linguistici
si
è
avuto
quando
,
in
età
antica
o
moderna
,
lo
studio
delle
singole
lingue
e
di
particolari
fenomeni
è
stato
accompagnato
o
addirittura
promosso
da
nuove
concezioni
del
linguaggio
.
Si
potrebbe
logicamente
concludere
che
allo
"
studio
scientifico
della
lingua
"
(
come
abbiamo
definito
la
linguistica
)
è
necessaria
una
teoria
del
linguaggio
;
o
,
in
termini
più
odierni
,
che
alla
linguistica
applicata
è
indispensabile
la
linguistica
teorica
.
Ma
non
affrettiamoci
.
Proviamo
ad
interpretare
quel
singolare
"
la
lingua
"
come
un
singulare
pro
plurali
.
Ebbene
:
lo
studio
di
più
lingue
naturali
,
se
non
fatto
a
scopo
di
pratico
poliglottismo
,
ha
sempre
indotto
lo
studioso
ad
un
confronto
sistematico
tra
varie
lingue
;
confronto
che
può
portare
alla
scoperta
di
una
origine
comune
(
è
stato
il
caso
,
modernamente
,
delle
lingue
indeuropee
,
ed
anche
,
nel
Rinascimento
,
di
quelle
neolatine
)
o
alla
constatazione
di
profonde
diversità
strutturali
.
Dalla
scoperta
dell
'
origine
comune
è
sorta
la
ricerca
della
causa
della
separazione
originaria
o
dei
motivi
del
progressivo
diversificarsi
nel
tempo
;
dalla
constatazione
delle
differenze
strutturali
è
sorto
il
problema
della
diversità
dei
prodotti
(
le
lingue
)
di
un
'
unica
facoltà
umana
(
il
linguaggio
)
,
e
dei
modi
e
limiti
di
tale
diversità
.
Dalla
linguistica
comparata
,
insomma
,
o
contrastiva
(
come
oggi
si
usa
dire
)
è
nata
la
tipologia
linguistica
nella
sua
duplice
dimensione
:
storica
e
teorica
.
Può
dunque
darsi
che
una
seria
osservazione
empirica
susciti
esigenze
teoriche
e
proponga
problemi
di
portata
generale
;
come
,
all
'
inverso
,
che
una
concezione
teorica
scopra
aspetti
nuovi
della
realtà
e
suggerisca
sperimentazioni
prima
intentate
.
In
ogni
caso
,
resta
confermato
il
principio
che
nessuna
scienza
,
quindi
neppure
la
scienza
dei
fenomeni
linguistici
,
può
prescindere
da
una
teoria
o
,
detto
in
termini
più
odierni
,
da
un
modello
,
unico
o
plurimo
,
dell
'
oggetto
.
2
.
Ma
qual
è
l
'
oggetto
della
linguistica
?
Abbiamo
già
detto
che
lo
studio
della
lingua
materna
rinvia
il
linguista
a
delle
idee
generali
sulla
lingua
intesa
come
facoltà
di
linguaggio
;
e
che
lo
studio
comparato
di
lingue
diverse
,
ivi
compresa
la
materna
del
linguista
,
lo
rinvia
del
pari
all
'
unica
facoltà
di
linguaggio
come
problema
della
compatibilità
di
questa
con
la
pluralità
delle
lingue
umane
in
quanto
prodotte
da
un
'
unica
facoltà
fondamentale
e
tuttavia
diverse
.
È
il
problema
degli
universali
linguistici
,
che
periodicamente
risorge
imponendo
al
linguista
la
ricerca
degli
elementi
o
caratteri
presumibilmente
comuni
a
tutte
o
alla
maggior
parte
delle
lingue
.
L
'
oggetto
della
linguistica
è
dunque
un
oggetto
complesso
:
anzitutto
la
facoltà
di
linguaggio
(
o
semplicemente
linguaggio
)
,
poi
la
lingua
materna
,
infine
le
lingue
naturali
non
materne
.
Lo
studio
delle
lingue
naturali
non
materne
implica
la
consapevole
conoscenza
della
lingua
materna
,
e
lo
studio
della
lingua
materna
implica
l
'
assunzione
,
magari
acritica
,
di
una
concezione
del
linguaggio
.
La
complessità
e
direi
globalità
dell
'
oggetto
si
è
fatta
irrefutabile
quando
l
'
attributo
"
scientifico
"
applicato
allo
studio
dei
fenomeni
linguistici
non
si
è
più
limitato
a
significare
"
descrittivo
,
classificatorio
»
,
ma
ha
voluto
significare
"
esplicativo
"
;
quando
insomma
la
linguistica
da
empiria
umanistica
,
cioè
filologica
,
retorica
e
normativa
,
è
assurta
a
sapere
organico
e
formalizzato
.
Non
si
creda
,
però
,
che
alla
complessità
e
globalità
dell
'
oggetto
della
linguistica
si
sia
addivenuti
in
epoca
recente
,
come
farebbero
credere
certi
manuali
che
dividono
la
storia
della
linguistica
in
una
fase
prescientifica
,
che
giungerebbe
fino
alle
soglie
dell
'
età
romantica
,
e
in
una
fase
scientifica
,
nella
quale
si
affermerebbe
,
durante
quasi
tutto
l
'
Ottocento
,
la
linguistica
comparata
come
indirizzo
prima
storico
e
poi
positivistico
,
e
finalmente
si
aprirebbe
,
con
Ferdinand
de
Saussure
,
la
linguistica
propriamente
moderna
,
fondata
su
una
teoria
radicalmente
nuova
.
Studiosi
sagaci
del
passato
,
tra
i
quali
è
doveroso
segnalare
Luigi
Rosiello
,
hanno
dimostrato
che
ciò
è
vero
solo
al
patto
di
ignorare
la
imponente
tradizione
speculativa
di
due
secoli
,
abbassando
una
saracinesca
nella
continuità
costruttiva
della
storia
.
In
realtà
i
problemi
e
i
temi
che
costituiscono
la
linguistica
odierna
sono
stati
impostati
tra
la
seconda
metà
del
Seicento
e
la
fine
del
Settecento
,
col
sorgere
del
pensiero
moderno
,
e
sono
divenuti
le
costanti
di
uno
sviluppo
coerente
e
irreverso
della
disciplina
,
pur
nel
mutare
delle
professioni
ideologiche
.
Mi
si
consenta
di
ripercorrere
per
sommi
capi
tale
sviluppo
,
restaurando
,
insieme
con
la
continuità
di
una
linea
,
la
possibilità
di
meglio
valutare
le
peculiarità
della
linguistica
dell
'
età
nostra
.
3
.
Il
razionalismo
cartesiano
,
sostenitore
della
corrispondenza
fra
la
struttura
della
lingua
e
la
innata
struttura
razionale
del
pensiero
umano
,
mirò
,
attraverso
la
Scuola
di
Port
-
Royal
,
alla
formulazione
di
una
grammatica
generale
,
cioè
di
un
metodo
di
analisi
e
di
descrizione
che
in
ogni
lingua
storica
reperisse
gli
universali
logici
presenti
nella
varietà
dei
fenomeni
.
Tale
grammatica
era
l
'
indubbio
superamento
di
quella
propria
dell
'
umanesimo
,
prescrittiva
e
retorica
.
D
'
altra
parte
l
'
empirismo
inglese
,
concependo
le
parole
,
nominalisticamente
,
come
segni
delle
idee
(
e
non
delle
cose
)
costituiti
al
fine
di
assicurare
la
comunicazione
fra
gli
uomini
,
si
avviò
a
considerare
il
linguaggio
come
un
sistema
semiotico
convenzionale
,
diversificato
a
seconda
della
cultura
e
dei
bisogni
dei
vari
popoli
.
Con
ciò
pose
in
termini
non
biblici
il
gran
problema
dell
'
origine
del
linguaggio
e
affermò
esplicitamente
quel
principio
dell
'
arbitrarietà
del
segno
linguistico
,
cioè
del
suo
rapporto
non
necessario
con
le
cose
,
che
alcuni
hanno
ritenuto
una
scoperta
di
Saussure
.
Alla
metà
del
Settecento
nell
'
opera
del
sensista
francese
Condillac
troviamo
il
culmine
della
speculazione
illuministica
sul
linguaggio
e
già
annunciati
alcuni
temi
della
linguistica
odierna
.
Per
lui
il
linguaggio
,
anziché
il
prodotto
della
mente
razionale
dell
'
uomo
,
è
un
fattore
costitutivo
di
quella
mente
,
giacché
organizza
i
contenuti
sensibili
.
dell
'
esperienza
in
segni
che
esprimono
le
idee
e
,
combinandosi
,
le
pongono
in
contatto
reciproco
.
Il
linguaggio
è
insomma
la
chiave
e
la
garanzia
della
funzionalità
operativa
della
mente
.
Il
problema
della
origine
delle
facoltà
dell
'
intelletto
,
e
del
linguaggio
stesso
,
si
trasferiva
così
dalla
metafisica
alla
psicologia
,
nel
cui
ambito
si
dava
una
classificazione
dei
segni
fondata
sul
rapporto
(
o
accidentale
o
naturale
o
istituzionale
[
cioè
arbitrario
]
)
col
loro
contenuto
e
con
le
reazioni
psichiche
degli
uomini
.
È
ovvio
che
la
spiegazione
psicologica
e
convenzionale
della
genesi
del
linguaggio
,
e
l
'
ammissione
del
suo
condizionamento
sociale
,
giustificassero
la
diversità
delle
lingue
storiche
assai
meglio
dell
'
ontologismo
linguistico
cartesiano
e
invitassero
allo
studio
della
loro
individualità
.
Fu
così
aperta
la
via
da
un
lato
all
'
approfondimento
dei
rapporti
della
logica
e
dei
linguaggi
formalizzati
con
le
lingue
naturali
,
dall
'
altro
alla
linguistica
comparata
e
storica
e
alla
tipologia
linguistica
dell
'
età
romantica
,
e
finalmente
allo
psicologismo
e
sociologismo
dell
'
età
positivistica
.
Non
rileva
poi
molto
,
ai
fini
del
progresso
generale
della
disciplina
,
che
questo
o
quel
problema
,
questa
o
quella
esperienza
fossero
affrontati
all
'
insegna
dell
'
idealismo
o
del
positivismo
:
entrambi
gli
orientamenti
contribuirono
ad
arricchire
il
patrimonio
concettuale
della
linguistica
,
ad
additare
nuove
soluzioni
e
prospettive
.
Faremo
due
soli
grandi
esempi
.
L
'
idealismo
di
Humboldt
mise
in
superba
luce
l
'
aspetto
attivo
e
creativo
del
linguaggio
,
da
concepire
non
come
prodotto
inerte
(
o
èrgon
)
ma
come
creazione
continua
(
o
enèrgeia
)
,
come
forma
formante
anziché
come
materia
,
come
processo
universale
dell
'
umanità
e
voce
individuale
delle
nazioni
,
come
scoperta
e
comprensione
del
mondo
piuttosto
che
come
nomenclatura
e
strumento
di
comunicazione
.
Una
teoria
siffatta
fu
del
pari
idonea
a
promuovere
gli
studi
di
antropologia
e
tipologia
linguistiche
e
quelli
sulle
grandi
lingue
di
cultura
.
L
'
altro
esempio
,
che
sta
sotto
l
'
opposta
insegna
del
positivismo
,
è
quello
di
Schleicher
.
Egli
concepì
le
lingue
storiche
come
organismi
naturali
,
che
nascono
,
crescono
e
muoiono
per
proprie
leggi
interne
,
analoghe
a
quelle
biologiche
,
cioè
indipendenti
dalla
volontà
e
dall
'
intelletto
dell
'
uomo
.
Il
suo
genealogismo
e
il
rigoroso
concetto
di
legge
fonetica
gli
permisero
di
trattare
le
lingue
come
fenomeni
oggettivi
,
quindi
spiegabili
,
prevedibili
,
ricostruibili
entro
un
loro
sviluppo
necessario
,
al
quale
fini
col
dare
un
definitivo
crisma
naturalistico
la
teoria
evoluzionistica
di
Darwin
.
Luigi
Rosiello
tenta
di
chiudere
in
una
formula
il
senso
di
questa
storia
bisecolare
della
linguistica
dicendo
che
,
dopo
una
fase
di
ricerca
di
universali
razionali
,
fondata
sull
'
assunto
cartesiano
del
linguaggio
come
rappresentazione
della
innata
razionalità
del
pensiero
,
la
linguistica
mirò
,
attraverso
la
grammatica
generale
di
Port
-
Royal
e
dell
'
Encyclopédie
,
al
conseguimento
di
universali
metodologici
,
che
successivamente
,
calati
nella
comparazione
delle
lingue
storiche
,
divennero
universali
storici
.
4
.
Agli
inizi
del
Novecento
la
linguistica
disponeva
dunque
di
una
problematica
essenziale
e
specifica
,
già
sperimentata
alla
luce
di
orientamenti
diversi
e
in
diverse
prospettive
;
si
era
inoltre
adusata
alla
collaborazione
con
discipline
scientifiche
quali
la
psicologia
,
l
'
etnologia
,
la
sociologia
,
le
scienze
naturali
;
aveva
accumulato
una
grande
e
preziosa
quantità
di
dati
concreti
attraverso
la
comparazione
di
lingue
affini
e
la
ricostruzione
di
fasi
comuni
non
documentate
(
genealogia
indeuropea
,
semitica
ecc
.
)
,
o
l
'
inchiesta
dialettologica
ed
etnologica
sul
campo
(
rilievi
geolinguistici
,
atlanti
linguistici
,
lessici
dialettali
ecc
.
)
.
Ma
nella
seconda
metà
dell
'
Ottocento
le
discipline
con
cui
la
linguistica
aveva
collaborato
si
erano
profondamente
mutate
.
La
più
antica
di
esse
,
la
logica
classica
e
medievale
,
aveva
ceduto
il
posto
alla
teorizzazione
del
linguaggio
simbolico
come
calcolo
indipendente
dal
linguaggio
naturale
,
cioè
a
quella
logica
matematica
che
rifonda
la
semantica
e
la
sintassi
e
studia
la
forma
del
conoscere
scientifico
con
un
rigore
che
s
'
imporrà
all
'
attenzione
della
linguistica
teorica
.
La
psicologia
,
superata
la
fase
filosofica
e
divenuta
empirica
e
poi
sperimentale
,
abbandonava
l
'
originario
associazionismo
per
una
concezione
totale
della
coscienza
e
per
una
analisi
più
complessa
della
percezione
in
rapporto
alla
costituzione
dell
'
intelligenza
;
e
sorgeva
,
a
incontrare
tali
tendenze
;
la
psicanalisi
.
L
'
etnologia
si
andava
distaccando
dall
'
antropologia
fisica
e
temperava
la
visione
evoluzionistica
con
quella
degli
scambi
e
prestiti
culturali
,
arricchendosi
di
una
prospettiva
storica
.
La
sociologia
con
tecniche
di
rilevamento
statistico
innestava
nell
'
organicismo
oggettivo
della
linguistica
schleicheriana
il
riferimento
ad
organismi
collettivi
concreti
,
quali
gruppi
,
ceti
,
sfere
sociali
e
culturali
.
All
'
interno
,
d
'
altronde
,
della
stessa
linguistica
positivistica
la
critica
dell
'
assolutezza
della
legge
fonetica
in
nome
del
ricorso
all
'
analogia
e
a
fattori
soggettivi
di
eccezione
,
riproponeva
la
presenza
e
l
'
intervento
dell
'
uomo
in
un
ambito
di
fenomeni
che
pareva
dovergli
essere
sottratto
,
e
insinuava
una
concezione
storica
,
anziché
naturalistica
,
dell
'
organismo
della
lingua
.
Le
polemiche
,
poi
,
del
risorgente
idealismo
sgretolavano
l
'
apparente
compattezza
della
linguistica
positivistica
,
sia
con
l
'
asserire
il
carattere
estetico
dell
'
attività
linguistica
e
porre
al
suo
centro
la
fantasia
individuale
,
sia
col
ritenere
la
lingua
un
mero
specchio
della
storia
delle
idee
,
sostituendo
bene
spesso
allo
studio
del
sistema
linguistico
lo
studio
delle
singole
parole
come
esponenti
concettuali
o
come
tessere
stilistiche
.
La
linguistica
rischiava
,
specialmente
in
Italia
,
di
ridursi
a
lessicologia
storica
di
indirizzo
semasiologico
od
onomasiologico
,
collocandosi
ai
margini
di
discipline
ben
più
ricche
di
contenuti
intellettuali
.
E
ciò
proprio
nel
tempo
in
cui
le
scienze
naturali
avevano
superato
lo
stadio
descrittivo
ed
erano
entrate
in
quello
esplicativo
e
predittivo
,
e
fra
di
esse
la
fisiologia
,
allargando
e
affinando
le
proprie
tecniche
d
'
indagine
,
offriva
al
grezzo
naturalismo
dei
linguisti
l
'
occasione
di
rivedere
a
fondo
i
metodi
e
i
programmi
.
5
.
Se
in
Italia
,
e
in
altre
aree
periferiche
,
la
linguistica
rischiò
di
subordinarsi
,
pur
con
ottimi
risultati
parziali
,
alla
filologia
,
alla
storia
delle
idee
,
alla
critica
stilistica
,
nell
'
Europa
scientificamente
più
evoluta
essa
,
la
meno
letteraria
delle
discipline
umanistiche
,
senti
il
bisogno
di
adeguarsi
al
moto
e
al
modo
delle
scienze
.
Il
primo
linguista
ad
avvertire
lucidamente
questo
bisogno
fu
il
ginevrino
Ferdinand
de
Saussure
,
che
volle
anzitutto
definire
con
precisione
l
'
oggetto
della
disciplina
come
un
sistema
di
segni
considerato
in
sé
e
per
sé
,
rivendicandone
la
specificità
e
l
'
autonomia
di
contro
a
interpretazioni
ancillari
,
e
ritenendo
perciò
la
linguistica
una
semiologia
.
Approfondendo
il
concetto
di
segno
,
ne
riaffermò
l
'
arbitrarietà
ma
al
tempo
stesso
la
sua
solidarietà
entro
il
sistema
,
in
cui
vide
,
anziché
un
agglomerato
di
sostanze
monadiche
,
una
rete
di
relazioni
e
di
valori
collettivi
,
di
costanti
differenziali
presenti
alla
mente
di
ogni
parlante
come
una
tastiera
potenziale
per
l
'
attuazione
del
discorso
.
Così
,
senza
negare
l
'
evoluzione
delle
lingue
e
quindi
il
loro
studio
diacronico
,
reagì
ad
uno
storicismo
frantumante
col
porre
prioritario
lo
studio
sincronico
,
cioè
sistematico
,
che
è
proprio
delle
scienze
naturali
,
e
coerentemente
,
pur
avendo
dato
un
geniale
contributo
alla
ricostruzione
preistorica
dell
'
indeuropeo
,
costituì
oggetto
primario
della
linguistica
la
vivente
lingua
parlata
,
riassorbendo
nella
naturalità
dell
'
oggetto
i
processi
psichici
,
quindi
il
fattore
umano
.
Non
si
può
dire
che
tutta
la
nuova
linguistica
del
Novecento
sia
scaturita
dall
'
insegnamento
teorico
di
Saussure
.
La
linguistica
statunitense
,
ad
esempio
,
formatasi
sulla
ricerca
etnologica
ed
etnolinguistica
relativa
agli
indiani
d
'
America
,
trovò
una
sua
via
moderna
nel
contatto
con
lingue
orali
,
prive
di
letteratura
scritta
e
mal
inseribili
nei
paradigmi
della
grammatica
di
tradizione
classica
.
Essa
ideò
una
tecnica
descrittiva
fondata
sull
'
analisi
della
frase
in
costituenti
immediati
,
e
sulla
distribuzione
delle
parole
nella
frase
,
cioè
elevò
le
posizioni
costanti
delle
parole
a
categorie
di
equivalenza
grammaticale
,
prescindendo
per
quanto
possibile
dal
significato
in
senso
concettualistico
,
anzi
respingendolo
in
nome
di
una
psicologia
comportamentistica
.
Vide
perciò
la
lingua
come
uno
stimolo
rivolto
ad
assicurare
l
'
interazione
dei
membri
di
una
comunità
;
come
un
sistema
formale
,
autonomo
dai
contenuti
mentali
delle
altre
discipline
ed
esso
stesso
non
mentalistico
(
cioè
indipendente
da
fattori
non
fisici
,
quali
lo
"
spirito
"
,
la
"
volontà
"
o
la
"
mente
"
)
,
ma
meccanicistico
,
cioè
retto
dai
meccanismi
del
sistema
nervoso
.
Una
grammatica
così
concepita
,
formalistica
e
operante
sul
corpus
di
ogni
lingua
con
metodo
rigorosamente
induttivo
,
se
da
un
lato
costituiva
un
allineamento
della
linguistica
con
la
psicologia
prevalente
in
America
e
faceva
esplicito
ricorso
alla
fisiologia
,
dall
'
altro
riduceva
semplicisticamente
il
gran
problema
del
significato
alla
situazione
schematica
stimolo
-
reazione
,
cioè
alle
manifestazioni
linguistiche
meramente
pratiche
,
e
si
appagava
di
risultati
tassonomici
e
descrittivi
.
Va
però
detto
che
questa
corrente
della
linguistica
statunitense
,
benemerita
sia
per
il
risoluto
tentativo
di
rinnovamento
metodologico
sia
per
l
'
attenzione
portata
allo
studio
della
sintassi
(
cenerentola
della
linguistica
tradizionale
)
,
fu
la
principale
,
non
l
'
unica
.
Di
contro
al
nome
di
Leonard
Bloomfield
,
suo
capostipite
,
va
posto
il
nome
di
Edward
Sapir
,
che
,
provenendo
dallo
stesso
campo
dell
'
etnolinguistica
,
collegò
acutamente
i
fatti
di
lingua
alla
mentalità
dei
popoli
primitivi
e
avanzò
l
'
ipotesi
di
una
stretta
correlazione
fra
le
civiltà
e
le
strutture
delle
lingue
rispettive
,
in
quanto
implicanti
un
'
analisi
dell
'
esperienza
e
una
visione
del
mondo
.
Orientamenti
analoghi
si
affermavano
quasi
contemporaneamente
nella
scuola
londinese
,
linguistica
e
antropologica
,
di
Firth
e
Malinowski
.
6
.
Dalla
teoria
di
Saussure
,
date
le
sue
molte
pregnanze
,
potevano
diramarsi
e
si
diramarono
indirizzi
diversi
.
Tutti
però
assunsero
il
carattere
comune
di
strutturalismo
linguistico
,
studiando
ogni
lingua
come
un
insieme
in
cui
"
tout
se
tient
,
tout
se
rallie
"
,
un
insieme
dunque
raccolto
in
una
coesione
ed
equilibrio
interni
che
lo
rendono
sistematico
.
Il
concetto
di
struttura
largamente
applicato
nelle
scienze
della
natura
e
nella
tecnologia
ora
con
valore
ontologico
ora
come
semplice
metodo
conoscitivo
od
operativo
,
ebbe
una
splendida
affermazione
nella
Scuola
di
Praga
,
che
alla
fine
degli
anni
Venti
,
sotto
la
guida
di
Trubeckoj
,
trasformò
la
fonetica
da
studio
generale
dei
suoni
linguistici
in
fonologia
,
ossia
in
studio
dei
fonemi
delle
singole
lingue
come
sistemi
chiusi
di
elementi
fonici
aventi
valore
distintivo
delle
parole
.
Si
sottrasse
così
,
per
la
prima
volta
,
il
suono
linguistico
ad
una
individuazione
generica
e
fluttuante
e
lo
si
correlò
direttamente
al
significato
,
ponendo
un
rapporto
funzionale
tra
i
due
aspetti
,
il
fonico
e
il
semantico
,
del
segno
linguistico
.
Lo
stesso
criterio
,
applicato
,
oltre
che
al
livello
fonetico
,
a
quello
morfologico
(
cioè
ad
un
altro
dei
cosiddetti
inventari
chiusi
della
lingua
)
,
consenti
eccellenti
descrizioni
,
ovviamente
sincroniche
,
di
lingue
vive
e
morte
,
e
forni
anche
la
spiegazione
di
fenomeni
diacronici
presentandoli
come
alterazione
dell
'
equilibrio
di
parti
del
sistema
in
una
certa
fase
e
come
suo
riassestamento
in
una
fase
ulteriore
;
una
diacronia
,
insomma
,
vista
come
la
successiva
stratificazione
di
più
stadi
subsistematici
entro
un
sistema
a
tendenza
autoconservativa
e
stabilizzatrice
.
Il
difetto
di
questa
filiazione
della
teoria
saussuriana
(
come
del
parallelo
strutturalismo
americano
di
cui
abbiamo
parlato
)
era
la
visione
eccessivamente
oggettuale
e
statica
della
lingua
,
la
cui
coesione
,
dovuta
alle
forze
interne
,
alla
entelechia
del
sistema
,
non
poteva
ricevere
da
interventi
esterni
,
primi
fra
tutti
quelli
dei
parlanti
,
se
non
impulsi
turbatori
e
destabilizzanti
.
Venne
però
al
soccorso
dello
strutturalismo
il
concetto
di
funzione
,
concetto
della
matematica
e
della
fisiologia
,
ma
già
diffuso
in
altri
rami
del
sapere
scientifico
e
tecnologico
;
il
quale
,
formalizzato
algebricamente
dalla
glossematica
del
danese
Hjelmslev
per
la
combinatoria
degli
elementi
del
sistema
,
assurse
a
principio
informatore
di
un
cospicuo
ramo
dello
strutturalismo
che
ben
si
poté
chiamare
funzionale
;
dove
il
concetto
di
funzione
non
solo
mise
in
evidenza
il
dinamismo
delle
strutture
,
cioè
i
fattori
che
le
muovono
governando
l
'
uso
della
lingua
e
ne
provocano
le
modificazioni
diacroniche
,
ma
intervenne
nel
definire
i
fini
stessi
dell
'
istituto
.
Non
posso
non
ricordare
qui
la
griglia
funzionale
proposta
dal
maggior
esponente
di
questo
strutturalismo
,
Roman
Jakobson
,
uno
dei
capi
del
formalismo
russo
e
dei
fondatori
della
Scuola
di
Praga
;
griglia
che
,
assorbendo
e
arricchendo
quella
precedentemente
formulata
dallo
psicologo
tedesco
Karl
Bühler
,
intreccia
e
distingue
sei
funzioni
della
lingua
:
referenziale
(
o
rappresentativa
o
denotativa
)
,
conativa
(
o
appellativa
o
ingiuntiva
)
,
emotiva
(
o
espressiva
o
affettiva
)
,
fatica
(
individuata
da
Malinowski
)
,
metalinguistica
,
poetica
.
L
'
inclusione
della
poetica
nella
griglia
delle
funzioni
della
lingua
segna
una
svolta
storica
,
in
quanto
rivendica
alla
linguistica
e
al
linguista
quella
"
grammatica
(
per
dirla
con
lo
stesso
Jakobson
)
della
poesia
"
che
per
secoli
ha
gravitato
sulla
retorica
e
,
più
modernamente
,
sulla
stilistica
,
senza
trarne
motivazione
sufficiente
.
Questa
griglia
funzionale
s
'
imposta
su
uno
schema
dell
'
atto
di
parola
,
o
atto
linguistico
,
che
Jakobson
mutua
dalla
teoria
ingegneresca
delle
comunicazioni
:
la
comunicazione
verbale
presuppone
un
emittente
e
un
destinatario
-
ricevente
che
abbiano
un
codice
comune
e
si
tengano
in
contatto
mediante
un
canale
entro
cui
passi
il
messaggio
.
Tale
schema
e
la
connessa
,
non
meno
ingegneresca
,
teoria
dell
'
informazione
,
che
ha
reso
possibile
la
quantificazione
del
significato
,
nonostante
la
loro
rigidità
tecnologica
hanno
aperto
nuove
prospettive
e
possibilità
allo
studio
del
parlato
nella
situazione
comunicativa
,
tanto
sotto
l
'
aspetto
attivo
che
ricettivo
.
È
grande
merito
di
Jakobson
non
aver
mai
trascurato
di
collegare
la
linguistica
con
discipline
scientifiche
e
tecnologiche
da
cui
essa
potesse
trarre
spunti
,
suggerimenti
,
occasioni
di
avanzamento
.
Si
pensi
ai
suoi
famosi
saggi
sull
'
apprendimento
infantile
del
linguaggio
e
sulle
menomazioni
afasiche
,
nei
quali
egli
ha
utilizzato
i
risultati
degli
esperimenti
psicolinguistici
sui
bambini
,
e
delle
osservazioni
neurologiche
sugli
afasici
,
come
indizi
della
fondazione
delle
leggi
strutturali
fonologiche
e
delle
leggi
di
codificazione
e
decodificazione
in
cagione
dei
rapporti
di
similarità
(
o
metafora
)
e
di
contiguità
(
o
metonimia
)
su
cui
si
impernia
la
libertà
selettiva
e
combinatoria
del
parlante
.
L
'
idea
nuova
che
unisce
questi
saggi
è
che
tanto
i
processi
di
instaurazione
che
quelli
di
degradazione
o
dissoluzione
dell
'
attività
linguistica
(
disturbi
di
contiguità
,
o
combinazione
,
e
disturbi
di
similarità
,
o
selezione
)
possono
dare
al
linguista
preziose
indicazioni
sull
'
origine
,
la
struttura
,
il
funzionamento
e
i
mutamenti
del
linguaggio
.
Ma
anche
gli
psicologi
e
i
neurologi
dalla
interpretazione
linguistica
dei
fenomeni
fisiologici
o
patologici
osservati
possono
trarre
orientamento
sia
per
la
sperimentazione
sia
per
la
localizzazione
e
interpretazione
dei
disturbi
,
se
è
vero
quanto
asserisce
Jakobson
che
non
è
assurdo
pensare
ad
una
correlazione
tra
la
topografia
cerebrale
e
le
coordinate
di
simultaneità
e
successione
che
presiedono
all
'
uso
del
linguaggio
;
e
la
terapia
trova
senza
dubbio
un
gran
vantaggio
nella
collaborazione
iatrolinguistica
.
7
.
All
'
analisi
dell
'
atto
linguistico
in
situazione
comunicativa
si
sono
rivolti
negli
ultimi
decenni
studiosi
di
indirizzi
affatto
diversi
.
Si
è
accennato
allo
schema
ingegneresco
ripreso
da
Jakobson
e
da
lui
sotteso
alla
sua
griglia
funzionale
.
Un
filosofo
inglese
,
John
Austin
,
capo
della
Scuola
analitica
di
Oxford
,
ne
ha
data
invece
una
formulazione
fondata
non
tanto
sulla
funzione
e
quindi
natura
del
messaggio
,
quanto
sulla
sua
forza
illocutiva
,
definita
con
criteri
psico
-
semantici
.
La
quale
forza
illocutiva
prende
,
secondo
l
'
intenzione
del
parlante
,
il
modo
della
domanda
o
del
consiglio
o
dell
'
asserzione
o
dell
'
ordine
o
della
promessa
ecc
.
,
e
mira
ad
un
effetto
perlocutivo
,
che
può
essere
di
ottenere
una
.
risposta
,
di
convincere
,
d
'
impedire
,
di
spaventare
ecc
.
,
e
può
non
essere
raggiunto
.
Importante
è
stata
la
scoperta
di
una
categoria
di
verbi
che
,
usati
in
enunciati
affermativi
alla
prima
persona
del
tempo
presente
,
hanno
un
effetto
performativo
o
,
per
dirla
italianamente
,
esecutivo
,
giacché
il
parlante
(
o
scrivente
)
col
solo
emettere
il
proprio
enunciato
compie
un
'
azione
pragmatica
:
quali
ì
verbi
ordinare
,
promettere
,
approvare
,
attestare
,
comunicare
ecc
.
;
a
patto
,
ovviamente
,
che
i
relativi
enunciati
siano
emessi
in
una
condizione
di
"
felicità
"
,
che
cioè
siano
presenti
i
presupposti
necessari
all
'
effetto
.
Con
tale
concezione
l
'
atto
linguistico
da
intellettivo
che
era
entra
in
pieno
dentro
il
mondo
della
prassi
,
dell
'
azione
,
e
rifonda
modernamente
le
intuizioni
dell
'
antica
retorica
.
Un
passo
ulteriore
si
deve
al
filosofo
americano
Paul
Grice
,
che
si
è
adoperato
ad
accorciare
la
distanza
tra
la
semantica
dei
linguaggi
formali
e
quella
dei
linguaggi
naturali
,
tra
la
logica
del
vero
e
del
falso
e
la
logica
di
quell
'
opera
di
collaborazione
che
è
la
conversazione
,
governata
da
una
serie
di
massime
e
di
implicature
conversazionali
che
Grice
formula
con
vivo
senso
del
contesto
situazionale
dell
'
atto
linguistico
,
del
suo
carattere
pragmatico
e
dell
'
importanza
dell
'
ascoltatore
collaborante
.
Queste
teorie
hanno
promosso
nell
'
ultimo
decennio
un
crescente
interesse
per
la
pragmatica
,
cioè
per
l
'
effettivo
studio
di
quella
lingua
parlata
che
,
nonostante
gli
appelli
di
Saussure
e
dei
suoi
seguaci
,
non
è
mai
stata
esaminata
nella
globalità
e
nella
immediatezza
del
suo
manifestarsi
.
È
evidente
la
complessità
di
una
tale
analisi
:
resta
arduo
,
anzitutto
,
delimitare
il
contesto
pragmatico
dell
'
interazione
dialogica
,
le
componenti
di
sua
pertinenza
(
nozioni
generali
presupposte
comuni
ai
parlanti
,
o
loro
"
enciclopedia
"
;
presupposizioni
particolari
;
differenze
sociolinguistiche
ecc
.
)
,
e
ipotizzare
modelli
di
complementarizzazione
fra
tali
componenti
e
la
materia
linguistica
.
Si
deve
poi
tener
conto
che
il
messaggio
orale
è
pluricodice
,
giacché
il
codice
linguistico
viene
integrato
,
quando
non
duplicato
,
dal
codice
gestuale
,
e
il
profferimento
degli
enunciati
è
modulato
da
un
andamento
prosodico
,
cioè
da
fattori
di
intonazione
,
durata
e
intensità
che
incidono
profondamente
sul
significato
degli
enunciati
e
sugli
effetti
perlocutivi
;
fattori
sinora
scarsamente
considerati
,
ma
che
la
fonetica
strumentale
,
ormai
dotata
di
apparecchiature
raffinate
,
sta
analizzando
con
la
indispensabile
collaborazione
di
acustici
,
audiologi
,
matematici
.
L
'
osservazione
diretta
del
parlato
,
come
ha
contribuito
a
distaccare
il
significato
dal
concettualismo
,
e
dal
vero
funzionalismo
della
logica
,
così
ha
indotto
il
linguista
a
superare
i
limiti
della
grammatica
di
frase
per
entrare
in
quella
del
discorso
,
la
cui
concatenazione
e
progressione
non
erano
state
finora
sottoposte
a
rilievi
sistematici
.
Tanto
sul
versante
del
parlato
che
sul
versante
dello
scritto
si
va
elaborando
quella
"
linguistica
del
testo
"
che
cerca
di
render
conto
di
una
compagine
discorsiva
con
ragioni
linguistiche
ignote
alla
tradizionale
teoria
dei
generi
letterari
.
In
che
modo
può
cominciare
un
discorso
(
o
un
testo
)
,
e
come
certi
modi
sono
condizionati
da
certe
situazioni
e
da
certi
presupposti
;
con
quali
elementi
s
'
imposta
la
deissi
spazio
-
temporale
del
dialogo
o
del
racconto
;
in
che
modo
si
attua
la
connessione
e
progressione
tematica
o
rematica
del
discorso
(
o
testo
)
;
che
cosa
assicura
l
'
unità
e
identità
di
esso
:
ecco
i
principali
problemi
di
questa
linguistica
in
cui
confluiscono
,
oltre
a
metodologie
letterarie
e
semiotiche
(
basta
fare
il
nome
del
geniale
filologo
e
critico
tedesco
Harald
Weinrich
e
richiamare
i
numerosi
studi
di
semiotica
del
racconto
o
narratologia
)
,
la
semantica
generativa
e
la
semantica
logica
rispettivamente
applicate
all
'
analisi
del
testo
dalla
scuola
olandese
di
van
Dijk
e
dalla
scuola
tedesca
di
Petöfi
.
Né
va
dimenticato
che
l
'
analisi
approfondita
del
testo
parlato
ha
giovato
ad
una
migliore
definizione
,
per
differentiam
,
del
testo
scritto
e
dei
suoi
caratteri
relativamente
autonomi
dalla
situazione
pragmatica
;
testo
scritto
il
cui
organismo
linguistico
è
stato
dato
per
conosciuto
durante
molti
secoli
ed
ha
servito
soltanto
come
documento
di
lingua
o
come
oggetto
di
rilievi
stilistici
.
Ovviamente
l
'
attenzione
all
'
atto
linguistico
in
situazione
comunicativa
non
poteva
non
avere
conseguenze
sulle
ricerche
dialettologiche
di
campo
.
Accanto
al
tradizionale
carattere
della
raccolta
lessicologica
e
della
cartografia
linguistica
esse
hanno
assunto
quelle
dell
'
inchiesta
sociolinguistica
.
La
degradazione
dei
dialetti
sotto
la
pressione
della
lingua
nazionale
o
della
emigrazione
interna
,
la
condizione
delle
minoranze
linguistiche
,
la
correlazione
tra
inferiorità
linguistica
e
inferiorità
sociale
,
la
questione
della
lingua
comune
come
problema
politico
nel
quadro
della
cultura
dominante
,
della
scuola
dell
'
obbligo
e
della
lotta
di
classe
,
ecco
le
principali
prospettive
di
un
ramo
della
odierna
linguistica
che
assume
toni
impegnati
laddove
si
presentano
dislivelli
e
travagli
sociali
e
dove
più
ferve
il
dibattito
ideologico
.
Siamo
in
quel
campo
della
linguistica
applicata
dove
l
'
interesse
teorico
per
il
linguaggio
cede
a
quello
per
la
vita
delle
singole
lingue
nel
contesto
delle
comunità
storiche
,
interesse
che
può
sfociare
,
attraverso
programmazioni
glottodidattiche
,
in
una
vera
e
propria
politica
della
lingua
.
Un
documento
tipico
della
ideologizzazione
del
problema
della
lingua
nella
società
e
nella
scuola
contemporanee
è
la
Lettera
a
una
professoressa
scritta
da
don
Lorenzo
Milani
nel
1967
,
lettera
che
riuscì
a
sommuovere
l
'
opinione
degli
insegnanti
e
ad
avviare
un
fortemoto
di
contestazione
dell
'
insegnamento
tradizionale
nel
suo
aspetto
non
soltanto
linguistico
;
giacché
toccare
la
lingua
come
problema
sociale
significa
,
specialmente
in
Italia
,
toccare
anche
la
cultura
di
cui
la
lingua
è
stata
strumento
.
8
.
La
più
importante
e
originale
teoria
linguistica
apparsa
dopo
lo
strutturalismo
di
Saussure
e
della
Scuola
di
Praga
è
_
senza
dubbio
la
grammatica
generativa
proposta
dal
linguista
statunitense
Noam
Chomsky
col
celebre
libretto
Syntactic
Structures
del
1957
e
instancabilmente
,
fino
ad
oggi
,
rielaborata
.
Per
rendersi
conto
della
sua
portata
speculativa
e
metodologica
occorre
rifarsi
all
'
ambiente
culturale
da
cui
è
emersa
e
a
cui
si
è
contrapposta
:
quello
strutturalismo
formalistico
e
antimentalistico
americano
che
era
approdato
ad
una
descrizione
tassonomica
fondata
sull
'
analisi
della
frase
in
costituenti
,
sulla
categorizzazione
delle
parole
secondo
la
loro
distribuzione
nella
frase
e
sul
significato
come
meccanismo
comportamentistico
;
analisi
condotta
con
metodo
induttivo
sopra
un
corpus
di
enunciati
.
Chomsky
non
rinnega
l
'
analisi
in
costituenti
né
la
maggiore
innovazione
di
quell
'
indirizzo
:
lo
straordinario
rilievo
dato
alla
sintassi
come
oggetto
primo
dell
'
analisi
linguistica
.
Ma
respinge
la
concezione
comportamentistica
che
esteriorizza
e
meccanizza
banalmente
il
processo
linguistico
,
e
afferma
la
necessità
di
riportarlo
all
'
interno
,
alla
mente
del
parlante
.
Una
mente
,
però
,
non
contrapposta
al
corpo
,
concetto
d
'
altronde
aperto
ed
in
rapido
svolgimento
,
ma
biologicamente
costituita
;
e
non
unitaria
,
ma
composta
di
varie
facoltà
che
possiamo
assimilare
agli
organi
del
corpo
e
analizzare
come
analizziamo
quelli
.
Una
di
tali
facoltà
è
appunto
il
linguaggio
,
il
cui
studio
fa
dunque
parte
della
biologia
umana
.
Il
linguaggio
è
una
facoltà
"
computazionale
"
,
cioè
un
processing
di
principi
e
regole
per
larga
parte
inconsci
,
che
determinano
la
forma
e
il
significato
delle
frasi
e
si
dividono
in
due
sistemi
:
un
sistema
geneticamente
innato
,
che
definisce
la
facoltà
di
linguaggio
per
tutto
il
genere
umano
ed
è
perciò
composto
di
universali
linguistici
,
i
quali
si
manifestano
con
straordinaria
rapidità
e
facilità
nell
'
acquisizione
infantile
della
lingua
materna
;
ed
un
sistema
più
ricco
,
più
complesso
,
diversificato
da
lingua
a
lingua
,
che
viene
acquisito
per
costruzione
lenta
nel
contatto
con
l
'
ambiente
.
Ad
una
grammatica
universale
o
centrale
si
unisce
dunque
,
in
ogni
lingua
storica
,
una
grammatica
particolare
,
intendendo
col
termine
"
grammatica
"
tanto
l
'
insieme
finito
delle
regole
che
costituiscono
nella
mente
del
parlante
la
facoltà
di
linguaggio
e
quindi
producono
o
,
con
termine
matematico
,
"
generano
"
mediante
processi
ricorsivi
le
infinite
possibili
frasi
di
una
data
lingua
,
quanto
la
teoria
scientifica
,
formalizzata
,
che
corrisponde
a
quella
grammatica
e
che
ha
la
più
forte
capacità
di
"
generare
"
la
descrizione
strutturale
delle
stesse
frasi
.
La
grammatica
interiorizzata
costituisce
quella
che
Chomsky
chiama
la
competenza
del
parlante
(
e
dell
'
ascoltatore
)
e
che
non
è
identificabile
né
al
"
sentimento
linguistico
"
degli
studiosi
di
formazione
storico
-
idealistica
,
né
alla
"
lingua
"
degli
strutturalisti
,
cioè
al
sistema
linguistico
come
virtuale
compagine
di
tostanti
,
ma
è
la
facoltà
stessa
di
linguaggio
nella
sua
incessante
generatività
o
"
creatività
"
(
non
però
in
accezione
idealistica
)
,
che
consiste
nell
'
applicare
con
ordine
ciclico
le
regole
e
,
anche
,
nel
cambiarle
.
Il
codice
e
programma
computazionale
,
il
software
della
facoltà
di
linguaggio
è
l
'
insieme
delle
regole
sintattiche
,
il
cui
dinamico
processing
porta
alla
superficie
enunciativa
gli
elementi
lessicali
nella
loro
veste
fonetica
e
nella
loro
"
forma
logica
'
'
,
che
è
quella
forma
per
cui
-
come
osservò
il
vecchio
Aristotele
-
il
significato
della
frase
(
o
significato
linguistico
)
non
è
la
somma
dei
significati
delle
parole
(
significato
nozionale
)
che
la
compongono
.
La
sintassi
è
dunque
al
centro
della
concezione
chomskiana
;
la
quale
lascia
in
ombra
la
semantica
,
pur
riconoscendo
la
sua
presenza
e
problematicità
(
e
in
penombra
la
fonetica
,
affidandola
alla
naturalità
dell
'
esecuzione
)
.
È
per
questo
che
una
corrente
,
per
così
dire
scismatica
,
della
scuola
di
Chomsky
,
la
Semantica
generativa
,
ha
tentato
di
restituire
al
significato
una
funzione
primaria
,
ponendo
le
funzioni
semantiche
della
frase
(
i
"
casi
"
)
come
struttura
profonda
.
E
,
più
o
meno
indipendentemente
dalla
stessa
concezione
chomskiana
,
la
teorizzazione
sul
segno
linguistico
(
semiotica
)
e
recenti
indirizzi
della
logica
(
Montague
,
Searle
,
Cresswel
ecc
.
)
hanno
riportato
il
significato
nell
'
orbita
problematica
delle
lingue
naturali
e
lo
hanno
riproposto
ai
linguisti
.
Dei
risultati
della
grammatica
generativa
nella
descrizione
ed
esplicazione
delle
singole
lingue
faranno
un
bilancio
preciso
gli
anni
futuri
.
Nel
presente
s
'
impone
la
novità
e
l
'
audacia
di
una
teoria
che
,
fondandosi
sopra
una
epistemologia
rigorosa
,
ha
rimosso
la
lingua
dalla
oggettività
oggettuale
e
dal
funzionalismo
astratto
in
cui
aveva
finito
col
bloccarla
lo
strutturalismo
e
l
'
ha
in
toto
richiamata
all
'
interno
del
soggetto
.
9
.
Il
mio
sommario
discorso
ha
tentato
o
,
per
essere
più
onesti
,
ha
presunto
di
dare
una
risposta
alla
domanda
:
Che
cos
'
è
la
linguistica
?
,
che
meglio
sarebbe
stato
formulare
:
Che
cosa
sono
le
linguistiche
?
,
tante
specializzazioni
vanta
ormai
questa
disciplina
per
la
quale
può
valere
il
motto
"
Quantumvis
circumi
;
numquam
me
complecteris
"
.
Una
disciplina
,
comunque
,
non
è
mai
ciò
che
parrebbe
indicare
la
sua
tramandata
e
corrente
etichetta
;
una
disciplina
non
è
,
ma
si
fa
,
si
fa
incessantemente
,
e
incessantemente
plasma
il
proprio
oggetto
;
aggiungerei
"
inquietamente
"
,
perché
l
'
inquietudine
mentale
,
la
"
santa
impazienza
"
di
Valéry
,
è
la
ragion
di
vita
della
scienza
e
dello
scienziato
.
Perciò
ho
voluto
e
quasi
dovuto
presentare
la
linguistica
,
sia
pur
schematicamente
,
nel
suo
rincorrere
se
stessa
attraverso
l
'
imponente
maturazione
scientifica
dell
'
età
moderna
;
e
ho
tenuto
a
mettere
in
evidenza
,
accanto
alle
sue
giuste
pretese
di
autonomia
,
l
'
appello
che
essa
rivolge
,
soprattutto
oggi
,
non
solo
alle
discipline
che
le
furono
sempre
compagne
,
come
la
logica
,
l
'
etnologia
e
la
psicologia
,
ma
alla
fisica
,
alla
cibernetica
,
alla
fisiologia
,
alla
neurologia
,
a
tutte
quelle
scienze
,
insomma
,
che
possono
far
luce
sulle
strategie
di
percezione
,
di
acquisizione
,
di
memorizzazione
,
di
programmazione
,
di
esecuzione
dell
'
individuo
parlante
e
ascoltante
.
Questo
appello
essa
rivolge
non
per
esorbitare
presuntuosamente
dal
proprio
compito
di
studiare
le
lingue
naturali
negli
accettati
livelli
di
struttura
(
fonetico
,
morfologico
-
sintattico
e
semantico
)
e
nel
dinamico
rapporto
fra
tali
livelli
solo
conoscitivamente
separabili
,
ma
per
non
potersi
oggi
esimere
dall
'
estendere
la
sua
intellezione
alla
integrale
fenomenologia
del
linguaggio
come
facoltà
costitutiva
dell
'
essere
umano
,
né
dal
fondarsi
sopra
assunti
teorici
che
,
al
punto
di
esigenza
metodologica
ed
esplicativa
cui
è
giunta
oggi
,
la
linguistica
ritiene
tanto
indispensabili
quanto
non
più
formulabili
in
via
di
domestica
ipotesi
.
Chi
insomma
oggi
fa
della
linguistica
,
sa
e
deve
sapere
che
,
o
faccia
della
modesta
grammatica
storica
o
della
formalizzata
grammatica
generativa
,
egli
si
muove
in
un
flusso
di
pensiero
e
in
una
prospettiva
giudicante
cui
il
suo
operare
non
può
sottrarsi
,
ma
solo
il
dato
nella
sua
ingenua
e
disponibile
datità
.
Al
postutto
,
siano
le
linguistiche
molte
o
una
sola
,
siano
i
loro
temi
e
problemi
costanti
o
ricorrenti
e
le
loro
motivazioni
alternative
o
complementari
,
sta
di
fatto
che
è
il
loro
oggetto
,
la
lingua
,
ad
essere
indelimitabile
e
inesauribile
da
qualsiasi
approccio
,
cioè
non
riassorbibile
in
nessuno
di
essi
.
Al
di
là
della
logica
,
dell
'
acustica
,
della
biologia
resta
sempre
la
lingua
,
e
il
vero
linguista
se
la
ritrova
davanti
,
circolarmente
,
oltre
le
griglie
cognitive
di
cui
essa
è
pur
sempre
un
presupposto
.
L
'
approccio
logico
o
biologico
,
che
punta
sugli
universali
mentali
o
fisiologici
,
e
l
'
approccio
idealistico
,
che
punta
sull
'
individualità
storica
e
creatrice
,
sono
stati
e
sono
momenti
alterni
e
ricorrenti
,
che
rispondono
a
istanze
complementari
dei
loro
oggetti
,
cioè
di
quella
facoltà
di
linguaggio
che
non
è
un
mero
automatismo
e
di
quelle
lingue
storiche
che
non
sono
né
mera
naturalità
né
meri
codici
,
e
sono
pertanto
non
passibili
di
"
calcoli
"
di
precisione
,
e
di
previsione
se
non
probabilistica
,
stando
al
loro
centro
un
principio
d
'
indeterminazione
,
quel
principio
d
'
indeterminazione
della
storia
umana
che
è
,
secondo
il
parere
di
un
fisico
molto
autorevole
,
l
'
individuo
.
Saggistica ,
Prefazione
L
'
origine
di
questo
saggio
è
una
conferenza
tenuta
nel
marzo
del
1972
per
invito
dell
'
Associazione
culturale
italiana
di
Torino
.
Il
testo
fu
pubblicato
,
in
parte
,
nel
fascicolo
del
31
marzo
1972
dell
'
"
Astrolabio
"
e
,
integralmente
,
nel
fascicolo
XXXI
dell
'
Associazione
culturale
italiana
(
giugno
1972
)
;
una
versione
rielaborata
apparve
nei
"
Quaderni
di
sociologia
"
(
dicembre
1972
)
;
ampi
estratti
sono
stati
poi
inclusi
nell
'
antologia
curata
da
Paolo
Farneti
,
Il
sistema
politico
italiano
(
Il
Mulino
,
Bologna
,
1973
)
.
Il
tema
prescelto
per
la
conferenza
si
ricollegava
a
riflessioni
che
andavo
facendo
da
qualche
tempo
sulla
situazione
economico
-
sociale
del
nostro
paese
e
sul
nuovamente
insorgente
pericolo
fascista
.
In
modo
particolare
intendevo
richiamare
l
'
attenzione
dei
sociologi
,
degli
studiosi
di
scienze
politiche
e
degli
stessi
uomini
politici
sulla
necessità
di
dare
il
giusto
peso
,
nel
predisporre
i
loro
studi
e
le
loro
azioni
,
ai
dati
quantitativi
della
struttura
sociale
italiana
.
A
quanto
pare
,
esisteva
il
bisogno
di
un
'
indagine
di
questo
tipo
,
poiché
prima
l
'
articolo
apparso
sull
'
"
Astrolabio
"
e
,
in
seguito
,
il
saggio
apparso
sui
"
Quaderni
di
sociologia
"
sono
stati
oggetto
di
numerosi
dibattiti
.
Vi
sono
state
critiche
;
e
di
queste
,
nella
misura
in
cui
mi
hanno
convinto
,
ho
cercato
di
tener
conto
nella
nuova
versione
del
mio
lavoro
,
che
costituisce
appunto
questo
libro
.
Non
entrerò
nel
merito
delle
critiche
che
non
mi
convincono
,
eccetto
che
in
un
caso
:
mi
riferisco
alla
critica
proveniente
da
alcuni
intellettuali
di
sinistra
secondo
la
quale
io
avrei
indebitamente
incluso
fra
le
classi
medie
alcuni
strati
,
come
lo
strato
dei
contadini
poveri
,
che
a
tutti
gli
effetti
vanno
assimilati
al
proletariato
;
più
in
generale
,
io
avrei
sottovalutato
il
processo
di
proletarizzazione
,
che
investe
oramai
la
maggior
parte
dei
lavoratori
dipendenti
,
inclusi
gli
impiegati
pubblici
e
privati
.
Ora
,
non
c
'
è
dubbio
che
qualsiasi
classificazione
,
e
quindi
anche
quella
qui
proposta
,
è
fondata
su
criteri
,
in
misura
non
piccola
,
arbitrari
:
ho
presentato
le
stime
delle
sottoclassi
e
delle
singole
categorie
proprio
per
aiutare
quei
lettori
a
ricomporre
il
quadro
in
rapporto
ai
loro
fini
.
Tuttavia
,
debbo
avvertire
che
io
sono
radicalmente
contrario
ad
una
concezione
di
tipo
pirandelliano
(
così
è
se
vi
pare
)
.
L
'
arbitrio
delle
definizioni
e
delle
classificazioni
è
inevitabile
,
ma
solo
entro
limiti
;
e
le
definizioni
,
come
le
classificazioni
,
non
avvengono
nel
vuoto
,
ma
acquistano
significato
in
un
contesto
ben
definito
.
Così
,
avevo
incluso
fra
le
"
classi
medie
"
tutti
i
coltivatori
diretti
compresi
i
contadini
poveri
tenendo
conto
,
più
che
delle
loro
condizioni
economiche
,
del
loro
tipo
di
cultura
e
dell
'
attaccamento
a
certi
valori
tradizionali
e
patriarcali
;
ma
avevo
già
avvertito
che
queste
persone
si
trovano
in
condizioni
simili
(
spesso
anche
peggiori
)
di
quelle
dei
salariati
dell
'
industria
,
cosicché
i
loro
interessi
possono
convergere
con
quelli
della
classe
operaia
;
e
si
può
operare
politicamente
in
questa
direzione
.
Tuttavia
,
se
si
fa
riferimento
ad
un
paese
come
l
'
Italia
e
si
vuole
studiare
la
situazione
sociale
così
com
'
è
e
non
come
si
vorrebbe
che
fosse
o
come
forse
sarà
,
conviene
includere
anche
i
contadini
poveri
fra
le
così
dette
classi
medie
.
Viceversa
,
in
paesi
economicamente
arretrati
,
dove
masse
di
contadini
e
di
salariati
agricoli
vivono
al
limite
della
sussistenza
biologica
e
dove
,
man
mano
che
si
fa
strada
la
coscienza
della
loro
condizione
,
la
domanda
di
una
riforma
agraria
radicale
o
addirittura
rivoluzionaria
sommerge
qualsiasi
tradizionalismo
,
una
tale
procedura
non
sarebbe
corretta
;
ed
in
effetti
,
nel
testo
,
per
i
paesi
relativamente
arretrati
,
ho
proposto
una
diversa
suddivisione
delle
classi
,
in
cui
si
mette
nel
dovuto
rilievo
la
posizione
dei
diversi
strati
sociali
e
delle
diverse
classi
nell
'
ambito
dell
'
agricoltura
(
parte
I
,
cap
.
8
)
.
In
ogni
modo
,
è
certo
importante
approfondire
l
'
analisi
critica
della
struttura
sociale
nell
'
agricoltura
del
nostro
paese
.
Ed
è
importante
definire
accuratamente
e
tentare
di
valutare
,
da
un
lato
,
il
fenomeno
della
proletarizzazione
di
certi
strati
di
ceti
medi
e
,
dall
'
altro
,
il
fenomeno
dell
'
imborghesimento
di
certi
strati
di
operai
.
Ma
la
tesi
secondo
cui
il
processo
di
proletarizzazíone
coinciderebbe
col
processo
di
espansione
dei
lavoratori
dipendenti
,
di
modo
che
esso
investirebbe
oramai
la
massima
parte
dei
lavoratori
,
è
una
tesi
falsa
sul
piano
dell
'
analisi
e
pericolosa
anche
da
un
punto
di
vista
politico
di
sinistra
.
Sostenere
che
gl
'
impiegati
di
aziende
municipalizzate
,
o
delle
aziende
di
credito
,
o
di
enti
locali
,
che
hanno
oggi
(
1974
)
uno
stipendio
medio
che
si
aggira
su
quattrocento
mila
lire
mensili
(
con
punte
di
2-3
milioni
)
stanno
nella
stessa
barca
in
cui
navigano
gli
operai
metalmeccanici
,
che
oggi
hanno
una
retribuzione
media
nettamente
inferiore
alla
metà
e
svolgono
un
lavoro
duro
,
alienante
e
soggetto
a
gravi
rischi
d
'
infortuni
,
non
significa
affatto
compiere
una
coraggiosa
opera
di
critica
e
di
denuncia
,
ma
significa
oscurare
l
'
essenza
del
principale
problema
politico
contemporaneo
di
paesi
come
il
nostro
,
che
è
il
problema
dei
rapporti
fra
classe
operaia
e
ceti
medi
.
Anzi
,
tesi
di
questo
genere
sono
esse
stesse
una
delle
espressioni
dell
'
ideologia
piccolo
-
borghese
,
che
tende
a
minimizzare
le
differenze
(
spesso
enormi
)
fra
operai
e
ceti
medi
.
Nel
suo
importante
libro
La
giungla
retributiva
(
Il
Mulino
,
Bologna
,
1972
)
Ermanno
Corrieri
denuncia
questa
mistificazione
in
termini
così
efficaci
,
che
non
mi
resta
che
riportarli
:
"
Oggi
(...)
questa
ideologia
[
di
ceti
medi
]
assume
caratteri
ancor
più
sottili
e
insidiosi
,
in
quanto
spesso
si
ammanta
di
tutto
un
complesso
di
argomentazioni
"
di
sinistra
"
.
Si
afferma
che
è
in
atto
un
processo
di
proletarizzazione
dei
ceti
medi
,
che
la
loro
condizione
va
assimilandosi
sempre
più
a
quella
degli
operai
e
dei
contadini
.
Si
aggiunge
che
l
'
area
dello
sfruttamento
capitalistico
si
va
estendendo
a
nuovi
gruppi
sociali
:
ai
tecnici
,
agli
intellettuali
,
agli
artigiani
,
ai
commercianti
,
ai
piccoli
industriali
.
Quindi
il
nemico
da
combattere
è
uno
solo
:
il
grande
capitale
monopolistico
;
e
sull
'
altare
di
questa
battaglia
,
non
hanno
importanza
le
altre
diseguaglianze
;
anzi
il
soffermarsi
su
di
esse
indebolisce
la
necessaria
alleanza
della
classe
operaia
e
contadina
con
i
ceti
medi
,
contro
i
"
padroni
"
.
Si
teorizza
la
figura
dell
'
intellettuale
spogliato
di
ogni
funzione
libera
e
autonoma
e
trasformato
in
strumento
di
trasmissione
della
cultura
borghese
e
di
conservazione
del
sistema
capitalistico
:
come
tale
,
anch
'
egli
,
al
pari
dell
'
operaio
e
del
contadino
,
è
espropriato
di
qualcosa
e
quindi
è
uno
sfruttato
.
Ora
,
è
evidente
che
queste
tesi
,
di
per
sé
,
non
sono
prive
di
fondamento
.
Ma
la
mistificazione
consiste
nel
passare
da
un
discorso
di
sfruttamento
e
di
subordinazione
"
politica
"
ad
un
discorso
di
disagio
e
di
inferiorità
economico
-
sociale
che
sarebbe
comune
ai
ceti
intellettuali
e
alla
classe
operaia
e
contadina
.
In
forza
di
questo
passaggio
,
gli
intellettuali
"
di
sinistra
"
e
i
loro
sindacati
,
se
a
parole
sono
pronti
a
riconoscere
la
legittimità
delle
rivendicazioni
operaie
e
contadine
,
di
fatto
,
più
che
schierarsi
e
lottare
al
loro
fianco
,
si
sentono
in
diritto
di
chiedere
la
loro
solidarietà
a
favore
delle
proprie
lotte
,
anche
se
queste
,
spesso
hanno
per
obiettivo
la
conservazione
e
il
consolidamento
di
condizioni
economiche
avvantaggiate
e
,
di
conseguenza
,
il
mantenimento
delle
distanze
rispetto
agli
operai
e
ai
contadini
.
Il
fatto
è
che
la
matrice
culturale
e
la
collocazione
sociale
influenzano
inconsapevolmente
e
pesantemente
anche
chi
è
impegnato
,
da
posizioni
di
sinistra
,
in
un
sincero
sforzo
di
trasformazione
della
società
.
E
gli
interessi
costituiscono
una
molla
potente
che
spinge
tutti
ad
elaborare
ideologie
di
giustificazione
e
di
sostegno
delle
proprie
esigenze
.
E
così
uomini
di
sinistra
si
associano
alle
rivendicazioni
retributive
delle
categorie
impiegatizio
-
intellettuali
(
o
magari
alle
lotte
per
il
salario
a
tutti
gli
studenti
)
,
nella
convinzione
di
operare
di
conserva
con
gli
operai
e
i
contadini
contro
il
"
sistema
"
,
ma
senza
considerare
che
queste
rivendicazioni
finiscono
per
essere
finanziate
con
un
ulteriore
prelievo
sul
risultato
dell
'
attività
produttiva
e
quindi
per
esser
pagate
dai
lavoratori
impegnati
in
tale
attività
"
.
Mi
è
stata
attribuita
l
'
idea
secondo
cui
la
"
classe
media
"
consisterebbe
in
un
coacervo
di
ceti
e
di
gruppi
sociali
essenzialmente
corrotti
e
retrivi
,
così
che
nel
nostro
paese
le
prospettive
non
solo
della
vita
sociale
ma
della
stessa
vita
politica
sarebbero
catastrofiche
.
Una
tale
interpretazione
è
ingiustificata
.
Sebbene
io
faccia
più
volte
riferimento
agli
individui
famelici
,
servili
e
culturalmente
rozzi
,
che
sono
molto
numerosi
fra
i
ceti
medi
,
avverto
altrettanto
spesso
che
esistono
strati
civilmente
robusti
e
capaci
di
operare
come
forze
di
progresso
;
si
tratta
di
strati
esili
,
è
vero
,
ma
non
trascurabili
e
suscettibili
di
espansione
.
Anzi
,
ritengo
che
il
problema
politico
centrale
nel
nostro
paese
(
e
non
solo
nel
nostro
paese
)
consista
oggi
i
nel
fatto
che
la
classe
operaia
,
pur
essendo
sempre
una
classe
subalterna
,
lo
è
in
misura
decrescente
e
,
nel
suo
complesso
,
si
trova
economicamente
e
politicamente
in
ascesa
.
Ora
,
di
fronte
a
questo
processo
i
ceti
medi
reagiscono
in
modi
profondamente
contrastanti
:
alcuni
l
'
accettano
,
altri
lo
considerano
con
orrore
.
Tuttavia
,
l
'
area
del
consenso
cresce
come
conseguenza
non
di
un
processo
di
proletarizzazione
economica
,
inesistente
in
quanto
processo
generale
,
ma
di
un
processo
di
crescita
civile
e
di
maturazione
culturale
,
processo
che
non
si
svolge
nelle
nuvole
ma
che
certo
,
nella
terminologia
marxista
,
appartiene
più
alla
sovrastruttura
che
alla
struttura
.
Oltre
ad
alcune
varianti
di
non
grande
rilievo
,
introdotte
per
tener
conto
di
certe
critiche
o
per
chiarire
e
integrare
le
analisi
già
svolte
,
ho
introdotte
diverse
innovazioni
nel
testo
apparso
nei
"
Quaderni
di
sociologia
"
.
Ecco
le
principali
innovazioni
.
1
.
Ho
modificate
le
stime
delle
classi
e
sottoclassi
sociali
,
specialmente
quelle
connesse
con
l
'
agricoltura
,
dopo
esser
venuto
a
conoscenza
dell
'
importante
monografia
di
Ornello
Vitali
,
La
popolazione
attiva
in
agricoltura
attraverso
i
censimenti
italiani
(
Istituto
di
demografia
della
Facoltà
di
scienze
statistiche
,
Roma
,
1968
)
.
Le
valutazioni
della
popolazione
attiva
in
agricoltura
sono
comunque
incerte
e
arbitrarie
,
per
molte
ragioni
,
in
primo
luogo
per
la
posizione
delle
donne
che
vivono
in
campagna
e
che
,
specialmente
nelle
piccole
aziende
contadine
,
possono
essere
classificate
come
"
attive
"
o
come
"
casalinghe
"
secondo
i
criteri
adottati
.
Le
difficoltà
si
manifestano
quando
si
vogliono
compiere
confronti
intertemporali
fra
i
diversi
censimenti
.
Vitali
ha
compiuto
una
faticosa
opera
per
rendere
omogenei
i
criteri
rispetto
a
quelli
adottati
in
questo
dopoguerra
e
ricostruire
dati
comparabili
.
Sebbene
le
mie
stime
precedenti
,
fondate
sulle
cifre
dei
censimenti
e
su
valutazioni
della
Svimez
,
siano
per
certi
anni
(
fino
al
1951
)
inferiori
in
misura
tutt
'
altro
che
trascurabile
ai
dati
forniti
da
Vitali
,
nessuna
delle
considerazioni
e
illazioni
proposte
nel
saggio
originario
viene
modificata
in
modo
sostanziale
,
se
si
eccettua
la
tendenza
alla
proletarizzazione
di
una
parte
dei
contadini
(
v
.
oltre
,
parte
I
,
cap
.
3
)
.
Occorre
però
avvertire
che
dai
nuovi
dati
possono
ricavarsi
illazioni
diverse
da
quelle
ricavabili
dalle
precedenti
stime
per
problemi
che
qui
non
vengono
trattati
.
2
.
Oltre
i
dati
aggregati
per
l
'
Italia
,
si
presentano
cifre
per
le
tre
grandi
circoscrizioni
:
Nord
,
Centro
e
Sud
;
vengono
brevemente
discusse
alcune
tendenze
che
emergono
da
questi
dati
,
concentrando
l
'
attenzione
sull
'
Italia
meridionale
(
parte
I
,
cap
.
4
)
.
3
.
Sono
stati
estesi
i
confronti
internazionali
.
Nel
saggio
originario
,
oltre
l
'
Italia
,
si
consideravano
solo
la
Francia
e
il
Giappone
e
si
compivano
confronti
intertemporali
solo
per
l
'
Italia
.
Ora
,
attraverso
i
dati
,
si
considera
la
struttura
sociale
contemporanea
di
cinque
paesi
relativamente
evoluti
(
Gran
Bretagna
,
Spagna
,
Giappone
,
Argentina
,
Cile
)
e
si
compiono
confronti
intertemporali
per
altri
tre
paesi
evoluti
:
Francia
(
1886
e
1968
)
,
Stati
Uniti
(
1890
e
1969
)
e
Unione
Sovietica
(
vari
anni
compresi
nel
periodo
1913-1972
)
;
infine
,
si
presentano
i
dati
relativi
a
cinque
paesi
relativi
a
cinque
paesi
relativamente
arretrati
(
parte
I
,
cap
.
8
)
.
4
.
Si
presentano
le
stime
degli
iscritti
ai
sindacati
,
distinguendo
gli
operai
dagli
impiegati
nei
diversi
settori
di
attività
:
non
giova
a
nessuno
,
certamente
non
giova
all
'
obiettivo
di
una
sempre
più
ampia
e
vigorosa
solidarietà
fra
operai
e
impiegati
,
ignorare
o
minimizzare
le
differenze
(
parte
Il
,
cap
.
5
)
.
Le
tabelle
statistiche
sono
in
appendice
e
,
di
regola
,
sono
precedute
da
un
commento
esplicativo
.
Anche
le
note
al
testo
sono
riportate
in
appendice
;
per
chiarezza
,
sono
precedute
da
sottotitoli
,
affinché
possano
esser
lette
anche
in
modo
autonomo
.
Per
non
appesantire
il
testo
,
indico
fra
parentesi
le
opere
citate
e
non
riporto
,
alla
fine
,
nessuna
nota
bibliografica
;
qui
mi
limito
a
segnalare
il
dibattito
a
23
voci
,
curato
da
Fabio
Luca
Cavazza
e
Stephen
R
.
Graubard
e
pubblicato
da
Garzanti
nel
marzo
1974
in
un
volume
col
titolo
Il
caso
italiano
e
l
'
ampia
bibliografia
pubblicata
in
appendice
all
'
articolo
di
Antonio
Zavoli
,
Classi
,
proletariato
e
ceti
medi
in
Marx
e
oggi
per
la
rivoluzione
(
"
Per
la
lotta
"
,
n
.
34-36
,
1973
,
pp.
55-8
)
.
Ringrazio
Marina
Addis
,
Arturo
Barone
,
Federico
Caffè
,
Giorgio
Careri
,
Flaminio
De
Cindio
,
Vittorio
Frosini
,
Antonio
Giolitti
e
Claudio
Pavone
per
le
loro
critiche
e
i
loro
suggerimenti
;
ringrazio
,
in
modo
particolare
,
Luciano
Gallino
,
Michele
Salvati
e
Leo
Valiani
,
le
cui
osservazioni
critiche
mi
hanno
indotto
a
correggere
alcuni
errori
e
a
chiarire
punti
oscuri
o
incompleti
o
male
espressi
.
Avverto
tuttavia
che
non
si
può
attribuire
agli
studiosi
ora
ricordati
nessuna
responsabilità
per
le
tesi
qui
espresse
.
Paolo
Sylos
Labini
Roma
,
15
aprile
1974
Introduzione
Il
fisico
studia
gli
atomi
,
ma
egli
non
è
un
atomo
.
Il
microbiologo
studia
i
microbi
,
ma
egli
non
è
un
microbo
.
L
'
economista
,
non
diversamente
dal
sociologo
,
studia
la
società
della
quale
fa
parte
:
egli
non
è
estraneo
all
'
oggetto
del
suo
studio
nel
senso
particolare
in
cui
si
può
affermare
che
lo
sia
il
cultore
di
scienze
naturali
.
Di
conseguenza
,
lo
studioso
di
discipline
sociali
nella
sua
attività
intellettuale
(
e
politica
)
è
necessariamente
condizionato
dall
'
educazione
che
ha
ricevuto
,
dall
'
ambiente
dal
quale
proviene
,
dalle
sue
preferenze
circa
i
movimenti
della
società
in
cui
vive
,
in
una
parola
,
dalla
sua
ideologia
.
Di
ciò
egli
deve
essere
ben
consapevole
,
proprio
per
ridurre
le
distorsioni
che
nelle
sue
analisi
-
addirittura
nella
scelta
stessa
dei
temi
da
studiare
-
può
provocare
la
sua
ideologia
.
Lo
studioso
di
discipline
sociali
che
si
crede
orgogliosamente
"
obiettivo
"
,
neutrale
,
fuori
della
mischia
,
è
,
tutto
sommato
,
un
personaggio
patetico
,
perché
è
vittima
di
una
ideologia
senza
saperlo
e
senza
possibilità
di
contrastarne
le
pressioni
.
Se
lo
studioso
non
può
sperare
di
essere
rigorosamente
"
obiettivo
"
(
ciò
che
è
impossibile
)
,
può
e
deve
tuttavia
sforzarsi
di
essere
intellettualmente
onesto
,
ossia
può
e
deve
cercare
di
vedere
tutti
gli
aspetti
di
un
determinato
problema
,
anche
gli
aspetti
per
lui
sgradevoli
,
e
non
solo
quelli
che
sono
conformi
alla
sua
ideologia
o
utili
per
la
sua
parte
politica
.
Detto
tutto
questo
,
credo
di
dover
spiegare
ai
lettori
alcuni
frammenti
della
mia
ideologia
,
nella
misura
in
cui
ne
sono
consapevole
:
tali
indicazioni
potranno
anche
chiarire
,
spero
,
il
motivo
o
i
motivi
che
mi
hanno
indotto
ad
affrontare
questi
problemi
,
ciò
che
a
rigore
rappresenta
un
'
invasione
in
campo
altrui
.
Indicherò
,
in
particolare
,
tre
punti
.
Punto
primo
.
La
posizione
del
singolo
nella
società
-
in
una
determinata
classe
o
gruppo
sociale
-
condiziona
il
suo
modo
di
pensare
e
di
agire
,
ma
non
lo
determina
in
modo
puntuale
.
Il
singolo
può
ampliare
(
ma
non
indefinitamente
)
i
limiti
entro
cui
pensa
e
agisce
proprio
attraverso
la
coscienza
e
la
conoscenza
critica
della
sua
posizione
nella
vita
sociale
.
Per
il
bene
o
per
il
male
,
la
zona
discrezionale
è
specialmente
ampia
nel
caso
di
coloro
che
appartengono
alle
classi
intermedie
e
,
ancora
più
specialmente
,
nel
caso
degli
intellettuali
;
ma
tende
a
crescere
anche
per
coloro
che
appartengono
alle
così
dette
masse
,
man
mano
che
il
livello
medio
di
vita
supera
il
livello
di
sussistenza
(
comunque
venga
inteso
)
.
Punto
secondo
.
Con
riferimento
alla
classificazione
indicata
nella
prima
tabella
(
v
.
l
'
Appendice
)
,
dal
punto
di
vista
economico
-
sociale
chi
scrive
,
che
è
un
professore
universitario
,
si
considera
membro
di
una
frangia
che
sta
fra
la
media
e
la
piccola
borghesia
.
Egli
è
dunque
,
per
diversi
motivi
,
un
privilegiato
-
lo
è
dal
punto
di
vista
economico
,
lo
è
dal
punto
di
vista
del
grado
d
'
istruzione
che
ha
potuto
conseguire
grazie
alla
posizione
sociale
della
sua
famiglia
e
non
per
virtù
"
innate
"
.
Ma
il
privilegio
non
è
,
in
sé
e
per
sé
,
un
motivo
di
censura
o
di
vergogna
:
lo
è
se
è
fine
a
se
stesso
;
non
lo
è
se
viene
usato
per
fini
socialmente
e
civilmente
validi
-
in
ultima
analisi
e
in
prospettiva
,
per
negare
i
privilegi
stessi
.
Punto
terzo
.
Chi
scrive
si
considera
,
politicamente
,
un
onesto
riformista
-
onesto
nel
senso
che
non
solo
crede
ma
,
con
le
sue
modestissime
forze
,
opera
per
le
riforme
,
specialmente
per
quelle
riforme
che
possano
contribuire
a
"
sgombrare
il
terreno
da
tutti
quegli
impedimenti
legalmente
controllabili
che
impacciano
lo
sviluppo
della
classe
operaia
"
(
Marx
,
Prefazione
al
Capitale
,
Ed
.
Rinascita
,
Roma
,
1951
,
p
.
17
)
.
Egli
pensa
di
avere
una
tale
concezione
non
per
una
straordinaria
nobiltà
di
animo
e
per
una
generosità
senza
pari
,
ma
semplicemente
per
ragioni
di
meditato
egoismo
:
il
processo
di
trasformazione
sociale
del
nostro
paese
"
si
muoverà
in
forme
più
brutali
o
più
umane
secondo
il
grado
di
sviluppo
della
classe
operaia
"
(
Marx
)
e
,
più
in
generale
,
secondo
il
grado
di
sviluppo
delle
classi
inferiori
o
subalterne
:
lo
stesso
livello
civile
della
nostra
società
e
,
in
definitiva
,
della
nostra
vita
quotidiana
,
dipendono
dal
grado
di
sviluppo
di
queste
classi
,
che
nessuna
legge
soprannaturale
ha
condannato
a
rimanere
per
sempre
subalterne
.
Pur
considerandosi
un
riformista
,
chi
scrive
non
ha
ostilità
,
ha
anzi
rispetto
,
per
coloro
che
vogliono
operare
da
rivoluzionari
,
a
condizione
che
si
tratti
di
rivoluzionari
seri
e
non
di
miserevoli
parolai
o
di
luridi
imbroglioni
.
E
sebbene
egli
auspichi
le
riforme
non
per
consolidare
il
sistema
ma
per
cambiarlo
,
chi
scrive
deve
ammettere
che
gli
fa
difetto
la
fede
rivoluzionaria
-
la
fede
nella
necessità
o
nell
'
utilità
di
un
grande
trauma
nel
processo
di
trasformazione
sociale
.
Dopo
questa
premessa
,
lunga
ma
,
spero
,
non
inutile
,
entro
nel
tema
che
mi
sono
proposto
.
Intendo
,
in
particolare
,
presentare
un
breve
abbozzo
di
analisi
,
anche
quantitativa
,
delle
classi
sociali
considerate
,
in
prima
istanza
,
dal
punto
di
vista
economico
.
L
'
obiettivo
è
di
contribuire
alla
comprensione
critica
di
noi
stessi
e
dei
nostri
problemi
sociali
;
oggi
,
in
particolare
,
è
importante
cercare
di
comprendere
la
natura
degli
ostacoli
che
finora
hanno
in
gran
parte
impedito
l
'
attuazione
delle
riforme
e
il
significato
delle
lotte
sociali
e
politiche
e
delle
alleanze
che
in
queste
lotte
si
stabiliscono
fra
le
diverse
classi
e
sottoclassi
.
Si
tratta
solo
di
un
esame
preliminare
:
se
il
punto
di
partenza
è
valido
altri
potranno
elaborare
una
vera
e
propria
analisi
critica
della
società
italiana
di
cui
tutti
,
ma
specialmente
gli
uomini
della
sinistra
,
avvertono
oramai
un
acuto
bisogno
.
I
.
Tendenze
di
lungo
periodo
1
.
Distribuzione
del
reddito
e
classi
sociali
La
distribuzione
del
reddito
nazionale
costituisce
il
problema
centrale
degli
economisti
classici
,
particolarmente
di
Adam
Smith
e
David
Ricardo
,
i
quali
considerano
essenzialmente
tre
grandi
categorie
di
redditi
,
ossia
tre
grandi
classi
sociali
:
i
proprietari
fondiari
(
rendita
fondiaria
)
,
i
capitalisti
agrari
,
industriali
e
commerciali
(
profitto
)
e
i
lavoratori
dipendenti
(
salario
)
.
Per
gli
economisti
classici
la
rendita
urbana
costituisce
una
sottocategoria
della
rendita
fondiaria
e
l
'
interesse
è
-
usando
l
'
espressione
di
Smith
-
un
"
reddito
derivato
"
:
dal
profitto
nel
caso
di
prestiti
alla
produzione
,
da
uno
degli
altri
due
redditi
nel
caso
di
prestiti
al
consumo
;
generalmente
,
sono
i
mercanti
che
fanno
prestiti
allo
Stato
o
a
privati
-
Marx
parlerà
poi
di
"
capitalisti
monetari
"
.
I
classici
sono
ben
consapevoli
che
esistono
i
lavoratori
indipendenti
,
al
loro
tempo
molto
numerosi
:
coltivatori
diretti
(
farmers
)
e
artigiani
(
independent
manufacturers
)
:
costoro
ottengono
redditi
che
sono
una
combinazione
di
due
o
tre
dei
redditi
originari
sopra
indicati
;
oggi
parliamo
di
redditi
"
misti
"
.
Infine
,
ci
sono
tutti
coloro
che
percepiscono
stipendi
o
altri
compensi
dallo
Stato
o
da
istituzioni
o
da
"
ricchi
"
:
sono
tutti
lavoratori
"
improduttivi
"
,
che
ottengono
redditi
derivati
(
Smith
,
Ricchezza
delle
nazioni
,
ed.
Cannan
,
Methuen
,
Londra
,
1961
,
vol.
I
,
p
.
352
,
trad.
dell
'
autore
)
:
Il
lavoro
di
alcuni
dei
più
rispettabili
ordini
della
società
è
,
come
quello
dei
servitori
,
improduttivo
di
ogni
valore
,
e
non
si
fissa
o
si
realizza
in
alcun
oggetto
durevole
o
in
alcuna
merce
vendibile
...
Il
sovrano
,
per
esempio
,
e
tutti
gli
impiegati
civili
e
militari
che
servono
sotto
di
lui
,
l
'
intero
esercito
e
l
'
intera
marina
sono
lavoratori
improduttivi
.
Essi
sono
servitori
del
pubblico
e
sono
mantenuti
con
una
parte
del
prodotto
annuo
dell
'
operosità
degli
altri
...
Alla
stessa
classe
appartengono
gli
ecclesiastici
,
i
giuristi
,
i
letterati
di
ogni
genere
,
i
medici
,
come
pure
i
commedianti
,
i
buffoni
,
i
musicisti
,
i
cantanti
,
le
ballerine
,
ecc.
Mentre
il
concetto
smithiano
di
lavoratori
improduttivi
è
stato
vivacemente
attaccato
dai
successori
degli
economisti
classici
,
la
tripartizione
smithiana
dei
redditi
(
e
delle
classi
)
è
stata
sostanzialmente
accettata
e
tuttora
si
ritrova
nei
libri
di
testo
di
economia
,
anche
se
in
questi
libri
si
parla
solo
di
redditi
e
non
di
classi
;
l
'
unico
emendamento
,
per
così
dire
,
riguarda
l
'
interesse
,
che
è
stato
elevato
al
grado
di
reddito
originario
,
imputabile
al
capitale
e
quindi
al
proprietario
del
capitale
stesso
,
distinguendolo
dal
profitto
,
imputabile
all
'
imprenditore
.
(
L
'
emendamento
è
importante
e
si
ricollega
ad
una
certa
evoluzione
della
teoria
economica
,
che
oggi
è
soggetta
a
critiche
sempre
più
stringenti
;
ma
su
tale
questione
non
mi
soffermo
)
.
Un
altro
emendamento
,
che
pochi
economisti
fanno
ma
che
comunque
deve
essere
fatto
,
riguarda
la
rendita
urbana
e
i
connessi
guadagni
speculativi
:
mentre
al
tempo
dei
classici
era
giusto
considerare
la
rendita
fondiaria
come
la
categoria
principale
e
la
rendita
urbana
dome
una
sottocategoria
di
secondaria
importanza
,
oggi
,
col
tumultuoso
sviluppo
delle
città
e
,
in
certi
casi
,
delle
megalopoli
,
occorre
rovesciare
il
giudizio
sull
'
importanza
relativa
delle
due
rendite
:
oggi
gli
stessi
spostamenti
di
ricchezza
e
la
rapida
formazione
di
cospicui
patrimoni
provengono
spesso
da
speculazioni
connesse
con
la
rendita
urbana
,
speculazioni
nelle
quali
,
oltre
il
mercato
,
entra
il
potere
politico
,
al
livello
centrale
o
al
livello
locale
;
di
più
,
quel
che
avviene
in
questo
campo
deturpa
molte
nostre
città
,
ne
rende
penosa
la
vita
e
concorre
grandemente
a
creare
quella
carenza
di
case
a
basso
prezzo
e
quelle
congestioni
che
,
fra
l
'
altro
,
facendo
salire
il
costo
della
vita
e
sterilizzando
una
parte
del
potere
di
acquisto
dei
salari
,
contribuiscono
a
distorcere
e
a
frenare
il
processo
di
sviluppo
economico
.
(
Tuttavia
,
non
va
soltanto
rivisto
il
giudizio
sull
'
importanza
relativa
sui
due
tipi
di
rendite
:
va
rivista
la
stessa
concezione
degli
economisti
classici
,
anche
sulla
traccia
delle
analisi
di
Marx
e
di
Engels
,
poiché
la
natura
della
rendita
urbana
è
profondamente
diversa
da
quella
della
rendita
fondiaria
)
.
Come
eredità
dei
classici
,
è
rimasto
anche
il
concetto
di
reddito
misto
che
,
per
definizione
,
costituirebbe
una
combinazione
dei
redditi
originari
.
Gli
stipendi
degli
impiegati
pubblici
continuano
ad
essere
considerati
quali
redditi
derivati
,
ciò
che
del
resto
è
ovvio
,
essendo
tali
redditi
pagati
col
gettito
di
tributi
o
contributi
.
Già
Marx
aveva
avvertito
(
Capitale
,
libro
III
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1965
,
p
.
993
)
che
quelli
che
oggi
chiamiamo
redditi
"
misti
"
(
principalmente
quelli
dei
coltivatori
diretti
,
degli
artigiani
e
dei
piccoli
commercianti
)
avevano
carattere
pre
-
capitalistico
e
"
solo
fino
ad
un
certo
punto
"
potevano
essere
considerati
come
una
combinazione
dei
tre
redditi
originari
di
Adam
Smith
.
In
verità
,
la
teoria
tradizionale
,
che
accoglie
acriticamente
e
senza
qualificazioni
una
tale
concezione
,
va
riconsiderata
a
fondo
:
se
fra
i
redditi
"
misti
"
e
i
tre
redditi
originari
vi
sono
importanti
elementi
comuni
,
vi
sono
anche
differenze
profonde
:
perfino
dal
punto
di
vista
quantitativo
in
pratica
accade
spesso
(
e
non
solo
in
Italia
)
che
l
'
intero
reddito
di
un
piccolo
coltivatore
diretto
,
per
esempio
,
che
in
astratto
dovrebbe
conglobare
rendita
,
profitto
e
salario
,
è
inferiore
al
solo
salario
medio
pagato
nel
settore
industriale
moderno
.
Per
una
tale
revisione
critica
della
teoria
dei
redditi
misti
che
sono
ottenuti
dai
così
detti
lavoratori
indipendenti
(
coltivatori
diretti
,
artigiani
,
piccoli
commercianti
,
professionisti
indipendenti
)
,
è
necessario
partire
dalla
distinzione
fra
beni
che
entrano
e
beni
che
non
entrano
in
concorrenza
con
quelli
prodotti
da
unità
produttive
moderne
.
Nel
primo
caso
,
vi
sarà
una
tendenza
alla
graduale
emarginazione
e
,
a
lungo
andare
,
eliminazione
dei
produttori
indipendenti
,
che
appunto
soccombono
nella
concorrenza
con
le
unità
moderne
:
su
questa
base
Marx
formulava
la
sua
previsione
della
tendenziale
scomparsa
di
quei
gruppi
sociali
.
Una
tale
tendenza
,
che
è
debole
quando
è
lento
lo
sviluppo
dell
'
industria
moderna
,
forte
quando
questo
sviluppo
è
rapido
,
può
essere
deliberatamente
frenata
dalla
classe
dominante
,
per
mezzo
di
leggi
e
di
altri
interventi
,
proprio
con
l
'
obiettivo
di
una
stabilizzazione
sociale
e
politica
.
Così
,
in
Italia
è
stato
frenato
il
declino
numerico
ed
economico
dei
coltivatori
diretti
,
con
successo
fino
alla
seconda
guerra
mondiale
,
anche
per
il
relativamente
lento
sviluppo
industriale
;
in
seguito
,
sia
per
il
processo
d
'
integrazione
economica
internazionale
,
sia
per
l
'
accelerazione
dello
sviluppo
dell
'
industria
moderna
,
i
freni
non
hanno
più
funzionato
o
,
meglio
,
sono
solo
serviti
a
rendere
forse
meno
precipitoso
il
processo
;
in
ogni
modo
,
la
flessione
della
massa
dei
coltivatori
è
stata
non
meno
rilevante
di
quella
dei
salariati
in
agricoltura
-
essendo
queste
le
due
componenti
dell
'
enorme
esodo
agrario
che
si
è
verificato
nel
dopoguerra
(
v
.
la
tabella
1.1
)
.
Molto
più
efficaci
sono
stati
e
continuano
ad
essere
gl
'
interventi
a
favore
dei
piccoli
commercianti
,
il
cui
numero
è
andato
crescendo
e
continua
a
crescere
praticamente
senza
interruzione
.
Riguardo
ai
coltivatori
diretti
,
il
processo
di
espulsione
va
studiato
,
da
un
lato
,
con
riferimento
ai
prezzi
e
ai
costi
dei
prodotti
agricoli
e
,
dall
'
altro
,
con
riferimento
alle
possibilità
di
occupazione
ed
ai
redditi
(
particolarmente
ai
salari
)
ottenibili
nel
settore
moderno
.
Riguardo
ai
piccoli
commercianti
,
occorre
osservare
che
la
concorrenza
potenziale
non
proviene
da
merci
ma
da
servizi
,
che
potrebbero
essere
-
e
in
misura
nel
nostro
paese
molto
modesta
sono
-
forniti
da
unità
commerciali
grandi
ed
efficienti
:
la
legge
e
,
sulla
base
della
legge
,
gl
'
interventi
amministrativi
spesso
semplicemente
impediscono
a
queste
unità
di
sorgere
.
Inoltre
,
in
queste
condizioni
-
a
differenza
di
quanto
accade
per
le
merci
-
la
concorrenza
internazionale
manca
del
tutto
.
Questa
è
una
delle
principali
ragioni
che
spiegano
il
successo
degli
interventi
pubblici
a
favore
dei
piccoli
commercianti
.
Nel
caso
di
merci
o
servizi
prodotte
da
lavoratori
s
indipendenti
che
non
concorrono
ma
anzi
sono
complementari
rispetto
alle
merci
o
ai
servizi
offerti
dalle
'
'
unità
moderne
,
non
c
'
è
quella
tendenza
al
declino
,
ma
anzi
la
tendenza
opposta
:
ciò
appunto
si
verifica
per
egli
artigiani
e
i
piccoli
produttori
che
forniscono
merci
o
servizi
alle
grandi
unità
,
le
quali
cercano
di
utilizzare
questi
produttori
per
il
proprio
vantaggio
.
Un
fenomeno
analogo
si
verifica
anche
per
le
officine
per
la
riparazione
di
automobili
o
di
elettrodomestici
o
di
altri
oggetti
o
attrezzature
domestiche
.
In
ultima
analisi
,
le
unità
artigianali
di
tipo
moderno
sono
sempre
direttamente
o
indirettamente
satelliti
delle
grandi
o
grandissime
imprese
.
In
una
situazione
particolare
si
trovano
i
professionisti
indipendenti
(
specialmente
medici
,
avvocati
,
ingegneri
,
architetti
)
:
molti
di
questi
professionisti
sono
oramai
indipendenti
solo
di
nome
,
poiché
sempre
più
frequenti
sono
i
casi
di
rapporti
organici
con
grandi
società
e
con
istituzioni
pubbliche
;
altri
,
tuttavia
,
sono
effettivamente
indipendenti
,
almeno
entro
certi
limiti
.
Per
questi
professionisti
,
specialmente
per
quelli
che
riescono
a
raggiungere
posizioni
di
rilievo
,
conviene
usare
come
punto
di
partenza
l
'
analisi
del
monopolio
o
del
quasi
monopolio
,
tenendo
conto
che
i
prezzi
dei
loro
servizi
-
come
anche
,
sostanzialmente
,
i
prezzi
dei
servizi
commerciali
-
non
sono
propriamente
regolati
dal
mercato
ma
sono
prezzi
"
amministrati
"
sulla
base
di
intese
tacite
o
espresse
o
di
regolamenti
di
ordini
professionali
.
Vi
sono
infine
gli
stipendi
degli
impiegati
,
che
l
'
analisi
economica
tradizionale
assimila
ai
salari
,
cosicché
la
teoria
del
salario
viene
ad
includere
la
teoria
dello
stipendio
.
Questo
punto
di
vista
va
radicalmente
riconsiderato
.
Gli
stipendi
degli
impiegati
che
operano
in
imprese
o
aziende
pubbliche
o
private
che
producono
merci
o
servizi
nel
mercato
aperto
rientrano
nelle
spese
generali
e
sono
in
qualche
modo
collegati
con
l
'
attività
produttiva
,
con
i
costi
ed
i
prezzi
,
anche
se
il
collegamento
è
diverso
da
quello
dei
salari
,
che
di
regola
,
almeno
finora
,
rientrano
nelle
spese
dirette
e
variano
immediatamente
al
variare
della
produzione
.
Per
gli
stipendi
di
questi
impiegati
valgono
,
ma
solo
fino
ad
un
certo
punto
,
le
analisi
che
si
possono
elaborare
per
i
salari
degli
operai
.
In
una
posizione
particolare
si
trovano
gli
alti
dirigenti
delle
società
per
azioni
private
e
pubbliche
,
i
quali
ottengono
emolumenti
che
solo
per
una
parte
hanno
la
natura
di
stipendi
:
per
un
'
altra
parte
-
la
parte
variabile
-
rappresentano
una
sorta
di
partecipazione
ai
profitti
.
Inoltre
,
fra
gl
'
impiegati
conviene
distinguere
gl
'
impiegati
amministrativi
dai
tecnici
,
che
sovraintendono
agli
impianti
,
alle
macchine
e
ai
laboratori
.
Per
gli
stipendi
degli
impiegati
che
lavorano
in
imprese
o
aziende
che
non
producono
merci
o
servizi
per
il
mercato
o
che
lavorano
in
pubbliche
amministrazioni
,
i
punti
di
contatto
con
la
logica
che
regola
i
salari
sono
molto
indiretti
e
limitati
.
Perché
il
livello
degli
stipendi
degli
impiegati
pubblici
è
quello
che
è
?
Perché
varia
?
Per
rispondere
a
queste
domande
,
occorre
certamente
considerare
,
come
punto
di
partenza
,
il
livello
e
le
variazioni
degli
stipendi
degli
impiegati
privati
,
così
come
,
per
comprendere
il
livello
e
le
variazioni
di
questi
stipendi
,
occorre
partire
dalla
considerazione
dei
salari
.
Ma
è
solo
il
primo
passo
:
analogamente
ai
lavoratori
salariati
,
che
nel
periodo
moderno
non
sono
affatto
costretti
al
livello
di
sussistenza
,
sia
pure
inteso
in
senso
sociale
o
storico
,
anche
i
lavoratori
stipendiati
si
battono
per
partecipare
nella
massima
misura
possibile
al
sovrappiù
,
o
reddito
nazionale
netto
,
e
al
suo
incremento
.
Sia
i
salariati
che
gli
impiegati
non
si
battono
solo
con
l
'
arma
dello
sciopero
,
ma
anche
con
mezzi
più
ampiamente
politici
,
principalmente
influendo
sull
'
azione
dei
partiti
che
ne
rappresentano
gl
'
interessi
per
ottenere
leggi
e
interventi
amministrativi
ad
essi
favorevoli
.
L
'
azione
degli
impiegati
,
tuttavia
,
è
caratterizzata
da
almeno
due
importanti
elementi
differenziali
rispetto
all
'
azione
dei
salariati
,
uno
a
loro
vantaggio
,
l
'
altro
a
loro
danno
.
L
'
elemento
a
loro
vantaggio
sta
nel
fatto
che
la
gestione
della
cosa
pubblica
,
come
anche
la
gestione
dei
partiti
,
è
in
grandissima
parte
nelle
mani
di
membri
della
stessa
classe
alla
quale
appartengono
,
la
piccola
borghesia
,
particolarmente
della
piccola
borghesia
impiegatizia
,
così
che
essi
trovano
i
loro
punti
di
forza
,
più
che
negli
scioperi
,
nel
campo
degli
interventi
legislativi
e
amministrativi
.
Sia
pure
con
un
significato
alquanto
diverso
,
si
può
ripetere
quanto
Smith
scriveva
quasi
due
secoli
fa
(
Ricchezza
delle
nazioni
,
cit
.
,
II
,
p
.
395
,
trad.
dell
'
autore
)
:
Gli
emolumenti
dei
funzionari
sono
forse
,
nella
maggior
parte
dei
paesi
,
più
elevati
di
quanto
occorrerebbe
,
poiché
coloro
che
amministrano
la
cosa
pubblica
sono
in
generale
inclini
a
remunerare
se
stessi
e
i
loro
immediati
dipendenti
piuttosto
troppo
che
troppo
poco
.
Questa
osservazione
tuttavia
,
se
vogliamo
prendere
Smith
alla
lettera
,
vale
per
gl
'
impiegati
che
dipendono
immediatamente
dai
capi
politici
e
amministrativi
,
i
quali
,
oltre
lo
stipendio
,
hanno
anche
altri
canali
per
attingere
al
"
sovrappiù
"
-
compensi
speciali
di
vario
genere
,
liquidazioni
principesche
e
pensioni
speciali
.
Vale
anche
per
tutti
quei
funzionari
e
impiegati
che
riescono
a
conquistare
posizioni
di
quasi
monopolio
e
a
difenderle
con
appropriate
barriere
istituzionali
e
legislative
;
ciò
avviene
,
nel
nostro
paese
,
in
certi
settori
della
burocrazia
,
negli
istituti
di
credito
,
negli
istituti
di
assistenza
e
previdenza
-
prima
charitas
mea
charitas
-
,
in
numerosi
enti
pubblici
e
in
aziende
municipalizzate
.
(
Una
particolareggiata
analisi
quantitativa
degli
stipendi
e
dei
compensi
dei
gradi
più
elevati
della
burocrazia
pubblica
e
degli
enti
di
tipo
pubblico
sarebbe
molto
istruttiva
;
ma
,
per
ovvie
ragioni
,
è
difficilissima
da
fare
)
.
Il
risultato
delle
spinte
molteplici
e
d
'
intensità
molto
differenziata
messe
in
atto
dalle
diverse
categorie
di
dipendenti
pubblici
(
in
senso
lato
)
è
una
impressionante
varietà
di
retribuzioni
,
che
di
recente
è
stata
illustrata
con
tanta
efficacia
da
Ermanno
Gorrieri
.
Questa
varietà
,
a
sua
volta
,
costituisce
una
fonte
inesauribile
di
agitazioni
,
poiché
i
gruppi
che
restano
indietro
compiono
ogni
sforzo
per
avvicinarsi
,
economicamente
,
a
quelli
che
sono
riusciti
ad
andare
avanti
;
in
queste
agitazioni
tutti
i
gruppi
imitano
la
strategia
e
le
parole
d
'
ordine
dei
sindacati
operai
e
qualche
volta
adottano
perfino
una
fraseologia
rivoluzionaria
.
In
queste
agitazioni
-
che
si
aggravano
nei
periodi
d
'
inflazione
-
prevalgono
i
gruppi
che
sono
più
compatti
e
più
forti
,
per
motivi
economici
(
posizione
di
tipo
monopolistico
nel
mercato
)
o
istituzionali
,
o
politici
,
o
,
spesso
,
per
una
combinazione
di
questi
motivi
.
Restano
indietro
i
gruppi
più
deboli
,
che
generalmente
si
trovano
negli
strati
intermedi
o
inferiori
degli
impiegati
pubblici
o
parastatali
.
E
qui
compare
l
'
altro
elemento
,
quello
sfavorevole
,
che
differenzia
gl
'
impiegati
dai
salariati
:
data
la
minore
penosità
del
lavoro
e
data
la
garanzia
della
stabilità
,
la
pressione
dei
candidati
ai
posti
del
pubblico
impiego
è
forse
perfino
proporzionalmente
maggiore
dell
'
analoga
pressione
esercitata
da
coloro
che
vogliono
diventare
salariati
-
s
'
intende
,
nel
settore
moderno
;
comunque
,
le
resistenze
sono
minori
,
perché
nell
'
amministrazione
pubblica
sono
ben
più
incerte
e
indefinite
che
nelle
imprese
di
produzione
le
esigenze
organizzative
e
amministrative
.
Il
limite
,
a
rigore
,
è
dato
dalla
capacità
dei
bilanci
degli
organismi
su
cui
quegli
impiegati
gravano
;
ma
poiché
si
tratta
di
bilanci
non
collegati
direttamente
con
attività
produttive
,
quel
limite
è
molto
elastico
.
Nello
stesso
tempo
,
per
ragioni
di
potere
e
di
stabilizzazione
politica
,
è
forte
l
'
inclinazione
dei
gruppi
dominanti
,
centrali
o
locali
,
a
far
entrare
nella
burocrazia
quelli
che
sono
o
possono
diventare
loro
clienti
.
Il
risultato
è
,
sotto
un
certo
aspetto
,
sfavorevole
per
gli
strati
inferiori
e
intermedi
di
impiegati
,
nel
senso
che
le
remunerazioni
di
questi
impiegati
,
a
causa
del
numero
,
sono
e
restano
relativamente
basse
o
molto
basse
.
Tuttavia
,
non
va
dimenticato
che
per
numerosi
impiegati
dei
gradi
inferiori
il
vantaggio
non
sta
in
uno
stipendio
elevato
,
ma
nel
fatto
stesso
di
essere
entrati
,
grazie
a
favori
di
tipo
politico
,
nella
burocrazia
,
salvandosi
,
per
così
dire
,
da
un
lavoro
manuale
duro
e
mal
remunerato
o
da
condizioni
di
vera
e
propria
disoccupazione
.
Esempi
di
attività
in
cui
le
frequenti
retribuzioni
privilegiate
sono
imputabili
essenzialmente
a
posizioni
di
tipo
monopolistico
ovvero
oligopolistico
sono
l
'
industria
elettrica
il
servizio
telefonico
,
le
aziende
di
credito
;
gli
ospedali
,
le
aziende
municipalizzate
,
le
amministrazioni
degli
enti
locali
offrono
esempi
di
aree
in
cui
operano
,
contemporaneamente
,
fattori
economici
e
fattori
politici
,
specialmente
di
carattere
clientelare
.
Vi
sono
dunque
nella
nostra
società
numerosi
e
ampi
casi
di
parassitismo
e
una
fetta
non
indifferente
del
reddito
nazionale
viene
sprecata
,
dal
punto
di
vista
economico
,
in
diversi
modi
,
a
volte
in
modi
che
non
comportano
semplicemente
una
redistribuzione
,
ma
anche
una
riduzione
del
reddito
e
una
distorsione
nella
sua
composizione
:
rendite
urbane
(
con
le
connesse
operazioni
speculative
che
in
questo
dopoguerra
sono
all
'
origine
di
numerosi
patrimoni
di
medie
e
grandi
dimensioni
)
,
guadagni
di
intermediazione
spesso
ingiustificabili
sul
piano
strettamente
economico
,
stipendi
e
compensi
ingiustificatamente
elevati
per
i
gradi
più
alti
della
burocrazia
statale
e
parastatale
,
stipendi
e
compensi
per
persone
economicamente
inutili
.
Si
tratta
,
in
tutti
i
casi
,
di
parassitismo
economico
;
se
in
molti
casi
-
specialmente
nel
settore
del
piccolo
commercio
e
degli
impiegati
dei
gradi
inferiori
-
i
guadagni
sono
magri
,
ciò
non
toglie
affatto
che
si
tratta
,
dal
punto
di
vista
economico
,
di
guadagni
parassitari
.
Ci
sono
,
oramai
,
più
parassiti
e
sfruttatori
fra
i
così
detti
ceti
medi
che
nell
'
intera
classe
capitalistica
.
(
A
rigore
,
sono
da
considerare
parassitari
anche
i
redditi
che
vanno
a
operai
di
industrie
passive
,
che
sono
tenute
in
piedi
con
sovvenzioni
statali
;
ma
indubbiamente
il
fenomeno
del
parassitismo
è
molto
più
grave
nei
settori
sopra
ricordati
di
ceti
medi
)
.
Una
considerazione
a
parte
meritano
i
redditi
di
coloro
che
hanno
occupazioni
precarie
e
saltuarie
e
,
più
specificamente
,
di
coloro
che
appartengono
al
sottoproletariato
(
i
quali
,
tutti
,
hanno
occupazioni
precarie
)
;
in
certi
casi
si
tratta
di
redditi
simili
ai
salari
,
ma
di
regola
sensibilmente
più
bassi
;
in
altri
,
di
redditi
simili
a
quelli
che
sono
stati
definiti
redditi
"
misti
"
(
commercianti
ambulanti
)
.
In
ogni
caso
si
tratta
di
redditi
che
,
oltre
ad
essere
,
considerati
nel
tempo
,
fra
i
più
bassi
,
sono
anche
incerti
ed
altamente
variabili
,
ciò
che
ha
conseguenze
di
rilievo
non
solo
dal
punto
di
vista
economico
ma
anche
da
quello
sociologico
.
Appare
chiaro
,
ora
,
quanto
siano
insoddisfacenti
quegli
schemi
teorici
che
considerano
,
sia
pure
come
prima
approssimazione
,
solo
due
grandi
quote
,
in
corrispondenza
delle
due
grandi
classi
sociali
(
proletari
e
capitalisti
)
:
si
può
stimare
che
la
somma
dei
salari
e
dei
profitti
propriamente
detti
non
arrivi
neppure
al
50%
del
reddito
nazionale
(
v
.
la
tabella
3.2
)
.
2
.
Cause
della
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
In
via
generale
,
la
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
può
essere
oggetto
di
due
critiche
distinte
,
secondo
che
essa
si
ricolleghi
alla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
ovvero
alla
differenziazione
delle
attività
lavorative
.
Con
riferimento
al
primo
ordine
di
critiche
occorre
ammettere
,
sempre
in
via
generale
,
che
in
una
società
capitalistica
la
diseguaglianza
dipende
,
alla
radice
,
da
un
fatto
istituzionale
,
che
non
può
essere
modificato
se
non
modificando
l
'
intero
assetto
istituzionale
;
subordinatamente
,
ma
non
marginalmente
,
dipende
dalla
forza
comparativa
,
variabile
nel
tempo
,
dei
gruppi
sociali
che
concorrono
alla
spartizione
del
reddito
.
Nel
settore
privato
di
una
società
capitalistica
il
fatto
istituzionale
(
proprietà
privata
)
ha
una
rilevanza
diretta
,
mentre
nel
settore
pubblico
ha
assunto
una
rilevanza
indiretta
:
nel
settore
pubblico
il
reddito
viene
ottenuto
attraverso
prelievi
di
tipo
tributario
e
poi
distribuito
ai
pubblici
funzionari
secondo
leggi
e
regole
che
dipendono
appunto
dall
'
assetto
politico
e
istituzionale
.
Una
posizione
particolare
assume
il
settore
che
fa
capo
alle
società
per
azioni
,
in
cui
la
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
diviene
un
concetto
ambiguo
e
problematico
;
una
posizione
ancor
più
particolare
assume
poi
il
sottosettore
che
fa
capo
a
società
per
azioni
a
prevalente
partecipazione
statale
.
Nell
'
intera
società
,
la
posizione
preminente
è
quella
di
coloro
che
riescono
in
qualche
modo
a
controllare
o
quanto
meno
ad
influire
sul
processo
di
accumulazione
nel
settore
privato
o
nel
settore
pubblico
inteso
in
senso
ampio
.
(
Anche
nel
collettivismo
si
può
avere
una
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
non
imputabile
ad
attività
lavorative
differenziate
nella
qualità
e
nella
specializzazione
:
l
'
appropriazione
privilegiata
di
una
quota
del
reddito
da
parte
di
alcuni
gruppi
dipende
in
questo
caso
dall
'
assetto
politico
e
istituzionale
,
ma
non
dalla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
,
la
cui
abolizione
,
da
sola
,
non
assicura
affatto
l
'
attuazione
del
socialismo
)
.
Le
critiche
del
secondo
ordine
(
diseguaglianza
imputabile
alle
diverse
qualificazioni
e
specializzazioni
)
pongono
la
questione
dell
'
accesso
ai
livelli
medi
e
superiori
dell
'
istruzione
e
,
più
in
generale
,
quella
dei
rapporti
fra
distribuzione
del
reddito
e
divisione
sociale
del
lavoro
:
una
questione
che
un
tempo
fu
molto
dibattuta
fra
gli
economisti
(
per
esempio
,
da
Smith
e
dai
suoi
epigoni
)
,
ma
che
oggi
lo
è
solo
eccezionalmente
;
è
invece
studiata
da
sociologi
e
da
pedagogisti
,
i
quali
ultimi
per
le
società
più
avanzate
hanno
posto
,
come
prospettiva
di
lungo
periodo
,
la
questione
della
possibile
graduale
sostituzione
della
divisione
orizzontale
con
una
certa
rotazione
verticale
del
lavoro
che
quanto
meno
elimini
i
lavori
più
ripetitivi
e
più
umilianti
;
naturalmente
un
tale
processo
implicherebbe
l
'
accelerazione
e
,
per
certi
aspetti
,
la
modifica
dell
'
evoluzione
tecnologica
.
In
una
società
come
quella
italiana
,
questo
non
sembra
un
problema
urgente
,
come
lo
è
invece
quello
delle
diseguaglianze
nella
distribuzione
del
reddito
e
del
potere
economico
e
politico
discendenti
da
altri
motivi
(
quelle
che
ho
chiamate
diseguaglianze
del
primo
ordine
)
.
Il
pedagogista
Visalberghi
,
tuttavia
,
sostiene
che
gli
studiosi
e
gli
uomini
politici
che
vogliono
vedere
lontano
e
che
vogliono
operare
in
vista
di
una
società
senza
classi
debbono
porsi
il
problema
fin
da
adesso
anche
in
Italia
.
Oggi
intanto
domina
l
'
ideologia
piccolo
-
borghese
,
molto
efficacemente
descritta
da
Ermanno
Gorrieri
:
si
fa
una
netta
distinzione
fra
lavoro
manuale
e
intellettuale
e
si
proclama
giusto
il
fatto
che
il
secondo
sia
remunerato
assai
meglio
del
primo
e
riscuota
maggior
prestigio
,
dato
che
esso
si
fonda
su
sacrifici
,
dispendio
di
tempo
per
lo
studio
e
rinuncia
a
guadagni
più
immediati
.
Questo
punto
di
vista
-
sostiene
Gorrieri
,
a
mio
parere
assai
fondatamente
-
costituisce
in
ultima
analisi
una
mistificazione
:
1
)
perché
non
è
vero
che
lo
studiare
comporti
sacrifici
maggiori
che
il
lavorare
;
2
)
perché
"
la
possibilità
di
rinviare
il
momento
di
guadagnare
e
di
sostenere
le
spese
per
gli
studi
dipende
quasi
sempre
dalle
condizioni
economiche
,
della
famiglia
a
cui
il
giovane
appartiene
.
Nella
maggior
parte
dei
casi
non
si
tratta
di
libera
scelta
degli
interessati
ma
costituisce
un
privilegio
di
cui
alcuni
possono
usufruire
e
altri
no
.
In
pratica
,
la
possibilità
di
avvio
e
di
riuscita
negli
studi
superiori
non
rappresenta
un
'
opportunità
offerta
a
tutti
con
uguale
facilità
;
la
parità
delle
condizioni
di
partenza
è
ben
lontana
dal
verificarsi
nella
realtà
"
.
Insomma
,
non
è
lecito
"
il
porre
un
privilegio
(
l
'
accesso
alla
cultura
)
come
legittimazione
di
un
secondo
privilegio
(
una
condizione
economica
più
elevata
)
"
(
La
giungla
retributiva
,
cit
.
,
pp.
251-2
)
.
Dunque
,
in
una
società
come
quella
italiana
,
la
distribuzione
del
reddito
oggi
dipende
,
congiuntamente
,
dalla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
,
dal
controllo
politico
e
amministrativo
del
processo
di
accumulazione
e
dai
diversi
gradi
di
istruzione
e
di
qualificazione
di
coloro
che
lavorano
:
i
tre
aspetti
in
parte
si
sovrappongono
.
Si
può
affermare
che
la
lotta
per
il
potere
-
economico
e
politico
-
in
ultima
analisi
riguarda
le
modalità
e
le
conseguenze
della
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
e
le
possibilità
di
controllare
e
quindi
d
'
indirizzare
,
direttamente
o
indirettamente
,
il
processo
di
accumulazione
.
Si
può
affermare
tutto
ciò
purché
si
tenga
sempre
presente
che
le
tre
espressioni
al
singolare
(
"
la
lotta
"
,
"
la
proprietà
"
e
"
il
controllo
"
)
sono
modi
abbreviati
per
indicare
realtà
estremamente
complesse
,
contraddittorie
,
differenziate
e
mutevoli
nel
tempo
.
Nei
capitoli
che
seguono
mi
propongo
appunto
di
presentare
elementi
utili
per
un
futuro
approfondimento
critico
e
particolareggiato
di
quelle
affermazioni
:
non
è
da
escludere
che
,
una
volta
compiuto
un
tale
approfondimento
,
quelle
affermazioni
,
che
qui
sono
assunte
come
pure
ipotesi
di
lavoro
,
debbano
essere
modificate
o
addirittura
sostituite
con
ipotesi
diverse
.
Sulla
base
della
precedente
analisi
della
distribuzione
del
reddito
possiamo
formulare
la
seguente
suddivisione
delle
classi
sociali
.
I
.
Borghesia
vera
e
propria
:
grandi
proprietari
di
fondi
rustici
e
urbani
(
rendite
)
;
imprenditori
e
alti
dirigenti
di
società
per
azioni
(
profitti
e
redditi
misti
che
contengono
elevate
quote
di
profitto
)
;
professionisti
autonomi
(
redditi
misti
,
con
caratteri
di
redditi
di
monopolio
)
.
IIa
.
Piccola
borghesia
impiegatizia
(
stipendi
)
.
IIb
.
Piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
redditi
misti
)
:
coltivatori
diretti
,
artigiani
(
inclusi
i
piccoli
professionisti
)
,
commercianti
.
IIc
.
Piccola
borghesia
:
categorie
particolari
(
militari
,
religiosi
ed
altri
)
(
stipendi
)
.
IIIa
.
Classe
operaia
(
salari
)
.
IIIb
.
Sottoproletariato
.
Le
tre
categorie
della
piccola
borghesia
corrispondono
a
quelle
che
comunemente
sono
chiamate
classi
medie
La
definizione
delle
classi
sociali
e
del
concetto
stesso
di
classe
richiederebbe
un
'
ampia
discussione
,
che
qui
neppure
tento
di
affrontare
.
Mi
limito
a
ricordare
che
le
diverse
classi
e
sottoclassi
non
sono
divise
da
steccati
:
alcune
zone
sono
terra
di
nessuno
ed
esiste
una
certa
mobilità
sociale
,
che
presumibilmente
è
tanto
maggiore
quanto
più
rapido
è
il
processo
di
sviluppo
economico
.
Vi
sono
,
inoltre
,
numerose
persone
che
ottengono
redditi
plurimi
.
Si
tratta
,
per
esempio
,
di
professionisti
,
o
di
impiegati
,
o
di
commercianti
,
che
sono
anche
proprietari
di
fondi
rustici
o
urbani
;
in
questo
caso
i
redditi
si
sommano
e
gl
'
interessi
dei
titolari
sono
molteplici
:
dal
punto
di
vista
economico
converrà
includere
i
titolari
nella
classe
o
nella
sottoclasse
in
relazione
alla
fonte
del
reddito
prevalente
.
Ancora
:
mentre
i
"
ricchi
"
sono
inclusi
tutti
nella
prima
classe
,
nelle
altre
troviamo
individui
"
agiati
"
o
"
poveri
"
o
addirittura
"
poverissimi
"
,
secondo
il
livello
del
reddito
.
Se
si
considera
la
distribuzione
del
reddito
per
classe
o
sottoclasse
,
il
valore
di
massima
frequenza
(
moda
)
decresce
passando
dalla
classe
economicamente
più
elevata
alle
altre
;
ma
occorre
tener
presente
che
,
per
certi
aspetti
,
può
esservi
comunanza
d
'
interessi
e
quindi
solidarietà
fra
gli
strati
più
elevati
o
,
al
contrario
,
fra
quelli
più
bassi
delle
diverse
classi
e
sottoclassi
-
dove
il
concetto
di
alto
o
basso
,
naturalmente
,
è
riferito
al
livello
del
reddito
.
Tuttavia
,
da
un
punto
di
vista
più
ampio
di
quello
strettamente
economico
si
debbono
considerare
i
legami
dovuti
al
tipo
di
cultura
,
al
modo
di
vita
e
all
'
ambiente
(
per
esempio
:
grandi
città
e
piccoli
centri
,
città
e
campagna
)
.
Infine
,
occorre
considerare
la
dinamica
e
quindi
anche
la
storia
precedente
di
ciascuna
classe
o
sottoclasse
;
da
questo
punto
di
vista
,
le
stesse
classi
e
sottoclassi
appaiono
profondamente
diverse
nelle
regioni
settentrionali
rispetto
alle
regioni
meridionali
del
nostro
paese
;
e
le
differenze
diventano
ancora
più
grandi
quando
si
considerano
paesi
diversi
.
Per
distinguere
le
diverse
classi
sociali
il
reddito
è
dunque
un
elemento
importante
,
ma
non
tanto
per
il
suo
livello
,
quanto
per
il
modo
attraverso
cui
si
ottiene
;
tale
modo
si
riflette
nell
'
ambiente
e
nel
tipo
di
cultura
ed
è
condizionato
dalla
storia
precedente
della
società
di
cui
le
classi
costituiscono
parti
integranti
.
"
Con
riferimento
alla
divisione
delle
società
in
classi
,
il
"
modo
"
è
rilevante
in
quanto
attiene
ai
rapporti
di
potere
,
e
cioè
in
quanto
indica
attraverso
quali
forme
di
lotta
per
il
potere
si
determina
,
o
si
concorre
a
determinare
,
una
certa
distribuzione
del
reddito
e
un
certo
tipo
di
accumulazione
,
ossia
di
sviluppo
del
reddito
stesso
"
[
Queste
osservazioni
,
riportate
fra
virgolette
,
mi
sono
state
espresse
,
in
una
lettera
,
da
Antonio
Giolitti
:
ho
ritenuto
utile
riportarle
testualmente
]
.
Tenendo
ben
presenti
queste
avvertenze
,
può
essere
utile
riflettere
sulla
distribuzione
quantitativa
del
reddito
fra
le
diverse
classi
e
sottoclassi
sociali
in
Italia
.
Le
stime
(
tabelle
3.1
e
3.2
)
riguardano
il
1971
e
rappresentano
semplici
ordini
di
grandezza
:
mi
sono
deciso
a
presentarle
solo
perché
spero
che
esse
possano
provocare
indagini
più
approfondite
.
3
.
Tendenze
delle
classi
sociali
L
'
analisi
quantitativa
delle
classi
e
sottoclassi
sociali
nel
nostro
paese
mostra
che
il
fenomeno
più
rilevante
è
il
fortissimo
aumento
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
:
da
meno
di
un
milione
su
16
milioni
di
occupati
al
principio
del
secolo
ad
oltre
5
milioni
su
19
milioni
di
occupati
.
Prima
di
considerare
i
motivi
di
questa
enorme
espansione
,
dobbiamo
considerare
insieme
le
tendenze
quantitative
che
emergono
dalla
prima
tabella
.
L
'
aspetto
più
impressionante
è
che
,
nel
corso
del
tempo
,
le
quote
delle
tre
grandi
classi
sociali
,
pur
fra
qualche
oscillazione
,
mostrano
una
fondamentale
stabilità
.
Questa
stabilità
,
tuttavia
,
è
il
risultato
di
variazioni
contrastanti
delle
quote
delle
sottoclassi
.
In
particolare
,
la
relativa
stabilità
della
quota
imputabile
alla
piccola
borghesia
nel
suo
complesso
è
il
risultato
di
un
forte
aumento
della
quota
relativa
alla
piccola
borghesia
impiegatizia
(
dal
2%
nel
1881
al
17%
nel
1971
)
,
accompagnato
da
un
'
altrettanto
forte
diminuzione
della
quota
relativa
alla
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
dal
41
al
29%
)
;
ed
anzi
la
diminuzione
di
quest
'
ultima
quota
sarebbe
stata
anche
maggiore
se
non
ci
fosse
stato
l
'
aumento
(
interno
a
questa
sottoclasse
)
nel
numero
dei
commercianti
.
Analogamente
,
la
relativa
stabilità
della
quota
relativa
alla
"
classe
operaia
"
è
il
risultato
di
una
somma
algebrica
fra
la
forte
flessione
della
quota
dei
salariati
agricoli
(
dal
36
al
6%
)
e
un
aumento
non
meno
rilevante
nella
quota
dei
salariati
che
lavorano
in
attività
extra
-
agricole
(
dal
17
al
42%
)
.
La
borghesia
vera
e
propria
costituisce
in
tutto
l
'
arco
del
periodo
considerato
una
quota
esigua
:
dal
2
al
2,5%
.
Anche
in
questo
caso
particolare
la
quota
è
relativamente
stabile
,
come
relativamente
stabile
,
anche
se
di
meno
,
è
il
livello
assoluto
.
Tuttavia
,
se
le
cifre
cambiano
poco
,
cambiano
profondamente
i
contenuti
:
questa
osservazione
vale
per
tutte
le
classi
,
anche
per
quelle
in
forte
espansione
,
ma
vale
con
particolare
forza
per
la
borghesia
.
I
grandi
proprietari
agrari
,
che
nel
secolo
scorso
avevano
grande
peso
sociale
e
politico
,
oltre
che
economico
,
oggi
hanno
una
modesta
rilevanza
.
Gl
'
imprenditori
proprietari
o
comproprietari
di
grandi
e
medie
imprese
(
quelli
che
posseggono
piccole
o
piccolissime
imprese
sono
inclusi
fra
gli
artigiani
)
hanno
pur
sempre
importanza
,
anche
se
la
loro
posizione
relativa
è
mutata
,
mentre
grandemente
accresciuto
è
il
peso
dei
dirigenti
delle
grandi
imprese
private
e
pubbliche
organizzate
nella
forma
di
società
per
azioni
,
dei
gruppi
finanziari
che
in
certi
settori
controllano
queste
imprese
e
dei
grandi
organismi
pubblici
di
produzione
e
di
erogazione
.
Oramai
,
coloro
che
dirigono
i
grandi
complessi
produttivi
e
finanziari
non
ne
sono
proprietari
che
in
piccola
parte
,
quelli
che
dirigono
i
grandi
organismi
pubblici
sono
ovviamente
esclusi
dalla
proprietà
di
quegli
organismi
:
la
separazione
fra
proprietà
e
direzione
è
andata
molto
avanti
nel
settore
moderno
dell
'
economia
italiana
.
Se
l
'
espressione
"
neocapitalismo
"
ha
un
significato
preciso
,
è
appunto
questo
:
un
'
economia
che
nell
'
industria
e
nella
finanza
è
dominata
da
gruppi
di
società
per
azioni
private
e
pubbliche
e
da
enti
pubblici
,
i
cui
massimi
dirigenti
(
i
generali
)
"
s
'
identificano
"
col
gruppo
o
con
la
società
o
con
l
'
ente
,
mentre
gl
'
impiegati
esecutivi
(
gli
ufficiali
subalterni
che
hanno
i
rapporti
diretti
con
i
sergenti
e
i
soldati
)
sono
tagliati
fuori
dai
processi
decisionali
e
i
dirigenti
intermedi
in
parte
diventano
"
fiduciari
"
dei
massimi
dirigenti
e
in
parte
seguono
la
sorte
degli
impiegati
esecutivi
.
La
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
,
ossia
la
piccola
borghesia
tradizionale
,
costituita
nella
massima
parte
da
contadini
proprietari
,
da
artigiani
e
da
piccoli
commercianti
,
è
andata
via
via
diminuendo
nel
numero
,
come
aveva
previsto
Marx
.
Ma
questa
flessione
è
imputabile
esclusivamente
ai
contadini
proprietari
(
coltivatori
diretti
)
,
che
,
insieme
con
numerosi
salariati
,
hanno
abbandonato
l
'
agricoltura
.
Secondo
Marx
,
anche
gli
artigiani
e
i
piccoli
commercianti
sarebbero
dovuti
diminuire
,
progressivamente
eliminati
dalla
concorrenza
delle
grandi
unità
moderne
.
Ora
,
questo
fenomeno
ha
avuto
luogo
per
l
'
artigianato
domestico
(
se
ne
ha
un
chiara
traccia
nel
periodo
che
va
dal
1881
al
1901
)
e
,
comunque
,
per
l
'
artigianato
di
tipo
antico
,
un
artigianato
produttore
di
merci
che
entravano
in
concorrenza
con
quelle
sempre
più
efficientemente
prodotte
dalle
imprese
moderne
(
tessuti
,
scarpe
,
mobili
,
oggetti
di
vestiario
,
prodotti
dell
'
industria
alimentare
)
:
un
tale
processo
si
è
svolto
e
tuttora
si
sta
svolgendo
,
soprattutto
nel
Mezzogiorno
.
Ma
,
accanto
a
questo
processo
di
crisi
dell
'
artigianato
di
tipo
antico
,
si
è
andato
sviluppando
un
artigianato
di
tipo
nuovo
,
che
non
solo
non
è
danneggiato
dallo
sviluppo
dell
'
industria
moderna
ma
se
ne
avvantaggia
,
poiché
produce
merci
e
,
più
ancora
,
servizi
,
che
sono
complementari
rispetto
ai
prodotti
dell
'
industria
moderna
.
Il
risultato
delle
contrastanti
tendenze
,
l
'
una
col
segno
meno
l
'
altra
col
segno
più
,
è
una
relativa
stazionarietà
negli
ultimi
decenni
nelle
dimensioni
di
questo
gruppo
sociale
.
La
massa
dei
piccoli
commercianti
,
invece
,
non
solo
non
è
diminuita
ma
è
andata
crescendo
,
grazie
soprattutto
alla
protezione
concessa
dall
'
autorità
politica
,
protezione
che
in
questo
caso
ha
avuto
pieno
successo
.
La
classe
operaia
nelle
attività
extra
-
agricole
è
andata
sensibilmente
crescendo
dal
1881
al
1921
,
corrispondentemente
allo
sviluppo
del
primo
nucleo
di
capitalismo
industriale
moderno
,
soprattutto
nelle
regioni
settentrionali
,
e
poi
dal
1936
al
1961
.
In
ogni
modo
,
le
variazioni
quantitative
,
che
finora
sono
state
trascurate
da
quasi
tutti
gli
studiosi
,
vanno
considerate
con
spirito
critico
e
sempre
in
congiunzione
con
le
variazioni
qualitative
.
Così
,
dalla
tabella
1.1
appare
che
la
borghesia
vera
e
propria
numericamente
è
cresciuta
assai
poco
negli
ultimi
novant
'
anni
.
Ma
non
solo
si
deve
tener
conto
che
il
peso
delle
singole
categorie
è
profondamente
variato
nel
corso
del
tempo
;
si
deve
anche
tener
presente
che
questa
classe
aveva
,
nel
suo
complesso
,
ben
altri
poteri
e
ben
altra
influenza
verso
la
fine
del
secolo
scorso
,
quando
una
bassissima
percentuale
di
adulti
aveva
il
diritto
di
voto
e
quando
i
sindacati
dei
lavoratori
erano
nella
difficilissima
fase
della
loro
formazione
.
In
quel
tempo
la
gestione
politica
e
amministrativa
era
molto
più
semplice
di
quanto
sia
diventata
poi
,
specialmente
dopo
la
seconda
guerra
:
la
classe
dominante
era
divisa
,
nel
suo
interno
,
da
precisi
contrasti
d
'
interessi
;
e
la
vita
politica
risultava
essenzialmente
dallo
scontro
e
poi
dai
compromessi
dei
diversi
gruppi
d
'
interessi
operanti
nell
'
ambito
della
classe
dominante
.
Oggi
,
soprattutto
per
l
'
enorme
espansione
numerica
e
per
l
'
aumento
del
peso
politico
della
piccola
borghesia
e
per
il
fortemente
accresciuto
peso
politico
della
classe
operaia
,
i
contrasti
sono
molto
più
differenziati
e
l
'
intera
gestione
della
società
è
divenuta
di
gran
lunga
più
complessa
di
quanto
fosse
nel
passato
.
Su
un
piano
diverso
,
occorre
poi
osservare
che
le
variazioni
numeriche
che
si
riscontrano
nelle
diverse
classi
sono
di
difficile
interpretazione
,
a
causa
dei
processi
di
travaso
fra
una
classe
e
l
'
altra
e
a
causa
dei
movimenti
della
popolazione
.
Questo
processo
e
questi
movimenti
rendono
incerte
le
illazioni
,
anche
nei
casi
di
rilevanti
variazioni
numeriche
,
come
quelle
che
si
sono
verificate
,
dopo
la
seconda
guerra
mondiale
,
nelle
categorie
di
coloro
che
esplicano
attività
di
tipo
agricolo
(
coltivatori
diretti
e
salariati
,
fissi
e
giornalieri
)
.
Può
essere
utile
,
tuttavia
,
riflettere
sulle
seguenti
cifre
,
che
in
sintesi
indicano
,
da
un
lato
,
la
riduzione
della
popolazione
attiva
in
agricoltura
e
quindi
l
'
entità
dell
'
esodo
agrario
negli
ultimi
due
decenni
e
,
dall
'
altro
,
l
'
espansione
di
certe
categorie
sociali
che
svolgono
attività
extra
-
agricole
.
Le
cifre
sono
espresse
in
milioni
:
Coltivatori
Borghesia
Impiegati
Commercianti
diretti
ed
altri
-3,7
+0,1
+1,4
+0,6
=
-1,6
Salariati
agricoli
Salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
-1,1
+2,2
=
+1,1
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Occupazione
totale
-0,5
Queste
cifre
(
ricavate
dalla
tabella
1.1
)
non
consentono
illazioni
precise
e
inequivocabili
,
a
causa
del
carattere
molto
approssimativo
dei
dati
e
a
causa
di
processi
di
travaso
fra
le
classi
.
Tuttavia
è
possibile
ricavare
alcune
indicazioni
di
larga
massima
:
-
numerosi
contadini
proprietari
,
o
i
loro
figli
,
"
salgono
"
nelle
categorie
impiegatizie
o
,
in
misura
molto
piccola
,
al
livello
della
borghesia
vera
e
propria
,
ovvero
si
spostano
nella
categoria
dei
commercianti
e
di
altri
lavoratori
autonomi
;
-
altri
contadini
,
o
i
loro
figli
,
come
anche
la
massima
parte
dei
salariati
agricoli
,
diventano
salariati
in
attività
extra
-
agricole
.
Conviene
ricordare
che
per
i
salariati
che
lasciano
le
campagne
l
'
edilizia
costituisce
una
specie
di
sala
d
'
attesa
:
l
'
intento
è
trovare
impiego
nell
'
industria
manifatturiera
.
Se
l
'
edilizia
entra
in
crisi
,
molti
di
coloro
che
lavorano
in
tale
attività
ritornano
nelle
campagne
o
vanno
a
popolare
,
come
sottoproletari
,
le
bidonvilles
e
i
quartieri
poverissimi
delle
città
(
molti
sottoproletari
,
comunque
,
vivono
fra
occupazioni
saltuarie
nell
'
edilizia
e
piccoli
traffici
di
vario
genere
;
v
.
l
'
interessante
monografia
di
Giulio
Salierno
,
Il
sottoproletariato
in
Italia
,
Samonà
e
Savelli
,
Roma
,
1972
)
.
Poiché
un
'
elevata
quota
dei
salariati
che
lasciano
l
'
agricoltura
proviene
dalle
regioni
meridionali
,
appare
qui
una
importante
sovrapposizione
fra
esodo
agrario
ed
emigrazione
dal
Sud
al
Nord
.
Presumibilmente
,
i
contadini
proprietari
,
che
"
scendono
"
e
diventano
salariati
,
appartengono
agli
strati
più
poveri
,
mentre
i
contadini
che
"
salgono
"
appartengono
agli
strati
relativamente
più
benestanti
,
che
sono
in
grado
di
istruirsi
o
di
fare
istruire
adeguatamente
i
loro
figli
.
Di
"
proletarizzazione
"
in
senso
stretto
si
può
parlare
solo
per
quei
contadini
proprietari
che
diventano
salariati
.
Come
risulta
dalle
cifre
indicate
sopra
,
ha
luogo
,
sempre
negli
ultimi
venti
anni
,
una
flessione
dell
'
occupazione
circa
500
mila
persone
.
Questa
flessione
,
che
dal
punto
di
vista
puramente
statistico
dipende
dal
fatto
che
l
'
esodo
agrario
è
maggiore
dell
'
aumento
dell
'
occupazione
nelle
attività
extra
-
agricole
,
è
imputabile
principalmente
alla
flessione
netta
dell
'
occupazione
femminile
in
agricoltura
:
le
donne
che
lasciano
le
campagne
,
ove
svolgono
attività
ausiliarie
,
quando
vanno
in
città
insieme
con
i
mariti
o
con
i
padri
non
trovano
lavoro
a
causa
del
basso
grado
d
'
istruzione
e
di
qualificazione
ed
a
causa
delle
particolari
caratteristiche
della
domanda
di
lavoro
femminile
,
che
,
nella
domanda
complessiva
,
costituisce
la
frazione
marginale
:
due
fatti
,
questi
,
che
sono
fra
loro
interdipendenti
e
che
,
per
l
'
estensione
che
raggiungono
nel
nostro
paese
,
sono
di
natura
essenzialmente
patologica
.
In
complesso
,
e
facendo
riferimento
alla
classificazione
qui
adottata
,
sembra
che
negli
ultimi
venti
anni
l
'
esodo
agrario
si
traduca
in
larga
misura
a
spostamenti
interni
alle
classi
:
da
un
lato
molti
contadini
,
o
i
loro
figli
,
abbandonano
le
campagne
ma
restano
nell
'
ambito
di
quella
che
qui
è
stata
chiamata
piccola
borghesia
(
impiegatizia
o
relativamente
autonoma
)
;
dall
'
altro
lato
,
i
salariati
che
lasciano
l
'
agricoltura
,
o
i
loro
figli
,
restano
nell
'
ambito
della
"
classe
operaia
"
(
e
del
sottoproletariato
:
v
.
la
tabella
4.4
)
.
Tuttavia
,
anche
gli
spostamenti
interni
alle
classi
hanno
grande
rilievo
dal
punto
di
vista
dell
'
equilibrio
sociale
,
poiché
molto
diversi
sono
gl
'
interessi
e
gli
atteggiamenti
politici
prevalenti
nelle
sottoclassi
coinvolte
.
Gli
spostamenti
fra
l
'
una
e
l
'
altra
classe
riguardano
l
'
ascesa
di
un
certo
numero
,
molto
esiguo
,
di
contadini
proprietari
verso
la
borghesia
propriamente
detta
e
,
in
misura
più
consistente
,
la
discesa
di
un
buon
numero
di
contadini
proprietari
(
presumibilmente
:
contadini
poveri
)
verso
il
proletariato
extra
-
agricolo
.
Infine
,
una
parte
dell
'
esodo
si
traduce
in
flessione
netta
dell
'
occupazione
complessiva
.
La
tendenza
dell
'
occupazione
a
diminuire
merita
un
commento
particolare
.
Estendiamo
l
'
orizzonte
temporale
.
Dal
1881
al
1921
il
livello
assoluto
dell
'
occupazione
cresce
in
misura
rilevante
:
da
16,3
a
20,4
milioni
.
Dal
1921
al
1961
quel
livello
subisce
fluttuazioni
molto
modeste
e
,
tutto
sommato
,
varia
relativamente
poco
.
La
flessione
del
livello
assoluto
si
profila
nell
'
ultimo
decennio
,
non
per
un
'
accelerazione
dell
'
esodo
agrario
,
ma
a
causa
dell
'
indebolimento
dello
sviluppo
industriale
.
Come
conseguenza
di
questi
andamenti
,
la
quota
della
popolazione
attiva
sulla
popolazione
totale
che
nel
1881
superava
il
55%
,
oggi
non
raggiunge
il
36%
.
Questa
flessione
va
attribuita
,
in
parte
,
a
cause
di
natura
fisiologica
,
come
l
'
aumento
della
scolarità
e
il
ritiro
volontario
dal
mercato
del
lavoro
di
un
certo
numero
di
persone
anziane
per
il
miglioramento
delle
pensioni
.
Ma
per
una
quota
non
piccola
,
anche
se
non
facilmente
misurabile
,
si
tratta
di
un
fenomeno
patologico
:
lo
sviluppo
della
domanda
di
lavoro
è
troppo
debole
e
la
struttura
di
questa
domanda
non
è
quella
socialmente
desiderabile
.
4
.
Nord
,
Centro
e
Sud
L
'
evoluzione
economica
e
sociale
non
è
un
processo
uniforme
ed
equilibrato
in
nessun
paese
e
da
nessun
punto
di
vista
,
neppure
dal
punto
di
vista
territoriale
;
meno
che
mai
è
uniforme
nel
nostro
paese
,
dove
il
contrasto
fra
Nord
e
Sud
costituisce
il
più
grave
problema
nazionale
;
inoltre
,
come
si
è
già
osservato
,
le
stesse
classi
hanno
connotati
diversi
nelle
diverse
regioni
del
nostro
paese
.
Ma
prima
di
soffermarci
,
schematicamente
,
su
alcuni
aspetti
qualitativi
consideriamo
,
nelle
grandi
linee
,
gli
aspetti
quantitativi
(
v
.
le
tabelle
1.3
,
1.4
,
1.5
e
1.6
)
.
La
fondamentale
stabilità
delle
tre
grandi
classi
sociali
,
che
avevamo
notato
esaminando
i
dati
nazionali
,
si
nota
anche
al
livello
delle
tre
circoscrizioni
(
Nord
,
Centro
e
Sud
)
,
sebbene
a
questo
livello
le
oscillazioni
risultino
più
accentuate
.
Anche
per
queste
circoscrizioni
vale
l
'
osservazione
che
le
variazioni
più
importanti
hanno
luogo
all
'
interno
delle
classi
medie
e
della
classe
operaia
:
flessione
dei
lavoratori
autonomi
ed
aumento
degli
impiegati
;
flessione
dei
salariati
in
agricoltura
ed
aumento
dei
salariati
nelle
altre
attività
,
specialmente
nell
'
industria
.
Queste
flessioni
e
questi
aumenti
,
che
sono
l
'
espressione
di
un
processo
di
"
modernizzazione
"
,
hanno
luogo
in
tutte
e
tre
le
circoscrizioni
;
ma
,
com
'
era
da
attendersi
,
nel
Nord
sono
molto
più
accentuati
.
Soffermandoci
sulla
situazione
attuale
,
è
importante
osservare
che
oggi
,
nel
Sud
,
la
quota
degli
impiegati
privati
-
che
sono
direttamente
collegati
con
la
produzione
-
è
sensibilmente
inferiore
a
quella
nazionale
e
,
ancor
più
,
a
quella
del
Nord
.
Il
quadro
si
rovescia
se
si
considerano
gl
'
impiegati
pubblici
:
nel
Sud
la
quota
è
maggiore
della
media
nazionale
ed
è
molto
maggiore
di
quella
del
Nord
.
Le
quote
risultano
tutte
spostate
in
alto
di
un
punto
e
mezzo
o
due
punti
se
invece
degli
impiegati
pubblici
si
considerano
i
dipendenti
della
pubblica
amministrazione
,
i
quali
includono
anche
i
militari
e
i
salariati
.
Ecco
le
percentuali
sulla
popolazione
attiva
:
Nord
7,2
,
Centro
12,8
,
Sud
10,5
,
media
nazionale
9,2
.
Poiché
nel
Sud
,
che
è
un
'
area
arretrata
,
c
'
è
relativamente
meno
da
amministrare
che
nel
Nord
e
poiché
la
quota
del
Centro
è
spinta
in
alto
dalla
burocrazia
ministeriale
ubicata
a
Roma
,
appare
chiaro
che
la
quota
del
Sud
è
patologicamente
elevata
.
Quanto
ai
professionisti
,
è
interessante
rilevale
che
la
quota
degli
avvocati
sulla
popolazione
nel
Sud
è
pari
a
circa
il
doppio
di
quella
del
Nord
(
0,30
contro
lo
0,15%
)
.
Questo
è
il
risultato
di
due
spinte
:
da
un
lato
,
la
scarsezza
di
sbocchi
professionali
e
quindi
l
'
affollamento
di
questa
come
di
certe
altre
professioni
;
dall
'
altro
lato
,
la
litigiosità
nel
campo
economico
,
che
è
tanto
più
alta
quanto
più
povera
è
l
'
economia
e
quanto
più
stentato
e
diseguale
e
il
suo
sviluppo
.
Consideriamo
ora
la
classe
operaia
.
Nell
'
agricoltura
i
salariati
rappresentano
il
doppio
della
media
nazionale
(
6,2%
)
ed
oltre
tre
volte
la
quota
del
Nord
.
Viceversa
i
salariati
dell
'
industria
,
esclusa
l
'
edilizia
,
nel
Sud
rappresentano
una
quota
pari
alla
metà
della
media
nazionale
(
25%
)
ed
a
poco
più
di
un
terzo
della
quota
del
Nord
.
A
causa
dell
'
esodo
agrario
,
negli
ultimi
vent
'
anni
i
contadini
proprietari
(
più
i
mezzadri
e
i
fittavoli
)
e
i
salariati
si
riducono
sensibilmente
.
È
da
notare
che
la
velocità
assoluta
e
relativa
dell
'
esodo
agrario
nel
Sud
è
paragonabile
a
quella
dell
'
esodo
che
ha
avuto
luogo
nel
Nord
e
nel
Centro
,
sebbene
le
occasioni
di
lavoro
extra
-
agricolo
,
in
queste
due
aree
,
fossero
molto
maggiori
e
sebbene
l
'
emigrazione
in
regioni
lontane
(
o
all
'
estero
)
sia
molto
più
dolorosa
,
umanamente
,
di
spostamenti
nell
'
ambito
della
stessa
regione
.
Questo
fatto
è
chiaramente
la
conseguenza
delle
condizioni
di
miseria
e
di
deficienza
e
di
precarietà
delle
occupazioni
,
soprattutto
nelle
zone
agrarie
dell
'
interno
.
L
'
esodo
agrario
e
l
'
emigrazione
,
insieme
con
lo
sviluppo
molto
fiacco
della
domanda
di
lavoro
fuori
dall
'
agricoltura
,
spiegano
l
'
agghiacciante
caduta
nel
Sud
,
ben
più
grave
che
nel
Centro
e
nel
Nord
,
del
tasso
di
attività
.
Esodo
agrario
in
parte
patologico
,
ipotrofia
dell
'
industria
moderna
,
ipertrofia
del
pubblico
impiego
:
sono
queste
le
caratteristiche
economico
-
sociali
del
Mezzogiorno
.
In
generale
,
la
flessione
dei
gruppi
sociali
legati
all
'
agricoltura
e
l
'
accrescimento
di
quelli
urbani
tende
;
ad
aggravare
l
'
instabilità
politica
,
almeno
in
una
prima
lunga
fase
.
D
'
altra
parte
,
l
'
ipertrofia
dell
'
impiego
pubblico
accompagnata
all
'
ipotrofia
dell
'
impiego
privato
tende
,
come
sempre
,
in
linea
generale
,
a
rafforzare
le
posizioni
della
conservazione
,
poiché
gli
impiegati
privati
,
quando
sono
collegati
alla
produzione
e
,
in
particolare
,
alle
fabbriche
,
tendono
ad
essere
politicamente
più
"
progressisti
"
dei
loro
colleghi
del
settore
pubblico
,
ove
prospera
il
clientelismo
.
Tutto
questo
è
grave
e
preoccupante
,
ma
è
comprensibile
:
in
una
situazione
economica
come
quella
meridionale
,
la
domanda
di
lavoro
extra
-
agricolo
cresce
lentamente
;
soprattutto
i
giovani
appartenenti
ai
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
,
o
i
giovani
appartenenti
ai
ceti
medi
costituiti
dai
lavoratori
relativamente
autonomi
(
specialmente
artigiani
e
contadini
proprietari
)
,
che
non
vogliono
o
non
possono
trovare
impiego
nelle
attività
dei
loro
padri
,
premono
in
tutti
i
modi
per
ottenere
un
posto
,
un
impiego
,
dopo
essersi
muniti
di
un
diploma
o
di
una
laurea
.
In
queste
condizioni
,
le
fortune
stesse
degli
uomini
politici
sono
legate
alle
loro
capacità
di
procurare
"
posti
"
;
ed
i
"
posti
"
spesso
vengono
assegnati
in
gran
parte
in
modo
indipendente
dalla
capacità
delle
persone
.
Si
tratta
di
posti
a
livelli
umili
-
per
il
così
detto
personale
d
'
ordine
e
esecutivo
-
e
si
tratta
,
in
minor
misura
,
di
posti
a
livelli
relativamente
elevati
che
specialmente
negli
enti
locali
comportano
stipendi
buoni
,
relativamente
agli
altri
lavoratori
e
relativamente
alla
situazione
economica
.
Domina
dunque
,
nel
Mezzogiorno
,
il
clientelismo
politico
e
amministrativo
.
Gli
stessi
partiti
di
sinistra
,
quelli
che
hanno
la
falce
e
il
martello
e
magari
un
libro
come
simbolo
,
rimangono
inquinati
da
una
tale
situazione
.
Il
clientelismo
piccolo
-
borghese
rischia
di
travolgere
anche
questi
partiti
,
che
in
teoria
dovrebbero
costituire
,
in
primo
luogo
,
l
'
espressione
dei
contadini
più
poveri
e
dei
salariati
agricoli
(
falce
)
e
dei
lavoratori
salariati
nell
'
industria
(
martello
)
.
In
realtà
,
questi
partiti
,
almeno
negli
organismi
centrali
,
sono
gestiti
e
diretti
da
piccoli
borghesi
,
più
o
meno
illuminati
:
l
'
elogio
del
"
proletario
"
,
la
proclamazione
della
sua
egemonia
,
spesso
diventano
una
maschera
della
situazione
reale
,
in
cui
l
'
egemonia
è
dei
piccoli
borghesi
:
molto
libro
,
poco
martello
,
pochissima
falce
.
La
verità
è
che
i
piccoli
borghesi
hanno
conquistato
l
'
elettorato
attivo
e
quello
passivo
,
mentre
gli
uomini
della
falce
e
del
martello
di
regola
hanno
solo
l
'
elettorato
attivo
.
Le
critiche
ed
anzi
le
invettive
che
Gaetano
Salvemini
scaglia
contro
la
piccola
borghesia
meridionale
sono
dunque
largamente
valide
anche
oggi
.
Ecco
qualche
citazione
:
"
La
vita
pubblica
nel
Mezzogiorno
è
assolutamente
impraticabile
per
chi
non
sia
una
canaglia
(...)
.
Va
da
sé
che
le
lotte
fra
le
fazioni
non
hanno
nessun
contenuto
né
sociale
né
politico
.
Si
tratta
di
clientele
concorrenti
in
cui
si
scinde
l
'
unica
classe
dominante
(...)
.
Se
qualcosa
c
'
è
da
dire
sugli
ideali
dei
vari
eserciti
in
lotta
,
è
che
tutti
hanno
lo
stesso
ideale
:
togliersi
un
po
'
di
fame
sul
bilancio
del
comune
"
(
La
piccola
borghesia
intellettuale
nel
Mezzogiorno
d
'
Italia
,
saggio
del
1911
incluso
nel
volume
Movimento
socialista
e
questione
meridionale
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1963
,
pp.
487-93
)
.
Nel
nostro
tempo
,
in
alcuni
centri
meridionali
ove
si
sono
insediate
grandi
imprese
si
è
creato
un
peculiare
modus
vivendi
,
di
tacita
divisione
di
attività
fra
la
piccola
borghesia
locale
e
i
dirigenti
delle
nuove
unità
industriali
:
i
piccoli
borghesi
locali
si
occupano
dell
'
amministrazione
pubblica
,
assai
spesso
con
metodi
clientelari
non
molto
diversi
dagli
antichi
,
e
i
dirigenti
si
occupano
dell
'
attività
produttiva
:
sfortunatamente
,
non
c
'
è
stata
,
o
non
c
'
è
ancora
stata
,
una
vera
integrazione
su
un
livello
moderno
e
civilmente
accettabile
(
A
.
Graziani
,
Il
Mezzogiorno
nell
'
economia
italiana
degli
ultimi
anni
,
nel
volume
Nord
e
Sud
nella
società
e
nell
'
economia
italiana
di
oggi
,
Atti
del
convegno
promosso
dalla
Fondazione
Luigi
Einaudi
,
Torino
,
1968
,
spec
.
pp.
34-7
)
.
Dal
principio
del
secolo
ad
oggi
,
dunque
,
le
condizioni
della
vita
pubblica
sembra
siano
mutate
più
nella
forma
che
nella
sostanza
.
In
gran
parte
le
cose
stanno
proprio
così
.
Tuttavia
,
se
l
'
osservatore
riesce
a
dominare
le
sue
emozioni
e
l
'
angoscia
e
la
rabbia
di
fronte
ad
uno
spettacolo
spesso
barbaro
ed
incivile
,
egli
deve
riconoscere
che
molte
cose
sono
cambiate
anche
nella
sostanza
;
ed
i
cambiamenti
hanno
avuto
luogo
non
solo
nelle
campagne
(
le
condizioni
economiche
dei
contadini
sono
molto
migliorate
ed
il
loro
numero
è
fortemente
diminuito
per
via
dell
'
emigrazione
)
,
ma
anche
nelle
città
dove
,
in
certi
casi
,
sono
sorti
nuclei
piccoli
ma
dinamici
di
classe
operaia
moderna
.
I
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
,
che
sono
in
forte
espansione
,
destano
le
maggiori
preoccupazioni
poiché
costituiscono
il
terreno
ideale
per
la
coltura
e
lo
sviluppo
dei
virus
del
clientelismo
,
che
diventa
mafia
quando
assume
connotati
criminali
.
Tuttavia
,
perfino
in
quest
'
ambito
vi
sono
cambiamenti
rilevanti
o
almeno
potenzialmente
rilevanti
,
grazie
all
'
accresciuta
mobilità
delle
persone
ed
al
miglioramento
del
livello
culturale
e
grazie
alle
conseguenze
dell
'
irrobustimento
dei
sindacati
,
a
cominciare
da
quelli
degli
operai
,
irrobustimento
che
rende
più
difficili
di
quanto
fossero
ai
tempi
di
Salvemini
le
prevaricazioni
e
gli
abusi
sistematici
.
È
legittimo
sperare
che
,
lottando
molto
duramente
,
cambiamenti
più
vasti
e
profondi
possano
essere
,
attuati
;
ma
occorre
tener
sempre
ben
presente
che
assai
grave
è
il
peso
della
storia
recente
e
,
ancor
più
,
il
peso
della
storia
passata
:
non
bisogna
farsi
nessuna
illusione
sui
tempi
e
sugli
sforzi
necessari
.
5
.
Marx
e
la
piccola
borghesia
Mentre
Marx
aveva
esattamente
previsto
la
flessione
della
piccola
borghesia
agraria
e
dell
'
artigianato
di
tipo
antico
,
bisogna
dire
che
egli
non
aveva
previsto
né
lo
sviluppo
dell
'
artigianato
di
tipo
nuovo
né
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
.
È
vero
:
in
un
passo
sovente
citato
della
Storia
delle
teorie
economiche
(
Einaudi
,
Torino
,
1935
,
vol.
II
,
p
.
634
)
Marx
,
dopo
aver
notato
che
il
progresso
tecnico
fa
aumentare
il
reddito
netto
,
afferma
che
questo
aumento
a
sua
volta
dà
luogo
ad
una
"
costante
espansione
delle
classi
che
si
trovano
in
mezzo
fra
gli
operai
da
un
lato
ed
i
capitalisti
e
i
proprietari
fondiari
dall
'
altro
,
le
quali
in
gran
parte
sono
mantenute
direttamente
dal
reddito
e
,
mentre
gravano
sulla
sottostante
base
lavoratrice
,
accrescono
la
sicurezza
e
la
potenza
sociale
dei
diecimila
soprastanti
"
.
Tuttavia
,
questa
osservazione
rimane
isolata
;
sembra
che
Marx
attribuisca
maggiore
importanza
ad
un
'
altra
conseguenza
del
progresso
della
tecnica
in
regime
capitalistico
,
una
conseguenza
che
egli
considera
nel
primo
libro
del
Capitale
(
l
'
unico
che
abbia
rivisto
e
completato
per
la
pubblicazione
)
:
"
lo
straordinario
aumento
raggiunto
dalla
forza
produttiva
nelle
sfere
della
grande
industria
-
egli
scrive
-
permette
di
adoperare
improduttivamente
una
parte
sempre
maggiore
della
classe
operaia
e
quindi
di
riprodurre
specialmente
gli
antichi
schiavi
domestici
sotto
il
nome
di
"
classe
di
servitori
"
,
come
camerieri
,
serve
,
lacchè
,
ecc
.
,
sempre
più
in
massa
"
;
e
per
suffragare
le
sue
tesi
si
ferma
ad
esaminare
alcune
statistiche
inglesi
(
libro
I
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1952
,
vol.
II
,
pp.
154-5
)
.
La
prima
osservazione
,
quella
riguardante
le
classi
medie
,
era
sulla
strada
giusta
;
lo
stesso
non
si
può
dire
della
seconda
:
a
quanto
pare
la
tendenza
all
'
aumento
dei
servitori
durò
pochi
decenni
e
fu
poi
sostituita
da
una
tendenza
opposta
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
2.1
)
.
In
ogni
modo
,
la
"
questione
dei
domestici
"
,
pur
essendo
apparentemente
umile
,
presenta
interesse
,
poiché
ha
fatto
parte
integrante
di
un
certo
modo
di
vita
e
riveste
comunque
rilevanza
nelle
famiglie
della
media
e
piccola
borghesia
(
per
quelle
della
grande
borghesia
la
questione
si
pone
in
termini
assai
diversi
)
.
La
questione
delle
classi
medie
,
pressoché
ignorata
da
Marx
sul
piano
dell
'
elaborazione
concettuale
,
è
stata
acutamente
e
ripetutamente
discussa
da
un
grande
pensatore
che
si
dichiara
seguace
di
Marx
e
cioè
da
Mao
Tse
-
tung
(
v
.
specialmente
il
saggio
Analisi
delle
classi
sociali
cinesi
incluso
nel
I
volume
delle
Opere
scelte
,
Casa
editrice
in
lingue
estere
,
Pechino
,
1969
)
.
Quell
'
accenno
all
'
espansione
delle
classi
medie
,
dunque
,
resta
isolato
,
come
restano
isolate
altre
osservazioni
-
geniali
,
considerando
il
tempo
in
cui
Marx
scriveva
-
sui
dirigenti
industriali
(
managers
)
e
sui
tecnici
.
Riguardo
alle
classi
medie
sembra
che
tanto
le
conseguenze
analitiche
quanto
le
conseguenze
politiche
rimangano
,
per
Marx
,
quelle
che
egli
insieme
con
Engels
considerava
nel
Manifesto
,
nel
quale
prospettava
il
declino
,
fin
quasi
alla
sparizione
in
quanto
forza
sociale
e
politica
,
della
piccola
borghesia
,
che
nello
stesso
Manifesto
è
vista
come
una
classe
composta
da
contadini
proprietari
,
artigiani
e
piccoli
commercianti
.
Nelle
opere
storiche
concrete
(
per
esempio
:
Le
lotte
di
classe
in
Francia
dal
1848
al
1850
,
Il
18
brumaio
di
Luigi
Bonaparte
)
,
Marx
considera
diverse
classi
e
sottoclassi
e
mostra
di
essere
ben
consapevole
del
ruolo
della
piccola
borghesia
.
Egli
mette
in
rilievo
i
conflitti
fra
la
borghesia
industriale
moderna
,
da
un
lato
,
e
la
borghesia
agraria
e
quella
finanziaria
dall
'
altro
:
è
la
lotta
fra
il
nuovo
ed
il
vecchio
nel
seno
stesso
della
classe
dominante
,
la
lotta
attraverso
la
quale
la
borghesia
industriale
cerca
di
imporre
il
suo
predominio
;
le
altre
frazioni
della
borghesia
,
a
loro
volta
,
cercano
di
allearsi
alla
piccola
borghesia
.
Ma
la
piccola
borghesia
di
Marx
è
essenzialmente
quella
di
tipo
tradizionale
,
che
nel
tempo
avrebbe
subito
una
"
inevitabile
decadenza
"
,
così
come
le
altre
frazioni
della
grande
borghesia
avrebbero
progressivamente
perduto
d
'
importanza
,
lasciando
libero
il
campo
ai
due
grandi
protagonisti
-
antagonisti
:
la
borghesia
industriale
e
il
proletariato
industriale
.
La
successiva
evoluzione
delle
classi
sociali
non
ha
corrisposto
alla
previsione
di
Marx
.
Il
fatto
nuovo
più
rilevante
nell
'
evoluzione
delle
classi
nel
nostro
paese
,
come
anche
negli
altri
paesi
che
si
sono
andati
sviluppando
secondo
lo
schema
capitalistico
,
è
stato
appunto
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
,
in
via
subordinata
,
di
quella
commerciale
.
Se
la
borghesia
vera
e
propria
(
la
grande
e
media
borghesia
)
può
essere
quasi
certamente
considerata
come
una
classe
sia
dal
punto
di
vista
sociale
sia
da
quello
politico
;
e
se
la
classe
operaia
,
anche
in
seguito
allo
sviluppo
di
molte
imprese
moderne
e
alla
forte
flessione
dei
salariati
agricoli
,
comincia
probabilmente
ora
ad
assumere
i
caratteri
di
una
classe
,
almeno
nel
suo
nucleo
più
omogeneo
(
salariati
dell
'
industria
moderna
)
,
la
piccola
borghesia
-
i
ceti
medi
-
non
sono
propriamente
una
classe
:
si
può
parlare
,
al
massimo
,
di
una
quasi
classe
,
che
possiede
alcune
solidarietà
di
fondo
(
per
ragioni
economiche
e
culturali
)
,
ma
che
è
suddivisa
in
tanti
e
tanti
gruppi
,
con
interessi
economici
diversi
e
spesso
contrastanti
,
con
diversi
tipi
di
cultura
e
con
diversi
livelli
di
quella
che
si
potrebbe
chiamare
moralità
civile
.
È
stato
sostenuto
,
soprattutto
da
studiosi
marxisti
,
che
è
in
atto
un
processo
di
proletarizzazione
(
culturale
e
politica
,
più
che
economica
)
dei
ceti
medi
.
Per
contro
,
è
stato
sostenuto
,
da
critici
del
marxismo
,
che
è
in
atto
un
processo
di
"
integrazione
"
e
di
imborghesimento
(
economico
,
culturale
e
politico
)
della
classe
operaia
.
Non
posso
entrare
in
tali
questioni
,
che
sono
state
dibattute
a
lungo
dai
sociologi
e
continuano
ad
essere
discusse
.
Tuttavia
,
considero
false
entrambe
le
tesi
se
ad
esse
si
vuole
attribuire
validità
generale
:
è
vero
,
invece
,
che
certi
strati
dei
ceti
medi
tendono
a
proletarizzarsi
,
così
come
è
vero
che
tendono
a
imborghesirsi
alcuni
strati
superiori
della
classe
operaia
.
È
possibile
che
il
processo
di
proletarizzazione
di
certi
strati
dei
ceti
medi
compia
rapidi
progressi
(
v
.
oltre
,
parte
I
,
cap
.
7
)
;
ed
è
possibile
al
contrario
che
il
processo
d
'
imborghesimento
col
tempo
si
estenda
addirittura
a
tutta
la
classe
operaia
;
come
è
possibile
che
tutto
ciò
non
avvenga
.
Quel
che
è
certo
è
che
oggi
la
classe
operaia
italiana
è
ancora
molto
arretrata
:
sono
ancora
numerosi
i
salariati
agricoli
,
fissi
e
giornalieri
(
braccianti
)
;
numerosi
sono
anche
gli
occupati
nell
'
edilizia
,
un
'
attività
dispersa
e
in
gran
parte
arretrata
.
Nell
'
industria
,
inclusa
l
'
edilizia
,
gli
operai
occupati
in
unità
con
oltre
100
addetti
-
le
unità
industriali
moderne
-
sono
circa
2
milioni
(
poco
più
di
un
quinto
dell
'
intera
classe
operaia
:
v
.
le
tabelle
4.2
e
4.3
)
.
Al
polo
opposto
vi
sono
oltre
3
milioni
e
mezzo
di
occupati
precari
,
tre
quarti
dei
quali
si
trovano
nel
Mezzogiorno
,
dove
tuttavia
vive
soltanto
un
terzo
della
popolazione
totale
(
nella
tabella
1.1
gli
occupati
precari
e
,
in
particolare
,
i
sottoproletari
non
sono
considerati
separatamente
;
alcune
stime
di
larga
massima
sono
indicate
nella
tabella
4.4
)
.
Ricordiamoci
poi
che
oltre
il
70%
di
coloro
che
appartengono
alle
forze
di
lavoro
al
massimo
ha
la
licenza
elementare
;
e
si
deve
presumere
che
in
gran
parte
queste
persone
siano
lavoratori
salariati
(
vedi
la
tabella
6.2
)
.
Il
quadro
è
spaventoso
;
ma
la
politica
dello
struzzo
non
ha
mai
giovato
a
nessuno
.
6
,
La
rapida
espansione
della
burocrazia
privata
e
pubblica
Perché
è
cresciuta
tanto
la
piccola
borghesia
impiegatizia
?
Principalmente
per
tre
ragioni
.
In
primo
luogo
,
per
il
progresso
tecnico
e
organizzativo
,
che
ha
portato
ad
un
continuo
aumento
nelle
dimensioni
e
quindi
ad
una
"
burocratizzazione
"
di
molte
imprese
ed
ha
dato
luogo
alla
formazione
e
allo
sviluppo
di
nuovi
uffici
pubblici
per
amministrare
tutti
quegli
interventi
necessari
per
sostenere
lo
sviluppo
delle
grandi
imprese
o
per
puntellare
o
"
salvare
"
quelle
grandi
imprese
che
si
venivano
a
trovare
in
difficoltà
.
Al
tempo
stesso
,
diverse
grandi
imprese
,
salvate
appunto
nei
periodi
di
crisi
ovvero
create
dall
'
autorità
pubblica
per
sostenere
lo
sviluppo
del
reddito
e
dell
'
occupazione
,
sono
diventate
imprese
pubbliche
e
gl
'
impiegati
sono
entrati
a
far
parte
di
una
burocrazia
di
tipo
nuovo
,
formalmente
privata
ma
sostanzialmente
pubblica
(
nella
tabella
1.1
questi
sono
inclusi
fra
gli
impiegati
privati
)
.
In
secondo
luogo
,
è
stato
creato
e
poi
progressivamente
allargato
un
gran
numero
di
organismi
e
di
uffici
pubblici
per
amministrare
le
così
dette
spese
di
trasferimento
(
che
oggi
rappresentano
circa
il
40%
del
bilancio
pubblico
)
:
è
questo
il
risultato
di
una
vasta
opera
di
"
mediazione
"
(
l
'
espressione
è
di
Augusto
Illuminati
)
,
attuata
dalla
classe
dominante
per
stabilizzare
il
sistema
sociale
dando
,
sia
pure
in
parte
,
soddisfazione
alle
richieste
delle
classi
subalterne
:
si
tratta
essenzialmente
di
pensioni
1e
di
contributi
agli
enti
di
previdenza
e
di
assistenza
.
In
terzo
luogo
,
un
numero
crescente
di
persone
,
che
erano
riuscite
a
conseguire
un
diploma
o
una
laurea
,
sono
poi
riuscite
a
entrare
nella
burocrazia
centrale
o
locale
grazie
a
pressioni
clientelari
o
politiche
:
non
i
funzionari
a
servizio
del
pubblico
,
ma
il
pubblico
a
servizio
dei
funzionari
.
In
questi
casi
gli
stipendi
non
sono
altro
che
larvati
sussidi
di
disoccupazione
;
in
ultima
analisi
,
anche
questi
casi
sono
la
conseguenza
di
una
particolare
opera
di
stabilizzazione
sociale
e
politica
.
Mentre
i
casi
relativi
ai
primi
due
ordini
di
motivi
possono
essere
considerati
fisiologici
,
quelli
del
terzo
ordine
di
motivi
sono
certamente
patologici
dal
punto
di
vista
economico
.
Che
l
'
inflazione
patologica
della
burocrazia
abbia
assunto
,
in
Italia
,
proporzioni
cospicue
è
provato
,
oltre
che
dall
'
esperienza
diretta
,
da
almeno
due
fatti
.
1
)
L
'
incidenza
degli
impiegati
pubblici
sull
'
occupazione
totale
è
sensibilmente
più
alta
nel
Sud
di
quanto
sia
nel
Nord
;
e
nessuno
potrà
credere
che
nelle
regioni
meridionali
le
esigenze
del
primo
e
del
secondo
ordine
siano
maggiori
che
nelle
più
evolute
regioni
settentrionali
.
(
Naturalmente
ho
escluso
dal
confronto
le
regioni
del
Centro
,
dove
si
trova
,
a
Roma
,
la
burocrazia
ministeriale
)
.
2
)
Di
tanto
in
tanto
il
governo
promette
premi
e
liquidazioni
speciali
per
indurre
un
certo
numero
d
'
impiegati
a
dimettersi
e
a
lasciare
la
burocrazia
;
provvedimenti
che
non
rimediano
a
nulla
,
sia
per
i
loro
limitatissimi
effetti
,
sia
perché
l
'
inflazione
patologica
non
si
distribuisce
in
modo
uniforme
in
tutti
i
rami
della
pubblica
amministrazione
,
ma
è
particolarmente
grave
nel
caso
del
personale
puramente
amministrativo
e
poco
qualificato
;
negli
uffici
tecnici
vi
è
anzi
carenza
di
personale
specializzato
.
(
Anche
a
questo
motivo
va
attribuita
l
'
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
)
.
La
conformazione
della
burocrazia
italiana
è
simile
,
insomma
,
a
quella
che
assume
il
corpo
di
molti
bambini
sottonutriti
del
terzo
mondo
:
un
ventre
patologicamente
gonfio
,
uno
scheletro
debolissimo
e
insufficientemente
sviluppato
.
Non
si
deve
pensare
,
tuttavia
,
che
i
larvati
sussidi
di
disoccupazione
,
ossia
gli
stipendi
non
giustificati
dalle
"
necessità
sociali
della
produzione
"
e
dell
'
amministrazione
,
riguardino
solo
certi
strati
inferiori
della
burocrazia
.
In
alcune
sfere
dell
'
alta
burocrazia
,
nell
'
area
degli
enti
pubblici
e
delle
aziende
municipalizzate
si
trovano
numerose
persone
la
cui
attività
sarebbe
arduo
giustificare
con
quelle
necessità
sociali
.
Sono
persone
che
riescono
a
"
farsi
assegnare
taglie
ingenti
sul
reddito
nazionale
"
approfittando
di
una
sorta
di
omertà
di
classe
e
facendo
leva
sulle
"
necessità
politiche
del
gruppo
fondamentale
dominante
"
(
Gramsci
,
Gli
intellettuali
e
l
'
organizzazione
della
cultura
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
p
.
10
)
.
Come
in
parte
si
può
desumere
da
quanto
si
è
detto
dianzi
e
in
parte
potrà
apparire
più
oltre
nel
capitolo
riguardante
il
fascismo
(
parte
I
,
cap
.
9
)
,
la
espansione
patologica
della
burocrazia
è
anche
il
risultato
di
situazioni
politiche
di
stallo
che
più
volte
si
sono
create
nel
nostro
paese
nei
periodi
in
cui
più
aspri
sono
stati
i
conflitti
fra
borghesia
vera
e
propria
e
strati
più
o
meno
ampi
di
lavoratori
salariati
(
fra
i
due
litiganti
il
terzo
gode
)
.
In
quei
periodi
gli
strati
più
elevati
della
borghesia
hanno
favorito
le
concessioni
,
in
termini
di
impieghi
e
di
aumenti
di
stipendi
,
ai
funzionari
e
specialmente
ai
funzionari
di
grado
più
elevato
,
per
tirarli
dalla
propria
parte
.
In
siffatti
periodi
la
burocrazia
non
solo
si
espande
,
ma
acquista
un
potere
relativamente
autonomo
,
per
la
"
crisi
di
autorità
"
e
il
"
vuoto
di
potere
"
che
risultano
dalla
situazione
di
stallo
fra
i
maggiori
contendenti
.
Probabilmente
quello
che
stiamo
vivendo
oggi
in
Italia
costituisce
uno
di
tali
periodi
[
Sono
stato
indotto
ad
esprimere
le
osservazioni
contenute
in
questo
capoverso
dopo
la
lettura
dei
commenti
critici
che
Marcello
Colitti
mi
ha
comunicato
in
una
lettera
.
Cfr
.
M
.
Colitti
,
Le
grandi
imprese
e
lo
Stato
,
Einaudi
,
Torino
1972
e
A
.
Gramsci
,
Note
sul
Machiavelli
,
Einaudi
,
Torino
1953
,
pp.
50-62
.
]
.
Privilegiata
,
però
,
non
è
l
'
intera
burocrazia
,
ma
solo
la
fetta
già
elevata
;
e
un
'
analoga
considerazione
vale
per
tutti
gli
altri
ceti
medi
.
Più
precisamente
,
vi
sono
aree
di
privilegio
sia
in
singoli
settori
di
attività
,
protetti
economicamente
e
politicamente
,
o
,
nell
'
ambito
di
tutti
o
quasi
tutti
i
settori
,
al
vertice
delle
diverse
gerarchie
.
In
via
generale
,
le
condizioni
economiche
delle
classi
medie
(
esclusi
i
contadini
proprietari
,
che
costituiscono
un
caso
a
parte
)
sono
tanto
migliori
rispetto
a
quelle
della
classe
operaia
quanto
più
tardivo
è
il
processo
di
sviluppo
dell
'
industria
moderna
e
quanto
più
debole
è
la
forza
contrattuale
della
classe
dei
lavoratori
salariati
,
per
la
presenza
di
un
'
ampia
disoccupazione
manifesta
e
nascosta
,
soprattutto
in
agricoltura
.
In
queste
condizioni
,
infatti
,
i
salari
reali
aumentano
ad
un
saggio
relativamente
lento
,
cosicché
i
lavoratori
partecipano
in
misura
modesta
all
'
aumento
del
sovrappiù
sociale
,
o
reddito
netto
;
di
conseguenza
,
una
parte
crescente
del
sovrappiù
diviene
disponibile
per
i
non
salariati
:
capitalisti
veri
e
propri
,
proprietari
di
case
e
di
terreni
e
ceti
medi
,
che
mettono
a
frutto
la
loro
posizione
di
quasi
monopolio
dell
'
istruzione
media
e
superiore
.
Di
qui
,
l
'
aumento
del
benessere
relativo
di
certi
strati
di
impiegati
e
di
commercianti
.
(
Questa
ipotesi
,
che
è
emersa
da
una
conversazione
con
Fernando
Vianello
,
andrebbe
verificata
sulla
base
di
confronti
con
l
'
evoluzione
delle
classi
e
dei
gruppi
sociali
in
altri
paesi
,
specialmente
di
quelli
molto
sviluppati
e
,
all
'
opposto
,
relativamente
arretrati
.
Un
punto
di
partenza
per
tali
confronti
può
essere
offerto
dall
'
ottimo
volume
di
Gino
Germani
,
Sociologia
della
modernizzazione
.
L
'
esperienza
dell
'
America
Latina
,
Laterza
,
Bari
,
1971
,
particolarmente
i
capp
.
VI
e
X
)
.
7
.
L
'
ubiquità
della
piccola
borghesia
Sebbene
la
piccola
borghesia
non
costituisca
propriamente
una
classe
,
essa
tuttavia
,
come
certi
santi
,
possiede
il
dono
dell
'
ubiquità
.
Gli
stessi
interessi
della
classe
operaia
sono
in
gran
parte
gestiti
-
almeno
sul
piano
politico
e
su
quello
delle
organizzazioni
sindacali
centrali
-
da
membri
della
piccola
borghesia
,
i
quali
a
differenza
dei
lavoratori
salariati
hanno
,
fra
gli
altri
privilegi
,
più
tempo
libero
e
un
più
elevato
grado
d
'
istruzione
.
Pur
amministrando
la
cosa
pubblica
e
,
nella
massima
parte
,
gli
apparati
dei
partiti
politici
,
e
pur
condizionando
ampiamente
i
gusti
e
le
aspirazioni
sociali
,
non
si
può
affermare
che
il
"
potere
"
sia
nelle
mani
di
questa
quasi
classe
.
Nei
paesi
economicamente
più
evoluti
i
piccoli
borghesi
sono
gli
amministratori
universali
;
condizionano
le
scelte
di
fondo
-
fin
quasi
ad
esercitare
in
molti
casi
una
specie
di
potere
di
veto
-
,
ma
non
sono
loro
a
prenderle
.
Se
si
considera
che
la
piccola
borghesia
è
spezzettata
in
tanti
e
tanti
gruppi
(
localmente
,
in
tante
e
tante
clientele
)
e
che
non
pochi
di
questi
gruppi
sono
costituiti
in
misura
notevole
da
individui
famelici
,
servili
e
culturalmente
rozzi
-
da
quelli
che
chiamerei
i
topi
nel
formaggio
-
si
comprende
perché
nella
nostra
vita
pubblica
siano
così
diffuse
certe
pratiche
non
di
rado
sgradevoli
e
perfino
ripugnanti
della
nostra
vita
pubblica
,
fra
cui
sono
da
annoverare
molte
pratiche
di
sottogoverno
.
Forse
gli
strati
civilmente
più
robusti
della
piccola
borghesia
s
sono
da
ricercare
ai
due
estremi
:
fra
quelli
di
formazione
più
antica
(
che
hanno
certe
"
tradizioni
"
)
e
quelli
di
formazione
più
recente
e
appartenenti
a
famiglie
non
proprio
miserabili
(
i
cui
membri
anziani
,
di
origine
contadina
e
operaia
,
hanno
impartito
un
'
educazione
"
austera
"
ai
membri
più
giovani
)
;
mentre
fra
gli
strati
di
formazione
intermedia
,
specialmente
se
provengono
da
famiglie
miserabili
,
si
ritrovano
più
di
frequente
gli
individui
peggiori
,
disposti
a
intraprendere
l
'
ascesa
sociale
e
la
scalata
al
benessere
con
ogni
mezzo
.
Questi
individui
,
se
restano
ai
margini
,
in
posizioni
umili
quanto
a
reddito
e
quanto
a
prestigio
sociale
,
sono
spesso
indotti
,
dall
'
ansia
di
differenziarsi
dalle
classi
di
provenienza
,
a
prendere
anche
politicamente
le
posizioni
più
reazionarie
.
L
'
instabilità
politica
e
la
superficialità
culturale
che
caratterizzano
numerosi
strati
della
piccola
borghesia
,
insieme
con
l
'
acuto
desiderio
di
sfuggire
ad
una
vita
mediocre
e
squallida
e
di
"
emergere
"
ad
ogni
costo
,
possono
contribuire
a
spiegare
i
salti
acrobatici
compiuti
da
certi
individui
dall
'
estrema
sinistra
all
'
estrema
destra
(
molto
raramente
nella
direzione
opposta
)
:
uno
dei
più
noti
campioni
di
questo
genere
di
salti
è
,
nella
nostra
storia
,
Benito
Mussolini
,
rappresentante
caratteristico
di
certi
strati
della
piccola
borghesia
provinciale
.
Debbo
insistere
:
non
vedo
,
nella
piccola
borghesia
soltanto
individui
di
questo
tipo
;
non
vedo
questa
quasi
classe
soltanto
a
colori
foschi
.
Certo
,
a
causa
della
nostra
storia
,
la
fascia
che
può
esser
vista
a
colori
non
foschi
è
piuttosto
esile
;
ma
esiste
;
ed
in
questa
fascia
risiede
una
delle
speranze
per
il
futuro
.
In
ogni
modo
,
l
'
espressione
"
piccola
borghesia
"
,
spesso
usata
in
senso
quasi
dispregiativo
,
non
deve
trarre
in
inganno
:
in
questa
quasi
classe
,
non
meno
che
nelle
altre
,
si
trovano
individui
di
grande
onestà
civile
,
di
grande
coraggio
e
di
grande
forza
d
'
animo
:
furono
molti
i
piccoli
borghesi
che
morirono
nella
Resistenza
o
nei
campi
di
concentramento
nazisti
.
Ma
anche
fra
i
torturatori
erano
assai
numerosi
i
piccoli
borghesi
.
La
mediocrità
della
vita
quotidiana
di
moltissime
famiglie
piccolo
-
borghesi
non
esclude
dunque
-
anzi
,
forse
,
in
certe
circostanze
contribuisce
a
determinare
-
una
polarizzazione
verso
gli
estremi
,
verso
il
meglio
ed
il
peggio
che
si
può
trovare
nell
'
umanità
.
Proprio
a
causa
della
sua
frammentazione
in
tanti
`
e
tanti
gruppi
e
per
la
sua
eterogeneità
economica
e
sociale
,
la
piccola
borghesia
è
politicamente
instabile
.
L
'
instabilità
è
accresciuta
dal
fatto
che
,
per
non
essere
costretti
,
come
gli
operai
,
ad
una
dura
disciplina
di
lavoro
e
ad
uno
sforzo
incessante
di
sopravvivenza
,
molti
piccoli
borghesi
-
fra
cui
sono
numerosi
intellettuali
-
hanno
una
non
indifferente
zona
discrezionale
,
ossia
possono
scegliere
,
per
il
bene
o
per
il
male
,
entro
limiti
relativamente
più
ampi
non
solo
degli
operai
,
ma
perfino
della
grande
e
media
borghesia
,
i
cui
membri
subiscono
fortemente
le
pressioni
della
loro
classe
,
assai
più
omogenea
della
piccola
borghesia
.
L
'
instabilità
e
la
polivalenza
o
indeterminatezza
politica
della
piccola
borghesia
assumono
la
massima
intensità
nei
suoi
strati
giovanili
.
Nei
movimenti
giovanili
piccolo
-
borghesi
,
specialmente
,
in
quello
che
è
stato
il
movimento
studentesco
e
poi
negli
attuali
gruppi
extra
-
parlamentari
di
estrema
sinistra
,
confluiscono
le
motivazioni
e
gl
'
impulsi
più
diversi
:
alcuni
certamente
nobili
e
degni
del
massimo
rispetto
,
altri
assai
poco
rispettabili
.
Numerosi
giovani
o
giovanissimi
hanno
scoperto
l
'
esistenza
delle
classi
e
le
discriminazioni
e
le
tremende
ingiustizie
che
discendono
da
questa
realtà
e
sovente
si
sono
gettati
all
'
estrema
sinistra
per
una
sorta
di
complesso
di
colpa
derivante
dai
privilegi
di
cui
si
sono
accorti
di
godere
,
o
per
un
"
inconscio
desiderio
di
realizzare
essi
l
'
egemonia
della
loro
propria
classe
sul
popolo
"
(
Gramsci
,
Gli
intellettuali
e
l
'
organizzazione
della
cultura
,
cit
.
,
p
.
43
)
.
Numerosi
giovani
e
giovanissimi
hanno
messo
sotto
accusa
i
padri
,
molti
dei
quali
avevano
la
coda
di
paglia
(
il
contrasto
fra
giovani
e
anziani
è
antico
quanto
l
'
umanità
;
oggi
,
cadute
molte
bardature
ipocrite
,
ha
assunto
in
molti
paesi
forme
nuove
ed
esasperate
)
.
La
tensione
,
fra
gli
studenti
,
i
diplomati
e
i
laureati
,
è
stata
aggravata
dalla
crescente
disoccupazione
intellettuale
-
un
fenomeno
anche
questo
antico
,
che
di
recente
ha
assunto
proporzioni
molto
gravi
,
sia
per
l
'
impulso
proveniente
dallo
sviluppo
del
sistema
economico
verso
una
più
larga
base
per
la
selezione
di
tecnici
e
di
specialisti
,
sia
per
l
'
accresciuto
reddito
di
famiglie
appartenenti
a
gruppi
sociali
relativamente
meno
agiati
,
che
hanno
potuto
inviare
i
loro
figli
alle
scuole
di
ordine
superiore
e
far
loro
prendere
un
diploma
o
una
laurea
,
senza
però
che
,
nell
'
economia
,
la
domanda
di
lavoro
intellettuale
aumentasse
in
misura
corrispondente
all
'
offerta
.
L
'
instabilità
e
la
polivalenza
politica
della
piccola
borghesia
trovano
un
contrappeso
,
o
un
correttivo
,
in
una
serie
di
elementi
ai
quali
è
necessario
dedicare
un
brevissimo
cenno
.
Per
ottenere
e
mantenere
il
"
consenso
"
e
la
lealtà
dei
ceti
piccolo
-
borghesi
verso
il
così
detto
"
sistema
"
e
,
possibilmente
,
per
mantenerli
in
uno
stato
di
subordinazione
,
in
una
parola
per
rafforzare
ed
allargare
le
propensioni
conservatrici
di
quei
ceti
,
la
classe
dominante
tende
,
da
un
lato
,
a
facilitare
moderatamente
la
mobilità
ascendente
di
quei
ceti
e
,
dall
'
altro
,
a
utilizzare
le
diverse
istituzioni
.
La
mobilità
ascendente
non
è
affatto
costante
nei
diversi
periodi
e
nelle
diverse
società
ed
è
difficile
da
definire
e
misurare
in
modo
rigoroso
;
ma
è
certo
che
non
è
molto
ampia
(
specialmente
quando
si
tratta
della
cooptazione
nella
stessa
classe
dominante
)
ed
è
anche
certo
che
la
classe
dominante
tende
a
presentarla
come
molto
più
ampia
di
quanto
essa
in
realtà
sia
.
Non
si
tratta
di
un
programma
razionalmente
elaborato
e
consapevolmente
perseguito
dalla
classe
dominante
;
si
tratta
piuttosto
di
un
processo
che
viene
alimentato
in
modo
quasi
automatico
attraverso
un
sistema
,
prodotto
da
una
lunga
tradizione
storica
,
di
approvazioni
e
di
riprovazioni
morali
e
sociali
e
,
corrispondentemente
,
di
promozioni
o
di
punizioni
,
secondo
i
comportamenti
individuali
di
conservazione
e
di
accettazione
ovvero
di
dissenso
e
di
rifiuto
.
Un
analogo
processo
,
autoperpetuantesi
in
forme
nuove
anche
dopo
cambiamenti
e
perfino
dopo
fratture
nella
vita
sociale
,
è
all
'
origine
delle
"
istituzioni
"
(
magistratura
,
scuola
,
esercito
,
polizia
ed
altre
)
,
che
costituiscono
l
'
area
sociale
dove
tipicamente
opera
la
piccola
borghesia
impiegatizia
del
settore
pubblico
e
la
cui
logica
(
incluse
le
specifiche
"
scale
di
valori
"
)
mira
ad
attuare
l
'
identificazione
fra
gli
uomini
e
l
'
istituzione
alla
quale
appartengono
e
il
totale
condizionamento
della
loro
personalità
.
L
'
appartenenza
alle
diverse
istituzioni
dei
diversi
gruppi
della
piccola
borghesia
impiegatizia
costituisce
il
principale
elemento
connettivo
di
questi
ceti
ed
entro
certi
limiti
li
stabilizza
e
li
subordina
alla
classe
dominante
.
Tuttavia
,
soprattutto
in
questo
periodo
,
la
stabilizzazione
e
,
ancora
di
più
,
la
subordinazione
non
sono
più
generalmente
accolte
come
fatti
ovvi
,
ossia
spontanei
,
ossia
fondati
sul
consenso
,
ma
sono
messi
in
discussione
.
In
linguaggio
marxista
,
tutti
questi
fenomeni
fanno
parte
della
"
sovrastruttura
"
-
un
'
espressione
ambigua
e
,
io
ritengo
,
ingannevole
se
intesa
in
senso
letterale
.
Se
usata
con
un
grano
di
sale
,
si
può
dire
che
nel
capitalismo
moderno
,
con
i
crescenti
margini
discrezionali
consentiti
dalla
liberazione
dalle
necessità
elementari
della
vita
di
masse
crescenti
di
persone
,
specialmente
nel
settore
della
piccola
borghesia
,
la
"
sovrastruttura
"
diventa
almeno
altrettanto
importante
della
"
struttura
"
[
Ho
scritto
queste
ultime
osservazioni
in
seguito
alle
critiche
ed
ai
suggerimenti
espressi
da
Giorgio
Ruffolo
e
da
Giulio
Salierno
in
un
dibattito
promosso
il
24
novembre
1972
dall
'
Istituto
romano
per
la
storia
dal
fascismo
alla
Resistenza
,
dibattito
che
riguardava
appunto
questo
lavoro
]
.
Nonostante
l
'
instabilità
e
la
polivalenza
politica
che
caratterizzano
la
piccola
borghesia
nei
suoi
molteplici
strati
,
e
nonostante
i
correttivi
istituzionali
e
politici
cui
ora
si
è
accennato
,
probabilmente
è
giusto
sostenere
,
come
hanno
fatto
alcuni
sociologi
(
Luciano
Gallino
ed
altri
)
,
che
nell
'
ambito
di
quella
che
io
chiamo
piccola
borghesia
impiegatizia
comincia
a
delinearsi
una
certa
differenziazione
fra
i
quadri
intermedi
che
vengono
a
integrarsi
nel
gruppo
dominante
e
i
quadri
intermedi
che
invece
assumono
le
caratteristiche
di
impiegati
esecutivi
(
cfr.
parte
I
,
cap
.
3
)
.
E
si
può
dire
che
questi
,
specialmente
nelle
grandi
fabbriche
,
tendono
a
proletarizzarsi
,
non
tanto
nel
senso
strettamente
economico
(
reddito
individuale
)
,
quanto
dal
punto
di
vista
della
qualità
del
lavoro
e
dello
status
sociale
e
quindi
nel
senso
che
i
loro
interessi
e
i
loro
ideali
si
avvicinano
progressivamente
a
quelli
della
classe
operaia
;
corrispondentemente
,
le
azioni
sindacali
e
politiche
di
questi
impiegati
e
quelle
degli
operai
dell
'
industria
moderna
diventano
sempre
più
simili
fra
loro
.
Per
altri
strati
della
piccola
borghesia
specialmente
nel
settore
pubblico
,
si
è
avuta
invece
una
proletarizzazione
non
nel
senso
sociale
e
politico
ma
nel
senso
economico
,
ossia
nel
senso
di
un
avvicinamento
alle
condizioni
materiali
di
vita
degli
operai
.
Tuttavia
,
la
tendenza
alla
proletarizzazione
nel
senso
economico
di
certi
strati
di
piccoli
borghesi
può
spingerli
,
per
un
desiderio
di
rivalsa
e
di
differenziazione
sociale
,
non
verso
posizioni
sindacali
e
politiche
di
sinistra
,
ma
,
proprio
al
contrario
,
verso
posizioni
di
destra
o
di
estrema
destra
:
dal
punto
di
vista
sociale
e
politico
il
problema
è
indeterminato
.
Per
alcuni
strati
della
piccola
borghesia
impiegatizia
probabilmente
ha
avuto
luogo
un
processo
di
proletarizzazione
nel
senso
economico
.
In
effetti
,
confrontando
le
variazioni
di
lungo
periodo
dei
salari
reali
dell
'
industria
moderna
con
quelle
delle
retribuzioni
reali
degli
impiegati
pubblici
,
si
notano
le
seguenti
tendenze
(
v
.
la
tabella
5.3
)
:
1
)
un
aumento
molto
notevole
dei
salari
reali
(
dal
1880
al
1970
circa
5
volte
)
;
2
)
un
aumento
molto
meno
accentuato
degli
stipendi
reali
(
meno
di
2
volte
nello
stesso
periodo
)
;
3
)
un
conseguente
progressivo
avvicinamento
fra
le
condizioni
economiche
degli
impiegati
pubblici
e
quelle
degli
operai
nell
'
industria
moderna
(
fa
eccezione
il
periodo
fascista
,
durante
il
quale
i
salari
reali
diminuiscono
di
circa
il
15-20%
e
gli
stipendi
reali
aumentano
del
3-4%
)
.
È
necessario
tener
ben
presente
che
la
riduzione
della
distanza
media
fra
impiegati
e
operai
non
contraddice
l
'
ipotesi
che
in
certe
fasce
le
distanze
siano
perfino
aumentate
.
Inoltre
,
è
necessario
tener
presente
che
quell
'
avvicinamento
è
avvenuto
in
salita
,
ossia
con
un
aumento
sensibile
per
tutti
,
ma
specialmente
per
gli
operai
,
del
tenore
di
vita
.
Questo
non
significa
che
le
spinte
verso
una
trasformazione
radicale
o
addirittura
rivoluzionaria
necessariamente
vengano
meno
.
Significa
però
che
le
spinte
innovatrici
perdono
man
mano
il
carattere
elementare
di
protesta
economica
:
notevoli
gruppi
di
operai
e
di
impiegati
tendono
a
porsi
sul
piano
,
ben
più
complesso
,
dell
'
affermazione
e
dell
'
ascesa
sociale
in
una
struttura
sempre
più
differenziata
.
Rispetto
alla
situazione
studiata
dai
classici
del
marxismo
i
termini
del
problema
appaiono
profondamente
mutati
.
Perché
,
dunque
,
molti
piccoli
borghesi
decidono
di
schierarsi
con
gli
operai
e
comunque
di
"
andare
a
sinistra
"
?
I
motivi
sono
disparati
.
Innanzi
tutto
ci
sono
i
motivi
ignobili
:
arricchirsi
in
nomine
falcis
et
mallei
coi
mezzi
e
nei
modi
più
svariati
-
essenzialmente
con
posti
conquistati
"
politicamente
"
e
retribuiti
munificamente
.
Motivi
di
questo
genere
,
che
,
è
doloroso
dirlo
,
sono
tutt
'
altro
che
rari
,
appaiono
particolarmente
ripugnanti
,
considerata
l
'
ideologia
professata
e
considerati
gl
'
interessi
che
per
la
platea
si
pretende
di
voler
difendere
.
Ma
consideriamo
i
motivi
non
ignobili
.
Gli
strati
piccolo
-
borghesi
le
cui
condizioni
economiche
si
sono
avvicinate
a
quelle
della
grande
maggioranza
degli
operai
(
redditi
relativamente
bassi
,
nessuna
proprietà
di
immobili
o
titoli
)
possono
trovare
conveniente
associarsi
agli
operai
,
oltre
che
sul
piano
politico
,
anche
sul
piano
sindacale
,
raccordando
le
loro
rivendicazioni
con
quelle
operaie
.
Una
tale
situazione
ha
luogo
specialmente
nel
caso
degli
impiegati
collegati
con
le
fabbriche
.
Negli
strati
più
colti
della
piccola
borghesia
possono
essere
frequenti
coloro
che
si
sentono
solidali
con
gli
operai
non
tanto
per
ragioni
economiche
,
quanto
per
ragioni
ideali
o
di
progresso
civile
;
e
si
comprende
allora
perché
vi
sono
persone
che
appoggiano
anche
provvedimenti
dannosi
per
i
propri
interessi
economici
immediati
.
La
scelta
dei
piccoli
borghesi
che
si
dedicano
alla
vita
politica
o
sindacale
può
essere
determinata
da
motivazioni
ideali
,
ma
può
essere
anche
(
e
contemporaneamente
)
determinata
dalla
più
o
meno
consapevole
considerazione
che
andando
dalla
parte
degli
operai
essi
possono
divenire
leaders
,
mentre
volgendosi
verso
la
grande
borghesia
essi
diverrebbero
ufficiali
subalterni
o
amministratori
o
,
peggio
,
maggiordomi
o
,
peggio
ancora
,
servitori
.
Tuttavia
,
nell
'
ipotesi
che
la
scelta
sia
"
a
sinistra
"
,
esiste
in
ogni
caso
la
possibilità
che
i
piccoli
borghesi
,
qualunque
sia
la
motivazione
della
scelta
,
gretta
ed
egoistica
o
generosa
e
nobile
,
nel
fatto
operino
preoccupandosi
in
primo
luogo
dell
'
immediato
vantaggio
proprio
o
del
gruppo
sociale
dal
quale
provengono
e
solo
in
via
subordinata
del
vantaggio
della
classe
operaia
.
In
conclusione
,
nel
seno
di
tutti
i
ceti
della
piccola
borghesia
troviamo
numerose
frange
di
sinistra
e
numerose
frange
di
destra
(
in
atto
o
in
potenza
)
;
ma
,
considerata
la
grande
differenziazione
di
questa
quasi
classe
,
i
confini
non
sono
né
stabili
né
ben
definiti
.
Inoltre
,
non
bisogna
fidarsi
delle
etichette
,
che
certe
volte
(
specialmente
quando
si
va
"
in
alto
"
)
possono
essere
ingannevoli
:
è
indispensabile
esaminare
criticamente
e
a
fondo
i
contenuti
e
le
azioni
effettive
.
8
.
Confronti
internazionali
Nelle
considerazioni
espresse
nei
due
precedenti
capitoli
è
implicita
l
'
idea
che
nell
'
analizzare
la
distribuzione
del
reddito
non
sia
da
considerare
solo
l
'
antagonismo
fra
salari
e
profitti
;
esiste
un
antagonismo
anche
fra
salari
e
redditi
caratteristici
di
ampi
strati
di
ceti
medi
,
specialmente
stipendi
e
certi
tipi
di
redditi
misti
.
Un
tale
antagonismo
come
quello
fra
salari
e
profitti
,
risulta
attenuato
quando
il
reddito
,
crescendo
,
lascia
maggiore
spazio
per
tutti
i
redditi
,
così
che
quel
duplice
antagonismo
riguarda
solo
le
quote
.
Tuttavia
,
l
'
aumento
del
reddito
,
nel
breve
periodo
-
un
anno
-
raramente
supera
il
5-6%;
e
l
'
aumento
è
ben
lungi
da
ripartirsi
proporzionalmente
fra
tutti
i
redditieri
.
Il
contrasto
diventa
veramente
aspro
quando
il
reddito
cessa
di
crescere
o
addirittura
diminuisce
.
Quell
'
antagonismo
,
dunque
,
sussiste
,
e
non
può
essere
trascurato
,
considerando
le
dimensioni
che
le
classi
medie
hanno
raggiunto
nel
nostro
paese
.
Si
pone
allora
il
quesito
:
negli
altri
paesi
le
classi
medie
sono
altrettanto
ampie
?
La
risposta
è
affermativa
:
indubbiamente
i
confronti
internazionali
sulla
stratificazione
sociale
sono
molto
problematici
;
ma
sono
importanti
:
l
'
estero
è
lo
specchio
del
diavolo
,
in
esso
possiamo
vedere
meglio
noi
stessi
,
possiamo
comprenderci
e
criticarci
con
maggiore
cognizione
di
causa
.
Dunque
,
nonostante
le
difficoltà
,
è
indispensabile
procedere
a
confronti
internazionali
,
usando
la
necessaria
cautela
.
Ritengo
che
,
se
vengono
considerati
come
ordini
di
grandezza
i
dati
con
gran
fatica
selezionati
per
certi
paesi
e
riportati
nelle
tabelle
,
in
appendice
,
non
siamo
ingannevoli
e
,
se
pure
entro
limiti
molto
ristretti
,
consentono
certi
confronti
(
i
paesi
esaminati
,
oltre
l
'
Italia
,
sono
la
Spagna
,
il
Giappone
,
la
Francia
,
la
Gran
Bretagna
gli
Stati
Uniti
,
l
'
Argentina
e
il
Cile
(
v
.
le
tabelle
2.1
e
2.2
)
.
Da
questi
confronti
emergono
due
caratteristiche
degne
di
nota
:
la
quota
delle
classi
medie
sulla
popolazione
attiva
è
molto
simile
a
quella
osservata
per
l
'
Italia
(
50%
)
e
,
come
per
l
'
Italia
,
è
relativamente
stabile
nel
tempo
.
Si
tratta
di
caratteristiche
sorprendenti
(
mezzo
secolo
fa
sarebbe
stata
proclamata
l
'
esistenza
di
una
"
legge
"
)
,
poiché
si
osservano
in
paesi
molto
diversi
e
,
per
alcuni
dei
paesi
considerati
,
in
tempi
molto
diversi
.
Più
precisamente
:
le
quote
delle
classi
medie
e
delle
classi
operaie
in
complesso
sono
stabili
(
se
mai
,
la
quota
della
classe
operaia
ha
forse
una
certa
tendenza
a
flettere
)
.
Ma
cambiano
in
modo
molto
significativo
i
contenuti
:
nell
'
ambito
delle
classi
medie
,
diminuiscono
i
coltivatori
diretti
e
,
almeno
relativamente
,
gli
altri
lavoratori
autonomi
(
eccetto
i
commercianti
)
,
mentre
aumentano
gli
impiegati
sia
privati
che
pubblici
;
nell
'
ambito
della
classe
operaia
,
diminuiscono
i
salariati
agricoli
ed
aumentano
i
salariati
nelle
altre
attività
,
specialmente
nell
'
industria
.
t
lecito
presumere
che
col
procedere
dello
sviluppo
economico
aumentano
,
in
termini
assoluti
e
relativi
,
gli
operai
occupati
in
aziende
industriali
moderne
(
diciamo
,
in
aziende
che
impiegano
più
di
cento
addetti
)
;
questa
presunzione
si
fonda
,
oltre
che
sulla
logica
,
su
un
confronto
internazionale
(
tabella
4.3
)
.
Poiché
i
paesi
esaminati
si
trovano
in
stadi
molto
diversi
dello
sviluppo
economico
,
conviene
riflettere
sui
rapporti
fra
grado
di
sviluppo
e
quote
dei
diversi
gruppi
sociali
(
tabella
2.2
)
.
Risulta
confermato
che
col
procedere
dello
sviluppo
diminuisce
la
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
e
cresce
la
piccola
borghesia
impiegatizia
.
Anzi
,
il
confronto
internazionale
mostra
che
l
'
Italia
non
è
affatto
più
avanti
degli
altri
paesi
sulla
strada
dell
'
espansione
burocratica
;
e
mostra
anche
che
ha
ancora
.
una
strada
relativamente
lunga
da
percorrere
riguardo
alla
flessione
della
piccola
borghesia
autonoma
.
Restano
confermati
anche
i
mutamenti
che
hanno
luogo
nell
'
ambito
della
classe
operaia
:
man
mano
che
procede
lo
sviluppo
diminuiscono
i
salariati
agricoli
e
aumentano
gli
operai
industriali
;
ma
non
sembra
che
vi
sia
uno
stretto
legame
fra
altezza
della
percentuale
degli
operai
nell
'
industria
e
grado
di
sviluppo
(
probabilmente
,
il
nesso
è
stretto
se
si
considerano
solo
gli
operai
della
grande
industria
)
.
Le
uniformità
sopra
indicate
costituiscono
,
in
sostanza
,
delle
specificazioni
di
quella
che
Colin
Clark
chiama
"
legge
di
Petty
"
e
che
riguarda
le
relazioni
fra
sviluppo
economico
e
sviluppo
relativo
dei
tre
grandi
settori
:
col
procedere
dello
sviluppo
economico
,
si
sviluppano
in
via
preliminare
le
attività
primarie
(
agricoltura
e
miniere
)
e
poi
,
via
via
,
le
attività
secondarie
(
industriali
)
e
quelle
terziarie
(
commercio
,
credito
,
servizi
,
pubblica
amministrazione
)
.
Le
specificazioni
sopra
indicate
permettono
di
dar
ragione
di
alcune
anomalie
e
di
alcune
apparenti
eccezioni
alla
"
legge
"
,
come
quella
secondo
cui
in
certi
paesi
molto
arretrati
l
'
espansione
del
commercio
precede
quella
delle
così
dette
attività
primarie
:
il
punto
è
che
occorre
disaggregare
e
distinguere
,
in
relazione
al
procedere
dello
sviluppo
,
le
diverse
attività
terziarie
(
C
.
Clark
,
The
Conditions
to
Economic
Progress
,
Macmillan
,
London
,
19573;
P
.
T
.
Bauer
and
B
.
S
.
Yamey
,
The
Economics
of
Underdeveloped
Countries
,
Cambridge
University
Press
,
1957
)
.
Quanto
alla
piccola
borghesia
impiegatizia
,
se
è
vero
che
l
'
Italia
si
trova
in
linea
,
sia
per
la
quota
di
impiegati
privati
sia
per
quella
di
impiegati
pubblici
,
come
si
può
affermare
che
la
burocrazia
pubblica
del
nostro
paese
è
ipertrofica
?
Innanzi
tutto
,
occorre
richiamare
le
ragioni
dell
'
espansione
burocratica
(
parte
I
,
cap
.
6
)
:
1
)
crescenti
esigenze
amministrative
per
sempre
più
ampi
interventi
nell
'
economia
;
2
)
crescenti
spese
di
trasferimento
;
3
)
"
sistemazione
"
di
un
certo
numero
di
persone
grazie
a
pressioni
clientelari
o
politiche
.
L
'
ipertrofia
,
ossia
l
'
espansione
patologica
,
ha
luogo
quando
la
burocrazia
cresce
per
il
terzo
ordine
di
motivi
.
Ora
,
come
si
è
già
fatto
rilevare
,
questa
ipertrofia
non
riguarda
l
'
intera
burocrazia
,
ma
soltanto
i
gradi
più
bassi
e
le
fasce
meno
qualificate
della
burocrazia
(
negli
uffici
tecnici
v
'
è
carenza
di
personale
)
.
Che
le
cose
stiano
così
è
indicato
dal
fatto
(
anche
questo
già
messo
in
rilievo
)
che
la
quota
della
burocrazia
pubblica
è
più
alta
nel
più
arretrato
Sud
che
nel
Nord
.
Inoltre
,
se
si
distinguono
,
fra
gli
impiegati
pubblici
,
gl
'
insegnanti
dagli
altri
impiegati
,
si
ha
il
quadro
che
segue
e
che
riguarda
,
oltre
l
'
Italia
,
quattro
paesi
per
i
quali
si
sono
trovati
i
dati
necessari
per
il
confronto
(
i
dati
sono
espressi
in
percentuale
della
popolazione
attiva
)
.
Spagna
Italia
Francia
Gran
Bretagna
Stati
Uniti
(
1970
)
(
1971
)
(
1968
)
(
1968
)
(
1969
)
Insegnanti
2,4
3,1
3,6
5,6
5,7
Altri
impiegati
3,9
5,0
3,7
5,6
8,2
pubblici
In
Italia
,
la
percentuale
degli
impiegati
pubblici
,
esclusi
gl
'
insegnanti
,
è
nettamente
maggiore
che
in
Francia
ed
è
simile
a
quella
dell
'
Inghilterra
,
il
cui
sviluppo
economico
e
civile
è
ben
più
avanzato
.
Da
ciò
si
può
dedurre
che
la
detta
percentuale
in
Italia
è
patologicamente
elevata
.
L
'
aspetto
patologico
appare
anche
più
grave
se
si
considera
che
negli
altri
paesi
non
è
stato
possibile
separare
la
quota
(
piccola
ma
non
trascurabile
)
dei
salariati
pubblici
,
quota
che
dovrebbe
essere
inclusa
nella
classe
operaia
.
Aggiungendo
questa
quota
,
che
in
Italia
era
stata
esclusa
,
si
giunge
ad
una
percentuale
di
dipendenti
pubblici
(
esclusi
gli
insegnanti
)
del
5,5%
,
una
cifra
pressoché
identica
a
quella
inglese
.
Negli
Stati
Uniti
sono
sensibilmente
più
elevate
che
in
Italia
tanto
la
quota
degli
insegnanti
quanto
quella
degli
altri
dipendenti
pubblici
.
È
senz
'
altro
fisiologico
questo
fatto
?
Considerato
l
'
elevato
grado
di
sviluppo
economico
della
società
americana
,
la
risposta
potrebbe
essere
affermativa
.
Tuttavia
,
non
può
essere
scartata
a
priori
l
'
ipotesi
che
anche
negli
Stati
Uniti
,
se
pure
per
motivi
alquanto
diversi
da
quelli
considerati
per
l
'
Italia
,
la
burocrazia
pubblica
sia
ipertrofica
:
una
volta
che
la
struttura
produttiva
ha
raggiunto
un
elevato
grado
di
concentrazione
,
lo
sviluppo
economico
capitalistico
può
proseguire
solo
se
la
domanda
effettiva
viene
sostenuta
dall
'
autorità
pubblica
;
e
questo
vale
sia
per
la
domanda
di
prodotti
che
per
la
domanda
di
lavoro
.
D
'
altro
canto
,
in
regime
capitalistico
lo
sviluppo
deve
proseguire
se
si
vuole
evitare
un
aumento
crescente
della
disoccupazione
,
dato
che
l
'
aumento
di
produttività
-
risultato
necessario
della
competizione
nazionale
e
internazionale
caratteristica
del
capitalismo
-
proseguirebbe
in
ogni
modo
.
(
Una
tale
tesi
è
stata
proposta
,
in
forme
e
tempi
diversi
da
diversi
autori
;
è
stata
proposta
dallo
scrivente
nell
'
opera
Oligopolio
e
progresso
tecnico
,
ed
.
,
Giuffrè
,
Milano
,
1956;
è
stata
proposta
da
Michal
Kalecki
in
un
articolo
pubblicato
in
polacco
pure
nel
1956
e
pubblicato
,
tradotto
in
inglese
,
solo
recentemente
;
l
'
articolo
ha
per
titolo
The
Economic
Situation
in
the
United
States
as
Compared
with
the
Pre
-
War
Period
,
ed
è
incluso
nel
volume
The
Last
Phase
in
the
Transformation
of
Capitalism
,
Monthly
Review
Press
,
New
York
,
1972
)
.
Che
lo
sviluppo
della
burocrazia
negli
Stati
Uniti
sia
abnorme
,
può
forse
risultare
da
un
confronto
con
la
situazione
dell
'
Unione
Sovietica
.
fi
una
opinione
diffusa
che
gli
Stati
Uniti
sono
il
paese
della
iniziativa
individuale
,
mentre
l
'
economia
dell
'
Unione
Sovietica
è
retta
da
una
burocrazia
mastodontica
e
onnipresente
.
Confrontare
i
dati
sovietici
con
i
dati
americani
è
ancora
più
rischioso
che
negli
altri
casi
;
ma
io
penso
che
questo
confronto
abbia
un
senso
.
Esso
mostra
che
la
realtà
è
ben
lontana
da
quella
opinione
:
se
per
burocrazia
"
privata
"
s
'
intende
,
con
riferimento
all
'
Unione
Sovietica
,
quella
corrispondente
alla
massa
degli
impiegati
di
azienda
e
per
burocrazia
"
pubblica
"
s
'
intende
quella
costituita
da
insegnanti
,
da
ricercatori
e
da
impiegati
addetti
all
'
istruzione
e
da
tutti
gl
'
impiegati
addetti
all
'
apparato
statale
,
risulta
che
la
percentuale
sulla
popolazione
attiva
della
burocrazia
"
pubblica
"
così
intesa
non
supera
il
12%
,
mentre
la
corrispondente
percentuale
negli
Stati
Uniti
è
del
13,9%
(
v
.
le
tabelle
2.2
e
2.5
)
.
$
da
notare
che
la
valutazione
della
burocrazia
"
pubblica
"
dell
'
Unione
Sovietica
è
probabilmente
errata
per
eccesso
,
dato
che
non
pochi
ricercatori
e
non
pochi
addetti
all
'
istruzione
negli
Stati
Uniti
appartengono
al
settore
privato
.
In
ogni
modo
,
i
possibili
dubbi
sul
grado
di
burocratizzazione
degli
Stati
Uniti
rispetto
all
'
Unione
Sovietica
vengono
a
cadere
se
si
considerano
le
quote
degli
impiegati
,
sia
"
pubblici
"
che
"
privati
"
:
il
38%
negli
Stati
Uniti
e
solo
il
21%
nell
'
Unione
Sovietica
.
Lungi
dall
'
essere
il
paese
dell
'
iniziativa
individuale
gli
Stati
Uniti
sono
dunque
divenuti
un
paese
di
colletti
bianchi
e
di
mezze
maniche
;
ed
anzi
l
'
incremento
degli
impiegati
rispetto
alla
forza
di
lavoro
addizionale
rappresenta
una
quota
anche
più
alta
della
media
:
60-70%
ogni
anno
contro
il
38-40%
.
Insomma
:
è
molto
più
burocratizzata
l
'
economia
americana
di
quella
russa
!
Molte
altre
illazioni
potrebbero
essere
tratte
dall
'
esame
dei
dati
riguardanti
i
due
colossi
,
quello
capitalistico
e
quello
collettivistico
.
Per
esempio
,
la
struttura
sociale
dell
'
Unione
Sovietica
mostra
,
almeno
apparentemente
(
com
'
è
ovvio
,
i
contenuti
sono
profondamente
diversi
)
,
parecchie
rassomiglianze
con
quello
degli
Stati
Uniti
e
di
altri
paesi
non
collettivistici
.
La
struttura
sociale
della
Russia
del
1913
,
invece
,
presentava
caratteristiche
molto
particolari
e
,
a
quanto
pare
,
costituiva
un
'
eccezione
rispetto
alla
composizione
sociale
prevalente
in
tempi
molto
diversi
negli
altri
paesi
qui
esaminati
:
borghesia
16,3%
,
piccola
borghesia
impiegatizia
2,4%
,
contadini
e
artigiani
66,7%
,
operai
14,6%
(
v
.
la
tabella
2.3
)
.
Ma
,
a
parte
l
'
inclusione
-
dichiarata
-
dei
contadini
ricchi
(
kulaki
)
fra
la
borghesia
vera
e
propria
,
è
possibile
che
fra
i
contadini
poveri
siano
state
incluse
molte
persone
che
lavoravano
prevalentemente
da
salariati
agricoli
,
così
che
la
classe
dei
"
contadini
e
artigiani
"
risulta
gonfiata
(
considerati
i
criteri
seguiti
in
questo
saggio
)
rispetto
alla
classe
operaia
.
In
ogni
modo
,
è
certo
che
subito
prima
della
rivoluzione
quella
russa
era
,
in
misura
preponderante
,
una
società
a
carattere
rurale
,
con
una
classe
operaia
molto
piccola
e
con
una
classe
dominante
numericamente
molto
esigua
,
in
parte
aristocratica
e
in
parte
borghese
(
v
.
la
tabella
2.4
)
.
I
paesi
considerati
nei
precedenti
confronti
appaiono
tutti
,
sia
pure
in
diversi
gradi
,
socialmente
evoluti
(
o
"
moderni
"
)
se
si
usano
congiuntamente
due
indici
,
ossia
la
quota
degli
impiegati
e
quella
dei
contadini
:
più
alta
è
la
prima
e
più
bassa
la
seconda
e
più
socialmente
evoluto
è
il
paese
in
esame
.
(
Faccio
osservare
che
sulla
base
di
questo
criterio
certi
paesi
dell
'
America
latina
,
come
l
'
Argentina
e
il
Cile
,
debbono
essere
annoverati
fra
i
paesi
evoluti
,
mentre
altri
paesi
,
come
il
Brasile
,
vanno
inclusi
fra
quelli
arretrati
)
.
Per
i
paesi
arretrati
nel
senso
ora
specificato
,
conviene
usare
una
diversa
suddivisione
fra
le
classi
,
che
consenta
di
mettere
in
adeguato
rilievo
la
struttura
sociale
dell
'
agricoltura
.
Una
suddivisione
adatta
allo
scopo
potrebbe
essere
la
seguente
(
fra
parentesi
sono
indicate
le
percentuali
di
composizione
)
(
v
.
la
tabella
2.6
)
:
I
.
Grandi
proprietari
,
grossi
commercianti
,
industriali
medi
e
grandi
(
1-2%
)
.
II
.
Impiegati
privati
e
pubblici
(
5-10%
)
.
III
.
Lavoratori
autonomi
,
esclusi
i
contadini
poveri
(
15-20%
)
.
IV
.
Contadini
poveri
e
salariati
agricoli
(
incluso
il
sottoproletariato
delle
campagne
)
(
40-70%
)
.
V
.
Salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
(
incluso
il
sottoproletariato
urbano
)
(
7-37%
)
.
In
questi
paesi
solo
le
classi
II
e
III
possono
essere
considerate
piccola
borghesia
.
Ho
già
osservato
più
volte
,
ed
argomenterò
fra
breve
con
riferimento
al
fascismo
,
che
nei
paesi
detti
evoluti
i
piccoli
borghesi
sono
diventati
oggi
gli
amministratori
universali
,
ma
non
sono
i
dirigenti
effettivi
;
hanno
contribuito
a
fornire
una
base
di
massa
a
regimi
di
destra
o
anche
di
sinistra
,
ma
non
sono
mai
stati
la
classe
dominante
.
Tuttavia
,
secondo
una
interessante
tesi
di
Michal
Kalecki
,
in
diversi
paesi
arretrati
,
dove
la
piccola
borghesia
(
specialmente
quella
di
tipo
tradizionale
,
che
ha
interessi
opposti
a
quelli
delle
imprese
capitalistiche
moderne
)
ha
un
peso
relativo
considerevole
-
essendo
normalmente
nullo
il
peso
politico
della
gran
massa
di
contadini
-
e
dove
la
borghesia
moderna
è
assai
poco
sviluppata
,
anche
a
causa
del
predominio
delle
grandi
società
straniere
,
sono
sorte
condizioni
favorevoli
alla
costituzione
di
governi
che
rappresentano
in
modo
preminente
e
diretto
gl
'
interessi
delle
classi
medie
inferiori
,
nonostante
l
'
alleanza
fra
gl
'
interessi
stranieri
e
i
gruppi
locali
di
grandi
proprietari
di
tipo
feudale
e
di
grossi
commercianti
;
la
formula
economica
è
quella
del
capitalismo
di
Stato
e
la
formula
politica
contiene
elementi
di
un
feroce
anticomunismo
(
M
.
Kalecki
,
Intermediate
Regimes
,
articolo
incluso
nel
volume
già
citato
)
.
9
.
Piccola
borghesia
e
fascismo
L
'
instabilità
politica
della
piccola
borghesia
ha
rilevanti
conseguenze
:
quando
,
in
periodi
di
crisi
,
ampi
strati
di
questa
quasi
classe
si
alleano
con
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
,
il
paese
corre
il
pericolo
del
fascismo
.
Nel
nostro
paese
conosciamo
una
tale
esperienza
.
Per
evitare
il
rischio
di
affermazioni
generiche
,
rischio
elevato
in
questo
tipo
di
analisi
,
conviene
richiamare
alcuni
aspetti
essenziali
dell
'
ascesa
al
potere
del
fascismo
in
Italia
,
dopo
la
prima
guerra
mondiale
.
Nel
1921
l
'
economia
italiana
subì
una
crisi
,
che
in
parte
aveva
origini
internazionali
e
che
nel
nostro
paese
risultò
particolarmente
grave
sia
per
la
debolezza
della
struttura
industriale
italiana
,
fondata
ancora
in
misura
modesta
su
imprese
moderne
,
sia
per
le
difficoltà
connesse
con
la
conversione
delle
industrie
che
avevano
rifornito
l
'
amministrazione
militare
durante
la
guerra
.
La
crisi
rese
acutissime
le
tensioni
sociali
e
quindi
le
tensioni
politiche
.
Ai
contadini
sotto
le
armi
ed
agli
operai
nelle
fabbriche
durante
la
guerra
erano
state
fatte
promesse
di
ampie
concessioni
,
che
poi
,
passato
il
pericolo
,
erano
state
mantenute
solo
in
minima
parte
;
la
crisi
anzi
aggravava
le
loro
condizioni
economiche
.
Queste
promesse
erano
state
ripetute
in
trincea
,
sulla
base
delle
dichiarazioni
degli
uomini
politici
,
dagli
ufficiali
subalterni
-
uomini
provenienti
nella
massima
parte
dalla
media
e
piccola
borghesia
;
tornata
la
pace
,
l
'
ostilità
e
perfino
l
'
odio
delle
masse
popolari
,
esasperate
per
il
peggioramento
delle
loro
condizioni
,
si
riversarono
verso
le
persone
fisiche
che
avevano
ripetuto
loro
quelle
promesse
.
Né
stavano
molto
meglio
,
tornati
a
casa
,
gli
ex
ufficiali
subalterni
,
che
stentavano
a
trovare
una
occupazione
;
ma
la
loro
volontà
di
un
radicale
cambiamento
si
mosse
in
direzione
opposta
a
quella
delle
masse
popolari
,
che
li
attaccavano
personalmente
.
Si
ebbero
scioperi
e
agitazioni
gravissime
,
numerose
fabbriche
e
proprietà
terriere
furono
occupate
.
La
spinta
delle
masse
popolari
veniva
rafforzata
e
resa
fortissima
,
anche
se
rimaneva
in
gran
parte
caotica
e
disorganizzata
,
dall
'
esempio
della
rivoluzione
bolscevica
russa
.
La
grande
borghesia
fu
presa
dal
panico
;
estese
i
finanziamenti
ai
giornali
e
a
molti
uomini
politici
di
destra
;
finanziò
bande
armate
,
che
misero
a
ferro
e
a
fuoco
le
sedi
di
molte
organizzazioni
popolari
:
sindacati
,
cooperative
,
sedi
di
partiti
di
sinistra
.
Vi
furono
numerosi
assassinii
.
La
grande
borghesia
terriera
e
industriale
(
con
diverse
eccezioni
,
tuttavia
)
trovò
in
ampi
strati
della
media
e
,
soprattutto
,
nella
piccola
borghesia
gli
alleati
più
decisi
;
gli
scherani
,
come
altre
volte
è
successo
in
condizioni
analoghe
,
furono
reclutati
nel
sottoproletariato
;
i
principali
centri
del
potere
pubblico
-
ampie
sezioni
della
magistratura
,
della
polizia
e
dell
'
apparato
militare
-
in
modo
aperto
o
nascosto
fornirono
il
loro
appoggio
.
La
guida
politica
della
reazione
fu
assunta
dal
partito
fascista
,
che
-
ironicamente
,
ma
non
immotivatamente
,
poiché
sfruttava
a
fini
concreti
la
retorica
piccolo
-
borghese
-
si
autodefiniva
partito
rivoluzionario
.
In
particolare
,
per
mobilitare
diversi
strati
della
piccola
borghesia
il
partito
fascista
sfruttò
il
mito
della
"
vittoria
mutilata
"
-
il
sentimento
di
frustrazione
per
le
concessioni
coloniali
e
territoriali
ritenute
insufficienti
,
che
il
trattato
di
Versailles
attribuiva
all
'
Italia
.
Anche
se
il
fascismo
cominciò
ad
organizzarsi
nel
1919-21
,
esso
divenne
virulento
e
pervenne
a
conquistare
il
potere
non
durante
la
crisi
economica
del
1921
,
ma
proprio
quando
questa
crisi
era
chiaramente
in
via
di
superamento
,
non
solo
in
Italia
,
ma
anche
negli
altri
paesi
industriali
(
primavera
-
estate
1922
)
.
Subito
dopo
essere
salito
al
potere
,
il
partito
fascista
pagò
il
conto
per
gli
aiuti
finanziari
e
politici
ottenuti
negli
anni
precedenti
dalla
grande
borghesia
.
Il
governo
decise
:
1
)
di
sopprimere
,
in
pratica
,
la
Commissione
per
l
'
indagine
sui
sovraprofitti
di
guerra
;
2
)
di
abolire
la
nominatività
dei
titoli
azionari
;
3
)
di
trasferire
la
rete
telefonica
a
società
private
;
4
)
di
rinnovare
le
concessioni
alle
società
elettriche
;
5
)
di
abolire
il
monopolio
statale
delle
assicurazioni
sulla
vita
e
di
trasferire
una
cospicua
quota
di
tali
assicurazioni
a
società
private
;
6
)
di
attuare
il
salvataggio
,
con
danaro
pubblico
,
di
alcune
grandi
banche
,
che
restarono
private
;
7
)
di
riformare
il
regime
fiscale
,
in
senso
favorevole
ai
privati
,
dei
trasferimenti
a
titolo
ereditario
;
8
)
di
"
sospendere
"
la
legge
di
riforma
agraria
;
9
)
di
abolire
,
attraverso
una
numerosa
serie
di
eccezioni
,
il
limite
massimo
di
otto
ore
per
la
giornata
lavorativa
,
limite
che
gli
operai
avevano
conquistato
dopo
dure
lotte
nel
1919
e
nel
1920
.
A
favore
di
una
parte
della
piccola
borghesia
furono
presi
diversi
provvedimenti
,
fra
cui
occorre
ricordare
:
1
)
l
'
assunzione
di
notevoli
schiere
di
persone
nella
burocrazia
,
nell
'
esercito
,
in
quella
speciale
milizia
di
partito
denominata
"
milizia
volontaria
per
la
sicurezza
nazionale
"
e
negli
uffici
organizzati
nell
'
ambito
del
partito
fascista
;
2
)
la
revoca
delle
sovvenzioni
governative
alle
cooperative
(
che
danneggiavano
gl
'
interessi
dei
piccoli
commercianti
)
;
3
)
la
revisione
,
in
senso
restrittivo
,
delle
norme
per
la
concessione
delle
licenze
per
il
commercio
al
minuto
;
4
)
provvedimenti
a
favore
di
varie
categorie
di
artigiani
.
Da
questa
cospicua
serie
di
concessioni
restavano
esclusi
i
lavoratori
salariati
,
i
quali
,
anzi
,
dopo
essere
stati
privati
delle
loro
organizzazioni
sindacali
e
cooperative
e
dei
partiti
che
ne
esprimevano
gl
'
interessi
,
ben
presto
subirono
duri
colpi
anche
sotto
forma
di
riduzioni
salariali
.
In
breve
,
dal
punto
di
vista
sociale
e
politico
si
può
affermare
che
il
fascismo
fu
il
risultato
della
saldatura
fra
grande
borghesia
terriera
,
finanziaria
e
industriale
e
larghe
sezioni
della
piccola
borghesia
(
impiegati
pubblici
e
privati
,
liberi
professionisti
,
piccoli
commercianti
)
.
Tale
saldatura
fu
rafforzata
dalla
rivalutazione
della
lira
del
1926
,
una
decisione
che
bloccava
il
processo
inflazionistico
e
in
questo
modo
,
almeno
per
un
certo
periodo
,
consentiva
l
'
aumento
del
potere
d
'
acquisto
degli
stipendi
e
favoriva
il
risparmio
individuale
.
(
La
rivalutazione
danneggiò
gl
'
industriali
che
producevano
per
l
'
esportazione
,
anche
se
avvantaggiò
gl
'
industriali
che
producevano
principalmente
per
il
mercato
interno
con
materie
prime
importate
,
come
era
il
caso
delle
principali
industrie
tessili
.
Inoltre
,
essendo
stata
completata
l
'
opera
di
distruzione
dei
sindacati
operai
,
i
salari
vennero
decurtati
,
ciò
che
compensò
almeno
parzialmente
gli
industriali
danneggiati
dalla
rivalutazione
.
Il
principale
obiettivo
della
rivalutazione
della
lira
,
tuttavia
,
era
un
obiettivo
politico
,
di
"
stabilizzazione
sociale
"
,
condiviso
da
un
'
ampia
parte
della
grande
borghesia
industriale
:
si
voleva
favorire
la
piccola
borghesia
risparmiatrice
,
che
era
stata
danneggiata
dalla
precedente
tendenza
inflazionistica
)
.
Pare
certo
che
il
reddito
individuale
medio
assoluto
e
relativo
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
sia
sensibilmente
aumentato
durante
il
periodo
fascista
,
mentre
è
diminuito
il
reddito
medio
assoluto
e
,
ancora
di
più
,
relativo
dei
lavoratori
salariati
.
Il
fascismo
è
dunque
il
risultato
di
un
'
alleanza
fra
grande
e
piccola
borghesia
;
ma
non
si
tratta
di
un
'
alleanza
inter
pares
:
la
responsabilità
prevalente
va
attribuita
alla
grande
borghesia
.
È
esatto
affermare
che
ampi
strati
della
piccola
borghesia
,
insieme
con
limitati
strati
di
lavoratori
relativamente
privilegiati
o
,
all
'
opposto
,
poverissimi
(
sottoproletari
)
,
hanno
fornito
al
fascismo
una
certa
base
di
massa
,
i
quadri
intermedi
e
buona
parte
dei
quadri
superiori
.
È
anche
esatto
sostenere
che
l
'
iniziativa
di
organizzare
il
partito
fascista
partì
,
anche
cronologicamente
(
1919-21
)
,
da
piccoli
e
medi
borghesi
e
che
solo
in
un
secondo
tempo
(
1922
)
la
grande
borghesia
intervenne
con
il
suo
aiuto
finanziario
e
politico
.
Occorre
però
subito
aggiungere
che
senza
questo
aiuto
-
e
senza
l
'
aiuto
di
ampie
sezioni
dei
poteri
costituiti
-
il
fascismo
non
avrebbe
preso
il
potere
;
ed
occorre
anche
aggiungere
che
,
se
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
intervennero
in
forza
solo
in
un
secondo
tempo
,
ci
furono
i
pionieri
della
prima
ora
,
che
cercarono
subito
di
sfruttare
il
malcontento
popolare
,
causato
per
esempio
dal
caro
-
viveri
,
fomentando
i
tumulti
proprio
allo
scopo
di
preparare
il
terreno
per
una
feroce
azione
di
repressione
(
Salvemini
,
Scritti
sul
fascismo
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1961
,
vol.
I
,
p
.
474
)
.
È
vero
:
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
che
appoggiarono
il
fascismo
lo
volevano
in
via
transitoria
,
per
ripristinare
l
'
"
ordine
"
:
il
disegno
era
quello
di
restaurare
una
rispettabile
democrazia
parlamentare
.
Ma
quell
'
appoggio
fu
determinante
;
ed
anche
quando
i
vassalli
si
abbarbicarono
al
potere
gestendolo
poi
in
modo
non
sempre
conforme
agli
interessi
della
borghesia
,
quei
gruppi
non
ritirarono
il
loro
appoggio
ma
fecero
buon
viso
a
cattivo
gioco
.
La
tesi
opposta
-
essere
cioè
il
fascismo
da
attribuire
all
'
azione
autonoma
e
comunque
determinante
di
ampi
strati
della
piccola
borghesia
-
risulta
grossolanamente
falsa
,
anche
se
corrisponde
al
modo
con
cui
i
piccoli
borghesi
protagonisti
dell
'
esperienza
fascista
vedevano
,
o
volevano
vedere
,
se
stessi
.
Per
fare
giustizia
sommaria
di
tale
tesi
basterebbe
,
da
sola
,
la
documentazione
raccolta
ed
analizzata
da
uno
studioso
non
marxista
,
Ernesto
Rossi
,
documentazione
che
include
i
due
"
bollettini
della
vittoria
"
della
Confindustria
del
1922
(
subito
dopo
l
'
ascesa
del
fascismo
)
e
del
1926
(
subito
dopo
le
leggi
eccezionali
)
e
si
avvale
dell
'
analisi
e
delle
candide
ammissioni
di
uno
dei
responsabili
della
politica
economica
fascista
(
Padroni
del
vapore
e
fascismo
,
Laterza
,
Bari
,
1966
,
specialmente
le
pp.
11-5
e
50-1
)
.
Tenuto
conto
dell
'
evoluzione
subita
dalla
piccola
borghesia
nell
'
ultimo
mezzo
secolo
e
,
in
particolare
,
considerata
la
comparsa
di
strati
nuovi
di
intellettuali
e
di
tecnici
,
oggi
le
spinte
di
tipo
fascista
sono
ben
diverse
da
quelle
del
primo
dopoguerra
.
Ma
le
varietà
del
fascismo
-
è
triste
riconoscerlo
-
sono
molteplici
.
In
ogni
modo
,
pare
abbastanza
evidente
che
o
,
T
la
grande
borghesia
,
e
specialmente
la
grande
borghesia
industriale
,
salvo
poche
se
pur
rilevanti
eccezioni
,
non
vuole
il
fascismo
,
e
per
diverse
ragioni
,
fra
cui
sono
i
conflitti
sociali
,
gravi
e
di
esito
incerto
,
che
un
tentativo
in
quella
direzione
comporterebbe
e
la
conclusione
,
fallimentare
per
tutti
,
della
precedente
esperienza
.
Oggi
il
fascismo
esprime
quasi
esclusivamente
gli
strati
più
retrivi
della
piccola
borghesia
ed
è
appoggiato
da
alcune
sezioni
dei
poteri
costituiti
(
magistratura
,
polizia
,
esercito
)
,
sezioni
di
ampiezza
non
trascurabile
ma
di
gran
lunga
minore
di
quelle
che
aiutarono
il
fascismo
nel
1920-1922
.
Il
tentativo
dell
'
attuale
movimento
fascista
di
ripetere
,
nelle
mutate
condizioni
,
la
strategia
di
mezzo
secolo
fa
-
crescere
numericamente
,
irrobustirsi
organizzativamente
,
creare
il
caos
con
mezzi
criminali
per
poi
offrirsi
come
forza
di
restaurazione
-
sembra
destinato
a
fallire
.
Tuttavia
esiste
pur
sempre
il
pericolo
di
un
peggioramento
della
situazione
economica
e
di
un
aumento
delle
tensioni
sociali
,
tensioni
che
potrebbero
venire
aggravate
da
errori
di
tattica
e
di
strategia
dei
sindacati
e
dei
partiti
di
sinistra
.
II
.
Lo
stato
attuale
e
le
prospettive
1
.
La
questione
delle
riforme
Dunque
,
in
periodi
di
crisi
,
un
'
alleanza
fra
la
grande
borghesia
e
ampi
strati
della
piccola
borghesia
può
condurre
al
fascismo
.
Viceversa
,
un
'
alleanza
di
strati
(
pure
ampi
,
ma
in
larga
misura
diversi
)
della
piccola
borghesia
con
coloro
che
gestiscono
gl
'
interessi
della
classe
operaia
può
dar
luogo
a
politiche
di
tipo
laburista
e
,
comunque
,
può
consentire
riforme
anche
radicali
.
Tuttavia
gli
ostacoli
alle
riforme
,
più
che
nella
grande
borghesia
,
vanno
ricercati
nel
seno
stesso
della
piccola
borghesia
e
particolarmente
nei
gruppi
che
hanno
i
maggiori
privilegi
e
la
più
forte
capacità
di
condizionare
le
scelte
politiche
.
Gli
ostacoli
si
manifestano
in
tre
fasi
:
nella
fase
della
preparazione
dei
progetti
di
riforma
,
preparazione
faticosissima
per
le
spinte
eterogenee
e
contraddittorie
,
poi
nella
fase
dell
'
approvazione
e
,
infine
,
nella
fase
dell
'
attuazione
(
finora
raggiunta
in
Italia
da
ben
pochi
progetti
)
.
Consideriamo
alcuni
esempi
particolari
.
L
'
esempio
più
ovvio
di
un
progetto
rimasto
fermo
addirittura
alla
prima
fase
è
quello
della
riforma
della
pubblica
amministrazione
:
il
sabotaggio
è
stato
compiuto
dalle
cerchie
più
influenti
della
burocrazia
.
In
altri
casi
occorre
,
sì
,
considerare
gli
ostacoli
frapposti
da
gruppi
d
'
interessi
operanti
nell
'
ambito
della
grande
borghesia
,
ma
bisogna
guardarsi
dal
trascurare
quelli
provenienti
da
gruppi
appartenenti
alla
media
e
alla
piccola
borghesia
.
Così
,
gli
ostacoli
alla
riforma
sanitaria
non
sono
stati
posti
solo
dai
grandi
"
baroni
"
della
medicina
,
dai
proprietari
delle
cliniche
private
,
dalle
opere
pie
e
dai
gruppi
d
'
interessi
legati
alle
case
farmaceutiche
,
ma
anche
dalla
burocrazia
alta
e
bassa
delle
mutue
e
dal
personale
medico
in
generale
,
che
,
appena
si
è
cominciato
a
parlare
di
riforme
,
ha
immediatamente
scatenato
una
serie
di
rivendicazioni
di
tipo
monetario
e
di
tipo
normativo
favorendo
in
tal
modo
,
nel
fatto
se
non
nelle
intenzioni
,
i
nemici
della
riforma
.
La
riforma
urbanistica
ha
trovato
ostacoli
non
solo
nelle
grandi
società
immobiliari
,
ma
anche
nella
miriade
di
proprietari
di
piccole
aree
potenzialmente
fabbricabili
,
oltre
che
nella
burocrazia
dei
diversi
organi
ed
enti
per
l
'
edilizia
pubblica
.
La
riforma
universitaria
è
stata
ostacolata
non
solo
dall
'
opposizione
dei
grandi
baroni
(
soprattutto
medici
e
baroni
politici
)
ma
anche
dalla
rivendicazione
penosamente
corporativa
dell
'
immissione
automatica
(
ope
legis
)
nei
ruoli
dei
docenti
"
subalterni
"
,
rivendicazione
per
la
quale
si
sono
ostinatamente
battuti
,
facendo
perdere
molto
tempo
prezioso
,
gruppi
che
rappresentavano
una
parte
tutto
considerato
esigua
dei
suddetti
docenti
.
Grandi
energie
sono
state
dedicate
alla
questione
dei
pre
-
salari
,
che
per
la
massima
parte
vanno
a
beneficio
di
famiglie
piccolo
-
borghesi
,
mentre
lo
sforzo
anche
finanziario
per
spalancare
le
porte
della
scuola
secondaria
ai
figli
della
classe
operaia
è
stato
estremamente
modesto
o
addirittura
trascurabile
.
Gli
investimenti
per
la
costruzione
di
edifici
scolastici
e
universitari
-
oltre
che
per
la
costruzione
di
ospedali
-
sono
rimasti
in
buona
parte
sulla
carta
non
solo
e
non
tanto
per
la
famosa
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
,
quanto
perché
sono
stati
mantenuti
e
perfino
resi
più
complicati
i
paralizzanti
controlli
,
le
competenze
ministeriali
plurime
ed
i
molteplici
concorsi
per
volontà
della
burocrazia
e
degli
ordini
professionali
degli
ingegneri
e
degli
architetti
,
volontà
pienamente
assecondata
dai
politici
.
L
'
idea
,
semplice
e
ovvia
,
di
unificare
competenze
,
controlli
e
concorsi
ha
incontrato
la
più
fiera
opposizione
:
più
numerosi
sono
i
controlli
,
maggiore
è
il
potere
della
burocrazia
e
minori
le
sue
responsabilità
.
È
importante
osservare
che
nei
due
casi
in
cui
erano
colpiti
quasi
soltanto
gl
'
interessi
di
certe
sezioni
della
grande
borghesia
-
la
nazionalizzazione
dell
'
energia
elettrica
e
lo
statuto
dei
lavoratori
-
i
riformatori
hanno
avuto
la
meglio
.
Tutto
sommato
,
la
grande
borghesia
,
particolarmente
quella
industriale
,
ha
interesse
che
si
facciano
le
riforme
rivolte
alla
"
razionalizzazione
"
del
sistema
ed
alla
stabilizzazione
sociale
:
si
tratterebbe
,
è
vero
,
di
riforme
limitate
,
ma
tali
da
non
impedire
di
compiere
passi
avanti
.
Tuttavia
,
la
grande
borghesia
,
che
da
sola
rappresenta
un
'
entità
numericamente
modesta
e
quindi
politicamente
vulnerabile
,
ha
bisogno
di
cercare
alleanze
fra
i
ceti
medi
,
soprattutto
fra
gli
strati
più
conservatori
.
In
questo
senso
la
grande
borghesia
ha
un
'
assai
rilevante
responsabilità
per
la
mancata
attuazione
delle
principali
riforme
;
in
effetti
,
per
mantenere
e
allargare
l
'
appoggio
degli
strati
più
conservatori
deí
ceti
medi
ha
attivamente
contribuito
a
contrastare
le
riforme
,
in
modo
particolare
quella
urbanistica
.
Lo
strato
più
"
progressista
"
della
grande
borghesia
è
dato
da
quello
che
controlla
l
'
industria
moderna
;
ma
la
stessa
grande
borghesia
industriale
non
ha
interessi
limitati
alla
sola
industria
:
i
suoi
interessi
si
intrecciano
con
quelli
immobiliari
e
finanziari
"
.
Inoltre
,
lo
strato
più
retrivo
,
quello
che
controlla
la
finanza
,
non
è
affatto
fuori
gioco
:
come
ricorderemo
fra
breve
,
negli
ultimi
tempi
ha
acquistato
un
notevole
peso
politico
oltre
che
economico
.
Se
le
cose
stanno
così
,
quali
sono
le
forze
sociali
che
in
un
paese
come
l
'
Italia
possono
spingere
verso
l
'
attuazione
di
riforme
radicali
?
La
destra
ben
difficilmente
può
farlo
,
almeno
in
regime
di
democrazia
parlamentare
,
per
le
ragioni
richiamate
poco
fa
.
La
sinistra
in
via
di
principio
può
farlo
,
sulla
base
di
una
alleanza
fra
quegli
strati
della
classe
operaia
e
dei
ceti
medi
che
alle
riforme
sono
interessati
,
per
ragioni
economiche
o
civili
.
Considerata
l
'
eterogeneità
dei
ceti
medi
,
che
è
anche
più
accentuata
di
quella
della
classe
operaia
,
le
possibilità
di
successo
di
una
strategia
rivolta
all
'
attuazione
delle
riforme
dipendono
in
larga
misura
dalla
capacità
e
dall
'
abilità
degli
uomini
politici
al
potere
e
dalla
loro
conoscenza
critica
dei
problemi
e
delle
forze
in
gioco
.
È
chiaro
che
una
riforma
sanitaria
,
per
esempio
,
difficilmente
si
potrà
fare
se
la
maggioranza
dei
medici
la
osteggiano
;
e
d
'
altra
parte
,
non
tutte
le
proposte
(
o
le
controproposte
)
dei
medici
sono
necessariamente
viziate
da
"
interessi
corporativi
"
:
possono
esserci
medici
che
,
più
che
allo
stipendio
o
a
posizioni
di
potere
o
di
micro
-
potere
,
sono
interessati
a
lavorare
in
ambienti
civili
e
moderni
,
capaci
di
consentire
un
'
attività
soddisfacente
:
in
primo
luogo
,
essi
vogliono
sentirsi
effettivamente
utili
.
D
'
altra
parte
,
anche
le
proposte
o
le
critiche
di
tipo
corporativo
possono
contenere
-
se
opportunamente
depurate
ed
emendate
-
elementi
validi
per
una
riforma
radicale
e
socialmente
soddisfacente
.
Considerazioni
analoghe
valgono
per
la
riforma
della
scuola
e
per
gl
'
insegnanti
.
L
'
abilità
dei
politici
sta
nel
compiere
una
sintesi
nell
'
interesse
generale
,
mediando
,
sì
,
i
diversi
interessi
,
ma
evitando
sia
il
compromesso
con
í
gruppi
più
retrivi
sia
le
posizioni
demagogiche
,
che
sono
avallate
o
da
intellettuali
che
non
sanno
valutare
le
forze
in
gioco
,
o
da
gruppi
di
persone
"
escluse
"
ed
esasperate
,
che
intendono
rifarsi
di
colpo
delle
passate
privazioni
,
spingendo
verso
un
male
opposto
ma
non
meno
grave
di
quello
che
si
vuole
eliminare
.
La
strategia
delle
riforme
esige
dunque
,
soprattutto
in
Italia
,
una
cospicua
abilità
di
sintesi
da
parte
degli
uomini
politici
che
la
guidano
;
ma
esige
anche
una
grande
capacità
intellettuale
e
critica
:
concepire
e
poi
attuare
il
nuovo
,
presenta
difficoltà
che
si
aggiungono
agli
ostacoli
frapposti
dagli
interessi
minacciati
.
In
via
generale
,
la
democrazia
italiana
oggi
si
trova
in
una
situazione
di
crisi
,
apparentemente
non
catastrofica
né
clamorosa
,
ma
certo
molto
grave
.
A
determinare
una
tale
situazione
ha
contribuito
il
contrasto
fra
le
attese
suscitate
dai
governi
di
centro
-
sinistra
di
vaste
riforme
e
le
modestissime
realizzazioni
.
Nel
tentativo
di
chiarire
i
motivi
di
questa
situazione
,
di
disorientamento
e
di
frustrazione
,
si
è
andati
anche
più
indietro
nel
tempo
e
,
soprattutto
da
alcune
frazioni
delle
nuove
generazioni
,
è
stato
imbastito
il
processo
alla
Resistenza
ed
alle
ragioni
del
fallimento
delle
aspettative
,
che
l
'
avevano
animata
,
di
un
rinnovamento
ben
più
profondo
e
radicale
(
anche
se
non
ben
specificato
)
di
quello
promesso
dai
governi
di
centro
-
sinistra
.
Perché
quelle
aspettative
sono
andate
deluse
?
Per
colpa
degli
uomini
dei
partiti
innovatori
,
che
non
hanno
avuto
sufficiente
coraggio
,
tenacia
e
determinazione
,
o
per
ragioni
di
forza
maggiore
?
Indubbiamente
le
colpe
ci
sono
e
sono
gravi
.
Ma
a
mio
parere
all
'
origine
di
quella
delusione
esiste
una
forte
componente
di
illusione
sulle
reali
condizioni
sociali
del
nostro
paese
e
sul
grado
di
sviluppo
civile
delle
diverse
classi
,
specialmente
della
piccola
borghesia
.
Alla
luce
delle
numerose
indagini
storiche
e
sociologiche
riguardanti
l
'
Italia
moderna
e
contemporanea
,
appare
oramai
evidente
che
il
fascismo
non
fu
un
accidente
,
non
fu
un
fenomeno
paragonabile
all
'
invasione
degli
Hyksos
in
Egitto
,
come
disse
Croce
,
né
fu
una
camicia
di
forza
imposta
ad
un
paese
democraticamente
maturo
da
un
pugno
di
banditi
prezzolati
dal
grande
capitale
;
appare
chiaro
,
viceversa
,
che
il
fascismo
ha
avuto
un
'
ampia
base
sociale
fra
strati
della
piccola
borghesia
e
perfino
fra
strati
,
sia
pure
esigui
,
di
operai
relativamente
privilegiati
.
Pertanto
,
cessata
la
guerra
,
quella
di
"
un
fascismo
senza
Mussolini
"
era
una
possibilità
effettiva
che
per
un
certo
periodo
fu
molto
seriamente
considerata
anche
da
influenti
circoli
alleati
,
come
hanno
dimostrato
Salvemini
e
La
Piana
(
La
sorte
dell
'
Italia
,
ed.
inglese
1943
,
trad.
it.
nel
volume
L
'
Italia
vista
dall
'
America
,
a
cura
di
E
.
Tagliacozzo
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1969
)
.
Il
regio
governo
di
Badoglio
(
che
aveva
avuto
l
'
intenzione
di
nominare
Dino
Grandi
come
ministro
degli
Esteri
)
era
appunto
un
tentativo
di
avviare
un
"
fascismo
senza
Mussolini
"
.
Questo
tentativo
falli
,
come
fallirono
altri
tentativi
consimili
,
proprio
grazie
alla
Resistenza
ed
all
'
ampiezza
ed
alla
forza
del
movimento
popolare
che
la
esprimeva
.
È
vero
:
mentre
non
esisteva
la
possibilità
di
una
rivoluzione
proletaria
,
che
neppure
il
partito
comunista
veramente
voleva
,
esisteva
la
possibilità
di
una
rivoluzione
democratica
,
caratterizzata
da
profonde
riforme
sociali
,
non
diverse
,
almeno
negli
elementi
essenziali
,
da
quelle
introdotte
in
Inghilterra
subito
dopo
la
fine
della
guerra
;
e
gli
uomini
che
sono
emersi
dalla
Resistenza
come
leaders
hanno
la
responsabilità
di
non
aver
saputo
sfruttare
una
tale
possibilità
.
Ma
bisogna
aggiungere
che
i
limiti
erano
molto
angusti
,
non
solo
e
non
tanto
per
i
condizionamenti
imposti
dalle
potenze
vincitrici
quanto
per
le
condizioni
sociali
italiane
.
Se
ci
si
rende
veramente
conto
,
di
là
dalla
retorica
di
cui
,
più
o
meno
,
tutti
siamo
vittime
,
della
nostra
gravissima
arretratezza
civile
,
si
deve
dire
che
le
aspettative
di
una
palingenesi
sociale
erano
generose
,
nobili
ma
molto
ingenue
:
non
diversamente
dalle
aspettative
degli
intellettuali
che
guidarono
,
nel
1799
,
il
tentativo
rivoluzionario
a
Napoli
,
quelle
aspettative
erano
fondate
su
un
'
immagine
del
tutto
utopistica
del
nostro
paese
.
Il
"
fallimento
"
della
Resistenza
appare
tale
solo
se
misurato
sul
metro
di
quelle
aspettative
;
se
invece
si
assume
,
come
si
deve
,
il
metro
della
realtà
,
ossia
quello
di
un
paese
paurosamente
arretrato
sul
piano
civile
,
il
"
fallimento
"
appare
uno
straordinario
successo
.
Oggi
noi
tutti
non
potremmo
godere
di
quelle
libertà
e
di
quelle
autonomie
-
circoscritte
,
limitate
,
condizionate
finché
si
vuole
,
ma
sensibilmente
maggiori
di
zero
-
senza
il
sacrificio
degli
uomini
della
Resistenza
[
Ho
modificato
alcuni
dei
giudizi
espressi
nella
seconda
parte
di
questo
paragrafo
dopo
le
osservazioni
critiche
gentilmente
comunicatemi
da
Leo
Valiani
]
.
In
ogni
caso
,
per
giudicare
correttamente
i
nostri
attuali
problemi
,
occorre
essere
ben
consapevoli
che
il
nostro
paese
"
per
trecento
lunghi
anni
patì
l
'
obbrobrio
e
il
danno
delle
dominazioni
straniere
"
(
Giustino
Fortunato
)
.
È
straordinariamente
cupa
la
storia
di
due
terzi
del
nostro
paese
,
il
Sud
ed
il
Centro
:
quasi
inesistente
,
nel
Sud
,
l
'
esperienza
dell
'
autonomia
comunale
,
una
dominazione
di
tipo
al
tempo
stesso
feudale
e
coloniale
,
con
l
'
aggravante
delle
frequenti
incursioni
dei
pirati
lungo
le
coste
;
un
regime
,
quello
borbonico
,
definito
da
uno
straniero
,
distaccato
nel
suo
giudizio
,
William
Gladstone
:
"
the
negation
of
God
transformed
into
a
system
of
government
"
;
un
'
amministrazione
,
nel
Centro
,
che
dal
punto
di
vista
civile
,
pur
considerando
la
diversità
dei
tempi
,
non
è
esagerato
definire
raccapricciante
,
se
si
deve
prestar
fede
alle
descrizioni
di
un
altro
straniero
,
anch
'
esso
distaccato
e
disinteressato
,
William
Nassau
Senior
.
La
riflessione
approfondita
e
critica
del
nostro
presente
e
,
per
comprenderlo
,
sul
nostro
passato
,
può
dar
luogo
a
conclusioni
catastrofiche
e
paralizzanti
per
l
'
azione
:
la
realtà
è
veramente
orribile
.
Ma
-
si
spera
-
può
dar
luogo
a
una
benefica
rabbia
di
ricostruzione
e
,
paradossalmente
,
può
indurre
a
giudizi
tutto
sommato
positivi
(
come
nel
caso
della
Resistenza
)
poiché
,
nonostante
tutto
,
molte
cose
stanno
cambiando
nel
nostro
paese
.
2
.
Intellettuali
e
tecnici
Dove
si
trovano
,
quali
sono
gli
strati
socialmente
più
robusti
della
piccola
borghesia
?
Ho
già
risposto
,
in
parte
,
a
questa
domanda
:
si
trovano
in
tutti
i
gruppi
che
formano
questa
classe
composita
.
Sociologi
e
politici
hanno
concentrato
la
loro
attenzione
su
due
gruppi
particolari
:
quello
degli
intellettuali
e
quello
degli
scienziati
,
dei
tecnici
e
degli
specialisti
,
di
formazione
molto
recente
(
gli
"
intellettuali
di
tipo
nuovo
"
di
Gramsci
)
.
Ritengo
che
sia
giusto
soffermarsi
in
modo
particolare
su
questi
due
gruppi
,
sia
perché
il
grado
di
cultura
critica
è
,
in
media
,
più
elevato
che
negli
altri
gruppi
,
considerati
nel
loro
complesso
,
sia
perché
anche
la
relativa
"
libertà
di
scelta
"
è
più
ampia
.
Benedetto
Croce
aveva
torto
quando
considerava
gl
'
intellettuali
come
persone
totalmente
libere
e
"
indipendenti
"
,
addirittura
come
artefici
collettivi
ma
autonomi
della
storia
;
aveva
tuttavia
ragione
ad
attribuire
grande
importanza
nello
svolgimento
della
storia
a
quella
che
egli
chiamava
"
classe
intellettuale
"
.
E
Antonio
Gramsci
,
che
esortava
"
a
fare
i
conti
"
in
termini
dialettici
con
la
filosofia
crociana
(
"
occorre
rifare
per
la
concezione
filosofica
del
Croce
la
stessa
riduzione
che
i
primi
teorici
della
filosofia
della
prassi
hanno
fatto
per
la
concezione
hegeliana
"
)
,
aveva
ragione
quando
scriveva
:
Il
pensiero
del
Croce
...
deve
,
per
lo
meno
,
essere
apprezzato
come
valore
strumentale
,
e
così
si
può
dire
che
esso
ha
energicamente
attirato
l
'
attenzione
sull
'
importanza
dei
fatti
di
cultura
e
di
pensiero
sullo
sviluppo
della
storia
,
sulla
funzione
dei
grandi
intellettuali
nella
vita
organica
della
società
civile
e
dello
Stato
,
sul
momento
dell
'
egemonia
e
del
consenso
come
forma
necessaria
del
blocco
storico
concreto
(
Il
materialismo
storico
e
la
filosofia
di
Benedetto
Croce
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
pp.
199-201
)
.
Coloro
che
,
come
chi
scrive
,
si
augurano
che
una
profonda
trasformazione
dell
'
ordinamento
sociale
possa
essere
promossa
,
nel
nostro
paese
,
da
una
rinnovata
e
organica
alleanza
fra
classe
operaia
ed
ampi
strati
della
piccola
borghesia
,
debbono
puntare
soprattutto
su
quei
due
gruppi
.
Ma
è
necessario
non
farsi
illusioni
:
anche
in
questi
due
gruppi
la
fascia
socialmente
solida
,
capace
di
sostenere
gli
sforzi
di
lungo
periodo
che
una
tale
alleanza
richiede
,
è
ancora
esile
nel
nostro
paese
.
D
'
altra
parte
,
in
questi
due
gruppi
particolari
-
intellettuali
e
tecnici
-
,
come
del
resto
negli
altri
gruppi
e
nelle
altre
classi
sociali
,
non
esiste
solo
una
fascia
civilmente
robusta
ed
una
fascia
di
topi
nel
formaggio
;
esiste
anche
una
larga
fascia
intermedia
di
individui
personalmente
onesti
ma
politicamente
indifferenti
,
individui
che
sarebbero
capaci
di
sacrificare
alcuni
loro
interessi
economici
in
nome
di
interessi
civili
più
ampi
.
È
anche
su
questa
fascia
che
bisogna
puntare
per
quella
rinnovata
alleanza
.
Sotto
l
'
aspetto
della
classificazione
qui
adottata
,
gl
'
intellettuali
in
senso
stretto
e
i
tecnici
si
trovano
prevalentemente
nella
piccola
borghesia
(
gli
strati
più
elevati
sono
inclusi
nella
borghesia
vera
e
propria
)
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
4.1
)
.
Gl
'
intellettuali
,
non
diversamente
dai
quadri
intermedi
della
burocrazia
(
parte
I
,
capp
.
5
e
7
)
,
tendono
a
suddividersi
in
due
categorie
:
quelli
organicamente
integrati
nella
classe
dominante
e
quelli
che
tendono
ad
avvicinarsi
agli
interessi
e
agli
ideali
della
classe
operaia
;
e
una
tale
suddivisione
vale
non
solo
per
gl
'
intellettuali
di
nuovo
tipo
(
scienziati
,
ricercatori
,
tecnici
di
livello
elevato
e
,
in
generale
,
uomini
di
cultura
prevalentemente
"
scientifica
"
)
,
ma
anche
per
gl
'
intellettuali
di
tipo
tradizionale
(
letterati
,
filosofi
,
artisti
e
,
in
generale
,
uomini
di
cultura
prevalentemente
"
umanistica
"
)
.
Parlo
di
tendenze
e
non
di
realtà
effettive
,
poiché
i
margini
d
'
indeterminazione
,
non
trascurabili
in
nessuna
classe
o
sottoclasse
,
sono
particolarmente
rilevanti
nel
caso
degli
intellettuali
,
soprattutto
nell
'
attuale
fase
dello
sviluppo
storico
della
nostra
società
.
La
posizione
dei
tecnici
(
che
,
come
i
politici
,
rientrano
nella
categoria
degli
intellettuali
in
senso
lato
)
è
anche
più
indeterminata
e
polivalente
di
quella
degli
intellettuali
in
senso
stretto
:
possono
essere
cooptati
dalla
classe
dominante
,
come
quegli
impiegati
che
ne
diventano
"
fiduciari
"
;
ma
possono
anche
allearsi
con
la
classe
operaia
;
infine
,
possono
restare
,
per
così
dire
,
disponibili
,
in
una
posizione
critica
ed
autonoma
,
se
pure
non
neutrale
.
In
ogni
modo
,
la
questione
dei
tecnici
va
vista
congiuntamente
a
quella
dei
dirigenti
(
managers
dei
massimi
livelli
,
che
in
parte
sono
appunto
i
tecnici
cooptati
dalla
classe
dominante
)
;
ed
entrambe
le
questioni
vanno
considerate
nel
quadro
dell
'
evoluzione
del
capitalismo
moderno
,
che
ha
assunto
le
caratteristiche
che
oggi
conosciamo
(
non
solo
nel
nostro
paese
)
con
lo
sviluppo
delle
società
per
azioni
,
quindi
dei
gruppi
finanziari
di
queste
società
(
holdings
)
e
infine
,
nel
periodo
più
recente
,
specialmente
nei
paesi
capitalistici
più
avanzati
,
dei
gruppi
multinazionali
.
Questo
capitalismo
è
caratterizzato
da
una
progressiva
separazione
fra
proprietà
e
controllo
:
il
processo
di
concentrazione
-
intravisto
,
già
al
suo
primo
manifestarsi
,
da
Marx
e
da
Engels
-
ha
compiuto
,
nel
tempo
,
passi
da
gigante
;
ma
(
ed
è
questa
una
tesi
fondamentale
di
Alberto
Breglia
)
,
un
tale
processo
non
sembra
condurre
di
per
sé
al
collettivismo
pubblico
(
socialismo
)
;
può
invece
condurre
,
e
in
una
certa
misura
ha
condotto
,
ad
una
sorta
di
collettivismo
privato
,
ossia
a
un
sistema
che
perpetua
i
privilegi
sotto
forme
nuove
,
non
fondate
più
,
principalmente
,
sulla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
ma
sulla
forza
politica
e
sulla
divisione
del
lavoro
,
in
un
peculiare
assetto
istituzionale
,
che
risulta
da
una
commistione
fra
pubblico
e
privato
.
3
.
I
condizionamenti
internazionali
e
le
tensioni
di
origine
interna
I
movimenti
e
le
tendenze
politiche
che
si
manifestano
,
in
Italia
,
nel
seno
di
ciascuna
delle
diverse
classi
condizionano
e
sono
condizionati
dai
movimenti
e
dalle
tendenze
politiche
che
si
manifestano
nelle
analoghe
classi
sociali
degli
altri
paesi
relativamente
evoluti
,
specialmente
dell
'
Europa
.
Data
la
sua
particolare
instabilità
sociale
e
politica
e
dato
il
suo
maggior
grado
di
cultura
,
ciò
è
specialmente
vero
per
la
piccola
borghesia
,
i
cui
movimenti
,
come
quelli
di
un
pendolo
,
entrano
in
risonanza
con
i
movimenti
delle
piccole
borghesie
degli
altri
paesi
che
si
trovano
in
condizioni
relativamente
simili
:
l
'
"
effetto
dimostrativo
"
,
rilevante
per
tutti
i
gruppi
sociali
,
è
particolarmente
rilevante
nel
caso
della
piccola
borghesia
.
Di
ciò
occorre
tener
conto
nel
riflettere
sulla
grave
crisi
sociale
e
politica
che
ora
è
in
atto
nel
nostro
paese
:
le
spinte
e
le
tensioni
che
l
'
hanno
provocata
hanno
origine
non
solo
all
'
interno
ma
anche
all
'
esterno
della
nostra
società
.
Il
movimento
studentesco
e
poi
i
gruppi
extra
-
parlamentari
sono
stati
fortemente
influenzati
da
spinte
esterne
,
così
come
lo
sono
state
le
tensioni
nel
mercato
del
lavoro
:
in
tutti
i
paesi
più
evoluti
negli
ultimi
anni
gli
scioperi
sono
diventati
più
frequenti
e
più
lunghi
,
e
ciò
come
conseguenza
dell
'
accresciuta
pressione
inflazionistica
(
che
è
un
fenomeno
internazionale
)
e
per
una
sorta
di
reciproco
"
effetto
dimostrativo
"
,
che
in
certi
casi
(
autunno
caldo
italiano
del
1969
)
è
stato
rafforzato
dal
timore
che
i
sindacati
avevano
di
essere
scavalcati
a
sinistra
dai
gruppi
extra
-
parlamentari
,
com
'
era
avvenuto
nel
maggio
francese
del
1968
.
La
conseguenza
dell
'
esplosione
salariale
che
,
più
o
meno
,
si
è
verificata
in
tutti
o
quasi
tutti
i
paesi
industrializzati
,
è
stata
una
sensibile
flessione
del
saggio
del
profitto
,
la
quale
a
sua
volta
ha
frenato
gl
'
investimenti
e
fatto
aumentare
la
disoccupazione
.
Le
difficoltà
economiche
sono
state
aggravate
dal
disordine
nel
sistema
monetario
internazionale
e
dalla
crisi
di
importanti
rami
produttivi
,
come
l
'
industria
tessile
e
la
chimica
di
base
,
crisi
provocata
,
oltre
che
dal
forte
aumento
del
costo
del
lavoro
,
dall
'
accresciuta
concorrenza
internazionale
e
da
cospicui
errori
compiuti
negli
ultimi
anni
da
certi
grandi
complessi
produttivi
nella
politica
di
investimenti
.
Le
gravi
difficoltà
economiche
nelle
quali
si
dibatte
il
nostro
paese
da
alcuni
anni
hanno
avuto
e
stanno
avendo
rilevanti
conseguenze
:
hanno
fatto
crescere
il
numero
dei
fallimenti
e
,
per
le
imprese
con
un
numero
di
addetti
relativamente
elevato
,
hanno
provocato
salvataggi
da
parte
dell
'
autorità
pubblica
;
più
in
generale
,
hanno
dato
luogo
ad
una
rapida
accelerazione
dell
'
area
d
'
influenza
delle
imprese
a
partecipazione
statale
;
infine
,
insieme
con
altri
fattori
,
hanno
concorso
a
stimolare
fusioni
non
solo
al
livello
interno
ma
anche
al
livello
internazionale
.
La
debolezza
del
capitale
privato
italiano
ha
comportato
dunque
una
espansione
assoluta
e
relativa
sia
del
capitale
pubblico
sia
del
capitale
estero
,
specialmente
nell
'
industria
;
in
certi
rami
sono
comparse
oppure
hanno
grandemente
esteso
la
loro
influenza
le
grandi
società
multinazionali
.
Questo
è
un
fatto
nuovo
di
fondamentale
importanza
di
cui
d
'
ora
in
poi
non
solo
i
sindacati
ma
anche
i
partiti
di
sinistra
dovranno
tenere
il
massimo
conto
.
Le
difficoltà
economiche
,
aggravando
il
problema
della
disoccupazione
(
operaia
e
intellettuale
)
,
hanno
esasperato
le
tensioni
sociali
,
sia
nel
mondo
del
lavoro
sia
,
più
in
generale
,
nel
mondo
dei
giovani
.
Queste
tensioni
,
che
sono
comuni
a
molti
altri
paesi
capitalistici
,
hanno
assunto
caratteristiche
particolarmente
gravi
nel
nostro
paese
,
che
ha
strutture
civili
debolissime
,
sia
perché
il
suffragio
universale
è
un
fatto
relativamente
recente
(
in
pratica
comincia
ad
essere
applicato
solo
dopo
la
seconda
guerra
mondiale
)
,
sia
per
il
basso
grado
d
'
istruzione
delle
masse
sia
per
l
'
espansione
enorme
,
relativamente
recente
e
in
parte
patologica
,
della
piccola
borghesia
.
La
persistente
flessione
del
saggio
medio
del
profitto
,
che
-
ripeto
-
è
comune
a
molti
altri
paesi
capitalistici
,
può
avere
effetti
molto
gravi
sia
sul
piano
economico
sia
sul
piano
politico
,
dato
che
"
il
saggio
del
profitto
costituisce
la
forza
motrice
della
produzione
capitalistica
"
(
Marx
)
.
Una
crisi
economica
è
già
in
atto
ed
è
elevato
il
rischio
che
si
aggravi
,
con
un
cospicuo
aumento
della
disoccupazione
.
Politicamente
,
sono
fortissime
le
spinte
per
una
svolta
a
destra
;
è
da
prevedere
che
la
reazione
della
borghesia
diventerà
ancora
più
dura
,
con
spinte
di
tipo
fascista
che
oggi
a
quanto
pare
provengono
,
più
che
dalla
grande
borghesia
,
dagli
strati
reazionari
della
piccola
borghesia
.
Si
tratta
di
vedere
quale
risposta
sono
in
grado
di
dare
i
partiti
che
in
qualche
modo
rappresentano
gl
'
interessi
della
classe
operaia
e
i
sindacati
:
sono
pronti
al
decisivo
scontro
frontale
,
comunque
a
una
strategia
rivolta
a
impartire
colpi
d
'
intensità
progressivamente
crescente
per
mutare
il
"
sistema
"
?
La
risposta
di
chi
scrive
è
negativa
.
Sembra
che
la
classe
operaia
sia
diventata
abbastanza
forte
sul
piano
sindacale
da
impartire
duri
colpi
al
"
sistema
"
,
ma
non
abbastanza
forte
e
compatta
e
consapevole
da
mutarlo
.
Se
così
è
,
dovrebbe
essere
ovvio
che
alla
classe
operaia
e
ai
suoi
rappresentanti
e
alleati
oggi
conviene
evitare
lo
scontro
frontale
e
,
comunque
,
non
conviene
adottare
una
strategia
di
tipo
rivoluzionario
.
Di
questo
i
dirigenti
politici
e
sindacali
sembrano
convinti
,
poiché
si
rendono
conto
che
la
grande
maggioranza
degli
operai
non
vuole
veramente
una
rivoluzione
.
Ma
una
frazione
della
"
base
"
,
che
tuttavia
riesce
ad
avere
una
notevole
influenza
,
anche
sotto
la
spinta
dei
gruppi
extra
-
parlamentari
,
continua
a
spingere
come
se
una
strategia
di
tipo
rivoluzionario
fosse
desiderabile
.
Questa
è
una
contraddizione
grave
,
che
nel
nostro
paese
assume
una
gravità
ben
maggiore
che
in
altri
paesi
capitalistici
europei
.
Il
massimalismo
,
non
suffragato
da
una
forza
proporzionata
agli
obiettivi
,
non
ha
mai
dato
frutti
positivi
in
nessun
paese
e
in
nessun
tempo
.
Sul
piano
sociale
e
politico
,
le
spinte
esterne
s
'
intrecciano
e
si
combinano
con
spinte
e
tensioni
specificamente
interne
.
A
titolo
illustrativo
,
si
possono
considerare
due
aree
,
profondamente
diverse
,
in
cui
qualche
anno
fa
si
sono
localizzate
le
tensioni
più
acute
:
Milano
e
Reggio
Calabria
.
A
Milano
è
particolarmente
acuta
,
in
molte
fabbriche
,
la
tensione
fra
dirigenti
e
operai
,
soprattutto
quelli
da
poco
immigrati
dal
Sud
.
Questi
operai
,
che
hanno
reciso
i
legami
con
le
zone
di
origine
attratti
dal
miraggio
di
un
relativo
benessere
,
hanno
scoperto
:
1
)
che
il
loro
salario
viene
decurtato
da
fitti
esosi
;
2
)
che
,
dato
il
loro
grado
d
'
istruzione
,
sono
assegnati
ai
lavori
più
umili
e
più
"
alienanti
"
;
3
)
che
l
'
ambiente
sociale
è
quasi
razzialmente
ostile
nei
loro
confronti
.
Di
qui
la
loro
rabbia
,
che
si
riversa
sui
dirigenti
di
fabbrica
,
da
loro
visti
come
capitalisti
e
sfruttatori
,
e
che
a
volte
viene
incanalata
e
diretta
dai
gruppi
extra
-
parlamentari
.
È
rilevante
anche
la
tensione
fra
certi
strati
di
operai
di
recente
immigrazione
e
certi
strati
di
operai
di
provenienza
locale
.
Anche
in
certi
strati
di
operai
locali
vi
sono
tensioni
,
come
conseguenza
del
fatto
che
,
dopo
gli
elevati
aumenti
salariali
del
1962-1964
,
gl
'
industriali
hanno
cercato
di
accrescere
la
produttività
non
tanto
con
nuove
macchine
,
quanto
attraverso
processi
di
"
razionalizzazione
"
aziendale
,
attraverso
l
'
intensificazione
dei
ritmi
di
lavoro
e
il
ricorso
al
lavoro
straordinario
.
Queste
tensioni
,
tuttavia
,
assumono
più
la
forma
di
rivendicazioni
sindacali
(
aumenti
dei
salari
e
migliori
condizioni
di
lavoro
)
che
la
forma
di
spinte
rabbiose
o
eversive
.
Per
Reggio
Calabria
,
occorre
in
primo
luogo
tener
presente
la
seguente
osservazione
di
Gramsci
:
Il
"
morto
di
fame
"
piccolo
-
borghese
è
originato
dalla
borghesia
rurale
:
la
proprietà
si
spezzetta
in
famiglie
numerose
e
finisce
con
l
'
essere
liquidata
,
ma
gli
elementi
della
classe
non
vogliono
lavorare
manualmente
:
così
si
forma
uno
strato
famelico
di
aspiranti
a
piccoli
impieghi
municipali
,
di
scrivani
,
di
commissionari
,
eccetera
...
Molti
piccoli
impiegati
delle
città
derivano
socialmente
da
questi
strati
...
Il
"
sovversivismo
"
di
questi
strati
ha
due
facce
:
verso
sinistra
e
verso
destra
,
ma
il
volto
sinistro
è
un
mezzo
ricatto
:
essi
vanno
sempre
a
destra
nei
momenti
decisivi
e
il
loro
"
coraggio
"
disperato
preferisce
avere
i
carabinieri
come
alleati
(
Passato
e
presente
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
p
.
15
)
.
In
effetti
,
la
rivolta
di
Reggio
è
stata
promossa
da
piccoli
borghesi
"
sovversivi
"
che
hanno
fatto
leva
soprattutto
sulla
rabbia
di
alcuni
strati
del
sottoproletariato
cittadino
.
Naturalmente
,
l
'
osservazione
di
Gramsci
riguarda
solo
un
aspetto
della
complessa
situazione
(
uno
degli
elementi
particolari
sta
in
ciò
,
che
l
'
istituzione
degli
uffici
regionali
può
avere
grande
importanza
per
l
'
impiego
di
numerose
persone
)
;
un
altro
aspetto
è
dato
dall
'
esasperazione
,
che
serpeggia
in
tutti
gli
strati
della
popolazione
meridionale
,
per
le
promesse
,
fatte
ripetutamente
dai
politici
e
in
gran
parte
non
mantenute
,
circa
l
'
avvio
di
un
vigoroso
processo
di
sviluppo
del
reddito
e
dell
'
occupazione
.
Queste
indicazioni
,
pur
brevi
e
frammentarie
,
bastano
a
mettere
in
evidenza
la
necessità
di
studiare
a
fondo
i
seguenti
fenomeni
,
che
in
parte
si
sovrappongono
e
che
comunque
sono
fra
loro
interdipendenti
:
l
'
esodo
agrario
,
l
'
emigrazione
dal
Sud
al
Nord
e
gli
spostamenti
interni
alle
classi
,
specialmente
quelli
che
hanno
luogo
nelle
regioni
meridionali
.
Come
si
è
osservato
(
parte
I
,
cap
.
4
)
,
gli
spostamenti
principali
avvengono
nell
'
ambito
della
piccola
borghesia
(
flessione
dei
coltivatori
diretti
,
aumento
degli
impiegati
e
dei
commercianti
)
e
nell
'
ambito
della
classe
operaia
(
flessione
dei
salariati
agricoli
,
aumento
dei
salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
e
dei
sottoproletari
)
.
Sebbene
le
sottoclassi
ora
nominate
,
specialmente
quelle
della
piccola
borghesia
,
siano
tutte
molto
eterogenee
,
sembra
tuttavia
lecito
affermare
che
la
sottoclasse
composta
dai
contadini
proprietari
(
coltivatori
diretti
)
in
generale
è
caratterizzata
da
tendenze
di
tipo
conservatore
,
e
comunque
è
più
stabile
e
tradizionalista
delle
altre
sottoclassi
piccolo
-
borghesi
,
ben
più
eterogenee
e
oscillanti
verso
l
'
uno
o
l
'
altro
estremo
dello
schieramento
politico
(
la
spinta
verso
l
'
estrema
destra
eversiva
essendo
presente
soprattutto
nelle
fasce
poco
o
male
inserite
in
attività
economiche
moderne
)
.
Analogamente
,
i
salariati
dell
'
agricoltura
sono
più
tradizionalisti
degli
altri
e
più
suscettibili
,
almeno
in
certe
zone
,
di
subire
l
'
influenza
delle
autorità
ecclesiastiche
locali
,
mentre
i
salariati
dei
settori
extra
-
agricoli
sono
ben
più
attivi
dal
punto
di
vista
sindacale
e
politico
.
Il
risultato
di
quegli
spostamenti
sociali
,
pertanto
,
è
un
aumento
dell
'
instabilità
sociale
e
delle
tensioni
politiche
.
4
.
La
sinistra
tradizionale
e
i
ceti
medi
Tensioni
della
più
diversa
natura
esistono
dunque
nel
nostro
paese
.
Queste
tensioni
sono
state
aggravate
anche
da
disordini
e
da
violenze
deliberatamente
provocate
da
settori
della
destra
politica
ed
economica
operante
nell
'
interno
e
fuori
dello
Stato
,
proprio
per
spingere
all
'
estrema
destra
ampi
strati
della
piccola
borghesia
e
per
determinare
così
una
crisi
politica
;
un
'
ulteriore
spinta
a
destra
degli
stessi
strati
è
stata
originata
da
certi
provvedimenti
radicali
del
governo
di
centro
-
sinistra
,
come
le
leggi
,
tutto
considerato
opportune
e
utili
dal
punto
di
vista
generale
,
riguardanti
i
fondi
rustici
e
l
'
edilizia
residenziale
.
La
sinistra
tradizionale
(
partito
comunista
e
partito
socialista
)
ha
indubbiamente
fatto
tesoro
,
e
non
solo
da
ora
,
della
lezione
del
1921-1922
,
quando
,
come
scrive
Gramsci
,
con
la
sua
politica
passiva
e
permissiva
nei
riguardi
delle
spinte
caotiche
che
spaventavano
molti
piccoli
borghesi
,
già
traumatizzati
dagli
sconvolgimenti
della
guerra
,
la
sinistra
"
se
li
rese
nemici
gratis
,
invece
di
renderseli
alleati
,
cioè
li
ributtò
verso
la
classe
dominante
"
(
Passato
e
presente
,
cit
.
,
p
.
54
)
.
Di
qui
una
politica
cauta
e
comprensiva
,
verso
i
così
detti
ceti
medi
,
sia
del
partito
socialista
sia
del
partito
comunista
(
i
cui
apparati
centrali
,
d
'
altra
parte
,
sono
in
larga
misura
composti
da
persone
provenienti
da
questi
ceti
ed
i
cui
votanti
sono
,
per
quote
non
piccole
,
persone
appartenenti
agli
stessi
ceti
)
.
I
giovani
dei
gruppi
extra
-
parlamentari
,
che
criticano
"
da
sinistra
"
il
partito
socialista
e
quello
comunista
,
dovrebbero
cercare
di
comprendere
le
ragioni
di
una
tale
politica
.
È
vero
:
l
'
attuale
sinistra
potrà
apparire
ai
futuri
storici
come
oggi
ci
appare
la
"
sinistra
storica
"
del
secolo
scorso
;
ma
non
ha
senso
attribuire
la
politica
perseguita
dall
'
attuale
sinistra
al
"
tradimento
"
dei
capi
o
al
loro
imborghesimento
:
la
critica
può
diventare
seria
solo
dopo
un
'
analisi
approfondita
,
che
deve
tener
conto
dell
'
attuale
grado
di
sviluppo
delle
forze
produttive
e
delle
diverse
classi
sociali
nel
nostro
paese
.
Il
rabbioso
estremismo
di
certi
gruppi
della
sinistra
extra
-
parlamentare
non
è
affatto
un
fenomeno
tipicamente
italiano
;
anzi
,
nel
nostro
paese
questi
gruppi
sono
meno
virulenti
che
altrove
.
Si
tratta
,
salvo
poche
eccezioni
,
di
gruppi
di
piccoli
borghesi
declassati
e
disperati
:
è
questa
la
caratteristica
dei
tupamaros
di
certi
paesi
latino
-
americani
;
era
questa
la
caratteristica
dei
nichilisti
russi
del
secolo
scorso
.
Non
c
'
è
dubbio
che
i
gruppi
extra
-
parlamentari
con
la
loro
azione
hanno
contribuito
alla
ripresa
del
pericolo
fascista
;
per
esempio
,
l
'
attacco
ai
"
dirigenti
"
delle
fabbriche
,
assecondato
e
certe
volte
diretto
da
questi
gruppi
,
ricorda
sotto
certi
aspetti
l
'
attacco
agli
ufficiali
reduci
dal
fronte
dopo
la
prima
guerra
mondiale
,
attacco
che
certi
settori
della
sinistra
assecondarono
o
promossero
e
che
contribuì
alla
"
cessione
gratuita
"
di
questi
reduci
alla
classe
dominante
.
Fortunatamente
,
la
scala
del
fenomeno
oggi
è
molto
più
limitata
;
oggi
non
sussistono
le
condizioni
di
sconvolgimento
che
allora
sussistevano
;
la
sinistra
ha
imparato
la
lezione
;
infine
,
il
ventennio
nero
ha
rappresentato
una
forte
vaccinazione
,
non
solo
per
la
classe
operaia
ma
anche
per
molti
strati
delle
classi
medie
.
Tuttavia
,
se
il
pericolo
del
fascismo
manifesto
è
basso
,
è
elevato
il
pericolo
di
una
svolta
politica
antifascista
a
parole
ma
sostanzialmente
fascista
nei
fatti
:
l
'
arretratezza
sociale
e
politica
del
nostro
paese
e
la
protervia
di
ampie
sezioni
della
classe
dominante
rende
questo
pericolo
molto
reale
nelle
attuali
condizioni
di
crisi
.
Il
partito
democratico
cristiano
,
che
ha
la
sua
base
elettorale
in
tutte
e
tre
le
classi
sociali
(
v
.
le
tabelle
7.1
,
7.2
,
7.3
e
7.4
dell
'
Appendice
)
,
preoccupato
per
la
fuga
a
destra
di
una
frazione
dell
'
elettorato
piccolo
-
borghese
,
dalla
fine
del
1971
in
poi
ha
attuato
una
sterzata
a
destra
.
I
risultati
delle
elezioni
del
maggio
1972
mostrano
che
la
manovra
di
recupero
ha
avuto
un
notevole
successo
.
È
necessario
tuttavia
tener
conto
che
la
piccola
borghesia
è
una
classe
,
o
quasi
classe
,
particolarmente
instabile
;
per
questo
una
manovra
di
recupero
a
destra
può
avere
successo
in
un
periodo
breve
,
senza
determinare
perdite
sensibili
di
voti
operai
.
Ma
se
la
rotta
dovesse
continuare
verso
destra
,
in
un
periodo
non
breve
le
perdite
di
voti
a
sinistra
potrebbero
diventare
rilevanti
:
le
contraddizioni
dell
'
interclassismo
vengono
alla
luce
nei
periodi
di
gravi
tensioni
sociali
e
politiche
[
Scrivevo
queste
osservazioni
verso
la
fine
del
1972
]
.
La
situazione
della
sinistra
italiana
(
e
per
questo
aspetto
quella
della
sinistra
francese
)
è
resa
difficile
dal
fatto
che
il
partito
comunista
,
il
quale
politicamente
rappresenta
una
quota
rilevante
,
anche
se
non
maggioritaria
,
della
classe
operaia
ed
una
quota
pure
notevole
di
ceti
medi
(
v
.
le
tabelle
7.3
e
7.4
)
,
è
tuttora
in
una
certa
misura
legato
al
modello
sovietico
,
nonostante
le
distanze
prese
nell
'
ultimo
decennio
,
specialmente
dopo
la
tragedia
cecoslovacca
;
e
per
un
paese
come
l
'
Italia
(
e
la
Francia
)
il
modello
sovietico
appare
sempre
meno
un
"
modello
"
da
seguire
,
non
solo
e
non
tanto
per
ragioni
economiche
,
quanto
per
ragioni
civili
.
Perfino
quella
rottura
così
profonda
che
è
stata
la
rivoluzione
bolscevica
non
è
valsa
a
interrompere
certe
linee
della
storia
russa
,
che
si
ricollegano
ad
antiche
tradizioni
autocratiche
e
repressive
,
comprensibili
(
dolorosamente
)
in
un
paese
che
in
pratica
non
ha
avuto
una
vera
e
propria
rivoluzione
borghese
e
che
fino
a
pochi
decenni
or
sono
era
un
paese
molto
arretrato
.
Si
tratta
di
una
contraddizione
grave
,
le
cui
conseguenze
si
riflettono
negativamente
non
solo
sulla
sinistra
,
ma
sull
'
intera
vita
sociale
e
politica
del
nostro
paese
.
Quanto
prima
se
ne
potrà
uscire
,
tanto
meglio
sarà
.
Riguardo
alle
relazioni
fra
classi
e
partiti
,
bisogna
dire
che
anche
il
partito
comunista
è
interclassista
,
come
lo
è
il
partito
socialista
.
Tuttavia
,
se
è
vero
che
tutti
i
partiti
di
sinistra
e
di
destra
sono
interclassisti
,
alcuni
lo
sono
più
degli
altri
.
In
particolare
,
i
ceti
medi
sono
largamente
rappresentati
sia
a
sinistra
che
a
destra
.
Ma
vi
sono
ceti
medi
genuinamente
progressisti
,
almeno
in
modo
potenziale
;
e
vi
sono
ceti
medi
conservatori
o
reazionari
.
(
A
questo
proposito
conviene
leggere
,
naturalmente
interpretandola
con
un
grano
di
sale
per
adattarla
alla
nostra
situazione
,
l
'
analisi
delle
classi
di
Mao
Tse
-
tung
citata
nel
capitolo
5
della
parte
I
)
.
Inoltre
,
certe
categorie
di
persone
sono
bene
ancorate
a
interessi
organici
di
classe
;
altre
,
lo
sono
poco
e
male
,
come
accade
nel
caso
degli
studenti
,
'
dei
pensionati
e
delle
così
dette
casalinghe
.
P
.
presumibile
che
i
voti
di
queste
persone
siano
particolarmente
fluttuanti
.
Ed
è
anche
presumibile
che
la
Democrazia
cristiana
sia
riuscita
finora
ad
ottenere
una
percentuale
relativamente
stabile
di
voti
grazie
a
oscillazioni
di
segno
opposto
dei
votanti
.
La
varietà
delle
frazioni
di
classi
e
di
sottoclassi
che
convergono
nella
Democrazia
cristiana
appare
impressionante
,
se
si
giudica
dalla
varietà
degli
uomini
rappresentativi
:
alcuni
fanno
parte
di
quanto
di
meglio
offra
il
nostro
paese
,
molti
altri
sono
personaggi
da
galera
;
e
sembra
siano
particolarmente
numerosi
,
fra
i
votanti
della
Democrazia
cristiana
,
quelli
che
appartengono
alle
categorie
"
disancorate
"
(
vedi
l
'
indagine
di
Giuliana
Saladino
pubblicata
da
"
L
'
Ora
"
di
Palermo
nei
giorni
16
,
18
,
20
,
23
e
27
luglio
1973
)
.
Ci
si
deve
domandare
che
cosa
può
accadere
a
questo
partito
se
continua
l
'
ascesa
assoluta
e
relativa
della
classe
operaia
e
se
i
partiti
di
sinistra
riescono
a
rinnovarsi
in
profondità
,
rendendo
molto
più
omogeneo
e
compatto
il
loro
interclassismo
e
promuovendo
una
rappresentanza
operaia
diretta
attraverso
una
qualche
trasfusione
di
sangue
,
per
esempio
,
attraverso
l
'
introduzione
negli
organismi
centrali
di
un
quorum
gradualmente
crescente
riservato
agli
operai
;
un
provvedimento
,
questo
,
che
appare
quanto
mai
auspicabile
se
è
vero
che
il
movimento
operaio
è
immune
da
quelle
degenerazioni
e
da
quegli
"
intrallazzi
"
che
inquinano
la
piccola
borghesia
.
Sul
piano
della
gestione
concreta
della
cosa
pubblica
,
occorre
riflettere
sull
'
esperienza
emiliana
e
di
altre
regioni
"
rosse
"
,
dove
si
è
attuata
un
'
alleanza
organica
fra
ceti
medi
e
classe
operaia
,
con
un
'
evidente
egemonia
dei
primi
.
5
.
Sindacati
operai
e
sindacati
dei
ceti
medi
Nella
prima
parte
ho
avuto
occasione
di
far
notare
che
la
distanza
fra
impiegati
e
operai
,
misurata
per
mezzo
dello
stipendio
medio
e
del
salario
medio
,
negli
anni
più
recenti
è
andata
diminuendo
e
che
,
ciò
nonostante
,
in
singoli
settori
o
al
vertice
delle
diverse
gerarchie
,
le
distanze
presumibilmente
sono
andate
crescendo
.
La
questione
è
importante
e
merita
un
attento
esame
.
Per
un
complesso
di
circostanze
,
il
movimento
operaio
,
insieme
con
quelle
ampie
fette
del
movimento
sindacale
e
della
sinistra
politica
che
bene
o
male
lo
rappresentano
,
ha
raggiunto
importanti
risultati
,
specialmente
negli
ultimi
anni
.
La
posizione
degli
operai
nella
fabbrica
e
nella
società
è
pur
sempre
subordinata
,
ma
lo
è
incomparabilmente
meno
di
quanto
fosse
appena
dieci
anni
fa
.
Questo
importante
processo
di
crescita
civile
avviene
attraverso
dure
lotte
,
attraverso
errori
e
rilevanti
costi
economici
,
che
vanno
a
carico
di
tutti
,
sia
pure
in
diverse
proporzioni
.
In
questo
processo
s
'
innesta
quell
'
avvicinamento
delle
posizioni
medie
di
cui
ho
detto
.
La
scelta
sindacale
dell
'
inquadramento
unico
in
parte
sanziona
questa
nuova
tendenza
e
in
parte
contribuisce
ad
accelerarla
,
almeno
nel
settore
degli
impiegati
di
azienda
.
Si
tratta
di
una
scelta
di
grande
rilievo
.
Ora
questo
processo
di
avvicinamento
economico
e
sociale
fra
certi
strati
di
operai
e
certi
strati
di
ceti
medi
sta
provocando
-
come
già
altre
volte
nel
passato
ma
in
forme
e
con
conseguenze
nuove
-
una
spaccatura
nell
'
ambito
degli
stessi
ceti
medi
.
In
alcuni
strati
quell
'
avvicinamento
suscita
orrore
e
dà
luogo
a
sforzi
per
contrapporsi
ad
esso
,
anche
attraverso
una
strategia
"
corporativa
"
rivolta
a
ripristinare
le
distanze
e
possibilmente
ad
accrescerle
;
l
'
orrore
per
il
comunismo
e
,
più
in
generale
,
per
la
sinistra
,
ha
spesso
una
tale
origine
.
Altri
strati
di
ceti
medi
,
invece
,
considerano
positivamente
questo
processo
,
poiché
l
'
alleanza
organica
con
gli
operai
,
se
ha
degli
svantaggi
economici
(
da
un
punto
di
vista
piccolo
-
borghese
)
,
ha
diversi
rilevanti
vantaggi
in
termini
di
civiltà
e
di
forza
politica
.
Da
un
lato
,
l
'
ascesa
di
una
parte
della
classe
operaia
e
l
'
affermazione
di
una
strategia
"
non
corporativa
"
(
specialmente
nelle
fabbriche
e
fra
gli
intellettuali
)
,
dall
'
altro
lato
,
la
reazione
di
particolari
strati
di
ceti
medi
a
tali
tendenze
ha
assai
inasprito
le
lotte
sociali
e
politiche
,
non
solo
nel
nostro
ma
anche
in
altri
paesi
europei
.
Gli
stessi
capitalisti
industriali
sono
divisi
.
È
in
gioco
non
solo
il
potere
della
grande
borghesia
,
ma
anche
quello
,
a
carattere
in
gran
parte
condominiale
e
subalterno
,
della
media
e
piccola
borghesia
.
All
'
origine
di
questi
contrasti
e
di
queste
contrapposizioni
,
dunque
,
è
l
'
ascesa
non
solo
assoluta
ma
anche
relativa
della
classe
operaia
;
un
'
ascesa
che
ha
luogo
non
solo
nel
campo
economico
ma
anche
nel
campo
sociale
e
politico
e
che
presenta
a
sua
volta
elementi
in
parte
contraddittori
:
da
un
lato
ha
una
componente
potenzialmente
rivoluzionaria
-
almeno
nel
lungo
periodo
-
dall
'
altra
parte
promuove
le
tendenze
verso
l
'
imborghesimento
.
Una
tale
ascesa
,
se
da
un
lato
costituisce
una
minaccia
per
la
grande
borghesia
,
dall
'
altro
lato
costituisce
(
di
nuovo
,
contraddittoriamente
)
una
minaccia
e
,
al
tempo
stesso
,
una
possibilità
di
alleanza
per
la
piccola
borghesia
,
a
cominciare
da
quella
impiegatizia
e
intellettuale
.
Tutto
questo
dimostra
com
'
è
importante
studiare
le
relazioni
(
complementari
e
di
contrapposizione
)
fra
operai
e
ceti
medi
,
in
tutti
i
campi
sociali
,
compreso
quel
campo
particolarissimo
che
è
il
campo
sindacale
.
Un
tale
studio
è
tanto
più
necessario
in
quanto
finora
sulle
relazioni
fra
sindacati
operai
e
sindacati
dei
ceti
medi
(
sindacati
che
in
molti
casi
fanno
capo
alle
stesse
organizzazioni
centrali
)
è
stato
steso
pudicamente
un
velo
;
è
possibile
che
questo
sia
accaduto
sotto
l
'
influsso
dell
'
ideologia
piccolo
-
borghese
che
,
col
pretesto
di
non
creare
divisioni
all
'
interno
della
"
classe
lavoratrice
"
,
mira
a
cementare
una
solidarietà
che
va
in
buona
parte
a
beneficio
dei
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
.
Ora
,
l
'
opportunismo
e
l
'
ipocrisia
nelle
analisi
sociali
non
hanno
mai
giovato
a
nessuno
,
tanto
meno
hanno
giovato
agli
"
innovatori
"
,
ossia
agli
uomini
della
sinistra
.
Con
non
poca
fatica
,
e
grazie
all
'
aiuto
di
diversi
amici
sindacalisti
,
sono
riuscito
a
elaborare
due
tabelle
in
cui
si
presentano
le
stime
degli
iscritti
ai
sindacati
distinguendo
gli
operai
dagli
impiegati
nei
diversi
settori
di
attività
(
v
.
tabelle
5.1
e
5.2
)
.
Le
statistiche
degli
iscritti
ai
sindacati
godono
di
pessima
reputazione
e
in
effetti
fino
a
pochi
anni
fa
erano
inattendibili
;
da
qualche
tempo
,
da
quando
cioè
la
concorrenza
fra
le
tre
grandi
centrali
sindacali
si
è
andata
attenuando
in
seguito
alla
graduale
attuazione
di
una
strategia
unitaria
,
si
è
andata
attenuando
anche
la
"
guerra
delle
cifre
"
e
i
dati
sugli
iscritti
sono
oramai
abbastanza
attendibili
,
o
per
lo
meno
non
sono
grossolanamente
ingannevoli
.
La
distinzione
fra
operai
e
impiegati
nei
settori
direttamente
produttivi
,
come
l
'
industria
,
è
frutto
di
stime
suggeritemi
dai
sindacalisti
;
nel
caso
dei
sindacati
d
'
impiegati
,
collegati
con
le
tre
centrali
sindacali
o
autonomi
,
questo
problema
non
si
pone
.
Sui
dati
esprimerò
pochi
e
schematici
commenti
.
Rispetto
al
totale
degli
iscritti
di
ciascuna
centrale
sindacale
,
la
Cgil
ha
la
più
alta
quota
degli
iscritti
di
operai
e
impiegati
addetti
all
'
industria
,
il
49%
,
contro
il
39%
della
Cisl
e
il
42%
dell
'
Uil
;
e
poiché
nell
'
industria
gli
operai
costituiscono
la
grande
maggioranza
degli
addetti
(
oltre
il
90%
)
,
si
può
desumere
che
la
Cgil
ha
,
fra
i
propri
iscritti
,
la
più
alta
quota
di
operai
.
Al
contrario
,
la
Cisl
ha
la
più
alta
quota
di
iscritti
nelle
altre
attività
,
dove
prevalgono
gl
'
impiegati
.
La
diversa
composizione
della
Cgil
e
della
Cisl
si
ricollega
ad
un
diverso
rapporto
col
partito
dominante
,
la
Dc
,
ciò
che
fino
ad
un
tempo
recente
ha
anche
comportato
discriminazioni
nelle
assunzioni
,
specialmente
nell
'
ambito
dei
ceti
medi
e
,
in
parte
,
un
diverso
modo
di
concepire
l
'
alleanza
fra
operai
e
ceti
medi
(
particolarmente
quelli
impiegatizi
)
,
anche
se
tanto
l
'
una
quanto
l
'
altra
concezione
-
quella
della
Cgil
proclama
l
'
esigenza
dell
'
egemonia
operaia
-
sono
ambigue
,
per
le
ragioni
più
volte
chiarite
.
Il
grado
di
sindacalizzazione
,
naturalmente
,
va
riferito
agli
operai
occupati
in
unità
con
oltre
10
addetti
(
per
gli
impiegati
la
questione
non
si
pone
)
.
Ora
,
il
grado
di
sindacalizzazione
è
relativamente
alto
nell
'
industria
per
quanto
riguarda
gli
operai
(
oltre
il
60%
)
,
mentre
è
relativamente
basso
nel
caso
degli
impiegati
(
circa
un
terzo
)
.
Per
le
altre
attività
le
quote
corrispondenti
sono
il
20%
(
livello
,
come
si
vede
,
molto
basso
)
e
62%
(
livello
relativamente
elevato
:
le
attività
terziarie
costituiscono
il
caratteristico
campo
degli
impiegati
)
.
Nella
pubblica
amministrazione
-
un
settore
quasi
esclusivamente
composto
da
impiegati
-
il
grado
di
sindacalizzazione
è
relativamente
elevato
:
1'80%;
ma
per
circa
un
sesto
si
tratta
di
iscritti
a
sindacati
detti
autonomi
,
che
spesso
sono
affetti
dal
virus
del
corporativismo
.
I
sindacati
autonomi
sono
incredibilmente
numerosi
:
se
ne
contano
alcune
decine
nel
solo
settore
dell
'
istruzione
e
non
meno
di
cinque
nel
settore
della
sanità
.
Paradossalmente
,
una
tale
situazione
di
divisione
e
frammentazione
non
fa
la
debolezza
,
ma
,
spesso
,
fa
la
forza
,
se
si
considera
che
il
così
detto
"
datore
di
lavoro
"
ha
,
come
precipuo
interesse
,
quello
di
far
funzionare
il
servizio
per
ragioni
che
in
un
modo
o
nell
'
altro
sono
di
ordine
pubblico
,
così
che
perfino
un
singolo
sindacato
,
che
raggruppi
una
quota
non
proprio
trascurabile
di
lavoratori
altamente
specializzati
in
un
sottosettore
circoscritto
ma
indispensabile
,
può
esercitare
una
pressione
straordinariamente
forte
.
La
frammentazione
sindacale
può
essere
anche
il
risultato
di
una
deliberata
politica
,
tendente
a
favorire
certi
gruppi
di
lavoratori
o
certe
clientele
,
o
mirante
ad
impedire
l
'
affermarsi
di
determinate
organizzazioni
sindacali
.
Il
grado
di
sindacalizzazione
dei
pubblici
dipendenti
è
elevato
;
ma
non
c
'
è
molto
da
rallegrarsi
per
questo
.
Il
fatto
è
che
le
alte
percentuali
spesso
sono
la
conseguenza
d
'
intese
con
le
amministrazioni
,
per
una
sorta
d
'
iscrizione
automatica
degli
impiegati
(
e
fin
qui
,
nonostante
i
pericoli
di
burocratizzazione
,
non
ci
sarebbe
molto
da
criticare
)
;
ma
non
di
rado
le
alte
percentuali
delle
tre
grandi
organizzazioni
sindacali
sono
imputabili
alla
facilità
con
cui
esse
hanno
accolto
,
come
affiliati
,
dei
sindacati
assai
poco
diversi
,
nella
linea
di
condotta
di
tipo
corporativo
,
dai
sindacati
autonomi
.
In
realtà
,
fra
certi
sindacati
e
le
grandi
centrali
sussistono
legami
puramente
formali
,
simili
a
quelli
che
venivano
ad
instaurarsi
nel
tardo
Medioevo
fra
il
re
o
l
'
imperatore
e
certi
signori
feudali
.
Inoltre
,
i
sindacati
di
diversi
settori
del
pubblico
impiego
riescono
a
non
far
pagare
gli
scioperi
ai
propri
iscritti
con
diversi
espedienti
;
ora
,
gli
scioperi
sono
una
cosa
seria
solo
se
sono
una
forma
di
lotta
effettiva
;
e
le
lotte
sono
costose
.
Per
gli
operai
le
lotte
sono
costose
e
rischiose
(
licenziamento
)
e
non
è
ammissibile
che
ci
siano
due
pesi
e
due
misure
.
Senza
dubbio
,
nel
settore
del
pubblico
impiego
ci
sono
agitazioni
e
scioperi
pienamente
validi
,
ossia
non
corporativi
,
ossia
ancora
capaci
di
promuovere
la
crescita
economica
e
civile
di
tutti
i
lavoratori
;
ma
è
legittimo
affermare
che
la
percentuale
di
scioperi
di
questo
genere
è
molto
inferiore
a
quella
che
si
riscontra
nel
caso
della
classe
operaia
.
Le
tre
grandi
centrali
sindacali
hanno
la
grave
responsabilità
di
aver
assecondato
o
di
non
aver
condannato
,
o
di
aver
condannato
con
estrema
timidezza
,
gli
scioperi
e
le
rivendicazioni
a
carattere
manifestamente
corporativo
di
impiegati
e
di
professionisti
operanti
nel
settore
pubblico
:
il
reddito
nazionale
,
anche
quando
cresce
,
è
limitato
:
se
la
quota
che
va
a
certi
gruppi
sociali
cresce
,
le
altre
quote
necessariamente
diminuiscono
.
In
breve
,
nel
campo
sindacale
,
il
settore
del
pubblico
impiego
inteso
in
senso
lato
è
quello
che
più
degli
altri
esige
una
vasta
opera
di
riorganizzazione
,
strettamente
collegata
con
direttive
politiche
generali
,
prima
fra
tutte
la
direttiva
di
una
stretta
integrazione
fra
la
strategia
dei
sindacati
del
pubblico
impiego
e
sindacati
operai
,
in
antitesi
alle
spinte
clientelari
e
corporative
tuttora
paurosamente
diffuse
.
Non
può
andare
esente
da
critiche
neppure
il
sindacato
a
prevalente
partecipazione
operaia
.
Tuttavia
,
se
si
eccettuano
evidenti
errori
di
strategia
e
soprattutto
di
tattica
(
agitazioni
in
certi
periodi
troppo
frequenti
,
abuso
di
scioperi
con
rivendicazioni
di
politica
generale
)
,
bisogna
dire
che
da
questa
parte
le
cose
vanno
molto
meglio
;
e
più
di
una
volta
,
se
ci
sono
state
al
vertice
incertezze
e
impostazioni
burocratiche
,
la
base
ha
imposto
rivendicazioni
sacrosante
come
quella
,
già
ricordata
,
dell
'
inquadramento
unico
,
o
quella
per
gl
'
investimenti
nel
Mezzogiorno
,
o
le
rivendicazioni
per
il
miglioramento
delle
condizioni
di
lavoro
nelle
fabbriche
,
specialmente
la
lotta
a
favore
della
salubrità
degli
ambienti
e
contro
l
'
assai
gravemente
insufficiente
prevenzione
degli
infortuni
.
Il
fatto
che
rivendicazioni
qualitative
stiano
avendo
un
peso
crescente
in
confronto
alle
rivendicazioni
puramente
pecuniarie
è
un
fatto
di
grande
rilievo
,
poiché
è
un
indice
della
crescita
civile
degli
operai
,
pur
fra
tanti
errori
,
tante
ingenuità
e
tante
aberrazioni
.
In
ogni
modo
,
per
il
meglio
o
per
il
peggio
,
i
sindacati
sono
al
centro
dell
'
attuale
crisi
politica
,
la
quale
è
grave
e
complessa
e
richiede
un
'
analisi
molto
approfondita
,
illuminata
da
ipotesi
appropriate
.
6
.
L
'
attuale
crisi
politica
e
la
borghesia
finanziaria
Sotto
molti
aspetti
,
l
'
attuale
quadro
politico
italiano
appare
come
una
desolata
palude
:
specialmente
(
ma
non
esclusivamente
)
nella
cerchia
dei
ceti
medi
,
la
corruzione
,
le
spinte
corporative
e
la
caccia
ai
privilegi
si
moltiplicano
,
come
una
volta
in
Uruguay
,
con
un
progressivo
aumento
dell
'
uso
parassitario
delle
risorse
a
danno
degli
impieghi
produttivi
e
quindi
a
danno
delle
capacità
di
sviluppo
economico
.
Al
centro
del
quadro
-
con
ramificazioni
a
destra
e
a
sinistra
-
c
'
è
una
gran
massa
di
piccoli
borghesi
che
pensa
principalmente
,
o
esclusivamente
,
al
proprio
"
particolare
"
e
se
ne
infischia
della
cosa
pubblica
.
A
sinistra
ci
sono
quei
partiti
di
cui
ho
parlato
e
che
,
senza
una
profonda
riorganizzazione
e
senza
una
"
trasfusione
di
sangue
"
,
rischiano
di
corrompersi
o
di
sclerotizzarsi
in
modo
irreversibile
.
All
'
estrema
sinistra
ci
sono
alcuni
gruppi
,
che
oggi
tutto
possono
far
meno
che
la
rivoluzione
.
Ancora
a
sinistra
,
nelle
fabbriche
,
c
'
è
un
consistente
nucleo
di
classe
operaia
industriale
moderna
in
netta
ascesa
.
Corrispondentemente
,
all
'
estrema
destra
si
profila
il
pericolo
di
una
reazione
fascista
di
tipo
nuovo
.
Insomma
,
sembra
che
la
prospettiva
sia
quella
di
uscire
dalla
palude
per
andare
a
finire
o
in
un
campo
di
concentramento
o
in
un
bel
cimitero
,
con
i
viali
ordinati
ed
ornati
di
fiori
,
oppure
in
una
palude
di
altro
genere
.
Che
cosa
si
può
fare
per
uscire
dalla
crisi
?
La
strada
è
certamente
ardua
e
lunga
.
Il
passo
preliminare
consiste
in
un
'
adeguata
analisi
critica
della
situazione
attuale
(
1974
)
:
da
un
lato
occorre
studiare
la
condotta
idei
diversi
sindacati
e
i
condizionamenti
posti
dalla
così
detta
base
,
dall
'
altro
si
devono
esaminare
i
cambiamenti
che
stanno
avendo
luogo
nella
parte
alta
della
piramide
sociale
.
Per
avviare
la
suddetta
analisi
critica
conviene
riflettere
in
modo
particolare
su
alcuni
punti
emersi
nei
precedenti
capitoli
.
1
.
Nei
periodi
di
aspri
conflitti
fra
borghesia
e
parte
della
classe
operaia
,
le
concessioni
ai
funzionari
e
specialmente
a
quelli
di
grado
più
elevato
sono
state
più
frequenti
e
più
sostanziose
.
In
questo
modo
si
sono
rafforzati
i
privilegi
dell
'
alta
burocrazia
(
parte
I
,
cap
.
6
)
.
2
.
Mentre
la
distanza
media
fra
impiegati
e
operai
,
misurata
dai
livelli
delle
retribuzioni
,
è
andata
diminuendo
negli
ultimi
anni
,
in
certe
fasce
di
impiegati
le
distanze
specifiche
sono
perfino
aumentate
,
come
conseguenza
di
reazioni
corporative
,
rese
rabbiose
da
quello
che
i
sociologhi
chiamano
"
panico
di
status
"
(
parte
I
,
cap
.
7
)
.
3
.
Con
l
'
esodo
agrario
e
l
'
urbanesimo
,
sono
grandemente
cresciute
le
rendite
urbane
,
con
le
connesse
operazioni
speculative
;
si
è
formato
in
questo
modo
,
un
numero
relativamente
consistente
di
nouveaux
riches
(
parte
I
,
cap
.
1
)
.
4
.
Da
anni
il
nostro
paese
si
dibatte
in
gravi
difficoltà
economiche
che
in
gran
parte
sono
la
conseguenza
di
agitazioni
sindacali
particolarmente
violente
(
parte
II
,
cap
.
4
)
e
le
agitazioni
sindacali
sono
state
e
sono
particolarmente
violente
anche
a
causa
dell
'
insufficienza
di
quelle
infrastrutture
civili
che
dovrebbero
essere
attuate
con
l
'
attuazione
delle
riforme
;
di
recente
,
le
difficoltà
economiche
sono
state
drammaticamente
aggravate
dall
'
aumento
nei
prezzi
internazionali
delle
materie
prime
e
,
soprattutto
,
del
petrolio
,
con
un
conseguente
enorme
deficit
nella
bilancia
dei
pagamenti
(
parte
II
,
capp
.
1
e
3
)
.
5
.
Principalmente
a
causa
della
politica
clientelare
perseguita
con
crescente
protervia
dagli
stati
maggiori
dei
partiti
che
sono
al
potere
al
centro
e
alla
periferia
ed
a
causa
di
leggi
approvate
per
favorire
ora
l
'
uno
ora
l
'
altro
dei
gruppi
burocratici
e
dei
"
corpi
separati
"
,
il
deficit
della
pubblica
amministrazione
è
andato
crescendo
in
misura
paurosa
.
Per
finanziare
tale
deficit
,
il
pubblico
erario
e
il
sistema
creditizio
hanno
dovuto
destinare
mezzi
crescenti
,
sottraendoli
al
finanziamento
degli
investimenti
produttivi
.
Alla
formazione
e
poi
alla
crescita
di
questo
deficit
,
che
sta
diventando
una
voragine
,
hanno
contribuito
in
parte
notevole
i
disavanzi
degli
ospedali
e
degli
enti
locali
,
disavanzi
che
a
loro
volta
sono
stati
alimentati
da
assunzioni
massicce
,
di
tipo
appunto
clientelare
,
e
da
enormi
aumenti
di
stipendio
ottenuti
dai
diversi
gruppi
di
dipendenti
con
l
'
appoggio
-
o
almeno
senza
l
'
opposizione
-
delle
centrali
sindacali
.
Il
costo
del
finanziamento
degli
investimenti
produttivi
,
d
'
altro
canto
,
è
andato
crescendo
anche
a
causa
dei
molto
gravosi
oneri
per
il
personale
appartenente
alle
istituzioni
creditizie
,
che
dal
punto
di
vista
delle
retribuzioni
costituisce
un
'
altra
caratteristica
isola
di
privilegio
.
6
.
Le
gravi
difficoltà
economiche
si
sono
tradotte
,
fra
l
'
altro
,
in
una
flessione
dei
profitti
e
in
un
crescente
numero
di
fallimenti
,
ciò
che
ha
provocato
salvataggi
da
parte
dell
'
autorità
pubblica
,
ha
rapidamente
allargato
l
'
area
d
'
influenza
delle
imprese
a
partecipazione
statale
ed
ha
favorito
l
'
ingresso
,
silenzioso
ma
massiccio
,
del
capitale
estero
,
controllato
,
in
parte
,
da
grandi
società
multinazionali
(
parte
II
,
cap
.
3
)
.
Queste
difficoltà
economiche
hanno
reso
più
debole
la
borghesia
industriale
a
vantaggio
della
borghesia
finanziaria
e
speculativa
,
che
ha
avuto
tendenza
a
integrarsi
con
l
'
alta
borghesia
burocratica
(
punti
1
e
2
)
e
a
rafforzarsi
sia
inserendosi
in
speculazioni
edilizie
(
punto
3
)
sia
collegandosi
con
le
attività
connesse
col
petrolio
.
In
effetti
,
se
si
mette
da
parte
la
petrolchimica
,
si
deve
riconoscere
che
il
commercio
e
la
raffinazione
dei
prodotti
petroliferi
richiedono
ben
poche
capacità
imprenditoriali
:
si
tratta
di
sapersi
muovere
nel
mondo
della
pubblica
amministrazione
ed
in
quello
delle
compagnie
petrolifere
multinazionali
piuttosto
che
saper
affrontare
le
così
dette
alee
dell
'
organizzazione
produttiva
e
del
mercato
.
Quelle
del
petrolio
possono
quindi
a
buon
diritto
essere
incluse
fra
le
attività
speculative
intese
in
senso
ampio
e
i
proprietari
che
le
controllano
possono
essere
inclusi
nella
borghesia
finanziaria
.
Speculazioni
edilizie
,
esportazioni
di
capitali
,
petrolio
,
costituiscono
le
tipiche
aree
del
profitto
speculativo
:
sono
aree
economicamente
inquinate
anche
da
un
punto
di
vista
capitalistico
;
a
fortiori
sono
aree
inquinate
ed
inquinanti
dal
punto
di
vista
politico
.
7
.
La
flessione
dei
profitti
(
parte
II
,
cap
.
3
)
è
stata
interrotta
dalla
"
fluttuazione
libera
"
della
lira
,
ossia
,
in
sostanza
,
dalla
svalutazione
della
nostra
moneta
in
termini
di
divise
estere
,
che
è
cominciata
nel
febbraio
del
1973
e
che
oggi
(
aprile
1974
)
supera
il
20%
.
Tale
svalutazione
ha
favorito
,
in
generale
,
i
profitti
e
,
in
particolare
,
ha
favorito
le
operazioni
speculative
(
comprese
le
esportazioni
e
le
importazioni
di
capitali
)
dirette
ed
organizzate
dalla
borghesia
finanziaria
.
I
punti
6
e
7
ora
ricordati
sono
stati
elaborati
da
Giorgio
Galli
,
che
ha
formulato
la
seguente
ipotesi
interpretativa
della
crisi
politica
in
atto
:
"
Si
è
venuta
formando
in
Italia
una
borghesia
finanziaria
e
speculativa
nei
suoi
strati
superiori
e
burocratico
-
parassitaria
nei
suoi
strati
immediatamente
inferiori
,
che
non
è
affatto
interessata
alla
razionalizzazione
del
sistema
sociale
e
che
sta
conquistando
l
'
egemonia
nell
'
ambito
dell
'
alta
borghesia
.
Quella
che
si
viene
consolidando
,
dunque
,
è
un
'
alleanza
non
tra
grande
borghesia
industriale
e
ceti
medi
conservatori
(
come
negli
anni
Sessanta
)
,
bensì
un
'
alleanza
tra
alta
borghesia
speculativa
e
media
borghesia
burocratica
,
l
'
una
e
l
'
altra
non
legate
alle
imprese
ed
alle
professioni
,
ma
alla
speculazione
ed
alla
rendita
derivante
dal
controllo
di
posizioni
chiave
nell
'
apparato
amministrativo
(
alti
burocrati
)
,
creditizio
(
alti
funzionari
delle
banche
)
,
delle
imprese
ed
enti
pubblici
e
nell
'
apparato
politico
strettamente
connesso
ai
precedenti
(
lo
strato
superiore
dei
funzionari
di
partito
)
,
dei
politici
professionisti
"
;
gl
'
interessi
politici
della
borghesia
finanziaria
e
speculativa
sarebbero
rappresentati
in
misura
nettamente
prevalente
dalla
Democrazia
cristiana
(
Distribuzione
dei
reddito
e
classi
sociali
,
comunicazione
presentata
al
convegno
"
Distribuzione
del
reddito
e
modello
di
sviluppo
"
,
organizzato
dal
Club
Turati
di
Torino
,
nei
giorni
6-7
marzo
1974
,
pp.
1
e
6
)
.
Quella
che
io
chiamo
borghesia
finanziaria
e
Giorgio
Galli
borghesia
finanziaria
e
speculativa
è
denominata
da
Carlo
Marx
"
aristocrazia
finanziaria
"
.
Marx
la
descrive
nei
seguenti
termini
:
"
Sotto
Luigi
Filippo
,
non
regnava
la
borghesia
francese
,
ma
una
frazione
di
essa
.
I
banchieri
,
i
re
della
borsa
,
i
re
delle
ferrovie
,
i
proprietari
delle
miniere
di
carbone
e
di
ferro
e
delle
foreste
,
e
una
parte
della
proprietà
fondiaria
venuta
con
essi
a
un
accordo
:
la
cosiddetta
"
aristocrazia
finanziaria
"
.
Essa
sedeva
sul
trono
,
essa
dettava
leggi
nelle
Camere
,
essa
distribuiva
gli
impieghi
dello
Stato
,
dal
ministero
allo
spaccio
dei
tabacchi
.
(...)
Mentre
l
'
aristocrazia
finanziaria
faceva
le
leggi
,
dirigeva
l
'
amministrazione
dello
Stato
,
disponeva
di
tutti
i
pubblici
poteri
organizzati
,
dominava
l
'
opinione
pubblica
,
coi
fatti
e
con
la
stampa
,
in
tutti
gli
ambienti
,
dalla
corte
sino
al
Café
Borgne
,
si
spandeva
l
'
identica
prostituzione
,
l
'
identica
frode
svergognata
,
l
'
identica
smania
di
arricchirsi
non
con
la
produzione
,
ma
rubando
le
ricchezze
altrui
già
esistenti
.
Alla
sommità
stessa
della
società
borghese
trionfava
il
soddisfacimento
sfrenato
,
in
urto
ad
ogni
istante
con
le
stesse
leggi
borghesi
,
degli
appetiti
malsani
e
sregolati
in
cui
logicamente
cerca
la
sua
soddisfazione
la
ricchezza
scaturita
dal
giuoco
,
in
cui
il
godimento
diventa
crapuleux
,
e
il
denaro
,
il
fango
e
il
sangue
scorrono
insieme
.
L
'
aristocrazia
finanziaria
,
nelle
sue
forme
di
guadagno
come
nei
,
suoi
piaceri
,
non
è
altro
che
la
riproduzione
del
sottoproletariato
alla
sommità
della
società
borghese
"
(
Le
lotte
di
classe
in
Francia
dal
1848
al
1850
,
in
Opere
scelte
di
Marx
e
di
Engels
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1966
,
pp.
376
e
378-9
)
.
D
'
altro
lato
,
la
corruzione
dilagante
,
nel
nostro
come
anche
in
altri
paesi
,
nell
'
ambito
della
borghesia
ed
in
particolare
della
piccola
borghesia
ricorda
,
sotto
alcuni
aspetti
,
la
corruzione
dilagante
nell
'
ambito
delle
aristocrazie
feudali
quando
stavano
per
perdere
potere
e
predominio
.
In
quelle
circostanze
trionfava
la
filosofia
del
carpe
diem
o
dell
'
après
moi
le
déluge
-
manifestazione
caratteristica
,
questa
,
di
una
classe
dominante
che
perde
la
fiducia
nei
propri
valori
e
nei
propri
ideali
.
Potremmo
essere
tentati
d
'
interpretare
l
'
attuale
processo
di
sgretolamento
facendo
riferimento
all
'
ascesa
,
di
cui
abbiamo
parlato
più
volte
,
della
classe
nuova
,
quella
degli
operai
,
che
,
insieme
con
molti
tecnici
e
intellettuali
e
parecchi
impiegati
relativamente
immuni
da
interessi
corporativi
,
ha
posto
la
candidatura
all
'
egemonia
.
Debbo
dire
che
una
tale
interpretazione
a
me
sembra
troppo
ottimistica
e
troppo
semplicistica
.
Però
credo
che
tanto
in
questa
interpretazione
quanto
in
quella
precedentemente
accennata
(
che
hanno
certi
punti
di
contatto
)
ci
siano
elementi
di
verità
su
cui
dobbiamo
riflettere
.
Per
la
così
detta
"
aristocrazia
finanziaria
"
Marx
ha
dunque
parole
di
fuoco
:
egli
parla
di
"
prostituzione
"
-
naturalmente
in
senso
civile
-
di
"
frode
svergognata
"
;
parla
anche
di
"
contratti
d
'
appalto
fraudolenti
,
corruzioni
,
malversazioni
,
bricconate
di
ogni
specie
"
.
La
descrizione
di
Marx
(
che
,
sia
detto
fra
parentesi
,
deve
apparire
moralistica
ai
nostri
marxisti
ortodossi
)
è
di
un
'
attualità
impressionante
.
Detto
questo
,
e
pur
considerando
l
'
ipotesi
interpretativa
di
Galli
interessante
e
degna
di
riflessione
e
di
studio
,
non
mi
sento
in
grado
di
pronunciarmi
sulla
sua
validità
.
Mi
limito
tuttavia
a
ricordare
che
i
legami
fra
borghesia
finanziaria
e
le
altre
frazioni
della
borghesia
sono
oggi
così
stretti
,
in
Italia
,
da
rendere
particolarmente
problematica
l
'
attribuzione
di
ruoli
distinti
.
Chi
voglia
,
ciò
nonostante
,
isolare
la
borghesia
finanziaria
,
deve
tener
presente
che
,
per
la
sua
natura
,
il
potere
economico
(
e
politico
)
di
questa
frazione
della
borghesia
è
assai
più
instabile
e
oscillante
di
quello
che
,
di
tempo
in
tempo
e
di
zona
in
zona
,
può
essere
stato
conquistato
dalle
altre
frazioni
(
specialmente
:
borghesia
agraria
e
borghesia
industriale
)
.
In
questo
caso
,
perciò
,
anche
più
che
in
altri
,
occorre
essere
molto
cauti
nelle
generalizzazioni
.
Ricordiamoci
,
in
ogni
modo
,
che
l
'
ascesa
della
borghesia
finanziaria
-
ossia
della
frazione
meno
"
rispettabile
"
della
classe
-
più
che
essere
la
causa
è
l
'
effetto
del
declino
(
non
si
sa
se
duraturo
o
temporaneo
)
della
borghesia
industriale
e
di
quel
vuoto
di
potere
di
cui
ho
parlato
più
volte
.
7
.
Un
popolo
di
semianalfabeti
Le
attuali
difficoltà
economiche
e
politiche
sono
in
larga
misura
simili
a
quelle
sperimentate
da
altri
paesi
;
all
'
origine
,
io
credo
,
c
'
è
l
'
ascesa
assoluta
e
relativa
della
classe
operaia
(
si
consideri
in
modo
speciale
il
caso
della
Gran
Bretagna
;
si
considerino
i
recenti
massicci
scioperi
in
Giappone
,
i
cui
sindacati
erano
presentati
come
modelli
di
autocontrollo
e
di
disciplina
)
.
Tuttavia
,
in
Italia
le
difficoltà
assumono
una
gravità
particolare
per
ragioni
connesse
con
la
nostra
struttura
sociale
.
Noi
siamo
un
paese
relativamente
sviluppato
dal
punto
di
vista
economico
;
ma
siamo
un
paese
arretrato
dal
punto
di
vista
civile
.
Ho
già
fatto
osservare
che
il
70%
della
popolazione
attiva
del
nostro
paese
possiede
,
al
massimo
,
la
licenza
elementare
:
una
percentuale
che
non
trova
riscontro
in
nessuno
dei
paesi
considerati
civili
(
v
.
la
tabella
6.2
)
.
E
sappiamo
che
,
con
la
licenza
elementare
,
si
possono
fare
solo
lavori
ripetitivi
:
salvo
casi
eccezionali
,
non
si
può
partecipare
,
neppure
in
forma
modesta
,
alla
gestione
della
cosa
pubblica
o
dei
patiti
;
di
regola
,
non
si
può
neppure
gestire
la
sezione
di
un
partito
in
un
piccolo
comune
.
Con
la
licenza
elementare
(
che
è
il
livello
massimo
di
quel
70%
)
si
giunge
a
scrivere
qualche
lettera
alla
madre
o
alla
fidanzata
quando
l
'
uomo
è
sotto
le
armi
e
a
leggere
un
giornale
sportivo
.
(
Certo
,
gli
autodidatti
possono
svilupparsi
culturalmente
anche
con
la
sola
licenza
elementare
;
ma
è
ben
difficile
pensare
che
si
tratti
di
un
numero
elevato
di
persone
)
.
Quella
percentuale
è
illuminante
:
spiega
,
da
sola
,
perché
le
tirature
dei
giornali
sono
da
noi
vergognosamente
limitate
;
spiega
l
'
atteggiamento
spesso
arrogante
e
insolente
dei
piccoli
burocrati
,
specialmente
nelle
zone
più
depresse
,
dove
,
naturalmente
,
la
percentuale
dei
semianalfabeti
è
ancora
più
alta
della
media
nazionale
,
come
ben
più
alta
di
quella
ufficiale
è
la
percentuale
degli
analfabeti
totali
o
degli
analfabeti
di
ritorno
;
spiega
il
basso
livello
della
nostra
vita
politica
(
ciascuno
di
noi
,
in
quanto
uomo
di
parte
,
è
incline
a
vedere
le
miserie
culturali
e
morali
negli
altri
partiti
e
ad
essere
particolarmente
indulgente
con
quelle
del
partito
al
quale
appartiene
o
per
il
quale
vota
)
;
spiega
-
ma
qui
l
'
analisi
diventa
molto
più
difficile
-
l
'
atteggiamento
dei
"
mandarini
"
-
di
noi
,
piccoli
e
medi
borghesi
-
che
spesso
inconsapevolmente
tendono
a
trar
vantaggio
nei
modi
più
diversi
dalla
loro
posizione
di
quasi
monopolisti
dell
'
istruzione
media
e
superiore
.
È
vero
:
l
'
afflusso
nelle
scuole
medie
e
superiori
delle
nuove
leve
è
sensibilmente
maggiore
che
nel
passato
,
così
che
quella
percentuale
(
70%
)
va
diminuendo
;
ma
la
velocità
con
cui
diminuisce
(
poco
più
di
un
punto
l
'
anno
)
non
è
grande
:
con
una
tale
velocità
solo
fra
tre
o
quattro
lustri
arriveremo
al
livello
attuale
della
Francia
(
circa
il
45%
)
,
che
pure
è
fra
i
più
alti
nell
'
ambito
dei
paesi
civili
.
Ma
allora
,
oltre
ad
essere
un
popolo
di
eroi
,
di
santi
,
di
poeti
,
di
navigatori
e
di
scienziati
siamo
anche
,
e
innanzi
tutto
,
un
popolo
di
semianalfabeti
?
Dopo
aver
tolto
di
mezzo
la
storia
degli
eroi
e
degli
scienziati
-
una
espressione
caratteristica
della
retorica
piccolo
-
borghese
-
togliamo
pure
di
mezzo
ogni
forma
di
feroce
esagerazione
autocritica
;
riconosciamo
pure
l
'
esistenza
di
una
minoranza
di
persone
civili
,
che
oltre
a
non
essere
semianalfabete
non
sono
neppure
topi
nel
formaggio
e
non
si
preoccupano
esclusivamente
del
proprio
"
particolare
"
;
in
quella
minoranza
-
se
proprio
abbiamo
deciso
di
tirarci
su
il
morale
-
possiamo
includere
anche
noi
:
me
che
scrivo
,
voi
che
leggete
.
Dopo
aver
fatto
tutto
questo
,
resta
la
fondamentale
verità
della
risposta
:
sì
,
le
eccezioni
sono
eccezioni
,
le
oasi
non
impediscono
al
deserto
di
restare
deserto
,
anzi
ne
sono
la
conferma
.
Come
massa
,
siamo
un
popolo
di
semianalfabeti
;
e
ciò
ci
condiziona
tutti
,
in
un
modo
o
nell
'
altro
,
nell
'
indurci
in
tentazione
,
ossia
nel
dar
sfogo
al
nostro
egoismo
o
nell
'
attuare
una
qualche
forma
di
prevaricazione
sociale
;
ci
condiziona
anche
negli
sforzi
che
possiamo
fare
per
migliorare
la
situazione
,
sforzi
faticosissimi
e
in
gran
parte
,
almeno
a
prima
vista
,
inutili
,
o
nello
spingerci
verso
atteggiamenti
scettici
o
cinici
e
,
nel
fondo
,
quasi
disperati
.
Quella
percentuale
è
il
più
grave
atto
di
accusa
ai
gruppi
che
si
sono
succeduti
al
potere
nel
nostro
paese
,
alla
così
detta
classe
dirigente
,
in
ultima
analisi
a
noi
stessi
-
chi
legge
questo
scritto
può
esser
certo
di
appartenere
alla
frazione
più
elevata
del
30%
dei
privilegiati
(
i
laureati
non
raggiungono
neppure
il
4%
della
popolazione
attiva
)
.
Come
si
concilia
quella
tremenda
percentuale
con
l
'
esplosione
scolastica
,
di
cui
tutti
parlano
?
Si
concilia
per
diverse
ragioni
.
In
primo
luogo
,
l
'
esplosione
è
tale
,
o
appare
tale
,
per
la
radicale
insufficienza
delle
strutture
scolastiche
(
delle
strutture
molto
più
che
del
personale
)
.
In
secondo
luogo
,
la
mortalità
scolastica
è
molto
elevata
:
non
sono
pochi
i
ragazzi
che
frequentano
una
,
due
o
tre
classi
delle
scuole
medie
inferiori
senza
giungere
al
diploma
.
In
terzo
luogo
,
l
'
aumento
dei
diplomati
(
o
dei
diplomandi
)
,
certamente
più
rapido
che
nel
passato
,
incide
solo
lentamente
sullo
stock
:
l
'
Italia
imperiale
di
Mussolini
ci
aveva
lasciato
il
90%
di
semianalfabeti
.
Ora
siamo
al
70%
:
un
progresso
è
stato
fatto
;
ma
quanto
è
lunga
la
via
!
Il
quadro
è
spaventoso
se
visto
nei
suoi
termini
quantitativi
.
Forse
sarebbe
ancora
più
grave
se
si
potessero
esaminare
a
fondo
gli
aspetti
qualitativi
:
i
diplomi
e
le
lauree
di
quel
30%
di
quasi
-
monopolisti
,
quale
valore
hanno
?
Possiamo
tentare
di
ridurre
l
'
angoscia
pensando
alla
curva
di
Gauss
,
che
domina
in
tutti
i
fenomeni
sociali
:
una
parte
,
non
proprio
piccola
,
delle
scuole
funziona
,
una
parte
,
non
proprio
esigua
,
del
personale
insegnante
è
costituita
da
persone
capaci
e
preparate
.
Tuttavia
,
la
curva
di
Gauss
va
interpretata
considerando
l
'
altezza
della
moda
e
l
'
unità
di
misura
,
e
forse
è
un
bene
che
queste
due
quantità
restino
indeterminate
.
L
'
aumento
nel
numero
dei
diplomati
e
dei
laureati
è
troppo
lento
sotto
l
'
aspetto
dello
sviluppo
civile
,
ma
,
al
contrario
,
è
troppo
rapido
con
riferimento
allo
sviluppo
economico
,
poiché
l
'
espansione
della
domanda
del
lavoro
intellettuale
qualificato
risulta
inferiore
all
'
espansione
dell
'
offerta
:
il
risultato
è
un
aumento
della
disoccupazione
intellettuale
,
soprattutto
fra
i
giovani
.
Sia
chiaro
:
l
'
accento
posto
sulle
gravi
carenze
nel
campo
dell
'
istruzione
non
implica
che
queste
carenze
costituiscano
la
"
causa
"
dell
'
arretratezza
civile
,
oltre
che
economica
,
della
nostra
società
:
esse
ne
sono
piuttosto
un
importante
indicatore
.
(
D
'
altra
parte
,
come
Gino
Germani
mette
in
evidenza
nell
'
opera
citata
-
spec
.
a
p
.
131
-
coloro
che
acquistano
un
grado
di
istruzione
relativamente
alto
e
poi
non
riescono
ad
ottenere
le
posizioni
sociali
cui
aspirano
o
addirittura
restano
disoccupati
,
possono
diventare
causa
di
forti
tensioni
sociali
)
.
L
'
arretratezza
civile
risulta
da
tanti
e
tanti
elementi
,
che
possono
essere
efficacemente
riassunti
-
me
l
'
ha
fatto
osservare
lo
stesso
Germani
-
dal
concetto
di
"
estraneità
"
delle
masse
dalla
vita
politica
,
estraneità
quasi
totale
nel
secolo
scorso
,
ma
tuttora
ampia
,
essendo
la
partecipazione
delle
masse
alla
vita
politica
o
circoscritta
ovvero
saltuaria
ed
episodica
.
8
.
Contrasti
economici
e
contrasti
sociali
Si
sente
ripetere
spesso
che
oramai
l
'
Italia
è
diventata
un
paese
moderno
,
che
è
entrata
nel
novero
dei
dieci
paesi
più
industrializzati
del
mondo
.
Questo
è
vero
,
ma
è
solo
una
parte
della
verità
.
Per
una
distorsione
probabilmente
imputabile
alla
grande
influenza
del
pensiero
economico
sulla
cultura
sociale
e
politica
,
si
tende
a
stabilire
un
'
equivalenza
fra
grado
di
sviluppo
economico
e
grado
di
sviluppo
civile
.
t
triste
osservare
che
così
non
è
:
il
nostro
reddito
individuale
medio
oggi
è
solo
limitatamente
inferiore
a
quello
inglese
-
siamo
arrivati
al
70-75%
.
Ma
,
pur
senza
tener
conto
del
fatto
che
la
distribuzione
personale
e
regionale
del
reddito
nazionale
italiano
è
molto
più
diseguale
di
quanto
sia
in
Inghilterra
,
si
deve
dire
che
se
il
grado
di
sviluppo
civile
fosse
quantificabile
esso
sarebbe
molto
inferiore
a
quel
70%
.
Qualche
aspetto
quantitativo
della
nostra
arretratezza
economica
e
civile
,
ben
più
significativo
del
livello
relativo
del
reddito
individuale
,
può
essere
individuato
esaminando
con
attenzione
i
contrasti
economici
e
sociali
che
caratterizzano
il
nostro
paese
.
Certo
,
tutte
le
società
contengono
nel
proprio
seno
elementi
contrastanti
;
ma
nella
società
italiana
i
contrasti
raggiungono
un
'
intensità
molto
difficilmente
riscontrabile
in
altri
paesi
:
-
accanto
a
imprese
moderne
,
grandi
e
piccole
,
esiste
nell
'
industria
un
gran
numero
di
unità
produttive
arcaiche
e
inefficienti
,
la
cui
attività
si
fonda
sul
lavoro
a
domicilio
o
sui
sottosalari
o
su
opere
ottenute
in
sub
-
appalto
;
-
l
'
esodo
agrario
-
che
si
è
svolto
e
si
svolge
in
tutti
i
paesi
industrializzati
-
in
Italia
assume
caratteristiche
patologiche
,
poiché
le
terre
che
si
spopolano
non
sono
necessariamente
le
meno
fertili
e
le
meno
suscettibili
di
sviluppo
,
ma
quelle
in
cui
manca
Il
supporto
dello
sviluppo
di
attività
extra
-
agricole
;
moderne
;
-
le
attività
produttive
moderne
si
concentrano
in
certe
aree
del
Nord
,
in
contrasto
crescente
con
la
rarefazione
delle
attività
produttive
in
molte
aree
del
Sud
:
alla
congestione
di
quelle
aree
fanno
riscontro
i
vuoti
delle
zone
meridionali
;
-
la
percentuale
dei
disoccupati
è
fra
le
più
alte
dei
paesi
industrializzati
,
e
certamente
la
più
alta
è
la
percentuale
di
occupati
precari
,
in
gran
parte
concentrati
nelle
regioni
meridionali
;
corrispondentemente
,
il
sottoproletariato
urbano
e
quello
rurale
assumono
proporzioni
enormi
,
specialmente
nelle
città
e
nelle
aree
ad
agricoltura
povera
del
Mezzogiorno
;
viceversa
,
la
percentuale
della
popolazione
attiva
è
fra
le
più
basse
(
forse
la
più
bassa
dei
paesi
industrializzati
)
;
-
l
'
Italia
è
forse
l
'
unico
paese
che
riesce
ad
esportare
simultaneamente
lavoratori
e
capitali
-
un
fatto
apparentemente
assurdo
,
da
un
punto
di
vista
economico
;
-
allo
sviluppo
del
settore
privato
moderno
fa
riscontro
un
gravissimo
sottosviluppo
del
settore
pubblico
(
problema
della
burocrazia
e
questione
delle
riforme
)
.
A
questi
contrasti
economici
corrispondono
,
necessariamente
,
contrasti
nella
società
e
nella
composizione
delle
classi
sociali
:
-
la
percentuale
di
semianalfabeti
non
trova
riscontro
in
nessun
paese
civile
;
-
la
classe
borghese
,
che
pure
è
relativamente
la
più
omogenea
,
presenta
,
nel
suo
interno
,
differenziazioni
culturali
e
politiche
rilevanti
;
-
la
classe
operaia
,
se
si
eccettua
il
suo
nucleo
industriale
moderno
,
è
fortemente
differenziata
,
come
conseguenza
dello
sviluppo
fortemente
differenziato
in
senso
geografico
e
settoriale
(
nel
Mezzogiorno
la
classe
operaia
in
senso
proprio
è
molto
limitata
:
i
legami
fra
i
diversi
gruppi
di
salariati
e
di
contadini
poveri
sono
deboli
)
;
-
la
piccola
borghesia
è
ancor
più
fortemente
differenziata
,
sia
in
senso
economico
che
in
senso
sociale
e
politico
;
considerata
l
'
instabilità
di
questa
quasi
classe
e
considerata
la
sua
estensione
numerica
,
è
qui
che
occorre
concentrare
l
'
analisi
critica
per
porre
in
termini
appropriati
i
problemi
politici
del
nostro
paese
.
9
.
Il
grande
tiro
alla
fune
Oramai
è
chiaro
che
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
-
un
'
espansione
che
nel
nostro
paese
è
stata
patologicamente
rapida
-
ha
modificato
in
profondità
i
termini
dei
conflitti
sociali
e
delle
lotte
di
classe
.
In
ultima
analisi
nel
nostro
tempo
la
lotta
politica
consiste
essenzialmente
in
un
grande
tiro
alla
fune
(
ammesso
che
la
fune
non
si
spezzi
,
a
destra
o
a
sinistra
)
:
da
un
lato
i
partiti
di
destra
,
che
esprimono
soprattutto
gli
interessi
della
grande
e
media
borghesia
,
e
,
dall
'
altro
,
i
partiti
di
sinistra
,
che
in
qualche
modo
esprimono
gl
'
interessi
della
molto
più
differenziata
classe
operaia
,
si
sforzano
di
trascinare
dalla
propria
parte
la
massima
fetta
possibile
della
piccola
borghesia
,
una
quasi
classe
socialmente
eterogenea
e
politicamente
instabile
.
In
questo
tiro
alla
fune
,
come
abbiamo
visto
,
i
partiti
delle
due
ali
pagano
certi
prezzi
,
facendo
concessioni
che
possono
andare
e
spesso
vanno
a
detrimento
degli
interessi
immediati
e
diretti
delle
classi
o
sottoclassi
di
cui
sono
l
'
espressione
politica
.
Per
la
sinistra
il
problema
è
reso
più
grave
dal
fatto
che
gli
apparati
dei
partiti
sono
amministrati
in
prevalenza
a
da
piccoli
borghesi
.
Questo
è
un
fatto
in
buona
parte
-
sebbene
non
completamente
-
inevitabile
e
fisiologico
nelle
presenti
condizioni
storiche
del
nostro
paese
;
ma
di
ciò
i
dirigenti
della
sinistra
debbono
essere
ben
consapevoli
se
vogliono
ridurre
i
condizionamenti
che
da
questo
fatto
derivano
.
Spesso
,
nella
preoccupazione
di
consolidare
e
perfino
di
allargare
l
'
alleanza
fra
la
fetta
della
classe
operaia
su
cui
si
appoggiano
ed
una
fetta
della
piccola
borghesia
,
i
partiti
di
sinistra
hanno
fatto
concessioni
eccessive
e
tutto
sommato
inutili
ai
gruppi
più
retrivi
di
questa
quasi
classe
(
tipica
è
la
vicenda
della
così
detta
riforma
del
commercio
al
minuto
,
tipiche
le
condiscendenze
e
le
concessioni
a
diverse
rivendicazioni
"
corporative
"
di
certi
gruppi
di
impiegati
statali
e
parastatali
)
;
concessioni
inutili
ed
anzi
dannose
,
perché
si
tratta
di
gruppi
politicamente
irrecuperabili
per
la
sinistra
,
o
recuperabili
a
costi
tali
da
snaturarne
profondamente
la
strategia
.
È
augurabile
che
i
partiti
di
sinistra
intraprendano
una
riforma
dei
loro
apparati
e
rivedano
la
loro
strategia
e
la
loro
politica
di
alleanze
al
fine
di
ricomporre
la
loro
base
,
cercando
di
allargare
l
'
appoggio
non
solo
della
classe
operaia
ma
anche
dei
gruppi
più
robusti
e
relativamente
più
omogenei
della
piccola
borghesia
e
rinunciando
con
decisione
a
ricercare
l
'
appoggio
dei
gruppi
più
retrivi
,
che
,
sfortunatamente
,
sono
ampi
.
Preliminare
,
ad
una
tale
riforma
e
ad
una
tale
revisione
,
è
un
'
approfondita
analisi
critica
delle
classi
e
dei
gruppi
sociali
e
delle
loro
tendenze
.
Nelle
odierne
società
capitalistiche
,
caduta
la
previsione
del
Manifesto
circa
la
progressiva
scomparsa
delle
classi
medie
,
non
è
più
sostenibile
la
tesi
del
bipolarismo
classista
,
sia
pure
solo
tendenziale
,
un
bipolarismo
che
solo
pochi
studiosi
marxisti
cercano
di
motivare
o
giustificare
in
qualche
modo
sul
piano
analitico
e
che
molti
invece
,
specialmente
fra
i
giovani
e
fra
i
leaders
politici
e
sindacali
di
sinistra
,
intendono
in
modo
rozzo
e
primitivo
,
nonostante
i
frequenti
e
generici
richiami
ai
ceti
medi
.
Negli
ultimi
decenni
tutte
le
società
capitalistiche
hanno
subito
grandi
mutamenti
strutturali
;
ma
la
sinistra
ha
continuato
a
vivere
di
rendita
sul
patrimonio
intellettuale
trasmesso
dai
grandi
pensatori
del
passato
,
tradendo
,
in
definitiva
,
il
fondamentale
messaggio
critico
del
più
grande
dei
pensatori
di
sinistra
.
È
vitale
,
oramai
,
un
approfondito
riesame
critico
,
condotto
con
mente
aperta
,
della
società
in
cui
viviamo
.
Note
al
testo
1
.
La
nazionalizzazione
e
le
retribuzioni
nell
'
industria
elettrica
(
nota
a
p
.
18
)
Fino
a
quando
l
'
industria
elettrica
era
divisa
in
diversi
compartimenti
privati
,
pubblici
e
municipalizzati
,
i
salari
e
gli
stipendi
erano
notevolmente
differenziati
,
ma
i
salari
medi
non
erano
molto
diversi
da
quelli
delle
altre
industrie
.
Con
la
nazionalizzazione
e
quindi
con
l
'
unificazione
dell
'
intera
industria
,
dovevano
necessariamente
essere
unificati
anche
salari
e
stipendi
;
e
ciò
non
poteva
esser
fatto
che
ai
livelli
più
alti
-
livelli
che
erano
,
in
alcuni
casi
,
molto
alti
,
poiché
certe
aziende
,
particolarmente
quelle
municipalizzate
,
avevano
trasformato
in
aumenti
di
salari
e
di
stipendi
parte
dei
loro
profitti
monopolistici
,
che
non
potevano
investire
in
altri
campi
.
Di
qui
il
molto
rapido
aumento
del
costo
del
lavoro
e
la
caduta
dei
margini
netti
,
dopo
la
nazionalizzazione
;
di
qui
la
comparsa
,
per
le
retribuzioni
,
di
un
'
area
di
privilegio
,
che
tuttora
permane
.
2
.
Le
rendite
edilizie
(
nota
a
p
.
18
)
Le
rendite
edilizie
e
i
connessi
guadagni
speculativi
sono
generati
o
accresciuti
dal
rapido
inurbamento
di
masse
cospicue
di
persone
,
che
è
il
fenomeno
complementare
dell
'
esodo
agrario
.
In
via
di
larga
massima
,
ho
stimato
che
in
Italia
negli
ultimi
anni
le
rendite
provenienti
dalle
aree
edificate
(
valutate
come
frazione
dei
fitti
effettivamente
pagati
)
ascendono
,
ogni
anno
e
in
media
,
all'1-1,5%
del
reddito
nazionale
e
che
le
aree
annualmente
vendute
per
l
'
edificazione
di
nuovi
fabbricati
raggiungono
,
in
valore
,
il
4-5%
del
reddito
nazionale
(2.000-2.500
miliardi
di
lire
)
.
3
.
Sulla
possibile
graduale
sostituzione
della
divisione
orizzontale
del
lavoro
con
una
certa
rotazione
verticale
(
nota
a
p
.
23
)
L
'
idea
è
che
,
nei
paesi
più
avanzati
,
sia
per
l
'
aumento
del
reddito
individuale
medio
degli
strati
più
bassi
della
popolazione
,
sia
per
la
diffusione
dell
'
istruzione
,
diventa
sempre
più
difficile
trovare
persone
disposte
a
compiere
lavori
umili
e
non
gratificanti
,
come
quello
degli
edili
,
degli
imbianchini
,
degli
scaricatori
,
dei
manovali
.
Questi
paesi
,
per
sopperire
a
queste
esigenze
,
sono
indotti
a
importare
da
altri
paesi
mano
d
'
opera
non
qualificata
-
gli
"
schiavi
moderni
"
.
(
Si
calcola
,
per
esempio
,
che
nei
paesi
europei
più
avanzati
,
come
la
Germania
,
l
'
Inghilterra
,
la
Francia
,
la
Svizzera
e
il
Belgio
,
vivono
e
lavorano
,
quasi
tutti
svolgendo
mestieri
umili
e
rifiutati
dai
lavoratori
nati
in
quei
paesi
,
non
meno
di
6
milioni
di
persone
,
di
cui
circa
la
metà
provenienti
dai
paesi
o
dalle
regioni
più
arretrate
dell
'
Europa
-
Grecia
,
Spagna
,
Turchia
,
Italia
meridionale
-
e
l
'
altra
metà
da
paesi
extra
-
europei
,
specialmente
africani
)
.
Inoltre
,
un
tale
stato
di
cose
spinge
un
numero
crescente
di
industriali
dei
paesi
avanzati
a
trasferire
all
'
estero
certi
impianti
e
certi
processi
produttivi
che
richiedono
lavoratori
non
qualificati
(
l
'
incentivo
ad
un
tale
trasferimento
è
anche
maggiore
se
quegli
impianti
e
quei
processi
provocano
inquinamento
dell
'
aria
e
dell
'
acqua
)
.
Per
l
'
Italia
,
dolorosamente
,
il
problema
non
è
urgente
,
poiché
le
regioni
meridionali
del
nostro
paese
sono
tuttora
larghe
esportatrici
di
"
schiavi
moderni
"
.
Cfr
.
A
.
Visalberghi
,
Educazione
e
divisione
del
lavoro
.
Prospettive
della
formazione
tecnica
e
professionale
nelle
società
tecnologicamente
avanzate
,
La
Nuova
Italia
,
Firenze
1973;
M
.
Salvati
e
B
.
Beccalli
,
Divisione
del
lavoro
.
Capitalismo
,
socialismo
,
utopia
,
"
Quaderni
piacentini
"
,
1970
,
n
.
40
,
e
S
.
Marglin
,
Origine
et
fonctions
de
la
parcellization
des
tàches
,
nel
volume
Critique
de
la
division
du
travail
,
a
cura
di
A
.
Gorz
,
Editions
du
Seuil
,
Paris
1973
.
4
.
Intorno
alla
suddivisione
delle
classi
sociali
(
nota
a
p
.
25
)
Nella
stesura
originaria
avevo
suddiviso
in
modo
diverso
la
piccola
borghesia
:
oltre
alle
categorie
particolari
,
avevo
distinto
fra
piccola
borghesia
legata
e
quella
non
legata
direttamente
al
processo
produttivo
ed
avevo
incluso
,
nella
prima
,
i
coltivatori
diretti
e
gli
artigiani
e
,
nella
seconda
,
gl
'
impiegati
e
i
commercianti
.
Michele
Salvati
mi
ha
persuaso
a
modificare
la
classificazione
,
distinguendo
fra
piccola
borghesia
impiegatizia
(
lavoratori
dipendenti
stipendiati
)
e
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
coltivatori
diretti
,
artigiani
e
commercianti
)
,
una
distinzione
che
si
concilia
meglio
con
i
criteri
ricavati
dall
'
analisi
della
distribuzione
del
reddito
,
la
quale
serve
di
base
all
'
intera
classificazione
.
5
.
"
Uomini
di
grande
onestà
civile
"
(
nota
a
p
.
54
)
Per
evitare
possibili
malintesi
o
equivoci
su
espressioni
di
questo
tipo
(
"
strati
civilmente
robusti
"
,
«
uomini
di
grande
onestà
civile
"
ed
altre
che
userò
in
seguito
)
,
espressioni
che
potrebbero
indurre
a
ritenere
che
l
'
autore
è
affetto
da
"
moralismo
"
,
o
che
propende
verso
una
ingenua
concezione
"
idealistica
"
della
vita
sociale
,
in
contrasto
con
una
(
non
meno
ingenua
)
visione
"
marxista
"
o
"
materialistica
"
,
debbo
dire
che
uso
queste
espressioni
nel
senso
in
cui
credo
le
usasse
lo
stesso
Carlo
Marx
,
quando
,
per
esempio
,
definisce
"
uomini
competenti
,
imparziali
e
privi
di
rispetti
umani
"
"
i
relatori
inglesi
sulla
salute
pubblica
[
cominciando
dal
loro
capo
,
Leohnard
Horner
]
,
i
commissari
inglesi
per
le
inchieste
sullo
sfruttamento
delle
donne
e
dei
fanciulli
,
sulle
condizioni
delle
abitazioni
e
della
nutrizione
"
.
Osservo
che
molte
delle
vigorose
denunce
fatte
da
Marx
sulle
condizioni
di
vita
della
classe
operaia
inglese
dei
suoi
tempi
si
fondano
proprio
sulle
relazioni
ufficiali
di
quegli
uomini
;
e
quelle
denunce
e
quelle
relazioni
,
quindi
,
non
hanno
avuto
un
valore
moralistico
,
ma
analitico
e
politico
.
Osservo
ancora
che
quello
che
negli
stessi
termini
ingenui
cui
alludevo
dianzi
potrebbe
essere
definito
il
"
moralismo
"
o
l
'
"
idealismo
"
di
Marx
-
un
idealismo
che
include
il
pieno
riconoscimento
di
una
circoscritta
ma
importante
libertà
di
scelta
e
quindi
di
una
precisa
responsabilità
dei
singoli
individui
-
è
sistematicamente
ignorato
o
misconosciuto
da
diversi
studiosi
di
Marx
,
soprattutto
(
paradossalmente
)
fra
i
giovani
,
molti
dei
quali
si
professano
marxisti
non
per
l
'
acquisita
coscienza
di
appartenere
ad
una
determinata
classe
,
ma
,
se
è
lecito
esprimersi
così
,
per
"
idealismo
"
.
Mi
auguro
dunque
di
non
essere
frainteso
se
affermo
che
la
posizione
di
classe
di
ciascuno
entro
certi
limiti
dipende
non
dal
foro
esterno
ma
da
quello
interno
:
entro
certi
limiti
,
appunto
,
è
oggetto
di
scelta
,
anche
se
i
condizionamenti
obiettivi
che
derivano
dalla
classe
di
origine
ben
difficilmente
possono
essere
del
tutto
eliminati
.
6
.
Espansione
della
burocrazia
nel
periodo
fascista
(
nota
a
p
.
76
)
Come
appare
dalla
tabella
1.1
,
nel
periodo
fascista
la
burocrazia
aumentò
rapidamente
.
Se
si
considera
che
specialmente
durante
gli
anni
Trenta
molti
impiegati
furono
assunti
per
meriti
politici
e
non
per
la
loro
capacità
o
qualificazione
,
che
allora
non
erano
possibili
né
le
critiche
della
stampa
né
quelle
di
un
'
opposizione
parlamentare
e
che
certe
abitudini
di
irresponsabilità
istituzionalizzata
cominciarono
a
mettere
le
radici
in
quel
periodo
,
ci
si
rende
conto
che
l
'
idropisia
e
l
'
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
che
oggi
ci
affiggono
costituiscono
in
misura
non
piccola
un
'
eredità
del
passato
regime
.
7
.
Salari
e
stipendi
nel
periodo
fascista
(
nota
a
p
.
77
)
Secondo
mie
stime
di
larga
massima
,
durante
il
periodo
fascista
,
esclusi
gli
anni
di
guerra
,
la
massa
dei
salari
reali
è
diminuita
di
una
percentuale
che
va
dal
10
al
15%
,
per
l
'
effetto
combinato
di
una
flessione
del
15-20%
dei
salari
reali
individuali
e
di
un
modesto
aumento
nel
numero
dei
salariati
,
mentre
la
massa
degli
stipendi
reali
degli
impiegati
pubblici
e
privati
è
cresciuta
di
circa
il
doppio
,
per
effetto
di
un
sia
pure
modesto
aumento
degli
stipendi
reali
individuali
e
del
raddoppio
nel
numero
degli
impiegati
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
5.3
)
.
8
.
Piccola
borghesia
e
fascismo
(
nota
a
p
.
78
)
Come
ho
già
osservato
e
come
più
ampiamente
argomenterò
fra
breve
,
non
è
fatale
che
la
piccola
borghesia
vada
verso
il
fascismo
,
anche
se
non
necessariamente
va
verso
movimenti
di
carattere
rivoluzionario
.
Con
riferimento
alla
situazione
della
piccola
borghesia
nel
periodo
che
precede
il
fascismo
e
poi
alla
confluenza
,
nel
fascismo
,
di
gruppi
nazionalisti
da
un
lato
e
di
socialisti
di
sinistra
e
sindacalisti
dall
'
altro
,
tutti
di
provenienza
piccolo
-
borghese
,
Renzo
Del
Carria
scrive
:
"
Occorre
...
abbandonare
la
visione
di
un
ceto
medio
che
"
fatalmente
"
sia
prima
pre
-
fascista
e
poi
fascista
,
così
come
lo
ha
voluto
sia
la
storiografia
fascista
sia
quella
antifascista
in
una
analoga
visione
.
Occorre
vedere
invece
la
piccola
e
media
borghesia
italiana
nella
sua
impossibilità
d
'
inserirsi
economicamente
,
socialmente
,
politicamente
e
culturalmente
nell
'
Italia
giolittiana
per
le
strozzature
tipiche
del
sistema
economico
-
sociale
di
allora
,
oscillanti
,
nell
'
anelito
di
conquistare
la
propria
libertà
e
di
inserirsi
in
una
società
che
la
respingeva
,
tra
una
vocazione
reazionaria
ed
una
volontà
rivoluzionaria
di
rompere
l
'
ordine
esistente
"
(
Proletari
senza
rivoluzione
.
Storia
delle
classi
subalterne
italiane
dal
1860
al
1950
,
Edizioni
Oriente
,
Milano
1971
,
vol.
I
,
pp.
352-3
)
.
Del
Carria
passa
poi
ad
esaminare
le
ragioni
che
possono
spiegare
il
prevalere
della
vocazione
reazionaria
nella
piccola
borghesia
dopo
la
prima
guerra
mondiale
.
L
'
opera
di
Del
Carria
mi
è
stata
segnalata
dopo
che
avevo
già
scritto
e
poi
rielaborato
questo
saggio
;
sebbene
l
'
angolo
visuale
ideologico
sia
diverso
,
debbo
dire
che
concordo
con
la
massima
parte
dei
giudizi
che
Del
Carria
esprime
sui
ceti
medi
e
,
in
particolare
,
sulla
piccola
borghesia
(
v
.
particolarmente
le
pp.
347-54
del
primo
volume
)
.
9
.
Riforma
scolastica
(
nota
a
p
.
84
)
Anche
le
riforme
dei
contenuti
dei
programmi
scolastici
sono
state
oggetto
di
accese
discussioni
e
di
spinte
profondamente
contraddittorie
,
in
vista
di
diversi
obiettivi
relativi
alla
formazione
degli
studenti
(
cultura
per
la
cultura
,
istruzione
per
l
'
inserimento
nell
'
attività
produttiva
e
professionale
,
spazio
da
destinare
alla
cultura
critica
riguardante
la
società
)
;
anche
queste
spinte
contraddittorie
vanno
viste
non
come
il
risultato
di
diverse
idee
astratte
,
ma
,
principalmente
,
come
il
risultato
della
indeterminatezza
e
della
polivalenza
culturale
caratteristiche
della
piccola
(
e
,
in
parte
,
della
grande
)
borghesia
nell
'
attuale
fase
dello
sviluppo
economico
-
sociale
.
10
.
Potere
,
controlli
e
responsabilità
della
burocrazia
(
nota
a
p
.
85
)
Osserva
Gunnar
Myrdal
,
a
proposito
dell
'
inefficienza
del
sistema
amministrativo
indiano
e
delle
difficoltà
nel
migliorarlo
,
che
"
in
una
situazione
di
diffusa
corruzione
il
funzionario
ha
interesse
a
mantenere
macchinose
le
procedure
burocratiche
:
se
è
disonesto
,
siffatte
procedure
possono
accrescere
le
occasioni
di
intascare
"
bustarelle
"
,
se
è
onesto
,
possono
proteggerlo
dai
sospetti
"
.
Infatti
,
nota
ancora
Myrdal
,
la
propensione
della
burocrazia
a
rendere
minime
le
responsabilità
moltiplicando
i
controlli
è
tanto
maggiore
quanto
più
diffusi
sono
i
sospetti
di
corruzione
sulla
pubblica
amministrazione
;
e
sebbene
questi
sospetti
da
noi
siano
probabilmente
più
diffusi
di
quanto
sia
giustificato
,
è
doloroso
ma
doveroso
riconoscere
che
un
tale
fattore
esiste
anche
nel
nostro
paese
,
ha
un
non
trascurabile
fondamento
e
contribuisce
alla
grave
lentezza
della
burocrazia
.
Conviene
riportare
alcune
osservazioni
di
un
autore
indiano
(
Chhatrapati
)
,
citate
da
Myrdal
:
"
Per
evitare
responsabilità
dirette
in
qualsiasi
decisione
di
rilievo
,
la
burocrazia
si
sforza
di
associare
a
tali
decisioni
il
maggior
numero
possibile
di
uffici
e
di
funzionari
.
Le
consultazioni
debbono
lasciare
una
traccia
scritta
.
Perciò
,
un
fascicolo
deve
essere
trasferito
-
cosa
che
,
da
sola
,
richiede
un
certo
tempo
-
da
un
tavolino
all
'
altro
e
da
un
ministero
all
'
altro
,
per
le
osservazioni
;
e
passano
mesi
e
mesi
prima
che
la
decisione
giunga
alla
conclusione
.
Perfino
quando
i
fatti
rendono
ovvia
la
decisione
e
non
implicano
nessun
allontanamento
dalla
consuetudine
,
siffatte
consultazioni
sono
considerate
necessarie
per
"
sicurezza
"
"
(
G
.
Myrdal
,
Asian
Drama
.
An
Inquiry
into
the
Poverty
of
Nations
,
Penguin
Books
,
Harmondsworth
,
Middlesex
,
England
,
1968
,
vol.
II
,
pp.
954-5
)
.
11
.
La
strategia
della
grande
borghesia
industriale
(
nota
a
p
.
86
)
È
essenziale
tenere
ben
presente
che
,
in
Italia
,
nel
settore
industriale
sono
rimaste
oramai
pochissime
grandi
imprese
private
:
come
conseguenza
di
una
lunga
evoluzione
,
che
fa
capo
al
processo
di
concentrazione
e
che
è
contrassegnata
da
crisi
di
vario
genere
,
le
grandi
imprese
industriali
sono
divenute
in
gran
parte
statali
o
sono
cadute
sotto
il
controllo
dello
Stato
e
l
'
area
privata
si
è
ristretta
alle
medie
e
piccole
imprese
.
Fra
le
pochissime
eccezioni
è
la
Fiat
,
controllata
dalla
famiglia
Agnelli
,
che
,
anche
nel
seno
della
Confederazione
generale
dell
'
industria
,
sta
elaborando
una
complessa
strategia
,
i
cui
principali
obiettivi
sembrano
essere
i
seguenti
:
1
)
assicurarsi
l
'
egemonia
sul
settore
industriale
privato
,
ossia
sul
settore
delle
medie
e
piccole
imprese
,
un
buon
numero
delle
quali
,
in
Piemonte
e
fuori
del
Piemonte
,
lavora
per
conto
della
Fiat
;
2
)
rafforzare
il
settore
industriale
privato
e
,
corrispondentemente
,
contenere
l
'
espansione
delle
imprese
controllate
dallo
Stato
,
le
quali
,
grazie
ai
fondi
di
dotazione
e
alla
maggiore
facilità
di
ottenere
crediti
,
possono
fare
una
concorrenza
che
spesso
disturba
non
solo
le
imprese
private
italiane
ma
anche
quelle
straniere
(
e
la
Fiat
ha
importanti
interessi
internazionali
)
;
3
)
conquistare
un
'
influenza
crescente
sulla
cultura
italiana
moderna
,
con
vari
mezzi
,
fra
cui
è
il
controllo
di
una
fetta
crescente
dell
'
industria
editoriale
;
4
)
assicurarsi
alleanze
con
alcuni
settori
moderni
del
proletariato
industriale
e
della
piccola
borghesia
attraverso
un
attacco
alle
"
rendite
"
(
presumibilmente
,
nel
settore
commerciale
e
nel
settore
urbanistico
)
ed
una
spinta
ad
ammodernare
alcuni
settori
della
pubblica
amministrazione
(
a
cominciare
dal
settore
previdenziale
)
,
anche
a
costo
di
provocare
l
'
ostilità
di
certi
gruppi
sociali
e
di
subire
un
"
lucro
cessante
"
,
considerato
l
'
intreccio
fra
gli
interessi
industriali
della
Fiat
con
gli
interessi
immobiliari
,
finanziari
e
commerciali
.
Ritengo
che
questa
strategia
,
anche
se
ha
limiti
abbastanza
ristretti
per
le
ragioni
brevemente
richiamate
nel
testo
,
deve
essere
considerata
dalle
forze
di
sinistra
con
molta
attenzione
.
Saggistica ,
Ridentem
dicere
verum
quid
vetat
?
ORAZIO
Ma
che
c
'
entra
l
'
assurdo
Chi
scrive
queste
pagine
è
un
fisico
,
che
nell
'
esercizio
della
sua
ricerca
è
stato
abituato
da
sempre
a
perseguire
il
rigore
logico
,
l
'
esattezza
matematica
,
la
massima
razionalità
.
Ci
si
aspetterebbe
che
di
conseguenza
egli
rifuggisse
da
ogni
discorso
vago
,
basato
su
semplici
analogie
o
sull
'
abuso
della
metafora
;
e
che
massimamente
si
tenesse
lontano
dal
vaneggiamento
onirico
.
Ma
bisogna
fare
attenzione
a
non
concludere
troppo
sbrigativamente
su
questi
argomenti
.
Il
nostro
cervello
è
come
un
formidabile
calcolatore
che
,
nel
corso
dei
millenni
(
anzi
,
dei
milioni
di
anni
)
,
si
è
evoluto
e
adattato
nel
modo
più
propizio
per
farci
sopravvivere
in
un
certo
ambiente
.
Si
tratta
precisamente
della
superficie
della
Terra
,
quale
a
noi
si
è
offerta
circa
quattro
miliardi
e
mezzo
di
anni
dopo
la
nascita
del
pianeta
(
e
di
tutto
il
sistema
solare
)
.
A
prima
vista
si
potrebbe
pensare
che
le
condizioni
dell
'
ambiente
non
dovessero
in
alcun
modo
avere
a
che
fare
col
corretto
funzionamento
del
cervello
.
Un
ragionamento
,
se
è
giusto
,
dovrebbe
essere
giusto
sulla
Terra
,
come
su
Marte
,
come
su
Andromeda
.
Ma
in
realtà
non
è
esattamente
così
:
infatti
prima
di
stabilire
se
l
'
argomentazione
è
corretta
o
no
,
si
tratta
di
sapere
se
i
termini
in
cui
essa
è
formulata
hanno
senso
.
Vediamo
di
spiegarci
meglio
.
La
Terra
non
è
un
oggetto
di
tipo
molto
comune
nell
'
Universo
.
La
sua
temperatura
assoluta
alla
superficie
è
molto
bassa
e
varia
in
un
intervallo
piccolissimo
,
che
va
all
'
incirca
da
220
a
330
°
K
(
gradi
Kelvin
)
.
Per
capire
che
cosa
questo
significa
,
si
pensi
che
nell
'
Universo
si
trovano
temperature
che
vanno
dai
2,7
°
K
della
radiazione
elettromagnetica
di
fondo
(
quella
che
riempie
tutto
lo
spazio
cosiddetto
"
vuoto
"
)
alle
centinaia
di
milioni
di
°
K
dell
'
interno
delle
stelle
.
Una
conseguenza
decisiva
di
questo
stato
di
cose
è
che
nel
nostro
ambiente
terrestre
l
'
energia
media
dell
'
agitazione
termica
delle
molecole
è
spesso
minore
della
forza
di
coesione
intermolecolare
;
è
per
questo
che
una
gran
parte
delle
molecole
hanno
tendenza
a
riunirsi
in
corpi
solidi
o
quasi
solidi
.
Il
nostro
stesso
corpo
è
di
tale
tipo
ed
è
formato
da
parecchi
miliardi
di
miliardi
di
molecole
.
È
per
tale
circostanza
che
nella
vita
quotidiana
noi
abbiamo
a
che
fare
più
che
altro
con
sistemi
solidi
e
macroscopici
,
o
,
come
suol
dirsi
,
a
misura
d
'
uomo
.
I
solidi
hanno
per
loro
natura
la
tendenza
a
mantenersi
a
lungo
aggregati
in
forma
stabile
e
distinti
dal
mondo
circostante
;
tanto
che
nella
didattica
scientifica
di
altri
tempi
si
insisteva
addirittura
sulla
cosiddetta
impenetrabilità
dei
corpi
.
In
una
parola
,
a
noi
sembra
che
essi
abbiano
e
conservino
ciascuno
una
propria
identità
separata
.
Questo
comportamento
ci
ha
suggerito
di
attribuire
a
ognuno
degli
oggetti
un
nome
,
come
pure
di
contarli
e
di
distribuirli
quali
elementi
distinti
nei
loro
diversi
insiemi
.
Non
c
'
è
dunque
da
meravigliarsi
se
,
allo
scopo
di
sopravvivere
al
meglio
nel
nostro
ambiente
,
abbiamo
sviluppato
per
selezione
naturale
una
logica
classica
,
che
opera
con
individui
e
insiemi
di
individui
.
Su
di
essa
abbiamo
fondato
la
nostra
razionalità
e
,
dati
gli
ottimi
risultati
ottenuti
con
quella
logica
nell
'
orientarsi
e
nell
'
agire
in
un
mondo
di
oggetti
macroscopici
,
abbiamo
concluso
che
è
molto
bene
evitare
di
discostarsene
.
Ma
insistiamo
ancora
sull
'
importanza
dell
'
ambiente
,
facendo
un
'
ipotesi
...
assurda
.
Supponiamo
che
gli
umani
fossero
nati
e
si
fossero
sviluppati
sul
Sole
.
In
tale
ambiente
non
esistono
corpi
solidi
:
e
anche
se
vi
venissero
portati
,
si
volatilizzerebbero
immediatamente
.
In
nessun
modo
avremmo
potuto
farci
un
'
idea
dei
corpi
solidi
e
della
loro
individualità
.
In
ogni
caso
,
una
tale
idea
sarebbe
stata
assolutamente
inutile
per
sbrigarcela
sul
Sole
!
Naturalmente
si
obietterà
che
anche
sul
Sole
esistono
gli
oggetti
della
microfisica
,
vale
a
dire
i
singoli
atomi
e
molecole
,
nonché
i
corpuscoli
subatomici
,
come
protoni
ed
elettroni
.
E
supponiamo
pure
che
i
nostri
ipotetici
uomini
solari
,
fin
dall
'
epoca
dell
'
apparizione
della
loro
specie
sulla
superficie
dell
'
astro
,
fossero
stati
in
grado
di
scoprire
e
di
osservare
i
suddetti
oggetti
.
Ne
sarebbe
derivata
-
per
noi
esseri
umani
terrestri
e
attuali
-
una
conseguenza
assolutamente
sconcertante
.
Infatti
gli
oggetti
della
microfisica
,
stando
alla
nostra
logica
,
si
comportano
in
modo
proprio
assurdo
.
Ci
ritorneremo
a
suo
tempo
.
Ma
già
da
ora
ricordiamo
che
quando
si
muovono
,
non
hanno
una
traiettoria
;
quando
non
sono
osservati
,
non
ha
senso
dire
dove
si
trovano
;
il
luogo
in
cui
verranno
osservati
si
può
prevedere
solo
in
modo
probabilistico
;
appena
vengono
osservati
cambia
la
loro
distribuzione
di
probabilità
riguardo
alle
osservazioni
future
;
a
volte
appaiono
come
corpuscoli
,
a
volte
come
onde
,
a
seconda
dell
'
esperienza
che
eseguiamo
;
due
corpuscoli
della
stessa
specie
sono
indistinguibili
e
appena
ne
chiamiamo
uno
Pietro
e
l
'
altro
Paolo
,
non
possiamo
più
determinare
in
nessun
modo
quale
è
Paolo
e
quale
è
Pietro
;
e
altre
stranezze
che
qui
non
stiamo
a
elencare
.
La
nostra
logica
classica
è
ancora
adeguata
per
trattare
enti
così
singolari
?
La
risposta
a
questa
domanda
non
è
chiaramente
univoca
.
Si
può
,
come
si
è
fatto
fin
dai
primi
decenni
di
questo
secolo
,
continuare
ad
applicare
la
logica
classica
,
accettando
di
buon
grado
che
il
comportamento
dei
microggetti
sia
diverso
da
quello
dei
macroggetti
con
i
quali
abbiamo
a
che
fare
di
solito
;
e
che
la
loro
individualità
,
come
pure
la
loro
identità
,
o
non
abbiano
senso
o
abbiano
un
significato
diverso
da
quello
che
noi
concepiamo
.
Oppure
si
possono
prendere
misure
più
drastiche
,
ideando
addirittura
nuove
logiche
,
in
un
certo
senso
sorprendenti
,
perché
più
tolleranti
della
logica
classica
:
come
le
logiche
a
più
valori
,
le
logiche
sfumate
(
fuzzy
)
,
la
logica
quantistica
e
altre
diavolerie
che
sono
tuttora
in
corso
di
rapida
elaborazione
.
Non
di
rado
in
esse
si
fa
a
meno
perfino
del
principio
di
contraddizione
e
non
si
paventa
la
minaccia
di
Duns
Scoto
:
"
ex
absurdo
sequitur
quodlibet
"
.
Non
di
questi
sviluppi
tecnici
ci
vogliamo
qui
occupare
.
Ci
basterà
osservare
che
oggi
i
concetti
di
logico
e
di
assurdo
hanno
una
validità
molto
meno
assoluta
di
una
volta
.
Ma
,
qualunque
sia
la
logica
che
vogliamo
adottare
,
è
lecito
domandarsi
:
il
nostro
pensiero
nasce
logico
?
Probabilmente
tutti
si
saranno
accorti
che
non
è
così
.
L
'
ideazione
,
frutto
di
quella
che
a
volte
chiamiamo
fantasia
,
è
sempre
anteriore
a
qualsiasi
sistemazione
logica
.
Si
ha
quasi
l
'
impressione
che
nella
nostra
mente
-
forse
nell
'
inconscio
-
esista
una
ricchissima
"
sorgente
"
d
'
immagini
,
di
suggestioni
e
di
collegamenti
,
che
obbedisce
a
una
sorta
di
logica
a
noi
assolutamente
ignota
,
o
che
addirittura
non
è
soggetta
ad
alcuna
logica
.
Soltanto
in
un
secondo
tempo
noi
passiamo
al
setaccio
quelle
immagini
,
prima
trasformandole
in
concetti
logici
,
poi
mettendole
a
confronto
con
tutto
ciò
che
già
sappiamo
-
o
crediamo
di
sapere
-
del
mondo
,
infine
scartando
più
o
meno
inconsciamente
tutto
quello
che
non
ci
sembra
aver
senso
.
Di
solito
l
'
uomo
colto
e
civilizzato
esegue
l
'
intera
operazione
con
grande
celerità
.
Infatti
-
come
abbiamo
già
notato
-
si
tratta
di
usare
uno
strumento
che
nel
nostro
ambiente
agisce
con
notevole
efficacia
e
ci
conferisce
un
deciso
vantaggio
nella
lotta
per
la
sopravvivenza
.
Ma
chi
lo
usa
è
quasi
sempre
convinto
che
in
quel
modo
si
avvicina
meglio
alla
"
realtà
"
.
Forse
più
lenti
nel
compiere
l
'
operazione
di
vaglio
sono
gli
uomini
cosiddetti
primitivi
,
il
visionario
,
il
sognatore
.
Tuttavia
si
badi
bene
che
il
poeta
(
quello
vero
)
di
proposito
non
sottopone
troppo
severamente
le
sue
immagini
alla
sistemazione
logica
,
ben
sapendo
che
,
se
lo
facesse
,
le
distruggerebbe
.
E
del
resto
soltanto
una
tradizione
filosofica
piuttosto
vecchiotta
e
dubbia
può
continuare
a
sostenere
che
quelle
immagini
non
sono
realtà
.
Invece
sono
una
realtà
umana
,
umanissima
,
niente
affatto
da
scartare
.
Semmai
rimane
tuttora
un
affascinante
problema
:
quello
della
strana
-
quasi
schizofrenica
-
mescolanza
di
immagini
accettate
tali
e
quali
dalla
scaturigine
primitiva
e
della
successiva
sistemazione
logica
,
che
-
pur
attenuandosi
in
misura
sempre
più
decisiva
nel
corso
dei
secoli
-
non
può
certo
cessare
né
è
cessata
interamente
presso
i
poeti
contemporanei
.
Ebbene
,
lasciando
ormai
da
parte
le
poesie
e
í
sogni
,
ci
si
può
domandare
se
l
'
assurdo
abbia
ancora
una
qualche
funzione
essenziale
o
illuminante
in
ben
altre
e
più
"
severe
"
speculazioni
,
quali
quelle
della
scienza
,
della
filosofia
,
dell
'
ordinamento
sociale
,
o
addirittura
della
tecnica
.
Ma
certo
che
ce
l
'
ha
!
Si
tratta
niente
meno
che
della
perenne
sorgente
delle
nostre
ideazioni
.
Non
esitiamo
ad
affermare
che
"
un
pizzico
di
assurdo
"
c
'
è
sempre
.
Consideriamo
una
delle
più
nobili
aspirazioni
umane
:
la
curiosità
e
la
voglia
di
sapere
.
Per
millenni
si
sono
utilizzate
le
acque
del
Nilo
per
alimentare
una
stupenda
civiltà
,
senza
sapere
da
dove
venisse
giù
quella
benedizione
.
Ma
la
voglia
di
conoscere
le
sorgenti
ha
assillato
le
menti
più
acute
di
antichi
e
moderni
,
reclamando
anche
non
poche
vittime
nell
'
ardua
esplorazione
.
Certo
si
credeva
che
quella
ricerca
fosse
solo
fine
a
se
stessa
.
Ma
,
come
sempre
avviene
nelle
imprese
conoscitive
umane
,
una
volta
risolto
l
'
enigma
,
la
scoperta
si
è
rivelata
(
magari
alla
lunga
)
utilissima
per
il
progresso
agricolo
,
energetico
,
industriale
,
politico
e
quanto
altro
.
Allo
stesso
modo
non
è
vano
indagare
in
generale
quali
siano
le
scaturigini
del
pensiero
umano
.
Esse
stanno
riposte
in
quelle
immagini
"
assurde
"
,
che
noi
a
posteriori
ci
diamo
ad
arginare
e
a
regolamentare
nei
concetti
e
nelle
regole
logiche
.
Quest
'
ultima
operazione
-
ripetiamolo
ancora
,
a
scanso
dei
soliti
insulsi
,
tendenziosi
equivoci
di
chi
disprezza
la
razionalità
-
è
necessaria
per
sviluppare
la
scienza
e
indispensabile
per
agire
proficuamente
nel
nostro
mondo
.
Ma
il
chiudere
,
il
disseccare
le
sorgenti
del
pensiero
,
o
anche
solo
il
tentare
di
ignorarle
,
sarebbe
pura
follia
.
Oggi
ci
stiamo
rendendo
conto
sempre
meglio
che
lo
studio
delle
scaturigini
ci
può
aiutare
immensamente
perfino
nello
sviluppo
del
processo
logico
e
del
razionale
.
Soprattutto
può
aiutarci
molto
nella
scoperta
di
nuove
vie
.
Se
Newton
avesse
rifiutato
a
priori
di
soffermarsi
sull
'
idea
"
assurda
"
dell
'
azione
a
distanza
,
tutta
la
scienza
moderna
sarebbe
stata
priva
di
una
sua
parte
essenziale
.
E
sarà
certo
inutile
ricordare
(
anche
senza
scomodare
la
psicoanalisi
)
quanto
le
fantasticherie
assurde
,
alle
quali
ogni
tanto
-
per
nostra
fortuna
-
ci
abbandoniamo
,
ci
aiutino
a
sondare
e
a
capire
meglio
noi
stessi
.
Mi
pare
ora
che
sia
più
che
opportuno
riflettere
su
un
fatto
abbastanza
paradossale
.
La
vita
-
sì
,
la
vita
stessa
-
rappresenta
per
ciascuno
di
noi
l
'
avventura
più
"
assurda
"
che
ci
potesse
capitare
.
Eppure
quelli
che
lo
avvertono
meglio
-
e
qui
sta
il
paradosso
-
sono
proprio
coloro
che
si
dedicano
con
più
impegno
a
indagare
razionalmente
la
condizione
della
nostra
esistenza
e
a
tentare
di
dare
una
sistemazione
sensata
,
logica
,
sicura
,
a
ciò
che
ne
sappiamo
e
ne
pensiamo
.
Naturalmente
si
può
semplicemente
scaricare
la
responsabilità
di
ciò
che
ci
sta
accadendo
,
attribuendola
alla
imperscrutabile
volontà
di
un
essere
superiore
.
È
una
via
senza
dubbio
degna
di
rispetto
e
da
molti
seguita
in
varie
forme
e
in
diversi
gradi
.
Ma
in
quel
modo
si
cancella
,
non
si
risolve
l
'
assurdo
.
Per
completare
questa
breve
introduzione
alle
pagine
che
seguiranno
,
facciamo
un
'
altra
riflessione
.
Tutti
sanno
che
l
'
assurdo
ha
assai
spesso
legami
piuttosto
stretti
con
il
comico
.
Fin
da
tempi
immemorabili
si
è
tentato
di
capire
che
cosa
sia
il
comico
:
perché
una
cosa
è
buffa
,
perché
la
troviamo
umoristica
,
perché
ne
ridiamo
?
Innumerevoli
spiegazioni
e
teorie
sono
state
presentate
-
a
volte
anche
con
una
certa
supponenza
-
invocando
la
psicologia
,
la
sociologia
,
l
'
inconscio
(
e
chi
più
ne
ha
più
ne
metta
)
.
Il
sottoscritto
non
è
mai
rimasto
convinto
da
simili
teorie
;
e
si
guarderà
bene
dall
'
aggiungere
la
sua
inutile
opinione
in
proposito
.
Quello
che
è
certo
è
che
l
'
assurdo
,
una
volta
riconosciuto
,
suscita
quasi
sempre
l
'
ilarità
.
Allora
,
per
meglio
scorgere
che
cosa
c
'
è
sotto
,
faremo
bene
a
non
negarci
all
'
occasione
una
sana
risata
;
o
almeno
un
sorriso
.
Tuttavia
non
sarà
male
guardarsi
dalle
indebite
generalizzazioni
e
dalle
inversioni
d
'
implicazioni
logiche
.
Se
è
vero
che
l
'
assurdo
provoca
il
riso
,
non
è
vero
che
solo
l
'
assurdo
possa
indurci
al
riso
o
al
sorriso
.
L
'
incantevole
esametro
di
Virgilio
:
"
Incipe
,
parve
puer
,
risu
cognoscere
matrem
"
non
vuoi
dire
affatto
che
per
il
bambino
la
madre
sia
un
personaggio
assurdo
!
1
.
Quando
Margherita
filava
L
'
arcolaio
era
di
quelli
che
si
usavano
molto
tempo
fa
e
che
si
vedono
ancora
oggi
in
tante
riproduzioni
o
nei
musei
:
una
grande
ruota
azionata
da
un
pedale
,
sulla
quale
si
avvolgeva
il
filo
proveniente
dalla
rocca
.
La
fanciulla
filava
e
cantava
,
seguendo
distratta
il
regolare
ma
vivace
sfarfallìo
dei
raggi
della
ruota
e
scandendo
il
ritmo
col
monotono
su
e
giù
del
pedale
;
eppure
il
canto
era
tutt
'
altro
che
monotono
.
Era
quasi
un
grido
agitato
e
convulso
di
chi
ha
un
peso
sul
cuore
e
sente
di
aver
perduto
per
sempre
la
pace
interiore
;
di
chi
non
può
distogliere
la
mente
da
un
'
immagine
adorata
e
allo
stesso
tempo
temuta
.
Margherita
era
altrove
,
il
suo
pensiero
volava
a
quell
'
uomo
fatale
che
l
'
aveva
incantata
,
al
ricordo
di
quel
nobile
portamento
,
di
quel
sorriso
,
di
quegli
occhi
,
di
quella
voce
,
di
quel
bacio
...
ah
,
il
suo
bacio
!
Intuiva
benissimo
che
dinanzi
a
lei
si
apriva
un
abisso
pauroso
,
eppure
le
era
impossibile
ritrarsi
.
Ma
come
avevano
fatto
quel
poeta
e
quel
musicista
(
che
tra
l
'
altro
le
pareva
non
fossero
ancora
nati
)
a
capire
così
bene
quello
che
ella
sentiva
e
soffriva
?
Alla
fine
,
volendo
tornare
a
badare
al
suo
lavoro
,
si
dette
a
raccogliere
il
filo
in
una
matassa
.
Ma
,
avendo
ripreso
subito
a
vagare
col
pensiero
,
riusciva
solo
a
combinare
un
grosso
pasticcio
e
finì
col
trovarsi
lei
stessa
avvolta
in
un
inestricabile
groviglio
.
In
quel
mentre
si
affacciò
alla
porta
un
soldato
,
che
,
dato
un
rapido
sguardo
,
chiese
meravigliato
:
"
Sorella
mia
,
che
stai
facendo
?
Hai
perso
il
senno
?
"
"
Sì
,
credo
proprio
di
aver
perso
il
senno
...
Ma
ora
sto
cercando
il
bandolo
da
dare
a
questa
matassa
.
Voglio
sincerarmi
che
il
filo
fatto
oggi
sia
lo
stesso
di
quello
che
avevo
cominciato
a
filare
ieri
.
"
Il
fratello
,
che
pure
era
arrivato
piuttosto
accigliato
,
si
mise
a
ridere
ed
esclamò
:
"
Ma
che
dici
?
Come
fa
quello
di
oggi
a
essere
lo
stesso
di
quello
che
hai
filato
ieri
?
"
Ci
sembra
altamente
improbabile
che
Valentino
,
un
modesto
soldato
della
guarnigione
,
conoscesse
le
acute
enunciazioni
di
Eraclito
sul
fatto
che
"
tutto
scorre
e
cambia
"
e
che
"
non
ci
si
può
bagnare
due
volte
nello
stesso
fiume
"
.
Lui
si
stava
soltanto
attenendo
a
quell
'
elementare
buon
senso
,
che
a
volte
circola
perfino
nelle
caserme
.
"
Tu
hai
voglia
di
scherzare
,
"
ribatté
triste
la
sorella
,
"
ma
io
no
,
non
sono
di
quell
'
umore
.
Eppure
è
semplice
.
Se
riavvolgendo
il
filo
in
un
gomitolo
arrivo
all
'
inizio
di
quello
che
ho
filato
ieri
,
vuol
dire
che
è
lo
stesso
filo
e
ne
posso
fare
un
'
unica
matassa
,
senza
ingannare
nessuno
a
cui
lo
cedo
.
Se
invece
trovo
un
'
interruzione
,
vuoi
dire
che
sono
due
fili
diversi
.
"
Il
soldato
non
sembrava
molto
convinto
e
stava
a
sua
volta
per
replicare
,
quando
alla
porta
comparve
un
altro
personaggio
piuttosto
inquietante
:
un
bell
'
uomo
dal
fare
calmo
,
alquanto
ironico
e
sicuro
di
sé
,
ma
dallo
sguardo
fulminante
.
Appena
Valentino
lo
scorse
,
parve
riconoscerlo
e
gli
si
rivolse
minaccioso
:
"
Ah
,
sei
tu
quel
malnato
furfante
che
si
dà
da
fare
per
rovinare
mia
sorella
!
"
Ma
quello
lo
tacitò
,
alzando
tranquillamente
una
mano
:
"
Piano
,
piano
,
coraggioso
soldatino
!
Non
è
ancora
venuto
il
momento
di
inscenare
quell
'
insensato
duello
in
cui
vorrai
per
forza
trovare
la
morte
.
Piuttosto
mi
sento
coinvolto
dal
problema
che
stavate
discutendo
.
È
una
questione
molto
più
spinosa
e
profonda
di
quanto
possiate
immaginare
;
un
problema
che
sconcerta
e
assilla
anche
me
.
"
I
due
fratelli
si
guardavano
meravigliati
e
smarriti
.
Ma
che
c
'
entrava
quell
'
individuo
terrificante
-
che
in
realtà
Margherita
già
conosceva
,
senza
volerlo
ammettere
davanti
a
Valentino
-
e
che
intendeva
dire
?
Ma
l
'
uomo
,
sorridendo
beffardo
,
riprese
con
una
bizzarra
domanda
:
"
Tu
,
Valentino
,
se
vuoi
partire
per
Norimberga
,
che
strada
prendi
?
"
"
Quella
che
esce
dalla
porta
meridionale
della
città
.
"
"
E
se
invece
vuoi
recarti
a
Spira
,
che
strada
prendi
?
"
"
La
stessa
strada
.
"
"
Ecco
dunque
:
tu
hai
detto
che
quella
che
porta
a
Norimberga
e
quella
che
porta
a
Spira
sono
la
stessa
strada
.
"
Valentino
si
grattò
la
testa
alquanto
confuso
e
imbarazzato
,
poi
esclamò
un
po
'
irritato
:
"
Ma
no
!
Procedendo
per
la
strada
meridionale
,
a
un
certo
punto
trovo
un
bivio
.
Lì
,
se
prendo
a
destra
vado
a
Spira
,
se
prendo
a
sinistra
,
arrivo
a
Norimberga
.
"
"
Allora
ti
ingannavi
quando
hai
dichiarato
che
avresti
preso
la
stessa
strada
.
In
realtà
sono
due
strade
diverse
.
Ciononostante
,
se
parti
di
qui
,
sia
che
tu
vada
a
Norimberga
,
sia
che
tu
vada
a
Spira
,
non
trovi
alcuna
interruzione
e
il
tuo
cavallo
continua
a
seguire
a
testa
bassa
la
strada
.
È
proprio
quello
che
avviene
anche
per
il
filo
di
Margherita
.
Lei
può
continuare
a
raccoglierlo
dal
principio
alla
fine
,
senza
interruzioni
;
e
tuttavia
non
essere
sicura
che
sia
'
lo
stesso
'
filo
.
"
I
due
fratelli
rimanevano
sempre
più
sbigottiti
da
quei
ragionamenti
astrusi
.
Ma
si
accorsero
che
sulla
porta
era
comparso
un
quarto
personaggio
:
un
giovane
,
distinto
,
elegante
e
fascinoso
,
dalla
fronte
ampia
e
l
'
aria
intelligente
.
Margherita
si
precipitò
a
buttargli
le
braccia
al
collo
ed
esclamò
:
"
Enrico
!
Finalmente
tu
sei
qui
;
sono
felice
e
non
desidero
sapere
altro
.
"
L
'
uomo
dagli
occhi
di
fuoco
si
mostrò
stupito
e
domandò
al
nuovo
venuto
:
"
Enrico
?
Dottore
,
che
vuoi
dire
?
"
"
Sì
...
lei
mi
conosce
con
questo
nome
.
"
Poi
,
superato
un
po
'
d
'
imbarazzo
,
proseguì
:
"
Ma
ora
,
se
Margherita
si
decide
a
lasciarmi
respirare
,
parliamo
di
altro
.
Sono
qui
da
qualche
tempo
e
ho
udito
quanto
dicevate
.
Io
lo
so
bene
perché
quel
tale
problema
ti
assilla
.
Tu
l
'
hai
presa
larga
,
parlando
a
questi
giovani
di
strade
e
di
bivii
.
Ma
in
realtà
,
ragionando
vorresti
convincerti
che
l
'
uomo
che
si
è
impegnato
a
servirti
nell
'
"
aldilà
"
(
quell
'
aldilà
che
tu
nella
tua
strana
lingua
chiami
drüben
)
sarò
sempre
io
.
Ebbene
no
,
disilluditi
:
non
sarò
io
.
"
"
Come
,
non
sarete
voi
?
"
e
gli
occhi
minacciosi
ora
sprigionavano
proprio
faville
.
"
Ricordatevi
che
avete
firmato
un
patto
col
vostro
sangue
!
"
"
Sì
,
questo
è
vero
.
Ma
tu
credi
che
quando
sarò
drüben
,
avrò
il
sangue
?
"
"
Che
domanda
sciocca
,
Dottore
.
Certo
che
non
l
'
avrete
.
Gli
spiriti
non
hanno
il
sangue
.
"
"
Allora
è
sicuro
che
non
mi
potrai
più
rinfacciare
che
la
firma
è
stata
tracciata
col
mio
sangue
.
Sarà
il
sangue
di
un
altro
,
di
un
individuo
a
me
drüben
totalmente
sconosciuto
;
e
di
quello
sconosciuto
,
nonché
di
ciò
che
egli
ha
firmato
o
non
firmato
non
me
ne
importerà
proprio
nulla
.
"
"
Come
?
Ignorate
forse
che
dopo
la
morte
sarete
voi
,
sì
proprio
voi
,
a
sopravvivere
come
puro
spirito
?
Osereste
dunque
mettere
in
dubbio
perfino
quello
che
hanno
sempre
affermato
gli
stessi
seguaci
della
'
vostra
'
religione
?
"
"
Oh
,
oh
,
ora
mi
fai
proprio
ridere
!
Dunque
tu
credi
a
quelle
assurde
favole
.
Mi
stai
forse
diventando
religioso
?
"
"
Ohibò
,
io
religioso
...
assolutamente
no
!
Eppure
sono
sicuro
che
la
religione
è
necessaria
.
Per
me
poi
è
necessaria
,
come
per
voi
è
necessaria
l
'
aria
che
respirate
.
"
"
Questa
è
bella
davvero
,
non
l
'
avrei
mai
creduta
!
"
"
Ma
riflettete
un
po
'
spassionatamente
,
Dottore
.
Gli
uomini
hanno
una
maledetta
voglia
di
conoscere
,
che
li
spinge
a
scoprire
e
a
imparare
sempre
di
più
.
Un
bel
giorno
,
seguendo
quella
perversa
inclinazione
,
si
permetteranno
perfino
di
mettere
in
dubbio
che
io
esista
!
Per
fortuna
saranno
proprio
le
più
alte
autorità
delle
grandi
religioni
a
rimettere
le
cose
a
posto
e
a
imporre
ai
fedeli
di
credere
che
io
esisto
.
"
"
Allora
tu
dovresti
...
ringraziare
quelle
'
alte
autorità
'."
"
Certamente
,
sono
disposto
a
ringraziarle
:
purché
loro
ringrazino
me
.
Il
favore
è
reciproco
.
Loro
non
danno
mai
nulla
per
nulla
.
Se
i
fedeli
non
fossero
convinti
che
io
esisto
e
che
posso
trascinarli
drüben
,
che
se
ne
farebbero
della
religione
?
Credetemi
,
l
'
accordo
è
funzionale
e
vantaggioso
per
tutti
.
Ma
c
'
è
di
più
.
È
convinzione
comune
che
il
mondo
è
pieno
di
'
male
'
.
Ora
come
può
un
Dio
onnipotente
e
infinitamente
buono
aver
creato
un
mondo
pieno
di
male
?
Per
tirarsi
fuori
da
questo
assurdo
addossano
a
me
tutta
la
colpa
;
dicono
che
sono
io
,
che
voglio
il
male
e
lo
introduco
nel
mondo
.
"
"
Sì
,
mi
persuadi
e
non
posso
darti
torto
.
Comunque
sappi
che
quella
che
tu
chiami
la
'
mia
'
religione
non
è
affatto
tale
.
Io
sono
convinto
che
non
saprò
mai
se
Dio
esiste
o
no
.
Ma
sono
del
pari
sicuro
che
,
se
esiste
,
non
è
così
banalmente
umano
come
lo
dipingono
tutte
le
religioni
.
"
E
dopo
un
momento
di
riflessione
aggiunse
:
"
Ma
questo
vale
anche
per
te
.
Già
Senofane
quasi
duemila
anni
fa
riconosceva
che
,
se
i
cavalli
e
i
buoi
sapessero
disegnare
,
raffigurerebbero
gli
dèi
come
cavalli
o
come
buoi
.
Così
,
dato
che
gli
uomini
sono
cattivi
,
non
possono
ammettere
che
il
diavolo
,
cioè
un
essere
almeno
altrettanto
cattivo
quanto
loro
,
non
abbia
caratteristiche
umane
"
.
2
.
Davvero
sopravvivo
a
me
stesso
?
La
questione
che
aveva
dato
origine
al
dibattito
fra
Mefistofele
e
Faust
ha
radici
remote
,
quasi
quanto
il
mondo
degli
esseri
viventi
.
Gli
animali
hanno
quello
che
-
con
espressione
un
po
'
vecchiotta
,
ma
efficace
-
si
chiama
istinto
di
conservazione
.
Probabilmente
essi
non
hanno
idea
chiara
di
che
cosa
sia
la
propria
morte
,
ma
di
fatto
il
loro
comportamento
naturale
li
spinge
a
evitare
in
tutti
i
modi
di
morire
;
perché
?
Chi
muore
non
ha
più
possibilità
di
continuare
a
propagare
il
proprio
patrimonio
genetico
;
di
conseguenza
esso
si
può
estinguere
.
È
facile
quindi
capire
com
'
è
che
,
per
via
di
mutazione
e
selezione
,
il
comportamento
di
autoconservazione
finisce
per
inscriversi
nello
stesso
genoma
della
specie
.
I
gruppi
o
le
specie
che
non
avessero
tale
comportamento
sarebbero
destinati
a
soccombere
ben
presto
e
sparirebbero
dalla
Terra
.
Facciamo
subito
una
doverosa
correzione
,
nonché
una
precisazione
.
Non
è
detto
che
la
conservazione
a
tutti
i
costi
dell
'
individuo
sia
sempre
giovevole
alla
specie
.
Il
caso
di
un
individuo
che
si
sacrifica
per
difendere
il
gruppo
o
la
propria
discendenza
è
frequente
,
non
solo
fra
gli
animali
sociali
come
le
api
o
le
formiche
,
ma
in
tutto
il
regno
animale
.
Anche
quello
è
un
comportamento
ben
a
ragione
selezionato
dalla
natura
.
Per
esempio
,
ci
sono
certe
specie
di
ragni
(
come
la
vedova
nera
)
in
cui
il
maschio
dopo
l
'
accoppiamento
si
lascia
mangiare
dalla
femmina
.
Si
può
arrivare
,
come
caso
limite
,
allo
strabiliante
comportamento
,
recentemente
descritto
,
di
un
ragno
maschio
,
ridicolmente
più
piccolo
della
femmina
,
che
dopo
l
'
accoppiamento
si
getta
spontaneamente
-
e
con
apparente
soddisfazione
!
-
nelle
fauci
della
femmina
,
che
se
lo
mangia
.
Così
il
maschio
-
che
,
a
quanto
pare
,
avrebbe
grandissima
difficoltà
a
trovare
altre
femmine
-
riesce
almeno
a
favorire
in
qualche
modo
la
nascita
della
sua
prole
.
Naturalmente
nel
caso
dell
'
uomo
le
cose
sono
ben
più
complicate
che
per
gli
altri
animali
.
Prima
di
tutto
l
'
uomo
ha
coscienza
-
anche
se
tutt
'
altro
che
accettata
di
buon
grado
-
dell
'
ineluttabilità
della
propria
morte
;
in
secondo
luogo
,
qualunque
individuo
ha
in
sé
,
sovrapposta
alla
semplice
natura
,
una
massiccia
dose
di
cultura
,
che
si
sviluppa
gradualmente
ed
entra
a
far
parte
della
sua
stessa
identità
.
La
cultura
nelle
varie
regioni
e
nelle
varie
epoche
può
assumere
le
forme
più
svariate
,
ma
quasi
sempre
arriva
ad
aggiungere
potenzialità
alle
qualità
naturali
dell
'
individuo
.
Per
questo
-
come
del
resto
da
tempo
immemorabile
e
quasi
universalmente
si
è
capito
-
la
sapienza
e
l
'
esperienza
degli
anziani
possono
essere
altrettanto
utili
alla
sopravvivenza
del
gruppo
quanto
la
capacità
riproduttiva
dei
giovani
.
Forse
sarà
per
tale
ragione
che
la
pressione
selettiva
non
ha
privato
dell
'
istinto
di
conservazione
nemmeno
gli
anziani
(
salvo
rare
eccezioni
)
.
Sia
come
sia
,
è
certo
che
l
'
essere
umano
è
sempre
in
aspettazione
e
in
progettazione
del
suo
futuro
;
non
può
in
nessun
modo
accettare
,
se
non
facendo
violenza
a
se
stesso
,
l
'
assenza
di
futuro
.
Di
qui
è
facile
-
sì
,
forse
anche
troppo
facile
-
arrivare
a
capire
perché
,
almeno
da
vari
millenni
,
si
è
immaginato
un
qualche
tipo
di
continuazione
della
vita
dopo
la
morte
.
Ciò
è
attestato
,
se
non
altro
,
dalle
sepolture
che
fin
da
tempi
remoti
venivano
fornite
di
risorse
e
di
oggetti
necessari
alla
vita
...
del
defunto
.
Per
non
parlare
delle
piramidi
dei
faraoni
e
dei
mausolei
degl
'
imperatori
,
che
dimostrano
che
il
morto
,
non
solo
sopravviveva
,
ma
doveva
continuare
a
essere
importante
e
a
godere
della
ricchezza
che
aveva
avuto
da
vivo
.
I
poveri
invece
potevano
rimanere
tali
.
Tutto
questo
a
noi
sembra
ridicolo
,
è
vero
.
Ma
siamo
giusti
e
domandiamoci
:
l
'
approdo
del
cristianesimo
e
di
altre
religioni
al
concetto
di
"
puro
spirito
"
e
di
"
anima
"
segna
proprio
in
tutto
e
per
tutto
un
progresso
?
Certamente
sì
;
e
certamente
no
.
Da
un
lato
libera
gli
esseri
umani
da
una
troppo
ingenua
superstizione
di
sopravvivenza
;
ma
dall
'
altro
li
mette
dinanzi
a
un
formidabile
problema
filosofico
...
insolubile
.
È
il
problema
del
sangue
di
Faust
,
il
problema
dell
'
identità
di
individui
,
che
prima
e
dopo
la
morte
riconosciamo
essere
ben
disparati
.
Cavarsela
dicendo
che
si
tratta
di
un
mistero
è
una
misera
scappatoia
.
Si
può
legittimamente
parlare
di
mistero
quando
si
constata
che
avviene
un
qualcosa
di
molto
strano
,
che
(
almeno
per
il
momento
)
non
sappiamo
in
nessun
modo
spiegare
.
Ma
questo
qualcosa
,
ancorché
strano
,
deve
potersi
descrivere
con
termini
che
hanno
tutti
un
ben
preciso
significato
e
non
sono
solo
emissioni
di
suoni
.
"
Papé
Satàn
,
papé
Satàn
aleppe
"
non
è
un
mistero
.
Piuttosto
,
per
chiarire
meglio
l
'
idea
,
mi
si
perdoni
ora
,
senza
storcere
troppo
il
naso
,
una
fuggevole
caduta
in
un
genere
ben
minore
rispetto
al
poema
di
Goethe
.
I
mystery
stories
della
letteratura
poliziesca
ci
prospettano
veri
e
propri
misteri
,
in
quanto
ci
descrivono
le
situazioni
in
termini
tutti
di
per
sé
comprensibili
e
significativi
;
e
non
per
niente
alla
fine
ci
viene
svelato
che
cosa
è
realmente
accaduto
e
"
chi
è
l
'
assassino
"
.
Ma
che
cosa
può
significare
che
io
sopravviverò
alla
mia
morte
?
Ripetiamo
,
perché
le
confusioni
purtroppo
sono
quanto
mai
frequenti
:
non
si
tratta
di
sapere
se
sopravviverò
o
no
,
ma
di
dare
un
qualche
significato
plausibile
a
quella
sopravvivenza
.
Decine
e
decine
di
grandi
filosofi
,
di
teologi
,
di
ministri
del
culto
,
hanno
dedicato
profonde
meditazioni
a
questo
tema
(
e
sarebbe
velleitario
tentare
di
riassumerle
in
poche
parole
)
.
Ciò
nondimeno
nessuno
di
quegl
'
ingegnosi
tentativi
sembra
aver
portato
con
sé
la
fulgida
luce
della
convinzione
:
i
filosofi
rimangono
quanto
meno
perplessi
,
mentre
gli
"
uomini
della
strada
"
si
limitano
a
dire
che
,
poiché
così
ci
viene
insegnato
che
è
(
e
così
speriamo
che
sia
)
,
un
qualche
significato
ci
sarà
certo
.
Quando
rivolgo
lo
sguardo
alla
mia
esistenza
,
io
scorgo
un
essere
che
vede
,
sente
,
mangia
,
beve
,
dorme
;
progetta
,
agisce
sul
mondo
esterno
,
costruisce
;
desidera
,
gioisce
,
si
rattrista
,
ha
paura
,
soffre
.
Che
cosa
di
tutto
questo
può
avere
un
puro
spirito
?
Niente
,
altrimenti
non
sarebbe
un
puro
spirito
.
Allora
si
deve
concludere
che
non
vivrà
affatto
.
Ma
si
obietterà
che
qui
di
proposito
mi
sono
limitato
alle
mie
qualità
più
meschinamente
terrene
.
Ho
dimenticato
il
meglio
:
cioè
il
fatto
che
oltre
ad
avere
quelle
attività
,
io
anche
penso
e
amo
.
Va
bene
;
se
vogliamo
seguire
Cartesio
,
accettiamo
pure
che
basti
che
nell
'
aldilà
io
pensi
,
per
poter
affermare
che
sono
.
Ma
si
rifletta
che
per
Cartesio
"
pensare
"
voleva
dire
seguire
nella
mente
una
catena
di
immagini
simboliche
-
o
addirittura
di
parole
-
destinate
ad
approdare
a
una
conclusione
;
a
una
nuova
determinazione
del
mio
agire
,
o
almeno
a
una
nuova
conoscenza
,
a
un
nuovo
stato
d
'
animo
.
Ma
quale
puro
spirito
può
voler
raggiungere
tali
scopi
e
può
aver
bisogno
per
raggiungerli
di
seguire
quella
catena
lungo
Io
scorrer
del
tempo
?
Quanto
all
"
`
amare
"
,
prendiamo
pure
il
termine
nella
sua
accezione
più
nobile
e
conveniente
a
un
puro
spirito
:
vuol
dire
sentirsi
attratto
dalla
persona
amata
e
desiderarne
il
bene
.
Ma
di
chi
desidererò
il
bene
nell
'
aldilà
?
Di
Dio
?
Ne
ha
proprio
bisogno
?
Di
un
'
anima
già
passata
nell
'
aldilà
?
Che
vuole
dire
?
E
se
si
tratta
invece
di
una
persona
ancora
rimasta
in
terra
,
perché
dovrei
amare
quella
piuttosto
che
un
'
altra
?
Umano
,
troppo
umano
.
Come
è
ben
noto
,
molti
di
quegli
assurdi
che
presenta
la
questione
della
sopravvivenza
dopo
la
morte
,
vengono
superati
da
alcune
religioni
mediante
lo
stratagemma
della
"
resurrezione
dei
corpi
"
.
A
questo
proposito
anche
i
più
ingenui
sono
portati
a
domandarsi
:
ma
a
che
età
risusciterò
?
Sarò
giovane
,
sarò
vecchio
,
sarò
imberbe
,
sarò
calvo
?
Riavrò
anche
la
gamba
che
persi
da
bambino
?
E
se
sarò
morto
appena
nato
,
si
darà
per
scontato
che
debba
essere
cresciuto
,
oppure
continuerò
a
vagire
?
E
poi
dove
va
a
finire
la
convinzione
moderna
che
la
nostra
identità
personale
consiste
anche
nella
cultura
ricevuta
dall
'
ambiente
in
cui
viviamo
e
pertanto
si
va
formando
e
completando
fino
all
'
ora
della
morte
?
Bene
ha
visto
Jean
Cocteau
(
Poésie
critique
)
quando
ha
affermato
:
De
notre
naissance
à
notre
mort
,
nous
sommes
un
cortège
d
'
autres
qui
sont
reliés
par
un
fil
tenu
.
E
inoltre
,
di
qui
fino
alla
risurrezione
dei
corpi
che
cosa
farò
?
Sarò
ibernato
?
Bella
soddisfazione
,
sussistere
ibernati
!
Ma
c
'
è
qualcosa
di
meno
banale
.
Oggi
sappiamo
benissimo
che
(
nonostante
le
mirabolanti
promesse
di
certa
genetica
più
o
meno
giornalistica
)
vivere
è
invecchiare
.
La
morte
è
inclusa
nel
nostro
programma
genetico
di
vita
.
Le
nostre
cellule
non
si
riproducono
oltre
un
certo
numero
di
generazioni
.
Il
nostro
cervello
perde
ogni
giorno
migliaia
e
migliaia
di
neuroni
.
Se
i
puri
spiriti
non
invecchiano
,
non
vivono
.
Se
poi
si
afferma
che
la
vita
nell
'
aldilà
è
cosa
totalmente
diversa
da
quella
nell
'
aldiqua
,
ci
risiamo
con
il
mistero
e
con
il
problema
del
significato
.
Dire
che
un
certo
termine
della
lingua
umana
ha
un
significato
,
ma
che
nessun
essere
umano
lo
può
conoscere
,
è
come
non
dire
nulla
.
Proviamo
allora
a
seguire
l
'
indicazione
piena
di
saggezza
di
Leibniz
:
due
oggetti
sono
identici
-
e
quindi
secondo
lui
sono
lo
stesso
oggetto
-
quando
hanno
tutte
e
sole
le
stesse
proprietà
.
Ora
l
'
esempio
del
sangue
ci
convince
che
il
Faust
terreno
e
quello
ultraterreno
non
possono
essere
identici
in
quel
senso
.
Il
Faust
ultraterreno
o
non
ha
il
sangue
,
e
allora
non
è
Faust
;
oppure
il
suo
corpo
è
risorto
,
ma
nessuno
sa
se
apparirà
qual
era
prima
della
...
cura
Mefistofele
o
dopo
.
Ma
,
a
parte
gli
scherzi
,
è
certo
che
in
questo
caso
non
possiamo
applicare
il
criterio
leibniziano
alle
proprietà
che
i
due
oggetti
da
comparare
hanno
allo
stesso
tempo
.
Qui
intervengono
invece
quei
filosofi
che
si
sono
occupati
dell
'
identità
dell
'
individuo
attraverso
il
tempo
;
questione
spinosissima
fino
dall
'
epoca
dei
presocratici
e
che
,
fra
l
'
altro
,
la
fisica
moderna
è
venuta
a
complicare
notevolmente
.
Per
l
'
individuo
umano
molti
si
sono
basati
sulla
proprietà
della
memoria
:
io
sono
oggi
lo
stesso
di
ieri
o
di
un
anno
fa
,
perché
mi
ricordo
quello
che
ho
fatto
ieri
o
un
anno
fa
.
Ma
il
guaio
è
che
ormai
si
sa
che
la
memoria
non
è
cosa
puramente
spirituale
:
ha
anch
'
essa
una
base
organica
.
Tanto
è
vero
che
chi
subisce
una
certa
lesione
al
cervello
non
ricorda
,
così
come
chi
subisce
un
altro
tipo
di
lesione
non
parla
o
non
cammina
.
Pertanto
,
passando
nell
'
aldilà
dovremmo
portarci
dietro
il
cervello
(
che
invece
è
rimasto
a
marcire
nella
tomba
)
.
Dunque
l
'
idea
dell
'
identità
"
anamnestica
"
oltre
la
morte
non
è
sostenibile
.
Dal
punto
di
vista
psicologico
è
molto
interessante
notare
come
anche
chi
avrebbe
tutti
i
mezzi
intellettuali
per
compiere
i
ragionamenti
testé
svolti
,
ne
rifugga
e
speri
nientemeno
che
di
riposare
nella
tomba
.
Fra
le
migliaia
di
esempi
che
ognuno
conosce
,
citiamo
lo
stesso
Goethe
che
,
in
quella
piccola
gemma
che
è
il
primo
Canto
notturno
del
viandante
,
promette
:
Warte
nur
,
balde
/
Ruhest
du
auch
,
aspetta
,
ché
presto
riposi
anche
tu
.
E
non
parliamo
dell
'
assurdo
requiescat
in
pace
augurato
al
morto
da
coloro
che
pur
sono
fermamente
convinti
dell
'
esistenza
dell
'
anima
.
Ma
chi
deve
riposare
?
L
'
anima
o
le
ossa
?
Che
mai
vorrà
dire
il
riposo
eterno
(
requiem
aeternam
ecc
.
)
per
chi
è
destinato
a
finire
o
all
'
inferno
o
in
paradiso
?
Si
ricordi
che
nella
Passione
secondo
Matteo
di
Bach
il
coro
arriva
ad
augurare
"
dolce
riposo
"
(
Ruhe
sanfte
)
a
Gesù
Cristo
.
Ma
lui
doveva
pensare
a
risorgere
,
non
a
riposare
!
Nella
descrizione
che
Dumas
(
La
Comtesse
de
Charny
)
fa
della
morte
di
Mirabeau
si
trova
un
'
affermazione
di
commovente
profondità
e
chiaroveggenza
.
Il
grande
oratore
giace
sul
letto
di
morte
e
soffre
terribilmente
.
All
'
amico
medico
,
che
tenta
più
o
meno
di
consolarlo
,
promettendogli
una
rapida
fine
,
egli
esclama
:
"
Je
ne
meurs
pas
mort
,
cher
docteur
,
je
meurs
vivant
...
"
.
Sì
,
splendido
!
Ecco
fatto
il
punto
in
pochissime
parole
.
Tutto
quello
che
noi
pensiamo
,
diciamo
,
soffriamo
a
causa
della
morte
lo
soffriamo
da
vivi
.
Altro
che
riposo
eterno
!
Di
quello
non
ce
ne
facciamo
proprio
nulla
.
Anche
al
momento
della
morte
noi
siamo
saldamente
legati
all
'
aldiqua
.
Sempre
sul
piano
psicologico
è
davvero
suggestivo
che
perfino
un
fermo
credente
come
Dante
ritenga
che
a
chi
è
già
nell
'
aldilà
stia
tanto
a
cuore
l
'
aldiquà
.
Com
'
è
possibile
che
la
notizia
che
Guido
è
morto
sia
un
colpo
straziante
per
Cavalcante
,
tanto
che
egli
"
supin
ricadde
e
più
non
parve
fora
"
?
Allora
lo
stare
sulla
terra
è
il
bene
supremo
?
E
perché
i
morti
desiderano
così
ardentemente
e
costantemente
di
essere
ricordati
dai
vivi
?
Anche
la
dolce
,
timida
Pia
-
che
pare
che
da
sé
si
sia
collocata
alla
fine
del
Canto
,
per
non
disturbare
e
andarsene
in
punta
di
piedi
-
non
può
resistere
al
desiderio
di
sussurrare
:
"
ricorditi
di
me
che
son
la
Pia
...
"
.
3
.
I
binari
e
gli
scambi
Mefistofele
l
'
aveva
presa
larga
col
soldatino
:
a
lui
stava
a
cuore
soprattutto
il
problema
dell
'
identità
dell
'
individuo
attraverso
il
tempo
,
per
essere
sicuro
che
quelli
che
trascinava
presso
di
sé
dopo
la
morte
fossero
proprio
coloro
che
in
vita
era
riuscito
a
sedurre
.
Ma
aveva
cominciato
col
chiedere
una
cosa
apparentemente
molto
diversa
:
se
e
perché
una
strada
potesse
dirsi
sempre
la
stessa
,
quando
si
prolunga
nello
spazio
.
Non
sembra
proprio
che
si
tratti
del
medesimo
problema
semantico
.
In
ogni
caso
converrà
approfondire
un
po
'
.
Prima
di
tutto
si
è
portati
a
chiedersi
se
la
domanda
riguardo
alla
strada
abbia
un
senso
ben
chiaro
,
o
se
invece
si
tratti
solo
di
vuote
parole
.
Che
un
qualche
senso
debba
averlo
e
che
la
cosa
sia
tutt
'
altro
che
di
poco
conto
anche
nella
realtà
,
lo
si
può
vedere
per
esempio
così
:
molte
volte
nel
resoconto
di
un
disastro
ferroviario
ci
capita
di
leggere
che
due
treni
,
per
un
tragico
errore
,
sono
stati
avviati
sullo
stesso
binario
.
Eppure
,
sia
prima
dello
scontro
,
sia
proprio
al
momento
dell
'
impatto
,
le
rotaie
sulle
quali
si
trovavano
l
'
uno
e
l
'
altro
treno
erano
necessariamente
diverse
.
Come
si
può
parlare
dello
stesso
binario
?
Un
criterio
di
pura
continuità
materiale
è
molto
ingenuo
e
non
può
certo
bastare
;
infatti
sappiamo
bene
che
la
strada
ferrata
seguita
da
un
treno
può
incontrare
sul
suo
cammino
un
certo
numero
di
scambi
,
che
decidono
la
destinazione
finale
,
ma
non
interrompono
la
continuità
del
metallo
.
La
domanda
è
analoga
a
quella
che
era
stata
posta
al
soldato
:
anche
se
seguiamo
con
continuità
la
strada
,
con
quale
criterio
si
può
giudicare
che
al
termine
si
tratta
proprio
della
stessa
strada
?
Il
problema
si
presenta
senza
difficoltà
quando
,
invece
che
di
una
continuità
materiale
,
si
parla
semplicemente
di
due
linee
geometriche
consecutive
:
si
riconosce
infatti
in
tal
caso
che
nell
'
affermare
che
esse
sono
parti
di
una
medesima
linea
,
noi
introduciamo
sempre
una
buona
dose
di
convenzionalità
.
Spesso
si
tratta
di
una
pura
definizione
:
per
esempio
,
due
segmenti
consecutivi
di
una
retta
appartengono
alla
stessa
retta
proprio
per
definizione
.
E
non
bisogna
nemmeno
dimenticare
l
'
importanza
del
"
sistema
di
riferimento
"
nel
quale
ci
poniamo
per
formulare
il
giudizio
.
Supponiamo
che
un
astronomo
stia
spiegando
che
il
cammino
seguito
oggi
dalla
nostra
Terra
è
solo
un
segmento
di
una
ben
determinata
ellisse
attorno
al
Sole
,
che
-
a
parte
piccolissime
differenze
-
si
prolungherà
identica
a
se
stessa
anno
dopo
anno
.
Nel
dire
questo
egli
ha
ragione
:
purché
lui
e
i
suoi
ascoltatori
convengano
-
magari
tacitamente
-
di
riferirsi
alla
traiettoria
rispetto
al
Sole
,
pensato
come
fisso
.
Altrimenti
l
'
astronomo
non
parlerebbe
certo
di
piccolissime
differenze
.
Infatti
tutta
la
Galassia
ruota
;
e
il
Sole
-
che
non
è
affatto
al
centro
di
essa
-
si
muove
vertiginosamente
con
tutto
il
suo
sistema
di
pianeti
.
La
traiettoria
che
ne
risulta
per
la
Terra
è
una
sorta
di
"
cicloide
"
,
enormemente
diversa
dalla
classica
ellisse
kepleriana
!
Si
può
dunque
comprendere
che
anche
l
'
identità
del
binario
,
che
prosegue
la
sua
traiettoria
(
con
porzioni
di
acciaio
sempre
diverse
)
è
piuttosto
convenzionale
:
si
potrebbe
addirittura
supporre
che
per
il
ferroviere
quell
'
identità
significhi
semplicemente
che
due
treni
che
procedono
in
senso
inverso
su
due
segmenti
contigui
del
binario
vengono
necessariamente
a
collisione
.
Lasciamo
dunque
stare
l
'
identità
di
un
ente
che
si
prolunga
puramente
nello
spazio
e
veniamo
a
parlare
dell
'
identità
attraverso
lo
scorrere
del
tempo
.
Questa
sembra
una
questione
ben
diversa
e
non
banalmente
convenzionale
.
Naturalmente
qui
non
ci
occuperemo
più
della
sopravvivenza
dell
'
anima
di
un
individuo
,
perché
abbiamo
già
messo
in
serio
dubbio
che
i
termini
usati
nella
formulazione
tradizionale
di
quel
problema
siano
tutti
provvisti
di
un
ragionevole
significato
.
Prendiamo
invece
di
mira
un
oggetto
materiale
e
osserviamolo
con
continuità
lungo
tutto
il
suo
cammino
.
Non
possiamo
forse
esser
certi
che
alla
fine
si
tratta
ancora
dello
stesso
oggetto
?
Veramente
sappiamo
già
che
a
tale
conclusione
potremmo
arrivare
solo
se
-
con
un
po
'
di
buona
volontà
-
fossimo
disposti
a
trascurare
le
già
menzionate
obiezioni
di
Eraclito
sul
fatto
che
tutto
cambia
;
e
noi
le
trascureremo
.
Anzi
,
faremo
di
più
:
accetteremo
per
buone
le
affermazioni
della
scienza
classica
,
quando
essa
ci
assicura
che
un
certo
corpo
materiale
avrebbe
potuto
essere
seguito
con
continuità
,
anche
se
in
realtà
non
lo
abbiamo
fatto
.
È
il
caso
della
"
stella
del
mattino
"
e
della
"
stella
della
sera
"
(
Venere
)
,
che
Gottlob
Frege
,
padre
della
semantica
moderna
,
prende
come
esempio
di
un
medesimo
corpo
designato
con
nomi
diversi
.
Ma
i
guai
veramente
seri
sono
stati
portati
dall
'
affermarsi
nella
fisica
delle
particelle
atomiche
e
subatomiche
-
alle
quali
già
accennammo
-
della
teoria
quantistica
(
spesso
chiamata
un
po
'
restrittivamente
"
meccanica
quantistica
"
)
.
Quella
teoria
al
suo
sorgere
-
e
per
lungo
tempo
in
seguito
-
dette
luogo
a
gravissimi
dubbi
,
a
vivaci
dibattiti
,
a
vere
e
proprie
polemiche
.
Sarebbe
fuori
luogo
qui
anche
solo
tentare
di
ricapitolare
tutta
la
storia
.
Ci
limiteremo
invece
a
ricordare
che
esiste
un
"
`
interpretazione
ortodossa
"
della
teoria
-
a
volte
anche
chiamata
"
di
Copenhagen
"
,
perché
originata
in
sostanza
dal
sommo
fisico
danese
Niels
Bohr
-
che
a
tutt
'
oggi
è
condivisa
dalla
grande
maggioranza
dei
fisici
e
che
non
è
mai
stata
contraddetta
dall
'
esperienza
.
Secondo
la
concezione
ortodossa
una
particella
ha
solo
una
probabilità
di
essere
rivelata
in
un
punto
o
in
un
altro
,
ma
non
ha
una
traiettoria
!
Vediamo
se
si
riesce
a
suffragare
con
poche
parole
(
ma
non
è
facile
)
quest
'
ultima
affermazione
,
chiedendoci
come
si
muove
una
particella
della
microfisica
.
Poniamo
di
aver
osservato
la
particella
nel
punto
di
partenza
A
:
secondo
le
indicazioni
della
meccanica
classica
non
vi
sarebbe
limite
alla
precisione
con
cui
-
avendone
gli
strumenti
-
potremmo
determinare
la
posizione
di
A
.
Egualmente
potremmo
determinare
senza
alcun
limite
teorico
la
velocità
e
la
direzione
di
partenza
.
Con
questi
dati
le
leggi
della
meccanica
classica
ci
permettono
di
calcolare
con
precisione
quando
e
come
raggiungerà
un
punto
finale
B
.
Naturalmente
,
se
la
particella
è
libera
,
seguirà
la
retta
AB
(
se
invece
è
soggetta
a
forze
conosciute
-
gravitazionali
,
elettriche
ecc.
-
potremo
egualmente
stabilire
con
precisione
la
traiettoria
percorsa
;
ma
non
complichiamo
le
cose
)
.
Con
la
meccanica
quantistica
invece
nascono
i
guai
.
Infatti
in
tal
caso
è
ineluttabile
il
principio
d
'
indeterminazione
di
Heisenberg
.
Esso
stabilisce
che
:
quanto
maggiore
è
la
precisione
con
cui
determiniamo
la
posizione
di
A
,
tanto
minore
sarà
la
precisione
con
cui
potremo
conoscere
la
velocità
e
la
direzione
di
partenza
della
particella
.
Pertanto
la
traiettoria
esatta
non
è
conoscibile
.
Proviamo
allora
con
un
metodo
osservativo
,
anziché
predittivo
,
e
supponiamo
di
aver
visto
la
particella
in
un
punto
intermedio
C
,
fra
A
e
B
.
Ciò
significa
che
in
C
la
particella
è
stata
colpita
da
un
fotone
e
lo
ha
riflesso
verso
il
nostro
occhio
.
Ora
il
fotone
,
rimbalzando
verso
di
noi
,
dà
una
botta
alla
particella
e
le
comunica
una
quantità
di
moto
(
il
cui
valore
è
noto
solo
con
distribuzione
probabilistica
)
.
Dunque
non
possiamo
assolutamente
asserire
che
,
se
la
particella
fosse
stata
libera
(
e
non
disturbata
dal
nostro
fotone
)
,
sarebbe
proprio
finita
in
B
.
D
'
altra
parte
,
se
effettivamente
l
'
abbiamo
vista
prima
in
A
e
poi
in
B
,
ma
non
abbiamo
illuminato
la
zona
intermedia
,
non
possiamo
asserire
con
sicurezza
che
è
passata
per
C
.
Si
pensi
che
perfino
nel
caso
che
fra
A
e
B
si
interponga
un
diaframma
opaco
con
due
forellini
molto
vicini
,
vedendo
la
particella
giungere
in
B
,
senza
averla
in
alcun
modo
disturbata
nel
frattempo
,
non
si
può
assolutamente
decidere
da
quale
dei
due
forellini
è
passata
.
Se
invece
la
disturbiamo
,
per
vedere
da
quale
forellino
passa
,
la
particella
o
non
arriva
in
B
o
,
arrivata
in
quel
punto
,
si
comporta
in
modo
diverso
da
quanto
avrebbe
fatto
indisturbata
.
Quest
'
ultima
affermazione
vuol
dire
quanto
segue
:
se
facciamo
partire
da
A
uno
sciame
di
particelle
eguali
e
non
riveliamo
per
quale
forellino
passa
ciascuna
,
le
particelle
,
arrivando
su
un
successivo
schermo
,
si
distribuiscono
secondo
una
figura
caratteristica
che
si
chiama
frange
d
'
interferenza
;
se
invece
noi
riveliamo
da
quale
forellino
passa
ciascuna
particella
,
spariscono
le
frange
d
'
interferenza
.
Che
le
cose
stiano
proprio
così
,
è
ormai
accettato
da
tutti
i
fisici
.
Bisogna
rassegnarci
quindi
a
concludere
che
la
traiettoria
ha
un
senso
solo
per
gli
oggetti
"
macroscopici
"
,
cioè
per
quegli
oggetti
che
vediamo
e
tocchiamo
e
che
(
praticamente
)
non
vengono
perturbati
dalla
nostra
osservazione
.
Gli
oggetti
atomici
e
subatomici
invece
non
possono
essere
seguiti
e
osservati
con
continuità
senza
essere
perturbati
e
senza
che
si
perda
di
conseguenza
la
possibilità
di
affermare
che
cosa
avrebbero
fatto
spontaneamente
.
Chiariamo
ora
in
che
modo
tutto
questo
può
essere
rilevante
,
anzi
decisivo
,
per
la
questione
dell
'
identità
.
Bisogna
prima
di
tutto
ricordare
che
nella
microfisica
s
'
incontrano
diverse
specie
di
particelle
e
che
quelle
che
appartengono
a
una
medesima
specie
hanno
tutte
esattamente
le
stesse
proprietà
.
Per
esempio
,
un
elettrone
ha
tutte
le
proprietà
eguali
a
quelle
di
un
altro
elettrone
;
e
lo
stesso
dicasi
per
la
specie
dei
protoni
,
per
quella
dei
neutroni
ecc.
Si
dice
che
al
di
dentro
di
ciascuna
specie
si
tratta
di
particelle
indistinguibili
l
'
una
dall
'
altra
.
Bisognerà
precisare
meglio
.
A
volte
si
è
portati
ad
affermare
che
due
gemelli
sono
indistinguibili
l
'
uno
dall
'
altro
.
In
questo
c
'
è
sempre
una
buona
dose
di
esagerazione
;
ma
ora
prescindiamone
.
Per
trarci
d
'
impaccio
,
potremo
sempre
legare
un
nastro
rosso
al
braccio
dell
'
uno
e
un
nastro
verde
al
braccio
dell
'
altro
.
In
tal
modo
avremo
conferito
due
proprietà
diverse
a
due
individui
e
riusciremo
facilmente
a
distinguerli
.
Tuttavia
non
potremo
legare
nessun
nastro
al
braccio
di
un
elettrone
!
Né
potremo
deformarlo
,
portarne
via
un
pezzo
,
dargli
un
colore
,
una
carica
,
una
temperatura
diversi
dall
'
altro
elettrone
.
Appena
avremo
stabilito
che
un
elettrone
si
chiama
Pietro
e
l
'
altro
Paolo
,
non
avremo
alcun
modo
per
riconoscere
quale
è
Pietro
e
quale
è
Paolo
.
Non
c
'
è
nessuna
proprietà
che
li
distingue
.
A
questo
punto
il
lettore
accorto
obietterà
che
una
proprietà
diversa
ci
può
essere
:
vale
a
dire
la
collocazione
nello
spazio
.
Se
Pietro
si
trova
nel
punto
P
e
Paolo
nel
punto
Q
(
e
non
si
muovono
)
,
continueremo
a
chiamare
Pietro
quello
in
P
e
Paolo
quello
in
Q
.
Eppure
non
va
bene
nemmeno
questo
!
Purtroppo
qui
dobbiamo
ricorrere
a
considerazioni
non
troppo
elementari
:
quelle
della
fisica
statistica
.
In
tale
parte
della
fisica
si
suole
contare
in
quanti
modi
diversi
si
possono
distribuire
le
particelle
microscopiche
per
arrivare
a
realizzare
un
medesimo
stato
macroscopico
.
Nella
fisica
classica
il
caso
in
cui
Pietro
è
in
P
e
Paolo
in
Q
e
quello
in
cui
Pietro
è
in
Q
e
Paolo
in
P
sono
due
casi
differenti
e
come
tali
vanno
contati
.
Invece
nella
fisica
quantistica
essi
costituiscono
uno
stesso
caso
e
così
contandoli
danno
luogo
a
risultati
diversi
da
quelli
classici
.
Ebbene
,
l
'
esperienza
dà
ragione
alla
statistica
quantistica
.
Pietro
e
Paolo
possono
essere
scambiati
,
senza
che
accada
assolutamente
nulla
di
rilevabile
.
Leibniz
certo
non
ci
avrebbe
creduto
.
E
si
badi
che
oggi
si
hanno
prove
inoppugnabili
che
quel
comportamento
non
è
valido
solo
per
le
particelle
singole
,
bensì
-
in
condizioni
opportune
-
anche
per
atomi
e
molecole
,
cioè
per
sistemi
in
ciascuno
dei
quali
sono
riunite
più
particelle
.
Da
tutto
ciò
si
dovrà
concludere
che
l
'
identità
individuale
non
ha
senso
per
i
corpi
microscopici
.
Sembrerebbe
allora
che
essa
fosse
un
'
emergenza
,
una
proprietà
nuova
,
che
scaturisce
nel
caso
macroscopico
,
cioè
quando
si
mettono
assieme
miriadi
e
miriadi
di
particelle
,
come
per
esempio
in
due
palle
di
biliardo
o
addirittura
in
due
corpi
umani
.
Questo
in
un
certo
senso
è
vero
e
in
un
altro
senso
non
è
vero
.
Supponiamo
infatti
che
sia
possibile
avere
due
gemelli
assolutamente
identici
dal
punto
di
vista
fisico
.
I
loro
corpi
dovranno
essere
costituiti
esattamente
da
eguali
atomi
e
molecole
,
distribuiti
nello
stesso
modo
,
e
negli
stessi
stati
di
eccitazione
.
Si
badi
bene
che
ciò
implica
che
anche
tutti
i
neuroni
dei
due
gemelli
e
tutte
le
loro
sinapsi
dovranno
trovarsi
negli
stessi
identici
stati
.
Cosicché
i
due
dovranno
avere
le
stesse
memorie
;
e
se
l
'
uno
dirà
di
chiamarsi
Pietro
,
anche
l
'
altro
dovrà
dirlo
!
In
queste
condizioni
è
difficile
dubitare
che
anche
per
loro
varrebbe
la
perfetta
interscambiabilità
quantistica
.
Tuttavia
questo
caso
,
non
solo
è
fantastico
,
ma
è
addirittura
impossibile
.
Infatti
basta
che
uno
dei
gemelli
veda
un
oggetto
dal
suo
punto
di
vista
e
l
'
altro
da
un
punto
di
vista
differente
perché
le
loro
memorie
comincino
a
differire
e
siano
distinguibili
.
Ma
del
resto
non
c
'
è
nemmeno
bisogno
di
parlare
proprio
di
gemelli
umani
per
convincersi
che
due
corpi
identici
non
esistono
praticamente
mai
.
Stando
così
le
cose
,
non
ci
si
può
meravigliare
se
la
mente
umana
,
nata
ed
evoluta
in
un
ambiente
di
corpi
macroscopici
,
si
è
abituata
a
concepire
l
'
identità
in
senso
leibniziano
,
e
ad
affermare
che
due
corpi
non
possono
differire
"
solo
numero
"
,
cioè
avere
tutte
le
stesse
proprietà
,
pur
essendo
due
corpi
,
anziché
un
corpo
solo
.
Invece
due
elettroni
hanno
tutte
le
stesse
proprietà
,
eppure
sono
certamente
due
.
E
così
dicasi
per
i
numeri
superiori
a
due
.
Per
esempio
,
l
'
atomo
di
uranio
ha
novantadue
elettroni
,
distribuiti
in
diversi
stati
di
diversa
energia
.
Questo
lo
sappiamo
per
certo
.
Ma
sarebbe
assurdo
dire
che
nel
primo
stato
-
che
contiene
due
elementi
-
ci
sono
Pietro
e
Paolo
,
nel
secondo
-
che
ne
contiene
sei
-
ci
sono
Giovanni
,
Mario
,
Guido
,
Luigi
,
Marco
,
Alberto
;
e
così
via
.
È
chiaro
che
da
tutto
questo
si
deve
trarre
un
grande
insegnamento
.
Chi
pensa
che
la
nostra
logica
e
la
nostra
semantica
siano
qualcosa
di
superiore
ed
estraneo
all
'
uomo
e
non
rappresentino
invece
facoltà
ordinatrici
del
nostro
sistema
nervoso
centrale
-
facoltà
che
l
'
uomo
ha
faticosamente
acquisito
nel
corso
della
sua
evoluzione
,
allo
scopo
di
riuscire
a
vivere
in
un
certo
ambiente
fisico
-
fa
semplicemente
cattiva
filosofia
.
Credere
che
quelle
classificazioni
che
ci
sono
necessarie
-
e
in
molti
casi
perfino
sufficienti
-
per
cavarcela
in
un
ambiente
di
corpi
macroscopici
(
ciascuno
costituito
da
miriadi
di
particelle
aggregate
)
debbano
valere
in
tutti
i
campi
della
realtà
,
è
molto
ingenuo
.
È
un
'
estrapolazione
assolutamente
gratuita
e
ingiustificata
,
almeno
fino
a
che
l
'
esperienza
non
ne
abbia
confermata
la
validità
.
Ebbene
,
si
dà
il
caso
che
l
'
esperienza
l
'
abbia
inequivocabilmente
smentita
!
Perfino
il
venerabile
principio
d
'
identità
non
è
nelle
cose
,
ma
si
rivela
un
'
esigenza
puramente
umana
.
4
.
Dio
bono
!
"
Maestro
,
che
vuoi
dire
sessuofobia
?
"
La
domanda
a
bruciapelo
era
stata
formulata
con
perfetta
semplicità
,
senza
un
pizzico
(
almeno
apparente
)
di
malizia
,
da
Mario
,
un
frugoletto
dagli
occhi
vispi
e
dalla
curiosità
di
solito
inesauribile
.
La
sua
parlata
schiettamente
toscana
-
con
qualche
sfumatura
addirittura
arcaica
-
rivelava
sì
la
provenienza
da
un
ceto
culturalmente
piuttosto
modesto
,
ma
non
si
abbassava
quasi
mai
alla
volgarità
esibita
da
certi
compagni
"
signorini
"
.
Il
maestro
Consigli
,
superando
un
momento
di
esitazione
,
ma
stando
bene
attento
a
non
mostrare
imbarazzo
,
rispose
con
naturalezza
:
"
Vuoi
dire
paura
del
sesso
.
È
chiaro
.
"
E
intanto
diceva
spavaldamente
dentro
di
sé
:
no
,
no
,
non
sono
affatto
imbarazzato
,
che
diamine
!
Ciononostante
quasi
arrossì
quando
si
accorse
di
provare
un
certo
sollievo
nel
poter
buttare
tutto
sull
'
erudito
e
sul
didascalico
:
"
La
parola
oggi
è
spesso
usata
e
probabilmente
l
'
avrai
letta
in
qualche
giornale
.
Non
è
molto
ben
formata
,
perché
la
prima
parte
vien
dal
latino
e
la
seconda
dal
greco
.
"
Ma
Mario
non
mollava
e
,
dopo
un
po
'
di
riflessione
,
riprese
:
"
Che
cos
'
è
il
sesso
non
avrei
a
saperlo
:
lo
so
.
Per
esempio
io
sono
un
maschio
e
la
Lorella
è
una
femmina
.
Ma
perché
la
gente
ne
ha
da
aver
paura
?
"
A
questo
punto
il
bravo
Consigli
-
pur
non
volendo
ammetterlo
-
dovette
avvertire
qualche
difficoltà
.
A
ogni
modo
proseguì
imperterrito
:
"
Vedi
,
Mario
,
l
'
essere
uomo
o
donna
implica
tante
cose
,
oltre
a
portare
i
pantaloni
o
la
sottana
(
quando
si
portava
)
.
Dovrei
cominciare
col
premettere
molte
spiegazioni
...
"
Ma
la
quindicenne
Lorella
intervenne
subito
in
tono
di
sfida
:
"
Per
me
è
inutile
.
Io
so
tutto
!
"
Si
erano
trovati
ai
giardini
prospicienti
le
scuole
,
l
'
elementare
e
la
media
,
ospitate
in
un
medesimo
edificio
.
Il
maestro
sedeva
su
una
panchina
un
po
'
stanco
e
un
po
'
pensoso
,
domandandosi
per
l
'
ennesima
volta
se
proprio
valeva
la
pena
di
continuare
a
sgolarsi
per
quei
marmocchi
.
Loro
,
in
fondo
,
quando
erano
in
classe
non
aspettavano
altro
che
il
suono
della
campanella
finale
,
per
sciamare
festosi
o
litigiosi
via
dal
chiuso
delle
aule
,
lontano
dai
maestri
e
dai
bidelli
.
Non
c
'
era
dubbio
che
quello
della
scuola
era
il
contatto
fra
due
mondi
diversi
:
solo
un
legame
temporaneo
,
costrittivo
e
insopportabile
.
E
poi
nell
'
era
dei
"
media
"
lui
aveva
l
'
impressione
che
ogni
sera
sistematicamente
qualcuno
disfacesse
quella
tela
che
lui
con
fatica
tentava
di
tessere
di
giorno
.
Non
si
sentiva
affatto
di
rimpiangere
i
tempi
passati
e
di
respingere
il
nuovo
.
Ma
avvertiva
che
quel
nuovo
creava
paurose
dissonanze
.
Ricordava
con
cocente
umiliazione
quel
giorno
in
cui
,
essendo
di
buon
umore
,
accennava
fischiettando
il
tema
dell
'
Inno
alla
gioia
di
Beethoven
e
un
ragazzo
passando
osservò
:
"
È
la
musica
dell
'
Arancia
meccanica
!
"
.
E
quanto
alla
scuola
,
si
domandava
se
in
fondo
non
avesse
ragione
Ivan
Illich
,
che
proponeva
di
"
descolarizzare
la
società
"
.
Come
si
fa
a
persuadere
gli
alunni
a
interessarsi
di
quello
che
non
li
interessa
affatto
,
e
com
'
è
possibile
per
un
maestro
continuare
a
occuparsi
sempre
di
cose
che
per
lui
ormai
sono
routine
banale
?
Ma
forse
...
non
era
proprio
così
.
Già
altre
volte
,
quando
Consigli
sedeva
su
quella
panchina
,
assorto
nelle
sue
considerazioni
,
gli
si
era
avvicinato
Mario
,
che
invece
di
correre
a
casa
con
lo
zainetto
multicolore
sulle
spalle
,
gli
si
accoccolava
ai
piedi
e
lo
scrutava
.
E
poi
arrivava
anche
la
Lorella
,
che
qualche
anno
prima
era
stata
sua
scolara
;
ma
adesso
lo
guardava
con
occhi
ben
diversi
da
allora
.
Lei
certo
non
lo
sapeva
,
ma
lui
lo
avvertiva
e
non
di
rado
doveva
studiare
come
comportarsi
.
Del
resto
non
era
la
prima
volta
che
gli
capitava
:
giovane
,
con
aspetto
malinconico
e
un
po
'
trasandato
,
aveva
già
incontrato
qualche
ex
scolara
che
lo
contemplava
con
aria
adorante
.
E
,
in
fondo
,
sentiva
benissimo
che
quella
presenza
cambiava
per
lui
in
modo
sottile
l
'
ambiente
circostante
.
In
quel
mentre
nel
vialetto
dinanzi
a
loro
stava
passando
un
distinto
signore
con
i
capelli
grigi
ben
pettinati
,
in
un
semplice
,
ma
elegante
completo
anch
'
esso
grigio
e
un
maglione
celestino
paricollo
.
"
Don
Rino
,
don
Rino
!
"
chiamò
il
maestro
,
quasi
volesse
aggrapparsi
a
una
tavola
di
salvezza
.
L
'
insegnante
di
religione
si
soffermò
a
guardarli
,
poi
si
avvicinò
premuroso
,
con
la
domanda
:
"
Che
c
'
è
,
Consigli
?
"
"
C
'
è
che
Mario
qui
mi
ha
chiesto
che
cos
'
è
la
sessuofobia
.
Forse
lei
glielo
sa
spiegare
meglio
di
me
.
"
Don
Rino
represse
a
stento
una
risata
divertita
ed
esclamò
:
"
Proprio
io
?
"
.
Poi
si
riprese
e
aggiunse
:
"
Ma
sì
...
forse
è
giusto
.
Pensi
che
,
per
aver
parlato
troppo
liberamente
in
classe
di
queste
cose
e
di
altre
del
genere
,
mi
sono
già
beccato
varie
ramanzine
da
parte
della
Curia
;
e
anche
da
più
in
alto
"
.
"
Quanto
più
in
alto
?
"
si
azzardò
a
chiedere
Consigli
.
"
Be
'
...
per
via
indiretta
,
s
'
intende
:
da
chi
sta
al
vertice
della
Chiesa
.
"
"
Accipicchia
!
A
me
mi
pare
che
sia
il
Papa
!
"
esclamò
sbalordito
Mario
,
che
-
pur
usando
un
pleonasmo
rimproverato
dai
pedanti
-
maneggiava
benissimo
e
con
naturalezza
i
congiuntivi
.
Ma
don
Rino
,
come
se
non
avesse
sentito
,
proseguì
:
"
Io
credo
che
insegnando
nelle
scuole
,
predicando
ai
fedeli
o
scrivendo
,
si
debba
dire
pane
al
pane
e
vino
al
vino
;
con
prudenza
sì
,
ma
anche
con
chiarezza
.
E
se
su
qualcosa
uno
non
è
d
'
accordo
con
la
dottrina
ufficiale
,
ha
il
dovere
di
dichiararlo
,
sia
pure
con
tutta
umiltà
.
La
fede
in
Dio
non
ne
viene
intaccata
:
è
il
Vangelo
stesso
che
ci
esorta
a
dire
sì
sì
e
no
no
,
senza
infingimenti
.
"
"
Allora
,
don
Rino
,
"
intervenne
la
Lorella
con
spavalderia
,
ma
anche
con
un
lieve
sospetto
di
rossore
,
"
ci
dica
pane
al
pane
e
sesso
al
sesso
,
senza
infingimenti
.
"
"
Tutti
sanno
,
"
incominciò
don
Rino
,
comprendendo
bene
che
ormai
non
poteva
sottrarsi
,
"
che
per
procreare
i
figli
ci
vogliono
un
uomo
e
una
donna
che
facciano
all
'
amore
.
Ora
l
'
amore
è
certamente
una
cosa
molto
bella
...
"
"
È
la
cosa
più
bella
che
esista
!
"
esclamò
la
Lorella
;
e
Consigli
si
sorprese
a
domandarsi
se
lei
lo
sapeva
davvero
o
se
invece
volesse
a
tutti
i
costi
immaginarlo
.
"
Sì
,
è
molto
bella
,
"
riprese
imperturbabile
e
un
po
'
didattico
don
Rino
.
"
Ma
proprio
perché
può
dare
grande
gioia
,
anche
fisica
,
all
'
essere
umano
,
qualcuno
è
portato
a
scambiarlo
per
un
puro
piacere
,
anziché
per
quello
che
deve
essere
in
realtà
:
un
innalzamento
e
un
completamento
spirituale
dell
'
uomo
.
La
Chiesa
,
specie
in
passato
,
vedendo
nella
ricerca
del
piacere
una
tentazione
del
demonio
,
un
atteggiamento
peccaminoso
,
una
deviazione
da
quella
concezione
ascetica
della
vita
che
riteneva
avvicinasse
a
Dio
,
finì
quasi
per
condannare
il
sesso
in
quanto
tale
.
Arrivò
così
a
concepire
e
a
diffondere
nei
suoi
ranghi
la
`
sessuofobia
'
.
Ma
fu
un
errore
:
e
di
esso
si
avvertono
ancora
nefaste
conseguenze
.
"
"
Fu
un
errore
?
"
domandò
sorridendo
Consigli
,
che
si
divertiva
un
mondo
a
punzecchiare
l
'
amico
don
Rino
.
"
Ma
lei
non
è
scapolo
proprio
in
quanto
prete
cattolico
?
"
"
Non
scherziamo
troppo
su
queste
cose
,
che
sono
molto
serie
,
"
rispose
l
'
altro
con
una
punta
di
rimprovero
.
"
Io
sono
disposto
ad
accettare
umilmente
rinunce
anche
gravi
,
impostemi
da
chi
guida
la
Chiesa
,
pur
di
continuare
a
esercitare
il
mio
ministero
.
Ma
credo
di
avere
diritto
alla
mia
opinione
.
E
sono
convinto
che
i
preti
protestanti
sposati
possono
svolgere
benissimo
(
chissà
,
forse
anche
meglio
di
noi
)
la
loro
missione
.
Del
resto
i
tempi
cambiano
;
bisogna
attendere
con
pazienza
il
futuro
...
"
"
Ma
come
si
fa
a
pensare
,
"
intervenne
la
Lorella
,
"
che
qualcosa
creato
e
voluto
da
Dio
sia
cattivo
e
da
fuggire
?
Dio
può
aver
fatto
soltanto
cose
belle
e
da
amare
;
altrimenti
dove
starebbe
la
sua
infinita
bontà
?
"
"
Dici
bene
,
Lorella
,
non
lo
nego
.
Ma
chi
siamo
noi
per
pretendere
di
capire
tutto
?
È
impossibile
sfuggire
alla
domanda
:
perché
ci
sono
le
cose
che
a
noi
paiono
cattive
?
E
non
c
'
è
nemmeno
bisogno
di
arrivare
a
parlare
delle
pratiche
più
riprovevoli
del
sesso
.
L
'
amore
,
anche
quello
puro
e
sublime
,
può
far
soffrire
immensamente
l
'
essere
umano
.
Quasi
ogni
giorno
c
'
è
un
ragazzo
o
una
ragazza
che
si
uccide
per
amore
.
Si
può
pensare
una
cosa
più
orribile
?
Ma
io
credo
che
il
giudizio
che
noi
diamo
su
quello
che
è
buono
o
è
cattivo
risenta
troppo
spesso
della
nostra
miopia
,
della
nostra
inadeguatezza
.
Il
bene
può
essere
anche
dove
non
siamo
capaci
di
vederlo
.
In
fondo
,
quando
uno
ha
letto
la
fine
tragica
di
Romeo
e
Giulietta
,
è
certamente
spinto
a
sentirsi
più
in
alto
e
più
buono
.
"
"
Sì
,
è
proprio
così
,
"
disse
la
Lorella
.
"
Io
non
ho
letto
quella
commedia
...
"
"
Quella
tragedia
!
"
interruppe
ridendo
Consigli
.
...
ma
ho
visto
alla
televisione
la
storia
di
Romeo
e
Giulietta
.
Fa
piangere
;
ma
non
fa
male
,
fa
bene
.
"
Seguì
qualche
momento
di
silenzio
.
Ciascuno
rimaneva
impigliato
in
quei
pensieri
che
difficilmente
si
riesce
a
esprimere
pienamente
,
anche
a
se
stessi
.
Consigli
si
domandava
:
devo
dirlo
o
no
come
mi
sembra
che
stiano
realmente
le
cose
?
Perché
insinuare
dubbi
sulla
bellezza
e
sulla
bontà
del
mondo
in
chi
dimostra
di
volerci
credere
con
entusiasmo
?
Naturalmente
non
pensava
a
don
Rino
:
quello
su
certi
argomenti
la
sapeva
lunga
.
Ma
Mario
e
Lorella
...
Lui
tempo
addietro
aveva
intrapreso
gli
studi
di
scienze
all
'
università
,
proprio
perché
voleva
capire
come
è
fatto
veramente
il
mondo
.
Certo
,
moltissime
nozioni
utili
le
aveva
imparate
e
aveva
allargato
enormemente
il
suo
orizzonte
.
Ma
alla
fine
si
era
convinto
che
anche
per
quella
via
non
si
arrivava
mai
a
scoprire
quello
che
a
lui
sembrava
"
il
nocciolo
della
questione
"
,
cioè
il
perché
e
il
come
della
condizione
umana
.
Aveva
rinunciato
a
laurearsi
-
pur
continuando
ad
aggiornarsi
come
poteva
-
e
si
era
dedicato
invece
a
educare
alla
vita
i
bambini
,
cioè
coloro
che
dovevano
essere
preparati
a
costituire
in
futuro
una
società
civile
e
democratica
.
Sapeva
benissimo
che
pochi
lo
approvavano
,
anzi
che
molti
lo
criticavano
:
ma
quella
era
stata
la
sua
scelta
.
Ora
,
ricordando
quante
volte
lui
stesso
aveva
insegnato
che
bisogna
esprimere
con
franchezza
il
proprio
parere
,
si
risolse
ad
affrontare
l
'
argomento
:
"
Sentite
,
amici
miei
,
finché
si
parla
di
esseri
umani
,
di
alti
sentimenti
e
di
poesia
,
potrei
anche
esser
d
'
accordo
con
voi
.
Gli
antichi
Greci
usavano
un
parolone
,
`
catarsi
'
,
per
esprimere
quel
senso
di
purificazione
che
eleva
l
'
animo
umano
al
termine
di
una
tragedia
.
Ma
al
mondo
non
tutto
è
poesia
;
e
non
ci
sono
soltanto
gli
esseri
umani
...
"
"
Ci
sono
anche
le
bestie
!
"
intervenne
Mario
,
che
già
aveva
intuito
dove
si
andava
a
parare
.
"
Certo
,
"
ribatté
don
Rino
.
"
Ma
,
come
ben
avvertiva
san
Francesco
,
la
bontà
di
Dio
discende
verso
tutte
le
sue
creature
.
Io
credo
che
un
uomo
offenda
Dio
anche
quando
fa
soffrire
inutilmente
un
animale
.
Il
creato
è
buono
.
Solo
gli
uomini
sono
spesso
molto
cattivi
.
"
"
Sarà
,
"
riprese
perplesso
il
maestro
,
"
ma
io
non
ne
sono
così
convinto
.
Nella
scienza
naturale
sono
noti
mille
casi
in
cui
sembrerebbe
proprio
il
contrario
.
Voglio
farvi
un
esempio
fra
mille
.
C
'
è
un
gruppo
di
vespe
dal
difficile
nome
scientifico
,
a
proposito
delle
quali
il
grande
Darwin
scriveva
che
non
poteva
persuadersi
che
un
Dio
benefico
e
onnipotente
le
avesse
create
con
l
'
intento
specifico
che
si
cibassero
dei
corpi
vivi
dei
bruchi
.
Infatti
la
vespa
depone
le
uova
nel
corpo
di
un
bruco
,
ma
prima
colpisce
col
suo
pungiglione
ciascun
ganglio
del
sistema
nervoso
del
poveretto
,
in
modo
da
paralizzarlo
totalmente
senza
ucciderlo
.
Schiusesi
poi
le
uova
,
le
larve
si
cibano
di
carne
sempre
fresca
,
guardandosi
fino
all
'
ultimo
dal
distruggere
i
centri
vitali
della
vittima
.
Il
bruco
si
sente
gradualmente
straziare
dentro
,
patisce
atrocemente
,
ma
non
può
reagire
,
non
può
muovere
un
muscolo
.
Quando
poi
non
c
'
è
più
nulla
da
mangiare
e
il
bruco
è
svuotato
,
lo
si
lascia
morire
.
"
"
Dio
bono
!
"
sbottò
Mario
inorridito
.
"
Sì
,
"
riprese
Consigli
sorridendo
amaramente
,
"
forse
hai
detto
giusto
,
anche
senza
volerlo
.
C
'
è
proprio
da
chiedersi
se
Dio
e
la
natura
esprimano
soltanto
bontà
verso
le
proprie
creature
.
L
'
esistenza
di
cose
così
terribili
pone
angosciose
domande
,
non
solo
ai
credenti
,
ma
anche
ai
laici
come
me
.
Perché
tutto
questo
?
Ma
vedi
,
alcuni
pensatori
di
grande
levatura
affermano
che
la
domanda
è
insensata
;
dicono
che
semplicemente
non
c
'
è
un
perché
.
Io
non
credo
che
abbiano
del
tutto
torto
.
Ma
allora
mi
assilla
un
dubbio
ulteriore
:
perché
ci
poniamo
quelle
domande
?
"
Don
Rino
da
qualche
minuto
guardava
nervosamente
l
'
orologio
e
disse
:
"
È
tardi
,
Consigli
.
Io
devo
scappare
e
questi
ragazzi
devono
correre
a
casa
.
Non
è
che
io
mi
voglia
sottrarre
a
questa
discussione
,
intendiamoci
.
Anch
'
io
sono
turbato
,
lo
confesso
;
ma
sono
aiutato
dalla
fede
.
Bisognerà
ritrovarsi
ed
esaminare
tutto
con
calma
.
"
E
s
'
incamminò
con
passo
elastico
verso
il
convento
,
presso
il
quale
aveva
trovato
ospitalità
incondizionata
da
quei
buoni
padri
.
Ma
già
Mario
correva
a
perdifiato
verso
il
suo
autobus
,
facendo
segni
disperati
al
conduttore
,
mentre
la
Lorella
si
avviava
a
malincuore
verso
la
macchina
,
nella
quale
la
mamma
l
'
attendeva
un
po
'
spazientita
.
5
.
L
'
importanza
di
essere
un
pomo
"
Le
Dieu
des
chrétiens
est
un
père
qui
fait
grand
cas
de
ses
pommes
et
fort
peu
de
ses
enfants
"
[
"
Il
Dio
dei
cristiani
è
un
padre
che
fa
gran
caso
dei
suoi
pomi
e
ben
poco
dei
suoi
figli
"
]
.
Così
annotava
Diderot
nella
sedicesima
aggiunta
ai
suoi
pensieri
filosofici
.
Forse
,
trasportato
un
po
'
dalla
sua
corrosiva
vis
polemica
,
si
era
dimenticato
di
dire
che
in
realtà
quello
era
il
Dio
degli
ebrei
;
un
Dio
che
i
cristiani
si
trovarono
già
bell
'
e
fatto
così
com
'
era
e
che
-
spinti
del
resto
da
non
disprezzabili
ragioni
di
tradizione
storica
-
ebbero
poi
l
'
imprudenza
di
ereditare
senza
beneficio
d
'
inventario
,
accettando
perfino
quella
bizzarra
gelosia
per
le
sue
"
pommes
"
.
Sembrerebbe
che
nel
pensiero
espresso
dal
filosofo
i
figli
di
cui
Dio
non
si
curerebbe
abbastanza
fossero
gli
esseri
umani
.
Ma
in
verità
Diderot
era
troppo
fino
per
accettare
senza
obiezioni
quella
ben
nota
noncuranza
per
le
sofferenze
degli
animali
,
che
era
abbastanza
abituale
ai
suoi
tempi
.
Infatti
in
una
successiva
riflessione
,
parlando
della
condanna
della
donna
a
partorire
nel
dolore
:
la
donna
-
egli
dice
-
era
in
fondo
una
peccatrice
,
ma
che
gli
avevano
fatto
(
al
Creatore
)
le
femmine
degli
animali
,
che
pure
generano
con
dolore
?
Il
buon
maestro
Consigli
dunque
non
aveva
tirato
fuori
cose
troppo
nuove
.
Cartesio
se
la
cavava
immaginando
che
gli
animali
fossero
soltanto
macchine
:
meravigliose
sì
,
ma
pur
sempre
macchine
.
E
noi
dobbiamo
riconoscere
che
i
robot
che
oggi
sono
capaci
-
e
ancor
più
lo
saranno
domani
-
di
fare
cose
strabilianti
,
sono
appunto
macchine
.
Tuttavia
non
possiamo
ignorare
che
qualcuno
comincia
ormai
a
non
essere
più
tanto
sicuro
che
gli
elaboratori
di
grande
complessità
siano
necessariamente
privi
di
sentimenti
e
di
sofferenze
(
si
rammentino
,
per
esempio
,
le
suggestioni
di
2001
:
Odissea
nello
spazio
)
.
Ma
lasciamo
stare
la
fantascienza
.
È
innegabile
che
la
sensibilità
del
pubblico
generale
nei
riguardi
degli
animali
è
oggi
in
larga
misura
cambiata
rispetto
a
quella
che
era
molto
diffusa
una
volta
.
Chi
,
possedendo
e
amando
un
cane
,
può
dubitare
che
quello
sia
capace
di
soffrire
?
Certo
si
può
sensatamente
obiettare
che
,
per
sapere
se
le
cose
stanno
veramente
così
,
bisognerebbe
entrare
nella
testa
del
cane
.
I
segni
esteriori
di
sofferenza
potrebbe
darli
anche
una
macchina
.
E
non
è
affatto
inimmaginabile
che
si
arrivi
a
costruire
un
automa
elettronico
che
,
alla
nostra
domanda
se
soffra
,
risponda
con
un
lamento
e
affermi
:
sì
,
sto
soffrendo
.
Ma
attenzione
!
Siamo
su
una
china
pericolosa
.
Per
quella
via
si
arriva
facilmente
a
dubitare
che
anche
i
nostri
simili
umani
soffrano
,
dato
che
,
per
quanti
segni
esteriori
essi
diano
,
noi
non
possiamo
mai
entrare
nella
loro
testa
.
Tutto
questo
è
vero
;
eppure
la
compassione
e
l
'
empatia
sono
costituenti
irrinunciabili
della
nostra
natura
,
sì
che
negandole
negheremmo
noi
stessi
.
Soffrire
nel
vedere
in
altri
i
segni
della
sofferenza
fa
parte
della
nobiltà
della
natura
umana
.
Dostoevskij
nell
'
Idiota
afferma
:
"
La
compassione
è
la
più
importante
e
forse
l
'
unica
legge
di
vita
dell
'
umanità
intera
"
.
Del
resto
nessuno
può
dimenticare
il
dantesco
:
"
E
se
non
piangi
,
di
che
pianger
suoli
?
"
.
Fra
le
due
posizioni
estreme
-
quella
che
gli
animali
abbiano
una
sensibilità
di
tipo
umano
e
quella
che
li
vuole
assolutamente
insensibili
-
ce
n
'
è
una
più
ragionevole
,
anch
'
essa
espressa
bene
da
Dante
.
È
l
'
affermazione
della
tradizione
aristotelico
-
tomistica
seguita
dal
poeta
,
"
che
vuol
quanto
la
cosa
è
più
perfetta
/
più
senta
il
bene
e
così
la
doglienza
"
.
Può
essere
un
pregiudizio
,
confessiamolo
pure
,
ma
anche
coloro
che
ne
negano
la
validità
,
non
se
ne
liberano
mai
sul
serio
;
altrimenti
non
si
avvierebbero
mai
a
una
passeggiata
nel
bosco
,
dissuasi
dal
timore
di
calpestare
centinaia
di
formiche
e
di
altre
innocue
bestioline
;
né
prenderebbero
mai
un
antibiotico
,
ben
sapendo
che
con
quello
uccidono
miliardi
di
poveri
germi
!
Certo
per
applicare
la
massima
di
Dante
a
quanto
stiamo
discutendo
bisogna
credere
che
un
essere
umano
sia
più
"
perfetto
"
di
un
verme
;
e
qualcuno
potrà
obiettare
che
una
tale
affermazione
è
solo
segno
di
ingenua
presunzione
.
Riconosciamo
pure
che
questo
è
anche
vero
,
nel
senso
che
il
verme
è
"
perfettamente
"
adatto
a
fare
quello
che
fa
e
a
sopravvivere
nel
suo
ambiente
.
In
realtà
si
tratta
solo
di
un
uso
un
po
'
antiquato
del
concetto
di
perfezione
,
che
di
per
sé
può
significare
molte
cose
diverse
.
Forse
oggi
preferiremmo
parlare
piuttosto
di
complessità
che
di
perfezione
;
ed
è
certo
che
il
sistema
nervoso
dell
'
uomo
è
enormemente
più
complesso
di
quello
del
verme
.
Che
poi
questo
significhi
che
l
'
essere
umano
sia
capace
di
soffrire
più
del
verme
è
un
'
inferenza
non
garantita
da
alcuna
prova
sicura
.
Ciononostante
noi
viviamo
come
se
fosse
proprio
così
e
ci
è
difficile
dar
credito
a
chi
lo
nega
.
Tutto
quello
che
si
potrebbe
supporre
abbastanza
sensatamente
è
che
l
'
uomo
,
più
degli
animali
cosiddetti
inferiori
,
sia
conscio
di
soffrire
;
e
probabilmente
qualcuno
vorrebbe
aggiungere
che
proprio
questa
è
la
vera
sofferenza
.
Comunque
,
anche
accettando
l
'
ipotesi
della
maggiore
o
minore
capacità
di
soffrire
e
pensando
che
essa
sia
massima
nell
'
uomo
,
il
discorso
sarcastico
di
Diderot
non
perde
molta
della
sua
incisività
.
Anzi
,
può
lasciare
il
pio
credente
ancora
più
perplesso
di
prima
.
Infatti
,
mentre
l
'
uomo
può
sperare
in
un
compenso
nell
'
aldilà
,
che
cosa
può
aspettarsi
il
verme
in
cambio
della
sua
più
o
meno
grande
sofferenza
?
Non
è
crudele
farlo
patire
senza
alcuno
scopo
?
È
difficile
non
cedere
all
'
umana
tentazione
di
colpevolizzare
qualcuno
per
la
propria
e
l
'
altrui
sofferenza
.
Questa
non
lodevole
abitudine
può
magari
portarci
a
prendercela
con
la
natura
,
come
faceva
Leopardi
,
quando
gridava
a
se
stesso
:
"
Ormai
disprezza
/
te
,
la
natura
,
il
brutto
/
poter
che
,
ascoso
,
a
comun
danno
impera
...
"
.
Una
concezione
più
moderna
-
che
da
qualcuno
molto
impropriamente
viene
supposta
ateistica
-
non
nega
che
possa
esserci
stato
un
creatore
dell
'
universo
(
qualunque
cosa
si
voglia
intendere
per
creazione
)
;
ma
non
può
ammettere
che
costui
,
una
volta
costruito
questo
immenso
marchingegno
e
datagli
la
spinta
iniziale
,
sorvegli
con
ansietà
la
sua
creatura
e
intervenga
continuamente
a
violare
le
leggi
che
egli
stesso
ha
stabilito
,
allo
scopo
di
modificarne
quelle
conseguenze
che
non
gli
vanno
a
genio
.
Si
arriva
allora
alla
teoria
della
suprema
indifferenza
,
quella
che
lo
stesso
Leopardi
,
quando
è
meno
stizzito
e
più
lucido
,
esprime
con
le
amare
parole
:
"
Ma
da
natura
/
altro
negli
atti
suoi
/
che
nostro
male
o
nostro
ben
si
cura
"
.
La
teoria
dell
'
indifferenza
non
viene
di
solito
accettata
di
buon
grado
,
perché
rende
molto
arduo
-
per
tutti
quelli
che
ci
credono
-
continuare
a
sperare
nella
divina
provvidenza
ed
essere
così
aiutati
a
sopportare
le
sventure
.
L
'
autore
di
queste
pagine
(
gli
si
perdoni
un
vivo
ricordo
personale
)
aveva
molti
anni
fa
un
amico
,
ormai
scomparso
,
frate
domenicano
di
rara
intelligenza
e
apertura
mentale
.
Una
volta
,
durante
la
guerra
,
sentendo
qualcuno
pronunciare
la
frase
stereotipa
:
"
siamo
nelle
mani
della
provvidenza
,
"
non
poté
trattenersi
dall
'
esclamare
:
"
In
che
brutte
mani
siamo
!
"
.
Che
era
successo
?
Aveva
forse
perduto
la
fede
,
bestemmiava
?
Assolutamente
no
;
la
sua
fede
era
salda
.
Voleva
solo
osservare
realisticamente
che
per
arrivare
a
invocare
un
improbabile
intervento
dall
'
alto
bisognava
trovarsi
proprio
male
!
Lui
credeva
in
un
Dio
molto
al
di
sopra
dei
terreni
desideri
o
timori
umani
.
Lasciando
stare
la
teologia
e
spostandoci
su
un
piano
ben
differente
,
non
possiamo
fare
a
meno
di
affermare
che
la
teoria
dell
'
indifferenza
va
perfettamente
d
'
accordo
con
le
migliori
risultanze
della
scienza
contemporanea
.
Si
tratta
della
ben
nota
fusione
del
vecchio
-
ma
sempre
valido
-
concetto
darwiniano
di
selezione
naturale
con
le
conoscenze
derivanti
dalla
scoperta
del
codice
genetico
e
delle
sue
casuali
mutazioni
.
Riassumiamo
in
pochissime
-
e
di
conseguenza
quanto
mai
inadeguate
-
parole
di
che
si
tratta
.
I
caratteri
di
un
essere
vivente
sono
dettati
da
certe
complesse
strutture
molecolari
che
si
chiamano
geni
e
che
nel
loro
insieme
costituiscono
il
genoma
o
genotipo
di
quell
'
individuo
.
I
geni
-
per
varie
cause
,
sulle
quali
ora
non
ci
soffermiamo
-
sono
soggetti
a
subire
ogni
tanto
dei
cambiamenti
.
Una
mutazione
del
genotipo
ha
per
conseguenza
una
mutazione
del
fenotipo
,
cioè
della
costituzione
e
del
comportamento
dell
'
essere
vivente
.
Se
la
mutazione
è
favorevole
,
quel
fenotipo
è
più
adatto
a
sopravvivere
nel
suo
ambiente
e
quindi
ad
avere
discendenti
,
ai
quali
passerà
in
eredità
il
suo
mutato
genoma
:
in
tal
modo
può
anche
nascere
una
nuova
specie
.
Se
invece
la
mutazione
è
sfavorevole
,
minore
(
o
nulla
)
sarà
la
probabilità
che
quella
varietà
di
essere
vivente
si
propaghi
:
prima
o
poi
il
nuovo
genotipo
e
il
suo
fenotipo
si
estinguono
.
Con
questo
meccanismo
è
avvenuta
(
e
avviene
tuttora
)
l
'
evoluzione
delle
specie
.
Per
quanto
ne
sappiamo
a
tutt
'
oggi
,
le
mutazioni
avvengono
a
caso
;
e
questo
desta
non
poche
perplessità
.
Ma
Monod
(
Il
caso
e
la
necessità
)
afferma
senza
mezzi
termini
:
"
Il
caso
puro
,
il
solo
caso
,
libertà
assoluta
ma
cieca
,
sta
alla
radice
del
prodigioso
edificio
dell
'
evoluzione
;
oggi
questa
nozione
centrale
della
biologia
non
è
più
un
'
ipotesi
fra
le
molte
possibili
o
perlomeno
concepibili
,
ma
è
la
sola
concepibile
in
quanto
è
l
'
unica
compatibile
con
la
realtà
quale
ce
la
mostrano
l
'
osservazione
e
l
'
esperienza
"
.
Tutto
si
svolge
dunque
a
caso
.
Ma
la
selezione
naturale
fa
sì
che
le
cose
vadano
"
come
se
"
l
'
unico
interesse
e
scopo
di
un
gene
fosse
quello
di
continuare
a
sussistere
e
di
propagarsi
nei
successivi
esseri
viventi
,
senza
alcun
riguardo
per
la
maggiore
o
minore
sofferenza
dell
'
individuo
del
quale
fa
parte
.
Si
può
arrivare
a
parlare
(
Dawkins
)
di
gene
egoista
.
Quanto
alla
natura
,
essa
è
certamente
indifferente
a
quanto
accade
alle
"
pommes
"
di
Dio
o
agli
esseri
umani
.
Già
Chamfort
(
Massime
)
scrisse
sapidamente
:
"
Qualcuno
diceva
che
provvidenza
è
il
nome
di
battesimo
del
caso
;
qualche
devoto
dirà
che
caso
è
un
soprannome
della
provvidenza
"
.
In
un
certo
senso
avevano
ragione
tutti
e
due
!
Infatti
,
se
è
vero
che
tutto
avviene
per
puro
caso
,
non
si
può
che
rimanere
strabiliati
nel
constatare
che
il
caso
ci
ha
portato
a
risultati
così
incredibili
,
quasiché
un
sapiente
architetto
li
abbia
progettati
.
Il
guaio
è
che
non
abbiamo
alcun
modo
per
dimostrare
che
l
'
architetto
c
'
è
stato
veramente
.
Anzi
,
poiché
quell
'
immagine
si
rifà
inevitabilmente
a
un
'
esperienza
umana
,
in
cui
un
uomo
provvisto
di
speciali
competenze
prima
progetta
e
poi
,
valendosi
di
materiali
e
di
leggi
già
esistenti
,
costruisce
l
'
edificio
,
è
impossibile
sottrarsi
alla
conclusione
che
stiamo
ancora
parlando
di
uomini
e
non
di
dèi
.
6
.
Gli
altri
:
che
scocciatura
!
L
'
apparire
della
visione
biologica
testé
descritta
,
porta
necessariamente
a
domandarci
:
che
ne
è
oggi
dei
concetti
di
bene
,
di
male
,
di
etica
,
di
morale
?
Che
ne
è
dei
valori
,
la
cui
supposta
"
perdita
"
fa
stare
tanti
valentuomini
con
il
fazzoletto
in
mano
per
asciugarsi
il
pianto
(
magari
non
del
tutto
sincero
)
?
Non
è
forse
venuto
il
momento
di
riesaminare
tutta
la
questione
con
un
'
attrezzatura
un
po
'
più
critica
e
sensata
di
quella
del
passato
?
Attualmente
ci
sono
in
proposito
tre
atteggiamenti
differenti
,
abbastanza
diffusi
.
1
)
Il
primo
è
solo
l
'
intransigente
arroccamento
sulle
posizioni
tradizionali
,
che
attribuiscono
a
tutti
quei
concetti
un
contenuto
oggettivo
,
indipendente
dalle
credenze
e
dalle
circostanze
umane
,
se
non
addirittura
trascendente
e
dettato
da
Dio
.
(
E
in
quest
'
ultimo
caso
sono
divertenti
le
dispute
su
che
cosa
veramente
Dio
abbia
voluto
dettare
.
)
2
)
Il
secondo
atteggiamento
-
spesso
egualmente
intransigente
-
è
quello
di
chi
,
estendendo
in
modo
indebito
le
scoperte
moderne
della
genetica
,
butta
tutto
sul
biologico
e
considera
i
suddetti
concetti
come
ormai
in
tutto
superati
dalla
concezione
scientifica
dell
'
indifferenza
.
3
)
Il
terzo
atteggiamento
-
molto
più
saggio
,
ci
si
permetta
di
dirlo
-
è
di
chi
,
senza
trionfalismi
,
ma
anche
senza
sciocchi
"
rimpianti
"
del
buon
tempo
antico
,
prende
atto
delle
conquiste
della
scienza
moderna
e
indaga
in
quel
quadro
il
sorgere
delle
varie
assiologie
,
il
loro
significato
e
la
loro
importanza
per
la
sopravvivenza
e
lo
sviluppo
dell
'
umanità
.
Qui
ci
atterremo
senz
'
altro
alla
terza
delle
concezioni
indicate
,
anche
se
,
essendo
la
meno
semplicistica
,
è
anche
ovviamente
la
meno
semplice
da
seguire
in
tutti
i
suoi
risvolti
.
Naturalmente
vogliamo
arrivare
a
parlare
di
noi
stessi
,
cioè
della
specie
homo
sapiens
sapiens
.
Per
quanto
riguarda
i
cosiddetti
"
animali
inferiori
"
,
la
loro
etologia
è
certamente
fissata
in
larga
misura
-
ma
,
a
quanto
appare
dalle
indagini
moderne
,
non
proprio
sempre
e
interamente
-
dal
loro
patrimonio
genetico
.
Per
fare
un
semplice
esempio
,
le
formiche
di
una
certa
specie
costruiscono
il
formicaio
,
seguendo
un
certo
modello
,
che
è
come
disegnato
e
stampato
al
loro
interno
.
Quel
modello
è
il
risultato
di
un
lungo
processo
di
selezione
.
Se
,
per
ipotesi
assurda
,
una
formica
un
po
'
bizzarra
si
discostasse
molto
dal
procedimento
tradizionale
della
sua
specie
e
convincesse
le
sue
compagne
a
imitarla
,
quella
specie
(
quasi
certamente
)
si
estinguerebbe
.
Quanto
detto
non
esclude
affatto
che
il
genoma
di
un
animale
sia
così
congegnato
da
indurlo
anche
a
tutta
una
serie
di
comportamenti
che
noi
,
col
nostro
metro
umano
,
classificheremmo
come
"
morali
"
.
Prima
di
tutto
è
abbastanza
generalizzata
la
proibizione
di
uccidere
i
propri
simili
.
La
spiegazione
di
questo
comportamento
è
addirittura
banale
.
Se
gl
'
individui
di
una
stessa
specie
si
uccidono
fra
loro
,
la
specie
ha
una
notevole
probabilità
di
estinguersi
.
Ma
stiamo
attenti
:
questa
proibizione
è
soggetta
anche
a
eccezioni
.
Si
tratta
di
quei
casi
in
cui
l
'
uccisione
dei
propri
simili
-
e
perfino
il
cannibalismo
!
-
trovano
giustificazione
proprio
nel
vantaggio
del
gene
egoista
.
Campioni
di
questa
naturale
trasgressione
sono
certi
insetti
.
Per
esempio
,
le
coccinelle
-
pur
così
graziose
-
si
rivelano
esseri
feroci
:
quando
una
scarsezza
di
naturali
risorse
minaccia
la
propagazione
del
gruppo
,
non
esitano
a
divorare
le
loro
simili
più
giovani
o
appena
nate
.
Tuttavia
negli
animali
cosiddetti
superiori
è
abbastanza
diffusa
la
regola
del
"
cane
non
mangia
cane
"
.
I
moderni
studi
di
sociobiologia
vanno
molto
più
in
là
e
arrivano
a
giustificare
con
la
selezione
naturale
perfino
l
'
altruismo
.
Fanno
osservare
che
un
membro
del
mio
gruppo
ha
grande
probabilità
di
avere
alcuni
geni
uguali
ai
miei
:
aiutandolo
a
sopravvivere
,
aiuto
quei
geni
(
benché
egoisti
come
tutti
i
geni
)
a
continuare
a
sussistere
e
a
propagarsi
.
Ma
tutto
quello
che
abbiamo
detto
ci
appare
come
pura
etologia
,
non
etica
nel
senso
umano
.
Per
quanto
riguarda
l
'
uomo
,
le
cose
sono
molto
più
complicate
.
Prima
di
tutto
sgombriamo
il
terreno
da
un
ingenuo
pregiudizio
,
abbastanza
diffuso
fra
molti
che
si
credono
saggi
.
Si
tratta
di
coloro
che
vogliono
a
tutti
i
costi
che
i
nostri
comportamenti
siano
tutti
e
soltanto
appresi
e
non
derivino
anche
dalla
nostra
costituzione
genetica
.
Per
vedere
che
è
una
sciocchezza
basterebbe
riflettere
banalmente
che
,
se
il
patrimonio
genetico
non
fosse
tale
da
impartire
al
fenotipo
la
capacità
di
apprendere
-
anzi
una
spiccata
propensione
a
farlo
,
soprattutto
mediante
la
curiosità
-
non
vi
sarebbero
comportamenti
appresi
.
È
vero
che
molti
animali
superiori
hanno
almeno
un
barlume
di
tale
capacità
e
possono
essere
ammaestrati
.
Ma
proprio
il
fatto
che
,
pur
lasciandoci
ammirati
,
essi
rimangono
ben
lontani
dall
'
imparare
a
fare
tutto
quello
che
fa
l
'
uomo
,
dimostra
che
le
loro
strutture
genetiche
non
sono
adatte
a
quei
compiti
.
E
indubbio
che
altrettanto
ingenuo
sarebbe
,
per
converso
,
supporre
che
tutto
quello
che
facciamo
stesse
scritto
così
com
'
è
nel
nostro
patrimonio
genetico
.
Se
questo
fosse
proprio
vero
,
parleremmo
tutti
la
stessa
lingua
e
crederemmo
tutti
nello
stesso
Dio
!
Tuttavia
si
faccia
attenzione
:
nel
genoma
umano
c
'
è
fissato
molto
di
più
di
quanto
generalmente
si
creda
.
A
questo
proposito
-
tanto
per
fare
un
esempio
-
è
sommamente
interessante
quanto
è
stato
recentemente
descritto
di
un
gruppo
di
qualche
centinaio
di
bambini
del
Nicaragua
,
affetti
da
sordità
congenita
.
Ciascuno
di
essi
era
vissuto
,
fin
quasi
dalla
nascita
,
praticamente
isolato
da
rapporti
con
adulti
.
Dopo
alcuni
anni
di
convivenza
nel
gruppo
,
quei
bambini
hanno
sviluppato
un
linguaggio
gestuale
assolutamente
originale
,
che
contiene
nomi
e
verbi
,
sottopone
questi
ultimi
a
una
rudimentale
coniugazione
e
distingue
perfino
il
soggetto
dall
'
oggetto
!
Ciò
-
sia
detto
per
inciso
-
va
d
'
accordo
con
le
idee
di
Chomski
sull
'
esistenza
di
una
grammatica
universale
innata
.
La
posizione
di
quasi
tutti
gli
studiosi
moderni
è
che
il
comportamento
umano
derivi
da
un
'
inestricabile
interazione
fra
i
geni
e
l
'
ambiente
(
anche
umano
,
ovviamente
)
,
o
-
come
spesso
si
dice
più
volgarmente
-
fra
natura
e
cultura
.
Continua
certamente
a
sussistere
in
noi
la
propensione
a
seguire
la
primitiva
etologia
animale
,
ma
il
comportamento
si
complica
notevolmente
quando
-
immaginando
tutta
una
pluralità
di
mondi
possibili
alla
Leibniz
-
cominciamo
a
capire
e
a
pesare
le
conseguenze
del
nostro
agire
in
un
modo
piuttosto
che
in
un
altro
.
Inoltre
è
di
enorme
importanza
il
nascere
negli
uomini
della
coscienza
di
essere
liberi
di
scegliere
la
via
da
seguire
.
(
Ma
qui
non
vogliamo
certo
risollevare
la
vetusta
controversia
del
libero
arbitrio
.
)
Ne
scaturisce
un
nuovo
originalissimo
concetto
,
che
ci
fa
passare
dalla
pura
etologia
del
"
fare
"
all
'
etica
del
"
dover
fare
"
.
Sorge
subito
la
domanda
:
perché
tutto
questo
?
Qual
è
per
la
nostra
specie
il
vantaggio
selettivo
del
passare
dal
fare
al
dover
fare
?
Cominciamo
col
dare
una
prima
risposta
,
che
è
abbastanza
facile
,
ma
probabilmente
non
del
tutto
sufficiente
.
I
comportamenti
dettati
puramente
dall
'
impianto
genetico
sono
in
numero
magari
grande
,
ma
necessariamente
limitato
.
Le
condizioni
di
vita
degli
esseri
umani
divengono
invece
sempre
più
complicate
e
le
possibili
nuove
evenienze
sono
innumerevoli
.
Soltanto
un
enorme
elaboratore
qual
è
il
nostro
cervello
può
tentare
di
far
fronte
a
tutto
,
purché
inoltre
l
'
utilizzatore
abbia
intera
libertà
di
giudizio
e
di
scelta
.
La
continua
scelta
diviene
una
componente
essenziale
della
vita
umana
.
Gli
uomini
,
fin
dal
più
lontano
paleolitico
,
hanno
vissuto
in
piccoli
gruppi
e
hanno
senza
dubbio
ereditato
per
via
genetica
quelle
prescrizioni
di
comportamento
del
"
cane
non
mangia
cane
"
,
che
abbiamo
già
riconosciute
comuni
a
moltissimi
animali
.
Ma
è
facile
presumere
che
con
lo
sviluppo
di
enormi
facoltà
intellettuali
,
col
sorgere
del
linguaggio
e
della
trasmissione
culturale
,
si
siano
resi
ben
conto
che
era
necessario
darsi
delle
regole
di
comportamento
al
di
dentro
del
gruppo
,
a
vantaggio
di
tutti
.
Bisognava
costantemente
tener
conto
degli
altri
.
E
altamente
probabile
che
-
almeno
agli
inizi
-
non
avessero
chiara
coscienza
che
in
tal
modo
stavano
stringendo
un
vero
e
proprio
patto
sociale
;
ma
lo
stipulavano
di
fatto
.
Ed
è
anche
probabile
che
quei
gruppi
che
erano
più
lenti
o
più
restii
nello
stipularlo
risultavano
perdenti
e
rischiavano
l
'
estinzione
.
Non
sarà
proprio
così
,
cioè
per
via
di
"
selezione
culturale
"
,
che
nel
nostro
patrimonio
genetico
cominciò
a
inscriversi
la
norma
fondamentale
di
ogni
convivenza
civile
:
pacta
sunt
servanda
?
Non
ne
abbiamo
le
prove
,
né
mai
le
avremo
;
ma
ci
atterremo
a
questa
come
a
un
'
ipotesi
molto
verosimile
.
Certamente
col
mesolitico
e
soprattutto
poi
col
neolitico
la
vita
associata
ebbe
uno
sviluppo
enorme
.
Dalla
pura
caccia
e
raccolta
si
passa
all
'
agricoltura
,
alla
domesticazione
degli
animali
,
alla
divisione
del
lavoro
;
nascono
la
città
con
le
sue
fortificazioni
e
il
suo
esercito
,
lo
stato
,
il
diritto
,
la
legge
.
La
compravendita
mediante
denaro
,
forse
più
di
ogni
altra
istituzione
,
denuncia
chiaramente
l
'
esistenza
di
un
patto
.
La
legge
,
prima
orale
poi
scritta
,
farà
nascere
un
vero
e
proprio
contratto
sociale
.
Come
un
giorno
dirà
Rousseau
(
Du
contrat
social
)
,
il
fine
del
contratto
è
:
"
Trouver
une
forme
d
'
association
qui
défende
et
protège
de
toute
la
force
commune
la
personne
et
les
biens
de
chaque
associé
,
et
par
laquelle
chacun
s
'
unissant
à
tous
n
'
obeisse
pourtant
qu
'
à
lui
-
même
et
reste
aussi
libre
qu
'
auparavant
"
[
"
Trovare
una
forma
di
associazione
che
difenda
e
protegga
con
tutta
la
forza
comune
la
persona
e
i
beni
di
ciascun
associato
,
e
per
la
quale
ciascuno
unendosi
a
tutti
non
obbedisca
tuttavia
che
a
se
stesso
e
resti
libero
come
prima
"
]
.
L
'
ultima
frase
è
essenziale
.
Bellissima
poi
è
la
nota
di
Rousseau
,
quasi
intraducibile
in
italiano
:
"
les
maisons
font
la
ville
,
mais
les
citoyens
font
la
cité
"
.
E
la
fanno
proprio
in
virtù
del
patto
.
A
questa
rivoluzione
epocale
conseguì
fra
l
'
altro
uno
sviluppo
demografico
senza
precedenti
.
I
diversi
gruppi
umani
,
ormai
numerosi
e
potenti
,
cominciarono
a
gareggiare
mediante
la
concorrenza
commerciale
,
ma
più
spesso
con
le
armi
.
I
gruppi
che
non
avevano
un
patto
sociale
efficiente
e
rispettato
venivano
più
facilmente
eliminati
dalla
scena
.
Accanto
all
'
etologia
di
ogni
animale
,
che
bada
soprattutto
-
ma
non
soltanto
,
come
già
detto
-
alla
sopravvivenza
dell
'
individuo
,
si
sviluppa
necessariamente
e
viene
inscritto
nel
genoma
l
'
impulso
a
compiere
quelle
azioni
che
sono
necessarie
alla
preservazione
del
gruppo
.
Il
fare
e
il
dover
fare
:
due
leggi
,
spesso
contraddittorie
,
regnano
ormai
nell
'
animo
umano
.
E
,
data
la
complicazione
dei
casi
nei
quali
esse
si
scontrano
,
i
millenni
non
sono
ancora
stati
sufficienti
per
conciliarle
interamente
.
Non
per
niente
Sartre
(
Huis
clos
)
esclamò
:
"
L
'
enfer
,
c
'
est
les
autres
"
.
Ed
è
proprio
la
frequente
contraddizione
fra
le
due
leggi
che
fa
nascere
la
meraviglia
,
la
speculazione
sull
'
originale
condizione
umana
.
Fra
l
'
altro
obbliga
a
trovare
,
per
distinguere
e
intendersi
,
una
nuova
terminologia
.
Ma
è
dubbio
che
dietro
di
essa
si
debba
vedere
qualche
cosa
di
più
di
una
serie
di
definizioni
.
Così
la
naturalissima
tendenza
a
fare
il
proprio
interesse
diviene
il
"
riprovevole
"
egoismo
,
mentre
la
tendenza
a
fare
gli
interessi
degli
altri
o
del
gruppo
diviene
il
"
lodevole
"
comportamento
morale
.
Quando
un
individuo
non
segue
quest
'
ultimo
,
diviene
preda
del
senso
di
colpa
e
del
rimorso
.
E
uno
stato
d
'
animo
piuttosto
spiacevole
;
ma
,
poiché
persuade
l
'
individuo
a
comportarsi
diversamente
la
prossima
volta
,
alla
fin
fine
torna
a
vantaggio
del
gruppo
e
dei
suoi
geni
.
Forse
a
questo
punto
possiamo
inserire
qualche
parola
su
quell
'
atteggiamento
ancor
più
ossessionante
(
e
ridicolo
)
dell
'
egoismo
che
è
chiamato
egocentrismo
.
Spesso
è
insopportabile
.
Ma
bisogna
partire
dalla
presa
di
atto
che
nel
fondo
tutti
siamo
egocentrici
e
non
fingere
di
non
saperlo
.
È
cosa
naturale
e
perciò
non
deve
scandalizzare
.
Volere
primeggiare
e
attrarre
l
'
attenzione
di
tutti
è
una
56strategia
abbastanza
ben
giustificata
per
arrivare
a
proteggere
i
propri
geni
.
Ma
diventa
pagliaccesca
e
addirittura
controproducente
quando
assume
i
caratteri
di
un
vizio
,
quando
spinge
a
parlare
ininterrottamente
(
magari
urlando
)
senza
ascoltare
,
a
mettersi
in
mostra
a
ogni
occasione
,
a
non
tener
conto
che
nel
patto
sociale
c
'
è
anche
il
rispetto
della
personalità
degli
altri
.
La
cosiddetta
buona
educazione
è
un
atteggiamento
civile
,
corollario
appunto
del
patto
sociale
.
L
'
egocentrismo
si
risolve
spesso
in
pura
maleducazione
.
7
.
Vendetta
,
tremenda
vendetta
Ebbene
,
con
tutto
il
rispetto
dovuto
a
un
grandissimo
come
Kant
-
che
ammirava
il
cielo
stellato
sopra
di
sé
e
la
legge
morale
dentro
di
sé
(
Critica
della
ragion
pratica
)
-
decidiamoci
a
riconoscere
che
tutto
quello
che
vi
è
in
natura
può
destare
il
più
alto
stupore
.
Lo
desta
indubbiamente
il
cielo
stellato
sopra
di
me
;
ma
in
eguale
misura
lo
destano
sia
la
legge
morale
che
è
dentro
di
me
,
sia
l
'
istinto
di
conservazione
individuale
,
che
è
pure
dentro
di
me
.
Non
è
affatto
vero
che
la
prima
sia
più
mirabile
del
secondo
.
Del
resto
lo
stesso
Kant
afferma
che
le
nostre
azioni
non
ci
risultano
affatto
ordinate
da
Dio
:
"
al
contrario
,
ci
sembrano
ordinate
da
Dio
perché
ci
sono
imposte
da
una
nostra
legge
interiore
"
.
E
non
è
forse
una
nostra
legge
interiore
anche
quella
che
ci
ordina
l
'
autoconservazione
?
Il
tentare
di
spiegare
con
considerazioni
scientifiche
per
quale
via
tutti
e
due
quegl
'
impulsi
-
ormai
interiorizzati
-
siano
sorti
,
si
siano
sviluppati
e
per
selezione
naturale
siano
stati
incorporati
nel
patrimonio
genetico
non
sminuisce
in
nessun
modo
la
grandezza
dell
'
universo
,
il
misterioso
fascino
della
natura
,
la
nobiltà
dell
'
uomo
,
la
sublimità
del
suo
creatore
(
se
vi
è
stato
)
.
E
se
vogliamo
chiamare
morale
l
'
azione
che
mira
a
conservare
la
specie
attraverso
la
preservazione
degli
altri
,
anziché
dell
'
individuo
che
agisce
,
facciamolo
pure
.
Siamo
liberi
di
definire
quello
che
vogliamo
.
Ma
non
fingiamo
d
'
ignorare
che
la
preservazione
dell
'
individuo
mira
esattamente
allo
stesso
scopo
.
A
questo
punto
,
al
fine
di
chiarire
bene
il
concetto
,
converrà
inserire
qualche
parola
sulla
vendetta
e
sulla
sua
(
quasi
)
generale
condanna
.
Ebbene
,
la
vendetta
-
secondo
la
stessa
definizione
testé
data
-
risponde
a
un
impulso
altamente
morale
!
Chi
la
esercita
non
ci
guadagna
nulla
,
anzi
quasi
sempre
rischia
.
(
Il
povero
Rigoletto
-
certo
senza
saperlo
coscientemente
-
in
quel
modo
rischia
e
sacrifica
addirittura
la
vita
dell
'
amata
figlia
.
)
Ma
il
vendicatore
di
regola
si
sacrifica
in
favore
di
tutti
gli
altri
.
Infatti
va
a
finire
che
nel
gruppo
primitivo
un
individuo
evita
di
compiere
certe
azioni
dannose
a
un
altro
individuo
,
proprio
perché
teme
la
vendetta
di
costui
.
E
un
deterrente
che
di
solito
funziona
bene
.
Ciò
non
toglie
che
,
quando
avanza
la
civiltà
,
si
scopre
che
è
mille
volte
meglio
delegare
il
deterrente
alla
società
formalmente
costituita
,
cioè
allo
stato
;
ma
ci
risparmieremo
lo
sviluppo
delle
serie
ragioni
,
facilmente
intuibili
,
per
cui
ciò
è
vero
.
Nasce
così
il
concetto
di
giustizia
pubblica
e
il
patto
di
rispettarla
.
Quanto
sono
ridicole
le
protestazioni
-
udite
fino
alla
nausea
-
di
coloro
che
affermano
virtuosamente
di
non
volere
vendetta
,
ma
solo
giustizia
!
Pare
impossibile
che
così
pochi
si
chiedano
:
e
perché
la
vogliono
proprio
quelli
?
Forse
perché
sono
parenti
delle
vittime
?
Ma
andiamo
!
La
giustizia
devono
volerla
egualmente
tutti
i
cittadini
.
L
'
espressione
continuamente
usata
e
abusata
,
"
farsi
giustizia
da
sé
"
,
è
semplicemente
idiota
.
E
ancor
più
idiota
è
affermare
che
giustizia
chiedono
i
morti
.
Eppure
è
molto
,
molto
difficile
liberarsi
da
quell
'
impulso
-
in
sé
naturalissimo
,
ripetiamo
-
che
ci
spinge
a
inscrivere
l
'
istinto
di
vendetta
addirittura
nel
campo
dei
sentimenti
onorevoli
.
La
mente
corre
subito
,
naturalmente
,
alle
consorterie
della
criminalità
organizzata
(
gli
uomini
d
'
onore
)
;
ma
limitarsi
a
ciò
è
quanto
mai
semplicistico
e
riduttivo
.
Dobbiamo
proprio
ricordare
la
canzone
in
cui
il
pio
Dante
afferma
:
"
Ché
bell
'
onor
s
'
acquista
in
far
vendetta
"
,
o
ignorare
le
mille
volte
che
Dante
stesso
-
e
una
folla
di
autori
di
tutte
le
letterature
-
parlano
nientemeno
che
della
vendetta
di
Dio
o
del
Cielo
?
Ma
,
una
volta
accettata
la
visione
sopra
esposta
,
che
ne
è
del
male
e
del
bene
,
di
cui
parliamo
continuamente
?
Dovrebbe
esser
chiaro
che
non
si
tratta
di
enti
trascendenti
oggettivi
,
bensì
di
due
delle
innumerevoli
ipostatizzazioni
,
di
cui
gli
uomini
da
che
mondo
è
mondo
si
sono
resi
responsabili
.
Prima
si
introduce
un
concetto
astratto
,
che
ci
è
utile
per
capirsi
in
modo
sintetico
;
quindi
si
attribuisce
a
esso
un
'
entità
sostanziale
,
che
in
realtà
non
c
'
è
.
Non
ci
si
limita
a
riconoscere
che
abbiamo
semplicemente
introdotto
una
parola
per
esprimere
un
concetto
da
noi
stessi
costruito
.
No
:
si
crede
possibile
tirar
fuori
dalla
parola
il
vero
contenuto
di
quel
concetto
.
Quanti
insigni
pensatori
hanno
sprecato
il
loro
tempo
dietro
a
quei
venerabili
fantasmi
!
Non
stiamo
scoprendo
nulla
di
nuovo
.
Infatti
,
è
ben
noto
che
il
pregiudizio
è
molto
antico
.
Vi
fu
una
(
quasi
)
unanime
oggettivazione
del
Bene
e
del
Male
da
parte
dei
filosofi
antichi
e
medievali
.
Per
Platone
(
Repubblica
)
,
come
il
Sole
illumina
,
rende
visibili
e
alimenta
le
cose
sensibili
,
così
il
Bene
rende
conoscibili
gli
oggetti
intelligibili
e
conferisce
a
essi
l
'
esistenza
.
A
complicare
le
cose
ci
si
misero
poi
le
religioni
,
con
i
loro
dèi
,
angeli
,
arcangeli
,
santi
ecc.
da
una
parte
,
nonché
con
le
schiere
di
diavoli
e
di
geni
malevoli
dall
'
altra
.
Gli
uni
impersonano
e
difendono
il
bene
,
mentre
gli
altri
impersonano
e
difendono
il
male
,
in
un
'
eterna
battaglia
,
combattuta
sulla
pelle
degli
uomini
.
Tuttavia
si
farebbe
torto
ad
alcuni
pensatori
più
vicini
a
noi
,
affermando
che
nel
passato
si
è
sempre
creduto
a
un
contenuto
puramente
oggettivo
del
bene
e
del
male
.
Per
esempio
Spinoza
(
Ethica
)
dice
testualmente
:
"
Bonum
et
malum
quod
attinet
,
nihil
etiam
positivum
in
rebus
,
in
se
scilicet
consideratis
,
indicant
,
nec
aliud
sunt
,
praeter
cogitandi
modos
,
seu
notiones
,
quas
formamus
ex
eo
,
quod
res
ad
invicem
comparamus
.
Nam
una
eademque
res
potest
eodem
tempore
bona
,
et
mala
,
et
etiam
indifferens
esse
"
.
[
"
Per
quel
che
riguarda
il
bene
e
il
male
,
neanch
'
essi
indicano
qualcosa
di
positivo
nelle
cose
,
cioè
considerate
in
sé
,
ed
essi
non
sono
altro
se
non
modi
del
pensare
,
o
nozioni
che
formiamo
perché
confrontiamo
le
cose
fra
di
loro
.
Infatti
una
sola
e
medesima
cosa
può
essere
allo
stesso
tempo
buona
e
cattiva
e
anche
indifferente
"
]
.
Fra
i
contemporanei
nostri
poi
moltissimi
hanno
decisamente
cominciato
ad
affermare
che
la
valutazione
è
puramente
soggettiva
.
E
infatti
,
proprio
come
Spinoza
,
fanno
notare
che
essa
è
diversa
da
individuo
a
individuo
,
da
luogo
a
luogo
,
da
epoca
a
epoca
.
Fecero
male
o
fecero
bene
i
congiurati
che
uccisero
Giulio
Cesare
?
Fecero
male
o
fecero
bene
i
vandeani
a
opporsi
alla
Rivoluzione
?
Fecero
male
o
fecero
bene
gli
americani
a
costruire
la
bomba
atomica
?
Sembra
impossibile
:
ma
alcuni
pensatori
piuttosto
attardati
ne
discutono
ancora
,
naturalmente
senza
alcun
risultato
che
possa
incontrare
approvazione
generale
.
Vi
è
anche
chi
stenta
addirittura
ad
afferrare
il
concetto
della
imperturbabile
indifferenza
della
natura
e
arriva
a
invocare
la
pioggia
(
il
bene
)
o
a
scongiurare
i
terremoti
(
il
male
)
.
La
tempesta
che
nel
1588
semidistrusse
l
'
Invencible
Armada
fu
un
bene
per
gli
inglesi
,
un
male
per
gli
spagnoli
.
C
'
è
da
giurare
che
qualcuno
nelle
cattedrali
britanniche
ringraziò
Dio
per
il
beneficio
,
mentre
qualcuno
dei
sudditi
di
Filippo
II
(
e
forse
lo
stesso
re
)
si
diede
a
far
penitenza
dei
suoi
peccati
,
perché
certamente
quella
era
stata
una
punizione
di
Dio
.
Ma
veniamo
a
qualcosa
di
ben
più
importante
,
qualcosa
che
è
divenuto
addirittura
assillante
nell
'
epoca
contemporanea
.
Che
dobbiamo
fare
con
tutte
le
nuove
,
meravigliose
e
spaventose
possibilità
che
ci
offre
la
scienza
?
Probabilmente
fra
qualche
centinaio
di
anni
i
nostri
discendenti
si
meraviglieranno
della
pervicacia
dimostrata
dagli
uomini
della
fine
del
ventesimo
secolo
nel
voler
tirar
fuori
dai
logori
concetti
di
bene
e
di
male
,
supposti
"
oggettivi
"
,
le
risposte
sul
da
farsi
in
situazioni
che
né
la
naturale
evoluzione
né
le
religioni
tradizionali
potevano
minimamente
prevedere
.
Da
quella
parte
le
risposte
"
giuste
"
non
possono
venire
,
semplicemente
perché
le
relative
domande
non
erano
mai
state
poste
!
È
venuto
il
momento
di
convincersi
che
,
prima
di
statuire
per
contratto
sociale
che
cosa
dobbiamo
fare
,
bisogna
ben
consultarsi
su
che
cosa
vogliamo
fare
.
L
'
unica
via
veramente
razionale
sta
nella
ricerca
scientifica
seria
,
unita
alla
democrazia
.
Questo
non
significa
che
si
possa
ammettere
a
priori
di
esser
liberi
di
fare
tutto
quello
che
si
vuole
.
Infatti
della
vecchia
e
gloriosa
etica
tradizionale
c
'
è
certamente
una
massima
irrinunciabile
,
proprio
perché
si
può
star
sicuri
che
è
voluta
da
tutti
e
sarebbe
facilmente
sancita
da
qualsiasi
referendum
.
È
quella
contenuta
nel
quarto
articolo
della
dichiarazione
dei
diritti
dell
'
uomo
del
1789
:
"
La
libertà
consiste
nel
poter
fare
tutto
quello
che
non
nuoce
altrui
"
.
E
appunto
per
stabilire
fondatamente
che
cosa
non
nuoce
altrui
-
anche
e
soprattutto
,
si
badi
bene
,
alle
generazioni
future
-
la
ricerca
scientifica
dovrà
procedere
intensamente
.
Ma
,
se
proprio
ci
teniamo
,
continuiamo
pure
a
parlare
con
solennità
dei
comitati
di
bioetica
.
Il
nome
conta
poco
.
8
.
Dimmi
come
parli
Il
signor
Bartoni
era
da
anni
impiegato
al
catasto
.
Ma
ogni
giorno
,
terminato
coscienziosamente
il
suo
lavoro
,
s
'
immergeva
nella
lettura
di
buoni
libri
o
in
solitarie
meditazioni
,
sì
da
meritarsi
indubbiamente
la
qualifica
di
uomo
colto
e
intellettuale
.
Non
era
affatto
entusiasta
del
suo
mestiere
,
per
il
quale
non
sentiva
"
vocazione
"
.
Ma
chi
-
si
domandava
per
consolarsi
-
ha
la
vocazione
di
fare
l
'
impiegato
del
catasto
?
Einstein
non
aveva
forse
lavorato
all
'
ufficio
brevetti
in
Svizzera
?
Melville
non
era
finito
in
un
servizio
di
dogana
a
New
York
?
Kafka
non
era
stato
alle
dipendenze
di
una
compagnia
di
assicurazioni
a
Trieste
?
Bastava
sapere
aspettare
:
e
poi
chissà
.
Gli
piaceva
assumere
dinanzi
a
se
stesso
l
'
atteggiamento
dell
'
uomo
saggio
,
che
prende
atto
del
mondo
come
è
e
non
si
lascia
scuotere
nella
propria
atarassia
.
E
poi
chi
mai
è
contento
del
lavoro
che
fa
e
del
ruolo
che
gli
altri
gli
assegnano
nella
vita
?
Ognuno
è
sicuro
di
essere
sottovalutato
,
ma
non
deve
prendersela
per
questo
.
Sì
,
eppure
...
eppure
nel
subconscio
qualcosa
continuava
a
tormentarlo
.
E
lui
-
molto
spesso
senza
rendersene
conto
-
si
sfogava
di
quel
qualcosa
pungendo
gli
altri
con
amara
ironia
.
Ma
non
era
cattivo
;
del
resto
,
quella
ironia
la
rivolgeva
imparzialmente
(
o
quasi
)
anche
a
se
stesso
.
Quando
si
dava
a
riflettere
,
abbandonandosi
al
suo
malinconico
umorismo
,
gli
piaceva
recarsi
a
passeggiare
in
un
luogo
solitario
,
nelle
periferie
più
anonime
della
città
,
dove
gli
amici
intellettuali
di
buon
gusto
non
si
incontrano
proprio
mai
;
tanto
lui
-
affermava
a
se
stesso
,
ridendo
per
primo
di
quella
megalomania
-
guardava
soprattutto
dentro
di
sé
.
E
poi
,
anche
se
guardava
fuori
,
come
faceva
in
realtà
...
qualcuno
(
Gide
)
non
aveva
detto
:
l
'
importanza
sia
nel
tuo
sguardo
,
non
in
quello
che
guardi
?
Ma
non
sempre
si
recava
in
periferia
.
A
volte
seguiva
proprio
la
strategia
opposta
.
Infischiandosene
dei
dettami
dei
salutisti
,
andava
a
sedersi
a
un
tavolino
all
'
aperto
di
un
caffè
situato
nel
punto
più
nevralgico
della
città
,
in
mezzo
alla
confusione
infernale
di
una
folla
che
andava
e
veniva
,
sempre
indaffarata
e
affrettata
,
nonché
al
crepitare
e
strombazzare
di
veicoli
perennemente
in
ingorgo
.
Diceva
a
se
stesso
(
ma
sapeva
benissimo
di
non
scoprire
nulla
di
originale
)
che
lì
,
fra
tutte
quelle
facce
anonime
,
si
trovava
la
vera
solitudine
,
quella
triste
,
spessa
,
da
tagliarsi
col
coltello
:
quella
che
,
trascurando
i
troppi
particolari
,
ci
fa
scorgere
cose
di
grande
importanza
.
Quel
giorno
era
proprio
seduto
al
solito
tavolino
e
si
stava
ripetendo
le
cose
pensate
mille
volte
,
quando
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
un
curioso
giovane
azzimato
,
con
una
bella
cravatta
a
farfallino
,
che
,
venendo
dall
'
interno
del
bar
,
era
comparso
sulla
porta
e
guardava
ansiosamente
di
qua
e
di
là
.
Teneva
con
una
mano
una
tazzina
di
caffè
e
con
l
'
altra
le
reggeva
sotto
il
piattino
.
Bartoni
,
vedendo
che
tutti
i
tavolini
erano
occupati
,
gli
si
rivolse
gentilmente
,
invitandolo
:
"
Se
vuoi
sedersi
qui
,
c
'
è
una
sedia
libera
.
"
Quello
fu
per
un
po
'
titubante
,
poi
si
decise
e
si
sedette
,
dicendo
:
"
Grazie
.
Buon
giorno
e
buona
giornata
.
"
Bartoni
alzò
un
po
'
le
sopracciglia
,
meravigliato
dall
'
insulsa
ridondanza
.
Comunque
stese
la
mano
e
disse
:
"
Permette
?
Bartoni
.
"
"
Ah
...
come
l
'
attore
Barton
.
"
"
Forse
vuol
riferirsi
all
'
attore
Burton
[
pronunciato
correttamente
]..."
"
Alla
televisione
,
l
'
ho
sentito
benissimo
,
dicono
Barton
.
"
Bartoni
rimase
un
po
'
perplesso
.
Ribattere
pedantemente
o
lasciar
correre
?
Poi
non
poté
fare
a
meno
di
chiedere
:
"
Ma
lei
impara
a
parlare
dalla
televisione
?
"
L
'
altro
sembrò
non
poco
infastidito
dalla
domanda
,
che
aveva
l
'
aria
di
una
presa
di
bavero
,
e
ribatté
:
"
Esatto
.
Guardi
...
"
"Guardo..."
"...mi
consenta
...
"
"
Le
consento
...
"...guardi,
mi
consenta
un
attimo
.
La
televisione
è
...
come
dire
...
un
fatto
pubblico
nazionale
ed
è
...
così
...
un
attimino
attenta
nei
confronti
di
come
parla
,
no
?
"
"
Veramente
la
televisione
di
`
confronti
'
ne
fa
pochi
,
soprattutto
con
i
vocabolari
-
italiani
e
stranieri
-
e
con
i
buoni
libri
.
"
"
Ecco
l
'
autogol
:
i
libri
,
me
l
'
aspettavo
;
ora
possono
partire
le
immagini
...
"
"
Partono
?
E
dove
vanno
?
"
"
Lei
sicuramente
dovrebbe
essere
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
...
così
...
diciamo
un
intellettuale
.
"
Bartoni
stava
pensando
:
non
c
'
è
speranza
con
questo
.
È
meglio
cambiare
discorso
:
"
Non
mi
ha
detto
ancora
chi
è
lei
.
"
"
Chi
sono
?
Sono
un
poeta
.
"
"
Veramente
questa
è
già
stata
detta
.
Ma
che
fa
per
vivere
?
"
"
Cosa
faccio
?
Scrivo
.
"
"
Anche
questa
è
stata
detta
.
E
come
si
chiama
?
"
"Chicco."
"
Chicco
...
di
nome
o
di
cognome
?
"
"
Fa
lo
stesso
.
Il
nominativo
completo
è
inutile
.
"
"
Ah
,
già
:
un
poeta
lo
conoscono
tutti
con
il
nome
di
battaglia
.
"
"Esatto."
Bartoni
fece
alcuni
sforzi
non
affatto
convinti
per
ricordare
se
per
caso
avesse
visto
da
qualche
parte
una
poesia
firmata
Chicco
,
ma
invano
.
Ebbe
anche
voglia
di
scherzare
su
quel
noto
verso
di
Dante
che
parla
del
"
bel
paese
là
dove
l
'
esatto
sona
"
.
Poi
si
disse
ancora
una
volta
che
era
meglio
piantarla
lì
.
Intanto
l
'
altro
guardava
nervosamente
l
'
orologio
ed
esclamava
con
impazienza
:
"
Perbacco
,
si
fa
tardi
;
si
sta
sforando
!
"
"
Aspetta
qualcuno
?
"
"
Esatto
.
Dovrebbe
proprio
arrivare
...
come
dire
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
...
no
?
"
"
Eh
,
con
le
donne
non
si
sa
mai
.
"
Chicco
rimase
un
po
'
interdetto
,
quindi
ribatté
:
"
Guardi
,
mi
consenta
un
attimo
.
Chi
le
ha
detto
che
aspetto
...
diciamo
...
una
donna
?
"
Ahimè
,
disse
fra
sé
Bartoni
,
forse
,
chissà
,
ho
fatto
una
gaffe
.
Ma
guarda
un
po
'
,
proprio
io
che
non
ho
nessun
pregiudizio
in
proposito
e
che
vado
predicando
saggiamente
che
se
lui
è
diverso
da
me
,
io
sono
diverso
da
lui
e
quindi
siamo
pari
.
Ma
adesso
chi
lo
convince
questo
che
io
appunto
non
ho
nessun
pregiudizio
?
Comunque
provò
a
riconoscere
con
grande
naturalezza
:
"
Ah
,
sì
,
potrebbe
essere
un
uomo
.
Perché
no
?
"
"
Esatto
.
Ma
è
un
giallo
...
"
"
Ah
,
un
giapponese
...
"
"...è
un
giallo
perché
non
so
chi
sia
:
è
una
scheggia
impazzita
.
Potrebbe
essere
un
uomo
,
ma
potrebbe
essere
una
donna
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
,
no
?
Niente
.
So
solo
e
soltanto
che
mi
deve
portare
un
'
agenzia
eclatante
.
A
mio
avviso
...
"
"
Di
garanzia
?
"
"
Non
faccia
così
tanto
lo
spiritoso
e
mi
consenta
.
In
buona
sostanza
...
"
"
E
se
fosse
cattiva
sostanza
?
"
"...in
buona
sostanza
,
a
mio
avviso
lei
sta
facendo
muro
contro
muro
...
"
"
Veramente
basta
un
muro
solo
,
dato
che
i
muri
non
si
muovono
.
"
"...quelli
come
lei
fanno
quadrato
,
mettono
paletti
nei
miei
confronti
...
e
portano
avanti
...
così
...
un
teorema
...
"
"
Come
quello
di
Pitagora
?
"
"
Chi
è
,
un
'
attrice
?
E
che
ci
azzecca
quella
?
"
"
Mi
scusi
.
Lasciamo
stare
e
continui
pure
a
dirmi
quale
sarebbe
il
mio
teorema
'
nei
suoi
confronti
'."
Non
c
'
era
bisogno
di
chiederglielo
.
Chicco
-
dando
di
tanto
in
tanto
nuovi
impazienti
sguardi
all
'
orologio
-
continuava
ormai
inesorabile
come
un
fiume
in
piena
,
che
straripa
da
tutte
le
parti
:
"
Niente
.
Ormai
sono
nel
suo
mirino
.
Il
suo
teorema
nei
miei
confronti
è
che
io
sono
...
come
dire
...
di
basso
profilo
,
no
?
"
"
Veramente
io
la
sto
guardando
in
faccia
...
"
"...e
invece
si
dice
proprio
così
:
di
basso
profilo
.
Oggi
si
fa
un
gran
parlare
...
"
"
Ah
,
il
parlare
si
fa
...
"
"...di
persone
di
serie
A
e
di
serie
B
,
no
?
A
suo
avviso
io
sarei
di
serie
B
o
perlomeno
...
così
...
come
dire
...
fuorigioco
,
no
?
Niente
,
lei
vuoi
fare
l
'
arbitro
,
ma
non
può
supportare
il
suo
verdetto
...
diciamo
...
senza
consultare
il
guardalinee
.
Non
si
salvi
in
calcio
d
'
angolo
.
Ma
mettiamo
la
palla
al
centro
e
cerchiamo
alcuni
comuni
denominatori
...
"
"
Quanti
?
"
"
Guardi
,
sediamoci
attorno
a
un
tavolo
...
"
"
In
due
sarà
difficile
.
"
"...Dunque
io
mi
trovo
ora
in
una
enclave
[
pronunciato
all
'
italiana
]
o
in
una
impasse
[
pronunciato
all
'italiana]..."
"
Vuol
dire
in
un
'
impasse
[
pronunciato
correttamente
]."
"
Ma
lasci
stare
l
'
Enpas
!
Niente
...
è
un
giallo
.
Non
so
perché
ce
l
'
hanno
così
tanto
...
"
"...basta
dire
tanto
...
"
"...così
tanto
nei
miei
confronti
.
È
una
cosa
di
estrema
importanza
,
uno
scoop
con
prezzo
da
capogiro
;
ma
finora
nessuno
mi
ha
voluto
aiutare
un
attimino
a
capire
:
bocche
cucite
.
Vogliono
mettermi
in
ginocchio
:
non
vorrei
...
come
dire
...
essere
raggiunto
da
un
provvedimento
nei
miei
confronti
...
"
"
Se
non
vuole
essere
raggiunto
,
si
metta
a
correre
velocemente
...
"
Ma
Bartoni
non
poté
terminare
la
frase
,
perché
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
una
donna
con
una
lunga
sottana
,
che
lei
sì
,
correva
velocemente
per
non
essere
raggiunta
,
aprendosi
il
varco
a
gomitate
.
Dopo
poco
comparve
una
signora
che
la
inseguiva
gridando
:
fermatela
!
Mi
ha
derubata
,
fermatela
!
Infine
arrivò
un
vigile
trafelato
,
che
teneva
legata
con
una
corda
,
a
mo
'
di
guinzaglio
,
una
bambina
piagnucolante
.
Bartoni
non
credeva
ai
suoi
occhi
.
Non
riuscì
a
trattenersi
e
sbottò
indignato
:
"
Ma
che
fa
?
Le
pare
questo
il
modo
?
Sleghi
subito
quella
bambina
!
"
"
Non
posso
.
Se
la
slego
,
scappa
.
E
io
devo
riportarla
alla
madre
.
"
"
Lasci
stare
la
bambina
e
si
occupi
piuttosto
del
furto
commesso
dalla
madre
.
"
"
Quello
non
è
compito
mio
,
ma
della
polizia
.
Io
devo
riportare
la
bambina
alla
sua
mamma
,
sennò
si
perde
.
"
Intanto
la
bambina
,
molto
meravigliata
,
si
era
avvicinata
al
tavolino
di
quello
strano
signore
che
la
difendeva
,
mentre
tutti
gli
astanti
mostravano
solidarietà
col
vigile
.
Bartoni
si
accorse
allora
divertito
(
ma
non
troppo
)
che
la
pargoletta
aveva
fatto
scomparire
dal
piattino
le
cinquemila
lire
che
lui
aveva
lasciate
di
mancia
.
Lo
fece
notare
al
vigile
,
il
quale
ribatté
imperturbabile
:
"
Signore
,
quel
denaro
era
res
nullius
.
"
Bartoni
non
poté
celare
una
esterrefatta
ammirazione
ed
esclamò
:
"
Ma
guarda
che
vigile
colto
!
Comunque
quel
denaro
non
era
affatto
res
nullius
.
Era
del
cameriere
.
"
"
Signore
,
mi
permetta
di
farle
notare
che
il
cameriere
per
ora
non
l
'
aveva
visto
e
non
sapeva
nemmeno
che
esistesse
.
Dunque
non
poteva
essere
suo
.
Vieni
,
mocciosa
,
andiamo
dalla
mamma
.
"
E
,
prima
che
Bartoni
potesse
riprendersi
dallo
stupore
destato
in
lui
da
quella
ferrea
logica
,
il
vigile
e
la
bambina
erano
già
lontani
.
Ma
in
quel
mentre
arrivò
correndo
a
perdifiato
un
altro
personaggio
.
Era
un
signore
piccolo
,
grasso
,
dall
'
aria
insignificante
,
che
sudava
e
gridava
:
eccomi
,
eccomi
qui
!
Si
fermò
raggiante
davanti
a
Bartoni
e
a
Chicco
ed
esclamò
con
tono
rassicurante
:
"
Eccomi
qui
finalmente
,
sono
arrivato
!
"
Bartoni
e
Chicco
si
guardavano
con
aria
interrogativa
,
ciascuno
pensando
che
l
'
altro
sapesse
.
Poi
all
'
unisono
chiesero
:
"
Ma
lei
chi
è
?
"
"
Che
domande
.
Sono
quello
che
aspettate
.
"
"
Quello
che
aspettiamo
?
E
come
si
chiama
?
"
"Godot."
"
Godò
?
"
fece
Chicco
storcendo
il
naso
.
"
Mai
sentito
nominare
.
"
Bartoni
invece
l
'
aveva
sentito
nominare
,
eccome
.
Certamente
era
stupito
.
Eppure
più
che
dalla
meraviglia
era
colpito
da
una
piuttosto
cocente
delusione
.
Ma
come
?
Quello
scialbo
,
insulso
,
banale
omiciattolo
era
il
famoso
Godot
,
quello
che
lui
e
tanti
altri
avevano
aspettato
per
tutta
la
vita
?
Ebbe
improvvisa
la
rivelazione
di
uno
stupido
errore
commesso
.
E
ora
come
farò
,
si
domandava
smarrito
,
ora
che
ho
scoperto
tutto
,
ora
che
mi
mancherà
il
Godot
delle
mie
lunghe
fantasticherie
?
Forse
lui
,
dopo
tutto
,
lo
sa
:
bisogna
chiederlo
proprio
a
lui
.
Ma
Godot
già
si
allontanava
veloce
e
agile
tra
la
folla
.
Di
scatto
Bartoni
si
alzò
e
si
mise
a
rincorrerlo
,
seguito
per
inerzia
da
Chicco
:
"
Godot
,
Godot
,
si
fermi
,
per
favore
,
aspetti
!
"
Chicco
dal
canto
suo
correva
gridando
:
"
Godò
,
si
fermi
.
Così
ci
rovina
il
palinsesto
!
"
Intanto
era
sbucata
di
nuovo
,
da
una
via
laterale
,
la
donna
dalla
lunga
sottana
e
dietro
di
lei
,
sempre
correndo
e
gridando
fra
l
'
indifferenza
generale
,
la
derubata
;
infine
il
vigile
con
la
bambina
al
guinzaglio
.
Il
tutore
dell
'
ordine
si
fermò
un
momento
al
solito
tavolino
per
chiedere
notizie
e
,
visto
che
i
due
non
c
'
erano
più
,
proseguì
l
'
inseguimento
.
Il
cameriere
,
richiamato
dal
trambusto
,
era
uscito
sulla
soglia
,
e
per
forza
di
abitudine
,
aveva
dato
uno
sguardo
al
piattino
:
era
vuoto
.
Infatti
la
bambina
aveva
fatto
a
tempo
ad
afferrare
con
incredibile
destrezza
le
seconde
cinquemila
lire
,
che
Bartoni
,
sorridendo
amaramente
,
aveva
tirato
fuori
dopo
la
prima
sparizione
.
Il
commento
del
cameriere
fu
:
"
Ma
guarda
un
po
'
questi
intellettuali
.
Sempre
tirchi
.
Non
ti
lasciano
nemmeno
una
lira
.
"
9
.
La
vita
non
è
sogno
Bartoni
girellava
pensoso
nella
sua
poco
attraente
e
anonima
periferia
e
andava
rimuginando
sugli
strani
avvenimenti
di
quella
mattinata
.
Li
aveva
vissuti
davvero
,
o
era
stato
solo
un
sogno
?
Ma
che
domande
banali
e
trite
!
Da
che
mondo
è
mondo
miriadi
di
scrittori
,
poeti
,
filosofi
hanno
fatto
a
gara
a
osservare
sospirosamente
-
ripetendosi
quasi
senza
pudore
-
che
la
nostra
vita
si
svolge
come
in
sogno
!
Anche
un
impiegato
del
catasto
poteva
tirare
fuori
decine
di
quelle
citazioni
,
che
sembrano
così
profonde
e
commoventi
e
poi
...
lasciano
il
tempo
che
trovano
.
Gli
piaceva
piuttosto
ricordare
un
detto
di
Giraudoux
,
che
aveva
letto
da
qualche
parte
:
"
Il
plagio
è
la
base
di
tutte
le
letterature
,
eccettuata
la
prima
,
peraltro
ignota
"
.
E
poi
la
metafora
del
sogno
è
affascinante
,
certo
,
ma
non
sostenibile
fino
in
fondo
,
come
ognuno
ben
sa
.
Bisogna
ragionare
e
distinguere
.
È
vero
che
il
vissuto
della
realtà
giornaliera
e
quello
del
sogno
hanno
spesso
caratteristiche
fenomenologiche
molto
simili
o
addirittura
identiche
.
Tuttavia
l
'
avere
alcune
caratteristiche
comuni
non
significa
,
come
è
ovvio
,
che
due
cose
siano
in
tutto
eguali
.
Quello
che
chiamiamo
"
realtà
"
è
un
testo
che
viene
scritto
-
o
meglio
,
che
si
lascia
leggere
-
con
una
sintassi
ben
diversa
rispetto
a
quella
del
sogno
;
e
chiunque
li
sa
distinguere
.
Lo
stesso
Calderón
de
la
Barca
nel
suo
celebre
La
vida
es
sue
fio
termina
la
seconda
giornata
con
le
parole
:
"
toda
la
vida
es
suefio
y
los
suefios
suenos
son
"
.
Tutta
la
vita
è
sogno
,
sì
,
ma
i
sogni
rimangono
sogni
!
Tanto
è
vero
che
,
mentre
siamo
di
solito
molto
curiosi
di
conoscere
i
fatti
dei
nostri
simili
e
di
sapere
come
"
realmente
sono
andate
le
cose
"
,
i
sogni
degli
altri
spesso
ci
annoiano
.
Non
ci
riguardano
;
e
la
suddetta
mancanza
di
una
riconoscibile
sintassi
li
rende
anche
ben
diversi
dai
romanzi
e
dalle
favole
che
a
volte
ci
dilettiamo
a
leggere
,
ansiosi
di
sapere
come
va
a
finire
.
Chiaramente
se
n
'
è
accorto
il
Della
Casa
,
quando
scrive
(
Galateo
)
:
"
Male
fanno
ancora
quelli
,
che
tratto
tratto
si
pongono
a
recitar
i
sogni
loro
con
tanta
affezione
e
facendone
sì
gran
maraviglia
,
che
è
uno
isfinimento
di
cuore
sentirli
"
.
Esperienza
frequentissima
di
tutti
noi
!
In
fondo
,
anche
l
'
assimilazione
di
una
vita
umana
al
sogno
piuttosto
che
alla
realtà
dipende
solo
dalla
disposizione
di
chi
parla
o
scrive
,
dalla
sua
interiorità
,
dal
voler
privilegiare
le
circostanze
esistenziali
rispetto
alla
questione
della
sintassi
.
Perché
Leopardi
sussurra
a
Silvia
:
"
come
un
sogno
fu
la
tua
vita
"
?
Che
ne
sa
lui
?
È
lui
che
la
sogna
e
la
vede
passare
in
questo
mondo
rapida
,
con
il
perpetuo
canto
,
con
la
mano
veloce
che
si
affatica
a
percorrere
la
tela
.
Non
ci
addentreremo
certo
nelle
varie
"
teorie
"
dei
sogni
come
:
scarica
di
impulsi
repressi
-
sessuali
e
non
-
,
desideri
insoddisfatti
,
espressioni
simboliche
,
pure
ripetizioni
dei
vissuti
della
veglia
,
e
chi
più
ne
ha
più
ne
metta
.
Quanto
tali
congetture
siano
fondate
e
illuminanti
non
è
cosa
che
qui
ci
concerna
e
noi
non
siamo
chiamati
a
pronunciarci
sulla
loro
attendibilità
.
Diremo
soltanto
che
,
proprio
perché
i
vissuti
sono
gli
stessi
e
solo
la
sintassi
è
diversa
,
possiamo
concludere
che
la
distinzione
fra
il
sogno
e
la
vita
che
chiamiamo
"
reale
"
c
'
è
certamente
,
sia
pure
in
via
di
definizione
convenzionale
.
Indubbiamente
una
tale
distinzione
è
essenziale
per
giustificare
l
'
intenzionalità
delle
nostre
azioni
,
il
loro
progetto
,
la
loro
concatenazione
,
il
loro
successo
.
Nel
sogno
ci
sono
ben
poche
intenzionalità
e
concatenazioni
logiche
(
se
pure
in
qualche
misura
ci
sono
)
.
Ma
perché
mai
quello
che
è
così
importante
per
il
nostro
agire
dovrebbe
proprio
incidere
anche
sul
nostro
immaginare
,
sul
nostro
proiettarsi
all
'
esterno
per
esprimersi
,
magari
in
quel
modo
che
chiamiamo
artistico
?
Sembra
una
costrizione
artificiosa
.
Come
non
comprendere
e
non
giustificare
il
desiderio
di
evadere
da
tale
costrizione
?
Quel
desiderio
c
'
è
,
c
'
è
sempre
stato
e
si
è
manifestato
in
tanti
modi
.
"
Je
crois
à
la
résolution
future
de
ces
deux
états
,
en
apparence
si
contradictoires
,
que
sont
le
rêve
et
la
réalité
,
en
une
sorte
de
réalité
absolue
,
de
surréalité
,
si
l
'
on
peut
ainsi
dire
"
[
"
Io
credo
alla
risoluzione
futura
di
questi
due
stati
,
in
apparenza
così
contraddittori
,
che
sono
il
sogno
e
la
realtà
,
in
una
sorta
di
realtà
assoluta
,
di
surrealtà
,
se
così
si
può
dire
"
]
.
Così
scriveva
Breton
nel
primo
manifesto
del
surrealismo
.
Certo
qualcuno
osserverà
pedantemente
che
il
surrealismo
è
datato
.
E
che
vuol
dire
?
Tutto
è
datato
in
questo
mondo
,
anche
noi
siamo
datati
.
Quello
che
importa
sapere
è
se
quel
desiderio
di
evasione
che
portò
al
surrealismo
ebbe
e
ha
tuttora
le
sue
ragioni
.
Le
ha
.
A
proposito
dello
strano
dialogo
che
si
era
svolto
fra
Bartoni
e
Chicco
,
è
suggestivo
ricordare
che
nel
citato
manifesto
Breton
così
si
esprime
(
e
ora
sarebbe
pedante
riportarlo
in
francese
)
:
"
È
ancora
al
dialogo
che
le
forme
del
linguaggio
surrealista
si
adattano
meglio
.
In
esso
due
pensieri
si
affrontano
;
mentre
l
'
uno
si
porge
,
l
'
altro
si
occupa
di
esso
,
ma
come
se
ne
occupa
?
Supporre
che
lo
incorpori
sarebbe
ammettere
che
per
un
certo
tempo
gli
sia
possibile
vivere
tutto
intero
in
quell
'
altro
pensiero
,
ciò
che
è
sommamente
improbabile
[...]
.
La
mia
attenzione
[...]
tratta
il
pensiero
avversario
,
come
nemico
:
nella
conversazione
corrente
,
lo
'
riprende
'
quasi
sempre
sulle
parole
,
sulle
figure
di
cui
si
serve
;
mi
mette
in
grado
di
trarne
partito
nella
replica
snaturandole
"
.
Tutto
questo
certamente
non
è
datato
e
rimane
invece
attualissimo
.
Quante
volte
,
vuoi
nell
'
animata
tavola
rotonda
politica
in
televisione
,
vuoi
nella
conversazione
fra
amici
,
gl
'
interlocutori
dovrebbero
rendersi
conto
che
stanno
sviluppando
un
happening
surrealista
!
Ma
un
simile
sospetto
nemmeno
li
sfiora
.
Stanno
bucando
a
grandi
colpi
la
realtà
,
credendo
di
avere
i
piedi
ancora
posati
sulla
terra
.
Ma
torniamo
al
nostro
assunto
principale
.
Non
poco
dell
'
eredità
surrealista
viene
raccolta
da
Beckett
e
in
genere
dal
teatro
dell
'
assurdo
.
Aspettando
Godot
,
con
il
dialogo
fra
Estragon
e
Vladimir
,
come
pure
con
l
'
apparizione
di
Pozzo
che
tiene
Lucky
legato
al
guinzaglio
,
ci
ricorda
appunto
tante
situazioni
già
viste
e
non
viste
,
tante
parole
ascoltate
e
non
ascoltate
,
una
realtà
che
è
la
nostra
,
ma
non
esattamente
la
nostra
.
Ci
fa
quasi
sentire
rimorso
di
vivere
in
un
mondo
che
noi
chiamiamo
sensato
,
semplicemente
perché
gli
assegnamo
una
nostra
sintassi
.
Non
stiamo
forse
costringendo
il
mondo
e
noi
stessi
in
una
sorta
di
prigione
?
Perché
non
spiare
attraverso
la
nostra
stretta
finestra
lo
sconfinato
,
variegato
pullulare
di
tutti
i
mondi
possibili
?
Facciamo
attenzione
.
Nessuno
potrebbe
rivendicare
come
un
"
progresso
"
il
trasferimento
generalizzato
di
tutta
la
nostra
vita
nell
'
assurdo
.
Ci
condanneremmo
a
non
poter
agire
proficuamente
,
in
una
parola
,
all
'
annientamento
.
Eppure
è
certo
che
,
aprendo
la
mente
all
'
infinito
ventaglio
di
possibilità
da
noi
concepibili
,
anche
se
non
realizzate
,
arriviamo
ad
approfondire
la
conoscenza
di
noi
stessi
.
Sorprendiamo
in
noi
facoltà
insospettate
,
recessi
mai
abbastanza
esplorati
.
Inoltre
arricchiamo
-
e
forse
rendiamo
più
tollerabile
-
la
nostra
vita
,
accompagnandola
e
circondandola
con
quell
'
immenso
svolazzo
variopinto
di
tutti
i
mondi
assurdi
.
Il
razionale
è
certamente
il
pane
della
nostra
vita
;
senza
di
esso
moriremmo
.
Ma
l
'
assurdo
è
il
companatico
.
Se
non
vi
fosse
l
'
assurdo
,
la
vita
perderebbe
sapore
e
non
varrebbe
la
pena
di
essere
vissuta
.
In
un
certo
senso
sarebbe
come
trovarsi
al
di
dentro
del
meccanismo
di
un
orologio
.
Non
ci
resterebbe
che
aspettare
senza
alcuna
trepidazione
o
meraviglia
l
'
inesorabile
scorrere
dei
minuti
e
il
battere
delle
ore
.
I
film
che
non
di
rado
anche
i
registi
apprezzabili
ci
propinano
oggi
sembrano
avere
un
nucleo
più
o
meno
centrale
ragionevole
(
o
quasi
)
e
poi
tutto
un
contorno
assolutamente
assurdo
.
Nessuno
se
ne
cura
:
prima
di
tutto
perché
ciò
che
veramente
interessa
lo
spettatore
medio
è
quello
che
abbiamo
chiamato
il
nucleo
centrale
della
vicenda
;
in
secondo
luogo
perché
anche
chi
assume
un
atteggiamento
più
sensato
sa
bene
che
i
nuclei
centrali
della
vita
nuotano
sempre
in
un
mare
di
assurdo
.
Da
un
punto
di
vista
esistenziale
,
in
tutto
quello
che
intraprende
un
essere
umano
c
'
è
una
parte
di
razionale
e
una
buona
dose
di
assurdo
.
La
stessa
continua
scelta
di
quello
che
ci
sembra
proficuo
e
ragionevole
è
,
in
fondo
,
assurda
,
perché
prima
o
poi
,
qualunque
cosa
facciamo
o
non
facciamo
,
approderemo
inesorabilmente
allo
scacco
finale
.
La
soddisfacente
propagazione
dei
nostri
geni
è
un
fine
giustamente
perseguito
dalla
natura
.
Ma
in
che
modo
riguarda
veramente
noi
e
il
nostro
intimo
?
Tutto
questo
ragionamento
attorno
all
'
assurdo
ha
certamente
del
vero
;
ma
guardiamoci
dal
dargli
una
sopravvalutazione
addirittura
ontologica
,
che
non
può
proprio
sostenere
.
"
Credo
quia
absurdum
"
è
affermazione
...
assurda
,
perché
è
intesa
a
inquadrare
in
quella
stessa
sintassi
,
della
quale
noi
ci
serviamo
per
parlare
di
ciò
che
chiamiamo
"
reale
"
,
concetti
che
invece
le
sono
assolutamente
refrattari
.
È
solo
un
solenne
pasticcio
.
10
.
Il
mezzo
è
ambiente
E
perché
poi
Chicco
-
e
un
'
infinita
turba
di
sciocchi
,
ma
anche
di
non
sciocchi
,
con
lui
-
parla
in
quel
modo
?
Qual
è
la
spiegazione
di
quel
pullulare
di
fastidiosi
linguaggi
,
come
il
burocratese
,
il
politichese
,
il
televisese
(
ma
anche
il
culturese
)
,
che
inesorabilmente
ci
perseguitano
?
Perché
si
affermano
tutte
quelle
squallide
parole
e
frasi
fatte
,
che
non
vogliono
dir
nulla
,
o
addirittura
significano
il
contrario
di
quello
che
vorrebbero
?
Perché
tutti
quegl
'
insulsi
riempitivi
del
discorso
?
Bisogna
forse
cominciare
col
distinguere
i
vari
individui
e
le
varie
situazioni
.
Prendiamo
,
per
esempio
,
il
burocratese
.
Esso
,
anche
se
è
diventato
particolarmente
insopportabile
ai
giorni
nostri
,
ha
origini
e
motivazioni
che
vengono
da
ben
lontano
.
Infatti
esso
ha
certamente
molto
in
comune
col
linguaggio
ieratico
.
Quello
che
viene
dall
'
alto
ed
è
pronunciato
in
nome
di
un
'
indiscussa
autorità
suprema
non
può
essere
rivestito
delle
usuali
parole
del
volgo
profano
.
Far
parlare
quell
'
autorità
come
parlano
i
comuni
mortali
sarebbe
quasi
una
mancanza
di
rispetto
.
Scherza
coi
fanti
,
ma
lascia
stare
i
santi
.
Naturalmente
una
volta
si
trattava
quasi
esclusivamente
delle
parole
di
Dio
e
dei
suoi
sacerdoti
.
Ma
bisogna
riconoscere
che
in
questo
campo
-
almeno
nella
religione
cattolica
-
si
sono
fatti
molti
passi
avanti
.
L
'
abbandono
del
latino
,
che
tuttora
non
pochi
deplorano
,
si
è
reso
necessario
semplicemente
perché
esso
non
era
più
soltanto
una
lingua
ieratica
,
ma
era
diventato
una
lingua
assolutamente
incomprensibile
per
la
stragrande
maggioranza
dei
fedeli
!
E
giustamente
si
è
voluto
che
per
essi
la
trasmissione
di
un
messaggio
di
elevatissimo
contenuto
morale
non
si
riducesse
alla
pura
emissione
di
suoni
senza
senso
.
Certo
non
è
detto
che
all
'
orante
sia
sempre
sgradita
l
'
emissione
di
suoni
senza
senso
:
a
volte
ha
una
funzione
altamente
consolante
anche
quella
.
In
tutte
le
religioni
esistono
formule
assolutamente
prive
di
senso
,
che
vengono
ripetute
con
grande
fiducia
da
tutti
i
fedeli
in
coro
.
E
del
resto
non
è
affatto
sicuro
che
il
fedele
,
anche
quando
vuoi
capire
qualcosa
di
quello
che
gli
viene
dall
'
alto
,
desideri
intendere
proprio
tutto
...
Anzi
,
a
volte
la
sua
concezione
del
"
sacro
"
esige
proprio
il
contrario
.
È
nota
la
storiella
del
buon
villico
che
,
tornato
dalla
messa
celebrata
dal
nuovo
parroco
del
paese
,
fu
interrogato
sull
'
impressione
che
gli
aveva
fatto
la
predica
di
quel
personaggio
.
Non
mi
è
piaciuta
,
disse
candidamente
:
si
è
capito
tutto
!
Oggi
le
cose
sono
alquanto
cambiate
,
non
tanto
perché
le
religioni
stesse
siano
sentite
in
modo
diverso
da
una
volta
-
il
che
ci
sembra
innegabile
-
ma
anche
perché
sono
nati
e
si
sono
rafforzati
gli
stati
laici
.
Ormai
la
suprema
autorità
che
tutti
devono
riconoscere
è
quella
dello
stato
,
che
inesorabile
insegue
ognuno
di
noi
con
documenti
,
identificazioni
,
certificazioni
,
notificazioni
,
assolutamente
indispensabili
per
vivere
.
Anche
quando
non
si
tratta
di
un
"
Grande
Fratello
"
,
è
sempre
lui
che
ci
dà
il
diritto
di
nascere
,
di
morire
,
di
esistere
,
di
possedere
,
che
ci
provvede
dei
necessari
trasporti
,
delle
cure
sanitarie
,
delle
protezioni
(
o
persecuzioni
)
poliziesche
.
Con
lo
stato
non
si
scherza
;
e
per
questo
non
si
può
parlare
la
lingua
volgare
di
tutti
i
giorni
.
I
suoi
biglietti
non
si
timbrano
,
bensì
si
obliterano
,
i
suoi
treni
non
effettuano
servizio
viaggiatori
,
ma
lo
disimpegnano
(
forse
andando
a
ritirarlo
al
Monte
di
Pietà
)
;
e
così
via
,
con
un
ormai
lunghissimo
e
tedioso
elenco
,
noto
a
tutti
.
Ma
,
intendiamoci
,
lo
stato
si
comporta
anche
da
padre
pietoso
,
preoccupato
di
risparmiare
umiliazioni
terminologiche
ai
suoi
sudditi
meno
fortunati
:
ed
ecco
così
i
"
non
vedenti
"
,
i
"
non
udenti
"
,
i
"
non
deambulanti
"
.
Aspettiamo
da
un
momento
all
'
altro
anche
i
"
non
pensanti
"
.
Per
quanto
riguarda
il
politichese
,
in
gran
parte
le
cause
sono
simili
a
quelle
elencate
per
il
linguaggio
ieratico
e
per
il
burocratese
.
Anche
il
politichese
è
un
linguaggio
ieratico
,
in
cui
la
supposta
magia
della
formula
pretende
eludere
-
e
in
parte
,
diciamo
la
verità
,
ci
riesce
-
la
mancanza
di
qualsiasi
riferimento
a
concreti
provvedimenti
o
ad
azioni
da
intraprendere
.
Il
messaggio
unico
,
essenziale
,
che
l
'
uditore
deve
percepire
,
è
:
votate
per
me
e
sostenetemi
al
governo
;
tutto
il
resto
conta
ben
poco
.
Ma
il
linguaggio
involuto
,
incomprensibile
,
del
politico
ha
il
vantaggio
di
lasciare
la
porta
aperta
a
ogni
possibile
cambio
di
direzione
nel
prossimo
futuro
;
oppure
-
e
soprattutto
-
all
'
assoluta
mancanza
di
direzione
.
Non
tutti
gli
uomini
pubblici
sono
così
sprovveduti
come
si
dice
:
invece
molti
politici
conoscono
bene
l
'
efficacia
di
parlare
in
un
certo
modo
.
Di
sfuggita
abbiamo
accennato
anche
al
culturese
.
Non
vogliamo
assolutamente
inoltrarci
nella
sua
stupida
e
abusata
convenzionalità
.
Eppure
...
come
rinunciare
a
nominare
almeno
l
'
insopportabile
chiave
di
lettura
?
Davvero
si
legge
con
le
chiavi
?
Tornando
al
nostro
argomento
generale
,
bisogna
tener
conto
del
fatto
che
tutti
muoiono
dalla
voglia
di
esprimersi
,
di
parlare
o
di
scrivere
;
ma
si
vergognano
di
usare
una
lingua
semplice
,
non
artefatta
,
per
il
timore
di
apparire
banali
e
non
à
la
page
.
Ed
è
spesso
questo
timore
che
li
spinge
a
imbarcarsi
in
imprese
più
grandi
di
loro
,
per
le
quali
non
sono
affatto
preparati
.
Fatto
sta
che
parlare
o
scrivere
bene
è
difficilissimo
.
Rendere
chiaramente
un
pensiero
con
parole
essenziali
e
frasi
brevi
è
un
compito
quanto
mai
arduo
,
che
costa
tempo
,
fatica
e
lungo
esercizio
.
Splendida
l
'
uscita
di
Pascal
(
Les
provinciales
)
,
che
si
scusava
di
aver
fatto
una
lettera
troppo
lunga
,
soltanto
perché
non
aveva
avuto
il
tempo
di
farla
più
corta
!
Naturalmente
è
inutile
ripetere
per
l
'
ennesima
volta
che
,
almeno
per
quanto
riguarda
lo
sviluppo
della
capacità
di
esprimersi
in
quel
modo
,
la
nostra
scuola
è
un
fallimento
.
Viene
il
sospetto
-
o
più
che
il
sospetto
-
che
a
volte
proprio
essa
insegni
a
usare
come
indispensabili
i
paroloni
e
i
periodoni
.
Chi
non
ricorda
la
sofferenza
dello
scolaro
che
,
prima
di
consegnare
il
compito
scritto
di
quella
materia
che
viene
chiamata
italiano
,
si
accorge
di
aver
compilato
soltanto
due
paginette
?
(
Ma
,
a
proposito
,
che
c
'
entra
in
questo
l
'
italiano
?
In
tedesco
o
in
arabo
non
sarebbe
lo
stesso
?
)
E
chi
teme
di
non
riuscire
a
fare
abbastanza
periodoni
,
infarcisce
il
suo
elaborato
di
riempitivi
.
Non
sa
che
la
vera
arte
di
scrivere
sta
nel
saper
sintetizzare
,
anziché
nell
'
espandere
.
Ma
veniamo
ora
al
televisese
,
al
linguaggio
di
Chicco
e
di
tanti
nostri
concittadini
.
Su
di
esso
vale
la
pena
di
soffermarci
(
un
attimino
,
naturalmente
)
:
nonostante
che
tanto
sia
stato
già
detto
-
a
proposito
e
a
sproposito
-
sull
'
argomento
,
forse
ci
sono
ancora
cose
di
un
certo
interesse
da
aggiungere
.
Come
è
noto
,
il
sociologo
canadese
McLuhan
ha
espresso
a
proposito
dei
mezzi
di
comunicazione
di
massa
(
e
diciamo
pure
"
media
"
,
ma
non
l
'
orrendo
midia
!
)
l
'
opinione
che
"
il
mezzo
è
il
messaggio
"
.
Ebbene
,
se
è
davvero
così
,
prepariamoci
e
smettiamo
di
lamentarci
.
Dobbiamo
far
di
necessità
virtù
e
abituarci
.
Oggi
le
grandi
masse
,
ma
soprattutto
i
giovani
,
sono
facilmente
indotti
a
credere
che
solo
in
quel
modo
si
possa
trasmettere
un
messaggio
,
o
meglio
che
per
chi
vive
da
contemporaneo
nel
mondo
contemporaneo
non
ci
sia
altro
messaggio
da
trasmettere
all
'
infuori
di
quello
.
E
il
messaggio
,
proprio
allo
scopo
di
creare
o
preservare
un
'
identità
di
massa
,
vale
a
dire
allo
scopo
di
non
sentirsi
estranei
,
va
trasmesso
in
quelle
forme
.
Ma
forse
c
'
è
qualcosa
di
più
e
di
diverso
da
dire
.
L
'
uomo
non
vive
mai
isolato
nel
nulla
,
ma
vive
in
un
ambiente
.
Anzi
il
nulla
gli
fa
orrore
e
l
'
ambiente
gli
è
necessario
,
non
solo
per
provvedere
ai
suoi
bisogni
materiali
,
ma
anche
per
fornire
una
base
psicologica
alla
sua
identità
.
Per
essere
e
sentirsi
qualcuno
è
necessario
percepire
se
stesso
come
essere
umano
in
un
dato
ambiente
.
Del
resto
con
nessuno
sforzo
d
'
immaginazione
si
riesce
a
intuire
che
cosa
potremmo
essere
,
se
fossimo
privi
di
ambiente
.
Domandiamoci
ora
:
che
cos
'
è
l
'
ambiente
?
Di
solito
si
pensa
che
esso
sia
il
mondo
materiale
e
umano
che
ci
sta
attorno
.
Questo
è
giusto
,
ma
non
è
tutto
.
Per
vederci
più
chiaro
ricorriamo
a
qualche
esempio
.
Supponiamo
che
io
sia
malfermo
di
gambe
e
che
pertanto
ricorra
a
un
bastone
.
Dove
lo
trovo
un
bastone
?
Nell
'
ambiente
circostante
,
sia
che
raccolga
un
ramo
di
albero
,
sia
che
mi
rechi
da
un
venditore
di
bastoni
.
Dunque
il
bastone
fa
parte
dell
'
ambiente
;
ma
è
molto
diversa
la
funzione
del
bastone
da
quella
delle
mie
gambe
?
Forse
è
azzardato
dirlo
.
Supponiamo
ora
che
io
sia
meno
fortunato
e
che
,
essendomi
rotto
una
gamba
,
sia
costretto
a
ricorrere
a
una
clinica
ortopedica
,
nella
quale
mi
sostituiscono
un
pezzo
d
'
osso
con
un
materiale
artificiale
.
Quel
materiale
fa
ancora
parte
dell
'
ambiente
?
Per
quale
magia
ne
sarebbe
escluso
,
venendo
a
far
parte
di
me
stesso
,
come
le
mie
gambe
?
È
abbastanza
chiaro
ora
dove
andiamo
a
parare
,
pensando
a
protesi
sempre
più
importanti
,
alla
sostituzione
di
valvole
cardiache
,
a
tutto
un
cuore
o
ad
altri
organi
artificiali
.
E
per
chi
vive
dentro
un
tubo
metallico
che
lo
fa
respirare
artificialmente
,
il
tubo
non
è
ambiente
anch
'
esso
?
Per
questa
strada
si
arriva
facilmente
a
pensare
che
il
nostro
stesso
corpo
,
con
parti
vuoi
naturali
,
vuoi
artificiali
,
faccia
parte
dell
'
ambiente
in
cui
viviamo
.
Anzi
saremo
più
audaci
e
affermeremo
tout
court
che
il
nostro
primo
ambiente
siamo
noi
stessi
.
Quello
che
chiamiamo
il
nostro
corpo
è
il
nostro
primo
ambiente
.
Ma
,
a
scanso
di
equivoci
,
affrettiamoci
subito
a
dire
che
non
intendiamo
affatto
risuscitare
l
'
antico
dualismo
,
per
cui
noi
siamo
composti
di
anima
e
di
corpo
,
affermando
che
la
prima
abita
in
qualche
modo
nel
secondo
.
No
,
il
nostro
assunto
è
diverso
:
vogliamo
dire
che
l
'
essere
umano
è
un
tutto
che
ha
due
aspetti
inseparabili
,
due
punti
di
vista
dai
quali
può
essere
considerato
.
Quello
che
chiamiamo
ambiente
è
un
aspetto
della
sua
stessa
personalità
e
della
sua
identità
.
Oggi
si
parla
con
grande
interesse
-
e
spesso
con
grande
apprensione
-
della
possibilità
di
modificare
il
nostro
corpo
e
quindi
di
modificare
noi
stessi
.
In
realtà
non
c
'
è
nulla
di
concettualmente
nuovo
se
non
il
grado
in
cui
ci
valiamo
e
ancor
più
ci
varremo
di
questa
possibilità
.
E
la
continuazione
sempre
più
incisiva
di
una
vecchissima
impresa
.
L
'
uomo
ha
cominciato
a
modificare
se
stesso
quando
si
è
dato
a
trasformare
il
suo
ambiente
.
Quando
,
una
volta
ideato
il
linguaggio
simbolico
e
domato
il
fuoco
,
è
arrivato
(
nel
neolitico
)
a
domesticare
gli
animali
,
a
coltivare
i
campi
,
a
costruire
le
case
,
le
città
,
a
darsi
le
relazioni
e
le
istituzioni
sociali
,
ha
certo
modificato
in
modo
possente
l
'
ambiente
,
ma
allo
stesso
tempo
ha
generato
un
nuovo
tipo
di
uomo
,
assolutamente
sconosciuto
ai
suoi
predecessori
.
Si
è
dato
una
nuova
identità
.
Naturalmente
trasformazioni
di
quel
tipo
,
in
misura
maggiore
o
minore
,
si
sono
verificate
nel
corso
di
tutta
la
storia
seguente
.
Ma
forse
non
esageriamo
affermando
che
mai
sono
avvenute
nella
misura
che
oggi
abbiamo
dinanzi
agli
occhi
.
Rinunciando
alle
abbastanza
insulse
previsioni
sul
terzo
millennio
-
che
oggi
vanno
tanto
di
moda
e
che
probabilmente
sono
tutte
sbagliate
-
guardiamoci
attorno
al
tempo
presente
.
Basta
pensare
che
le
facoltà
naturali
del
nostro
corpo
sono
aumentate
a
dismisura
.
Prima
di
tutto
le
difese
contro
i
microaggressori
che
vengono
dall
'
esterno
sono
oggi
diventate
formidabili
(
anche
se
i
soliti
sciocchi
vogliono
tutto
e
subito
e
continuano
a
lamentarsi
della
inadeguatezza
della
scienza
attuale
)
.
In
secondo
luogo
la
mobilità
che
ci
era
stata
garantita
dalle
gambe
oggi
fa
ridere
.
A
proposito
,
quale
guidatore
non
sente
l
'
automobile
come
parte
del
suo
corpo
?
E
lo
specchietto
retrovisore
non
fa
,
sia
pure
all
'
indietro
,
esattamente
quello
che
fanno
i
nostri
occhi
?
Ma
davvero
tutto
quello
è
solo
ambiente
?
Tuttavia
è
innegabile
che
le
cose
più
strabilianti
sono
venute
e
stanno
venendo
dalla
parte
dei
mezzi
di
massa
e
dall
'
informatica
.
Fanno
scorrere
fiumi
di
parole
e
d
'
inchiostro
coloro
che
parlano
di
quei
mezzi
e
soprattutto
della
televisione
.
Non
si
tratta
solo
del
problema
dei
bambini
(
i
quali
,
senza
dubbio
,
vanno
cautamente
protetti
da
diseducative
e
spesso
ignobili
suggestioni
)
,
ma
anche
degli
adulti
,
che
in
media
passano
ore
e
ore
alla
televisione
.
Non
intendiamo
qui
fare
i
moralisti
a
buon
mercato
e
solo
deplorare
.
Cerchiamo
soltanto
di
prendere
atto
di
quello
che
è
avvenuto
e
delle
sue
inevitabili
conseguenze
.
Una
volta
s
'
imparava
a
parlare
dalla
famiglia
,
dalla
scuola
e
dalle
relazioni
sociali
.
In
altre
parole
,
s
'
imparava
dall
'
ambiente
nel
quale
si
cresceva
.
Oggi
s
'
impara
dalla
televisione
,
perché
la
televisione
è
ambiente
.
Ma
lasciamo
stare
le
lamentele
più
o
meno
filologiche
e
destinate
a
estinguersi
di
chi
è
stato
(
se
non
altro
,
per
ragioni
di
età
)
educato
in
modo
ben
diverso
.
Non
fingiamo
d
'
ignorare
che
l
'
ambiente
è
parte
dell
'
identità
dell
'
essere
umano
!
È
per
questo
che
voler
costringere
l
'
uomo
comune
a
parlare
una
lingua
diversa
dal
televisese
è
come
costringerlo
a
privarsi
di
una
parte
della
sua
identità
.
È
quasi
una
crudeltà
inutile
.
E
come
costringere
un
orso
ad
andare
in
bicicletta
in
un
circo
,
un
gatto
ad
abbaiare
,
una
rondine
a
non
fare
il
nido
.
L
'
ascolto
della
televisione
-
anzi
spesso
il
mero
rumore
della
televisione
accesa
-
è
come
il
nido
che
dà
a
tanti
un
senso
di
sicurezza
,
la
riprova
di
essere
se
stessi
e
di
essere
a
casa
.
Mille
esempi
potrebbero
suffragare
l
'
opinione
che
l
'
ambiente
è
parte
essenziale
e
irrinunciabile
della
nostra
identità
.
Se
ne
accorge
amaramente
Mattia
Pascal
di
Pirandello
,
che
,
illusosi
di
essere
ufficialmente
scomparso
per
sempre
e
di
essere
diventato
veramente
Adriano
Meis
,
scopre
che
nel
nuovo
ambiente
non
gli
è
concesso
in
nessun
modo
di
vivere
.
Pentito
,
tenta
di
tornare
indietro
,
ma
non
gli
è
permesso
nemmeno
di
riacquistare
l
'
identità
di
Mattia
Pascal
,
semplicemente
perché
l
'
ambiente
che
aveva
lasciato
non
è
più
quello
;
fra
l
'
altro
la
moglie
si
è
risposata
.
Qual
è
allora
la
vera
identità
di
quel
povero
essere
umano
?
Ma
torniamo
al
televisese
.
Prima
di
tutto
è
difficile
ignorare
quel
pullulare
di
parole
inglesi
-
e
non
inglesi
-
smozzicate
e
mal
pronunciate
,
che
caratterizza
l
'
espressione
verbale
dei
cosiddetti
giovani
d
'
oggi
(
i
quali
spesso
non
sono
nemmeno
giovani
)
.
Forse
è
un
po
'
da
miopi
ribellarsi
a
questo
fenomeno
;
non
stiamo
noi
oggi
assistendo
allo
stabilirsi
di
una
specie
di
koiné
mondiale
?
Ora
,
a
parte
qualsiasi
considerazione
estetica
-
che
allo
stato
attuale
sarebbe
soltanto
disastrosa
,
in
quanto
si
sa
che
i
gusti
possono
cambiare
-
non
ha
essa
il
sicuro
merito
di
essere
appunto
una
lingua
comune
?
È
troppo
presto
per
pronunciarsi
;
tuttavia
non
dimentichiamo
che
spesso
la
lingua
elegante
di
oggi
è
scaturita
dalla
lingua
errata
e
volgare
(
ma
vivacemente
espressiva
)
di
ieri
.
Tuttavia
c
'
è
anche
un
altro
fenomeno
importante
da
segnalare
.
Il
televisese
comincia
ad
abbondare
,
non
solo
nella
lingua
dei
cosiddetti
sciocchi
e
ignoranti
,
ma
si
sta
insinuando
inesorabile
anche
nell
'
espressione
di
parlatori
e
scrittori
colti
.
Sta
persino
forzando
la
penna
dei
migliori
e
più
forbiti
giornalisti
.
È
una
penetrazione
subdola
,
perché
basata
su
locuzioni
che
,
pur
non
essendo
necessariamente
errate
,
andrebbero
usate
solo
quando
aderiscono
perfettamente
al
pensiero
che
si
vuole
esprimere
.
Oggi
invece
non
è
così
:
esse
stanno
acquistando
una
fastidiosa
frequenza
in
contesti
nei
quali
non
tornano
affatto
a
pennello
,
ingenerando
non
solo
tolleranza
,
ma
addirittura
abitudine
.
Ne
abbiamo
già
dato
qualche
esempio
con
:
"
esatto
"
,
"
nei
confronti
di
"
,
"
essere
raggiunto
da
un
provvedimento
"
,
"
consentire
"
,
"
fare
un
gran
parlare
"
,
"
mettere
in
ginocchio
"
,
"
basso
profilo
"
,
"
buon
giorno
e
buona
giornata
"
,
"
così
tanto
"
,
"
in
buona
sostanza
"
;
e
mille
altri
ne
potremmo
aggiungere
,
come
è
ben
noto
a
tutti
.
In
quei
casi
non
si
tratta
affatto
di
sacrificare
l
'
eleganza
allo
scopo
supremo
di
riuscire
un
giorno
a
conquistare
una
koiné
mondiale
.
Si
tratta
invece
di
creare
agli
ascoltatori
italiani
un
ambiente
confusionario
e
di
cattivo
gusto
,
dal
quale
usciranno
inesorabilmente
plasmati
.
A
proposito
di
koiné
falsa
e
buffonesca
,
è
difficile
tacere
di
alcuni
autentici
mostri
che
hanno
preso
dimora
stabile
fra
noi
,
come
se
realmente
esistessero
al
di
fuori
dei
nostri
confini
,
con
quei
significati
che
noi
-
e
soltanto
noi
!
-
gli
attribuiamo
:
esempio
tipico
è
il
"
pullman
"
.
(
George
Pullman
era
semplicemente
quel
signore
che
alla
fine
dell
'
Ottocento
inventò
le
carrozze
ferroviarie
lussuose
e
con
letti
,
carrozze
che
da
lui
presero
il
nome
.
)
11
.
Aspettando
Quanto
al
Godot
di
Beckett
,
egli
rappresentò
la
scoperta
-
tanto
rilevante
quanto
...
ovvia
-
di
un
personaggio
essenziale
nella
vita
umana
.
Tutti
,
senza
eccezione
,
attendiamo
Godot
,
senza
averlo
mai
visto
e
senza
avere
la
minima
idea
di
chi
veramente
egli
sia
.
È
una
presenza
nascosta
che
ci
aiuta
a
vivere
,
o
meglio
ci
costringe
a
vivere
.
Vivere
è
un
'
attesa
,
è
una
continua
proiezione
in
un
futuro
,
che
,
proprio
perché
mai
raggiunto
e
visto
in
faccia
,
ci
permette
di
perpetuare
le
illusioni
:
quelle
illusioni
che
sono
i
I
nostro
nutrimento
,
il
nostro
carburante
.
In
realtà
non
di
rado
crediamo
di
sapere
bene
chi
o
che
cosa
stiamo
aspettando
.
In
tal
caso
di
solito
l
'
attesa
non
è
gradita
e
la
reputiamo
uno
dei
mali
di
quel
mondo
in
cui
l
'
umanità
è
costretta
a
vivere
suo
malgrado
.
Attendiamo
quando
facciamo
la
coda
in
un
ufficio
,
quando
dobbiamo
essere
ricevuti
da
un
dentista
,
quando
il
nostro
treno
ha
ritardo
,
quando
la
giuria
è
in
camera
di
consiglio
,
quando
deve
iniziare
uno
spettacolo
;
e
in
mille
altre
occasioni
.
La
sofferenza
dell
'
attesa
si
è
acutizzata
in
modo
esasperante
nell
'
epoca
moderna
,
ma
,
come
è
ovvio
,
non
è
nata
oggi
.
È
una
costante
della
condizione
umana
.
Attende
Penelope
,
attende
Butterfly
...
L
'
attesa
è
così
universalmente
reputata
spiacevole
,
che
si
è
istituita
nella
società
una
regola
di
precedenza
,
che
stabilisce
chi
deve
aspettare
l
'
altro
.
Specie
nel
caso
che
l
'
atteso
sia
un
personaggio
importante
,
guai
a
trasgredirla
.
Anzi
,
in
tal
caso
si
pretende
perfino
,
per
sicurezza
,
che
la
sofferenza
di
chi
aspetta
sia
lunga
.
Si
narra
(
ma
probabilmente
è
una
leggenda
)
che
una
volta
Luigi
XIV
,
arrivando
soltanto
un
momento
dopo
i
gentiluomini
che
aveva
convocato
in
udienza
,
esclamò
corrucciato
:
"
J
'
ai
failli
attendre
!
"
,
c
'
è
mancato
poco
che
dovessi
aspettare
.
Ma
non
aspettano
solo
gl
'
individui
.
Aspettano
anche
i
gruppi
,
i
partiti
,
i
popoli
,
gli
stati
.
Molto
spesso
ne
va
della
stessa
identità
della
loro
aggregazione
,
che
andrebbe
perduta
se
mancasse
l
'
attesa
.
Basta
pensare
a
tutte
le
minoranze
che
-
a
ragione
o
a
torto
-
si
sentono
oppresse
e
conculcate
e
attendono
l
'
emancipazione
:
è
il
caso
dei
diversi
per
etnia
,
per
colore
,
per
lingua
,
per
inclinazioni
sessuali
,
degl
'
irredentisti
,
degl
'
indipendentisti
di
ogni
tipo
,
o
per
converso
degli
espansionisti
.
Attendono
i
curdi
,
i
baschi
,
i
ceceni
,
i
palestinesi
,
gl
'
israeliani
,
i
corsi
,
i
catalani
,
i
sudtirolesi
;
e
purtroppo
l
'
elenco
non
finirebbe
mai
.
Eppure
per
tutti
costoro
la
sofferenza
dell
'
attesa
è
insieme
una
colla
che
unisce
e
una
ragione
di
vita
.
Molti
di
loro
,
cessata
in
qualche
modo
l
'
attesa
,
si
domanderebbero
qual
è
il
senso
del
loro
esistere
come
gruppo
.
E
che
dire
di
coloro
che
per
secoli
hanno
aspettato
il
Messia
o
il
suo
ritorno
,
l
'
Apocalisse
,
il
Giudizio
universale
?
L
'
essere
umano
è
costretto
per
sua
natura
a
guardare
al
futuro
e
a
credere
che
l
'
essenziale
sia
ancora
da
completare
.
Alcuni
attendono
una
radiosa
meta
sociale
,
come
il
sole
dell
'
avvenire
.
Altri
ipotizzano
che
sia
l
'
uomo
stesso
a
non
aver
ancora
raggiunto
lo
stadio
finale
:
"
l
'
uomo
è
qualcosa
che
deve
essere
superato
"
(
Nietzsche
)
.
Perché
l
'
uomo
è
tanto
legato
all
'
idea
di
futuro
e
alla
relativa
attesa
?
In
fondo
l
'
uomo
è
un
prodotto
dell
'
universo
.
Ma
l
'
Universo
,
nel
quale
siamo
nati
e
nel
quale
ci
troviamo
a
vivere
volenti
o
nolenti
,
è
imperturbabile
:
non
distingue
l
'
ieri
dal
domani
,
e
in
nessun
modo
privilegia
l
'
oggi
.
Tutti
gl
'
istanti
sono
eguali
e
non
ne
esiste
uno
particolarissimo
da
chiamare
ora
.
L
'
Universo
non
attende
affatto
un
suo
completamento
,
che
non
avrebbe
alcun
senso
.
Noi
abbiamo
inventato
l
'
ora
"
e
il
"
domani
"
,
concetti
assolutamente
indefinibili
in
termini
puramente
fisici
,
cioè
senza
fare
intervenire
di
volta
in
volta
il
nostro
orizzonte
temporale
,
il
nostro
esserci
.
Ma
ora
sarà
opportuno
distinguere
il
microscopico
dal
macroscopico
.
Il
corpo
umano
-
compreso
il
cervello
-
è
un
complesso
macroscopico
,
composto
da
miliardi
di
miliardi
di
atomi
e
molecole
.
Qualcuno
ritiene
che
l
'
uomo
non
sia
costituito
soltanto
da
quelle
cose
;
ne
prendiamo
atto
,
tuttavia
non
intendiamo
impegnarci
qui
in
un
dibattito
metafisico
o
addirittura
teologico
.
In
ogni
caso
,
quello
che
nessuno
avrà
il
coraggio
di
negare
è
che
l
'
uomo
sia
anche
un
complesso
d
'
innumerevoli
particelle
.
Come
già
fu
notato
,
i
corpi
della
microfisica
,
quali
gli
atomi
,
le
molecole
o
le
particelle
subatomiche
,
non
invecchiano
,
non
sentono
il
passare
del
tempo
,
non
hanno
un
"
ora
"
;
oppure
possiamo
dire
che
per
loro
è
sempre
ora
,
in
quanto
la
loro
aspettazione
di
vita
è
sempre
la
stessa
.
Se
sopravvivono
a
una
(
impredicibile
)
disintegrazione
,
il
loro
futuro
è
identico
al
passato
,
nel
senso
che
non
c
'
è
barba
d
'
uomo
che
possa
distinguere
un
loro
stato
futuro
da
uno
stato
del
passato
.
I
corpi
macroscopici
invece
si
comportano
in
modo
diverso
.
Sono
soggetti
alla
seconda
legge
della
termodinamica
:
quando
sono
chiusi
e
isolati
,
la
loro
entropia
-
ovvero
il
disordine
complessivo
dei
loro
componenti
-
va
aumentando
.
Un
organismo
vivente
non
è
certo
un
sistema
chiuso
e
isolato
:
è
invece
aperto
,
in
quanto
scambia
continuamente
materia
,
energia
e
informazione
con
l
'
ambiente
esterno
.
In
tali
condizioni
non
sono
da
escludere
fenomeni
di
autorganizzazione
,
nei
quali
nasce
spontaneamente
un
certo
tipo
di
ordine
(
Prigogine
)
.
Appunto
in
questo
modo
si
pensa
che
sia
nata
e
si
sia
sviluppata
la
vita
sulla
Terra
.
Ma
-
sia
detto
per
inciso
-
non
si
creda
che
la
seconda
legge
della
termodinamica
sia
violata
.
Se
diminuisce
l
'
entropia
in
un
certo
sistema
,
esso
riversa
entropia
(
in
misura
maggiore
)
nell
'
ambiente
circostante
e
di
conseguenza
l
'
entropia
complessiva
va
aumentando
.
A
volte
si
parla
di
freccia
del
tempo
,
intendendo
che
essa
indichi
quel
senso
in
cui
aumenta
l
'
entropia
complessiva
.
Ora
noi
viviamo
in
un
ambiente
,
a
rigore
né
chiuso
né
isolato
.
Ciononostante
il
fenomeno
di
gran
lunga
più
cospicuo
che
notiamo
e
contro
il
quale
combattiamo
una
battaglia
(
perduta
)
è
un
continuo
aumento
di
entropia
dell
'
ambiente
esterno
.
Nella
Farsaglia
di
Lucano
,
Cesare
,
che
visita
il
luogo
dove
sorgeva
Troia
,
dà
occasione
al
poeta
di
scrivere
un
magnifico
emistichio
:
"
etiam
periere
ruinae
"
.
Ma
non
c
'
illudiamo
:
anche
il
nostro
corpo
,
pur
essendo
vivente
e
sfruttando
la
sua
apertura
agli
apporti
esterni
per
tentare
in
ogni
modo
di
mantenere
l
'
ordine
dentro
di
sé
,
non
sfugge
alla
legge
dell
'
entropia
.
Le
stesse
reazioni
chimiche
,
che
mettiamo
in
opera
per
fare
quell
'
ordine
,
vanno
per
lo
più
nel
senso
entropico
voluto
dalla
natura
.
In
ogni
caso
se
,
mettendo
una
mano
nell
'
acqua
bollente
,
vedessimo
che
il
calore
passasse
dalla
mano
all
'
acqua
,
penseremmo
di
aver
perduto
la
ragione
;
invece
(
come
è
naturale
)
ci
scottiamo
.
Ci
è
psicologicamente
impossibile
liberarci
da
una
continua
soggezione
alla
freccia
del
tempo
.
Fra
l
'
altro
in
noi
si
accumulano
-
e
si
deteriorano
-
i
ricordi
del
passato
,
non
certo
quelli
dell
'
avvenire
.
In
queste
condizioni
non
possiamo
fare
altro
che
andare
sempre
in
avanti
nel
tempo
e
pensare
continuamente
all
'
avvenire
,
progettando
,
progettandoci
e
attendendo
,
ovvero
anticipando
quello
che
vivremo
.
Ben
inteso
,
ci
aspettiamo
anche
la
morte
.
Quanto
al
passato
,
il
suo
ricordo
ci
può
essere
dolce
o
triste
,
ma
siamo
sicuri
che
è
inutile
progettarlo
,
dato
che
su
di
esso
non
possiamo
intervenire
.
È
immutabile
e
scritto
per
sempre
.
Fin
dai
tempi
di
Plauto
(
Aulularia
)
è
stato
detto
:
"
Factum
illud
infectum
fieri
non
potest
"
.
Ora
,
premesse
queste
doverose
considerazioni
fisiche
sul
nostro
modo
di
vivere
,
cerchiamo
di
scavare
più
nel
profondo
dello
specifico
umano
,
così
esistenzialmente
basato
sull
'
attesa
.
Prima
di
tutto
,
se
è
vero
,
come
testé
ricordato
,
che
gli
umani
e
le
loro
associazioni
attendono
spesso
qualche
cosa
di
cui
credono
di
avere
un
'
idea
ben
precisa
,
è
anche
vero
che
per
lo
più
,
raggiunto
lo
scopo
,
sono
destinati
a
provare
un
'
amara
delusione
.
Hanno
quasi
l
'
impressione
di
una
sconfitta
,
hanno
perso
una
ragione
di
vita
,
sentono
sul
collo
l
'
alito
della
morte
.
Lo
sa
bene
quel
personaggio
di
Joyce
(
Ulisse
)
che
afferma
:
"
Fummo
sempre
fedeli
alle
cause
perse
.
Il
successo
per
noi
è
la
morte
dell
'
intelletto
e
della
fantasia
"
.
Ma
in
secondo
luogo
sta
il
fatto
che
ancora
più
spesso
ci
sentiamo
in
perpetua
attesa
,
senza
avere
nemmeno
una
minima
idea
di
che
cosa
stiamo
aspettando
.
Sono
la
noia
,
l
'
angoscia
,
che
ci
attanagliano
,
almeno
finché
una
sofferenza
-
magari
fisica
-
non
venga
a
liberarcene
.
"
Amaro
e
noia
/
la
vita
,
altro
mai
nulla
,
"
dice
Leopardi
(
A
se
stesso
)
,
non
certo
per
consolarsi
.
E
se
poi
,
credendo
di
aspettare
qualcosa
,
noi
aspettassimo
solo
noi
stessi
?
Veramente
suggestiva
è
questa
riflessione
di
Heidegger
(
Essere
e
tempo
)
:
"
l
'
Esserci
[
Dasein
,
in
sostanza
l
'
uomo
]
non
perviene
primariamente
a
se
stesso
nel
suo
poter
-
essere
più
proprio
e
incondizionato
;
al
contrario
,
prendendo
cura
[
Sorge
]
,
aspetta
se
stesso
da
ciò
che
l
'
oggetto
della
sua
cura
gli
può
offrire
o
rifiutare
"
.
E
più
in
là
riprende
:
"
Soltanto
perché
l
'
Esserci
effettivo
è
aspettantesi
il
suo
poter
-
essere
da
ciò
di
cui
si
prende
cura
,
esso
può
essere
in
attesa
e
ripromettersi
qualcosa
.
L
'
aspettarsi
deve
aver
già
sempre
aperto
l
'
orizzonte
e
l
'
ambito
di
cui
qualcosa
può
essere
atteso
.
L
'
attendere
è
un
modo
dell
'
avvenire
fondato
nell
'
aspettarsi
,
avvenire
che
si
temporalizza
autenticamente
come
anticipazione
.
Ecco
perché
l
'
anticipazione
costituisce
un
essere
-
per
-
la
-
morte
più
originario
di
quello
consistente
nell
'
attesa
della
morte
"
.
Questo
è
verissimo
.
Molto
spesso
noi
aspettiamo
;
ma
quasi
mai
aspettiamo
la
morte
.
Abbiamo
visto
come
già
Mirabeau
in
punto
di
morte
osservasse
amaramente
che
lui
moriva
da
vivo
:
se
avesse
aspettato
la
morte
,
avrebbe
aspettato
qualcosa
che
lui
non
avrebbe
mai
potuto
vedere
e
gustare
.
Il
nostro
essere
-
per
-
la
-
morte
,
per
dirla
con
Heidegger
,
è
una
modalità
costante
della
nostra
vita
,
non
uno
scopo
o
un
fine
che
inseguiamo
e
che
riusciremo
a
raggiungere
.
In
fondo
,
a
ogni
istante
noi
moriamo
e
rinasciamo
e
la
nostra
attesa
è
appunto
una
continua
attesa
di
rinascita
di
noi
stessi
.
Per
terminare
,
dopo
tante
considerazioni
non
esattamente
gioiose
sullo
scorrere
del
tempo
umano
e
sulla
nostra
perpetua
attesa
,
troveremo
forse
qualche
consolazione
ricordando
il
gentile
verso
di
Montale
:
"
ma
in
attendere
è
gioia
più
compita
"
.
12
.
Nei
giardini
di
Academo
Si
annunciava
la
primavera
in
una
splendida
giornata
mediterranea
e
le
piante
erano
già
quasi
tutte
piene
di
bocci
e
di
fiori
.
Nel
giardino
,
su
un
sedile
di
marmo
un
po
'
appartato
,
un
uomo
vigoroso
sulla
quarantina
,
con
una
notevole
barba
fluente
,
già
un
po
'
brizzolata
,
non
sembrava
prendere
parte
a
quella
festa
della
natura
.
Appoggiando
un
gomito
sul
ginocchio
e
la
testa
sulla
mano
,
rimaneva
immerso
nei
suoi
pensieri
.
Molte
domande
lo
assillavano
,
quasi
lo
tormentavano
.
La
principale
si
poteva
forse
riassumere
così
:
era
davvero
sicuro
di
essere
stato
sempre
fedele
al
suo
maestro
,
esponendone
le
idee
genuine
e
il
metodo
,
oppure
si
era
approfittato
della
celebrità
di
lui
per
diffondere
la
sua
dottrina
personale
?
E
poi
quel
Socrate
era
proprio
come
lui
lo
aveva
descritto
,
idealizzandolo
,
oppure
aveva
ragione
Aristofane
,
che
tanti
anni
prima
,
nella
commedia
Le
nuvole
,
lo
aveva
dipinto
in
termini
ben
diversi
,
tutto
intento
a
insegnare
come
si
può
con
un
po
'
di
dialettica
far
prevalere
l
'
opinione
peggiore
su
quella
migliore
?
No
,
a
chi
lo
aveva
conosciuto
bene
non
sembrava
affatto
che
le
cose
stessero
così
come
diceva
Aristofane
.
Gli
sembrava
tendenzioso
,
ingiusto
assimilare
Socrate
ai
sofisti
.
Lui
sapeva
bene
che
il
maestro
era
uno
degli
uomini
più
onesti
,
più
buoni
,
più
saggi
che
fossero
mai
esistiti
.
Ma
a
dire
il
vero
,
lo
aveva
incontrato
troppo
tardi
per
poter
smentire
con
sicurezza
Aristofane
.
Non
poteva
darsi
che
effettivamente
Socrate
in
gioventù
fosse
stato
molto
diverso
da
come
poi
lo
aveva
conosciuto
lui
e
che
a
un
dato
momento
della
vita
fosse
cambiato
in
modo
radicale
?
Non
poteva
ciò
essere
avvenuto
proprio
a
causa
del
responso
ricevuto
dall
'
oracolo
di
Delfi
,
come
del
resto
era
voce
abbastanza
comune
?
Loracolo
,
riferito
da
Cherefonte
,
aveva
sentenziato
che
Socrate
era
il
più
sapiente
degli
uomini
;
e
Socrate
,
conscio
invece
di
non
saper
nulla
,
si
era
dato
alla
ricerca
appassionata
della
verità
,
accompagnandola
con
l
'
assunzione
di
modi
di
vita
ascetici
.
L
'
asserire
che
le
cose
terrene
sono
solo
copie
imperfette
di
modelli
ideali
e
perfetti
non
aiutava
molto
.
Se
l
'
idea
di
uomo
buono
e
saggio
è
fissa
e
inattaccabile
dagli
eventi
mondani
,
quale
Socrate
era
una
copia
imperfetta
di
essa
?
Naturalmente
il
Socrate
successivo
agli
anni
della
giovinezza
.
E
perché
poi
?
Forse
che
il
ravvedersi
e
il
cambiare
avevano
un
significato
assoluto
?
Per
quale
ragione
il
poi
doveva
valere
più
che
il
prima
?
Quello
era
solo
un
pregiudizio
umano
ingiustificato
.
Fra
l
'
altro
,
se
era
così
,
un
punto
fondamentale
della
dottrina
dell
'
unità
e
stabilità
del
Bene
non
tornava
affatto
.
Qualcuno
poteva
essere
buono
in
certi
periodi
della
vita
e
pessimo
in
altri
.
Era
opinione
comune
che
gli
dèi
nell
'
Ade
premiassero
i
buoni
e
punissero
i
cattivi
.
Ma
chi
erano
i
buoni
?
Nel
mondo
delle
idee
che
importanza
poteva
avere
se
uno
era
buono
prima
o
dopo
?
Perché
continuare
a
fingere
che
gli
uomini
fossero
diversi
da
come
realmente
sono
per
natura
?
E
del
resto
quello
stesso
che
ora
seduto
sul
marmo
così
ragionava
non
si
sentiva
profondamente
cambiato
dopo
aver
fatto
quel
viaggio
nella
Grande
Ellade
,
dopo
aver
avuto
quei
colloqui
col
pitagorico
Archita
di
Taranto
,
dopo
aver
visto
a
Siracusa
come
agiva
il
tiranno
Dionigi
?
E
non
provava
anche
un
sottile
rimorso
per
quel
po
'
di
piaggeria
che
,
con
la
magra
scusa
di
cambiarlo
,
aveva
dimostrato
verso
lo
stesso
tiranno
?
Si
riprometteva
di
tornare
un
giorno
in
quelle
terre
,
per
riparare
e
imparare
ulteriormente
.
Inoltre
,
per
quanto
riguarda
il
giudizio
sulla
sofistica
,
che
cosa
vuol
dire
che
un
'
opinione
o
una
ragione
è
migliore
o
peggiore
di
un
'
altra
?
Davvero
lui
credeva
di
saperlo
?
Forse
lo
stesso
Socrate
nella
sua
grande
saggezza
non
aveva
mai
scritto
nulla
di
suo
pugno
,
proprio
perché
si
era
reso
conto
che
una
cosa
è
discutere
a
voce
su
un
concetto
e
impresa
ben
diversa
è
fissarlo
con
la
scrittura
.
Per
lui
la
saggezza
e
la
verità
consistevano
anche
-
o
soprattutto
-
nel
porre
le
giuste
domande
e
nell
'
analizzare
le
risposte
sensate
.
Nella
conversazione
,
nel
dialogo
c
'
è
sempre
una
buona
dose
di
eristica
,
di
voglia
di
vincere
e
sopraffare
l
'
avversario
,
indipendentemente
dalla
maggiore
o
minore
bontà
delle
idee
.
Ma
le
parole
volano
e
quel
peccato
si
può
perdonare
,
anzi
può
essere
di
stimolo
per
escogitare
domande
e
argomenti
sempre
migliori
;
gli
scritti
invece
restano
e
prima
o
poi
vengono
confutati
da
colui
al
quale
non
puoi
rispondere
.
L
'
importante
è
dunque
imparare
a
formulare
correttamente
le
domande
e
a
esaminare
senza
pregiudizio
tutto
il
ventaglio
delle
risposte
possibili
.
Eppure
...
non
poteva
essere
sempre
così
.
Non
molto
tempo
prima
lui
stesso
ne
aveva
dato
una
prova
inconfutabile
,
affermando
che
Socrate
era
riuscito
a
far
dimostrare
a
uno
schiavo
di
Menone
che
,
dato
un
quadrato
,
il
quadrato
costruito
sulla
sua
diagonale
ha
area
doppia
di
esso
.
Si
sentiva
sicuro
che
nessuno
in
avvenire
avrebbe
potuto
smentire
quella
prova
e
quel
risultato
.
Del
resto
nella
matematica
si
danno
centinaia
di
proposizioni
e
di
prove
assolutamente
inattaccabili
come
quella
.
Se
invece
si
voleva
dimostrare
qualche
proposizione
rispetto
alla
virtù
,
al
bene
,
al
male
...
era
un
altro
discorso
.
Ma
in
quel
mentre
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
una
ben
strana
apparizione
.
Un
bellissimo
gallo
,
urlando
e
starnazzando
con
le
penne
arruffate
,
attraversava
di
corsa
il
prato
di
fronte
,
per
poi
scomparire
fra
la
vegetazione
,
dalla
quale
subito
sfrecciava
via
un
gruppo
di
uccelli
spaventati
.
Il
filosofo
aveva
appena
alzato
le
sopracciglia
,
un
po
'
stupito
,
quando
vide
comparire
tutto
affannato
un
uomo
che
lui
conosceva
benissimo
e
che
,
a
quanto
pareva
,
inseguiva
il
gallo
.
Lo
chiamò
a
gran
voce
:
"
Critone
,
Critone
!
Che
fai
,
dove
vai
?
"
Critone
arrestò
un
momento
la
corsa
,
piuttosto
sorpreso
e
confuso
:
"
Platone
,
tu
qui
?
Lo
vedi
,
corro
perché
devo
riacchiappare
quel
gallo
.
"
"
E
perché
lo
vuoi
riacchiappare
?
"
"
Perché
lo
devo
portare
ad
Asclepio
,
come
mi
aveva
chiesto
Socrate
prima
di
morire
.
Non
ricordi
il
racconto
di
Fedone
di
Elide
,
quel
racconto
che
tu
stesso
hai
recentemente
messo
per
iscritto
?
"
Platone
ricordava
benissimo
e
forse
era
dei
pochi
che
a
suo
tempo
avevano
capito
.
Socrate
voleva
donare
il
gallo
ad
Asclepio
,
dio
della
salute
,
per
ringraziarlo
di
aver
liberato
la
sua
anima
da
quella
vera
e
propria
malattia
che
era
lo
stare
congiunta
col
corpo
.
Ma
lo
stupore
non
faceva
che
aumentare
.
"
Critone
,
sei
diventato
folle
?
Quell
'
incarico
Socrate
te
lo
dette
dodici
anni
fa
e
tu
lo
adempi
ora
?
"
"
Questo
ritardo
non
ha
nessuna
importanza
.
"
"
Come
asserisci
che
non
ha
importanza
?
"
"
Dimmi
,
Platone
:
è
vero
che
tutti
gli
dèi
sono
immortali
?
"
"
Sì
,
per
Zeus
!
"
"
E
Asclepio
non
è
un
dio
?
"
"Certamente."
"
Allora
Asclepio
è
immortale
.
"
"
Senza
dubbio
.
"
"
E
per
chi
è
immortale
dodici
anni
o
un
'
ora
non
sono
la
stessa
cosa
?
"
"
Così
sembra
anche
a
me
...
"
Ma
Critone
aveva
già
ripreso
la
corsa
dietro
al
gallo
e
stava
provocando
un
nuovo
svolazzìo
di
uccelli
in
fuga
.
Forse
non
era
male
,
perché
in
realtà
Platone
dava
l
'
impressione
di
esser
rimasto
quasi
senza
parole
.
Era
veramente
colpito
da
come
Critone
aveva
appreso
bene
quell
'
arte
dialettica
di
interrogare
e
di
argomentare
,
insegnata
da
Socrate
.
Ormai
sembrava
che
lo
scolaro
fosse
diventato
lui
,
Platone
.
L
'
apparizione
del
gallo
e
il
fugace
scambio
di
battute
con
Critone
avevano
riportato
la
sua
mente
a
quel
tristissimo
giorno
in
cui
Socrate
,
attorniato
da
una
piccola
folla
di
ammiratori
e
di
seguaci
,
aveva
buttato
giù
in
un
sorso
la
cicuta
.
Si
sentiva
in
colpa
e
si
vergognava
.
Perché
lui
non
c
'
era
a
dare
quell
'
ultimo
saluto
al
maestro
?
L
'
affermazione
di
Fedone
"
credo
che
Platone
fosse
malato
"
era
davvero
molto
debole
.
Come
avrebbero
potuto
crederci
i
posteri
,
tanto
più
sapendo
bene
che
tali
parole
in
bocca
a
Fedone
le
aveva
poste
proprio
colui
che
aveva
scritto
il
dialogo
?
Per
disertare
un
incontro
come
quello
ci
sarebbe
voluta
una
malattia
molto
grave
,
tale
da
mettere
in
pericolo
la
sua
vita
,
qualora
fosse
uscito
di
casa
.
Ma
di
che
mai
era
malato
in
quel
lontano
giorno
un
robusto
giovane
che
al
presente
era
ancora
ben
vivo
e
vegeto
e
che
tutto
faceva
presagire
che
sarebbe
vissuto
fino
a
tarda
età
?
Forse
non
se
l
'
era
sentita
di
assistere
a
una
scena
straziante
,
in
cui
nessuno
(
tranne
Socrate
)
era
riuscito
a
trattenere
le
lacrime
.
Ma
un
vero
uomo
dovrebbe
sapere
che
esistono
anche
le
lacrime
.
In
quel
momento
Platone
vide
avanzarsi
dal
fondo
del
giardino
una
turba
di
uomini
che
discutevano
animatamente
fra
loro
e
gesticolavano
.
C
'
erano
i
pitagorici
Echecrate
di
Fliunte
,
Simmia
e
Cebete
di
Tebe
,
il
cinico
Antistene
,
Euclide
di
Megara
,
Aristippo
di
Cirene
,
Apollodoro
(
l
'
affezionatissimo
del
maestro
)
,
Ermogene
,
Critobulo
,
Ctesippo
,
Menesseno
e
tanti
altri
scolari
e
seguaci
di
Socrate
,
che
Platone
non
conosceva
o
lì
per
lì
non
riusciva
a
distinguere
.
Quelli
si
fermarono
facendo
cerchio
attorno
a
lui
,
con
aria
rispettosa
,
ma
abbastanza
decisa
.
Platone
li
guardò
un
po
'
in
silenzio
,
poi
,
sempre
benevolo
e
disponibile
,
domandò
:
"
Che
volete
,
amici
miei
?
"
Seguì
un
certo
imbarazzo
,
quindi
Cebete
si
decise
a
rompere
il
ghiaccio
e
,
facendosi
avanti
,
disse
:
"
Platone
,
or
non
è
molto
tu
hai
scritto
e
diffuso
un
nuovo
dialogo
,
in
cui
fai
raccontare
a
Fedone
le
ultime
ore
di
Socrate
.
"
"
È
vero
.
"
"
Ebbene
,
molti
di
noi
lo
hanno
letto
con
sommo
interesse
;
e
ora
ne
stavamo
discutendo
.
"
Il
volto
del
filosofo
si
illuminò
.
Anche
Platone
aveva
la
sua
vanità
e
difficilmente
nascondeva
il
desiderio
che
gli
altri
approvassero
quello
scritto
,
che
a
lui
sembrava
un
capolavoro
.
Chiese
allora
con
ansia
:
"
Ebbene
,
che
ve
ne
pare
?
"
"
Per
gli
dèi
,
ci
pare
composto
splendidamente
.
"
"
Ne
sono
lieto
.
Ma
ho
l
'
impressione
che
non
siete
venuti
a
dirmi
soltanto
questo
.
"
L
'
imbarazzo
parve
un
po
'
aumentare
.
Poi
Cebete
si
decise
a
dire
:
"
Non
ti
nascondo
che
alcune
cose
ci
hanno
lasciato
parecchi
dubbi
.
"
"
Per
Zeus
!
Ditemele
.
Che
aspettate
?
"
"
Ecco
,
alcuni
di
noi
non
sono
rimasti
convinti
da
quello
che
affermi
riguardo
all
'
anima
e
alle
sue
trasmigrazioni
da
un
corpo
a
un
altro
.
"
"
Non
mi
meraviglia
.
Ma
spiegati
meglio
.
"
"
Prima
di
tutto
sembra
nel
tuo
dialogo
che
Socrate
desse
per
scontata
quell
'
opinione
che
vuole
che
il
corpo
sia
nettamente
separato
dall
'
anima
,
benché
forse
tale
opinione
sia
tutt
'
altro
che
generalmente
accettata
nell
'
Ellade
e
che
non
sia
dimostrata
con
argomenti
abbastanza
solidi
.
Fatto
questo
,
tu
ti
affidi
troppo
facilmente
al
'
si
dice
'
[
léghetai
]
,
alle
credenze
oracolari
,
ai
miti
orfici
,
dionisiaci
,
popolari
.
Dimentichi
che
quelle
,
anche
quando
fossero
opinioni
vere
-
e
noi
non
contestiamo
che
possano
esserlo
-
non
sono
accompagnate
da
ragioni
[
lògoi
]
tali
da
dissipare
i
dubbi
.
Perfino
ai
grandi
poeti
ti
appelli
,
a
quelli
che
nel
Menone
dici
che
sono
come
gli
dèi
.
"
"
E
non
lo
sono
?
Non
hanno
i
poeti
grandi
visioni
e
divinazioni
?
"
"
A
volte
sì
.
Ma
a
volte
narrano
cose
fantastiche
e
assolutamente
incredibili
.
Immagino
che
tu
ricordi
bene
i
poemi
del
sommo
Omero
.
"
"
Come
no
?
"
"
E
credi
davvero
che
esistano
quei
giganti
con
un
occhio
solo
che
chiamano
Ciclopi
?
Ma
lasciamo
stare
Omero
.
Socrate
afferma
che
il
cigno
canta
prima
di
morire
.
Hai
tu
conosciuto
un
solo
Elleno
che
abbia
veramente
sentito
cantare
un
cigno
in
punto
di
morte
?
"
Platone
appariva
sempre
più
spazientito
e
intervenne
per
riportare
Cebete
in
argomento
:
"
Tu
stai
divagando
e
ti
dimentichi
di
che
cosa
veramente
stavamo
discutendo
.
"
"
Forse
hai
ragione
.
Ma
io
parlavo
dei
poeti
perché
mi
rammento
che
nel
Menone
tu
citi
Pindaro
,
per
suffragare
l
'
opinione
che
quando
uno
ha
trascorso
nove
anni
nell
'
Ade
,
la
sua
anima
può
tornare
alla
luce
in
un
nuovo
corpo
.
"
"
Così
è
.
"
"
Ebbene
,
oggi
Socrate
i
suoi
nove
anni
nell
'
Ade
li
ha
già
trascorsi
e
quindi
può
risorgere
dovunque
,
da
un
momento
all
'altro."
"Certo."
"
Facciamo
allora
una
qualunque
ipotesi
ammissibile
.
Supponiamo
che
fra
tre
anni
egli
rinasca
a
Stagira
e
che
lo
chiamino
Aristotele
.
"
"
Strano
nome
;
e
perché
poi
a
Stagira
?
Ma
le
ipotesi
sono
solo
ipotesi
,
ammettiamolo
pure
.
"
"
Ora
,
data
l
'
inclinazione
alla
filosofia
dimostrata
da
Socrate
nella
vita
precedente
,
è
verosimile
che
il
nuovo
individuo
che
ha
quell
'
anima
si
dia
anch
'
egli
alla
ricerca
della
verità
.
"
"
È
probabile
.
"
"
Supponiamo
che
fra
una
ventina
di
anni
Aristotele
,
ormai
cresciuto
,
entri
nella
tua
scuola
,
qui
all
'
Accademia
.
Credi
forse
che
egli
continuerà
a
insegnare
esattamente
le
stesse
cose
che
insegnava
Socrate
e
che
userà
lo
stesso
metodo
?
"
"
Questo
non
mi
sembra
da
credersi
.
"
"
O
ritieni
che
si
limiterà
a
imparare
e
a
ripetere
esattamente
le
tue
dottrine
?
"
"Nemmeno."
"
Non
è
invece
da
supporre
che
,
essendo
una
mente
di
grande
levatura
,
cambierà
qualcosa
e
aggiungerà
molti
pensieri
suoi
e
originali
?
"
"
Così
sembra
.
"
"
Ma
a
quali
reminiscenze
si
rifarà
la
nuova
dottrina
?
Forse
a
quelle
di
Socrate
o
a
quelle
di
Platone
?
Lo
abbiamo
testé
escluso
.
Allora
dovremmo
concludere
che
Aristotele
avrà
appreso
quei
pensieri
nuovi
nell
'
Ade
e
che
qualcosa
qui
sulla
Terra
gli
desterà
reminiscenza
di
essi
.
"
"
È
vero
.
"
"
Ma
mi
sai
dare
una
ragione
per
cui
quelle
dottrine
non
l
'
avessero
già
apprese
nell
'
Ade
gli
stessi
Socrate
e
Platone
?
Forse
dobbiamo
dire
che
quelle
idee
allora
non
c
'
erano
ancora
nell
'
Ade
e
che
siano
spuntate
solo
recentemente
?
"
"
No
,
no
.
Tu
sbagli
,
Cebete
.
Le
idee
ci
sono
sempre
state
tali
e
quali
nell
'
Ade
.
Tutto
quello
che
possiamo
ragionevolmente
supporre
è
che
nella
loro
vita
Socrate
e
Platone
non
abbiano
incontrato
quelle
particolari
cose
che
hanno
destato
in
Aristotele
le
sue
specifiche
reminiscenze
.
"
"
Sei
molto
astuto
,
Platone
.
Ma
supponi
ora
che
su
alcuni
ben
determinati
argomenti
Aristotele
si
pronunci
in
modo
contrario
a
Socrate
e
a
Platone
.
Che
dici
in
questo
caso
?
"
Platone
sudava
e
appariva
piuttosto
in
difficoltà
.
Ma
guarda
un
po
'
-
si
diceva
-
a
che
punto
può
portare
il
metodo
socratico
delle
domande
e
risposte
quando
è
applicato
a
me
stesso
!
Tuttavia
tentò
di
cavarsela
in
un
modo
che
,
a
vero
dire
,
non
gli
piaceva
molto
:
"
Be
'
,
se
ciò
avviene
(
ma
mi
sembra
poco
verosimile
)
vuoi
dire
che
qualcuno
di
loro
ha
ricordato
male
e
di
conseguenza
ha
avuto
una
reminiscenza
sbagliata
.
In
ogni
caso
rammentati
che
,
per
quanto
riguarda
l
'
immortalità
dell
'
anima
e
dell
'
apprendere
considerato
come
reminiscenza
,
io
ho
avanzato
non
una
sola
ragione
,
ma
tutta
una
molteplicità
di
ragioni
.
"
"
Proprio
qui
ti
volevo
.
Non
ti
sembra
che
il
dare
molte
ragioni
a
sostegno
di
una
stessa
opinione
dimostri
che
nessuna
di
esse
è
veramente
cogente
e
tale
da
togliere
ogni
dubbio
?
"
"
Confesso
che
può
apparire
così
...
"
Ma
qui
intervenne
Simmia
,
che
da
tempo
dava
segni
d
'
impazienza
:
"
No
,
Platone
.
Prima
di
passare
ad
altro
,
torniamo
alla
tua
dottrina
che
imparare
è
avere
reminiscenza
di
ciò
che
si
è
appreso
nell
'
Ade
.
Quante
volte
secondo
te
una
stessa
anima
ha
trasmigrato
da
un
corpo
a
un
altro
?
Infinite
volte
o
un
numero
finito
di
volte
?
"
"
Non
mi
sembra
che
il
numero
possa
essere
infinito
.
"
"
Certo
,
hai
ragione
.
Infatti
se
uno
fosse
passato
infinite
volte
nell
'
Ade
,
ormai
avrebbe
appreso
tutto
.
Altri
passaggi
su
e
giù
,
altre
trasmigrazioni
,
altre
dimenticanze
,
seguite
da
reminiscenze
,
sarebbero
assolutamente
inutili
;
e
gli
dèi
sarebbero
i
primi
a
non
volere
una
cosa
tanto
assurda
.
"
"
Così
pare
anche
a
me
.
"
"
Allora
supponiamo
che
si
tratti
solo
di
un
numero
finito
di
volte
.
In
tal
caso
ci
deve
essere
stata
necessariamente
una
prima
volta
.
Ma
quell
'
individuo
venuto
al
mondo
per
la
prima
volta
come
avrebbe
potuto
imparare
qualcosa
nella
sua
vita
,
dato
che
non
aveva
reminiscenza
di
nulla
?
Se
poi
si
ammette
che
già
avanti
che
nascesse
la
prima
volta
gli
fosse
stato
mostrato
dagli
dèi
tutto
il
mondo
delle
idee
,
che
necessità
ci
sarebbe
di
rinascere
tante
altre
volte
?
"
"
Simmia
,
io
ti
posso
solo
dire
che
sono
molte
le
cose
che
non
sappiamo
riguardo
alle
anime
e
agli
dèi
.
Non
per
questo
dobbiamo
smettere
d
'
indagare
e
di
ragionare
.
"
"
Non
ti
sembra
invece
che
dovremmo
smettere
d
'
indagare
quelle
cose
che
vanno
al
di
là
della
nostra
vita
e
del
mondo
sensibile
e
sulle
quali
non
avremo
mai
ulteriori
informazioni
sicure
,
ma
solo
supposizioni
?
"
"
Eppure
è
indubbio
che
ci
sono
cose
non
attestate
unicamente
dai
sensi
-
che
,
come
si
sa
,
possono
essere
fallaci
-
sulle
quali
,
ragionando
,
si
può
raggiungere
la
verità
.
Lo
può
fare
perfino
uno
schiavo
,
come
io
ho
mostrato
inconfutabilmente
nel
dialogo
intitolato
a
Menone
.
"
A
questo
punto
si
fece
avanti
con
decisione
un
nuovo
personaggio
,
che
Platone
fino
allora
non
aveva
notato
nella
folla
.
Era
un
uomo
giovanissimo
,
dalla
fronte
ampia
e
dalla
chioma
scapigliata
,
che
esclamò
:
"
Platone
,
tu
hai
le
doglie
!
"
Nell
'
udire
tali
parole
,
Platone
rimase
attonito
.
Gli
pareva
che
quel
ragazzo
fosse
un
po
'
insolente
,
ma
non
riusciva
a
sottrarsi
a
un
certo
fascino
che
emanava
da
lui
.
Domandò
un
po
'
indispettito
:
"
Chi
sei
,
giovanotto
?
"
"
Sono
Teeteto
.
"
"
Teeteto
?
Ho
udito
bene
?
"
"
Hai
udito
bene
.
"
"
Allora
saresti
quel
Teeteto
che
adolescente
,
quasi
bambino
,
discusse
con
Socrate
su
che
cosa
è
la
scienza
?
"
"
Sono
quello
.
"
"
Per
Zeus
!
Sono
proprio
felice
di
incontrarti
finalmente
.
Socrate
andava
ripetendo
che
gli
avevi
fatto
una
grande
impressione
e
pronosticava
per
te
un
brillante
avvenire
.
Diceva
che
avresti
potuto
diventare
un
eccellente
matematico
.
"
"
Sono
un
matematico
.
"
"
Sono
stato
or
non
è
molto
a
Megara
e
ancora
una
volta
Euclide
mi
ha
parlato
di
te
.
Egli
ha
preso
nota
della
tua
discussione
con
Socrate
.
Bisogna
proprio
che
un
giorno
-
forse
anche
fra
vent
'
anni
-
si
decida
a
raccontarmi
tutto
per
filo
e
per
segno
,
in
modo
che
io
possa
scriverci
un
dialogo
da
lasciare
ai
posteri
.
Ma
dimmi
,
perché
hai
affermato
quella
strana
cosa
che
io
ho
le
doglie
?
"
"
Ah
,
Platone
,
non
ricordi
in
qual
modo
procedeva
il
tuo
maestro
Socrate
?
"
"
Come
no
?
"
"
Sua
madre
Fenarete
era
una
levatrice
.
E
lui
fin
da
piccolo
era
stato
abituato
a
sapere
che
lei
aiutava
i
bambini
a
nascere
.
I
bambini
c
'
erano
già
ben
formati
nel
ventre
della
madre
,
ma
era
bene
aiutarli
a
uscire
.
Così
,
diceva
Socrate
,
si
doveva
fare
anche
per
le
idee
:
con
la
maieutica
si
deve
solo
aiutare
le
idee
a
uscire
dalla
mente
dell
'
interlocutore
.
Quello
era
il
vero
insegnamento
.
"
"
Ricordo
bene
.
Ma
perché
ora
tu
hai
usato
quell
'
espressione
parlando
di
me
?
"
"
Perché
tu
,
a
proposito
dello
schiavo
di
Menone
,
stavi
per
partorire
un
'
idea
giustissima
.
Poco
importa
ora
che
Socrate
abbia
usato
quella
che
chiamava
maieutica
.
Nelle
cose
matematiche
essa
non
è
affatto
indispensabile
;
o
per
meglio
dire
uno
può
benissimo
usarla
su
se
stesso
,
ragionando
e
tirando
fuori
le
conclusioni
giuste
.
"
"
E
allora
che
cos
'
altro
è
importante
,
secondo
te
?
"
"
Quello
che
nella
matematica
è
importante
secondo
me
è
che
quando
uno
ha
un
'
opinione
vera
,
può
far
sì
mediante
il
ragionamento
che
non
solo
lui
,
ma
anche
un
altro
-
fosse
pure
uno
schiavo
-
sia
costretto
a
riconoscere
che
è
vera
.
Altro
che
maieutica
,
altro
che
reminiscenza
(
non
ti
offendere
,
ti
prego
)
!
"
"
Allora
tu
non
credi
che
lo
schiavo
avesse
già
dentro
di
sé
quelle
nozioni
e
che
bisognasse
solo
tirarle
fuori
?
"
"
No
,
Platone
.
Io
credo
invece
che
la
mente
sana
-
sia
essa
di
un
uomo
,
di
una
donna
,
di
un
cittadino
,
di
uno
schiavo
-
sia
fatta
così
da
saper
ragionare
correttamente
sulle
cose
della
matematica
.
Per
esempio
,
io
ti
potrei
dimostrare
in
modo
inoppugnabile
che
quella
diagonale
di
cui
parlava
Socrate
è
incommensurabile
'
col
lato
del
quadrato
:
cioè
che
non
esistono
due
numeri
interi
che
stanno
fra
loro
come
la
diagonale
e
il
lato
.
Non
è
il
caso
di
farlo
qui
ora
;
ma
,
se
lo
facessi
,
sono
sicuro
che
tutti
gli
astanti
sarebbero
costretti
a
dirsi
d
'accordo."
Platone
non
sembrava
del
tutto
convinto
e
osservò
:
"
Ma
se
lo
schiavo
,
sia
pure
guidato
dalle
domande
di
Socrate
,
è
riuscito
a
dimostrare
una
proposizione
tutt
'
altro
che
facile
,
non
è
evidente
che
egli
aveva
già
visto
altrove
quelle
cose
e
che
in
un
certo
modo
le
ricordava
?
"
"
No
,
Platone
.
Lo
vedi
questo
vaso
che
ho
testé
acquistato
dal
mercante
?
"
"
Sì
,
Teeteto
;
è
molto
bello
.
"
"
Ebbene
,
questo
vaso
è
uscito
or
non
è
molto
dalle
mani
del
vasaio
e
quindi
è
da
credere
che
non
abbia
mai
contenuto
l
'
acqua
o
il
vino
.
Ma
non
credi
che
se
io
ci
verso
dell
'
acqua
o
del
vino
esso
li
conterrà
?
"
"
Non
ne
dubito
.
"
"
Forse
questo
vuol
dire
che
prima
che
lo
portassi
qui
qualcuno
,
a
mia
insaputa
,
ha
versato
dell
'
acqua
nel
vaso
e
che
esso
ora
se
ne
ricorda
?
"
Platone
si
accarezzava
nervosamente
la
barba
,
ma
Teeteto
proseguiva
implacabile
:
"
No
,
tutto
ciò
che
si
può
dire
è
che
l
'
esperto
vasaio
lo
ha
fatto
in
modo
che
potesse
contenere
i
liquidi
.
Nel
fabbricarlo
gli
ha
conferito
questa
capacità
.
Così
gli
dèi
-
o
il
Demiurgo
,
come
forse
diresti
tu
-
hanno
dotato
la
mente
umana
della
capacità
di
ragionare
correttamente
delle
cose
matematiche
.
Naturalmente
questo
non
significa
che
la
tua
opinione
che
la
diagonale
e
il
lato
del
quadrato
esistano
realmente
nel
mondo
delle
idee
sia
necessariamente
giusta
o
errata
.
"
"
Ma
perché
parli
solo
della
matematica
?
Perché
non
possiamo
ragionare
correttamente
e
in
modo
riconosciuto
inoppugnabile
da
tutti
anche
su
altre
cose
:
per
esempio
sulla
virtù
,
sulla
conoscenza
,
sulle
cose
sensibili
,
sull
'
anima
?
In
fondo
,
Critone
mi
ha
testé
fatto
un
ragionamento
che
,
anche
se
non
matematico
,
mi
sembra
inoppugnabile
.
Mi
ha
detto
:
tutti
gli
dèi
sono
immortali
,
Asclepio
è
un
dio
,
dunque
Asclepio
è
immortale
.
"
Teeteto
rimase
per
un
po
'
pensoso
,
poi
rispose
:
"
Platone
,
ti
confesso
che
io
non
so
che
dire
.
Forse
qualcuno
più
sagace
di
me
saprà
mettere
un
po
'
di
ordine
sul
nostro
modo
di
ragionare
in
generale
.
Forse
un
giorno
sarà
quell
'
ipotetico
Aristotele
,
di
cui
parlava
Cebete
,
a
classificare
bene
tutto
ciò
che
riguarda
l
'
arte
di
ragionare
correttamente
[
loghiké
téchne
]
.
Forse
fra
alcuni
secoli
qualcuno
troverà
anche
un
modo
efficace
e
convincente
di
indagare
le
cose
sensibili
.
Ma
dubito
molto
che
si
riesca
a
convincere
tutti
su
tutto
.
E
in
fondo
nemmeno
mi
dispiace
che
sia
così
.
"
A
questo
punto
intervenne
uno
straniero
,
che
tutti
guardavano
con
un
certo
rispetto
misto
a
timore
.
Si
rivolse
subito
a
Platone
con
queste
parole
:
"
Platone
,
arrivo
proprio
ora
dalla
Focide
e
vi
porto
le
ultime
divinazioni
della
Pizia
.
Credo
che
ti
dovrebbero
interessare
.
"
"
Sì
,
per
Zeus
,
parla
!
"
"
Sai
chi
sono
i
Latini
?
"
"
Mi
pare
che
un
giorno
me
ne
parlasse
Archita
di
Taranto
.
Sono
forse
quei
rozzi
e
feroci
contadini
che
abitano
molto
più
a
settentrione
di
Elea
?
Perché
dovrebbero
interessarci
?
"
"
Perché
costoro
stanno
diventando
sempre
più
forti
e
l
'
oracolo
dice
che
un
giorno
conquisteranno
tutta
l
'Ellade."
Platone
si
coprì
il
volto
con
le
mani
ed
esclamò
gemendo
:
"
Ahimè
,
sciagura
,
che
disastro
!
"
"
No
,
forse
non
sarà
un
disastro
.
Sappi
che
quei
rozzi
contadini
sono
abbastanza
intelligenti
.
Una
volta
padroni
dell
'
Ellade
,
capiranno
subito
che
la
nostra
sapienza
e
le
nostre
arti
sono
cento
volte
superiori
alle
loro
.
Allora
faranno
a
gara
a
impararle
e
poi
le
diffonderanno
in
tutto
il
mondo
.
Per
millenni
quello
che
noi
stiamo
seminando
continuerà
a
dare
meravigliosi
frutti
.
"
Il
volto
di
Platone
andava
rasserenandosi
e
il
suo
sguardo
sembrava
già
riempirsi
di
futuro
.
Poi
lo
straniero
continuò
:
"
Quanto
a
te
,
Platone
,
tu
avresti
particolare
ragione
di
rallegrarti
.
L
'
oracolo
ha
predetto
che
fra
ben
ventitré
secoli
,
in
un
'
isola
immersa
nelle
nebbie
iperboree
,
un
grande
sapiente
chiamato
Whitehead
...
"
"
Come
hai
detto
?
"
"
Sì
,
il
nome
è
impronunciabile
da
una
bocca
ellena
...
Bene
,
quel
sapiente
dirà
che
tutto
quello
che
la
filosofia
sarà
riuscita
a
produrre
nel
corso
di
quei
ventitré
secoli
sarà
soltanto
un
commento
alla
filosofia
di
Platone
!
"
Il
sommo
filosofo
non
riusciva
a
nascondere
il
suo
grande
compiacimento
.
In
quel
momento
ricomparve
Critone
,
che
trionfante
teneva
il
gallo
saldamente
per
le
zampe
.
Il
gallo
continuava
ad
agitarsi
e
a
urlare
.
Ciò
che
l
'
oracolo
non
aveva
rivelato
era
che
il
gallo
doveva
ritenersi
ben
più
fortunato
dei
due
polli
che
un
bel
giorno
un
certo
Renzo
avrebbe
portato
tenuti
per
le
zampe
;
quelli
avrebbero
continuato
a
litigare
e
a
becchettarsi
ferocemente
per
tutto
il
cammino
.
Saggistica ,
ÿþCANTÙ
E
CARMIGNANI
(
dagli
Opuscoli
di
Diritto
criminale
,
Lucca
,
1870
,
vol
.
II
,
597
ss
.
)
Cesare
Cantù
(
quel
potente
ed
infaticabile
ingegno
,
che
tanto
arrecò
di
onoranza
alla
patria
nostra
)
ha
dato
in
luce
un
frutto
novello
dei
suoi
studi
,
nel
libro
che
intitolò
Beccarìa
e
la
scienza
criminale
.
In
cotesto
scritto
l
'
illustre
autore
,
seguitando
un
sistema
altra
volta
da
lui
felicemente
sperimentato
,
prende
occasione
dalla
biografia
di
un
uomo
ad
intessere
la
storia
della
scienza
che
da
quello
si
coltivò
,
e
delle
opinioni
dei
tempi
che
lo
precedettero
,
e
lo
seguitarono
.
Così
dalla
vita
del
Beccarìa
coglie
il
Cantù
destramente
occasione
di
registrare
numerosa
serie
di
fatti
interessanti
la
scienza
penale
ed
esponendo
lo
stato
della
dottrina
che
precedette
e
susseguì
gli
scritti
del
suo
protagonista
,
viene
parlando
degli
uomini
che
poscia
meditarono
le
palpitanti
questioni
da
lui
sollevate
nel
magistero
punitivo
.
Non
intralascia
l
'
esimio
scrittore
di
esprimere
il
suo
pensiero
sulle
diverse
scuole
che
si
formarono
dipoi
nella
scienza
del
diritto
penale
;
e
di
mostrarci
sovente
come
sappia
la
sua
mente
acutissima
con
brevi
parole
demolire
una
intera
dottrina
.
Non
è
mio
intento
di
tessere
elogi
di
questo
scritto
pregevolissimo
e
benemerito
della
scienza
alla
quale
consacro
i
miei
studi
:
né
di
sindacare
le
opinioni
che
in
quello
trapelano
,
o
rilevarne
se
pur
vi
sono
i
difetti
.
Mio
solo
scopo
è
d
'
adempiere
un
sacro
dovere
di
gratitudine
.
E
in
vista
di
cotesta
cagione
spero
che
l
'
insigne
scrittore
vorrà
perdonare
alle
rispettose
mie
osservazioni
.
Evvi
in
quello
scritto
una
pagina
(
la
292
)
ove
il
Cantù
favella
di
colui
che
io
considero
come
decoro
d
'
Italia
,
luminare
e
maestro
della
dottrina
penale
:
Giovanni
Carmignani
.
Il
Cantù
,
che
tutti
novera
i
criminalisti
surti
in
Italia
fino
ai
dì
nostri
,
non
consacra
al
Carmignani
che
quella
pagina
.
Ed
anzi
la
maggior
parte
di
quella
pagina
è
ingombrata
da
una
satira
che
fu
lanciata
contro
Giovanni
Carmignani
mentre
a
Firenze
faceva
i
suoi
primi
infelicissimi
tentativi
nella
scienza
alla
quale
diede
poscia
tanto
incremento
.
Del
rimanente
non
altro
si
dice
del
Carmignani
tranne
accennare
la
sua
divergenza
con
Pellegrino
Rossi
(
al
quale
pure
il
Cantù
fa
in
altro
luogo
rimprovero
di
aver
bevuto
le
ispirazioni
francesi
da
Broglie
e
Guizot
)
ed
affermare
che
il
Carmignani
fino
al
1836
fu
un
caldo
propugnatore
della
pena
di
morte
.
Aggiungendo
che
solo
a
questo
ultimo
stadio
della
sua
vita
ei
cambiò
di
opinione
;
e
repentinamente
invitato
il
pubblico
a
straordinaria
lezione
,
si
diede
a
combatterla
.
Ora
questa
notizia
che
riferisce
il
Cantù
per
inesatte
informazioni
,
non
può
lasciarsi
inosservata
da
chi
meglio
conobbe
le
massime
insegnate
dal
professore
pisano
,
assai
difformi
da
quelle
che
si
vorrebbero
a
lui
attribuire
.
Rettificare
con
documenti
cotesto
equivoco
,
e
rivendicare
il
nome
di
quel
sapiente
dalla
taccia
di
incostanza
scientifica
,
è
un
debito
di
reverenza
in
chi
,
sebbene
indegnamente
,
siede
alla
cattedra
che
tanto
si
onorò
di
quel
grande
.
Giovanni
Carmignani
uscito
dalla
pisana
Università
con
la
laurea
dottorale
,
recavasi
per
sue
convenienze
alla
capitale
della
Toscana
e
trovava
colà
un
Ministero
,
che
impaurito
dell
'
uragano
minaccevole
d
'
oltremonte
,
ripristinava
con
la
legge
del
1795
la
pena
di
morte
,
e
riconduceva
in
generale
le
punizioni
a
più
severa
misura
.
È
naturale
in
tutti
i
Governi
,
che
promuovono
una
riforma
legislativa
,
di
cercare
attorno
qualche
scrittore
che
con
gli
elogi
suoi
si
studi
a
rendere
popolare
la
nuova
legge
,
e
persuada
il
pubblico
della
convenienza
,
e
saviezza
della
medesima
.
Se
pochi
sono
i
Legislatori
i
quali
,
ad
imitazione
del
Bavarese
,
recidano
il
pericolo
di
una
censura
con
lo
interdire
ogni
commento
sul
nuovo
codice
,
nessuno
di
loro
tollera
in
pace
la
critica
.
E
ciò
tanto
più
è
naturale
,
quanto
più
la
legge
novella
è
avversa
alle
opinioni
dominanti
nel
popolo
;
com
'
era
,
ed
è
sempre
stata
avversa
ai
toscani
la
pena
di
morte
.
E
bene
a
ragione
un
popolo
civile
doveva
osteggiare
la
pena
di
morte
.
Poiché
questa
altro
non
è
che
l
'
ultimo
residuo
della
barbara
idea
del
taglione
.
Singolare
esempio
di
pregiudizi
umani
!
Mentre
è
ormai
rejetta
la
erronea
dottrina
,
se
ne
venera
la
più
fatale
estrinsecazione
!
Nessuno
oggi
oserebbe
sul
serio
riproporre
il
taglione
come
misura
della
pena
.
E
non
si
vuol
vedere
che
la
idea
di
uccidere
l
'
uccisore
altro
non
è
che
la
prima
formula
del
taglione
!
Di
ciò
che
avvenne
il
1795
,
vedemmo
noi
stessi
ripetuto
l
'
esempio
nel
1853
alla
pubblicazione
del
nuovo
codice
penale
.
Il
Ministero
accarezza
coloro
che
elogiano
il
parto
della
sua
mente
,
come
una
tenera
madre
simpatizza
per
chiunque
rivolga
ai
suoi
bambini
parola
di
encomio
o
di
affetto
:
e
quelli
che
ambiscono
i
favori
dell
'
autorità
comprendono
ben
tosto
qual
è
la
via
che
si
deve
calcare
per
guadagnarseli
.
Narro
cosa
che
è
notoria
fra
noi
.
Anelava
il
Governo
Toscano
del
1795
trovar
modo
onde
vincere
l
'
antipatia
popolare
contro
la
pena
di
morte
.
Carmignani
ebbe
la
debolezza
di
cedere
alla
lusinga
:
ed
a
suggerimento
di
Lorenzo
Pignotti
,
pubblicò
nel
1795
a
Firenze
coi
tipi
della
Stamperia
Granducale
un
pessimo
libro
,
intitolato
Saggio
di
Giurisprudenza
criminale
:
ove
calorosamente
sostenne
la
utilità
e
la
giustizia
della
pena
di
morte
.
Ecco
il
peccato
capitale
di
Giovanni
Carmignani
:
ma
fu
il
peccato
del
giovine
dottore
,
inesperto
della
vita
;
e
balbettante
ancora
nell
'
atrio
della
scienza
.
Ma
fu
un
peccato
che
egli
pianse
amaramente
fino
a
che
visse
,
cercando
distruggere
come
poteva
ogni
esemplare
di
quel
libro
male
augurato
;
deplorando
con
gli
amici
l
'
error
giovanile
e
vergando
di
proprio
pugno
sull
'
esemplare
che
qua
si
conserva
degli
eredi
di
lui
,
solenni
parole
di
anatema
.
Ivi
in
testa
al
capitolo
quinto
,
intitolato
della
utilità
della
pena
di
morte
,
leggiamo
scritto
da
lui
-
orribile
intitolazione
!
!
Eppure
uscì
dalla
mia
penna
e
dalla
mia
mente
!
Fu
un
errore
giovanile
,
che
doveva
dirsi
redento
dai
fruttuosi
sudori
del
professore
pisano
;
e
dagli
sforzi
energici
coi
quali
combattè
sempre
i
falsi
principii
da
lui
disavvedutamente
seguitati
in
quell
'
opera
informe
.
L
'
albero
non
dee
giudicarsi
dai
frutti
immaturi
che
per
ridondanza
di
umore
vitale
egli
emetta
precocemente
,
come
l
'
uomo
non
dee
giudicarsi
sulle
aberrazioni
della
sua
giovinezza
.
Troppi
sarebbero
i
grandi
che
si
farebbero
impiccolire
,
misurandoli
col
criterio
dei
giovanili
conati
.
Chi
valutasse
l
'
Alfieri
sui
meriti
della
Cleopatra
,
lo
direbbe
un
ridicolo
tragico
.
Chi
giudicasse
Byronnei
suoi
versi
giovanili
,
direbbe
che
quel
gigante
fu
un
meschino
poeta
.
Del
resto
non
fu
tardo
il
Carmignani
a
conoscere
quella
trista
verità
,
che
chi
si
lascia
sedurre
dalle
aure
del
potere
,
se
qualche
volta
guadagna
fortuna
,
quasi
mai
profitta
nella
onoranza
e
nella
benevolenza
dei
cittadini
.
Non
solo
a
lui
piovve
addosso
il
madrigale
che
riporta
il
Cantù
,
e
che
fu
diretto
contro
il
dottore
Carmignani
e
non
contro
il
professore
pisano
;
ma
la
lepidezza
fiorentina
versò
contro
lui
un
torrente
di
satire
e
di
motteggi
,
di
cui
furon
pieni
persino
gli
angoli
delle
pubbliche
vie
.
E
fu
tale
e
tanto
il
gridare
contro
di
lui
,
che
chi
ne
meditò
allora
le
cause
,
non
iscorgendo
proporzionata
a
quelle
ire
la
inisignificanza
del
libro
,
e
la
oscurità
dell
'
autore
,
vi
riconobbe
piuttosto
una
manifestazione
contro
l
'
esoso
indietreggiare
del
governo
.
Tutt
'
altro
cuore
che
quel
di
Giovanni
sarebbesi
annientato
in
faccia
a
tanta
tempesta
.
Ma
il
Carmignani
dalla
infelicità
della
prima
esperienza
trasse
invece
argomento
a
meglio
approfondare
i
suoi
studi
nel
giure
penale
,
e
sostituire
i
concetti
proprii
e
il
risultato
delle
proprie
meditazioni
alle
inspirazioni
di
una
servile
deferenza
.
Laonde
,
quando
nel
1803
fu
chiamato
alla
lettura
del
diritto
criminale
nella
pisana
Università
,
ei
si
presentò
ai
suoi
alunni
,
non
più
parteggiatore
di
crudeli
dottrine
,
ma
deciso
sostenitore
della
mitezza
nei
gastighi
;
ed
appose
per
eserga
alle
sue
istituzioni
di
diritto
criminale
che
(
per
quanto
mi
è
dato
di
rintracciare
)
pubblicò
in
latino
la
prima
volta
nel
1808
,
questa
sentenza
-
temperatus
cohibet
timor
;
assiduos
acer
extrema
admovens
,
in
audaciam
jacentes
excitat
-
quasi
a
programma
e
solenne
professione
di
fede
,
quasi
a
segnale
della
bandiera
sotto
la
quale
ei
si
apparecchiava
a
pugnare
.
Salito
in
Cattedra
egli
sentì
il
debito
di
coscienza
d
'
insegnare
agli
alunni
suoi
quelle
che
riconosceva
come
grandi
verità
della
scienza
,
e
non
i
placiti
della
autorità
.
Fondatore
dell
'
insegnamento
filosofico
del
giure
penale
(
1
)
[
(
1
)
Del
giure
penale
fu
Giovanni
Carmignani
l
'
Apostolo
ed
il
Dottore
.
Ne
fu
l
'
Apostolo
,
perché
i
principii
umanitarii
propugnò
sempre
con
amore
caldissimo
,
ed
a
propagarli
volse
ogni
suo
studio
con
indefessa
operosità
.
Ne
fu
il
Dottore
,
perché
alla
civilizzazione
del
giure
punitivo
egli
diede
opera
utilissima
e
salda
col
ricostituirne
dalle
basi
lo
insegnamento
.
Già
i
pubblicisti
nella
seconda
metà
del
passato
secolo
avevano
fatto
crollare
lo
edifizio
barbaro
del
vecchio
giure
punitivo
,
e
già
Leopoldo
I
di
Toscana
,
convertendo
in
legge
le
nuove
dottrine
,
aveva
mostrato
come
potesse
senza
ferocia
di
pene
mantenersi
la
sicurezza
di
un
popolo
.
Ma
i
novatori
a
patrocinare
la
santa
causa
avevano
usato
e
forse
abusato
delle
patetiche
declamazioni
;
perché
in
quei
primi
attacchi
era
buono
fare
appello
al
cuore
per
commuovere
gli
animi
e
condurli
a
dimettere
le
tenebrose
abitudini
.
Se
però
l
'
impeto
giova
per
demolire
,
non
vale
altrettanto
a
ricostruire
;
ed
il
secolo
passato
,
che
fu
tremendo
demolitore
,
lasciava
al
presente
il
retaggio
della
ricostruzione
anche
nell
'
argomento
del
diritto
penale
.
E
poiché
gli
avversarii
non
posavano
le
armi
,
ma
appunto
,
pigliando
occasione
dal
metodo
della
aggressione
,
falsavano
la
situazione
della
lotta
e
screditando
i
novatori
come
sentimentalisti
vantavano
a
loro
pro
il
presidio
della
ragione
;
era
tempo
si
desse
loro
battaglia
sovra
più
severo
terreno
,
e
costringerli
,
se
fia
possibile
,
ad
un
perpetuo
silenzio
.
Questa
fu
la
mente
del
Carmignani
quando
nel
1807
dettò
nella
lingua
dei
dotti
i
suoi
elementi
di
diritto
criminale
ampliati
poscia
e
corretti
nelle
successive
edizioni
.
Riedificare
tutta
la
dottrina
penale
sulla
base
semplice
,
ma
sempre
vera
,
della
natura
delle
cose
onde
mostrare
che
le
riforme
,
chieste
dal
progresso
civile
,
non
si
volevano
per
un
sentimento
di
pietà
verso
i
colpevoli
ma
pei
rigorosi
precetti
di
assoluta
giustizia
,
era
il
bisogno
del
tempo
;
e
sorse
Carmignani
a
soddisfare
questo
bisogno
.
Aridi
come
una
matematica
,
e
denudati
dei
fiori
rettorici
,
dei
quali
pure
sapeva
egli
bene
usare
nel
foro
,
gli
scritti
didattici
del
Carmignani
ricondussero
il
giure
penale
ad
una
dottrina
ontologica
.
Tre
furono
i
cardini
sui
quali
egli
adagiò
la
scienza
filosofica
della
ragione
penale
.
Aderire
tenacemente
alla
distinzione
fra
imputazione
e
pena
.
Aderire
tenacemente
alla
distinzione
fra
quantità
e
grado
così
nel
delitto
come
nella
pena
.
Notomizzare
il
delitto
e
la
pena
decomponendoli
nelle
respettive
loro
forze
così
fisiche
come
morali
,
cercando
nelle
forze
oggettive
del
delitto
il
criterio
della
sua
quantità
,
e
nelle
soggettive
il
criterio
del
suo
grado
,
onde
trovare
la
quantità
e
grado
corrispondente
nelle
penalità
.
Fu
questo
il
tripode
sul
quale
egli
pose
la
conclusione
che
la
mitezza
delle
pene
come
generale
veduta
legislativa
non
era
chiesta
dalla
misericordia
ma
dalla
giustizia
,
e
che
debito
di
giustizia
distributiva
,
non
di
pietà
,
erano
le
mitigazioni
dei
castighi
nei
singoli
casi
.
Alla
dottrina
arbitraria
ed
empirica
delle
circostanze
attenuanti
non
fece
appelli
giammai
,
anzi
la
bandì
come
funesto
veleno
dal
suo
sistema
,
perché
volle
che
il
giudice
fosse
guidato
dallo
intelletto
e
non
soggiogato
dal
cuore
.
Punire
meno
,
perché
non
si
ha
diritto
di
punire
oltre
;
punire
meno
dovunque
si
trova
meno
nelle
condizioni
giuridiche
del
fatto
:
ecco
le
formule
alle
quali
da
capo
a
fondo
s
'
inspirò
lo
insegnamento
del
grande
maestro
:
insegnamento
che
può
spregiarsi
soltanto
da
chi
non
sa
o
non
vuole
comprenderlo
,
ma
che
compreso
una
volta
è
fonte
perenne
di
luce
in
ogni
problema
del
giure
punitivo
.
È
vero
che
nello
svolgimento
dei
singoli
problemi
lasciò
Carmignani
qualche
angolo
inesplorato
;
ma
le
linee
fondamentali
tracciate
da
lui
erano
facile
guida
alle
desiderate
soluzioni
.
È
vero
che
Carmignani
mostrò
qualche
volta
allearsi
alla
scuola
così
detta
politica
,
e
qualche
volta
chiedere
ajuti
alla
scuola
utilitaria
,
ma
non
pose
né
nell
'
una
e
né
nell
'
altra
la
vera
radice
delle
sue
dottrina
,
perché
troppo
era
libero
pensatore
per
farlo
.
Fu
questa
per
lui
una
necessità
di
situazione
.
Egli
si
trovava
alle
spalle
la
falsa
filosofia
del
secondo
decimottavo
,
si
vedeva
sorgere
al
fianco
(
troppo
potente
in
quel
periodo
)
la
falsa
ed
empirica
scuola
detta
utilitaria
capitanata
da
Bentham
.
Accintosi
egli
a
muover
guerra
senza
transazione
con
la
scuola
ascetica
e
con
la
scuola
terrorista
sentì
qualche
volta
il
bisogno
di
una
alleanza
;
ma
i
principii
che
egli
poneva
come
cardini
della
sua
dottrina
dovevano
per
necessità
logica
demolire
il
trono
dei
momentanei
alleati
.
Carmignani
fu
il
riordinatore
del
giure
punitivo
,
ed
il
suo
riordinamento
,
perché
strettamente
aderente
alla
nuda
verità
delle
cose
,
ha
dato
a
questa
scienza
una
base
solida
ed
imperitura
,
sulla
quale
bisogna
si
assida
ogni
svolgimento
ulteriore
della
teorica
per
parte
di
chiunque
cerchi
e
desideri
la
verità
.
E
qual
fosse
lo
mostrò
fino
dal
1807
ponendo
in
capo
al
suo
libro
il
significantissimo
eserga
temperatus
cohibet
timor
.
]
le
sue
letture
apparvero
una
novità
a
coloro
che
erano
usi
ad
intendere
il
nudo
commento
del
diritto
romano
e
delle
leggi
locali
;
o
la
descrizione
dei
diversi
modi
di
delinquenza
secondo
il
diritto
costituito
;
o
le
maniere
di
formare
un
processo
sulla
prammatica
inquisitoria
.
Ridurre
i
principii
del
Beccaria
a
formule
scientifiche
ed
a
metodo
didattico
fu
il
suo
precipuo
divisamento
:
e
le
sue
istituzioni
ne
fanno
solenne
testimonianza
.
E
quanto
alla
pena
di
morte
,
se
leggessi
ciò
che
ei
ne
scrisse
nella
edizione
del
1808a
pag
.
135
,
cesserà
per
sempre
la
fantasia
di
affermare
che
il
Carmignani
fosse
in
tutto
il
corso
del
suo
insegnamento
propugnatore
dell
'
estremo
supplizio
.
Fu
egli
che
in
quella
pagina
pose
innanzi
quel
potente
dilemma
contro
la
pena
capitale
;
dilemma
che
sotto
il
rapporto
della
pretesa
utilità
di
tal
pena
,
vale
assai
meglio
di
tante
altre
declamazioni
.
O
volete
adoprare
(
egli
scriveva
)
la
pena
estrema
contro
i
delitti
che
muovono
da
passioni
cieche
e
bollenti
;
e
l
'
uomo
furioso
sprezzerà
la
pena
più
atroce
,
come
sprezza
qualunque
pericolo
.
O
volete
adoperarla
contro
i
delitti
che
muovono
da
freddo
calcolo
;
e
dovete
riconoscere
che
in
questo
calcolo
entra
per
soverchia
misura
la
speranza
della
impunità
:
e
la
speranza
d
'
impunità
non
diminuisce
ma
si
moltiplica
per
la
ferità
di
un
castigo
,
che
eccita
commiserazione
,
e
che
per
la
sua
irreparabilità
accresce
il
dubitare
delle
coscienze
.
Laonde
se
l
'
uomo
che
delinque
per
freddo
calcolo
prevede
che
lo
colpisca
il
castigo
,
ha
nella
minaccia
della
perpetua
privazione
della
libertà
e
di
tutti
i
godimenti
della
vita
,
ostacolo
sufficiente
a
frenarlo
:
che
se
prevede
di
eludere
la
giustizia
,
e
calcola
sulla
impunità
,
la
pena
più
atroce
gli
presenta
una
ragione
di
maggiore
probabilità
per
confidarvi
.
Io
non
discuto
ora
cotesto
argomento
.
Ma
lo
ricordo
solo
perché
mi
sembra
irrecusabile
prova
a
mostrare
che
il
Carmignani
combatteva
fino
dai
primi
anni
del
suo
maestrato
la
pena
di
morte
.
È
vero
che
seguace
del
principio
della
politica
necessità
,
egli
opponeva
piuttosto
la
inutilità
che
la
illegittimità
radicale
di
cotesta
pena
.
O
,
a
meglio
dire
,
ei
voleva
desumerne
la
illegittimità
col
dimostrarla
non
necessaria
.
È
vero
che
codesto
ordine
d
'
idee
lo
condusse
ad
ammettere
la
pena
di
morte
nel
caso
estremo
del
perduelle
,
la
uccisione
del
quale
fosse
l
'
unico
mezzo
possibile
di
rendere
alla
pace
la
società
.
Ma
questa
concessione
(
o
a
meglio
dire
codesta
logica
deduzione
del
principio
assunto
da
lui
come
fondamento
del
diritto
di
punire
)
ei
la
fece
con
tali
restrizioni
,
da
ridurne
l
'
applicazione
all
'
esercizio
del
diritto
di
guerra
.
E
ciò
non
autorizza
per
fermo
a
noverare
il
Carmignani
fra
i
sostenitori
della
pena
di
morte
.
Questa
sua
dottrina
egli
riprodusse
nelle
consecutive
edizioni
che
fece
delle
sue
istituta
,
da
quella
del
1819
fino
all
'
ultima
.
E
più
latamente
la
svolse
nella
sua
opera
intitolata
Teoria
sulle
Leggi
della
sicurezza
Sociale
da
lui
pubblicata
nel
1831
.
Che
poi
dalla
Cattedra
in
tutto
il
corso
del
suo
insegnamento
combattesse
la
pena
di
morte
,
tutti
i
suoi
discepoli
possono
testificarlo
;
e
molti
ricordano
come
accorressero
anche
da
lunge
al
pisano
ateneo
numerosi
uditori
il
giorno
in
cui
correa
voce
che
Carmignani
avrebbe
detta
la
sua
lezione
contro
la
pena
di
morte
.
E
se
in
alcuni
anni
di
agitazioni
politiche
,
o
segreti
ordini
,
o
prudenza
lo
astrinsero
a
non
potere
senza
pericolo
ripetere
la
sua
dottrina
;
egli
se
ne
passò
dal
1831
al
1834
col
non
discutere
i
problema
,
piuttosto
che
risolverlo
in
un
modo
contrario
alle
sue
convinzioni
:
le
quali
anche
allora
con
quel
silenzio
eloquente
mostrò
bene
di
qual
tempra
si
fossero
.
La
lezione
da
lui
pubblicata
alle
stampe
contro
la
pena
di
morte
nel
1836
non
fu
dunque
una
inattesa
ritrattazione
di
quel
sapiente
,
fu
il
riassunto
delle
dottrina
che
per
oltre
trent
'
anni
e
con
gli
scritti
e
con
la
voce
caldamente
avea
sostenute
.
La
convocazione
straordinaria
a
quella
lezione
,
la
pubblicazione
mercè
la
stampa
di
quella
monografia
,
male
si
dipinge
come
segno
d
'
incostanza
e
di
ritrattazione
.
Se
da
quello
scritto
si
toglie
l
'
ornato
della
erudizione
,
e
l
'
orpello
del
retore
,
poco
o
niente
vi
si
riscontra
che
già
non
avesse
il
Carmignani
per
anni
ed
anni
ripetuto
,
o
parlando
,
o
scrivendo
.
Censurisi
pertanto
se
vuolsi
il
nostro
Professore
,
o
come
letterato
o
come
filosofo
.
Ma
come
criminalista
non
gli
si
neghi
il
pregio
di
essere
umanitario
,
come
non
può
negarglisi
il
merito
di
aver
recato
immenso
incremento
alla
scienza
penale
.
Sul
qual
proposito
in
non
intendo
già
di
applaudire
ai
principii
che
Giovanni
Carmignani
assunse
come
fondamentali
del
diritto
di
punire
.
Io
nol
potrei
,
poiché
ne
discordo
.
E
come
siano
coteste
basi
fallaci
,
bene
lo
mostrò
il
chiarissimo
Prof
.
Centofanti
in
un
suo
scritto
inserito
nell
'
ultimo
volume
dell
'
Antologia
;
che
lascia
tuttavia
a
desiderare
la
promessa
continuazione
.
Ma
il
Carmignani
doveva
bene
subire
la
influenza
dei
tempi
e
delle
false
dottrine
politiche
e
filosofiche
che
non
ancora
si
erano
rese
per
vinte
in
faccia
alla
luce
del
secolo
XIX
.
Ciò
peraltro
non
toglie
che
le
opere
di
quest
'
uomo
non
segnino
una
lunga
corda
nella
linea
saliente
del
progresso
della
scienza
penale
.
Alcuni
ardui
problemi
della
medesima
non
hanno
ancora
ricevuto
la
ultima
soluzione
,
e
forse
correranno
molti
anni
prima
che
sorga
il
nuovo
Neutòno
e
recarvi
la
luce
.
Ma
tutti
coloro
che
sudarono
utilmente
a
diradare
le
tenebre
,
debbono
dirsi
benemeriti
della
scienza
;
e
sovrattutti
il
Carmignani
che
per
quarant
'
anni
d
'
insegnamento
pertinace
si
affaticò
nell
'
opera
santa
:
né
il
merito
dei
benefizi
recati
può
menomarsi
,
perché
tali
benefizi
che
si
estesero
a
moltissimi
punti
della
dottrina
non
riuscissero
uguali
in
altre
parti
della
medesima
.
Se
un
uomo
od
un
libro
dovesse
elogiarsi
allora
soltanto
quando
ei
fosse
scevro
affatto
di
errori
,
noi
non
potremmo
elogiare
che
l
'
Uomo
Dio
,
e
le
pagine
del
Vangelo
.
Ciò
che
al
Carmignani
fruttò
l
'
ammirazione
dell
'
Europa
;
ciò
che
gli
assicura
distintissimo
saggio
nel
Panteon
dei
criminalisti
,
e
renderà
immortale
il
suo
nome
,
è
la
esattezza
del
metodo
,
e
l
'
ordine
preclaro
col
quale
egli
seppe
disporre
nelle
sue
Istituta
i
precetti
della
giustizia
penale
.
Metodo
ed
ordine
che
lo
condusse
per
forza
potente
di
logica
a
dileguare
una
folla
di
errori
,
che
aveva
fino
ai
suoi
giorni
dominato
nelle
scuole
e
nel
fôro
;
e
che
dopo
lui
nessuno
osò
più
riproporre
.
Metodo
ed
ordine
,
del
quale
(
oso
dire
)
è
impossibile
trovare
il
migliore
per
chiunque
voglia
dettare
un
libro
destinato
all
'
insegnamento
del
giure
penale
.
È
sotto
questo
aspetto
che
le
sue
istituzioni
sono
un
vero
gioiello
.
Onde
il
primo
titolo
che
al
Carmignani
si
deve
è
quello
di
riordinatore
dell
'
insegnamento
criminale
.
Egli
è
il
Linneo
della
nostra
scienza
.
Poterono
i
posteri
trovar
difetto
in
qualche
famiglia
:
poterono
discuoprire
qualche
specialità
da
aggiungersi
ad
una
o
ad
un
'
altra
classe
:
ma
Linneo
resterà
sempre
il
fondatore
del
sistema
.
La
lucidità
ed
esattezza
dell
'
ordine
doveva
,
com
'
è
naturale
,
aprire
al
Carmignani
la
via
per
illuminare
molti
punti
oscuri
e
perplessi
,
e
rettificare
parecchi
equivoci
.
E
difatti
noi
lo
vediamo
sfruttare
fino
all
'
ultima
conseguenza
la
radicale
distinzione
tra
la
violazione
della
morale
,
e
la
violazione
del
diritto
,
tra
la
imputazione
e
la
pena
;
separare
con
mano
ferma
la
quantità
del
delitto
dal
suo
grado
;
condurre
,
nelle
ultime
edizioni
dei
suoi
elementi
,
alla
più
completa
rettificazione
questa
differenza
normale
,
purgandosi
dagli
avanzi
dell
'
antica
confusione
che
aveva
lasciato
qualche
vestigia
di
sé
nei
primi
suoi
esperimenti
.
Noi
lo
vediamo
arrecare
fasci
di
splendida
luce
sulla
teoria
del
conato
,
che
fino
ai
suoi
giorni
,
vacillante
fra
gli
estremi
di
un
soverchio
rigore
e
di
una
eccessiva
lassezza
,
agitavasi
incerta
nelle
scuole
e
nel
fôro
,
come
nave
senza
nocchiero
.
Noi
lo
vediamo
assegnare
all
'
elemento
intenzionale
del
delitto
quel
primato
che
la
ragione
gli
attribuisce
,
e
che
lo
rende
dominatore
nel
calcolo
della
imputazione
,
e
nella
esatta
classazione
dei
diversi
reati
;
e
al
tempo
stesso
togliergli
la
balìa
di
cangiare
il
magistero
penale
in
un
sindacato
monastico
,
col
sottoporne
la
potenza
alla
necessità
di
una
estrinsecazione
politicamente
dannosa
.
Noi
lo
vediamo
delineare
coi
più
pronunziati
colori
i
diversi
metodi
di
procedura
,
e
dipingerne
al
vivo
i
respettivi
pregi
e
difetti
.
Noi
lo
vediamo
,
in
una
parola
,
ovunque
pone
la
mano
portarvi
uno
sviluppo
d
'
idee
,
e
tutte
concatenate
per
guisa
che
si
coadiuvano
come
forze
congiunte
.
Né
ad
insinuare
la
idea
che
il
Carmignani
fosse
mai
per
alcun
temo
della
sua
vita
cattedratica
parteggiatore
della
pena
di
morte
,
può
darsi
valore
al
fatto
,
che
pure
sembra
a
lui
rinfacciare
il
Cantù
,
di
avere
cioè
esso
Carmignani
nel
progetto
di
codice
penale
che
spontaneo
presentò
alle
Cortes
di
Portogallo
,
mantenuto
il
supplizio
capitale
.
È
vero
che
in
questo
schema
di
codice
mantenne
il
nostro
maestro
la
pena
di
morte
proponendone
la
esecuzione
col
mezzo
di
strangolamento
per
ossequio
alla
opinione
del
Cabanis
.
Ma
poco
vi
vuole
a
comprendere
che
aspirando
il
Carmiganni
a
vedere
attuato
il
suo
progetto
di
codice
,
era
nella
necessità
di
renderlo
possibile
.
E
sarebbe
stata
una
utopia
in
quell
'
epoca
il
credere
possibile
in
Portogallo
un
codice
penale
,
in
cui
per
i
più
gravi
reati
politici
non
si
fosse
minacciata
la
morte
.
Ond
'
è
che
in
questo
progetto
tolse
egli
affatto
la
pena
di
morte
per
tutti
i
delitti
contro
i
privati
,
serbandola
solo
nei
sommi
casi
contro
i
delitti
politici
.
E
che
anche
cotesta
concessione
il
Carmiganni
facesse
in
ossequio
alle
esigenze
del
momento
,
e
contro
le
sue
convinzioni
,
lo
mostra
ciò
che
egli
scrisse
nella
prefazione
a
quel
codice
-
ivi
-
Contro
la
propria
coscienza
lo
scrittore
ha
proposto
di
ritenerla
(
la
pena
di
morte
)
per
i
delitti
di
stato
.
La
ragione
ha
portato
ad
evidenza
la
ingiustizia
di
questa
pena
:
la
esperienza
della
Toscana
ove
niuno
si
uccide
,
ne
ha
dimostrato
la
inutilità
:
la
stessa
esperienza
in
paesi
ove
se
ne
fa
uso
,
come
Lucca
a
contatto
della
Toscana
,
mostra
quanto
ella
sia
impolitica
,
e
maestra
di
delitti
di
sangue
.
Questa
verità
si
conferma
dalla
nota
che
a
cotesto
luogo
appose
l
'
editore
di
quel
progetto
(
Carmignani
scritti
inediti
,
vol
.
5
,
pag
.
6
)
-
ivi
-
A
ragione
asserisce
l
'
autore
che
contro
la
propria
coscienza
ha
proposto
in
questo
progetto
la
pena
di
morte
per
i
delitti
di
stato
.
Poiché
tanto
nella
sua
teoria
delle
leggi
sulla
sicurezza
sociale
(
tom
.
3
pag
.
160
edizione
del
1832
)
quanto
nella
sue
lezioni
orali
,
ha
sempre
insegnato
:
-
1.°
-
Che
quando
trattasi
per
la
società
di
aggressione
presente
con
pericolo
della
di
lei
esistenza
,
che
venga
da
questo
delitto
minacciata
,
e
che
non
si
possano
disarmare
gli
aggressori
senza
ucciderli
,
la
morte
non
dee
riguardarsi
come
una
pena
,
ma
come
un
male
indispensabile
a
respingere
la
ingiusta
istantanea
aggressione
,
colla
teoria
stessa
della
incolpata
tutela
-
2.°
-
Che
quando
nel
delitto
politico
manca
l
'
istantaneità
del
pericolo
,
allora
soltanto
può
parlarsi
di
pena
:
e
i
delinquenti
cadendo
nella
classe
dei
delinquenti
ordinarii
,
non
vi
è
ragione
di
versare
il
loro
sangue
.
Io
non
dico
che
questo
progetto
del
Carmignani
avesse
grandi
pregi
,
né
che
giusti
fossero
li
sdegni
di
lui
al
non
vederlo
accettato
;
dico
solo
che
da
cotesto
fatto
male
se
ne
deduce
argomento
per
dubitare
che
Carmiganni
oscillasse
nelle
sue
convinzioni
,
le
quali
furono
sempre
recisamente
pronunziate
contro
il
supplizio
capitale
.
Non
è
d
'
altronde
meraviglia
se
il
Cantù
,
il
quale
nel
suo
libro
non
era
chiamato
a
far
parola
di
Carmignani
se
non
di
passaggio
,
fu
indotto
in
equivoco
sul
conto
della
più
vera
dottrina
del
nostro
professore
.
Non
è
meraviglia
,
poiché
noi
vediamo
che
quelli
stessi
che
si
sono
costituiti
biografi
del
grande
criminalista
hanno
spacciato
sul
conto
suo
tali
cose
che
non
potevano
neppur
sognarsi
da
chi
avesse
letto
i
suoi
scritti
.
A
modo
di
esempio
,
nella
biografia
dell
'
avvocato
Carmignani
che
il
prof
.
Caruana
Dingli
leggeva
all
'
Accademia
Maltese
alla
seduta
del
16
novembre
1847
(
biografia
che
poscia
venne
premessa
alla
versione
italiana
degli
Elementi
del
Carmignani
pubblicati
in
Malta
nello
stesso
anno
)
si
leggono
parecchie
specialità
in
ordine
al
movimento
delle
opinioni
del
nostro
professore
,
e
alle
diverse
vicende
di
quella
opera
insigne
.
Ora
chi
crederebbe
che
in
questa
biografia
,
la
quale
dicesi
desunta
da
un
'
altra
biografia
del
Carmignani
pubblicata
dal
prof
.
Pardini
(
scritto
che
io
non
ho
potuto
riscontrare
)
,
si
narrano
circostanze
totalmente
insussistenti
e
sbagliate
?
Enumerando
le
varie
edizioni
degli
elementi
del
Carmignani
,
quei
biografi
le
riducono
a
cinque
;
la
prima
di
Firenze
nel
1808
,
coi
tipi
Molini
,
contenente
soltanto
la
parte
generale
in
un
volume
:
la
seconda
di
Pisa
coi
tipi
Prosperi
nel
1819
,
in
due
volumi
,
completata
del
terzo
libro
sui
delitti
in
specie
,
e
di
un
quarto
sulla
prevenzione
diretta
:
la
terza
di
Pisa
coi
tipi
Nistri
nel
1822
:
la
quarta
di
Macerata
coi
tipi
Cortesi
nel
1829
:
la
quinta
di
Pisa
coi
tipi
Nistri
nel
1833
.
Ma
nel
confronto
delle
progressive
mutazioni
intervenute
in
quelle
ristampe
il
biografo
maltese
cade
in
equivoci
che
sono
fatti
palesi
ad
oculos
dal
testo
delle
diverse
edizioni
.
Così
egli
incomincia
dal
dire
che
nel
1808
il
Carmignani
pubblicò
le
sue
istituzioni
sotto
il
titolo
di
Elementa
JURISPRUDENTIALE
criminalis
,
e
che
soltanto
nella
successiva
terza
edizione
cambiò
quel
titolo
nell
'
altro
Elementa
JURIS
Criminalis
.
Donde
sia
tratta
questa
notizia
io
non
so
indovinarla
davvero
.
So
unicamente
esser
positivo
che
la
instituta
del
prof
.
Pisano
ebbero
sino
dalla
edizione
del
1808
il
battesimo
di
Elementa
juris
,
e
conservarono
cotesto
titolo
in
tutte
le
cinque
loro
riproduzioni
senza
modificazione
nessuna
;
e
basta
leggere
i
frontespizii
delle
edizioni
del
1808
e
del
1819
per
restarne
convinti
.
Inoltre
il
Caruana
racconta
che
soltanto
nella
quarta
edizione
romana
(
ossia
maceratese
)
e
così
al
1829
,
il
Carmignani
trovò
quella
celebre
distinzione
fra
la
intenzione
indiretta
positiva
,
e
indiretta
negativa
.
Ciò
leggiamo
nella
nota
20
a
pag
.
XVII
-
ivi
-
al
vol
.
1
pag
.
54
della
quarta
edizione
introdusse
una
originale
ed
importantissima
nomenclatura
,
della
intenzione
cioè
indiretta
negativamente
tale
.
Or
bene
,
il
§
.
97
che
trovasi
a
pag
.
54
della
quarta
edizione
,
non
è
che
la
letterale
riproduzione
del
§
.
97
della
terza
edizione
,
e
del
§
.
70
della
seconda
,
nel
quale
trovasi
negli
stessi
identici
termini
quella
originale
importantissima
nomenclatura
.
Cosicchè
tale
scoperta
erasi
fatta
dal
Carmignani
dieci
anni
innanzi
.
Inoltre
il
Caruana
dopo
aver
ricordato
quel
tristo
saggio
pubblicato
dal
Dott
.
Giovanni
il
1795
,
procede
a
dire
-
ivi
-
era
riserbato
alla
sua
età
più
provetta
l
'
onore
di
proscrivere
dalla
scienza
siffatti
errori
-
e
continua
nella
nota
15
-
ivi
-
il
Cav
.
Carmignani
nel
§
.
318
e
nella
nota
al
§
.
319
della
terza
edizione
dei
suoi
elementi
di
diritto
criminale
,
e
nella
nota
al
§
.
350
della
quinta
edizione
,
giustamente
si
corregge
di
una
erronea
opinione
nel
suo
saggio
adottata
,
di
attribuire
cioè
una
politica
efficacia
all
'
acerbità
delle
pene
.
Tutta
questa
canzone
della
resipiscenza
del
Cavalier
Carmignani
,
e
del
pentimento
della
più
provetta
età
è
una
fola
.
E
forse
può
congetturarsi
che
il
Cantù
abbia
incorso
nell
'
equivoco
da
me
sopra
notato
,
sulla
fede
dell
'
inesatto
biografo
del
Carmignani
.
Il
professore
Carmignani
non
aveva
errori
da
rinnegare
.
Esordì
la
carriera
cattedratica
con
bandiera
tutta
opposta
a
quella
che
avea
sedotto
il
neofito
nel
1795
.
E
quella
nota
che
il
biografo
suppone
aggiunta
dal
Carmignani
alla
terza
edizione
,
esiste
nella
prima
edizione
di
Firenze
del
1808
a
pag
.
137
nota
6
al
§
.
275
-
ivi
-
Quae
heic
exposuimus
principia
,
juris
criminalis
costituendi
regulas
dumtaxat
respiciunt
,
adeout
ubi
jus
constitutum
diversis
inniti
videatur
principiis
,
ibi
ulteriori
indagini
locus
non
patet
.
Putaveram
et
ipse
olim
aliquam
poenarum
acerbitati
politicam
inesse
efficaciam
;
postea
vero
meliora
edoctus
,
ac
re
rectius
perpensa
diversam
sententiam
amplexus
sum
;
confer
meam
quam
multis
abhinc
annis
edidi
opellam
,
saggio
di
giurisprudenza
criminale
,
Firenze
,
1795
.
Può
dunque
dirsi
con
tutta
verità
che
dal
primo
giorno
in
cui
nel
pisano
Ateneo
si
assise
Giovanni
Carmignani
come
professore
di
diritto
criminale
,
gli
alunni
ed
il
pubblico
non
salutarono
in
lui
un
criminalista
feroce
,
né
un
propugnatore
della
pena
di
morte
;
ma
bensì
invece
il
coraggioso
banditore
delle
dottrine
umanitarie
,
per
le
quali
combattè
finchè
visse
.
Né
la
pena
di
morte
osteggiò
soltanto
il
Carmignani
con
lo
insegnamento
della
Cattedra
;
né
con
quell
'
atto
di
solenne
protesta
,
con
cui
,
offertagli
nel
1808
una
magistratura
,
la
ricusò
,
dicendo
che
la
sua
coscienza
non
gli
consentiva
di
emettere
sentenze
di
morte
in
opposito
ai
principii
che
professava
;
né
soltanto
la
combattè
con
gli
scritti
,
e
coi
più
energici
conati
nelle
criminali
difese
,
ma
infaticabile
nella
sua
santa
missione
,
slanciossi
sovente
anche
oltre
il
confine
della
sua
patria
onde
arrestare
la
bipenne
,
che
pendea
sopra
il
capo
di
umane
creature
.
Di
questa
verità
io
ne
ebbi
solenne
testimonianza
,
ricordare
la
quale
parmi
doveroso
tributo
alla
memoria
del
grande
maestro
.
Nel
già
ducato
lucchese
erasi
da
parecchi
anni
costituita
una
società
di
malfattori
,
alla
quale
era
scopo
consumare
dei
rubamenti
specialmente
a
danno
di
Canoniche
e
Chiese
parrocchiali
della
campagna
.
Scoperti
i
principali
di
questa
masnada
,
che
già
parecchi
furti
avea
consumato
nel
contado
lucchese
,
furono
processati
,
convinti
,
e
sei
di
loro
condannati
di
morte
.
Ragione
per
il
capitale
supplicio
non
si
traeva
già
in
uccisioni
che
costoro
avessero
perpetrato
;
poiché
nelle
loro
ruberie
avevano
mai
sempre
rispettato
le
vite
.
Ma
si
desumeva
dalla
legge
penale
in
Francia
,
che
allora
continuava
ad
essere
regolatrice
nel
ducato
lucchese
.
Legge
che
punisce
di
morte
anche
il
furto
non
accompagnato
da
strage
,
quando
ci
concorrano
le
circostanze
di
violenza
contro
le
persone
,
violenza
contro
le
cose
in
luogo
abitato
,
tempo
notturno
,
delazione
di
armi
,
e
numero
di
persone
.
Difensori
dei
sei
condannati
erano
con
me
i
signori
avvocati
Michele
Mariani
,
Donato
Borromei
,
Carlo
Massei
,
Tommaso
Ghilarducci
,
e
dottore
Cherubino
Laurenzi
.
Palpitanti
della
grave
responsabilità
che
ci
pesava
sugli
omeri
,
nessuno
di
noi
risparmiava
dal
suo
canto
studio
ed
industria
per
allontanare
il
miserando
eccidio
.
L
'
Avv
.
Mariani
ed
io
,
che
più
particolare
conoscenza
avevamo
col
prof
.
Carmignani
,
lo
ricercavamo
dapprima
del
suo
consiglio
:
ma
ne
traemmo
la
scoraggiante
certezza
che
in
faccia
alla
legge
di
Francia
poteva
a
nome
dell
'
umanità
e
della
scienza
protestarsi
contro
la
esorbitanza
del
suo
rigore
,
ma
non
coltivare
speranza
che
la
giustizia
risparmiasse
cotesta
fiata
l
'
opera
del
carnefice
.
E
il
risultato
corrispose
al
vaticinio
pur
troppo
,
poiché
la
Rota
criminale
pronunziò
,
e
il
Supremo
Tribunale
di
revisione
confermò
,
la
condanna
a
morte
dè
sei
sciagurati
.
All
'
aspetto
della
imminente
carnificina
noi
tornammo
allora
ad
implorare
dal
maestro
aiuta
e
consiglio
.
Ed
egli
non
esitò
un
istante
ad
allearsi
con
noi
per
strappare
per
via
di
grazia
dal
Principe
ciò
che
per
via
di
giustizia
era
stato
vanità
lo
sperare
.
Fu
in
tale
occasione
,
che
il
Carmignani
dettò
sotto
il
titolo
di
supplichevole
ragionamento
quella
solenne
protesta
contro
la
pena
di
morte
,
che
poscia
si
pubblicò
coi
tipi
dei
Nistri
in
Pisa
nel
quarto
volume
delle
cause
celebri
del
Carmignani
,
a
pag
.
467
.
Egli
distese
la
supplica
al
Duca
Carlo
Ludovico
,
che
si
conserva
da
noi
nel
suo
autografo
:
supplica
che
dal
collegio
dei
difensori
si
presentava
al
principe
corredata
del
ragionamento
del
Carmignani
,
come
documento
di
appoggio
.
A
questa
fatica
,
a
questa
opera
generosa
,
all
'
attuazione
di
questo
audace
concetto
,
non
guidavano
il
Carmignani
sentimenti
comuni
.
Non
interesse
,
poiché
tutto
fu
gratuito
per
parte
sua
.
Non
relazioni
di
benevolenza
,
poiché
nessuno
dei
condannati
erasi
da
lui
conosciuto
personalmente
.
Egli
si
inspirava
soltanto
alla
religione
della
sua
fede
scientifica
,
che
facevalo
inorridire
al
pensiero
di
tanto
supplizio
,
e
sentire
come
debito
di
ogni
uomo
levare
la
voce
al
principe
ad
implorare
misericordia
.
Il
concetto
del
ragionamento
del
Carmignani
erasi
quello
di
censurare
rispettosamente
la
legge
punitiva
che
colpisce
del
capo
il
ladro
non
micidiale
;
e
così
persuadere
al
principe
che
la
grazia
in
questo
caso
non
era
facoltà
di
clemenza
,
ma
debito
di
giustizia
.
E
con
qual
cuore
,
e
con
quanta
ansietà
e
doloroso
desiderio
ei
si
gittasse
alla
caritatevole
impresa
,
si
rileva
dal
fitto
carteggio
con
noi
tenuto
in
quella
circostanza
,
e
specialmente
da
alcune
sue
lettere
indirizzate
all
'
avv
.
Mariani
,
e
che
furono
pubblicate
nel
Vol
.
I
del
giornale
contro
la
pena
di
morte
dell
'
esimio
Prof
.
Pietro
Ellero
.
Ogni
linea
di
quelle
lettere
palesa
i
palpiti
di
un
cuore
,
che
si
agita
all
'
imminenza
di
un
grande
pericolo
;
ogni
suo
motto
rivela
la
convinzione
profonda
di
questo
vero
,
che
ogni
esecuzione
capitale
è
una
sociale
calamità
.
E
quando
tornati
vani
tutti
gli
sforzi
per
la
irremovibilità
del
principe
,
giunse
al
Carmignani
l
'
annunzio
della
terribile
esecuzione
:
mostra
come
ei
ne
sentisse
strazio
profondo
la
lettera
di
conforto
che
a
me
scriveva
,
e
che
fu
pubblicata
nel
suddetto
giornale
.
Ad
altri
dunque
si
vada
narrando
che
Carmignani
fu
un
propugnatore
della
pena
di
morte
.
Ad
altri
si
insinui
che
soltanto
nel
1836
per
la
vanità
di
mercar
applauso
ad
una
solenne
lezione
,
rinnegasse
le
sue
credenze
.
A
noi
ciò
non
si
dica
,
che
lo
vedemmo
per
tutta
la
sua
vita
combatterla
.
E
dico
per
tutta
la
sua
vita
,
poiché
la
vita
del
professore
incomincia
dal
1803;
né
gli
svolazzi
del
giovane
possono
attribuirsi
al
cattedratico
,
che
pertinacemente
li
repudiò
.
A
Carmignani
si
attribuisca
il
titolo
di
acerrimo
oppositore
del
carnefice
;
dalla
assottigliata
schiera
dei
suoi
difensori
si
tolga
l
'
insigne
suo
nome
.
DANTE
CRIMINALISTA
(
1864
)
(
dagli
Opuscoli
di
Diritto
criminale
,
Lucca
,
1870
,
vol
.
II
,
647
ss
.
)
(
STUDIO
STORICO
)
E
non
nasconder
quel
ch
'
io
non
nascondo
.
(
Purg
.
C
.
XXIV
)
Il
concetto
che
Dante
avea
dei
poeti
non
era
certamente
circoscritto
alle
immagini
e
alla
rima
.
Per
l
'
Alighieri
,
poeta
era
colui
che
rivelava
con
l
'
incantevol
magistero
della
poesia
un
aspetto
della
verità
all
'
uman
genere
profittevole
;
era
colui
che
avanzando
il
proprio
secolo
o
combattendone
le
false
opinioni
,
spingeva
gli
uomini
alla
conquista
della
civiltà
.
A
suo
duce
per
i
regni
paurosi
dell
'
inferno
ed
per
quelli
mistici
del
Purgatorio
,
aveva
scelto
il
vate
dell
'
incivilimento
latino
:
a
Virgilio
egli
si
era
rivolto
con
quell
'
alto
e
gentilissimo
verso
,
O
tu
che
onori
ogni
scienza
ed
arte
!
È
per
questo
che
nella
Divina
Commedia
,
i
cultori
di
tutte
le
scienze
e
delle
arti
cercano
all
'
occasione
la
veneranda
autorità
;
quasi
ad
esempio
dei
sacri
oratori
che
ricercarono
nei
Vangeli
una
divina
sanzione
ai
loro
insegnamenti
.
E
bene
s
'
adoperano
,
avvegnachè
il
gran
poema
dell
'
Alighieri
sia
come
l
'
evangelio
della
civiltà
moderna
.
Dello
,
che
a
somiglianza
dei
giureconsulti
romani
,
i
quali
si
onoravano
di
citare
l
'
egregio
Virgilio
nel
testo
(
1
)
[
(
1
)
Instit
.
lib
.
I
,
tit
.
2
.
]
,
quelli
italiani
imitino
il
magno
esempio
con
Dante
,
il
quale
precorrendo
con
l
'
acceso
ingegno
le
nasciture
generazioni
sembra
profeta
;
onde
fu
assomigliato
al
Titone
della
favola
,
che
valica
i
secoli
senza
incanutire
,
e
invecchiando
ringiovanisce
.
Infatti
il
magno
poeta
,
innamorato
di
Roma
antica
,
non
poteva
trascurare
il
Diritto
;
ed
altri
dottamente
dimostrò
quanto
egli
ben
ragionasse
nell
'
alta
filosofia
civile
,
e
come
la
sua
definizione
del
Diritto
gareggiasse
con
quella
del
Digesto
,
e
quasi
precorresse
con
tale
dottrina
Emanuele
Kant
nel
misurare
le
individuali
libertà
,
onde
ne
resultasse
bene
ordinata
la
sociale
convivenza
(
2
)
[
(
2
)
Ecco
la
definizione
di
Dante
"
Jus
est
realis
et
personalis
hominis
ad
hominem
proportio
,
quae
servata
,
servat
societatem
:
corrupta
corrumpit
"
.
Vedasi
Saggi
di
filosofia
civile
dell
'
Accademia
Italica
,
pubblicati
per
Girolamo
Boccardo
,
Genova
,
1852
,
tom
.
I
,
86
.
]
.
Né
mancò
chi
più
specialmente
indagasse
come
nel
divino
poema
ei
spieghi
l
'
origine
della
forza
pubblica
e
la
gerarchia
dei
poteri
,
come
dipinga
graficamente
il
libero
arbitrio
,
esprima
la
nozione
delle
azioni
negativa
,
delinei
la
forza
morale
dell
'
offesa
e
l
'
indole
dell
'
intenzione
(
1
)
[
(
1
)
Carmignani
,
Teoria
delle
leggi
della
sicurezza
sociale
;
Tomo
I
,
pag
.
68;
II
,
pag
.
50
,
59
e
64
.
)
]
.
Né
infine
mancò
chi
si
affaticasse
a
dimostrarlo
sapientissimo
nell
'
analisi
morale
di
quegli
atti
umani
i
quali
scoppiano
,
per
dirla
col
Parini
.
.
.
dal
cupo
ove
gli
affetti
han
regno
;
e
anche
facesse
palese
come
studiandolo
filologicamente
si
potesse
ripulire
ed
accrescere
la
lingua
forense
,
oggi
tanto
oscura
e
barbara
(
2
)
[
(
2
)
Il
celebre
criminalista
Nicolini
in
tutte
le
sue
opere
,
e
specialmente
nelle
sue
note
alla
Procedura
penale
nel
regno
delle
due
Sicilie
.
]
.
Ancora
egli
dunque
,
magistrato
di
Firenze
,
ambasciatore
,
cittadino
,
in
cui
era
riposta
al
dir
del
Boccaccio
tutta
la
speranza
pubblica
,
fu
sacerdote
del
Diritto
.
Ma
siamo
franchi
;
non
crediamo
che
sempre
mettesse
quel
suo
straordinario
ingegno
sul
retto
sentiero
nella
contemplazione
filosofica
del
giure
penale
:
non
ascondiamo
in
circostanza
tanto
solenne
(
dirò
con
le
sue
parole
tolte
ad
epigrafe
di
questo
mio
breve
lavoro
)
quello
che
ei
non
nasconde
.
Il
diritto
penale
ai
tempi
di
Dante
era
cotanto
in
basso
caduto
da
rendere
quasi
impossibile
la
percezione
della
sua
idea
,
in
mezzo
al
fango
macchiato
di
sangue
nel
quale
giaceva
miseramente
sepolto
.
Troppo
erano
radicate
in
quelle
anime
fortemente
temperate
le
tradizioni
dè
secoli
che
per
la
loro
ferocia
furon
detti
di
ferro
:
né
potevano
certamente
aver
norma
dal
giure
romano
,
il
quale
veniva
ricostituendosi
in
autorità
,
poiché
in
esso
il
concetto
della
penalità
troppo
era
guasto
dai
sanguinari
editti
dei
Cesari
di
Oriente
;
né
gli
sparsi
lampi
che
tralucevano
dalle
opere
dei
Padri
della
Chiesa
,
né
gl
'
incipienti
tentativi
dei
romani
Pontefici
bastar
potevano
a
diradare
così
dense
tenebre
.
Il
magistero
penale
per
la
universale
credenza
di
allora
ritenevasi
come
un
atto
di
forza
,
non
già
come
una
santa
attuazione
del
Diritto
:
sua
guida
nel
divieto
il
bisogno
degl
'
imperanti
;
sua
misura
nel
gastigo
l
'
arbitrio
:
e
cotesto
bisogno
e
cotesta
misura
non
regolate
da
imparziale
ragione
,
ma
dalle
ispirazioni
della
vendetta
sospinte
.
Bene
il
Ghibellino
talvolta
si
avvide
,
che
quanto
rimaneva
delle
tradizioni
di
Roma
libera
intrecciato
col
traboccante
dispotismo
dei
Cesari
di
Oriente
,
si
rendeva
flagello
e
non
sostegno
del
Diritto
,
se
non
rinfocavasi
ai
supremi
principj
della
ragione
e
allo
spirito
di
carità
;
ma
relativamente
al
diritto
penale
,
sì
nel
divieto
che
nei
castighi
,
la
sua
mente
fu
pur
essa
quasi
in
tutto
mancipia
di
quell
'
universale
errore
.
E
questo
non
può
desumersi
ancora
dalla
maniera
onde
egli
si
comportò
nella
propria
causa
?
Chè
se
nella
santità
del
Diritto
avesse
l
'
Alighieri
ravvisato
il
supremo
giudice
della
punizione
inflitta
dagli
uomini
,
alle
ingiuste
sentenze
contro
di
lui
saettate
dai
dominatori
della
sua
patria
,
bene
altrimenti
avrebbe
risposto
.
Vero
,
che
era
necessità
l
'
esilio
per
scampare
la
vita
,
in
quanto
il
conte
dei
Gabbrielli
non
fosse
altro
che
un
giudice
ingiusto
e
prepotente
di
un
tribunale
rivoluzionario
;
ma
neanco
prese
la
penna
a
confutare
l
'
iniquo
giudicato
;
invece
impugnò
la
spada
e
mutò
parte
!
Anche
Dante
,
come
tutti
i
gagliardi
di
cotesti
tempi
,
aveva
in
cuore
il
motto
sublime
:
Dio
e
il
mio
Diritto
!
ma
quel
motto
avea
pur
egli
vergato
sopra
la
spada
.
No
,
il
maestro
del
sorriso
e
dell
'
ira
,
come
lo
chiamò
il
Manzoni
,
trasportato
da
più
alte
speculazioni
,
troppo
vicino
ai
tempi
eroici
della
politica
italiana
,
non
assorse
alla
piena
considerazione
della
sublime
idea
informante
la
odierna
giustizia
penale
.
Né
son
venuto
in
questa
opinione
esaminando
la
penalità
della
Divina
Commedia
.
Nelle
prime
due
cantiche
di
cotesta
opera
egli
trascende
dalla
personalità
creata
all
'
infinito
ideale
.
Egli
si
metteva
dentro
gli
ultramondani
regni
per
una
porta
sulla
quale
stava
scritto
:
Lasciate
ogni
speranza
,
o
voi
che
entrate
!
e
per
quanto
se
ne
disputi
in
contrario
,
la
sua
teologia
era
ben
diversa
da
quella
oggi
in
voga
di
Herder
,
di
Reynaud
,
di
Montanelli
,
i
quali
arditamente
cancellarono
dalla
porta
paurosa
Quelle
parole
di
colore
oscuro
.
Nella
sacra
epopea
non
avrebbe
forse
potuto
trovar
luogo
ai
buoni
precetti
dell
'
umano
giure
penale
neppure
un
criminalista
moderno
il
più
edotto
alle
speculazioni
della
scienza
novella
.
Non
i
rapporti
tra
l
'
uomo
e
l
'
uomo
,
ma
quelli
ben
diversi
tra
l
'
uomo
e
Dio
;
non
il
campo
giuridico
ma
il
campo
teologico
,
dovevasi
esplorare
nella
prima
cantica
.
Però
non
mi
sorprende
che
i
semplici
vizj
si
puniscano
colà
come
i
più
gravi
delitti
.
Per
la
qual
cosa
non
rimprovero
a
Dante
,
che
in
Pier
delle
Vigne
(
Inf
.
c
.
XIII
)
parifichi
il
nudo
consiglio
all
'
esecuzione
del
reato
:
che
in
Mordrec
(
Inf
.
c
.
XXXII
)
punisca
la
tentata
strage
paterna
quanto
il
parricidio
compiuto
,
quantunque
la
più
veloce
spada
del
genitore
rompendo
il
petto
e
l
'
ombra
di
quello
sciagurato
impedisse
il
nefando
delitto
.
In
faccia
al
giudizio
dell
'
Onniveggente
dee
ben
tenersi
più
conto
della
pravità
interiore
che
dello
esteriore
nocumento
.
E
come
sarebbe
cattivo
argomento
quello
di
chi
asseverasse
per
cotesti
luoghi
del
Poeta
,
che
umanamente
giudicando
esso
avrebbe
punito
e
vizj
e
conato
e
consiglio
con
severità
uguale
a
quella
che
è
riserbata
alle
più
malvage
delinquenze
,
così
sarebbe
ingiusta
la
censura
di
chi
per
questo
accusasse
il
Poeta
di
aver
disconosciuto
nel
diritto
penale
quelle
altissime
verità
,
che
oggimai
da
tutte
le
civili
nazioni
(
tranne
poche
ostinate
)
senza
dubitare
si
accettano
.
Io
non
ho
saputo
intendere
,
lo
confesso
,
né
per
meditazione
né
per
riscontro
un
passo
di
Vittor
Hugo
,
il
quale
spaccia
il
sistema
penale
di
Montesquieu
esser
esemplato
su
quello
Dantesco
(
1
)
[
(
1
)
William
Shakspeare
par
Victor
Hugo
;
Paris
,
1864
,
pag
.
94
.
]
.
Quando
Cristiano
di
Danimarca
venne
a
Firenze
nel
1474
si
fece
apportare
le
Pandette
e
gli
Evangelj
,
e
ponendovi
sopra
la
mano
,
ecco
disse
i
soli
tesori
degni
di
un
re
.
Ma
quella
mano
avea
coperta
dal
guanto
di
ferro
:
e
il
poeta
rendeva
la
grande
anima
il
1321
:
ancora
più
secoli
dovevano
volgersi
prima
che
nell
'
ingegno
del
Beccaria
splendesse
la
novella
idea
della
scienza
dei
delitti
e
delle
pene
.
Non
per
questo
io
intendo
di
negare
al
divino
Alighieri
l
'
attitudine
a
conoscere
alcune
verità
del
diritto
penale
,
perché
non
vi
è
ramo
di
scienza
o
d
'
arte
in
cui
egli
non
infuturasse
il
pensiero
e
non
ne
divinasse
molti
veri
.
Io
voglio
additarne
uno
da
lui
discoperto
e
proclamato
,
per
il
quale
non
gli
si
debba
né
possa
negare
prestanza
neppure
in
questa
disciplina
.
Sta
in
uno
dei
suoi
più
terribili
e
sublimi
episodj
,
la
morte
del
conte
Ugolino
e
dei
figli
suoi
(
Inf
.
c
.
XXXIII
)
.
Narra
il
Poeta
l
'
atroce
punizione
irrogata
al
traditore
di
Pisa
,
e
cotesto
tormento
ei
neppur
sembra
disapprovare
,
poiché
gravissima
era
sopra
tutte
la
colpa
;
né
avverso
l
'
atrocità
de
'
supplizi
soleva
ribellarsi
in
que
'
giorni
il
sentimento
generale
.
Ma
ciò
che
apertamente
disapprova
il
Poeta
è
la
condanna
dei
figli
innocenti
.
Se
il
Conte
,
egli
dice
,
avesse
pur
meritato
per
la
tradizione
delle
castella
così
vituperevole
e
crudel
pena
,
o
città
di
Pisa
,
non
dovevi
estenderla
ai
figli
suoi
innocenti
del
fallo
paterno
.
Ora
cotesta
splendida
apostrofe
rivela
in
Dante
l
'
emancipazione
dell
'
intelletto
suo
,
almeno
in
tal
parte
,
dalle
ferocissime
regole
che
niuno
,
tranne
pochi
solitari
pensatori
dei
chiostri
,
osava
in
quegli
oscurissimi
tempi
impugnare
.
Tutta
la
umanità
della
infaustamente
celebre
costituzione
di
Arcadio
si
venerava
in
quell
'
epoca
come
un
oracolo
di
giustizia
(
1
)
.
[
(
1
)
Vedasi
nella
dottissima
lettera
del
Carmignani
al
Rosini
sul
verso
,
Poesia
più
che
il
dolor
potè
il
digiuno
,
un
cenno
della
giurisprudenza
di
quell
'
età
sulle
pene
dei
figli
innocenti
,
per
i
delitti
dei
padri
.
La
seconda
ediz
.
di
Pisa
,
pag
.
58
,
n
.
2
.
]
.
I
figli
dei
perduelli
,
quantunque
scevri
d
'
ogni
partecipazione
nel
delitto
paterno
,
la
paterna
colpa
ereditavano
.
Dovevano
dessi
alla
pari
dei
genitori
proscriversi
come
peste
della
repubblica
e
involgersi
malgrado
la
loro
innocenza
nel
supplizio
paterno
.
Essi
,
scriveva
l
'
imperatore
,
dovrebbero
insieme
col
padre
morire
sul
patibolo
,
ed
è
solo
per
clemenza
nostra
,
se
loro
si
lascia
la
vita
a
condizione
però
che
questa
non
sia
per
loro
che
un
perpetuo
supplizio
.
Se
Dante
avesse
(
quando
dettava
il
suo
Paradiso
)
ricordato
cotesta
legge
,
per
la
quale
l
'
esecrando
principio
della
corruzione
del
sangue
ebbe
troppo
lungo
tempo
più
esecranda
sanzione
,
io
tengo
per
certo
che
ei
non
sarebbe
stato
così
benigno
verso
Giustiniano
,
il
quale
aveva
rinnovellata
nel
suo
codice
l
'
autorità
di
quella
costituzione
,
non
già
con
inchiostro
vergata
,
ma
come
disse
un
sapiente
,
vergata
col
sangue
.
Ma
anche
se
Dante
volle
obliare
cotesti
falli
di
Giustiniano
ei
non
se
ne
volle
almeno
render
partecipe
,
poiché
nel
luogo
di
che
favello
coraggiosamente
protestò
contro
l
'
ingiustizia
di
mescolare
i
figli
innocenti
nella
colpa
del
padre
.
E
quando
altro
in
Dante
non
si
trovasse
consentaneo
al
giure
moderno
,
questa
eloquente
protesta
basterebbe
considerate
le
condizioni
dei
tempi
né
quali
scriveva
,
a
farlo
citare
con
onore
nella
storia
del
diritto
penale
.
Se
non
che
taluno
potrebbe
a
questo
mio
pensiero
obiettare
che
il
Poeta
voleva
i
figli
del
conte
di
Donoratico
esenti
dalla
pena
non
per
la
loro
innocenza
,
bensì
per
la
tenera
età
in
cui
erano
:
Innocenti
facea
l
'
età
novella
!
Per
cui
può
sembrare
,
che
dove
un
'
età
più
matura
si
fosse
da
loro
raggiunta
avessero
potuto
venissimo
mescolarsi
nel
supplizio
del
genitore
.
Ed
anzi
potrebbe
dirsi
che
Dante
scientemente
falsasse
la
storia
onde
giustificare
il
severo
rimprovero
che
ei
volea
scagliare
contro
Pisa
;
temendo
forse
di
non
poterlo
dicevolmente
fare
senza
di
cotesta
ragione
.
L
'
obiezione
però
non
ha
saldezza
che
valga
,
se
si
rammenta
come
la
funesta
teoria
orientale
della
corruzione
del
sangue
non
ammettesse
distinzione
di
sorta
riguardo
all
'
età
dei
figli
,
e
i
pargoletti
insieme
cogli
adulti
nello
stesso
anatema
confondesse
.
Laonde
potrebbe
in
senso
contrario
ritorcersi
l
'
obiezione
e
sostenere
,
che
Dante
a
bella
posta
mentisse
alla
storia
per
fare
contro
l
'
errore
comune
una
più
solenne
protesta
,
la
quale
fosse
con
maggiore
efficacia
universalmente
e
velocemente
sentita
.
Imperocchè
se
nei
figli
adulti
potevasi
in
qualche
modo
sospettare
una
partecipanza
alla
nequizia
del
padre
,
ciò
non
si
poteva
né
figli
di
tenera
età
;
onde
più
chiaro
facendosi
che
Pisa
aveva
manomesso
quei
giovinetti
non
per
sospetto
di
reità
propria
(
che
impossibile
essa
era
per
la
novella
età
)
,
ma
unicamente
perché
figli
del
Conte
,
più
evidente
resultava
l
'
influsso
dell
'
orrendo
principio
della
corruzione
del
sangue
,
al
quale
lo
sdegnoso
Poeta
voleva
imprecare
;
e
forse
non
senza
particolari
motivi
,
dacchè
la
storia
contemporanea
doveva
a
lui
per
miserandi
esempj
aver
fatto
vivamente
sentire
tutte
le
funeste
conseguenze
di
quella
iniqua
teorica
.
Io
non
voglio
dunque
sofisticare
sul
vero
concetto
che
Dante
volle
esprimere
con
quelle
parole
"
età
novella
"
;
né
muover
dubbio
se
veramente
da
lui
volesse
significarsi
novella
l
'
età
per
rispetto
al
numero
degli
anni
,
ossivvero
per
rispetto
ai
costumi
tuttora
giovanili
per
il
candore
dell
'
animo
che
spesso
al
di
là
dell
'
ordinario
si
conserva
,
od
anche
se
vuoi
,
perché
nuovi
alla
politica
.
Comunque
s
'
intenda
,
l
'
anatema
contro
l
'
aberrazione
della
pena
,
bisogna
leggerlo
in
quei
due
versi
del
divino
nostro
Poeta
.
E
lo
stupendo
principio
,
come
tanti
altri
,
fu
in
prima
sentito
che
pensato
ed
approvato
.
Quando
poi
la
verità
,
secondo
la
bella
immagine
di
Romagnosi
,
condotta
per
mano
dal
Tempo
,
si
fece
più
aperta
agli
uomini
,
allora
si
cercarono
gli
autori
di
questi
principii
,
e
coloro
che
primi
gli
avevano
insegnati
:
le
nazioni
che
poterono
riguardarli
come
figli
propri
se
ne
onorarono
grandemente
.
Questo
mi
sembra
che
avvenga
dell
'
Alighieri
nel
giro
della
nostra
scienza
,
riguardo
alla
massima
di
diritto
penale
da
lui
per
il
primo
proclamata
:
proclamata
a
viso
aperto
nell
'
episodio
più
popolare
e
pieno
di
forte
poesia
che
abbia
la
Divina
Commedia
.
Francesco
Carrara
IL
CARCERE
PREVENTIVO
E
L
'
APPLICAZIONE
DELLA
PENA
(
LETTERA
ALL
'
AVV
.
GUSTAVO
SANGIORGI
)
(
1869
)
(
dagli
Opuscoli
di
Diritto
criminale
,
Lucca
,
1870
,
vol
.
II
,
495
ss
.
)
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
All
'
avv
.
Gustavo
Sangiorgi
-
Bologna
Tu
mi
hai
fatto
dono
del
tuo
libretto
intitolato
-
Il
carcere
preventivo
e
l
'
applicazione
della
pena
-
Te
ne
ringrazio
.
E
poiché
veggo
che
tu
pure
combatti
sotto
quella
bandiera
dello
umanitarismo
nel
giure
penale
che
fu
l
'
orifiamma
al
quale
consacrai
tutta
la
vita
,
io
ti
stringo
fraternamente
la
mano
come
ad
un
gagliardo
commilitone
.
Permetti
però
che
io
ti
richiami
un
istante
su
quanto
dici
a
pag
.
138
linea
3
.
Ivi
tu
accenni
con
dolore
(
e
il
dolore
sarebbe
giustissimo
)
:
non
ho
presente
che
esista
legislazione
che
abbia
fatto
applicazione
completa
del
principio
da
me
propugnato
,
vale
a
dire
del
principio
che
nell
'
applicazione
della
pena
ad
un
condannato
debba
imputarsi
la
carcere
preventiva
sofferta
a
causa
delle
procedure
.
Questa
legislazione
degna
di
esser
tolta
ad
esempio
,
esiste
.
Essa
la
trovi
nel
codice
Toscano
del
1856
agli
articoli
69
,
70;
e
la
troveresti
ancora
in
altre
più
antiche
leggi
della
Toscana
,
dove
sempre
si
è
tenuta
a
calcolo
la
carcere
preventiva
in
diminuzione
di
pena
.
Forse
neppure
le
leggi
toscane
soddisfanno
ai
tuoi
voti
,
perché
tu
vorresti
lo
scomputo
completo
mentre
quelle
leggi
non
prescrivono
che
uno
scomputo
parziale
.
Ma
ciò
nonostante
bisogna
confessare
che
il
principio
,
come
principio
,
è
da
quelle
leggi
riconosciuto
.
Tu
accenni
a
questo
luogo
al
Progetto
di
codice
penale
italiano
come
se
il
medesimo
avesse
proposto
una
nuovità
.
No
:
la
onorevole
Commissione
in
questo
argomento
,
come
in
molti
altri
,
non
ha
introdotto
nessuna
novità
,
ma
soltanto
ha
portato
ad
una
più
larga
applicazione
il
principio
già
da
lunga
stagione
proclamato
fra
noi
,
e
già
fra
noi
allargato
con
le
riforme
del
1859
.
Dovendo
essa
fare
un
Progetto
di
codice
penale
per
la
Italia
che
oggi
è
governata
da
quattro
codici
penali
diversi
,
cioè
l
'
Austriaco
per
la
Venezia
,
il
Toscano
per
la
Toscana
,
il
Napoletano
(
ossia
Sardo
riformato
)
per
le
Provincie
meridionali
,
ed
il
Gallo
Sardo
per
tutte
le
altre
Provincie
:
la
Commissione
si
è
stimata
in
dovere
di
portare
i
suoi
studi
principalmente
su
quasi
quattro
codici
vigenti
,
e
da
ciascuno
di
loro
prendere
il
meglio
.
Non
hanno
fatto
altrettanto
molti
di
coloro
che
postisi
a
scranna
nel
preconcetto
che
si
dovesse
censurare
il
nuovo
Progetto
perché
troppo
umanitario
,
e
quasi
direbbesi
,
precursore
della
rovina
d
'
Italia
hanno
dato
l
'
aria
di
novità
ad
alcuna
della
disposizioni
proposte
in
quello
senza
ricordare
che
tali
disposizioni
avevano
già
da
lunghi
anni
una
vita
reale
in
alcune
delle
precedenti
legislazioni
.
Costoro
in
tal
guisa
oltre
a
dar
segno
di
ferocia
d
'
animo
(
che
Dio
la
perdoni
loro
)
hanno
mostrato
o
ignoranza
o
dissimulazione
imperdonabile
:
ignoranza
se
si
accingevano
a
criticare
una
legge
senza
conoscere
i
fonti
dai
quali
era
tratta
:
dissimulazione
se
conoscendo
tali
fonti
ne
hanno
fatto
reticenza
per
artifizio
oratorio
.
Non
ragioniam
di
lor
,
ma
guarda
e
passa
.
Le
mie
parole
si
dirigono
a
te
solo
;
che
certamente
non
sei
fra
coloro
dei
quali
direbbe
Dante
Che
non
fur
mai
vivi
.
Ed
a
te
dirigo
parola
di
elogio
,
e
d
'
incoraggiamento
per
la
via
nella
quale
tu
prendi
le
mosse
con
tanto
senno
e
valore
.
Ed
a
te
porgo
amichevole
invito
a
voler
essere
in
questo
argomento
della
custodia
preventiva
(
che
tu
hai
preso
così
felicemente
a
trattare
)
anche
più
radicale
.
Non
è
soltanto
lo
scomputo
nella
pena
della
carcere
preventivamente
sofferta
,
la
proposizione
che
noi
dobbiamo
propugnare
perché
comandata
dalla
giustizia
.
Dobbiamo
attaccare
il
mostro
di
fronte
,
e
a
viso
scoperto
combattere
le
esorbitanze
tiranniche
della
legge
data
all
'
Italia
(
copiando
quella
di
Francia
del
14
agosto
1865
)
intorno
alla
custodia
preventiva
.
Ed
anche
qui
io
non
voglio
aprire
una
polemica
,
ma
soltanto
fare
lo
storico
lasciando
il
ragionamento
al
tuo
chiarissimo
senno
.
In
Toscana
non
solo
avevamo
da
lunghissimo
tempo
il
precetto
legislativo
dello
scomputo
della
carcere
punitiva
:
principio
che
quantunque
più
o
meno
allargato
nelle
sue
applicazioni
secondo
il
variare
dei
tempi
fu
sempre
fra
noi
proclamato
come
assoluto
e
riconosciuto
come
sacro
.
Noi
avevamo
di
più
da
lunga
stagione
e
con
frutto
buonissimo
l
'
altro
principio
,
dettato
come
precetto
legislativo
,
della
eccezionalità
del
carcere
preventivo
.
Non
si
poteva
(
per
letterale
disposto
di
legge
)
arrestare
preventivamente
un
cittadino
che
fosse
imputato
di
un
delitto
(
salvo
poche
speciali
eccezioni
)
il
quale
non
potesse
portare
ad
una
pena
superiore
a
due
anni
di
prigionia
:
ed
ogni
arresto
doveva
eseguirsi
per
decreto
il
Magistrato
,
e
non
per
arbitrio
di
un
birro
.
Sotto
questa
legge
vissero
tranquilli
i
due
milioni
di
uomini
che
popolano
la
Toscana
,
ed
era
legge
di
governo
dispotico
.
Noi
non
eravamo
felici
,
perché
infelici
ci
rendevano
le
piaghe
dei
nostri
fratelli
,
e
la
nazionale
aspirazione
compressa
dal
giogo
straniero
:
ma
eravamo
tranquilli
in
quanto
alla
libertà
individuale
che
non
poteva
venirci
tolta
meno
che
per
gravi
delitti
,
e
con
forme
prudentemente
ordinate
.
Venne
il
nuovo
ordine
di
cose
ed
esultammo
per
la
indipendenza
della
Nazione
e
per
la
grandezza
d
'
Italia
.
Ma
questa
a
noi
toscani
costò
il
sacrificio
della
libertà
individuale
,
giacchè
ci
trovammo
esposti
per
la
nuova
legge
di
procedura
ad
essere
carcerati
ad
arbitrio
di
un
uomo
anche
per
il
sospetto
di
lievissima
colpa
ed
anche
per
una
trasgressione
di
polizia
:
e
ci
trovammo
esposti
ad
essere
sostenuti
in
carcere
per
sei
o
dieci
mesi
per
dar
conto
di
un
fallo
che
incontra
dopo
la
sua
verificazione
appena
un
mese
di
carcere
.
Visita
le
carceri
d
'
Italia
,
e
vedrai
che
questa
è
storia
contemporanea
.
Derisoria
e
ipocrita
è
stata
la
formula
con
la
quale
siamo
stati
condotti
a
questa
condizione
pericolosa
,
poiché
si
è
detto
che
a
noi
si
portava
una
nuova
e
generosa
guarentigia
introducendo
il
sistema
della
scarcerazione
provvisoria
mediante
cauzione
.
Quando
ad
un
uomo
al
quale
jeri
la
legge
diceva
,
tu
non
potrai
essere
carcerato
se
non
a
titolo
di
pena
dopo
una
condanna
definitiva
;
si
è
detto
,
tu
dovrai
subito
andare
prigione
,
ma
io
ti
concedo
il
diritto
di
chiedere
di
essere
scarcerato
se
così
piacerà
ai
superiori
,
e
previo
deposito
di
quella
somma
che
ai
medesimi
piacerà
di
ordinare
:
dimmi
tu
se
può
essere
sincero
il
vanto
di
aver
migliorato
la
condizione
di
quell
'
uomo
in
quanto
al
prezioso
diritto
della
libertà
individuale
.
Ti
prego
meditare
su
questi
fatti
e
istituire
confronto
delle
leggi
nuove
con
le
precedenti
leggi
toscane
;
e
poiché
nel
tuo
scritto
hai
riconosciuto
che
la
Toscana
in
materia
di
diritto
penale
segnava
lo
avanzamento
maggiore
del
progresso
civile
,
prosegui
(
se
tali
sono
le
tue
convinzioni
)
a
combattere
con
la
voce
e
con
la
penna
questo
mostruoso
regresso
al
quale
si
vorrebbe
condurre
l
'
Italia
con
un
deplorabile
anacronismo
.
Pisa
7
ottobre
1869
.
SULLA
CRISI
LEGISLATIVA
IN
ITALIA
(
CONSIDERAZIONI
)
(
1863
)
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
In
risposta
al
quesito
propostomi
da
S
.
E
.
il
Ministro
Pisanelli
sulla
progettata
estensione
delle
leggi
Penali
sarde
alle
provincie
toscane
(
dagli
Opuscoli
di
Diritto
criminale
,
Lucca
,
1870
,
vol
.
II
,
167
ss
.
)
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
Dettando
queste
pagine
io
non
ho
l
'
intendimento
di
farmi
sostenitore
di
una
dottrina
,
o
avversatore
di
un
'
altra
;
né
di
assumere
il
patrocinio
di
particolari
opinioni
.
Intendo
soltanto
di
esprimere
le
mie
personali
convinzioni
;
e
di
ricordare
le
osservazioni
che
una
lunga
pratica
mi
ha
suggerito
.
E
ciò
senza
impegno
,
senza
animo
di
entrare
in
polemiche
,
senza
desiderio
di
imporre
ad
altri
le
opinioni
mie
;
contentandomi
di
serbarle
,
e
lasciare
le
opposte
a
cui
piacciono
.
Io
scendo
dall
'
altezza
delle
speculazioni
scientifiche
,
per
contemplare
le
cose
nelle
pratiche
applicazioni
:
poiché
bene
comprendo
che
non
tutte
le
teorie
dell
'
accademia
possono
trovar
plauso
nelle
discussioni
legislative
,
finchè
la
scienza
non
abbiale
completamente
elaborate
,
e
finchè
non
siano
rendute
possibili
dal
naturale
svolgimento
del
progresso
civile
.
Io
dimentico
i
pensieri
della
cattedra
,
per
non
ricordare
che
le
sensazioni
della
tribuna
defensionale
ove
mi
sono
per
oltre
trenta
anni
agitato
;
le
sensazioni
della
giudicatura
per
dieci
anni
ad
intervalli
esercitata
come
supplente
;
e
le
sensazioni
anche
più
vive
dei
confidenziali
colloquii
coi
rei
,
o
condannati
o
da
condannarsi
.
Clinica
penosa
,
ma
maestra
di
grandi
verità
,
che
non
si
apprendono
né
sui
libri
,
né
altrove
.
In
questo
concetto
non
desti
sorpresa
se
io
procederò
per
via
di
asserzioni
,
piuttostochè
per
via
di
diffuse
dimostrazioni
.
Io
non
disdegno
di
fare
un
trattato
;
ma
soltanto
di
palesare
ciò
che
penso
,
e
di
narrare
dei
fatti
.
La
unificazione
delle
leggi
penali
in
tutte
le
province
del
nuovo
Regno
d
'
Italia
è
senza
dubbio
un
desiderio
comune
.
È
un
desiderio
sensato
,
in
quanto
ciò
simboleggia
la
unità
,
nel
tempo
stesso
che
la
rassoda
.
È
un
desiderio
giusto
;
perché
veramente
non
è
a
lungo
tollerabile
che
un
'
azione
sia
delitto
per
un
cittadino
,
mentre
per
un
altro
non
lo
è
;
che
la
difesa
abbia
in
un
tribunale
guarentigie
e
favori
,
che
non
ha
in
altro
;
né
che
due
cittadini
sieno
disugualmente
puniti
,
solo
per
la
differenza
di
poche
spanne
nel
territorio
dello
stesso
regno
,
ove
le
respettive
azioni
si
consumarono
.
Pure
alla
unità
di
una
nazione
,
o
alla
grandezza
di
un
impero
,
non
è
condizione
assolutamente
necessaria
la
unità
(
1
)
[
(
1
)
Vedasi
in
questa
raccolta
l
'
opuscolo
XI
.
]
di
leggi
neppure
penali
.
Il
reame
di
Francia
fu
compatto
e
potente
malgrado
la
enorme
disparità
di
leggi
che
regolavano
le
sue
province
;
e
come
fossero
svariate
anche
le
procedure
penali
lo
ricorda
il
processo
Damiens
,
nel
quale
si
cercò
qual
fosse
nel
regno
il
tribunale
che
adoperava
mezzi
più
feroci
di
tortura
,
per
inviargli
,
in
grazia
di
questo
merito
,
quel
grande
scellerato
.
Il
reame
di
Prussia
dal
1814
al
1851
si
è
retto
con
tre
legislazioni
penali
diverse
;
e
quanto
diverse
!
Così
Svezia
e
Norvegia
;
così
Austria
fino
al
1852;
così
Baviera
fino
al
1861;
ed
altri
.
È
un
inconveniente
:
grave
inconveniente
.
Ma
quando
dalla
unificazione
dovesse
soffrirne
o
la
sicurezza
in
alcune
province
,
o
la
giustizia
in
altre
,
non
potrìa
negarsi
che
quello
inconveniente
fosse
un
male
minore
;
e
perciò
da
preferirsi
temporaneamente
agli
altri
maggiori
.
La
unificazione
potrebbe
compromettere
la
sicurezza
in
alcune
province
quando
le
condizioni
di
queste
fossero
tali
da
esigere
una
maggiore
energia
di
castighi
,
e
questi
si
dettassero
per
loro
più
miti
a
cagione
di
riguardi
ad
altre
province
che
non
ne
abbisognassero
.
E
potrebbe
invece
compromettere
la
giustizia
,
quando
per
riguardo
a
quelle
si
estendessero
a
queste
i
castighi
più
severi
dei
quali
esse
non
hanno
bisogno
.
Certamente
ogni
penalità
irrogata
oltre
il
bisogno
offende
,
a
tacere
d
'
altro
,
la
giustizia
.
Ora
evvi
egli
pericolo
che
a
questo
repentaglio
corrano
incontro
le
province
italiane
se
ad
un
solo
dettato
penale
si
compongano
?
Occasione
del
dubbio
è
precipuamente
la
pena
di
morte
:
ed
è
davvero
occasione
ben
grave
.
Io
tengo
per
fermo
che
la
pena
di
morte
di
Toscana
sia
una
inutile
crudeltà
.
Io
ho
esercitato
per
sedici
anni
la
difesa
criminale
in
Lucca
,
ove
rimaneva
il
codice
di
Francia
del
1810
nella
sua
originaria
crudezza
;
anzi
con
qualche
più
fiera
appendice
.
E
come
cotesto
codice
prodigasse
la
pena
di
morte
ognuno
lo
sa
.
Io
la
esercitai
poscia
dal
1847
al
1852
con
la
pena
di
morte
abolita
.
Io
la
esercitai
dal
1852
al
1859
con
la
pena
di
morte
ripristinata
.
Io
la
esercitai
dal
1859
fino
al
presente
con
la
pena
di
morte
novellamente
abolita
.
Ebbene
!
In
questo
avvicendarsi
di
esperienza
io
non
mi
avvidi
mai
dal
numero
dei
delitti
se
la
pena
di
morte
vi
fosse
o
no
.
Vidi
farsi
più
o
meno
frequenti
gli
omicidj
in
rissa
secondo
la
varietà
delle
occasioni
,
e
secondo
il
crescere
o
il
decrescere
della
crittogama
.
Vidi
farsi
più
o
meno
frequenti
i
furti
secondo
il
crescere
o
decrescere
delle
vigilanze
preventive
.
Ma
nei
casi
capitali
,
negli
omicidj
premeditati
,
non
potei
scorgere
variazione
.
Vidi
cospirare
in
faccia
al
carnefice
,
forse
più
che
nella
sua
assenza
.
Vidi
incendiare
luoghi
abitati
,
e
quando
si
giocava
la
testa
,
e
quando
si
rischiavano
pochi
anni
di
detenzione
.
Vidi
un
toscano
abbandonare
la
Toscana
,
dove
potea
falsare
monete
col
pericolo
di
temporanea
reclusione
;
e
recarsi
a
far
la
sua
opera
in
Lucca
,
dove
lo
minacciò
la
decapitazione
:
dalla
quale
potei
a
stento
salvarlo
mercè
la
insperata
accoglienza
di
una
sottigliezza
di
diritto
,
che
forse
ebbe
plauso
più
per
l
'
impero
del
cuore
sull
'
intelletto
,
che
per
la
mia
poca
eloquenza
o
per
rigore
di
principii
.
Io
mi
convinsi
perciò
che
la
pena
di
morte
non
è
necessaria
in
Toscana
.
Ed
oso
dire
che
cotesta
non
è
soltanto
opinione
particolare
mia
;
ma
opinione
generale
e
prevalente
fra
coloro
che
per
dottrina
ed
imparzialità
ne
sono
giudici
competenti
.
Ed
in
cotesto
pensiero
io
non
veggo
come
si
possa
dal
Governo
italiano
estendere
ala
provincia
toscana
il
codice
penale
che
governa
oggi
le
altre
province
del
regno
.
Estendere
la
pena
di
morte
ad
una
provincia
che
ha
dato
chiara
prova
di
non
volerne
e
di
non
averne
mestiero
,
e
che
ne
dà
prova
tuttodì
quantunque
sbrigliata
da
ogni
buona
legge
di
polizia
,
sarebbe
una
flagrante
ingiustizia
:
per
tacere
del
brutto
ricambio
che
ciò
farebbe
all
'
affratellamento
spontaneo
che
unisce
al
Regno
la
provincia
Toscana
.
È
vero
che
la
pena
di
morte
si
è
nel
codice
Sardo
ristretta
a
soli
nove
casi
:
ma
volendo
anche
prescindere
dai
primi
due
(
art
.
153
e
154
)
pei
quali
amo
imitare
il
pensiero
di
Solone
,
lo
introdurla
per
gli
altri
sette
in
Toscana
io
lo
considero
un
impossibile
morale
.
Se
è
impossibile
moralmente
di
unificare
la
Toscana
al
rimanente
del
regno
nella
pena
di
morte
,
sarà
egli
possibile
coordinare
il
sistema
punitivo
delle
altre
province
alla
moderazione
toscana
?
Io
non
sono
giudice
competente
di
ciò
.
Per
principio
generale
io
penso
non
necessaria
assolutamente
la
pena
capitale
ovunque
albeggi
un
qualche
bagliore
di
civiltà
,
e
dovunque
il
Governo
non
abbia
coscienza
della
propria
debolezza
.
Né
posso
credere
così
indietro
le
altre
province
,
da
esigere
imperiosamente
la
pedagogìa
del
carnefice
.
Ma
ascolto
da
tante
parti
,
e
da
persone
così
in
alto
locate
e
così
edotte
nella
vita
pratica
delle
città
dove
nacquero
e
vissero
;
ascolto
,
io
dissi
,
ripetere
con
tanta
sicurezza
essere
in
certe
province
la
pena
di
morte
una
necessità
locale
,
che
io
mi
resto
dubbioso
:
non
parendo
a
me
accettabile
cotesta
dolorosa
sentenza
,
e
non
potendo
d
'
altronde
comprendere
che
una
asseveranza
così
positiva
proceda
da
pregiudizj
,
ai
quali
permettasi
di
far
velo
all
'
intelletto
in
argomento
cotanto
grave
.
Certo
è
che
se
cotesta
opinione
non
fosse
il
sospetto
di
pochi
,
ma
veramente
la
opinione
generale
di
quelle
province
,
un
governo
saggio
dovrebbe
temporeggiare
;
e
dando
opera
attiva
a
dileguare
siffatti
timori
correggere
la
pubblica
opinione
,
al
fine
di
rendere
anche
là
possibile
la
proscrizione
della
pena
capitale
.
E
dico
ciò
perché
mia
opinione
è
che
la
misura
della
severità
nelle
pene
non
debba
cercarsi
nella
impressione
che
esse
recano
sui
malvagi
,
ma
nella
impressione
che
fanno
sugli
onesti
.
Lo
errore
che
la
pena
dovesse
raggiungere
tal
grado
di
severità
da
impedire
il
delitto
in
tutti
i
facinorosi
fu
la
causa
fatale
del
progressivo
inferocire
dei
supplizi
.
E
fu
un
errore
,
perché
procedeva
da
un
concetto
impossibile
.
È
impossibile
per
quanto
si
martori
il
colpevole
,
ottenere
che
non
si
commettano
delitti
:
perché
il
delitto
vi
sarà
sempre
per
difetto
della
umana
natura
:
e
perché
l
'
uomo
perduto
,
o
sia
che
lo
acciechi
disperata
passione
per
cui
vegga
nel
male
presente
il
peggiore
di
tutti
,
sia
che
lo
illuda
la
speranza
d
'
impunità
;
quando
la
sua
indole
è
corrotta
e
le
circostanze
che
lo
circondano
lo
spingono
imperiose
al
misfatto
,
vi
correrà
come
vi
è
sempre
corso
,
a
malgrado
di
tutti
i
più
terribili
supplizj
che
a
lui
minacci
la
legge
.
E
la
storia
fu
sollecita
coi
suoi
documenti
infallibili
a
far
la
riprova
di
quanto
fosse
fallace
il
sistema
della
intimidazione
.
Le
pene
devono
contentarsi
di
trattenere
i
male
inclinati
,
e
di
vincere
le
mezzane
cagioni
;
ed
a
quest
'
uopo
non
occorrono
estreme
.
Contro
i
grandi
scellerati
e
contro
le
prepotenti
cagioni
,
esse
rimasero
e
rimarranno
sempre
inefficaci
.
Ma
il
vero
,
il
costante
benefizio
del
magistero
penale
,
è
pel
lato
della
impressione
morale
che
egli
fa
sugli
onesti
.
È
in
questo
senso
che
desso
è
un
solido
cemento
della
civile
consociazione
.
Bisogna
che
ai
buoni
cittadini
sembri
di
essere
sicuri
nella
loro
vita
:
bisogna
che
sembri
loro
che
la
proprietà
,
la
famiglia
,
l
'
onore
loro
,
sia
protetto
dalla
legge
punitiva
.
Ciò
è
necessario
,
e
perché
divelga
dagli
animi
ogni
velleità
di
privata
vendetta
,
e
perché
i
consociati
esercitino
la
loro
attività
.
Questo
è
il
fine
primario
,
questo
è
il
risultamento
effettivo
del
maestrato
penale
.
Senza
di
lui
o
gli
uomini
si
getterebbero
disperati
in
una
inerzia
fatale
,
adoperando
alla
personale
custodia
dei
pochi
beni
che
hanno
quelle
forze
che
varrebbono
a
procacciarne
di
maggiori
,
o
deserterebbero
spaventati
una
città
dove
non
si
sentirebbero
sicuri
.
È
perciò
che
mentre
niente
affatto
credo
che
vi
siano
provincie
in
Italia
nella
quali
l
'
abolizione
della
pena
di
morte
facesse
cessare
ogni
sicurezza
reale
;
ammetto
che
vi
possano
essere
provincie
nelle
quali
l
'
abolizione
toglierebbe
la
sicurezza
opinata
.
Ciò
può
essere
per
la
ragione
della
trista
abitudine
.
Né
io
sono
in
grado
di
emettere
giudizio
se
ciò
veramente
sia
.
Dico
però
,
che
qualora
ciò
fosse
(
e
questa
è
cosa
della
quale
non
può
un
privato
essere
giudice
competente
,
ma
soltanto
l
'
alta
sapienza
di
chi
regge
lo
Stato
)
la
prudenza
governativa
non
tollererebbe
che
si
adottasse
un
metodo
di
unificazione
che
diminuisse
la
sicurezza
opinata
di
certi
paesi
;
quantunque
la
sicurezza
reale
ne
rimanesse
nel
medesimo
stato
di
inferiorità
,
al
quale
oggi
possono
condannarla
la
specialità
ed
i
costumi
di
alcune
province
.
Ma
essendo
debito
dei
governi
di
guidare
per
la
retta
via
la
pubblica
opinione
e
raddrizzare
i
torti
pensieri
,
se
ne
avrebbe
una
ragione
di
più
per
respingere
l
'
opposto
metodo
di
unificazione
.
Infatti
lo
estendere
alla
provincia
toscana
la
pena
di
morte
per
la
ragione
di
un
pregiudizio
dominante
in
altre
provincie
,
oltre
alla
ingiustizia
intollerabile
che
avrebbe
in
sé
,
sarebbe
cagione
infallibile
di
perpetuare
quel
pregiudizio
che
si
vorrebbe
correggere
.
Laddove
mantenendo
la
provincia
toscana
nella
mitezza
di
penalità
che
le
basta
,
l
'
esempio
di
quella
varrebbe
nel
giro
di
breve
tempo
a
procacciare
la
rettificazione
spontanea
degli
esagerati
timori
dei
popoli
affratellati
.
Sicchè
,
nella
supposta
ipotesi
,
obbedendo
alla
fatale
necessità
a
cui
l
'
uomo
soggiace
di
preferire
spessissimo
il
male
minore
al
maggiore
,
io
non
esiterei
piuttosto
a
respingere
un
affetto
di
simmetria
che
mi
condurrebbe
alla
ingiustizia
ed
alla
perpetuazione
dell
'
errore
;
e
nella
fiducia
di
impedire
l
'
una
e
l
'
altra
,
manterrei
precariamente
la
disparità
delle
pene
.
Brutta
cosa
per
certo
:
ma
sempre
meno
brutta
delle
altre
.
Meno
gravi
difficoltà
incontra
la
desiderata
unificazione
sotto
il
rapporto
delle
leggi
procedurali
.
Vi
ha
,
è
vero
,
in
Toscana
una
repugnanza
ai
giurati
;
ma
questa
repugnanza
si
limita
al
ceto
di
certi
magistrati
,
né
vale
indagare
le
cagioni
.
Nella
curia
prevale
il
desiderio
di
cotesta
istituzione
.
E
se
vi
sono
dei
dubbi
e
dei
timori
cadono
più
sulla
forma
speciale
della
giuria
,
com
'
è
costituita
oggi
in
Italia
,
di
quello
che
rispetto
alla
istituzione
in
sé
stessa
.
Senza
dubbio
lamentasi
giustamente
che
la
legge
piemontese
troppo
riproduca
i
difetti
della
giuria
francese
ed
in
special
modo
non
procacci
a
sufficienza
la
divisione
di
certe
questioni
complesse
,
e
la
separazione
vera
e
completa
del
fatto
dal
diritto
nelle
ricerche
da
sottoporsi
ai
giurati
.
Ma
tali
mende
,
che
la
dottrina
del
Ministero
ed
una
ferma
elaborazione
della
giurisprudenza
può
di
facile
toglier
via
,
non
sono
difficoltà
che
valgono
a
ritardare
la
unificazione
per
questo
lato
.
La
quale
a
parer
mio
potrebbe
pur
farsi
malgrado
rimanesse
qualche
diversità
nelle
sanzioni
penali
.
Se
vi
è
paese
che
non
debba
avere
repugnanza
ad
accettare
i
giurati
,
questo
è
la
Toscana
.
Perché
in
Toscana
già
da
cinque
lustri
si
tollera
quello
che
il
sommo
vizio
rimproverato
alla
giurìa
:
voglio
dire
che
i
giudici
criminali
si
convincano
e
condannino
senza
dar
ragione
in
sentenza
del
perché
condannano
e
si
convincono
.
Ove
le
maggiori
guarentigie
delle
prove
legali
o
semi
-
legali
vigessero
,
ove
almeno
si
avesse
avuto
il
riguardo
di
esigere
che
la
sentenza
facesse
fede
che
quelle
cognizioni
scientifiche
delle
quali
si
presumono
forniti
i
magistrati
,
furono
veramente
la
guida
delle
loro
determinazioni
(
esse
,
non
il
sentimento
dell
'
uomo
)
là
io
comprenderei
bene
che
si
facesse
viva
opposizione
ai
giurati
.
L
'
emblema
della
opposizione
sarebbe
una
dottrina
,
non
una
questione
di
persona
:
poiché
si
direbbe
,
vogliamo
esser
certi
di
esser
giudicati
con
la
mente
e
non
col
cuore
.
Ma
in
Toscana
,
dove
da
cinque
lustri
si
vive
sotto
il
singolare
sistema
del
magistrato
sapiente
a
cui
non
si
impone
di
render
conto
della
sua
sapienza
:
in
Toscana
,
dove
da
cinque
lustri
si
vedono
spesso
sorgere
convinzioni
inesplicabili
,
insostenibili
coi
dettami
della
ragione
e
della
scienza
,
eppure
incensurabili
benchè
paurose
,
l
'
avversione
contro
i
giurati
se
regna
in
qualche
animo
imparziale
non
può
regnarvi
come
dottrina
,
ma
come
sentimento
di
antipatia
:
al
quale
si
contrappone
gagliarda
la
simpatia
dei
più
verso
un
ordinamento
giudiciale
che
rappresenta
il
completamento
di
quelle
politiche
guarentigie
per
le
quali
si
ringagliardisce
la
civile
libertà
di
una
nazione
.
Io
dico
infine
che
la
maggiore
difficoltà
che
osteggi
i
giurati
potendo
nascere
dalla
ignoranza
del
popolo
,
è
oggi
un
vero
rovescio
di
idee
,
un
andare
a
ritroso
del
vero
,
negarli
alla
Toscana
mentre
si
sono
allargati
per
tutto
il
rimanente
del
Regno
.
E
poiché
sono
in
questo
argomento
dei
giudizj
criminali
,
osserverò
che
chiunque
mediti
lo
stato
attuale
di
rapporto
che
esiste
fra
le
due
frazioni
del
nostro
Reame
,
sorge
intuitivo
l
'
incontrastabile
controsenso
che
oggi
vi
domina
.
Abbiamo
penalità
più
miti
in
Toscana
:
abbiamo
penalità
più
severe
nel
resto
;
ciò
rimanendo
non
potrebbe
rimanere
che
come
segno
di
maggiore
civiltà
.
Ma
ammesso
ciò
,
come
si
concilia
che
in
quella
provincia
dove
la
penalità
più
mite
fa
per
l
'
oracolo
del
legislatore
testimonianza
di
maggiore
civiltà
,
si
conservino
forme
procedurali
che
più
avversano
i
sacri
diritti
della
difesa
,
e
che
meno
accordano
di
guarentigia
ai
cittadini
?
È
un
male
per
molti
anni
deplorato
in
Toscana
da
tutta
la
curia
,
non
che
da
tutti
coloro
che
poterono
sentire
l
'
intollerabile
peso
,
la
esorbitante
prevalenza
dell
'
arbitrio
magistrale
;
è
un
male
profondamente
sentito
lo
stato
di
annientamento
del
diritto
della
difesa
nelle
parti
più
vitali
del
suo
indispensabile
movimento
.
Possono
essi
ammettersi
in
un
popolo
civile
i
preventivi
processi
segreti
che
l
'
accusa
liberamente
compila
per
conto
proprio
,
e
chiude
nel
suo
cassetto
senza
farne
comunicazione
al
difensore
?
Non
nego
la
convenienza
di
precedenti
informazioni
che
si
procuri
l
'
accusa
prima
di
lanciarsi
alla
persecuzione
di
un
cittadino
.
Ma
perché
,
quando
i
testimoni
che
si
esaminarono
nella
informazione
segreta
si
ripetono
al
dibattimento
orale
,
non
deve
l
'
accusato
preventivamente
sapere
cosa
hanno
detto
nel
primo
esame
?
Può
egli
tollerarsi
là
dove
si
riconosce
in
principio
la
uguaglianza
(
per
lo
meno
)
dell
'
accusa
e
della
difesa
in
faccia
alla
legge
,
che
l
'
accusatore
alla
vigilia
del
dibattimento
citi
a
talento
suo
in
un
processo
indiziario
un
numero
di
testimoni
senza
far
noti
all
'
accusato
i
fatti
o
gl
'
indizi
novelli
che
intende
provare
al
mezzo
di
quei
testimoni
novellamente
indotti
e
sui
quali
si
propone
di
argomentare
?
L
'
accusato
,
si
dice
,
è
in
debito
di
capitolare
i
fatti
dei
quali
vuole
attingere
contezza
dai
singoli
testimoni
che
reca
al
giudizio
,
affinchè
il
pubblico
ministero
sostenitore
della
legge
conoscendo
tempestivamente
cotali
circostanze
,
che
altrimenti
a
lui
sarebbe
impossibile
d
'
indovinare
,
possa
preparare
ove
lo
creda
opportuno
la
controprova
,
e
non
sia
volto
a
sorpresa
.
Ottima
osservazione
;
alla
quale
io
pienamente
mi
sottoscrivo
.
Al
pubblico
ministero
,
si
soggiunge
,
non
fa
invece
bisogno
d
'
imporre
codesto
debito
in
ordine
ai
nuovi
testimoni
che
aggiunge
oltre
i
già
esaminati
,
perché
l
'
accusato
deve
conoscere
al
solo
udire
il
nome
del
testimone
,
quali
saranno
le
circostanze
delle
quali
verrà
a
deporre
.
Falsissima
osservazione
;
alla
quale
recisamente
mi
oppongo
come
a
pernicioso
sofisma
.
Ed
il
sofisma
sta
in
ciò
che
in
cosiffatto
argomento
si
presume
nientemeno
che
l
'
accusato
sia
colpevole
:
pensiero
ormai
anatemizzato
e
proscritto
dalla
odierna
civiltà
,
quantunque
inconsiderato
e
latente
rimanga
troppo
spesso
nel
cuore
di
alcuno
.
Se
l
'
accusato
si
presume
colpevole
,
ei
saprà
bene
che
Tizio
trovossi
presente
al
fatto
suo
criminoso
,
e
che
Sempronio
ebbe
da
lui
la
fiduciosa
rivelazione
del
delitto
commesso
.
Laonde
al
solo
udire
che
Tizio
e
Sempronio
sono
chiamati
dall
'
accusa
al
processo
orale
,
già
capirà
che
Tizio
sarà
a
deporre
di
ciò
che
vide
e
Sempronio
di
ciò
che
udì
.
Ma
presumete
invece
,
com
'
è
dovere
,
la
innocenza
dell
'
inquisito
,
e
ditemi
allora
come
può
egli
,
che
forse
mai
non
vide
Tizio
né
parlo
con
Sempronio
,
indovinare
cosa
verranno
a
dire
costoro
,
e
preordinarsi
alla
controprova
!
Il
sofisma
è
pertanto
palpabile
ed
il
sistema
è
vizioso
.
E
pur
vidi
talvolta
alla
vigilia
del
dibattimento
notificarsi
dal
pubblico
ministero
i
nomi
di
nuovi
testimoni
contro
un
accusato
di
due
o
tre
delitti
,
senza
neppure
rendergli
noto
su
quale
dei
diversi
reati
che
a
lui
si
rimproveravano
si
volessero
esaminare
quei
nuovi
testimoni
.
Il
sistema
è
vizioso
non
solo
perché
pecca
contro
la
uguaglianza
che
deve
essere
la
prima
legge
sovrana
di
ogni
buon
procedimento
;
ma
perché
ancora
ha
radice
su
due
presunzioni
entrambo
fallaci
.
La
presunzione
di
reità
dell
'
accusato
,
che
è
falsa
sempre
teoricamente
e
falsa
spessissimo
praticamente
;
e
la
presunzione
di
veridicità
dei
testimoni
,
e
di
esattezza
ed
infallibilità
del
loro
giudizio
,
la
quale
benchè
vera
teoricamente
essendo
spesso
falsa
praticamente
,
importa
il
bisogno
che
si
diano
mezzi
sufficienti
a
combatterla
.
Può
egli
tollerarsi
che
all
'
accusato
non
basti
capitolare
i
fatti
che
intende
provare
a
proprio
discarico
;
ma
la
facoltà
in
lui
di
avere
alla
udienza
i
testimoni
,
dai
quali
confida
essere
chiarito
innocente
,
dipenda
dall
'
assoluto
arbitrio
del
Presidente
?
Incensurabile
arbitrio
;
che
non
dà
ragione
di
sé
;
e
che
spesso
può
trovare
l
'
unico
suo
movente
nella
economia
del
tempo
o
del
denaro
del
fisco
.
Come
possono
gli
onesti
sentirsi
sicuri
dalle
conseguenze
di
una
calunnia
dove
la
legge
,
paga
di
concedere
loro
larghezza
di
ciarle
,
ammette
che
il
capriccio
di
un
uomo
possa
frapporre
insuperabile
barriera
alla
giustificazione
della
innocenza
!
Io
non
mi
turbo
,
né
mi
commuovo
per
un
grado
maggiore
di
severità
con
cui
si
ferisca
il
colpevole
,
perché
ho
fiducia
di
non
divenirlo
.
Ma
palpito
e
tremo
se
penso
che
quando
un
'
apparenza
fatale
mi
dipingesse
colpevole
,
lo
avere
aperta
la
via
a
produrre
la
mia
giustificazione
dipenderebbe
dalla
benignità
e
dall
'
arbitrio
di
un
uomo
.
Cosa
è
poi
la
oralità
nel
sistema
Toscano
?
La
legge
dispone
che
il
processo
scritto
non
abbia
alcun
valore
giuridico
:
che
solo
valga
il
processo
orale
della
ultima
udienza
.
Ma
chi
ha
potuto
vedere
addentro
nella
realtà
dei
fatti
,
ha
dovuto
troppe
volte
convincersi
non
essere
questa
una
verità
,
ma
una
pomposa
parola
.
Non
può
essere
una
verità
,
se
si
riflette
che
la
legge
toscana
mantiene
la
pena
dello
spergiuro
contro
il
testimone
che
abbia
nel
processo
scritto
mentito
:
e
così
rende
impossibile
la
ritrattazione
di
un
teste
mentitore
,
per
quanto
una
resipiscenza
salutare
lo
abbia
condotto
nella
determinazione
di
redimersi
alla
pubblica
udienza
palesando
la
verità
.
Perché
riesca
utile
codesto
metodo
bisogna
sperare
che
il
falso
testimone
non
solo
siasi
pentito
ma
sia
divenuto
un
santo
,
onde
affrontare
coraggioso
il
proprio
martirio
pria
che
persistere
nell
'
affermata
falsità
.
Sogni
sono
questi
e
guarentigie
di
mera
apparenza
.
Chè
anzi
codesta
posizione
non
solo
trattiene
dal
ritrattarsi
il
testimone
mendace
,
ma
ne
trattiene
eziandio
il
testimone
che
abbia
errato
e
fatto
poi
miglior
senno
;
non
che
il
testimone
le
cui
parole
si
siano
intese
a
traverso
dall
'
attuario
.
Spesso
è
avvenuto
ed
avviene
che
un
testimone
di
poco
spirito
all
'
udire
la
voce
severa
del
presidente
che
gli
ripete
la
consueta
contestazione
-
diceste
voi
il
vero
od
il
falso
nel
processo
scritto
?
-
si
intimidisca
del
proprio
pericolo
,
ed
affermi
come
verità
ciò
che
gli
vien
letto
su
quelle
pagine
,
quantunque
senta
che
quello
scritto
non
riprodusse
il
genuino
stato
delle
cose
,
né
il
vero
concetto
di
ciò
che
egli
intese
deporre
nel
suo
primo
esame
.
Non
è
sempre
,
né
può
essere
una
verità
questa
prevalenza
del
processo
orale
sopra
lo
scritto
,
perché
i
risultati
di
quello
non
si
raccolgono
esattamente
,
ma
si
consegnano
alla
memoria
dei
giudicanti
:
i
quali
debbono
poi
riprodurselo
fedelmente
,
spesso
dopo
uno
intervallo
di
parecchi
giorni
,
nella
camera
di
consiglio
;
dove
peraltro
sta
sul
tavolino
immutabile
il
processo
scritto
,
che
in
faccia
ai
giurati
niente
vale
.
Io
non
ebbi
che
poche
volte
occasione
di
esercitare
la
difesa
degli
accusati
nelle
altre
province
del
Regno
.
Ma
per
quanto
mi
addimostrò
codesto
esperimento
,
e
per
quanto
mi
rivela
lo
studio
di
quelli
ordinamenti
,
io
li
stimo
molto
migliori
delle
procedure
penali
toscane
;
le
quali
(
spiaccia
a
chi
vuolsi
la
mia
professione
di
fede
)
io
reputo
viziosissime
fra
le
viziose
.
È
poi
nuovamente
una
guarentigia
apparente
,
che
torna
a
discapito
della
guarentigia
reale
,
la
duplicazione
delle
Camere
d
'
invio
come
in
Toscana
si
esercita
.
Si
è
creduto
di
dare
una
tutela
maggiore
agli
imputati
dei
delitti
di
alto
criminale
,
con
lo
esigere
che
due
turni
successivi
ripetano
l
'
affermazione
della
sufficienza
degli
indizi
.
Ma
io
vidi
spesso
la
duplicità
delle
ruote
ritardare
non
solo
,
ma
rendere
inutile
il
movimento
della
macchina
.
Non
dirò
che
ciò
sempre
avvenga
:
perché
magistrati
coscienziosi
ed
illuminati
la
intendono
spesso
come
si
deve
.
Ma
è
avvenuto
ed
avviene
(
ed
io
ne
sono
testimonio
)
che
nei
giudici
della
camera
di
consiglio
della
prima
istanza
si
tenga
la
opinione
che
quando
il
titolo
del
reato
è
di
alto
criminale
,
non
possa
la
prima
camera
giudicare
della
sufficienza
degli
indizi
:
perché
,
come
io
mi
sono
sentito
parecchie
volte
obiettare
,
è
questo
un
invadere
la
giurisdizione
della
camera
di
accusa
,
alla
quale
esclusivamente
spetta
la
cognizione
del
fatto
.
Ed
è
avvenuto
poi
che
la
camera
delle
accuse
abbia
trovato
una
difficoltà
nel
decreto
d
'
invio
della
prima
camera
,
come
un
precedente
che
impaccia
,
necessitando
quasi
a
trovarvi
un
grave
errore
per
revocarlo
.
La
legge
sarda
,
per
quanto
a
me
pare
,
nell
'
ordinamento
di
cui
gli
art
.
244
,
414
e
seguenti
,
è
più
semplice
,
più
spedita
,
e
forse
meglio
sicura
.
Si
farà
il
solito
obietto
che
la
unica
camera
sarda
è
copiata
dalla
legge
francese
del
1856
.
Ma
le
due
camere
della
legge
toscana
del
1838
non
erano
esse
copiate
dall
'
antico
codice
Francese
!
Bensì
nel
grave
argomento
della
custodia
preventiva
mi
pare
che
ecceda
in
peggio
da
un
lato
la
legge
sarda
per
non
destinarle
dei
limiti
assoluti
,
come
la
legge
toscana
.
E
che
dall
'
altro
lato
prevalga
in
meglio
sulla
toscana
per
gli
ordinamenti
provvidi
sulla
cauzione
.
In
Toscana
siamo
avvezzi
a
non
vedere
andar
prigione
prima
della
condanna
altro
che
i
ladri
,
ed
i
prevenuti
di
delitti
che
espongono
a
carcere
oltre
i
due
anni
.
La
indefinita
carcerazione
preventiva
della
legge
sarda
sarebbe
intollerabile
.
Questa
è
copiata
dalla
legge
francese
.
Ma
si
guardi
un
momento
oltre
le
Alpi
.
E
vedrassi
che
in
questo
momento
le
grida
contro
cotesta
preventiva
carcerazione
sorgono
là
da
ogni
lato
.
Pullulano
oggi
gli
articoli
di
giornali
,
le
monografie
,
i
lamenti
di
ogni
genere
contro
questo
difetto
;
talchè
parmi
che
oggi
sia
questo
il
tema
là
divenuto
di
moda
.
E
ciò
significa
che
tra
poco
vedremo
sorgere
una
emenda
in
Francia
sul
tal
proposito
,
ed
accettarsi
alcuno
dei
tanti
diversi
piani
che
veggo
progettarsi
dagli
scrittori
.
Bella
gloria
sarebbe
andare
innanzi
ai
nostri
vicini
,
pria
che
aspettare
ad
imitarli
,
trascinati
dalla
prepotenza
del
vero
.
E
noi
ne
abbiamo
i
materiali
,
sol
che
agli
ordinamenti
toscani
sulla
carcerazione
preventiva
,
e
sulla
sua
valutazione
,
si
unissero
i
provvedimenti
sardi
sulla
cauzione
.
Io
non
vorrei
fidare
la
libertà
dell
'
innocente
né
a
questi
soli
,
né
a
quelli
.
Volgono
poche
sere
che
un
provetto
magistrato
toscano
(
e
non
era
dei
più
miti
)
mi
diceva
che
nella
pratica
aveva
trovato
il
sistema
toscano
della
carcerazione
preventiva
tropo
severo
e
impaccioso
.
Il
suo
completamento
deve
essere
la
cauzione
.
Esisteranno
forse
anche
nella
procedura
sarda
dei
difetti
notevoli
,
che
io
non
vi
scorgo
.
E
tengo
opinione
che
delle
leggi
procedurali
male
si
giudichi
a
tavolino
:
e
bisogni
studiarle
nella
loro
vita
e
nella
esperienza
.
Ma
nell
'
insieme
,
tolto
ciò
che
ho
notato
,
io
non
vedrei
ragione
di
dolermi
del
cambio
.
Ora
tornando
all
'
argomento
della
penalità
(
qualunque
sia
per
essere
la
soluzione
del
grande
preliminare
problema
sulla
pena
capitale
)
sarà
sempre
a
vedersi
se
rimpetto
al
codice
Toscano
che
si
toglierebbe
a
queste
province
,
possa
essere
accettabile
il
codice
Sardo
tal
quale
sta
:
se
sia
cioè
accettabile
rispetto
al
progresso
della
scienza
in
questa
provincia
;
se
sia
accettabile
rispetto
ai
suoi
bisogni
,
ed
alle
abitudini
che
la
governano
.
E
qui
di
nuovo
ripeterò
che
non
intendo
fare
un
trattato
scientifico
,
né
un
corso
di
codice
comparato
,
né
d
'
immergermi
nella
dimostrazione
di
speciali
teoriche
.
Il
cerchio
di
questo
scritto
,
e
la
pochezza
dei
miei
lumi
,
non
si
adattano
a
siffatto
lavoro
.
Intendo
solo
di
esprimere
senza
pretensioni
quello
che
io
penso
su
qualche
punto
dei
più
culminanti
,
sparpagliatamente
e
per
via
di
semplici
accenni
.
Incominciando
dalle
nozioni
e
dalle
generalità
,
dirò
che
la
definizione
del
delitto
mancato
,
quale
si
pone
all
'
articolo
97
del
codice
Sardo
,
non
è
all
'
unisono
con
gli
ultimi
pronunciati
della
dottrina
.
Ivi
si
confonde
il
conato
pretergresso
,
che
è
l
'
ultimo
stadio
del
tentativo
prossimo
,
col
delitto
mancato
:
ente
giuridico
,
ritrovato
della
scienza
moderna
e
creazione
tutta
Italiana
perché
figlia
di
quell
'
altissima
mente
di
Romagnosi
.
Il
delitto
mancato
sta
distinto
come
una
specialità
fra
il
conato
pretergresso
e
il
delitto
consumato
.
La
migliore
definizione
che
del
delitto
mancato
legga
nei
codici
contemporanei
(
ed
oso
dire
la
più
esatta
che
possa
darsi
)
è
quella
che
trovasi
all
'
articolo
46
del
codice
Toscano
.
Il
delitto
mancato
deve
presentare
perfetto
in
sé
stesso
l
'
elemento
subiettivo
;
il
quale
può
essere
imperfetto
anche
nel
conato
pretergresso
.
E
perché
l
'
elemento
subiettivo
sia
perfetto
,
bisogna
che
il
non
successo
sia
esclusivamente
attribuibile
ad
un
fortuito
imprevisto
:
e
che
sia
perciò
dipendente
affatto
dal
modo
di
agire
e
dalla
forma
di
determinazione
del
colpevole
.
Equiparare
il
conato
pretergresso
al
delitto
mancato
porta
alla
ingiustizia
:
perché
con
ciò
sulla
bilancia
politica
una
serie
di
atti
,
che
per
quante
volte
si
ripetessero
in
quelle
condizioni
dovrebbero
sempre
(
tranne
la
providenziale
interposizione
di
un
fortuito
)
consumare
la
infrazione
,
si
equipara
ad
una
serie
di
atti
che
per
la
legge
immutabile
delle
fisiche
relazioni
avevano
in
loro
stessi
la
probabilità
di
risultare
inetti
.
E
così
per
una
parità
del
mero
elemento
intenzionale
si
parificano
,
a
discapito
della
giustizia
politica
,
due
materialità
ontologicamente
diverse
,
e
rappresentanti
un
diversissimo
grado
di
pericolo
sociale
.
La
sostituzione
dell
'
art
.
46
toscano
all
'
art
.
97
sardo
sarebbe
un
omaggio
alla
scienza
ed
un
servizio
alla
giustizia
;
e
nulla
disturberebbe
la
economia
di
questo
codice
,
il
quale
d
'
altronde
nella
distribuzione
della
penalità
del
tentativo
offre
campo
bastevole
per
la
repressione
del
conato
pretergresso
.
Dissonante
coi
principii
della
scienza
,
ed
eccessivo
di
rigore
è
l
'
art
.
536
del
codice
penale
Sardo
;
il
quale
prevede
una
specialità
che
,
dove
presenti
i
termini
del
tentativo
,
troverà
congrua
repressione
nella
sua
sede
;
dove
non
li
presenti
,
non
può
essere
mai
meritevole
di
tanta
repressione
.
Nulla
osservò
sull
'
art
.
99
del
codice
Sardo
per
non
ripetere
le
censure
già
svolte
da
altri
.
In
quanto
alla
istigazione
a
delinquere
non
accolta
,
ricorderò
ciò
che
altra
volta
ebbi
occasione
di
dire
.
Se
spiace
ad
alcuno
che
il
codice
Sardo
non
abbia
nessuna
disposizione
speciale
contro
la
istigazione
non
accolta
,
è
però
esorbitante
l
'
art
.
54
del
codice
Toscano
che
ammette
la
punibilità
di
qualsiasi
istigazione
non
accolta
,
e
non
fa
le
debite
distinzioni
fra
il
dolo
di
proposito
ed
il
dolo
d
'
impeto
,
che
può
bene
verificarsi
anche
nell
'
istigatore
,
e
che
rende
scusabile
una
parola
proferita
in
un
momento
di
esaltazione
;
né
fa
la
debita
restrizione
per
la
levità
del
malefizio
a
cui
si
sarebbe
istigato
.
È
incontrastabile
che
tutti
i
buoni
criminalisti
i
quali
hanno
ammesso
la
punibilità
della
istigazione
non
accolta
,
l
'
ammettono
soltanto
in
atrocioribus
.
E
fu
un
vero
gioco
di
parole
l
'
argomento
che
vidi
adoperare
a
difesa
di
quell
'
art
.
54
,
dicendo
che
il
medesimo
non
dichiarava
punibile
qualsisia
istigazione
,
ma
soltanto
quelle
che
avessero
il
carattere
di
efficacia
.
In
verità
a
me
parve
priva
di
ogni
valore
cotale
risposta
,
poiché
se
la
istigazione
che
quell
'
articolo
vuol
punire
si
suppone
per
necessità
non
accolta
,
non
so
per
modo
alcuno
comprendere
come
possa
ella
dirsi
efficace
.
La
efficacia
di
una
istigazione
non
vuole
già
cercarsi
in
un
influsso
fisico
che
non
esiste
,
ma
soltanto
nella
pressione
che
esercitò
sulla
determinazione
criminosa
dell
'
autore
del
malefizio
.
Laonde
se
la
istigazione
non
fu
accolta
è
chiara
prova
che
non
ebbe
efficacia
sulla
determinazione
,
perché
non
persuase
colui
che
voleva
persuadere
al
delitto
.
Una
efficacia
astratta
disgiunta
dalla
efficacia
concreta
è
un
ente
così
indefinibile
ed
elastico
da
essere
quasi
impossibile
a
concepirsi
.
In
quanto
alla
recidiva
il
codice
Sardo
(
art
.
118
)
parifica
la
recidiva
vera
alla
finta
;
la
recidiva
propria
alla
impropria
;
e
rende
perpetuo
(
art
.
125
)
lo
stato
di
recidivanza
.
Il
codice
Toscano
(
art
.
82
)
non
considera
la
recidiva
finta
,
esigendo
la
piena
espiazione
della
pena
:
non
considera
la
recidiva
impropria
(
art
.
84
)
,
esigendo
un
delitto
congenere
:
non
riconosce
perpetuità
(
art
.
83
)
nello
stato
di
recidivanza
.
Nel
conflitto
delle
due
opposte
dottrina
io
tengo
una
opinione
eclettica
.
Non
trovo
giusto
che
si
parifichi
,
come
nel
codice
Sardo
,
la
recidiva
nell
'
istesso
reato
con
quella
in
reato
diverso
.
Né
che
si
parifichi
la
recidiva
dopo
la
espiazione
della
pena
,
alla
recidiva
dopo
una
semplice
condanna
.
Ma
trovo
insufficiente
ai
bisogni
della
pubblica
difesa
che
la
ricaduto
dopo
una
condanna
,
o
la
ripetizione
di
diversa
delinquenza
si
lascino
,
come
nel
codice
Toscano
,
affatto
inosservate
.
Nel
mio
modo
di
vedere
dovrebbe
esservi
una
gradazione
,
nella
quale
questi
due
ultimi
casi
dovrebbero
rappresentare
una
media
.
È
poi
assolutamente
risibile
l
'
aumento
di
penalità
che
il
codice
Toscano
(
art
.
85
)
infligge
contro
i
recidivi
,
senza
limite
alcuno
nel
minimo
.
E
la
dico
tale
,
perché
tale
me
l
'
ha
mostrata
la
pratica
;
vedendo
spesso
nei
giudizj
correzionali
risolversi
in
un
giorno
di
carcere
la
conseguenza
della
recidiva
contro
un
ladro
che
tornerà
forse
per
la
decima
volta
a
molestare
la
giustizia
.
Lodo
il
codice
Sardo
per
avere
ammesso
la
prescrizione
della
pena
,
che
dal
codice
Toscano
non
si
volle
riconoscere
per
una
soverchianza
di
rispetto
al
principio
morale
sul
principio
politico
.
E
noto
che
la
prescrizione
dello
stato
di
recidivanza
non
è
che
una
logica
deduzione
di
quel
principio
.
Adesso
faccio
passaggio
alla
considerazione
di
alcune
specialità
penali
;
sempre
procedendo
non
per
via
di
un
'
analisi
metodica
e
completa
,
ma
spezzatamente
annunziando
i
pensieri
miei
.
La
penalità
dell
'
omicidio
nel
codice
Toscano
(
articolo
310
)
è
troppo
mite
nel
suo
massimo
.
Non
sta
in
proporzione
con
le
penalità
dallo
stesso
codice
sancite
contro
il
furto
violento
(
art
.
390
)
e
contro
la
violenza
carnale
(
art
.
281
)
.
Non
sta
in
proporzione
con
la
importanza
di
tutelare
la
vita
umana
.
E
specialmente
è
troppo
dimesso
quel
massimo
,
perché
non
lascia
adito
a
proporzionare
la
repressione
ai
gradi
diversi
di
malvagità
della
proeresi
criminosa
;
gradi
che
nei
delitti
di
sangue
,
più
che
in
ogni
altra
specie
,
sono
infinitamente
variabili
di
variazioni
pronunciatissime
sotto
il
rapporto
della
moralità
dell
'
azione
.
L
'
omicidio
può
essere
predisposto
senza
giungere
a
presentare
quei
rigorosi
estremi
che
costituire
devono
la
premeditazione
.
L
'
omicidio
può
essere
conseguenza
d
'
istantanea
risoluzione
;
ma
figlio
di
una
crudele
proclività
,
perché
scompagnato
da
qualunque
concitazione
dell
'
animo
.
L
'
omicidio
può
essere
conseguenza
di
un
esaltamento
di
passione
istantanea
che
senza
presentare
i
caratteri
giuridici
della
provocazione
,
meriti
peraltro
un
riguardo
.
Tutte
queste
diverse
forme
dell
'
elemento
intenzionale
nei
delitti
di
sangue
si
riunirono
dal
codice
Toscano
in
un
fascio
,
unificate
sotto
la
generica
denominazione
di
omicidio
improvviso
.
E
per
la
ristretta
graduabilità
della
pena
che
quell
'
articolo
stringe
dai
7
anni
ai
12
di
casa
di
forza
non
rimase
a
sperare
che
la
prudenza
ed
equità
dei
magistrati
potesse
in
pratica
bastantemente
supplire
a
quella
proporzionata
distribuzione
,
che
giustizia
esige
e
che
ha
trascurato
di
fare
la
legge
.
Ma
d
'
altro
lato
il
codice
Sardo
con
la
sua
nozione
dell
'
omicidio
volontario
(
art
.
522
)
,
e
con
la
sua
penalità
(
art
.
534
)
affatto
ingraduabile
,
riproduce
sotto
altro
aspetto
anche
più
sensibili
questi
difetti
.
E
se
il
codice
Toscano
offende
la
giustizia
distributiva
per
la
troppa
mitezza
verso
i
micidiali
più
scellerati
;
il
codice
Sardo
la
offende
per
la
soverchia
severità
verso
i
micidiali
più
meritevoli
di
qualche
commiserazione
.
Stimo
viziosa
la
nozione
dell
'
infanticidio
quale
trovasi
nel
codice
Sardo
;
e
molto
migliore
e
più
conforme
alla
scienza
quella
del
codice
Toscano
(
art
.
316
)
.
Ad
ogni
modo
la
gradazione
della
penalità
nell
'
infanticidio
sembrami
troppo
ristretta
nell
'
art
.
532
del
codice
Sardo
:
non
potendo
,
per
quanto
mi
pare
,
discender
mai
per
la
madre
illegittimamente
fecondata
e
minacciata
di
sovrastanti
sevizie
,
al
disotto
dei
sette
anni
di
reclusione
.
Il
caso
previsto
dall
'
art
.
318
del
codice
Toscano
parmi
che
non
abbia
provvisione
speciale
nel
codice
Sardo
.
Tanto
il
codice
Sardo
quanto
il
Toscano
cadono
peraltro
ambedue
nel
difetto
di
definire
la
scusa
con
la
designazione
dello
stato
di
fatto
anziché
con
la
designazione
dello
stato
dell
'
animo
della
donna
colpevole
.
La
ragione
per
cui
secondo
l
'
uno
si
degrada
la
imputazione
dello
infanticidio
,
e
secondo
l
'
altro
se
ne
costruisce
la
nozione
speciale
,
non
risiede
nel
mero
stato
di
fatto
;
nello
essere
cioè
la
femmina
illecitamente
fecondata
.
La
ragione
della
scusa
sta
nel
bisogno
di
salvare
l
'
onore
,
e
nel
turbamento
e
nella
pressione
che
il
pericolo
dell
'
onore
e
di
gravi
danni
futuri
esercitò
sull
'
animo
della
sciagurata
e
la
sospinse
alla
strage
.
La
illecita
fecondazione
è
la
causa
della
causa
minorante
,
ma
non
rappresenta
in
sé
sola
la
minorante
,
se
non
le
tenne
dietro
la
vera
causa
di
questa
.
Ora
non
per
tutte
le
femmine
la
illecita
fecondazione
può
riconoscersi
come
causa
di
pericolo
nell
'
onore
,
e
così
come
causa
di
turbamento
meritevole
di
commiserazione
.
Non
lo
è
nella
donna
di
bordello
,
né
in
colei
che
già
fosse
altra
volta
punita
come
infanticida
.
Ora
se
la
minorante
si
annette
al
solo
stato
di
fatto
viene
per
necessità
a
vedersi
applicata
la
medesima
anche
a
coloro
per
le
quali
il
pericolo
dell
'
onore
era
un
epigramma
,
e
per
le
quali
in
conseguenza
la
vera
causa
che
minora
(
o
respettivamente
impropria
)
il
reato
non
ricorre
assolutamente
.
Non
bisogna
dunque
desumere
la
definizione
di
cotesto
caso
dalla
causa
,
quando
questa
può
qualche
volta
non
corrispondere
a
quella
.
Bisogna
definirlo
con
referenza
alla
vera
causa
prossima
;
che
è
il
pericolo
dell
'
onore
.
Quando
il
codice
Sardo
lasciata
da
parte
la
inutile
enunciativa
della
illecita
fecondazione
avesse
dichiarato
scusabile
l
'
infanticidio
commesso
per
salvare
l
'
onore
della
donna
:
e
quando
il
codice
Toscano
avesse
fatto
altrettanto
per
dare
la
nozione
speciale
del
titolo
d
'
infanticidio
,
avrebbero
l
'
uno
e
l
'
altro
esattamente
riprodotto
il
concetto
ed
intendimento
loro
;
ed
avrebbero
evitato
il
rischio
di
risultamenti
che
sono
un
vero
sconcio
ed
una
vera
contradizione
.
È
però
traboccante
di
rigore
il
codice
Toscano
(
art
.
310
§
.
2
)
in
ordine
alla
penalità
dell
'
omicidio
provocato
.
Esorbitante
di
rigore
in
faccia
ai
principj
;
esorbitante
in
faccia
alle
giurisprudenze
ed
a
tutti
i
codici
contemporanei
.
Lo
proclamo
tale
senza
esitazione
;
sì
perché
ammette
l
'
arbitrio
libero
ed
incensurabile
nei
giudici
,
malgrado
qualsiasi
veemente
provocazione
,
d
'
infliggere
la
pena
ordinaria
dei
sette
anni
di
casa
di
forza
;
sì
perché
quando
i
magistrati
consentano
ad
abbassare
la
pena
,
non
ammette
abbassamento
sotto
i
tre
anni
della
casa
di
forza
.
Onde
ne
avviene
in
pratica
la
conseguenza
che
quando
i
giudici
si
sentono
commossi
a
riguardo
di
un
imputato
,
debbono
scendere
ad
una
finzione
;
adoperando
il
rimedio
dell
'
art
.
64
.
E
dico
finzione
,
perché
la
provocazione
può
essere
veementissima
ed
intollerabile
,
quantunque
non
tolga
all
'
omicida
la
coscienza
dei
propri
atti
e
la
libertà
di
elezione
.
Tutti
i
codici
contemporanei
rispettano
questa
mal
frenabile
condizione
della
umana
natura
,
che
spinge
l
'
uomo
a
reagire
con
la
violenza
contro
la
ingiusta
violenza
.
E
senz
'
andare
a
supporre
perturbazione
di
mente
,
trovano
nella
giusta
indignazione
da
un
lato
,
e
nella
ingiusta
brutalità
dall
'
altro
lato
,
una
legittima
ragione
di
scusa
;
ed
abbassano
la
pena
dell
'
omicidio
provocato
,
i
più
severi
fino
ad
un
anno
di
carcere
;
i
più
miti
(
fra
i
quali
è
in
questo
punto
nell
'
art
.
562
il
codice
Sardo
)
fino
a
sei
mesi
di
carcere
secondo
il
grado
della
provocazione
.
Stimo
dunque
in
questa
parte
assai
di
gran
lunga
migliore
il
codice
Sardo
.
E
qui
mi
si
permetta
di
osservare
,
che
se
adopero
sempre
la
espressione
codice
Sardo
,
non
è
per
un
'
antitesi
municipale
,
ma
perché
non
posso
chiamarlo
codice
Italiano
mentre
di
fatto
non
lo
è
:
e
mi
giustifica
il
frontespizio
della
edizione
officiale
del
1859
.
In
proposito
delle
lesioni
trovo
meritevole
di
speciale
osservazione
l
'
art
.
544
del
codice
Sardo
§
.
3
,
il
quale
prevede
una
forma
di
ferimento
,
che
a
ragione
si
tiene
come
aggravata
per
la
causa
dalla
quale
procede
la
proeresi
criminosa
:
e
può
anche
dirsi
aggravata
per
il
risultato
politico
,
stante
il
periodo
che
ne
deriva
allo
svolgimento
della
pubblica
giustizia
.
L
'
articolo
548
del
codice
Sardo
è
una
vera
necessità
che
si
mantenga
,
com
'
è
una
vera
lacuna
lamentata
da
molti
la
omissione
di
questo
titolo
di
reato
nel
codice
Toscano
.
Questa
fatale
lacuna
fu
quella
che
eccitò
in
Toscana
una
vivissima
lotta
fra
le
esigenze
della
scienza
,
e
dirò
anche
della
verità
delle
cose
,
e
le
esigenze
della
pubblica
sicurezza
.
Queste
fecero
sentire
tutto
lo
inconveniente
di
lasciare
senza
repressione
la
esplosione
di
un
'
arma
da
fuoco
avvenuta
in
rissa
,
perché
fortunatamente
per
l
'
uno
,
ma
poi
sfortunatamente
per
l
'
altro
,
non
aveva
recato
nessuna
lesione
.
Ad
evitare
siffatta
bruttura
lo
zelo
dei
Magistrati
si
trovò
costretto
ad
allargare
la
nozione
del
tentato
omicidio
oltre
quei
confini
che
la
scienza
le
segnava
e
che
la
verità
delle
cose
imponeva
di
osservare
;
e
si
pretese
di
trovare
il
tentato
omicidio
nelle
esplosioni
senza
effetto
quantunque
commesse
per
impeto
istantaneo
ed
in
rissa
.
Così
il
non
avere
recato
offesa
fu
sventura
per
l
'
esploditore
,
perché
quando
egli
ebbe
ferito
si
tradusse
per
titolo
di
lesione
;
ma
quando
non
produsse
effetto
nessuno
si
tradusse
per
tentativo
,
perché
mancando
nella
legge
il
titolo
di
esplosione
contra
hominem
non
si
sapeva
qual
delitto
rimproverargli
,
e
pareva
sconcio
lasciato
impunito
:
ed
il
tentativo
non
volle
arrestarsi
alla
lesione
,
ma
referirsi
all
'
omicidio
.
Di
qui
la
discordia
che
tenne
divisi
i
magistrati
,
e
li
tiene
tuttora
.
Perché
i
più
affezionati
ai
veri
principii
della
dottrina
non
vogliono
sapere
di
considerazioni
politiche
che
rimandano
all
'
aula
legislativa
;
e
recisamente
fanno
omaggio
al
principio
che
nei
fatti
d
'
impeto
nega
potersi
riconoscere
tentato
omicidio
,
per
la
ragione
che
tale
è
l
'
insegnamento
presso
che
universale
dei
criminalisti
,
e
perché
il
concetto
del
tentativo
applicato
agli
atti
di
chi
non
calcola
e
non
riflette
è
un
'
assoluta
contradizione
psicologica
.
Di
qui
il
conflitto
di
giudicati
contradittorii
,
perché
altri
Magistrati
(
alla
cui
dottrina
fa
velo
l
'
apprensione
del
pericolo
sociale
)
ammettono
indistintamente
il
tentativo
nell
'
impeto
.
E
ammesso
questo
si
apre
una
strada
dolorosa
agli
errori
giudiciarii
,
sostituendosi
facilmente
lo
elemento
materiale
del
conato
al
suo
elemento
intenzionale
,
che
dovrebbe
essere
separato
ed
avere
la
sua
prova
specifica
:
ed
imprestandosi
dal
freddo
calcolo
del
magistrato
la
risoluzione
diretta
alla
uccisione
dell
'
avversario
ad
un
uomo
nella
cui
mente
,
nella
verità
delle
cose
,
il
pensiero
di
quella
uccisione
non
aveva
neppure
balenato
;
o
che
agendo
sotto
l
'
impulso
di
un
dolo
indeterminato
aveva
concepito
soltanto
l
'
idea
di
sfogare
la
sua
collera
recando
male
al
nemico
senza
speciale
previsione
,
senza
speciale
interesse
,
senza
speciale
desiderio
che
questo
male
fosse
precisamente
la
morte
.
Perché
la
considerazione
dell
'
affetto
prevalga
alla
considerazione
dell
'
effetto
nella
misura
della
penale
responsabilità
,
bisogna
che
l
'
affetto
sia
positivo
e
determinato
,
e
che
il
maggior
male
non
avvenuto
non
si
trovi
soltanto
nelle
possibilità
fisiche
del
fatto
materiale
,
ma
nel
resultato
del
giudizio
e
del
calcolo
dell
'
agente
:
giudizio
e
calcolo
che
negli
atti
impetuosi
non
può
essere
mai
netto
,
e
che
si
supplisce
dalle
congetture
del
giudice
con
una
divinazione
troppo
spesso
ingiusta
e
contraria
al
vero
.
Si
stabilisca
la
misura
della
responsabilità
negli
atti
materiali
che
in
loro
stessi
presentano
pericolo
di
un
male
maggiore
di
quello
prodotto
.
La
misura
cercata
in
questo
campo
procede
sovra
dati
positivi
,
dipendenti
dall
'
ordine
naturale
di
relazione
fra
causa
ed
effetto
,
secondo
la
esperienza
della
sua
maggiore
probabilità
.
Il
pericolo
è
nel
fatto
.
Chi
esegui
quel
fatto
non
può
lagnarsi
se
sulla
bilancia
della
giustizia
pesa
il
pericolo
di
codesto
fatto
,
che
egli
volle
ed
eseguì
.
Ma
quando
la
misura
della
sua
responsabilità
non
più
si
cerca
soltanto
negli
immutabili
rapporti
delle
cose
secondo
l
'
ordine
fisico
,
ma
in
una
intenzione
del
reo
che
si
vuol
supporre
più
brava
,
bisogna
che
di
tale
intenzione
si
porgano
riscontri
più
positivi
,
e
meno
fallibili
di
quelli
che
si
possono
desumere
dagli
atti
precipitosi
dell
'
uomo
che
agisce
sotto
la
istantanea
perturbazione
dello
sdegno
.
Quando
il
magistrato
dice
-
io
ti
condanno
perché
tu
hai
eseguito
un
atto
che
recava
pericolo
di
dar
morte
e
tu
dovevi
prevedere
questo
pericolo
-
il
condannato
non
può
ispondere
al
suo
giudice
-
tu
sei
ingiusto
.
Ma
quando
il
magistrato
dice
al
reo
-
io
ti
punisco
perché
tu
non
solo
eri
in
debito
di
conoscere
quel
pericolo
dell
'
atto
tuo
;
ma
perché
avevi
precisa
volontà
di
cagionare
quel
maggior
male
,
e
non
altro
-
il
condannato
che
ritorna
sovra
sé
stesso
e
ricorda
di
non
avere
a
quel
male
più
grave
fermato
il
pensiero
,
né
diretta
la
sua
volontà
,
risponde
al
suo
giudice
con
fronte
sicura
-
tu
hai
mentito
ed
io
ne
sono
certo
assai
meglio
di
te
.
Un
'
adequata
penalità
che
si
distribuisca
contro
certi
atti
gravemente
pericolosi
benchè
riuscissero
innocui
,
permette
di
rispettare
senza
esitanza
la
regola
che
nega
il
tentativo
nell
'
impeto
,
e
coordina
la
giustizia
pratica
con
la
giustizia
assoluta
,
la
tutela
del
diritto
col
rispetto
alla
verità
,
e
bandisce
per
sempre
i
voli
della
fantasia
dalle
meditazioni
dei
Magistrati
.
Procedendo
ad
altri
generi
di
delinquenze
,
io
trovo
che
troppo
meschina
la
repressione
del
furto
semplice
nel
codice
Toscano
(
art
.
376
)
;
non
che
,
per
alcuni
casi
,
quella
di
certi
furti
qualificati
(
art
.
386
lettera
b
.
)
Ammetto
che
debba
tenersi
conto
nella
penalità
del
furto
del
valore
del
tolto
,
ultima
misura
del
danno
immediato
in
tali
reati
.
Ma
dovrebbe
esservi
un
principio
di
penalità
preambula
ed
invariabile
,
relativa
alla
violazione
del
diritto
astratto
di
proprietà
e
di
domicilio
.
Su
ciò
è
notabile
una
singolarità
che
sorge
dal
confronto
dell
'
art
.
376
coll
'
art
.
363
del
codice
Toscano
.
Questo
ultimo
articolo
contempla
il
reato
di
violato
domicilio
,
e
sotto
questo
titolo
colpisce
con
la
carcere
fino
a
sei
mesi
chiunque
s
'
introduca
contro
volontà
di
chi
ha
diritto
di
escluderlo
nell
'
altrui
abitazione
o
nelle
sue
appartenenze
.
Chi
entra
in
casa
d
'
altri
,
anche
per
mera
curiosità
,
può
dunque
essere
punito
con
sei
mesi
di
carcere
.
Ma
l
'
art
.
376
punisce
col
carcere
di
un
mese
al
più
chi
commette
furto
minore
di
venti
lire
,
ancorchè
il
furto
sia
commesso
nell
'
abitazione
del
proprietario
o
nelle
sue
appartenenze
.
Chi
dunque
s
'
introdusse
in
casa
altrui
per
mera
curiosità
sarà
punito
sei
volte
più
di
colui
che
vi
s
'
introdusse
a
fine
di
rubare
e
rubò
!
E
quegli
che
si
trova
sotto
l
'
accusa
di
violato
domicilio
,
dovrà
esso
contro
la
verità
dichiarare
che
vi
si
era
introdotto
per
commettere
un
piccolo
furto
,
onde
uscirne
con
pena
minore
!
Non
mi
persuade
che
un
ladro
,
ogni
due
o
tre
mesi
chiamato
regolarmente
in
faccia
ad
un
tribunale
di
prima
cognizione
per
render
conto
di
un
furto
del
quale
è
riuscito
convincerlo
,
non
possa
soggettarsi
a
carcere
maggiore
di
un
mese
,
con
più
quindici
giorni
per
la
recidiva
,
perché
questo
mestierante
ha
avuto
l
'
accortezza
di
rubare
soltanto
venti
lire
.
Non
ammetto
che
quando
una
schiera
di
malviventi
ha
notturnamente
invaso
la
mia
casa
,
atterrandone
audacemente
le
chiusure
per
saccheggiarla
,
possa
,
incontrando
giudici
misericordiosi
,
uscirne
con
un
anno
di
carcere
perché
non
potè
rubare
più
di
cento
lire
.
I
diritti
di
proprietà
e
d
'
inviolabilità
di
domicilio
,
hanno
un
valore
reale
che
deve
ritrovare
il
suo
peso
sulla
bilancia
della
giustizia
politica
,
né
permettono
che
la
loro
tutela
si
abbassi
a
proporzioni
cotanto
elusorie
.
Se
si
medita
la
ultima
fattispecie
trovasi
ancora
che
il
concetto
del
tentativo
non
svolge
pariformi
conseguenze
nel
delitto
di
furto
come
negli
altri
reati
.
Riflettasi
infatti
se
egli
è
possibile
credere
che
una
mano
di
mariuoli
organizzino
la
invasione
di
una
casa
,
si
procaccino
chiavi
false
,
e
mezzi
idonei
per
atterrare
gli
usci
,
per
forzare
le
interne
chiusure
,
e
rubare
;
si
espongano
ai
rischi
della
impresa
;
e
tuttociò
per
rubare
cento
lire
!
Un
concetto
pazzo
non
può
imprestarsi
ad
alcuno
.
Bisogna
dunque
persuadersi
che
costoro
si
auguravano
di
rubare
migliaia
.
Ma
nol
poterono
perché
il
proprietario
aveva
di
là
tolto
gli
oggetti
di
ingente
prezzo
,
che
dovevano
costituire
l
'
agognato
bottino
,
e
vi
aveva
lasciato
soltanto
quel
meschino
valore
.
Laonde
per
la
regola
comunemente
accettata
,
che
ricusa
la
nozione
del
conato
dove
riscontrarsi
la
mancanza
del
soggetto
passivo
(
lascio
adesso
di
discutere
le
condizioni
che
secondo
me
dovrebbe
avere
questa
regola
)
non
è
possibile
condurre
costoro
a
pena
superiore
mediante
l
'
applicazione
del
tentativo
di
furto
magno
.
Che
ne
consegue
?
Che
un
fatto
di
questa
natura
resta
represso
con
poca
carcere
.
Ne
consegue
che
al
diritto
di
proprietà
e
di
domicilio
non
può
neppure
indirettamente
adattarsi
dai
magistrati
una
difesa
proporzionata
alla
loro
importanza
.
La
intenzione
in
una
parola
,
si
volle
che
fosse
tutta
nei
delitti
di
sangue
;
si
volle
nulla
nel
delitto
di
furto
.
L
'
effetto
insignificante
non
fu
che
di
poco
proficuo
nei
primi
;
fu
benefizio
grandissimo
nel
secondo
.
Ma
l
'
effetto
morale
più
grave
che
risulta
nell
'
animo
mio
è
egli
lo
spavento
che
mi
cagiona
la
invasione
del
mio
domicilio
,
o
il
dolore
che
mi
cagiona
la
perdita
di
cento
lire
?
Dal
lato
dell
'
elemento
intenzionale
nei
delitti
di
sangue
la
scusa
può
dirsi
la
regola
:
la
rissa
,
l
'
impeto
,
lo
irriflettuto
agire
sono
il
caso
più
frequente
;
la
brutalità
e
la
premeditazione
sono
la
eccezione
.
Nel
furto
invece
il
mestiere
,
e
il
deliberato
proposito
sono
la
regola
:
raro
ed
eccezionale
il
caso
di
scusa
.
Non
nego
che
anche
il
furto
non
abbia
le
sue
scusa
:
concordo
che
debbano
valutarsi
per
assoluta
giustizia
.
La
occasione
tentatrice
,
la
urgenza
di
gravi
bisogni
di
famiglia
,
non
possono
non
essere
valutati
.
Ma
questi
casi
estremi
che
prestarono
tanta
materia
di
declamazione
ai
romanzieri
contemporanei
,
io
ripeto
che
sono
una
rara
eccezione
:
a
cui
si
provvede
con
un
'
attenuanza
bene
ordinata
.
Ma
il
caso
ordinario
e
normale
nel
furto
è
quello
della
speculazione
;
è
quello
di
una
guerra
sistematica
alla
proprietà
:
guerra
alla
quale
deve
contrapporsi
una
difesa
proporzionata
alla
importanza
sociale
del
diritto
astratto
.
Gli
antichi
che
della
recidiva
nel
furto
fecero
un
caso
eccezionale
,
no
,
non
mancarono
di
filosofia
e
di
esperienza
benchè
trasmodassero
nelle
punizioni
.
Più
tenero
custode
della
proprietà
il
codice
Sardo
(
mentre
non
ha
esagerato
la
penalità
dei
furti
qualificati
,
ed
anzi
in
alcune
combinazioni
possa
risultare
più
mite
del
toscano
)
lascia
ai
magistrati
(
articolo
622
)
maggiore
larghezza
per
reprimere
i
furti
semplici
.
Soltanto
all
'
art
.
625
§
.
1
è
troppo
elevata
la
somma
di
lire
venti
,
la
quale
non
può
raggiungersi
che
in
casi
eccezionalissimi
nei
furti
campestri
.
In
questa
parte
la
proprietà
è
meglio
protetta
dal
codice
Toscano
(
art
.
376
lettera
a
)
.
Ed
io
non
vorrei
cambiarlo
:
e
solo
vorrei
con
la
provvisione
speciale
del
n
.
3
dell
'
art
.
625
Sardo
,
aggiungere
una
migliore
protezione
delle
proprietà
rurali
contro
il
flagello
dei
danneggiatori
.
Io
credo
perciò
che
in
questa
parte
la
estensione
delle
sanzioni
sarde
alla
Toscana
,
fatte
piccole
modificazioni
sulle
orme
della
teoria
toscana
dei
furti
aggravati
,
sarebbe
salutata
come
una
fortuna
tra
noi
da
tutti
i
proprietarii
.
Il
codice
Sardo
ha
capito
ciò
a
cui
non
pose
mente
il
legislatore
toscano
:
voglio
dire
che
se
non
è
a
prevedersi
che
alcuno
oggidì
eserciti
l
'
arte
di
feritore
,
è
pur
troppo
una
verità
che
molti
esercitano
il
furto
come
mezzo
d
'
industria
.
Ed
in
proposito
di
questa
idea
del
delitto
esercitato
come
industria
,
vorrei
si
meditasse
se
l
'
assoluta
irresponsabilità
del
minore
,
estesa
dal
codice
Toscano
,
sul
fac
-
simile
del
codice
Badese
,
agli
anni
dodici
(
art
.
36
)
non
sia
assai
pericolosa
.
Penso
io
pure
che
uno
stadio
di
assoluta
irresponsabilità
nell
'
aurora
della
intelligenza
umana
vi
debba
essere
;
e
che
sia
impolitica
una
procedura
criminale
contro
un
bambinello
.
Perciò
non
lodo
(
anzi
trovo
difettosissimo
)
il
codice
Sardo
,
ove
ad
imitazione
del
codice
di
Francia
,
e
contro
la
universale
pratica
contemporanea
,
ammette
(
art
.
88
)
che
possa
instaurarsi
,
se
così
piace
a
cui
spetta
,
la
solennità
di
un
giudizio
criminale
contro
un
fanciullo
di
quattro
o
sei
anni
.
Ma
lo
estendere
la
irresponsabilità
ai
dodici
,
parmi
cosa
gravida
di
pericolo
per
la
morale
pubblica
;
appunto
perché
in
certe
famiglie
,
nelle
quali
(
tristissima
verità
)
il
delitto
è
mestiero
,
può
esser
questo
un
impulso
a
precoce
demoralizzazione
:
per
l
'
avvio
che
può
farsi
dei
figliuoletti
al
furto
o
ad
altra
delinquenza
,
nella
certezza
di
non
vederli
perseguitati
con
regolare
procedimento
.
Lo
stadio
della
irresponsabilità
,
ammesso
da
tutte
le
altre
legislazioni
contemporanee
,
fu
esteso
dove
ai
sette
,
dove
agli
otto
anni
;
e
al
più
ai
nove
,
ed
ai
dieci
in
paesi
settentrionali
.
Era
veramente
la
Toscana
una
regione
,
sotto
il
cui
cielo
si
potesse
presumere
una
tardività
di
sviluppo
,
da
estendere
ai
12
anni
compiti
il
debito
di
rispettare
le
leggi
?
Il
povero
colono
che
trova
nel
suo
podere
una
schiera
di
giovinetti
vendemmiando
il
frutto
dei
suoi
sudori
,
è
un
barbaro
se
li
percuote
,
ed
è
punito
severamente
.
Ma
se
chiede
alla
giustizia
protezione
,
la
trova
egli
?
Io
penso
dunque
1.°
che
sia
un
difetto
del
codice
Sardo
il
non
avere
stabilito
uno
stadio
di
irresponsabilità
per
presunzione
juris
et
de
jure
in
un
primo
periodo
della
vita
-
2.°
che
sia
vizioso
il
codice
Toscano
che
estende
tale
stadio
a
12
anni
-
3.°
che
sia
difetto
in
questo
,
e
pregio
nel
codice
Sardo
(
art
.
91
)
lo
aver
previsto
come
minorante
la
età
dai
18
ai
21
:
sebbene
fra
i
casi
esclusi
dal
benefizio
di
questo
articolo
mi
parrebbe
doversi
annoverare
anche
il
furto
.
Saggio
mi
sembra
del
pari
il
codice
Sardo
,
quando
all
'
art
.
639
subordina
la
repressione
dei
ricettatori
di
cose
furtive
alle
varietà
criminose
del
furto
donde
quelle
cose
provennero
;
né
voglio
ripetere
le
critiche
già
da
me
pubblicate
su
ciò
contro
il
codice
Toscano
.
Onde
io
preferisco
il
criterio
assunto
dal
Sardo
per
la
misura
di
questo
malefizio
.
Al
codice
Sardo
può
farsi
rimprovero
di
difettare
nella
previsione
del
favoreggiamento
,
considerato
come
delitto
di
per
sé
stante
;
che
ha
il
suo
obietto
speciale
nella
pubblica
giustizia
,
da
lui
impedita
.
Ma
il
codice
Toscano
,
affezionato
alla
idea
del
favoreggiamento
,
ne
allargò
la
nozione
oltre
la
misura
della
sua
verità
,
estendendola
al
caso
della
partecipazione
posteriore
nel
lucro
di
un
delitto
(
art
.
60
)
;
e
poscia
con
una
singolare
predilezione
facendo
pei
compratori
dolosi
di
cose
furtive
(
art
.
418
)
una
benignissima
restrizione
di
penalità
.
Sicchè
il
compratore
doloso
,
anche
dei
giojelli
rubati
alla
Galleria
di
Firenze
,
non
potrebbe
colpirsi
col
carcere
al
di
sopra
di
un
anno
;
e
non
lo
potrebbe
quantunque
il
furto
fosse
accompagnato
dalle
circostanze
più
odiose
.
Laddove
chi
ad
uno
di
quei
mariuoli
avesse
pietosamente
agevolato
la
fuga
potrebbe
incorrere
nella
carcere
per
due
anni
.
Io
cerco
la
nozione
del
fatto
criminoso
nella
intenzione
dell
'
agente
,
e
nel
risultato
:
non
nei
voli
fantastici
di
una
dottrina
.
E
nella
intenzione
e
nel
risultamento
,
il
compratore
o
ricevitore
doloso
di
cosa
furtiva
vuole
violare
il
diritto
di
proprietà
;
ed
effettivamente
lo
viola
col
fatto
suo
.
Ed
è
perciò
(
non
si
questioni
del
nome
)
un
aiutatore
del
ladro
a
consumare
lo
spoglio
del
proprietario
,
ed
a
renderlo
irreparabile
.
L
'
art
.
137
del
codice
Toscano
,
che
nel
modo
con
cui
giace
fa
un
antagonismo
alle
disposizioni
dello
Statuto
fondamentale
,
aveva
il
suo
correlativo
nel
vecchio
codice
Sardo
al
capitolo
2;
dove
fu
cancellato
nella
nuova
promulgazione
del
1859
.
Cancellarlo
,
o
correggerlo
anche
in
Toscana
,
perché
il
codice
si
coordini
allo
Statuto
,
sarà
obbedienza
alla
logica
.
È
parimente
una
necessità
logica
la
provvisione
dell
'
art
.
188
del
codice
Sardo
;
se
non
che
parmi
che
questo
articolo
(
non
che
l
'
articolo
183
)
nella
misura
della
penalità
non
abbiano
tenuto
conto
abbastanza
della
gravità
del
mezzo
(
tumulti
)
che
si
presuppone
adoperato
a
disturbare
le
sacre
funzioni
.
Sembrami
poi
che
il
codice
Sardo
negli
articoli
dal
194
a
204
protegga
la
libertà
personale
del
cittadino
in
faccia
al
pericolo
di
abusi
della
pubblica
forza
(
non
che
il
domicilio
all
'
art
.
205
)
con
economia
più
prudente
di
quella
usata
dal
codice
Toscano
negli
art
.
184
,
190;
con
l
'
ultimo
dei
quali
adegua
la
perquisizione
arbitraria
all
'
arresto
arbitrario
della
persona
:
e
poi
scende
a
punire
con
una
multa
riducibile
a
trenta
lire
il
pubblico
ufficiale
che
per
capriccio
violi
il
domicilio
del
cittadino
;
o
tenga
indebitamente
in
carcere
(
art
.
184
)
un
individuo
.
Se
temevasi
di
rallentare
lo
zelo
di
questi
pubblici
ufficiali
,
valeva
meglio
tacere
di
tali
fatti
,
e
restarsene
ad
una
semplice
indennità
,
anziché
ridurli
a
così
meschine
proporzioni
.
Bensì
nel
codice
Sardo
mi
sembra
in
proposito
della
tutela
della
libertà
personale
sia
una
lacuna
.
Non
trovo
in
alcun
luogo
previsto
il
caso
della
violenza
privata
che
sia
fine
a
sé
stessa
;
vale
a
dire
che
non
abbia
servito
di
mezzo
a
commettere
un
altro
delitto
.
Questo
reato
,
ben
definito
,
e
congruamente
punito
dall
'
art
.
361
del
codice
Toscano
,
non
può
pretermettersi
.
Poiché
egli
è
ormai
pacifico
nella
scienza
che
anche
quando
facciasi
violenza
ad
alcuno
per
un
fine
non
delittuoso
,
poiché
si
lede
un
diritto
importante
dell
'
uomo
ed
a
lui
carissimo
,
voglia
bene
ragione
che
anche
codesto
diritto
si
protegga
dalla
legge
punitiva
.
Ugualmente
è
da
lamentarsi
nel
codice
Sardo
la
mancata
repressione
della
minaccia
semplice
,
adequatamente
prevista
e
punita
dall
'
art
.
362
del
Toscano
.
In
quanto
alla
resistenza
contro
la
pubblica
forza
,
il
codice
Toscano
è
mirabile
per
la
severità
con
cui
la
colpisce
nella
sua
minima
forma
:
quando
cioè
è
scompagnata
da
turba
,
da
lesioni
gravi
,
od
altre
aggravanti
.
Esso
dopo
un
massimo
di
quattro
anni
di
carcere
(
art
.
143
)
si
ferma
al
minimo
di
sei
mesi
.
E
così
pone
la
misura
del
minimo
dove
il
codice
di
Francia
(
art
.
212
)
pose
la
misura
del
massimo
!
Il
codice
Sardo
(
art
.
251
)
si
trattiene
come
il
Francese
al
massimo
di
sei
mesi
quando
la
resistenza
non
commettasi
da
riunione
armata
.
In
ciò
concorda
col
codice
Francese
e
con
altri
molti
.
E
qui
mi
piace
notare
che
anche
il
codice
che
Francesco
V
dettò
nel
1855
al
già
suo
Ducato
di
Modena
,
all
'
art
.
188
§
.
4
,
puniva
la
resistenza
semplice
col
carcere
non
mai
superiore
a
sei
mesi
.
Lo
speciale
rigore
del
codice
Toscano
contro
questo
delitto
,
che
spesso
si
estrinseca
con
moti
quasi
istintivi
diretti
a
conservare
la
libertà
propria
,
o
di
persona
a
sé
cara
,
non
può
trovare
ragione
in
una
speciale
fierezza
ed
insubordinazione
delle
popolazioni
toscane
;
come
non
ve
la
torva
l
'
eccessivo
rigore
contro
gli
omicidii
provocati
.
La
deconsiderazione
in
quel
codice
dell
'
impero
che
può
esercitare
sull
'
animo
anche
dei
più
onesti
l
'
istantaneo
sentimento
di
un
pericolo
,
o
un
giusto
sdegno
,
sembra
rivelare
un
arcano
pensiero
che
anela
spegnere
nei
sudditi
la
coscienza
dei
propri
diritti
,
e
mansuefarli
alla
monastica
tolleranza
delle
ingiurie
.
E
questa
osservazione
estendo
ancora
alla
valutazione
della
difesa
propria
ed
altrui
,
in
faccia
ad
un
grave
ed
ingiusto
pericolo
che
minacci
la
vita
o
la
pudicizia
di
un
cittadino
.
Ad
ogni
modo
la
estensione
alla
Toscana
delle
più
miti
penalità
sarde
verso
il
delitto
di
resistenza
,
e
della
giustissima
mitigazione
delle
medesime
prescritta
all
'
art
.
267
,
non
potrà
incontrare
disapprovazione
dai
dotti
,
né
eccitare
malcontento
.
Anche
qui
mi
assiste
una
reminiscenza
.
In
Lucca
ebbe
vigore
per
trent
'
anni
una
legge
speciale
dettata
nel
1816
dal
Governo
provvisorio
tedesco
:
che
alla
resistenza
senz
'
armi
con
lesione
lievissima
fulminava
un
minimo
di
vent
'
anni
di
galera
.
Malgrado
questa
legge
,
gelosamente
conservata
dal
Governo
borbonico
,
non
vidi
mai
poscia
tanto
frequenti
le
resistenze
alla
forza
quanto
in
allora
.
E
dovevano
esserlo
;
perché
la
severità
delle
pene
eccitava
maggior
desiderio
di
sottrarsi
all
'
arresto
.
Pretendere
con
qualche
mese
più
di
carcerazione
minacciata
alla
resistenza
,
che
un
reo
non
lotti
per
sottrarsi
alla
mano
che
vuol
condurlo
prigione
,
è
una
idea
vana
.
Il
reo
in
codesto
pauroso
momento
ha
nella
pena
che
vuole
evitare
troppa
ragione
di
scordare
la
pena
che
si
minaccia
alla
resistenza
;
ed
il
magistero
penale
elide
sé
stesso
.
Corre
sullo
stesso
ordine
d
'
idee
la
disparità
fra
il
rigore
eccessivo
del
codice
Toscano
(
art
.
344
)
e
la
mitezza
del
Sardo
(
art
.
589
)
in
proposito
del
duello
.
Non
voglio
a
questo
proposito
trattenermi
sulla
divergenza
relativa
alla
politica
imputabilità
dei
padrini
(
art
.
593
Sardo
,
art
.
348
Toscano
)
troppo
essendo
combattute
nella
dottrina
le
respettive
opinioni
.
E
solo
dirò
che
alla
prevenzione
meglio
provvede
il
codice
Toscano
.
Ma
la
pena
della
casa
di
forza
da
tre
a
dieci
anni
sancita
dall
'
art
.
344
Toscano
contro
l
'
omicidio
commesso
in
duello
mi
sembra
troppo
severa
,
e
preferirei
la
penalità
dell
'
art
.
589
Sardo
;
aggiungendovi
però
all
'
ultimo
alinea
la
limitazione
dell
'
art
.
343
Toscano
;
e
non
dimenticando
la
previsione
dell
'
art
.
595
Sardo
.
Il
quale
non
parmi
repugni
ai
principj
della
scienza
:
almeno
per
la
opinione
che
io
credo
più
vera
in
ordine
alla
estraterritorialità
del
giure
penale
.
Parmi
poi
che
sia
una
lacuna
nel
codice
Sardo
la
mancata
previsione
della
frode
(
art
.
346
Toscano
)
.
Non
può
esser
dubbioso
che
qualsiasi
slealtà
tolga
al
duello
il
criterio
psicologico
della
sua
specialità
,
vale
a
dire
la
obbedienza
ad
un
sentimento
di
onore
.
Prevede
il
codice
Sardo
(
art
.
286
e
segg
.
)
la
ragion
fattasi
di
privato
arbitrio
.
Procede
da
un
lato
con
una
discriminazione
di
casi
,
sotto
il
rapporto
della
penalità
,
più
diffusa
che
non
sia
quella
del
codice
Toscano
(
art
.
146
)
:
ma
dall
'
altro
lato
,
per
ciò
che
attiene
alla
indicazione
della
materialità
del
fatto
(
art
.
286
primo
alinea
)
il
codice
Sardo
restringe
la
nozione
di
quel
reato
a
certi
determinati
scopi
.
Ciò
sotto
un
aspetto
può
meritare
osservazione
per
la
parità
in
cui
si
pose
la
demolizione
dei
fabbricati
con
gli
altri
fatti
;
e
sotto
altro
aspetto
offre
il
pericolo
di
lasciare
scoperta
qualche
contingenza
speciale
di
ragion
fattasi
,
che
non
cada
sotto
le
tassative
descrizioni
colà
enumerate
.
La
definizione
toscana
è
molto
migliore
.
Sono
però
di
opinione
che
la
limitazione
dell
'
articolo
288
del
codice
Sardo
sia
lodevole
,
e
giusta
.
So
benissimo
che
questo
reato
non
trae
la
propria
essenza
da
un
principio
morale
,
ma
da
un
principio
puramente
politico
:
e
che
in
faccia
alla
dottrina
scientifica
la
nozione
della
ragion
fattasi
non
si
modifica
per
la
verità
o
insussistenza
del
diritto
arbitrariamente
esercitato
.
Ma
la
scienza
è
salva
quando
si
conserva
la
nozione
malgrado
la
verità
del
diritto
esercitato
.
Né
si
contradice
la
scienza
se
,
coordinando
il
principio
morale
al
principio
politico
,
si
ammette
una
minorante
nella
verità
del
diritto
esercitato
.
È
un
fatto
che
in
questo
caso
la
giustizia
è
lesa
solo
nella
forma
,
e
non
più
nella
forma
e
nella
sostanza
.
Anche
in
ordine
alla
vendita
di
fumo
il
codice
Sardo
(
art
.
313
,
e
314
)
colpisce
un
caso
che
il
codice
Toscano
(
art
.
200
)
non
prevede
.
Il
caso
cioè
delle
millantazioni
fatte
dal
sicofanta
non
per
estorcer
denaro
ma
solo
per
boria
,
per
acquistarsi
credito
,
o
per
malavoglienza
contro
gli
ufficiali
.
Il
codice
Toscano
lascia
scoperti
codesti
casi
,
tranne
quando
possano
trarsi
sotto
il
titolo
d
'
ingiuria
contro
il
pubblico
ufficiale
.
In
questo
punto
mi
pare
che
il
concetto
del
codice
Sardo
sia
più
conforme
ai
principii
della
scienza
:
per
la
quale
nel
punire
questo
delitto
non
si
vuol
proteggere
l
'
interesse
del
privato
,
che
mirando
ad
un
fine
illecito
non
può
meritare
protezione
.
Ma
si
guarda
al
discredito
della
pubblica
giustizia
nella
opinione
popolare
.
In
ordine
alla
falsa
moneta
il
codice
Sardo
(
art
.
316
e
seguenti
)
minaccia
pene
certamente
più
severe
di
quelle
toscane
(
art
.
222
e
seguenti
)
.
Ma
chiunque
rifletta
che
questo
delitto
è
sempre
premeditato
,
e
può
formare
argomento
di
una
speculazione
perniciosissima
,
non
trova
che
sia
male
collocata
una
certa
severità
.
D
'
altronde
l
'
art
.
222
lett
.
a
,
e
223
lett
.
a
del
codice
Toscano
(
malgrado
le
dichiarazioni
dell
'
art
.
240
)
sono
a
mio
parere
poco
sufficienti
alla
repressione
e
viziosi
.
E
là
infatti
si
ammette
il
possibile
che
un
fabbricante
abilissimo
di
falsa
moneta
d
'
oro
se
la
passi
con
sei
mesi
di
carcere
,
perché
per
avventura
non
sia
riuscita
l
'
accusa
a
sorprendere
gli
ordigni
(
che
d
'
altronde
sono
quasi
un
presupposto
necessario
)
ed
abbia
potuto
contestargli
soltanto
la
fabbricazione
di
una
moneta
.
Qui
evidentemente
esercitarono
l
'
influsso
loro
le
tradizioni
di
una
dottrina
inesatta
che
un
tempo
prevalse
in
Toscana
;
cioè
che
la
falsa
moneta
non
fosse
che
un
furto
qualificato
.
Ed
anzi
se
si
confronti
l
'
art
.
386
,
trovasi
la
fabbricazione
di
falsa
moneta
punita
meno
del
furto
domestico
;
quantunque
,
se
questo
viola
la
fede
privata
,
quella
violi
la
fede
pubblica
.
Anche
in
proposito
di
questo
delitto
io
penso
dunque
che
una
elevazione
di
rigore
non
potesse
eccitare
repugnanze
nella
popolazione
toscana
.
Per
il
delitto
di
adulterio
il
codice
Toscano
(
art
.
291
)
è
assai
più
severo
del
codice
Sardo
(
art
.
486
)
.
Carcere
da
tre
mesi
a
due
anni
per
questo
.
Carcere
da
due
anni
a
quattro
per
quello
.
Ma
su
ciò
non
dimoro
.
Perché
porto
opinione
che
dove
la
religione
,
la
morale
,
e
l
'
affetto
alla
famiglia
non
valga
,
nessuna
donna
si
asterrà
mai
dal
darsi
in
braccio
ad
altri
per
il
pensiero
di
una
pena
più
o
meno
prolungata
,
che
terrà
dietro
alla
sorpresa
,
allo
scuoprimento
,
alla
querela
maritale
,
ed
alla
persistenza
nella
medesima
.
Le
pene
contro
l
'
adulterio
vi
debbono
essere
per
evitare
le
vendette
maritali
.
Ecco
la
utilità
sociale
di
siffatte
punizioni
.
Sicchè
la
severità
maggiore
usata
dal
codice
nostro
contro
le
adultere
non
potrebbe
trovare
ragione
in
altro
che
nello
essere
i
mariti
toscani
più
risentiti
e
vendicativi
dei
sardi
;
onde
facesse
mestieri
offrir
loro
più
larga
soddisfazione
a
moderarne
lo
sdegno
.
Ma
questa
è
una
ipotesi
.
Non
bisogna
però
dimenticare
che
l
'
art
.
485
secondo
alinea
del
codice
Sardo
si
connette
con
le
disposizioni
del
codice
civile
in
ordina
alla
ricerca
della
paternità
.
Laonde
questo
articolo
non
avrebbe
senso
ove
tale
ricerca
fosse
permessa
dalle
leggi
civili
.
Fecondo
di
gravi
difficoltà
è
il
confronto
fra
l
'
articolo
300
del
codice
Toscano
,
ed
il
421
del
codice
Sardo
,
relativi
a
certi
delitti
contro
il
buon
costume
.
E
le
difficoltà
nascono
a
cagione
dell
'
urto
fra
il
rispetto
alla
libertà
individuale
,
ed
il
rispetto
alla
morale
pubblica
.
E
siffatto
urto
divide
la
dottrina
dei
criminalisti
in
Italia
e
fuori
.
Il
codice
Sardo
ha
provveduto
alla
tutela
del
buon
costume
soltanto
là
dove
si
congiunge
alla
tutela
del
diritto
.
per
punire
dove
non
concorse
violenza
esige
che
trattisi
di
persona
minore
dei
ventuno
anni
.
Guarda
alla
corruzione
della
gioventù
,
e
finquì
non
vi
è
nulla
da
censurare
.
Ma
il
codice
Toscano
va
oltre
alla
tutela
del
diritto
;
va
oltre
alla
tutela
delle
famiglie
;
va
oltre
all
'
impedimento
dello
scandalo
.
Qualifica
lenocinio
,
e
punisce
col
carcere
da
sei
mesi
a
tre
anni
chiunque
agevola
la
prostituzione
anche
di
una
cortigiana
.
E
la
giurisprudenza
ha
detto
che
somministrare
la
casa
o
il
luogo
alla
prostituta
cade
sotto
quest
'
articolo
.
Così
ho
veduto
in
pratica
(
non
con
gran
plauso
della
pubblica
opinione
)
condannare
a
lunga
prigionia
donne
di
mala
vita
,
non
per
ciò
che
esse
facevano
senza
opposizione
o
pericolo
abitualmente
,
ma
perché
avevano
preso
a
retta
un
'
altra
donna
della
lor
taglia
,
o
a
lei
affittato
una
camera
.
Provato
che
la
padrona
di
casa
sapeva
che
qualche
uomo
visitava
la
inquilina
,
vi
si
è
trovato
il
lenocinio
,
benchè
non
si
trattasse
di
giovinetti
,
né
di
allettamenti
usati
dalla
padrona
.
Tale
è
stata
la
conseguenza
logica
del
verbo
agevolare
adoperato
dalla
legge
.
Ciò
ha
portato
a
dei
pubblici
giudizi
,
nei
quali
si
sono
citati
come
testimoni
gli
uomini
visitatori
della
inquilina
,
non
senza
qualche
disturbo
delle
loro
famiglie
.
La
rozza
logica
del
volgo
non
si
persuase
che
la
padrona
di
casa
dovesse
essere
punita
perché
quegli
uomini
erano
andati
in
camera
della
inquilina
,
anziché
in
camera
della
padrona
.
E
taluno
che
troppo
spesso
riflette
come
siffatte
donne
quando
non
hanno
luogo
si
approfittino
delle
vie
solitarie
,
venne
nel
pensiero
che
per
tal
guisa
si
facesse
uno
scandalo
per
punire
un
fatto
che
aveva
evitato
uno
scandalo
.
Questo
argomento
eccita
serie
considerazioni
,
specialmente
in
quelle
città
dove
si
persiste
a
credere
impossibili
i
regolamenti
circa
le
tollerate
.
Finalmente
in
ordine
al
delitto
di
fallimento
doloso
o
colposo
è
deplorabile
la
trascuranza
del
codice
Toscano
nel
definire
i
casi
diversi
e
i
diversi
gradi
di
questo
importante
delitto
(
art
.
409
)
.
Ma
chi
sperasse
di
trovare
un
più
largo
svolgimento
nel
codice
Sardo
(
art
.
381
)
,
rimarrebbe
ugualmente
deluso
.
La
idea
di
non
invadere
le
materie
commerciali
è
probabilmente
il
motivo
di
tale
trascuranza
tropo
comune
ai
codici
moderni
.
Ma
è
una
lacuna
che
prima
o
poi
deve
essere
riempita
,
restituendo
al
giure
penale
il
suo
dovuto
dominio
anche
nel
regolamento
di
questa
materia
.
Riassumendo
i
pensieri
sparsi
in
questa
rapida
ed
incompleta
escursione
,
concluderò
:
1.°
Che
la
introduzione
della
pena
di
morte
in
Toscana
(
specialmente
pei
delitti
comuni
)
non
potrebbe
non
dar
luogo
a
gravi
lagnanze
e
disaffezioni
.
2.°
Che
la
introduzione
dei
giurati
in
Toscana
non
può
essere
argomento
di
gravi
difficoltà
;
ma
invece
salutare
occasione
al
sapiente
del
Governo
di
procurare
la
emenda
di
alcuni
difetti
del
relativo
ordinamento
.
3.°
Che
la
estensione
alla
Toscana
delle
altre
regole
di
procedura
punitiva
non
può
essere
,
comparativamente
considerata
,
che
un
benefizio
;
purchè
se
ne
modifichi
lo
illimitato
della
custodia
preventiva
.
4.°
Che
la
scala
delle
penalità
Sarde
modificata
leggermente
,
come
di
necessità
richiederebbe
il
toglimento
della
pena
di
morte
,
sarebbe
accettabile
.
5.°
Che
dovrebbe
però
non
procedersi
col
brusco
trasporto
del
codice
;
ma
con
una
specie
di
rifusione
;
nella
quale
per
ciò
che
attiene
a
certe
nozioni
,
ed
alla
esattezza
del
linguaggio
scientifico
,
non
potrebbe
farsi
meglio
che
prenderle
tali
quali
stanno
nel
codice
Toscano
.
Questo
è
un
omaggio
che
si
deve
alla
scienza
:
ed
un
rispetto
meritato
da
quella
provincia
;
nella
quale
e
per
lo
slancio
del
codice
Leopoldino
,
e
per
le
teoriche
delle
sue
giudiciali
osservanze
,
e
per
la
opera
perseverante
dell
'
immortale
Carmignani
,
bisogna
riconoscere
dal
1786
fino
al
1853
un
continuato
movimento
progressivo
della
dottrina
penale
.
6.°
Che
questa
fusione
,
nella
quale
potrebbe
pure
tenersi
conto
di
alcuni
lodevoli
provvedimenti
del
codice
Napoletano
,
non
dovrebbe
lasciarsi
in
mano
di
una
commissione
,
dove
si
aprirebbe
per
necessità
una
polemica
senza
fine
;
ma
farsi
per
opera
del
Ministero
.
7.°
Che
di
questo
codice
così
rifuso
dovrebbe
ottenersi
la
sanzione
dal
Parlamento
senza
discussione
di
articoli
,
onde
si
approvi
per
via
di
esperimento
;
decretandone
fin
da
ora
la
revisione
fra
tre
anni
almeno
;
e
proponendo
alle
Camere
di
nominare
nel
loro
seno
una
commissione
incaricata
di
preparare
gli
studi
per
questa
revisione
futura
.
Non
adottando
quest
'
ultimo
metodo
:
procedendo
per
via
di
commissioni
preambule
,
e
di
discussioni
per
articoli
,
si
getterà
tempo
,
e
fatica
:
e
se
la
discussione
darà
occasione
allo
svolgimento
di
maravigliose
polemiche
,
non
darà
sicuramente
per
anni
ed
anni
il
risultato
della
desiderata
unificazione
.
Questa
verità
la
proclama
la
stessa
ragione
,
e
la
conferma
la
storia
contemporanea
.
Questa
ci
addita
come
si
siano
prolungate
per
molti
lustri
le
relative
preparazioni
in
Prussia
,
Norvegia
,
Belgio
ed
altrove
;
ed
in
alcuni
di
questi
Reami
non
abbiano
ancora
condotto
la
opera
al
suo
compimento
.
Ripeterò
con
le
parole
del
compilatore
del
Progetto
Belga
(
il
celebre
Professore
Haus
)
che
la
scienza
penale
non
ha
ancora
fornito
la
metà
del
suo
cammino
.
Mentre
anche
le
sue
primordiali
verità
sono
tuttora
un
problema
,
sul
quale
i
più
sapienti
discordano
,
è
necessario
riconoscere
una
verità
pratica
:
cioè
che
è
vanità
sperare
oggi
che
un
dettato
in
questa
materia
si
riconosca
come
il
meglio
universalmente
;
e
bisogna
temere
che
il
desiderio
del
meglio
non
tolga
il
buono
.
In
mezzo
alla
rapidità
del
progresso
generale
contemporaneo
;
in
mezzo
alle
controversie
tra
cui
si
agita
nell
'
accademia
il
giure
penale
,
ed
alle
difficoltà
fra
le
quali
lotta
nel
foro
,
non
è
più
tempo
di
presumere
che
un
codice
penale
duri
intatto
per
lunga
stagione
.
Non
siamo
più
ai
tempi
della
Carolina
,
delle
Partidas
,
o
delle
Ordinanze
.
Qualunque
cosa
si
faccia
offrirà
il
fianco
alle
censure
contemporanee
,
ed
alle
modificazioni
future
.
Pisa
3
aprile
1863
.
Codicizzazione
(
STUDI
LEGISLATIVI
)
(
1869
)
(
dagli
Opuscoli
di
Diritto
criminale
,
Lucca
,
1870
,
vol
.
II
,
215
ss
.
)
I
codici
destinati
a
reggere
le
Nazioni
nascono
,
crescono
e
progrediscono
in
numero
,
in
bellezza
,
ed
autorità
,
nella
ragione
diretta
della
respettiva
civilizzazione
.
È
impossibile
che
i
popoli
primitivi
finchè
si
agitano
nella
barbarie
sentano
il
bisogno
di
ordinamenti
legislativi
completi
,
o
chiedano
codici
,
o
pensino
a
procacciarne
.
La
prima
idea
di
legge
che
appo
loro
si
sviluppa
si
estrinseca
nella
leggi
religiose
e
militari
,
perché
la
coscienza
giuridica
non
ha
ancora
assunto
una
forma
sensibile
in
quelli
animi
rozzi
.
Per
loro
la
idea
del
diritto
si
confonde
con
la
idea
della
forza
.
Una
legge
imposta
a
nome
di
Dio
(
forza
sovrumana
ed
ignota
)
a
nome
di
un
Duce
di
eserciti
(
forza
naturale
presente
e
temuta
)
esprime
per
loro
il
diritto
perché
esprime
una
potenza
alla
quale
non
è
dato
resistere
.
Essi
accettano
la
consociazione
come
un
fatto
:
vi
aderiscono
per
obbedienza
allo
istinto
della
socievolezza
che
la
legge
di
natura
provvidenzialmente
impose
alla
umanità
,
come
impose
la
legge
di
attrazione
ai
corpi
al
fine
di
condurre
questi
all
'
ordine
fisico
e
quelli
all
'
ordine
morale
:
vi
aderiscono
pel
sentimento
vago
dei
bisogni
:
se
la
tengono
cura
per
le
consuetudini
contratte
nelle
relazioni
necessitose
della
famiglia
.
Ma
il
concetto
giuridico
della
consociazione
non
cape
ancora
nella
mente
loro
selvaggia
,
perché
tuttora
incapaci
a
concepire
la
idea
del
diritto
nello
individuo
altro
che
come
forza
,
è
impossibile
che
in
loro
prenda
radice
il
pensiero
di
una
collezione
di
diritti
affidati
ad
una
personalità
morale
pel
fine
di
essere
da
questa
difesi
.
Obbediscono
al
sacerdote
,
perché
parla
a
nome
di
un
Dio
che
ha
mezzi
di
potenza
e
di
forza
superiore
ad
ogni
forza
e
potenza
umana
:
obbediranno
ad
un
Duce
,
perché
lo
veggono
cinto
di
un
numero
di
sgherri
volontariamente
alleatisi
a
lui
che
li
fa
conscii
della
loro
soggezione
:
ma
in
ciò
non
si
ha
l
'
opera
di
un
calcolo
di
ragione
che
a
tale
obbedienza
porga
la
forma
di
un
dovere
morale
;
bensì
unicamente
uno
stato
di
fatto
che
li
lega
in
ragione
della
loro
impotenza
a
resistere
,
a
meno
che
con
l
'
astuzia
non
riescano
ad
eludere
quella
forza
.
La
consociazione
non
è
per
loro
che
uno
stato
inavvertito
di
fatto
nel
quale
si
trovano
senza
saperne
il
perché
,
mentre
ne
approfittano
per
procacciarsi
anche
a
scapito
altrui
i
beni
agognati
a
soddisfacimento
degli
appetiti
proprii
senza
cercare
se
con
ciò
si
offenda
la
personalità
degli
altri
o
si
diminuisca
l
'
altrui
libertà
.
La
idea
pura
del
diritto
non
può
concepirsi
che
sotto
forma
complessa
e
reciproca
,
perché
il
riconoscimento
razionale
di
una
facoltà
pertinente
a
noi
come
diritto
ha
per
necessario
contenuto
il
riconoscimento
di
uguale
facoltà
in
ogni
altro
essere
simile
a
noi
;
lo
che
conduce
al
desiderio
di
una
legge
che
sia
vincolo
a
noi
medesimi
,
e
che
sia
vincolo
agli
altri
.
Ma
tale
idea
è
troppo
elevata
perché
possa
raggiungersi
da
genti
selvagge
per
le
quali
potestà
materiale
e
facoltà
morale
identificandosi
in
un
solo
concetto
,
viene
respinto
il
pensiero
di
un
vincolo
puramente
razionale
imposto
a
noi
medesimi
,
ai
proprii
appetiti
,
ai
proprii
bisogni
.
Ove
pure
appo
simili
genti
siasi
venuto
lentamente
formando
un
ceto
di
uomini
illuminati
ai
quali
trovisi
rivelato
il
concetto
della
giustizia
come
forza
morale
destinata
a
resistere
alla
forza
materiale
e
fatta
capace
a
dare
al
debole
prevalenza
e
ragione
sopra
il
forte
;
questa
rivelazione
conquistata
dagli
eletti
non
appartenendo
che
ad
una
minoranza
,
la
lotta
della
civiltà
contro
la
barbarie
si
combatte
sempre
con
disuguaglianza
,
per
cui
i
pochi
illuminati
dove
pure
concepiscono
la
idea
di
dare
una
legge
che
a
tutti
ugualmente
sovrasti
e
tutti
ugualmente
protegga
i
diritti
dei
consociati
,
non
possono
attuarla
,
e
neppure
osano
tentarne
la
prova
,
perché
siffatta
idea
non
è
intesa
né
accettata
dalla
maggioranza
.
Allora
soltanto
quando
nella
Nazione
si
è
sviluppato
il
senso
giuridico
in
una
maggioranza
capace
di
farsi
rispettare
,
nasce
il
desiderio
di
un
codice
universale
della
Nazione
regolatore
dei
diritti
di
ognuno
,
e
nasce
insieme
la
potestà
di
attuarlo
e
di
mantenerlo
in
una
vita
efficace
e
reale
.
È
allora
soltanto
che
il
popolo
insorge
e
chiede
i
Decemviri
e
le
tavole
permanenti
della
legge
comune
:
è
questa
l
'
epoca
dei
Soloni
,
dei
Licurghi
,
dei
Caronda
,
e
dei
Pittagora
;
uomini
che
saliti
in
fama
di
sapienza
hanno
ottenuto
la
fiducia
del
popolo
e
ricevono
invito
da
questo
di
segnar
loro
il
modo
col
quale
meglio
possa
avere
soddisfacimento
e
proclamazione
solenne
quella
coscienza
giuridica
che
si
è
maturata
nelle
moltitudini
.
È
allora
che
quel
popolo
muove
i
primi
passi
verso
la
civiltà
.
E
di
vero
cosa
è
dessa
la
civiltà
?
Tutti
gridano
civiltà
,
civiltà
;
tutti
parlano
di
progresso
civile
dei
popoli
:
ma
molti
non
si
avvicinano
al
concetto
che
chiudesi
sotto
quelle
parole
,
e
quello
rimane
per
loro
uno
indefinito
.
E
che
forse
la
civiltà
di
un
popolo
consiste
dessa
nell
'
orpello
dei
modi
,
nell
'
amore
delle
arti
,
nella
raffinatezza
dei
cibi
e
degli
agi
della
vita
,
nei
sontuosi
spettacoli
,
nelle
magnificenze
delle
fabbriche
,
ed
altre
simili
cose
?
Il
volgo
lo
pensa
,
e
non
si
avvede
che
scambia
la
cultura
esteriore
ed
il
lusso
con
la
civilizzazione
.
Cultura
e
civiltà
sono
due
cose
radicalmente
distinte
.
Ottima
l
'
una
per
certo
e
feconda
di
benefizi
purchè
non
avversi
alla
seconda
;
ma
questa
manca
sovente
dove
quella
grandeggia
,
e
questa
è
la
primaria
a
desiderarsi
da
un
popolo
che
ama
fondare
la
propria
felicità
e
la
propria
grandezza
sopra
il
rispetto
alla
dignità
dello
essere
umano
:
senza
questa
i
cittadini
possono
somigliarsi
alle
antiche
vittime
che
s
'
inviavano
al
sacrificio
inebriate
da
canti
festosi
,
dai
vapori
di
olezzanti
profumi
,
e
tutte
ornate
di
fiori
.
Civiltà
è
parola
che
trae
la
propria
etimologia
da
civis
,
Città
,
ed
ha
il
vero
concetto
proprio
nel
vero
concetto
di
questa
.
La
civiltà
consiste
nello
sviluppo
in
cuore
di
tutti
della
coscienza
giuridica
e
della
natura
giuridica
della
consociazione
.
Recognizione
del
diritto
non
come
forza
,
né
come
bisogno
,
ma
come
dettato
di
ragione
:
recognizione
universale
nelle
coscienze
della
pertinenza
del
diritto
a
tutti
ugualmente
;
recognizione
del
diritto
come
dettato
di
una
legge
superiore
imposta
da
Dio
alla
umanità
:
abitudine
nel
popolo
in
ogni
sua
classe
di
rispettare
quella
legge
con
religioso
affetto
anche
a
ritroso
dei
propri
appetiti
corporei
,
facendo
dell
'
amore
dei
nostri
simili
la
forma
preferita
dell
'
amore
di
noi
stessi
:
recognizione
della
missione
della
società
nel
tutelare
in
tutti
ugualmente
il
diritto
.
io
non
mi
esalto
la
mente
alla
contemplazione
della
piramidi
,
delle
meravigliose
statue
della
Grecia
,
degli
archi
superbi
dell
'
antica
Roma
.
Io
veggo
là
parecchi
milioni
di
umane
creature
tenute
da
un
numero
inferiore
di
potenti
nella
più
abietta
servitù
;
io
veggo
quella
folla
d
'
infelici
ridotti
alla
condizione
di
cose
e
vittime
della
negazione
del
diritto
;
e
dico
che
quei
popoli
per
quanto
giustamente
orgogliosi
della
loro
sapienza
nella
cultura
esteriore
non
furono
popoli
veramente
civili
.
La
ebrietà
dei
sensi
non
mi
fa
velo
allo
intelletto
,
quando
contemplo
la
squisitezza
delle
delizie
orientali
;
in
quelle
magiche
reggie
io
veggo
una
mano
di
uomini
che
si
stimano
esseri
superiori
agli
altri
,
e
vantano
illimitata
balìa
sovra
cose
e
persone
;
veggo
al
di
fuori
un
gregge
trepidante
che
al
giogo
reverente
si
curva
né
sente
in
sé
stesso
la
virtù
della
divina
scintilla
;
e
dico
che
quel
popolo
non
è
altrimenti
civile
.
Dimostrisi
pure
che
nelle
contrade
meridionali
di
America
si
hanno
più
gentili
i
costumi
,
più
ricercati
gli
agi
del
vivere
,
più
raffinati
i
piaceri
,
meno
bruschi
e
rozzi
i
modi
che
non
lo
siano
nelle
contrade
del
Nord
.
Io
veggo
che
di
là
si
pugna
per
mantenere
la
servitù
mentre
di
qua
si
sacrifica
generosamente
un
mare
di
sangue
al
fine
di
sopprimerla
,
e
di
porre
in
trono
il
programma
della
uguaglianza
completa
di
ogni
umana
creatura
;
e
dico
che
la
civiltà
è
maggiore
nel
settentrione
di
quello
nol
sia
nel
mezzogiorno
di
America
.
Fosse
pure
al
più
elevato
apogeo
la
industria
,
la
raffinatezza
dei
modi
,
la
cura
degli
agi
della
vita
e
di
ogni
più
delicato
soddisfacimento
dei
sensi
nella
vetusta
Sibari
divenuta
proverbiale
per
il
suo
lusso
,
io
veggo
i
signori
di
Sibari
mettere
a
morte
gli
ambasciatori
di
Crotone
ed
appendere
i
cadaveri
alle
loro
muraglie
;
e
veggo
al
tempo
stesso
i
cittadini
di
Crotone
quantunque
nemici
di
ogni
ricercatezza
di
lusso
proclamare
il
suffragio
universale
come
base
delle
loro
istituzioni
:
ed
a
tale
confronto
la
voce
della
ragione
dilegua
il
fascino
della
Sirena
,
e
nell
'
intimo
cuore
io
mi
sento
condotto
a
dire
che
fuvvi
civiltà
maggiore
in
Crotone
che
non
in
Sibari
.
Ecco
come
io
la
intendo
questa
parola
civiltà
,
che
per
molti
è
parola
diafana
e
per
altri
molti
un
prisma
fallace
.
E
tornando
ai
codici
,
io
ripeto
che
i
primi
trionfi
della
civiltà
rendono
soli
possibile
un
codice
:
ma
che
un
codice
perfetto
non
è
possibile
se
non
ove
la
civiltà
ha
raggiunto
quell
'
apogeo
che
è
sperabile
sulla
terra
;
cioè
dove
è
più
universale
ed
illimitata
la
recognizione
dello
imperativo
giuridico
così
nella
idea
come
nel
fatto
così
nelle
parole
come
nella
realtà
,
e
dove
quella
legge
regna
sovrana
nella
coscienze
come
sovrastante
a
tutti
ugualmente
,
e
per
tutti
ugualmente
patrona
.
Tale
recognizione
si
è
dopo
lotte
lunghissime
raggiunta
in
astratto
da
molti
popoli
i
quali
pertanto
possono
dirsi
maturi
per
dare
a
sé
medesimi
ottimi
codici
.
Ma
perché
i
codici
siano
buoni
bisogna
che
in
ogni
loro
linea
rispondano
a
quella
idea
,
e
che
all
'
astratta
recognizione
di
quella
si
coordini
la
sua
recognizione
concreta
e
la
sua
coraggiosa
proclamazione
per
parte
del
codice
;
il
quale
non
lasci
pertugio
per
dove
possa
introdursi
per
arte
o
potenza
nessuna
dei
pochi
la
supremazia
della
forza
,
perpetua
nemica
della
ragione
.
Lo
ideale
della
bontà
di
un
codice
è
questo
solo
di
essere
il
palladio
della
uguaglianza
per
tutti
.
Vi
dunque
da
un
codice
ogni
disposizione
che
con
modi
più
o
meno
aperti
disturbi
lo
equilibrio
giuridico
fra
i
cittadini
:
via
ogni
privilegio
per
cui
venga
una
classe
di
uomini
a
rendersi
più
ricca
di
diritti
,
più
scura
nello
esercizio
loro
,
e
più
insindacabile
nel
proprio
operato
a
discapito
o
pericolo
altrui
:
via
tutte
le
leggi
di
occasione
,
le
quali
possono
esser
buone
come
necessità
inevitabile
in
faccia
a
condizioni
eccezionalmente
calamitose
non
debbono
trovar
sede
in
un
ordinamento
stabile
destinato
ad
incarnarsi
nei
costumi
e
negli
effetti
del
popolo
.
Più
specialmente
un
codice
penale
deve
essere
il
catechismo
della
coscienza
civica
,
ove
si
raccolgano
le
tradizioni
della
giustizia
pratica
e
si
conservino
con
più
solenne
sanzione
e
con
autorità
più
gagliarda
.
Finchè
un
codice
non
può
farsi
tale
,
è
vanità
tentarne
la
prova
;
e
se
tale
non
vuol
farsi
per
segrete
cagioni
che
prevalgono
appo
coloro
cui
pertiene
il
reggimento
della
cose
pubblica
,
ella
è
una
ipocrisia
,
è
un
tradimento
darsi
vanto
di
codicizzare
le
leggi
di
uno
Stato
.
Si
ripari
allora
con
leggi
provvisorie
ai
bisogni
dei
tempi
nelle
materie
del
diritto
le
quali
portino
in
fronte
la
dichiarazione
della
loro
precarietà
e
rechino
contemporanea
alla
propria
nascita
la
speranza
della
loro
abolizione
.
Ad
una
Nazione
che
sente
la
propria
dignità
si
può
inculcare
la
tolleranza
di
un
provvedimento
temporaneo
quantunque
meno
buono
,
scusandolo
con
le
tristi
condizioni
di
una
fase
transitoria
in
cui
versi
lo
Stato
,
e
temperandone
la
innormalità
con
la
precarietà
della
sua
sanzione
.
Ma
è
un
insulto
porgere
a
lei
col
nome
di
codice
(
e
così
come
supremo
effato
della
coscienza
giuridica
)
precetti
e
sanzioni
che
alla
suprema
ragione
giuridica
non
siano
conformi
,
e
che
trovino
la
genesi
loro
nelle
vedute
di
un
partito
dominante
,
o
nei
bisogni
di
una
politica
transitoria
.
L
'
uomo
coscienzioso
e
leale
quando
si
faccia
convinto
di
una
necessità
che
gli
vieta
di
fare
una
cosa
come
dovrebbe
esser
fatta
,
si
astiene
piuttosto
dal
farla
anziché
farla
in
modo
riprovevole
.
Farisaica
parola
è
quella
di
chi
confessa
la
verità
di
un
supremo
principio
di
ragione
,
ed
al
tempo
stesso
viene
a
dettare
un
codice
che
lo
conculca
e
lo
rinega
,
scusandosi
con
le
condizioni
dei
tempi
e
con
quella
sentenza
perpetua
patrona
del
male
-
che
anche
la
verità
ha
la
sua
ora
.
Avrà
pur
troppo
la
sua
ora
anche
la
verità
;
perché
non
a
tutte
le
ore
degli
uomini
si
vuole
intendere
,
e
perché
essa
ha
bisogno
di
essere
intesa
da
coloro
che
debbono
proclamarla
,
e
che
sono
sovente
i
più
duri
o
i
più
tardi
ad
intenderla
.
Ma
,
se
la
verità
ha
la
sua
ora
,
perché
non
aspettare
che
sorga
,
e
frattanto
vivere
con
le
leggi
già
costituite
,
prorogando
a
quell
'
ora
il
generale
e
duraturo
riordinamento
delle
medesime
?
Perché
tanta
furia
di
codicizzare
,
mentre
si
confessa
che
le
incertezze
dei
tempi
sono
disadatte
a
quell
'
opera
?
Potrebbe
qui
bene
ripetersi
col
Menzini
-
in
questo
di
Procuste
orrido
letto
,
chi
ti
sforza
a
giacere
?
Un
principio
erroneo
ed
ingiusto
attuato
per
eccezionali
cagioni
in
un
regolamento
particolare
è
un
male
sensibile
ma
limitato
.
Il
male
diventa
troppo
più
grave
più
funesto
e
pernicioso
nelle
sue
conseguenze
quando
di
quel
principio
erroneo
l
'
autorità
sociale
fa
solenne
proclamazione
in
un
codice
:
perché
con
ciò
corrompe
la
coscienza
pubblica
presentandole
come
severo
e
costante
dettato
della
ragione
giuridica
quello
che
è
soltanto
un
provvedimento
empirico
che
si
accetta
per
le
transitorie
condizioni
dei
tempi
.
O
se
a
voi
preme
di
farvi
codicizzatori
e
volete
anche
in
questo
adulare
la
Nazione
che
da
voi
si
governa
dandole
a
credere
che
i
tempi
sono
maturi
per
un
codice
universale
,
ed
inebriandola
in
questo
pomposo
pensiero
,
abbiate
almeno
il
pudore
di
lasciare
in
disparte
quelli
argomenti
nei
quali
credete
di
non
poter
proclamare
la
suprema
giustizia
:
se
tali
argomenti
sono
molti
,
abbandonate
la
idea
della
codicizzazione
;
se
sono
pochi
lasciateli
sotto
la
direzione
di
leggi
particolari
:
ma
non
bruttate
il
catechismo
che
voi
date
alla
vita
esteriore
del
popolo
col
proclamarvi
una
menzogna
giuridica
.
Val
meglio
una
lacuna
che
l
'
apostolato
di
una
falsa
dottrina
.
Se
fuvvi
mai
una
epoca
che
apparisse
disadatta
alla
formazione
di
un
codice
universale
tale
era
lo
Stato
dello
Impero
Germanico
nei
primordi
del
secolo
decimosesto
.
Le
dissidenze
religiose
fra
i
diversi
Stati
di
quello
Impero
erano
vivacissime
allora
,
perché
grondavano
di
fresco
sangue
;
e
chiunque
fosse
stato
chiamato
a
dettare
un
codice
penale
per
lo
Impero
sarebbesi
sgomentato
in
faccia
a
quelle
dissidenze
dal
por
mano
nella
materia
dei
delitti
religiosi
.
Ma
Carlo
V
voleva
ad
ogni
costo
dettare
un
codice
universale
che
governasse
lo
Impero
e
che
portasse
il
suo
nome
.
Cosa
fece
egli
con
la
sua
celebre
costituzione
criminale
?
Dei
delitti
religiosi
non
tenne
che
fugace
parola
,
e
la
sua
costituzione
ebbe
plauso
concorde
nel
1532
alla
Dieta
di
Ratisbona
dai
Principi
colà
convenuti
così
cattolici
come
protestanti
:
e
la
sua
Nemesi
potè
durare
per
tre
secoli
come
codice
fondamentale
di
gran
parte
della
Germania
,
ed
adottarsi
e
mantenersi
persino
da
quelle
provincie
che
(
come
la
Svizzera
)
avevano
scosso
il
giogo
politico
dello
Impero
.
La
Convenzione
di
Francia
fu
prepotente
e
ferocissima
nella
sua
prepotenza
,
ma
fu
più
logica
di
molti
altri
Governi
quando
nel
tempo
stesso
che
le
sue
mannaie
mietevano
le
vite
dei
cittadini
proclamava
come
principio
l
'
abolizione
della
pena
di
morte
.
Essa
sentiva
la
differenza
che
passa
fra
la
proclamazione
di
un
principio
come
verità
giuridica
,
e
le
esigenze
o
vere
o
false
della
politica
del
momento
.
Ma
non
si
fu
altrettanto
logici
,
né
allora
né
poi
,
quando
le
leggi
di
occasione
si
vollero
convertire
in
articoli
di
un
codice
destinato
a
passare
alle
generazioni
future
.
Adesso
a
noi
italiani
si
è
iniziata
la
esecuzione
della
promessa
codicizzazione
universale
.
I
codici
regolatori
degli
interessi
civili
,
commerciali
,
e
procedurali
ebbero
ormai
la
respettiva
sanzione
,
e
spetta
all
'
avvenire
il
farsene
giudice
.
Ma
il
codice
penale
ha
incontrato
più
seri
ostacoli
.
E
gli
ostacoli
sorgono
non
solo
per
la
diversità
delle
scuole
giuridiche
che
prevalgono
nelle
diverse
provincie
del
Regno
;
non
solo
per
la
diversità
dei
costumi
più
o
meno
purificati
degli
effetti
del
dispotismo
religioso
e
civile
;
ma
più
specialmente
per
le
tradizioni
delle
leggi
penali
precedenti
che
alle
diverse
provincie
furono
dettate
dai
respettivi
reggitori
come
catechismo
della
vita
civile
.
È
una
verità
filosofica
che
i
costumi
fanno
le
leggi
,
ma
è
pur
troppo
una
verità
pratica
che
le
leggi
fanno
i
costumi
.
Più
che
è
feroce
un
popolo
più
sarà
feroce
il
suo
codice
;
più
sarà
feroce
un
codice
più
si
manterrà
il
popolo
nelle
consuetudini
della
ferocia
.
Queste
sono
due
verità
storiche
che
come
risultamento
di
un
imperativo
logico
impreteribile
si
danno
reciprocamente
la
mano
.
E
ciò
porta
ad
una
conseguenza
;
e
questa
conseguenza
,
quantunque
aspra
e
dura
a
proferirsi
,
bisogna
pur
proferirla
perché
è
verità
impreteribile
.
Questa
verità
è
che
le
attuali
condizioni
d
'
Italia
le
rendono
assolutamente
impossibile
di
ottenere
un
codice
penale
comune
che
sia
riconosciuto
universalmente
per
buono
,
e
sia
da
tutti
applaudito
.
L
'
abitudine
a
certe
penalità
eccessive
incarnatasi
nelle
genti
di
una
provincia
per
virtù
di
un
codice
che
per
lunga
stagione
le
fuorviava
dal
retto
col
proclamare
la
necessità
e
la
giustizia
delle
medesime
;
l
'
abitudine
a
certe
penalità
più
miti
ed
umane
incarnata
nelle
genti
di
altra
provincia
per
virtù
di
leggi
penali
che
seppero
mostrar
loro
come
quelle
fossero
più
che
sufficienti
ai
bisogni
della
pubblica
e
privata
sicurezza
,
e
per
virtù
della
consecutiva
esperienza
che
le
dimostrò
sufficienti
;
queste
abitudini
io
dico
non
si
cancellano
con
un
tratto
di
penna
dal
nuovo
legislatore
.
Dal
che
nasce
una
situazione
scabrosa
,
difficile
e
penosissima
per
la
coscienza
di
chiunque
sente
nell
'
animo
che
anche
il
legislatore
deve
avere
una
coscienza
;
la
quale
deve
inspirarsi
al
vero
ed
al
giusto
,
e
non
agli
abiti
od
alle
passioni
.
La
situazione
è
questa
:
o
inferocire
i
costumi
delle
provincie
meno
feroci
col
portarvi
leggi
esorbitantemente
severe
,
lo
che
sarebbe
operazione
vandalica
e
patente
regresso
;
o
tentare
di
raddolcire
i
costumi
delle
provincie
più
fiere
col
portarvi
più
miti
sanzioni
.
Questo
è
il
problema
interiore
che
tiene
oggi
incerti
gli
animi
dei
legislatori
penali
d
'
Italia
.
E
alla
difficoltà
interiore
che
tiene
esitanti
le
coscienze
per
riguardo
al
sentimento
del
proprio
dovere
rispondono
difficoltà
esteriori
che
procedono
da
quel
perpetuo
ostacolo
ad
ogni
ben
fare
,
voglio
dire
il
rispetto
umano
.
Avvegnacchè
all
'
apparizione
del
nuovo
progetto
di
codice
penale
del
Regno
d
'
Italia
siasi
verificato
ciò
che
i
veggenti
avevano
preveduto
da
lunga
mano
,
e
ciò
che
inevitabilmente
doveva
verificarsi
per
virtù
delle
condizioni
eccezionali
della
nuova
consociazione
;
voglio
dire
che
da
tutti
i
lati
sonosi
sollevati
anatemi
e
riprovazioni
contro
quel
disgraziato
progetto
,
del
quale
può
dirsi
che
ebbe
molti
censori
,
lodatori
pochissimi
.
Ma
chi
guardi
addentro
a
quelle
grida
di
riprovazione
,
e
le
congiunga
(
come
pur
devesi
)
in
un
insieme
,
forza
è
si
convinca
per
le
stesse
contradizioni
che
s
'
incontrano
fra
di
loro
che
il
progetto
subisce
gli
effetti
della
situazione
e
non
di
alcuna
colpa
dei
suoi
estensori
.
Se
nei
compilatori
di
quel
Progetto
può
trovarsi
una
colpa
(
e
se
questa
sia
colpa
lo
giudichino
gl
'
imparziali
)
essa
consiste
nel
non
avere
alzato
lo
stendardo
di
uno
dei
due
partiti
scientifici
che
oggi
si
contrastano
la
signoria
della
Italia
nell
'
argomento
della
penalità
;
il
partito
della
severità
e
della
intimidazione
,
ed
il
partito
della
mitezza
e
della
emenda
del
colpevole
.
Se
una
di
quelle
due
bandiere
si
fosse
recisamente
e
coraggiosamente
posta
in
fronte
al
nuovo
progetto
i
detrattori
sarebbero
stati
da
un
lato
ma
i
difensori
dall
'
altro
.
Ma
gli
uomini
chiamati
a
quello
arduo
ufficio
non
s
'
inspirarono
alle
abitudini
di
questa
o
di
quella
Provincia
;
non
alle
utopie
di
una
o
di
altra
Cattedra
,
non
alle
esigenze
delle
Curie
,
né
alle
pretese
di
coloro
che
rappresentano
l
'
autorità
e
che
tenacemente
intendono
non
solo
a
mantenerla
ma
a
circondarla
sempre
meglio
di
ferro
;
essi
s
'
inspirarono
allo
affetto
del
vero
e
del
buono
,
e
volenterosi
esposero
sé
medesimi
al
turbine
che
doveva
colpirli
.
Certamente
quel
lavoro
non
è
immune
da
errori
e
da
equivoci
,
particolarmente
nella
parte
speciale
,
e
nei
fatti
minimi
,
e
talvolta
anche
nella
forma
della
redazione
.
Ma
queste
non
sono
mende
che
possano
far
sorgere
serio
conflitto
in
un
'
aula
legislativa
.
La
questione
seria
e
di
altissimo
ed
universale
interesse
è
radicale
;
e
la
sua
soluzione
sta
per
esercitare
la
più
grande
influenza
sull
'
avvenire
d
'
Italia
:
la
questione
ridotta
ai
minimi
termini
verte
sul
concetto
fondamentale
del
nuovo
codice
.
La
questione
consiste
nel
decidere
se
debbasi
andare
innanzi
nella
via
del
progresso
civile
avvicinandosi
alla
Germania
che
seppe
trarre
così
buon
frutto
dalla
scuola
teorica
italiana
,
o
se
piuttosto
si
debba
tornare
indietro
avvicinandosi
alla
Francia
ed
a
quelle
provincie
italiane
che
più
si
lasciarono
andare
all
'
ossequio
di
quella
.
Non
è
questione
di
scienza
;
è
questione
di
civiltà
.
Ora
su
questo
palpitante
problema
io
dico
una
sola
parola
:
ed
è
che
se
deve
tornarsi
indietro
val
meglio
non
farsi
il
codice
,
e
lasciare
che
ogni
provincia
continui
a
reggersi
secondo
le
consuetudini
proprie
anziché
dare
una
solenne
sanzione
a
principii
retrivi
facendone
ingrata
importazione
in
quelle
terre
dove
non
è
più
possibile
generare
la
fede
della
loro
giustizia
senza
deteriorarne
i
costumi
,
e
così
manomettere
il
più
santo
,
il
più
bello
fra
i
doveri
dell
'
autorità
sociale
,
voglio
dire
la
missione
educativa
del
popolo
.
Questo
è
il
pensiero
che
già
adombrai
in
uno
scritto
(
1
)
[
(
1
)
Vedasi
in
questa
raccolta
l
'
opuscolo
XI
]
renduto
di
pubblica
ragione
quattro
anni
addietro
;
ed
ogni
ulteriore
osservazione
,
ogni
ulteriore
meditazione
mi
ha
confermato
in
tale
pensiero
.
Se
sia
vero
che
nei
delitti
atroci
non
si
debbano
ammettere
le
circostanze
attenuanti
(
Questioni
singolari
ad
occasione
della
Giuria
)
(
1868
)
(
dagli
Opuscoli
di
Diritto
criminale
,
Lucca
,
1870
,
vol
.
II
,
459
ss
.
)
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
_
Questa
proposizione
udii
cadere
dal
labbro
di
un
pubblico
Ministero
,
d
'
altronde
dottissimo
,
quando
egli
cercava
di
distogliere
i
giurati
da
ogni
movimento
di
pietà
verso
il
colpevole
di
un
omicidio
premeditato
commesso
con
un
colpo
di
coltello
.
Con
un
fino
artifizio
oratorio
declinando
ogni
discussione
sulle
circostanze
attenuanti
,
delle
quali
forse
non
era
penuria
in
quel
caso
,
egli
adagiò
la
sua
tesi
di
rigore
su
cotesta
generalità
da
lui
asserita
come
un
dettato
apodittico
di
giustizia
.
Egli
fece
bene
il
dovere
suo
come
vindice
della
società
offesa
.
Ma
se
i
giurati
allorchè
unanimi
respinsero
le
circostanze
attenuanti
si
lasciarono
sedurre
da
codesto
postulato
giuridico
,
io
dico
che
i
giurati
errarono
in
fatto
per
conseguenza
di
un
errore
di
diritto
.
Le
circostanze
attenuanti
disse
Eusebio
Selverte
essere
un
rimedio
provvisorio
.
Il
pensiero
al
quale
ispirossi
codesta
sentenza
è
sotto
il
punto
di
vista
dell
'
avvenire
l
'
identico
pensiero
al
quale
io
m
'
inspirava
anni
addietro
quando
sotto
il
punto
di
vista
del
presente
scriveva
che
le
circostanze
attenuanti
sono
un
rimedio
necessario
per
un
codice
cattivo
,
mentre
sono
una
flagrante
aberrazione
della
giustizia
sotto
un
codice
buono
.
Ma
se
le
due
sentenze
si
unificano
nel
concetto
radicale
non
è
peraltro
che
con
le
medesime
siasi
voluto
censurare
l
'
attenuanza
sotto
un
punto
astratto
di
vista
.
In
massima
nessuno
può
controvertere
questa
grande
verità
,
compenetrata
nel
sommo
principio
della
giustizia
distributiva
in
materia
penale
,
che
nel
misurare
la
imputazione
debba
aversi
riguardo
ad
ogni
più
piccola
circostanza
per
la
quale
si
modifichi
il
delitto
così
nella
sua
forza
oggettiva
come
nella
sua
forza
soggettiva
(
lo
che
noi
chiamiamo
quantità
e
grado
del
delitto
)
e
che
nel
tempo
stesso
debba
modificarsi
la
pena
per
virtù
di
certe
circostanze
estrinseche
al
delitto
,
ma
inerenti
allo
individuo
al
quale
vuole
applicarsi
la
pena
,
e
per
certe
specialità
per
le
quali
la
medesima
applicata
nel
suo
rigore
riuscirebbe
contraria
o
al
pubblico
bene
,
o
alla
coscienza
universale
;
lo
che
noi
chiamiamo
diminuenti
la
pena
.
Questo
non
può
in
punto
astratto
controvertersi
senza
immolare
impudentemente
la
giustizia
ad
uno
stoicismo
crudele
.
Ciò
che
da
noi
si
volle
criticare
è
unicamente
lo
indefinito
nel
quale
le
leggi
di
Francia
,
ed
i
codici
che
le
imitarono
,
lasciano
le
circostanze
attenuanti
.
Indefinito
terribile
per
cui
si
converte
spesso
in
una
operazione
del
cuore
quella
che
dovrebbe
essere
opera
della
ragione
;
e
si
ammettono
o
si
negano
le
attenuanti
sulla
guida
di
un
sentimento
o
di
pietà
o
di
ribrezzo
che
seppe
nell
'
animo
dei
giurati
eccitare
la
rettorica
del
difensore
,
o
quella
del
pubblico
Ministero
.
Sente
ognuno
come
per
siffatto
sistema
la
giustizia
abbandonisi
alla
balìa
di
un
'
onda
infida
e
variabile
,
e
debbano
vedersi
(
come
pur
troppo
si
veggono
in
pratica
)
delle
oscillazioni
di
pietà
e
di
rigore
le
quali
affievoliscono
nel
popolo
che
riflette
la
fede
della
punitiva
giustizia
.
Molti
moderni
legislatori
fecero
dei
lodevoli
tentativi
per
togliere
la
penalità
da
coteste
incertezze
.
Il
codice
Spagnuolo
del
1848
,
il
codice
Austriaco
del
1852
,
si
provarono
a
definire
ed
a
circoscrivere
quelle
circostanze
che
sole
potevano
ammettersi
,
a
parer
loro
,
come
attenuanti
:
il
progetto
Portoghese
andò
ancora
più
innanzi
;
ed
oltre
a
circoscrivere
le
attenuanti
e
le
aggravanti
volle
distinguerle
in
classi
diverse
ed
assegnare
a
ciascuna
di
loro
il
respettivo
valore
,
determinandone
per
cotal
guisa
e
la
ammissibilità
ed
il
grado
relativo
di
efficacia
minoratrice
.
Questi
tentativi
,
meritevoli
senza
dubbio
di
plauso
,
non
hanno
ancora
recato
peraltro
la
piena
luce
su
tale
argomento
,
perché
da
tutti
quei
legislatori
si
è
voluto
procedere
per
via
di
contemplazione
generale
,
e
definire
una
serie
di
attenuanti
che
fossero
comuni
a
tutti
i
malefizi
,
ed
in
tutti
dare
a
ciascuna
di
quelle
uno
eguale
influsso
.
E
questo
è
il
difetto
del
nuovo
sistema
;
difetto
minore
dello
indefinito
,
ma
pur
sempre
difetto
.
Perché
sebbene
alcune
circostanze
possano
accettarsi
come
generali
ed
attenuanti
qualsisia
forma
delittuosa
,
molte
ve
ne
ha
che
debbono
considerarsi
come
proprie
di
alcuni
reati
ed
indifferenti
in
reati
diversi
,
ed
altre
molte
ve
ne
ha
che
in
un
reato
funzionano
come
attenuanti
,
mentre
forse
in
un
reato
diverso
dovrebbero
funzionare
come
aggravanti
.
Ma
lasciamo
di
questo
che
è
troppo
grave
argomento
.
Le
leggi
che
governano
la
giustizia
penale
in
Italia
hanno
oggi
ad
imitazione
della
Francia
lasciato
alla
balia
dei
giurati
il
solo
riconoscimento
delle
circostanze
attenuanti
e
limitato
solo
entro
certi
confini
la
valutazione
della
loro
efficacia
,
consegnando
tale
valutazione
al
calcolo
e
giudizio
delle
Corti
.
In
questo
indefinito
potrà
essa
figgere
lo
sguardo
la
scienza
?
Potranno
i
cultori
del
giure
penale
studiarsi
di
tracciare
una
qualche
linea
che
serva
di
guida
alla
coscienza
del
giurato
,
onde
non
si
muova
per
un
solo
moto
di
simpatia
a
cui
dovrebbe
esser
sordo
,
o
per
una
contemplazione
della
pena
,
alla
quale
egli
non
dovrebbe
pensare
?
Io
credo
che
ciò
entro
certi
confini
si
possa
.
E
quel
pubblico
Ministero
che
pronunciò
la
sentenza
non
doversi
ammettere
le
circostanze
attenuanti
nei
delitti
atroci
evidentemente
cerò
di
segnare
una
linea
che
fosse
un
regolo
costante
alla
coscienza
dei
giurati
;
subordinando
così
ad
un
asserto
principio
giuridico
ciò
che
nel
concetto
della
nostra
legge
dovrebbe
essere
un
puro
giudizio
di
fatto
.
Ma
codesta
linea
a
mio
credere
è
falsa
e
pericolosa
.
E
tale
la
dimostra
la
ragione
,
e
l
'
autorità
.
In
primo
luogo
è
a
dimandarsi
cosa
s
'
intenda
per
delitto
atroce
?
Nel
linguaggio
degli
antichi
giuristi
si
dicevano
atroci
tutti
i
delitti
gravi
.
Si
disse
atroce
in
molti
casi
fino
la
ingiuria
.
Sicchè
anche
la
parola
atroci
altro
non
è
che
un
indefinito
il
quale
può
avere
un
senso
quando
si
adopra
in
un
punto
di
vista
comparatico
,
ma
non
può
averlo
giammai
in
un
senso
assoluto
.
In
faccia
al
sentimento
di
un
uomo
mite
e
civile
ogni
omicidio
è
un
delitto
atroce
;
più
atroce
ancora
se
fu
premeditato
.
Nessuno
potrà
ricusarsi
ad
un
sentimento
di
ribrezzo
verso
un
essere
tanto
aberrante
dalla
umanità
da
calcolare
freddamente
i
modi
di
spegnere
una
creatura
simile
a
lui
.
Ma
per
simile
ribrezzo
,
per
simile
atrocità
,
per
simile
aberrazione
della
umana
natura
dovrà
egli
dirsi
che
tutti
gli
omicidi
respingono
ogni
possibilità
di
attenuanza
,
o
che
la
respingono
almeno
tutti
gli
omicidi
commessi
con
fredda
deliberazione
?
La
pratica
universale
rinnega
codesta
dottrina
.
La
ragione
invece
suggerisce
spontaneo
il
pensiero
che
ai
delitti
più
gravi
minacciando
la
legge
una
pena
più
severa
,
e
spesso
la
più
severa
di
tutte
,
quella
cioè
nella
quale
si
estrinseca
lo
estremo
supplizio
sotto
qualunque
forma
lo
accolga
la
legge
;
si
può
appunto
nei
delitti
più
gravi
correre
con
minore
pericolo
ad
ammettere
le
attenuanze
.
Operandosi
per
queste
la
diminuzione
di
un
grado
,
la
pena
inferiore
rimarrà
sempre
gravissima
;
né
vi
sarà
luogo
a
temere
la
sua
inettitudine
ai
bisogni
della
pubblica
tranquillità
.
L
'
atrocità
di
un
delitto
non
potendo
al
fine
di
che
si
parla
ravvisarsi
nel
solo
fatto
di
avere
volontariamente
sparso
il
sangue
del
nostro
simile
,
potrà
essa
trovarsi
nei
modi
coi
quali
fu
consumato
l
'
omicidio
?
Alcuni
legislatori
lo
pensarono
.
E
(
sotto
la
formula
di
atti
di
barbarie
)
i
tormenti
esercitati
contro
la
vittima
,
e
le
crudeltà
raffinate
con
le
quali
il
colpevole
non
pago
di
toglier
la
vita
al
nemico
aveva
voluto
ancora
pascere
la
propria
immanità
nei
patimenti
di
quella
,
furono
agli
occhi
loro
sufficiente
ragione
per
costituire
una
speciale
qualifica
tanto
grave
da
condurre
di
per
sé
sola
allo
estremo
supplizio
.
Discordarono
altri
da
siffatto
modo
di
vedere
,
almeno
come
proposizione
generale
;
e
l
'
autore
del
codice
Spagnuolo
,
lo
illustre
e
dotto
Pacecho
troppo
presto
dallo
infausto
colera
rapito
alla
scienza
e
ai
desiderio
degli
amici
,
propugnò
la
opposta
dottrina
,
osservando
con
molta
verità
che
simili
eccessi
aberranti
dalla
umana
natura
quando
si
esercitavano
contro
un
nemico
mostravano
un
tal
grado
di
esaltazione
di
spirito
,
e
la
pressione
di
un
affetto
così
delirante
da
condurre
alla
conseguenza
del
tutto
contraria
nel
calcolo
della
imputazione
.
Ma
sia
che
vuolsi
delle
due
opposte
dottrina
,
per
la
questione
che
adesso
considero
mi
sembra
indifferente
:
perché
o
la
legge
che
governa
le
sorti
dello
accusato
non
ha
previsto
simile
circostanza
come
qualifica
dell
'
omicidio
,
o
l
'
ha
prevista
.
Se
non
l
'
ha
preveduta
in
presenza
di
tanti
codici
che
la
prevedono
vuol
dire
che
ha
trovato
giusto
di
non
farne
un
'
aggravante
assoluta
:
ed
il
pubblico
Ministero
che
volesse
imporre
ai
giurati
come
regola
costante
di
non
ammettere
le
attenuanti
dove
concorrono
atti
di
crudeltà
,
non
solo
anderebbe
oltre
la
lettera
della
legge
,
ma
anderebbe
apertamente
a
ritroso
del
pensiero
del
legislatore
,
il
quale
col
non
costituirne
un
'
aggravante
perpetua
mostrò
di
riconoscere
potervi
essere
non
infrequenti
casi
nei
quali
non
fosse
tale
.
Se
poi
la
legge
che
ci
governa
abbia
di
simile
concomitante
avuto
riguardo
per
costituirne
un
aggravamento
speciale
,
il
giurato
che
valuti
la
medesima
per
negare
le
attenuanti
pecca
della
più
flagrante
ingiustizia
.
Esso
ha
giù
tenuto
il
debito
calcolo
di
tale
concomitante
quando
ha
risposto
affermativamente
alla
relativa
questione
,
e
con
ciò
ha
portato
il
giudicabile
ad
una
pena
esasperata
.
Se
poscia
per
la
medesima
concomitante
egli
si
determina
a
negare
le
attenuanti
cade
in
una
ingiusta
duplicazione
del
calcolo
.
Lo
effetto
che
la
legge
voleva
si
operasse
da
siffatta
aggravante
,
la
legge
lo
ha
già
determinato
,
ed
ha
stabilito
un
'
aggiunta
al
castigo
senza
per
altro
negare
neppure
allora
al
giurato
la
facoltà
di
attenuare
.
Codesto
giurato
pertanto
si
mostra
più
severo
della
legge
e
pone
due
volte
sulla
propria
bilancia
lo
stesso
elemento
.
Questa
osservazione
può
esser
fatta
sotto
un
punto
di
vista
più
generale
;
essa
è
comune
tanto
alle
aggravanti
quanto
alle
minoranti
.
Ad
un
giurato
che
abbia
negato
le
attenuanti
in
un
omicidio
premeditato
,
e
le
abbia
ammesse
in
un
omicidio
provocato
,
dimandate
perché
abbia
agito
in
codesta
guisa
.
Se
egli
ingenuamente
vi
risponde
;
le
negai
nel
primo
caso
perché
vi
era
la
premeditazione
e
le
ammisi
nel
secondo
caso
perché
vi
era
la
provocazione
,
rispondete
francamente
che
esso
è
caduto
in
un
gravissimo
errore
,
ed
ha
in
ambo
i
casi
commesso
una
ingiustizia
duplicando
il
calcolo
o
della
aggravante
,
o
della
minorante
.
Ambedue
queste
circostanze
erano
già
valutate
dalla
legge
in
tutta
la
loro
portata
giuridica
;
al
giurato
la
legge
commetteva
di
riconoscerne
la
esistenza
di
fatto
,
non
già
di
farne
una
seconda
valutazione
.
Lo
stesso
ripetasi
dello
scasso
nel
furto
,
o
della
quantità
del
tolto
dove
la
medesima
fu
tenuta
a
calcolo
dal
legislatore
.
I
giurati
di
Francia
che
vivono
sotto
una
legge
la
quale
eguaglia
nella
pena
il
furto
di
un
franco
al
furto
di
diecimila
,
potranno
benissimo
nei
congrui
casi
trovare
l
'
attenuanza
nella
modicità
del
tolto
,
perché
quello
che
il
legislatore
respinse
come
criterio
assoluto
è
rilasciato
alla
libertà
della
loro
valutazione
come
criterio
speciale
.
Ma
errerebbero
a
mio
parere
i
giurati
che
procedessero
ugualmente
in
Toscana
dove
il
legislatore
ha
dato
alla
quantità
del
tolto
quella
valutazione
che
ha
creduto
doverosa
.
Ma
forse
tornerò
altra
volta
più
in
lungo
su
questo
argomento
.
Giovi
intanto
osservare
sotto
un
punto
di
vista
meramente
generale
che
le
circostanze
attenuanti
hanno
un
modo
di
essere
tutto
loro
proprio
e
spessissimo
indipendente
dalle
circostanze
essenziali
di
un
malefizio
e
da
quelle
concomitanti
che
ne
modificano
la
quantità
,
o
che
lo
degradano
nelle
sue
forze
.
Questo
modo
di
essere
tutto
intrinseco
può
avere
una
vita
indipendente
dalla
natura
del
reato
,
e
perciò
comune
a
tutti
i
reati
,
e
può
avere
una
vita
connessa
con
una
certa
forma
di
reati
in
quanto
possa
assumere
l
'
aspetto
di
causa
impellente
al
medesimo
,
o
di
conseguenza
derivatane
:
ma
sempre
per
un
'
indole
tutta
specifica
.
Giovi
mostrarlo
con
gli
esempi
.
La
ultronea
dedizione
in
mano
della
giustizia
,
la
spontanea
confessione
del
proprio
fallo
,
gli
atti
coi
quali
siasi
dal
colpevole
cercato
di
riparare
al
male
cagionato
,
la
buona
condotta
antecedente
scevra
di
macchia
,
la
trascurata
educazione
del
colpevole
,
che
nella
sua
giovinezza
fu
lasciato
miseramente
privo
di
ogni
cultura
morale
,
sono
circostanze
attenuanti
comuni
a
qualunque
malefizio
;
come
possono
essere
circostanze
speciali
nel
furto
la
urgenza
di
straordinari
bisogni
;
e
nei
delitti
di
sangue
una
eccezionale
e
quasi
morbosa
irritabilità
di
temperamento
.
Or
bene
:
se
la
ragione
consiglia
che
siffatte
circostanze
debbano
accogliersi
come
attenuanti
dov
'
è
il
plausibile
motivo
pel
quale
alle
medesime
debba
ogni
riguardo
negarsi
in
certi
delitti
perché
essi
sono
più
gravi
?
Se
sono
più
gravi
la
legge
gli
ha
anche
più
gravemente
puniti
;
sicchè
la
pena
diminuita
subisce
sempre
quel
rapporto
di
calcolo
proporzionale
che
la
legge
stabilì
per
la
pena
non
diminuita
.
E
se
sotto
il
pretesto
della
gravità
del
delitto
non
si
valuta
in
un
caso
quell
'
attenuante
che
si
valutò
in
altro
caso
si
pecca
contro
la
giustizia
distributiva
,
perché
si
porta
alla
identica
pena
i
due
autori
di
fatti
consimili
i
quali
presentavano
tra
loro
la
differenziale
che
l
'
uno
era
un
birbo
matricolato
,
e
l
'
altro
un
galantuomo
stimato
fino
a
quel
giorno
,
e
riverito
da
tutti
.
È
questa
la
considerazione
che
debbono
avere
i
giurati
sempre
fissa
nell
'
animo
loro
:
di
non
adeguar
mai
,
per
quanto
da
loro
si
può
,
i
giudicabili
che
versano
in
condizioni
disperate
.
Se
il
confronto
si
presentasse
ai
giurati
in
un
solo
tratto
e
congiuntamente
,
io
sono
certissimo
che
il
senso
morale
li
preserverebbe
da
tale
aberrazione
.
Suppongasi
che
abbiano
a
giudicare
due
correi
del
medesimo
delitto
,
e
sia
pure
un
delitto
atrocissimo
.
Ma
uno
degli
accusati
è
un
vecchio
scellerato
,
che
ha
pertinacemente
negato
,
e
dopo
il
fatto
non
ha
dato
segni
di
pentimento
;
l
'
altro
invece
era
un
onesto
padre
di
famiglia
;
mostrossi
amaramente
pentito
;
confessò
e
riprovò
ingenuamente
il
proprio
trascorso
;
e
cercò
per
quanto
poteva
di
ripararvi
.
Credete
voi
che
i
giurati
chiamati
in
tal
guisa
a
decidere
prima
sull
'
attenuanza
rispetto
all
'
uno
,
poi
sull
'
attenuanza
rispetto
all
'
altro
nel
medesimo
verdetto
,
non
sentissero
ribrezzo
di
dare
una
identica
risposta
negativa
per
ambedue
circa
le
attenuanti
?
Credete
voi
che
non
si
presentasse
agli
occhi
loro
palpabile
tutta
la
iniquità
di
parificare
nella
pena
uno
scellerato
ed
uno
infelice
vittima
di
momentanea
aberrazione
?
No
:
io
sono
certo
che
ogni
uomo
gentile
ponendo
la
mano
sulla
propria
coscienza
deve
rispondere
,
no
:
ciò
non
può
essere
,
ciò
non
si
farebbe
da
noi
:
si
negherebbero
le
attenuanti
al
primo
;
si
ammetterebbero
al
secondo
,
e
così
il
supremo
debito
della
giustizia
distributiva
sarebbe
soddisfatto
.
Ebbene
:
ciò
che
voi
avreste
repugnanza
a
fare
in
un
unico
verdetto
,
voi
siete
spinti
a
farlo
in
due
verdetti
successivi
,
quando
vi
si
grida
che
nei
delitti
atroci
non
dovete
ammettere
circostanze
attenuanti
.
Disingannatevi
da
tale
errore
.
La
legge
giudica
il
fatto
criminoso
e
non
l
'
uomo
,
chè
non
può
giudicarlo
perché
non
lo
conosce
.
Voi
giudicate
il
fatto
indipendentemente
dall
'
uomo
quando
vi
pronunziate
sulle
circostanze
materiali
che
accompagnarono
il
delitto
:
voi
dovete
poscia
giudicar
l
'
uomo
indipendentemente
dal
fatto
quando
siete
richiamati
a
decidere
se
l
'
accusato
sia
o
no
meritevole
d
'
indulgenza
.
Ecco
qual
'
è
lo
spirito
della
legge
che
vi
governa
;
ecco
ciò
che
la
ragione
vi
detta
.
Né
manca
alla
mia
tesi
il
presidio
dell
'
autorità
.
Né
tale
autorità
io
voglio
cercare
nella
storia
dei
verdetti
stranieri
,
perché
non
voglio
portare
come
autorità
classica
la
pratica
di
quegli
uomini
i
quali
possono
aver
subito
lo
influsso
d
'
impulsi
speciali
quando
procederono
ad
ammettere
l
'
attenuanza
per
Madama
Lafarges
che
col
sorriso
sulle
labbra
,
e
fra
gli
amplessi
di
amore
aveva
continuato
a
porgere
per
lunghi
mesi
al
fidente
marito
il
micidiale
veleno
,
e
per
tanti
altri
atrocissimi
delinquenti
di
troppo
famosa
celebrità
.
Io
tratto
le
questioni
di
fatto
sotto
un
punto
di
vista
giuridico
in
quanto
la
questione
giuridica
(
vogliasi
o
no
)
può
compenetrarsi
con
le
medesime
,
e
non
posso
proporre
come
autorità
decisioni
dettate
dal
sentimento
.
L
'
autorità
alla
quale
faccio
appello
è
quella
dei
tre
legislatori
,
di
Spagna
,
di
Austria
,
e
di
Portogallo
,
i
quali
fecero
precetto
che
si
dovesse
sempre
diminuire
la
pena
quando
concorreva
alcuna
delle
attenuanti
da
loro
definite
e
circoscritte
:
e
non
fecero
limitazione
nessuna
per
l
'
atrocità
del
delitto
.
Quando
segnarono
la
buona
condotta
antecedente
dell
'
accusato
come
circostanza
possibilmente
attenuante
ogni
e
qualunque
sorta
di
malefizio
,
quando
riconobbero
uguale
virtù
nella
trascurata
educazione
e
nella
mancata
cultura
del
giudicabile
senza
riguardo
alla
natura
delle
delinquenze
,
essi
fecero
solenne
protesta
contro
la
pretesa
regola
dell
'
inammissibilità
delle
attenuanti
nei
delitti
atroci
.
Il
giurato
non
meno
che
il
giudice
il
quale
vuole
distinguere
dove
non
distingue
la
legge
,
la
fa
da
legislatore
;
lo
che
,
specialmente
ad
effetto
odioso
,
da
lui
non
si
può
.
Se
i
legislatori
italiani
non
hanno
proceduto
con
uguale
circoscrizione
hanno
proceduto
però
ancor
essi
ugualmente
senza
distinguere
;
e
il
difetto
della
distinzione
arbitraria
con
cui
si
vogliano
intrudere
nella
legge
dei
limiti
che
la
medesima
non
dettò
e
tanto
più
intollerabile
quanto
più
fu
larga
la
libertà
che
la
legge
consegnò
ai
giudicanti
.
L
'
autorità
che
io
qui
invoco
è
quella
della
Suprema
Corte
di
giustizia
in
Vienna
.
Consesso
rispettabilissimo
per
sapienza
,
e
le
cui
decisioni
si
tengono
come
autorevolissime
in
tutta
Lamagna
.
Potrei
noverare
moltissimi
esempi
di
delitti
atrocissimi
nei
quali
senza
esitazione
quella
Corte
Suprema
ammise
le
attenuanti
.
Ma
troppo
mi
dilungherei
.
Mi
limiterò
ad
indicarne
uno
perché
in
termini
di
speciale
gravità
,
e
che
venne
recentemente
riprodotto
nell
'
Eco
dei
tribunali
al
N
.
1632
.
Una
donna
questuante
vagava
con
due
suoi
figli
frutto
di
illegittimi
amori
,
l
'
uno
dei
quali
aveva
dodici
anni
l
'
altro
ne
aveva
quattro
.
Il
piccolo
bambino
piangeva
per
via
a
causa
del
fastidio
che
lo
vessava
.
La
donna
irritata
di
quel
piangere
lo
minacciò
di
piantargli
un
coltello
nella
gola
se
non
taceva
.
Ma
il
miserello
continuava
nei
gemiti
suoi
.
La
barbara
madre
giunta
in
vicinanza
di
un
fosso
ripieno
di
acqua
ordinò
al
figlio
maggiore
che
il
fratello
quadrienne
togliesse
seco
,
e
lo
annegasse
in
quel
fosso
.
Il
piglio
puntualmente
obbedì
agli
ordini
della
novella
Medea
,
e
ricongiuntosi
con
la
madre
continuarono
entrambo
tranquillamente
il
loro
viaggio
.
Volle
fortuna
che
gente
sopravvenuta
salvasse
quel
bambino
;
onde
non
trattossi
di
altra
accusa
che
quella
di
tentato
omicidio
.
I
tribunali
inferiori
condannarono
quella
donna
a
sei
anni
di
carcere
duro
.
Ricorse
essa
alla
Suprema
Corte
di
giustizia
di
Vienna
,
e
questa
con
giudicato
del
15
aprile
1857
dichiarò
che
concorrevano
le
due
circostanze
attenuanti
della
mancata
cultura
,
e
della
antecedente
condotta
irreprensibile
,
e
ridusse
il
carcere
duro
a
quattro
anni
.
Poiché
ognuno
sente
nel
cuore
che
un
delitto
più
atroce
e
barbaro
di
questo
non
può
forse
immaginarsi
,
questo
giudicato
valga
a
mostrare
ciò
che
documentare
potrei
con
altri
innumerevoli
esempi
,
vale
a
dire
che
pei
tribunali
composti
di
giureconsulti
l
'
atrocità
del
crimine
non
si
tiene
come
buona
ragione
per
negare
le
circostanze
attenuanti
;
e
che
la
nuova
proposizione
di
diritto
che
nei
delitti
atroci
non
siano
ammissibili
le
circostanze
attenuanti
altro
non
è
che
uno
sleale
artifizio
oratorio
col
quale
un
accusatore
anelante
severità
cerca
d
'
illudere
la
inesperienza
della
giuria
.
Finalmente
io
non
ho
bisogno
di
cercare
altrove
il
conforto
dell
'
autorità
alla
mia
tesi
.
Io
la
trovo
eloquentissima
nello
stesso
codice
Toscano
.
Il
legislatore
toscano
aborrì
(
e
sapiente
com
'
era
non
poteva
non
aborrirlo
)
il
sistema
delle
circostanze
attenuanti
.
Ei
non
ammise
per
nessun
delitto
che
le
considerazioni
estrinseche
ed
i
riguardi
alla
persona
del
giudicabile
potessero
eliminare
la
pena
ordinaria
da
lui
stabilita
contro
ciascun
reato
.
Ad
onta
di
tanta
avversione
il
legislatore
toscano
una
sola
volta
,
all
'
art
.
309
§
.
2
,
accettò
il
sistema
delle
attenuanti
e
per
un
solo
caso
.
E
qual
caso
era
questo
?
Precisamente
l
'
omicidio
premeditato
.
Ora
si
venga
a
spacciare
ai
giurati
come
regola
di
assoluta
giustizia
che
nei
delitti
atroci
non
sono
ammissibili
le
attenuanti
!
Pisa
1868
.
Saggistica ,
Nota
dell
'
autore
Nel
levare
per
l
'
ultima
volta
la
mano
da
questi
Discorsi
,
mi
fo
lecito
di
avvertire
,
che
,
sebbene
finiti
soltanto
oggi
,
furono
da
assai
tempo
incominciati
e
maturati
,
e
scritti
anche
e
pubblicati
in
parte
.
Qualche
germe
o
idea
ne
gittai
già
nel
discorso
Di
un
migliore
avviamento
delle
lettere
italiane
moderne
al
proprio
loro
fine
,
che
servì
d
'
introduzione
al
Poliziano
,
specie
di
periodico
letterario
fiorentino
nato
e
morto
nel
1859
.
Di
non
poche
osservazioni
e
giudizii
intorno
al
secolo
decimoquinto
,
che
sono
nel
discorso
quarto
,
mi
giovai
per
il
saggio
Delle
poesie
toscane
di
messer
Angelo
Poliziano
,
messo
innanzi
alla
edizione
delle
Stanze
,
Orfeo
e
Rime
di
quel
poeta
curata
da
me
e
pubblicata
da
G
.
Barbèra
,
Firenze
,
1863
.
Un
breve
compendio
di
tutti
cinque
lessi
all
'
Ateneo
italiano
in
un
'
adunanza
tenuta
per
le
feste
del
centenario
di
Dante
;
e
fu
pubblicato
quasi
per
intiero
dalla
Rivista
italiana
di
scienze
lettere
ed
arti
stampata
allora
in
Firenze
(
anno
VI
,
n
.
248
,
16
ottobre
1865
)
.
Molta
parte
del
discorso
secondo
uscì
nel
vol
.
XIII
,
fasc
.
IV
,
della
Nuova
Antologia
(
aprile
1870
)
con
questa
intitolazione
,
Dello
Svolgimento
letterario
in
Italia
nel
sec
.
XIII
;
e
quasi
tutto
il
terzo
uscì
,
intitolato
Firenze
e
il
triumvirato
letterario
del
sec
.
XIV
,
nel
vol
.
XIX
,
fasc
.
I
(
1
gennaio
1872
)
dello
stesso
periodico
.
Ora
io
non
dico
già
di
rifiutare
(
che
sarebbe
troppo
superbo
e
troppo
umil
vocabolo
)
coteste
pubblicazioni
oramai
vecchie
e
fatte
a
pezzi
e
brani
e
con
errori
non
imputabili
a
me
,
ma
prego
,
ove
fosse
il
caso
,
di
esser
letto
e
giudicato
nella
presente
,
sola
compiuta
.
(
30
maggio
1873
)
DISCORSO
PRIMO
Dei
tre
elementi
formatori
della
letteratura
italiana
:
l
'
elemento
ecclesiastico
,
il
cavalleresco
,
il
nazionale
.
I
.
V
'
imaginate
il
levar
del
sole
nel
primo
giorno
dell
'
anno
mille
?
Questo
fatto
di
tutte
le
mattine
ricordate
che
fu
quasi
miracolo
,
fu
promessa
di
vita
nuova
,
per
le
generazioni
uscenti
dal
secolo
decimo
?
Il
termine
delle
profezie
etrusche
segnato
all
'
esser
di
Roma
;
la
venuta
del
Signore
a
rapir
seco
i
morti
e
i
vivi
nell
'
aere
,
annunziata
già
imminente
da
Paolo
ai
primi
cristiani
;
i
pochi
secoli
di
vita
che
fin
dal
tempo
di
Lattanzio
credevasi
rimanere
al
mondo
;
il
presentimento
del
giudizio
finale
prossimo
attinto
da
Gregorio
Magno
nelle
disperate
ruine
degli
anni
suoi
;
tutti
insieme
questi
terrori
,
come
nubi
diverse
che
aggroppandosi
fan
temporale
,
confluirono
su
'
l
finire
del
millennio
cristiano
in
una
sola
e
immane
paura
.
-
-
Mille
,
e
non
più
mille
-
-
aveva
,
secondo
la
tradizione
,
detto
Gesù
:
dopo
mille
anni
,
leggevasi
nell
'
Apocalipsi
,
Satana
sarà
disciolto
.
Di
fatto
nelle
nefandezze
del
secolo
decimo
,
in
quello
sfracellarsi
della
monarchia
e
della
società
dei
conquistatori
nelle
infinite
unità
feudali
,
in
quell
'
abiettarsi
ineffabile
del
ponteficato
cristiano
,
in
quelle
scorrerie
procellose
di
barbari
nuovi
ed
orribili
,
non
era
egli
lecito
riconoscere
i
segni
descritti
dal
veggente
di
Patmo
?
E
già
voci
correvano
tra
la
gente
di
nascite
mostruose
,
di
grandi
battaglie
combattute
nel
cielo
da
guerrieri
ignoti
a
cavalcione
di
draghi
.
Per
ciò
tutto
niun
secolo
al
mondo
fu
torpido
,
sciagurato
,
codardo
,
siccome
il
decimo
.
Che
doveva
importare
della
patria
e
della
società
umana
ai
morituri
,
aspettanti
d
'
ora
in
ora
la
presenza
di
Cristo
giudicatore
?
E
poi
,
piuttosto
che
ricomperarsi
una
misera
vita
coll
'
argento
rifrugato
tra
le
ceneri
della
patria
messa
in
fiamme
dagli
Ungari
,
come
avean
fatto
i
duecento
sopravvissuti
di
Pavia
,
non
era
meglio
dormire
tutti
insieme
sepolti
sotto
la
ruina
delle
Alpi
e
degli
Appennini
?
Battezzarsi
e
prepararsi
alla
morte
,
era
tutta
la
vita
.
Alcuni
,
a
dir
vero
,
moveansi
:
cercavano
peregrini
la
valle
di
Josafat
,
per
ivi
aspettar
più
da
presso
il
primo
squillo
della
tromba
suprema
.
Fu
cotesto
l
'
ultimo
grado
della
fievolezza
e
dell
'
avvilimento
a
cui
le
idee
degli
ascetici
e
la
violenza
dei
barbari
avevano
condotta
l
'
Italia
romana
.
E
che
stupore
di
gioia
e
che
grido
salì
al
cielo
dalle
turbe
raccolte
in
gruppi
silenziosi
intorno
a
'
manieri
feudali
,
accosciate
e
singhiozzanti
nelle
chiese
tenebrose
e
ne
'
chiostri
,
sparse
con
pallidi
volti
e
sommessi
mormorii
per
le
piazze
e
alla
campagna
,
quando
il
sole
,
eterno
fonte
di
luce
e
di
vita
,
si
levò
trionfale
la
mattina
dell
'
anno
mille
!
Folgoravano
ancora
sotto
i
suoi
raggi
le
nevi
delle
Alpi
,
ancora
tremolavano
commosse
le
onde
del
Tirreno
e
dell
'
Adriatico
,
superbi
correvano
dalle
rocce
alpestri
per
le
pingui
pianure
i
fiumi
patrii
,
si
tingevan
di
rosa
al
raggio
mattutino
così
i
ruderi
neri
del
Campidoglio
e
del
Fòro
come
le
cupole
azzurre
delle
basiliche
di
Maria
.
Il
sole
!
Il
sole
!
V
'
è
dunque
ancora
una
patria
?
v
'
è
il
mondo
?
E
l
'
Italia
distendeva
le
membra
raggricciate
dal
gelo
della
notte
,
e
toglieasi
d
'
intorno
al
capo
il
velo
dell
'
ascetismo
per
guardare
all
'
oriente
.
II
.
Di
fatti
sin
nei
primi
anni
del
secolo
undecimo
sentesi
come
un
brulicare
di
vita
ancor
timida
e
occulta
,
che
poi
scoppierà
in
lampi
e
tuoni
di
pensieri
e
di
opere
:
di
qui
veramente
incomincia
la
storia
del
popolo
italiano
.
Gl
'
imperatori
sassoni
,
intendendo
a
frenare
l
'
anarchia
ribelle
dei
grandi
feudatari
,
ne
avevano
spezzato
i
possedimenti
,
e
,
confinando
essi
nelle
contee
della
campagna
,
avevan
trasmesso
ai
vescovi
la
signoria
delle
città
.
Vero
è
che
la
corruzione
già
grande
della
chiesa
spirituale
ne
divenne
maggiore
;
ma
ne
crebbe
anche
,
anzi
ne
rinacque
,
la
virtù
dell
'
elemento
romano
;
poiché
i
vescovi
,
o
per
essersi
il
clero
mescolato
ai
nazionali
conquistati
e
per
essere
in
parte
nazionale
esso
stesso
,
o
per
tener
fronte
ai
feudatari
della
campagna
,
si
aiutarono
del
popolo
e
soffiarono
nelle
ceneri
ancor
calde
del
municipio
.
Cresciuta
intanto
la
corruzione
ecclesiastica
,
i
primi
imperatori
salici
vollero
aver
la
funesta
gloria
di
purificare
e
riformare
la
chiesa
.
Ora
la
chiesa
purificata
,
vale
a
dire
,
risanata
e
rinsanguata
,
con
quel
suo
romano
organamento
rafforzatosi
nei
secoli
,
era
naturale
che
non
volesse
sopra
di
sé
padroni
.
Non
era
ella
successa
nelle
tradizioni
unitarie
all
'
antico
impero
,
avendo
suoi
prefetti
i
vescovi
per
tutto
l
'
occidente
?
non
era
ella
che
avea
creato
l
'
impero
nuovo
?
Quindi
la
ruina
della
casa
salica
e
del
dominio
tedesco
.
Gregorio
VII
,
toscano
e
di
popolo
,
apparisce
nella
istoria
come
un
muro
ciclopico
delle
città
etrusche
presso
cui
era
nato
:
nell
'
urto
contro
di
lui
,
le
labarde
tedesche
volano
in
ischegge
;
e
come
ai
promontorii
della
sua
nativa
maremma
l
'
onda
del
Mediterraneo
,
schiuma
impotente
a
'
suoi
piedi
la
rabbia
dell
'
imperator
salico
.
Noi
né
compiangeremo
quell
'
imperatore
né
oltraggeremo
quel
papa
:
lasciamo
certi
sfoghi
all
'
arcadia
ghibellina
di
coloro
che
odian
Pietro
per
amore
di
Cesare
,
e
ammiriamo
il
popolo
;
il
popolo
italiano
che
,
in
mezzo
a
quel
fracasso
di
tutta
Europa
,
fattosi
avanti
senza
rumore
,
nelle
città
riprende
ai
vescovi
diritti
e
regalie
,
nelle
campagne
batte
i
feudatari
,
e
un
bel
giorno
piantatosi
in
mezzo
tra
i
due
contendenti
li
squadra
in
aria
di
dire
:
Ci
sono
anch
'
io
.
I
due
contendenti
allora
si
porsero
in
fretta
la
mano
,
perocché
intesero
troppo
bene
che
cosa
quel
terzo
venuto
volesse
.
E
indi
a
pochi
anni
Arnaldo
da
Brescia
lo
gridò
alto
-
-
Né
papa
né
imperatore
.
Risaliamo
il
Campidoglio
,
e
ristoriam
la
repubblica
-
-
.
L
'
Italia
s
'
era
rilevata
appoggiandosi
d
'
una
mano
alla
croce
di
Cristo
,
ma
ben
presto
aveva
disteso
l
'
altra
a
ricercare
tra
le
rovine
di
Roma
i
fasci
consolari
.
Il
moto
politico
necessariamente
commosse
gl
'
ingegni
e
le
facoltà
artistiche
,
indirizzando
queste
nel
campo
della
vita
effettiva
,
quelli
alla
coltura
specialmente
civile
.
E
già
sull
'
aprire
del
secolo
decimoprimo
il
tedesco
Vippone
proponeva
ad
Arrigo
II
l
'
esempio
degl
'
italiani
,
che
tutti
facevano
ai
figliuoli
sin
dai
primi
anni
imparare
,
non
che
lettere
,
la
propria
legge
;
e
,
su
'
l
fine
del
decimosecondo
,
Corrado
abate
urspergense
gli
ammirava
«
agguerriti
,
discreti
,
sobrii
,
parchi
nelle
spese
non
necessarie
,
e
soli
tra
tutt
'
i
popoli
che
reggansi
a
leggi
scritte
»
:
stoffa
repubblicana
in
somma
d
'
uomini
pratici
,
dalla
quale
non
v
'
è
speranza
di
tagliare
trovatori
e
menestrelli
e
perdigiorni
poetici
.
E
le
città
,
ferventi
di
popolo
nuovo
,
s
'
arricchivano
d
'
officine
e
si
munivano
di
costruzioni
da
guerra
contro
gl
'
imperatori
ed
i
nobili
del
contado
;
poi
,
vinti
questi
e
costrettili
a
farsi
cittadini
,
elle
spingevano
al
cielo
altrettante
torri
quante
eran
le
case
,
arnesi
di
battaglia
sociale
,
necessaria
e
feconda
,
tra
due
ordini
della
nazione
;
poi
,
impetrando
da
Dio
la
confermazione
della
libertà
che
si
andava
conquistando
,
gl
'
inalzavano
tempii
eguali
nella
grandezza
all
'
animo
d
'
un
popolo
che
solo
nel
cielo
poteva
accettare
un
re
.
Su
'
l
finire
del
secolo
decimosecondo
fu
anche
in
Italia
un
gran
fabbricare
di
basiliche
e
domi
:
era
un
festeggiare
il
risorgimento
,
un
attestar
la
fidanza
;
«
era
,
scrive
con
grottesca
evidenza
un
cronista
alemanno
,
come
se
il
mondo
,
scossa
da
sé
la
vecchiezza
,
si
rivestisse
per
tutto
d
'
una
candida
veste
di
chiese
»
.
Né
gli
scrittori
mancarono
;
latini
,
s
'
intende
:
incomincia
allora
ne
'
due
primi
campi
d
'
azione
della
penisola
,
il
settentrione
e
il
mezzogiorno
,
la
storia
secolare
,
comunale
o
monarchica
;
e
compariscono
alfine
gli
storici
cittadini
.
E
rilevanti
sono
le
attinenze
tra
gli
scrittori
latini
di
questi
due
secoli
e
gli
scrittori
volgari
dei
susseguenti
,
e
notevolissima
ed
evidente
l
'
aria
di
famiglia
.
I
cronisti
democratici
milanesi
arieggiano
assai
i
guelfi
Villani
,
come
il
monarchista
siciliano
Falcando
può
in
qualche
parte
esser
paragonato
al
cittadino
di
parte
bianca
Compagni
.
Certamente
Gherardo
da
Cremona
,
che
per
amore
della
scienza
si
esiglia
e
muore
tra
gli
arabi
di
Spagna
,
è
anticipata
imagine
degli
eruditi
del
secolo
decimoquinto
.
E
gli
Accursi
e
Cino
da
Pistola
e
Bartolo
non
fanno
che
seguitare
a
svolgere
l
'
opera
d
'
Irnerio
;
e
Tommaso
d
'
Aquino
riassume
e
compie
Anselmo
d
'
Aosta
e
Pietro
Lombardo
,
i
due
institutori
della
scolastica
nel
secolo
decimoprimo
e
decimosecondo
,
della
scolastica
che
empie
della
sua
prevalenza
o
della
resistenza
tutti
i
tre
secoli
della
letteratura
originale
.
In
somma
,
uno
è
il
fondo
;
la
diversità
è
della
lingua
.
Ma
con
tutto
questo
non
prima
del
trecento
poté
l
'
Italia
comparir
degnamente
nel
campo
dell
'
arte
.
Chi
ripensi
la
storia
politica
nostra
dei
secoli
duodecimo
e
decimoterzo
e
riguardi
poi
alla
letteratura
di
essi
secoli
,
quegli
anche
crederà
di
leggero
che
a
tanta
mole
di
fatti
non
si
agguagliasse
di
certo
la
gloria
degli
scritti
.
E
già
la
lingua
nuova
più
tardi
che
altrove
fu
qui
levata
all
'
uso
letterario
:
poi
la
nostra
prosa
e
poesia
per
tutto
quasi
il
duecento
fu
in
gran
parte
eco
di
letterature
straniere
.
Come
?
La
Spagna
ha
già
tessuto
la
leggenda
del
Cid
campeggiatore
,
la
Francia
settentrionale
ripete
da
molti
anni
le
sue
canzoni
di
gesta
e
svolge
quasi
a
trastullo
i
lunghi
cicli
delle
sue
cento
epopee
,
esulta
in
mille
forme
la
lirica
su
la
mandola
del
trovatore
di
Provenza
e
sul
liuto
del
minnesinghero
nei
castelli
della
verde
Soavia
e
della
Turingia
,
la
Germania
ha
già
fermato
in
un
'
ultima
composizione
il
suo
poema
nazionale
;
e
l
'
Italia
non
fa
che
ricantare
o
rinarrare
balbettando
quel
che
fu
già
cantato
in
lingua
d
'
oc
e
in
lingua
d
'
oil
?
Si
,
ma
intanto
ella
ha
constituito
a
repubblica
i
suoi
comuni
;
ella
ha
fiaccato
l
'
impero
e
fa
già
paura
al
papato
.
Non
vale
tutto
ciò
una
epopea
a
stanze
monoritme
?
Ella
ha
ristaurato
il
diritto
romano
,
ed
instaura
i
codici
di
commercio
nell
'
Europa
feudale
;
ella
pe
'
l
commercio
dominatrice
d
'
Europa
cuopre
di
legni
il
Mediterraneo
,
dispensiera
delle
ricchezze
d
'
oriente
spinge
le
sue
peregrinazioni
fino
alla
Cina
ed
al
Malabar
:
ciò
le
scusa
il
difetto
di
canzoni
originali
.
L
'
italiano
non
è
popolo
nuovo
:
altrove
dalla
mistura
dei
galloromani
e
degl
'
iberi
coi
burgundi
coi
vandali
coi
franchi
coi
goti
escono
i
provenzali
i
francesi
i
catalani
i
castigliani
:
qui
permane
l
'
Italia
,
qui
l
'
Italia
delle
confederazioni
umbre
latine
sannitiche
liguri
etrusche
,
l
'
Italia
della
guerra
sociale
,
risorge
dalle
ruine
di
Roma
.
L
'
Italia
ha
dunque
un
principio
di
civiltà
proprio
ed
antico
;
e
,
quando
sarà
tempo
che
questo
sormonti
agli
altri
principii
i
quali
dettero
una
prima
e
nuova
civiltà
al
resto
d
'
Europa
,
allora
anche
l
'
Italia
avrà
una
letteratura
.
Come
due
astri
,
riprendendo
la
solenne
metafora
,
guidavano
la
società
umana
per
la
età
di
mezzo
,
il
papa
cioè
e
l
'
imperatore
;
così
due
erano
i
principii
più
generali
di
quella
civiltà
letteraria
comune
a
tutta
l
'
Europa
,
l
'
ecclesiastico
e
il
cavalleresco
.
L
'
Italia
ebbe
di
proprio
i
comuni
e
l
'
elemento
romano
e
popolare
.
III
.
Discorrere
del
principio
ecclesiastico
,
e
pur
della
parte
che
egli
ebbe
nel
soggetto
dell
'
arte
e
della
letteratura
,
è
cosa
difficile
e
non
senza
odio
;
né
io
vorrei
disconoscere
quel
bene
che
la
morale
evangelica
penetrata
nelle
instituzioni
e
nei
costumi
possa
avere
operato
.
Se
non
che
,
la
morale
evangelica
quando
mai
regnò
ella
,
sola
e
pura
,
su
la
società
del
medio
evo
?
e
l
'
età
dell
'
oro
del
cristianesimo
non
la
vediamo
noi
,
a
mano
a
mano
che
risalgasi
la
storia
,
allontanarsi
più
sempre
e
dileguarsi
nel
buio
delle
catacombe
?
e
la
comunione
di
Gesù
dove
fu
ella
,
dopo
la
morte
degli
apostoli
?
La
idea
religiosa
dunque
,
la
chiamerò
così
però
che
nei
tempi
di
mezzo
religione
e
cristianesimo
fu
tutt
'
uno
,
la
idea
religiosa
,
chi
la
riguardi
nel
movimento
letterario
,
si
porge
molto
complessa
;
ma
più
specialmente
si
manifesta
per
due
guise
d
'
azione
e
con
due
forme
:
ascetica
ed
ecclesiastica
.
Nella
sua
parte
ascetica
,
il
cristianesimo
rimane
orientale
,
e
ritiene
la
immobilità
,
e
impone
l
'
annegamento
del
finito
nell
'
infinito
e
dell
'
uomo
in
Dio
:
nella
parte
ecclesiastica
,
si
fa
romano
,
ed
appropriandosi
quale
retaggio
le
tendenze
universali
e
le
tradizioni
eclettiche
dell
'
impero
trasforma
a
sua
foggia
il
paganesimo
sensuale
delle
genti
latine
e
il
paganesimo
naturale
delle
germaniche
per
servirsi
dell
'
uno
contro
l
'
altro
e
vicendevolmente
modificarli
.
Tra
spirito
e
materia
,
tra
anima
e
corpo
,
tra
cielo
e
terra
non
v
'
è
mezzo
:
lo
spirito
l
'
anima
il
cielo
è
Gesù
;
la
materia
il
corpo
la
terra
,
Satana
.
La
natura
il
mondo
la
società
è
Satana
;
il
vuoto
il
deserto
la
solitudine
,
Gesù
.
Felicità
,
dignità
,
libertà
,
è
Satana
;
servitù
,
mortificazione
,
dolore
,
Gesù
.
E
questo
Gesù
è
soave
tanto
da
scendere
co
'
l
perdono
e
con
l
'
amore
fin
tra
i
dannati
;
ma
a
patto
che
prima
sia
l
'
inferno
nell
'
universo
.
Questa
l
'
idea
della
perfezione
cristiana
,
la
cui
più
alta
astrazione
non
manifestasi
già
nei
martiri
e
nei
controversisti
,
nei
quali
il
fervor
della
lotta
manteneva
ancora
l
'
agitazione
del
sangue
;
ma
il
suo
fior
più
puro
,
le
cui
acute
fragranze
inebrian
di
morte
,
è
l
'
asceticismo
monastico
.
La
stoltezza
della
croce
,
l
'
obbrobrio
del
mondo
,
la
sete
del
dissolvimento
,
la
rinnegazione
della
vita
,
questo
è
la
legge
e
la
filosofia
:
i
Santi
Padri
del
deserto
sono
la
storia
eroica
plutarchiana
.
Nei
funerali
pagani
le
fiamme
de
'
roghi
accompagnavano
splendidamente
l
'
ultimo
addio
dell
'
anima
al
corpo
,
e
le
belle
urne
cinerarie
o
negli
atrii
delle
case
e
nelle
vie
popolose
rammemoravano
le
virtù
civili
degli
estinti
o
commovevano
pietosamente
gli
affetti
dei
vivi
:
i
miasmi
della
putrefazione
nel
santuario
cristiano
ammoniscono
di
continuo
l
'
uomo
della
viltà
sua
,
e
gl
'
ispirano
a
un
tempo
il
disgusto
dell
'
essere
e
l
'
orrore
del
nonessere
.
Tutto
rappresenta
la
morte
;
e
il
dio
crocefisso
e
gli
ossami
e
gli
scheletri
esposti
alla
venerazione
su
gli
altari
han
preso
il
luogo
di
Apollo
e
Diana
,
che
lanciavansi
,
giovenili
forme
divine
,
dal
marmo
pario
negli
spazi
della
vita
.
E
pure
,
no
'
l
negherò
già
io
,
quelle
idee
e
quelle
rappresentazioni
furono
storicamente
necessarie
ad
abbattere
pur
una
volta
la
sozza
materialità
dell
'
impero
e
ad
atterrire
i
Trimalcioni
dell
'
aristocrazia
romana
,
tiranni
godenti
del
mondo
;
furono
necessarie
a
contenere
la
materialità
selvaggia
de
'
barbari
,
a
infrenare
la
forza
cieca
e
orgogliosa
dei
discendenti
di
Attila
di
Genserico
di
Clodoveo
:
con
tanta
carne
e
tanto
sangue
un
po
'
d
'
astinenza
ci
voleva
.
E
Gesù
consolò
molte
anime
d
'
oppressi
,
asciugò
molte
lacrime
di
schiavi
:
nella
servitù
generale
la
chiesa
del
figliuol
del
legnaiuolo
era
pur
sempre
il
ricovero
della
libertà
e
dell
'
eguaglianza
.
Ma
con
idee
e
con
rappresentazioni
sì
fatte
non
vi
può
essere
arte
umana
;
anzi
non
vi
può
essere
arte
del
tutto
:
non
è
ella
in
vero
anche
l
'
arte
vanità
terrena
,
distrazione
dell
'
anima
,
peccato
?
L
'
anima
cristiana
può
bene
dinanzi
a
'
suoi
fantasmi
prorompere
in
un
grido
di
terrore
,
di
pietà
,
di
adorazione
;
può
co
'
suoi
fantasmi
profondarsi
in
sé
stessa
e
sublimarsi
negli
spazi
dell
'
infinito
;
può
col
pensiero
sfrenato
dalla
solitudine
nel
vuoto
rigirarsi
sopra
sé
quasi
con
tanti
molinelli
fino
alla
vertigine
:
ecco
il
cantico
,
la
visione
,
la
meditazione
;
ecco
la
Dies
irae
di
Tommaso
da
Celano
,
lo
Stabat
mater
di
Jacopo
da
Todi
,
il
Pange
lingua
di
Tommaso
d
'
Aquino
,
le
tre
più
grandi
odi
cristiane
;
ecco
la
Imitazione
di
Cristo
,
il
più
sublime
libro
religioso
del
medio
evo
e
un
de
'
più
dannosi
libri
del
mondo
;
ecco
le
mille
visioni
stupende
e
stupide
.
Ma
tutto
questo
è
arte
?
No
.
Tanto
è
vero
,
che
,
se
i
critici
e
i
retori
del
rinascimento
han
disdegnato
coteste
scritture
come
monumenti
letterari
,
i
dogmatici
e
i
fedeli
si
scandalizzano
quando
i
critici
e
gli
estetici
odierni
le
discutono
e
le
trattano
come
monumenti
letterari
.
Tra
l
'
aspirazione
cristiana
e
l
'
arte
v
'
è
odio
.
Tuttavia
quelle
idee
e
quelle
rappresentazioni
,
né
pur
questo
io
negherò
,
non
furono
senza
utili
effetti
su
l
'
arte
moderna
.
Sembra
,
per
esempio
,
che
quel
senso
profondo
della
così
detta
letteratura
interiore
,
da
Dante
e
dal
Petrarca
al
Rousseau
e
allo
Chateaubriand
e
a
'
più
recenti
,
siasi
per
grandissima
parte
educato
nel
raccoglimento
cui
il
cristianesimo
avvezzò
le
anime
,
nell
'
analisi
della
lotta
de
'
due
Adami
entro
l
'
uomo
,
tanto
paventata
ed
esecrata
,
ma
pur
riconosciuta
e
studiata
dagli
osservatori
cristiani
.
Non
che
il
sentimento
del
mondo
interno
mancasse
agli
antichi
;
ma
per
essi
avea
sempre
del
naturale
,
del
materiato
,
carne
e
colore
.
La
poesia
intima
cristiana
invece
sente
l
'
estenuamento
e
ha
dell
'
infermo
:
ricorda
il
febbricitante
che
si
tócca
il
polso
e
guardasi
l
'
unghie
,
e
l
'
etico
che
si
mira
allo
specchio
e
si
palpa
le
braccia
smunte
e
si
tenta
il
petto
.
Sarà
la
malattia
della
conchiglia
che
produce
la
perla
,
ma
è
malattia
.
Questo
,
l
'
ascetismo
puro
:
veniamo
ora
al
principio
ecclesiastico
misto
.
Perocché
durar
sempre
così
non
potevasi
:
e
la
chiesa
fattasi
,
dopo
la
distruzione
dell
'
antico
impero
,
romana
ella
,
pur
serbando
fede
teoricamente
al
suo
ideale
,
riconobbe
quel
non
so
che
di
pagano
,
che
,
a
confessione
di
Agostino
,
è
pur
sempre
insito
nell
'
uomo
;
e
seppe
giovarsene
.
Così
,
passati
i
primi
furori
,
santificò
il
colosseo
piantandovi
la
croce
;
raccolse
nel
panteon
le
ossa
dei
martiri
;
dedicò
a
Maria
i
tempii
di
Vesta
;
dei
numi
agresti
e
dei
semòni
delle
campagne
italiche
,
che
si
ostinavano
a
rimanere
in
vita
,
fe
'
santi
;
di
quelli
delle
selve
germaniche
,
demoni
e
mostri
;
e
così
contentando
l
'
un
popolo
e
l
'
altro
preparò
materia
al
lavoro
fantastico
.
Ancora
:
anatemizzò
i
mimi
su
le
piazze
,
ma
gli
ribenedisse
nei
vestiboli
delle
chiese
e
gli
accolse
a
mezzo
la
celebrazione
della
messa
;
proscrisse
i
poeti
gentili
,
ma
vestì
delle
loro
spoglie
i
suoi
santi
.
Quasi
allo
stesso
modo
si
comportò
con
la
scienza
.
Distruggere
tutta
la
civiltà
passata
non
era
né
possibile
né
utile
:
onde
cominciò
dal
cercare
un
accordo
tra
la
filosofia
pagana
e
i
suoi
dogmi
,
traviando
in
principio
nelle
scuole
alessandrine
:
sopravvenute
poi
l
'
età
grosse
della
barbarie
,
come
avea
imposto
il
nome
di
Maria
al
tempio
e
al
culto
di
Vesta
,
così
indossò
alla
scienza
la
tonaca
della
teologia
:
indi
all
'
ombra
dei
chiostri
,
con
lento
processo
,
nel
quale
alla
larghezza
dei
primi
filosofi
preferì
l
'
angusto
metodo
dei
compilatori
del
decadimento
e
dei
commentatori
,
ella
pervenne
a
cristallizzare
il
sistema
aristotelico
nella
scolastica
.
Quanto
alle
forme
,
avversata
in
principio
la
chiesa
dall
'
aristocrazia
politica
e
letteraria
di
Roma
e
ogni
forza
riconoscendo
dalla
plebe
,
il
suo
processo
,
anche
in
letteratura
,
cominciò
popolare
.
Dello
scadere
la
lingua
e
letteratura
romana
non
fu
la
chiesa
cagione
primissima
,
ma
certo
vi
conferì
potentemente
aiutando
co
'
suoi
scrittori
lo
scompaginarsi
della
sintesi
grammaticale
e
della
metrica
,
nobilitando
nelle
predicazioni
e
ne
'
libri
il
sermone
rustico
e
la
locuzione
volgare
e
il
ritmo
negl
'
inni
.
Per
tanto
ella
fu
da
prima
instrumento
efficacissimo
alla
formazione
delle
lingue
e
letterature
nuove
,
alle
quali
partecipò
dell
'
ispirazione
e
dell
'
afflato
orientale
:
ma
,
come
ogni
forza
,
giunta
che
sia
a
condizione
di
potenza
,
diviene
di
natura
sua
conservatrice
,
così
la
chiesa
,
dinanzi
ai
barbari
e
anche
dinanzi
al
prorompere
d
'
un
'
altra
forza
,
la
popolare
,
nella
manifestazione
delle
lingue
nuove
,
si
atteggiò
a
conservatrice
,
e
gelosa
,
della
lingua
latina
:
con
che
,
tenendo
ella
dello
stile
viziato
dei
tempi
del
decadimento
romano
,
fu
cagione
principalissima
di
quel
fare
concettoso
,
artifizioso
,
scolastico
,
di
quella
servilità
precoce
,
che
regna
nell
'
opera
letteraria
del
medio
evo
.
Del
resto
,
conservando
la
lingua
latina
e
spingendola
anche
oltre
il
termine
delle
antiche
colonie
romane
,
facendone
per
questa
guisa
il
veicolo
onde
tutte
le
tradizioni
e
le
cognizioni
dell
'
Europa
s
'
incontrarono
e
mescolarono
tra
loro
,
la
chiesa
compieva
un
alto
officio
:
succedendo
nell
'
opera
dell
'
unificazione
civile
all
'
antico
impero
,
ella
manteneva
a
suo
modo
la
romanità
dell
'
occidente
;
romanità
,
glorioso
vocabolo
,
trovato
da
uno
de
'
suoi
,
da
Tertulliano
.
Ma
ciò
tutto
in
fondo
è
poco
artistico
,
bisogna
pur
confessarlo
.
O
sia
che
il
tipo
letterario
ecclesiastico
è
troppo
complesso
e
resulta
d
'
elementi
troppo
eterogenei
,
o
sia
che
esso
il
cristianesimo
puro
è
troppo
fuor
della
natura
,
cotesta
religione
non
ha
inspirato
che
la
lirica
e
la
meditazione
:
un
'
epopea
evangelica
,
un
dramma
cristiano
,
per
intiero
,
non
è
mai
riuscito
.
Ma
parzialmente
il
principio
religioso
penetrò
tutte
quasi
le
forme
artistiche
:
ma
nel
medio
evo
la
chiesa
cristiana
,
conservatrice
unica
d
'
una
gran
lingua
,
d
'
una
letteratura
e
d
'
una
scienza
,
si
mescolò
a
tutto
;
a
tutto
attaccò
quella
febbre
,
quel
mal
essere
,
quella
nervosa
tensione
di
idee
ascetiche
e
incivili
ed
egoistiche
,
che
han
fatto
del
mondo
,
del
sano
e
luminoso
mondo
dei
Greci
,
un
ospitale
,
dalla
cui
mefite
non
riesce
né
pure
oggi
a
noi
di
trarci
fuora
,
o
ce
ne
leviamo
indolenziti
.
O
come
avrebber
potuto
trarsene
gli
uomini
del
medio
evo
?
Perocché
dove
non
è
la
chiesa
nel
medio
evo
?
Ella
restituisce
l
'
impero
,
o
lo
combatte
;
ella
benedice
la
cavalleria
,
o
la
scomunica
;
ella
favoreggia
i
comuni
,
o
gl
'
invade
;
ella
canonizza
i
dotti
,
o
gli
brucia
.
Tanto
meno
poteva
a
questo
predominio
sottrarsi
la
letteratura
in
Italia
;
ove
la
chiesa
aveva
accettato
e
nobilitato
la
sensualità
pagana
;
ove
,
mescolando
i
suoi
spiriti
invasori
e
ambiziosi
negli
odii
nazionali
contro
lo
straniero
ed
i
nobili
,
erasi
insinuata
in
tutte
quasi
le
nuove
instituzioni
;
ove
asseriva
a
sé
il
vanto
della
conservata
civiltà
antica
.
IV
.
Di
faccia
alla
chiesa
sorge
la
barbarie
,
o
,
diciam
meglio
,
la
società
di
conquista
,
rappresentata
nella
civiltà
e
nella
letteratura
cavalleresca
.
Ma
dell
'
elemento
cavalleresco
,
per
quanto
diversamente
si
modificasse
nelle
sue
molteplici
congiunzioni
al
genio
paesano
,
non
dubitiamo
asserire
che
fu
straniero
fra
noi
e
importato
.
È
esso
l
'
espressione
artistica
di
quella
generazione
che
le
conquiste
longobarde
franche
sassoni
alemanne
lasciarono
su
'
l
nostro
suolo
,
di
quella
generazione
che
,
per
le
origini
sue
germaniche
tenendo
all
'
individualismo
,
si
ordinò
nella
feudalità
,
fiorì
vigorosa
da
Carlomagno
al
Barbarossa
,
e
prima
ribellante
si
legò
poi
per
la
maggior
parte
agl
'
imperatori
nelle
guerre
d
'
investitura
e
contro
i
comuni
,
sin
che
vinta
da
questi
si
assembrò
entro
un
cerchio
di
mura
coi
vincitori
,
durando
tuttavia
la
primitiva
e
necessaria
discordia
nelle
parti
e
nei
nomi
di
ghibellini
o
di
grandi
,
di
guelfi
o
di
popolo
.
Ella
ebbe
le
ispirazioni
e
le
forme
dell
'
arte
fuori
d
'
Italia
:
di
qual
maniera
,
vediamo
.
Fermatisi
gl
'
invasori
con
obblighi
da
prima
reciproci
su
le
terre
conquistate
,
da
poi
col
mutar
delle
signorie
e
col
mancar
d
'
una
supremazia
legislativa
certa
raggiunsero
quella
indipendenza
individuale
,
che
è
un
istinto
speciale
delle
razze
germaniche
.
Ne
vennero
quelle
forze
personali
dominanti
la
scomposta
società
del
medio
evo
,
rappresentate
nei
tipi
dell
'
epopea
romanzesca
;
la
quale
,
vero
mito
della
società
feudale
,
ha
tanti
protagonisti
quanti
attori
,
tanti
episodi
quanti
i
fatti
dei
singoli
eroi
.
Allora
accadde
che
la
società
barbarica
si
scompose
in
mille
piccole
unità
;
e
un
sol
diritto
parea
presso
ad
emergere
dall
'
anarchia
europea
,
quel
della
forza
.
La
chiesa
accorse
al
riparo
tentando
di
collegare
e
disciplinare
sotto
un
vincolo
religioso
tanta
baldanza
di
personalità
vigorose
.
A
tutelare
la
società
dalla
forza
brutale
con
la
forza
disciplinata
ne
risultò
la
cavalleria
:
della
quale
non
può
negarsi
essere
stati
ecclesiastici
i
cominciamenti
,
chi
pensi
alle
forme
religiose
che
ne
consacravano
i
diversi
gradi
e
al
mito
del
sangraal
,
che
altro
non
è
se
non
simbolo
dell
'
eucaristia
.
Cotesti
uomini
,
o
raccolti
nella
vita
dei
castelli
solitari
o
agitati
nei
contrasti
di
quella
cupa
lor
società
,
nutriron
forti
gli
affetti
,
il
culto
delle
tradizioni
della
famiglia
e
dell
'
ordine
loro
,
il
sentimento
dell
'
onore
,
l
'
amore
dagl
'
instituti
germanici
e
dalle
dottrine
cristiane
fatto
più
severo
e
ideale
.
Ma
i
sentimenti
,
per
forti
che
siano
,
hanno
,
a
tradursi
nell
'
arte
,
bisogno
d
'
un
attrito
col
mondo
esteriore
;
e
i
baroni
,
sol
quando
riuniti
su
'
l
campo
delle
crociate
,
trovarono
al
principio
cavalleresco
la
forma
estetica
.
Allora
le
tradizioni
delle
varie
genti
si
fermarono
in
un
'
epopea
nuova
;
e
la
chiesa
,
che
prima
le
aveva
riprovate
e
tentato
distruggerle
nella
forma
dei
canti
nazionali
,
le
consacrò
col
suggello
della
religione
;
e
religione
,
amore
,
onore
,
individuità
,
avventure
informarono
quelle
mille
epopee
che
non
hanno
né
oggetto
né
termine
.
Il
sentimento
delle
nuove
razze
del
medio
evo
,
così
intenso
per
lo
innanzi
nella
solitudine
,
evaporò
a
poco
a
poco
in
una
folla
di
parvenze
bizzarre
,
che
si
accavallavano
le
une
alle
altre
tumultuando
e
sfumavano
a
un
tratto
.
Termini
di
tempi
,
di
luoghi
,
di
genti
scomparvero
;
e
una
metafora
originava
gli
eroi
e
le
geste
.
Ora
tutto
ciò
non
potea
convenire
con
gli
spiriti
romanamente
pratici
e
sociali
del
popolo
italiano
:
di
più
l
'
ordine
feudale
da
cui
moveva
e
a
cui
ritornava
la
poesia
cavalleresca
,
rimanendo
tra
noi
senza
un
centro
monarchico
nazionale
,
fu
ben
presto
sopraffatto
dall
'
elemento
indigeno
e
cittadino
con
cui
per
gran
parte
si
fuse
:
il
perché
non
ebbe
mai
l
'
Italia
né
cavalleria
vera
né
vera
poesia
cavalleresca
,
della
quale
attinse
le
materie
e
le
forme
al
di
fuori
,
per
trasmutarle
e
rimaneggiarle
.
V
.
Il
principio
ecclesiastico
dunque
era
comune
a
tutta
la
cristianità
,
comune
a
tutta
la
feudalità
europea
il
principio
cavalleresco
;
né
abbiamo
ancora
trovato
un
che
di
speciale
all
'
Italia
.
In
fatti
,
fino
a
un
certo
punto
dei
nostri
annali
,
del
solo
elemento
straniero
e
della
razza
dominatrice
è
l
'
istoria
;
e
che
osi
affrontarla
con
ardimento
che
talvolta
veste
sembianze
di
opposizione
nazionale
e
democratica
non
v
'
è
che
il
chiericato
.
Ma
intanto
,
all
'
ombra
della
chiesa
,
un
terzo
elemento
dalle
gilde
commerciali
e
dalle
maestranze
delle
arti
avanzava
a
poco
a
poco
alla
massa
alla
credenza
al
comune
,
e
nelle
contese
tra
pontefici
e
imperatori
sorse
,
terzo
e
più
vero
potere
,
fin
allora
sconosciuto
ed
oppresso
;
ma
con
lui
e
per
lui
stava
il
diritto
e
la
forza
e
l
'
avvenire
;
e
chiamavasi
,
con
nome
nella
storia
d
'
Italia
eternamente
memorando
,
il
popolo
.
Quel
popolo
,
che
altrove
rimaso
terzo
stato
aiutò
i
monarchi
a
snervare
ed
abbattere
il
clero
e
la
nobiltà
,
qui
all
'
ardita
opera
procede
primo
e
solo
.
E
,
come
egli
era
in
effetto
il
risvegliato
elemento
romano
,
così
l
'
opera
sua
di
civiltà
è
essenzialmente
pratica
,
e
il
movimento
ideale
è
di
restaurazione
e
continuazione
delle
tradizioni
antiche
.
Né
queste
son
fantasie
indettate
da
un
postumo
classicismo
.
Interrogate
le
vecchie
cronache
delle
nostre
città
;
e
udite
come
tutte
amino
fidare
le
loro
origini
alla
protezione
del
gran
nome
di
Roma
,
quali
germogli
novelli
sotto
la
materna
ombra
dell
'
albero
antico
.
Udite
,
nella
canzone
delle
scólte
modenesi
che
guardano
la
città
dagli
Unni
,
la
ricordanza
del
vegliare
di
Ettore
sopra
Troia
:
udite
il
favoleggiare
delle
donne
fiorentine
su
Fiesole
e
Roma
,
e
i
nomi
di
Catilina
e
di
Cesare
innestati
alle
origini
della
città
guelfa
:
udite
il
rapsodo
latino
della
vittoria
pisana
su
i
saracini
affermare
ch
'
ei
rinnova
la
memoria
degli
antichi
romani
e
della
guerra
cartaginese
.
Vedete
Firenze
serbare
con
gelosa
cura
il
tronco
del
suo
Marte
,
opporsi
Milano
che
non
si
abbatta
il
suo
Ercole
,
Padova
mostrar
la
tomba
di
Antenore
,
Mantova
stampar
nel
conio
delle
monete
l
'
imagine
di
Virgilio
e
cantarne
il
nome
nei
sacri
ufficii
,
i
pescatori
di
Messina
rinnovare
a
ogni
anno
la
processione
di
Saturno
e
di
Rea
.
Volevasi
dimenticare
la
barbarie
impiantatasi
su
le
rovine
italiche
:
in
certi
giorni
,
a
certe
rimembranze
,
torcevasi
quasi
la
faccia
dalla
croce
di
Cristo
per
salutare
ancora
una
volta
gl
'
iddii
dell
'
Italia
vittoriosa
:
il
paganesimo
perdurava
.
Della
qual
devozione
alle
tradizioni
antiche
,
come
,
per
ciò
che
spetta
a
reggimento
,
fu
insigne
testimone
nel
secolo
duodecimo
Arnaldo
,
così
fu
nelle
lettere
il
grammatico
Vilgardo
,
che
teneva
scuola
a
Ravenna
,
nel
secolo
undecimo
.
Il
quale
di
tanto
amore
s
'
era
preso
pei
solenni
scrittori
dell
'
antichità
,
che
insegnava
doversi
a
tutti
i
loro
dettati
ed
in
tutto
prestare
credenza
,
ed
altre
cose
molte
contrarie
alla
fede
;
e
credea
vedere
nella
notte
le
ombre
gloriose
di
Virgilio
di
Orazio
e
di
Giovenale
,
che
,
ringraziatolo
del
culto
onde
in
secolo
infelice
ei
proseguiva
le
sacre
e
diredate
lettere
,
gli
promettevano
di
metterlo
a
parte
della
lor
gloria
.
Delirii
innocenti
dell
'
infelice
grammatico
,
se
il
chiericato
desto
sempre
contro
le
lettere
profane
,
che
gli
erano
sospette
quando
non
coltivate
da
lui
,
non
avesse
sentenziato
le
ombre
degli
antichi
poeti
esser
demonii
,
lui
eretico
e
condannabile
,
perocché
troppi
,
aggiungea
notabilmente
la
sentenza
,
erano
in
Italia
gl
'
ingegni
macchiati
dalla
stessa
labe
.
Se
non
che
,
questa
forza
vitale
che
fermentò
lunghi
secoli
occulta
ne
'
residui
dell
'
antica
Italia
,
che
fu
come
il
glutine
della
nuova
Italia
,
che
per
ciò
può
dirittamente
considerarsi
come
l
'
elemento
nazionale
,
non
è
del
resto
un
proprio
e
puro
elemento
.
Ma
è
anzi
una
forza
complessa
,
che
si
spiega
per
due
maniere
di
azione
in
effetti
,
se
non
opposti
,
diversi
.
Per
una
parte
,
in
quanto
ella
mira
alla
ristorazione
alla
conservazione
alla
unità
nelle
forme
delle
instituzioni
e
dell
'
arte
,
in
quanto
ella
torna
a
un
ideale
di
nazione
di
letteratura
di
stile
,
il
suo
elemento
è
romano
,
e
l
'
azione
sua
è
dotta
e
aulica
:
per
un
'
altra
parte
,
in
quanto
ella
tende
al
rinnovamento
e
alla
varietà
,
e
si
produce
nelle
mille
forme
dialettali
rapsodiche
tradizionali
della
regione
e
del
comune
,
il
suo
elemento
è
l
'
italico
della
guerra
sociale
,
e
l
'
azione
sua
è
popolare
o
plebea
.
VI
.
Ora
la
storia
di
queste
tre
varie
o
forze
o
elementi
,
l
'
ecclesiastico
,
il
cavalleresco
,
il
nazionale
,
e
dell
'
accordo
e
della
discordia
tra
il
misto
elemento
ecclesiastico
e
l
'
elemento
nazionale
complesso
i
quali
a
diversi
fini
incontraronsi
in
un
'
azione
medesima
,
e
dell
'
opera
loro
di
modificazione
su
l
'
elemento
cavalleresco
il
quale
in
Italia
fu
soltanto
e
sempre
soggetto
e
materia
,
e
dell
'
ultimo
e
final
dissidio
,
dopo
un
momento
di
armonia
,
tra
que
due
primi
elementi
,
e
della
scissione
dell
'
elemento
nazionale
vittorioso
ne
'
suoi
due
principii
,
il
romano
e
l
'
italico
,
il
dotto
e
il
popolare
,
e
dell
'
ultima
armonia
di
essi
due
principii
signoreggianti
oramai
nell
'
ideal
della
forma
tutta
la
materia
soggetta
del
medio
evo
;
questa
storia
,
dico
,
è
la
storia
della
letteratura
italiana
.
Da
Arnaldo
al
Savonarola
,
da
Francesco
d
'
Assisi
a
Filippo
Neri
,
da
'
due
Landolfi
e
da
Falcando
al
Machiavelli
e
al
Guicciardini
,
dalla
traduzione
della
Tavola
rotonda
e
dal
Febusso
e
Breusso
all
'
Ariosto
,
da
Dante
o
meglio
da
Giacomino
di
Verona
al
Tasso
,
dal
Novellino
al
Bandello
e
al
Giraldi
,
da
Folgore
di
San
Gemignano
al
Berni
,
da
Albertano
al
Castiglione
,
da
Lorenzo
veronese
e
da
Arrigo
settimellese
al
Fracastoro
al
Vida
al
Flaminio
,
da
Nicolò
pisano
e
da
Cimabue
a
Michelangelo
e
a
Tiziano
,
è
perennità
,
è
continuità
,
è
processo
e
progresso
di
svolgimento
e
di
moto
.
DISCORSO
SECONDO
Dei
quattro
periodi
di
contrasto
e
di
formazione
:
periodo
latino
,
lombardo
,
siculo
,
bolognese
.
Quando
,
come
,
tra
quali
circostanze
e
su
quali
soggetti
cominci
l
'
opera
della
letteratura
nazionale
.
I
.
Quando
contro
la
potenza
di
Federico
II
,
che
dal
mezzogiorno
riallargavasi
ingrossando
verso
il
settentrione
solo
a
tempo
abbandonato
dal
padre
suo
,
si
stringeva
la
seconda
lega
delle
città
lombarde
,
Tirteo
della
libera
gesta
fu
Pier
della
Caravana
,
piemontese
.
Egli
cantava
:
«
Ecco
il
nostro
imperadore
che
raccoglie
gran
gente
.
Lombardi
,
guardatevi
bene
,
che
non
siate
ridotti
peggio
che
schiavi
comprati
,
se
non
durate
fermi
....
Sovvengavi
dei
valenti
baroni
di
Puglia
,
i
quali
nelle
loro
case
non
hanno
oramai
che
dolore
:
guardate
non
avvenga
altrettanto
di
voi
.
Non
vogliate
amare
la
gente
di
Lamagna
,
non
vi
piaccia
usare
la
sua
compagnia
:
lungi
,
lungi
da
voi
questi
cani
arrabbiati
.
Dio
salvi
Lombardia
,
Bologna
e
Milano
e
loro
consorti
,
e
Brescia
e
'
l
mantovano
,
e
i
buoni
marchigiani
,
sì
che
niuno
di
loro
sia
servo
»
.
Così
il
nobile
Piemonte
dava
all
'
Italia
il
primo
poeta
di
libertà
.
Ma
egli
poetava
in
provenzale
:
oh
perché
non
suonò
nella
lingua
della
patria
la
fierezza
di
quei
sensi
,
l
'
ardenza
di
quei
versi
,
e
il
martellar
feroce
del
ritornello
finale
,
Lombart
,
beus
gardaz
,
Qe
ja
non
siaz
Pejer
qe
compraz
,
Si
ferm
non
estaz
!
E
già
prima
,
circa
il
1195
,
quando
Lombardia
erasi
anche
levata
contro
Arrigo
VI
,
all
'
espressione
dell
'
odio
popolare
contro
il
tedesco
avea
dato
violenti
forme
in
provenzale
Pier
Vidal
.
All
'
incontro
,
la
vittoria
parmense
del
1248
che
dette
il
colpo
mortale
a
Federico
II
,
quando
il
plebeo
Gambacorta
predò
la
corona
imperiale
mostruosa
di
ricchezza
e
di
peso
,
fu
cantata
in
latino
:
in
latino
l
'
epinicio
guelfo
annunziava
alle
città
confederate
di
Milano
,
di
Bologna
,
di
Venezia
,
d
'
Ancona
,
che
«
il
Signore
levossi
a
tutela
della
nostra
libertà
e
già
apparve
alla
città
sua
di
Parma
»
.
Ora
questo
fatto
delle
battaglie
nazionali
d
'
un
popolo
nuovo
cantate
in
lingua
straniera
o
antica
a
troppi
altri
consimili
fatti
succede
,
sì
che
non
se
ne
vogliano
sottilmente
ricercare
e
discorrere
le
ragioni
.
Con
che
ci
verrà
fatto
di
rinvenire
il
perché
s
'
indugiasse
di
tanto
il
volgare
italiano
a
manifestarsi
nell
'
opera
letteraria
,
e
di
segnare
i
termini
de
'
periodi
che
a
quella
manifestazione
furono
innanzi
e
le
ragioni
varie
dei
fenomeni
che
vi
si
svolser
per
entro
.
II
.
Della
vitalità
tra
noi
del
latino
dobbiamo
certo
in
gran
parte
riferir
la
cagione
al
principio
religioso
,
il
quale
rappresentando
allora
una
specie
di
gerarchica
civiltà
avea
consacrato
l
'
idioma
dell
'
antico
impero
come
lingua
cattolica
sì
della
chiesa
sì
della
scienza
d
'
occidente
.
E
ciò
poté
più
efficacemente
volere
e
più
largamente
conseguire
in
Italia
,
dove
la
chiesa
era
in
questo
suo
intendimento
aiutata
dallo
stesso
principio
popolare
.
Il
quale
e
nella
scuola
conservava
la
tradizione
classica
,
e
con
le
leggi
e
con
le
forme
del
reggimento
mirava
tuttavia
a
Roma
;
la
cui
grande
imagine
stié
sempre
dinanzi
agli
occhi
degl
'
italiani
,
gli
confortò
schiavi
,
gli
inanimò
ribelli
,
liberi
gl
'
illustrò
della
sua
gloria
radiante
di
tra
le
ruine
,
come
la
fiammella
della
lampade
mortuaria
la
quale
raccontasi
si
serbasse
viva
a
traverso
i
secoli
nella
tomba
della
fanciulla
romana
figliuola
del
grande
oratore
.
Anche
per
gli
altri
popoli
d
'
occidente
era
il
latino
la
lingua
officiale
della
chiesa
e
della
scuola
,
dell
'
impero
e
delle
leggi
:
ma
fuor
di
chiesa
e
del
chiostro
,
al
di
qua
dei
cancelli
della
corte
di
giustizia
,
essi
sbrigliavano
il
volo
delle
fantasie
e
l
'
impeto
degli
affetti
nei
volgari
nuovi
.
Per
gl
'
italiani
il
latino
era
la
lingua
dei
padri
loro
,
con
la
quale
avevano
imperato
al
mondo
;
la
intendevano
e
la
parlavano
più
comunemente
;
la
reputavano
sola
degna
a
cui
commettere
i
pensamenti
dei
savi
,
le
gesta
delle
città
,
il
lavorìo
dell
'
arte
;
speravano
per
avventura
di
restituirle
l
'
antico
uso
di
dignità
.
Per
ciò
,
mentre
gli
altri
popoli
cominciarono
ben
presto
a
intessere
il
racconto
epico
o
a
svolgere
il
sentimento
lirico
nei
nuovi
idiomi
,
i
nostri
l
'
una
cosa
e
l
'
altra
fecero
latinamente
.
Ebbero
anch
'
essi
le
loro
leggende
su
le
barbariche
signorie
,
su
le
dinastie
che
li
opprimevano
;
ma
gli
avanzi
informi
d
'
una
leggenda
italica
primitiva
di
Valtario
d
'
Aquitania
e
di
Carlo
Magno
e
Adelchi
giacciono
trasfigurati
nella
cronaca
del
monastero
della
Novalesa
.
Tentarono
di
raccogliere
le
fila
dei
miti
antichi
ondeggianti
ancora
per
l
'
aere
di
primavera
nei
crepuscoli
tinti
in
rosa
dagli
ultimi
raggi
del
sole
su
le
vette
favolose
dei
colli
etruschi
e
latini
;
ma
dei
canti
misteriosi
,
che
le
ninfe
o
le
fate
lasciavan
sentire
dagli
spechi
di
Fiesole
di
Chiusi
di
Volterra
,
un
'
eco
a
pena
è
ripercossa
nel
Ninfale
fiesolano
e
nell
'
Ameto
del
Boccaccio
e
nel
Novelliere
di
Domenico
da
Prato
.
Di
quel
che
le
donne
fiorentine
nelle
veglie
severe
favoleggiavano
«
de
'
troiani
,
di
Fiesole
e
di
Roma
»
,
una
traccia
rimane
,
leggera
e
interrotta
,
nelle
croniche
del
Malespini
e
del
Villani
;
si
leggono
nelle
croniche
del
Cobelli
le
vicende
dei
discendenti
da
'
fondatori
romani
di
Forlì
mescolate
alle
gesta
dei
signori
nuovi
goti
e
longobardi
:
ma
il
Malespini
attesta
di
aver
còlto
il
leggiadro
racconto
da
certe
antiche
scritture
ch
'
ei
vide
in
casa
d
'
un
gentiluomo
vecchio
romano
,
e
il
Cobelli
da
altri
libri
pur
latini
d
'
un
cronicatore
antico
di
Ravenna
;
Roma
e
Ravenna
,
le
due
città
classiche
ed
imperiali
.
E
da
croniche
latine
antiche
delle
due
città
romane
d
'
Aquileia
e
Concordia
provenne
il
poema
di
Attila
e
de
'
suoi
italici
antagonisti
Giano
e
Foresto
,
romanzato
poi
nel
secolo
decimoquarto
in
versi
francesi
dal
bolognese
Nicolò
Càsola
e
nel
secolo
decimoquinto
in
prosa
popolare
veneziana
e
nel
decimosesto
in
elegante
prosa
italiana
da
Gian
Maria
Barbieri
e
da
altri
in
ottave
:
documento
non
unico
di
tutte
le
trasformazioni
per
cui
passò
la
materia
primitiva
della
nazional
letteratura
nei
primi
quattro
secoli
originali
.
Cotesti
libri
latini
del
resto
,
che
certamente
esisterono
e
che
potevano
dimostrarci
l
'
azione
prossima
esercitata
dalle
tradizioni
della
patria
antichità
su
le
fantasie
degl
'
italiani
del
medio
evo
e
darne
a
divedere
l
'
opera
loro
di
rifusione
dell
'
ideale
antico
col
nuovo
soprannaturale
e
con
la
storia
di
tutti
i
giorni
;
cotesti
libri
,
dico
,
dopo
il
fiorir
vigoroso
della
letteratura
nazionale
e
il
rifiorire
del
classicismo
,
andarono
spregiati
e
perduti
.
A
ogni
modo
;
e
i
vestigi
sparsi
che
avanzano
di
così
fatte
leggende
paesane
nelle
croniche
latine
e
volgari
fino
al
secolo
decimoquinto
;
e
i
lineamenti
che
un
po
'
svaniti
o
ver
caricati
pur
emergono
di
quei
miti
nelle
imitazioni
letterarie
,
nelle
rapsodie
e
nelle
fiorite
dello
stesso
tempo
;
e
i
pochi
canti
lirici
latini
che
sopravvivono
interi
,
ultimo
de
'
quali
l
'
epinicio
parmense
pur
ora
ricordato
;
tutto
ciò
dà
fede
d
'
un
periodo
fossile
,
per
così
dire
,
e
preistorico
della
letteratura
nazionale
:
periodo
che
da
'
Carolingi
,
se
non
da
innanzi
,
estendesi
a
mezzo
il
secolo
decimoterzo
,
e
nel
quale
il
principio
popolare
ebbe
in
lingua
latina
una
letteratura
sua
,
ma
che
pur
sentì
l
'
influsso
degli
altri
due
principii
,
l
'
ecclesiastico
e
il
cavalleresco
.
E
cotesta
letteratura
fu
certamente
il
substrato
della
posteriore
in
lingua
volgare
.
Così
nulla
va
perduto
nel
mondo
:
non
l
'
orma
de
'
misteriosi
augelli
primitivi
su
l
'
arena
di
tanti
secoli
che
s
'
è
fatta
pietra
,
e
né
pure
,
quel
ch
'
è
più
mirabile
,
lo
sfiorar
dell
'
ala
della
fantasia
umana
su
le
brume
del
passato
sfumanti
in
vetta
alla
montagna
dei
secoli
.
Ma
l
'
uomo
non
bada
.
III
.
Se
non
che
,
quando
il
settentrione
della
penisola
diventò
primo
campo
alle
battaglie
del
risvegliato
elemento
romano
,
o
perché
il
movimento
letterario
della
nuova
lingua
non
si
accompagnò
alla
vitale
contesa
dei
comuni
lombardi
coll
'
impero
e
alla
vittoria
che
la
coronò
?
Perché
non
si
manifestò
egli
da
prima
nella
valle
del
Po
e
dell
'
Adige
,
tutta
ancora
fremente
dell
'
ardore
della
riscossa
?
perché
,
in
quella
vece
,
i
monumenti
letterari
di
cotesta
gloriosa
regione
in
cotesta
età
gloriosissima
sono
eglino
,
tutti
da
prima
,
e
quasi
tutti
anche
di
poi
,
in
lingua
provenzale
?
Probabilmente
anche
tra
noi
il
primo
impulso
a
una
poesia
artifiziosa
in
lingua
nuova
mosse
dal
principio
cavalleresco
,
che
aggiunse
il
sommo
dell
'
esser
suo
prima
che
fosse
maturo
il
nazionale
.
Ora
il
principio
cavalleresco
si
manifestò
colle
imitazioni
delle
corti
di
Provenza
e
colla
importazione
della
poesia
provenzale
in
Lombardia
,
o
più
largamente
nella
Italia
superiore
,
da
mezzo
l
'
imperare
del
Barbarossa
a
tutto
il
regno
di
Federico
II
.
Perocché
i
trovadori
provenzali
,
gente
di
corte
attratta
dal
barbaglio
dell
'
acciaio
e
dell
'
oro
,
cominciarono
a
passare
in
Italia
all
'
occasione
delle
varie
calate
del
Barbarossa
,
e
,
seguitando
il
campo
o
la
corte
di
lui
e
alle
varie
corti
feudali
accogliendosi
che
allora
in
Italia
fiorivano
,
vi
portarono
colle
più
belle
costumanze
e
co
'
più
fini
riti
di
cavalleria
tutto
il
corpo
della
poesia
loro
,
la
lirica
meglio
loro
propria
e
i
romanzi
che
per
lo
più
imitarono
dalla
Francia
settentrionale
.
A
questa
prima
immigrazione
una
più
stabile
ne
seguitò
nei
primi
trent
'
anni
del
secolo
decimoterzo
,
massimamente
quando
la
spada
di
Simone
di
Montfort
ebbe
reciso
nel
proprio
terreno
quel
lieto
e
gentil
fiore
della
coltura
occitanica
.
Allora
i
trovadori
,
e
altri
che
della
gaia
scienza
si
facevano
un
mestiero
per
vivere
,
ripararono
in
Italia
,
quando
a
punto
la
potenza
ghibellina
e
con
essa
il
principio
cavalleresco
pareva
raffermarsi
tra
noi
mediante
il
naturalizzarsi
dell
'
impero
con
Federico
II
.
A
questo
tempo
la
imitazione
delle
cortesie
e
delle
fantasie
cavalleresche
risplende
nelle
feste
,
nelle
costumanze
,
nei
nomi
;
e
non
fu
solamente
dei
signori
e
feudatarii
,
ma
e
dei
cittadini
de
'
nuovi
comuni
che
pure
in
ciò
vollero
venire
in
gara
con
quelli
.
Ne
seguì
la
coltura
anche
tra
noi
della
gaia
scienza
,
la
quale
aveva
raggiunto
la
perfezione
artistica
nella
poesia
provenzale
.
Ma
questa
poesia
era
tale
un
sistema
artificioso
d
'
idee
complicate
e
riflesse
,
di
sentimenti
squisiti
e
affettati
,
di
convenute
sottigliezze
e
di
forme
consacrate
e
immutabili
,
che
ricercava
una
lingua
,
se
non
doviziosa
,
raffinatissima
e
nata
insieme
con
i
concetti
tutti
speciali
a
cui
doveva
adattarsi
.
Ora
i
dialetti
dell
'
Italia
superiore
,
ispidi
di
per
sé
né
politi
dall
'
uso
o
al
più
adoperati
in
un
'
arte
di
popolo
semplicissima
e
primordiale
,
erano
tutt
'
altro
che
acconci
a
ricevere
la
studiatissima
forma
trovadorica
e
a
rendere
le
sottigliezze
dell
'
amore
cavalleresco
.
Il
perché
parve
ai
nostri
più
agevol
cosa
l
'
usare
a
ciò
la
lingua
stessa
provenzale
,
che
del
resto
era
anche
la
lingua
di
moda
,
come
più
tardi
fu
la
francese
,
del
più
bel
fiore
della
cavalleria
europea
.
Così
pigliando
le
mosse
da
Nizza
e
giù
per
la
riviera
toccando
Genova
e
spingendoci
alle
foci
della
Magra
,
risalendo
poi
Monferrato
sino
a
Torino
,
sostando
oltre
Po
a
Pavia
e
a
Milano
e
su
'
l
Mincio
a
Mantova
,
montando
per
il
Friuli
e
discendendo
a
Venezia
e
ripassando
in
fine
il
Po
da
Ferrara
a
Bologna
,
in
poco
più
di
mezzo
secolo
,
da
Alberto
Malaspina
marchese
di
Lunigiana
che
rimava
circa
il
1204
fino
a
mastro
Ferrari
che
visse
alla
corte
di
Azzo
VII
estense
,
possiamo
contare
un
venticinque
italiani
i
quali
cantarono
in
provenzale
:
due
soli
,
tra
essi
,
toscani
;
feudatarii
quasi
tutti
,
e
,
salvo
pochissimi
,
di
parte
imperiale
,
od
uomini
di
corte
.
E
tutt
'
insieme
questi
rimatori
,
provenzali
nativi
e
italiani
che
provenzalmente
componevano
,
agitarono
la
vita
e
le
passioni
entro
la
valle
del
Po
nelle
guerre
de
'
comuni
con
l
'
impero
o
de
'
comuni
co
'
grandi
feudatarii
o
de
'
feudatarii
tra
loro
,
constituendo
un
secondo
periodo
letterario
,
il
periodo
lombardo
,
che
s
'
incastra
in
parte
nel
primo
periodo
latino
e
precede
in
parte
e
in
parte
accompagna
lo
svolgimento
del
volgare
italiano
.
Certo
,
in
niuna
altra
regione
d
'
Italia
fiorì
la
coltura
cavalleresca
meglio
che
in
Lombardia
e
nella
Marca
trivigiana
,
ma
fu
coltura
straniera
;
tanto
che
,
mentre
in
Lombardia
poetavasi
in
provenzale
,
alle
corti
del
Friuli
si
parlava
francese
,
e
francese
si
scrisse
anche
più
tardi
in
Venezia
e
in
Bologna
da
'
poeti
cortigiani
della
cavalleresca
casa
d
'
Este
.
Onde
ciò
?
Troppo
era
per
avventura
mista
di
sangui
diversi
la
generazione
lombarda
,
e
troppo
il
sangue
predominante
era
affine
al
celtico
d
'
oltr
'
alpe
,
onde
quella
nuova
letteratura
procedeva
.
Che
se
cotesta
mescolanza
di
sangui
fu
e
allora
e
di
poi
argomento
di
vigore
e
cagione
di
lunga
vitalità
a
quel
forte
popolo
,
le
impedì
anche
di
dare
su
quel
súbito
la
propria
impronta
all
'
opera
artistica
.
O
forse
anche
il
principio
cavalleresco
era
tra
noi
troppo
debole
,
sì
che
potesse
domare
e
fecondare
un
dialetto
ancor
vergine
.
Su
'
l
finire
del
periodo
,
circa
il
1250
,
l
'
ombra
di
un
nuovo
idioma
italiano
sembrò
voler
sorgere
nelle
parti
settentrionali
d
'
Italia
e
distinguersi
dall
'
italiano
del
centro
,
parve
prossima
a
farsi
un
'
idealizzazione
letteraria
de
'
dialetti
circumpadani
;
e
tentativi
di
poesia
religiosa
ci
furono
nelle
cantilene
di
fra
'
Giacomino
da
Verona
e
nelle
altre
d
'
ignoti
,
di
poesia
borghese
in
quelle
di
fra
'
Bonvicino
da
Riva
,
e
,
un
po
'
più
dopo
,
d
'
imitazione
delle
rapsodie
francesi
nel
Renardo
.
Ma
era
troppo
tardi
,
rispetto
alle
condizioni
politiche
della
Italia
settentrionale
;
e
quei
dialetti
troppo
riuscivano
all
'
opera
poveri
e
rozzi
,
e
troppo
erano
anche
sottomesse
le
menti
agl
'
influssi
d
'
oltr
'
alpe
,
sì
che
la
nazione
se
ne
potesse
giovare
.
Da
altri
anni
adunque
e
da
altri
paesi
dové
l
'
Italia
aspettarsi
i
primi
e
vigorosi
esperimenti
d
'
una
propria
letteratura
in
lingua
sua
.
IV
.
Del
resto
,
che
del
mancato
svolgimento
d
'
una
letteratura
nazionale
in
Lombardia
non
debba
recarsi
la
cagione
a
solo
il
dialetto
,
ma
sì
più
tosto
al
principio
cavalleresco
che
informò
quel
periodo
,
anche
da
questo
apparisce
:
quasi
allo
stesso
tempo
che
in
Lombardia
,
al
mezzogiorno
,
secondo
centro
d
'
attrazione
alla
vita
nuova
d
'
Italia
,
si
può
determinare
un
terzo
periodo
letterario
,
che
pur
s
'
incastra
per
il
tempo
nel
periodo
lombardo
,
ed
è
il
siculo
;
e
questo
in
un
dialetto
che
fu
veramente
idealizzato
a
idioma
letterario
,
o
che
almeno
molto
influì
e
contribuì
nella
lingua
letteraria
,
tanto
che
da
Dante
e
dal
Petrarca
si
dà
a
'
siciliani
l
'
onor
del
primato
di
tempo
,
che
par
difficile
contrastare
,
nella
volgar
poesia
:
e
tuttavia
anche
il
periodo
siculo
è
nazionale
solo
nelle
forme
esterne
,
e
non
in
tutte
.
E
pure
se
il
principio
cavalleresco
avesse
mai
potuto
esser
cagione
efficace
da
per
sé
solo
di
propria
e
nazionale
letteratura
,
qual
migliore
occasione
,
qual
miglior
tempo
,
qual
miglior
luogo
di
quello
!
L
'
ideale
cavalleresco
,
che
oltre
alpe
cominciava
già
a
illanguidire
,
pareva
allora
raccogliere
i
raggi
più
puri
intorno
al
biondo
capo
del
giovine
imperador
di
Soavia
:
con
lui
era
da
principio
la
chiesa
,
ed
egli
conducea
le
crociate
;
e
quando
la
chiesa
l
'
abbandonò
,
gli
vennero
fedeli
a
'
due
lati
la
scienza
e
la
forza
:
ricco
e
bello
ed
ameno
il
paese
,
se
altro
mai
,
e
lungo
i
fiorenti
e
odorati
seni
del
Ionio
sonante
ancora
delle
sacre
armonie
della
musa
greca
:
molle
,
colorito
,
profondamente
soave
l
'
accento
su
le
rosee
labbra
delle
donne
di
Sicilia
;
potente
e
altamente
intonato
su
la
bocca
della
viril
gioventù
.
Con
tutto
ciò
quella
misera
poesia
siciliana
e
pugliese
fu
tutt
'
altro
,
ripetiamolo
,
che
nazionale
.
Allor
che
il
regno
di
Sicilia
e
Puglia
passò
per
eredità
negli
svevi
,
spostatosi
il
centro
della
politica
ghibellina
,
la
coltura
cavalleresca
,
aulica
di
sua
natura
e
feudale
non
ostante
qualche
accenno
in
contrario
,
seguì
dall
'
alta
Italia
a
Palermo
,
ove
i
normanni
le
avean
preparato
la
stanza
,
la
corte
degli
imperatori
.
Ma
le
contrade
meridionali
trasformano
e
fanno
simili
a
sé
così
gli
uomini
come
le
piante
:
bisogna
o
morirvi
o
prender
l
'
abito
del
paese
.
A
quel
modo
che
gli
svevi
nel
mezzogiorno
divennero
principi
italiani
,
la
poesia
provenzale
si
fe
'
siciliana
.
Ma
,
come
sotto
la
simulazione
italiana
trasparisce
più
d
'
una
volta
in
Federico
II
la
bestialità
tedesca
,
così
nella
poesia
siciliana
,
sol
che
guardiate
oltre
la
prima
pelle
,
vedrete
scorrere
,
languido
omai
e
scolorato
,
il
sangue
provenzale
.
Ragion
vuole
che
si
distinguano
alcuni
versi
da
cui
spira
fresco
e
odorato
un
alito
di
sensibile
voluttà
o
da
cui
rompe
alcun
grido
di
passione
degno
d
'
un
popolo
misto
di
sangue
greco
e
di
arabo
,
che
si
avverta
ad
alcuni
echi
dell
'
idillio
di
Teocrito
,
ad
alcune
melodie
che
prenunziano
il
Mèli
.
E
cotesta
,
qualunque
siasi
,
è
poesia
che
esce
dall
'
ordine
delle
ispirazioni
e
forme
cavalleresche
:
son
frammenti
di
un
'
arte
paesana
e
di
popolo
,
anteriore
alle
imitazioni
occitaniche
:
son
faville
di
quella
letteratura
sensuale
e
ardente
che
si
addimostrerà
poi
nelle
novelle
del
Boccaccio
,
nelle
ballate
del
Poliziano
,
nelle
pastorali
del
Tasso
e
del
Guarino
.
Ma
quelle
rime
auliche
,
quelle
rime
della
così
detta
academia
fondata
da
Federico
II
,
quelle
rime
oh
che
misera
cosa
son
esse
!
Né
la
miseria
loro
procede
già
dai
difetti
che
son
quasi
necessari
in
arte
nascente
.
Che
anzi
la
pretensione
v
'
è
troppa
:
v
'
è
arguzia
,
v
'
è
sforzo
,
v
'
è
erudizione
accattata
;
v
'
è
,
innanzi
alle
academie
propriamente
dette
,
il
colore
academico
:
è
il
balbettare
infantile
della
decrepitezza
.
E
di
fatti
la
poesia
cavalleresca
fu
,
dopo
pochi
anni
di
esistenza
,
ridotta
al
verde
:
lasciate
pure
che
sotto
il
patrocinio
di
Manfredi
la
sua
fiammolina
si
allarghi
ancora
tra
i
ghibellini
di
Toscana
;
lasciate
queste
illusioni
di
vitalità
alla
povera
moribonda
.
Ella
trascinerà
la
sua
poca
vita
fino
al
1266
,
poi
cadrà
anch
'
ella
su
'
l
campo
di
Benevento
;
e
il
compianto
che
un
trovator
provenzale
scioglierà
su
la
morte
del
re
tedesco
nato
in
Italia
sarà
ad
un
tempo
il
canto
di
requie
a
una
generazione
di
poeti
defunti
.
Mentre
i
cavalieri
angioini
si
spartivano
co
'
piedi
i
tesori
di
casa
sveva
,
e
un
ribaldo
dell
'
esercito
di
Carlo
gittava
il
corpo
del
re
di
Sicilia
,
del
re
dei
poeti
e
delle
belle
,
ignudo
e
sozzo
di
polvere
e
sangue
,
a
traverso
un
asino
,
gridando
pe
'
l
campo
-
-
Chi
compra
Manfredi
?
-
-
;
mentre
de
'
suoi
baroni
un
solo
,
il
prigioniere
conte
Giordano
Lancia
,
osava
riconoscere
il
suo
re
e
lacrimando
e
piangendo
abbracciarne
il
cadavere
;
mentre
niuno
dei
rimatori
cortigiani
di
Sicilia
e
di
Puglia
aveva
un
accento
di
dolore
per
il
nipote
di
tanti
imperatori
caduto
con
la
sua
casa
e
co
'
l
suo
regno
in
battaglia
;
un
povero
trovatore
straniero
,
Americo
di
Peguilhan
,
si
ricordò
di
lui
,
di
lui
che
ne
'
bei
dì
della
gloria
avrà
a
pena
fatto
un
cenno
di
grazia
al
poeta
.
E
-
-
Tutti
gli
onori
,
cantava
,
tutte
le
azioni
gloriose
furono
guaste
e
messe
in
fondo
il
giorno
che
morte
uccise
colui
che
meglio
le
pregiava
,
il
più
piacente
che
nascesse
mai
di
madre
umana
,
il
valente
re
Manfredi
che
fu
capitano
di
valore
e
di
ogni
virtù
.
Ora
l
'
onore
se
ne
va
solo
e
piangendo
,
ché
non
è
uomo
né
cosa
che
a
sé
lo
chiami
,
non
è
conte
né
marchese
né
re
che
si
faccia
innanzi
e
lo
inviti
.
Ora
il
disonore
fa
tutto
ciò
che
mai
volle
fare
.
Per
tutto
il
mondo
e
per
tutt
'
i
mari
voglio
che
vada
questo
mio
sirventese
,
se
potesse
trovar
uomo
che
gli
sapesse
dir
nuove
del
re
Artù
e
quando
dee
rivenire
.
-
-
Re
Arturo
,
o
poeta
,
dorme
ben
forte
nelle
grotte
armoricane
di
sua
sorella
Morgana
,
e
non
torna
più
:
i
cavalieri
e
i
trovatori
della
dolce
Provenza
giacciono
per
sempre
schiacciati
sotto
le
ruine
dei
loro
castelli
messi
a
fuoco
dai
gentiluomini
francesi
e
dai
frati
spagnuoli
:
il
re
Manfredi
non
ode
,
sotto
la
«
grave
mora
»
degli
Angioini
,
il
tuo
compianto
.
I
re
se
ne
vanno
,
o
poeta
,
ma
l
'
onore
rimane
,
e
la
poesia
alla
loro
morte
rinasce
.
La
cavalleria
è
morta
,
ben
veramente
morta
;
ma
le
succede
il
popolo
.
Firenze
,
ove
e
già
nato
Dante
,
ove
stan
per
nascere
il
Petrarca
e
il
Boccaccio
,
non
ha
per
suo
grido
di
guerra
nome
alcuno
d
'
imperatore
o
di
re
o
di
barone
;
ella
«
in
poca
piazza
fa
mirabil
cose
»
con
due
parole
plebee
,
Popolo
e
Libertà
.
V
.
La
poesia
cavalleresca
finisce
dunque
in
Lombardia
e
in
Sicilia
senza
eredi
.
Quelle
piante
esotiche
menavano
frutti
,
perché
il
favore
principesco
le
annaffiava
:
tolto
cotesto
,
appassiscono
e
in
terreno
non
suo
vengono
meno
.
Ma
in
lor
vece
è
ella
fiorita
per
avventura
la
letteratura
nazionale
?
Dante
nasce
poco
men
d
'
un
anno
prima
che
si
combatta
a
Benevento
.
Intanto
tra
la
vecchia
poesia
che
rappresentava
il
principio
caduto
in
Benevento
e
la
poesia
nuova
che
sgorgherà
gloriosa
dal
petto
di
questo
fanciullo
intercede
un
momento
d
'
inerzia
e
incertezza
.
Col
sormontare
di
parte
guelfa
conseguente
a
quella
battaglia
,
spostato
una
terza
volta
il
centro
politico
dell
'
Italia
,
il
primato
civile
che
non
poteva
esser
più
ripreso
dalle
città
lombarde
rifinite
omai
di
forze
dalla
difesa
lunga
contro
l
'
impero
e
già
sottomesse
a
tiranni
domestici
o
vicine
ad
essere
,
il
primato
civile
,
dico
,
passa
alle
città
del
mezzo
,
che
se
lo
contendon
tra
loro
fin
che
lo
prende
tutto
Firenze
.
Allora
quasi
ognuna
di
quelle
città
e
di
quelle
terre
ebbe
poeti
e
scrittori
;
ma
l
'
arte
non
si
levò
súbito
a
nuove
altezze
.
Tra
due
età
che
differiscono
di
spiriti
e
forme
havvi
sempre
,
chi
sappia
scorgerlo
,
un
limite
nel
quale
vengono
a
combaciarsi
,
trasmutandosi
a
grado
a
grado
il
vecchio
nel
nuovo
.
Ma
degli
autori
che
segnano
nell
'
età
letterarie
questo
passaggio
è
destino
esser
poi
sopraffatti
dai
successori
,
e
obliati
,
quando
non
disprezzati
;
se
pure
alcuno
dei
più
grandi
che
mosse
i
primi
passi
sotto
la
loro
scorta
non
gli
salvi
con
un
benigno
riguardo
di
gratitudine
.
L
'
oblio
e
lo
spregio
toccò
per
gran
parte
a
Guittone
d
'
Arezzo
,
che
pur
s
'
ingegnò
primo
di
far
passare
la
poesia
dal
principio
cavalleresco
al
nazionale
,
dalle
forme
trovadoriche
alle
latine
;
a
Guittone
,
che
aspirò
a
quella
poesia
politica
concionatrice
levata
di
poi
sì
alto
dal
Petrarca
;
a
Guittone
,
che
diede
il
primo
esempio
della
prosa
dotta
italiana
.
Lo
sguardo
benigno
d
'
un
gran
poeta
toccò
a
Guido
Guinicelli
e
alla
scuola
bolognese
.
Bologna
,
posta
fra
Lombardia
e
Toscana
,
raccolse
in
sé
le
tradizioni
delle
due
più
gloriose
popolazioni
italiane
;
gloriosa
la
prima
nel
cominciare
,
gloriosa
la
seconda
nel
continuare
il
movimento
nazionale
.
E
non
poteva
non
essere
che
l
'
arte
della
parola
,
tócco
a
pena
il
suolo
santificato
dalla
libertà
,
non
ne
attignesse
forze
nuove
e
altra
vita
.
In
Bologna
,
Guidotto
,
accomodando
primo
tra
i
nostri
i
precetti
dell
'
antica
eloquenza
alla
lingua
nuova
,
trovava
modo
,
pur
dedicando
il
suo
libro
a
Manfredi
re
,
trovava
modo
a
designare
l
'
officio
di
parlator
cittadino
in
comune
libero
.
E
nella
canzone
del
Guinicelli
la
fredda
affettazione
dei
siculi
cede
luogo
all
'
imaginoso
sentimento
lirico
,
la
dovizia
misera
del
ritmo
provenzale
all
'
ondeggiamento
armonioso
e
solenne
della
stanza
italica
,
le
forme
convenute
agl
'
intelletti
della
scienza
.
Per
amore
del
Guinicelli
,
riconosciuto
novatore
solenne
fin
da
'
coetanei
e
salutato
padre
da
Dante
,
a
questo
quarto
periodo
della
nascente
letteratura
,
che
è
periodo
di
passaggio
e
che
si
estese
ad
altre
regioni
dell
'
Italia
mediana
,
rimane
e
rimarrà
l
'
aggiunto
di
bolognese
.
Bologna
,
la
madre
degli
studi
,
prima
sentì
l
'
arte
e
prima
all
'
arte
sposò
la
scienza
,
divinando
gli
spiriti
e
le
forme
della
grande
letteratura
che
era
per
venire
.
VI
.
Dalle
prime
croniche
del
mille
,
ove
l
'
elemento
nazionale
incomincia
a
dare
indizio
di
vitalità
,
fino
alla
morte
del
Guinicelli
avvenuta
nel
1276
,
è
tutto
dunque
un
contrasto
fra
i
diversi
elementi
o
principi
che
informar
dovevano
la
letteratura
novella
.
Come
i
quattro
periodi
letterari
finora
segnati
s
'
incrociano
e
incastrano
l
'
uno
nell
'
altro
;
così
i
principii
moventi
s
'
intrecciano
ed
avviluppano
nell
'
azion
letteraria
,
e
la
materia
soggetta
si
agita
e
si
rimesce
senza
posarsi
in
una
forma
determinata
.
Nel
periodo
latino
l
'
elemento
nazionale
apparisce
in
potenza
,
ma
sotto
l
'
azione
prevalente
del
principio
ecclesiastico
e
cavalleresco
:
nel
periodo
lombardo
l
'
elemento
cavalleresco
si
mescola
al
nazionale
,
e
questo
per
la
parte
sua
più
popolana
al
religioso
:
nel
periodo
siculo
il
principio
cavalleresco
informa
un
'
arte
puramente
feudale
e
di
corte
:
il
periodo
bolognese
in
fine
,
serbando
del
contenuto
e
delle
forme
anteriori
,
discuopre
gl
'
intendimenti
e
i
lineamenti
primi
di
un
'
arte
nazionale
e
dotta
.
E
quando
in
Italia
sta
per
sorgere
questa
letteratura
,
nazionale
ad
un
tempo
ed
europea
;
quando
cominciano
ad
apparire
nella
penisola
i
pensatori
,
gli
scrittori
,
gli
artisti
,
per
i
quali
la
patria
nostra
esercitò
il
glorioso
officio
di
conciliatrice
tra
l
'
antichità
e
l
'
età
di
mezzo
,
tra
l
'
età
di
mezzo
e
la
moderna
;
quando
si
determina
tra
noi
il
proprio
e
vero
rinascimento
letterario
,
considerato
come
ideale
ed
artistica
manifestazione
del
risvegliato
e
ritemperato
elemento
romano
;
in
quel
tempo
,
dico
,
la
nativa
e
legittima
arte
del
medio
evo
va
scadendo
così
nella
feudale
Germania
come
nella
Francia
cavalleresca
.
In
Germania
,
il
decadimento
ha
principio
col
finire
della
imperial
casa
sveva
;
con
quella
stessa
ruina
che
segnò
un
mutamento
essenziale
e
un
rinnovamento
letterario
per
l
'
Italia
.
Sotto
gli
Absburghi
le
grandi
epopee
intisichiscono
,
svaporano
le
sottili
fantasie
e
i
tenui
sentimenti
dei
minnesingheri
;
e
invano
Ulrico
di
Lichtenstein
tenta
di
ravvivare
con
l
'
esagerazione
,
come
in
simili
casi
suol
farsi
,
la
tradizione
dell
'
amore
cavalleresco
,
ché
Hadlaub
di
Zurigo
volta
in
parodia
i
canti
dei
trovatori
.
Succede
il
poema
didattico
prosaico
e
pedantesco
;
e
la
poesia
piattamente
borghese
dei
maestri
artigiani
tiene
il
campo
per
lunghi
anni
.
Anche
in
Francia
la
gloriosa
età
letteraria
del
medio
evo
finisce
press
'
a
poco
in
quel
medesimo
tempo
,
col
regno
di
Luigi
IX
:
nata
con
le
crociate
,
quell
'
arte
non
sopravvive
al
santo
re
che
muore
in
potere
degli
infedeli
.
Suo
fido
vassallo
e
storico
,
il
signor
di
Joinville
,
della
partenza
per
oltremare
scrive
con
la
solita
potente
semplicità
:
«
Io
non
volli
rivolger
mai
gli
occhi
verso
Joinville
,
perché
il
cuore
non
mi
s
'
intenerisse
del
bel
castello
che
io
lasciava
e
de
'
miei
due
fanciulli
»
.
Questo
sentimento
così
umano
di
rincrescimento
pe
'
i
beni
terreni
che
si
lasciano
alle
spalle
,
quando
s
'
ha
dinanzi
alla
vista
dell
'
anima
Terra
Santa
,
è
già
ben
lontano
dal
furor
sacro
che
spingeva
le
turbe
della
prima
crociata
,
guerrieri
e
vecchi
,
donne
e
fanciulli
,
a
gridare
:
Dio
lo
vuole
!
Il
succhio
di
quella
superba
vegetazione
di
cento
e
cento
epopee
,
la
fede
e
l
'
entusiasmo
,
s
'
è
dunque
esaurito
:
anche
qui
è
la
volta
dei
poemi
d
'
imitazione
,
e
,
peggio
,
delle
contraffazioni
e
delle
parodie
.
Perocché
con
Filippo
il
bello
,
col
re
odiato
da
Dante
,
in
Francia
,
nella
terra
dei
cavalieri
,
comincia
una
letteratura
borghese
.
Di
tal
mutamento
la
prova
più
parlante
è
nelle
due
parti
,
distinte
così
per
l
'
autore
come
per
gli
spiriti
,
del
Romanzo
della
Rosa
.
Nella
prima
parte
,
composta
sotto
il
regno
di
Luigi
IX
da
Guglielmo
di
Lorris
,
spira
l
'
ultimo
anelito
dell
'
amore
cavalleresco
:
ella
è
una
mummia
che
mostra
i
lineamenti
disfatti
dell
'
Arte
d
'
amare
di
Ovidio
,
raffazzonata
con
gli
stracci
a
più
colori
delle
allegorie
monacali
,
e
suvvi
tra
le
rappezzature
qualche
fiorellino
vizzo
dell
'
arte
trovadorica
;
cammina
in
punta
di
piedi
e
barcollando
su
le
sottigliezze
della
scolastica
.
La
seconda
parte
,
composta
da
Giovanni
di
Meung
sotto
Filippo
il
Bello
,
è
un
lungo
,
troppo
lungo
e
troppo
grossolano
,
scoppio
di
risa
plebee
contro
tutto
ciò
che
pochi
anni
innanzi
era
stato
grande
,
gentile
,
ideale
;
contro
l
'
amore
e
contro
le
donne
,
contro
la
cavalleria
e
contro
la
religione
.
Né
basta
.
Così
in
Francia
come
in
Germania
la
bella
poesia
della
prima
età
del
medio
evo
divenne
ben
presto
antica
,
tanto
antica
,
che
,
dimenticata
per
più
secoli
come
cosa
morta
,
ella
fu
solo
a
questi
ultimi
tempi
dissotterrata
dai
dotti
e
rimessa
su
gli
altari
,
nazionale
reliquia
.
E
non
pur
essa
era
morta
,
ma
anche
la
lingua
che
le
servì
d
'
instrumento
.
La
Canzone
di
Rolando
in
Francia
e
i
Nibelunghi
in
Germania
,
perché
sieno
intesi
dai
francesi
e
dai
tedeschi
d
'
oggigiorno
,
convien
tradurli
nel
francese
e
nel
tedesco
d
'
oggigiorno
.
Quelle
lingue
,
germanica
e
francese
d
'
allora
,
soggette
a
mutazioni
continue
,
parevano
non
poter
uscire
dalla
condizione
tumultuosa
di
dialetti
.
E
già
in
Alemagna
il
dialetto
meridionale
dei
minnesingheri
era
succeduto
a
più
altri
più
antichi
,
per
cedere
poi
il
luogo
alla
lingua
di
Lutero
,
che
fu
,
solo
fa
ora
a
pena
cent
'
anni
,
classicamente
fermata
dal
Klopstock
e
dal
Goethe
.
In
Francia
alla
lingua
cavalleresca
dei
secoli
decimosecondo
e
decimoterzo
si
frappose
un
'
anarchica
invasione
di
dialetti
,
s
'
impose
il
pedantismo
dei
dotti
di
Carlo
V
e
VI
,
e
su
questo
il
grecismo
e
latinismo
della
pleiade
in
lotta
coll
'
imitazione
italiana
e
con
lo
spirito
gallese
puro
al
tempo
di
Francesco
I
,
e
di
poi
la
dittatura
grammaticale
del
Malherbe
sotto
Enrico
IV
,
e
in
fine
il
purismo
academico
del
decimoquarto
Luigi
.
Così
cinque
strati
diversi
di
lingua
s
'
accumularono
aggravando
su
la
primitiva
letteratura
francese
.
Tutto
al
contrario
in
Italia
.
Qui
la
lingua
nuova
ascese
tardi
al
ministero
delle
lettere
:
ma
a
pena
si
mostra
,
ed
è
già
fermata
,
determinata
:
e
con
essa
,
le
forme
dell
'
arte
nazionale
.
Che
cosa
v
'
è
da
aggiungere
di
essenziale
,
che
cosa
è
stato
mai
aggiunto
di
veramente
nuovo
e
bello
e
grande
,
che
cosa
d
'
inevitabilmente
necessario
,
all
'
arte
di
Dante
,
del
Petrarca
,
del
Boccaccio
?
O
abbiam
noi
per
avventura
bisogno
di
tradurre
,
perché
sia
inteso
dalla
maggior
parte
della
nazione
,
il
canto
di
Ugolino
?
Le
letterature
medievali
di
Francia
e
Germania
,
e
come
nazionali
e
come
europee
,
furono
per
grandissima
parte
,
lo
abbiam
detto
più
volte
,
la
espressione
di
una
civiltà
di
convenzione
di
un
ordine
privilegiato
.
Ora
,
quando
su
lo
scorcio
del
secolo
decimoterzo
la
grande
unità
cristiana
s
'
interruppe
nell
'
occidente
,
causa
in
parte
il
venir
meno
delle
crociate
e
in
parte
l
'
indebolimento
dell
'
impero
;
quando
le
grandi
guerre
si
ruppero
tra
francesi
e
fiamminghi
,
tra
francesi
e
inglesi
;
quando
cominciarono
in
Germania
le
rivolte
dei
borghesi
,
e
in
Francia
il
sollevamento
del
terzo
stato
;
quelle
letterature
e
divennero
straniere
l
'
una
all
'
altra
,
e
perdettero
la
continuità
e
il
filo
della
tradizione
,
e
furono
sopraffatte
dall
'
elemento
plebeo
,
che
le
ammaccò
e
infranse
come
il
godendac
dei
fiamminghi
fiaccò
la
cavalleria
francese
a
Coltrai
.
Vero
è
che
né
in
Germania
né
in
Francia
l
'
elemento
popolare
era
constituito
politicamente
o
constituibile
;
onde
là
la
lotta
sociale
non
fu
che
una
delle
conseguenze
anarchiche
dello
sfacimento
dell
'
impero
,
e
qua
il
terzo
stato
non
fe
'
che
servire
,
credendosele
collegato
,
alla
monarchia
,
la
quale
,
adoperato
che
l
'
ebbe
a
recidere
i
nervi
del
feudalismo
e
del
clero
,
pose
d
'
un
sol
cenno
silenzio
al
canto
fescennino
,
e
ridusse
l
'
ilota
all
'
usata
catena
.
Ma
ad
ogni
modo
,
tra
lo
smembramento
dell
'
unità
cristiana
del
medio
evo
su
'
l
finire
del
secolo
decimoterzo
e
il
ricostruirsi
delle
unità
monarchiche
nel
decimosesto
,
una
gran
lacuna
per
l
'
Europa
ci
fu
:
lacuna
che
è
segnata
dalle
orme
gravi
della
barbarie
.
In
questo
mezzo
sta
l
'
Italia
,
che
di
tra
la
luce
crepuscolare
del
medio
evo
ha
ripreso
la
fiaccola
della
civiltà
nelle
tombe
del
passato
,
ne
ha
illuminato
un
gran
tratto
di
cielo
,
e
la
distende
benigna
e
incurante
ad
accendere
le
lampadi
delle
sorelle
che
la
percuotono
.
Perocché
in
Italia
il
principio
popolare
era
la
forza
dell
'
elemento
romano
connaturato
al
terreno
e
ritemperatosi
alla
vita
novella
.
Educato
nelle
tradizioni
della
civiltà
antica
,
raffermatosi
nell
'
uso
dei
reggimenti
e
delle
leggi
,
con
gli
attriti
con
le
industrie
co
'
viaggi
e
i
commerci
s
'
era
fatto
pratico
di
tutta
l
'
Europa
.
Scelse
il
tempo
e
il
luogo
opportuno
,
e
poi
guidato
dal
genio
antico
,
e
conscio
dei
nuovi
fati
,
procedé
grave
,
severo
,
all
'
opera
letteraria
.
Già
lo
dissi
:
l
'
Italia
avrà
letteratura
nuova
e
sua
,
quando
il
principio
popolare
,
più
veramente
qui
nazionale
,
potrà
equilibrarsi
o
sormontare
agli
altri
,
l
'
ecclesiastico
e
il
cavalleresco
.
Ora
siamo
al
punto
.
VII
.
Il
termine
della
potenza
imperiale
tra
noi
fu
segnato
,
lo
ripeto
,
dalla
battaglia
di
Benevento
.
In
Benevento
di
fatti
,
meglio
che
l
'
infelice
e
valoroso
Manfredi
,
cadeva
ferita
al
cuore
la
parte
imperiale
con
le
sue
tradizioni
necessariamente
germaniche
e
feudali
.
La
battaglia
di
Benevento
compiva
quella
di
Legnano
;
e
le
spade
dei
guelfi
fiorentini
che
seguivano
,
o
,
meglio
,
precedevano
Carlo
d
'
Angiò
,
rescindevan
di
fatto
i
vincoli
onde
i
mal
destri
guelfi
lombardi
si
erano
volontariamente
impedite
le
mani
a
Costanza
.
Che
importa
se
un
papa
bandisce
cotesta
guerra
,
se
la
conduce
un
francese
?
Lasciate
passare
qualche
anno
;
e
se
il
papa
,
libero
al
fine
dalla
téma
dell
'
imperatore
presente
,
vorrà
allungare
li
ugnòli
,
i
comuni
e
i
signori
italiani
non
son
più
ormai
bestiuole
da
prendersi
a
inganno
e
farne
strazio
:
parte
guelfa
si
rinnoverà
per
modo
da
far
rientrare
pietosamente
quelle
granfie
.
Lasciate
passare
qualche
anno
;
e
la
concordia
tra
i
reali
di
Francia
e
la
chiesa
finirà
con
lo
schiaffo
di
cui
Filippo
il
Bello
,
mediante
la
mano
inguantata
di
ferro
di
Sciarra
Colonna
,
lasciò
l
'
impronta
su
la
faccia
senile
di
Bonifazio
VIII
.
Conseguitata
allora
all
'
abbiettazione
del
principio
d
'
autorità
feudale
quella
dell
'
ecclesiastico
,
e
trasferita
la
sede
alla
così
detta
cattività
babilonica
d
'
Avignone
,
nell
'
ecclisse
dei
due
luminari
del
medio
evo
,
la
luce
della
civiltà
italiana
empirà
mirabilmente
tutto
il
cielo
d
'
Europa
.
La
battaglia
di
Benevento
[
1266
]
,
e
la
caduta
della
repubblica
di
Firenze
[
1530
]
,
la
nascita
di
Dante
e
la
morte
dell
'
Ariosto
,
sono
dunque
come
l
'
oriente
e
l
'
occidente
di
questo
glorioso
giorno
d
'
Italia
;
o
,
se
volete
comprendervi
i
crepuscoli
dell
'
aurora
e
quelli
del
vespero
,
la
pace
di
Costanza
[
1183
]
e
il
trattato
di
Castel
Cambresis
[
1559
]
che
sottometteva
del
tutto
l
'
Italia
alla
casa
austriaca
di
Spagna
.
Così
,
quando
gli
astri
del
ponteficato
e
dell
'
impero
tramontano
,
nasce
quello
d
'
Italia
:
a
pena
i
primi
si
rincrociano
su
l
'
orizzonte
come
sinistre
comete
,
quel
d
'
Italia
ricade
.
VIII
.
Ma
quando
il
principio
popolare
e
nazionale
si
mise
all
'
opera
letteraria
,
quali
monumenti
trovò
egli
per
la
sua
via
,
quali
avanzi
,
quali
parti
incompiute
o
lasciate
a
mezzo
o
a
pena
delineate
,
del
gran
lavoro
che
avean
fatto
per
addietro
o
stavan
facendo
i
due
principii
emuli
?
Badò
egli
o
disprezzò
?
Riformò
o
distrusse
?
Distruggere
è
dei
barbari
;
e
l
'
elemento
italiano
troppo
è
di
natura
sua
assimilatore
.
E
di
più
l
'
opera
di
quei
due
principii
tanto
era
stata
prossima
e
tanto
influsso
aveva
esercitato
su
le
idee
,
che
sottrarsele
ed
evitarla
diveniva
,
per
allora
almeno
,
impossibile
.
Cominciamo
dal
principio
cavalleresco
,
la
cui
arte
si
spande
per
due
rivi
:
soggettiva
,
nella
lirica
amorosa
dei
trovadori
e
minnesingheri
;
oggettiva
,
nelle
epopee
romanzesche
normanne
bretoni
e
alemanne
.
Ma
l
'
epopea
romanzesca
non
divenne
europea
e
popolare
se
non
per
la
intromissione
e
la
mezzanità
del
principio
religioso
.
Ora
nel
primo
ciclo
di
quelle
epopee
,
intieramente
germanico
,
anzi
della
Germania
pagana
,
nel
ciclo
dei
Nibelunghi
e
della
Kudrun
e
del
Libro
degli
eroi
,
la
chiesa
non
ebbe
che
fare
;
né
il
cristianesimo
era
ancor
giunto
a
incivilire
con
la
cavalleria
quegli
eroi
,
che
son
veri
germani
della
migrazione
e
si
scannano
ferocemente
tra
loro
da
veri
burgundi
e
franchi
veri
.
Questo
ciclo
adunque
rimase
interamente
germanico
,
e
non
poteva
entrare
a
parte
della
letteratura
cavalleresca
europea
,
e
tanto
meno
della
italiana
.
Delle
quali
in
vece
è
universal
vanto
il
ciclo
carolingio
,
probabilmente
normannico
,
santificato
dalla
chiesa
colla
introduzione
delle
crociate
e
delle
guerre
per
la
fede
,
e
per
ciò
,
e
per
la
memoria
del
ristorato
impero
,
coltivato
con
amore
speciale
dai
popoli
di
Europa
.
Romanzesco
più
veramente
nel
senso
moderno
,
pieno
cioè
di
avventure
ardite
e
di
tenere
elegie
d
'
amore
,
era
il
terzo
ciclo
,
celtica
invenzione
dei
bretoni
,
più
intimo
,
più
moderno
,
più
veramente
francese
:
e
anche
di
quello
s
'
impossessò
la
chiesa
,
e
lo
affidò
a
'
pii
tedeschi
che
lo
idealizzassero
fino
a
simboleggiarvi
il
mistero
dell
'
eucaristia
.
Tale
era
la
materia
epica
,
germanica
e
celtica
,
che
l
'
Italia
ebbe
innanzi
.
Ma
l
'
ordine
feudale
da
cui
moveva
e
a
cui
ritornava
la
poesia
cavalleresca
,
in
Italia
,
senza
centro
suo
d
'
unità
,
fu
bentosto
sopraffatto
dall
'
elemento
indigeno
e
cittadino
con
cui
si
fuse
:
onde
ispirazione
d
'
arte
puramente
cavalleresca
l
'
Italia
non
ebbe
mai
.
Ebbe
una
materia
cavalleresca
,
che
fu
spasso
al
popolo
e
soggetto
di
esperienze
artistiche
ai
poeti
.
Le
canzoni
di
gesta
e
i
romanzi
avevano
da
un
pezzo
passate
le
Alpi
,
e
seguitavano
probabilmente
a
passarle
dopo
l
'
avvenimento
degli
angioini
.
Ma
gente
che
finiva
allora
d
'
avere
messo
insieme
il
corpo
del
diritto
romano
,
gente
che
aveva
da
affrontare
la
realtà
della
vita
negl
'
interessi
dei
comuni
,
nelle
lotte
dei
partiti
,
negli
ardimenti
dell
'
industria
,
potevano
per
allora
pensare
a
rifar
su
'
l
serio
quegl
'
intrecci
di
eroi
dai
lievi
contorni
che
vanno
sfumando
in
un
turbine
di
avventure
mal
comprese
?
potevano
pensarvi
essi
che
ammiravano
Virgilio
ed
Ovidio
?
Cavalieri
e
dame
leggevano
di
Lancillotto
e
Ginevra
in
francese
:
il
popolo
ascoltava
con
diletto
nelle
piazze
i
cantastorie
di
Orlando
e
Carlo
Magno
,
che
potevano
essere
anche
francesi
o
che
cantavano
un
francese
fatto
a
pena
italiano
nelle
desinenze
,
come
è
quello
del
Renart
veneto
;
ascoltava
,
e
,
dov
'
ei
vedesse
un
masso
di
meravigliosa
mole
,
diceva
esser
quello
stesso
che
fu
spezzato
in
due
dalla
spada
del
paladino
d
'
Anglante
;
affermava
rialzate
o
edificate
dal
santo
imperatore
quelle
mura
e
quella
basilica
;
poneva
nell
'
Etna
il
fatale
nascondiglio
di
Artù
o
nelle
buche
delle
fate
di
Fiesole
il
misterioso
sacrario
dell
'
incantagione
d
'
Orlando
.
Ma
intanto
il
comune
di
Bologna
,
a
cui
certi
oziosi
circoli
non
garbavano
,
vietava
con
decreto
del
1288
,
che
i
cantores
francigenarum
si
fermassero
su
le
piazze
.
E
i
cavalieri
attendevano
alle
loro
possessioni
allodiali
,
o
con
lor
masnade
andavano
di
terra
in
terra
per
capitani
e
podestà
;
e
il
popolo
badava
a
snidar
dai
castelli
quel
che
avanzava
di
feudatarii
e
a
costringerli
a
città
e
poi
cacciarli
anche
di
città
come
grandi
.
I
romanzi
d
'
avventura
furon
dunque
riserbati
per
il
rifacimento
,
pe
'
l
ricreamento
,
dirò
anzi
,
artistico
,
a
secoli
più
oziosi
o
più
aristocraticamente
foggiati
,
il
decimoquinto
e
il
decimosesto
;
per
allora
si
tradussero
alla
meglio
,
tanto
per
servire
alla
richiesta
dei
disoccupati
e
delle
donne
,
alla
meglio
,
come
sono
stati
tradotti
a
'
nostri
tempi
i
romanzi
del
Dumas
da
mestieranti
.
Ci
fu
per
avventura
qualche
tentativo
poetico
,
ma
di
poco
nome
o
di
niuno
:
tutto
finisce
qui
.
Per
adesso
della
poesia
cavalleresca
maggior
vestigi
lasciò
e
più
si
apprese
alle
menti
quella
parte
che
di
natura
sua
è
più
universale
e
comune
;
la
lirica
individuale
.
E
due
effetti
operò
;
buono
l
'
uno
,
e
pessimo
l
'
altro
:
inculcò
,
almeno
per
moda
,
quello
speciale
rispetto
alla
donna
,
considerata
come
sorgente
di
virtù
e
perfezione
,
che
mantenne
certa
gentilezza
nel
costume
e
nelle
idee
de
'
nostri
popoli
di
un
po
'
rude
naturalezza
:
esercitò
con
le
sue
forme
una
ben
triste
influenza
su
la
lirica
italiana
,
impigliandone
più
d
'
una
volta
e
costringendone
il
proprio
e
libero
procedere
,
e
avvezzandola
talvolta
,
e
assai
di
buon
'
ora
,
a
un
che
di
arguto
e
manierato
.
Più
efficace
opera
,
e
di
più
durevole
impressione
,
almeno
in
parte
,
aveva
fatto
il
principio
ecclesiastico
.
Lasciamo
stare
i
suoi
cicli
leggendarii
accumulati
nelle
età
grosse
del
medio
evo
e
tramandati
di
secolo
in
secolo
;
i
cicli
orientali
e
bizantini
dei
martiri
,
dei
solitari
e
dei
contemplanti
;
i
cicli
latini
cominciati
da
Gregorio
Magno
col
Dialogo
e
chiusi
coll
'
Aurea
leggenda
del
Da
Varagine
;
lasciamoli
stare
,
sebbene
e
'
sien
qui
tutti
pronti
su
le
soglie
dell
'
età
nuova
a
fornire
materia
ed
argomento
ai
raccontatori
ed
ai
mistici
del
secolo
decimoquarto
,
alla
poesia
drammatica
del
secolo
decimoquinto
,
alla
pittura
dal
duecento
a
tutto
quasi
il
cinquecento
.
La
chiesa
avea
fatto
assai
di
più
.
Su
'
l
principio
del
secolo
decimoterzo
,
contro
le
eresie
della
ragione
e
del
sentimento
d
'
ogni
dove
irrompenti
e
favoreggiate
più
o
meno
apertamente
,
secondo
le
occasioni
,
da
Federico
II
e
dalla
parte
imperiale
,
la
chiesa
avea
commesso
il
suo
verbo
a
due
potenti
milizie
;
e
queste
si
erano
sparse
tra
le
genti
rinnovando
su
'
l
mondo
il
suggello
della
fede
.
Intorno
al
capo
di
san
Francesco
,
frate
innamorato
di
tutte
le
creature
,
socialista
cristiano
,
volano
le
colombe
,
e
i
lupi
gli
lambiscon
la
mano
;
e
il
popolo
gl
'
intesse
una
ghirlanda
lucida
e
serena
che
si
riflette
su
l
'
arte
della
parola
e
del
disegno
.
Intorno
al
capo
di
san
Domenico
rugghiano
le
fiamme
dei
roghi
e
sibila
come
fionda
di
piombo
il
sillogismo
del
definitore
teologo
:
egli
brandisce
una
facella
,
che
vorrebbe
esser
di
luce
,
ma
che
vapora
d
'
inferno
per
la
via
dei
secoli
.
E
due
famiglie
,
due
eserciti
,
seguitano
quei
padri
e
quei
duci
.
In
mezzo
all
'
una
procede
contemplando
e
inneggiando
il
serafico
autore
dell
'
Itinerario
della
mente
verso
Dio
,
in
mezzo
all
'
altra
,
tutto
chiuso
e
concludendo
in
forma
,
l
'
«
Angelo
delle
scuole
»
.
Gli
uni
si
rivolgono
al
sentimento
col
misticismo
,
gli
altri
all
'
intelletto
colla
scolastica
.
Letterati
e
artisti
,
gli
uni
fanno
miglior
prova
nella
leggenda
nella
lirica
nell
'
architettura
,
gli
altri
nel
trattato
e
nella
pittura
.
Ribelli
all
'
autorità
,
gli
uni
si
chiameranno
fraticelli
della
povera
vita
,
specie
di
quaqueri
,
e
daranno
,
vittima
ignota
,
un
fra
'
Michele
;
gli
altri
produranno
fra
'
Girolamo
Savonarola
e
i
piagnoni
,
tendenti
a
una
democrazia
monastica
.
Per
intanto
due
forme
d
'
arte
mistica
rifioriscono
intorno
a
loro
,
la
visione
e
la
meditazione
.
E
in
cima
alla
Somma
di
Tommaso
d
'
Aquino
la
teologia
s
'
abbraccia
con
la
scienza
;
e
in
cima
alla
ontologia
di
Bonaventura
la
fede
s
'
abbraccia
con
l
'
arte
;
e
tutte
quattro
paion
d
'
alto
irraggiare
le
belle
cattedrali
sorgenti
nell
'
Italia
di
mezzo
e
i
timidi
colori
dell
'
arte
che
aspetta
Giotto
.
Dante
sta
ritto
in
piedi
tra
i
colonnati
solenni
e
leggiadri
,
e
guarda
,
rapito
in
contemplazione
.
DISCORSO
TERZO
Del
periodo
toscano
:
affermarsi
della
letteratura
nazionale
:
Firenze
e
il
gran
triumvirato
.
I
.
Diamo
ora
uno
sguardo
a
tutto
insieme
il
fluire
maestoso
di
questo
fiume
divino
,
come
avrebbe
detto
Omero
,
della
letteratura
italiana
nel
secolo
decimoterzo
e
nel
decimoquarto
.
Incominciata
dalla
poesia
individuale
,
seguitò
,
come
letteratura
di
popolo
libero
,
segnando
la
superbia
del
nome
latino
rivendicato
e
i
fasti
della
nuova
libertà
nelle
croniche
,
descrivendo
le
tradizioni
e
i
costumi
nelle
leggende
e
novelle
;
abbracciò
,
come
ne
'
suoi
principii
ogni
letteratura
non
primitiva
,
tutta
la
scienza
e
del
passato
e
del
presente
nelle
enciclopedie
;
attestò
nei
volgarizzamenti
la
conservazione
dell
'
arte
e
della
scienza
antica
.
Altrove
si
scherzò
con
versi
leggeri
,
ma
nell
'
Italia
del
mezzo
e
tra
la
cittadinanza
fiorentina
nacque
la
prosa
del
Trecento
,
gentile
ed
elevata
,
forte
ed
elegante
,
come
poi
l
'
architettura
di
Santo
Spirito
;
qui
prese
moto
e
colore
quella
poesia
che
nelle
luminose
visioni
della
Vita
nuova
sembra
tendere
al
cielo
come
i
due
angeli
dipinti
da
Giotto
nella
cattedrale
d
'
Assisi
,
o
che
sorge
come
Santa
Maria
del
Fiore
gigantesca
e
solitaria
nella
Divina
Commedia
.
Sublime
spettacolo
,
il
popolo
italiano
,
raffermo
e
assodato
,
porre
il
fondamento
e
dare
proprissime
alla
sua
civiltà
la
forza
e
l
'
azione
,
le
figure
e
le
sembianze
,
con
un
acconcio
temperamento
dell
'
antico
e
del
nuovo
,
del
cristiano
e
dell
'
etnico
,
del
latino
e
del
medievale
,
tanto
ne
'
reggimenti
e
negl
'
instituti
,
quanto
nella
scienza
e
nell
'
arte
;
certo
per
quella
facoltà
di
sapiente
eclettismo
e
di
artistica
assimilazione
che
fu
della
gente
nostra
,
degli
elleni
e
latini
.
Ma
il
popolo
d
'
Italia
,
più
simiglievole
in
ciò
a
'
greci
che
non
a
'
romani
,
questi
mezzi
di
ravvicinamento
gli
ebbe
in
sé
stesso
;
come
quello
che
si
aveva
connaturato
,
pur
riadattandolo
estrinsecamente
a
sé
,
il
cristianesimo
,
e
che
ne
'
forzati
mescolamenti
delle
genti
settentrionali
qualche
cosa
aveva
attinto
di
loro
.
E
come
il
popolo
d
'
Italia
,
a
quella
guisa
che
i
romani
con
le
armi
e
i
greci
con
le
colonie
e
le
dinastie
,
si
stese
con
i
commerci
per
tutto
il
levante
e
a
settentrione
;
così
le
lettere
ed
arti
sue
,
a
guisa
di
chi
sentesi
ricco
di
dottrina
ed
esperienza
propria
e
pur
gli
giova
guardare
all
'
altrui
e
profittarne
,
attinse
largamente
non
che
dal
francese
e
dal
germanico
,
ma
e
dal
bizantino
e
dall
'
orientale
.
E
come
la
nuova
plebe
latina
aveva
co
'
l
lavoro
di
secoli
contemperato
a
sé
artisticamente
il
cristianesimo
anzi
che
essersi
lasciata
ritemprare
da
quello
;
e
come
ella
,
più
presto
che
non
distrusse
,
assorbì
in
sé
molta
parte
di
feudalismo
e
d
'
aristocrazia
,
facendo
cittadini
e
artigiani
i
suoi
antichi
signori
;
e
come
lasciò
poi
sorgere
di
sé
il
popolo
grasso
e
la
nobiltà
popolana
,
non
restando
ella
veramente
in
soggezione
de
'
nuovi
ordini
,
ma
piuttosto
partecipando
con
quelli
il
reggimento
;
così
la
primitiva
letteratura
italiana
,
incominciata
dal
popolo
e
promossa
e
aiutata
dal
sentimento
religioso
e
dal
principio
ecclesiastico
,
prese
poi
della
feudale
ed
ecclesiastica
quello
che
le
conveniva
,
rinnovandola
per
altro
a
maggior
durata
col
temprarne
l
'
essenza
e
le
forme
;
quindi
lasciò
sviluppare
di
sé
una
letteratura
più
dotta
,
alla
quale
seguitò
ella
a
porger
del
suo
,
perché
riuscisse
più
che
altro
una
sua
necessaria
prosecuzione
e
un
perfezionamento
.
Adunque
,
ricollegare
pazientemente
l
'
antico
col
nuovo
,
la
imitazione
allargare
,
accomodare
la
scienza
a
tale
arte
che
pur
rimanesse
popolana
e
sopra
tutto
guardar
sempre
al
popolo
e
alla
nazione
;
furono
i
caratteri
della
prima
letteratura
d
'
Italia
.
Quindi
volgarizzamenti
di
scrittori
greci
e
latini
,
sacri
e
profani
;
vite
di
santi
e
leggende
bizantine
e
orientali
,
e
trattati
e
poemi
di
origine
provenzale
ed
arabica
;
quindi
il
re
Artù
e
Tristano
ed
Isotta
la
bionda
per
una
parte
,
e
Alessandro
e
Cesare
e
Catilina
per
un
'
altra
;
e
novelle
che
la
materia
pigliano
da
ogni
paese
;
e
nella
poesia
la
canzon
filosofica
accanto
al
sirventese
politico
e
alla
gaia
ballata
,
e
le
ire
di
municipio
con
la
carità
di
cristiano
,
e
l
'
erudizione
classica
col
genio
paesano
d
'
Italia
e
con
gli
spiriti
cavallereschi
di
Provenza
;
e
l
'
elegia
che
fiorisce
d
'
onde
spunta
la
satira
,
e
l
'
entusiasmo
lirico
col
sillogismo
delle
scuole
;
e
negli
spazi
della
visione
popolati
di
mille
fantasie
le
arduità
matematiche
:
il
che
tutto
raccoglie
in
sé
,
rappresentatore
supremo
di
questa
universalità
della
prima
arte
italiana
,
Orfeo
,
Omero
ed
Esiodo
a
un
tempo
,
Dante
Alighieri
.
E
in
questa
varietà
è
tuttavia
da
notare
la
potenza
,
che
quei
nostri
vecchi
ebbero
mirabile
,
di
dare
l
'
aria
del
paese
e
l
'
atteggiamento
di
famiglia
così
alle
erudizioni
diverse
e
alle
difficili
astrazioni
della
scienza
come
alle
fantasie
che
pigliavano
di
lontano
.
I
romanzatori
de
'
Reali
di
Francia
attinsero
certo
d
'
oltre
monte
la
materia
e
parte
anche
delle
forme
;
ma
quei
romanzi
divennero
accettissimi
alla
nazione
,
e
tuttora
rimangono
lettura
tradizionale
di
questo
popolo
,
che
dei
moderni
imitatori
di
Francia
e
di
Germania
non
sa
pure
il
nome
.
Ritraggono
dall
'
oriente
le
leggende
cristiane
;
ma
sono
ad
un
'
ora
di
quelle
cose
dove
più
cara
fiorisce
la
favella
toscana
e
dove
il
sentimento
popolano
fiammeggia
più
limpido
.
Il
Cavalcanti
poeteggia
sottili
filosofemi
nelle
gravi
stanze
della
canzone
;
ma
le
sue
ballate
furono
certo
intese
e
cantate
dalle
donne
e
dai
giovani
.
E
non
erano
elleno
popolari
le
fantasie
della
Divina
Commedia
?
e
anche
l
'
allegoria
che
la
domina
non
era
il
popolo
d
'
allora
avvezzo
a
contemplarla
e
meditarla
nelle
leggende
nelle
pitture
e
fin
negli
ornamenti
architettonici
delle
chiese
?
in
fin
,
non
era
egli
tutto
avvivato
dalle
ricordanze
del
popolo
italiano
il
poema
dell
'
aristocratico
fiorentino
?
Onde
il
popolo
e
lo
cantò
,
come
poi
udì
cantare
nelle
piazze
versi
del
Petrarca
,
e
volle
che
glie
ne
fosse
dichiarata
nelle
chiese
ai
dì
di
festa
la
parte
scientifica
.
E
dal
popolo
desunse
il
Boccaccio
non
poco
della
materia
al
suo
Decameron
,
e
delle
forme
le
più
belle
e
durature
.
Allora
Dante
,
il
Petrarca
,
il
Boccaccio
,
ingegni
sovrani
,
parlavano
al
popolo
d
'
alte
cose
e
di
leggiadre
con
alti
ed
ornati
sensi
e
parole
;
e
n
'
erano
compresi
ed
ammirati
.
Oggi
ingegni
mezzanissimi
fanno
prova
d
'
imitare
il
popolo
;
e
le
sono
smorfie
;
e
il
popolo
non
bada
a
loro
.
Degnamente
.
Il
popolo
vuolsi
rialzare
;
non
rimpiccolir
noi
né
bamboleggiare
senilmente
,
per
mantenerlo
sempre
in
condizion
di
minore
.
II
.
Del
resto
,
la
letteratura
del
Trecento
è
toscana
quasi
tutta
,
sì
per
gli
scrittori
e
la
lingua
,
come
per
le
esterne
cagioni
che
la
informarono
e
condizionarono
via
via
.
Dei
volgarizzamenti
,
che
tanto
conferirono
a
scozzonare
la
favella
e
scaltrirla
agli
stili
diversi
,
i
più
e
i
maggiori
,
in
tutte
le
direzioni
dello
spirito
e
in
tutte
le
colture
,
la
religiosa
,
la
classica
,
la
cavalleresca
,
sono
opera
di
toscani
:
toscani
i
predicatori
e
gli
autori
spirituali
,
tanta
parte
allora
della
educazione
e
lettura
popolare
:
toscani
i
meglio
dei
cronisti
e
i
novellatori
:
toscani
poi
tutti
gli
scrittori
che
più
fedelmente
e
largamente
comprendono
e
rendono
nelle
opere
loro
il
movimento
il
sentimento
il
colorito
del
tempo
:
Brunetto
Latini
,
il
Giamboni
,
Giordano
da
Rivalta
,
il
Cavalcanti
,
Dante
,
Dino
,
il
Cavalca
,
Bartolommeo
da
San
Concordio
,
il
Villani
,
il
Petrarca
,
Fazio
degli
Uberti
,
il
Passavanti
,
il
Boccaccio
,
Caterina
da
Siena
,
Giovanni
dalle
Celle
,
Franco
Sacchetti
.
Dinanzi
a
tali
nomi
ed
opere
perdono
ogni
importanza
quegli
alcuni
o
rimatori
o
volgarizzatori
o
cronisti
di
altre
regioni
italiane
,
i
quali
,
del
resto
,
se
scrivono
con
intenzione
di
arte
,
seguono
con
più
o
meno
d
'
incertezza
i
toscani
,
o
vero
nella
rozzezza
loro
tradiscono
la
niuna
cultura
del
dialetto
nativo
;
quando
invece
dal
volgare
delle
domestiche
e
private
scritture
fiorentine
pisane
e
senesi
al
volgare
del
Villlani
del
Cavalca
di
Caterina
non
corre
divario
,
o
ben
poco
.
Insomma
,
nella
prima
età
della
letteratura
italiana
,
il
suggello
è
nazionale
e
toscana
l
'
impronta
.
Toscana
ho
detto
e
doveva
dir
fiorentina
.
Perocché
Arezzo
Pistoia
Lucca
tacciono
ben
presto
;
un
poco
più
tardi
,
e
onoratamente
,
ma
pur
anche
Siena
e
Pisa
cedon
del
campo
;
che
Firenze
occupa
e
tiene
,
sempre
,
sola
,
gloriosa
.
III
.
Per
quel
che
concerne
la
materia
e
l
'
instrumento
letterario
;
più
puro
,
più
elegante
,
più
regolare
degli
altri
italici
apparisce
dalle
scritture
private
che
di
quei
tempi
ci
avanzano
il
dialetto
che
si
parlava
in
Firenze
.
Non
che
si
voglia
o
debbasi
con
ciò
dare
il
vanto
della
lingua
a
lei
tutta
sola
;
ché
italiano
erasi
già
scritto
a
Palermo
,
erasi
scritto
a
Bologna
.
E
fu
notato
che
i
primi
tentativi
per
sollevare
a
dignità
letteraria
i
varii
dialetti
riuscivano
come
al
ritrovamento
di
una
lingua
comune
.
Il
che
non
parrà
strano
,
quando
si
ripensi
che
quei
dialetti
,
reliquie
dei
vecchi
linguaggi
italici
passati
per
il
crogiuolo
del
latino
,
erano
allora
per
la
più
parte
men
lontani
tra
loro
e
men
diversi
che
oggi
non
siano
;
e
la
prova
veniva
sempre
facendosi
allo
specchio
del
latino
da
uomini
ingegnosi
,
nelle
città
più
cólte
d
'
Italia
.
Con
tali
condizioni
e
con
sì
fatta
norma
era
naturale
che
ad
una
lingua
comune
,
stabile
e
regolare
,
si
arrivasse
ben
presto
,
quando
la
letteratura
da
benigna
necessità
storica
fu
condotta
a
fiorire
nel
bel
mezzo
dell
'
Italia
centrale
,
nel
bel
mezzo
della
famiglia
de
'
dialetti
più
veramente
latini
,
dove
più
omogeneamente
tenevasi
raccolto
l
'
elemento
antico
e
men
turbato
da
misture
straniere
.
Ma
veramente
per
solo
il
dialetto
non
avrebbe
Firenze
potuto
esercitare
quella
gran
parte
che
ebbe
nello
svolgimento
della
letteratura
nazionale
e
della
coltura
moderna
.
Altre
e
più
forti
ragioni
vi
sono
per
le
quali
il
Comune
che
occupava
poche
miglia
d
'
un
territorio
non
fertile
dovesse
occupare
del
suo
nome
l
'
Europa
.
Nello
scorcio
del
secolo
decimoterzo
gli
angioini
di
Napoli
,
non
avendo
piè
fermo
né
diritti
sovrani
su
le
parti
più
vitali
della
penisola
,
non
ebbero
più
dopo
Carlo
I
vera
potenza
,
e
l
'
opera
loro
non
fu
che
d
'
intrighi
più
o
meno
avveduti
e
ambiziosi
:
al
settentrione
,
i
signori
pullulavano
da
per
tutto
,
rappresentanti
,
è
vero
,
del
popolo
contro
i
nobili
e
i
grandi
,
ma
non
amici
di
libertà
,
e
i
comuni
,
esauste
le
forze
,
si
accasciavano
omai
sotto
il
giogo
civile
di
uno
più
volontieri
che
non
combattessero
contro
cento
:
le
repubbliche
marittime
attendevano
a
'
lor
commerci
e
conquisti
e
a
contenderseli
fra
loro
:
nel
centro
,
Roma
,
dopo
l
'
esilio
de
'
papi
e
negli
scismi
che
lo
accompagnarono
e
nella
debolezza
che
da
quelli
conseguitò
al
ponteficato
,
travagliava
nell
'
anarchia
sé
e
le
province
che
le
erano
addette
di
diritto
o
di
fatto
.
Ecco
,
parmi
,
le
cagioni
più
apparenti
per
che
focolare
proprio
alla
nuova
civiltà
fu
per
gran
parte
Toscana
,
e
per
grandissima
parte
Firenze
.
Quando
le
altre
repubbliche
allentavano
il
corso
e
sostavano
in
una
quiete
che
era
stanchezza
,
ella
,
l
'
ultima
nata
delle
grandi
sorelle
,
aveva
a
pena
preso
le
mosse
:
con
lei
era
la
gioventù
e
la
freschezza
delle
forze
,
e
per
lei
l
'
avvenire
.
In
Firenze
,
il
Comune
,
o
meglio
,
la
cittadinanza
popolaresca
che
fu
il
nocciolo
vero
del
Comune
,
di
mezzo
alle
schiatte
di
nobili
,
tedesche
e
feudali
,
partite
in
guelfe
e
ghibelline
,
aveva
con
rigoroso
ordinamento
civile
e
militare
saputo
e
potuto
constituirsi
in
modo
da
acquistare
un
'
azione
propria
e
indipendente
,
da
infrenare
le
due
parti
,
o
,
all
'
occasione
,
abbatter
l
'
una
collegandosi
all
'
altra
.
Guelfo
il
Comune
di
Firenze
fu
,
come
in
fondo
ogni
comune
italiano
,
per
rispetto
a
quel
certo
favoreggiamento
che
le
libertà
civili
ebbero
,
nel
loro
primo
contendere
ad
affermarsi
,
dalla
politica
dei
papi
improvvida
delle
conseguenze
;
fu
guelfo
in
opposizione
al
ghibellinismo
cesareo
di
casa
sveva
,
al
ghibellinismo
tirannico
e
aristocratico
degli
aderenti
suoi
feudatari
e
nobili
;
ma
gl
'
interessi
dell
'
esistenza
libera
,
i
diritti
allo
svolgimento
infinito
della
vita
democratica
,
gli
manteneva
e
proseguiva
contro
guelfi
e
ghibellini
del
pari
.
La
cittadinanza
guelfa
di
Firenze
,
o
,
a
dir
più
chiaro
,
la
borghesia
,
nel
contrasto
dei
due
poteri
e
delle
parti
,
fu
neutrale
ad
un
'
ora
ed
attiva
:
ella
era
anzi
tutto
fiorentina
;
e
con
questa
politica
venne
a
stabilirsi
nella
constituzione
del
1282
.
Allora
,
posta
tra
l
'
alta
e
la
mediana
Italia
,
con
in
mano
le
chiavi
dell
'
Appennino
,
con
un
'
indomita
forza
di
espansione
,
con
una
operosità
infaticabile
,
Firenze
divenne
ben
presto
potentato
italiano
,
leva
al
movimento
politico
,
economico
,
artistico
della
penisola
.
E
ben
presto
,
per
ricchezza
di
commercio
,
per
esuberanza
di
produzione
materiale
e
intellettuale
,
per
prosperità
e
civiltà
interna
,
per
influenza
tutta
popolare
e
industriale
al
di
fuori
,
non
ebbe
pari
,
su
'
l
finire
del
secolo
decimoterzo
e
nel
decimoquarto
;
più
tardi
,
ebbe
pari
soltanto
le
città
di
Olanda
.
Ella
era
la
prima
potenza
denaresca
d
'
Europa
;
le
sue
banche
fiorivano
ad
Augusta
a
Marsiglia
a
Parigi
a
Londra
,
negli
scali
d
'
Oriente
:
il
pontefice
chiamavala
fonte
dell
'
oro
,
il
soldano
ammirava
i
suoi
fiorini
,
i
re
d
'
Europa
ricorrevano
a
'
suoi
banchieri
o
li
rubavano
.
Ma
i
fiorentini
non
erano
solamente
e
grossolanamente
banchieri
e
mercanti
.
Come
le
corporazioni
delle
arti
venivano
ad
essere
,
più
utilmente
forse
che
non
le
società
politiche
della
rivoluzione
francese
,
altrettante
repubbliche
nella
repubblica
,
così
ogni
mercante
,
ogni
artigiano
,
anche
prima
di
prender
parte
al
governo
,
anche
senza
prendervi
parte
,
si
addestrava
nella
discussione
,
nella
conoscenza
degli
statuti
e
del
reggimento
,
nell
'
amministrazione
degl
'
interessi
pubblici
,
non
che
dei
grandi
interessi
della
sua
corporazione
sparsi
per
tutta
la
terra
civile
.
E
per
tutta
la
terra
civile
cotesti
mercanti
e
artigiani
portavano
il
fino
ingegno
,
lo
scòrto
maneggio
,
l
'
acuta
osservazione
,
il
sentimento
nobile
della
patria
repubblicana
:
per
essi
Firenze
si
rispecchiava
nell
'
Europa
e
nell
'
Asia
,
e
l
'
Asia
e
l
'
Europa
in
Firenze
:
onde
il
detto
di
Bonifazio
VIII
,
quando
nel
ricevere
ambasciatori
di
varie
e
strane
nazioni
li
sentì
tutti
fiorentini
,
essere
i
fiorentini
il
quinto
elemento
del
mondo
.
E
certo
furono
nel
medio
evo
e
nel
Rinascimento
l
'
elemento
essenziale
della
civiltà
moderna
.
Né
il
commercio
ammolliva
loro
il
braccio
o
ne
rimpiccioliva
l
'
animo
o
ne
fiaccava
gli
spiriti
.
Fuori
,
i
negozi
e
le
banche
spargevano
le
fiorentine
manifatture
,
moltiplicavano
l
'
oro
fiorentino
:
dentro
,
gli
opificii
delle
sete
e
delle
lane
risuonavano
del
lieto
strepito
del
lavoro
:
ma
a
un
bisogno
,
sol
che
la
nota
insegna
sventolasse
dalla
casa
del
gonfalonier
di
quartiere
,
le
spole
e
i
naspi
tacevano
,
e
quattordicimila
lavoranti
e
capi
di
bottega
erano
in
armi
a
difendere
da
ogni
attentato
la
constituzione
del
popolo
,
a
rivendicar
tutti
l
'
oltraggio
fatto
ad
un
solo
.
E
quando
l
'
imperatore
o
alcun
de
'
tiranni
ghibellini
minacciasse
il
comune
,
venticinquemila
uomini
portanti
l
'
armi
rassegnava
la
città
,
settantamila
si
raccoglievano
nel
contado
:
onde
alle
minacce
di
Arrigo
VII
potevasi
rispondere
senza
iattanza
,
Firenze
non
aver
mai
per
niun
signore
abbassate
le
corna
.
E
intanto
in
quel
reggimento
che
passava
per
tutte
le
fasi
di
uno
stato
a
popolo
,
con
la
partizione
e
lo
sminuzzamento
all
'
infinito
del
potere
e
degli
offici
voluto
dalla
gelosia
democratica
,
non
che
per
le
vive
emulazioni
delle
parti
,
le
forze
individuali
dovevano
manifestarsi
,
esplicarsi
,
incontrarsi
per
tutti
i
versi
.
Aggiungete
il
sentimento
generale
che
in
paese
piccolo
e
raccolto
più
facilmente
viene
educato
dai
personaggi
gloriosi
per
poi
alla
sua
volta
educarli
.
Aggiungete
l
'
occasione
,
gli
stimoli
,
l
'
insegnamento
,
che
lo
Stato
porgeva
,
risvegliava
,
forniva
.
Nel
popolo
di
Firenze
l
'
istruzione
più
che
elementare
era
diffusa
come
oggi
nelle
principali
città
di
Germania
:
molti
libri
di
compilazioni
e
di
versioni
,
oggi
testi
di
lingua
,
eran
composti
per
il
popolo
;
e
il
bottegaio
teneva
sotto
il
banco
Livio
e
Sallustio
,
l
'
Eneide
e
la
Tavola
rotonda
,
ultimamente
tradotti
;
leggeva
e
giudicava
il
Villani
e
anche
Dante
,
e
ne
trascriveva
ne
'
suoi
quaderni
le
cose
notevoli
o
che
più
lo
toccassero
.
Le
scuole
di
grammatica
e
di
logica
erano
frequentate
da
seicento
studenti
,
e
dal
fiore
della
gioventù
popolana
le
prime
università
d
'
Italia
e
d
'
Europa
.
Intendesi
così
come
le
cure
del
guadagno
e
degli
utili
e
materiali
godimenti
non
ottundessero
il
senso
de
'
bisogni
morali
,
non
ghiacciassero
l
'
alito
delle
pure
e
sublimi
aspirazioni
,
non
intralciassero
e
impedissero
lo
svolgimento
intimo
e
intellettivo
:
intendesi
come
quella
libera
larghezza
di
vivere
non
respingesse
troppo
presto
le
nobili
usanze
antiche
,
non
rompesse
così
subito
i
confini
dell
'
antica
disciplina
.
Onde
quella
varietà
,
quella
molteplicità
,
quel
contrasto
di
colori
nella
superficie
della
società
fiorentina
:
qui
le
feste
magnifiche
ed
eleganti
,
i
lieti
ritrovi
dei
giovani
con
giuochi
d
'
armi
e
di
cavalleria
,
e
il
culto
gentile
della
donna
:
là
le
famiglie
attinenti
ed
avverse
ragunate
al
corrotto
de
'
morti
,
e
quindi
d
'
intorno
alla
bara
e
dalla
chiesa
saltare
all
'
armi
in
su
la
piazza
:
e
le
confraternite
dalle
lugubri
fogge
e
dai
lugubri
canti
nelle
cappelle
sotterranee
,
e
le
rappresentazioni
dei
misteri
della
vita
oltremondana
su
i
ponti
e
le
piazze
;
e
in
mezzo
a
tutto
questo
i
tentativi
severi
nel
campo
della
verità
e
della
bellezza
,
della
scienza
e
dell
'
arte
,
salutati
come
una
gioia
e
come
una
gloria
del
comune
:
la
tradizione
della
Madonna
dipinta
da
Cimabue
e
del
popolo
che
trae
raggiante
di
letizia
a
vederla
,
onde
il
nome
di
Borgo
Allegri
,
quante
mai
cose
dimostra
,
quanti
secreti
rivela
!
Tutti
i
diversi
elementi
della
vita
nuova
italiana
;
la
fantasia
religiosa
etrusca
,
l
'
intelletto
sociale
romano
,
il
sentimento
individuale
germanico
,
lo
spirito
leggiadro
provenzale
e
francese
,
l
'
istinto
pratico
e
progressivo
dei
comuni
lombardi
;
tutto
ciò
ne
si
presenta
in
Firenze
in
meravigliosa
varietà
di
fenomeni
;
in
Firenze
che
vede
presso
su
'
l
monte
le
ruine
etrusche
di
Fiesole
,
in
Firenze
colonia
romana
e
di
romane
memorie
superba
,
in
Firenze
ove
i
tedeschi
venuti
con
Ottone
constituiscono
la
nobiltà
più
armigera
e
irrequieta
,
in
Firenze
il
cui
giglio
ama
fiorire
co
'
l
giglio
di
Francia
e
che
sormonta
coll
'
avvenimento
degli
angioini
.
Ma
tutto
ciò
Firenze
lo
trasforma
a
nuova
e
originale
unità
.
Arnolfo
e
Giotto
dalla
durezza
dalla
rigidità
dall
'
inceppamento
dell
'
arte
bizantina
e
tedesca
passano
alle
serene
e
liete
forme
italiane
:
il
Cavalcanti
e
Dante
appianano
e
arrotondano
le
asperità
e
la
rozzezza
della
scolastica
in
quello
stesso
che
sollevano
nel
dotto
edificio
della
strofe
la
leggera
canzone
provenzale
.
Lo
slancio
degli
uomini
e
degli
ingegni
,
in
così
breve
spazio
,
entro
sì
angusti
termini
,
fu
miracoloso
,
e
non
ha
pari
nella
storia
che
quel
d
'
Atene
dopo
Maratona
;
col
quale
ha
pur
questa
essenzial
somiglianza
,
che
in
tanto
ardimento
,
in
tanta
realtà
di
vita
,
non
fu
deposto
quel
quasi
senso
fanciullesco
,
nel
significato
migliore
della
parola
,
d
'
un
'
arte
nuova
,
il
tremore
l
'
orrore
l
'
amore
dinanzi
al
soprannaturale
all
'
infinito
al
divino
;
orrore
e
tremore
che
è
lo
stesso
in
Eschilo
e
in
Dante
,
amore
che
è
in
Sofocle
e
nel
Petrarca
.
IV
.
Per
le
quali
cose
tutte
,
Firenze
su
'
l
finire
del
medio
evo
fu
all
'
Europa
dal
lato
della
coltura
e
della
civiltà
secolare
quel
che
era
Roma
per
la
religione
,
Parigi
per
la
scolastica
.
Per
la
letteratura
nazionale
poi
,
i
termini
del
primo
originale
periodo
si
riscontrano
agevolmente
e
naturalmente
nella
storia
fiorentina
;
dal
1282
,
quando
il
reggimento
si
rinnovò
con
la
instituzione
de
'
priori
delle
arti
e
di
libertà
,
nel
quale
anno
o
nell
'
appresso
Dante
scrisse
il
primo
sonetto
della
Vita
nuova
,
al
1378
,
quando
la
democrazia
fiorentina
passata
per
tutte
le
rivoluzioni
precipitò
nel
tumulto
sociale
dei
Ciompi
:
quattro
anni
avanti
erano
morti
il
Petrarca
e
il
Boccaccio
.
L
'
anno
1282
fu
,
nelle
debite
proporzioni
,
per
il
popolo
di
Firenze
quel
che
il
1789
per
la
borghesia
di
Francia
:
sterpate
già
al
di
fuori
le
più
prossime
piante
dell
'
aristocrazia
feudale
,
fu
in
cotesto
anno
con
la
instituzione
de
'
priori
estirpato
anche
ogni
germe
interno
dell
'
aristocrazia
di
nascita
,
e
assicurato
il
governo
nelle
mani
del
popolo
grasso
.
L
'
anno
1293
fu
per
Firenze
quel
che
il
1793
per
la
Francia
:
allargò
i
termini
del
governo
popolare
,
lo
corroborò
con
la
instituzione
dei
gonfalonieri
capi
della
milizia
civica
,
e
con
gli
ordinamenti
di
giustizia
che
furono
,
senza
sangue
,
la
legge
dei
sospetti
contro
le
famiglie
grandi
.
La
rivoluzione
del
1301
,
a
cui
seguitò
la
cacciata
dei
Bianchi
,
non
fu
che
un
colpo
di
stato
di
Corso
Donati
e
di
alcuni
oligarchi
borghesi
,
non
contro
la
constituzione
,
ma
contro
parte
Bianca
,
che
aveva
allora
il
potere
e
lo
esercitava
con
molto
rispetto
alla
legge
,
se
bene
non
con
efficacia
democratica
.
Da
quell
'
avvenimento
alla
cacciata
del
duca
d
'
Atene
,
dal
1301
al
1343
,
in
un
continuo
alternare
di
oligarchie
sofferte
o
rovesciate
,
di
signorie
invocate
o
cacciate
,
di
guerre
grosse
vigorosamente
sostenute
dalla
borghesia
,
il
governo
e
la
città
sono
dal
più
al
meno
in
mano
di
essa
,
che
dilaga
e
compenetra
di
sé
tutte
le
instituzioni
,
tutti
i
fatti
e
le
idee
.
Dal
1343
al
1378
la
borghesia
,
pur
seguitando
a
battere
i
grandi
dentro
la
città
e
fuori
per
tutta
la
Toscana
e
a
contrabilanciare
minacciosa
le
signorie
crescenti
nella
penisola
,
si
divide
sempre
più
tra
sé
,
e
così
porge
il
fianco
al
popolo
minuto
;
il
quale
fin
dalla
cacciata
del
duca
d
'
Atene
aveva
cominciato
a
numerarsi
e
a
paragonarsi
,
e
che
in
fine
piglia
lo
stato
ed
irrompe
nel
tumulto
sociale
,
succeduto
alla
rivoluzione
del
18
luglio
1376
fatta
da
Salvestro
de
'
Medici
contro
la
borghesia
,
come
le
giornate
del
giugno
1848
successero
alla
rivoluzione
di
febbraio
.
Così
tre
generazioni
diverse
,
tre
diversi
popoli
,
con
origini
con
sentimenti
con
intendimenti
diversi
,
passano
su
la
scena
del
comune
:
il
popolo
vecchio
,
dei
cittadini
e
grandi
antichi
,
i
quali
avevano
stabilita
o
accettata
la
constituzione
dell'82
:
il
popolo
nuovo
,
la
borghesia
più
piccola
e
l
'
avventizia
del
contado
,
che
tiene
il
campo
dopo
il
'93
e
specialmente
dopo
il
1301
:
il
popolo
minuto
,
o
la
plebe
,
che
si
fa
avanti
dal
1343
al
'78
.
Ora
Dante
,
il
Petrarca
,
il
Boccaccio
,
per
una
ventura
che
non
è
tutta
caso
,
ne
si
prestano
a
darne
la
storia
dello
svolgersi
l
'
ideale
artistico
e
civile
nelle
diverse
fasi
,
negli
strati
,
per
così
dire
,
diversi
del
comune
fiorentino
,
che
del
resto
raccoglie
e
riflette
in
sé
la
vita
degli
altri
comuni
italiani
che
non
ebbero
letteratura
.
V
.
Dante
rappresenta
il
popolo
vecchio
.
Gli
Elisei
,
ceppo
di
sua
gente
,
vantavano
sangue
romano
,
un
cavaliere
di
Carlomagno
,
un
gentiluomo
di
compagnia
d
'
Arrigo
II
,
un
crociato
cavaliere
di
Corrado
III
e
martire
della
fede
;
tennero
parte
ghibellina
,
e
aveano
castella
in
contado
e
torri
in
città
.
Gli
Alighieri
,
diramatine
al
tempo
dei
consoli
,
seguitarono
in
vece
parte
guelfa
,
e
furono
della
nobiltà
del
primo
popolo
:
Brunetto
,
zio
di
Dante
,
era
guardia
al
carroccio
nella
battaglia
di
Montaperto
contro
i
ghibellini
cesarei
,
come
Dante
combatté
a
Campaldino
contro
i
ghibellini
feudali
.
Cresciuto
così
tra
memorie
gentilizie
e
tradizioni
guelfe
,
egli
difese
con
le
armi
il
governo
del
1882
e
l
'
ornò
con
gli
studii
.
In
quella
primavera
della
storia
fiorentina
che
durò
dall''82
al
'93
e
anche
al
1300
,
quando
tra
il
popolo
nuovo
e
le
vecchie
famiglie
che
avevano
accettato
la
constituzione
borghese
era
tregua
che
pareva
pace
,
era
accordo
che
pareva
fusione
;
quando
la
vita
repubblicana
abbellivasi
ancora
di
fogge
cavalleresche
per
le
fósche
vie
non
più
asserragliate
passava
la
«
festa
del
dio
d
'
amore
»
,
Dante
prese
dalla
parte
più
severa
dell
'
anterior
generazione
la
poesia
lirica
,
quella
poesia
che
,
provenuta
dall
'
elemento
cavalleresco
,
cantava
già
civilmente
l
'
amore
come
principio
di
gentilezza
e
salute
,
come
instrumento
e
forma
in
somma
di
perfezionamento
morale
;
la
prese
e
compenetrò
di
dottrine
scolastiche
per
sollevarla
a
un
ideale
immateriato
di
meditazione
e
contemplazione
mistica
.
Egli
«
trasse
fuori
le
nuove
rime
»
contro
gli
antichi
trovatori
:
cioè
l
'
opera
sua
giovanile
,
che
consiste
nel
recare
l
'
astrazione
e
la
spiritualità
dell
'
amore
e
della
poesia
al
più
alto
punto
che
mai
toccassero
,
fu
anch
'
ella
un
'
opera
di
reazione
intellettuale
e
morale
del
nuovo
comune
contro
la
corruzione
monarchica
e
aristocratica
dell
'
impero
di
Federico
II
,
contro
l
'
averroismo
della
corte
sveva
,
l
'
epicureismo
di
Farinata
e
dei
ghibellini
toscani
,
la
sensualità
della
poesia
siciliana
e
di
parte
imperiale
:
Dante
scriveva
le
rime
della
Vita
nuova
in
quegli
anni
stessi
che
l
'
una
dopo
l
'
altra
,
e
l
'
una
a
canto
all
'
altra
,
quasi
per
incanto
,
sorgevano
le
chiese
bellissime
di
Firenze
,
Santa
Maria
Novella
,
Santa
Croce
,
Santa
Maria
del
fiore
.
Ma
a
rompere
quella
processione
di
visioni
ove
tutto
è
sovrumano
,
a
fugare
quelle
forme
angeliche
ondeggianti
nell
'
azzurro
infinito
,
a
richiudere
il
cielo
,
sopravvenne
non
tanto
la
morte
di
Beatrice
quanto
Giano
della
Bella
con
gli
Ordinamenti
di
giustizia
,
i
quali
escludevano
dallo
stato
tutte
le
antiche
famiglie
che
non
lavorassero
o
non
inscrivessero
i
loro
nomi
alle
arti
.
Dante
si
segnò
speziale
,
e
diedesi
a
studi
più
gravi
di
filosofia
e
di
arte
civile
sempre
negl
'
intendimenti
,
di
ristaurazione
e
progresso
a
un
tempo
,
del
Comune
.
Così
il
Convito
è
la
prima
opera
italiana
,
ove
l
'
elemento
nazionale
si
manifesti
con
un
ben
determinato
concetto
sì
della
scienza
sì
delle
forme
antiche
,
e
con
la
trattazione
per
volgare
delle
materie
scolastiche
segna
a
un
'
ora
il
primo
passo
alla
secolarizzazione
della
scienza
e
alla
confermazione
classica
dell
'
arte
nuova
.
E
il
poeta
aveva
dalla
parte
sua
fatto
di
tutto
per
seguitare
il
rapido
corso
della
democrazia
,
si
era
adoperato
del
suo
meglio
per
entrare
come
nella
civiltà
del
comune
così
nella
vita
pratica
del
popolo
nuovo
:
egli
ambasciatore
,
egli
priore
,
egli
fin
sindaco
sulle
strade
:
quando
venne
d
'
un
tratto
il
colpo
di
stato
di
Corso
Donati
e
degli
oligarchi
alleati
di
parte
guelfa
a
spazzar
via
il
partito
bianco
,
che
fu
come
la
Gironda
della
repubblica
fiorentina
.
Dante
esule
sentì
finalmente
che
ogni
rivendicazione
pacifica
e
legale
tornava
oramai
impossibile
,
che
il
popolo
vecchio
aveva
finito
,
che
le
antiche
famiglie
,
le
quali
obliando
tutto
il
glorioso
passato
non
iscendessero
a
patti
prima
co
'
tiranni
del
momento
poi
col
nuovo
ordine
di
cose
,
erano
destinate
inesorabilmente
a
consumarsi
rabbiose
nell
'
esilio
o
a
languire
innominate
in
domestiche
relegazioni
entro
quella
patria
che
più
non
le
conosceva
.
Le
memorie
soavi
della
giovinezza
,
le
nobili
ambizioni
della
virilità
,
le
speranze
di
un
bello
e
riposato
vivere
tra
le
vecchie
tradizioni
e
le
glorie
nuove
nella
patria
felice
:
tutto
era
perduto
.
E
in
lui
risorse
l
'
antico
aristocratico
:
dimenticò
suo
zio
Brunetto
e
il
carroccio
,
dimenticò
Campaldino
e
il
priorato
,
per
ricordare
soltanto
gli
avi
suoi
romani
,
gli
avi
suoi
crociati
,
gli
avi
suoi
cavalieri
di
Carlomagno
,
di
Arrigo
II
,
di
Corrado
III
.
Nella
espansione
vertiginosa
del
comune
non
vide
che
anarchia
;
nella
esuberanza
della
vita
economica
e
commerciale
non
vide
che
corruzione
;
nell
'
affollarsi
della
plebe
al
conquisto
dei
diritti
politici
non
vide
che
villani
puzzolenti
d
'
Aguglione
e
di
Signa
,
che
villan
rifatti
figliuoli
di
padri
accattoni
,
i
quali
andavano
già
alla
cerca
in
Semifonte
e
ora
chiudevano
le
porte
della
patria
su
'
l
petto
a
lui
,
sangue
romano
,
che
per
amor
della
patria
si
era
fatto
speziale
.
E
al
comune
toscano
incanagliato
preferì
le
corti
dell
'
alta
Italia
:
«
S
'
io
son
fatto
romano
e
tu
lombardo
»
,
rinfacciavagli
sin
da
quei
giorni
l
'
Angiolieri
senese
,
e
Giuseppe
Ferrari
ben
qualificò
da
questo
lato
la
Divina
Commedia
per
il
poema
della
tirannia
italiana
.
Perocché
Dante
per
dispetto
del
presente
ritornò
non
tanto
al
tempo
di
Federico
II
,
da
cui
,
pur
ammirando
egli
quel
diffuso
splendore
di
civiltà
profana
,
le
credenze
sue
religiose
e
le
opinioni
filosofiche
e
l
'
indirizzo
de
'
suoi
studii
e
i
ricordi
de
'
suoi
giovenili
sentimenti
aborrivano
,
ma
al
tempo
del
buon
Federico
I
,
sotto
il
cui
imperial
protettorato
il
popolo
vecchio
delle
città
italiane
avrebbe
dopo
la
pace
di
Costanza
con
miglior
senno
potuto
ordinarsi
a
regolata
aristocrazia
;
tornò
anche
più
a
dietro
,
e
invidiò
i
tempi
beati
di
Cacciaguida
,
quando
Firenze
aveva
confine
il
Galluzzo
.
Da
ciò
all
'
unità
d
'
Italia
ci
corre
.
E
pure
come
smisuratamente
,
nel
rimpicciolimento
de
'
concetti
politici
e
delle
passioni
di
parte
,
come
smisuratamente
si
svolse
e
crebbe
oltre
i
termini
nostri
quell
'
animo
e
quell
'
ingegno
!
Quanto
mai
devono
l
'
Italia
e
l
'
arte
e
il
mondo
a
quell
'
esilio
,
che
d
'
un
priore
fiorentino
,
d
'
un
poeta
elegiaco
,
d
'
un
trattatista
scolastico
,
fece
l
'
uomo
fatale
,
il
cui
severo
profilo
,
nel
quale
disegnasi
tutta
un
'
epoca
della
storia
umana
,
domina
i
secoli
,
ne
fece
,
dico
,
il
profeta
non
nazionale
,
ma
europeo
,
ma
cristiano
,
dell
'
evo
medio
!
Profeta
,
ho
detto
;
e
Dante
in
vero
,
come
i
profeti
del
popolo
ebreo
,
ebbe
un
ideale
del
passato
:
quanti
passi
innanzi
aveva
fatti
l
'
Italia
comunale
nelle
idee
politiche
e
sociali
,
tanti
egli
ne
fece
per
indietro
:
la
sua
Roma
,
«
che
il
buon
tempo
feo
»
con
i
suoi
due
soli
(
perocché
è
un
degli
ardimenti
di
Dante
di
aver
sollevato
l
'
imperatore
dal
grado
di
luna
,
a
cui
il
medio
evo
l
'
avea
confinato
,
a
quel
di
sole
,
per
agguagliarlo
al
pontefice
)
,
la
sua
Roma
è
la
Roma
di
Costantino
e
di
Giustiniano
:
quel
paradiso
,
che
con
i
suoi
nove
cieli
concentrici
quasi
con
altrettanti
cerchi
di
adamante
racchiude
e
sòffoca
la
terra
,
ha
la
sembianza
d
'
una
cupola
bizantina
,
sotto
la
cui
stretta
volta
smaltata
ad
oro
e
azzurro
il
poeta
contempli
,
figurato
in
rigido
musaico
,
lo
aggreggiarsi
pacifico
,
uniforme
,
monotono
,
dei
regni
e
dei
popoli
,
dei
signori
e
dei
Comuni
,
nella
monarchia
di
Dio
,
sotto
lo
scettro
dell
'
imperatore
,
sotto
il
pastorale
del
papa
.
E
ciò
quando
i
mercanti
fiorentini
segnavano
schernevolmente
nei
loro
libri
di
banco
le
partite
inesigibili
a
conto
d
'
Arrigo
di
Lucimburgo
imperator
di
Lamagna
,
quando
del
papa
il
re
di
Francia
aveva
fatto
un
suo
cappellano
,
quando
l
'
uman
pensiero
cominciava
già
ad
irrompere
nel
sacrario
della
teologia
e
della
scolastica
dietro
la
scienza
e
la
libertà
,
a
quel
modo
onde
un
de
'
contemporanei
antisegnani
di
quelle
,
Raimondo
Lullo
,
aveva
,
essendo
ancor
cavaliere
,
seguìto
galoppando
a
cavallo
la
dama
de
'
suoi
pensieri
entro
la
chiesa
di
Maiorca
.
E
all
'
idea
sociale
e
politica
risponde
nella
maggiore
opera
di
Dante
il
concepimento
estetico
.
Egli
giunse
a
tempo
a
raccogliere
in
sé
i
riverberi
delle
mille
visioni
del
medio
evo
e
a
rispecchiarli
potentemente
uniti
su
'
l
mondo
;
giunse
a
tempo
a
chiudere
con
un
monumento
gigantesco
l
'
età
dell
'
allegoria
.
Egli
,
in
quel
secolo
stesso
che
le
cattedrali
di
Germania
e
d
'
Italia
rimanevano
interrotte
per
non
essere
riprese
più
mai
;
egli
,
come
per
uno
di
quegl
'
incanti
o
di
quei
miracoli
de
'
quali
intorno
alla
fabbrica
di
quelle
cattedrali
favoleggiavasi
;
egli
,
nella
solitudine
dell
'
esilio
,
in
una
notte
di
dolore
,
imaginò
,
disegnò
,
distribuì
,
adornò
,
dipinse
,
finì
in
tutti
i
minimi
particolari
,
il
suo
monumento
gigantesco
,
il
domo
e
la
tomba
del
medio
evo
.
Havvi
momenti
storici
in
che
le
nazioni
,
dopo
lente
e
lunghe
modificazioni
che
per
una
parte
hanno
operato
su
la
religione
e
per
l
'
altra
hanno
dalla
religione
ricevuto
,
giungono
quasi
a
identificarsi
con
essa
religione
nei
sentimenti
e
nelle
idee
,
nei
costumi
e
nelle
instituzioni
:
allora
la
religione
prende
quasi
il
carattere
della
nazione
,
e
la
nazione
quel
della
religione
alla
sua
volta
:
in
cotesti
momenti
solo
è
possibile
la
epopea
religiosa
a
un
tempo
e
politica
.
Ciò
dopo
Pier
Damiano
,
Francesco
d
'
Assisi
,
Tommaso
d
'
Aquino
,
Bonaventura
da
Bagnorea
,
dopo
Gregorio
VII
ed
Innocenzo
III
,
vivente
Bonifazio
VIII
,
in
quegli
ultimi
dieci
anni
del
secolo
XIII
che
furono
la
primavera
della
democrazia
e
dell
'
arte
toscana
e
dell
'
anima
di
Dante
,
era
avvenuto
del
cattolicismo
rispetto
all
'
Italia
.
Ora
Dante
,
com
'
è
natura
de
'
poeti
veramente
grandi
di
rappresentare
e
conchiudere
un
grande
passato
,
Dante
fu
l
'
Omero
di
cotesto
momento
di
civiltà
.
Ma
son
momenti
che
presto
passano
;
e
i
diversi
elementi
,
dopo
incontratisi
nelle
loro
correnti
,
riprendono
ognun
la
sua
via
.
Per
ciò
avvenne
che
della
Divina
Commedia
,
rimanendo
vivo
tutto
che
è
concezione
e
rappresentazione
individuale
,
fosse
già
antica
fin
nel
Trecento
la
forma
primigenia
,
la
visione
teologica
:
per
ciò
Dante
non
ebbe
successori
in
integro
.
Egli
discese
di
paradiso
portando
seco
le
chiavi
dell
'
altro
mondo
,
e
le
gettò
nell
'
abisso
del
passato
:
niuno
le
ha
più
ritrovate
.
VI
.
Il
Petrarca
,
figliuolo
d
'
un
notaio
venuto
dall
'
Incisa
,
rappresenta
quella
parte
più
eletta
del
popolo
nuovo
che
sorse
intorno
a
Giano
della
Bella
o
poco
dopo
lui
;
ritrae
moralmente
dai
Bianchi
,
dei
quali
il
padre
suo
partecipò
gli
affetti
politici
e
la
sorte
,
meglio
di
Dante
,
che
tratto
fra
loro
dal
corso
degli
avvenimenti
se
ne
distaccò
poi
bruscamente
;
e
ciò
tutto
rappresenta
e
ritrae
con
tanto
più
nobile
e
più
pura
astrazione
,
quanto
egli
visse
lontano
da
Firenze
e
dagli
affari
e
dai
turbamenti
delle
parti
.
E
come
quegli
che
vide
sol
da
lontano
e
senza
passioni
la
vita
dei
comuni
d
'
Italia
,
allargò
il
nome
e
l
'
affetto
di
patria
:
per
lui
l
'
Italia
non
è
il
giardino
dell
'
impero
né
la
polledra
indomita
che
il
Cesare
tedesco
ha
da
inforcare
,
ella
è
la
gloriosa
nazione
romana
che
si
stende
dall
'
Alpi
al
mare
e
che
dee
sterminare
da
sé
ogni
straniero
,
ogni
barbaro
:
egli
creò
il
concetto
o
l
'
ideale
letterario
d
'
un
'
Italia
.
Ancora
:
come
quegli
che
secondo
gl
'
instinti
suoi
nobili
rappresentò
l
'
elemento
italico
del
popolo
nuovo
,
specialmente
nella
tendenza
alla
ristorazione
delle
instituzioni
e
della
civiltà
antica
,
così
egli
sollevò
l
'
idea
del
comune
fino
alla
repubblica
degli
Scipioni
.
Per
l
'
impero
fu
freddissimo
,
senza
amore
e
senza
odio
;
sebbene
qualche
volta
sentì
e
confessò
riciso
esser
nome
vano
senza
soggetto
;
sebbene
altra
volta
,
dopo
la
mala
prova
della
repubblica
di
Cola
,
alle
lusinghe
di
Carlo
di
Lussemburgo
rispose
con
un
omaggio
da
antiquario
inviandogli
certe
monete
romane
(
il
povero
imperatore
avrebbe
tolto
invece
fiorini
)
e
molti
conforti
a
venir
in
Italia
e
ricalcar
le
orme
degli
Augusti
e
de
'
Traiani
,
non
senza
rampogne
d
'
inerzia
e
d
'
inettitudine
.
Odiò
la
corte
romana
e
assalse
la
chiesa
corrotta
con
tanta
ira
che
parve
poi
ribellione
;
sebbene
egli
rimanesse
intimamente
devoto
,
ma
non
,
come
Dante
,
religioso
essenzialmente
.
Con
queste
affezioni
e
con
questi
istinti
affrettò
l
'
uscita
dal
medio
evo
.
Come
il
popolo
,
di
cui
era
nato
,
invocava
di
quando
in
quando
la
balía
di
un
re
o
di
un
signore
,
così
egli
non
rigettò
le
grazie
de
'
príncipi
,
alla
cui
protezione
del
resto
anche
Dante
erasi
male
affidato
;
e
,
se
vi
lasciaste
ingannare
alle
brutte
forme
della
sua
retorica
latina
,
parrebbe
che
gli
adulasse
.
Non
è
vero
:
niuno
sentì
così
fieramente
l
'
eguaglianza
democratica
e
la
dignità
umana
in
conspetto
agli
ordini
privilegiati
e
prepossenti
.
Il
Petrarca
nella
vita
letteraria
prosegue
a
modo
suo
l
'
opera
di
Giano
della
Bella
:
che
anzi
nella
esortatoria
a
Cola
di
Rienzo
l
'
odio
suo
contro
i
grandi
oltrepassa
gli
ordinamenti
di
giustizia
,
e
in
quel
bando
di
persecuzione
e
di
sterminio
diresti
che
il
«
dolce
testor
degli
amorosi
detti
»
rasentasse
alcuna
volta
la
feroce
eloquenza
dell
'
«
Amico
del
Popolo
»
.
Letterato
,
si
lasciò
richiedere
e
desiderare
ai
principi
,
li
trattò
graziosamente
da
pari
a
pari
,
fe
'
sentire
ai
tiranni
guelfi
e
ghibellini
,
ai
re
di
Napoli
e
d
'
Ungheria
,
all
'
imperatore
e
al
papa
esservi
al
mondo
oramai
un
'
altra
potenza
,
crescente
ogni
di
più
e
tendente
a
cacciar
di
luogo
quella
della
nascita
e
della
spada
,
la
potenza
del
pensiero
.
Niuno
onorò
in
sé
e
fece
onorata
da
popoli
e
principi
l
'
arte
e
la
dottrina
meglio
e
più
del
Petrarca
:
niuno
fece
rispettare
e
ammirare
il
popolo
d
'
Italia
,
che
dalle
sue
città
piene
di
gloria
e
lavoro
chiedeva
i
titoli
di
nobiltà
non
ai
secoli
passati
ma
agli
avvenire
,
non
all
'
imperatore
ma
al
mondo
,
niuno
,
dico
,
fece
riverire
e
ammirare
all
'
Europa
feudale
cotesto
popolo
di
borghesi
ribelli
meglio
e
più
del
Petrarca
,
di
questo
figliuolo
d
'
un
notaio
fiorentino
,
al
quale
i
re
s
'
inchinavano
.
La
incoronazione
di
lui
in
Campidoglio
,
tra
il
popolo
plaudente
,
con
la
fortunata
assenza
del
papa
e
dell
'
imperatore
,
fu
come
la
sacra
del
Rinascimento
in
mezzo
all
'
Europa
nel
medio
evo
:
su
la
quale
,
a
grande
augumento
della
civiltà
,
egli
esercitò
nel
tempo
suo
quella
medesima
dittatura
,
anzi
legislazione
dell
'
ingegno
e
dell
'
arte
,
che
esercitarono
poi
su
'
l
secolo
XVI
Erasmo
di
Rotterdam
e
sul
XVIII
il
Voltaire
.
Come
artista
,
egli
,
uscito
di
un
popolo
che
faceva
constituzioni
e
commerci
,
non
comprese
il
mondo
fantastico
e
avventuriere
del
medio
evo
,
e
sentì
che
era
finito
co
'
poemi
francesi
;
sentì
che
anche
il
mondo
soprannaturale
cristiano
erasi
chiuso
con
Dante
,
e
non
avea
certo
l
'
intuizione
universale
di
lui
;
del
mondo
antico
non
sentì
che
le
forme
,
e
non
le
migliori
.
Ma
sentì
in
sé
l
'
uomo
;
e
mentre
gl
'
infiniti
lirici
del
medio
evo
,
francesi
,
tedeschi
,
italiani
,
dei
quali
è
mal
vezzo
di
critici
superficiali
e
ripetitori
l
'
accusarlo
imitatore
,
lui
originalissimo
e
che
deve
agli
antecessori
suoi
solo
qualche
frase
di
cattivo
gusto
,
mentre
quei
lirici
cantarono
o
il
senso
ben
limitato
o
l
'
idea
molto
indeterminata
,
egli
scoprì
in
sé
e
rivelò
l
'
uomo
;
l
'
uomo
del
medio
evo
,
a
cui
la
natura
ha
cominciato
a
rifavellare
da
'
libri
de
'
poeti
antichi
,
l
'
uomo
del
medio
evo
in
contrasto
tra
la
materia
e
la
forma
,
tra
il
senso
e
lo
spirito
,
tra
il
cristiano
e
il
pagano
.
E
questo
contrasto
ei
lo
prese
ad
analizzare
e
a
svolgere
sottilmente
,
finamente
,
profondamente
,
per
ogni
verso
,
con
tutta
leggerezza
di
tócco
,
con
tutta
delicatezza
di
ombreggiamento
,
con
tutta
misura
,
senza
lasciarsi
vincer
la
mano
alla
passione
inestetica
.
Riprese
l
'
opera
giovanile
di
Dante
,
movendo
anch
'
egli
dall
'
antecedente
lirica
cavalleresca
:
ma
Dante
risalì
o
si
smarrì
nel
misticismo
,
il
Petrarca
ritornò
al
naturalismo
ideale
,
e
anche
per
questa
parte
apre
l
'
età
del
Rinascimento
.
VII
.
Dante
e
il
Petrarca
avean
mosso
ambedue
dal
medio
evo
e
dal
principio
cavalleresco
:
Dante
poi
erasi
fermato
al
principio
ecclesiastico
e
alle
sue
forme
,
la
visione
e
l
'
allegoria
.
Contro
l
'
uno
e
l
'
altro
di
questi
principii
insorge
ora
il
più
fervido
ammiratore
di
Dante
,
l
'
amico
più
affettuoso
del
Petrarca
,
Giovanni
Boccaccio
,
cittadin
fiorentino
.
Il
Boccaccio
era
nipote
a
un
Chellino
venuto
a
città
dal
contado
di
Val
d
'
Elsa
,
da
Certaldo
che
allora
aveva
nome
soltanto
dalle
cipolle
che
produce
in
copia
;
apparteneva
dunque
a
quella
cittadinanza
che
Dante
spregiava
di
cuore
,
«
la
cittadinanza
,
ch
'
è
or
mista
Di
Campi
,
di
Certaldo
e
di
Figghine
»
;
e
la
nobil
donna
,
de
'
cui
fastidi
il
certaldese
si
vendicò
nel
Corbaccio
,
poteva
bene
mandargli
a
dire
«
Torni
a
sarchiar
le
cipolle
e
lasci
star
le
gentildonne
»
.
Più
:
egli
era
nato
a
Parigi
dagli
amori
non
consecrati
di
suo
padre
mercante
con
una
donna
francese
.
Plebeo
,
bastardo
,
e
con
sangue
parigino
dentro
le
vene
,
il
gran
distruttore
dell
'
amore
cavalleresco
e
dell
'
ideale
monastico
è
il
più
sicuro
rappresentante
di
quel
popolo
grasso
del
secolo
XIV
,
che
finì
di
ricoprire
con
la
sua
alluvione
il
popolo
vecchio
e
l
'
Italia
del
secolo
XIII
.
Egli
è
il
vero
borghese
italiano
del
Trecento
;
se
non
quanto
,
non
ostante
la
pompa
delle
sue
allusioni
,
delle
sue
erudizioni
,
del
suo
stile
,
non
ostante
l
'
ammirazione
e
devozione
sua
all
'
aristocrazia
dell
'
ingegno
,
egli
piega
inconsciamente
verso
i
Ciompi
;
però
che
anch
'
egli
intende
a
distruggere
ciò
ch
'
era
stato
venerato
fin
allora
.
Come
uomo
e
cittadino
,
è
repubblicano
più
francamente
del
Petrarca
;
più
francamente
e
finamente
di
lui
deride
l
'
imperatore
e
l
'
impero
:
anche
,
rimprovera
l
'
amico
del
frequentare
ch
'
ei
fa
i
tiranni
lombardi
:
non
fioretta
panegirici
ai
re
,
e
poco
usa
a
corte
,
se
non
da
giovane
e
per
amoreggiarne
le
figliuole
:
al
suo
comune
e
ai
cittadini
dice
aspre
verità
,
ma
quello
serve
e
con
questi
si
trova
a
suo
agio
;
non
gli
odia
come
Dante
,
non
gli
sfugge
come
il
Petrarca
,
ne
studia
il
ridicolo
.
Una
sola
grandezza
v
'
è
,
della
quale
egli
si
fa
volentieri
cortigiano
,
che
egli
ama
di
amor
più
tenero
che
non
le
donne
:
la
grandezza
dell
'
ingegno
.
L
'
ideale
suo
è
tutto
soggettivo
:
l
'
arte
.
E
per
ciò
,
riproduttore
largo
e
indifferente
,
diresti
ch
'
e
'
cercasse
di
fondare
come
il
Goethe
una
letteratura
eclettica
:
certo
,
fece
anche
egli
le
sue
prove
in
tutt
'
i
generi
,
nella
visione
allegorica
di
Dante
,
nella
lirica
amorosa
del
Petrarca
,
nella
epopea
antica
,
nella
epopea
cavalleresca
,
nel
romanzo
d
'
avventura
,
nel
racconto
mitologico
,
nella
leggenda
,
nella
satira
,
nell
'
orazione
,
nell
'
ecloga
e
nell
'
idillio
,
nella
geografia
,
nella
mitologia
,
nella
filologia
e
nella
erudizione
;
e
riesce
solo
quando
scende
al
reale
,
quando
rappresenta
il
sensuale
,
il
sensuale
,
dico
,
nel
migliore
e
peggior
significato
:
del
reale
è
veramente
pittore
,
anzi
scultore
,
miracoloso
.
Ma
,
se
pone
l
'
arte
in
cima
d
'
ogni
idea
,
non
per
ciò
egli
è
scrittore
ozioso
,
non
per
ciò
egli
sbizzarrisce
soltanto
.
Il
Decameron
non
fu
scritto
,
come
una
ignorante
e
parzial
critica
afferma
,
per
trarre
l
'
Italia
al
bordello
:
il
Decameron
fu
opera
d
'
opposizione
contro
il
principio
cavalleresco
ed
ecclesiastico
.
Ricordiamo
che
le
cento
novelle
s
'
incoronano
con
la
«
Griselda
»
,
stupenda
rappresentazione
della
donna
del
dovere
,
glorioso
trionfo
della
donna
moglie
e
madre
,
come
cavalieri
e
frati
non
volevano
che
la
donna
fosse
.
Contro
cavalieri
e
frati
,
e
contro
i
borghesi
in
parte
,
il
ridicolo
,
il
grottesco
,
il
triviale
e
il
sublime
,
sì
,
anche
il
sublime
,
sono
in
cotesta
grande
commedia
umana
del
plebeo
certaldese
adoperati
come
niuno
gli
adoperò
dopo
Aristofane
e
avanti
il
Molière
.
Il
Decameron
,
la
commedia
umana
di
Giovanni
Boccaccio
,
è
la
sola
opera
comparabile
per
universalità
alla
Commedia
divina
di
Dante
.
Due
grandi
artisti
,
con
intendimenti
diversi
,
da
opposti
lati
,
sorpresero
e
abbracciarono
tutt
'
insieme
con
un
olimpico
sguardo
due
mondi
antipodi
,
e
gl
'
improntarono
vivi
e
spiranti
in
tale
una
materia
e
forma
,
che
è
marmo
per
lo
splendore
e
la
durata
,
cristallo
per
la
trasparenza
.
VIII
.
Così
in
Dante
nel
Petrarca
nel
Boccaccio
si
raccoglie
la
somma
della
letteratura
del
secolo
decimoquarto
,
del
periodo
del
comune
;
nel
quale
il
principio
nazionale
con
i
suoi
due
elementi
romano
e
italico
s
'
equilibrò
da
prima
e
poi
prevalse
agli
altri
principii
:
s
'
equilibrò
nell
'
opera
di
Dante
al
principio
ecclesiastico
,
trasformò
in
quella
del
Petrarca
il
principio
cavalleresco
,
e
all
'
uno
e
all
'
altro
prevalse
in
quella
del
Boccaccio
.
Così
Dante
,
il
Petrarca
,
il
Boccaccio
,
accogliendo
in
sé
il
secolo
XIV
,
quel
secolo
,
cioè
,
nel
quale
il
movimento
democratico
dei
comuni
attinse
l
'
ultima
velocità
e
pienezza
,
diedero
ancora
alla
letteratura
nazionale
la
materia
e
gl
'
instrumenti
e
le
forme
che
meglio
fiorirono
nell
'
età
migliori
e
che
durano
ancora
:
Dante
,
la
lingua
lo
stile
e
gli
animi
a
tutta
la
poesia
;
il
Petrarca
,
i
metri
e
le
forme
alla
lirica
;
il
Boccaccio
,
l
'
ottava
e
il
periodo
alla
epopea
e
alla
prosa
del
Rinascimento
.
E
come
il
Rinascimento
muove
da
essi
,
così
nelle
opere
loro
è
in
germe
il
fiore
lussureggiante
dell
'
arte
del
Cinquecento
:
v
'
è
quel
carattere
speciale
che
fu
proprio
della
nostra
letteratura
e
pe
'
l
quale
ella
è
quasi
mezzo
tra
l
'
arte
antica
e
l
'
arte
del
medio
evo
,
tra
la
Grecia
e
la
Germania
;
quel
,
come
uno
scrittor
tedesco
lo
chiama
,
non
pure
presentimento
,
nato
da
affinità
,
del
bello
classico
,
ma
vera
affinità
elettiva
con
quello
spirito
d
'
intelligente
e
discreta
proporzione
in
tutte
cose
che
è
l
'
essenza
fondamentale
di
esso
bello
,
con
quella
sofrosine
in
opposizione
alla
stravaganza
senza
forma
e
senza
misura
che
domina
le
rappresentazioni
medioevali
.
Se
non
che
,
mentre
il
Petrarca
e
il
Boccaccio
furono
subito
fatti
famigliari
alla
lontana
Inghilterra
dallo
Chaucer
,
ed
ebbero
poco
di
poi
la
cittadinanza
in
tutte
le
nuove
letterature
;
mentre
il
Petrarca
restò
lungamente
modello
alla
lirica
non
pure
italiana
,
ma
francese
e
spagnola
,
ma
tedesca
e
inglese
;
mentre
non
pur
le
forme
del
Boccaccio
si
perennarono
nei
novellatori
italiani
e
francesi
del
secolo
XV
e
XVI
ma
ne
rivissero
gli
spiriti
nel
Machiavelli
e
nell
'
Ariosto
comici
,
nel
Rabelais
,
nel
Molière
,
nel
Voltaire
,
nel
Lessing
;
scarso
per
contro
e
debole
fu
l
'
influsso
di
Dante
,
sebbene
la
singolar
grandezza
sua
fosse
,
massime
in
Italia
,
riconosciuta
sempre
.
Anche
il
suo
metro
,
la
mistica
terzina
,
ch
'
egli
creò
veramente
quasi
risonante
segno
della
sua
venerazione
al
cabalistico
tre
continuamente
rintrecciantesi
nel
nove
,
non
ebbe
quella
splendida
posterità
che
la
ottava
limitata
del
novellatore
:
non
ebbe
la
Divina
Commedia
tra
noi
altro
che
pallide
imitazioni
nella
parte
dottrinale
e
allegorica
,
il
Dittamondo
e
il
Quadriregio
;
al
di
fuori
,
appena
una
traduzione
francese
di
quel
secolo
stesso
,
che
,
per
trovarsi
in
solo
un
codice
,
è
da
credere
fosse
più
che
altro
uno
studio
individuale
;
ebbe
invece
ben
presto
,
e
in
poco
più
che
cent
'
anni
,
tre
versioni
nella
cattolica
Spagna
e
imitatore
valente
un
baron
castigliano
.
Or
vengano
i
soliti
critici
a
rimproverare
all
'
Italia
l
'
abbandono
delle
tradizioni
dantesche
.
E
già
,
se
non
intendano
delle
tradizioni
di
stile
e
di
forma
e
di
pura
poesia
,
che
non
sarebbe
vero
;
se
per
avventura
non
pretendono
che
tutta
la
nostra
letteratura
fosse
una
continua
e
fedel
ripetizione
della
Commedia
;
che
cosa
sono
allora
coteste
tradizioni
dantesche
?
la
filosofia
di
san
Tommaso
?
la
mistica
di
Dionigi
Areopagita
e
d
'
Ugo
o
di
Riccardo
da
San
Vittore
?
la
visione
teologica
?
l
'
allegoria
?
l
'
impero
del
buon
Barbarossa
o
di
Giustiniano
santo
?
l
'
età
dell
'
oro
di
Cacciaguida
?
il
concerto
di
maledizioni
a
tutt
'
i
comuni
d
'
Italia
?
Dante
stesso
ci
narra
come
egli
dopo
la
morte
di
Beatrice
si
lasciasse
movere
ai
segni
di
pietà
che
scòrse
in
viso
di
una
donna
gentile
,
e
tanto
se
ne
lasciasse
poi
attrarre
da
darsi
per
qualche
tempo
in
signoria
di
lei
,
dimenticando
la
gentilissima
Beatrice
passata
al
reame
ove
gli
angeli
hanno
pace
.
Quella
nuova
donna
gentile
era
,
com
'
egli
stesso
ci
afferma
,
la
filosofia
,
e
gli
toccò
poi
smarrirsi
nella
selva
a
ruinare
in
basso
loco
,
e
gli
bisognò
attraversare
il
centro
della
terra
,
per
ritornare
alla
sua
Beatrice
beata
,
alla
Beatrice
trasfigurata
,
alla
Beatrice
teologale
.
Egli
dunque
,
l
'
uomo
del
medio
evo
,
ritornò
a
Beatrice
;
ma
l
'
Italia
non
più
mai
.
IX
.
Un
'
ultima
osservazione
resta
a
fare
.
La
poesia
delle
altre
genti
d
'
Europa
,
divenute
nazioni
molto
prima
della
italiana
,
ebbe
anche
oltre
le
forme
un
contenuto
nazionale
:
i
Nibelunghi
rappresentano
i
Germani
delle
migrazioni
,
i
romanzi
francesi
cantano
le
glorie
dell
'
impero
di
Carlomagno
e
la
lotta
della
feudalità
co
'
discendenti
di
lui
,
quelli
spagnoli
la
guerra
continuata
con
gli
invasori
.
La
poesia
italiana
,
tardiva
come
la
nazione
,
non
ha
un
fondo
nazionale
:
la
Commedia
,
il
Canzoniere
,
il
Decameron
sono
per
il
contenuto
più
presto
europei
,
cristiani
o
umani
,
che
non
italiani
.
Ricordiamo
che
l
'
elemento
popolare
risorse
nella
penisola
come
romano
,
e
che
l
'
Italia
appariva
a
Dante
come
il
giardino
dell
'
impero
,
al
Petrarca
come
la
sede
della
repubblica
degli
Scipioni
.
Di
qui
avvenne
che
i
nostri
cercassero
le
loro
tradizioni
nazionali
nell
'
antichità
,
e
la
parte
epica
della
storia
italiana
consista
nelle
origini
troiane
o
romane
delle
città
e
nella
derivazione
delle
famiglie
nobili
dagli
ultimi
romani
che
contrastarono
ai
barbari
:
Virgilio
,
Lucano
,
Claudiano
erano
sempre
i
poeti
di
nostra
gente
;
Cesare
,
Livio
,
Sallustio
,
gli
storici
.
E
l
'
Italia
,
in
quello
stesso
che
non
aveva
la
conscienza
di
nazione
moderna
,
sentivasi
,
nella
sua
continuazione
romana
,
la
capitale
d
'
Europa
.
I
nostri
poeti
quindi
vennero
a
compiere
e
a
nobilitare
il
medio
evo
con
le
forme
antiche
,
come
poeti
dell
'
Europa
cristiana
,
dell
'
occidente
latino
.
Ecco
:
Dante
dà
la
consecrazione
cattolica
e
classica
a
tutte
le
visioni
dell
'
oltremondo
smarrite
per
le
isole
brittaniche
,
per
la
Germania
e
la
Francia
:
il
Petrarca
chiude
il
ciclo
dei
poeti
d
'
amore
provenzali
,
francesi
,
tedeschi
,
nel
suo
virgiliano
«
bosco
degli
ombrosi
mirti
»
:
il
Boccaccio
raccoglie
le
pietruzze
dai
conti
dai
favolelli
dalle
leggende
di
tutti
i
giullari
e
menestrelli
per
istoriarne
il
suo
musaico
romano
.
Quel
che
le
altre
nazioni
produssero
singolo
,
staccato
,
informe
,
in
Italia
è
uno
,
armonico
,
vivo
.
La
terra
dei
comuni
non
può
restringersi
troppo
tosto
nella
esclusività
di
nazione
:
come
i
suoi
padri
con
le
armi
,
ella
conquista
con
l
'
arte
tutti
i
paesi
:
come
l
'
impero
e
la
chiesa
cattolica
,
onde
ella
eredita
,
diedero
la
cittadinanza
romana
a
tutti
i
corpi
e
a
tutte
le
anime
,
così
ella
la
dà
a
tutte
le
tradizioni
,
a
tutte
le
idee
:
dà
alla
turbolenta
rappresentanza
del
medio
evo
germanico
la
forma
artistica
antica
e
lo
spirito
nuovo
sociale
,
creando
la
letteratura
universale
del
Rinascimento
.
E
tutto
ciò
fu
fatto
nello
spazio
di
tre
generazioni
da
tre
uomini
di
Firenze
:
così
il
comune
specchia
l
'
umanità
.
DISCORSO
QUARTO
Del
Quattrocento
:
il
rinascimento
e
la
federazione
;
la
letteratura
dotta
e
la
popolare
.
I
.
Nominanza
non
buona
ha
tra
i
secoli
della
coltura
italiana
il
decimoquinto
;
e
gli
nuoce
forse
più
ch
'
altro
la
gloria
grande
della
età
che
gli
fu
innanzi
e
di
quella
che
dopo
.
Gli
storici
della
nostra
letteratura
,
attratti
agli
splendori
del
Trecento
e
del
Cinquecento
,
cercano
solo
in
que
'
due
secoli
le
manifestazioni
della
vita
italiana
nell
'
arte
,
e
,
pur
trovandole
tanto
diverse
tra
loro
,
di
quella
diversità
non
curano
indagar
le
ragioni
o
ne
recano
di
tali
che
potrebbero
al
più
valer
per
le
forme
:
nel
Quattrocento
poi
non
veggono
che
densa
barbarie
e
ricrudescenza
di
vecchiume
e
brulicame
di
pedanteria
,
dove
galleggia
,
non
si
sa
come
,
il
Boiardo
e
il
Poliziano
,
e
onde
emergono
il
Bembo
e
il
Sannazzaro
,
il
Machiavello
e
l
'
Ariosto
,
così
la
storia
della
letteratura
,
la
storia
cioè
de
'
mutamenti
e
degli
avvenimenti
de
arte
,
mutamenti
e
avvenimenti
che
procedendo
dalle
facoltà
intellettuali
e
morali
dell
'
uomo
hanno
uno
svolgimento
tutto
graduale
e
coordinato
,
si
cambia
per
molti
in
una
storia
di
miracoli
.
O
,
meglio
,
così
certi
geografi
,
conosciuti
da
Plutarco
,
i
paesi
a
loro
ignoti
sopprimevano
nelle
estremità
di
lor
tavole
,
notando
ne
'
margini
che
al
di
là
erano
secche
arene
e
torbida
palude
o
freddo
scitico
o
mare
agghiacciato
.
Ma
perché
la
produzione
letteraria
del
Cinquecento
è
tanto
ricca
e
svariata
e
lieta
in
confronto
a
quella
del
Trecento
che
per
parte
sua
è
più
profonda
più
comprensiva
più
vera
?
Perché
tanta
differenza
tra
la
poesia
di
Dante
e
quella
dell
'
Ariosto
?
E
quale
delle
due
risponde
meglio
al
genio
del
popolo
italiano
?
quale
ne
rende
meglio
gli
spiriti
?
e
come
si
trasmutò
o
come
si
fermò
questo
genio
,
che
dall
'
una
si
potesse
passare
all
'
altra
?
Dalla
risposta
a
tali
dimande
si
avrà
la
piena
intelligenza
del
generale
svolgimento
della
letteratura
nazionale
;
e
quella
risposta
non
saprei
richiederla
che
allo
studio
su
le
mutazioni
della
vita
intellettuale
italiana
nel
secolo
XV
,
il
quale
non
fu
né
di
sosta
né
di
scadimento
,
ma
di
fermentazione
e
di
maggior
dichiarazione
del
carattere
e
del
sentimento
italiano
.
Né
altrimenti
poteva
essere
il
secolo
,
nel
quale
l
'
Europa
vide
fermarsi
le
diverse
nazionalità
e
gli
ordini
politici
tuttora
esistenti
,
e
,
nel
cominciato
dissidio
tra
il
ragionamento
e
la
fede
,
il
pensiero
umano
in
faccia
alle
presentite
battaglie
armarsi
di
nuovi
e
stupendi
trovati
;
il
secolo
nel
quale
non
fu
speranza
agl
'
italiani
dolorosa
e
scherno
agli
estranei
miserabile
la
indipendenza
d
'
Italia
,
e
Italia
vide
lo
scoprimento
del
nuovo
e
il
ritrovamento
dell
'
antico
mondo
compiuto
da
soli
quasi
italiani
,
e
fiorire
nelle
lettere
insieme
il
Belcari
ed
il
Poggio
,
il
Pulci
e
il
Ficino
,
il
Boiardo
e
il
Pontano
,
e
Lorenzo
de
'
Medici
e
il
Savonarola
.
II
.
Le
novissime
parole
su
la
grande
letteratura
del
secolo
XIV
,
con
la
espressione
del
presentimento
,
radamente
vano
,
che
ha
della
debolezza
de
'
suoi
successori
ogni
generazione
vigorosa
,
furono
dette
da
Franco
Sacchetti
nella
canzone
per
la
morte
del
Boccaccio
:
Sonati
sono
i
corni
D
'
ogni
parte
a
ricolta
:
La
stagione
è
rivolta
:
Se
tornerà
non
so
,
ma
credo
tardi
.
E
in
vero
come
disco
su
la
fine
del
corso
segna
ancora
per
la
forza
del
primo
impulso
alcuni
giri
nella
rena
,
poi
vacilla
,
poi
cade
;
così
,
su
'
l
declinare
del
Trecento
e
'
l
cominciare
del
secolo
di
poi
,
la
letteratura
toscana
divenuta
per
virtù
del
triumvirato
italiana
.
Ora
di
quello
scoramento
e
di
quella
diminuzione
di
pensieri
e
di
produzioni
debbonsi
cercare
più
sottilmente
le
cause
.
Unico
Dante
aveva
potuto
rivolgere
laicamente
il
principio
religioso
ad
una
sua
grande
concezione
artistica
,
del
resto
più
tosto
cristiana
che
nazionale
,
più
tosto
europea
che
italiana
.
Del
principio
cavalleresco
il
Petrarca
aveva
saputo
trasformare
classicamente
l
'
elemento
soggettivo
lirico
:
l
'
elemento
oggettivo
ed
epico
era
stato
incominciato
a
lavorare
con
sola
intenzione
e
a
solo
fine
di
arte
dal
Boccaccio
ne
'
suoi
poemi
.
Quanto
al
principio
nazionale
,
la
restaurazione
della
tradizion
romana
nell
'
idea
di
stato
e
di
patria
e
nelle
forme
civili
,
e
con
ciò
della
tradizion
virgiliana
e
tulliana
nell
'
arte
e
nello
stile
,
la
restaurazione
in
somma
della
tradizione
solenne
aristocratica
unitaria
,
era
stata
in
gran
parte
operata
per
intiero
e
in
altre
parti
tentata
felicemente
da
tutti
tre
insieme
quei
grandi
scrittori
:
ma
il
Boccaccio
poi
rappresentava
meglio
nell
'
opera
sua
maggiore
la
tradizione
italica
di
varietà
,
di
libertà
,
di
resistenza
,
la
tradizione
democratica
e
federale
di
Nevio
,
di
Lucilio
,
di
Plauto
.
La
Divina
Commedia
,
ammirata
,
venerata
,
ma
solitaria
,
rimaneva
quasi
monumento
di
un
favoloso
gigante
,
che
gli
uomini
contemplano
stupiti
,
ma
che
non
lascia
addentellato
alle
costruzioni
di
una
generazione
minore
,
che
niuno
osa
abitare
,
niuno
edificarvi
appresso
,
e
sorge
come
avvolto
nell
'
ombra
di
una
sacra
paura
:
la
luce
della
visione
allegorica
già
abbuiatasi
nel
Quadriregio
finisce
spegnendosi
in
alcuni
poemi
inferiori
nominati
appena
dai
dotti
.
È
pur
forza
persuadersene
:
Dante
nella
vita
del
popolo
italiano
è
una
apparizion
singolare
:
più
che
romano
o
italico
,
lo
direste
etrusco
:
vissuto
un
po
'
prima
,
nel
secolo
duodecimo
,
egli
avrebbe
forse
suscitato
una
letteratura
religiosa
e
ideale
,
ma
più
civile
che
non
fosse
poi
quella
della
Spagna
cattolica
,
ma
più
pratica
che
non
quella
della
panteistica
Germania
:
fiorito
nel
Trecento
,
di
vivo
ed
effettuale
non
lasciò
che
il
movimento
impresso
alla
lingua
,
il
lavoro
poetico
,
la
passione
sua
,
e
non
è
poco
;
ma
l
'
essersi
vent
'
anni
dopo
la
Commedia
potuto
comporre
e
universalmente
ammirare
il
Decameron
,
prova
che
l
'
idea
fondamentale
,
l
'
anima
di
quella
era
sparita
,
era
fuggita
dalla
nazione
.
Tanto
ciò
è
vero
,
che
la
forma
dell
'
epopea
dantesca
servì
nel
Quattrocento
al
Medici
per
la
satira
comica
de
'
Beoni
,
e
la
solenne
terzina
andò
a
finire
ne
'
capitoli
berneschi
;
mentre
l
'
ottava
del
novellatore
,
del
Filocopo
,
della
Teseide
,
del
Ninfale
,
divenne
di
più
in
più
popolare
,
visse
di
florida
vita
,
maestrevolmente
coltivata
dal
Poliziano
,
dall
'
Ariosto
,
dal
Tasso
.
Della
poesia
del
Petrarca
il
contenuto
era
molto
inferiore
al
dantesco
e
più
limitato
il
campo
,
ma
quello
più
comprensibile
e
a
più
,
più
accessibile
questo
:
onde
gli
effetti
furono
più
larghi
e
più
duraturi
.
Se
non
che
,
anche
del
Petrarca
le
forme
anzi
che
altro
rimasero
:
le
forme
che
eccitavano
il
vagheggiamento
lo
studio
la
imitazione
,
perché
meglio
mostravano
il
lavorio
,
a
dir
vero
finissimo
e
meraviglioso
:
onde
tutt
'
insieme
esercitarono
non
inutilmente
le
facoltà
artistiche
dei
successori
.
Ma
l
'
intima
poesia
del
canzoniere
non
poteva
,
come
s
'
intende
facilmente
,
essere
riprodotta
:
ci
voleva
quell
'
anima
e
quella
vita
:
onde
che
la
elegia
psicologica
del
Petrarca
,
già
svaporata
nelle
eleganti
fantasiucce
del
Montemagno
,
inacidì
ben
presto
tra
le
frasi
contorte
o
pedantesche
di
Cino
Rinuccini
e
coetanei
,
e
svanì
del
tutto
nelle
lievi
imitazioni
di
Giusto
de
'
Conti
.
Rimaneva
il
Boccaccio
;
il
cui
ingegno
eclettico
,
oggettivo
,
sensuale
,
meglio
accordavasi
al
genio
del
popolo
italiano
;
la
cui
opera
molteplice
,
con
la
rappresentazione
della
vita
reale
nelle
novelle
,
col
rimaneggiamento
non
epico
ma
romanzesco
della
materia
cavalleresca
ne
'
poemi
d
'
argomento
medioevale
,
colla
riproduzione
del
fantastico
dell
'
arte
antica
innovellato
ne
'
poemi
d
'
argomento
classico
,
fornì
gli
esempi
e
le
norme
al
lavoro
delle
generazioni
posteriori
,
che
meno
distratte
dalla
agitazione
politica
e
nulla
preoccupate
dal
sentimento
religioso
dovevano
essere
più
artistiche
se
meno
poetiche
.
Ma
e
il
Boccaccio
e
gli
altri
maggiori
del
Trecento
,
quantunque
traessero
intenzioni
e
modi
dall
'
età
loro
,
tuttavia
nei
concepimenti
dell
'
arte
e
nell
'
uso
della
dottrina
di
troppo
avanzarono
i
contemporanei
e
i
prossimi
successori
,
i
quali
non
avevano
più
né
forze
né
mezzi
ad
aiutare
e
continuare
adeguatamente
il
rinnovamento
da
quelli
promosso
.
Anche
:
è
vero
che
i
tre
grandi
scrittori
del
Trecento
improntarono
saldamente
e
immutabilmente
alla
nuova
produzione
letteraria
un
suggello
nazionale
;
ma
l
'
opera
fu
,
più
che
altro
,
individuale
,
e
toscano
l
'
instrumento
e
la
materia
.
Occorreva
adunque
esercitar
le
forze
e
mettere
in
comune
i
mezzi
del
lavoro
artistico
,
per
aggiungere
quel
grado
di
perfezione
,
per
serbare
quell
'
ideale
di
bellezza
che
il
gran
triumvirato
del
Trecento
avea
tócco
.
Occorreva
che
l
'
opera
stessa
da
individuale
divenisse
comparativamente
sociale
,
e
l
'
impronta
di
toscana
si
facesse
italiana
.
Il
movimento
letterario
nel
Trecento
fu
parziale
,
generale
nel
Cinquecento
:
il
processo
fu
nel
Trecento
toscano
,
italiano
nel
Cinquecento
.
Il
Quattrocento
fu
secolo
di
passaggio
;
un
po
'
staccato
,
un
po
'
anarchico
,
ma
tutto
fermentante
e
fecondo
di
trasformazioni
e
fenomeni
nuovi
.
Sotto
questo
aspetto
vuolsi
studiare
il
Quattrocento
,
o
,
meglio
,
quella
età
critica
della
nostra
letteratura
che
corre
dal
tumulto
de
'
Ciompi
alla
seconda
cacciata
dei
Medici
,
dal
ristabilimento
dei
papi
in
Italia
e
dal
primo
affermarsi
delle
signorie
in
principati
regionali
fino
alla
calata
di
Carlo
VIII
,
dal
1378
al
1494
,
dalla
morte
del
Petrarca
e
del
Boccaccio
a
quella
del
Boiardo
e
del
Poliziano
,
dalla
morte
di
Caterina
da
Siena
a
Girolamo
Savonarola
.
Ora
questa
età
presenta
così
negli
avvenimenti
storici
come
in
quelli
della
coltura
e
degli
spiriti
due
periodi
nettamente
distinti
:
il
primo
,
nella
storia
politica
,
è
dello
scisma
e
dei
condottieri
;
nella
letteraria
,
è
del
dissidio
tra
l
'
italiano
e
il
latino
e
della
poesia
popolare
:
il
secondo
,
nella
storia
politica
,
è
della
confederazione
ordinata
e
dell
'
equilibrio
,
nella
letteraria
,
è
il
rinascimento
della
vita
italiana
nella
forma
classica
.
III
.
La
letteratura
dell
'
età
anteriore
,
come
scintilla
dall
'
attrito
di
due
massi
,
come
fulmine
dallo
scontro
di
due
nubi
,
proruppe
dai
contrasti
della
chiesa
con
l
'
impero
,
e
poi
del
popolo
con
l
'
impero
e
la
chiesa
:
l
'
elemento
romano
contro
il
germanico
,
la
borghesia
contro
la
feudalità
,
la
plebe
contro
la
borghesia
,
il
laicismo
contro
il
chiericato
,
ecco
i
moventi
,
o
almeno
le
circostanze
di
quella
letteratura
.
Ma
il
papato
,
conteso
per
settanta
interi
anni
tra
due
o
tre
pretendenti
,
schiaffeggiato
da
tutti
i
principi
e
dai
preti
stessi
nei
concilii
di
Costanza
e
Basilea
,
mentre
un
soldato
di
ventura
assidevasi
nella
Marca
funesta
agli
imperatori
del
secolo
XIII
segnando
le
lettere
Ex
Girifalco
nostro
firmiano
invito
Petro
et
Paulo
;
il
papato
,
non
che
delle
ire
di
Dante
e
del
Petrarca
,
era
indegno
oramai
degli
sghignazzamenti
del
Boccaccio
e
del
Sacchetti
:
«
Papa
Martino
non
vale
un
quattrino
»
,
questo
distico
intonato
dietro
il
successore
di
Gregorio
VII
d
'
Innocenzo
III
di
Bonifazio
VIII
dai
ragazzi
della
guelfa
Firenze
,
ecco
i
paralipomeni
dell
'
invettiva
di
san
Pietro
nel
ventisettesimo
del
Paradiso
,
ecco
la
sola
poesia
degna
del
papato
nel
secolo
XV
.
E
l
'
impero
?
A
chi
importava
più
dell
'
impero
in
Italia
?
L
'
ultimo
dei
lussemburghesi
,
di
quella
famiglia
che
tanti
amori
e
odi
di
sé
aveva
eccitati
nel
secolo
prima
,
Sigismondo
,
mercanteggi
pure
a
sua
posta
le
alleanze
,
ingrossi
gli
stati
ereditari
,
faccia
il
gendarme
ai
preti
di
Costanza
;
l
'
Italia
sa
a
pena
che
egli
esista
.
E
in
Italia
intanto
la
democrazia
avea
da
per
tutto
ceduto
o
cedeva
il
luogo
ai
tiranni
mutantisi
in
príncipi
,
e
la
borghesia
con
le
invidie
e
paure
sue
avea
sollevato
i
signori
.
Chi
ricorda
come
finisse
Michele
di
Lando
,
il
Cavaignac
dei
Ciompi
,
dai
borghesi
,
per
merito
di
averli
sottratti
alla
vendetta
plebea
,
cacciato
in
esilio
?
La
stessa
oscurità
che
è
su
la
fine
dell
'
eroe
popolare
involge
il
lento
venir
meno
della
democrazia
fiorentina
.
Spaventata
co
'
supplizi
,
dispersa
per
gli
esili
,
lusingata
,
domata
forse
con
la
miseria
e
con
la
corruzione
ad
un
'
ora
,
la
plebe
tace
,
s
'
allontana
,
sparisce
,
se
non
quanto
si
mostra
a
bestemmiare
i
vinti
ad
applaudire
i
vincitori
padroni
.
Le
grandi
casate
del
popolo
grasso
costituiscono
a
poco
a
poco
un
'
aristocrazia
dell
'
oro
,
avida
,
inetta
,
brigante
,
senza
né
onore
né
valore
;
e
come
già
ai
comuni
del
Duecento
e
del
Trecento
si
sovrappose
a
poco
alla
volta
l
'
oligarchia
della
capital
regionale
,
così
tra
le
famiglie
borghesi
insorge
e
soverchia
,
quasi
da
parte
della
plebe
e
rappresentante
e
vindice
de
'
suoi
diritti
,
prima
un
uomo
,
poi
una
famiglia
;
e
ne
riesce
il
più
corruttor
de
'
governi
,
il
principato
civile
in
uno
stato
a
forme
repubblicane
.
Né
i
príncipi
sentirono
più
le
grandi
ambizioni
,
onde
dai
popoli
troppo
spesso
si
fan
perdonare
la
tirannia
:
niuno
di
essi
dopo
Giovan
Galeazzo
Visconti
ordinò
al
suo
gioielliere
la
corona
d
'
Italia
.
Battaglie
ingloriose
degli
angioini
tra
loro
nel
mezzogiorno
e
nel
centro
,
poi
d
'
angioini
e
d
'
aragonesi
;
schermaglie
tra
il
senato
veneto
la
cui
cupidigia
non
può
chiamarsi
ambizione
,
la
debolezza
di
Filippo
Maria
Visconti
e
l
'
astuzia
di
Cosimo
dei
Medici
;
e
scorrazzare
delle
masnade
di
ventura
da
una
parte
ad
un
'
altra
,
e
sorgerne
un
prode
o
fortunato
od
accorto
e
giungere
al
regno
:
ecco
i
fatti
della
metà
prima
del
secolo
.
L
'
oscurarsi
delle
idee
,
il
mancare
de
'
principii
,
la
incertezza
degli
stessi
avvenimenti
avean
tolto
via
quei
contrasti
fecondi
delle
passioni
e
dei
pensieri
onde
risulta
la
letteratura
viva
.
In
verità
la
sola
letteratura
a
cotesti
anni
possibile
fu
quella
degli
antiquari
,
che
nel
fervore
dei
ritrovamenti
e
nella
adorazione
del
passato
non
avean
agio
da
riguardare
al
presente
o
non
se
ne
accorgevano
,
o
solo
ne
coglievano
le
apparenze
mobili
e
false
.
In
fatti
súbito
dopo
la
morte
del
Boccaccio
l
'
elemento
nazionale
cominciò
a
manifestare
nello
svolgimento
letterario
due
tendenze
diverse
:
l
'
armonia
,
che
nelle
opere
del
triumvirato
era
stata
meravigliosa
,
tra
la
ristorazione
e
l
'
innovazione
,
tra
le
memorie
dell
'
antichità
e
le
instituzioni
nuove
e
il
sentimento
del
presente
,
tra
l
'
ideale
e
il
reale
,
tra
la
nobiltà
dei
concetti
e
la
popolarità
delle
forme
,
si
rompe
;
e
,
per
l
'
una
parte
,
la
forza
viva
popolare
,
sopraffatta
nel
Trecento
dallo
splendore
del
triumvirato
,
si
risente
ora
e
sbizzarrisce
a
baldanza
in
una
quasi
anarchica
foggia
di
produzione
,
e
il
tumulto
de
'
Ciompi
passa
dalla
piazza
nell
'
arte
,
ove
par
che
vada
perdendosi
ogni
decoro
,
ogni
norma
,
ogni
ordine
;
per
l
'
altra
la
letteratura
dotta
crede
che
la
tradizione
classica
basti
a
sé
sola
,
e
tesaurizzando
l
'
antichità
riprende
l
'
opera
della
ristorazione
romana
dai
tre
grandi
fiorentini
con
devoto
ardore
incominciata
,
ma
rimasta
ben
di
qua
dal
termine
di
perfezione
a
cui
aveano
condotto
il
rinnovamento
italiano
;
la
riprende
con
intendimenti
esclusivi
e
come
fine
a
sé
stessa
.
Ed
ecco
:
per
un
Petrarca
che
andava
frugando
le
città
dei
barbari
in
cerca
di
qualche
opera
obliata
di
Cicerone
;
per
un
Boccaccio
che
saliva
trepidante
di
gioia
nella
biblioteca
di
Montecassino
tra
l
'
erba
cresciuta
grande
su
'
l
pavimento
,
mentre
il
vento
soffiava
libero
per
le
finestre
scassinate
e
le
porte
lasciate
senza
serrami
scotendo
la
polvere
da
lunghi
anni
ammontata
su
'
volumi
immortali
,
e
sdegnavasi
a
vederli
mancanti
de
'
quadernetti
onde
la
stupida
ignoranza
dei
monaci
avea
fatto
brevi
da
vendere
alle
donne
;
per
uno
,
dico
,
ecco
sorgere
le
diecine
di
questi
devoti
dell
'
antichità
,
affrontando
pericoli
di
lunghi
viaggi
,
passando
monti
e
mari
,
peregrinando
poveri
e
soli
per
contrade
inospitali
,
tra
popoli
o
avversi
o
sopettosi
,
de
'
quali
non
sapevan
la
lingua
,
tra
tedeschi
,
tra
turchi
.
Andavano
,
dicean
essi
,
a
liberare
i
gloriosi
padri
«
dagli
ergastoli
dei
germani
e
dei
galli
»
.
E
i
baroni
dai
torrazzi
del
castello
e
i
servi
dalla
gleba
per
avventura
ridevano
al
veder
passare
quegl
'
italiani
magri
,
sparuti
,
con
lo
sguardo
fisso
,
con
l
'
aria
trasognata
,
e
salire
affannosi
le
scale
ruinate
di
qualche
abbazia
gotica
,
e
scenderne
raggianti
con
un
codice
sotto
il
braccio
:
ridevano
,
e
non
sapevano
che
da
quel
codice
era
per
uscire
la
parola
e
la
libertà
,
che
dovea
radere
al
suolo
quelle
torri
e
spezzare
quelle
catene
;
non
sapevano
che
quei
poveri
stranieri
erano
i
vati
d
'
un
dio
ancora
ignoto
ma
prossimo
successore
al
dio
medioevale
,
immane
dio
medioevale
con
la
cui
sanzione
non
solo
i
servi
esistevano
,
ma
erano
dati
cibo
ai
mastini
del
barone
,
e
le
loro
donne
arse
per
istreghe
dai
monaci
.
Fino
a
questi
ultimi
tempi
usò
in
Italia
ridere
del
fanatismo
erudito
del
Quattrocento
;
e
più
ne
ridevano
e
declamavano
i
più
ignoranti
,
ai
quali
è
permesso
godere
i
frutti
della
coltura
laica
moderna
e
schernirne
i
primi
operai
,
perché
non
ebbero
propriamente
l
'
aria
di
giardinieri
eleganti
.
Ma
è
forza
ai
discreti
ammirare
la
fede
e
la
religione
che
ebbe
per
la
scienza
e
per
l
'
arte
il
secolo
XV
,
riconoscere
il
progredimento
della
società
italiana
ne
'
suoi
amori
nelle
sue
passioni
intellettive
,
quando
leggesi
(
e
sia
pur
un
mito
)
come
il
Guarino
veronese
,
perdute
per
naufragio
due
casse
di
libri
che
trasportava
da
Costantinopoli
,
incanutì
dal
cordoglio
,
come
il
Panormita
per
comperare
un
Tito
Livio
vendé
un
podere
,
come
gli
antichi
manoscritti
rubavansi
con
lo
stesso
furore
di
devozione
che
secoli
innanzi
le
reliquie
dei
santi
.
E
a
quella
guisa
che
alcuni
secoli
innanzi
l
'
un
re
mandava
all
'
altro
per
dono
preziosissimo
qualche
frammento
di
un
legno
della
croce
,
così
ora
la
repubblica
di
Lucca
attestava
la
sua
gratitudine
al
duca
Filippo
Maria
di
Milano
col
presente
di
due
codici
;
e
Cosimo
de
'
Medici
inviava
per
tessera
di
pace
ad
Alfonso
di
Napoli
un
Tito
Livio
,
aperto
súbito
con
avidità
grande
dal
re
contro
l
'
avviso
dei
cortigiani
e
dei
fisici
,
i
quali
coi
sospetti
d
'
allora
ammonivano
,
badasse
bene
,
in
quel
libro
,
dono
di
nemico
,
potersi
ascondere
un
veleno
che
solo
aspirato
uccidesse
l
'
uomo
;
e
quel
re
stesso
a
udirsi
leggere
un
capitolo
di
Quinto
Curzio
guaría
dalla
febbre
.
Secolo
strano
cotesto
,
in
cui
i
re
ed
i
potenti
facevano
da
cortigiani
a
poveri
grammatici
.
Cotanto
amore
sfrenato
per
la
ritrovata
antichità
prese
veramente
la
forma
di
superstizione
:
il
furore
dei
crociati
parve
rinascere
negli
eruditi
viaggianti
in
cerca
di
codici
,
ma
fu
una
crociata
della
civiltà
:
come
quella
fratellanza
degli
studi
umani
per
mezzo
della
lingua
latina
fu
quasi
un
cattolicismo
letterario
contro
la
barbarie
e
la
tirannia
spirituale
.
E
testimonianza
onesta
rendevane
Poggio
Bracciolini
,
quando
in
mezzo
a
'
chierici
del
concilio
di
Costanza
e
a
'
masnadieri
di
Sigismondo
imperatore
osava
,
solo
forse
in
Europa
,
venerare
la
gran
figura
di
Girolamo
da
Praga
e
accoglier
nel
cuore
gli
ultimi
accenti
dell
'
inno
che
tra
il
vortice
delle
fiamme
attizzate
dallo
scettro
e
dal
pastorale
quel
martire
del
libero
esame
cristiano
innalzava
al
trono
del
suo
dio
.
Ora
questo
ritorno
all
'
antichità
,
il
quale
contribuì
più
d
'
ogni
altra
cosa
a
liberar
l
'
Europa
dai
lacci
della
scolastica
e
dal
carcere
tenebroso
del
medio
evo
,
è
senza
dubbio
il
fatto
del
secolo
XV
più
notato
e
più
notevole
:
del
quale
alcuni
vorrebbero
dar
l
'
onore
ai
greci
sfuggenti
dinanzi
alla
ruina
ottomana
,
e
nel
quale
altri
veggono
un
furore
intempestivo
che
venne
a
interrompere
il
filo
delle
tradizioni
nazionali
nell
'
arte
e
impedì
lo
svolgimento
ulteriore
dell
'
original
medio
evo
.
Per
noi
è
la
continuazione
e
l
'
esplicazione
necessaria
del
moto
di
restaurazione
del
risvegliato
elemento
romano
.
Come
?
pochi
greci
passando
in
Italia
avranno
informato
un
secolo
intiero
e
fatto
rinascere
la
letteratura
classica
qui
,
dove
,
pur
tacendo
del
Petrarca
e
del
Boccaccio
,
fin
Tommaso
d
'
Aquino
fu
ricercatore
avidissimo
degli
autori
antichi
?
ove
la
Divina
Commedia
fu
cominciata
in
versi
latini
,
ove
in
latino
fu
scritta
la
più
antica
forse
delle
tragedie
europee
,
certo
la
prima
d
'
argomento
moderno
,
da
Albertino
Mussato
?
La
caduta
dell
'
impero
orientale
recò
nuovi
aiuti
al
classico
rinascimento
:
ma
la
cagione
intrinseca
era
,
lo
ripeto
,
nel
genio
paesano
,
allettato
anche
da
quel
bisogno
di
riposo
in
un
ideale
artistico
determinato
,
che
ogni
nazione
sente
dopo
le
grandi
creazioni
prime
.
L
'
idea
di
ristorazione
,
e
l
'
ho
avvertito
già
più
d
'
una
volta
in
questi
discorsi
,
ebbe
gran
parte
nelle
rivoluzioni
italiane
del
medio
evo
;
o
almeno
il
movimento
fu
sentito
e
operato
come
restaurazione
dai
nostri
.
Dante
credeva
nell
'
impero
romano
,
reduce
con
Cesare
,
quando
che
fosse
,
in
Campidoglio
,
e
scriveva
latino
;
come
latino
scriveva
il
Petrarca
,
aspettando
ch
'
e
'
ritornasse
lingua
civile
dell
'
Italia
innovata
e
affrettando
co
'
voti
la
repubblica
degli
Scipioni
.
E
se
i
cronisti
del
secolo
XIII
chiamavano
figliuola
di
Roma
Firenze
e
la
dicevano
fabbricata
da
Cesare
a
imagine
di
Roma
,
se
i
nobili
del
primo
cerchio
vantavano
sé
di
puro
sangue
romano
;
potea
bene
il
Poliziano
chiamarla
anch
'
egli
città
meonia
,
potea
ben
dire
,
come
avrebbe
detto
Catullo
della
Roma
dei
tempi
suoi
,
essere
in
essa
trasportato
con
tutto
il
suo
suolo
e
con
ogni
suppellettile
Atene
.
E
se
i
pavesi
celebravano
offici
di
santo
a
Boezio
,
se
Dante
d
'
accordo
col
tempo
suo
metteva
in
paradiso
Traiano
e
custode
al
purgatorio
Catone
,
qual
meraviglia
che
il
Ficino
tentasse
d
'
intramettere
all
'
ufficiatura
ecclesiastica
qualche
sentenza
di
Platone
?
E
quando
Pomponio
Leto
,
per
l
'
amore
dell
'
antichità
romana
a
cui
aveva
consacrato
il
suo
libero
e
alto
animo
e
la
vita
innocente
,
mutava
in
gentili
i
nomi
cristiani
degli
ascritti
alla
sua
academia
,
quando
partiva
il
tempo
per
calende
,
quando
nell
'
annuale
dell
'
edificazione
di
Roma
si
prostrava
co
'
suoi
dinanzi
alla
statua
di
Romolo
Quirino
;
non
era
ciò
una
conseguenza
,
fantastica
se
volete
,
ma
pur
conseguenza
,
dell
'
essere
stato
il
rinascimento
italiano
inauspicato
nel
nome
di
Roma
antica
e
delle
antiche
instituzioni
da
Arnaldo
?
E
osservate
:
per
una
parte
Paolo
II
scomunica
l
'
academia
romana
e
imprigiona
gli
academici
,
a
quel
modo
stesso
e
per
quella
stessa
ragione
che
l
'
arcivescovo
di
Ravenna
aveva
nel
secolo
XI
scomunicato
il
grammatico
Vilgardo
:
per
l
'
altra
Lorenzo
Valla
,
lo
scrittore
delle
eleganze
latine
,
combatte
non
pure
gli
aristotelici
e
gli
scolastici
in
nome
della
natura
e
della
voluttà
,
ma
la
donazione
di
Constantino
e
il
dominio
temporale
dei
papi
in
nome
della
critica
storica
.
IV
.
Il
che
tutto
se
è
vero
,
pur
da
questo
apparrà
vana
l
'
accusa
che
altri
fanno
al
culto
delle
risorte
lettere
latine
e
greche
:
cioè
dello
avere
l
'
arte
italiana
per
esse
smarrito
il
sentimento
e
il
concetto
religioso
,
abbandonato
le
tradizioni
nazionali
,
alterato
le
forme
,
impoverito
la
lingua
.
È
vero
che
il
secolo
XV
non
ebbe
nei
primi
cinquanta
o
sessanta
anni
scrittori
italiani
degni
di
nota
:
ché
tali
non
sono
certamente
i
poveri
imitatori
del
Petrarca
o
di
Dante
,
né
i
continuatori
delle
leggende
ascetiche
,
e
né
pure
Leon
Battista
Alberti
e
quei
pochi
i
quali
del
Boccaccio
ripresero
più
o
meno
felicemente
lo
stile
non
i
modi
larghi
e
vivi
della
rappresentazione
.
Ma
in
quella
metà
prima
del
Quattrocento
séguita
da
canto
alla
corrente
un
po
'
mista
e
non
troppo
abondevole
della
letteratura
dotta
,
séguita
dalle
sorgive
del
Duecento
e
Trecento
a
devolversi
il
bel
fiume
della
popolar
letteratura
,
e
par
che
acquisti
in
cammino
maggior
copia
di
acque
,
e
a
certi
luoghi
anche
rompendo
dilaga
per
nuove
campagne
con
avviamenti
nuovi
.
Vi
sarebbe
da
mettere
insieme
una
rara
e
non
breve
biblioteca
di
cotesta
letteratura
popolare
,
e
per
ciò
quasi
tutta
anonima
,
del
secolo
XV
:
la
quale
,
in
disparte
dalle
tre
grandi
opere
classiche
del
Trecento
,
onde
solo
accettò
certe
forme
e
colori
di
stile
,
ebbe
largamente
coltivati
,
oltre
le
novelle
e
leggende
in
prosa
,
i
tre
generi
della
poesia
,
la
lirica
,
la
epica
,
la
drammatica
.
Della
lirica
popolare
del
Quattrocento
,
che
trae
la
vita
dal
secolo
innanzi
benché
allora
fosse
più
regolata
su
gli
esempi
de
'
poeti
letterati
,
e
che
su
quelli
esempi
improntò
o
modificò
le
forme
retoriche
e
metriche
,
poco
v
'
è
a
dire
,
non
potendosi
né
dovendosi
qui
far
dimostrazioni
od
analisi
.
Vi
scarseggia
,
se
non
manca
del
tutto
,
l
'
elemento
epico
:
nulla
che
pur
da
lontano
assomigli
alla
ballata
scozzese
,
alla
romanza
spagnuola
:
v
'
è
in
quella
vece
l
'
elemento
della
novella
borghese
,
satirica
e
cinica
,
con
le
smorfie
della
farsa
.
Del
resto
,
la
maggior
sua
materia
sono
le
laudi
religiose
,
le
canzoni
a
ballo
,
le
canzonette
e
frottole
,
gli
strambotti
o
rispetti
d
'
amore
:
né
tra
il
canto
religioso
e
l
'
amoroso
v
'
è
differenza
altro
che
dell
'
oggetto
;
la
intonazione
,
la
espressione
,
la
versificazione
è
la
stessa
ne
'
due
diversi
indirizzi
:
si
cantavano
i
medesimi
strambotti
alla
Vergine
e
alla
donna
del
cuore
,
alla
rosa
di
Gerico
e
alla
rosa
rossa
del
balcone
:
le
antiche
stampe
delle
laudi
avvertono
che
«
Crocifisso
a
capo
chino
»
si
canta
su
l
'
aria
di
una
delle
più
sconce
ballate
.
Non
è
lirica
di
riflessione
come
quella
de
'
migliori
poeti
de
'
due
secoli
anteriori
,
e
né
pur
di
forma
,
di
pura
forma
classica
,
come
quella
de
'
secoli
di
poi
.
È
lirica
di
sentimento
,
e
,
più
che
di
sentimento
,
di
senso
,
con
tutti
i
rapimenti
e
le
delicature
,
ma
anche
con
le
volgarità
e
i
traviamenti
,
del
senso
:
esclamazione
enfatica
,
più
che
espressione
;
improvvisazione
abondante
in
cui
il
sospiro
si
smarrisce
tra
le
parole
,
l
'
affetto
tra
i
colori
.
E
con
tutto
ciò
v
'
è
passione
,
la
passione
degli
elegiaci
latini
che
fu
sublimata
e
diversamente
atteggiata
dall
'
Ariosto
e
dal
Tasso
in
Olimpia
e
in
Fiordiligi
,
in
Armida
e
in
Erminia
.
Del
resto
,
quella
lirica
vive
tutt
'
ora
,
a
punto
perché
è
la
natural
rappresentazione
della
vita
affettiva
del
popolo
nostro
,
vive
materiata
nei
canti
popolari
che
si
van
raccogliendo
per
le
diverse
regioni
d
'
Italia
,
vive
idealizzata
nella
nostra
opera
in
musica
dal
Cimarosa
al
Rossini
.
Più
notevoli
,
per
la
opposizione
tra
la
materia
e
il
lavoro
,
per
la
complicazione
dei
soggetti
con
l
'
opera
,
sono
la
epica
e
la
drammatica
popolare
del
Quattrocento
.
Il
popolo
italiano
era
risorto
pagano
e
classico
,
e
ciò
non
per
tanto
nel
secolo
XV
lavora
e
rilavora
la
materia
cavalleresca
e
cristiana
.
Né
poteva
altrimenti
avvenire
.
Antico
,
e
molto
meno
misto
di
nuovi
elementi
che
non
fossero
al
paragone
gli
altri
popoli
neo
latini
,
come
quello
che
con
la
sua
potente
vitalità
romana
aveasi
assorbito
e
assimilato
il
germanesimo
,
egli
non
aveva
né
materia
né
idea
epica
sua
:
imperocché
la
epopea
,
quando
è
indigena
,
necessaria
,
primitiva
,
sia
quasi
l
'
ardore
e
la
luce
che
manda
una
nazione
ancor
rovente
nella
fusione
de
'
suoi
vari
elementi
.
Per
la
drammatica
poi
,
almeno
in
quanto
la
drammatica
non
è
intieramente
comica
né
recente
,
doveva
anch
'
esso
partire
dalla
religione
:
nella
razza
nostra
le
origini
del
dramma
sono
religiose
,
il
primo
teatro
è
il
tempio
.
Così
,
nell
'
Italia
del
Quattrocento
,
l
'
epopea
,
o
,
a
dir
meglio
,
il
racconto
poetico
fu
cavalleresco
,
biblico
od
evangelico
il
dramma
.
Ho
detto
che
il
nostro
racconto
poetico
fu
cavalleresco
;
e
avrei
dovuto
dire
che
i
nostri
lavorarono
la
materia
epica
francese
importata
in
Italia
con
le
idee
cavalleresche
fin
dal
primo
Duecento
.
La
quale
,
fatta
ormai
volgare
nel
Trecento
dai
cantastorie
specialmente
lombardi
e
veneti
che
la
riproducevano
in
un
francese
italianizzato
o
in
un
italiano
francesizzato
,
avea
già
preso
nella
prosa
de
'
Reali
di
Francia
le
forme
classiche
nostre
,
con
un
'
ampiezza
di
riposata
narrazione
quasi
liviana
,
con
una
macchina
ideale
quasi
virgiliana
,
con
un
accendimento
nella
rappresentazione
delle
passioni
d
'
amore
quasi
ovidiano
,
con
un
apparente
intendimento
di
cristianesimo
,
ma
di
cristianesimo
tutto
politico
,
tutto
romano
.
I
Reali
di
Francia
sono
ancora
oggi
lettura
del
popolo
,
e
specialmente
dei
campagnoli
;
e
ciò
dimostra
che
quella
ricomposizione
romanzesca
rispondea
veramente
al
sentimento
epico
fantastico
del
popolo
italiano
preso
in
generale
.
Ma
per
il
popolo
delle
città
italiane
del
secolo
XV
,
ove
le
cattedrali
rimanevano
interrotte
,
ove
le
logge
d
'
ordine
misto
s
'
eran
fatte
largo
tra
le
torri
feudali
smozzate
o
atterrate
,
ove
su
le
pareti
a
bozze
che
rammentavano
i
castelli
feudali
cominciava
a
ridere
la
finestra
del
rinascimento
co
'
l
suo
colonnato
ad
arco
rotondo
e
,
dentro
,
l
'
atrio
ad
ordine
dorico
,
ciò
era
già
troppo
:
in
quella
prosa
quasi
aristocratica
soverchia
l
'
idealismo
del
Trecento
.
Ignoti
raspodi
ripresero
adunque
quella
materia
:
la
rimaneggiarono
e
la
rimpastarono
in
forma
più
moderna
,
più
ciompa
:
la
volgarizzarono
con
un
senso
di
crudo
realismo
.
I
paladini
ne
divennero
un
po
'
bèceri
e
lazzaroni
;
ma
ne
acquistarono
un
tanto
di
vita
,
in
paragone
almeno
non
degli
originali
francesi
,
ma
delle
misere
traduzioni
e
imitazioni
italiane
del
Duecento
e
dei
rifacimenti
del
Trecento
.
Con
le
sacre
rappresentanze
il
popolo
italiano
arrivò
da
sé
,
senza
o
prima
che
gli
scrittori
propriamente
detti
se
ne
accorgessero
o
lo
tentassero
essi
,
a
quello
che
è
il
terzo
stadio
d
'
una
civiltà
letteraria
,
il
passaggio
dal
racconto
all
'
imitazione
del
fatto
,
dall
'
epopea
o
dalla
leggenda
al
dramma
.
E
questo
procedimento
lo
fece
su
la
materia
greggia
ch
'
egli
aveva
presente
,
il
mito
religioso
,
la
leggenda
cristiana
.
Ma
al
modo
onde
il
popolo
italiano
maneggia
cotesta
materia
,
alla
trasformazione
ch
'
ei
fa
de
'
tipi
mitici
,
è
facile
avvedersi
come
a
perdere
il
sentimento
intimamente
religioso
non
gli
occorressero
motivi
od
esempi
esterni
;
ei
di
per
sé
non
lo
aveva
.
Nelle
sacre
rappresentanze
del
secolo
XV
ricerchereste
in
vano
l
'
ideale
e
la
fede
;
in
vano
guardate
intorno
al
capo
dei
personaggi
del
vecchio
e
nuovo
Testamento
,
intorno
al
capo
dei
martiri
o
dei
padri
del
deserto
,
per
l
'
aureola
d
'
oro
e
d
'
azzurro
:
i
santi
han
messo
il
cappuccio
e
portano
la
barbetta
aguzza
ed
arguta
del
cittadin
fiorentino
.
Nelle
città
di
Palestina
o
d
'
Egitto
,
nel
tempio
ebraico
,
nel
pretorio
o
nell
'
anfiteatro
romano
,
nelle
catacombe
voi
rivedete
la
piazza
di
Firenze
,
il
palazzo
dei
Signori
,
Mercato
vecchio
,
San
Marco
e
Santa
Maria
Novella
,
con
le
loro
anguste
superstizioni
,
coll
'
ipocrisia
loro
,
co
'
l
loro
formalismo
,
con
la
commedia
,
che
non
avendo
ancora
un
campo
proprio
e
una
forma
sua
,
sbizzarrisce
ad
arbitrio
nella
leggenda
del
martirologio
e
sotto
i
veli
della
religione
.
Nella
poesia
sacra
è
avvenuto
ben
presto
,
troppo
presto
forse
,
lo
stesso
che
nella
pittura
religiosa
:
le
figure
bizantine
hanno
disciolto
quelle
loro
avviluppate
e
indistinte
gambe
,
e
movon
quegl
'
informi
piedi
danzando
:
le
teste
estatiche
,
ove
Giotto
raccogliea
tutta
la
vita
della
figura
,
hanno
scosso
il
lor
duro
incordamento
,
e
si
volgono
meravigliate
e
ridenti
su
'
l
corpo
di
carne
novellamente
acquistato
,
tutte
liete
che
siasi
rotto
lo
incanto
che
le
condannava
all
'
immobilità
ascetica
.
Masaccio
e
il
naturalismo
fioriscono
e
regnano
:
frate
Angelico
,
che
dipinge
in
ginocchio
,
è
solitario
nel
suo
chiostro
di
San
Marco
:
Lippo
Lippi
disegna
le
vergini
facendo
all
'
amore
con
le
monache
,
e
rapisce
dal
convento
i
modelli
.
Quindi
è
facile
presentire
che
,
quando
l
'
antichità
con
le
sue
forme
e
co
'
l
senso
del
naturale
idealizzato
si
rivelerà
a
questo
popolo
,
questo
popolo
sarà
ben
preparato
ad
accoglierla
e
ad
abbracciarla
.
V
.
Ma
ciò
non
poteva
essere
nei
primi
cinquanta
anni
del
secolo
XV
;
quando
,
tra
perché
la
poesia
popolare
o
borghese
trasse
a
sé
le
moltitudini
al
cui
intendimento
agguagliavasi
senza
sollevarlo
,
e
perché
i
dotti
non
curarono
d
'
indirizzarsi
al
popolo
reputando
la
erudizione
sola
degna
a
cui
si
attendesse
,
avvenne
che
letteratura
propriamente
nazionale
in
lingua
italiana
non
esistesse
;
quella
letteratura
,
cioè
,
che
al
di
sopra
delle
partizioni
di
scuole
e
di
classi
si
fa
specchio
a
tutto
il
pensiero
e
il
sentimento
della
nazione
,
ne
séguita
i
movimenti
,
ne
è
come
l
'
irradiazione
spirituale
.
In
questi
anni
preparavansi
soltanto
gli
elementi
di
una
nuova
assimilazione
.
Ma
il
necessario
procedere
degli
avvenimenti
cagionava
circa
la
metà
del
secolo
un
mutamento
notevolissimo
nelle
condizioni
così
civili
come
letterarie
d
'
Italia
.
E
prima
di
tutto
per
la
occupazione
di
Costantinopoli
(
1453
)
la
patria
nostra
divenne
sola
erede
e
conservatrice
della
civiltà
antica
,
come
già
era
la
ordinatrice
della
nuova
.
Quindi
lo
stimolo
a
una
letteratura
più
operosa
,
fatto
poi
maggiore
dalla
invenzione
della
stampa
che
ben
presto
di
Germania
passò
tra
di
noi
(
1465
)
.
Aggiungasi
che
il
fine
dello
scisma
occidentale
(
1438
)
rese
stabile
a
Roma
il
papato
e
una
successione
per
alcuni
anni
di
pontefici
men
tristi
;
che
l
'
impiantamento
definitivo
degli
aragonesi
in
Napoli
(
1441
)
e
degli
Sforza
in
Lombardia
(
1447
)
e
la
nuova
dignità
degli
estensi
(
1450
)
e
l
'
affermarsi
dei
Medici
in
Firenze
(
14341480
)
determinarono
meglio
le
relazioni
dei
maggiori
stati
d
'
Italia
:
onde
si
condusse
questa
a
più
pacifico
e
ordinato
vivere
,
e
nella
confederazione
mantenuta
coll
'
equilibrio
si
aprirono
quei
quarant
'
anni
di
florida
se
non
gloriosa
indipendenza
tanto
ricordati
poi
e
rimpianti
dal
Machiavelli
e
dal
Guicciardini
.
In
quella
quiete
confortata
dalla
prosperità
materiale
,
rallegrata
dai
sollazzi
,
dalle
feste
,
dalle
magnificenze
civili
e
principesche
,
la
poesia
italiana
risalì
di
per
le
strade
e
le
piazze
,
nei
palagi
e
nelle
regge
:
dove
strinse
e
riaffermò
un
'
alleanza
talvolta
un
po
'
servile
,
come
avviene
ai
potentati
freschi
,
con
la
classica
letteratura
.
Lo
studio
dei
grandi
modelli
dell
'
antichità
,
lo
addestramento
e
il
disciplinamento
degli
ingegni
e
delle
facoltà
in
quelle
forme
organiche
e
sintetiche
,
doveva
essere
il
mezzo
onde
gli
scrittori
delle
varie
regioni
italiche
riuscissero
a
fare
italiana
la
toscanità
nazionale
di
Dante
del
Petrarca
del
Boccaccio
.
Ciò
si
preparava
,
ciò
cominciava
a
scorgersi
:
ma
la
fusione
,
la
trasformazione
,
non
era
ancora
avvenuta
.
La
nuova
letteratura
del
Quattrocento
rimase
letteratura
della
confederazione
.
E
come
la
confederazione
ebbe
specialmente
tre
centri
intorno
a
cui
si
raccolsero
le
forze
minori
,
Napoli
pe
'
l
mezzogiorno
,
Milano
pe
'
l
settentrione
,
Firenze
pe
'
l
mezzo
;
così
tre
scuole
o
tre
capitali
ebbe
la
letteratura
della
confederazione
;
Napoli
con
isfoggio
di
erudizione
e
lussuria
di
forma
monarchica
;
non
Milano
che
troppo
poco
aveva
nel
Bellincioni
e
nel
Visconti
ed
era
riserbata
centro
a
un
posteriore
rinnovamento
,
ma
Ferrara
coi
suoi
duchi
già
ospiti
dei
trovatori
,
con
le
sue
tradizioni
signorili
e
l
'
aria
magnifica
e
cavalleresca
;
e
Firenze
in
ultimo
,
sempre
democratica
per
una
parte
,
per
l
'
altra
contemperatrice
dei
diversi
elementi
nell
'
arte
a
quel
modo
che
nell
'
ordine
politico
era
co
'
l
Medici
conservatrice
dell
'
equilibrio
.
VI
.
A
Napoli
avvenne
ciò
che
a
Roma
:
erano
ambedue
quelle
città
troppo
rimaste
fuori
dal
movimento
dei
comuni
,
e
per
ciò
tardi
entrarono
al
lavoro
letterario
,
e
vi
entrarono
con
il
latino
.
Napoli
nel
Quattrocento
con
la
sua
academia
pontaniana
promuove
e
coopera
anche
più
che
essa
Roma
al
movimento
di
restaurazione
dell
'
arte
classica
e
della
poesia
latina
.
All
'
ultima
perfezione
dell
'
arte
classica
,
quale
dimostravasi
nella
poesia
latina
rinnovellata
allora
genialmente
in
Italia
,
toccò
,
in
mezzo
la
erudizione
del
secolo
XV
,
Gioviano
Pontano
.
Da
quella
folla
di
grammatici
e
retori
,
di
filologi
ed
eruditi
,
che
empierono
di
lor
fatiche
la
maggior
parte
del
secolo
,
più
lavoranti
che
artisti
,
più
zappatori
che
costruttori
,
egli
uscì
fuori
poeta
;
egli
,
e
il
Poliziano
:
ma
il
Pontano
rende
ancora
più
spiccata
imagine
che
non
il
Poliziano
di
ciò
che
fu
il
pensiero
e
l
'
opera
di
tutto
insieme
il
secolo
,
la
reazione
estetica
e
dotta
contro
il
misticismo
e
l
'
idealismo
cristiano
dell
'
età
anteriore
.
I
libri
suoi
degli
amori
e
li
endecasillabi
baiani
sono
proprio
il
contrario
dei
canzonieri
di
Dante
e
del
Petrarca
,
e
Fannia
e
Focilla
il
contrapposto
di
Beatrice
e
di
Laura
:
queste
non
hanno
mai
velo
che
basti
,
quelle
si
affrettano
ridenti
a
denudare
ogni
loro
bellezza
in
conspetto
al
sole
e
all
'
amore
:
quelli
adorarono
,
inginocchiati
o
con
gli
occhi
levati
;
il
Pontano
abbraccia
con
un
rapimento
di
voluttà
non
meno
lirico
di
quell
'
estasi
.
Tutto
ciò
che
la
fantasia
riflessa
dell
'
antichità
poteva
operare
su
'
l
sentimento
assai
superficiale
d
'
un
borghese
italiano
del
Quattrocento
,
il
Pontano
lo
provò
e
lo
rese
.
E
,
con
quel
suo
riposato
senso
di
voluttà
e
di
sincero
godimento
della
vita
,
egli
,
in
latino
,
è
il
poeta
più
moderno
e
più
vero
del
suo
tempo
e
del
suo
paese
.
Perocché
Napoli
,
la
sensuale
e
imaginosa
Napoli
,
non
ha
poeti
ed
artisti
nel
più
severo
significato
della
parola
:
quel
popolo
,
così
potente
nell
'
astrazione
,
non
ha
vigore
alla
concezione
feconda
e
all
'
espressione
vitale
del
fantasma
:
un
'
onda
colorata
e
sonante
,
senza
armonia
nel
suo
monotono
flusso
e
riflusso
;
un
vortice
di
forme
e
d
'
imagini
lussureggianti
che
s
'
incalzano
e
si
confondono
tra
loro
sino
al
delirio
della
tarantella
;
ecco
la
poesia
napolitana
o
meridionale
.
E
così
la
rappresenta
nel
secolo
XV
il
Pontano
fattosi
napolitano
d
'
imaginazione
,
di
studi
,
di
affetti
,
il
Pontano
che
è
per
avventura
il
maggiore
dei
napolitani
poeti
,
che
ricorda
Ovidio
e
che
accenna
un
po
'
a
quel
che
sarà
nelle
parti
più
elette
il
Marini
.
Ma
il
Pontano
non
presenta
che
una
sembianza
del
Rinascimento
:
questo
nel
concetto
suo
più
nobile
,
come
risorgimento
del
naturalismo
ideale
,
doveva
nell
'
accordo
dell
'
antichità
e
del
cristianesimo
e
nell
'
accordo
esteticamente
migliore
delle
belle
forme
greche
alle
belle
forme
toscane
,
di
Omero
a
Dante
,
di
Virgilio
al
Petrarca
,
doveva
,
dico
,
essere
inteso
e
tentato
in
Firenze
.
Nel
palazzo
di
Via
Larga
,
monumento
magnifico
dell
'
arte
toscana
adorno
delle
più
rare
e
pregiate
reliquie
di
Grecia
,
Lorenzo
de
'
Medici
dà
l
'
una
mano
al
Poliziano
,
l
'
altra
al
Pulci
.
Ei
per
sé
non
fu
artista
o
inventore
eccellentissimo
,
ma
operò
efficacemente
su
i
circostanti
e
i
contemporanei
,
risollevando
a
più
razionalità
col
platonismo
l
'
ideale
dantesco
e
petrarchesco
,
e
con
ciò
ritornando
egli
e
richiamando
l
'
arte
e
lo
stile
alle
nobili
tradizioni
del
Trecento
per
quanto
,
e
non
era
poco
,
rimaneva
in
esse
di
vivo
,
e
in
quelle
chiare
fresche
e
dolci
acque
riforbendo
la
poesia
popolare
dall
'
attrito
plebeo
:
nella
quale
ultima
opera
gli
fu
compagno
il
Poliziano
.
E
tutti
due
presero
a
rifare
un
po
'
più
letterariamente
il
dramma
popolare
,
senza
che
riuscissero
a
dargli
novità
alcuna
o
movimento
di
vita
e
di
composizione
;
ripresero
,
e
con
incomparabile
felicità
,
la
lirica
popolare
:
le
canzoni
a
ballo
e
certe
ottave
sì
dell
'
uno
sì
dell
'
altro
sono
delle
cose
più
spontanee
e
più
schiette
di
tutta
la
nostra
poesia
,
ridono
d
'
una
rosea
morbidezza
che
è
pur
gran
pregio
dell
'
arte
e
non
fu
raggiunta
più
mai
.
Ma
il
sommo
di
quell
'
arte
assimilatrice
in
originale
imitazione
,
che
uscir
dovea
dagli
antichi
monumenti
e
da
quei
del
Trecento
studiati
con
ingegno
e
con
animo
desto
al
senso
del
presente
,
il
sommo
di
quella
bella
e
breve
arte
fu
toccato
dal
Poliziano
.
Scrittore
greco
e
latino
a
quattordici
anni
,
traduttore
di
Omero
a
quindici
,
padre
della
filologia
,
revisore
del
testo
delle
Pandette
,
poeta
di
mitologia
viva
e
di
classicismo
elegante
e
fervido
nelle
Stanze
e
nell
'
Orfeo
,
e
insieme
improvvisator
fiorentino
;
egli
,
accoppiando
la
dottrina
alla
popolarità
,
la
riflessione
alla
spontaneità
,
è
il
tipo
,
se
non
più
grande
,
certo
più
universale
e
più
vero
,
del
miglior
Quattrocento
.
E
,
non
ostante
alcune
macchie
della
sua
vita
e
alcune
brutture
de
'
suoi
carmi
latini
,
anche
il
più
gentile
.
Il
Pontano
è
troppo
materialmente
sensuale
e
stanca
:
il
Poliziano
ama
con
sentimento
di
greco
la
natura
bella
e
serena
,
e
ne
rispecchia
la
imagine
nella
quiete
dell
'
idillio
,
ch
'
egli
insegnò
o
lasciò
in
retaggio
con
l
'
armonia
dell
'
ottava
all
'
Ariosto
ed
al
Tasso
.
Il
Medici
e
il
Poliziano
detersero
quella
parte
di
poesia
popolana
ch
'
e
'
tolsero
a
maneggiare
;
il
Pulci
nella
massa
informe
dell
'
epopea
di
popolare
sollazzo
,
della
quale
abbozzai
più
sopra
l
'
imagine
,
impresse
il
suo
individuale
suggello
.
Egli
sentendosi
,
come
ogni
poeta
vero
,
tratto
ad
espandere
la
disposizione
dell
'
animo
suo
nel
suo
tempo
,
le
cui
tempre
e
condizioni
partecipava
e
sperimentava
tutte
,
non
andò
cercando
materie
e
forme
strane
;
ma
ad
infondervi
l
'
anima
sua
tolse
la
materia
che
più
aveva
alla
mano
,
le
rapsodie
cavalleresche
e
avventuriere
delle
piazze
e
delle
strade
;
e
anche
serbò
il
colorito
e
le
formole
dei
rapsodi
che
le
componevano
o
le
cantavano
.
Ma
non
si
lasciò
assorbire
com
'
essi
dall
'
argomento
:
egli
intervenne
co
'
sentimenti
suoi
all
'
opera
epica
,
vi
mescolò
i
suoi
intendimenti
,
che
erano
a
punto
i
sentimenti
e
gl
'
intendimenti
della
borghesia
italiana
del
tempo
.
Il
Pulci
non
è
ateo
:
egli
,
come
il
popolo
italiano
,
ondeggia
tra
lo
scetticismo
a
cui
la
educazione
delle
circostanze
lo
portarono
,
e
le
memorie
affettive
,
più
che
credenze
,
della
religione
a
cui
il
sentimento
della
prima
educazione
lo
richiama
:
quindi
una
professione
di
fede
epicurea
a
canto
d
'
una
invocazione
a
Maria
.
Il
Pulci
in
fondo
non
crede
a
quelli
imperatori
e
re
,
a
quelli
eroi
,
a
que
'
giganti
,
e
più
d
'
una
volta
dà
loro
repubblicanamente
e
filosoficamente
la
baia
;
ma
curioso
,
e
,
come
il
popolo
italiano
,
avido
del
mirabile
,
del
fantastico
,
del
soprannaturale
ben
trovato
e
bene
adobbato
,
cupido
d
'
impressioni
e
di
sensazioni
tuttor
rinnovantisi
,
si
lascia
trasportare
dal
suo
racconto
;
e
a
certi
punti
grida
,
strepita
,
benedice
,
prega
e
piange
,
per
poi
tornare
a
scherzare
e
sorridere
quando
il
nodo
dell
'
avventura
è
sciolto
.
Tale
è
Luigi
Pulci
:
non
credente
ma
né
pure
ateo
,
non
certo
caldo
di
spiriti
cavallereschi
ma
né
pure
intenzionato
di
parodiarli
,
non
romanzesco
ma
né
pure
burlesco
:
tutto
insieme
,
il
poeta
più
indipendente
del
Rinascimento
,
il
più
popolare
forse
della
nostra
letteratura
o
quello
almeno
che
più
si
lascia
andare
alla
natura
sua
;
e
per
ciò
forse
il
più
maltrattato
dai
cultori
della
poesia
fatturata
.
Il
Pulci
,
in
Firenze
democratica
,
infondeva
i
suoi
spiriti
e
la
vita
del
suo
ingegno
nella
materia
epica
cavalleresca
,
pur
serbandole
la
trasformazione
che
il
popolo
le
aveva
dato
:
Matteo
Boiardo
,
nell
'
aristocratica
Ferrara
,
prendeva
a
rinnovarla
signorilmente
con
l
'
intenzione
a
un
ideale
artistico
.
Ciò
che
dell
'
elemento
feudale
e
delle
tradizioni
cavalleresche
poté
salvarsi
e
soprannuotare
alla
invasione
borghese
e
plebea
erasi
raccolto
nelle
corti
lombarde
,
e
le
popolazioni
lombarde
,
forse
per
una
segreta
affinità
elettiva
a
quelle
tradizioni
,
le
conservarono
più
volentieri
e
più
lungamente
;
e
da
codeste
tradizioni
fu
ben
presto
attratto
il
conte
di
Scandiano
,
gentiluomo
e
feudatario
.
Egli
sarebbe
,
senza
Torquato
Tasso
,
il
primo
e
l
'
ultimo
vero
cavaliere
della
poesia
italiana
:
certo
,
è
il
solo
cavaliere
della
prima
età
del
Rinascimento
,
e
pure
non
ha
nulla
del
don
Chisciotte
:
è
cavaliere
e
dotto
e
cittadino
italiano
insigne
.
Studia
i
poeti
francesi
,
e
traduce
Erodoto
e
Senofonte
;
compone
rime
colle
più
squisite
forme
dantesche
e
petrarchiane
ammollite
e
rifiorenti
alla
tepid
'
aura
dell
'
antica
poesia
,
e
traduce
lo
Anfitrione
e
l
'
Asino
d
'
oro
;
ricerca
memorie
storiche
pe
'
suoi
castelli
e
contraffà
i
cronisti
del
medio
evo
,
e
scrive
ecloghe
latine
;
serve
i
duchi
come
governatore
militare
,
e
si
fa
rimproverare
da
un
solenne
giurista
l
'
avversione
alla
pena
di
morte
;
conversa
con
i
contadini
del
suo
feudo
,
e
fa
suonare
le
campane
a
doppio
quando
ha
trovato
un
bel
nome
per
un
bell
'
episodio
.
Così
fatto
il
Boiardo
,
un
de
'
più
vari
e
larghi
e
amabili
esemplari
dell
'
ingegno
italiano
,
imprese
la
più
varia
e
larga
e
genial
rinnovazione
della
materia
cavalleresca
a
racconto
romanzesco
che
abbiano
le
letterature
del
Rinascimento
,
fondendo
insieme
per
una
parte
i
poemi
del
ciclo
carolingio
e
quelli
del
ciclo
bretone
,
l
'
eroismo
e
l
'
avventura
,
l
'
ideale
epico
e
l
'
intreccio
amoroso
,
e
in
quella
fusione
mescolando
per
l
'
altra
parte
l
'
epopea
antica
,
gli
episodi
omerici
e
virgiliani
.
E
tutto
questo
fece
su
'
l
serio
,
imperocché
egli
credeva
a
'
suoi
cavalieri
e
gli
amava
:
quanto
studio
di
verità
,
quanto
fervore
di
artista
nei
caratteri
che
egli
primo
in
questa
terza
lavorazione
dell
'
antica
materia
determinò
,
e
fissò
!
quanta
gentilezza
in
quelle
donne
,
ch
'
egli
creò
,
naturali
e
tenere
e
nobili
insieme
!
Il
Boiardo
è
senza
dubbio
un
de
'
più
grandi
poeti
italiani
:
con
tutto
ciò
a
quella
prolissità
,
a
quel
suo
manco
,
alle
volte
,
di
forza
risentita
nel
colorire
,
mentre
ha
pur
così
larga
facoltà
di
comprendere
e
rappresentare
,
voi
v
'
accorgete
che
egli
,
il
cavaliere
,
è
vecchio
di
qualche
secolo
.
Che
aveva
a
fare
con
la
età
dei
condottieri
e
degli
avvelenatori
il
principio
cavalleresco
?
E
,
poi
che
la
Divina
Commedia
non
aveva
lasciato
effetti
,
che
cosa
poteva
ormai
operare
in
Italia
il
principio
religioso
?
Dal
lavoro
letterario
troppo
è
evidente
la
sua
assenza
.
E
pure
,
mentre
per
un
lato
l
'
elemento
ecclesiastico
seguitava
esagerando
la
sua
trasformazione
romana
sino
a
far
pagana
la
corte
dei
papi
,
il
principio
religioso
,
per
l
'
altro
lato
,
contro
il
sensualismo
classico
del
Pontano
,
contro
lo
scetticismo
popolaresco
del
Pulci
,
contro
il
paganesimo
artistico
del
Poliziano
,
contro
l
'
idealismo
romanzesco
del
Boiardo
,
contro
la
corruzione
dei
Medici
,
di
Firenze
,
d
'
Italia
e
della
Chiesa
,
contro
il
Rinascimento
in
somma
insorgeva
con
un
ultimo
tentativo
di
ascetica
reazione
in
persona
di
Girolamo
Savonarola
.
Non
tutto
il
clero
,
a
dir
vero
,
avea
seguitato
il
pontificato
nella
sua
abiettazione
,
e
nella
sua
degenerazione
la
Chiesa
:
che
anzi
,
quanto
più
quello
e
questa
avanzavano
,
tanto
più
,
in
quegli
ordini
specialmente
che
parteciparono
con
maggior
ardenza
al
rinnovamento
cattolico
dei
secoli
XII
e
XIII
,
andavano
crescendo
gli
spiriti
dell
'
opposizione
:
la
quale
negli
scrittori
ascetici
del
Trecento
e
del
Quattrocento
va
sempre
più
maturando
un
cotal
concetto
di
riformazione
,
tanto
più
chiaramente
accennato
quanto
quegli
scrittori
sentivano
la
necessità
di
raffermare
,
purificando
la
Chiesa
,
il
sentimento
cristiano
e
il
dogma
cattolico
contro
la
civiltà
profana
che
d
'
ogni
parte
dilagava
e
premeva
.
E
il
movimento
di
opposizione
cristiana
mise
capo
in
Girolamo
Savonarola
.
Nel
quale
,
posto
,
per
un
'
incidenza
che
non
è
tutta
caso
,
tra
il
chiudere
del
medio
evo
e
l
'
aprirsi
della
modernità
,
quasi
a
raccogliere
e
benedire
gli
ultimi
aneliti
della
libertà
popolana
già
sórta
nel
nome
del
cristianesimo
e
a
mandare
l
'
ultima
vampa
di
fede
verso
i
tempi
nuovi
,
voi
vedete
convergere
le
aspirazioni
più
pure
,
voi
vedete
rinascere
le
figure
più
ardite
del
monachismo
democratico
.
In
lui
lo
sdegno
su
la
corruzione
della
chiesa
che
traeva
alla
solitudine
i
contemplanti
,
in
lui
l
'
amore
alle
plebi
fraterne
che
richiamava
su
le
piazze
e
tra
le
armi
dei
cittadini
contendenti
ad
uccidersi
i
frati
paceri
,
in
lui
la
scienza
teologica
e
civile
di
Tommaso
,
in
lui
il
repubblicanismo
di
Arnaldo
,
in
lui
finalmente
anche
le
fantasie
e
le
fantasticherie
di
Iacopone
da
Todi
.
E
di
quel
pensiero
italiano
che
intorno
alla
religione
andavasi
da
secoli
svolgendo
nell
'
arte
nella
scienza
nella
politica
,
di
quel
pensiero
che
è
lo
stesso
così
in
Arnaldo
repubblicano
all
'
antica
come
in
Dante
ghibellino
o
nel
Petrarca
letterato
,
così
in
fra
'
Iacopone
maniaco
religioso
come
nel
Sacchetti
novelliere
profano
,
il
Savonarola
pronunziò
la
formola
:
Rinnovamento
della
Chiesa
.
Era
troppo
tardi
.
Quel
che
nella
mente
italiana
del
Savonarola
era
avanzato
di
intendimento
civile
tra
le
ebrietà
mistiche
del
chiostro
,
ei
lo
depose
grandiosamente
nella
instituzione
del
Consiglio
grande
:
del
resto
,
come
martire
religioso
,
salva
la
reverenza
debita
sempre
a
cui
nobilita
il
genere
umano
attestando
col
sangue
suo
la
sua
fede
,
come
novatore
mistico
,
egli
(
perché
no
'
l
diremo
?
)
egli
è
misero
.
Rivocare
il
medio
evo
su
la
fine
del
secolo
XV
;
far
da
profeta
alla
generazione
tra
cui
cresceva
il
Guicciardini
;
ridurre
tutta
a
un
monastero
la
città
ove
il
Boccaccio
avea
novellato
di
ser
Ciappelletto
e
dell
'
agnolo
Gabriele
,
la
città
ove
di
poco
era
morto
il
Pulci
;
respingere
le
fantasie
dalla
natura
,
novamente
rivelatasi
,
alla
visione
,
le
menti
dalla
libertà
e
dagli
strumenti
suoi
,
novamente
conquistati
,
alla
scolastica
:
fu
concetto
quanto
superbo
altr
'
e
tanto
importuno
e
vano
.
Il
Rinascimento
sfolgorava
da
tutte
le
parti
;
da
tutti
i
marmi
scolpiti
,
da
tutte
le
tele
dipinte
,
da
tutti
i
libri
stampati
in
Firenze
e
in
Italia
irrompeva
la
ribellione
della
carne
contro
lo
spirito
,
della
ragione
contro
il
misticismo
;
ed
egli
,
povero
frate
,
rizzando
suoi
roghi
innocenti
contro
l
'
arte
e
la
natura
,
parodiava
gli
argomenti
di
discussione
di
Roma
;
egli
ribelle
,
egli
scomunicato
,
egli
in
nome
del
principio
d
'
autorità
destinato
a
ben
altri
roghi
.
E
non
sentiva
che
la
riforma
d
'
Italia
era
il
Rinascimento
pagano
,
che
la
riforma
puramente
religiosa
era
riservata
ad
altri
popoli
più
sinceramente
cristiani
;
e
tra
le
ridde
de
'
suoi
piagnoni
non
vedeva
,
povero
frate
,
in
qualche
canto
della
piazza
sorridere
pietosamente
il
pallido
viso
di
Nicolò
Machiavelli
.
DISCORSO
QUINTO
Del
Cinquecento
:
l
'
unità
classica
,
l
'
idealismo
e
lo
scadimento
.
I
.
L
'
ultimo
canto
dell
'
Orlando
innamorato
,
breve
contro
il
consueto
degli
altri
,
termina
abbandonando
i
lettori
a
mezzo
un
racconto
d
'
amore
.
Però
che
il
poeta
vede
la
Italia
tutta
a
fiamma
e
foco
per
i
Galli
che
vengono
e
non
può
più
cantare
;
racconterà
,
egli
promette
,
un
'
altra
volta
:
ma
non
raccontò
,
perché
mori
poco
dopo
,
in
quel
funesto
1494
venuto
a
chiudere
i
quaranta
anni
di
pace
e
prosperità
dell
'
Italia
equilibrata
nella
federazione
.
La
quinta
età
della
letteratura
nazionale
,
l
'
età
del
perfezionamento
nella
copia
ordinata
,
nella
ricca
e
baliosa
eleganza
,
nell
'
armonica
varietà
,
nell
'
unità
concettuale
delle
forme
,
si
svolge
a
punto
dal
1494
,
l
'
anno
della
prima
invasione
straniera
,
con
l
'
uscire
del
Sannazaro
e
del
Bembo
a
dittatori
del
nuovo
gusto
e
riformatori
della
lingua
nelle
regioni
del
mezzogiorno
e
del
settentrione
,
co
'
l
crescere
del
maggior
poeta
,
l
'
Ariosto
,
e
del
maggior
prosatore
,
il
Machiavelli
.
La
maturità
è
circa
il
1530
,
l
'
anno
della
caduta
di
Firenze
,
nel
quale
morirono
il
Sannazaro
e
Andrea
del
Sarto
:
il
Machiavelli
era
morto
nel
'27
e
il
Castiglione
nel
'29;
Leonardo
da
Vinci
nel
'19
e
Raffaello
nel
'20
:
l
'
Ariosto
morrà
nel
'33
e
il
Correggio
nel
'34
.
Il
movimento
fecondo
séguita
fino
al
1559
,
l
'
anno
della
pace
di
Castel
Cambrésis
che
affermò
il
dominio
e
il
predominio
della
casa
austriaca
di
Spagna
sopra
l
'
Italia
e
aprì
nella
penisola
l
'
età
delle
signorie
straniere
avvalorate
dal
diritto
europeo
;
e
si
può
tenere
che
venisse
mancando
circa
il
1565
,
un
anno
dopo
la
chiusura
del
concilio
tridentino
,
che
compì
il
rinnovamento
cattolico
e
soffocò
la
libertà
del
pensiero
e
della
parola
,
fino
allora
,
di
fatto
se
non
di
diritto
,
lasciata
alle
lettere
,
o
,
salvo
qualche
resipiscenza
furiosa
,
almen
tollerata
.
Questi
ultimi
anni
nell
'
arte
son
pieni
della
vecchiezza
di
Michelangelo
e
di
Tiziano
;
nella
letteratura
,
del
fiore
dei
minori
prosatori
:
il
Guicciardini
morì
nel
'40
e
il
Bembo
nel
'47
,
il
Fracastoro
nel
'53
e
il
Vida
nel
'66
:
Torquato
Tasso
era
nato
nel
'44
.
II
.
Ora
,
enumerando
pur
questi
nomi
e
ricorrendo
con
la
memoria
quelle
tante
opere
a
cui
vanno
congiunti
,
avviene
di
dubitare
se
parecchi
storici
delle
cose
e
delle
lettere
italiane
non
abbiano
per
avventura
fatto
del
piagnone
a
gridare
la
morte
dell
'
Italia
,
quando
ella
più
fervidamente
addimostrava
la
sua
vitalità
in
così
frequenti
e
così
nobili
produzioni
di
pensiero
e
di
arte
.
E
come
per
fermo
creder
morto
o
malato
a
morte
un
popolo
,
dal
cui
mezzo
esce
il
Colombo
a
trovare
fra
gli
errori
paurosi
della
tradizione
un
nuovo
mondo
?
dal
cui
mezzo
esce
il
Machiavello
a
liberare
d
'
ogni
ombra
mitica
,
d
'
ogni
apparenza
fantastica
,
il
campo
della
storia
e
riporvi
la
verità
del
fatto
umano
?
dal
cui
mezzo
uscirà
il
Galileo
a
cacciare
dai
pianeti
,
loro
ultimo
nido
,
l
'
autorità
e
la
fizione
scolastica
,
a
rifare
co
'
l
cannocchiale
i
cieli
,
co
'
l
metodo
sperimentale
le
menti
?
Morto
questo
popolo
,
che
in
nome
della
ragione
e
da
parte
della
libertà
prende
possesso
del
mare
,
del
cielo
,
della
terra
e
dell
'
uomo
?
E
che
morti
sono
questi
a
cui
canta
le
esequie
l
'
Ariosto
,
Michelangelo
edifica
il
cimitero
e
scolpisce
i
sepolcri
,
i
quali
a
gara
dipingono
Leonardo
e
Raffaello
e
Tiziano
?
Sono
dunque
testamenti
le
filosofie
del
Telesio
e
del
Bruno
?
Potrà
bene
quel
filosofo
della
storia
con
molta
accensione
d
'
ingegno
provarci
che
il
movimento
dell
'
Italia
nel
secolo
XVI
altro
non
fu
che
oblio
spensierato
della
realità
e
un
prepararsi
a
ben
morire
,
che
l
'
Italia
doveva
morire
perché
non
si
era
fatta
nazione
e
non
aveva
la
conscienza
di
nazione
:
potrà
questo
storico
della
letteratura
con
isquisite
sottigliezze
mostrarci
che
tutta
l
'
arte
del
secolo
XVI
è
dissoluzione
,
e
che
l
'
Italia
doveva
dissolversi
perché
non
credeva
,
perché
non
aveva
operato
la
riforma
della
religione
.
Ma
la
storia
è
quel
che
è
:
volerla
rifare
noi
a
nostro
senno
,
voler
riveder
noi
come
un
tema
scolastico
il
gran
libro
dei
secoli
e
inscrivervi
sopra
con
cipiglio
di
maestri
le
correzioni
,
e
,
peggio
,
cancellar
d
'
un
frego
di
penna
le
pagine
che
non
ci
gustano
,
e
,
peggio
ancora
,
castigare
con
la
ferula
della
dialettica
nostra
o
della
nostra
declamazione
un
popolo
come
uno
scolare
,
o
anche
tagliargli
il
capo
di
netto
quando
è
tutto
vivo
,
perché
non
ha
fatto
a
punto
come
noi
intendevamo
che
fosse
il
meglio
o
come
noi
avremmo
voluto
che
facesse
;
tutto
ciò
è
arbitrio
o
ginnastica
d
'
ingegno
,
ma
non
è
il
vero
,
anzi
è
il
contrario
.
La
storia
è
quel
che
è
:
certi
spostamenti
,
certi
oscuramenti
,
certe
,
direi
,
sincopi
,
nella
ragione
dell
'
universal
movimento
,
nel
rifrangersi
della
luce
da
uno
ad
altro
lato
,
nell
'
affluire
del
sangue
più
tosto
a
quella
che
a
questa
parte
del
corpo
sociale
,
sono
necessarie
;
né
avvengon
già
sempre
per
colpa
del
popolo
che
pure
ha
più
da
soffrirne
,
né
si
potevano
per
altre
disposizioni
evitare
,
né
era
bene
che
si
evitassero
.
Il
Cinquecento
apre
in
Europa
un
'
età
nuova
:
alla
quale
dié
principio
la
Francia
,
rafforzatasi
nell
'
unità
sotto
l
'
undecimo
Luigi
e
compiutasi
per
l
'
aggiunta
del
gran
feudo
di
Borgogna
sotto
l
'
ottavo
Carlo
,
col
manifestare
la
sua
forza
d
'
espansione
,
e
la
Spagna
,
uscendo
dalle
lunghissime
guerre
co
'
Mori
vittoriosa
,
compatta
,
irritata
al
combattimento
,
con
la
conquista
;
e
con
la
rivoluzione
religiosa
la
Germania
,
covante
nell
'
inerzia
feudale
ardori
di
battaglia
e
lusingante
gli
odii
antichi
di
razza
con
novelli
ardiri
di
ragionamento
;
la
Germania
a
cui
anche
l
'
impero
,
incominciando
e
fermarsi
nella
casa
d
'
Austria
forte
di
stati
ereditari
,
dava
,
se
non
la
compattezza
di
quelle
altre
due
nazioni
,
il
peso
d
'
una
gran
mole
;
la
Germania
cui
anche
la
irrequietezza
del
nuovo
imperatore
Massimiliano
conferiva
a
riportare
nell
'
azione
europea
.
A
cotesta
età
dunque
la
Francia
e
la
Spagna
impartirono
il
movimento
storico
,
che
fu
quello
degl
'
interessi
dinastici
,
al
cui
servigio
i
monarchi
adoperarono
le
nazioni
novellamente
formatesi
intorno
a
loro
;
la
Germania
impartì
un
po
'
più
tardi
l
'
ardore
della
controversia
e
della
discussione
,
che
non
doveva
né
restringersi
nei
limiti
della
conscienza
religiosa
né
finire
con
i
soli
effetti
estrinseci
della
riforma
.
Ora
,
dinanzi
alla
foga
della
Francia
e
della
Spagna
traboccanti
dall
'
alveo
loro
,
da
poi
che
ivi
il
popolo
nell
'
urto
contro
gli
stranieri
si
era
agglomerato
con
le
feudalità
attorno
il
re
a
forma
di
nazione
,
l
'
Italia
non
aveva
che
le
sue
tradizioni
e
gli
ordinamenti
suoi
federali
:
il
turbine
poi
delle
passioni
religiose
che
ventava
dalle
alpi
germaniche
non
la
distrasse
dalla
quiete
solenne
nella
quale
ella
svolgeva
l
'
elaborazione
ultima
del
suo
organamento
nazionale
e
politico
,
della
sua
conscienza
di
popolo
,
nel
pensiero
e
nell
'
arte
.
Imperocché
nazione
ella
sentivasi
ed
era
nelle
tradizioni
,
nella
lingua
,
nella
gloria
:
ma
,
scossa
che
ebbe
la
soma
dell
'
impero
tedesco
,
non
aveva
voluto
sacrificare
la
libertà
alla
forza
,
la
varietà
all
'
unità
.
E
perché
avrebbe
dovuto
farlo
,
ella
,
che
dalle
ruine
di
Roma
era
risorta
col
senso
dell
'
Italia
sociale
,
dell
'
Italia
delle
confederazioni
sannitiche
ed
etrusche
?
E
se
lo
avesse
fatto
,
se
fossesi
lasciata
maneggiare
da
uno
svevo
o
da
un
angioino
o
da
un
Visconti
che
,
domata
,
spremuta
,
battuta
,
l
'
avesse
poi
spinta
come
caval
di
battaglia
alle
conquiste
,
avrebbe
ella
operato
quel
che
operò
nello
svolgimento
libero
di
tutti
gli
elementi
suoi
,
di
tutte
le
sue
genti
?
avrebbe
ella
avuto
i
suoi
commerci
unificatori
d
'
Europa
,
l
'
arte
sua
conciliatrice
dell
'
antichità
e
del
medio
evo
,
il
suo
rinascimento
?
o
avrebbe
ella
potuto
produrlo
con
tale
una
rifioritura
universale
,
con
tale
un
'
efficacia
feconda
,
da
inocularne
lo
spirito
vivificatore
alle
altre
nazioni
?
o
non
più
tosto
lo
avrebbe
prodotto
manco
e
superficiale
come
la
Francia
,
parziale
come
la
Germania
?
La
riforma
religiosa
come
avrebbe
dovuto
o
potuto
promuoverla
o
accettarla
l
'
Italia
,
ella
che
aveva
fatto
ad
imagine
sua
pagano
il
cristianesimo
?
Come
avrebbe
dovuto
accettar
da
Lutero
l
'
autorità
della
bibbia
ella
che
nella
politica
poneva
co
'
l
Machiavelli
fattore
e
signore
del
tutto
il
pensiero
umano
,
ella
che
nella
scienza
era
co
'
l
Galileo
per
dare
il
primo
crollo
alla
Genesi
,
ella
che
nell
'
arte
fastidiva
co
'
l
Bembo
lo
stile
di
san
Paolo
?
Ma
è
egli
possibile
a
imaginare
il
rinascimento
in
Italia
luterano
?
e
un
Ariosto
zuingliano
?
un
Machiavelli
puritano
?
un
Raffaello
calvinista
?
un
Michelangelo
quaquero
?
No
,
veramente
:
la
vita
e
l
'
anima
dell
'
Italia
fu
la
federazione
nell
'
ordinamento
politico
,
il
razionalismo
in
filosofia
e
in
religione
,
il
naturalismo
in
arte
.
Ella
nel
secolo
XVI
finiva
di
compiere
,
per
quel
che
spetta
ad
arte
e
pensiero
,
l
'
opera
che
aveva
cominciato
fino
dal
mille
,
con
la
rivoluzione
sociale
dei
Comuni
,
il
rinascimento
:
il
rinascimento
che
fu
motivo
alla
riforma
religiosa
di
Germania
,
la
quale
alla
sua
volta
trasportatasi
e
trasformatasi
tra
gli
olandesi
e
gl
'
inglesi
fu
nutrimento
e
incentivo
alla
rivoluzione
politica
maturata
dalla
Francia
nell
'
ottantanove
.
A
ciascuna
nazione
l
'
età
sua
,
a
ciascuna
età
il
suo
officio
.
Che
colpa
,
del
resto
,
aveva
la
nostra
patria
,
se
ella
era
a
quel
tempo
la
più
libera
,
la
più
bella
,
la
più
ricca
,
la
più
civile
e
comparativamente
la
più
felice
tra
le
nazioni
d
'
Europa
?
Ella
compiva
serenamente
disinteressata
l
'
officio
suo
,
quando
Spagna
Francia
e
Germania
nel
lor
bisogno
di
gittarsi
fuora
a
pascolare
e
a
sbizzarrire
secondarono
gli
avidi
e
avventurieri
istinti
dei
re
condottieri
intorno
ai
quali
eransi
aggreggiate
,
e
presero
questa
bella
musa
che
cantava
la
libertà
la
natura
la
ragione
,
e
la
gittarono
con
le
mani
e
i
piedi
legati
e
co
'
l
bavaglio
alla
bocca
in
balia
dei
due
ciclopi
del
medio
evo
.
Certo
,
che
,
quando
papa
ed
imperatore
fossero
per
necessità
di
cose
tornati
concordi
all
'
azione
loro
in
Europa
,
la
vita
dell
'
Italia
liberamente
federale
e
produttiva
,
che
era
un
ribellamento
a
quell
'
azione
ed
avea
vigoreggiato
negl
'
intervalli
o
nella
sòsta
di
essa
,
dovea
finire
e
languire
.
E
così
la
ruina
ultima
dell
'
Italia
provenne
da
ciò
che
era
stato
oggetto
alle
utopie
idealistiche
de
'
suoi
grandi
uomini
.
Cesare
tornò
pur
troppo
,
e
questa
volta
pose
da
vero
mano
alla
predella
e
inforcò
la
polledra
selvaggia
:
Dante
poteva
esser
contento
,
l
'
idea
ghibellina
aveva
trionfato
.
Pietro
si
era
riconciliato
con
Cesare
,
e
in
una
città
del
retaggio
di
Matilde
gli
avea
dato
il
bacio
di
pace
in
bocca
e
la
corona
dell
'
impero
in
capo
,
e
ne
avea
ricevuto
il
donativo
dell
'
altare
:
il
Petrarca
e
Caterina
da
Siena
potevano
ringraziare
Dio
,
i
vóti
dei
guelfi
eran
pieni
.
Firenze
e
Siena
lo
seppero
,
ed
esperimentò
ben
Milano
per
oltre
tre
secoli
gli
effetti
pratici
del
trattato
di
monarchia
.
Ma
dire
che
ciò
avvenisse
non
curante
e
non
resistente
l
'
Italia
,
non
resistente
per
la
debolezza
e
la
opposizione
d
'
interessi
cagionata
dall
'
ordinamento
federale
,
non
curante
per
la
dissoluzione
in
cui
lo
scetticismo
e
il
materialismo
pratico
l
'
avevano
precipitata
,
non
è
né
vero
né
giusto
né
generoso
.
E
,
anzi
tutto
,
onde
partirono
le
provocazioni
all
'
invasione
straniera
?
da
'
due
stati
monarchici
,
da
Milano
e
da
Napoli
;
e
la
causa
più
vera
o
il
pretesto
più
prossimo
ne
fu
una
ragione
di
succession
dinastica
a
Napoli
,
al
regno
da
antico
accentratore
.
E
dove
la
resistenza
agli
oppressori
stranieri
e
indigeni
fu
nobile
,
eroica
,
senza
concessioni
,
fino
agli
estremi
,
con
aureola
di
sacrificio
?
nelle
repubbliche
democratiche
di
Firenze
e
di
Siena
.
E
quali
furono
gli
stati
che
la
piena
barbarica
non
ricoprì
o
che
si
tennero
diritti
in
mezzo
al
temporale
?
Ancora
le
repubbliche
,
Venezia
e
Genova
.
Io
non
dico
se
quelle
repubbliche
sarebbero
desiderabili
oggi
:
elle
erano
quel
che
dovevano
e
potevano
essere
secondo
le
rivoluzioni
loro
e
rispetto
alle
condizioni
italiane
e
europee
:
io
rilevo
un
fatto
.
E
tanto
aveva
l
'
Italia
poca
voglia
di
morire
,
che
il
sacro
romano
impero
dové
adoperarsi
con
tutte
le
sue
forze
,
con
tutti
gli
argomenti
anche
co
'
l
tradimento
,
per
istrangolare
due
città
come
Firenze
e
Siena
;
e
pur
tra
le
branche
del
ciclope
le
due
viragini
belle
si
divincolavano
fieramente
,
ed
empievano
della
meraviglia
dei
loro
ultimi
sforzi
e
della
pietà
di
lor
grida
Europa
:
soccomberono
,
ma
non
furono
violate
.
E
tanta
era
la
vitalità
del
popolo
italiano
,
e
tanto
era
egli
poco
rassegnato
a
morire
,
che
,
mancato
all
'
operosità
sua
il
campo
domestico
,
ei
ne
si
ripresenta
meditante
e
operante
in
tutta
la
storia
d
'
Europa
.
Questa
Europa
,
che
ci
voleva
morti
,
i
nostri
scrittori
la
illuminano
,
i
nostri
artisti
l
'
adornano
,
i
nostri
uomini
di
stato
l
'
agitano
o
la
infrenano
,
i
nostri
guerrieri
la
insanguinano
.
Chi
ornò
Versaglia
ed
il
Louvre
?
chi
l
'
Escuriale
?
E
onde
vennero
all
'
impero
i
Farnesi
,
i
Piccolomini
,
i
Montecuccoli
,
gli
Eugenio
di
Savoia
?
E
non
pare
una
vendetta
del
fato
che
il
Mazzarino
governasse
la
Francia
e
l
'
Alberoni
la
Spagna
?
III
.
Il
sin
qui
detto
mi
esenterà
da
altre
apologie
e
da
parziali
difese
,
e
servirà
pure
a
determinar
meglio
l
'
essere
e
i
modi
della
letteratura
italiana
nel
secolo
XVI
.
Il
cui
svolgimento
procedé
poi
così
largo
e
magnifico
,
che
le
ragioni
di
tutte
le
sue
varietà
non
possono
restar
contenute
nei
limiti
di
un
discorso
:
del
resto
,
chi
non
sa
esser
quella
,
almeno
per
gli
effetti
largamente
ed
efficacemente
prodotti
su
la
nuova
coltura
europea
,
l
'
età
più
gloriosa
delle
lettere
italiane
?
E
io
credo
che
nulla
di
propriamente
nuovo
avanzi
a
dire
,
per
esempio
,
su
'
l
Machiavelli
o
su
l
'
Ariosto
:
essi
,
rispetto
a
Dante
e
agli
altri
scrittori
del
Trecento
e
del
Quattrocento
,
sono
moderni
,
o
sì
veramente
principiasi
con
essi
quella
età
che
fu
moderna
fino
all
'
ottantanove
,
che
sussiste
ancora
per
poco
:
tutti
noi
gli
comprendiamo
a
un
modo
,
e
l
'
Europa
li
ha
giudicati
con
la
sicurtà
del
senso
recente
.
Per
ciò
,
a
non
voler
ripetere
cose
già
dette
,
mi
contenterò
di
rilevare
più
netto
ch
'
io
possa
le
linee
del
movimento
e
i
contorni
del
confine
di
quella
letteratura
.
Della
quale
se
il
decimosesto
secolo
vide
il
frutto
,
il
germe
fu
nel
decimoquinto
.
Nel
secolo
XV
eran
nati
a
poca
distanza
tra
loro
il
Machiavelli
,
il
Buonarroti
,
il
Guicciardini
che
in
sé
accolsero
gli
ultimi
spiriti
dei
Comuni
e
la
somma
dell
'
esperienza
e
le
virtù
estreme
del
reggimento
libero
,
e
il
Sannazaro
il
Bembo
il
Castiglione
,
rappresentanti
della
più
eletta
coltura
aulica
secondo
l
'
intendimento
di
Dante
,
che
sórsero
dittatori
del
bel
costume
alle
nuove
generazioni
e
del
linguaggio
regolare
e
dello
stile
elegante
.
Nel
secolo
XV
era
cresciuto
l
'
Ariosto
,
che
nella
maggiore
opera
sua
procede
senza
dubbio
dal
Boiardo
:
come
il
Machiavelli
procede
per
una
piccola
parte
dalla
erudizione
e
dalla
critica
degli
umanisti
,
per
esempio
,
del
Valla
,
e
indubbiamente
poi
ritrae
la
materia
e
il
meccanismo
di
storico
più
dagli
storiografi
latini
del
Quattrocento
che
dai
cronisti
del
Trecento
.
Anzi
che
concepimenti
e
produzioni
nuove
,
vide
adunque
il
secolo
XVI
compiersi
e
fermarsi
,
nell
'
accordo
delle
attività
diverse
e
nell
'
armonia
delle
forme
,
l
'
ultimo
perfezionamento
di
tutta
la
produzione
anteriore
ancor
viva
o
vitale
.
La
letteratura
del
Trecento
nella
espressione
artistica
era
stata
individuale
e
d
'
impronta
toscana
:
quella
del
Quattrocento
,
parziale
e
federale
:
quella
del
Cinquecento
fu
una
,
classica
,
italiana
.
Sì
,
il
carattere
più
rilevatamente
storico
ed
estetico
della
letteratura
del
Cinquecento
è
l
'
unità
nel
classicismo
della
forma
e
nella
italianità
della
lingua
.
L
'
unità
italica
non
risultò
mai
così
evidente
nell
'
arte
come
in
quel
secolo
:
parve
che
la
patria
nostra
nell
'
imminenza
del
suo
sfacelo
politico
intendesse
con
ogni
vigor
che
le
avanzava
a
chiarirsi
ed
affermarsi
nazione
.
E
tuttavia
non
vi
fu
sfórzo
:
era
l
'
ultima
conseguente
modificazione
dello
svolgimento
.
Cessato
l
'
urto
tra
i
diversi
elementi
a
mano
a
mano
con
l
'
estinguersi
sin
dalla
fine
del
secolo
XIII
dell
'
elemento
feudale
,
co
'
l
languire
del
religioso
e
co
'
l
sormontare
necessario
dell
'
elemento
nazionale
;
cessò
nel
secolo
XVI
anche
il
dissidio
tra
le
due
forze
o
tendenze
differenti
di
quest
'
ultimo
elemento
,
l
'
aristocratica
e
la
democratica
,
la
unitaria
e
la
federale
,
la
romana
e
l
'
italica
:
forze
e
tendenze
che
Dante
aveva
già
riconosciute
e
contrassegnate
,
quando
distingueva
l
'
idioma
illustre
,
cardinale
,
aulico
,
curiale
,
e
la
poesia
che
in
quello
componevasi
,
dal
volgare
plebeo
e
paesano
.
Il
contrasto
e
il
distacco
tra
Dante
e
l
'
Angiolieri
,
tra
Battista
Alberti
e
il
Burchiello
,
tra
il
Boiardo
e
Sostegno
di
Zanobi
,
non
fu
più
possibile
nel
Cinquecento
come
fatto
letterario
notevole
e
notato
.
Il
processo
di
assimilazione
era
compíto
,
dell
'
assimilazione
della
materia
indigena
e
medievale
co
'
l
classicismo
rinato
;
e
le
idee
e
le
forme
ne
avean
preso
un
atteggiamento
nuovo
.
L
'
assimilazione
,
se
vuolsi
,
non
fu
tutta
omogenea
,
e
l
'
atteggiamento
non
senza
sforzo
:
ma
la
mutazione
o
,
meglio
,
la
trasformazione
era
avvenuta
.
Di
che
deesi
per
gran
parte
recar
la
cagione
all
'
avere
la
coltura
classica
acquistato
sempre
più
del
terreno
:
ma
è
anche
vero
che
il
popolo
nel
secolo
XVI
si
ritrasse
quasi
volontario
dell
'
intervenir
più
come
autore
nel
lavoro
letterario
.
E
di
codesto
ritrarsi
altri
potrebbe
,
con
apparenza
e
forse
con
parte
di
verità
,
trovar
la
ragione
nella
caduta
d
'
ogni
reggimento
democratico
,
nel
forzato
spegnersi
della
vita
pubblica
e
nella
società
artifiziata
delle
corti
e
delle
academie
da
per
tutto
prevalsa
.
Sebbene
è
forse
più
vero
che
quello
che
nel
nostro
popolo
,
non
nuovo
e
per
ciò
non
intimamente
poeta
,
vigeva
d
'
impulso
creatore
o
modificatore
,
erasi
omai
rilassato
.
E
di
fatti
pare
che
l
'
avvenimento
dell
'
ottava
,
metro
popolare
e
per
ciò
passato
in
silenzio
dall
'
autore
del
Vulgare
Eloquio
e
dagli
altri
trattatisti
del
Trecento
,
al
regno
dell
'
epopea
classica
segni
l
'
ultimo
grado
dell
'
ascensione
poetica
del
popolo
italiano
:
come
il
suo
sentimento
soggettivo
era
evaporato
compenetrando
la
parte
più
viva
e
calda
della
lirica
del
Duecento
e
del
Quattrocento
,
del
Cavalcanti
e
del
Poliziano
,
così
il
sentimento
oggettivo
si
era
idealizzato
,
o
stava
idealizzandosi
,
ne
'
poemi
dell
'
Ariosto
e
del
Tasso
:
dopo
di
che
,
pago
a
contemplare
e
ad
ammirare
in
quei
poemi
la
sua
trasformazione
ideale
,
il
popolo
italiano
non
dié
veramente
più
opera
,
né
con
inspirare
le
forme
né
con
provvedere
gli
argomenti
,
al
lavoro
letterario
nazionale
.
Nella
lingua
avvenne
quasi
lo
stesso
.
Il
primato
della
Toscana
,
la
quale
co
'
l
suo
dialetto
foggiato
a
idioma
letterario
rappresentava
la
tendenza
popolare
,
scadde
un
tal
poco
nel
Cinquecento
;
ma
le
successe
l
'
Italia
,
e
piemontesi
e
istriani
e
marchigiani
e
lombardi
scrissero
regolarmente
e
quasi
ad
un
tipo
solo
.
E
primo
introduttore
del
regolare
italiano
nel
mezzogiorno
fu
un
solenne
poeta
latino
,
il
Sannazaro
:
e
primo
a
fermare
in
regole
pratiche
la
grammatica
e
a
restituire
il
bell
'
uso
del
Petrarca
e
del
Boccaccio
fu
il
Bembo
,
la
cui
maggiore
opera
è
di
prosa
latina
:
tanto
è
vero
che
in
questo
fatto
della
unificazione
e
fermazion
della
lingua
e
della
prosa
è
più
veramente
e
specialmente
da
riconoscere
il
lavorío
lungo
lento
instancabile
della
tradizione
aulica
e
dotta
.
Già
da
principio
Guittone
nelle
Lettere
,
Dante
nel
Convito
,
e
in
tutte
le
prose
il
Boccaccio
,
avevano
inteso
a
cotesto
,
con
l
'
esempio
del
latino
essi
toscani
;
e
solo
il
molto
uso
del
latino
nel
secolo
XV
riuscì
a
disciplinare
le
impazienze
anarchiche
delle
regioni
italiane
:
allo
specchio
del
latino
gli
altri
dialetti
si
raffrontarono
col
toscano
,
e
il
toscano
si
rassettò
;
e
in
quel
rassettamento
,
che
fu
concessione
,
venne
accolto
.
Così
nel
secolo
XVI
il
concetto
del
Vulgare
Eloquio
e
di
tutta
la
teorica
di
Dante
era
effettuato
,
e
assommato
l
'
edifizio
della
letteratura
nazionale
.
E
pure
cotesta
classica
unità
letteraria
,
fatta
bene
ma
con
un
po
'
di
sopraffazione
e
di
frode
,
come
del
resto
tutte
le
unità
,
lasciò
in
fine
solo
e
malcontento
il
popolo
.
E
questo
,
per
quel
tanto
che
gli
era
rimasto
di
vita
,
fece
la
secessione
nel
campo
de
'
dialetti
.
In
fatti
,
la
letteratura
dei
dialetti
,
ricchissima
negli
ultimi
tre
secoli
e
più
originale
,
in
molte
parti
,
che
non
la
nazionale
,
incomincia
dal
Cinquecento
;
e
in
essa
sopravvive
l
'
autonomia
fantastica
e
artistica
delle
regioni
.
IV
.
Dopo
ciò
,
chi
si
rechi
a
mente
la
contenenza
della
letteratura
italiana
nel
Cinquecento
,
dovrà
,
se
abbia
osservato
largamente
e
con
quiete
,
ammirare
tanta
ricchezza
e
orginalità
di
prosa
,
tanta
squisita
eleganza
di
poesia
.
Prima
del
Cinquecento
,
per
quanto
grandi
o
felici
esempi
individuali
possano
arrecarsi
e
contrapporsi
da
'
due
secoli
anteriori
,
prima
del
Cinquecento
resta
pur
sempre
vero
che
l
'
Italia
non
ebbe
prosa
stabile
e
formata
;
e
nel
Cinquecento
questo
,
per
così
dire
,
tipo
nazionale
di
prosa
lo
ebbe
.
Non
sarà
quello
che
possa
piacere
a
noi
,
non
risponderà
ai
nostri
gusti
e
bisogni
;
ma
allora
fu
vivo
e
vero
e
bello
,
fu
quel
che
occorreva
alla
coltura
e
civiltà
d
'
allora
:
tanto
è
vero
che
francesi
e
spagnoli
lo
presero
ad
imitare
.
Né
quella
prosa
era
certamente
,
nella
sua
idealità
tipica
,
tutta
uniforme
o
improntata
a
uno
stampo
:
quanta
varietà
più
tosto
e
che
diversità
dal
Machiavelli
al
Caro
,
dal
Sannazaro
al
Firenzuola
,
dal
Castiglione
al
Davanzati
,
dal
Tasso
al
Cellini
!
Minore
per
contrario
nella
moltitudine
delle
rime
la
varietà
:
ma
negare
la
bontà
estetica
di
non
poche
tra
quelle
poesie
italiane
e
latine
non
potrebbe
senza
ingiustizia
chi
abbia
conoscenza
adeguata
dell
'
arte
:
per
esempio
,
le
Api
del
Rucellai
e
la
Ninfa
tiberina
del
Molza
hanno
la
stessa
ragion
d
'
essere
che
certi
lavori
d
'
oreficeria
del
Cellini
.
Se
non
che
tra
tanta
prosa
e
sì
grave
come
mai
tante
rime
e
sì
leggere
?
Se
il
determinarsi
della
storia
a
genere
letterario
e
la
classificazione
della
prosa
sono
i
segni
più
certi
che
l
'
intendimento
e
il
lavoro
sociale
dell
'
epopea
e
della
poesia
universalmente
sono
finiti
,
come
mai
il
Cinquecento
,
non
pur
ricchissimo
di
storie
e
quali
storie
!
,
ma
che
tutti
produsse
e
perfezionò
i
generi
della
prosa
,
come
poté
essere
secolo
poetico
?
Poetico
veramente
non
fu
,
fu
artistico
.
Dante
e
il
Boccaccio
,
il
Boiardo
e
il
Pulci
,
il
Petrarca
e
il
Poliziano
erano
passati
;
e
il
popolo
italiano
era
giunto
alla
maturità
per
mezzo
ogni
maniera
di
esperimenti
,
eravi
giunto
un
po
'
lasso
e
disilluso
e
tra
tali
circostanze
che
gli
toglievano
luogo
e
agio
a
rifarsi
.
Per
ciò
la
maturità
sua
non
fu
consolata
di
memorie
o
speranze
liete
,
non
ebbe
né
Erodoto
,
né
Platone
né
Demostene
:
ebbe
la
intuizione
del
reale
nell
'
universo
e
l
'
idealismo
dell
'
arte
nella
vita
.
Tali
furono
le
condizioni
morali
e
le
manifestazioni
spirituali
dell
'
Italia
al
secolo
XVI
;
e
in
questa
ella
cercava
riposo
da
quella
,
e
ambedue
erano
il
portato
necessario
dello
svolgimento
anteriore
:
e
si
addimostrarono
più
che
altrove
insigni
nelle
opere
di
Nicolò
Machiavelli
e
di
Ludovico
Ariosto
,
nei
quali
pare
che
si
raccolga
e
rifletta
tutto
ciò
che
sparsamente
fu
il
pensiero
e
l
'
arte
italiana
in
quella
età
grande
e
triste
.
Negli
scritti
del
Machiavelli
risorge
,
senza
pompa
di
toga
e
spacciatamente
succinto
,
il
genio
romano
,
pratico
,
ordinatore
,
imperatorio
,
accresciuto
della
energia
tumultuosa
e
della
forte
pazienza
dei
Comuni
,
avvalorato
alla
freddezza
della
contemplazione
senza
visioni
dall
'
accoramento
del
cittadino
che
vede
fuor
di
speranza
cadersi
sotto
gli
occhi
la
patria
e
la
repubblica
.
A
misurar
giusto
l
'
altezza
del
Principe
,
dei
Discorsi
su
le
Deche
,
dell
'
Arte
della
guerra
,
delle
Storie
fiorentine
,
servono
mirabilmente
le
tante
commissioni
e
provvisioni
e
le
legazioni
e
relazioni
del
gran
segretario
,
dietro
la
cui
scorta
possiamo
seguitarne
i
passi
nella
conoscenza
dei
fatti
e
delle
persone
dell
'
Italia
,
dell
'
Europa
,
del
mondo
.
E
l
'
uom
si
spaventa
a
considerare
come
non
v
'
è
cosa
per
piccola
la
quale
non
si
faccia
immensa
sotto
la
osservazione
di
lui
,
che
l
'
abbraccia
la
compenetra
la
riempie
di
luce
per
ogni
minutissima
fibra
:
come
non
v
'
è
personaggio
o
avvenimento
grande
che
sotto
lo
sguardo
acuto
freddo
fisso
di
quell
'
occhio
nero
e
duro
non
rimpiccolisca
.
Come
diventan
meschini
Massimiliano
imperatore
e
Luigi
re
di
Francia
,
e
che
importanza
acquistano
la
guerra
di
Pisa
e
la
ribellione
d
'
Arezzo
!
E
qual
sublime
e
doloroso
spettacolo
quella
grandezza
inaudita
d
'
ingegno
costretto
a
dibattersi
impotente
nell
'
angustia
dal
difetto
dei
tempi
!
Egli
,
con
in
sé
la
forza
di
un
fatale
institutore
e
legislator
di
repubbliche
,
dover
vedere
nel
1512
la
ruina
miserabile
dell
'
onesto
governo
di
Pier
Soderini
,
dover
sentirsi
interdetto
il
palazzo
della
Signoria
dal
misero
governo
del
cardinal
Giulio
:
egli
,
con
in
mente
tutta
la
futura
rivoluzione
del
pensiero
europeo
,
andare
commissario
di
questo
governo
al
capitolo
dei
frati
minori
in
Carpi
,
e
riconoscere
il
sommo
non
della
gratitudine
o
della
stima
ma
dei
favori
della
sua
patria
e
del
secolo
nella
provvisione
con
cui
gli
officiali
dello
Studio
fiorentino
,
per
volere
del
cardinale
dei
Medici
,
lo
stipendiano
,
pe
'
l
termine
di
due
anni
e
a
cento
fiorini
di
lire
quattro
per
anno
,
a
far
più
cose
in
loro
servigio
,
e
,
tra
le
altre
,
gli
annali
e
le
cronache
fiorentine
!
E
pure
né
lagni
né
dispetti
,
e
né
meno
l
'
ombra
di
una
preoccupazione
privata
,
risalivano
a
turbare
l
'
asciutta
serenità
di
quell
'
alta
mente
virile
,
quando
,
nei
tristi
ozii
della
villa
di
San
Casciano
,
dopo
ingaglioffatosi
tutto
il
giorno
giocando
a
tric
trac
e
contendendo
per
un
quattrino
con
beccai
mugnai
e
fornaciai
,
il
segretario
rientrava
la
sera
nel
suo
studio
,
e
,
spogliatasi
quella
vesta
contadina
tutta
piena
di
fango
e
rivestitosi
condecentemente
di
panni
reali
e
curiali
,
ritornava
a
parlare
con
gli
antichi
uomini
e
a
intrattenersi
con
loro
da
pari
a
pari
,
pascendosi
di
quel
cibo
che
solo
era
suo
e
per
il
quale
era
nato
.
Ora
in
questo
sentimento
artistico
di
trattare
e
considerare
la
politica
in
sé
e
per
sé
senza
riguardo
a
un
fine
immediato
,
in
questo
astrarre
dalle
apparenze
parziali
del
presente
transitorio
per
meglio
impossessarsi
del
reale
eterno
e
imminente
e
assoggettarselo
,
in
questo
a
punto
è
la
singolarità
dell
'
ingegno
di
Nicolò
Machiavelli
,
ed
in
questo
egli
prende
e
rende
gli
spiriti
e
gl
'
intendimenti
tutti
dell
'
Italia
del
Cinquecento
.
Chi
potrebbe
senza
ingiustizia
negare
al
Commines
e
al
De
Thou
qualità
e
virtù
di
osservatori
e
storici
non
comuni
?
ma
essi
rimangono
sempre
incatenati
al
fatto
presente
;
l
'
avvenimento
giorno
per
giorno
impaccia
loro
il
passo
e
ne
occupa
e
ritiene
troppo
gli
sguardi
,
che
non
si
stendono
mai
riposati
su
larga
distesa
.
Nicolò
Machiavelli
in
vece
non
è
propriamente
il
politico
del
tempo
suo
:
forse
nel
giudizio
dei
fatti
e
degli
uomini
di
quel
tempo
,
e
certo
nella
larga
rappresentazione
della
storia
contemporanea
e
nel
sapiente
svolger
dei
fili
che
gli
avvenimenti
d
'
Italia
collegavano
a
quelli
d
'
Europa
,
gli
va
innanzi
d
'
assai
Francesco
Guicciardini
,
il
più
poderoso
storico
del
rinascimento
.
Ancora
:
il
Machiavelli
non
ebbe
forse
l
'
attitudine
e
l
'
abitudine
storica
;
e
le
sue
Storie
fiorentine
sono
per
avventura
più
tosto
un
gran
libro
di
dimostrazione
e
un
'
eloquente
opera
politica
,
che
non
una
storia
vera
,
esatta
,
fedele
,
ordinata
della
città
di
Firenze
;
che
anzi
,
e
per
la
scelta
critica
e
per
la
intierezza
della
esposizione
,
lasciano
a
desiderare
,
e
appariscono
più
che
altro
come
la
improvvisazione
di
un
grand
'
ingegno
.
Cha
importa
cotesto
?
Il
Machiavelli
ha
tre
fasi
e
tre
stili
.
Negli
scritti
d
'
officio
,
il
segretario
fiorentino
osserva
,
pensa
e
scrive
,
avvisato
e
arguto
,
spigliato
e
serrato
,
in
farsetto
;
è
in
somma
fiorentino
,
come
altri
molti
,
salvo
la
maggior
prestanza
dell
'
ingegno
suo
:
nei
lavori
letterarii
,
eccetto
la
Mandragora
e
la
Commedia
in
versi
,
è
anch
'
egli
rotondo
e
ridondante
e
profuso
e
incerto
,
e
somiglia
un
po
'
troppo
agli
altri
cinquecentisti
della
metà
prima
del
secolo
che
avevano
il
gusto
non
ancora
formato
:
nelle
Storie
tiene
molto
delle
virtù
fiorentine
e
qualcosa
dei
vizi
retorici
,
e
non
poco
de
'
pregi
e
delle
qualità
sue
proprie
uniche
e
sole
:
pregi
e
qualità
che
risplendono
nell
'
Arte
della
guerra
e
specialmente
nel
Principe
e
nei
Discorsi
.
In
coteste
opere
lo
stile
è
combattimento
,
combattimento
a
corpo
a
corpo
della
parola
lucidissima
col
profondissimo
pensiero
;
e
l
'
alitare
del
combattente
rileva
a
pena
il
tessuto
sopraffino
delle
maglie
sottilissime
del
periodo
:
e
i
colpi
sono
freddi
,
spessi
,
sicuri
,
e
dati
co
'
l
riposo
solenne
e
leggiadro
di
schermidore
maestro
.
Imperocché
non
bisogna
credere
che
la
conversazione
serale
del
villeggiante
di
San
Casciano
fosse
così
idilliaca
com
'
egli
ce
la
descrive
nella
mirabile
lettera
del
10
decembre
1513
,
onde
la
ho
riferita
più
sopra
:
non
gli
credete
ch
'
ei
si
rivestisse
di
panni
reali
e
tanto
men
di
curiali
.
Egli
con
la
vesta
contadina
spogliavasi
ogni
vezzo
,
ogni
affezione
nazionale
e
cittadina
,
e
nell
'
atletica
nudità
muscolosa
del
suo
pensiero
lottava
con
tutte
le
apparizioni
monumentali
e
gigantesche
e
mostruose
del
tempo
antico
e
del
nuovo
,
e
se
le
abbatteva
a
'
piedi
,
e
le
cacciava
dal
campo
della
storia
,
per
poi
su
quello
disgombrato
continuare
la
sua
lotta
fredda
,
accanita
,
anelante
,
col
fenomeno
informe
del
fatto
politico
.
Da
alcuni
luoghi
dei
Discorsi
su
le
Deche
e
dalle
Storie
apparrebbe
che
egli
intendesse
a
dar
documenti
e
instituzioni
di
repubblica
;
dalla
conchiusione
del
Principe
,
ch
'
egli
pensasse
alla
unificazione
d
'
Italia
:
e
all
'
Italia
gitta
qualche
volta
un
grido
di
fiero
amore
,
e
volge
gli
occhi
quasi
in
cerca
di
qualcheduno
,
sia
un
Borgia
sia
un
Medici
,
che
metta
le
mani
nelle
trecce
alla
sciagurata
e
la
strappi
alle
voglie
dei
forestieri
e
dei
preti
,
dell
'
imperatore
e
del
papa
.
Ma
non
lasciate
illudervi
al
movimento
passionato
dell
'
istante
.
Egli
torna
súbito
e
tutto
freddo
a
studiare
così
la
patria
sua
come
la
patria
degli
svizzeri
e
le
altre
patrie
antiche
e
moderne
,
a
dissolvere
e
ricomporre
così
monarchie
come
repubbliche
,
a
discutere
dittatori
e
profeti
,
re
e
numi
.
E
stritolando
sotto
i
suoi
colpi
il
mondo
eroico
e
il
mondo
sacro
,
e
soffiando
via
con
un
alito
il
mondo
artisticamente
fattizio
del
rinascimento
,
prepara
la
rivoluzione
e
la
informa
alla
pura
energia
del
pensiero
umano
.
Di
Ludovico
Ariosto
non
si
può
dire
che
preparasse
o
incominciasse
un
rivolgimento
nella
poesia
;
perocché
,
mentre
le
opere
del
Machiavelli
segnano
il
passaggio
della
conscienza
e
del
pensiero
della
nazione
italiana
dalla
concezione
e
produzione
fantastica
alla
osservazione
sperimentale
e
reale
,
la
maggior
poesia
dell
'
Ariosto
è
l
'
ultimo
fenomeno
di
quel
primo
stato
,
il
frutto
maturo
di
quella
fervida
estate
:
ma
del
resto
,
come
per
il
Machiavelli
la
meditazione
politica
è
fine
a
sé
stessa
,
così
per
l
'
Ariosto
la
poesia
:
egli
è
tra
i
poeti
italiani
quello
che
più
veramente
fece
ciò
che
i
moderni
dicono
l
'
arte
per
l
'
arte
.
Non
che
l
'
Ariosto
non
sentisse
i
mali
della
patria
e
le
brutture
di
quel
mondo
tra
cui
era
sortito
a
vivere
;
che
anzi
se
ne
compianse
e
se
ne
sdegnò
più
d
'
una
volta
,
e
dié
anche
qualche
crollo
per
iscuoter
via
dalle
sue
belle
ali
di
fenice
la
polvere
e
il
fango
della
corte
e
del
secolo
.
Ma
poi
egli
cercava
e
trovava
per
sé
e
apriva
altrui
un
refugio
nell
'
arte
.
E
l
'
arte
ei
non
trattò
né
come
un
simbolo
né
come
un
apologo
né
come
la
dimostrazione
di
una
tesi
:
egli
inventò
per
amore
dell
'
invenzione
,
tutto
inteso
a
svolgere
dilettosamente
la
sua
facoltà
creativa
e
a
riprodurre
moltiplicata
la
sua
lieta
e
serena
fantasia
per
mille
aspetti
e
in
mille
forme
,
che
empiessero
a
lui
di
sorrisi
gl
'
intervalli
della
vita
,
e
di
luce
e
di
canto
all
'
Italia
gl
'
intermezzi
del
triste
dramma
storico
che
precipitava
alla
catastrofe
.
Egli
fece
quel
che
desiderava
,
quel
che
voleva
e
ispirava
l
'
Italia
d
'
allora
:
un
'
opera
da
esser
letta
nelle
sale
del
ducal
palazzo
d
'
Urbino
immenso
e
leggiadro
,
posto
che
avesse
termine
il
Castiglione
ai
discorsi
di
gentilezza
e
d
'
amore
,
tra
i
cerchi
delle
gentildonne
presiedute
dalla
elegante
e
pensosa
Elisabetta
Gonzaga
:
un
'
opera
da
esser
letta
nelle
sale
del
castello
di
Ferrara
o
del
palazzo
di
Belfiore
,
dopo
alcuno
dei
pranzi
inauditamente
sfarzosi
d
'
Alfonso
I
,
tra
i
cavalieri
italiani
e
francesi
concorsi
ai
tornei
ed
alle
feste
,
arridente
Lucrezia
Borgia
che
sapea
di
latino
e
ammirante
la
giovinetta
Renata
di
Francia
:
un
'
opera
da
poter
esser
letta
nelle
sale
di
Roma
o
di
Venezia
,
alle
cui
pareti
ridesse
o
una
Galatea
affrescata
da
Raffaello
o
una
Venere
colorita
da
Tiziano
,
nel
cui
mezzo
risplendesse
un
candelabro
di
Benvenuto
e
si
contorcesse
in
un
angolo
un
satiro
di
bronzo
di
Michelangelo
;
sale
che
la
sera
potessero
essere
preparate
per
la
recitazione
della
Calandra
o
della
Mandragora
o
della
Cassaria
:
un
'
opera
in
fine
da
potere
esser
letta
e
cantata
per
le
vie
di
Ferrara
,
su
le
piazze
e
i
ponti
di
Roma
e
di
Firenze
,
ne
'
canali
di
Venezia
,
su
'
l
porto
di
Napoli
,
da
un
popolo
abituato
a
spettacoli
e
pompe
di
cui
eran
parte
imperatori
e
re
e
principi
e
cavalieri
e
soldati
di
tutte
le
lingue
d
'
Europa
,
francesi
,
spagnoli
,
tedeschi
,
fiamminghi
;
da
un
popolo
abituato
a
vedersi
da
un
giorno
all
'
altro
sorgere
sotto
gli
occhi
quei
palazzi
quelle
chiese
quelle
piazze
e
fontane
di
stile
e
di
ornato
così
originalmente
classico
così
bizzaramente
puro
,
a
contemplare
in
quelle
chiese
in
quei
palazzi
in
quelle
piazze
tanta
copia
di
statue
e
di
bassorilievi
e
di
quadri
e
di
cose
belle
,
che
a
ripensarci
in
questa
gretta
e
gelida
vita
odierna
,
nella
quale
per
riscaldarci
leggiamo
o
inventiamo
ciascuno
a
nostra
posta
un
sistema
estetico
al
giorno
,
paiono
un
giuoco
di
ridenti
e
prodighe
fate
:
e
tutto
ciò
in
mezzo
a
rumore
di
guerre
grosse
e
spicciolate
,
lente
e
furiose
,
lunghe
,
rinnovate
,
continue
,
che
desolavano
regioni
intiere
per
lunghi
anni
,
e
oggi
levavano
di
mezzo
uno
stato
,
domani
un
altro
.
Cotali
circostanze
,
tra
le
quali
fu
maturato
e
compito
l
'
Orlando
furioso
,
aiutano
a
intendere
e
a
mostrare
ciò
che
l
'
opera
sia
.
È
la
riproduzione
della
vista
esterna
,
estetica
e
morale
,
d
'
allora
:
è
uno
specchio
in
cui
apparenze
straordinarie
,
mobili
,
instabili
,
abbaglianti
,
ma
senza
fisionomia
,
s
'
affacciano
,
s
'
intrecciano
,
s
'
inseguono
,
spariscono
,
rapide
,
improvvise
,
inconsulte
:
all
'
Orlando
furioso
manca
il
nodo
epico
,
come
alla
storia
italiana
del
Cinquecento
una
ragione
intima
sua
.
Ma
non
perciò
l
'
opera
è
meno
meravigliosa
.
L
'
Ariosto
,
pur
lavorandovi
intorno
con
quella
serietà
che
gli
artisti
grandi
portano
nelle
cose
dell
'
arte
,
non
ebbe
l
'
intendimento
di
fare
un
poema
,
un
di
quei
poemi
di
composizione
riflessa
che
pur
tengono
sì
alto
luogo
nelle
età
secondarie
di
una
letteratura
:
senza
rendersene
forse
ragione
,
egli
sentiva
che
la
cavalleria
,
cosa
rimorta
,
non
poteva
dar
vita
a
un
poema
.
Ma
anche
sottilizzò
,
e
con
poco
adeguata
conoscenza
dell
'
uomo
e
del
tempo
,
chi
sostenne
ch
'
e
'
mirasse
a
una
parodia
de
'
poemi
cavallereschi
,
ch
'
e
'
fosse
come
il
precursore
del
Cervantes
.
L
'
Ariosto
non
ebbe
secondi
fini
:
egli
intese
di
fare
un
romanzo
da
dilettare
e
meravigliare
la
generazione
tra
cui
viveva
.
L
'
epopea
francese
,
che
dovrebbe
essere
la
materia
sua
,
non
gli
è
che
mezzo
:
il
Boiardo
aveva
empito
della
sua
fama
e
dell
'
infinito
poema
gli
ultimi
anni
del
secolo
XV
e
abituato
specialmente
la
corte
e
la
città
di
Ferrara
a
quel
genere
:
l
'
Ariosto
,
che
l
'
aveva
fin
da
giovinetto
ammirato
,
maturo
lo
continuò
:
era
il
più
comodo
:
Ferrara
con
i
suoi
antichissimi
estensi
non
era
omai
la
città
epica
e
romanzesca
?
Ma
della
leggenda
epica
francese
il
fondo
è
storico
;
l
'
anima
,
nazionale
e
cristiana
;
la
forma
,
popolare
e
primitiva
come
poteva
nel
medio
evo
:
dalla
parte
loro
gl
'
italiani
,
che
prima
dell
'
Ariosto
avean
preso
a
rifare
tutto
cotesto
,
avevan
pure
,
secondo
che
eran
borghesi
o
cavalieri
,
dato
a
quei
loro
poemi
,
di
genere
,
per
così
dire
,
composito
,
le
sembianze
nazionali
del
tempo
loro
e
del
loro
ordine
.
L
'
Ariosto
no
;
egli
,
intimamente
italiano
nella
pienezza
armonica
delle
sue
facoltà
e
nella
determinatezza
smagliante
del
colorito
,
nel
soggetto
e
nei
caratteri
non
è
poi
né
italiano
né
francese
:
di
storico
non
ha
che
le
appendici
estensi
,
di
nazionale
che
qualche
grido
di
dolore
mandato
quasi
tra
parentesi
.
L
'
Italia
si
presentava
per
l
'
ultima
volta
nella
sua
sembianza
cosmopolitica
e
romana
di
capitale
dell
'
Europa
;
e
come
avea
dato
al
medio
evo
il
maggior
poeta
cristiano
in
Dante
,
così
diede
al
rinascimento
il
maggiore
artista
pagano
nell
'
Ariosto
.
Ed
egli
,
come
Michelangelo
le
statue
bibliche
,
come
Raffaello
le
Vergini
,
moltiplicava
le
sue
fantasie
di
dame
e
cavalieri
e
amori
per
versar
loro
attorno
tutti
i
tesori
della
divina
arte
plastica
greca
e
romana
.
Direste
che
egli
si
compiacesse
di
veder
tumultuare
nel
mondo
fantastico
da
sé
creato
un
popolo
d
'
imperatori
e
di
re
e
di
guerrieri
e
di
donne
e
di
giganti
e
di
nani
e
di
mostri
e
di
spiriti
e
di
maghi
e
di
fate
,
per
poi
trarseli
dietro
ammaliati
al
suono
dell
'
orfica
lira
e
attelati
al
suo
carro
infrenarli
con
le
redini
d
'
oro
dell
'
Apollo
ellenico
.
V
.
Così
,
mentre
l
'
apparizione
del
Machiavelli
,
e
con
lui
dell
'
osservazione
esperimentale
su
'
l
fatto
umano
,
annunzia
finita
l
'
età
della
poesia
,
come
causa
a
un
tempo
ed
effetto
di
una
data
civiltà
,
come
lavoro
a
cui
la
nazione
tutta
coopera
;
il
poema
dell
'
Ariosto
,
nel
quale
la
fantasia
individuale
licenziasi
a
un
viaggio
senza
termine
ed
oggetto
,
viene
a
dire
lo
stesso
.
L
'
arte
per
l
'
arte
è
la
fine
della
poesia
popolare
e
nazionale
o
sociale
che
voglia
dirsi
:
l
'
arte
per
l
'
arte
gira
e
rigira
sopra
sé
stessa
,
e
anche
nega
e
rinnega
e
oltraggia
e
distrugge
,
non
sé
veramente
e
il
sentimento
o
lavoro
individuale
,
ma
il
termine
oggettivo
della
poesia
.
Ed
ecco
:
al
poema
romanzesco
prima
assai
che
la
dolorosa
e
alta
satira
del
Cervantes
e
il
lepido
travestimento
del
Tassoni
,
tocca
la
parodia
grossolana
del
Folengo
e
dell
'
Aretino
:
le
maccaronee
sbizzarriscono
a
canto
alle
eleganze
latine
del
Fracastoro
e
del
Vida
;
e
un
nuovo
genere
,
il
bernesco
,
si
contrappone
alla
lirica
.
L
'
Italia
nel
secolo
XVI
levò
la
poesia
a
idealismo
artistico
,
e
insieme
,
che
è
effetto
assai
comune
dell
'
idealizzare
,
la
fissò
,
la
cristallizzò
.
Pure
le
rimaneva
ancora
del
movimento
e
dell
'
azione
:
il
Machiavelli
e
l
'
Ariosto
da
due
parti
opposte
venivano
a
riscontrarsi
e
toccarsi
nella
commedia
;
e
il
fatto
di
uno
storico
e
di
un
epico
commediografi
dà
ragione
,
più
assai
che
ogni
lungo
discorrere
,
di
quel
secolo
e
di
quella
letteratura
.
Ma
in
vece
di
buone
commedie
l
'
Italia
ebbe
un
altro
poema
,
un
poema
eroico
e
religioso
,
la
Gerusalemme
liberata
.
L
'
Europa
latina
pareva
su
quelle
prime
accettar
con
fervore
il
rinnovamento
cattolico
che
la
chiesa
tentò
opporre
nel
concilio
tridentino
alla
riforma
protestante
;
tutta
l
'
Europa
cristiana
sentiva
minacciata
la
sua
civiltà
dall
'
impero
ottomano
:
suonava
ancora
dai
mari
il
fragore
della
battaglia
di
Lepanto
,
l
'
ultima
grande
battaglia
cristiana
della
quale
tanta
parte
furono
gl
'
italiani
,
l
'
ultimo
còzzo
glorioso
tra
l
'
occidente
e
l
'
oriente
.
Il
tempo
era
opportuno
,
e
il
Tasso
tale
da
poter
sorgere
poeta
e
del
rinnovamento
cattolico
e
della
civiltà
cristiana
.
Nessuna
figura
in
fatti
ha
il
Cinquecento
così
seria
e
gentile
come
quella
di
Torquato
Tasso
.
Egli
è
l
'
erede
legittimo
di
Dante
Alighieri
:
crede
,
e
ragiona
la
sua
fede
per
filosofia
:
ama
,
e
comenta
gli
amori
dottrinalmente
:
è
artista
,
e
scrive
dialoghi
di
speculazioni
scolastiche
che
vorrebbon
essere
platonici
:
innova
,
e
teorizza
.
E
,
come
Dante
,
ha
sempre
qualcosa
da
rimproverarsi
nella
conscienza
sua
di
cattolico
:
al
suo
poema
,
pur
essenzialmente
religioso
e
cavalleresco
,
sovraintesse
un
'
allegoria
spirituale
e
morale
:
a
ogni
modo
teme
sempre
di
averlo
fatto
soverchiamente
profano
,
e
lo
rifà
purificato
:
né
anche
del
rifacimento
si
contenta
,
e
finisce
co
'
l
poema
della
creazione
.
Egli
è
il
solo
cristiano
del
nostro
rinascimento
:
del
quale
per
altro
partecipa
tanto
,
che
il
sensualismo
nell
'
opera
sua
si
mescola
al
misticismo
;
ed
egli
se
ne
addolora
e
pente
,
mentre
il
popolo
se
ne
piace
.
Ma
di
questa
duplicità
dell
'
essere
suo
ondeggiante
tra
il
sensualismo
e
l
'
idealismo
tra
il
misticismo
e
l
'
arte
;
ma
di
questa
discordia
della
vita
a
cui
è
condannato
egli
,
cavaliere
del
medio
evo
,
scolastico
del
secolo
XIII
,
erede
di
Dante
,
smarrito
in
mezzo
al
rinascimento
,
tra
l
'
Ariosto
e
il
Machiavelli
,
tra
il
Rabelais
e
il
Cervantes
;
di
questa
duplicità
,
di
questa
discordia
egli
porta
innocente
la
pena
,
e
se
ne
accora
tanto
che
ne
impazza
.
Il
grido
molle
e
straziante
della
elegia
che
pur
tra
gli
accordi
della
tromba
epica
gli
prorompe
dal
cuore
mesto
e
voluttuoso
lo
annunzia
il
primo
in
tempo
dei
poeti
moderni
:
il
Tasso
ha
la
malattia
delle
età
di
passaggio
,
dello
Chateaubriand
,
del
Byron
,
del
Leopardi
.
E
così
in
disaccordo
com
'
egli
era
co
'
l
tempo
suo
,
poté
raccogliere
in
sé
gli
estremi
spiriti
della
cavalleria
e
della
religione
.
E
fu
l
'
ultima
prova
.
Dopo
lui
,
né
la
raffermatasi
autorità
ecclesiastica
né
la
tradizione
monarchica
cominciata
coll
'
impianto
di
una
gran
dinastia
straniera
al
mezzogiorno
e
al
settentrione
poterono
o
eccitare
o
ravvivare
più
oltre
fra
noi
il
movimento
cavalleresco
e
il
religioso
.
E
quello
andava
oscuramente
a
finire
nei
cavalieri
serventi
;
e
questo
,
aduggiato
dalla
triste
ombra
del
gesuitismo
,
degenerò
dai
santi
popolari
,
la
cui
serie
si
chiude
con
Filippo
Neri
,
nell
'
egoismo
ascetico
di
Luigi
Gonzaga
,
e
dalle
grandi
leggende
del
medio
evo
nell
'
eroicomica
scimunitaggine
del
padre
Ceva
De
puero
Jesu
.
Del
resto
,
terminata
l
'
età
del
sentimento
e
della
fantasia
ed
esaurito
anche
l
'
idealismo
artistico
,
con
quale
azione
e
a
qual
punto
l
'
Italia
libera
del
suo
svolgimento
avrebbe
potuto
seguitare
ad
espandersi
nella
riflessione
nell
'
osservazione
nell
'
indagine
del
pensiero
,
e
a
quali
effetti
avrebbe
portato
il
suo
lavoro
di
trecento
anni
,
e
come
ne
fosse
impedita
,
lo
dicano
il
Telesio
,
il
Bruno
,
il
Vanini
.
Ma
oramai
dopo
la
pace
di
Castel
Cambrésis
e
il
concilio
di
Trento
al
Machiavelli
non
poteva
succedere
altri
che
il
Galileo
.
Il
cielo
rimaneva
libero
,
e
non
senza
pericolo
:
con
men
di
pericolo
i
sepolcri
.
Notevole
in
fatti
su
lo
scorcio
del
secolo
XVI
apparisce
la
trasformazione
della
storia
;
la
quale
di
particolare
tende
a
farsi
generale
,
di
politica
o
patriottica
diviene
erudita
e
critica
.
L
'
Italia
,
non
potendo
altro
,
sfoga
il
bisogno
del
dubbio
,
dell
'
investigazione
e
della
disamina
intorno
la
materia
dei
fatti
;
e
dopo
i
Discorsi
su
le
Deche
e
le
Istorie
fiorentine
produce
i
Trattati
su
'
l
diritto
romano
e
la
Storia
del
regno
d
'
Italia
di
Carlo
Sigonio
,
che
aprono
insignemente
all
'
Europa
l
'
età
critica
degli
studi
su
l
'
antichità
e
su
'
l
medio
evo
.
Nulla
doveva
mancare
a
quella
nostra
universal
letteratura
del
Cinquecento
.
Ma
intanto
la
poesia
e
l
'
arte
emigravano
alle
altre
genti
latine
,
alle
giovini
e
vittoriose
nazioni
di
Spagna
e
di
Francia
:
nella
prima
delle
quali
il
principio
religioso
e
nella
seconda
il
cavalleresco
o
feudale
doveano
fare
la
miglior
prova
d
'
una
letteratura
cattolica
e
monarchica
.
E
così
in
Spagna
e
in
Francia
,
come
in
Inghilterra
che
a
punto
allora
presentava
i
primi
frutti
dell
'
ingegno
germanico
maturatosi
nella
riforma
,
la
gloria
maggiore
della
nuova
letteratura
fu
il
dramma
.
L
'
Europa
in
fatti
era
giunta
a
quel
secondo
stadio
storico
,
nel
quale
il
dramma
è
la
vera
estrinsecazione
artistica
di
un
popolo
,
che
,
passato
per
una
gran
prova
,
si
sente
essere
nel
rigoglio
delle
sue
forze
e
nella
pienezza
della
vita
,
ha
in
fine
la
conscienza
di
nazione
co
'
l
sentimento
o
il
presentimento
della
civiltà
che
gli
conviene
,
non
importa
poi
sotto
qual
reggimento
o
con
quali
forme
politiche
.
Ora
l
'
Italia
,
non
per
colpa
sua
,
ma
per
la
necessità
storica
dello
svolgersi
di
altre
genti
con
idee
di
stato
altre
da
quelle
tra
le
quali
ella
aveva
esercitato
la
sua
operosità
civile
,
l
'
Italia
sopraffatta
e
spostata
non
aveva
più
né
quel
senso
del
presente
né
quel
presentimento
fiducioso
.
E
però
non
ebbe
un
teatro
,
quale
i
primi
esperimenti
e
massime
quel
del
Machiavelli
parevano
imprometterle
.
Ebbe
per
altro
due
opere
drammatiche
originali
e
sue
,
che
dopo
la
Gerusalemme
furono
anche
le
due
opere
più
insigni
dello
scorcio
del
secolo
;
l
'
Aminta
e
il
Pastor
fido
:
originali
e
sue
veramente
,
come
quelle
che
sono
la
miglior
dimostrazione
estetica
dell
'
idealismo
artistino
italiano
del
Cinquecento
applicato
al
dramma
;
e
l
'
Aminta
per
la
finitezza
determinata
pare
far
riscontro
alla
Gerusalemme
e
il
Pastor
fido
per
la
florida
e
bizzarra
varietà
all
'
Orlando
.
E
voglionsi
ricordare
,
non
tanto
perché
al
meno
nelle
forme
offersero
quelle
opere
il
passaggio
dall
'
idealismo
del
Cinquecento
alla
maniera
dell
'
Arcadia
,
quanto
perché
il
dramma
pastorale
e
mitologico
fu
la
materia
propria
della
musica
.
La
poesia
italiana
nel
suo
progressivo
idealizzarsi
andò
sempre
più
estenuandosi
:
a
poco
a
poco
non
più
invenzione
né
movimento
né
azione
,
non
più
caratteri
né
passioni
,
non
più
stile
né
forme
:
ma
colori
e
parole
e
suoni
che
simulavano
lusinghieramente
la
vita
;
sin
che
la
poesia
evaporò
,
e
fu
la
musica
:
la
musica
,
sola
arte
che
all
'
Italia
rimanesse
dopo
il
secolo
XVI
,
e
sola
sua
gloria
per
troppo
tempo
di
poi
.
La
sua
grande
letteratura
,
la
letteratura
viva
,
nazionale
a
un
tempo
ed
umana
,
con
la
quale
ella
conciliò
l
'
antichità
e
il
medio
evo
e
rappresentò
romanamente
l
'
Europa
innovata
,
finì
co
'
l
Tasso
.
VI
.
Spettacolo
che
altri
potrà
dir
vergognoso
e
che
a
me
apparisce
pieno
di
sacra
pietà
,
cotesto
di
un
popolo
di
filosofi
di
poeti
di
artisti
,
che
in
mezzo
ai
soldati
stranieri
d
'
ogni
parte
irrompenti
séguita
accorato
e
sicuro
l
'
opera
sua
di
civiltà
.
Crosciano
sotto
le
artiglierie
di
tutte
le
genti
le
mura
che
pur
videro
tante
fughe
di
barbari
:
guizza
la
fiamma
intorno
ai
monumenti
dell
'
antichità
,
e
son
messe
a
ruba
le
case
paterne
:
la
solitudine
delle
guaste
campagne
è
piena
di
cadaveri
:
e
pure
le
tele
e
le
pareti
non
risero
mai
di
più
allegri
colori
,
non
mai
lo
scalpello
disascose
dal
marmo
più
terribili
fantasie
e
forme
più
pure
,
non
mai
più
allegre
selve
di
colonne
sorsero
a
proteggere
ozii
e
sollazzi
e
pensamenti
che
oramai
venivano
meno
;
e
il
canto
de
'
poeti
supera
il
triste
squillo
delle
trombe
,
straniere
,
e
i
torchi
di
Venezia
di
Firenze
di
Roma
stridono
all
'
opera
d
'
illuminare
il
mondo
.
Non
è
codardia
:
perocché
,
dove
fu
popolo
,
ivi
fu
ancora
resistenza
e
pugna
gloriosa
.
E
né
pure
è
spensieratezza
.
Oh
quanta
mestizia
nel
dolce
viso
di
Raffaello
,
che
cipiglio
corruccioso
in
quel
del
Buonarroti
e
quanta
pena
nelle
figure
del
Machiavelli
e
del
Guicciardini
!
l
'
Ariosto
sorride
,
ma
come
triste
!
fino
il
Berni
si
adira
.
Perché
oltraggiare
quei
grandi
intelletti
del
Cinquecento
?
non
vediamo
noi
l
'
arcano
dolore
,
il
fastidio
fatale
che
da
ogni
parte
gl
'
investe
?
Sempre
grande
il
sacrifizio
;
ma
,
quando
sia
una
nazione
che
si
sacrifichi
,
è
cosa
divina
:
e
l
'
Italia
sacrificò
sé
all
'
avvenire
degli
altri
popoli
.
Cara
e
santa
patria
!
ella
ricreò
il
mondo
intellettuale
degli
antichi
,
ella
diè
la
forma
dell
'
arte
al
mondo
tumultuante
e
selvaggio
del
medio
evo
,
ella
aprì
alle
menti
un
mondo
superiore
di
libertà
e
di
ragione
;
e
di
tutto
fe
'
dono
all
'
Europa
:
poi
avvolta
nel
suo
manto
sopportò
con
la
decenza
d
'
Ifigenia
i
colpi
dell
'
Europa
.
Così
finiva
l
'
Italia
.
Saggistica ,
AI
MIEI
CARI
AMICI
DI
PERA
ENRICO
SANTORO
GIOVANNI
ROSSASCO
E
FAUSTO
ALBERI
Amigos
,
es
este
mi
último
libro
de
viaje
;
desde
adelante
no
escucharé
mas
que
las
inspiraciones
del
corazón
.
Luis
de
Guevara
,
Viaje
en
Egypto
.
L
'
ARRIVO
L
'
emozione
che
provai
entrando
in
Costantinopoli
mi
fece
quasi
dimenticare
tutto
quello
che
vidi
in
dieci
giorni
di
navigazione
dallo
stretto
di
Messina
all
'
imboccatura
del
Bosforo
.
Il
mar
Jonio
azzurro
e
immobile
come
un
lago
,
i
monti
lontani
della
Morea
tinti
di
rosa
dai
primi
raggi
del
sole
,
l
'
Arcipelago
dorato
dal
tramonto
,
le
rovine
d
'
Atene
,
il
golfo
di
Salonicco
,
Lemno
,
Tenedo
,
i
Dardanelli
,
e
molti
personaggi
e
casi
che
mi
divertirono
durante
il
viaggio
,
si
sbiadirono
per
modo
nella
mente
,
dopo
visto
il
Corno
d
'
oro
,
che
se
ora
li
volessi
descrivere
,
dovrei
lavorare
più
d
'
immaginazione
che
di
memoria
.
Perché
la
prima
pagina
del
mio
libro
m
'
esca
viva
e
calda
dall
'
anima
,
debbo
cominciare
dall
'
ultima
notte
del
viaggio
,
in
mezzo
al
mare
di
Marmara
,
nel
punto
che
il
capitano
del
bastimento
s
'
avvicinò
a
me
e
al
mio
amico
Yunk
,
e
mettendoci
le
mani
sulle
spalle
,
disse
col
suo
schietto
accento
palermitano
:
-
Signori
!
Domattina
all
'
alba
vedremo
i
primi
minareti
di
Stambul
.
Ah
!
ella
sorride
,
mio
buon
lettore
,
pieno
di
quattrini
e
di
noia
;
ella
che
,
anni
sono
,
quando
le
saltò
il
ticchio
d
'
andare
a
Costantinopoli
,
in
ventiquattr
'
ore
rifornì
la
borsa
e
fece
le
valigie
,
e
partì
tranquillamente
come
per
una
gita
in
campagna
,
incerto
fino
all
'
ultimo
momento
se
non
fosse
meglio
prendere
invece
la
via
di
Baden
-
Baden
!
Se
il
capitano
del
bastimento
ha
detto
anche
a
lei
:
-
Domani
mattina
vedremo
Stambul
-
lei
avrà
risposto
flemmaticamente
:
-
Ne
ho
piacere
.
-
Ma
bisogna
aver
covato
quel
desiderio
per
dieci
anni
,
aver
passato
molte
sere
d
'
inverno
guardando
melanconicamente
la
carta
d
'
Oriente
,
essersi
rinfocolata
l
'
immaginazione
colla
lettura
di
cento
volumi
,
aver
girato
mezza
l
'
Europa
soltanto
per
consolarsi
di
non
poter
vedere
quell
'
altra
mezza
,
essere
stati
inchiodati
un
anno
a
tavolino
con
quell
'
unico
scopo
,
aver
fatto
mille
piccoli
sacrifizi
,
e
conti
su
conti
,
e
castelli
su
castelli
,
e
battagliole
in
casa
;
bisogna
infine
aver
passato
nove
notti
insonni
sul
mare
,
con
quell
'
immagine
immensa
e
luminosa
davanti
agli
occhi
,
felici
tanto
da
provar
quasi
un
sentimento
di
rimorso
pensando
alle
persone
care
che
si
sono
lasciate
a
casa
;
e
allora
si
capisce
che
cosa
voglion
dire
quelle
parole
:
-
Domani
all
'
alba
vedremo
i
primi
minareti
di
Stambul
;
-
e
invece
di
rispondere
flemmaticamente
:
-
ne
ho
piacere
-
si
picchia
un
pugno
formidabile
sul
parapetto
del
bastimento
.
Un
gran
piacere
per
me
e
per
il
mio
amico
era
la
profonda
certezza
che
la
nostra
immensa
aspettazione
non
sarebbe
stata
delusa
.
Su
Costantinopoli
infatti
non
ci
son
dubbi
;
anche
il
viaggiatore
più
diffidente
ci
va
sicuro
del
fatto
suo
;
nessuno
ci
ha
mai
provato
un
disinganno
.
E
non
c
'
entra
il
fascino
delle
grandi
memorie
e
la
consuetudine
dell
'
ammirazione
.
È
una
bellezza
universale
e
sovrana
,
dinanzi
alla
quale
il
poeta
e
l
'
archeologo
,
l
'
ambasciatore
e
il
negoziante
,
la
principessa
e
il
marinaio
,
il
figlio
del
settentrione
e
il
figlio
del
mezzogiorno
,
tutti
hanno
messo
un
grido
di
maraviglia
.
È
il
più
bel
luogo
della
terra
a
giudizio
di
tutta
la
terra
.
Gli
scrittori
di
viaggi
,
arrivati
là
,
perdono
il
capo
.
Il
Perthusier
balbetta
,
il
Tournefort
dice
che
la
lingua
umana
è
impotente
,
il
Pouqueville
crede
d
'
esser
rapito
in
un
altro
mondo
,
il
La
Croix
è
innebriato
,
il
visconte
di
Marcellus
rimane
estatico
,
il
Lamartine
ringrazia
Iddio
,
il
Gautier
dubita
della
realtà
di
quello
che
vede
;
e
tutti
accumulano
immagini
sopra
immagini
,
fanno
scintillare
lo
stile
e
si
tormentano
invano
per
trovare
un
'
espressione
che
non
riesca
miseramente
al
disotto
del
proprio
pensiero
.
Il
solo
Chateaubriand
descrive
la
sua
entrata
in
Costantinopoli
con
un
'
apparenza
di
tranquillità
d
'
animo
che
reca
stupore
;
ma
non
tralascia
di
dire
che
è
il
più
bello
spettacolo
dell
'
universo
;
e
se
la
celebre
Lady
Montague
,
pronunziando
la
stessa
sentenza
,
ci
premette
un
forse
,
è
da
credersi
che
l
'
abbia
fatto
per
lasciare
tacitamente
il
primo
posto
alla
propria
bellezza
,
della
quale
si
dava
molto
pensiero
.
C
'
è
persino
un
freddo
tedesco
il
quale
dice
che
le
più
belle
illusioni
della
gioventù
e
i
sogni
stessi
del
primo
amore
sono
pallide
immagini
in
confronto
del
senso
di
dolcezza
che
invade
l
'
anima
alla
vista
di
quei
luoghi
fatati
;
e
un
dotto
francese
afferma
che
la
prima
impressione
che
fa
Costantinopoli
è
lo
spavento
.
Immagini
chi
legge
il
ribollimento
che
dovevano
produrre
tutte
queste
parole
di
foco
,
cento
volte
ripetute
,
nel
cervello
d
'
un
bravo
pittore
di
ventiquattr
'
anni
,
e
in
quello
d
'
un
cattivo
poeta
di
vent
'
otto
!
Ma
nemmeno
queste
lodi
illustri
di
Costantinopoli
ci
bastavano
,
e
cercavamo
le
testimonianze
dei
marinai
.
E
anch
'
essi
,
povera
gente
rozza
,
per
dare
un
'
idea
di
quella
bellezza
,
sentivano
il
bisogno
d
'
esprimersi
con
qualche
similitudine
o
parola
straordinaria
,
e
la
cercavano
volgendo
gli
occhi
qua
e
là
e
stropicciando
le
dita
,
e
facevano
dei
tentativi
di
descrizione
con
quel
suono
di
voce
che
par
che
venga
di
lontano
e
quei
gesti
larghi
e
lenti
con
cui
la
gente
del
popolo
esprime
la
meraviglia
quando
non
le
bastano
le
parole
.
-
Entrare
con
una
bella
mattinata
in
Costantinopoli
-
,
ci
disse
il
capo
dei
timonieri
-
,
credete
a
me
,
signori
:
è
un
bel
momento
nella
vita
d
'
un
uomo
.
Anche
il
tempo
ci
sorrideva
;
era
una
notte
serena
e
tepida
;
il
mare
accarezzava
con
un
mormorìo
leggerissimo
i
fianchi
del
bastimento
;
gli
alberi
e
i
più
minuti
cordami
si
disegnavano
netti
ed
immobili
sul
cielo
coperto
di
stelle
;
non
pareva
nemmeno
che
si
navigasse
.
A
prora
v
'
era
una
folla
di
turchi
sdraiati
che
fumavano
beatamente
il
loro
narghilè
col
viso
rivolto
alla
luna
,
la
quale
faceva
un
contorno
d
'
argento
ai
loro
turbanti
bianchi
;
a
poppa
un
visibilio
di
gente
d
'
ogni
paese
,
fra
cui
una
compagnia
famelica
di
commedianti
greci
che
s
'
erano
imbarcati
al
Pireo
.
Vedo
ancora
,
in
mezzo
a
una
nidiata
di
bambine
russe
che
vanno
a
Odessa
colla
madre
,
il
visetto
della
piccola
Olga
,
tutta
meravigliata
ch
'
io
non
capisca
la
sua
lingua
e
indispettita
d
'
avermi
fatto
tre
volte
la
medesima
domanda
senza
ottenere
una
risposta
intelligibile
.
Ho
da
una
parte
un
grosso
e
sucido
prete
greco
,
col
cappello
a
staio
rovesciato
,
che
cerca
col
canocchiale
l
'
arcipelago
di
Marmara
;
dall
'
altra
un
ministro
evangelico
inglese
,
rigido
e
freddo
come
una
statua
,
che
in
tre
giorni
non
ha
ancora
detto
una
parola
nè
guardato
in
faccia
anima
viva
;
davanti
,
due
belle
signorine
ateniesi
colla
berrettina
rossa
e
le
treccie
giù
per
le
spalle
,
che
appena
uno
le
guarda
,
si
voltano
tutte
due
insieme
verso
il
mare
per
farsi
vedere
di
profilo
;
un
po
'
più
in
là
un
negoziante
armeno
che
fa
scorrere
tra
le
dita
le
pallottoline
del
rosario
orientale
,
un
gruppo
d
'
ebrei
vestiti
del
costume
antico
,
degli
albanesi
colle
sottanine
bianche
,
un
'
istitutrice
francese
che
fa
la
malinconica
,
qualcuno
di
quei
soliti
viaggiatori
di
nessuna
tinta
,
che
non
si
capisce
di
che
paese
siano
nè
che
mestiere
facciano
;
e
in
mezzo
a
questa
gente
,
una
piccola
famiglia
turca
composta
d
'
un
babbo
in
fez
,
d
'
una
mamma
velata
e
di
due
bambine
coi
calzoncini
,
tutti
e
quattro
accovacciati
sotto
una
tenda
,
a
traverso
un
mucchio
di
materasse
e
di
cuscinetti
variopinti
,
in
mezzo
a
una
corona
di
carabattole
d
'
ogni
forma
e
d
'
ogni
colore
.
Come
si
sentiva
la
vicinanza
di
Costantinopoli
!
C
'
era
una
vivacità
insolita
.
Quasi
tutti
i
visi
che
s
'
intravvedevano
al
lume
delle
lanterne
,
erano
visi
allegri
.
Le
bambine
russe
saltellavano
intorno
alla
madre
gridando
l
'
antico
nome
russo
di
Stambul
:
-
Zavegorod
!
Zavegorod
!
-
Passando
accanto
ai
crocchi
,
si
udivano
qua
e
là
i
nomi
di
Galata
,
di
Pera
,
di
Scutari
,
di
Bujukderé
,
di
Terapia
,
che
luccicavano
alla
mia
fantasia
come
le
prime
scintille
d
'
un
grande
foco
d
'
artifizio
sul
punto
d
'
accendersi
.
Anche
i
marinai
erano
contenti
d
'
avvicinarsi
a
quel
luogo
dove
,
com
'
essi
dicevano
,
si
dimenticano
almeno
per
un
'
ora
tutte
le
noie
della
vita
.
Persino
a
prora
,
in
mezzo
a
quel
biancume
di
turbanti
,
c
'
era
un
movimento
straordinario
:
anche
quei
mussulmani
pigri
e
impassibili
vedevano
già
cogli
occhi
della
immaginazione
ondulare
all
'
orizzonte
i
fantastici
contorni
di
Ummelunià
,
la
madre
del
mondo
,
"
la
città
"
,
come
dice
il
Corano
,
"
di
cui
un
lato
guarda
la
terra
e
due
guardano
il
mare
.
"
Pareva
che
il
bastimento
,
anche
senza
la
forza
motrice
del
vapore
,
avrebbe
dovuto
andare
innanzi
da
sè
,
spinto
dall
'
impeto
dei
desiderii
e
delle
impazienze
che
fremevano
sulle
sue
tavole
.
Di
tratto
in
tratto
mi
appoggiavo
al
parapetto
per
guardare
in
mare
,
e
mi
pareva
che
cento
voci
confuse
mi
parlassero
col
mormorìo
delle
acque
.
Erano
tutte
le
persone
che
mi
amano
,
che
dicevano
:
Va
,
va
,
figliuolo
,
fratello
,
amico
,
va
;
va
a
goderti
la
tua
Costantinopoli
;
te
la
sei
guadagnata
,
sii
felice
,
e
Dio
t
'
accompagni
.
Soltanto
verso
la
mezzanotte
i
viaggiatori
cominciarono
a
scendere
sotto
coperta
.
Il
mio
amico
ed
io
scendemmo
gli
ultimi
e
a
passo
di
formica
,
perché
ci
ripugnava
d
'
andare
a
chiudere
fra
quattro
pareti
un
'
allegrezza
a
cui
pareva
angusto
il
circuito
della
Propontide
.
Quando
fummo
a
metà
della
scaletta
sentimmo
la
voce
del
capitano
che
c
'
invitava
a
salire
la
mattina
seguente
sul
ponte
riserbato
al
comando
.
-
Siano
su
prima
del
levar
del
sole
,
-
gridò
affacciandosi
alla
botola
-
;
faccio
buttare
in
mare
chi
ritarda
.
Una
minaccia
più
superflua
non
è
mai
stata
fatta
dopo
che
mondo
è
mondo
.
Io
non
chiusi
occhio
.
Credo
che
il
giovane
Maometto
II
,
in
quella
famosa
notte
di
Adrianopoli
,
in
cui
disfece
il
letto
a
furia
di
voltarsi
e
di
rivoltarsi
,
agitato
dalla
visione
della
città
di
Costantino
,
non
abbia
fatto
tanti
rivoltoloni
quanti
ne
feci
io
nella
mia
cuccetta
in
quelle
quattr
'
ore
d
'
aspettazione
.
Per
dominare
i
miei
nervi
,
provai
a
contare
fino
a
mille
,
a
tener
l
'
occhio
fisso
sulle
ghirlande
bianche
che
l
'
acqua
rotta
dal
bastimento
sollevava
intorno
all
'
occhio
del
mio
camerino
,
a
canterellare
delle
ariette
cadenzate
sul
rumore
monotono
della
macchina
a
vapore
;
ma
era
inutile
.
Avevo
la
febbre
,
mi
sentivo
mancare
il
respiro
e
la
notte
mi
pareva
eterna
.
Appena
vidi
un
barlume
di
giorno
,
saltai
giù
;
Yunk
era
già
in
piedi
;
ci
vestimmo
in
furia
,
e
salimmo
in
tre
salti
sopra
coperta
.
Maledizione
!
C
'
era
la
nebbia
.
Una
nebbia
fitta
copriva
l
'
orizzonte
da
tutte
le
parti
;
pareva
imminente
la
pioggia
;
il
grande
spettacolo
dell
'
entrata
in
Costantinopoli
era
perduto
;
il
nostro
più
ardente
desiderio
,
deluso
;
il
viaggio
in
una
parola
,
sciupato
!
Io
rimasi
annichilito
.
In
quel
punto
comparve
il
capitano
col
suo
solito
sorrisetto
sulle
labbra
.
Non
ci
fu
bisogno
di
parlare
;
appena
ci
vide
,
capì
,
e
battendoci
una
mano
sulla
spalla
,
disse
in
tuono
di
consolazione
:
-
Niente
,
niente
.
Non
si
sgomentino
,
signori
.
Benedicano
anzi
questa
nebbia
.
In
grazia
della
nebbia
loro
faranno
la
più
bella
entrata
in
Costantinopoli
che
abbiano
mai
potuto
desiderare
.
Fra
due
ore
avremo
un
sereno
meraviglioso
.
Riposino
sulla
mia
parola
.
Mi
sentii
tornare
la
vita
.
Salimmo
sul
ponte
del
Comando
.
A
prora
tutti
i
turchi
erano
già
seduti
a
gambe
incrociate
sui
loro
tappeti
,
col
viso
rivolto
verso
Costantinopoli
.
In
pochi
minuti
tutti
gli
altri
viaggiatori
usciron
fuori
,
armati
di
canocchiali
d
'
ogni
forma
,
e
si
appoggiarono
,
stesi
in
una
lunga
fila
,
al
parapetto
di
sinistra
,
come
alla
balaustrata
d
'
una
galleria
di
teatro
.
Tirava
un
'
arietta
fresca
;
nessuno
parlava
.
Tutti
gli
occhi
e
tutti
i
canocchiali
si
rivolsero
a
poco
a
poco
verso
la
riva
settentrionale
del
mare
di
Marmara
.
Ma
non
si
vedeva
ancor
nulla
.
La
nebbia
però
non
formava
che
una
fascia
biancastra
all
'
orizzonte
,
sopra
la
quale
splendeva
il
cielo
sereno
e
dorato
.
Diritto
dinanzi
a
noi
,
nella
direzione
della
prora
,
appariva
confusamente
il
piccolo
arcipelago
delle
nove
Isole
dei
Principi
,
le
Demonesi
degli
antichi
,
luogo
di
piaceri
della
Corte
al
tempo
del
Basso
Impero
,
ed
ora
luogo
di
ritrovo
e
di
festa
degli
abitanti
di
Costantinopoli
.
Le
due
rive
del
mar
di
Marmara
erano
ancora
completamente
nascoste
.
Soltanto
dopo
un
'
ora
che
s
'
era
sul
ponte
si
vide
...
Ma
è
impossibile
intender
bene
la
descrizione
dell
'
entrata
in
Costantinopoli
,
se
non
si
ha
chiara
nella
mente
la
configurazione
della
città
.
Supponga
il
lettore
d
'
aver
davanti
a
sè
l
'
imboccatura
del
Bosforo
,
il
braccio
di
mare
che
separa
l
'
Asia
dall
'
Europa
e
congiunge
il
mar
di
Marmara
col
mar
Nero
.
Stando
così
s
'
ha
la
riva
asiatica
a
destra
e
la
riva
europea
a
sinistra
;
di
qui
l
'
antica
Tracia
,
di
là
l
'
antica
Anatolia
.
Andando
innanzi
,
infilando
cioè
il
braccio
di
mare
,
si
trova
a
sinistra
,
appena
oltrepassata
l
'
imboccatura
,
un
golfo
,
una
rada
strettissima
,
la
quale
forma
col
Bosforo
un
angolo
quasi
retto
,
e
si
sprofonda
per
parecchie
miglia
nella
terra
europea
,
incurvandosi
a
modo
di
un
corno
di
bue
;
donde
il
nome
di
Corno
d
'
oro
,
ossia
corno
dell
'
abbondanza
,
perché
v
'
affluivano
,
quand
'
era
porto
di
Bisanzio
,
le
ricchezze
di
tre
continenti
.
Nell
'
angolo
di
terra
europea
,
che
da
una
parte
è
bagnato
dal
mar
di
Marmara
e
dall
'
altra
dal
Corno
d
'
oro
,
dov
'
era
l
'
antica
Bisanzio
,
s
'
innalza
,
sopra
sette
colline
,
Stambul
,
la
città
turca
.
Nell
'
altro
angolo
,
bagnato
dal
Corno
d
'
oro
e
dal
Bosforo
,
s
'
innalzano
Galata
e
Pera
,
le
città
franche
.
In
faccia
all
'
apertura
del
Corno
d
'
oro
,
sopra
le
colline
della
riva
asiatica
,
sorge
la
città
di
Scutari
.
Quella
dunque
,
che
si
chiama
Costantinopoli
,
è
formata
da
tre
grandi
città
divise
dal
mare
,
ma
poste
l
'
una
in
faccia
all
'
altra
,
e
la
terza
in
faccia
alle
due
prime
,
e
tanto
vicine
tra
loro
,
che
da
ciascuna
delle
tre
rive
si
vedono
distintamente
gli
edifizii
delle
altre
due
,
presso
a
poco
come
da
una
parte
all
'
altra
della
Senna
e
del
Tamigi
nei
punti
dove
sono
più
larghi
a
Parigi
e
a
Londra
.
La
punta
del
triangolo
su
cui
s
'
innalza
Stambul
,
ritorta
verso
il
Corno
d
'
oro
,
è
quel
famoso
Capo
del
Serraglio
,
il
quale
nasconde
fino
all
'
ultimo
momento
,
agli
occhi
di
chi
viene
dal
mar
di
Marmara
,
la
vista
delle
due
rive
del
Corno
,
ossia
la
parte
più
grande
e
più
bella
di
Costantinopoli
.
Fu
il
Capitano
del
bastimento
,
che
col
suo
occhio
di
marinaio
scoperse
per
il
primo
il
primo
barlume
di
Stambul
.
Le
due
signore
ateniesi
,
la
famiglia
russa
,
il
ministro
inglese
,
Yunk
,
io
ed
altri
,
che
andavamo
tutti
a
Costantinopoli
per
la
prima
volta
,
stavamo
intorno
a
lui
stretti
in
un
gruppo
,
silenziosi
,
stancandoci
gli
occhi
inutilmente
sopra
la
nebbia
,
quand
'
egli
stese
il
braccio
a
sinistra
,
verso
la
riva
europea
,
e
gridò
:
-
Signori
,
ecco
il
primo
spiraglio
.
Era
un
punto
bianco
,
la
sommità
d
'
un
minareto
altissimo
,
di
cui
la
parte
di
sotto
rimaneva
ancora
nascosta
.
Tutti
vi
appuntarono
su
i
canocchiali
e
si
misero
a
frugare
cogli
occhi
in
quel
piccolo
squarcio
della
nebbia
come
per
farlo
più
largo
.
Il
bastimento
filava
rapidamente
.
Dopo
pochi
minuti
si
vide
accanto
al
minareto
una
macchia
incerta
,
poi
due
,
poi
tre
,
poi
molte
che
a
poco
a
poco
prendevano
il
contorno
di
case
,
e
la
fila
s
'
allungava
,
s
'
allungava
.
Dinanzi
a
noi
e
sulla
nostra
destra
,
tutto
era
ancora
coperto
dalla
nebbia
.
Quella
che
s
'
andava
scoprendo
allora
,
era
la
parte
di
Stambul
che
s
'
allunga
,
formando
un
arco
di
circa
quattro
miglia
italiane
,
sulla
riva
settentrionale
del
mar
di
Marmara
,
fra
il
Capo
del
Serraglio
e
il
Castello
delle
Sette
Torri
.
Ma
tutta
la
collina
del
Serraglio
era
ancora
velata
.
Dietro
le
case
spuntavano
l
'
un
dopo
l
'
altro
i
minareti
,
altissimi
e
bianchi
,
e
le
loro
sommità
,
illuminate
dal
sole
,
erano
color
di
rosa
.
Sotto
le
case
cominciavano
a
scoprirsi
le
vecchie
mura
merlate
,
di
color
fosco
,
rafforzate
,
a
distanze
eguali
,
da
grosse
torri
,
che
formano
intorno
a
tutta
la
città
una
cintura
non
interrotta
,
contro
la
quale
si
rompono
le
onde
del
mare
.
In
poco
tempo
rimase
scoperto
un
tratto
di
città
lungo
due
miglia
;
ma
,
dico
il
vero
,
lo
spettacolo
non
corrispondeva
alla
mia
aspettazione
.
Eravamo
nel
punto
in
cui
il
Lamartine
domandò
a
sè
stesso
:
-
È
questa
Costantinopoli
?
-
e
gridò
:
-
Che
delusione
!
-
Le
colline
erano
ancora
nascoste
,
non
si
vedeva
che
la
riva
,
le
case
formavano
una
sola
fila
lunghissima
,
la
città
pareva
tutta
piana
.
-
Capitano
!
-
esclamai
anch
'
io
-
;
è
questa
Costantinopoli
?
-
Il
capitano
m
'
afferrò
per
un
braccio
,
e
accennando
colla
mano
dinanzi
a
sè
:
-
Uomo
di
poca
fede
!
-
gridò
-
;
guardi
lassù
.
-
Guardai
!
e
mi
fuggì
un
'
esclamazione
di
stupore
.
Un
'
ombra
enorme
,
una
mole
altissima
e
leggiera
,
ancora
coperta
da
un
velo
vaporoso
,
si
sollevava
al
cielo
dalla
sommità
d
'
un
'
altura
,
e
rotondeggiava
gloriosamente
nell
'
aria
,
in
mezzo
a
quattro
minareti
smisurati
e
snelli
,
di
cui
le
punte
inargentate
scintillavano
ai
primi
raggi
del
sole
.
-
Santa
Sofia
!
-
gridò
un
marinaio
;
e
una
delle
due
signore
ateniesi
disse
a
bassa
voce
:
-
Hagia
Sofia
!
(
La
santa
sapienza
)
.
I
turchi
a
prora
s
'
alzarono
in
piedi
.
Ma
già
dinanzi
e
accanto
alla
grande
basilica
,
si
sbozzavano
a
traverso
la
nebbia
altre
cupole
enormi
,
e
minareti
fitti
e
confusi
come
una
foresta
di
gigantesche
palme
senza
rami
-
La
moschea
del
Sultano
Ahmed
!
-
gridava
il
capitano
,
accennando
-
;
la
moschea
di
Bajazet
,
la
moschea
d
'
Osman
,
la
moschea
di
Laleli
,
la
moschea
di
Solimano
.
Ma
nessuno
lo
sentiva
più
.
Il
velo
si
squarciava
rapidamente
,
e
da
ogni
parte
balzavan
fuori
moschee
,
torri
,
mucchi
di
verzura
,
case
su
case
;
e
più
andavamo
innanzi
,
più
la
città
s
'
alzava
e
mostrava
più
distinti
i
suoi
grandi
contorni
rotti
,
capricciosi
,
bianchi
,
verdi
,
rosati
,
scintillanti
;
e
la
collina
del
serraglio
disegnava
già
intera
la
sua
forma
gentile
sopra
il
fondo
grigio
della
nebbia
lontana
.
Quattro
miglia
di
città
,
tutta
la
parte
di
Stambul
che
guarda
il
mare
di
Marmara
,
si
stendeva
dinanzi
a
noi
,
e
le
sue
mura
fosche
e
le
sue
case
di
mille
colori
si
riflettevano
nell
'
acqua
terse
e
nitide
come
in
uno
specchio
.
A
un
tratto
il
bastimento
si
fermò
.
Tutti
s
'
affollarono
intorno
al
capitano
domandando
perchè
.
Egli
ci
spiegò
che
per
andare
innanzi
bisognava
aspettare
che
svanisse
la
nebbia
.
La
nebbia
infatti
nascondeva
ancora
l
'
imboccatura
del
Bosforo
come
una
fitta
cortina
.
Ma
dopo
meno
d
'
un
minuto
,
si
poté
proseguire
,
andando
però
cautissimamente
.
Ci
avvicinavamo
alla
collina
dell
'
antico
serraglio
.
Qui
la
curiosità
mia
e
di
tutti
diventò
febbrile
.
-
Si
volti
in
là
-
,
mi
disse
il
capitano
-
e
aspetti
a
guardare
quando
tutta
la
collina
ci
sia
davanti
.
Mi
voltai
e
fissai
gli
occhi
sopra
uno
sgabello
che
mi
pareva
che
ballasse
.
-
Eccoci
!
-
esclamò
il
Capitano
dopo
qualche
momento
.
Mi
voltai
.
Il
bastimento
s
'
era
fermato
.
Eravamo
in
faccia
alla
collina
,
vicinissimi
.
È
una
grande
collina
tutta
vestita
di
cipressi
,
di
terebinti
,
d
'
abeti
e
di
platani
giganteschi
,
che
spingono
i
rami
fuori
delle
mura
merlate
fino
a
far
ombra
sul
mare
;
e
in
mezzo
a
questo
mucchio
di
verzura
s
'
alzano
disordinatamente
,
separati
e
a
gruppi
,
come
sparsi
a
caso
,
cime
di
chioschi
,
padiglioncini
coronati
di
gallerie
,
cupolette
inargentate
,
piccoli
edifizii
di
forme
gentili
e
strane
,
colle
finestre
ingraticolate
e
le
porte
a
rabeschi
;
tutto
bianco
,
piccino
,
mezzo
nascosto
,
che
lascia
indovinare
un
labirinto
di
giardini
,
di
corridoi
,
di
cortili
,
di
recessi
;
un
'
intera
città
chiusa
in
un
bosco
;
separata
dal
mondo
,
piena
di
mistero
e
di
tristezza
.
In
quel
momento
vi
batteva
su
il
sole
,
ma
la
ricopriva
ancora
un
velo
leggerissimo
.
Non
vi
si
vedeva
nessuno
,
non
vi
si
sentiva
il
più
leggiero
rumore
.
Tutti
i
viaggiatori
stavano
là
cogli
occhi
fissi
su
quel
colle
coronato
dalle
memorie
di
quattro
secoli
di
gloria
,
di
piaceri
,
d
'
amori
,
di
congiure
e
di
sangue
;
reggia
,
cittadella
e
tomba
della
grande
monarchia
ottomana
;
e
nessuno
parlava
,
nessuno
si
moveva
.
Quando
a
un
tratto
il
secondo
del
bastimento
gridò
:
-
Signori
,
si
vede
Scutari
!
Ci
voltammo
tutti
verso
la
riva
asiatica
.
Scutari
,
la
Città
d
'
oro
,
era
là
sparsa
a
perdita
d
'
occhi
sulle
sommità
e
per
i
fianchi
delle
sue
grandi
colline
,
velata
dai
vapori
luminosi
del
mattino
,
ridente
,
fresca
come
una
città
sorta
allora
al
tocco
d
'
una
verga
fatata
.
Chi
può
descrivere
quello
spettacolo
?
Il
linguaggio
con
cui
descriviamo
le
città
nostre
non
serve
a
dare
una
idea
di
quella
immensa
varietà
di
colori
e
di
prospetti
,
di
quella
meravigliosa
confusione
di
città
e
di
paesaggio
,
di
gaio
e
d
'
austero
,
d
'
europeo
,
d
'
orientale
,
di
bizzarro
,
di
gentile
,
di
grande
!
S
'
immagini
una
città
composta
di
diecimila
villette
gialle
e
purpuree
,
e
di
diecimila
giardini
lussureggianti
di
verde
,
in
mezzo
a
cui
s
'
alzano
cento
moschee
candide
come
la
neve
;
di
sopra
,
una
foresta
di
cipressi
enormi
:
il
più
grande
cimitero
dell
'
Oriente
;
alle
estremità
,
smisurate
caserme
bianche
,
gruppi
di
case
e
di
cipressi
,
villaggetti
raccolti
sui
poggi
,
dietro
ai
quali
ne
spuntano
altri
mezzo
nascosti
fra
la
verzura
;
e
per
tutto
cime
di
minareti
e
sommità
di
cupole
biancheggianti
fino
a
mezzo
il
dorso
d
'
una
montagna
che
chiude
come
una
gran
cortina
l
'
orizzonte
;
una
grande
città
sparpagliata
in
un
immenso
giardino
,
sopra
una
riva
qui
rotta
da
burroni
a
picco
,
vestiti
di
sicomori
,
là
digradante
in
piani
verdi
,
aperta
in
piccoli
seni
pieni
d
'
ombra
e
di
fiori
;
e
lo
specchio
azzurro
del
Bosforo
che
riflette
tutta
questa
bellezza
.
Mentre
stavo
guardando
Scutari
,
il
mio
amico
mi
toccò
col
gomito
per
annunziarmi
che
aveva
scoperto
un
'
altra
città
.
E
vidi
infatti
,
voltandomi
verso
il
mar
di
Marmara
,
sulla
stessa
riva
asiatica
,
al
di
là
di
Scutari
,
una
lunghissima
fila
di
case
,
di
moschee
e
di
giardini
dinanzi
a
cui
era
passato
il
bastimento
,
e
che
fino
allora
eran
rimasti
nascosti
dalla
nebbia
.
Col
canocchiale
si
discernevano
benissimo
i
caffè
,
i
bazar
,
le
case
all
'
europea
,
gli
scali
,
i
muri
di
cinta
degli
orti
,
le
barchette
sparse
lungo
la
riva
.
Era
Kadi
-
Kioi
,
il
villaggio
dei
giudici
,
posto
sulle
rovine
dell
'
antica
Calcedonia
,
già
rivale
di
Bisanzio
;
quella
Calcedonia
fondata
seicento
ottantacinque
anni
prima
di
Cristo
dai
Megaresi
,
ai
quali
fu
dato
dall
'
oracolo
di
Delfo
il
soprannome
di
ciechi
per
avere
scelto
quel
sito
invece
della
riva
opposta
dove
sorge
Stambul
.
-
E
tre
città
-
ci
disse
il
Capitano
-
;
le
contino
sulle
dita
perché
a
momenti
ne
salteranno
fuori
delle
altre
.
Il
bastimento
era
sempre
immobile
fra
Scutari
e
la
collina
del
Serraglio
.
La
nebbia
nascondeva
affatto
il
Bosforo
da
Scutari
in
là
,
e
tutta
Galata
e
tutta
Pera
che
stavano
dinanzi
a
noi
.
Ci
passavano
accanto
dei
barconi
,
dei
vaporini
,
dei
caicchi
,
dei
piccoli
legni
a
vela
;
ma
nessuno
li
guardava
.
Tutti
gli
occhi
erano
fissi
sulla
cortina
grigia
che
copriva
la
città
franca
.
Io
fremevo
d
'
impazienza
e
di
piacere
.
Ancora
pochi
momenti
,
e
lo
spettacolo
meraviglioso
,
che
strappa
un
grido
dall
'
anima
!
Appena
potevo
tener
fermo
agli
occhi
il
canocchiale
,
tanto
mi
tremava
la
mano
.
Il
capitano
mi
guardava
,
pover
'
uomo
,
e
godeva
della
mia
emozione
,
e
fregandosi
le
mani
esclamava
:
-
Ci
siamo
!
ci
siamo
!
Finalmente
incominciarono
ad
apparire
dietro
al
velo
prima
delle
macchie
bianchiccie
,
poi
il
contorno
vago
d
'
una
grande
altura
,
poi
uno
sparso
e
vivissimo
luccichio
di
vetrate
percosse
dal
sole
,
e
infine
Galata
e
Pera
in
piena
luce
,
un
monte
,
una
miriade
di
casette
di
tutti
i
colori
,
le
une
sulle
altre
;
una
città
altissima
coronata
di
minareti
,
di
cupole
e
di
cipressi
;
sulla
sommità
i
palazzi
monumentali
delle
Ambasciate
,
e
la
gran
torre
di
Galata
;
ai
piedi
il
vasto
arsenale
di
Tophanè
e
una
foresta
di
bastimenti
;
e
diradando
sempre
la
nebbia
,
la
città
s
'
allungava
rapidamente
dalla
parte
del
Bosforo
,
e
balzavano
fuori
borghi
dietro
borghi
,
distesi
dall
'
alto
dei
colli
fino
al
mare
,
vasti
,
fitti
,
picchiettati
di
bianco
dalle
moschee
;
file
di
bastimenti
,
piccoli
porti
,
palazzi
a
fior
d
'
acqua
,
padiglioni
,
giardini
,
chioschi
,
boschetti
;
e
confusi
nella
nebbia
lontana
,
altri
borghi
di
cui
si
vedevano
soltanto
le
sommità
dorate
dal
sole
;
uno
sbarbaglio
di
colori
,
un
rigoglio
di
verde
,
una
fuga
di
vedute
,
una
grandezza
,
una
delizia
,
una
grazia
da
far
prorompere
in
esclamazioni
insensate
.
Sul
bastimento
tutti
erano
a
bocca
aperta
:
viaggiatori
,
marinai
,
turchi
,
europei
,
bambini
.
Non
si
sentiva
uno
zitto
.
Non
si
sapeva
più
da
che
parte
guardare
.
Avevamo
da
una
parte
Scutari
e
Kadi
-
Kioi
;
dall
'
altra
la
collina
del
Serraglio
;
in
faccia
Galata
,
Pera
,
il
Bosforo
.
Per
vedere
ogni
cosa
,
bisognava
girare
sopra
sè
stessi
;
e
giravano
,
lanciando
da
tutte
le
parti
degli
sguardi
fiammeggianti
,
e
ridendo
e
gesticolando
senza
parlare
,
con
un
piacere
che
ci
soffocava
.
Che
bei
momenti
,
Dio
eterno
!
Eppure
il
più
grande
e
il
più
bello
rimaneva
da
vedere
.
Noi
eravamo
ancora
immobili
al
di
qua
della
punta
del
Serraglio
;
senza
oltrepassare
la
quale
non
si
può
vedere
il
Corno
d
'
oro
,
e
la
più
meravigliosa
veduta
di
Costantinopoli
è
sul
Corno
d
'
oro
.
-
Signori
,
stiano
attenti
-
esclamò
il
capitano
prima
di
dar
l
'
ordine
d
'
andare
avanti
;
-
ora
viene
il
momento
critico
.
In
tre
minuti
siamo
in
faccia
a
Costantinopoli
!
Provai
un
senso
di
freddo
.
Si
aspettò
qualche
altro
momento
.
Ah
!
come
mi
saltava
il
cuore
!
Con
che
febbre
nell
'
anima
aspettavo
quella
benedetta
parola
:
-
Avanti
!
-
Avanti
!
-
gridò
il
capitano
.
Il
bastimento
si
mosse
.
Andiamo
!
Re
,
principi
,
Cresi
,
potenti
e
fortunati
della
terra
,
in
quel
momento
io
ebbi
compassione
di
voi
;
il
mio
posto
sul
bastimento
valeva
tutti
i
vostri
tesori
,
e
non
avrei
venduto
un
mio
sguardo
per
un
impero
.
Un
minuto
-
un
altro
minuto
-
si
passa
la
punta
del
Serraglio
-
intravvedo
un
enorme
spazio
pieno
di
luce
e
un
'
immensità
di
cose
e
di
colori
-
la
punta
è
passata
...
Ecco
Costantinopoli
!
Costantinopoli
sterminata
,
superba
,
sublime
!
Gloria
alla
creazione
ed
all
'
uomo
!
Io
non
avevo
sognato
questa
bellezza
!
Ed
ora
descrivi
,
miserabile
!
profana
colla
tua
parola
questa
visione
divina
!
Chi
osa
descrivere
Costantinopoli
?
Chateaubriand
,
Lamartine
,
Gautier
,
che
cosa
avete
balbettato
?
Eppure
le
immagini
e
le
parole
s
'
affollano
alla
mente
e
fuggono
dalla
penna
.
Vedo
,
parlo
,
scrivo
,
tutto
ad
un
tempo
,
senza
speranza
,
ma
con
una
voluttà
che
m
'
innebria
.
Vediamo
dunque
.
Il
Corno
d
'
oro
,
diritto
dinanzi
a
noi
,
come
un
largo
fiume
;
e
sulle
due
rive
,
due
catene
d
'
alture
su
cui
s
'
innalzano
e
s
'
allungano
due
catene
parallele
di
città
,
che
abbracciano
otto
miglia
di
colli
,
di
vallette
,
di
seni
,
di
promontorii
;
cento
anfiteatri
di
monumenti
e
di
giardini
;
una
doppia
immensa
gradinata
di
case
,
di
moschee
,
di
bazar
,
di
serragli
,
di
bagni
,
di
chioschi
,
svariati
di
colori
infiniti
;
in
mezzo
ai
quali
migliaia
di
minareti
dalla
punta
lucente
s
'
alzano
al
cielo
come
smisurate
colonne
d
'
avorio
;
e
sporgono
boschi
di
cipressi
che
discendono
in
striscie
cupe
dalle
alture
al
mare
,
inghirlandando
sobborghi
e
forti
;
e
una
possente
vegetazione
sparsa
si
rizza
e
ribocca
da
ogni
parte
,
impennacchia
le
cime
,
serpeggia
fra
i
tetti
e
si
curva
sulle
sponde
.
A
destra
,
Galata
con
dinanzi
una
selva
di
antenne
e
di
bandiere
;
sopra
Galata
,
Pera
che
disegna
sul
cielo
i
possenti
contorni
dei
suoi
palazzi
europei
;
dinanzi
,
un
ponte
che
unisce
le
due
rive
,
corso
da
due
opposte
folle
variopinte
;
a
sinistra
,
Stambul
,
distesa
sulle
sue
larghe
colline
,
ognuna
delle
quali
sorregge
una
moschea
gigantesca
dalla
cupola
di
piombo
e
dalle
guglie
d
'
oro
:
Santa
Sofia
,
bianca
e
rosata
;
Sultano
Ahmed
,
fiancheggiata
da
sei
minareti
;
Solimano
il
Grande
,
coronata
di
dieci
cupole
;
Sultana
Validè
,
che
si
specchia
nelle
acque
;
sulla
quarta
collina
,
la
moschea
di
Maometto
II
;
sulla
quinta
,
la
moschea
di
Selim
;
sulla
sesta
,
il
serraglio
di
Tekyr
;
e
al
disopra
di
tutte
le
altezze
,
la
torre
bianca
del
Seraschiere
che
domina
le
rive
dei
due
continenti
dai
Dardanelli
al
mar
Nero
.
Di
là
dalla
sesta
collina
di
Stambul
e
di
là
da
Galata
non
si
vedono
più
che
profili
vaghi
,
punte
di
città
e
di
sobborghi
,
scorci
di
porti
,
di
flotte
e
di
boschi
,
quasi
svaniti
in
una
atmosfera
azzurrina
,
che
non
paiono
più
cose
reali
,
ma
inganni
dell
'
aria
e
della
luce
.
Come
afferrare
i
particolari
di
questo
quadro
prodigioso
?
Lo
sguardo
si
fissa
per
qualche
momento
sulle
rive
vicine
,
sopra
una
casetta
turca
o
sopra
un
minareto
dorato
;
ma
subito
si
rilancia
in
quella
profondità
luminosa
e
spazia
a
caso
fra
quelle
due
fughe
di
città
fantastiche
,
seguito
a
stento
dalla
mente
sbalordita
.
Una
maestà
infinitamente
serena
è
diffusa
su
tutta
quella
bellezza
:
un
non
so
che
di
giovanile
e
d
'
amoroso
,
che
risveglia
mille
rimembranze
di
racconti
di
fate
e
di
sogni
primaverili
;
un
che
d
'
aereo
,
d
'
arcano
e
di
grande
,
che
rapisce
la
fantasia
fuori
del
vero
.
Il
cielo
,
sfumato
a
finissime
tinte
opaline
ed
argentee
,
contorna
con
una
nettezza
meravigliosa
tutte
le
cose
;
il
mare
,
color
di
zaffiro
,
tutto
picchiettato
di
gavitelli
porporini
,
fa
tremolare
i
lunghi
riflessi
bianchi
dei
minareti
;
le
cupole
scintillano
;
tutta
quella
immensa
vegetazione
s
'
agita
e
freme
all
'
aria
della
mattina
;
nuvoli
di
colombi
svolazzano
intorno
alle
moschee
;
migliaia
di
caicchi
dipinti
e
dorati
guizzano
sulle
acque
;
il
venticello
del
Mar
Nero
porta
i
profumi
di
dieci
miglia
di
giardini
;
e
quando
inebriati
da
questo
paradiso
,
e
già
dimentichi
d
'
ogni
altra
cosa
,
ci
si
volta
indietro
,
si
vede
con
un
sentimento
nuovo
di
meraviglia
la
riva
dell
'
Asia
che
chiude
il
panorama
colla
bellezza
pomposa
di
Scutari
e
colle
cime
nevose
dell
'
Olimpo
di
Bitinia
;
il
mar
di
Marmara
sparso
d
'
isolette
e
biancheggiante
di
vele
;
e
il
Bosforo
coperto
di
navi
,
che
serpeggia
fra
due
file
interminabili
di
chioschi
,
di
palazzi
e
di
ville
,
e
si
perde
misteriosamente
in
mezzo
alle
più
ridenti
colline
dell
'
Oriente
.
Ah
sì
!
Questo
è
il
più
bello
spettacolo
della
terra
;
chi
lo
nega
è
ingrato
a
Dio
e
ingiuria
la
creazione
;
una
più
grande
bellezza
soverchierebbe
i
sensi
dell
'
uomo
!
Passata
la
prima
emozione
,
guardai
i
viaggiatori
:
tutte
le
faccie
erano
mutate
.
Le
due
signore
ateniesi
avevano
gli
occhi
inumiditi
;
la
signora
russa
,
nel
momento
solenne
,
s
'
era
stretta
sul
cuore
la
piccola
Olga
;
persino
il
freddo
prete
inglese
faceva
sentire
per
la
prima
volta
la
sua
voce
,
esclamando
di
tratto
in
tratto
:
-
wonderful
!
wonderful
!
-
(
stupendo
stupendo
!
)
.
Il
bastimento
s
'
era
fermato
poco
lontano
dal
ponte
;
in
pochi
minuti
vi
si
radunò
intorno
un
visibilio
di
barchette
e
irruppe
sopra
coperta
una
folla
di
facchini
turchi
,
greci
,
armeni
ed
ebrei
,
che
bestemmiando
un
italiano
dell
'
altro
mondo
,
s
'
impadronirono
delle
nostre
robe
e
delle
nostre
persone
.
Dopo
un
tentativo
inutile
di
resistenza
,
diedi
un
abbraccio
al
capitano
,
un
bacio
a
Olga
,
un
addio
a
tutti
e
scesi
col
mio
amico
in
un
caicco
a
quattro
remi
,
che
ci
condusse
alla
dogana
,
di
dove
ci
arrampicammo
per
un
labirinto
di
stradicciuole
fino
all
'
albergo
di
Bisanzio
,
sulla
sommità
della
collina
di
Pera
.
CINQUE
ORE
DOPO
La
visione
di
stamattina
è
svanita
.
Quella
Costantinopoli
tutta
luce
e
tutta
bellezza
è
una
città
mostruosa
,
sparpagliata
per
un
saliscendi
infinito
di
colline
e
di
valli
;
è
un
labirinto
di
formicai
umani
,
di
cimiteri
,
di
rovine
,
di
solitudini
;
una
confusione
non
mai
veduta
di
civiltà
e
di
barbarie
,
che
presenta
un
'
immagine
di
tutte
le
città
della
terra
e
raccoglie
in
sè
tutti
gli
aspetti
della
vita
umana
.
Non
ha
veramente
di
una
grande
città
che
lo
scheletro
,
che
è
la
piccola
parte
in
muratura
;
il
resto
è
un
enorme
agglomeramento
di
baracche
,
uno
sterminato
accampamento
asiatico
,
in
cui
brulica
una
popolazione
che
non
fu
mai
numerata
,
di
gente
d
'
ogni
razza
e
d
'
ogni
religione
.
È
una
grande
città
in
trasformazione
,
composta
di
città
vecchie
che
si
sfasciano
,
di
città
nuove
sorte
ieri
,
d
'
altre
città
che
stanno
sorgendo
.
Tutto
v
'
è
sossopra
;
da
ogni
parte
si
vedono
le
traccie
d
'
un
gigantesco
lavoro
:
monti
traforati
,
colli
sfiancati
,
borghi
rasi
al
suolo
,
grandi
strade
disegnate
;
un
immenso
sparpagliamento
di
macerie
e
d
'
avanzi
d
'
incendi
sopra
un
terreno
perpetuamente
tormentato
dalla
mano
dell
'
uomo
.
È
un
disordine
,
una
confusione
d
'
aspetti
disparati
,
un
succedersi
continuo
di
vedute
imprevedibili
e
strane
,
che
dà
il
capogiro
.
Andate
in
fondo
a
una
strada
signorile
,
è
chiusa
da
un
burrone
;
uscite
dal
teatro
,
vi
trovate
in
mezzo
alle
tombe
;
giungete
sulla
sommità
d
'
una
collina
,
vi
vedete
un
bosco
sotto
i
piedi
,
e
un
'
altra
città
sulla
collina
in
faccia
;
il
borgo
che
avete
attraversato
poc
'
anzi
,
lo
vedete
,
voltandovi
improvvisamente
,
in
fondo
a
una
valle
profonda
,
mezzo
nascosto
dagli
alberi
;
svoltate
intorno
a
una
casa
,
ecco
un
porto
;
scendete
per
una
strada
,
addio
città
!
siete
in
una
gola
deserta
,
da
cui
non
si
vede
altro
che
cielo
;
le
città
spuntano
,
si
nascondono
,
balzan
fuori
continuamente
sul
vostro
capo
,
ai
vostri
piedi
,
alle
vostre
spalle
,
vicine
e
lontane
,
al
sole
,
nell
'
ombra
,
fra
i
boschi
,
sul
mare
;
fate
un
passo
avanti
,
vedete
un
panorama
immenso
;
fate
un
passo
indietro
,
non
vedete
più
nulla
;
alzate
il
capo
,
mille
punte
di
minareti
;
scendete
d
'
un
palmo
,
spariscon
tutti
e
mille
.
Le
strade
,
infinitamente
reticolate
,
serpeggiano
fra
i
poggi
,
corrono
su
terrapieni
,
rasentano
precipizi
,
passano
sotto
gli
acquedotti
,
si
rompono
in
vicoli
,
discendono
in
gradinate
,
in
mezzo
ai
cespugli
,
alle
roccie
,
alle
rovine
,
alle
sabbie
.
Di
tratto
in
tratto
,
la
gran
città
piglia
come
un
respiro
nella
solitudine
della
campagna
,
e
poi
ricomincia
più
fitta
,
più
colorita
,
più
allegra
;
qui
pianeggia
,
là
s
'
arrampica
,
più
in
là
precipita
,
si
disperde
e
poi
si
riaffolla
;
in
un
luogo
fuma
e
strepita
,
in
un
altro
dorme
;
in
una
parte
rosseggia
tutta
,
in
un
'
altra
parte
è
tutta
bianca
,
in
una
terza
vi
domina
il
color
d
'
oro
,
una
quarta
presenta
l
'
aspetto
d
'
un
monte
di
fiori
.
La
città
elegante
,
il
villaggio
,
la
campagna
,
il
giardino
,
il
porto
,
il
deserto
,
il
mercato
,
la
necropoli
,
si
alternano
senza
fine
innalzandosi
l
'
uno
sull
'
altro
,
a
scaglioni
,
in
modo
che
da
certe
alture
si
abbracciano
con
uno
sguardo
solo
,
sopra
una
sola
china
,
tutte
le
varietà
d
'
una
provincia
.
Un
'
infinità
di
contorni
bizzarri
si
disegna
da
ogni
parte
sul
cielo
e
sulle
acque
,
così
fitti
,
così
pazzamente
spezzettati
e
dentellati
dalla
meravigliosa
varietà
delle
architetture
,
che
si
confondono
agli
occhi
come
se
tremolassero
e
s
'
intricassero
gli
uni
cogli
altri
.
In
mezzo
alle
casette
turche
si
alza
il
palazzo
europeo
;
dietro
il
minareto
,
il
campanile
;
sopra
la
terrazza
,
la
cupola
;
dietro
la
cupola
,
il
muro
merlato
;
i
tetti
alla
chinese
dei
chioschi
sopra
i
frontoni
dei
teatri
,
i
balconi
ingraticolati
degli
arem
di
rimpetto
ai
finestroni
a
vetrate
,
le
finestrine
moresche
in
faccia
ai
terrazzi
a
balaustri
,
le
nicchie
delle
madonne
sotto
gli
archetti
arabi
,
i
sepolcri
nei
cortili
,
le
torri
fra
i
tugurii
;
le
moschee
,
le
sinagoghe
,
le
chiese
greche
,
le
cattoliche
,
le
armene
,
le
une
sulle
altre
,
come
se
facessero
a
soverchiarsi
,
e
in
tutti
i
vani
,
cipressi
,
pini
a
ombrello
,
fichi
e
platani
che
stendono
i
rami
sopra
i
tetti
.
Una
indescrivibile
architettura
di
ripiego
asseconda
gli
infiniti
capricci
del
terreno
con
un
tritume
di
case
tagliate
a
spicchi
,
in
forma
di
torri
triangolari
,
di
piramidi
diritte
e
rovesciate
,
circondate
di
ponti
,
di
puntelli
e
di
fossi
,
ammucchiate
alla
rinfusa
,
come
massi
franati
da
una
montagna
.
A
ogni
cento
passi
tutto
muta
.
Qui
siete
in
una
strada
d
'
un
sobborgo
di
Marsiglia
;
svoltate
:
è
un
villaggio
asiatico
;
tornate
a
svoltare
:
è
un
quartiere
greco
;
svoltate
ancora
:
è
un
sobborgo
di
Trebisonda
.
Alla
lingua
,
ai
visi
,
all
'
aspetto
delle
case
riconoscete
di
aver
cangiato
di
stato
;
sono
spicchi
di
Francia
,
striscie
d
'
Italia
,
screziature
d
'
Inghilterra
,
innesti
di
Russia
.
Sulla
immensa
faccia
della
città
si
vede
rappresentata
ad
architetture
e
a
colori
la
grande
lotta
che
si
combatte
fra
la
famiglia
cristiana
che
riconquista
e
la
famiglia
islamitica
che
difende
colle
ultime
sue
forze
la
terra
sacra
.
Stambul
,
una
volta
tutta
turca
,
è
assalita
da
ogni
parte
da
quartieri
cristiani
,
che
la
rodono
lentamente
lungo
la
sponda
del
Corno
d
'
oro
e
del
Mar
di
Marmara
;
dall
'
altra
parte
la
conquista
procede
in
furia
:
le
chiese
,
i
palazzi
,
gli
ospedali
,
i
giardini
pubblici
,
gli
opifici
,
le
scuole
squarciano
i
quartieri
musulmani
,
soverchiano
i
cimiteri
,
si
avanzano
di
collina
in
collina
,
e
già
disegnano
vagamente
sul
terreno
sconvolto
la
forma
d
'
una
grande
città
che
un
giorno
coprirà
la
riva
europea
del
Bosforo
come
quella
d
'
ora
copre
le
rive
del
Corno
d
'
oro
.
Ma
da
queste
osservazioni
generali
distraggono
ad
ogni
passo
mille
cose
nuove
:
in
una
via
il
convento
dei
dervis
,
in
un
'
altra
la
caserma
di
stile
moresco
,
il
caffè
turco
,
il
bazar
,
la
fontana
,
l
'
acquedotto
.
In
un
quarto
d
'
ora
bisogna
cangiar
dieci
volte
d
'
andatura
:
scendere
,
arrampicarsi
,
saltellar
giù
per
una
china
,
salire
per
una
scalinata
di
macigni
,
affondar
nella
mota
e
scansar
mille
ostacoli
,
aprendosi
la
via
ora
tra
la
folla
,
ora
tra
gli
arbusti
,
ora
tra
i
cenci
appesi
,
ora
turandosi
il
naso
,
ora
aspirando
ondate
d
'
aria
odorosa
.
Dalla
gran
luce
d
'
un
sito
aperto
,
donde
si
vede
il
Bosforo
,
l
'
Asia
e
un
cielo
infinito
,
si
cala
con
pochi
passi
nell
'
oscurità
triste
d
'
una
rete
di
vicoli
fiancheggiati
da
case
cadenti
ed
irti
di
sassi
come
letti
di
ruscelli
;
da
un
verde
fresco
e
ombroso
,
in
un
polverio
soffocante
,
saettato
dal
sole
;
da
crocicchi
pieni
di
rumore
e
di
colori
,
in
recessi
sepolcrali
,
dove
non
è
mai
sonata
una
voce
umana
;
dal
divino
Oriente
dei
nostri
sogni
,
in
un
altro
Oriente
lugubre
,
immondo
,
decrepito
che
supera
ogni
più
nera
immaginazione
.
Dopo
un
giro
di
poche
ore
non
si
sa
più
dove
s
'
abbia
la
testa
.
A
chi
ci
domandasse
improvvisamente
che
cos
'
è
Costantinopoli
,
non
si
saprebbe
rispondere
che
mettendosi
una
mano
sulla
fronte
per
quetare
la
tempesta
dei
pensieri
.
Costantinopoli
è
una
Babilonia
,
un
mondo
,
un
caos
.
È
bella
?
Prodigiosa
.
È
brutta
?
Orrenda
.
Vi
piace
?
Ubbriaca
.
Ci
stareste
?
Chi
lo
sa
!
Chi
può
dire
che
starebbe
in
un
altro
astro
?
Si
ritorna
a
casa
pieni
d
'
entusiasmo
e
di
disinganni
,
rapiti
,
stomacati
,
abbarbagliati
,
storditi
,
con
un
disordine
nella
mente
che
somiglia
al
principio
d
'
una
congestione
cerebrale
,
e
che
si
queta
poi
a
poco
a
poco
in
una
prostrazione
profonda
e
in
un
tedio
mortale
.
Si
son
vissuti
parecchi
anni
in
fretta
,
e
ci
si
sente
invecchiati
.
E
la
popolazione
di
questa
città
mostruosa
?
IL
PONTE
Per
vedere
la
popolazione
di
Costantinopoli
bisogna
andare
sul
ponte
galleggiante
,
lungo
circa
un
quarto
di
miglio
,
che
si
stende
dalla
punta
più
avanzata
di
Galata
fino
alla
riva
opposta
del
Corno
d
'
oro
,
in
faccia
alla
grande
moschea
della
sultana
Validè
.
L
'
una
e
l
'
altra
riva
sono
terra
europea
;
ma
si
può
dire
che
il
ponte
unisce
l
'
Europa
all
'
Asia
,
perché
in
Stambul
non
v
'
è
d
'
europeo
che
la
terra
,
ed
hanno
colore
e
carattere
asiatico
anche
i
pochi
sobborghi
cristiani
che
le
fanno
corona
.
Il
Corno
d
'
Oro
,
che
ha
l
'
aspetto
d
'
un
fiume
,
separa
,
come
un
oceano
,
due
mondi
.
Le
notizie
degli
avvenimenti
d
'
Europa
,
che
circolano
per
Galata
e
per
Pera
,
vive
,
chiare
,
minute
,
commentate
,
non
giungono
all
'
altra
riva
che
monche
e
confuse
come
un
eco
lontano
;
la
fama
degli
uomini
e
delle
cose
più
grandi
dell
'
Occidente
,
s
'
arresta
dinanzi
a
quella
poc
'
acqua
,
come
dinanzi
a
un
baluardo
insuperabile
;
e
su
quel
ponte
dove
passano
centomila
persone
al
giorno
,
non
passa
ogni
dieci
anni
un
'
idea
.
Stando
là
,
si
vede
sfilare
in
un
'
ora
tutta
Costantinopoli
.
Sono
due
correnti
umane
inesauribili
,
che
s
'
incontrano
e
si
confondono
senza
posa
dal
levar
del
sole
al
tramonto
,
presentando
uno
spettacolo
del
quale
non
sono
certamente
che
una
pallida
immagine
i
mercati
delle
Indie
,
le
fiere
di
Niinj
-
Norgorod
e
le
feste
di
Pekino
.
Per
veder
qualche
cosa
bisogna
fissarsi
un
piccolo
tratto
del
ponte
e
non
guardare
che
lì
;
se
si
vaga
cogli
occhi
,
la
vista
s
'
abbarbaglia
e
la
testa
si
confonde
.
La
folla
passa
a
grandi
ondate
,
ognuna
delle
quali
offre
mille
colori
,
ed
ogni
gruppo
di
persone
rappresenta
un
gruppo
di
popoli
.
S
'
immagini
pure
qualunque
più
stravagante
accozzo
di
tipi
,
di
costumi
e
di
classi
sociali
;
non
si
giungerà
mai
ad
avere
un
'
idea
della
favolosa
confusione
che
si
vede
là
nello
spazio
di
venti
passi
e
nel
giro
di
dieci
minuti
.
Dietro
una
frotta
di
facchini
turchi
,
che
passano
correndo
,
curvi
sotto
pesi
enormi
,
s
'
avanza
una
portantina
intarsiata
di
madreperla
e
d
'
avorio
,
a
cui
fa
capolino
una
signora
armena
;
e
ai
due
lati
un
beduino
ravvolto
in
un
mantello
bianco
e
un
vecchio
turco
col
turbante
di
mussolina
e
il
caffettano
color
celeste
,
accanto
al
quale
cavalca
un
giovane
greco
seguito
dal
suo
dracomanno
colla
zuavina
ricamata
,
e
un
dervis
col
gran
cappello
conico
e
la
tonaca
di
pelo
di
cammello
,
che
si
scansa
per
lasciar
passare
la
carrozza
d
'
un
ambasciatore
europeo
,
preceduta
da
un
battistrada
gallonato
.
Tutto
questo
non
si
vede
,
s
'
intravvede
.
Prima
che
vi
siate
voltati
indietro
,
vi
trovate
in
mezzo
a
una
brigata
di
Persiani
col
berrettone
piramidale
d
'
astrakan
,
passati
i
quali
vi
vedete
dinanzi
un
ebreo
insaccato
in
un
lungo
vestito
giallo
aperto
sui
fianchi
;
una
zingara
scapigliata
,
che
porta
un
bambino
in
un
sacco
appeso
alla
schiena
;
un
prete
cattolico
,
con
bastone
e
breviario
;
mentre
in
mezzo
a
una
folla
confusa
di
greci
,
di
turchi
e
d
'
armeni
,
s
'
avanza
gridando
:
-
Largo
!
-
un
grosso
eunuco
a
cavallo
che
precede
una
carrozza
turca
,
dipinta
a
fiori
e
ad
uccelli
,
con
dentro
le
donne
d
'
un
arem
,
vestite
di
violetto
e
di
verde
,
e
ravvolte
in
grandi
veli
bianchi
;
e
dietro
,
una
suora
di
carità
d
'
uno
spedale
di
Pera
,
seguita
da
uno
schiavo
africano
che
porta
una
scimmia
,
e
da
un
raccontatore
di
storie
in
abito
di
negromante
.
E
,
cosa
naturale
,
ma
che
par
strana
al
nuovo
venuto
,
tutta
questa
gente
così
diversa
s
'
incontra
e
passa
oltre
senza
guardarsi
,
come
la
folla
di
Londra
;
nessuno
si
ferma
;
tutti
vanno
a
passo
affrettato
,
e
su
cento
visi
,
non
se
ne
vede
uno
che
sorrida
.
L
'
albanese
colle
sottanine
bianche
e
i
pistoloni
alla
cintura
,
passa
accanto
al
tartaro
vestito
di
pelle
di
montone
;
il
turco
a
cavallo
a
un
asino
bardato
con
gran
pompa
,
guizza
fra
due
file
di
cammelli
;
dietro
all
'
aiutante
di
campo
dodicenne
d
'
un
principino
imperiale
,
piantato
sopra
un
corsiero
arabo
,
barcolla
un
carro
carico
delle
masserizie
bizzarre
d
'
una
casa
turca
;
la
mussulmana
a
piedi
,
la
schiava
velata
,
la
greca
colla
berrettina
rossa
e
le
treccie
giù
per
le
spalle
,
la
maltese
incapucciata
nella
faldetta
nera
,
l
'
ebrea
vestita
dell
'
antichissimo
costume
della
Giudea
,
la
negra
ravvolta
in
uno
scialle
variopinto
del
Cairo
,
l
'
armena
di
Trebisonda
tutta
nera
e
velata
come
un
'
apparizione
funebre
,
si
trovano
qualche
volta
in
una
sola
fila
,
come
se
vi
si
fossero
messe
apposta
,
per
prender
risalto
l
'
una
dall
'
altra
.
È
un
musaico
cangiante
di
razze
e
di
religioni
che
si
compone
e
si
scompone
continuamente
con
una
rapidità
che
si
può
appena
seguire
collo
sguardo
.
È
bello
tener
gli
occhi
fissi
sul
tavolato
del
ponte
,
non
guardando
altro
che
i
piedi
:
passano
tutte
le
calzature
della
terra
,
da
quella
d
'
Adamo
agli
stivaletti
all
'
ultima
moda
di
Parigi
:
babbuccie
gialle
di
turchi
,
rosse
di
armeni
,
turchine
di
greci
,
nere
d
'
israeliti
;
sandali
,
stivaloni
del
Turkestan
,
ghette
albanesi
,
scarpette
scollate
,
gambass
di
mille
colori
dei
cavallari
dell
'
Asia
minore
,
pantofole
ricamate
d
'
oro
,
alpargatas
alla
spagnuola
,
calzature
di
raso
,
di
corda
,
di
cenci
,
di
legno
,
fitte
in
maniera
che
mentre
se
ne
guarda
una
,
se
ne
intravvedono
cento
.
A
non
badarci
bene
,
c
'
è
da
essere
rovesciati
a
ogni
passo
.
Ora
è
un
portatore
d
'
acqua
con
un
otre
colossale
sul
dorso
,
ora
una
signora
russa
a
cavallo
,
ora
un
drappello
di
soldati
imperiali
,
vestiti
alla
zuava
,
che
par
che
vadano
all
'
assalto
,
ora
una
squadra
di
facchini
armeni
che
passano
reggendo
sulle
spalle
,
a
due
a
due
,
delle
lunghissime
sbarre
,
a
cui
sono
sospese
delle
balle
smisurate
di
mercanzia
;
ora
delle
frotte
di
turchi
che
si
lanciano
a
destra
e
a
sinistra
del
ponte
per
imbarcarsi
sui
piroscafi
.
È
uno
scalpiccio
,
un
fruscio
,
un
sonare
di
voci
esotiche
,
di
note
gutturali
,
d
'
aspirazioni
,
d
'
interjezioni
incomprensibili
,
in
mezzo
a
cui
le
poche
parole
francesi
o
italiane
che
arrivano
agli
orecchi
di
tratto
in
tratto
,
fanno
l
'
effetto
di
punti
luminosi
in
una
tenebra
fitta
.
Le
figure
che
dan
più
nell
'
occhio
in
quella
folla
,
sono
i
Circassi
,
che
vanno
per
lo
più
a
tre
,
a
cinque
insieme
,
a
passo
lento
;
pezzi
d
'
uomini
barbuti
,
dalla
faccia
terribile
,
che
portano
un
grosso
berrettone
di
pelo
alla
foggia
dell
'
antica
guardia
napoleonica
,
un
lungo
caffettano
nero
,
un
pugnale
alla
cintura
e
un
cartucciere
d
'
argento
sul
petto
;
vere
figure
di
briganti
,
ognuno
dei
quali
pare
che
sia
venuto
a
Costantinopoli
per
vendere
una
figliuola
o
una
sorella
,
e
debba
avere
le
mani
intrise
di
sangue
russo
.
Poi
i
siriani
col
loro
vestito
in
forma
di
dalmatica
bizantina
e
il
capo
ravvolto
in
un
fazzoletto
rigato
d
'
oro
;
i
bulgari
,
vestiti
d
'
un
saio
grossolano
,
con
un
berretto
incoronato
di
pelliccia
;
i
giorgiani
con
un
caschetto
di
cuoio
verniciato
e
la
tunica
stretta
alla
vita
da
un
cerchio
metallico
;
i
greci
dell
'
arcipelago
coperti
da
capo
a
piedi
di
ricami
,
di
nappine
e
di
bottoncini
luccicanti
.
La
folla
di
tanto
in
tanto
radeggia
un
poco
;
ma
subito
s
'
avanzano
altre
frotte
serrate
,
ondate
di
papaline
rosse
e
di
turbanti
bianchi
,
in
mezzo
ai
quali
spuntano
cappelli
cilindrici
,
ombrelle
e
pettinature
piramidali
di
signore
europee
,
che
par
che
galleggino
portate
via
da
quel
torrente
musulmano
.
C
'
è
da
stupire
soltanto
a
notare
la
varietà
della
gente
di
religione
.
Qui
luccica
il
cucuzzolo
d
'
un
padre
cappuccino
,
là
torreggia
il
turbante
alla
giannizzera
d
'
un
ulema
,
più
in
là
ondeggia
il
velo
nero
d
'
un
prete
armeno
.
Passano
degli
iman
colla
tunica
bianca
,
delle
monache
stimmatine
,
dei
cappellani
dell
'
esercito
turco
,
vestiti
di
verde
,
colla
sciabola
al
fianco
,
dei
frati
domenicani
,
dei
pellegrini
reduci
dalla
Mecca
con
un
talismano
appeso
al
collo
,
dei
gesuiti
,
dei
dervis
,
-
e
questo
è
strano
davvero
-
dei
dervis
che
nelle
moschee
si
straziano
le
carni
in
espiazione
dei
peccati
,
e
passando
il
ponte
si
riparano
dal
sole
coll
'
ombrellino
.
A
starci
bene
attenti
,
seguono
in
quella
confusione
mille
piccoli
accidenti
amenissimi
.
È
un
eunuco
che
mostra
il
bianco
dell
'
occhio
a
un
zerbinotto
cristiano
,
il
quale
ha
guardato
troppo
curiosamente
dentro
alla
carrozza
della
sua
padrona
;
è
una
cocotte
francese
,
vestita
coll
'
ultimo
figurino
,
che
pedina
il
figliuolo
d
'
un
pascià
ingioiellato
e
inguantato
;
è
una
signora
di
Stambul
che
finge
di
aggiustarsi
il
velo
per
sbirciar
lo
strascico
d
'
una
signora
di
Pera
;
è
un
sergente
di
cavalleria
in
uniforme
di
gala
,
che
si
ferma
nel
bel
mezzo
del
ponte
,
si
stringe
il
naso
con
due
dita
e
slancia
nello
spazio
un
guai
a
chi
tocca
,
da
mettere
i
brividi
;
è
un
ciurmadore
che
,
preso
un
soldo
da
un
povero
diavolo
,
gli
fa
sul
viso
un
gesto
cabalistico
,
che
lo
deve
guarire
del
mal
d
'
occhi
;
è
una
famiglia
di
viaggiatori
grandi
e
piccini
,
arrivata
quel
giorno
stesso
,
che
s
'
è
smarrita
in
mezzo
a
una
turba
di
canaglia
asiatica
,
e
la
madre
cerca
i
bimbi
che
strillano
,
e
gli
uomini
si
fanno
largo
a
spintoni
.
I
cammelli
,
i
cavalli
,
le
portantine
,
le
carrozze
,
i
buoi
,
le
carrette
,
le
botti
rotolate
,
gli
asini
sanguinolenti
,
i
cani
spelacchiati
,
formano
delle
lunghe
file
,
che
dividono
per
mezzo
la
folla
.
Qualche
volta
passa
un
grosso
pascià
di
tre
code
,
sdraiato
in
una
carrozza
splendida
,
seguito
a
piedi
dal
suo
portapipa
,
dalla
sua
guardia
e
da
un
nero
,
e
allora
tutti
i
turchi
salutano
toccandosi
la
fronte
e
il
petto
,
e
le
mendicanti
musulmane
,
orribili
megere
,
col
volto
imbaccucato
e
il
seno
nudo
,
si
slanciano
agli
sportelli
chiedendo
l
'
elemosina
.
Gli
eunuchi
fuor
di
servizio
,
passano
a
due
,
a
tre
,
a
cinque
insieme
,
colla
sigaretta
in
bocca
;
e
si
riconoscono
alla
molle
corpulenza
,
alle
lunghe
braccia
,
ai
grandi
abiti
neri
.
Le
belle
bambine
turche
,
vestite
da
maschietti
,
con
calzoncini
verdi
e
panciottini
rosati
o
gialli
,
corrono
e
saltellano
con
un
'
agilità
felina
,
facendosi
largo
colle
piccole
mani
tinte
di
color
di
porpora
.
I
lustrascarpe
colla
cassetta
dorata
,
i
barbieri
ambulanti
colla
seggiola
e
la
catinella
in
mano
,
i
venditori
d
'
acqua
e
di
dolci
,
fendono
la
calca
in
tutte
le
direzioni
,
urlando
in
greco
ed
in
turco
.
A
ogni
passo
si
vede
luccicare
una
divisa
militare
:
uffiziali
in
fez
e
calzoni
scarlatti
,
col
petto
costellato
di
decorazioni
;
palafrenieri
del
serraglio
,
che
paiono
generali
d
'
armata
;
gendarmi
con
un
arsenale
alla
cintura
;
zeibek
,
o
soldati
liberi
,
con
quegli
enormi
calzoni
a
borsa
deretana
,
che
danno
loro
il
profilo
della
venere
ottentotta
;
guardie
imperiali
,
con
un
lungo
pennacchio
bianco
sul
casco
e
il
petto
coperto
di
galloni
;
guardie
di
città
che
girano
colle
manette
fra
le
mani
;
guardie
di
città
a
Costantinopoli
!
È
come
chi
dicesse
:
gente
incaricata
di
tener
a
segno
l
'
oceano
Atlantico
.
È
bizzarro
il
contrasto
di
tutto
quell
'
oro
e
di
tutti
quei
cenci
,
della
gente
sovraccarica
di
roba
,
che
paion
bazar
ambulanti
,
e
della
gente
quasi
nuda
.
Il
solo
spettacolo
della
nudità
è
una
meraviglia
.
Si
vedono
tutte
le
sfumature
della
pelle
umana
,
dal
bianco
latteo
dell
'
Albania
al
nero
corvino
dell
'
Africa
centrale
e
al
nero
azzurrognolo
del
Darfur
;
dei
petti
che
,
a
picchiarli
,
par
che
debbano
risonare
come
vasi
di
bronzo
,
o
sgretolarsi
come
forme
di
terra
secca
;
schiene
oleose
,
petrose
,
lignee
,
irsute
come
dorsi
di
cinghiale
;
braccia
rabescate
di
rosso
e
di
blù
,
con
disegni
di
rami
e
di
fiori
,
e
iscrizioni
del
Corano
e
immagini
grossolane
di
battelli
,
e
di
cuori
attraversati
da
freccie
.
Ma
in
una
prima
passeggiata
,
per
il
ponte
,
non
c
'
è
nè
tempo
nè
modo
d
'
osservare
tutti
questi
particolari
.
Mentre
guardate
i
rabeschi
d
'
un
braccio
,
il
vostro
cicerone
vi
avverte
che
è
passato
un
serbo
,
un
montenegrino
,
un
valacco
,
un
cosacco
dell
'
Ukrania
,
un
cosacco
del
Don
,
un
egiziano
,
un
tunisino
,
un
principe
d
'
Imerezia
.
C
'
è
appena
tempo
a
tener
d
'
occhio
le
nazioni
.
Pare
che
Costantinopoli
sia
sempre
quella
che
fu
:
la
capitale
di
tre
continenti
e
la
regina
di
venti
vicereami
.
Ma
nemmeno
quest
'
idea
risponde
alla
grandezza
di
quello
spettacolo
,
e
si
fantastica
un
incrociamento
d
'
emigrazioni
,
prodotto
da
qualche
enorme
cataclisma
che
abbia
sconvolto
l
'
antico
continente
.
Un
occhio
esperto
discerne
ancora
in
quel
mare
magno
i
volti
e
i
costumi
della
Caramania
e
dell
'
Anatolia
,
quei
di
Cipro
e
di
Candia
,
quei
di
Damasco
e
di
Gerusalemme
,
il
druso
,
il
curdo
,
il
maronita
,
il
talemano
,
il
pumacco
,
il
croato
,
ed
altre
innumerevoli
varietà
dell
'
innumerevole
confederazione
d
'
anarchie
che
si
stende
dal
Nilo
al
Danubio
e
dall
'
Eufrate
all
'
Adriatico
.
Chi
cerca
il
bello
e
chi
cerca
l
'
orrido
,
trovano
qui
egualmente
superati
i
loro
più
audaci
desiderii
:
Raffaello
rimarrebbe
estatico
e
il
Rembrandt
si
caccierebbe
le
mani
nei
capelli
.
La
più
pura
bellezza
della
Grecia
e
delle
razze
caucasee
,
è
mescolata
coi
nasi
camusi
e
colle
teste
schiacciate
;
vi
passano
accanto
figure
di
regine
e
faccie
di
furie
;
visi
imbellettati
e
visi
sformati
dai
morbi
e
dalle
ferite
,
piedoni
colossali
e
piedini
circassi
lunghi
come
la
mano
,
facchini
giganteschi
,
enormi
pinguedini
di
turchi
,
e
neri
stecchiti
come
scheletri
,
larve
d
'
uomini
che
mettono
pietà
e
raccapriccio
;
tutti
gli
aspetti
più
strani
in
cui
si
possano
presentare
al
mondo
la
vita
ascetica
,
l
'
abuso
della
voluttà
,
le
fatiche
estreme
,
l
'
opulenza
che
impera
e
la
miseria
che
muore
.
E
nondimeno
la
varietà
di
vestimenti
è
senza
confronto
più
meravigliosa
della
varietà
delle
persone
.
Chi
sente
i
colori
,
ci
ha
da
ammattire
.
Non
ci
son
due
persone
vestite
eguali
.
Sono
scialli
attorcigliati
intorno
al
capo
,
bendature
di
selvaggi
,
corone
di
cenci
,
camicie
e
sottovesti
rigate
e
quadrettate
come
il
vestito
d
'
arlecchino
,
cinture
irte
di
coltellacci
che
salgono
dai
fianchi
alle
ascelle
,
calzoni
alla
mammalucca
,
mezze
mutande
,
gonnellini
,
toghe
,
lenzuoli
che
strascicano
,
abiti
ornati
d
'
ermellino
,
panciotti
che
sembrano
corazze
d
'
oro
,
maniche
a
gozzo
e
a
sgonfietti
,
vestiti
monacali
e
spudorati
,
uomini
abbigliati
da
donna
,
donne
che
sembran
uomini
,
pezzenti
che
sembran
principi
,
un
'
eleganza
di
stracci
,
una
follìa
di
colori
,
una
profusione
di
frangie
,
di
gale
,
di
frappe
,
di
svolazzi
,
d
'
ornamenti
teatrali
e
bambineschi
,
che
dà
l
'
immagine
d
'
un
veglione
dentro
a
un
immenso
manicomio
,
in
cui
abbiano
vuotate
le
loro
casse
tutti
i
rigattieri
dell
'
universo
.
Sopra
il
mormorìo
sordo
,
che
esce
da
questa
moltitudine
,
si
sentono
gli
strilli
acuti
dei
ragazzi
greci
,
carichi
di
giornali
d
'
ogni
lingua
;
le
grida
stentoree
dei
facchini
,
le
risa
sgangherate
delle
donne
turche
,
le
voci
infantili
degli
eunuchi
,
i
trilli
in
falsetto
dei
ciechi
che
cantano
versetti
del
Corano
,
il
rumor
cupo
del
ponte
che
ondeggia
,
i
fischi
e
le
campanelle
di
cento
piroscafi
,
di
cui
il
vento
abbatte
tratto
tratto
il
fumo
denso
sopra
la
folla
,
in
modo
che
per
qualche
minuto
non
si
vede
più
nulla
.
Questa
mascherata
di
popoli
scende
nei
vaporini
che
partono
ogni
momento
per
Scutari
,
per
il
villaggio
del
Bosforo
e
per
i
sobborghi
del
Corno
d
'
oro
;
si
spande
per
Stambul
,
nei
bazar
,
nelle
moschee
,
nei
borghi
di
Fanar
e
di
Balata
,
fino
ai
quartieri
più
lontani
del
mar
di
Marmara
;
irrompe
sulla
riva
franca
,
a
destra
verso
i
palazzi
del
Sultano
,
a
sinistra
verso
gli
alti
quartieri
di
Pera
,
di
dove
poi
ricasca
sul
ponte
per
le
innumerevoli
stradicciuole
che
serpeggiano
lungo
i
fianchi
delle
colline
;
e
allaccia
così
l
'
Asia
e
l
'
Europa
,
dieci
città
e
cento
sobborghi
,
in
una
rete
di
faccende
,
d
'
intrighi
e
di
misteri
,
dinanzi
a
cui
l
'
immaginazione
si
sgomenta
.
Pare
che
questo
spettacolo
debba
mettere
allegrezza
.
E
non
è
vero
.
Passata
la
prima
meraviglia
,
i
colori
festosi
si
sbiadiscono
:
non
è
più
una
grande
processione
carnevalesca
che
ci
passa
dinanzi
;
è
l
'
umanità
intera
che
sfila
con
tutte
le
sue
miserie
,
con
tutte
le
sue
follìe
,
coll
'
infinita
discordia
delle
sue
credenze
e
delle
sue
leggi
;
è
un
pellegrinaggio
di
popoli
decaduti
e
di
razze
avvilite
;
una
immensità
di
sventure
da
soccorrere
,
di
vergogne
da
lavare
,
di
catene
da
rompere
;
un
cumulo
di
tremendi
problemi
scritti
a
caratteri
di
sangue
,
e
che
non
si
scioglieranno
che
con
torrenti
di
sangue
;
e
questo
immenso
disordine
rattrista
.
E
poi
il
senso
della
curiosità
è
prima
rintuzzato
che
soddisfatto
da
questa
sterminata
varietà
di
cose
strane
.
Che
misteriosi
rivolgimenti
accadono
nell
'
anima
umana
!
Non
era
passato
un
quarto
d
'
ora
dal
mio
arrivo
sul
ponte
,
che
stavo
appoggiato
alle
spallette
,
rabescando
sbadatamente
un
pezzo
di
trave
colla
matita
,
e
dicendo
a
me
stesso
,
tra
uno
sbadiglio
e
l
'
altro
,
che
c
'
è
qualchecosa
di
vero
in
quella
famosa
sentenza
della
Stael
,
che
il
viaggiare
è
il
più
triste
dei
piaceri
.
STAMBUL
Per
riaversi
da
questo
sbalordimento
,
non
c
'
è
che
infilare
una
delle
mille
stradicciuole
che
serpeggiano
su
per
i
fianchi
delle
colline
di
Stambul
.
Qui
regna
una
pace
profonda
,
e
si
può
contemplare
tranquillamente
in
tutti
i
suoi
aspetti
quell
'
Oriente
misterioso
e
geloso
,
che
sull
'
altra
riva
del
Corno
d
'
oro
non
si
vede
che
a
tratti
fuggitivi
in
mezzo
alla
confusione
rumorosa
della
vita
europea
.
Qui
tutto
è
schiettamente
orientale
.
Dopo
un
quarto
d
'
ora
di
cammino
non
si
vede
più
nessuno
e
non
si
sente
più
alcun
rumore
.
Di
qua
e
di
là
son
tutte
casette
di
legno
,
dipinte
di
mille
colori
,
nelle
quali
il
primo
piano
sporge
sopra
il
piano
terreno
,
e
il
secondo
sul
primo
;
e
le
finestre
hanno
dinanzi
una
specie
di
tribune
,
invetriate
da
ogni
parte
,
e
chiuse
da
grate
di
legno
a
piccolissimi
fori
,
che
paiono
altrettante
casette
appese
alle
case
principali
,
e
danno
alle
strade
un
aspetto
singolarissimo
di
tristezza
e
di
mistero
.
In
alcuni
luoghi
le
strade
sono
così
strette
,
che
le
parti
sporgenti
delle
case
opposte
quasi
si
toccano
,
e
così
si
cammina
per
lunghi
tratti
all
'
ombra
di
quelle
gabbie
umane
,
proprio
sotto
i
piedi
delle
donne
turche
che
vi
passano
una
gran
parte
della
giornata
,
non
vedendo
che
una
striscia
sottilissima
di
cielo
.
Le
porte
son
tutte
chiuse
;
le
finestre
del
pian
terreno
,
ingraticolate
;
tutto
spira
diffidenza
e
gelosia
;
par
di
attraversare
una
città
di
monasteri
.
Tratto
tratto
sentite
uno
scoppio
di
risa
,
e
alzando
il
capo
,
vedete
per
qualche
spiraglio
un
nodo
di
treccie
o
un
occhietto
scintillante
che
subito
sparisce
.
In
alcuni
punti
sorprendete
una
conversazione
vivace
e
sommessa
da
una
parte
all
'
altra
della
strada
;
ma
cessa
improvvisamente
al
rumore
del
vostro
passo
.
Passando
,
scompigliate
per
un
momento
chi
sa
che
rete
di
pettegolezzi
e
d
'
intrighi
.
Non
vedete
nessuno
e
mille
occhi
vi
vedono
;
siete
soli
,
e
vi
sentite
come
in
mezzo
a
una
folla
;
vorreste
passare
inosservati
,
aleggerite
il
passo
,
camminate
composti
,
misurate
lo
sguardo
.
Una
porta
che
s
'
apra
o
una
finestra
che
si
chiuda
,
vi
riscuote
bruscamente
come
un
grande
rumore
.
Pare
che
queste
strade
debbano
riuscire
uggiose
.
Ma
è
tutt
'
altro
.
Una
macchia
verde
in
fondo
da
cui
esce
un
minareto
bianco
;
un
turco
vestito
di
rosso
che
scende
verso
di
voi
;
una
serva
nera
ferma
dinanzi
a
una
porta
,
un
tappeto
persiano
appeso
a
una
finestra
,
bastano
a
formare
un
quadretto
così
pieno
di
vita
e
d
'
armonia
,
che
stareste
un
'
ora
a
contemplarlo
.
Della
poca
gente
che
vi
passa
accanto
,
nessuno
vi
guarda
.
Soltanto
qualche
volta
sentite
gridare
alle
vostre
spalle
:
-
Giaur
!
(
Infedele
)
;
-
e
voltandovi
,
vedete
sparire
dietro
un
'
imposta
la
testa
d
'
un
ragazzo
.
Altre
volte
s
'
apre
la
porticina
d
'
una
di
quelle
casette
:
vi
soffermate
aspettando
l
'
apparizione
della
bella
d
'
un
arem
,
e
n
'
esce
invece
una
signora
europea
,
con
cappellotto
e
strascico
,
che
mormora
un
adieu
o
un
au
revoir
,
e
s
'
allontana
rapidamente
,
lasciandovi
colla
bocca
aperta
.
In
un
'
altra
strada
,
tutta
turca
e
tutta
silenziosa
,
sentite
a
un
tratto
uno
squillo
di
corno
e
uno
scalpitio
di
cavalli
:
vi
voltate
,
che
cos
'
è
?
Appena
credete
ai
vostri
occhi
.
È
un
grande
omnibus
,
che
viene
innanzi
su
due
rotaie
che
non
avevate
vedute
,
pieno
di
turchi
e
di
franchi
,
col
suo
usciere
in
uniforme
e
coi
suoi
cartelli
delle
tariffe
,
come
un
tramway
di
Vienna
o
di
Parigi
.
La
stonatura
che
fa
quest
'
apparizione
in
una
di
queste
strade
,
non
si
può
esprimere
con
parole
:
vi
pare
una
burla
o
uno
sbaglio
,
e
vi
vien
da
ridere
,
e
guardate
quel
veicolo
stupiti
come
se
non
ne
aveste
mai
visti
.
Passato
l
'
omnibus
,
par
che
sia
passata
l
'
immagine
viva
dell
'
Europa
,
e
vi
ritrovate
in
Asia
come
al
cangiar
di
scena
in
un
teatro
.
Da
queste
strade
solitarie
riuscite
in
piazzette
aperte
,
quasi
interamente
ombreggiate
da
un
platano
gigantesco
.
Da
una
parte
c
'
è
una
fontana
,
dove
bevono
dei
cammelli
;
dall
'
altra
un
caffè
,
con
una
fila
di
materasse
distese
dinanzi
alla
porta
,
e
qualche
turco
sdraiato
,
che
fuma
;
e
accanto
alla
porta
un
gran
fico
,
abbracciato
da
una
vite
,
i
cui
pampini
spenzolano
fino
a
terra
,
lasciando
vedere
tra
foglia
e
foglia
l
'
azzurro
lontano
del
mar
di
Marmara
,
e
qualche
veletta
bianca
.
Una
luce
bianchissima
e
un
silenzio
mortale
danno
a
tutti
questi
luoghi
un
carattere
così
tra
solenne
e
melanconico
,
che
li
rende
indimenticabili
,
anche
a
vederli
una
volta
sola
.
Si
va
innanzi
,
innanzi
,
quasi
attirati
da
quella
quiete
arcana
,
che
entra
a
poco
a
poco
nell
'
anima
come
una
leggera
sonnolenza
,
e
dopo
breve
tempo
si
perde
ogni
sentimento
della
distanza
e
dell
'
ora
.
Si
trovano
dei
vasti
spazi
colle
traccie
d
'
un
grande
incendio
recente
;
chine
dove
non
sono
che
poche
case
sparpagliate
,
fra
le
quali
cresce
l
'
erba
,
e
serpeggiano
dei
sentieri
da
capre
;
punti
elevati
,
da
cui
si
abbracciano
collo
sguardo
strade
,
vicoletti
,
giardini
,
centinaia
di
case
,
e
non
si
vede
da
nessuna
parte
nè
una
creatura
umana
,
nè
un
nuvolo
di
fumo
,
nè
una
porta
aperta
,
nè
il
menomo
indizio
d
'
abitazione
e
di
vita
;
tanto
che
si
potrebbe
credere
d
'
essere
soli
in
quell
'
immensa
città
,
e
a
pensarci
un
momento
,
s
'
è
quasi
presi
dalla
paura
.
Ma
scendete
la
china
,
arrivate
in
fondo
a
una
di
quelle
stradette
:
tutto
è
cangiato
.
Siete
in
una
delle
grandi
vie
di
Stambul
,
fiancheggiata
da
monumenti
,
dove
non
bastano
più
gli
occhi
all
'
ammirazione
.
Camminate
in
mezzo
alle
moschee
,
ai
chioschi
,
ai
minareti
,
alle
gallerie
arcate
,
alle
fontane
di
marmo
e
di
lapislazzuli
,
ai
mausolei
dei
sultani
splendenti
di
rabeschi
e
d
'
iscrizioni
d
'
oro
,
ai
muri
coperti
di
musaici
,
sotto
le
tettoie
di
cedro
intarsiato
,
all
'
ombra
d
'
una
vegetazione
pomposa
che
supera
i
muri
di
cinta
e
i
cancelli
dorati
dei
giardini
,
e
riempie
la
via
di
profumi
.
Per
queste
vie
s
'
incontrano
a
ogni
passo
carrozze
di
pascià
,
ufficiali
,
impiegati
,
aiutanti
di
campo
,
eunuchi
di
grandi
case
,
una
processione
di
servitori
e
di
parassiti
,
che
vanno
e
vengono
fra
i
ministeri
.
Qui
si
riconosce
la
metropoli
del
grande
impero
,
e
s
'
ammira
in
tutta
la
sua
magnificenza
.
È
per
tutto
una
bianchezza
,
una
grazia
d
'
architetture
,
un
gorgoglio
d
'
acque
,
una
freschezza
d
'
ombre
,
che
accarezza
i
sensi
come
una
musica
sommessa
,
e
riempie
la
mente
d
'
immagini
ridenti
.
Per
queste
vie
s
'
arriva
alle
grandi
piazze
dove
s
'
innalzano
le
moschee
imperiali
,
e
dinanzi
a
queste
moli
si
rimane
sgomenti
.
Ognuna
di
esse
forma
come
il
nodo
d
'
una
piccola
città
di
collegi
,
di
spedali
,
di
scuole
,
di
biblioteche
,
di
magazzini
,
di
bagni
,
che
quasi
non
si
avvertono
,
schiacciati
come
sono
dalla
cupola
enorme
a
cui
fanno
corona
.
L
'
architettura
,
che
s
'
immaginava
semplicissima
,
presenta
invece
una
varietà
di
particolari
,
che
tira
gli
sguardi
da
mille
parti
.
Sono
cupolette
rivestite
di
piombo
,
tetti
di
forme
bizzarre
che
s
'
alzano
l
'
uno
sull
'
altro
,
gallerie
aeree
,
grandi
portici
,
finestre
a
colonnine
,
archi
a
festoni
,
minareti
accannellati
,
cinti
di
terrazzini
lavorati
a
giorno
,
con
capitelli
a
stalattiti
;
porte
e
fontane
monumentali
,
che
sembrano
rivestite
di
trina
;
muri
picchiettati
d
'
oro
e
di
mille
colori
;
tutto
ricamato
,
cesellato
,
leggero
,
ardito
,
ombreggiato
da
quercie
,
da
cipressi
e
da
salici
,
da
cui
escono
nuvoli
d
'
uccelli
che
vagano
a
lenti
giri
intorno
alle
cupole
e
riempiono
d
'
armonia
tutti
i
recessi
dell
'
immenso
edifizio
.
Qui
si
comincia
a
provar
qualchecosa
che
è
più
profondo
e
più
forte
del
sentimento
della
bellezza
.
Quei
monumenti
che
sono
come
una
colossale
affermazione
marmorea
d
'
un
ordine
d
'
idee
e
di
sentimenti
diverso
da
quello
in
cui
siamo
nati
e
cresciuti
,
che
sono
quasi
l
'
ossatura
d
'
una
razza
e
d
'
una
fede
ostile
,
che
ci
raccontano
con
un
linguaggio
muto
di
linee
superbe
e
di
altezze
temerarie
le
glorie
d
'
un
Dio
che
non
è
nostro
e
d
'
un
popolo
che
ha
fatto
tremare
i
nostri
padri
,
incutono
un
rispetto
misto
di
diffidenza
e
di
timore
,
che
sulle
prime
vince
la
curiosità
,
e
ce
ne
trattiene
lontani
.
Si
vedono
,
dentro
ai
cortili
ombrosi
,
turchi
che
fanno
le
abluzioni
alle
fontane
,
pezzenti
accovacciati
ai
piedi
dei
pilastri
,
donne
velate
che
passeggiano
lentamente
sotto
le
arcate
;
tutto
quieto
,
e
come
adombrato
d
'
una
tinta
di
mestizia
e
di
voluttà
,
che
non
si
capisce
bene
d
'
onde
derivi
,
e
su
cui
la
mente
si
ferma
e
lavora
come
sopra
un
enimma
.
Galata
,
Pera
,
quanto
sono
lontane
!
Voi
vi
sentite
soli
in
un
altro
mondo
e
in
un
altro
tempo
,
nella
Stambul
di
Solimano
il
Grande
e
di
Baiazet
secondo
,
e
provate
un
vivo
sentimento
di
stupore
quando
,
usciti
da
quella
piazza
,
e
perduto
d
'
occhio
quel
monumento
smisurato
della
potenza
degli
Osmanli
,
vi
ritrovate
in
mezzo
alla
Costantinopoli
di
legno
,
meschina
,
cadente
,
piena
di
sudiciume
e
di
miseria
.
Via
via
che
andate
innanzi
le
case
si
scoloriscono
,
i
pergolati
si
sfasciano
,
le
vasche
delle
fontane
si
coprono
di
muschio
;
trovate
delle
moschee
nane
,
coi
muri
screpolati
e
i
minareti
di
legno
,
circondate
di
rovi
e
d
'
ortiche
;
dei
mausolei
in
rovina
,
delle
scale
infrante
,
dei
passaggi
coperti
ingombri
di
macerie
,
dei
quartieri
decrepiti
d
'
una
tristezza
infinita
,
dove
non
si
sente
altro
rumore
che
il
frullo
dell
'
ali
degli
sparvieri
e
delle
cicogne
,
o
la
voce
gutturale
d
'
un
muezzin
solitario
,
che
grida
la
parola
di
Dio
dall
'
alto
d
'
un
minareto
nascosto
.
Nessuna
città
rappresenta
meglio
di
Stambul
la
natura
e
la
filosofia
del
suo
popolo
.
Tutto
ciò
che
v
'
è
di
grande
e
di
bello
è
di
Dio
o
del
sultano
,
immagine
di
Dio
sulla
terra
;
tutto
il
rimanente
è
passeggiero
e
porta
l
'
impronta
d
'
una
profonda
trascuranza
delle
cose
mondane
.
La
tribù
dei
pastori
è
diventata
nazione
;
ma
il
suo
amore
istintivo
della
natura
campestre
,
della
contemplazione
e
dell
'
ozio
,
ha
conservato
alla
metropoli
l
'
aspetto
dell
'
accampamento
.
Stambul
non
è
una
città
,
non
lavora
,
non
pensa
,
non
crea
;
la
civiltà
sfonda
le
sue
porte
e
assalta
le
sue
vie
;
essa
sonnecchia
e
fantastica
all
'
ombra
delle
moschee
,
e
lascia
fare
.
È
una
città
slegata
,
dispersa
,
deforme
,
che
rappresenta
piuttosto
,
la
sosta
d
'
una
razza
pellegrinante
,
che
la
potenza
d
'
uno
Stato
immobile
;
un
immenso
abbozzo
di
metropoli
;
un
grande
spettacolo
piuttosto
che
una
grande
città
.
E
non
se
ne
può
avere
una
giusta
immagine
,
se
non
si
percorre
intera
.
Bisogna
partire
dalla
prima
collina
,
quella
che
forma
la
punta
del
triangolo
,
ed
è
bagnata
dal
mar
di
Marmora
.
Qui
è
per
così
dire
la
testa
di
Stambul
;
un
quartiere
monumentale
,
pieno
di
memorie
,
di
maestà
e
di
luce
.
Qui
l
'
antico
serraglio
,
dove
sorgeva
prima
Bisanzio
colla
sua
acropoli
e
il
tempio
di
Giove
,
e
poi
il
palazzo
dell
'
imperatrice
Placidia
e
le
terme
d
'
Arcadio
;
qui
la
moschea
di
Santa
Sofia
e
la
moschea
d
'
Ahmed
,
e
l
'
At
-
meidan
che
occupa
lo
spazio
dell
'
Ippodromo
antico
,
dove
in
mezzo
a
un
Olimpo
di
bronzo
e
di
marmo
,
tra
le
grida
d
'
una
folla
vestita
di
seta
e
di
porpora
,
volavano
le
quadrighe
d
'
oro
al
cospetto
degl
'
imperatori
sfolgoranti
di
perle
.
Da
questa
collina
si
scende
in
una
valle
poco
profonda
,
dove
si
stendono
le
mura
occidentali
del
serraglio
,
che
segnano
il
confine
della
Bisanzio
antica
,
e
s
'
alza
la
Sublime
Porta
,
per
la
quale
s
'
entra
nel
palazzo
del
gran
vizir
e
nel
Ministero
degli
esteri
:
quartiere
austero
e
silenzioso
,
in
cui
sembra
raccolta
tutta
la
tristezza
delle
sorti
dell
'
impero
.
Da
questa
valle
si
sale
sulla
seconda
collina
,
dove
sorge
la
moschea
marmorea
di
Nuri
-
Osmanié
,
luce
d
'
Osmano
,
e
la
colonna
bruciata
di
Costantino
,
che
sosteneva
un
Apollo
di
bronzo
colla
testa
del
grande
Imperatore
,
ed
era
nel
bel
mezzo
dell
'
antico
foro
,
circondato
di
portici
,
d
'
archi
di
trionfo
e
di
statue
.
Al
di
là
di
questa
collina
si
apre
la
valle
dei
bazar
,
che
dalla
moschea
di
Bajazet
va
fino
a
quella
della
sultana
Validè
,
ed
abbraccia
un
labirinto
immenso
di
strade
coperte
,
piene
di
gente
e
di
rumore
,
da
cui
s
'
esce
colla
vista
annebbiata
e
colle
orecchie
stordite
.
Sulla
terza
collina
,
che
domina
ad
un
tempo
il
mar
di
Marmara
e
il
Corno
d
'
oro
,
giganteggia
la
moschea
di
Solimano
,
rivale
di
Santa
Sofia
,
gioia
e
splendore
di
Stambul
,
come
dicono
i
poeti
turchi
,
e
la
torre
meravigliosa
del
Ministero
della
guerra
,
il
quale
s
'
alza
sulle
rovine
degli
antichi
palazzi
dei
Costantini
,
abitati
un
tempo
da
Maometto
il
conquistatore
,
poi
convertiti
in
serraglio
delle
vecchie
sultane
.
Fra
la
terza
e
la
quarta
altura
si
stende
come
un
ponte
aereo
l
'
enorme
acquedotto
dell
'
imperatore
Valente
,
formato
da
due
ordini
d
'
archi
leggerissimi
,
vestiti
di
verzura
,
che
spenzola
a
ghirlande
sopra
la
valle
popolata
di
case
.
Si
passa
sotto
l
'
acquedotto
,
si
sale
sulla
quarta
collina
.
Qui
,
sulle
rovine
della
chiesa
famosa
dei
Santi
Apostoli
,
fondata
dall
'
imperatrice
Elena
e
rifabbricata
da
Teodora
,
s
'
eleva
la
moschea
di
Maometto
II
,
circondata
di
scuole
,
d
'
ospedali
e
d
'
alberghi
da
carovane
;
accanto
alla
moschea
,
il
bazar
degli
schiavi
,
i
bagni
di
Maometto
e
la
colonna
granitica
di
Marciano
,
che
porta
ancora
il
suo
cippo
di
marmo
ornato
delle
aquile
imperiali
;
e
vicino
alla
colonna
il
luogo
dove
era
la
piazza
dell
'
Et
-
Meidan
,
in
cui
fu
consumata
la
strage
famosa
dei
Giannizzeri
.
S
'
attraversa
un
'
altra
valle
,
coperta
da
un
'
altra
città
,
e
si
sale
alla
quinta
collina
,
sulla
quale
è
posta
la
moschea
di
Selim
,
presso
all
'
antica
cisterna
di
San
Pietro
,
convertita
in
giardino
.
Sotto
,
lungo
il
Corno
d
'
oro
,
si
stende
il
Fanar
,
quartiere
greco
,
sede
del
patriarca
,
in
cui
s
'
è
rifugiata
l
'
antica
Bisanzio
,
coi
discendenti
dei
Paleologhi
e
dei
Comneni
,
e
dove
seguirono
le
orrende
carnificine
del
1821
.
Si
scende
in
una
quinta
valle
,
si
sale
sopra
la
sesta
collina
.
Qui
s
'
è
già
sul
terreno
che
occupavano
le
otto
coorti
dei
quarantamila
Goti
di
Costantino
,
fuori
della
cerchia
delle
prime
mura
,
le
quali
non
abbracciavano
che
la
quarta
collina
;
e
appunto
nello
spazio
occupato
dalla
coorte
settima
,
che
ha
lasciato
al
luogo
il
nome
di
Hebdomon
.
Sulla
sesta
collina
,
rimangono
le
mura
del
palazzo
di
Costantino
Porfirogenete
,
dove
si
coronavano
gl
'
imperatori
,
chiamato
ora
dai
turchi
Tekir
-
Serai
,
palazzo
dei
principi
.
Ai
piedi
della
collina
,
Balata
,
il
ghetto
di
Costantinopoli
,
quartiere
immondo
,
che
s
'
allunga
sulla
riva
del
Corno
fino
alle
mura
della
città
,
e
al
di
qua
di
Balata
,
il
sobborgo
antico
delle
Blacherne
,
una
volta
ornato
di
palazzi
dai
tetti
dorati
,
soggiorno
prediletto
degl
'
imperatori
,
famoso
per
la
gran
chiesa
dell
'
imperatrice
Pulcheria
e
per
il
santuario
delle
reliquie
;
ora
pieno
di
rovine
e
tristezza
.
Alle
Blacherne
cominciano
le
mura
merlate
che
dal
Corno
d
'
oro
corrono
fino
al
mar
di
Marmara
,
abbracciando
la
settima
collina
,
dov
'
era
il
foro
boario
,
e
c
'
è
ancora
il
piedestallo
della
colonna
d
'
Arcadio
:
la
collina
più
orientale
e
più
grande
di
Stambul
,
fra
la
quale
e
le
altre
sei
scorre
il
piccolo
fiume
Lykus
,
che
entra
nella
città
presso
la
porta
di
Carisio
e
si
va
a
gettar
nel
mare
vicino
all
'
antico
porto
di
Teodosio
.
Dalle
mura
delle
Blacherne
,
si
vede
ancora
il
sobborgo
d
'
Ortaksiler
,
che
scende
dolcemente
verso
la
rada
,
incoronato
di
giardini
;
al
di
là
d
'
Ortaksiler
il
sobborgo
d
'
Eyub
,
terra
santa
degli
Osmanli
,
colla
sua
moschea
gentile
,
e
il
suo
vasto
cimitero
ombreggiato
da
un
bosco
di
cipressi
e
biancheggiante
di
mausolei
e
di
tombe
;
dietro
Eyub
,
l
'
altopiano
dell
'
antico
campo
militare
,
dove
le
legioni
levavan
sugli
scudi
i
nuovi
imperatori
;
e
di
là
dall
'
altopiano
,
altri
villaggi
i
cui
vivi
colori
ridono
vagamente
in
mezzo
al
verde
dei
boschetti
bagnati
dalle
ultime
acque
del
Corno
d
'
oro
.
Ecco
Stambul
.
È
divina
.
Ma
il
cuore
si
sgomenta
a
pensare
che
questo
sterminato
villaggio
asiatico
si
stende
sulle
rovine
di
quella
seconda
Roma
,
di
quell
'
immenso
museo
di
tesori
rapiti
all
'
Italia
,
alla
Grecia
,
all
'
Egitto
,
all
'
Asia
minore
,
di
cui
il
solo
ricordo
abbaglia
la
mente
come
un
sogno
divino
.
Dove
sono
i
grandi
portici
che
attraversavano
la
città
dal
mare
alle
mura
,
le
cupole
dorate
,
i
colossi
equestri
che
s
'
innalzavano
sui
pilastri
titanici
dinanzi
agli
anfiteatri
e
alle
terme
,
le
sfingi
di
bronzo
sedute
sui
piedestalli
di
porfido
,
i
templi
e
i
palazzi
che
innalzavano
i
frontoni
di
granito
in
mezzo
a
un
popolo
aereo
di
numi
di
marmo
e
d
'
imperatori
d
'
argento
?
Tutto
è
sparito
o
trasformato
.
Le
statue
equestri
di
bronzo
son
state
fuse
in
cannoni
;
le
rivestiture
di
rame
degli
obelischi
,
ridotte
in
monete
;
i
sarcofagi
delle
imperatrici
,
cangiati
in
fontane
;
la
chiesa
di
Santa
Irene
è
un
arsenale
,
la
cisterna
di
Costantino
un
'
officina
,
il
piedestallo
della
colonna
d
'
Arcadio
una
bottega
di
maniscalco
,
l
'
Ippodromo
un
mercato
di
cavalli
;
l
'
edera
e
le
macerie
coprono
le
fondamenta
delle
reggie
,
sul
suolo
degli
anfiteatri
cresce
l
'
erba
dei
cimiteri
,
e
poche
iscrizioni
calcinate
dagli
incendi
o
mutilate
dalle
scimitarre
degl
'
invasori
rammentano
che
su
quei
colli
vi
fu
la
metropoli
meravigliosa
dell
'
impero
d
'
Oriente
.
Su
questa
immane
rovina
siede
Stambul
,
come
un
'
odalisca
sopra
un
sepolcro
,
aspettando
la
sua
ora
.
ALL
'
ALBERGO
Ed
ora
i
lettori
vengano
con
me
all
'
albergo
a
prendere
un
po
'
di
respiro
.
Una
gran
parte
di
quello
che
ho
descritto
fin
qui
,
il
mio
amico
ed
io
lo
vedemmo
il
giorno
stesso
dell
'
arrivo
:
immagini
chi
legge
come
dovessimo
aver
la
testa
ritornando
all
'
albergo
sul
far
della
notte
.
Per
strada
non
si
disse
una
parola
,
e
appena
entrati
nella
camera
,
ci
lasciammo
cadere
sul
sofà
guardandoci
in
viso
e
domandandoci
tutt
'
e
due
insieme
:
-
Che
te
ne
pare
?
-
Che
cosa
ne
dici
?
-
E
pensare
ch
'
io
son
venuto
qui
per
dipingere
!
-
Ed
io
per
scrivere
!
E
ci
ridemmo
sul
viso
in
atto
di
fraterno
compatimento
.
Quella
sera
,
in
fatti
,
ed
anche
per
varii
giorni
dopo
,
sua
maestà
Abdul
-
Aziz
m
'
avrebbe
potuto
offrire
in
premio
una
provincia
dell
'
Asia
Minore
,
che
non
sarei
riuscito
a
metter
insieme
dieci
righe
intorno
alla
capitale
dei
suoi
Stati
,
tanto
è
vero
che
per
descrivere
le
grandi
cose
bisogna
farsi
di
lontano
,
e
per
ricordarsene
bene
,
averle
un
po
'
dimenticate
.
E
poi
come
avrei
potuto
scrivere
in
una
camera
da
cui
si
vedeva
il
Bosforo
,
Scutari
e
la
cima
dell
'
Olimpo
?
L
'
albergo
stesso
era
uno
spettacolo
.
A
tutte
le
ore
del
giorno
,
per
le
scale
e
pei
corridoi
,
andava
e
veniva
gente
d
'
ogni
paese
.
Alla
tavola
rotonda
sedevano
ogni
giorno
venti
nazioni
.
Desinando
,
non
mi
potevo
levar
dalla
testa
d
'
essere
un
delegato
del
governo
italiano
,
e
di
dover
prendere
la
parola
alle
frutta
su
qualche
grande
questione
internazionale
.
C
'
erano
visi
rosei
di
lady
,
teste
scapigliate
d
'
artisti
,
grinte
d
'
avventurieri
da
batterci
moneta
sopra
,
testine
di
vergini
bizantine
a
cui
non
mancava
che
il
nimbo
d
'
oro
,
faccie
bizzarre
e
sinistre
;
e
ogni
giorno
cangiavano
.
Alle
frutta
,
quando
tutti
parlavano
,
pareva
d
'
essere
nella
torre
di
Babele
.
Vi
conobbi
fin
dal
primo
giorno
parecchi
russi
infatuati
di
Costantinopoli
.
Ogni
sera
ci
ritrovavamo
là
,
di
ritorno
dai
punti
estremi
della
città
,
e
ognuno
aveva
un
viaggio
da
raccontare
.
Chi
era
salito
in
cima
alla
torre
del
Seraschiere
,
chi
aveva
visitato
i
cimiteri
di
Eyub
,
chi
veniva
da
Scutari
,
chi
aveva
fatto
una
corsa
sul
Bosforo
;
la
conversazione
era
tutta
ordita
di
descrizioni
piene
di
colori
e
di
luce
;
e
quando
mancava
la
parola
,
i
vini
dolci
e
profumati
dell
'
Arcipelago
facevano
da
suggeritori
.
C
'
erano
pure
alcuni
miei
concittadini
,
bellimbusti
danarosi
,
che
mi
fecero
divorar
molta
stizza
,
perché
dalla
minestra
alle
frutta
non
facevano
che
dire
ira
d
'
Iddio
di
Costantinopoli
:
e
che
non
c
'
eran
marciapiedi
,
e
che
i
teatri
erano
oscuri
,
e
che
non
si
sapeva
come
passar
la
sera
.
Erano
venuti
a
Costantinopoli
per
passar
la
sera
.
Uno
di
costoro
aveva
fatto
il
viaggio
sul
Danubio
.
Gli
domandai
se
gli
era
piaciuto
il
gran
fiume
.
Mi
rispose
che
in
nessuna
parte
del
mondo
si
cucinava
lo
storione
come
sui
piroscafi
della
reale
e
imperiale
Compagnia
austriaca
.
Un
altro
era
un
tipo
amenissimo
di
viaggiatore
amoroso
;
uno
di
coloro
che
viaggiano
per
sedurre
,
col
taccuino
delle
conquiste
.
Era
un
contino
lungo
e
biondo
,
largamente
dotato
dell
'
ottavo
dono
dello
Spirito
Santo
,
che
quando
il
discorso
cadeva
sulle
donne
turche
,
chinava
la
testa
con
un
sorriso
misterioso
,
e
non
pigliava
parte
alla
conversazione
se
non
con
mezze
parole
troncate
sempre
artificialmente
da
una
sorsata
di
vino
.
Arrivava
tutti
i
giorni
a
desinare
un
po
'
più
tardi
degli
altri
,
tutto
ansante
,
coll
'
aria
d
'
averla
fatta
al
Sultano
un
quarto
d
'
ora
prima
,
e
tra
un
piatto
e
l
'
altro
faceva
passare
di
tasca
in
tasca
,
con
molta
cautela
,
dei
bigliettini
piegati
,
che
dovevano
parere
lettere
d
'
odalische
,
ed
erano
sicurissimamente
note
d
'
albergo
.
Ma
i
soggetti
che
s
'
inciampano
in
questi
alberghi
di
città
cosmopolite
!
Bisogna
esserci
stati
per
crederci
.
V
'
era
un
giovane
ungherese
,
sulla
trentina
,
alto
,
nervoso
,
con
due
occhi
diabolici
e
una
parlantina
febbrile
,
il
quale
,
dopo
aver
fatto
il
segretario
d
'
un
ricco
signore
a
Parigi
,
era
andato
ad
arruolarsi
fra
gli
zuavi
francesi
in
Algeria
,
era
stato
ferito
e
preso
prigioniero
dagli
Arabi
,
poi
scappato
nel
Marocco
,
poi
ritornato
in
Europa
e
corso
all
'
Aja
a
chiedere
il
grado
d
'
ufficiale
per
andare
a
combattere
contro
gli
Accinesi
;
respinto
all
'
Aja
,
aveva
deciso
d
'
arrolarsi
nell
'
esercito
turco
;
ma
passando
a
Vienna
per
venire
a
Costantinopoli
,
s
'
era
preso
una
palla
di
pistola
nel
collo
,
in
un
duello
per
una
donna
,
e
faceva
vedere
la
cicatrice
;
respinto
anche
a
Costantinopoli
,
-
cos
'
ho
da
fare
?
-
diceva
-
je
suis
enfant
de
l
'
aventure
;
bisogna
bene
ch
'
io
mi
batta
;
ho
già
trovato
chi
mi
conduce
alle
Indie
,
-
e
mostrava
il
biglietto
d
'
imbarco
-
;
mi
farò
soldato
inglese
;
nell
'
interno
c
'
è
sempre
qualcosa
da
fare
;
io
non
cerco
che
di
battermi
;
che
cosa
m
'
importa
di
morire
?
Tanto
ho
un
polmone
rovinato
.
-
Un
altro
bell
'
originale
era
un
francese
,
la
cui
vita
pareva
non
fosse
altro
che
una
perpetua
guerra
colla
posta
:
aveva
una
quistione
pendente
con
la
posta
austriaca
,
colla
francese
,
coll
'
inglese
;
mandava
articoli
di
protesta
alla
Neue
Freie
Presse
;
lanciava
impertinenze
telegrafiche
a
tutte
le
stazioni
postali
del
continente
,
aveva
ogni
giorno
un
diverbio
a
qualche
finestrino
di
posta
,
non
riceveva
una
lettera
a
tempo
,
non
ne
scriveva
una
che
arrivasse
dov
'
era
mandata
,
e
raccontava
a
tavola
tutte
le
sue
disgrazie
e
tutte
le
sue
baruffe
,
concludendo
sempre
coll
'
assicurarci
che
la
Posta
gli
avrebbe
accorciata
la
vita
.
Mi
ricordo
pure
d
'
una
signora
greca
,
un
viso
di
spiritata
,
vestita
bizzarramente
,
e
sempre
sola
,
che
ogni
sera
si
alzava
da
tavola
a
metà
del
desinare
,
e
se
n
'
andava
dopo
aver
fatto
sul
piatto
un
segno
cabalistico
di
cui
nessuno
riuscì
mai
a
capire
il
significato
.
Non
ho
più
dimenticata
nemmeno
una
coppia
valacca
,
un
bel
giovane
sui
venticinque
anni
e
una
giovanetta
sul
primo
sboccio
,
comparsi
una
sera
sola
,
che
erano
indubitatamente
due
fuggiaschi
;
lui
rapitore
,
lei
complice
;
perché
bastava
fissarli
un
momento
per
farli
arrossire
,
e
ogni
volta
che
s
'
apriva
la
porta
,
scattavano
come
due
molle
.
Di
chi
altri
mi
ricordo
?
di
cento
altri
,
se
ci
pensassi
.
Era
una
lanterna
magica
.
Ci
divertivamo
,
il
mio
amico
ed
io
,
i
giorni
dell
'
arrivo
d
'
un
piroscafo
,
a
veder
entrare
la
gente
per
la
porta
di
strada
:
tutti
stanchi
,
sbalorditi
,
qualcuno
ancora
commosso
dallo
spettacolo
della
prima
entrata
;
faccie
che
dicevano
:
-
Che
mondo
è
questo
?
Dove
siamo
venuti
a
cascare
?
-
Un
giorno
entrò
un
giovinetto
,
arrivato
allora
,
che
pareva
matto
dalla
contentezza
di
essere
finalmente
a
Costantinopoli
,
sogno
della
sua
infanzia
,
e
stringeva
con
tutt
'
e
due
le
mani
la
mano
di
suo
padre
;
e
suo
padre
gli
diceva
con
voce
commossa
:
-
Je
suis
heureux
de
te
voir
heureux
,
mon
cher
enfant
.
-
Poi
passavamo
le
ore
calde
alla
finestra
a
guardare
la
Torre
della
fanciulla
,
che
s
'
alza
,
bianca
come
la
neve
,
sopra
uno
scoglio
solitario
del
Bosforo
,
in
faccia
a
Scutari
;
e
mentre
fantasticavamo
sulla
leggenda
del
principe
di
Persia
che
va
a
succhiare
il
veleno
dal
braccio
della
bella
sultana
,
morsicata
dall
'
aspide
,
da
una
finestra
della
casa
in
faccia
,
ogni
giorno
alla
stess
'
ora
,
un
ragazzo
di
cinque
anni
ci
faceva
le
corna
.
Tutto
era
curioso
in
quell
'
albergo
.
Fra
le
altre
cose
,
dinanzi
alla
porta
,
trovavamo
ogni
sera
uno
o
due
soggetti
di
faccia
equivoca
,
che
dovevano
essere
provveditori
di
modelle
per
i
pittori
,
e
che
pigliando
tutti
per
pittori
,
a
tutti
domandavano
a
bassa
voce
:
-
Una
turca
?
una
greca
?
un
'
armena
?
un
'
ebrea
?
una
nera
?
COSTANTINOPOLI
Ma
torniamo
a
Costantinopoli
,
e
spaziamovi
come
gli
uccelli
nel
cielo
.
Qui
ci
si
può
levare
tutti
i
capricci
.
Si
può
accendere
il
sigaro
in
Europa
e
andare
a
buttar
la
cenere
in
Asia
.
La
mattina
,
levandoci
,
possiamo
domandarci
:
-
Che
parte
del
mondo
vedrò
quest
'
oggi
?
-
Si
può
scegliere
fra
due
continenti
e
due
mari
.
S
'
ha
a
nostra
disposizione
dei
cavalli
sellati
in
ogni
piazzetta
,
delle
barchette
a
vela
in
ogni
seno
,
dei
piroscafi
a
cento
scali
;
il
caicco
che
guizza
,
la
talika
che
vola
,
e
un
esercito
di
ciceroni
che
parlano
tutte
le
lingue
d
'
Europa
.
Volete
sentir
la
commedia
italiana
?
veder
ballare
i
dervis
?
sentir
le
buffonate
di
Caragheuz
,
il
pulcinella
turco
?
udire
le
canzonette
licenziose
dei
teatrini
di
Parigi
?
assistere
alle
rappresentazioni
ginnastiche
degli
zingari
?
farvi
raccontare
una
leggenda
araba
da
un
rapsodo
?
andare
al
teatro
greco
?
sentir
predicare
un
iman
?
veder
passare
il
Sultano
?
Chiedete
e
domandate
.
Tutte
le
nazioni
sono
al
vostro
servizio
:
l
'
armeno
per
farvi
la
barba
,
l
'
ebreo
per
lustrarvi
le
scarpe
,
il
turco
per
condurvi
in
barca
,
il
nero
per
strofinarvi
nel
bagno
,
il
greco
per
porgervi
il
caffè
,
e
tutti
quanti
per
truffarvi
.
Per
dissetarvi
,
passeggiando
,
trovate
dei
gelati
fatti
colla
neve
dell
'
Olimpo
;
se
siete
golosi
,
potete
bere
dell
'
acqua
del
Nilo
,
come
il
Sultano
;
se
siete
deboli
di
stomaco
,
acqua
dell
'
Eufrate
;
se
siete
nervosi
,
acqua
del
Danubio
.
Potete
desinare
come
l
'
arabo
nel
deserto
o
come
l
'
epulone
alla
Maison
dorée
.
Per
far
la
siesta
,
avete
i
cimiteri
;
per
stordirvi
,
il
ponte
della
Sultana
Validè
;
per
sognare
,
il
Bosforo
;
per
passar
la
domenica
,
l
'
Arcipelago
dei
Principi
;
per
veder
l
'
Asia
Minore
,
il
monte
di
Bulgurlù
;
per
vedere
il
Corno
d
'
Oro
,
la
torre
di
Galata
;
per
veder
ogni
cosa
,
la
torre
del
Seraschiere
.
Ma
è
una
città
ancora
più
strana
che
bella
.
Le
cose
che
non
si
presentarono
mai
insieme
alla
nostra
mente
,
là
si
presentano
insieme
al
nostro
sguardo
.
Da
Scutari
parte
la
carovana
per
la
Mecca
e
parte
il
treno
diretto
per
Brussa
,
l
'
antica
metropoli
;
fra
le
mura
misteriose
del
vecchio
serraglio
,
passa
la
strada
ferrata
che
va
a
Sofia
;
i
soldati
turchi
scortano
il
prete
cattolico
che
porta
il
Santo
Sacramento
;
il
popolo
fa
festa
nei
cimiteri
;
la
vita
,
la
morte
,
i
piaceri
,
tutto
s
'
allaccia
e
si
confonde
.
V
'
è
il
movimento
di
Londra
e
la
letargia
dell
'
ozio
orientale
,
un
'
immensa
vita
pubblica
e
un
impenetrabile
mistero
nella
vita
privata
;
un
governo
assoluto
e
una
libertà
senza
confini
.
Per
i
primi
giorni
non
si
raccapezza
nulla
;
pare
che
d
'
ora
in
ora
o
debba
cessare
quel
disordine
o
seguire
una
rivoluzione
;
ogni
sera
,
tornando
a
casa
,
ci
sembra
di
tornare
da
un
viaggio
;
ogni
mattina
uno
si
domanda
:
-
Ma
è
proprio
qui
vicina
Stambul
?
-
Non
si
sa
dove
andare
a
battere
il
capo
,
un
'
impressione
cancella
l
'
altra
,
i
desiderii
s
'
affollano
,
il
tempo
fugge
;
si
vorrebbe
restar
là
tutta
la
vita
,
si
vorrebbe
partire
il
giorno
dopo
.
E
quando
poi
s
'
ha
da
descriverlo
questo
caos
?
A
momenti
vi
vien
la
tentazione
di
fare
un
fascio
di
tutti
i
libri
e
di
tutti
i
fogli
che
ho
sul
tavolino
,
e
di
buttare
ogni
cosa
dalla
finestra
.
GALATA
Il
mio
amico
ed
io
non
mettemmo
testa
a
partito
che
il
quarto
giorno
dopo
l
'
arrivo
.
Eravamo
sul
ponte
,
di
buon
mattino
,
ancora
incerti
di
quello
che
avremmo
fatto
nella
giornata
,
quando
Yunk
mi
propose
di
fare
una
prima
grande
passeggiata
,
con
una
meta
determinata
,
coll
'
animo
tranquillo
,
per
osservare
e
studiare
.
-
Percorriamo
,
-
mi
disse
,
-
tutta
la
riva
settentrionale
del
Corno
d
'
Oro
,
anche
a
costo
di
camminare
fino
a
notte
.
Faremo
colezione
in
una
taverna
turca
,
faremo
la
siesta
all
'
ombra
d
'
un
platano
e
ritorneremo
in
caicco
.
-
Accettai
la
proposta
;
ci
provvedemmo
di
sigari
e
di
spiccioli
,
e
data
un
'
occhiata
alla
carta
della
città
,
ci
avviammo
verso
Galata
.
Il
lettore
che
vuol
conoscer
bene
Costantinopoli
faccia
il
sacrifizio
d
'
accompagnarci
.
Arriviamo
a
Galata
.
Di
qui
deve
cominciare
la
nostra
escursione
.
Galata
è
posta
sopra
una
collina
che
forma
promontorio
tra
il
Corno
d
'
Oro
ed
il
Bosforo
,
dov
'
era
il
grande
cimitero
dei
Bizantini
antichi
.
È
la
city
di
Costantinopoli
.
Son
quasi
tutte
vie
strette
e
tortuose
,
fiancheggiate
da
taverne
,
da
botteghe
di
pasticcieri
,
di
barbieri
e
di
macellai
,
da
caffè
greci
ed
armeni
,
da
ufficii
di
negozianti
,
da
officine
,
da
baracche
;
tutto
fosco
,
umido
,
fangoso
,
viscoso
,
come
nei
bassi
quartieri
di
Londra
.
Una
folla
fitta
e
affaccendata
va
e
viene
per
le
vie
,
aprendosi
continuamente
per
dar
passo
ai
facchini
,
alle
carrozze
,
agli
asini
,
agli
omnibus
.
Quasi
tutto
il
commercio
di
Costantinopoli
passa
per
questo
borgo
.
Qui
la
Borsa
,
la
Dogana
,
gli
uffici
del
Lloyd
austriaco
,
quelli
delle
Messaggerie
francesi
;
chiese
,
conventi
,
ospedali
,
magazzeni
.
Una
strada
ferrata
sotterranea
unisce
Galata
a
Pera
.
Se
non
si
vedessero
per
le
strade
dei
turbanti
e
dei
fez
,
non
parrebbe
d
'
essere
in
Oriente
.
Da
tutte
le
parti
si
sente
parlar
francese
,
italiano
e
genovese
.
Qui
i
Genovesi
sono
quasi
in
casa
propria
,
e
si
danno
ancora
un
po
'
d
'
aria
di
padroni
,
come
quando
chiudevano
il
porto
a
loro
piacimento
,
e
rispondevano
col
cannone
alle
minaccie
degl
'
Imperatori
.
Ma
della
loro
potenza
non
rimangono
più
altri
monumenti
che
alcune
vecchie
case
sostenute
da
grossi
pilastri
e
da
arcate
pesanti
,
e
l
'
antico
edifizio
dove
risiedeva
il
Podestà
.
La
Galata
antica
è
quasi
interamente
sparita
.
Migliaia
di
casupole
sono
state
rase
al
suolo
per
far
luogo
a
due
lunghe
strade
:
una
delle
quali
rimonta
la
collina
verso
Pera
,
e
l
'
altra
corre
parallela
alla
riva
del
mare
da
un
'
estremità
all
'
altra
di
Galata
.
Per
questa
c
'
innoltrammo
il
mio
amico
ed
io
,
rifugiandoci
ogni
momento
nelle
botteghe
per
lasciar
passare
dei
grandi
omnibus
,
preceduti
da
turchi
scamiciati
che
sgombravano
la
strada
a
colpi
di
verga
.
A
ogni
passo
ci
suonava
nell
'
orecchio
un
grido
.
Il
facchino
turco
urlava
:
-
Sacun
ha
!
-
(
Largo
!
)
;
il
saccà
armeno
,
portatore
d
'
acqua
:
-
Varme
su
!
-
l
'
acquaiolo
greco
:
-
Crio
nero
!
-
l
'
asinaio
turco
:
-
Burada
!
-
il
venditore
di
dolci
:
-
Scerbet
!
-
il
venditore
di
giornali
:
-
Neologos
!
-
il
carrozziere
franco
:
Guarda
!
Guarda
!
Dopo
dieci
minuti
di
cammino
,
eravamo
assordati
.
A
un
certo
punto
,
con
nostra
meraviglia
,
ci
accorgemmo
che
la
strada
non
era
più
lastricata
,
e
pareva
che
il
lastrico
fosse
stato
levato
di
fresco
.
Ci
fermammo
a
guardare
,
cercando
d
'
indovinar
la
cagione
.
Un
bottegaio
italiano
ci
levò
la
curiosità
.
Quella
strada
conduce
ai
palazzi
del
Sultano
.
[
Torre
di
Galata
]
Pochi
mesi
prima
passando
di
là
il
corteo
imperiale
,
il
cavallo
di
sua
maestà
Abdul
-
Aziz
era
scivolato
e
caduto
,
e
il
buon
Sultano
,
irritato
,
aveva
ordinato
che
fosse
tolto
immediatamente
il
lastrico
dal
luogo
della
caduta
fino
al
suo
palazzo
.
In
questo
punto
memorabile
fissammo
il
termine
orientale
del
nostro
pellegrinaggio
,
e
voltate
le
spalle
al
Bosforo
,
ci
dirigemmo
,
per
una
serie
di
vicoli
tetri
e
sudici
,
verso
la
torre
di
Galata
.
La
città
di
Galata
ha
la
forma
d
'
un
ventaglio
spiegato
,
e
la
torre
,
posta
sul
culmine
della
collina
,
rappresenta
il
suo
perno
.
È
una
torre
rotonda
,
altissima
,
di
color
fosco
,
che
termina
in
una
punta
conica
,
formata
da
un
tetto
di
rame
,
sotto
il
quale
ricorre
un
giro
di
larghe
finestre
vetrate
,
una
specie
di
terrazza
coperta
e
trasparente
,
dove
giorno
e
notte
vigila
una
guardia
per
segnalare
il
primo
indizio
d
'
incendio
che
apparisca
nell
'
immensa
città
.
Fino
a
questa
torre
giungeva
la
Galata
dei
Genovesi
,
e
la
torre
s
'
innalza
appunto
sulla
linea
delle
mura
che
separavano
Galata
da
Pera
;
mura
di
cui
non
rimane
più
traccia
.
E
neanche
la
torre
non
è
più
l
'
antica
torre
di
Cristo
,
eretta
in
onore
dei
Genovesi
caduti
combattendo
;
poichè
la
rifabbricò
il
sultano
Mahmut
II
,
ed
era
già
stata
prima
restaurata
da
Selim
III
;
ma
è
pur
sempre
un
monumento
incoronato
della
gloria
di
Genova
,
e
un
Italiano
non
può
contemplarlo
,
senza
pensare
con
un
sentimento
d
'
alterezza
a
quel
pugno
di
mercanti
,
di
marinai
e
di
soldati
,
orgogliosamente
audaci
ed
eroicamente
cocciuti
,
che
vi
tennero
su
inalberata
per
secoli
la
bandiera
della
madre
repubblica
,
trattando
da
pari
a
pari
cogl
'
Imperatori
d
'
Oriente
.
Appena
oltrepassata
la
torre
,
ci
trovammo
in
un
cimitero
musulmano
.
[
Cimitero
di
Galata
]
Era
quello
che
si
chiama
il
cimitero
di
Galata
:
un
grande
bosco
di
cipressi
,
che
dalla
sommità
della
collina
di
Pera
scende
ripidamente
fino
al
Corno
d
'
Oro
,
ombreggiando
una
miriade
di
colonnette
di
pietra
o
di
marmo
,
inclinate
in
tutte
le
direzioni
,
e
sparse
in
disordine
giù
per
la
china
.
Alcune
di
queste
colonnette
son
terminate
in
forma
di
turbante
rotondo
,
e
serbano
traccie
di
colori
e
d
'
iscrizioni
;
altre
son
terminate
in
punta
;
molte
rovesciate
;
alcune
monche
,
col
turbante
portato
via
di
netto
,
e
si
crede
che
sian
quelle
dei
giannizzeri
,
che
il
Sultano
Mahmut
volle
sfregiare
anche
dopo
la
morte
.
La
maggior
parte
delle
fosse
sono
indicate
da
un
rialzamento
di
terra
in
forma
di
prisma
,
e
da
due
sassi
confitti
alle
due
estremità
,
sui
quali
,
giusta
la
superstizione
musulmana
,
devono
sedere
i
due
angeli
Nekir
e
Munkir
per
giudicare
l
'
anima
del
defunto
.
Qua
e
là
si
vedono
dei
piccoli
terrapieni
circondati
da
un
muricciolo
o
da
una
ringhiera
,
in
mezzo
ai
quali
s
'
alza
una
colonnetta
sormontata
da
un
grosso
turbante
,
e
intorno
altre
colonnette
minori
:
è
un
pascià
o
un
gran
signore
,
sepolto
in
mezzo
alle
sue
donne
e
ai
suoi
figliuoli
.
Dei
piccoli
sentieri
serpeggiano
e
s
'
incrociano
in
mille
punti
da
un
'
estremità
all
'
altra
del
bosco
;
qualche
turco
fuma
la
pipa
seduto
all
'
ombra
;
alcuni
ragazzi
corrono
e
saltellano
in
mezzo
ai
sepolcri
;
qualche
vacca
pascola
;
centinaia
di
tortore
grugano
fra
i
rami
dei
cipressi
;
passano
gruppi
di
donne
velate
;
e
fra
cipresso
e
cipresso
,
luccica
giù
in
fondo
l
'
azzurro
del
Corno
d
'
Oro
rigato
di
bianco
dai
minareti
di
Stambul
.
[
Pera
]
Usciamo
dal
cimitero
,
ripassiamo
ai
piedi
della
torre
di
Galata
e
infiliamo
la
strada
principale
di
Pera
.
Pera
è
alta
cento
metri
sopra
il
mare
,
è
ariosa
ed
allegra
,
e
guarda
il
Corno
d
'
Oro
ed
il
Bosforo
.
È
la
Westend
della
colonia
europea
;
la
città
dell
'
eleganza
e
dei
piaceri
.
La
strada
che
percorriamo
è
fiancheggiata
da
alberghi
inglesi
e
francesi
,
da
caffè
signorili
,
da
botteghe
luccicanti
,
da
teatri
,
da
Consolati
,
da
club
,
da
palazzi
d
'
ambasciatori
;
tra
i
quali
giganteggia
il
palazzo
di
pietra
dell
'
ambasciata
russa
,
che
domina
come
una
fortezza
Pera
Galata
e
il
sobborgo
di
Funduclù
,
posto
sulla
riva
del
Bosforo
.
Qui
brulica
una
folla
affatto
diversa
da
quella
di
Galata
.
Sono
quasi
tutti
cappelli
a
staio
e
cappelletti
piumati
o
infiorati
di
signore
.
Sono
zerbinotti
greci
,
italiani
e
francesi
,
negozianti
d
'
alto
bordo
,
impiegati
delle
legazioni
,
ufficiali
di
navi
straniere
,
carrozze
d
'
ambasciatori
,
e
figurine
equivoche
d
'
ogni
nazione
.
I
turchi
si
fermano
ad
ammirare
le
teste
di
cera
delle
botteghe
dei
barbieri
,
le
turche
si
piantano
colla
bocca
aperta
davanti
alle
vetrine
delle
modiste
;
l
'
europeo
parla
ad
alta
voce
,
sghignazza
e
scherza
in
mezzo
alla
strada
;
il
musulmano
,
si
sente
in
casa
d
'
altri
,
e
passa
colla
testa
meno
alta
che
a
Stambul
.
Tutt
'
a
un
tratto
il
mio
amico
mi
fece
voltare
indietro
perché
guardassi
Stambul
:
da
quel
punto
,
infatti
,
si
vedeva
lontano
,
dietro
un
velo
azzurrino
,
la
collina
del
Serraglio
,
Santa
Sofia
e
i
minareti
del
Sultano
Ahmed
;
un
altro
mondo
da
quello
in
cui
eravamo
;
e
poi
mi
disse
:
-
Guarda
qui
,
adesso
.
-
Abbassai
gli
occhi
e
lessi
in
una
vetrina
:
-
La
dame
aux
camelias
,
Madame
Bovary
,
Mademoiselle
Giraud
ma
femme
.
E
anche
a
me
quel
rapido
passaggio
fece
un
senso
vivissimo
,
e
dovetti
star
là
un
momento
a
pensarci
sopra
.
Un
'
altra
volta
fermai
io
il
mio
compagno
e
fu
per
mostrargli
un
caffè
meraviglioso
:
un
lungo
e
largo
corridoio
oscuro
,
in
fondo
al
quale
,
per
una
grande
finestra
spalancata
,
si
vedeva
a
una
lontananza
che
pareva
immensa
,
Scutari
illuminata
dal
sole
.
Andiamo
innanzi
per
la
gran
strada
di
Pera
,
e
siamo
quasi
arrivati
in
fondo
,
quando
sentiamo
gridare
da
una
voce
tonante
:
-
T
'
amo
,
Adele
!
t
'
amo
più
della
vita
!
T
'
amo
quanto
si
può
amare
sulla
terra
!
-
Ci
guardiamo
in
faccia
trasecolati
.
Di
dove
viene
quella
voce
?
Voltandoci
,
vediamo
per
le
fessure
d
'
un
assito
un
giardino
pieno
di
sedili
,
un
palco
scenico
e
dei
commedianti
che
fanno
le
prove
.
Una
signora
turca
,
poco
lontano
da
noi
,
guarda
anch
'
essa
per
le
fessure
,
e
ride
dai
precordi
.
Un
vecchio
turco
che
passa
scrolla
la
testa
in
segno
di
compassione
.
All
'
improvviso
la
turca
getta
un
grido
e
fugge
;
altre
donne
là
intorno
mettono
uno
strillo
e
voltan
le
spalle
.
Che
è
accaduto
?
È
un
turco
,
un
uomo
sulla
cinquantina
,
conosciuto
da
tutta
Costantinopoli
,
il
quale
passeggia
per
le
vie
nello
stato
in
cui
voleva
ridurre
tutti
i
musulmani
il
famoso
monaco
Turk
sotto
il
regno
di
Maometto
IV
:
ignudo
dalla
testa
ai
piedi
.
Il
disgraziato
saltella
sui
ciottoli
urlando
e
sghignazzando
,
e
un
branco
di
monelli
lo
insegue
facendo
un
baccano
d
'
inferno
.
-
È
da
sperarsi
che
lo
arresteranno
,
-
dico
al
portinaio
del
teatro
.
-
Nemmen
per
sogno
,
-
mi
risponde
;
-
son
mesi
che
gira
per
la
città
liberamente
.
-
Intanto
vedo
giù
per
la
via
di
Pera
gente
che
vien
fuori
dalle
botteghe
,
donne
che
scappano
,
ragazze
che
si
coprono
il
viso
,
porte
che
si
chiudono
,
teste
che
si
ritirano
dalle
finestre
.
E
questo
segue
tutti
i
giorni
e
nessuno
se
ne
dà
pensiero
!
Uscendo
dalla
via
di
Pera
,
ci
troviamo
dinanzi
a
un
altro
cimitero
musulmano
,
ombreggiato
da
un
boschetto
di
cipressi
e
chiuso
tutt
'
intorno
da
un
alto
muro
.
Se
non
ce
l
'
avessero
detto
poi
,
non
avremmo
mai
indovinato
il
perché
di
quel
muro
,
che
fu
innalzato
di
fresco
:
ed
è
che
il
bosco
sacro
al
riposo
dei
morti
era
diventato
un
nido
d
'
amori
soldateschi
!
Andando
oltre
,
infatti
,
trovammo
l
'
immensa
caserma
d
'
artiglieria
innalzata
da
Scialil
-
Pascià
:
un
solido
edificio
di
forma
rettangolare
,
dello
stile
moresco
del
rinascimento
turco
,
con
una
porta
fiancheggiata
da
colonne
leggere
e
sormontata
dalla
mezzaluna
e
dalla
stella
d
'
oro
di
Mahmut
,
con
gallerie
sporgenti
e
finestrine
ornate
di
stemmi
e
di
arabeschi
.
Dinanzi
alla
caserma
passa
la
strada
di
Dgiedessy
che
è
un
prolungamento
di
quella
di
Pera
,
di
là
dalla
strada
si
stende
una
vasta
piazza
d
'
armi
,
e
di
là
dalla
piazza
d
'
armi
altri
borghi
.
Qui
,
dove
nei
giorni
feriali
regna
ordinariamente
un
profondo
silenzio
,
la
sera
della
domenica
passa
un
torrente
di
gente
e
una
processione
di
carrozze
,
tutta
la
società
elegante
di
Pera
,
che
va
a
spandersi
nei
giardini
nelle
birrerie
e
nei
caffè
di
là
dalla
Caserma
.
In
uno
di
questi
caffè
si
fece
la
nostra
prima
sosta
;
nel
caffè
della
Bella
vista
,
luogo
di
ritrovo
del
fiore
della
società
perota
,
e
degno
veramente
del
suo
nome
;
perché
dal
suo
vasto
giardino
,
che
sporge
come
una
terrazza
sulla
sommità
dell
'
altura
,
si
vede
sotto
il
grande
sobborgo
musulmano
di
Funduclù
,
il
Bosforo
coperto
di
bastimenti
,
la
riva
asiatica
sparsa
di
giardini
e
di
villaggi
,
Scutari
colle
sue
bianche
moschee
,
una
bellezza
di
verde
,
d
'
azzurro
,
e
di
luce
,
che
sembra
un
sogno
.
Ci
levammo
di
là
con
rammarico
,
e
ci
parve
a
tutt
'
e
due
d
'
esser
pitocchi
a
buttar
sul
vassoio
otto
miserabili
soldi
per
due
tazze
di
caffè
,
dopo
aver
goduto
quella
visione
di
paradiso
terrestre
.
[
Gran
Campo
dei
Morti
]
Uscendo
dalla
Bella
vista
ci
trovammo
in
mezzo
al
Gran
Campo
dei
morti
dove
è
sepolta
in
cimiteri
distinti
gente
di
tutti
i
culti
,
eccettuato
l
'
ebraico
.
È
un
bosco
fitto
di
cipressi
,
d
'
acacie
e
di
sicomori
,
nel
quale
biancheggiano
migliaia
di
pietre
sepolcrali
,
che
da
lontano
paiono
le
rovine
d
'
un
immenso
edifizio
.
Tra
albero
e
albero
si
vede
il
Bosforo
e
la
riva
asiatica
.
Fra
le
tombe
serpeggiano
dei
larghi
viali
in
cui
passeggiano
dei
greci
e
degli
armeni
.
Su
alcune
pietre
stanno
seduti
dei
turchi
colle
gambe
incrociate
,
guardando
il
Bosforo
.
V
'
è
un
'
ombra
,
un
fresco
e
una
pace
che
,
al
primo
entrarvi
,
si
prova
una
sensazione
deliziosa
,
come
entrando
d
'
estate
in
una
grande
cattedrale
semioscura
.
Ci
arrestammo
nel
cimitero
armeno
.
Le
pietre
sepolcrali
son
tutte
grandi
e
piane
,
coperte
d
'
iscrizioni
nel
carattere
regolare
ed
elegante
della
lingua
armena
,
e
su
quasi
tutte
è
scolpita
un
'
immagine
che
rappresenta
il
mestiere
o
la
professione
del
morto
.
Sono
martelli
,
seghe
,
penne
,
scrigni
,
collane
;
il
banchiere
è
rappresentato
da
una
bilancia
,
il
prete
da
una
mitra
,
il
barbiere
da
una
catinella
,
il
chirurgo
da
una
lancetta
.
Sopra
una
pietra
vedemmo
una
testa
spiccata
dal
busto
,
e
il
busto
grondante
di
sangue
:
era
il
sepolcro
d
'
un
assassinato
o
d
'
un
giustiziato
.
Un
armeno
vi
dormiva
accanto
,
sdraiato
sull
'
erba
,
colla
faccia
in
aria
.
Entrammo
nel
cimitero
musulmano
.
Anche
qui
una
infinità
di
colonnette
a
file
e
a
gruppi
disordinati
;
alcune
colla
testa
dipinta
e
dorata
;
quelle
delle
donne
terminate
da
un
gruppo
d
'
ornamenti
in
rilievo
che
rappresentano
dei
fiori
;
molte
circondate
d
'
arbusti
e
di
pianticelle
fiorite
.
Mentre
stavamo
osservando
una
di
queste
colonne
,
due
turchi
che
tenevano
per
mano
un
bambino
,
ci
passarono
accanto
,
andarono
innanzi
altri
cinquanta
passi
,
si
fermarono
dinanzi
a
un
tumulo
,
vi
sedettero
sopra
,
e
aperto
un
involto
che
portavano
sotto
il
braccio
,
si
misero
a
mangiare
.
Io
stetti
ad
osservarli
.
Quand
'
ebbero
finito
,
il
più
avanzato
in
età
raccolse
qualchecosa
in
un
foglio
di
carta
,
-
mi
parve
un
pesce
e
del
pane
,
-
e
con
un
atto
rispettoso
,
mise
il
piccolo
pacco
in
un
buco
accanto
al
sepolcro
.
Dopo
questo
accesero
tutti
e
due
la
pipa
e
fumarono
tranquillamente
:
il
bambino
s
'
alzò
e
si
mise
a
scorrazzare
per
il
cimitero
.
Quel
pesce
e
quel
pane
,
ci
fu
spiegato
poi
,
erano
la
parte
di
cibo
che
i
turchi
lasciavano
in
segno
d
'
affetto
al
loro
parente
,
sepolto
probabilmente
da
poco
;
e
quel
buco
era
l
'
apertura
che
si
lascia
nella
terra
vicino
al
capo
di
tutti
i
sepolti
musulmani
,
perché
possano
udire
i
lamenti
e
i
pianti
dei
loro
cari
e
ricevere
qualche
goccia
d
'
acqua
di
rosa
o
sentir
il
profumo
di
qualche
fiore
.
Finita
la
loro
fumatina
funebre
,
i
due
turchi
pietosi
si
alzarono
,
e
ripreso
per
mano
il
bambino
,
disparvero
in
mezzo
ai
cipressi
.
[
Pancaldi
]
Usciamo
dal
cimitero
,
ci
troviamo
in
un
altro
quartiere
cristiano
,
Pancaldi
,
attraversato
da
strade
spaziose
,
fiancheggiate
da
edifizi
nuovi
;
circondato
di
villette
,
di
giardini
,
di
ospedali
e
di
grandi
caserme
;
il
sobborgo
di
Costantinopoli
più
lontano
dal
mare
;
visitato
il
quale
,
torniamo
indietro
per
ridiscendere
verso
il
Corno
d
'
Oro
.
Ma
nell
'
ultima
strada
del
sobborgo
,
assistiamo
a
uno
spettacolo
nuovo
e
solenne
:
il
passaggio
d
'
un
convoglio
funebre
greco
.
Una
folla
silenziosa
si
schiera
dalle
due
parti
della
strada
:
viene
innanzi
un
gruppo
di
preti
greci
,
colle
toghe
ricamate
;
l
'
archimandrita
con
una
corona
sul
capo
e
un
lungo
abito
luccicante
d
'
oro
;
dei
giovani
ecclesiastici
vestiti
di
colori
vivi
;
uno
stuolo
di
parenti
e
d
'
amici
coi
loro
vestimenti
più
ricchi
,
e
in
mezzo
a
loro
una
bara
inghirlandata
di
fiori
,
sulla
quale
è
distesa
una
giovanetta
di
quindici
anni
,
vestita
di
raso
e
tutta
splendente
di
gioielli
,
col
viso
scoperto
,
-
un
piccolo
viso
bianco
come
la
neve
,
colla
bocca
leggermente
contratta
in
una
espressione
di
spasimo
,
-
e
due
bellissime
treccie
nere
distese
sulle
spalle
e
sul
seno
.
La
bara
passa
,
la
folla
si
chiude
,
il
convoglio
s
'
allontana
,
e
noi
rimaniamo
soli
e
pensierosi
in
una
strada
deserta
.
[
San
Dimitri
]
Scendiamo
dalla
collina
di
Pancaldi
,
attraversiamo
il
letto
asciutto
d
'
un
torrentello
,
saliamo
su
per
un
altro
colle
,
ci
troviamo
in
un
altro
sobborgo
:
San
Dimitri
.
Qui
la
popolazione
è
quasi
tutta
greca
.
Si
vedono
da
ogni
parte
occhi
neri
e
nasi
aquilini
e
affilati
;
vecchi
d
'
aspetto
patriarcale
;
giovani
svelti
e
arditi
;
donnine
colle
trecce
sulle
spalle
;
ragazzi
dai
visetti
astuti
che
sgallettano
in
mezzo
alla
via
fra
le
galline
e
i
maiali
,
riempiendo
l
'
aria
di
grida
argentine
e
di
parole
armoniose
.
Ci
avvicinammo
a
un
gruppo
di
quei
ragazzi
che
si
baloccavano
coi
sassi
,
chiacchierando
tutti
ad
una
voce
.
Uno
di
essi
,
sugli
otto
anni
,
il
più
indiavolato
di
tutti
,
che
ogni
momento
buttava
in
aria
il
suo
piccolo
fez
gridando
:
-
Zito
!
Zito
!
-
(
Viva
!
Viva
!
)
-
si
voltò
improvvisamente
verso
un
altro
monello
seduto
dinanzi
a
una
porta
e
gridò
:
-
Checchino
!
Buttami
la
palla
!
-
Io
lo
afferrai
per
il
braccio
con
un
movimento
da
zingaro
rapitore
di
fanciulli
e
gli
dissi
:
-
Tu
sei
italiano
!
-
No
signore
,
-
rispose
,
-
sono
di
Costantinopoli
.
-
E
chi
t
'
ha
insegnato
a
parlare
italiano
?
-
domandai
.
-
Oh
bella
!
-
rispose
,
-
la
mamma
.
-
E
dov
'
è
la
mamma
?
In
quel
punto
mi
s
'
avvicinò
una
donna
con
un
bimbo
in
collo
,
tutta
sorridente
,
e
mi
disse
ch
'
era
pisana
,
moglie
d
'
uno
scalpellino
livornese
,
che
si
trovava
a
Costantinopoli
da
ott
'
anni
,
e
che
quel
ragazzo
era
suo
figlio
.
Se
quella
buona
donna
avesse
avuto
un
bel
viso
di
matrona
,
una
corona
turrita
sulla
testa
e
un
manto
sulle
spalle
,
non
avrebbe
rappresentato
più
vivamente
l
'
Italia
ai
miei
occhi
e
al
mio
cuore
.
-
Come
vi
ritrovate
qui
?
-
le
domandai
;
-
che
ne
dite
di
Costantinopoli
?
-
Che
n
'
ho
da
dire
?
-
rispose
sorridendo
ingenuamente
.
-
L
'
è
una
città
che
...
a
dirle
il
vero
,
mi
ci
par
sempre
l
'
ultimo
giorno
di
carnovale
.
-
E
qui
,
dando
la
stura
alla
sua
parlantina
toscana
,
ci
fece
sapere
che
pe
'
musulmani
il
loro
Gesù
è
Maometto
,
che
un
turco
può
sposare
quattro
donne
,
che
la
lingua
turca
è
bravo
chi
ne
intende
una
parola
,
e
altre
novità
dello
stesso
conio
;
ma
che
dette
in
quella
lingua
,
in
mezzo
a
quel
quartiere
greco
,
ci
riuscirono
più
care
di
qualunque
notizia
più
peregrina
,
tanto
che
prima
di
andarcene
lasciammo
un
piccolo
ricordo
d
'
argento
nella
manina
del
monello
,
e
andandocene
esclamammo
tutti
e
due
insieme
:
-
Ah
!
una
boccata
d
'
Italia
,
di
tanto
in
tanto
,
come
fa
bene
!
[
Tataola
]
Attraversammo
una
seconda
volta
la
piccola
valle
,
e
ci
trovammo
in
un
altro
quartiere
greco
,
Tataola
,
dove
lo
stomaco
suonando
a
soccorso
,
cogliemmo
l
'
occasione
per
visitare
l
'
interno
d
'
una
di
quelle
taverne
innumerevoli
di
Costantinopoli
,
che
hanno
un
aspetto
singolarissimo
,
e
son
tutte
fatte
ad
un
modo
.
È
uno
stanzone
grandissimo
,
di
cui
si
potrebbe
fare
un
teatro
,
non
rischiarato
per
lo
più
che
dalla
porta
di
strada
,
e
ricorso
tutt
'
intorno
da
un
alta
galleria
di
legno
a
balaustri
.
Da
una
parte
v
'
è
un
enorme
fornello
dove
un
brigante
in
maniche
di
camicia
frigge
dei
pesci
,
fa
girare
degli
arrosti
,
rimesta
degl
'
intingoli
,
e
s
'
adopera
in
altri
modi
ad
accorciare
la
vita
umana
;
dall
'
altra
un
banco
dove
un
'
altra
faccia
minacciosa
distribuisce
vino
bianco
e
vino
nero
in
bicchieri
a
manico
;
in
mezzo
e
sul
davanti
,
seggiole
nane
senza
spalliera
e
tavolette
poco
più
alte
delle
seggiole
che
rammentano
i
bischetti
dei
calzolai
.
Entrammo
un
po
'
vergognosi
perché
v
'
era
un
gruppo
di
greci
e
d
'
armeni
di
bassa
lega
,
e
temevamo
che
ci
guardassero
con
curiosità
canzonatoria
;
ma
nessuno
invece
ci
degnò
d
'
un
'
occhiata
.
Gli
abitanti
di
Costantinopoli
sono
,
io
credo
,
la
gente
meno
curiosa
di
questo
mondo
;
bisogna
almeno
essere
Sultani
o
passeggiar
nudi
per
le
strade
come
il
pazzo
di
Pera
,
perché
qualcuno
s
'
accorga
che
siete
al
mondo
.
Ci
sedemmo
in
un
angolo
e
stemmo
ad
aspettare
.
Ma
nessuno
veniva
.
Allora
capimmo
che
nelle
taverne
costantinopolitane
c
'
è
l
'
uso
di
servirsi
da
sè
.
Andammo
prima
al
fornello
a
farci
dare
un
arrosto
,
Dio
sa
di
che
quadrupede
,
poi
al
banco
a
prendere
un
bicchier
di
vino
resinoso
di
Tenedo
,
e
portato
ogni
cosa
sopra
la
tavola
che
ci
arrivava
al
ginocchio
,
mostrandoci
l
'
un
l
'
altro
il
bianco
degli
occhi
,
si
consumò
il
sacrificio
.
Pagammo
con
rassegnazione
,
e
usciti
in
silenzio
per
paura
che
ci
uscisse
dalla
bocca
un
raglio
o
un
latrato
,
ripigliammo
il
nostro
viaggio
verso
il
Corno
d
'
Oro
.
[
Kassim
-
pascià
]
Dopo
dieci
minuti
di
cammino
,
ci
trovammo
daccapo
in
piena
Turchia
,
nel
grande
sobborgo
musulmano
di
Kassim
-
pascià
,
in
una
vera
città
popolata
di
moschee
e
di
conventi
di
dervis
,
piena
d
'
orti
e
di
giardini
,
che
occupa
una
collina
e
una
valle
,
e
si
distende
fino
al
Corno
d
'
Oro
,
abbracciando
tutta
l
'
antica
baia
di
Mandracchio
,
dal
cimitero
di
Galata
fino
al
promontorio
che
prospetta
il
sobborgo
di
Balata
sull
'
altra
riva
.
Dall
'
alto
di
Kassim
-
pascià
si
gode
uno
spettacolo
incantevole
.
Si
vede
sotto
,
sulla
riva
,
l
'
immenso
arsenale
Ters
-
Kané
:
un
labirinto
di
bacini
,
d
'
opifici
,
di
piazze
,
di
magazzini
e
di
caserme
,
che
si
stende
per
la
lunghezza
d
'
un
miglio
lungo
tutta
la
parte
del
Corno
d
'
Oro
che
serve
di
Porto
di
guerra
;
il
palazzo
del
Ministro
della
Marina
,
elegante
e
leggero
,
che
par
che
galleggi
sull
'
acqua
,
e
disegna
le
sue
forme
bianche
sul
verde
cupo
del
cimitero
di
Galata
;
il
porto
percorso
da
vaporini
e
caicchi
pieni
di
gente
,
che
guizzano
in
mezzo
alle
corazzate
immobili
e
alle
vecchie
fregate
della
Guerra
di
Crimea
;
e
sulla
sponda
opposta
,
Stambul
,
l
'
acquedotto
di
Valente
che
slancia
i
suoi
archi
altissimi
nell
'
azzurro
del
cielo
,
le
grandi
moschee
di
Maometto
e
di
Solimano
,
e
una
miriade
di
case
e
di
minareti
.
Per
godere
meglio
questo
spettacolo
ci
sedemmo
dinanzi
a
un
caffè
turco
,
e
sorbimmo
la
quarta
o
la
quinta
delle
dodici
tazze
che
,
volere
o
non
volere
,
stando
a
Costantinopoli
,
bisogna
tracannare
ogni
giorno
.
Era
un
caffè
meschino
,
ma
come
tutti
i
caffè
turchi
,
originalissimo
:
non
molto
diverso
,
forse
,
dai
primissimi
caffè
dei
tempi
di
Solimano
il
Grande
,
o
da
quelli
in
cui
irrompeva
colla
scimitarra
nel
pugno
il
quarto
Amurat
,
quando
faceva
la
ronda
notturna
per
castigar
di
sua
mano
gli
spacciatori
del
liquore
proibito
.
Di
quanti
editti
imperiali
,
di
quante
dispute
di
teologi
e
lotte
sanguinose
è
stato
cagione
questo
"
nemico
del
sonno
e
della
fecondità
,
"
come
lo
chiamavano
gli
ulema
austeri
;
questo
"
genio
dei
sogni
e
sorgente
dell
'
immaginazione
"
,
come
lo
chiamavano
gli
ulema
di
manica
larga
,
ch
'
è
ora
,
dopo
l
'
amore
e
il
tabacco
,
il
conforto
più
dolce
d
'
ogni
più
povero
Osmano
!
Ora
si
beve
il
caffè
sulla
cima
della
torre
di
Galata
e
della
torre
del
Seraschiere
,
il
caffè
in
tutti
i
vaporini
,
il
caffè
nei
cimiteri
,
nelle
botteghe
dei
barbieri
,
nei
bagni
,
nei
bazar
.
In
qualunque
parte
di
Costantinopoli
uno
si
trovi
non
ha
che
a
gridare
,
senza
voltarsi
:
-
Caffè
-
gì
!
(
Caffettiere
!
)
e
dopo
tre
minuti
gli
fuma
dinanzi
una
tazza
.
[
Il
Caffè
]
Il
nostro
caffè
era
una
stanza
tutta
bianca
,
rivestita
di
legno
fino
all
'
altezza
d
'
un
uomo
,
con
un
divano
bassissimo
lungo
le
quattro
pareti
.
In
un
angolo
c
'
era
un
fornello
su
cui
un
turco
dal
naso
forcuto
stava
facendo
il
caffè
in
piccole
caffettiere
di
rame
,
che
vuotava
man
mano
in
piccolissime
tazze
,
mettendovi
egli
stesso
lo
zucchero
;
poichè
da
per
tutto
,
a
Costantinopoli
,
si
fa
il
caffè
apposta
per
ogni
avventore
,
e
gli
si
porta
bell
'
inzuccherato
,
con
un
bicchiere
d
'
acqua
che
i
Turchi
bevono
sempre
prima
di
avvicinare
la
tazza
alle
labbra
.
Ad
una
parete
era
appeso
un
piccolo
specchio
,
e
accanto
allo
specchio
una
specie
di
rastrelliera
piena
di
rasoi
a
manico
fisso
;
poichè
la
maggior
parte
dei
caffè
turchi
sono
ad
un
tempo
botteghe
di
barbieri
,
e
non
di
rado
il
caffettiere
è
anche
cavadenti
e
salassatore
,
e
macella
le
sue
vittime
nella
stanza
medesima
dove
gli
altri
avventori
pigliano
il
caffè
.
Alla
parete
opposta
era
appesa
un
'
altra
rastrelliera
piena
di
narghilè
di
cristallo
coi
lunghi
tubi
flessibili
,
attorcigliati
come
serpenti
,
e
di
cibuk
di
terra
cotta
colle
cannette
di
legno
di
ciliegio
.
Cinque
turchi
pensierosi
stavano
seduti
sul
divano
,
fumando
il
narghilè
;
altri
tre
erano
dinanzi
alla
porta
,
accoccolati
sopra
bassissime
seggiole
di
paglia
senza
spalliera
,
l
'
uno
accanto
all
'
altro
,
colle
spalle
appoggiate
al
muro
e
colla
pipa
alle
labbra
;
un
giovane
della
bottega
radeva
il
capo
,
davanti
allo
specchio
,
a
un
grosso
dervis
insaccato
in
una
tonaca
di
pelo
di
cammello
.
Nessuno
ci
guardò
quando
sedemmo
,
nessuno
parlava
,
e
fuorchè
il
caffettiere
e
il
suo
giovane
,
nessuno
faceva
il
menomo
movimento
.
Non
si
sentiva
altro
rumore
che
il
gorgoglio
dell
'
acqua
dei
narghilè
,
che
somiglia
alla
voce
dei
gatti
quando
fanno
le
fusa
.
Tutti
guardavano
diritto
dinanzi
a
sè
,
cogli
occhi
fissi
,
e
con
un
viso
che
non
esprimeva
assolutamente
nulla
.
Pareva
un
piccolo
museo
di
statue
di
cera
.
Quante
di
queste
scene
mi
son
rimaste
impresse
nella
memoria
!
Una
casa
di
legno
,
un
turco
seduto
,
una
bellissima
veduta
lontana
,
una
gran
luce
e
un
gran
silenzio
:
ecco
la
Turchia
.
Ogni
volta
che
questo
nome
mi
passa
per
la
mente
,
ci
passano
nello
stesse
punto
quelle
immagini
,
come
un
mulino
a
vento
e
un
canale
all
'
udir
nominare
Olanda
.
[
Pialì
-
Pascià
]
Di
là
,
fiancheggiando
un
grande
cimitero
mussulmano
,
che
dall
'
alto
della
collina
di
Kassim
-
pascià
scende
fino
a
Ters
-
Kanè
,
rimontammo
verso
settentrione
,
scendemmo
nella
valletta
di
Pialì
-
Pascià
,
piccolo
sobborgo
mezzo
nascosto
in
mezzo
alla
verzura
dei
giardini
e
degli
orti
;
e
ci
fermammo
dinanzi
alla
moschea
che
gli
dà
il
nome
.
È
una
moschea
bianca
,
sormontata
da
sei
cupole
graziose
,
con
un
cortile
circondato
d
'
archi
e
di
colonnine
gentili
,
un
minareto
leggerissimo
e
una
corona
di
cipressi
giganteschi
.
In
quel
momento
tutte
le
casette
circostanti
erano
chiuse
,
le
strade
deserte
,
il
cortile
stesso
della
moschea
,
solitario
;
la
luce
e
l
'
uggia
del
mezzogiorno
avvolgevano
ogni
cosa
;
e
non
si
sentiva
che
il
ronzìo
dei
tafani
.
Guardammo
l
'
orologio
:
mancavano
tre
minuti
alle
dodici
:
una
delle
cinque
ore
canoniche
dei
musulmani
,
in
cui
i
muezzin
s
'
affacciano
al
terrazzo
dei
minareti
per
gridare
ai
quattro
punti
dell
'
orizzonte
le
formole
sacramentali
dell
'
Islam
.
Sapevamo
bene
che
non
c
'
è
minareto
in
tutta
Costantinopoli
sul
quale
,
a
quell
'
ora
fissa
,
non
comparisca
,
puntuale
come
l
'
automa
d
'
un
orologio
,
l
'
annunziatore
del
profeta
.
Eppure
ci
pareva
strano
che
anche
in
quella
estremità
della
città
immensa
,
su
quella
moschea
solitaria
,
a
quell
'
ora
,
in
quel
silenzio
profondo
,
dovesse
comparire
quella
figura
e
suonare
quella
voce
.
Tenni
l
'
orologio
in
mano
,
e
guardando
attentamente
la
lancetta
dei
minuti
e
la
porticina
del
terrazzo
del
minareto
,
alta
quasi
come
un
terzo
piano
d
'
una
casa
ordinaria
,
stetti
aspettando
con
viva
curiosità
.
La
lancetta
toccò
il
sessantesimo
trattino
nero
,
e
nessuno
comparve
.
-
Non
viene
!
-
dissi
.
-
[
Pialì
-
Pascià
]
Eccolo
!
-
rispose
Yunk
.
Era
comparso
.
Il
parapetto
del
terrazzo
lo
nascondeva
tutto
,
fuorchè
il
viso
,
di
cui
,
per
la
lontananza
,
non
si
distingueva
la
fisonomia
.
Stette
per
qualche
secondo
immobile
;
poi
si
tappò
le
orecchie
colle
dita
,
e
alzando
il
volto
al
cielo
,
gridò
con
una
voce
lenta
,
tremula
e
acutissima
,
con
un
accento
solenne
e
lamentevole
,
le
sacre
parole
,
che
risuonano
,
nello
stesso
punto
su
tutti
i
minareti
dell
'
Affrica
,
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
:
-
Dio
è
grande
!
Non
v
'
è
che
un
Dio
!
Maometto
è
il
profeta
di
Dio
!
Venite
alla
preghiera
!
Venite
alla
salute
!
Dio
è
grande
!
Dio
è
un
solo
!
Venite
alla
preghiera
!
-
Poi
fece
un
mezzo
giro
sul
terrazzo
e
ripetè
le
stesse
parole
rivolto
a
settentrione
;
poi
a
levante
,
poi
a
occidente
,
e
poi
disparve
.
In
quel
punto
ci
arrivarono
all
'
orecchio
fioche
fioche
le
ultime
note
d
'
un
'
altra
voce
lontana
,
che
pareva
il
grido
d
'
uno
che
chiedesse
soccorso
,
e
poi
tutto
tacque
,
e
rimanemmo
anche
noi
per
qualche
minuto
silenziosi
,
con
un
sentimento
vago
di
tristezza
come
se
quelle
due
voci
avessero
consigliato
la
preghiera
soltanto
a
noi
,
e
sparendo
quel
fantasma
,
fossimo
rimasti
soli
nella
valle
come
due
abbandonati
da
Dio
.
Nessun
suono
di
campana
mi
ha
mai
toccato
il
cuore
così
intimamente
;
e
soltanto
quel
giorno
compresi
il
perché
Maometto
,
per
chiamare
i
fedeli
alla
preghiera
,
abbia
preferito
all
'
antica
tromba
israelitica
e
all
'
antica
tabella
cristiana
,
il
grido
dell
'
uomo
.
E
su
quella
scelta
fu
lungo
tempo
incerto
;
onde
poco
mancò
che
tutto
l
'
Oriente
non
pigliasse
un
aspetto
assai
diverso
da
quello
che
ha
ora
;
poichè
s
'
era
scelta
la
tabella
,
che
poi
si
cangiò
in
campana
,
si
sarebbe
certo
trasformato
il
minareto
,
e
uno
dei
tratti
più
originali
e
più
graziosi
della
città
e
del
paesaggio
orientale
sarebbe
andato
perduto
.
[
Ok
-
Meidan
]
Risalendo
da
Pialì
-
Pascià
sulla
collina
,
verso
occidente
,
ci
trovammo
in
un
vastissimo
spazio
di
terreno
brullo
,
da
cui
si
vedeva
tutto
il
Corno
d
'
Oro
e
tutta
Stambul
,
dal
borgo
d
'
Eyub
alla
collina
del
serraglio
;
quattro
miglia
di
giardini
e
di
moschee
,
una
grandezza
e
una
leggiadria
,
da
contemplarsi
in
ginocchio
come
una
apparizione
celeste
.
Era
l
'
Ok
-
meïdan
,
la
piazza
delle
freccie
,
dove
andavano
i
Sultani
a
tirar
dell
'
arco
secondo
l
'
uso
dei
re
Persiani
.
Vi
sono
ancora
sparse
,
a
distanze
ineguali
,
alcune
colonnine
di
marmo
,
segnate
d
'
iscrizioni
,
che
indicano
i
punti
dove
caddero
le
freccie
imperiali
.
V
'
è
ancora
il
chiosco
elegante
,
con
una
tribuna
,
da
cui
i
sultani
tendevano
l
'
arco
.
A
destra
,
nei
campi
,
si
stendeva
una
lunga
fila
di
pascià
e
di
bey
,
punti
viventi
d
'
ammirazione
,
coi
quali
il
padiscià
rendeva
omaggio
alla
propria
destrezza
;
a
sinistra
,
dodici
paggi
della
famiglia
imperiale
,
che
correvano
a
raccogliere
gli
strali
e
a
segnare
il
punto
della
caduta
;
intorno
,
dietro
gli
alberi
e
i
cespugli
,
qualche
turco
temerario
venuto
per
contemplare
di
nascosto
le
sembianze
sublimi
del
Gran
Signore
;
e
sulla
tribuna
campeggiava
nell
'
atteggiamento
d
'
un
atleta
superbo
,
Mahmut
,
il
più
vigoroso
arciere
dell
'
impero
,
di
cui
l
'
occhio
scintillante
faceva
curvar
la
fronte
agli
spettatori
,
e
la
barba
famosa
,
nera
come
il
corvo
del
Monte
Tauro
,
spiccava
di
lontano
sul
grande
mantello
candido
,
spruzzato
del
sangue
dei
Giannizzeri
.
Ora
tutto
è
cangiato
e
diventato
prosaico
:
il
Sultano
tira
colla
rivoltella
nei
cortili
del
suo
palazzo
e
sull
'
Ok
-
meïdan
s
'
esercita
al
bersaglio
la
fanteria
.
Da
una
parte
v
'
è
un
convento
di
dervis
,
dall
'
altra
un
caffè
solitario
;
e
tutta
la
campagna
è
desolata
e
malinconica
come
una
steppa
.
[
Piri
-
Pascià
]
Scendendo
dall
'
Ok
-
meïdan
verso
il
Corno
d
'
Oro
,
ci
trovammo
in
un
altro
piccolo
sobborgo
musulmano
,
chiamato
Piri
-
Pascià
,
forse
da
quel
famoso
gran
vizir
del
primo
Selim
,
che
educò
Solimano
il
Grande
.
Piri
-
Pascià
prospetta
il
sobborgo
israelitico
di
Balata
,
posto
sull
'
altra
riva
del
Corno
.
Non
v
'
incontrammo
che
qualche
cane
e
qualche
vecchia
turca
mendicante
.
Ma
questa
solitudine
ci
permise
di
considerare
a
nostro
bell
'
agio
la
struttura
del
borgo
.
È
una
cosa
singolare
.
In
quel
borgo
,
come
in
qualunque
altra
parte
di
Costantinopoli
uno
s
'
addentri
,
dopo
averla
vista
o
dal
mare
o
dalle
alture
vicine
,
si
prova
la
medesima
impressione
che
a
guardare
un
bello
spettacolo
coreografico
dal
palco
scenico
dopo
averlo
visto
dalla
platea
;
ci
si
meraviglia
che
quell
'
insieme
di
cose
brutte
e
meschine
possa
produrre
una
così
bella
illusione
.
Non
v
'
è
nessuna
città
al
mondo
,
io
credo
,
nella
quale
la
bellezza
sia
così
pura
apparenza
come
a
Costantinopoli
.
Veduta
da
Balata
,
Piri
-
Pascià
è
una
cittadina
gentile
,
tutta
colori
ridenti
,
inghirlandata
di
verzura
,
che
si
specchia
nelle
acque
del
Corno
d
'
Oro
come
una
ninfa
,
e
desta
mille
immagini
d
'
amore
e
di
delizia
.
Entrateci
,
tutto
svanisce
.
Non
sono
che
casupole
rozze
,
tinte
di
coloracci
da
baracche
di
fiera
;
cortiletti
angusti
e
sucidi
,
che
paiono
ricettacoli
di
streghe
;
gruppi
di
fichi
e
di
cipressi
polverosi
,
giardini
ingombri
di
calcinacci
,
vicoli
deserti
,
miseria
,
immondizie
,
tristezza
.
Ma
scendete
una
china
,
saltate
in
un
caicco
,
e
dopo
cinque
remate
,
rivedete
la
cittadina
fantastica
,
in
tutta
la
pompa
della
sua
bellezza
e
della
sua
grazia
.
[
Hasskioi
]
Andando
innanzi
,
sempre
lungo
la
riva
del
Corno
d
'
Oro
,
scendiamo
in
un
altro
sobborgo
,
vasto
,
popoloso
,
d
'
aspetto
strano
,
dove
,
fin
dai
primi
passi
,
ci
accorgiamo
di
non
essere
più
in
mezzo
ai
musulmani
.
Da
ogni
parte
si
vedono
bambini
coperti
di
gore
e
di
scaglie
che
si
ravvoltolano
per
terra
;
vecchie
sformate
e
cenciose
che
lavorano
colle
mani
scheletrite
sugli
usci
delle
case
ingombre
di
ciarpame
e
ferravecchi
;
uomini
ravvolti
in
lunghi
vestiti
sudici
,
con
un
fazzoletto
in
brandelli
attorcigliato
intorno
alla
testa
,
che
passano
lungo
i
muri
in
aspetto
furtivo
;
visi
macilenti
alle
finestre
;
cenci
appesi
fra
casa
e
casa
;
strame
e
belletta
in
ogni
parte
.
È
Hasskioi
,
il
sobborgo
israelitico
,
il
ghetto
della
riva
settentrionale
del
Corno
d
'
Oro
,
che
fa
fronte
a
quello
dell
'
altra
riva
,
al
quale
lo
congiungeva
durante
la
guerra
di
Crimea
un
ponte
di
legno
di
cui
non
rimane
più
traccia
.
Di
qui
comincia
un
'
altra
lunga
catena
di
arsenali
,
di
scuole
militari
,
di
caserme
e
di
piazze
d
'
armi
,
che
si
stende
fin
quasi
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
.
Ma
di
questo
non
vedemmo
nulla
perché
ormai
non
ce
lo
consentivano
nè
le
gambe
,
nè
la
testa
.
Già
tutte
le
cose
vedute
ci
si
confondevano
nella
mente
;
ci
pareva
di
essere
in
viaggio
da
una
settimana
;
pensavamo
a
Pera
lontanissima
con
un
leggiero
sentimento
di
nostalgia
,
e
saremmo
tornati
indietro
,
se
non
ci
avesse
trattenuto
il
proposito
fatto
solennemente
sul
vecchio
ponte
,
e
se
Yunk
non
m
'
avesse
rianimato
,
secondo
il
suo
solito
,
intonando
la
gran
marcia
dell
'
Aida
.
[
Halidgi
-
Oghli
]
Avanti
dunque
.
Attraversiamo
un
altro
cimitero
musulmano
,
saliamo
sopra
un
'
altra
collina
,
entriamo
in
un
altro
sobborgo
,
nel
sobborgo
di
Halidgi
-
Oghli
,
abitato
da
una
popolazione
mista
;
una
piccola
città
dove
ad
ogni
svolto
di
vicolo
,
si
trova
una
nuova
razza
e
una
nuova
religione
.
Si
sale
,
si
scende
,
si
rampica
,
si
passa
in
mezzo
alle
tombe
,
alle
moschee
,
alle
chiese
,
alle
sinagoghe
;
si
gira
intorno
a
cimiteri
e
a
giardini
;
s
'
incontrano
delle
belle
armene
di
forme
matronali
e
delle
turche
leggiere
che
sbirciano
a
traverso
il
velo
;
si
sente
parlar
greco
,
armeno
e
spagnuolo
,
-
lo
spagnuolo
degli
ebrei
-
;
e
si
cammina
,
si
cammina
.
Si
dovrà
pure
arrivare
in
fondo
a
questa
Costantinopoli
!
-
diciamo
fra
noi
.
-
Tutto
ha
un
confine
su
questa
terra
!
Già
le
case
di
Halidgi
-
Oghli
diradano
,
cominciano
a
verdeggiare
li
orti
,
non
c
'
è
più
che
un
gruppo
di
abituri
,
vi
passiamo
in
mezzo
,
siamo
finalmente
arrivati
...
[
Sudludgé
]
Ahimè
!
non
siamo
arrivati
che
a
un
altro
sobborgo
.
È
il
sobborgo
cristiano
di
Sudludgé
,
che
s
'
innalza
sopra
una
collina
,
circondato
di
orti
e
di
cimiteri
;
sulla
collina
ai
piedi
della
quale
metteva
capo
il
solo
ponte
che
unisse
anticamente
le
due
rive
del
Corno
d
'
oro
.
Ma
questo
sobborgo
,
come
Dio
vuole
,
è
l
'
ultimo
,
e
la
nostra
escursione
è
finita
.
Usciamo
di
fra
le
case
per
cercare
un
luogo
di
riposo
;
saliamo
su
per
una
altura
ripida
e
nuda
che
s
'
alza
alle
spalle
di
Sudludgé
,
e
ci
troviamo
dinanzi
al
più
grande
cimitero
israelitico
di
Costantinopoli
:
un
vasto
piano
coperto
d
'
una
miriade
di
pietre
abbattute
,
le
quali
presentano
l
'
aspetto
sinistro
d
'
una
città
rovinata
dal
terremoto
,
senza
un
albero
,
senza
un
fiore
,
senza
un
filo
d
'
erba
,
senza
una
traccia
di
sentiero
:
una
solitudine
desolata
che
stringe
il
cuore
,
come
lo
spettacolo
d
'
una
grande
sventura
.
Sediamo
sopra
una
tomba
,
rivolti
verso
il
Corno
d
'
oro
,
ed
ammiriamo
,
riposando
,
il
panorama
immenso
e
gentile
che
ci
si
stende
dintorno
.
Si
vede
,
sotto
,
Sudludgé
,
Halidgi
-
Oghli
,
Hasskioj
,
Piri
-
Pascià
,
una
fuga
di
sobborghi
chiusi
fra
l
'
azzurro
del
mare
e
il
verde
dei
cimiteri
e
dei
giardini
;
a
sinistra
l
'
Okmeïdan
solitario
,
e
i
cento
minareti
di
Kassim
-
Pascià
;
più
lontano
,
Stambul
,
sterminata
e
confusa
;
di
là
da
Stambul
,
le
somme
linee
delle
montagne
dell
'
Asia
,
quasi
svanite
nel
cielo
;
dinanzi
,
proprio
in
faccia
a
Sudludgé
,
dall
'
altra
parte
del
Corno
d
'
oro
,
il
borgo
misterioso
d
'
Eyub
,
di
cui
si
distinguono
uno
per
uno
i
ricchi
mausolei
,
le
moschee
di
marmo
,
le
chine
ombrose
sparse
di
tombe
,
i
viali
solitari
,
e
i
recessi
pieni
di
tristezza
di
grazia
;
e
a
destra
d
'
Eyub
altri
villaggi
che
si
guardan
nell
'
acqua
,
e
poi
l
'
ultima
svolta
del
Corno
d
'
oro
,
che
si
perde
fra
due
alte
rive
rivestite
d
'
alberi
e
di
fiori
.
Spaziando
collo
sguardo
su
quel
panorama
,
stanchi
,
quasi
in
uno
stato
di
dormiveglia
,
senz
'
accorgercene
,
mettiamo
in
musica
quella
bellezza
,
canterellando
non
so
che
cosa
;
ci
domandiamo
chi
sarà
il
morto
su
cui
siamo
seduti
;
frughiamo
con
un
fuscello
dentro
un
formicaio
;
parliamo
di
mille
sciocchezze
;
ci
diciamo
di
tratto
in
tratto
:
-
Ma
siamo
proprio
a
Costantinopoli
?
-
;
poi
pensiamo
che
la
vita
è
breve
e
che
tutto
è
vanità
;
e
poi
ci
piglian
dei
fremiti
d
'
allegrezza
;
ma
in
fondo
sentiamo
che
nessuna
bellezza
della
terra
dà
una
gioia
veramente
intera
,
se
contemplandola
,
non
si
sente
nella
propria
mano
la
manina
della
donna
che
si
ama
.
[
In
caicco
]
Verso
il
tramonto
scendiamo
al
Corno
d
'
oro
,
entriamo
in
un
caicco
a
quattro
remi
,
e
non
abbiamo
ancora
pronunziato
la
parola
:
-
Galata
!
-
che
la
barchetta
gentile
è
già
lontana
dalla
riva
.
E
il
caicco
è
veramente
la
barchetta
più
gentile
che
abbia
mai
solcato
le
acque
.
È
più
lungo
della
gondola
,
ma
più
stretto
e
più
sottile
;
è
scolpito
,
dipinto
e
dorato
;
non
ha
nè
timone
,
nè
sedili
;
vi
si
siede
sopra
in
cuscino
o
un
tappeto
,
in
modo
che
non
riman
fuori
che
la
testa
e
le
spalle
;
è
terminato
alle
due
estremità
in
maniera
da
poter
andare
nelle
due
direzioni
;
si
squilibra
al
menomo
movimento
,
si
spicca
dalla
riva
come
una
freccia
dall
'
arco
,
par
che
voli
a
fior
d
'
acqua
come
una
rondine
,
passa
da
per
tutto
,
scivola
e
fugge
specchiando
nell
'
onde
i
suoi
mille
colori
come
un
delfino
inseguito
.
I
nostri
rematori
erano
due
bei
giovani
turchi
col
fez
rosso
,
con
una
camicia
cilestrina
,
con
un
paio
di
grandi
calzoni
bianchissimi
,
colle
braccia
e
colle
gambe
nude
;
due
atleti
ventenni
,
color
di
bronzo
,
puliti
,
allegri
e
baldanzosi
,
che
ad
ogni
remata
mandavano
innanzi
la
barca
di
tutta
la
sua
lunghezza
;
altri
caicchi
ci
passavano
accanto
di
volo
,
che
appena
si
vedevano
;
ci
passavano
vicino
degli
stormi
d
'
anitre
,
ci
roteavano
sul
capo
degli
uccelli
,
ci
rasentavano
delle
grandi
barche
coperte
,
piene
di
turche
velate
,
e
le
alghe
di
tratto
in
tratto
ci
nascondevano
ogni
cosa
.
Vista
d
'
in
fondo
al
Corno
d
'
Oro
,
a
quell
'
ora
,
la
città
presentava
un
aspetto
nuovissimo
.
Non
si
vedeva
la
riva
asiatica
,
a
cagione
della
curvatura
della
rada
;
la
collina
del
Serraglio
chiudeva
il
Corno
d
'
oro
come
un
lunghissimo
lago
;
le
colline
delle
due
rive
sembravano
ingigantite
;
e
,
Stambul
,
lontana
lontana
,
sfumata
con
una
gradazione
dolcissima
di
tinte
cineree
e
azzurrine
,
enorme
e
leggera
come
una
città
fatata
,
pareva
che
galleggiasse
sul
mare
e
si
perdesse
nel
cielo
.
Il
caicco
volava
,
le
due
rive
fuggivano
,
i
seni
succedevano
ai
seni
,
i
boschetti
ai
boschetti
,
i
sobborghi
ai
sobborghi
;
e
via
via
che
s
'
andava
innanzi
,
tutto
ci
s
'
allargava
e
ci
s
'
innalzava
dintorno
,
i
colori
della
città
illanguidivano
,
l
'
orizzonte
s
'
infocava
,
le
acque
mandavano
dei
riflessi
d
'
oro
e
di
porpora
,
e
un
profondo
stupore
ci
entrava
a
poco
a
poco
nell
'
anima
,
misto
a
una
dolcezza
indefinibile
,
che
ci
faceva
sorridere
e
non
ci
lasciava
parlare
.
Quando
il
caicco
si
fermò
allo
scalo
di
Galata
,
uno
dei
barcaioli
ci
dovette
gridare
negli
orecchi
:
Monsù
!
Arrivar
!
-
e
ci
destammo
come
da
un
sogno
.
IL
GRAN
BAZAR
Dopo
aver
visto
di
volo
tutta
Costantinopoli
,
percorrendo
le
due
rive
del
Corno
d
'
oro
,
è
tempo
di
entrare
nel
cuore
di
Stambul
,
d
'
andar
a
vedere
quella
fiera
universale
e
perpetua
,
quella
città
nascosta
,
oscura
,
piena
di
meraviglie
,
tesori
e
di
memorie
,
che
si
distende
fra
la
collina
di
Nuri
-
Osmanié
e
quella
del
Seraschiere
,
e
si
chiama
il
Grande
Bazar
.
Partiamo
dalla
piazza
della
moschea
Sultana
-
Validè
.
Qui
forse
si
vorrebbe
fermare
più
d
'
un
lettore
goloso
per
dare
un
'
occhiata
al
Balik
-
Bazar
,
mercato
dei
pesci
,
famoso
fin
dai
tempi
di
quel
vecchio
Andronico
Paleologo
,
il
quale
,
com
'
è
noto
,
dal
solo
prodotto
della
pesca
lungo
le
mura
della
città
ricavava
di
che
far
fronte
alle
spese
culinarie
di
tutta
la
sua
corte
.
La
pesca
,
infatti
,
è
ancora
abbondantissima
a
Costantinopoli
,
e
il
Balik
-
Bazar
,
nei
suoi
bei
giorni
,
potrebbe
offrire
all
'
autore
del
Ventre
de
Paris
il
soggetto
d
'
una
descrizione
pomposa
e
appetitosa
come
le
grandi
mense
dei
vecchi
quadri
olandesi
.
I
venditori
son
quasi
tutti
turchi
,
e
stanno
schierati
intorno
alla
piazza
,
coi
pesci
ammucchiati
sopra
stuoie
distese
in
terra
,
o
sopra
lunghe
tavole
,
intorno
a
cui
si
disputano
lo
spazio
una
folla
di
compratori
e
un
esercito
di
cani
.
Là
si
ritrovano
le
triglie
squisite
del
Bosforo
,
quattro
volte
più
grosse
di
quelle
dei
nostri
mari
;
le
ostriche
dell
'
isola
di
Marmara
,
che
i
Greci
e
gli
Armeni
soli
sanno
cuocere
a
punto
sulla
brace
;
le
palamite
e
i
tonni
che
son
salati
quasi
esclusivamente
dagli
Ebrei
;
le
alici
che
i
Turchi
impararono
a
salare
dai
Marsigliesi
;
le
sardelle
di
cui
Costantinopoli
provvede
l
'
Arcipelago
;
gli
ulufer
,
i
pesci
più
saporiti
del
Bosforo
,
che
si
pigliano
al
lume
della
luna
;
gli
scombri
del
Mar
Nero
,
che
fanno
sette
invasioni
successive
nelle
acque
della
città
,
levando
uno
strepito
che
si
sente
dalle
ville
delle
due
rive
;
isdaurid
colossali
,
pesci
spada
enormi
,
rombi
,
o
come
li
chiamano
i
Turchi
,
Kalkan
-
baluk
,
pesci
scudo
,
e
altri
mille
pesci
minori
,
che
guizzano
fra
i
due
mari
,
inseguiti
dai
delfini
e
dai
falianos
,
e
cacciati
da
innumerevoli
alcioni
,
a
cui
strappano
la
preda
dal
becco
i
piombini
.
Cuochi
di
pascià
,
vecchi
buongustai
musulmani
,
schiave
e
giovani
di
taverna
,
s
'
avvicinano
alle
tavole
,
guardano
i
pesci
in
atto
meditabondo
,
contrattano
a
monosillabi
,
e
se
ne
vanno
colla
loro
compra
appesa
a
uno
spago
,
tutti
gravi
e
taciturni
,
come
se
portassero
la
testa
d
'
un
nemico
;
a
mezzogiorno
la
piazza
è
sgombra
,
e
i
rivenditori
son
già
sparsi
per
i
caffè
vicini
,
dove
stanno
fino
al
cader
del
sole
,
sognando
ad
occhi
aperti
,
colle
spalle
al
muro
,
e
il
bocchino
del
narghilè
tra
le
labbra
.
Per
andare
al
Gran
Bazar
,
s
'
infila
una
strada
che
sbocca
nel
mercato
dei
pesci
,
tanto
stretta
che
le
sporgenze
delle
case
opposte
quasi
si
toccano
,
e
si
va
innanzi
per
un
buon
tratto
in
mezzo
a
due
file
di
botteghe
basse
ed
oscure
,
dove
si
vende
il
tabacco
"
la
quarta
colonna
della
tenda
della
voluttà
"
dopo
il
caffè
,
l
'
oppio
ed
il
vino
,
o
"
il
quarto
sofà
dei
godimenti
"
,
anch
'
esso
,
come
il
caffè
,
fulminato
un
tempo
da
editti
di
sultani
e
da
sentenze
di
muftì
,
e
cagione
di
torbidi
e
di
supplizi
,
che
lo
resero
più
saporito
.
Tutta
la
strada
è
occupata
dai
tabaccai
.
Il
tabacco
è
messo
in
mostra
sopra
assicciuole
,
a
piramidi
e
a
mucchi
rotondi
,
ognuno
sormontato
da
un
limone
.
Sono
piramidi
di
latakié
d
'
Antiochia
,
di
tabacco
del
Serraglio
biondo
e
sottilissimo
che
par
seta
della
più
fina
,
di
tabacco
da
sigarette
e
da
cibuk
,
di
tutte
le
gradazioni
di
sapore
e
di
forza
,
da
quel
che
fuma
il
facchino
gigantesco
di
Galata
a
quello
che
concilia
il
sonno
alle
odalische
annoiate
nei
chioschi
dei
giardini
imperiali
.
Il
tombeki
,
tabacco
fortissimo
,
che
darebbe
al
capo
anche
a
un
vecchio
fumatore
,
se
il
fumo
non
giungesse
alla
bocca
purificato
dall
'
acqua
del
narghilè
,
è
chiuso
in
boccie
di
vetro
come
un
medicinale
.
I
tabaccai
son
quasi
tutti
greci
od
armeni
cerimoniosi
,
che
affettano
un
certo
fare
signorile
;
gli
avventori
tengono
crocchio
;
vi
si
fermano
degli
impiegati
del
ministero
degli
esteri
e
del
Seraschierato
;
alle
volte
vi
dà
una
capatina
qualche
pezzo
grosso
;
vi
si
spolitica
,
si
va
a
raccogliervi
la
notizia
e
a
raccontarvi
il
fattarello
;
è
un
piccolo
bazar
appartato
e
aristocratico
,
che
invita
al
riposo
,
e
fa
sentire
,
anche
a
passarvi
soltanto
,
la
voluttà
della
chiacchera
e
del
fumo
.
Andando
innanzi
,
si
passa
sotto
una
vecchia
porta
ad
arco
,
inghirlandata
di
pampini
,
e
si
riesce
in
faccia
ad
un
vasto
edifizio
di
pietra
,
attraversato
da
una
lunga
strada
diritta
e
coperta
,
fiancheggiata
da
botteghe
oscure
,
e
ingombra
di
gente
,
di
casse
,
di
sacchi
,
di
mucchi
di
mercanzie
.
Entrando
,
si
sente
un
odore
d
'
aromi
acutissimo
,
che
quasi
ributta
indietro
.
È
il
bazar
egiziano
dove
sono
raccolte
tutte
le
derrate
dell
'
India
,
della
Siria
,
dell
'
Egitto
e
dell
'
Arrabia
,
che
ridotte
poi
in
essenze
,
in
pastiglie
,
in
polveri
,
in
unguenti
,
vanno
a
colorar
visetti
e
manine
d
'
odalische
,
a
profumar
stanze
e
bagni
e
bocche
e
barbe
e
pietanze
,
a
rinvigorire
Pascià
sfibrati
,
ad
assopire
spose
infelici
,
a
istupidire
fumatori
,
a
spander
sogni
,
ebbrezza
ed
obblìo
nella
città
sterminata
.
Fatti
pochi
passi
in
questo
bazar
,
si
comincia
a
sentir
la
testa
pesante
,
e
si
fugge
;
ma
la
sensazione
di
quell
'
aria
calda
e
grave
,
e
di
quei
profumi
inebbrianti
,
ci
accompagna
ancora
per
un
buon
tratto
all
'
aria
libera
,
e
rimane
poi
viva
nella
memoria
come
una
delle
più
intime
e
più
significanti
impressioni
dell
'
Oriente
.
Uscendo
dal
bazar
egiziano
,
si
passa
in
mezzo
a
officine
rumorose
di
calderai
,
a
taverne
turche
,
che
riempiono
la
strada
di
puzzi
nauseabondi
,
a
mille
botteguccie
e
nicchiette
e
buchi
oscuri
,
dove
si
fabbrica
e
si
vende
una
minutaglia
infinita
d
'
oggetti
senza
nome
,
e
si
arriva
finalmente
al
Grande
Bazar
.
Ma
assai
prima
d
'
arrivarci
,
s
'
è
assaliti
e
bisogna
difendersi
.
A
cento
passi
dalla
gran
porta
d
'
entrata
,
sono
appostati
,
come
bravi
,
i
sensali
dei
mercanti
,
e
i
sensali
dei
sensali
,
che
alla
prima
occhiata
v
'
hanno
riconosciuto
per
forestiero
,
hanno
capito
che
andate
al
bazar
per
la
prima
volta
,
e
indovinato
presso
a
poco
di
che
paese
siete
,
tanto
che
assai
di
rado
sbagliano
lingua
nel
dirigervi
la
parola
.
S
'
avvicinano
col
fez
in
mano
e
col
sorriso
sulle
labbra
e
v
'
offrono
i
loro
servizi
.
Allora
segue
quasi
sempre
un
dialogo
come
questo
.
-
Non
compro
nulla
-
rispondete
.
-
Che
importa
,
signore
?
Io
non
voglio
che
farle
vedere
il
bazar
.
-
Non
voglio
vedere
il
bazar
.
-
Ma
io
l
'
accompagno
gratis
.
-
Non
voglio
essere
accompagnato
gratis
.
-
Ebbene
,
non
l
'
accompagnerò
che
fino
in
fondo
alla
strada
,
per
darle
qualche
informazione
che
le
sarà
utile
un
altro
giorno
,
quando
verrà
per
comprare
.
-
Ma
se
non
voglio
neppur
sentir
discorrere
di
comprare
!
-
Parleremo
d
'
altro
,
signore
.
È
a
Costantinopoli
da
molto
tempo
?
È
soddisfatto
del
suo
albergo
?
Ha
ottenuto
il
permesso
di
visitare
le
moschee
?
-
Ma
se
vi
dico
che
non
voglio
parlare
,
che
voglio
esser
solo
!
-
Ebbene
,
la
lascierò
solo
;
la
seguiterò
alla
distanza
di
dieci
passi
.
-
Ma
perché
mi
volete
seguitare
?
-
Per
impedire
che
la
truffino
nelle
botteghe
.
-
Ma
se
non
entro
nelle
botteghe
!
-
Allora
...
per
impedire
che
le
diano
noia
per
la
strada
.
Insomma
,
o
bisogna
rimetterci
il
fiato
,
o
lasciarsi
accompagnare
.
Il
grande
bazar
non
ha
nulla
all
'
esterno
che
attiri
l
'
occhio
e
faccia
indovinare
il
di
dentro
.
È
un
immenso
edifizio
di
pietra
,
di
stile
bizantino
,
di
forma
irregolare
,
circondato
d
'
alte
mura
grigie
,
e
sormontato
da
centinaia
di
cupolette
rivestite
di
piombo
e
traforate
,
che
danno
luce
all
'
interno
:
l
'
entrata
principale
è
una
porta
arcata
,
senza
carattere
architettonico
;
dai
vicoli
intorno
non
si
sente
nessun
rumore
;
a
quattro
passi
dalla
porta
si
può
credere
ancora
che
dietro
quei
muri
di
fortezza
non
ci
sia
altro
che
solitudine
e
silenzio
.
Ma
appena
entrati
,
si
rimane
sbalorditi
.
Non
si
è
dentro
a
un
edifizio
,
ma
in
un
labirinto
di
strade
coperte
da
volte
arcate
e
fiancheggiate
da
pilastri
scolpiti
e
da
colonne
;
in
una
vera
città
,
colle
sue
moschee
,
colle
sue
fontane
,
coi
suoi
crocicchi
,
colle
sue
piazzette
,
rischiarata
da
una
luce
vaga
come
quella
d
'
una
foresta
fitta
in
cui
non
penetri
un
raggio
di
sole
;
e
percorsa
da
una
folla
immensa
.
Ogni
strada
è
un
bazar
,
e
quasi
tutte
metton
capo
in
una
strada
principale
,
coperta
da
una
volta
ad
archi
di
pietre
bianche
e
nere
,
e
decorata
d
'
arabeschi
,
come
una
navata
di
moschea
.
In
queste
strade
semioscure
,
in
mezzo
alla
folla
ondeggiante
,
passano
carrozze
,
cammelli
e
cavalieri
,
che
fanno
uno
strepito
assordante
.
In
ogni
parte
si
è
apostrofati
a
parole
e
a
cenni
.
Il
mercante
greco
chiama
ad
alta
voce
e
gesticola
in
atto
quasi
imperioso
;
l
'
armeno
,
altrettanto
furbo
,
ma
d
'
apparenza
più
modesta
sollecita
con
maniere
ossequiose
;
l
'
ebreo
susurra
le
sue
offerte
nell
'
orecchio
;
il
turco
silenzioso
,
accosciato
sopra
un
cuscino
sulla
soglia
della
bottega
,
non
invita
che
cogli
occhi
e
si
rimette
al
destino
.
Dieci
voci
insieme
vi
chiamano
:
Monsieur
!
Captan
!
Caballero
!
Signore
!
Eccellenza
!
Kyrie
!
Milord
!
-
Ad
ogni
svolta
,
per
le
porte
laterali
,
si
vedono
fughe
d
'
arcate
e
di
pilastri
,
lunghi
corridoi
,
scorci
di
stradette
,
prospetti
lontani
e
confusi
di
bazar
,
e
per
tutto
botteghe
,
merci
appese
ai
muri
e
alle
volte
,
mercanti
affaccendati
,
facchini
carichi
,
gruppi
di
donne
velate
,
un
fermarsi
e
un
disfarsi
continuo
di
crocchi
rumorosi
,
un
rimescolìo
di
gente
e
di
cose
,
da
dare
il
capogiro
.
La
confusione
,
però
,
non
è
che
apparente
.
Questo
immenso
bazar
è
ordinato
come
una
caserma
,
e
bastano
poche
ore
per
mettersi
in
grado
di
trovarci
qualunque
cosa
vi
si
cerchi
,
senza
bisogno
di
guida
.
Ogni
genere
di
mercanzia
ha
il
suo
piccolo
quartiere
,
la
sua
stradetta
,
il
suo
corridoio
,
la
sua
piazzuola
.
Sono
cento
piccoli
bazar
che
mettono
l
'
uno
nell
'
altro
,
come
le
sale
di
un
vastissimo
appartamento
;
ed
ogni
bazar
è
nello
stesso
tempo
un
museo
,
un
passeggio
,
un
mercato
e
un
teatro
,
nel
quale
si
può
veder
tutto
senza
comprar
nulla
,
prendere
il
caffè
,
godere
il
fresco
,
chiacchierare
in
dieci
lingue
e
fare
agli
occhi
colle
più
belle
donnine
dell
'
Oriente
.
Si
può
prendere
un
bazar
a
caso
e
passarci
una
mezza
giornata
senz
'
accorgersene
:
per
esempio
il
bazar
delle
stoffe
e
dei
vestiti
.
È
un
emporio
di
bellezze
e
di
ricchezze
da
perderci
gli
occhi
,
il
cervello
e
la
borsa
;
e
bisogna
star
in
guardia
,
perché
il
menomo
capriccio
può
aver
per
conseguenza
di
farci
chiedere
soccorso
a
casa
per
telegrafo
.
Si
passeggia
in
mezzo
a
mucchi
e
a
torri
di
broccati
di
Bagdad
,
di
tappeti
di
Caramania
,
di
sete
di
Brussa
,
di
tele
dell
'
Indostan
,
di
mussoline
del
Bengala
,
di
scialli
di
Madras
,
di
casimir
dell
'
India
e
della
Persia
,
di
tessuti
variopinti
del
Cairo
,
di
cuscini
rabescati
d
'
oro
,
di
veli
di
seta
rigati
d
'
argento
,
di
sciarpe
di
tocca
a
righe
azzurre
e
incarnate
,
leggiere
e
trasparenti
che
paiono
vaporose
,
di
stoffe
d
'
ogni
forma
e
d
'
ogni
disegno
,
in
cui
il
chermisino
,
il
blu
,
il
verde
,
il
giallo
,
i
colori
più
ribelli
alle
combinazioni
simpatiche
,
si
avvicinano
e
s
'
intrecciano
con
un
ardimento
e
un
'
armonia
da
far
rimanere
a
bocca
aperta
;
di
tappeti
da
tavola
d
'
ogni
grandezza
,
a
fondo
rosso
o
bianco
,
ricamati
d
'
arabeschi
,
di
fiori
,
di
versetti
del
Corano
,
di
cifre
imperiali
,
che
si
starebbe
un
giorno
a
contemplarli
come
le
pareti
dell
'
Alhambra
.
Qui
si
possono
ammirare
ad
una
ad
una
tutte
le
parti
del
vestiario
turco
signorile
,
come
nelle
alcove
d
'
un
arem
,
dalle
cappe
verdi
,
ranciate
e
color
di
giacinto
,
che
coprono
ogni
cosa
,
fino
alle
camicie
di
seta
,
ai
fazzoletti
ricamati
d
'
oro
e
alle
cinture
di
raso
a
cui
non
può
giungere
altro
sguardo
d
'
uomo
che
quel
del
signore
e
dell
'
eunuco
.
Qui
i
caffettani
di
velluto
rosso
,
contornati
d
'
ermellino
e
coperti
di
stelle
;
i
bustini
di
raso
giallo
,
i
calzoncini
di
seta
color
di
rosa
,
le
sottovesti
di
damasco
bianco
tempestate
di
fiori
d
'
oro
,
i
veli
di
sposa
scintillanti
di
pagliuole
d
'
argento
,
i
casacchini
di
terzopelo
verde
,
orlati
di
piumino
di
cigno
;
le
vesti
greche
,
armene
e
circasse
,
di
mille
tagli
capricciosi
,
sovraccariche
d
'
ornamenti
,
dure
e
splendenti
come
corazze
;
e
in
mezzo
a
tutti
questi
tesori
,
le
stoffe
prosaiche
di
Francia
e
d
'
Inghilterra
,
dai
colori
sinistri
,
che
ci
fanno
la
figura
della
nota
d
'
un
sarto
in
mezzo
alle
pagine
d
'
un
poema
.
Nessuno
che
ami
una
donna
,
può
passare
in
quel
bazar
senza
considerare
come
una
grande
sventura
di
non
essere
millionario
,
e
senza
sentirsi
per
un
momento
divampare
nell
'
anima
il
furore
del
saccheggio
.
Per
liberarsi
da
queste
idee
,
non
c
'
è
che
a
svoltare
nel
bazar
delle
pipe
.
Qui
l
'
immaginazione
è
ricondotta
a
desiderii
più
tranquilli
.
Sono
fasci
di
cibuk
di
gelsomino
,
di
ciliegio
,
d
'
acero
e
di
rosaio
;
bocchini
d
'
ambra
gialla
del
mar
Baltico
,
levigati
e
luccicanti
come
il
cristallo
,
d
'
innumerevoli
gradazioni
di
colore
e
di
trasparenza
,
ornati
di
rubini
e
di
diamanti
;
pipe
di
Cesarea
,
colla
cannetta
fasciata
di
fili
d
'
oro
e
di
seta
;
borse
da
tabacco
del
Libano
,
a
losanghe
di
varii
colori
,
rabescati
di
ricami
splendenti
;
narghilè
di
cristallo
di
Boemia
,
d
'
acciaio
e
d
'
argento
,
di
belle
forme
antiche
,
damaschinati
,
niellati
,
tempestati
di
pietre
preziose
,
con
tubi
di
marocchino
scintillanti
di
dorature
e
d
'
anelli
,
fasciati
nella
bambagia
,
e
perpetuamente
custoditi
da
due
occhi
fissi
,
che
all
'
avvicinarsi
d
'
ogni
curioso
si
dilatano
come
occhi
di
civetta
,
e
fanno
morir
sulle
labbra
la
richiesta
del
prezzo
a
chiunque
non
sia
almeno
vizir
o
pascià
e
non
abbia
dissanguato
per
qualche
anno
una
provincia
dell
'
Asia
Minore
.
Qui
non
viene
a
comprare
che
il
messo
della
Sultana
che
vuol
dare
un
pegno
di
gratitudine
al
gran
vizir
arrendevole
,
o
l
'
alto
dignitario
di
Corte
che
,
prendendo
possesso
della
nuova
carica
,
è
costretto
,
per
suo
decoro
,
a
spendere
cinquanta
mila
lire
in
una
rastrelliera
di
pipe
;
o
l
'
ambasciatore
del
Sultano
che
vuol
portare
al
Monarca
europeo
un
ricordo
splendido
di
Stambul
.
Il
turco
modesto
dà
uno
sguardo
malinconico
e
passa
oltre
,
parafrasando
,
per
consolarsi
,
la
sentenza
del
Profeta
:
-
il
fuoco
dell
'
inferno
tuonerà
come
il
muggito
del
cammello
nel
ventre
di
colui
che
fuma
in
una
pipa
d
'
oro
o
d
'
argento
.
Di
qui
si
ricasca
fra
le
tentazioni
entrando
nel
bazar
dei
profumieri
,
che
è
uno
dei
più
schiettamente
orientali
e
dei
più
cari
al
Profeta
,
il
quale
diceva
:
-
Donne
,
bambini
e
profumi
-
,
per
dire
i
suoi
tre
più
dolci
piaceri
.
Qui
si
trovano
le
famose
pastiglie
del
Serraglio
che
profumano
i
baci
,
le
cassule
di
gomma
odorosa
che
staccano
dal
mastico
le
forti
fanciulle
di
Chio
,
per
mandarla
a
rafforzar
le
gengive
delle
molli
musulmane
;
le
essenze
squisite
di
bergamotto
e
di
gelsomino
,
e
quelle
potentissime
di
rosa
,
chiuse
in
astucci
di
velluto
ricamato
d
'
oro
,
d
'
un
prezzo
da
far
rizzare
i
capelli
;
qui
il
collirio
per
le
sopracciglia
,
l
'
antimonio
per
gli
occhi
,
l
'
henné
per
le
unghie
,
i
saponi
che
ammorbidiscono
la
cute
delle
belle
siriane
,
le
pillole
che
fanno
cadere
i
peli
dal
volto
delle
maschie
circasse
,
le
acque
di
cedro
e
d
'
arancio
,
i
sacchetti
di
muschio
,
l
'
olio
di
sandalo
,
l
'
ambra
grigia
,
l
'
aloè
per
profumare
le
chicchere
e
le
pipe
,
una
miriade
di
polveri
,
d
'
acque
e
di
pomate
,
distinte
con
nomi
fantastici
e
destinate
ad
usi
indicibili
,
che
rappresentano
ciascuna
un
capriccio
amoroso
,
un
proposito
di
seduzione
,
un
raffinamento
di
voluttà
,
e
spandono
tutte
insieme
una
fragranza
acuta
e
sensuale
,
che
fa
veder
come
in
sogno
dei
grandi
occhi
languidi
e
delle
manine
carezzevoli
,
e
sentire
un
suono
sommesso
di
respiri
e
di
baci
.
Tutte
queste
fantasie
svaniscono
entrando
nel
bazar
dei
gioiellieri
,
che
è
una
stradetta
oscura
e
deserta
,
fiancheggiata
da
botteguccie
d
'
aspetto
meschino
,
in
cui
nessuno
direbbe
mai
che
sian
nascosti
,
come
ci
sono
,
dei
tesori
favolosi
.
Le
gioie
sono
chiuse
in
cofani
di
legno
di
quercia
,
cerchiati
e
corazzati
di
ferro
,
e
posti
sul
davanti
delle
botteghe
,
sotto
gli
occhi
dei
mercanti
:
vecchi
turchi
o
vecchi
ebrei
,
dalle
lunghe
barbe
e
dallo
sguardo
acuto
,
che
par
che
penetri
nelle
tasche
e
trapassi
i
portamonete
.
Qualcuno
sta
ritto
dinanzi
alla
sua
tana
,
e
quando
gli
passate
accanto
,
prima
vi
ficca
gli
occhi
negli
occhi
,
poi
con
un
rapido
movimento
vi
mette
sotto
il
viso
un
diamante
di
Golconda
o
uno
zaffiro
d
'
Ormus
o
un
rubino
di
Giamscid
,
che
al
menomo
vostro
cenno
negativo
,
ritira
colla
medesima
rapidità
con
cui
l
'
ha
porto
.
Altri
girano
a
passi
lenti
,
vi
fermano
in
mezzo
alla
strada
e
,
dopo
aver
rivolto
intorno
uno
sguardo
sospettoso
,
tirano
fuor
del
seno
un
cencio
sucido
,
e
lo
spiegano
,
e
vi
fanno
vedere
un
bel
topazio
del
Brasile
o
una
bella
turchina
di
Macedonia
,
guardandovi
coll
'
occhio
di
demoni
tentatori
.
Altri
non
fanno
che
darvi
un
'
occhiata
scrutatrice
,
e
non
giudicandovi
una
faccia
da
pietre
preziose
,
non
si
degnano
di
offrirvi
nulla
.
Nessuno
poi
fa
l
'
atto
d
'
aprire
il
cofanetto
,
se
anche
aveste
la
faccia
d
'
un
santo
o
l
'
aria
d
'
un
Creso
.
Le
collane
d
'
opale
,
i
fiori
e
le
stelle
di
smeraldo
,
le
mezzelune
e
i
diademi
contornati
di
perle
d
'
Ofir
,
i
mucchietti
abbarbaglianti
di
acque
-
di
-
mare
,
di
crisoberilli
,
d
'
avventurine
,
di
agate
,
di
granate
,
di
lapislazzuli
,
rimangono
inesorabilmente
nascosti
agli
occhi
dei
curiosi
senza
quattrini
,
e
specialmente
a
quelli
d
'
uno
scrittore
italiano
.
Tutt
'
al
più
egli
può
arrischiarsi
a
domandare
il
prezzo
di
qualche
tespí
,
o
coroncina
d
'
ambra
,
di
sandalo
o
di
corallo
,
da
far
scorrere
tra
le
dita
,
come
i
turchi
,
per
ingannare
il
tempo
negli
intervalli
dei
suoi
lavori
forzati
.
Per
divertirsi
bisogna
entrare
nelle
botteghe
dei
franchi
,
mercanti
di
stoffe
,
dove
c
'
è
merce
per
tutte
le
borse
.
Appena
entrati
,
si
ha
intorno
un
cerchio
di
gente
che
non
si
capisce
di
dove
sia
sbucata
.
Non
è
mai
possibile
l
'
aver
che
fare
con
un
solo
.
Tra
il
mercante
,
i
soci
del
mercante
,
i
sensali
,
i
manutengoli
e
i
tirapiedi
,
son
sempre
una
mezza
dozzina
.
Se
non
v
'
accoppa
uno
,
v
'
impicca
l
'
altro
:
non
c
'
è
modo
di
scansare
una
brutta
fine
.
E
non
si
può
dire
con
che
arte
,
con
che
pazienza
,
con
che
ostinazione
,
con
che
diabolici
raggiri
fanno
comprare
quello
che
vogliono
.
Domandano
d
'
ogni
cosa
un
subisso
:
offrite
il
terzo
:
lasciano
cader
le
braccia
in
segno
di
profondo
scoraggiamento
,
o
si
battono
la
fronte
in
atto
disperato
,
e
non
rispondono
;
oppure
si
espandono
in
un
torrente
di
parole
appassionate
per
toccarvi
il
cuore
.
Siete
un
uomo
crudele
,
volete
costringerli
a
chiuder
bottega
,
volete
ridurli
alla
miseria
,
non
avete
compassione
dei
loro
figliuoli
,
non
capiscono
che
cosa
possano
avervi
fatto
di
male
per
trattarli
in
quella
maniera
.
Mentre
vi
dicono
il
prezzo
d
'
un
oggetto
,
un
sensale
d
'
una
bottega
vicina
vi
susurra
nell
'
orecchio
:
-
Non
comprate
,
vi
truffano
.
-
Voi
credete
che
sia
sincero
,
e
invece
è
d
'
accordo
col
mercante
;
vi
dice
che
vi
truffano
collo
scialle
,
per
guadagnare
la
vostra
fiducia
,
e
farvi
rompere
il
collo
un
minuto
dopo
,
consigliandovi
di
comprare
il
tappeto
.
Mentre
esaminate
la
stoffa
,
essi
si
parlano
a
gesti
,
a
occhiate
,
a
colpi
di
gomito
,
a
mezze
parole
.
Se
sapete
il
greco
,
parlano
turco
;
se
sapete
il
turco
,
parlano
armeno
;
se
sapete
l
'
armeno
,
parlano
spagnuolo
;
ma
in
qualche
modo
s
'
intendono
e
ve
l
'
accoccano
.
Se
poi
tenete
duro
,
v
'
insaponano
;
vi
dicono
che
parlate
bene
la
loro
lingua
,
che
avete
un
fare
da
gentiluomo
e
che
non
dimenticheranno
mai
più
la
vostra
bella
figura
;
vi
discorrono
del
vostro
paese
,
nel
quale
sono
stati
molto
tempo
,
perché
sono
stati
da
per
tutto
;
vi
fanno
il
caffè
,
vi
offrono
d
'
accompagnarvi
alla
dogana
quando
partirete
,
per
impedire
che
vi
facciano
dei
soprusi
,
ossia
per
truffar
voi
,
la
dogana
e
i
vostri
compagni
di
viaggio
,
se
ne
avete
;
mettono
sottosopra
tutta
la
bottega
,
e
non
vi
fanno
punto
il
viso
arcigno
se
ve
n
'
andate
senza
comprare
:
se
non
è
quel
giorno
,
sarà
un
altro
;
al
bazar
ci
dovete
tornare
,
i
loro
cani
da
caccia
vi
riconosceranno
;
se
non
cadrete
nelle
loro
mani
,
cadrete
in
quelle
d
'
un
loro
socio
;
se
non
vi
peleranno
come
mercanti
,
vi
scorticheranno
come
sensali
;
se
non
vi
aggiusteranno
in
bottega
,
vi
serviranno
la
messa
alla
dogana
;
il
colpo
non
può
fallire
.
A
che
popolo
appartengono
costoro
?
Non
si
capisce
.
A
furia
di
parlar
lingue
diverse
,
han
perduto
il
loro
accento
primitivo
;
a
forza
di
far
la
commedia
,
hanno
alterati
i
tratti
fisionomici
della
loro
razza
;
son
di
che
paese
si
vuole
,
fanno
il
mestiere
che
si
desidera
,
sono
interpreti
,
guide
,
mercanti
,
usurai
;
e
sopra
ogni
cosa
,
artisti
insuperabili
nell
'
arte
di
scroccare
l
'
universo
.
I
mercanti
musulmani
offrono
un
campo
d
'
osservazioni
affatto
diverso
.
Fra
loro
si
ritrovano
ancora
quei
vecchi
turchi
,
ormai
rari
per
le
vie
di
Costantinopoli
,
che
sono
come
la
personificazione
del
tempo
dei
Maometti
e
dei
Bajazet
,
i
resti
viventi
del
vecchio
edifizio
ottomano
,
ch
'
ebbe
il
primo
crollo
dalle
riforme
di
Mahmut
,
e
che
di
giorno
in
giorno
,
pietra
per
pietra
,
rovina
e
si
trasforma
.
Bisogna
venire
nel
gran
bazar
e
ficcare
lo
sguardo
in
fondo
alle
botteguccie
più
oscure
delle
stradette
più
appartate
,
per
ritrovare
i
vecchi
turbanti
enormi
dei
tempi
di
Solimano
,
dalla
forma
di
cupole
di
moschee
;
le
faccie
impassibili
,
gli
occhi
di
vetro
,
i
nasi
adunchi
,
le
lunghe
barbe
bianche
,
gli
antichi
caffettani
aranciati
e
purpurei
,
i
grandi
calzoni
a
mille
pieghe
stretti
intorno
alla
vita
dalle
sciarpe
smisurate
,
gli
atteggiamenti
alteri
e
tristi
dell
'
antico
popolo
dominatore
,
i
visi
istupiditi
dall
'
oppio
o
illuminati
dal
sentimento
d
'
una
fede
ardente
.
Essi
son
là
in
fondo
alle
loro
nicchie
,
colle
braccia
e
colle
gambe
incrociate
,
immobili
e
gravi
come
idoli
,
e
aspettano
,
senz
'
aprir
bocca
,
i
compratori
predestinati
.
Se
le
cose
vanno
bene
,
mormorano
:
-
Mach
Allà
!
-
Sia
lodato
Iddio
!
-
;
se
vanno
male
:
-
Olsun
!
-
Così
sia
-
,
e
chinano
la
testa
rassegnati
.
Alcuni
leggono
il
Corano
,
altri
fanno
scorrere
fra
le
dita
le
pallettine
del
tespì
,
mormorando
sbadatamente
i
cento
epiteti
d
'
Allà
;
altri
che
han
fatto
buoni
affari
,
bevono
il
loro
narghilè
,
per
dirla
coll
'
espressione
turca
,
girando
intorno
lentamente
uno
sguardo
voluttuoso
e
pieno
di
sonno
;
altri
stanno
curvi
,
cogli
occhi
socchiusi
e
colla
fronte
corrugata
come
occupati
da
un
profondo
pensiero
.
A
che
cosa
pensano
?
Forse
ai
loro
figliuoli
morti
sotto
le
mura
di
Sebastopoli
o
alle
loro
carovane
disperse
o
alle
loro
voluttà
perdute
o
ai
giardini
eterni
,
promessi
dal
Profeta
,
dove
all
'
ombra
delle
palme
e
dei
granati
,
sposeranno
le
vergini
dagli
occhi
neri
,
che
nè
uomo
nè
genio
non
ha
mai
profanate
.
Tutti
hanno
qualchecosa
di
bizzarro
,
tutti
sono
pittoreschi
;
ogni
bottega
è
la
cornice
d
'
un
quadro
pieno
di
colori
e
di
pensiero
,
che
fa
balenare
alla
mente
la
storia
intera
d
'
una
vita
avventurosa
e
fantastica
.
Quest
'
uomo
secco
e
abbronzato
,
dai
lineamenti
arditi
,
è
un
arabo
che
ha
guidato
egli
stesso
dal
fondo
della
sua
patria
lontana
i
suoi
cammelli
carichi
di
gemme
e
d
'
alabastro
,
e
s
'
è
sentito
più
volte
fischiare
agli
orecchi
le
palle
dei
ladroni
del
deserto
.
Quest
'
altro
dal
turbante
giallo
e
dall
'
aspetto
signorile
,
ha
attraversato
a
cavallo
le
solitudini
della
Siria
,
portando
le
sete
di
Tiro
e
di
Sidone
.
Questo
nero
col
capo
ravvolto
in
un
vecchio
scialle
di
Persia
,
colla
fronte
rigata
di
cicatrici
che
gli
fecero
i
negromanti
per
salvarlo
dalla
morte
,
che
tiene
il
viso
alto
,
come
se
guardasse
ancora
le
teste
dei
colossi
di
Tebe
e
le
cime
delle
Piramidi
,
è
venuto
dalla
Nubia
.
Questo
bel
moro
dalla
faccia
pallida
e
dagli
occhi
neri
,
ravvolto
in
una
cappa
bianchissima
,
ha
portato
i
suoi
caic
e
i
suoi
tappeti
dalle
ultime
falde
occidentali
della
catena
dell
'
Atlante
.
Questo
turco
dal
turbante
verde
e
dal
volto
estenuato
ha
fatto
quest
'
anno
stesso
il
grande
pellegrinaggio
,
ha
visto
parenti
ed
amici
morir
di
sete
in
mezzo
alle
pianure
interminabili
dell
'
Asia
Minore
,
è
arrivato
alla
Mecca
in
fin
di
vita
,
ha
fatto
sette
volte
strascinandosi
il
giro
della
Kaaba
,
ed
è
caduto
in
deliquio
coprendo
di
baci
furiosi
la
Pietra
nera
.
Questo
colosso
dal
viso
bianco
,
dalle
sopracciglia
arcate
,
dagli
occhi
fulminei
,
che
par
più
un
guerriero
che
un
mercante
,
e
spira
da
tutta
la
persona
l
'
ambizione
e
l
'
orgoglio
,
ha
portato
le
sue
pelliccie
dalle
regioni
settentrionali
del
Caucaso
,
dove
,
nei
suoi
begli
anni
,
fece
cader
la
testa
dalle
spalle
a
più
d
'
un
Cosacco
.
E
questo
povero
mercante
di
lane
,
dal
viso
schiacciato
e
dagli
occhi
piccoli
e
obliqui
,
tarchiato
e
rude
come
un
atleta
,
non
è
gran
tempo
che
disse
le
sue
preghiere
all
'
ombra
dell
'
immensa
cupola
che
protegge
il
sepolcro
di
Timur
:
egli
è
partito
da
Samarkanda
,
ha
valicato
i
deserti
della
grande
Bukaria
,
è
passato
in
mezzo
alle
orde
dei
turcomanni
,
ha
attraversato
il
Mar
Morto
,
è
sfuggito
alle
palle
dei
Circassi
,
ha
ringraziato
Allà
nelle
moschee
di
Trebisonda
,
ed
è
venuto
a
cercar
fortuna
a
Stambul
,
di
dove
ritornerà
,
vecchio
,
in
fondo
alla
sua
Tartaria
,
che
gli
sta
sempre
nel
cuore
.
Uno
dei
bazar
più
splendidi
è
il
bazar
delle
calzature
,
ed
è
forse
anche
quello
che
mette
più
grilli
nel
capo
.
Sono
due
file
di
botteghe
smaglianti
che
danno
alla
strada
l
'
aspetto
d
'
una
sala
di
reggia
,
o
d
'
uno
di
quei
giardini
delle
leggende
arabe
in
cui
gli
alberi
hanno
le
foglie
d
'
oro
e
fiori
di
perle
.
C
'
è
da
calzare
tutti
i
piedini
di
tutte
le
corti
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
.
Le
pareti
son
coperte
di
pantofole
di
velluto
,
di
pelle
,
di
broccato
,
di
raso
,
dei
colori
più
petulanti
e
delle
forme
più
capricciose
,
ornate
di
filigrana
,
contornate
di
lustrini
,
abbellite
di
nappine
di
seta
e
di
piuma
di
cigno
,
stelleggiate
e
infiorate
d
'
argento
e
d
'
oro
,
coperte
d
'
arabeschi
intricati
che
non
lasciano
più
vedere
il
tessuto
,
e
lampeggianti
di
zaffiri
e
di
smeraldi
.
Ce
n
'
è
per
le
spose
dei
barcaiuoli
e
per
le
belle
del
Sultano
,
da
cinque
e
da
mille
lire
il
paio
;
ci
sono
le
scarpette
di
marocchino
che
premeranno
i
ciottoli
di
Pera
,
le
babbuccie
che
striscieranno
sui
tappeti
degli
arem
,
gli
zoccoletti
che
faranno
risonare
i
marmi
dei
bagni
imperiali
,
le
pianelline
di
raso
bianco
su
cui
s
'
inchioderanno
le
labbra
ardenti
dei
Pascià
,
e
forse
qualche
paio
di
pantofole
imperlate
che
aspetteranno
ogni
mattina
lo
svegliarsi
d
'
una
bella
Georgiana
accanto
al
letto
del
Gran
Signore
.
Ma
che
piedi
possono
entrare
in
quelle
babbuccie
?
Ve
ne
sono
che
paion
tagliate
ai
piedi
delle
urì
e
delle
fate
;
lunghe
come
una
foglia
di
giglio
,
larghe
come
una
foglia
di
rosa
,
d
'
una
piccolezza
da
far
disperare
tutta
l
'
Andalusia
,
d
'
una
grazia
da
farsi
sognare
;
non
babbuccie
,
ma
gioielli
da
tenersi
sul
tavolino
;
scatolini
da
metterci
dei
dolci
o
dei
bigliettini
amorosi
;
da
non
poter
immaginare
che
ci
sia
un
piedino
che
v
'
entri
,
senza
desiderare
di
rivoltarselo
un
mese
fra
le
mani
affollandolo
di
domande
e
di
vezzi
.
Questo
bazar
è
uno
dei
più
frequentati
dagli
stranieri
.
Vi
si
vedono
spesso
dei
giovani
europei
,
che
hanno
in
un
pezzetto
di
carta
la
misura
d
'
un
piedino
italiano
o
francese
,
di
cui
forse
sono
alteri
,
e
che
fanno
un
atto
di
stupore
o
di
dispetto
,
riconoscendo
che
passa
di
molto
la
lunghezza
d
'
una
certa
babbuccina
su
cui
han
posto
gli
occhi
;
ed
altri
che
,
domandato
il
prezzo
,
e
sentita
una
schiopettata
,
scappano
senza
ribatter
parola
.
Qui
pure
spesseggiano
le
signore
mussulmane
,
le
hanum
dai
grandi
veli
bianchi
,
e
occorre
sovente
di
cogliere
passando
qualche
frammento
dei
loro
lunghi
dialoghi
coi
venditori
,
qualche
parola
armoniosa
della
loro
bella
lingua
,
pronunziata
da
una
voce
chiara
e
dolce
che
accarezza
l
'
orecchio
come
il
suono
d
'
una
mandòla
.
-
Buni
catscia
verersin
?
-
Quanto
vale
questo
?
-
Pahalli
dir
.
-
È
troppo
caro
.
-
Ziadè
veremèm
.
-
Non
pagherò
di
più
.
E
poi
una
risata
fanciullesca
e
sonora
,
che
mette
voglia
di
pigliarle
un
pizzico
di
guancia
e
darle
una
presa
di
monella
.
Il
bazar
più
ricco
e
più
pittoresco
è
quello
delle
armi
.
Non
è
un
bazar
,
è
un
museo
,
riboccante
di
tesori
,
pieno
di
memorie
e
d
'
immagini
che
trasportano
il
pensiero
nelle
regioni
della
storia
e
della
leggenda
,
e
destano
un
sentimento
indescrivibile
di
meraviglia
e
di
sgomento
.
Tutte
le
armi
più
strane
,
più
spaventose
e
più
feroci
che
sono
state
brandite
dalla
Mecca
al
Danubio
in
difesa
dell
'
Islam
,
sono
là
schierate
e
forbite
,
come
se
ce
l
'
avessero
appese
poco
prima
le
mani
dei
soldati
fanatici
di
Maometto
e
di
Selim
;
e
par
di
veder
scintillare
fra
le
loro
lame
gli
occhi
iniettati
di
sangue
di
quei
sultani
formidabili
,
di
quei
giannizzeri
forsennati
,
di
quegli
spahì
,
di
quegli
azab
,
di
quei
silidar
senza
pietà
e
senza
paura
che
seminarono
l
'
Asia
Minore
e
l
'
Europa
di
teste
recise
e
di
corpi
dilaniati
.
Là
si
ritrovano
le
scimitarre
famose
che
tagliavano
le
penne
in
aria
e
spiccavan
le
orecchie
agli
ambasciatori
insolenti
;
i
cangiari
pesanti
che
d
'
un
colpo
fendevano
il
cranio
e
scoprivano
il
cuore
;
le
mazze
d
'
armi
che
stritolavano
i
caschi
serbi
e
ungheresi
;
gli
yatagan
dal
manico
intarsiato
d
'
avorio
e
tempestato
d
'
amatiste
e
di
rubini
,
che
serbano
ancora
segnato
a
intagli
nella
lama
il
numero
delle
teste
troncate
;
i
pugnali
dai
foderi
d
'
argento
,
di
velluto
e
di
raso
,
coi
manichi
di
agata
e
d
'
avorio
,
ornati
di
granate
,
di
corallo
e
di
turchine
,
istoriati
di
versetti
del
Corano
in
lettere
d
'
oro
,
colle
lame
incurvate
e
ritorte
che
par
che
cerchino
un
cuore
.
Chi
sa
che
in
questa
armeria
confusa
e
terribile
non
ci
sia
la
scimitarra
d
'
Orcano
,
o
la
sciabola
di
legno
con
cui
il
braccio
poderoso
d
'
Abd
-
el
-
Murad
,
il
dervis
guerriero
,
spiccava
d
'
un
colpo
le
teste
;
o
il
famoso
jatagan
col
quale
il
Sultano
Musa
spaccò
Hassan
dalla
spalla
al
cuore
;
o
la
sciabola
enorme
del
gigantesco
bulgaro
che
appoggiò
la
prima
scala
alle
mura
di
Costantinopoli
;
o
la
mazza
con
cui
Maometto
II
freddò
il
soldato
rapace
sotto
le
vôlte
di
Santa
Sofia
;
o
la
gran
sciabola
damascata
di
Scanderberg
che
fendette
in
due
Firuz
-
Pascià
sotto
le
mura
di
Stetigrad
?
I
più
formidabili
fendenti
e
le
più
orrende
morti
della
storia
ottomana
s
'
affacciano
alla
mente
,
e
par
che
proprio
su
quelle
lame
debba
esser
rappreso
quel
sangue
,
e
che
i
vecchi
turchi
rintanati
in
quelle
botteghe
,
abbiano
raccolto
armi
e
cadaveri
sul
terreno
della
strage
,
e
custodiscano
ancora
gli
scheletri
sfracellati
in
qualche
angolo
oscuro
.
In
mezzo
alle
armi
si
vedono
pure
le
grandi
selle
di
velluto
scarlatto
e
celeste
,
ricamate
a
stelle
e
a
mezzelune
d
'
oro
e
di
perle
,
i
frontali
impennacchiati
,
i
morsi
d
'
argento
niellato
e
le
gualdrappe
splendide
come
manti
reali
:
bardature
da
cavalli
delle
Mille
e
una
notte
,
fatte
per
l
'
entrata
trionfale
d
'
un
re
dei
genii
in
una
città
dorata
del
mondo
dei
sogni
.
Al
di
sopra
di
questi
tesori
,
sono
sospesi
alle
pareti
vecchi
moschetti
a
ruota
e
a
miccia
,
grosse
pistole
albanesi
,
lunghissimi
fucili
arabi
lavorati
come
gioielli
,
scudi
antichi
di
scorza
di
tartaruga
e
di
pelle
d
'
ippopotamo
,
maglie
circasse
,
scudi
cosacchi
,
celate
mongoliche
,
archi
turcassi
,
coltellacci
da
carnefici
,
lamaccie
di
forme
sinistre
,
ognuna
delle
quali
pare
la
rivelazione
d
'
un
delitto
,
e
fa
pensare
agli
spasimi
di
un
'
agonia
.
In
mezzo
a
quest
'
apparato
minaccioso
e
magnifico
,
siedono
a
gambe
incrociate
i
mercanti
più
schiettamente
turchi
del
Grande
Bazar
,
la
più
parte
vecchi
,
d
'
aspetto
tetro
,
smunti
come
anacoreti
e
superbi
come
Sultani
,
figure
d
'
altri
secoli
,
vestiti
alla
foggia
delle
prime
egire
,
che
sembrano
risuscitati
dal
sepolcro
per
richiamare
i
nipoti
imbastarditi
alla
austerità
dell
'
antica
razza
.
Un
altro
bazar
da
vedersi
è
quello
degli
abiti
vecchi
.
Qui
il
Rembrant
ci
avrebbe
preso
domicilio
e
il
Goya
speso
la
sua
ultima
peceta
.
Chi
non
ha
mai
visto
una
bottega
di
rigattiere
orientale
non
può
immaginare
che
stravaganza
di
stracci
,
che
pompa
di
colori
,
che
ironia
di
contrasti
,
che
spettacolo
ad
un
tempo
carnevalesco
,
lugubre
e
schifoso
,
presenti
questo
bazar
,
questa
cloaca
di
cenci
,
in
cui
tutti
i
rifiuti
degli
arem
,
delle
caserme
,
della
corte
,
dei
teatri
,
vengono
ad
aspettare
che
il
capriccio
d
'
un
pittore
o
il
bisogno
d
'
un
pezzente
li
riporti
alla
luce
del
sole
.
Da
lunghe
pertiche
confitte
nei
muri
,
pendono
vecchie
uniformi
turche
,
giubbe
a
coda
di
rondine
,
dolman
di
gran
signori
,
tuniche
di
dervis
,
cappe
di
beduini
,
tutte
untume
,
brindelli
e
buchi
,
che
paiono
state
crivellate
a
colpi
di
pugnale
e
rammentano
le
spoglie
sinistre
degli
assassinati
che
si
vedono
sulle
tavole
delle
Corte
d
'
Assisie
.
In
mezzo
a
questi
cenci
luccica
ancora
qua
e
là
qualche
rabesco
d
'
oro
;
spenzolano
vecchie
cinture
di
seta
,
turbanti
sciolti
,
ricchi
scialli
lacerati
,
bustini
di
velluto
a
cui
pare
che
la
mano
furiosa
d
'
un
ladro
abbia
strappato
insieme
il
pelo
e
le
perle
,
calzoncini
e
veli
che
sono
forse
appartenuti
a
qualche
bella
infedele
,
la
quale
dorme
cucita
in
un
sacco
in
fondo
alle
acque
del
Bosforo
,
ed
altre
vesti
ed
ornamenti
di
donna
,
di
mille
colori
gentili
,
imprigionati
fra
i
grossi
caffettani
circassi
,
dai
cartuccieri
irruginiti
,
fra
le
lunghe
toghe
nere
degli
ebrei
,
fra
le
rozze
casacche
e
i
pesanti
mantelli
,
che
hanno
nascosto
chi
sa
quante
volte
il
fucile
del
bandito
o
lo
stile
del
sicario
.
Verso
sera
,
alla
luce
misteriosa
che
scende
dai
fori
della
volta
,
tutti
quei
vestiti
appesi
prendono
una
vaga
apparenza
di
corpi
d
'
impiccati
;
e
quando
in
fondo
a
una
bottega
si
vedono
scintillare
gli
occhi
astuti
d
'
un
vecchio
ebreo
,
che
si
gratta
la
fronte
con
una
mano
adunca
,
si
direbbe
che
è
quella
la
mano
che
ha
stretto
i
lacci
,
e
si
dà
uno
sguardo
alla
porta
del
bazar
,
per
paura
che
sia
chiusa
.
Non
basterebbe
una
giornata
di
giri
e
di
rigiri
se
si
volessero
veder
tutte
le
stradette
di
questa
strana
città
.
V
'
è
il
bazar
dei
fez
,
dove
si
trovano
fez
di
tutti
i
paesi
,
da
quelli
del
Marocco
a
quelli
di
Vienna
,
ornati
d
'
iscrizioni
del
Corano
che
preservano
dagli
spiriti
maligni
;
i
fez
che
le
belle
greche
di
Smirne
portano
sulla
sommità
della
testa
,
sopra
il
nodo
delle
treccie
nere
scintillanti
di
monete
;
le
berrettine
rosse
delle
turche
;
fez
da
soldati
,
da
generali
,
di
sultani
,
da
zerbinotti
,
di
tutte
le
sfumature
di
rosso
e
di
tutte
le
forme
,
da
quelli
primitivi
dei
tempi
d
'
Orcano
fino
al
gran
fez
elegante
del
Sultano
Mahmut
,
emblema
delle
riforme
e
abbominazione
dei
vecchi
mussulmani
.
V
'
è
il
bazar
delle
pelliccie
dove
si
trova
la
sacra
pelle
di
volpe
nera
,
che
una
volta
poteva
portare
il
solo
Sultano
o
il
gran
vizir
;
la
martora
con
cui
si
foderavano
i
caffettani
di
gala
;
l
'
orso
bianco
,
l
'
orso
nero
,
la
volpe
azzurra
,
l
'
astrakan
,
l
'
ermellino
,
lo
zibellino
,
in
cui
altre
volte
i
sultani
profusero
tesori
favolosi
.
È
pure
da
vedersi
il
bazar
dei
coltellinai
,
non
fosse
che
per
pigliare
in
mano
una
di
quelle
enormi
forbici
turche
,
colle
lame
bronzate
e
dorate
,
adorne
di
disegni
fantastici
d
'
uccelli
e
di
fiori
,
che
s
'
incrociano
ferocemente
lasciando
in
mezzo
un
vano
in
cui
potrebbe
entrare
la
testa
d
'
un
critico
maligno
.
V
'
è
ancora
il
bazar
dei
filatori
d
'
oro
,
quello
dei
ricamatori
,
quello
dei
chincaglieri
,
quello
dei
sarti
,
quello
dei
vasellami
,
tutti
diversi
l
'
un
dall
'
altro
di
forma
e
di
gradazione
di
luce
;
ma
tutti
eguali
in
questo
:
che
non
vi
si
vede
nè
vendere
,
nè
lavorare
una
donna
.
Tutt
'
al
più
può
accadere
che
qualche
greca
seduta
per
un
momento
davanti
a
una
sartoria
vi
offra
timidamente
un
fazzoletto
finito
allora
di
ricamare
.
La
gelosia
orientale
interdice
la
bottega
al
bel
sesso
come
una
scuola
di
civetteria
e
un
nascondiglio
d
'
intrighi
.
Ma
ci
sono
ancora
altre
parti
del
gran
bazar
in
cui
uno
straniero
non
può
avventurarsi
se
non
lo
accompagna
un
mercante
o
un
sensale
;
e
sono
le
parti
interne
dei
piccoli
quartieri
in
cui
è
divisa
questa
città
singolare
,
il
di
dentro
dei
piccoli
isolati
intorno
a
cui
girano
le
stradette
percorse
dalla
folla
.
Se
nelle
stradette
c
'
è
pericolo
di
smarrirsi
,
là
dentro
è
impossibile
non
perdersi
.
Da
corridoi
poco
più
larghi
d
'
un
uomo
,
in
cui
bisogna
chinarsi
per
non
urtar
nella
volta
,
si
riesce
in
cortiletti
grandi
come
celle
,
ingombri
di
casse
e
di
balle
,
e
appena
rischiarati
da
un
barlume
;
si
scende
a
tentoni
per
scalette
di
legno
,
si
ripassa
per
altri
cortili
rischiarati
da
lanterne
,
si
ridiscende
sotto
terra
,
si
risale
alla
luce
del
giorno
,
si
cammina
a
capo
basso
per
lunghi
anditi
serpeggianti
,
sotto
volte
umide
,
in
mezzo
a
muri
neri
e
ad
assiti
muscosi
,
che
conducono
a
porticine
segrete
,
dalle
quali
si
ritorna
inaspettatamente
nel
luogo
di
dove
s
'
è
partiti
;
e
da
per
tutto
ombre
che
vanno
e
che
vengono
,
spettri
immobili
negli
angoli
,
gente
che
rimesta
mercanzie
o
che
conta
denari
;
lumicini
che
appaiono
e
dispaiono
,
voci
e
passi
frettolosi
che
risuonano
non
si
sa
dove
;
e
incontri
inaspettati
di
ostacoli
neri
che
non
si
capisce
che
cosa
siano
,
e
giuochi
di
luce
non
mai
veduti
,
e
contatti
sospetti
,
e
odori
strani
,
che
par
di
girare
per
i
meandri
d
'
una
caverna
di
fattucchieri
,
e
non
si
vede
l
'
ora
d
'
esserne
fuori
.
Per
solito
i
sensali
fanno
passare
in
questi
luoghi
gli
stranieri
per
condurli
a
quelle
botteghe
,
per
lo
più
appartate
,
nelle
quali
si
vende
un
po
'
di
tutto
:
specie
di
Gran
-
bazar
in
miniatura
,
botteghe
da
rigattieri
signorili
,
curiosissime
a
vedersi
,
ma
molto
pericolose
,
perché
contengono
tante
e
così
strane
e
così
rare
cose
da
far
vuotare
la
borsa
anche
all
'
avarizia
incarnata
.
Questi
mercanti
d
'
un
po
'
d
'
ogni
cosa
,
furbacchioni
matricolati
,
si
sottintende
,
e
poliglotti
come
i
loro
fratelli
di
banda
,
usano
nel
tentare
la
gente
un
certo
procedimento
drammatico
che
diverte
assai
,
e
che
di
rado
fallisce
allo
scopo
dell
'
attore
.
Le
loro
botteghe
son
quasi
tutte
stanzuccie
oscure
piene
di
casse
e
d
'
armadi
,
dove
bisogna
accendere
il
lume
e
c
'
è
appena
posto
da
rigirarsi
.
Dopo
avervi
fatto
vedere
qualche
vecchio
stipetto
intarsiato
d
'
avorio
e
di
madreperla
,
qualche
porcellana
chinese
,
qualche
vaso
del
Giappone
,
il
mercante
vi
dice
che
ha
qualche
cosa
di
speciale
per
voi
,
tira
fuori
un
cassetto
e
vi
rovescia
sulla
tavola
un
mucchio
di
ninnoli
:
un
ventaglio
di
penne
di
pavone
,
per
esempio
,
un
braccialetto
di
vecchie
monete
turche
,
un
cuscinetto
di
pelo
di
cammello
colla
cifra
del
Sultano
ricamata
in
oro
,
uno
specchietto
persiano
dipinto
d
'
una
scena
del
libro
di
paradiso
,
una
spatola
di
tartaruga
con
cui
i
turchi
mangiano
la
composta
di
ciliegie
,
un
vecchio
gran
cordone
dell
'
ordine
dell
'
Osmaniè
.
Non
c
'
è
nulla
che
vi
piaccia
?
Rovescia
un
altro
cassetto
e
questo
è
proprio
un
cassetto
che
aspettava
voi
solo
.
È
una
zanna
rotta
d
'
elefante
,
un
braccialetto
di
Trebisonda
che
pare
una
treccia
di
capelli
d
'
argento
,
un
idoletto
giapponese
,
un
pettine
di
sandalo
della
Mecca
,
un
gran
cucchiaio
turco
lavorato
a
rabeschi
e
a
trafori
,
un
antico
narghilè
d
'
argento
dorato
e
istoriato
,
delle
pietruzze
dei
musaici
di
Santa
Sofia
,
una
penna
d
'
airone
che
ha
ornato
il
turbante
di
Selim
III
,
il
mercante
ve
lo
assicura
da
uomo
d
'
onore
.
Non
trovate
nulla
di
vostro
genio
?
E
lui
rovescia
un
altro
cassetto
,
da
cui
casca
un
ovo
di
struzzo
del
Sennahar
,
un
calamaio
persiano
,
un
anello
damaschinato
,
un
arco
di
Mingrelia
col
suo
turcasso
di
pelle
d
'
alce
,
un
caschetto
circasso
a
due
punte
,
un
tespì
di
diaspro
,
una
profumiera
d
'
oro
smaltato
,
un
talismano
turco
,
un
coltello
da
cammelliere
,
una
boccettina
d
'
atar
-
gull
.
Non
c
'
è
nulla
che
vi
tenti
,
per
Dio
?
Non
avete
regali
da
fare
?
Non
pensate
ai
vostri
parenti
?
Non
avete
cuore
per
i
vostri
amici
?
Ma
forse
voi
avete
la
passione
delle
stoffe
e
dei
tappeti
,
e
anche
in
questo
egli
può
servirvi
da
amico
.
-
Ecco
un
mantello
rigato
del
Kurdistan
,
milord
;
ecco
una
pelle
di
leone
,
ecco
un
tappeto
d
'
Aleppo
coi
chiodini
d
'
acciaio
,
ecco
un
tappeto
di
Casa
-
blanca
spesso
tre
dita
che
dura
per
quattro
generazioni
,
guarentito
;
ecco
,
eccellenza
,
i
vecchi
cuscini
,
le
vecchie
cinture
di
broccato
e
i
vecchi
copripiedi
di
seta
,
un
po
'
sbiaditi
e
un
po
'
tarlati
,
ma
ricamati
come
ora
non
si
ricamano
più
,
nemmeno
a
pagarli
un
tesoro
.
A
lei
,
caballero
,
ch
'
è
venuto
qui
condotto
da
un
amico
,
a
lei
dò
questa
vecchia
cintura
per
cinque
napoleoni
,
e
mi
rassegno
a
mangiar
pane
e
aglio
per
una
settimana
.
-
Se
nemmeno
da
questo
vi
lasciate
tentare
,
vi
dirà
nell
'
orecchio
che
può
vendervi
la
corda
con
cui
i
terribili
muti
del
Serraglio
hanno
strangolato
Nassuh
Pascià
,
il
gran
vizir
di
Maometto
III
;
e
se
voi
gli
ridete
sul
viso
dicendogli
che
non
la
bevete
,
la
lascia
cascare
da
uomo
di
spirito
,
e
fa
l
'
ultimo
tentativo
buttandovi
davanti
una
coda
da
cavallo
di
quelle
che
si
portavano
davanti
e
dietro
ai
pascià
;
una
marmitta
di
Giannizzero
portata
via
da
suo
padre
,
ancora
spruzzata
di
sangue
,
il
giorno
stesso
della
strage
famosa
;
un
pezzo
di
bandiera
di
Crimea
,
colla
mezzaluna
e
le
stelline
d
'
argento
;
un
vaso
da
lavarsi
le
mani
,
tempestato
di
agate
;
un
bracierino
di
rame
cesellato
;
un
collare
di
dromedario
colle
conchiglie
e
le
campanelle
,
un
frustino
da
eunuco
di
cuoio
d
'
ippopotamo
,
un
corano
legato
in
oro
,
una
sciarpa
del
Korassan
,
un
paio
di
babbuccie
da
Cadina
,
un
candelliere
fatto
con
un
artiglio
d
'
aquila
,
tanto
che
infine
la
fantasia
s
'
accende
,
i
capricci
saltellano
,
e
vi
assale
una
matta
voglia
di
buttar
là
portamonete
,
orologio
,
pastrano
,
e
gridare
:
-
Caricatemi
!
-
;
e
bisogna
proprio
esser
figliuoli
assestati
o
padri
di
giudizio
per
resistere
alla
tentazione
.
Quanti
artisti
sono
usciti
di
là
scannati
come
Giobbe
e
quanti
ricconi
ci
hanno
bucato
il
patrimonio
!
Ma
prima
che
il
gran
bazar
si
chiuda
bisogna
ancora
fare
un
giro
per
vedere
il
suo
aspetto
dell
'
ultima
ora
.
Il
movimento
della
folla
si
fa
più
affrettato
,
i
mercanti
chiamano
con
gesti
più
imperiosi
,
greci
ed
armeni
corrono
gridando
per
le
strade
con
uno
scialle
o
un
tappeto
sul
braccio
,
si
formano
dei
gruppi
,
si
contratta
alla
spiccia
,
i
gruppi
si
sciolgono
e
si
rifanno
più
lontano
;
i
cavalli
,
le
carrozze
,
le
bestie
da
soma
passano
in
lunghe
file
diretti
verso
l
'
uscita
.
In
quell
'
ora
tutti
i
bottegai
con
cui
avete
litigato
senza
cadere
d
'
accordo
,
vi
vaneggiano
intorno
,
in
quella
mezza
oscurità
,
come
pipistrelli
;
li
vedete
far
capolino
dietro
le
colonne
,
li
incontrate
alle
svolte
,
vi
attraversano
la
strada
e
vi
passano
sui
piedi
guardando
in
aria
,
per
rammentarvi
colla
loro
presenza
quel
tal
tessuto
,
quel
certo
gingillo
,
e
farvene
rinascere
il
desiderio
.
Alle
volte
ne
avete
un
drappello
alle
spalle
:
se
vi
fermate
,
si
fermano
,
se
scantonate
,
scantonano
,
se
vi
voltate
indietro
incontrate
dieci
occhioni
dilatati
e
fissi
che
vi
mangian
vivo
.
Ma
già
la
luce
manca
,
la
folla
si
dirada
.
Sotto
le
lunghe
volte
arcate
risuona
la
voce
di
qualche
mezzuin
invisibile
che
annunzia
il
tramonto
da
un
minareto
di
legno
;
qualche
turco
stende
il
tappeto
dinanzi
alla
bottega
e
mormora
la
preghiera
della
sera
;
altri
fanno
le
abluzioni
alle
fontane
.
Già
i
vecchi
centenarii
del
bazar
delle
armi
hanno
chiuso
le
grandi
porte
di
ferro
;
i
piccoli
bazar
sono
deserti
,
i
corridoi
si
perdono
nelle
tenebre
,
le
imboccature
delle
strade
paiono
aperture
di
caverne
,
i
cammelli
vi
giungono
addosso
all
'
impensata
,
la
voce
dei
venditori
d
'
acqua
muore
sotto
le
arcate
lontane
,
le
turche
affrettano
il
passo
,
gli
eunuchi
aguzzano
gli
occhi
,
gli
stranieri
scappano
,
le
imposte
si
chiudono
,
la
giornata
è
finita
.
*
*
*
Ed
ora
io
mi
sento
domandare
da
ogni
parte
:
-
E
Santa
Sofia
?
E
l
'
antico
Serraglio
?
E
i
palazzi
del
Sultano
?
E
il
castello
delle
Sette
torri
?
E
Abdul
-
Aziz
?
E
il
Bosforo
?
Descriverò
tutto
e
con
tutta
l
'
anima
;
ma
prima
ho
ancora
bisogno
di
spaziare
un
po
'
liberamente
per
Costantinopoli
,
cambiando
d
'
argomento
a
ogni
pagina
,
come
là
cangiavo
di
pensieri
a
ogni
passo
.
*
*
*
[
La
luce
]
E
prima
d
'
ogni
cosa
,
la
luce
!
Uno
dei
miei
piaceri
più
vivi
,
a
Costantinopoli
,
era
di
veder
levare
e
tramontare
il
sole
,
stando
sul
ponte
della
Sultana
Validè
.
All
'
alba
,
in
autunno
,
il
Corno
d
'
oro
è
quasi
sempre
coperto
da
una
nebbia
leggiera
,
dietro
alla
quale
si
vede
la
città
confusamente
,
come
a
traverso
que
'
veli
bianchi
che
si
calano
sul
palco
scenico
per
nascondere
gli
apparecchi
d
'
una
scena
spettacolosa
.
Scutari
è
tutta
coperta
:
non
si
vedono
che
i
contorni
scuri
ed
incerti
delle
sue
colline
.
Il
ponte
e
le
rive
sono
deserte
,
Costantinopoli
dorme
:
la
solitudine
e
il
silenzio
rendono
lo
spettacolo
più
solenne
.
Il
cielo
comincia
a
dorarsi
dietro
le
colline
di
Scutari
.
Su
quella
striscia
luminosa
si
disegnano
ad
una
ad
una
,
precise
e
nerissime
,
le
punte
dei
cipressi
del
vastissimo
cimitero
,
come
un
esercito
di
giganti
schierati
sopra
le
alture
;
e
da
un
capo
all
'
altro
del
Corno
d
'
oro
corre
un
lucicchio
leggerissimo
che
è
come
il
primo
fremito
della
grande
città
che
risente
la
vita
.
Poi
dietro
ai
cipressi
della
riva
asiatica
,
spunta
un
occhio
di
foco
,
e
subito
le
sommità
bianche
dei
quattro
minareti
di
Santa
Sofia
si
colorano
di
rosa
.
In
pochi
momenti
,
di
collina
in
collina
,
di
moschea
in
moschea
,
fino
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
,
tutti
i
minareti
,
l
'
un
dopo
l
'
altro
,
arrossiscono
,
tutte
le
cupole
,
una
dopo
l
'
altra
,
s
'
inargentano
,
il
rossore
discende
di
terrazzo
in
terrazzo
,
il
lucicchio
s
'
allarga
,
il
gran
velo
cade
,
e
tutta
Stambul
appare
,
rosata
e
risplendente
sulle
alture
,
azzurrina
e
violacea
lungo
le
rive
,
tersa
e
fresca
,
che
pare
uscita
dalle
acque
.
A
misura
che
il
sole
s
'
alza
,
la
delicatezza
delle
prime
tinte
svanisce
in
un
immenso
chiarore
,
e
tutto
rimane
come
velato
dalla
bianchezza
della
luce
fin
verso
sera
.
Allora
lo
spettacolo
divino
ricomincia
.
L
'
aria
è
limpida
tanto
che
da
Galata
si
vedono
nettamente
uno
per
uno
gli
alberi
lontanissimi
dell
'
ultima
punta
di
Kadi
-
Kioi
.
Tutto
l
'
immenso
profilo
di
Stambul
si
stacca
dal
cielo
con
una
nitidezza
di
linee
e
un
vigore
di
colori
,
che
si
potrebbero
contare
,
punta
per
punta
,
tutti
i
minareti
,
tutte
le
guglie
,
tutti
i
cipressi
che
coronano
le
alture
dal
capo
del
Serraglio
al
cimitero
d
'
Eyub
.
Il
Corno
d
'
oro
e
il
Bosforo
pigliano
un
meraviglioso
colore
oltramarino
:
il
cielo
,
color
d
'
amatista
a
oriente
,
s
'
infuoca
dietro
Stambul
,
tingendo
l
'
orizzonte
d
'
infiniti
lumeggiamenti
di
rosa
e
di
carbonchio
che
fanno
pensare
al
primo
giorno
della
creazione
;
Stambul
s
'
oscura
,
Galata
s
'
indora
,
e
Scutari
,
percossa
dal
sole
cadente
,
tutta
scintillante
di
vetri
,
pare
una
città
in
preda
alle
fiamme
.
È
questo
il
più
bel
momento
per
contemplare
Costantinopoli
.
È
una
rapida
successione
di
tinte
soavissime
,
d
'
oro
pallido
,
di
rosa
e
di
lilla
,
che
tremolano
e
fuggono
su
per
i
fianchi
dei
colli
e
sulle
acque
,
dando
e
togliendo
ora
all
'
una
ora
all
'
altra
parte
della
città
il
primato
della
bellezza
e
rivelando
mille
piccole
grazie
pudiche
di
paesaggio
che
non
osavano
mostrarsi
alla
gran
luce
.
Si
vedono
dei
grandi
sobborghi
malinconici
,
perduti
nell
'
ombra
delle
valli
;
delle
piccole
città
purpuree
,
che
ridono
sulle
alture
;
villaggi
e
città
che
languono
,
come
se
mancasse
loro
la
vita
;
altre
che
muoiono
tutt
'
a
un
tratto
come
incendi
soffocati
;
altre
che
,
credute
già
morte
,
risuscitano
improvvisamente
,
tutte
in
foco
,
e
tripudiano
ancora
per
qualche
momento
sotto
l
'
ultimo
raggio
del
sole
.
Poi
non
rimangono
più
che
due
cime
risplendenti
sulla
riva
dell
'
Asia
:
la
sommità
del
monte
Bulgurlù
e
la
punta
del
capo
che
guarda
l
'
entrata
della
Propontide
;
son
prima
due
corone
d
'
oro
,
poi
due
berrettine
di
porpora
,
poi
due
rubini
;
poi
tutta
Costantinopoli
è
nell
'
ombra
,
e
dieci
mila
voci
annunziano
il
tramonto
dall
'
alto
di
dieci
mila
minareti
.
*
*
*
[
Gli
uccelli
]
Costantinopoli
ha
una
gaiezza
e
una
grazia
sua
propria
,
che
le
viene
da
un
'
infinità
d
'
uccelli
d
'
ogni
specie
,
per
i
quali
i
Turchi
nutrono
un
vivo
sentimento
di
simpatia
e
di
rispetto
.
Moschee
,
boschi
,
vecchie
mura
,
giardini
,
palazzi
,
tutto
canta
,
tutto
gruga
,
tutto
chiocchiola
,
tutto
pigola
;
per
tutto
si
sente
frullo
d
'
ali
,
per
tutto
c
'
è
vita
e
armonia
.
I
passeri
entrano
arditamente
nelle
case
e
beccano
nella
mano
dei
bimbi
e
delle
donne
;
le
rondini
fanno
il
nido
sulle
porte
dei
caffè
e
sotto
le
vôlte
dei
bazar
;
i
piccioni
,
a
sciami
innumerevoli
,
mantenuti
con
làsciti
di
Sultani
e
di
privati
,
formano
delle
ghirlande
bianche
e
nere
lungo
i
cornicioni
delle
cupole
e
intorno
ai
terrazzi
dei
minareti
;
i
gabbiani
volteggiano
festosamente
intorno
ai
caicchi
,
migliaia
di
tortorelle
amoreggiano
fra
cipressi
dei
cimiteri
;
intorno
al
castello
delle
Sette
torri
crocitano
i
corvi
e
rotano
gli
avvoltoi
;
gli
alcioni
vanno
e
vengono
in
lunghe
file
fra
il
mar
Nero
e
il
mar
di
Marmara
;
e
le
cicogne
gloterano
sulle
cupolette
dei
mausolei
solitari
.
Per
il
Turco
ognuno
di
questi
uccelli
ha
un
senso
gentile
o
una
virtù
benigna
:
le
tortore
proteggono
gli
amori
,
le
rondini
scongiurano
gl
'
incendi
dalle
case
dove
appendono
il
nido
,
le
cicogne
fanno
ogni
inverno
un
pellegrinaggio
alla
Mecca
,
gli
alcioni
portano
in
paradiso
le
anime
dei
fedeli
.
Così
egli
li
protegge
e
li
alimenta
per
gratitudine
e
per
religione
,
ed
essi
gli
fanno
festa
intorno
alla
casa
,
sul
mare
e
tra
i
sepolcri
.
In
ogni
parte
di
Stambul
si
è
sorvolati
,
circuiti
,
rasentati
dai
loro
stormi
sonori
,
che
spandono
per
la
città
l
'
allegrezza
della
campagna
e
rinfrescano
continuamente
nell
'
anima
il
sentimento
della
natura
.
*
*
*
[
Le
memorie
]
In
nessun
'
altra
città
d
'
Europa
i
luoghi
e
i
monumenti
leggendarii
o
storici
muovono
così
vivamente
la
fantasia
come
a
Stambul
,
poichè
in
nessun
'
altra
città
essi
ricordano
avvenimenti
così
recenti
ad
un
tempo
e
così
fantastici
.
Altrove
,
per
ritrovar
la
poesia
delle
memorie
,
bisogna
tornar
indietro
col
pensiero
di
parecchi
secoli
;
a
Stambul
,
basta
retrocedere
di
pochi
anni
.
La
leggenda
,
o
ciò
che
ha
natura
ed
efficacia
di
leggenda
,
è
di
ieri
.
Sono
pochi
anni
che
nella
piazza
dell
'
At
-
meidan
fu
consumata
l
'
ecatombe
favolosa
dei
Giannizzeri
;
pochi
anni
che
il
mar
di
Marmara
rigettò
sulla
riva
dei
giardini
imperiali
i
venti
sacchi
che
racchiudevano
le
belle
di
Mustafà
;
che
nel
castello
delle
Sette
torri
fu
scannata
la
famiglia
di
Brancovano
;
che
due
capigì
-
basci
trattenevano
per
le
braccia
gli
ambasciatori
europei
al
cospetto
del
Gran
Signore
,
del
quale
non
appariva
che
mezzo
il
viso
,
rischiarato
da
una
luce
misteriosa
;
e
che
fra
le
mura
dell
'
antico
serraglio
cessò
quella
vita
così
stranamente
intrecciata
d
'
amori
,
d
'
orrori
e
di
follie
,
che
ci
pare
già
tanto
lontana
.
Girando
per
Stambul
con
questi
pensieri
,
si
prova
quasi
un
sentimento
di
stupore
al
veder
la
città
così
quieta
,
così
ridente
di
vegetazione
e
di
colori
.
Ah
perfida
!
-
si
direbbe
,
-
che
cos
'
hai
fatto
di
que
'
monti
di
teste
e
di
quei
laghi
di
sangue
?
Possibile
che
tutto
sia
già
così
ben
nascosto
,
spazzato
,
lavato
,
che
non
se
ne
ritrovi
più
traccia
?
Sul
Bosforo
,
in
faccia
alla
torre
di
Leandro
che
sorge
dalle
acque
come
un
monumento
d
'
amore
,
sotto
le
mura
dei
giardini
del
Serraglio
,
si
vede
ancora
il
piano
inclinato
per
cui
si
facevano
rotolare
nel
mare
le
odalische
infedeli
;
in
mezzo
all
'
At
-
meidan
la
colonna
serpentina
porta
ancora
la
traccia
della
sciabolata
famosa
di
Maometto
il
Conquistatore
;
sul
ponte
di
Mahmut
si
segna
ancora
il
luogo
dove
il
sultano
focoso
freddò
con
un
fendente
il
dervis
temerario
che
gli
scagliò
in
volto
l
'
anatema
;
nella
cisterna
dell
'
antica
chiesa
di
Balukli
,
guizzano
ancora
i
pesci
miracolosi
che
vaticinarono
la
caduta
della
città
dei
Paleologhi
;
sotto
gli
alberi
delle
Acque
dolci
d
'
Asia
si
accennano
ancora
i
recessi
dove
una
Sultana
dissoluta
imponeva
ai
favoriti
d
'
un
istante
un
amore
che
finiva
colla
morte
.
Ogni
porta
,
ogni
torre
,
ogni
moschea
,
ogni
piazza
,
rammenta
un
prodigio
,
una
strage
,
un
amore
,
un
mistero
,
una
prodezza
di
Padiscià
o
un
capriccio
di
Sultana
;
tutto
ha
la
sua
leggenda
,
e
quasi
per
tutto
gli
oggetti
vicini
,
le
vedute
lontane
,
l
'
odore
dell
'
aria
e
il
silenzio
,
concorrono
a
portar
l
'
immaginazione
dello
straniero
,
che
s
'
immerge
in
quei
ricordi
,
fuori
del
suo
secolo
e
della
città
dell
'
oggi
e
di
sè
stesso
;
tanto
che
accade
sovente
,
a
Stambul
,
di
riscotersi
improvvisamente
alla
strana
idea
di
dover
tornare
all
'
albergo
.
Come
?
-
si
pensa
,
-
c
'
è
un
albergo
?
*
*
*
[
Le
rassomiglianze
]
Nei
primi
giorni
,
fresco
com
'
ero
di
letture
orientali
,
vedevo
da
ogni
parte
i
personaggi
famosi
delle
storie
e
delle
leggende
,
e
le
figure
che
me
li
rammentavano
,
somigliavano
qualche
volta
così
fedelmente
a
quelle
che
m
'
ero
foggiate
coll
'
immaginazione
,
ch
'
ero
costretto
a
fermarmi
per
contemplarle
.
Quante
volte
ho
afferrato
per
un
braccio
il
mio
amico
,
e
accennandogli
una
persona
che
passava
,
gli
dissi
:
-
Ma
è
lui
,
cospetto
!
non
lo
riconosci
?
-
Nella
piazzetta
della
Sultana
-
Validè
ho
visto
molte
volte
il
turco
gigante
che
dalle
mura
di
Nicea
rovesciava
i
macigni
sulle
teste
dei
soldati
del
Buglione
;
ho
visto
dinanzi
a
una
moschea
Umm
Dgiemil
,
la
vecchia
megera
della
Mecca
,
che
spargeva
i
rovi
e
le
ortiche
dinanzi
alla
casa
di
Maometto
;
ho
trovato
nei
bazar
dei
librai
,
con
un
volume
sotto
il
braccio
,
Digiemal
-
eddin
,
il
gran
dotto
di
Brussa
,
che
sapeva
a
memoria
tutto
il
dizionario
arabo
;
son
passato
accanto
ad
Aiscié
,
la
sposa
prediletta
del
Profeta
,
che
mi
fissò
in
volto
i
suoi
occhi
lucenti
e
umidi
come
la
stella
nel
pozzo
;
ho
riconosciuto
nell
'
At
-
meidan
la
bellezza
famosa
della
povera
greca
uccisa
ai
piedi
della
colonna
serpentina
da
una
palla
dei
cannoni
d
'
Orban
;
mi
son
trovato
faccia
a
faccia
,
allo
svolto
d
'
una
stradetta
del
Fanar
,
con
Kara
-
Abderrahman
,
il
più
bel
giovane
turco
dei
tempi
d
'
Orkano
;
ho
riconosciuto
Coswa
,
la
cammella
di
Maometto
;
ho
ritrovato
Karabulut
,
il
cavallo
nero
di
Selim
;
ho
visto
il
povero
poeta
Fighani
condannato
a
girare
per
Stambul
legato
a
un
asino
,
per
aver
ferito
con
un
distico
insolente
il
gran
vizir
d
'
Ibrahim
;
ho
trovato
in
un
caffè
Solimano
il
grosso
,
l
'
ammiraglio
mostruoso
,
che
quattro
schiavi
robusti
riuscivano
appena
a
sollevar
dal
divano
;
Alì
,
il
gran
vizir
,
che
non
trovò
in
tutta
l
'
Arabia
un
cavallo
che
lo
reggesse
;
Mahmut
Pascià
,
l
'
ercole
feroce
che
strozzò
il
figlio
di
Solimano
;
e
lo
stupido
Ahmet
II
che
ripeteva
continuamente
:
Kosc
!
Kosc
!
-
va
bene
,
va
bene
-
accovacciato
dinanzi
alla
porta
del
bazar
dei
copisti
,
vicino
alla
piazza
di
Bajazet
.
Tutti
i
personaggi
delle
Mille
e
una
notte
,
gli
Aladini
,
le
Zobeidi
,
i
Sindbad
,
le
Gulnare
,
i
vecchi
mercanti
ebrei
possessori
di
tappeti
fatati
e
di
lampade
meravigliose
,
mi
sfilarono
dinanzi
,
come
una
processione
di
fantasmi
.
*
*
*
[
Il
vestire
]
Questo
è
veramente
il
periodo
di
tempo
migliore
per
veder
la
popolazione
musulmana
di
Costantinopoli
,
perché
nel
secolo
scorso
era
troppo
uniforme
e
sarà
probabilmente
troppo
uniforme
nel
secolo
venturo
.
Ora
si
coglie
quel
popolo
nell
'
atto
della
sua
trasformazione
,
e
perciò
presenta
una
varietà
meravigliosa
.
Il
progresso
dei
riformatori
,
la
resistenza
dei
vecchi
turchi
,
e
le
incertezze
e
le
transazioni
della
grande
massa
che
ondeggia
fra
quei
due
estremi
,
tutte
le
fasi
,
insomma
,
della
lotta
fra
la
nuova
e
la
vecchia
Turchia
,
sono
fedelmente
rappresentate
dalla
varietà
dei
vestimenti
.
Il
vecchio
turco
inflessibile
porta
ancora
il
turbante
,
il
caffettano
e
le
scarpe
tradizionali
di
marocchino
giallo
;
e
i
più
ostinati
fra
i
vecchi
un
turbante
più
voluminoso
.
Il
turco
riformato
porta
un
lungo
soprabito
nero
abbottonato
fin
sotto
il
mento
e
i
calzoni
scuri
colle
staffe
,
non
conservando
altro
di
turco
che
il
fez
.
Fra
questi
,
però
,
i
giovani
più
arditi
hanno
già
buttato
via
il
lungo
soprabito
nero
,
portano
panciotti
aperti
,
calzoni
chiari
,
cravattine
eleganti
,
gingilli
,
mazza
e
fiori
all
'
occhiello
.
Fra
quelli
e
questi
,
fra
chi
porta
caffettano
e
chi
porta
soprabito
,
v
'
è
un
abisso
;
non
v
'
è
più
altro
di
comune
che
il
nome
;
sono
due
popoli
affatto
diversi
.
Il
turco
del
turbante
crede
ancora
fermamente
al
ponte
Sirath
,
che
passa
sopra
all
'
inferno
,
più
sottile
d
'
un
capello
e
più
affilato
d
'
una
scimitarra
;
fa
le
sue
abluzioni
alle
ore
debite
,
e
si
rincasa
al
calar
del
sole
.
Il
turco
del
soprabito
si
ride
del
Profeta
,
si
fa
fotografare
,
parla
francese
e
passa
la
sera
al
teatro
.
Fra
l
'
uno
e
l
'
altro
vi
son
poi
i
titubanti
,
dei
quali
alcuni
hanno
ancora
il
turbante
,
ma
piccolissimo
,
in
modo
che
potranno
inaugurare
il
fez
senza
scandalo
;
altri
portano
ancora
il
caffettano
,
ma
hanno
già
inaugurato
il
fez
;
altri
vestono
ancora
all
'
antica
,
ma
non
han
più
nè
cintura
nè
babbuccie
,
nè
colori
vistosi
;
e
a
poco
a
poco
butteranno
via
tutto
il
resto
.
Le
donne
soltanto
conservano
tutte
l
'
antico
velo
e
il
mantello
che
nasconde
le
forme
;
ma
il
velo
è
diventato
trasparente
e
lascia
intravvedere
un
cappelletto
piumato
,
e
il
mantello
copre
spesso
una
veste
tagliata
sul
figurino
di
Parigi
.
Ogni
anno
cadono
migliaia
di
caffettani
e
sorgono
migliaia
di
soprabiti
;
ogni
giorno
muore
un
vecchio
turco
e
nasce
un
turco
riformato
.
Il
giornale
succede
al
tespì
,
il
sigaro
al
cibuk
,
il
vino
all
'
acqua
concia
,
la
carrozza
all
'
arabà
,
la
grammatica
francese
alla
grammatica
araba
,
il
pianoforte
al
timbur
,
la
casa
di
pietra
alla
casa
di
legno
.
Tutto
si
altera
,
tutto
si
trasforma
.
Forse
tra
meno
d
'
un
secolo
bisognerà
andar
a
cercare
i
resti
della
vecchia
Turchia
in
fondo
alle
più
lontane
provincie
dell
'
Asia
Minore
,
come
si
va
a
cercare
quelli
della
vecchia
Spagna
nei
villaggi
più
remoti
dell
'
Andalusia
.
*
*
*
[
Costantinopoli
futura
]
Questo
pensiero
m
'
assaliva
sovente
,
contemplando
Costantinopoli
dal
ponte
della
Sultana
-
Validè
.
Che
cosa
sarà
questa
città
fra
uno
o
due
secoli
,
anche
se
i
Turchi
non
siano
cacciati
d
'
Europa
?
Ahimè
!
Il
grande
olocausto
della
bellezza
alla
civiltà
sarà
già
consumato
.
Io
la
vedo
quella
Costantinopoli
futura
,
quella
Londra
dell
'
Oriente
che
innalzerà
la
sua
maestà
minacciosa
e
triste
sulle
rovine
della
più
ridente
città
della
terra
.
I
colli
saranno
spianati
,
i
boschetti
rasi
al
suolo
,
le
casette
multicolori
atterrate
;
l
'
orizzonte
sarà
tagliato
da
ogni
parte
dalle
lunghe
linee
rigide
dei
palazzi
,
delle
case
operaie
e
degli
opifici
,
in
mezzo
a
cui
si
drizzerà
una
miriade
di
camini
altissimi
d
'
officine
,
e
di
tetti
piramidali
di
campanili
;
lunghe
strade
diritte
e
uniformi
divideranno
Stambul
in
diecimila
parallelepipedi
enormi
;
i
fili
del
telegrafo
s
'
incrocieranno
come
un
'
immensa
tela
di
ragno
sopra
i
tetti
della
città
rumorosa
;
sul
ponte
della
Sultana
-
Validè
non
si
vedrà
più
che
un
torrente
nero
di
cappelli
cilindrici
e
di
berrette
;
la
collina
misteriosa
del
Serraglio
sarà
un
giardino
zoologico
,
il
Castello
delle
Sette
torri
un
penitenziario
,
l
'
Ebdomon
un
museo
di
storia
naturale
;
tutto
sarà
solido
,
geometrico
,
utile
,
grigio
,
uggioso
,
e
una
immensa
nuvola
oscura
velerà
perpetuamente
il
bel
cielo
della
Tracia
,
a
cui
non
s
'
alzeranno
più
nè
preghiere
ardenti
nè
occhi
innamorati
nè
canti
di
poeti
.
Quando
quest
'
immagine
mi
si
presentava
,
sentivo
proprio
una
stretta
al
cuore
;
ma
poi
mi
consolavo
pensando
:
-
Chi
sa
che
qualche
sposa
italiana
del
secolo
ventunesimo
,
venendo
qui
a
fare
il
suo
viaggio
di
nozze
,
non
esclami
qualche
volta
:
-
Peccato
!
Peccato
che
Costantinopoli
non
sia
più
come
la
descrive
quel
vecchio
libro
tarlato
dell
'
ottocento
che
ritrovai
per
caso
in
fondo
all
'
armadio
della
nonna
!
*
*
*
[
I
cani
]
E
allora
sarà
anche
sparita
da
Costantinopoli
una
delle
sue
curiosità
più
curiose
,
che
sono
i
cani
.
Qui
proprio
voglio
lasciar
correre
un
po
'
la
penna
perché
l
'
argomento
lo
merita
.
Costantinopoli
è
un
immenso
canile
:
tutti
l
'
osservano
appena
arrivati
.
I
cani
costituiscono
una
seconda
popolazione
della
città
,
meno
numerosa
,
ma
non
meno
strana
della
prima
.
Tutti
sanno
quanto
i
Turchi
li
amino
e
li
proteggano
.
Non
ho
potuto
sapere
se
lo
facciano
per
il
sentimento
di
carità
che
raccomanda
il
Corano
anche
verso
le
bestie
;
o
perché
li
credano
,
come
certi
uccelli
,
apportatori
di
fortuna
,
o
perché
li
amava
il
Profeta
,
o
perché
ne
parlano
le
loro
sacre
storie
,
o
perchè
,
come
altri
pretende
,
Maometto
il
Conquistatore
si
conduceva
dietro
un
folto
stato
maggiore
canino
che
entrò
trionfante
con
lui
per
la
breccia
di
porta
San
Romano
.
Il
fatto
è
che
li
hanno
a
cuore
,
che
molti
Turchi
lasciano
per
testamento
delle
somme
cospicue
per
la
loro
alimentazione
,
e
che
quando
il
sultano
Abdul
-
Mejid
li
fece
portar
tutti
nell
'
isola
di
Marmara
,
il
popolo
ne
mormorò
,
e
quando
ritornarono
,
li
ricevette
a
festa
,
e
il
Governo
,
per
non
provocar
malumori
,
li
lasciò
in
pace
per
sempre
.
Però
,
siccome
il
cane
,
secondo
il
Corano
,
è
un
animale
immondo
,
e
ogni
turco
,
ospitandolo
,
crederebbe
di
contaminare
la
casa
,
così
nessuno
degli
innumerevoli
cani
di
Costantinopoli
ha
padrone
.
Formano
tutti
insieme
una
grande
repubblica
di
vagabondi
liberissimi
,
senza
collare
,
senza
nome
,
senza
uffici
,
senza
casa
,
senza
leggi
.
Fanno
tutto
nella
strada
;
vi
si
scavano
delle
piccole
tane
,
vi
dormono
,
vi
mangiano
,
vi
nascono
,
vi
allattano
i
piccini
,
e
vi
muoiono
;
e
nessuno
,
almeno
a
Stambul
,
li
disturba
menomamente
dalle
loro
occupazioni
e
dai
loro
riposi
.
Essi
sono
i
padroni
della
via
.
Nelle
nostre
città
è
il
cane
che
si
scansa
per
lasciar
passare
i
cavalli
e
la
gente
.
Là
è
la
gente
,
sono
i
cavalli
,
i
cammelli
,
gli
asini
che
fanno
anche
un
lungo
giro
per
non
pestare
i
cani
.
Nei
luoghi
più
frequentati
di
Stambul
,
quattro
o
cinque
cani
raggomitolati
e
addormentati
proprio
nel
bel
mezzo
della
strada
,
si
fanno
girare
intorno
per
una
mezza
giornata
tutta
la
popolazione
d
'
un
quartiere
.
E
lo
stesso
accade
a
Pera
e
a
Galata
,
benchè
qui
siano
lasciati
in
pace
non
già
per
rispetto
,
ma
perché
sono
tanti
,
che
a
volerseli
cacciare
di
fra
i
piedi
,
bisognerebbe
non
far
altro
che
tirar
calci
e
legnate
dal
momento
che
s
'
esce
di
casa
al
momento
che
si
ritorna
.
A
mala
pena
si
scomodano
quando
,
nelle
strade
piane
,
si
vedono
venire
addosso
una
carrozza
a
tiro
a
quattro
,
che
va
come
il
vento
,
e
non
ha
più
tempo
di
deviare
.
Allora
si
alzano
,
ma
non
prima
dell
'
ultimo
momento
,
quando
hanno
le
zampe
dei
cavalli
a
un
filo
dalla
testa
,
e
trasportano
stentatamente
la
loro
pigrizia
quattro
dita
più
lontano
:
lo
strettissimo
necessario
per
salvare
la
vita
.
La
pigrizia
è
il
tratto
distintivo
dei
cani
di
Costantinopoli
.
Si
accucciano
in
mezzo
alle
strade
,
cinque
,
sei
,
dieci
in
fila
od
in
cerchio
,
arrotondati
in
maniera
che
non
paion
più
bestie
,
ma
mucchi
di
sterco
,
e
lì
dormono
delle
giornate
intere
,
fra
un
viavai
e
uno
strepito
assordante
,
e
non
c
'
è
nè
acqua
,
nè
sole
,
nè
freddo
che
li
riscuota
.
Quando
nevica
,
rimangon
sotto
la
neve
;
quando
piove
,
restano
immersi
nella
mota
fin
sopra
la
testa
,
tanto
che
poi
,
alzandosi
,
paiono
cani
sbozzati
nella
creta
,
e
non
ci
si
vede
più
nè
occhi
,
nè
orecchie
,
nè
muso
.
A
Pera
e
a
Galata
,
però
,
son
meno
indolenti
che
a
Stambul
,
perché
ci
trovano
meno
facilmente
da
mangiare
.
A
Stambul
sono
in
pensione
,
a
Pera
e
a
Galata
mangiano
alla
carta
.
Sono
le
scope
viventi
delle
strade
.
Quello
che
rifiutano
i
maiali
,
per
loro
è
ghiottoneria
.
Fuor
che
i
sassi
mangiano
tutto
,
e
appena
hanno
tanto
in
corpo
da
non
morire
,
tornano
a
raggomitolarsi
in
terra
e
ridormono
fin
che
non
li
sveglia
la
fame
.
Dormono
quasi
sempre
nello
stesso
luogo
.
La
popolazione
canina
di
Costantinopoli
è
divisa
per
quartieri
come
la
popolazione
umana
.
Ogni
quartiere
,
ogni
strada
è
abitata
,
o
piuttosto
posseduta
da
un
certo
numero
di
cani
,
parenti
ed
amici
,
che
non
se
ne
allontanano
mai
,
e
non
vi
lasciano
penetrare
stranieri
.
Esercitano
una
specie
di
servizio
di
polizia
.
Hanno
i
loro
corpi
di
guardia
,
i
loro
posti
avanzati
,
le
loro
sentinelle
fanno
la
ronda
e
le
esplorazioni
.
Guai
se
un
cane
d
'
un
altro
quartiere
,
spinto
dalla
fame
,
s
'
arrischia
nei
possedimenti
dei
suoi
vicini
!
Una
frotta
di
cagnacci
insatanassati
gli
piomba
addosso
,
e
se
lo
coglie
,
lo
finisce
;
se
non
può
coglierlo
,
lo
insegue
rabbiosamente
fino
ai
confini
del
quartiere
.
Sino
ai
confini
,
non
più
in
là
;
il
paese
nemico
è
quasi
sempre
rispettato
e
temuto
.
Non
si
può
dare
un
'
idea
delle
battaglie
,
dei
sottosopra
che
seguono
per
un
osso
,
per
una
bella
,
o
per
una
violazione
di
territorio
.
Ogni
momento
si
vede
una
frotta
di
cani
stringersi
furiosamente
in
un
gruppo
intricato
e
confuso
,
e
sparire
in
un
nuvolo
di
polvere
,
e
lì
urli
e
latrati
e
guaiti
da
lacerare
le
orecchie
ad
un
sordo
;
poi
la
frotta
si
sparpaglia
,
e
a
traverso
il
polverìo
diradato
si
vedono
distese
sul
terreno
le
vittime
della
mischia
.
Amori
,
gelosie
,
duelli
,
sangue
,
gambe
rotte
e
orecchie
lacerate
,
son
l
'
affare
d
'
ogni
momento
.
Alle
volte
se
ne
radunan
tanti
e
fanno
tali
baldorie
davanti
a
una
bottega
,
che
il
bottegaio
e
i
garzoni
son
costretti
ad
armarsi
di
stanghe
e
di
seggiole
e
a
fare
una
sortita
militare
in
tutte
le
regole
per
sgombrare
la
strada
;
e
allora
si
sentono
risonar
teste
e
schiene
e
pancie
,
e
ululati
che
fanno
venir
giù
l
'
aria
.
A
Pera
e
a
Galata
in
specie
,
quelle
povere
bestie
sono
tanto
malmenate
,
tanto
abituate
a
toccare
una
percossa
ogni
volta
che
vedono
un
bastone
,
che
al
solo
sentir
battere
sul
ciottolato
un
ombrello
o
una
mazzina
,
o
scappano
o
si
preparano
a
scappare
;
ed
anche
quando
sembra
che
dormano
,
tengono
quasi
sempre
un
occhio
socchiuso
,
un
puntino
impercettibile
di
pupilla
,
con
cui
seguono
attentissimamente
,
anche
per
un
quarto
d
'
ora
filato
,
e
a
qualunque
distanza
,
tutti
i
più
leggieri
movimenti
di
qualsiasi
oggetto
che
abbia
apparenza
d
'
un
bastone
.
E
son
così
poco
assuefatti
a
trattamenti
umani
,
che
basta
,
passando
,
accarezzarne
uno
,
che
dieci
altri
accorrono
saltellando
,
mugolando
,
dimenando
la
coda
,
e
accompagnano
il
protettore
generoso
fino
in
fondo
alla
strada
,
cogli
occhi
luccicanti
di
gioia
e
di
gratitudine
.
La
condizione
d
'
un
cane
a
Pera
e
a
Galata
è
peggiore
,
ed
è
tutto
dire
,
di
quella
d
'
un
ragno
in
Olanda
,
che
è
l
'
essere
più
perseguitato
di
tutto
il
regno
animale
.
Non
si
può
,
vedendoli
,
non
credere
che
ci
sia
anche
per
loro
un
compenso
dopo
morte
.
Anch
'
essi
,
come
ogni
altra
cosa
a
Costantinopoli
,
mi
destavano
una
reminiscenza
storica
;
ma
era
un
'
amara
ironia
;
erano
i
cani
delle
caccie
famose
di
Baiazet
,
che
correvano
per
le
foreste
imperiali
dell
'
Olimpo
colle
gualdrappine
di
porpora
e
coi
collari
imperlati
.
Quale
diversità
di
condizione
sociale
!
La
loro
sorte
infelice
dipende
anche
in
parte
dalla
loro
bruttezza
.
Sono
quasi
tutti
cani
della
razza
dei
mastini
o
dei
can
lupi
,
e
ritraggono
un
po
'
del
lupo
e
della
volpe
;
o
piuttosto
non
ritraggono
di
nulla
;
sono
orribili
prodotti
d
'
incrociamenti
fortuiti
,
screziati
di
colori
bizzarri
,
della
grandezza
dei
così
detti
cani
da
macellaio
,
e
magri
che
se
ne
possono
contar
le
costole
a
venti
passi
.
La
maggior
parte
poi
,
oltre
alla
magrezza
,
son
ridotti
dalle
risse
in
uno
stato
che
,
se
non
si
vedessero
camminare
,
si
piglierebbero
per
carcami
di
cani
macellati
.
Se
ne
vedono
colla
coda
mozza
,
colle
orecchie
monche
,
col
dorso
spelato
,
col
collo
scorticato
,
orbi
d
'
un
occhio
,
zoppi
di
due
gambe
,
coperti
di
guidaleschi
e
divorati
dalle
mosche
;
ridotti
agli
ultimi
termini
a
cui
si
può
ridurre
un
cane
vivente
;
veri
avanzi
della
fame
,
della
guerra
e
della
vaga
venere
.
La
coda
,
si
può
dire
che
è
un
membro
di
lusso
:
è
raro
il
cane
di
Costantinopoli
che
la
serbi
intera
per
più
di
due
mesi
di
vita
pubblica
.
Povere
bestie
!
metterebbero
pietà
in
un
cuore
di
sasso
;
eppure
si
vedono
qualche
volta
potati
e
rosicchiati
in
un
modo
così
strano
,
si
vedono
camminare
con
certi
dondolamenti
così
svenevoli
,
con
certi
barcollii
così
grotteschi
,
che
non
si
possono
trattenere
le
risa
.
E
non
son
nè
la
fame
nè
la
guerra
nè
le
legnate
il
loro
peggiore
flagello
:
è
un
uso
crudele
invalso
da
qualche
tempo
a
Galata
e
a
Pera
.
Sovente
,
di
notte
,
i
pacifici
peroti
sono
svegliati
nei
loro
letti
da
un
baccano
indiavolato
;
e
affacciandosi
alle
finestre
,
vedon
giù
nella
strada
una
ridda
spaventevole
di
cani
che
spiccano
salti
altissimi
,
e
fanno
rivoltoloni
furiosi
e
battono
capate
tremende
nei
muri
;
e
la
mattina
all
'
alba
la
strada
è
coperta
di
cadaveri
.
È
il
dottorino
o
lo
speziale
del
quartiere
,
che
avendo
l
'
abitudine
di
studiare
la
notte
,
e
non
volendo
esser
disturbati
dalla
canea
,
si
sono
procurati
una
settimana
di
silenzio
con
una
distribuzione
di
polpette
.
Queste
ed
altre
cagioni
fanno
sì
che
il
numero
dei
cani
diminuisca
continuamente
a
Pera
e
a
Galata
;
ma
a
che
pro
?
Intanto
a
Stambul
crescono
e
si
moltiplicano
,
sin
che
non
trovando
più
alimento
nella
città
turca
,
migrano
a
poco
a
poco
all
'
altra
riva
,
e
riempiono
nella
famiglia
sterminata
tutti
i
vuoti
che
v
'
han
fatto
le
battaglie
,
la
carestia
e
il
veleno
.
*
*
*
[
Gli
eunuchi
]
Ma
vi
sono
altri
esseri
,
a
Costantinopoli
,
che
fanno
più
compassione
dei
cani
,
e
son
gli
eunuchi
,
i
quali
,
come
s
'
introdussero
fra
i
turchi
malgrado
i
precetti
formali
del
Corano
che
condannano
questa
infame
degradazione
della
natura
,
sussistono
ancora
,
malgrado
la
legge
recente
che
ne
proibisce
il
traffico
,
poichè
è
più
forte
della
legge
la
scellerata
avidità
dell
'
oro
che
fa
commettere
il
delitto
,
e
l
'
egoismo
spietato
che
se
ne
vale
.
Questi
disgraziati
s
'
incontrano
ad
ogni
passo
nelle
strade
,
come
s
'
incontrano
,
ad
ogni
passo
nella
storia
.
In
fondo
a
ogni
quadro
della
storia
turca
,
campeggia
una
di
queste
figure
sinistre
,
colle
fila
d
'
una
congiura
nel
pugno
;
coperto
d
'
oro
o
intriso
di
sangue
,
vittima
,
o
favorito
,
o
carnefice
,
palesemente
od
occultamente
formidabile
,
ritto
come
uno
spettro
all
'
ombra
del
trono
,
o
affacciato
allo
spiraglio
d
'
una
porta
misteriosa
.
Così
per
Costantinopoli
,
in
mezzo
alla
folla
affaccendata
dei
bazar
,
tra
la
moltitudine
allegra
delle
Acque
dolci
,
fra
le
colonne
delle
moschee
,
accanto
alle
carrozze
,
nei
piroscafi
,
nei
caicchi
,
in
tutte
le
feste
,
in
tutte
le
folle
,
si
vede
questa
larva
d
'
uomo
,
questa
figura
dolorosa
,
che
fa
colla
sua
persona
una
macchia
lugubre
su
tutti
gli
aspetti
ridenti
della
vita
orientale
.
Scemata
l
'
onnipotenza
della
corte
,
è
scemata
la
loro
importanza
politica
,
come
rilassandosi
la
gelosia
orientale
,
è
diminuita
la
loro
importanza
nelle
case
private
;
i
vantaggi
del
loro
stato
son
quindi
molto
scaduti
;
essi
non
trovano
più
che
assai
difficilmente
nella
ricchezza
e
nella
dominazione
un
compenso
alla
loro
sventura
;
non
si
trovano
più
i
Ghaznefer
Agà
che
consentono
alla
mutilazione
per
diventar
capi
degli
eunuchi
bianchi
;
tutti
sono
ora
certamente
vittime
,
e
vittime
senza
conforti
;
comprati
o
rubati
bambini
,
in
Abissinia
od
in
Siria
,
uno
su
tre
sopravvissuti
al
coltello
infame
,
e
rivenduti
in
onta
alla
legge
,
con
una
ipocrisia
di
segretezza
,
più
odiosa
d
'
un
aperto
mercato
.
Non
c
'
è
bisogno
di
farseli
indicare
,
si
riconoscono
all
'
aspetto
.
Son
quasi
tutti
d
'
alta
statura
,
grassi
,
flosci
,
col
viso
imberbe
e
avvizzito
,
corti
di
busto
,
lunghissimi
di
gambe
e
di
braccia
.
Portano
il
fez
,
un
lungo
soprabito
scuro
,
i
calzoni
all
'
europea
e
uno
staffile
di
cuoio
d
'
ippopotamo
,
che
è
l
'
insegna
del
loro
ufficio
.
Camminano
a
lunghi
passi
,
mollemente
,
come
grandi
bambini
.
Accompagnano
le
signore
a
piedi
o
a
cavallo
,
davanti
e
dietro
le
carrozze
,
quando
uno
,
quando
due
insieme
,
e
rivolgono
sempre
intorno
un
occhio
vigilante
,
che
al
menomo
sguardo
o
atto
irriverente
di
chi
passa
,
piglia
un
'
espressione
di
rabbia
ferina
che
mette
paura
e
ribrezzo
.
Fuor
di
questi
casi
,
il
loro
viso
o
non
dice
assolutamente
nulla
,
o
non
esprime
che
un
tedio
infinito
d
'
ogni
cosa
.
Non
mi
ricordo
d
'
averne
visto
ridere
alcuno
.
Ce
ne
sono
dei
giovanissimi
,
che
par
che
abbiano
cinquant
'
anni
;
dei
vecchi
,
che
sembrano
adolescenti
invecchiati
in
un
giorno
;
dei
molto
pingui
,
tondi
,
molli
,
lucidi
,
che
sembrano
enfiati
o
ingrassati
apposta
come
bestie
suine
;
tutti
vestiti
di
panni
fini
,
puliti
e
profumati
come
damerini
vanitosi
.
Ci
sono
degli
uomini
senza
cuore
che
passando
accanto
a
quei
disgraziati
li
guardano
e
ridono
.
Costoro
credono
forse
che
,
essendo
così
come
sono
fin
dall
'
infanzia
,
non
comprendano
la
loro
sventura
.
Si
sa
invece
che
la
comprendono
e
che
la
sentono
;
ma
se
anche
non
si
sapesse
,
come
si
potrebbe
dubitarne
?
Non
appartenere
ad
alcun
sesso
,
non
essere
che
una
mostra
d
'
uomo
;
vivere
in
mezzo
agli
uomini
e
vedersene
separati
da
un
abisso
;
sentir
fremere
la
vita
intorno
a
sè
,
come
un
mare
,
e
dovervi
rimanere
in
mezzo
,
immobili
e
solitarii
come
uno
scoglio
;
sentire
tutti
i
propri
pensieri
e
tutti
i
sentimenti
strozzati
da
un
cerchio
di
ferro
che
nessuna
virtù
umana
potrà
mai
spezzare
;
aver
perpetuamente
dinanzi
un
'
immagine
di
felicità
,
a
cui
tutto
tende
,
intorno
a
cui
tutto
gira
,
di
cui
tutto
si
colora
e
s
'
illumina
,
e
sentirsene
smisuratamente
lontani
,
nell
'
oscurità
,
in
un
vuoto
immenso
e
freddo
,
come
creature
maledette
da
Dio
;
essere
anzi
i
custodi
di
quella
felicità
,
la
barriera
che
l
'
uomo
geloso
mette
fra
i
suoi
piaceri
ed
il
mondo
,
il
puntello
con
cui
assicura
la
sua
porta
,
il
cencio
con
cui
copre
il
suo
tesoro
;
e
dover
vivere
tra
i
profumi
,
in
mezzo
alle
seduzioni
,
alla
gioventù
,
alla
bellezza
,
ai
tripudi
,
colla
vergogna
sulla
fronte
,
colla
rabbia
nell
'
anima
,
disprezzati
,
scherniti
,
senza
nome
,
senza
famiglia
,
senza
madre
,
senza
un
ricordo
affettuoso
,
segregati
dall
'
umanità
e
dalla
natura
,
ah
!
dev
'
essere
un
tormento
che
la
mente
umana
non
può
comprendere
,
come
quello
di
vivere
con
un
pugnale
confitto
nel
cuore
.
E
questa
infamia
si
sopporta
ancora
,
questi
sventurati
passeggiano
per
le
vie
di
una
città
d
'
Europa
,
vivono
in
mezzo
agli
uomini
,
e
non
urlano
,
non
mordono
,
non
uccidono
,
non
sputano
in
viso
all
'
umanità
codarda
che
li
guarda
senza
arrossire
e
senza
piangere
,
e
fa
delle
associazioni
internazionali
per
la
protezione
dei
gatti
e
dei
cani
!
La
loro
vita
non
è
che
un
supplizio
continuo
.
Quando
le
donne
non
li
trovano
arrendevoli
ai
loro
intrighi
,
li
odiano
come
carcerieri
e
come
spie
,
e
li
torturano
con
una
civetteria
crudele
,
sino
a
farli
diventar
furiosi
o
insensati
,
come
il
povero
eunuco
nero
delle
Lettere
persiane
quando
metteva
nel
bagno
la
sua
signora
.
Tutto
è
sarcasmo
per
loro
:
portano
dei
nomi
di
profumi
e
di
fiori
,
per
allusione
alle
donne
di
cui
sono
custodi
:
sono
possessori
di
giacinti
,
guardiani
di
gigli
,
custodi
di
rose
e
di
viole
.
E
qualche
volta
amano
,
gli
sciagurati
!
perché
in
loro
delle
passioni
sono
spenti
gli
effetti
,
non
le
cause
;
e
son
gelosi
,
e
si
rodono
e
piangono
lagrime
di
sangue
;
e
qualche
volta
,
quando
uno
sguardo
procace
si
fissa
in
volto
alla
loro
donna
,
e
s
'
accorgono
che
è
corrisposto
,
perdon
la
ragione
e
percuotono
.
Al
tempo
della
guerra
di
Crimea
un
eunuco
diede
una
frustata
in
viso
ad
un
ufficiale
francese
,
e
questi
gli
spaccò
il
cranio
con
una
sciabolata
.
Chi
può
dire
che
cosa
soffrano
,
come
li
desoli
la
bellezza
,
come
li
strazii
un
vezzo
,
come
li
trafigga
un
sorriso
,
e
quante
volte
mentre
al
loro
orecchio
arriva
il
suono
d
'
un
bacio
,
la
loro
mano
afferra
il
manico
del
pugnale
!
Non
è
meraviglia
che
nel
vuoto
immenso
del
loro
cuore
non
attecchiscano
per
lo
più
che
le
passioni
fredde
dell
'
odio
,
della
vendetta
e
dell
'
ambizione
;
che
crescano
acri
,
mordaci
,
pettegoli
,
pusillanimi
,
feroci
;
che
siano
o
bestialmente
devoti
o
astutissimamente
traditori
,
e
che
quando
sono
potenti
,
cerchino
di
vendicarsi
sull
'
uomo
dell
'
affronto
che
fu
fatto
in
loro
alla
natura
.
Ma
per
quanto
siano
intristiti
,
sentono
sempre
nel
cuore
il
bisogno
prepotente
della
donna
,
e
poichè
non
possono
averla
amante
,
la
cercano
amica
;
si
ammogliano
;
sposano
delle
donne
incinte
,
come
Sunbullù
,
il
grand
'
eunuco
di
Ibraim
I
,
per
avere
un
bambino
da
amare
;
si
fanno
un
arem
di
vergini
,
come
il
grand
'
eunuco
di
Ahmed
II
,
per
avere
almeno
lo
spettacolo
della
bellezza
e
della
grazia
,
l
'
amplesso
affettuoso
,
un
'
illusione
d
'
amore
;
adottano
una
figliuola
per
aver
un
seno
di
donna
su
cui
chinare
la
testa
quando
son
vecchi
,
per
non
morire
senza
sapere
che
cos
'
è
una
carezza
,
per
sentire
nei
loro
ultimi
anni
una
voce
amorosa
dopo
aver
sentito
per
tutta
la
vita
il
riso
dell
'
ironia
e
del
disprezzo
;
e
non
son
rari
quelli
che
,
arricchiti
alla
corte
o
nelle
grandi
case
,
dove
esercitano
insieme
l
'
ufficio
di
capi
degli
eunuchi
e
d
'
intendenti
,
si
comprano
,
vecchi
,
una
bella
villetta
sul
Bosforo
,
e
là
cercano
di
dimenticare
,
di
sopire
il
sentimento
della
propria
sventura
nell
'
allegrezza
delle
feste
e
dei
conviti
.
Fra
le
molte
cose
che
mi
furon
dette
di
questi
infelici
,
una
mi
è
rimasta
viva
più
di
tutte
nella
memoria
;
ed
è
un
giovane
medico
di
Pera
che
me
l
'
ha
raccontata
.
Confutando
gli
argomenti
di
chi
crede
che
gli
eunuchi
non
soffrano
:
-
Una
sera
,
-
mi
disse
,
-
uscivo
dalla
casa
d
'
un
ricco
musulmano
,
dov
'
ero
andato
a
visitare
per
la
terza
volta
una
delle
sue
quattro
mogli
malata
di
cuore
.
All
'
uscire
come
all
'
entrare
m
'
aveva
accompagnato
un
eunuco
gridando
le
solite
parole
:
-
donne
,
ritiratevi
!
-
per
avvertir
signore
e
schiave
che
un
uomo
era
nell
'
arem
,
e
che
non
dovevano
lasciarsi
vedere
.
Quando
fui
nel
cortile
,
l
'
eunuco
mi
lasciò
,
ed
io
mi
diressi
solo
verso
la
porta
.
Nel
punto
che
stavo
per
aprire
,
mi
sentii
toccare
il
braccio
,
e
voltandomi
,
mi
vidi
dinanzi
,
così
tra
il
chiaro
e
lo
scuro
,
un
altro
eunuco
,
un
giovanetto
di
diciotto
o
vent
'
anni
,
di
aspetto
simpatico
,
che
mi
guardava
fisso
con
gli
occhi
umidi
di
lagrime
.
Gli
domandai
che
cosa
voleva
.
Titubò
un
momento
a
rispondere
,
poi
m
'
afferrò
una
mano
con
tutt
'
e
due
le
mani
,
e
stringendomela
convulsivamente
mi
disse
con
una
voce
tremante
,
in
cui
si
sentiva
un
dolore
disperato
:
-
Dottore
!
Tu
che
sai
un
rimedio
per
tutti
i
mali
,
non
ne
sapresti
uno
per
il
mio
?
-
Io
non
so
dire
quello
che
produssero
in
me
queste
semplici
parole
;
volli
rispondere
,
mi
mancò
la
voce
,
e
non
sapendo
nè
che
fare
nè
che
dire
,
apersi
bruscamente
la
porta
e
fuggii
.
Ma
per
tutta
quella
sera
e
per
molti
giorni
dopo
,
mi
parve
di
vedere
quel
giovane
e
di
sentir
quelle
parole
,
e
più
d
'
una
volta
dovetti
far
forza
a
me
stesso
per
non
piangere
di
pietà
.
-
O
filantropi
,
pubblicisti
,
ministri
,
ambasciatori
,
e
voi
,
signori
deputati
al
Parlamento
di
Stambul
e
senatori
della
mezzaluna
,
levate
un
grido
,
in
nome
di
Dio
,
perché
questa
sanguinosa
ignominia
,
questa
orrenda
macchia
dell
'
onore
umano
,
non
sia
più
nel
ventesimo
secolo
che
una
memoria
dolorosa
come
le
carneficine
della
Bulgaria
.
*
*
*
[
L
'
esercito
]
Benchè
sapessi
,
prima
d
'
arrivare
a
Costantinopoli
,
che
non
ci
avrei
più
ritrovato
traccia
dello
splendido
esercito
dei
bei
tempi
antichi
,
pure
,
appena
arrivato
,
cercai
con
vivissima
curiosità
i
soldati
,
mia
perpetua
simpatia
.
Ma
,
pur
troppo
,
trovai
la
realtà
peggiore
dell
'
aspettazione
.
In
luogo
delle
antiche
vestimenta
ampie
,
pittoresche
e
guerriere
,
trovai
le
divise
nere
e
attillate
,
i
calzoni
rossi
,
le
giacchettine
scarse
,
i
galloni
da
usciere
,
i
cinturini
da
collegiale
,
e
su
tutte
le
teste
,
da
quella
del
Sultano
a
quella
del
soldato
,
quel
deplorabile
fez
,
che
oltre
ad
esser
meschino
e
puerile
,
in
specie
sul
cocuzzolo
dei
musulmani
corpulenti
,
è
cagione
d
'
infinite
oftalmie
ed
emicranie
.
L
'
esercito
turco
non
ha
più
la
bellezza
d
'
un
esercito
turco
,
non
ha
ancora
la
bellezza
d
'
un
esercito
europeo
;
i
soldati
mi
parvero
tristi
,
svogliati
e
sudici
;
saranno
valorosi
,
ma
non
son
simpatici
.
E
quanto
alla
loro
educazione
,
mi
basta
questo
:
che
ho
visto
sergenti
e
ufficiali
soffiarsi
il
naso
colle
dita
in
mezzo
alla
strada
;
che
ho
visto
un
soldato
di
guardia
al
ponte
,
dove
è
proibito
di
fumare
,
strappar
il
sigaro
di
bocca
a
un
viceconsole
;
e
che
nella
moschea
dei
dervis
giranti
di
via
di
Pera
,
un
altro
soldato
,
me
presente
,
per
far
capire
a
tre
signori
europei
che
bisognava
levarsi
il
cappello
,
li
scappellò
tutti
e
tre
con
una
manata
.
E
ho
saputo
che
,
ad
alzar
la
voce
in
simili
casi
,
il
meno
che
possa
capitare
è
d
'
essere
abbracciati
come
un
sacco
di
cenci
e
portati
di
peso
nel
corpo
di
guardia
.
Per
la
qual
cosa
,
in
tutto
il
tempo
che
rimasi
a
Costantinopoli
,
ho
sempre
dimostrato
un
profondo
rispetto
ai
soldati
.
E
d
'
altra
parte
,
cessai
di
meravigliarmi
delle
loro
maniere
,
dopo
aver
visto
coi
miei
occhi
che
cosa
è
quella
gente
prima
di
vestir
l
'
uniforme
.
Vidi
un
giorno
passare
per
una
strada
di
Scutari
un
centinaio
di
reclute
che
venivano
probabilmente
dall
'
interno
dell
'
Asia
Minore
.
Mi
fecero
compassione
e
ribrezzo
.
Mi
parve
di
vedere
quegli
spaventosi
banditi
d
'
Hassan
il
pazzo
,
che
attraversarono
Costantinopoli
sulla
fine
del
sedicesimo
secolo
,
per
andar
a
morire
sotto
la
mitraglia
austriaca
nella
pianura
di
Pest
.
Vedo
ancora
quelle
faccie
sinistre
,
quelle
lunghe
ciocche
di
capelli
,
quei
corpi
seminudi
e
arabescati
,
quegli
ornamenti
selvaggi
,
e
sento
il
tanfo
di
serraglio
di
belve
che
lasciarono
nella
via
.
Quando
giunsero
le
prime
notizie
delle
stragi
di
Bulgaria
,
pensai
subito
a
loro
.
-
Debbono
essere
i
miei
amici
di
Scutari
,
-
dissi
in
cuor
mio
.
Essi
però
sono
l
'
unica
immagine
pittoresca
che
mi
sia
rimasta
de
'
soldati
musulmani
.
Belli
eserciti
di
Bajazet
,
di
Solimano
e
di
Maometto
,
chi
vi
potesse
rivedere
per
un
minuto
,
dall
'
alto
delle
mura
di
Stambul
,
schierati
sulla
pianura
di
Daud
-
Pascià
!
Ogni
volta
che
passavo
dinanzi
alla
porta
trionfale
d
'
Adrianopoli
,
quei
belli
eserciti
mi
si
affacciavano
alla
mente
come
una
visione
luminosa
,
e
mi
soffermavo
a
contemplare
la
porta
,
come
se
di
momento
in
momento
dovesse
apparire
il
pascià
quartier
mastro
,
araldo
delle
schiere
imperiali
.
Il
pascià
quartier
mastro
,
in
fatti
,
camminava
alla
testa
dell
'
esercito
,
con
due
code
di
cavallo
,
insegna
della
sua
dignità
.
Dietro
a
lui
,
si
vedeva
di
lontano
un
vivissimo
luccichìo
.
Erano
ottomila
cucchiai
di
rame
confitti
nei
turbanti
di
ottomila
giannizzeri
,
in
mezzo
ai
quali
ondeggiavano
le
penne
d
'
airone
e
scintillavano
le
armature
dei
colonnelli
,
seguiti
da
uno
sciame
di
servi
carichi
di
armi
e
di
vivande
.
Dietro
ai
giannizzeri
veniva
un
piccolo
esercito
di
volontarii
e
di
paggi
,
colle
vesti
di
seta
,
colle
maglie
di
ferro
,
coi
caschi
luccicanti
,
accompagnati
da
una
banda
di
musici
;
dietro
ai
paggi
,
i
cannonieri
,
coi
cannoni
uniti
da
catene
di
ferro
;
e
poi
un
altro
piccolo
esercito
di
agà
,
di
paggi
,
di
ciambellani
,
di
soldati
feudatarii
,
piantati
sopra
cavalli
corazzati
e
impennacchiati
.
E
questa
non
era
che
l
'
avanguardia
.
Sopra
le
schiere
serrate
sventolavano
stendardi
di
mille
colori
,
ondeggiavano
code
di
cavallo
,
s
'
urtavano
lancie
,
spade
,
archi
,
turcassi
,
archibugi
,
in
mezzo
ai
quali
si
vedevano
appena
le
faccie
annerite
dal
sole
delle
guerre
di
Candia
e
di
Persia
;
e
i
suoni
scordati
dei
tamburi
,
dei
flauti
,
delle
trombe
e
delle
timballe
,
la
voce
dei
cantanti
che
accompagnavano
i
giannizzeri
,
il
tintinnio
delle
armature
,
lo
strepito
delle
catene
,
le
grida
di
:
Allà
,
si
confondevano
in
un
frastuono
festoso
e
terribile
,
che
dal
campo
di
Daud
-
Pascià
si
spandeva
fino
all
'
altra
riva
del
Corno
d
'
oro
.
Oh
!
pittori
e
poeti
che
avete
studiato
amorosamente
quel
bel
mondo
orientale
,
svanito
per
sempre
,
aiutatemi
a
far
uscir
intero
dalle
vecchie
mura
di
Stambul
l
'
esercito
favoloso
di
Maometto
III
.
L
'
avanguardia
è
passata
:
un
altro
sfolgorìo
s
'
avanza
.
È
il
Sultano
?
No
,
il
Nume
non
è
forse
ancora
uscito
dal
tempio
.
Non
è
che
il
corteo
del
vizir
favorito
.
Sono
quaranta
agà
vestiti
di
zibellino
,
su
quaranta
cavalli
dalle
gualdrappe
di
velluto
e
dalle
redini
d
'
argento
,
a
cui
tien
dietro
una
folla
di
paggi
e
di
palafrenieri
pomposi
,
che
conducono
a
mano
altri
quaranta
corsieri
,
bardati
d
'
oro
,
carichi
di
scudi
,
di
mazze
e
di
scimitarre
.
Viene
innanzi
un
altro
corteo
.
Non
è
ancora
il
Sultano
.
Sono
i
membri
della
Cancelleria
di
Stato
,
i
grandi
dignitari
del
Serraglio
,
il
gran
tesoriere
,
accompagnati
da
una
banda
di
suonatori
e
da
uno
sciame
di
volontarii
coi
berretti
purpurei
ornati
d
'
ale
d
'
uccelli
,
vestiti
di
pelliccie
,
di
taffettà
incarnato
,
di
pelli
di
leopardo
,
di
kolpak
ungheresi
,
e
armati
di
lunghe
lancie
fasciate
di
seta
e
inghirlandate
di
fiori
.
Un
'
altra
onda
di
cavalli
sfolgoranti
esce
dalla
porta
d
'
Adrianopoli
.
Non
è
ancora
il
Sultano
.
È
il
corteo
del
gran
vizir
.
Vien
prima
una
folla
d
'
archibugieri
a
cavallo
,
di
furieri
e
d
'
agà
benemeriti
del
gran
Signore
,
e
poi
altri
quaranta
agà
del
gran
vizir
in
mezzo
a
una
foresta
di
mille
e
duecento
lancie
di
bambù
impugnate
da
mille
e
duecento
paggi
,
e
altri
quaranta
paggi
del
gran
vizir
vestiti
di
color
ranciato
e
armati
d
'
archi
e
di
turcassi
ricamati
d
'
oro
,
e
altri
duecento
giovanetti
divisi
in
sei
schiere
di
sei
colori
,
in
mezzo
ai
quali
cavalcano
governatori
e
parenti
del
primo
ministro
,
seguiti
da
una
turba
di
palafrenieri
,
d
'
armigeri
,
d
'
impiegati
,
di
servi
,
di
paggi
,
d
'
agà
dalle
vesti
dorate
e
di
vessilliferi
dalle
bandiere
di
seta
;
e
ultimo
il
Kiaya
,
ministro
dell
'
interno
,
in
mezzo
a
dodici
sciaù
,
esecutori
di
giustizia
,
seguiti
dalla
banda
del
gran
vizir
.
Un
'
altra
folla
sbocca
fuori
dalle
mura
.
Non
è
ancora
il
Sultano
.
È
una
folla
di
sciaù
,
di
furieri
,
d
'
impiegati
,
vestiti
di
assise
splendide
,
che
fanno
corteo
ai
giureconsulti
,
ai
mollà
,
ai
muderrì
,
a
cui
tien
dietro
il
gran
cacciatore
per
le
caccie
al
falcone
,
all
'
avoltoio
,
allo
sparviero
ed
al
nibbio
,
seguito
da
una
fila
di
cavalieri
che
portano
in
sella
i
gatti
pardi
ammaestrati
alla
caccia
,
e
da
una
processione
di
falconieri
,
di
scudieri
,
di
squartatori
,
di
guardiani
di
furetti
,
di
drappelli
di
trombettieri
e
di
mute
di
cani
ingualdrappati
e
ingioiellati
.
Un
'
altra
folla
compare
.
Gli
spettatori
accalcati
si
prostrano
:
è
il
Sultano
!
Non
è
ancora
il
Sultano
;
non
è
la
testa
,
ma
il
cuore
dell
'
esercito
;
il
focolare
del
coraggio
e
dell
'
ira
sacra
,
l
'
arca
santa
,
il
carroccio
dei
musulmani
,
intorno
a
cui
s
'
alzeranno
mucchi
di
cadaveri
e
scorreranno
torrenti
di
sangue
,
la
bandiera
verde
del
Profeta
,
l
'
insegna
delle
insegne
,
tolta
alla
moschea
del
Sultano
Ahmed
,
che
sventola
in
mezzo
a
una
turba
feroce
di
dervis
coperti
di
pelli
d
'
orso
e
di
leone
,
in
mezzo
a
una
corona
di
sceicchi
predicatori
dall
'
aspetto
ispirato
,
ravvolti
in
mantelli
di
pelo
di
cammello
;
fra
due
schiere
d
'
emiri
,
discendenti
di
Maometto
,
coronati
di
turbanti
verdi
,
che
levano
tutti
insieme
un
clamore
minaccioso
e
sinistro
di
evviva
,
di
ruggiti
,
di
preghiere
,
di
canti
.
Esce
un
'
altra
ondata
d
'
uomini
e
di
cavalli
.
Non
è
ancora
il
Sultano
.
È
uno
stuolo
di
sciaù
che
brandiscono
i
loro
bastoni
inargentati
per
far
largo
al
giudice
di
Costantinopoli
e
al
gran
giudice
d
'
Asia
e
d
'
Europa
,
i
cui
turbanti
enormi
torreggiano
al
disopra
della
folla
;
sono
il
vizir
favorito
e
il
vizir
caimacan
,
coi
turbanti
stelleggiati
d
'
argento
e
gallonati
d
'
oro
;
sono
tutti
i
vizir
del
divano
,
dinanzi
ai
quali
ondeggiano
le
code
di
cavallo
tinte
di
henné
,
appese
in
cima
a
lancie
rosse
ed
azzurre
;
e
infine
i
giudici
dell
'
esercito
e
un
codazzo
sterminato
di
servi
vestiti
di
pelli
di
leopardo
e
armati
di
stocco
,
e
paggi
e
armigeri
e
vivandieri
.
Un
altro
barbaglio
di
colori
e
di
splendori
annunzia
un
altro
corteo
:
è
il
Sultano
finalmente
!
Non
è
ancora
il
Sultano
.
È
il
gran
vizir
,
vestito
d
'
un
caffettano
purpureo
foderato
di
zibellino
;
montato
sopra
un
cavallo
coperto
d
'
acciaio
e
d
'
oro
,
seguito
da
uno
sciame
di
servi
in
abito
di
velluto
rosso
,
attorniato
da
una
folla
di
alti
dignitari
e
di
luogotenenti
generali
dei
giannizzeri
,
fra
i
quali
biancheggia
il
muftì
,
come
un
cigno
in
mezzo
a
uno
stormo
di
pavoni
;
e
dietro
a
costoro
,
fra
due
schiere
di
lancieri
dai
giustacuori
dorati
,
fra
due
file
d
'
arcieri
dai
pennacchi
a
mezzaluna
,
i
palafrenieri
sfarzosi
del
serraglio
che
conducono
per
mano
una
frotta
di
cavalli
arabi
,
turcomanni
,
persiani
,
caramaniani
,
dalle
selle
di
velluto
,
dalle
nappine
di
canutiglia
,
dalle
redini
dorate
,
dalle
staffe
damaschinate
,
carichi
di
scudi
e
d
'
armi
scintillanti
di
rubini
e
di
smeraldi
;
e
infine
due
cammelli
consacrati
,
uno
dei
quali
porta
il
Corano
e
l
'
altro
una
reliquia
della
Kaaba
.
Passato
il
corteo
del
gran
vizir
,
scoppia
una
musica
fragorosa
di
trombe
e
di
tamburi
,
gli
spettatori
fuggono
,
il
cannone
tuona
,
uno
stuolo
di
battistrada
irrompe
fuor
della
porta
mulinando
le
scimitarre
,
ed
ecco
in
mezzo
a
una
selva
fitta
di
lancie
,
di
pennacchi
e
di
spade
,
tra
uno
sfolgorio
abbagliante
di
caschi
d
'
oro
e
d
'
argento
,
sotto
un
nuvolo
di
stendardi
di
raso
,
ecco
il
Sultano
dei
Sultani
,
il
re
dei
re
,
il
distributore
delle
corone
ai
principi
del
mondo
,
l
'
ombra
di
Dio
sulla
terra
,
l
'
imperatore
e
signore
sovrano
del
mar
bianco
e
del
mar
nero
,
della
Rumelia
e
dell
'
Anatolia
,
della
provincia
di
Sulkadr
,
del
Diarbekir
,
del
Kurdistan
,
dell
'
Aderbigian
,
dell
'
Agiem
,
dello
Sciam
,
di
Haleb
,
d
'
Egitto
,
della
Mecca
,
di
Medina
,
di
Gerusalemme
,
di
tutte
le
contrade
dell
'
Arabia
e
dell
'
Yemen
e
di
tutte
le
altre
provincie
conquistate
dai
suoi
gloriosi
predecessori
ed
augusti
antenati
o
sottomesse
alla
sua
gloriosa
maestà
dalla
sua
spada
fiammeggiante
e
trionfatrice
.
Il
corteo
solenne
e
tremendo
passa
lentamente
,
aprendo
a
quando
a
quando
un
piccolo
spiraglio
;
e
allora
s
'
intravvedono
i
tre
pennacchi
imperlati
del
turbante
del
Dio
,
il
viso
pallido
e
grave
e
il
petto
lampeggiante
di
diamanti
;
poi
il
cerchio
si
richiude
,
la
cavalcata
s
'
allontana
,
le
scimitarre
minacciose
s
'
abbassano
,
gli
spettatori
atterriti
rialzano
la
fronte
,
la
visione
è
svanita
.
Al
corteo
imperiale
tien
dietro
una
folla
d
'
ufficiali
di
corte
,
di
cui
uno
porta
sul
capo
lo
sgabello
del
Sultano
,
un
altro
la
sciabola
,
un
altro
il
turbante
,
un
altro
il
mantello
,
un
quinto
la
caffettiera
d
'
argento
,
un
sesto
la
caffettiera
d
'
oro
;
passano
altre
schiere
di
paggi
;
passa
il
drappello
degli
eunuchi
bianchi
,
passano
trecento
ciambellani
a
cavallo
,
vestiti
di
caffettani
candidi
;
passano
le
cento
carrozze
dell
'
arem
dalle
ruote
inargentate
,
tratte
da
buoi
inghirlandati
di
fiori
o
da
cavalli
bardati
di
velluto
,
e
fiancheggiate
da
una
legione
d
'
eunuchi
neri
;
passano
trecento
schiere
di
mule
che
portano
i
bagagli
e
il
tesoro
della
corte
,
passano
mille
cammelli
carichi
di
acqua
,
passano
mille
dromedarii
carichi
di
viveri
;
passa
un
esercito
di
minatori
,
d
'
armaioli
e
d
'
operai
di
Stambul
,
accompagnati
da
bande
di
buffoni
e
di
giocolieri
;
e
in
fine
passa
il
grosso
dell
'
esercito
combattente
:
le
orte
dei
giannizzeri
,
i
silidar
gialli
,
gli
azab
porporini
,
gli
spahí
dalle
insegne
rosse
,
i
cavalieri
stranieri
dagli
stendardi
bianchi
,
i
cannoni
che
vomitano
blocchi
di
marmo
e
di
piombo
,
le
milizie
feudatarie
dei
tre
continenti
,
i
volontarii
selvaggi
delle
estreme
provincie
dell
'
impero
;
nuvoli
di
bandiere
,
selve
di
pennacchi
,
torrenti
di
turbanti
,
valanghe
di
ferro
,
che
vanno
a
rovesciarsi
sull
'
Europa
come
una
maledizione
di
Dio
,
lasciando
dietro
di
sè
un
deserto
sparso
di
macerie
fumanti
e
di
piramidi
di
teschi
.
*
*
*
[
L
'
ozio
]
Benchè
in
qualche
ora
del
giorno
Costantinopoli
paia
molto
operosa
,
in
realtà
è
forse
la
città
più
pigra
dell
'
Europa
.
Per
questo
,
turchi
e
franchi
si
possono
dare
la
mano
.
Si
levano
tutti
il
più
tardi
possibile
.
Anche
d
'
estate
,
all
'
ora
in
cui
le
nostre
città
son
già
in
movimento
da
un
capo
all
'
altro
,
Costantinopoli
dorme
ancora
.
Prima
che
il
sole
sia
alto
,
è
difficile
trovare
una
bottega
aperta
e
poter
bere
una
tazza
di
caffè
.
Alberghi
,
uffici
,
bazar
,
banche
,
tutto
russa
allegramente
,
e
non
si
scuoterebbe
nemmeno
col
cannone
.
S
'
aggiungano
le
feste
:
il
venerdì
dei
turchi
,
il
sabato
degli
ebrei
,
la
domenica
dei
cristiani
,
i
santi
innumerevoli
del
calendarii
greci
ed
armeni
,
osservati
scrupolosamente
;
tutte
feste
che
,
sebbene
siano
parziali
,
costringono
all
'
ozio
anche
una
parte
della
popolazione
che
v
'
è
straniera
;
e
s
'
avrà
un
'
idea
del
lavoro
che
può
fare
Costantinopoli
nel
giro
di
sette
giorni
.
Vi
sono
degli
uffici
che
non
stanno
aperti
più
di
ventiquattr
'
ore
per
settimana
.
Ogni
giorno
v
'
è
uno
dei
cinque
popoli
della
grande
città
che
va
a
zonzo
per
le
strade
,
in
abito
festivo
,
senz
'
altro
pensiero
che
d
'
ammazzare
il
tempo
.
In
quest
'
arte
i
turchi
sono
maestri
.
Son
capaci
di
far
durare
per
una
mezza
giornata
una
tazza
di
caffè
da
due
soldi
e
di
star
cinque
ore
immobili
a
'
piedi
d
'
un
cipresso
d
'
un
cimitero
.
Il
loro
ozio
è
veramente
l
'
ozio
assoluto
,
fratello
della
morte
come
il
sonno
,
un
riposo
profondo
di
tutte
le
facoltà
,
una
sospensione
di
tutte
le
cure
,
un
modo
di
esistenza
affatto
sconosciuto
agli
europei
.
Non
vogliono
nemmeno
aver
il
pensiero
di
passeggiare
.
A
Stambul
non
ci
sono
passeggi
fatti
espressamente
,
e
se
ci
fossero
,
il
turco
non
ci
andrebbe
,
perché
l
'
andare
apposta
in
un
luogo
determinato
per
far
del
movimento
,
gli
parrebbe
una
specie
di
lavoro
.
Egli
entra
nel
primo
cimitero
o
infila
la
prima
strada
che
gli
si
presenta
,
e
va
senza
proposito
dove
lo
portan
le
gambe
,
dove
lo
conducono
i
serpeggiamenti
del
sentiero
,
dove
lo
trascina
la
folla
.
Raramente
egli
va
in
un
luogo
per
vedere
il
luogo
.
Vi
sono
dei
turchi
di
Stambul
che
non
sono
mai
andati
più
in
là
di
Kassim
-
pascià
,
dei
signori
musulmani
che
non
si
sono
mai
spinti
oltre
le
isole
dei
Principi
dove
hanno
un
amico
,
e
oltre
il
Bosforo
dove
hanno
una
villa
.
Per
loro
il
colmo
della
beatitudine
consiste
nell
'
inerzia
della
mente
e
del
corpo
.
Perciò
lasciano
ai
cristiani
irrequieti
le
grandi
industrie
che
richiedono
cure
,
passi
e
viaggi
;
e
si
ristringono
al
commercio
minuto
,
che
si
può
esercitar
da
seduti
,
e
quasi
più
cogli
occhi
che
col
pensiero
.
Il
lavoro
che
fra
noi
è
quello
che
signoreggia
e
regola
tutte
le
altre
occupazioni
della
vita
,
là
è
subordinato
,
come
un
'
occupazione
secondaria
,
a
tutti
i
comodi
e
a
tutti
i
piaceri
.
Qui
,
il
riposo
non
è
che
un
'
interruzione
del
lavoro
;
là
il
lavoro
non
è
che
una
sospensione
del
riposo
.
Prima
bisogna
a
qualunque
costo
dormicchiare
,
sognare
,
fumare
,
quelle
tante
ore
;
e
poi
,
nei
ritagli
di
tempo
,
far
qualche
cosa
per
procacciarsi
la
vita
.
Il
tempo
,
per
i
turchi
,
significa
tutt
'
altra
cosa
da
quel
che
significa
per
noi
.
La
moneta
giorno
,
mese
,
anno
,
per
loro
non
ha
che
la
centesima
parte
del
valore
che
ha
in
Europa
.
Il
minor
tempo
che
domandi
un
impiegato
d
'
un
ministero
turco
per
dare
una
qualunque
risposta
intorno
al
più
semplice
affare
,
è
un
paio
di
settimane
.
La
premura
di
finire
una
cosa
per
il
piacere
di
finirla
,
non
sanno
che
cosa
sia
.
Dai
facchini
all
'
infuori
,
non
si
vede
mai
per
le
vie
di
Stambul
un
turco
affaccendato
che
affretti
il
passo
.
Tutti
camminano
colla
stessa
cadenza
,
come
se
misurassero
tutti
l
'
andatura
al
suono
d
'
uno
stesso
tamburo
.
Per
noi
la
vita
è
un
torrente
che
precipita
;
per
loro
è
un
'
acqua
che
dorme
.
*
*
*
[
La
notte
]
Costantinopoli
è
di
giorno
la
città
più
splendida
e
di
notte
la
città
più
tenebrosa
d
'
Europa
.
Pochi
fanali
,
a
gran
distanza
l
'
un
dall
'
altro
,
rompono
appena
l
'
oscurità
nelle
vie
principali
;
le
altre
son
buie
come
spelonche
,
e
non
vi
è
chi
ci
s
'
arrischii
senza
un
lume
alla
mano
.
Perciò
,
col
cader
della
notte
,
la
città
si
fa
deserta
;
non
si
vedono
più
che
guardie
notturne
,
frotte
di
cani
,
peccatrici
furtive
,
qualche
brigata
di
giovanotti
che
sbuca
dalle
birrerie
sotterranee
,
e
lanterne
misteriose
che
appariscono
e
spariscono
,
come
fuochi
fatui
,
qua
e
là
per
i
vicoli
e
pei
cimiteri
.
Allora
bisogna
contemplare
Stambul
dai
luoghi
alti
di
Pera
e
di
Galata
.
Le
innumerevoli
finestrine
illuminate
,
i
fanali
dei
bastimenti
,
i
riflessi
del
Corno
d
'
oro
e
le
stelle
,
formano
sopra
un
orizzonte
di
quattro
miglia
un
immenso
tremolìo
di
punti
di
foco
,
in
cui
si
confondono
il
porto
,
la
città
ed
il
cielo
,
e
par
tutto
firmamento
.
E
quando
il
cielo
è
nuvoloso
e
in
un
piccolo
spazio
sereno
splende
la
luna
,
si
vedono
sopra
Stambul
tutta
scura
,
sopra
le
macchie
nerissime
dei
boschi
e
dei
giardini
,
biancheggiare
le
moschee
imperiali
,
come
una
fila
di
enormi
tombe
di
marmo
,
e
la
città
presenta
l
'
immagine
della
necropoli
d
'
un
popolo
di
giganti
.
Ma
è
anche
più
bella
e
più
solenne
nelle
notti
senza
stelle
e
senza
luna
,
nell
'
ora
in
cui
tutti
i
lumi
son
spenti
.
Allora
non
si
vede
che
un
'
immensa
macchia
nera
dal
Capo
del
Serraglio
al
sobborgo
d
'
Eyub
,
un
profilo
smisurato
in
cui
le
colline
sembran
montagne
,
e
le
punte
infinite
che
le
coronano
,
pigliano
apparenze
fantastiche
di
foreste
,
di
eserciti
,
di
rovine
,
di
castelli
,
di
roccie
,
che
fanno
vagare
la
mente
nelle
regioni
dei
sogni
.
In
queste
notti
oscure
,
è
bello
il
contemplare
Stambul
da
un
'
alta
terrazza
e
abbandonarsi
alla
propria
fantasia
:
penetrar
col
pensiero
in
quella
grande
città
tenebrosa
,
scoperchiare
quella
miriade
di
arem
rischiarati
da
una
luce
languente
,
veder
le
belle
favorite
che
tripudiano
,
le
abbandonate
che
piangono
,
gli
eunuchi
frementi
che
tendono
l
'
orecchio
alle
porticine
;
seguire
gli
amanti
notturni
per
i
labirinti
dei
vicoli
montuosi
;
girare
per
le
gallerie
silenziose
del
gran
bazar
,
passeggiare
per
i
vasti
cimiteri
deserti
,
smarrirsi
in
mezzo
alle
innumerevoli
colonne
delle
grandi
cisterne
sotterranee
;
raffigurarsi
d
'
esser
rimasti
chiusi
nella
gigantesca
moschea
di
Solimano
e
di
far
risonare
le
navate
oscure
di
grida
di
spavento
e
d
'
orrore
strappandosi
i
capelli
e
invocando
la
misericordia
di
Dio
;
e
poi
tutt
'
a
un
tratto
esclamare
:
-
Che
baie
!
Sono
sulla
terrazza
del
mio
amico
Santoro
,
e
nella
sala
di
sotto
m
'
aspetta
una
cena
da
sibarita
in
compagnia
dei
più
amabili
capi
ameni
di
Pera
.
*
*
*
[
La
vita
a
Costantinopoli
]
In
casa
del
mio
buon
amico
Santoro
si
radunavano
ogni
sera
molti
italiani
:
avvocati
,
artisti
,
medici
,
negozianti
,
coi
quali
passai
delle
ore
carissime
.
Quella
era
una
conversazione
!
Se
fossi
stato
stenografo
,
avrei
potuto
cavarne
ogni
sera
un
libro
amenissimo
.
Il
medico
che
aveva
visitato
un
arem
,
il
pittore
ch
'
era
stato
sul
Bosforo
a
fare
il
ritratto
a
un
pascià
,
l
'
avvocato
che
aveva
difeso
una
causa
dinanzi
a
un
tribunale
,
il
caposcarico
che
aveva
stretto
il
nodo
d
'
un
amoretto
internazionale
,
raccontavano
le
loro
avventure
,
ed
ogni
racconto
era
un
bozzetto
graziosissimo
di
costumi
orientali
.
Ogni
momento
se
ne
sentiva
una
nuova
.
Arrivava
uno
:
-
Sapete
quello
che
è
seguito
stamani
?
Il
Sultano
ha
tirato
un
calamaio
sulla
testa
al
ministro
delle
finanze
.
-
Arrivava
un
altro
:
-
Avete
inteso
la
notizia
?
Il
governo
,
dopo
tre
mesi
,
ha
finalmente
pagato
gli
stipendi
agli
impiegati
,
e
Galata
è
inondata
da
un
torrente
di
monete
di
rame
.
-
Arrivava
un
terzo
,
e
raccontava
che
un
turco
presidente
di
tribunale
,
irritato
delle
cattive
ragioni
colle
quali
un
cattivo
avvocato
francese
difendeva
una
causa
sballata
,
gli
aveva
fatto
questo
bel
complimento
in
presenza
di
tutto
l
'
uditorio
:
-
Caro
avvocato
,
è
inutile
che
tu
ti
affanni
tanto
per
far
parer
buona
la
tua
causa
;
la
...
-
e
aveva
pronunziato
in
tutte
lettere
la
parola
di
Cambronne
-
per
quanto
la
si
volti
e
la
si
rivolti
,
è
sempre
...
-
e
aveva
pronunziato
un
'
altra
volta
quella
parola
.
La
conversazione
,
naturalmente
,
spaziava
in
un
campo
geografico
affatto
nuovo
per
me
.
Colla
stessa
frequenza
con
cui
si
parla
fra
noi
di
persone
e
di
cose
di
Parigi
,
di
Vienna
,
di
Ginevra
,
là
si
parlava
di
persone
e
di
cose
di
Tiflis
,
di
Trebisonda
,
di
Teheran
,
di
Damasco
,
dove
uno
aveva
un
amico
,
un
altro
c
'
era
stato
,
un
terzo
ci
voleva
andare
;
io
mi
sentivo
nel
centro
d
'
un
altro
mondo
,
e
tutt
'
intorno
mi
si
aprivano
nuovi
orizzonti
.
E
qualche
volta
pensavo
con
rammarico
al
giorno
in
cui
avrei
dovuto
rientrare
nel
cerchio
angusto
della
mia
vita
ordinaria
.
Come
potrò
più
adattarmi
-
dicevo
tra
me
-
a
quei
soliti
discorsi
e
a
quei
soliti
casi
?
E
questo
è
un
sentimento
che
provano
tutti
gli
Europei
di
Costantinopoli
.
A
chi
ha
vissuto
quella
vita
,
ogni
altra
pare
che
debba
riuscire
scolorita
e
uniforme
.
È
una
vita
più
leggiera
,
più
facile
,
più
giovanile
di
quella
d
'
ogni
altra
città
d
'
Europa
.
Quel
viver
là
come
accampati
in
un
paese
straniero
,
in
mezzo
a
un
succedersi
continuo
d
'
avvenimenti
strani
e
imprevedibili
,
finisce
coll
'
infondere
un
certo
sentimento
della
instabilità
e
della
futilità
delle
cose
mondane
,
che
somiglia
molto
alla
fede
fatalistica
dei
musulmani
,
e
dà
una
certa
serenità
spensierata
d
'
avventurieri
.
L
'
indole
di
quel
popolo
che
vive
,
come
disse
un
poeta
,
in
una
specie
di
famigliarità
intima
colla
morte
,
considerando
la
vita
come
un
pellegrinaggio
,
durante
il
quale
nè
c
'
è
tempo
nè
mette
conto
di
prefiggersi
dei
grandi
scopi
da
conseguire
con
lunghe
fatiche
,
si
attacca
a
poco
a
poco
anche
all
'
europeo
,
e
lo
riduce
a
vivere
un
po
'
alla
giornata
,
senza
frugar
troppo
dentro
sè
stesso
,
e
facendo
nel
mondo
,
per
quanto
gli
è
possibile
,
la
parte
semplice
e
riposata
di
spettatore
.
L
'
aver
che
fare
con
popoli
tanto
diversi
,
e
il
dover
pensare
e
parlare
un
po
'
a
modo
di
tutti
,
dà
allo
spirito
una
certa
leggerezza
che
lo
fa
come
sorvolare
a
molti
sentimenti
ed
idee
,
a
cui
noi
,
nei
nostri
paesi
,
vorremmo
che
si
conformasse
il
mondo
,
e
per
ottenerlo
,
e
del
non
poterlo
ottenere
,
ci
affanniamo
.
Oltrechè
la
presenza
del
popolo
musulmano
,
oggetto
continuo
di
curiosità
e
di
osservazione
,
è
uno
spettacolo
di
tutti
i
giorni
,
che
rallegra
e
svia
la
mente
da
molti
pensieri
e
da
molte
cure
.
E
a
questo
giova
anche
la
forma
della
città
assai
più
che
non
potrebbero
fare
le
città
nostre
,
nelle
quali
lo
sguardo
e
il
pensiero
è
quasi
sempre
come
imprigionato
in
una
strada
o
in
un
circuito
angusto
;
mentre
là
,
ad
ogni
tratto
,
occhio
e
mente
trovano
una
scappatoia
per
la
quale
si
slanciano
a
immense
lontananze
ridenti
.
E
c
'
è
infine
una
illimitata
libertà
di
vita
,
concessa
dalla
grandissima
varietà
dei
costumi
:
là
tutto
si
può
fare
,
nulla
stupisce
;
la
notizia
della
cosa
più
strana
muore
appena
uscita
in
quell
'
immensa
anarchia
morale
;
gli
europei
vivono
là
come
in
una
confederazione
di
repubbliche
;
vi
si
gode
la
libertà
che
si
godrebbe
in
qualunque
città
europea
nel
momento
d
'
un
grande
trambusto
;
è
come
un
veglione
interminabile
o
un
perpetuo
martedì
grasso
.
Per
questo
,
più
che
per
la
bellezza
,
Costantinopoli
è
una
città
,
che
non
si
può
abitare
un
certo
tempo
,
senza
ricordarla
poi
con
un
sentimento
quasi
di
nostalgia
;
per
questo
gli
europei
l
'
amano
ardentemente
e
vi
mettono
radici
profonde
;
ed
è
giusto
in
questo
senso
il
chiamarla
come
i
turchi
"
la
fata
dai
mille
amanti
"
o
dire
col
loro
proverbio
che
chi
ha
bevuto
dell
'
acqua
di
Top
-
hané
,
-
non
c
'
è
più
rimedio
,
-
è
innamorato
per
la
vita
.
*
*
*
[
Gl
'
Italiani
]
La
colonia
italiana
è
una
delle
più
numerose
di
Costantinopoli
;
ma
non
delle
più
prospere
.
Ha
pochi
ricchi
,
molti
miserabili
,
specialmente
operai
dell
'
Italia
meridionale
che
non
trovan
lavoro
,
ed
è
la
colonia
più
meschinamente
rappresentata
dalla
stampa
periodica
,
quando
pure
è
rappresentata
,
perché
i
suoi
giornali
non
fanno
che
nascere
e
morire
.
Quando
c
'
ero
io
,
s
'
aspettava
l
'
apparizione
del
Levantino
,
ed
era
uscito
intanto
un
numero
di
saggio
,
che
annunziava
i
titoli
accademici
e
i
meriti
speciali
del
direttore
:
settantasette
in
tutto
,
senza
contare
la
modestia
.
Bisogna
passeggiare
la
mattina
della
domenica
in
via
di
Pera
,
quando
le
famiglie
italiane
vanno
alla
messa
.
Si
sentono
parlare
tutti
i
dialetti
d
'
Italia
.
Io
mi
ci
godevo
;
ma
non
sempre
.
Qualche
volta
sentivo
quasi
pietà
al
vedere
tanti
miei
concittadini
senza
patria
,
molti
dei
quali
dovevano
esser
stati
sbalestrati
là
chi
sa
da
che
avvenimenti
dolorosi
o
strani
;
al
veder
quei
vecchi
,
che
forse
non
avrebbero
mai
più
riveduta
l
'
Italia
;
quei
bambini
,
a
cui
quel
nome
non
doveva
risvegliare
che
un
'
immagine
confusa
d
'
un
paese
caro
e
lontano
;
quelle
ragazze
di
cui
molte
dovevano
forse
sposare
uomini
d
'
un
'
altra
nazione
,
e
fondar
famiglie
in
cui
non
sarebbe
rimasto
altro
d
'
italiano
che
il
nome
e
le
memorie
della
madre
.
Vedevo
delle
belle
genovesine
che
parevano
discese
allora
dai
giardini
dell
'
Acquasola
,
dei
bei
visetti
napoletani
,
delle
testine
capricciose
che
mi
pareva
d
'
aver
incontrate
cento
volte
sotto
i
portici
di
Po
o
sotto
la
Galleria
di
Milano
.
Avrei
voluto
legarle
tutte
a
due
a
due
con
un
nastrino
color
di
rosa
,
metterle
in
un
bastimento
e
ricondurle
in
Italia
filando
quindici
nodi
all
'
ora
.
Come
curiosità
,
avrei
anche
voluto
portare
in
Italia
un
saggio
della
lingua
italiana
che
si
parla
a
Pera
dagl
'
italiani
nati
nella
colonia
;
e
specialmente
da
quelli
della
terza
o
della
quarta
generazione
.
Un
accademico
della
Crusca
che
li
sentisse
,
si
metterebbe
a
letto
colla
terzana
.
La
lingua
che
formerebbero
mescolando
il
loro
italiano
un
usciere
piemontese
,
un
fiaccheraio
lombardo
e
un
facchino
romagnolo
,
credo
che
sarebbe
meno
sciagurata
di
quella
che
si
parla
in
riva
al
Corno
d
'
oro
.
È
un
italiano
già
bastardo
,
screziato
d
'
altre
quattro
o
cinque
lingue
alla
loro
volta
imbastardite
.
E
il
curioso
è
che
,
in
mezzo
agl
'
infiniti
barbarismi
,
si
senton
dire
di
tratto
in
tratto
,
da
coloro
che
hanno
qualche
coltura
,
delle
frasi
scelte
e
delle
parole
illustri
,
come
dei
puote
,
degli
imperocchè
,
degli
a
ogni
piè
sospinto
,
degli
havvi
,
dei
puossi
;
ricordi
di
letture
d
'
Antologia
,
colle
quali
molti
di
quei
nostri
buoni
compatrioti
cercano
,
nei
ritagli
di
tempo
,
di
rifarsi
la
bocca
al
toscano
parlar
celeste
.
Ma
appetto
agli
altri
,
costoro
posson
pretendere
,
come
diceva
il
Cesari
,
alla
fama
di
buoni
dicitori
.
Ce
n
'
è
di
quelli
che
non
si
capiscono
quasi
più
.
Un
giorno
fui
accompagnato
non
so
dove
da
un
giovanetto
italiano
di
sedici
o
diciassette
anni
,
amico
d
'
un
mio
amico
,
nato
a
Pera
.
Per
strada
,
attaccai
discorso
.
Mi
parve
che
non
volesse
parlare
.
Rispondeva
a
mezza
voce
,
a
parole
tronche
,
abbassando
la
testa
,
e
facendo
il
viso
rosso
:
si
vedeva
che
pativa
.
-
Via
che
cos
'
ha
?
-
gli
domandai
.
-
Ho
-
rispose
sospirando
-
che
parlo
tanto
male
!
-
Continuando
a
discorrere
,
in
fatti
,
m
'
accorsi
che
balbettava
un
italiano
bizzarro
,
pieno
di
parole
contraffatte
e
incomprensibili
,
molto
somigliante
a
quella
così
detta
lingua
franca
,
la
quale
,
come
disse
un
bell
'
umore
francese
,
consiste
in
un
certo
numero
di
vocaboli
e
di
modi
italiani
,
spagnuoli
,
francesi
,
greci
,
che
si
buttano
fuori
l
'
un
dopo
l
'
altro
rapidissimamente
,
finchè
se
ne
imbrocca
uno
che
sia
capito
dalla
persona
che
ascolta
.
Questo
lavoro
,
però
,
occorre
raramente
di
farlo
a
Pera
e
a
Galata
,
dove
un
po
'
d
'
italiano
lo
capiscono
e
lo
parlano
quasi
tutti
,
compresi
i
turchi
.
Ma
è
lingua
,
se
si
può
chiamar
lingua
,
quasi
esclusivamente
parlata
,
se
si
può
dir
parlata
.
La
lingua
più
comunemente
usata
scrivendo
è
la
francese
.
Letteratura
italiana
non
ce
n
'
è
.
Mi
ricordo
soltanto
d
'
aver
trovato
un
giorno
,
in
un
caffè
di
Galata
affollato
di
negozianti
,
in
fondo
a
un
giornaletto
commerciale
scritto
metà
in
francese
e
metà
in
italiano
,
sotto
le
notizie
della
Borsa
,
otto
versetti
malinconici
,
che
parlavano
di
zeffiri
,
di
stelle
e
di
sospiri
.
Oh
povero
poeta
!
Mi
parve
di
veder
lui
,
in
persona
,
sepolto
sotto
un
mucchio
di
mercanzie
,
che
esalasse
con
quei
versi
il
suo
ultimo
fiato
.
*
*
*
[
I
teatri
]
A
Costantinopoli
,
chi
è
molto
forte
di
stomaco
,
può
passar
la
sera
al
teatro
,
e
può
scegliere
tra
una
canaglia
di
teatruccoli
d
'
ogni
specie
,
molti
dei
quali
sono
insieme
giardini
e
birrerie
,
e
in
qualcuno
si
ritrova
sempre
la
commedia
italiana
,
o
piuttosto
una
muta
di
attori
italiani
,
i
quali
fanno
spesso
desiderare
di
veder
convertita
la
platea
in
un
vasto
mercato
di
frutte
verdi
.
I
turchi
,
però
,
frequentano
di
preferenza
i
teatri
in
cui
certe
francesi
imbellettate
,
scollacciate
e
sfrontate
,
cantano
delle
canzonette
coll
'
accompagnamento
d
'
un
'
orchestra
da
galera
.
Uno
di
questi
teatri
era
allora
l
'
Alhambra
,
posto
nella
gran
via
di
Pera
:
un
lungo
stanzone
,
sempre
affollato
,
e
tutto
rosso
di
fez
dal
palco
scenico
alla
porta
.
Che
cosa
fossero
quelle
canzonette
e
con
che
razza
di
gesti
quelle
intrepide
signore
s
'
ingegnassero
di
farne
capire
ai
turchi
i
significati
riposti
,
non
si
può
nè
immaginare
nè
credere
.
Solo
chi
è
stato
al
teatro
los
Capellanes
di
Madrid
,
può
dire
d
'
aver
sentito
e
visto
qualchecosa
di
simile
.
Agli
scherzi
più
procaci
,
ai
gesti
più
impudenti
,
tutti
quei
turconi
,
seduti
in
lunghe
file
,
prorompevano
in
grasse
risa
;
e
cadendo
allora
dalle
loro
faccie
la
maschera
della
dignità
abituale
,
vi
appariva
tutto
il
fondo
della
loro
natura
e
tutti
i
segreti
della
loro
vita
grossolanamente
sensuale
.
Eppure
non
v
'
è
nulla
che
il
turco
nasconda
abitualmente
così
bene
come
la
sensualità
della
sua
natura
e
della
sua
vita
.
Per
le
strade
,
l
'
uomo
non
s
'
accompagna
mai
alla
donna
;
raramente
la
guarda
;
più
raramente
ne
parla
;
ritiene
quasi
come
un
'
offesa
che
gli
si
domandi
notizia
delle
sue
mogli
;
a
giudicar
dalle
apparenze
,
si
direbbe
che
quel
popolo
è
il
più
casto
e
il
più
austero
della
terra
.
Ma
sono
mere
apparenze
.
Quello
stesso
turco
che
arrossisce
fino
alle
orecchie
se
gli
si
domanda
come
sta
la
sua
sposa
,
manda
i
suoi
bimbi
e
le
sue
bimbe
a
sentire
le
turpissime
oscenità
di
Caragheus
,
che
corrompe
la
loro
fantasia
prima
che
si
sian
svegliati
i
loro
sensi
;
ed
egli
stesso
dimentica
sovente
le
dolcezze
dell
'
arem
per
le
voluttà
nefande
di
cui
diede
il
primo
esempio
famoso
Baiazet
la
folgore
,
e
non
l
'
ultimo
,
probabilmente
,
Mahmut
il
riformatore
.
E
quando
non
ci
fosse
altro
,
basterebbe
quel
Caragheus
a
dare
nello
stesso
tempo
un
'
immagine
e
una
prova
della
profonda
corruzione
che
si
nasconde
sotto
il
velo
dell
'
austerità
musulmana
.
È
una
figurina
grottesca
che
rappresenta
la
caricatura
del
turco
del
mezzo
ceto
,
una
specie
d
'
ombra
chinese
,
che
muove
le
braccia
,
le
gambe
e
la
testa
dietro
un
velo
trasparente
,
e
fa
quasi
sempre
da
protagonista
in
certe
commediole
strampalatamente
buffonesche
,
di
cui
il
soggetto
è
per
lo
più
un
intrigo
amoroso
.
Egli
è
un
quissimile
,
ma
depravato
,
di
Pulcinella
:
sciocco
,
furbo
e
cinico
,
lussurioso
come
un
satiro
,
sboccato
come
una
baldracca
,
e
fa
ridere
,
anzi
urlare
d
'
entusiasmo
l
'
uditorio
con
ogni
sorta
di
lazzi
,
di
bisticci
e
di
gesticolamenti
stravaganti
,
che
sono
o
nascondono
ordinariamente
un
'
oscenità
.
E
di
che
natura
siano
queste
oscenità
,
è
facile
immaginarlo
quando
si
sappia
che
se
Caragheus
nello
spirito
somiglia
a
Pulcinella
,
nel
corpo
somiglia
a
Priapo
;
della
quale
somiglianza
,
prima
che
la
censura
restringesse
d
'
alquanto
la
sua
libertà
sconfinata
,
egli
dava
tratto
tratto
la
prova
visibile
alla
platea
,
e
spesso
tutta
la
commedia
girava
sopra
questo
nobilissimo
perno
.
*
*
*
[
La
cucina
]
Volendo
fare
un
po
'
di
studio
anche
della
cucina
turca
,
mi
feci
condurre
dai
miei
buoni
amici
di
Pera
in
una
trattoria
ad
hoc
,
dove
si
trova
qualunque
piatto
orientale
,
dalle
più
squisite
ghiottornie
del
Serraglio
fino
alla
carne
di
cammello
acconciata
all
'
araba
e
alla
carne
di
cavallo
condita
alla
turcomanna
.
L
'
amico
Santoro
ordinò
un
desinare
rigorosamente
turco
dall
'
antipasto
alle
frutta
,
ed
io
,
incoraggiandomi
col
pensiero
dei
molti
uomini
egregi
morti
per
la
scienza
,
mandai
giù
un
po
'
di
tutto
senza
emettere
un
grido
.
Ci
furono
serviti
più
d
'
una
ventina
di
piatti
.
I
Turchi
,
come
gli
altri
popoli
orientali
,
sono
un
po
'
in
questo
come
i
ragazzi
:
al
satollarsi
di
poche
cose
,
preferiscono
il
beccare
un
tantino
di
moltissime
;
pastori
d
'
ieri
l
'
altro
,
poichè
son
diventati
cittadini
,
pare
che
disdegnino
la
semplicità
del
mangiare
come
una
pitoccheria
da
villani
.
Non
potrei
rendere
un
conto
esatto
di
tutte
le
pietanze
poichè
di
molte
non
m
'
è
rimasta
che
una
vaga
reminiscenza
sinistra
.
Ricordo
il
Rebab
,
che
è
composto
di
piccolissimi
pezzetti
di
montone
arrostiti
a
fuoco
vivo
,
conditi
con
molto
pepe
e
molto
garofano
,
e
serviti
su
due
biscotti
molli
e
grassi
:
piatto
indicabile
per
i
reati
leggieri
.
Risento
ancora
qualche
volta
il
sapore
del
pilav
,
composto
di
riso
e
di
montone
,
ch
'
è
il
sine
qua
non
di
tutti
i
desinari
,
e
per
così
dire
il
piatto
sacramentale
dei
turchi
,
come
i
maccheroni
per
i
napoletani
,
il
cuscussù
per
gli
arabi
e
il
puchero
per
gli
Spagnuoli
.
Ricordo
,
ed
è
la
sola
cosa
che
ricordi
con
desiderio
,
il
Rosh
'
ab
,
che
si
beve
col
cucchiaio
in
fin
di
tavola
:
fatto
d
'
uva
secca
,
di
pomi
,
di
prune
,
di
ciliegie
e
d
'
altre
frutta
,
cotte
nell
'
acqua
con
molto
zucchero
,
e
aggraziate
con
essenza
di
muschio
o
con
acqua
di
rosa
e
di
cedro
.
C
'
erano
poi
molti
altri
piattini
di
carne
d
'
agnello
e
di
montone
,
ridotta
in
bricioli
e
bollita
tanto
che
non
aveva
quasi
più
sapore
;
dei
pesci
natanti
nell
'
olio
,
delle
pallottoline
di
riso
ravvolte
in
foglie
di
vite
,
della
zucca
giulebbata
,
delle
insalatine
impastate
,
delle
composte
,
delle
conserve
,
degl
'
intingoli
conditi
con
ogni
sorta
di
erbe
aromatiche
,
da
poterne
notar
uno
in
coda
ad
ogni
articolo
del
codice
penale
,
per
i
delinquenti
recidivi
.
Infine
un
gran
piatto
di
dolci
,
capolavoro
di
qualche
pasticciere
arabo
,
fra
cui
v
'
era
un
piccolo
piroscafo
,
un
leoncino
chimerico
e
una
casettina
di
zucchero
colle
sue
finestrine
ingraticolate
.
Tutto
sommato
,
mi
parve
d
'
essermi
vuotata
in
corpo
una
farmacia
portatile
,
e
d
'
aver
veduto
uno
di
quei
desinaretti
che
preparano
per
spasso
i
ragazzi
,
coprendo
una
tavola
di
piattini
pieni
di
mattone
trito
,
d
'
erba
pesta
e
di
frutti
spiaccicati
,
che
facciano
un
bel
vedere
di
lontano
.
Tutti
quei
piatti
vengon
serviti
rapidamente
a
quattro
o
cinque
alla
volta
,
e
i
turchi
vi
pescano
colle
dita
,
non
essendo
in
uso
fra
loro
altro
che
il
coltello
e
il
cucchiaio
;
e
serve
per
tutti
una
sola
coppa
,
nella
quale
un
servitore
versa
continuamente
acqua
concia
.
Così
non
facevano
però
i
turchi
che
desinavano
vicino
a
noi
nella
trattoria
.
Eran
turchi
amanti
dei
proprii
comodi
,
tanto
è
vero
che
tenevano
le
babbuccie
sulla
tavola
;
avevano
ciascuno
il
loro
piatto
,
si
servivano
bravamente
della
forchetta
,
e
trincavano
liquore
a
tutto
spiano
,
in
barba
a
Maometto
.
Osservai
di
più
che
non
baciarono
il
pane
,
da
buoni
musulmani
,
prima
di
cominciare
a
mangiare
,
e
che
non
si
peritavano
a
slanciare
tratto
tratto
un
'
occhiata
concupiscente
alle
nostre
bottiglie
,
quantunque
,
giusta
le
sentenze
dei
muftì
,
sia
peccato
anche
il
fissar
gli
occhi
sopra
una
bottiglia
di
vino
.
Del
resto
questo
"
padre
delle
abbominazioni
"
,
del
quale
basta
una
goccia
a
far
cadere
sul
capo
del
musulmano
"
gli
anatemi
di
tutti
gli
angioli
del
cielo
e
della
terra
"
va
di
giorno
in
giorno
guadagnando
devoti
fra
i
turchi
,
e
ormai
si
può
dire
che
è
un
resto
di
rispetto
umano
quello
che
li
trattiene
dal
rendergli
un
pubblico
omaggio
;
e
io
credo
che
se
un
giorno
scendesse
tutt
'
a
un
tratto
sopra
Costantinopoli
una
tenebra
fitta
,
e
dopo
un
'
ora
tornasse
a
splendere
il
sole
improvvisamente
,
si
sorprenderebbero
cinquantamila
turchi
colla
bottiglia
alla
bocca
.
E
anche
in
questo
,
come
in
molti
altri
traviamenti
degli
Osmanli
,
furono
la
pietra
dello
scandalo
i
Sultani
;
ed
è
curioso
che
sia
appunto
la
dinastia
regnante
sopra
un
popolo
per
il
quale
è
un
'
offesa
a
Dio
il
bever
vino
,
quella
che
forse
,
fra
tutte
le
dinastie
d
'
Europa
,
ha
dato
da
registrare
alla
storia
un
maggior
numero
d
'
ubbriaconi
:
tanto
è
parso
dolce
il
frutto
proibito
anche
alle
ombre
di
Dio
sulla
terra
.
Fu
,
si
dice
,
Baiazet
I
quello
che
iniziò
la
serie
interminabile
delle
cotte
imperiali
,
e
come
nel
peccato
originale
,
fu
anche
in
questo
prima
colpevole
la
donna
:
la
moglie
dello
stesso
Baiazet
,
figlia
del
re
dei
Serbi
,
che
offerse
al
marito
il
primo
bicchiere
di
Tokai
.
Poi
Baiazet
II
s
'
ubbriacò
di
vin
di
Cipro
e
di
vin
di
Schiraz
.
Poi
quel
medesimo
Solimano
I
,
che
fece
bruciare
nel
porto
di
Costantinopoli
tutti
i
bastimenti
carichi
di
vino
e
versar
piombo
liquefatto
in
bocca
ai
bevitori
,
morì
brillo
per
mano
d
'
un
arciere
.
Poi
venne
Selim
II
,
soprannominato
il
messth
,
l
'
ubbriaco
,
il
quale
pigliava
delle
bertucce
che
duravan
tre
giorni
,
e
durante
il
suo
regno
trincarono
pubblicamente
uomini
di
legge
e
uomini
di
religione
.
Invano
Maometto
III
tuona
contro
"
l
'
abbominazione
suggerita
dal
demonio
"
;
invano
Ahmed
I
fa
distruggere
tutte
le
taverne
e
sfondare
tutti
i
tini
di
Stambul
;
invano
Murad
IV
gira
per
la
città
accompagnato
dal
carnefice
,
e
fa
cader
la
testa
di
chi
ha
il
fiato
vinoso
.
Egli
stesso
,
l
'
ipocrita
feroce
,
barcolla
per
le
sale
del
serraglio
come
un
bettolante
plebeo
;
e
dopo
di
lui
la
bottiglia
,
piccolo
e
festoso
folletto
nero
,
irrompe
nei
serragli
,
si
caccia
nelle
botteghe
dei
bazar
,
si
nasconde
sotto
il
capezzale
dei
soldati
,
ficca
la
sua
testa
inargentata
o
purpurea
sotto
il
divano
delle
belle
,
e
violata
la
soglia
delle
moschee
,
spruzza
le
sue
spume
sacrileghe
sulle
pagine
ingiallite
del
Corano
.
*
*
*
[
Maometto
]
A
proposito
di
religione
,
io
non
potevo
,
passeggiando
per
Costantinopoli
,
levarmi
dalla
testa
questo
pensiero
:
se
non
si
sentisse
la
voce
dei
muezzin
,
come
s
'
accorgerebbe
un
cristiano
che
la
religione
di
questo
popolo
non
è
la
sua
?
L
'
architettura
bizantina
delle
moschee
può
farle
parere
chiese
cristiane
;
del
rito
islamitico
non
si
vede
alcun
segno
esteriore
;
i
soldati
turchi
scortano
il
viatico
;
un
cristiano
ignorante
potrebbe
vivere
un
anno
a
Costantinopoli
senz
'
accorgersi
che
sulla
maggior
parte
della
popolazione
regna
Maometto
invece
di
Cristo
.
E
questo
pensiero
mi
riconduceva
sempre
a
quello
delle
piccole
differenze
sostanziali
,
del
filo
d
'
erba
,
come
dicevano
gli
abissini
cristiani
ai
primi
seguaci
di
Maometto
,
che
divide
le
due
religioni
;
e
alla
piccola
causa
per
la
quale
avvenne
che
l
'
Arabia
si
convertisse
all
'
islamismo
,
invece
che
al
cristianesimo
,
o
se
non
al
cristianesimo
a
una
religione
così
strettamente
affine
ad
esso
,
che
,
o
confondendosi
con
esso
posteriormente
od
anche
rimanendo
tal
quale
,
avrebbe
mutate
affatto
le
sorti
del
mondo
orientale
.
E
quella
piccola
causa
fu
la
natura
voluttuosa
d
'
un
bel
giovane
arabo
,
alto
,
bianco
,
dagli
occhi
neri
,
dalla
voce
grave
,
dall
'
anima
ardente
,
il
quale
,
non
avendo
la
forza
di
dominare
i
propri
sensi
,
invece
di
recidere
alle
radici
il
vizio
dominante
del
suo
popolo
,
si
contentò
di
potarlo
;
invece
di
proclamare
l
'
unità
coniugale
come
proclamò
l
'
unità
di
Dio
,
non
fece
che
stringere
in
un
cerchio
più
angusto
,
consacrato
dalla
religione
,
la
dissolutezza
e
l
'
egoismo
dell
'
uomo
.
Certo
ch
'
egli
avrebbe
avuto
a
vincere
una
resistenza
più
forte
;
ma
non
può
parere
impossibile
che
la
vincesse
,
chi
atterrò
,
per
fondare
il
culto
d
'
un
Dio
unico
fra
un
popolo
idolatra
,
un
edifizio
enorme
di
tradizioni
,
di
superstizioni
,
di
privilegi
,
d
'
interessi
d
'
ogni
natura
,
strettissimamente
intrecciati
da
secoli
,
e
chi
fece
accettare
fra
i
dogmi
della
sua
religione
,
per
cui
morirono
poi
milioni
di
credenti
,
un
paradiso
,
il
cui
primo
annunzio
destò
in
tutto
il
suo
popolo
un
sentimento
d
'
indignazione
e
di
scherno
.
Ma
il
bel
giovane
arabo
patteggiò
coi
suoi
sensi
e
mezza
la
terra
mutò
faccia
,
poichè
fu
veramente
la
poligamia
il
vizio
capitale
della
sua
legislazione
,
e
la
cagione
prima
della
decadenza
di
tutti
i
popoli
che
abbracciarono
la
sua
fede
.
Senza
questa
degradazione
dell
'
un
sesso
a
favore
dell
'
altro
,
senza
la
sanzione
di
questa
enorme
ingiustizia
,
che
turba
tutto
quanto
l
'
ordine
dei
doveri
umani
,
che
corrompe
la
ricchezza
,
che
opprime
la
povertà
,
che
fomenta
l
'
ignavia
,
che
snerva
la
famiglia
,
che
generando
la
confusione
dei
diritti
di
nascita
nelle
dinastie
regnanti
,
sconvolge
le
reggie
e
gli
Stati
,
che
s
'
oppone
,
infine
,
come
una
barriera
insuperabile
all
'
unione
della
società
musulmana
colle
società
d
'
altra
fede
che
popolano
l
'
oriente
;
se
,
per
tornare
alla
prima
cagione
,
il
bel
giovane
arabo
avesse
avuto
la
disgrazia
di
nascere
un
po
'
meno
robusto
o
la
forza
di
vivere
un
po
'
più
casto
,
chi
sa
!
forse
ci
sarebbe
ora
un
Oriente
ordinato
e
civile
,
e
sarebbe
più
innanzi
d
'
un
secolo
la
civiltà
universale
.
*
*
*
[
Il
Ramazan
]
Trovandomi
a
Costantinopoli
nel
mese
di
Ramazan
,
che
è
il
nono
mese
dell
'
anno
turco
,
nel
quale
cade
la
quaresima
musulmana
,
vidi
ogni
sera
una
scena
comica
che
merita
d
'
essere
descritta
.
Durante
tutta
la
quaresima
è
proibito
ai
turchi
di
mangiare
,
di
bere
e
di
fumare
dal
levar
del
sole
al
tramonto
.
Quasi
tutti
gozzovigliano
poi
tutta
la
notte
;
ma
fin
che
c
'
è
il
sole
,
rispettano
quasi
tutti
il
precetto
religioso
,
e
nessuno
ardisce
di
trasgredirlo
pubblicamente
.
Una
mattina
il
mio
amico
ed
io
andammo
a
visitare
un
nostro
conoscente
,
aiutante
di
campo
del
Sultano
,
un
giovane
ufficiale
spregiudicato
,
e
lo
trovammo
in
una
stanza
a
terreno
del
palazzo
imperiale
,
con
una
tazza
di
caffè
fra
le
mani
.
Come
mai
-
gli
domandò
Yunk
-
osate
prendere
il
caffè
dopo
il
levar
del
sole
?
-
L
'
ufficiale
scrollò
le
spalle
e
rispose
che
se
ne
rideva
del
Ramazan
e
del
digiuno
;
ma
proprio
in
quel
punto
s
'
aperse
improvvisamente
una
porta
,
ed
egli
fece
un
movimento
così
rapido
per
nasconder
la
tazza
,
che
se
la
versò
mezza
sui
piedi
.
Si
capisce
da
questo
che
rigorosa
astinenza
debbano
serbare
tutti
coloro
che
stanno
tutto
il
giorno
sotto
gli
occhi
della
gente
:
i
barcaiuoli
per
esempio
.
Per
godersela
,
bisogna
andarli
a
vedere
dal
ponte
della
Sultana
Validè
,
qualche
minuto
prima
che
si
nasconda
il
sole
.
Tra
quei
che
stan
fermi
e
quei
che
vogano
,
tra
vicini
e
lontani
,
se
ne
vede
intorno
a
un
migliaio
.
Sono
tutti
digiuni
dall
'
alba
,
arrabbiano
dalla
fame
,
han
già
la
loro
cenetta
pronta
nel
caicco
,
girano
continuamente
gli
occhi
dal
sole
alla
cena
e
dalla
cena
al
sole
,
s
'
agitano
e
sbuffano
come
le
fiere
d
'
un
serraglio
nel
momento
della
distribuzione
delle
carni
.
Il
nascondersi
del
sole
è
annunziato
da
un
colpo
di
cannone
.
Non
c
'
è
caso
che
prima
di
quel
momento
sospirato
nessuno
si
metta
in
bocca
nè
un
briciolo
di
pane
nè
una
goccia
d
'
acqua
.
Qualche
volta
,
in
un
angolo
del
Corno
d
'
oro
,
abbiamo
stimolato
a
mangiare
i
barcaiuoli
che
ci
conducevano
;
ma
ci
hanno
sempre
risposto
:
-
Jok
!
Jok
!
Jok
!
-
No
,
no
,
no
-
,
accennando
il
sole
con
un
atto
timoroso
.
Quando
il
sole
è
nascosto
per
più
della
metà
dietro
i
monti
,
cominciano
a
prendere
in
mano
i
loro
pani
,
e
a
palparli
e
a
fiutarli
voluttuosamente
.
Quando
non
si
vede
più
che
un
sottile
arco
luminoso
,
allora
tutti
quei
che
son
fermi
e
tutti
quei
che
remano
,
quelli
che
attraversano
il
Corno
d
'
oro
,
quelli
che
guizzano
sul
Bosforo
,
quelli
che
vogano
nel
Mar
di
Marmara
,
quelli
che
riposano
nei
seni
più
solitarii
della
riva
asiatica
,
tutti
si
voltano
verso
occidente
,
e
stanno
immobili
collo
sguardo
nel
sole
,
colla
bocca
aperta
,
col
pane
in
aria
,
colla
gioia
negli
occhi
.
Quando
non
si
vede
più
che
un
punto
di
foco
,
già
i
mille
pani
toccano
le
mille
bocche
.
Finalmente
il
punto
di
foco
si
spegne
,
il
cannone
tuona
,
e
nello
stesso
momento
trentaduemila
denti
staccano
dai
mille
pani
mille
enormi
bocconi
;
ma
che
dico
mille
!
in
tutte
le
case
,
in
tutti
i
caffè
,
in
tutte
le
taverne
,
accade
nel
medesimo
punto
la
medesima
cosa
;
e
per
qualche
minuto
,
la
città
turca
non
è
più
che
un
mostro
di
centomila
bocche
che
tracanna
e
divora
.
*
*
*
[
Costantinopoli
antica
]
Ma
che
cosa
doveva
essere
quella
città
nei
bei
tempi
della
gloria
ottomana
!
Io
non
potevo
levarmi
dalla
testa
questo
pensiero
.
Allora
,
dal
Bosforo
tutto
bianco
di
vele
,
non
s
'
alzava
un
nuvolo
di
fumo
nero
a
macchiar
l
'
azzurro
del
cielo
e
delle
acque
.
Nel
porto
e
nei
seni
del
Mar
di
Marmara
,
fra
le
vecchie
navi
da
guerra
,
dalle
alte
poppe
scolpite
,
dalle
mezzelune
d
'
argento
,
dagli
stendardi
di
porpora
,
dai
fanali
d
'
oro
,
galleggiavano
carcasse
fracassate
e
insanguinate
di
galere
genovesi
,
veneziane
e
spagnuole
.
Sul
Corno
d
'
oro
non
v
'
erano
ponti
:
da
una
sponda
all
'
altra
guizzava
perpetuamente
una
miriade
di
barchette
pompose
,
in
mezzo
alle
quali
spiccavano
di
lontano
le
lancie
bianchissime
del
serraglio
,
coperte
di
baldacchini
scarlatti
dalle
frangie
dorate
,
e
condotte
da
rematori
vestiti
di
seta
.
Scutari
era
ancora
un
villaggio
;
di
là
da
Galata
non
si
vedevano
che
case
sparpagliate
per
la
campagna
;
nessun
grande
palazzo
alzava
ancora
la
testa
sopra
la
collina
di
Pera
;
l
'
aspetto
della
città
era
meno
grandioso
che
non
è
ora
;
ma
era
più
schiettamente
orientale
.
La
legge
che
prescriveva
i
colori
essendo
ancora
in
vigore
,
dai
colori
delle
case
si
riconosceva
la
religione
degli
abitanti
:
Stambul
era
tutta
gialla
e
rossa
,
fuorchè
gli
edifizi
pubblici
e
sacri
ch
'
erano
bianchi
come
la
neve
;
i
quartieri
armeni
erano
cinerini
chiari
,
i
quartieri
greci
cinerini
carichi
,
i
quartieri
ebrei
pavonazzi
.
Era
universale
,
come
in
Olanda
,
la
passione
dei
fiori
,
e
i
giardini
parevan
grandi
mazzi
di
giacinti
,
di
tulipani
e
di
rose
.
La
vegetazione
rigogliosa
delle
colline
non
essendo
ancora
atterrata
dai
nuovi
sobborghi
,
Costantinopoli
presentava
l
'
immagine
d
'
una
città
nascosta
in
una
foresta
.
Dentro
non
c
'
eran
che
viuzze
;
ma
le
abbelliva
una
folla
meravigliosamente
pittoresca
.
Non
si
vedevano
che
turbanti
enormi
,
che
davano
alla
popolazione
mascolina
un
'
apparenza
colossale
e
magnifica
.
Tutte
le
donne
,
fuor
che
la
madre
del
sultano
,
essendo
rigorosamente
velate
,
e
in
modo
da
non
lasciar
vedere
che
gli
occhi
,
formavano
una
popolazione
a
parte
,
anonima
ed
enimmatica
,
che
spandeva
per
tutta
la
città
un
'
aura
di
mistero
gentile
.
Una
legge
severa
determinando
il
vestiario
di
tutti
,
si
distinguevano
dalle
forme
dei
turbanti
e
dai
colori
dei
caffettani
i
ceti
,
i
gradi
,
gli
uffici
,
le
età
,
come
se
Costantinopoli
fosse
un
'
immensa
corte
.
Il
cavallo
essendo
ancora
quasi
"
il
solo
cocchio
dell
'
uomo
"
,
giravano
per
le
vie
migliaia
di
cavalieri
,
e
le
lunghe
file
dei
cammelli
e
dei
dromedarii
dell
'
esercito
che
attraversavano
la
città
in
tutte
le
direzioni
le
davano
l
'
aspetto
selvaggio
e
grandioso
d
'
un
'
antica
metropoli
asiatica
.
Le
arabà
dorate
,
tratte
dai
buoi
,
s
'
incrociavano
colle
carrozze
rivestite
di
panno
verde
degli
ulemi
,
con
quelle
rivestite
di
panno
rosso
dei
Kadì
-
aschieri
,
colle
talike
leggerissime
dalle
tendine
di
raso
,
colle
bussole
ornate
di
pitture
fantastiche
.
Schiavi
di
tutti
i
paesi
,
dalla
Polonia
all
'
Etiopia
,
passavano
a
frotte
,
facendo
risuonare
le
loro
catene
ribadite
sui
campi
di
battaglia
.
Sui
crocicchi
,
nelle
piazze
,
nei
cortili
delle
moschee
,
si
vedevano
gruppi
di
soldati
vestiti
di
cenci
gloriosi
,
che
mostravano
le
braccia
monche
e
le
cicatrici
ancor
fresche
delle
ferite
toccate
a
Vienna
,
a
Belgrado
,
a
Rodi
,
a
Damasco
.
Centinaia
di
rapsodi
dalla
voce
tonante
e
dal
gesto
ispirato
raccontavano
,
in
mezzo
a
crocchi
di
musulmani
superbi
,
le
gesta
degli
eserciti
che
combattevano
a
tre
mesi
di
marcia
da
Stambul
.
I
pascià
,
i
bey
,
gli
agà
,
i
musselim
,
un
'
infinità
di
dignitari
e
di
gran
signori
,
vestiti
con
uno
sfarzo
teatrale
,
accompagnati
da
frotte
di
servi
,
fendevano
la
folla
che
si
curvava
al
loro
passaggio
come
una
messe
sotto
il
soffio
del
vento
;
passavano
,
con
un
corteo
da
principi
,
ambasciatori
di
tutti
gli
Stati
d
'
Europa
,
venuti
a
chieder
pace
o
alleanza
;
sfilavano
carovane
cariche
di
doni
di
re
affricani
ed
asiatici
;
sciami
di
silidar
e
di
spahì
fastosi
e
insolenti
,
trascinavano
per
le
vie
i
sciaboloni
macchiati
del
sangue
di
venti
popoli
,
e
i
bei
paggi
greci
ed
ungheresi
del
serraglio
,
vestiti
come
piccoli
re
,
passeggiavano
alteramente
fra
la
moltitudine
ossequiosa
,
che
rispettava
in
loro
i
capricci
snaturati
del
suo
Signore
.
Qua
e
là
,
dinanzi
alle
porte
,
si
vedeva
un
trofeo
di
bastoni
nodosi
:
era
un
corpo
di
guardia
di
Giannizzeri
,
che
allora
esercitavano
la
polizia
nell
'
interno
della
città
.
S
'
incontravano
degli
ebrei
che
portavano
nel
Bosforo
il
corpo
dei
giustiziati
;
si
trovava
ogni
mattina
nel
Balik
-
bazar
qualche
cadavere
disteso
in
terra
,
con
la
testa
sotto
l
'
ascella
destra
,
la
sentenza
sul
petto
e
una
pietra
sulla
sentenza
;
si
vedevano
per
le
vie
nobili
impiccati
al
primo
gancio
o
alla
prima
trave
che
avevan
trovata
i
carnefici
frettolosi
;
s
'
inciampava
di
notte
in
qualche
disgraziato
buttato
in
mezzo
alla
strada
da
una
stanza
di
tortura
dove
gli
avevano
spezzato
i
piedi
e
le
mani
con
una
mazza
;
si
vedevano
sotto
il
sole
di
mezzogiorno
dei
mercanti
colti
in
frode
inchiodati
per
un
orecchio
all
'
uscio
della
loro
bottega
.
E
non
c
'
essendo
ancora
la
legge
che
restrinse
poi
la
libertà
sconfinata
delle
sepolture
,
si
vedevano
scavar
fosse
e
sotterrar
morti
,
ad
ogni
ora
del
giorno
,
nei
giardini
,
nei
vicoli
,
nelle
piazze
,
dinanzi
alle
porte
delle
case
.
Si
sentivano
nei
cortili
gli
urli
dei
montoni
e
degli
agnelli
scannati
in
olocausto
ad
Allà
per
le
nascite
e
per
le
circoncisioni
.
A
quando
a
quando
passava
di
galoppo
un
drappello
d
'
eunuchi
gridando
e
minacciando
,
le
vie
si
facevano
deserte
,
le
porte
si
chiudevano
,
le
finestre
si
coprivano
,
un
intiero
quartiere
pareva
morto
:
e
allora
passavano
in
una
fila
di
carrozze
luccicanti
le
belle
del
Gran
Signore
,
che
empievano
l
'
aria
di
profumi
e
di
risa
.
Qualche
volta
un
personaggio
della
corte
,
attraversando
una
strada
affollata
,
impallidiva
improvvisamente
alla
vista
di
sei
popolani
di
meschina
apparenza
che
entravano
in
una
bottega
:
quei
sei
popolani
erano
il
sultano
,
quattro
ufficiali
e
un
carnefice
,
che
giravano
di
bottega
in
bottega
per
verificare
i
pesi
e
le
misure
.
In
tutto
quanto
il
corpo
enorme
di
Costantinopoli
ribolliva
una
vita
pletorica
e
febbrile
.
Il
tesoro
riboccava
di
gemme
,
gli
arsenali
,
d
'
armi
,
le
caserme
,
di
soldati
,
i
caravanserai
,
di
viaggiatori
;
il
mercato
di
schiavi
era
un
formicaio
di
belle
,
di
mercantesse
e
di
gran
signori
;
i
dotti
s
'
affollavano
nei
grandi
archivii
delle
moschee
;
i
vizir
dalla
lunga
lena
preparavano
alle
generazioni
future
gli
annali
sterminati
dell
'
impero
;
i
poeti
,
pensionati
dal
serraglio
,
si
raccoglievano
nei
bagni
a
cantare
le
guerre
e
gli
amori
imperiali
;
turbe
d
'
operai
bulgari
ed
armeni
lavoravano
ad
innalzar
moschee
con
blocchi
di
granito
d
'
Egitto
e
di
marmo
di
Paros
,
mentre
per
mare
arrivavano
le
colonne
dei
tempii
dell
'
Arcipelago
e
per
terra
le
spoglie
delle
chiese
di
Pest
e
di
Ofen
;
nel
porto
si
allestivano
le
flotte
di
trecento
vele
che
dovevano
portare
il
terrore
su
tutte
le
rive
del
Mediterraneo
;
fra
Stambul
e
Adrianopoli
si
spandevano
cavalcate
di
settemila
falconieri
e
di
settemila
guardacaccia
,
e
negl
'
intervalli
delle
rivolte
soldatesche
,
delle
guerre
lontane
,
degli
incendi
che
riducevano
in
cenere
ventimila
case
in
una
notte
,
si
celebravano
feste
di
trenta
giorni
dinanzi
ai
plenipotenziarii
di
tutti
gli
stati
dell
'
Affrica
,
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
.
Allora
l
'
entusiasmo
musulmano
diventava
follia
.
Al
cospetto
del
Sultano
e
della
corte
,
in
mezzo
a
quelle
smisurate
palme
di
nozze
,
cariche
d
'
uccelli
,
di
frutti
e
di
specchi
,
per
dar
passo
alle
quali
si
atterravano
le
case
e
le
mura
;
in
mezzo
a
file
di
leoni
e
di
sirene
di
zucchero
,
portati
da
cavalli
ingualdrappati
di
damasco
argentato
;
in
mezzo
a
monti
di
doni
reali
recati
da
tutte
le
parti
dell
'
Impero
e
da
tutte
le
corti
del
mondo
,
si
alternavano
le
finte
battaglie
dei
giannizzeri
,
i
balli
furiosi
dei
dervis
,
le
mischie
sanguinose
dei
prigionieri
cristiani
,
i
banchetti
popolari
di
diecimila
piatti
di
cuscussù
;
nell
'
Ippodromo
danzavano
gli
elefanti
e
le
giraffe
;
si
sguinzagliavano
tra
la
folla
gli
orsi
e
le
volpi
coi
razzi
alla
coda
;
alle
pantomime
allegoriche
succedevano
le
danze
lascive
,
le
mascherate
grottesche
,
le
processioni
fantastiche
,
le
corse
,
i
carri
simbolici
,
i
giochi
,
le
commedie
,
le
ridde
;
la
festa
degenerava
a
poco
a
poco
,
col
calar
della
notte
,
in
un
tumulto
forsennato
,
e
cinquecento
moschee
scintillanti
di
lumi
formavano
sopra
la
città
un
'
immensa
aureola
di
foco
che
annunziava
ai
pastori
delle
montagne
dell
'
Asia
e
ai
naviganti
della
Propontide
,
le
orgie
della
nuova
Babilonia
.
Così
era
Stambul
,
la
sultana
formidabile
,
voluttuosa
e
sfrenata
;
appetto
alla
quale
la
città
d
'
oggi
non
è
più
che
una
vecchia
regina
malata
d
'
ipocondria
.
*
*
*
[
Gli
Armeni
]
Occupato
quasi
sempre
dei
turchi
,
non
ebbi
il
tempo
,
come
ognuno
può
capire
,
di
studiare
molto
le
tre
nazioni
,
armena
,
greca
ed
ebrea
,
che
formano
la
popolazione
dei
rajà
;
studio
,
d
'
altra
parte
,
assai
lungo
,
poichè
se
ognuno
di
quei
popoli
ha
conservato
dal
più
al
meno
la
natura
propria
,
la
vita
esteriore
di
tutti
e
tre
ha
preso
come
una
velatura
di
colore
musulmano
,
la
quale
va
ora
perdendosi
alla
sua
volta
sotto
la
tinta
della
civiltà
europea
:
onde
presentano
tutti
e
tre
la
difficoltà
d
'
osservazione
che
presenterebbe
un
quadro
mobile
e
cangiante
.
Gli
armeni
,
in
special
modo
,
"
cristiani
di
spirito
e
di
fede
,
e
musulmani
asiatici
di
nascita
e
di
carne
"
,
non
sono
soltanto
difficili
a
studiare
intimamente
,
ma
anche
a
distinguere
a
occhio
dai
turchi
,
poichè
quella
parte
di
loro
che
non
ha
ancora
preso
il
vestiario
europeo
,
è
vestita
alla
turca
,
salvo
piccolissime
differenze
;
e
non
usa
quasi
più
affatto
l
'
antico
berrettone
di
feltro
,
che
era
,
con
certi
colori
speciali
,
il
segno
distintivo
della
nazione
.
E
non
differiscono
molto
dai
turchi
anche
nell
'
aspetto
.
Sono
per
lo
più
alti
di
statura
,
robusti
,
corpulenti
,
di
carnagione
chiara
,
d
'
andatura
e
di
modi
gravi
,
e
mostrano
nel
viso
le
due
qualità
proprie
della
loro
natura
:
lo
spirito
aperto
,
alacre
,
industrioso
,
pertinace
,
per
cui
sono
meravigliosamente
atti
al
commercio
,
e
quella
placidità
,
che
altri
vuol
chiamare
pieghevolezza
servile
,
con
cui
riuscirono
a
farsi
un
covo
per
tutto
,
dall
'
Ungheria
alla
China
,
e
a
rendersi
accetti
particolarmente
ai
turchi
,
dei
quali
si
cattivarono
la
fiducia
,
sudditi
docili
e
amici
ossequenti
.
Non
hanno
nè
fuori
nè
dentro
nulla
di
bellicoso
e
d
'
eroico
.
Tali
,
forse
,
non
erano
anticamente
nella
regione
asiatica
da
cui
vennero
,
e
si
dice
infatti
che
siano
tuttora
assai
diversi
i
loro
fratelli
che
l
'
abitano
;
ma
quei
che
furon
trapiantati
di
qua
dal
Bosforo
,
sono
veramente
un
popolo
mansueto
e
prudente
,
modesto
nella
vita
,
non
inteso
ad
altro
che
ai
suoi
traffici
,
e
più
sinceramente
religioso
,
si
dice
,
d
'
ogni
altro
popolo
di
Costantinopoli
.
I
turchi
li
chiamano
i
cammelli
dell
'
impero
e
i
franchi
dicono
che
ogni
armeno
nasce
calcolatore
;
questi
due
motti
sono
in
gran
parte
giustificati
dal
fatto
,
poichè
in
grazia
appunto
della
loro
forza
fisica
e
della
loro
intelligenza
agile
ed
acuta
,
oltre
a
un
buon
numero
d
'
architetti
,
d
'
ingegneri
,
di
medici
,
d
'
artefici
ingegnosi
e
pazienti
,
essi
forniscono
a
Costantinopoli
la
maggior
parte
dei
facchini
e
dei
banchieri
:
facchini
che
portan
pesi
e
banchieri
che
ammassano
tesori
favolosi
.
A
primo
aspetto
,
però
,
nessuno
s
'
accorgerebbe
che
v
'
è
un
popolo
armeno
a
Costantinopoli
,
tanto
la
pianta
ha
preso
,
come
suol
dirsi
,
il
colore
del
concio
.
Le
donne
stesse
,
per
cagione
delle
quali
la
casa
armena
è
chiusa
allo
straniero
quasi
altrettanto
severamente
che
la
musulmana
,
vestono
alla
turca
,
e
non
c
'
è
che
un
occhio
molto
esperto
che
le
possa
riconoscere
in
mezzo
alle
loro
concittadine
maomettane
.
Sono
anch
'
esse
per
lo
più
bianche
e
grassotte
,
ed
hanno
la
linea
aquilina
del
profilo
orientale
,
grandi
occhi
e
lunghe
ciglia
;
molte
d
'
alta
statura
e
di
forme
matronali
,
che
coronate
d
'
un
turbante
,
parrebbero
bellissimi
sceicchi
;
e
quasi
tutte
d
'
aspetto
signorile
e
modesto
ad
un
tempo
,
in
cui
se
qualche
cosa
manca
,
è
la
luce
dell
'
anima
che
brilla
sul
volto
della
donna
greca
.
*
*
*
[
I
Greci
]
Quanto
è
difficile
riconoscere
a
occhio
l
'
armeno
,
altrettanto
è
facile
riconoscere
il
greco
,
anche
non
badando
al
vestire
;
tanto
egli
è
diverso
di
natura
e
d
'
aspetto
dagli
altri
sudditi
dell
'
Impero
,
e
principalmente
dal
turco
.
Per
rendersi
ragione
di
questa
diversità
,
o
piuttosto
di
questo
contrasto
,
basta
osservare
un
turco
ed
un
greco
,
che
si
trovino
seduti
l
'
uno
accanto
all
'
altro
in
un
caffè
o
in
un
piroscafo
.
Hanno
un
bell
'
essere
press
'
a
poco
della
stessa
età
e
dello
stesso
ceto
,
e
vestiti
tutt
'
e
due
all
'
europea
,
ed
anche
somiglianti
di
viso
;
non
è
possibile
sbagliare
.
Il
turco
è
immobile
,
e
tutti
i
suoi
lineamenti
riposano
in
una
specie
di
quiete
senza
pensiero
,
che
somiglia
a
quella
d
'
un
animale
satollo
;
o
se
il
suo
viso
rivela
un
pensiero
,
pare
che
debba
essere
un
pensiero
immobile
come
il
suo
corpo
.
Non
guarda
nessuno
,
non
dà
segno
d
'
accorgersi
d
'
esser
guardato
;
il
suo
atteggiamento
mostra
una
profonda
noncuranza
di
tutti
coloro
e
di
tutto
quello
che
ha
intorno
;
il
suo
viso
esprime
qualcosa
della
tristezza
rassegnata
d
'
uno
schiavo
e
dell
'
orgoglio
freddo
d
'
un
despota
;
un
che
di
duro
,
di
chiuso
,
di
cocciuto
,
da
far
disperare
alla
prima
chi
si
proponesse
di
persuaderlo
di
qualche
cosa
o
di
rimoverlo
di
una
risoluzione
.
Ha
,
insomma
,
l
'
aspetto
d
'
uno
di
quegli
uomini
tutti
d
'
un
pezzo
,
coi
quali
pare
che
non
si
possa
vivere
altrimenti
che
obbedendoli
o
comandandoli
;
e
che
per
quanto
tempo
ci
si
viva
insieme
,
non
si
debba
mai
poterci
prendere
una
famigliarità
intera
.
Il
greco
invece
è
mobilissimo
,
e
rivela
con
mille
sfuggevoli
guizzi
dello
sguardo
e
delle
labbra
tutto
quello
che
gli
passa
nell
'
anima
;
scuote
la
testa
con
movimenti
di
cavallo
indomito
;
il
suo
volto
esprime
un
'
alterezza
giovanile
,
e
qualche
volta
quasi
fanciullesca
;
se
si
vede
guardato
,
s
'
atteggia
;
se
non
è
guardato
,
si
mette
in
mostra
;
par
sempre
che
desideri
o
che
fantastichi
qualche
cosa
;
spira
da
tutta
la
persona
l
'
accorgimento
e
l
'
ambizione
;
e
inspira
simpatia
,
anche
se
ha
la
faccia
d
'
un
cattivo
soggetto
,
e
gli
si
darebbe
la
mano
anche
quando
non
si
vorrebbe
affidargli
la
borsa
.
Basta
veder
vicini
questi
due
uomini
,
per
capire
che
l
'
uno
deve
parere
all
'
altro
un
barbaro
,
un
orgoglioso
,
un
prepotente
,
un
brutale
;
che
questi
deve
giudicar
quello
un
uomo
leggiero
,
falso
,
maligno
,
turbolento
;
e
che
debbono
disprezzarsi
e
detestarsi
reciprocamente
con
tutte
le
forze
dell
'
anima
;
e
non
trovar
la
via
di
vivere
d
'
accordo
.
La
stessa
differenza
si
osserva
tra
le
donne
greche
e
le
altre
donne
levantine
.
In
mezzo
alle
turche
e
alle
armene
belle
e
floride
,
ma
che
toccan
quasi
più
i
sensi
di
quello
che
parlino
all
'
anima
,
si
riconoscono
alla
prima
,
con
un
sentimento
di
grata
meraviglia
,
i
visi
eleganti
e
puri
delle
greche
,
illuminati
da
due
occhi
pieni
di
pensiero
,
dei
quali
ogni
sguardo
fa
venir
sulle
labbra
il
verso
d
'
un
ode
;
e
i
bei
corpi
maestosi
insieme
e
leggeri
,
che
ispirano
il
desiderio
di
stringerli
fra
le
braccia
,
piuttosto
per
metterli
sopra
un
piedestallo
,
che
per
portarli
nell
'
arem
.
Se
ne
vedono
di
quelle
che
portano
ancora
i
capelli
cadenti
,
all
'
antica
,
in
lunghe
ciocche
ondulate
,
e
una
grossa
treccia
ravvolta
intorno
alla
testa
in
forma
di
diadema
;
così
belle
,
così
nobili
,
così
classiche
,
che
si
piglierebbero
per
statue
di
Prassitele
e
di
Lisippo
,
o
per
giovanette
immortali
ritrovate
dopo
venti
secoli
in
qualche
valle
ignorata
della
Laconia
o
in
qualche
isoletta
dimenticata
dell
'
Egeo
.
Sono
però
rarissime
queste
bellezze
sovrane
anche
tra
le
greche
,
e
oramai
non
se
ne
trova
più
esempio
che
fra
la
vecchia
aristocrazia
dell
'
impero
,
nel
quartiere
silenzioso
e
triste
del
Fanar
,
dove
s
'
è
rifugiata
l
'
anima
dell
'
antica
Bisanzio
.
Là
si
vede
ancora
qualche
volta
una
di
quelle
donne
superbe
affacciata
a
un
balcone
a
balaustri
,
o
all
'
inferriata
d
'
una
finestra
altissima
,
cogli
occhi
fissi
nella
strada
solitaria
,
nell
'
atteggiamento
d
'
una
regina
prigioniera
;
e
quando
il
servidorame
dei
discendenti
dei
Paleologhi
e
dei
Comneni
,
non
sta
oziando
dinanzi
alle
porte
,
si
può
,
contemplandola
di
nascosto
,
credere
per
un
momento
di
veder
per
lo
squarcio
d
'
una
nuvola
il
viso
d
'
una
dea
dell
'
Olimpo
.
*
*
*
[
Gli
Ebrei
]
Riguardo
alle
ebree
,
posso
affermare
,
dopo
esser
stato
nel
Marocco
,
che
quelle
di
Costantinopoli
non
hanno
che
fare
con
quelle
della
costa
settentrionale
dell
'
Affrica
,
nelle
quali
i
dotti
osservatori
credono
di
vedere
ancora
in
tutta
la
sua
purezza
il
primo
tipo
orientale
della
bellezza
ebraica
.
Colla
speranza
di
trovare
questa
bellezza
,
mi
armai
di
coraggio
,
e
feci
molti
giri
per
il
vasto
ghetto
di
Balata
,
che
s
'
allunga
,
come
un
serpente
immondo
,
sulla
riva
del
Corno
d
'
oro
.
Mi
spinsi
fin
nei
vicoli
più
miserabili
,
in
mezzo
a
casupole
"
grommate
di
muffa
"
come
le
ripe
della
bolgia
dantesca
,
per
crocicchi
dove
non
ripasserei
più
che
sui
trampoli
e
colle
narici
turate
;
guardando
per
le
finestre
tappezzate
di
cenci
nauseabondi
,
nelle
stanze
nere
e
viscose
;
soffermandomi
dinanzi
alle
porte
dei
cortili
umidi
da
cui
usciva
un
tanfo
da
mozzare
il
fiato
,
facendomi
largo
in
mezzo
a
gruppi
di
ragazzi
scrofolosi
e
tignosi
,
toccando
col
gomito
dei
vecchi
orrendi
,
che
parevano
morti
di
peste
risuscitati
;
scansando
a
ogni
passo
cani
coperti
di
piaghe
e
laghi
di
mota
nera
e
panni
schifosi
appesi
a
corde
bisunte
,
e
mucchi
di
putridumi
da
far
cadere
in
deliquio
;
ma
il
mio
coraggio
non
fu
ricompensato
.
Fra
le
molte
donne
che
incontrai
imbacuccate
nel
loro
calpak
nazionale
,
che
sembra
un
turbante
allungato
e
copre
i
capelli
e
le
orecchie
,
vidi
bensì
qualche
viso
in
cui
riconobbi
quella
regolarità
delicata
di
lineamenti
e
quell
'
aria
soave
di
rassegnazione
,
che
si
considera
come
il
tratto
distintivo
delle
ebree
di
Costantinopoli
;
vidi
qualche
vago
profilo
di
Rebecca
e
di
Rachele
,
dagli
occhi
a
mandorla
,
pieni
di
dolcezza
e
di
grazia
;
e
qualche
figura
elegante
,
ritta
in
un
atteggiamento
raffaellesco
sulla
soglia
d
'
una
porta
,
con
una
mano
sottile
appoggiata
sul
capo
ricciuto
d
'
un
bimbo
.
Ma
nella
maggior
parte
non
vidi
che
i
segni
della
degradazione
della
razza
.
Che
differenza
tra
quelle
figure
stentite
,
e
gli
occhi
di
fuoco
,
i
colori
pomposi
e
le
forme
opulente
che
ammirai
un
anno
dopo
nei
mellà
di
Tangeri
e
di
Fez
!
Ed
è
lo
stesso
degli
uomini
,
spersoniti
,
giallognoli
,
molli
,
di
cui
tutta
la
vitalità
pare
che
si
sia
raccolta
negli
occhi
scintillanti
d
'
astuzia
e
di
cupidigia
,
che
essi
girano
continuamente
intorno
a
sè
stessi
,
come
se
da
tutte
le
parti
sentissero
saltellare
delle
monete
.
Ed
ora
m
'
aspetto
che
i
miei
buoni
critici
israeliti
,
che
già
mi
diedero
sulle
dita
a
proposito
dei
loro
correligionarii
del
Marocco
,
ricantino
la
stessa
canzone
,
scrivendo
a
colpa
dei
turchi
oppressori
la
decadenza
e
l
'
avvilimento
degli
ebrei
di
Costantinopoli
.
Ma
badino
che
nelle
medesime
condizioni
politiche
e
civili
degli
ebrei
si
trovarono
tutti
gli
altri
sudditi
non
musulmani
della
Porta
;
e
che
se
anche
questo
non
fosse
,
sarebbe
assai
difficile
il
provare
che
la
vergognosa
immondizia
,
la
precocità
dei
matrimonii
e
l
'
astensione
da
tutti
i
mestieri
faticosi
,
considerate
come
cause
efficacissime
di
quella
decadenza
,
siano
una
conseguenza
logica
della
mancanza
di
libertà
e
d
'
indipendenza
.
E
se
mi
vorranno
dire
invece
,
che
non
l
'
oppressione
politica
dei
turchi
,
ma
le
piccole
persecuzioni
e
il
disprezzo
di
tutti
,
sono
stati
la
cagione
di
quell
'
avvilimento
,
domandino
prima
a
sè
stessi
se
per
caso
non
fosse
vero
il
contrario
;
se
la
prima
cagione
non
sia
piuttosto
da
ricercarsi
nei
loro
costumi
e
nella
loro
vita
;
e
se
invece
di
nasconder
la
piaga
,
non
sarebbe
utile
che
essi
medesimi
la
toccassero
col
ferro
rovente
.
*
*
*
[
Il
bagno
]
Dopo
aver
fatto
un
giro
per
Balata
,
non
è
delle
peggio
,
come
si
dice
a
Firenze
,
l
'
andare
a
fare
un
bagno
turco
.
Le
case
dei
bagni
si
riconoscono
di
fuori
:
sono
edifizi
senza
finestre
,
della
forma
di
piccole
moschee
,
sormontati
da
una
cupola
e
da
alti
camini
conici
,
che
fumano
perpetuamente
.
Ma
prima
d
'
entrare
,
bisogna
pensarci
due
volte
,
e
domandarsi
quid
valeant
humeri
,
perché
non
tutti
possono
resistere
all
'
aspro
governo
che
si
fa
d
'
un
uomo
fra
quelle
mura
salutari
.
Io
confesso
che
dopo
quello
che
ne
avevo
inteso
dire
,
c
'
entrai
con
un
po
'
di
trepidazione
;
e
i
lettori
vedranno
che
ero
da
compatire
.
Ripensandoci
,
mi
sento
uscire
dalle
tempie
due
goccioline
di
sudore
che
aspettano
ch
'
io
sia
nel
vivo
della
descrizione
per
filarmi
giù
per
le
guancie
.
Ecco
dunque
quello
che
fu
fatto
della
mia
povera
persona
.
Entro
timidamente
e
mi
trovo
in
una
gran
sala
che
mi
lascia
un
momento
incerto
,
se
sia
un
teatro
o
un
ospedale
.
Nel
mezzo
zampilla
una
fontana
,
coronata
di
fiori
;
e
lungo
le
pareti
gira
una
galleria
di
legno
,
dove
dormono
profondamente
o
fumano
sonnecchiando
alcuni
turchi
sdraiati
su
materasse
e
ravvolti
dalla
testa
ai
piedi
in
pannolini
bianchissimi
.
Mentre
guardo
intorno
in
cerca
del
bagnaiuolo
,
due
tarchiati
mulatti
seminudi
,
sbucati
non
so
di
dove
,
mi
si
rizzano
dinanzi
come
due
spettri
,
e
mi
domandano
tutti
e
due
insieme
con
voce
cavernosa
:
Hammamun
?
(
bagno
?
)
-
Evvet
(
sì
)
rispondo
con
un
filo
di
voce
.
Mi
accennano
di
seguirli
e
mi
rimorchiano
su
per
una
scaletta
di
legno
in
una
stanza
piena
di
stuoie
e
di
cuscini
,
dove
mi
fanno
capire
che
mi
debbo
spogliare
.
Mi
stringono
una
stoffa
azzurra
e
bianca
intorno
alle
reni
,
mi
raspano
la
testa
con
un
pezzo
di
mussolina
,
mi
fanno
infilare
due
zoccoli
colossali
,
mi
pigliano
sotto
le
braccia
come
un
ubbriaco
e
mi
conducono
,
o
piuttosto
mi
traducono
in
un
'
altra
sala
calda
e
semi
-
oscura
,
dove
mi
distendono
sopra
un
tappeto
e
stanno
ad
aspettare
colle
mani
sui
fianchi
che
mi
si
ammorbidisca
la
pelle
.
Tutti
questi
apparecchi
,
che
somigliano
molto
a
quelli
d
'
un
supplizio
,
mi
mettono
addosso
una
inquietudine
,
la
quale
si
cangia
in
un
sentimento
anche
meno
onorevole
,
quando
i
due
aguzzini
mi
toccano
la
fronte
,
si
scambiano
uno
sguardo
che
significa
:
-
può
resistere
-
e
par
che
vogliano
dire
:
-
alla
ruota
-
e
ripigliandomi
per
le
braccia
mi
accompagnano
in
una
terza
sala
.
Qui
provo
una
sensazione
stranissima
.
Mi
par
d
'
essere
in
un
tempio
sottomarino
.
Vedo
vagamente
,
a
traverso
un
velo
bianco
di
vapori
,
delle
alte
pareti
marmoree
,
delle
colonne
,
degli
archi
,
la
vôlta
d
'
una
cupola
finestrata
,
da
cui
scendono
dei
raggi
di
luce
rossa
,
azzurra
e
verde
,
dei
fantasmi
bianchi
che
vanno
e
vengono
rasente
le
pareti
,
e
nel
mezzo
della
sala
,
uomini
seminudi
distesi
sul
pavimento
come
cadaveri
,
sui
quali
altri
uomini
seminudi
stanno
chinati
nell
'
atteggiamento
di
medici
che
facciano
un
'
autopsia
.
La
temperatura
della
sala
è
tale
che
,
appena
entrato
,
mi
sento
tutto
in
sudore
,
e
mi
pare
che
non
potrò
più
uscir
di
là
che
sotto
la
forme
d
'
un
fiumicello
,
come
l
'
amante
d
'
Aretusa
.
I
due
mulatti
trasportano
il
mio
corpo
in
mezzo
alla
sala
e
lo
adagiano
sopra
una
specie
di
tavola
anatomica
,
che
è
una
grande
lastra
di
marmo
bianco
,
rilevata
dal
pavimento
,
sotto
la
quale
ardono
le
stufe
.
La
lastra
scotta
ed
io
vedo
le
stelle
;
ma
oramai
ci
sono
e
bisogna
striderci
.
I
due
mulatti
cominciano
la
vivisezione
,
canterellando
una
canzonetta
funebre
.
Mi
pizzicano
le
braccia
e
le
gambe
,
mi
premono
i
muscoli
,
mi
fanno
scricchiolare
le
articolazioni
,
mi
fregano
,
mi
strizzano
,
mi
stropicciano
;
mi
fanno
voltar
bocconi
,
e
ricominciano
;
mi
rimettono
supino
,
e
tornan
da
capo
;
mi
stirano
e
mi
schiacciano
come
un
fantoccio
di
pasta
,
a
cui
vogliano
dare
una
forma
che
hanno
in
mente
,
e
non
ci
riescano
,
e
ci
s
'
arrabbino
;
poi
pigliano
un
po
'
di
respiro
;
poi
di
nuovo
pizzicotti
e
strizzatine
e
schiacciature
da
farmi
temere
che
sia
quello
il
mio
ultimo
quarto
d
'
ora
.
Finalmente
,
quando
tutto
il
mio
corpo
schizza
acqua
come
una
spugna
spremuta
,
quando
mi
vedono
circolare
il
sangue
sotto
la
pelle
,
quando
s
'
accorgono
che
proprio
non
ci
posso
più
reggere
,
tiran
su
i
miei
resti
da
quel
letto
di
tortura
,
e
li
portano
in
un
angolo
,
dinanzi
a
una
piccola
nicchia
,
dove
sono
due
cannelle
di
rame
,
che
gettano
acqua
calda
e
acqua
fresca
in
una
vaschetta
di
marmo
.
Ma
,
ahimè
!
qui
comincia
un
altro
martirio
.
E
veramente
la
cosa
piglia
un
certo
andare
,
che
,
senza
celia
,
io
mi
domando
se
non
è
il
caso
di
appoggiare
un
cappiotto
a
destra
e
uno
scopaccione
a
sinistra
,
e
di
battermela
come
mi
trovo
.
Uno
dei
due
tormentatori
si
mette
un
guanto
di
pelo
di
cammello
e
comincia
a
fregarmi
la
schiena
,
il
petto
,
le
braccia
e
le
gambe
,
colla
grazia
con
cui
striglierebbe
un
cavallo
,
e
la
strigliatura
si
prolunga
per
la
bellezza
di
cinque
minuti
.
Finita
la
strigliatura
,
mi
rovesciano
addosso
un
torrente
d
'
acqua
tepida
,
e
ripigliano
fiato
.
E
lo
ripiglio
anch
'
io
,
ringraziando
il
cielo
che
sia
finita
.
Ma
non
è
finita
!
Il
mulatto
feroce
si
leva
il
guanto
e
ricomincia
l
'
operazione
colla
mano
nuda
,
ed
io
m
'
indispettisco
e
gli
fo
cenno
di
smettere
,
e
lui
,
mostrandomi
la
mano
,
mi
prova
,
con
mia
grande
meraviglia
,
che
deve
fregare
ancora
.
Finito
di
fregare
,
un
altro
rovescio
d
'
acqua
,
e
poi
un
'
altra
operazione
.
Prendono
tutti
e
due
uno
strofinaccio
di
stoppa
imbevuto
di
sapone
di
Candia
,
e
m
'
insaponano
dalla
testa
ai
piedi
.
Finita
l
'
insaponata
,
un
altro
diluvio
d
'
acqua
profumata
,
e
poi
da
capo
lo
strofinamento
colla
stoppa
.
Ma
questa
volta
,
come
dio
vuole
,
la
stoppa
è
asciutta
e
strofinano
per
asciugare
.
Asciugato
che
sono
,
mi
rifasciano
la
testa
,
mi
rimettono
il
grembiale
,
mi
ravvolgono
in
un
lenzuolo
,
mi
riconducono
nella
seconda
sala
,
e
dopo
una
sosta
di
qualche
minuto
,
mi
fanno
rientrar
nella
prima
.
Qui
trovo
una
materassa
tepida
sulla
quale
mi
distendo
mollemente
e
i
due
esecutori
di
giustizia
mi
danno
gli
ultimi
pizzicotti
per
rendere
uguale
in
tutte
le
membra
la
circolazione
del
sangue
.
Ciò
fatto
,
mi
mettono
un
cuscino
ricamato
sotto
la
testa
,
una
coperta
bianca
addosso
,
una
pipa
in
bocca
,
una
limonata
accanto
,
e
mi
lascian
lì
fresco
,
leggiero
,
odoroso
,
colla
mente
serena
,
col
cuore
contento
,
con
un
senso
così
puro
e
così
giovanile
della
vita
,
che
mi
par
d
'
esser
nato
allora
,
come
Venere
,
dalla
spuma
del
mare
,
e
di
sentirmi
frullare
sopra
la
testa
le
ali
degli
amorini
.
*
*
*
[
La
Torre
del
Seraschiere
]
Sentendosi
così
puri
e
disposti
a
riveder
le
stelle
non
c
'
è
di
meglio
che
arrampicarsi
sopra
la
testa
di
quel
titano
di
pietra
che
si
chiama
la
torre
del
Seraschiere
.
Io
credo
che
Satana
,
se
volesse
tentare
un
'
altra
volta
qualcuno
coll
'
offerta
del
regno
della
terra
,
sarebbe
sicuro
del
fatto
suo
,
trasportando
la
sua
vittima
su
quella
cima
.
La
torre
,
fabbricata
sotto
il
regno
di
Mahmud
II
,
è
piantata
sulla
collina
più
alta
di
Stambul
,
nel
mezzo
del
cortile
vastissimo
del
ministero
della
guerra
,
nel
punto
che
i
turchi
chiamano
l
'
ombelico
della
città
.
È
costrutta
in
gran
parte
con
marmo
bianco
di
Marmara
,
sul
piano
d
'
un
poligono
regolare
di
sedici
lati
,
e
si
slancia
in
alto
,
ardita
e
svelta
come
una
colonna
,
sorpassando
d
'
un
buon
tratto
i
minareti
giganteschi
della
vicina
moschea
di
Solimano
.
Si
va
su
per
una
scala
a
chiocciola
,
rischiarata
da
poche
finestre
quadrate
,
per
le
quali
s
'
intravvede
,
passando
,
ora
Galata
,
ora
Stambul
,
ora
i
sobborghi
del
Corno
d
'
oro
;
e
non
s
'
è
ancora
a
mezza
altezza
,
che
già
,
lanciando
uno
sguardo
fuori
,
pare
di
essere
nella
regione
delle
nuvole
.
Qualche
volta
salendo
,
si
sente
un
leggero
rumore
sul
proprio
capo
,
e
quasi
nello
stesso
punto
si
vede
passare
e
sparire
una
larva
,
che
sembra
una
cosa
che
precipita
piuttosto
che
un
uomo
che
discende
;
ed
è
uno
dei
guardiani
che
stanno
giorno
e
notte
alla
vedetta
sulla
sommità
della
torre
,
il
quale
ha
visto
probabilmente
in
qualche
punto
lontano
dell
'
orizzonte
un
nuvolo
di
fumo
sospetto
,
e
ne
porta
avviso
al
Seraschierato
.
La
scala
ha
circa
duecento
scalini
,
e
conduce
a
una
specie
di
terrazza
rotonda
,
coperta
di
sopra
e
vetrata
tutt
'
intorno
,
nella
quale
gira
perpetuamente
un
guardiano
,
che
serve
il
caffè
ai
visitatori
.
Al
primo
entrare
in
quella
gabbia
trasparente
,
che
par
sospesa
tra
il
cielo
e
la
terra
,
al
vedere
tutt
'
intorno
quell
'
immenso
vuoto
azzurro
,
al
sentire
il
vento
che
strepita
e
fa
sonare
i
vetri
e
scricchiolare
gli
assiti
,
s
'
è
quasi
presi
dalle
vertigini
e
tentati
di
rinunziare
al
panorama
.
Ma
alla
vista
della
scaletta
appoggiata
al
finestrino
del
tetto
,
il
coraggio
ritorna
,
si
sale
col
cuore
palpitante
,
e
si
getta
un
grido
di
meraviglia
.
È
un
momento
sublime
.
Si
rimane
come
sfolgorati
.
Tutta
Costantinopoli
è
là
e
s
'
abbraccia
tutta
con
un
giro
dello
sguardo
;
tutte
le
colline
e
tutte
le
valli
di
Stambul
,
dal
castello
delle
Sette
Torri
ai
cimiteri
d
'
Eyub
;
tutta
Galata
e
tutta
Pera
,
come
se
lo
sguardo
vi
cadesse
a
fil
di
piombo
;
tutta
Scutari
,
come
se
fosse
lì
sotto
;
tre
file
di
città
,
di
boschi
,
di
flotte
,
che
fuggono
a
perdita
d
'
occhi
lungo
tre
rive
incantevoli
,
e
altre
striscie
interminabili
di
villaggi
e
di
giardini
che
si
perdono
serpeggiando
nell
'
interno
delle
terre
;
tutto
il
Corno
d
'
oro
,
immobile
,
cristallino
e
picchiettato
d
'
innumerevoli
caicchi
,
che
sembrano
moscerini
natanti
;
tutto
il
Bosforo
,
che
par
chiuso
qua
e
là
dalle
colline
più
avanzate
delle
due
rive
,
e
presenta
l
'
immagine
d
'
una
successione
di
laghi
,
e
ogni
lago
par
circondato
da
una
città
,
e
ogni
città
è
inghirladata
di
giardini
;
di
là
dal
Bosforo
,
il
mar
Nero
azzurrino
che
si
confonde
col
cielo
;
dalla
parte
opposta
,
il
mar
di
Marmara
,
il
golfo
di
Nicomedia
,
le
isole
dei
Principi
,
la
riva
europea
e
la
riva
asiatica
biancheggianti
di
villaggi
;
di
là
dal
mar
di
Marmara
,
lo
stretto
dei
Dardanelli
,
che
luccica
come
un
sottile
nastro
d
'
argento
;
oltre
i
Dardanelli
un
vago
bagliore
bianco
,
ch
'
è
il
mare
Egeo
e
una
curva
oscura
che
è
la
riva
della
Troade
;
di
là
da
Scutari
,
la
Bitinia
e
l
'
Olimpo
;
di
là
da
Stambul
,
le
solitudini
ondulate
e
giallognole
della
Tracia
;
due
golfi
,
due
stretti
,
due
continenti
,
tre
mari
,
venti
città
,
una
miriade
di
cupole
inargentate
e
di
guglie
d
'
oro
,
una
gloria
di
colori
e
di
luce
,
da
far
dubitare
se
quella
sia
una
veduta
del
nostro
pianeta
o
di
un
altro
astro
più
favorito
da
Dio
.
*
*
*
[
Costantinopoli
]
E
sulla
torre
del
Seraschiere
,
come
su
quella
di
Galata
,
come
sul
vecchio
ponte
,
come
a
Scutari
,
io
mi
domandai
cento
volte
:
-
Ma
in
che
maniera
hai
potuto
innamorarti
dell
'
Olanda
?
-
E
non
solo
quel
paese
,
ma
Parigi
,
ma
Madrid
,
ma
Siviglia
,
mi
parevano
città
oscure
e
malinconiche
,
in
cui
non
avrei
più
potuto
vivere
un
mese
.
Poi
ripensavo
alle
mie
povere
descrizioni
e
mi
dicevo
con
rammarico
:
-
Ah
!
disgraziato
!
Quante
volte
hai
sciupato
le
parole
bello
,
splendido
,
immenso
!
Ed
ora
che
cosa
dirai
di
questo
spettacolo
?
-
Ma
già
mi
pareva
che
da
Costantinopoli
non
avrei
cavato
una
pagina
.
E
il
mio
amico
Rossasco
mi
diceva
:
-
Ma
perché
non
ti
ci
provi
?
-
Ed
io
gli
rispondevo
:
-
Ma
se
non
ho
nulla
da
dire
!
-
E
alle
volte
,
chi
lo
crederebbe
?
quello
spettacolo
,
per
qualche
minuto
secondo
,
a
certe
ore
,
a
una
certa
luce
,
mi
pareva
meschino
,
ed
esclamavo
quasi
con
sgomento
:
-
O
dov
'
è
la
mia
Costantinopoli
?
-
Altre
volte
mi
pigliava
un
sentimento
di
tristezza
pensando
che
mentre
io
ero
là
dinanzi
a
quella
immensità
e
a
quella
bellezza
,
mia
madre
era
in
una
piccola
stanza
,
da
cui
non
si
vedeva
che
un
cortile
uggioso
e
una
piccola
striscia
di
cielo
;
e
mi
pareva
una
colpa
mia
,
e
avrei
dato
un
occhio
per
aver
la
mia
buona
vecchia
a
bracetto
e
condurla
a
Santa
Sofia
.
La
giornata
però
correva
quasi
sempre
allegra
e
leggera
come
un
'
ora
d
'
ebbrezza
.
E
le
rare
volte
che
faceva
capolino
l
'
umor
nero
,
il
mio
amico
ed
io
avevamo
un
mezzo
sicuro
di
liberarcene
.
Scendevamo
a
Galata
in
due
caicchi
a
due
remi
,
i
più
variopinti
e
i
più
dorati
dello
scalo
,
e
gridavamo
:
-
Eyub
!
-
ed
eravamo
già
in
mezzo
al
Corno
d
'
oro
.
I
nostri
rematori
si
chiamavano
Mahmut
,
Baiazet
,
Ibraim
,
Murat
,
avevano
vent
'
anni
per
uno
e
due
braccia
di
ferro
,
e
vogavano
a
gara
incitandosi
con
grida
e
ridendo
come
bambini
;
il
cielo
era
sereno
e
il
mare
trasparente
;
noi
rovesciavamo
il
capo
indietro
per
bere
a
sorsate
più
lunghe
l
'
aria
piena
di
profumi
,
e
lasciavamo
spenzolare
una
mano
nell
'
acqua
;
i
due
caicchi
volavano
,
di
qua
e
di
là
ci
fuggivano
allo
sguardo
i
chioschi
,
i
palazzi
,
i
giardini
,
le
moschee
;
ci
pareva
d
'
esser
portati
dal
vento
a
traverso
un
mondo
fatato
,
sentivamo
un
piacere
inesprimibile
d
'
esser
giovani
e
d
'
essere
a
Stambul
,
Yunk
cantava
,
io
recitavo
delle
ballate
orientali
di
Vittor
Hugo
,
e
vedevo
ora
a
destra
,
ora
a
sinistra
,
ora
vicino
,
ora
lontano
,
balenare
per
aria
un
viso
amoroso
,
coronato
di
capelli
bianchi
e
illuminato
da
un
sorriso
dolcissimo
,
che
diceva
:
-
Sii
felice
,
figliuolo
!
Io
ti
benedico
e
ti
seguo
.
SANTA
SOFIA
Ed
ora
,
se
anche
un
povero
scrittore
di
viaggi
può
invocare
una
musa
,
io
la
invoco
a
mani
giunte
perché
la
mia
mente
si
smarrisce
"
in
faccia
al
nobile
subbietto
"
e
le
grandi
linee
della
basilica
bizantina
mi
tremano
dinanzi
come
un
'
immagine
riflessa
da
un
'
acqua
agitata
.
La
musa
m
'
ispiri
,
Santa
Sofia
m
'
illumini
e
l
'
imperatore
Giustiniano
mi
perdoni
.
Una
bella
mattina
d
'
ottobre
,
accompagnati
da
un
cavas
turco
del
Consolato
d
'
Italia
e
da
un
dracomanno
greco
,
andammo
finalmente
a
visitare
il
"
paradiso
terrestre
,
il
secondo
firmamento
,
il
carro
dei
cherubini
,
il
trono
della
gloria
di
Dio
,
la
meraviglia
della
terra
,
il
maggior
tempio
del
mondo
dopo
San
Pietro
"
.
La
quale
ultima
sentenza
,
-
lo
sappiano
i
miei
amici
di
Burgos
,
di
Colonia
,
di
Milano
,
di
Firenze
,
-
non
è
mia
,
e
non
oserei
farla
mia
;
ma
l
'
ho
citata
,
colle
altre
,
perché
è
una
delle
molte
espressioni
consacrate
dall
'
entusiasmo
dei
Greci
,
che
il
nostro
dracomanno
ci
andava
ripetendo
per
via
.
E
avevamo
scelto
pensatamente
,
insieme
a
un
vecchio
cavas
turco
,
un
vecchio
dracomanno
greco
,
colla
speranza
,
che
non
fu
delusa
,
di
sentire
nelle
loro
spiegazioni
e
nelle
loro
leggende
cozzare
le
due
religioni
,
le
due
storie
,
i
due
popoli
;
e
che
l
'
uno
ci
avrebbe
esaltato
la
chiesa
l
'
altro
magnificato
la
moschea
,
in
modo
da
farci
vedere
Santa
Sofia
come
dev
'
esser
veduta
:
con
un
occhio
di
cristiano
e
un
occhio
di
turco
.
La
mia
aspettazione
era
grande
e
la
curiosità
vivissima
;
eppure
,
strada
facendo
,
pensavo
come
penso
ancora
,
che
non
c
'
è
monumento
famoso
,
e
sia
pure
degno
della
sua
fama
,
dal
quale
venga
all
'
anima
una
commozione
così
vivamente
e
schiettamente
piacevole
com
'
è
quella
che
si
prova
nell
'
andarlo
a
vedere
.
Se
dovessi
rivivere
un
'
ora
di
tutti
i
giorni
in
cui
vidi
qualche
grande
cosa
,
sceglierei
quella
che
passò
fra
il
momento
in
cui
dissi
:
-
Andiamo
-
;
e
il
momento
in
cui
intesi
dire
:
-
Siamo
giunti
.
Le
più
belle
ore
dei
viaggi
son
quelle
.
Andando
,
par
di
sentirsi
ingrandir
l
'
anima
come
per
contenere
il
sentimento
di
ammirazione
che
vi
sorgerà
tra
poco
;
si
rammentano
i
desiderii
della
prima
giovinezza
,
che
parevan
sogni
;
si
rivede
un
vecchio
professore
di
geografia
che
,
dopo
aver
segnato
Costantinopoli
sulla
carta
d
'
Europa
,
traccia
per
aria
,
con
una
presa
di
tabacco
tra
le
dita
,
le
linee
della
grande
basilica
;
si
vede
quella
stanza
,
quel
caminetto
,
dinanzi
al
quale
,
nel
prossimo
inverno
,
si
descriverà
il
monumento
in
mezzo
a
un
cerchio
di
visi
meravigliati
ed
immobili
;
si
sente
sonar
quel
nome
di
Santa
Sofia
nella
testa
,
nel
cuore
,
nelle
orecchie
,
come
il
nome
d
'
un
essere
vivo
che
ci
aspetti
e
ci
chiami
per
rivelarci
qualche
grande
segreto
;
si
vedono
apparire
sul
nostro
capo
archi
e
pilastri
prodigiosi
d
'
edifizii
che
si
perdono
nel
cielo
;
e
quando
si
è
a
pochi
passi
dalla
meta
,
si
prova
ancora
un
piacere
inesprimibile
a
soffermarsi
per
guardare
un
ciottolo
,
per
veder
fuggire
una
lucertola
,
per
raccontare
una
barzelletta
,
per
perdere
un
po
'
di
tempo
,
per
ritardare
di
qualche
minuto
quel
momento
che
s
'
è
desiderato
per
vent
'
anni
e
che
si
ricorderà
per
tutta
la
vita
.
Per
modo
che
rimane
assai
poca
cosa
di
questi
celebrati
piaceri
dell
'
ammirazione
,
se
si
toglie
il
sentimento
che
li
precede
e
quello
che
li
segue
.
È
quasi
sempre
un
'
illusione
,
seguita
da
un
leggiero
disinganno
,
dal
quale
noi
,
ostinati
,
facciamo
pullulare
altre
illusioni
.
La
moschea
di
Santa
Sofia
è
posta
in
faccia
all
'
entrata
principale
dell
'
antico
Serraglio
.
Arrivando
,
però
,
nella
piazza
che
si
stende
dinanzi
al
Serraglio
,
la
prima
cosa
che
attira
gli
occhi
,
non
è
la
moschea
,
ma
la
fontana
famosa
del
Sultano
Ahmed
III
.
È
uno
dei
più
originali
e
più
ricchi
monumenti
dell
'
arte
turca
.
Ma
più
che
un
monumento
,
è
un
vezzo
di
marmo
,
che
un
galante
sultano
mise
in
fronte
alla
sua
Stambul
in
un
momento
d
'
amore
.
Io
credo
che
non
lo
possa
descriver
bene
che
una
donna
.
La
mia
penna
non
è
abbastanza
fina
per
ritrarne
l
'
immagine
.
A
prima
vista
,
non
si
direbbe
una
fontana
.
Ha
la
forma
d
'
un
tempietto
quadrato
,
ed
è
coperto
da
un
tetto
alla
chinese
,
che
spinge
le
sue
falde
ondulate
molto
al
di
fuori
dei
muri
,
e
gli
dà
una
vaga
apparenza
di
pagoda
.
Ai
quattro
angoli
vi
sono
quattro
torricciuole
rotonde
,
munite
di
finestrine
ingraticolate
,
o
piuttosto
quattro
chioschetti
di
forma
gentilissima
,
ai
quali
corrispondono
,
sopra
il
tetto
,
altrettante
cupolette
svelte
,
sormontate
ciascuna
da
una
guglia
graziosa
;
le
quali
fanno
corona
a
una
cupoletta
più
grande
,
posta
nel
mezzo
.
In
ciascuno
dei
quattro
muri
ci
sono
due
nicchie
eleganti
;
fra
le
nicchie
un
arco
a
sesto
acuto
;
sotto
l
'
arco
,
una
cannella
che
versa
l
'
acqua
in
una
piccola
vasca
.
Intorno
all
'
edifizio
gira
una
iscrizione
che
dice
:
-
Questa
fontana
ti
parla
della
sua
età
nei
seguenti
versi
del
sultano
Ahmed
:
volgi
la
chiave
di
questa
sorgente
pura
e
tranquilla
e
invoca
il
nome
di
Dio
;
bevi
di
quest
'
acqua
inesauribile
e
limpida
e
prega
per
il
Sultano
.
-
Il
piccolo
edifizio
è
tutto
di
marmo
bianco
,
che
appena
apparisce
sotto
gl
'
infiniti
ornamenti
che
coprono
i
muri
;
sono
archetti
,
nicchiette
,
colonnine
,
rosoni
,
poligoni
,
nastri
,
ricami
di
marmo
,
dorature
su
fondo
azzurro
,
frangie
intorno
alle
cupole
,
intarsiature
sotto
il
tetto
,
musaici
di
cento
colori
,
arabeschi
di
mille
forme
,
che
par
che
s
'
intrichino
a
fissarvi
lo
sguardo
,
ed
irritano
quasi
il
senso
dell
'
ammirazione
.
Non
c
'
è
lo
spazio
d
'
una
mano
che
non
sia
scolpito
,
miniato
,
tormentato
.
È
un
prodigio
di
grazia
,
di
ricchezza
e
di
pazienza
,
da
tenersi
sotto
una
campana
di
cristallo
;
una
cosa
che
pare
non
sia
fatta
soltanto
per
gli
occhi
,
ma
che
debba
avere
un
sapore
,
e
se
ne
vorrebbe
succhiare
una
scheggia
;
uno
scrigno
,
che
si
vorrebbe
aprire
,
per
vedere
che
cosa
c
'
è
dentro
:
se
una
dea
bambina
o
una
perla
enorme
o
un
anello
fatato
.
Il
tempo
n
'
ha
in
parte
sbiadito
le
dorature
,
confusi
i
colori
e
anneriti
i
marmi
.
Che
cosa
doveva
essere
questo
gioiello
colossale
quando
fu
scoperto
la
prima
volta
,
tutto
nuovo
e
sfolgorante
,
agli
occhi
del
Salomone
del
Bosforo
,
cento
e
sessant
'
anni
or
sono
?
Ma
così
vecchio
e
nero
come
si
ritrova
,
tiene
ancora
il
primato
su
tutte
le
piccole
meraviglie
di
Costantinopoli
;
ed
oltre
a
ciò
,
è
un
monumento
così
schiettamente
turco
,
che
visto
una
volta
,
si
fissa
per
sempre
nella
memoria
in
mezzo
a
quel
certo
numero
d
'
immagini
,
che
balenano
poi
tutte
insieme
alla
mente
ogni
volta
che
ci
suoni
all
'
orecchio
il
nome
di
Stambul
,
e
formano
come
il
fondo
del
quadro
orientale
,
su
cui
si
moverà
perpetuamente
il
nostro
pensiero
.
Dalla
fontana
si
vede
la
moschea
di
Santa
Sofia
,
che
chiude
un
lato
della
piazza
.
L
'
aspetto
esterno
non
ha
nulla
di
notevole
.
La
sola
cosa
che
arresti
lo
sguardo
sono
i
quattro
altissimi
minareti
bianchi
,
che
sorgono
ai
quattro
angoli
dell
'
edifizio
su
piedestalli
grandi
come
case
.
La
cupola
famosa
sembra
piccina
.
Non
pare
che
possa
essere
quella
medesima
cupola
che
si
vede
rotondeggiare
nell
'
azzurro
,
come
la
testa
d
'
un
titano
,
da
Pera
,
dal
Bosforo
,
dal
mar
di
Marmara
e
dalle
colline
dell
'
Asia
.
È
una
cupola
schiacciata
,
fiancheggiata
da
due
mezze
cupole
,
rivestita
di
piombo
,
coronata
di
finestre
,
che
s
'
appoggia
su
quattro
muri
dipinti
a
larghe
striscie
bianche
e
rosate
,
sostenuti
alla
loro
volta
da
enormi
contrafforti
,
intorno
ai
quali
sorgono
confusamente
molti
piccoli
edifizii
d
'
aspetto
meschino
,
-
bagni
,
scuole
,
mausolei
,
ospizi
,
cucine
pei
poveri
.
-
che
nascondono
l
'
antica
forma
architettonica
della
basilica
.
Non
si
vede
che
una
mole
pesante
,
irregolare
,
di
color
scialbo
,
nuda
come
una
fortezza
,
e
non
tanto
grande
all
'
apparenza
,
da
far
supporre
a
chi
non
lo
sappia
che
vi
sia
dentro
il
vano
immenso
della
navata
di
Santa
Sofia
.
Della
basilica
antica
non
apparisce
propriamente
che
la
cupola
,
la
quale
pure
ha
perduto
lo
splendore
argentino
che
si
vedeva
,
a
detta
dei
Greci
,
dalla
sommità
dell
'
Olimpo
.
Tutto
il
rimanente
è
musulmano
.
Un
minareto
fu
innalzato
da
Maometto
il
Conquistatore
,
un
altro
da
Selim
II
,
gli
altri
due
dal
terzo
Amurat
.
Dello
stesso
Amurat
sono
i
contrafforti
innalzati
sulla
fine
del
sedicesimo
secolo
per
sostenere
i
muri
stati
scossi
da
un
terremoto
,
e
la
smisurata
mezzaluna
di
bronzo
,
piantata
sulla
sommità
della
cupola
,
di
cui
la
sola
doratura
costò
cinquantamila
ducati
.
L
'
antico
atrio
è
sparito
;
il
battisterio
convertito
in
mausoleo
di
Mustafà
e
d
'
Ibraim
I
quasi
tutti
gli
altri
piccoli
edifizii
annessi
alla
chiesa
greca
,
o
distrutti
,
o
nascosti
da
nuovi
muri
,
o
trasformati
in
maniera
che
non
si
riconoscono
.
Da
tutte
le
parti
la
moschea
stringe
,
opprime
e
maschera
la
chiesa
,
che
non
ha
più
libero
che
il
capo
,
sul
quale
però
vigilano
,
come
quattro
sentinelle
gigantesche
i
quattro
minareti
imperiali
.
Dalla
parte
d
'
Oriente
v
'
è
una
porta
ornata
di
sei
colonne
di
porfido
e
di
marmo
;
a
mezzogiorno
un
'
altra
porta
per
cui
s
'
entra
in
un
cortile
,
circondato
d
'
edifìci
bassi
e
disuguali
,
in
mezzo
al
quale
zampilla
una
fontana
per
le
abluzioni
,
coperta
da
un
tempietto
arcato
,
sostenuto
da
otto
colonnine
.
A
guardarla
di
fuori
,
non
si
distinguerebbe
Santa
Sofia
dalle
altre
grandi
moschee
di
Stambul
,
se
non
perché
è
meno
bianca
e
meno
leggiera
;
e
molto
meno
passerebbe
pel
capo
che
sia
quello
"
il
maggior
tempio
del
mondo
dopo
San
Pietro
"
.
Le
nostre
guide
ci
condussero
,
per
una
stradicciuola
che
fiancheggia
il
lato
settentrionale
dell
'
edifizio
,
a
una
porta
di
bronzo
che
girò
lentamente
sui
cardini
,
ed
entrammo
nel
vestibolo
.
Questo
vestibolo
,
che
è
una
lunghissima
ed
altissima
sala
,
rivestita
di
marmo
e
ancora
luccicante
qua
e
là
degli
antichi
mosaici
,
dà
accesso
alla
navata
dal
lato
orientale
per
nove
porte
,
e
dal
lato
opposto
metteva
anticamente
,
per
altre
cinque
porte
,
in
un
altro
vestibolo
,
che
per
altre
tredici
porte
comunicava
coll
'
atrio
.
Appena
oltrepassata
la
soglia
,
mostrammo
il
nostro
firmano
d
'
entrata
a
un
sacrestano
in
turbante
,
infilammo
le
pantofole
,
e
a
un
cenno
delle
guide
,
ci
avvicinammo
,
trepidando
,
alla
porta
di
mezzo
del
lato
orientale
,
che
ci
aspettava
spalancata
.
Messo
appena
il
piede
nella
navata
,
rimanemmo
tutti
e
due
come
inchiodati
.
Il
primo
effetto
,
veramente
,
è
grande
e
nuovo
.
Si
abbraccia
con
uno
sguardo
un
vuoto
enorme
,
un
'
architettura
ardita
di
mezze
cupole
che
paion
sospese
nell
'
aria
,
di
pilastri
smisurati
,
di
archi
giganteschi
,
di
colonne
colossali
,
di
gallerie
,
di
tribune
,
di
portici
,
su
cui
scende
da
mille
grandi
finestre
un
torrente
di
luce
;
un
non
so
che
di
teatrale
e
di
principesco
,
più
che
di
sacro
;
una
ostentazione
di
grandezza
e
di
forza
,
un
'
aria
d
'
eleganza
mondana
,
una
confusione
di
classico
,
di
barbaro
,
di
capriccioso
,
di
presuntuoso
,
di
magnifico
;
una
grande
armonia
,
in
cui
,
alle
note
tonanti
e
formidabili
dei
pilastri
e
degli
archi
ciclopici
,
che
rammentano
le
cattedrali
nordiche
,
si
mescono
gentili
e
sommesse
cantilene
orientali
,
musiche
clamorose
dei
conviti
di
Giustiniano
e
d
'
Eraclio
,
echi
di
canti
pagani
,
voci
fioche
d
'
un
popolo
effeminato
e
stanco
,
e
grida
lontane
di
Vandali
,
d
'
Avari
e
di
Goti
;
una
grande
maestà
sfregiata
,
una
nudità
sinistra
,
una
pace
profonda
;
un
'
idea
della
basilica
di
San
Pietro
raccorciata
e
intonacata
,
e
della
basilica
di
San
Marco
ingigantita
e
deserta
;
un
misto
non
mai
veduto
di
tempio
,
di
chiesa
e
di
moschea
,
d
'
aspetti
severi
e
d
'
ornamenti
puerili
,
di
cose
antiche
e
di
cose
nove
,
e
di
colori
disparati
,
e
d
'
accessorii
sconosciuti
e
bizzarri
;
uno
spettacolo
,
insomma
,
che
desta
un
sentimento
di
stupore
insieme
e
di
rammarico
,
e
fa
stare
per
qualche
tempo
coll
'
animo
incerto
,
come
cercando
una
parola
che
esprima
ed
affermi
il
proprio
pensiero
.
L
'
edifizio
è
fabbricato
sopra
un
rettangolo
quasi
equilatero
,
nel
mezzo
del
quale
s
'
innalza
la
cupola
maggiore
,
sorretta
da
quattro
grandi
archi
,
i
quali
posano
su
quattro
pilastri
altissimi
,
che
sono
come
l
'
ossatura
di
tutta
la
basilica
.
Ai
due
archi
che
si
presentano
in
faccia
a
chi
entra
,
si
appoggiano
due
grandi
semicupole
,
le
quali
coprono
tutta
la
navata
,
e
ciascuna
d
'
esse
s
'
apre
in
altre
due
semicupole
minori
,
che
formano
come
quattro
tempietti
rotondi
nel
grande
tempio
.
Fra
i
due
tempietti
della
parte
opposta
all
'
entrata
,
s
'
apre
l
'
abside
,
pure
coperta
da
una
vôlta
a
quarto
di
sfera
.
Sono
dunque
sette
mezze
cupole
che
fanno
corona
alla
cupola
maggiore
,
due
sotto
questa
,
e
cinque
sotto
quelle
due
,
senza
punto
d
'
appoggio
apparente
,
in
modo
che
presentano
tutte
insieme
un
aspetto
di
leggerezza
meravigliosa
,
e
sembrano
davvero
,
come
disse
un
poeta
greco
,
appese
per
sette
fili
alla
volta
del
cielo
.
Tutte
queste
cupole
sono
rischiarate
da
grandi
finestre
arcate
e
simmetriche
.
Fra
i
quattro
pilastri
enormi
che
formano
un
quadrato
nel
mezzo
della
basilica
,
s
'
alzano
,
a
destra
e
a
sinistra
di
chi
entra
,
otto
meravigliose
colonne
di
breccia
verde
,
su
cui
s
'
incurvano
degli
archi
graziosi
scolpiti
a
fogliami
,
che
formano
un
porticato
elegantissimo
ai
due
lati
della
navata
,
e
sorreggono
a
una
grande
altezza
due
vaste
gallerie
,
le
quali
presentano
due
altri
ordini
di
colonne
e
d
'
archi
scolpiti
.
Una
terza
galleria
,
che
comunica
colle
due
prime
,
corre
lungo
tutto
il
lato
dell
'
entrata
,
e
s
'
apre
sulla
navata
con
tre
grandi
archi
,
sostenuti
da
colonne
gemelle
.
Altre
gallerie
minori
,
sostenute
da
colonne
di
porfido
,
tramezzano
i
quattro
tempietti
posti
alle
estremità
della
navata
,
e
sorreggono
altre
colonne
,
sulle
quali
s
'
appoggiano
delle
tribune
.
Questa
è
la
basilica
.
La
moschea
è
come
sparpagliata
nel
suo
seno
e
appiccicata
alle
sue
mura
.
Il
Mirab
,
-
la
nicchia
che
indica
la
direzione
della
Mecca
,
-
è
scavato
in
un
pilastro
dell
'
abside
.
Alla
sua
destra
,
in
alto
,
è
appeso
uno
dei
quattro
tappeti
,
su
cui
Maometto
faceva
le
sue
preghiere
.
Sull
'
angolo
dell
'
abside
più
vicino
al
Mirab
,
in
cima
a
una
scaletta
ripidissima
,
fiancheggiata
da
due
balaustrate
di
marmo
scolpite
con
una
delicatezza
magistrale
,
sotto
un
bizzarro
tetto
conico
,
in
mezzo
a
due
bandiere
trionfali
di
Maometto
II
,
sporge
il
pulpito
dove
sale
il
Ratib
a
leggere
il
Corano
,
con
una
scimitarra
sguainata
nel
pugno
,
per
significare
che
Santa
Sofia
è
moschea
conquistata
.
In
faccia
al
pulpito
v
'
è
la
tribuna
del
Sultano
,
coperta
da
una
graticola
dorata
.
Altri
pulpiti
,
o
specie
di
terrazze
,
munite
di
balaustrate
scolpite
a
giorno
,
e
sorrette
da
colonnine
di
marmo
e
da
archi
arabescati
,
si
stendono
qua
e
là
lungo
i
muri
o
s
'
avanzano
verso
il
mezzo
della
navata
.
A
destra
e
a
sinistra
dell
'
entrata
,
ci
sono
due
enormi
urne
d
'
alabastro
,
rinvenute
fra
le
rovine
di
Pergamo
,
e
fatte
trasportare
a
Costantinopoli
da
Amurat
III
.
Dai
pilastri
,
a
una
grande
altezza
,
pendono
dei
dischi
verdi
smisurati
,
con
iscrizioni
del
Corano
a
caratteri
d
'
oro
.
Di
sotto
sono
attaccate
ai
muri
delle
grandi
cartelle
di
porfido
,
che
portano
scritti
i
nomi
d
'
Allà
,
di
Maometto
e
dei
quattro
primi
Califfi
.
Negli
angoli
formati
dai
quattro
archi
che
sostengono
la
cupola
si
vedono
ancora
le
ali
gigantesche
di
quattro
cherubini
di
musaico
,
ai
quali
è
stato
coperto
il
viso
con
un
rosone
dorato
.
Dalle
volte
delle
cupole
pendono
innumerevoli
cordoni
di
seta
,
che
misurano
quasi
tutta
l
'
altezza
della
basilica
,
e
sostengono
ova
di
struzzo
,
lampade
di
bronzo
cesellato
e
globi
di
cristallo
.
Qua
e
là
si
vedono
dei
leggii
di
legno
a
ìccase
,
intarsiati
di
madreperla
e
di
rame
,
con
su
dei
Corani
manoscritti
.
Il
pavimento
è
coperto
di
tappeti
e
di
stuoie
.
I
muri
son
nudi
,
biancastri
,
giallognoli
,
grigi
oscuri
,
ornati
ancora
in
qualche
punto
di
musaici
scoloriti
.
L
'
aspetto
generale
,
triste
.
La
prima
meraviglia
della
moschea
è
la
grande
cupola
.
Guardandola
dal
mezzo
della
navata
,
par
davvero
di
vedere
,
come
dice
la
Stael
della
cupola
di
San
Pietro
,
un
abisso
sospeso
sul
nostro
capo
.
È
altissima
,
ha
una
circonferenza
enorme
e
la
sua
profondità
non
è
che
un
sesto
del
suo
diametro
;
il
che
la
fa
apparire
anche
più
grande
.
Alla
sua
base
gira
un
terrazzino
;
sopra
il
terrazzino
una
corona
di
quaranta
finestre
ad
arco
.
Sulla
sommità
c
'
è
scritta
la
sentenza
che
pronunciò
Maometto
II
arrestando
il
suo
cavallo
dinanzi
all
'
altar
maggiore
della
basilica
,
il
giorno
della
presa
di
Costantinopoli
:
-
Allà
è
la
luce
del
cielo
e
della
terra
-
;
e
alcune
delle
lettere
,
bianche
su
fondo
oscuro
,
hanno
la
lunghezza
di
nove
metri
.
Come
tutti
sanno
,
questo
prodigio
aereo
non
si
sarebbe
potuto
compiere
coi
materiali
ordinarii
;
le
volte
furon
costrutte
con
pietra
pomice
che
galleggia
sull
'
acqua
e
con
mattoni
dell
'
isola
di
Rodi
,
cinque
dei
quali
pesano
appena
quanto
un
mattone
comune
.
In
ogni
mattone
era
iscritta
la
sentenza
di
Davide
:
-
Deus
in
medio
eius
non
commovebitur
.
Adiuvabit
eam
Deus
vultu
suo
.
-
Ogni
dodici
giri
di
mattoni
,
si
muravano
nella
volta
delle
reliquie
di
santi
.
Mentre
gli
operai
lavoravano
,
i
sacerdoti
cantavano
;
Giustiniano
,
vestito
d
'
una
tunica
di
lino
,
assisteva
;
una
folla
immensa
ammirava
.
E
non
c
'
è
da
stupire
quando
si
pensi
che
la
costruzione
di
questo
"
secondo
firmamento
"
ancora
meraviglioso
ai
giorni
nostri
,
era
un
ardimento
senza
esempio
nel
sesto
secolo
.
Il
volgo
credeva
che
stesse
su
per
incanto
,
e
i
turchi
,
per
molto
tempo
dopo
la
conquista
,
dovettero
,
pregando
nella
moschea
di
Santa
Sofia
,
far
forza
a
sè
stessi
per
volgere
lo
sguardo
ad
Oriente
invece
d
'
innalzarlo
a
quel
"
cielo
di
pietra
"
.
La
cupola
,
infatti
,
copre
circa
la
metà
della
navata
in
modo
che
signoreggia
e
rischiara
tutto
l
'
edifizio
e
da
tutte
le
parti
se
ne
vede
un
segmento
;
e
vai
vai
si
finisce
sempre
per
trovarvisi
sotto
,
e
tornare
per
la
centesima
volta
a
farci
rotear
dentro
il
proprio
sguardo
e
i
propri
pensieri
,
con
un
brivido
di
piacere
acuto
,
che
somiglia
alla
sensazione
del
volo
.
Vista
la
navata
e
la
cupola
,
non
s
'
è
che
cominciato
a
veder
Santa
Sofia
.
Chi
appena
ha
un
'
ombra
di
curiosità
storica
,
per
esempio
,
può
dedicare
un
'
ora
all
'
esame
delle
colonne
.
Qui
ci
sono
le
spoglie
di
tutti
i
templi
del
mondo
.
Le
colonne
di
breccia
verde
che
sostengono
le
due
grandi
gallerie
,
furon
regalate
a
Giustiniano
dai
magistrati
d
'
Efeso
,
e
appartenevano
al
tempio
di
Diana
,
messo
in
fiamme
da
Erostrato
.
Le
otto
colonne
di
porfido
che
s
'
alzano
a
due
a
due
fra
i
pilastri
,
appartenevano
al
tempio
del
Sole
innalzato
da
Aureliano
a
Balbek
.
Altre
colonne
sono
del
tempio
di
Giove
di
Cizico
,
del
tempio
d
'
Helios
di
Palmira
,
dei
templi
di
Tebe
,
d
'
Atene
,
di
Roma
,
della
Troade
,
delle
Cicladi
,
d
'
Alessandria
;
e
presentano
una
varietà
infinita
di
grandezze
e
di
colori
.
Tra
le
colonne
,
le
balaustrate
,
i
piedestalli
,
e
le
lastre
che
rimangono
dell
'
antico
rivestimento
dei
muri
,
si
vedon
marmi
di
tutte
le
cave
dell
'
Arcipelago
,
dell
'
Asia
Minore
,
dell
'
Affrica
e
della
Gallia
.
Il
marmo
del
Bosforo
,
bianco
,
picchiettato
di
nero
,
fa
contrapposto
al
celtico
nero
venato
di
bianco
;
il
marmo
verde
di
Laconia
si
riflette
nel
marmo
azzurro
di
Libia
;
il
porfido
punteggiato
d
'
Egitto
,
il
granito
stellato
di
Tessaglia
,
il
cario
del
monte
Iassi
strisciato
di
bianco
e
di
rosso
,
il
caristio
pallido
screziato
di
ferro
,
mescolano
i
loro
colori
alla
porpora
del
marmo
frigio
,
alla
rosa
del
marmo
di
Synada
,
all
'
oro
del
marmo
di
Mauritania
,
alla
neve
del
marmo
di
Paros
.
A
questa
varietà
di
colori
,
s
'
aggiunge
la
varietà
indescrivibile
delle
forme
dei
fregi
,
dei
cornicioni
,
dei
rosoni
,
dei
balaustri
,
dei
capitelli
d
'
un
bizzarro
stile
corinzio
,
in
cui
s
'
intrecciano
animali
,
fogliami
,
croci
,
chimere
,
e
di
altri
che
non
appartengono
a
nessun
ordine
,
fantastici
di
disegno
e
disuguali
di
grandezza
,
accoppiati
a
casaccio
;
e
dei
fusti
di
colonne
e
dei
piedestalli
ornati
di
sculture
capricciose
,
logorati
dai
secoli
e
scheggiati
dalle
scimitarre
;
che
presentano
tutt
'
insieme
un
aspetto
bizzarro
di
magnificenza
disordinata
e
barbaresca
,
e
sono
il
vilipendio
del
buon
gusto
,
e
non
se
ne
può
staccare
lo
sguardo
.
Stando
nella
navata
,
però
,
non
si
può
comprendere
tutta
la
vastità
della
moschea
.
La
navata
,
infatti
,
non
ne
è
che
una
piccola
parte
.
I
due
porticati
che
sorreggono
le
gallerie
laterali
sono
per
sè
soli
due
grandi
edifizii
,
di
cui
si
potrebbero
fare
due
tempii
.
Ciascuno
d
'
essi
è
diviso
in
tre
parti
,
separate
da
archi
altissimi
.
Qui
pure
colonne
,
architravi
,
pilastri
,
volte
,
tutto
è
enorme
.
Passeggiando
sotto
quelle
arcate
,
s
'
intravvede
appena
,
per
gl
'
interstizii
delle
colonne
del
tempio
d
'
Efeso
,
la
grande
navata
,
e
par
quasi
di
essere
in
un
'
altra
basilica
.
Lo
stesso
effetto
si
prova
dalle
gallerie
a
cui
si
va
per
una
scala
a
spirale
d
'
inclinazione
leggerissima
,
o
piuttosto
per
una
strada
in
salita
,
poichè
non
ci
sono
gradini
,
e
potrebbe
salirvi
comodamente
un
uomo
a
cavallo
.
Le
gallerie
erano
il
"
gineceo
"
ossia
la
parte
della
chiesa
riserbata
alle
donne
;
i
penitenti
stavano
nel
vestibolo
,
il
comune
dei
fedeli
nella
navata
.
Ciascuna
galleria
potrebbe
contenere
la
popolazione
d
'
un
sobborgo
di
Costantinopoli
.
Non
par
più
di
essere
in
una
chiesa
;
par
di
passeggiare
per
la
loggia
d
'
un
teatro
titanico
,
dove
debba
scoppiare
da
un
momento
all
'
altro
un
canto
di
centomila
voci
.
Per
veder
la
moschea
bisogna
affacciarsi
alla
balaustrata
e
allora
tutta
la
grandezza
appare
.
Gli
archi
,
le
volte
,
i
pilastri
,
tutto
è
ingigantito
.
I
dischi
verdi
,
che
parevano
da
misurarsi
colle
braccia
,
coprirebbero
una
casa
.
Le
finestre
sono
portoni
di
palazzi
;
le
ali
dei
cherubini
sono
vele
di
bastimento
;
le
tribune
son
piazze
;
la
cupola
dà
il
capogiro
.
Abbassando
lo
sguardo
si
prova
un
'
altra
meraviglia
.
Non
si
credeva
d
'
essere
saliti
tant
'
alto
.
Il
piano
della
navata
è
giù
in
fondo
a
un
abisso
,
e
i
pulpiti
,
le
urne
di
Pergamo
,
le
stuoie
,
le
lampade
,
sembrano
straordinariamente
rimpicciolite
.
Di
là
si
vede
meglio
che
di
sotto
una
particolarità
curiosa
della
moschea
di
Santa
Sofia
,
ed
è
che
la
navata
non
avendo
la
direzione
precisa
della
Mecca
,
a
cui
i
musulmani
debbono
rivolgersi
pregando
,
tutte
le
stuoie
e
tutti
i
tappeti
sono
disposti
obliquamente
alle
linee
dell
'
edifizio
,
e
offendono
gli
occhi
come
un
madornale
errore
di
prospettiva
.
Di
lassù
si
abbraccia
bene
collo
sguardo
e
col
pensiero
tutta
la
vita
della
moschea
.
Si
vedono
dei
turchi
inginocchiati
sulle
stuoie
colla
fronte
a
terra
;
altri
ritti
come
statue
colle
mani
dinanzi
al
viso
,
come
se
interrogassero
le
rughe
delle
palme
;
alcuni
seduti
a
gambe
incrociate
ai
piedi
d
'
un
pilastro
,
come
se
riposassero
all
'
ombra
d
'
un
albero
;
qualche
donna
velata
,
in
ginocchio
in
un
angolo
solitario
;
dei
vecchi
seduti
dinanzi
ai
leggii
,
che
leggono
il
Corano
;
un
iman
che
fa
recitare
dei
versetti
sacri
a
un
gruppo
di
ragazzi
;
e
qua
e
là
,
sotto
le
arcate
lontane
e
per
le
gallerie
,
iman
,
ratib
,
muezzin
,
servitori
della
moschea
,
in
abiti
strani
,
che
vanno
e
vengono
tacitamente
come
se
non
toccassero
il
pavimento
.
La
melodia
vaga
formata
dalle
voci
sommesse
e
monotone
di
chi
legge
e
di
chi
prega
,
quelle
mille
lampade
bizzarre
,
quella
luce
chiara
ed
eguale
,
quell
'
abside
deserta
,
quelle
vaste
gallerie
silenziose
,
quella
immensità
,
quelle
memorie
,
quella
pace
lasciano
nell
'
animo
un
'
impressione
di
grandezza
e
di
mistero
,
che
nè
la
parola
può
esprimere
nè
il
tempo
può
cancellare
.
Ma
in
fondo
,
come
già
dissi
,
è
un
'
impression
triste
,
e
non
diede
nel
falso
il
grande
poeta
che
paragonò
la
moschea
di
Santa
Sofia
a
un
"
colossale
sepolcro
"
,
perché
da
tutte
le
parti
vi
si
vedono
le
traccie
d
'
una
devastazione
orrenda
,
e
si
prova
maggior
rammarico
pensando
a
ciò
che
fu
,
di
quello
che
si
goda
nell
'
ammirazione
di
ciò
che
è
ancora
.
Quietato
il
sentimento
della
prima
meraviglia
,
il
pensiero
si
slancia
irresistibilmente
nel
passato
.
E
oggi
ancora
,
dopo
tre
anni
,
non
mi
si
affaccia
mai
alla
mente
la
grande
moschea
,
ch
'
io
non
mi
sforzi
di
rappresentarmi
invece
la
chiesa
.
Atterro
i
pulpiti
musulmani
,
levo
le
lampade
e
le
urne
,
stacco
i
dischi
,
e
le
cartelle
di
porfido
,
riapro
le
porte
e
le
finestre
murate
,
raschio
l
'
intonaco
che
copre
le
pareti
e
le
vôlte
,
ed
ecco
la
basilica
intera
e
novissima
,
come
tredici
secoli
or
sono
,
quando
Giustiniano
esclamò
:
-
Gloria
a
Dio
che
m
'
ha
giudicato
degno
di
compiere
quest
'
opera
!
Salomone
,
io
t
'
ho
vinto
!
-
Da
qualunque
parte
si
giri
lo
sguardo
,
tutto
luccica
,
scintilla
e
lampeggia
come
nelle
reggie
fatate
delle
leggende
.
Le
grandi
pareti
,
rivestite
di
marmi
preziosi
,
mandano
dei
riflessi
d
'
oro
,
di
avorio
,
d
'
acciaio
,
di
corallo
,
di
madreperla
;
le
innumerevoli
macchiette
dei
marmi
,
offrono
l
'
aspetto
di
corone
e
di
ghirlande
di
fiori
;
gli
infiniti
mosaici
di
cristallo
danno
ai
muri
,
su
cui
batte
un
raggio
di
sole
,
l
'
apparenza
di
muri
d
'
argento
tempestati
di
diamanti
.
I
capitelli
,
i
cornicioni
,
le
porte
,
i
fregi
degli
archi
sono
di
bronzo
dorato
.
Le
vôlte
dei
porticati
e
delle
gallerie
,
dipinte
a
fuoco
,
offrono
immagini
colossali
d
'
angeli
e
di
santi
in
campo
d
'
oro
.
Dinanzi
ai
pilastri
,
nelle
cappelle
,
accanto
alle
porte
,
in
mezzo
alle
colonne
,
si
drizzano
statue
di
marmo
e
di
bronzo
,
candelabri
enormi
d
'
oro
massiccio
,
vangeli
giganteschi
appoggiati
sopra
leggii
risplendenti
come
sedie
reali
,
alte
croci
d
'
avorio
,
vasi
scintillanti
di
perle
.
In
fondo
alla
navata
non
si
vede
che
un
bagliore
confuso
come
di
molte
cose
che
ardano
.
È
la
balaustrata
del
coro
,
di
bronzo
dorato
;
è
il
pulpito
,
incrostato
di
quarantamila
libbre
d
'
argento
,
che
costò
il
tributo
d
'
un
anno
dell
'
Egitto
;
sono
le
sedie
dei
sette
preti
,
il
trono
del
patriarca
,
il
trono
dell
'
imperatore
,
dorati
,
scolpiti
,
intarsiati
,
imperlati
,
su
cui
,
quando
scende
diritta
la
luce
,
non
si
può
fissare
lo
sguardo
.
Al
di
là
di
questi
splendori
,
nell
'
abside
,
si
vede
uno
sfolgorio
più
vivo
.
È
l
'
altare
,
di
cui
la
mensa
,
sostenuta
da
quattro
colonne
d
'
oro
,
è
fatta
d
'
una
fusione
d
'
argento
,
d
'
oro
,
di
stagno
e
di
perle
,
e
il
ciborio
formato
da
quattro
colonne
d
'
argento
puro
,
sulle
quali
s
'
innalza
una
cupola
d
'
oro
massiccio
,
sormontata
da
un
globo
e
da
una
croce
d
'
oro
del
peso
di
ducento
sessanta
libbre
.
Di
là
dall
'
altare
,
s
'
alza
una
figura
gigantesca
della
divina
Sapienza
che
tocca
il
pavimento
coi
piedi
e
la
vôlta
dell
'
abside
col
capo
.
Su
tutti
questi
tesori
splendono
in
alto
le
sette
mezzecupole
coperte
di
mosaici
di
cristallo
e
d
'
oro
,
e
la
grande
cupola
,
su
cui
s
'
allungano
le
immagini
smisurate
degli
apostoli
,
degli
evangelisti
,
della
Vergine
e
della
Croce
,
tutta
dorata
,
colorita
e
scintillante
,
come
una
vôlta
di
gioielli
e
di
fiori
.
E
cupole
e
colonne
e
statue
e
candelabri
si
specchiano
sull
'
immenso
pavimento
di
marmo
proconnesio
ondulato
,
che
visto
dalle
quattro
porte
principali
,
presenta
l
'
immagine
di
quattro
fiumi
maestosi
,
increspati
dal
vento
.
Così
era
l
'
interno
della
basilica
.
Ma
bisogna
rappresentarsi
ancora
il
grande
atrio
,
circondato
di
colonne
e
di
muri
rivestiti
di
mosaico
,
e
ornato
di
fontane
di
marmo
e
di
statuette
equestri
;
la
torre
da
cui
trentadue
campane
facevano
sentire
i
loro
rintocchi
formidabili
alle
sette
colline
;
le
cento
porte
di
bronzo
decorate
di
bassorilievi
e
d
'
iscrizioni
d
'
argento
;
le
sale
dei
sinodi
,
le
stanze
dell
'
Imperatore
,
le
prigioni
dei
sacerdoti
,
il
battisterio
,
le
vaste
sacristie
riboccanti
di
tesori
,
e
un
labirinto
di
vestiboli
,
di
triclinii
,
di
corridoi
,
di
scale
nascoste
che
giravano
nei
fianchi
dell
'
edifizio
e
conducevano
alle
tribune
o
gli
oratorii
segreti
.
Ora
si
può
immaginare
che
spettacolo
offerisse
una
tale
basilica
nelle
grandi
solennità
di
nozze
imperiali
,
di
concilii
,
d
'
incoronazioni
;
quando
dal
palazzo
enorme
dei
Cesari
,
per
una
strada
fiancheggiata
da
mille
colonne
,
sparsa
di
mirto
e
di
fiori
,
profumata
d
'
incenso
e
di
mirra
,
fra
le
case
ornate
di
vasi
preziosi
e
di
parati
di
seta
,
fra
due
schiere
d
'
azzurri
e
di
verdi
,
fra
i
canti
dei
poeti
e
i
clamori
degli
araldi
che
gridavano
evviva
in
tutte
le
lingue
dell
'
impero
,
veniva
innanzi
l
'
Imperatore
,
colla
tiara
sormontata
da
una
croce
,
imperlato
come
un
idolo
,
seduto
sopra
un
carro
d
'
oro
dalle
tende
di
porpora
,
tirato
da
due
mule
bianche
,
e
circondato
da
un
corteo
di
monarca
persiano
;
e
gli
andava
incontro
il
clero
pomposo
nell
'
atrio
della
basilica
;
e
tutta
quella
turba
di
cortigiani
,
di
scudieri
,
di
logoteti
,
di
protospatari
,
di
drongarii
,
di
conestabili
,
di
generali
eunuchi
,
di
governatori
ladri
,
di
magistrati
venduti
,
di
patrizie
spudorate
,
di
senatori
codardi
,
di
schiavi
,
di
buffoni
,
di
casisti
,
di
mercenarii
d
'
ogni
paese
,
tutta
quella
canaglia
fastosa
,
tutto
quel
putridume
dorato
irrompeva
per
ventisette
porte
nella
navata
illuminata
da
sei
mila
candelabri
;
e
si
vedeva
lungo
la
balaustrata
del
coro
,
sotto
i
portici
e
nelle
tribune
un
via
vai
,
un
rimescolìo
concitato
di
teste
chiomate
e
di
cappe
purpuree
,
uno
sfolgorìo
di
berretti
gemmati
,
di
collane
d
'
oro
,
di
corazze
d
'
argento
,
un
ricambiarsi
di
atti
cerimoniosi
,
un
incrociarsi
d
'
inchini
e
di
sorrisi
,
uno
strascicare
affettato
di
zimarre
di
seta
e
di
spade
di
gala
;
e
un
molle
profumo
riempiva
l
'
aria
;
e
una
immensa
folla
vigliacca
faceva
risonare
le
vôlte
di
grida
di
gioia
e
d
'
applausi
profani
.
Dopo
aver
fatto
in
silenzio
parecchi
giri
per
la
moschea
,
lasciammo
parlare
le
nostre
guide
,
che
cominciarono
col
farci
vedere
le
cappelle
poste
sotto
le
gallerie
e
spogliate
d
'
ogni
cosa
,
come
ogni
altra
parte
della
basilica
.
Alcune
servono
di
tesorerie
,
come
l
'
opistodomo
del
Partenone
,
nelle
quali
i
turchi
che
partono
per
un
lungo
viaggio
o
che
temono
i
ladri
,
depositano
i
loro
denari
e
i
loro
oggetti
preziosi
,
e
ce
li
lasciano
anche
per
anni
sotto
la
guardia
di
Dio
;
altre
,
chiuse
da
un
muro
,
son
convertite
in
infermerie
,
in
cui
aspetta
la
guarigione
o
la
morte
qualche
malato
incurabile
o
qualche
idiota
,
che
fanno
tratto
tratto
risonare
la
moschea
di
grida
lamentevoli
o
di
risate
infantili
.
Di
qui
ci
ricondussero
in
mezzo
alla
navata
,
e
cominciò
il
dracomanno
greco
a
raccontar
le
maraviglie
della
basilica
.
Il
disegno
fu
tracciato
,
è
vero
,
dagli
architetti
Antemio
di
Tralles
e
da
Isidoro
di
Mileto
;
ma
è
un
angelo
che
ne
ha
ispirato
loro
il
primo
concetto
.
È
un
angelo
pure
che
ha
suggerito
a
Giustiniano
di
far
aprire
tre
finestre
nell
'
abside
,
che
rappresentassero
le
tre
persone
della
Trinità
.
Così
le
cento
e
sette
colonne
della
chiesa
rappresentano
le
cento
e
sette
colonne
che
sostengono
la
casa
della
Sapienza
.
Per
radunare
i
materiali
necessarii
alla
costruzione
dell
'
edifizio
,
furono
impiegati
sette
anni
.
Cento
capi
mastri
sopraintendevano
al
lavoro
,
e
diecimila
operai
lavoravano
nello
stesso
tempo
,
cinque
mila
da
una
parte
e
cinque
mila
dall
'
altra
.
I
muri
non
erano
ancora
alti
da
terra
che
pochi
palmi
,
e
già
s
'
era
speso
per
più
di
quattro
cento
cinquanta
quintali
d
'
oro
.
La
spesa
totale
per
il
solo
edifizio
ammontò
a
venticinque
milioni
di
lire
.
La
chiesa
fu
consacrata
dal
Patriarca
cinque
anni
,
undici
mesi
e
dieci
giorni
dopo
che
n
'
era
stata
messa
la
prima
pietra
,
e
Giustiniano
ordinò
in
quell
'
occasione
dei
sacrifizi
,
delle
feste
,
delle
distribuzioni
di
danaro
e
di
viveri
,
che
durarono
due
settimane
.
Qui
prese
la
parola
il
cavas
turco
,
e
fu
per
accennarci
il
pilastro
su
cui
il
sultano
Maometto
II
,
entrando
vincitore
in
Santa
Sofia
,
lasciò
l
'
impronta
sanguinosa
della
mano
destra
come
per
suggellare
la
sua
conquista
.
Poi
ci
mostrò
,
vicino
al
Mirab
,
la
così
detta
finestra
fredda
,
dalla
quale
spira
continuamente
un
'
aria
freschissima
,
che
ispirò
le
più
belle
prediche
ai
più
grandi
dottori
dell
'
Islamismo
.
Ci
fece
vedere
,
a
un
'
altra
finestra
,
la
famosa
pietra
risplendente
,
che
è
una
lastra
di
marmo
diafano
,
la
quale
risplende
come
un
pezzo
di
cristallo
quando
vi
batte
il
raggio
del
sole
.
A
sinistra
di
chi
entra
per
la
porta
dal
lato
settentrionale
,
ci
fece
toccare
la
colonna
che
suda
:
una
colonna
rivestita
di
bronzo
,
della
quale
si
vede
il
marmo
sempre
umido
per
una
piccola
screpolatura
del
rivestimento
.
E
infine
ci
indicò
un
blocco
di
marmo
cavo
,
portato
da
Betlemme
,
nel
quale
si
dice
che
fu
messo
,
appena
nato
,
Sidi
Yssa
"
il
figlio
di
Maria
,
l
'
apostolo
di
Dio
,
lo
spirito
che
da
lui
procede
,
e
che
merita
onore
in
questo
mondo
e
nell
'
altro
"
.
Ma
mi
parve
che
nè
il
turco
nè
il
greco
ci
credessero
molto
.
Prese
ancora
una
volta
la
parola
il
dracomanno
,
passando
dinanzi
a
una
porta
murata
delle
gallerie
,
per
raccontare
la
leggenda
celebre
del
vescovo
,
e
questa
volta
parlò
con
un
accento
di
persuasione
,
che
se
non
era
schietto
,
era
ben
simulato
.
Nel
momento
che
i
turchi
irruppero
nella
chiesa
di
Santa
Sofia
,
un
vescovo
greco
stava
dicendo
la
messa
all
'
altar
maggiore
.
Alla
vista
degl
'
invasori
abbandonò
l
'
altare
,
salì
sulla
galleria
e
,
inseguito
dai
soldati
,
scomparve
per
quella
piccola
porta
,
che
rimase
istantaneamente
chiusa
da
un
muro
di
pietra
.
I
soldati
si
misero
a
percuotere
il
muro
furiosamente
;
ma
non
riuscirono
che
a
lasciarvi
le
traccie
delle
loro
armi
;
furono
chiamati
dei
muratori
;
ma
dopo
aver
lavorato
un
giorno
intero
coi
picconi
e
le
stanghe
,
dovettero
rinunziare
all
'
impresa
;
ci
si
provarono
in
seguito
tutti
i
muratori
di
Costantinopoli
,
e
tutti
caddero
inutilmente
spossati
dinanzi
al
muro
miracoloso
.
Ma
quel
muro
si
aprirà
;
s
'
aprirà
il
giorno
in
cui
la
basilica
profanata
sarà
restituita
al
culto
di
Cristo
,
e
allora
ne
uscirà
il
vescovo
greco
,
vestito
dei
suoi
abiti
pontificali
,
col
calice
in
mano
,
col
volto
radiante
,
e
risaliti
i
gradini
dell
'
altare
,
ripiglierà
la
messa
nel
punto
a
cui
l
'
aveva
lasciata
;
e
quel
giorno
splenderà
l
'
aurora
di
nuovi
secoli
per
la
città
di
Costantino
.
Al
momento
d
'
uscire
,
il
sacrestano
turco
,
che
ci
aveva
seguiti
sino
allora
ciondolando
e
sbadigliando
,
ci
diede
una
manata
di
pezzetti
di
mosaico
che
aveva
staccati
poco
prima
da
un
muro
,
e
il
dracomanno
,
fermandoci
sulla
porta
,
incominciò
il
racconto
,
che
gli
tagliammo
in
bocca
,
della
profanazione
di
Santa
Sofia
.
Ma
non
vorrei
che
altri
lo
tagliasse
in
bocca
a
me
ora
che
la
descrizione
della
basilica
mi
ha
ravvivato
nella
mente
i
particolari
di
quella
scena
.
Appena
sparsa
la
notizia
,
verso
le
sette
della
mattina
,
che
i
turchi
avevano
superate
le
mura
,
una
folla
immensa
s
'
era
rifugiata
in
Santa
Sofia
.
Erano
intorno
a
centomila
persone
:
soldati
fuggiaschi
,
monaci
,
sacerdoti
,
senatori
,
migliaia
di
vergini
fuggite
dai
monasteri
,
famiglie
patrizie
coi
loro
tesori
,
grandi
dignitari
dello
Stato
e
principi
del
sangue
imperiale
,
che
correvano
per
le
gallerie
e
per
la
navata
,
e
si
pigiavano
per
tutti
i
recessi
dell
'
edifizio
,
alla
rinfusa
con
la
feccia
del
volgo
,
cogli
schiavi
,
coi
malfattori
vomitati
dalle
carceri
e
dalle
galere
,
e
tutta
la
basilica
risonava
di
grida
di
terrore
come
un
teatro
affollato
al
divampare
d
'
un
incendio
.
Quando
la
navata
,
tutte
le
gallerie
e
tutti
i
vestiboli
furon
pieni
stipati
,
si
sbarrarono
e
si
asserragliarono
le
porte
,
e
al
frastuono
dei
primi
momenti
succedette
una
quiete
spaventosa
.
Molti
credevano
ancora
che
i
vincitori
non
avrebbero
osato
profanare
la
chiesa
di
Santa
Sofia
;
altri
aspettavano
con
una
stupida
sicurezza
l
'
apparizione
dell
'
Angelo
,
annunziato
dai
profeti
,
il
quale
avrebbe
sterminato
l
'
esercito
musulmano
prima
che
le
avanguardie
arrivassero
alla
colonna
di
Costantino
;
altri
,
saliti
sul
terrazzo
interno
della
grande
cupola
,
spiavano
dalle
finestre
l
'
avanzarsi
del
pericolo
,
e
ne
davano
notizia
coi
cenni
ai
centomila
volti
smorti
che
guardavano
in
su
dalle
gallerie
e
dalla
navata
.
Di
lassù
si
vedeva
un
'
immensa
nuvola
bianca
che
copriva
le
mura
dalle
Blacherne
fino
alla
Porta
dorata
;
e
di
qua
dalle
mura
,
quattro
striscie
lampeggianti
,
che
s
'
avanzavano
fra
le
case
come
quattro
torrenti
di
lava
,
allargandosi
e
rumoreggiando
,
in
mezzo
al
fumo
e
alle
fiamme
.
Erano
le
quattro
colonne
assalitrici
dell
'
esercito
turco
,
che
cacciavano
dinanzi
a
sè
gli
avanzi
disordinati
dell
'
esercito
greco
,
e
convergevano
,
saccheggiando
e
incendiando
,
verso
Santa
Sofia
,
l
'
Ippodromo
e
il
palazzo
imperiale
.
Quando
le
avanguardie
delle
colonne
arrivarono
sulla
seconda
collina
,
gli
squilli
delle
trombe
risonarono
improvvisamente
nella
chiesa
,
e
la
moltitudine
atterrita
cadde
in
ginocchio
.
Ma
anche
in
quei
momenti
,
molti
confidavano
ancora
nell
'
apparizione
dell
'
Angelo
ed
altri
speravano
che
un
sentimento
di
rispetto
e
di
terrore
avrebbe
arrestato
gl
'
invasori
dinanzi
alla
maestà
di
quell
'
enorme
edificio
consacrato
a
Dio
.
Ma
anche
quest
'
ultima
illusione
non
tardò
a
dileguarsi
.
Gli
squilli
delle
trombe
s
'
avvicinarono
,
un
rumore
confuso
di
armi
e
di
grida
,
irrompendo
dalle
mille
finestre
,
riempì
la
basilica
,
e
un
minuto
dopo
rimbombarono
i
primi
colpi
delle
ascie
ottomane
sulle
porte
di
bronzo
dei
vestiboli
.
Allora
quella
immensa
folla
sentì
il
freddo
della
morte
,
e
tutti
si
raccomandarono
a
Dio
.
Le
porte
sfracellate
o
sgangherate
rovinarono
,
e
un
'
orda
selvaggia
di
giannizzeri
,
di
spahì
,
di
timmarioti
,
di
dervis
,
di
sciaù
,
lordi
di
polvere
e
di
sangue
,
trasfigurati
dal
furore
della
battaglia
,
della
rapina
e
dello
stupro
,
apparve
sulle
soglie
.
Al
primo
aspetto
della
grande
navata
sfolgorante
di
tesori
,
gettarono
un
grido
altissimo
di
meraviglia
e
di
gioia
;
poi
irruppero
dentro
come
un
torrente
furioso
.
Una
parte
si
precipitò
sulle
vergini
,
sulle
dame
,
sui
patrizii
,
schiavi
preziosi
,
che
,
istupiditi
dal
terrore
,
porsero
spontaneamente
le
braccia
alle
corde
e
alle
catene
;
gli
altri
piombarono
sulle
ricchezze
della
chiesa
.
I
tabernacoli
furono
predati
,
le
statue
stramazzate
,
i
crocifissi
d
'
avorio
frantumati
;
i
musaici
,
creduti
gemme
,
disfatti
a
colpi
di
scimitarra
,
caddero
in
pioggie
scintillanti
nei
caffettani
e
nelle
cappe
aperte
;
le
perle
dei
vasi
,
scastonate
dalle
punte
dei
pugnali
,
saltellarono
sul
pavimento
inseguite
come
cose
vive
,
e
disputate
a
morsi
e
a
sciabolate
;
l
'
altar
maggiore
andò
disperso
in
mille
rottami
d
'
oro
e
d
'
argento
;
le
seggiole
,
i
troni
,
il
pulpito
,
la
balaustrata
del
coro
scomparvero
come
stritolati
da
una
valanga
di
pietra
.
E
intanto
continuavano
a
irrompere
nella
chiesa
,
a
ondate
sanguinose
,
le
orde
asiatiche
;
e
in
breve
non
si
vide
più
che
un
turbinìo
vertiginoso
di
predoni
briachi
,
camuffati
di
tiare
e
di
abiti
sacerdotali
,
che
agitavano
nell
'
aria
calici
e
ostensorii
,
trascinando
file
di
schiavi
legati
colle
cinture
dorate
dei
pontefici
,
in
mezzo
ai
cammelli
e
ai
cavalli
carichi
di
bottino
,
scalpitanti
sul
pavimento
ingombro
di
scheggie
di
statue
,
di
vangeli
lacerati
e
di
reliquie
di
santi
;
un
'
orgia
forsennata
e
sacrilega
,
accompagnata
da
un
frastuono
orrendo
di
urli
di
trionfo
,
di
minaccie
,
di
nitriti
,
di
risa
,
di
grida
di
fanciulle
e
di
squilli
di
trombe
;
fin
che
tutto
tacque
improvvisamente
,
e
sulla
soglia
della
porta
maggiore
apparve
a
cavallo
Maometto
II
,
circondato
da
una
folla
di
principi
,
di
vizir
e
di
generali
,
superbo
e
impassibile
come
l
'
immagine
vivente
della
vendetta
di
Dio
,
e
rizzandosi
sulle
staffe
,
lanciò
con
voce
tonante
nella
basilica
devastata
la
prima
formula
della
nuova
religione
:
-
Allà
è
la
luce
del
cielo
e
della
terra
!
DOLMA
BAGCÉ
Ogni
venerdì
il
Sultano
va
a
far
le
sue
preghiere
in
una
moschea
di
Costantinopoli
.
Noi
lo
vedemmo
un
giorno
che
andò
alla
moschea
d
'
Abdul
-
Megid
,
posta
sulla
riva
europea
del
Bosforo
,
vicino
al
palazzo
imperiale
di
Dolma
Bagcé
.
Per
andare
a
Dolma
Bagcé
,
da
Galata
,
si
passa
per
il
quartiere
popoloso
di
Top
-
hané
,
fra
una
grande
fonderia
di
cannoni
e
un
vasto
arsenale
;
si
percorre
tutto
il
sobborgo
musulmano
di
Funduclù
,
che
occupa
il
luogo
dell
'
antico
Aïanteion
,
e
si
riesce
in
una
piazza
spaziosa
,
aperta
verso
il
mare
,
di
là
dalla
quale
,
lungo
la
riva
del
Bosforo
,
s
'
innalza
il
palazzo
famoso
dove
risiedono
i
Sultani
.
È
la
più
grande
mole
di
marmo
che
riflettano
le
acque
dello
stretto
dalla
collina
del
Serraglio
alle
bocche
del
Mar
Nero
,
e
non
si
abbraccia
tutta
con
uno
sguardo
che
passandovi
davanti
in
caicco
.
La
facciata
,
che
si
stende
per
la
lunghezza
di
circa
un
mezzo
miglio
italiano
,
è
rivolta
verso
l
'
Asia
,
e
si
vede
biancheggiare
a
una
grande
distanza
fra
l
'
azzurro
del
mare
e
il
verde
cupo
delle
colline
della
riva
.
Non
è
propriamente
un
palazzo
perché
non
c
'
è
un
unico
concetto
architettonico
;
le
varie
parti
sono
slegate
e
vi
si
mescolano
in
una
confusione
non
mai
veduta
lo
stile
arabo
,
il
greco
,
il
gotico
,
il
turco
,
il
romano
,
quello
del
nascimento
;
e
colla
maestà
dei
palazzi
reali
d
'
Europa
,
la
grazia
quasi
femminea
delle
moresche
di
Siviglia
e
di
Granata
.
Piuttosto
che
il
"
palazzo
"
si
potrebbe
chiamare
"
la
città
imperiale
"
come
quella
dell
'
Imperatore
della
China
;
e
più
che
per
la
vastità
,
per
la
forma
,
pare
che
debba
essere
abitato
,
non
da
un
solo
monarca
,
ma
da
dieci
re
fratelli
od
amici
,
che
vi
passino
il
tempo
fra
gli
ozi
e
i
piaceri
.
Dalla
parte
del
Bosforo
presenta
una
serie
di
facciate
di
teatri
o
di
templi
,
sulle
quali
v
'
è
una
profusione
indescrivibile
d
'
ornamenti
,
buttati
via
,
come
dice
un
poeta
turco
,
dalle
mani
d
'
un
pazzo
;
che
rammentano
quelle
favolose
pagode
indiane
,
su
cui
l
'
occhio
si
stanca
al
primo
sguardo
,
e
sembrano
l
'
immagine
degli
infiniti
capricci
amorosi
e
fastosi
dei
principi
sfrenati
che
vivono
tra
quelle
mura
.
Sono
file
di
colonne
doriche
e
ioniche
,
leggiere
come
aste
di
lancia
;
finestre
inquadrate
in
cornici
a
festoni
e
in
colonnine
accannellate
;
archi
pieni
di
fogliami
e
di
fiori
che
s
'
incurvano
su
porte
coperte
di
ricami
;
terrazze
gentili
coi
parapetti
scolpiti
a
giorno
;
trofei
,
rosoni
,
viticci
;
ghirlande
che
s
'
annodano
e
s
'
intrecciano
,
vezzi
di
marmo
che
s
'
affollano
sui
cornicioni
,
lungo
le
finestre
,
intorno
a
tutti
i
rilievi
;
una
rete
d
'
arabeschi
che
si
stende
dalle
porte
ai
frontoni
,
una
fioritura
,
uno
sfarzo
e
una
finezza
di
fregi
e
di
gale
architettoniche
,
che
danno
ad
ognuno
dei
piccoli
palazzi
di
cui
è
composto
il
grande
edifizio
multiforme
,
l
'
apparenza
d
'
un
prodigioso
lavoro
di
cesellatura
.
Pare
che
non
debba
essere
un
tranquillo
architetto
armeno
quello
che
n
'
ebbe
il
primo
concetto
;
ma
un
sultano
innamorato
il
quale
l
'
abbia
visto
in
sogno
,
dormendo
tra
le
braccia
della
più
ambiziosa
delle
sue
amanti
.
Dinanzi
si
stende
una
fila
di
pilastri
monumentali
di
marmo
bianco
,
uniti
da
cancellate
dorate
,
che
rappresentano
un
intreccio
delicatissimo
di
rami
e
di
fiori
,
e
che
viste
di
lontano
sembrano
cortine
di
trina
,
che
il
vento
debba
portar
via
.
Lunghe
gradinate
marmoree
discendono
dalle
porte
alla
sponda
e
si
nascondono
nel
mare
.
Tutto
è
bianco
,
fresco
,
nitido
come
se
il
palazzo
fosse
fatto
d
'
ieri
.
L
'
occhio
d
'
un
artista
ci
potrà
vedere
mille
errori
d
'
armonia
e
di
gusto
;
ma
l
'
insieme
di
quella
mole
smisurata
e
ricchissima
,
il
primo
aspetto
di
quella
schiera
di
reggie
bianche
come
la
neve
,
niellate
come
gioielli
,
coronate
da
quel
verde
,
riflesse
da
quelle
acque
,
lascia
un
'
impressione
di
potenza
,
di
mistero
e
d
'
amore
,
che
fa
quasi
dimenticare
la
collina
dell
'
antico
Serraglio
.
Quelli
che
ebbero
la
fortuna
di
penetrare
fra
quelle
mura
,
dicono
che
il
di
dentro
corrisponde
alla
facciata
:
che
son
lunghe
sfilate
di
sale
dipinte
a
fresco
di
soggetti
fantastici
e
di
colori
ridenti
,
con
porte
di
cedro
e
d
'
acagiù
scolpite
e
ornate
d
'
oro
,
che
s
'
aprono
su
interminabili
corridoi
rischiarati
da
una
luce
dolcissima
,
dai
quali
si
va
in
altre
sale
colorate
di
foco
da
cupolette
di
cristallo
porporino
,
e
in
stanze
da
bagno
che
sembrano
scavate
in
un
solo
blocco
di
marmo
di
Paros
;
e
di
qui
su
terrazze
aeree
,
che
pendono
sopra
giardini
misteriosi
e
sopra
boschetti
di
cipressi
e
di
rose
,
dai
quali
,
per
lunghe
fughe
di
portici
moreschi
,
si
vede
l
'
azzurro
del
mare
;
e
finestre
,
terrazze
,
loggie
,
chioschetti
,
tutto
ribocca
di
fiori
,
per
tutto
c
'
è
acqua
che
schizza
e
ricasca
in
piogge
vaporose
sulla
verzura
e
sui
marmi
,
e
da
ogni
parte
s
'
aprono
vedute
divine
sul
Bosforo
,
di
cui
l
'
aria
viva
spande
in
tutti
i
recessi
della
reggia
enorme
un
delizioso
fresco
marino
.
Dalla
parte
di
Funduclù
v
'
è
una
porta
monumentale
,
sopraccarica
d
'
ornamenti
;
il
Sultano
doveva
uscire
da
quella
porta
e
attraversare
la
piazza
.
Non
c
'
è
altro
re
sulla
terra
che
abbia
una
così
bella
piazza
per
fare
una
uscita
solenne
dalla
sua
reggia
.
Stando
ai
piedi
della
collina
,
si
vede
da
un
lato
la
porta
del
palazzo
,
che
sembra
un
arco
di
trionfo
d
'
una
regina
;
dall
'
altro
la
moschea
graziosa
di
Abdul
-
Megid
,
fiancheggiata
da
due
minareti
gentili
,
in
faccia
,
il
Bosforo
;
di
là
,
le
colline
dell
'
Asia
,
verdissime
,
picchiettate
d
'
infiniti
colori
dai
chioschi
,
dai
palazzi
,
dalle
moschee
,
dalle
ville
,
che
presentano
l
'
aspetto
d
'
una
grande
città
parata
a
festa
;
più
lontano
,
la
maestà
ridente
di
Scutari
,
colla
sua
corona
funebre
di
cipressi
;
e
fra
le
due
rive
,
un
incrociarsi
continuo
di
legni
a
vela
,
di
navi
da
guerra
imbandierate
,
di
vaporini
affollati
che
paiono
colmi
di
fiori
,
di
bastimenti
asiatici
di
forme
antiche
e
bizzarre
,
di
lancie
del
Serraglio
,
di
barchette
signorili
,
di
stormi
d
'
uccelli
che
radono
le
acque
:
una
bellezza
piena
d
'
allegria
e
di
vita
,
dinanzi
alla
quale
lo
straniero
che
aspetta
l
'
uscita
del
corteo
imperiale
,
non
può
che
immaginare
un
Sultano
bello
come
un
angelo
e
sereno
come
un
fanciullo
.
Mezz
'
ora
prima
,
v
'
erano
già
nella
piazza
due
schiere
di
soldati
vestiti
alla
zuava
,
che
dovevano
far
ala
al
passaggio
del
Sultano
,
e
un
migliaio
di
curiosi
.
Non
c
'
è
nulla
di
più
strano
della
raccolta
di
gente
che
si
vede
per
il
solito
in
quell
'
occasione
.
C
'
erano
ferme
qua
e
là
parecchie
splendide
carrozze
chiuse
,
con
dentro
delle
turche
"
dell
'
alta
signoria
"
guardate
da
giganteschi
eunuchi
a
cavallo
,
immobili
accanto
gli
sportelli
;
alcune
signore
inglesi
in
carrozze
da
nolo
scoperte
;
varii
crocchi
di
viaggiatori
col
cannocchiale
a
tracolla
,
fra
i
quali
vidi
il
contino
conquistatore
dell
'
albergo
di
Bisanzio
,
venuto
forse
,
il
crudele
!
per
fulminare
d
'
uno
sguardo
di
trionfo
il
suo
rivale
potente
e
infelice
.
Tra
la
folla
giravano
parecchie
figure
cappellute
,
con
un
album
sotto
il
braccio
,
che
mi
parvero
disegnatori
venuti
per
schizzare
furtivamente
le
sembianze
imperiali
.
Vicino
alla
banda
musicale
c
'
era
una
bellissima
signora
francese
,
vestita
un
po
'
stranamente
,
d
'
aspetto
e
di
atteggiamenti
arditi
,
che
stava
dinanzi
a
tutti
,
che
doveva
essere
un
'
avventuriera
cosmopolitica
venuta
là
per
dar
nell
'
occhio
al
Gran
Signore
,
poichè
le
si
leggeva
sul
viso
"
la
trepida
gioia
d
'
un
gran
disegno
"
.
C
'
erano
di
quei
vecchi
turchi
,
sudditi
fanatici
e
sospettosi
,
che
non
mancano
mai
al
passaggio
del
loro
Sultano
,
perché
vogliono
proprio
assicurarsi
coi
loro
occhi
che
è
vivo
e
sano
per
la
gloria
e
la
prosperità
dell
'
universo
;
e
il
Sultano
esce
appunto
ogni
venerdì
per
dare
al
suo
buon
popolo
una
prova
della
propria
esistenza
,
potendo
accadere
,
come
accadde
più
volte
,
che
la
sua
morte
naturale
o
violenta
sia
tenuta
segreta
da
una
congiura
di
corte
.
C
'
erano
dei
mendicanti
,
dei
bellimbusti
musulmani
,
degli
eunuchi
sfaccendati
,
dei
dervis
.
Fra
questi
notai
un
vecchio
alto
e
sparuto
,
dagli
occhi
terribili
,
immobile
,
che
guardava
verso
la
porta
del
palazzo
con
un
'
espressione
sinistra
;
e
pensai
che
aspettasse
il
Sultano
per
piantarglisi
davanti
e
gridargli
in
faccia
come
il
dervis
delle
Orientali
al
Pascià
Alì
di
Tepeleni
:
-
Tu
non
sei
che
un
cane
e
un
maledetto
!
-
Ma
di
questi
ardimenti
sublimi
non
si
dà
più
esempio
dopo
la
sciabolata
famosa
di
Mahmud
.
C
'
erano
poi
varii
gruppi
di
donnine
turche
,
in
disparte
,
che
parevano
gruppi
di
maschere
,
e
quella
solita
accozzaglia
di
comparse
da
palco
scenico
che
è
la
folla
di
Costantinopoli
.
Tutte
le
teste
si
profilavano
sull
'
azzurro
del
Bosforo
,
e
probabilmente
tutte
le
bocche
dicevano
le
stesse
parole
.
Si
cominciava
a
parlare
appunto
in
quei
giorni
delle
stravaganze
d
'
Abdul
Aziz
.
Già
da
un
pezzo
si
parlava
della
sua
insaziabile
avidità
di
denaro
.
Il
popolo
diceva
:
-
Mamhud
avido
di
sangue
,
Abdul
-
Megid
di
donne
,
Abdul
-
Aziz
d
'
oro
.
-
Tutte
le
speranze
che
s
'
erano
fondate
su
di
lui
,
principe
imperiale
,
quando
,
ammazzando
un
bue
con
un
pugno
,
diceva
:
-
Così
ammazzerò
la
barbarie
,
-
erano
già
svanite
d
'
un
pezzo
.
Le
tendenze
a
una
vita
semplice
e
severa
,
di
cui
aveva
dato
prova
nei
primi
anni
del
suo
regno
,
amando
,
come
si
diceva
,
una
donna
sola
,
e
ristringendo
inesorabilmente
le
spese
enormi
del
Serraglio
,
non
erano
più
che
una
memoria
.
Forse
erano
anche
anni
ed
anni
che
aveva
smesso
affatto
quegli
studi
di
legislazione
,
d
'
arte
militare
e
di
letteratura
europea
,
di
cui
s
'
era
fatto
tanto
scalpore
,
come
se
in
essi
riposassero
tutte
le
speranze
della
rigenerazione
dell
'
Impero
.
Da
molto
tempo
non
pensava
più
che
a
sè
stesso
.
Ogni
momento
correva
la
voce
di
qualche
sua
escandescenza
contro
il
ministro
delle
finanze
che
non
voleva
o
non
poteva
dargli
tutto
il
denaro
ch
'
egli
avrebbe
voluto
.
Alla
prima
obbiezione
scaraventava
addosso
alla
malcapitata
Eccellenza
il
primo
oggetto
che
gli
cadeva
nelle
mani
,
recitando
per
filo
e
per
segno
,
con
quanta
voce
aveva
in
gola
,
la
formola
antica
del
giuramento
imperiale
:
per
il
Dio
creatore
del
cielo
e
della
terra
,
per
il
profeta
Maometto
,
per
le
sette
varianti
del
Corano
,
per
i
centoventiquattromila
profeti
di
Dio
,
per
l
'
anima
di
mio
nonno
e
per
l
'
anima
di
mio
padre
,
per
i
miei
figli
e
per
la
mia
spada
,
portami
del
danaro
o
faccio
piantare
la
tua
testa
sulla
punta
del
più
alto
minareto
di
Stambul
.
E
per
un
verso
o
per
un
altro
veniva
a
capo
di
quel
che
voleva
,
e
il
danaro
estorto
in
quella
maniera
,
ora
lo
ammucchiava
e
se
lo
covava
gelosamente
come
un
avaro
volgare
,
ora
lo
profondeva
a
piene
mani
in
capricci
puerili
.
Oggi
era
il
capriccio
dei
leoni
,
domani
delle
tigri
,
e
mandava
incettatori
nelle
Indie
e
nell
'
Affrica
;
poi
per
un
mese
filato
cinquecento
pappagalli
facevano
risonare
i
giardini
imperiali
della
stessa
parola
;
poi
gli
pigliava
il
furore
delle
carrozze
e
dei
pianoforti
che
voleva
far
sonare
sorretti
dalla
schiena
di
quattro
schiavi
;
poi
la
mania
dei
combattimenti
dei
galli
,
a
cui
assisteva
con
entusiasmo
,
e
appendeva
di
sua
mano
una
medaglia
al
collo
dei
vincitori
,
e
cacciava
in
esilio
,
di
là
dal
Bosforo
,
i
vinti
;
poi
la
passione
del
gioco
,
dei
chioschi
,
dei
quadri
;
la
corte
pareva
tornata
ai
tempi
del
primo
Ibraim
;
ma
il
povero
principe
non
trovava
pace
,
non
faceva
che
passare
da
una
noja
mortale
a
un
'
inquietudine
tormentosa
;
era
torbido
e
triste
;
pareva
che
presentisse
la
fine
infelice
che
lo
aspettava
.
A
volte
si
ficcava
nel
capo
di
dover
morire
avvelenato
,
e
per
un
pezzo
,
diffidando
di
tutti
,
non
mangiava
più
che
ova
sode
;
altre
volte
,
preso
dal
terrore
degl
'
incendi
,
faceva
togliere
dalle
sue
stanze
tutti
gli
oggetti
di
legno
,
persino
le
cornici
degli
specchi
.
In
quel
tempo
appunto
si
diceva
che
,
per
paura
del
fuoco
,
leggesse
di
notte
al
lume
d
'
una
candela
piantata
in
un
secchio
d
'
acqua
.
E
malgrado
queste
follie
,
di
cui
si
diceva
che
fosse
la
prima
cagione
una
cagione
che
non
c
'
è
bisogno
di
dire
,
egli
conservava
tutta
la
forza
imperiosa
della
volontà
antica
,
e
sapeva
farsi
obbedire
e
faceva
tremare
i
più
arditi
.
La
sola
persona
che
potesse
sull
'
animo
suo
era
sua
madre
,
donna
d
'
indole
altera
e
vana
,
che
nei
primi
anni
del
suo
regno
faceva
coprire
di
tappeti
di
broccato
le
strade
dove
passava
suo
figlio
per
andare
alla
moschea
,
e
il
giorno
dopo
regalava
tutti
quei
tappeti
agli
schiavi
che
li
andavano
a
levare
.
Però
,
anche
nel
disordine
della
sua
vita
affannosa
,
fra
l
'
uno
e
l
'
altro
dei
suoi
grandi
capricci
,
Abdul
Aziz
aveva
pure
dei
capricci
piccolissimi
,
come
quello
di
volere
sopra
una
data
porta
un
dipinto
a
fresco
di
natura
morta
,
con
quei
certi
frutti
e
quei
certi
fiori
,
combinati
in
quella
data
maniera
,
e
prescriveva
accuratamente
ogni
cosa
al
pittore
,
e
stava
là
lungo
tempo
a
contare
le
pennellate
,
come
se
non
avesse
altro
pensiero
al
mondo
.
Di
tutte
queste
bizzarrie
,
frangiate
chi
sa
come
dalle
mille
bocche
del
Serraglio
,
tutta
la
città
parlava
,
e
forse
fin
d
'
allora
s
'
andavano
raccogliendo
le
prime
fila
della
congiura
che
lo
rovesciò
dal
trono
due
anni
dopo
.
La
sua
caduta
,
come
dicono
i
Musulmani
,
era
già
scritta
,
e
con
essa
la
sentenza
che
fu
poi
pronunziata
sopra
di
lui
e
sopra
il
suo
regno
.
La
quale
non
è
molto
diversa
da
quella
che
si
potrebbe
dare
su
quasi
tutti
i
Sultani
degli
ultimi
tempi
.
Principi
imperiali
,
spinti
verso
la
civiltà
europea
da
un
'
educazione
superficiale
,
ma
varia
e
libera
,
e
dal
fervore
della
giovinezza
desiderosa
di
novità
e
di
gloria
,
vagheggiano
,
prima
di
salire
sul
trono
,
grandi
disegni
di
riforme
e
di
rinnovamenti
,
e
fanno
il
proposito
fermo
e
sincero
di
dedicare
a
quel
fine
tutta
la
loro
vita
,
che
dovrà
essere
una
vita
austera
di
lavoro
e
di
lotta
.
Ma
dopo
qualche
anno
di
regno
e
di
lotte
inutili
,
circondati
da
mille
oracoli
,
inceppati
da
tradizioni
e
da
consuetudini
avversati
dagli
uomini
e
dalle
cose
,
spaventati
dalla
grandezza
non
prima
misurata
dell
'
impresa
,
se
ne
sdanno
sfiduciati
,
per
domandare
ai
piaceri
quello
che
non
possono
avere
dalla
gloria
,
e
perdono
a
poco
a
poco
,
in
una
vita
tutta
sensuale
,
perfino
la
memoria
dei
primi
propositi
e
la
coscienza
del
loro
avvilimento
.
Così
accade
che
al
sorgere
d
'
ogni
nuovo
Sultano
si
faccia
sempre
,
e
non
senza
fondamento
,
un
pronostico
felice
a
cui
segue
sempre
un
disinganno
.
Abdul
-
Aziz
non
si
fece
aspettare
.
All
'
ora
fissata
,
s
'
udì
uno
squillo
di
tromba
,
la
banda
intonò
una
marcia
di
guerra
,
i
soldati
presentarono
le
armi
,
un
drappello
di
lancieri
uscì
improvvisamente
dalla
porta
del
palazzo
,
e
si
vide
apparire
il
Sultano
a
cavallo
,
che
venne
innanzi
lentamente
,
seguito
dal
suo
corteo
.
Mi
passò
dinanzi
a
pochi
passi
,
ed
ebbi
tutto
il
tempo
di
considerarlo
attentamente
.
La
mia
immaginazione
fu
stranamente
delusa
.
Il
re
dei
re
,
il
sultano
scialacquatore
,
violento
,
capriccioso
,
imperioso
,
-
che
era
allora
sui
quarantaquattr
'
anni
,
-
aveva
l
'
aspetto
di
una
buonissima
pasta
di
turco
,
che
si
trovasse
a
fare
il
sultano
senza
saperlo
.
Era
un
uomo
tarchiato
e
grasso
,
un
bel
faccione
con
due
grandi
occhi
sereni
e
una
barba
intera
e
corta
,
già
un
po
'
brizzolata
di
bianco
;
aveva
una
fisonomia
aperta
e
mansueta
,
un
atteggiamento
naturalissimo
,
quasi
trascurato
;
e
uno
sguardo
quieto
e
lento
in
cui
non
appariva
la
minima
preoccupazione
dei
mille
sguardi
che
gli
erano
addosso
.
Montava
un
cavallo
grigio
bardato
d
'
oro
,
di
bellissime
forme
,
tenuto
per
le
briglie
da
due
palafrenieri
sfolgoranti
.
Il
corteo
lo
seguiva
a
grande
distanza
,
e
da
questo
solo
si
poteva
capire
che
era
il
Sultano
.
Il
suo
vestimento
era
modestissimo
.
Aveva
un
semplice
fez
,
un
lungo
soprabito
di
color
scuro
abbottonato
fin
sotto
il
mento
,
un
paio
di
calzoni
chiari
e
gli
stivali
di
marocchino
.
Veniva
innanzi
lentissimamente
,
guardando
intorno
con
un
'
espressione
tra
benevola
e
stanca
,
come
se
volesse
dire
agli
spettatori
:
-
Ah
!
se
sapeste
come
mi
secco
!
-
I
musulmani
s
'
inchinavano
profondamente
;
molti
europei
si
levavano
il
cappello
:
egli
non
restituì
il
saluto
a
nessuno
.
Passando
dinanzi
a
noi
,
diede
uno
sguardo
a
un
ufficiale
d
'
alta
statura
che
lo
salutava
colla
sciabola
,
un
altro
sguardo
al
Bosforo
,
e
poi
uno
sguardo
più
lungo
a
due
giovani
signore
inglesi
che
lo
guardavano
da
una
carrozza
,
e
che
si
fecero
rosse
come
due
fragole
.
Osservai
che
aveva
la
mano
bianca
e
ben
fatta
,
ed
era
appunto
la
mano
destra
,
colla
quale
,
due
anni
dopo
,
si
aperse
le
vene
nel
bagno
.
Dietro
di
lui
passò
uno
stuolo
di
pascià
,
di
cortigiani
,
di
pezzi
grossi
,
a
cavallo
;
quasi
tutti
omaccioni
con
gran
barbe
nere
,
vestiti
senza
pompa
,
silenziosi
,
gravi
,
cupi
,
come
se
accompagnassero
un
convoglio
funebre
;
dopo
,
un
drappello
di
palafrenieri
che
conducevano
a
mano
dei
cavalli
superbi
;
poi
uno
stuolo
d
'
ufficiali
a
piedi
col
petto
coperto
di
cordoni
d
'
oro
;
passati
i
quali
,
i
soldati
abbassarono
le
armi
,
la
folla
si
sparpagliò
per
la
piazza
,
ed
io
rimasi
là
immobile
,
cogli
occhi
fissi
sulla
cima
del
monte
Bulgurlù
,
pensando
alla
singolarissima
condizione
in
cui
si
trova
un
sultano
di
Stambul
.
È
un
monarca
maomettano
,
pensavo
,
e
ha
la
reggia
ai
piedi
di
una
città
cristiana
,
Pera
,
che
gli
torreggia
sul
capo
.
È
sovrano
assoluto
d
'
uno
dei
più
vasti
imperi
del
mondo
,
e
ci
sono
nella
sua
metropoli
,
poco
lontano
da
lui
,
dentro
ai
grandi
palazzi
che
sovrastano
al
suo
Serraglio
,
quattro
o
cinque
stranieri
cerimoniosi
che
la
fanno
da
padroni
in
casa
sua
,
e
che
trattando
con
lui
,
nascondono
sotto
un
linguaggio
reverente
una
minaccia
perpetua
che
lo
fa
tremare
.
Ha
nelle
mani
un
potere
smisurato
,
gli
averi
e
la
vita
di
milioni
di
sudditi
,
il
mezzo
di
soddisfare
i
suoi
più
pazzi
desiderii
,
e
non
può
cambiare
la
forma
della
sua
copertura
di
capo
.
È
circondato
da
un
esercito
di
cortigiani
e
di
guardie
,
che
bacerebbero
l
'
orma
dei
suoi
piedi
,
e
trema
continuamente
per
la
propria
vita
e
per
quella
dei
suoi
figliuoli
.
Possiede
mille
donne
fra
le
più
belle
donne
della
terra
,
ed
egli
solo
,
tra
tutti
i
musulmani
del
suo
impero
,
non
può
dare
la
mano
di
sposo
a
una
donna
libera
,
non
può
aver
che
figli
di
schiave
,
ed
è
chiamato
egli
stesso
:
-
Figlio
di
schiava
,
-
da
quello
stesso
popolo
che
lo
chiama
"
ombra
di
Dio
"
.
Il
suo
nome
suona
riverito
e
terribile
dagli
ultimi
confini
della
Tartaria
agli
ultimi
confini
del
Maghreb
,
e
nella
sua
stessa
metropoli
v
'
è
un
popolo
innumerevole
,
e
sempre
crescente
,
su
cui
non
ha
ombra
di
potere
e
che
si
ride
di
lui
,
della
sua
forza
e
della
sua
fede
.
Su
tutta
la
faccia
del
suo
immenso
impero
,
fra
le
tribù
più
miserabili
delle
provincie
più
lontane
,
nelle
moschee
e
nei
conventi
più
solitarii
delle
terre
più
selvaggie
,
si
prega
ardentemente
per
la
sua
vita
e
per
la
sua
gloria
;
ed
egli
non
può
fare
un
passo
nei
suoi
stati
,
senza
trovarsi
in
mezzo
a
nemici
che
lo
esecrano
e
che
invocano
sul
suo
capo
la
vendetta
di
Dio
.
Per
tutta
la
parte
del
mondo
che
si
stende
dinanzi
alla
sua
reggia
,
egli
è
uno
dei
più
augusti
e
più
formidabili
monarchi
dell
'
universo
;
per
quella
che
gli
si
stende
alle
spalle
,
è
il
più
debole
,
il
più
pusillo
,
il
più
miserevole
uomo
che
porti
una
corona
sul
capo
.
Una
corrente
enorme
d
'
idee
,
di
volontà
,
di
forze
contrarie
alla
natura
e
alle
tradizioni
della
sua
potenza
,
lo
avvolge
,
lo
soverchia
,
trasforma
sotto
di
lui
,
intorno
a
lui
,
suo
malgrado
,
senza
che
se
n
'
avveda
,
consuetudini
,
leggi
,
usi
,
credenze
,
uomini
,
ogni
cosa
.
Ed
egli
è
là
,
tra
l
'
Europa
e
l
'
Asia
,
nel
suo
smisurato
palazzo
bagnato
dal
mare
,
come
in
una
nave
pronta
a
far
vela
,
in
mezzo
a
una
confusione
infinita
d
'
idee
e
di
cose
,
circondato
d
'
un
fasto
favoloso
e
d
'
una
miseria
immensa
,
già
non
più
nè
due
nè
uno
,
non
più
vero
musulmano
,
non
ancora
vero
europeo
,
regnante
sopra
un
popolo
già
in
parte
mutato
,
barbaro
di
sangue
,
civile
d
'
aspetto
,
bifronte
come
Giano
,
servito
come
un
nume
,
sorvegliato
come
uno
schiavo
,
adorato
,
insidiato
,
accecato
,
e
intanto
ogni
giorno
che
passa
spegne
un
raggio
della
sua
aureola
e
stacca
una
pietra
dal
suo
piedestallo
.
A
me
pare
che
se
fossi
in
lui
,
stanco
di
quella
condizione
così
singolare
nel
mondo
,
sazio
di
piaceri
,
stomacato
d
'
adulazioni
,
affranco
dai
sospetti
,
indignato
di
quella
sovranità
malsicura
ed
oziosa
sopra
quel
disordine
senza
nome
,
qualche
volta
,
nell
'
ora
in
cui
l
'
enorme
Serraglio
è
immerso
nel
sonno
,
mi
butterei
a
nuoto
nel
Bosforo
come
un
galeotto
fuggitivo
,
e
andrei
a
passar
la
notte
in
una
taverna
di
Galata
in
mezzo
a
una
brigata
di
marinai
,
con
un
bicchiere
di
birra
in
mano
e
una
pipa
di
gesso
fra
i
denti
,
urlando
la
marsigliese
.
Dopo
una
mezz
'
ora
,
il
Sultano
ripassò
rapidamente
in
carrozza
chiusa
,
seguito
da
un
drappello
d
'
ufficiali
a
piedi
,
e
lo
spettacolo
fu
finito
.
Di
tutto
,
quello
che
mi
fece
un
senso
più
vivo
,
furono
quegli
ufficiali
in
grande
uniforme
,
che
correvano
saltellando
,
come
una
frotta
di
lacchè
,
dietro
la
carrozza
imperiale
.
Non
vidi
mai
una
prostituzione
simile
della
divisa
militare
.
Questo
spettacolo
del
passaggio
del
Sultano
,
è
ora
,
come
si
vede
,
una
cosa
assai
meschina
.
I
sultani
d
'
altri
tempi
uscivano
in
gran
pompa
,
preceduti
e
seguiti
da
un
nuvolo
di
cavalieri
,
di
schiavi
,
di
guardie
dei
giardini
,
d
'
eunuchi
,
di
ciambellani
,
che
visti
di
lontano
,
presentavano
l
'
aspetto
,
come
dicevano
i
cronisti
entusiastici
,
"
d
'
una
vasta
aiuola
di
tulipani
.
"
I
sultani
d
'
oggi
invece
par
che
rifuggano
dalle
pompe
come
da
un
'
ostentazione
teatrale
della
grandezza
perduta
.
Io
mi
domando
sovente
che
cosa
direbbe
uno
di
quei
primi
monarchi
se
,
risorgendo
per
un
momento
dal
suo
sepolcro
di
Brussa
o
dal
suo
turbè
di
Stambul
,
vedesse
passare
uno
di
questi
suoi
nepoti
del
secolo
diciannovesimo
,
insaccato
in
un
soprabito
nero
,
senza
turbante
,
senza
spada
,
senza
gemme
,
in
mezzo
a
una
folla
di
stranieri
insolenti
.
Io
credo
che
arrossirebbe
di
rabbia
e
di
vergogna
,
e
che
in
segno
di
supremo
disprezzo
gli
farebbe
,
come
Solimano
I
ad
Hassan
,
tagliare
la
barba
a
colpi
di
scimitarra
,
che
è
la
più
crudele
ingiuria
che
si
passa
fare
a
un
osmano
.
E
veramente
,
fra
i
sultani
d
'
ora
e
quei
primi
,
i
cui
nomi
risonarono
in
Europa
tra
il
secolo
XII
e
il
XVI
come
scoppi
di
folgore
,
corre
la
stessa
differenza
che
tra
l
'
impero
ottomano
dei
nostri
giorni
e
quello
dei
primi
secoli
.
Quelli
raccoglievano
davvero
in
sè
la
gioventù
,
la
bellezza
e
il
vigore
della
loro
razza
;
e
non
erano
soltanto
un
'
immagine
vivente
del
proprio
popolo
,
una
bella
insegna
,
una
perla
preziosa
della
spada
dell
'
islamismo
;
ma
ne
costituivano
per
sè
soli
una
vera
forza
,
e
tale
,
che
non
c
'
è
chi
possa
disconoscere
nelle
loro
qualità
personali
una
delle
cagioni
più
efficaci
del
meraviglioso
incremento
della
potenza
ottomana
.
Il
più
bel
periodo
è
quello
della
prima
giovinezza
della
dinastia
che
abbraccia
centonovantatrè
anni
da
Osmano
a
Maometto
II
.
Quella
fu
davvero
una
catena
di
principi
fortissimi
,
e
fatta
una
sola
eccezione
,
e
tenuto
conto
dei
tempi
e
delle
condizioni
della
razza
,
austeri
e
saggi
e
amati
dai
propri
sudditi
;
spesso
feroci
,
ma
di
rado
ingiusti
,
e
sovente
anche
generosi
e
benefici
verso
i
nemici
;
e
tutti
poi
quali
si
capisce
che
dovessero
essere
dei
principi
di
quella
gente
,
belli
e
tremendi
d
'
aspetto
,
leoni
veri
,
come
le
loro
madri
li
chiamavano
"
di
cui
il
ruggito
faceva
tremare
la
terra
.
"
Gli
Abdul
-
Megid
,
gli
Abdul
-
Aziz
,
i
Murad
,
gli
Hamid
non
sono
che
larve
di
padiscià
in
confronto
di
quei
giovani
formidabili
,
figli
di
madri
di
quindici
e
di
padri
di
diciott
'
anni
,
nati
dal
fiore
del
sangue
tartaro
e
dal
fiore
della
bellezza
greca
,
persiana
,
caucasea
.
A
quattordici
anni
comandavano
eserciti
e
governavano
provincie
,
e
ricevevano
in
premio
dalle
proprie
madri
delle
schiave
belle
ed
ardenti
come
loro
.
A
sedici
anni
erano
già
padri
,
a
settanta
lo
diventavano
ancora
.
Ma
l
'
amore
non
infiacchiva
in
loro
la
tempra
gagliardissima
dell
'
animo
e
delle
membra
.
L
'
animo
era
di
ferro
,
dicevano
i
poeti
,
e
il
corpo
era
d
'
acciaio
.
Avevano
tutti
certi
tratti
comuni
,
che
si
perdettero
poi
nei
loro
nepoti
degeneri
:
la
fronte
alta
,
le
sopracciglia
arcate
e
riunite
come
quelle
dei
persiani
,
gli
occhi
azzurrini
dei
figli
delle
steppe
,
il
naso
che
si
curvava
sulla
bocca
purpurea
"
come
il
becco
d
'
un
pappagallo
sopra
una
ciliegia
"
e
foltissime
barbe
nere
,
per
le
quali
i
poeti
del
serraglio
si
stillavano
a
cercar
paragoni
gentili
o
terribili
.
Avevano
"
lo
sguardo
dell
'
aquila
di
monte
Tauro
e
la
forza
del
re
del
deserto
;
colli
di
toro
,
larghissime
spalle
,
petti
sporgenti
che
poteva
contenere
tutta
l
'
ira
guerriera
dei
loro
popoli
"
,
braccia
lunghissime
,
articolazioni
colossali
,
gambe
corte
ed
arcate
,
che
facevano
nitrir
di
dolore
i
più
vigorosi
cavalli
turcomanni
,
e
grandi
mani
irsute
che
palleggiavano
come
canne
le
mazze
e
gli
archi
enormi
dei
loro
soldati
di
bronzo
.
E
portavano
dei
soprannomi
degni
di
loro
:
il
lottatore
,
il
campione
,
la
folgore
,
lo
stritolatore
d
'
ossa
,
lo
spargitore
di
sangue
.
La
guerra
era
dopo
Allà
il
primo
dei
loro
pensieri
,
e
la
morte
era
l
'
ultimo
.
Non
avevano
il
genio
dei
grandi
capitani
,
ma
erano
dotati
tutti
di
quella
prontezza
di
risoluzione
che
quasi
sempre
vi
supplisce
,
e
di
quella
feroce
ostinatezza
che
consegue
non
di
rado
i
medesimi
effetti
.
Trasvolavano
,
come
furie
alate
,
pei
campi
di
battaglia
,
mostrando
di
lontano
le
lunghe
penne
d
'
airone
confitte
nei
turbanti
candidi
,
e
gli
ampi
caffettani
tessuti
d
'
oro
e
di
porpora
,
e
i
loro
urli
selvaggi
ricacciavano
innanzi
le
schiere
macellate
dalla
mitraglia
serba
e
tedesca
,
quando
non
bastavano
più
i
nerbi
di
bue
di
mille
sciaù
furibondi
.
Lanciavano
i
loro
cavalli
a
nuoto
nei
fiumi
mulinando
al
disopra
delle
acque
le
scimitarre
stillanti
di
sangue
;
afferravano
per
la
strozza
e
stramazzavano
di
sella
,
passando
,
i
pascià
infingardi
o
vigliacchi
;
balzavano
giù
da
cavallo
,
nelle
rotte
,
e
piantavano
i
loro
pugnali
scintillanti
di
rubini
nel
dorso
dei
soldati
fuggiaschi
;
e
feriti
a
morte
,
salivano
,
comprimendo
la
ferita
,
sopra
un
rialto
del
campo
,
per
mostrare
ai
loro
giannizzeri
il
volto
smorto
ma
ancora
minacciane
e
imperioso
,
finchè
cadevano
ruggendo
di
rabbia
ma
non
di
dolore
.
Quale
doveva
essere
il
sentimento
di
quelle
loro
giovanette
circasse
o
persiane
appena
uscite
dalla
puerizia
,
quando
per
la
prima
volta
,
la
sera
d
'
un
giorno
di
battaglia
,
sotto
una
tenda
purpurea
,
al
lume
velato
d
'
una
lampada
,
si
vedevano
comparire
davanti
uno
di
quei
sultani
spaventosi
e
superbi
,
inebbriati
dalla
vittoria
e
dal
sangue
?
Ma
allora
essi
diventavano
dolci
e
amorosi
,
e
stringendo
quelle
mani
infantili
nelle
loro
gigantesche
mani
ancora
convulse
dalla
stretta
della
spada
,
cercavano
mille
immagini
dai
fiori
dei
loro
giardini
,
dalle
perle
dei
loro
pugnali
,
dai
più
belli
uccelli
dei
loro
boschi
,
dai
più
bei
colori
delle
aurore
dell
'
Anatolia
e
della
Mesopotamia
per
lodare
la
bellezza
delle
loro
schiave
tremanti
,
fin
che
esse
prendevano
animo
,
e
rispondevano
nel
loro
linguaggio
appassionato
e
fantastico
:
-
Corona
del
mio
capo
!
Gloria
della
mia
vita
!
Mio
dolce
e
tremendo
Signore
!
Che
il
tuo
volto
sia
sempre
bianco
e
splendido
nei
due
mondi
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
!
Che
la
vittoria
ti
segua
da
per
tutto
dove
ti
porterà
il
tuo
cavallo
!
Che
la
tua
ombra
si
stenda
sopra
tutta
la
terra
!
Io
vorrei
essere
una
rosa
per
olezzare
sulla
cima
del
tuo
turbante
,
o
una
farfalla
per
battere
le
ali
sulla
tua
fronte
!
-
E
poi
,
colla
voce
velata
,
raccontavano
a
quei
grandi
amanti
appagati
,
che
s
'
assopivano
sul
loro
seno
,
le
loro
storie
fanciullesche
di
palazzi
di
smeraldo
e
di
montagne
d
'
oro
,
mentre
intorno
alla
tenda
,
per
la
campagna
insanguinata
ed
oscura
,
l
'
esercito
feroce
dormiva
.
Ma
essi
lasciavano
ogni
mollezza
sulla
soglia
dell
'
arem
,
e
uscivano
da
quegli
amori
più
fieri
e
più
ardenti
.
Erano
dolci
nell
'
arem
,
feroci
sul
campo
,
umili
nella
moschea
,
superbi
sul
trono
.
Di
qui
parlavano
un
linguaggio
pieno
d
'
iperboli
sfolgoranti
e
di
minacce
fulminee
,
ed
ogni
loro
sentenza
era
una
sentenza
irrevocabile
che
bandiva
una
guerra
,
o
innalzava
un
uomo
all
'
apice
della
fortuna
,
o
faceva
rotolare
una
testa
ai
piedi
del
trono
,
o
scatenava
un
uragano
di
ferro
o
di
foco
sopra
una
provincia
ribelle
.
Così
turbinando
dalla
Persia
al
Danubio
e
dall
'
Arabia
alla
Macedonia
,
fra
le
battaglie
,
i
trionfi
,
le
caccie
,
gli
amori
,
passavano
dal
fiore
degli
anni
a
una
virilità
più
bollente
e
più
audace
della
giovinezza
,
e
poi
a
una
vecchiaia
della
quale
non
s
'
accorgeva
nè
il
seno
delle
loro
belle
nè
il
dorso
dei
loro
cavalli
nè
l
'
elsa
della
loro
spada
.
E
non
solo
nella
vecchiaia
,
anche
nell
'
età
verde
avveniva
qualche
volta
che
,
oppressi
dal
sentimento
della
loro
mostruosa
potenza
,
sgomentati
tutt
'
a
un
tratto
,
nel
furore
delle
vittorie
e
dei
trionfi
,
dalla
coscienza
d
'
una
responsabilità
più
che
umana
,
e
presi
da
una
specie
di
terrore
nella
solitudine
della
propria
altezza
,
si
volgevano
con
tutta
l
'
anima
a
Dio
,
e
passavano
i
giorni
e
le
notti
nei
recessi
oscuri
dei
loro
giardini
a
comporre
poesie
religiose
,
o
andavano
a
meditare
il
Corano
sulle
rive
del
mare
o
a
ballare
le
ridde
frenetiche
dei
dervis
o
a
macerarsi
coi
digiuni
e
coi
cilicii
nella
caverna
d
'
un
vecchio
eremita
.
E
come
nella
vita
,
così
nella
morte
si
presentarono
quasi
tutti
ai
loro
popoli
in
una
figura
o
venerabile
o
tremenda
,
sia
che
morissero
colla
serenità
dei
santi
come
il
capo
della
dinastia
,
o
carichi
d
'
anni
di
gloria
e
di
tristezza
come
Orkano
,
o
del
pugnale
d
'
un
traditore
come
Murad
I
,
o
nella
disperazione
dell
'
esilio
come
Baiazet
,
o
conversando
placidamente
fra
una
corona
di
dotti
e
di
poeti
come
il
primo
Maometto
,
o
del
dolore
d
'
una
sconfitta
come
il
secondo
Murad
;
e
si
può
dir
con
sicurezza
che
i
loro
fantasmi
minacciosi
sono
quanto
rimarrà
di
più
grande
e
di
più
poetico
sugli
orizzonti
color
di
sangue
della
storia
ottomana
.
LE
TURCHE
È
una
grande
sorpresa
per
chi
arriva
a
Costantinopoli
,
dopo
aver
inteso
parlar
tanto
della
schiavitù
delle
donne
turche
,
il
veder
donne
da
tutte
le
parti
e
a
tutte
le
ore
del
giorno
,
come
in
una
qualunque
città
europea
.
Pare
che
appunto
in
quel
giorno
a
tutte
quelle
rondini
prigioniere
sia
stato
dato
il
volo
per
la
prima
volta
e
che
sia
cominciata
un
'
èra
nuova
di
libertà
per
il
bel
sesso
musulmano
.
La
prima
impressione
è
curiosissima
.
Lo
straniero
si
domanda
,
al
vedere
tutte
le
donne
con
quei
veli
bianchi
e
quelle
lunghe
cappe
di
colori
ciarlataneschi
,
se
son
maschere
o
monache
o
pazze
;
e
siccome
non
se
ne
vede
una
sola
accompagnata
da
un
uomo
,
pare
che
non
debbano
essere
di
nessuno
,
che
siano
tutte
vedove
o
ragazze
,
o
che
appartengano
tutte
a
un
qualche
grande
ritiro
di
"
malmaritate
"
.
Nei
primi
giorni
non
ci
si
può
persuadere
che
tutti
quei
turchi
e
tutte
quelle
turche
che
s
'
incontrano
e
si
toccano
senza
guardarsi
e
senza
accompagnarsi
mai
,
possano
avere
tra
loro
qualcosa
di
comune
.
E
ogni
momento
s
'
è
costretti
a
fermarsi
per
osservare
quelle
strane
figure
e
per
meditare
su
quello
stranissimo
uso
.
Son
queste
dunque
,
si
dice
,
son
proprio
queste
quelle
"
avvincitrici
di
cuori
"
,
quelle
"
fonti
di
piacere
"
,
quelle
"
piccole
foglie
di
rosa
"
e
"
uve
primaticcie
"
e
"
rugiade
del
mattino
"
e
"
aurore
"
e
"
vivificatrici
"
e
"
lune
splendenti
"
di
cui
mille
poeti
ci
hanno
empita
la
testa
?
Queste
le
hanum
e
le
odalische
misteriose
,
che
a
vent
'
anni
,
leggendo
le
ballate
di
Victor
Hugo
all
'
ombra
d
'
un
giardino
,
abbiamo
sognate
tante
volte
,
come
creature
d
'
un
altro
mondo
,
di
cui
un
solo
amplesso
avrebbe
consunto
tutte
le
forze
della
nostra
giovinezza
?
Queste
le
belle
infelici
,
nascoste
dalle
grate
,
vigilate
dagli
eunuchi
,
separate
dal
mondo
,
che
passano
sulla
terra
,
come
larve
,
gettando
un
grido
di
voluttà
e
un
grido
di
dolore
?
Vediamo
che
cosa
c
'
è
ancora
di
vero
in
tutta
questa
poesia
.
-
Prima
di
tutto
,
il
viso
della
donna
turca
non
è
più
un
mistero
,
e
perciò
una
gran
parte
della
poesia
che
la
circondava
è
svanita
.
Quel
velo
geloso
che
,
secondo
il
Corano
,
doveva
essere
"
un
segno
della
sua
virtù
e
un
freno
ai
discorsi
del
mondo
"
,
non
è
più
che
un
'
apparenza
.
Tutti
sanno
come
è
fatto
il
jasmac
.
Sono
due
grandi
veli
bianchi
,
di
cui
uno
,
stretto
intorno
al
capo
come
una
benda
,
copre
la
fronte
fino
alle
sopracciglia
,
s
'
annoda
dietro
,
nei
capelli
,
al
di
sopra
della
nuca
,
e
ricade
sulla
schiena
,
in
due
lembi
,
fino
alla
cintura
;
l
'
altro
copre
tutta
la
parte
inferiore
del
viso
,
e
va
ad
annodarsi
col
primo
,
in
modo
che
par
tutto
un
velo
solo
.
Ma
questi
due
veli
,
che
dovrebbero
essere
di
mussolina
e
stretti
in
maniera
da
non
lasciar
vedere
che
gli
occhi
e
la
sommità
delle
guancia
,
sono
invece
di
tulle
radissimo
,
e
allentati
tanto
,
che
lasciano
vedere
non
solo
il
viso
,
ma
gli
orecchi
,
il
collo
,
le
treccie
,
e
spesso
anche
i
cappellini
all
'
europea
,
ornati
di
penne
e
di
fiori
,
che
portano
le
signore
"
riformate
"
.
E
perciò
accade
appunto
il
contrario
di
quello
che
si
vedeva
una
volta
,
quando
alle
donne
attempate
era
lecito
di
andare
col
viso
un
po
'
più
scoperto
,
e
alle
giovani
era
imposto
di
coprirsi
più
rigorosamente
.
Ora
son
le
giovani
,
e
specialmente
le
belle
,
quelle
che
si
mostrano
meglio
,
e
son
le
vecchie
che
per
ingannare
il
mondo
portano
il
velo
fitto
e
serrato
.
Quindi
un
'
infinità
di
bei
misteri
e
di
belle
sorprese
,
raccontate
dai
romanzieri
e
dai
poeti
,
non
sono
più
possibili
;
ed
è
una
fiaba
,
fra
le
altre
,
quella
che
lo
sposo
veda
per
la
prima
volta
il
viso
della
sua
sposa
nella
notte
nuziale
.
Ma
fuorchè
il
viso
,
tutto
è
ancora
nascosto
;
non
si
può
intravvedere
nè
il
seno
,
nè
la
vita
,
nè
il
braccio
,
nè
il
fianco
;
il
feregé
nasconde
rigorosamente
ogni
cosa
.
È
una
specie
di
tonaca
,
guernita
d
'
una
pellegrina
,
di
maniche
lunghissime
,
larga
,
senza
garbo
,
cadente
come
un
mantellaccio
dalle
spalle
ai
piedi
,
di
panno
l
'
inverno
,
di
seta
l
'
estate
,
e
tutta
d
'
un
colore
,
quasi
sempre
vivissimo
:
ora
rosso
vivo
,
ora
ranciato
,
ora
verde
;
e
l
'
uno
o
l
'
altro
predomina
d
'
anno
in
anno
,
rimanendo
inalterata
la
forma
.
Ma
benchè
insaccate
in
quel
modo
,
tanta
è
l
'
arte
con
cui
sanno
aggiustarsi
il
jasmac
,
che
le
belle
paiono
bellissime
,
e
le
brutte
graziose
.
Non
si
può
dire
che
cosa
fanno
con
quei
due
veli
,
con
che
grazia
se
li
dispongono
a
corona
e
a
turbante
,
con
che
ampiezza
e
con
che
nobiltà
di
pieghe
li
ravvolgono
e
li
sovrappongono
,
con
che
leggerezza
e
con
che
elegante
trascuranza
li
allentano
e
li
lasciano
cadere
,
come
li
fanno
servire
nello
stesso
tempo
a
mostrare
,
a
nascondere
,
a
promettere
,
a
proporre
degli
indovinelli
e
a
rivelare
inaspettatamente
delle
piccole
meraviglie
.
Alcune
pare
che
abbiano
intorno
al
capo
una
nuvola
bianca
e
diafana
,
che
debba
svanire
ad
un
soffio
;
altre
sembrano
inghirlandate
di
gigli
e
di
gelsomini
;
tutte
paiono
di
pelle
bianchissima
,
e
prendono
da
quei
veli
delle
sfumature
nivee
e
un
'
apparenza
di
morbidezza
e
di
freschezza
che
innamora
.
È
un
'
acconciatura
ad
un
tempo
austera
e
ridente
,
che
ha
qualche
cosa
di
sacerdotale
e
di
virgineo
;
sotto
la
quale
pare
che
non
debbano
nascere
che
pensieri
gentili
e
capricci
innocenti
....
Ma
vi
nasce
un
po
'
d
'
ogni
cosa
.
-
È
difficile
definire
la
bellezza
della
donna
turca
.
Posso
dire
che
quando
ci
penso
vedo
un
viso
bianchissimo
,
due
occhi
neri
,
una
bocca
purpurea
e
un
'
espressione
di
dolcezza
.
Quasi
tutte
però
son
dipinte
.
S
'
imbiancano
il
viso
con
pasta
di
mandorle
e
di
gelsomino
,
s
'
ingrandiscono
le
sopracciglia
con
inchiostro
di
china
,
si
tingono
le
palpebre
,
s
'
infarinano
il
collo
,
si
fanno
un
cerchio
nero
intorno
agli
occhi
,
si
mettono
dei
nei
sulle
guance
.
Ma
fanno
questo
con
garbo
;
non
come
le
belle
di
Fez
,
che
si
danno
delle
pennellate
da
imbianchini
.
La
maggior
parte
hanno
un
bel
contorno
ovale
,
un
nasino
un
po
'
arcato
,
le
labbra
grossette
,
il
mento
rotondo
,
colla
fossetta
;
molte
hanno
le
fossette
anche
nelle
guance
;
un
bel
collo
lunghetto
e
flessibile
;
e
mani
piccine
,
quasi
sempre
coperte
,
peccato
,
dalle
maniche
della
cappa
.
Quasi
tutte
poi
sono
grassotte
e
moltissime
di
statura
più
che
mezzana
:
rarissime
le
acciughe
e
i
crostini
dei
nostri
paesi
.
Se
hanno
un
difetto
comune
,
è
quello
di
camminar
curve
e
un
po
'
scomposte
,
con
una
certa
cascaggine
di
bambolone
cresciute
tutt
'
a
un
tratto
;
il
che
deriva
,
si
dice
,
da
una
mollezza
di
membra
,
di
cui
è
cagione
l
'
abuso
del
bagno
,
ed
anche
un
po
'
dalla
calzatura
disadatta
.
Si
vedono
,
infatti
,
delle
donnine
elegantissime
,
che
debbono
avere
un
piedino
di
nulla
,
calzate
di
babbuccie
da
uomo
o
di
stivaletti
lunghi
,
larghi
e
aggrinziti
,
che
una
pezzente
europea
sdegnerebbe
.
Ma
anche
in
quella
brutta
andatura
hanno
un
certo
garbo
fanciullesco
che
,
quando
ci
si
è
fatto
l
'
occhio
,
non
dispiace
.
Non
si
vede
nessuna
di
quelle
figure
impettite
,
di
quelle
mostre
da
modista
,
così
frequenti
nelle
città
europee
,
che
vanno
a
passetti
di
marionetta
,
e
che
par
che
saltellino
sopra
uno
scacchiere
.
Non
hanno
ancora
perduto
la
pesantezza
e
la
trascuranza
naturale
dell
'
andatura
orientale
,
e
se
la
perdessero
,
riuscirebbero
forse
più
maestose
,
ma
meno
simpatiche
.
Si
vedono
delle
figure
bellissime
e
di
bellezza
infinitamente
svariata
,
poichè
c
'
entra
col
sangue
turco
,
il
sangue
circasso
,
l
'
arabo
,
il
persiano
.
Ci
sono
delle
matrone
di
trent
'
anni
,
di
forme
opulente
,
che
il
feregé
non
basta
a
nascondere
,
altissime
,
con
grandi
occhi
scuri
,
colle
labbra
tumide
,
colle
narici
dilatate
,
-
pezzi
di
hanum
da
far
tremare
cento
schiave
con
uno
sguardo
,
-
vedendo
le
quali
,
par
davvero
una
ridicola
e
temeraria
spacconata
quella
dei
signori
turchi
che
pretendono
d
'
esser
quattro
volte
mariti
.
Ce
n
'
è
dell
'
altre
,
piccolette
e
paffutelle
,
che
han
tutto
rotondo
-
volto
,
occhi
,
naso
,
bocca
-
ed
un
'
aria
così
queta
,
così
benevola
,
così
bambina
,
un
'
apparenza
di
rassegnazione
così
docile
al
loro
destino
,
di
non
essere
che
un
trastullo
e
una
ricreazione
,
che
passandogli
accanto
,
vi
verrebbe
voglia
di
mettergli
in
bocca
una
caramella
.
Ci
son
poi
anche
le
figurine
svelte
,
sposine
di
sedici
anni
,
ardite
e
vivacissime
,
cogli
occhi
pieni
di
capricci
e
d
'
astuzie
,
che
fanno
pensare
con
un
sentimento
di
pietà
al
povero
effendi
che
le
ha
da
tenere
in
freno
e
al
disgraziato
eunuco
che
le
deve
tener
d
'
occhio
.
E
la
città
si
presta
mirabilmente
a
inquadrare
,
per
dir
così
,
la
loro
bellezza
e
il
loro
vestiario
.
Bisogna
vedere
una
di
quelle
figurine
col
velo
bianco
e
col
feregé
purpureo
,
seduta
in
un
caicco
,
in
mezzo
all
'
azzurro
del
Bosforo
;
o
adagiata
sull
'
erba
,
in
mezzo
al
verde
bruno
d
'
un
cimitero
;
o
anche
meglio
,
vederla
venir
giù
per
una
stradetta
ripida
e
solitaria
di
Stambul
,
chiusa
in
fondo
da
un
grande
platano
,
quando
tira
vento
,
e
i
veli
e
il
feregé
svolazzano
,
e
scoprono
collo
,
piedino
e
calzina
;
e
v
'
assicuro
che
in
quel
momento
,
se
fosse
sempre
in
vigore
l
'
indulgente
decreto
di
Solimano
il
Magnifico
,
che
multa
d
'
un
aspro
ogni
bacio
dato
alla
moglie
e
alla
figliola
altrui
,
allungherebbe
un
calcio
all
'
avarizia
anche
Arpagone
.
E
non
c
'
è
caso
che
quando
tira
vento
,
la
donna
turca
s
'
affanni
a
tener
basso
il
feregé
,
perché
il
pudore
delle
musulmane
non
va
più
in
giù
delle
ginocchia
,
e
s
'
arresta
qualche
volta
assai
prima
.
-
Una
cosa
che
stupisce
,
sulle
prime
,
è
la
loro
maniera
di
guardare
e
di
ridere
,
che
scuserebbe
qualunque
giudizio
più
temerario
.
Accade
spessissimo
che
un
giovane
europeo
,
guardando
fisso
una
donna
turca
,
anche
di
alto
bordo
,
sia
ricambiato
con
uno
sguardo
sorridente
o
con
un
sorriso
aperto
.
Non
è
raro
nemmeno
che
una
bella
hanum
in
carrozza
,
faccia
,
di
nascosto
all
'
eunuco
,
un
saluto
grazioso
colla
mano
a
un
giovanotto
franco
a
cui
si
sia
accorta
di
piacere
.
Qualche
volta
,
in
un
cimitero
o
in
una
strada
appartata
,
una
turca
capricciosa
s
'
arrischia
perfino
a
gettare
un
fiore
passando
,
o
a
lasciarlo
cadere
in
terra
coll
'
intenzione
manifesta
che
sia
raccolto
dal
giaurro
elegante
che
le
vien
dietro
.
Per
questo
un
viaggiatore
fatuo
può
prendere
dei
grandi
abbagli
,
e
ci
sono
infatti
degli
europei
scimuniti
,
che
,
essendo
stati
un
mese
a
Costantinopoli
,
credono
in
buona
fede
d
'
aver
rubata
la
pace
a
un
centinaio
di
sventurate
.
C
'
è
senza
dubbio
,
in
quegli
atti
,
un
'
espressione
ingenua
di
simpatia
;
ma
c
'
entra
in
parte
assai
maggiore
uno
spirito
di
ribellione
,
che
tutte
le
turche
hanno
in
cuore
,
nato
dall
'
uggia
della
soggezione
in
cui
sono
tenute
,
e
al
quale
danno
sfogo
,
come
e
quando
possono
,
in
piccole
monellerie
,
non
fosse
che
per
far
dispetto
,
in
segreto
,
ai
loro
padroni
.
Fanno
in
quel
modo
più
per
fanciullaggine
che
per
civetteria
.
E
la
loro
civetteria
è
d
'
un
genere
singolarissimo
,
che
somiglia
molto
ai
primi
esperimenti
delle
ragazzine
quando
cominciano
ad
accorgersi
d
'
esser
guardate
.
È
un
gran
ridere
,
un
guardare
in
su
colla
bocca
aperta
in
atto
di
stupore
,
un
fingere
d
'
aver
male
al
capo
o
a
una
gamba
,
certi
atti
di
dispetto
il
feregé
che
le
imbarazza
,
certi
scatti
da
scolarette
,
che
sembran
fatti
più
per
far
ridere
che
per
sedurre
.
Mai
un
atteggiamento
da
salotto
o
da
fotografia
.
Quella
po
'
d
'
arte
che
mostrano
è
proprio
un
'
arte
rudimentale
.
Si
vede
,
come
direbbe
il
Tommaseo
,
che
non
hanno
molti
veli
da
gettar
via
;
che
non
sono
abituate
ai
lunghi
amoreggiamenti
,
ad
"
essere
circuite
alla
muta
"
come
le
donne
geroglifiche
del
Giusti
;
e
che
quando
hanno
una
simpatia
,
invece
di
star
lì
tanto
a
sospirare
e
a
girar
gli
occhi
,
direbbero
addirittura
,
se
potessero
esprimere
il
loro
sentimento
:
-
Cristiano
,
tu
mi
piaci
.
-
Non
potendolo
dire
colla
voce
,
glie
lo
dicono
francamente
,
mostrando
due
belle
file
di
perle
luccicanti
,
ossia
ridendogli
sul
viso
.
Sono
belle
tartare
ingentilite
.
-
E
son
libere
:
è
una
verità
che
lo
straniero
tocca
con
mano
appena
arrivato
.
È
una
esagerazione
il
dire
come
Lady
Montague
che
son
più
libere
delle
europee
;
ma
chiunque
è
stato
a
Costantinopoli
non
può
a
meno
di
ridere
quando
sente
parlare
della
loro
"
schiavitù
"
.
Le
signore
,
quando
vogliono
uscire
,
ordinano
agli
eunuchi
di
preparar
la
carrozza
,
escono
senza
chiedere
il
permesso
a
nessuno
,
e
tornano
a
casa
quando
vogliono
,
purchè
sia
prima
di
notte
.
Una
volta
non
potevano
uscire
senz
'
essere
accompagnate
da
un
eunuco
,
o
da
una
schiava
,
o
da
un
'
amica
,
e
le
più
ardite
,
se
non
volevano
altri
,
dovevano
almeno
condur
con
sè
un
figlioletto
,
che
fosse
come
un
titolo
al
rispetto
della
gente
.
Se
qualcheduna
si
faceva
veder
sola
in
un
luogo
appartato
,
era
facilissimo
che
una
guardia
di
città
o
un
qualunque
vecchio
turco
rigorista
la
fermasse
e
le
domandasse
:
-
Dove
vai
?
D
'
onde
vieni
?
Perché
non
hai
nessuno
con
te
?
Così
rispetti
il
tuo
effendi
?
Torna
a
casa
!
-
Ma
ora
escon
sole
a
centinaia
,
e
se
ne
vedono
a
tutte
le
ore
per
le
vie
dei
sobborghi
musulmani
e
della
città
franca
.
Vanno
a
far
visita
alle
amiche
da
un
capo
all
'
altro
di
Stambul
,
vanno
a
passar
delle
mezze
giornate
nelle
case
di
bagni
,
fanno
delle
gite
in
barchetta
,
il
giovedì
alle
Acque
dolci
d
'
Europa
,
la
domenica
alle
acque
d
'
Asia
,
il
venerdì
al
cimitero
di
Scutari
,
gli
altri
giorni
alle
isole
dei
Principi
,
a
Terapia
,
a
Bujukderé
,
a
Kalender
,
a
far
merenda
colle
loro
schiave
,
in
brigatelle
di
otto
o
dieci
;
vanno
a
pregare
alle
tombe
dei
Padiscià
e
delle
Sultane
,
a
vedere
i
conventi
dei
dervis
,
a
visitare
le
mostre
pubbliche
dei
corredi
nuziali
,
e
non
c
'
è
effigie
d
'
uomo
,
non
che
le
accompagni
o
le
segua
,
ma
che
,
se
anche
son
sole
,
ardisca
di
far
loro
un
'
osservazione
.
Vedere
un
turco
in
una
via
di
Costantinopoli
,
non
dico
a
braccetto
,
ma
al
fianco
,
ma
fermo
per
un
momento
a
discorrere
con
una
"
velata
"
,
quando
anche
portassero
scritto
in
fronte
che
son
marito
e
moglie
,
parrebbe
a
tutti
la
più
strana
delle
stranezze
,
o
per
meglio
dire
un
'
impudenza
inaudita
,
come
nelle
nostre
vie
un
uomo
e
una
donna
che
si
facessero
ad
alta
voce
delle
dichiarazioni
d
'
amore
.
Da
questo
lato
le
donne
turche
sono
veramente
più
libere
che
le
europee
,
e
non
si
può
dire
questa
libertà
quanto
la
godano
,
e
con
che
matto
desiderio
corrano
allo
strepito
,
alla
folla
,
alla
luce
,
all
'
aria
aperta
,
esse
che
in
casa
non
vedono
che
un
uomo
solo
,
ed
hanno
finestre
e
giardini
claustrali
.
Escono
e
scorazzano
per
la
città
coll
'
allegrezza
di
prigioniere
liberate
.
C
'
è
da
divertirsi
a
pedinarne
una
a
caso
,
alla
lontana
,
per
vedere
come
sanno
sminuzzarsi
e
raffinarsi
i
piaceri
del
vagabondaggio
.
Vanno
nella
moschea
più
vicina
a
dire
una
preghiera
e
si
fermano
a
cicalare
un
quarto
d
'
ora
con
un
'
amica
sotto
le
arcate
del
cortile
;
poi
al
bazar
a
dare
una
capatina
in
dieci
botteghe
,
e
a
farne
metter
sottosopra
un
paio
,
per
comprare
una
bagattella
;
poi
pigliano
il
tramway
,
scendono
al
mercato
dei
pesci
,
passano
il
ponte
,
si
fermano
a
contemplare
tutte
le
treccie
e
tutte
le
parrucche
dei
parrucchieri
di
via
di
Pera
,
entrano
in
un
cimitero
e
mangiano
un
dolce
sopra
una
tomba
,
ritornano
in
città
,
ridiscendono
al
Corno
d
'
oro
scantonando
cento
volte
e
guardando
colla
coda
dell
'
occhio
ogni
cosa
-
vetrine
,
stampe
,
annunzi
,
signore
che
passano
,
carrozze
,
insegne
,
porte
di
teatri
-
comprano
un
mazzo
di
fiori
,
bevono
una
limonata
da
un
acquaiolo
,
fanno
l
'
elemosina
a
un
povero
,
ripassano
il
Corno
d
'
oro
in
caicco
,
ricominciano
a
far
dei
nastri
per
Stambul
;
poi
pigliano
il
tramway
un
'
altra
volta
,
e
arrivate
sulla
porta
di
casa
,
son
capaci
di
tornare
indietro
,
per
fare
ancora
un
giro
di
cento
passi
intorno
a
un
gruppo
di
casette
;
tale
e
quale
come
i
ragazzi
che
escon
soli
la
prima
volta
,
e
che
in
quell
'
oretta
di
libertà
ci
vogliono
far
entrare
un
po
'
di
tutto
.
Un
povero
effendi
corpulento
che
volesse
tener
dietro
a
sua
moglie
per
scoprire
se
ha
qualche
ripesco
,
rimarrebbe
sgambato
a
mezza
strada
.
-
Per
vedere
il
bel
sesso
musulmano
,
bisogna
andare
un
giorno
di
gran
festa
alle
Acque
dolci
d
'
Europa
,
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
,
o
a
quelle
d
'
Asia
,
vicino
al
villaggio
di
Anaduli
-
Hissar
;
che
sono
due
grandi
giardini
pubblici
,
coperti
da
boschetti
foltissimi
,
attraversati
da
due
piccoli
fiumi
,
e
sparsi
di
caffè
e
di
fontane
.
Là
sopra
un
vasto
piano
erboso
,
all
'
ombra
dei
noci
,
dei
terebinti
,
dei
platani
,
dei
sicomori
,
che
formano
una
successione
di
padiglioni
verdi
,
per
cui
non
passa
un
raggio
di
sole
,
si
vedono
migliaia
di
turche
sedute
a
gruppi
e
a
circoli
,
circondate
di
schiave
,
d
'
eunuchi
,
di
bambini
,
che
merendano
e
folleggiano
per
una
mezza
giornata
,
in
mezzo
a
un
via
vai
di
gente
infinito
.
Appena
giunti
si
rimane
come
trasognati
.
Par
di
vedere
una
festa
del
paradiso
islamitico
.
Quella
miriade
di
veli
bianchissimi
e
di
feregé
scarlatti
,
gialli
,
verdi
e
cinerei
,
quegli
innumerevoli
gruppi
di
schiave
vestite
di
mille
colori
,
quel
formicolìo
di
bimbi
in
costume
di
mascherine
,
i
grandi
tappeti
di
Smirne
distesi
in
terra
,
i
vasellami
argentati
e
dorati
che
passano
di
mano
in
mano
,
i
caffettieri
musulmani
,
in
abito
di
gala
,
che
corrono
in
giro
portando
frutti
e
gelati
,
gli
zingari
che
danzano
,
i
pastori
bulgari
che
suonano
,
i
cavalli
bardati
d
'
oro
e
di
seta
che
scalpitano
legati
agli
alberi
,
i
pascià
,
i
bey
,
i
giovani
signori
che
galoppano
lungo
la
riva
del
fiume
,
il
movimento
della
folla
lontana
che
sembra
il
tremolìo
d
'
un
campo
di
camelie
e
di
rose
,
i
caicchi
variopinti
e
le
carrozze
splendide
che
arrivano
continuamente
a
versare
in
quel
mare
di
colori
altri
colori
,
e
il
suono
confuso
dei
canti
,
dei
flauti
,
delle
zampogne
,
delle
nacchere
,
delle
grida
infantili
,
in
mezzo
a
quella
bellezza
di
verde
e
d
'
ombra
,
svariata
qua
e
là
da
piccole
vedute
luminose
di
paesaggi
lontani
;
presentano
uno
spettacolo
così
festoso
e
così
nuovo
che
al
primo
vederlo
vien
voglia
di
batter
le
mani
e
di
gridare
:
-
Bravissimi
!
-
come
a
scena
di
teatro
.
-
Ed
anche
là
,
malgrado
la
confusione
,
è
rarissimo
il
cogliere
sul
fatto
un
turco
e
una
turca
che
amoreggino
cogli
occhi
o
si
scambino
dei
sorrisi
e
dei
gesti
d
'
intelligenza
.
Là
non
esiste
la
galanteria
coram
populo
come
nei
nostri
paesi
;
non
ci
sono
nè
le
sentinelle
melanconiche
,
che
vanno
e
vengono
sotto
le
finestre
,
nè
le
retroguardie
affannose
che
camminano
per
tre
ore
sulle
orme
delle
loro
belle
.
L
'
amore
si
fa
tutto
in
casa
.
Se
qualche
volta
,
in
una
strada
solitaria
,
si
sorprende
un
giovane
turco
che
guarda
in
su
a
una
finestrina
ingraticolata
dietro
la
quale
scintilla
un
occhietto
nero
o
spunta
una
manina
bianca
,
si
può
esser
quasi
certi
che
è
un
fidanzato
.
Ai
fidanzati
soli
si
permette
il
servizio
di
ronda
e
di
scorta
e
tutte
le
altre
fanciullaggini
dell
'
amore
ufficiale
,
come
quella
di
parlarsi
di
lontano
con
un
fiore
,
con
un
nastro
,
o
per
mezzo
del
colore
d
'
un
vestito
o
di
una
ciarpa
.
E
in
questo
le
turche
sono
maestre
.
Hanno
migliaia
di
oggetti
,
tra
fiori
,
frutti
,
erbe
,
penne
,
pietre
,
ciascuno
dei
quali
possiede
un
significato
convenuto
,
che
è
un
epiteto
o
un
verbo
od
anche
una
proposizione
intera
,
in
modo
che
possono
mettere
insieme
una
lettera
con
un
mazzetto
e
dir
mille
cose
con
una
scatolina
o
una
borsa
piena
di
oggettini
svariatissimi
,
che
paiono
riuniti
a
caso
;
e
siccome
il
significato
d
'
ogni
oggetto
è
per
lo
più
espresso
in
un
verso
,
così
ogni
amante
è
in
grado
di
comporre
una
poesia
amorosa
od
anche
un
poemetto
polimetrico
in
cinque
minuti
.
Un
chiodetto
di
garofano
,
una
striscia
di
carta
,
una
fettina
di
pera
,
un
pezzetto
di
sapone
,
un
fiammifero
,
un
po
'
di
fil
d
'
oro
e
un
grano
di
cannella
e
di
pepe
,
vogliono
dire
:
-
È
molto
tempo
che
t
'
amo
-
,
che
ardo
-
,
che
languisco
-
,
che
muoio
d
'
amore
per
te
.
-
Dammi
un
po
'
di
speranza
-
non
mi
respingere
-
rispondimi
una
parola
.
-
E
oltre
all
'
amore
,
c
'
è
modo
di
dir
mille
cose
:
si
possono
far
dei
rimproveri
,
dar
consigli
,
avvertimenti
,
notizie
;
ed
è
una
grande
occupazione
delle
giovanette
,
al
tempo
dei
primi
palpiti
,
quella
d
'
imparare
questo
frasario
simbolico
,
e
di
comporne
delle
lunghe
lettere
dirette
a
dei
bei
sultani
ventenni
,
veduti
in
sogno
.
E
fanno
lo
stesso
per
il
linguaggio
dei
gesti
,
alcuni
dei
quali
sono
graziosissimi
;
quello
che
fa
l
'
uomo
,
per
esempio
,
fingendo
di
lacerarsi
il
petto
con
un
pugnale
,
che
significa
:
-
Sono
lacerato
dalle
furie
dell
'
amore
-
;
a
cui
la
donna
risponde
lasciando
cader
le
braccia
lungo
i
fianchi
,
in
modo
che
s
'
apra
un
poco
dinanzi
il
feregé
,
che
vuol
dire
:
-
Io
t
'
apro
le
mie
braccia
.
-
Ma
non
c
'
è
forse
un
Europeo
che
abbia
mai
visto
far
queste
cose
;
le
quali
,
d
'
altra
parte
,
sono
oramai
piuttosto
tradizioni
che
usi
;
e
non
s
'
imparano
dai
Turchi
,
i
quali
arrossirebbero
di
parlarne
,
ma
da
qualche
ingenua
hanum
,
che
le
confida
a
qualche
amica
cristiana
.
-
Per
questo
mezzo
pure
si
conosce
il
modo
di
vestire
della
donna
turca
fra
le
pareti
dell
'
arem
,
quel
bel
costume
capriccioso
e
pomposo
,
di
cui
tutti
hanno
un
'
idea
,
e
che
dà
a
ogni
donna
la
dignità
d
'
una
principessa
e
la
grazia
d
'
una
bambina
.
Noi
non
lo
vedremo
mai
,
eccetto
che
la
moda
lo
porti
nei
nostri
paesi
,
perchè
,
se
anche
un
giorno
cadrà
il
feregé
,
le
turche
saranno
allora
vestite
all
'
europea
anche
di
sotto
.
Che
rodimento
per
i
pittori
e
che
peccato
per
tutti
!
Bisogna
raffigurarsi
una
bella
turca
"
svelta
come
un
cipresso
"
e
colorita
"
di
tutte
le
sfumature
dei
petali
della
rosa
"
con
una
berrettina
di
velluto
rosso
o
di
stoffa
argentata
,
un
po
'
inclinata
a
destra
;
colle
treccie
nere
giù
per
le
spalle
;
con
una
veste
di
damasco
bianco
ricamata
d
'
oro
,
colle
maniche
a
gozzi
e
un
lunghissimo
strascico
,
aperta
dinanzi
in
modo
da
lasciar
vedere
due
grandi
calzoni
di
seta
rosea
,
che
cascano
con
mille
pieghe
su
due
scarpettine
ritorte
in
su
alla
chinese
;
con
una
cintura
di
raso
verde
intorno
alla
vita
;
con
diamanti
nelle
collane
,
negli
spilloni
,
nei
braccialetti
,
nei
fermagli
,
nelle
treccie
,
nella
nappina
del
berretto
,
sulle
babbuccie
,
sul
collo
della
camicia
,
sulla
cintura
,
intorno
alla
fronte
;
lampeggiante
da
capo
a
piedi
come
una
madonna
delle
cattedrali
spagnuole
,
e
adagiata
,
in
un
atteggiamento
infantile
,
sopra
un
largo
divano
,
in
mezzo
a
una
corona
di
belle
schiave
circasse
,
arabe
e
persiane
,
ravvolte
,
come
statue
antiche
,
in
grandi
vesti
cadenti
;
-
o
immaginare
una
sposa
"
bianca
come
la
cima
dell
'
Olimpo
"
,
vestita
di
raso
cilestrino
e
tutta
coperta
da
un
grande
velo
intessuto
d
'
oro
,
seduta
sopra
un
'
ottomana
imperlata
,
dinanzi
alla
quale
lo
sposo
,
inginocchiato
sopra
un
tappeto
di
Teheran
,
fa
la
sua
ultima
preghiera
prima
di
scoprire
il
suo
tesoro
;
-
o
rappresentarsi
una
favorita
innamorata
,
che
aspetta
il
suo
signore
nella
stanza
più
segreta
dell
'
arem
,
non
più
vestita
che
della
zuavina
e
dei
calzoncini
,
che
mettono
in
rilievo
tutte
le
grazie
del
suo
corpo
flessibile
,
e
le
danno
l
'
aspetto
d
'
un
bel
paggio
snello
e
elegante
;
e
bisogna
convenire
che
quei
brutti
turchi
"
riformati
"
colla
testa
pelata
e
il
soprabito
nero
,
hanno
assai
più
di
quello
che
meritano
.
Questo
vestiario
di
casa
,
però
,
va
soggetto
ai
capricci
della
moda
.
Le
donne
,
non
avendo
altro
da
fare
,
passano
il
tempo
a
cercare
nuove
acconciature
;
si
coprono
di
gale
e
di
fronzoli
,
si
mettono
penne
e
nastri
nei
capelli
,
bende
intorno
al
capo
,
pelliccie
intorno
al
collo
e
alle
braccia
;
prendono
qualcosa
ad
imprestito
da
tutti
i
vestimenti
orientali
;
mescolano
la
moda
europea
colla
moda
turca
;
si
mettono
delle
parrucche
,
si
tingono
i
capelli
di
nero
,
di
biondo
,
di
rosso
,
si
sbizzarriscono
in
mille
modi
e
gareggiano
fra
di
loro
come
le
più
sfrenate
ambiziose
delle
grandi
città
europee
.
Se
un
giorno
di
festa
,
alle
Acque
dolci
,
si
potessero
far
sparire
con
un
colpo
di
bacchetta
magica
tutti
i
feregé
e
tutti
i
veli
,
si
vedrebbero
probabilmente
delle
turche
vestite
da
regine
asiatiche
,
altre
da
crestaine
francesi
,
altre
da
gran
signore
in
abbigliamento
da
ballo
,
altre
da
mercantesse
in
pompa
magna
,
da
vivandiere
,
da
cavallerizze
,
da
greche
,
da
zingarelle
:
tante
varietà
di
vestiario
quante
se
ne
vedono
nel
sesso
mascolino
sul
ponte
della
Sultana
Validè
.
-
Gli
appartamenti
dove
stanno
queste
belle
e
ricche
maomettane
corrispondono
in
qualche
modo
al
loro
vestiario
seducente
e
bizzarro
.
Le
stanze
riserbate
alle
donne
sono
per
lo
più
in
bei
siti
,
da
cui
si
godono
vedute
meravigliose
sulla
campagna
o
sul
mare
o
sopra
una
gran
parte
di
Costantinopoli
.
Sotto
,
c
'
è
un
giardinetto
chiuso
da
alti
muri
,
rivestiti
d
'
edera
e
di
gelsomini
;
sopra
,
una
terrazza
;
dalla
parte
della
strada
,
dei
camerini
sporgenti
e
vetrati
,
come
i
miradores
delle
case
spagnuole
.
L
'
interno
è
delizioso
.
Sono
quasi
tutte
piccole
sale
:
i
palchetti
coperti
di
stuoie
chinesi
o
di
tappeti
,
i
soffitti
dipinti
di
frutti
e
di
fiori
,
larghi
divani
lungo
le
pareti
,
una
fontanella
di
marmo
nel
mezzo
,
vasi
di
fiori
alle
finestre
,
e
quella
luce
vaga
e
soavissima
,
che
è
tutta
propria
della
casa
orientale
,
una
luce
di
bosco
,
che
so
io
?
di
claustro
,
di
luogo
sacro
e
gentile
,
che
impone
di
camminare
sulla
punta
dei
piedi
,
di
parlar
con
un
filo
di
voce
,
di
non
dire
che
parole
umili
e
dolci
,
di
non
discorrere
che
d
'
amore
o
di
Dio
.
Questa
luce
languida
,
i
profumi
del
giardino
,
il
mormorio
dell
'
acqua
,
le
schiave
che
passano
come
ombre
,
il
silenzio
profondo
che
regna
in
tutta
la
casa
,
le
montagne
dell
'
Asia
di
cui
si
vede
l
'
azzurro
a
traverso
i
fori
delle
grate
e
i
rami
del
caprifoglio
che
fanno
tenda
alle
finestre
,
destano
nelle
europee
,
che
entrano
fra
quelle
mura
per
la
prima
volta
,
un
sentimento
inesprimibile
di
dolcezza
e
di
malinconia
.
La
decorazione
della
maggior
parte
di
questi
arem
è
semplice
e
quasi
severa
;
ma
ve
ne
sono
pure
degli
splendidissimi
,
colle
pareti
coperte
di
raso
bianco
rabescato
d
'
oro
,
coi
soffitti
di
cedro
,
colle
grate
dorate
,
con
suppellettili
preziose
.
Dalle
suppellettili
s
'
indovina
la
vita
.
Non
si
vedono
che
poltrone
,
ottomane
grandi
e
piccine
,
piccoli
tappeti
,
sgabelli
,
panchettini
,
cuscini
di
tutte
le
forme
e
materasse
coperte
di
scialli
e
di
broccati
;
un
mobilio
tutto
mollezza
e
delicature
,
che
dice
in
mille
modi
:
-
Siedi
,
allungati
,
ama
,
addormentati
,
sogna
.
-
Ci
si
trovano
qua
e
là
degli
specchietti
a
mano
e
dei
larghi
ventagli
di
penne
di
struzzo
;
dalle
pareti
pendono
dei
cibuk
cesellati
;
ci
son
gabbie
d
'
uccelli
alle
finestre
,
profumiere
in
mezzo
alle
stanze
,
orologi
a
musica
sui
tavolini
,
balocchi
e
gingilli
d
'
ogni
maniera
,
che
accusano
i
mille
capricci
puerili
d
'
una
donnina
sfaccendata
che
si
secca
.
E
non
c
'
è
soltanto
il
lusso
delle
cose
apparenti
.
Ci
son
case
in
cui
tutto
il
servizio
da
tavola
è
d
'
argento
dorato
,
d
'
oro
massiccio
i
vasi
delle
acque
odorose
,
le
serviette
di
raso
frangiate
d
'
oro
,
e
brillanti
e
pietre
preziose
nelle
posate
,
nelle
tazze
da
caffè
,
nelle
anfore
,
nelle
pipe
,
nelle
tappezzerie
,
nei
ventagli
;
come
ci
son
altre
case
,
e
in
molto
maggior
numero
,
si
capisce
,
in
cui
nulla
o
quasi
nulla
è
mutato
dall
'
antica
tenda
o
capanna
tartara
,
di
cui
tutta
la
masserizia
sta
sul
dorso
di
un
mulo
,
dove
tutto
è
pronto
per
un
nuovo
pellegrinaggio
a
traverso
l
'
Asia
;
case
verginalmente
maomettane
ed
austere
,
nelle
quali
,
quando
sia
giunta
l
'
ora
della
partenza
,
non
suonerà
che
la
voce
pacata
del
padrone
,
che
dirà
:
-
Olsun
!
-
Così
sia
!
-
-
La
casa
turca
è
divisa
,
come
tutti
sanno
,
in
due
parti
:
l
'
arem
e
il
selamlik
.
Il
selamlik
è
la
parte
riserbata
all
'
uomo
.
Qui
egli
ci
lavora
,
ci
desina
,
ci
riceve
gli
amici
,
ci
fa
la
siesta
,
e
ci
dorme
la
notte
quando
amore
"
non
gli
detta
dentro
"
.
La
donna
non
ci
penetra
mai
.
E
come
nel
selamlik
è
padrone
l
'
uomo
,
nell
'
arem
è
padrona
la
donna
.
Essa
ne
ha
l
'
amministrazione
ed
il
governo
e
ci
fa
quello
che
vuole
fuorchè
ricevervi
degli
uomini
.
Quando
non
le
garbi
di
ricevere
suo
marito
,
può
anche
fargli
dire
cortesemente
che
torni
un
'
altra
volta
.
Una
sola
porta
e
un
piccolo
corridoio
divide
per
lo
più
il
selamlik
dall
'
arem
;
eppure
sono
come
due
case
lontanissime
l
'
una
dall
'
altra
.
Gli
uomini
vanno
a
visitar
l
'
effendi
e
le
donne
vanno
a
trovar
la
hanum
senza
incontrarsi
e
senza
sentirsi
,
e
il
più
delle
volte
son
gente
sconosciuti
gli
uni
agli
altri
.
Le
persone
di
servizio
sono
separate
,
e
separate
quasi
sempre
le
cucine
.
Ciascuno
si
diverte
e
scialaqua
per
conto
suo
.
Raramente
il
marito
desina
colla
moglie
,
in
ispecie
quando
ne
ha
più
d
'
una
.
Non
hanno
nulla
di
comune
fuorchè
il
divano
su
cui
s
'
avvicinano
.
L
'
uomo
non
entra
quasi
mai
nell
'
arem
come
marito
,
ossia
come
compagno
e
come
educatore
dei
figliuoli
;
non
v
'
entra
che
come
amante
.
Entrandovi
,
lascia
sulla
soglia
,
se
può
,
tutti
i
pensieri
che
potrebbero
turbare
il
piacere
ch
'
egli
va
a
cercarvi
;
tutta
quella
parte
di
sè
stesso
,
che
non
ha
che
fare
col
suo
desiderio
di
quel
momento
.
Egli
va
là
per
dimenticare
le
cure
o
i
dolori
della
giornata
,
o
piuttosto
per
assopirne
in
sè
il
sentimento
;
non
per
domandar
lume
a
una
mente
serena
e
conforto
a
un
cuore
gentile
.
Nè
la
sua
donna
,
sarebbe
atta
a
quell
'
ufficio
.
Egli
non
si
cura
nemmeno
di
presentarsele
circondato
di
quella
qualsiasi
gloria
d
'
ingegno
o
di
sapere
o
di
potenza
,
che
potrebbe
renderlo
più
amabile
.
A
che
pro
?
Egli
è
il
dio
del
tempio
e
l
'
adorazione
gli
è
dovuta
;
non
ha
bisogno
di
farsi
valere
;
la
preferenza
ch
'
egli
dà
alla
donna
che
ricerca
basta
a
far
sì
ch
'
essa
gli
dia
con
un
sentimento
di
gratitudine
che
sembra
amore
l
'
amplesso
desiderato
da
lui
.
"
Donna
"
per
lui
significa
"
piacere
"
.
Quel
nome
porta
il
suo
pensiero
diritto
a
quel
senso
;
è
anzi
quasi
il
nome
stesso
del
senso
;
e
per
questo
gli
pare
impudico
il
pronunziarlo
,
e
non
lo
pronuncia
mai
;
e
se
ha
da
dire
:
-
M
'
è
nata
una
femmina
-
dice
:
-
M
'
è
nata
una
velata
,
una
nascosta
,
una
straniera
.
-
Così
non
ci
può
essere
un
'
intimità
vera
fra
loro
,
perché
v
'
è
sempre
tra
l
'
uno
e
l
'
altro
come
il
velo
del
senso
,
il
quale
nasconde
quegli
infiniti
segretissimi
recessi
dell
'
anima
,
che
non
si
vedono
se
non
a
traverso
la
limpidezza
d
'
una
famigliarità
lunga
e
tranquilla
.
Oltrechè
la
donna
,
sempre
preparata
alla
visita
,
abbigliata
e
atteggiata
quasi
per
quel
momento
,
intesa
sempre
a
vincere
una
rivale
o
a
conservare
una
predominanza
che
è
continuamente
in
pericolo
,
dev
'
essere
sempre
un
po
'
cortigiana
,
far
forza
a
sè
stessa
perché
tutto
sorrida
intorno
al
suo
signore
,
anche
quando
il
suo
cuore
è
triste
,
mostrargli
sempre
la
maschera
ridente
d
'
una
donna
fortunata
e
felice
,
perché
egli
non
se
ne
uggisca
e
se
ne
sdia
.
Perciò
il
marito
la
conosce
di
rado
come
sposa
,
come
non
ha
e
non
può
averla
conosciuta
figliuola
,
sorella
,
amica
;
come
non
la
conosce
madre
.
Ed
essa
lascia
così
isterilire
a
poco
a
poco
in
sè
medesima
le
qualità
nobili
che
non
può
rivelare
o
che
non
le
sono
pregiate
;
s
'
abitua
a
non
curare
se
non
quello
che
le
si
cerca
,
e
soffoca
spesso
risolutamente
la
voce
del
suo
cuore
e
del
suo
spirito
,
per
trovare
in
una
certa
sonnolenza
di
vita
animalesca
,
se
non
la
felicità
,
la
pace
.
Ha
,
è
vero
,
il
conforto
dei
figliuoli
,
e
il
marito
li
cerca
e
li
abbraccia
dinanzi
a
lei
;
ma
è
un
conforto
amareggiato
dal
pensiero
che
forse
,
un
'
ora
prima
,
egli
ha
baciato
i
figliuoli
d
'
un
'
altra
,
che
bacierà
forse
un
'
ora
dopo
quelli
d
'
una
terza
,
e
che
bacierà
quelli
d
'
una
quarta
tra
qualche
anno
.
L
'
amore
d
'
amante
,
l
'
affetto
di
padre
,
l
'
amicizia
,
la
confidenza
,
tutto
è
diviso
e
suddiviso
,
ed
ha
il
suo
orario
,
i
suoi
riguardi
,
le
sue
misure
,
le
sue
cerimonie
;
quindi
tutto
è
freddo
e
insufficiente
.
E
poi
v
'
è
sempre
in
fondo
qualcosa
di
sprezzante
e
di
mortalmente
ingiurioso
per
la
donna
nell
'
amore
del
marito
che
le
tiene
ai
fianchi
un
eunuco
.
Egli
le
dice
in
sostanza
:
-
Io
t
'
amo
,
tu
sei
"
la
mia
gioia
e
la
mia
gloria
"
,
tu
sei
"
la
perla
della
mia
casa
"
;
ma
sono
sicuro
che
se
questo
mostro
che
ti
sorveglia
fosse
un
uomo
,
tu
ti
prostituiresti
al
tuo
servitore
.
-
Variano
però
grandemente
le
condizioni
della
vita
coniugale
secondo
i
mezzi
pecuniarii
del
marito
,
anche
non
tenuto
conto
di
questo
,
che
chi
non
ha
mezzi
di
mantenere
più
d
'
una
donna
è
costretto
ad
avere
una
moglie
sola
.
Il
ricco
signore
vive
separato
di
casa
e
di
spirito
dalla
moglie
,
perché
può
tenere
un
appartamento
od
anche
una
casa
per
lei
sola
,
e
perchè
,
volendo
ricevere
amici
,
clienti
,
adulatori
,
senza
che
le
sue
donne
sian
viste
o
disturbate
,
è
costretto
ad
avere
una
casa
separata
.
Il
turco
di
mezzo
ceto
,
per
ragioni
d
'
economia
,
sta
più
vicino
a
sua
moglie
,
la
vede
più
sovente
e
vive
con
essa
in
maggiore
famigliarità
.
Il
turco
povero
,
in
fine
,
che
è
costretto
a
vivere
nel
minor
spazio
e
colla
minor
spesa
possibile
,
mangia
,
dorme
,
passa
tutte
le
sue
ore
libere
colla
moglie
e
coi
figliuoli
.
La
ricchezza
divide
,
la
povertà
unisce
.
Nella
casa
del
povero
non
c
'
è
differenza
reale
tra
la
vita
della
famiglia
cristiana
e
quella
della
famiglia
turca
.
La
donna
,
che
non
può
avere
una
schiava
,
lavora
,
e
il
lavoro
rialza
la
sua
dignità
e
la
sua
autorevolezza
.
Non
è
raro
che
essa
vada
a
tirar
fuori
il
marito
ozioso
dal
caffè
o
dalla
taverna
,
e
che
lo
spinga
a
casa
a
colpi
di
pantofola
.
Si
trattano
da
pari
a
pari
,
passano
la
sera
l
'
uno
accanto
all
'
altro
davanti
alla
porta
di
casa
;
nei
quartieri
più
appartati
,
vanno
sovente
insieme
a
far
le
spese
per
la
famiglia
;
e
occorre
molte
volte
di
vedere
,
in
un
cimitero
solitario
,
il
marito
e
la
moglie
che
fanno
merenda
vicino
al
cippo
d
'
un
parente
,
coi
loro
bambini
intorno
,
come
una
famigliuola
d
'
operai
dei
nostri
paesi
.
Ed
è
uno
spettacolo
più
commovente
appunto
perché
è
più
singolare
.
E
non
si
può
,
vedendolo
,
non
sentire
che
c
'
è
qualcosa
di
necessario
e
d
'
universalmente
ed
eternamente
bello
in
quel
nodo
d
'
anime
e
di
corpi
,
in
quel
gruppo
unico
d
'
affetti
;
che
non
c
'
è
posto
per
altri
;
che
una
nota
di
più
in
quell
'
armonia
la
guasta
o
la
distrugge
;
che
s
'
ha
un
bel
dire
e
un
bel
fare
,
ma
che
la
forza
prima
,
l
'
elemento
necessario
,
la
pietra
angolare
d
'
una
società
ordinata
e
giusta
è
là
;
-
che
ogni
altra
combinazione
d
'
affetti
e
d
'
interessi
è
fuori
della
natura
;
-
che
quella
sola
è
una
famiglia
,
e
l
'
altra
un
armento
;
-
che
quella
sola
è
una
casa
,
e
l
'
altra
un
lupanare
.
-
E
v
'
è
chi
dice
che
le
donne
orientali
sono
soddisfatte
della
poligamia
e
che
non
ne
comprendono
neppure
l
'
ingiustizia
.
Per
creder
questo
bisogna
non
conoscere
,
non
dico
l
'
Oriente
,
ma
nemmeno
l
'
anima
umana
.
Se
questo
fosse
vero
,
non
seguirebbe
quello
che
segue
:
cioè
che
non
v
'
è
quasi
ragazza
turca
la
quale
,
accettando
la
mano
d
'
un
uomo
,
non
gli
metta
per
condizione
di
non
sposarne
un
'
altra
,
lei
viva
;
non
ci
sarebbero
tante
spose
che
ritornano
alla
loro
famiglia
quando
il
marito
manca
a
quella
promessa
;
e
non
ci
sarebbe
un
proverbio
turco
che
dice
:
-
casa
di
quattro
donne
,
barca
nella
burrasca
.
-
Anche
se
è
adorata
da
suo
marito
,
la
donna
orientale
non
può
che
maledire
la
poligamia
,
per
cui
vive
sempre
con
quella
spada
di
Damocle
sul
capo
,
di
avere
di
giorno
in
giorno
una
rivale
,
non
nascosta
o
lontana
e
sempre
colpevole
,
com
'
è
necessariamente
quella
di
una
moglie
europea
;
ma
installata
accanto
a
lei
,
in
casa
sua
,
col
suo
titolo
,
coi
suoi
stessi
diritti
;
di
vedere
fors
'
anche
una
delle
sue
schiave
,
prescelta
a
odalisca
,
alzare
tutt
'
a
un
tratto
la
fronte
dinanzi
a
lei
,
e
trattarla
da
eguale
,
e
mettere
al
mondo
dei
figliuoli
che
hanno
gli
stessi
diritti
dei
suoi
.
È
impossibile
che
il
suo
cuore
non
senta
l
'
ingiustizia
di
quella
legge
.
Quando
il
marito
amato
da
lei
,
le
conduce
in
casa
un
'
altra
donna
,
essa
avrà
un
bel
pensare
che
,
facendo
questo
,
l
'
uomo
non
fa
che
valersi
d
'
un
diritto
che
gli
dà
il
codice
del
Profeta
.
In
fondo
all
'
anima
sua
sentirà
che
v
'
è
una
legge
più
antica
e
più
sacra
che
condanna
quell
'
atto
come
un
tradimento
e
una
prepotenza
,
sentirà
che
quell
'
uomo
non
è
più
suo
,
che
il
nodo
è
sciolto
,
che
la
sua
vita
è
spezzata
,
ch
'
essa
ha
il
diritto
di
ribellarsi
e
di
maledire
.
E
se
anche
non
ama
suo
marito
,
ha
mille
ragioni
di
detestare
quella
legge
:
l
'
interesse
leso
dei
suoi
figliuoli
,
il
suo
amor
proprio
ferito
,
la
necessità
in
cui
è
posta
,
o
di
vivere
abbandonata
o
di
non
essere
più
cercata
dall
'
uomo
che
per
compassione
o
per
un
desiderio
senz
'
amore
.
Si
dirà
che
la
donna
turca
sa
che
queste
cose
accadono
pure
alla
donna
europea
:
è
vero
;
ma
sa
pure
che
la
donna
europea
non
è
costretta
dalla
legge
civile
e
religiosa
a
rispettare
e
a
chiamar
sorella
colei
che
le
avvelena
la
vita
,
e
che
ha
almeno
la
consolazione
di
esser
considerata
come
una
vittima
,
e
che
ha
mille
modi
di
consolarsi
e
di
vendicarsi
senza
che
il
marito
le
possa
dire
,
come
può
dire
il
poligamo
a
una
delle
sue
mogli
infedeli
:
-
Io
ho
il
diritto
di
amare
cento
donne
,
e
tu
hai
il
dovere
di
non
amar
che
me
solo
.
-
È
vero
che
la
donna
turca
ha
molte
guarentigie
dalla
legge
e
molti
privilegi
per
consuetudine
.
È
generalmente
rispettata
con
una
certa
forma
di
gentilezza
cavalleresca
.
Nessun
uomo
oserebbe
alzar
la
mano
sopra
una
donna
in
mezzo
alla
via
.
Nessun
soldato
,
anche
nel
tafferuglio
d
'
una
sedizione
,
s
'
arrischierebbe
a
maltrattare
la
più
insolente
delle
popolane
.
Il
marito
tratta
la
moglie
con
una
certa
deferenza
cerimoniosa
.
La
madre
è
oggetto
d
'
un
culto
particolare
.
Non
c
'
è
uomo
che
osi
far
lavorare
la
donna
per
campare
sul
suo
lavoro
.
È
lo
sposo
che
assegna
una
dote
alla
sposa
;
essa
non
porta
alla
casa
maritale
che
il
suo
corredo
e
qualche
schiava
.
In
caso
di
ripudio
o
di
divorzio
,
il
marito
è
obbligato
a
dare
alla
moglie
tanto
che
basti
per
vivere
senza
disagio
;
e
quest
'
obbligo
lo
trattiene
da
usar
con
lei
dei
cattivi
trattamenti
,
che
le
diano
il
diritto
d
'
ottenere
la
separazione
.
La
facilità
del
divorzio
rimedia
in
parte
alle
tristi
conseguenze
dei
matrimonii
,
fatti
quasi
sempre
alla
cieca
per
effetto
della
costituzione
speciale
della
società
turca
,
nella
quale
i
due
sessi
vivono
divisi
.
Alla
donna
,
per
ottenere
il
divorzio
,
basta
poca
cosa
:
che
il
marito
l
'
abbia
maltrattata
una
volta
,
che
l
'
abbia
offesa
parlando
con
altri
,
che
l
'
abbia
trascurata
per
un
certo
tempo
.
Quando
essa
ha
da
lagnarsi
di
suo
marito
,
non
ha
che
da
presentare
le
sue
lagnanze
per
scritto
al
tribunale
;
può
,
quando
occorra
,
presentarsi
in
persona
a
un
vizir
,
al
gran
vizir
stesso
,
da
cui
è
quasi
sempre
ricevuta
e
ascoltata
senza
ritardo
e
benignamente
.
Se
non
può
andar
d
'
accordo
colle
altre
mogli
,
il
marito
è
tenuto
a
darle
una
casa
separata
;
e
se
anche
va
d
'
accordo
,
ha
diritto
a
un
appartamento
per
sè
sola
.
L
'
uomo
non
può
nè
sposare
nè
far
sue
odalische
le
schiave
che
la
moglie
ha
portato
con
sè
dalla
casa
paterna
.
Una
donna
stata
sedotta
e
abbandonata
,
può
farsi
sposare
dal
suo
seduttore
,
se
questi
non
ha
già
quattro
mogli
;
e
se
ne
ha
quattro
,
farsi
pigliare
in
casa
come
odalisca
,
e
il
padre
deve
riconoscere
il
figliuolo
;
il
perché
fra
i
turchi
non
ci
son
bastardi
.
Rarissimi
i
celibi
,
rarissime
le
vecchie
ragazze
;
assai
meno
frequenti
che
non
si
creda
i
matrimonii
forzati
,
perché
la
legge
punisce
i
padri
che
se
ne
rendono
colpevoli
.
Lo
Stato
dà
una
pensione
alle
vedove
senza
parenti
e
senza
mezzi
,
e
provvede
alle
orfane
;
molte
bambine
rimaste
in
mezzo
alla
strada
,
sono
pure
raccolte
da
signore
ricche
,
che
le
educano
e
le
maritano
;
è
raro
che
una
donna
sia
lasciata
nella
miseria
.
Tutto
questo
è
vero
ed
è
buono
;
ma
non
toglie
che
i
Turchi
ci
facciano
ridere
quando
vogliono
confrontare
con
vantaggio
la
condizione
sociale
della
loro
donna
a
quella
della
nostra
,
e
affermare
la
loro
società
immune
dalla
corruzione
di
cui
accusano
la
società
europea
.
Che
valgono
alla
donna
le
forme
del
rispetto
,
se
la
sua
condizione
di
moglie
suppletoria
è
per
sè
stessa
umiliante
?
Che
le
vale
la
facilità
di
divorziare
e
di
rimaritarsi
,
se
qualunque
altro
uomo
la
sposi
,
ha
il
diritto
di
metterla
nelle
condizioni
medesime
,
per
le
quali
s
'
è
separata
dal
primo
marito
?
Che
gran
cosa
che
l
'
uomo
abbia
l
'
obbligo
di
riconoscere
il
figlio
illegittimo
se
non
ha
i
mezzi
di
mantenerlo
,
e
se
può
averne
legittimamente
cinquanta
,
ai
quali
,
se
non
il
nome
,
tocca
di
bastardi
la
miseria
o
l
'
abbandono
?
Ci
dicono
che
non
commettono
infanticidii
;
ma
li
aborti
voluti
,
per
i
quali
hanno
delle
case
apposite
,
chi
li
conta
?
Ci
dicono
che
non
hanno
prostituzione
.
Ma
come
!
E
che
altro
mestiere
è
quello
delle
mille
concubine
caucasee
,
comprate
e
rivendute
cento
volte
?
Dicono
:
non
c
'
è
almeno
quella
pubblica
.
Che
baie
!
Murad
III
non
avrebbe
ordinato
di
mandare
di
là
dal
Bosforo
tutte
le
donne
di
mala
vita
,
e
si
sa
che
ne
fu
fatta
una
grande
retata
.
Vorrebbero
poi
farci
credere
che
è
più
facile
ad
uomo
aver
la
fedeltà
di
quattro
donne
che
di
una
sola
?
E
darci
ad
intendere
che
il
turco
che
ha
quattro
mogli
,
non
commette
più
peccati
fuori
di
casa
e
fuori
della
propria
religione
?
E
ci
parleranno
di
moralità
gli
uomini
più
devoti
alla
nefanda
voluptas
che
sian
sulla
terra
?
-
Da
tutto
questo
è
facile
argomentare
che
cosa
siano
le
donne
turche
.
Non
sono
la
maggior
parte
che
"
femmine
piacevoli
"
.
Le
più
non
sanno
che
leggere
e
scrivere
,
e
nè
leggono
nè
scrivono
;
e
sono
creature
miracolose
quelle
che
hanno
una
superficialissima
coltura
.
Già
ai
turchi
,
secondo
i
quali
le
donne
"
hanno
i
capelli
lunghi
e
l
'
intelligenza
corta
"
,
non
garba
ch
'
esse
coltivino
la
mente
perché
non
conviene
che
siano
in
nulla
eguali
o
superiori
a
loro
.
Così
,
non
ricavando
istruzione
dai
libri
,
e
non
potendo
riceverne
dalla
conversazione
cogli
uomini
,
rimangono
in
una
crassa
ignoranza
.
Dalla
separazione
dei
due
sessi
nasce
che
all
'
uno
manca
qualche
cosa
di
gentile
e
all
'
altro
qualche
cosa
di
alto
:
gli
uomini
diventano
rozzi
,
le
donne
diventano
comari
.
E
non
praticando
della
società
altro
che
un
piccolo
cerchio
donnesco
,
ritengono
quasi
tutte
fino
alla
vecchiezza
qualche
cosa
di
puerile
nelle
idee
e
nelle
maniere
:
una
curiosità
matta
di
mille
cose
,
uno
stupirsi
di
tutto
,
un
fare
un
gran
caso
d
'
ogni
inezia
,
una
maldicenza
piccina
,
un
'
abitudine
di
sdegni
e
di
dispettucci
da
educande
,
un
ridere
sguaiato
a
tutti
i
propositi
,
e
un
divertirsi
per
ore
a
giochi
bambineschi
,
come
inseguirsi
di
stanza
in
stanza
e
strapparsi
di
bocca
i
confetti
.
È
vero
che
hanno
per
contrapposto
,
per
dirla
alla
rovescia
dei
francesi
,
la
buona
qualità
nel
difetto
;
ed
è
che
sono
nature
schiette
e
trasparenti
,
dentro
alle
quali
si
legge
alla
prima
;
che
sono
quello
che
paiono
,
persone
vere
,
come
diceva
la
signora
di
Sevigné
,
non
maschere
,
nè
caricature
,
nè
scimmie
;
donne
aperte
e
tutte
d
'
un
pezzo
anche
nella
tristizia
;
e
se
è
vero
che
basta
che
una
di
esse
giuri
e
spergiuri
una
cosa
perché
nessuno
ci
creda
,
vuol
dire
appunto
che
non
hanno
arte
abbastanza
per
riuscire
nell
'
inganno
.
E
non
è
una
piccola
lode
il
dire
anche
che
non
ci
sono
fra
loro
nè
dottoresse
pesanti
,
nè
maestruccole
che
non
ciancino
altro
che
di
lingua
e
di
stile
,
nè
creature
vaporose
che
vivano
fuori
della
vita
.
Ma
è
anche
vero
che
in
quella
vita
angusta
,
priva
di
alte
ricreazioni
dello
spirito
,
nella
quale
rimane
perpetuamente
insoddisfatto
il
desiderio
istintivo
della
gioventù
e
della
bellezza
,
di
essere
ammirate
e
lodate
,
l
'
animo
loro
s
'
inasprisce
;
e
che
,
non
avendo
il
freno
dell
'
educazione
,
corrono
a
qualunque
eccesso
,
quando
una
brutta
passione
le
muove
.
E
l
'
ozio
fomenta
in
loro
mille
capricci
insensati
,
in
cui
s
'
ostinano
con
furore
,
e
li
vogliono
appagati
a
qualunque
prezzo
.
Oltrechè
,
in
quell
'
aria
sensuale
dell
'
arem
,
in
quella
compagnia
di
donne
inferiori
a
loro
di
nascita
e
d
'
educazione
,
lontane
dall
'
uomo
che
servirebbe
loro
di
freno
,
s
'
assuefanno
a
una
crudità
indicibile
di
linguaggio
,
non
conoscono
le
sfumature
dell
'
espressione
,
dicono
le
cose
senza
velo
,
amano
la
parola
che
fa
arrossire
,
lo
scherzo
inverecondo
,
l
'
equivoco
plebeo
;
diventano
sboccatamente
mordaci
ed
insolenti
;
tanto
che
all
'
europeo
che
intende
il
turco
,
occorre
qualche
volta
di
sentire
dalla
bocca
d
'
una
hanum
d
'
aspetto
signorile
,
stizzita
contro
un
bottegaio
indiscreto
o
sgarbato
,
delle
impertinenze
che
non
isfuggono
tra
noi
se
non
alle
donne
della
specie
peggiore
.
E
questa
loro
acrimonia
va
crescendo
col
crescere
delle
loro
relazioni
colle
donne
europee
o
della
loro
conoscenza
dei
nostri
costumi
,
che
alimentano
in
esse
lo
spirito
di
ribellione
;
e
quando
sono
amate
,
si
vendicano
con
una
tirannide
capricciosa
sui
loro
mariti
della
tirannide
sociale
a
cui
sono
soggette
.
Molti
hanno
dipinte
le
donne
turche
tutte
dolci
,
mansuete
,
peritose
.
Ma
ci
sono
anche
fra
loro
le
anime
ardite
e
feroci
.
Anche
là
,
nelle
sommosse
popolari
,
si
vedono
le
donne
in
prima
linea
;
si
armano
,
s
'
assembrano
,
arrestano
le
carrozze
dei
vizir
invisi
,
li
coprono
di
contumelie
,
li
pigliano
a
sassate
e
resistono
alla
forza
.
Sono
dolci
e
mansuete
,
come
tutte
le
donne
,
quando
nessuna
passione
le
rode
o
le
accende
.
Trattano
amorevolmente
le
schiave
,
se
non
ne
sono
gelose
;
dimostrano
tenerezza
pei
figliuoli
,
benchè
non
sappiano
o
non
si
curino
d
'
educarli
;
contraggono
fra
di
loro
,
specialmente
quelle
divise
dai
mariti
o
afflitte
dallo
stesso
dolore
,
delle
amicizie
tenerissime
,
piene
d
'
entusiasmo
giovanile
,
e
si
dimostrano
l
'
affetto
reciproco
vestendosi
degli
stessi
colori
,
profumandosi
colle
medesime
essenze
,
e
facendosi
dei
nei
della
stessa
forma
.
E
qui
potrei
aggiungere
quello
che
scrisse
più
d
'
una
viaggiatrice
europea
,
"
che
ci
sono
fra
loro
tutti
i
vizii
di
Babilonia
"
;
ma
mi
ripugna
,
in
una
cosa
così
grave
,
l
'
affermare
sulla
fede
altrui
.
-
Quale
è
la
loro
indole
,
tali
sono
le
loro
maniere
.
Somigliano
la
maggior
parte
a
quelle
ragazze
di
buona
famiglia
,
ma
cresciute
in
campagna
,
le
quali
,
nell
'
età
in
cui
non
sono
più
bambine
e
non
sono
ancora
donne
,
commettono
in
società
mille
piacevolissime
sconvenienze
,
per
cui
ogni
momento
si
fanno
far
gli
occhiacci
dalla
mamma
.
Bisogna
sentirne
parlare
da
una
signora
europea
,
che
abbia
visitato
un
arem
.
È
una
cosa
comicissima
.
La
hanum
,
per
esempio
,
che
nei
primi
minuti
sarà
stata
seduta
sopra
il
sofà
nello
stesso
atteggiamento
composto
della
sua
visitatrice
,
tutt
'
a
un
tratto
incrocicchierà
le
dita
sopra
la
testa
,
o
tirerà
un
lungo
sbadiglio
,
o
si
piglierà
un
ginocchio
tra
le
mani
.
Abituate
alla
libertà
,
per
non
dire
alla
licenza
,
dell
'
arem
,
agli
atteggiamenti
cascanti
dell
'
ozio
e
della
noia
,
e
ammollite
come
sono
dai
lunghi
bagni
,
si
stancano
subito
d
'
una
qualunque
compostezza
forzata
.
Si
coricano
sul
divano
,
si
voltano
e
si
rivoltano
continuamente
attorcigliando
e
districando
in
mille
modi
il
loro
lunghissimo
strascico
,
si
raggomitolano
,
si
pigliano
i
piedini
in
mano
,
si
mettono
un
cuscino
sulle
ginocchia
e
i
gomiti
sul
cuscino
,
s
'
allungano
,
si
storcono
,
si
stirano
,
fanno
la
gobbina
come
i
gatti
,
rotolano
dal
divano
sulla
materassa
,
dalla
materassa
sul
tappeto
,
dal
tappeto
sul
marmo
del
pavimento
,
e
s
'
addormentano
dove
il
sonno
le
coglie
come
i
bambini
.
Una
viaggiatrice
francese
ha
detto
che
hanno
qualcosa
del
mollusco
.
Son
quasi
sempre
in
un
atteggiamento
da
poterle
prendere
fra
le
braccia
come
una
cosa
rotonda
.
La
loro
posizione
meno
rilassata
è
quella
di
star
sedute
a
gambe
incrociate
.
E
dicono
che
derivi
appunto
dallo
star
sedute
quasi
sempre
in
questa
maniera
,
fin
dall
'
infanzia
,
il
difetto
che
hanno
quasi
tutte
delle
gambe
un
po
'
arcate
.
Ma
con
che
garbo
si
siedono
!
Si
vede
nei
cimiteri
e
nei
giardini
.
Cascano
a
piombo
e
rimangono
sedute
in
terra
,
senza
puntar
le
mani
,
immobili
come
statue
,
e
si
drizzano
poi
in
piedi
,
senz
'
appoggiarsi
,
d
'
un
sol
tratto
,
come
se
scattassero
.
Ma
è
forse
questo
il
loro
solo
movimento
vivace
.
La
grazia
della
donna
turca
è
tutta
nel
riposo
;
-
nell
'
arte
di
mettere
in
evidenza
le
belle
curve
con
atteggiamenti
stanchi
d
'
addormentata
,
col
capo
arrovesciato
indietro
,
coi
capelli
sciolti
,
colle
braccia
penzoloni
,
-
l
'
arte
che
strappa
l
'
oro
e
i
gioielli
al
marito
,
e
sconvolge
il
sangue
e
la
ragione
all
'
eunuco
.
-
E
lo
studio
di
quest
'
arte
non
è
l
'
ultimo
dei
mezzi
con
cui
esse
cercano
di
alleggerire
la
noia
mortale
che
pesa
sulla
maggior
parte
degli
arem
;
noia
che
deriva
non
tanto
dalla
mancanza
d
'
occupazioni
e
di
distrazioni
,
quanto
dall
'
esser
queste
tutte
d
'
un
colore
;
come
certi
libri
che
,
pure
essendo
svariati
nella
sostanza
,
seccano
per
l
'
uniformità
dello
stile
.
Per
salvarsi
dalla
noia
fanno
di
tutto
;
la
loro
giornata
non
è
spesso
che
una
lotta
continua
contro
questo
mostro
ostinato
.
Sedute
sui
cuscini
o
sui
tappeti
,
accanto
alle
loro
schiave
,
orlano
innumerevoli
fazzoletti
da
regalare
alle
amiche
,
ricamano
berretti
da
notte
o
borse
da
tabacco
pei
mariti
,
per
i
padri
,
e
per
i
fratelli
;
fanno
scorrere
cento
volte
le
pallottoline
del
tespì
;
contano
fin
al
numero
più
alto
a
cui
sanno
contare
;
seguitano
coll
'
occhio
,
per
lunghi
tratti
,
dai
finestrini
rotondi
delle
stanze
alte
,
i
bastimenti
che
passano
sul
Bosforo
o
sul
Mar
di
Marmara
,
o
si
mettono
a
fantasticare
ricchezze
,
libertà
ed
amori
accompagnando
collo
sguardo
le
spire
azzurrine
del
fumo
della
sigaretta
.
Quando
son
stanche
della
sigaretta
assaporano
nel
cibuk
i
"
biondi
capelli
del
Latachié
"
;
sazie
di
fumare
,
sorbono
una
tazzina
di
caffè
di
Siria
;
rosicchiano
frutta
e
confetti
;
si
fanno
durare
mezz
'
ora
un
gelato
;
poi
fanno
un
'
altra
fumatina
col
narghilè
profumato
d
'
acqua
di
rosa
;
poi
succhiano
un
po
'
di
mastico
per
levarsi
il
sapore
del
fumo
;
poi
prendono
la
limonata
per
levarsi
il
sapore
del
mastico
.
Si
vestono
,
si
svestono
,
si
mettono
tutte
le
robe
del
loro
cassettone
,
esperimentano
tutte
le
tinture
dei
loro
vasetti
,
si
fanno
e
si
disfanno
dei
nei
in
forma
di
stelle
e
di
mezzelune
,
e
combinano
in
tutte
le
maniere
possibili
una
dozzina
di
specchi
e
di
specchietti
per
vedersi
da
tutte
le
parti
,
finchè
si
vengono
in
uggia
.
Allora
due
schiave
di
quindici
anni
ballano
il
balletto
obbligato
colle
nacchere
e
col
tamburello
;
una
terza
ripete
per
la
centesima
volta
una
canzonetta
o
una
favola
che
sanno
tutte
a
memoria
;
o
le
due
solite
maschiotte
vestite
da
acróbata
fanno
la
solita
lotta
,
che
finisce
con
un
pattone
sul
pavimento
e
una
risata
senza
sapore
.
Qualche
volta
c
'
è
la
novità
d
'
una
brigatella
di
ballerine
egiziane
,
e
allora
è
una
piccola
festa
;
qualche
altra
volta
capita
una
zingara
,
e
allora
la
hanum
si
fa
dir
la
ventura
sulla
palma
,
o
compera
un
talismano
per
esser
sempre
giovane
,
un
decotto
per
aver
figliuoli
,
un
filtro
per
farsi
amare
.
Stanno
ore
col
viso
alle
grate
a
guardar
la
gente
e
i
cani
che
passano
,
insegnano
una
parola
nuova
a
un
pappagallo
,
scendono
in
giardino
a
fare
all
'
altalena
,
risalgono
in
casa
a
dir
le
preghiere
,
tornano
a
sdraiarsi
sul
divano
per
giocare
alle
carte
,
saltan
su
per
ricever
la
visita
d
'
una
parente
o
d
'
un
'
amica
,
e
allora
ricomincia
la
solita
sequela
di
caffè
,
di
fumatine
,
di
limonate
,
di
merenduccie
,
di
risate
stanche
e
di
sbadigli
sonori
,
fin
che
l
'
amica
se
ne
va
,
e
l
'
eunuco
,
apparendo
sulla
soglia
,
dice
a
bassa
voce
:
-
L
'
Effendi
.
-
Ah
!
finalmente
!
È
proprio
Allà
che
lo
manda
,
foss
'
anche
il
più
brutto
marito
di
Stambul
.
-
Questo
segue
negli
arem
dove
c
'
è
,
se
non
altro
,
la
pace
;
negli
altri
la
noia
è
soffocata
dal
furore
delle
passioni
,
e
vi
si
mena
una
vita
affatto
diversa
.
Regna
la
pace
nell
'
arem
in
cui
v
'
è
una
donna
sola
,
amata
da
suo
marito
,
il
quale
non
bada
alle
schiave
,
e
non
ha
intrighi
fuor
di
casa
.
C
'
è
pure
,
se
non
felicità
,
pace
,
negli
arem
dove
sono
parecchie
mogli
di
carattere
leggiero
o
freddo
,
indifferenti
per
il
marito
il
quale
non
fa
differenza
tra
loro
,
che
ricevono
ciascuna
alla
propria
volta
le
sue
preferenze
senza
amore
,
senza
gelosia
e
senza
ambizione
di
predominio
.
Queste
mogli
di
buona
pasta
cercano
di
cavare
all
'
Effendi
tutto
il
denaro
che
possono
,
stanno
nella
stessa
casa
,
vivono
d
'
accordo
,
si
chiamano
sorelle
,
si
divertono
insieme
,
e
addio
;
la
barca
è
fatta
alla
diavola
,
ma
tanto
e
tanto
va
avanti
.
C
'
è
ancora
la
pace
,
un
'
apparenza
almeno
di
pace
,
negli
arem
dove
la
moglie
posposta
a
una
nuova
venuta
,
si
rassegna
tristamente
al
suo
destino
,
e
pure
rifiutando
i
ritagli
d
'
amore
che
le
vorrebbe
dar
suo
marito
,
rimane
amica
sua
,
nella
sua
casa
,
e
cerca
un
conforto
nei
figli
,
e
vive
in
un
raccoglimento
dignitoso
.
Ma
è
un
tutt
'
altro
vivere
negli
arem
dove
ci
sono
donne
di
cuor
fiero
e
di
sangue
ardente
che
non
vogliono
sottostare
al
trionfo
d
'
una
rivale
,
che
non
possono
sopportar
l
'
onta
dell
'
abbandono
,
che
non
si
rassegnano
a
veder
posposti
i
propri
figli
a
quelli
d
'
un
'
altra
madre
.
In
questi
arem
c
'
è
l
'
inferno
.
Qui
si
piange
,
si
strepita
,
si
spezzano
porcellane
e
cristalli
,
si
fanno
morir
delle
schiave
a
colpi
di
spillo
,
si
ordiscono
delle
congiure
,
si
meditano
dei
delitti
,
e
qualche
volta
si
consumano
:
si
avvelena
,
si
stiletta
,
si
gettano
delle
bocce
di
vitriolo
nel
viso
;
qui
la
vita
non
è
che
una
trama
orribile
di
persecuzioni
,
di
odii
implacabili
,
di
guerre
sorde
e
feroci
.
L
'
uomo
che
ha
più
mogli
,
in
conclusione
,
o
ne
ama
una
sola
davvero
,
e
non
ha
la
pace
;
o
le
ama
tutte
ad
un
modo
per
aver
la
pace
,
e
non
ha
l
'
amore
.
E
nell
'
un
caso
e
nell
'
altro
,
va
quasi
sempre
diritto
alla
rovina
,
poichè
se
fra
le
sue
donne
non
c
'
è
gelosia
d
'
amore
,
c
'
è
sempre
gelosia
d
'
amor
proprio
,
rivalità
d
'
ambizione
,
gara
di
splendidezze
;
ed
egli
non
può
regalare
alla
sua
prediletta
del
giorno
un
gioiello
o
una
carrozza
o
una
villetta
sul
Bosforo
,
senza
che
ne
nasca
un
sottosopra
;
il
perché
è
costretto
a
far
per
tutte
quello
che
vorrebbe
fare
per
una
,
vale
a
dire
a
comprar
la
pace
a
peso
d
'
oro
.
E
quello
che
segue
tra
le
donne
,
segue
tra
i
figliuoli
,
i
quali
o
son
figli
della
madre
negletta
,
e
odiano
;
o
son
figli
della
favorita
,
e
sono
odiati
.
Ed
è
facile
immaginare
che
educazione
possono
ricevere
nell
'
arem
,
in
quelle
case
piene
di
rancori
e
d
'
intrighi
,
in
mezzo
alle
schiave
e
agli
eunuchi
,
senza
l
'
assistenza
del
padre
,
senza
l
'
esempio
del
lavoro
,
in
quell
'
aria
bassa
e
sensuale
;
le
ragazze
in
special
modo
,
che
s
'
avvezzano
fin
dai
primi
anni
a
fondare
tutte
le
speranze
della
propria
fortuna
sopra
le
arti
d
'
una
seduzione
per
la
quale
è
troppo
alto
l
'
epiteto
di
"
amorosa
"
,
e
che
imparano
queste
arti
dalla
madre
,
e
il
rimanente
dalle
schiave
,
e
il
di
più
da
Caragheuz
.
-
Vi
sono
poi
due
altre
specie
di
arem
,
oltre
ai
pacifici
e
ai
tempestosi
:
l
'
arem
del
turco
giovane
e
spregiudicato
,
che
seconda
le
tendenze
europee
della
moglie
,
e
quello
del
turco
o
rigorista
per
sentimento
proprio
,
o
dominato
da
parenti
,
e
in
particolar
modo
da
una
vecchia
madre
,
musulmana
inflessibile
,
avversa
ad
ogni
novità
,
che
gli
fa
governar
la
casa
a
modo
suo
.
Fra
questi
due
arem
corre
una
gran
differenza
.
Il
primo
arieggia
la
casa
d
'
una
signora
europea
.
C
'
è
un
pianoforte
che
la
hanum
impara
a
sonare
da
una
maestra
cristiana
;
ci
son
dei
tavolini
da
lavoro
,
delle
seggiole
impagliate
,
un
letto
di
mogogon
,
una
scrivania
;
c
'
è
appeso
a
una
parete
un
bel
ritratto
a
matita
dell
'
Effendi
fatto
da
un
pittore
italiano
di
Pera
;
c
'
è
in
un
cantuccio
uno
scaffaletto
con
una
ventina
di
libri
,
fra
i
quali
un
piccolo
dizionario
turco
e
francese
e
l
'
ultimo
numero
della
Mode
illustrée
che
la
signora
riceve
di
seconda
mano
dalla
consolessa
di
Spagna
.
La
signora
possiede
pure
tutto
l
'
occorrente
per
dipingere
all
'
acquerello
e
dipinge
con
passione
fiori
e
frutti
.
Essa
assicura
alle
sue
amiche
che
non
ha
un
momento
di
noia
.
Tra
un
lavoro
e
l
'
altro
scrive
le
sue
memorie
.
A
una
cert
'
ora
riceve
il
maestro
di
francese
(
un
vecchio
gobbo
e
sfiatato
,
s
'
intende
)
col
quale
fa
esercizio
di
conversazione
.
Qualche
volta
viene
a
farle
il
ritratto
una
fotografa
tedesca
di
Galata
.
Quando
è
malata
,
viene
a
visitarla
un
medico
europeo
,
il
quale
può
anche
essere
un
bel
giovane
,
chè
il
marito
non
è
poi
così
bestialmente
geloso
come
certi
suoi
amici
antiquati
.
E
viene
una
volta
ogni
tanto
anche
una
modista
francese
a
misurarle
un
vestito
tagliato
proprio
sull
'
ultimo
figurino
del
giornale
della
moda
,
col
quale
la
signora
vuol
fare
una
bella
sorpresa
al
marito
la
sera
del
giovedì
,
che
è
la
sera
sacramentale
degli
sposi
musulmani
,
nella
quale
l
'
effendi
ha
una
specie
di
cambiale
galante
da
pagare
alla
sua
"
foglia
di
rosa
"
.
E
l
'
effendi
,
che
è
uomo
d
'
alto
affare
,
le
ha
promesso
di
farle
vedere
dallo
spiraglio
d
'
una
porta
il
primo
gran
ballo
che
darà
nel
prossimo
inverno
l
'
ambasciata
d
'
Inghilterra
.
La
hanum
,
insomma
,
è
una
signora
europea
di
religione
musulmana
,
e
lo
dice
con
compiacenza
alle
amiche
:
-
Io
vivo
come
una
cocona
,
-
come
una
cristiana
;
-
e
le
amiche
e
le
parenti
sue
professano
almeno
gli
stessi
principii
,
se
non
possono
condurre
la
stessa
vita
,
e
fra
lei
e
loro
si
discorre
di
mode
e
di
teatri
,
si
canzonano
le
"
superstizioni
"
,
le
"
pedanterie
"
,
le
"
bigotterie
della
vecchia
Turchia
"
e
si
finisce
ogni
discorso
col
dire
che
"
è
tempo
di
cominciare
a
vivere
in
una
maniera
più
ragionevole
"
.
Ma
nell
'
altro
arem
?
Qui
tutto
è
rigorosamente
turco
dal
vestire
della
signora
fino
alla
più
piccola
suppellettile
.
Di
libri
non
c
'
entra
che
il
Corano
,
di
giornali
non
ci
penetra
che
lo
Stambul
.
Se
la
signora
s
'
ammala
,
non
si
chiama
il
medico
,
ma
una
di
quelle
tante
dottoresse
turche
,
che
hanno
uno
specifico
miracoloso
per
tutti
i
mali
.
Se
il
padre
e
la
madre
della
signora
son
gente
infetta
dalla
tabe
europea
,
non
si
permette
loro
di
veder
la
figliuola
che
una
volta
la
settimana
.
Tutte
le
aperture
della
casa
sono
bene
ingraticolate
e
chiavistellate
,
e
d
'
europeo
non
c
'
entra
proprio
altro
che
l
'
aria
,
eccetto
il
caso
che
la
signora
abbia
avuto
la
disgrazia
d
'
imparare
un
po
'
di
francese
da
bambina
,
chè
allora
la
suocera
è
capace
di
metterle
in
mano
un
qualche
romanzaccio
della
peggio
specie
,
per
poterle
dir
poi
:
-
Lo
vedete
che
bella
società
è
quella
che
voi
volete
scimmiottare
?
che
fior
di
roba
produce
?
che
belli
esempi
vi
porge
?
-
Eppure
la
vita
delle
donne
turche
è
piena
d
'
accidenti
,
di
brighe
,
di
pettegolezzi
,
che
a
primo
aspetto
non
si
credono
possibili
in
una
società
dove
i
due
sessi
non
hanno
comunicazione
diretta
fra
loro
.
In
un
arem
,
per
esempio
,
c
'
è
la
vecchia
madre
che
vuol
levar
dal
cuore
di
suo
figlio
una
delle
mogli
per
farci
entrare
la
prediletta
da
lei
,
e
cerca
ogni
modo
di
nascondergli
i
figliuoli
di
quella
,
e
di
farne
trasandare
l
'
educazione
perché
egli
non
ci
ponga
affetto
,
e
non
li
preferisca
a
quei
dell
'
altra
.
In
un
altro
c
'
è
una
moglie
,
che
non
potendo
staccare
il
marito
dalla
sua
rivale
per
riaverne
l
'
amore
essa
sola
,
cerca
almeno
di
sfogare
il
proprio
dispetto
staccandolo
da
quella
per
un
'
altra
,
e
a
questo
scopo
cerca
per
mare
e
per
terra
una
bella
schiava
da
metter
sotto
gli
occhi
all
'
Effendi
,
perché
se
ne
incapricci
e
tradisca
con
essa
la
sua
favorita
.
Un
'
altra
moglie
,
che
fa
per
inclinazione
naturale
la
sensale
di
matrimonii
,
s
'
ingegna
di
fare
in
maniera
che
un
tale
suo
parente
veda
spesso
una
tale
ragazza
,
e
se
ne
innamori
,
e
la
sposi
,
e
la
rubi
così
al
proprio
marito
il
quale
cova
da
un
pezzo
il
proposito
di
farla
sua
.
Qui
è
un
gruppo
di
signore
che
si
quotano
a
un
tanto
ciascuna
per
regalare
,
con
qualche
secondo
fine
,
una
bella
schiava
al
gran
Visir
o
al
Sultano
;
là
sono
altre
signore
,
alto
locate
,
che
movendo
mille
fili
segreti
di
parentele
potenti
,
vengono
a
capo
di
quello
che
vogliono
,
e
fanno
cader
nemici
da
alte
cariche
,
e
salirvi
amici
,
e
divorziar
l
'
uno
,
e
partire
un
altro
per
una
provincia
lontana
.
E
benchè
ci
sia
meno
commercio
sociale
che
nelle
nostre
città
,
non
si
sanno
meno
che
fra
noi
i
fatti
degli
altri
.
La
fama
d
'
una
donna
spiritosa
,
o
d
'
una
gran
maldicente
,
o
d
'
una
gelosa
feroce
,
o
d
'
una
grulla
,
si
spande
molto
al
di
là
del
cerchio
dei
conoscenti
.
Anche
là
i
motti
arguti
e
i
bei
giochi
di
parole
,
a
cui
la
lingua
turca
si
presta
mirabilmente
,
corrono
di
bocca
in
bocca
e
fanno
dei
giri
infiniti
.
Le
nascite
,
le
circoncisioni
,
i
matrimonii
,
le
feste
,
tutti
i
più
piccoli
avvenimenti
che
seguono
nelle
colonie
europee
e
nel
Serraglio
,
sono
argomento
di
chiacchiere
interminabili
.
Avete
visto
il
nuovo
cappellino
dell
'
Ambasciatrice
di
Francia
?
Si
sa
nulla
della
bella
schiava
venuta
dalla
Georgia
,
che
la
Sultana
Validè
regalerà
al
Sultano
il
giorno
del
gran
Beiram
?
È
vero
che
la
moglie
di
Ahmed
-
Pascià
è
uscita
ieri
l
'
altro
cogli
stivaletti
all
'
europea
guerniti
di
nappine
di
seta
?
Sono
finalmente
arrivati
i
vestiarii
da
Parigi
per
la
rappresentazione
del
Bourgeois
gentilhomme
al
teatro
del
Serraglio
?
È
una
settimana
che
la
moglie
di
Mahmud
-
effendi
va
a
pregare
ogni
mattina
nella
moschea
di
Baiazet
per
ottenere
la
grazia
di
due
gemelli
.
È
seguito
uno
scandalo
in
casa
del
tal
fotografo
di
via
di
Pera
,
perché
Ahmed
-
effendi
ci
ha
trovato
il
ritratto
di
sua
moglie
.
La
signora
Aiscè
beve
vino
.
La
signora
Fatima
s
'
è
fatta
fare
dei
biglietti
di
visita
.
La
signora
Hafiten
è
stata
vista
entrare
alle
tre
e
uscire
alle
quattro
dalla
bottega
d
'
un
franco
.
La
piccola
cronaca
maligna
circola
con
una
rapidità
incredibile
fra
quelle
innumerevoli
casette
gialle
e
vermiglie
,
s
'
allaccia
con
quella
della
corte
,
si
spande
per
Scutari
,
s
'
allunga
sulle
due
rive
del
Bosforo
fino
al
mar
Nero
,
e
arriva
non
di
rado
fino
alle
grandi
città
di
provincia
,
di
dove
ritorna
ricamata
e
frangiata
a
provocar
nuove
risate
e
nuovi
pettegolezzi
nei
mille
arem
della
metropoli
.
-
Sarebbe
un
divertimento
curioso
,
se
ci
fossero
fra
i
turchi
,
come
ce
n
'
è
fra
noi
,
di
quei
gazzettini
viventi
del
bel
mondo
,
che
conoscono
tutti
e
sanno
e
propalano
tutto
;
sarebbe
un
divertimento
insieme
e
uno
studio
amenissimo
dei
costumi
di
Costantinopoli
,
l
'
andarsi
a
piantare
con
uno
di
costoro
all
'
entrata
delle
Acque
dolci
d
'
Europa
,
un
giorno
di
festa
,
e
farsi
dire
una
paroletta
a
proposito
di
tutte
le
persone
notevoli
per
un
verso
o
per
l
'
altro
che
ci
passerebbero
davanti
.
Ma
che
importa
che
non
si
sia
fatto
?
Le
cose
si
sanno
,
le
persone
si
possono
immaginare
.
Per
me
è
come
se
vedessi
e
sentissi
in
questo
momento
.
La
gente
passa
,
e
il
turco
accenna
e
ciancia
.
Quella
signora
lì
s
'
è
rotta
che
è
poco
con
suo
marito
ed
è
andata
a
stare
a
Scutari
;
Scutari
è
il
rifugio
delle
malcontente
e
delle
imbronciate
;
è
andata
a
stare
con
una
sua
amica
,
e
ci
starà
fin
che
suo
marito
,
il
quale
in
fondo
le
vuol
bene
,
le
andrà
ad
annunziare
che
s
'
è
sbarazzato
della
concubina
,
cagione
della
rottura
,
e
la
ricondurrà
a
casa
pacificata
.
Questo
effendi
che
passa
è
un
impiegato
del
Ministero
degli
esteri
,
il
quale
per
non
aver
che
fare
con
parenti
e
parenti
di
parenti
,
che
spesso
mettono
la
discordia
in
casa
,
ha
fatto
come
fanno
tanti
altri
:
ha
sposato
una
schiava
araba
,
che
prende
appunto
in
questi
giorni
le
prime
lezioni
di
lingua
turca
dalla
sorella
del
marito
.
Quest
'
altra
bella
donnina
è
una
divorziata
,
la
quale
aspetta
che
l
'
effendi
tale
abbia
ripudiata
una
delle
sue
quattro
mogli
per
andare
a
prendere
il
posto
che
le
è
stato
promesso
da
un
pezzo
.
Quell
'
altra
laggiù
è
una
signora
che
dopo
aver
fatto
divorzio
due
volte
dallo
stesso
marito
,
lo
vuol
sposare
daccapo
,
e
lui
è
d
'
accordo
;
e
per
far
questo
essa
sposa
fra
qualche
giorno
,
come
vuole
la
legge
,
un
altr
'
uomo
,
il
quale
sarà
suo
marito
per
una
notte
sola
,
e
farà
divorzio
subito
,
dopo
di
che
la
bella
capricciosa
potrà
celebrare
il
suo
terzo
matrimonio
col
primo
sposo
.
Questa
brunetta
cogli
occhi
spiritati
è
una
schiava
abissina
,
stata
regalata
da
una
gran
signora
del
Cairo
a
una
gran
signora
di
Stambul
,
la
quale
è
morta
,
e
le
ha
lasciato
il
posto
di
padrona
di
casa
.
Questo
effendi
di
cinquant
'
anni
è
già
stato
marito
di
dieci
donne
.
Questa
vecchietta
vestita
di
verde
può
vantarsi
d
'
essere
stata
moglie
legittima
di
dodici
uomini
.
Quest
'
altra
è
una
signora
che
si
fa
d
'
oro
comprando
ragazze
di
quattordici
anni
,
a
cui
fa
insegnare
la
musica
,
il
ballo
,
il
canto
,
le
belle
maniere
della
società
signorile
,
e
poi
le
rivende
col
guadagno
del
cinquecento
per
cento
.
Ecco
là
un
'
altra
bella
signora
di
cui
posso
dirvi
il
costo
esatto
:
è
una
circassa
che
fu
comprata
a
Tophané
per
cento
e
venti
lire
turche
e
rivenduta
tre
anni
dopo
per
la
bagattella
di
quattrocento
.
Questa
qui
che
s
'
aggiusta
il
velo
è
passata
per
una
trafila
singolare
:
è
stata
prima
schiava
,
poi
odalisca
,
poi
moglie
,
poi
divorziata
,
poi
moglie
daccapo
,
e
adesso
è
vedova
e
sta
brigando
per
un
nuovo
matrimonio
.
Guardate
questo
effendi
:
è
in
una
condizione
curiosa
;
ve
la
do
in
mille
a
indovinare
;
sua
moglie
è
innamorata
d
'
un
eunuco
,
e
si
dice
che
è
capace
di
dare
a
suo
marito
una
cattiva
tazza
di
caffè
,
per
andare
a
stare
in
pace
coll
'
amante
,
e
non
sarebbe
il
primo
esempio
d
'
un
amore
così
mostruosamente
spirituale
.
Quello
là
è
un
negoziante
che
per
ragioni
di
commercio
ha
sposate
quattro
donne
,
e
ne
tiene
una
a
Costantinopoli
,
una
a
Trebisonda
,
una
a
Salonico
e
la
quarta
in
Alessandria
d
'
Egitto
,
ed
ha
così
quattro
porti
amorosi
in
cui
riparare
al
termine
dei
suoi
viaggi
.
Questo
bel
pascià
di
ventiquattr
'
anni
non
era
un
mese
fa
che
un
povero
uffiziale
subalterno
della
guardia
imperiale
,
e
l
'
ha
fatto
pascià
di
sbalzo
il
Sultano
per
dargli
in
moglie
una
sua
sorella
;
ma
sconta
i
peccati
degli
altri
mariti
turchi
,
perché
con
una
Sultana
non
si
celia
,
e
si
sa
che
quella
è
"
gelosa
come
un
usignolo
"
,
e
forse
,
se
cercassimo
bene
tra
la
folla
,
troveremmo
una
schiava
che
lo
pedina
alla
lontana
per
scoprir
chi
guarda
e
chi
non
guarda
.
Guardate
questo
bel
fusto
di
donna
:
non
c
'
è
bisogno
d
'
un
occhio
fine
per
accorgersi
che
è
un
fiore
uscito
dal
Serraglio
;
è
stata
una
bella
del
Sultano
,
e
l
'
ha
sposata
mesi
sono
un
impiegato
del
Ministero
della
guerra
,
che
per
mezzo
suo
ha
ora
un
piede
nella
Corte
e
farà
in
poco
tempo
molta
strada
.
Ecco
là
una
bambina
di
cinque
anni
che
fu
fidanzata
oggi
a
un
ragazzo
di
otto
;
lo
sposino
è
stato
condotto
dai
parenti
a
farle
visita
,
l
'
ha
trovata
di
suo
genio
e
ha
fatto
subito
le
furie
perché
un
cuginetto
alto
un
metro
l
'
ha
baciata
in
presenza
sua
.
Ecco
una
vecchia
strega
che
ieri
l
'
altro
ha
fatto
scannar
due
montoni
in
ringraziamento
ad
Allà
perché
la
sbarazzò
d
'
una
nuora
che
detestava
.
Ecco
là
una
medichessa
briccona
,
a
cui
una
signora
ha
messo
nelle
mani
una
delle
sue
schiave
,
incaricandola
di
farle
andare
a
male
il
frutto
d
'
un
suo
intrighetto
coll
'
Effendi
,
poichè
se
la
schiava
mette
al
mondo
una
creatura
,
la
padrona
non
la
può
più
vendere
e
il
padrone
bisogna
che
se
la
tenga
.
Quest
'
altra
è
una
donna
dello
stesso
conio
,
a
cui
certi
effendi
danno
di
tratto
in
tratto
l
'
incarico
di
verificare
de
visu
se
una
schiava
che
vogliono
pigliarsi
in
casa
è
proprio
schietta
farina
.
Quella
là
col
viso
tutto
coperto
e
col
feregé
lilla
,
è
la
moglie
d
'
un
turco
amico
mio
;
ma
non
è
turca
,
è
cristiana
,
è
va
tutte
le
domeniche
in
chiesa
;
ma
non
ne
dite
nulla
a
nessuno
,
per
riguardo
a
lei
,
non
già
per
il
marito
,
chè
il
Corano
non
proibisce
di
sposar
le
cristiane
,
e
per
purificarsi
dall
'
abbraccio
d
'
un
infedele
basta
lavarsi
il
viso
e
le
mani
.
Ah
!
che
cos
'
abbiamo
perduto
!
È
passata
una
carrozza
del
Serraglio
;
c
'
era
dentro
la
terza
cadina
del
Sultano
:
ho
riconosciuto
il
nastro
color
di
rosa
al
collo
dell
'
intendente
:
la
terza
cadina
,
regalo
del
pascià
di
Smirne
,
che
ha
i
più
grandi
occhi
e
la
più
piccola
bocca
dell
'
impero
;
una
figura
sul
gusto
di
questa
piccola
hanum
col
nasino
arcato
,
che
ieri
offese
Gesù
e
Maometto
con
un
pittore
inglese
di
mia
conoscenza
.
La
sciagurata
!
E
pensare
che
quando
i
due
angeli
Nekir
e
Munkir
giudicheranno
l
'
anima
sua
,
essa
crederà
di
scusarsi
colla
solita
bugia
,
dicendo
che
in
quel
momento
aveva
gli
occhi
chiusi
e
non
riconobbe
l
'
infedele
!
-
Ma
dunque
ci
sono
delle
turche
infedeli
?
Se
ce
ne
sono
!
Nonostante
la
gelosia
degli
effendi
e
la
vigilanza
degli
eunuchi
,
nonostante
i
cento
colpi
di
frusta
che
il
Corano
minaccia
ai
colpevoli
,
nonostante
che
i
mariti
turchi
formino
tra
loro
una
specie
di
società
di
mutua
assicurazione
,
e
che
segua
là
tutto
l
'
opposto
di
quello
che
segue
in
altri
paesi
,
dove
par
che
tutti
cospirino
tacitamente
a
danno
della
felicità
coniugale
;
si
può
quasi
affermare
che
le
"
velate
"
di
Costantinopoli
non
commettono
meno
peccati
che
le
"
non
velate
"
di
molte
città
cristiane
.
Se
ciò
non
fosse
,
Caragheuz
non
avrebbe
così
spesso
sulla
bocca
la
parola
kerata
,
la
quale
,
tradotta
in
un
nome
storico
,
significa
Menelao
.
O
com
'
è
possibile
?
È
possibile
in
mille
maniere
.
Già
bisogna
dire
che
donne
nel
Bosforo
non
se
ne
gettano
più
,
nè
dentro
un
sacco
,
nè
senza
sacco
,
e
che
i
castighi
del
digiuno
,
del
silenzio
,
del
cilicio
,
delle
bastonate
sulle
piante
dei
piedi
,
non
son
più
che
minacce
di
qualche
kerata
bestiale
.
La
gelosia
cerca
d
'
impedire
il
tradimento
;
ma
quando
s
'
accorge
di
non
esservi
riuscita
,
non
fa
più
nè
le
furie
nè
le
vendette
d
'
una
volta
,
poichè
ora
è
assai
più
difficile
di
tener
nascoste
le
tragedie
domestiche
fra
le
mura
della
casa
,
e
nella
società
musulmana
è
entrata
,
con
molte
altre
forze
europee
,
la
forza
del
ridicolo
,
di
cui
la
gelosia
ha
paura
.
E
oltre
a
ciò
la
gelosia
turca
,
che
nella
maggior
parte
dei
casi
è
una
gelosia
fredda
,
corporale
,
d
'
amor
proprio
più
che
d
'
amore
,
è
bensì
severa
,
pesante
,
ed
anche
vendicativa
;
ma
non
può
avere
i
mille
occhi
e
l
'
attività
investigatrice
e
infaticabile
di
quella
che
vien
proprio
dal
vivo
dell
'
anima
innamorata
.
E
poi
chi
vigila
sulle
donne
separate
dal
marito
,
od
anche
non
separate
,
ma
che
stanno
in
una
casa
a
parte
,
dove
egli
non
va
tutti
i
giorni
?
Chi
le
segue
per
i
vicoli
intricati
di
Pera
e
di
Galata
e
per
i
quartieri
lontani
di
Stambul
?
Chi
impedisce
a
un
bell
'
aiutante
di
campo
del
Sultano
di
fare
quel
che
gli
vidi
far
io
,
di
passar
di
galoppo
accanto
a
una
carrozza
,
alla
svoltata
d
'
uno
stradone
,
nel
punto
in
cui
l
'
eunuco
che
è
dinanzi
gli
volge
le
spalle
e
quello
di
dietro
non
può
vederlo
perché
c
'
è
la
carrozza
frammezzo
,
e
di
gettare
passando
un
bigliettino
nello
sportello
?
E
le
sere
del
Ramazan
che
le
donne
stan
fuori
fino
a
mezzanotte
?
E
le
cocone
compiacenti
,
specie
quelle
che
stanno
sul
confine
d
'
un
sobborgo
cristiano
e
d
'
un
sobborgo
musulmano
,
che
ricevono
in
casa
un
'
amica
velata
,
senza
chiuder
la
porta
ad
un
amico
europeo
?
Le
avventure
però
non
son
più
nè
strane
nè
terribili
come
altre
volte
.
Non
ci
son
più
le
gran
dame
che
di
notte
,
dopo
soddisfatto
un
capriccio
,
precipitano
nel
Bosforo
per
un
trabocchetto
il
giovane
di
bottega
che
ha
portata
all
'
arem
la
stoffa
comprata
da
loro
la
mattina
;
come
faceva
una
Sultana
del
secolo
scorso
.
Ora
tutto
procede
prosaicamente
.
I
primi
convegni
si
danno
per
lo
più
nelle
retrobotteghe
.
Si
sa
;
ci
sono
da
per
tutto
dei
bottegai
che
fanno
bottega
d
'
ogni
cosa
.
E
non
c
'
è
da
domandare
se
le
autorità
turche
cerchino
di
impedire
questi
abusi
.
Basti
il
dire
che
delle
prescrizioni
per
il
buon
ordine
che
dà
la
Polizia
di
Costantinopoli
in
occasione
delle
grandi
feste
,
la
maggior
parte
si
riferiscono
alle
donne
,
e
sono
direttamente
rivolte
a
loro
in
forma
di
consigli
o
di
minaccie
.
È
proibito
alle
donne
,
per
esempio
,
d
'
entrare
nelle
stanze
interne
delle
botteghe
:
debbono
stare
in
modo
da
esser
viste
dalla
strada
.
È
proibito
alle
donne
di
andare
in
tramway
per
divertimento
:
ossia
debbono
scendere
al
termine
della
corsa
e
non
tornare
subito
indietro
per
la
stessa
via
.
È
proibito
alle
donne
di
far
segni
alla
gente
che
passa
,
di
fermarsi
qui
,
di
passar
per
di
là
,
di
trattenersi
più
di
quel
certo
tempo
in
quei
dati
luoghi
:
tutte
prescrizioni
che
ognuno
può
immaginare
come
vengano
poi
rispettate
e
se
sia
possibile
farle
rispettare
.
E
poi
c
'
è
quel
benedetto
velo
,
che
fu
istituito
come
una
salvaguardia
dell
'
uomo
,
e
che
ora
è
diventato
una
salvaguardia
della
donna
,
perché
se
lo
mettono
trasparente
per
far
saltare
i
capricci
,
e
fitto
per
poterli
appagare
;
dal
che
si
dice
che
nascano
molti
accidenti
bizzarri
:
di
amanti
fortunati
che
dopo
molto
tempo
non
sanno
ancora
chi
siano
le
loro
belle
;
di
donne
che
si
nascondono
sotto
il
nome
d
'
un
'
altra
per
fare
una
vendetta
;
di
corbellature
,
di
riconoscimenti
,
d
'
imbrogli
,
che
danno
luogo
a
chiacchiere
e
a
battibecchi
infiniti
.
-
Le
chiacchiere
vanno
poi
tutte
a
confondersi
e
a
ribollire
nelle
case
di
bagni
,
che
sono
i
luoghi
usuali
di
convegno
per
le
donne
turche
.
Il
bagno
è
in
certo
modo
il
loro
teatro
.
Ci
vanno
a
coppie
e
a
brigate
colle
schiave
,
portando
con
sè
cuscini
,
tappeti
,
oggetti
di
toeletta
,
ghiottonerie
,
e
qualche
volta
il
desinare
,
per
starvi
dalla
mattina
alla
sera
.
Là
,
in
quelle
sale
semioscure
,
fra
i
marmi
e
le
fontane
,
si
trovano
qualche
volta
insieme
più
di
duecento
donne
,
nude
come
ninfe
o
mal
velate
,
che
a
detta
delle
signore
europee
che
ci
furono
,
presentano
uno
spettacolo
da
far
cadere
il
pennello
di
mano
a
cento
pittori
.
Vi
si
vedono
le
hanum
bianchissime
accanto
alle
schiave
nere
come
l
'
ebano
;
le
belle
matrone
dalle
forme
poderose
che
rappresentano
l
'
ideale
della
bellezza
per
i
turchi
di
gusto
antico
;
delle
sposine
smilze
e
giovanissime
,
coi
capelli
corti
e
ricciuti
,
che
sembrano
giovinetti
;
circasse
coi
capelli
d
'
oro
che
cascano
fino
alle
ginocchia
;
turche
che
hanno
fino
a
cento
trecce
nerissime
sparse
per
il
seno
e
per
le
spalle
;
altre
coi
capelli
divisi
in
un
'
infinità
di
piccole
ciocche
disordinate
che
fanno
la
figura
d
'
una
parrucca
enorme
;
una
con
un
amuleto
al
collo
,
un
'
altra
con
uno
spicchio
d
'
aglio
legato
al
capo
per
scongiurare
il
mal
d
'
occhio
;
delle
mezze
selvagge
con
rabeschi
sopra
le
braccia
;
le
donnine
alla
moda
che
hanno
intorno
alla
vita
le
tracce
del
busto
e
intorno
al
collo
del
piede
i
segni
dello
stivaletto
;
e
qualche
volta
anche
delle
povere
schiave
che
mostrano
sulle
spalle
le
impronte
del
frustino
degli
eunuchi
.
Si
vedono
mille
gruppi
e
mille
atteggiamenti
graziosi
e
bizzarri
;
alcune
fumano
sdraiate
sui
tappeti
,
altre
si
fanno
pettinar
dalle
schiave
,
altre
ricamano
,
altre
canterellano
,
ridono
,
si
spruzzano
e
si
rincorrono
,
o
strillano
sotto
le
doccie
,
o
gozzovigliano
sedute
in
cerchio
,
o
tagliano
i
panni
al
prossimo
aggruppate
in
disparte
.
E
scoprendo
il
loro
corpo
,
scoprono
anche
,
là
più
che
altrove
,
la
loro
indole
fanciullesca
.
Si
misurano
i
piedini
,
si
giudicano
,
si
confrontano
.
Una
dice
francamente
:
-
Son
bella
;
-
un
'
altra
:
-
Son
passabile
:
-
un
'
altra
:
-
Mi
rincresce
d
'
aver
questo
difetto
-
oppure
:
-
Ma
sai
che
sei
più
bella
di
me
,
tu
?
-
E
qualcuna
dice
in
tuono
di
rimprovero
all
'
amica
:
-
Ma
guarda
dunque
la
signora
Ferideh
com
'
è
diventata
grassa
a
mangiar
gamberi
schiacciati
,
tu
che
dicevi
che
fanno
meglio
le
pallottole
di
riso
?
-
E
quando
c
'
è
una
cocona
garbata
la
circondano
e
le
fanno
mille
domande
:
-
Ma
è
vero
che
andate
ai
balli
scoperte
fin
qui
?
Il
vostro
effendi
che
cosa
ne
pensa
?
E
gli
altri
uomini
che
cosa
ne
dicono
?
E
come
vi
pigliate
per
ballare
?
In
codesto
modo
?
Ma
davvero
?
Ma
son
proprio
cose
che
bisognerebbe
vederle
per
poterci
credere
!
-
E
non
solo
nei
bagni
,
ma
per
tutto
e
in
tutte
le
occasioni
cercano
di
conoscere
signore
europee
,
e
son
felici
quando
possono
attaccar
discorso
con
esse
,
e
specialmente
quando
possono
riceverle
in
casa
.
Allora
radunano
le
amiche
,
mettono
in
vista
tutte
le
donne
di
servizio
,
fanno
un
po
'
di
festa
,
rimpinzano
la
visitatrice
di
dolci
e
di
frutti
,
e
di
rado
la
lasciano
andar
via
senza
un
regalo
.
Il
sentimento
che
le
muove
a
queste
dimostrazioni
è
più
la
curiosità
,
si
capisce
,
che
la
benevolenza
;
e
infatti
,
appena
hanno
preso
un
po
'
di
famigliarità
colla
nuova
amica
,
si
fanno
dire
mille
particolari
della
vita
europea
,
esaminano
il
suo
vestiario
parte
per
parte
dal
cappellino
agli
stivaletti
,
e
non
sono
soddisfatte
se
non
quando
l
'
hanno
condotta
al
bagno
e
hanno
visto
bene
com
'
è
fatta
una
nazarena
,
una
di
queste
donne
straordinarie
,
che
studiano
tante
cose
,
che
dipingono
,
che
scrivono
per
le
stampe
,
che
lavorano
negli
uffici
pubblici
,
che
montano
a
cavallo
,
che
salgono
sulla
cima
delle
montagne
.
Da
molto
tempo
,
però
,
non
hanno
più
di
loro
le
strane
idee
che
avevano
prima
della
riforma
;
non
credono
più
,
per
esempio
,
che
il
busto
sia
una
specie
di
corazza
messa
dai
mariti
alle
mogli
per
assicurarsi
della
loro
fedeltà
,
e
di
cui
essi
soli
abbian
la
chiave
;
nè
che
le
donne
europee
siano
di
tutti
coloro
con
cui
vanno
una
volta
a
braccetto
;
per
il
che
le
guardavano
con
diffidenza
e
ne
parlavano
con
disprezzo
,
non
invidiando
nemmeno
la
loro
coltura
,
di
cui
non
avevano
idea
o
che
non
erano
in
grado
d
'
apprezzare
.
Ora
nutrono
invece
per
esse
un
tutt
'
altro
sentimento
,
e
son
diventate
diffidenti
nel
senso
opposto
;
si
vergognano
,
cioè
,
in
faccia
a
loro
,
della
propria
ignoranza
;
temono
di
parer
rozze
o
sciocche
o
puerili
;
e
molte
non
s
'
abbandonano
più
coll
'
ingenuità
confidente
delle
prime
volte
.
Ma
le
imitano
sempre
più
nel
vestire
e
nei
modi
.
Quelle
che
studiano
una
lingua
europea
,
la
studiano
più
per
imitazione
che
per
desiderio
di
sapere
,
o
la
studiano
per
parlare
con
le
cristiane
.
Discorrendo
,
s
'
ingegnano
d
'
incastrare
nel
turco
qualche
parola
francese
;
quelle
che
non
sanno
quella
lingua
,
fingon
di
saperla
o
almeno
d
'
intenderla
;
sono
beate
di
sentirsi
chiamar
madame
;
vanno
apposta
in
certe
botteghe
di
franchi
per
essere
salutate
con
quel
titolo
;
e
Pera
,
la
gran
Pera
le
attira
,
come
il
lume
le
farfalle
;
attira
i
loro
passi
,
le
loro
fantasie
e
i
loro
quattrini
,
e
qualche
volta
anche
i
loro
peccati
.
Per
questo
son
smaniose
di
conoscer
signore
franche
,
che
sono
per
esse
come
le
rivelatrici
d
'
un
nuovo
mondo
.
Da
loro
si
fanno
descrivere
i
grandi
spettacoli
dei
teatri
d
'
occidente
,
i
balli
splendidi
,
i
bei
conviti
,
i
ricevimenti
sontuosi
delle
gran
dame
,
le
avventure
carnevalesche
e
i
grandi
viaggi
,
e
tutte
queste
immagini
luminose
turbinano
poi
tutte
insieme
nella
loro
testina
affaticata
,
fra
le
pareti
uggiose
dell
'
arem
,
all
'
ombra
dei
giardini
malinconici
;
e
come
le
donne
europee
sognano
gli
orizzonti
sereni
dell
'
Oriente
,
esse
sospirano
in
quei
momenti
,
la
vita
varia
e
febbrile
dei
nostri
paesi
,
e
darebbero
tutte
le
meraviglie
del
Bosforo
per
un
quartiere
nebbioso
di
Parigi
.
Ma
non
è
soltanto
la
vita
varia
e
febbrile
ch
'
esse
sospirano
;
è
anche
,
e
più
sovente
e
più
intimamente
desiderata
,
la
vita
domestica
,
il
piccolo
mondo
della
casa
europea
,
il
cerchio
degli
amici
devoti
,
le
mense
coronate
di
figli
,
le
belle
vecchiezze
onorate
;
quel
santuario
pieno
di
memorie
,
di
confidenze
e
di
tenerezze
,
che
può
render
bella
l
'
unione
di
due
anime
anche
senza
l
'
amore
;
al
quale
si
ritorna
anche
dopo
una
lunga
vita
d
'
aberrazioni
e
di
colpe
;
nel
quale
,
anche
fra
i
dolori
del
presente
e
le
tempeste
della
giovinezza
,
il
pensiero
si
rifugia
e
il
cuore
si
conforta
,
come
in
una
promessa
di
pace
per
gli
anni
più
tardi
,
come
nella
bellezza
d
'
un
tramonto
sereno
contemplato
dall
'
oscurità
della
valle
.
-
Ma
c
'
è
una
gran
cosa
da
dire
a
conforto
di
tutti
coloro
che
lamentano
la
sorte
della
donna
turca
,
ed
è
che
la
poligamia
decade
di
giorno
in
giorno
.
Già
è
stata
considerata
sempre
dai
turchi
medesimi
piuttosto
come
un
abuso
tollerabile
che
come
diritto
naturale
dell
'
uomo
.
Maometto
disse
:
-
È
sempre
lodevole
chi
sposa
una
donna
sola
,
-
benchè
egli
ne
abbia
sposato
parecchie
;
e
sposano
infatti
una
donna
sola
tutti
coloro
che
vogliono
dar
l
'
esempio
di
costumi
onesti
ed
austeri
.
Chi
n
'
ha
più
d
'
una
,
non
è
apertamente
disapprovato
,
ma
non
è
nemmeno
lodato
.
Sono
pochi
i
turchi
che
sostengono
la
poligamia
apertamente
,
più
rari
quelli
che
l
'
approvino
nella
loro
coscienza
.
Quasi
tutti
ne
comprendono
l
'
ingiustizia
e
le
male
conseguenze
;
molti
la
combattono
a
viso
aperto
e
con
ardore
.
Tutti
coloro
che
sono
in
una
condizione
sociale
che
impone
una
certa
rispettabilità
di
carattere
e
una
qualche
dignità
di
vita
,
non
hanno
che
una
donna
.
Ne
hanno
una
sola
gli
alti
impiegati
dei
ministeri
,
gli
ufficiali
dell
'
esercito
,
i
magistrati
,
gli
uomini
di
religione
.
Una
sola
,
per
necessità
,
tutti
i
poveri
e
quasi
tutti
gli
uomini
del
mezzo
ceto
.
Quattro
quinti
dei
turchi
di
Costantinopoli
non
sono
più
poligami
.
Molti
,
è
vero
,
non
sposano
che
una
donna
per
la
manìa
d
'
imitar
gli
europei
;
e
molti
altri
,
che
hanno
una
moglie
sola
,
si
rifanno
colle
odalische
.
Ma
quella
manìa
d
'
imitazione
ha
le
sue
prime
radici
in
un
sentimento
confuso
della
necessità
d
'
un
cangiamento
nella
società
musulmana
;
e
l
'
uso
delle
odalische
,
apertamente
biasimato
come
vizio
,
non
può
che
scemare
col
ristringersi
del
commercio
,
ancora
tollerato
,
delle
schiave
,
fin
che
si
confonderà
colla
corruzione
ordinaria
di
tutti
i
paesi
europei
.
Ne
nascerà
una
corruzione
maggiore
?
Ad
altri
la
sentenza
.
Questo
è
il
fatto
:
che
la
trasformazione
europea
della
società
turca
non
è
possibile
senza
la
redenzione
della
donna
,
che
la
redenzione
della
donna
non
si
può
compiere
senza
la
caduta
della
poligamia
,
e
che
la
poligamia
cade
.
Nessuno
forse
leverebbe
la
voce
,
se
la
sopprimesse
improvvisamente
domani
un
decreto
del
Gran
Signore
.
L
'
edifizio
è
crollato
e
non
c
'
è
più
che
da
sgombrar
le
rovine
.
La
nuova
aurora
tinge
già
di
rosa
le
terrazze
degli
arem
.
Sperate
,
o
belle
hanum
!
Le
porte
del
selamlik
saranno
spezzate
,
le
grate
cadranno
,
il
feregé
andrà
a
decorare
i
musei
del
gran
bazar
,
l
'
eunuco
non
sarà
più
che
una
reminiscenza
nera
dell
'
infanzia
,
e
voi
mostrerete
liberamente
al
mondo
le
grazie
del
vostro
viso
e
i
tesori
della
vostra
anima
;
e
allora
,
ogni
volta
che
si
nomineranno
in
Europa
le
"
perle
dell
'
Oriente
"
,
s
'
intenderà
di
nominar
voi
,
o
bianche
hanum
;
voi
,
belle
musulmane
,
colte
,
argute
e
gentili
;
non
le
inutili
perle
che
brillano
intorno
alla
vostra
fronte
in
mezzo
alle
pompe
fredde
dell
'
arem
.
Coraggio
,
dunque
!
Il
Sole
si
leva
.
Per
me
-
e
questo
lo
dico
ai
miei
amici
increduli
-
vecchio
come
sono
,
non
ho
ancora
rinunziato
alla
speranza
di
dare
il
braccio
alla
moglie
d
'
un
pascià
di
passaggio
per
Torino
,
e
di
condurla
a
passeggiare
sulle
rive
del
Po
,
recitandole
un
capitolo
dei
Promessi
Sposi
.
IANGHEN
VAR
Stavo
appunto
fantasticando
intorno
a
questa
passeggiata
,
verso
le
cinque
della
mattina
,
nella
mia
camera
dell
'
Albergo
di
Bisanzio
,
e
così
tra
il
sonno
e
la
veglia
,
vedendo
lontano
la
collina
di
Superga
,
cominciavo
a
dire
alla
mia
hanum
viaggiatrice
:
-
"
Quel
ramo
del
lago
di
Como
che
volge
a
mezzogiorno
fra
due
catene
non
interrotte
....
"
-
quando
mi
comparve
dinanzi
,
col
lume
in
mano
,
il
mio
amico
Yunk
"
bianco
vestito
"
e
mi
domandò
con
gran
meraviglia
:
-
Che
cosa
accade
questa
notte
a
Costantinopoli
?
Tesi
l
'
orecchio
e
sentii
un
rumore
sordo
e
confuso
che
veniva
dalla
strada
,
un
suono
di
passi
affrettati
per
le
scale
,
un
mormorio
,
un
fremito
,
che
pareva
di
giorno
.
Mi
affacciai
alla
finestra
e
vidi
giù
nell
'
oscurità
un
gran
correre
di
gente
verso
il
Corno
d
'
oro
.
Corsi
sul
pianerottolo
,
afferrai
un
cameriere
greco
che
scendeva
le
scale
a
precipizio
e
gli
domandai
che
cos
'
era
accaduto
.
Egli
si
svincolò
dicendo
:
-
Ianghen
var
,
per
Dio
!
Non
avete
sentito
il
grido
?
-
E
poi
soggiunse
scappando
:
-
Guardate
la
cima
della
Torre
di
Galata
.
-
Tornammo
alla
finestra
e
guardando
giù
verso
Galata
vedemmo
tutta
la
parte
superiore
della
gran
torre
illuminata
da
una
luce
purpurea
vivissima
,
e
una
gran
nuvola
nera
che
s
'
alzava
dalle
case
vicine
in
mezzo
a
un
vortice
di
scintille
e
s
'
allargava
rapidamente
sopra
il
cielo
stellato
.
Subito
il
nostro
pensiero
corse
ai
formidabili
incendii
di
Costantinopoli
,
e
specialmente
a
quello
spaventevole
di
quattr
'
anni
innanzi
;
e
il
nostro
primo
sentimento
fu
di
terrore
e
di
compassione
.
Ma
immediatamente
dopo
,
-
lo
confesso
e
me
ne
vergogno
,
-
un
altro
sentimento
egoistico
e
crudele
,
-
la
curiosità
del
pittore
e
del
descrittore
,
-
prese
il
disopra
e
,
-
confesso
anche
questo
,
-
ci
scambiammo
un
sorriso
che
il
Doré
avrebbe
potuto
cogliere
a
volo
per
stamparlo
sulla
faccia
d
'
uno
dei
suoi
demoni
danteschi
.
Chi
ci
avesse
aperto
il
petto
,
in
quel
momento
,
non
ci
avrebbe
trovato
che
un
calamaio
e
una
tavolozza
.
Ci
vestimmo
e
scendemmo
in
furia
giù
per
la
gran
strada
di
Pera
.
Ma
la
nostra
curiosità
,
per
fortuna
,
fu
delusa
.
Non
eravamo
ancora
arrivati
alla
torre
di
Galata
che
l
'
incendio
era
quasi
spento
.
Finivano
di
bruciare
due
piccole
case
;
la
gente
cominciava
a
ritirarsi
;
le
strade
erano
allagate
dall
'
acqua
delle
pompe
e
ingombre
di
mobili
e
di
materasse
,
fra
le
quali
andavano
e
venivano
,
nell
'
oscurità
grigia
del
mattino
,
uomini
e
donne
in
camicia
,
tremanti
dal
freddo
,
levando
in
cento
lingue
un
vocìo
assordante
,
nel
quale
non
si
sentiva
più
che
quel
resto
di
paura
che
dà
sapore
alla
chiacchiera
dopo
un
grave
pericolo
svanito
.
Vedendo
che
tutto
stava
per
finire
,
scendemmo
verso
il
ponte
per
consolarci
del
nostro
dispetto
scellerato
colla
levata
del
sole
.
Qui
assistemmo
a
uno
spettacolo
che
valeva
quello
d
'
un
incendio
.
Il
cielo
cominciava
appena
a
chiarirsi
dietro
le
colline
dell
'
Asia
.
Stambul
,
scossa
per
poco
al
primo
annunzio
dell
'
incendio
,
era
già
rientrata
nella
quiete
solenne
della
notte
.
Le
rive
e
il
ponte
erano
deserti
;
tutto
il
Corno
d
'
oro
dormiva
,
coperto
da
una
bruma
leggerissima
e
immerso
in
un
silenzio
profondo
.
Non
moveva
una
barca
,
non
volava
un
uccello
,
non
stormiva
un
albero
,
non
si
sentiva
un
respiro
.
Quella
interminabile
città
azzurra
,
muta
e
velata
,
pareva
dipinta
nell
'
aria
,
e
sembrava
che
,
gettando
un
grido
,
avrebbe
dovuto
svanire
.
Costantinopoli
non
ci
s
'
era
mai
mostrata
in
un
aspetto
così
aereo
e
così
misterioso
;
non
ci
aveva
mai
presentato
più
vivamente
l
'
immagine
di
quelle
città
favolose
delle
storie
orientali
,
che
il
pellegrino
vede
sorgere
improvvisamente
dinanzi
a
sè
,
e
vi
trova
,
entrando
,
un
popolo
immobile
,
pietrificato
,
negli
infiniti
atteggiamenti
di
una
vita
affaccendata
ed
allegra
,
dalla
vendetta
improvvisa
d
'
un
Re
dei
geni
.
Stavamo
là
appoggiati
alle
spallette
del
ponte
,
contemplando
quella
scena
meravigliosa
,
senza
più
pensare
all
'
incendio
,
quando
sentimmo
prima
un
vocìo
fioco
e
confuso
di
là
dal
Corno
d
'
oro
,
come
di
gente
che
chiedesse
soccorso
,
e
poi
uno
scoppio
di
grida
altissime
:
-
Allà
!
Allà
!
Allà
!
-
che
risonarono
improvvisamente
nel
vano
enorme
e
silenzioso
della
rada
,
e
nello
stesso
tempo
apparve
sulla
sponda
opposta
,
e
si
slanciò
giù
per
il
ponte
,
correndo
precipitosamente
verso
di
noi
,
una
folla
rumorosa
e
sinistra
.
-
Tulumbadgi
!
-
gridò
uno
dei
guardiani
del
ponte
.
-
(
I
pompieri
!
)
Noi
ci
tirammo
da
una
parte
.
Un
'
orda
di
selvaggi
seminudi
,
col
capo
scoperto
,
coi
petti
irsuti
,
grondanti
di
sudore
,
vecchi
,
giovani
,
neri
,
nani
e
giganti
cappelluti
e
rapati
,
faccie
d
'
assassini
e
di
ladri
,
quattro
dei
quali
portavano
sulle
spalle
una
piccola
pompa
e
pareva
una
bara
di
fanciullo
;
armati
di
lunghe
aste
uncinate
,
di
fasci
di
corde
,
d
'
ascie
,
e
di
picconi
,
-
ci
passarono
accanto
,
urlando
e
anelando
,
cogli
occhi
dilatati
,
coi
capelli
sparsi
,
coi
cenci
al
vento
,
stretti
,
impetuosi
e
biechi
,
-
e
gettandoci
in
viso
una
tanfata
d
'
odor
di
belve
,
disparvero
nella
strada
di
Galata
,
d
'
onde
ci
giunsero
le
loro
ultime
grida
fioche
di
Allà
,
e
poi
fu
di
nuovo
un
silenzio
profondo
.
L
'
impressione
che
mi
fece
quell
'
apparizione
tumultuosa
e
fulminea
in
quella
quiete
arcana
della
grande
città
addormentata
,
non
la
so
esprimere
;
-
so
che
compresi
e
vidi
in
un
momento
mille
scene
d
'
invasioni
barbariche
,
di
saccheggi
e
d
'
orrori
di
paesi
e
di
tempi
lontani
,
che
fino
allora
la
mia
immaginazione
si
era
sforzata
inutilmente
di
rappresentarsi
al
vivo
,
e
che
mi
domandai
se
quella
era
la
città
,
se
quello
era
proprio
il
ponte
,
su
cui
,
di
giorno
,
passavano
degli
ambasciatori
europei
,
delle
signore
vestite
alla
parigina
e
dei
venditori
di
giornali
francesi
.
Un
minuto
dopo
,
il
silenzio
solenne
del
Corno
d
'
oro
fu
rotto
di
nuovo
da
un
gridìo
lontano
,
e
un
'
altra
turba
scamiciata
e
selvaggia
ci
passò
dinanzi
,
come
un
turbine
,
sul
ponte
ondeggiante
e
sonante
,
levando
un
frastuono
confuso
di
urli
,
di
sbuffi
,
d
'
aneliti
,
di
risa
soffocate
e
sinistre
,
e
un
'
altra
volta
le
grida
prolungate
e
lamentevoli
di
Allà
si
perdettero
per
le
strade
di
Galata
,
seguite
da
un
silenzio
mortale
.
Poco
dopo
passò
un
'
altra
turba
,
e
poi
una
quarta
,
e
poi
altre
due
,
e
infine
passò
il
pazzo
di
Pera
,
nudo
dalla
testa
ai
piedi
,
mezzo
morto
dal
freddo
,
gettando
grida
acutissime
,
inseguito
da
un
branco
di
monelli
turchi
,
che
disparvero
con
lui
e
coi
pompieri
dietro
le
case
della
riva
franca
;
e
sulla
grande
città
,
dorata
dai
primi
raggi
dell
'
aurora
,
tornò
a
regnare
un
altissimo
silenzio
.
Di
lì
a
poco
si
levò
il
sole
,
comparvero
i
muezzin
sui
minareti
,
si
mossero
i
caicchi
,
si
svegliò
il
porto
,
cominciò
a
passar
gente
sul
ponte
e
a
spandersi
intorno
il
rumor
sordo
della
vita
cittadina
,
e
noi
ritornammo
verso
Pera
.
Ma
l
'
immagine
di
quella
grande
città
assopita
,
di
quel
cielo
albeggiante
,
di
quella
pace
solenne
,
di
quelle
orde
selvaggie
,
ci
rimase
così
profondamente
stampata
nella
mente
,
che
oggi
ancora
non
ci
rivediamo
una
volta
senza
ricordarcela
,
con
un
misto
piacevolissimo
di
stupore
e
di
paura
,
come
una
scena
veduta
nella
Stambul
d
'
altri
secoli
,
o
sognata
nell
'
ebbrezza
dell
'
hascisc
.
Così
non
vidi
lo
spettacolo
di
un
incendio
a
Costantinopoli
;
ma
se
non
lo
vidi
coi
miei
occhi
,
conobbi
tanti
testimonii
oculari
di
quello
che
distrusse
Pera
nel
1870
,
e
ne
raccolsi
notizie
così
minute
,
che
posso
dire
d
'
averlo
visto
colla
mente
,
e
descriverlo
forse
con
non
minore
evidenza
che
se
ne
fossi
stato
anch
'
io
spettatore
.
La
prima
fiamma
s
'
accese
in
una
piccola
casa
di
via
Feridié
,
in
Pera
,
il
giorno
cinque
di
giugno
,
stagione
in
cui
una
buona
parte
della
popolazione
agiata
di
Costantinopoli
villeggia
sul
Bosforo
;
al
tocco
dopo
mezzogiorno
,
ora
in
cui
quasi
tutti
gli
abitanti
della
città
,
anche
europei
,
stanno
chiusi
in
casa
a
far
la
siesta
.
Nella
casa
di
via
Feridié
non
c
'
era
che
una
vecchia
serva
;
la
famiglia
era
partita
la
mattina
per
la
campagna
.
Appena
s
'
accorse
dell
'
incendio
,
la
vecchia
si
slanciò
nella
strada
e
si
mise
a
correre
gridando
:
-
Al
fuoco
!
-
Subito
accorse
gente
dalle
case
intorno
,
con
secchie
e
con
piccole
pompe
-
,
perché
era
già
caduta
la
legge
insensata
che
proibiva
di
spegnere
gli
incendii
prima
che
arrivassero
gli
ufficiali
dei
Seraschierato
-
,
e
,
come
sempre
,
si
precipitarono
tutti
verso
la
fontana
più
vicina
per
prender
acqua
.
Le
fontane
di
Pera
,
a
cui
i
portatori
d
'
acqua
vanno
ad
attingere
,
a
certe
ore
,
per
le
famiglie
del
quartiere
,
vengono
tutte
chiuse
a
chiave
dopo
la
distribuzione
,
e
l
'
impiegato
che
le
ha
in
custodia
non
può
più
aprirle
senza
il
permesso
dell
'
autorità
.
In
quel
momento
appunto
v
'
era
accanto
alla
fontana
una
guardia
turca
della
municipalità
di
Pera
,
che
aveva
la
chiave
in
tasca
,
e
stava
là
spettatrice
impassibile
dell
'
incendio
.
La
folla
affannata
lo
circonda
e
gl
'
intima
di
aprire
.
Egli
rifiuta
dicendo
che
non
ha
l
'
ordine
.
Gli
si
stringono
addosso
,
lo
minacciano
,
lo
afferrano
:
egli
resiste
,
si
dibatte
,
grida
che
non
leveranno
la
chiave
che
dal
suo
cadavere
.
Intanto
le
fiamme
avvolgono
tutta
la
casa
e
cominciano
ad
attaccarsi
alle
case
vicine
.
La
notizia
dell
'
incendio
si
propaga
di
quartiere
in
quartiere
.
Dalla
sommità
della
torre
di
Galata
e
di
quella
del
Seraschiere
,
i
guardiani
hanno
visto
il
fumo
e
messo
fuori
le
grandi
ceste
purpuree
,
segnale
degl
'
incendii
di
giorno
.
Tutte
le
guardie
di
città
corrono
per
le
strade
battendo
i
loro
lunghi
bastoni
sul
ciottolato
e
mettendo
il
grido
sinistro
:
-
Ianghen
var
!
-
C
'
è
il
fuoco
!
-
a
cui
rispondono
con
rulli
cupi
e
precipitosi
i
mille
tamburi
delle
caserme
.
Il
cannone
di
Top
-
hané
annunzia
il
pericolo
alla
immensa
città
con
tre
colpi
che
risuonano
dal
mar
di
Marmara
al
mar
Nero
.
Il
Seraschierato
,
il
serraglio
,
le
ambasciate
,
tutta
Pera
e
tutta
Galata
sono
sottosopra
;
e
pochi
minuti
dopo
arrivano
a
spron
battuto
in
via
Feridié
il
ministro
della
guerra
,
un
nuvolo
di
ufficiali
,
un
esercito
di
pompieri
,
e
cominciano
precipitosamente
il
lavoro
.
Ma
come
accade
quasi
sempre
,
quel
primo
tentativo
riuscì
inutile
.
Le
strade
strettissime
non
concedevano
libertà
di
movimenti
;
le
pompe
non
servivano
,
l
'
acqua
era
insufficiente
e
lontana
;
i
pompieri
,
mal
disciplinati
,
come
sempre
,
e
piuttosto
intesi
a
crescere
che
a
scemare
la
confusione
,
per
pescare
nel
torbido
;
e
per
di
più
scarseggiavano
i
facchini
per
il
trasporto
delle
robe
,
essendone
andato
un
gran
numero
,
quel
giorno
,
alla
festa
nazionale
armena
che
si
celebra
a
Beicos
.
È
a
notarsi
,
inoltre
,
che
le
case
di
legno
erano
allora
in
assai
maggior
numero
che
non
siano
ora
,
e
che
anche
le
case
di
pietra
e
di
mattoni
avevano
,
come
quelle
di
legno
,
dei
tetti
sottili
,
difesi
da
radissime
tegole
,
e
perciò
facilissimi
ad
accendersi
.
E
non
v
'
era
nemmeno
il
vantaggio
che
presenta
,
in
simili
occasioni
,
la
popolazione
musulmana
,
la
quale
,
fatalista
ed
apatica
com
'
è
in
faccia
alla
sventura
,
non
si
atterrisce
gran
fatto
all
'
aspetto
d
'
un
incendio
,
e
se
non
aiuta
abbastanza
a
spegnere
,
non
intralcia
almeno
l
'
opera
degli
altri
con
la
propria
forsennatezza
.
Quella
era
popolazione
quasi
tutta
cristiana
e
perdette
immediatamente
la
testa
.
L
'
incendio
non
abbracciava
ancora
che
poche
case
,
che
già
in
tutte
le
strade
d
'
intorno
era
un
tramestìo
indescrivibile
,
un
precipitar
di
mobili
dalle
finestre
,
un
tumulto
di
pianti
e
di
grida
,
uno
sgomento
,
un
ingombro
,
contro
cui
non
potevano
nè
le
minaccie
,
nè
la
forza
,
nè
le
armi
.
Un
'
ora
era
appena
trascorsa
dall
'
apparire
delle
prime
fiamme
,
e
già
tutta
la
strada
Feridié
era
accesa
,
e
gli
ufficiali
e
i
pompieri
indietreggiavano
rapidamente
da
tutte
le
parti
,
lasciando
qua
e
là
morti
e
feriti
,
e
la
speranza
di
soffocar
l
'
incendio
sul
nascere
era
perduta
.
Per
maggior
disgrazia
tirava
quel
giorno
un
vento
fortissimo
che
abbatteva
le
fiamme
delle
case
ardenti
sopra
i
tetti
delle
case
vicine
,
in
larghe
vampe
orizzontali
,
che
parevano
tende
ondeggianti
,
in
modo
che
il
fuoco
penetrava
in
tutte
le
case
dal
tetto
,
come
rovesciatovi
sopra
da
un
vulcano
.
L
'
accensione
era
così
rapida
,
che
le
famiglie
raccolte
nelle
case
,
sicure
d
'
essere
ancora
in
tempo
a
portar
via
una
parte
dei
loro
averi
,
si
sentivano
tutt
'
a
un
tratto
crepitare
il
tetto
sul
capo
,
e
appena
riuscivano
a
metter
in
salvo
la
vita
.
Le
case
s
'
accendevano
l
'
una
dopo
l
'
altra
come
se
fossero
state
intonacate
di
pece
,
e
subito
,
dalle
innumerevoli
finestrine
prorompevano
le
fiamme
lunghe
,
diritte
,
mobilissime
,
come
serpenti
smaniosi
di
preda
,
che
si
curvavano
fino
a
lambire
la
strada
quasi
per
cercar
vittime
umane
.
L
'
incendio
non
correva
,
volava
,
e
prima
di
avvolgere
,
copriva
,
come
un
mare
di
fuoco
.
Dalla
via
Feridiè
irruppe
furiosamente
nella
via
di
Tarla
-
Bascì
,
di
qui
tornò
indietro
e
invase
come
un
torrente
la
via
di
Misc
,
poi
infiammò
come
una
foresta
secca
il
quartiere
Aga
-
Dgiami
,
poi
la
via
Sakes
-
Agatsce
,
poi
quella
di
Kalindgi
-
Kuluk
,
e
poi
di
strada
in
strada
,
coprì
di
fuoco
tutta
la
china
di
Yeni
-
Sceir
,
e
s
'
incrociò
col
turbine
di
fiamme
che
veniva
giù
strepitando
e
muggendo
per
la
gran
strada
di
Pera
.
Non
c
'
erano
soltanto
mille
incendii
da
spegnere
,
mille
nemici
sparsi
da
combattere
;
erano
come
le
insidie
e
i
colpi
di
mano
inaspettati
d
'
un
grande
esercito
,
che
pareva
fosse
guidato
astutamente
da
una
volontà
unica
,
per
cogliere
nella
rete
la
città
intera
,
e
non
lasciar
scampo
a
nessuno
.
Erano
tanti
torrenti
di
lava
che
si
riunivano
e
s
'
incrociavano
,
precipitando
e
spandendosi
in
laghi
di
fuoco
con
una
rapidità
che
preveniva
tutti
i
soccorsi
.
In
capo
a
tre
ore
metà
di
Pera
era
in
fiamme
.
Una
miriade
di
colonne
di
fumo
vermiglio
,
sulfureo
,
bianco
,
nero
,
fuggivano
rapidissimamente
rasente
i
tetti
e
s
'
allungavano
a
perdita
d
'
occhi
lungo
le
colline
,
ottenebrando
e
tingendo
di
colori
sinistri
i
vasti
sobborghi
del
Corno
d
'
oro
;
per
tutto
era
un
turbinio
furioso
di
cenere
e
di
scintille
;
e
il
vento
sbatteva
contro
le
case
ancora
intatte
dei
bassi
quartieri
una
vera
grandine
di
braci
e
di
tizzi
,
che
spazzavano
le
strade
come
scariche
di
mitraglia
.
Le
strade
dei
quartieri
accesi
non
erano
più
che
grandi
fornaci
,
sopra
alcune
delle
quali
le
fiamme
formavano
come
un
fitto
padiglione
,
e
là
precipitavano
e
saltellavano
con
un
fracasso
orrendo
i
pini
del
mar
Nero
delle
travature
dei
tetti
,
i
travicelli
sottili
dei
ciardak
,
i
balconi
vetrati
,
i
minareti
di
legno
delle
piccole
moschee
,
che
pareva
rovinassero
spezzati
da
un
terremoto
.
Per
le
strade
ancora
accessibili
,
si
vedevano
passare
,
come
spettri
,
illuminati
da
bagliori
d
'
inferno
,
lancieri
a
cavallo
,
ventre
a
terra
,
che
portavano
in
tutte
le
direzioni
gli
ordini
del
Seraschierato
;
ufficiali
del
Serraglio
,
col
capo
scoperto
e
la
divisa
abbruciacchiata
;
cavalli
sciolti
di
soldati
caduti
;
frotte
di
facchini
carichi
di
masserizie
,
sciami
di
cani
ululanti
,
turbe
di
fuggiaschi
che
inciampavano
e
stramazzavano
urlando
giù
per
le
chine
,
tra
i
feriti
,
i
cadaveri
e
le
macerie
,
e
sparivano
tra
il
fumo
e
le
fiamme
,
come
legioni
di
dannati
.
Per
un
momento
,
fu
visto
immobile
dinanzi
all
'
imboccatura
d
'
una
strada
accesa
del
quartier
Aga
-
Dgiami
,
il
Sultano
Abdul
-
Aziz
,
a
cavallo
,
circondato
dal
suo
corteo
,
pallido
come
un
cadavere
,
cogli
occhi
dilatati
e
fissi
nelle
fiamme
,
come
se
ripetesse
tra
sè
le
parole
memorabili
di
Selim
I
:
-
Ecco
il
soffio
ardente
delle
mie
vittime
!
Io
lo
sento
,
che
distruggerà
la
città
,
il
mio
serraglio
e
me
pure
!
-
E
poi
disparve
in
un
nuvolo
di
cenere
,
trascinato
dai
suoi
cortigiani
.
Tutto
l
'
esercito
di
Costantinopoli
e
tutta
l
'
innumerevole
turba
dei
pompieri
era
in
moto
,
a
frotte
,
a
lunghissime
catene
,
a
semicerchi
immensi
che
abbracciavano
interi
quartieri
,
sorvegliati
e
diretti
da
visir
,
da
ufficiali
di
corte
,
da
pascià
,
da
ulema
;
in
alcuni
punti
,
per
tagliar
la
strada
alle
fiamme
,
fervevano
battaglie
disperate
;
case
dietro
case
,
in
pochi
minuti
,
cadevano
sotto
le
scuri
;
i
tetti
formicolavano
di
gente
ardita
che
affrontava
il
fuoco
a
bruciapelo
,
e
cadevano
a
capofitto
nei
crateri
aperti
sotto
i
loro
piedi
,
e
altri
vi
succedevano
,
come
in
una
mischia
,
ostinati
,
gettando
grida
selvaggie
,
e
agitando
i
fez
abbruciacchiati
in
mezzo
al
fumo
color
di
foco
.
Ma
l
'
incendio
s
'
avanzava
vittorioso
in
mezzo
ai
mille
getti
d
'
acqua
,
sorpassando
a
grandi
salti
piazze
,
giardini
,
grandi
edifici
di
pietra
,
piccoli
cimiteri
,
e
faceva
da
tutte
le
parti
retrocedere
pompieri
,
soldati
e
cittadini
,
come
un
esercito
in
rotta
,
flagellandoli
alle
spalle
con
una
pioggia
di
carboni
roventi
.
Si
compievano
,
anche
in
quell
'
orrenda
confusione
,
dei
belli
atti
di
coraggio
e
di
umanità
.
Si
videro
in
molti
punti
,
fra
le
rovine
ardenti
delle
case
,
sventolare
i
veli
bianchi
delle
Suore
di
Carità
,
curve
sui
moribondi
;
dei
turchi
che
si
slanciarono
tra
le
fiamme
e
ricomparvero
poco
dopo
sollevando
sulle
braccia
scorticate
dei
bambini
cristiani
;
altri
musulmani
che
,
dinanzi
a
una
casa
infiammata
,
immobili
,
colle
braccia
incrociate
in
mezzo
a
una
famiglia
cristiana
in
preda
alla
disperazione
,
offrivano
freddamente
cento
lire
turche
a
chi
salvasse
un
ragazzo
europeo
rimasto
nel
fuoco
;
alcuni
che
raccoglievano
in
drappelli
,
per
le
strade
,
i
bimbi
smarriti
,
e
li
legavano
colle
bende
del
turbante
,
per
restituirli
poi
ai
parenti
;
altri
che
aprivano
le
loro
case
ai
fuggitivi
seminudi
;
più
d
'
uno
,
che
,
per
dar
un
esempio
di
coraggio
e
di
disprezzo
dei
beni
terreni
,
mentre
la
propria
casa
bruciava
,
stava
seduto
nella
via
sopra
un
tappeto
,
fumando
tranquillamente
il
narghilè
,
e
si
faceva
in
là
,
con
suprema
indifferenza
,
man
mano
che
le
fiamme
s
'
avvicinavano
.
Ma
il
coraggio
e
la
freddezza
d
'
animo
non
valevano
più
oramai
contro
quella
tempesta
di
fuoco
.
A
momenti
,
pareva
che
,
scemando
un
poco
il
vento
,
l
'
incendio
rimettesse
della
sua
furia
;
ma
subito
il
vento
ricominciava
a
soffiare
con
maggior
veemenza
,
e
le
fiamme
,
che
s
'
erano
appena
risollevate
,
tornavano
a
curvarsi
con
impeto
e
a
vibrare
come
freccie
le
loro
punte
diritte
e
implacabili
,
levando
uno
strepito
cupo
e
precipitoso
,
rotto
dagli
scoppi
improvvisi
delle
farmacie
piene
di
petrolio
,
dalle
detonazioni
del
gaz
sparso
per
le
case
,
di
cui
i
tubi
disfatti
mandavano
fuori
rigagnoli
di
piombo
fuso
;
dai
tetti
che
rovinavano
d
'
un
colpo
come
schiacciati
da
una
valanga
;
dal
crepitìo
dei
giardini
di
cipressi
che
si
contorcevano
e
s
'
infiammavano
a
un
tratto
,
sciogliendosi
in
una
pioggia
di
resina
ardente
;
dai
gruppi
di
vecchie
case
di
legno
,
che
s
'
accendevano
scoppiettando
come
fuochi
d
'
artifizio
,
e
sprigionavano
fasci
enormi
di
fiamme
bianche
in
cui
parevano
che
soffiassero
mantici
di
cento
officine
.
Era
uno
stritolamento
,
un
rovinìo
,
una
distruzione
rabbiosa
,
che
pareva
prodotta
nello
stesso
tempo
da
un
incendio
,
da
un
'
inondazione
,
da
una
convulsione
della
terra
e
dalla
rapina
d
'
un
esercito
.
Nessuno
aveva
mai
nè
visto
nè
sognato
un
simile
orrore
.
La
popolazione
pareva
impazzita
.
Per
le
strade
di
Pera
era
un
rimescolamento
vertiginoso
e
un
urlìo
forsennato
come
sul
ponte
d
'
un
bastimento
nel
momento
del
naufragio
.
In
mezzo
ai
mobili
rotolati
,
sotto
al
balenìo
delle
spade
degli
ufficiali
,
fra
gli
urti
e
le
bastonate
dei
facchini
e
dei
portatori
d
'
acqua
,
in
mezzo
ai
cavalli
dei
Pascià
e
alle
frotte
dei
pompieri
che
passavano
di
corsa
investendo
e
rovesciando
quanto
incontravano
,
famiglie
italiane
,
francesi
,
greche
,
armene
,
poveri
e
ricchi
,
donne
e
fanciulli
,
smarriti
,
smemorati
,
si
cercavano
brancolando
,
si
chiamavano
gridando
e
piangendo
,
soffocati
dal
fumo
e
accecati
dalle
scintille
;
passavano
ambasciatori
,
seguiti
da
drappelli
di
servi
,
carichi
di
carte
e
di
libri
;
frati
che
innalzavano
un
crocifisso
sopra
la
folla
;
gruppi
di
donne
turche
che
portavano
fra
le
braccia
gli
oggetti
più
preziosi
dell
'
arem
;
stuoli
di
gente
curva
sotto
spoglie
di
chiese
,
di
teatri
,
di
scuole
,
di
moschee
;
e
a
quando
a
quando
,
una
nuvola
enorme
di
fumo
caliginoso
,
spinta
giù
da
una
ventata
improvvisa
,
immergeva
tutti
nelle
tenebre
e
cresceva
lo
scompiglio
e
il
terrore
.
A
crescere
ancora
gli
orrori
di
quel
disastro
,
c
'
era
,
come
sempre
,
ma
più
quel
giorno
che
mai
,
una
miriade
di
ladri
d
'
ogni
paese
,
sbucati
da
tutti
i
covi
di
Costantinopoli
,
riuniti
a
drappelli
d
'
intesa
fra
loro
,
e
vestiti
da
facchini
,
da
signori
o
da
soldati
,
i
quali
entravano
nelle
case
e
rubavano
a
man
salva
,
e
correvano
poi
in
frotte
a
Kassim
-
Pascià
e
a
Tataola
,
a
depositarvi
il
bottino
;
e
i
soldati
li
cacciavano
,
stendendosi
in
cordoni
,
e
assalendoli
a
pattuglie
,
e
seguivano
lotte
,
dispersioni
e
inseguimenti
,
che
aggiungevano
sgomento
a
sgomento
.
I
pompieri
,
i
facchini
,
i
portatori
d
'
acqua
,
spalleggiati
dai
loro
parenti
,
stretti
in
bande
brigantesche
,
sotto
gli
occhi
delle
famiglie
desolate
di
cui
ardevano
le
case
,
interrompevano
il
lavoro
,
e
mettevano
a
prezzo
d
'
oro
la
continuazione
.
I
mobili
ammucchiati
a
traverso
le
strade
strette
,
difesi
dalle
famiglie
,
erano
presi
d
'
assalto
da
torme
di
predoni
,
colle
armi
alla
mano
,
e
poi
ridifesi
,
come
barricate
,
dall
'
assalto
di
altri
predoni
.
Turbe
di
fuggitivi
,
incontrandosi
colle
loro
robe
nei
varchi
angusti
,
si
disputavano
ferocemente
la
precedenza
del
passaggio
,
e
lasciavano
il
terreno
ingombro
di
gente
soffocata
o
ferita
.
Ma
già
dopo
le
prime
quattr
'
ore
d
'
incendio
,
la
furia
del
foco
era
tale
che
pochi
s
'
affannavano
più
per
le
proprie
robe
,
e
a
tutti
pareva
già
molto
di
metter
in
salvo
la
vita
.
Due
terzi
di
Pera
ardevano
,
e
le
fiamme
,
correndo
sempre
più
rapidamente
in
tutte
le
direzioni
,
accerchiavano
quasi
all
'
improvviso
dei
vasti
spazii
prima
che
la
gente
,
ch
'
era
dentro
,
se
ne
avvedesse
.
Centinaia
di
sventurati
,
stretti
in
folla
,
si
slanciavano
su
per
una
stradicciuola
tortuosa
per
cercare
uno
scampo
,
e
improvvisamente
,
a
una
svoltata
,
si
vedevano
venir
contro
un
uragano
di
vampe
e
di
fumo
,
che
li
ricacciava
indietro
,
forsennati
,
a
cercare
un
'
altra
uscita
.
Famiglie
intere
,
-
ed
una
,
fra
queste
,
di
ventidue
persone
,
-
erano
tutt
'
a
un
tratto
circondate
,
asfissiate
,
arse
,
carbonizzate
.
Presi
dalla
disperazione
,
si
rifugiavano
nelle
cantine
dove
rimanevano
soffocati
,
si
precipitavano
nei
pozzi
e
nelle
cisterne
,
s
'
impiccavano
agli
alberi
,
o
dopo
aver
cercato
inutilmente
un
ricovero
nei
ripostigli
più
segreti
della
casa
,
smarrita
la
ragione
,
uscivano
all
'
aperto
e
correvano
a
buttarsi
nelle
fiamme
.
Dai
luoghi
alti
di
Pera
,
si
vedevano
giù
per
le
chine
,
in
mezzo
a
cerchi
di
fuoco
,
famiglie
inginocchiate
sulle
terrazze
,
colle
braccia
tese
e
le
mani
giunte
,
che
chiedevano
al
cielo
il
soccorso
che
non
speravano
più
dalla
terra
.
Si
vedevano
venir
giù
di
corsa
dalle
alture
di
Pera
e
sparpagliarsi
per
Galata
,
per
Top
-
hanè
,
per
Funduclù
,
per
i
bassi
cimiteri
,
stormi
di
gente
pallida
e
scapigliata
,
stravolta
dal
terrore
,
che
cercava
ancora
dove
nascondersi
,
come
se
fosse
inseguita
dal
fuoco
;
fanciulli
insanguinati
,
donne
lacere
,
coi
capelli
arsi
,
che
stringevano
fra
le
braccia
bimbi
morti
o
acciecati
;
uomini
col
viso
e
le
braccia
scorticate
che
si
scontorcevano
per
terra
fra
gli
spasimi
dell
'
agonia
;
vecchi
singhiozzanti
come
bambini
,
signori
ridotti
alla
miseria
che
davan
del
capo
nei
muri
,
giovanetti
deliranti
che
andavano
a
cadere
estenuati
sulla
riva
del
Corno
d
'
oro
,
famiglie
che
portavano
cadaveri
anneriti
,
sventurati
impazziti
dallo
spavento
che
trascinavano
seggiole
attaccate
a
uno
spago
o
si
serravano
sul
petto
delle
bracciate
di
cocci
e
di
cenci
,
prorompendo
in
grida
lamentevoli
o
in
risa
frenetiche
.
E
intanto
,
continuavano
a
salire
dai
quartieri
bassi
,
dagli
arsenali
di
Ters
-
hanè
e
di
Top
-
hanè
,
dalle
caserme
,
dalle
moschee
,
dai
palazzi
del
Sultano
,
e
correvano
come
a
un
assalto
,
urlando
Janghen
var
e
Allà
,
su
per
le
colline
,
fra
il
turbinìo
della
cenere
e
delle
scintille
,
sotto
una
pioggia
di
caligine
ardente
,
per
le
strade
coperte
di
tizzoni
e
di
rottami
,
battaglioni
di
nizam
,
bande
di
ladri
,
falangi
di
pompieri
,
generali
,
dervis
,
messi
della
Corte
,
famiglie
che
tornavano
indietro
a
cercare
i
parenti
perduti
,
predatori
ed
eroi
,
la
sventura
,
la
carità
e
il
delitto
,
confusi
in
una
turba
spaventevole
,
che
montava
rumoreggiando
come
un
mare
in
tempesta
,
colorata
dai
riflessi
vermigli
dell
'
immensa
fornace
.
E
poco
lontano
da
quell
'
inferno
,
rideva
,
come
sempre
,
la
maestà
serena
di
Stambul
e
la
bellezza
primaverile
della
riva
asiatica
,
specchiata
dal
mar
di
Marmara
e
dal
Bosforo
,
coperto
di
bastimenti
immobili
;
una
folla
immensa
,
che
faceva
nere
tutte
le
rive
,
assisteva
muta
e
impassibile
allo
spettacolo
spaventoso
;
i
muezzin
annunziavano
con
lente
cantilene
dai
terrazzi
dei
minareti
il
tramonto
del
sole
;
gli
uccelli
roteavano
allegramente
intorno
alle
moschee
delle
sette
colline
;
e
i
vecchi
turchi
,
seduti
all
'
ombra
dei
platani
,
sopra
le
alture
verdi
di
Scutari
,
mormoravano
con
voce
pacata
:
-
È
sonata
l
'
ultima
ora
per
la
città
dei
Sultani
.
-
Il
giorno
prescritto
è
venuto
.
-
La
sentenza
d
'
Allà
si
compisce
.
-
Così
sia
-
Così
sia
.
L
'
incendio
,
per
fortuna
,
non
si
protrasse
nella
notte
.
Alle
sette
della
sera
s
'
accendeva
,
per
ultimo
,
il
palazzo
dell
'
ambasciata
d
'
Inghilterra
;
dopo
di
che
il
vento
cessava
improvvisamente
,
e
le
fiamme
morivano
,
spontaneamente
o
soffocate
,
da
tutte
le
parti
.
In
sei
ore
due
terzi
di
Pera
erano
stati
distrutti
dalle
fondamenta
,
nove
mila
case
incenerite
,
due
mila
persone
morte
.
Dopo
l
'
incendio
famoso
del
1756
,
che
distrusse
ottanta
mila
case
,
e
spianò
due
terzi
di
Stambul
,
sotto
il
regno
di
Otmano
III
,
non
s
'
era
più
visto
un
disastro
così
tremendo
;
e
nessun
incendio
,
dalla
presa
di
Costantinopoli
in
poi
,
mietè
un
così
gran
numero
di
vite
.
Il
giorno
seguente
Pera
offriva
un
aspetto
meno
spaventevole
,
ma
non
meno
triste
che
durante
l
'
infuriare
dell
'
incendio
.
Dov
'
era
passato
il
fuoco
,
era
un
deserto
,
e
apparivano
le
forme
nude
e
sinistre
della
grande
collina
;
nuovi
prospetti
,
una
luce
nuova
,
vastissimi
spazi
coperti
di
cenere
in
mezzo
ai
quali
non
rimanevano
che
le
torricine
affumicate
dei
camini
,
come
monumenti
funebri
;
quartieri
interi
scomparsi
come
accampamenti
di
beduini
portati
via
dall
'
uragano
;
strade
e
crocicchi
di
cui
non
rimanevan
più
che
le
traccie
nere
e
fumanti
sulla
terra
,
fra
le
quali
erravano
migliaia
di
sventurati
cenciosi
e
sparuti
,
che
chiedevano
l
'
elemosina
in
mezzo
a
un
via
vai
di
soldati
,
di
medici
,
di
monache
,
di
sacerdoti
d
'
ogni
religione
e
d
'
impiegati
di
tutti
i
gradi
,
che
distribuivano
pane
e
denaro
,
e
guidavano
lunghe
file
di
carri
carichi
di
materasse
e
di
coperte
,
mandate
dal
governo
per
la
gente
rimasta
senza
casa
.
Il
governo
aveva
fatto
pure
distribuire
le
tende
dei
soldati
.
Le
alture
di
Tataola
e
il
grande
cimitero
armeno
erano
coperti
d
'
accampamenti
,
in
cui
brulicava
una
folla
immensa
.
Per
tutto
si
vedevano
strati
e
monti
di
masserizie
su
cui
sedevano
famiglie
estenuate
e
istupidite
.
Nel
vasto
cimitero
di
Galata
erano
sparsi
e
accatastati
alla
rinfusa
,
come
in
un
bazar
messo
sottosopra
,
lungo
i
sentieri
e
in
mezzo
ai
sepolcri
,
divani
,
letti
,
cuscini
,
pianoforti
,
quadri
,
libri
,
carrozze
sconquassate
,
cavalli
feriti
legati
ai
cipressi
,
portantine
dorate
d
'
ambasciatori
e
gabbie
di
pappagalli
degli
arem
,
custoditi
da
una
folla
di
servi
e
di
facchini
neri
di
caligine
e
cascanti
di
sonno
.
Una
poveraglia
innumerevole
,
immonda
,
non
mai
veduta
,
girava
per
le
strade
a
cercar
chiodi
e
serrature
fra
le
macerie
,
scansando
i
soldati
e
i
pompieri
addormentati
per
terra
,
sfiniti
dalle
fatiche
della
notte
;
si
vedeva
per
tutto
gente
affaccendata
a
rizzar
baracche
sulle
rovine
delle
proprie
case
,
con
tende
ed
assiti
;
famiglie
inginocchiate
in
mezzo
ai
muri
affumicati
di
chiese
senza
tetto
,
dinanzi
ad
altari
bruciati
;
gruppi
di
uomini
e
di
donne
che
correvano
affannosamente
,
col
capo
chino
,
osservando
viso
per
viso
lunghe
file
di
cadaveri
carbonizzati
e
sformati
,
e
lì
riconoscimenti
,
grida
disperate
,
scoppi
di
pianto
,
gente
che
stramazzava
come
fulminata
,
in
mezzo
a
una
processione
di
lettighe
e
di
bare
,
a
un
polverìo
denso
,
a
un
'
aria
infocata
,
a
un
puzzo
di
carni
arse
,
a
nuvoli
di
scintille
che
si
sollevavano
improvvisamente
sotto
le
vanghe
e
i
picconi
degli
scavatori
,
e
ricadevano
sopra
una
folla
fitta
,
lenta
,
silenziosa
,
sbalordita
,
accorsa
da
tutte
le
parti
di
Costantinopoli
,
sopra
alla
quale
apparivano
le
faccie
pallide
e
gravi
dei
Consoli
e
degli
Ambasciatori
,
che
arrestavano
i
cavalli
sui
crocicchi
,
e
guardavano
intorno
sgomentati
dall
'
immensità
del
disastro
.
Eppure
anche
quell
'
immenso
disastro
,
come
segue
sempre
nei
paesi
orientali
,
fu
presto
dimenticato
.
Quattro
anni
dopo
io
non
ne
vidi
più
traccia
,
fuorchè
qualche
tratto
di
terreno
sgombro
all
'
estremità
di
Pera
,
dinanzi
all
'
altura
di
Tataola
.
Dell
'
incendio
si
parlava
già
come
d
'
un
avvenimento
molto
lontano
.
Per
qualche
tempo
,
mentre
le
ceneri
erano
ancora
calde
,
i
giornali
avevano
chiesto
al
governo
dei
provvedimenti
:
che
riordinasse
il
corpo
dei
pompieri
,
che
mutasse
le
pompe
,
che
si
procurasse
maggior
abbondanza
d
'
acqua
,
che
regolasse
la
costruzione
delle
case
;
ma
il
governo
aveva
fatto
il
sordo
e
gli
europei
avevano
rimesso
il
cuore
in
pace
,
continuando
a
vivere
alla
turca
,
ossia
fidando
un
po
'
nel
buon
Dio
e
un
po
'
nella
buona
fortuna
.
Così
,
nulla
o
quasi
nulla
essendo
mutato
,
si
può
andar
sicuri
che
quello
del
1870
non
fu
l
'
ultimo
dei
grandi
incendi
dai
quali
"
è
scritto
"
che
la
città
dei
Sultani
sia
ogni
tanti
anni
desolata
.
Le
case
di
Pera
sono
ora
quasi
tutte
,
è
vero
,
di
muratura
;
ma
costrutte
la
maggior
parte
malamente
,
da
architetti
senza
studii
e
senza
esperienza
,
non
invigilati
dal
Governo
,
e
spesso
anche
costrutte
dal
primo
venuto
,
in
maniera
che
molte
rovinano
prima
d
'
esser
terminate
,
e
quelle
che
rimangono
su
,
non
possono
opporre
alcuna
resistenza
alle
fiamme
.
L
'
acqua
,
specialmente
a
Pera
,
è
sempre
scarsa
e
soggetta
a
un
monopolio
vergognoso
;
e
siccome
viene
in
gran
parte
dai
serbatoi
del
villaggio
di
Belgrado
,
costrutti
dai
Romani
,
manca
affatto
quando
non
cadono
pioggie
abbondanti
in
primavera
e
in
autunno
;
onde
chi
ha
denari
deve
pagarla
a
peso
d
'
oro
e
i
poveri
bevono
fango
.
I
pompieri
sono
sempre
piuttosto
una
grande
banda
di
malfattori
,
che
un
corpo
ordinato
di
operai
;
banda
composta
di
gente
d
'
ogni
paese
,
dipendenti
più
di
nome
che
di
fatto
dal
Seraschierato
,
da
cui
non
ricevono
che
una
razione
di
pane
;
inesperti
,
indisciplinati
,
ladri
,
detestati
e
temuti
dalla
popolazione
quanto
il
fuoco
che
non
sanno
spegnere
,
e
sospetti
,
non
senza
fondamento
,
di
desiderare
gl
'
incendi
,
come
occasione
di
far
bottino
.
Le
pompe
non
scarseggiano
,
è
vero
,
e
i
turchi
ne
vanno
alteri
come
di
macchine
meravigliose
;
ma
sono
ridicole
carabattole
,
che
contengono
una
dozzina
di
litri
d
'
acqua
,
e
mandano
uno
zampillo
sottilissimo
,
piuttosto
adatto
a
innaffiare
giardini
che
a
spegnere
incendi
.
E
sarebbe
nondineno
una
gran
fortuna
,
se
rimanendo
questi
inconvenienti
,
fossero
cessati
gli
altri
,
che
sono
molto
più
gravi
.
Non
è
credibile
,
senza
dubbio
,
quello
che
molti
credono
ancora
,
che
il
Governo
,
cioè
,
susciti
gl
'
incendii
per
allargare
le
strade
,
chè
il
danno
e
il
pericolo
sarebbero
troppo
sproporzionati
ai
vantaggi
;
nè
accade
più
come
per
il
passato
,
che
il
"
partito
d
'
opposizione
"
dia
fuoco
a
un
quartiere
di
Costantinopoli
per
spaventare
il
Sultano
,
nè
che
l
'
esercito
incendii
un
sobborgo
per
ottenere
un
accrescimento
di
paga
.
Ma
il
sospetto
,
che
gl
'
incendii
siano
molte
volte
suscitati
da
coloro
che
ne
possono
trarre
guadagno
,
è
sempre
vivo
,
e
il
fatto
provò
troppo
spesso
che
non
è
un
sospetto
infondato
.
Per
il
che
la
popolazione
vive
in
un
'
ansietà
continua
.
Teme
dei
portatori
d
'
acqua
,
dei
facchini
,
degli
architetti
,
dei
mercanti
di
legna
e
di
calce
,
e
massimamente
dei
servitori
,
che
sono
la
peggior
genìa
di
Costantinopoli
,
legati
la
maggior
parte
con
ladri
,
i
quali
sono
alla
loro
volta
ordinati
in
associazioni
e
in
comitati
,
da
cui
altre
compagnie
occulte
compran
la
roba
rubata
e
facilitano
con
varii
mezzi
il
delitto
.
E
la
polizia
locale
mostra
con
questa
gente
una
fiacchezza
,
per
non
chiamarla
indulgenza
,
la
quale
produce
quasi
gli
effetti
della
complicità
.
Non
fu
mai
condannato
un
incendiario
.
Raramente
i
ladri
,
dopo
gl
'
incendii
,
sono
colti
e
puniti
.
È
anche
più
raro
che
gli
oggetti
sequestrati
dalla
polizia
siano
restituiti
ai
proprietarii
.
Di
più
,
essendoci
a
Costantinopoli
del
canagliume
di
tutti
i
paesi
,
l
'
azione
della
giustizia
è
inceppata
in
mille
modi
dai
trattati
internazionali
;
i
Consolati
reclamano
a
sè
i
malfattori
della
propria
nazione
;
i
processi
durano
un
secolo
;
molti
delinquenti
scappano
;
il
timore
del
castigo
non
serve
quasi
affatto
di
freno
agli
scellerati
,
e
il
saccheggio
negl
'
incendii
è
considerato
da
loro
quasi
come
un
privilegio
tacitamente
riconosciuto
dalle
autorità
,
come
era
altre
volte
per
gli
eserciti
il
mettere
a
sacco
le
città
espugnate
.
Per
questo
la
parola
"
incendio
"
significa
ancora
per
la
popolazione
di
Costantinopoli
"
tutte
le
sventure
"
e
il
grido
di
Janghen
var
è
sempre
un
grido
tremendo
,
solenne
,
fatale
,
al
cui
suono
tutta
la
città
si
rimescola
fin
nel
più
profondo
delle
sue
viscere
,
come
all
'
annunzio
d
'
un
castigo
di
Dio
.
E
chi
sa
quante
volte
la
grande
metropoli
dovrà
ancora
essere
incenerita
e
rialzata
sulle
sue
ceneri
prima
che
la
civiltà
europea
abbia
piantato
la
sua
bandiera
sul
palazzo
imperiale
di
Dolma
-
Bagcé
!
Nei
tempi
andati
,
quando
scoppiava
un
incendio
in
Costantinopoli
,
se
il
Sultano
si
trovava
in
quel
momento
nell
'
arem
,
gli
portava
l
'
annunzio
del
pericolo
un
'
odalisca
tutta
vestita
color
di
porpora
dal
turbante
alle
babbuccie
,
la
quale
aveva
l
'
ordine
di
presentarsi
a
Lui
in
qualunque
luogo
egli
fosse
;
fosse
anche
stato
in
braccio
alla
più
cara
delle
sue
favorite
.
Essa
non
aveva
che
da
presentarsi
sulla
soglia
:
il
color
di
fuoco
dei
suoi
panni
era
l
'
annunzio
muto
della
sventura
.
Ebbene
,
chi
crederebbe
che
fra
tante
immagini
grandiose
e
terribili
che
mi
si
affacciano
alla
mente
quando
penso
agl
'
incendii
di
Costantinopoli
,
sia
la
figura
di
quell
'
odalisca
quella
che
scuote
più
vivamente
tutte
le
mie
fibre
d
'
artista
?
Io
vorrei
essere
pittore
per
dipingere
quel
quadro
,
e
supplicherò
tutti
i
pittori
di
dipingerlo
,
sin
che
n
'
abbia
trovato
uno
che
s
'
innamori
dell
'
argomento
,
e
a
lui
sarò
grato
per
la
vita
.
Egli
rappresenterà
,
in
una
stanza
dell
'
arem
imperiale
,
tappezzata
di
raso
e
rischiarata
da
una
luce
soavissima
,
sopra
un
largo
divano
,
accanto
a
una
circassa
bionda
di
quindici
anni
,
coperta
di
perle
,
Selim
I
,
il
Sultano
tremendo
,
che
s
'
è
svincolato
impetuosamente
dalle
braccia
della
sua
cadina
,
e
fissa
i
grand
'
occhi
atterriti
sopra
l
'
odalisca
purpurea
,
muta
,
sinistra
,
ritta
sulla
soglia
come
una
statua
,
la
quale
,
con
un
volto
pallido
che
rivela
la
venerazione
e
il
terrore
,
sembra
voler
dire
:
-
Re
dei
Re
,
Allà
ti
chiama
e
il
tuo
popolo
desolato
t
'
aspetta
!
-
e
sollevando
la
cortina
della
porta
,
mostra
di
là
da
un
terrazzo
,
in
una
grande
lontananza
azzurrina
,
la
città
enorme
che
fuma
.
LE
MURA
Il
giro
intorno
alle
antiche
mura
di
Stambul
lo
volli
far
solo
,
e
consiglio
ad
imitarmi
tutti
gl
'
Italiani
che
andranno
a
Costantinopoli
,
perché
lo
spettacolo
delle
grandi
rovine
solitarie
non
lascia
un
'
impressione
veramente
profonda
e
durevole
se
non
in
chi
è
tutto
inteso
a
riceverla
,
e
può
seguire
liberamente
il
corso
dei
suoi
pensieri
,
in
silenzio
.
C
'
era
da
fare
una
passeggiata
di
circa
quindici
miglia
italiane
,
a
piedi
,
sotto
i
raggi
del
sole
,
per
strade
deserte
.
-
Forse
-
dissi
al
mio
amico
-
a
metà
strada
mi
piglierà
la
tristezza
della
solitudine
e
t
'
invocherò
come
un
Santo
;
ma
tant
'
è
,
voglio
andar
solo
.
-
Alleggerii
il
portamonete
per
il
caso
che
qualche
ladro
suburbano
avesse
voluto
vederci
dentro
,
gittai
qualchecosa
"
dentro
alle
bramose
canne
"
per
poter
dir
poi
a
me
stesso
:
-
"
taci
,
maledetto
lupo
"
-
;
e
m
'
incamminai
alle
otto
della
mattina
,
sotto
un
bel
cielo
lavato
da
una
pioggerella
della
notte
,
verso
il
ponte
della
Sultana
Validè
.
Il
mio
disegno
era
d
'
uscire
da
Stambul
per
la
porta
del
quartiere
delle
Blacherne
,
di
percorrere
la
linea
delle
mura
dal
Corno
d
'
oro
fino
al
castello
delle
Sette
Torri
,
e
di
ritornare
lungo
la
riva
del
Mar
di
Marmara
,
girando
così
intorno
a
tutto
il
grande
triangolo
della
città
musulmana
.
Passato
il
ponte
,
svoltai
a
destra
e
m
'
innoltrai
nel
vasto
quartiere
chiamato
Istambul
-
disciaré
,
o
Stambul
esterna
,
che
è
una
lunga
striscia
di
città
,
compresa
fra
le
mura
ed
il
porto
,
tutta
casupole
e
magazzini
d
'
oli
e
di
legna
,
stata
distrutta
più
volte
dagli
incendii
.
Fra
le
viuzze
e
la
riva
del
Corno
d
'
oro
,
lungo
la
quale
si
stende
una
fila
di
piccoli
scali
e
di
seni
pieni
di
bastimenti
e
di
barconi
,
c
'
è
un
viavai
fitto
di
facchini
,
di
ciucci
e
di
cammelli
,
un
rimescolìo
di
gente
strana
e
di
cose
sporche
,
e
un
urlìo
incomprensibile
,
che
fa
pensare
a
quei
porti
meravigliosi
del
mar
dell
'
Indie
e
del
mar
della
China
dove
s
'
incontrano
i
popoli
e
le
merci
dei
due
emisferi
.
Le
mura
che
rimangono
da
questo
lato
della
città
,
sono
alte
cinque
volte
un
uomo
,
merlate
,
fiancheggiate
di
cento
in
cento
passi
da
piccole
torri
quadrangolari
,
e
in
molte
parti
rovinate
;
ma
sono
il
tratto
meno
notevole
e
per
arte
e
per
memorie
delle
mura
di
Stambul
.
Attraversai
il
quartiere
del
Fanar
,
passando
sulla
riva
ingombra
di
fruttaioli
,
di
pasticcieri
,
di
venditori
d
'
anice
e
di
rosolio
,
e
di
cucine
esposte
all
'
aria
aperta
,
in
mezzo
a
gruppi
di
bei
marinari
greci
atteggiati
come
le
statue
dei
loro
Numi
antichi
;
girai
intorno
al
vastissimo
ghetto
di
Balata
;
percorsi
il
quartiere
silenzioso
delle
Blacherne
,
e
uscii
finalmente
di
città
per
la
porta
chiamata
Egri
-
Kapú
,
poco
lontana
dalla
riva
del
Corno
d
'
oro
.
Tutto
questo
è
presto
detto
;
ma
è
una
camminata
di
un
'
ora
e
mezzo
,
ora
in
salita
,
ora
in
discesa
,
intorno
a
laghi
di
mota
,
sopra
ciottoli
enormi
,
per
vicoli
senza
fine
,
sotto
volte
oscure
,
a
traverso
a
vasti
spazii
solitari
,
senz
'
altra
guida
che
la
punta
dei
minareti
della
moschea
di
Selim
.
A
un
certo
punto
si
cominciano
a
non
veder
più
nè
faccie
nè
abiti
di
franchi
;
poi
spariscono
le
casette
all
'
europea
;
poi
il
ciottolato
,
poi
le
insegne
delle
botteghe
,
poi
l
'
indicazione
delle
strade
,
poi
ogni
rumor
di
lavoro
;
e
più
si
va
innanzi
,
più
i
cani
guardano
torvo
,
più
i
monelli
turchi
fissano
con
l
'
occhio
ardito
,
più
le
donne
del
volgo
si
nascondono
la
faccia
con
cura
,
fin
che
ci
si
trova
in
piena
barbarie
asiatica
,
e
la
passeggiata
di
due
ore
pare
che
sia
stata
un
viaggio
di
due
giorni
.
Uscendo
da
Egri
-
Kapú
,
voltai
a
sinistra
e
vidi
improvvisamente
un
larghissimo
tratto
delle
mura
famose
che
difendono
Stambul
dalla
parte
di
terra
.
Sono
passati
tre
anni
da
quel
momento
;
ma
non
posso
ricordarmene
senza
provare
un
sentimento
vivissimo
di
maraviglia
.
Non
so
in
quale
altro
luogo
dell
'
Oriente
si
trovino
così
raccolte
la
grandezza
dell
'
opera
umana
,
la
maestà
della
potenza
,
la
gloria
dei
secoli
,
la
solennità
delle
memorie
,
la
mestizia
delle
rovine
,
la
bellezza
della
natura
.
È
una
vista
che
ispira
insieme
ammirazione
,
venerazione
e
terrore
;
uno
spettacolo
degno
d
'
un
canto
d
'
Omero
.
A
primo
aspetto
,
si
scoprirebbe
il
capo
e
si
griderebbe
:
-
Gloria
!
-
come
dinanzi
a
una
schiera
interminabile
di
giganteschi
eroi
mutilati
.
La
cinta
delle
mura
e
delle
torri
enormi
si
stende
fin
dove
arriva
lo
sguardo
,
salendo
e
scendendo
a
seconda
delle
alture
e
degli
avvallamenti
,
dove
bassissima
che
par
che
si
sprofondi
nella
terra
,
dove
alta
che
par
che
coroni
la
sommità
d
'
una
montagna
;
svariata
d
'
infinite
forme
di
rovine
,
tinta
di
mille
colori
severi
,
dal
calcareo
fosco
quasi
nero
al
giallo
caldo
quasi
dorato
,
e
rivestita
d
'
una
vegetazione
rigogliosa
d
'
un
verde
cupo
,
che
s
'
arrampica
su
per
i
muri
,
ricasca
in
ghirlande
dai
merli
e
dalle
feritoie
,
si
rizza
in
ciuffi
alteri
sulla
cima
delle
torri
,
s
'
ammucchia
in
piramidi
altissime
,
vien
giù
quasi
a
cascatelle
dalle
cortine
,
e
colma
brecce
,
spaccature
e
fossati
,
e
si
avanza
fin
sulla
via
.
Sono
tre
ordini
di
mura
che
formano
come
una
gradinata
gigantesca
di
rovine
:
il
muro
interno
,
che
è
il
più
alto
,
fiancheggiato
,
a
brevi
distanze
eguali
,
da
grossissime
torri
quadrate
;
quel
di
mezzo
,
rafforzato
da
piccole
torri
rotonde
;
l
'
esterno
senza
torri
,
bassissimo
,
e
difeso
da
un
fosso
largo
e
profondo
,
anticamente
riempito
dalle
acque
del
Corno
d
'
oro
e
del
Mar
di
Marmara
,
ora
coperto
d
'
erba
e
di
cespugli
.
Tutte
queste
mura
sono
ancora
,
presso
a
poco
,
quali
erano
il
giorno
dopo
la
presa
di
Costantinopoli
:
perché
sono
pochissima
cosa
i
ristauri
fatti
da
Maometto
e
da
Bajazet
II
.
Vi
si
vedono
ancora
le
breccie
che
v
'
apersero
i
cannoni
enormi
d
'
Orbano
,
le
tracce
dei
colpi
degli
arieti
e
delle
catapulte
,
gli
squarci
delle
mine
,
e
tutti
gl
'
indizii
dei
luoghi
dove
si
diedero
gli
assalti
più
furiosi
e
si
opposero
le
resistenze
più
disperate
.
Le
torri
rotonde
delle
mura
di
mezzo
sono
quasi
tutte
rovinate
fino
alle
fondamenta
;
le
torri
delle
mura
interne
,
quasi
tutte
ritte
;
ma
smerlate
,
scantonate
,
ridotte
in
punta
alla
sommità
come
tronchi
d
'
alberi
enormi
acuminati
a
colpi
d
'
accetta
,
e
screpolate
di
cima
in
fondo
o
incavate
alla
base
come
scogli
rosi
dal
mare
.
Pezzi
smisurati
di
muratura
,
rotolati
giù
dalle
cortine
,
ingombrano
la
piattaforma
del
muro
di
mezzo
,
quella
del
muro
esterno
ed
il
fosso
.
Piccoli
sentieri
serpeggiano
fra
le
macerie
e
le
erbaccie
e
si
perdono
nell
'
ombra
cupa
della
vegetazione
alta
,
fra
i
macigni
e
gli
scoscendimenti
della
terra
messa
a
nudo
dai
muri
precipitati
.
Ogni
tratto
di
bastione
compreso
fra
due
torri
è
un
quadro
stupendo
di
rovine
e
di
verde
,
pieno
di
maestà
e
di
grandezza
.
Tutto
è
colossale
,
selvatico
,
irto
,
minaccioso
,
e
improntato
d
'
una
bellezza
pomposa
e
triste
,
che
impone
la
riverenza
.
Par
di
vedere
le
rovine
d
'
una
catena
sterminata
di
castelli
feudali
,
o
i
resti
d
'
una
di
quelle
muraglie
prodigiose
che
circondavano
i
grandi
imperi
leggendarii
dell
'
Asia
orientale
.
La
Costantinopoli
del
secolo
decimonono
è
sparita
;
si
è
dinanzi
alla
città
dei
Costantini
;
si
respira
l
'
aria
del
quattrocento
;
tutti
i
pensieri
corrono
al
giorno
dell
'
immensa
caduta
e
si
rimane
per
un
momento
sbalorditi
e
sgomenti
.
La
porta
per
cui
ero
uscito
,
chiamata
dai
turchi
Egri
-
Kapú
,
era
quella
famosa
porta
Caligaria
,
per
la
quale
fece
la
sua
entrata
trionfale
Giustiniano
,
ed
entrò
poi
Alessio
Comneno
per
impadronirsi
del
trono
.
Dinanzi
v
'
è
un
cimitero
musulmano
.
Nei
primi
giorni
dell
'
assedio
era
stato
messo
là
quello
smisurato
cannone
d
'
Orbano
,
intorno
al
quale
lavoravano
quattrocento
artiglieri
e
che
cento
buoi
stentavano
a
smovere
.
La
porta
era
difesa
da
Teodoro
di
Caristo
e
da
Giovanni
Greant
,
contro
l
'
ala
sinistra
dell
'
esercito
turco
che
si
stendeva
fino
al
Corno
d
'
oro
.
Da
quel
punto
fino
al
Mar
di
Marmara
non
c
'
è
più
un
sobborgo
nè
un
gruppo
di
case
.
La
strada
corre
diritta
fra
le
mura
e
la
campagna
.
Non
v
'
è
nulla
che
distragga
dalla
contemplazione
delle
rovine
.
Mi
misi
in
cammino
.
Andai
per
un
lungo
tratto
in
mezzo
a
due
cimiteri
;
uno
cristiano
a
sinistra
,
sotto
le
mura
;
un
altro
maomettano
,
a
destra
,
vastissimo
e
ombreggiato
da
una
selva
di
cipressi
.
Il
sole
scottava
;
la
strada
si
stendeva
dinanzi
a
me
bianca
e
solitaria
,
e
sollevandosi
a
poco
a
poco
tagliava
con
una
linea
retta
,
sulla
sommità
dell
'
altura
,
il
cielo
,
limpidissimo
.
Da
una
parte
le
torri
succedevano
alle
torri
,
dall
'
altra
le
tombe
succedevano
alle
tombe
.
Non
sentivo
che
il
rumore
cadenzato
del
mio
passo
e
di
tratto
in
tratto
il
fruscìo
di
un
lucertolone
fra
i
cespugli
vicini
.
Andai
così
per
un
lungo
tratto
,
fin
che
mi
trovai
impensatamente
davanti
a
una
bella
porta
quadrata
,
sormontata
da
un
grande
arco
a
tutto
sesto
e
fiancheggiata
da
due
grosse
torri
ottagone
.
Era
la
porta
d
'
Adrianopoli
,
la
Polyandria
dei
Greci
;
quella
che
sostenne
nel
625
,
sotto
Eraclio
,
l
'
urto
formidabile
degli
Avari
,
che
fu
difesa
contro
Maometto
II
dai
fratelli
Paolo
e
Antonino
Troilo
Bochiardi
,
e
che
divenne
poi
la
porta
delle
uscite
e
dell
'
entrate
trionfali
degli
eserciti
musulmani
.
Nè
dinanzi
nè
intorno
non
c
'
era
anima
viva
.
Improvvisamente
uscirono
di
galoppo
due
cavalieri
turchi
,
mi
ravvolsero
in
un
nuvolo
di
polvere
e
sparirono
per
la
strada
d
'
Adrianopoli
;
poi
tornò
a
regnare
un
silenzio
profondo
.
Di
là
,
voltando
le
spalle
alle
mura
,
mi
avanzai
per
la
strada
d
'
Adrianopoli
,
discesi
nel
vallone
del
Lykus
,
salii
sopra
un
'
altura
,
e
mi
trovai
dinanzi
al
vastissimo
piano
ondulato
e
arido
di
Dahud
-
Pascià
,
dove
tenne
il
quartier
generale
Maometto
II
,
durante
l
'
assedio
di
Costantinopoli
.
Stetti
qualche
tempo
là
immobile
,
guardando
intorno
con
una
mano
sugli
occhi
,
come
per
cercare
le
traccie
dell
'
accampamento
imperiale
e
rappresentarmi
il
grande
e
strano
spettacolo
che
doveva
offrire
quel
luogo
sul
finire
della
primavera
del
1453
.
Là
proprio
rifluiva
,
come
al
suo
cuore
,
la
vita
di
tutto
l
'
enorme
esercito
che
stringeva
nel
suo
formidabile
amplesso
la
grande
città
moribonda
.
Di
là
partivano
gli
ordini
fulminei
che
movevano
le
braccia
di
centomila
operai
,
che
facevano
trascinare
per
terra
duecento
galere
dalla
baia
di
Besci
-
tass
alla
baia
di
Kassim
-
Pascià
,
che
spingevano
nelle
viscere
della
terra
eserciti
di
minatori
armeni
,
che
sguinzagliavano
da
cento
parti
i
drappelli
d
'
araldi
ad
annunziar
l
'
ora
degli
assalti
,
e
facevano
,
nel
tempo
che
s
'
impiega
a
contare
le
pallottoline
d
'
un
tespì
,
tendere
trecentomila
archi
e
sguainare
trecentomila
scimitarre
.
Là
i
messi
pallidi
di
Costantino
s
'
incontravano
coi
genovesi
di
Galata
venuti
a
vender
l
'
olio
per
rinfrescare
i
cannoni
d
'
Orbano
e
colle
vedette
musulmane
che
spiavano
dalla
riva
del
Mar
di
Marmara
se
apparissero
all
'
orizzonte
le
flotte
europee
a
portar
gli
ultimi
soccorsi
della
cristianità
all
'
ultimo
baluardo
dei
Costantini
.
Là
era
un
formicolìo
di
cristiani
rinnegati
,
d
'
avventurieri
asiatici
,
di
vecchi
sceicchi
,
di
dervis
macilenti
,
laceri
e
stremati
dalle
lunghe
marcie
,
che
andavano
e
venivano
affannosamente
intorno
alle
tende
di
quattordicimila
giannizzeri
,
fra
schiere
interminabili
di
cavalli
bardati
,
fra
lunghissime
file
di
alti
cammelli
immobili
,
in
mezzo
a
catapulte
e
a
baliste
infrante
,
a
rottami
di
cannoni
scoppiati
,
a
piramidi
di
palle
enormi
di
granito
;
incrociandosi
con
le
processioni
dei
soldati
polverosi
che
portavano
a
due
a
due
,
dalle
mura
all
'
aperta
campagna
,
cadaveri
sformati
e
feriti
urlanti
,
a
traverso
una
nuvola
perpetua
di
fumo
.
In
mezzo
all
'
accampamento
dei
giannizzeri
s
'
alzavano
le
tende
variopinte
della
Corte
,
e
al
di
sopra
di
queste
,
il
padiglione
vermiglio
di
Maometto
II
.
E
ogni
mattina
,
allo
spuntar
del
giorno
,
egli
era
là
,
ritto
dinanzi
all
'
apertura
del
suo
padiglione
,
pallido
della
veglia
affannosa
della
notte
,
col
suo
gran
turbante
ornato
d
'
un
pennacchio
giallo
e
il
suo
lungo
caffettano
color
di
sangue
,
e
fissava
il
suo
sguardo
d
'
aquila
sull
'
immensa
città
che
gli
si
stendeva
dinanzi
,
tormentando
con
una
mano
la
folta
barba
nera
e
coll
'
altra
il
manico
d
'
argento
del
suo
pugnale
ricurvo
.
Accanto
a
lui
c
'
era
Orbano
,
l
'
inventore
del
cannone
prodigioso
,
che
doveva
pochi
giorni
dopo
,
scoppiando
,
slanciare
le
sue
ossa
sulla
spianata
dell
'
Ippodromo
;
l
'
ammiraglio
Balta
-
Ogli
,
già
turbato
dal
presentimento
della
sconfitta
,
che
fece
cadere
sul
suo
capo
il
bastone
d
'
oro
del
Gran
Signore
;
il
comandante
temerario
dell
'
Epepolin
,
il
grande
castello
mobile
,
coronato
di
torri
e
irto
di
ferro
,
che
cadde
poi
incenerito
davanti
alla
porta
di
San
Romano
;
una
corona
di
legisti
e
di
poeti
abbronzati
dal
sole
di
cento
battaglie
;
un
corteo
di
pascià
colle
membra
coperte
di
cicatrici
e
i
caffettani
lacerati
dalle
freccie
;
una
folla
di
giannizzeri
giganteschi
colle
lame
nude
nel
pugno
e
di
sciaù
armati
di
verghe
di
acciaio
,
pronti
a
far
cadere
le
teste
e
a
lacerare
le
carni
ai
ribelli
e
ai
vigliacchi
;
tutto
il
fiore
di
quella
sterminata
moltitudine
asiatica
,
piena
di
gioventù
,
di
ferocia
e
di
forza
,
che
stava
per
rovesciarsi
,
come
un
torrente
di
ferro
e
di
fuoco
,
sugli
avanzi
decrepiti
dell
'
Impero
bizantino
;
e
tutti
,
immobili
come
statue
,
tinti
di
rosa
dai
primi
raggi
dell
'
aurora
,
guardavano
all
'
orizzonte
le
mille
cupole
argentee
della
città
promessa
dal
Profeta
,
sotto
le
quali
sonavano
,
in
quell
'
ora
,
le
preghiere
e
i
singhiozzi
del
popolo
codardo
.
Io
vedevo
i
visi
,
gli
atteggiamenti
,
i
pugnali
,
le
pieghe
delle
cappe
e
dei
caffettani
,
e
le
grandi
ombre
che
s
'
allungavano
sul
terreno
incavato
dalle
ruote
dei
cannoni
e
delle
torri
.
Ma
a
un
tratto
,
lasciando
cader
gli
occhi
sopra
una
grossa
pietra
mezzo
affondata
nella
terra
,
e
leggendovi
una
rozza
iscrizione
,
quel
gran
quadro
disparve
come
una
visione
fantasmagorica
,
e
vidi
sparpagliarsi
per
la
pianura
brulla
una
moltitudine
allegra
di
cacciatori
di
Vincennes
,
di
zuavi
e
di
fantaccini
dai
calzoni
rossi
;
sentii
cantare
le
canzonette
della
Provenza
e
della
Normandia
;
vidi
il
maresciallo
Saint
-
Arnaud
,
Canrobert
,
Forey
,
Espinasse
,
Pelissier
;
riconobbi
mille
volti
e
mille
colori
vivi
nella
mia
memoria
e
cari
al
mio
cuore
fin
dall
'
infanzia
...
e
rilessi
con
un
sentimento
inesprimibile
di
sorpresa
e
di
piacere
quella
povera
iscrizione
.
La
quale
diceva
:
-
Eugène
Saccard
,
caporal
dans
le
22°
léger
,
16
Juin
1854
.
Di
là
ripassai
per
il
vallone
del
Lykus
e
ritornai
sulla
strada
che
fiancheggia
le
mura
,
sempre
solitaria
e
sempre
serpeggiante
fra
le
rovine
e
i
cimiteri
.
Passai
dinanzi
all
'
antica
porta
militare
di
Pempti
,
ora
murata
;
attraversai
un
'
altra
volta
il
Lykus
,
che
entra
nella
città
in
quel
punto
,
e
arrivai
finalmente
dinanzi
alla
porta
chiamata
del
Cannone
,
dal
gran
cannone
d
'
Orbano
,
che
v
'
era
appostato
davanti
;
la
porta
contro
cui
rivolse
il
suo
ultimo
assalto
l
'
esercito
di
Maometto
.
Alzando
gli
occhi
alla
sommità
delle
mura
,
vidi
dietro
ai
merli
parecchie
orribili
faccie
nere
,
coi
capelli
scarmigliati
,
che
mi
guardavano
in
aria
di
stupore
.
Seppi
poi
che
s
'
era
annidata
là
una
tribù
di
zingari
,
ficcando
le
sue
capanne
nelle
spaccature
delle
cortine
e
delle
torri
.
Qui
le
traccie
della
lotta
sono
veramente
gigantesche
e
superbe
:
le
mura
sventrate
,
crivellate
,
stritolate
;
le
torri
dimezzate
ed
informi
,
le
piattaforme
sepolte
sotto
monti
di
ruderi
,
le
feritoie
squarciate
,
il
terreno
sconvolto
,
il
fosso
ingombro
di
rottami
colossali
,
che
sembrano
massi
di
roccie
franati
da
una
montagna
.
La
battaglia
tremenda
sembra
stata
combattuta
il
giorno
innanzi
e
le
rovine
raccontano
meglio
d
'
una
voce
umana
l
'
orribile
eccidio
di
cui
furono
spettatrici
.
E
fu
poco
meno
che
il
medesimo
dinanzi
a
tutte
le
porte
,
per
tutta
la
lunghezza
delle
mura
.
La
lotta
cominciò
allo
spuntare
del
giorno
.
L
'
esercito
ottomano
era
diviso
in
quattro
enormi
colonne
,
e
preceduto
da
centomila
volontarii
,
che
formavano
un
'
immensa
avanguardia
predestinata
alla
morte
.
Tutta
questa
carne
da
cannone
,
questa
turba
indisciplinata
e
temeraria
di
tartari
,
di
caucasei
,
d
'
arabi
,
di
negri
,
guidati
dai
sceicchi
,
eccitati
dai
dervis
,
cacciati
innanzi
a
nerbate
da
un
esercito
di
sciaù
,
si
slanciò
per
la
prima
all
'
assalto
,
carica
di
terra
e
di
fascine
,
formando
una
sola
catena
e
cacciando
un
urlo
solo
dal
Mar
di
Marmara
al
Corno
d
'
oro
.
Arrivati
sulla
sponda
del
fosso
,
una
grandine
di
ferro
e
di
pietre
li
arresta
e
li
macella
;
cadono
a
cento
a
cento
,
schiacciati
dai
macigni
,
crivellati
dalle
freccie
,
fulminati
dalle
palle
,
arsi
dalle
vampe
delle
spingarde
,
vecchi
,
fanciulli
,
schiavi
,
ladri
,
pastori
,
briganti
;
altre
turbe
,
spinte
da
turbe
più
lontane
,
sottentrano
;
in
poco
tempo
il
fosso
e
le
sponde
sono
coperte
di
mucchi
di
cadaveri
,
di
membra
palpitanti
,
di
turbanti
insanguinati
,
d
'
archi
,
di
scimitarre
;
su
cui
altri
torrenti
d
'
armati
passano
muggendo
e
vanno
a
frangersi
e
a
insanguinarsi
ai
piedi
delle
cortine
e
delle
torri
,
sotto
un
rovescio
più
fitto
di
giavellotti
e
di
sassi
,
in
una
nuvola
densa
che
nasconde
le
mura
,
i
difensori
,
i
morti
,
la
strada
;
fin
che
mille
trombe
ottomane
fanno
sentire
i
loro
squilli
selvaggi
sopra
il
tumulto
della
battaglia
,
e
la
grande
avanguardia
dimezzata
e
sanguinosa
retrocede
confusamente
da
tutta
la
linea
delle
mura
.
Allora
Maometto
II
sguinzaglia
all
'
assalto
il
grosso
delle
sue
forze
.
Tre
grandi
eserciti
,
tre
fiumane
d
'
uomini
,
condotti
da
cento
Pascià
,
sorvolati
da
mille
stendardi
,
s
'
avanzano
,
s
'
allargano
,
coprono
le
alture
,
allagano
le
valli
,
scendono
levando
un
frastuono
spaventoso
di
trombe
,
di
timballi
e
di
spade
,
e
gettando
un
grido
:
-
La
Ilah
illa
lah
!
-
che
rimbomba
come
uno
scoppio
di
fulmine
dal
Corno
d
'
oro
alle
Sette
Torri
,
spiccano
la
corsa
e
vanno
a
precipitarsi
contro
le
mura
come
un
oceano
in
tempesta
contro
una
riva
di
roccie
tagliate
a
picco
.
Allora
comincia
la
grande
battaglia
,
ossia
cento
battaglie
,
alle
porte
,
alle
breccie
,
nei
fossi
,
sulle
piattaforme
,
ai
piedi
delle
cortine
,
da
un
capo
all
'
altro
dell
'
enorme
baluardo
secolare
di
Costantinopoli
.
Dieci
mila
feritoie
vomitano
la
morte
sopra
duecento
mila
vite
.
Dall
'
alto
delle
cortine
e
delle
torri
ruzzolano
i
macigni
,
le
travi
,
le
botti
piene
di
terra
,
le
fascine
accese
.
Le
scale
,
cariche
d
'
assalitori
,
rovinano
;
i
ponti
levatoi
delle
torri
di
assedio
precipitano
;
le
catapulte
fiammeggiano
.
Schiere
dietro
schiere
s
'
avventano
e
ricadono
,
sfolgorate
,
sulle
macerie
,
sui
molti
sfracellati
,
sui
moribondi
,
nel
sangue
,
nell
'
acqua
,
sulle
armi
dei
compagni
,
dentro
a
un
fumo
fitto
,
illuminato
qua
e
là
dalle
vampe
improvvise
del
fuoco
greco
,
fra
i
sibili
rabbiosi
della
mitraglia
,
fra
gli
scoppi
delle
mine
,
fra
gli
urli
dei
mutilati
,
fra
i
rimbombi
formidabili
delle
diciotto
batterie
di
Maometto
,
che
fulminano
la
città
dalle
alture
.
Di
tratto
in
tratto
la
battaglia
si
rallenta
come
per
riprender
respiro
,
e
allora
sulla
larga
breccia
di
porta
San
Romano
,
a
traverso
il
fumo
diradato
,
si
vede
per
qualche
momento
ondeggiare
il
mantello
di
porpora
di
Costantino
,
scintillare
le
armature
di
Giustiniani
e
di
Francesco
di
Toledo
,
e
agitarsi
confusamente
le
terribili
figure
dei
trecento
arcieri
genovesi
.
Poi
la
mischia
si
riaccende
,
il
fumo
rinasconde
le
breccie
,
le
scale
si
riappoggiano
alle
mura
,
e
ricominciano
a
cader
rovine
su
rovine
e
cadaveri
su
cadaveri
alla
porta
d
'
Adrianopoli
,
alla
porta
Dorata
,
alla
porta
di
Selymbria
,
alla
porta
di
Tetarté
,
alla
porta
di
Pempti
,
alla
porta
di
Russion
,
alle
Blacherne
,
all
'
Heptapyrgion
;
e
turbe
armate
dietro
turbe
armate
,
che
par
che
escano
dalla
terra
,
seguitano
a
irrompere
contro
le
mura
,
valicano
il
fosso
,
superano
le
prime
cortine
,
cadono
,
risorgono
,
s
'
arrampicano
su
per
le
macerie
,
strisciano
sui
cadaveri
,
sotto
nuvoli
di
freccie
,
sotto
tempeste
di
palle
,
sotto
nembi
di
fuoco
.
Finalmente
gli
assalitori
,
diradati
e
sfiniti
,
cedono
,
retrocedono
,
si
sparpagliano
,
e
un
grido
altissimo
di
vittoria
e
un
coro
solenne
di
canti
sacri
s
'
innalza
dalle
mura
.
Dall
'
altura
di
fronte
a
San
Romano
,
Maometto
II
,
circondato
da
quattordicimila
giannizzeri
,
vede
,
e
rimane
qualche
tempo
incerto
se
debba
ritentare
l
'
assalto
o
rinunziare
all
'
impresa
.
Ma
girato
uno
sguardo
sui
suoi
formidabili
soldati
che
lo
guardano
in
volto
fremendo
d
'
impazienza
e
d
'
ira
,
si
rizza
superbamente
sulle
staffe
e
getta
un
'
altra
volta
il
grido
della
battaglia
.
Allora
è
la
vendetta
di
Dio
che
si
scatena
.
I
giannizzeri
rispondono
con
quattordicimila
grida
in
un
grido
;
le
colonne
si
movono
;
una
turba
di
dervis
si
spande
per
il
campo
a
rianimare
i
dispersi
,
i
sciaù
arrestano
i
fuggenti
,
i
pascià
riformano
le
schiere
,
il
Sultano
,
brandendo
la
sua
mazza
di
ferro
,
s
'
avanza
tra
uno
sfolgorìo
di
scimitarre
e
d
'
archi
,
in
mezzo
a
un
mare
di
turbanti
e
di
caschi
;
sulla
porta
di
San
Romano
torna
a
rovesciarsi
una
grandine
di
freccie
e
di
palle
;
Giustiniani
,
ferito
,
scompare
;
gl
'
italiani
,
scoraggiti
,
si
scompigliano
;
il
gigantesco
giannizzero
Hassan
d
'
Olubad
sale
per
il
primo
sui
baluardi
;
Costantino
,
combattendo
in
mezzo
agli
ultimi
suoi
valorosi
della
Morea
,
è
precipitato
dai
merli
,
lotta
ancora
sotto
alla
porta
,
stramazza
in
mezzo
ai
cadaveri
...
;
l
'
Impero
d
'
Oriente
è
caduto
.
La
tradizione
dice
che
un
grande
albero
segnava
il
luogo
dove
fu
trovato
il
corpo
di
Costantino
;
ma
non
ne
vidi
più
traccia
.
Fra
quei
ruderi
,
dove
corsero
rigagnoli
di
sangue
,
la
terra
era
tutta
bianca
di
margheritine
e
di
ombrellifere
,
sulle
quali
svolazzava
un
nuvolo
di
farfalle
.
Colsi
un
fiore
per
ricordo
,
sotto
gli
sguardi
attoniti
degli
zingari
,
e
mi
rimisi
in
cammino
.
Le
mura
mi
si
stendevano
sempre
dinanzi
a
perdita
d
'
occhi
.
Nei
luoghi
alti
nascondevano
affatto
la
città
,
in
modo
che
chi
non
l
'
avesse
saputo
,
non
avrebbe
pensato
mai
che
dietro
quelle
rovine
solitarie
e
silenziose
,
ci
potesse
essere
una
vasta
metropoli
,
coronata
di
grandi
monumenti
e
abitata
da
un
grande
popolo
.
Nei
luoghi
bassi
,
invece
,
apparivano
dietro
i
merli
punte
inargentate
di
minareti
,
sommità
di
cupole
,
tetti
di
chiese
greche
,
vette
di
cipressi
.
Qua
e
là
,
per
uno
squarcio
delle
cortine
,
vedevo
di
sfuggita
,
come
per
una
porta
improvvisamente
aperta
e
chiusa
,
un
pezzo
di
città
:
gruppi
di
case
che
parevano
abbandonate
,
vallette
deserte
,
orti
,
giardini
,
e
più
lontano
,
sfumati
nella
chiarezza
bianca
del
mezzogiorno
,
i
contorni
fantastici
di
Stambul
.
Passai
dinanzi
alla
porta
murata
di
Tetartè
,
non
indicata
che
da
due
torri
vicinissime
.
In
quel
tratto
le
mura
sono
meglio
conservate
.
Si
vedono
dei
lunghi
pezzi
delle
cortine
di
Teodosio
II
,
quasi
intatte
;
delle
belle
torri
del
prefetto
del
Pretorio
Antemio
e
dell
'
imperatore
Ciro
Costantino
,
che
portano
ancora
gloriosamente
sul
capo
invulnerato
la
loro
corona
di
quindici
secoli
,
e
par
che
sfidino
un
nuovo
assalto
.
In
alcuni
punti
,
sulle
piattaforme
,
ci
sono
delle
capanne
di
contadini
,
che
danno
un
risalto
inaspettato
,
colla
loro
fragile
piccolezza
,
alla
salda
maestà
delle
mura
,
e
paion
nidi
d
'
uccelli
appesi
ai
fianchi
dirupati
d
'
una
montagna
.
E
a
destra
sempre
cimiteri
,
boschi
di
cipressi
in
salita
e
in
discesa
,
vallette
grigie
di
pietre
sepolcrali
;
qui
un
convento
di
dervis
,
mezzo
nascosto
da
una
corona
di
platani
;
là
un
caffè
solitario
;
più
in
là
una
fontana
ombreggiata
da
un
salice
;
e
di
là
dai
boschetti
,
sentieri
bianchi
che
si
perdono
nella
campagna
alta
ed
arida
,
sotto
un
cielo
abbagliante
,
in
cui
ruotano
degli
avoltoi
.
Dopo
un
altro
quarto
d
'
ora
di
cammino
arrivai
dinanzi
alla
porta
chiamata
Yeni
-
Mewle
-
hane
,
da
un
famoso
convento
di
dervis
che
c
'
è
davanti
:
una
porta
bassa
,
nella
quale
sono
incastrate
quattro
colonne
di
marmo
,
e
ai
cui
lati
s
'
innalzano
due
torri
quadrate
,
ornate
d
'
un
'
iscrizione
di
Ciro
Costantino
,
del
447
,
e
d
'
un
'
iscrizione
di
Giustino
II
e
di
Sofia
,
nella
quale
l
'
ortografia
dei
nomi
imperiali
è
sbagliata
:
saggio
curioso
della
ignoranza
barbarica
del
V
secolo
.
Guardai
dentro
la
porta
,
sulle
mura
,
intorno
al
convento
,
nei
cimiteri
:
non
c
'
era
anima
nata
.
Riposai
qualche
momento
appoggiato
alle
spallette
del
piccolo
ponte
che
accavalcia
il
fosso
delle
mura
,
e
poi
ripresi
la
mia
strada
.
Io
darei
il
ricordo
d
'
una
delle
più
belle
vedute
di
Costantinopoli
per
poter
trasfondere
in
chi
legge
soltanto
un
'
ombra
del
sentimento
profondo
e
singolarissimo
che
provavo
andando
così
solo
fra
quelle
due
catene
interminabili
di
rovine
e
di
sepolcri
,
sotto
quel
sole
,
in
quella
solitudine
severa
,
in
mezzo
a
quella
immensa
pace
.
Molte
volte
,
nei
giorni
tristi
della
mia
vita
,
fantasticando
,
desiderai
di
trovarmi
fra
una
carovana
di
gente
misteriosa
e
muta
,
che
camminasse
eternamente
,
per
paesi
sconosciuti
,
verso
una
meta
ignorata
.
Ebbene
,
quella
strada
rispondeva
a
quel
mio
desiderio
.
Avrei
voluto
che
non
finisse
mai
.
Ma
non
m
'
inspirava
mestizia
;
mi
dava
invece
serenità
e
ardimento
.
Quei
colori
vigorosi
della
vegetazione
,
quelle
forme
ciclopiche
delle
mura
,
quelle
grandi
linee
del
terreno
simili
alle
onde
d
'
un
oceano
agitato
,
quelle
solenni
memorie
d
'
imperatori
,
d
'
eserciti
,
di
lotte
titaniche
,
di
popoli
scomparsi
,
di
generazioni
defunte
,
accanto
a
quella
città
enorme
,
in
quel
silenzio
mortale
,
rotto
soltanto
dal
frullo
possente
delle
ali
dell
'
aquile
che
spiccavano
il
volo
dalla
sommità
delle
torri
,
mi
destavano
nella
mente
un
ribollimento
di
fantasie
gigantesche
e
di
desiderii
smisurati
,
che
mi
raddoppiava
il
sentimento
della
vita
.
Avrei
voluto
esser
più
alto
di
due
palmi
e
vestire
l
'
armatura
colossale
del
Grand
'
Elettore
di
Sassonia
che
avevo
veduto
nell
'
Armeria
di
Madrid
,
e
che
il
mio
passo
risonasse
in
quel
silenzio
come
il
passo
misurato
d
'
un
reggimento
d
'
alabardieri
del
medioevo
.
Avrei
voluto
aver
la
forza
d
'
un
Titano
per
sollevare
fra
le
braccia
i
ruderi
immani
di
quelle
mura
superbe
.
Camminavo
colla
fronte
alta
,
colle
sopracciglia
corrugate
,
colla
mano
destra
serrata
,
apostrofando
a
grandi
versi
sciolti
Costantino
e
Maometto
,
rapito
in
una
specie
d
'
ebbrezza
guerriera
,
con
tutta
l
'
anima
nel
passato
;
e
mi
sentivo
tanta
giovinezza
nella
mente
e
nel
sangue
,
ed
ero
così
beato
d
'
esser
solo
,
e
così
geloso
di
quella
solitudine
piena
di
vita
,
che
non
avrei
voluto
incontrare
nemmeno
il
più
intimo
dei
miei
amici
.
Passai
dinanzi
all
'
antica
porta
militare
di
Trite
,
oggi
chiusa
.
Le
cortine
e
le
torri
sfracellate
indicano
che
dinanzi
a
quel
tratto
di
mura
debbono
esser
stati
posti
alcuni
dei
grossi
cannoni
d
'
Orbano
.
Si
crede
anzi
che
fosse
là
una
delle
tre
grandi
breccie
che
Maometto
II
accennò
all
'
esercito
il
giorno
prima
dell
'
assalto
,
quando
disse
:
-
Voi
potrete
entrare
in
Costantinopoli
a
cavallo
per
le
tre
brecce
che
ho
aperte
.
-
Di
là
riuscii
davanti
a
una
porta
aperta
,
fiancheggiata
da
due
torri
ottagone
,
e
riconobbi
dal
piccolo
ponte
a
tre
archi
d
'
un
bel
color
d
'
oro
,
la
porta
di
Selivri
,
da
cui
partiva
la
grande
strada
che
conduceva
alla
città
di
Selybmria
,
che
le
diede
il
nome
,
cangiato
dai
Turchi
in
Selivri
.
Durante
l
'
assedio
di
Maometto
,
difendeva
quella
porta
Maurizio
Cattaneo
,
genovese
.
La
strada
conserva
ancora
alcune
pietre
del
lastricato
che
vi
fece
fare
Giustiniano
.
Dinanzi
c
'
è
un
vasto
cimitero
e
di
là
dal
cimitero
il
monastero
notissimo
di
Baluklù
.
Appena
entrato
nel
cimitero
,
trovai
da
me
solo
il
luogo
solitario
dove
sono
sepolte
le
teste
del
famoso
Alì
di
Tepeleni
,
pascià
di
Giannina
;
dei
suoi
figli
:
Velì
,
governatore
di
Trihala
,
Muctar
,
comandante
d
'
Arlonia
,
Saalih
,
comandante
di
Lepanto
;
e
di
suo
nipote
Mehemet
,
figlio
di
Velì
,
comandante
di
Delvina
.
Sono
cinque
colonnine
di
pietra
,
terminate
in
forma
di
turbante
,
che
portano
tutte
la
data
del
1827
,
e
un
'
iscrizione
semplicissima
,
fatta
da
quel
povero
Solimano
dervis
,
amico
d
'
infanzia
d
'
Alì
,
che
comperò
le
teste
,
dopo
che
furono
staccate
dai
merli
del
Serraglio
,
e
le
seppellì
di
sua
mano
.
L
'
iscrizione
del
cippo
d
'
Alì
,
che
è
posto
nel
mezzo
,
dice
:
-
Qui
giace
la
testa
del
famoso
Alì
-
Pascià
di
Tepeleni
,
governatore
del
Sangiaccato
di
Giannina
,
il
quale
,
per
più
di
cinquant
'
anni
,
s
'
affaticò
per
l
'
indipendenza
dell
'
Albania
.
-
Il
che
prova
che
anche
sui
sepolcri
musulmani
si
scrivono
delle
pietose
menzogne
.
Mi
arrestai
qualche
momento
a
contemplare
quella
poca
terra
che
copriva
quel
formidabile
capo
,
e
mi
venivano
in
mente
le
domande
d
'
Amleto
al
teschio
di
Yorik
.
Dove
sono
i
tuoi
Palicari
,
leone
d
'
Epiro
?
Dove
sono
i
tuoi
bravi
Arnauti
e
i
tuoi
palazzi
irti
di
cannoni
e
il
tuo
bel
chiosco
riflesso
dal
lago
di
Giannina
e
i
tuoi
tesori
sepolti
nelle
roccie
e
i
begli
occhi
della
tua
Vasiliki
?
E
pensavo
alla
bellissima
donna
vagante
per
le
vie
di
Costantinopoli
,
povera
e
desolata
dai
ricordi
della
sua
felicità
e
della
sua
grandezza
,
quando
sentii
un
leggero
fruscio
,
e
voltandomi
,
vidi
un
uomo
lungo
e
stecchito
,
vestito
d
'
una
gran
tonaca
scura
,
col
capo
scoperto
,
che
mi
guardava
in
aria
interrogativa
.
Da
un
cenno
che
mi
fece
,
capii
che
era
un
monaco
greco
di
Baluklù
,
che
voleva
farmi
vedere
la
fontana
miracolosa
,
e
m
'
incamminai
con
lui
verso
il
monastero
.
Mi
condusse
a
traverso
un
cortile
silenzioso
,
aperse
una
porticina
,
accese
una
candela
,
mi
fece
scendere
con
sè
per
una
scaletta
,
sotto
una
volta
umida
e
oscura
,
e
fermandosi
dinanzi
a
una
specie
di
cisterna
,
sulla
quale
raccolse
con
una
mano
la
luce
della
fiammella
,
mi
accennò
di
guardare
i
pesci
rossi
che
guizzavano
nell
'
acqua
.
Mentre
guardavo
,
mi
borbottò
un
discorso
incomprensibile
che
doveva
essere
la
favola
famosa
del
miracolo
dei
pesci
.
Mentre
i
Musulmani
davano
l
'
ultimo
assalto
alle
mura
di
Costantinopoli
,
un
monaco
greco
,
in
quel
convento
,
friggeva
dei
pesci
.
Improvvisamente
s
'
affacciò
alla
porta
della
cucina
un
altro
monaco
,
tutto
atterrito
,
e
gridò
:
-
La
città
è
presa
!
-
Che
!
-
rispose
l
'
altro
:
-
lo
crederò
quando
vedrò
i
miei
pesci
saltar
fuori
della
padella
.
-
E
i
pesci
saltarono
fuori
sull
'
atto
,
belli
e
vivi
,
mezzi
bruni
e
mezzi
rossi
perché
non
erano
fritti
che
da
una
parte
,
e
furono
rimessi
religiosamente
,
come
ognuno
può
pensare
,
nell
'
acqua
dov
'
erano
stati
pigliati
e
dove
guizzano
ancora
.
Finita
la
sua
chiacchierata
,
il
monaco
mi
gettò
sul
viso
alcune
goccie
dell
'
acqua
sacra
,
che
gli
ricascarono
in
mano
convertite
in
soldi
,
e
dopo
avermi
riaccompagnato
alla
porta
,
stette
un
pezzo
a
guardarmi
,
mentre
m
'
allontanavo
,
coi
suoi
piccoli
occhi
annoiati
e
sonnolenti
.
E
sempre
,
da
una
parte
,
mura
dietro
mura
e
torri
dietro
torri
,
e
dall
'
altra
cimiteri
ombrosi
,
qualche
campo
verde
,
qualche
vigneto
,
qualche
casa
chiusa
,
e
di
là
,
il
deserto
.
Qualche
volta
,
guardando
le
mura
da
un
luogo
basso
,
mi
pareva
di
vederne
l
'
ultimo
profilo
;
ma
fatta
una
breve
salita
,
le
vedevo
di
nuovo
stendersi
dinanzi
a
me
senza
fine
,
e
a
ogni
passo
saltavan
fuori
le
torri
,
lontano
,
l
'
una
dietro
l
'
altra
,
a
due
,
a
tre
insieme
,
come
se
accorressero
sulla
strada
per
veder
chi
turbava
il
silenzio
di
quella
solitudine
.
La
vegetazione
,
in
quel
tratto
,
è
maravigliosa
.
Alberi
frondosi
si
rizzano
sulle
torri
,
come
sopra
vasi
giganteschi
;
dai
merli
spenzolano
ciuffi
di
fiori
gialli
e
di
fiori
rossi
e
ghirlande
d
'
edera
e
di
caprifoglio
;
di
sotto
ci
son
mucchi
inestricabili
di
corbezzoli
,
di
lentischi
,
di
ortiche
,
di
pruni
,
in
mezzo
a
cui
sorgono
dei
platani
e
dei
salici
,
che
coprono
d
'
ombra
il
fosso
e
le
sponde
.
Grandi
tratti
di
muro
sono
completamente
coperti
dall
'
edera
,
che
trattiene
come
una
rete
i
mattoni
e
i
calcinacci
staccati
,
e
nasconde
le
breccie
e
le
feritoie
.
Il
fosso
è
coltivato
a
orticelli
;
sulle
sponde
pascolano
capre
e
pecore
custodite
da
ragazzi
greci
,
coricati
all
'
ombra
degli
alberi
;
dai
muri
escono
stormi
d
'
uccelli
;
l
'
aria
è
piena
delle
fragranze
acute
dell
'
erbe
selvatiche
;
e
spira
non
so
che
allegrezza
primaverile
sulle
rovine
,
che
paiono
inghirlandate
e
infiorate
per
il
passaggio
trionfale
d
'
una
Sultana
.
Tutt
'
a
un
tratto
mi
sentii
nel
volto
un
soffio
d
'
aria
salina
,
e
alzando
gli
occhi
vidi
lontano
,
dinanzi
a
me
,
l
'
azzurro
del
Mar
di
Marmara
.
Nello
stesso
punto
mi
parve
che
una
voce
sommessa
mi
mormorasse
nell
'
orecchio
:
-
Il
castello
delle
Sette
Torri
-
e
mi
fermai
un
momento
in
mezzo
alla
strada
,
con
un
sentimento
vago
d
'
inquietudine
.
Poi
ripresi
il
cammino
,
passai
dinanzi
all
'
antica
porta
Deleutera
,
oltrepassai
la
porta
Melandesia
,
e
mi
trovai
in
faccia
al
castello
.
Questo
edificio
di
malaugurio
,
innalzato
da
Maometto
II
sull
'
antico
Cyclobion
dei
Greci
,
per
difendere
la
città
nel
punto
in
cui
le
mura
che
la
proteggono
dalla
parte
di
terra
si
congiungono
con
quelle
che
la
difendono
dalla
parte
del
Mar
di
Marmara
,
e
convertito
poi
in
prigione
di
Stato
,
appena
le
ulteriori
conquiste
dei
Sultani
,
mettendo
al
sicuro
Stambul
dal
pericolo
d
'
un
assedio
,
lo
ebbero
reso
inutile
come
fortezza
;
non
è
più
ora
che
uno
scheletro
di
castello
,
custodito
da
pochi
soldati
;
una
rovina
maledetta
,
piena
di
memorie
dolorose
e
orribili
,
che
corrono
in
leggende
sinistre
per
le
bocche
di
tutti
i
popoli
di
Costantinopoli
,
e
non
veduta
dai
viaggiatori
,
per
solito
,
che
di
sfuggita
,
dalla
prora
del
bastimento
che
li
porta
al
Corno
d
'
oro
.
I
Turchi
lo
chiamano
Jedi
-
Kulé
,
ed
è
per
loro
ciò
che
la
Bastiglia
per
la
Francia
e
la
Torre
di
Londra
per
l
'
Inghilterra
:
un
monumento
che
ricorda
i
tempi
più
nefandi
della
tirannia
dei
Sultani
.
Le
mura
della
città
lo
nascondono
agli
occhi
di
chi
guarda
dalla
strada
,
eccetto
due
delle
sette
grandi
torri
che
gli
diedero
il
nome
,
delle
quali
non
ce
n
'
è
più
intere
che
quattro
.
Nel
muro
esterno
rimangono
due
colonne
corinzie
,
che
appartenevano
all
'
antica
Porta
dorata
,
per
la
quale
fecero
le
loro
entrate
trionfali
Narsete
ed
Eraclio
,
e
che
è
la
stessa
,
giusta
una
leggenda
comune
ai
musulmani
ed
ai
greci
,
per
la
quale
passeranno
i
Cristiani
il
giorno
che
rientreranno
vincitori
nella
città
di
Costantino
.
La
porta
d
'
entrata
è
dentro
le
mura
,
in
una
piccola
torre
quadrata
,
dinanzi
a
cui
sonnecchia
una
sentinella
in
babbuccie
,
la
quale
acconsente
quasi
sempre
a
lasciar
entrare
nello
stesso
tempo
una
moneta
in
tasca
e
un
viaggiatore
nel
castello
.
Entrai
e
mi
trovai
solo
in
un
grande
recinto
,
d
'
un
aspetto
lugubre
di
cimitero
e
di
carcere
,
che
mi
fece
arrestare
il
passo
.
Tutt
'
intorno
s
'
alzano
mura
enormi
e
nere
,
che
formano
un
pentagono
,
coronate
di
grosse
torri
quadrate
e
rotonde
,
altissime
e
basse
,
alcune
diroccate
,
altre
intere
e
coperte
da
alti
tetti
conici
,
rivestiti
di
piombo
,
e
innumerevoli
scale
in
rovina
,
che
conducono
ai
merli
e
alle
feritoie
.
Dentro
al
recinto
c
'
è
una
vegetazione
alta
e
fitta
,
dominata
da
un
gruppo
di
cipressi
e
di
platani
,
sopra
i
quali
spunta
il
minareto
d
'
una
piccola
moschea
nascosta
;
fra
le
piante
più
basse
,
i
tetti
d
'
un
gruppo
di
capanne
,
in
cui
dormono
i
soldati
;
nel
mezzo
,
la
tomba
d
'
un
vizir
che
fu
strangolato
nel
castello
;
qua
e
là
i
resti
deformi
d
'
un
antico
ridotto
;
e
fra
i
cespugli
e
lungo
i
muri
,
frammenti
di
bassorilievi
,
tronchi
di
colonne
e
capitelli
affondati
nella
terra
,
mezzo
coperti
dalle
erbaccie
e
dall
'
acqua
dei
pantani
:
un
disordine
bizzarro
e
triste
,
pieno
di
misteri
e
di
minaccie
,
che
mette
ripugnanza
a
inoltrarsi
.
Stetti
un
po
'
incerto
guardando
intorno
,
e
poi
andai
innanzi
,
con
circospezione
,
come
per
timore
di
mettere
il
piede
in
una
pozza
di
sangue
.
Le
capanne
erano
chiuse
,
la
moschea
chiusa
;
tutto
solitario
e
quieto
,
come
in
una
rovina
abbandonata
.
In
qualche
punto
dei
muri
ci
sono
ancora
tracce
di
croci
greche
,
frammenti
di
monogrammi
costantiniani
,
ali
spezzate
d
'
aquile
romane
e
resti
di
fregi
dell
'
antico
edifizio
bizantino
,
anneriti
dal
tempo
.
Su
alcune
pietre
si
vedono
incise
rozzamente
delle
iscrizioni
greche
in
caratteri
minuti
:
quasi
tutte
iscrizioni
dei
soldati
di
Costantino
,
che
custodivano
la
fortezza
,
sotto
il
comando
del
fiorentino
Giuliani
,
il
giorno
prima
della
caduta
di
Costantinopoli
;
povera
gente
rassegnata
a
morire
,
che
invocava
Iddio
perché
salvasse
la
loro
città
dal
saccheggio
e
le
loro
famiglie
dalla
schiavitù
.
Delle
due
torri
poste
dietro
alla
Porta
dorata
,
una
è
quella
in
cui
venivano
chiusi
gli
ambasciatori
degli
Stati
ch
'
erano
in
guerra
coi
Sultani
,
e
vi
si
leggono
ancora
sui
muri
parecchie
iscrizioni
latine
,
delle
quali
la
più
recente
è
degli
ambasciatori
veneti
imprigionati
sotto
il
regno
d
'
Ahmed
III
,
quando
scoppiò
la
guerra
della
Morea
.
L
'
altra
è
la
torre
famosa
a
cui
si
riferiscono
le
più
lugubri
tradizioni
del
castello
:
la
torre
che
racchiudeva
un
labirinto
di
segrete
orrende
,
sepolcri
di
vivi
,
nelle
quali
i
vizir
e
i
grandi
della
Corte
aspettavano
,
pregando
nelle
tenebre
,
l
'
apparizione
del
carnefice
,
o
impazziti
dalla
disperazione
,
lasciavano
sulle
pareti
le
traccie
sanguinose
delle
unghie
e
del
cranio
.
In
uno
di
quei
sepolcri
c
'
era
il
grande
mortaio
in
cui
si
stritolavano
le
ossa
e
le
carni
agli
ulema
.
A
pian
terreno
v
'
è
lo
stanzone
rotondo
,
chiamato
prigione
di
sangue
,
dove
si
decapitavano
secretamente
i
condannati
,
e
si
buttavano
le
teste
in
un
pozzo
,
detto
il
pozzo
di
sangue
,
di
cui
si
vede
ancora
la
bocca
nel
mezzo
del
pavimento
ineguale
,
coperta
da
due
lastre
di
pietra
.
Sotto
c
'
era
la
così
detta
caverna
rocciosa
,
rischiarata
da
una
lanterna
appesa
alla
volta
,
dove
si
tagliava
la
pelle
a
striscie
ai
condannati
alla
tortura
,
si
versava
la
pece
infiammata
nelle
piaghe
aperte
dalle
verghe
e
si
schiacciavano
colle
mazze
i
piedi
e
le
mani
,
e
gli
urli
orrendi
degli
agonizzanti
non
arrivavano
che
come
un
lamento
fioco
agli
orecchi
dei
prigionieri
della
torre
.
In
un
angolo
del
recinto
si
vedono
ancora
le
traccie
d
'
un
cortile
nel
quale
si
troncava
la
testa
,
di
notte
,
ai
condannati
comuni
;
e
là
vicino
c
'
era
ancora
,
non
è
gran
tempo
,
un
muro
di
ossa
umane
che
s
'
innalzava
fin
quasi
alla
piattaforma
del
castello
.
Vicino
all
'
entrata
c
'
è
la
prigione
di
Otmano
II
,
la
prima
vittima
imperiale
dei
Giannizzeri
.
È
la
stanza
dove
il
povero
Sultano
diciottenne
,
a
cui
la
disperazione
raddoppiava
le
forze
,
resistette
furiosamente
ai
suoi
quattro
carnefici
,
fin
che
una
mano
spietata
e
codarda
,
esercitata
a
far
gli
eunuchi
,
lo
afferrò
"
alle
sorgenti
della
virilità
"
e
gli
strappò
un
altissimo
grido
,
che
fu
soffocato
dal
capestro
.
In
tutte
le
altre
torri
e
in
parte
delle
mura
c
'
era
un
andirivieni
di
corridoi
tenebrosi
,
di
scalette
segrete
,
di
porte
basse
,
chiuse
da
battenti
di
ferro
o
di
travi
,
sotto
le
quali
curvarono
la
testa
per
l
'
ultima
volta
pascià
,
principi
imperiali
,
governatori
,
ciambellani
,
grandi
ufficiali
nel
fiore
della
giovinezza
e
nel
colmo
della
potenza
,
a
cui
tutto
veniva
tolto
in
un
'
ora
;
e
il
loro
capo
aveva
già
rigato
di
sangue
le
mura
esterne
del
castello
,
che
le
loro
spose
li
aspettavano
ancora
vestite
a
festa
fra
gli
splendori
degli
arem
.
Passavano
per
quei
corridoi
stillanti
d
'
acqua
e
per
quelle
scale
sepolcrali
,
di
notte
,
al
lume
delle
lanterne
,
soldati
e
carnefici
dalle
mani
sanguinose
,
e
messaggieri
del
Serraglio
che
venivano
a
portare
ai
condannati
a
morte
,
ancora
illusi
da
un
barlume
di
speranza
,
l
'
ultimo
no
dei
Sultani
,
e
cadaveri
cogli
occhi
fuor
della
fronte
e
coll
'
orrendo
cordone
di
seta
alla
gola
,
portati
da
sciaù
affannati
e
stanchi
dalle
lunghe
lotte
combattute
nelle
tenebre
contro
la
rabbia
della
disperazione
.
Alla
estremità
opposta
di
Stambul
,
sulla
collina
del
Serraglio
,
v
'
era
il
tribunale
spaventoso
della
Corte
.
Qui
era
una
macchina
enorme
di
supplizio
,
coronata
da
sette
patiboli
di
pietra
,
la
quale
riceveva
dal
mare
e
dalla
terra
,
al
lume
della
luna
,
le
vittime
vive
,
e
non
restituiva
al
sole
che
teschi
e
cadaveri
;
e
dall
'
alto
delle
torri
,
in
cui
si
moriva
,
le
sentinelle
notturne
vedevano
lontano
i
chioschi
del
Serraglio
illuminati
per
le
feste
imperiali
.
Ed
ora
si
prova
un
senso
di
piacere
al
veder
il
castello
infame
così
deformato
,
come
se
tutte
le
vittime
risuscitate
l
'
avessero
roso
e
sgretolato
colle
unghie
e
coi
denti
per
vendicarsi
sulle
mura
non
potendo
vendicarsi
sugli
uomini
.
Il
grande
mostro
,
disarmato
e
decrepito
,
sbadiglia
colle
cento
bocche
delle
sue
feritoie
e
delle
sue
porte
squarciate
,
ridotto
a
un
vano
spauracchio
,
e
una
miriade
di
topi
,
di
biscie
e
di
scorpioni
giallognoli
,
pullulati
,
come
vermi
,
dal
suo
corpaccio
infracidito
,
gli
brulica
nel
ventre
vuoto
e
per
le
reni
spezzate
,
in
mezzo
a
una
vegetazione
insolente
che
lo
inghirlanda
e
lo
impennacchia
per
ludibrio
.
Dopo
essermi
affacciato
a
varie
porte
senza
veder
altro
che
una
fuga
precipitosa
di
topacci
,
salii
per
una
scala
erbosa
sopra
una
delle
cortine
del
lato
occidentale
.
Di
là
si
domina
tutto
il
castello
:
un
vasto
disordine
di
rovine
,
di
torri
,
di
merli
,
di
scale
,
dì
piatteforme
,
tutto
nerastro
o
rosso
cupo
,
intorno
a
un
gran
mucchio
di
verde
vivo
;
e
di
là
,
altre
torri
e
altri
merli
innumerevoli
delle
mura
orientali
di
Stambul
;
così
che
a
socchiuder
gli
occhi
,
par
di
vedere
una
sola
vastissima
fortezza
abbandonata
,
che
si
disegna
sull
'
azzurro
del
Mar
di
Marmara
.
A
sinistra
si
vede
una
gran
parte
di
Stambul
,
tagliata
da
parecchie
lunghissime
strade
serpeggianti
,
che
fuggono
nella
direzione
dell
'
antica
via
trionfale
degl
'
Imperatori
Bizantini
,
la
quale
dalla
Porta
Dorata
,
passando
per
il
foro
d
'
Arcadio
e
per
il
foro
di
Costantino
,
andava
fino
alla
reggia
.
Era
una
veduta
immensa
e
ridente
,
che
mi
faceva
parer
più
sinistro
il
mucchio
di
rovine
malaugurate
che
avevo
ai
piedi
.
Rimasi
lungo
tempo
là
,
appoggiato
a
un
merlo
infocato
dal
sole
,
abbagliato
da
una
luce
vivissima
,
guardando
sotto
quel
grande
sepolcro
scoperchiato
con
quella
curiosità
pensierosa
e
diffidente
con
cui
si
guardano
i
luoghi
dove
fu
commesso
di
fresco
un
delitto
.
Regnava
un
silenzio
profondo
.
Per
i
muri
correvano
delle
grosse
lucertole
,
giù
nei
fossi
gracidavano
i
rospi
,
sopra
le
torri
roteavano
dei
corvi
,
intorno
al
capo
mi
ronzava
un
nuvolo
d
'
insetti
venuti
su
dai
pantani
delle
rovine
,
e
l
'
aria
un
po
'
agitata
mi
portava
il
puzzo
d
'
un
cavallo
putrefatto
,
disteso
in
fondo
al
fosso
esterno
della
fortezza
.
Mi
prese
un
senso
di
schifo
e
di
ribrezzo
;
eppure
mi
sentivo
inchiodato
là
,
come
affascinato
,
immerso
in
una
specie
d
'
assopimento
;
e
tenendo
gli
occhi
socchiusi
,
quasi
sognando
,
in
quella
pace
morta
del
mezzogiorno
,
mi
pareva
d
'
udire
,
nel
ronzio
monotono
degl
'
insetti
,
il
tonfo
dei
teschi
gettati
nel
pozzo
,
le
grida
lamentevoli
dei
moribondi
dei
sotterranei
e
la
voce
del
figliuolo
minore
di
Brancovano
,
che
sentendosi
sul
collo
il
freddo
del
capestro
,
gridava
:
-
Padre
mio
!
Padre
mio
!
-
E
siccome
ero
stanco
e
la
luce
m
'
abbagliava
,
chiusi
gli
occhi
e
rimasi
un
momento
assopito
;
e
subito
tutte
quelle
orribili
immagini
mi
si
affollarono
alla
mente
con
un
'
evidenza
spaventosa
.
In
quel
punto
fui
riscosso
da
un
grido
acuto
e
sonoro
,
e
vidi
sotto
,
sul
terrazzo
del
piccolo
minareto
,
il
muezzin
della
moschea
del
castello
.
Quella
voce
lenta
,
dolce
,
solenne
,
che
parlava
di
Dio
,
in
quel
luogo
,
in
quel
momento
,
mi
discese
nel
più
profondo
dell
'
anima
!
Pareva
che
parlasse
in
nome
di
tutti
coloro
che
eran
morti
là
dentro
,
che
dicesse
che
i
loro
dolori
non
erano
stati
inutili
,
che
le
loro
ultime
lacrime
erano
state
raccolte
,
che
le
loro
torture
avevano
avuto
un
compenso
,
che
essi
avevano
perdonato
,
che
bisognava
perdonare
,
che
si
doveva
pregare
e
confidare
in
Dio
,
anche
quando
il
mondo
ci
abbandona
,
e
che
tutto
è
vano
sulla
terra
fuorchè
questo
sentimento
infinito
di
amore
e
di
pietà
...
E
uscii
dal
castello
,
commosso
.
Ripresi
il
mio
cammino
verso
il
mare
lungo
le
mura
esterne
di
Stambul
.
Là
vicino
c
'
è
la
stazione
di
Adrianopoli
e
s
'
incrociano
sotto
le
mura
parecchi
tronchi
di
strada
ferrata
.
Mi
trovai
in
mezzo
a
lunghe
file
di
vagoni
logori
e
polverosi
.
Non
c
'
era
nessuno
.
Se
fossi
stato
un
turco
fanatico
,
nemico
delle
novità
europee
,
avrei
potuto
incendiare
l
'
una
dopo
l
'
altra
quelle
baracche
,
e
andarmene
tranquillamente
senz
'
essere
molestato
.
Andai
innanzi
sull
'
orlo
della
strada
temendo
di
sentire
da
un
momento
all
'
altro
l
'
olà
minaccioso
d
'
un
guardiano
;
ma
nessuno
mi
diede
noia
,
In
poco
tempo
arrivai
all
'
estremità
delle
mura
.
Credevo
di
poter
entrare
in
Stambul
per
di
là
:
fui
deluso
.
Le
mura
del
lato
di
terra
si
congiungono
sulla
spiaggia
con
quelle
della
parte
di
mare
,
e
non
c
'
è
effigie
di
porta
.
Allora
mi
avanzai
su
per
le
rovine
d
'
un
antico
molo
e
sedetti
sopra
un
macigno
,
in
mezzo
all
'
acqua
.
Di
là
non
vedevo
altro
che
il
Mar
di
Marmara
,
i
monti
dell
'
Asia
,
e
le
alture
azzurrine
,
che
parevano
lontanissime
,
di
Scutari
.
La
spiaggia
era
deserta
;
mi
pareva
d
'
esser
solo
nell
'
universo
.
Le
onde
venivano
a
rompersi
ai
miei
piedi
e
mi
spruzzavano
il
volto
.
Rimasi
là
un
pezzo
,
pensando
a
mille
cose
,
vagamente
.
Vedevo
me
,
solo
,
uscir
dalla
porta
Caligaria
e
venir
giù
lentamente
per
la
strada
solitaria
,
fra
i
cimiteri
e
le
torri
,
e
seguitavo
quell
'
uomo
,
come
se
fosse
un
altro
.
Poi
mi
diedi
a
cercare
Yunk
nella
città
immensa
.
Poi
stetti
a
osservare
le
onde
che
venivano
l
'
una
dopo
l
'
altra
a
distendersi
mormorando
sulla
riva
e
sparivano
l
'
una
dopo
l
'
altra
in
silenzio
;
e
vedevo
in
esse
l
'
immagine
dei
popoli
e
degli
eserciti
che
eran
venuti
l
'
un
dopo
l
'
altro
a
urtarsi
contro
le
mura
di
Bisanzio
:
le
falangi
di
Pausania
e
d
'
Alcibiade
,
le
legioni
di
Massimo
e
di
Severo
,
le
torme
dei
Persiani
,
le
orde
degli
Avari
,
e
gli
Slavi
e
gli
Arabi
e
i
Bulgari
e
i
Crociati
,
e
gli
eserciti
di
Michele
Paleologo
e
di
Comneno
e
quei
di
Baiazet
Ilderim
e
quelli
del
secondo
Amurat
e
quelli
di
Maometto
il
conquistatore
,
svaniti
l
'
un
dopo
l
'
altro
nel
silenzio
infinito
della
morte
;
e
provavo
la
tristezza
che
stringeva
il
cuore
al
Leopardi
la
sera
del
dì
di
festa
,
quando
sentiva
morire
a
poco
a
poco
il
canto
solitario
dell
'
artigiano
,
che
gli
rammentava
il
suono
dei
popoli
antichi
,
e
pensava
che
tutto
passa
come
un
sogno
sopra
la
terra
.
Di
là
tornai
indietro
fino
alla
porta
delle
Sette
Torri
ed
entrai
dentro
le
mura
per
percorrere
tutta
Stambul
lungo
la
riva
del
Mar
di
Marmara
.
Ero
già
mezzo
sgambato
;
ma
nelle
lunghe
passeggiate
,
a
un
certo
punto
,
nasce
dalla
stanchezza
medesima
una
cocciutaggine
animalesca
che
ravviva
le
forze
.
Mi
vedo
ancora
camminare
e
camminare
per
quelle
strade
deserte
,
sotto
quel
sole
ardente
,
dominato
da
non
so
che
sonnolenza
fantastica
,
nella
quale
mi
passavan
dinanzi
faccie
d
'
amici
di
Torino
,
episodi
di
romanzi
,
vedute
di
altri
paesi
e
pensieri
vaghi
sulla
vita
umana
e
sull
'
immortalità
dell
'
anima
;
e
tutto
metteva
a
capo
alla
tavola
rotonda
dell
'
albergo
di
Bisanzio
,
scintillante
di
lumi
e
di
cristalli
,
che
vedevo
lontanissima
,
al
di
là
d
'
una
città
cento
volte
più
grande
di
Stambul
,
e
già
coperta
dalla
notte
.
Attraverso
un
sobborgo
musulmano
,
che
par
disabitato
,
nel
quale
spira
ancora
la
tristezza
del
castello
delle
Sette
Torri
,
ed
entro
nel
vasto
quartiere
di
Psammatia
,
abitato
da
greci
e
da
armeni
,
e
anch
'
esso
deserto
.
Vado
innanzi
per
una
interminabile
stradicciuola
tortuosa
,
dalla
quale
vedo
giù
a
destra
,
fra
casa
e
casa
,
le
mura
merlate
della
città
,
che
profilano
i
loro
merli
neri
nell
'
azzurro
vivo
del
mare
.
Passo
sotto
la
porta
di
Psammatia
e
mi
trovo
daccapo
in
un
quartiere
musulmano
,
tra
finestre
ingraticolate
,
porte
chiuse
,
piccole
moschee
,
giardini
nascosti
,
cisterne
erbose
,
fontane
abbandonate
.
Attraverso
lo
spazio
dov
'
era
l
'
antico
foro
boario
,
vedendo
sempre
,
giù
a
destra
,
le
mura
e
le
torri
,
e
non
incontrando
che
qualche
cane
che
si
ferma
per
vedermi
passare
e
qualche
monello
turco
,
seduto
in
terra
,
che
mi
fissa
in
volto
,
pensando
un
'
impertinenza
.
Qualche
finestra
s
'
apre
e
si
chiude
improvvisamente
,
e
vedo
di
sfuggita
una
mano
o
il
lembo
d
'
una
manica
di
donna
.
Giro
intorno
ai
vasti
giardini
di
Vlanga
che
fanno
corona
all
'
antico
porto
di
Teodosio
;
vedo
dei
vasti
spazii
colle
traccie
d
'
un
incendio
recente
,
dei
luoghi
dove
pare
che
la
città
finisca
nella
campagna
,
dei
conventi
di
dervis
,
delle
chiese
greche
,
delle
piazzette
misteriose
ombreggiate
da
un
grande
platano
,
sotto
il
quale
sonnecchia
qualche
vecchio
col
bocchino
del
narghilè
tra
le
dita
.
Vado
innanzi
,
mi
fermo
dinanzi
a
un
piccolo
caffè
per
bere
un
bicchier
d
'
acqua
messo
in
mostra
sulla
finestra
,
chiamo
,
picchio
,
nessuno
risponde
.
Esco
dal
quartiere
greco
di
Jeni
-
Kapú
,
entro
in
un
altro
quartiere
musulmano
,
rientro
un
'
altra
volta
fra
le
casette
greche
ed
armene
del
quartiere
di
porta
Kum
,
e
m
'
accompagnano
sempre
da
una
parte
i
merli
delle
mura
e
l
'
azzurro
del
mare
,
e
non
incontro
che
cani
,
mendicanti
,
monelli
,
e
sento
sonare
in
alto
la
voce
dei
muezzin
che
annunziano
il
tramonto
.
L
'
aria
si
fa
oscura
;
e
continuano
a
succedersi
le
casette
,
le
moschee
malinconiche
,
i
crocicchi
deserti
,
le
imboccature
dei
vicoli
;
e
comincio
a
sentirmi
spossato
e
a
pensare
di
buttarmi
sopra
una
materassa
dinanzi
al
primo
caffè
veduto
,
quando
,
a
una
svoltata
,
mi
sorge
improvvisamente
dinanzi
la
mole
enorme
di
Santa
Sofia
.
Oh
,
la
cara
vista
!
Le
forze
mi
tornano
,
i
pensieri
si
rasserenano
,
affretto
il
passo
,
arrivo
al
porto
,
passo
il
ponte
,
ed
ecco
dinanzi
alla
porta
illuminata
del
primo
caffè
di
Galata
,
Yunk
,
Rosasco
,
Santoro
,
tutta
la
mia
piccola
Italia
che
mi
viene
incontro
col
volto
sorridente
e
colle
mani
tese
...
e
tiro
uno
dei
più
lunghi
e
larghi
respiri
che
abbiano
mai
tirato
i
polmoni
d
'
un
galantuomo
.
L
'
ANTICO
SERRAGLIO
Come
a
Granata
prima
d
'
aver
visto
l
'
Alhambra
,
così
a
Costantinopoli
pare
che
tutto
rimanga
da
vedere
fin
che
non
si
è
penetrati
fra
le
mura
dell
'
antico
Serraglio
.
Mille
volte
al
giorno
,
da
tutti
i
punti
della
città
e
del
mare
,
si
vede
là
quella
collina
verdissima
,
piena
di
segreti
e
di
promesse
,
che
attira
sempre
gli
sguardi
come
una
cosa
nuova
,
che
tormenta
la
fantasia
come
un
enimma
,
che
si
caccia
in
mezzo
a
tutti
i
pensieri
,
a
segno
che
si
finisce
per
andarci
prima
del
giorno
fissato
,
più
per
liberarsi
da
un
tormento
che
per
cercarvi
un
piacere
.
Non
c
'
è
infatti
un
altro
angolo
di
terra
in
tutta
Europa
,
di
cui
il
solo
nome
risvegli
nella
mente
una
più
strana
confusione
d
'
immagini
belle
o
terribili
;
intorno
al
quale
si
sia
tanto
pensato
e
scritto
e
cercato
d
'
indovinare
;
che
abbia
dato
luogo
a
tante
notizie
vaghe
e
contradditorie
;
che
sia
ancora
oggetto
di
tante
curiosità
inappagabili
,
di
tanti
pregiudizii
insensati
,
di
tanti
racconti
meravigliosi
.
Ora
tutti
ci
penetrano
e
molti
ne
escono
coll
'
animo
freddo
.
Ma
si
può
esser
sicuri
che
,
anche
fra
secoli
,
quando
forse
la
dominazione
ottomana
non
sarà
più
che
una
reminiscenza
in
Europa
,
e
su
quella
bella
collina
s
'
incroceranno
le
vie
popolose
d
'
una
città
nuova
,
nessun
viaggiatore
vi
passerà
senza
riveder
col
pensiero
gli
antichi
chioschi
imperiali
,
e
senza
pensare
con
invidia
a
noi
del
secolo
diciannovesimo
che
abbiamo
ancora
ritrovato
in
quei
luoghi
le
memorie
vive
e
parlanti
della
grande
reggia
ottomana
.
Chi
sa
quanti
archeologi
cercheranno
pazientemente
le
traccie
d
'
una
porta
o
d
'
un
muro
nei
cortili
dei
nuovi
edifizii
e
quanti
poeti
scriveranno
dei
versi
sopra
poche
macerie
sparse
sulla
riva
del
mare
!
O
forse
anche
,
fra
molti
secoli
,
quelle
mura
saranno
ancora
gelosamente
custodite
,
e
andranno
a
visitarle
dotti
,
innamorati
ed
artisti
,
e
la
vita
favolosa
che
vi
fu
vissuta
per
quattrocent
'
anni
,
si
ridesterà
e
si
spanderà
in
una
miriade
di
volumi
e
di
quadri
su
tutta
la
faccia
della
terra
.
Non
è
la
bellezza
architettonica
che
attira
su
quelle
mura
la
curiosità
universale
.
Il
Serraglio
non
è
un
grande
monumento
artistico
come
l
'
Alhambra
.
Il
solo
cortile
dei
leoni
della
reggia
araba
vale
tutti
i
chioschi
e
tutte
le
torri
della
reggia
turca
.
Il
pregio
del
Serraglio
è
d
'
essere
un
grande
monumento
storico
,
che
commenta
ed
illumina
quasi
tutta
la
vita
della
dinastia
ottomana
;
che
porta
scritta
sulle
pietre
dei
suoi
muri
e
sul
tronco
dei
suoi
alberi
secolari
tutta
la
cronaca
più
intima
e
più
secreta
dell
'
impero
.
Non
vi
manca
che
quella
degli
ultimi
trent
'
anni
e
quella
dei
due
secoli
che
precedettero
la
conquista
di
Costantinopoli
.
Da
Maometto
II
che
ne
pose
la
fondamenta
a
Abdul
-
Megid
che
l
'
abbandonò
per
andare
ad
abitare
il
palazzo
di
Dolma
-
Bagcé
,
ci
vissero
venticinque
Sultani
.
Qui
la
dinastia
pose
il
piede
appena
conquistata
la
sua
metropoli
europea
,
qui
salì
all
'
apice
della
sua
fortuna
,
qui
cominciò
la
sua
decadenza
.
Era
insieme
una
reggia
,
una
fortezza
e
un
santuario
;
v
'
era
il
cervello
dell
'
impero
e
il
cuore
dell
'
islamismo
;
era
una
città
nella
città
,
una
rocca
augusta
e
magnifica
,
abitata
da
un
popolo
e
custodita
da
un
esercito
,
la
quale
abbracciava
fra
le
sue
mura
una
varietà
infinita
d
'
edifizi
,
luoghi
di
delizie
e
luoghi
d
'
orrore
,
città
e
campagna
,
reggie
,
arsenali
,
scuole
,
uffici
,
moschee
;
dove
si
alternavano
le
feste
e
le
stragi
,
le
cerimonie
religiose
e
gli
amori
,
le
solennità
diplomatiche
e
le
follie
;
dove
i
Sultani
nascevano
,
erano
innalzati
al
trono
,
deposti
,
incarcerati
,
strozzati
;
dove
s
'
ordiva
la
trama
di
tutte
le
congiure
ed
echeggiava
il
grido
di
tutte
le
ribellioni
;
dove
affluiva
l
'
oro
e
il
sangue
più
puro
dell
'
impero
;
dove
girava
l
'
elsa
della
spada
immensa
che
balenava
sul
capo
di
cento
popoli
;
dove
per
quasi
tre
secoli
tennero
fisso
lo
sguardo
l
'
Europa
inquieta
,
l
'
Asia
diffidente
e
l
'
Affrica
impaurita
,
come
a
un
vulcano
fumante
,
che
minacciasse
la
terra
.
Questa
reggia
mostruosa
è
posta
sulla
collina
più
orientale
di
Stambul
,
che
declina
dolcemente
verso
il
mar
di
Marmara
,
verso
l
'
imboccatura
del
Bosforo
e
verso
il
Corno
d
'
oro
;
nello
spazio
occupato
anticamente
dall
'
Acropoli
di
Bisanzio
,
da
una
parte
della
città
e
da
un
'
ala
dei
grandi
palazzi
degl
'
imperatori
.
È
la
più
bella
collina
di
Costantinopoli
e
il
promontorio
più
favorito
dalla
natura
di
tutta
la
riva
europea
.
Vi
convergono
,
come
a
un
centro
,
due
mari
e
due
stretti
;
vi
mettevano
capo
le
grandi
strade
militari
e
commerciali
dell
'
Europa
orientale
;
gli
acquedotti
degl
'
imperatori
bizantini
vi
conducevano
torrenti
d
'
acqua
;
le
colline
della
Tracia
lo
riparano
dai
venti
del
settentrione
;
il
mare
lo
bagna
da
tre
parti
;
Galata
lo
prospetta
dal
lato
del
porto
;
Scutari
lo
guarda
dalla
parte
del
Bosforo
;
e
le
grandi
montagne
della
Bitinia
gli
chiudono
dinanzi
colle
loro
cime
nevose
gli
orizzonti
dell
'
Asia
.
È
un
colle
solitario
,
posto
all
'
estremità
della
grande
metropoli
,
quasi
isolato
,
fortissimo
e
bellissimo
,
che
sembra
fatto
dalla
natura
per
servire
di
piedestallo
a
una
grande
monarchia
e
per
proteggere
la
vita
deliziosa
ed
arcana
d
'
un
principe
quasi
Dio
.
Tutta
la
collina
è
circondata
,
ai
piedi
,
da
un
alto
muro
merlato
,
fiancheggiato
da
grosse
torri
.
Sulla
riva
del
mar
di
Marmara
e
lungo
il
Corno
d
'
oro
,
queste
mura
sono
le
mura
stesse
della
città
;
dalla
parte
di
terra
,
son
mura
innalzate
da
Maometto
II
,
le
quali
separano
la
collina
del
Serraglio
da
quella
su
cui
s
'
innalza
la
Moschea
di
Nuri
-
Osmaniè
,
svoltano
ad
angolo
retto
vicino
alla
Sublime
Porta
,
passano
dinanzi
a
Santa
Sofia
,
e
descrivendo
una
grande
curva
in
avanti
,
vanno
a
congiungersi
con
quelle
di
Stambul
sulla
riva
del
mare
.
Questa
è
la
cinta
esterna
del
Serraglio
.
Il
Serraglio
propriamente
detto
si
stende
sulla
sommità
,
circondato
alla
sua
volta
da
alti
muri
,
che
formano
come
un
ridotto
centrale
della
gran
fortezza
della
collina
.
Ma
sarebbe
fatica
sprecata
il
descrivere
il
Serraglio
quale
è
ridotto
al
presente
.
La
strada
ferrata
passa
a
traverso
le
mura
esterne
;
un
grande
incendio
,
nel
1865
,
distrusse
molti
edifizi
;
i
giardini
sono
in
gran
parte
devastati
;
vi
furono
innalzati
ospedali
,
caserme
e
scuole
militari
;
degli
edifizi
rimasti
parecchi
vennero
cangiati
di
forma
e
di
uso
;
e
benchè
i
muri
principali
rimangano
,
in
modo
da
presentare
ancora
tutta
intera
la
forma
del
Serraglio
antico
,
le
piccole
alterazioni
son
tante
e
tali
,
e
l
'
abbandono
in
cui
è
lasciata
ogni
cosa
da
circa
trent
'
anni
ha
mutato
in
maniera
l
'
aspetto
delle
parti
intatte
,
che
non
si
potrebbe
descrivere
il
luogo
fedelmente
senza
che
ne
rimanesse
delusa
anche
la
più
modesta
aspettazione
.
Val
meglio
per
chi
scrive
e
per
chi
legge
il
rivedere
questo
Serraglio
famoso
qual
era
nei
bei
tempi
della
grandezza
ottomana
.
Allora
,
chi
poteva
abbracciare
tutta
la
collina
con
uno
sguardo
,
o
dai
merli
d
'
una
delle
torri
più
alte
,
o
da
un
minareto
della
moschea
di
Santa
Sofia
,
godeva
una
veduta
meravigliosa
.
In
mezzo
all
'
azzurro
vivo
del
mare
,
del
Bosforo
e
del
porto
,
dentro
al
grande
semicerchio
bianco
delle
vele
della
flotta
,
si
vedeva
la
vasta
macchia
verde
della
collina
,
circondata
di
mura
e
di
torri
,
coronate
di
cannoni
e
di
sentinelle
;
e
in
mezzo
a
questa
macchia
,
ch
'
era
una
selva
d
'
alberi
enormi
,
fra
i
quali
biancheggiava
un
labirinto
di
sentieri
e
ridevano
i
colori
di
mille
aiuole
fiorite
,
si
stendeva
,
sull
'
alto
del
colle
,
il
vastissimo
rettangolo
degli
edifizi
del
serraglio
,
diviso
in
tre
grandi
cortili
,
o
meglio
in
tre
piccole
città
fabbricate
intorno
a
tre
piazze
ineguali
,
da
cui
s
'
innalzava
una
moltitudine
confusa
di
tetti
variopinti
,
di
terrazze
colme
di
fiori
,
di
cupole
dorate
,
di
minareti
bianchi
,
di
cime
aeree
di
chioschi
,
d
'
archi
di
porte
monumentali
,
frammezzati
di
giardini
e
di
boschetti
,
e
mezzo
nascosti
dalle
fronde
.
Era
una
piccola
metropoli
bianca
,
scintillante
e
disordinata
,
leggera
come
un
accampamento
di
tende
,
da
cui
spirava
non
so
che
di
voluttuoso
,
di
pastorale
e
di
guerriero
;
in
una
parte
piena
di
gente
e
di
vita
;
in
un
'
altra
solitaria
e
muta
come
una
necropoli
;
dove
tutta
scoperta
e
dorata
dal
sole
;
dove
inaccessibile
ad
ogni
sguardo
umano
e
immersa
in
un
'
ombra
perpetua
;
rallegrata
da
infiniti
zampilli
,
abbellita
da
mille
contrasti
di
splendori
e
d
'
oscurità
e
di
colori
possenti
e
di
sfumature
di
tinte
argentee
e
azzurrine
,
riflesse
dai
marmi
dei
colonnati
e
dalle
acque
dei
laghetti
,
e
sorvolata
da
nuvoli
di
rondini
e
di
colombi
.
Tale
era
l
'
aspetto
esterno
della
città
imperiale
,
non
vastissima
all
'
occhio
di
chi
la
guardava
dall
'
alto
;
ma
così
divisa
e
suddivisa
e
intricata
dentro
,
che
servitori
,
i
quali
ci
vivevano
da
cinquant
'
anni
,
non
riuscivano
a
racappezzarvisi
,
e
i
giannizzeri
che
l
'
invadevano
per
la
terza
volta
ci
si
smarrivano
ancora
.
La
porta
principale
era
ed
è
sempre
la
Bab
-
Umaiùn
,
o
porta
augusta
,
che
dà
sulla
piccola
piazza
dove
s
'
innalza
la
fontana
del
Sultano
Ahmed
,
dietro
alla
moschea
di
Santa
Sofia
.
È
una
grande
porta
di
marmo
bianco
e
nero
,
decorata
di
ricchi
arabeschi
,
sulla
quale
s
'
appoggia
un
alto
edifizio
,
con
otto
finestre
,
coperto
da
un
tetto
sporgente
;
e
appartiene
a
quel
misto
di
stile
arabo
e
persiano
,
da
cui
si
riconoscono
quasi
tutti
i
monumenti
innalzati
dai
Turchi
nei
primi
anni
dopo
la
conquista
,
prima
che
cominciassero
ad
imitare
l
'
architettura
bizantina
.
Sopra
l
'
apertura
,
in
una
cartella
di
marmo
,
si
legge
ancora
l
'
iscrizione
di
Maometto
II
:
-
Allà
conservi
in
eterno
la
gloria
del
suo
possessore
-
Allà
consolidi
il
suo
edifizio
-
Allà
fortifichi
le
sue
fondamenta
.
È
la
porta
dinanzi
alla
quale
veniva
ogni
mattina
il
popolo
di
Stambul
a
vedere
di
quali
grandi
dello
Stato
o
della
corte
fosse
caduta
la
testa
nella
notte
.
Le
teste
erano
appese
a
un
chiodo
dentro
a
due
nicchie
che
si
vedono
ancora
,
quasi
intatte
,
a
destra
e
a
sinistra
dell
'
entrata
;
oppure
esposte
in
un
bacino
d
'
argento
,
accanto
al
quale
era
affissa
l
'
accusa
e
la
sentenza
.
Sulla
piazza
,
davanti
alla
porta
,
si
buttavano
i
cadaveri
dei
condannati
al
capestro
;
e
là
s
'
arrestavano
,
aspettando
l
'
ordine
d
'
entrare
nel
primo
recinto
del
Serraglio
,
i
distaccamenti
degli
eserciti
lontani
,
venuti
a
portare
i
trofei
delle
vittorie
;
e
ammucchiavano
sulla
soglia
augusta
armi
,
bandiere
,
teschi
di
capitani
e
splendide
divise
insanguinate
.
La
porta
era
custodita
da
un
grosso
drappello
di
capigì
,
figli
di
bey
e
di
pascià
,
vestiti
pomposamente
;
i
quali
assistevano
dall
'
alto
delle
mura
e
delle
finestre
alla
processione
continua
della
gente
che
entrava
ed
usciva
,
o
tenevano
indietro
colle
larghe
scimitarre
la
folla
muta
dei
curiosi
,
venuti
là
per
veder
di
sfuggita
,
per
uno
spiraglio
,
un
pezzo
di
cortile
,
un
frammento
della
seconda
porta
,
un
barlume
almeno
di
quella
reggia
enorme
ed
arcana
,
argomento
di
tanti
desiderii
e
di
tanti
terrori
.
Passando
di
là
,
il
musulmano
devoto
mormorava
una
preghiera
per
il
suo
Sublime
Signore
;
il
giovinetto
povero
e
ambizioso
,
sognava
il
giorno
in
cui
avrebbe
oltrepassato
quella
soglia
per
andar
a
ricevere
la
coda
di
cavallo
;
la
fanciulla
bella
e
cenciosa
fantasticava
,
con
una
vaga
speranza
,
la
vita
splendida
della
Cadina
;
i
parenti
delle
vittime
abbassavano
il
capo
,
fremendo
;
e
in
tutta
la
piazza
regnava
un
silenzio
severo
,
non
turbato
che
tre
volte
al
giorno
dalla
voce
sonora
dei
muezzin
di
Santa
Sofia
.
Dalla
porta
Umaium
s
'
entrava
nel
così
detto
cortile
dei
Giannizzeri
,
che
era
il
primo
recinto
del
Serraglio
.
Questo
gran
cortile
c
'
è
ancora
,
circondato
d
'
edifizi
irregolari
,
lunghissimo
,
e
ombreggiato
da
varii
gruppi
d
'
alberi
,
fra
cui
il
platano
enorme
detto
dei
Giannizzeri
,
del
quale
dieci
uomini
non
bastano
ad
abbracciare
il
tronco
.
A
sinistra
di
chi
entra
,
v
'
è
la
chiesa
di
Sant
'
Irene
,
fondata
da
Costantino
il
Grande
,
e
convertita
dai
turchi
in
armeria
.
Più
in
là
e
tutt
'
intorno
v
'
era
l
'
ospedale
del
Serraglio
,
l
'
edifizio
del
tesoro
pubblico
,
il
magazzino
degli
aranci
,
le
scuderie
imperiali
,
le
cucine
,
le
caserme
dei
capigì
,
la
zecca
,
e
le
case
degli
alti
ufficiali
della
Corte
.
Sotto
il
grande
platano
ci
sono
ancora
due
colonnette
di
pietra
,
sulle
quali
si
eseguivano
le
decapitazioni
.
Di
qui
passavano
tutti
coloro
che
dovevano
andare
al
divano
o
dal
Padiscià
.
Era
come
uno
smisurato
vestibolo
aperto
,
sempre
affollato
,
nel
quale
tutto
era
rimescolìo
e
affaccendamento
.
Centocinquanta
fornai
e
duecento
tra
cuochi
e
sguatteri
lavoravano
nelle
grandi
cucine
,
a
preparare
il
vitto
per
la
famiglia
sterminata
"
che
mangiava
il
pane
e
il
sale
del
Gran
Signore
"
.
Dalla
parte
opposta
s
'
affollavano
le
guardie
ed
i
servi
,
finti
malati
,
per
farsi
ammettere
alla
vita
molle
dell
'
ospedale
sontuoso
,
in
cui
erano
impiegati
venti
medici
e
un
esercito
di
schiavi
.
Lunghe
carovane
di
muli
e
di
cammelli
entravano
a
portar
provvigioni
alle
cucine
,
o
a
portar
armi
d
'
eserciti
vinti
nella
chiesa
di
Sant
'
Irene
,
dove
accanto
alla
sciabola
di
Maometto
II
scintillava
la
scimitarra
di
Scanderberg
e
il
bracciale
di
Tamerlano
.
I
percettori
delle
imposte
passavano
,
seguiti
da
schiavi
carichi
d
'
oro
,
diretti
alla
tesoreria
,
dove
c
'
erano
tante
ricchezze
,
come
diceva
Sokolli
,
gran
vizir
di
Solimano
il
Grande
,
da
costrurre
delle
flotte
colle
ancore
d
'
argento
e
coi
cordami
di
seta
.
Passavano
a
frotte
,
condotti
dai
bei
palafrenieri
della
Bulgaria
,
i
novecento
cavalli
di
Murad
IV
,
che
si
pascevano
a
mangiatoie
d
'
argento
massiccio
.
V
'
era
dalla
mattina
alla
sera
un
formicolìo
luccicante
d
'
uniformi
,
in
mezzo
al
quale
spiccavano
gli
alti
turbanti
bianchi
dei
giannizzeri
,
i
grandi
pennacchi
d
'
airone
dei
solak
,
i
caschi
argentati
dei
peik
,
guardie
del
Sultano
,
vestite
d
'
una
tunica
d
'
oro
stretta
alla
vita
da
una
cintura
ingemmata
;
i
zuluftú
-
baltagì
,
impiegati
al
servizio
degli
ufficiali
di
camera
,
colle
loro
treccie
di
lana
pendenti
dal
berretto
;
i
kassekì
,
col
loro
bastone
emblematico
in
mano
;
i
balta
-
gì
coll
'
accetta
;
i
valletti
del
gran
vizir
colla
frusta
ornata
di
catenelle
d
'
argento
;
i
bostangì
,
guardie
dei
giardini
,
coi
grandi
berretti
purpurei
;
e
una
folla
svariata
di
cento
colori
e
di
cento
emblemi
,
d
'
arcieri
,
di
lancieri
,
di
guardie
del
tesoro
,
di
guardie
coraggiose
,
di
guardie
temerarie
,
d
'
eunuchi
neri
e
d
'
eunuchi
bianchi
,
di
scudieri
e
di
sciaù
,
uomini
alti
e
poderosi
,
d
'
aspetto
altero
,
improntato
della
dignità
signorile
della
Corte
,
che
riempivano
il
cortile
di
profumi
.
Un
orario
minuzioso
e
severo
regolava
le
faccende
di
tutti
in
quell
'
apparente
disordine
.
Tutti
si
movevano
in
quel
cortile
come
gli
automi
giranti
sopra
la
tavola
che
rinchiude
il
meccanismo
.
Allo
spuntare
del
giorno
comparivano
i
trentadue
muezzin
della
Corte
,
scelti
fra
i
cantori
più
dolci
di
Stambul
,
ad
annunziare
l
'
alba
dai
minareti
delle
moschee
del
Serraglio
,
e
s
'
incontravano
cogli
astrologhi
e
cogli
astronomi
che
scendevano
dalle
terrazze
,
dove
avevano
passato
la
notte
studiando
il
firmamento
dalle
terrazze
per
determinare
le
ore
propizie
alle
occupazioni
del
Sultano
.
Poi
il
primo
medico
del
Serraglio
entrava
a
chieder
notizie
della
salute
del
Padiscià
;
l
'
ulema
istitutore
andava
a
dare
all
'
augusto
discepolo
il
solito
insegnamento
religioso
;
il
segretario
privato
a
leggergli
le
suppliche
ricevute
la
sera
;
i
professori
di
arti
e
di
scienze
passavano
per
recarsi
nel
terzo
cortile
a
far
le
lezioni
ai
paggi
imperiali
.
Ognuno
alla
sua
ora
,
tutti
i
personaggi
impiegati
al
servizio
dell
'
augusta
persona
passavano
di
là
per
andare
a
chieder
gli
ordini
per
la
giornata
.
Il
bostangi
-
bascì
,
generale
delle
guardie
imperiali
,
governatore
del
Serraglio
e
delle
ville
del
Sultano
sparse
sulle
rive
del
Bosforo
e
della
Propontide
,
veniva
a
informarsi
se
al
Gran
Signore
piacesse
di
fare
una
gita
sul
mare
,
perché
spettava
a
lui
il
governo
del
timone
e
ai
suoi
bostangì
l
'
onore
dei
remi
.
Venivano
a
interrogare
i
capricci
del
Padiscià
il
gran
maestro
delle
caccie
,
accompagnato
dal
gran
falconiere
,
insieme
al
capo
dei
cacciatori
dei
falconi
bianchi
,
al
capo
dei
cacciatori
degli
avoltoi
e
a
quello
dei
cacciatori
degli
sparvieri
.
Veniva
l
'
intendente
generale
della
città
,
uno
stuolo
d
'
intendenti
,
delle
cucine
,
delle
monete
,
dei
foraggi
,
del
tesoro
,
l
'
uno
dopo
l
'
altro
,
in
un
ordine
prestabilito
,
ciascuno
coi
suoi
memoriali
,
colle
sue
parole
preparate
,
coi
suoi
servi
distinti
da
un
vestimento
speciale
.
Più
tardi
,
seguiti
da
un
corteo
di
segretari
e
di
famigliari
,
passavano
i
vizir
della
Cupola
per
recarsi
al
divano
.
Passavano
personaggi
a
cavallo
,
in
carrozza
,
in
bussola
,
e
scendevano
tutti
alla
seconda
porta
,
la
quale
non
si
poteva
oltrepassare
che
a
piedi
.
Tutta
questa
gente
era
riconoscibile
,
carica
per
carica
,
dalla
forma
dei
turbanti
,
dal
taglio
delle
maniche
,
dalla
qualità
delle
pelliccie
,
dai
colori
delle
fodere
,
dagli
ornamenti
delle
selle
,
dall
'
avere
la
barba
intera
o
i
baffi
soli
.
Nessuna
confusione
seguiva
in
quell
'
affollamento
continuo
.
Il
muftì
era
bianco
;
i
vizir
si
riconoscevano
al
verde
chiaro
,
i
ciambellani
allo
scarlatto
;
l
'
azzurro
carico
distingueva
i
sei
primi
ufficiali
legislativi
,
il
capo
degli
emiri
e
i
giudici
della
Mecca
,
di
Medina
e
di
Costantinopoli
;
i
grandi
ulema
avevano
il
color
violaceo
;
i
muderrì
e
gli
sceicchi
indossavano
l
'
azzurro
chiaro
;
il
cilestrino
chiarissimo
segnalava
gli
sciaù
feudatarii
e
gli
agà
dei
vizir
;
il
verde
cupo
era
privilegio
degli
agà
della
staffa
imperiale
e
del
portatore
dello
stendardo
sacro
;
gl
'
impiegati
delle
scuderie
del
sultano
vestivano
il
verde
pallido
;
i
generali
dell
'
esercito
portavano
gli
stivali
rossi
,
gli
ufficiali
della
Porta
,
gialli
,
gli
ulema
,
turchini
;
e
alla
scala
dei
colori
corrispondeva
una
gradazione
nella
profondità
degl
'
inchini
.
Il
bostangì
-
bascì
,
capo
della
polizia
del
Serraglio
,
comandante
un
esercito
di
carcerieri
e
di
carnefici
,
che
spandeva
il
terrore
col
suono
del
suo
nome
e
dei
suoi
passi
,
attraversava
il
cortile
in
mezzo
a
due
schiere
di
teste
chinate
a
terra
.
Passava
il
capo
degli
Eunuchi
,
gran
maresciallo
della
Corte
interna
ed
esterna
,
e
si
curvavano
i
caschi
,
i
turbanti
,
i
pennacchi
,
come
spinti
giù
da
cento
mani
invisibili
.
Il
grande
elemosiniere
passava
fra
mille
saluti
ossequiosi
.
Tutti
coloro
che
avvicinavano
il
Sultano
,
il
capo
degli
staffieri
che
gli
reggeva
la
staffa
,
il
primo
cameriere
che
portava
i
suoi
sandali
,
il
Silihdar
agà
che
forbiva
le
sue
armi
,
l
'
eunuco
bianco
che
lambiva
il
pavimento
colla
lingua
prima
di
stendere
il
tappeto
,
il
paggio
che
versava
al
Sultano
l
'
acqua
per
le
abluzioni
,
quello
che
gli
porgeva
l
'
archibugio
nelle
caccie
,
quello
che
custodiva
i
suoi
turbanti
,
quello
che
spolverava
i
suoi
pennacchi
ingemmati
,
quello
che
aveva
cura
delle
sue
vesti
di
volpe
nera
,
passavano
in
mezzo
a
dimostrazioni
speciali
di
curiosità
e
di
rispetto
.
Un
bisbiglio
sommesso
precedeva
e
seguiva
il
passaggio
del
predicatore
della
Corte
e
del
gran
mastro
della
guardaroba
,
che
gettava
i
denari
al
popolo
nelle
feste
imperiali
.
Passava
saettato
da
molti
sguardi
invidiosi
il
musulmano
fortunato
che
ogni
dieci
giorni
radeva
il
capo
al
Sultano
dei
Sultani
.
La
folla
s
'
apriva
con
una
premura
particolare
davanti
al
primo
chirurgo
incaricato
della
circoncisione
dei
principi
,
davanti
al
primo
oculista
che
preparava
il
collirio
per
le
palpebre
delle
cadine
e
delle
odalische
,
davanti
al
gran
maestro
dei
fiori
,
affaccendato
dai
capricci
di
cento
belle
,
che
portava
sotto
il
caffettano
il
suo
poetico
diploma
ornato
di
rose
dorate
.
Il
primo
cuoco
riceveva
i
suoi
saluti
adulatorii
.
Sorrisi
cerimoniosi
salutavano
il
guardiano
dei
pappagalli
e
degli
usignuoli
che
potevano
varcare
le
soglie
dei
chioschi
più
segreti
.
Erano
migliaia
di
persone
,
divise
in
una
gerarchia
minutissimamente
graduata
,
governate
da
un
cerimoniale
di
cinquanta
volumi
,
vestite
in
mille
foggie
pittoresche
,
che
sfilavano
o
circolavano
per
il
vasto
cortile
,
e
ad
ogni
minuto
era
una
folla
nuova
.
Tratto
tratto
passava
rapidamente
un
messaggiero
e
tutte
le
teste
si
voltavano
.
Era
il
vizir
karakulak
,
messaggiere
tra
il
Sultano
e
il
primo
ministro
,
che
andava
a
fare
un
'
imbasciata
segreta
al
Gran
Vizir
;
era
un
capigí
che
correva
al
palazzo
d
'
un
pascià
caduto
in
sospetto
,
a
portargli
l
'
ordine
di
presentarsi
immediatamente
al
divano
;
era
il
portatore
di
buone
notizie
che
veniva
ad
annunziare
al
Padiscià
il
fortunato
arrivo
della
grande
carovana
alla
Mecca
.
Altri
messaggieri
speciali
tra
il
Sultano
e
i
grandi
ufficiali
dello
Stato
,
ciascuno
distinto
con
un
titolo
e
riconoscibile
a
qualche
particolarità
del
vestimento
,
s
'
aprivano
il
passo
,
correndo
,
e
sparivano
per
le
due
porte
del
cortile
.
Passavano
sciami
di
caffettieri
per
recarsi
alle
cucine
della
corte
,
frotte
di
cacciatori
imperiali
curvi
dal
peso
dei
carnieri
dorati
;
file
di
facchini
carichi
di
stoffe
,
preceduti
dal
Gran
Mercante
,
provveditore
del
Sultano
;
drappelli
di
galeotti
condotti
dagli
schiavi
ai
lavori
più
faticosi
del
Serraglio
.
Poi
cento
sguatteri
,
due
volte
al
giorno
,
uscivano
dalle
cucine
e
portavano
all
'
ombra
dei
platani
,
sotto
le
arcate
,
lungo
i
muri
,
piramidi
enormi
di
riso
e
montoni
interi
arrostiti
;
una
turba
di
guardie
e
di
servitori
accorreva
,
e
il
grande
cortile
offriva
lo
spettacolo
festoso
del
convito
d
'
un
esercito
.
Poco
dopo
la
scena
mutava
,
e
si
vedeva
venir
innanzi
un
'
ambasciata
straniera
in
mezzo
a
due
muri
d
'
oro
e
di
seta
.
Là
,
come
scriveva
Solimano
il
grande
allo
Scià
di
Persia
,
"
affluiva
tutto
l
'universo."
Gli
ambasciatori
di
Carlo
V
vi
si
trovavano
al
fianco
degli
ambasciatori
di
Francesco
I
;
gl
'
inviati
dell
'
Ungheria
,
della
Serbia
e
della
Polonia
vi
entravano
accanto
ai
rappresentanti
della
repubblica
di
Genova
e
di
Venezia
.
Il
peskesdgi
-
bascì
,
incaricato
di
ricevere
i
doni
,
andava
incontro
alle
carovane
straniere
sul
limitare
di
Bab
-
Umaiùn
,
e
venivano
innanzi
,
tra
mille
spettatori
,
elefanti
che
portavano
troni
d
'
oro
,
gazzelle
gigantesche
,
gabbie
di
leoni
,
cavalli
della
Tartaria
,
e
cavalli
dei
deserti
,
vestiti
di
pelli
di
tigri
e
carichi
di
scudi
d
'
orecchie
d
'
elefante
;
gl
'
inviati
della
Persia
coi
vasi
della
china
;
i
messi
dei
Sultani
delle
Indie
con
scatole
d
'
oro
colme
di
gemme
;
gli
ambasciatori
dei
re
affricani
con
tappeti
di
pelo
di
cammelli
strappati
dal
ventre
delle
madri
e
pezzi
di
stoffa
argentata
che
facevan
piegar
le
schiene
di
dieci
schiavi
;
gli
ambasciatori
degli
Stati
nordici
seguiti
da
drappelli
di
servi
carichi
di
pelliccie
e
d
'
armi
preziose
.
Entravano
,
dopo
le
guerre
fortunate
,
per
esser
mostrati
al
Padiscià
,
generali
carichi
di
catene
e
principesse
prigioniere
,
velate
,
coi
loro
cortei
disarmati
e
tristi
,
e
stuoli
d
'
eunuchi
d
'
ogni
età
e
d
'
ogni
colore
,
carpiti
come
bottino
di
guerra
,
o
offerti
in
dono
dai
principi
vinti
.
E
intanto
gli
ufficiali
degli
eserciti
vincitori
s
'
affollavano
alle
porte
della
Tesoreria
a
deporre
i
broccati
e
le
sciabole
imperlate
prese
nei
saccheggi
delle
città
persiane
,
l
'
oro
e
le
gemme
tolte
ai
mammalucchi
d
'
Egitto
,
le
coppe
d
'
oro
intopaziate
del
tesoro
dei
Cavalieri
di
Rodi
,
i
torsi
delle
statue
di
Diana
e
d
'
Apollo
rapite
alla
Grecia
e
all
'
Ungheria
,
e
chiavi
di
città
e
di
castelli
;
e
altri
conducevano
al
secondo
cortile
i
giovanetti
e
le
fanciulle
rubate
all
'
isola
di
Lesbo
.
Tutte
le
enormi
provvigioni
d
'
ogni
natura
che
venivano
al
Serraglio
dai
porti
dell
'
Africa
,
della
Caramania
,
della
Morea
,
del
mar
Egeo
,
passavano
o
s
'
arrestavano
fra
quelle
mura
,
e
un
esercito
di
maggiordomi
e
di
segretarii
erano
continuamente
affaccendati
a
registrare
,
a
pagare
,
a
disporre
,
a
fissare
udienze
,
a
dare
ordinazioni
.
I
mercanti
dei
bazar
di
schiave
di
Brussa
e
di
Trebisonda
si
trovavano
dinanzi
alla
seconda
porta
,
ad
aspettare
il
turno
d
'
entrata
,
insieme
ai
poeti
venuti
da
Bagdad
per
recitar
dei
versi
al
Sultano
.
I
governatori
caduti
in
disgrazia
,
venuti
per
comprare
la
propria
salvezza
con
una
coppa
piena
di
monete
d
'
oro
,
aspettavano
accanto
ai
messi
d
'
un
Pascià
venuti
ad
offrire
in
dono
al
Gran
Signore
una
bella
vergine
tredicenne
,
trovata
dopo
tre
mesi
di
ricerche
sotto
a
una
capanna
dell
'
Anatolia
;
in
mezzo
a
spie
ritornate
da
tutti
i
confini
dell
'
Impero
,
vicino
a
famiglie
stanche
arrivate
da
provincie
lontane
per
chieder
giustizia
,
tra
donne
e
fanciulli
dell
'
infima
plebe
di
Stambul
ammessi
a
presentare
le
loro
querele
al
divano
.
E
i
giorni
di
divano
si
vedevano
passar
di
là
,
fra
gli
scherni
dei
curiosi
,
gli
ambasciatori
delle
provincie
ribelli
,
a
cavallo
a
un
asino
,
colla
barba
rasa
e
un
berretto
di
donna
sul
capo
,
e
i
messi
insolenti
dei
principi
asiatici
col
naso
spuntato
dalle
scimitarre
dei
sciaù
;
di
là
gli
ufficiali
dello
Stato
che
uscivano
,
inconsapevoli
,
per
portare
a
un
governatore
lontano
uno
scialle
prezioso
,
dono
del
Gran
vizir
,
che
nascondeva
fra
le
sue
pieghe
la
loro
sentenza
di
morte
;
di
là
i
visi
radianti
degli
ambiziosi
che
avevano
ottenuto
una
satrapìa
coll
'
intrigo
e
i
visi
pallidi
di
quei
che
avevano
sentito
nel
divano
la
minaccia
sorda
d
'
una
disgrazia
vicina
;
di
là
i
portatori
di
quegli
hattiscerif
,
inesorabili
come
il
destino
,
che
andavano
,
sulla
groppa
d
'
un
cavallo
,
lontano
trecento
miglia
,
a
portar
la
rovina
e
la
morte
nel
palazzo
di
un
vicerè
;
di
là
i
terribili
muti
della
corte
mandati
a
strozzare
i
prigionieri
illustri
nei
sotterranei
delle
Sette
Torri
.
E
con
questi
si
incontravano
gli
ulema
,
i
bey
,
i
mollà
,
gli
emiri
,
che
tornavano
o
si
recavano
alle
udienze
col
capo
basso
,
cogli
occhi
a
terra
,
con
le
mani
nascoste
nelle
grandi
maniche
;
i
vizir
,
che
tenevano
il
Corano
in
tasca
per
leggere
,
a
un
'
occorrenza
,
le
orazioni
dei
morti
;
il
gran
vizir
,
despota
spiato
dal
boia
,
che
portava
sotto
il
caffettano
il
proprio
testamento
,
per
essere
sempre
pronto
a
morire
.
E
tutti
passavano
composti
,
a
passo
lento
,
in
silenzio
,
o
parlando
a
bassa
voce
un
linguaggio
circospetto
e
corretto
,
proprio
del
Serraglio
;
e
si
vedeva
un
continuo
ricambiarsi
di
sguardi
gravi
e
scrutatori
,
e
un
posar
delle
mani
sulla
fronte
e
sul
petto
,
accompagnato
da
bisbigli
interrotti
,
da
un
fruscìo
discreto
di
cappe
e
di
babbuccie
,
da
un
tintinnare
sommesso
di
scimitarre
,
da
non
so
che
di
monacale
e
di
triste
,
che
faceva
contrasto
colla
fierezza
guerriera
dei
volti
,
colla
pompa
dei
colori
,
collo
splendore
delle
armi
.
In
tutti
gli
occhi
si
leggeva
un
pensiero
,
su
tutte
le
fronti
si
vedeva
il
terrore
d
'
un
uomo
,
che
era
sopra
tutti
,
che
era
scopo
di
tutto
,
davanti
al
quale
tutto
s
'
inchinava
,
strisciava
,
s
'
annichiliva
,
e
pareva
che
ogni
cosa
ne
presentasse
l
'
immagine
e
che
in
ogni
rumore
si
sentisse
il
suo
nome
.
Da
questo
cortile
s
'
entrava
nel
secondo
per
la
grande
porta
Bab
-
el
-
selam
,
o
porta
della
Salute
,
che
è
ancora
intatta
in
mezzo
a
due
grosse
torri
,
e
non
ci
si
passa
,
nemmeno
ora
,
senza
un
firmano
.
Anticamente
due
grandi
battenti
la
chiudevano
dalla
parte
del
primo
cortile
e
altri
due
dalla
parte
del
secondo
,
in
modo
che
ci
rimaneva
dentro
,
quando
tutto
era
chiuso
,
uno
stanzone
oscuro
,
dove
un
uomo
poteva
essere
spacciato
segretamente
.
Là
sotto
c
'
erano
le
celle
dei
carnefici
,
le
quali
,
per
un
andito
cieco
,
comunicavano
colla
sala
del
divano
.
Là
andavano
ad
aspettare
la
loro
sentenza
gli
alti
personaggi
caduti
in
disgrazia
,
e
vi
ricevevano
sovente
,
nello
stesso
punto
,
la
sentenza
e
la
morte
.
Altre
volte
il
governatore
o
il
vizir
disgraziato
,
era
chiamato
al
Serraglio
con
un
pretesto
;
veniva
;
passava
,
senza
sospetti
,
sotto
la
volta
sinistra
,
entrava
nel
divano
,
era
ricevuto
con
un
sorriso
benevolo
o
con
una
severità
mite
che
non
minacciava
che
un
castigo
lontano
,
e
congedato
,
tornava
a
passare
tranquillamente
sotto
la
porta
.
Ma
all
'
improvviso
,
senza
veder
nessuno
,
si
sentiva
una
lama
nelle
reni
o
un
capestro
alla
gola
,
e
stramazzava
senz
'
aver
tempo
a
resistere
.
Al
grido
del
moribondo
,
cento
visi
si
voltavano
per
un
momento
dai
due
cortili
;
poi
tutti
ripigliavano
,
in
silenzio
,
le
loro
faccende
.
La
testa
era
portata
in
una
nicchia
di
Bab
-
Umaiùn
,
il
cadavere
ai
corvi
della
spiaggia
di
Santo
Stefano
,
la
notizia
al
Sultano
,
e
tutto
era
finito
.
C
'
è
ancora
a
destra
,
sotto
la
volta
,
la
porticina
ferrata
della
prigione
in
cui
si
gettavano
le
vittime
,
quando
veniva
disdetto
a
tempo
l
'
ordine
di
morte
o
per
prolungare
la
loro
agonia
o
per
cacciarle
invece
in
esilio
.
Uscendo
di
sotto
a
Bab
-
el
-
selam
si
entra
immediatamente
nel
secondo
cortile
.
Qui
si
cominciava
a
sentir
più
viva
l
'
aura
sacra
del
Signore
"
dei
due
mari
e
dei
due
mondi
,
"
e
chi
vi
penetrava
per
la
prima
volta
,
si
fermava
involontariamente
,
appena
entrato
,
preso
da
un
sentimento
di
timore
e
di
venerazione
.
Era
un
vastissimo
cortile
irregolare
,
una
smisurata
sala
a
cielo
aperto
,
circondata
da
edifizii
graziosi
e
da
cupole
argentate
e
dorate
,
sparsa
di
gruppi
d
'
alberi
bellissimi
,
e
attraversata
da
due
viali
fiancheggiati
di
cipressi
giganteschi
.
Tutt
'
intorno
girava
un
bel
loggiato
,
sorretto
da
delicate
colonne
di
marmo
bianco
,
e
coperto
da
un
tetto
sporgente
rivestito
di
piombo
.
A
sinistra
,
entrando
,
v
'
era
la
sala
del
divano
,
sormontata
da
una
cupola
scintillante
;
più
in
là
,
la
sala
dei
grandi
ricevimenti
,
dinanzi
alla
quale
sei
enormi
colonne
di
marmo
di
Marmara
sostenevano
un
largo
tetto
a
falde
,
ondulate
:
basi
,
capitelli
,
muri
,
tetto
,
porte
,
archi
,
tutto
cesellato
,
intarsiato
,
dipinto
,
dorato
,
leggerissimo
e
gentile
come
un
padiglione
di
merletti
tempestati
di
gemme
,
e
ombreggiato
da
un
gruppo
di
platani
superbi
.
Dagli
altri
lati
,
v
'
erano
gli
archivi
,
le
sale
dove
si
custodivano
i
vestimenti
d
'
onore
,
i
magazzeni
delle
tende
,
la
casa
del
grande
Eunuco
nero
,
le
cucine
della
Corte
.
Qui
stava
quel
grande
Intendente
,
più
affaccendato
d
'
un
Ministro
della
Cupola
,
che
aveva
ai
suoi
ordini
cinquanta
sottintendenti
,
ai
quali
obbediva
un
esercito
di
cuochi
e
di
confettieri
,
aiutati
,
nelle
grandi
occasioni
,
da
artisti
fatti
venire
d
'
ogni
parte
dell
'
impero
.
Là
si
faceva
il
desinare
per
i
visir
i
giorni
di
divano
;
là
si
preparavano
,
in
occasione
delle
circoncisioni
e
delle
nozze
principesche
,
i
famosi
giardini
di
pasta
dolce
,
le
cicogne
,
i
falchi
,
le
giraffe
,
i
cammelli
di
zucchero
,
i
montoni
arrostiti
da
cui
uscivano
stormi
d
'
uccelli
;
che
si
portavano
poi
,
in
gran
pompa
,
nella
piazza
dell
'
Ippodromo
;
là
gl
'
infiniti
dolciumi
di
mille
forme
e
di
mille
colori
che
andavano
a
sciogliersi
nelle
innumerevoli
boccuccie
golose
dell
'
arem
.
Vicino
alle
cucine
formicolavano
,
nelle
grandi
feste
,
gli
ottocento
operai
incaricati
di
drizzare
le
tende
del
Sultano
e
dell
'
arem
nei
giardini
del
Serraglio
o
sulle
colline
del
Bosforo
;
e
quando
non
bastavan
più
le
tende
dei
vastissimi
magazzini
,
si
formavano
i
padiglioni
colle
vele
della
flotta
,
e
con
cipressi
interi
sradicati
dai
boschetti
delle
ville
imperiali
.
La
casa
del
grande
Eunuco
,
là
vicina
,
era
una
piccola
reggia
,
fra
la
quale
e
il
terzo
cortile
andava
e
veniva
una
processione
continua
d
'
eunuchi
neri
,
di
schiave
e
di
servi
.
In
questo
cortile
passavano
le
Ambasciate
per
andare
dal
Sultano
.
Allora
tutto
il
loggiato
era
parato
di
panno
vermiglio
,
i
muri
luccicavano
,
il
suolo
era
pulito
come
il
pavimento
d
'
una
sala
;
duecento
tra
giannizzeri
,
spahì
e
silihdar
,
che
formavano
la
guardia
del
divano
,
vestiti
e
armati
come
principi
,
stavano
schierati
all
'
ombra
dei
cipressi
e
dei
platani
,
e
drappelli
d
'
eunuchi
bianchi
e
d
'
eunuchi
neri
,
lindi
e
profumati
,
facevano
ala
alle
porte
.
Tutto
,
in
questo
secondo
cortile
,
annunziava
la
vicinanza
del
Gran
Signore
;
le
voci
suonavano
più
basse
,
i
movimenti
eran
più
raccolti
,
non
vi
si
sentiva
nè
scalpitìo
di
cavalli
nè
rumor
di
lavoro
;
i
servi
e
i
soldati
passavano
tacitamente
;
e
una
certa
quiete
di
santuario
regnava
in
tutto
il
recinto
,
non
turbata
che
dallo
strepito
improvviso
degli
uccelli
che
fuggivano
dagli
alberi
o
dall
'
urto
sonoro
delle
grandi
porte
di
ferro
chiuse
dai
capigì
.
Di
tutti
gli
edifizii
del
cortile
non
vidi
che
la
sala
del
divano
,
la
quale
è
quasi
intatta
,
com
'
era
quando
vi
si
teneva
il
consiglio
supremo
dello
Stato
.
È
una
grande
sala
a
vôlta
,
rischiarata
dall
'
alto
,
da
finestrine
moresche
,
e
rivestita
di
marmi
ornati
di
rabeschi
d
'
oro
,
senz
'
altra
suppellettile
che
il
divano
su
cui
sedevano
i
membri
del
Consiglio
.
Sopra
il
posto
del
gran
vizir
c
'
è
ancora
la
finestrina
chiusa
da
una
graticola
di
legno
dorato
,
dietro
alla
quale
prima
Solimano
il
grande
e
poi
tutti
gli
altri
Padiscià
assistevano
,
non
visti
,
o
si
credeva
che
assistessero
alle
sedute
:
un
corridoio
segreto
conduceva
da
quello
stanzino
nascosto
agli
appartamenti
imperiali
del
terzo
cortile
.
In
questa
sala
sedeva
cinque
volte
la
settimana
il
gran
consesso
dei
ministri
,
presieduti
dal
gran
vizir
.
L
'
apparato
era
solenne
.
Il
gran
vizir
sedeva
in
faccia
alla
porta
d
'
entrata
;
vicino
a
lui
i
vizir
della
Cupola
,
il
capudan
-
pascià
,
grande
ammiraglio
;
i
due
grandi
giudici
d
'
Anatolia
e
di
Rumelia
,
rappresentanti
della
magistratura
delle
provincie
d
'
Asia
e
d
'
Europa
;
da
una
parte
i
tesorieri
dell
'
impero
;
dall
'
altra
il
nisciandgì
,
che
metteva
il
suggello
del
Sultano
ai
decreti
;
più
in
là
,
a
destra
e
a
sinistra
,
due
schiere
di
ulema
e
di
ciambellani
;
agli
angoli
,
sciaù
,
portatori
d
'
ordini
,
esecutori
di
supplizii
,
esercitati
a
comprendere
ogni
cenno
e
ogni
sguardo
.
Era
uno
spettacolo
davanti
a
cui
i
più
arditi
tremavano
e
i
più
innocenti
interrogavano
paurosamente
la
propria
coscienza
.
Tutta
quella
gente
stava
là
col
volto
impassibile
,
colle
braccie
incrociate
,
colle
mani
nascoste
.
Una
luce
vaga
,
scendendo
dalla
vôlta
,
tingeva
d
'
un
color
d
'
oro
pallido
i
turbanti
bianchi
,
le
faccie
gravi
,
le
lunghe
barbe
immobili
,
le
ricche
pellicce
,
i
manichi
gemmati
dei
pugnali
.
A
prima
vista
il
Consiglio
presentava
l
'
apparenza
morta
d
'
un
grande
gruppo
di
statue
vestite
e
dipinte
.
Le
stuoie
non
lasciavan
sentire
il
passo
di
chi
entrava
e
di
chi
usciva
,
l
'
aria
odorava
dei
profumi
delle
pelliccie
,
le
pareti
marmoree
riflettevano
il
verde
degli
alberi
del
cortile
;
il
canto
degli
uccelli
,
nei
momenti
di
silenzio
,
risonava
sotto
la
vôlta
luccicante
d
'
oro
;
tutto
era
dolce
e
grazioso
in
quel
tribunale
tremendo
.
Le
voci
sonavano
una
alla
volta
,
tranquille
e
monotone
come
il
mormorio
d
'
un
ruscello
,
senza
che
chi
accusava
o
si
scolpava
,
ritto
in
mezzo
alla
sala
,
s
'
accorgesse
da
che
bocca
uscivano
.
Cento
grandi
occhi
fissi
scrutavano
il
volto
d
'
un
solo
.
Gli
sguardi
erano
studiati
,
le
parole
pesate
,
i
pensieri
indovinati
dai
più
sfuggevoli
movimenti
del
viso
.
Le
sentenze
di
morte
escivano
a
parole
pacate
,
dopo
lunghi
dialoghi
sommessi
,
accolte
con
un
silenzio
sepolcrale
;
oppure
scoppiavano
improvvisamente
,
come
folgori
,
e
avevan
per
eco
quelle
tremende
parole
che
escono
dall
'
anima
disperata
nei
momenti
supremi
;
e
allora
,
a
un
cenno
,
le
scimitarre
spezzavano
le
vertebre
,
il
sangue
spicciava
sui
tappeti
e
sui
marmi
;
agà
di
spahì
e
di
giannizzeri
,
cadevano
crivellati
di
pugnalate
;
governatori
e
kaimacan
stramazzavano
col
laccio
al
collo
e
cogli
occhi
fuori
della
fronte
.
Un
minuto
dopo
,
i
cadaveri
erano
distesi
all
'
ombra
dei
platani
,
coperti
da
un
panno
verde
;
il
sangue
era
lavato
,
l
'
aria
profumata
,
i
carnefici
al
posto
,
e
il
consesso
ripigliava
la
sua
seduta
coi
volti
impassibili
,
colle
mani
nascoste
,
colle
voci
pacate
e
monotone
,
sotto
la
luce
vaga
delle
finestrine
moresche
che
tingeva
d
'
un
colore
d
'
oro
pallido
i
grandi
turbanti
e
le
grandi
barbe
.
Ma
si
scotevano
alla
loro
volta
,
quei
fieri
giudici
,
quando
Murad
IV
o
il
secondo
Selim
,
scontenti
del
divano
,
facevano
scricchiolare
con
un
pugno
furioso
la
graticola
dorata
della
segreta
imperiale
!
Dopo
un
lungo
silenzio
e
un
consultarsi
a
vicenda
cogli
sguardi
smarriti
,
ripigliavano
anche
allora
la
seduta
,
col
volto
impassibile
e
colle
voci
solenni
;
ma
le
mani
agghiacciate
tremavano
per
lungo
tempo
nelle
grandi
maniche
,
e
le
anime
si
raccomandavano
a
Dio
.
In
fondo
a
questo
secondo
cortile
,
che
era
in
certo
modo
il
cortile
diplomatico
del
Serraglio
,
s
'
apriva
la
terza
grande
porta
,
fiancheggiata
da
colonne
di
marmo
e
coperta
da
un
gran
tetto
sporgente
,
dinanzi
alla
quale
stava
di
guardia
notte
e
giorno
un
drappello
d
'
eunuchi
bianchi
e
uno
stuolo
di
capigì
,
armati
di
sciabole
e
di
pugnali
.
Era
questa
la
famosa
Bab
-
Seadet
o
porta
della
Felicità
,
che
conduceva
al
terzo
cortile
;
la
porta
sacra
che
rimase
chiusa
per
quasi
quattro
secoli
ad
ogni
cristiano
,
che
non
si
presentasse
in
nome
d
'
un
re
o
d
'
un
popolo
;
la
porta
misteriosa
alla
quale
picchiò
invano
la
curiosità
supplichevole
di
mille
viaggiatori
potenti
ed
illustri
;
la
porta
da
cui
uscirono
e
si
sparsero
per
il
mondo
tante
fole
gentili
e
tante
leggende
di
dolori
,
tanti
fantasmi
di
bellezza
e
di
piacere
,
tante
rivelazioni
vaghe
di
segreti
d
'
amore
e
di
sangue
e
un
'
aura
infinita
di
poesia
voluttuosa
e
terribile
;
la
porta
solenne
del
Santuario
del
re
dei
re
,
che
il
popolo
nominava
con
un
senso
segreto
di
sgomento
,
come
la
porta
d
'
un
recinto
fatato
,
entrando
nel
quale
una
creatura
profana
dovesse
rimaner
petrificata
o
veder
cose
che
il
linguaggio
umano
non
avrebbe
potuto
descrivere
;
la
porta
dinanzi
a
cui
,
anche
ora
,
il
viaggiatore
più
freddo
d
'
immaginazione
e
di
sentimento
si
arresta
con
una
certa
titubanza
e
guarda
con
stupore
l
'
ombra
del
suo
cappello
cilindrico
che
si
allunga
sui
battenti
socchiusi
.
Eppure
anche
là
,
davanti
a
quella
porta
solenne
,
arrivò
il
flutto
muggente
delle
ribellioni
soldatesche
.
Si
può
anzi
dire
che
quell
'
angolo
del
grande
cortile
,
che
è
compreso
fra
la
sala
del
divano
e
la
porta
Seadet
,
è
il
punto
del
Serraglio
dove
il
furore
dei
ribelli
commise
gli
atti
più
temerarii
e
più
sanguinosi
.
Il
Gran
Signore
governava
colla
spada
e
la
spada
gli
dettava
la
legge
.
Il
despotismo
che
difendeva
gli
accessi
del
Grande
Serraglio
era
lo
stesso
che
ne
violava
i
penetrali
.
Allora
si
vedeva
su
che
fragile
piedestallo
si
reggesse
il
colosso
minaccioso
,
quando
gli
si
ritiravano
d
'
intorno
i
puntelli
delle
scimitarre
!
Orde
armate
di
giannizzeri
e
di
spahì
,
nel
cuore
della
notte
,
colle
fiaccole
nel
pugno
,
rovesciavano
a
colpi
di
scure
le
porte
del
primo
e
del
secondo
cortile
,
e
irrompevano
là
agitando
sulla
punta
delle
lame
le
suppliche
che
chiedevano
le
teste
dei
vizir
,
e
le
loro
grida
di
morte
risonavano
di
là
dai
muri
inviolabili
,
nel
recinto
sacro
dei
loro
Sovrani
,
dove
tutto
era
confusione
e
spavento
.
Invano
dall
'
alto
dei
muri
si
gettavano
sacchi
di
monete
d
'
oro
e
d
'
argento
;
invano
il
muftì
,
gli
sceicchi
,
gli
ulema
,
i
grandi
della
Corte
,
smarriti
,
ragionavano
,
pregavano
,
tentavano
dolcemente
d
'
abbassare
le
braccia
convulse
dall
'
ira
;
invano
le
Sultane
-
validè
,
smorte
,
mostravano
dalle
finestre
ingraticolate
i
piccoli
figliuoli
innocenti
.
Il
mostro
dalle
mille
teste
,
scatenato
e
cieco
,
voleva
la
sua
preda
,
le
vittime
vive
,
le
carni
da
lacerare
,
il
sangue
da
spargere
,
i
teschi
da
piantare
sulle
picche
.
I
Sultani
s
'
affacciavano
fra
i
merli
,
s
'
arrischiavano
fin
sulle
barricate
della
porta
,
in
mezzo
agli
eunuchi
e
ai
paggi
tremanti
,
armati
di
pugnali
inutili
;
disputavano
le
teste
a
una
a
una
,
promettevano
,
piangevano
,
chiedevano
grazia
in
nome
della
propria
madre
,
dei
propri
figli
,
del
Profeta
,
della
gloria
dell
'
impero
,
della
pace
del
mondo
.
Uno
scoppio
di
minaccie
e
d
'
insulti
e
un
agitare
vertiginoso
di
fiaccole
e
di
scimitarre
rispondeva
alle
loro
grida
impotenti
.
E
allora
dalla
porta
della
Felicità
uscivan
fuori
a
uno
a
uno
,
brancolando
,
e
cadevano
in
mezzo
alle
belve
assetate
di
sangue
,
i
tesorieri
,
i
vizir
,
gli
eunuchi
,
le
favorite
,
i
generali
,
e
l
'
un
dopo
l
'
altro
cadevano
lacerati
da
cento
lame
e
sformati
da
cento
piedi
.
Così
Murad
III
gettava
Mehemed
,
il
suo
falconiere
favorito
,
che
era
messo
in
brani
sotto
i
suoi
occhi
;
così
Maometto
III
gettava
il
Kislaragà
Otmano
e
il
capo
degli
eunuchi
bianchi
Ghaznéfer
,
ed
era
costretto
a
salutare
la
soldatesca
dinanzi
ai
due
cadaveri
insanguinati
;
così
Murad
IV
gettava
,
singhiozzando
,
il
gran
vizir
Hafiz
,
a
cui
diciassette
pugnali
squarciavano
il
petto
e
le
reni
;
così
Selim
III
gettava
tutte
le
teste
del
suo
divano
;
e
mentre
i
Padiscià
rientravano
nelle
loro
stanze
,
imprecando
,
straziati
dal
dolore
e
dalla
vergogna
,
le
mille
fiaccole
dei
ribelli
correvano
per
le
vie
di
Stambul
,
rischiarando
gli
avanzi
dei
cadaveri
,
trascinati
in
trionfo
in
mezzo
alla
folla
briaca
.
La
porta
della
Felicità
formava
,
come
la
Bab
-
el
-
Selam
,
un
lungo
andito
,
dal
quale
si
riusciva
direttamente
nel
recinto
arcano
che
racchiudeva
il
"
fratello
del
sole
.
"
Qui
,
per
dare
un
'
immagine
viva
del
luogo
,
bisognerebbe
che
la
mia
parola
fosse
accompagnata
da
una
musica
sommessa
,
piena
di
sorprese
e
di
capricci
.
Era
una
piccola
città
fatata
,
un
disordine
bizzarro
d
'
architetture
misteriose
e
gentili
,
nascoste
in
un
bosco
di
cipressi
e
di
platani
smisurati
,
che
stendevano
i
loro
rami
sui
tetti
,
e
coprivano
d
'
ombra
un
labirinto
intricatissimo
di
giardini
pieni
di
rose
e
di
verbene
,
di
cortiletti
circondati
di
portici
,
di
stradicciuole
fiancheggiate
da
chioschi
e
da
padiglioncini
chinesi
,
di
praticelli
,
di
laghetti
coronati
di
mirti
,
che
riflettevano
piccole
moschee
bianchissime
e
cupolette
argentate
d
'
edifizi
della
forma
di
tempietti
e
di
chiostri
,
congiunti
da
gallerie
coperte
,
sostenute
da
file
di
colonne
leggere
;
e
tetti
di
legno
intarsiato
e
dipinto
che
sporgevano
sopra
porticine
coperte
di
rabeschi
e
sopra
scalette
esterne
che
conducevano
a
terrazze
munite
di
balaustri
graziosi
;
e
per
tutto
prospetti
oscuri
,
in
cui
biancheggiavano
fontane
di
marmo
e
apparivano
tra
le
fronde
archetti
e
colonnine
d
'
altri
chioschi
;
e
da
tutti
i
punti
,
fra
il
verde
dei
pini
e
dei
sicomori
,
vedute
lontane
ed
immense
del
mar
di
Marmara
,
delle
due
rive
del
Bosforo
,
del
porto
e
di
Stambul
;
e
sopra
questo
paradiso
,
quel
cielo
.
Era
una
piccola
città
sepolta
in
un
mucchio
enorme
di
verzura
,
costrutta
a
poco
a
poco
,
senza
un
disegno
prefisso
,
secondo
i
bisogni
o
i
capricci
del
momento
,
pomposa
e
fragile
come
un
apparato
teatrale
,
tutta
nascondigli
e
bizzarrie
gelose
e
puerili
;
che
vedeva
tutto
ed
era
invisibile
,
che
formicolava
di
gente
e
pareva
solitaria
,
come
se
vi
regnasse
ancora
lo
spirito
pastorale
e
meditativo
degli
antichi
principi
ottomani
;
un
accampamento
di
pietra
,
che
ricordava
ancora
,
tra
il
fasto
,
quello
di
tela
delle
tribù
erranti
della
Tartaria
;
una
gran
reggia
sparpagliata
,
composta
di
cento
piccole
reggie
nascoste
l
'
una
all
'
altra
,
da
cui
spiravano
insieme
la
mestizia
della
prigione
,
l
'
austerità
del
tempio
e
la
gaiezza
della
campagna
;
uno
spettacolo
pieno
d
'
ostentazione
principesca
e
d
'
ingenuità
barbarica
,
dinanzi
al
quale
il
nuovo
venuto
si
domandava
in
che
secolo
vivesse
e
in
che
mondo
fosse
cascato
.
Questo
era
il
cuore
del
Serraglio
a
cui
mettevano
tutte
le
vene
della
monarchia
e
da
cui
partivano
tutte
le
arterie
dell
'
impero
.
Il
primo
edifizio
che
s
'
incontrava
entrando
,
era
quello
della
sala
del
Trono
,
che
c
'
è
ancora
,
e
che
potei
visitare
.
È
un
piccolo
edifizio
quadrato
,
intorno
al
quale
gira
un
bel
porticato
di
marmo
,
e
ci
s
'
entra
per
una
ricca
porta
,
fiancheggiata
da
due
belle
fontane
.
La
sala
è
coperta
da
una
volta
decorata
d
'
arabeschi
dorati
,
le
pareti
son
rivestite
di
marmi
e
di
lastrine
di
porcellana
combinate
a
figure
simmetriche
,
nel
mezzo
c
'
è
una
fontana
di
marmo
,
la
luce
scende
da
alte
finestre
chiuse
da
vetri
coloriti
,
e
in
fondo
c
'
è
il
trono
della
forma
d
'
un
grande
letto
,
coperto
da
un
baldacchino
frangiato
di
perle
,
che
s
'
appoggia
su
quattro
alte
e
sottili
colonne
di
rame
dorato
,
ornate
d
'
arabeschi
e
di
pietre
preziose
,
e
sormontate
da
quattro
palle
d
'
oro
,
con
quattro
mezzalune
,
da
cui
spenzolano
delle
code
di
cavallo
,
emblema
della
potenza
militare
dei
Padiscià
.
Qui
il
Gran
Signore
faceva
i
ricevimenti
solenni
,
in
presenza
di
tutta
la
Corte
;
qui
venivano
buttati
ai
suoi
piedi
i
fratelli
e
i
nipoti
uccisi
per
rassicurare
il
suo
regno
dalle
congiure
e
dai
tradimenti
.
Pensai
,
appena
entrato
,
ai
diciannove
fratelli
di
Maometto
III
.
Essi
avevano
ricevuto
la
sentenza
di
morte
,
in
fondo
alle
loro
prigioni
,
dai
colpi
di
cannone
che
annunziavano
all
'
Asia
e
all
'
Europa
la
morte
del
loro
padre
.
I
muti
del
Serraglio
ammucchiarono
i
loro
cadaveri
davanti
al
trono
.
Ce
n
'
eran
di
tutte
le
età
,
dall
'
infanzia
all
'
età
matura
,
l
'
uno
sull
'
altro
,
cogli
occhi
fuori
dell
'
orbite
,
coll
'
impronta
delle
mani
omicide
sul
viso
e
nel
collo
;
le
piccole
teste
bionde
dei
bambini
appoggiate
sul
petto
robusto
degli
adolescenti
,
le
teste
grigie
schiacciate
contro
il
pavimento
dai
piedi
dei
fratelli
decenni
;
caffettani
rozzi
di
prigionieri
e
pannolini
levati
dalle
culle
,
contaminati
insieme
dal
capestro
,
e
confusi
fra
le
membra
irrigidite
e
i
volti
deformi
.
Ne
videro
dei
zampilli
di
sangue
quei
bei
rabeschi
d
'
oro
e
quelle
porcellane
luccicanti
,
qui
dove
scoppiarono
le
collere
formidabili
di
Selim
II
,
di
Murad
IV
,
di
Ahmed
I
,
d
'
Ibraim
,
spettatori
esultanti
delle
agonie
disperate
!
Qui
ne
stramazzavano
dei
vizir
,
sotto
i
piedi
dei
sciaù
,
spezzandosi
il
cranio
contro
il
marmo
della
fontana
!
Qui
ne
rotolarono
delle
teste
di
governatori
portate
dalla
Siria
e
dall
'
Egitto
,
appese
alla
sella
d
'
un
agà
!
Chi
entrava
là
colla
coscienza
malsicura
,
si
voltava
sulla
soglia
a
dare
un
addio
al
bel
cielo
e
alle
belle
colline
dell
'
Asia
,
e
chi
n
'
usciva
salvo
risalutava
il
sole
col
sentimento
d
'
un
infermo
che
ritorna
alla
vita
.
Questo
padiglione
del
trono
non
è
il
solo
che
si
possa
visitare
.
Uscendo
di
là
,
si
passa
per
varii
giardini
e
cortiletti
circondati
da
piccoli
edifizii
ad
archi
moreschi
,
sostenuti
da
colonnine
di
marmo
.
Là
i
paggi
stavano
riuniti
in
un
collegio
,
in
cui
erano
istrutti
per
occupare
poi
le
alte
cariche
dell
'
impero
e
della
corte
,
e
avevano
abitazioni
sontuose
e
sale
di
ricreazione
e
servi
e
maestri
scelti
fra
gli
uomini
più
dotti
dello
Stato
.
In
mezzo
a
quegli
edifizii
s
'
alzava
una
fila
di
graziosi
chioschi
seracineschi
,
coi
peristilii
aperti
,
nei
quali
c
'
era
la
biblioteca
,
e
ne
rimane
uno
,
ammirabile
principalmente
per
la
sua
grande
porta
di
bronzo
,
ornata
di
rilievi
di
diaspro
e
di
lapislazzuli
,
e
coperta
d
'
una
cesellatura
prodigiosa
d
'
arabeschi
,
di
stelle
,
di
fogliami
,
di
figure
d
'
ogni
forma
,
delicatissime
e
intricatissime
,
che
non
sembrano
opera
umana
.
Poco
lontano
dalla
biblioteca
s
'
alzava
il
padiglione
del
Tesoro
imperiale
,
tutto
luccicante
di
porcellana
,
dove
eran
chiuse
ricchezze
immense
,
composte
in
gran
parte
d
'
armi
conquistate
o
donate
ai
Sultani
o
lasciate
per
testamento
dai
Sultani
stessi
,
come
ricordi
.
Il
solo
Mahmud
II
,
ch
'
era
calligrafo
valente
,
e
se
ne
teneva
,
ci
lasciò
il
suo
calamaio
d
'
oro
,
tempestato
di
diamanti
.
Ora
una
buona
parte
di
questi
tesori
passò
,
cangiata
in
oro
,
nelle
casse
dell
'
erario
.
Ma
ai
bei
tempi
della
monarchia
il
padiglione
era
tutto
sfolgorante
di
scimitarre
damascate
,
di
cui
l
'
elsa
pareva
un
nodo
solo
di
perle
e
di
gemme
;
di
pistole
enormi
,
con
fino
a
duecento
diamanti
sull
'
impugnatura
;
di
pugnali
che
valevano
la
rendita
d
'
un
anno
d
'
una
provincia
asiatica
;
di
mazze
d
'
argento
massiccio
o
d
'
acciaio
colla
testa
formata
da
un
solo
pezzo
di
cristallo
faccettato
e
dorato
,
frammiste
ai
pennacchi
ingioiellati
dei
Murad
e
dei
Maometti
,
alle
tazze
d
'
agata
in
cui
avevano
spumato
i
vini
di
Ungheria
nei
banchetti
imperiali
,
alle
coppe
incavate
in
una
sola
turchina
,
ch
'
eran
passate
per
le
reggie
dei
re
persiani
e
di
Timur
,
alle
collane
ornate
di
diamanti
grossi
come
noci
di
Caramania
,
alle
cinture
imperlate
,
alle
selle
coperte
d
'
oro
,
ai
tappeti
scintillanti
di
gemme
,
per
cui
la
sala
pareva
tutta
ardente
,
e
offuscava
insieme
la
ragione
e
la
vista
.
Poco
lontano
dal
padiglione
del
Tesoro
v
'
è
ancora
,
in
mezzo
a
un
giardino
solitario
,
quella
famosa
gabbia
degli
uccelli
,
in
cui
,
da
Maometto
IV
in
poi
,
si
chiudevano
i
principi
del
sangue
,
che
facevano
ombra
al
Padiscià
;
e
là
rimanevano
,
sepolti
vivi
,
ad
aspettare
che
le
grida
dei
giannizzeri
li
chiamassero
al
trono
o
che
venisse
il
carnefice
a
strozzarli
.
È
un
edifizio
della
forma
d
'
un
tempietto
,
di
grosse
mura
,
senza
finestre
,
rischiarato
dall
'
alto
e
chiuso
da
una
piccola
porta
di
ferro
,
contro
la
quale
si
metteva
un
grosso
macigno
.
Là
fu
chiuso
Abdul
-
Aziz
durante
i
pochi
giorni
che
trascorsero
fra
la
sua
caduta
dal
trono
e
la
sua
morte
.
Là
fece
la
sua
orribile
e
miseranda
fine
il
Caligola
degli
Ottomani
,
Ibrahim
,
e
la
sua
immagine
è
la
prima
che
si
rizza
sulla
soglia
di
quella
necropoli
di
vivi
in
faccia
al
visitatore
straniero
.
Gli
agà
militari
l
'
avevano
tirato
giù
dal
trono
e
strascinato
,
come
un
miserabile
,
alla
prigione
.
Qui
era
stato
chiuso
con
due
delle
sue
odalische
predilette
.
Dopo
le
prime
furie
della
disperazione
,
s
'
era
rassegnato
.
-
Questo
-
diceva
-
era
scritto
sulla
mia
fronte
;
era
l
'
ordine
di
Dio
.
-
Di
tutto
il
suo
impero
e
dell
'
immenso
arem
in
cui
aveva
folleggiato
per
nove
anni
,
non
gli
rimaneva
più
che
una
carcere
,
due
schiave
e
il
Corano
;
ma
si
credeva
sicuro
della
vita
,
e
viveva
tranquillamente
,
consolato
ancora
da
un
raggio
di
speranza
;
che
i
suoi
partigiani
delle
taverne
e
delle
caserme
di
Stambul
riuscissero
a
mutare
le
sue
sorti
.
Ma
egli
aveva
dimenticato
la
sentenza
del
Corano
:
se
ci
sono
due
Califfi
,
uccidetene
uno
,
e
il
muftì
,
interrogato
dagli
agà
e
dai
vizir
,
se
n
'
era
ricordato
.
Il
suo
ultimo
giorno
egli
stava
seduto
sopra
una
stuoia
in
un
angolo
della
sua
tomba
e
leggeva
il
Corano
alle
due
schiave
,
ritte
dinanzi
a
lui
,
colle
braccia
incrociate
sul
petto
.
Era
vestito
d
'
un
caffettano
nero
,
stretto
intorno
alla
vita
da
uno
scialle
in
brandelli
;
e
aveva
in
capo
un
berretto
di
lana
rossa
.
Un
raggio
di
luce
pallida
,
scendendo
dalla
vôlta
,
rischiarava
il
suo
viso
smunto
e
cereo
,
ma
tranquillo
.
A
un
tratto
udì
un
rumore
cupo
e
balzò
in
piedi
;
la
porta
era
aperta
e
un
gruppo
di
figure
sinistre
occupava
la
soglia
.
Capì
,
alzò
gli
occhi
a
una
tribuna
ingraticolata
che
sporgeva
dall
'
alto
d
'
una
parete
,
e
vide
traverso
ai
fori
i
volti
impassibili
del
muftì
,
degli
agà
e
dei
vizir
,
su
cui
era
scritta
la
sua
sentenza
.
Il
terrore
lo
invase
,
e
un
'
onda
di
parole
supplichevoli
gli
uscì
dalla
bocca
:
-
Pietà
di
me
!
Pietà
del
Padiscià
!
Fatemi
grazia
della
vita
!
Se
c
'
è
qualcuno
fra
voi
che
abbia
mangiato
del
mio
pane
,
mi
soccorra
,
in
nome
di
Dio
!
Tu
,
muftì
Abdul
-
rahim
,
bada
a
quello
che
stai
per
fare
!
Vedi
se
gli
uomini
son
ciechi
insensati
!
Ora
te
lo
dico
:
Iusuf
-
pascià
m
'
aveva
consigliato
a
farti
morire
come
traditore
,
e
io
non
volli
,
e
tu
ora
vuoi
la
mia
morte
!
Leggi
il
Corano
come
me
,
leggi
la
parola
di
Dio
,
che
condanna
l
'
ingratitudine
e
l
'
ingiustizia
.
Lasciami
la
vita
,
Abdul
-
rahim
,
la
vita
!
la
vita
!
-
Il
carnefice
,
tremante
,
alzò
gli
occhi
verso
la
tribuna
;
ma
una
voce
secca
,
uscita
di
mezzo
a
quei
visi
immobili
come
simulacri
,
rispose
:
-
Kara
-
alì
,
eseguisci
.
-
Il
carnefice
gettò
le
mani
sulle
spalle
di
Ibrahim
.
Ibrahim
gettò
un
urlo
e
si
rifugiò
in
un
angolo
,
dietro
le
due
schiave
.
Allora
Kara
-
alì
e
gli
sciaù
accorsero
,
gettarono
a
terra
le
donne
,
e
si
precipitarono
sul
Padiscià
;
s
'
intese
uno
scoppio
di
maledizioni
e
di
bestemmie
,
il
rumore
d
'
un
corpo
stramazzato
,
un
grido
altissimo
che
morì
in
un
rantolo
sordo
,
e
poi
un
silenzio
profondo
.
Un
piccolo
cordoncino
di
seta
aveva
slanciato
nell
'
eternità
il
diciannovesimo
Padiscià
della
dinastia
degli
Osmani
.
Altri
edifizi
,
oltre
ai
descritti
e
a
quelli
dell
'
arem
,
erano
sparsi
qua
e
là
in
mezzo
ai
giardini
e
ai
boschetti
.
V
'
erano
i
bagni
di
Selim
II
,
che
comprendevano
trentadue
vastissime
sale
,
tutte
marmo
,
oro
e
pittura
;
v
'
erano
dei
chioschi
ottagoni
e
rotondi
,
sormontati
da
cupole
e
da
tetti
d
'
ogni
forma
,
che
coprivano
salotti
rivestiti
di
madreperla
e
decorati
d
'
iscrizioni
arabe
,
dove
a
tutte
le
finestre
spenzolavano
gabbie
dorate
di
usignoli
e
di
pappagalli
,
e
i
vetri
colorati
spandevano
una
dolcissima
luce
azzurrina
o
rosea
;
chioschi
in
cui
i
Padiscià
andavano
a
sentir
leggere
le
Mille
e
una
notte
dai
vecchi
dervis
;
altri
in
cui
eran
date
solennemente
le
prime
lezioni
di
lettura
ai
principini
;
piccoli
chioschi
per
le
meditazioni
,
padiglioncini
per
convegni
notturni
,
nidi
e
prigioni
gentili
,
innalzati
e
rovesciati
da
un
ghiribizzo
,
che
godevano
la
vista
di
Scutari
imporporata
dal
tramonto
e
dell
'
Olimpo
inargentato
dalla
luna
,
e
la
carezza
perpetua
dei
venticelli
del
Bosforo
,
pieni
di
fragranze
,
che
facevano
tremolare
le
mezzalune
d
'
oro
sulla
punta
delle
loro
guglie
sottili
.
E
infine
,
nella
parte
più
segreta
dell
'
arem
,
il
tempietto
delle
reliquie
,
o
camera
della
nobile
veste
,
imitata
dalla
sala
aurea
degl
'
Imperatori
bizantini
,
e
chiusa
da
una
porta
argentata
;
nella
quale
si
conservava
il
mantello
del
Profeta
,
scoperto
solennemente
,
una
volta
all
'
anno
,
in
presenza
di
tutta
la
Corte
,
il
suo
bastone
,
l
'
arco
chiuso
in
una
guaina
d
'
argento
,
le
reliquie
della
Kaaba
,
e
il
venerato
e
tremendo
stendardo
delle
guerre
sante
,
ravvolto
in
quaranta
coperte
di
seta
,
dal
quale
sarebbe
rimasto
acciecato
,
come
da
un
colpo
di
fulmine
,
l
'
infedele
che
v
'
avesse
fissato
lo
sguardo
.
Tutto
quello
che
aveva
di
più
sacro
la
razza
,
di
più
prezioso
l
'
impero
,
di
più
diletto
e
di
più
arcano
la
dinastia
,
era
raccolto
là
,
in
quel
recinto
ombroso
e
discreto
,
in
quella
piccola
città
occulta
,
verso
la
quale
pareva
che
convergesse
da
tutte
le
parti
la
metropoli
immensa
,
come
una
folla
innumerevole
che
volesse
prostrarsi
e
adorare
.
In
un
angolo
di
questo
terzo
recinto
,
a
sinistra
di
chi
entrava
,
all
'
ombra
di
alberi
più
folti
,
fra
un
mormorio
più
sonante
di
fontane
e
un
bisbiglio
più
fitto
d
'
uccelli
,
s
'
innalzava
l
'
arem
,
che
era
come
un
quartiere
separato
della
cittadina
imperiale
,
e
si
componeva
di
molti
piccoli
edifizii
bianchi
coperti
da
cupolette
di
piombo
,
ombreggiati
da
aranci
e
da
pini
a
ombrello
,
separati
da
giardinetti
cinti
di
muri
rivestiti
di
caprifoglio
e
d
'
edera
,
in
mezzo
ai
quali
serpeggiavano
sentieri
sparsi
di
minutissime
conchiglie
combinate
a
musaico
,
che
si
perdevano
fra
i
roseti
,
gli
ebani
e
i
mirti
;
tutto
piccino
,
chiuso
,
diviso
,
suddiviso
;
i
balconi
coperti
,
le
finestrine
ingraticolate
,
i
loggiati
nascosti
da
tendine
color
di
rosa
,
i
vetri
coloriti
,
le
porte
ferrate
,
le
stradicciuole
senza
uscita
;
e
in
ogni
parte
una
luce
crepuscolare
dolcissima
,
una
freschezza
di
foresta
,
un
'
aria
di
mistero
e
di
pace
,
che
faceva
sognare
.
Qui
viveva
,
amava
,
languiva
,
serviva
,
rinnovandosi
continuamente
,
tutta
la
grande
famiglia
muliebre
del
Serraglio
.
Era
un
vasto
monastero
,
che
aveva
per
religione
il
piacere
e
per
Dio
il
Sultano
.
C
'
erano
gli
appartamenti
imperiali
.
Ci
stavano
le
quattro
cadine
,
amanti
titolate
del
Gran
Signore
,
ciascuna
delle
quali
aveva
il
suo
chiosco
,
la
sua
piccola
corte
,
i
suoi
grandi
ufficiali
,
le
sue
barchette
rivestite
di
raso
,
le
sue
carrozze
dorate
,
i
suoi
eunuchi
,
le
sue
schiave
e
il
suo
denaro
delle
pantofole
,
ch
'
era
la
rendita
d
'
una
provincia
.
Ci
abitava
la
Sultana
Madre
,
col
suo
corteo
innumerevole
d
'
ustà
,
divise
in
compagnie
di
venti
o
trenta
,
ciascuna
impiegata
a
un
servizio
speciale
.
C
'
era
tutta
la
famiglia
del
Padiscià
,
zie
,
sorelle
,
figliuole
,
nipoti
,
che
formavano
una
corte
nella
corte
,
coi
principi
bambini
e
adolescenti
.
C
'
erano
le
ghediclù
,
di
cui
le
dodici
più
belle
servivano
,
ciascuna
con
un
titolo
e
un
ufficio
speciale
,
la
persona
del
Sultano
;
cento
sciaghird
,
o
novizie
,
che
facevano
il
tirocinio
per
occupare
i
posti
vacanti
delle
ustà
;
un
formicaio
di
schiave
d
'
ogni
paese
,
d
'
ogni
colore
,
d
'
ogni
divisa
,
scelte
fra
mille
e
mille
,
che
empivano
quell
'
enorme
gineceo
,
scompartito
come
un
alveare
in
cellette
innumerevoli
,
d
'
un
fremito
di
gioventù
poderosa
,
d
'
un
profumo
caldo
di
voluttà
affricana
ed
asiatica
,
che
montava
al
capo
del
Nume
,
e
si
rispandeva
poi
,
trasfuso
nelle
sue
passioni
formidabili
,
su
tutta
la
faccia
dell
'
impero
.
Quante
memorie
fra
gli
alberi
di
quei
giardini
e
le
pareti
di
quei
piccoli
chiostri
bianchi
!
Quante
belle
figliuole
del
Caucaso
e
dell
'
Arcipelago
,
delle
montagne
dell
'
Albania
e
dell
'
Etiopia
,
del
deserto
e
del
mare
,
musulmane
,
nazarene
,
idolatre
,
conquistate
dai
pascià
,
comprate
dai
mercanti
,
regalate
dai
principi
,
rubate
dai
corsari
,
passarono
,
come
ombre
,
sotto
quelle
cupolette
argentine
!
Son
questi
i
muri
e
le
volte
che
videro
folleggiare
,
col
capo
incoronato
di
fiori
e
la
barba
scintillante
di
gemme
,
il
primo
Ibraim
,
il
quale
faceva
rincarare
le
schiave
in
tutti
i
mercati
dell
'
Asia
,
e
decuplare
il
prezzo
dei
profumi
dell
'
Arabia
;
che
assistettero
alle
furie
della
sensualità
morbosa
del
terzo
Murad
,
padre
di
cento
figli
;
che
videro
Murad
IV
,
decrepito
a
trentun
'
anno
,
irrompere
barcollando
agli
amplessi
infami
;
che
furono
testimoni
delle
orgie
e
dei
delirii
del
secondo
Selim
.
Per
questi
sentieri
passavano
,
la
notte
,
ebbri
di
vino
e
di
lussuria
,
quei
dissoluti
feroci
,
a
cui
la
madre
,
i
vizir
,
i
pascià
,
offerendo
schiave
su
schiave
,
non
facevano
che
infocare
i
desiderii
;
e
correvano
di
chiosco
in
chiosco
,
cercando
la
voluttà
e
non
trovando
che
lo
spasimo
,
fin
che
la
fantasia
stravolta
li
trascinava
,
rabbiosi
,
fuor
della
reggia
,
a
cercare
i
resti
delle
bellezze
famose
fra
le
mura
malinconiche
dell
'
Eschi
-
Seraï
.
Qui
si
celebravano
quelle
strane
feste
notturne
,
in
cui
sulle
cupole
,
sui
tetti
e
sugli
alberi
erano
disegnate
a
tratti
di
fuoco
le
navi
della
flotta
,
e
migliaia
di
vasi
di
fiori
,
illuminati
da
migliaia
di
fiammelle
,
riflesse
da
innumerevoli
specchi
,
presentavano
l
'
immagine
d
'
un
vasto
giardino
ardente
,
dove
centinaia
di
belle
s
'
affollavano
intorno
a
bazar
pieni
di
tesori
,
e
gli
eunuchi
sollevavano
fra
le
braccia
,
spasimando
,
le
schiave
seminude
,
abbandonate
al
vortice
dei
balli
sfrenati
,
in
mezzo
al
fumo
di
mille
profumiere
,
che
il
vento
del
Mar
Nero
spandeva
per
tutto
il
serraglio
insieme
al
frastuono
d
'
una
musica
barbaresca
e
guerriera
.
Risuscitiamo
quella
vita
,
in
una
bella
giornata
d
'
aprile
,
sotto
il
regno
del
grande
Solimano
o
del
terzo
Ahmed
.
Il
cielo
è
sereno
,
l
'
aria
piena
di
fragranze
primaverili
,
i
giardini
tutti
in
fiore
.
Per
il
labirinto
dei
sentieri
ancora
umidi
della
rugiada
,
girano
,
oziando
,
eunuchi
neri
vestiti
di
tuniche
dorate
,
e
passano
schiave
,
vestite
di
stoffe
rigate
di
colori
vivissimi
,
che
portano
e
riportano
vassoi
e
panierini
coperti
di
veli
verdi
fra
i
chioschi
e
le
cucine
.
Le
ustà
della
Validé
s
'
incontrano
sotto
i
piccoli
portici
moreschi
colle
gheduclù
del
Sultano
,
che
passano
alteramente
,
seguite
da
schiave
novizie
,
cariche
della
biancheria
imperiale
.
Tutti
gli
sguardi
si
voltano
da
una
parte
:
è
uscita
per
una
porticina
e
sparita
su
per
una
scaletta
la
più
giovane
delle
dodici
gheduclù
privilegiate
,
la
coppiera
,
una
fanciulla
siriana
benedetta
da
Allà
,
che
piacque
al
Gran
Signore
,
il
quale
le
ha
già
accordato
il
titolo
di
figlia
della
felicità
,
e
le
darà
la
pelliccia
di
zibellino
,
appena
essa
dia
segno
d
'
esser
madre
.
Lontano
,
all
'
ombra
dei
platani
,
giocano
i
buffoni
del
Sultano
,
vestiti
di
panni
arlecchineschi
,
e
nani
deformi
col
capo
coperto
da
turbanti
spropositati
.
Più
in
là
,
dietro
una
siepe
,
un
eunuco
gigantesco
,
con
un
cenno
impercettibile
delle
dita
e
del
capo
,
ordina
a
cinque
muti
,
esecutori
di
supplizi
,
di
recarsi
da
Kislar
-
agà
,
che
li
cerca
per
un
affare
segreto
.
Dei
giovinetti
,
d
'
una
bellezza
ambigua
,
abbigliati
con
una
ricercatezza
femminea
,
s
'
inseguono
,
correndo
,
fra
le
siepi
d
'
un
giardino
ombreggiato
da
un
enorme
platano
.
In
un
'
altra
parte
,
un
drappello
di
schiave
s
'
arresta
improvvisamente
e
si
divide
in
due
ali
,
inchinandosi
per
lasciar
passare
la
Kiaya
,
grande
governatrice
dell
'
arem
,
la
quale
restituisce
il
saluto
con
un
cenno
del
suo
bastoncino
ornato
di
lamine
d
'
argento
,
che
porta
a
un
'
estremità
il
suggello
imperiale
.
Nello
stesso
punto
,
la
porta
d
'
un
chiosco
vicino
s
'
apre
,
e
n
'
esce
una
cadina
,
in
abito
celeste
,
ravvolta
in
un
fitto
velo
bianco
,
seguita
dalle
sue
schiave
,
la
quale
va
,
col
permesso
della
Governatrice
,
ottenuto
il
giorno
prima
,
a
giocare
al
palloncino
volante
con
un
'
altra
cadina
,
e
svoltando
in
un
vialetto
ombroso
,
incontra
e
saluta
mollemente
una
sorella
del
Sultano
,
che
si
reca
al
bagno
colle
sue
bimbe
e
colle
sue
ancelle
.
In
fondo
al
piccolo
viale
,
davanti
al
chiosco
di
un
'
altra
cadina
,
sotto
una
graziosa
tettoia
sorretta
da
quattro
colonnine
alte
e
snelle
come
fusti
di
palma
,
un
eunuco
aspetta
un
cenno
per
far
entrare
una
ebrea
,
mercantessa
di
gioielli
,
che
dopo
molto
intrigare
ha
ottenuto
il
diritto
d
'
entrata
nell
'
arem
imperiale
,
dove
,
coi
gioielli
,
porterà
imbasciate
segrete
di
pascià
ambiziosi
e
d
'
amanti
temerarii
.
All
'
estremità
opposta
dell
'
arem
,
la
hanum
incaricata
di
visitare
le
nuove
schiave
,
va
in
cerca
della
Governatrice
,
per
riferirle
che
la
giovane
abissina
presentata
il
giorno
avanti
,
le
è
parsa
degna
d
'
esser
ricevuta
fra
le
gheduclù
,
se
non
si
bada
a
una
piccola
escrescenza
che
ha
sulla
spalla
sinistra
.
Intanto
,
in
un
praticello
circondato
di
mortelle
,
sotto
un
alto
pergolato
,
si
raccolgono
le
venti
nutrici
dei
principini
nati
nell
'
anno
,
e
un
gruppo
di
schiave
suonano
il
flauto
e
la
chitarra
in
mezzo
a
un
cerchio
saltellante
di
bambine
vestite
di
velluto
cilestrino
e
di
raso
vermiglio
,
a
cui
la
Sultana
Validé
getta
dei
dolci
dall
'
alto
d
'
una
terrazza
.
Passano
le
maestre
che
vanno
a
dar
lezioni
di
danza
,
di
musica
e
di
ricamo
alle
sciaghird
;
eunuchi
che
portano
grandi
piatti
pieni
di
dolci
della
forma
di
leoncini
e
di
pappagalli
;
schiave
che
reggono
fra
le
braccia
grossi
vasi
di
fiori
e
pesanti
tappeti
:
doni
d
'
una
sultana
a
una
cadina
,
d
'
una
cadina
alla
Validè
,
della
Validè
alle
nipoti
.
La
tesoriera
dell
'
arem
,
accompagnata
da
tre
schiave
,
arriva
con
una
notizia
sul
volto
:
i
bastimenti
imperiali
mandati
incontro
alle
galere
veneziane
e
genovesi
,
le
hanno
incrociate
a
venti
miglia
dal
porto
di
Sira
,
e
hanno
accaparrato
tutte
le
sete
e
tutti
i
velluti
del
carico
per
l
'
arem
del
Padiscià
.
Arriva
di
corsa
un
eunuco
ad
annunciare
a
una
Sultana
trepidante
che
la
circoncisione
del
bimbo
è
riuscita
a
meraviglia
,
e
poco
dopo
due
altri
eunuchi
sopraggiungono
,
di
cui
l
'
uno
porta
in
un
piatto
d
'
argento
,
alla
madre
,
la
parte
tagliata
dal
chirurgo
,
l
'
altro
,
in
un
piatto
d
'
oro
,
alla
Validè
,
il
coltello
insanguinato
.
È
un
continuo
aprire
e
chiudere
di
porte
e
sollevare
e
ricascar
di
cortine
,
per
lasciar
passare
notizie
,
imbasciate
,
regaletti
,
pettegolezzi
.
Chi
potesse
dall
'
alto
penetrar
collo
sguardo
a
traverso
ai
tetti
e
alle
cupole
,
vedrebbe
in
una
sala
una
Sultana
alla
finestra
,
che
guarda
melanconicamente
,
fra
le
tendine
di
raso
,
le
montagne
azzurre
dell
'
Asia
,
pensando
forse
al
suo
sposo
,
un
bel
pascià
,
governatore
d
'
una
provincia
lontana
,
stato
strappato
alle
sue
braccia
,
secondo
il
costume
,
dopo
sei
mesi
d
'
amore
,
perché
non
avessero
figli
;
in
un
'
altra
saletta
,
rivestita
di
marmi
e
di
specchi
,
una
cadina
di
quindici
anni
,
che
aspetta
nella
giornata
una
visita
del
Padiscià
,
scherza
fanciullescamente
in
mezzo
a
un
gruppo
di
schiave
che
la
profumano
e
l
'
infiorano
,
magnificando
le
sue
bellezze
più
segrete
con
atti
servili
di
meraviglia
e
di
gioia
;
sultane
giovinette
che
si
rincorrono
pei
giardinetti
chiusi
,
intorno
ai
bacini
luccicanti
di
pesci
dorati
,
facendo
scricchiolare
le
conchiglie
dei
sentieri
sotto
le
loro
babbuccie
di
raso
bianco
;
altre
,
pallide
,
sedute
in
fondo
a
stanzine
oscure
,
in
atto
di
meditare
vendette
;
salotti
tappezzati
di
broccato
,
dove
bimbi
condannati
a
morte
nascendo
,
si
ravvoltolano
sui
cuscini
di
raso
rigati
d
'
oro
e
sotto
le
tavole
di
madreperla
;
belle
principesse
nude
nei
bagni
di
marmo
di
Paros
;
gheduclù
addormentate
sui
tappeti
;
crocchi
e
viavai
di
schiave
e
d
'
eunuchi
per
le
gallerie
coperte
,
giù
per
le
scalette
nascoste
,
nei
vestiboli
,
per
i
corridoi
semioscuri
;
e
da
per
tutto
volti
curiosi
dietro
le
grate
,
saluti
muti
ricambiati
fra
le
terrazze
e
i
giardini
,
cenni
furtivi
dietro
le
tende
,
dialoghetti
a
monosillabi
,
fra
spiraglio
e
spiraglio
,
rotti
di
tratto
in
tratto
da
risate
sonore
e
compresse
,
seguite
da
rapide
fughe
di
gonnelle
che
svaniscono
lungo
i
muri
claustrali
.
Ma
non
s
'
incrociavano
soltanto
intrighi
amorosi
e
pettegolezzi
puerili
in
quel
labirinto
di
giardini
e
di
tempietti
.
La
politica
c
'
entrava
per
le
commessure
di
tutte
le
porte
e
per
i
fori
di
tutte
le
grate
,
e
la
potenza
dei
begli
occhi
sugli
affari
dello
Stato
non
era
minore
là
che
nelle
reggie
d
'
occidente
;
chè
anzi
la
vita
reclusa
e
monotona
cresceva
intensità
alle
gelosie
e
alle
ambizioni
.
Quelle
testoline
ingemmate
agitavano
,
da
quelle
piccole
prigioni
odorose
,
la
corte
,
i
divani
,
il
serraglio
intero
.
Per
mezzo
degli
eunuchi
comunicavano
col
muftì
,
coi
vizir
e
cogli
agà
dei
giannizzeri
.
Dagli
amministratori
dei
loro
beni
,
coi
quali
potevano
conferire
,
a
traverso
a
una
tenda
o
a
una
grata
,
sui
propri
interessi
,
erano
tenute
in
corrente
di
tutti
i
più
piccoli
avvenimenti
della
reggia
e
della
metropoli
;
sapevano
i
pericoli
da
cui
erano
minacciate
,
imparavano
a
conoscere
gli
uomini
di
Stato
di
cui
avevano
a
temere
o
da
cui
potevano
sperare
,
e
ordivano
pazientemente
le
congiure
misteriose
che
precipitavano
i
nemici
e
sollevavano
i
protetti
.
Tutti
i
partiti
della
Corte
e
dell
'
Impero
avevano
là
dentro
una
radice
,
cento
radici
,
ramificate
nei
cuori
delle
validè
,
delle
sorelle
del
Sultano
,
delle
cadine
,
delle
odalische
.
Erano
quistioni
e
armeggi
infiniti
per
l
'
educazione
dei
figli
,
per
il
matrimonio
delle
figliuole
,
per
le
dotazioni
,
per
le
precedenze
nelle
feste
,
per
la
successione
dei
principini
al
trono
,
per
le
paci
e
per
le
guerre
.
I
capricci
delle
belle
mandavano
eserciti
di
trentamila
giannizzeri
e
di
quarantamila
spahì
a
coprir
di
cadaveri
le
rive
del
Danubio
,
e
flotte
di
cento
navi
a
insanguinare
il
Mar
Nero
e
l
'
Arcipelago
.
A
loro
ricorrevano
,
con
lettere
segrete
,
i
principi
d
'
Europa
per
assicurare
il
buon
esito
dei
negoziati
.
Dalle
loro
manine
bianche
uscivano
i
decreti
che
davano
i
governi
delle
provincie
e
gli
alti
gradi
dell
'
esercito
.
Sono
le
carezze
di
Rosellana
che
fecero
stringere
il
laccio
al
collo
ai
gran
vizir
Ahmed
e
Ibrahim
.
Sono
i
baci
di
Saffié
,
la
bella
veneziana
,
perla
e
conchiglia
del
califfato
,
che
mantennero
per
tanti
anni
le
relazioni
amichevoli
della
Porta
e
della
repubblica
di
Venezia
.
Sono
le
sette
cadine
di
Murad
III
che
governarono
l
'
impero
per
gli
ultimi
vent
'
anni
del
secolo
sedicesimo
.
È
la
bella
Makpeiker
,
forma
di
luna
,
la
cadina
dai
duemila
settecento
scialli
,
che
regnò
sui
due
mari
e
sui
due
mondi
da
Ahmed
I
sino
al
quarto
Maometto
.
Fu
Rebia
Gulnuz
,
l
'
odalisca
dalle
cento
carrozze
d
'
argento
,
che
resse
i
divani
imperiali
nei
primi
dieci
anni
della
seconda
metà
del
secolo
decimosettimo
.
È
Scekerbulì
,
il
pezzettino
di
zucchero
,
che
faceva
viaggiare
pei
suoi
fini
,
come
un
automa
,
fra
Stambul
e
Adrianopoli
,
il
sanguinario
Ibrahim
.
Che
confusione
di
maneggi
,
che
reticolazione
intricata
di
spionaggi
terribili
e
di
ciancie
puerili
ci
doveva
essere
in
quella
piccola
città
amorosa
e
onnipotente
!
Passando
per
quei
viali
,
mi
pareva
di
sentire
da
ogni
parte
un
bisbiglio
accelerato
di
voci
femminili
,
che
svolgessero
,
interrogando
e
rispondendo
,
tutta
la
cronaca
intima
del
serraglio
.
E
doveva
essere
una
cronaca
stranamente
svariata
e
intrecciata
.
Si
trattava
di
sapere
quale
cadina
il
Sultano
avrebbe
condotto
nell
'
estate
al
suo
chiosco
delle
Acque
dolci
;
che
dote
sarebbe
stata
fatta
alla
terza
figliola
del
Padiscià
,
che
doveva
sposare
il
grande
ammiraglio
;
se
era
vero
che
l
'
erba
data
alla
governatrice
Raazgié
dal
mago
Sciugaa
avesse
fatto
concepire
la
terza
cadina
infeconda
da
cinque
anni
;
se
era
un
fatto
sicuro
che
la
favorita
Giamfeda
avesse
ottenuto
per
il
governatore
d
'
Anatolia
il
governo
della
provincia
di
Caramania
.
Di
chiosco
in
chiosco
circolava
la
notizia
che
,
sgravandosi
felicemente
la
prima
cadina
,
il
nuovo
gran
vizir
,
per
superare
il
suo
predecessore
,
le
avrebbe
regalato
una
culla
d
'
argento
massiccio
,
tutta
tempestata
di
smeraldi
;
che
la
prescelta
dal
Sultano
sarebbe
stata
la
schiava
regalata
dalla
kiaya
-
harem
e
non
quella
regalata
dal
Pascià
d
'
Adrianopoli
;
che
morendo
il
grande
eunuco
bianco
ch
'
era
agli
estremi
,
il
giovane
paggio
Mehemet
avrebbe
comprato
col
sacrifizio
della
sua
virilità
la
carica
ambita
da
tanto
tempo
.
Si
diceva
sotto
voce
che
non
si
sarebbe
più
fatto
il
gran
canale
dell
'
Asia
Minore
proposto
dal
gran
vizir
Sinau
,
per
non
allontanare
gli
operai
occupati
ad
innalzare
il
nuovo
chiosco
per
la
Sultana
Baffo
;
e
che
la
cadina
Saharai
,
trentacinquenne
,
piangeva
da
due
giorni
e
da
due
notti
per
timore
d
'
essere
relegata
al
vecchio
Serraglio
;
e
che
il
buffone
Ahmed
aveva
fatto
ridere
così
di
cuore
il
Sultano
,
che
questi
l
'
aveva
nominato
sul
momento
agà
dei
Giannizzeri
.
E
poi
scoppiettavano
mille
chiacchiere
sulle
prossime
feste
per
il
matrimonio
d
'
Otman
-
pascià
colla
Sultana
Ummetullà
,
nelle
quali
un
drago
di
bronzo
avrebbe
vomitato
fuoco
nell
'
At
-
meidan
;
sul
nuovo
vestito
della
Sultana
Validè
,
tutto
di
zibellino
,
di
cui
ogni
bottone
era
una
pietra
preziosa
del
valore
di
cento
scudi
d
'
oro
;
sul
nuovo
appannaggio
dato
alla
cadina
Kamarigé
,
luna
di
bellezza
,
della
rendita
della
Valachia
,
e
sulla
piccola
rosa
color
di
sangue
scoperta
nel
collo
alla
sciamascirusta
,
custode
della
biancheria
del
Sultano
,
e
sui
bei
capelli
biondi
inanellati
dell
'
ambasciatore
della
repubblica
di
Genova
,
e
sulla
meravigliosa
lettera
scritta
di
proprio
pugno
dalla
prima
moglie
dello
Scià
di
Persia
in
risposta
alla
sultana
Currem
,
l
'
allegra
.
Tutte
le
voci
venute
dalla
città
,
tutti
gl
'
incidenti
clamorosi
delle
discussioni
del
divano
,
tutti
i
rumori
uditi
la
notte
nel
serraglio
,
erano
commentati
e
passati
alla
trafila
di
mille
congetture
in
tutti
quei
giardinetti
,
da
cento
gruppi
di
testoline
circospette
e
curiose
.
Là
pure
passavano
di
mano
in
mano
e
di
bocca
in
bocca
i
madrigali
anonimi
dei
Padiscià
,
i
versi
tristi
e
liberi
di
Abdul
-
Baki
l
'
immortale
,
e
le
poesie
smaglianti
d
'
Abu
-
Sud
,
di
cui
"
ogni
parola
era
un
diamante
"
,
e
i
canti
ebbri
d
'
oppio
e
di
vino
di
Fuzuli
,
e
le
lascivie
canore
di
Gazali
.
E
tutto
cangiava
col
cangiare
dell
'
indole
e
della
vita
dei
Padiscià
.
Ora
passava
a
traverso
quel
piccolo
mondo
come
una
corrente
di
tenerezza
e
di
malinconia
,
e
allora
una
certa
dignità
gentile
rialzava
tutte
le
fronti
,
il
furore
del
lusso
si
quetava
,
i
modi
si
correggevano
,
il
linguaggio
si
purgava
,
nasceva
il
gusto
delle
letture
pie
,
si
ostentava
il
raccoglimento
e
la
devozione
religiosa
,
e
le
feste
medesime
,
senza
essere
meno
splendide
,
assumevano
l
'
aspetto
di
cerimonie
liete
,
ma
composte
.
Ora
invece
saliva
al
trono
un
Padiscià
educato
dall
'
infanzia
al
vizio
e
alle
follie
,
e
allora
la
dea
Voluttà
riconquistava
il
suo
impero
,
i
veli
cadevano
,
si
tornava
a
sentire
il
linguaggio
senza
sottintesi
e
la
risata
clamorosa
,
si
tornavano
a
vedere
le
nudità
senza
pudore
;
gl
'
incettatori
della
bellezza
partivano
per
la
Georgia
e
per
la
Circassia
;
le
fanciulle
affluivano
;
cento
donne
si
potevano
vantare
degli
amplessi
del
Gran
Signore
,
i
chioschi
si
popolavano
di
culle
,
le
casse
dell
'
erario
versavano
torrenti
d
'
oro
,
i
vini
di
Cipro
e
d
'
Ungheria
gorgogliavano
sulle
mense
coperte
di
fiori
,
Sodoma
alzava
la
fronte
,
Lesbo
trionfava
,
i
bei
volti
dai
grandi
occhi
neri
impallidivano
,
e
tutto
l
'
arem
febbricitava
,
rabbioso
di
voluttà
,
in
un
'
atmosfera
carica
di
profumi
e
di
vizio
,
fin
che
una
notte
si
svegliava
improvvisamente
abbagliato
da
mille
fiaccole
,
e
subiva
dalle
scimitarre
dei
Giannizzeri
il
castigo
di
Dio
.
Venivano
le
notti
tremende
anche
per
quella
piccola
Babilonia
nascosta
tra
i
fiori
.
La
ribellione
non
rispettava
il
terzo
recinto
più
di
quel
che
rispettasse
gli
altri
due
.
La
soldatesca
atterrava
le
porte
della
Felicità
e
irrompeva
nell
'
arem
.
Cento
eunuchi
difendevano
invano
,
a
pugnalate
,
le
soglie
dei
chioschi
.
I
giannizzeri
salivano
sui
tetti
,
rompevano
le
cupole
,
si
precipitammo
nelle
sale
a
strappare
i
principi
dalle
braccia
delle
madri
.
Le
Validè
erano
tirate
per
i
piedi
fuori
dei
loro
nascondigli
,
si
difendevano
a
unghiate
e
a
morsi
,
cadevano
riverse
sotto
le
ginocchia
dei
baltagì
e
morivano
strangolate
coi
cordoni
delle
tendine
.
Le
Sultane
,
rientrando
in
casa
,
gettavano
grida
disperate
alla
vista
delle
culle
vuote
,
e
voltandosi
a
interrogare
le
schiave
,
n
'
avevano
in
risposta
un
silenzio
tremendo
,
che
voleva
dire
:
-
Vallo
a
cercare
ai
piedi
del
trono
il
tuo
bambino
!
-
Gli
eunuchi
,
atterriti
,
venivano
ad
annunziare
alle
favorite
,
svegliate
da
un
tumulto
lontano
,
che
le
loro
teste
erano
aspettate
e
che
bisognava
prepararsi
a
morire
.
Le
tre
cadine
del
terzo
Selim
,
condannate
al
capestro
ed
al
sacco
,
sentivano
,
nella
notte
,
le
grida
supreme
l
'
una
dell
'
altra
,
e
spiravano
nelle
tenebre
sotto
le
mani
convulse
dei
muti
.
Gelosie
mortali
e
vendette
orrende
facevano
risonare
i
chioschi
di
gemiti
e
di
strida
che
spandevano
il
terrore
in
tutto
l
'
arem
.
La
Circassa
madre
di
Mustafà
lacerava
il
viso
a
Rosellana
,
le
favorite
rivali
schiaffeggiavano
Scekerbulì
,
la
sultana
Tarchan
vedeva
balenare
sul
capo
delle
sue
creature
il
pugnale
di
Maometto
IV
,
la
prima
cadina
del
primo
Ahmed
strozzava
colle
proprie
mani
la
schiava
rivale
,
e
stramazzava
alla
sua
volta
,
pugnalata
in
viso
,
sotto
i
piedi
del
Padiscià
,
urlando
di
dolore
e
di
rabbia
;
le
cadine
gelose
s
'
aspettavano
nei
corridoi
oscuri
,
si
trattavano
ad
alte
grida
di
"
carne
venduta
"
e
s
'
avvinghiavano
come
tigri
straziandosi
il
collo
e
le
reni
colla
punta
degli
stiletti
avvelenati
.
E
chi
sa
quanti
eccidi
rimasti
ignoti
,
di
schiave
soffocate
nelle
fontane
,
freddate
a
colpi
d
'
elsa
nelle
tempie
,
lacerate
dal
colbac
degli
eunuchi
,
schiacciate
fra
le
porte
di
ferro
dalle
braccia
d
'
acciaio
di
dieci
gelose
frenetiche
!
I
veli
soffocavano
i
lamenti
,
i
fiori
nascondevano
il
sangue
,
due
ombre
si
perdevano
nel
labirinto
dei
viali
oscuri
portando
una
cosa
nera
;
le
sentinelle
delle
torri
,
sulla
riva
del
Mar
di
Marmara
,
sentivano
un
tonfo
nelle
acque
,
e
l
'
arem
si
ridestava
all
'
alba
,
come
sempre
,
odoroso
e
ridente
,
senza
accorgersi
che
una
delle
sue
mille
stanze
era
vuota
.
Tutte
queste
immagini
mi
venivano
alla
mente
,
girando
per
quel
recinto
,
e
alzando
gli
occhi
alle
grate
di
quei
chioschi
abbandonati
e
tristi
come
sepolcri
.
Eppure
,
in
mezzo
a
quelle
memorie
sinistre
,
provavo
di
tratto
in
tratto
un
certo
batticuore
piacevole
,
una
specie
di
trepidazione
voluttuosa
d
'
adolescente
,
mista
di
malinconia
e
di
tenerezza
,
pensando
che
le
scalette
per
cui
salivo
e
scendevo
,
avevano
sentito
il
peso
di
quelle
donne
bellissime
e
famose
;
che
i
sentieri
che
calpestavo
avevano
udito
il
fruscìo
delle
loro
vesti
,
che
le
vôlte
di
quei
piccoli
portici
di
cui
accarezzavo
,
passando
,
le
colonnine
,
avevano
ripercosso
il
suono
delle
loro
risa
infantili
.
Mi
pareva
che
qualche
cosa
di
loro
ci
dovesse
ancora
essere
dietro
quei
muri
,
in
quell
'
aria
.
Avrei
voluto
cercare
,
gridare
quei
nomi
memorabili
,
chiamarle
a
una
a
una
cento
volte
,
e
mi
pareva
che
qualche
risposta
di
voce
lontana
l
'
avrei
sentita
,
che
qualchecosa
di
bianco
l
'
avrei
visto
passare
sulle
alte
terrazze
o
in
fondo
ai
boschetti
solitarii
.
E
giravo
gli
occhi
qua
e
là
,
e
interrogavo
le
grate
e
le
porte
.
Quanto
avrei
dato
per
sapere
dove
era
stata
chiusa
la
vedova
di
Alessio
Comneno
,
la
più
bella
delle
prigioniere
di
Lesbo
e
la
più
seducente
greca
del
suo
secolo
,
o
dov
'
era
stata
pugnalata
la
cara
figliuola
d
'
Erizzo
,
governatore
di
Negroponte
,
che
preferì
la
morte
all
'
amplesso
brutale
di
Maometto
II
!
E
Currem
,
la
favorita
di
Solimano
,
a
che
finestra
si
affacciava
,
coi
suoi
belli
atteggiamenti
languidi
di
persiana
,
per
fissare
nel
Mar
di
Marmara
i
suoi
potenti
occhi
neri
,
velati
dalle
lunghissime
ciglia
di
seta
?
Qui
,
su
questo
sentiero
,
non
avrà
lasciato
molte
volte
le
traccie
del
suo
passo
leggiero
la
bella
danzatrice
ungherese
che
levò
Saffiè
dal
cuore
di
Murad
III
,
scattando
come
una
lama
d
'
acciaio
fra
le
braccia
imperiali
?
E
da
quest
'
aiuola
non
avrà
mai
strappato
un
fiore
,
passando
,
Kesem
,
la
bella
greca
,
la
gelosa
feroce
,
dal
viso
pallido
e
malinconico
,
che
vide
il
regno
di
sette
Sultani
?
E
l
'
armena
gigantesca
,
che
fece
impazzir
d
'
amore
Ibrahim
,
non
avrà
mai
immerso
il
suo
enorme
braccio
bianco
nell
'
acqua
di
questa
fontana
?
E
chi
aveva
il
piede
più
piccino
,
la
piccola
favorita
di
Maometto
IV
,
di
cui
due
babbuccie
non
facevano
la
lunghezza
d
'
uno
stiletto
,
o
Rebia
Gulnuz
,
la
bevanda
delle
rose
di
primavera
,
che
aveva
i
più
begli
occhi
azzurri
dell
'
Arcipelago
,
e
non
lasciava
traccia
del
suo
passo
sulle
sabbie
bianche
del
suo
giardino
?
E
i
capelli
più
dorati
e
più
morbidi
chi
li
possedeva
,
Marhfiruz
,
la
favorita
dell
'
astro
delle
notti
,
o
Miliclia
,
la
giovane
odalisca
russa
,
che
soggiogò
la
ferocia
del
secondo
Otmano
?
E
le
fanciulle
persiane
ed
arabe
che
addormentavano
colle
loro
favole
Ibrahim
?
E
le
quaranta
giovinette
che
bevettero
il
sangue
del
terzo
Murad
?
Non
ne
rimane
più
nulla
,
nemmeno
una
ciocca
di
capelli
,
nemmeno
il
filo
d
'
un
velo
,
nemmeno
un
segno
nelle
pareti
?
E
queste
fantasie
terminavano
tutte
in
una
visione
dolorosa
e
spaventevole
.
Le
vedevo
passare
,
a
file
interminabili
,
lontano
,
fra
i
tronchi
fitti
degli
alberi
e
sotto
i
lunghi
portici
,
l
'
una
dietro
l
'
altra
,
sultane
validè
,
sultane
sorelle
,
cadine
,
odalische
,
schiave
,
fanciulle
appena
sbocciate
,
donne
trentenni
,
vecchie
coi
capelli
bianchi
,
visi
timidi
di
vergini
e
visi
terribili
di
gelose
,
dominatrici
d
'
imperi
,
favorite
d
'
un
giorno
,
trastulli
d
'
un
'
ora
;
creature
di
dieci
generazioni
e
di
cento
popoli
,
coi
loro
bimbi
strozzati
fra
le
braccia
o
per
mano
;
una
col
laccio
al
collo
,
una
con
un
pugnale
nel
cuore
,
un
'
altra
grondante
d
'
acqua
del
Mar
di
Marmara
,
splendenti
di
gemme
,
coperte
di
ferite
,
moribonde
di
veleno
,
trasfigurate
dalle
lunghe
agonie
del
vecchio
Serraglio
;
e
passavano
mute
e
leggiere
come
fantasime
,
e
si
perdevano
in
file
interminabili
nell
'
oscurità
dei
boschetti
,
lasciando
dietro
di
sè
una
lunga
traccia
di
fiori
appassiti
e
di
goccie
di
pianto
e
di
sangue
;
e
un
'
immensa
pietà
mi
stringeva
il
cuore
.
Di
là
dal
terzo
recinto
,
si
stende
un
tratto
di
terreno
piano
,
tutto
coperto
d
'
una
vegetazione
rigogliosa
,
e
sparso
di
piccoli
edifizi
gentili
,
in
mezzo
ai
quali
s
'
innalza
la
così
detta
colonna
di
Teodosio
,
di
granito
grigio
,
sormontata
da
un
bel
capitello
corinzio
,
e
sorretta
da
un
largo
piedestallo
,
su
cui
si
leggono
ancora
le
due
ultime
parole
d
'
una
iscrizione
latina
che
diceva
:
Fortunae
reduci
ob
devictos
Gothos
.
E
qui
finisce
l
'
alto
piano
sul
quale
si
distende
il
grande
rettangolo
centrale
degli
edifizi
del
Serraglio
.
Di
qui
fino
al
capo
del
Serraglio
,
e
in
tutto
lo
spazio
compreso
fra
il
circuito
dei
tre
recinti
e
le
mura
esteriori
,
lungo
i
fianchi
della
collina
,
era
tutto
un
bosco
di
grandi
platani
,
di
cipressi
altissimi
,
di
filari
di
pini
,
di
gruppi
d
'
allori
e
di
terebinti
e
di
pioppi
inghirlandati
di
pampini
,
che
ombreggiavano
una
successione
di
giardini
pieni
di
rose
e
d
'
elitropie
,
disposti
a
scaglioni
,
e
attraversati
da
larghe
gradinate
di
marmo
per
le
quali
si
scendeva
fino
al
mare
.
Lungo
le
mura
,
in
faccia
a
Scutari
,
c
'
era
il
nuovo
palazzo
del
Sultano
Mahmud
,
che
s
'
apriva
sul
mare
in
una
grande
porta
rivestita
di
rame
dorato
.
Vicino
al
Capo
del
Serraglio
,
s
'
innalzava
l
'
arem
d
'
estate
,
che
era
un
vastissimo
edifizio
semicircolare
,
capace
di
cinquecento
donne
,
con
vasti
cortili
e
bagni
splendidi
e
giardini
,
dove
si
facevano
quelle
luminarie
fantastiche
,
che
diventarono
celebri
sotto
il
nome
di
feste
dei
tulipani
.
Davanti
a
quest
'
arem
,
fuori
delle
mura
,
sopra
la
riva
del
mare
,
c
'
era
la
batteria
famosa
del
Serraglio
,
formata
di
venti
cannoni
di
forme
bizzarre
,
scolpiti
e
istoriati
,
ch
'
erano
stati
tolti
agli
eserciti
cristiani
nelle
prime
guerre
europee
.
Le
mura
avevano
otto
porte
,
tre
dalla
parte
della
città
,
e
cinque
dalla
parte
del
mare
.
Grandi
terrazze
di
marmo
s
'
avanzavano
dalle
mura
sulla
riva
.
Strade
sotterranee
conducevano
dalla
reggia
alle
porte
del
Mar
di
Marmara
,
in
modo
che
i
Sultani
potevano
salvarsi
da
un
assalto
imbarcandosi
segretamente
,
e
riparando
a
Scutari
o
a
Top
-
Hané
.
Nè
qui
era
tutto
il
Serraglio
.
Vicino
alle
mura
esterne
e
per
i
fianchi
della
collina
s
'
innalzavano
ancora
molti
chioschi
,
della
forma
di
piccole
moschee
,
di
fortini
e
di
gallerie
,
da
ognuno
dei
quali
,
per
un
sentiero
nascosto
da
alte
spalliere
di
verzura
,
si
riusciva
alle
porte
secondarie
del
terzo
recinto
.
V
'
era
il
chiosco
Yali
,
ora
distrutto
,
che
si
specchiava
nel
Corno
d
'
oro
.
C
'
è
ancora
,
quasi
intatto
,
il
Nuovo
chiosco
,
che
è
una
piccola
reggia
rotonda
,
tutta
ornata
di
dorature
e
di
pitture
,
nella
quale
i
Sultani
andavano
,
sul
tramonto
,
a
godere
la
vista
delle
mille
navi
del
porto
.
Vicino
all
'
arem
d
'
estate
v
'
era
il
chiosco
degli
Specchi
,
dove
fu
segnato
il
trattato
di
pace
del
1784
,
con
cui
la
Turchia
cedette
la
Crimea
alla
Russia
,
e
il
chiosco
d
'
Hassan
Pascià
,
tutto
splendente
d
'
oro
,
le
cui
pareti
coperte
di
specchi
rallegravano
con
un
gioco
fantastico
di
riflessi
le
feste
e
le
orgie
notturne
dei
Sultani
.
Il
chiosco
del
Cannone
per
le
cui
finestre
si
gettavano
nel
mare
i
cadaveri
,
sorgeva
vicino
alla
batteria
del
Capo
del
Serraglio
.
Il
chiosco
del
Mare
,
in
cui
teneva
i
suoi
divani
segreti
la
Validè
di
Maometto
IV
,
pendeva
a
filo
sulle
correnti
confuse
del
Mar
di
Marmara
e
del
Bosforo
.
Il
chiosco
delle
Rose
dominava
la
spianata
in
cui
facevano
gli
esercizi
i
paggi
,
e
dove
fu
proclamata
,
nel
1839
,
la
nuova
costituzione
dell
'
Impero
,
col
famoso
hatti
-
scerif
di
Gul
-
Hané
.
Dall
'
altra
parte
del
Serraglio
c
'
era
ancora
il
chiosco
delle
Riviste
,
da
cui
i
Sultani
vedevano
passare
,
non
visti
,
tutti
coloro
che
andavano
al
divano
;
sull
'
angolo
delle
mura
vicino
a
Santa
Sofia
,
il
chiosco
d
'
Alai
,
dal
quale
Maometto
IV
gittò
all
'
esercito
ribelle
la
sua
favovita
Meleki
,
e
ventinove
ufficiali
della
Corte
,
sbranati
sotto
i
suoi
occhi
;
e
all
'
altra
estremità
delle
mura
,
il
chiosco
Sepedgiler
,
vicino
al
quale
i
Padiscià
davano
congedo
ai
grandi
ammiragli
che
partivano
per
le
guerre
lontane
.
Così
la
reggia
formidabile
,
dall
'
alto
del
colle
,
dov
'
erano
raccolte
e
nascoste
le
sue
parti
più
vitali
,
si
sparpagliava
per
la
china
e
lungo
la
riva
del
mare
,
coronata
di
torri
,
irta
di
cannoni
,
inghirlandata
di
rose
;
slanciava
da
tutte
le
parti
le
sue
barchette
dorate
,
levava
al
cielo
un
nuvolo
di
profumi
come
un
enorme
altare
,
specchiava
nelle
acque
le
mille
fiammelle
delle
sue
feste
,
gettava
dall
'
alto
delle
sue
mura
oro
alla
folla
e
cadaveri
alle
onde
,
ieri
in
balìa
d
'
una
schiava
,
oggi
in
potere
d
'
un
forsennato
,
domani
ludibrio
della
soldatesca
,
bella
come
un
'
isola
fatata
e
sinistra
come
un
sepolcro
di
vivi
...
La
notte
è
alta
;
il
Mar
di
Marmara
riflette
il
cielo
ardente
di
stelle
;
la
luna
inargenta
le
cento
cupole
del
Serraglio
e
imbianca
le
cime
dei
cipressi
e
dei
platani
,
che
distendono
le
loro
grandi
ombre
nei
vasti
recinti
,
circondati
da
innumerevoli
finestrine
illuminate
che
si
vanno
spegnendo
a
una
a
una
.
I
chioschi
e
le
moschee
risaltano
con
una
bianchezza
di
neve
in
mezzo
al
verde
lugubre
dei
boschetti
.
Le
guglie
,
le
punte
dei
minareti
,
le
mezzelune
aeree
,
le
porte
di
bronzo
,
le
graticole
dorate
luccicano
fra
gli
alberi
,
presentando
l
'
apparenza
vaga
d
'
una
città
d
'
oro
e
d
'
argento
.
La
città
imperiale
s
'
addormenta
.
Le
tre
grandi
porte
son
state
chiuse
ora
ora
,
e
le
chiavi
enormi
suonano
ancora
fra
le
mani
dei
capigì
,
sotto
le
vôlte
degli
alti
vestiboli
.
Un
drappello
di
capigì
veglia
dinanzi
alla
porta
della
Salute
;
trenta
eunuchi
bianchi
custodiscono
la
porta
della
Felicità
,
appiccicati
ai
muri
e
immobili
come
bassorilievi
,
col
volto
nell
'
ombra
.
Centinaia
di
sentinelle
invisibili
,
vigilano
dalle
mura
e
dalle
torri
,
guardando
il
mare
,
il
porto
,
le
strade
tenebrose
di
Stambul
,
e
la
mole
enorme
e
muta
di
Santa
Sofia
.
Nelle
grandi
cucine
del
primo
cortile
si
vede
ancora
un
saliscendi
di
lanterne
,
che
rischiarano
gli
ultimi
lavori
;
poi
tutto
l
'
edifizio
rimane
oscuro
.
Un
lume
brilla
ancora
nelle
case
del
Veznedar
agà
e
del
Defterdar
effendi
.
Qualche
cosa
brulica
,
nel
secondo
recinto
,
dinanzi
alla
casa
del
Grand
'
Eunuco
nero
.
Nel
labirinto
dell
'
arem
si
vanno
chiudendo
le
ultime
porte
.
Gli
eunuchi
girano
per
i
viali
deserti
,
intorno
ai
chioschi
oscuri
,
non
udendo
altro
rumore
che
lo
stormire
degli
alberi
agitati
dall
'
aria
marina
e
il
mormorio
monotono
delle
fontane
.
Un
'
alta
pace
par
che
regni
su
tutta
la
reggia
.
Eppure
una
vita
febbrile
ribolle
ancora
fra
quelle
mura
.
Da
tutto
quel
popolo
di
schiave
,
di
soldati
,
di
prigionieri
,
di
servi
,
i
pensieri
della
notte
si
levano
confusamente
,
e
superate
le
mura
del
Serraglio
,
volano
ai
quattro
angoli
del
mondo
a
cercar
luoghi
cari
e
madri
abbandonate
dall
'
infanzia
,
e
a
riandare
vicende
strane
e
terribili
di
tempi
lontani
.
Le
preghiere
e
i
lamenti
muti
s
'
incrociano
per
gli
anditi
e
per
i
boschetti
oscuri
coi
propositi
di
vendetta
e
di
sangue
,
e
coi
desiderii
insensati
delle
ambizioni
segrete
.
La
grande
reggia
dorme
un
sonno
torbido
,
interrotto
da
riscotimenti
improvvisi
di
diffidenza
e
di
paura
.
Un
bisbiglio
diffuso
di
parole
di
cento
lingue
si
confonde
col
suono
dei
respiri
e
col
mormorio
della
vegetazione
ventilata
.
A
breve
distanza
,
divisi
da
poche
pareti
,
dorme
il
paggio
che
s
'
è
prostituito
,
l
'
iman
che
ha
predicato
la
parola
di
Dio
,
il
carnefice
che
ha
strozzato
un
innocente
,
il
principe
prigioniero
che
aspetta
la
morte
,
la
sultana
innamorata
che
si
prepara
alle
nozze
.
Creature
diseredate
d
'
ogni
bene
,
riposano
accanto
a
ricchezze
favolose
;
la
bellezza
divina
,
la
deformità
derisa
,
tutti
i
vizii
,
tutte
le
sventure
,
tutte
le
prostituzioni
dell
'
anima
e
della
carne
,
si
trovano
rinchiuse
fra
le
stesse
mura
.
Le
architetture
moresche
,
che
s
'
innalzano
sopra
gli
alberi
,
profilano
nel
cielo
stellato
le
loro
mille
forme
bizzarre
ed
aeree
;
sui
muri
si
allungano
ombre
graziose
di
frangie
,
di
festoni
e
di
trine
;
le
fontane
illuminate
dalla
luna
schizzano
zaffiri
e
diamanti
;
e
tutti
i
profumi
del
giardino
volano
,
portati
dall
'
aria
notturna
,
confusi
in
una
fragranza
potente
che
entra
per
le
grate
nelle
sale
a
destar
fremiti
di
piacere
e
sogni
lascivi
.
È
l
'
ora
in
cui
gli
eunuchi
,
seduti
sotto
gli
alberi
,
cogli
occhi
fissi
nel
lume
fioco
che
traluce
dalle
finestre
dei
chioschi
,
si
rodono
l
'
anima
e
il
cuore
,
tastando
colle
dita
tremanti
la
punta
del
pugnale
;
l
'
ora
in
cui
la
povera
giovinetta
,
rubata
e
venduta
di
fresco
,
dal
finestrino
alto
della
sua
cella
,
guarda
cogli
occhi
umidi
di
lagrime
gli
orizzonti
sereni
dell
'
Asia
,
rimpiangendo
la
capanna
dov
'
è
nata
e
la
valle
dove
sono
sepolti
i
suoi
padri
;
l
'
ora
in
cui
il
galeotto
incatenato
,
il
muto
macchiato
di
sangue
,
il
nano
spregiato
,
misurano
con
un
tremito
di
sgomento
l
'
infinita
distanza
che
li
separa
dall
'
uomo
che
è
sopra
tutti
,
e
interrogano
dolorosamente
il
potere
ascoso
che
tolse
all
'
uno
la
libertà
,
all
'
altro
la
parola
,
al
terzo
la
forma
umana
per
dare
ogni
cosa
ad
un
solo
.
È
l
'
ora
in
cui
piangono
i
reietti
e
in
cui
tremano
i
grandi
,
malsicuri
del
domani
.
Le
lanterne
sparse
per
gli
edifizi
multiformi
rischiarano
fronti
pallide
di
tesorieri
curvi
sulle
carte
;
teste
scarmigliate
d
'
odalische
,
disperate
d
'
un
lungo
abbandono
,
che
cercano
il
sonno
invano
sui
guanciali
infocati
;
visi
abbronzati
di
giannizzeri
erculei
,
addormentati
con
un
sorriso
feroce
,
che
tradisce
la
visione
di
una
strage
.
I
muri
sottili
sentono
aneliti
di
voluttà
e
singhiozzi
rotti
da
parole
disperate
.
E
mentre
in
un
chiosco
spuma
il
liquore
maledetto
in
mezzo
a
un
cerchio
di
baccanti
seminude
;
mentre
in
una
sala
semioscura
,
una
povera
sultana
,
madre
da
un
istante
,
nasconde
,
urlando
,
il
viso
nei
guanciali
,
per
non
vedere
un
lago
di
sangue
nel
quale
spira
la
sua
creatura
,
a
cui
,
per
ordine
del
Padiscià
,
la
levatrice
lasciò
aperto
il
tubo
ombelicale
;
mentre
le
teste
dei
bey
,
uccisi
al
cader
della
notte
,
stillano
le
loro
ultime
goccie
di
sangue
sui
marmi
delle
nicchie
di
Bab
-
Umaiun
;
nel
chiosco
più
alto
del
terzo
recinto
,
in
una
sala
tappezzata
di
damasco
vermiglio
,
sopra
un
letto
di
zibellino
,
in
mezzo
a
un
disordine
sfarzoso
di
cuscini
imperlati
e
di
coperte
di
velluto
splendenti
d
'
oro
,
su
cui
scende
la
luce
vaga
d
'
una
lanterna
moresca
d
'
argento
cesellato
,
appesa
al
soffitto
di
cedro
,
una
bella
fanciulla
bruna
,
ravvolta
in
un
grande
velo
bianco
,
che
pochi
anni
sono
conduceva
l
'
armento
a
traverso
le
pianure
dell
'
Arabia
Felice
,
chinata
sul
viso
pallido
del
terzo
Murad
,
che
riposa
,
sonnecchiando
,
ai
suoi
piedi
,
gli
mormora
con
una
voce
timida
e
dolce
:
-
V
'
era
una
volta
a
Damasco
un
mercante
chiamato
Abu
-
Eiub
che
aveva
raccolte
molte
ricchezze
e
viveva
onorevolmente
.
E
possedeva
un
figliuolo
,
ch
'
era
bello
e
che
sapeva
molte
cose
e
che
si
chiamava
Schiavo
d
'
amore
,
e
una
figliuola
bellissima
,
che
aveva
per
soprannome
Forza
dei
cuori
.
Ora
Abu
-
Eiub
venne
a
morire
e
lasciò
tutte
le
sue
mercanzie
fasciate
e
legate
,
e
su
tutte
c
'
era
scritto
:
Per
Bagdad
.
E
Schiavo
d
'
amore
domandò
alla
madre
:
-
Perché
c
'
è
scritto
per
Bagdad
su
tutte
le
mercanzie
di
mio
padre
?
-
E
la
madre
rispose
:
-
Figliuol
mio
....
-
Ma
il
Padiscià
s
'
è
addormentato
e
la
schiava
abbandona
dolcemente
il
suo
capo
sopra
i
guanciali
.
Tutte
le
porte
dell
'
arem
son
chiuse
,
tutti
i
lumi
son
spenti
,
la
luna
inargenta
le
cento
cupole
,
le
mezzelune
e
le
finestre
dorate
luccicano
tra
gli
alberi
,
le
fontane
zampillano
rumorosamente
nell
'
alto
silenzio
della
notte
:
tutto
il
Serraglio
riposa
.
E
così
riposa
da
trent
'
anni
,
abbandonato
sulla
sua
collina
solitaria
;
e
si
possono
ripetere
per
esso
i
versi
del
poeta
persiano
che
vennero
sulle
labbra
a
Maometto
il
conquistatore
quando
pose
il
piede
nel
palazzo
devastato
degl
'
Imperatori
d
'
Oriente
:
L
'
immondo
ragno
ordisce
le
sue
tele
nelle
sale
dei
re
,
e
dalle
vette
superbe
d
'
Erasciab
,
il
corvo
vibra
nell
'
aria
il
suo
canto
sinistro
.
GLI
ULTIMI
GIORNI
A
questo
punto
mi
trovo
spezzata
la
catena
delle
reminiscenze
minute
e
lucide
,
che
permettono
le
lunghe
descrizioni
;
e
non
ricordo
più
che
una
serie
di
corse
affannose
da
una
riva
all
'
altra
del
Corno
d
'
oro
e
dall
'
Europa
all
'
Asia
,
dopo
le
quali
,
la
sera
,
mi
vedevo
passare
davanti
rapidissimamente
,
come
in
sogno
,
città
luminose
,
folle
immense
,
boschi
,
flotte
,
colline
,
e
il
pensiero
della
partenza
vicina
dava
a
ogni
cosa
un
leggiero
colore
di
tristezza
,
come
se
già
quelle
visioni
non
fossero
più
che
ricordi
d
'
un
paese
lontano
.
[
Le
moschee
]
Eppure
alcune
immagini
rimangono
immobili
in
mezzo
alla
fuga
di
persone
e
di
cose
,
a
cui
mi
sembra
d
'
assistere
quando
penso
a
quei
giorni
.
Ricordo
la
bella
mattinata
in
cui
visitai
la
maggior
parte
delle
moschee
imperiali
,
e
pensandoci
,
mi
pare
ancora
che
si
faccia
intorno
a
me
un
immenso
vuoto
e
un
silenzio
solenne
.
L
'
immagine
di
Santa
Sofia
non
scema
affatto
la
meraviglia
che
si
prova
al
primo
entrare
in
mezzo
a
quelle
mura
titaniche
.
Anche
là
,
come
altrove
,
la
religione
dei
vincitori
s
'
è
appropriata
l
'
arte
della
religione
dei
vinti
.
Quasi
tutte
le
moschee
sono
imitate
dalla
Basilica
di
Giustiniano
;
hanno
la
grande
cupola
,
le
mezze
cupole
sottoposte
,
i
cortili
,
i
portici
;
qualcheduna
,
la
forma
della
croce
greca
.
Ma
l
'
islamismo
ha
sparso
su
ogni
cosa
il
colore
e
la
luce
propria
,
in
modo
che
il
complesso
di
quelle
forme
note
presenta
l
'
apparenza
d
'
un
edifizio
nuovo
,
in
cui
s
'
intravvedono
gli
orizzonti
d
'
un
mondo
sconosciuto
e
si
sente
l
'
aura
d
'
un
altro
Dio
.
Sono
navate
enormi
,
d
'
una
semplicità
austera
e
grandiosa
,
bianche
in
ogni
parte
,
e
rischiarate
da
finestre
innumerevoli
,
che
mettono
per
tutto
una
luce
dolce
ed
uguale
,
in
cui
l
'
occhio
vede
ogni
cosa
,
da
un
'
estremità
all
'
altra
,
e
riposa
,
insieme
col
pensiero
,
quasi
addormentato
in
una
quiete
soave
e
diffusa
,
che
somiglia
a
quella
d
'
una
valle
nevosa
,
coperta
da
un
cielo
bianco
.
Non
si
crederebbe
d
'
essere
in
un
luogo
chiuso
se
non
si
sentisse
l
'
eco
sonora
del
proprio
passo
.
Non
v
'
è
nulla
che
distragga
la
mente
:
il
pensiero
va
dritto
,
a
traverso
quel
vuoto
e
quella
chiarezza
,
all
'
oggetto
dell
'
adorazione
.
Non
v
'
è
argomento
nè
di
malinconie
nè
di
terrori
;
non
vi
sono
nè
illusioni
,
nè
misteri
,
nè
angoli
oscuri
,
in
cui
brillino
vagamente
le
immagini
d
'
una
gerarchia
complicata
d
'
esseri
sovrumani
,
che
confondon
la
mente
;
non
v
'
è
che
l
'
idea
chiara
,
netta
,
abbagliante
,
formidabile
d
'
un
Dio
solitario
,
che
predilige
la
nudità
severa
dei
deserti
inondati
di
luce
,
e
non
ammette
altro
simulacro
di
sè
stesso
che
il
cielo
.
Tutte
le
moschee
imperiali
di
Costantinopoli
presentano
questo
medesimo
aspetto
di
grandezza
che
solleva
la
mente
,
e
di
semplicità
che
la
fissa
in
un
solo
pensiero
,
e
differiscono
così
poco
nei
particolari
,
che
è
difficile
il
ricordarle
a
una
,
a
una
.
La
moschea
d
'
Ahmed
,
enorme
,
e
pure
graziosa
e
leggera
,
all
'
esterno
,
come
un
edifizio
aereo
,
appoggia
la
sua
cupola
sopra
quattro
smisurati
pilastri
rotondi
di
marmo
bianco
,
nel
cui
seno
si
potrebbero
aprire
quattro
piccole
moschee
,
ed
è
la
sola
di
Stambul
che
abbia
la
corona
gloriosa
di
sei
minareti
.
La
moschea
di
Solimano
,
che
è
,
più
che
un
tempio
,
una
città
sacra
,
nella
quale
lo
straniero
si
smarrisce
,
è
formata
da
tre
navate
,
e
la
sua
cupola
,
più
alta
di
quella
di
Santa
Sofia
,
riposa
sopra
quattro
colonne
meravigliose
di
granito
roseo
,
che
fanno
pensare
ai
fusti
dei
famosi
alberi
giganteschi
della
California
.
La
moschea
di
Maometto
è
una
Santa
Sofia
bianca
ed
allegra
;
quella
di
Baiazet
gode
la
primazia
dell
'
eleganza
delle
forme
;
quella
di
Osmano
è
tutta
di
marmo
;
quella
di
Scià
-
Zadé
ha
i
due
più
graziosi
minareti
di
Stambul
;
quella
di
Ak
-
Serai
è
il
più
gentile
modello
del
rinascimento
dell
'
arte
turca
;
quella
di
Selim
è
la
più
grave
,
quella
di
Mahmud
la
più
capricciosa
,
quella
della
Sultana
Validè
la
più
ornata
.
Ognuna
ha
qualche
bellezza
sua
propria
o
una
leggenda
o
un
privilegio
.
Sultan
-
Ahmed
custodisce
lo
stendardo
del
Profeta
,
Sultan
-
Baizit
è
coronata
di
colombi
,
Solimaniè
vanta
le
iscrizioni
di
Karà
-
hissari
,
Validè
Sultan
ha
la
falsa
colonna
d
'
oro
che
costò
la
vita
al
conquistatore
della
Canea
;
Sultan
-
Mehemet
vede
"
undici
moschee
imperiali
chinar
la
testa
intorno
a
lei
,
come
davanti
al
manipolo
di
Giuseppe
s
'
inchinavano
i
manipoli
dei
fratelli
"
.
In
una
s
'
innalzano
le
colonne
del
palazzo
imperiale
e
dell
'
Augusteon
di
Giustiniano
,
che
portarono
le
statue
di
Venere
,
di
Teodora
e
d
'
Eudossia
;
in
altre
si
ritrovano
i
marmi
delle
chiese
antiche
di
Calcedonia
,
colonne
delle
rovine
di
Troia
,
pilastri
di
templi
d
'
Egitto
,
vetri
preziosi
rapiti
alle
reggie
persiane
,
materiali
di
circhi
,
di
fori
,
di
acquedotti
,
di
basiliche
:
tutto
confuso
e
svanito
nell
'
immensa
bianchezza
della
religione
vincitrice
.
Dentro
differiscono
anche
meno
che
nella
forma
esterna
.
In
fondo
v
'
è
un
pulpito
di
marmo
;
in
faccia
,
la
loggia
del
Sultano
chiusa
da
una
grata
dorata
;
accanto
al
Mihrab
,
due
candelabri
enormi
che
sorreggono
torcie
alte
come
fusti
di
palme
;
e
per
tutta
la
navata
,
lampade
innumerevoli
formate
di
grandi
globi
di
vetro
,
e
disposte
in
una
maniera
bizzarra
,
che
par
più
propria
a
una
grande
festa
di
ballo
che
a
una
solennità
religiosa
.
Le
grandi
iscrizioni
sacre
che
girano
intorno
ai
pilastri
,
alle
porte
,
alle
finestre
delle
cupole
,
qualche
finto
fregio
dipinto
a
imitazione
del
marmo
,
e
i
vetri
disegnati
e
coloriti
a
fiorami
,
sono
i
soli
ornamenti
che
risaltino
nella
nudità
bianca
di
quelle
mura
monumentali
.
Tesori
di
marmo
sono
profusi
nei
pavimenti
dei
vestiboli
,
nei
portici
che
circondano
i
cortili
,
nelle
fontane
per
le
abluzioni
,
nei
minareti
;
ma
non
alterano
il
carattere
graziosamente
sobrio
ed
austero
dell
'
edifizio
,
tutto
bianco
,
circondato
di
verde
e
coronato
di
cupole
,
scintillanti
sull
'
azzurro
del
cielo
.
E
la
moschea
non
occupa
che
la
parte
minore
del
recinto
,
il
quale
abbraccia
un
labirinto
di
cortili
e
di
case
.
E
qui
ci
sono
auditorii
per
la
lettura
del
Corano
e
luoghi
di
deposito
per
i
tesori
dei
privati
,
biblioteche
e
accademie
,
scuole
di
medicina
e
scuole
pei
bambini
,
quartieri
per
gli
studenti
e
cucine
per
i
poveri
,
manicomi
,
infermerie
,
ricoveri
per
i
viaggiatori
,
sale
da
bagno
:
una
piccola
città
ospitale
e
benefica
,
affollata
intorno
alla
mole
altissima
del
tempio
,
come
ai
piedi
d
'
una
montagna
,
e
ombreggiata
da
alberi
giganteschi
.
Ma
tutte
queste
immagini
si
sono
oscurate
nella
mia
mente
;
e
non
vedo
più
,
in
questo
punto
,
che
la
piccola
macchietta
nera
della
mia
persona
,
quasi
smarrita
,
come
un
atomo
,
nelle
enormi
navate
,
in
mezzo
a
lunghe
file
di
piccolissimi
turchi
prostrati
che
pregano
;
e
vo
innanzi
abbagliato
da
quella
bianchezza
,
stupito
da
quella
luce
strana
,
sbalordito
da
quella
immensità
,
strascicando
le
mie
babbuccie
sdruscite
e
il
mio
orgoglio
schiacciato
di
descrittore
;
e
mi
par
che
una
moschea
si
confonda
coll
'
altra
,
e
che
mi
si
stenda
d
'
intorno
,
in
tutte
le
direzioni
,
una
successione
interminabile
di
pilastri
e
di
volte
,
e
una
folla
bianca
infinita
,
nella
quale
il
mio
sguardo
si
perde
.
[
Le
cisterne
]
Le
reminiscenze
d
'
un
altro
giorno
son
tutte
oscure
e
piene
di
misteri
e
di
fantasmi
.
Entro
nel
cortile
d
'
una
casa
musulmana
,
discendo
,
al
lume
di
una
fiaccola
,
sino
all
'
ultimo
gradino
di
una
scala
tetra
e
umida
,
e
mi
trovo
sotto
le
volte
di
Kere
-
batan
Serai
,
la
grande
cisterna
basilica
di
Costantino
,
della
quale
il
volgo
di
Stambul
dice
che
non
si
conoscono
i
confini
.
Le
acque
verdastre
si
perdono
sotto
le
volte
nere
,
rischiarate
qua
e
là
da
un
barlume
di
luce
livida
che
accresce
l
'
orrore
delle
tenebre
.
La
fiaccola
colora
di
fuoco
gli
archi
vicini
alla
porta
,
fa
luccicare
i
muri
sgocciolanti
,
e
rivela
confusamente
file
sterminate
di
colonne
che
intercettano
lo
sguardo
da
tutte
le
parti
,
come
i
tronchi
degli
alberi
in
una
fittissima
foresta
allagata
.
La
fantasia
,
attratta
dalla
voluttà
del
terrore
,
si
slancia
per
quelle
fughe
di
portici
sepolcrali
,
sorvolando
le
acque
sinistre
,
e
si
smarrisce
in
infiniti
giri
vertiginosi
in
mezzo
alle
colonne
innumerevoli
,
mentre
la
voce
sommessa
d
'
un
dracomanno
racconta
le
storie
paurose
di
chi
s
'
avventurò
sopra
una
barca
in
quel
sotterraneo
per
scoprirne
i
confini
,
e
tornò
indietro
molte
ore
dopo
,
remando
disperatamente
,
col
volto
trasfigurato
e
coi
capelli
irti
,
mentre
le
volte
lontane
echeggiavano
di
risate
fragorose
e
di
fischi
acuti
;
e
d
'
altri
che
non
tornarono
più
,
che
finirono
chi
sa
come
,
forse
impazziti
dal
terrore
,
forse
morti
di
fame
,
forse
trascinati
da
una
corrente
misteriosa
in
un
abisso
sconosciuto
,
molto
lontano
da
Stambul
,
Dio
solo
sa
dove
.
Questa
visione
lugubre
sparisce
improvvisamente
nella
grande
luce
della
piazza
dell
'
At
-
meidan
,
e
pochi
minuti
dopo
mi
trovo
daccapo
sotto
terra
,
fra
le
duecento
colonne
della
cisterna
asciutta
Bin
-
birdirek
,
dove
cento
operai
greci
filano
la
seta
,
cantando
con
voci
acute
una
canzone
guerriera
,
rischiarati
da
un
raggio
di
luce
pallida
che
si
rompe
negl
'
incrociamenti
delle
arcate
;
e
sento
sopra
il
mio
capo
lo
strepito
confuso
d
'
una
carovana
che
passa
.
Poi
daccapo
l
'
aria
aperta
e
la
luce
del
sole
,
e
poi
di
nuovo
l
'
oscurità
,
sotto
altre
arcate
secolari
,
in
mezzo
ad
altre
file
di
colonne
,
in
una
quiete
di
sepolcro
,
turbata
da
un
suono
fioco
di
voci
lontane
;
e
così
fino
a
sera
,
un
pellegrinaggio
misterioso
e
pensieroso
,
dopo
il
quale
mi
rimane
per
molto
tempo
dinanzi
agli
occhi
l
'
immagine
di
un
vasto
lago
sotterraneo
,
in
cui
sia
sprofondata
la
metropoli
dell
'
impero
greco
,
e
in
cui
Stambul
,
ridente
ed
incauta
debba
un
giorno
alla
sua
volta
sparire
.
[
Scutari
]
Tutta
questa
oscurità
svanisce
dinanzi
all
'
immagine
splendida
di
Scutari
.
Andando
a
Scutari
,
sopra
un
piroscafo
affollato
,
discutevamo
sempre
,
il
mio
amico
ed
io
,
se
il
primato
della
bellezza
appartenesse
a
quella
riva
o
alle
due
rive
del
Corno
d
'
oro
.
Yunk
preferiva
Scutari
;
io
,
Stambul
.
Ma
Scutari
m
'
innamorava
coi
suoi
improvvisi
cangiamenti
d
'
aspetto
,
coi
quali
pare
che
voglia
pigliarsi
gioco
di
chi
le
s
'
avvicina
dal
mare
.
Guardata
dal
Mar
di
Marmara
,
non
pare
che
un
grande
villaggio
disteso
sopra
una
collina
.
Guardata
dal
Corno
d
'
oro
,
presenta
già
l
'
aspetto
d
'
una
città
.
Ma
quando
il
piroscafo
,
girando
intorno
alla
punta
più
avanzata
della
riva
asiatica
,
va
dritto
verso
il
suo
porto
,
allora
la
cittadina
s
'
allarga
e
s
'
innalza
;
le
colline
coperte
d
'
edifizi
saltan
fuori
l
'
una
di
dietro
all
'
altra
;
i
sobborghi
sbucano
dalle
valli
,
le
villette
si
sparpagliano
sulle
alture
;
la
riva
,
tutta
variopinta
di
casette
,
si
svolge
a
perdita
d
'
occhi
;
una
città
enorme
,
pomposa
,
teatrale
,
che
non
si
comprende
dove
potesse
stare
nascosta
,
si
scopre
allo
sguardo
in
pochi
momenti
come
all
'
alzarsi
d
'
un
telone
immenso
,
e
fa
rimaner
là
stupefatti
come
aspettando
che
torni
a
sparire
.
Si
scende
sopra
uno
scalo
di
legno
,
fra
un
visibilio
di
barcaiuoli
,
di
noleggiatori
di
cavalli
e
di
dracomanni
,
e
si
va
su
per
la
via
principale
che
sale
dolcemente
,
serpeggiando
,
in
mezzo
a
casette
rosse
e
gialle
,
vestite
d
'
edera
e
di
pampini
,
fra
muri
di
giardini
riboccanti
di
verzura
,
sotto
alti
pergolati
,
all
'
ombra
di
grandi
platani
che
chiudono
quasi
il
passaggio
;
si
passa
dinanzi
a
caffè
turchi
,
ingombri
di
fannulloni
asiatici
,
che
fumano
,
sdraiati
,
cogli
occhi
fissi
non
si
sa
dove
;
s
'
incontrano
branchi
di
capre
,
carri
pesanti
di
campagna
,
tirati
da
bufali
colla
testa
infiorata
,
contadini
in
fez
e
in
turbante
,
convogli
funebri
musulmani
,
e
brigatelle
di
hanum
villeggianti
,
che
portano
mazzi
di
fiori
e
ramoscelli
.
Par
di
vedere
un
'
altra
Stambul
,
meno
maestosa
,
ma
più
gaia
e
più
fresca
di
quella
delle
sette
colline
.
È
come
una
grande
città
villereccia
.
La
campagna
l
'
invade
da
tutte
le
parti
.
Le
stradicciuole
,
fiancheggiate
da
casine
da
presepio
,
scendono
e
salgono
per
valli
e
per
colline
,
e
si
perdono
nel
verde
dei
giardini
e
degli
orti
.
Nelle
parti
alte
della
città
regna
la
pace
profonda
della
campagna
;
nelle
parti
basse
brulica
la
vita
affaccendata
delle
città
di
mare
;
dalle
grandi
caserme
che
sorgono
qua
e
là
,
esce
un
frastuono
confuso
di
grida
,
di
canti
e
di
tamburi
,
e
migliaia
d
'
uccelletti
saltellano
,
per
le
viuzze
solitarie
.
Seguitando
un
convoglio
mortuario
,
usciamo
dalla
città
,
ci
addentriamo
nel
cimitero
famoso
,
ci
smarriamo
in
una
grande
foresta
di
cipressi
altissimi
,
che
si
stende
da
una
parte
verso
il
Mar
di
Marmara
e
dall
'
altra
verso
il
Corno
d
'
oro
,
sopra
un
vasto
terreno
montuoso
.
Le
pietre
sepolcrali
biancheggiano
tutt
'
intorno
fin
dove
arriva
lo
sguardo
,
a
mucchi
,
a
file
sterminate
,
in
mezzo
ai
cespugli
e
ai
fiori
selvatici
,
in
una
rete
infinita
di
sentieri
,
fra
i
tronchi
fittissimi
,
che
lasciano
appena
vedere
l
'
orizzonte
come
una
lontana
striscia
luminosa
e
ondeggiante
.
Andiamo
innanzi
,
a
caso
,
in
mezzo
ai
cippi
dipinti
e
dorati
,
ritti
e
rovesci
,
fra
le
cancellate
dei
sepolcri
di
famiglia
,
fra
i
piccoli
mausolei
dei
pascià
,
fra
le
colonnette
rozze
del
volgo
,
vedendo
qua
e
là
mazzi
di
fiori
appassiti
e
cocuzzoli
di
cranii
che
spuntano
fra
la
terra
smossa
,
udendo
grugare
da
ogni
parte
i
colombi
nascosti
nei
cipressi
;
e
via
via
,
pare
che
la
foresta
si
allarghi
,
che
le
pietre
pullulino
,
che
i
sentieri
si
moltiplichino
,
che
la
striscia
luminosa
dell
'
orizzonte
si
allontani
,
che
il
regno
della
morte
s
'
avanzi
a
passo
a
passo
con
noi
;
e
cominciamo
a
domandarci
come
n
'
usciremo
,
quando
sbocchiamo
inaspettatamente
in
un
larghissimo
viale
,
che
ci
conduce
nella
vasta
pianura
aperta
d
'
Haidar
pascià
,
dove
si
raccoglievano
gli
eserciti
musulmani
per
muovere
alle
guerre
dell
'
Asia
,
e
di
là
abbracciamo
con
uno
sguardo
il
Mar
di
Marmara
,
Stambul
,
l
'
imboccatura
del
Corno
d
'
oro
,
Galata
e
Pera
,
tutto
velato
leggermente
dai
vapori
della
mattina
e
tinto
di
colori
di
paradiso
,
che
ci
fanno
risentire
un
fremito
della
meraviglia
e
della
gioia
dell
'
arrivo
.
[
Palazzo
di
Ceragan
]
Un
'
altra
mattina
ci
troviamo
in
un
carrozzone
del
tramway
,
in
mezzo
a
due
colossali
eunuchi
neri
,
incaricati
da
un
aiutante
di
campo
d
'
Abdul
-
Aziz
di
condurci
a
visitare
il
palazzo
imperiale
di
Ceragan
,
posto
sulla
riva
del
Bosforo
ai
piedi
del
sobborgo
di
Bescic
-
Tass
.
Mi
ricordo
del
sentimento
indefinibile
,
misto
di
curiosità
e
di
ribrezzo
,
che
provavo
guardando
colla
coda
dell
'
occhio
l
'
eunuco
che
m
'
era
accanto
,
il
quale
mi
sorpassava
di
quasi
tutta
la
testa
,
e
teneva
stesa
sul
ginocchio
una
mano
smisurata
;
e
ogni
volta
che
mi
voltavo
,
sentivo
un
profumo
leggiero
di
essenza
di
bergamotto
che
usciva
dai
suoi
panni
lucidi
e
corretti
di
cortigiano
.
Quando
il
carrozzone
si
fermò
,
misi
la
mano
in
tasca
per
prendere
il
portamonete
;
ma
la
mano
smisurata
dell
'
eunuco
m
'
afferrò
il
braccio
come
una
tanaglia
di
ferro
,
e
i
suoi
grandi
occhi
di
negro
si
fissarono
nei
miei
,
come
per
dire
:
-
Cristiano
,
non
mi
far
questo
affronto
o
ti
slogo
le
ossa
.
-
Si
discese
dinanzi
a
una
piccola
porta
arabescata
,
si
percorse
un
lunghissimo
corridoio
,
dove
ci
venne
incontro
un
drappello
di
servitori
in
livrea
,
e
infilate
le
babbuccie
,
si
salì
per
una
larga
scala
,
che
metteva
alle
sale
della
reggia
.
Qui
non
ci
fu
bisogno
d
'
evocare
i
ricordi
storici
per
procurarsi
un
'
illusione
di
vita
.
L
'
aria
era
ancora
calda
dell
'
alito
della
Corte
.
I
larghissimi
divani
coperti
di
velluto
e
di
raso
,
che
si
stendevano
lungo
le
pareti
,
erano
proprio
quelli
su
cui
,
poche
settimane
prima
,
si
erano
sedute
le
odalische
del
Gran
Signore
.
Un
vago
profumo
di
vita
molle
e
fastosa
riempiva
ancora
l
'
aria
.
Si
passò
per
un
lungo
giro
di
sale
,
decorate
con
uno
stile
misto
di
europeo
e
di
moresco
,
nitidissime
e
belle
d
'
una
certa
semplicità
superba
,
che
ci
faceva
abbassare
la
voce
;
mentre
gli
eunuchi
,
borbottando
spiegazioni
incomprensibili
,
ci
indicavano
ora
un
angolo
,
ora
una
porta
,
con
un
gesto
circospetto
,
come
se
accennassero
a
un
mistero
.
Le
cortine
di
seta
,
i
tappeti
di
mille
colori
,
le
tavole
di
musaico
,
i
bei
quadri
a
olio
messi
a
contrallume
,
i
begli
archi
a
stalattiti
delle
porte
tramezzate
da
colonnine
arabe
,
gli
altissimi
candelabri
simili
ad
alberi
di
cristallo
che
tintinnavano
rumorosamente
al
nostro
passaggio
,
si
succedevano
e
si
confondevano
,
appena
visti
,
nella
nostra
fantasia
,
tutta
intesa
a
inseguire
immagini
fuggenti
di
cadine
sorprese
.
Non
mi
è
rimasta
dinanzi
agli
occhi
che
la
sala
da
bagno
del
Sultano
,
tutta
di
marmo
bianchissimo
,
scolpito
a
stalattiti
,
a
fiori
penzoli
,
a
frangio
e
a
ricami
aerei
,
d
'
una
delicatezza
,
da
far
temere
che
si
stacchino
a
toccarli
colla
punta
delle
dita
.
La
disposizione
delle
sale
mi
ricordava
vagamente
l
'
Alhambra
.
Camminavamo
in
fretta
sui
tappeti
spessissimi
,
senza
far
rumore
,
quasi
furtivamente
.
Di
tanto
in
tanto
un
eunuco
tirava
un
cordone
,
una
tenda
verde
s
'
alzava
,
e
vedevamo
,
per
un
'
ampia
finestra
,
il
Bosforo
,
l
'
Asia
,
mille
navi
,
una
gran
luce
;
poi
tutto
spariva
ad
un
tratto
lasciandoci
come
abbarbagliati
da
un
lampo
.
Da
una
finestra
vedemmo
di
sfuggita
un
piccolo
giardino
,
chiuso
da
alti
muri
,
lindo
,
compassato
,
monacale
,
che
ci
rivelò
in
un
momento
mille
segrete
malinconie
di
belle
donne
assetate
d
'
amore
e
di
libertà
,
e
disparve
improvvisamente
dietro
la
tenda
.
E
le
sale
non
finivan
mai
,
e
alla
vista
d
'
ogni
nuova
porta
,
affrettavamo
il
passo
per
affacciarci
inaspettati
alla
nuova
sala
;
ma
non
si
vedeva
più
nemmeno
lo
strascico
d
'
una
veste
,
le
odalische
erano
scomparse
,
un
silenzio
profondo
regnava
in
ogni
parte
,
il
fruscìo
che
ci
faceva
voltare
indietro
curiosamente
non
era
che
il
fruscìo
delle
tende
pesanti
di
broccato
che
ricadevano
sulla
soglia
della
porta
;
e
il
tintinnìo
dei
candelabri
di
cristallo
c
'
indispettiva
come
se
fosse
la
risata
argentina
di
qualche
bella
nascosta
,
che
ci
schernisse
.
E
infine
ci
venne
in
uggia
quell
'
andare
e
venire
senza
fine
per
quella
reggia
muta
,
fra
quelle
ricchezze
morte
,
vedendo
riflesse
a
ogni
passo
,
dai
grandi
specchi
,
quelle
faccie
nere
d
'
eunuchi
,
quel
drappello
sinistro
di
servitori
pensierosi
,
e
i
nostri
due
visi
attoniti
di
vagabondi
;
e
uscimmo
quasi
correndo
,
e
provammo
un
gran
piacere
nel
ritrovarci
all
'
aria
libera
,
fra
le
case
miserabili
,
in
mezzo
alla
popolaglia
cenciosa
e
vociferante
del
quartiere
di
Top
-
hanè
.
Eyub
E
la
necropoli
d
'
Eyub
come
dimenticarla
?
Ci
andammo
una
sera
al
tramonto
,
e
m
'
è
sempre
rimasta
nella
memoria
,
così
come
la
vidi
,
illuminata
dagli
ultimi
raggi
del
sole
.
Un
caicco
leggerissimo
ci
condusse
fino
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
,
e
salimmo
alla
"
terra
santa
"
degli
Osmani
per
un
sentiero
ripido
,
fiancheggiato
di
sepolcri
.
In
quell
'
ora
gli
scalpellini
che
lavorano
il
giorno
intorno
ai
cippi
,
e
fanno
echeggiare
la
vasta
necropoli
dei
loro
colpi
sonori
,
erano
già
partiti
;
il
luogo
era
deserto
.
Andammo
innanzi
,
circospetti
,
guardando
intorno
se
apparisse
il
volto
severo
d
'
un
iman
o
d
'
un
dervis
,
poichè
là
,
meno
che
in
ogni
altro
luogo
sacro
,
è
tollerata
la
curiosità
profana
di
un
giaurro
;
ma
non
vedemmo
nè
cappelli
conici
nè
turbanti
.
Arrivammo
,
con
qualche
trepidazione
,
sino
a
quella
misteriosa
moschea
d
'
Eyub
,
della
quale
avevamo
visto
mille
volte
dalle
colline
dell
'
altra
riva
e
da
tutti
i
seni
del
Corno
d
'
oro
le
cupolone
scintillanti
e
i
minareti
leggieri
.
Nel
cortile
,
all
'
ombra
d
'
un
grande
platano
,
s
'
innalza
in
forma
di
chiosco
,
perpetuamente
rischiarato
da
una
corona
di
lampade
,
il
mausoleo
che
racchiude
il
corpo
del
portastendardo
famoso
del
Profeta
,
morto
coi
primi
musulmani
sotto
Bisanzio
,
e
ritrovato
otto
secoli
dopo
,
sepolto
su
quella
riva
,
da
Maometto
il
conquistatore
.
Maometto
gli
consacrò
quella
moschea
,
nella
quale
vanno
i
Padiscià
a
cingere
solennemente
la
spada
d
'
Otmano
;
poichè
è
quella
la
moschea
più
santa
di
Costantinopoli
,
come
il
cimitero
che
la
circonda
è
il
più
sacro
dei
cimiteri
.
Intorno
alla
moschea
,
all
'
ombra
di
grandi
alberi
,
s
'
innalzano
turbè
di
Sultane
,
di
vizir
,
di
grandi
della
Corte
,
circondati
di
fiori
,
splendidi
di
marmi
e
di
rabeschi
d
'
oro
,
e
decorati
d
'
iscrizioni
pompose
.
In
disparte
v
'
è
il
tempietto
mortuario
dei
muftì
coperto
da
una
cupola
ottagona
,
nel
quale
riposano
i
grandi
sacerdoti
chiusi
in
enormi
catafalchi
neri
,
sormontati
da
altissimi
turbanti
di
mussolina
.
È
una
città
di
tombe
,
tutta
bianca
e
ombrosa
,
e
regalmente
gentile
,
che
insieme
alla
tristezza
religiosa
ispira
non
so
che
sentimento
di
soggezione
mondana
,
come
un
quartiere
aristocratico
,
muto
d
'
un
silenzio
superbo
.
Si
passa
in
mezzo
a
muri
bianchi
e
a
cancellate
delicatissime
da
cui
scende
a
ghirlande
e
a
ciocche
la
verzura
dei
giardini
funebri
,
e
sporgono
i
rami
delle
acacie
,
delle
quercie
e
dei
mirti
,
e
per
le
trine
di
ferro
dorato
che
chiudono
le
finestre
arcate
dei
turbè
,
si
vedono
dentro
,
in
una
luce
soave
,
i
mausolei
marmorei
,
tinti
dei
riflessi
verdi
degli
alberi
.
In
nessun
altro
luogo
di
Stambul
si
spiega
così
graziosamente
l
'
arte
musulmana
di
illeggiadrire
l
'
immagine
della
morte
e
di
farvi
fissare
il
pensiero
senza
terrore
.
È
una
necropoli
,
una
reggia
,
un
giardino
,
un
panteon
,
pieno
di
malinconia
e
di
grazia
,
che
chiama
insieme
sulle
labbra
la
preghiera
e
il
sorriso
.
E
da
tutte
le
parti
gli
si
stendono
intorno
i
cimiteri
,
ombreggiati
da
cipressi
secolari
,
attraversati
da
viali
serpeggianti
,
bianchi
di
miriadi
di
cippi
che
par
che
si
precipitino
giù
per
le
chine
per
andarsi
a
tuffare
nelle
acque
o
che
si
affollino
lungo
i
sentieri
per
veder
passare
delle
larve
.
E
da
mille
recessi
oscuri
,
allargando
i
rami
dei
cespugli
,
si
vede
a
destra
,
confusamente
,
Stambul
lontana
,
che
presenta
l
'
aspetto
d
'
una
fuga
di
città
azzurrine
,
staccate
l
'
una
dall
'
altra
;
sotto
,
il
Corno
d
'
oro
,
su
cui
lampeggia
l
'
ultimo
raggio
del
sole
;
in
faccia
,
i
sobborghi
di
Sudlugé
,
di
Halidgi
-
Ogli
,
di
Piri
-
Pascià
,
di
Hass
-
kioi
,
e
più
lontano
il
grande
quartiere
di
Kassim
e
il
profilo
vago
di
Galata
,
perduti
in
una
dolcezza
infinita
di
tinte
tremole
e
morenti
,
che
non
paion
cosa
di
questa
terra
.
[
Il
museo
dei
Giannizzeri
]
Tutto
questo
svanisce
,
e
mi
trovo
a
passeggiare
per
lunghissimi
cameroni
nudi
,
in
mezzo
a
due
schiere
immobili
di
figure
sinistre
,
che
paiono
cadaveri
inchiodati
alle
pareti
.
Non
ricordo
d
'
aver
mai
provato
un
senso
così
vivo
di
ribrezzo
fuorchè
a
Londra
,
nell
'
ultima
sala
del
museo
Tussaud
,
dove
s
'
intravvedono
nell
'
oscurità
i
più
orrendi
assassini
d
'
Inghilterra
.
È
come
un
museo
di
spettri
,
o
piuttosto
un
sepolcro
aperto
,
in
cui
si
trovano
,
mummificati
,
i
più
famosi
personaggi
di
quella
vecchia
Turchia
splendida
,
stravagante
e
feroce
,
che
non
esiste
più
se
non
nella
memoria
dei
vecchi
e
nella
fantasia
dei
poeti
.
Sono
centinaia
di
grandi
figure
di
legno
,
colorite
,
vestite
dei
vecchi
costumi
,
ritte
,
in
atteggiamenti
rigidi
e
superbi
,
coi
visi
alti
,
cogli
occhi
spalancati
,
colle
mani
sull
'
else
,
che
par
che
aspettino
un
cenno
per
snudare
le
lame
e
far
sangue
,
come
al
buon
tempo
antico
.
Prima
viene
la
casa
del
Padiscià
:
il
grand
'
eunuco
,
il
gran
vizir
,
il
muftì
,
ciambellani
e
grandi
ufficiali
,
col
capo
coperto
di
turbanti
d
'
ogni
colore
,
piramidali
,
sferici
,
quadrati
,
spropositati
,
prodigiosi
,
con
caffettani
di
broccato
di
colori
smaglianti
,
coperti
di
ricami
,
con
tuniche
di
seta
vermiglia
e
di
seta
bianca
,
strette
alla
vita
da
sciarpe
di
casimir
,
con
vesti
dorate
,
coi
petti
coperti
di
lastre
d
'
oro
e
d
'
argento
,
con
armi
principesche
:
due
lunghe
file
di
spauracchi
bizzarri
e
splendidi
,
che
rivelano
in
modo
ammirabile
la
natura
dell
'
antica
corte
ottomana
,
spudoratamente
fastosa
e
barbaricamente
superba
.
Seguono
i
paggi
che
portano
le
pelliccie
del
Padiscià
,
il
turbante
,
lo
sgabello
,
la
spada
.
Poi
le
guardie
delle
porte
e
dei
giardini
,
le
guardie
del
Sultano
,
gli
eunuchi
bianchi
e
gli
eunuchi
neri
,
con
visi
di
magi
e
d
'
idoli
,
scintillanti
,
impennacchiati
,
colle
teste
coperte
di
cappelli
persiani
e
di
caschi
metallici
,
di
berrette
purpuree
,
di
turbanti
strani
,
della
forma
di
mezzelune
,
di
coni
,
di
piramidi
rovescie
;
armati
di
verghe
d
'
acciaio
,
di
pugnalacci
e
di
fruste
come
un
branco
d
'
assassini
e
di
carnefici
;
e
l
'
uno
guarda
in
aria
di
disprezzo
,
un
altro
digrigna
i
denti
,
un
terzo
caccia
fuor
dell
'
orbita
due
occhi
assetati
di
sangue
,
un
quarto
sorride
con
un
'
espressione
di
sarcasmo
satanico
.
E
in
fine
,
il
corpo
dei
giannizzeri
,
col
suo
santo
patrono
,
Emin
babà
,
scheletrito
,
vestito
d
'
una
tunica
bianca
,
e
ufficiali
di
tutti
i
gradi
simboleggiati
dai
varii
uffici
della
cucina
,
e
soldati
di
ogni
classe
con
tutti
gli
emblemi
e
tutte
le
divise
di
quell
'
esercito
insolente
sterminato
dalla
mitraglia
di
Mahmud
.
E
qui
la
bizzarria
grottesca
e
puerile
dei
vestiari
,
mista
al
terrore
delle
memorie
,
produce
l
'
impressione
d
'
una
pagliacciata
feroce
.
La
più
sbrigliata
fantasia
di
pittore
non
riuscirebbe
mai
a
formare
una
così
pazza
confusione
di
vestimenti
da
re
,
da
sacerdoti
,
da
briganti
,
da
giullari
.
I
"
portatori
d
'
acqua
"
,
i
"
preparatori
della
minestra
"
,
i
"
cuochi
superiori
"
,
i
"
capi
dei
guatteri
"
,
i
soldati
incaricati
di
servizii
speciali
,
si
succedono
in
lunghe
file
,
colle
scope
e
coi
cucchiai
nei
turbanti
,
cui
sonagli
appesi
alle
tuniche
,
cogli
otri
,
colle
marmitte
famose
che
davano
il
segnale
delle
rivolte
,
coi
grandi
berretti
di
pelo
,
colle
larghe
stoffe
cadenti
,
come
mantelli
di
negromanti
,
dalla
nuca
sui
lombi
,
colle
larghe
cinture
di
dischi
di
metallo
cesellato
,
colle
sciabole
gigantesche
,
cogli
occhi
di
granchio
,
coi
busti
enormi
,
coi
volti
contratti
in
atteggiamenti
di
beffa
,
di
minaccia
e
d
'
insulto
.
Ultimi
vengono
i
muti
del
Serraglio
,
col
cordone
di
seta
alla
mano
,
e
i
nani
e
i
buffoni
,
con
visi
ributtanti
di
cretini
inviperiti
,
e
corone
burlesche
sul
capo
.
Le
grandi
vetrine
in
cui
è
chiusa
tutta
questa
gente
,
danno
al
luogo
una
cert
'
aria
di
museo
anatomico
,
che
rende
più
verosimile
l
'
apparenza
cadaverica
dei
simulacri
e
fa
qualche
volta
torcere
il
viso
con
orrore
.
Arrivati
in
fondo
,
sembra
d
'
esser
passati
per
una
sala
dell
'
antico
serraglio
,
in
mezzo
a
tutta
la
Corte
,
agghiacciata
di
terrore
da
un
grido
minaccioso
del
Padiscià
;
ed
uscendo
e
incontrando
sulla
piazza
dell
'
Atmeidan
i
pascià
in
abito
nero
e
i
nizam
vestiti
modestamente
alla
zuava
,
oh
come
par
mite
ed
amabile
la
Turchia
dei
nostri
giorni
!
E
anche
di
là
ritorno
irresistibilmente
fra
le
tombe
,
in
mezzo
agli
innumerevoli
turbé
imperiali
sparsi
per
la
città
turca
,
che
rimarranno
sempre
nella
mia
memoria
come
una
delle
più
gentili
manifestazioni
dell
'
arte
e
della
filosofia
musulmana
.
Un
firmano
ci
fece
aprire
,
per
il
primo
,
il
turbè
di
Mahmud
il
riformatore
,
posto
poco
lontano
dall
'
Atmeidan
,
in
un
giardino
pieno
di
rose
e
di
gelsomini
.
È
un
bel
tempietto
esagono
,
di
marmo
bianco
,
coperto
di
una
cupola
rivestita
di
piombo
,
sostenuto
da
pilastri
ionici
e
rischiarato
da
sette
finestre
chiuse
da
inferriate
dorate
,
alcune
delle
quali
guardano
in
una
delle
vie
principali
di
Stambul
.
Le
pareti
interne
sono
ornate
di
bassorilievi
e
decorate
di
tappeti
di
seta
e
di
broccato
.
Nel
mezzo
sorge
il
sarcofago
coperto
di
bellissimi
scialli
persiani
;
e
v
'
è
sopra
il
fez
,
emblema
della
riforma
,
col
pennacchietto
scintillante
di
diamanti
,
e
intorno
una
graziosa
balaustrata
,
intarsiata
di
madreperla
,
che
racchiude
quattro
grandi
candelabri
d
'
argento
.
Lungo
le
pareti
ci
sono
i
sarcofagi
di
sette
sultane
.
Il
pavimento
è
coperto
di
stuoie
finissime
e
di
tappeti
variopinti
.
Qua
e
là
,
sopra
ricchi
leggii
,
brillano
dei
corani
preziosi
,
scritti
in
caratteri
d
'
oro
.
In
una
cassetta
d
'
argento
v
'
è
un
lungo
pezzo
di
mussolina
,
arrotolato
,
tutto
coperto
di
minutissimi
caratteri
arabi
,
tracciati
dalla
mano
di
Mahmud
.
Prima
di
salire
al
trono
,
quando
viveva
prigioniero
nell
'
antico
serraglio
,
egli
trascrisse
pazientemente
su
quel
pezzo
di
stoffa
una
gran
parte
del
Corano
,
e
morendo
,
ordinò
che
quel
suo
ricordo
giovanile
fosse
posto
sulla
sua
tomba
.
Dall
'
interno
del
turbé
si
vede
a
traverso
le
inferriate
dorate
il
verde
del
giardino
e
si
sente
l
'
odor
delle
rose
;
una
luce
viva
rischiara
tutto
il
tempietto
;
tutti
i
rumori
della
città
vi
risuonano
come
sotto
un
portico
aperto
;
le
donne
e
i
fanciulli
,
dalla
strada
,
s
'
affacciano
alle
finestre
e
bisbigliano
una
preghiera
.
V
'
è
in
tutto
questo
un
che
di
primitivo
e
di
dolce
,
che
tocca
il
cuore
.
Pare
che
non
il
cadavere
,
ma
l
'
anima
del
Sultano
sia
chiusa
fra
quelle
pareti
,
e
che
veda
e
senta
ancora
il
suo
popolo
,
che
passa
e
lo
saluta
.
Morendo
,
egli
non
ha
fatto
che
cambiare
di
chiosco
;
dai
chioschi
del
Serraglio
è
venuto
in
quest
'
altro
,
non
meno
ridente
,
ed
è
sempre
alla
luce
del
sole
,
in
mezzo
allo
strepito
della
vita
di
Stambul
,
tra
i
suoi
figli
,
anzi
più
vicino
ad
essi
,
sull
'
orlo
della
via
,
sotto
gli
occhi
di
tutti
,
e
mostra
ancora
al
popolo
il
suo
pennacchietto
scintillante
come
quando
andava
alla
moschea
,
pieno
di
vita
e
di
gloria
,
a
pregare
per
la
prosperità
dell
'
Impero
.
E
così
son
quasi
tutti
gli
altri
turbé
,
quello
d
'
Ahmed
,
quello
di
Bajazet
,
che
appoggia
la
testa
sopra
un
mattone
composto
colla
polvere
raccolta
dai
suoi
abiti
e
dalle
sue
babbuccie
;
quello
di
Solimano
,
quello
di
Mustafà
e
di
Selim
III
,
quello
d
'
Abdul
-
Hamid
,
quello
della
sultana
Rosellana
.
Son
tempietti
sostenuti
da
pilastri
di
marmo
bianco
e
di
porfido
,
luccicanti
d
'
ambra
e
di
madreperla
;
in
alcuni
dei
quali
scende
l
'
acqua
piovana
,
per
un
'
apertura
della
cupola
,
a
bagnare
i
fiori
e
l
'
erbe
intorno
ai
sarcofagi
,
coperti
di
velluti
e
di
trine
;
e
dalle
volte
pendono
ova
di
struzzo
e
lampade
dorate
che
rischiarano
le
tombe
dei
principi
,
disposte
a
corona
intorno
al
sepolcro
paterno
,
con
su
i
fazzoletti
che
servirono
a
strozzarli
bambini
o
giovinetti
;
forse
per
indurre
nei
fedeli
,
colla
pietà
delle
vittime
,
il
sentimento
della
necessità
fatale
di
quei
delitti
.
E
ricordo
,
che
a
furia
di
vedere
immagini
di
quelle
morti
,
cominciavo
a
sentire
in
me
come
un
principio
di
asservimento
del
pensiero
e
del
cuore
alla
iniqua
ragione
di
Stato
che
le
sanciva
;
come
a
furia
di
trovare
a
ogni
passo
,
nelle
moschee
,
nelle
fontane
,
nei
turbé
,
in
mille
immagini
,
ricordato
e
glorificato
il
nome
d
'
un
uomo
,
una
potenza
assoluta
e
suprema
,
qualche
cosa
,
dentro
di
me
,
cominciava
a
sottomettersi
;
come
a
furia
di
errare
all
'
ombra
dei
cimiteri
e
di
fissare
il
pensiero
nei
sepolcri
,
cominciavo
a
considerare
sotto
un
nuovo
aspetto
,
quasi
sereno
,
la
morte
;
a
provare
un
sentimento
più
queto
e
più
noncurante
della
vita
;
a
abbandonarmi
a
non
so
che
filosofia
odiosa
,
a
un
vagare
indefinito
del
pensiero
,
a
uno
stato
nuovo
dell
'
animo
,
in
cui
mi
pareva
che
il
meglio
fosse
passare
il
tempo
placidamente
sognando
e
lasciare
che
quello
che
è
scritto
si
compia
.
E
provavo
un
sentimento
improvvido
di
uggia
e
d
'
avversione
quando
in
mezzo
a
quelle
fantasie
serene
e
quiete
,
mi
s
'
affacciava
l
'
immagine
delle
nostre
città
affaticate
,
delle
nostre
chiese
oscure
,
dei
nostri
cimiteri
murati
e
deserti
.
[
I
dervis
]
E
anche
i
dervis
mi
passano
dinanzi
,
fra
le
immagini
di
quegli
ultimi
giorni
;
e
sono
i
dervis
Mevlevi
(
il
più
famoso
dei
trentadue
ordini
)
che
hanno
un
notissimo
tekké
in
via
di
Pera
.
Ci
andai
preparato
a
vedere
dei
volti
luminosi
di
santi
,
rapiti
da
allucinazioni
paradisiache
.
Ma
ci
ebbi
una
gran
delusione
.
Ahimè
!
anche
nei
dervis
la
fiamma
della
fede
"
lambe
l
'
arido
stame
"
.
La
famosa
danza
divina
non
mi
parve
che
una
fredda
rappresentazione
teatrale
.
Sono
curiosi
a
vedersi
,
senza
dubbio
,
quando
entrano
nella
moschea
circolare
,
l
'
un
dietro
l
'
altro
,
ravvolti
in
un
grande
mantello
bruno
,
col
capo
basso
,
colle
braccia
nascoste
,
accompagnati
da
una
musica
barbara
,
monotona
e
dolcissima
,
che
somiglia
al
gemito
del
vento
fra
i
cipressi
del
cimitero
di
Scutari
,
e
fa
sognare
a
occhi
aperti
;
e
quando
girano
intorno
,
e
s
'
inchinano
a
due
a
due
dinanzi
al
Mirab
,
con
un
movimento
maestoso
e
languido
che
fa
nascere
un
dubbio
improvviso
sul
loro
sesso
.
Così
è
pure
una
bella
scena
quando
buttano
in
terra
il
mantello
con
un
gesto
vivace
,
e
appariscono
tutti
vestiti
di
bianco
,
colla
lunga
gonnella
di
lana
,
e
allargando
le
braccia
in
atto
amoroso
e
rovesciando
la
testa
,
si
abbandonano
l
'
un
dopo
l
'
altro
ai
giri
,
come
se
fossero
slanciati
da
una
mano
invisibile
;
e
quando
girano
tutti
insieme
nel
mezzo
della
moschea
,
equidistanti
fra
loro
,
senza
scostarsi
d
'
un
filo
dal
proprio
posto
,
come
automi
sur
un
perno
,
bianchi
,
leggeri
,
rapidissimi
,
colla
gonnella
gonfia
e
ondeggiante
,
e
cogli
occhi
socchiusi
;
e
quando
si
precipitano
tutti
insieme
,
come
atterrati
da
una
apparizione
sovrumana
,
soffocando
contro
il
pavimento
il
grido
tonante
di
Allà
;
e
quando
ricominciano
a
inchinarsi
e
a
baciarsi
le
mani
e
a
girare
intorno
,
rasente
il
muro
,
con
un
passo
grazioso
tra
l
'
andatura
e
la
danza
.
Ma
le
estasi
,
i
rapimenti
,
i
volti
trasfigurati
,
che
tanti
viaggiatori
videro
e
descrissero
,
io
non
li
vidi
.
Non
vidi
che
dei
ballerini
agilissimi
e
infaticabili
che
facevano
il
loro
mestiere
colla
massima
indifferenza
.
Vidi
anzi
delle
risa
represse
;
scopersi
un
giovane
dervis
che
non
pareva
punto
scontento
d
'
esser
guardato
fisso
da
una
signora
inglese
affacciata
a
una
tribuna
in
faccia
a
lui
;
e
ne
colsi
sul
fatto
parecchi
che
,
nell
'
atto
di
baciar
le
mani
ai
compagni
,
tiravano
a
morderli
di
nascosto
,
e
questi
li
respingevano
a
pizzicotti
.
Ah
gl
'
ipocriti
!
Quello
che
mi
fece
più
senso
fu
il
vedere
in
tutti
quegli
uomini
,
e
ce
n
'
eran
d
'
ogni
età
e
d
'
ogni
aspetto
,
una
grazia
e
un
'
eleganza
di
mosse
e
d
'
atteggiamenti
,
che
potrebbero
invidiare
molti
dei
nostri
ballerini
da
salotto
;
e
che
è
certo
un
pregio
naturale
delle
razze
orientali
,
dovuto
ad
una
particolare
struttura
del
corpo
.
E
lo
notai
anche
meglio
un
altro
giorno
,
in
cui
potei
penetrare
in
una
celletta
del
tekké
,
e
veder
da
vicino
un
dervis
che
si
preparava
alla
funzione
.
Era
un
giovane
imberbe
,
alto
e
snello
,
di
fisonomia
femminea
.
Si
stringeva
ai
fianchi
la
sottana
bianca
,
guardandosi
nello
specchio
;
si
voltava
verso
di
noi
e
sorrideva
;
si
tastava
colle
mani
la
vita
sottile
;
si
accomodava
in
fretta
,
ma
con
garbo
,
e
con
un
occhio
d
'
artista
,
tutte
le
parti
del
vestimento
,
come
una
signora
che
dia
gli
ultimi
tocchi
alla
sua
acconciatura
;
e
visto
di
dietro
,
con
quello
strascico
,
presentava
infatti
il
profilo
di
un
bel
fusto
di
ragazza
vestita
da
ballo
che
domandasse
un
giudizio
allo
specchio
....
Ed
era
un
frate
!
.
Oh
strane
cose
in
vero
,
come
diceva
Desdemona
a
Otello
.
[
Ciamligià
]
Ma
il
più
bello
dei
miei
ultimi
ricordi
è
sulla
cima
del
monte
Ciamligià
,
che
s
'
alza
alle
spalle
di
Scutari
.
Di
là
diedi
alla
città
il
mio
ultimo
saluto
,
e
fu
l
'
ultima
e
la
più
splendida
delle
mie
grandi
visioni
di
Costantinopoli
.
Andammo
a
Scutari
allo
spuntare
del
giorno
con
un
tempo
nebbioso
.
La
nebbia
c
'
era
ancora
,
quando
s
'
arrivò
sulla
cima
del
monte
;
ma
il
cielo
prometteva
una
giornata
serena
.
Sotto
di
noi
,
tutto
era
nascosto
.
Era
uno
spettacolo
singolarissimo
.
Una
immensa
tenda
grigia
orizzontale
,
che
noi
dominavamo
tutta
collo
sguardo
,
copriva
Scutari
,
il
Bosforo
,
il
Corno
d
'
oro
,
tutta
Costantinopoli
.
Non
si
vedeva
assolutamente
nulla
.
La
grande
città
,
con
tutti
i
suoi
sobborghi
e
tutti
i
suoi
porti
,
pareva
che
fosse
sparita
.
Era
come
un
mare
di
nebbia
da
cui
non
usciva
che
la
cima
di
Ciamligià
,
come
un
'
isola
.
E
noi
guardavamo
quel
mare
grigio
,
immaginando
di
essere
due
poveri
pellegrini
,
venuti
d
'
in
fondo
all
'
Asia
Minore
,
e
arrivati
là
,
prima
dell
'
alba
,
sopra
quella
gran
nebbia
,
senza
sapere
che
ci
fosse
sotto
la
grande
metropoli
dell
'
Impero
ottomano
,
e
provavamo
un
gran
piacere
a
seguire
colla
fantasia
il
sentimento
crescente
di
stupore
e
di
meraviglia
che
quei
pellegrini
avrebbero
provato
vedendo
apparire
a
poco
a
poco
,
al
levarsi
del
sole
,
sotto
quell
'
immenso
velo
grigio
,
la
città
meravigliosa
e
inaspettata
.
E
infatti
,
di
là
a
poco
,
il
velo
fittissimo
si
cominciò
a
rompere
nello
stesso
tempo
in
varii
punti
.
Si
videro
apparire
qua
e
là
,
su
quella
vasta
superficie
grigia
,
come
tanti
principii
di
città
,
che
parevano
isolette
;
un
arcipelago
di
cittadine
nuotanti
nella
nebbia
,
e
sparpagliate
a
grandi
distanze
:
la
cima
di
Scutari
,
le
sette
cime
delle
colline
di
Stambul
,
la
sommità
di
Pera
,
i
sobborghi
più
alti
della
riva
europea
del
Bosforo
,
la
cresta
di
Kassim
Pascià
,
qualcosa
di
confuso
dei
più
lontani
sobborghi
del
Corno
d
'
Oro
,
laggiù
verso
Eyub
e
Hass
-
Kioi
;
venti
piccole
Costantinopoli
,
rosate
ed
aree
,
irte
di
innumerevoli
punte
bianche
,
verdi
e
argentine
.
Poi
ciascheduna
prese
a
allargarsi
,
a
allargarsi
,
come
se
s
'
innalzasse
lentamente
sopra
quel
mare
vaporoso
,
e
venivan
su
,
a
galla
,
da
tutte
le
parti
,
migliaia
di
tetti
,
di
cupole
,
di
torri
,
di
minareti
,
che
pareva
s
'
affollassero
,
o
si
schierassero
in
furia
,
per
trovarsi
al
proprio
posto
prima
di
esser
sorprese
dal
sole
.
Già
si
vedeva
sotto
tutta
Scutari
;
in
faccia
,
quasi
tutta
Stambul
;
sull
'
altra
riva
del
Corno
d
'
oro
,
la
parte
più
alta
di
tutti
i
sobborghi
che
si
stendono
da
Galata
alle
Acque
dolci
;
e
sulla
riva
europea
del
Bosforo
,
Top
-
hané
,
Funduclú
,
Dolma
bagcè
,
Besci
-
tass
,
e
via
,
a
perdita
d
'
occhi
,
città
accanto
a
città
,
gradinate
immense
di
edifizi
,
e
città
più
lontane
che
non
mostravano
che
la
fronte
,
suffuse
dall
'
aurora
d
'
un
soavissimo
rossore
di
corallo
.
Ma
il
Corno
d
'
oro
,
il
Bosforo
,
il
mare
erano
ancora
nascosti
.
I
pellegrini
non
ci
avrebbero
capito
nulla
.
Avrebbero
potuto
immaginare
che
l
'
immensa
città
fosse
fabbricata
sopra
due
valli
profonde
,
e
perpetuamente
nebbiose
,
di
cui
l
'
una
entrasse
nell
'
altra
,
e
domandarsi
che
cosa
si
potesse
nascondere
in
quei
due
abissi
misteriosi
.
Ma
ecco
,
in
pochi
momenti
,
il
grigio
delle
ultime
nebbie
si
chiarisce
-
azzurreggia
-
splende
-
è
acqua
-
è
una
rada
-
uno
stretto
-
un
mare
-
due
mari
:
tutta
Costantinopoli
è
là
,
immersa
in
un
oceano
di
luce
,
d
'
azzurro
e
di
verde
,
che
par
creato
da
un
'
ora
.
Ah
!
in
quel
punto
,
s
'
ha
un
bell
'
avere
già
contemplato
da
mille
altezze
quella
bellezza
,
s
'
ha
un
bell
'
averla
scrutata
in
tutti
i
suoi
particolari
,
e
aver
espresso
in
mille
modi
lo
stupore
e
l
'
ammirazione
;
ma
bisogna
strepitare
e
gridare
ancora
;
e
pensando
che
fra
pochi
giorni
tutto
sparirà
dai
nostri
occhi
,
per
non
esser
più
che
un
ricordo
confuso
,
che
quel
velo
di
nebbia
non
si
alzerà
mai
più
,
che
è
quello
il
momento
di
dare
l
'
ultimo
addio
a
ogni
cosa
...
non
so
...
sembra
di
dover
partire
per
l
'
esilio
e
che
l
'
orizzonte
della
nostra
vita
s
'
oscuri
.
Eppure
anche
a
Costantinopoli
,
negli
ultimi
giorni
,
ci
colse
la
noia
.
La
mente
affaticata
si
rifiutava
alle
nuove
impressioni
.
Passavamo
sul
ponte
senza
voltarci
.
Tutto
ci
pareva
d
'
un
colore
.
Giravamo
senza
scopo
,
sbadigliando
,
coll
'
aria
di
vagabondi
sconclusionati
.
Passavamo
ore
ed
ore
dinanzi
a
un
caffè
turco
,
cogli
occhi
fissi
sui
ciottoli
,
o
alla
finestra
dall
'
albergo
a
guardare
i
gatti
che
vagavano
sui
tetti
delle
case
dirimpetto
.
Eravamo
sazii
d
'
Oriente
;
cominciavamo
a
sentire
un
bisogno
prepotente
di
raccoglimento
e
di
lavoro
.
Poi
piovve
per
due
giorni
:
Costantinopoli
si
convertì
in
un
immenso
pantano
e
diventò
tutta
grigia
.
E
quello
fu
il
colpo
di
grazia
.
Ci
pigliò
l
'
umor
nero
,
dicevamo
corna
della
città
,
eravamo
diventati
insolenti
,
sfrontati
,
pieni
di
pretese
e
di
boria
europea
.
Chi
ce
l
'
avesse
detto
il
giorno
dell
'
arrivo
!
E
a
che
punto
si
giunse
!
Si
giunse
a
far
festa
il
giorno
che
s
'
uscì
dall
'
ufficio
del
Lloyd
austriaco
con
due
biglietti
d
'
imbarco
per
Varna
e
per
il
Danubio
!
Ma
c
'
era
un
punto
nero
in
quella
festa
,
ed
era
il
dispiacere
di
doverci
separare
dai
nostri
buoni
amici
di
Pera
,
coi
quali
passammo
tutte
quelle
ultime
sere
,
affettuosamente
.
Com
'
è
tristo
questo
dover
sempre
dire
addio
,
e
spezzar
sempre
dei
legami
,
e
lasciare
un
briciolo
del
proprio
cuore
da
per
tutto
!
Non
c
'
è
dunque
proprio
in
nessuna
parte
del
mondo
una
bacchetta
fatata
con
cui
io
possa
un
giorno
,
a
una
data
ora
,
far
ricomparire
tutti
insieme
intorno
a
una
gran
tavola
imbandita
tutti
i
miei
buoni
amici
sparsi
alle
quattro
plaghe
dei
venti
:
te
da
Costantinopoli
,
Santoro
;
te
dalle
rive
dell
'
Affrica
,
Selam
;
te
dalle
dune
dell
'
Olanda
,
Ten
Brink
;
te
,
Segovia
,
dal
Guadalguivir
,
e
te
,
Saavedra
,
dal
Tago
,
per
gridarvi
che
vi
avrò
sempre
nel
cuore
?
Ahimè
!
la
bacchetta
non
si
trova
,
e
intanto
gli
anni
passano
e
le
speranze
volano
via
.
I
TURCHI
Ora
,
prima
di
salire
sul
bastimento
austriaco
che
fuma
nel
Corno
d
'
oro
,
in
faccia
a
Galata
,
pronto
a
partire
per
il
Mar
Nero
,
mi
rimane
da
esporre
modestamente
,
da
povero
viaggiatore
,
alcune
osservazioni
generali
,
che
rispondano
alla
domanda
:
-
Che
cosa
t
'
è
parso
dei
Turchi
?
-
osservazioni
spontanee
,
liberissime
da
ogni
considerazione
degli
avvenimenti
presenti
,
e
ricavate
tali
e
quali
dalle
mie
memorie
di
quei
giorni
.
A
quella
domanda
:
-
Che
cosa
t
'
è
parso
dei
Turchi
?
-
mi
si
ravviva
,
per
prima
cosa
,
l
'
impressione
che
produsse
in
me
,
così
il
primo
giorno
che
l
'
ultimo
,
l
'
aspetto
esteriore
della
popolazione
maschia
di
Stambul
.
Anche
non
tenendo
conto
della
differenza
delle
forme
fisiche
,
è
un
'
impressione
affatto
diversa
da
quella
che
produce
la
gente
di
qualunque
altra
città
europea
.
Sembra
di
vedere
un
popolo
-
non
so
come
render
meglio
la
mia
idea
-
nel
quale
tutti
pensino
perpetuamente
alla
medesima
cosa
.
La
stessa
impressione
possono
produrre
,
in
un
abitante
dell
'
Europa
meridionale
,
che
osservi
superficialmente
,
gli
abitanti
delle
città
nordiche
;
ma
la
cosa
è
molto
diversa
.
Questi
hanno
la
serietà
e
il
raccoglimento
di
gente
affaccendata
,
che
pensi
ai
fatti
proprii
;
i
turchi
hanno
l
'
aspetto
di
gente
che
pensi
a
qualche
cosa
remota
e
indeterminata
.
Paiono
tutti
filosofi
assorti
in
un
'
idea
fissa
,
o
sonnambuli
,
che
camminino
senza
accorgersi
del
luogo
dove
sono
e
delle
cose
che
hanno
intorno
.
Guardano
tutti
diritto
e
lontano
come
chi
è
abituato
a
contemplare
dei
grandi
orizzonti
,
e
hanno
una
vaga
espressione
di
tristezza
negli
occhi
e
nella
bocca
,
come
chi
è
abituato
a
vivere
molto
chiuso
in
sè
stesso
.
È
in
tutti
la
stessa
gravità
,
la
stessa
compostezza
di
modi
,
lo
stesso
riserbo
del
linguaggio
,
dello
sguardo
,
dei
gesti
.
Paiono
tutti
signori
,
educati
tutti
ad
un
modo
,
dal
pascià
al
merciaiolo
,
e
ammantati
d
'
una
specie
di
dignità
aristocratica
,
la
quale
fa
sì
che
nessuno
s
'
accorgerebbe
,
a
primo
aspetto
,
che
ci
sia
una
plebe
a
Stambul
,
se
non
fosse
la
differenza
dei
vestimenti
.
Son
quasi
tutti
visi
freddi
,
che
non
rivelano
affatto
l
'
animo
e
il
pensiero
.
È
rarissimo
trovare
una
di
quelle
fisonomie
chiare
,
così
frequenti
tra
noi
,
che
sono
come
lo
specchio
d
'
un
'
indole
amorevole
o
appassionata
o
bisbetica
,
e
che
consentono
un
giudizio
pronto
e
sicuro
dell
'
uomo
.
Fra
loro
ogni
viso
è
un
enimma
;
il
loro
sguardo
interroga
,
ma
non
risponde
;
la
loro
bocca
non
tradisce
nessun
movimento
del
cuore
.
Non
si
può
dire
quanto
pesi
sull
'
animo
dello
straniero
questo
mutismo
dei
volti
,
questa
freddezza
,
questa
uniformità
d
'
atteggiamenti
statuarii
e
di
sguardi
fissi
,
che
non
dicono
nulla
.
A
volte
vien
voglia
di
gridare
in
mezzo
alla
folla
:
-
Ma
scotetevi
una
volta
!
diteci
chi
siete
,
che
cosa
pensate
,
che
cosa
vedete
dinanzi
a
voi
,
per
aria
,
con
quegli
occhi
di
vetro
!
-
E
la
cosa
par
tanto
strana
,
che
si
stenta
quasi
a
credere
che
sia
naturale
;
si
dubita
,
in
qualche
momento
,
che
sia
una
finzione
convenuta
,
o
l
'
effetto
passeggiero
di
qualche
malattia
morale
comune
a
tutti
i
musulmani
di
Costantinopoli
.
Dà
nell
'
occhio
alle
prime
,
però
,
in
quella
uniformità
di
modi
e
d
'
atteggiamenti
,
una
differenza
notevole
d
'
aspetto
fra
una
parte
e
l
'
altra
della
popolazione
.
I
tratti
originali
della
razza
turca
,
che
è
bella
e
robusta
,
non
son
rimasti
inalterati
che
nel
basso
popolo
,
che
serba
per
necessità
o
per
sentimento
religioso
la
sobrietà
di
vita
dei
suoi
padri
.
In
esso
si
vedono
i
corpi
asciutti
e
vigorosi
,
le
teste
ben
formate
,
gli
occhi
vivi
,
il
naso
aquilino
,
le
ossa
mascellari
prominenti
,
e
un
che
di
forte
e
d
'
ardito
in
tutte
le
forme
della
persona
.
I
turchi
delle
alte
classi
,
per
contro
,
in
cui
è
antica
la
corruzione
e
maggiore
la
mescolanza
del
sangue
straniero
,
hanno
per
lo
più
dei
corpi
grossi
d
'
una
molle
pinguedine
,
teste
piccine
,
fronti
basse
,
occhi
senza
lampo
,
labbra
cadenti
.
E
a
questa
differenza
fisica
corrisponde
una
non
meno
grande
,
o
forse
maggiore
differenza
morale
,
che
è
quella
che
corre
fra
il
turco
vero
,
schietto
,
antico
,
e
quell
'
essere
ambiguo
,
senza
colore
e
senza
sapore
,
che
si
chiama
il
turco
della
riforma
.
Dal
che
nasce
una
grande
difficoltà
allo
studiare
quello
che
si
chiama
in
modo
generale
il
popolo
turco
;
poichè
colla
parte
di
esso
,
che
ha
serbato
intatto
il
carattere
nazionale
,
o
non
c
'
è
modo
di
mescolarsi
o
non
c
'
è
verso
d
'
intendersi
;
e
l
'
altra
parte
,
colla
quale
c
'
è
facilità
di
commercio
e
d
'
osservazione
,
non
rappresenta
fedelmente
nè
l
'
indole
ne
le
idee
della
nazione
.
Ma
nè
la
corruzione
nè
la
nuova
tinta
di
civiltà
europea
ha
ancora
tolto
ai
turchi
delle
classi
superiori
quel
non
so
che
d
'
austero
e
di
vagamente
triste
,
che
si
osserva
nel
popolo
basso
,
e
che
,
non
considerato
negli
individui
,
ma
nella
generalità
della
popolazione
,
produce
un
'
impressione
innegabilmente
favorevole
.
A
giudicarne
,
in
fatti
,
dall
'
apparenza
,
la
popolazione
turca
di
Costantinopoli
parrebbe
la
più
civile
e
la
più
onesta
dell
'
Europa
.
Non
si
dà
caso
,
nemmeno
per
le
strade
più
solitarie
di
Stambul
,
che
uno
straniero
sia
insultato
;
si
possono
visitare
le
moschee
,
anche
durante
le
preghiere
,
con
assai
più
sicurezza
d
'
essere
rispettati
che
non
potrebbe
averne
un
turco
che
visitasse
le
nostre
chiese
;
tra
la
folla
,
non
s
'
incontra
mai
uno
sguardo
,
non
dico
insolente
,
ma
neanche
troppo
curioso
;
rarissime
le
risse
,
rarissima
la
gente
del
popolo
che
si
scanagli
in
mezzo
alla
strada
,
nessun
vocìo
di
donnacole
alle
porte
,
alle
finestre
,
nelle
botteghe
;
nessun
'
apparenza
pubblica
di
prostituzione
,
nessun
atto
indecente
;
il
mercato
poco
meno
dignitoso
della
moschea
;
per
tutto
una
gran
parsimonia
di
gesti
e
di
parole
;
non
canti
,
non
risate
clamorose
,
non
schiamazzi
plebei
,
non
crocchi
importuni
che
impediscano
il
passo
;
visi
,
mani
e
piedi
puliti
;
rari
i
cenci
,
e
raramente
sudici
;
punto
becerume
;
e
una
manifestazione
universale
e
reciproca
di
rispetto
fra
tutte
le
classi
sociali
.
Ma
ciò
non
è
che
apparenza
.
Il
marcio
è
nascosto
.
La
corruzione
è
dissimulata
dalla
separazione
dei
due
sessi
,
l
'
ozio
è
larvato
dalla
quiete
,
la
dignità
fa
da
maschera
all
'
orgoglio
,
la
compostezza
grave
dei
visi
,
che
pare
indizio
di
profondi
pensieri
,
nasconde
l
'
inerzia
mortale
dell
'
intelletto
,
e
quella
che
sembra
temperanza
civile
di
vita
,
non
è
che
mancanza
di
vera
vita
.
La
natura
,
la
filosofia
,
l
'
intera
vita
di
questo
popolo
è
significata
da
uno
stato
particolare
dello
spirito
e
del
corpo
,
che
si
chiama
Kief
,
e
che
è
il
supremo
dei
suoi
piaceri
.
Aver
mangiato
parcamente
,
aver
bevuto
un
bicchiere
d
'
acqua
di
fonte
,
aver
detto
le
preghiere
,
sentire
la
carne
quieta
e
la
coscienza
tranquilla
,
e
star
così
,
in
un
punto
da
cui
si
veda
un
vasto
orizzonte
,
seduti
all
'
ombra
d
'
un
albero
,
seguitando
collo
sguardo
i
colombi
del
cimitero
sottoposto
,
i
bastimenti
lontani
,
gl
'
insetti
vicini
,
le
nuvole
del
cielo
e
il
fumo
del
narghilé
,
pensando
vagamente
a
Dio
,
alla
morte
,
alla
vanità
dei
beni
della
terra
e
alla
dolcezza
del
riposo
eterno
d
'
un
'
altra
vita
:
ecco
il
Kief
.
Star
spettatore
inoperoso
del
gran
teatro
del
mondo
:
ecco
la
grande
aspirazione
del
turco
.
A
questo
lo
porta
la
sua
natura
antica
di
pastore
contemplativo
e
lento
,
la
sua
religione
che
lega
le
braccia
all
'
uomo
,
rimettendo
ogni
cosa
a
Dio
,
la
sua
tradizione
di
soldato
dell
'
islamismo
,
per
il
quale
non
c
'
è
altra
azione
veramente
grande
e
necessaria
che
combattere
e
vincere
per
la
propria
fede
,
e
finita
la
battaglia
,
ogni
dovere
è
compiuto
.
Per
lui
,
tutto
è
fatale
;
l
'
uomo
non
è
che
uno
strumento
nelle
mani
della
Provvidenza
;
è
inutile
che
egli
si
agiti
per
dare
alle
cose
umane
altro
corso
da
quello
che
è
prescritto
nel
cielo
;
la
terra
è
un
caravanserai
;
Dio
ha
creato
l
'
uomo
perché
vi
passi
,
pregando
e
ammirando
le
suo
opere
;
lasciamo
fare
a
Dio
;
lasciamo
cadere
quello
che
cade
e
passare
quello
che
passa
;
non
ci
affanniamo
per
rinnovare
,
non
ci
affanniamo
per
conservare
.
Così
il
suo
supremo
desiderio
è
la
quiete
,
ed
egli
si
preserva
con
somma
cura
da
tutte
le
commozioni
che
possono
turbare
l
'
armonia
pacata
della
sua
vita
.
Quindi
nè
avidità
di
sapere
,
nè
febbre
di
guadagni
,
nè
furore
di
viaggi
,
nè
passioni
vaghe
e
inappagabili
d
'
amore
e
d
'
ambizione
.
La
mancanza
dei
moltissimi
bisogni
intellettuali
e
fisici
,
per
soddisfare
i
quali
noi
lottiamo
con
un
lavoro
continuo
,
fa
sì
ch
'
egli
non
comprenda
nemmeno
in
noi
la
ragione
di
questo
lavoro
.
Egli
lo
considera
come
un
indizio
di
aberrazione
morbosa
del
nostro
spirito
.
L
'
ultimo
scopo
d
'
ogni
fatica
parendogli
necessariamente
la
pace
di
cui
egli
gode
senza
affaticarsi
,
gli
pare
altresì
che
sia
più
saggio
e
più
utile
l
'
arrivarci
per
la
via
breve
e
piana
per
cui
egli
ci
arriva
.
Tutto
il
grande
lavorìo
di
pensieri
e
di
braccia
dei
popoli
europei
,
gli
pare
un
anfanamento
puerile
,
perché
non
ne
vede
gli
effetti
in
una
possessione
maggiore
della
sua
felicità
ideale
.
Non
lavorando
,
non
ha
sentimento
del
valore
del
tempo
;
e
mancandogli
questo
sentimento
,
non
può
nè
desiderare
nè
pregiare
tutti
i
trovati
dell
'
ingegno
umano
che
tendono
ad
accelerare
la
vita
e
il
cammino
dell
'
umanità
.
È
capace
di
domandarsi
a
che
cosa
giovi
una
strada
ferrata
se
non
conduce
a
una
città
dove
si
possa
viver
più
felici
che
in
quella
da
cui
si
parte
.
La
sua
fede
fatalista
,
che
gli
fa
parer
vano
il
darsi
pensiero
dell
'
avvenire
,
è
cagione
pure
ch
'
egli
non
pregi
nessuna
cosa
se
non
per
quel
tanto
di
godimento
sicuro
e
immediato
che
gli
può
procurare
.
Perciò
non
gli
pare
che
un
sognatore
l
'
europeo
che
prevede
e
che
prepara
,
che
getta
le
fondamenta
d
'
un
edifizio
di
cui
non
vedrà
il
compimento
,
che
consuma
le
sue
forze
,
che
sacrifica
la
sua
pace
ad
un
fine
dubbio
e
lontano
.
Perciò
giudica
la
nostra
razza
una
razza
frivola
,
meschina
,
presuntuosa
,
imbastardita
,
di
cui
il
solo
pregio
è
una
scienza
orgogliosa
delle
cose
terrene
,
ch
'
egli
disdegna
,
se
non
in
quanto
è
costretto
a
valersene
per
non
rimanerci
al
di
sotto
.
E
ci
disprezza
.
Per
me
è
questo
il
sentimento
dominante
che
ispiriamo
noi
europei
ai
veri
turchi
che
costituiscono
ancora
la
grande
maggioranza
della
nazione
;
e
si
potrà
negare
e
fingere
di
non
crederci
;
ma
non
si
può
non
sentire
da
chi
sia
vissuto
poco
o
molto
in
mezzo
a
loro
.
E
questo
sentimento
di
disprezzo
deriva
da
molte
cagioni
:
la
prima
delle
quali
è
la
considerazione
d
'
un
fatto
significantissimo
per
essi
:
che
cioè
,
da
più
di
quattro
secoli
,
benchè
relativamente
scarsi
di
numero
,
dominano
una
gran
parte
di
Europa
di
fede
avversa
alla
loro
,
e
vi
si
mantengono
malgrado
tutto
quello
che
accadde
e
che
accade
.
La
parte
minima
della
nazione
vede
la
cagione
di
questo
fatto
nelle
gelosie
e
nelle
discordie
degli
Stati
d
'
Europa
;
la
parte
maggiore
la
vede
invece
nella
superiorità
delle
proprie
forze
,
e
nel
nostro
avvilimento
.
Non
cade
neppur
nella
mente
,
infatti
,
a
nessun
turco
del
volgo
che
un
'
Europa
islamitica
avrebbe
subito
e
subirebbe
l
'
affronto
d
'
una
conquista
cristiana
dai
Dardanelli
al
Danubio
.
Ai
vanti
della
nostra
civiltà
,
essi
oppongono
il
fatto
della
loro
dominazione
.
Orgogliosi
di
sangue
,
fortificati
in
quest
'
orgoglio
dalla
consuetudine
dell
'
impero
,
abituati
a
sentirsi
dire
,
in
nome
di
Dio
,
ch
'
essi
appartengono
a
una
razza
conquistatrice
,
nata
alla
guerra
,
non
al
lavoro
,
abituati
anzi
a
vivere
del
lavoro
dei
vinti
,
non
comprendono
nemmeno
come
i
popoli
soggetti
a
loro
possano
accampare
un
diritto
qualsiasi
all
'
eguaglianza
civile
.
Per
loro
,
posseduti
da
una
fede
cieca
nel
regno
sensibile
della
Provvidenza
,
la
conquista
dell
'
Europa
è
stata
l
'
adempimento
di
un
decreto
di
Dio
;
è
Dio
che
li
ha
investiti
,
in
segno
di
predilezione
,
di
questa
sovranità
terrena
;
e
il
fatto
ch
'
essi
la
conservino
,
contro
tante
forze
ostili
,
è
una
prova
incontestabile
del
loro
diritto
divino
,
e
nello
stesso
tempo
un
argomento
luminoso
in
favore
della
verità
della
loro
fede
.
Contro
questo
loro
sentimento
si
spezzano
tutti
i
ragionamenti
di
civiltà
,
di
diritto
,
d
'
eguaglianza
.
La
civiltà
per
loro
non
è
che
una
forza
ostile
che
vuol
disarmarli
senza
combattere
,
a
poco
a
poco
,
a
tradimento
,
per
abbassarli
a
paro
dei
loro
soggetti
e
spogliarli
della
loro
dominazione
.
Quindi
,
oltre
al
disprezzarla
come
vana
,
la
temono
come
nemica
;
e
poichè
non
possono
respingerla
colla
forza
,
le
oppongono
la
invincibile
resistenza
della
loro
inerzia
.
Trasformarsi
,
incivilirsi
,
eguagliarsi
ai
loro
soggetti
,
essi
comprendono
che
significa
doversi
mettere
a
gareggiare
con
quelli
d
'
ingegno
,
di
studio
e
di
lavoro
;
acquistare
una
superiorità
nuova
;
rifare
colle
forze
dello
spirito
la
conquista
già
fatta
colla
spada
;
e
a
questo
s
'
oppone
,
oltre
il
loro
interesse
materiale
di
dominatori
,
il
loro
disprezzo
religioso
per
gli
infedeli
,
la
loro
alterezza
soldatesca
,
la
loro
indolenza
fatta
seconda
natura
,
l
'
indole
del
loro
ingegno
mancante
d
'
ogni
facoltà
iniziatrice
,
e
intorpidito
nell
'
immobilità
di
quelle
cinque
idee
tradizionali
,
che
formano
tutto
il
patrimonio
intellettuale
della
nazione
.
Essi
non
vedono
,
d
'
altra
parte
,
in
quella
classe
sociale
,
che
accetta
,
secondo
loro
,
la
civiltà
europea
,
e
che
rappresenta
ai
loro
occhi
lo
stato
in
cui
l
'
Europa
vorrebbe
veder
ridotti
tutti
i
figli
d
'
Osmano
,
non
vedono
in
quei
loro
fratelli
in
soprabito
e
in
guanti
,
che
balbettano
il
francese
e
non
vanno
alla
moschea
,
un
esempio
che
possa
ragionevolmente
convertirli
.
Come
rappresenta
la
civiltà
quella
parte
della
nazione
ottomana
?
Su
questo
son
presso
a
poco
tutti
d
'
accordo
.
Il
nuovo
turco
non
vale
il
vecchio
.
Egli
ha
preso
i
nostri
panni
,
i
nostri
comodi
,
i
nostri
vizii
,
le
nostre
vanità
;
ma
non
ha
accolto
,
per
ora
,
nè
i
nostri
sentimenti
,
nè
le
nostre
idee
;
e
in
questa
trasformazione
parziale
,
ha
perduto
quello
che
c
'
era
di
buono
in
fondo
alla
sua
natura
genuina
di
Osmano
.
Il
vecchio
turco
non
vede
per
ora
altri
frutti
dell
'
incivilimento
che
una
più
diffusa
peste
dicasterica
,
un
'
impiegataglia
innumerevole
,
oziosa
,
inetta
,
miscredente
,
rapace
,
mascherata
alla
franca
,
che
disprezza
tutte
le
tradizioni
nazionali
,
e
una
specie
di
jeunesse
dorée
,
corrotta
e
sfrontata
,
che
promette
di
riuscire
assai
peggiore
dei
suoi
padri
.
Così
vestire
e
così
vivere
,
giusta
il
concetto
del
vero
turco
,
è
esser
civili
;
e
infatti
egli
chiama
fare
,
pensare
,
vivere
alla
franca
,
tutti
gli
usi
e
tutte
le
azioni
che
non
solo
la
sua
coscienza
di
maomettano
,
ma
la
coscienza
di
qualunque
uomo
onesto
condanna
.
Considera
quindi
gli
"
inciviliti
"
,
non
come
musulmani
più
avanzati
degli
altri
sulla
via
d
'
un
miglioramento
qualsiasi
;
ma
come
gente
scaduta
,
traviata
,
poco
meno
che
apostata
e
che
traditrice
della
nazione
;
e
diffida
delle
novità
,
e
le
respinge
per
quanto
è
in
lui
,
non
foss
'
altro
che
perché
gli
vengono
da
quella
parte
,
in
cui
egli
ne
vede
tutto
giorno
gli
effetti
funesti
.
Ogni
novità
europea
è
per
lui
un
attentato
contro
il
suo
carattere
e
contro
i
suoi
interessi
.
Il
governo
è
rivoluzionario
,
il
popolo
è
conservatore
;
la
semenza
delle
nuove
idee
casca
in
un
terreno
rigido
e
unito
che
le
rifiuta
gli
umori
per
la
fecondazione
;
la
mano
di
chi
regge
le
cose
,
stringe
ed
agita
l
'
elsa
;
ma
la
lama
gira
nel
manico
.
Questa
è
la
ragione
per
cui
tutta
l
'
opera
riformatrice
che
si
va
tentando
da
cinquant
'
anni
,
non
ha
ancora
passato
la
prima
pelle
della
nazione
.
Si
sono
mutati
i
nomi
,
sono
rimaste
le
cose
.
Il
poco
che
fu
fatto
,
fu
fatto
colla
violenza
,
e
a
questo
il
popolo
attribuisce
l
'
audacia
crescente
degl
'
infedeli
,
la
corruzione
che
piglia
campo
nel
cuore
dell
'
impero
,
e
tutte
le
sventure
nazionali
.
Perché
mutare
le
nostre
istituzioni
,
egli
si
domanda
,
se
son
quelle
colle
quali
abbiamo
vinto
e
dominato
per
secoli
?
Perché
adottar
quelle
che
non
ebbero
forza
di
resistere
all
'
urto
della
nostra
spada
?
L
'
organesimo
,
la
vita
,
le
tradizioni
del
popolo
turco
son
quelle
d
'
un
esercito
vincitore
accampato
in
Europa
;
esso
ne
esercita
il
comando
,
ne
gode
i
privilegi
e
gli
ozii
,
e
ne
sente
l
'
orgoglio
;
e
come
tutti
gli
eserciti
,
preferisce
la
disciplina
di
ferro
,
che
gli
concede
la
prepotenza
sui
vinti
,
a
una
disciplina
più
mite
,
ma
che
incatena
il
suo
arbitrio
di
vincitore
.
Ora
lo
sperare
che
questo
stato
di
cose
,
immobile
da
secoli
,
possa
mutare
nel
giro
di
pochi
anni
,
è
un
sogno
.
Le
avanguardie
leggere
della
civiltà
possono
procedere
quanto
vogliono
rapidamente
;
ma
il
grosso
dell
'
esercito
,
carico
ancora
delle
pesanti
armature
medioevali
,
o
non
si
muove
,
o
non
le
segue
che
alla
lontana
,
a
lentissimo
passo
.
Non
sono
che
cose
di
ieri
,
convien
ricordarsi
,
il
dispotismo
cieco
,
i
giannizzeri
,
il
serraglio
coronato
di
teste
,
il
sentimento
dell
'
invincibilità
degli
osmani
,
il
raià
considerato
e
trattato
con
un
essere
immondo
,
gli
ambasciatori
di
Francia
vestiti
e
pasciuti
sul
limitare
della
sala
del
trono
,
per
simboleggiare
la
vile
povertà
degl
'
infedeli
al
cospetto
del
Gran
Signore
.
Ma
su
questo
argomento
,
non
c
'
è
,
credo
,
gran
disparità
di
pareri
nemmeno
fra
gli
Europei
e
i
Turchi
medesimi
.
La
disparità
dei
giudizii
,
e
quindi
la
difficoltà
per
uno
straniero
di
dare
un
giudizio
proprio
,
è
nell
'
estimazione
delle
intime
qualità
individuali
del
turco
;
poichè
a
interrogarne
i
raià
,
non
si
sentono
che
i
vilipendii
dell
'
oppresso
contro
l
'
oppressore
;
a
domandarne
gli
Europei
liberi
delle
colonie
,
i
quali
non
hanno
ragione
nè
di
temere
nè
di
odiare
gli
Osmani
,
non
solo
,
ma
hanno
mille
ragioni
di
compiacersi
dello
stato
attuale
delle
cose
,
non
si
ottengono
in
generale
che
giudizii
,
forse
coscienziosamente
,
ma
certo
eccessivamente
favorevoli
.
I
più
di
questi
sono
concordi
nel
riconoscere
il
turco
probo
,
franco
,
leale
,
e
sinceramente
religioso
.
Ma
riguardo
al
sentimento
religioso
,
la
cui
conservazione
gli
potrebbe
esser
tenuta
in
conto
d
'
un
grande
merito
,
è
da
notarsi
che
la
religione
in
cui
si
mantiene
saldo
,
non
s
'
oppone
ad
alcune
delle
sue
tendenze
e
ad
alcuno
dei
suoi
interessi
;
accarezza
,
anzi
,
la
sua
natura
sensuale
,
giustifica
la
sua
inerzia
,
sancisce
la
sua
dominazione
;
egli
vi
si
attiene
tenacemente
,
poichè
sente
che
la
sua
nazionalità
è
nel
suo
dogma
e
il
suo
destino
nella
sua
fede
.
Riguardo
alla
probità
,
si
citano
molte
prove
di
fatti
individuali
dei
quali
si
potrebbero
citare
esempi
innumerevoli
anche
fra
il
più
corrotto
popolo
europeo
.
Ma
è
da
considerarsi
,
anche
a
questo
riguardo
,
che
non
ha
poca
parte
l
'
ostentazione
nella
probità
che
mostra
il
turco
nei
suoi
commerci
coi
cristiani
,
coi
quali
fa
spesso
per
orgoglio
quello
che
non
farebbe
per
semplice
impulso
della
coscienza
,
poichè
gli
ripugna
di
comparire
dappoco
in
faccia
a
gente
a
cui
si
tiene
superiore
di
razza
e
di
valore
morale
.
Così
nascono
pure
dalla
sua
stessa
condizione
di
dominatore
certe
qualità
,
astrattamente
pregevoli
,
di
franchezza
,
di
fierezza
,
di
dignità
,
che
non
è
ben
certo
se
avrebbe
conservate
,
messo
nella
condizione
di
chi
gli
è
soggetto
.
Non
gli
si
può
negare
,
però
,
nè
il
sentimento
della
carità
,
il
quale
è
il
solo
balsamo
agl
'
infiniti
mali
della
sua
società
mal
ordinata
,
benchè
incoraggi
l
'
indolenza
e
moltiplichi
la
miseria
;
nè
altri
sentimenti
che
sono
indizii
di
gentilezza
d
'
animo
,
come
la
gratitudine
ch
'
egli
serba
per
i
più
piccoli
benefizii
,
il
culto
dei
morti
,
la
cortesia
ospitale
,
il
rispetto
degli
animali
.
È
bello
il
suo
sentimento
dell
'
eguaglianza
di
tutte
le
classi
sociali
.
È
innegabile
una
certa
moderazione
severa
della
sua
indole
,
che
traspare
dagli
innumerevoli
proverbi
pieni
di
saggezza
e
di
prudenza
;
una
certa
semplicità
patriarcale
,
una
tendenza
vaga
alla
solitudine
e
alla
malinconia
,
che
esclude
la
volgarità
e
la
tristizia
dell
'
animo
.
Senonchè
tutte
queste
qualità
galleggiano
,
per
così
dire
,
al
sommo
dell
'
anima
sua
,
nella
quiete
non
turbata
della
vita
ordinaria
;
e
v
'
è
in
fondo
,
come
addormentata
,
la
sua
violenta
natura
asiatica
,
il
suo
fanatismo
,
il
suo
furore
di
soldato
,
la
sua
ferocia
di
barbaro
,
che
,
stimolati
,
prorompono
,
e
ne
balza
fuori
un
altr
'
uomo
.
Il
perché
è
giusta
la
sentenza
che
il
turco
ha
un
'
indole
mitissima
quando
non
taglia
le
teste
.
Il
tartaro
è
come
rannicchiato
dentro
di
lui
,
e
assopito
.
Il
vigore
nativo
è
rimasto
intero
in
lui
,
quasi
custodito
dalla
indolente
mollezza
della
sua
vita
,
la
quale
non
se
ne
serve
che
nelle
occasioni
supreme
.
Così
gli
è
rimasto
intero
il
coraggio
di
cui
la
cultura
dell
'
intelligenza
rallenta
la
molla
,
raffinando
il
sentimento
della
vita
,
resa
più
cara
dal
concetto
e
dalla
speranza
di
godimenti
maggiori
.
In
lui
la
passione
religiosa
e
guerriera
trova
un
campo
non
guasto
nè
da
dubbi
,
nè
da
ribellioni
dello
spirito
,
nè
da
cozzi
d
'
idee
;
una
sostanza
tutta
e
istantaneamente
infiammabile
;
un
uomo
tutto
d
'
un
pezzo
che
scatta
,
a
un
tocco
,
tutto
intero
;
una
lama
sempre
affilata
,
su
cui
non
è
scritto
che
il
nome
d
'
un
Dio
e
d
'
un
Sovrano
.
La
vita
sociale
ha
appena
digrossato
in
lui
l
'
uomo
antico
della
steppa
e
della
capanna
.
Spiritualmente
,
egli
vive
ancora
nella
città
presso
a
poco
come
viveva
nella
tribù
,
in
mezzo
alla
gente
,
ma
solitario
coi
suoi
pensieri
.
Non
c
'
è
,
anzi
,
fra
loro
,
una
vera
vita
sociale
.
La
vita
dei
due
sessi
dà
l
'
immagine
di
due
fiumi
paralleli
,
i
quali
non
confondono
le
loro
acque
,
se
non
qua
e
là
per
via
di
comunicazioni
sotterranee
.
Gli
uomini
si
raccolgono
fra
loro
,
ma
non
vivono
in
intimità
di
pensiero
gli
uni
cogli
altri
;
si
avvicinano
,
ma
non
si
legano
;
ciascuno
preferisce
alla
espansione
di
sè
medesimo
,
quella
che
un
grande
poeta
definì
mirabilmente
la
vegetazione
sorda
delle
idee
.
La
nostra
conversazione
,
agile
e
varia
,
che
scherza
,
discute
,
insegna
,
ricrea
,
il
nostro
bisogno
di
dare
e
di
ricevere
sentimenti
e
pensieri
,
questa
estrinsecazione
reciproca
del
nostro
essere
,
in
cui
l
'
intelligenza
si
esercita
e
il
cuore
si
riscalda
,
pochissimi
tra
loro
la
conoscono
.
I
loro
discorsi
radono
quasi
sempre
la
terra
e
trattano
per
lo
più
di
cose
materialmente
necessarie
.
L
'
amore
è
escluso
,
la
letteratura
è
privilegio
di
pochi
,
la
scienza
è
un
mito
,
la
politica
si
riduce
per
lo
più
a
una
quistione
di
nomi
,
gli
affari
non
occupano
che
una
piccolissima
parte
nella
vita
del
maggior
numero
.
Alle
discussioni
astratte
la
natura
della
loro
intelligenza
si
rifiuta
.
Essi
non
comprendono
bene
che
quello
che
vedono
e
quello
che
toccano
;
del
che
è
una
prova
la
loro
lingua
stessa
,
la
quale
difetta
ogni
volta
che
c
'
è
da
esprimere
un
'
astrazione
;
per
il
che
i
turchi
istruiti
sono
costretti
a
ricorrere
all
'
arabo
e
al
persiano
,
o
a
una
lingua
europea
.
Essi
non
sentono
il
bisogno
,
d
'
altra
parte
,
di
forzare
la
mente
a
comprendere
cose
che
son
fuori
dei
loro
desiderii
,
e
quasi
della
loro
vita
.
Il
persiano
è
più
investigatore
,
l
'
arabo
è
più
curioso
:
il
turco
non
ha
che
una
suprema
indifferenza
per
quello
che
non
conosce
.
E
non
avendo
idee
da
scambiare
,
non
cerca
la
compagnia
degli
europei
;
e
non
ama
nè
le
loro
interminabili
e
sottili
discussioni
,
nè
loro
stessi
.
Nè
ci
può
esser
intera
confidenza
fra
gli
uni
e
gli
altri
,
dacchè
l
'
uno
dei
due
nasconde
perpetuamente
una
parte
di
sè
:
i
suoi
affetti
più
intimi
,
la
sua
casa
,
i
suoi
piaceri
,
e
quello
che
più
importa
,
il
vero
sentimento
che
nutre
verso
l
'
altro
;
che
è
un
sentimento
invincibile
di
diffidenza
.
Il
turco
tollera
l
'
armeno
,
sprezza
l
'
ebreo
,
odia
il
greco
,
diffida
del
franco
.
Sopporta
,
in
generale
,
tutti
quanti
,
come
un
grosso
animale
che
si
lascia
passeggiare
sulla
schiena
una
miriade
di
mosche
,
riserbandosi
a
darci
su
una
codata
quando
si
senta
pungere
nel
vivo
.
Lascia
che
tutti
facciano
,
armeggino
,
rimestino
ogni
cosa
intorno
a
lui
;
si
vale
degli
europei
che
gli
possono
essere
utili
;
accetta
le
novazioni
materiali
di
cui
riconosce
il
vantaggio
immediato
;
sta
a
sentire
senza
batter
palpebra
le
lezioni
di
civiltà
che
gli
si
danno
;
muta
leggi
,
foggie
e
cerimoniali
;
impara
a
ripetere
correttamente
le
nostre
sentenze
filosofiche
;
si
lascia
travestire
,
imbellettare
,
mascherare
;
ma
dentro
è
sempre
,
immutabilmente
,
invincibilmente
lo
stesso
.
Eppure
ripugna
alla
ragione
il
rassegnarsi
a
credere
che
l
'
azione
lenta
e
continua
della
civiltà
non
possa
,
in
un
periodo
di
tempo
indeterminato
,
infondere
la
scintilla
d
'
una
nuova
vita
in
questo
gigantesco
soldato
asiatico
,
che
dorme
a
traverso
ai
due
continenti
,
e
non
si
sveglia
mai
che
per
brandire
la
spada
.
Ma
considerando
gli
sforzi
fatti
e
i
frutti
ottenuti
sinora
,
questo
periodo
di
tempo
appare
alla
mente
tanto
lungo
,
in
confronto
ai
bisogni
e
alle
impazienze
dei
popoli
cristiani
d
'
Oriente
,
da
rendere
vana
la
speranza
che
la
quistione
intorno
a
cui
s
'
affanna
ora
l
'
Europa
si
possa
risolvere
coll
'
incivilimento
progressivo
del
popolo
turco
.
Questa
è
l
'
opinione
che
mi
son
formata
nel
mio
breve
soggiorno
a
Costantinopoli
.
-
O
in
che
altro
modo
si
può
dunque
risolvere
la
quistione
?
Ah
!
signori
,
qui
proprio
non
mi
credo
obbligato
a
rispondere
,
perché
non
potrei
rispondere
senz
'
aver
l
'
aria
di
dar
consigli
all
'
Europa
;
e
a
questo
si
rifiuta
inesorabilmente
la
mia
modestia
.
E
poi
...
l
'
ho
già
detto
che
v
'
è
un
bastimento
austriaco
che
fuma
sul
Corno
d
'
oro
,
in
faccia
a
Galata
,
pronto
a
partire
per
il
Mar
Nero
;
e
il
lettore
lo
sa
dove
deve
passare
,
questo
bastimento
!
IL
BOSFORO
Appena
saliti
a
bordo
,
vediamo
come
un
velo
grigio
stendersi
su
Costantinopoli
,
e
su
questo
velo
disegnarsi
le
montagne
della
Moravia
e
dell
'
Ungheria
,
e
le
alpi
della
bassa
Austria
.
È
un
rapido
cangiamento
di
scena
che
si
vede
sempre
salendo
sopra
un
bastimento
in
cui
s
'
incontrano
già
i
visi
e
si
sentono
già
gli
accenti
del
paese
per
cui
si
parte
.
Siamo
imprigionati
in
un
cerchio
di
faccie
tedesche
che
ci
fanno
sentire
innanzi
tempo
il
freddo
e
l
'
uggia
del
settentrione
.
I
nostri
amici
ci
hanno
lasciati
:
non
vediamo
più
che
tre
fazzoletti
bianchi
che
sventolano
sopra
un
caicco
lontano
,
in
mezzo
a
un
via
vai
di
barconi
neri
,
in
faccia
alla
casa
della
dogana
.
Siamo
nello
stessissimo
punto
in
cui
si
fermò
il
nostro
bastimento
siciliano
il
giorno
dell
'
arrivo
.
È
una
bella
sera
d
'
autunno
,
splendida
e
tiepida
.
Costantinopoli
non
ci
è
mai
parsa
così
ridente
e
così
grande
.
Per
l
'
ultima
volta
cerchiamo
di
fissarci
nella
mente
i
suoi
contorni
immensi
e
i
suoi
colori
vaghi
di
città
fatata
;
e
slanciamo
lo
sguardo
per
l
'
ultima
volta
in
fondo
a
quel
meraviglioso
Corno
d
'
oro
,
che
ci
si
nasconderà
fra
pochi
momenti
per
sempre
.
I
fazzoletti
bianchi
sono
scomparsi
.
Il
bastimento
si
muove
.
Tutto
pare
che
si
sposti
.
Scutari
viene
avanti
,
Stambul
si
tira
indietro
,
Galata
gira
sopra
sè
stessa
,
come
per
vederci
partire
.
Addio
al
Corno
d
'
oro
!
Un
guizzo
del
bastimento
ci
rapisce
il
sobborgo
di
Kassim
-
Pascià
,
un
altro
guizzo
ci
porta
via
Eyub
,
un
altro
,
la
sesta
collina
di
Stambul
;
scompare
la
quinta
,
si
nasconde
la
quarta
,
svanisce
la
terza
,
sfuma
la
seconda
;
non
rimane
più
che
la
collina
del
Serraglio
,
la
quale
,
grazie
al
cielo
,
non
ci
lascierà
per
un
pezzo
.
Navighiamo
già
nel
bel
mezzo
del
Bosforo
,
rapidamente
.
Passa
il
quartiere
di
Top
-
hané
,
passa
il
quartiere
di
Funduclù
;
fuggono
le
facciate
bianche
e
cesellate
del
palazzo
di
Dolma
-
Bagcé
;
e
Scutari
distende
,
per
l
'
ultima
volta
,
il
suo
anfiteatro
di
colli
coperti
di
giardini
e
di
ville
.
Addio
,
Costantinopoli
!
cara
e
immensa
città
,
sogno
della
mia
infanzia
,
sospiro
della
mia
giovinezza
,
ricordo
incancellabile
della
mia
vita
!
Addio
,
bella
e
immortale
regina
dell
'
Oriente
!
Che
il
tempo
muti
le
tue
sorti
,
senza
offendere
la
tua
bellezza
,
e
possano
vederti
un
giorno
i
miei
figli
colla
stessa
ebbrezza
d
'
entusiasmo
giovanile
colla
quale
io
ti
vidi
e
t
'
abbandono
.
La
mestizia
dell
'
addio
,
però
,
non
durò
che
pochi
momenti
,
perché
un
'
altra
Costantinopoli
,
più
vasta
,
più
bella
,
più
allegra
di
quella
che
lasciavo
sul
Corno
d
'
oro
,
mi
si
stendeva
dinanzi
per
la
lunghezza
di
ventisettemila
metri
,
sulle
due
più
belle
rive
della
terra
.
Il
primo
villaggio
che
si
presenta
a
sinistra
,
sulla
riva
europea
del
Bosforo
,
è
Bescik
-
Tass
;
un
grosso
villaggio
turco
,
o
piuttosto
un
grande
sobborgo
di
Costantinopoli
,
che
si
stende
ai
piedi
d
'
una
collina
,
intorno
a
un
piccolo
porto
.
Dietro
gli
s
'
apre
una
bella
valle
;
l
'
antica
valle
degli
allori
di
Stefano
,
di
Bisanzio
,
che
rimonta
verso
Pera
;
fra
le
case
s
'
innalza
un
gruppo
di
platani
che
ombreggiano
il
sepolcro
del
famoso
corsaro
Barbarossa
;
un
gran
caffè
,
stipato
di
gente
,
sporge
sulle
acque
,
sorretto
da
una
selva
di
palafitte
;
il
porto
è
pieno
di
barche
e
di
caicchi
;
la
riva
affollata
;
la
collina
coperta
di
verzura
,
la
valle
piena
di
case
e
di
giardini
.
Ma
non
c
'
è
più
l
'
aspetto
dei
sobborghi
di
Costantinopoli
.
C
'
è
già
la
grazia
e
la
gaiezza
tutta
propria
e
indimenticabile
dei
villaggi
del
Bosforo
.
Le
forme
son
più
piccine
,
la
verzura
più
fitta
,
i
colori
più
arditi
.
È
come
una
nidiata
di
casette
ridenti
,
che
paiono
sospese
fra
la
terra
e
l
'
acqua
,
una
cittadina
da
innamorati
e
da
poeti
,
destinata
a
durare
quanto
una
passione
od
un
estro
,
piantata
là
per
un
capriccio
,
in
una
bella
notte
d
'
estate
.
Non
vi
si
è
ancora
fissato
lo
sguardo
,
che
già
è
lontana
,
e
ci
passa
davanti
il
palazzo
di
Ceragan
,
o
piuttosto
una
schiera
di
palazzi
di
marmo
bianco
,
semplici
e
magnifici
,
decorati
di
lunghe
file
di
colonne
e
coronati
di
terrazze
a
balaustri
,
sui
quali
si
drizza
una
merlatura
vivente
d
'
innumerevoli
uccelli
bianchi
del
Bosforo
,
messi
in
rilievo
dal
verde
vigoroso
delle
colline
della
riva
.
Ma
qui
comincia
il
caro
tormento
di
veder
fuggire
mille
bellezze
,
nel
punto
che
se
ne
ammira
una
sola
.
Mentre
noi
contempliamo
Bescik
-
Tass
e
Ceragan
,
dall
'
altra
parte
fugge
la
riva
asiatica
,
coperta
di
villaggi
deliziosi
,
che
si
vorrebbero
poter
comprare
e
portar
via
,
come
gioielli
.
Fugge
Kuzgundgiuk
,
tinto
di
tutti
i
colori
dell
'
iride
,
col
suo
piccolo
porto
,
dove
dice
la
tradizione
che
approdasse
la
giovenca
Io
,
dopo
aver
attraversato
il
Bosforo
,
per
salvarsi
dai
tafani
di
Giunone
;
passa
Istauros
,
colla
sua
bella
moschea
dai
due
minareti
;
scompare
il
palazzo
imperiale
di
Beylerbey
,
coi
suoi
tetti
conici
e
piramidali
,
e
le
sue
mura
gialle
e
grigie
,
che
presenta
l
'
aspetto
misterioso
e
bizzarro
di
un
convento
di
principesse
;
e
poi
il
villaggio
di
Beylerbey
,
riflesso
dalle
acque
,
dietro
al
quale
s
'
innalza
il
monte
di
Bulgurlù
;
e
tutti
questi
villaggi
,
raccolti
o
sparsi
ai
piedi
di
piccole
colline
verdissime
,
e
tuffati
in
una
vegetazione
opulenta
,
che
par
che
tenda
a
coprirli
,
sono
legati
fra
loro
da
ghirlande
di
ville
e
di
casette
e
da
lunghi
filari
d
'
alberi
che
corrono
lungo
la
riva
,
o
scendono
a
zig
zag
dalle
alture
al
mare
,
a
traverso
a
innumerevoli
giardini
e
orti
e
piccoli
prati
,
disposti
a
scacchi
e
a
scaglioni
,
e
coloriti
d
'
infinite
sfumature
di
verde
.
Bisogna
dunque
rassegnarsi
a
veder
tutto
di
volo
,
girando
continuamente
la
testa
a
destra
e
a
sinistra
,
con
una
regolarità
automatica
.
Oltrepassato
di
poco
Ceragan
,
si
vede
,
a
sinistra
,
sulla
riva
europea
,
il
grande
villaggio
Orta
-
Kioi
,
al
di
sopra
del
quale
mostra
la
sua
cupola
luccicante
la
moschea
della
Sultana
Validè
,
madre
d
'
Abdul
-
Aziz
,
e
sporge
i
suoi
tetti
graziosi
il
palazzo
di
Riza
-
Pascià
;
ai
piedi
d
'
una
collina
,
sulla
cui
cima
,
in
mezzo
a
una
folta
vegetazione
,
s
'
alzano
le
muraglie
bianche
e
leggiere
del
chiosco
imperiale
della
Stella
.
Orta
-
Kioi
è
abitato
da
molti
banchieri
armeni
,
franchi
e
greci
.
In
quel
momento
vi
approdava
il
piroscafo
di
Costantinopoli
.
Una
folla
sbarcava
,
un
'
altra
folla
stava
aspettando
sullo
scalo
,
per
imbarcarsi
.
Erano
signore
turche
,
signore
europee
,
ufficiali
,
frati
,
eunuchi
,
zerbinotti
,
fez
,
turbanti
,
cappellini
,
cappelli
a
staio
,
confusi
:
spettacolo
che
si
vede
in
tutte
le
venti
stazioni
del
Bosforo
,
principalmente
la
sera
.
In
faccia
a
Orta
-
Kioi
,
sulla
riva
asiatica
,
brilla
di
mille
colori
,
in
mezzo
a
una
corona
di
ville
,
il
villaggio
di
Cengel
,
dell
'
ancora
,
da
una
vecchia
ancora
di
ferro
che
trovò
su
quella
riva
Maometto
II
;
e
gli
si
alza
alle
spalle
il
chiosco
bianco
,
di
trista
memoria
,
da
cui
Murad
IV
,
roso
da
un
'
invidia
feroce
,
ordinava
la
morte
della
gente
allegra
che
passava
pei
campi
cantando
.
Guardando
daccapo
verso
l
'
Europa
,
ci
troviamo
in
faccia
al
bel
villaggio
e
al
porto
grazioso
di
Kuru
-
Cesmé
,
l
'
antica
Anaplos
,
dove
Medea
,
sbarcata
con
Giasone
,
piantò
l
'
alloro
famoso
;
e
voltandoci
nuovamente
verso
l
'
Asia
,
vediamo
i
due
villaggi
ridenti
di
Kulleli
e
di
Vani
-
Kioi
,
sparsi
lungo
la
riva
,
a
destra
e
a
sinistra
d
'
una
smisurata
caserma
,
simile
a
un
palazzo
reale
,
che
si
specchia
nelle
acque
.
Dietro
ai
due
villaggi
s
'
alza
una
collina
coronata
da
un
grande
giardino
,
in
mezzo
al
quale
biancheggia
,
quasi
tutto
nascosto
dagli
alberi
,
il
chiosco
dove
Solimano
il
Grande
visse
tre
anni
,
nascosto
in
una
piccola
torre
,
per
sottrarsi
alle
ricerche
delle
spie
e
dei
carnefici
di
suo
padre
Selim
.
Mentre
noi
cerchiamo
la
torre
fra
gli
alberi
,
il
bastimento
passa
dinanzi
ad
Arnot
-
Kioi
,
il
villaggio
degli
Albanesi
,
ora
abitato
da
Greci
,
disteso
in
forma
di
mezzaluna
,
sulla
riva
europea
,
intorno
a
un
piccolo
seno
,
pieno
di
bastimenti
a
vela
.
Ma
come
si
può
vedere
ogni
cosa
?
Un
villaggio
ci
ruba
l
'
altro
,
una
bella
moschea
ci
distrae
da
un
paesaggio
gentile
,
e
mentre
si
guardano
i
villaggi
ed
i
porti
,
passano
i
palazzi
dei
vizir
,
dei
pascià
,
delle
Sultane
,
dei
grandi
eunuchi
,
dei
gran
signori
;
case
gialle
,
azzurre
e
purpuree
,
che
paiono
galleggianti
sull
'
acqua
,
vestite
d
'
edera
e
di
liane
,
coperte
di
terrazze
colme
di
fiori
,
e
mezzo
nascoste
in
boschetti
di
cipressi
,
d
'
allori
e
d
'
aranci
;
edifizi
sormontati
da
frontoni
corinzii
e
decorati
di
colonne
di
marmo
bianco
;
villette
svizzere
,
casine
giapponesi
,
piccole
reggie
moresche
,
chioschi
turchi
,
di
tre
piani
,
sporgenti
l
'
uno
sull
'
altro
,
che
sospendono
sull
'
azzurro
del
Bosforo
i
balconi
ingraticolati
degli
arem
,
e
spingono
innanzi
i
loro
piccoli
scali
a
gradinate
e
i
loro
giardinetti
accarezzati
dalla
corrente
;
tutti
piccoli
edifizii
leggeri
e
passeggieri
,
che
rappresentano
appunto
la
fortuna
dei
loro
abitatori
:
il
trionfo
d
'
una
giovinetta
,
il
buon
successo
d
'
un
intrigo
,
un
'
alta
carica
che
sarà
perduta
domani
,
una
gloria
che
finirà
nell
'
esilio
,
una
ricchezza
che
svapora
,
una
grandezza
che
crolla
.
Non
c
'
è
quasi
tratto
delle
due
rive
che
non
sia
coperto
di
case
.
È
una
specie
di
Canal
grande
d
'
una
smisurata
Venezia
campestre
.
Le
ville
,
i
chioschi
,
i
palazzi
s
'
alzano
l
'
un
dietro
l
'
altro
,
disposti
in
modo
che
tutta
la
facciata
di
ciascheduno
è
visibile
,
e
quei
di
dietro
paiono
piantati
sul
tetto
di
quei
davanti
,
e
in
mezzo
agli
uni
e
agli
altri
,
e
di
là
dai
più
lontani
,
tutto
è
verde
,
per
tutto
s
'
alzano
punte
e
chiome
di
quercie
,
di
platani
,
d
'
aceri
,
di
pioppi
,
di
pini
,
di
fichi
,
fra
cui
biancheggiano
fontane
e
scintillano
cupolette
di
turbé
e
di
moschee
solitarie
.
Voltandoci
verso
Costantinopoli
,
vediamo
ancora
,
confusamente
,
la
collina
del
Serraglio
,
e
la
cupola
enorme
di
Santa
Sofia
,
che
nereggia
sul
cielo
limpido
e
dorato
.
Intanto
sparisce
Arnot
-
Kioi
,
Vani
,
Kulleli
,
Cengel
,
Orta
,
e
tutto
è
mutato
intorno
a
noi
.
Par
di
essere
in
un
vasto
lago
.
Una
piccola
baia
si
apre
a
sinistra
,
sulla
riva
europea
;
un
'
altra
piccola
baia
a
destra
,
sulla
riva
asiatica
.
Sulla
riva
di
sinistra
si
stende
a
semicerchio
la
bella
cittadina
greca
di
Bebek
,
ombreggiata
da
alberi
altissimi
,
fra
i
quali
sorge
una
bella
moschea
antica
e
il
chiosco
imperiale
d
'
Humaiun
-
Habad
,
dove
altre
volte
i
Sultani
ricevevano
a
convegni
segreti
gli
ambasciatori
europei
.
Una
parte
della
città
si
nasconde
nella
verzura
folta
d
'
una
piccola
valle
;
un
'
altra
parte
si
sparpaglia
alle
falde
d
'
una
collina
,
coperta
di
quercie
,
sulla
cima
della
quale
è
un
bosco
famoso
per
un
'
eco
potentissima
,
che
risponde
alla
pesta
d
'
un
cavallo
collo
scalpitìo
d
'
uno
squadrone
.
È
un
paesaggio
grazioso
e
ridente
da
incapricciare
una
regina
;
ma
si
dimentica
,
voltandosi
dalla
parte
opposta
.
Qui
la
riva
dell
'
Asia
offre
una
veduta
da
paradiso
terrestre
.
Sopra
un
largo
promontorio
si
distende
,
ad
arco
sporgente
,
il
villaggio
di
Kandilli
,
variopinto
come
un
villaggio
olandese
,
con
una
moschea
bianchissima
,
e
un
folto
corteo
di
villette
;
dietro
al
quale
s
'
alza
la
collina
florida
di
Igiadié
,
sormontata
da
una
torre
merlata
,
che
spia
gl
'
incendii
sulle
due
rive
.
A
destra
di
Kandilli
,
sboccano
sulla
baia
,
a
breve
distanza
l
'
una
dall
'
altra
,
due
valli
:
quella
del
grande
e
quella
del
piccolo
ruscello
celeste
,
fra
le
quali
si
stende
la
prateria
deliziosa
delle
Acque
dolci
d
'
Asia
,
coperta
di
sicomori
,
di
quercie
e
di
platani
,
e
dominata
dal
chiosco
ricchissimo
della
madre
d
'
Abdul
-
Megid
,
disegnato
e
scolpito
sullo
stile
del
palazzo
di
Dolma
-
Bagcé
,
e
circondato
di
alti
giardini
,
rosseggianti
di
rose
.
E
di
là
dal
"
gran
ruscello
celeste
"
si
vedono
ancora
i
mille
colori
del
villaggio
d
'
Anaduli
-
Hissar
,
steso
alle
falde
d
'
un
'
altura
,
su
cui
si
drizzano
le
torri
snelle
del
castello
di
Baiazet
-
Ilderim
,
che
fronteggia
il
castello
di
Maometto
II
,
posto
sulla
riva
europea
.
Tutto
questo
bel
tratto
del
Bosforo
,
in
quel
momento
,
era
pieno
di
vita
.
Nella
baia
di
Europa
guizzavano
centinaia
di
barchette
;
passavano
legni
a
vela
e
a
vapore
,
diretti
al
porto
di
Bebek
;
i
pescatori
turchi
gettavano
le
reti
dai
loro
gabbiotti
aerei
,
sostenuti
sull
'
acqua
da
altissime
travi
incrociate
;
un
piroscafo
di
Costantinopoli
versava
sullo
scalo
della
cittadina
europea
una
folla
di
signore
greche
,
di
Lazzaristi
,
di
allievi
della
scuola
protestante
americana
,
di
famigliuole
cariche
d
'
involti
e
di
vesti
;
e
dalla
parte
opposta
,
si
vedevano
,
col
cannocchiale
,
gruppi
di
signore
musulmane
,
che
passeggiavano
sotto
gli
alberi
delle
Acque
dolci
,
o
stavano
sedute
in
crocchio
sulla
sponda
del
ruscello
celeste
,
mentre
un
gran
numero
di
caicchi
e
di
barche
a
baldacchino
,
piene
di
turchi
e
di
turche
,
andavano
e
venivano
lungo
la
riva
.
Pareva
una
festa
.
Era
un
non
so
che
d
'
arcadico
e
d
'
amoroso
,
che
metteva
voglia
di
buttarsi
giù
dal
bastimento
,
di
raggiungere
a
nuoto
una
delle
due
rive
,
e
di
piantarsi
là
,
e
di
dire
:
-
Nasca
che
nasca
,
non
mi
voglio
più
muovere
di
qui
;
voglio
vivere
e
morir
qui
,
in
mezzo
a
questa
beatitudine
musulmana
.
Ma
a
un
tratto
lo
spettacolo
cangia
e
tutte
quelle
fantasie
pigliano
il
volo
.
Il
Bosforo
si
stende
diritto
dinanzi
a
noi
,
e
presenta
una
vaga
immagine
del
Reno
;
ma
d
'
un
Reno
ingentilito
,
e
tinto
sempre
dei
colori
caldi
e
pomposi
dell
'
oriente
.
A
sinistra
,
un
cimitero
coperto
da
un
bosco
di
cipressi
e
di
pini
,
rompe
la
linea
delle
case
,
sino
a
quel
punto
non
interrotta
;
e
subito
appresso
,
alle
falde
del
piccolo
monte
roccioso
d
'
Hermaion
,
s
'
innalzano
le
tre
grandi
torri
di
Rumili
-
Hissar
,
il
castello
d
'
Europa
,
circondate
di
avanzi
di
mura
merlate
e
di
torri
minori
,
che
scendono
in
una
gradinata
pittoresca
di
rovine
fin
sull
'
orlo
della
riva
.
È
il
castello
famoso
che
innalzò
Maometto
II
un
anno
prima
della
presa
di
Costantinopoli
,
malgrado
le
calde
rimostranze
di
Costantino
,
i
cui
ambasciatori
,
come
tutti
sanno
,
furono
rimandati
indietro
minacciati
di
morte
.
È
quello
il
punto
in
cui
è
più
impetuosa
la
corrente
(
chiamata
perciò
"
gran
corrente
"
dai
Greci
e
corrente
di
Satana
dai
Turchi
)
ed
è
pure
il
tratto
più
stretto
del
Bosforo
,
non
distando
le
due
rive
che
poco
più
di
cinquecento
metri
.
Là
fu
gettato
da
Mandocle
di
Samo
il
ponte
di
barche
su
cui
passarono
i
settecentomila
soldati
di
Dario
,
e
là
pure
si
crede
che
siano
passati
i
diecimila
,
ritornando
dall
'
Asia
.
Ma
non
rimane
più
traccia
nè
delle
due
colonne
di
Mandocle
,
nè
del
trono
scavato
nella
roccia
del
monte
Hermaion
,
dal
quale
il
re
persiano
avrebbe
assistito
al
passaggio
del
suo
esercito
.
Un
piccolo
villaggio
turco
sorride
segretamente
,
rannicchiato
ai
piedi
del
castello
,
e
la
riva
asiatica
fugge
sempre
più
verde
e
più
allegra
.
È
una
successione
continua
di
casette
di
barcaioli
e
di
giardinieri
,
di
vallette
che
riboccano
di
vegetazione
,
di
piccoli
seni
solitarii
quasi
coperti
dai
rami
giganteschi
degli
alberi
della
riva
,
sotto
i
quali
passano
lentamente
delle
velette
bianche
di
pescatori
;
di
prati
fioriti
che
scendono
con
un
declivio
dolcissimo
fino
all
'
orlo
della
riva
;
di
piccole
roccie
da
giardino
fasciate
d
'
edera
;
di
piccoli
cimiteri
che
biancheggiano
sulla
sommità
di
alti
poggi
tagliati
a
picco
.
Improvvisamente
,
balza
fuori
sulla
stessa
riva
asiatica
,
il
bel
villaggio
di
Kanlidgié
,
tutto
vermiglio
,
posto
su
due
promontorii
rocciosi
,
contro
i
quali
si
rompono
le
onde
rumorosamente
,
e
ornato
d
'
una
bella
moschea
che
slancia
i
suoi
due
minareti
candidi
fuori
d
'
una
macchia
di
cipressi
e
di
pini
a
ombrello
.
E
qui
ricominciano
a
innalzarsi
i
giardini
,
a
modo
di
belvederi
,
l
'
uno
dietro
l
'
altro
,
e
a
spesseggiare
le
ville
,
fra
le
quali
splende
il
palazzo
incantevole
di
quel
celebre
Fuad
-
Pascià
,
diplomatico
e
poeta
,
vanitoso
,
voluttuoso
e
gentile
,
che
fu
chiamato
il
Lamartine
ottomano
.
Poco
più
innanzi
,
sulla
riva
europea
,
si
mostra
il
villaggio
amenissimo
di
Balta
-
Liman
,
posto
all
'
imboccatura
d
'
una
valletta
,
per
cui
scende
nel
porto
un
piccolo
fiume
,
e
dominato
da
una
collina
sparsa
di
ville
,
fra
le
quali
s
'
alza
l
'
antico
palazzo
di
Rescid
-
Pascià
;
e
poi
la
piccola
baia
d
'
Emir
-
Ghian
-
Ogli
Bagcè
,
tutta
verde
di
cipressi
,
in
mezzo
ai
quali
brilla
d
'
una
bianchezza
di
neve
una
moschea
solitaria
,
lambita
dalle
acque
,
e
sormontata
da
un
grande
globo
irto
di
raggi
d
'
oro
.
Intanto
il
bastimento
s
'
avvicina
ora
all
'
una
ora
all
'
altra
riva
,
e
allora
si
vedono
mille
particolari
del
grande
paesaggio
:
qui
il
vestibolo
del
selamlik
d
'
una
ricca
casa
turca
,
aperto
sulla
sponda
,
in
fondo
al
quale
fuma
un
grosso
maggiordomo
,
coricato
sopra
un
divano
;
là
un
eunuco
,
ritto
sull
'
ultimo
gradino
della
scala
esterna
d
'
una
villa
,
che
aiuta
due
turche
velate
a
scendere
in
un
caicco
;
più
oltre
un
giardinetto
circondato
di
siepi
,
e
quasi
interamente
coperto
da
un
platano
,
ai
piedi
del
quale
riposa
,
a
gambe
incrociate
,
un
vecchio
turco
dalla
barba
bianca
,
che
medita
sul
Corano
;
famiglie
di
villeggianti
raccolte
sulle
terrazze
;
branchi
di
capre
e
di
pecore
che
pascolano
per
i
prati
alti
;
cavalieri
che
galoppano
lungo
la
riva
,
carovane
di
cammelli
che
passano
sulla
sommità
delle
colline
,
disegnando
i
loro
contorni
bizzarri
sul
cielo
sereno
.
All
'
improvviso
il
Bosforo
s
'
allarga
,
la
scena
cangia
,
siamo
di
nuovo
fra
due
baie
,
nel
mezzo
d
'
un
vasto
lago
.
A
sinistra
è
una
baia
stretta
e
profonda
,
intorno
alla
quale
gira
la
cittadina
greca
d
'
Istenia
;
Sosthenios
,
dal
tempio
e
dalla
statua
alata
che
innalzarono
là
gli
Argonauti
,
in
onore
del
Genio
tutelare
che
li
aveva
resi
vittoriosi
nella
lotta
contro
Amico
,
re
di
Bebrice
.
Grazie
a
una
leggera
curva
che
descrive
il
bastimento
verso
l
'
Europa
,
vediamo
distintamente
i
caffè
e
le
casette
schierate
lungo
la
riva
,
le
piccole
ville
sparse
fra
gli
olivi
e
i
vigneti
,
la
valle
che
sbocca
nel
porto
,
il
torrentello
che
precipita
da
un
'
altura
e
la
famosa
fontana
moresca
di
marmo
bianco
nitidissimo
,
ombreggiata
da
un
gruppo
d
'
aceri
enormi
,
da
cui
spenzolano
le
reti
dei
pescatori
,
in
mezzo
a
un
va
e
vieni
di
donnine
greche
,
che
portano
le
anfore
sul
capo
.
In
faccia
a
Istenia
,
sopra
la
baia
della
riva
asiatica
,
fa
capolino
,
fra
gli
alberi
,
il
villaggio
turco
di
Cibulkú
,
dove
c
'
era
il
convento
rinomato
dei
Vigili
,
che
pregavano
e
cantavano
,
senza
interruzione
,
il
giorno
e
la
notte
.
Le
due
rive
del
Bosforo
sono
piene
,
da
un
mare
all
'
altro
,
delle
memorie
di
questi
cenobiti
e
anacoreti
fanatici
del
quinto
secolo
,
che
erravano
per
i
colli
,
carichi
di
croci
e
di
catene
,
tormentati
da
cilici
e
da
collari
di
ferro
,
o
che
stavano
settimane
e
mesi
,
immobili
sulla
cima
d
'
una
colonna
o
d
'
un
albero
,
intorno
a
cui
andavano
a
prostrarsi
,
a
digiunare
,
a
pregare
,
a
percotersi
il
petto
principi
,
soldati
,
magistrati
e
pastori
,
invocando
una
benedizione
o
un
consiglio
,
come
una
grazia
di
Dio
.
Ma
è
un
potere
singolare
che
ha
il
Bosforo
,
quello
di
sviare
irresistibilmente
dal
passato
il
pensiero
del
viaggiatore
che
scorra
per
le
prime
volte
lungo
le
sue
rive
.
Tutti
i
ricordi
,
tutte
le
immagini
più
grandi
,
più
belle
o
più
tristi
,
che
possa
fornire
la
storia
o
la
leggenda
di
quei
luoghi
,
rimangono
offuscate
,
soverchiate
,
sto
per
dire
sepolte
da
quel
rigoglio
prodigioso
di
vegetazione
,
da
quello
sfolgorio
di
colori
festosi
,
da
quella
esuberanza
di
vita
,
dalla
giovinezza
poderosa
e
superba
di
quella
bella
natura
tutta
sorriso
e
tutta
festa
.
Bisogna
fare
uno
sforzo
per
credere
che
in
quelle
acque
,
in
mezzo
a
quella
bellezza
fatata
,
abbiano
potuto
urtarsi
furiosamente
,
ardersi
e
insanguinarsi
,
le
flotte
dei
bulgari
,
dei
goti
,
degli
eruli
,
dei
bizantini
,
dei
russi
,
dei
turchi
.
I
castelli
medesimi
,
che
coronano
le
colline
,
non
destano
nemmeno
un
'
idea
di
quel
sentimento
di
terrore
poetico
,
che
ispirano
in
altri
luoghi
le
rovine
di
quella
natura
;
e
paion
piuttosto
una
decorazione
artificiale
del
paesaggio
,
che
monumenti
veri
di
guerra
,
che
un
giorno
abbiano
vomitato
la
morte
.
Tutto
è
come
velato
da
una
tinta
di
languore
e
di
dolcezza
che
non
desta
se
non
pensieri
sereni
e
un
desiderio
immenso
di
pace
.
Di
là
da
Istenia
il
Bosforo
s
'
allarga
ancora
,
e
il
bastimento
arriva
in
pochi
minuti
in
un
punto
da
cui
si
gode
la
più
stupenda
veduta
di
quante
se
ne
sono
offerte
sinora
ai
nostri
occhi
.
Voltandoci
verso
l
'
Europa
,
abbiamo
davanti
la
piccola
città
greca
ed
armena
di
Ieni
-
Kioi
,
posta
alle
falde
d
'
un
'
alta
collina
coperta
di
vigneti
e
di
boschetti
di
pini
,
e
distesa
ad
arco
sporgente
sopra
una
riva
rocciosa
,
contro
cui
si
rompe
la
corrente
con
grande
strepito
;
e
un
po
'
più
in
là
,
la
bellissima
baia
di
Kalender
,
piena
di
barchette
,
contornata
di
casette
da
giardino
,
e
inghirlandata
da
una
vegetazione
lussureggiante
,
sopra
la
quale
sporgono
le
terrazze
aeree
d
'
un
chiosco
imperiale
.
Voltandoci
indietro
,
abbiamo
davanti
la
riva
asiatica
che
s
'
incurva
in
un
grande
arco
,
formando
un
meraviglioso
anfiteatro
di
colli
,
di
villaggi
e
di
porti
.
È
Indgir
-
Kioi
,
il
villaggio
dei
fichi
,
coronato
di
giardini
;
accanto
a
Indgir
-
Kioi
,
Sultanié
,
che
par
nascosto
in
un
bosco
;
dopo
Sultanié
,
il
grosso
villaggio
di
Beikos
,
circondato
di
orti
e
di
vigneti
,
e
ombreggiato
da
altissimi
noci
,
il
quale
si
specchia
nel
più
bel
golfo
del
Bosforo
,
che
è
l
'
antico
golfo
dove
il
re
di
Bebrice
fu
vinto
da
Polluce
,
e
dov
'
era
l
'
alloro
prodigioso
che
faceva
impazzire
chi
ne
toccava
le
foglie
;
e
di
là
da
Beikos
,
lontano
,
il
villaggio
di
Iali
,
l
'
antica
Amea
,
che
non
par
più
che
un
mucchio
di
fiori
gialli
e
vermigli
sopra
un
grande
tappeto
verde
.
Ma
questo
non
è
che
un
abbozzo
del
grande
quadro
.
Bisogna
immaginare
le
forme
indescrivibilmente
gentili
di
quei
colli
,
che
si
vorrebbero
accarezzare
colla
mano
;
quegli
innumerevoli
piccolissimi
villaggi
senza
nome
,
che
paiono
messi
là
dalla
mano
d
'
un
pittore
;
quella
vegetazione
di
tutti
i
climi
,
quelle
architetture
di
tutti
i
paesi
,
quelle
gradinate
di
giardini
,
quelle
cascatelle
d
'
acqua
,
quelle
ombre
cupe
,
quelle
moschee
luccicanti
,
quell
'
azzurro
picchiettato
di
vele
bianche
e
quel
cielo
rosato
dal
tramonto
.
Ma
arrivato
là
provai
anch
'
io
un
senso
di
sazietà
,
come
lo
provan
quasi
tutti
,
a
un
certo
punto
del
Bosforo
.
Stanca
quella
successione
interminabile
di
linee
molli
e
di
colori
ridenti
.
È
una
monotonia
di
gentilezza
e
di
grazia
in
cui
il
pensiero
si
addormenta
.
Si
vorrebbe
veder
sorgere
tutt
'
a
un
tratto
sopra
una
di
quelle
rive
una
roccia
smisurata
e
deforme
o
stendersi
un
lunghissimo
tratto
di
spiaggia
deserta
e
triste
,
sparsa
degli
avanzi
d
'
un
naufragio
.
E
allora
,
per
distrarsi
,
non
c
'
è
che
a
fissar
l
'
attenzione
sulle
acque
.
Il
Bosforo
pare
un
porto
continuo
.
Si
passa
accanto
alle
corazzate
splendide
dell
'
armata
ottomana
;
in
mezzo
a
flotte
di
bastimenti
mercantili
di
tutti
i
paesi
,
dalle
vele
variopinte
e
dalle
poppe
bizzarre
,
affollate
di
gente
strana
;
s
'
incontrano
i
legni
dalle
forme
antiche
dei
porti
asiatici
del
Mar
Nero
,
e
le
piccole
corvette
eleganti
delle
Ambasciate
;
passano
,
come
saette
,
le
barchette
a
vela
dei
signori
,
che
volano
a
gara
,
sotto
gli
occhi
degli
spettatori
schierati
sulla
riva
;
barche
di
tutte
le
forme
,
piene
di
gente
di
tutti
i
colori
,
si
spiccano
o
approdano
ai
mille
piccoli
scali
dei
due
continenti
;
i
caicchi
rimorchiati
guizzano
in
mezzo
a
lunghe
file
di
barconi
carichi
di
mercanzie
;
le
lancie
imbandierate
dei
marinai
si
incrociano
colle
zattere
dei
pescatori
,
coi
caicchi
dorati
dei
Pascià
,
coi
piroscafi
di
Costantinopoli
,
pieni
di
turbanti
,
di
fez
e
di
veli
,
che
attraversano
il
canale
a
zig
zag
per
toccare
tutte
le
stazioni
.
E
siccome
anche
il
nostro
bastimento
va
innanzi
serpeggiando
,
così
tutto
questo
spettacolo
par
che
ci
giri
intorno
:
i
promontorii
si
spostano
,
le
colline
cambiano
inaspettatamente
di
forma
,
i
villaggi
si
nascondono
e
poi
ricompaiono
in
un
nuovo
aspetto
,
e
davanti
e
dietro
di
noi
,
ora
il
Bosforo
si
chiude
come
un
lago
,
ora
s
'
apre
e
lascia
vedere
una
fuga
di
laghi
e
di
colli
lontani
;
poi
,
tutt
'
a
un
tratto
,
le
colline
tornano
a
congiungersi
davanti
e
di
dietro
,
e
si
rimane
in
una
conca
verde
da
cui
non
si
capisce
come
si
potrà
uscire
;
ma
s
'
ha
appena
il
tempo
di
scambiar
dieci
parole
con
un
vicino
,
che
già
la
conca
è
sparita
,
e
si
vedono
intorno
nuove
alture
,
nuove
città
,
nuovi
porti
.
Si
è
fra
la
baia
di
Terapia
,
-
Pharmacia
,
dei
veleni
di
Medea
-
,
e
la
baia
di
Hunchiar
Iskelessi
,
scalo
dei
Sultani
,
dove
fu
segnato
nel
1833
il
trattato
famoso
che
chiuse
i
Dardanelli
alle
flotte
straniere
.
Qui
lo
spettacolo
del
Bosforo
è
al
penultimo
grado
della
sua
bellezza
.
Terapia
è
la
più
splendida
cittadina
che
orni
le
sue
rive
,
dopo
Bujukderè
,
e
la
valle
che
si
apre
dietro
la
baia
di
Hunchiar
-
Iskelessi
è
la
più
verde
,
la
più
cara
,
la
più
poetica
valle
che
si
possa
ammirare
fra
il
Mar
di
Marmara
e
il
Mar
Nero
.
Terapia
si
stende
in
parte
sopra
una
riva
diritta
,
ai
piedi
di
una
grande
collina
,
e
parte
intorno
a
un
seno
profondo
,
che
è
il
suo
porto
,
pieno
di
bastimenti
e
di
barche
,
sul
quale
sbocca
la
valletta
di
Krio
-
nero
,
in
cui
un
'
altra
parte
della
città
s
'
appiatta
fra
la
verzura
.
La
riva
del
mare
è
tutta
coperta
di
caffè
pittoreschi
,
che
sporgono
sull
'
acqua
,
di
alberghi
signorili
,
di
casette
pompose
,
di
gruppi
d
'
alberi
altissimi
,
che
ombreggiano
piazzette
e
fontane
;
di
là
dai
quali
s
'
alzano
i
palazzi
d
'
estate
delle
Ambasciate
di
Francia
,
d
'
Italia
e
di
Inghilterra
,
e
sopra
questi
,
un
chiosco
imperiale
;
e
tutt
'
intorno
,
e
su
per
la
collina
,
terrazze
su
terrazze
,
giardini
su
giardini
,
ville
su
ville
,
boschetti
sopra
boschetti
;
e
gente
vestita
di
vivi
colori
formicola
nei
caffè
,
nel
porto
,
sulle
rive
,
su
per
i
sentieri
delle
alture
,
come
in
una
piccola
metropoli
in
festa
.
Dalla
parte
dell
'
Asia
,
invece
,
tutto
è
pace
.
Il
piccolo
villaggio
di
Hunchiar
-
Iskelessi
,
soggiorno
prediletto
dei
ricchi
armeni
di
Costantinopoli
,
dorme
fra
i
platani
e
i
cipressi
,
intorno
al
suo
piccolo
porto
,
percorso
da
poche
barchette
furtive
;
di
là
dal
villaggio
,
sulla
cima
d
'
una
vasta
scala
di
giardini
,
torreggia
,
solitario
,
il
chiosco
magnifico
d
'
Abdul
-
Aziz
;
e
di
là
dal
chiosco
svolta
e
si
nasconde
,
in
mezzo
a
uno
sfarzo
indescrivibile
di
vegetazione
tropicale
,
la
valle
favorita
dei
Padiscià
,
piena
di
misteri
e
di
sogni
.
Ma
tutta
questa
bellezza
non
par
più
nulla
,
un
miglio
più
innanzi
,
quando
il
bastimento
è
arrivato
davanti
al
golfo
di
Bujuk
-
deré
.
Qui
è
la
maestà
e
la
grazia
suprema
del
Bosforo
.
Qui
chi
era
già
stanco
della
sua
bellezza
,
ed
aveva
pronunciato
irriverentemente
il
suo
nome
,
si
scopre
la
fronte
,
e
gli
domanda
perdono
.
Si
è
in
mezzo
a
un
vasto
lago
coronato
di
meraviglie
,
che
ispira
l
'
idea
di
mettersi
a
girare
,
come
i
dervis
,
sulla
prora
del
bastimento
,
per
veder
tutte
le
rive
e
tutte
le
colline
in
un
punto
.
Sulla
riva
d
'
Europa
,
intorno
a
un
golfo
profondo
,
dove
va
a
morire
la
corrente
in
molli
ondulazioni
,
alle
falde
d
'
una
grande
collina
,
sparsa
di
ville
innumerevoli
,
s
'
allarga
la
città
di
Bujuk
-
derè
,
vasta
,
colorita
come
un
'
immensa
aiuola
di
fiori
,
tutta
palazzine
,
chioschi
e
villette
tuffate
in
una
verzura
vivissima
,
che
par
che
esca
dai
tetti
e
dai
muri
,
e
colmi
le
strade
e
le
piazze
.
La
città
si
stende
a
destra
fino
ad
un
piccolo
seno
,
che
è
come
un
golfo
nel
golfo
,
intorno
a
cui
gira
il
villaggio
di
Kefele
-
Kioi
;
e
dietro
a
questo
s
'
apre
una
larga
vallata
,
tutta
verde
di
praterie
,
e
biancheggiante
di
case
,
per
la
quale
si
va
al
grande
acquedotto
di
Mahmud
e
alla
foresta
di
Belgrado
.
È
la
valle
in
cui
,
giusta
la
tradizione
,
si
sarebbe
accampato
nel
1096
l
'
esercito
della
prima
crociata
;
e
uno
dei
sette
platani
giganteschi
,
a
cui
il
luogo
deve
la
sua
fama
,
è
chiamato
il
platano
di
Goffredo
di
Buglione
.
Di
là
da
Kefele
-
Kioi
,
s
'
apre
un
'
altra
baia
,
verde
di
cipressi
e
bianca
di
case
,
e
di
là
dalla
baia
,
si
vede
ancora
Terapia
,
sparpagliata
ai
piedi
della
sua
collina
verdecupa
.
Arrivati
fin
là
collo
sguardo
,
ci
si
volta
indietro
,
verso
l
'
Asia
,
e
si
prova
un
sentimento
vivissimo
di
sorpresa
.
Si
è
dinanzi
al
più
alto
monte
del
Bosforo
,
il
monte
del
Gigante
,
della
forma
d
'
una
enorme
piramide
verde
,
dov
'
è
il
sepolcro
famoso
,
chiamato
da
tre
leggende
"
letto
d
'
Ercole
,
fossa
d
'
Amico
,
tomba
di
Giosuè
giudice
degli
Ebrei
;
"
custodito
ora
da
due
dervis
e
visitato
dai
musulmani
infermi
,
che
vanno
a
deporvi
i
brandelli
dei
loro
vestiti
.
Il
monte
spinge
le
sue
falde
alberate
e
fiorite
fin
sulla
riva
,
dove
,
fra
due
promontorii
verdeggianti
,
s
'
apre
la
bella
baia
d
'
Umuryeri
,
macchiettata
di
cento
colori
dalle
case
d
'
un
villaggio
musulmano
disperso
capricciosamente
sulle
sue
sponde
,
al
quale
fanno
ala
altri
branchi
di
villini
e
di
casette
,
disseminate
,
come
fiori
buttati
via
,
per
le
praterie
e
per
le
alture
vicine
.
Ma
lo
spettacolo
non
è
tutto
in
questo
cerchio
.
Diritto
in
faccia
a
noi
luccica
il
Mar
Nero
;
e
voltandoci
verso
Costantinopoli
,
si
vede
ancora
,
di
là
da
Terapia
,
in
una
lontananza
violacea
e
confusa
,
la
baia
di
Kalender
,
Kieni
-
Kioi
,
Indgir
-
Kioi
,
Sultanié
,
che
paiono
,
piuttosto
che
prospetti
veri
,
vedute
immaginarie
d
'
un
mondo
remoto
.
Il
sole
tramonta
;
la
riva
d
'
Europa
comincia
a
velarsi
di
ombre
azzurrine
e
cineree
;
la
riva
d
'
Asia
è
ancora
dorata
;
le
acque
lampeggiano
;
sciami
di
barchette
,
cariche
di
mariti
e
d
'
amanti
,
reduci
da
Costantinopoli
,
corrono
verso
la
riva
europea
,
incontrate
,
arrestate
,
circuite
da
altre
barchette
,
cariche
di
signore
e
di
fanciulli
,
che
vengono
dalle
ville
;
dai
caffè
di
Bujukderè
ci
arrivano
suoni
interrotti
di
musiche
e
di
canti
;
le
aquile
ruotano
sopra
la
montagna
del
Gigante
,
i
marki
bianchi
svolazzano
lungo
la
riva
,
gli
alcioni
radono
le
acque
,
i
delfini
guizzano
intorno
al
bastimento
,
l
'
aria
fresca
del
Mar
Nero
ci
soffia
nel
viso
.
Dove
siamo
?
Dove
andiamo
?
È
un
momento
d
'
illusione
e
d
'
ebbrezza
,
in
cui
i
ricordi
di
tutto
quello
che
vediamo
da
due
ore
sulle
due
rive
del
Bosforo
,
si
confondono
nella
nostra
mente
nella
immagine
d
'
una
sola
prodigiosa
città
,
dieci
volte
più
grande
di
Costantinopoli
,
abitata
da
popoli
di
tutta
la
terra
,
privilegiata
di
tutti
i
favori
di
Dio
,
e
abbandonata
a
una
festa
perpetua
,
che
ci
riempie
di
tristezza
e
d
'
invidia
.
Ma
questa
è
l
'
ultima
visione
.
Il
bastimento
esce
rapidamente
fuori
del
golfo
di
Buiukderé
.
Vediamo
a
sinistra
il
villaggio
di
Sariyer
,
circondato
di
cimiteri
,
dinanzi
al
quale
s
'
apre
una
piccola
baia
,
formata
da
quell
'
antico
promontorio
di
Simas
,
dove
s
'
innalzava
il
tempio
a
Venere
meretricia
,
oggetto
d
'
un
culto
particolare
dei
naviganti
greci
;
poi
il
villaggio
di
Jeni
-
Makallé
;
poi
il
forte
di
Teli
-
Tabia
,
che
fa
fronte
a
un
altro
piccolo
forte
posto
sulla
riva
asiatica
,
ai
piedi
del
monte
del
Gigante
;
poi
il
castello
Rumili
-
Cavak
,
che
segna
i
suoi
contorni
severi
sul
cielo
rosato
dagli
ultimi
chiarori
del
crepuscolo
.
Sull
'
altra
riva
,
di
fronte
a
Rumili
-
Kavak
,
s
'
alza
un
'
altra
fortezza
,
la
quale
corona
il
promontorio
,
ove
sorgeva
il
tempio
dei
dodici
Dei
,
costrutto
dall
'
argivo
Frygos
,
vicino
a
quello
di
Giove
"
distributore
dei
venti
propizii
"
,
fondato
dai
Calcedonesi
,
e
convertito
poi
da
Giustiniano
in
una
chiesa
consacrata
all
'
arcangelo
Michele
.
È
quello
il
punto
dove
il
Bosforo
si
restringe
per
l
'
ultima
volta
,
fra
l
'
estremo
contrafforte
delle
montagne
di
Bitinia
e
l
'
estrema
punta
della
catena
dell
'
Hemus
;
considerato
sempre
come
la
prima
porta
del
canale
,
da
difendersi
contro
le
invasioni
del
Settentrione
,
e
teatro
,
perciò
,
di
lotte
ostinate
fra
bizantini
e
barbari
,
fra
veneziani
e
genovesi
.
Due
castelli
genovesi
,
posti
l
'
uno
in
faccia
all
'
altro
,
fra
i
quali
era
stesa
una
catena
di
ferro
che
chiudeva
il
canale
,
mostrano
ancora
confusamente
,
là
presso
,
le
loro
torri
e
le
loro
mura
rovinate
.
Da
quel
punto
il
Bosforo
va
diritto
,
gradatamente
allargandosi
,
al
mare
;
le
due
rive
sono
alte
e
ripide
,
come
due
enormi
bastioni
,
e
non
mostrano
più
che
qualche
gruppo
di
case
meschine
,
qualche
torre
solitaria
,
qualche
rovina
di
monastero
,
qualche
avanzo
di
moli
e
d
'
argini
antichi
.
Dopo
un
lungo
tragitto
,
vediamo
ancora
scintillare
sulla
riva
europea
i
lumi
del
villaggio
di
Buiuk
-
Liman
,
e
dall
'
altra
parte
la
lanterna
d
'
una
fortezza
,
che
domina
il
promontorio
dell
'
Elefante
;
poi
,
a
sinistra
,
la
gran
massa
rocciosa
dell
'
antica
Gipopoli
,
dove
sorgeva
il
palazzo
di
Fineo
,
infestato
dalle
Arpie
;
e
a
destra
la
fortezza
del
capo
Poiraz
,
che
ci
appare
come
una
vaga
macchia
oscura
sul
cielo
grigiastro
.
Qui
le
rive
sono
lontanissime
;
il
canale
par
già
un
grande
golfo
;
la
notte
discende
,
la
brezza
marina
geme
fra
i
cordami
del
bastimento
,
e
il
tristo
mare
cimmerium
stende
dinanzi
a
noi
il
suo
infinito
orizzonte
livido
e
inquieto
.
Ma
il
pensiero
non
si
può
ancora
staccare
da
quelle
rive
piene
di
poesia
e
di
memorie
,
non
più
sopraffatte
dalla
bellezza
della
natura
;
e
vola
,
a
sinistra
,
ai
piedi
dei
piccoli
Balcani
,
a
cercare
la
torre
d
'
Ovidio
esule
,
e
la
muraglia
meravigliosa
d
'
Anastasio
;
e
vaga
,
a
destra
,
per
una
vasta
terra
vulcanica
,
a
traverso
le
foreste
infestate
dai
cinghiali
e
dagli
sciacalli
,
in
mezzo
alle
capanne
d
'
un
popolo
selvaggio
e
malnoto
,
di
cui
ci
par
di
vedere
le
ombre
bizzarre
affollate
sull
'
alta
riva
,
che
c
'
imprechino
un
viaggio
malavventurato
sulle
fera
litora
Ponti
.
Due
punti
luminosi
rompono
per
l
'
ultima
volta
l
'
oscurità
,
come
gli
occhi
ardenti
di
due
ciclopi
,
messi
a
guardia
dello
stretto
fatato
:
l
'
Anaduli
-
Fanar
,
il
fanale
dell
'
Asia
,
a
destra
;
e
il
Rumili
-
Fanar
a
sinistra
,
ai
piedi
del
quale
le
Simplegadi
favolose
ci
mostrano
ancora
vagamente
,
nell
'
ombra
della
riva
,
i
profili
tormentati
delle
loro
roccie
.
Poi
i
due
lidi
dell
'
Europa
e
dell
'
Asia
non
son
più
che
due
striscie
nere
,
e
poi
quocumque
adspicias
,
nihil
est
nisi
pontus
et
aer
,
come
cantava
il
povero
Ovidio
.
Ma
la
vedo
ancora
,
la
mia
Costantinopoli
,
dietro
a
quelle
due
rive
nere
scomparse
;
la
vedo
più
grande
e
più
luminosa
ch
'
io
non
l
'
abbia
mai
veduta
dal
ponte
della
Sultana
Validé
e
dalle
alture
di
Scutari
;
e
le
parlo
e
la
saluto
e
l
'
adoro
come
l
'
ultima
e
la
più
cara
visione
della
mia
giovinezza
che
tramonta
.
Ma
uno
spruzzo
improvviso
d
'
acqua
salsa
m
'
innaffia
il
volto
e
mi
butta
in
terra
il
cappello
;
-
mi
sveglio
;
-
mi
guardo
intorno
;
-
la
prora
è
deserta
,
il
cielo
è
nebbioso
,
un
vento
rigido
d
'
autunno
mi
agghiaccia
le
ossa
,
il
mio
buon
Yunk
,
preso
dal
mal
di
mare
,
m
'
ha
lasciato
;
non
sento
più
che
il
tintinnio
delle
lanterne
e
lo
scricchiolìo
del
bastimento
che
fugge
,
sballottato
dalle
onde
,
nell
'
oscurità
della
notte
....
Il
mio
bel
sogno
orientale
è
finito
.
FINE
.
Saggistica ,
PREFAZIONE
Negotium
in
otio
.
18
marzo
1877
.
Platone
,
nel
suo
dialogo
Della
Repubblica
,
pone
nella
bocca
di
Socrate
,
queste
parole
:
"
Io
scongiuro
Adrastèa
(
una
Nemesi
,
figlia
di
Giove
,
punitrice
degli
omicidii
anche
involontari
)
,
io
scongiuro
Adrastèa
di
far
grazia
alle
mie
parole
,
perché
io
temo
che
sia
minor
delitto
uccidere
involontariamente
un
uomo
,
di
quello
che
ingannarlo
sul
bello
,
sul
buono
,
sul
giusto
,
sulle
leggi
*."
Un
sentimento
assai
simigliante
surse
nell
'
animo
mio
più
volte
nel
vergar
queste
pagine
,
e
mi
trattenne
il
pensiero
e
la
mano
;
ma
fu
poi
sempre
vinto
dal
suo
contrario
.
Parendomi
che
in
un
paese
libero
sia
necessario
che
tutte
le
opinioni
sincere
intorno
all
'
ordinamento
della
cosa
pubblica
facciano
udire
la
voce
loro
,
e
siano
recate
francamente
in
dibattito
;
affinché
la
verità
esca
dal
cozzo
loro
,
come
dalla
selce
percossa
la
scintilla
.
Né
fra
gli
argomenti
che
all
'
ordinamento
della
cosa
pubblica
si
riferiscono
ve
n
'
ha
alcuno
più
importante
e
più
opportuno
di
quello
che
risguarda
le
relazioni
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
.
Queste
relazioni
furono
varie
secondo
i
tempi
,
perché
talora
lo
Stato
tenne
la
Chiesa
come
una
istituzione
dipendente
da
sé
,
e
come
strumento
al
proprio
fine
civile
;
talora
la
Chiesa
sormontò
in
guisa
da
dominare
lo
Stato
e
riguardarlo
come
il
braccio
secolare
delle
sue
deliberazioni
.
In
alcuni
tempi
seguirono
trattati
fra
le
due
potestà
,
ond
'
elleno
si
divisero
,
per
dir
così
,
le
parti
nel
governo
della
società
.
Talora
anche
lo
Stato
,
lasciando
alla
Chiesa
libertà
nelle
cose
meramente
ecclesiastiche
,
e
quivi
fortemente
proteggendola
,
volle
nondimeno
esercitare
un
influsso
e
un
sindacato
nei
suoi
procedimenti
e
nella
sua
gerarchia
,
allo
intento
d
'
impedire
che
essa
abusasse
del
suo
potere
,
o
per
usurpare
i
diritti
proprii
,
o
per
abbassare
le
prerogative
dei
fedeli
.
Queste
varie
forme
non
erano
a
caso
,
ma
nascevano
dalle
condizioni
materiali
e
morali
della
società
,
e
ciò
che
preme
qui
di
avvertire
è
,
che
ciascuna
ebbe
una
legislazione
appropriata
e
diversa
.
Né
poteva
avvenire
altrimenti
:
imperocché
,
quando
muta
l
'
uno
dei
due
soggetti
,
o
mutano
entrambi
,
anche
le
relazioni
loro
di
necessità
si
trasformano
,
e
quella
legislazione
che
era
un
tempo
bene
adatta
ed
efficace
,
non
lo
è
più
,
ma
richiede
di
essere
cambiata
.
Se
non
che
gli
uomini
,
avvezzi
a
giudicar
l
'
avvenire
dal
passato
,
si
sforzano
pur
sempre
a
trovar
modo
di
conciliare
le
leggi
precedenti
colle
situazioni
nuove
,
e
specialmente
in
materia
di
religione
,
dove
la
tradizione
e
l
'
abitudine
tanto
possono
,
che
ogni
cambiamento
pare
prematuro
e
funesto
,
e
dove
si
teme
ognora
che
,
mutando
la
forma
,
anche
la
sostanza
possa
con
essa
perire
.
Sicché
non
è
da
maravigliare
se
molti
uomini
dotti
ed
accorti
cercano
eziandio
in
leggi
che
ebbero
vigore
,
o
l
'
hanno
ancora
in
qualche
luogo
,
una
regola
ed
un
rimedio
.
Il
mio
concetto
è
,
che
alle
condizioni
materiali
e
morali
della
società
presente
,
più
non
rispondono
le
forme
legislative
del
passato
:
non
dico
quelle
sole
che
esprimevano
la
dominazione
assoluta
dello
Stato
sulla
Chiesa
o
della
Chiesa
sullo
Stato
,
ma
neppur
quelle
che
discendono
dai
concordati
o
dal
sistema
così
detto
giurisdizionale
.
Io
giudico
invece
che
vi
risponda
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
,
e
quindi
occorra
una
legislazione
nuova
che
provveda
alle
nuove
esigenze
.
E
ciò
mi
pare
anche
consentaneo
alle
altre
parti
del
governo
civile
.
Imperocché
tutto
ciò
che
si
attiene
alla
politica
,
al
giure
,
alla
economia
,
si
va
rimutando
,
e
noi
assistiamo
ad
una
grande
trasformazione
della
società
,
dei
suoi
ordini
e
delle
sue
leggi
.
Però
mi
preme
di
notare
anzitutto
due
cose
.
L
'
una
è
,
che
parlando
delle
condizioni
materiali
e
morali
della
Europa
,
io
ho
dinanzi
agli
occhi
più
specialmente
le
nazioni
cattoliche
,
e
in
particolare
l
'
Italia
:
che
anzi
,
quando
considero
i
paesi
protestanti
,
mi
apparisce
meno
necessaria
ed
urgente
questa
separazione
.
In
secondo
luogo
,
che
la
mia
tesi
esprime
una
tendenza
,
la
cui
compiuta
effettuazione
può
essere
ritardata
da
circostanze
speciali
,
o
temperata
da
provvedimenti
che
le
circostanze
medesime
richiedessero
.
Il
concetto
della
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
fu
già
,
da
parecchi
anni
in
qua
e
in
più
luoghi
,
manifestato
e
messo
in
discussione
,
né
appartiene
propriamente
ad
alcuna
società
religiosa
o
partito
politico
,
anzi
fu
sostenuto
da
uomini
che
avevano
opinioni
diverse
,
e
professavano
disparate
credenze
.
Quanto
a
me
,
io
adombrai
il
medesimo
pensiero
sin
dal
1855
,
cioè
in
un
tempo
così
differente
dall
'
odierno
che
potrebbe
credersi
trascorso
un
grande
aevi
spatium
*
.
Più
tardi
mi
toccò
la
fortuna
di
essere
compagno
al
conte
di
Cavour
nel
divisare
le
prime
linee
di
quel
disegno
in
che
doveva
essere
attuato
il
suo
principio
della
Libera
Chiesa
in
libero
Stato
*
.
E
tale
rimembranza
non
fu
estranea
alla
composizione
di
questo
libro
:
ché
anzi
mi
sembrò
scrivendolo
di
rendere
omaggio
di
reverenza
e
di
gratitudine
al
grande
statista
.
Caduto
a
vuoto
,
per
la
sua
morte
,
quel
disegno
,
dond
'
egli
sperava
che
verrebbe
un
grande
e
benefico
rivolgimento
non
pure
nella
penisola
,
ma
anche
di
fuori
,
tentai
di
ripigliarlo
parzialmente
in
occasione
delle
questioni
sull
'
asse
ecclesiastico
e
sulle
corporazioni
religiose
:
né
ho
tralasciato
mai
,
ogni
qualvolta
mi
si
porgeva
il
destro
,
di
manifestare
le
mie
idee
nel
Parlamento
.
Le
quali
cose
io
ricordo
qui
non
per
vanità
,
da
cui
l
'
animo
mio
abborre
,
ma
soltanto
per
dimostrare
che
lo
scritto
presente
non
è
che
il
seguito
e
lo
svolgimento
di
pensieri
da
me
altre
volte
enunciati
,
e
resi
più
evidenti
dalla
meditazione
.
Ma
se
non
è
nuova
l
'
idea
della
separazione
dello
Stato
e
della
Chiesa
,
ella
è
però
tuttavia
assai
oscura
ed
involuta
.
Né
gli
scrittori
che
hanno
trattato
di
questa
materia
,
né
le
discussioni
che
hanno
avuto
luogo
in
alcune
assemblee
,
mi
pare
che
l
'
abbiano
bastevolmente
messa
in
chiaro
.
Molto
rimane
tuttavia
di
perplesso
,
molto
di
indeterminato
e
di
contradditorio
per
ben
definire
in
che
consista
la
invocata
separazione
,
e
quali
caratteri
simiglianti
e
quali
differenti
dai
sistemi
passati
la
distinguano
.
Il
che
non
deve
far
stupore
ad
alcuno
,
quando
si
consideri
che
questa
idea
,
la
quale
apparisce
a
prima
giunta
semplicissima
,
è
invece
complessa
sommamente
,
e
però
ad
essere
formulata
in
modo
sintetico
,
richiede
innanzi
un
'
analisi
accurata
di
tutte
le
sue
parti
.
Inoltre
le
abitudini
e
le
tradizioni
della
unione
fra
Stato
e
Chiesa
sono
tanto
radicate
che
si
mescolano
ad
ogni
nostro
atto
,
e
inconsapevolmente
fanno
velo
al
nostro
giudizio
.
Questa
confusione
delle
menti
poi
è
massima
in
Italia
,
dove
l
'
idea
della
Chiesa
libera
nello
Stato
libero
fu
accolta
da
prima
con
singolare
unanimità
di
voleri
e
con
fervore
di
affetti
;
ma
fu
appresso
siffattamente
descritta
e
commentata
,
e
spesso
anche
trasfigurata
e
stravolta
,
che
molti
non
sanno
più
né
che
significhi
né
che
valore
si
possa
darle
.
Finalmente
si
aggiunge
che
essendo
la
Chiesa
cattolica
ostile
al
presente
ordinamento
dell
'
Italia
,
è
nato
in
molti
il
timore
che
lo
Stato
,
abbandonando
le
armi
che
il
sistema
giurisdizionale
poneva
in
sua
mano
per
lo
passato
,
si
trovi
destituito
di
ogni
difesa
contro
gli
assalti
e
le
insidie
che
possono
minacciarlo
.
Ma
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
non
implica
punto
che
lo
Stato
rimanga
esposto
agli
assalti
di
qualsivoglia
istituzione
.
Una
legislazione
nuova
dee
provvedere
diversamente
,
ma
con
pari
efficacia
ai
bisogni
essenziali
della
società
.
Io
confido
pertanto
che
non
avrò
fatto
opera
del
tutto
vana
;
e
nol
sarà
,
se
ecciti
altri
a
meditarne
e
scriverne
,
e
sia
impulso
alla
ricerca
della
verità
,
la
quale
sola
ha
diritto
di
trionfare
.
Ché
da
lei
vengono
i
veri
e
durabili
beni
del
privato
e
della
società
,
come
dall
'
ignoranza
e
dall
'
errore
i
più
tristi
mali
.
Se
non
che
a
trattarlo
compiutamente
,
il
tema
si
porge
alla
mente
vastissimo
,
essendo
in
parte
razionale
,
ma
in
parte
anche
storico
.
Per
ben
descrivere
le
vicende
che
corsero
fra
Stato
e
Chiesa
,
bisognerebbe
rifare
per
intiero
la
storia
del
medio
evo
e
della
età
moderna
,
dove
prendono
origine
e
s
'
appuntano
i
fatti
capitali
dei
quali
ci
convien
discorrere
:
per
isvolgere
razionalmente
in
tutta
la
sua
ampiezza
l
'
argomento
,
si
converrebbe
assai
maggior
dottrina
nel
diritto
civile
e
nel
canonico
di
quella
che
io
sento
di
possedere
.
Mi
è
di
necessità
adunque
di
restringere
il
mio
discorso
,
e
toccando
la
parte
storica
solo
in
quanto
è
strettamente
necessario
,
esaminerò
il
problema
più
specialmente
rispetto
al
tempo
presente
e
all
'
Italia
.
Ho
cercato
anche
di
esser
breve
al
possibile
,
perché
al
nostro
secolo
affaccendato
e
irrequieto
non
garbano
i
lavori
di
lunga
lena
,
e
volendo
riuscire
a
qualsivoglia
intento
è
d
'
uopo
in
qualche
parte
adattarsi
all
'
andazzo
corrente
;
cosicché
colui
che
desidera
di
persuadere
bisogna
che
trovi
modo
di
essere
ascoltato
,
e
per
essere
ascoltato
bisogna
,
fra
le
altre
cose
,
che
stringa
in
poco
il
suo
discorso
.
Dirò
nel
primo
Capitolo
come
lo
Stato
e
la
Chiesa
siano
stati
sin
qui
insieme
uniti
,
ma
però
con
diverse
norme
ed
indirizzo
;
esporrò
il
sistema
dei
fautori
della
potestà
pontificia
e
di
quelli
della
potestà
regia
,
e
toccherò
dei
concordati
,
che
altro
non
sono
che
una
serie
di
transazioni
fra
le
pretese
di
quelle
due
potestà
.
Nel
secondo
Capitolo
mostrerò
che
,
nella
condizione
presente
dell
'
Europa
,
e
in
ispecie
dell
'
Italia
,
quella
unione
che
ebbe
luogo
in
passato
,
non
ha
più
ragion
di
sussistere
per
l
'
avvenire
in
nessuna
delle
forme
descritte
,
e
che
volendo
di
qualche
guisa
mantenerla
,
i
suoi
inconvenienti
pratici
sarebbero
assai
maggiori
dei
vantaggi
,
di
guisa
che
bisognerà
tosto
o
tardi
venirne
alla
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
.
Ma
qual
è
il
modo
di
attuare
questa
separazione
?
Di
ciò
tratterò
nel
terzo
Capitolo
,
proponendomi
di
analizzarne
le
varie
parti
,
e
di
studiarne
le
molteplici
applicazioni
.
Nel
quarto
risponderò
alle
obbiezioni
che
possono
muoversi
a
questo
sistema
,
e
indicherò
eziandio
per
quali
temperamenti
e
trapassi
convenga
andare
dallo
stato
di
unione
a
quello
di
separazione
.
Finalmente
nel
quinto
Capitolo
mi
piglierò
licenza
ed
ardire
di
fare
alcune
induzioni
sulle
conseguenze
probabili
che
la
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
può
avere
nella
società
civile
,
e
sull
'
avvenire
religioso
delle
nazioni
europee
.
Esposto
così
l
'
idea
capitale
,
e
le
principali
divisioni
di
questo
scritto
,
non
terrò
più
a
bada
il
lettore
,
ma
entrerò
difilato
nell
'
argomento
.
CAPITOLO
PRIMO
Chiunque
mediti
le
istorie
scorge
manifestamente
come
nei
tempi
passati
la
unione
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
fosse
universalmente
reputata
necessaria
.
Questo
concetto
signoreggiò
sinora
le
menti
,
informò
gli
ordini
civili
ed
ecclesiastici
e
lasciò
impronta
di
sé
in
tutte
le
legislazioni
.
Esso
è
fondato
sulla
identità
del
subbietto
,
in
questo
senso
che
l
'
uomo
è
ad
un
tempo
cittadino
e
credente
,
né
le
due
qualità
possono
scindersi
fra
loro
nella
medesima
persona
.
È
fondato
altresì
sulla
intima
connessione
dell
'
obbietto
,
in
questo
senso
che
l
'
appagamento
e
la
perfezione
,
il
fine
terreno
ed
il
fine
oltremondano
ai
quali
l
'
uomo
è
indirizzato
,
hanno
continue
e
strette
attinenze
.
È
fondato
finalmente
,
sulla
nozione
giuridica
dello
Stato
,
al
quale
si
attribuisce
non
solo
la
tutela
dei
diritti
individuali
,
ma
altresì
un
'
azione
diretta
al
buon
essere
e
al
miglioramento
del
cittadino
,
alla
conservazione
e
al
progresso
della
società
.
Ciò
posto
,
si
vede
chiaro
perché
si
elevasse
a
principio
la
unione
,
o
per
lo
meno
l
'
accordo
intimo
delle
istituzioni
civili
e
religiose
,
onde
il
privato
e
le
società
sono
governati
.
E
siccome
le
istituzioni
religiose
hanno
sugli
eventi
civili
grandissimo
influsso
,
e
questi
alla
volta
loro
ne
hanno
uno
non
meno
rilevante
sulle
istituzioni
religiose
,
i
fatti
più
spiccati
della
storia
porgevano
un
argomento
potentissimo
per
confermare
il
detto
principio
.
Tanto
più
doveva
la
cosa
procedere
di
tal
guisa
inquantoché
dopo
la
caduta
dell
'
Impero
Romano
,
e
dopoché
i
barbari
ebbero
abbracciato
il
Cristianesimo
,
l
'
Europa
intera
nel
medio
evo
professava
una
sola
religione
positiva
,
la
cattolica
;
e
cogli
altri
popoli
della
terra
che
tenevano
credenze
diverse
,
o
non
aveva
relazione
di
sorta
,
o
li
combatteva
come
pagani
e
come
nemici
.
E
però
finché
la
religione
cattolica
fu
comune
a
tutti
i
popoli
europei
,
e
in
parte
a
quelli
dell
'
Asia
e
dell
'
Africa
,
e
resse
il
pensiero
di
ciascun
cittadino
e
ne
infervorò
il
cuore
,
non
sorse
neppure
il
dubbio
che
la
cosa
potesse
andare
altrimenti
.
Comunque
e
per
qualsiasi
mezzo
volesse
conseguirsi
la
unione
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
,
il
principio
stesso
della
unione
rimaneva
inconcusso
.
Fu
soltanto
quando
le
nazioni
europee
cominciarono
a
scindersi
in
materia
di
religione
,
e
che
una
parte
di
esse
,
abbandonato
il
cattolicismo
,
professarono
confessioni
diverse
da
quello
,
e
diverse
fra
loro
,
e
il
numero
delle
sette
si
moltiplicò
a
dismisura
,
fu
soltanto
allora
che
si
presentò
la
difficoltà
che
lo
Stato
potesse
con
ciascuna
di
loro
vivere
e
accordarsi
egualmente
.
E
crebbe
poscia
il
dubbio
quando
nelle
nazioni
stesse
,
rimaste
cattoliche
,
uno
spirito
diverso
dalla
religione
dominante
si
diffuse
e
penetrò
gli
animi
.
D
'
altra
parte
la
Chiesa
,
assalita
colle
armi
della
dottrina
e
spesso
ancora
con
quelle
materiali
,
rimossa
da
molte
ingerenze
che
aveva
avuto
sino
allora
,
si
restrinse
in
sé
medesima
;
e
laddove
prima
aveva
studiato
di
capitanare
il
moto
intellettuale
e
morale
dei
popoli
,
d
'
allora
in
poi
,
scorgendo
in
ogni
novità
un
pericolo
,
in
ogni
riforma
un
peccato
,
osteggiò
tutti
i
progressi
,
e
finì
col
condannare
tutti
i
portati
della
civiltà
moderna
e
separare
dalla
comunione
propria
tutto
ciò
che
v
'
era
di
più
vivace
e
di
più
ardito
nella
civil
compagnia
*
.
Quindi
si
pose
il
problema
,
se
in
tanta
diversità
di
credenze
,
se
in
tanto
conflitto
fra
la
società
religiosa
e
la
civile
fosse
ancor
possibile
l
'
unione
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
.
Ma
prima
che
io
venga
ad
esaminare
questo
punto
uopo
è
che
io
mi
rifaccia
indietro
e
cerchi
di
esporre
brevemente
quali
nell
'
ipotesi
dell
'
unione
fra
Stato
e
Chiesa
fossero
le
teoriche
che
successivamente
hanno
prevalso
nei
tempi
passati
,
per
esaminar
se
alcuna
di
esse
sia
ancor
possibile
ed
adatta
alle
condizioni
presenti
della
società
.
Comincio
dalle
teoriche
più
estreme
,
e
poi
dirò
di
quelle
mediane
,
che
sono
una
transazione
o
un
compromesso
fra
di
loro
*
.
Il
fondamento
del
sistema
pontificio
(
o
,
come
dicono
gli
scrittori
al
di
là
delle
Alpi
,
sistema
oltremontano
)
è
riposto
nella
distinzione
fra
il
fine
terreno
,
che
è
il
bene
individuale
e
civile
,
ed
il
fine
celeste
che
è
la
salute
eterna
,
e
da
questa
distinzione
scaturisce
l
'
altra
dello
Stato
e
della
Chiesa
,
della
potestà
temporale
e
della
spirituale
.
Ma
se
il
fine
eterno
è
infinitamente
superiore
al
terreno
,
se
questo
talvolta
è
mezzo
,
tal
altra
ostacolo
a
quello
,
di
necessità
ne
viene
che
le
leggi
e
le
pratiche
che
mirano
al
primo
fine
siano
senza
comparazione
più
importanti
di
quelle
che
mirano
al
secondo
;
e
quindi
viene
la
supremazia
della
potestà
spirituale
e
della
sua
gerarchia
sulle
potestà
temporali
*
.
Questo
concetto
fu
effigiato
in
molte
similitudini
,
sì
nelle
scritture
dei
Dottori
della
Chiesa
,
sì
nei
decreti
dei
Pontefici
.
Si
disse
che
la
Chiesa
rappresentava
l
'
anima
,
e
lo
Stato
rappresentava
il
corpo
*
,
quella
il
pensiero
,
questo
l
'
azione
*
.
La
Chiesa
fu
comparata
al
sole
,
lo
Stato
alla
luna
*
,
quella
all
'
oro
e
questo
al
piombo
*
.
Si
andò
anche
più
oltre
:
si
paragonò
la
Chiesa
alla
ragione
,
la
Stato
alla
sensualità
*
;
e
come
la
prima
traeva
origine
da
Dio
,
così
la
seconda
era
la
conseguenza
della
natura
corrotta
,
e
persino
del
demonio
*
.
Posta
la
superiorità
della
gerarchia
ecclesiastica
alla
civile
,
e
della
sovranità
papale
alla
imperiale
,
ne
venivano
agevolmente
molte
conseguenze
e
furono
recate
in
atto
con
logica
imperterrita
.
Nessuna
legge
civile
era
valida
e
rispettabile
se
contraddiceva
in
qualche
guisa
ai
diritti
della
Chiesa
,
ché
anzi
al
Papa
spettava
lo
affermare
o
negare
la
sua
intrinseca
bontà
;
che
se
l
'
Imperatore
o
il
Principe
si
ostinava
a
mantenere
un
decreto
condannato
da
Roma
,
poteva
il
Papa
esortare
i
popoli
a
disobbedienza
e
ribellione
,
prosciogliendoli
dal
vincolo
di
sudditanza
,
e
deporre
i
Re
dal
trono
*
.
Sono
troppo
note
le
controversie
fra
i
Papi
e
gli
Imperatori
perché
io
qui
le
ricordi
.
A
questa
teorica
si
congiunge
per
una
parte
anche
la
dottrina
del
regicidio
,
la
quale
venne
poi
da
taluni
scrittori
dell
'
ordine
di
Gesù
portata
a
perfezione
di
dottrina
.
Imperocché
il
re
può
uccidersi
quando
è
tiranno
,
ed
è
tiranno
allorquando
è
fuori
della
Chiesa
*
.
Né
solo
era
il
Papa
,
per
dir
così
,
sovrano
e
padrone
dei
troni
della
terra
,
potendo
con
una
parola
debellarli
e
sovvertirli
,
ma
i
prìncipi
erano
obbligati
a
dare
il
braccio
secolare
alla
Chiesa
,
a
proteggerla
internamente
ed
esternamente
da
ogni
assalto
*
,
e
punire
colle
corporali
pene
tutti
coloro
che
si
attentassero
di
muovere
contro
di
essa
.
Di
ciò
la
storia
della
Inquisizione
fornisce
un
terribile
commentario
.
Come
il
Papa
è
superiore
all
'
Imperatore
,
così
i
chierici
sono
superiori
ai
laici
.
Molti
concilii
ricordano
il
Nolite
tangere
Christos
meos
,
ossia
i
chierici
;
e
taluni
canonisti
,
volendo
esaltare
la
dignità
sacerdotale
,
dicono
che
il
prete
in
quanto
è
ministro
di
religione
,
eziandio
se
fosse
il
più
corrotto
degli
uomini
,
sarebbe
da
reputarsi
migliore
del
più
santo
dei
laici
*
.
Quindi
il
concetto
delle
immunità
ecclesiastiche
sì
personali
che
reali
e
locali
.
Immunità
personale
in
quanto
che
il
prete
non
può
essere
sottoposto
alla
giustizia
comune
,
ed
è
dispensato
dai
servizi
pubblici
;
immunità
reale
in
quanto
che
i
suoi
possessi
non
pagano
all
'
erario
alcun
tributo
,
immunità
locali
,
cioè
inviolabilità
delle
sue
sedi
*
.
E
per
conseguenza
il
foro
ecclesiastico
,
il
quale
trae
a
sé
anche
i
laici
laddove
sia
contesa
fra
essi
e
gli
ecclesiastici
,
e
il
diritto
d
'
asilo
,
e
infine
la
percezione
delle
decime
a
favore
del
sacerdozio
e
la
facoltà
riservata
al
Papa
di
mettere
imposte
per
un
fine
spirituale
.
A
questo
segue
la
facoltà
di
possedere
o
di
perpetuare
la
mano
morta
indefinitamente
,
la
istituzione
dei
monasteri
di
ogni
genere
,
la
competenza
esclusiva
nelle
materie
matrimoniali
,
la
tenuta
dello
Stato
Civile
,
la
pretesa
assoluta
della
Chiesa
di
dirigere
,
informare
e
vigilare
sovra
ogni
maniera
d
'
insegnamento
,
quella
infine
di
amministrare
e
distribuire
tutta
quanta
la
pubblica
beneficenza
.
Tale
è
la
teorica
schietta
del
Papato
nella
sua
forma
più
logica
,
tali
sono
i
principii
che
esso
cercò
di
stabilire
e
che
in
parte
o
in
tutto
furono
dominanti
in
Europa
durante
il
medio
evo
con
una
legislazione
ad
essi
appropriata
.
E
nondimeno
,
da
chi
ha
retto
giudizio
e
senso
storico
,
non
si
vogliono
giudicare
alla
stregua
delle
idee
moderne
.
La
tutela
del
Papato
e
della
gerarchia
ecclesiastica
sovra
la
potestà
temporale
,
può
essere
giudicata
e
riconosciuta
anche
benefica
nei
tempi
d
'
ignoranza
e
di
barbarie
*
.
L
'
errore
nacque
allorquando
si
volle
di
condizioni
temporanee
farne
regole
assolute
,
e
,
nonostante
la
mutata
condizione
dei
tempi
,
si
pretese
signoreggiare
il
laicato
mentre
esso
aveva
già
acquistato
la
coscienza
dei
propri
diritti
e
la
deliberata
volontà
di
esercitarli
.
Però
non
è
senza
timore
che
noi
veggiamo
questo
terribile
edificio
innalzarsi
e
aduggiare
poi
con
la
sua
ombra
tutte
le
istituzioni
civili
.
Ma
in
pari
tempo
non
è
senza
ammirazione
che
ci
vengono
innanzi
i
grandi
personaggi
di
Gregorio
VII
,
d
'
Innocenzo
III
e
di
Bonifacio
VIII
*
.
I
diritti
che
accampano
sono
nel
convincimento
dell
'
anima
loro
diritti
di
Dio
,
la
organizzazione
che
si
sforzano
di
stabilire
è
la
pura
teocrazia
,
le
signorie
temporali
non
sono
che
ministre
del
Pontefice
,
e
dell
'
Impero
non
rimane
che
il
nudo
nome
*
.
Queste
idee
propugnate
dalla
Chiesa
*
contro
ogni
resistenza
dei
prìncipi
,
quando
essa
si
sentiva
forte
del
consenso
dei
popoli
e
del
terrore
dei
suoi
fulmini
,
furono
dai
canonisti
stessi
alquanto
temperate
ed
attenuate
dopo
il
risorgimento
delle
scienze
e
delle
lettere
,
allorché
i
giureconsulti
e
gli
statisti
cominciarono
ad
avere
seguito
e
potenza
.
Sorse
da
prima
e
fu
da
Bellarmino
ben
espressa
la
teorica
della
potestà
diretta
e
indiretta
.
Il
Papa
non
era
già
padrone
dello
spirituale
e
del
temporale
,
né
poteva
esercitare
il
suo
influsso
in
ogni
parte
dell
'
ordine
civile
,
bensì
soltanto
in
quelle
cose
che
avessero
una
relazione
col
fine
religioso
*
.
Poi
questa
stessa
teorica
,
che
da
principio
era
come
una
transazione
fra
le
pretese
del
Pontificato
e
quelle
dei
prìncipi
,
fu
attenuata
,
e
i
canonisti
moderni
la
rigettarono
*
,
riconoscendo
che
era
troppo
vaga
,
e
nella
sua
ampiezza
tale
da
render
di
leggieri
illusoria
ogni
indipendenza
dallo
Stato
*
.
Però
continuarono
a
rivendicare
la
suggezione
dello
Stato
alla
Chiesa
in
tuttociò
che
era
mezzo
essenziale
alla
salute
eterna
,
e
la
protezione
dovutale
,
ossia
il
braccio
secolare
per
tutelarne
l
'
integrità
ed
il
possesso
.
In
sostanza
mantennero
la
superiorità
della
Chiesa
sullo
Stato
,
restringendone
il
campo
,
dando
in
ogni
parte
,
che
non
fosse
essenziale
ad
essa
,
piena
indipendenza
al
principe
,
e
sforzandosi
di
togliere
o
mitigare
i
possibili
conflitti
.
Quanto
alle
immunità
personali
e
reali
dei
chierici
,
si
fece
una
distinzione
:
quelle
che
erano
strettamente
necessarie
all
'
esercizio
delle
funzioni
ecclesiastiche
si
difesero
siccome
procedenti
da
diritto
divino
;
quanto
a
quelle
che
non
erano
necessarie
ma
solo
utili
,
si
disse
che
potevano
essere
richieste
in
un
tempo
,
abbandonate
in
un
altro
,
ed
anche
i
modi
pratici
e
concreti
di
soddisfare
alle
prime
erano
lasciati
al
giudizio
dei
prìncipi
o
all
'
accordo
comune
.
Così
la
Chiesa
non
rifiutò
che
i
chierici
rei
di
delitti
comuni
fossero
giudicati
da
tribunali
laici
,
con
questo
però
che
essa
prendesse
notizia
del
fatto
criminoso
e
degradasse
il
sacerdote
pria
di
consegnarlo
.
Le
tasse
si
consentirono
anche
sui
beni
ecclesiastici
,
prima
in
forma
di
donativo
volontario
,
poi
di
balzello
vero
e
proprio
come
per
gli
altri
cittadini
;
il
diritto
d
'
asilo
fu
temperato
e
fu
concesso
all
'
autorità
laica
di
catturare
in
sagrato
i
rei
dopo
il
permesso
dell
'
autorità
ecclesiastica
;
si
trovò
ragionevole
che
al
moltiplicarsi
soverchio
dei
conventi
anche
la
potestà
temporale
potesse
recare
qualche
ritegno
,
e
che
la
istruzione
e
la
carità
fossero
esercitate
anche
da
laici
,
purché
l
'
una
non
si
dilungasse
dalle
verità
dommatiche
,
e
qualsivoglia
deviazione
ne
fosse
impedita
da
una
vigilanza
operosa
del
clero
,
l
'
altra
fosse
informata
da
spiriti
religiosi
.
Tali
teoriche
furono
sostenute
da
canonisti
moderni
*
.
Ma
di
rado
e
a
mala
pena
i
Pontefici
s
'
indussero
ad
accoglierle
.
E
per
iscegliere
fra
molti
un
esempio
nostrale
,
citerò
la
corrispondenza
di
Clemente
XI
col
Duca
di
Savoja
,
dove
dice
espressamente
non
potere
egli
transigere
sulle
immunità
della
Chiesa
sulla
giurisdizione
e
sul
diritto
d
'
asilo
perché
non
sono
suoi
diritti
,
ma
diritti
di
Dio
*
.
E
chi
ben
guardi
troverà
che
in
sostanza
tutti
questi
temperamenti
sono
fatti
buoni
,
in
riguardo
ai
tempi
,
ma
nondimeno
campeggia
sempre
nella
curia
romana
il
concetto
della
preminenza
assoluta
della
sovranità
spirituale
alla
temporale
e
del
sacerdote
sopra
il
laico
.
Il
che
si
appunta
sul
dato
fondamentale
,
che
la
società
è
una
,
quindi
fra
l
'
autorità
spirituale
e
la
temporale
deve
essere
accordo
,
ma
il
fine
della
salute
eterna
essendo
infinitamente
superiore
ai
fini
terreni
,
questi
possono
cercarsi
e
seguirsi
solo
in
tanto
,
in
quanto
sono
mezzi
e
in
ogni
caso
non
sono
ostacoli
al
conseguimento
del
fine
supremo
,
e
per
conseguenza
sotto
l
'
indirizzo
e
la
vigilanza
del
sacerdozio
.
Laonde
nella
questione
recentemente
sollevata
da
uno
degli
uomini
più
eminenti
dell
'
Inghilterra
,
il
signor
Gladstone
,
circa
la
dottrina
romana
in
relazione
alla
obbedienza
civile
,
e
alla
fedeltà
dovuta
al
proprio
sovrano
,
egli
è
,
a
mio
avviso
,
indubitabile
che
considerando
le
dottrine
romane
nella
essenza
e
nello
spirito
loro
,
le
conseguenze
che
egli
ne
trae
sono
logiche
,
e
che
la
obbedienza
e
la
fedeltà
del
cittadino
verso
il
proprio
sovrano
hanno
pel
cattolico
un
limite
,
fuori
dello
Stato
,
nelle
sentenze
del
Pontefice
.
D
'
altra
parte
non
si
può
negare
,
ponendo
mente
alla
storia
,
che
queste
dottrine
sono
state
in
pratica
da
due
secoli
in
qua
mitigate
,
e
che
la
Chiesa
romana
andò
guardinga
nell
'
usare
armi
le
quali
ella
medesima
sentiva
essere
spuntate
.
Perciò
si
comprende
benissimo
che
uomini
egregi
abbiano
sostenuto
,
rispondendo
al
Gladstone
,
che
la
infallibilità
papale
non
poteva
ingerirsi
a
determinare
i
rapporti
del
suddito
e
del
sovrano
;
che
essa
non
doveva
,
anzi
,
intendersi
se
non
là
dove
il
Papa
definisca
materie
di
fede
,
né
le
era
dato
soffocare
in
nessun
caso
la
voce
della
coscienza
,
la
quale
è
pur
voce
di
Dio
.
Ma
egli
è
evidente
che
la
Chiesa
non
ha
rinunziato
mai
alle
sue
antiche
teoriche
;
e
la
pubblicazione
del
Sillabo
e
i
decreti
dell
'
ultimo
Concilio
Vaticano
erano
tali
da
suscitare
il
timore
che
Roma
volesse
rifarsi
nella
intensità
del
poter
suo
di
ciò
che
perdeva
ogni
giorno
nella
estensione
del
numero
dei
credenti
.
Certo
è
poi
che
,
ammettendo
anche
le
opinioni
dei
più
temperati
,
come
quelle
del
dottor
Newman
,
non
si
può
negare
che
le
idee
del
Sillabo
e
il
decreto
della
Infallibilità
non
siano
tali
da
esercitare
sui
credenti
un
influsso
grandissimo
in
senso
opposto
alle
leggi
,
alle
prerogative
dello
Stato
,
all
'
autorità
del
Principe
*
.
Di
riscontro
al
sistema
romano
o
teocratico
,
sta
il
sistema
che
pone
nello
Stato
,
e
nel
Principe
che
lo
rappresenta
,
la
somma
dell
'
autorità
non
solo
civile
ma
religiosa
.
Il
concetto
regalistico
,
o
,
come
altri
lo
chiamano
,
giurisdizionale
,
nella
sua
purezza
è
questo
:
la
religione
doversi
riguardare
come
una
istituzione
dello
Stato
,
e
procede
da
ciò
che
ammesso
l
'
unità
del
fine
nel
cittadino
,
cioè
il
buonessere
e
il
perfezionamento
morale
,
spetta
allo
Stato
indirizzarlo
a
questo
fine
,
e
fra
gli
ordini
che
al
conseguimento
di
tal
fine
si
richieggono
v
'
ha
anche
la
religione
*
.
Adunque
la
Chiesa
è
una
istituzione
dello
Stato
,
e
come
tale
esso
la
difende
e
la
sussidia
,
ma
la
invigila
affinché
adempia
dirittamente
il
suo
ufficio
,
e
la
corregge
se
disvia
.
Questa
forma
nei
tempi
moderni
si
verifica
principalmente
nello
Stato
protestante
e
quivi
anche
è
temperata
,
ma
le
si
approssimano
più
o
meno
le
moderne
istituzioni
in
tutti
gli
Stati
cattolici
.
E
già
il
Gallicanismo
ne
fu
una
parziale
espressione
.
Lasciando
stare
quella
parte
che
raffrena
la
potestà
assoluta
dei
Papi
e
tenendoci
solo
a
ciò
che
riguarda
le
relazioni
dello
Stato
colla
Chiesa
,
il
gallicanismo
pone
che
entrambe
le
potestà
spirituale
e
temporale
sono
di
diritto
divino
,
che
sono
pari
e
che
procedono
parallele
*
.
Secondo
il
pensiero
dei
famosi
cinque
articoli
con
tanta
efficacia
propugnati
dal
Bossuet
,
fra
le
due
potestà
dovrebbe
essere
sempre
accordo
;
ma
se
nasce
conflitto
chi
discrimina
e
decide
*
?
Il
Gallicanismo
non
risolve
il
problema
,
ma
i
Parlamenti
e
la
magistratura
francese
,
gelosi
delle
prerogative
dello
Stato
,
non
cessarono
mai
dal
sostenere
e
dal
praticare
che
lo
Stato
aveva
la
facoltà
di
pronunziare
da
ultimo
,
e
per
conseguenza
veniva
ad
avere
un
potere
indiretto
sulla
Chiesa
*
.
E
questo
medesimo
principio
,
più
o
meno
largamente
effettuato
,
pur
tenne
il
campo
in
tutti
i
paesi
cattolici
.
I
sovrani
più
infervorati
di
religione
e
più
disposti
a
tutelarla
col
sangue
dei
dissidenti
,
come
Filippo
II
,
resistettero
a
Roma
*
.
E
col
progredire
dei
tempi
la
resistenza
divenne
ognor
più
forte
e
più
tenace
*
.
Secondo
questo
sistema
,
lo
Stato
protegge
la
Chiesa
,
ma
il
jus
protegendi
non
va
disgiunto
dal
jus
inspiciendi
.
E
siccome
la
Chiesa
ha
il
suo
centro
e
la
sua
sovranità
fuori
dello
Stato
,
così
esso
prima
di
ammettere
alcuna
bolla
pontificia
vuol
prenderne
notizia
,
ed
ogni
atto
di
Roma
è
sottoposto
al
regio
placito
innanzi
di
essere
pubblicato
e
messo
in
vigore
.
Anche
le
corrispondenze
fra
il
Papa
ed
i
Vescovi
sono
soggette
al
visto
del
Governo
.
È
rivendicata
allo
Stato
intera
la
giurisdizione
civile
e
penale
sui
preti
come
sui
laici
,
non
è
più
caso
di
diritto
d
'
asilo
,
e
cessano
le
immunità
ecclesiastiche
sì
personali
che
reali
,
cosicché
il
foro
ecclesiastico
cede
al
laico
,
e
i
beni
della
Chiesa
sono
sottoposti
,
come
gli
altri
,
ai
tributi
pubblici
.
Ma
lo
Stato
,
ove
l
'
utile
pubblico
lo
richiegga
,
va
più
oltre
,
e
si
attribuisce
il
diritto
di
sopprimere
gli
enti
giuridici
ecclesiastici
,
d
'
incamerarne
i
beni
o
di
convertirli
in
altra
maniera
di
ricchezza
,
sostituendovi
talvolta
un
assegnamento
che
inscrive
nei
suoi
bilanci
;
o
se
concede
loro
il
possesso
territoriale
del
beneficio
,
nella
vacanza
dell
'
ufficio
ne
assume
esso
l
'
amministrazione
.
Rispetto
alle
corporazioni
monastiche
ammette
solo
quelle
che
crede
innocue
e
ne
determina
il
numero
e
la
disciplina
,
né
depone
mai
la
facoltà
di
discioglierle
se
divenissero
dannose
.
Non
esclude
l
'
ingerenza
del
clero
nell
'
insegnamento
e
nella
beneficenza
pubblica
,
ma
ne
vigila
l
'
indirizzo
e
l
'
attuazione
.
Anzi
,
va
più
innanzi
,
crea
egli
stesso
e
informa
del
suo
spirito
i
seminari
,
e
così
,
avviata
la
educazione
del
clero
,
può
discernere
chi
sia
più
degno
di
essere
eletto
ai
sommi
uffici
.
A
queste
elezioni
prende
parte
o
colle
nomine
dirette
o
colla
presentazione
al
Papa
,
e
in
ogni
caso
si
riserva
l
'
exequatur
sulle
bolle
:
onde
nessun
ufficiale
ecclesiastico
può
occupare
il
posto
suo
senza
ottenere
prima
il
regio
assenso
,
e
senza
prestare
il
giuramento
di
fedeltà
al
principe
.
Finalmente
si
costituisce
giudice
anche
dell
'
operato
spirituale
degli
ecclesiastici
,
e
deferisce
l
'
autorità
giudicatoria
a
un
consiglio
laico
,
al
quale
le
parti
che
si
credono
lese
possano
ricorrere
come
appello
dall
'
abuso
;
e
ciò
non
pure
nelle
applicazioni
civili
di
una
decisione
ecclesiastica
come
il
possesso
del
beneficio
,
ma
negli
atti
stessi
puramente
spirituali
,
come
l
'
amministrazione
dei
sacramenti
.
Invero
dacché
lo
Stato
protegge
la
Chiesa
ed
in
sé
raccoglie
ed
esercita
tutte
le
attribuzioni
del
laicato
,
egli
ha
diritto
non
solo
di
difendere
i
laici
dalle
usurpazioni
ecclesiastiche
,
ma
il
clero
stesso
minore
dai
soprusi
dei
superiori
,
e
questi
medesimi
dalla
oltrapotenza
di
una
potestà
esterna
quale
è
Roma
.
Infine
lo
Stato
regola
e
governa
tutti
quegli
atti
della
Chiesa
che
hanno
una
manifestazione
pubblica
e
che
possono
avere
relazione
col
proprio
fine
.
Queste
riforme
furono
introdotte
successivamente
negli
Stati
cattolici
lungo
il
XVII
e
XVIII
secolo
,
e
sebbene
la
corte
di
Roma
protestasse
fortemente
contro
le
dottrine
regalistiche
*
,
pur
nondimeno
è
da
notare
,
ciò
che
fa
al
proposito
nostro
,
che
i
prìncipi
i
quali
introdussero
le
riforme
non
si
avvisarono
di
combattere
la
religione
,
ma
soltanto
di
medicarne
gli
abusi
e
di
rivendicare
allo
Stato
quei
diritti
che
stimavano
giustamente
competergli
.
Né
ciò
fecero
soltanto
i
prìncipi
del
secolo
XVII
,
ma
altresì
quelli
del
XVIII
.
Giuseppe
II
e
Leopoldo
I
non
avevano
in
mira
di
assecondare
le
tendenze
del
tempo
a
incredulità
,
bensì
piuttosto
infrenarle
,
introducendo
nella
disciplina
ecclesiastica
una
riforma
che
fosse
consentanea
alla
condizione
dei
tempi
*
.
Ma
le
prime
assemblee
francesi
,
che
si
adunarono
nel
1789
spinsero
più
oltre
le
cose
,
e
ritornarono
al
concetto
antico
,
che
considera
la
religione
come
uno
dei
mezzi
più
potenti
di
governo
.
Perciò
conveniva
,
secondo
loro
,
metterla
ognor
più
nelle
mani
dell
'
autorità
civile
e
servirsene
,
riconducendola
alla
sua
primitiva
istituzione
,
e
riducendo
il
clero
ad
una
classe
di
cittadini
utile
per
l
'
insegnamento
e
per
l
'
esempio
che
dà
al
popolo
*
.
Il
qual
concetto
si
continuò
e
si
manifestò
,
benché
in
modo
meno
espresso
,
nei
tempi
napoleonici
.
Io
accennavo
sopra
che
la
Corte
di
Roma
ha
protestato
sempre
contro
le
dottrine
giurisdizionali
e
contro
quelle
ingerenze
dello
Stato
,
che
essa
ha
chiamato
usurpazioni
dei
suoi
diritti
e
oppressione
della
Chiesa
.
Quindi
la
storia
del
XVII
e
XVIII
secolo
è
piena
dei
conflitti
fra
la
Santa
Sede
e
il
Principato
accompagnati
non
di
rado
da
scomuniche
e
interdetti
*
.
Nondimeno
,
commossa
dell
'
opinione
dei
popoli
e
degli
atti
resoluti
dei
governi
,
Roma
entrò
ad
accordi
e
concesse
in
parte
ciò
che
la
potestà
temporale
esigeva
.
Quindi
hanno
origine
i
concordati
o
convenzioni
fatte
fra
la
Chiesa
e
i
potentati
.
Il
primo
di
essi
è
quello
di
Worms
nel
1122
fra
Callisto
II
ed
Enrico
V
imperatore
,
il
quale
si
riferisce
alla
famosa
questione
delle
investiture
,
e
si
conchiude
con
una
transazione
,
dove
l
'
imperatore
consente
che
la
elezione
e
la
consecrazione
dei
vescovi
sia
libera
,
e
l
'
investitura
coll
'
anello
e
col
pastorale
sia
fatta
dalla
Chiesa
,
e
d
'
altra
parte
il
Papa
consente
che
il
vescovo
eletto
riceva
la
regalia
dall
'
Imperatore
per
mezzo
dello
scettro
.
Segue
nel
1289
il
concordato
fra
il
Re
di
Portogallo
e
Nicolò
IV
,
e
nel
1447
quello
fra
Federico
III
Re
de
'
Romani
e
Niccolò
V
.
I
più
importanti
cominciarono
col
Concordato
di
Bologna
fra
Leone
X
e
Francesco
I
nel
1516
.
Abbondano
nel
XVIII
secolo
e
nel
presente
,
e
seguendone
la
serie
si
vede
che
per
ragione
dei
tempi
e
dell
'
opportunità
e
per
evitare
mali
maggiori
,
la
Chiesa
concede
sempre
nuove
e
più
larghe
franchigie
,
e
transige
in
molte
questioni
,
come
quella
della
comunicazione
reciproca
fra
il
clero
i
vescovi
ed
il
Pontefice
,
della
protezione
nomina
o
rinunzia
dei
vescovi
e
dei
vicari
,
dell
'
autorità
dei
vescovi
sui
fedeli
,
dei
seminari
e
convitti
,
della
circoscrizione
delle
diocesi
e
delle
parrocchie
,
delle
pene
e
censure
,
dei
beneficî
e
della
loro
provvisione
,
del
giuramento
,
delle
immunità
,
delle
corporazioni
e
fondazioni
pie
,
dei
beni
ecclesiastici
e
della
dotazione
del
clero
*
.
Notissimo
in
fra
tutti
è
il
concordato
del
1801
,
col
quale
si
ripristinava
in
Francia
la
religione
cattolica
,
ma
gli
articoli
organici
non
furono
dal
Papa
riconosciuti
*
.
Le
difficoltà
massime
di
queste
convenzioni
si
riscontrano
sempre
in
quelle
che
chiamansi
materie
miste
,
cioè
dove
si
riconosce
anticipatamente
che
Chiesa
e
Stato
hanno
diritto
d
'
intervenire
,
ma
quando
si
tratta
di
fissarne
i
limiti
,
ivi
le
due
potestà
accampano
le
loro
pretese
,
e
secondo
il
soprastar
dell
'
una
o
dell
'
altra
variano
le
concessioni
.
Le
due
qualità
speciali
dei
concordati
rispetto
alla
S
.
Sede
,
mi
sembrano
essere
queste
:
la
prima
che
la
potestà
spirituale
s
'
induce
a
far
concessioni
di
ciò
che
stimerebbe
pur
suo
diritto
;
ma
pel
bene
della
pace
vi
rinunzia
*
.
E
distingue
queste
concessioni
in
due
specie
:
le
une
vere
e
proprie
,
che
hanno
carattere
di
stabilità
,
le
altre
di
semplice
tolleranza
e
perciò
revocabili
a
migliore
opportunità
.
La
seconda
è
che
la
Chiesa
riguarda
questi
concordati
come
veri
trattati
internazionali
vincolanti
in
perpetuo
lo
Stato
contraente
,
sino
a
che
essa
medesima
non
l
'
abbia
in
parte
o
in
tutto
prosciolto
dall
'
osservarli
*
.
Questa
esposizione
del
sistema
romanista
,
vuoi
nella
sua
rigidità
,
vuoi
temperato
,
e
del
sistema
giurisdizionale
parimente
puro
o
misto
,
infine
delle
transazioni
che
ebbero
luogo
,
ossia
del
sistema
dei
concordati
fra
la
potestà
spirituale
e
la
temporale
,
comecché
breve
ed
incompletissimo
,
mi
par
nondimeno
bastevole
all
'
intento
che
io
mi
era
proposto
,
cioè
,
a
dimostrare
che
qualunque
fossero
le
relazioni
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
ebbero
sempre
a
fondamento
la
necessità
e
la
convenienza
dell
'
unione
loro
,
e
quindi
della
comune
azione
in
alcuni
punti
,
e
della
reciproca
ingerenza
in
altri
,
affinché
il
fine
sociale
e
religioso
potessero
meglio
conseguirsi
.
Ciò
posto
,
mi
pare
che
la
questione
debba
porsi
in
questi
termini
:
Nelle
condizioni
presenti
d
'
Europa
e
specialmente
in
quelle
d
'
Italia
,
l
'
unione
dello
Stato
e
della
Chiesa
è
vantaggiosa
?
È
pur
solo
possibile
stabilmente
?
O
per
lo
contrario
è
possibile
e
vantaggiosa
una
separazione
?
E
può
questa
farsi
senza
offendere
alcun
diritto
dell
'
individuo
e
della
società
?
CAPITOLO
SECONDO
La
pace
di
Vestfalia
(
1648
)
segna
il
fine
delle
guerre
religiose
onde
l
'
Europa
per
tanto
tempo
era
stata
travagliata
e
diserta
,
e
consacra
il
riconoscimento
del
Protestantismo
sotto
le
varie
sue
forme
*
.
Contro
questo
trattato
protestò
indarno
Innocenzo
X
,
dichiarandolo
nullo
e
di
niun
valore
,
e
prosciogliendo
dall
'
osservarlo
coloro
che
ne
avessero
giurato
i
patti
*
;
indarno
protestarono
i
suoi
successori
*
:
imperocché
d
'
allora
in
poi
esso
fu
base
del
diritto
pubblico
europeo
.
Nel
medesimo
tempo
l
'
Inghilterra
,
distaccatasi
dalla
fede
cattolica
di
Roma
,
dopo
avere
costituito
una
forte
chiesa
nazionale
,
fu
però
costretta
di
riconoscere
in
sé
medesima
e
rispettare
almeno
in
parte
le
sètte
dissidenti
.
È
evidente
che
per
questi
avvenimenti
la
unione
dello
Stato
colla
Chiesa
dovette
ricevere
una
grande
scossa
.
La
consistenza
di
diverse
confessioni
cristiane
in
uno
Stato
medesimo
,
e
il
riconoscimento
della
loro
legalità
,
per
la
quale
il
cittadino
possiede
ed
esercita
egualmente
i
diritti
civili
e
politici
sia
esso
cattolico
,
o
luterano
,
o
dissidente
,
pone
lo
Stato
in
una
condizione
diversa
da
quella
che
era
da
prima
.
Non
è
più
lecito
allo
Stato
proclamare
come
assolutamente
vera
una
sola
forma
di
religione
,
e
proteggerla
contro
ogni
assalto
,
ma
in
quella
vece
esso
è
costretto
a
riconoscere
parecchie
confessioni
,
siccome
pari
fra
loro
in
dignità
,
e
sollevarsi
,
per
così
dire
,
ad
una
forma
più
generale
ed
astratta
di
cristianesimo
,
la
quale
possa
abbracciare
in
sé
medesima
tanto
il
cattolico
quanto
il
protestante
.
Questa
conseguenza
può
effettuarsi
più
o
meno
rapidamente
ed
efficacemente
,
ma
è
il
portato
della
condizione
morale
della
società
moderna
.
La
costituzione
prussiana
del
1850
l
'
ha
formulato
chiaramente
*
.
E
il
passo
è
già
grandissimo
se
si
riscontra
col
medio
evo
.
Ora
l
'
esperienza
ha
già
dimostrato
due
cose
che
un
tempo
si
sarebbero
credute
impossibili
,
l
'
una
che
queste
diverse
confessioni
cristiane
possono
convivere
senza
perturbazione
della
pace
pubblica
;
anzi
senza
impedire
l
'
azione
comune
di
coloro
che
le
professano
al
fine
della
società
civile
.
L
'
altra
che
lo
Stato
non
ha
perciò
perduto
punto
di
moralità
e
di
vigore
;
imperocché
non
si
può
negare
che
i
paesi
dove
protestanti
e
cattolici
vivono
insieme
sotto
una
legge
medesima
,
hanno
progredito
più
dei
paesi
che
sono
esclusivamente
cattolici
,
e
forse
anche
più
di
quelli
che
rimasero
esclusivamente
legati
ad
una
forma
del
protestantismo
.
Ma
procediamo
innanzi
.
Se
nei
paesi
di
razza
latina
,
la
forza
dei
Prìncipi
,
alleati
colla
Chiesa
romana
,
potè
reprimere
e
soffocare
ogni
moto
riformativo
nel
XVI
secolo
,
non
però
i
germi
ne
furono
estirpati
,
e
nonostante
la
reazione
ascetica
che
segue
al
concilio
di
Trento
,
e
nella
quale
i
Gesuiti
sono
gli
attori
più
arditi
,
più
tenaci
e
più
affascinanti
*
,
pur
quei
germi
posero
radice
,
e
quanto
più
lungamente
occulti
,
tanto
più
si
diffusero
,
come
umore
che
scomparso
dalla
epidermide
serpeggia
nelle
vene
,
e
s
'
insinua
negli
organi
della
vita
.
Così
il
sentimento
razionalista
,
che
da
più
secoli
veniva
diffondendosi
,
scoppiò
con
grande
impeto
nella
filosofia
francese
del
secolo
scorso
,
la
quale
,
fra
le
altre
sue
note
spiccatissime
,
ebbe
quella
di
un
'
ostilità
accanita
contro
il
cristianesimo
,
e
si
conchiuse
poi
con
la
rivoluzione
formidabile
del
1789
e
con
la
dittatura
napoleonica
.
D
'
allora
in
poi
,
non
ostante
la
restaurazione
del
cattolicismo
nella
Francia
e
i
concordati
,
pur
nondimeno
il
principio
della
libertà
religiosa
fece
grandissimi
passi
in
tutto
il
continente
europeo
.
Non
si
trattò
più
di
riconoscere
legalmente
varie
sètte
cristiane
,
ma
di
riconoscere
qualsiasi
forma
di
credenza
che
non
offendesse
la
pace
e
la
sicurezza
pubblica
.
Né
giovò
che
talune
costituzioni
politiche
contenessero
qualche
articolo
che
dava
esplicitamente
il
primato
ad
una
data
forma
di
religione
e
di
culto
sovra
tutte
le
altre
,
come
per
esempio
lo
Statuto
piemontese
del
1848
,
che
divenne
poscia
lo
Statuto
italiano
.
Quegli
articoli
furono
interpretati
in
guisa
da
poterne
dedurre
in
pratica
la
parità
di
tutte
le
religioni
e
di
tutti
i
culti
.
Anzi
si
venne
a
considerare
la
religione
come
argomento
spettante
al
diritto
privato
,
sul
quale
lo
Stato
non
dovesse
avere
ingerenza
,
se
non
in
quanto
le
pubbliche
sue
manifestazioni
si
attengono
alla
sicurezza
pubblica
.
Indi
la
libertà
di
coscienza
e
dei
culti
si
levò
in
grido
come
la
prima
e
principale
fra
le
franchigie
costituzionali
.
Ho
detto
che
il
sentimento
razionalista
veniva
da
più
secoli
crescendo
e
diffondendosi
in
Europa
.
Io
intendo
per
ciò
,
non
già
un
sistema
definito
e
preciso
di
filosofia
,
ma
una
tendenza
,
un
metodo
,
una
cotal
forma
di
pensiero
,
per
la
quale
l
'
uomo
mira
ad
attribuire
i
fenomeni
fisici
dell
'
universo
a
leggi
costanti
anziché
a
cause
miracolose
,
e
deduce
le
regole
della
morale
e
della
politica
dalla
ragione
,
anziché
da
una
dottrina
rivelata
.
Questo
sentimento
precedette
il
protestantismo
,
ché
anzi
,
come
tendenza
naturale
all
'
uomo
,
manda
qua
e
là
scintille
anche
nel
buio
del
medio
evo
,
benché
scarsamente
,
e
sian
tosto
estinte
:
ma
comincia
a
manifestarsi
apertamente
quando
col
rinascimento
delle
lettere
e
delle
arti
l
'
antica
filosofia
diviene
patrimonio
comune
della
moderna
Europa
.
Io
avrò
occasione
di
parlarne
più
diffusamente
nel
Capitolo
V
del
presente
lavoro
*
.
Per
ora
mi
basti
notare
che
il
protestantismo
da
una
banda
accoglie
il
principio
razionale
nella
sua
più
ardita
espressione
,
poiché
pone
nella
ragione
individuale
il
criterio
della
interpretazione
della
Bibbia
,
ma
dall
'
altra
banda
lo
ferma
e
gli
impone
limiti
nella
divinità
del
libro
stesso
che
si
tratta
d
'
interpretare
.
Ma
gittato
il
seme
esso
fruttifica
sopratutto
nelle
sètte
dissidenti
,
e
queste
sètte
,
valicato
l
'
Atlantico
,
fuggendo
la
tirannide
e
la
persecuzione
,
conservano
il
fuoco
sacro
,
e
il
giorno
stesso
che
costituiscono
la
novella
repubblica
settentrionale
d
'
America
proclamano
il
principio
della
libertà
religiosa
in
modo
assoluto
,
come
legge
generale
dello
Stato
.
Dove
è
da
notare
questa
differenza
notevolissima
con
ciò
che
accadde
in
Francia
di
poi
;
che
in
America
il
principio
di
che
parliamo
era
venuto
in
atto
senza
ostilità
alcuna
verso
la
religione
,
senza
ire
e
senza
rancori
contro
i
suoi
ministri
,
ma
come
conseguenza
di
un
profondo
sentimento
di
libertà
e
di
rispetto
reciproco
dei
cittadini
.
Washington
,
che
personifica
quel
grande
rivolgimento
,
era
credente
,
eppure
egli
esprimeva
il
suo
concetto
con
queste
parole
:
"
Allorché
gli
uomini
osservano
esattamente
i
loro
doveri
civili
,
essi
hanno
fatto
ciò
che
lo
Stato
ha
il
diritto
di
esigere
e
di
aspettarsi
da
loro
:
essi
sono
responsabili
verso
Dio
solo
della
religione
che
professano
e
del
culto
che
preferiscono
*
"
.
È
questo
il
principio
proclamato
dagli
Stati
-
Uniti
nella
costituzione
loro
del
17
settembre
1787
.
Il
Congresso
non
fa
leggi
che
riguardino
lo
stabilimento
di
alcuna
religione
,
o
che
ne
proibiscano
il
libero
esercizio
:
nessuno
che
si
conduca
pacificamente
e
regolarmente
sarà
mai
molestato
per
opinioni
religiose
o
per
la
forma
del
suo
culto
;
nessuna
professione
di
fede
sarà
mai
richiesta
come
condizione
ad
alcun
ufficio
o
mandato
pubblico
della
Confederazione
*
.
Comunque
in
Europa
siano
in
vigore
leggi
e
pratiche
le
quali
non
consuonano
pienamente
con
queste
massime
,
tuttavia
parmi
non
potersi
negare
che
il
cammino
delle
nazioni
moderne
è
volto
a
tal
mira
,
e
che
tutte
le
leggi
recenti
fatte
dai
Parlamenti
sia
nelle
monarchie
temperate
sia
nelle
repubbliche
,
si
informano
al
medesimo
principio
.
Ora
qual
è
il
significato
intimo
di
siffatta
legislazione
?
Egli
è
che
lo
Stato
il
quale
,
come
dicemmo
innanzi
,
era
passato
dalla
professione
di
un
dogma
concreto
ed
esclusivo
ad
una
forma
astratta
di
cristianesimo
,
che
potesse
comprendere
tanto
i
cristiani
,
quanto
i
protestanti
,
e
le
varie
loro
sètte
dissidenti
,
procede
ancora
un
passo
più
oltre
,
e
si
eleva
ad
un
astrazione
maggiore
.
Esso
pone
allora
la
sua
base
non
più
nella
dottrina
cattolica
o
protestante
,
neppure
sulla
dottrina
meramente
cristiana
,
ma
sulle
verità
morali
comuni
a
tutti
i
culti
,
e
,
se
vuolsi
,
anche
sul
sentimento
religioso
che
è
come
il
sustrato
di
tutte
le
credenze
positive
,
e
su
ciò
che
possa
concepirsi
e
credersi
indipendentemente
da
qualsiasi
dogma
rivelato
.
Che
se
nonostante
questa
imparzialità
verso
tutte
le
religioni
e
le
sètte
,
pure
lo
Stato
moderno
continua
a
chiamarsi
cristiano
ciò
è
(
come
dice
il
Blüntschli
)
in
quanto
che
il
cristianesimo
ha
nella
storia
dei
popoli
odierni
europei
profonde
radici
,
e
informa
tutta
quanta
la
civiltà
loro
presente
.
Può
lo
Stato
chiamarsi
cristiano
anche
per
ciò
che
la
massima
parte
del
popolo
,
professando
la
religione
di
Cristo
,
esso
ne
rispetta
ed
onora
la
morale
.
Così
la
intendono
anche
gli
americani
,
che
assai
più
degli
europei
hanno
stabilito
la
separazione
giuridica
fra
Stato
e
Chiesa
,
e
nondimeno
continuano
a
parlare
della
religione
come
di
elemento
sostanziale
e
di
principio
costitutivo
del
diritto
comune
.
In
questo
senso
più
lo
Stato
moderno
è
divenuto
equo
ed
umano
,
più
è
divenuto
cristiano
*
.
Ma
tornando
all
'
andamento
storico
verso
la
libertà
religiosa
,
mi
par
da
notare
che
gli
Stati
particolari
che
formano
l
'
Unione
Americana
ci
danno
un
esempio
di
quel
trapasso
del
quale
ho
sopra
discorso
,
cioè
di
quella
maniera
di
generalizzazione
per
la
quale
lo
Stato
si
eleva
ad
una
forma
ognora
più
astratta
di
religione
sino
alla
pura
morale
.
E
perché
è
rapido
e
chiaro
mi
par
che
illustri
mirabilmente
il
lento
progredimento
della
Europa
nella
stessa
via
.
Ho
detto
sopra
che
la
costituzione
americana
sancisce
la
libertà
religiosa
come
uno
de
'
suoi
principî
fondamentali
.
Nondimeno
se
si
guarda
alle
legislazioni
speciali
dei
singoli
Stati
,
si
trova
che
,
anche
senza
offendere
direttamente
la
massima
sopracitata
,
pure
vi
si
manifesta
qualche
parzialità
verso
taluna
forma
di
culto
.
Così
nella
Carolina
del
Nord
la
costituzione
dell
'
anno
1776
,
disponeva
in
tal
guisa
:
"
nessuno
potrà
tenere
un
ufficio
pubblico
qualora
egli
non
professi
la
religione
evangelica
.
"
Ma
nel
1836
fu
introdotto
un
emendamento
,
pel
quale
alla
parola
religione
evangelica
erano
surrogate
le
altre
:
"
religione
cristiana
.
"
Ora
una
religione
cristiana
in
genere
non
esiste
,
ma
esiste
nella
forma
del
cattolicismo
,
del
protestantismo
,
e
delle
altre
sette
dissidenti
;
però
a
ciascuno
,
qual
che
ne
fosse
la
confessione
,
diveniva
lecito
adire
i
pubblici
impieghi
.
Finalmente
un
secondo
emendamento
modifica
di
nuovo
questa
dizione
,
e
non
si
esige
più
una
professione
di
fede
positiva
,
ma
soltanto
è
promulgato
che
non
potrà
esercitare
un
pubblico
impiego
chi
neghi
l
'
esistenza
di
Dio
.
Eccoci
alla
forma
più
generale
e
più
astratta
del
sentimento
religioso
.
Né
diverso
fu
l
'
andamento
delle
cose
nella
Pensilvania
,
dove
la
formula
pura
protestante
fu
convertita
nella
seguente
:
"
chiunque
non
creda
nell
'
esistenza
di
Dio
e
in
uno
stato
di
premî
e
di
pene
nella
vita
futura
,
è
escluso
da
ogni
pubblico
ufficio
.
"
Similmente
nel
Maryland
chi
non
crede
in
Dio
e
nell
'
immortalità
dell
'
anima
non
può
esser
giurato
né
testimonio
,
ma
nelle
ultime
costituzioni
del
Mississipì
,
dell
'
Arkansas
ed
altre
,
anche
siffatte
limitazioni
furono
tolte
*
.
Questo
procedimento
è
degnissimo
di
nota
,
e
mostra
,
in
primo
luogo
,
come
la
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
è
tanto
lungi
dall
'
escludere
il
sentimento
religioso
,
che
anzi
esso
traspare
non
pure
negli
atti
ma
nelle
leggi
.
Le
costituzioni
americane
dei
vari
Stati
ne
hanno
qual
più
qual
meno
un
sentore
.
Così
quella
di
New
York
comincia
dal
render
omaggio
di
gratitudine
al
Creatore
dell
'
Universo
,
quello
del
New
Hampshire
afferma
che
la
pietà
e
la
morale
fondata
sui
principî
evangelici
sono
la
maggiore
guarentigia
e
la
migliore
condizione
del
buon
governo
;
la
costituzione
del
Massachussets
pone
nel
culto
del
Signore
e
nell
'
istruzione
religiosa
il
presidio
dello
Stato
repubblicano
,
e
la
causa
precipua
della
felicità
del
popolo
;
e
quelle
della
Virginia
e
del
Delaware
dichiarano
che
,
sebbene
in
fatto
di
religione
non
si
debba
procedere
colla
violenza
ma
colla
persuasione
,
nondimeno
la
credenza
ed
il
culto
sono
il
primo
dovere
morale
dell
'
uomo
.
Dal
che
si
vede
in
sostanza
come
codeste
leggi
muovono
dal
principio
che
la
religione
è
necessaria
non
pure
al
cittadino
privato
,
ma
alla
conservazione
,
alla
prosperità
e
alla
grandezza
della
repubblica
.
Ma
nel
tempo
medesimo
non
riconoscono
nessuna
attinenza
necessaria
fra
questo
sentimento
e
una
forma
determinata
di
religione
e
di
culto
.
Imperocché
,
come
dice
benissimo
il
Wharton
*
,
il
dogma
è
riguardato
come
estraneo
allo
Stato
,
ma
la
morale
cristiana
è
il
fondamento
di
tutte
le
istituzioni
degli
Stati
Uniti
.
Il
che
pronunziava
la
stessa
Corte
d
'
Appello
di
New
York
,
quando
diceva
in
una
sua
sentenza
che
la
religione
cristiana
è
intessuta
nella
società
e
congiunta
a
tutte
le
abitudini
,
ai
costumi
,
ai
modi
della
vita
*
.
Insomma
la
condizione
delle
cose
agli
Stati
Uniti
d
'
America
prova
che
insieme
colla
separazione
giuridica
dello
Stato
dalle
Chiese
può
coesistere
l
'
unione
morale
fra
di
loro
.
E
siccome
questi
concetti
sono
pure
i
medesimi
espressi
negli
articoli
della
costituzione
prussiana
del
1850
,
di
che
ho
parlato
sopra
,
così
mi
parve
che
il
presente
moto
europeo
si
trovasse
effigiato
in
compendio
nei
procedimenti
di
alcuni
di
quegli
Stati
.
Se
non
che
,
dalle
premesse
sopraindicate
,
le
conseguenze
logiche
vanno
ancor
più
oltre
,
imperocché
la
piena
libertà
della
coscienza
e
dei
culti
concede
eziandio
,
come
dimostrano
i
detti
esempi
,
di
non
credere
ad
alcun
domma
rivelato
,
di
non
praticare
culto
di
sorta
.
Giuridicamente
codesta
posizione
non
può
essere
sforzata
dallo
Stato
.
Per
coloro
poi
che
credono
,
la
libertà
equivale
alla
facoltà
di
associarsi
con
altri
cittadini
che
partecipino
alla
medesima
credenza
,
di
organare
codesta
associazione
,
e
governarla
secondo
tali
o
tali
altre
massime
e
tradizioni
,
di
praticare
il
culto
che
si
stima
più
confacente
,
infine
di
diffondere
la
propria
fede
colla
predicazione
e
coll
'
insegnamento
.
Lo
spirito
di
proselitismo
e
di
propaganda
è
inseparabile
dalla
fede
,
e
forma
parte
esseriziale
della
libertà
sino
a
che
non
offenda
i
diritti
altrui
.
Vedesi
adunque
che
non
si
tratta
di
una
concessione
fatta
per
schivare
un
male
maggiore
,
né
di
una
semplice
tolleranza
;
ma
di
un
vero
principio
che
informa
tutto
il
diritto
pubblico
moderno
,
e
che
muta
essenzialmente
i
rapporti
dello
Stato
colla
Chiesa
o
colle
Chiese
esistenti
.
Per
conseguenza
non
si
può
immaginare
una
legislazione
liberale
la
quale
comandasse
un
domma
,
o
ponesse
sanzioni
positive
ad
uno
o
ad
un
altro
culto
religioso
.
E
similmente
non
si
può
immaginare
una
legislazione
liberale
che
vietasse
ai
cittadini
di
associarsi
a
fin
di
religione
e
di
culto
,
quando
non
offendano
i
diritti
altrui
.
Noteremo
qui
di
passata
come
le
chiese
repugnassero
sempre
a
ciò
,
né
la
cattolica
sola
,
ma
anche
le
altre
confessioni
;
ma
il
principio
di
libertà
trionfò
malgrado
gli
sforzi
loro
*
.
E
non
è
che
parecchio
tempo
appresso
che
alcune
di
esse
hanno
pensato
di
rallegrarsene
,
e
di
poterne
trarre
utilità
.
Per
riepilogare
il
mio
pensiero
,
io
dico
che
la
unione
dello
Stato
colla
Chiesa
era
fondata
essenzialmente
sulla
unità
di
religione
,
sicché
il
credente
era
cittadino
e
il
cittadino
credente
.
Questa
unione
fu
già
grandemente
scossa
quando
più
confessioni
religiose
poterono
coesistere
nello
Stato
medesimo
,
ma
nondimeno
,
siccome
elleno
erano
rami
di
un
medesimo
tronco
,
si
può
ancora
concepire
lo
Stato
che
spande
la
sua
protezione
e
la
sua
tutela
sopra
di
tutte
,
come
avviene
anche
oggi
in
molti
paesi
protestanti
.
Ma
quando
il
principio
razionale
prevale
nella
sua
schiettezza
,
quando
il
cittadino
può
,
non
solo
appartenere
all
'
una
o
all
'
altra
confessione
cristiana
,
ma
a
qualunque
altra
religione
,
o
anche
non
ammettere
religione
positiva
di
sorta
alcuna
;
e
ciò
non
diminuisce
i
suoi
diritti
e
i
suoi
doveri
verso
lo
Stato
:
quando
la
determinazione
legislativa
di
quei
diritti
e
di
quei
doveri
non
s
'
ispira
più
al
precetto
di
una
dottrina
rivelata
,
ma
soltanto
ai
dettami
della
ragione
,
allora
la
unione
della
Chiesa
collo
Stato
,
la
unione
giuridica
,
dico
,
e
legale
,
non
risponde
più
alle
condizioni
della
società
.
La
teocrazia
e
il
regalismo
hanno
perduto
la
loro
ragione
d
'
essere
entrambi
,
e
i
concordati
e
i
provvedimenti
che
tramezzano
fra
quei
due
sistemi
,
possono
menarsi
buoni
come
espedienti
temporanei
,
non
come
stabile
assetto
di
cose
.
A
una
condizione
sociale
,
qual
è
quella
che
abbiamo
descritta
,
risponde
necessariamente
una
nuova
forma
civile
e
legislativa
che
è
il
tema
del
mio
discorso
.
Ora
io
dico
che
questa
forma
non
può
trovarsi
che
nella
separazione
della
Chiesa
,
anzi
di
tutte
le
Chiese
dallo
Stato
.
Il
che
non
implica
già
che
le
Chiese
sciolte
da
ogni
freno
possano
combattere
fra
loro
e
colle
altre
istituzioni
civili
,
e
meno
ancora
assalire
lo
Stato
.
No
,
per
certo
.
Ma
alle
antiche
forme
legislative
si
debbono
sostituire
forme
novelle
,
ai
freni
che
rispondevano
a
condizioni
sociali
diverse
dalla
presente
,
si
debbono
sostituire
freni
che
colle
condizioni
delle
società
presenti
si
concordino
.
Avverrà
qui
la
trasformazione
che
è
avvenuta
in
ogni
altro
ramo
della
legislazione
,
e
dove
non
è
compiuta
ancora
,
verrà
compiendosi
nell
'
avvenire
.
Al
sistema
preventivo
si
andrà
surrogando
il
sistema
repressivo
.
Lo
Stato
,
invece
di
prendere
come
una
volta
,
delle
cautele
generali
e
anticipate
per
evitare
che
certi
atti
tornassero
in
danno
comune
,
al
presente
determina
i
limiti
in
ogni
materia
,
e
interviene
solo
quando
quegli
atti
ne
trascorrono
.
Potrei
citare
molti
argomenti
:
quello
della
stampa
,
per
esempio
,
e
del
diritto
di
riunione
,
dove
alla
censura
,
o
al
permesso
,
è
surrogata
una
legge
punitiva
degli
eccessi
,
quello
delle
società
industriali
e
commerciali
,
dove
le
cautele
del
decreto
regio
che
le
autorizzava
,
e
dell
'
approvazione
dei
loro
statuti
,
fa
luogo
a
leggi
generali
determinatrici
delle
forme
e
dei
limiti
entro
i
quali
queste
società
possono
liberamente
crearsi
.
Così
avverrà
anche
rispetto
alla
religione
.
Laonde
coloro
i
quali
credono
che
rinunziando
al
sistema
giurisdizionale
,
cioè
,
alla
presentazione
dei
vescovi
,
agli
exequatur
ai
placet
,
agli
appelli
da
abuso
,
lo
Stato
rinunzi
ad
ogni
difesa
de
'
suoi
diritti
,
s
'
ingannano
.
Lo
Stato
rinunzia
alle
vecchie
difese
preventive
che
più
non
reggono
,
ma
ne
crea
di
nuove
,
repressive
,
con
una
legislazione
appropriata
alle
circostanze
presenti
.
Però
se
l
'
andamento
storico
della
civiltà
nostra
ci
conduce
a
queste
conclusioni
,
possiamo
noi
dire
che
elleno
sieno
conformi
anche
ad
uno
stato
normale
di
cose
?
Questa
libertà
religiosa
può
essa
consistere
colla
nozione
che
noi
ci
formiamo
dello
Stato
e
dei
suoi
attributi
necessarii
?
Può
lo
Stato
rinunziare
ad
ogni
ingerenza
preventiva
in
materia
religiosa
,
senza
spogliarsi
di
funzioni
essenziali
al
suo
fine
?
Il
concetto
dello
Stato
e
degli
attributi
che
gli
spettano
si
desume
dal
suo
fine
.
Ora
il
fine
dello
Stato
è
duplice
:
primieramente
la
tutela
dei
diritti
,
e
in
secondo
luogo
la
cura
di
quegli
interessi
veramente
generali
,
ai
quali
per
sé
soli
non
possono
supplire
i
cittadini
,
e
le
varie
loro
maniere
di
associazione
.
A
conseguire
il
primo
,
lo
Stato
,
dopo
avere
riconosciuto
e
determinato
nelle
leggi
i
diritti
medesimi
,
li
protegge
da
ogni
violazione
interna
e
da
ogni
esterno
invadimento
,
circoscrivendo
così
la
libera
attività
dei
privati
,
entro
i
termini
necessarii
all
'
esercizio
della
libertà
altrui
.
L
'
idea
generatrice
di
questo
ordine
di
funzioni
,
è
quella
del
suum
cuique
tribuere
,
cioè
,
la
giustizia
.
Quanto
all
'
altro
ordine
di
funzioni
,
l
'
idea
generatrice
di
esse
è
quella
di
integrazione
.
Là
dov
'
è
un
interesse
generale
,
importante
,
e
a
soddisfarlo
si
riconoscano
insufficienti
,
non
pur
gli
individui
singolarmente
,
ma
le
associazioni
spontanee
di
ogni
genere
,
ivi
subentra
l
'
opera
dello
Stato
,
la
quale
si
manifesta
o
rimuovendo
ostacoli
,
o
fornendo
notizie
,
o
porgendo
aiuti
e
sussidii
,
e
talvolta
anche
facendo
esso
ciò
che
gli
altri
non
sarebbero
potenti
a
fare
.
Di
che
segue
che
nella
essenza
dello
Stato
havvi
qualche
cosa
di
assoluto
e
di
perpetuo
,
ed
havvi
eziandio
qualche
cosa
di
mutevole
e
di
relativo
.
Ne
segue
altresì
che
mano
a
mano
che
i
cittadini
,
o
i
consorzi
loro
si
abilitano
per
istruzione
,
per
ricchezza
,
per
ordini
interni
,
a
compiere
certi
dati
uffici
da
loro
medesimi
,
lo
Stato
cessa
dalle
funzioni
integrative
che
a
ciò
si
riferiscono
,
e
restringe
proporzionatamente
il
suo
còmpito
.
Anzi
a
questo
restringimento
deve
mirare
grado
grado
,
come
ad
intento
nobilissimo
,
inquantoché
lascia
ognor
più
largo
campo
alla
attività
dell
'
uomo
e
ne
solleva
la
dignità
*
.
Nondimeno
si
vuol
notare
che
la
ingerenza
dello
Stato
in
molti
casi
non
cessa
interamente
,
ma
si
trasforma
:
è
un
nuovo
modo
che
esso
prende
in
luogo
dell
'
antico
,
più
confacente
al
grado
di
civiltà
ed
a
promuovere
certe
generali
imprese
che
appagano
essenziali
bisogni
delle
popolazioni
.
Né
si
dee
dimenticare
altresì
che
il
progresso
della
civiltà
implica
sempre
fra
i
cittadini
nuove
relazioni
che
lo
Stato
è
chiamato
a
determinare
giuridicamente
e
a
favorire
,
ove
occorra
,
e
similmente
che
esso
non
potrà
mai
considerarsi
estraneo
alla
moralità
ed
al
costume
in
che
il
cittadino
attinge
le
forze
necessarie
allo
svolgimento
delle
sue
facoltà
.
Cosicché
non
si
può
supporre
che
lo
Stato
arrivi
mai
a
spogliarsi
interamente
di
ogni
attributo
d
'
integrazione
,
e
che
possa
restringersi
puramente
e
semplicemente
alla
tutela
dei
diritti
.
Finalmente
lo
Stato
,
non
essendo
una
semplice
agglomerazione
d
'
individui
,
ma
un
tutto
organico
,
può
dirsi
che
ha
un
fine
anche
in
sé
stesso
,
nella
conservazione
delle
sue
istituzioni
,
della
tradizione
e
della
solidarietà
fra
le
generazioni
presenti
e
le
future
.
Posti
questi
principii
,
lo
Stato
dee
ingerirsi
in
materia
di
religione
?
É
chiaro
innanzi
tutto
che
questa
facoltà
entra
nell
'
ordine
secondo
degli
attributi
che
gli
abbiam
riconosciuto
,
e
non
nel
primo
che
è
meramente
negativo
;
onde
vuol
giudicarsi
piuttosto
alla
stregua
della
storia
di
quello
che
in
modo
assoluto
.
E
veramente
riguardando
indietro
troviamo
che
lo
Stato
riguardò
mai
sempre
la
religione
,
non
solo
come
un
presidio
ai
suoi
ordini
interni
,
ma
altresì
come
una
necessità
sociale
,
e
quindi
in
varie
forme
cercò
di
proteggerla
,
di
favorirla
,
di
mantenere
integra
e
pura
la
fede
.
Parve
eziandio
che
esso
non
dovesse
rimanere
indifferente
a
tali
cose
,
donde
può
venire
la
ruina
del
costume
.
Ma
se
tutto
ciò
vuol
essere
giustificato
dalle
condizioni
in
cui
la
società
si
trovava
nel
passato
,
non
è
lecito
argomentarne
che
in
altre
circostanze
lo
Stato
non
possa
deporre
questo
ufficio
,
e
lasciare
che
la
libertà
del
privato
vi
abbia
il
campo
,
pur
di
non
offendere
la
libertà
degli
altri
.
Si
può
egli
asserire
che
lo
Stato
nella
sua
normale
costituzione
e
pel
conseguimento
de
'
suoi
fini
,
debba
professare
una
forma
di
religione
positiva
?
E
risalendo
anche
più
alto
,
cioè
al
principio
filosofico
che
informa
tutta
la
questione
,
l
'
osservanza
della
giustizia
,
la
cura
di
certi
interessi
generali
,
la
integrazione
del
cittadino
e
dei
suoi
consorzi
ad
utilità
comune
,
richiede
la
professione
di
un
domma
rivelato
e
la
osservanza
di
un
determinato
culto
?
Quanto
al
primo
capo
io
affermo
che
una
connessione
necessaria
fra
la
giustizia
e
il
domma
rivelato
non
v
'
è
*
.
Certo
la
giustizia
richiede
,
anzi
è
essa
medesima
cognizione
ed
attuazione
di
leggi
morali
,
ma
la
natura
di
queste
leggi
non
è
sovrintelligibile
né
rivelata
,
sì
bene
naturale
e
conoscibile
dall
'
umano
intelletto
.
A
tal
conoscimento
basta
dunque
quel
lume
che
illumina
tutti
gli
uomini
che
vengono
in
questo
mondo
;
bastano
quelle
verità
che
i
teologi
e
le
chiese
stesse
(
compresa
la
chiesa
cattolica
)
ammettono
come
preparazione
e
base
su
cui
si
fonda
la
rivelazione
.
In
prova
di
questa
proposizione
basterà
por
mente
a
due
notevolissimi
esempi
:
le
leggi
romane
,
che
anche
oggidì
riscuotono
la
nostra
ammirazione
e
servon
di
esempio
alle
legislazioni
moderne
,
appartengono
per
gran
parte
ad
un
periodo
anteriore
al
cristianesimo
;
il
codice
napoleonico
,
che
è
come
il
tipo
dei
codici
moderni
,
non
ha
dipendenza
dal
domma
.
Certamente
poi
,
né
gli
Stati
protestanti
si
mostrano
inferiori
ai
cattolici
,
né
questi
a
quelli
nei
loro
codici
,
nella
tutela
dei
diritti
,
nell
'
amministrazione
della
giustizia
,
nella
difesa
del
territorio
nazionale
.
Resta
a
vedere
se
questa
connessione
fosse
necessaria
al
secondo
dei
capi
sopradetti
.
Ma
quali
sono
oggi
gli
attributi
che
lo
Stato
ha
,
oltre
la
tutela
rigorosa
del
diritto
?
Esso
ha
la
polizia
preventiva
che
riguarda
la
sicurezza
pubblica
,
ha
una
vigilanza
igienica
che
risguarda
la
salubrità
delle
popolazioni
,
una
tutela
eminente
sulle
amministrazioni
parziali
,
le
poste
,
i
telegrafi
,
una
parte
notevole
nei
lavori
pubblici
che
superano
le
forze
locali
,
infine
favorisce
col
credito
,
coi
trattati
commerciali
,
coi
premi
,
coi
sussidii
,
coll
'
istruzione
tecnica
,
la
produzione
della
ricchezza
;
ma
tutte
codeste
cose
non
hanno
relazione
diretta
col
culto
.
In
due
punti
potrebbe
nascere
il
dubbio
che
questa
relazione
sia
inevitabile
,
nell
'
insegnamento
,
cioè
,
che
insieme
coi
privati
lo
Stato
comparte
,
e
nella
beneficenza
.
Ma
quanto
all
'
insegnamento
,
è
mestieri
distinguere
l
'
istruzione
dalla
educazione
,
e
come
la
prima
può
appartenere
,
in
alcuni
casi
,
allo
Stato
,
così
la
seconda
soverchia
in
generale
le
sue
forze
,
imperocché
non
è
solo
esposizione
di
veri
,
ma
ispirazione
di
affetti
impressi
con
autorità
benefica
,
e
ricevuti
con
ossequio
spontaneo
e
confidente
.
Potrà
esigersi
per
avventura
che
l
'
istruzione
officiale
non
impedisca
l
'
educazione
e
non
ne
turbi
gli
effetti
,
ma
non
si
può
pretendere
che
la
potestà
civile
si
faccia
arbitra
e
dispensatrice
dell
'
insegnamento
religioso
,
come
discorrerò
più
ampiamente
in
altro
luogo
.
E
quanto
alla
beneficenza
,
la
quale
non
può
essere
ufficio
dello
Stato
se
non
in
certe
particolari
,
e
direi
quasi
straordinarie
circostanze
,
essa
non
può
,
in
tali
circostanze
,
collegarsi
alla
professione
di
un
culto
qualsivoglia
,
e
si
esercita
a
prò
dell
'
individuo
non
già
come
credente
,
e
direi
quasi
neppure
come
cittadino
,
ma
come
uomo
,
in
quanto
si
riconosce
o
ridotto
ad
impotenza
o
destituito
di
ogni
altro
aiuto
civile
.
Resterebbe
dunque
che
lo
Stato
,
come
nella
forma
giurisdizionale
che
abbiamo
descritta
nel
precedente
Capitolo
,
si
facesse
esso
stesso
promotore
diretto
della
religione
,
estirpatore
di
quelli
che
crede
abusi
,
favoreggiatore
del
culto
e
della
pietà
;
e
tutto
ciò
come
bene
in
sé
stesso
,
e
come
mezzo
al
mantenimento
o
al
miglioramento
del
costume
.
Ma
cotale
ufficio
non
può
essere
esercitato
dallo
Stato
che
nella
sua
parte
estrinseca
e
formale
:
esso
presuppone
,
per
usare
una
parola
che
oggi
è
molto
in
voga
,
un
contenuto
,
cioè
il
sentimento
religioso
e
la
fede
,
né
solo
una
fede
per
dir
così
generica
in
Dio
e
nella
provvidenza
,
ma
in
una
religione
positiva
e
rivelata
.
Or
se
questa
fosse
spenta
o
intiepidita
nei
cuori
,
lo
Stato
non
avrebbe
efficacia
di
suscitarla
,
né
da
esso
può
venire
un
eccitamento
che
li
risvegli
e
li
infervori
.
L
'
iniziativa
individuale
,
la
potenza
dell
'
associazione
spontanea
sola
vale
a
rianimare
il
sentimento
religioso
,
e
la
fede
:
tutto
ciò
che
lo
Stato
potrebbe
fare
,
bene
spesso
(
e
la
storia
ce
lo
prova
)
non
servirebbe
che
a
disvogliare
gli
animi
e
porli
in
guardia
contro
una
forma
artificiale
e
coattiva
.
Qui
cade
anche
in
acconcio
una
osservazione
del
Macaulay
*
che
ogni
istituzione
tanto
meglio
raggiunge
il
suo
fine
se
riguarda
quello
solo
e
non
altro
.
Nota
eziandio
il
medesimo
scrittore
che
la
professione
di
una
religione
,
e
la
pratica
d
'
un
culto
non
è
necessaria
a
formare
associazioni
di
uomini
ad
importanti
scopi
con
unità
d
'
interessi
,
con
organizzazione
potente
,
e
capi
aventi
fortissime
responsabilità
.
Egli
non
rifiuta
allo
Stato
l
'
ufficio
di
promuovere
indirettamente
la
scienza
,
le
arti
,
l
'
istruzione
popolare
,
e
favorire
per
tal
via
anche
lo
svolgersi
dei
sentimenti
religiosi
.
Ma
insiste
su
questo
punto
capitale
,
che
il
fine
della
difesa
e
della
propagazione
delle
verità
religiose
è
altro
dal
fine
della
difesa
sociale
.
E
veramente
se
la
difesa
e
la
propagazione
delle
verità
religiose
fosse
il
fine
precipuo
dello
Stato
,
come
potrebbe
lo
Stato
escludere
dal
suo
Codice
i
delitti
di
religione
,
come
potrebbe
anzi
non
punire
l
'
eresia
,
la
quale
fa
un
male
gravissimo
,
assai
più
grave
di
quel
che
arrechi
un
materiale
delitto
?
Ora
come
il
Codice
ha
pene
per
coloro
che
stimolano
altri
a
rubare
,
ad
uccidere
,
ad
incendiare
,
così
dovrebbe
averne
per
chi
toglie
colle
sue
predicazioni
il
maggior
bene
,
quello
dell
'
anima
,
e
il
più
solido
fondamento
della
morale
e
della
società
.
Si
dirà
essere
chiaro
e
manifesto
a
tutti
l
'
influsso
che
la
religione
esercita
sulla
legislazione
e
sulle
istituzioni
di
uno
Stato
,
anzi
sovra
ogni
parte
del
costume
.
Il
che
è
verissimo
,
ed
io
sono
ben
lungi
dal
disdirlo
,
che
anzi
niuno
potrebbe
negare
che
la
massima
parte
dei
beni
onde
la
moderna
civiltà
si
vanta
,
sono
un
portato
del
cristianesimo
.
Gli
spiriti
cristiani
lentamente
penetrarono
e
s
'
insinuarono
nell
'
uomo
e
nella
società
,
e
quest
'
azione
continuò
e
continua
tuttavia
,
né
meno
efficace
né
meno
visibile
dopo
la
riforma
e
dopo
la
filosofia
del
secolo
passato
,
comecché
l
'
una
alterasse
i
dommi
,
l
'
altra
li
combattesse
.
È
degno
della
nostra
meditazione
,
e
fu
già
da
molti
avvertito
*
come
coloro
stessi
che
più
si
accanivano
nel
far
guerra
al
Cristianesimo
per
caldeggiare
le
rìforme
sociali
,
spesso
non
facevano
che
dedurre
le
dottrine
loro
dai
suoi
insegnamenti
:
ed
oggi
ancora
può
dirsi
con
certezza
che
quegl
'
insegnamenti
non
sono
svolti
interamente
,
né
hanno
recato
tutte
le
conseguenze
civili
onde
sono
suscettivi
.
Ma
la
questione
che
noi
trattiamo
non
è
questa
.
Concedo
che
v
'
ha
fra
tutti
gli
elementi
onde
l
'
umana
natura
e
la
società
si
compone
un
reciproco
influsso
:
l
'
utile
,
il
vero
,
il
bello
,
il
giusto
,
il
divino
si
collegano
fra
loro
e
nell
'
idea
e
nel
fatto
:
la
ricchezza
,
la
scienza
,
le
arti
,
le
leggi
,
le
religioni
,
reciprocamente
si
modificano
,
e
formano
la
civiltà
.
Né
contendo
eziandio
al
sentimento
religioso
un
primato
sugli
altri
e
m
'
accordo
che
esso
sia
capace
più
di
tutti
d
'
ispirare
la
virtù
e
il
sacrifizio
;
che
anzi
i
due
elementi
estremi
della
umana
natura
,
in
un
certo
aspetto
i
più
potenti
,
sono
l
'
utile
in
quanto
è
soddisfazione
immediata
dei
bisogni
necessari
alla
vita
,
e
il
divino
in
quanto
vince
di
dignità
e
d
'
importanza
ogni
cosa
terrena
,
e
si
infutura
nell
'
eternità
.
La
storia
ce
ne
porge
un
ammaestramento
,
al
quale
non
si
possono
chiudere
gli
occhi
,
perché
i
più
grandi
mutamenti
,
le
guerre
più
formidabili
,
le
rivoluzioni
più
radicali
,
ebbero
in
uno
di
questi
due
campi
la
loro
prima
radice
.
Ma
,
ripeto
,
tale
non
è
la
questione
.
Noi
investighiamo
qui
non
già
qual
sia
l
'
influsso
della
religione
sul
costume
,
e
per
esso
sulla
legislazione
e
sulle
istituzioni
civili
,
bensì
esaminiamo
se
nella
essenza
e
negli
attributi
che
appartengono
in
ogni
tempo
allo
Stato
,
siavi
quello
d
'
ingerirsi
nelle
materie
religiose
;
se
lo
Stato
debba
professare
un
domma
,
ed
esercitare
un
culto
.
Qui
non
si
tratta
adunque
di
notare
la
connessione
degli
elementi
sociali
,
e
l
'
azione
loro
reciproca
,
ma
si
tratta
di
coglierne
invece
la
distinzione
.
Imperocché
nell
'
ordine
universale
delle
cose
tutto
è
connesso
,
ma
nulla
è
confuso
,
ed
ogni
elemento
ha
eziandio
la
sua
peculiare
manifestazione
,
e
il
suo
svolgimento
autonomo
.
Che
se
fu
proprio
delle
età
primitive
ed
inculte
che
tutti
gli
elementi
sociali
vi
apparissero
implicati
e
congiunti
,
è
proprio
delle
età
culte
e
civili
la
separazione
loro
.
La
quale
non
impedisce
che
lo
svolgimento
di
ciascun
elemento
sia
armonico
cogli
altri
,
ma
di
armonia
spontanea
e
non
imposta
.
Ora
la
nota
caratteristica
che
contraddistingue
lo
Stato
è
la
potestà
coattiva
,
è
il
comando
e
il
divieto
,
e
questo
non
ci
pare
sia
applicabile
alla
religione
.
Che
se
è
necessario
che
lo
Stato
professi
un
domma
ed
eserciti
un
culto
,
uopo
è
altresì
che
lo
imponga
a
tutti
i
cittadini
,
e
con
ciò
verrebbe
a
violare
quello
che
abbiam
detto
essere
principalissimo
fra
i
diritti
individuali
.
La
opinione
contraria
,
cioè
la
necessaria
unione
dello
Stato
colla
Chiesa
deriva
da
un
concetto
che
gli
uomini
sovente
si
fecero
dello
Stato
,
troppo
più
ampio
di
quello
che
la
filosofia
e
la
politica
permettono
.
Imperocché
fu
stimato
che
ufficio
dello
Stato
fosse
procurare
la
massima
perfezione
del
cittadino
*
con
che
veniva
a
confondersi
l
'
ordine
giuridico
coll
'
ordine
morale
*
.
Ciò
posto
egli
è
evidente
che
la
religione
ne
formerebbe
uno
degli
attributi
necessarii
,
anzi
il
più
essenziale
,
e
dovrebbe
essere
una
istituzione
civile
come
appo
gli
antichi
,
ovvero
signoreggiare
lo
Stato
medesimo
come
nel
medio
evo
.
Questa
ultima
sarebbe
anzi
la
più
logica
deduzione
dalla
premessa
,
perché
se
la
virtù
sovrasta
alla
semplice
giustizia
,
la
perfezione
morale
al
rispetto
dei
diritti
,
se
la
salute
eterna
è
infinitamente
superiore
a
tutti
i
terreni
appagamenti
,
ne
segue
che
alla
potestà
che
si
propone
il
fine
supremo
devon
essere
subordinate
quelle
che
conducono
a
fini
secondari
.
Ora
noi
teniamo
una
opinione
diversa
,
e
stimiamo
invece
che
la
ricerca
della
virtù
,
della
perfezione
morale
,
della
salute
eterna
non
appartengano
allo
Stato
,
ma
che
gli
appartenga
invece
il
còmpito
di
assicurare
all
'
individuo
e
alle
associazioni
libere
l
'
esercizio
de
'
loro
diritti
,
non
impigliandone
la
esecuzione
in
una
forma
più
che
nell
'
altra
.
Ben
è
vero
che
gli
interessi
che
lo
Stato
cura
non
sono
solo
materiali
ma
eziandio
morali
,
ben
è
vero
che
lo
Stato
supplisce
ed
integra
al
possibile
la
deficienza
dei
privati
,
ma
quando
la
famiglia
,
e
le
altre
associazioni
private
o
pubbliche
possano
bastare
ai
loro
determinati
fini
,
non
si
appartiene
ad
esso
d
'
ingerirsene
direttamente
.
Resterebbe
un
ultimo
punto
da
considerare
,
ed
è
che
la
religione
liberamente
professata
e
il
culto
esercitato
senza
la
direzione
dello
Stato
possono
divenire
alla
volta
loro
ostacoli
al
compimento
delle
funzioni
che
allo
Stato
si
appartengono
.
E
ciò
,
sia
per
l
'
insegnamento
di
massime
opposte
a
quelle
che
esso
ha
adottato
,
sia
per
la
resistenza
che
i
credenti
in
certi
casi
sarebbero
indotti
a
porre
alla
esecuzione
delle
leggi
,
sia
infine
per
certe
abitudini
che
,
insinuandosi
a
poco
a
poco
nelle
popolazioni
,
finirebbero
per
scalzare
le
fondamenta
dello
Stato
medesimo
,
o
tarlarne
le
travi
maestre
,
come
certi
insetti
che
in
lungo
volgere
di
tempo
tolgono
stabilità
e
fermezza
agli
edificii
più
solidi
e
meglio
costituiti
.
In
tesi
generale
non
può
ammettersi
questo
dubbio
,
perché
la
religione
mira
a
render
pura
l
'
anima
e
innocenti
le
mani
dei
fedeli
,
e
per
conseguenza
,
indirettamente
,
giova
e
coopera
ai
fini
dello
Stato
.
Però
potrebbe
avvenire
per
abuso
,
e
in
effetto
così
avvenne
non
di
rado
,
e
in
tal
caso
l
'
ingerenza
dello
Stato
sarebbe
giustificata
,
ma
ristretta
a
ciò
,
che
le
massime
della
religione
e
le
pratiche
del
culto
non
osteggiassero
l
'
opera
sua
,
né
scemassero
i
benefici
influssi
del
suo
ufficio
.
Di
questa
parte
avremo
luogo
a
parlare
nel
cap
.
IV
;
qui
non
mi
pare
che
abbia
sua
sede
,
poiché
esaminiamo
se
lo
Stato
debba
normalmente
professare
un
domma
,
praticare
un
culto
,
e
organizzare
una
chiesa
,
e
non
ci
occupiamo
delle
cautele
che
a
difesa
propria
e
dei
cittadini
possa
assumere
contro
i
danni
o
i
pericoli
che
dalla
professione
di
un
domma
o
dal
contegno
di
una
Chiesa
potessero
derivare
.
Parmi
adunque
che
nella
nozione
giuridica
dello
Stato
non
vi
sia
nulla
che
necessariamente
includa
la
sua
ingerenza
in
materia
religiosa
.
La
quale
,
appartenendo
a
quel
gruppo
di
funzioni
che
sono
relative
a
certi
tempi
e
a
certi
luoghi
,
potrà
trovare
una
storica
giustificazione
,
ma
non
è
essenzialmente
connessa
coll
'
idea
di
Stato
,
cosicché
la
separazione
di
esso
dalla
Chiesa
non
vi
contraddice
punto
*
;
che
se
d
'
altra
banda
noi
volessimo
considerare
ed
esporre
anche
i
danni
che
la
unione
dello
Stato
colla
Chiesa
ha
recato
ai
popoli
per
lo
passato
,
avremmo
una
messe
copiosissima
da
raccogliere
,
ma
non
è
questo
il
luogo
.
Però
a
meglio
chiarire
la
cosa
è
opportuno
soggiungere
,
che
posta
la
libertà
di
coscienza
e
di
culto
come
base
delle
moderne
costituzioni
,
lo
Stato
può
concepirsi
in
tre
diverse
posizioni
rispetto
alle
religioni
e
alle
chiese
che
esistono
nel
territorio
nazionale
.
Può
proteggerne
,
sussidiarne
,
tutelarne
una
,
senza
però
contrariar
le
altre
;
può
proteggerle
,
tutelarle
,
sussidiarle
tutte
egualmente
;
può
infine
dichiararsi
incompetente
,
e
lasciando
all
'
iniziativa
dei
cittadini
tutto
ciò
che
riguarda
la
religione
e
la
Chiesa
loro
determinare
solo
e
mantenere
i
diritti
di
ciascheduna
nei
limiti
che
non
offendano
i
diritti
altrui
.
Ho
fatto
anche
la
prima
ipotesi
,
ma
egli
è
facile
dimostrare
che
essa
corrisponde
ad
una
situazione
nella
quale
vi
sia
quasi
unanimità
di
credenze
nel
popolo
,
e
verace
unione
fra
Stato
e
Chiesa
,
né
s
'
accorda
colla
libertà
religiosa
interamente
,
perché
la
protezione
di
una
Chiesa
a
preferenza
delle
altre
,
quand
'
anche
non
si
punisca
come
colpa
il
non
appartenervi
,
è
però
una
negazione
del
principio
di
libertà
,
e
arguisce
per
sé
stessa
una
disuguaglianza
.
Imperocché
,
lasciando
stare
tante
altre
considerazioni
,
i
mezzi
materiali
e
pecuniarii
,
onde
lo
Stato
si
serve
per
sussidiare
e
proteggere
la
Chiesa
ufficiale
,
sono
tratti
anche
da
coloro
che
non
professano
quella
religione
.
La
seconda
forma
ha
sembianza
di
un
espediente
,
e
oltreché
offende
l
'
eguaglianza
e
il
diritto
di
coloro
i
quali
non
professano
alcuna
forma
determinata
di
culto
,
ha
poi
questo
svantaggio
,
che
non
può
estendersi
senza
inconvenienti
a
tutte
le
confessioni
religiose
che
potessero
sorgere
o
introdursi
nell
'
avvenire
.
Ancora
non
cessa
d
'
insinuare
negli
animi
un
cotal
senso
di
scetticismo
,
come
se
lo
Stato
giudicasse
e
riguardasse
le
diverse
forme
religiose
per
vere
e
buone
egualmente
,
laddove
in
verità
esso
non
deve
costituirsi
giudice
,
né
ha
titolo
per
pronunziare
sentenze
su
tale
argomento
.
Resta
dunque
che
col
principio
moderno
della
libertà
religiosa
non
può
,
a
lungo
andare
,
logicamente
coesistere
altro
che
la
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
.
Ma
le
istituzioni
civili
non
camminano
solo
a
filo
di
logica
;
esse
hanno
un
'
attinenza
stretta
colle
opinioni
,
e
colle
disposizioni
degli
animi
,
tantoché
la
regola
dell
'
opportunità
tempera
e
modifica
l
'
applicazione
dei
principii
.
Quella
forma
che
abbiamo
dianzi
toccata
,
dove
il
Governo
tutela
e
protegge
ad
un
tempo
diverse
confessioni
religiose
,
esprime
uno
stato
di
transizione
e
un
trapasso
dall
'
antico
al
nuovo
,
e
può
convenire
più
o
meno
durevolmente
ed
utilmente
,
certo
con
soddisfazione
ed
espressa
volontà
dei
cittadini
.
Non
basta
dunque
aver
dimostrato
che
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
è
la
conseguenza
logica
delle
libertà
religiosa
,
e
non
contraddice
punto
alla
nozione
giuridica
dello
Stato
e
delle
sue
essenziali
funzioni
;
non
basta
aver
mostrato
che
una
tendenza
manifesta
da
secoli
ci
avvia
e
ci
porta
volenti
o
nolenti
verso
quel
termine
;
bisogna
anche
esaminare
la
questione
di
opportunità
in
questo
senso
,
se
cioè
l
'
opinione
pubblica
nelle
nazioni
civili
d
'
Europa
,
e
specialmente
in
Italia
,
sia
bastantemente
matura
,
e
inclinata
a
discutere
con
imparziale
dibattito
questa
nuova
forma
di
legislazione
,
e
quando
ne
sia
fatta
persuasa
a
richiederla
dai
Parlamenti
.
Imperocché
se
la
separazione
,
che
noi
propugniamo
,
dovesse
oggidì
offendere
la
coscienza
dei
cittadini
e
perturbare
la
civile
compagnia
,
certo
si
potrebbe
esaminarla
per
istudio
di
sapere
,
ma
sarebbe
inutile
divisarne
la
pratica
attuazione
.
Bisogna
dunque
por
mano
a
questa
indagine
,
e
così
compiere
la
dimostrazione
che
mi
sono
assunto
.
Ho
detto
altrove
che
il
concetto
della
unione
della
Chiesa
collo
Stato
prevalse
universalmente
senza
contrasto
sin
quasi
al
tempo
presente
,
e
che
invece
il
principio
della
libertà
religiosa
penò
a
introdursi
nel
pensiero
e
poi
nelle
costituzioni
civili
,
ma
che
ora
tende
rapidamente
a
radicarsi
e
a
stendersi
dovunque
.
Di
pari
passo
procede
l
'
opinione
pubblica
riguardo
alla
idea
della
separazione
assoluta
dello
Stato
dalla
Chiesa
.
Picciola
confusa
e
ristretta
,
questa
idea
è
venuta
crescendo
chiarendosi
e
diffondendosi
tanto
che
molti
uomini
qualificati
oggi
la
professano
apertamente
,
né
mancarono
disegni
di
legge
presentati
nei
Parlamenti
su
tale
materia
.
Ma
questa
tendenza
è
maggiore
e
più
manifesta
nei
paesi
cattolici
,
di
quello
che
nei
paesi
protestanti
.
Ed
a
ragione
:
innanzi
tutto
il
protestantismo
non
osteggia
la
potestà
civile
,
anzi
ad
essa
si
sottomette
e
ne
accetta
l
'
indirizzo
nelle
discipline
esteriori
,
e
il
suo
clero
è
in
continua
comunicazione
col
laicato
e
non
forma
,
per
così
dire
,
una
casta
distinta
;
in
secondo
luogo
permette
la
coesistenza
di
varie
confessioni
,
perché
seguendo
il
principio
del
libero
esame
non
può
coll
'
autorità
soffocare
il
giudizio
individuale
,
né
rifiutare
la
istituzione
di
nuove
chiese
;
da
ultimo
v
'
ha
nella
sua
essenza
un
principio
d
'
ammenda
e
di
riforma
,
direi
quasi
perpetuo
,
perché
implica
una
revisione
continua
del
simbolo
,
e
ammette
un
processo
di
evoluzione
nell
'
avvenire
.
È
dunque
naturale
che
il
bisogno
di
separare
la
Chiesa
dallo
Stato
vi
sia
meno
sentito
,
e
che
in
generale
gli
uomini
che
fanno
professione
di
studî
teologici
,
e
gli
statisti
,
s
'
accordino
nel
considerare
come
possibile
il
regolare
le
attinenze
delle
due
autorità
in
modo
vantaggioso
pei
cittadini
.
Che
se
nelle
politiche
provvisioni
la
opportunità
ha
pur
grandissima
parte
,
egli
è
agevole
il
comprendere
la
cagione
delle
recenti
leggi
confessionali
prussiane
,
sulle
quali
si
è
menato
tanto
scalpore
.
Il
fatto
doveva
recare
tanto
meno
meraviglia
,
inquantoché
le
dette
leggi
avevano
un
riscontro
in
altri
paesi
germanici
,
come
la
Baviera
e
il
Würtemberg
.
Però
,
a
chi
guardi
attentamente
,
anche
ivi
e
in
tutti
i
paesi
protestanti
,
il
moto
verso
la
separazione
apparisce
evidente
.
Pongasi
mente
a
tuttociò
che
riguarda
lo
stato
civile
:
la
cura
di
esso
apparteneva
per
la
massima
parte
anzi
quasi
esclusivamente
alla
Chiesa
.
Ora
lo
Stato
a
sé
la
rivendica
e
viene
a
poco
a
poco
impossessandosene
.
La
materia
matrimoniale
,
i
cimiteri
,
le
scuole
sono
sottratti
via
via
all
'
azione
ecclesiastica
.
E
nel
seno
della
Chiesa
stessa
evangelica
in
Germania
sorsero
voci
per
invocare
l
'
assoluta
libertà
religiosa
e
la
separazione
dallo
Stato
.
E
che
altro
significa
in
Inghilterra
quella
lunga
serie
di
atti
che
,
cominciando
dal
separare
scientificamente
,
la
teologia
dalla
morale
*
,
separò
anche
in
parte
le
credenze
religiose
dalle
politiche
,
e
si
continuò
colla
emancipazione
dei
cattolici
,
colla
ammissione
loro
in
Parlamento
,
coll
'
abolizione
del
giuramento
per
gli
ebrei
che
vi
entrarono
,
e
colla
soppressione
effettiva
della
Chiesa
in
Irlanda
?
Le
condizioni
dell
'
Irlanda
son
troppo
note
perché
io
mi
soffermi
ad
esporle
,
e
molti
scrittori
della
Gran
Brettagna
e
del
continente
ne
trattarono
lungamente
.
La
chiesa
protestante
vi
si
era
imposta
colla
conquista
,
e
per
trecento
anni
vi
aveva
esercitato
assoluto
dominio
,
introducendo
leggi
terribili
,
improntate
della
più
cruda
intolleranza
.
Questa
chiesa
,
piccola
pel
numero
dei
fedeli
,
ma
potente
per
la
sua
gerarchia
,
fortemente
organizzata
,
ripartita
per
tutta
l
'
isola
,
ricchissima
e
collegata
coi
possessori
delle
terre
,
colla
Chiesa
inglese
,
collo
Stato
,
sovrastava
a
un
popolo
miserrimo
di
cattolici
fermi
nella
loro
fede
,
senza
che
mai
le
riuscisse
di
convertirli
o
di
temperarne
l
'
ardore
.
Per
usare
le
parole
del
Conte
di
Cavour
dirò
anch
'
io
*
:
"
I
risultati
di
codesto
sistema
disumano
di
governo
furono
deplorevoli
.
La
crudeltà
non
produsse
gli
effetti
che
si
aspettavano
,
anzi
il
cattolicismo
si
rinfrancò
nell
'
odio
verso
la
religione
degli
oppressori
,
e
ogni
tentativo
di
conversione
tornò
a
vuoto
...
La
presenza
di
un
clero
protestante
che
divide
coi
ricchi
proprietarî
il
frutto
del
lavoro
di
un
popolo
ferventemente
cattolico
,
è
cagione
di
perenne
irritazione
.
E
sebbene
il
clero
sia
ai
nostri
dì
migliorato
,
e
mostri
disposizioni
più
umane
e
caritative
,
pur
nondimeno
esso
appare
sempre
come
causa
della
miseria
,
ed
è
testimonio
vivente
delle
oppressioni
secolari
,
sicché
inasprisce
il
dolore
e
fa
sentire
alla
moltitudine
la
sua
umiliazione
.
"
Finalmente
un
'
êra
novella
sorse
per
quel
paese
mercè
la
legge
del
1869*
.
Per
questo
atto
del
Parlamento
britannico
la
unione
legislativa
fra
la
Chiesa
d
'
Irlanda
e
quella
d
'
Inghilterra
erano
disciolte
col
1.°
gennaio
1871
,
anzi
la
Chiesa
d
'
Irlanda
cessava
di
sussistere
nella
presente
sua
forma
.
I
vescovi
irlandesi
non
avevano
più
sede
in
Parlamento
,
le
corporazioni
esistenti
erano
sopresse
,
salvo
a
potersene
riformare
di
nuove
sotto
l
'
impero
della
legge
comune
,
gli
statuti
della
Chiesa
irlandese
rimanevano
in
vigore
pei
fedeli
solo
sotto
forma
di
obbligo
contrattuale
,
le
corti
e
le
giurisdizioni
ecclesiastiche
erano
abolite
.
Tre
Commissarî
furono
destinati
alla
esecuzione
di
questa
grande
riforma
.
Tutta
la
proprietà
ecclesiastica
era
in
loro
trasferita
;
ma
i
diritti
acquisiti
furono
rispettati
,
vita
durante
degli
attuali
possessori
,
i
quali
,
per
quanto
riguardava
la
terra
e
le
case
,
avevano
anche
l
'
opzione
fra
il
conservarle
a
tempo
o
permutarle
in
una
annualità
vitalizia
.
Fatta
ragione
di
quest
'
annualità
,
e
degli
oneri
che
gravavano
il
patrimonio
ecclesiastico
,
tutto
il
restante
(
e
si
calcolava
questo
restante
non
meno
di
125
milioni
di
lire
nostre
)
era
destinato
in
opere
di
beneficenza
a
favore
dell
'
Irlanda
,
senza
che
perciò
venissero
alleggeriti
i
presenti
tributi
imposti
sulla
possidenza
a
vantaggio
dei
poveri
.
Tali
furono
sostanzialmente
le
disposizioni
di
questa
legge
,
della
quale
avremo
occasione
nel
capitolo
seguente
di
citare
alcune
parti
;
tale
fu
l
'
opera
di
giustizia
e
di
libertà
vera
,
proposta
dal
signor
Gladstone
e
,
dopo
molti
contrasti
,
vinta
in
Parlamento
ed
attuata
.
Essa
produsse
frutti
salutari
,
e
sopra
tutti
gli
altri
una
grande
pacificazione
degli
animi
nel
popolo
irlandese
.
Né
può
dirsi
che
la
Chiesa
protestante
ne
sia
rimasta
irosa
e
disanimata
.
Per
quanto
noi
possiamo
discernere
nel
breve
tempo
della
prova
,
ci
sembra
piuttosto
il
contrario
.
Imperocché
lasciando
stare
che
i
posseditori
di
qualsivoglia
diritto
non
furono
punto
lesi
,
il
culto
religioso
presso
i
protestanti
irlandesi
si
è
acconciato
della
separazione
,
e
non
ha
punto
scemato
né
di
fervore
né
di
mezzi
temporali
,
ma
al
contrario
la
pietà
dei
fedeli
ha
supplito
al
difetto
di
assistenza
governativa
.
Quando
quel
sistema
si
discuteva
alla
Camera
dei
Comuni
,
il
Disraeli
,
che
l
'
oppugnava
,
s
'
era
naturalmente
fatto
un
'
arme
delle
conseguenze
possibili
di
così
ardito
provvedimento
,
e
non
si
era
peritato
d
'
affermare
che
siffatta
legge
sarebbe
stato
il
primo
passo
verso
la
soppressione
della
Chiesa
ufficiale
d
'
Inghilterra
.
Ma
quella
riforma
,
che
era
richiesta
dall
'
Irlanda
,
non
si
attagliava
all
'
Inghilterra
,
che
trovavasi
in
condizioni
religiose
al
tutto
diverse
.
E
perciò
non
poteva
attecchire
la
proposta
fattane
dal
Miall
in
Parlamento
nel
maggio
1871
.
Ma
perché
a
questa
proposta
seguì
una
discussione
assai
notevole
,
ci
pare
da
non
passarsi
sotto
silenzio
*
.
Il
Miall
distingue
la
sua
argomentazione
in
quattro
proposizioni
,
e
sentenzia
che
la
condizione
presente
della
Chiesa
ufficiale
in
Inghilterra
(
established
Church
)
involge
la
violazione
della
eguaglianza
religiosa
,
priva
la
Chiesa
del
diritto
di
governarsi
da
sé
,
impiglia
il
Parlamento
in
ufficî
pei
quali
è
incompetente
,
e
finalmente
contraria
gli
interessi
religiosi
e
politici
della
società
.
A
lui
rispondono
il
Gladstone
(
allora
primo
ministro
)
il
Disraeli
(
capo
dell
'
opposizione
)
e
altri
autorevolissimi
uomini
.
Ma
(
cosa
degna
di
esser
notata
)
tutte
le
risposte
loro
si
fondano
sempre
sulla
opportunità
;
essi
oppugnano
la
proposta
del
Miall
,
non
perché
sia
in
sé
irrazionale
,
ma
perché
offende
le
tradizioni
,
non
si
accorda
allo
stato
presente
degli
animi
,
né
troverebbe
favore
nella
pubblica
opinione
.
E
il
Gladstone
conchiude
in
questi
termini
:
"
Ciascheduno
degli
argomenti
addotti
dall
'
oratore
richiederebbe
un
volume
ad
essere
degnamente
trattato
,
ma
ad
una
assemblea
politica
non
fa
d
'
uopo
entrare
in
disquisizioni
teoriche
,
quando
si
manifesta
evidente
il
sentimento
della
opportunità
.
Ora
la
mozione
di
che
si
tratta
non
risponde
punto
,
alle
idee
,
ai
bisogni
,
alle
aspettative
del
paese
nella
sua
grande
maggioranza
.
E
per
conseguenza
è
necessario
prima
di
portarla
in
Parlamento
predisporre
la
pubblica
opinione
in
suo
favore
.
"
Nonostante
queste
giuste
ragioni
,
l
'
autorità
degli
uomini
che
le
pronunziavano
,
il
consenso
del
Ministero
e
della
opposizione
,
pure
la
proposta
del
Miall
trovò
89
voti
in
suo
favore
contro
374
.
La
posizione
del
Gladstone
in
questa
materia
era
alquanto
singolare
.
Egli
aveva
pubblicato
nel
1838
un
libro
intorno
ai
rapporti
dello
Stato
colla
Chiesa
,
sul
quale
il
Macaulay
ebbe
a
scrivere
uno
de
'
suoi
saggi
*
.
In
quel
tempo
di
sua
giovinezza
,
il
Gladstone
opinava
che
lo
Stato
nelle
sue
condizioni
normali
ha
il
dovere
di
discernere
la
verità
dall
'
errore
in
materia
religiosa
,
e
che
la
Gran
Brettagna
nelle
condizioni
sue
presenti
è
obbligata
a
porgere
efficace
ed
esclusivo
sostegno
alla
Chiesa
officiale
(
established
Church
)
.
Più
tardi
il
Gladstone
modificò
le
sue
opinioni
,
e
con
quella
nobiltà
di
sentire
,
e
con
quella
schiettezza
di
linguaggio
che
gli
è
propria
,
ne
fece
la
confessione
in
alcune
pagine
di
autobiografia
*
.
Quando
egli
scriveva
il
suo
libro
,
le
cose
stavan
di
fatto
in
modo
conforme
ai
suoi
desideri
,
salvo
pochissime
,
limitate
e
locali
eccezioni
rispetto
alla
Scozia
;
nessuno
pensava
a
mutare
né
allora
,
né
per
un
prossimo
tempo
questo
stato
di
cose
;
pur
nondimeno
il
tentativo
di
dargli
un
vigore
maggiore
ed
una
vitalità
più
duratura
di
quella
che
comportasse
il
fatto
stesso
,
era
un
anacronismo
di
tempo
e
di
luogo
.
Allorché
,
dic
'
egli
,
parlando
del
sistema
vigente
,
io
gli
imponeva
di
vivere
,
appunto
allora
cominciava
a
morire
.
Nelle
stesse
confessioni
il
Gladstone
aggiunge
che
nel
1865
egli
credeva
che
la
questione
della
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
in
Irlanda
fosse
un
tema
remoto
,
e
non
richiesto
dalla
politica
contemporanea
.
Pochi
anni
dopo
fu
egli
medesimo
costretto
di
sollevare
la
questione
e
di
risolverla
.
Ora
se
l
'
argomentazione
del
Gladtone
contro
il
Miall
fu
tutta
di
opportunità
,
ciò
significa
che
se
l
'
opinione
pubblica
in
Inghilterra
procedesse
in
questo
ordine
d
'
idee
,
nel
quale
veggiamo
parecchi
essere
entrati
,
il
Gladstone
non
potrebbe
dissentire
dal
principio
che
noi
propugniamo
.
Avvegnaché
egli
conclude
quella
sua
autobiografia
dicendo
che
criterii
pratici
anziché
teorici
debbano
risolvere
la
questione
.
Qualora
la
unione
della
Chiesa
collo
Stato
produca
molto
bene
nel
presente
,
e
ne
prometta
anche
maggiore
nell
'
avvenire
;
qualora
le
tradizioni
di
un
lungo
e
glorioso
periodo
siano
tanto
forti
negli
animi
da
mantenerli
nel
medesimo
ordine
d
'
idee
;
qualora
la
moltitudine
sia
devota
ed
affezionata
alla
Chiesa
del
pari
che
allo
Stato
,
allora
,
dic
'
egli
,
codesta
unione
è
da
conservare
.
Se
per
lo
contrario
la
Chiesa
coll
'
appoggio
dello
Stato
non
genera
e
non
può
generare
buoni
effetti
che
in
pochi
uomini
,
se
i
suoi
servigi
non
sono
invocati
dal
popolo
,
se
non
trova
adito
nel
cuore
di
esso
,
ma
le
sue
tradizioni
ricordano
persecuzioni
ed
oppressioni
,
allora
è
meglio
che
la
Chiesa
si
spogli
del
manto
che
le
porge
lo
Stato
,
e
rinunziando
al
credito
e
al
discredito
che
le
vengono
dalla
sua
posizione
ufficiale
,
cerchi
la
forza
in
sé
stessa
,
e
ponga
la
sua
fiducia
nella
dottrina
che
diffonde
fra
gli
uomini
.
Tali
sono
le
idee
odierne
del
Gladstone
:
ma
anche
fra
i
suoi
oppositori
,
fra
i
capi
stessi
di
quel
partito
conservatore
nel
cui
vessillo
sta
scritto
:
"
unione
dello
Stato
e
della
Chiesa
"
noi
troviamo
pure
qualche
confessione
che
è
segno
dei
tempi
.
Citeremo
soltanto
ad
esempio
le
seguenti
parole
*
:
"
Nella
generalità
dei
cittadini
va
crescendo
il
sentimento
che
l
'
ingerenza
del
Parlamento
in
materia
ecclesiastica
non
ha
contribuito
né
all
'
educazione
spirituale
né
al
miglioramento
materiale
delle
moltitudini
.
Se
il
divorzio
della
Chiesa
dallo
Stato
si
avverasse
,
quella
potestà
spirituale
che
pugnò
contro
re
tiranni
,
e
resistette
ad
armi
barbare
nel
passato
,
pugnerà
di
nuovo
contro
nemici
diversi
,
ma
le
di
cui
opere
non
sono
meno
esiziali
per
la
società
perché
vi
diffondono
l
'
egoismo
,
la
durezza
d
'
animo
e
la
ingiustizia
.
"
Mi
piace
anche
di
notare
che
in
quella
discussione
furono
citate
due
opinioni
molto
gravi
in
favore
della
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
quella
di
uno
scrittore
egregio
,
che
era
stato
membro
del
ministero
,
il
signor
Grant
Duff
,
e
quella
di
un
rispettabile
ecclesiastico
,
il
signor
Alford
,
diacono
di
Canterbury
.
Il
primo
si
era
espresso
così
:
"
La
Chiesa
dovrà
un
giorno
essere
separata
dallo
Stato
.
La
corrente
dell
'
opinione
tende
colà
,
e
gli
uomini
sentono
ogni
di
più
,
che
tutto
quanto
riguarda
le
relazioni
loro
coll
'
infinito
vuol
essere
ordinato
liberamente
secondo
il
cuore
e
la
coscienza
loro
,
e
non
per
meccanismi
di
Stato
.
"
E
l
'
Alford
*
:
O
si
richieggano
anni
o
decadi
di
anni
a
compiere
la
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
e
comunque
possa
essere
ritardato
e
contrariato
tale
esito
,
certo
è
che
esso
non
potrà
mancare
.
La
storia
coll
'
opera
dei
secoli
ne
ha
spianato
la
via
,
il
braccio
divino
ha
guidato
le
nazioni
,
e
la
potenza
dell
'
uomo
non
potrà
arrestarle
.
"
Io
mi
sono
fermato
alquanto
su
questa
,
che
chiamerei
anticipazione
dell
'
avvenire
negli
uomini
di
Stato
e
negli
scrittori
inglesi
,
per
due
ragioni
:
primo
perché
se
vi
ha
paese
dove
l
'
unione
dello
Stato
colla
Chiesa
abbia
profonde
radici
non
solo
nella
legislazione
,
ma
altresì
nella
opinione
pubblica
,
ella
è
appunto
l
'
Inghilterra
;
in
secondo
luogo
,
perché
se
vi
sono
statisti
nel
mondo
alieni
dal
mescolare
teoriche
o
principii
astratti
colla
politica
,
e
che
più
abbiano
il
sentimento
della
realtà
delle
cose
e
della
possibilità
pratica
delle
riforme
,
son
pure
gli
Inglesi
:
cosicché
queste
testimonianze
hanno
nella
bocca
loro
un
valore
maggiore
di
quel
che
avrebbero
se
venissero
da
altri
.
Non
voglio
tacere
della
Svizzera
.
Ivi
il
principio
della
libertà
religiosa
è
consacrato
nella
costituzione
federale
,
la
libertà
di
coscienza
dichiarata
inviolabile
,
e
riconosciuta
la
facoltà
nei
cittadini
di
associarsi
,
purché
il
fine
e
i
mezzi
loro
non
contraddicano
al
diritto
comune
,
e
non
rechino
pericolo
allo
Stato
.
Ciò
non
ostante
,
ai
Cantoni
rimane
molta
parte
sia
legislativa
,
sia
amministrativa
,
sia
giudiziaria
,
che
riguarda
le
relazioni
dello
Stato
colla
Chiesa
;
e
così
è
che
concordati
,
diritto
scritto
,
diritto
consuetudinario
,
regolamenti
locali
governano
questa
materia
,
con
differenze
notevoli
fra
l
'
uno
e
l
'
altro
Cantone
,
né
mancano
privilegi
qua
in
favore
della
Chiesa
cattolica
,
altrove
della
riformata
*
.
Però
il
concetto
della
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
fu
messo
innanzi
,
specialmente
nel
Cantone
di
Ginevra
,
benché
poi
non
ebbe
seguito
,
anzi
prevalse
il
suo
contrario
,
cioè
la
Chiesa
fu
messa
in
piena
balìa
dello
Stato
.
Quando
la
questione
fu
sollevata
nell
'
ottobre
del
1872
,
uomini
ragguardevoli
espressero
la
opinione
loro
in
favore
del
principio
ali
libertà
,
e
pareva
anzi
che
tutti
s
'
accordassero
nell
'
ammetterla
astraendo
da
talune
circostanze
di
fatto
;
ma
poi
,
quando
si
venne
al
concreto
,
il
progetto
di
legge
che
fu
messo
in
discussione
non
corrispose
punto
all
'
aspettativa
:
esso
aveva
di
mira
solo
di
sgravare
i
bilanci
dai
sussidii
allogati
alle
varie
Chiese
,
onde
non
è
a
meravigliare
se
alla
fine
naufragò
,
poiché
non
poteva
appagare
nessuna
delle
esigenze
di
una
società
veramente
libera
.
Ma
quella
ostilità
contro
le
Chiese
tutte
in
generale
,
e
più
specialmente
contro
il
cattolicismo
,
che
avea
mosso
alcuni
autori
del
progetto
,
crebbe
ed
ingigantì
per
modo
che
un
anno
dopo
sotto
nome
di
libertà
si
pigliarono
provvedimenti
atti
a
colpire
l
'
associazione
religiosa
in
tutte
le
sue
forme
.
E
tali
vigono
ancora
.
Però
mi
sembra
probabile
che
la
stessa
esagerazione
di
quei
provvedimenti
,
debba
alienare
gli
animi
,
e
suscitare
in
avvenire
una
reazione
,
perché
si
faccia
ritorno
al
punto
donde
erano
state
prese
le
mosse
nel
1872
,
cioè
ad
una
separazione
dello
Stato
dalle
varie
Chiese
,
che
sia
sincera
,
e
per
conseguenza
lasci
ad
esse
libero
lo
svolgersi
e
l
'
operare
secondo
la
volontà
dei
credenti
,
entro
i
limiti
di
giuste
leggi
.
Che
se
ci
piace
di
volger
l
'
occhio
al
movimento
interno
di
alcune
confessioni
protestanti
che
esistono
in
paesi
cattolici
,
noi
scorgiamo
che
ivi
pure
appaiono
dubbiezze
ed
ansietà
,
e
n
'
escono
voci
che
invocano
separazione
dallo
Stato
.
Di
ciò
è
notevole
testimonio
la
Sinodo
protestante
francese
tenuta
nel
1871
a
Parigi
.
Questa
aveva
il
proposito
di
comporre
i
dissidii
nati
nel
seno
della
sua
Chiesa
,
e
non
riuscì
ad
altro
che
a
renderli
più
manifesti
e
più
vivi
.
Vero
è
che
la
parte
fedele
alle
antiche
dottrine
vinse
,
e
sancì
con
61
voti
contro
45
una
dichiarazione
esplicita
dove
le
dette
dottrine
in
materia
di
fede
erano
riconfermate
.
Ma
la
minoranza
sostenne
la
libertà
indefinita
delle
opinioni
religiose
e
si
mostrò
inclinata
a
negare
il
carattere
sovrannaturale
delle
sacre
scritture
,
mentre
poi
una
parte
media
,
evitando
questi
punti
,
si
contentava
di
raccogliere
espressamente
tutti
i
congregati
in
una
comune
credenza
,
che
la
persona
di
Cristo
e
i
suoi
insegnamenti
hanno
un
carattere
di
bontà
maravigliosa
ed
incomparabile
.
In
mezzo
a
questi
dissidii
tutte
le
parti
riconobbero
l
'
andamento
della
società
odierna
verso
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
:
con
tal
differenza
fra
loro
che
mentre
gli
uni
ne
formularono
un
voto
esplicito
e
solenne
,
gli
altri
invitarono
soltanto
i
fedeli
ad
apparecchiarvisi
fin
d
'
ora
per
essere
pronti
al
momento
in
cui
questo
grande
principio
venga
attuato
*
.
Ma
egli
è
principalmente
nei
paesi
cattolici
che
la
tendenza
alla
separazione
è
espressa
in
modo
più
risentito
ed
impaziente
,
di
che
la
ragione
principale
sta
nel
conflitto
in
che
più
o
meno
,
ma
pur
dovunque
in
modo
palese
la
Chiesa
si
trova
collo
Stato
e
il
clero
col
laicato
.
La
Chiesa
cattolica
,
che
un
tempo
capitanava
la
scienza
e
la
società
,
s
'
è
a
poco
a
poco
allontanata
da
esse
e
ha
finito
coll
'
osteggiarle
entrambe
.
E
di
quanto
perdeva
nel
numero
dei
proseliti
,
di
tanto
si
sforzava
di
rendere
più
vigorosa
fra
i
rimasti
la
sua
potenza
,
accentrando
nel
capo
la
somma
d
'
ogni
cosa
e
spogliando
di
vita
e
di
vigore
tutte
le
sue
membra
.
Da
tre
secoli
il
Papato
si
studia
di
sopprimere
come
pericolosa
qualunque
partecipazione
giuridica
del
laicato
e
del
clero
stesso
al
governo
della
chiesa
,
e
il
magistero
religioso
si
trasforma
in
una
polizia
;
della
quale
tendenza
non
sono
,
per
avventura
,
che
ultimi
corollarî
il
Sillabo
e
la
dichiarazione
solenne
dell
'
infallibilità
del
Papa
;
certo
ne
sono
la
più
spiccata
espressione
.
Nel
Sillabo
infatti
tu
trovi
formulate
e
sottoposte
ad
anatema
tutte
le
proposizioni
più
essenziali
degli
statuti
moderni
e
i
diritti
più
gelosamente
custoditi
dai
popoli
*
.
Coll
'
infallibilità
del
Papa
poi
è
tolto
ogni
sostanziale
diritto
ai
fedeli
,
al
clero
,
all
'
episcopato
stesso
nel
reggimento
della
Chiesa
.
Roma
sola
pronunzia
,
e
alla
sua
parola
dee
ognuno
inchinarsi
,
sotto
pena
di
essere
divulso
dalla
società
religiosa
.
Ora
questo
accentramento
diviene
tanto
più
esiziale
poiché
Roma
stessa
si
è
stretta
ad
un
partito
politico
,
collegando
le
sue
sorti
con
quelle
istituzioni
che
il
mondo
civile
ripudia
dovunque
.
Non
è
la
religione
che
sovrasta
,
ma
il
dominio
terreno
,
il
linguaggio
di
Roma
s
'
è
fatto
iroso
e
intrattabile
,
e
il
furore
è
salito
al
colmo
colla
abolizione
del
poter
temporale
del
Papa
.
Ma
codesto
grande
avvenimento
,
che
in
altri
tempi
avrebbe
scosso
gli
animi
tutti
,
e
sollevato
in
armi
le
nazioni
che
si
vantavano
di
essere
propugnatrici
del
Pontefice
,
non
ha
prodotto
oggi
se
non
una
lieve
ed
inefficace
agitazione
.
Il
che
prova
che
il
fervore
cattolico
è
scemato
dovunque
.
La
Spagna
,
che
fu
impregnata
di
spiriti
intolleranti
più
che
ogni
altra
nazione
*
,
balbettava
testè
proposte
di
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
.
L
'
Austria
,
che
per
tanti
anni
tutelò
colle
armi
la
dominazione
pontificia
contro
le
insurrezioni
del
popolo
che
voleva
scuoterne
il
giogo
,
l
'
Austria
è
costretta
a
disdire
il
Concordato
colla
Santa
Sede
,
e
a
secolarizzare
le
leggi
e
l
'
insegnamento
.
La
Francia
stessa
,
comecché
si
atteggi
più
d
'
ogn
'
altra
nazione
ad
amica
del
Papa
,
e
colleghi
quest
'
amicizia
coll
'
odio
alla
Prussia
protestante
da
cui
fu
vinta
,
pur
nondimeno
non
è
punto
clericale
nella
generalità
dei
suoi
cittadini
.
Nella
Baviera
e
nel
Belgio
le
parti
si
bilanciano
,
ma
non
sì
che
già
non
si
veggano
inchinare
alla
parte
liberale
piuttosto
che
alla
cattolica
.
E
comunque
si
voglia
giudicare
il
movimento
dei
vecchi
cattolici
e
il
suo
avvenire
nella
Germania
,
certo
è
nondimeno
che
esprime
una
resistenza
alle
pretese
pontificie
,
e
un
principio
di
separazione
.
Ma
io
prenderò
a
considerare
e
riguardare
specialmente
l
'
Italia
,
sì
per
le
maggiori
notizie
che
posso
averne
,
sì
perché
l
'
oggetto
di
questo
scritto
è
principalmente
italiano
.
Laonde
io
mi
studierò
di
ritrarre
fedelmente
ed
imparzialmente
la
condizione
genuina
delle
cose
,
cosicché
,
se
per
avventura
in
alcuna
parte
dovessi
dilungarmi
dal
vero
,
certo
sarebbe
errore
inconsapevole
,
desiderando
io
,
sopra
tutto
e
solo
,
di
scoprire
ed
effigiare
la
verità
.
L
'
Italia
è
apparentemente
tutta
cattolica
,
anzi
è
questo
uno
degli
argomenti
che
più
spesso
s
'
invocano
contro
la
sua
recente
legislazione
.
Ma
se
sotto
le
apparenze
guardiamo
la
verità
,
troveremo
che
la
cosa
è
ben
diversa
,
e
che
in
molti
casi
le
pratiche
esterne
non
hanno
un
sentimento
religioso
interno
che
le
vivifichi
.
Cominciamo
dal
clero
.
Tutti
gli
scritti
del
Gioberti
,
dal
Primato
sino
al
Rinnovamento
,
dalle
pagine
in
cui
splendidamente
preconizzava
la
grandezza
di
Roma
papale
,
sino
a
quelle
in
cui
ne
annunziava
la
inevitabile
riforma
,
hanno
questo
concetto
di
comune
,
che
il
clero
cattolico
,
e
specialmente
italiano
,
è
al
tutto
inferiore
al
suo
còmpito
per
ingegno
e
per
dottrina
:
"
In
molti
fra
i
chierici
,
dic
'
egli
,
è
ignoranza
,
in
tutti
scienza
insufficiente
e
sproporzionata
al
secolo
.
Quindi
esso
stagna
,
s
'
impoltrisce
,
perde
le
cognizioni
dei
tempi
,
e
il
maneggio
delle
cose
e
degli
uomini
.
"
Questa
descrizione
fatta
dal
Gioberti
non
è
,
a
mio
avviso
,
esagerata
,
e
sebbene
ci
siano
fra
gli
ecclesiastici
uomini
qualificati
per
ingegno
e
per
erudizione
,
si
può
nondimeno
asserire
che
il
clero
in
Italia
non
supera
,
e
forse
è
al
di
sotto
della
coltura
delle
classi
medie
.
Né
potrebbe
essere
altrimenti
,
quando
lo
si
educa
all
'
orrore
della
scienza
e
della
critica
.
Vedete
nei
primi
tempi
della
Chiesa
,
ed
eziandio
nell
'
epoca
scolastica
quanta
arditezza
di
pensiero
,
quanta
libertà
di
giudizio
!
Si
leggono
negli
scritti
dei
Padri
e
dei
Dottori
degli
squarci
che
oggi
metterebbero
i
brividi
nelle
vene
dei
nostri
maggiorenti
ecclesiastici
,
e
sarebbero
condannati
spietatamente
.
Oramai
ogni
critica
,
sia
pur
modesta
e
sincera
,
è
riguardata
dalla
Corte
di
Roma
come
distruttiva
del
deposito
della
fede
;
il
che
è
segno
di
decrepitezza
:
imperocché
la
critica
è
come
l
'
aroma
che
preserva
dalla
corruzione
.
In
conseguenza
di
questi
timori
l
'
istruzione
che
si
dà
al
clero
nei
seminarî
è
al
tutto
meschina
,
e
tale
quale
se
i
giovani
,
che
ne
usciranno
,
dovessero
vivere
in
un
eremo
,
anziché
combattere
in
mezzo
alla
società
.
Tutto
si
riduce
a
zibaldoni
,
a
catechismi
,
a
opere
viete
e
di
poca
lena
:
la
cultura
della
memoria
prevale
alla
ginnastica
dell
'
ingegno
,
e
l
'
educazione
clericale
mira
ad
abituare
anzitutto
alle
formule
,
alle
rubriche
degli
atti
necessarî
del
culto
,
insomma
alla
parte
meccanica
,
non
alla
parte
vitale
della
religione
*
.
Si
dirà
che
la
moralità
del
clero
è
cresciuta
anziché
venir
meno
,
ed
a
me
è
grato
il
riconoscerlo
;
e
,
cominciando
dalla
Corte
di
Roma
,
il
concistoro
dei
cardinali
porge
immagine
di
una
vita
intemerata
e
pia
,
né
più
s
'
ode
,
né
si
tollererebbero
più
quegli
scandali
che
pur
altra
volta
erano
frequenti
.
Così
io
credo
che
nelle
città
e
nelle
campagne
,
il
clero
in
generale
non
è
inferiore
al
laicato
nel
costume
e
nella
moralità
.
Ma
ciò
non
basta
per
un
ceto
d
'
uomini
che
dovrebbe
esser
guida
ed
esempio
alla
moltitudine
;
né
si
può
esercitare
durevolmente
un
influsso
tutto
di
persuasione
negli
animi
,
se
non
sovrastando
agli
altri
per
virtù
,
per
ingegno
,
per
sapere
.
Inoltre
,
come
io
accennava
sopra
,
in
una
parte
del
clero
s
'
è
infiltrato
lo
spirito
politico
,
e
sebbene
sia
per
avventura
meno
fazioso
e
meno
inframettente
in
Italia
che
nella
Francia
e
nel
Belgio
,
pure
è
tale
che
mette
i
fedeli
in
suspicione
,
e
scema
nell
'
animo
di
essi
ogni
riverenza
.
L
'
arrovellamento
contro
i
razionalisti
,
lo
zelo
comandato
pel
poter
temporale
della
Chiesa
,
le
imprecazioni
contro
coloro
che
non
accettano
il
Sillabo
e
l
'
infallibilità
del
Papa
,
le
forzate
sottoscrizioni
agli
indirizzi
,
sono
il
solo
risalto
sulla
monotona
giornata
ecclesiastica
:
ma
salvo
gli
addetti
,
ciò
rimuove
e
separa
il
popolo
dal
clero
,
poiché
il
popolo
vorrebbe
lume
di
verità
,
opere
di
misericordia
,
esempio
di
umiltà
e
di
annegazione
.
E
un
'
altra
conseguenza
di
questa
alienazione
è
,
che
pochi
entrano
nella
carriera
sacerdotale
,
e
quei
pochi
non
appartengono
alle
classi
più
facoltose
e
più
colte
della
società
.
Ché
,
laddove
nei
tempi
antichi
,
non
v
'
era
famiglia
illustre
che
non
avesse
qualche
suo
membro
negli
ordini
ecclesiastici
;
e
in
qualsivoglia
ceto
un
giovine
che
mostrasse
vigoria
singolare
d
'
ingegno
si
destinava
al
sacro
ministero
;
ora
invece
si
scorge
il
contrario
,
e
il
clero
si
assottiglia
di
numero
,
e
va
declinando
di
potenza
.
Ruit
iste
catholicus
ordo
,
sclamava
l
'
Arcivescovo
di
Parigi
,
quell
'
uomo
che
testimoniò
col
sangue
la
sua
fede
;
ruit
iste
catholicus
ordo
,
e
questa
triste
ruina
è
pur
troppo
in
gran
parte
dovuta
al
clero
stesso
,
che
cessando
di
pensare
e
di
fare
cose
grandi
,
e
avvallandosi
in
una
debole
mediocrità
,
ha
perduto
quella
sovranità
morale
che
appartiene
sopratutto
all
'
ingegno
ed
alla
magnanimità
.
Dal
clero
,
passando
ad
esaminare
il
popolo
,
è
da
notare
che
in
generale
il
genio
del
popolo
italiano
non
fu
mai
ascetico
né
mistico
:
ma
certamente
nel
secolo
presente
il
sentimento
religioso
giace
prostrato
,
e
con
esso
quello
spirito
di
carità
e
di
sacrificio
che
ne
forma
l
'
essenza
vitale
.
Le
moltitudini
,
sopratutto
nelle
campagne
,
sono
,
è
vero
,
cattoliche
,
spesso
ancora
superstiziose
,
e
in
alcune
contrade
ti
danno
a
primo
sguardo
l
'
immagine
delle
plebi
del
medio
evo
;
ma
più
in
esse
vale
l
'
abitudine
che
la
fede
:
scarsi
sono
gli
influssi
di
questa
nel
pensiero
,
più
scarsi
ancora
nelle
opere
;
e
se
la
voce
del
sacerdote
può
dar
regola
alle
pratiche
quotidiane
non
suscita
però
il
fervore
dell
'
animo
.
Nelle
città
la
classe
degli
operai
somiglia
a
quella
delle
campagne
,
cattolica
anch
'
essa
più
di
forma
che
di
sostanza
:
però
non
di
rado
trovi
in
essa
uomini
animati
da
rancori
e
da
odî
contro
la
Chiesa
ed
i
suoi
ministri
.
Tale
in
ispecialità
è
il
caso
di
quelle
città
che
furono
sottoposte
al
dominio
temporale
del
Pontefice
,
e
similmente
là
dove
il
soffio
delle
dottrine
comunistiche
ha
spirato
,
ivi
suscitando
l
'
invidia
e
la
cupidigia
,
ha
disseccato
ogni
affetto
divino
.
Quanto
alle
classi
più
agiate
e
più
colte
,
l
'
opinione
in
esse
può
dividersi
in
tre
parti
.
L
'
una
è
cattolica
,
militante
,
si
vale
delle
antiche
armi
e
delle
nuove
che
la
civiltà
le
ammannisce
,
come
la
stampa
,
l
'
associazione
,
i
congressi
;
e
difende
a
spada
tratta
la
Chiesa
e
il
Papa
.
Ma
se
tu
prendi
ad
analizzarla
e
penetri
nell
'
intimo
di
essa
,
non
è
tutta
sincera
,
e
vi
trovi
il
baco
.
Molti
invero
sono
di
cuore
religiosi
,
e
quanto
più
veggono
combattersi
il
cattolicismo
,
tanto
più
si
stringono
ad
esso
con
persuasione
di
verità
e
con
affetto
:
vi
sono
fra
loro
delle
anime
nobili
e
pietose
cui
è
mortale
angoscia
la
bufera
del
mondo
.
Ma
in
altri
hanno
preso
il
sopravvento
gli
avvedimenti
politici
,
cosicché
la
religione
è
un
manto
che
copre
l
'
ingrandimento
proprio
e
dei
loro
addetti
,
e
non
odi
parlare
che
di
partito
cattolico
e
d
'
interessi
cattolici
.
E
taluni
che
sono
scevri
da
personali
risguardi
,
propugnano
la
religione
come
necessaria
all
'
ordine
civile
.
A
loro
sembra
che
il
movimento
odierno
della
società
conduca
alla
ruina
di
tutte
le
antiche
istituzioni
,
e
mano
mano
che
un
lembo
se
ne
stacca
e
cade
,
essi
più
strettamente
s
'
abbrancano
a
ciò
che
rimane
in
piedi
;
e
stimano
che
la
Chiesa
sia
ancora
la
forza
sola
che
può
ricondurci
al
passato
,
quando
le
generazioni
,
stanche
di
questa
affannosa
vicenda
di
rivoluzioni
,
vorranno
trovare
un
punto
stabile
sul
quale
riedificare
l
'
ordine
sociale
.
Modesta
ma
sommamente
rispettabile
è
la
schiera
di
coloro
che
professano
sinceramente
la
fede
de
'
nostri
padri
,
fermi
di
non
allontanarsene
mai
né
col
cuore
né
cogli
atti
,
ma
desiderosi
anche
di
conciliarla
quanto
è
possibile
coi
progressi
civili
:
se
non
che
il
Vaticano
ha
fatto
ogni
opera
per
assottigliare
questa
schiera
,
nella
quale
pareva
riposta
la
speranza
dell
'
avvenire
.
Una
seconda
parte
delle
classi
superiori
è
quella
degli
scienziati
e
degli
uomini
politici
,
e
questa
è
nella
sua
maggioranza
ostile
alla
Chiesa
,
e
direttamente
o
indirettamente
ne
scalza
i
dommi
,
ne
condanna
la
disciplina
,
e
di
questo
suo
procedere
spesso
si
vanta
come
di
vero
progresso
*
.
La
terza
parte
tramezza
fra
queste
due
genti
,
ed
è
composta
in
gran
parte
della
borghesia
,
dove
trovi
tutte
le
sfumature
dal
clericalismo
sino
alla
incredulità
.
Molti
si
professano
cattolici
,
ma
fanno
in
cuor
loro
delle
eccezioni
e
delle
riserve
sì
ai
dogmi
che
alle
pratiche
spirituali
:
che
anzi
taluni
sentono
il
bisogno
di
una
riforma
religiosa
,
ma
difettano
della
forza
intellettuale
per
affrontarne
i
problemi
,
e
della
forza
morale
di
affermarne
la
necessità
e
la
urgenza
.
Molti
non
dissimulano
lo
spirito
scettico
che
li
pervade
,
ma
poi
non
vedendo
che
cosa
surrogare
alla
fede
presente
,
si
conservano
di
nome
cattolici
,
benché
di
fatto
apatici
e
indifferenti
.
E
questa
condizione
dell
'
animo
,
mentre
da
una
parte
li
rende
ostili
alle
pretese
romane
,
dall
'
altra
li
inclina
a
tolleranza
,
e
mal
patirebbero
che
il
Governo
si
atteggiasse
a
persecutore
della
Chiesa
.
Quando
si
pensa
che
per
trent
'
anni
e
più
di
questo
secolo
,
le
lettere
e
le
scienze
in
Italia
attinsero
la
maggior
loro
bellezza
e
forza
nel
sentimento
religioso
,
eppure
non
solo
non
si
disgiunsero
dal
più
puro
affetto
della
patria
,
ma
si
collegarono
al
suo
risorgimento
,
mal
si
comprende
come
quel
moto
non
abbia
lasciato
orma
più
profonda
e
più
durevole
negli
animi
.
Vero
è
che
da
ultimo
surse
una
pugna
fra
la
Curia
Romana
e
le
aspirazioni
nazionali
.
Ma
è
singolare
prova
dell
'
esiguità
del
sentimento
religioso
anche
questo
fatto
,
che
allora
appunto
che
più
ferveva
nella
politica
la
contesa
,
dall
'
una
parte
le
minaccie
e
le
scomuniche
papali
non
produssero
sensibili
effetti
,
e
dall
'
altra
i
tentativi
fatti
da
varie
sette
protestanti
di
trovare
proseliti
,
non
approdarono
minimamente
.
La
Chiesa
evangelica
americana
,
le
cui
dottrine
meno
dell
'
altre
si
scostano
dal
cattolicismo
romano
,
ed
è
avvezza
a
vivere
in
mezzo
a
libertà
,
ne
fece
la
prova
con
tenace
proposito
,
ma
dovette
riconoscerlo
,
come
apertamente
si
vede
dai
suoi
rapporti
*
.
Non
parlo
di
una
Chiesa
così
detta
nazionale
di
cui
qualche
straniero
ebbe
ad
occuparsi
,
la
quale
non
giunse
in
alcun
luogo
a
porre
radici
.
Pur
troppo
v
'
ha
molto
di
vero
nelle
severe
parole
del
Bonghi
,
laddove
parla
delle
condizioni
d
'
Italia
*
:
"
È
terreno
stanco
il
nostro
,
e
la
vittoria
successiva
e
poi
il
tranquillo
trionfo
del
cattolicismo
,
per
tanti
secoli
l
'
hanno
esaurito
;
a
questo
è
parso
che
nessuno
gli
avrebbe
mai
tolto
di
pugno
l
'
animo
religioso
degli
italiani
quando
l
'
ha
mano
a
mano
mortificato
ed
agghiacciato
.
Scavando
una
tomba
in
cui
riposare
,
s
'
è
immaginato
che
s
'
alzasse
un
trono
su
cui
dominare
.
Oggi
,
se
la
vera
religione
è
necessaria
a
fecondare
l
'
intelletto
,
e
a
ravvivare
lo
spirito
di
una
nazione
,
e
renderlo
gagliardamente
fecondo
,
si
può
poco
sperare
che
spiri
nell
'
animo
nostro
.
"
Si
può
egli
dire
il
medesimo
delle
altre
nazioni
cattoliche
?
Io
non
oserei
certo
di
affermarlo
;
nondimeno
mi
sembra
che
,
in
proporzioni
diverse
pur
la
condizione
degli
animi
sia
la
medesima
.
Forse
laddove
i
cattolici
si
trovano
in
presenza
dei
protestanti
,
ivi
è
serbata
più
scienza
,
più
vigor
spirituale
,
più
dignità
;
ma
il
Gioberti
stesso
,
la
cui
vita
fu
spesa
in
gran
parte
nello
studio
e
nella
difesa
del
cattolicismo
,
e
che
ne
vagheggiava
il
risorgimento
,
scriveva
queste
parole
:
"
Il
cattolicismo
è
ridotto
nominalmente
a
un
terzo
d
'
Europa
,
effettivamente
a
pochissimi
;
è
destituito
d
'
ogni
virtù
generativa
....
la
mancanza
di
vita
è
il
verme
che
rode
il
cattolicismo
attuale
,
ed
è
cento
volte
peggiore
della
eresia
e
dello
scisma
.
Queste
son
malattie
acute
da
cui
un
corpo
robusto
si
può
riavere
;
quello
è
un
morbo
cronico
che
adduce
alla
morte
....
Da
tre
secoli
in
qua
non
passa
un
istante
che
la
vita
del
cattolicismo
non
si
assottigli
nei
cuori
e
negli
spiriti
....
Il
languore
del
cattolicismo
non
fu
mai
così
grande
e
spaventevole
come
al
presente
*."
Ma
tornando
all
'
Italia
,
alla
quale
più
propriamente
si
volge
il
mio
discorso
,
in
questa
condizione
degli
spiriti
è
egli
possibile
effettuare
una
sincera
unione
dello
Stato
colla
Chiesa
?
È
possibile
dare
a
questa
unione
una
forma
giuridica
che
trovi
in
tutte
le
classi
del
popolo
il
suo
consenso
e
la
cooperazione
leale
ed
attiva
che
si
richiede
?
O
invece
non
si
presenta
la
separazione
come
il
più
razionale
sistema
,
e
ad
un
tempo
il
più
pratico
?
Quali
siano
per
esserne
gli
effetti
probabili
,
io
lo
esaminerò
altrove
:
ma
non
posso
immaginare
che
lo
Stato
sia
potente
a
rianimare
il
sentimento
religioso
.
Potrà
lo
Stato
colle
sue
leggi
ordinare
le
cose
in
guisa
da
porgere
a
questo
sentimento
il
modo
di
vivificarsi
e
rimuoverne
gli
ostacoli
esteriori
,
ma
il
soffio
della
vita
non
puo
venire
che
dalla
coscienza
individuale
.
Cosicché
coloro
stessi
,
che
pur
in
certe
date
condizioni
di
popoli
vagheggiano
l
'
unione
dello
Stato
e
delle
Chiesa
come
il
migliore
degli
ordinamenti
,
dovrebbero
riconoscere
che
oggi
,
in
Italia
,
né
sarebbe
schiettamente
possibile
,
né
essendo
possibile
sarebbe
efficace
.
Che
se
il
moto
generale
delle
nazioni
è
verso
la
separazione
,
e
più
specialmente
delle
nazioni
cattoliche
;
se
lo
Stato
per
la
natura
e
l
'
indole
sua
,
e
per
le
attribuzioni
che
gli
appartengono
,
non
è
in
tesi
normale
competente
a
regolare
la
vita
religiosa
,
e
a
inframmettersi
del
culto
;
se
infine
l
'
Italia
,
esaminata
attentamente
,
presenta
tali
fenomeni
che
alla
sincera
unione
della
Chiesa
collo
Stato
si
oppongono
,
parmi
che
io
potrei
riguardare
come
dimostrata
la
mia
tesi
,
e
passare
a
considerare
come
e
in
quale
forma
codesta
separazione
possa
effettuarsi
.
Ma
debbo
toccare
eziandio
di
alcuni
argomenti
peculiari
all
'
Italia
,
alla
quale
più
propriamente
si
rivolge
questo
discorso
,
e
che
confermano
il
mio
asserto
.
Voglio
dire
che
le
tradizioni
tutte
del
nostro
risorgimento
a
ciò
ne
guidano
,
e
che
ponendo
come
fine
la
distruzione
del
potere
temporale
del
Pontefice
,
e
il
collocamento
della
capitale
in
Roma
,
abbiamo
preso
degli
impegni
morali
ai
quali
non
dobbiamo
venir
meno
.
Invero
l
'
abolizione
del
potere
temporale
del
Pontefice
era
necessaria
per
assicurare
la
indipendenza
,
per
fondare
la
unità
e
la
libertà
della
patria
,
ma
conteneva
in
sé
un
problema
più
vasto
della
patria
stessa
,
pigliava
un
carattere
più
generale
ed
internazionale
.
V
'
ha
taluni
che
immaginano
ed
effigiano
il
potere
temporale
dei
Pontefici
come
sempre
identico
a
sé
stesso
dalla
sua
origine
:
costoro
dicono
che
da
Pipino
e
da
Carlomagno
fino
ad
oggi
,
per
mille
anni
,
fu
il
suo
possesso
riconosciuto
ed
esercitato
liberamente
.
Questo
giudizio
è
al
tutto
fallace
.
Il
potere
temporale
dei
Papi
ha
avuto
forma
ed
indole
diversa
secondo
i
tempi
,
e
pigliò
l
'
essere
suo
proprio
soltanto
nel
secolo
XVI
.
Tanto
era
lungi
Carlomagno
dal
credere
che
Roma
fosse
necessaria
al
Papa
,
che
nell
'
atto
stesso
a
cui
si
fa
risalire
il
titolo
di
questa
sovranità
,
egli
si
riserva
i
suoi
diritti
e
sul
Papa
e
su
Roma
.
Non
è
veramente
che
da
Sisto
IV
,
Alessandro
VI
e
Giulio
II
che
il
potere
temporale
comincia
a
formarsi
secondo
che
lo
si
concepisce
oggi
,
sebbene
ancora
per
lungo
tempo
e
sino
alla
fine
del
secolo
scorso
,
si
conservino
sotto
di
esso
molte
franchigie
municipali
.
Adunque
è
degno
di
nota
che
il
potere
temporale
coincide
colla
fine
del
medio
evo
,
colla
formazione
dei
grandi
Stati
moderni
,
e
colla
riforma
protestante
.
Indi
ebbero
luogo
le
dispute
fra
il
Papato
e
la
Monarchia
circa
i
limiti
delle
due
potestà
e
ne
seguì
la
rivendicazione
di
molte
prerogative
regali
contro
la
pretesa
di
Roma
.
Da
ciò
i
difensori
del
potere
temporale
dei
Papi
hanno
tratto
un
grande
argomento
contro
i
loro
avversarii
.
Fra
le
provvisioni
giurisdizionali
dei
Sovrani
e
il
potere
temporale
del
Pontefice
,
essi
hanno
trovato
un
nesso
assai
più
importante
di
quello
che
a
prima
vista
potrebbe
apparire
.
Finché
lo
Stato
possedeva
ed
usava
di
tante
armi
per
contenere
entro
i
suoi
termini
la
Chiesa
,
finché
non
permetteva
che
alcuno
corrispondesse
con
Roma
senza
il
regio
gradimento
né
che
gli
atti
e
le
ordinanze
ecclesiastiche
fossero
esecutorie
senza
l
'
exequatur
ed
il
placet
,
o
i
vescovi
pubblicassero
omelìe
senza
il
visto
dei
suoi
censori
,
finché
si
ingeriva
in
mille
pratiche
imposte
alla
Chiesa
,
e
talora
concorreva
nei
suoi
atti
come
per
la
presentazione
dei
vescovi
,
talora
si
sostituiva
ad
essa
,
come
nella
Legazia
apostolica
di
Sicilia
,
nelle
pensioni
e
nell
'
amministrazione
delle
sedi
vacanti
;
finché
,
dico
,
esisteva
tutto
questo
edificio
,
era
evidente
che
lo
Stato
medesimo
poteva
abusare
della
sua
forza
e
impedire
talora
il
libero
esercizio
dell
'
autorità
spirituale
della
Chiesa
;
epperciò
era
conveniente
che
la
Chiesa
stessa
avesse
un
territorio
suo
proprio
nel
quale
tutte
le
sue
ordinanze
,
tutti
i
suoi
atti
,
tutte
le
sue
provvisioni
potessero
essere
eseguite
senza
contrasto
;
dove
la
tiara
ed
il
regno
essendo
riuniti
,
si
trovasse
pienamente
libera
,
e
né
concordati
,
né
leggi
giurisdizionali
la
sforzassero
.
Di
qui
la
necessità
del
potere
temporale
.
E
questa
necessità
fu
espressa
nel
1849
da
Odillon
Barrot
al
Parlamento
francese
,
quando
diceva
,
parlando
della
spedizione
di
Roma
:
"
Il
faut
que
les
deux
pouvoirs
soient
confondus
dans
l
'
Etat
romain
pour
qu
'
ils
soient
séparés
dans
le
reste
du
monde
.
"
E
molto
più
chiaramente
altri
scrittori
competenti
dicevano
che
,
finché
il
potere
civile
poteva
usare
delle
sue
armi
contro
la
libertà
religiosa
,
era
necessario
che
il
trono
temporale
del
Pontefice
si
conservasse
,
e
la
Chiesa
potesse
trattare
coi
Governi
da
potentato
a
potentato
.
Questo
fu
il
concetto
che
prevalse
da
ultimo
in
tutti
i
paesi
cattolici
,
e
questa
fu
una
delle
principali
ragioni
per
le
quali
il
conte
di
Cavour
,
quando
parlò
della
fine
del
potere
temporale
del
Papa
e
di
Roma
capitale
d
'
Italia
,
non
solo
disse
delle
guarentigie
,
dell
'
indipendenza
personale
e
delle
immunità
locali
del
Pontefice
,
ma
ferì
il
problema
nel
cuore
,
e
proclamò
la
libertà
della
Chiesa
.
Chi
legge
quelle
discussioni
non
può
a
meno
di
scorgere
che
il
pensiero
del
conte
di
Cavour
era
precisamente
questo
,
che
la
Chiesa
fosse
collocata
in
tal
posizione
che
ben
doveva
essere
reputata
superiore
al
possesso
di
un
lembo
di
territorio
e
di
una
mano
di
sudditi
da
governare
,
e
che
egli
stimava
di
conseguire
lo
intento
di
rassicurare
i
cattolici
di
buona
fede
,
proclamando
la
separazione
dei
due
poteri
,
e
il
principio
di
libertà
,
lealmente
,
largamente
applicato
ai
rapporti
della
società
civile
colla
religiosa
.
Bisognava
togliere
dagli
animi
sinceri
il
timore
che
l
'
Italia
andando
a
Roma
volesse
recare
offesa
alla
indipendenza
spirituale
del
capo
della
religione
cattolica
;
e
cancellare
anche
un
altro
sospetto
,
che
il
governo
italiano
potesse
un
giorno
servirsi
del
Papato
come
di
uno
stromento
ai
propri
fini
.
Imperocché
sebbene
meno
chiaramente
espresso
v
'
era
ancora
questo
dubbio
,
ed
agitava
specialmente
gli
uomini
politici
,
ai
quali
pareva
che
quel
Re
,
nel
cui
territorio
fosse
il
pontefice
,
avrebbe
potuto
tosto
o
tardi
agevolmente
venire
a
patti
con
esso
,
e
della
sua
influenza
valersi
a
propria
grandezza
ed
esaltazione
.
"
Il
concetto
di
Cavour
fu
accolto
in
Europa
dai
liberali
tutti
con
entusiasmo
,
e
apparve
allora
l
'
aspetto
veramente
grande
del
rivolgimento
italiano
e
il
còmpito
della
nostra
patria
nei
tempi
nuovi
,
poiché
essa
recava
nel
mondo
,
o
almeno
nei
paesi
cattolici
,
l
'
attuazione
di
una
nuova
idea
,
quella
della
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
*."
Né
potrei
lasciare
questo
tema
senza
indicare
quella
speranza
che
balenava
al
pensiero
del
conte
di
Cavour
in
sul
finire
della
sua
vita
:
"
Forse
,
diceva
egli
,
potrò
io
segnare
dal
Campidoglio
un
'
altra
pace
di
religione
,
un
trattato
che
avrà
,
per
l
'
avvenire
delle
società
umane
,
delle
conseguenze
ben
altrimenti
grandi
che
la
pace
di
Westfalia
*
.
"
Ma
pur
vagheggiando
questo
alto
ideale
,
non
dissimulava
a
sé
medesimo
le
obbligazioni
e
le
difficoltà
immense
della
pratica
,
e
per
ciò
non
esitava
a
dire
che
quand
'
anche
il
pontefice
rimanesse
fermo
nel
respingere
ogni
maniera
di
accordi
,
non
per
questo
l
'
Italia
cesserebbe
di
proclamare
i
principî
che
egli
aveva
esposto
,
e
qualunque
fosse
il
modo
col
quale
l
'
Italia
giungerebbe
alla
città
eterna
,
appena
avrebbe
dichiarato
la
decadenza
del
potere
temporale
,
essa
proclamerebbe
il
principio
della
separazione
ed
attuerebbe
il
principio
della
libertà
della
chiesa
sulle
basi
più
larghe
*
Io
so
bene
che
dopo
la
morte
del
conte
di
Cavour
molti
si
sono
fatti
a
commentare
la
sua
formola
,
e
di
sottigliezza
in
sottigliezza
sono
riusciti
persino
a
metterne
in
dubbio
la
sincerità
.
Certo
il
conte
di
Cavour
,
esprimendo
un
concetto
generale
,
non
si
era
addentrato
in
tutti
i
particolari
di
esso
e
non
aveva
delineato
ancora
le
varie
parti
del
sistema
che
egli
voleva
inaugurare
.
Ma
che
tale
fosse
la
sua
intima
persuasione
,
che
tale
fosse
la
proposta
che
egli
faceva
all
'
Italia
ed
al
mondo
,
meravigliati
di
tanto
ardimento
,
non
si
può
revocare
in
dubbo
da
chi
legge
quei
stupendi
discorsi
che
egli
tenne
in
Parlamento
,
e
che
furono
gli
ultimi
della
sua
gloriosa
carriera
politica
*
.
E
tanto
meno
può
revocarsi
in
dubbio
che
la
separazione
della
Chiesa
e
dello
Stato
nella
comune
libertà
si
connetteva
nel
suo
pensiero
con
tutto
un
ordine
di
idee
politiche
,
amministrative
e
sociali
*
.
Pertanto
v
'
ha
una
ragione
speciale
che
trae
l
'
Italia
a
seguir
questo
sistema
,
oltre
la
logica
dei
principii
,
oltre
lo
stato
degli
animi
in
riguardo
alla
fede
religiosa
,
ed
è
il
gran
fatto
compiuto
da
essa
in
Roma
e
la
trasformazione
che
ne
segue
di
necessità
fra
i
rapporti
del
Papato
colle
altre
nazioni
.
Infine
v
'
ha
anche
in
ciò
una
tradizione
del
risorgimento
italiano
,
il
quale
pose
sin
da
principio
il
suo
fine
e
i
suoi
limiti
:
abolizione
del
poter
temporale
del
Papa
,
Roma
capitale
,
libera
Chiesa
in
libero
Stato
.
Ho
citato
sopra
il
Gioberti
in
quanto
giudicava
la
situazione
del
cattolicismo
in
Europa
.
Ora
egli
stesso
aveva
,
per
così
dire
,
il
presentimento
che
in
questa
situazione
la
soluzion
sola
possibile
fosse
quella
che
io
mi
sforzo
di
dimostrare
.
"
Non
bisogna
,
dic
'
egli
misurare
le
relazioni
future
del
Pontificato
cogli
Stati
liberi
da
quelle
che
ebbe
nel
passato
coi
dominii
assoluti
dentro
e
fuori
d
'
Italia
,
e
la
nuova
politica
fondata
sulla
libertà
religiosa
dall
'
antica
che
aveva
una
base
diversa
.
Oggi
i
tempi
sono
mutati
.
La
civiltà
è
cresciuta
,
l
'
opinione
pubblica
signoreggia
,
e
la
separazione
assoluta
dello
spirituale
dal
temporale
è
prossima
a
stabilirsi
presso
i
popoli
più
civili
*
.
Ed
un
uomo
che
ebbe
pure
notevol
parte
nelle
vicende
italiane
scriveva
:
"
Finché
la
completa
separazione
delle
due
potestà
non
sarà
fatta
,
sinché
i
legislatori
,
lasciando
la
fatalissima
via
del
mezzo
,
non
provvederanno
in
modo
eroico
a
questo
bisogno
supremo
della
moderna
società
,
noi
vedremo
sempre
o
la
Chiesa
che
opprime
lo
Stato
,
o
lo
Stato
che
opprime
la
Chiesa
,
e
nell
'
un
caso
e
nell
'
altro
la
santità
delle
coscienze
violata
,
la
pace
delle
famiglie
turbata
,
la
libertà
in
pericolo
o
spenta
*
.
Sostenendo
pur
noi
questa
tesi
,
è
necessario
però
che
poniamo
ben
chiaro
dinanzi
alla
mente
dei
nostri
lettori
,
ciò
che
del
resto
risulta
da
tutto
il
contesto
di
questo
libro
:
che
,
riconoscendo
ora
necessaria
ed
utile
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
,
non
intendiamo
perciò
di
condannare
tutto
il
processo
storico
onde
il
cristianesimo
s
'
immedesimò
quasi
coll
'
azione
civile
,
né
la
legislazione
che
nei
tempi
passati
ne
fu
il
prodotto
,
e
inoltre
che
si
tratta
di
una
separazione
giuridica
,
la
quale
non
esclude
punto
la
unione
morale
.
Abbiamo
già
toccato
sopra
e
più
volte
del
nesso
intimo
e
profondo
che
lega
tutti
gli
elementi
della
società
fra
loro
,
tanto
nell
'
individuo
,
che
è
cittadino
e
credente
ad
un
tempo
,
quanto
nelle
istituzioni
e
nelle
leggi
;
quindi
non
ci
sfugge
dal
pensiero
l
'
ideale
onde
alcuni
vorrebbero
che
all
'
unità
dell
'
uomo
e
del
mondo
rispondesse
anche
la
unità
sociale
.
Ma
la
questione
che
qui
si
tratta
è
diversa
.
Si
tratta
se
lo
Stato
debba
normalmente
professare
una
religione
officiale
,
e
se
anche
potendolo
in
certi
tempi
,
in
altri
invece
la
sua
ingerenza
non
diventi
nociva
e
perturbatrice
.
Ma
quand
'
anche
la
legge
non
protegga
nessuna
forma
di
religione
e
tuteli
la
più
illimitata
libertà
di
coscienza
,
pur
nulla
vieta
,
anzi
tutto
consiglia
a
che
vi
sia
accordo
fra
lo
Stato
e
le
Chiese
che
esistono
nel
suo
territorio
.
Se
non
che
questo
accordo
dee
partire
da
un
sentimento
profondo
delle
anime
,
non
avere
la
più
lieve
traccia
di
coazione
.
Fra
tutte
le
istituzioni
che
si
formano
nella
società
e
che
hanno
fini
diversi
,
pur
nondimeno
il
rispetto
,
l
'
armonia
,
la
deferenza
reciproca
non
può
che
tornare
a
vantaggio
dei
cittadini
.
Perciò
l
'
unione
morale
è
sempre
possibile
e
desiderabile
.
Così
in
certi
momenti
tra
tutte
le
sette
religiose
d
'
America
si
osserva
un
consenso
unanime
ad
un
fine
,
ed
il
Presidente
della
Repubblica
non
crede
di
violare
il
principio
della
libertà
religiosa
o
della
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
,
quando
invita
i
cittadini
a
ringraziare
Iddio
dei
beneficî
che
ha
impartito
alla
patria
.
Premesse
queste
avvertenze
,
raccolgo
in
breve
quanto
esposi
in
questo
capitolo
.
Il
principio
della
libertà
religiosa
che
comprende
non
solo
la
libertà
di
coscienza
,
ma
eziandio
quella
dei
culti
,
prevale
in
tutte
le
costituzioni
moderne
.
Codesto
principio
arguisce
che
fra
le
funzioni
essenziali
dello
Stato
non
vi
è
quella
di
discernere
la
verità
dall
'
errore
religioso
,
propugnar
la
prima
e
combattere
il
secondo
:
che
esso
può
adempier
le
sue
funzioni
indipendentemente
dalla
professione
di
un
domma
determinato
,
che
è
incompetente
in
materia
religiosa
.
Da
ciò
deriva
per
razionale
deduzione
che
la
Chiesa
sia
giuridicamente
separata
dallo
Stato
.
Che
se
dalla
teorica
discendiamo
alla
pratica
,
la
condizione
delle
varie
Chiese
cristiane
,
ma
sopratutto
la
condizione
della
Chiesa
cattolica
,
e
il
conflitto
in
che
oggi
si
trova
con
la
scienza
e
con
gli
ordini
civili
,
rendono
questa
separazione
opportuna
in
talune
contrade
,
e
sopratutto
in
Italia
.
Né
vi
si
oppone
lo
stato
degli
animi
,
anzi
la
opinione
pubblica
è
conformata
in
guisa
che
ad
essa
più
non
risponde
quella
unione
fra
Stato
e
Chiesa
,
che
fu
la
norma
della
legislazione
nei
secoli
passati
.
Finalmente
v
'
ha
per
l
'
Italia
qualche
cosa
di
più
,
un
impegno
preso
nel
medesimo
tempo
che
essa
oppugnava
il
potere
temporale
del
Pontefice
,
e
rivendicava
Roma
come
sua
capitale
.
I
rivolgimenti
dei
popoli
,
per
essere
veramente
grandi
e
fecondi
,
debbono
avere
non
solo
un
carattere
interno
e
nazionale
,
ma
eziandio
esterno
,
segnare
,
per
dir
così
,
un
'
impronta
nella
storia
,
e
darle
un
indirizzo
nell
'
avvenire
.
Ora
questo
mi
pare
appunto
il
concetto
internazionale
del
rinnovamento
italiano
,
di
attuare
il
concetto
di
separazione
fra
Stato
e
Chiesa
,
e
di
dare
un
esempio
che
sarà
seguìto
in
tempo
non
remoto
anche
da
altre
nazioni
.
CAPITOLO
TERZO
La
convenienza
di
separare
la
Chiesa
dallo
Stato
che
io
mi
sono
studiato
di
dimostrare
nel
precedente
capitolo
,
potrà
per
avventura
entrare
nell
'
animo
di
molti
come
proposizione
generale
ed
astratta
.
Le
difficoltà
cominciano
e
si
moltiplicano
a
dismisura
quando
si
viene
al
concreto
della
sua
attuazione
.
Vige
ancora
,
e
per
una
lunga
tradizione
pare
indissolubile
,
l
'
unione
dello
Stato
colla
Chiesa
.
Gli
istituti
civili
dell
'
uno
sono
sifattamente
collegati
colle
pratiche
dell
'
altro
che
ogni
atto
che
si
fa
per
disgiungerli
offende
qualche
abitudine
,
e
ferisce
qualche
affetto
,
sicché
riesce
strano
e
doloroso
.
Nondimeno
due
punti
possono
dirsi
oramai
acquisiti
anche
nella
presente
condizione
nostra
.
L
'
uno
si
è
che
lo
Stato
ha
fatto
suoi
gli
atti
più
essenziali
della
vita
del
cittadino
,
i
quali
erano
altre
volte
nelle
mani
della
Chiesa
,
dico
quelli
che
risguardano
la
nascita
,
il
matrimonio
,
la
morte
.
E
se
nel
cuore
del
fedele
questi
atti
hanno
mestieri
di
un
rito
religioso
e
divengono
sacramenti
,
non
però
di
meno
dirimpetto
alla
società
civile
hanno
un
valore
proprio
ed
indipendente
.
Il
secondo
punto
è
che
la
Chiesa
è
liberata
almeno
di
fatto
da
ogni
ingerenza
dello
Stato
in
ciò
che
riguarda
le
cose
intimamente
spirituali
.
Nessun
governo
vorrebbe
oggidì
mescolarsi
dell
'
amministrazione
dei
sacramenti
,
salvo
forse
in
qualche
caso
di
turbato
ordine
pubblico
,
né
contrastare
alla
Chiesa
il
diritto
di
espellere
dal
suo
seno
qualunque
ella
giudichi
avere
incorso
nelle
maggiori
censure
:
esso
tutt
'
al
più
ne
prenderà
cognizione
e
ne
impedirà
gli
effetti
civili
,
se
ve
ne
sono
,
ma
non
tocca
l
'
essenza
dell
'
atto
ecclesiastico
.
Eppure
anche
questo
punto
è
entrato
da
breve
ora
e
con
fatica
nella
opinione
universale
.
Lasciamo
stare
il
secolo
passato
,
quando
per
esempio
un
tribunale
laico
non
solo
condannava
i
canonici
di
Châlons
a
seppellire
uno
dei
suoi
che
essi
reputavano
scomunicato
,
ma
per
giunta
li
obbligava
a
fondare
coi
loro
denari
una
messa
perpetua
di
requie
per
l
'
anima
sua
*
.
Ma
anche
ai
dì
nostri
potè
il
Lamennais
,
non
senza
ragione
,
scrivere
quelle
memorabili
parole
,
che
se
a
taluni
seppero
amare
,
pur
rispondevano
alla
coscienza
dei
credenti
e
al
sentimento
di
libertà
:
"
Si
ordina
ai
preti
,
dic
'
egli
,
di
violare
i
canoni
accordando
la
sepoltura
ecclesiastica
ad
uomini
morti
in
peccato
;
si
sottopongono
alla
giurisdizione
del
governo
anche
i
sacramenti
;
i
confessori
sono
trascinati
in
Corte
di
giustizia
per
diniego
di
assoluzione
,
e
per
decreto
del
tribunale
laico
,
un
usciere
,
nel
cui
animo
può
maggiormente
il
comando
di
un
giudice
sacrilego
che
il
timore
di
Dio
,
va
,
infrange
il
tabernacolo
di
Cristo
,
e
impugna
il
santo
dei
santi
per
dare
ad
un
settario
agonizzante
la
gioja
orribile
di
profanarlo
*."
In
tempi
più
recenti
il
caso
di
Santa
Rosa
commosse
e
perturbò
la
popolazione
torinese
,
sebbene
già
matura
a
libertà
e
posseditrice
di
franchigie
costituzionali
.
E
nel
1861
dovè
il
Ministro
dell
'
interno
,
in
occasione
di
negata
sepoltura
ad
un
cittadino
valdese
,
determinare
le
norme
che
regolassero
questa
materia
.
Egli
mantenne
fermo
che
dentro
un
solo
e
medesimo
cimitero
dovessero
sepellirsi
i
cittadini
,
comecché
professassero
diverse
credenze
,
e
solo
concesse
,
a
guisa
di
temperamento
,
che
potesse
dentro
il
recinto
distinguersi
il
luogo
per
gli
uni
e
per
gli
altri
.
Né
in
quella
occasione
mancò
di
esporre
il
concetto
,
che
i
cimiteri
sono
una
istituzione
eminentemente
civile
,
la
quale
deve
essere
regolata
e
diretta
dalle
civili
autorità
*
.
Ora
la
questione
è
sciolta
,
né
appo
noi
potrebbero
rinnovarsi
quelle
dispute
e
quelle
querele
che
ebbero
luogo
nel
Belgio
non
senza
pericolo
della
pace
pubblica
*
.
Imperocché
ivi
la
Chiesa
cattolica
rivendicava
gli
antichi
cimiteri
come
sua
proprietà
esclusiva
,
e
pretendeva
che
i
Comuni
erigessero
cimiteri
nuovi
per
sepellirvi
coloro
che
non
appartengono
alla
sua
comunione
.
Coloro
pertanto
che
avessero
ripudiato
i
dommi
cattolici
professati
dai
loro
antecessori
,
si
trovavano
in
questo
bivio
,
o
di
commettere
nell
'
ultima
ora
della
loro
vita
un
atto
di
ipocrisia
,
ovvero
di
rinunziare
ad
essere
sepelliti
nella
tomba
della
famiglia
loro
,
poiché
la
Chiesa
li
respingeva
dal
luogo
sacro
.
E
ne
seguiva
la
necessità
di
tre
specie
di
cimiteri
:
gli
uni
confessionali
per
i
credenti
in
una
medesima
fede
,
gli
altri
comunali
,
i
terzi
gentilizii
.
Tutte
queste
difficoltà
non
hanno
luogo
in
Italia
poiché
la
legge
assegna
al
Comune
la
costruzione
e
il
traslocamento
dei
cimiteri
sotto
le
debite
discipline
d
'
igiene
e
di
sanità
*
.
Quindi
la
cerimonia
religiosa
e
,
per
così
dire
,
la
consacrazione
della
tomba
è
personale
e
non
locale
.
Tutti
sono
raccolti
nel
medesimo
campo
,
gli
uni
in
forma
semplicemente
civile
,
gli
altri
col
rito
religioso
di
quella
Chiesa
nella
quale
ebbero
fede
.
Adunque
oggi
in
questa
parte
le
nostre
leggi
hanno
provveduto
,
e
la
opinione
s
'
è
acconciata
alle
nuove
forme
,
per
guisa
che
sembra
al
tutto
improbabile
il
retrocederne
.
Anche
nei
paesi
protestanti
sebbene
,
come
dimostrai
innanzi
,
l
'
accordo
fra
la
Chiesa
e
lo
Stato
sia
assai
più
agevole
che
nei
paesi
cattolici
,
pur
nondimeno
si
procede
in
questa
via
.
In
Inghilterra
il
matrimonio
civile
,
che
fu
per
lungo
tempo
collegato
al
rito
religioso
,
può
oggi
contrarsi
davanti
al
sopraintendente
registratore
*
;
ed
eziandio
in
Prussia
colla
legge
16
marzo
1874
il
matrimonio
civile
è
stato
definitivamente
introdotto
*
.
Ma
il
concetto
di
separazione
va
assai
più
oltre
di
questi
punti
,
e
per
discuterlo
partitamente
ci
è
mestieri
tornare
alquanto
indietro
,
là
donde
movemmo
nel
capitolo
precedente
,
cioè
alla
natura
stessa
dello
Stato
e
della
Chiesa
.
Imperocché
bisogna
definir
bene
i
vocaboli
,
rimuovere
alcuni
pregiudizii
,
e
,
per
così
dire
,
purgare
il
terreno
prima
di
metterlo
in
coltura
.
Si
parla
sempre
di
due
potestà
,
l
'
una
temporale
l
'
altra
spirituale
,
e
da
questo
concetto
,
accolto
a
priori
,
si
deduce
tutta
una
serie
di
conseguenze
che
repugnano
al
sistema
della
separazione
,
o
almeno
inducono
nell
'
animo
forte
perplessità
.
Che
cosa
intendesi
per
potestà
,
sovranità
,
imperium
?
Intendesi
propriamente
la
facoltà
di
fare
leggi
accompagnate
da
una
sanzione
coercitiva
,
cioè
di
obbligare
i
cittadini
ad
osservarle
anche
colla
forza
.
Le
leggi
determinando
i
diritti
degli
individui
,
comandano
o
divietano
certi
atti
,
e
dispongono
in
parecchi
casi
,
dove
la
volontà
del
privato
non
provvede
.
Ora
questa
sovranità
è
la
nota
caratteristica
dello
Stato
,
e
appartiene
ad
esso
solo
,
e
per
esso
all
'
autorità
che
lo
rappresenta
,
a
difesa
dell
'
ordine
interno
e
della
esterna
incolumità
:
né
alcun
altro
ente
fuori
di
esso
può
possederla
.
Gli
appartiene
inoltre
come
conseguenza
necessaria
un
'
alta
vigilanza
sui
privati
e
sulle
associazioni
,
ché
non
trapassino
la
sfera
dei
loro
diritti
*
.
Non
si
può
dunque
dire
che
vi
sono
due
potestà
,
perché
la
proposizione
implicherebbe
due
Stati
coesistenti
di
tempo
e
di
luogo
,
e
quindi
conflitto
fra
loro
.
La
Chiesa
però
non
l
'
intendeva
in
questo
modo
,
e
pretendeva
non
già
di
usare
essa
stessa
la
forza
per
obbligare
gli
uomini
ad
eseguire
i
suoi
comandamenti
,
ma
sì
che
lo
Stato
si
mettesse
al
suo
servizio
e
ne
fosse
il
braccio
esecutore
,
il
che
in
pratica
conduceva
al
medesimo
effetto
*
.
Qui
vi
sono
due
idee
da
chiarire
.
Per
l
'
una
parte
i
comandamenti
della
Chiesa
non
debbono
imporsi
colla
forza
,
il
suo
ministerio
è
tutto
di
persusione
,
si
rivolge
all
'
anima
dei
credenti
,
è
un
autorità
che
deve
cattivarsi
spontaneo
ossequio
.
Per
l
'
altra
lo
Stato
,
per
raggiungere
il
suo
fine
,
per
stabilire
le
leggi
determinatrici
e
proteggitrici
dei
diritti
dei
cittadini
,
non
ha
mestieri
di
fondarsi
sopra
un
domma
rivelato
né
sopra
una
Chiesa
peculiare
.
Come
dimostrai
nel
precedente
capitolo
,
gli
basta
quel
lume
di
verità
che
illumina
ogni
uomo
che
viene
in
questo
mondo
,
quella
ragione
che
i
teologi
stessi
ammettono
come
inizio
e
apparecchio
della
rivelazione
.
Se
dunque
lo
Stato
non
ha
mestieri
di
una
rivelazione
soprannaturale
per
raggiungere
il
suo
fine
,
non
può
neppure
su
questo
punto
coercere
la
libertà
del
cittadino
.
E
viceversa
,
questi
può
a
suo
grado
abbracciare
e
seguire
quella
religione
che
stima
vera
,
senza
che
lo
Stato
vi
si
mescoli
se
non
in
quanto
i
precetti
o
le
pratiche
di
essa
violassero
i
diritti
altrui
,
o
mettessero
a
repentaglio
l
'
ordine
pubblico
.
L
'
associazione
dei
cittadini
in
una
fede
e
in
un
culto
forma
la
Chiesa
,
i
cui
capi
non
hanno
potestà
o
impero
,
ma
una
autorità
tutta
morale
e
spontaneamente
ricevuta
.
E
ciò
posto
,
dinanzi
allo
Stato
non
può
esservi
differenza
fra
il
chierico
ed
il
laico
,
inquantoché
questa
distinzione
è
estranea
allo
scopo
dello
Stato
,
e
non
risulta
che
da
accordo
spontaneo
,
da
volontaria
convenzione
,
sia
essa
tacita
o
espressa
,
tanto
che
può
dirsi
che
il
concordato
non
è
più
fra
la
Chiesa
e
lo
Stato
,
ma
fra
la
Chiesa
e
i
suoi
fedeli
.
E
si
noti
bene
che
questo
concetto
non
immedesima
lo
Stato
con
la
società
,
la
cui
idea
è
molto
più
complessa
,
e
comprende
assai
più
funzioni
che
non
appartengono
ad
esso
;
né
tampoco
l
'
uso
della
forza
al
proprio
fine
dà
allo
Stato
una
dignità
superiore
in
tutto
.
Lo
Stato
è
un
organo
naturale
,
necessario
,
nobilissimo
della
società
,
ma
non
è
la
società
,
né
menoma
la
grandezza
,
la
dignità
,
la
efficacia
degli
altri
organi
di
essa
.
Finalmente
nulla
vieta
e
tutto
consiglia
che
lo
Stato
,
e
le
altre
istituzioni
che
si
formano
nella
società
,
procedano
concordi
nel
promuovere
il
bene
e
la
perfezione
degli
uomini
.
Se
questa
teorica
è
accettata
,
è
evidente
che
tutte
le
pretese
teocratiche
vengono
meno
,
e
cessa
il
conflitto
che
sarebbe
inevitabile
quando
vi
fossero
nella
società
due
potestà
eguali
e
parallele
.
E
già
nel
capitolo
primo
abbiamo
toccato
questo
argomento
,
e
abbiamo
detto
che
i
concordati
furono
indirizzati
al
fine
di
togliere
i
conflitti
fra
Chiesa
e
Stato
,
ma
non
poterono
riuscirvi
mai
interamente
,
nonostante
il
sentimento
universale
e
le
consuetudini
secolari
aiutatrici
della
efficacia
degli
accordi
.
Ma
nelle
condizioni
presenti
la
pugna
risorgerebbe
più
viva
che
mai
*
.
Adunque
,
per
concludere
,
la
sovranità
risiede
nello
Stato
;
ogni
cittadino
,
ogni
gerarchia
di
associazione
può
avere
un
autorità
morale
e
per
le
sue
opere
e
per
le
tradizioni
esercitare
un
influsso
grandissimo
nella
civile
compagnia
,
ma
il
potere
coattivo
non
appartiene
ad
altri
che
allo
Stato
,
e
non
vi
è
potestà
fuori
di
essa
.
Di
riscontro
a
questo
punto
capitale
,
noi
ne
poniamo
un
altro
parimenti
importante
,
cioè
,
la
incompetenza
dello
Stato
in
materia
dommatica
e
religiosa
.
Dalla
analisi
che
abbiamo
istituita
nel
precedente
capitolo
,
intorno
alla
sua
indole
ed
al
suo
fine
,
risulta
questa
incompetenza
.
Posto
che
lo
Stato
ha
essenzialmente
per
ufficio
la
determinazione
e
la
tutela
dei
diritti
,
e
inoltre
interviene
ed
integra
l
'
opera
dei
privati
cittadini
e
delle
associazioni
,
laddove
si
tratta
di
interessi
generali
di
rilievo
ai
quali
gli
uni
e
le
altre
non
basterebbero
da
soli
,
ne
segue
che
non
può
costituirsi
giudice
di
ciò
che
oltrepassa
la
sfera
delle
cose
terrene
e
si
solleva
oltre
il
naturale
ed
il
razionale
.
I
comandi
e
i
divieti
che
emanano
dalla
potestà
pubblica
,
risguardano
i
delitti
e
non
i
peccati
,
gli
atti
esterni
e
non
gli
interni
,
e
anche
quelle
prescrizioni
del
codice
che
riguardano
un
'
azione
morale
si
giustificano
per
i
rapporti
ed
effetti
inevitabili
che
hanno
nell
'
ordine
esteriore
della
convivenza
civile
.
La
stessa
intensità
dell
'
azione
dello
Stato
,
che
coerce
e
punisce
,
ne
limita
la
estensione
,
dovendosi
,
quanto
meno
è
possibile
,
scemare
la
libertà
individuale
.
Abbiam
veduto
eziandio
altrove
che
il
perfezionamento
umano
non
è
lo
scopo
diretto
dello
Stato
;
sebbene
vi
cooperi
in
varii
modi
,
prima
,
inquantoché
il
rispetto
dei
diritti
altrui
è
condizione
ed
apparecchio
a
virtù
,
poi
perché
rimuove
ostacoli
,
agevola
l
'
uso
dei
mezzi
educativi
,
e
talvolta
anche
ajuta
e
supplisce
alle
famiglie
,
al
comune
,
ai
consorzi
,
sicché
non
può
dirsi
che
lo
Stato
abbia
in
cura
solo
interessi
materiali
.
Ma
,
non
di
meno
il
perfezionamento
,
la
esemplarità
,
il
sacrifizio
sono
intenti
principalissimi
della
morale
e
della
religione
,
la
quale
abbraccia
tutto
l
'
uomo
e
vi
s
'
insinua
colla
persuasione
e
coll
'
affetto
,
ma
degli
atti
esterni
non
si
briga
se
non
in
tanto
e
in
quanto
arguiscono
lo
interno
della
coscienza
.
Invece
lo
Stato
non
può
ivi
penetrare
senza
snaturarsi
e
senza
diventare
tirannico
.
La
storia
ribocca
di
esperienze
per
le
quali
è
dimostrata
l
'
inefficacia
dell
'
ingerenza
governativa
al
di
là
dei
proprii
limiti
.
Imperocché
l
'
azione
dello
Stato
quando
vuol
spingersi
nell
'
intimo
del
cuore
e
tenta
regolare
l
'
educazione
,
dar
legge
alle
relazioni
morali
di
individuo
a
individuo
,
gitta
non
solo
la
perturbazione
,
ma
corrompe
la
società
.
La
utopia
di
Platone
,
se
fosse
attuata
,
sarebbe
il
peggiore
dei
governi
,
e
il
tentativo
dei
Gesuiti
nel
Paraguay
riuscì
solo
a
chiarirne
l
'
impotenza
.
Da
queste
due
premesse
ne
consegue
che
la
Chiesa
non
può
essere
,
dirimpetto
allo
Stato
,
che
un
'
associazione
totale
,
o
parziale
di
cittadini
ad
un
determinato
fine
religioso
che
non
offenda
né
i
diritti
altrui
,
né
la
sicurezza
dello
Stato
medesimo
.
E
dentro
questi
limiti
nulla
è
più
sacro
di
questa
associazione
,
siccome
di
tutte
le
libertà
la
prima
e
fondamentale
è
la
libertà
della
coscienza
.
La
quale
,
come
abbiamo
detto
,
comprende
,
non
solo
il
diritto
di
credere
ed
aderire
ad
una
determinata
dottrina
,
ma
quello
eziandio
di
esprimere
le
sue
credenze
,
di
diffonderle
,
di
collegarsi
con
quelli
che
professano
la
stessa
fede
,
e
di
compiere
insieme
con
loro
tutti
gli
atti
che
si
reputano
necessari
e
conducenti
alla
eterna
salute
.
Pertanto
dall
'
indole
dello
Stato
e
della
Chiesa
e
dai
caratteri
loro
si
possono
logicamente
dedurre
le
seguenti
due
conclusioni
:
l
.
a
Le
leggi
imperano
su
tutti
i
cittadini
senza
distinzione
della
religione
che
professano
:
ogni
cittadino
,
qualunque
sia
la
credenza
alla
quale
aderisce
,
per
ciò
solo
che
è
cittadino
,
è
ugualmente
soggetto
alla
legge
.
E
questo
è
il
concetto
fondamentale
di
tutte
le
moderne
costituzioni
,
cioè
l
'
eguaglianza
;
2.a
L
'
associazione
,
o
le
associazioni
religiose
dei
cittadini
fra
di
loro
,
sono
autonome
e
indipendenti
,
dentro
la
sfera
che
lo
Stato
determina
a
tutela
dei
diritti
dei
singoli
e
della
incolumità
sociale
.
E
questo
risponde
agli
altri
due
concetti
pur
fondamentali
della
società
civile
,
cioè
la
libertà
e
la
fratellanza
.
Dal
primo
punto
si
deduce
l
'
abolizione
di
tutti
i
privilegi
della
Chiesa
,
ma
in
pari
tempo
è
forza
dedurne
anche
l
'
abolizione
di
tutte
le
disposizioni
eccezionali
che
la
vincolano
,
e
che
restringono
i
diritti
dei
chierici
e
dei
fedeli
a
confronto
di
quelli
di
altri
cittadini
;
nel
secondo
punto
si
fondano
tutte
le
ragioni
della
Chiesa
libera
,
ben
inteso
sotto
la
osservanza
delle
leggi
.
Trattasi
,
come
dice
ottimamente
il
Mamiani
*
,
di
ampliare
il
diritto
comune
per
forma
che
tutte
le
libertà
interne
,
e
quindi
anche
quella
della
Chiesa
,
possano
dentro
l
'
orbita
propria
,
e
nei
limiti
della
rispettiva
autonomia
giuridica
,
conseguire
quel
maggiore
sviluppo
che
sia
compatibile
coll
'
altrui
diritto
,
coll
'
ordine
pubblico
e
colla
sicurezza
dello
Stato
.
Quanti
e
quali
fossero
i
privilegi
dei
chierici
nei
tempi
passati
lo
abbiamo
toccato
già
sopra
,
e
pigliavano
radice
e
vigoria
nella
idea
che
fra
l
'
uomo
e
Dio
fosse
necessario
un
intermedio
,
cioè
il
sacerdote
,
a
cui
spettava
perciò
la
supremazia
rispetto
ai
laici
.
Quindi
il
concetto
dell
'
immunità
personale
e
della
reale
,
della
giurisdizione
e
del
foro
ecclesiastico
che
attraeva
a
sé
anche
i
laici
,
della
esenzione
data
a
beni
della
Chiesa
da
ogni
gabella
,
della
imposizione
della
decima
,
poi
il
diritto
d
'
asilo
,
e
tante
altre
franchigie
e
dimostrazioni
d
'
onore
.
Tutto
ciò
è
in
gran
parte
cessato
,
ma
dove
ne
rimangano
traccie
,
col
principio
della
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
esse
debbono
scomparire
interamente
.
La
qualità
di
ministro
di
un
culto
non
può
dispensare
alcuno
dagli
oneri
personali
o
reali
che
colpiscono
gli
altri
cittadini
;
e
la
legge
italiana
presentata
al
Parlamento
,
dapprima
nel
1864
,
e
poi
vinta
nel
1869
,
che
abolì
il
favore
onde
fruivano
gli
ecclesiastici
rispetto
al
servizio
militare
,
non
è
che
una
conseguenza
logica
del
principio
medesimo
*
.
Similmente
lo
Stato
non
può
riconoscere
colle
sue
leggi
delle
obbligazioni
d
'
indole
meramente
morale
,
né
per
conseguenza
prestare
sanzione
a
voti
religiosi
perpetui
,
quali
che
essi
siano
.
La
efficacia
di
questi
è
tutta
fondata
nella
coscienza
,
ma
dinanzi
alla
legge
civile
non
hanno
valore
.
Così
il
matrimonio
,
in
quanto
è
contratto
civile
,
e
si
appartiene
allo
Stato
,
non
può
negarsi
dall
'
autorità
municipale
,
sol
perché
vi
ostassero
dei
voti
religiosi
;
così
il
rifiuto
della
eredità
,
fondato
pure
su
voti
,
non
è
,
né
può
essere
,
dalla
legge
sancito
.
Che
se
si
volessero
considerare
come
obbligazioni
civili
,
nate
da
contratti
,
uopo
è
osservare
che
queste
obbligazioni
non
possono
disgiungersi
da
una
condizione
,
che
il
contraente
sia
e
voglia
restare
nel
grembo
della
Chiesa
.
E
siccome
lo
Stato
non
può
costringere
alcun
cittadino
a
rimanervi
,
così
le
obbligazioni
medesime
verrebbero
meno
dinanzi
alla
contraria
dichiarazione
,
salvo
i
diritti
legalmente
acquisiti
da
terzi
*
.
Insomma
lo
Stato
non
considera
alcuna
speciale
caratteristica
nel
sacerdote
,
ma
lo
riguarda
come
ogni
altro
cittadino
.
Solo
per
certi
effetti
giuridici
può
riguardare
le
obbligazioni
da
esso
contratte
nel
far
parte
di
un
'
associazione
avente
i
suoi
statuti
,
come
vedremo
appresso
.
Ma
se
esorbitanti
furono
nei
tempi
passati
i
privilegi
degli
ecclesiastici
,
sicché
l
'
autorità
regia
,
pur
conservando
l
'
unione
fra
la
Chiesa
e
lo
Stato
,
fu
spinta
dall
'
andamento
dell
'
opinione
pubblica
a
contrastarli
ed
anche
in
gran
parte
a
respingerli
;
se
,
in
virtù
del
concetto
di
separazione
,
debbono
al
tutto
scomparire
,
per
la
medesima
ragione
debbono
anche
scomparire
tutte
le
cautele
e
i
provvedimenti
presi
contro
gli
ecclesiastici
,
in
quanto
sono
tali
e
che
costituiscono
una
eccezione
al
diritto
comune
.
Anche
codeste
restrizioni
furono
per
lo
passato
moltissime
*
e
giova
indicarle
,
perché
sebbene
in
Italia
siano
per
la
massima
parte
abolite
dalla
legge
del
1871
pure
ne
rimangono
tuttavia
dei
brandelli
,
e
in
altri
paesi
trovansi
ancora
in
vigore
.
E
quivi
scorgesi
che
mentre
lo
Stato
accorda
dei
privilegi
alla
Chiesa
,
le
pone
altresì
dei
vincoli
,
avvegnacché
esso
,
secondo
i
casi
,
esercita
una
censura
preventiva
sulla
Chiesa
,
comanda
o
proibisce
degli
atti
puramente
ecclesiastici
,
si
crede
in
diritto
talora
di
partecipare
alle
cose
sacre
,
infine
si
sostituisce
alla
Chiesa
medesima
.
Lo
Stato
esercita
una
censura
preventiva
col
divieto
di
riunire
Sinodi
o
Concilii
senza
suo
permesso
,
col
regio
gradimento
richiesto
perché
gli
ecclesiastici
possano
corrispondere
con
Roma
,
colla
proibizione
di
pubblicare
encicliche
,
omelìe
,
e
persino
calendarii
ecclesiastici
senza
il
visto
dell
'
autorità
civile
,
e
in
generale
col
regio
placet
ed
exequatur
,
per
lo
quale
soltanto
divengono
esecutivi
gli
atti
dell
'
autorità
religiosa
.
Lo
Stato
comanda
o
proibisce
o
regola
l
'
azione
della
Chiesa
,
laddove
,
come
abbiamo
accennato
sopra
,
siede
a
giudice
se
i
sacramenti
debbano
o
no
somministrarsi
,
e
laddove
prescrive
le
norme
per
le
visite
pastorali
e
pel
modo
col
quale
debbono
essere
eseguite
,
o
determina
la
tariffa
dei
servigi
religiosi
,
divisando
persino
quali
debban
esser
gli
ornamenti
della
Chiesa
,
quali
le
pratiche
del
coro
,
quale
il
modo
di
vestire
dei
sacerdoti
.
Lo
Stato
coopera
colla
Chiesa
quando
nomina
i
Vescovi
che
dovranno
solo
ricevere
la
confermazione
del
Papa
,
o
i
Parroci
che
dovranno
riceverla
dai
Vescovi
,
o
ne
presenta
i
candidati
per
le
elezioni
,
o
si
riserva
di
aggradire
quelli
che
dall
'
autorità
ecclesiastica
saranno
indicati
.
Finalmente
lo
Stato
si
sostituisce
alla
Chiesa
quando
nelle
vacanze
del
titolare
amministra
il
benefizio
,
quando
accorda
pensioni
sul
medesimo
,
e
in
generale
quando
giudica
in
materia
ecclesiastica
.
E
sebbene
talvolta
ciò
abbia
vestito
la
forma
di
vera
delegazione
pontificia
,
come
nell
'
Apostolica
Legazione
di
Sicilia
,
per
la
quale
il
Monarca
o
il
Giudice
detto
di
Monarchia
riceveva
i
reclami
e
sentenziava
sugli
appelli
delle
cause
,
che
altrove
sarebbero
state
portate
in
Roma
,
pure
questa
ingerenza
dava
allo
Stato
una
grandissima
competenza
ed
autorità
in
materie
che
sono
puramente
spirituali
.
Dico
adunque
che
se
cessano
i
privilegi
ecclesiastici
debbono
cessare
anche
i
privilegi
governativi
in
materia
di
religione
,
e
che
tutti
i
decreti
che
governano
la
materia
predetta
debbono
essere
aboliti
*
,
come
già
in
Italia
in
gran
parte
lo
furono
.
Altre
restrizioni
e
cautele
si
riscontrano
in
altre
leggi
,
e
medesimamente
rivolte
a
restringere
i
diritti
dei
sacerdoti
.
Così
la
legge
elettorale
stabilisce
la
ineliggibilità
a
deputato
degli
ecclesiastici
aventi
cura
d
'
anime
o
giurisdizione
,
e
i
membri
dei
Capitoli
e
delle
Collegiate
*
,
e
la
legge
amministrativa
li
rende
del
pari
ineleggibili
al
Consiglio
del
Comune
e
della
Provincia
*
.
La
legge
sulla
milizia
cittadina
esclude
i
preti
dal
farne
parte
*
e
quella
sull
'
ordinamento
giudiziario
,
interdice
loro
di
essere
giurati
*
.
Ecco
altrettante
diminuzioni
del
diritto
comune
inflitte
ai
preti
,
per
la
qualità
loro
sacerdotale
.
Non
sarà
fuor
d
'
opera
il
notare
però
come
anche
nell
'
America
settentrionale
,
nonostante
il
principio
della
separazione
completa
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
pure
in
parecchi
Stati
si
mantengono
talune
di
queste
esclusioni
,
come
per
esempio
,
quella
del
prete
dalle
funzioni
politiche
.
Ma
siffatta
esclusione
potrebbe
colà
piuttosto
chiamarsi
un
privilegio
,
perché
non
è
fatta
in
senso
odioso
,
anzi
favorevole
,
per
non
distoglierlo
troppo
dagli
uffici
religiosi
.
E
similmente
alcuni
altri
favori
sparsamente
vi
sono
conservati
,
come
la
esenzione
dal
servizio
militare
,
la
immunità
dall
'
arresto
durante
gli
ufficii
sacri
e
via
dicendo
.
V
'
ha
persino
qualche
contrada
dove
i
chierici
sono
esenti
dal
pagamento
dei
pedaggi
,
e
talune
società
ferroviarie
ribassano
di
metà
il
prezzo
del
biglietto
a
favor
loro
.
In
generale
la
legislazione
americana
è
inchinevole
a
favorire
il
prete
,
purché
non
si
offenda
il
diritto
altrui
,
e
si
proceda
con
pari
lance
verso
tutte
le
comunioni
*
.
D
'
altra
parte
i
Codici
penali
contemplarono
sino
ad
ora
anche
delitti
denominati
contro
la
religione
,
e
con
più
o
meno
gravi
pene
ne
punirono
i
colpevoli
.
Dicemmo
già
altrove
che
il
sistema
teocratico
confonde
il
peccato
col
delitto
.
Però
,
quando
esso
signoreggia
nella
società
,
il
giudizio
piglia
,
per
dir
così
,
le
forme
solenni
di
un
rito
religioso
,
e
il
sacerdozio
siede
pro
tribunali
.
I
diritti
dell
'
uomo
si
annullano
dinanzi
a
quelli
di
Dio
,
l
'
espiazione
è
il
fine
della
pena
,
e
questa
non
è
mai
bastevolmente
crudele
perché
l
'
offesa
è
fatta
ad
un
ente
infinito
.
Poi
quando
il
sistema
teocratico
s
'
allenta
nel
suo
rigore
e
si
trasforma
,
lo
Stato
non
s
'
arroga
più
di
farsi
vindice
della
maestà
di
Dio
,
ma
punisce
nondimeno
i
peccatori
per
placarlo
,
affinché
il
suo
sdegno
non
cada
sul
popolo
.
Tale
dottrina
è
formulata
da
Giustiniano
nella
Novella
77
,
Cap
.
I
,
là
dove
dice
:
"
Propter
talia
enim
delicta
,
et
fames
,
et
terrae
motus
,
et
pestilentiae
fiunt
.
Praecipimus
,
permanentes
in
praedictis
illicitis
et
impiis
actibus
comprehendere
,
et
ultimis
subdere
suppliciis
,
ut
non
ex
contemtu
talium
,
inveniatur
et
Civitas
et
Respublica
per
hos
impios
actus
laedi
.
"
A
siffatto
pensiero
sono
informate
le
ordinanze
dei
Re
di
Francia
,
quella
di
Filippo
VI
del
22
febbraio
1347
,
quella
di
Carlo
VII
del
14
ottobre
1460
e
quella
di
Luigi
XII
del
9
marzo
1510
,
che
puniscono
fieramente
i
delitti
contro
la
religione
,
perché
,
a
cagion
d
'
essi
,
avvengono
en
notre
royaume
guerres
,
divisions
,
pestilences
,
sterilité
de
terre
et
autres
persécutions
*
.
Presso
alcune
genti
,
la
conquista
fu
il
principio
delle
pene
,
e
,
volendo
imporre
la
religione
ai
popoli
che
si
sottomettevano
,
si
puniva
nei
recalcitranti
il
rifiuto
di
obbedienza
:
laonde
può
dirsi
che
il
proselitismo
si
compenetrò
nella
idea
religiosa
penale
.
Nelle
nazioni
moderne
il
concetto
della
unione
necessaria
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
recò
per
sua
conseguenza
che
i
delitti
contro
la
religione
si
punissero
come
violazioni
dell
'
ordine
morale
;
anzi
,
poiché
la
religione
pigliava
aspetto
di
una
istituzione
pubblica
,
altresì
come
violazione
dell
'
ordine
civile
.
Ma
questo
criterio
diveniva
men
chiaro
laddove
,
oltre
la
religione
dominante
,
erano
permessi
altri
culti
.
Si
cercava
ancora
di
giustificarlo
come
cagione
di
conflitto
fra
i
cittadini
e
impedimento
alla
pubblica
pace
;
ma
questo
criterio
tutto
preventivo
non
poteva
reggere
quando
trattavasi
di
repressione
,
e
la
diversità
del
delitto
,
secondo
la
diversa
religione
dell
'
accusato
,
offuscava
l
'
idea
medesima
della
giustizia
.
Col
principio
della
libertà
religiosa
non
può
consistere
alcuna
pena
contro
chi
violi
i
dogmi
che
altri
professa
.
Il
criterio
penale
si
fonda
sulla
offesa
del
diritto
umano
,
e
sulla
difesa
confidata
allo
Stato
della
incolumità
di
esso
e
della
sicurezza
sociale
.
Che
se
offesa
può
farsi
non
solo
alla
persona
od
agli
averi
,
ma
altresì
alle
affezioni
,
alle
aspettative
,
alle
speranze
;
il
delitto
che
li
offende
potrà
ricomparire
nei
codici
moderni
come
delitto
lesivo
di
un
diritto
comune
quando
vi
concorra
e
il
dolo
,
ed
il
danno
,
e
la
pubblicità
dell
'
atto
,
ma
non
è
più
delitto
contro
la
divinità
e
la
religione
.
Il
mio
còmpito
non
mi
concede
di
entrare
a
lungo
in
questa
materia
,
mi
basta
averla
toccata
per
ispiegare
come
dai
codici
informati
al
principio
che
noi
sosteniamo
debbano
scomparire
per
sempre
l
'
eresia
,
la
propalazione
di
empi
dommi
,
l
'
apostasia
,
lo
scisma
,
il
sacrilegio
,
la
magia
,
il
sortilegio
,
la
simonia
.
E
quanto
all
'
oltraggio
al
culto
,
al
proselitismo
forzato
,
alla
bestemmia
,
possono
trovarvi
luogo
nel
senso
e
nella
misura
di
offese
ai
diritti
altrui
,
come
pure
i
delitti
di
violato
sepolcro
o
di
violata
clausura
,
di
spergiuro
,
di
simulazione
di
sacerdozio
,
trovano
il
titolo
di
loro
punizione
in
argomento
diverso
dall
'
idea
religiosa
.
E
già
i
più
dei
codici
furono
modificati
in
questo
senso
,
e
fra
gli
altri
eziandio
quello
compilato
nel
1859
,
che
vige
per
la
maggior
parte
d
'
Italia
.
Nel
codice
toscano
invece
durano
ancora
le
traccie
dell
'
antico
sistema
sotto
il
nome
di
delitti
di
lesa
venerazione
*
.
La
pena
della
casa
di
forza
è
profusamente
minacciata
contro
la
diffusione
di
dottrine
contrarie
alla
religione
dello
Stato
,
la
contaminazione
dei
vasi
sacri
e
via
dicendo
.
La
bestemmia
,
ancorché
profferita
in
impeto
di
collera
e
per
malvagia
abitudine
,
è
punita
col
carcere
.
Il
che
aveva
pôrto
occasione
al
deputato
Puccioni
di
proporne
l
'
abrogazione
,
e
di
stabilire
alcuni
provvedimenti
relativi
,
sino
a
che
un
codice
penale
comune
a
tutta
l
'
Italia
fosse
promulgato
.
La
sua
proposta
non
potè
compiere
tutti
gli
stadi
legislativi
,
ma
rimase
come
tentativo
razionale
che
tende
al
fine
da
me
indicato
*
.
Imperocché
,
per
raccogliere
in
uno
le
cose
dette
sopra
,
laddove
la
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
sia
stabilita
,
e
per
conseguenza
ammessa
la
libertà
dei
culti
,
il
delitto
meramente
religioso
non
ha
ragion
d
'
essere
,
e
solo
possono
punirsi
alcuni
atti
attinenti
a
religione
in
quanto
offendano
il
diritto
del
cittadino
.
Abbiamo
visto
le
conseguenze
del
principio
dell
'
eguaglianza
dei
chierici
e
dei
laici
dirimpetto
al
diritto
comune
,
onde
tutte
le
leggi
civili
e
penali
si
parificano
sopra
di
loro
.
Vediamo
ora
le
conseguenze
dell
'
altro
principio
che
abbiamo
fissato
,
quello
cioè
di
autonomia
dell
'
associazione
religiosa
.
Esse
sono
le
seguenti
:
che
dentro
la
sfera
delle
leggi
generali
,
l
'
associazione
religiosa
può
formarsi
,
e
fare
tutti
quegli
atti
che
reputa
consentanei
al
suo
fine
;
e
di
queste
giova
indicarne
due
come
importantissime
.
L
'
una
,
di
determinare
i
propri
statuti
e
regolamenti
interni
,
di
modificarli
o
mutarli
secondo
le
proprie
convenienze
;
l
'
altra
di
eleggersi
i
propri
capi
nel
modo
che
stima
migliore
.
Un
'
associazione
,
alla
quale
fossero
imposte
le
regole
e
gli
uomini
che
debbano
governarla
da
una
autorità
estranea
,
non
ha
alcuna
indipendenza
,
anzi
non
ha
vero
valore
.
Adunque
per
questa
via
si
giunge
alle
medesime
conclusioni
,
alle
quali
siamo
pervenuti
,
deducendole
dal
principio
di
eguaglianza
,
voglio
dire
che
non
hanno
ragione
d
'
essere
nel
nostro
sistema
né
le
cautele
e
i
provvedimenti
preventivi
che
esigono
per
taluni
atti
ecclesiastici
il
permesso
governativo
,
né
i
placet
e
gli
exequatur
,
né
la
partecipazione
alle
nomine
degli
ufficiali
ecclesiastici
,
né
la
sanzione
loro
,
né
l
'
ingerenza
nell
'
amministrazione
interna
della
Chiesa
.
Finché
la
Chiesa
come
associazione
,
e
i
suoi
membri
come
cittadini
,
non
offendono
il
diritto
altrui
,
e
non
mettono
a
repentaglio
la
sicurezza
pubblica
,
lo
Stato
non
ha
alcun
diritto
di
mescolarsene
.
Bensì
è
evidente
che
qualora
uno
statuto
ecclesiastico
fosse
in
contraddizione
colle
leggi
generali
dello
Stato
,
esso
non
può
essere
riconosciuto
.
E
similmente
qualora
la
nomina
di
un
ufficiale
ecclesiastico
potesse
suscitare
pericolo
dell
'
ordine
pubblico
,
le
leggi
stesse
di
sicurezza
danno
sempre
allo
Stato
la
facoltà
in
quei
casi
d
'
intervenire
,
e
d
'
impedire
ad
esso
l
'
esercizio
del
proprio
ufficio
.
Qui
parrà
a
taluno
che
cada
in
acconcio
di
parlare
del
valore
giuridico
degli
statuti
dell
'
associazione
religiosa
sui
membri
di
essa
,
ossia
sui
fedeli
,
dei
diritti
che
questi
possono
avere
verso
l
'
associazione
,
e
a
chi
competa
il
tutelarli
,
dei
conflitti
che
possono
nascere
fra
loro
e
con
cittadini
estranei
all
'
associazione
stessa
,
e
a
chi
spetti
il
risolverli
.
Ma
io
prego
il
lettore
ad
attendere
più
oltre
la
disanima
di
questa
questione
;
e
intanto
mi
par
conveniente
di
compiere
il
già
detto
,
toccando
del
diritto
di
riunione
e
delle
varie
forme
che
l
'
associazione
religiosa
può
prendere
e
come
vanno
trattate
.
Invero
data
la
libertà
di
associazione
non
vi
può
essere
alcun
ostacolo
alla
riunione
dei
suoi
membri
,
che
anzi
essi
vogliono
essere
tutelati
e
difesi
dallo
Stato
nell
'
esercizio
dei
loro
diritti
.
Da
ciò
vengono
quelle
disposizioni
legislative
che
si
trovano
in
parecchi
codici
e
che
sono
a
ciò
relative
,
fra
le
quali
due
si
rinvengono
comuni
ai
vari
Stati
dell
'
America
settentrionale
,
e
contengono
la
proibizione
,
primo
,
d
'
interrompere
e
disturbare
le
persone
che
si
trovano
raccolte
a
fini
religiosi
con
discorsi
profani
,
con
atti
incivili
e
sconvenienti
,
ovvero
eziandio
facendo
rumori
nel
luogo
di
riunione
e
nelle
sue
vicinanze
;
secondo
,
di
vendere
al
minuto
liquori
,
o
tenere
banco
,
o
fiera
,
o
esposizione
a
pubblico
spettacolo
,
teatri
e
giuochi
,
sino
ad
una
certa
distanza
del
luogo
di
riunione
*
.
Le
stesse
leggi
proteggono
altresì
i
camp
meeting
o
grandi
riunioni
all
'
aria
aperta
,
tenute
specialmente
dalle
sette
dei
metodisti
*
.
Nel
campo
prescelto
accorrono
uomini
,
donne
,
fanciulli
,
e
quivi
dimorano
parecchi
giorni
pernottando
o
in
capanne
e
tende
abborracciate
,
o
sotto
i
lor
carriaggi
,
o
sotto
gli
alberi
del
bosco
.
Tutto
il
giorno
è
speso
in
preghiere
e
in
concioni
sacre
,
avvegnaché
appo
i
Metodisti
ognun
che
si
senta
ispirato
,
predica
immantinente
a
braccia
,
né
mancano
i
contorcimenti
,
le
grida
e
le
convulsioni
delle
femmine
,
sicché
spesso
codesto
campo
ti
dà
sembianza
di
tumulto
*
.
Così
molti
curiosi
,
e
in
ispecie
forestieri
,
v
'
intervengono
a
modo
di
spettatori
,
ma
guai
se
mancassero
al
rispetto
dovuto
,
imperocché
sono
costituiti
dei
comitati
speciali
i
quali
vigilano
alla
conservazione
dei
diritti
dell
'
assemblea
,
ed
è
noto
che
qualunque
offesa
o
perturbazione
vi
si
tentasse
,
sarebbe
immediatamente
e
severamente
punita
dai
tribunali
ordinari
.
Ma
un
'
associazione
di
uomini
ad
un
dato
fine
può
prender
varie
forme
e
può
diramarsi
in
associazioni
parziali
e
minori
,
può
costituirsi
in
ente
giuridico
,
in
corporazione
,
in
fondazione
.
Uopo
è
dunque
esaminare
e
definire
alquanto
la
natura
di
queste
associazioni
dirimpetto
allo
Stato
,
materia
che
nella
mente
di
molti
è
ancora
confusa
,
e
quindi
argomentarne
sino
a
che
punto
anche
l
'
associazione
religiosa
debba
fruire
dei
medesimi
vantaggi
delle
altre
.
Né
a
tal
fine
è
mestieri
sollevarci
a
una
questione
generale
che
si
agita
oggi
molto
in
Germania
*
:
se
l
'
idea
di
persona
giuridica
in
generale
sia
giusta
e
necessaria
,
ovvero
basti
formarsi
il
concetto
di
un
patrimonio
assegnato
ad
uno
scopo
sotto
forma
giuridica
.
Io
mi
terrò
a
più
modesta
indagine
,
e
considerando
le
istituzioni
quali
oggidì
si
formano
nei
paesi
civili
,
mi
basterà
che
si
ammetta
che
oltre
la
persona
vera
e
viva
e
individua
,
la
legge
riconosce
anche
una
personificazione
ideale
ad
un
dato
fine
,
la
quale
ha
determinate
forme
e
determinati
effetti
giuridici
che
ne
dipendono
.
Adunque
,
lasciando
stare
il
tema
troppo
astratto
,
dico
che
l
'
associazione
,
nella
sua
prima
forma
,
è
un
semplice
accordo
d
'
individui
mossi
da
uno
stesso
sentimento
,
i
quali
cercano
nella
comunione
cogli
altri
il
proprio
fine
.
Ma
,
come
dissi
,
appena
ella
si
crea
,
ha
mestieri
per
vivere
di
una
specie
di
gerarchia
e
di
qualche
norma
che
la
governi
.
E
anche
in
tal
forma
è
meramente
temporanea
,
ma
per
durare
ed
esplicarsi
,
è
mestieri
che
si
costituisca
più
fermamente
,
ed
abbia
sua
autorità
e
suoi
statuti
,
e
acquisti
insomma
una
cotale
personalità
duratura
di
pubblico
diritto
.
Tutto
ciò
è
il
portato
della
spontaneità
umana
,
e
male
dicono
alcuni
che
lo
Stato
crea
le
associazioni
e
le
persone
giuridiche
:
imperocché
lo
Stato
non
fa
che
riconoscere
ciò
che
naturalmente
si
svolge
per
opera
degli
individui
,
e
in
virtù
della
loro
iniziativa
,
quando
ciò
non
offenda
i
diritti
di
alcuno
,
né
la
incolumità
sociale
*
.
E
volendo
anche
meglio
specificare
il
nostro
concetto
,
rispetto
alle
persone
giuridiche
,
o
come
taluni
dicono
,
istituzioni
,
non
ci
distenderemo
a
parlare
né
dei
Comuni
,
né
delle
Provincie
,
né
dei
Consorzi
,
ma
tenendoci
più
stretti
al
nostro
soggetto
,
gioverà
distinguere
società
,
corporazioni
e
fondazioni
.
La
società
è
specificata
dalle
seguenti
note
:
pluralità
di
persone
aventi
scopo
,
istituti
e
patrimonio
comune
.
La
società
in
generale
è
temporanea
e
può
sciogliersi
,
nel
qual
caso
il
patrimonio
si
ripartisce
fra
i
soci
in
parti
eguali
,
o
in
ragione
della
messa
sociale
,
se
pure
non
sia
previsto
dagli
statuti
suoi
qualche
altra
destinazione
.
La
corporazione
comprende
anch
'
essa
pluralità
di
persone
con
iscopo
e
statuto
comune
,
ma
si
ritiene
perpetua
.
Vero
è
che
in
Inghilterra
si
ammette
l
'
idea
della
corporazione
singolare
,
cioè
composta
di
un
individuo
solo
avente
certi
peculiari
diritti
che
si
trasmettono
in
perpetuo
o
per
successione
o
per
elezione
*
.
La
nazione
britannica
è
una
corporazione
,
similmente
il
vescovo
,
il
parroco
,
ecc
.
;
pure
nel
continente
noi
intendiamo
sempre
la
corporazione
come
composta
di
più
persone
.
Però
,
sia
essa
sola
o
multipla
,
il
suo
patrimonio
non
è
proprietà
dell
'
individuo
,
o
dei
soci
:
esso
appartiene
invece
allo
scopo
,
quand
'
anche
tale
scopo
si
riferisca
alla
persona
,
o
alle
persone
che
formano
la
corporazione
.
E
siccome
la
corporazione
non
prevede
la
propria
fine
,
ne
segue
che
nel
caso
eventuale
di
scioglimento
,
le
persone
non
possono
vantare
sul
patrimonio
alcuna
ragione
di
possesso
,
ma
solo
delle
ragioni
creditorie
.
Nella
fondazione
,
infine
,
la
pluralità
delle
persone
non
è
punto
considerata
.
Lo
scopo
è
il
vero
ente
giuridico
a
cui
tutto
si
riferisce
.
E
quand
'
anche
le
persone
che
operano
a
conseguirlo
,
usufruttino
il
patrimonio
in
parte
o
in
tutto
a
beneficio
proprio
,
pure
non
considerano
mai
sé
stesse
che
come
mezzo
ad
ottenere
lo
scopo
,
laddove
nella
corporazione
propriamente
detta
lo
scopo
è
immedesimato
,
per
così
dire
,
in
loro
,
e
sono
pur
esse
ad
un
tempo
mezzo
e
fine
.
Di
queste
corporazioni
e
fondazioni
fu
ed
è
grandissimo
il
numero
,
e
specialmente
nella
materia
alla
quale
il
presente
discorso
si
riferisce
,
perché
il
sentimento
religioso
collegandosi
ad
ogni
atto
della
vita
,
e
accompagnando
il
fedele
in
tutte
le
sue
condizioni
,
la
Chiesa
,
vi
provvide
con
istituzioni
accomodate
e
speciali
;
donde
le
parrocchie
,
le
diocesi
,
i
capitoli
,
i
seminarii
,
i
collegi
,
le
confraternite
,
le
fabbricerie
,
gl
'
istituti
spedalieri
ed
elemosinari
.
La
costituzione
dell
'
Ente
giuridico
si
concepisce
o
per
un
atto
di
volontaria
associazione
dei
suoi
membri
,
purché
non
sia
contrario
alle
leggi
(
illicitum
collegium
)
,
e
in
questo
caso
gl
'
inglesi
dicono
che
vi
è
implicito
il
consenso
della
corona
,
ovvero
per
espresso
atto
del
Sovrano
o
del
Parlamento
,
o
infine
per
effetto
di
una
legge
generale
la
quale
determini
le
condizioni
secondo
le
quali
è
ammessa
e
registrata
la
incorporazione
.
Costituito
una
volta
l
'
Ente
giuridico
,
e
denominatolo
(
gli
inglesi
pongono
molta
importanza
non
solo
al
nome
,
ma
al
sigillo
speciale
con
che
autentica
i
suoi
atti
)
,
esso
ha
suo
essere
e
suo
organismo
compiuto
,
autonomo
,
e
atto
a
reggersi
in
mezzo
alla
mutabilità
delle
persone
che
lo
compongono
,
ed
esercita
certi
poteri
,
diritti
e
capacità
legali
.
Può
stare
in
giudizio
col
nome
assunto
nella
sua
costituzione
,
possedere
,
e
quindi
acquistare
,
ereditare
,
vendere
,
e
trasferire
in
altri
i
propri
possessi
.
È
responsabile
dei
suoi
atti
in
quanto
ente
collettivo
,
ma
non
comunica
la
responsabilità
ai
singoli
membri
.
Può
formare
i
propri
statuti
al
miglior
governo
di
sé
medesimo
,
i
quali
sono
obbligatorii
per
i
suoi
membri
*
.
Abbiamo
detto
che
le
corporazioni
,
come
le
fondazioni
,
hanno
essenzialmente
il
carattere
di
perpetuità
.
Può
invero
concepirsi
il
caso
che
lo
scopo
sia
temporaneo
,
anzi
che
sia
determinato
il
tempo
di
sua
durata
;
ma
in
questo
caso
l
'
Ente
giuridico
è
piuttosto
società
che
altra
istituzione
.
Pure
,
nonostante
il
carattere
di
perpetuità
,
le
corporazioni
possono
essere
disciolte
o
cessare
per
varie
cagioni
:
l
.
°
per
la
naturale
morte
di
tutti
i
suoi
membri
,
o
di
quel
numero
che
fosse
indicato
come
necessario
a
costituirle
,
senza
che
prima
sieno
da
alcun
altro
surrogati
;
2.°
per
la
spontanea
rassegna
delle
loro
facoltà
in
mano
del
governo
,
il
che
gli
inglesi
qualificano
come
una
specie
di
suicidio
;
3.°
per
violazione
dei
loro
statuti
,
e
per
abuso
dei
loro
diritti
,
nel
qual
caso
la
legge
giudica
esser
venute
meno
le
condizioni
poste
alla
esistenza
loro
;
4.°
finalmente
gli
inglesi
ammettono
che
senz
'
altro
possono
essere
disciolte
per
atto
di
Parlamento
,
poiché
il
potere
di
questo
è
illimitato
.
Ma
gli
americani
non
consentono
in
questa
sentenza
:
essi
dicono
che
il
potere
legislativo
,
una
volta
costituita
regolarmente
la
corporazione
,
non
ha
diritto
di
annullarla
,
o
di
alterarne
le
capacità
contro
il
consenso
della
corporazione
stessa
,
salvo
il
caso
di
violazione
di
leggi
,
e
questa
sia
giudizialmente
verificata
e
dichiarata
,
il
che
rientra
nella
terza
delle
cagioni
esposte
.
Quanto
alle
fondazioni
,
anch
'
esse
possono
cessare
d
'
esistere
giuridicamente
quando
cessi
lo
scopo
pel
quale
furono
istituite
,
di
che
avremo
occasione
di
parlare
nuovamente
più
oltre
.
L
'
importanza
in
un
governo
libero
delle
corporazioni
,
delle
fondazioni
di
quei
sodalizii
insomma
,
che
il
Lieber
ha
ben
descritto
sotto
il
nome
di
istituzioni
*
,
è
,
a
mio
avviso
,
grandissima
,
e
da
essa
dipende
in
molta
parte
la
buona
riuscita
dei
governi
liberi
moderni
.
Imperocché
,
laddove
non
è
che
l
'
individuo
solo
di
fronte
allo
Stato
,
ivi
l
'
oltrapotenza
di
questo
si
dispiega
,
e
nessun
riparo
vi
può
far
la
gente
.
Le
istituzioni
invece
,
raccogliendo
insieme
la
volontà
e
gli
sforzi
di
molti
,
creando
un
complesso
di
diritti
e
di
doveri
,
temperano
e
mantengono
nei
giusti
limiti
l
'
azione
governativa
,
mentre
svolgono
e
fortificano
l
'
azione
di
ciascun
cittadino
,
ne
informano
l
'
animo
alla
dignità
del
carattere
,
e
sono
il
miglior
tirocinio
di
libertà
.
Esse
sono
un
portato
spontaneo
,
come
già
si
disse
,
dei
bisogni
e
dei
sentimenti
degli
uomini
;
però
si
costituiscono
a
seconda
di
ciascuno
di
essi
,
e
ne
nascono
istituzioni
economiche
,
scientifiche
,
artistiche
,
politiche
,
religiose
;
e
quanto
è
maggiore
la
spontaneità
nel
crearle
,
nel
reggerle
,
nel
perfezionarle
,
tanto
sono
più
efficaci
.
Il
Lieber
,
studiando
le
qualità
caratteristiche
delle
istituzioni
,
vi
trova
la
pluralità
degli
associati
,
la
elezione
libera
dei
loro
ufficiali
,
un
complesso
di
precetti
e
di
consuetudini
coordinati
ad
un
fine
,
una
larga
sfera
d
'
azione
,
guarentigie
di
durata
,
autonomia
di
interno
reggimento
.
E
attribuisce
alla
moltiplicità
di
codeste
istituzioni
la
vita
politica
,
rigogliosa
e
prospera
delle
nazioni
di
stirpe
anglo
-
sassone
.
Nella
Francia
,
invece
,
la
monarchia
assoluta
venne
menomando
i
privilegi
delle
istituzioni
(
universitates
)
,
e
la
rivoluzione
del
1789
compì
,
per
questa
parte
,
l
'
opera
della
monarchia
assoluta
.
Si
comprende
invero
che
nel
secolo
passato
gli
enciclopedisti
francesi
osteggiassero
certe
maniere
di
corporazione
e
di
fondazione
per
la
decadenza
loro
e
per
gli
abusi
che
ne
erano
scaturiti
.
Imperocché
talune
,
lungi
dal
servire
ai
fini
ai
quali
furono
originariamente
consacrate
,
erano
divenute
un
campo
di
rapina
e
di
dissipazione
degli
amministratori
,
un
sostegno
di
tutte
le
tirannidi
e
di
tutti
i
soprusi
;
si
comprende
,
dico
,
la
repugnanza
e
l
'
ira
che
suscitarono
contro
di
sé
,
tanto
che
neppure
la
gran
mente
di
Turgot
potè
andarne
libera
*
.
E
si
verificò
anche
qui
ciò
che
lo
Stuart
Mill
molto
acconciamente
dice
,
cioè
che
fra
i
danni
dei
nostri
funesti
pregiudizii
,
uno
dei
maggiori
si
è
che
al
loro
declinare
suscitano
dei
contro
-
pregiudizii
.
Così
la
rivoluzione
francese
rovesciò
e
annullò
tutte
le
autonomie
;
scomparvero
le
associazioni
e
corporazioni
delle
arti
,
senza
che
nulla
vi
fosse
sostituito
;
le
università
scientifiche
non
furono
più
che
una
emanazione
dello
Stato
insegnante
:
i
sodalizii
ecclesiastici
vennero
aboliti
e
il
sacerdote
diventò
un
salariato
pubblico
;
i
Comuni
e
le
Provincie
,
si
trovarono
,
dirimpetto
allo
Stato
,
nella
condizione
di
un
pupillo
dirimpetto
al
suo
curatore
.
Coloro
che
studiano
la
storia
dovranno
riconoscere
che
in
questo
abbattimento
di
ogni
istituzione
autonoma
,
nella
eguaglianza
prodotta
a
forza
dallo
spianatoio
rivoluzionario
,
nella
disgregazione
dei
cittadini
,
a
guisa
di
tanti
atomi
,
sta
una
delle
cause
precipue
di
tutte
quelle
vicissitudini
dolorose
per
le
quali
passò
la
Francia
senza
trovar
mai
posa
,
e
senza
pur
veder
da
lungi
il
porto
della
sua
salvezza
.
Ora
viene
la
questione
fondamentale
del
nostro
subbietto
.
Imperocché
il
sistema
che
da
taluni
si
è
voluto
inaugurare
sotto
nome
di
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
,
sarebbe
questo
,
che
l
'
associazione
religiosa
fosse
una
riunione
del
tutto
temporanea
,
eslege
,
e
direi
quasi
ignorata
dallo
Stato
,
e
in
tal
modo
dovrebbe
vivere
giorno
per
giorno
colle
oblazioni
dei
fedeli
,
e
nessun
diritto
e
nessun
dovere
speciale
vi
diventerebbe
mai
giuridico
,
ma
ogni
vincolo
si
ridurrebbe
ad
obbligazione
morale
.
Ora
io
sostengo
che
questa
forma
non
solo
sarebbe
la
negazione
della
libertà
della
Chiesa
,
ma
sarebbe
lesiva
della
libertà
individuale
,
poiché
contrasterebbe
al
cittadino
il
diritto
di
costituire
in
materia
religiosa
quello
che
gli
è
lecito
di
fare
in
ogni
altro
campo
civile
.
Giova
spiegare
più
chiaramente
le
obbiezioni
e
le
nostre
risposte
,
parendoci
questi
una
parte
vitale
dell
'
argomento
.
Taluni
consentono
di
buon
grado
nell
'
accordare
la
libertà
amministrativa
ai
Comuni
e
alle
Provincie
,
lodano
altresì
le
Compagnie
industriali
e
commerciali
,
gli
Istituti
di
credito
e
le
Società
operaie
di
mutuo
soccorso
.
Alquanto
più
difficilmente
,
ma
pur
s
'
inducono
ad
ammettere
una
certa
autonomia
negli
Istituti
d
'
insegnamento
,
purché
siano
sotto
l
'
indirizzo
dello
Stato
.
Nelle
opere
Pie
vogliono
un
influsso
e
un
sindacato
continuo
del
Governo
,
finalmente
rifiutano
qualunque
personalità
ad
istituzioni
d
'
indole
meramente
religiosa
.
A
costoro
pare
che
se
gli
interessi
materiali
possono
sostenere
la
libertà
e
il
reggimento
di
sé
stessi
,
troppo
pericoloso
è
lasciare
alla
spontaneità
dei
cittadini
ciò
che
riguarda
gli
interessi
morali
.
E
pur
approvando
il
principio
della
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
nel
diritto
comune
,
interpretano
però
la
libertà
in
un
senso
assai
diverso
dal
nostro
.
Imperocché
,
come
già
accennai
dianzi
,
essi
dicono
:
sia
ogni
Chiesa
o
comunione
di
credenti
una
associazione
libera
ed
eslege
,
e
non
venga
determinata
da
alcuna
regola
speciale
.
Viva
e
si
sostenti
e
compia
i
suoi
uffici
per
mezzo
di
spontanee
offerte
dei
fedeli
,
e
con
temporanee
collette
.
Lo
Stato
non
riconosce
né
assocazioni
né
enti
giuridici
eccleesiastici
per
fine
di
culto
,
d
'
insegnamento
,
di
beneficenza
:
si
neghi
per
conseguenza
ogni
potestà
alla
Chiesa
d
'
incorporarsi
e
di
avere
istituzioni
o
fondazioni
durature
.
Tale
opinione
si
dilunga
,
a
mio
avviso
,
dal
concetto
vero
della
libertà
,
per
la
qual
cosa
non
solo
è
esclusiva
,
ma
eziandio
erronea
.
Si
noti
in
prima
che
l
'
associazione
in
generale
non
può
essere
eslege
,
avendo
lo
Stato
diritto
e
dovere
di
riconoscerla
quando
non
sia
contraria
alle
leggi
e
all
'
utilità
pubblica
.
Ma
egli
è
evidente
che
questa
maniera
di
esistenza
è
troppo
precaria
ed
incerta
rispetto
al
desiderio
e
alle
tendenze
dell
'
uomo
,
e
in
ispecie
alle
tendenze
religiose
.
Invero
,
quando
l
'
uomo
si
propone
un
fine
,
e
raccoglie
i
mezzi
per
giungervi
,
egli
sente
di
subito
la
pochezza
dei
suoi
sforzi
e
la
brevità
della
sua
vita
.
Da
ciò
il
pensiero
di
dare
a
codesto
fine
tanta
stabilità
da
permettere
l
'
uso
dei
mezzi
medesimi
anche
al
di
là
della
presente
generazione
.
L
'
idea
di
personificare
il
fine
e
di
fare
un
organismo
appropriato
ad
esso
,
si
manifesta
spontaneo
e
generale
sin
dai
primordi
della
società
civile
,
ed
è
anzi
uno
dei
segni
della
civiltà
progrediente
.
Codesto
desiderio
,
che
non
esito
a
chiamare
magnanimo
,
perché
porta
l
'
uomo
fuor
della
cerchia
delle
cure
quotidiane
ed
egoistiche
,
si
dispiega
per
ciascuna
delle
naturali
sue
attitudini
,
e
si
diffonde
in
ogni
parte
della
cosa
pubblica
.
Le
associazioni
che
si
vengono
formando
nelle
arti
,
nei
commerci
,
negli
studi
e
nella
beneficenza
,
vogliono
diventar
salde
,
perpetuarsi
,
avere
una
durata
indipendente
dai
cittadini
che
le
formarono
.
Or
,
quanto
non
sarà
egli
sentita
maggiormente
questa
brama
in
fatto
di
religione
?
Imperocché
di
tutte
cose
è
quella
che
più
s
'
infutura
,
più
mira
all
'
eterno
,
e
dove
la
stabilità
sembra
agli
occhi
di
tutti
condizione
indispensabile
.
Arroge
che
a
questa
guisa
soltanto
si
può
assicurare
il
possesso
ed
il
diritto
d
'
acquisto
,
e
l
'
uso
dei
beni
che
la
pietà
dei
fedeli
accumula
colla
propria
astinenza
a
beneficio
comune
.
Né
si
può
dire
che
ciò
sia
di
poco
rilievo
:
perché
al
contrario
la
proprietà
è
il
completamento
della
libertà
,
e
non
si
può
raggiungere
un
fine
sulla
terra
,
foss
'
anche
il
più
ideale
,
il
più
astratto
,
senza
sussidio
di
qualche
mezzo
materiale
.
E
di
fatto
,
appena
si
forma
una
comunione
di
credenti
in
una
medesima
fede
,
tu
noti
gli
sforzi
che
essi
fanno
per
diffonder
la
fede
loro
e
svolgerne
gli
effetti
in
ogni
parte
della
società
,
e
in
tutti
gli
atti
della
vita
mediante
istituzioni
perpetue
.
Istituzioni
per
la
preghiera
e
pel
culto
,
istituzioni
per
le
opere
di
misericordia
,
istituzioni
per
propagare
la
fede
,
istituzioni
per
educare
la
gioventù
.
Se
contendete
a
codesti
consociati
la
facoltà
di
farlo
,
è
evidente
che
si
sentiranno
costretti
,
e
malcontenti
,
e
l
'
opera
parrà
loro
difettosa
ed
incompleta
.
Codesta
è
osservazione
di
fatti
intimi
della
coscienza
,
e
la
storia
dovunque
la
riproduce
e
la
conferma
.
Si
dirà
che
di
questa
tendenza
e
di
questa
facoltà
si
è
molto
abusato
,
e
che
la
smania
di
assicurare
la
proprietà
in
perpetuo
è
stata
uno
degli
ostacoli
precipui
allo
spiegarsi
dell
'
attività
individuale
e
della
prosperità
comune
.
Ma
di
che
non
si
è
abusato
nel
mondo
?
Però
l
'
abuso
non
può
condannare
il
principio
:
sarà
legittimo
argomento
per
stabilire
delle
condizioni
alla
formazione
degli
enti
collettivi
per
impor
loro
limiti
e
freno
,
per
determinare
le
condizioni
di
loro
esistenza
,
non
per
annullarli
od
impedirli
.
Imperocché
nulla
di
ciò
che
è
essenziale
alla
umana
natura
si
vuol
mutilare
o
sopprimere
.
Invero
alcuni
legisti
dicono
che
la
legge
fa
,
anzi
,
crea
la
persona
civile
degli
enti
morali
*
,
quindi
la
può
,
a
sua
posta
,
negare
,
disfare
ed
annullare
.
Ma
questa
frase
è
sommamente
esagerata
e
non
ha
riscontro
nella
verità
delle
cose
.
S
'
intende
che
la
pronunzino
coloro
pei
quali
ogni
diritto
,
ogni
proprietà
è
fattura
artificiale
dello
Stato
:
ma
non
coloro
che
stimano
i
diritti
e
la
proprietà
essere
fatti
naturali
che
la
legge
sancisce
,
tutela
,
regola
altresì
e
limita
,
ma
non
crea
né
potrebbe
creare
di
pianta
.
Adunque
,
se
è
vero
ciò
che
abbiamo
sopra
espresso
,
cioè
che
la
formazione
dell
'
ente
collettivo
è
un
portato
della
tendenza
dell
'
uomo
,
risponde
ai
suoi
fini
,
è
necessaria
al
suo
appagamento
,
potrà
ben
dirsi
che
la
legge
riconosce
cotal
fatto
,
lo
sancisce
,
lo
regola
,
lo
limita
ma
non
lo
crea
.
Né
giova
il
soggiungere
che
l
'
ente
collettivo
è
astratto
,
indefinito
,
impalpabile
;
perché
a
chi
ben
guarda
,
sempre
vi
sottostà
la
persona
vera
e
reale
che
amministra
,
o
in
cui
vantaggio
l
'
istituzione
è
fondata
.
Coloro
che
governano
questa
istituzione
e
la
usufruiscono
,
rappresentano
colla
loro
adesione
,
colla
loro
volontà
e
colla
loro
opera
,
il
diritto
e
la
volontà
dei
fondatori
*
.
D
'
altra
parte
,
come
può
dirsi
che
la
materia
religiosa
sia
trattata
secondo
il
diritto
comune
,
se
è
negato
ad
essa
ciò
che
è
conceduto
ad
ogni
altro
elemento
della
vita
civile
?
Le
società
commerciali
o
industriali
,
anonime
o
per
accomandita
,
le
istituzioni
di
credito
,
i
comizii
agrarii
,
le
opere
di
mutuo
soccorso
,
moltiplicano
col
favore
universale
,
e
si
vuole
anzi
che
non
abbiano
più
bisogno
di
autorizzazione
governativa
per
costituirsi
,
ma
che
costituendosi
,
secondo
certe
date
regole
,
e
in
certe
ferme
prescritte
anticipatamente
dalla
legge
,
basti
loro
una
semplice
registrazione
*
.
Le
Opere
pie
possono
anch
'
esse
erigersi
in
corpi
morali
,
e
pigliare
tutte
le
forme
che
piaccia
alla
liberalità
del
fondatore
di
dar
loro
,
e
solo
sono
soggette
alla
tutela
della
deputazione
provinciale
*
;
che
se
le
università
ed
altri
istituti
d
'
istruzione
pubblica
,
secondo
le
leggi
nostre
,
appartengono
in
regola
generale
al
Governo
,
alla
Provincia
ed
al
Comune
,
pure
niente
vieta
che
una
università
o
un
collegio
sussista
come
corporazione
autonoma
e
se
ne
hanno
degli
esempi
.
Il
voler
adunque
negare
all
'
associazione
religiosa
la
facoltà
di
costituirsi
con
quegli
organismi
che
le
sono
congeneri
e
di
fondare
degli
enti
giuridici
,
non
è
già
sottoporla
al
diritto
comune
,
ma
escluderla
dal
beneficio
di
esso
:
egli
è
fare
una
eccezione
odiosa
contro
di
lei
,
surrogare
il
regime
dell
'
arbitrio
e
della
esclusione
al
regime
naturale
della
libertà
sotto
la
vigilanza
dello
Stato
,
offendere
in
sostanza
il
diritto
individuale
.
Ma
quali
sono
gli
effetti
di
codesto
diniego
?
Due
sono
capitalissimi
,
ed
entrambi
esiziali
perché
suscitano
avversione
negli
animi
ed
ipocrisia
nel
costume
.
L
'
uno
è
,
che
sospinge
i
credenti
in
una
via
di
rancori
e
di
reazione
,
imperocché
gli
uomini
pii
sentendosi
offesi
nel
sentimento
loro
e
nel
loro
diritto
,
riguardano
lo
Stato
come
un
nemico
da
combattere
,
anziché
come
il
protettore
della
giustizia
e
della
sicurezza
di
tutti
.
Quinci
viene
che
pigliano
l
'
atteggiamento
di
partigiani
,
e
di
faziosi
,
e
sperando
nella
mutazione
del
Governo
una
mutazione
di
leggi
rispetto
a
sé
medesimi
,
la
bramano
,
la
caldeggiano
,
la
promuovono
.
Una
delle
cagioni
,
per
le
quali
i
cattolici
formano
in
alcune
regioni
d
'
Europa
un
partito
politico
(
oltre
la
questione
del
poter
temporale
del
Papa
)
,
ella
è
appunto
questa
che
si
sentono
esclusi
del
diritto
comune
,
e
banditi
dal
godimento
di
quei
benefizii
ai
quali
i
cittadini
in
ogni
altro
ramo
della
cosa
pubblica
aspirano
e
che
pervengono
pure
ad
ottenere
.
Questa
storia
si
ripete
appo
tutti
i
popoli
,
ché
laddove
una
classe
di
cittadini
si
sente
stretta
,
disagiata
ed
offesa
,
essa
avversa
le
istituzioni
,
cospira
a
mutarle
,
e
se
non
iscende
a
combattere
per
le
vie
,
insinua
nondimeno
un
lento
e
pestifero
veleno
nelle
membra
del
corpo
sociale
.
L
'
altro
effetto
,
che
si
collega
al
precedente
e
ne
è
eziandio
la
conseguenza
,
è
il
seguente
:
che
gli
uomini
cercano
i
mezzi
tutti
di
eludere
il
divieto
dello
Stato
,
e
trovano
cavilli
e
sotterfugi
per
raggiungere
sotto
altra
forma
il
medesimo
fine
.
Quando
i
Belgi
si
lagnano
delle
gherminelle
e
delle
frodi
colle
quali
le
corporazioni
religiose
si
ricompongono
e
ripullulano
*
,
essi
non
comprendono
che
ciò
avviene
perché
le
leggi
non
diedero
sempre
adito
legale
ad
un
sentimento
naturale
e
potente
.
Tagliate
la
pianta
che
aveva
profonde
radici
,
esse
germogliano
virgulti
;
fermate
il
corso
dell
'
acqua
,
questa
s
'
impaluda
;
proibite
la
stampa
pubblica
,
sorge
la
clandestina
;
impedite
ogni
maniera
di
associazione
,
si
organizzano
segretamente
le
sette
.
Il
clero
cattolico
ebbe
modi
singolari
di
esistenza
ed
ordinamenti
di
privilegio
nel
medio
evo
,
e
sino
ai
tempi
moderni
.
Che
codesti
modi
ed
ordini
non
rispondano
più
alle
nuove
condizioni
di
cose
mi
pare
evidente
,
e
quindi
la
necessità
di
abolirli
in
parte
,
e
in
parte
riformarli
,
accomodandoli
al
principio
della
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
.
Ma
sinché
la
legge
non
avrà
pôrto
ai
fedeli
altre
forme
legittime
di
costituirsi
,
in
guisa
che
,
pur
ottemperando
alla
odierna
civiltà
,
raggiungano
il
loro
fine
,
si
può
prevedere
che
lo
Stato
troverà
resistenza
e
repugnanza
negli
uomini
pii
e
nelle
associazioni
religiose
,
e
queste
non
potendo
percorrere
la
strada
regia
,
s
'
aggireranno
per
diverticoli
e
per
coperte
vie
.
Al
contrario
,
se
voi
gli
date
soddisfazione
in
ciò
che
v
'
ha
di
giusto
nelle
esigenze
loro
,
egli
è
molto
probabile
che
potendo
dispiegare
la
propria
attività
entro
una
cerchia
bastevolmente
ampia
,
ne
rispetteranno
i
limiti
,
e
non
si
attenteranno
d
'
invadere
il
campo
delle
attività
altrui
.
Nota
a
buon
diritto
il
Friederich
*
che
nei
governi
costituzionali
il
clero
può
diventare
anche
più
formidabile
che
nei
governi
assoluti
,
per
lo
influsso
che
esercita
nelle
elezioni
dei
rappresentanti
della
nazione
.
Il
che
è
vero
:
imperciocché
se
questo
clero
dee
vivere
a
discrezione
dello
Stato
,
se
ne
riceve
uno
stipendio
,
se
nulla
gli
guarentisce
una
esistenza
certa
e
duratura
,
la
prima
cura
per
lui
sarà
questa
,
che
i
legislatori
,
nelle
cui
mani
sono
e
il
bilancio
e
le
leggi
,
non
gli
sortiscano
contrari
,
quindi
la
scelta
di
essi
è
nel
suo
animo
determinata
da
tali
considerazioni
.
Che
se
per
converso
le
libertà
che
il
clero
dimanda
gli
fossero
ottriate
e
guarentite
in
giusta
misura
,
non
avrebbe
più
premura
a
mescolarsi
nelle
questioni
politiche
o
certo
l
'
avrebbe
assai
minore
che
non
l
'
abbia
al
presente
.
E
invece
di
un
clero
inframettente
e
fazioso
,
come
nel
Belgio
,
lo
vedremmo
quale
trovasi
negli
Stati
Uniti
,
dove
non
solo
è
permessa
l
'
associazione
religiosa
,
ma
altresì
la
istituzione
religiosa
,
l
'
ente
morale
con
tutte
le
conseguenze
della
stabilità
e
della
perpetuità
,
ben
inteso
entro
quei
limiti
che
sono
richiesti
dalla
sicurezza
dello
Stato
.
E
per
conseguenza
noi
non
sappiamo
giudicar
normale
il
sistema
,
per
il
quale
,
negandosi
la
personalità
giuridica
agli
enti
religiosi
,
e
per
conseguenza
la
facoltà
di
acquistare
e
possedere
,
vi
si
sostituisca
un
assegno
regolare
pagato
dallo
Stato
;
sistema
che
ha
prevalso
specialmente
nella
Francia
.
Dalle
cose
dette
sopra
discende
logicamente
ed
in
modo
evidente
come
questa
forma
né
risponda
alle
esigenze
degli
uomini
religiosi
,
né
ottenga
il
suo
fine
:
anzi
può
dirsi
che
ne
è
la
contraddizione
più
spiccata
.
Imperocché
non
solo
rimane
una
unione
effettiva
e
visibile
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
,
ma
il
vescovo
o
il
parroco
non
è
che
un
funzionario
dello
Stato
.
Molte
altre
cose
potrebbero
dirsi
su
questo
tema
:
mi
basterà
indicare
come
il
conte
di
Cavour
combattesse
in
ogni
occasione
il
disegno
del
clero
stipendiato
.
Egli
,
già
al
suo
entrare
nel
reggimento
della
cosa
pubblica
,
ebbe
ad
esprimersi
sull
'
argomento
,
e
nella
seduta
del
15
gennaio
1851
,
la
prima
volta
che
prendeva
a
parlare
come
ministro
,
disse
le
seguenti
parole
:
"
Io
porto
opinione
che
sia
molto
meglio
avere
un
clero
che
possegga
,
che
non
un
clero
stipendiato
.
Che
se
non
sono
da
tollerare
le
usurpazioni
del
potere
ecclesiastico
,
nulla
altresì
v
'
ha
di
più
funesto
di
un
clero
assolutamente
dipendente
dal
potere
politico
.
"
E
tale
era
anche
l
'
opinione
del
Tocqueville
,
i
cui
studi
,
sull
'
America
settentrionale
e
sulla
situazione
della
Chiesa
in
quella
regione
,
meritano
anche
oggi
tutta
la
considerazione
degli
statisti
:
imperocché
ben
si
vede
come
la
democrazia
sia
colà
temprata
al
sentimento
religioso
,
e
come
questo
vigoreggi
mentre
lo
Stato
lascia
assoluta
indipendenza
ad
ogni
confessione
e
ad
ogni
culto
.
Ma
tornando
al
punto
donde
prendemmo
le
mosse
,
cioè
all
'
opinione
di
coloro
che
non
vogliono
conoscere
altra
forma
di
associazione
religiosa
,
se
non
quella
che
è
libera
,
eslege
e
destituita
di
proprietà
,
a
me
pare
di
aver
dimostrato
quanto
s
'
ingannino
,
e
mi
pare
eziandio
di
avere
anticipatamente
confutato
gli
argomenti
che
sogliono
accampare
.
I
quali
son
due
principali
*
:
l
'
uno
che
accordando
ai
fedeli
di
accumulare
ricchezze
in
capo
ad
un
ente
fattizio
,
si
protegge
questo
culto
,
e
si
fa
eccezione
al
diritto
comune
;
l
'
altro
che
lo
Stato
,
riconoscendo
la
personalità
civile
in
una
associazione
religiosa
,
impegna
l
'
avvenire
che
gli
è
ignoto
.
Dico
che
per
le
cose
sopra
esposte
si
desume
che
tanto
è
lungi
che
la
incorporazione
sia
una
deroga
al
diritto
comune
,
che
anzi
ne
è
la
naturale
esplicazione
in
tutti
i
rami
della
cosa
pubblica
.
E
quanto
ad
impegnarsi
in
un
avvenire
ignoto
,
ciò
potrebbe
esser
vero
,
se
lo
Stato
non
vi
ponesse
condizioni
,
non
vi
esercitasse
la
sua
vigilanza
,
e
finalmente
riguardasse
la
istituzione
come
cosa
indipendente
e
irreformabile
.
Il
che
non
crediamo
possa
ammettersi
né
per
la
istituzione
religiosa
né
per
alcuna
altra
istituzione
di
altro
genere
.
In
sostanza
la
nostra
teorica
è
questa
,
che
lo
Stato
non
crea
ma
riconosce
l
'
ente
collettivo
,
e
per
conseguenza
non
può
,
in
tesi
generale
ed
in
modo
assoluto
,
proibirlo
.
Ma
lo
Stato
avendo
per
ufficio
precipuo
di
riconoscere
,
determinare
e
tutelare
i
diritti
di
tutti
,
ne
segue
che
anche
rispetto
alle
associazioni
in
generale
,
e
alle
religiose
in
particolare
,
egli
definisce
le
condizioni
e
i
limiti
delle
instituzioni
che
vogliono
sorgere
;
e
poi
create
che
siano
,
ha
il
diritto
di
vigilarle
perché
nessuna
esca
dalla
propria
sfera
di
azione
e
offenda
l
'
altrui
.
A
questa
superiore
vigilanza
non
può
sfuggire
alcuna
istituzione
di
diritto
pubblico
.
Ma
posto
ciò
,
mi
par
verissimo
e
concorda
in
tutto
con
le
precedenti
argomentazioni
il
discorso
del
Bonghi
,
là
dove
dice
:
"
Non
basta
davvero
dichiarare
l
'
eguaglianza
giuridica
dei
culti
,
se
si
vuol
creare
una
condizione
di
cose
che
colla
soddisfazione
degli
spiriti
crei
la
pace
dello
Stato
e
lasci
le
religioni
diverse
contente
e
sicure
del
proprio
lavoro
.
Bisogna
che
le
leggi
civili
dello
Stato
siano
tali
da
permettere
a
codesti
culti
di
sussistere
non
precariamente
e
di
giorno
in
giorno
,
ma
durevolmente
senza
partecipazione
od
ajuto
dello
Stato
,
che
non
può
essere
ammesso
con
uno
e
molto
meno
con
tutti
;
e
di
espandersi
ciascuno
nelle
diverse
forme
che
sono
collegate
colla
sua
natura
,
ed
essenzialmente
proprie
di
questa
.
Se
le
leggi
civili
non
sono
tali
,
è
necessario
correggerle
,
perché
a
qualunque
associazione
religiosa
legittima
(
e
si
suppone
che
siano
tutte
legittime
,
quando
si
dà
a
tutte
licenza
di
vivere
)
non
si
può
negare
la
facoltà
di
costituirsi
così
come
il
suo
genio
le
ispira
,
e
stabilmente
come
desidera
di
essere
costituita
ogni
operosità
che
ha
,
o
crede
di
avere
,
per
fine
suo
la
salvezza
continua
delle
anime
*
.
Messo
in
sodo
questo
punto
,
il
quale
è
la
base
per
dir
così
di
tutto
il
sistema
di
legislazione
che
noi
crediamo
accomodato
ai
tempi
e
che
tanto
si
dilunga
dalla
unione
giuridica
dello
Stato
colla
Chiesa
,
quanto
dalla
associazione
religiosa
eslege
,
si
presenta
però
subito
un
quesito
gravissimo
che
è
il
seguente
:
Può
lo
Stato
riconoscere
la
qualità
di
ente
giuridico
nel
vero
e
proprio
senso
ad
una
associazione
la
quale
si
estenda
fuori
della
sua
giurisdizione
territoriale
,
anzi
che
non
abbia
limite
alcuno
così
di
tempo
,
come
di
spazio
?
Mi
sembra
che
la
risposta
torni
agevole
a
darsi
e
non
possa
essere
che
negativa
.
Dal
momento
che
lo
Stato
ha
dei
diritti
di
riconoscimento
,
di
vigilanza
,
e
in
certi
casi
anche
di
soppressione
,
l
'
ente
giuridico
dee
essere
nazionale
,
non
fuori
dello
Stato
.
Dal
che
,
segue
che
la
Chiesa
cattolica
o
universale
può
dirimpetto
allo
Stato
rimanere
come
un
'
associazione
,
ma
che
la
qualità
di
ente
giuridico
non
può
riconoscersi
che
nelle
associazioni
parziali
come
le
parrocchie
,
le
diocesi
,
le
fondazioni
,
le
corporazioni
.
Si
potrebbe
da
taluno
giudicare
che
la
Chiesa
cattolica
sia
riconosciuta
in
quanto
è
anche
Chiesa
nazionale
;
ma
questa
parmi
una
sottilità
,
né
dalla
Chiesa
stessa
sarebbe
mai
desiderato
un
riconoscimento
sotto
questa
forma
.
E
poiché
abbiamo
detto
che
la
proprietà
è
uno
dei
mezzi
naturali
ed
essenziali
allo
scopo
,
e
che
l
'
ente
giuridico
ha
il
diritto
di
possedere
,
ne
segue
che
lo
Stato
non
può
riconoscere
un
possesso
della
Chiesa
cattolica
,
ma
soltanto
di
una
determinata
istituzione
o
fondazione
o
corporazione
cattolica
.
Lo
stesso
tempio
,
comecché
aperto
alla
generalità
dei
credenti
,
e
in
questo
senso
riguardato
come
cosa
comune
ai
fedeli
,
pure
,
in
quanto
è
proprietà
,
appartiene
sempre
ad
una
associazione
locale
.
So
bene
che
tale
non
è
il
concetto
di
molti
canonisti
,
i
quali
non
solo
reputano
che
la
Chiesa
in
quanto
società
universale
possa
acquistare
e
possedere
,
ma
stimano
che
lo
può
essa
sola
.
E
dicono
che
alla
corporazione
,
alla
parrocchia
,
alla
diocesi
appartiene
l
'
usufrutto
,
e
,
secondo
piace
ad
altri
,
la
proprietà
utile
,
ma
il
soggetto
ultimo
e
supremo
del
dominio
vuol
cercarsi
nella
Chiesa
universale
.
Ond
'
è
,
che
quando
venisse
a
mancare
la
comunità
particolare
,
i
beni
di
essa
accrescono
al
restante
della
Chiesa
,
la
quale
conserva
sempre
il
diritto
di
cangiare
razionalmente
gli
usi
primitivi
di
un
dato
patrimonio
,
e
convertire
a
bene
comune
quel
che
serviva
a
bene
particolare
.
E
ciò
è
molto
ovvio
che
si
propugni
da
chi
pone
che
la
Chiesa
è
una
società
superore
o
parallela
allo
Stato
,
che
ha
una
potestà
da
esso
indipendente
,
e
quindi
non
ha
bisogno
del
riconoscimento
civile
per
avere
i
diritti
di
acquisto
e
di
possesso
,
e
tutto
ciò
che
costituisce
la
così
detta
personalità
giuridica
.
Però
,
come
dice
il
Pertile
*
,
altri
anche
fra
i
buoni
cattolici
insegnano
che
il
soggetto
attivo
del
dominio
sono
le
Chiese
particolari
,
al
cui
uso
i
beni
vennero
destinati
salvo
tuttavia
la
solidarietà
dell
'
intera
comunanza
nel
caso
di
straordinarii
bisogni
.
E
invero
noi
non
intendiamo
negare
che
con
certe
debite
cautele
,
la
proprietà
possa
essere
trasferita
anche
dall
'
uno
all
'
altro
ente
giuridico
,
e
cessando
lo
scopo
di
uno
di
essi
,
un
altro
possa
essere
cercato
a
surrogarlo
.
Ciò
che
noi
diciamo
è
che
nel
nostro
concetto
della
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
la
qualità
di
possedere
con
le
altre
che
l
'
accompagnano
non
può
essere
dallo
Stato
riconosciuta
che
ad
enti
speciali
e
locali
;
laddove
la
Chiesa
in
universale
può
essere
riconosciuta
solo
come
un
'
associazione
,
e
questa
forma
basta
a
ciò
che
essa
sussista
per
diritto
pubblico
e
possa
trovarsi
anche
in
rapporto
collo
Stato
*
.
Però
anche
sulle
associazioni
,
in
generale
lo
Stato
ha
sempre
una
vigilanza
superiore
per
impedire
che
si
discostino
dalla
legge
,
o
per
richiamarvele
,
e
questa
tutela
non
può
essergli
contesa
in
nessun
caso
perché
essenziale
alla
sua
costituzione
ed
al
suo
fine
.
Ma
passando
a
considerare
le
varie
forme
di
enti
giuridici
ai
quali
può
dar
luogo
l
'
associazione
religiosa
,
sarà
opportuno
che
noi
entriamo
più
particolarmente
in
questa
materia
,
e
che
noi
veniamo
divisando
quali
sono
le
condizioni
che
lo
Stato
dee
apporre
alla
loro
formazione
,
quali
limiti
prescrivere
all
'
azione
di
esse
,
quale
ingerenza
serbare
a
sé
medesimo
,
e
finalmente
,
nel
caso
che
debba
sopprimerne
taluna
esistente
,
veggiamo
quali
modi
gli
convenga
tenere
,
e
come
disporre
delle
sue
proprietà
.
Ho
detto
che
la
prima
e
più
semplice
forma
di
ente
collettivo
e
giuridico
è
quella
che
si
chiama
propriamente
società
.
Codesta
unione
è
destinata
più
specialmente
ad
un
fine
d
'
industria
,
di
commercio
,
e
talvolta
anche
di
onesta
ricreazione
;
ma
non
v
'
è
contraddizione
alcuna
che
possa
formarsi
ad
un
fine
religioso
.
E
siccome
della
semplice
società
è
nota
caratteristica
che
in
caso
di
scioglimento
il
patrimonio
si
divida
fra
i
soci
,
o
in
parti
eguali
o
in
ragione
della
messa
sociale
,
così
non
è
d
'
uopo
che
c
'
intratteniamo
sopra
di
ciò
.
Ben
è
vero
che
nel
Belgio
si
è
veduto
talora
formarsi
delle
società
aventi
apparentemente
uno
scopo
industriale
,
le
quali
in
effetto
erano
vere
e
proprie
corporazioni
monastiche
.
Ma
in
tal
caso
esse
cadrebbero
nella
categoria
di
che
passiamo
a
discorrere
.
Ed
è
questa
veramente
la
parte
più
controversa
del
subbietto
.
Le
corporazioni
monastiche
,
nate
sin
dai
primi
secoli
della
Chiesa
cristiana
,
cresciute
appresso
in
molte
e
varie
forme
secondo
i
varii
luoghi
ove
penetrava
il
cristianesimo
,
o
secondo
le
condizioni
diverse
di
civiltà
,
ebbero
un
periodo
fiorentissimo
,
e
furono
,
in
certi
casi
,
tesoro
di
scienza
come
di
virtù
,
e
stimolo
di
civiltà
.
Ma
poscia
moltiplicarono
di
numero
e
di
potenza
,
e
declinando
dal
primitivo
spirito
,
si
corruppero
in
guisa
da
suscitare
contro
di
loro
una
grandissima
avversione
.
Sôrte
con
professione
di
povertà
,
di
umiltà
,
di
obbedienza
,
accaparrarono
tante
ricchezze
,
si
munirono
di
tanti
privilegi
,
che
la
decadenza
seguì
rapida
al
loro
splendore
,
e
dopo
avere
raccolto
in
sé
gli
uomini
più
eminenti
per
istudi
e
per
santità
,
finirono
spesso
col
dare
esempio
ignobile
di
vita
oziosa
e
disutile
.
Il
Papato
stesso
se
ne
impensierì
,
e
cercò
di
frenarle
.
Nelle
odierne
contrade
che
godono
di
libero
reggimento
,
esse
furono
contenute
,
ristrette
ed
eziandio
sbandite
.
E
laddove
avevano
avuto
maggiore
potenza
e
dominazione
esorbitante
,
ivi
più
che
altrove
lo
Stato
si
manifestò
loro
nemico
,
e
non
si
contentò
di
abolire
l
'
ente
giuridico
,
ma
espulse
gli
abitatori
dai
chiostri
,
talora
eziandio
con
sevizia
,
e
messa
la
mano
nei
loro
beni
,
se
ne
impossessò
a
tutto
suo
vantaggio
.
È
necessario
ora
che
noi
vediamo
se
,
alla
regola
generale
sopra
stabilita
,
onde
si
ammette
l
'
ente
giuridico
a
fine
religioso
,
sia
il
caso
di
fare
una
eccezione
vietando
le
corporazioni
monastiche
.
Non
è
per
ciò
solo
che
alcuni
uomini
si
riuniscono
a
vita
comune
,
e
mettono
insieme
i
loro
averi
a
fin
di
preghiera
o
di
carità
,
che
si
possa
impedire
la
corporazione
:
secondo
quello
che
abbiamo
sopra
esposto
,
altre
cagioni
debbono
recarsi
innanzi
.
Quindi
si
osserva
(
e
fu
ripetuto
anche
nelle
discussioni
dell
'
Assemblea
di
Ginevra
)
che
le
corporazioni
monastiche
,
nella
loro
essenza
,
sono
contrarie
al
diritto
civile
.
Primo
,
il
legarsi
con
voti
perpetui
,
e
questo
medesimo
farsi
da
giovanetti
non
ancora
maggiori
di
età
,
senza
consenso
di
parenti
e
di
tutori
;
secondo
,
il
rinunciare
alle
successioni
avvenire
,
e
ad
altri
diritti
,
il
che
è
vietato
espressamente
dal
codice
;
terzo
,
l
'
assoggettarsi
ad
una
disciplina
peculiare
con
statuti
e
giudici
speciali
senza
potestà
di
appellarne
all
'
autorità
civile
.
Cosicché
vi
si
può
scorgere
una
violazione
flagrante
e
perenne
del
codice
e
delle
altre
leggi
comuni
.
Ché
,
laddove
queste
riguardano
ogni
persona
come
viva
,
e
padrona
di
sé
stessa
,
e
responsabile
dei
suoi
atti
,
gli
ordini
religiosi
invece
ne
fanno
una
cosa
morta
a
sindacato
ed
arbitrio
di
un
superiore
*
.
Qui
bisogna
distinguere
due
cose
che
sogliono
troppo
spesso
confondersi
,
tanto
nei
conventi
di
uomini
che
di
donne
:
prima
,
la
unione
di
più
persone
a
vita
comune
,
e
con
comunanza
di
beni
a
intento
di
religione
e
di
culto
;
l
'
altra
,
i
voti
di
povertà
,
di
castità
e
di
obbedienza
,
che
il
frate
o
la
monaca
professano
.
Questi
voti
,
dirimpetto
allo
Stato
,
non
hanno
,
come
già
si
disse
,
valore
civile
:
né
si
può
riconoscere
ad
essi
altra
efficacia
fuor
quella
che
gli
dà
la
spontaneità
,
e
il
sentimento
morale
di
chi
li
proferisce
.
Ma
la
professione
di
vita
comune
,
e
la
comunanza
di
beni
,
possono
vestire
i
caratteri
di
una
obbligazione
e
di
un
contratto
giuridico
.
Ora
,
il
volere
generalmente
impedire
siffatta
manifestazione
del
sentimento
umano
,
parmi
un
detrarre
troppo
alla
libertà
individuale
.
Presso
quasi
tutti
i
popoli
e
in
tutte
le
religioni
scorgiamo
rinnovarsi
questo
fatto
,
del
quale
molte
e
varie
son
le
cagioni
,
dalla
esuberanza
di
vita
e
dall
'
ardore
mistico
che
non
può
trovar
posa
che
nella
contemplazione
dell
'
infinito
,
sino
alla
prostrazione
dell
'
animo
che
fugge
la
compagnia
degli
altri
uomini
,
e
anela
alla
solitudine
.
Alla
donna
specialmente
,
che
più
dilicatamente
sente
ed
ama
,
ed
a
cui
le
agitazioni
della
vita
mondana
apportano
travaglio
e
stanchezza
,
alla
donna
il
convento
può
parere
ed
essere
l
'
unico
porto
di
refugio
e
di
salute
,
e
il
voler
contenderle
codesto
porto
in
nome
di
principii
astratti
,
mi
sembra
divieto
eccessivo
.
E
chi
bene
esamini
,
vedrà
che
le
obbiezioni
indicate
sopra
,
non
hanno
che
un
valore
relativo
,
quando
lo
Stato
ponga
le
condizioni
che
stima
necessarie
alla
validità
di
questo
contratto
,
poniamo
l
'
età
maggiore
e
il
consenso
dei
genitori
,
le
coordini
con
tutte
le
altre
leggi
ed
istituzioni
,
e
si
riservi
la
facoltà
di
mandare
suoi
agenti
e
di
visitare
dentro
le
mura
del
chiostro
se
nulla
vi
si
commette
di
contrario
alle
leggi
.
Con
queste
condizioni
lo
Stato
,
senza
sopprimere
alcuna
delle
tendenze
che
si
manifestano
in
seno
della
società
quand
'
anche
paiano
a
prima
giunta
contraddirsi
fra
loro
,
le
modera
e
le
governa
,
traendo
fuori
dai
contrasti
l
'
armonia
,
e
il
buon
essere
di
tutti
.
Ma
se
per
proibire
rigorosamente
la
formazione
delle
corporazioni
monastiche
non
possiamo
ricorrere
a
principî
assoluti
,
potrebbero
esservi
motivi
di
opportunità
e
di
convenienza
sociale
che
lo
consigliassero
,
quando
non
solo
paia
che
questo
modo
di
vita
sia
al
tutto
fuori
dello
spirito
dei
nostri
tempi
,
ma
eziandio
che
nessuna
condizione
appostavi
basti
a
renderlo
innocuo
.
Ma
posto
ancora
che
questi
motivi
vi
siano
,
e
concesso
il
valore
che
loro
si
attribuisce
,
resta
a
considerare
se
lo
Stato
abbia
mezzi
efficaci
per
conseguire
lo
scopo
della
completa
soppressione
.
Ora
l
'
esperienza
ha
finora
dimostrato
che
nò
;
perché
la
legge
non
giunge
a
distruggere
quello
che
il
progresso
del
tempo
non
ha
ancora
distrutto
nello
intelletto
e
nel
cuore
dei
cittadini
.
Imperocché
,
se
si
ammette
l
'
associazione
libera
ed
eslege
,
come
appo
noi
,
qual
differenza
è
da
ciò
al
convento
,
per
gli
effetti
che
si
vogliono
evitare
?
Nessun
altra
,
fuorché
vi
manca
la
qualità
di
ente
giuridico
,
sicché
l
'
associazione
non
può
acquistare
,
possedere
,
stare
in
giudizio
,
e
va
dicendo
.
Or
mentre
codesto
divieto
irrita
gli
uomini
inclinati
a
quella
vita
,
e
li
costringe
,
come
già
dicemmo
sopra
,
a
trovare
avvolgimenti
e
coperte
vie
,
e
li
atteggia
,
per
così
dire
,
a
consorzi
ostili
allo
Stato
,
non
toglie
,
almeno
in
gran
parte
,
le
temute
conseguenze
della
vita
monastica
,
poiché
,
mediante
il
possesso
individuale
dei
membri
dell
'
associazione
,
o
la
fiducia
data
ad
un
privato
,
possessore
apparente
dei
beni
,
si
consegue
lo
stesso
fine
.
Perciò
,
laddove
lo
Stato
volle
assolutamente
vietare
le
corporazioni
religiose
,
ripullularono
sotto
altra
forma
;
e
invece
di
contenerne
l
'
espansione
,
e
diminuirne
il
numero
,
esso
dovette
,
colle
braccia
in
croce
,
scorgere
che
suo
malgrado
si
moltiplicavano
.
Lo
stesso
Laurent
è
costretto
a
riconoscere
questo
inconveniente
,
e
dice
,
che
mentre
la
personificazione
legale
dava
allo
Stato
un
diritto
d
'
ingerirsene
,
e
un
mezzo
di
frenare
gli
abusi
,
la
personificazione
fraudolenta
gli
toglie
questi
mezzi
,
e
rende
ogni
guarentigia
impossibile
*
.
E
questo
stesso
concetto
risulta
dalla
inchiesta
inglese
*
,
dove
la
Commissione
afferma
che
i
testimoni
unanimi
concordano
nel
chiamare
lesiva
della
libertà
la
limitazione
imposta
ai
cattolici
di
un
diritto
comune
a
tutti
gli
altri
cittadini
,
ma
dichiara
poi
che
in
fatto
e
nonostante
ciò
,
le
corporazioni
monastiche
esistono
,
né
il
modo
di
possedere
senza
riconoscimento
e
senza
guarentigia
legale
sembra
aver
loro
arrecato
danno
o
impedimento
alcuno
,
poiché
l
'
obbligazione
morale
supplisce
al
vincolo
giuridico
.
Laonde
più
tardi
,
nel
1874
,
il
Newdegate
concludeva
una
sua
mozione
alla
Camera
dei
Comuni
,
in
questi
termini
:
"
Io
chiedo
che
il
Governo
usi
della
facoltà
che
ha
,
e
della
quale
non
si
è
valso
finora
,
di
costringere
alla
registrazione
i
membri
degli
ordini
monastici
della
Chiesa
di
Roma
.
"
E
il
Ministro
,
rispondendogli
combatteva
la
proposta
,
non
in
sé
,
ma
perché
quella
registrazione
e
quel
legale
riconoscimento
che
ne
è
la
conseguenza
,
sarebbe
stato
un
ostacolo
alla
libera
loro
formazione
*
.
Abbiamo
detto
che
secondo
le
esperienze
fatte
finora
,
lungi
dallo
scemare
la
frequenza
delle
corporazioni
monastiche
,
la
soppressione
della
personalità
loro
giuridica
parve
aiutarne
lo
accrescimento
.
Basta
leggere
le
statistiche
recenti
e
citate
nei
Parlamenti
di
Francia
,
del
Belgio
,
di
Prussia
e
d
'
Inghilterra
,
per
averne
una
evidente
conferma
.
Ed
è
a
temere
che
lo
stesso
avvenga
anche
in
Italia
.
Ma
per
lo
contrario
laddove
,
come
in
Austria
e
in
Baviera
,
è
ammesso
il
principio
della
corporazione
monastica
,
salvo
l
'
assenso
della
potestà
civile
,
ivi
o
non
vi
fu
aumento
delle
congregazioni
religiose
o
è
stato
molto
scarso
.
E
per
di
più
,
se
quivi
lo
Stato
conosce
le
regole
,
i
soci
ed
i
capi
di
quelle
associazioni
incorporate
,
e
vigila
i
provvedimenti
loro
,
nell
'
associazione
libera
esse
sfuggono
alla
sua
vigilanza
,
ed
operano
spesso
anche
in
frode
,
nascondendo
i
loro
possessi
ed
i
loro
atti
*
.
Quando
si
guarda
storicamente
il
problema
delle
corporazioni
religiose
,
è
agevole
comprendere
che
,
dopo
l
'
immenso
abuso
di
che
per
secoli
diedero
l
'
esempio
,
e
la
tirannide
onde
furono
strumenti
o
vittime
,
è
agevole
,
dico
,
comprendere
come
si
suscitasse
nel
mondo
tale
una
reazione
che
le
volesse
abolite
.
È
agevole
eziandio
lo
scorgere
che
v
'
ha
in
esse
qualcosa
di
diverso
,
anzi
di
avverso
allo
spirito
dei
tempi
moderni
.
Ma
finché
questo
sentimento
non
sia
penetrato
in
tutti
gli
animi
,
finché
anche
questa
forma
di
associazione
religiosa
pare
a
taluni
la
sola
che
porge
loro
appagamento
nella
vita
presente
,
e
speranza
di
conseguire
la
futura
,
sembra
che
lo
Stato
,
anziché
spegnerla
,
possa
regolarla
a
modo
di
eccezione
,
cioè
,
determinando
le
condizioni
necessarie
alla
sua
creazione
,
riconoscendo
solo
quella
parte
degli
statuti
che
non
ripugna
alle
leggi
comuni
,
dando
norma
e
limiti
al
suo
possesso
e
ai
modi
di
usufruirlo
.
Finalmente
,
in
quella
guisa
che
la
sanzione
legislativa
è
richiesta
a
formare
le
corporazioni
,
così
lo
Stato
conserva
sempre
la
facoltà
di
toglierla
a
quelle
che
trovasse
in
fatto
dannose
.
Resta
solo
a
considerare
un
caso
più
speciale
di
conflitti
o
di
circostanze
tali
,
nelle
quali
spassionatamente
lo
Stato
scorga
un
pericolo
e
un
danno
imminente
alla
sicurezza
pubblica
dalla
conservazione
loro
.
E
quando
questo
pericolo
e
questo
danno
sia
,
in
quel
dato
tempo
e
luogo
,
veramente
inevitabile
,
allora
ha
ragione
di
vietarle
.
Imperocché
il
rispetto
alla
libertà
individuale
,
di
cui
il
convento
è
una
delle
molteplici
manifestazioni
,
cede
all
'
interesse
supremo
che
è
la
incolumità
pubblica
.
Ma
in
tal
caso
bisogna
altresì
avvisare
alle
cautele
necessarie
per
impedire
che
il
fine
sia
frustrato
e
che
le
corporazioni
monastiche
rivivano
sotto
la
forma
di
associazioni
più
o
meno
pubbliche
con
tutti
gli
inconvenienti
che
avevano
prima
,
e
senza
nessuna
specie
di
vigilanza
e
di
freno
.
Di
che
avremo
occasione
di
dire
qualche
parola
più
oltre
.
Passiamo
ora
alle
così
dette
fondazioni
.
I
beni
dati
alla
Chiesa
dai
fedeli
,
ebbero
,
sino
ab
antico
,
tre
differenti
destinazioni
:
l
'
una
,
di
sostentare
il
clero
;
l
'
altra
,
di
curare
la
conservazione
dei
templi
ed
il
culto
;
la
terza
,
di
provvedere
all
'
insegnamento
e
alla
carità
.
Ma
da
principio
,
per
la
fede
vivissima
che
regnava
nei
donatori
,
erano
fra
loro
confuse
.
Più
tardi
si
vennero
specificando
e
vennero
formandosi
tre
corrispondenti
maniere
di
fondazione
,
voglio
dire
,
i
benefizi
,
le
fabbricerie
,
e
le
opere
pie
ed
educative
eccleesiastiche
.
Porta
il
pregio
che
noi
ci
intratteniamo
sopra
ciascuna
di
esse
,
in
relazione
al
principio
della
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
,
e
alla
legislazione
che
deve
esserne
la
conseguenza
.
Le
origini
del
benefizio
sono
manifestamente
feudali
,
ed
hanno
stretta
analogia
con
le
altre
forme
introdotte
in
quel
sistema
.
Ivi
la
proprietà
si
accompagna
con
una
funzione
e
si
chiama
feudo
o
benefizio
*
,
vien
concessa
in
unione
ed
in
corrispettivo
di
un
servizio
militare
,
giudiziario
,
ecclesiastico
.
Se
non
che
,
la
forma
del
benefizio
nella
proprietà
ecclesiastica
si
diffuse
tanto
da
abbracciarla
quasi
tutta
quanta
;
ed
è
rimasta
poi
integra
anche
quando
le
altre
forme
feudali
sono
scomparse
.
In
questa
forma
del
benefizio
vi
furono
da
principio
due
elementi
:
l
'
uno
civile
,
che
riconosceva
il
possesso
dei
beni
e
lo
dotava
di
privilegi
,
l
'
altro
ecclesiastico
,
che
gli
attribuiva
una
funzione
e
una
giurisdizione
spirituale
,
vuoi
come
causa
,
vuoi
come
conseguenza
del
possesso
che
ne
formava
la
dote
*
.
Quindi
le
contese
fra
Principato
e
Sacerdozio
,
e
le
transazioni
su
questa
materia
,
che
è
una
di
quelle
onde
più
spesso
parlano
i
concordati
.
Una
condizione
del
benefizio
è
la
esistenza
di
un
patrono
,
il
quale
è
il
fondatore
,
o
un
discendente
di
esso
,
e
a
lui
spetta
la
nomina
o
presentazione
del
rispettivo
titolare
,
salvo
la
investitura
dell
'
autorità
superiore
ecclesiastica
,
che
è
sempre
necessaria
;
ma
è
da
notare
che
molti
dei
patronati
appartennero
al
clero
stesso
ab
origine
,
moltissimi
poi
ricaddero
in
esso
per
la
cessazione
del
patrono
laico
,
per
la
qual
cosa
oggi
questo
elemento
laico
specialmente
in
alcuni
luoghi
è
poco
frequente
.
Si
può
,
si
deve
sopprimere
il
benefizio
?
È
codesta
una
forma
di
proprietà
che
concordi
colle
odierne
istituzioni
?
In
verità
esso
è
scomparso
nella
Francia
,
nel
Belgio
,
nella
Spagna
,
nel
Portogallo
:
ma
dura
ancora
nelle
contrade
cattoliche
della
Germania
,
nell
'
Impero
Austro
-
Ungarico
,
nella
Svizzera
,
e
nell
'
Italia
.
Però
,
come
dissi
,
non
può
disconoscersi
che
discende
dal
sistema
feudale
,
anzi
,
è
una
delle
poche
reliquie
di
esso
soprannotate
al
gran
naufragio
.
Sicché
,
né
per
le
sue
origini
,
né
per
ciò
solo
che
in
alcuni
paesi
siasi
perpetuato
,
si
può
argomentare
la
convenienza
di
conservarlo
nell
'
ordinamento
normale
che
noi
stiamo
delineando
.
Bisogna
dunque
esaminarlo
nella
sua
natura
intrinseca
.
Esso
è
una
proprietà
riconosciuta
come
perpetua
ad
un
fine
,
e
perciò
un
ente
giuridico
:
ma
l
'
amministrazione
e
il
godimento
ne
appartiene
a
colui
che
esercita
un
determinato
ufficio
ecclesiastico
,
vescovo
,
parroco
,
canonico
,
tal
fiata
puramente
sacerdote
.
Gli
Inglesi
,
come
accennai
di
sopra
,
lo
chiamerebbero
una
corporazione
singolare
,
perché
si
riferisce
ad
un
individuo
solo
.
Se
io
ben
ricordo
,
una
setta
moderna
,
quella
dei
Sansimoniani
,
voleva
precisamente
fondare
il
titolo
della
proprietà
stabile
in
una
funzione
sociale
,
accordandone
l
'
uso
vitalizio
a
coloro
che
fossero
chiamati
a
esercitare
certi
uffici
.
Ma
il
concetto
non
poteva
reggere
dinanzi
al
principio
economico
,
che
pone
nel
lavoro
la
causa
e
il
fattore
precipuo
d
'
ogni
specie
di
ricchezza
.
Però
lasciando
stare
la
questione
della
proprietà
fondiaria
,
e
pigliando
ogni
maniera
di
proprietà
anche
mobile
,
cui
niente
vieta
costituire
la
dote
del
benefizio
,
e
ponendo
altresì
che
la
legge
consenta
la
dotazione
degli
enti
ecclesiastici
,
come
noi
dimostrammo
giusto
e
conveniente
,
rimane
però
sempre
nella
forma
del
benefizio
lo
inconveniente
del
distacco
assoluto
e
completo
fra
il
beneficiario
che
esercita
l
'
ufficio
e
gode
i
frutti
della
dote
,
e
la
comunione
di
coloro
a
pro
dei
quali
è
stato
istituito
.
E
questa
solitudine
porta
seco
un
altro
male
,
cioè
che
gli
manca
il
germe
di
ogni
possibile
riforma
.
Dove
può
essere
introdotto
l
'
elemento
di
elezione
,
è
possibile
eziandio
che
col
mutarsi
delle
circostanze
e
dei
tempi
si
trasformi
l
'
istituzione
.
Ma
nel
caso
del
benefizio
,
l
'
investito
non
si
ritiene
che
custode
e
usufruttuario
della
rendita
per
trasmetterla
in
tutto
al
suo
successore
.
Laonde
si
può
concepire
,
che
in
una
parrocchia
,
qual
'
è
oggi
costituita
,
tutti
gli
abitanti
mutassero
religione
e
divenissero
,
per
esempio
,
protestanti
,
mentre
il
benefizio
parrocchiale
rimanesse
a
pro
di
un
prete
cattolico
nella
sua
integrità
.
Ora
chi
non
vede
che
siffatta
condizione
di
cose
è
fuori
di
ogni
ragione
?
Nella
predetta
ipotesi
apparisce
l
'
assurdo
;
disgiunto
il
benefizio
dalla
cura
di
anime
,
e
mantenuti
i
vantaggi
temporali
ad
un
prete
che
spiritualmente
non
avrebbe
più
alcuna
efficacia
.
Finché
lo
Stato
era
il
tutore
e
il
vindice
della
fede
,
sinché
il
diffidare
e
il
discredere
era
un
delitto
contemplato
nei
codici
penali
,
il
benefizio
si
comprende
benissimo
,
sebbene
l
'
aver
rotto
ogni
filo
di
elezione
fra
il
beneficiato
e
il
popolo
fosse
gran
nocumento
,
e
principio
di
corruzione
*
.
Ma
quando
si
attui
il
principio
della
separazione
giuridica
dello
Stato
e
della
Chiesa
,
parmi
potersi
concludere
che
la
forma
di
possesso
dell
'
associazione
e
della
corporazione
religiosa
che
si
chiama
beneficio
non
è
normale
,
né
conforme
allo
stato
della
odierna
civiltà
.
Vedremo
nel
capitolo
seguente
se
e
come
praticamente
possa
trasformarsi
laddove
esiste
,
e
con
quali
temperamenti
e
cautele
,
rispettando
i
diritti
acquisiti
.
Qui
,
dove
trattiamo
dell
'
attuazione
pura
del
nostro
concetto
,
non
esitiamo
a
manifestare
l
'
idea
che
il
benefizio
debba
essere
abolito
,
e
debba
sostituirvisi
un
ente
giuridico
,
sia
vescovato
o
parrocchia
,
o
altro
istituto
che
abbia
sue
forme
e
sua
amministrazione
peculiare
.
E
seguitando
nell
'
esame
di
queste
varie
istituzioni
,
troviamo
sommamente
conforme
all
'
indole
dei
tempi
nostri
e
di
un
libero
reggimento
quella
che
chiamasi
Fabbriceria
,
ed
è
un
collegio
elettivo
di
una
certa
località
che
possiede
e
amministra
i
beni
per
mantenere
la
chiesa
e
le
fabbriche
addette
al
culto
,
e
talvolta
anche
per
fornire
quanto
fa
mestieri
alle
sacre
funzioni
.
La
fabbriceria
,
od
Opera
,
è
antichissima
,
sebbene
i
redditi
delle
chiese
,
secondo
le
vetuste
prescrizioni
canoniche
,
in
parte
dovevano
essere
consacrate
al
mantenimento
degli
edifizi
e
del
culto
.
Però
non
può
identificarsi
colla
parrocchia
della
quale
alcuni
vorrebbero
che
fossero
soltanto
una
denominazione
differente
*
.
Il
che
presuppone
che
il
parroco
sia
stipendiato
dal
governo
,
e
che
la
fabbriceria
comprenda
tutti
i
beni
che
alla
parrocchia
appartengono
.
Neppure
conviene
attribuire
la
fabbriceria
al
Comune
,
sebbene
laddove
una
,
e
sola
,
e
universale
è
la
credenza
degli
abitanti
,
possa
apparire
ovvia
l
'
ingerenza
comunale
.
Ma
nel
concetto
nostro
il
Comune
ha
tutt
'
altro
ufficio
che
la
Parrocchia
;
quello
è
un
ente
che
provvede
a
certi
fini
amministrativi
e
locali
,
questa
risponde
ad
uno
scopo
spirituale
;
e
l
'
uno
e
l
'
altra
si
servono
di
mezzi
al
tutto
diversi
.
Ben
può
concepirsi
che
una
congregazione
sola
amministri
tutti
i
beni
temporali
addetti
ad
una
parrocchia
,
e
col
ritratto
dell
'
amministrazione
provveda
al
mantenimento
degli
edifizi
religiosi
e
del
culto
,
alla
dotazione
del
parroco
e
suoi
coadiutori
,
e
finalmente
alle
opere
di
carità
.
La
istituzione
sarebbe
complessa
ma
locale
,
e
questo
è
in
generale
il
sistema
che
prevale
in
America
.
Né
diverso
fu
il
concetto
dello
schema
di
legge
che
una
commissione
del
Parlamento
italiano
aveva
proposto
nel
1865*
,
dove
la
universalità
dei
cattolici
,
domiciliati
da
sei
mesi
nella
diocesi
o
nella
parrocchia
,
eleggeva
una
congregazione
diocesana
o
parrocchiale
che
ne
rappresentava
la
proprietà
,
e
colle
rendite
di
essa
faceva
le
spese
del
culto
;
concetto
che
in
sé
medesimo
è
giusto
,
ma
appo
noi
incontra
la
difficoltà
di
una
trasformazione
troppo
rapida
dell
'
ordine
di
cose
che
vige
al
presente
.
Ma
non
è
questo
il
luogo
di
trattare
diffusamente
di
questa
materia
.
Per
noi
basta
il
dire
che
la
Fabbriceria
esiste
in
quasi
tutti
i
paesi
cattolici
come
ente
giuridico
,
e
con
fine
determinato
e
proprio
,
che
nella
sua
costituzione
nulla
vi
ha
d
'
irrazionale
,
che
come
elemento
di
partecipazione
laica
nell
'
amministrazione
di
una
parte
dei
beni
della
Chiesa
fu
assai
favoreggiata
dai
governi
,
e
talora
anche
le
sue
attribuzioni
si
estesero
a
tutto
quanto
il
patrimonio
temporale
della
parrocchia
.
Al
nostro
proposito
le
predette
nozioni
sono
sufficienti
:
chi
volesse
più
particolarmente
esaminare
questo
punto
vegga
il
decreto
del
30
dicembre
1809
di
Francia
,
che
forma
anche
oggidì
la
base
della
legislazione
francese
nella
materia
,
e
vegga
le
discussioni
che
ebbero
luogo
in
Belgio
nel
1864
e
nel
1865
,
e
le
modificazioni
che
furono
recate
a
quel
decreto
che
ivi
ancora
vigeva
.
Un
'
altra
maniera
di
associazioni
,
che
in
certi
luoghi
ebbe
,
ed
ha
tuttora
la
personalità
giuridica
,
e
quindi
acquista
e
possiede
,
è
la
Congregazione
o
Confraternita
,
destinata
a
certe
speciali
opere
di
culto
e
di
misericordia
.
Sembra
che
ve
ne
fossero
esempi
eziandio
presso
i
Romani
nei
Collegia
sodalium
.
L
'
annalista
Baronio
ne
trova
la
regolare
costituzione
nel
313
,
ma
altri
invece
la
fissa
dopo
la
metà
del
secolo
VII
appresso
il
Concilio
di
Nantes
.
Certo
è
che
nel
secolo
XII
si
svolsero
mirabilmente
,
e
in
taluni
luoghi
,
come
a
Venezia
,
chiamaronsi
Scuole
.
Ed
oggi
ancora
abbondano
nelle
città
,
nei
villaggi
,
e
si
ritrovano
anche
nelle
campagne
e
sui
più
remoti
monti
*
.
V
'
ha
inoltre
un
grandissimo
numero
di
fondazioni
e
un
'
infinità
di
opere
pie
che
hanno
un
carattere
essenzialmente
religioso
,
sia
nelle
persone
a
cui
sono
destinate
,
sia
in
quelle
che
ne
amministrano
le
sostanze
.
Il
cristianesimo
fu
maravigliosamente
fecondo
nell
'
indagare
le
miserie
tutte
della
vita
e
nel
cercarvi
riparo
o
sollievo
.
Quindi
conservatorii
,
orfanotrofii
,
spedali
,
monti
di
pietà
e
via
dicendo
.
E
finalmente
v
'
hanno
i
seminari
e
le
altre
istituzioni
consacrate
ad
allevare
ed
istruire
coloro
che
vogliono
dedicarsi
alla
professione
del
sacerdozio
.
Egli
è
evidente
che
secondo
il
nostro
disegno
nessuna
di
queste
istituzioni
può
in
massima
essere
dal
governo
vietata
,
imperocché
il
principio
di
libertà
esige
che
sia
lasciato
campo
aperto
ad
ogni
spontanea
manifestazione
del
sentimento
religioso
;
e
lo
Stato
,
pur
imponendovi
dei
limiti
,
ne
guarentisce
e
protegge
l
'
attuazione
sotto
la
scorta
di
leggi
generali
.
Ma
egli
è
tempo
che
noi
veniamo
a
considerare
quali
siano
questi
limiti
,
quali
queste
leggi
che
si
appartiene
allo
Stato
di
stabilire
.
E
innanzi
tutto
,
a
quelli
guisa
che
io
sostenni
il
diritto
di
coloro
che
professano
la
medesima
fede
religiosa
ad
incorporarsi
,
e
stabilire
fondazioni
perpetue
,
contro
l
'
opinione
che
non
vuol
riconoscere
nei
fedeli
altro
che
una
libera
associazione
,
così
mi
pare
egualmente
esagerata
l
'
altra
opinione
di
coloro
i
quali
dopo
aver
negato
la
personalità
collettiva
all
'
associazione
religiosa
,
vogliono
poi
questa
scevra
da
ogni
legge
.
Dico
che
è
una
esagerazione
,
imperocché
nessuna
libertà
va
senza
regola
e
senza
freno
,
e
come
lo
Stato
determina
i
diritti
e
i
doveri
del
privato
cittadino
allorché
agisce
per
sé
solo
,
così
li
determina
altresì
quando
agisce
in
unione
ad
altri
.
Può
dunque
e
deve
esistere
una
legge
sull
'
associazione
così
ecclesiastica
come
di
altra
natura
,
e
il
governo
ha
diritto
di
conoscerne
precisamente
lo
scopo
,
i
membri
che
la
compongono
,
gli
statuti
che
la
reggono
,
i
luoghi
e
i
periodi
di
sua
riunione
.
Né
si
può
contrastargli
anche
la
facoltà
di
far
intervenire
propri
delegati
alle
riunioni
pubbliche
,
e
quando
esse
divenissero
pericolose
alla
pubblica
sicurezza
di
scioglierle
.
Rispetto
poi
alle
corporazioni
e
agli
enti
giuridici
,
due
vie
possono
seguirsi
:
l
'
una
è
che
ciascuno
di
essi
abbisogni
di
uno
special
decreto
che
lo
sancisca
per
singolo
,
siccome
avviene
oggi
in
Italia
delle
società
di
credito
,
commerciali
,
agrarie
,
esaminato
e
approvato
il
loro
Statuto
.
E
questa
è
la
pratica
che
vige
eziandio
in
alcuni
Stati
germanici
rispetto
alle
congregazioni
monastiche
,
ciascuna
delle
quali
ha
d
'
uopo
per
esistere
di
un
atto
peculiare
della
potestà
legislativa
.
Ma
l
'
altra
via
che
è
seguita
in
Inghilterra
e
negli
Stati
Uniti
dell
'
America
,
mi
pare
più
savia
e
più
conforme
all
'
indole
di
un
popolo
libero
,
e
questa
è
una
legge
generale
che
determini
le
condizioni
e
le
cautele
colle
quali
può
formarsi
un
ente
giuridico
,
sia
a
fine
religioso
che
civile
*
.
Or
quali
debbono
essere
le
fattezze
principali
di
siffatta
legge
rispetto
all
'
associazione
religiosa
?
La
legge
prefigge
il
numero
dei
privati
cittadini
che
occorrono
per
fondare
l
'
ente
morale
.
E
quand
'
anche
la
proprietà
sia
donata
da
un
solo
,
nondimeno
richiede
che
l
'
amministrazione
di
essa
sia
collettiva
ed
eletta
.
Questo
punto
della
elezione
periodica
dei
curatori
è
una
condizione
assolutamente
richiesta
,
e
di
tal
guisa
l
'
elemento
progressivo
è
introdotto
nella
corporazione
,
come
vedremo
più
innanzi
.
In
secondo
luogo
,
la
legge
dispone
che
debba
l
'
ente
morale
reggersi
secondo
uno
statuto
formato
da
coloro
che
lo
compongono
,
e
mutabile
ancora
secondo
le
deliberazioni
loro
avvenire
,
che
però
devono
essere
sempre
notificate
,
pubblicate
,
e
regolarmente
registrate
.
Né
occorre
il
dire
che
in
tanto
questo
statuto
è
valido
in
quanto
non
offende
le
leggi
generali
dello
Stato
.
Che
se
di
questo
genere
di
statuti
e
della
organizzazione
che
ne
discende
,
taluno
voglia
formarsi
un
idea
chiara
e
precisa
,
consulti
gli
atti
della
Chiesa
episcopale
negli
Stati
Uniti
,
e
sopratutto
nel
Canadà
e
nella
Nuova
Zelanda
.
Vedrà
una
costituzione
completa
,
la
quale
statuisce
regole
per
le
sinodi
diocesane
,
provinciali
,
e
per
la
convenzione
generale
,
e
come
il
principio
rappresentativo
vi
sia
penetrato
in
ogni
parte
,
e
la
rappresentanza
non
sia
solo
di
chierici
ma
di
laici
.
Vedrà
come
si
eleggano
i
parroci
e
i
vescovi
,
come
si
amministrino
le
temporalità
,
e
avrà
un
concetto
delle
Corti
diocesane
e
di
appello
e
delle
loro
attribuzioni
e
competenze
*
.
Esempio
è
questo
di
una
Chiesa
fortemente
organizzata
che
vive
ed
opera
al
tutto
separata
dallo
Stato
.
In
terzo
luogo
,
la
legge
prescrive
che
l
'
ente
giuridico
debba
conformarsi
allo
scopo
che
si
propone
e
agli
statuti
che
lo
reggono
,
disviando
dai
quali
,
perde
la
sua
ragione
di
essere
.
In
quarto
luogo
,
se
si
tratti
di
opere
pie
,
o
d
'
istituti
di
istruzione
e
di
educazione
,
li
sottopone
a
quelle
discipline
che
sono
comuni
alle
opere
ed
istituiti
di
tal
genere
che
non
abbiano
carattere
religioso
.
La
legge
riserva
sempre
al
Governo
il
diritto
di
visita
e
di
ispezione
,
in
guisa
che
non
possa
l
'
ente
sottrarre
la
sua
amministrazione
,
e
le
relazioni
fra
i
suoi
membri
alla
vigilanza
che
allo
Stato
appartiene
,
nell
'
interesse
generale
della
società
civile
*
.
Può
ancora
la
legge
determinare
la
forma
del
possesso
.
Imperocché
,
una
delle
gravi
questioni
che
sorgono
a
proposito
dell
'
ente
giuridico
,
si
è
quella
della
mano
morta
.
Ripetere
ciò
che
è
stato
detto
tante
volte
a
questo
proposito
,
spesso
anche
con
iperbole
,
sarebbe
opera
al
tutto
vana
.
E
in
quanto
alle
mie
opinioni
in
tal
proposito
,
mi
contento
di
rimandare
il
lettore
ad
un
altro
libro
che
scrissi
sulla
Economia
*
.
Dirò
dunque
che
il
possesso
della
terra
mal
si
conviene
agli
enti
morali
,
che
sono
disadatti
a
trarne
buon
frutto
,
salvo
la
parte
che
è
necessaria
al
fine
loro
,
come
la
Chiesa
,
il
presbitero
,
e
gli
edifizi
ospitalieri
o
scolastici
,
e
i
giardini
che
ne
dipendono
.
Mal
si
conviene
del
pari
ad
un
ente
morale
quella
parte
di
ricchezza
che
,
essendo
impiegata
nelle
industrie
e
nei
commerci
,
va
soggetta
ad
incertezze
o
ad
alea
.
Bensì
fra
le
ricchezze
che
si
dicono
mobili
,
vi
sono
molti
titoli
sicuri
e
perenni
che
alle
istituzioni
maravigliosamente
si
attagliano
.
Tali
sono
,
per
cagion
d
'
esempio
,
i
crediti
ipotecarii
,
e
meglio
ancora
le
cartelle
di
credito
fondiario
,
le
quali
,
all
'
ipoteca
,
aggiungono
la
guarentigia
di
uno
stabilimento
di
credito
,
i
titoli
di
rendita
pubblica
ed
altri
.
È
chiaro
che
ad
un
Governo
conviene
assai
che
i
titoli
della
sua
rendita
siano
allogati
a
mani
così
ferme
,
come
le
istituzioni
pubbliche
che
non
ne
fanno
traffico
o
speculazione
,
e
per
conseguenza
è
naturale
che
lo
favorisca
con
ogni
mezzo
in
suo
potere
.
Ma
il
voler
imporre
esclusivamente
questa
forma
di
possesso
in
condizioni
normali
,
può
parere
che
ecceda
i
limiti
di
giustizia
e
di
equità
.
Può
infine
la
legge
mettere
un
limite
ai
possessi
delle
istituzioni
ecclesiastiche
,
quando
cioè
la
ricchezza
loro
trapassi
in
modo
assoluto
il
fine
che
si
propongono
.
Per
esempio
,
la
parrocchia
ha
cura
delle
anime
di
un
certo
territorio
,
il
seminario
ha
un
certo
numero
di
studenti
i
quali
può
allevare
:
siasi
pur
larghi
nel
concedere
all
'
una
e
all
'
altro
tutti
i
mezzi
dei
quali
possono
abbisognare
,
ma
poi
v
'
è
un
termine
,
al
di
là
del
quale
è
manifesto
che
la
ricchezza
sopravanzerebbe
allo
scopo
,
e
si
rivolgerebbe
a
splendore
e
lusso
degli
amministratori
,
anzicché
al
vero
bene
degli
amministrati
.
E
dell
'
uno
e
dell
'
altro
di
questi
limiti
,
ci
porge
l
'
America
esempi
copiosi
.
Così
,
per
atto
legislativo
,
nella
Colombia
nessuna
corporazione
può
possedere
in
città
più
di
tre
acri
di
terreno
,
e
in
campagna
più
di
cinquanta
acri
.
Oppure
,
come
nel
Michigan
,
non
può
possedere
di
terra
se
non
quanto
serve
alla
chiesa
,
alla
scuola
,
allo
spedale
.
E
finalmente
,
come
nella
Carolina
del
Sud
,
non
può
possedere
di
terra
oltre
quanto
gli
rende
6000
dollari
di
entrata
.
Rispetto
poi
alle
leggi
limitatrici
del
possesso
delle
istituzioni
eccleesiastiche
,
lo
Stato
di
Nuova
York
ce
ne
porge
testimonio
con
varie
serie
di
atti
,
come
quelli
del
1851
che
fissano
il
massimo
della
rendita
dell
'
istituto
per
le
vedove
ed
orfani
del
Clero
Episcopale
a
15
mila
dollari
,
e
dell
'
Accademia
femminile
del
Sacro
Cuore
a
5
mila
dollari
;
quello
del
1855
che
fissa
il
massimo
del
capitale
della
Chiesa
Presbiteriana
a
250
mila
dollari
;
quello
del
1864
che
fissa
il
massimo
del
capitale
della
Società
della
Missione
a
100
mila
dollari
,
e
va
dicendo
.
E
perché
queste
disposizioni
legislative
siano
eseguite
debitamente
,
sonovi
speciali
cautele
,
come
quella
del
1863
,
che
obbliga
le
società
cattoliche
a
presentare
ogni
tre
anni
alla
Corte
Suprema
un
inventario
dei
beni
loro
reali
e
personali
:
che
se
l
'
inventario
mostra
che
gli
averi
superano
il
limite
determinato
dalla
legge
,
se
ne
fa
partecipe
l
'
autorità
legislativa
*
.
Io
non
intendo
portar
giudizio
sovra
l
'
uno
o
l
'
altro
speciale
provvedimento
,
ma
ho
recato
questi
esempli
per
confermare
l
'
autorità
che
lo
Stato
ha
in
tale
materia
.
Ho
già
accennato
sopra
un
altro
punto
,
cioè
a
chi
appartenga
la
amministrazione
dei
beni
che
è
concesso
di
possedere
.
E
qui
l
'
America
ci
dà
in
generale
la
regola
che
questa
amministrazione
si
appartiene
ai
laici
interamente
,
reputandosi
che
il
pensiero
e
l
'
opera
del
sacerdozio
siano
diretti
a
più
alti
scopi
*
.
Nondimeno
io
credo
che
sarebbe
razionale
lo
stabilire
che
l
'
amministrazione
dei
beni
debba
appartenere
a
tutta
la
comunione
dei
fedeli
,
compresovi
eziandio
la
gerarchia
ecclesiastica
.
Il
che
si
rannoda
a
quanto
ho
detto
sopra
della
opportunità
che
il
benefizio
cessi
nella
sua
forma
attuale
.
E
avrò
occasione
di
riparlarne
quando
tratterò
delle
transizioni
e
dei
temperamenti
pei
quali
si
potrebbe
trapassare
dallo
stato
presente
a
quello
che
noi
vagheggiamo
come
più
consentaneo
ai
nostri
tempi
.
Ora
passiamo
ad
un
altro
importante
quesito
.
Si
chiede
:
Lo
Stato
può
togliere
la
qualità
di
persona
giuridica
che
un
'
associazione
religiosa
abbia
acquistato
?
Io
credo
che
sì
,
ed
ho
già
superiormente
indicato
quali
siano
in
Inghilterra
le
cause
per
le
quali
una
corporazione
o
persona
giuridica
cessa
di
esistere
.
Ora
vorrei
soggiungere
che
mi
sembra
assai
conveniente
,
per
non
dir
necessario
,
che
in
una
legge
fatta
per
determinare
le
condizioni
sotto
le
quali
si
forma
l
'
ente
giuridico
religioso
,
si
ponga
anche
qualche
clausola
,
per
la
quale
la
sua
riforma
sia
possibile
,
per
esempio
,
l
'
elezione
dei
suoi
ufficiali
,
la
riunione
periodica
della
corporazione
,
la
potestà
di
modificare
i
suoi
statuti
,
ecc
..
Pur
nondimeno
può
avvenire
che
si
verifichi
il
caso
nel
quale
sia
impossibile
o
nocivo
il
mantenere
una
fondazione
o
una
corporazione
nei
termini
in
cui
essa
fu
stabilita
*
.
Ciò
supposto
io
reputo
che
lo
Stato
abbia
diritto
di
riformarla
di
suo
proprio
moto
,
e
all
'
uopo
anche
di
distruggerla
.
Ma
qual
è
in
tal
caso
la
via
da
seguirsi
?
È
agevole
risolvere
questo
quesito
seguendo
la
massima
della
giurisprudenza
,
fundationes
in
piam
causam
non
possunt
commutari
nisi
in
aliam
aeque
piam
.
La
qual
sentenza
adottata
e
commentata
dai
canonisti
,
e
fra
gli
altri
dal
cardinale
De
Luca
,
è
pur
sostanzialmente
la
stessa
che
propugnava
uno
degli
uomini
più
eminenti
nel
partito
liberale
dell
'
Inghilterra
,
lo
Stuart
Mill
*
.
Egli
giudica
che
non
solo
la
proprietà
dell
'
ente
distrutto
debba
essere
impiegata
utilmente
,
non
solo
debba
tornare
a
beneficio
della
società
,
ma
che
siffatto
beneficio
debba
essere
d
'
indole
e
di
qualità
somigliante
a
quella
che
era
nell
'
intenzione
del
fondatore
.
Però
nel
caso
di
un
ente
o
di
una
istituzione
ecclesiastica
che
fosse
dallo
Stato
soppressa
,
la
dotazione
sua
dovrebbe
essere
rivolta
a
ciò
che
era
il
fine
della
istituzione
medesima
cioè
la
educazione
del
popolo
,
intendendo
con
questa
parola
non
già
la
istruzione
sola
ma
una
disciplina
morale
e
perenne
per
tutta
la
vita
,
che
sollevi
l
'
uomo
alla
più
alta
perfezione
della
sua
natura
spirituale
.
"
Se
noi
metteremo
le
mani
sopra
la
dotazione
della
Chiesa
,
conclude
lo
Stuart
Mill
,
non
per
l
'
incivilimento
e
la
moralità
del
nostro
popolo
,
ma
per
pagare
una
piccola
frazione
del
debito
nazionale
,
o
per
supplire
ad
una
temporanea
esigenza
finanziaria
,
non
solo
compreremo
un
bene
impercettibile
a
prezzo
di
uno
importantissimo
;
ma
col
gettarci
dietro
le
spalle
l
'
intenzione
dei
proprietari
originari
noi
avremo
fatto
ogni
nostro
potere
per
generare
negli
animi
una
disposizione
a
manomettere
la
santità
dei
depositi
.
"
E
ciò
per
riguardo
all
'
avvenire
,
imperocché
quanto
al
presente
si
deve
anche
tener
conto
dei
diritti
acquisiti
dai
membri
di
quel
sodalizio
,
e
non
frustrare
le
giuste
loro
aspettative
.
Laonde
le
nazioni
più
civili
,
qual
'
è
l
'
Inghilterra
,
quand
'
anche
modificano
la
proprietà
ecclesiastica
,
come
avvenne
per
la
chiesa
d
'
Irlanda
nel
1871
,
lasciano
però
goderne
il
frutto
agli
attuali
investiti
e
non
datano
il
compimento
della
riforma
che
dalla
naturale
loro
morte
.
Laddove
per
contrario
dove
si
opera
per
reazione
,
o
avventatamente
,
quivi
lo
Stato
non
solo
non
tien
conto
delle
intenzioni
dei
fondatori
per
la
destinazione
dei
beni
,
ma
nella
sua
impazienza
offende
altresì
i
diritti
acquisiti
.
Della
qual
pecca
forse
l
'
Italia
non
fu
esente
del
tutto
nelle
sue
leggi
del
1861
e
del
1867
.
Se
il
desiderio
non
m
'
inganna
,
mi
pare
di
aver
dimostrato
che
una
giusta
esigenza
di
ogni
associazione
religiosa
è
quella
di
stabilire
istituzioni
perpetue
,
e
che
la
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
non
solo
non
si
oppone
a
cotale
esigenza
,
ma
la
favoreggia
.
Ho
indicato
anche
le
regole
sotto
le
quali
ciò
debba
concedersi
e
come
possa
anche
una
istituzione
essere
soppressa
o
modificata
,
e
con
quali
cautele
.
Ora
viene
un
quesito
gravissimo
e
forse
il
più
arduo
nella
materia
.
È
evidente
che
l
'
appartenere
ad
una
corporazione
o
anche
semplicemente
ad
un
'
associazione
religiosa
,
dà
origine
a
diritti
e
a
doveri
reciproci
nei
membri
di
essa
,
i
quali
durano
ed
obbligano
ognuno
che
di
quell
'
associazione
o
corporazione
fa
parte
,
non
già
in
virtù
delle
leggi
generali
,
ma
in
virtù
degli
statuti
peculiari
di
essa
e
a
guisa
di
patto
convenzionale
.
Ora
,
l
'
esercizio
di
questi
diritti
e
di
questi
doveri
può
dare
occasione
a
dei
conflitti
;
conflitti
degli
inferiori
coi
superiori
,
dei
membri
stessi
fra
loro
e
cogli
altri
cittadini
,
e
similmente
della
istituzione
qual
ente
morale
coi
privati
e
collo
Stato
.
Se
non
che
fra
cotali
conflitti
bisogna
distinguerne
due
sorta
.
Vi
sono
anzitutto
dei
conflitti
che
scaturiscono
da
rapporti
puramente
morali
e
religiosi
,
che
hanno
,
per
dir
così
,
il
termine
loro
nell
'
animo
umano
:
ora
il
nostro
principio
,
che
lo
Stato
è
incompetente
nella
materia
,
ci
guida
a
tal
conseguenza
che
sopra
di
essi
non
può
né
dettar
leggi
,
né
giudicar
controversie
,
né
fornire
il
braccio
secolare
in
aiuto
di
una
sentenza
.
Spetta
alla
prerogativa
interna
di
ogni
Chiesa
il
farlo
,
e
questa
dà
origine
alle
Corti
ecclesiastiche
.
Queste
Corti
non
hanno
vera
e
propria
giurisdizione
,
né
aver
la
possono
:
né
tampoco
le
sentenze
loro
vogliono
riguardarsi
come
sentenze
pronunziate
da
autorità
straniera
,
poiché
l
'
una
e
l
'
altra
di
queste
due
forme
implicherebbe
il
concetto
di
una
potestà
ecclesiastica
pari
allo
Stato
e
indipendente
.
Bensì
potrebbero
riguardarsi
come
arbitri
,
nel
qual
caso
però
la
difficoltà
non
fa
che
riprodursi
,
poiché
da
una
sentenza
arbitramentale
è
possibile
l
'
appello
,
e
in
ogni
modo
convien
ricorrere
ai
Tribunali
per
la
sua
esecuzione
.
Queste
idee
si
trovano
espresse
nella
decisione
del
Comitato
giudiziale
del
Consiglio
privato
d
'
Inghilterra
,
il
quale
dice
:
"
I
tribunali
così
costituiti
(
ecclesiastici
)
non
sono
in
nessun
senso
Corti
di
giustizia
:
essi
non
derivano
l
'
autorità
loro
dalla
Corona
,
non
hanno
poter
proprio
di
dare
esecuzione
alle
sentenze
;
essi
devono
rivolgersi
per
tal
fine
alle
Corti
stabilite
dalla
legge
,
e
tali
Corti
daranno
effetto
alle
loro
decisioni
,
come
danno
effetto
alle
decisioni
degli
arbitri
,
la
cui
giurisdizione
poggia
interamente
sul
consenso
delle
parti
*."
Ma
a
chi
ponga
mente
,
assai
di
leggieri
si
fa
manifesto
che
v
'
è
un
'
altra
sorte
di
conflitti
,
e
che
ogni
atto
o
decreto
ecclesiastico
può
avere
,
ed
ha
il
più
delle
volte
degli
effetti
giuridici
e
materiali
.
Vi
sono
dei
diritti
personali
e
reali
che
vogliono
essere
tutelati
,
come
l
'
uso
dei
templi
,
il
possesso
delle
temporalità
,
e
via
dicendo
.
Poniamo
che
la
interdizione
dai
sacri
uffici
abbia
per
conseguenza
di
togliere
ad
un
prete
il
benefizio
:
ora
,
se
egli
avesse
qualche
ragione
da
addurre
,
a
chi
deve
rivolgersi
?
Imperocché
secondo
il
nostro
sistema
,
ogni
ricorso
al
Governo
in
via
amministrativa
,
ogni
appello
da
abuso
son
cancellati
dalla
giurisprudenza
.
Or
dunque
,
in
questi
casi
a
chi
si
ricorre
?
In
che
modo
si
giudica
?
Qual
è
il
tribunale
competente
?
Quest
'
ultimo
nodo
è
solubile
secondo
il
nostro
avviso
,
mentre
partiamo
ognora
dal
diritto
comune
,
sicché
il
Tribunale
competente
è
il
medesimo
al
quale
ogni
cittadino
si
rivolge
,
come
lo
Stato
è
quello
che
ha
la
suprema
tutela
di
tutti
i
diritti
.
E
questo
si
trova
anche
nell
'
articolo
17
della
legge
delle
guarentigie
già
citata
.
Ma
con
quali
regole
giudicherà
siffatto
Tribunale
,
se
come
abbiamo
detto
non
si
tratta
di
conflitti
che
nascono
dalle
leggi
generali
,
e
dal
codice
?
La
sola
soluzione
del
problema
che
si
presenta
all
'
animo
è
questa
,
che
dovrà
giudicare
come
giudica
di
ogni
obbligazione
che
nasce
da
contratto
:
cioè
piglierà
a
sua
norma
lo
statuto
dell
'
associazione
o
corporazione
;
esaminerà
se
i
diritti
e
gli
obblighi
che
ne
discendono
per
coloro
i
quali
ne
fanno
parte
abbiano
conseguenze
giuridiche
,
e
porterà
sopra
di
queste
il
suo
esame
e
la
sua
decisione
.
Il
che
però
è
subordinato
a
due
condizioni
:
la
prima
che
l
'
attore
e
il
convenuto
abbiano
fatto
e
facciano
veramente
parte
dell
'
associazione
:
la
seconda
che
la
regola
desunta
dallo
statuto
dell
'
associazione
,
e
che
qui
si
tratta
di
applicare
,
non
contenga
cosa
che
offenda
le
leggi
e
il
diritto
pubblico
*
.
Adunque
lo
Stato
non
impone
guari
ai
cittadini
alcuno
statuto
particolare
ad
una
società
religiosa
,
ma
attribuisce
allo
statuto
,
in
quanto
è
patto
accettato
,
la
virtù
che
riconosce
in
tutti
i
patti
di
produrre
obbligazioni
civili
sperimentabili
avanti
le
autorità
ordinarie
.
Questo
è
il
solo
concetto
logico
che
nella
presente
condizione
delle
cose
sia
compatibile
colla
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
,
ed
è
il
concetto
medesimo
che
si
applica
alle
società
di
qualsivoglia
altra
forma
che
si
creano
,
vuoi
a
fin
di
scienza
,
vuoi
a
fin
di
commercio
,
d
'
industria
e
via
dicendo
.
Ond
'
è
a
maravigliare
,
che
quando
ciò
fu
proposto
in
un
disegno
di
legge
al
Parlamento
,
incontrasse
tanta
repugnanza
e
se
ne
levasse
tanto
scalpore
;
il
che
a
mio
avviso
più
che
da
profondo
studio
(
al
quale
mancò
persino
il
tempo
)
derivava
da
ciò
,
che
non
fu
bene
esaminato
ed
inteso
,
ovvero
da
pregiudizii
del
passato
che
ci
tengono
ancora
impastoiati
e
c
'
impediscono
di
contemplare
nella
sua
purezza
il
principio
di
libertà
*
.
La
dizione
in
cui
si
presentava
tale
concetto
era
la
seguente
:
"
Le
costituzioni
ed
i
canoni
della
Chiesa
cattolica
,
cessando
di
avere
autorità
di
legge
nello
Stato
,
sono
considerati
come
regolamento
o
statuto
particolare
di
essa
Chiesa
;
e
per
gli
effetti
civili
che
ne
derivano
nelle
relazioni
reciproche
tra
'
suoi
componenti
o
tra
ciascuno
di
loro
e
la
società
religiosa
nel
regno
,
possono
essere
invocati
da
coloro
che
fanno
parte
di
questa
dinanzi
alle
autorità
ed
ai
tribunali
civili
,
in
quanto
non
siano
contrari
al
diritto
politico
ed
alle
leggi
dello
Stato
*
.
"
Questo
articolo
,
come
accennai
dianzi
,
suscitò
tali
contrarietà
da
render
vana
persino
ogni
discussione
.
Avvenne
di
ciò
quello
che
nelle
vicissitudini
politiche
suol
non
di
rado
avvenire
,
che
un
andazzo
di
opinione
e
di
passione
impedisce
ogni
pacato
esame
e
travolge
ogni
proposta
.
Ma
chi
guarderà
con
animo
sereno
questa
materia
,
dovrà
convenire
che
la
proposta
contenuta
nell
'
articolo
in
sé
stessa
era
ragionevole
,
salvo
alcune
avvertenze
che
verrò
esponendo
più
oltre
.
E
invero
,
tutte
le
ipotesi
che
possiamo
esaminare
sono
le
seguenti
:
o
gli
statuti
di
un
'
associazione
qualsiasi
non
importano
altro
che
una
obbligazione
morale
pei
soci
,
e
ciò
equivale
ad
annullarne
la
esistenza
civile
:
ovvero
si
annette
all
'
associazione
il
carattere
di
pubblica
istituzione
investita
di
giurisdizione
,
e
in
questo
caso
deciderebbe
essa
la
questione
anche
nei
rapporti
civili
,
il
che
è
contrario
al
concetto
che
della
Chiesa
ci
siamo
formato
:
o
infine
bisogna
supporre
un
'
ingerenza
amministrativa
del
Governo
nel
pronunziare
intorno
ai
diritti
e
ai
doveri
degli
associati
,
e
non
è
compatibile
coi
principii
veri
di
libertà
.
All
'
infuori
di
tali
ipotesi
,
le
quali
reputiamo
insostenibili
,
bisogna
seguire
il
sistema
che
abbiamo
delineato
,
svolgendone
nell
'
avvenire
le
conseguenze
.
Né
diversamente
provvide
il
Parlamento
inglese
,
quando
compì
l
'
opera
di
trasformazione
della
Chiesa
in
Irlanda
,
della
quale
abbiamo
toccato
sopra
,
e
l
'
articolo
che
provvede
ai
conflitti
e
al
giudizio
sugli
effetti
civili
di
una
provvisione
ecclesiastica
non
è
sostanzialmente
diverso
da
quello
che
era
stato
qui
proposto
*
.
Abbiamo
poi
nella
decisione
del
comitato
giudiziale
del
Concilio
Privato
,
il
commento
di
tal
articolo
:
"
La
Chiesa
d
'
Inghilterra
(
dove
essa
non
è
stabilita
e
costituita
per
legge
)
è
nella
stessa
situazione
di
ogni
altro
corpo
religioso
,
né
più
né
meno
,
e
i
membri
di
essa
possono
adottare
regole
che
legano
coloro
che
espressamente
o
implicitamente
vi
hanno
consentito
.
Pertanto
,
laddove
un
'
associazione
religiosa
o
di
altro
genere
,
non
solo
ha
convenuto
nei
termini
della
sua
unione
,
ma
ha
stabilito
un
tribunale
per
determinare
se
e
quali
regole
dell
'
associazione
siano
state
violate
da
alcuno
dei
suoi
membri
,
e
quali
conseguenze
arrechi
questa
violazione
,
allora
la
decisione
di
questo
tribunale
sarà
obbligatoria
se
fu
fatta
nei
limiti
della
sua
autorità
,
e
colla
procedura
richiesta
,
se
si
seguirono
le
forme
prescritte
,
o
in
mancanza
di
queste
i
principii
generali
della
giustizia
.
Soltanto
il
tribunale
ecclesiastico
non
ha
potere
esecutivo
ed
è
mestieri
ricorrere
perciò
ai
tribunali
civili
ordinari
*
.
Di
che
adunque
conosce
e
giudica
il
Tribunale
civile
?
Esso
piglia
le
mosse
da
due
punti
,
che
la
persona
abbia
contratto
veramente
un
obbligo
,
o
acquistato
veramente
un
diritto
verso
l
'
associazione
religiosa
,
e
l
'
abbia
tuttavia
;
e
inoltre
che
l
'
obbligo
o
il
diritto
rechi
con
sé
una
conseguenza
non
solo
morale
ma
anche
giuridica
;
e
di
questa
appunto
il
Tribunale
conosce
e
giudica
.
Se
non
che
due
difficoltà
sembrano
affacciarsi
pure
a
primo
sguardo
;
l
'
una
,
che
il
Tribunale
sia
obbligato
in
qualche
guisa
a
farsi
interprete
degli
statuti
peculiari
d
'
ogni
associazione
religiosa
,
per
esempio
,
del
diritto
canonico
della
Chiesa
cattolica
;
l
'
altra
,
che
la
Chiesa
co
'
suoi
statuti
e
la
Corte
ecclesiastica
co
'
suoi
decreti
,
vincoli
già
e
costringa
in
precedenza
la
decisione
del
Tribunale
civile
.
Nel
primo
caso
vi
sarebbe
usurpazione
da
parte
della
potestà
civile
,
nell
'
altro
,
il
reclamo
della
parte
lesa
al
Tribunale
non
avrebbe
efficacia
veruna
.
A
questo
dubbio
risponde
la
distinzione
fra
l
'
atto
o
la
decisione
dell
'
autorità
ecclesiastica
,
e
le
conseguenze
giuridiche
che
ne
risultano
;
la
quale
distinzione
non
è
nuova
,
ma
si
riscontra
altresì
nelle
questioni
amministrative
.
Invero
,
che
cosa
avviene
là
dove
non
esistono
Tribunali
speciali
di
contenzioso
amministrativo
,
e
le
cause
sono
trattate
tutte
davanti
ai
Tribunali
civili
?
Poniamo
che
l
'
autorità
amministrativa
abbia
fatto
un
atto
o
pronunciato
una
decisione
,
in
conseguenza
della
quale
taluno
reputi
offeso
il
proprio
diritto
.
Questi
ricorre
,
e
quando
il
Tribunale
civile
trovi
giusto
il
ricorso
,
non
per
ciò
revoca
o
modifica
l
'
atto
o
il
decreto
dell
'
autorità
amministrativa
,
ma
ne
limita
gli
effetti
rispetto
al
caso
presente
,
reintegrando
il
diritto
offeso
del
ricorrente
,
e
nel
caso
che
la
reintegrazione
non
sia
possibile
,
stabilendo
una
indennità
a
favore
della
parte
lesa
*
.
Così
il
Tribunale
civile
senza
invadere
il
campo
dell
'
autorità
ecclesiastica
,
non
s
'
ingerisce
della
legittimità
dell
'
atto
o
del
decreto
,
ma
ne
approva
,
ne
limita
,
o
ne
modifica
gli
effetti
giuridici
.
Si
è
chiesto
da
taluno
se
la
parte
lesa
può
eccepire
anche
davanti
al
Tribunale
civile
della
incompetenza
dell
'
autorità
ecclesiastica
che
pronunziò
il
decreto
,
o
della
nullità
dell
'
atto
,
deducendo
questa
incompetenza
o
questa
nullità
dagli
statuti
stessi
ecclesiastici
;
questa
questione
è
stata
dibattuta
varie
volte
agli
Stati
Uniti
,
e
fra
le
altre
nel
caso
del
Rev
.
Chentes
di
Chicago
membro
della
chiesa
episcopale
*
.
La
Corte
suprema
dell
'
Illinois
era
unanime
nel
riconoscere
che
un
Tribunale
civile
non
rivedrà
mai
una
decisione
di
una
Corte
ecclesiastica
nel
merito
o
in
controversie
di
dottrina
o
disciplina
religiosa
,
ma
in
quanto
si
riferisce
ad
un
diritto
civile
,
si
restringerà
a
determinare
se
essa
è
quale
pretende
di
essere
,
cioè
una
Corte
ecclesiastica
vera
ed
organizzata
secondo
i
suoi
statuti
,
e
se
ha
competenza
sopra
le
persone
o
le
materie
controverse
.
Quando
essa
non
fosse
di
tal
indole
o
non
avesse
tal
competenza
,
dovrebbe
essere
fermata
nel
suo
procedimento
;
se
invece
lo
è
,
la
decisione
nei
confini
della
sua
autorità
è
definitiva
.
Fin
qui
,
dico
,
tutti
i
giudici
erano
concordi
,
ma
dove
si
manifestavano
opinioni
diverse
,
egli
era
su
questo
punto
:
se
fosse
da
tener
conto
della
eccezione
di
irregolarità
nell
'
atto
impugnato
o
nella
sentenza
denunziata
.
Intorno
a
ciò
la
maggioranza
opinava
che
no
,
parendole
che
in
quella
guisa
la
potestà
laica
s
'
ingerisse
soverchiamente
dell
'
associazione
religiosa
,
la
minoranza
invece
teneva
contrario
parere
,
e
stimava
che
il
giudicare
se
l
'
atto
o
la
sentenza
emani
da
un
'
autorità
che
sia
conforme
agli
statuti
dell
'
associazione
religiosa
,
e
questa
abbia
proceduto
a
tenore
di
essi
,
non
tocchi
la
sostanza
dell
'
atto
o
della
sentenza
medesima
.
Ad
ogni
modo
sembra
che
la
giurisprudenza
negli
Stati
Uniti
non
sia
ancora
bene
stabilita
su
questo
punto
.
Ma
secondo
la
decisione
del
comitato
giudiziario
inglese
di
che
sopra
abbiamo
toccato
,
si
dovrebbe
concludere
,
che
una
eccezione
sui
difetti
di
forma
nell
'
atto
o
nel
decreto
dell
'
autorità
ecclesiastica
,
fosse
di
competenza
eziandio
del
tribunale
ordinario
.
E
qui
mi
sia
lecito
aggiungere
quelle
avvertenze
che
annunciai
sopra
,
e
integrare
il
concetto
di
che
si
tratta
.
Coloro
che
hanno
meditato
su
questa
materia
,
sono
indotti
a
considerare
come
ogni
volta
che
nella
società
si
formano
relazioni
giuridiche
non
prima
usitate
,
la
giurisprudenza
si
sforzi
di
applicare
ai
casi
le
leggi
comuni
.
Ed
è
questo
procedimento
giusto
e
salutare
.
Perché
non
si
potrebbe
facilmente
a
priori
stabilire
delle
leggi
acconce
a
tutte
le
nuove
condizioni
delle
cose
,
e
intanto
bisogna
risolvere
mano
a
mano
i
conflitti
e
le
quistioni
che
sorgono
.
Gli
sforzi
della
giurisprudenza
preparano
per
così
dire
la
formazione
di
nuove
leggi
,
se
ne
occorressero
,
sulla
materia
.
Imperocché
,
pur
sostenendo
la
regola
generale
che
gli
statuti
delle
associazioni
religiose
debbano
considerarsi
come
patti
che
generano
speciali
diritti
e
doveri
negli
associati
,
è
forza
riconoscere
che
il
contratto
fra
i
fedeli
nella
Chiesa
è
un
contratto
sui
generis
che
non
può
essere
interamente
assimilato
agli
altri
.
E
come
,
per
esempio
,
dopo
aver
applicato
il
diritto
comune
alla
materia
delle
cambiali
,
e
dopo
le
prove
fatte
intorno
a
ciò
dalla
giurisprudenza
,
si
è
dovuto
alla
perfine
fare
una
legislazione
cambiaria
,
così
occorrerà
forse
,
posta
la
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
stabilire
delle
regole
legislative
speciali
anche
per
i
rapporti
giuridici
derivati
da
un
atto
ecclesiastico
.
E
alla
compilazione
di
quelle
regole
sarà
conveniente
preparazione
la
giurisprudenza
che
si
sforza
intanto
di
risolvere
il
problema
colla
legge
comune
.
Ma
io
stimo
che
nella
nostra
condizione
la
giurisprudenza
non
sarebbe
subito
efficace
abbastanza
per
interpretarla
,
e
riempiere
la
lacuna
in
materia
ecclesiastica
.
L
'
efficacia
della
giurisprudenza
pare
sicura
,
a
chi
ha
dinanzi
alla
mente
il
diritto
romano
e
il
suo
svolgimento
.
Il
pretore
era
l
'
organo
vivente
di
quel
diritto
,
e
lo
riformava
con
perenne
vicenda
,
avvegnaché
l
'
editto
diventato
consuetudine
entrasse
a
far
parte
della
legislazione
.
Certo
il
pretore
si
sforzava
sempre
di
dare
alle
sue
riforme
una
base
giuridica
,
congiungendo
le
nuove
disposizioni
col
diritto
vigente
.
Ma
in
questa
opera
di
correzione
e
di
integrazione
egli
aveva
larghissima
balìa
,
e
a
tal
uopo
valevasi
or
delle
finzioni
di
diritto
,
or
delle
azioni
utili
,
or
delle
restituzioni
in
integro
e
via
dicendo
.
Cosicché
ivi
ben
può
comprendersi
tutta
la
parte
che
la
giurisprudenza
ebbe
nelle
leggi
,
assicurandone
l
'
esecuzione
quando
il
legislatore
non
ne
avesse
indicato
i
mezzi
,
compiendo
quelle
parti
che
erano
difettose
,
modificando
eziandio
talora
direttamente
le
interpretazioni
precedenti
.
Questo
può
anche
intendersi
sino
ad
un
certo
punto
in
Inghilterra
.
Colà
oltre
la
legislazione
scritta
è
la
legge
comune
che
non
si
differenzia
dalla
consuetudine
,
e
sopra
di
essa
è
ancora
l
'
equità
rappresentata
da
Corti
speciali
,
il
còmpito
delle
quali
mai
non
può
estendersi
sino
alla
personale
sicurezza
dei
cittadini
,
e
quindi
è
ristretto
alle
questioni
di
proprietà
,
ma
in
questa
sfera
può
investigare
latenti
cagioni
che
il
Tribunale
di
giustizia
non
raggiunge
,
render
obbligative
le
materie
fiduciarie
che
legherebbero
solo
la
coscienza
,
e
dare
specifico
rilievo
a
certe
circostanze
,
sulle
quali
la
giurisdizione
ordinaria
non
saprebbe
fermarsi
*
.
Ma
in
quei
paesi
dove
la
codificazione
delle
leggi
è
compiuta
,
anzi
la
legge
comune
altro
non
è
che
il
codice
scritto
,
né
la
consuetudine
ha
valore
di
modificarlo
,
là
dove
non
esiste
il
Pretore
nel
senso
romano
,
né
il
giudizio
d
'
equità
nel
senso
inglese
,
l
'
ufficio
dei
Tribunali
è
di
applicare
ai
casi
particolari
la
regola
,
anziché
adattare
questa
a
quelli
,
e
secondo
il
diverso
tenore
di
essi
interpretarla
e
modificarla
,
di
guisa
che
egli
è
a
temere
che
la
giurisprudenza
nel
nostro
tema
non
sia
bastantemente
efficace
al
conseguimento
del
fine
che
ci
proponiamo
,
e
quindi
viene
la
conclusione
da
me
trattane
,
che
la
giurisprudenza
aprirà
coi
suoi
responsi
e
talora
colla
dimostrazione
della
impotenza
propria
nella
materia
,
l
'
adito
ad
una
legislazione
provvida
e
bastevole
al
fine
.
Ma
,
quando
sia
venuto
il
tempo
legislativo
,
sarà
allora
necessario
altresì
di
trovar
modo
espresso
affinché
i
membri
di
una
comunione
religiosa
abbiano
legittima
via
,
come
già
toccai
,
di
modificare
gli
statuti
,
e
con
essi
anche
i
diritti
e
i
doveri
loro
.
L
'
importanza
di
questo
punto
non
isfuggirà
certo
all
'
accorto
lettore
.
Dappoiché
lo
Stato
non
deve
ingerirsi
nelle
materie
chiesastiche
perché
incompetente
,
uopo
è
che
ci
sia
nel
seno
di
ogni
Chiesa
la
possibilità
di
modificare
il
patto
e
quindi
i
diritti
e
gli
obblighi
giuridici
a
seconda
delle
circostanze
e
dei
bisogni
del
tempo
;
né
giova
il
dire
che
,
in
talune
società
religiose
,
questa
facoltà
di
modificare
gli
statuti
e
i
canoni
esiste
ed
appartiene
al
corpo
sacerdotale
,
e
che
ciò
è
voluto
o
almeno
sommessamente
accettato
dagli
stessi
fedeli
.
Ma
questo
non
può
essere
ordinamento
buono
,
perpetuamente
ed
assolutamente
.
La
partecipazione
dei
fedeli
al
governo
della
Chiesa
come
fu
la
forma
originaria
e
benefica
di
tutte
le
religioni
,
così
è
indispensabile
mezzo
a
mantenere
loro
vita
e
vigore
.
Il
principio
rappresentativo
è
come
l
'
aroma
che
le
preserva
dalla
corruzione
,
né
senza
di
esso
può
esservi
possibilità
di
riforma
efficace
e
spontaneamente
accettata
.
In
secondo
luogo
,
per
ciò
appunto
che
noi
diciamo
dover
sorgere
la
riforma
dall
'
azione
spontanea
dei
fedeli
medesimi
quand
'
anche
essi
consentono
alla
presente
condizione
delle
cose
,
non
bisogna
impedire
una
diversa
azione
nell
'
avvenire
.
Ma
se
fra
i
fedeli
e
il
corpo
sacerdotale
nascesse
dissenso
,
come
dovrebbero
regolarsi
i
diritti
acquisiti
?
Il
problema
è
gravissimo
quando
si
tratta
di
fondazioni
perpetue
,
e
siccome
noi
abbiamo
sostenuto
che
lo
Stato
debba
ammetterle
,
come
necessarie
all
'
indole
di
ogni
associazione
religiosa
,
così
pure
abbiamo
soggiunto
che
,
riconoscendo
in
quelle
la
personalità
giuridica
,
lo
Stato
dee
prevedere
certe
conseguenze
e
regolarle
.
Il
caso
da
me
immaginato
parlando
del
beneficio
parrocchiale
,
mentre
tutti
i
parrocchiani
che
vivono
per
entro
una
data
circoscrizione
avessero
mutato
credenze
,
è
per
verità
un
caso
estremo
:
ma
possono
esservene
dei
mediani
.
E
quando
i
così
detti
vecchi
cattolici
della
Germania
,
pur
conservando
tutte
le
tradizioni
e
gli
statuti
della
Chiesa
romana
,
si
rifiutavano
di
accogliere
l
'
ultimo
domma
della
infallibilità
,
e
quindi
fra
essi
e
i
loro
correligionari
nascevano
essenziali
differenze
,
che
cosa
doveva
farsi
del
patrimonio
ecclesiastico
?
Doveva
esso
rimanere
per
intero
a
quelli
che
seguirono
il
dettato
romano
,
e
gli
altri
essere
esclusi
da
ogni
partecipazione
al
medesimo
?
La
cosa
fu
giudicata
altrimenti
nella
Germania
,
e
fu
loro
assegnata
qualche
tempio
,
ma
ciò
avvenne
per
decisione
dello
Stato
.
Nel
caso
nostro
,
cioè
della
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
non
si
vuol
pretermettere
la
necessità
di
un
provvedimento
,
il
quale
non
tocchi
per
guisa
alcuna
la
parte
religiosa
del
problema
,
ma
solo
il
godimento
dei
diritti
civili
.
Nello
Stato
di
New
York
,
e
in
generale
anche
negli
altri
Stati
Americani
,
si
è
provveduto
in
questo
modo
,
che
l
'
amministrazione
dei
beni
di
una
fondazione
qualunque
è
affidata
ad
un
corpo
di
curatori
eletto
dai
fedeli
,
e
che
perciò
riflette
la
opinione
loro
.
È
la
legge
stessa
che
prescrive
il
numero
dei
curatori
,
il
modo
loro
di
agire
,
la
forma
e
il
periodo
della
elezione
e
le
guarentigie
della
minoranza
;
né
io
posso
trattenermi
dall
'
insistere
su
questo
punto
come
capitale
.
Io
son
d
'
avviso
,
e
mi
piace
ripeterlo
,
che
il
principio
elettivo
sia
essenziale
alla
durata
e
alla
prosperità
di
ogni
associazione
e
corporazione
sopratutto
in
materia
religiosa
.
Il
problema
della
sua
pratica
attuazione
nella
Chiesa
cattolica
è
principalmente
di
opportunità
,
e
dovrò
trattarne
di
nuovo
nel
capitolo
seguente
.
Ma
sino
a
tanto
che
questo
principio
non
sia
attuato
,
e
siasi
provveduto
con
esso
non
solo
alla
conservazione
del
presente
,
ma
eziandio
alla
regolare
introduzione
delle
riforme
nell
'
avvenire
;
sino
a
che
,
dico
,
ciò
non
sia
fatto
,
i
pronunziati
della
giurisprudenza
suppliranno
quanto
è
possibile
alla
deficienza
sì
degli
statuti
ecclesiastici
,
sì
della
legge
comune
,
e
prima
la
necessità
,
poi
l
'
esperienza
,
daranno
lume
tanto
alla
Chiesa
che
allo
Stato
per
nuovi
provvedimenti
acconci
alla
situazione
nuova
in
che
l
'
uno
o
l
'
altra
verrebbero
a
trovarsi
.
Abbiamo
detto
sopra
che
l
'
ecclesiastico
il
quale
commette
un
reato
è
passibile
di
pene
al
pari
di
ogni
altro
cittadino
dinanzi
allo
stesso
foro
e
colle
medesime
procedure
.
Se
non
che
vi
sono
tali
reati
che
solo
i
ministri
del
culto
possono
commettere
e
ai
quali
è
mestieri
por
mente
nella
compilazione
del
Codice
penale
,
e
vi
sono
altri
reati
che
,
sebbene
possano
essere
commessi
da
tutti
i
cittadini
,
però
acquistano
una
gravità
maggiore
quando
siano
opera
delsacerdote
nell
'
esercizio
delle
sue
funzioni
.
Poniamo
che
un
parroco
predicando
dal
pergamo
susciti
gli
animi
a
ribellione
,
poniamo
che
egli
rifiuti
di
eseguire
le
leggi
che
lo
riguardano
.
Evidentemente
lo
Stato
può
e
deve
provvedere
a
questa
maniera
di
reati
,
e
infliggervi
proporzionate
sanzioni
.
Il
pericolo
sta
tutto
nella
definizione
di
questi
reati
,
perché
non
v
'
ha
cosa
più
facile
che
di
sdrucciolare
nella
materia
meramente
religiosa
,
nel
qual
caso
la
pena
accuserebbe
arbitrio
e
non
giustizia
.
Io
non
mi
perito
di
dichiarare
che
l
'
articolo
della
legge
penale
piemontese
che
fu
riproposto
al
Senato
del
Regno
non
è
scevro
di
menda
per
questo
capo
.
E
invero
esso
considera
il
fatto
che
un
sacerdote
turbi
la
coscienza
pubblica
,
o
la
pace
delle
famiglie
.
Ma
che
è
la
coscienza
pubblica
?
E
come
si
turba
la
pace
delle
famiglie
?
Chi
non
vede
a
quali
gravi
interpretazioni
possano
dar
luogo
quelle
locuzioni
?
Avrà
turbato
la
coscienza
pubblica
quel
parroco
che
negherà
di
ricevere
nella
sua
chiesa
,
e
di
dire
la
messa
funebre
a
un
uomo
morto
nella
miscredenza
?
o
la
pace
della
famiglia
potrà
dirsi
violata
se
il
confessore
nega
al
moribondo
l
'
assoluzione
?
Eppure
così
potrebbe
sentenziare
un
giudice
,
sopratutto
se
fosse
spaventato
dai
clamori
di
una
moltitudine
irata
.
E
per
continuare
questa
materia
;
più
tardi
furono
presentati
altri
articoli
nella
Camera
dei
deputati
*
,
pei
quali
s
'
infligge
la
pena
del
carcere
ai
sacerdoti
che
esercitano
atti
di
culto
esterno
contro
provvedimenti
del
Governo
.
Qui
la
parola
esterno
è
generatrice
di
grande
confusione
,
perché
tutto
ciò
che
esce
dal
sacrario
della
coscienza
si
manifesta
con
atti
esterni
;
e
similmente
è
vago
il
parlare
di
provvedimenti
del
Governo
senza
specificarli
.
Potrebbe
dunque
il
Governo
vietare
tutte
le
manifestazioni
religiose
e
punire
coloro
che
non
obbedissero
al
suo
divieto
.
E
similmente
in
un
altro
articolo
è
punito
chi
contravviene
alle
regole
prescritte
circa
alla
necessità
dell
'
assenso
del
Governo
in
quella
materia
in
cui
tuttora
è
richiesto
.
Tale
è
il
caso
assai
frequente
di
vescovi
,
che
non
avendo
ricevuto
l
'
exequatur
e
perciò
non
essendo
stati
messi
in
possesso
delle
temporalità
,
pur
nondimeno
vivono
nella
diocesi
loro
e
vi
esercitano
i
sacri
uffici
.
Si
comprende
che
il
Governo
non
riconosca
le
disposizioni
loro
che
hanno
qualche
attinenza
con
atti
civili
.
Ma
se
l
'
uomo
che
si
crede
vescovo
,
ed
è
per
tale
venerato
dagli
altri
,
ancorché
privo
dell
'
exequatur
regio
,
cresima
,
o
assolve
un
peccato
pel
quale
il
semplice
sacerdote
non
avrebbe
la
potestà
necessaria
,
e
se
il
cresimato
o
il
penitente
si
tengono
appagati
di
ciò
,
potrà
il
Governo
minacciare
il
carcere
o
l
'
ammenda
all
'
uno
od
all
'
altro
?
Insomma
è
da
riconoscere
che
il
codice
deve
contemplare
anche
i
reati
propri
solo
di
chi
esercita
le
funzioni
religiose
e
quelli
che
,
commessi
nell
'
esercizio
di
tali
funzioni
,
acquistano
perciò
maggiore
gravità
.
Ma
è
da
prendere
attentissima
guardia
di
ben
definire
questi
reati
,
e
di
non
invadere
il
campo
religioso
,
rinnovando
sotto
altra
forma
i
provvedimenti
giurisdizionali
*
.
Nei
tempi
passati
non
solo
il
clero
esercitava
le
funzioni
ecclesiastiche
,
ma
altre
eziandio
ne
esercitava
,
che
senza
appartenere
propriamente
al
culto
,
vi
avevano
strettissime
attinenze
,
come
l
'
insegnamento
e
la
beneficenza
.
Nel
conflitto
moderno
fra
la
Chiesa
e
lo
Stato
,
questo
ha
voluto
strapparle
di
mano
ogni
ingerenza
sull
'
uno
e
sull
'
altro
degli
argomenti
;
il
che
ha
pôrto
occasione
a
discussioni
vivissime
e
ne
porge
tuttavia
.
Io
dunque
favellerò
di
ciò
prima
di
por
termine
a
questo
capitolo
,
e
sopratutto
dell
'
istruzione
.
Gli
inglesi
con
dizione
molto
acconcia
chiamano
educazione
nazionale
(
national
education
)
tutto
quel
complesso
d
'
insegnamenti
pubblici
di
discipline
e
di
cure
onde
il
giovinetto
comincia
a
dirozzarsi
,
e
poi
mano
a
mano
viene
erudito
nella
mente
ed
avviato
al
giusto
ed
al
buono
.
Ciò
corrisponderebbe
a
quello
che
i
greci
intendevano
sotto
il
nome
di
musica
in
contrapposto
alla
ginnastica
,
a
questo
segno
che
la
ginnastica
mirava
a
render
forte
e
destro
il
corpo
,
la
musica
comprendeva
tutto
ciò
che
illumina
e
migliora
l
'
animo
*
.
Noi
distinguiamo
oggi
l
'
istruzione
dalla
educazione
,
ma
per
quanto
si
faccia
,
esse
s
'
intrecciano
e
si
tengono
sì
intimamente
connesse
,
che
riesce
assai
malagevole
il
separarle
;
certo
è
poi
che
soltanto
le
due
unite
insieme
formano
l
'
uomo
.
Per
siffatta
connessione
,
non
è
meraviglia
se
la
Chiesa
pretendeva
che
a
lei
esclusivamente
,
o
per
la
massima
parte
,
quest
'
ufficio
competesse
.
Quindi
non
solo
arrogavasi
la
facoltà
di
erigere
scuole
senza
beneplacito
o
ingerenza
alcuna
del
governo
,
ma
pretendeva
il
diritto
di
esercitare
un
'
azione
o
almeno
una
vigilanza
nelle
scuole
stesse
laiche
.
D
'
altra
parte
,
secondo
il
concetto
puro
regalistico
,
la
scuola
essendo
essenziale
funzione
ed
attributo
dello
Stato
,
anche
lo
insegnamento
puramente
ecclesiastico
,
come
quello
che
si
dà
nei
seminarî
e
nelle
facoltà
teologiche
,
deve
sottostare
all
'
indirizzo
suo
ed
essere
informato
di
quello
spirito
che
si
accorda
colle
massime
del
governo
;
anzi
siccome
è
suo
precipuo
fine
la
educazione
del
popolo
,
e
la
religione
ne
fa
parte
vitale
,
è
desso
che
dee
ministrarne
o
almeno
regolarne
il
tirocinio
a
tutti
i
cittadini
*
.
Queste
sono
le
due
massime
estreme
,
e
fra
esse
tramezza
quella
che
pone
la
istruzione
fra
le
materie
miste
intorno
alle
quali
entrambe
le
potestà
hanno
legittima
azione
.
Quindi
i
concordati
si
sforzano
di
determinare
i
diritti
dell
'
una
potestà
e
dell
'
altra
,
e
alla
Chiesa
è
dato
sovente
balìa
di
vigilare
che
negli
istituti
laici
come
ginnasi
,
licei
,
università
,
ecc
.
non
si
introducano
libri
e
massime
perniciose
e
contrarie
alla
religione
.
Più
spesso
ancora
,
nei
consigli
accademici
seggono
di
pien
diritto
dignitari
ecclesiastici
,
e
la
qualità
di
ministro
dei
culti
basta
a
qualificare
uno
di
maestro
o
pedagogo
senz
'
altra
prova
.
Queste
tre
soluzioni
non
sono
più
accettabili
secondo
le
idee
e
le
regole
che
abbiamo
delineato
sopra
,
e
per
determinare
il
da
farsi
,
è
mestieri
risalire
anche
una
volta
al
concetto
dello
Stato
,
e
ricordare
quello
che
abbiamo
già
indicato
di
sopra
.
Imperocché
noi
abbiamo
distinto
due
specie
di
attributi
nello
Stato
:
l
'
uno
che
è
la
tutela
dei
diritti
contro
ogni
offesa
interna
ed
esterna
,
l
'
altro
che
è
la
cura
di
promuovere
taluni
importanti
interessi
generali
e
di
integrare
certe
funzioni
,
alle
quali
i
singoli
cittadini
e
le
associazioni
loro
non
possono
sopperire
.
Ora
l
'
istruzione
pubblica
è
certamente
un
interesse
generale
che
lo
Stato
non
può
e
non
deve
trascurare
.
Se
nessuno
gli
contende
la
facoltà
e
il
dovere
di
aprire
vie
di
comunicazione
,
di
migliorare
porti
,
di
curare
il
corso
dei
grandi
fiumi
,
come
si
potrà
dire
che
in
una
materia
tanto
rilevante
egli
possa
rimanersi
indifferente
?
E
non
è
anzi
obbligo
suo
di
porvi
speciale
sollecitudine
?
Vero
è
che
se
i
padri
di
famiglia
,
se
gli
istituti
privati
di
ogni
maniera
,
se
le
associazioni
libere
bastassero
a
provvedere
alla
debita
istruzione
di
ogni
cittadino
,
cesserebbe
nello
Stato
la
necessità
di
pigliarne
cura
diretta
.
Però
egli
è
molto
difficile
che
tali
enti
bastino
a
quel
che
la
scienza
moderna
richiede
,
sì
per
la
parte
delle
spese
nei
musei
e
nei
laboratori
,
sì
per
la
scelta
dei
professori
più
adatti
.
Che
se
bastassero
,
resterebbe
pur
sempre
allo
Stato
una
suprema
vigilanza
,
e
questa
in
nessun
caso
potrebbe
deporla
.
Ma
sinché
la
ipotesi
non
si
verifichi
,
l
'
azione
dello
Stato
trova
la
sua
giustificazione
non
solo
nella
gravità
di
un
interesse
veramente
nazionale
,
ma
altresì
in
ciò
che
egli
protegge
e
difende
un
diritto
,
quello
del
figlio
e
del
minore
,
quando
il
padre
non
possa
,
o
non
voglia
adempiere
al
dovere
di
educarlo
.
E
quanto
poi
alla
vigilanza
essa
si
rannoda
pur
sempre
alla
prima
ed
essenziale
sua
attribuzione
,
quella
cioè
di
circoscrivere
la
sfera
dei
diritti
e
di
tutelarli
.
Ora
,
poiché
dall
'
attuazione
di
questa
ipotesi
che
si
vuol
fare
,
noi
siamo
ancora
assai
lontani
,
così
è
ragionevole
e
necessario
che
il
governo
prenda
l
'
ufficio
dell
'
istruzione
,
parte
distribuendolo
ai
Comuni
e
alle
Provincie
,
parte
ritenendolo
per
sé
stesso
.
Ma
da
ciò
non
segue
che
esso
debba
impedire
ad
altri
di
fare
il
simigliante
sia
individuo
sia
associazione
,
anzi
ne
segue
il
contrario
.
Quindi
viene
la
concordia
dell
'
azione
dello
Stato
col
principio
della
libertà
d
'
insegnamento
che
noi
propugniamo
,
quindi
il
rispetto
delle
prerogative
della
famiglia
tanto
vantate
;
e
invero
non
si
può
contraddire
ai
genitori
lo
zelo
maggiore
,
e
la
maggior
responsabilità
nell
'
allevamento
dei
figliuoli
;
quindi
infine
discende
che
lo
Stato
può
e
deve
avere
istituti
d
'
istruzione
di
ogni
maniera
,
ma
che
ogni
privato
o
associazione
può
eziandio
fondarne
sotto
le
discipline
comuni
e
sotto
la
perenne
vigilanza
del
governo
.
Qui
però
insorgono
coloro
i
quali
paventano
nello
insegnamento
la
concorrenza
,
sopratutto
delle
associazioni
ecclesiastiche
,
e
dicono
che
lo
Stato
,
i
Comuni
e
le
altre
associazioni
civili
mal
potrebbero
sostenerla
,
sicché
gli
istituti
loro
rimarrebbero
deserti
,
mentre
invece
sarebbero
popolati
quelli
del
clero
.
Ma
come
potremmo
noi
accogliere
questa
obbiezione
?
Certo
allo
Stato
non
difettano
i
mezzi
per
fornire
l
'
istruzione
:
anzi
,
si
potrebbe
dire
che
raccogliendoli
,
mercè
le
tasse
da
tutti
indistintamente
i
cittadini
,
qualunque
sia
la
professione
di
fede
religiosa
,
costringe
il
contribuente
a
cooperare
ad
un
insegnamento
che
o
ignora
o
può
non
convenirgli
e
non
piacergli
.
Si
potrebbe
dubitare
persino
,
se
appunto
per
la
efficacia
dei
suoi
mezzi
non
sia
in
grado
di
rintuzzare
e
spegnere
la
concorrenza
dei
privati
e
delle
associazioni
,
la
quale
non
è
fatta
in
parità
di
condizioni
.
Ma
come
sostenere
giustamente
la
tesi
contraria
?
Se
le
scuole
governative
o
comunali
restano
deserte
,
che
cosa
può
inferirsi
da
ciò
?
Niente
altro
che
esse
sono
inferiori
per
maestri
,
per
metodi
,
per
disciplina
,
e
che
i
vantaggi
naturali
dello
insegnante
governativo
sono
bilanciati
e
vinti
da
difetti
speciali
.
Ma
questa
è
prova
d
'
ignavia
e
di
colpa
,
non
argomento
d
'
impedire
le
libertà
altrui
.
E
se
obbligando
il
fanciullo
ad
istruirsi
,
lo
Stato
tutela
i
suoi
diritti
,
anche
contro
la
indolenza
o
la
malvagità
del
padre
,
non
può
usurpare
però
i
diritti
del
padre
quando
vuole
sinceramente
il
bene
del
suo
nato
.
Comprendo
che
i
privati
possano
querelarsi
sino
ad
un
certo
punto
della
concorrenza
dello
Stato
e
delle
associazioni
ecclesiastiche
che
hanno
in
sé
stesse
alcune
facilità
ed
attitudini
speciali
al
còmpito
dell
'
insegnare
,
e
un
illustre
statista
del
Belgio
diceva
,
che
si
formano
nella
odierna
Società
due
monopoli
dell
'
istruzione
;
l
'
uno
,
dello
Stato
,
l
'
altro
,
della
Chiesa
,
triste
condizione
di
cose
quando
al
privato
cittadino
né
l
'
uno
né
l
'
altro
andasse
a
grado
.
Codesto
io
comprendo
,
ma
siccome
il
monopolio
risulta
da
condizioni
naturali
,
così
né
può
dirsi
ingiusto
,
né
può
annullarsi
del
tutto
,
quand
'
anche
si
cerchi
con
opportuni
provvedimenti
attenuarlo
.
Ma
l
'
andar
più
oltre
sarebbe
un
contraddire
manifestamente
ai
principii
di
libertà
.
V
'
ha
chi
concedendo
la
libertà
dell
'
insegnamento
nelle
scuole
primarie
e
mezzane
la
nega
negli
istituti
superiori
.
Il
che
a
prima
vista
sembrerebbe
contradditorio
,
perché
se
pericolo
vi
ha
,
può
temersi
nel
primo
indirizzo
della
gioventù
la
quale
,
giunta
ad
una
certa
età
e
fornita
di
una
certa
coltura
è
in
grado
di
spogliarsi
dei
pregiudizii
,
discernere
da
sé
medesima
la
sincerità
dall
'
artifizio
,
rintracciare
il
retto
sapere
sopra
ogni
parvenza
o
lusinga
.
Ma
contro
di
ciò
si
adopera
il
seguente
argomento
:
per
intendere
il
vero
bisogna
aver
l
'
animo
aperto
e
disposto
ad
accoglierlo
,
e
quindi
rigettare
ogni
giudizio
preconcetto
.
Ora
la
istruzione
religiosa
insinuando
idee
a
priori
sulle
quali
non
ammette
discussione
,
e
volendo
coi
suoi
dommi
porre
limiti
e
condizioni
alla
indagine
,
è
contraria
assolutamente
al
metodo
scientifico
e
mira
a
costringere
la
verità
entro
un
cerchio
delineato
innanzi
,
che
è
quanto
dire
a
menomarla
ed
annullarla
;
dunque
alle
associazioni
religiose
non
si
può
permettere
d
'
insegnare
la
scienza
.
A
questa
proposizione
molte
cose
si
possono
rispondere
.
La
Chiesa
,
per
cagion
d
'
esempio
,
sosterrà
la
tesi
già
da
molti
dotti
uomini
ecclesiastici
propugnata
cogli
scritti
e
coll
'
esempio
,
cioè
che
la
verità
religiosa
e
la
verità
scientifica
non
possono
contraddirsi
;
ma
lasciamo
ciò
da
parte
.
La
sorgente
dell
'
errore
sta
in
ciò
che
si
attribuisce
allo
Stato
non
solo
il
diritto
di
vigilare
che
il
padre
di
famiglia
dia
al
suo
figliuolo
una
istruzione
e
una
educazione
appropriata
,
non
solo
la
facoltà
d
'
integrare
quello
insegnamento
che
la
famiglia
,
il
comune
,
le
associazioni
non
basterebbero
a
fornire
,
non
solo
il
titolo
a
fondare
e
mantenere
col
danaro
pubblico
istituti
e
università
ricche
di
ogni
suppellettile
;
l
'
errore
sta
in
ciò
che
non
si
è
paghi
di
riconoscere
queste
attribuzioni
nello
Stato
;
ma
gli
si
vuol
dare
l
'
obbligo
positivo
di
preferire
l
'
uno
all
'
altro
metodo
d
'
insegnamento
,
di
apparecchiare
i
cittadini
a
coltivar
la
scienza
nel
modo
più
perfetto
,
di
rimuovere
dall
'
ufficio
medesimo
ogni
altro
che
si
creda
a
ciò
meno
adatto
.
Insomma
sebbene
lo
Stato
colle
sue
ricchezze
,
colla
sua
gerarchia
,
coi
suoi
mille
congegni
sia
in
grado
di
vincere
anche
nell
'
insegnamento
superiore
,
anzi
quivi
più
che
in
ogni
altra
parte
,
ogni
concorrenza
,
ciò
non
basta
,
ma
si
vuol
frenare
qualunque
iniziativa
privata
minacci
di
uscire
dal
solco
che
lo
Stato
avrà
tracciato
per
lo
migliore
.
Ora
questa
a
me
sembra
pretesa
esorbitante
,
e
credo
che
i
rappresentanti
della
scienza
dovrebbero
contentarsi
di
avere
la
libertà
piena
,
e
gli
aiuti
del
governo
,
confidando
nell
'
efficacia
delle
forze
proprie
per
trionfare
.
Adunque
secondo
le
nostre
teoriche
non
si
può
negare
,
in
tesi
generale
,
all
'
associazione
religiosa
di
avere
seminarii
,
convitti
,
licei
e
università
.
Ma
i
punti
che
rimangono
a
definire
sono
i
seguenti
:
l
.
°
Quali
condizioni
può
lo
Stato
imporre
alle
associazioni
ecclesiastiche
perché
sia
lecito
ad
esse
di
dedicarsi
alla
istruzione
?
E
sin
dove
si
stende
il
suo
diritto
di
vigilanza
?
2.°
Lo
Stato
,
dee
esigere
certe
prove
e
guarentigie
da
chiunque
imprenda
a
dare
insegnamento
?
3.°
A
chi
appartiene
l
'
ufficio
di
esaminare
coloro
che
vogliono
esercitare
una
professione
pubblica
?
4.°
Nel
novero
di
queste
professioni
,
dee
porsi
anche
l
'
esercizio
del
sacerdozio
?
5.°
Lo
Stato
,
dee
insegnare
una
dottrina
religiosa
e
stabilire
facoltà
teologiche
nelle
sue
università
?
6.°
Infine
nelle
scuole
pubbliche
inferiori
e
mediane
dee
essere
prescritto
l
'
insegnamento
religioso
,
e
quale
,
e
in
che
modo
?
Lo
Stato
dee
imporre
alle
scuole
ecclesiastiche
quelle
medesime
condizioni
che
impone
alle
altre
.
Condizioni
igieniche
in
quanto
alla
salubrità
e
nettezza
dei
luoghi
,
condizioni
morali
in
quanto
all
'
indole
e
al
carattere
dei
maestri
,
alla
natura
degli
studî
,
alla
disciplina
;
condizioni
scientifiche
in
quanto
al
doversi
compiere
gli
studî
in
certo
ragionevole
tempo
e
con
certe
forme
;
dove
è
da
notare
che
lo
Stato
,
con
tali
prescrizioni
,
non
s
'
ingerisce
mica
nella
natura
dell
'
insegnamento
,
ma
vuol
prevenire
l
'
inganno
che
potrebbe
farsi
ai
padri
di
famiglia
inducendo
nell
'
animo
loro
la
facile
e
desiderata
speranza
che
si
erudissero
i
loro
figliuoli
improvvisamente
e
senza
fatica
alcuna
,
e
occasionando
per
tal
guisa
una
declinazione
generale
degli
studî
;
condizioni
politiche
infine
in
quanto
non
si
permetta
il
disprezzo
delle
leggi
,
e
s
'
ingeneri
l
'
avversione
alle
patrie
istituzioni
.
E
la
sua
vigilanza
dee
esser
tanta
e
tale
quanto
occorre
perché
le
dette
condizioni
siano
rigorosamente
osservate
.
Né
queste
varie
maniere
di
vigilanza
debbono
parer
troppe
,
se
si
considera
che
non
sono
prescrizioni
positive
,
ma
negative
,
cioè
a
dire
che
sono
limiti
posti
alla
libertà
indefinita
dell
'
insegnamento
.
In
un
suo
recente
libro
il
Bertini
propone
che
anche
nei
licei
e
nelle
classi
superiori
del
ginnasio
vi
sia
una
specie
di
pubblicità
,
cosicché
vi
potessero
avere
adito
coloro
che
dall
'
autorità
scolastica
locale
ne
avessero
il
permesso
,
e
crede
che
,
se
questo
intervento
delle
persone
che
s
'
interessano
alla
educazione
di
singoli
allievi
e
della
gioventù
in
generale
,
potesse
entrare
nelle
nostre
abitudini
,
ne
verrebbe
un
gran
bene
per
la
cultura
generale
del
paese
*.Io
avrei
qualche
dubbio
sulla
efficacia
pratica
di
questo
metodo
,
e
non
vorrei
che
potesse
tornare
a
pompa
di
vanità
nei
maestri
,
e
a
distrazione
nei
discepoli
.
Ma
questi
dubbi
vogliono
essere
risoluti
dagli
uomini
che
fanno
speciale
professione
di
studi
sulla
materia
pedagogica
.
Quanto
al
principio
in
sé
,
io
non
avrei
difficoltà
alcuna
ad
ammetterlo
.
Imperocché
"
ogni
diritto
,
e
sopratutto
quello
dell
'
istruire
e
dell
'
educare
che
ha
carattere
sociale
e
pubblico
,
vuol
essere
esercitato
con
elevata
coscienza
dell
'
ufficio
che
si
adempie
nell
'
adoperarlo
,
e
alla
luce
del
giorno
,
sicché
tutta
la
cittadinanza
possa
esser
persuasa
dell
'
utilità
che
vi
sia
nel
non
toglierne
a
chi
l
'
ha
o
limitarne
l
'
uso
*
.
Fra
le
guarentigie
che
lo
Stato
esige
,
accordando
la
libertà
dell
'
insegnamento
,
v
'
ha
quella
che
i
maestri
siano
forniti
di
attestati
di
moralità
,
e
dimostrino
di
avere
compito
con
profitto
certi
studi
,
e
di
avere
idoneità
al
loro
ufficio
.
Ora
si
è
preteso
da
taluno
che
i
ministri
del
culto
debbano
esserne
dispensati
,
essendo
le
funzioni
loro
guarentigia
bastevole
delle
qualità
morali
e
della
cultura
scientifica
che
si
richiedono
.
Si
è
preteso
da
altri
che
nell
'
insegnamento
superiore
non
occorra
alcuna
prova
d
'
idoneità
,
sicché
ciascheduno
possa
essere
chiamato
in
una
università
libera
.
Ma
siffatte
prerogative
nella
nostra
sentenza
,
non
sono
da
ammettersi
,
riconoscendo
noi
fra
le
cautele
che
appartengono
allo
Stato
anche
queste
come
legittime
.
Ed
inoltre
avendo
posto
come
canone
la
eguaglianza
degli
ecclesiastici
agli
altri
cittadini
,
anche
i
primi
come
i
secondi
debbono
sottomettersi
al
diritto
comune
.
Ma
gli
allievi
delle
scuole
libere
,
se
vogliono
esercitare
una
professione
,
debbono
essi
dare
un
esame
come
quelli
che
frequentano
le
università
e
le
scuole
dello
Stato
,
e
a
chi
spetta
la
facoltà
di
fare
questo
esame
?
Che
nelle
condizioni
presenti
lo
Stato
richiegga
una
prova
di
determinati
studi
prima
di
abilitare
alcuno
all
'
esercizio
di
una
pubblica
professione
,
è
una
tesi
che
anche
gli
economisti
i
più
rigidi
non
si
rifiutano
di
ammettere
.
Laddove
cominciano
i
dispareri
è
nella
qualità
di
questa
prova
e
negli
esami
.
Ora
qui
c
'
è
una
parte
tutta
tecnica
sulla
quale
io
non
m
'
arrischio
di
pronunziare
.
Ben
dirò
che
non
mi
sembra
punto
contrario
alla
tesi
fin
qui
sostenuta
che
lo
Stato
assuma
l
'
ufficio
di
dare
gli
esami
,
e
lo
assuma
esso
solo
.
Che
se
ragioni
pedagogiche
dimostrassero
la
efficacia
di
commissioni
di
esame
miste
,
cioè
composte
di
persone
provenienti
da
diversi
istituti
,
io
non
avrei
nulla
da
opporvi
in
quanto
queste
commissioni
operassero
per
delegazione
dello
Stato
.
Ma
se
invece
si
reputassero
più
acconci
a
tale
funzione
gli
insegnanti
ufficiali
,
io
dico
che
non
v
'
è
necessità
intrinseca
di
una
guarentigia
contro
lo
Stato
.
Imperocché
nell
'
ordine
delle
idee
che
abbiamo
espresso
,
non
è
giusto
né
si
conviene
mettere
lo
Stato
in
suspicione
quando
il
suo
solo
fine
e
il
suo
solo
interesse
è
quello
di
elevare
ognor
più
il
grado
degli
esami
e
la
cultura
pubblica
,
e
ad
esso
più
che
ad
ogni
altro
si
appartiene
la
imparzialità
.
Abbiamo
detto
che
lo
Stato
non
permette
l
'
esercizio
di
alcune
professioni
pubbliche
se
non
se
con
date
cautele
e
riguardi
:
esso
vuole
assicurare
ai
cittadini
che
colui
che
le
esercita
,
abbia
percorso
certi
studi
e
fatte
certe
prove
.
Ora
si
chiede
se
simiglianti
cautele
possano
esigersi
anche
da
quei
cittadini
che
vogliono
assumere
nelle
associazioni
religiose
riconosciute
,
l
'
ufficio
di
ministri
del
culto
e
di
pastori
di
anime
.
E
rispondo
di
sì
,
perché
anche
quella
è
una
professione
pubblica
e
di
grande
importanza
.
Né
qui
è
il
caso
di
applicare
in
tutta
la
sua
ampiezza
il
principio
economico
della
libera
concorrenza
,
per
la
quale
sarebbe
lecito
a
chiunque
praticare
qualsiasi
arte
,
lasciando
poi
ai
privati
uomini
di
far
intero
giudizio
sulla
scelta
della
persona
che
può
soccorrere
ai
loro
bisogni
;
e
per
usar
la
frase
economica
lasciando
che
i
consumatori
vadano
in
cerca
di
quei
produttori
che
più
loro
talentano
.
Ma
questa
teorica
troppo
assoluta
trova
il
suo
freno
in
considerazioni
di
fatto
,
perché
nel
privato
cittadino
mancano
le
conoscenze
per
ben
giudicare
,
mentre
dall
'
altra
banda
vi
ha
in
quelle
professioni
facilità
di
abuso
,
e
pericolo
spesso
irrimediabile
per
la
famiglia
e
per
la
città
.
E
può
eziandio
giustificarsi
teoricamente
col
mostrare
che
qui
la
concorrenza
vera
sarebbe
falsata
dall
'
impostura
che
ne
piglierebbe
il
sembiante
.
Per
la
qual
cosa
come
non
saprei
accogliere
nelle
condizioni
presenti
della
società
,
il
pensiero
di
far
getto
di
tutte
le
cautele
di
tal
genere
,
per
quanto
possono
parere
a
taluni
o
soverchie
o
insufficienti
,
così
io
non
veggo
ragione
per
la
quale
tali
o
simiglianti
cautele
non
potrebbero
estendersi
eziandio
all
'
esercizio
del
sacerdozio
,
che
nella
nostra
ipotesi
è
una
professione
,
per
quanto
nobile
,
non
però
disforme
dalle
altre
.
Adunque
fra
le
ultime
leggi
prussiane
,
che
pur
sono
informate
al
concetto
giurisdizionale
,
questa
però
mi
par
d
'
indole
più
generale
e
da
accettarsi
anche
altrove
,
nella
parte
,
dico
,
che
riguarda
l
'
obbligazione
degli
studi
per
esercitare
un
ufficio
ecclesiastico
*
.
Ben
è
chiaro
che
,
secondo
il
nostro
disegno
,
non
è
della
materia
teologica
che
lo
Stato
debba
inframettersi
;
ma
non
vi
sarebbe
contradizione
alcuna
col
principio
da
noi
sostenuto
se
a
coloro
che
si
dedicano
alla
carriera
ecclesiastica
fossero
prescritti
certi
studi
ed
esami
di
generale
coltura
:
i
quali
sono
tanto
più
giustificati
quanto
è
più
libera
la
formazione
delle
associazioni
religiose
,
e
vengono
meno
le
guarentigie
che
gli
antichi
ordinamenti
fornivano
.
E
si
avverta
che
ne
scenderebbe
per
naturale
conseguenza
che
,
senza
ulteriore
difficoltà
,
in
quelle
materie
gli
ecclesiastici
potessero
eziandio
riguardarsi
come
aventi
il
diritto
ad
esercitare
gli
uffici
dell
'
insegnamento
.
Passiamo
a
sciogliere
gli
ultimi
due
quesiti
.
Lo
Stato
dee
insegnar
religione
,
aprire
seminari
,
istituire
facoltà
teologiche
?
Secondo
il
nostro
concetto
la
risposta
a
questo
quesito
è
negativa
,
dappoiché
per
l
'
una
parte
noi
abbiamo
sostenuto
che
esso
non
è
competente
in
materia
religiosa
,
e
per
l
'
altra
gli
argomenti
,
che
valgono
a
fornire
col
tributo
comune
l
'
istruzione
pubblica
,
non
possono
giungere
sino
al
punto
di
fornire
un
insegnamento
tutto
speciale
,
che
ciascun
cittadino
può
attingere
a
quella
fonte
che
più
crede
a
sé
propizia
,
mentre
a
nessuno
è
lecito
imporgli
una
dottrina
anziché
un
'
altra
.
Né
diversamente
la
pensava
il
Conte
di
Cavour
quando
,
nella
tornata
del
14
marzo
1851
,
diceva
che
il
Governo
dovrebbe
rimanere
estraneo
allo
insegnamento
della
teologia
,
e
rinunciare
eziandio
alla
diretta
ed
immediata
direzione
dei
seminari
che
in
quel
tempo
aveva
.
Se
non
che
,
quando
nel
1872
si
trattò
nel
Parlamento
italiano
dell
'
abolizione
delle
facoltà
teologiche
,
sorsero
alcune
voci
autorevoli
a
sostenerle
anche
sotto
l
'
aspetto
meramente
scientifico
.
E
dicevano
in
sostanza
che
la
università
degli
studi
non
può
passarsi
della
contemplazione
delle
cose
divine
,
vuoi
speculativamente
,
vuoi
storicamente
,
atteso
lo
influsso
grandissimo
che
la
religione
ha
nella
scienza
e
nella
vita
non
pur
dell
'
individuo
ma
delle
nazioni
.
Però
chi
ben
guarda
vedrà
che
tutta
l
'
argomentazione
si
fondava
sopra
un
concetto
indistinto
e
confuso
.
Imperocché
,
chi
potrebbe
negare
che
in
una
università
completa
s
'
insegnino
eziandio
le
materie
teologiche
e
la
storia
ecclesiastica
,
e
la
esegesi
,
e
la
critica
dei
libri
sacri
?
Anzi
il
trascurare
questa
materia
sarebbe
menomare
l
'
ampiezza
dello
scibile
e
tornerebbe
a
declinazione
degli
studi
.
Ciò
che
si
nega
è
la
facoltà
teologica
come
espressione
di
un
sistema
determinato
di
credenze
,
coordinato
ai
dettati
di
un
magistero
ecclesiastico
riconosciuto
ed
approvato
dallo
Stato
.
Imperocché
ciascheduna
Chiesa
ha
mestieri
di
una
teologia
accomodata
ai
suoi
dogmi
e
alle
sue
discipline
.
Ma
se
lo
Stato
non
ne
riconosce
alcuna
con
preferenza
,
non
può
farsi
altrui
maestro
dell
'
una
più
che
dell
'
altra
.
Né
vale
tampoco
il
dire
che
lo
Stato
non
si
fa
mallevadore
né
vindice
delle
dottrine
mediche
,
o
legali
,
o
fisiche
,
o
filologiche
,
e
pur
ne
porge
l
'
insegnamento
;
imperocché
codesta
obbiezione
al
contrario
ribadisce
il
nostro
assunto
.
Non
si
nega
che
lo
Stato
fondi
cattedre
di
teologia
speculativa
o
storica
,
purché
non
siano
necessariamente
collegate
e
dipendenti
da
una
Chiesa
determinata
.
Ora
è
ciò
appunto
quello
che
sin
qui
fu
inteso
per
facoltà
teologica
,
e
il
volerla
conservare
in
tali
termini
,
importerebbe
un
insegnamento
ufficiale
dello
Stato
in
questa
materia
,
e
trarrebbe
per
conseguenza
pari
insegnamento
in
tutti
gli
altri
rami
della
scienza
.
Sicché
a
me
pare
che
bene
il
Messedaglia
concludesse
così
:
"
Non
bisogna
confondere
insegnamento
teologico
con
facoltà
teologica
.
L
'
insegnamento
teologico
può
essere
un
insegnamento
come
qualunque
altro
,
quando
siagli
mantenuta
la
sua
piena
indipendenza
scientifica
,
e
lo
si
consideri
al
modo
degli
altri
insegnamenti
di
una
facoltà
puramente
filosofica
.
Ma
una
facoltà
teologica
invece
è
qualche
cosa
di
più
;
è
un
insegnamento
speciale
di
materia
positiva
che
deve
avere
un
carattere
suo
proprio
,
essenzialmente
dommatico
,
nel
senso
di
una
o
di
un
'
altra
denominazione
,
denominational
,
come
si
dice
in
Inghilterra
.
Facoltà
propriamente
teologiche
in
questo
senso
non
ne
possono
qui
esistere
.
I
relativi
insegnamenti
rientrerebbero
senz
'
altro
nella
facoltà
filosofica
*."
Rimane
solo
a
dire
di
un
punto
,
ma
forse
il
più
arduo
e
scabroso
degli
altri
.
Nelle
scuole
pubbliche
elementari
e
mediane
,
sopratutto
nelle
inferiori
alle
quali
la
moltitudine
dei
fanciulli
accede
,
si
dee
o
no
insegnar
religione
?
E
pare
veramente
che
il
difetto
di
ogni
ammaestramento
religioso
sia
capitale
,
e
quasi
renda
nulla
ogni
efficacia
degli
altri
primi
rudimenti
;
cosicché
in
un
paese
dove
non
è
pluralità
di
credenze
,
i
padri
di
famiglia
si
disvogliano
dal
mandare
i
figliuoli
loro
ad
una
scuola
così
arida
,
e
destituita
di
ciò
che
più
agevolmente
può
insinuarsi
in
quelle
tenere
menti
,
e
deporvi
i
germi
dell
'
onesto
vivere
e
dei
più
nobili
sentimenti
dell
'
animo
.
Laddove
molte
sono
le
sette
religiose
,
il
padre
può
comprendere
questa
disposizione
riguardo
al
figlio
,
ma
lo
può
difficilmente
dove
c
'
è
una
sola
fede
.
Eppure
,
se
vogliamo
essere
coerenti
al
principio
da
noi
stabilito
,
se
il
Governo
è
davvero
incompetente
in
materia
religiosa
,
così
com
'
esso
non
fornisce
lo
insegnamento
teologico
,
non
dee
neppure
imporre
il
catechismo
*
.
E
quando
io
parlo
di
Governo
intendo
similmente
di
Provincia
e
Comune
,
che
in
ciò
ponno
considerarsi
come
piccoli
stati
.
Qui
ci
soccorre
l
'
esempio
dell
'
America
dove
invero
il
sentimento
religioso
è
così
diffuso
come
profondo
,
e
nondimeno
nelle
scuole
elementari
,
che
non
sono
tenute
da
associazioni
ecclesiastiche
,
non
s
'
insegna
religione
.
Però
vi
si
hanno
alcune
cure
le
quali
meritano
ogni
considerazione
.
Primo
,
che
nei
libri
scolastici
non
vi
sia
cosa
che
possa
indurre
alla
miscredenza
o
al
dispregio
della
religione
,
e
a
tal
fine
i
testi
elementari
sono
,
anche
d
'
accordo
coi
ministri
dei
vari
culti
riveduti
ed
espurgati
.
In
secondo
luogo
,
nell
'
orario
giornaliero
delle
lezioni
si
lascia
sempre
un
'
adeguato
tempo
libero
a
chi
vuole
erudirsi
nella
religione
.
Anzi
,
nelle
scuole
stesse
debbono
essere
apparecchiate
sale
all
'
uso
dell
'
insegnamento
religioso
,
e
si
forniscono
di
tutti
gli
utensili
necessari
,
a
comodo
di
quei
preti
e
maestri
che
,
scelti
dalle
famiglie
,
o
aventi
giurisdizione
ecclesiastica
nel
luogo
,
siano
deputati
ad
insegnar
religione
.
E
dai
padri
di
famiglia
si
dichiara
se
vogliono
che
il
figliuolo
vi
assista
,
ed
in
quale
delle
comunioni
debba
classificarsi
*
.
Insomma
,
nelle
scuole
così
dette
libere
che
corrispondono
alle
nostre
comunali
o
private
,
l
'
insegnamento
della
religione
non
è
obbligato
,
ma
in
due
modi
lo
Stato
lo
favorisce
:
negativamente
,
non
insegnando
mai
cosa
che
ad
esso
sia
contraria
,
positivamente
agevolando
tutti
i
mezzi
affinché
nella
scuola
stessa
possa
il
fanciullo
apprendere
la
dottrina
religiosa
,
se
così
vuole
il
padre
di
famiglia
.
Dove
mi
piace
di
notare
la
importanza
massima
di
quella
parte
che
ho
chiamato
negativa
,
e
che
consiste
nel
rispetto
imposto
ai
maestri
di
qualsivoglia
disciplina
,
verso
la
religione
in
generale
,
e
in
ispecie
verso
tutte
le
confessioni
.
Il
che
val
meglio
di
uno
insegnamento
dommatico
,
ma
svogliato
,
materiale
,
titubante
che
non
parla
all
'
intelletto
né
al
cuore
,
come
quello
che
si
dà
in
alcune
scuole
di
qua
dall
'
Atlantico
.
Perché
se
il
fanciullo
,
colla
sua
mente
arguta
,
giunge
ad
indovinare
che
il
maestro
non
dà
vero
e
grande
valore
a
ciò
che
gli
spiega
,
ciò
basta
ad
estinguere
nell
'
animo
suo
i
germi
del
sentimento
religioso
,
e
può
determinare
la
sua
condotta
avvenire
in
senso
opposto
a
quello
che
coll
'
istruzione
religiosa
s
'
intende
di
conseguire
.
Adunque
se
nelle
scuole
pubbliche
dell
'
America
per
instituto
non
s
'
insegna
religione
,
ciò
è
non
per
ostilità
o
dispregio
verso
di
essa
,
ma
per
ossequio
ai
sentimenti
della
famiglia
,
e
per
rispetto
alla
massima
libertà
individuale
.
La
quale
osservazione
mi
parve
da
non
trascurare
perché
sia
tolto
ogni
dubbio
che
la
separazione
giuridica
della
Chiesa
dallo
Stato
significhi
nimicizia
e
guerra
fra
loro
.
Che
anzi
,
se
v
'
ha
cosa
che
mi
sembri
evidente
,
ella
è
questa
,
che
la
separazione
giuridica
nelle
condizioni
presenti
dell
'
Europa
,
e
in
ispecie
dell
'
Italia
,
sia
il
solo
mezzo
di
ravvivare
il
sentimento
religioso
,
di
ricreare
nell
'
avvenire
la
concordia
degli
animi
,
e
di
promuovere
quella
unità
d
'
intendimenti
e
di
fini
che
meglio
vale
a
felicitare
e
migliorare
l
'
umano
consorzio
.
Più
agevole
mi
riescirà
il
dire
della
beneficenza
.
Che
gli
uomini
che
hanno
consacrato
la
loro
vita
al
servizio
di
Dio
si
reputino
anche
più
atti
e
più
disposti
dell
'
universale
alle
Opere
pie
,
apparisce
assai
naturale
.
Il
sentimento
d
'
annegazione
dovrebbe
informare
tutto
l
'
animo
loro
,
e
della
religione
fan
parte
nobilissima
le
cure
date
ai
dolori
e
alle
sventure
del
prossimo
.
Ma
che
codesto
sia
un
titolo
per
fare
della
beneficenza
un
monopolio
,
e
uno
strumento
di
dominazione
,
ella
è
cosa
che
per
nessuna
guisa
può
concedersi
.
La
carità
non
è
un
privilegio
di
pochi
ma
una
dote
di
tutti
gli
uomini
di
cuor
generoso
e
rampolla
spontaneamente
dagli
animi
loro
ben
fatti
.
E
anche
laddove
la
pietà
degli
avi
ha
lasciato
sostanze
destinate
a
sollievo
dell
'
umanità
,
non
v
'
è
ragione
alcuna
perché
l
'
amministrazione
di
esse
debba
darsi
piuttosto
agli
ecclesiastici
che
ai
laici
;
che
se
ciò
fosse
preordinato
dalle
tavole
di
fondazione
,
parmi
questo
uno
dei
casi
nei
quali
il
governo
,
colle
debite
cautele
e
riguardi
,
possa
con
utile
riforma
introdurvi
il
laicato
.
Pertanto
,
dirimpetto
allo
Stato
,
la
Chiesa
e
i
suoi
ministri
non
hanno
,
nel
governo
della
pubblica
beneficenza
,
altro
titolo
che
quello
di
ogni
cittadino
,
il
che
concorda
altresì
colle
tendenze
del
nostro
tempo
di
sostituire
alla
elemosina
il
mutuo
soccorso
,
e
di
far
sì
che
il
povero
trovi
nel
risparmio
del
tenue
suo
obolo
,
una
guarentigia
di
ristoro
nei
casi
di
sventura
,
di
malattia
e
di
vecchiezza
.
Or
dunque
,
riassumendo
le
cose
dette
,
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
implica
queste
condizioni
:
Che
l
'
associazione
religiosa
abbia
suo
peculiare
essere
,
e
sua
organizzazione
riconosciuta
dallo
Stato
,
entro
tali
limiti
però
che
non
possa
offendere
i
diritti
dei
cittadini
,
delle
altre
associazioni
,
dello
Stato
stesso
,
della
civile
società
;
Che
rispetto
alle
funzioni
sociali
sinora
esercitate
dagli
ecclesiastici
o
delle
quali
pretendono
il
monopolio
,
essi
rientrino
nel
diritto
comune
,
e
siano
pareggiati
agli
altri
cittadini
;
Che
cessi
ogni
ingerenza
ecclesiastica
in
tutto
ciò
che
è
atto
civile
,
e
cessi
ogni
ingerenza
governativa
in
tutto
ciò
che
è
atto
meramente
religioso
.
Abbiamo
cercato
dimostrare
questi
punti
,
divisare
le
fattezze
principali
dell
'
organizzazione
che
dovrebbero
prendere
le
aggregazioni
religiose
,
e
disegnare
le
prime
linee
della
legislazione
che
vi
corrisponde
.
Che
se
il
nostro
discorso
,
tenendo
alcun
che
di
generale
,
è
applicabile
a
tutta
l
'
Europa
,
pure
è
più
particolarmente
rivolto
all
'
Italia
.
Se
non
che
una
serie
di
obbiezioni
s
'
accampano
contro
la
giustizia
,
la
possibilità
,
la
convenienza
di
attuare
questo
disegno
.
E
posto
ancora
che
lo
si
accolga
come
un
ideale
a
cui
gradatamente
accostarci
,
si
chiede
per
quali
vie
,
con
quali
mezzi
ciò
possa
farsi
,
e
quali
temperamenti
occorrano
nel
periodo
transitorio
.
Noi
ci
proveremo
a
risolvere
queste
varie
questioni
nel
capitolo
seguente
.
CAPITOLO
QUARTO
Sento
affoltarsi
le
difficoltà
contro
il
concetto
così
delineato
,
e
contro
i
modi
di
attuarlo
,
e
mi
par
necessario
pigliarle
ad
una
ad
una
,
e
tenterò
di
rispondervi
.
La
prima
e
massima
è
pur
quella
intorno
alla
quale
mi
sono
travagliato
nel
Capitolo
secondo
,
e
che
da
capo
sempre
ritorna
,
cioè
,
ch
'
egli
è
impossibile
il
separare
la
Chiesa
dallo
Stato
,
perch
'
è
impossibile
separare
il
credente
dal
cittadino
e
quasi
divider
l
'
uomo
in
due
brandelli
.
Al
fine
dello
Stato
è
di
supremo
momento
la
buona
educazione
morale
dei
popoli
:
anzi
vale
più
che
le
armi
e
i
tribunali
e
le
carceri
,
perocché
assicura
le
persone
e
le
proprietà
,
col
mezzo
più
nobile
e
più
sereno
,
cioè
,
coll
'
ossequio
alla
verità
.
Indi
segue
che
lo
Stato
non
può
lasciare
alla
balìa
e
all
'
arbitrio
dei
privati
questo
punto
capitale
della
umana
conversazione
.
Se
si
vuol
che
regni
la
giustizia
quanto
è
possibile
in
terra
,
bisogna
coordinare
tutte
le
forze
a
tal
intendimento
,
e
prima
tra
esse
la
religione
.
Questo
per
parte
dello
Stato
.
Quanto
poi
alla
religione
,
se
la
vita
eterna
è
il
supremo
fine
dell
'
uomo
,
se
gli
altri
fini
terreni
debbono
aver
ragione
di
mezzi
,
o
almeno
non
esser
ostacoli
al
conseguimento
di
esso
,
chi
non
vede
che
tutti
gli
argomenti
umani
dei
quali
il
Governo
è
uno
dei
più
efficaci
,
debbono
cospirare
insieme
a
favorirla
?
Così
,
o
sotto
l
'
aspetto
religioso
,
o
sotto
l
'
aspetto
sociale
,
si
propugna
l
'
unità
del
pensiero
e
dell
'
azione
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
.
Altri
poi
,
i
quali
non
giungono
tant
'
oltre
da
dichiarare
la
impossibilità
della
separazione
loro
,
nondimeno
reputano
che
al
maggior
bene
dell
'
individuo
e
della
società
,
l
'
accordo
fra
Stato
e
Chiesa
sia
di
grandissimo
rilievo
,
e
pur
riconoscendo
la
distinzione
dei
fini
e
dei
mezzi
,
scorgono
tanta
attinenza
fra
quelli
dell
'
uno
e
quelli
dell
'
altra
da
conchiuderne
che
sia
utilissima
ed
opportunissima
la
loro
unione
,
e
dannosa
oltremodo
la
separazion
loro
,
la
quale
implica
altresì
un
abbassamento
nella
dignità
di
queste
due
grandi
istituzioni
.
In
tale
ordine
di
idee
sono
gli
Stati
protestanti
principalmente
,
laddove
vi
ha
una
Chiesa
,
come
dicono
,
stabilita
o
ufficiale
,
le
cui
dignità
s
'
intrecciano
colle
dignità
secolari
,
e
i
cui
capi
talora
partecipano
alla
legislazione
dello
Stato
.
Io
diceva
sopra
che
a
questo
risponde
tutto
il
Capitolo
secondo
;
nondimeno
farò
di
raccoglierne
sommariamente
gli
argomenti
.
E
prima
di
tutto
la
unità
assoluta
dello
Stato
e
della
Chiesa
,
potè
per
avventura
essere
un
bene
nei
primi
periodi
della
società
,
ma
in
processo
di
tempo
è
chiarita
dalle
istorie
esiziale
.
L
'
unione
della
spada
e
del
pastorale
soffoca
ed
annienta
qualsiasi
libertà
,
e
ben
si
può
dire
che
uno
dei
grandi
principii
introdotti
nel
mondo
dal
Cristianesimo
,
e
del
quale
più
si
è
vantaggiata
la
civiltà
,
egli
è
appunto
quello
di
aver
distinto
il
regime
spirituale
dal
temporale
,
e
dato
Caesari
quae
sunt
Caesaris
et
Deo
quae
sunt
Dei
.
E
la
forza
di
questa
distinzione
è
tanta
,
che
dopo
la
introduzione
del
Cristianesimo
,
mai
non
si
potè
,
né
mai
si
volle
almeno
teoricamente
,
riconfondere
le
due
cose
.
Il
sistema
teocratico
del
medio
evo
riguardava
sì
l
'
impero
come
sottoposto
alla
Chiesa
,
presidio
e
braccio
secolare
di
essa
;
ma
gli
riconosceva
balìa
di
governare
liberamente
in
tutto
che
alla
Chiesa
non
avesse
alcuna
attinenza
.
Il
sistema
giurisdizionale
,
e
quello
dei
protestanti
,
sebbene
faccia
della
religione
una
istituzione
dello
Stato
,
e
il
Principe
capo
supremo
di
essa
,
pur
nondimeno
si
precinge
di
cautele
,
e
vuol
che
sia
ben
chiaro
come
la
supremazia
del
Principe
laico
non
riguarda
che
la
esteriorità
della
Chiesa
;
quanto
alla
interiorità
veramente
religiosa
,
si
sforza
di
lasciare
piena
indipendenza
alla
gerarchia
ecclesiastica
e
alle
sue
assemblee
.
Il
Pontefice
stesso
sostenendo
la
necessità
del
suo
potere
temporale
in
Roma
,
oltrecché
poneva
la
tesi
di
uno
Stato
piccolo
di
estensione
,
e
paterno
di
autorità
,
era
inoltre
costretto
a
trarne
la
giustificazione
da
ciò
appunto
che
negli
altri
Stati
la
Chiesa
si
sentiva
vincolata
dalle
prescrizioni
regie
,
ond
'
era
necessario
un
punto
,
nel
quale
le
deliberazioni
del
Pontefice
non
trovassero
ostacolo
di
sorta
.
Ma
quando
dalla
teorica
si
passa
all
'
attuazione
,
qui
ancora
la
storia
ci
dimostra
le
difficoltà
insuperabili
della
impresa
.
Nota
il
Montesquieu
*
a
ragione
,
che
la
più
avvelenata
fonte
di
sventura
appo
i
Greci
del
Basso
Impero
,
fu
questa
che
mai
non
conobbero
i
limiti
della
potestà
ecclesiastica
e
della
civile
,
sicché
da
ambe
le
parti
vi
fu
una
sequela
d
'
invadimenti
e
di
traviamenti
.
Nell
'
Europa
occidentale
invece
ferveva
il
conflitto
fra
le
due
potestà
,
e
se
talora
parve
posare
fu
perché
l
'
una
tenne
l
'
altra
sotto
gravi
pesi
.
Né
i
concordati
ebbero
esito
migliore
:
erano
soste
temporanee
delle
quali
l
'
una
e
l
'
altra
parte
era
scontenta
,
e
aspettava
solo
occasione
propizia
alla
riscossa
.
La
ragione
è
,
che
quando
la
società
è
pervenuta
ad
un
certo
grado
di
civiltà
,
ciascuno
degli
elementi
connaturati
all
'
uomo
tende
a
svolgersi
in
modo
autonomo
ed
indipendente
.
Vi
ha
poi
nella
religione
qualche
cosa
di
così
personale
,
intimo
,
e
profondo
che
si
ribella
ad
ogni
costringimento
esterno
,
e
quando
vi
cede
,
egli
è
che
lo
spirito
vivificatore
si
è
dileguato
,
e
ne
resta
solo
la
parte
,
per
così
dire
,
meccanica
e
di
abitudine
*
.
Però
quando
i
giurisdizionalisti
e
gli
uomini
di
Stato
del
passato
secolo
stimavano
agevol
opera
riunire
la
Chiesa
e
lo
Stato
sotto
l
'
indirizzo
e
la
disciplina
di
quest
'
ultimo
,
non
iscorgevano
che
la
religione
da
essi
raffigurata
come
esemplare
,
non
era
più
che
la
forma
apparente
di
essa
,
ma
la
sostanza
ne
svaniva
.
Io
torno
a
ripetere
che
qui
si
tratta
di
unione
giuridica
,
e
non
di
accordo
morale
e
spontaneo
,
il
quale
è
sempre
desiderabile
fra
tutti
gli
elementi
della
società
,
anzi
,
fornisce
impulso
a
verace
progresso
.
Si
tratta
di
una
organizzazione
per
la
quale
dall
'
una
parte
lo
Stato
protegga
la
Chiesa
,
e
dall
'
altra
la
Chiesa
tenga
gli
animi
ben
edificati
all
'
ubbidienza
verso
lo
Stato
.
Ora
,
se
tale
organizzazione
fosse
stata
anche
possibile
nelle
età
trascorse
,
se
avesse
perciò
la
sua
giustificazione
storica
,
io
dico
che
la
condizion
degli
spiriti
in
tutta
Europa
,
e
specialmente
nei
paesi
cattolici
non
si
presta
più
a
questa
colleganza
giuridica
qual
che
ne
sia
la
forma
.
Allora
solo
la
colleganza
giuridica
si
concepisce
possibile
,
e
può
,
sino
ad
un
certo
punto
,
riuscire
efficace
quando
vi
sia
comunione
di
credenza
,
e
,
se
non
intera
,
almeno
tale
da
permettere
che
il
Governo
si
professi
apertamente
e
risolutamente
cattolico
,
indirizzi
la
sua
azione
a
mantenere
la
religione
,
a
proteggerne
il
culto
,
a
preservarne
la
purezza
,
e
mostri
nelle
sue
leggi
che
mai
non
fa
astrazione
dal
domma
.
Non
intendo
con
ciò
che
tale
Stato
sia
intollerante
o
perseguiti
i
dissidenti
e
gli
increduli
:
ma
non
li
favorisca
,
né
li
incoraggi
,
né
ponga
in
cima
degli
onori
la
filosofia
libera
,
e
quella
scienza
che
si
propone
di
scalzare
la
base
di
ogni
credenza
.
Che
anzi
bisogna
per
l
'
una
parte
che
l
'
insegnamento
del
laicato
sia
religioso
,
per
l
'
altra
che
nell
'
insegnamento
del
clero
lo
Stato
abbia
una
ingerenza
,
e
che
entrambe
queste
scuole
cospirino
allo
stesso
fine
.
Ora
è
possibile
sì
fatto
ordine
di
cose
in
Europa
,
sopratutto
nei
paesi
cattolici
?
È
possibile
in
Italia
nella
situazione
del
tempo
?
A
me
pare
che
no
,
e
quindi
mi
è
d
'
avviso
che
al
momento
storico
presente
(
per
usare
questa
frase
moderna
)
null
'
altro
risponda
che
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
.
Tutte
le
obbiezioni
teoriche
fanno
capo
a
questa
che
abbiam
tratteggiato
sopra
,
nondimeno
gioverà
esaminarle
più
dappresso
.
Giuseppe
Piola
scrisse
un
libro
pieno
di
sagaci
e
nobili
pensieri
e
di
sottili
argomentazioni
,
nel
quale
,
divisando
ciò
che
egli
intende
per
libertà
della
Chiesa
,
combatte
le
opinioni
che
abbiamo
esposte
di
sopra
,
e
più
particolarmente
la
polizia
ecclesiastica
del
Governo
italiano
in
questi
ultimi
anni
*
.
Il
Piola
prende
le
mosse
dal
distinguere
le
società
di
diritto
privato
,
e
le
società
di
diritto
pubblico
o
meglio
ancora
istituzioni
.
Giudica
che
queste
sono
indirizzate
ad
un
fine
connaturato
all
'
uomo
,
e
perciò
sono
necessarie
non
volontarie
;
e
fra
esse
pone
la
Chiesa
,
alla
quale
,
per
conseguenza
,
sarebbe
assurdo
applicare
quello
che
chiamasi
diritto
comune
,
mentre
non
può
appartenerle
che
un
diritto
suo
proprio
e
che
dalla
sua
indole
e
dal
suo
fine
scaturisca
,
come
avviene
del
Comune
,
della
Provincia
,
delle
Opere
Pie
,
ecc
..
Quindi
necessità
di
accordi
fra
Chiesa
e
Stato
,
quindi
altresì
giurisdizione
dello
Stato
rispetto
alla
Chiesa
.
Questo
concetto
è
il
fondamento
d
'
ogni
sua
argomentazione
.
Allo
Stato
dee
star
a
cuore
che
il
sentimento
religioso
si
svolga
,
e
perciò
che
la
istituzione
sociale
che
vi
provvede
,
sia
bene
ordinata
e
prospera
;
e
non
una
Chiesa
in
genere
,
ma
una
Chiesa
peculiare
,
e
se
vuolsi
anche
parecchie
confessioni
della
Chiesa
medesima
,
ma
determinate
,
precise
,
con
certe
credenze
dommatiche
,
e
certi
dettami
morali
comuni
.
Che
questo
sia
il
concetto
,
come
dissi
,
fondamentale
del
Piola
,
ci
pare
evidente
da
tutto
il
contesto
,
sebbene
pur
senta
egli
stesso
qua
e
colà
che
allo
Stato
moderno
non
è
possibile
professare
questa
fede
religiosa
.
Ed
invero
l
'
autore
vuole
che
lo
Stato
provveda
che
nelle
scuole
primarie
l
'
insegnamento
religioso
formi
,
per
dir
così
,
il
condimento
di
tutta
l
'
istruzione
*
.
Nelle
scuole
secondarie
poi
,
dove
si
può
parlare
di
più
alla
intelligenza
,
i
principii
religiosi
debbono
dar
luogo
ad
un
insegnamento
speciale
.
Il
quale
sarebbe
nella
sua
essenza
insegnamento
di
morale
dedotta
dalla
credenza
religiosa
.
"
Non
si
tratta
,
dic
'
egli
,
di
una
morale
,
sociale
o
civile
,
o
indipendente
come
suol
dirsi
,
che
significa
in
sostanza
la
morale
delle
convenienze
sociali
,
e
dell
'
interesse
temporale
ben
inteso
.
No
,
non
è
questa
la
morale
del
sacrifizio
,
dello
subordinazione
volontaria
dell
'
uomo
ad
un
fine
superiore
a
lui
,
non
è
questo
che
lo
rende
capace
di
azioni
grandi
,
non
è
di
cittadini
educati
a
questo
modo
che
lo
Stato
può
esser
contento
.
Rendere
indipendente
la
morale
dalla
credenza
religiosa
,
in
quanto
a
noi
,
non
lo
comprendiamo
più
di
quello
che
rendere
indipendente
un
edifizio
dai
suoi
fondamenti
*
.
"
Ma
la
conseguenza
di
questo
giudizio
dovrebbe
essere
l
'
unità
di
religione
,
come
una
è
la
morale
che
allo
Stato
preme
diffondere
e
mantenere
fra
i
cittadini
.
Se
il
domma
è
il
fondamento
sul
quale
sorge
l
'
edifizio
della
morale
,
per
seguire
la
stessa
metafora
,
non
è
sopra
fondamenti
diversi
gittati
senza
connessione
fra
loro
,
anzi
in
contrasto
e
mal
solidi
,
che
un
edificio
può
sorgere
.
Ma
è
egli
possibile
oggi
pretendere
che
lo
Stato
prescriva
una
determinata
credenza
,
un
domma
religioso
positivo
,
e
non
permetta
altro
insegnamento
?
Certo
no
,
e
ben
lo
sente
il
Piola
,
ma
invano
tenta
di
svincolarsi
dalla
conseguenza
delle
sue
premesse
.
"
Questo
insegnamento
,
dic
'
egli
,
nelle
scuole
primarie
e
secondarie
,
potrebbe
esser
dato
tanto
da
un
laico
quanto
da
un
prete
,
o
da
un
ministro
protestante
o
da
un
rabbino
,
purché
sia
uomo
che
professi
coscienziosamente
la
sua
religione
.
Chiudiamo
la
cattedra
delle
scuole
primarie
e
secondarie
all
'
ateo
,
al
materialista
,
allo
scettico
,
ed
anche
al
semplice
deista
.
Lungi
dal
sacerdozio
dell
'
insegnamento
chi
ha
castrato
l
'
animo
suo
della
idea
e
del
sentimento
religioso
.
A
siffatti
eunuchi
noi
non
dobbiamo
affidare
l
'
educazione
morale
e
intellettuale
dei
nostri
figli
*."
.
Questo
discorso
può
avere
in
sé
molte
parti
di
vero
,
ma
perché
sia
efficace
,
è
necessario
che
chi
lo
fa
,
creda
nella
verità
del
domma
del
quale
richiede
l
'
insegnamento
come
indispensabile
principio
della
morale
.
Deve
lo
Stato
,
può
lo
Stato
in
questo
momento
fare
un
cotal
atto
di
fede
?
Chi
può
farlo
soltanto
egli
è
il
padre
di
famiglia
,
nella
cui
bocca
il
discorso
riesce
pienamente
giustificato
,
avvegnaché
noi
lo
ritenghiamo
pronunziato
con
verità
e
con
lealtà
.
A
me
pare
che
già
il
Piola
disvii
,
e
per
così
dire
deroghi
dal
concetto
genuino
,
quando
pemette
che
lo
Stato
,
nel
curare
lo
svolgersi
delle
credenze
religiose
nelle
anime
dei
cittadini
,
oscilli
quasi
indifferente
fra
il
cattolicismo
e
il
protestantismo
,
e
accetti
pur
anche
la
dottrina
israelitica
.
Codesta
transazione
lo
pone
sovente
in
una
condizione
difficile
,
nella
quale
mal
potrà
rimanere
a
lungo
.
L
'
esempio
che
io
ho
dato
sopra
del
giuramento
prescritto
in
taluno
degli
Stati
Uniti
d
'
America
per
ottenere
impieghi
pubblici
,
e
che
si
è
grado
a
grado
trasformato
,
calza
a
questo
proposito
.
Bisognava
prima
giurare
di
appartenere
alla
Chiesa
evangelica
,
poi
bastò
giurare
di
esser
cristiano
,
poi
di
credere
in
Dio
e
nella
immortalità
dell
'
anima
,
e
infine
dovette
abolirsi
ogni
specie
di
giuramento
religioso
.
Questa
è
la
vicenda
inevitabile
delle
cose
allo
stato
odierno
.
Un
insegnamento
morale
fondato
sul
cattolicismo
è
cosa
chiara
e
precisa
.
Un
insegnamento
morale
impartito
secondo
il
cristianesimo
,
lascia
già
qualche
incertezza
,
ma
pur
tuttavia
ha
un
punto
fermo
:
la
divinità
della
dottrina
insegnata
da
Gesù
Cristo
.
Ma
quando
abbandonando
il
nuovo
Testamento
ci
contentiamo
del
vecchio
,
già
la
morale
stessa
si
diversifica
.
Il
passo
è
fatto
,
lo
insegnamento
a
poco
a
poco
abbandona
il
campo
concreto
e
sollevasi
ad
una
generalità
più
astratta
,
e
finirà
col
trasformarsi
in
una
morale
puramente
umana
,
quella
che
appunto
il
Piola
non
vuole
.
Ma
il
padre
di
famiglia
,
avendo
una
idea
positiva
della
religione
nella
quale
intende
che
il
figlio
suo
sia
allevato
,
esige
perciò
che
quella
e
non
altra
sia
istillata
nell
'
animo
suo
.
Esso
non
può
contentarsi
di
un
insegnamento
morale
dedotto
dalle
credenze
religiose
che
sono
comuni
all
'
israelita
e
al
cristiano
,
al
protestante
e
al
cattolico
:
e
ripeterà
con
più
persuasione
,
e
diciamolo
pure
con
più
ragione
,
che
non
è
là
che
il
figliuol
suo
potrà
attingere
la
virtù
dell
'
annegazione
,
della
rassegnazione
,
della
speranza
.
Adunque
,
che
può
far
lo
Stato
che
più
non
professa
la
fede
ad
una
religione
rivelata
?
Null
'
altro
che
astenersi
.
La
spontaneità
e
la
libertà
suppliranno
qui
al
bisogno
religioso
,
al
quale
lo
Stato
è
divenuto
disadatto
,
una
volta
che
egli
,
nella
sua
condotta
politica
e
legislativa
,
si
è
emancipato
da
ogni
determinata
forma
religiosa
.
Ho
preso
ad
esaminare
questo
punto
perché
mi
è
sembrato
che
ben
mostri
dove
giace
la
differenza
,
per
così
dire
,
originaria
delle
nostre
opinioni
,
ed
invero
è
alla
stregua
dell
'
insegnamento
che
si
può
saggiare
,
più
che
ad
ogni
altra
la
tendenza
dello
Stato
,
e
giustificarne
la
ingerenza
.
Ma
affrettandomi
a
ciò
,
ho
tralasciato
di
notare
che
la
sua
comparazione
della
Chiesa
col
Comune
e
colla
Provincia
non
può
accogliersi
,
né
si
possono
dedurne
conclusioni
legittime
.
Invero
il
Comune
e
la
Provincia
hanno
tali
attribuzioni
che
molto
si
accostano
a
quelle
dello
Stato
:
si
potrebbe
dire
anzi
che
sono
lo
Stato
medesimo
in
piccolo
,
cioè
circoscritto
nella
estensione
,
negli
uffici
,
nei
mezzi
,
ma
avente
sempre
la
sua
caratteristica
di
comandare
e
di
vietare
,
sotto
la
sanzione
di
una
pena
,
e
di
obbligare
i
cittadini
coattivamente
a
fare
un
dato
atto
,
a
pagare
una
data
imposta
,
a
prestare
un
dato
servizio
,
ad
astenersi
dall
'
una
o
dall
'
altra
opera
che
si
crede
nociva
o
disaggradevole
agli
altri
cittadini
.
Nota
il
Piola
che
vi
sono
delle
istituzioni
le
quali
non
hanno
uno
scopo
unico
,
ma
hanno
scopi
diversi
,
e
però
sono
determinate
dal
soggetto
e
non
dall
'
oggetto
.
Esse
hanno
poi
questo
di
peculiare
,
che
quando
manca
una
istituzione
ordinata
a
dato
scopo
,
possono
sino
ad
un
certo
punto
sostituirvisi
,
e
supplirla
*
.
Di
tal
genere
sono
,
secondo
l
'
autore
,
il
Comune
e
la
Provincia
:
ma
di
altro
genere
è
la
Chiesa
la
quale
è
determinata
dal
suo
scopo
speciale
.
Al
Comune
e
alla
Provincia
non
si
rinunzia
altrimenti
che
spiantando
sé
medesimi
dal
suo
territorio
,
laddove
la
Chiesa
ha
,
per
dir
così
,
un
territorio
meramente
morale
,
e
morale
è
il
suo
comando
e
il
suo
divieto
,
e
la
pena
non
è
altro
che
l
'
ammonizione
o
la
penitenza
,
o
la
segregazione
dal
corpo
dei
fedeli
.
Qui
sta
una
differenza
vera
di
opinione
,
perché
se
lo
Stato
considera
la
religione
positiva
come
una
istituzione
sociale
necessaria
ai
suoi
propri
fini
,
non
può
essere
indifferente
al
mantenimento
di
essa
,
uopo
è
che
la
protegga
,
e
quindi
l
'
esercitare
un
culto
e
il
fungere
certe
opere
di
pietà
,
avrà
carattere
giuridico
o
meritorio
dirimpetto
ad
esso
,
e
,
coloro
che
non
professano
quella
religione
positiva
,
se
non
avranno
una
pena
,
la
quale
più
non
si
confà
alle
opinioni
del
tempo
,
dovranno
riguardarsi
almeno
come
cattivi
cittadini
,
e
tenersi
al
possibile
lontani
dal
governo
della
cosa
pubblica
.
Un
altro
punto
,
a
mio
avviso
,
segna
la
diversità
della
opinione
del
Piola
dalla
nostra
,
ed
è
quella
che
riguarda
la
giurisdizione
*
.
Il
Piola
si
meraviglia
e
trova
strano
che
la
giurisdizione
intorno
agli
effetti
giuridici
di
un
decreto
ecclesiastico
o
di
un
atto
canonico
,
debba
passare
dalla
potestà
amministrativa
alla
giudiziaria
.
Se
il
Tribunale
,
dic
'
egli
,
prima
di
determinare
il
diritto
nascente
da
quel
decreto
o
da
quell
'
atto
,
deve
fare
un
giudizio
sulla
validità
dell
'
atto
stesso
,
se
sia
o
no
conforme
alle
leggi
dello
Stato
,
all
'
ordine
pubblico
,
ai
diritti
privati
,
ciò
non
è
altro
che
investire
il
Tribunale
del
diritto
di
exequatur
e
di
placet
che
prima
spettava
allo
Stato
.
A
chi
ben
guardi
,
la
questione
si
presenta
nelle
medesime
forme
che
in
molte
altre
parti
delle
odierne
costituzioni
.
Il
sistema
delle
monarchie
assolute
,
o
delle
repubbliche
aristocratiche
,
dava
al
Governo
la
facoltà
di
regolare
anticipatamente
molti
atti
del
cittadino
:
che
anzi
si
proponeva
di
evitare
i
mali
sociali
con
mezzi
di
prevenzione
;
il
sistema
liberale
,
di
regola
,
non
impedisce
al
cittadino
la
libertà
di
fare
e
per
conseguenza
anche
di
fare
il
male
,
la
sua
azione
comincia
solo
quando
il
male
si
manifesta
,
e
codesta
azione
dello
Stato
si
limita
a
reprimere
o
punire
le
violazioni
delle
leggi
.
Così
per
venire
al
caso
presente
,
lo
Stato
anticamente
pigliava
cognizione
di
ogni
atto
della
Chiesa
,
sia
intervenendo
nei
suoi
sinodi
e
concilii
,
sia
riservandosi
l
'
approvazione
degli
atti
medesimi
,
prima
che
fossero
pubblicati
.
Esso
col
suo
visto
,
o
col
nulla
-
osta
,
veniva
a
riconoscere
la
validità
,
la
efficacia
civile
di
quell
'
atto
,
e
quindi
gli
prestava
braccio
e
forza
per
la
esecuzione
;
mentre
d
'
altra
banda
,
se
gli
ecclesiastici
si
ribellassero
in
qualche
parte
alle
sue
decisioni
,
rendeva
nulli
gli
atti
loro
,
e
li
sentenziava
d
'
abuso
.
Era
il
sistema
preventivo
applicato
in
tutta
la
sua
ampiezza
.
Oggi
invece
lo
Stato
,
secondo
l
'
opinione
nostra
,
lascia
alla
Chiesa
di
deliberare
i
suoi
statuti
,
di
fare
le
sue
decisioni
secondo
certe
forme
e
regole
generali
che
la
legge
avrà
determinato
,
e
oltre
a
ciò
vi
pone
per
condizione
che
non
contraddicano
alle
leggi
,
né
ai
diritti
dei
privati
.
L
'
azione
dello
Stato
comincia
solo
quando
da
quegli
statuti
,
da
quella
decisione
si
vuol
far
scaturire
un
diritto
civile
rispetto
a
persona
o
proprietà
,
diritto
civile
che
abbia
la
sua
effettuazione
materiale
o
la
sua
sanzione
.
Or
bene
,
lo
Stato
aspetta
quell
'
ora
e
lascia
che
il
Tribunale
non
solo
giudichi
la
questione
di
diritto
che
rampolla
dall
'
atto
canonico
,
ma
eziandio
e
preliminarmente
se
l
'
autorità
che
lo
ha
emanato
era
legittima
,
e
se
nel
suo
atto
si
trovi
cosa
alcuna
contraria
alle
leggi
comuni
.
Non
v
'
è
in
ciò
nulla
di
diverso
da
altri
casi
,
non
v
'
è
nulla
intorno
a
che
il
Tribunale
sia
o
apparisca
incompetente
.
Il
Piola
esamina
in
un
luogo
il
titolo
del
Codice
di
Procedura
civile
*
dove
si
parla
di
dare
esecuzione
alle
sentenze
pronunziate
da
Autorità
straniere
per
mezzo
di
un
esame
preliminare
o
come
dicono
di
un
giudizio
di
delibazione
sulla
competenza
dell
'
autorità
e
sulla
regolarità
degli
atti
;
se
la
sentenza
contenga
disposizioni
contrarie
all
'
ordine
pubblico
,
o
al
diritto
pubblico
interno
del
Regno
.
E
per
applicare
questo
metodo
alla
Chiesa
,
desidera
aggiungervi
una
clausola
,
cioè
:
"
se
la
sentenza
sia
in
conformità
delle
leggi
ecclesiastiche
riconosciute
dallo
Stato
.
"
Ora
che
è
questo
riconoscimento
e
come
si
opera
?
Il
Piola
pretende
che
sia
fatto
ogni
volta
che
la
Chiesa
fa
una
decisione
;
e
quindi
nel
diritto
canonico
e
nelle
bolle
papali
richiede
a
priori
una
classificazione
:
di
quelle
cioè
riconosciute
dallo
Stato
e
però
aventi
efficacia
civile
,
e
di
quelle
non
riconosciute
dallo
Stato
e
per
conseguenza
nulle
rispetto
al
Tribunale
.
Noi
invece
diciamo
:
l
'
efficacia
civile
di
una
decisione
o
di
un
atto
ecclesiastico
si
riconosce
dal
Tribunale
,
il
quale
preliminarmente
al
giudizio
sul
diritto
concreto
,
esamina
e
pronunzia
se
quella
decisione
o
quell
'
atto
sia
contrario
alle
leggi
dello
Stato
.
Codesto
è
il
procedimento
e
la
forma
che
più
si
coordina
al
fare
delle
altre
nostre
istituzioni
.
Si
dirà
che
manca
una
giurisprudenza
,
che
vi
ha
pericolo
di
interpretazioni
disformi
;
ma
codesto
pericolo
si
riscontra
in
tutte
le
materie
giuridiche
,
e
quanto
alla
giurisprudenza
,
se
essa
non
è
formata
,
ciò
avviene
perché
fu
seguìto
sinora
il
metodo
di
prevenzione
e
non
di
repressione
,
ma
si
verrà
formando
a
seconda
dei
casi
,
come
si
forma
negli
Stati
Uniti
,
e
forse
risolverà
molti
problemi
che
a
noi
sembrano
oggi
impossibili
a
sciogliere
,
e
sarà
più
equa
,
più
conveniente
che
non
sarebbe
il
decreto
di
un
'
autorità
amministrativa
pronunziato
in
generale
e
fuori
da
ogni
caso
pratico
di
applicazione
.
Qui
si
manifesta
adunque
,
come
dissi
di
sopra
,
la
surrogazione
del
sistema
repressivo
al
sistema
preventivo
che
è
l
'
essenza
degli
ordini
liberali
moderni
,
e
in
ciò
sta
la
differenza
delle
nostre
opinioni
da
quelle
del
Piola
rispetto
alla
giurisdizione
.
Intanto
ci
piace
ricordare
ciò
che
abbiamo
accennato
nel
capitolo
precedente
rispetto
alle
società
d
'
indole
privata
.
Appo
molte
nazioni
e
anche
in
Italia
,
una
società
industriale
o
commerciale
non
si
costituisce
se
non
dopo
un
decreto
reale
che
la
riconosca
e
ne
approvi
gli
statuti
talvolta
anche
modificandoli
.
Qual
'
è
il
desiderio
,
qual
'
è
la
dimanda
che
si
fa
da
assai
tempo
?
È
quello
di
abolire
questo
preventivo
permesso
sostituendovi
,
come
in
Inghilterra
,
una
legge
generale
che
determini
le
forme
onde
le
società
si
costituiscano
,
e
una
registrazione
che
dia
notorietà
alla
esistenza
loro
e
ai
loro
statuti
.
Quando
ciò
sia
effettuato
,
e
si
effettuerà
senza
dubbio
in
breve
,
poniamo
che
si
contenda
di
un
diritto
nascente
dagli
statuti
di
alcuna
di
queste
società
.
Il
Tribunale
,
prima
di
applicare
al
caso
le
sanzioni
del
codice
relative
ai
contratti
,
dovrà
esaminare
se
il
capitolo
dello
statuto
di
che
si
tratta
offendesse
per
avventura
le
leggi
generali
dello
Stato
,
e
in
tal
caso
lo
riterrà
come
nullo
e
di
niun
valore
ed
effetto
.
Egli
è
in
questo
senso
che
noi
intendiamo
la
parola
diritto
comune
quando
ne
invochiamo
l
'
applicazione
anche
alla
Chiesa
.
Non
è
già
che
noi
troviamo
nella
legislazione
attuale
sotto
le
prescrizioni
necessarie
per
la
separazione
di
essa
dallo
Stato
.
Si
tratta
in
parte
de
jure
condendo
e
non
de
jure
condito
;
e
quindi
,
come
il
Mamiani
notò
benissimo
,
occorre
ampliarlo
*
.
E
questa
legislazione
dee
compiersi
,
informandosi
rispetto
alla
Chiesa
,
ai
principii
di
diritto
e
di
equità
generale
,
ma
come
non
dee
accordarle
privilegi
di
sorta
,
così
non
dee
neppure
essere
ispirata
da
sensi
di
suspicione
e
di
ostilità
.
E
dopo
ciò
,
mi
sarà
agevole
il
combattere
i
particolari
dell
'
argomentazione
.
Il
Piola
non
vuole
che
si
convochino
sinodi
e
concilii
senza
il
permesso
dello
Stato
:
perché
,
dic
'
egli
,
non
sono
riunioni
private
da
considerarsi
secondo
lo
statuto
;
sono
riunioni
di
diritto
pubblico
*
.
Eppure
egli
non
potrebbe
vietare
una
riunione
di
sacerdoti
come
quella
di
altri
liberi
cittadini
.
Ma
una
volta
che
sono
riuniti
chi
può
investigare
se
le
deliberazioni
che
vi
si
prenderanno
siano
o
no
della
natura
di
quelle
che
interessano
allo
Stato
?
Non
è
che
dopo
l
'
esito
,
ossia
a
deliberazione
presa
che
si
può
conoscerle
.
Certo
se
vi
era
riunione
ecclesiastica
solenne
fu
il
concilio
vaticano
del
1869;
se
vi
erano
punti
di
gran
rilievo
da
definire
,
furono
quivi
risoluti
.
Eppure
i
Governi
tutti
d
'
Europa
rinunziarono
spontaneamente
al
diritto
già
tante
volte
esercitato
di
mandare
legati
e
di
esporvi
le
opinioni
loro
:
essi
scorsero
quasi
per
intuizione
,
qual
meschina
figura
avrebbe
fatto
un
diplomatico
che
si
levasse
a
discutere
di
teologia
,
e
come
l
'
autorità
stessa
dei
Governi
,
anziché
rafforzarsi
da
ciò
,
ne
sarebbe
scapitata
.
Il
Piola
vuole
che
si
mantenga
l
'
exequatur
e
il
placet
nelle
pubblicazioni
ecclesiastiche
per
vedere
se
sono
regolari
nella
forma
,
non
eccedenti
le
attribuzioni
dei
poteri
ecclesiastici
,
conformi
alle
leggi
dello
Stato
.
Non
sono
articoli
di
giornale
,
dic
'
egli
,
né
vi
entra
la
libertà
di
stampa
,
poiché
tali
pubblicazioni
creano
dei
diritti
e
dei
doveri
civili
*
.
Creano
sì
,
diciamo
noi
,
dei
diritti
e
dei
doveri
,
ma
in
guisa
contrattuale
,
e
l
'
adempimento
loro
non
troverà
ajuto
nello
Stato
se
non
in
quanto
il
principio
onde
discende
l
'
obbligazione
non
offenda
le
leggi
comuni
e
i
diritti
privati
.
E
si
noti
che
quando
lo
Stato
riservava
a
sé
medesimo
il
visto
prima
della
pubblicazione
di
un
atto
ecclesiastico
,
esso
poteva
altresì
vietarne
la
stampa
in
qualsiasi
modo
,
e
impedire
che
venisse
a
cognizione
del
popolo
.
Oggi
invece
la
bolla
e
il
decreto
sarebbero
già
stampati
,
letti
,
diffusi
per
tutto
,
prima
che
lo
Stato
pronunciasse
il
suo
giudicio
,
e
il
divieto
della
sua
pubblicazione
avrebbe
,
dirimpetto
alle
popolazioni
,
qualche
cosa
di
ridicolo
e
d
'
impotente
.
Né
si
dica
:
quelle
furono
pubblicazioni
extra
officiali
,
questa
è
la
officiale
e
la
vera
:
perché
già
nell
'
intervallo
l
'
opinione
pubblica
s
'
è
formata
e
gli
uomini
hanno
preso
il
loro
partito
senza
aspettar
la
sentenza
del
Governo
.
Anche
l
'
autore
vuole
che
lo
Stato
approvi
la
elezione
dei
ministri
della
Chiesa
,
a
quella
guisa
che
approva
la
nomina
dei
direttori
degli
istituti
di
beneficenza
,
dei
medici
e
dei
maestri
comunali
*
.
Egli
riconosce
che
la
prima
libertà
di
un
'
associazione
qualunque
risiede
nella
elezione
dei
suoi
officiali
,
perciò
non
è
un
diritto
d
'
ingerenza
che
si
arroga
,
sibbene
un
semplice
diritto
di
approvazione
.
Ma
lasciando
stare
che
l
'
esempio
dei
medici
,
e
dei
maestri
dei
comuni
non
è
esatto
,
perché
questo
consenso
in
molti
casi
non
si
richiede
,
quand
'
anche
lo
fosse
,
non
sarebbe
proprio
,
poiché
si
tratta
d
'
istituzioni
che
sono
,
per
così
dire
,
parte
dello
Stato
:
nella
questione
poi
dei
direttori
degli
istituti
di
beneficenza
in
tanto
questa
approvazione
si
richiede
in
quanto
non
vi
è
un
corpo
elettorale
vivente
ed
operante
.
Ma
si
consideri
eziandio
a
questo
,
che
l
'
approvazione
o
è
una
semplice
provvisione
di
polizia
,
ritenendo
che
il
parroco
,
poniamo
,
o
il
vescovo
designato
potrebbero
suscitare
disordini
e
tumulti
nel
popolo
della
diocesi
e
della
cura
,
e
in
simiglianti
casi
il
diritto
dello
Stato
resta
sempre
integro
;
non
si
chiamerà
approvazione
preventiva
,
ma
sarà
divieto
di
agire
,
ed
in
certi
casi
anche
divieto
a
quell
'
ecclesiastico
di
recarsi
al
posto
,
perché
lo
Stato
ha
il
debito
di
vigilare
alla
sicurezza
pubblica
,
e
di
rimuovere
le
cagioni
che
la
turbassero
;
o
invece
questa
approvazione
è
qualcosa
di
più
,
implica
la
cognizione
delle
qualità
e
dei
difetti
della
persona
designata
,
e
allora
su
quali
fondamenti
può
lo
Stato
fare
questo
giudizio
?
Quando
lo
Stato
manteneva
e
vigilava
i
seminari
,
e
le
facoltà
teologiche
fiorivano
nelle
università
dalla
scienza
,
si
comprende
che
durante
questo
pubblico
tirocinio
potessero
attingersi
le
notizie
necessarie
a
giustificare
l
'
assenso
o
il
diniego
della
dignità
conferita
.
Ma
in
mancanza
di
questi
argomenti
,
quando
il
sacerdote
è
educato
ed
istruito
fuori
da
ogni
tutela
governativa
,
su
che
può
fondarsi
il
giudizio
dello
Stato
?
Sopra
informazioni
vaghe
,
e
sarà
un
giudizio
arbitrario
,
il
peggiore
dei
giudizi
.
Se
,
come
dicemmo
dianzi
,
il
sistema
repressivo
dee
prendere
nelle
pubbliche
faccende
il
luogo
del
sistema
preventivo
,
se
l
'
autorità
giudiziaria
acquista
perciò
talune
competenze
che
prima
spettavano
all
'
autorità
amministrativa
,
è
chiaro
che
noi
non
possiamo
ammettere
coll
'
autore
*
che
sia
mantenuta
la
giurisdizione
per
abuso
,
nella
forma
di
giudizio
possessorio
,
e
di
giudizio
di
cassazione
,
e
ammettere
non
solo
l
'
azione
privata
,
ma
anche
la
pubblica
,
e
affidarla
al
Consiglio
di
Stato
,
e
non
già
ai
Tribunali
ordinari
.
Laddove
parla
dell
'
appello
al
Principe
,
l
'
autore
cita
l
'
asserzione
del
De
Marco
,
il
quale
afferma
che
questo
giudizio
straordinario
gli
compete
per
virtù
della
protezione
che
accorda
alla
Chiesa
*
.
Ora
ella
è
precisamente
questa
protezione
che
manca
.
Rimane
la
protezion
generale
che
lo
Stato
accorda
a
tutti
i
cittadini
e
ad
ogni
associazione
loro
,
vien
meno
quella
protezion
speciale
che
collegava
la
Chiesa
allo
Stato
,
e
vengon
meno
altresì
quelle
ingerenze
che
da
essa
traevano
la
loro
ragione
.
Dell
'
insegnamento
abbiamo
già
toccato
sopra
:
resta
soltanto
la
questione
della
proprietà
.
Il
Piola
,
in
tesi
generale
,
sostiene
che
lo
Stato
può
negare
alla
Chiesa
il
diritto
di
proprietà
*
.
Noi
invece
crediamo
che
questo
diritto
è
il
complemento
necessario
e
naturale
di
ogni
associazione
o
istituzione
,
sopratutto
se
abbia
un
fine
duraturo
.
Negare
ad
essa
la
sicurezza
del
suo
sostentamento
avvenire
,
negare
a
quelli
che
ne
fanno
parte
il
diritto
e
la
consolazione
di
darle
o
di
lasciarle
i
loro
risparmi
,
è
contraddire
,
a
parer
nostro
,
ai
principii
di
libertà
e
di
giustizia
.
Potrà
invero
lo
Stato
determinare
le
forme
,
i
modi
,
i
limiti
di
questa
proprietà
,
ma
negarla
assolutamente
sarebbe
violenza
.
Certo
ogni
Chiesa
può
vivere
anche
senza
la
proprietà
,
come
visse
la
Chiesa
cristiana
nelle
catacombe
:
ma
non
è
già
questa
una
condizione
normale
di
cose
,
non
è
già
la
giustizia
sociale
alla
quale
noi
aspiriamo
,
e
che
vorremmo
veder
attuata
nel
mondo
.
E
similmente
ammesso
il
diritto
di
proprietà
,
non
possiamo
neppure
menar
buona
quella
sentenza
del
Piola
che
il
mutare
la
destinazione
dei
patrimoni
ecclesiastici
sia
un
diritto
dello
Stato
e
non
della
Chiesa
.
Anche
qui
lo
Stato
può
prevedere
il
caso
che
il
fine
a
cui
fu
destinato
il
patrimonio
venga
meno
o
si
trasformi
,
e
in
tal
caso
statuire
come
il
patrimonio
stesso
debba
subire
delle
modificazioni
all
'
avvenante
.
Ma
si
osservi
bene
che
lo
Stato
,
secondo
giustizia
,
dà
le
regole
generali
e
i
modi
di
procedimento
,
non
è
lui
che
a
suo
talento
dispone
delle
proprietà
,
e
da
un
uso
le
converte
in
un
altro
.
Un
quesito
molto
simile
sorge
a
risguardo
delle
Opere
Pie
:
talvolta
avviene
che
le
intenzioni
di
colui
che
le
ha
fondate
non
trovano
pratica
attuazione
nelle
condizioni
mutate
della
società
,
talora
persino
questo
mutamento
è
tale
che
le
intenzioni
non
solo
rimangono
frustrate
,
ma
contraddette
.
È
necessario
che
per
siffatta
evenienza
la
legge
provvegga
,
e
così
dicasi
dei
patrimoni
ecclesiastici
,
di
che
già
abbiamo
toccato
largamente
nel
capitolo
precedente
.
Ma
lasciare
allo
Stato
la
piena
balìa
di
disporre
di
questi
patrimoni
,
non
può
,
a
nostro
avviso
,
essere
più
giusto
di
quel
che
sarebbe
lasciargli
la
balìa
sui
possedimenti
della
beneficenza
.
La
incamerazione
dei
beni
ecclesiastici
che
eseguirono
molte
nazioni
trova
la
sua
ragione
o
la
sua
scusa
soltanto
in
una
reazione
naturale
dello
Stato
contro
le
esorbitanti
ricchezze
e
l
'
abuso
fattone
dal
clero
.
È
una
fase
storica
,
e
come
tale
può
essere
giustificata
,
ma
non
già
posta
a
modello
e
norma
di
bene
ordinata
società
.
Che
se
nelle
massime
predette
non
possiamo
consentire
col
Piola
,
consentiamo
invece
di
buon
grado
nel
suo
concetto
della
abolizione
del
benefizio
eccleesiastico
.
Qui
ci
pare
veramente
che
entriamo
nel
campo
delle
modalità
,
e
questa
modalità
feudale
può
essere
rimossa
dal
Codice
,
come
tante
altre
forme
di
quell
'
epoca
furono
cancellate
.
Il
Piola
accetta
la
personalità
giuridica
della
diocesi
e
della
parrocchia
*
;
solo
vorrebbe
che
il
patrimonio
fosse
affidato
ad
una
congregazione
laica
che
l
'
amministri
,
e
posto
sotto
alle
comuni
norme
di
vigilanza
del
Governo
sopra
i
beni
delle
fondazioni
,
e
su
questa
materia
,
in
massima
parte
,
a
lui
ci
accostiamo
.
Finalmente
(
e
questo
raffigura
tutto
intero
il
concetto
del
Piola
almeno
quale
noi
ce
lo
siamo
formato
)
egli
vorrebbe
che
lo
Stato
procacciasse
la
riforma
interna
della
Chiesa
,
sia
mediante
la
predetta
costituzione
delle
amministrazioni
della
proprietà
ecclesiastica
,
sia
col
promuovere
la
riunione
delle
assemblee
deliberanti
della
Chiesa
,
sia
coll
'
eccitare
la
cultura
del
clero
o
in
altri
modi
.
Di
tal
guisa
lo
Stato
,
secondo
l
'
autore
,
non
s
'
ingerisce
nella
sfera
dell
'
azione
eccleesiastica
che
fa
le
riforme
,
soltanto
le
promuove
coi
mezzi
coi
quali
può
agire
,
e
questi
mezzi
non
gli
mancano
*
.
Ma
perché
lo
Stato
possa
promuovere
una
riforma
,
bisogna
che
egli
abbia
una
idea
chiara
e
di
ciò
che
è
imperfetto
nella
vecchia
forma
,
e
di
ciò
che
gli
si
può
sostituire
di
nuovo
;
bisogna
pertanto
che
abbia
un
ideale
religioso
al
quale
accostarsi
.
E
questo
ideale
non
sarà
al
certo
quello
della
Chiesa
ma
prendendo
in
tal
senso
la
gerarchia
ecclesiastica
che
nella
presente
ipotesi
resiste
ed
oppugna
le
pretese
dello
Stato
;
non
sarà
neppure
quello
della
maggioranza
dei
fedeli
che
nessuno
si
briga
di
consultare
,
né
lo
Stato
saprebbe
tampoco
come
porgli
innanzi
i
quesiti
.
Qual
sarà
dunque
?
Oh
,
qui
sì
che
il
Piola
potrebbe
appropriare
a
sé
medesimo
quelle
esclamazioni
ond
'
è
sì
largo
coi
suoi
avversari
:
"
Che
imbroglio
è
questo
!
Che
pervertimento
di
ordini
!
Che
storpiatura
di
competenze
*
!
"
Per
noi
la
soluzione
di
questo
problema
riesce
assai
più
agevole
.
A
nostro
avviso
lo
Stato
non
sa
né
può
determinare
la
riforma
dell
'
associazione
religiosa
.
Ciò
solo
che
egli
può
fare
si
è
che
,
riconoscendo
quest
'
associazione
,
sciogliendola
da
pastoje
delle
quali
lungamente
si
è
querelata
,
dandole
ogni
ragionevole
libertà
,
esiga
questo
da
essa
:
che
una
minoranza
non
possa
a
lungo
soperchiare
la
maggioranza
dei
fedeli
contro
sua
voglia
,
che
i
reclami
di
questa
si
facciano
udire
all
'
associazione
intera
,
e
che
possano
i
fedeli
,
ma
essi
soli
i
fedeli
,
qualora
lo
credano
,
promuovere
quelle
riforme
che
stimano
meglio
confacenti
al
sentimento
loro
religioso
,
e
al
fine
pel
quale
sono
congregati
.
Questo
ci
par
possibile
,
e
pratico
,
e
certo
non
v
'
è
gerarchia
ecclesiastica
che
rifiutasse
in
principio
la
convenienza
di
udire
i
reclami
dei
fedeli
;
e
se
a
lungo
non
facesse
loro
ragione
,
essi
,
mediante
l
'
amministrazione
della
proprietà
,
avrebbero
il
modo
di
obbligarnela
.
Insomma
,
potrà
lo
Stato
,
introducendo
il
principio
elettivo
nella
amministrazione
,
mettere
i
fedeli
in
grado
di
far
sentire
e
prevalere
la
loro
volontà
,
non
potrà
mai
surrogarsi
ad
essi
e
far
le
veci
loro
.
Rispondendo
al
Piola
ci
è
parso
di
rispondere
,
nel
medesimo
tempo
,
anche
al
Friedberg
che
sostiene
le
stesse
proposizioni
nel
suo
libro
,
Sui
limiti
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
*
,
ricco
di
sodi
pensieri
e
di
eletta
erudizione
;
che
anzi
il
Friedberg
va
più
oltre
.
Egli
considera
nel
sacerdote
una
specie
di
funzionario
pubblico
non
diretto
ma
indiretto
,
e
dice
che
lo
Stato
gli
conferisce
di
qualche
guisa
una
missione
civile
*
.
Il
che
presuppone
non
solamente
che
lo
Stato
sia
competente
in
materia
di
religione
,
ma
che
debba
curarne
la
fedele
osservanza
,
ingerirsi
nelle
sue
pratiche
,
insomma
che
la
Chiesa
sia
quasi
dello
Stato
un
organo
essenziale
.
Ma
se
il
sacerdote
ha
una
missione
civile
,
allora
tutto
il
sistema
vuol
essere
nelle
sue
parti
connesso
,
né
si
comprende
perché
il
laicato
avrebbe
tolto
al
clero
tutto
ciò
che
si
riferisce
allo
stato
civile
,
dato
al
Comune
i
cimiteri
,
stabilito
il
matrimonio
senza
riguardo
alcuno
di
religione
e
va
dicendo
.
Se
il
prete
è
un
impiegato
anche
indiretto
dello
Stato
,
come
in
certi
casi
lo
è
nelle
nostre
leggi
il
Sindaco
,
niuno
meglio
del
prete
può
adempiere
quegli
ufficii
che
appunto
i
moderni
codici
gli
hanno
tolto
.
Il
Friedberg
però
aggiunge
contro
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
,
altre
ragioni
dedotte
dall
'
esperienza
americana
,
e
dalle
condizioni
di
fatto
della
Chiesa
sopratutto
cattolica
.
Ma
di
ciò
parleremo
più
oltre
.
Ora
rimaniamo
sempre
nelle
obbiezioni
teoriche
e
generali
,
e
diciamo
alcune
parole
di
Raffaele
Mariano
,
scrittore
altrettanto
grave
quanto
sincero
,
che
contrasta
la
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
perciocché
,
a
suo
avviso
,
la
funzione
fondamentale
dello
Stato
sia
la
educazione
materiale
,
morale
e
spirituale
del
popolo
,
e
fra
gli
elementi
che
cooperano
alla
educazione
morale
importantissimo
fra
tutti
sia
l
'
elemento
religioso
.
In
sostanza
,
dic
'
egli
,
è
nella
religione
che
il
popolo
trova
il
fondamento
assoluto
,
la
sanzione
imperativa
della
sua
vita
morale
,
delle
sue
virtù
non
solo
private
e
domestiche
,
ma
pubbliche
e
civili
,
del
suo
amore
alla
patria
,
del
suo
rispetto
alle
leggi
,
sicché
nulla
più
interessa
che
la
religione
anche
per
questi
fini
*
.
E
quelli
che
vogliono
che
lo
Stato
in
Italia
faccia
getto
della
questione
religiosa
,
imprendono
opera
dissennata
e
contraria
al
bene
della
patria
.
Imperciocché
la
reintegrazione
della
vita
interna
del
pensiero
,
dei
sentimenti
,
delle
credenze
,
è
la
condizione
decisiva
del
risorgimento
di
ogni
nazione
,
ma
sopratutto
d
'
Italia
.
La
quale
ha
d
'
uopo
di
vincere
le
superstizioni
,
lo
scetticismo
e
la
indifferenza
che
la
opprimono
e
la
annientano
,
e
per
tal
mezzo
spezzerà
veramente
le
catene
della
servitù
,
e
preparerà
la
sua
grandezza
avvenire
*
.
Non
dissento
dall
'
autore
nel
dare
all
'
elemento
morale
e
religioso
un
'
importanza
grandissima
nella
vita
delle
nazioni
;
ma
dico
che
qui
sono
presupposte
molte
proposizioni
senza
dimostrarle
,
e
cioè
,
che
lo
Stato
sia
capace
di
giudicare
del
vero
e
del
falso
in
fatto
di
religione
;
che
gli
appartenga
di
difendere
e
di
proteggere
l
'
uno
,
di
respingere
l
'
altro
;
che
abbia
mezzi
efficaci
nelle
condizioni
della
società
odierna
per
farlo
.
Ora
il
lettore
già
sa
che
noi
dissentiamo
da
questi
giudizi
.
Lo
Stato
antico
,
dice
il
Mariano
,
aveva
la
coscienza
chiara
dell
'
indissolubilità
del
sentimento
politico
,
morale
e
religioso
.
Certamente
sì
,
perché
la
religione
presso
gli
antichi
,
e
i
Romani
ce
ne
porgono
il
più
cospicuo
esempio
,
altro
non
era
che
uno
strumento
di
regno
.
Leggansi
i
discorsi
del
Machiavelli
sopra
le
deche
di
Tito
Livio
*
,
laddove
dice
di
quanta
importanza
sia
tener
conto
della
religione
,
e
come
i
Romani
si
servivano
di
essa
per
riordinare
la
città
,
per
seguire
le
loro
imprese
e
fermare
i
tumulti
.
Nel
qual
giudicio
consente
il
Guicciardini
*
:
"
Certo
è
che
le
armi
e
la
religione
sono
fondamento
principale
delle
repubbliche
e
dei
regni
e
tanto
necessarii
che
mancando
ciascuno
di
questi
si
può
dire
che
manchino
le
parti
vitali
e
sustanziali
...
E
certo
,
o
la
prudenza
o
la
fortuna
dei
Romani
,
o
l
'
uno
e
l
'
altro
insieme
,
fu
ammirabile
che
i
primi
suoi
due
re
fossero
eccellentissimi
,
l
'
uno
nelle
arti
della
guerra
,
l
'
altro
in
quelle
della
pace
,
e
che
il
primo
fosse
quello
della
guerra
perché
colle
armi
dette
tanta
vita
alla
nuova
città
,
che
potette
aspettare
che
Numa
la
ordinasse
con
la
religione
.
"
Ora
questa
medesimezza
dello
Stato
e
della
Chiesa
arguisce
una
condizione
diversa
di
civiltà
,
e
non
è
argomento
di
perfezione
,
mentre
uno
dei
progressi
più
grandi
del
cristianesimo
,
come
dissi
di
sopra
,
è
stato
appunto
quello
di
separare
il
regno
della
coscienza
dal
regno
delle
cose
esteriori
,
rivendicando
a
quella
la
libertà
contro
qualunque
tirannide
di
Stato
.
Non
bisogna
confondere
Società
e
Stato
.
Della
Società
è
organo
lo
Stato
per
una
parte
nobilissima
e
importantissima
qual
'
è
la
tutela
del
diritto
,
e
inoltre
per
le
ragioni
che
discorremmo
al
capitolo
secondo
,
esso
non
solo
rimuove
molti
ostacoli
all
'
attività
privata
,
ma
altresì
supplisce
ed
integra
quel
che
in
essa
piò
esservi
di
manchevole
quando
si
tratti
d
'
interessi
generali
.
Ma
non
perciò
si
vuole
affermare
che
lo
Stato
si
sostituisca
all
'
individuo
ed
all
'
associazione
,
e
che
il
fine
a
lui
proprio
abbracci
e
comprenda
ogni
altro
fine
sociale
.
Ora
noi
abbiamo
dimostrato
che
il
fine
dello
Stato
è
distinto
da
quello
dell
'
associazione
religiosa
,
e
altresì
che
esso
è
incompetente
a
scernere
e
determinare
il
grado
di
verità
che
può
esservi
nelle
diverse
credenze
.
E
da
queste
generali
considerazioni
passando
a
quelle
più
pratiche
che
si
attengono
al
presente
essere
della
società
europea
,
noi
abbiamo
stimato
di
ravvisarvi
alcuni
fatti
che
rendono
impossibile
allo
Stato
il
mescolarsi
di
materie
religiose
,
sia
perché
la
vivacità
della
fede
è
assai
affievolita
negli
animi
,
sia
perché
la
credenza
è
spezzata
in
molte
e
diverse
confessioni
,
sia
perché
ferve
una
pugna
fra
le
tendenze
scientifiche
e
le
tendenze
religiose
,
tantoché
il
presente
momento
è
uno
di
quelli
nei
quali
è
più
oscura
la
risoluzione
degli
eterni
problemi
delle
origini
e
dei
fini
che
la
coscienza
si
pone
.
In
tale
situazione
,
come
si
può
pretendere
che
lo
Stato
faccia
professione
di
un
domma
,
o
promuova
una
riforma
negli
ordini
ecclesiastici
,
o
anche
semplicemente
si
colleghi
ad
una
delle
Chiese
esistenti
?
Non
è
presumibile
che
invece
di
trovare
in
ciò
un
mezzo
per
raggiungere
il
suo
fine
proprio
,
se
ne
disvii
?
E
invero
,
dopo
aver
propugnato
la
massima
che
io
ho
indicato
sopra
,
quali
sono
i
suggerimenti
pratici
che
il
Mariano
dà
al
governo
?
Ben
vorrebbe
che
in
Italia
si
facesse
o
si
tentasse
qualche
cosa
,
non
per
distruggere
ed
annullare
il
cattolicismo
,
ma
per
correggerlo
,
purificarlo
se
è
possibile
in
sé
stesso
e
di
fuori
*
.
Ma
quando
siamo
ad
esaminare
i
mezzi
,
li
troviamo
analoghi
a
quelli
che
sopra
abbiamo
notato
nel
libro
del
Piola
,
e
in
sostanza
si
risolvono
nel
ripristinare
in
parte
il
sistema
giurisdizionale
.
Ma
l
'
egregio
autore
sente
vacillare
la
fiducia
negli
effetti
di
questo
sistema
:
"
Se
il
bisogno
di
una
riforma
spirituale
,
dic
'
egli
,
non
è
sentito
spontaneamente
ed
interiormente
,
se
la
coscienza
non
prova
in
sé
l
'
energia
della
verità
,
niuno
può
mettervela
di
fuori
,
né
suscitarla
per
mezzi
meccanici
e
artificiali
*."
E
così
è
veramente
*
.
Se
una
riforma
spirituale
dovrà
seguire
nell
'
Italia
e
nell
'
Europa
,
essa
non
sarà
l
'
effetto
di
combinazioni
esterne
,
né
di
provvedimenti
governativi
,
né
di
atti
comandati
ma
sarà
il
prodotto
spontaneo
dello
spirito
,
che
,
lasciato
nella
piena
libertà
di
sé
stesso
,
si
solleva
verso
Iddio
come
l
'
ideale
di
ogni
bene
,
non
trovando
nel
mondo
l
'
appagamento
al
quale
anela
.
La
formola
cavouriana
è
accusata
di
condurre
all
'
atomismo
religioso
*
,
il
che
non
è
giusto
poiché
lascia
sussistere
anzi
favoreggia
l
'
associazione
in
ogni
maniera
;
ma
quando
pur
fosse
,
bisognerebbe
dire
che
dove
l
'
aggregato
non
ha
più
forza
di
coesione
è
dall
'
atomo
che
si
convien
da
capo
partire
per
formare
un
nuovo
composto
.
Così
l
'
individuo
,
tornato
in
sé
medesimo
,
lungi
dal
lasciarsi
anelare
ad
una
incredulità
frivola
e
spensierata
cercherà
nell
'
intimo
della
propria
coscienza
quelle
forze
che
più
non
gl
'
inspirano
né
le
dottrine
tradizionali
né
il
culto
consuetudinario
,
né
le
pratiche
vuote
di
ogn
'
ispirazione
verace
.
Nel
suo
libro
sulla
Chiesa
e
sulle
società
cristiane
,
il
Guizot
esprime
questo
pensiero
,
che
lo
Stato
e
la
Chiesa
separandosi
,
perdono
della
dignità
,
della
sicurezza
,
dell
'
autorità
loro
,
e
volgono
entrambe
a
decadenza
*
.
La
podestà
civile
,
dic
'
egli
,
non
avendo
più
attinenze
coi
cittadini
altro
che
per
cagione
di
affari
e
d
'
interessi
,
ed
essendo
allontanata
,
per
dir
così
,
da
ogni
principio
e
sentimento
religioso
,
si
materializza
.
La
Chiesa
,
perdendo
il
carattere
pubblico
,
non
riscuote
più
dalle
popolazioni
il
medesimo
ossequio
,
ed
inoltre
corre
pericolo
di
esagerare
i
suoi
precetti
,
perduto
il
senso
delle
cose
necessarie
all
'
ordine
civile
.
A
voler
dire
il
vero
non
si
può
accogliere
la
sentenza
che
lo
Stato
,
per
ciò
solo
che
è
separato
dalla
Chiesa
,
si
racchiuda
e
si
tuffi
negli
affari
e
negli
interessi
.
La
legislazione
ha
un
àmbito
ben
più
vasto
,
e
tocca
molti
rapporti
morali
della
famiglia
e
della
patria
.
Né
parimenti
si
può
accogliere
la
sentenza
che
la
Chiesa
perda
per
la
separazione
dallo
Stato
il
senso
delle
cose
necessarie
all
'
ordine
civile
.
Anzi
,
dovendo
essa
vivere
per
le
proprie
forze
,
dovendo
ogni
giorno
dibattere
e
sulle
dottrine
e
sulla
pratica
,
e
sforzandosi
di
vincere
,
bisogna
che
si
arroti
con
gli
uomini
e
con
le
cose
e
può
comprenderne
meglio
le
esigenze
quotidiane
.
Ella
è
piuttosto
inclinata
a
dimenticarle
allora
quando
ha
nello
Stato
il
suo
presidio
e
da
esso
attinge
la
sicurezza
della
sua
esistenza
.
Imperocché
le
podestà
che
non
hanno
sindacato
o
contrasto
,
son
esse
che
più
facilmente
abusano
,
perché
non
trovando
ostacoli
non
sentono
l
'
obbligo
di
temperarsi
,
e
invadono
i
diritti
altrui
.
Né
tampoco
m
'
indurrei
a
far
buona
la
opinione
,
che
spogliati
i
ministri
della
Chiesa
di
un
carattere
ufficiale
,
perderebbero
in
dignità
e
in
rispetto
:
anzi
,
per
avventura
oserei
dire
che
nella
indipendenza
loro
ne
acquisterebbero
maggiormente
.
Se
vi
ha
qualche
cosa
di
vero
nella
sentenza
del
Guizot
,
appartiene
ad
un
ordine
più
generale
di
principii
,
e
si
collega
agli
effetti
della
divisione
del
lavoro
trasportati
al
morale
.
È
noto
come
gli
economisti
moderni
abbiano
osservato
acconciamente
che
mentre
il
progresso
della
civiltà
tende
ad
assegnare
ad
ogni
uomo
un
còmpito
speciale
e
a
indirizzarne
l
'
intelletto
ad
un
'
opera
sola
,
la
quale
perciò
diventa
più
perfetta
in
sé
e
più
agevole
a
farsi
,
ne
segue
però
l
'
inconveniente
di
rinserrare
l
'
intelletto
medesimo
in
una
chiostra
più
stretta
,
e
renderlo
meno
atto
a
scorgere
i
varî
aspetti
e
le
relazioni
delle
cose
.
Similmente
nella
vita
civile
la
separazione
degli
ufficî
fa
che
questi
si
adempiano
ciascuno
in
sé
più
prontamente
e
più
efficacemente
,
ma
abitua
gli
uomini
a
considerarne
l
'
oggetto
come
l
'
unico
o
il
più
essenziale
delle
società
,
trascurando
gli
altri
o
dando
loro
minor
valore
di
quello
che
hanno
.
Cosicché
l
'
ordine
moderno
della
ripartizione
del
lavoro
se
vince
l
'
antico
nell
'
analisi
e
nella
perfezione
dei
particolari
,
sottostà
ad
esso
nella
sintesi
e
nello
svolgimento
contemporaneo
di
tutte
le
facoltà
.
Ma
a
questo
difetto
può
e
dee
supplire
la
educazione
,
e
la
istruzione
proporzionalmente
svariata
.
E
come
questa
si
richiede
all
'
operaio
per
bilanciare
la
ottusità
dell
'
intelletto
che
dalla
ripetizione
continua
di
un
solo
atto
nascerebbe
,
così
fa
che
ogni
altro
cittadino
partecipi
non
solo
a
quell
'
ufficio
che
gli
è
proprio
,
ma
intenda
e
senta
le
sue
relazioni
con
tutti
gli
altri
.
Ma
ciò
non
basta
per
alcuni
i
quali
dicono
che
la
religione
ha
bisogno
dello
Stato
,
e
che
senza
il
suo
aiuto
,
i
falsi
principii
,
il
dubbio
,
l
'
indifferenza
si
propagano
nel
mondo
.
Ora
a
chi
ben
miri
questa
obbiezione
prende
origine
da
una
proposizione
più
generale
:
essa
suppone
che
la
natura
umana
sia
più
inclinata
al
male
che
al
bene
,
e
che
perciò
lasciata
a
sé
stessa
senza
una
forza
che
la
guidi
,
la
sospinga
o
la
infreni
,
corre
a
perdizione
.
Ma
fatta
questa
prima
ipotesi
uopo
è
farne
eziandio
una
seconda
,
la
quale
si
mostra
contraddittoria
alla
prima
,
ed
è
che
gli
uomini
che
reggono
la
cosa
pubblica
vadano
esenti
da
codesto
difetto
comune
,
ed
essendo
migliori
della
moltitudine
sappiano
dirigerla
nelle
cose
morali
e
religiose
.
Ora
se
questa
seconda
ipotesi
può
essere
in
alcuni
casi
accettata
,
e
riguardata
anzi
come
tipo
,
non
però
si
verifica
sempre
,
e
non
solo
può
concepirsi
,
ma
si
è
visto
non
di
rado
il
contrario
,
cioè
l
'
errore
e
la
corruzione
partire
dal
capo
e
diffondersi
per
tutte
le
membra
sociali
.
Ma
quand
'
anche
si
voglia
accettarla
nella
sua
interezza
,
non
perciò
sarebbe
sperabile
che
il
governo
potesse
aver
tanta
efficacia
sugli
animi
da
vincere
la
tendenza
universale
e
profonda
al
male
,
quando
questa
fosse
veramente
quale
s
'
immagina
.
E
tanto
meno
si
potrebbe
attribuirgli
la
desiderata
efficacia
,
in
quanto
che
la
forza
,
che
è
il
suo
attributo
,
può
comprimere
la
manifestazione
delle
opinioni
religiose
,
ma
non
estirparle
e
meno
ancora
suscitarle
a
vita
.
Se
la
religione
è
un
bisogno
del
cuore
,
non
si
dee
riguardare
come
necessaria
l
'
opera
del
governo
a
custodirla
.
E
come
la
scienza
,
l
'
arte
,
la
filantropia
sussistono
e
si
svolgono
senza
il
suo
intervento
,
similmente
dobbiamo
supporre
che
non
venga
meno
un
sentimento
tanto
più
vigoroso
e
più
espansivo
,
qual
è
il
sentimento
religioso
.
Del
resto
ove
si
ammetta
questa
tendenza
universale
di
correre
al
male
tutto
il
sistema
liberale
ne
sarebbe
scosso
in
ogni
sua
parte
.
Forse
l
'
aiuto
dello
Stato
potrà
contribuire
a
popolare
i
templi
di
uomini
tiepidi
e
svogliati
pei
quali
la
religione
è
un
'
abitudine
,
un
pregiudizio
,
una
paura
;
ma
se
la
separazione
può
dare
maggior
spinta
a
questi
uomini
indifferenti
che
solo
di
nome
s
'
intitolano
fedeli
,
essa
susciterà
invece
la
sollecitudine
dei
veri
credenti
,
i
quali
oggi
confidano
nell
'
intervento
legale
del
governo
e
temono
di
esercitare
uno
zelo
intempestivo
;
imperocché
lo
Stato
,
usurpando
la
competenza
in
materia
di
religione
,
non
è
una
delle
ultime
cause
della
indifferenza
generale
.
Togliete
questo
puntello
,
e
gli
uomini
pii
sentiranno
la
necessità
di
stringersi
fra
loro
,
d
'
intendersi
,
di
operare
,
e
una
forza
quasi
novella
,
che
giaceva
in
essi
latente
,
coglierà
l
'
occasione
di
estrinsecarsi
.
Né
la
storia
smentisce
questo
argomento
.
Il
cristianesimo
nacque
,
si
diffuse
,
trionfò
,
separato
dallo
Stato
;
anzi
,
da
prima
trovò
in
esso
ostilità
,
persecuzione
,
condanna
;
e
se
poscia
nell
'
alleanza
col
medesimo
attinse
anche
dei
vantaggi
,
non
per
ciò
si
può
dire
che
quest
'
alleanza
gli
fosse
indispensabile
.
E
anche
durante
questo
periodo
le
più
grandi
imprese
che
la
religione
condusse
a
termine
,
rampollarono
dalla
spontaneità
individuale
e
dalle
libere
associazioni
.
Furono
queste
che
mandarono
le
missioni
in
tutte
le
parti
del
mondo
,
che
diedero
vita
alle
corporazioni
monastiche
,
che
apersero
gli
spedali
e
le
scuole
,
che
divelsero
i
terreni
incolti
,
che
custodirono
le
ultime
faville
dell
'
antica
civiltà
.
Giammai
il
governo
potrebbe
né
saprebbe
favorire
quelle
grandi
temerità
che
la
fede
osa
tentare
,
quelle
che
furono
chiamate
le
follie
della
croce
ma
che
mutarono
il
mondo
.
Anche
se
si
riguarda
soltanto
ai
mezzi
materiali
,
si
vedrà
che
la
Chiesa
li
raccolse
non
già
da
contributi
dei
governi
,
ma
da
spontanee
largizioni
di
privati
.
La
unione
della
Chiesa
collo
Stato
s
'
è
fatta
storicamente
,
non
fu
il
prodotto
di
una
teorica
,
e
storicamente
dovrà
disfarsi
.
Né
la
Chiesa
officiale
,
o
direi
meglio
governativa
,
che
si
fondò
nei
paesi
protestanti
,
ha
potuto
impedire
le
sètte
dissidenti
di
moltiplicarsi
.
Ma
questo
suddividersi
delle
sètte
religiose
è
poi
un
male
assoluto
?
Ovvero
non
rappresenta
i
molteplici
aspetti
della
verità
religiosa
dirimpetto
alla
diversità
indefinita
che
si
riscontra
nell
'
umana
natura
*
?
Passo
ora
a
discorrere
delle
altre
obbiezioni
che
riguardano
la
pratica
attuazione
del
nostro
concetto
e
più
specialmente
riguardo
all
'
Italia
.
Il
Sybel
,
nelle
sue
lezioni
*
,
facendo
la
storia
degli
intendimenti
e
degli
atti
del
partito
clericale
,
mostra
che
questo
partito
minaccia
ovunque
d
'
invadere
e
di
soverchiare
i
diritti
dello
Stato
,
e
paventa
che
la
separazione
della
Chiesa
se
può
momentaneamente
apparire
ed
essere
eziandio
un
regime
più
comodo
,
celi
però
un
lento
progresso
della
potenza
clericale
,
ed
alla
perfine
nell
'
avvenire
una
sicura
sottomissione
dello
Stato
.
Anche
il
Friedberg
*
nota
che
la
Chiesa
separata
dallo
Stato
non
perde
di
sua
potenza
,
anzi
ne
acquista
una
maggiore
.
La
lunga
ed
intima
unione
con
esso
l
'
ha
aiutata
a
metter
radici
nella
società
,
sicché
i
suoi
influssi
nelle
famiglie
,
nelle
scuole
,
nelle
Opere
Pie
son
molti
e
grandi
,
e
a
questi
si
aggiungerebbero
per
soprassello
i
vantaggi
delle
nuove
franchigie
che
le
sono
accordate
.
Così
,
toltole
ogni
freno
,
la
Chiesa
può
insinuare
negli
animi
i
propri
sentimenti
,
infiammarli
sino
al
fanatismo
,
e
,
quando
si
tratti
di
comizî
popolari
,
spingere
i
fedeli
alle
urne
e
riempiere
i
parlamenti
di
uomini
a
sé
devoti
.
E
come
si
varrà
la
Chiesa
di
questa
sua
oltrapotenza
?
Se
ne
varrà
contro
lo
Stato
.
E
qui
gli
oppositori
accennano
più
specialmente
,
taluni
anche
esclusivamente
,
alla
Chiesa
cattolica
.
Così
il
Laveleye
*
,
riconoscendo
che
v
'
ha
una
tendenza
a
separar
la
Chiesa
dallo
Stato
,
giudica
ciò
essere
fattibile
nei
paesi
protestanti
,
ma
non
potersi
sperare
giammai
nei
paesi
cattolici
.
La
Chiesa
cattolica
,
si
dice
,
è
una
grande
istituzione
,
che
ha
tradizioni
alte
e
profonde
,
che
è
organata
in
modo
da
penetrare
dovunque
,
che
esercita
il
suo
dominio
non
solo
pubblicamente
ma
più
assai
nel
segreto
per
mezzo
della
confessione
.
Date
a
questa
istituzione
la
libertà
,
ed
essa
tornerà
più
formidabile
di
prima
,
e
potrà
forse
un
giorno
compiere
l
'
impresa
a
cui
,
se
non
bastò
nel
medio
evo
,
tiene
pur
sempre
rivolte
le
sue
speranze
,
cioè
la
dominazione
universale
.
Intanto
non
solo
non
si
piegherà
alle
leggi
dello
Stato
che
voi
avete
annoverate
come
necessarie
,
ma
impugnerà
ad
esso
il
diritto
di
porle
dei
limiti
,
negherà
la
legittimità
de
'
suoi
atti
,
e
già
vedete
che
rifiuta
il
principio
stesso
della
separazione
*
.
Essa
è
convinta
di
poter
mutare
i
suoi
statuti
senza
intervento
né
approvazione
di
governi
;
laonde
,
ove
occorra
,
li
muterà
e
vi
introdurrà
clausole
avverse
al
reggimento
della
cosa
pubblica
;
e
già
sin
da
ora
,
minaccia
la
scomunica
e
l
'
interdetto
a
chi
ubbidisce
allo
Stato
.
Essa
consente
persino
di
allearsi
alla
demagogia
pur
di
sovvertire
e
dominare
.
Forti
mali
adunque
noi
possiamo
prevedere
dalla
libertà
della
Chiesa
cattolica
,
ma
sopratutto
in
Italia
dove
non
ha
contrappeso
di
altre
confessioni
religiose
,
e
dove
le
tradizioni
,
l
'
affetto
e
le
abitudini
danno
a
lei
intera
balîa
nelle
famiglie
.
Ed
inoltre
quivi
già
è
nemica
sfidata
ed
aperta
dallo
Stato
sentendosi
offesa
per
tante
leggi
fatte
nel
corso
degli
ultimi
venti
anni
,
e
più
ancora
per
la
perdita
della
signoria
temporale
negli
Stati
romani
,
a
riguadagnar
la
quale
non
si
periterebbe
di
suscitare
la
guerra
civile
,
di
chiamare
gli
stranieri
in
casa
,
e
di
mandar
in
fondo
la
unità
,
la
indipendenza
e
la
libertà
della
patria
.
Pertanto
la
società
religiosa
in
generale
non
può
essere
lasciata
libera
,
e
meno
di
ogni
altra
la
cattolica
,
tanto
più
che
la
sua
gerarchia
non
è
nazionale
ma
cosmopolitica
.
Che
se
rispetto
all
'
Italia
può
dirsi
che
forma
uno
Stato
nello
Stato
,
rispetto
alle
altre
nazioni
vi
si
aggiunge
che
il
suo
capo
è
fuori
di
esse
.
E
invano
si
argomenta
di
poterla
frenare
come
ogni
altra
associazione
:
al
contrario
la
si
rende
oltrapotente
e
nessun
riparo
vi
si
potrà
fare
più
mai
.
Vede
il
lettore
che
io
non
dissimulo
la
gravità
delle
obbiezioni
.
Ma
in
quanto
alla
prima
parte
,
che
riguarda
le
associazioni
religiose
,
in
generale
non
so
come
si
possa
credere
che
senza
l
'
ajuto
dello
Stato
,
divengano
più
poderose
di
quello
che
munite
di
tutti
i
suoi
presidî
,
come
sono
al
presente
;
che
se
la
libertà
ha
tanta
efficacia
per
sé
sola
di
rinvigorirle
o
rinnuovarle
,
ciò
presuppone
almeno
che
esse
l
'
accettino
sinceramente
,
e
se
ne
valgano
,
e
per
dir
così
la
rendano
famigliare
a
tutti
i
lor
atti
:
nel
qual
caso
i
pericoli
che
si
temono
verrebbero
meno
.
Perché
se
le
associazioni
religiose
entrassero
veramente
nello
spirito
buono
dell
'
età
nostra
,
e
agissero
come
ogni
altra
istituzione
nella
misura
dei
loro
diritti
senza
offendere
gli
altrui
,
non
è
da
dolersi
che
esse
vigoreggiassero
,
anzi
la
gagliardia
loro
tornerebbe
a
vantaggio
di
tutta
intera
la
società
.
Quanto
all
'
altra
parte
dell
'
argomento
che
riguarda
specialmente
la
Chiesa
cattolica
,
l
'
accusa
è
molto
grave
,
ma
bisogna
ben
porre
la
questione
perché
non
entri
qualche
estraneo
elemento
a
perturbare
il
nostro
giudizio
.
La
sostanza
delle
sopradette
argomentazioni
si
riduce
a
ciò
che
si
attribuisce
alla
gerarchia
cattolica
e
ai
suoi
seguaci
un
'
avversione
decisa
allo
Stato
,
e
una
cospirazione
perfida
e
permanente
contro
di
esso
,
il
che
per
alcuni
segni
oggi
non
potrebbe
negarsi
.
Ma
innanzi
tutto
è
da
esaminare
se
questo
è
effetto
di
una
temporanea
pugna
,
e
segna
un
periodo
,
dirò
così
,
di
transizione
;
oppure
se
appartiene
all
'
essenza
stessa
di
quella
religione
.
La
pugna
si
comprende
come
conseguenza
dell
'
andamento
storico
e
di
tutti
gli
arrotamenti
che
fra
le
due
potestà
ebbero
luogo
sinora
.
Comunque
si
giudichi
il
passato
,
io
consento
che
il
presente
stato
di
cose
possa
giustificare
certe
cautele
,
ed
un
procedere
lento
ed
accurato
verso
il
fine
che
abbiamo
descritto
;
comprendo
anche
,
in
certi
casi
,
qualche
provvedimento
transitorio
di
resistenza
,
qualche
freno
eccezionale
.
Quando
lo
Stato
si
vedesse
minacciosamente
assalito
,
è
suo
diritto
e
suo
dovere
il
difendersi
.
Il
concetto
del
conte
di
Cavour
,
nella
sua
formola
,
non
fu
mai
di
lasciare
lo
Stato
disarmato
dirimpetto
alla
Chiesa
armata
,
come
ad
alcuni
piacque
di
supporre
.
Bastano
a
riconoscerlo
le
prime
linee
di
quei
negoziati
che
aveva
intrapreso
,
e
le
sue
chiare
affermazioni
,
e
il
fermo
convincimento
da
lui
espresso
,
che
la
potenza
legislativa
ed
esecutiva
fossero
sufficienti
a
stornare
ogni
pericolo
.
Ma
non
si
può
,
da
condizioni
temporanee
,
argomentare
contro
l
'
ordine
normale
delle
cose
.
E
se
l
'
essenza
del
cattolicismo
non
è
tale
da
renderlo
incompatibile
coi
diritti
dello
Stato
,
il
periodo
transitorio
avrà
fine
,
e
la
Chiesa
cattolica
dovrà
acconciarsi
della
nuova
sua
vita
in
mezzo
al
turbine
delle
opinioni
e
delle
passioni
moderne
.
Sarà
come
una
pianta
cresciuta
in
stufa
con
assidue
cure
,
che
si
trasporta
all
'
aria
aperta
,
e
si
espone
al
soffiar
dei
venti
,
e
all
'
imperversar
delle
stagioni
.
Perché
essa
viva
e
si
vesta
di
fronde
,
uopo
è
che
resista
ai
nuovi
elementi
in
mezzo
ai
quali
si
regge
,
e
dopo
qualche
stento
abbarbichi
le
radici
,
e
nel
terreno
ov
'
è
posta
succhi
confacevole
nutrimento
.
Così
la
Chiesa
cattolica
dovrà
adattarsi
agli
elementi
ond
'
è
circondata
e
accettare
alla
perfine
schiettamente
il
regime
della
libertà
.
Vi
sarà
un
periodo
d
'
incertezze
,
di
stenti
,
anche
di
pugna
.
Ma
la
pugna
si
andrà
rallentando
,
le
passioni
si
calmeranno
,
e
alla
tempesta
succederà
l
'
ordine
e
la
quieta
convivenza
.
L
'
esperienza
del
passato
dovrebbe
condurci
a
queste
medesime
conclusioni
,
perché
la
Chiesa
s
'
è
piegata
a
molte
e
diverse
condizioni
di
società
.
Essa
ha
convissuto
e
prosperato
cogli
Imperatori
romani
che
la
tenevano
soggiogata
,
e
più
tardi
sotto
la
tirannide
bizantina
,
ha
accolto
e
ritemprato
nel
suo
battesimo
i
barbari
scapigliati
del
settentrione
,
si
è
fatta
feudale
col
feudalismo
,
ha
carezzate
le
mobili
e
irrequiete
repubbliche
del
medio
evo
,
e
nonostante
i
contrasti
si
è
stretta
in
alleanza
colla
monarchia
assoluta
dei
tempi
moderni
.
Lasciate
che
la
generazione
presente
giaccia
nel
sepolcro
,
che
l
'
Italia
sia
consolidata
in
guisa
che
a
nessuno
più
sembri
fattibile
una
restaurazione
del
Papato
temporale
,
che
le
franchigie
costituzionali
,
oppugnate
dal
sillabo
,
sian
divenute
succo
e
sangue
dei
popoli
,
e
la
Chiesa
cattolica
dovrà
mutar
le
sue
arti
,
e
camminar
di
conserva
collo
spirito
moderno
.
Allora
potrà
esservi
accordo
fra
fede
e
ragione
,
fra
civiltà
e
religione
,
e
il
sillabo
sarà
interpretato
,
come
già
alcuni
tentarono
,
in
guisa
che
la
condanna
mostri
cadere
non
sulla
libertà
,
ma
sopra
gli
abusi
della
medesima
.
Ma
se
ciò
non
fosse
possibile
?
Se
ciò
non
fosse
possibile
,
se
veramente
nel
cattolicismo
si
trovasse
assoluta
incompatibilità
di
convivere
colla
società
e
collo
Stato
moderno
,
se
la
guerra
fosse
ad
oltranza
,
io
chieggo
allora
ai
miei
oppositori
:
Credete
voi
possibile
di
ovviare
ad
una
pugna
implacabile
,
di
armonizzare
una
contraddizione
flagrante
con
alcune
cautele
giurisdizionali
?
I
vostri
mezzi
sono
troppo
impari
al
fine
che
volete
conseguire
;
né
parmi
che
laddove
furono
usati
,
abbiano
nulla
prevenuto
,
nulla
represso
.
In
quella
ipotesi
non
resterebbe
che
un
partito
solo
da
prendere
,
quello
di
combattere
con
le
armi
della
libertà
,
contraporre
cattedra
a
cattedra
,
scuola
a
scuola
,
discussione
a
discussione
,
influenza
ad
influenza
,
e
confidare
nella
efficacia
della
verità
che
finirà
col
trionfare
.
Imperocché
non
saprei
supporre
il
partito
di
farsi
persecutori
,
come
già
lo
furono
gli
Imperatori
romani
,
e
come
la
Chiesa
col
braccio
secolare
dello
Stato
lo
fu
contro
gli
eretici
.
Nessuno
oserebbe
oggi
di
richiederlo
,
e
nell
'
ordine
delle
nostre
idee
e
dei
nostri
sentimenti
,
al
di
là
di
un
certo
limite
,
ciò
non
si
potrebbe
,
o
susciterebbe
tale
una
reazione
da
tornare
piuttosto
dannosa
che
utile
alla
causa
che
si
propugna
.
Ricordiamoci
che
la
coscienza
non
patisce
vincoli
troppo
stretti
,
e
che
una
causa
perseguitata
trova
sempre
delle
anime
generose
che
l
'
amano
e
la
difendono
.
A
che
prò
riuscirono
i
furori
della
rivoluzione
francese
se
non
a
suscitare
il
clericalismo
,
che
oggi
in
quella
nazione
è
più
potente
che
nol
fosse
nel
1789
?
Quanto
poi
al
timore
che
la
Chiesa
possa
colla
libertà
conseguire
la
dominazione
cui
aspira
sin
dal
medio
evo
,
a
me
sembra
che
la
storia
ci
assicuri
contro
questa
ipotesi
.
In
vero
la
Chiesa
cattolica
nel
medio
evo
ebbe
le
condizioni
più
favorevoli
per
riuscire
nel
suo
intento
.
Tutti
s
'
inchinavano
dinanzi
a
lei
,
prìncipi
e
popoli
,
non
un
'
aura
di
scetticismo
alitava
,
ed
essa
raccoglieva
nel
suo
seno
quanti
per
ingegno
o
per
virtù
primeggiassero
;
in
lei
sola
la
scienza
,
in
lei
la
pratica
delle
cose
umane
.
Eppure
non
solo
fu
rintuzzata
nelle
sue
pretese
,
ma
da
cinque
secoli
può
dirsi
che
perdette
ognora
del
campo
che
aveva
acquistato
.
Ed
oggi
in
tanto
lume
di
scienza
,
in
tanta
diffusione
di
studî
,
in
tanto
svolgersi
d
'
industrie
e
di
commerci
,
in
tanto
ardore
verso
la
ricchezza
e
i
beni
materiali
,
si
teme
che
possa
compiere
ciò
che
nel
medio
evo
non
le
riuscì
?
A
ciò
dovrebbe
bastare
la
sua
organizzazione
:
né
io
nego
che
gli
uomini
congiunti
insieme
con
comunanza
di
fine
e
di
mezzi
,
e
con
gerarchia
di
capi
e
di
esecutori
abbiano
assai
più
efficacia
di
azione
che
non
avrebbero
operando
singolarmente
.
Ma
non
bisogna
dare
a
ciò
un
valore
troppo
superiore
al
vero
,
come
fecero
alcuni
filosofi
del
secolo
passato
,
i
quali
immaginavano
di
poter
,
con
accomodate
leggi
ed
istituzioni
,
rifare
un
popolo
di
spartani
,
di
ateniesi
e
di
romani
,
e
dalle
forme
politiche
,
si
ripromettevano
il
mutamento
della
società
.
Ma
l
'
esperienza
non
tardò
a
dissipare
quei
sogni
,
e
mostrò
che
le
stesse
leggi
e
le
stesse
costituzioni
qui
davano
frutti
di
progresso
e
di
prosperità
,
altrove
di
disordine
e
di
miseria
.
Non
si
può
dunque
dare
alla
organizzazione
della
Chiesa
cattolica
tutta
quella
efficacia
che
si
suppone
a
comodo
d
'
una
tesi
,
né
credere
che
senza
un
contenuto
vivo
per
ingegno
e
per
virtù
possa
attuare
grandi
imprese
.
E
inoltre
è
da
riflettere
che
anche
lo
Stato
ha
la
sua
organizzazione
,
tanto
più
poderosa
quantoché
ai
mezzi
della
persuasione
si
aggiungono
quelli
della
forza
.
Né
si
vuol
dimenticare
che
gli
stessi
eventi
non
si
rinnuovano
nelle
stesse
forme
,
e
che
la
società
moderna
ha
altri
pericoli
da
combattere
,
non
quelli
della
teocrazia
.
Finalmente
questo
argomento
si
risolve
pur
sempre
nell
'
altro
che
toccai
sopra
,
cioè
nella
sfiducia
che
si
ha
della
libertà
,
e
nella
confidenza
che
si
ripone
invece
sopra
certi
argomenti
estrinseci
ai
quali
si
attribuisce
una
virtù
riparatrice
che
non
hanno
.
Perché
se
davvero
il
mondo
corresse
ferventemente
verso
il
principio
religioso
,
e
fosse
disposto
a
sobbarcarsi
alla
gerarchia
ecclesiastica
,
se
fosse
,
per
così
dire
,
infatuato
di
queste
idee
,
non
sarebbero
le
difese
giurisdizionali
che
potrebbero
contenere
la
piena
del
fiume
che
dilagasse
.
Ma
di
ciò
avrò
occasione
di
parlare
nuovamente
nel
capitolo
quinto
,
laddove
prendo
a
congetturare
gli
effetti
della
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
.
Qual
'
è
in
sostanza
la
conclusione
del
Sybel
,
dopo
averci
descritto
con
sì
vivi
colori
la
marea
clericale
che
sorge
e
gonfia
tanto
da
minacciare
i
fertili
e
coltivati
campi
della
civiltà
?
"
Procedere
ponderatamente
,
e
con
le
proprie
forze
,
evitare
ogni
tasto
che
tocchi
la
vita
religiosa
interna
,
ma
quando
trattisi
dei
diritti
veri
dello
Stato
tener
ferma
la
potenza
della
sua
legislazione
*
.
"
In
verità
a
questa
conclusione
non
abbiamo
nulla
da
opporre
:
se
non
che
troviamo
molto
più
agevole
il
farlo
nel
sistema
che
noi
reputiamo
opportuno
,
di
quello
che
nella
condizione
di
unione
giuridica
più
o
meno
stretta
fra
le
due
potestà
.
Egli
opina
che
non
sia
possibile
stabilire
trattati
con
simili
avversarî
:
ma
dato
i
rapporti
fra
Stato
e
Chiesa
quali
sono
oggidì
nella
massima
parte
dell
'
Europa
,
anche
senza
concordati
espressi
,
pure
vi
è
sempre
necessità
di
qualche
accordo
,
avvegnaché
lo
Stato
,
nel
sistema
regalistico
,
non
solo
frena
e
vigila
la
Chiesa
,
ma
la
sorregge
,
e
procede
in
molte
cose
di
pari
passo
con
essa
.
Così
è
per
esempio
nella
Germania
,
anche
dopo
le
leggi
confessionali
recenti
e
direi
di
più
in
virtù
delle
medesime
,
né
diverso
è
lo
spirito
che
le
anima
,
comecché
altri
gridasse
senza
fondamento
che
si
voleva
distruggere
la
Chiesa
.
Laddove
nella
nostra
ipotesi
lo
Stato
rende
a
ciascuno
il
suo
diritto
,
ma
tutti
li
circoscrive
e
li
sovrasta
.
Questa
prima
obbiezione
adunque
non
ci
par
tale
da
vincere
le
ragioni
che
abbiamo
altrove
addotte
.
Un
'
altra
obbiezione
si
deduce
dalla
esperienza
.
Questa
che
voi
descrivete
,
ella
è
,
dicesi
,
nella
massima
parte
del
mondo
una
grande
novità
:
solo
nell
'
America
settentrionale
si
riscontra
quell
'
ideale
che
vagheggiate
,
né
puranco
perfetto
,
nell
'
Irlanda
,
e
specialmente
nel
Belgio
.
Ma
i
suoi
effetti
non
furono
lodevoli
,
né
incoraggianti
.
In
America
già
appaiono
sintomi
di
guerra
,
e
lo
Stato
dee
pensare
alle
difese
.
Gli
influssi
clericali
già
sentonsi
nei
Municipi
e
nei
Parlamenti
locali
,
alle
largizioni
dei
quali
la
Chiesa
cattolica
deve
più
della
metà
dei
beni
in
terre
che
essa
possiede
,
il
che
avvenne
contro
lo
spirito
della
costituzione
e
barattando
i
voti
degli
emigrati
Irlandesi
.
E
nello
Stato
di
Nuova
York
s
'
andò
più
oltre
;
una
legge
del
1863
trasferisce
nelle
mani
della
gerarchia
cattolica
il
possesso
legale
dei
beni
della
Chiesa
togliendo
ai
laici
molte
difese
che
avevano
innanzi
*
.
Di
tal
che
i
principî
della
legislazione
americana
sono
interpretati
in
senso
contrario
alle
intenzioni
del
legislatore
,
e
assicurano
alla
Chiesa
cattolica
l
'
ingerenza
nelle
istituzioni
temporali
,
e
alle
sue
corporazioni
la
impunità
.
Né
diversamente
avviene
in
Inghilterra
.
Imperocché
la
Chiesa
cattolica
separata
dallo
Stato
lo
osteggia
,
e
ne
ruina
le
fondamenta
,
ancorché
sia
da
poco
tempo
organizzata
e
formi
una
minoranza
al
dirimpetto
del
clero
anglicano
che
con
forte
animo
resiste
alle
sue
usurpazioni
*
.
Finalmente
chi
non
si
sente
commosso
allo
spettacolo
del
Belgio
,
dove
nonostante
gli
sforzi
del
partito
liberale
,
il
clericalismo
ha
posto
i
suoi
fortilizî
,
e
con
tutte
le
armi
che
porge
la
libertà
tenta
di
accaparrare
la
educazione
della
gioventù
,
di
afferrar
le
redini
del
potere
,
e
minaccia
quasi
ad
ogni
ora
la
guerra
civile
?
Pertanto
quei
pochi
esempi
che
abbiamo
del
nuovo
sistema
sono
tali
da
allontanarci
da
un
sentiero
pieno
di
triboli
e
d
'
insidie
,
laddove
l
'
antica
via
per
quanto
faticosa
e
contrastata
ci
porge
modo
di
preservare
la
società
.
Egli
è
vero
;
la
via
della
libertà
e
della
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
è
nuova
e
non
sperimentata
bastevolmente
nel
mondo
,
ma
nuova
similmente
è
la
condizione
della
società
alla
quale
essa
corrisponde
,
e
il
sentimento
religioso
dei
nostri
giorni
è
diverso
e
non
paragonabile
,
in
alcuni
punti
,
a
quello
dei
tempi
passati
.
Sarà
una
via
agitata
e
pericolosa
,
ma
questo
appartiene
alla
essenza
della
libertà
,
il
che
troppo
spesso
non
avvertono
coloro
i
quali
invocano
la
quiete
dei
tempi
passati
,
dimentichi
che
la
società
si
governava
a
reggimento
assoluto
.
Quanto
agli
Stati
Uniti
,
noi
comincieremo
dal
contraporre
alle
allegazioni
degli
oppositori
una
grande
autorità
,
quella
del
Bancroft
,
lo
storico
insigne
della
sua
patria
,
il
quale
afferma
che
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
,
stabilendo
una
perfetta
eguaglianza
religiosa
,
portò
questo
maraviglioso
effetto
,
che
fu
poscia
approvata
dall
'
universale
dei
cittadini
dovunque
,
e
sempre
.
La
quale
testimonianza
è
confermata
anche
da
un
recente
scrittore
,
il
quale
dice
che
il
principio
della
libertà
religiosa
,
accettato
cordialmente
da
tutti
,
è
osservato
senza
esitazione
e
senza
riserva
non
già
come
una
fattura
esterna
imposta
agli
Stati
,
ma
come
un
principio
interno
e
sostanziale
di
quella
società
politica
*
.
Ora
i
fatti
nuovi
che
ci
si
narrano
sono
parziali
e
non
gravi
,
e
le
conclusioni
che
se
ne
traggono
sono
troppo
generali
ed
assolute
.
È
evidente
che
ivi
parimente
la
Chiesa
cattolica
tende
a
concentrare
nella
sua
gerarchia
non
pure
l
'
amministrazione
spirituale
ma
la
temporale
,
e
questa
tendenza
è
avvalorata
dall
'
esempio
dell
'
Europa
e
dai
comandi
di
Roma
.
Ma
le
eccezioni
sono
poche
e
tali
che
non
può
essere
difficile
ovviarvi
legislativamente
reintegrando
il
senso
vero
della
costituzione
,
e
impedendo
,
per
quanto
è
possibile
,
gli
abusi
in
modo
più
efficace
del
presente
.
Che
se
fosse
vero
che
la
Chiesa
cattolica
patteggia
cogli
emigrati
irlandesi
,
e
compra
i
voti
dei
Parlamenti
locali
,
in
tal
caso
riconosco
anch
'
io
la
difficoltà
dell
'
impresa
,
poiché
una
corruzione
di
cancrena
sarebbe
veramente
inoltrata
negli
elettori
e
negli
eletti
.
Ma
in
uno
Stato
libero
quando
scoppia
questo
morbo
,
egli
è
principalmente
nel
costume
,
e
nella
forte
diffusione
del
vero
che
si
può
cercarne
il
rimedio
,
né
gli
espedienti
giurisdizionali
che
in
Europa
si
lodano
,
sarebbero
bastevoli
.
E
poi
ogni
Stato
singolare
potrebbe
sempre
modificare
le
sue
leggi
nel
senso
della
opinione
regnante
fra
i
legislatori
.
Imperocché
il
Parlamento
non
è
un
ente
astratto
,
ma
è
un
accolta
di
uomini
,
di
quegli
stessi
uomini
che
si
dicono
accessibili
alle
influenze
ecclesiastiche
ed
alla
corruzione
.
E
così
dicasi
dei
laici
che
debbono
governare
l
'
amministrazione
delle
società
religiose
;
dove
la
vigilanza
e
i
diritti
che
si
attribuiscono
al
laicato
sopra
la
Chiesa
non
hanno
valore
se
non
in
tanto
in
quanto
il
laicato
sappia
e
voglia
servirsene
.
Se
esso
vi
rinuncia
spontaneamente
,
se
non
si
cura
delle
proprie
franchigie
,
se
è
indifferente
o
ciecamente
sommesso
,
vano
sarebbe
ogni
sforzo
.
Per
sperare
di
ottenere
qualche
risultato
,
bisognerebbe
almeno
accettare
l
'
ipotesi
di
un
governo
assoluto
,
dove
tutti
pensano
e
agiscono
a
balìa
di
un
monarca
o
di
pochi
che
impongono
la
loro
volontà
,
ma
non
quella
di
una
repubblica
dove
la
maggioranza
prevale
.
Mi
giova
ripetere
ciò
che
dissi
sopra
,
parlando
della
possibilità
di
introdurre
riforme
nella
Chiesa
:
lo
Stato
governato
da
laici
indifferenti
o
sommessi
come
gli
altri
,
non
soffierà
l
'
alito
della
vita
laddove
è
spento
.
Adunque
per
tornare
in
cammino
,
l
'
esperienza
degli
Stati
Uniti
non
può
rimuoverci
dal
nostro
disegno
,
anzi
vi
ci
riconferma
,
essendo
pochi
e
sanabili
gli
inconvenienti
,
molti
per
lo
contrario
i
benefii
riconosciuti
.
Quanto
all
'
Irlanda
non
accettiamo
punto
come
vero
ciò
che
taluni
affermano
:
certo
l
'
esperienza
è
breve
,
nondimeno
essa
dovrebbe
incoraggiare
i
nostri
sforzi
,
poiché
dopo
tante
previsioni
tetre
,
al
contrario
le
cose
vi
procedono
con
molto
maggiore
soddisfazione
degli
animi
,
e
se
i
cattolici
non
hanno
più
ragione
di
chiamarsi
oppressi
,
i
protestanti
non
hanno
perciò
perduto
nulla
né
della
organizzazione
loro
né
del
loro
zelo
.
Il
solo
esempio
che
potrebbe
veramente
sconfortarci
è
quello
del
Belgio
.
Ma
è
facile
scorgere
che
mal
se
ne
trarrebbero
illazioni
rispetto
a
quella
che
noi
abbiamo
rappresentato
come
idea
normale
.
E
ciò
sì
per
le
origini
dell
'
odierno
stato
belgico
che
per
le
sue
leggi
.
Dico
per
le
origini
,
avvegnaché
è
noto
come
la
rivoluzione
del
1830
contro
la
casa
d
'
Orangia
,
e
la
dominazione
olandese
,
prendesse
suo
principal
motivo
,
ed
esca
nel
sentimento
religioso
.
Furono
i
preti
che
suscitarono
,
che
spinsero
,
che
condussero
quella
sollevazione
;
e
così
la
politica
e
la
religione
suggellarono
un
patto
del
quale
pur
troppo
gli
effetti
si
sentono
,
e
lungo
tempo
si
sentiranno
nella
vita
politica
del
Belgio
.
Laddove
noi
al
contrario
desideriamo
che
la
separazione
sia
fatta
in
tal
tempo
e
in
tal
modo
,
che
la
società
religiosa
non
abbia
né
da
mescolarsi
nella
politica
,
né
da
ricevere
da
essa
influssi
svantaggiosi
.
Riguardo
poi
alle
leggi
non
si
può
dire
che
la
Chiesa
sia
separata
dallo
Stato
,
perché
il
clero
riceve
i
suoi
stipendi
da
esso
,
e
inoltre
è
abilitato
ad
alcune
ingerenze
sopratutto
nelle
scuole
primarie
,
ingerenze
tali
che
implicano
quasi
un
riconoscimento
del
suo
primato
*
.
Da
un
'
altra
parte
il
clero
è
aspreggiato
,
e
gli
si
contende
ogni
maniera
d
'
incorporazione
che
dia
all
'
esser
suo
una
stabile
durata
.
Perciò
,
mentre
si
sente
incerto
della
sua
libertà
e
della
sua
proprietà
,
per
assicurarle
non
gli
si
para
innanzi
altro
mezzo
fuor
quello
di
avere
nel
governo
e
nel
parlamento
un
forte
sostegno
,
e
di
ripigliarvi
,
potendo
,
un
brano
di
dominazione
.
Invece
,
secondo
il
pensiero
che
noi
siamo
venuti
delineando
,
perché
la
Chiesa
rinunzi
alle
inframmettenze
politiche
,
uopo
è
che
sia
indipendente
dal
bilancio
dello
Stato
,
e
che
nella
sua
sfera
d
'
azione
ragionevole
ed
equa
non
incontri
ostacoli
o
molestie
.
La
cura
assidua
di
cercare
qualche
sotterfugio
per
sottrarre
alle
investigazioni
dello
Stato
la
esistenza
della
corporazione
,
diventa
un
'
abitudine
delle
più
infeste
alla
veracità
della
parola
,
e
alla
rettitudine
degli
atti
.
E
più
la
legge
si
sforza
di
chiudere
al
clero
la
strada
battuta
,
più
esso
disvia
ne
'
diverticoli
.
Noi
abbiamo
già
esaminato
altrove
come
vi
sieno
certi
penetrali
dove
la
legge
non
può
giungere
mai
.
Quando
,
per
esempio
,
più
uomini
si
associano
a
vita
comune
,
con
patto
tacito
e
senza
apparenza
di
corporazione
,
come
lo
Stato
può
sperperarli
?
Quando
un
privato
amministra
una
proprietà
in
modo
fiduciario
per
distribuirne
i
frutti
a
coloro
coi
quali
è
collegato
da
vincoli
religiosi
,
come
può
lo
Stato
impedirlo
?
Qui
tornerebbero
in
campo
gli
stessi
argomenti
coi
quali
si
mostra
che
imbavagliando
la
stampa
pubblica
sorge
la
clandestina
,
vietando
le
associazioni
si
formano
le
sètte
.
Imperocché
il
divieto
non
basta
a
estirpare
il
male
,
solo
dall
'
esterno
lo
fa
rientrare
nel
corpo
sociale
,
e
gli
dà
un
corso
più
segreto
e
più
pericoloso
.
L
'
esempio
del
Belgio
adunque
,
se
merita
tutta
la
nostra
attenzione
per
evitare
i
mali
che
lo
minacciano
,
non
può
allegarsi
come
una
prova
della
mala
riuscita
della
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
sia
perché
questa
separazione
non
vi
è
di
fatto
,
sia
perché
al
clero
sono
interdette
alcune
funzioni
ragionevoli
,
mentre
ad
un
tempo
gli
sono
dati
e
sussidii
e
privilegi
.
Ora
tutta
la
forza
e
tutta
la
speranza
dell
'
ordinamento
che
abbiamo
propugnato
,
sta
nell
'
accordare
all
'
associazione
religiosa
quanto
è
di
giusto
nella
sua
natura
e
nelle
sue
aspirazioni
,
e
mantenere
poi
fermamente
i
limiti
di
sua
azione
sicché
non
offenda
i
diritti
degli
altri
e
quelli
dello
Stato
.
Laonde
quando
si
parla
(
e
con
ciò
chiudo
l
'
esame
di
questa
e
della
precedente
obbiezione
)
e
si
paventa
dal
clero
una
resistenza
faziosa
,
cominciando
dal
rifiuto
di
obbedienza
alle
leggi
e
giungendo
sino
alla
cospirazione
,
alla
ribellione
e
alla
guerra
civile
,
io
dico
che
ciò
non
mi
par
probabile
,
e
che
in
ogni
modo
lo
Stato
non
ha
difficoltà
maggiore
a
reprimerla
di
ogni
altra
resistenza
o
ribellione
che
s
'
incontri
nella
Società
.
Che
se
i
diritti
della
Chiesa
siano
con
imparziale
giustizia
determinati
,
e
sia
dato
ad
essa
quella
libertà
che
le
compete
,
ognuno
di
questi
conati
costituirebbe
un
reato
la
cui
punizione
la
più
severa
,
minacciata
dai
codici
ed
eseguita
inesorabilmente
,
non
susciterebbe
alcuna
pietà
.
Vero
è
che
l
'
associazione
religiosa
nella
sua
universalità
non
si
può
sciogliere
,
ma
si
ponno
sciogliere
le
associazioni
parziali
,
e
anche
la
prima
può
essere
frenata
nei
suoi
membri
,
se
uscendo
dal
proprio
campo
si
attenti
d
'
invadere
i
diritti
dello
Stato
.
Qui
è
veramente
il
punto
dove
il
giure
comune
che
abbiamo
invocato
fa
di
sé
mostra
,
e
la
violazione
delle
leggi
è
punita
egualmente
per
tutti
.
Un
'
altra
obbiezione
è
speciale
all
'
Italia
,
e
si
pretende
che
la
legge
del
13
maggio
1871
detta
delle
prerogative
del
Sommo
Pontefice
,
ossia
delle
guarentigie
della
sua
indipendenza
,
sia
in
contraddizione
con
l
'
ideale
che
noi
siam
venuti
raffigurando
.
Avvegnacché
non
si
può
parlare
di
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
di
libertà
,
e
di
diritto
comune
,
laddove
la
gerarchia
ecclesiastica
è
privilegiata
di
diritti
proprî
e
d
'
immunità
esorbitanti
.
Questa
obbiezione
ha
una
parte
di
vero
:
e
la
contraddizione
di
che
si
parla
fra
il
sistema
da
noi
descritto
e
la
legge
delle
guarentigie
giace
principalmente
nel
riconoscere
nel
Pontefice
la
qualità
di
sovrano
,
e
perciò
inviolabile
,
nell
'
accordargli
le
immunità
personali
e
locali
che
alla
sovranità
si
addicono
e
la
assistenza
di
un
corpo
diplomatico
accreditato
presso
la
Santa
Sede
.
Però
è
d
'
uopo
considerare
che
la
legge
detta
delle
guarentigie
è
legge
,
se
altra
fu
mai
,
politica
e
di
opportunità
.
Imperocché
si
trattava
di
rassicurare
i
governi
e
i
popoli
cattolici
che
la
fine
del
poter
temporale
del
Papa
non
implica
la
servitù
spirituale
della
Chiesa
.
Pongasi
mente
che
il
Governo
temporale
dei
Papi
,
secondo
l
'
affermazione
romana
,
già
da
dieci
secoli
aveva
avuto
legittimo
principio
,
ma
certamente
da
tre
secoli
in
qua
vigeva
nella
sua
forma
presente
ed
incontrastata
,
e
per
essa
fu
mescolato
a
tutti
gli
avvenimenti
d
'
Europa
,
facendo
parte
di
quello
che
chiamavasi
equilibrio
dei
potentati
,
anzi
di
questo
equilibrio
era
reputato
elemento
essenziale
;
tantocché
nel
1815
dopo
la
tempesta
delle
rivoluzioni
e
delle
guerre
era
stato
ripristinato
,
e
poi
nonostante
le
frequenti
sollevazioni
de
'
sudditi
,
rimesso
in
piedi
con
aiuti
stranieri
,
e
sorretto
dal
1831
al
1838
,
e
dal
1849
al
1870
.
Inoltre
si
era
intessuta
tutta
una
dottrina
,
di
cui
ebbi
già
a
discorrere
,
per
dimostrare
che
il
sistema
giurisdizionale
negli
Stati
,
in
tutto
o
in
parte
cattolici
,
non
solo
era
bilanciato
,
ma
reso
possibile
della
esistenza
di
un
territorio
piccolo
sì
,
ma
dove
la
libertà
della
gerarchia
ecclesiastica
fosse
intera
.
Così
tra
per
la
sua
antichità
,
e
per
la
riverenza
che
s
'
accompagna
al
Papato
,
tra
per
gli
interessi
che
vi
erano
implicati
,
e
le
teoriche
inventate
per
colorirli
,
tra
per
gli
sforzi
patiti
a
mantenerne
la
interezza
contro
la
volontà
dei
sudditi
,
il
dominio
temporale
pareva
agli
occhi
della
diplomazia
un
domma
inconcusso
.
Tolto
codesto
presidio
,
si
vedevano
sorgere
pericoli
di
ogni
maniera
:
il
Papa
errante
fuori
di
Roma
a
guisa
di
sublime
mendico
con
pericolo
gravissimo
della
quiete
degli
Stati
pei
quali
passasse
,
o
il
Papa
in
Roma
prigioniero
,
o
finalmente
il
Papa
strumento
di
regno
,
e
come
dicevasi
,
con
vecchia
frase
,
gran
capellano
e
limosiniere
del
Re
d
'
Italia
.
Che
se
l
'
ipotesi
della
cattività
si
faceva
suonare
alta
a
commovimento
degli
animi
pii
,
l
'
altra
era
più
sentita
nei
gabinetti
,
dove
pareva
che
un
Re
in
Roma
il
quale
se
la
intendesse
col
Pontefice
,
e
facesse
servire
le
influenze
religiose
ai
suoi
fini
mondani
,
potrebbe
conseguire
tale
una
forza
nel
mondo
da
vincere
ogni
resistenza
.
Per
tutti
questi
motivi
i
cattolici
vedevano
con
terrore
approssimarsi
il
momento
già
annunciato
dapprima
,
nel
quale
le
armi
italiane
avrebbero
occupato
la
eterna
città
.
Si
formava
in
aspettativa
di
questo
evento
un
cumulo
di
odii
,
che
poteva
suscitare
al
nuovo
Regno
gravissime
difficoltà
.
Perciò
conveniva
rassicurare
gli
animi
,
e
dare
ampie
e
sincere
promesse
che
giunti
gli
italiani
a
Roma
e
ivi
posta
la
capitale
,
avrebbero
assicurato
il
Pontificato
,
e
il
Sacro
Collegio
con
tali
guarentigie
da
poter
esercitare
in
piena
libertà
e
indipendenza
l
'
apostolico
ministero
,
e
da
non
lasciar
dubbio
negli
animi
dei
cattolici
che
le
sentenze
e
i
responsi
del
Vaticano
non
fossero
la
espressione
veridica
di
ciò
che
là
entro
si
pensava
e
si
deliberava
.
Tale
fu
il
fine
della
legge
sulle
guarentigie
,
il
qual
fine
può
dirsi
conseguito
:
imperocché
nonostante
i
clamori
e
le
querele
,
nessuno
potè
dubitare
che
la
libertà
del
Pontefice
nelle
sue
relazioni
coi
governi
e
coi
popoli
non
rimanesse
incolume
anche
dopo
che
fu
cessato
il
dominio
temporale
.
Adunque
fin
a
tanto
che
presso
alle
altre
nazioni
,
che
sono
cattoliche
o
hanno
sudditi
cattolici
,
avrà
vigore
il
sistema
giurisdizionale
onde
la
chiesa
è
una
istituzione
connessa
allo
Stato
e
il
suo
capo
ha
una
potestà
pubblica
uguale
e
parallela
a
quella
del
monarca
o
che
fra
loro
sono
concordati
e
convenzioni
di
pubblico
diritto
,
il
Papa
non
si
potrà
considerare
soltanto
come
un
cittadino
suddito
del
Re
.
Allora
solo
la
legge
delle
guarentigie
cesserebbe
di
aver
ragione
,
e
verrebbe
meno
,
quando
queste
necessità
internazionali
finissero
,
e
quando
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
avesse
avuto
qui
ed
altrove
il
suo
pieno
compimento
nelle
leggi
,
e
la
sua
conferma
nell
'
esperienza
dei
fatti
.
E
poiché
ho
parlato
della
legge
delle
guarentigie
mi
sembra
conveniente
toccare
altresì
,
a
guisa
di
digressione
di
un
punto
che
recentemente
fu
assai
discusso
in
specie
nella
Germania
*
,
con
argomenti
assai
sottili
.
La
libertà
della
Chiesa
,
si
disse
,
comunque
essa
sia
praticata
in
uno
Stato
,
non
dee
però
violare
le
regole
riconosciute
dal
diritto
delle
genti
.
Ora
una
di
codeste
regole
fondamentali
è
la
seguente
:
quando
in
uno
Stato
è
commesso
un
atto
ingiusto
e
criminoso
contro
un
altro
Stato
,
l
'
offeso
dee
poter
trovare
chi
ne
abbia
la
responsabilità
.
Ed
ecco
il
caso
.
Il
Papa
con
una
enciclica
eccita
a
ribellione
sudditi
tedeschi
verso
il
legittimo
lor
sovrano
.
Se
il
Papa
fosse
sovrano
anch
'
esso
di
un
territorio
,
la
Germania
potrebbe
far
la
guerra
al
Papa
;
se
fosse
suddito
del
Re
d
'
Italia
,
la
Germania
potrebbe
esigere
che
codesto
suddito
fosse
punito
secondo
le
leggi
del
paese
.
Nella
condizione
presente
invece
il
Papa
non
è
né
sovrano
effettivo
,
né
suddito
,
e
mentre
il
Governo
italiano
rifiuta
ogni
responsabilità
dei
suoi
atti
e
delle
sue
parole
,
però
lo
tutela
e
lo
rende
inaccessibile
,
dandogli
così
un
privilegio
che
nessun
sovrano
né
suddito
ha
nel
mondo
di
porsi
sopra
tutte
le
regole
del
diritto
pubblico
.
Questo
argomentare
,
mentre
turbava
gli
spiriti
di
alcuni
,
sollevava
gli
animi
di
altri
,
e
sopratutto
dei
difensori
del
potere
temporale
del
Pontefice
.
I
quali
ne
traevano
questa
illazione
che
la
Germania
stessa
,
sebbene
ostile
al
Papato
,
era
costretta
a
riconoscere
la
indispensabile
necessità
che
possedesse
un
territorio
suo
proprio
.
Ma
guardando
attentamente
questo
sillogismo
,
si
vedrà
che
la
premessa
non
è
razionale
.
Imperocché
non
sempre
uno
Stato
offeso
può
materialmente
trovare
dinanzi
a
sé
un
offensore
accessibile
,
contro
il
quale
esercitare
la
sua
vendetta
.
Vi
sono
degli
Stati
così
piccoli
,
senza
porti
di
mare
o
rinchiusi
nel
territorio
di
Stati
maggiori
,
ove
non
si
possono
portare
le
armi
.
E
vi
sono
de
'
delitti
,
specialmente
politici
,
pei
quali
non
è
lecito
chiedere
l
'
estradizione
,
né
si
può
invocare
un
giudizio
penale
da
uno
Stato
straniero
.
Poniamo
che
il
Papa
peregrinando
esule
nel
mondo
,
avesse
posto
la
sua
sede
nell
'
isola
di
Malta
sotto
i
dominii
della
Regina
d
'
Inghilterra
.
Forsecché
la
Germania
avrebbe
potuto
punirlo
o
esigerne
la
punizione
dal
Governo
britannico
?
Sono
ancora
presenti
alla
memoria
i
tentativi
fatti
in
altro
tempo
contro
cospiratori
e
scrittori
che
avevano
loro
sede
in
Londra
stessa
,
dove
ogni
sforzo
della
diplomazia
tornò
vano
contro
le
consuetudini
di
quel
governo
.
Che
se
il
Papa
avesse
avuto
ancora
un
territorio
,
e
la
Germania
perciò
avesse
potuto
colpirlo
,
o
con
la
occupazione
di
Civitavecchia
o
con
quella
di
Roma
stessa
,
lasciamo
stare
che
altre
potenze
si
sarebbero
mescolate
nella
questione
,
non
perciò
il
problema
sarebbe
stato
risoluto
.
E
se
il
Papa
si
fosse
ostinato
nei
sentimenti
espressi
nella
enciclica
,
invano
colla
forza
si
presumeva
di
trionfarne
.
E
si
avverta
che
in
questo
caso
si
desidera
una
sovranità
temporale
al
solo
intento
di
distruggerla
,
e
un
possesso
territoriale
al
solo
fine
di
conquistarlo
:
il
che
renderebbe
poscia
egualmente
vana
la
premessa
da
cui
il
raziocinio
si
parte
.
Ma
il
vero
è
che
vi
sono
de
'
problemi
d
'
indole
morale
e
talvolta
anche
politica
,
che
materialmente
non
si
possono
risolvere
.
Né
la
legge
delle
guarentigie
ha
dato
al
Papa
autorità
o
forza
spirituale
,
maggiore
di
quella
che
avesse
in
prima
.
Dopo
avere
delineato
la
legislazione
che
si
addice
alla
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
,
e
risposto
alle
obbiezioni
principali
che
le
si
muovono
,
potrà
taluno
chiedere
se
questa
legislazione
sia
da
attuarsi
immediatamente
e
tutta
di
un
pezzo
in
Italia
.
Rispondo
che
in
parte
essa
è
iniziata
,
in
parte
potrà
compiersi
appresso
,
ma
si
vuol
procedervi
con
grande
cautela
e
prender
quei
temperamenti
che
meglio
si
addicono
alla
condizione
delle
cose
.
La
esperienza
ha
dimostrato
da
gran
tempo
che
come
nella
natura
così
nella
società
si
progredisce
grado
a
grado
e
non
per
salti
.
E
se
gli
uomini
vogliono
contrastare
a
questa
legge
non
fanno
opera
durevole
:
e
poniamo
che
pochi
giungano
ad
imporre
un
loro
concetto
immaturo
,
non
possono
mantenerlo
senza
violenza
,
cosicché
a
breve
andare
si
ritorna
più
indietro
di
quello
che
si
fosse
in
prima
.
Ma
consentendo
che
si
proceda
gradatamente
e
con
temperamenti
,
vuolsi
però
avvertire
che
questi
non
avrebbero
valore
e
spesso
anche
potrebbero
tornare
dannosi
,
quando
non
si
abbia
un
criterio
fisso
di
condotta
,
e
dinanzi
agli
occhi
chiara
la
meta
verso
la
quale
si
cammina
.
Or
questa
meta
è
appunto
l
'
ideale
che
abbiamo
descritto
,
e
il
criterio
della
condotta
deve
essere
la
tendenza
di
accostarci
sempre
ad
esso
secondo
che
le
occasioni
ce
ne
porgano
il
destro
.
Questa
condotta
a
mio
avviso
dee
avere
manifestamente
due
caratteri
:
una
grande
fermezza
nella
osservanza
delle
leggi
vigenti
,
sinché
esse
non
sieno
mutate
,
onde
appaia
manifesto
che
lo
stato
non
balena
fra
opinioni
diverse
,
e
non
permette
che
alcuno
si
sottragga
con
sotterfugi
e
avvolgimenti
ai
suoi
decreti
;
e
in
pari
tempo
un
grande
rispetto
pel
sentimento
e
per
la
società
religiosa
,
onde
sia
tolto
ogni
dubbio
che
il
governo
si
muova
per
ostilità
preconcette
o
coll
'
intendimento
di
violentare
le
coscienze
.
La
forza
grandissima
della
politica
italiana
sinora
,
per
la
quale
ha
potuto
risolvere
senza
scosse
tanti
problemi
scabrosissimi
,
come
la
fine
del
dominio
temporale
dei
Papi
,
l
'
abolizione
delle
corporazioni
religiose
,
e
la
trasformazione
degli
Istituti
ecclesiastici
stranieri
in
Roma
,
consiste
tutta
nella
saviezza
e
nella
temperanza
del
suo
contegno
,
e
nella
persuasione
che
ha
di
tal
guisa
saputo
infondere
in
Europa
,
che
il
nuovo
Regno
non
voleva
attentare
né
alle
credenze
religiose
,
né
all
'
organismo
spirituale
della
Chiesa
cattolica
.
In
questo
indirizzo
,
iniziato
dal
conte
di
Cavour
,
si
convien
perdurare
fermamente
,
e
non
lasciarsi
rimuovere
da
esso
per
andazzo
di
pregiudizii
volgari
,
o
per
vani
risentimenti
.
Pessima
di
tutte
le
politiche
sarebbe
quella
che
per
ismania
di
rumorosa
popolarità
agitasse
la
questione
religiosa
senza
proposito
,
e
desse
al
clero
il
pretesto
di
gridare
alla
persecuzione
e
di
atteggiarsi
a
vittima
,
pur
non
facendo
alcun
passo
verso
la
soluzione
dei
problemi
religiosi
del
tempo
nostro
.
La
moderazione
politica
che
ho
lodato
,
e
per
la
quale
lo
Stato
si
astiene
da
tutto
ciò
che
può
essere
vessatorio
senza
ragione
,
e
mal
interpretato
senza
profitto
,
m
'
induce
a
trovare
assolutamente
erroneo
il
consiglio
che
dà
il
Bertini
,
cioè
che
dopo
la
morte
di
Pio
IX
il
governo
italiano
ponga
al
riconoscimento
del
suo
successore
alcune
condizioni
;
principalissima
fra
le
quali
sarebbe
una
condanna
esplicita
e
solenne
di
quella
dottrina
per
cui
l
'
indipendenza
del
potere
spirituale
del
Papa
richiede
,
in
modo
indissolubile
,
il
civile
principato
.
"
Bisogna
finirla
,
dice
il
Bertini
,
e
ottenere
a
qualunque
costo
dal
Papa
futuro
la
condanna
esplicita
di
una
teorica
evidentemente
falsa
e
immorale
,
qual
'
è
quella
che
pone
il
dominio
temporale
come
condizione
della
indipendenza
spirituale
del
Pontefice
*."
Sebbene
sia
vero
che
codesta
teorica
è
divenuta
assurda
,
e
noi
abbiamo
coi
fatti
provato
di
riguardarla
come
tale
,
pur
nondimeno
non
sarebbe
né
savio
,
né
prudente
,
né
utile
pretendere
dal
nuovo
Pontefice
questa
formale
condanna
.
Imperocché
l
'
Italia
non
ne
abbisogna
,
avendo
già
sotto
l
'
impero
di
quella
massima
e
contrariamente
ad
essa
,
abolito
il
potere
temporale
,
compiuto
la
nazionale
unità
,
e
costituito
in
Roma
la
sua
capitale
.
Ben
potrebbe
la
Chiesa
replicare
che
non
ha
mai
proclamato
siffatta
massima
come
assoluta
,
e
che
la
stessa
dichiarazione
dei
vescovi
nel
1862
era
condizionata
,
poiché
vi
si
legge
:
in
praesenti
rerum
humanarum
statu
:
e
questo
stato
di
cose
è
già
cambiato
e
può
cambiare
ad
ogni
ora
;
infine
nel
sillabo
si
condanna
solo
chi
dice
che
l
'
abolizione
del
potere
temporale
conferisce
grandemente
alla
felicità
e
alla
grandezza
della
Chiesa
*
,
il
che
è
assai
diverso
dalla
proposizione
di
un
nesso
necessario
fra
loro
.
Ad
ogni
modo
il
nuovo
Pontefice
potrebbe
rispondere
al
Governo
italiano
che
egli
si
riguarda
come
capo
della
Chiesa
cattolica
per
volontà
divina
,
e
non
per
sanzione
dello
Stato
.
Potrebbe
aggiungere
,
se
ogni
passione
fosse
nel
suo
animo
attutita
,
che
egli
rispetta
le
leggi
civili
,
obbedisce
alle
autorità
costituite
in
tutto
ciò
che
è
richiesto
,
ma
non
dimanda
loro
riconoscimento
.
E
potrebbe
anche
andar
più
oltre
e
chiedere
con
qual
diritto
gli
si
chieda
di
ritrattare
una
opinione
,
che
non
sarebbe
vietato
alla
pubblica
stampa
di
sostenere
.
Ma
a
che
prò
perderci
in
queste
congetture
?
Quando
il
Governo
italiano
volesse
minacciare
una
sanzione
all
'
inadempimento
della
sua
domanda
,
e
far
forza
nel
Papa
,
dovrebbe
farla
o
nei
suoi
beni
o
nella
sua
persona
.
Ma
l
'
assegno
pecuniario
fatto
dall
'
art
.
4.°
della
legge
delle
guarentigie
,
non
fu
mai
riscosso
finora
,
e
così
può
essere
rifiutato
nell
'
avvenire
.
E
quanto
alla
persona
,
ogni
violenza
non
approderebbe
alla
nazione
,
ma
guasterebbe
i
vantaggi
conseguiti
sin
qui
,
non
migliorerebbe
i
rapporti
dello
Stato
colla
Chiesa
,
anzi
li
peggiorerebbe
,
perché
ad
un
Papa
esule
non
mancherebbe
mai
un
asilo
sicuro
donde
potesse
proclamare
le
sue
massime
e
scagliare
i
suoi
fulmini
.
Ed
io
ho
voluto
esaminare
questo
luogo
del
Bertini
,
d
'
altronde
uomo
religioso
e
dotto
,
per
mostrare
quanto
dobbiamo
evitare
che
alcuni
pregiudizii
ci
distolgano
da
quell
'
indirizzo
che
fu
seguìto
sin
dalle
origini
del
nostro
risorgimento
.
Adunque
,
per
tornare
all
'
argomento
,
conviene
mantenere
fermamente
le
leggi
di
fronte
al
papato
e
alla
chiesa
,
ma
non
retrocedere
dalla
via
della
libertà
nella
quale
ci
siamo
messi
.
Eccetto
il
caso
che
il
papato
assalisse
con
nuove
armi
manifestamente
e
direttamente
lo
Stato
,
costringendolo
a
provvedimenti
eccezionali
di
legittima
difesa
,
io
credo
che
qualunque
passo
a
ritroso
oltrecché
toglierebbe
il
suo
carattere
al
risorgimento
italiano
,
ci
allontanerebbe
dal
fine
che
vogliamo
raggiungere
.
Ma
non
potrei
tampoco
(
salvo
circostanze
peculiari
e
temporanee
che
non
sono
ora
prevedibili
)
consentire
nell
'
opinione
del
Laurent
che
accetta
come
transazione
acconcia
al
nostro
tempo
quella
dei
concordati
*
.
L
'
argomento
che
adopera
il
Laurent
è
il
seguente
:
La
Chiesa
pretende
di
essere
una
potestà
pubblica
,
ed
è
inutile
che
lo
Stato
dichiari
di
non
riconoscerla
come
tale
,
e
finga
persino
d
'
ignorarla
.
Il
fatto
è
così
,
e
i
fatti
si
osservano
,
e
se
ne
tiene
conto
,
sotto
pena
d
'
incorrere
in
gravi
mali
.
Questo
videro
gli
uomini
che
governavano
la
Francia
nel
1801
e
preferirono
ad
ogni
altro
sistema
quello
del
concordato
.
Meglio
è
in
fatti
transigere
,
quando
la
transazione
riesca
più
agevole
e
più
utile
di
quello
che
il
mantenimento
rigoroso
del
puro
diritto
.
Laonde
un
concordato
dovrà
assicurare
alla
Chiesa
tutta
la
libertà
che
è
compatibile
colla
esistenza
dello
Stato
e
coi
suoi
diritti
essenziali
.
Che
se
la
Chiesa
rifiutasse
di
trattare
a
condizioni
simiglianti
,
allora
non
resterebbe
che
la
separazione
netta
,
intera
,
assoluta
.
Ma
siccome
questa
separazione
è
gravida
di
pericoli
per
la
Chiesa
e
per
la
religione
,
così
egli
è
d
'
avviso
che
dovendo
scegliere
fra
i
due
,
la
Chiesa
s
'
indurrà
ad
accettare
piuttosto
un
concordato
,
ancorché
sia
poco
soddisfacente
ai
suoi
desiderî
.
Lasciamo
da
parte
il
giudizio
storico
che
io
reputo
inesatto
,
parendomi
invece
che
Napoleone
I
,
quando
fece
il
concordato
con
Pio
VII
,
più
che
dalle
predette
cagioni
fosse
mosso
dall
'
intendimento
vero
e
proprio
di
stringere
un
vincolo
di
unione
colla
Chiesa
per
guisa
da
trovare
in
essa
un
aiuto
a
governare
più
fermamente
all
'
interno
,
ed
estendere
i
propri
influssi
di
fuori
.
Era
in
lui
fermo
il
concetto
dell
'
alleanza
fra
il
trono
e
l
'
altare
,
e
Napoleone
si
mostrava
in
ciò
l
'
erede
di
Pipino
e
di
Carlomagno
.
Né
tampoco
ripeterò
le
considerazioni
già
fatte
disopra
,
per
le
quali
mi
è
d
'
avviso
,
che
la
separazione
non
possa
arrecare
danno
alla
religione
,
né
allo
Stato
.
Ma
se
da
un
lato
si
riconosce
la
Chiesa
come
potestà
pubblica
,
e
dall
'
altro
la
si
sforza
ad
accettare
delle
condizioni
dure
,
questo
patto
non
sarà
né
sicuro
,
né
stabile
.
La
Chiesa
avrà
sempre
in
mira
di
migliorare
le
condizioni
proprie
,
e
si
varrà
dell
'
acquistato
come
scala
a
nuovi
acquisti
,
anzi
porrà
tal
prezzo
alla
sua
cooperazione
.
Sarà
questa
altresì
una
cagione
indiretta
di
dare
al
clero
quel
carattere
di
partito
politico
,
dal
quale
sopra
ogni
altra
cosa
noi
abborriamo
.
Adunque
,
una
volta
usciti
dai
concordati
,
mi
sembra
che
il
ritornarci
,
senza
gravissime
ragioni
,
quand
'
anche
contenessero
patti
a
primo
aspetto
favorevoli
,
sarebbe
un
passo
contrario
al
nostro
fine
.
Quanto
al
fare
dei
passi
ulteriori
verso
di
questo
,
ogni
volta
che
ci
si
presenti
la
necessità
di
una
riforma
di
codici
,
o
di
leggi
che
abbiano
attinenze
coll
'
associazione
ecclesiastica
,
noi
dovremmo
profittarne
per
introdurvi
quelle
modificazioni
che
li
mettano
in
accordo
col
principio
da
noi
stabilito
,
tenuto
conto
della
condizione
degli
animi
,
e
delle
circostanze
presenti
.
Finalmente
nella
legge
stessa
delle
guarentigie
,
n
'
è
promessa
un
'
altra
speciale
che
deve
regolare
la
proprietà
ecclesiastica
,
e
questa
legge
può
essere
occasione
propizia
per
dare
esecuzione
ad
una
parte
delle
idee
da
noi
propugnate
,
e
per
aprire
anche
ai
fedeli
l
'
adito
ad
inframmettersi
nell
'
amministrazione
della
Chiesa
.
L
'
articolo
18
della
legge
13
maggio
1871
,
suona
così
:
"
Con
altra
legge
sarà
provveduto
al
riordinamento
,
alla
conservazione
e
all
'
amministrazione
delle
proprietà
ecclesiastiche
nel
Regno
.
"
Oggi
la
proprietà
ecclesiastica
in
Italia
appartiene
,
secondo
varie
distinzioni
,
a
beneficî
di
vescovi
,
di
parrochi
,
o
di
canonici
;
a
fabbricerie
,
a
confraternite
ed
altri
enti
,
parte
religiosi
,
parte
aventi
carattere
di
Opere
Pie
;
agli
Economati
,
al
Fondo
pel
culto
,
alla
Giunta
liquidatrice
nelle
provincie
romane
.
È
evidente
che
nel
nostro
concetto
queste
tre
ultime
amministrazioni
che
appartengono
allo
Stato
debbono
gradatamente
cessare
.
Ma
quali
saranno
gli
enti
che
potranno
conservare
,
o
ricevere
proprietà
ecclesiastiche
?
In
che
forma
l
'
amministreranno
?
Vi
sarà
una
tutela
,
e
a
chi
affidata
?
A
nostro
avviso
,
le
diocesi
e
le
parrocchie
debbono
continuare
a
riconoscersi
come
enti
giuridici
,
le
altre
associazioni
religiose
,
come
le
fabbricerie
e
le
confraternite
potranno
esserlo
,
ma
gioverà
,
innanzi
di
determinarlo
,
avere
una
cognizione
esatta
del
loro
scopo
,
delle
tavole
di
fondazione
,
del
modo
onde
oggi
i
legati
si
adempiono
,
e
va
dicendo
.
In
massima
non
v
'
è
ragione
di
sopprimere
questi
enti
,
in
pratica
possono
essere
fatte
delle
esclusioni
ragionevoli
.
Accennai
altrove
come
già
sin
dal
1865
una
commissione
parlamentare
avesse
pensato
a
formare
delle
congregazioni
diocesane
o
parrocchiali
,
le
quali
amministrassero
la
sostanza
destinata
alla
provvisione
degli
ecclesiastici
,
al
culto
e
alle
cose
sacre
*
.
Ma
l
'
opinion
pubblica
allora
non
era
preparata
a
questa
riforma
,
e
trovavasi
assai
più
avviluppata
in
antiche
consuetudini
.
Non
so
se
oggi
sia
ancor
matura
,
ma
ciò
può
suggerire
dei
temperamenti
,
non
rimuoverci
dallo
scopo
.
Per
me
,
siccome
dissi
nel
capitolo
precedente
,
credo
che
il
beneficio
non
sia
più
compatibile
coll
'
ordinamento
generale
delle
proprietà
e
colle
relazioni
civili
del
tempo
nostro
,
e
inoltre
,
mi
piace
ripeterlo
,
tengo
per
fermo
che
il
principio
elettivo
sia
essenziale
alla
durata
e
alla
prosperità
d
'
ogni
associazione
o
corporazione
,
le
quali
non
possono
durare
se
non
in
quanto
abbiano
in
sé
stesse
il
principio
della
propria
riforma
,
o
del
proprio
rinnovamento
.
Quindi
le
norme
alle
quali
dovremmo
conformarci
nella
nuova
legge
da
farsi
,
sarebbero
,
a
mio
avviso
,
la
separazione
del
beneficio
dall
'
ufficio
,
la
creazione
di
congregazioni
elettive
e
responsabili
,
le
quali
amministrino
i
beni
ecclesiastici
al
fine
di
provvedere
ai
ministri
del
culto
,
agli
edificii
,
alle
cose
sacre
,
un
resoconto
pubblico
di
codeste
amministrazioni
,
un
'
alta
tutela
affidata
ai
tribunali
,
dinanzi
ai
quali
e
ministri
del
culto
e
fedeli
e
tutti
coloro
insomma
che
hanno
interesse
alla
conservazione
del
patrimonio
ed
alla
equa
erogazione
della
rendita
dei
beni
ecclesiastici
,
avrebbero
diritto
di
ricorrere
*
.
In
questa
parte
,
stabilito
il
principio
,
bisognerebbe
lasciare
anche
molto
alla
giurisprudenza
,
la
quale
coi
suoi
pronunziati
supplirà
alle
deficienze
degli
statuti
ecclesiastici
e
della
legge
comune
,
sinché
Chiesa
e
Stato
con
nuovi
provvedimenti
suggeriti
dalla
esperienza
abbiano
,
ciascuno
per
la
parte
che
lo
riguarda
,
regolato
tutta
la
materia
.
Ma
egli
è
evidente
che
introdotto
il
principio
elettivo
nelle
congregazioni
dove
i
laici
avrebbero
la
massima
parte
,
e
affidata
loro
l
'
amministrazione
e
la
responsabilità
,
il
germe
della
riforma
è
gittato
,
è
aperta
cioè
la
via
al
laicato
cattolico
ed
al
clero
minore
di
conseguire
non
solo
nell
'
ordine
temporale
della
Chiesa
,
ma
altresì
nell
'
ordine
spirituale
quelle
mutazioni
che
rispondano
al
bisogno
della
coscienza
loro
e
alla
necessità
dei
tempi
.
Ma
per
ciò
fa
d
'
uopo
che
nell
'
uno
e
nell
'
altro
vi
sia
vitalità
,
energia
,
perseveranza
di
azione
.
Che
se
essi
non
hanno
tali
doti
,
non
è
la
ingerenza
dello
Stato
che
potrà
supplirvi
.
L
'
ufficio
dello
Stato
in
questa
materia
,
per
giudizio
nostro
,
finisce
quando
esso
abbia
posto
legislativamente
il
laicato
cattolico
,
e
il
clero
minore
in
tali
condizioni
da
poter
rivendicare
i
loro
diritti
*
.
Potrebbe
sorgere
una
difficoltà
pratica
quando
la
gerarchia
cattolica
vedesse
nella
creazione
di
queste
congregazioni
un
atto
di
violenza
e
di
spogliazione
,
e
il
laicato
medesimo
rifiutasse
perciò
di
assumere
ogni
ingerenza
,
ogni
diritto
che
si
volesse
concedergli
.
Ne
nascerebbe
quindi
una
perturbazione
gravissima
,
e
non
si
otterrebbe
l
'
intento
.
Se
non
che
mi
sembra
difficile
che
si
giunga
a
tale
rifiuto
che
sarebbe
dannoso
agli
interessi
ecclesiastici
tanto
spirituali
che
temporali
.
Certo
le
regole
di
queste
istituzioni
debbono
esser
eque
;
equa
la
forma
di
elezione
,
poniamo
che
fosser
chiamati
i
padri
di
famiglia
a
scegliere
i
componenti
la
congregazione
parrocchiale
;
e
questi
,
in
secondo
grado
,
a
scegliere
i
componenti
la
congregazione
diocesana
.
Il
che
non
offenderebbe
i
canoni
della
Chiesa
.
Né
qui
si
tratta
di
altro
che
della
conservazione
e
amministrazione
dei
beni
.
Che
se
questo
può
essere
scala
a
maggiori
franchigie
,
e
condurre
alla
elezione
stessa
del
parroco
e
del
vescovo
,
dalla
quale
v
'
ha
chi
trae
ogni
ulteriore
riforma
*
,
cioè
dee
seguire
per
spontaneo
ed
interno
moto
dei
fedeli
che
fan
parte
della
Chiesa
,
non
essere
comandato
dallo
Stato
.
Aggiungasi
che
il
detto
ordinamento
potrebbe
cominciare
a
tentarsi
rispetto
all
'
amministrazione
di
quei
beni
che
sono
nelle
mani
del
governo
.
Il
fondo
pel
culto
può
con
sagace
distribuzione
divenire
il
nucleo
di
questo
rivolgimento
amministrativo
;
e
se
mano
a
mano
che
gl
'
investiti
di
un
beneficio
muoiono
,
gli
Economati
che
amministrano
i
beni
delle
sedi
vacanti
organizzassero
a
tal
fine
le
predette
Congregazioni
con
questa
sanzione
,
per
cagion
d
'
esempio
,
che
ove
non
si
trovassero
parrocchiani
che
accettassero
l
'
ufficio
,
o
questi
rifiutassero
di
continuare
dopo
la
nomina
del
parroco
;
i
beni
tornerebbero
in
mano
degli
Economati
stessi
,
io
mi
penso
che
in
questo
modo
o
in
altro
conveniente
che
rispetti
i
diritti
acquisiti
,
si
potrebbe
giungere
in
tempo
non
lungo
ad
attuare
la
nuova
istituzione
.
Però
non
posso
lasciar
di
notare
che
queste
riforme
non
avrebbero
più
ragione
,
qualora
lo
Stato
s
'
impossessasse
di
tutti
i
beni
ecclesiastici
che
rimangono
,
e
vi
sostituisse
un
assegnamento
a
carico
del
bilancio
,
o
ciò
che
è
molto
analogo
un
titolo
di
rendita
pubblica
.
E
invero
la
partecipazione
dei
laici
all
'
amministrazione
diverrebbe
così
lieve
da
non
eccitare
neppure
l
'
interesse
delle
Congregazioni
.
Laonde
un
provvedimento
di
questo
genere
sarebbe
un
vero
regresso
per
coloro
che
in
queste
Congregazioni
scorgono
un
germe
della
riforma
ecclesiastica
:
sarebbe
in
sostanza
il
sistema
del
clero
salariato
,
che
noi
già
mostrammo
non
essere
né
razionale
né
confacente
al
pubblico
bene
.
Molte
altre
questioni
politiche
potrebbero
esaminarsi
a
tale
proposito
,
ma
non
è
questo
il
luogo
per
trattarne
,
e
concludo
che
pur
procedendo
con
tutte
le
cautele
e
le
riserve
si
debba
sempre
avere
di
mira
la
meta
quale
noi
l
'
abbiamo
delineata
,
non
indietreggiare
da
quella
via
che
si
è
percorsa
e
cogliere
ogni
opportunità
propizia
a
darvi
un
passo
ulteriore
.
Imperocché
tutte
le
obbiezioni
che
siamo
venuti
esaminando
via
via
,
non
ci
sembrano
tali
da
mutare
il
nostro
proposito
,
e
agli
occhi
nostri
rimane
provato
che
nelle
condizioni
odierne
d
'
Europa
,
e
specialmente
in
quelle
d
'
Italia
,
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
sia
l
'
unica
soluzione
desiderabile
.
CAPITOLO
QUINTO
È
egli
necessario
congetturare
gli
effetti
della
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
?
È
possibile
il
prevederli
?
A
queste
due
dimande
altri
può
rispondere
per
avventura
negativamente
.
Si
dirà
che
se
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
è
un
portato
inevitabile
delle
condizioni
della
società
mederna
,
noi
dobbiamo
rassegnarvici
quali
che
ne
siano
le
conseguenze
.
Si
dirà
inoltre
che
gli
eventi
umani
essendo
l
'
effetto
di
cause
molteplici
,
se
riesce
sommamente
arduo
sceverare
ciò
che
all
'
una
o
all
'
altra
si
deve
nel
passato
,
più
arduo
ancora
e
quasi
sfidato
egli
è
indagare
nell
'
avvenire
gli
effetti
di
una
singola
causa
.
Eppure
nell
'
animo
nostro
vi
ha
qualche
cosa
che
ci
spinge
a
siffatta
indagine
.
Come
colui
che
lascia
una
terra
lungamente
abitata
e
si
affida
alla
nave
che
lo
trasporterà
a
remoti
lidi
,
non
può
non
pensare
a
ciò
che
troverà
in
quelle
contrade
,
e
quale
vi
sarà
la
sua
vita
;
così
ad
ogni
vecchia
istituzione
che
si
cambia
e
ad
ogni
nuova
che
si
manifesta
nella
società
,
siamo
mossi
ad
anticiparne
col
pensiero
gli
effetti
.
Né
tampoco
questa
indagine
può
dirsi
inutile
,
poiché
se
non
altro
ella
ci
ammonisce
degli
apparecchi
che
occorrono
,
dei
presidî
onde
dobbiamo
fornirci
,
dei
pericoli
che
dobbiamo
evitare
.
Rispondendo
nel
capitolo
precedente
a
coloro
i
quali
pretendevano
di
contrapporre
l
'
esperienza
degli
Stati
Uniti
,
dell
'
Irlanda
,
del
Belgio
a
dissuasione
delle
nostre
idee
,
io
ho
dimostrato
quanto
si
dilungassero
dal
vero
,
e
ho
notato
che
rispetto
al
Belgio
,
non
si
possono
trarre
legittime
illazioni
da
una
condizione
di
cose
,
che
in
taluni
punti
sostanziali
è
diversa
da
quella
che
noi
proponiamo
;
che
rispetto
all
'
Irlanda
i
risultati
della
separazione
furono
finora
soddisfacenti
;
che
infine
,
rispetto
all
'
America
Settentrionale
,
sebbene
vi
siano
taluni
paurosi
che
dalla
libertà
religiosa
possa
venirne
qualche
iattura
alle
istituzioni
o
perturbazione
alla
pubblica
quiete
,
sono
però
pochi
di
numero
e
poco
ascoltati
,
ma
finora
non
v
'
ha
nulla
di
così
serio
da
scuotere
la
fede
colla
quale
gli
americani
hanno
proceduto
sempre
in
tale
materia
.
Pur
nondimeno
a
quella
guisa
che
ho
respinto
quegli
esempi
,
quando
si
recarono
innanzi
contro
la
nostra
tesi
,
con
pari
imparzialità
consento
che
gli
esperimenti
sono
ancora
troppo
scarsi
,
e
il
tempo
di
lor
durata
è
troppo
breve
,
perché
noi
possiamo
dai
medesimi
argomentare
con
sicurezza
intorno
all
'
avvenire
.
Ma
ben
altre
e
maggiori
dubbiezze
possono
sorgere
nell
'
animo
quando
si
tratta
di
prevedere
gli
effetti
di
quel
principio
in
società
diversamente
costituite
,
e
sopratutto
in
quei
popoli
nei
quali
una
sola
religione
signoreggia
.
Imperocché
,
là
dove
molte
sètte
si
bilanciano
,
pare
ovvio
ad
alcuni
che
la
separazione
possa
essere
ammessa
,
e
che
non
debbano
scaturire
funeste
conseguenze
:
ma
egli
è
colà
appunto
,
nel
continente
europeo
,
dove
se
ne
sente
meno
il
bisogno
.
Già
notammo
che
gli
Stati
protestanti
possono
per
avventura
rimanere
ancora
lungo
tempo
nel
sistema
giurisdizionale
che
vi
prevale
,
sebbene
anche
ivi
appaiano
taluni
sintomi
della
decadenza
di
questo
sistema
.
Ma
nei
paesi
come
l
'
Italia
,
dove
per
l
'
appunto
noi
invochiamo
la
separazione
come
un
assetto
normale
,
ivi
una
sola
religione
può
dirsi
viva
,
cioè
il
cattolicismo
.
Onde
il
cercare
esempi
dove
invece
è
pluralità
di
credenze
poco
approda
,
e
le
conclusioni
che
dall
'
un
paese
si
vorrebbero
tirare
all
'
altro
,
male
vi
si
attagliano
.
Bisogna
dunque
considerare
in
sé
le
cose
,
e
cercare
di
argomentare
per
induzioni
dallo
stato
presente
il
futuro
.
E
qual
sia
la
condizione
d
'
Italia
e
in
gran
parte
dei
paesi
cattolici
noi
lo
abbiamo
già
descritto
nel
capitolo
secondo
.
Una
gran
massa
credente
sì
,
ma
più
che
credente
superstiziosa
o
ignorante
o
poco
fervida
nel
suo
pensiero
e
nel
suo
sentimento
;
un
'
altra
gran
massa
indifferente
,
o
quasi
indifferente
,
che
se
adempie
le
pratiche
esterne
della
religione
lo
fa
per
tradizione
,
o
per
abitudine
,
o
per
convenienza
,
o
per
quel
calcolo
di
probabilità
di
che
parla
il
Pascal
*
.
Scarsa
la
schiera
che
professi
la
religione
non
solo
a
parole
,
ma
nel
suo
vero
spirito
,
e
dirimpetto
ad
essa
una
minorità
ostile
al
cattolicismo
,
parte
anche
alle
idee
religiose
di
ogni
genere
,
la
quale
si
forma
degli
uomini
dati
alla
scienza
,
alla
politica
,
agli
affari
,
a
quelli
che
si
dicono
l
'
eletta
della
compagnia
civile
.
Ora
che
avverrebbe
,
posto
che
fosse
effettuata
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
?
Ci
sia
lecito
fare
alcune
ipotesi
.
V
'
ha
chi
presume
che
vi
possa
essere
nei
paesi
nostri
un
forte
cambiamento
di
opinioni
e
di
sentimenti
,
una
reazione
onde
la
società
ridivenga
fervidamente
credente
,
e
tutta
o
quasi
tutta
sinceramente
e
operosamente
cattolica
,
nel
senso
che
lo
era
e
che
può
essere
dal
Vaticano
desiderato
.
Si
adduce
,
ad
esempio
di
ciò
,
l
'
Inghilterra
nel
principio
del
secolo
scorso
.
In
quel
tempo
Leibnizio
,
addolorato
,
scriveva
alla
Principessa
di
Galles
,
che
non
pur
la
religione
rivelata
,
ma
altresì
la
religione
naturale
era
colà
minacciata
e
scossa
,
e
poscia
Montesquieu
nelle
sue
note
di
viaggio
scriveva
:
point
de
religion
en
Angleterre
.
E
in
vero
una
lunga
tratta
di
scrittori
,
da
Hobbes
a
Bolingbroke
,
avevano
fatto
la
critica
della
religione
,
e
messo
in
voga
lo
scetticismo
.
Voltaire
inneggiava
a
Bolingbroke
e
lo
chiamava
il
capo
della
grande
scuola
.
Ma
questa
voga
d
'
incredulità
era
più
apparente
che
reale
;
solo
alla
superficie
della
società
si
agitavano
queste
idee
.
La
moltitudine
del
popolo
era
religiosa
,
e
nella
coscienza
popolare
s
'
ispirarono
coloro
che
purificando
il
protestantesimo
spensero
anche
nelle
classi
agiate
e
potenti
lo
scetticismo
.
Il
popolo
inglese
,
come
bene
osserva
un
sagace
scrittore
,
essendo
mirabilmente
pratico
,
sa
rifarsi
per
necessità
civili
e
politiche
anche
la
coscienza
religiosa
*
.
Non
si
può
dunque
argomentare
dal
fatto
parziale
della
Inghilterra
del
secolo
passato
,
alla
Francia
,
all
'
Italia
,
all
'
Europa
del
secolo
presente
:
né
mi
par
fondata
la
aspettativa
di
una
restaurazione
cattolica
.
Di
ciò
mi
persuade
eziandio
un
fatto
che
accennai
già
nel
secondo
capitolo
,
e
del
quale
dissi
che
avrei
parlato
più
oltre
,
e
qui
mi
sembra
opportuno
insistervi
,
siccome
decisivo
nel
giudizio
delle
probabilità
avvenire
,
intendo
quella
tendenza
razionale
che
si
manifesta
nella
storia
dal
secolo
decimoterzo
in
poi
,
cioè
da
quel
momento
nel
quale
le
scienze
,
le
lettere
,
le
arti
ricominciarono
a
luccicare
dopo
la
profonda
notte
che
per
quasi
dieci
secoli
aveva
ottenebrato
l
'
Europa
.
Questa
tendenza
fu
nei
suoi
inizii
timida
e
ritrosa
,
ma
crebbe
continuamente
,
e
si
diffuse
e
pigliò
da
ultimo
ardire
e
baldanza
di
tutto
soggiogare
.
Chiunque
studia
attentamente
il
medio
evo
scorge
come
fra
le
forze
morali
una
sola
abbia
vigore
sugli
animi
,
ed
è
la
religione
,
ma
dal
rinascimento
in
poi
un
'
altra
grande
forza
sorge
e
gli
si
contrappone
,
ed
è
la
scienza
.
Nel
medio
evo
l
'
uomo
non
cerca
già
d
'
investigare
i
fatti
che
lo
circondano
e
le
leggi
della
natura
;
ma
è
inclinato
ad
attribuire
ogni
fenomeno
ad
influssi
sopranaturali
.
Non
vi
è
luogo
,
non
vi
è
tempo
che
non
abbia
il
suo
miracolo
,
non
vi
è
individuo
che
non
sia
stato
testimone
di
prodigi
di
ogni
specie
,
che
non
abbia
avuto
visioni
,
che
non
abbia
udito
profezie
.
Le
potestà
celesti
ed
infernali
gareggiano
,
secondo
il
pensiero
di
quell
'
epoca
,
nel
governo
delle
cose
umane
;
per
l
'
una
parte
la
Vergine
,
i
Santi
del
Cielo
,
le
preghiere
dei
buoni
,
i
meriti
dei
penitenti
,
per
l
'
altra
i
diavoli
,
tutte
le
arti
magiche
,
le
stregonerie
,
i
peccati
quotidiani
dei
rei
.
Un
gran
terrore
signoreggiava
.
L
'
inferno
è
l
'
idea
principale
,
l
'
immagine
rappresentata
in
mille
forme
con
descrizioni
vivissime
,
e
all
'
inferno
si
collega
nel
pensiero
degli
uomini
il
concetto
della
eredità
della
colpa
del
primo
progenitore
,
il
quale
ha
irremissibilmente
perduto
tutta
l
'
umanità
,
salvo
i
pochi
che
il
Redentore
per
grazia
si
degni
di
salvare
;
sicché
intere
generazioni
,
intere
nazioni
che
non
avevano
udito
mai
parlare
della
religione
cristiana
erano
dannate
per
tale
ignoranza
.
Ma
anche
nelle
popolazioni
illuminate
dalla
luce
della
verità
,
il
conseguimento
della
vita
eterna
era
opera
ardua
e
seminata
di
pericoli
.
La
terra
si
riguardava
come
destituita
di
ogni
pregio
,
piena
di
dolori
e
d
'
inganni
,
il
pessimismo
(
come
direbbero
alcuni
germanici
odierni
)
era
il
criterio
di
ogni
giudizio
,
e
allontanava
gli
uomini
anche
dai
beni
più
innocenti
,
siccome
quelli
che
potevano
precipitarlo
in
una
eternità
di
pene
,
e
la
vita
già
sì
misera
e
travagliata
in
quella
scurissima
condizione
di
tempi
era
resa
anche
più
infelice
dal
timore
.
Quindi
l
'
ascetismo
,
la
mortificazione
,
la
contrizione
,
e
frutto
di
tali
sentimenti
le
moteplici
istituzioni
monastiche
,
e
le
compagnie
dei
laici
penitenti
:
perenne
intento
della
vita
(
per
quanto
il
comportasse
l
'
umana
resistenza
)
la
rinunzia
ad
ogni
diletto
e
conforto
come
esiziale
o
pericoloso
.
Fuori
della
Chiesa
non
v
'
è
salute
,
ecco
il
sentimento
più
profondo
del
cuore
,
ecco
il
grido
dei
popoli
;
e
quindi
la
rivolta
contro
di
essa
,
cioè
l
'
eresia
è
tenuta
per
il
peggior
dei
delitti
,
e
l
'
eretico
pel
più
scellerato
dei
colpevoli
.
E
che
era
mai
un
gastigo
feroce
e
la
strage
a
petto
dei
mali
che
la
diffusione
di
una
eresia
avrebbe
generato
nella
Società
?
E
qual
pietà
poteva
commuovere
i
giudici
,
se
Dio
stesso
puniva
l
'
errore
e
l
'
ignoranza
dei
misteri
al
pari
del
più
grave
dei
peccati
con
infiniti
tormenti
?
L
'
idea
della
persecuzione
degli
eretici
è
tanto
naturale
in
quell
'
epoca
e
per
alcun
tempo
dopo
,
che
nessuno
,
sia
pur
grande
l
'
ingegno
suo
,
se
ne
può
sottrarre
del
tutto
,
e
uomini
per
ogni
parte
virtuosi
e
miti
soffocano
nel
cuore
ogni
senso
di
misericordia
,
e
credono
di
onorare
Iddio
colla
ecatombe
dei
loro
avversari
.
La
scienza
non
è
ammessa
,
se
non
in
quanto
serve
alla
teologia
:
da
questa
riceve
i
suoi
metodi
,
i
limiti
,
i
postulati
,
e
se
ne
intitola
ancella
.
L
'
arte
nei
suoi
incunabuli
è
rinchiusa
nel
santuario
,
ne
piglia
le
ispirazioni
,
e
mira
a
renderlo
più
adorno
.
La
voce
di
laico
significa
illetterato
,
e
non
solo
lo
Stato
soggiace
alla
Chiesa
,
ma
il
governo
stesso
delle
cose
temporali
è
affidato
in
gran
parte
ad
ecclesiastici
.
A
poco
a
poco
questo
stato
di
cose
si
modifica
:
le
crociate
,
sebbene
ispirate
da
sentimento
pio
,
e
indirizzate
ad
un
fine
tutto
religioso
,
pure
ebbero
nella
società
conseguenze
contrarie
a
quelle
che
pareva
dovessero
derivarne
.
Gli
uomini
che
s
'
eran
trovati
di
fronte
popoli
professanti
credenze
diverse
,
e
che
avevano
pur
dovuto
riconoscere
in
essi
valore
e
merito
,
divennero
alquanto
meno
aspri
nei
loro
giudizi
,
e
più
tolleranti
nella
pratica
*
.
Un
desiderio
inusitato
di
ricchezza
si
propagò
in
Europa
,
e
quindi
surse
l
'
industria
,
e
con
essa
un
'
avversione
allo
spirito
monastico
e
alla
vita
meramente
contemplativa
e
di
romitaggio
.
In
Italia
intanto
risorgeva
l
'
amore
del
bello
nelle
lettere
e
nelle
arti
.
E
più
tardi
,
colla
caduta
di
Costantinopoli
,
quando
i
Greci
esulando
in
Europa
portarono
seco
le
reliquie
dell
'
antichità
,
si
ravvivò
generalmente
la
conoscenza
e
la
passione
delle
cose
classiche
,
e
l
'
ammirazione
di
un
ideale
diverso
da
quello
che
fino
allora
proponevasi
alla
imitazione
.
Coloro
fra
i
moderni
storici
che
hanno
attribuito
lo
spirito
razionale
al
solo
protestantismo
sono
in
errore
.
Il
protestantismo
fu
una
delle
sue
manifestazioni
,
ma
non
ne
fu
causa
,
poiché
era
già
sorto
molto
innanzi
.
Anzi
i
primi
protestanti
furono
inconsci
delle
conseguenze
che
portava
in
sé
il
principio
che
adottavano
.
Lutero
e
Calvino
professavano
le
più
lugubri
teoriche
del
cattolicismo
,
e
la
persecuzione
contro
coloro
che
non
parteggiavano
per
essi
non
fu
meno
fiera
né
meno
ostinata
di
quella
dei
cattolici
.
Ma
,
nonostante
cattolici
e
protestanti
,
la
tendenza
di
che
abbiamo
parlato
vien
sempre
crescendo
e
diffondendosi
.
Non
v
'
è
ostacolo
che
l
'
arresti
,
non
v
'
è
persecuzione
che
la
domi
.
La
scienza
si
scioglie
dai
vincoli
della
teologia
,
e
più
tardi
colla
scuola
sperimentale
,
mira
a
spiegare
con
leggi
costanti
tutti
i
fenomeni
dell
'
universo
,
e
uomini
pii
si
sforzano
di
dare
all
'
intervento
soprannaturale
nelle
leggi
del
mondo
una
spiegazione
che
sia
conciliabile
colla
filosofia
*
.
I
prodigi
,
i
miracoli
divengono
ogni
giorno
più
rari
,
le
streghe
,
già
così
numerose
e
temute
,
scompaiono
dalla
scena
del
mondo
.
Di
pari
colla
scienza
anche
le
arti
pigliano
un
andamento
indipendente
della
religione
.
La
polizia
si
secolarizza
,
e
non
solo
il
governo
della
cosa
pubblica
passa
ovunque
nelle
mani
dei
laici
,
ma
si
afforza
lo
spirito
di
resistenza
ad
ogni
pretesa
di
Roma
,
e
alla
tutela
cosmopolitica
della
Chiesa
succede
una
tutela
nazionale
nei
consolati
,
e
nella
diplomazia
.
L
'
opinione
si
fa
più
umana
;
l
'
idea
che
gli
uomini
giusti
possano
salvarsi
ancorché
nati
e
vissuti
fuori
della
Chiesa
s
'
impone
quasi
a
malgrado
:
la
persecuzione
degli
eretici
perde
ogni
sua
ragione
e
ispira
anzi
sgomento
ed
orrore
:
il
concetto
stesso
della
eternità
delle
pene
si
attenua
,
si
tempera
e
incontra
dubbi
e
ripugnanze
che
un
tempo
sarebbero
parse
enormità
di
perfidia
.
Infine
le
dottrine
economiche
e
lo
svolgimento
della
industria
che
contraddistinguono
l
'
età
presente
,
fazionano
una
società
del
tutto
opposta
alla
società
che
era
informata
alle
dottrine
ascettiche
del
medio
evo
.
Tutto
ciò
che
noi
indichiamo
per
sommi
capi
è
opera
di
secoli
,
ma
il
movimento
è
costante
,
e
di
questo
movimento
razionale
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
è
,
come
dimostrammo
nei
capitoli
precedenti
,
la
conclusione
necessaria
.
Ora
per
tornare
al
nostro
tema
è
egli
possibile
che
avvenga
una
reazione
nel
senso
cattolico
?
Notisi
innanzi
tutto
che
tre
volte
già
seguì
questo
fatto
.
La
prima
quando
la
tendenza
razionale
e
industriale
era
ancor
piccina
,
e
la
reazione
fu
potentissima
con
San
Francesco
e
San
Domenico
.
Maggiore
fu
lo
scoppio
del
protestantesimo
,
e
per
converso
minore
la
seconda
reazione
capitanata
dai
grandi
Papi
del
secolo
XVI
e
XVII
,
tuttoché
assai
potente
da
mantenere
alcune
nazioni
in
fede
,
e
da
ricuperare
una
parte
delle
perdite
fatte
:
oltrecché
la
scoperta
dell
'
America
aperse
un
campo
vastissimo
alle
sue
missioni
.
Massima
fu
l
'
azione
anticattolica
della
rivoluzione
francese
,
minima
dirimpetto
alle
precedenti
è
la
reazione
che
si
manifestò
nel
principio
del
secolo
presente
:
di
che
si
vede
che
la
tendenza
razionale
ha
nel
suo
corso
qualche
cosa
di
fatale
o
per
dir
meglio
qualche
cosa
di
providenziale
.
Ora
come
si
potrebbe
supporre
un
movimento
assolutamente
contrario
,
e
una
riscossa
del
papato
,
e
delle
istituzioni
religiose
più
rigide
a
ritroso
della
legge
,
colla
quale
sinora
si
è
dispiegata
la
storia
?
V
'
ha
nondimeno
chi
stima
codesta
reazione
possibile
,
se
non
per
vicenda
regolare
,
per
eventi
straordinarii
:
dicono
costoro
che
il
principio
del
libero
esame
che
il
protestantesimo
ha
allevato
e
cresciuto
,
e
che
la
filosofia
corona
e
mitria
,
non
ha
portato
ancora
tutti
i
suoi
frutti
,
né
la
rivoluzione
ha
compiuto
il
suo
ciclo
.
Prima
essa
abbattè
il
Papato
,
poi
la
nobiltà
,
indi
assalì
i
re
;
oggi
apre
la
breccia
nella
borghesia
e
nei
popolani
grassi
,
sinché
la
feccia
della
plebe
sormonti
e
vinca
.
Quando
ciò
avvenga
,
i
principii
più
sovversivi
della
proprietà
,
della
famiglia
,
dello
Stato
che
qualche
sètta
ha
recato
innanzi
,
verranno
in
atto
,
e
la
Comune
di
Parigi
nel
1870
sarà
stata
come
una
picciola
favilla
rispetto
al
grande
incendio
che
divamperà
tutta
Europa
.
La
nostra
civiltà
tanto
vantata
eppure
così
superficiale
,
concludono
essi
,
non
avrà
forza
per
reggersi
ma
andrà
in
fascio
,
e
altri
barbari
,
non
già
venuti
dal
Settentrione
ma
dal
fondo
stesso
della
società
,
rinnoveranno
i
più
tetri
secoli
dell
'
antichità
e
del
medio
evo
.
A
qual
difesa
a
qual
presidio
a
qual
conforto
si
volgeranno
allora
gli
uomini
,
se
non
alla
religione
e
alla
Chiesa
,
a
quella
Chiesa
che
mai
non
fu
scossa
né
da
minaccie
né
da
allettatrici
lusinghe
,
ma
rimase
immobile
sempre
nel
suo
insegnamento
,
né
mai
permise
che
la
purezza
del
suo
terso
cristallo
fosse
pur
di
un
apice
intaccata
dalla
lima
delle
false
dottrine
?
Così
la
Providenza
,
con
le
forti
battiture
,
richiamerà
i
popoli
al
retto
sentiero
dal
quale
sono
disviati
.
A
tali
profezie
molte
cose
si
possono
opporre
.
E
innanzi
tutto
è
fortemente
a
dubitare
se
codesto
universale
diluvio
sia
per
ricoprire
la
civiltà
.
Non
sono
nuovi
nel
mondo
gli
audaci
conati
di
generale
sovvertimento
,
ma
incontrarono
sempre
valida
resistenza
,
né
poterono
riuscire
,
o
riusciti
durarono
brevissimamente
,
perché
le
cose
contrarie
alla
essenza
dell
'
uomo
non
mettono
radice
,
e
dopo
la
vittoria
i
vincitori
stessi
pugnano
fra
loro
,
né
sanno
ordinarsi
.
Dalla
guerra
di
Spartaco
a
quella
dei
villani
in
Germania
e
al
terrore
in
Francia
,
dai
ciompi
e
dagli
straccioni
,
ai
seguaci
di
Münzer
,
di
Giovanni
di
Leida
,
e
alla
Comune
di
Parigi
,
ne
abbiamo
nella
storia
esempi
numerosi
.
E
sebbene
gli
uomini
che
vissero
in
que
'
tempi
,
percossi
da
stupore
,
abbian
talora
paventato
che
siffatte
catastrofi
potessero
sovvertire
tutta
intera
la
società
,
nondimeno
in
poco
d
'
ora
quelle
furie
si
calmarono
,
a
guisa
delle
febbri
ardenti
,
dove
la
forza
stessa
della
natura
viene
in
soccorso
,
senza
di
che
come
il
corpo
umano
,
così
la
società
si
dissolverebbe
.
Certo
v
'
ha
nelle
moltitudini
odierne
un
gran
fermento
misto
di
bene
e
di
male
,
bisogni
materiali
e
morali
non
mai
prima
sentiti
le
stimolano
,
ma
l
'
ignoranza
e
l
'
invidia
vi
recano
grandi
guasti
.
Però
se
il
governo
passasse
nelle
mani
loro
prima
che
l
'
istruzione
e
l
'
educazione
ne
abbiano
ingentiliti
gli
animi
,
e
sia
penetrato
in
esse
il
sentimento
della
necessità
di
una
gerarchia
,
cui
per
ingegno
e
per
virtù
si
appartiene
il
reggimento
della
cosa
pubblica
,
gravi
guai
ne
verrebbero
alla
società
.
Ma
quand
'
anche
il
temuto
regno
della
plebe
si
avverasse
,
quando
anche
ne
venissero
i
mali
che
si
sono
preconizzati
,
non
però
si
ritornerebbe
al
passato
.
Imperocché
la
storia
ci
ammaestra
che
dopo
i
più
grandi
rivolgimenti
le
società
civili
non
rinvertono
mai
al
punto
di
prima
,
meno
ancora
risalgono
indietro
alle
origini
,
ma
pigliano
un
andamento
nuovo
,
poniamo
pure
che
sia
men
buono
dell
'
antico
,
ma
esso
è
diverso
,
ed
esprime
quasi
una
linea
risultante
dai
fatti
precedenti
,
e
dalle
qualità
essenziali
ad
ogni
nuova
società
.
Oltredicché
le
scienze
,
le
applicazioni
loro
sono
pervenute
a
tal
grado
da
non
potersene
cancellare
la
memoria
,
né
impedirne
la
efficacia
ravvivatrice
.
Fu
da
taluno
mosso
un
quesito
singolare
:
Se
ai
tempi
dell
'
Impero
romano
la
scienza
fosse
stata
così
progredita
come
oggi
è
,
avrebbero
potuto
i
barbari
trionfare
,
e
trionfando
spegnere
per
sì
lungo
tempo
la
luce
della
civiltà
?
Checché
ne
sia
di
ciò
,
egli
è
certo
che
le
verità
delle
quali
il
genere
umano
è
venuto
in
cognizione
,
e
quella
che
chiamasi
generale
coltura
sarebbero
un
grande
ostacolo
al
regresso
della
civiltà
,
un
temperamento
ai
mali
,
ed
un
germe
di
pronto
risorgimento
.
Cosicché
neppure
per
questa
forma
si
può
credere
al
ritorno
del
passato
,
né
alla
probabilità
di
una
potente
restaurazione
della
Chiesa
cattolica
quale
fu
al
medio
evo
,
e
quale
oggi
essa
si
manifesta
di
voler
essere
.
V
'
ha
invece
una
parte
la
quale
non
ispera
conseguire
questo
fine
attraverso
disordini
e
sciagure
civili
,
ma
sì
per
via
del
progresso
,
e
presuppone
una
conciliazione
della
Chiesa
cattolica
colla
scienza
e
colla
società
moderna
.
Filosofi
e
letterati
nella
prima
metà
del
secolo
presente
si
accinsero
a
questa
impresa
,
della
quale
può
dirsi
che
nessuna
era
più
nobile
ed
onorata
.
In
Italia
ne
rimarrà
perpetua
la
gloria
al
Manzoni
,
al
Pellico
,
al
Rosmini
,
al
Gioberti
,
al
Balbo
,
al
Troya
e
a
tant
'
altri
.
Secondo
questi
eletti
ingegni
la
civiltà
moderna
doveva
deporre
quegli
spiriti
scettici
e
materiali
che
la
guastano
,
e
la
Chiesa
abbandonare
tutto
quello
che
di
vieto
e
di
temporaneo
in
sé
racchiude
,
siccome
non
necessario
alla
sua
essenza
:
onde
il
restauro
delle
credenze
veniva
ad
accompagnarsi
ad
una
riforma
religiosa
per
la
quale
la
fede
avrebbe
pôrto
la
mano
alla
scienza
,
e
santificato
tutta
la
moderna
civiltà
.
Ma
questo
nobile
tentativo
lungi
dall
'
essere
assecondato
dal
Vaticano
fu
da
esso
respinto
,
e
gli
uomini
che
lo
propugnavano
furono
astiati
ancor
più
degli
increduli
.
E
non
solo
colla
negazione
e
colle
ripulse
,
ma
il
Vaticano
vi
rispose
con
atti
che
parvero
i
più
acconci
a
consacrare
una
scissura
perenne
fra
la
fede
e
la
ragione
,
fra
la
religione
e
la
civiltà
,
voglio
dire
il
sillabo
e
la
dichiarazione
della
infallibilità
del
Pontefice
.
Si
può
egli
ripigliare
questa
trama
oggi
non
solo
interrotta
ma
lacerata
e
divisa
?
V
'
hanno
uomini
rispettabilissimi
che
lo
credono
,
e
ultimamente
il
Bertini
,
filosofo
di
gran
vaglia
,
esorta
i
pochi
cattolici
illuminati
e
liberali
a
pigliare
in
mano
la
causa
della
riforma
,
e
afferma
che
da
loro
può
dipendere
,
umanamente
parlando
:
"
che
la
religione
purificata
,
secondo
lo
spirito
del
suo
fondatore
,
da
tutti
gli
elementi
che
ripugnano
alla
ragione
e
al
senso
morale
e
ne
indeboliscono
la
certezza
e
la
efficacia
sugli
animi
,
la
religione
risorga
più
bella
,
più
santa
,
più
benefica
che
mai
non
fu
nei
diciannove
secoli
della
sua
esistenza
,
e
possa
essere
in
un
più
felice
avvenire
la
regola
della
educazione
,
la
base
dell
'
ordinamento
sociale
*
.
Per
verità
quando
si
pensa
ai
primi
tempi
di
Pio
IX
,
allo
entusiasmo
col
quale
furono
accolte
le
sue
riforme
,
alle
speranze
che
destò
nel
mondo
,
non
si
può
affermare
che
ciò
sia
impossibile
.
Nondimeno
egli
è
,
a
mio
avviso
,
molto
difficile
,
non
solo
perché
la
mala
riuscita
di
un
tentativo
di
questo
genere
nuoce
all
'
avvenire
,
non
solo
perché
le
antiche
istituzioni
sorpassate
dalla
civiltà
,
anziché
affrettare
il
passo
per
raggiungerla
,
si
adombrano
e
si
ostinano
nella
immobilità
;
ma
sopratutto
perché
a
stabilire
una
conciliazione
vera
fra
il
cattolicismo
e
la
scienza
occorrebbero
tali
trasformazioni
che
non
possono
aspettarsi
da
una
gerarchia
fondata
su
antiche
tradizioni
,
dalle
quali
non
può
scostarsi
senza
perdere
molte
ragioni
di
sua
esistenza
.
E
per
conseguenza
questo
nobilissimo
fine
se
anche
si
supponga
potersi
un
giorno
raggiungere
,
non
è
tale
da
potervi
fare
assegnamento
immediato
né
prevederlo
fra
gli
eventi
prossimi
della
società
.
Taluni
credono
possibile
la
diffusione
del
protestantismo
in
Italia
e
nelle
altre
nazioni
cattoliche
.
Lasciamo
stare
che
la
esperienza
di
questi
ultimi
anni
contraddice
interamente
una
siffatta
probabilità
.
Ma
anche
procedendo
solo
col
ragionamento
,
a
me
codesta
pare
speranza
,
se
è
nell
'
animo
di
taluno
,
più
vana
delle
altre
.
Imperocché
per
mutare
in
parte
la
propria
religione
occorre
che
vi
sia
un
grande
fervore
di
credenza
in
quella
parte
che
si
conserva
,
ed
altresì
un
sentimento
vivissimo
della
necessità
della
innovazione
,
che
è
pure
una
forma
di
fede
.
Ora
il
gran
difetto
che
noi
abbiamo
riscontrato
nelle
nazioni
cattoliche
si
è
questo
,
che
le
classi
veramente
credenti
sono
altresì
superstiziose
,
e
non
sentono
il
bisogno
di
ripurgare
la
fede
nella
quale
vivono
,
aliene
pur
dal
pensiero
che
possa
migliorarsi
.
Le
classi
poi
che
sentirebbero
questa
necessità
di
una
purificazione
nelle
forme
cattoliche
,
sono
tiepide
e
indifferenti
,
senza
parlare
di
quelle
che
sono
ostili
.
Dove
si
può
dunque
trovare
la
materia
per
operare
questa
riforma
,
dove
i
capi
che
la
guidino
,
dove
gli
adepti
che
la
seguano
?
Si
aggiunse
a
ciò
che
la
confessione
protestante
ha
una
forma
così
severa
ed
arida
che
repugna
alla
fantasia
accesa
e
agli
animi
passionati
degli
abitanti
del
mezzogiorno
.
Noi
italiani
siamo
e
saremo
sempre
nemici
degli
iconoclasti
:
per
noi
istintivamente
(
ma
forse
con
verità
più
profonda
di
quella
che
sentono
i
protestanti
)
l
'
arte
è
indivisa
dalla
religione
,
sicché
l
'
ideale
di
questa
si
presenta
al
nostro
pensiero
vestito
delle
immagini
di
quella
.
E
tutto
ciò
che
mira
a
rinserrare
un
sentimento
nella
intimità
del
cuore
senza
espansione
alcuna
,
non
avrà
per
le
nostre
razze
e
sotto
il
nostro
cielo
,
abbastanza
attrattiva
.
Ma
ciò
che
è
singolare
a
notarsi
,
egli
è
che
questo
bisogno
di
forme
,
e
diciam
pur
anche
di
pompe
esterne
,
non
è
solo
proprio
dei
popoli
del
mezzodì
ma
esercita
un
'
azione
anche
su
quelli
del
settentrione
.
L
'
inchiesta
fatta
recentemente
in
Inghilterra
rispetto
al
ritualismo
,
ha
mostrato
che
laddove
s
'
introducevano
quelle
funzioni
religiose
,
che
si
chiamano
ritualiste
(
che
in
sostanza
sono
più
simiglianti
alle
funzioni
cattoliche
)
,
ivi
i
dissenzienti
in
numero
notevole
ritornavano
alla
Chiesa
anglicana
.
Un
cerimoniale
più
appariscente
e
quasi
cattolico
,
un
rito
più
elevato
e
grandioso
riconduce
molti
,
sopratutto
operai
,
dalle
cappelle
dissenzienti
a
quelle
della
Chiesa
ufficiale
.
Inoltre
il
protestantismo
richiede
una
specie
di
tirocinio
che
abiliti
l
'
uomo
a
passarsi
dell
'
aiuto
e
della
mediazione
di
altri
,
e
a
trovare
in
sé
stesso
guida
,
sindacato
e
giudizio
.
Ma
codesto
tirocinio
nelle
popolazioni
cattoliche
manca
interamente
,
ed
è
a
dubitare
se
possa
mai
divenire
universale
.
Vi
sarà
sempre
una
quantità
d
'
uomini
e
di
donne
ai
quali
,
sopratutto
in
materia
religiosa
,
par
che
tardi
di
affidarsi
tranquilli
nel
giudizio
e
nell
'
indirizzo
altrui
.
A
loro
non
dà
forza
,
ma
incute
terrore
il
sentirsi
abbandonati
,
il
dover
col
proprio
intendimento
interpretare
la
Bibbia
,
il
cercare
in
sé
stessi
la
penitenza
e
l
'
assoluzione
del
peccato
.
Queste
sono
angoscie
dell
'
animo
dalle
quali
rifuggono
.
E
invece
li
consola
e
li
conforta
il
sentimento
che
vi
è
un
'
autorità
ultima
e
imprescrittibile
che
dà
ai
libri
sacri
la
significazione
vera
,
che
determina
ciò
che
debba
credersi
e
sino
a
che
limiti
,
che
nella
vita
pratica
accoglie
gli
erranti
,
li
ammonisce
,
misura
la
loro
colpa
,
e
infine
li
ritorna
mondi
dinanzi
agli
occhi
della
divinità
.
Questo
bisogno
del
mediatore
non
è
estraneo
alla
umana
natura
,
anzi
risponde
mirabilmente
ad
un
lato
di
essa
,
come
lo
prova
del
resto
la
storia
di
tutti
i
popoli
antichi
e
moderni
.
E
in
un
sentimento
naturale
di
tal
sorta
trova
il
cattolicismo
grande
ragione
di
resistenza
e
di
vittoria
contro
ogni
tendenza
protestante
.
Finalmente
,
oltre
a
tutti
i
predetti
motivi
,
ve
n
'
ha
un
altro
più
potente
,
ed
è
,
che
se
il
cattolicismo
è
in
decadenza
,
lo
è
non
meno
il
protestantismo
.
Potè
questo
essere
un
progresso
al
suo
tempo
,
ma
nol
sarebbe
più
oggi
.
Lasciamo
stare
lo
sminuzzamento
delle
sètte
,
cosa
già
preveduta
a
principio
e
descritta
da
Bossuet
,
la
pugna
che
regna
fra
di
esse
,
e
in
seno
di
ciascheduna
.
Ma
le
obbiezioni
che
la
scienza
accampa
oggi
,
sono
comuni
tanto
al
cattolicismo
,
quanto
al
protestantismo
,
e
li
colpiscono
entrambi
.
Che
se
guardiamo
a
quello
che
si
intitola
protestantismo
liberale
,
il
quale
vorrebbe
serbare
alcun
che
della
tradizione
,
accettando
le
conclusioni
scientifiche
le
più
ardite
,
vedremo
che
sinora
tutto
vi
è
vago
,
indeterminato
,
e
perciò
alieno
da
ciò
che
l
'
uomo
cerca
nella
religione
,
la
spiegazione
cioè
di
quei
grandi
problemi
che
dalla
scienza
non
ponno
essere
risoluti
.
In
questa
parte
non
si
può
dire
che
Eduardo
Hartmann
abbia
tutto
il
torto
*
,
quando
accusa
il
protestantismo
così
detto
liberale
,
di
mantenere
soltanto
l
'
apparenza
del
cristianesimo
,
ma
di
non
possederne
più
la
sostanza
.
La
metafisica
di
codesta
scuola
conserva
ancora
le
espressioni
cristiane
,
ma
in
realtà
le
interpreta
in
un
modo
contrario
alle
tradizioni
genuine
della
religione
,
e
la
sua
morale
staccata
dalla
metafisica
si
fonda
più
sulle
qualità
dell
'
uomo
che
sul
precetto
divino
;
di
modo
che
la
povertà
di
vera
dottrina
religiosa
vi
è
troppo
manifesta
,
e
alla
dottrina
filosofica
manca
il
soffio
animitore
della
vita
avvenire
dei
popoli
.
V
'
è
una
schiera
di
protestanti
,
la
quale
più
che
della
parte
dommatica
,
si
cura
della
parte
morale
,
e
mentre
vuol
ridurre
i
dommi
al
minor
numero
possibile
,
si
sforza
di
ravvivare
colla
predicazione
e
coll
'
esempio
la
dottrina
evangelica
.
Di
questa
professione
di
fede
,
che
chiamano
unitaria
inquantocché
mirerebbe
ad
unire
nella
imitazione
della
vita
di
Cristo
,
tutte
le
varie
sètte
protestanti
,
furono
insigni
rappresentanti
due
americani
,
il
Channing
e
il
Parker
*
.
Ed
è
naturale
che
questo
movimento
s
'
iniziasse
appunto
in
America
,
laddove
il
numero
delle
sètte
cristiane
è
moltiplicato
a
dismisura
.
Certo
è
che
in
quei
due
uomini
apparisce
maraviglioso
il
fervore
cristiano
,
e
pari
a
quello
dei
più
bei
tempi
della
Chiesa
,
e
in
ogni
parola
,
in
ogni
atto
si
manifesta
l
'
amore
dell
'
umanità
e
quell
'
alto
spirito
di
sacrificio
di
sé
al
bene
degli
altri
uomini
,
che
è
il
suggello
della
vera
grandezza
morale
.
Però
questa
forma
di
cristianesimo
unitario
,
come
dicemmo
,
non
contiene
quasi
altro
che
la
morale
,
e
si
fonda
piuttosto
sulla
unità
degli
affetti
che
su
quella
delle
credenze
.
Certo
la
morale
è
la
cima
della
religione
,
e
persino
nella
formola
del
supremo
giudizio
,
Cristo
non
parla
di
credenze
o
di
riti
,
ma
di
amore
e
di
misericordia
*
.
Ma
se
la
carità
,
anche
sola
,
basta
a
salvare
le
anime
e
felicitare
il
mondo
,
l
'
intelletto
umano
anela
senza
posa
alla
cognizione
di
alcuni
veri
per
lui
sostanziali
,
e
non
trovandoli
nella
scienza
li
chiede
alla
religione
.
Io
non
so
se
l
'
indirizzo
dei
due
illustri
americani
possa
condurre
alla
elaborazione
di
novelle
forme
più
precise
e
più
complete
:
so
che
sinora
vi
manca
una
parte
pur
sostanziale
alla
costituzione
di
un
simbolo
che
raduni
intorno
a
sé
i
credenti
;
e
invero
la
sètta
unitaria
non
ha
fatto
,
che
io
sappia
,
dopo
la
morte
loro
,
tanto
numerosi
proseliti
quanto
si
sarebbe
potuto
credere
dall
'
entusiasmo
che
in
vita
avevano
suscitato
.
Il
Chauncy
Langdon
che
abbiamo
altrove
menzionato
parla
di
una
futura
Chiesa
cristiana
i
cui
segni
saranno
i
seguenti
:
la
massima
cattolicità
o
universalità
insieme
col
più
esatto
adattamento
all
'
indole
di
ogni
popolo
,
e
alle
circostanze
di
ogni
luogo
;
la
fedeltà
scrupolosa
ai
dommi
del
cristianesimo
primitivo
insieme
col
più
ardito
ragionar
dei
moderni
,
una
profonda
riverenza
verso
la
gerarchia
ecclesiastica
colla
partecipazione
del
laicato
in
ogni
affare
della
Chiesa
,
e
la
credenza
al
divino
ufficio
sacerdotale
insieme
al
principio
democratico
della
libera
scelta
degli
uomini
che
debbono
esercitarlo
*
.
Tale
sembra
,
in
qualche
luogo
,
anche
la
speranza
del
Bertini
sopra
citato
.
Egli
prevede
"
che
il
movimento
riformativo
,
per
quanto
lento
e
intralciato
,
interrotto
anche
da
stasi
o
da
regressi
,
conseguirà
il
suo
fine
,
che
è
l
'
annientamento
di
ogni
superstizione
ortodossista
,
e
il
ritorno
a
quella
religione
schiettamente
umana
,
e
insieme
sovranaturalmente
divina
,
che
fu
insegnata
da
Gesù
di
Nazaret
.
In
questa
sola
potranno
conciliarsi
,
anzi
unificarsi
il
cattolicismo
ed
il
protestantismo
,
la
religione
e
la
filosofia
,
la
Chiesa
e
lo
Stato
*
.
"
Simiglianti
concetti
erano
stati
già
ideati
dal
Gioberti
negli
ultimi
suoi
tempi
,
e
si
possono
leggere
nei
frammenti
pubblicati
dopo
la
sua
morte
,
dove
si
abbozza
un
'
arditissima
sintesi
che
avrebbe
dovuto
congiungere
tutto
il
sostanziale
della
tradizione
con
tutto
ciò
che
la
scienza
e
la
civiltà
moderna
hanno
di
più
indipendente
*
.
E
sia
pur
questo
un
ideale
,
al
quale
giovi
rivolgere
lo
sguardo
,
ma
i
segni
che
ne
annunziano
la
prossima
attuazione
non
mi
sembrano
tali
da
poter
con
certezza
farvi
assegnamento
.
Io
tralascio
di
parlare
di
coloro
che
annunziano
una
religione
nuova
di
pianta
,
alla
quale
farebbe
contrasto
non
solo
la
repugnanza
odierna
al
soprannaturale
,
ma
altresì
quella
legge
che
si
riscontra
come
nei
fatti
fisici
così
nei
morali
,
onde
i
mutamenti
si
susseguono
gradatamente
,
e
per
così
dire
l
'
un
dall
'
altro
scaturiscono
e
si
evolvono
;
ma
nulla
scoppia
d
'
improvviso
e
senza
precedenti
.
Tacerò
ancora
di
quella
mescolanza
che
alcuni
vagheggiano
del
cristianesimo
colle
venerabili
religioni
dell
'
Asia
.
In
un
libro
come
il
presente
che
mira
a
delineare
un
'
idea
normale
sì
,
ma
di
effettuazione
pratica
e
non
troppo
remota
,
io
non
potrei
entrare
addentro
in
tutte
queste
ipotesi
,
le
quali
provano
soltanto
un
travaglio
interno
delle
anime
,
e
un
bisogno
di
qualche
credenza
che
dia
valore
a
questa
umile
vita
terrena
,
ponendole
dinanzi
un
ideale
infinito
.
Qual
sarà
dunque
il
prossimo
destino
dell
'
Europa
e
dell
'
Italia
in
materia
di
religione
?
Noi
non
possiamo
concepirne
altro
per
un
tempo
più
o
men
lungo
ma
certamente
non
breve
,
se
non
la
coesistenza
del
cattolicismo
con
quelle
altre
confessioni
cristiane
che
parzialmente
vi
regnano
,
e
insieme
ancora
colla
opinione
che
non
ammette
sotto
veruna
denominazione
né
in
qualsivoglia
forma
una
rivelazione
positiva
,
né
tampoco
una
fede
religiosa
.
La
ragione
di
questa
coesistenza
è
nella
sua
necessità
,
avvegnaché
ciascuna
di
queste
idee
rappresenta
un
lato
del
pensiero
e
del
sentimento
umano
,
ed
è
viva
in
una
classe
numerosa
di
uomini
,
mentre
nulla
si
scorge
ancora
oggidì
che
possano
tutti
raccoglierli
e
appagare
i
loro
desiderii
*
.
Il
cattolicismo
è
mirabilmente
adatto
a
soddisfare
il
bisogno
di
certezza
assoluta
e
di
pace
interna
dell
'
anima
:
le
forme
protestanti
si
confanno
a
coloro
che
pure
anelando
ad
una
credenza
positiva
non
possono
rinunciare
ad
una
maggior
attività
intellettuale
e
a
una
più
ampia
libertà
:
il
principio
razionale
o
,
come
meglio
chiamasi
,
la
filosofia
,
è
in
progresso
da
secoli
,
sicché
non
si
può
concepire
la
sua
fine
o
la
sua
sosta
.
E
qui
ne
sia
lecito
di
ripetere
e
d
'
insistere
ancora
sul
concetto
fondamentale
del
libro
presente
.
Se
la
coesistenza
di
queste
credenze
e
di
queste
opinioni
è
necessaria
ed
inevitabile
;
se
lo
Stato
deve
essere
egualmente
imparziale
verso
gli
uomini
che
le
professano
,
a
simigliante
condizione
di
cose
null
'
altro
nella
legislazione
e
nell
'
ordinamento
sociale
può
logicamente
corrispondere
se
non
la
separazione
giuridica
dello
Stato
e
della
Chiesa
.
Ora
ci
sembra
che
sotto
questa
legislazione
e
in
questo
ordinamento
tutti
potrebbero
e
dovrebbero
vivere
in
pace
fra
loro
e
collo
Stato
.
Colui
che
nutre
nell
'
animo
verace
fede
nella
sua
religione
,
dee
credere
che
non
potendo
perpetuamente
trionfare
l
'
errore
,
la
vittoria
definitiva
spetterà
a
quella
che
è
assoluta
verità
.
Perché
dunque
vorrebbe
rifuggire
dal
libero
dibattito
*
?
E
qual
cagione
potrebbe
trattenere
i
cittadini
di
buona
fede
,
sieno
essi
credenti
o
no
,
di
accogliere
il
sistema
da
noi
descritto
?
Il
rifiutarlo
implica
che
al
trionfo
della
loro
opinione
essi
reputano
indispensabile
associare
la
forza
materiale
o
almeno
la
protezione
e
i
sussidi
del
governo
,
e
quindi
poco
si
affidano
nel
valore
delle
argomentazioni
e
nell
'
esempio
della
vita
loro
caritativa
.
Certo
se
v
'
ha
chi
per
le
tradizioni
passate
abbia
a
sentire
difficoltà
maggiori
ad
abbracciare
questo
sistema
,
si
comprende
che
siano
i
cattolici
;
eppure
in
America
accettano
sinceramente
la
libertà
.
Ce
lo
esprime
in
bella
sentenza
il
Kenkrick
,
vescovo
prima
di
Filadelfia
,
e
poi
arcivescovo
di
Baltimora
.
"
Sono
lontano
,
dice
egli
,
dal
dolermi
che
nell
'
attuale
condizione
della
nostra
società
la
Chiesa
per
godere
della
sua
indipendenza
debba
rinunziare
ai
favori
che
lo
Stato
altre
volte
gli
accordava
.
Ma
sappiano
tutti
che
,
amico
come
sono
dell
'
ordine
e
della
pace
,
io
pienamente
e
lealmente
accetto
la
costituzione
politica
sotto
la
quale
viviamo
.
Noi
non
chiediamo
alcun
privilegio
,
non
miriamo
a
sovrastare
;
una
cosa
sola
dimandiamo
,
ed
è
la
guarentigia
per
tutti
i
nostri
concittadini
dei
diritti
civili
che
presentemente
godiamo
*
.
"
E
un
altro
cattolico
scrive
:
È
destino
degli
Stati
Uniti
di
rendere
pratiche
le
relazioni
normali
fra
Stato
e
Chiesa
.
Una
legale
costituzione
della
Chiesa
non
apporterebbe
nessuna
verace
protezione
ad
essa
,
non
le
aggiungerebbe
potere
o
efficacia
,
non
produrrebbe
vantaggio
alcuno
per
la
fede
o
per
la
pietà
;
perché
l
'
una
e
l
'
altra
sono
offerte
volontarie
e
spontanee
a
Dio
*."
Or
chi
non
vede
i
benefici
effetti
di
questa
condizione
di
cose
,
quando
ella
sia
non
solo
sancita
dalle
leggi
,
ma
entrata
nei
costumi
e
immedesimata
nella
società
?
Il
primo
di
essi
è
che
il
clero
non
osteggiato
né
favorito
,
ma
pure
sentendo
la
sua
dignità
e
l
'
alta
missione
che
gli
è
affidata
,
non
avrà
ragione
più
di
atteggiarsi
a
partito
politico
.
Come
ben
dice
il
Bonghi
:
"
quando
la
Chiesa
senta
di
non
aver
esistenza
precaria
e
soggetta
all
'
arbitrio
volubile
della
maggioranza
,
quando
senza
falsi
pretesti
non
le
si
neghi
di
poter
realizzare
tutte
quelle
forme
di
culto
in
comune
della
cui
utilità
e
convenienza
non
può
giudicare
che
essa
sola
,
quando
non
le
si
vieti
di
esercitare
,
sotto
la
responsabilità
sua
e
liberamente
,
ciascuna
delle
funzioni
che
sono
proprie
di
una
istituzione
intesa
per
sua
essenza
ad
influire
su
tutta
la
natura
morale
dell
'
uomo
e
ad
investirla
per
ogni
lato
,
si
può
essere
sicuri
che
non
le
parrà
picciolo
il
campo
che
le
rimane
,
e
che
del
resto
è
il
solo
che
ella
s
'
è
ascritto
la
missione
di
coltivare
.
Se
la
legge
comune
sarà
questa
,
la
Chiesa
smetterà
d
'
essere
un
partito
politico
fra
le
stirpi
latine
,
come
non
lo
è
fra
le
anglo
-
sassoni
,
e
attenderà
tranquilla
alla
immensa
opera
a
cui
s
'
è
creduta
destinata
sin
da
principio
*."
E
questa
pacificazione
degli
animi
sarà
conseguita
nei
paesi
cattolici
quando
il
clero
cesserà
di
apparirvi
agli
occhi
del
volgo
quale
pur
troppo
è
in
molti
casi
,
sostenitore
e
scudo
di
tutte
le
istituzioni
viete
ed
opposto
ai
desideri
delle
moltitudini
.
Le
quali
da
ciò
traggono
argomento
a
combattere
non
il
clero
solo
,
ma
la
religione
.
Quando
questa
sia
assolutamente
messa
fuori
dalle
battaglie
politiche
,
è
da
sperare
che
nelle
classi
inferiori
cessi
quella
foga
che
è
tanto
più
terribile
,
quantocché
non
vi
è
bilanciata
dagli
elementi
di
una
vasta
coltura
e
di
una
educazione
profonda
,
la
quale
trovasi
più
spesso
nei
fautori
della
scienza
,
anche
quando
sono
ostili
alla
religione
.
Ma
questi
fautori
della
scienza
,
che
cosa
dimandano
essi
?
Null
'
altro
,
dicono
,
che
la
indagine
libera
del
vero
e
il
libero
giudizio
:
e
quando
questo
non
solo
non
è
conteso
per
guisa
alcuna
,
ma
anzi
è
loro
assicurato
nei
modi
i
più
efficaci
,
e
in
ogni
materia
senza
riserva
alcuna
,
quando
inoltre
tutti
gareggiano
nel
porgere
alla
scienza
incoraggiamenti
e
sussidi
,
dove
possono
attingere
ragioni
per
le
quali
convenga
che
la
propagazione
religiosa
sia
contrariata
?
Si
direbbe
che
v
'
ha
una
repugnanza
,
e
quasi
un
timore
di
essere
soprafatti
,
che
spinge
gli
uomini
avversi
ad
ogni
idea
religiosa
verso
questa
difesa
;
e
forse
una
natural
propensione
a
spegnere
colla
violenza
tutto
ciò
che
non
è
secondo
i
nostri
pensieri
o
i
nostri
interessi
.
Imperocché
,
una
scintilla
d
'
inquisizione
si
cova
nel
cuore
anche
di
coloro
che
s
'
intitolano
liberi
pensatori
.
D
'
altra
parte
le
associazioni
religiose
hanno
ben
altro
a
fare
che
combattersi
.
V
'
ha
qualche
cosa
di
comune
a
loro
,
ed
è
oggidì
di
somma
importanza
,
il
còmpito
,
cioè
,
di
ravvivare
la
fede
,
e
di
mostrare
colle
opere
che
da
essa
può
venire
all
'
uomo
e
alla
società
un
bene
maggiore
che
da
ogni
altro
razionale
trovato
.
La
guerra
che
si
muove
ad
ogni
credenza
in
tutto
ciò
che
è
soprannaturale
è
così
fiera
,
che
ben
si
richiede
che
nessuna
forza
vada
dispersa
.
Io
ho
pensato
sovente
fra
me
medesimo
di
quanto
potrebbero
avvantaggiarsi
le
sètte
religiose
se
invece
di
partire
dai
massimi
e
più
complicati
dommi
preferissero
invece
di
prender
le
mosse
dei
dommi
minimi
e
più
semplici
.
Imperocché
un
uomo
pio
è
già
in
comunione
di
pensieri
e
di
affetti
con
tutti
coloro
che
accettano
la
massima
"
ama
il
prossimo
come
te
stesso
.
"
Questa
comunione
si
fa
più
intima
fra
quelli
che
riconoscono
un
Dio
creatore
dell
'
universo
e
l
'
onorano
e
l
'
amano
sopra
le
cose
create
.
"
Siate
perfetti
come
è
perfetto
il
Padre
vostro
che
è
nei
cieli
.
"
Il
terzo
grado
è
nella
speranza
,
e
congiunge
tutti
i
credenti
nella
immortalità
dell
'
anima
e
in
una
vita
avvenire
dove
sia
ricompensato
ogni
atto
secondo
il
suo
vero
merito
.
Questi
sentimenti
di
loro
natura
morali
più
che
dommatici
,
sono
però
un
apparecchio
,
una
guida
che
conduce
l
'
uomo
alla
fede
storica
nella
esemplarità
della
vita
di
Cristo
,
e
quindi
alla
divinità
del
medesimo
,
e
di
là
poi
si
procede
via
via
ai
dommi
ammessi
dalle
diverse
confessioni
cristiane
e
infine
dalla
Chiesa
cattolica
.
Si
dirà
che
il
metodo
qui
indicato
,
scientificamente
procederebbe
a
ritroso
,
mentre
in
religione
il
metodo
vero
prende
le
mosse
dalla
credenza
al
sovrannaturale
e
dalla
rivelazione
,
per
discendere
poi
via
via
alle
sue
applicazioni
,
e
la
metafisica
precede
e
informa
la
morale
.
Ma
a
chi
mi
faccia
codesta
obbiezione
è
agevole
il
rispondere
che
io
non
esamino
qui
la
questione
sotto
l
'
aspetto
dottrinale
,
ma
sotto
l
'
aspetto
pratico
della
coesistenza
di
tutte
le
credenze
in
una
condizione
di
libertà
assicurata
e
protetta
dallo
Stato
.
Sia
pure
che
voi
perveniate
al
più
semplice
dei
precetti
,
alla
carità
,
scendendo
dalle
alte
cime
della
teologia
,
mentre
altri
vi
sale
da
considerazioni
naturali
,
e
da
istinti
congeniti
all
'
indole
umana
:
quando
v
'
incontrate
in
quel
punto
,
voi
avete
già
qualcosa
d
'
intimo
che
vi
unisce
,
e
che
può
essere
principio
fecondo
di
bene
per
l
'
umanità
.
Il
secolo
XIX
ha
molta
somiglianza
col
secolo
XVI
.
Anche
allora
come
oggi
alcune
invenzioni
singolari
indussero
nella
società
trasformazioni
grandissime
.
La
scoperta
dell
'
America
,
la
invenzione
delle
artiglierie
e
la
stampa
non
furono
men
potenti
cagioni
di
rivolgimenti
,
di
quello
che
lo
siano
oggi
la
ferrovia
e
il
telegrafo
elettrico
.
Il
risorgimento
delle
lettere
e
l
'
ardore
col
quale
gli
animi
si
rivolsero
agli
studi
classici
non
ebbe
minor
valore
di
quel
che
abbia
oggidì
la
osservazione
e
lo
sperimento
applicato
a
tutte
le
scienze
.
Se
nella
parte
politica
al
disgregamento
ed
allo
scompiglio
del
medio
evo
succede
nel
sedicesimo
secolo
la
formazione
dei
grandi
Stati
colla
monarchia
assoluta
col
sistema
dell
'
equilibrio
e
la
diplomazia
;
nel
nostro
secolo
il
principio
rappresentativo
penetra
in
ogni
parte
della
cosa
pubblica
.
E
in
religione
alla
riforma
protestante
fa
riscontro
oggi
la
tendenza
razionale
più
spiccata
.
Né
per
compiere
la
somiglianza
mancano
al
quadro
anche
le
esagerazioni
speculative
e
le
esorbitanze
materiali
:
perché
se
noi
abbiamo
avuto
i
sansimoniani
,
i
furieristi
,
i
communardi
,
il
secolo
decimosesto
ebbe
i
comunisti
e
gli
anabattisti
di
varie
specie
,
e
non
vi
fu
alcuna
delle
più
avventate
dottrine
che
oggi
ci
spaventano
come
la
redenzione
della
carne
,
la
distruzione
della
famiglia
e
della
proprietà
,
la
comunanza
dei
beni
,
l
'
eguaglianza
assoluta
,
l
'
abolizione
delle
scienze
e
delle
arti
e
va
dicendo
;
ne
vi
fu
alcuna
delle
scene
più
desolate
di
rapina
e
di
sangue
delle
quali
l
'
Europa
è
stata
afflitta
recentemente
,
che
non
avesse
allora
il
suo
riscontro
.
E
anche
allora
le
anime
gentili
e
pie
mandarono
gridi
di
disperazione
come
se
la
civile
compagine
fosse
schiantata
dalle
fondamenta
.
La
rottura
della
unità
cattolica
era
stata
la
cagione
prima
dei
mali
,
il
suo
ripristinamento
poteva
solo
rimediarvi
.
Tentativi
di
conciliazione
ebbero
luogo
,
e
se
ciò
fosse
stato
possibile
la
grande
anima
del
Contarini
forse
vi
sarebbe
riuscita
.
Eppure
,
dopo
un
secolo
e
mezzo
di
guerre
,
il
cattolicismo
e
il
protestantismo
rimasero
fermi
entrambi
,
e
nella
pace
di
Vestfalia
l
'
Europa
dovè
riconoscere
la
legale
esistenza
dell
'
uno
e
dell
'
altro
.
Non
diverso
sarà
l
'
esito
di
questa
pugna
,
benché
assai
più
forte
e
più
profonda
.
E
già
ne
toccai
sopra
quando
ebbi
a
parlare
di
coloro
che
dall
'
eccesso
del
male
sperano
il
rimedio
.
Ma
gli
elementi
essenziali
della
umana
natura
,
e
le
condizioni
indispensabili
d
'
ogni
società
non
possono
venir
meno
.
Né
le
possenti
tradizioni
che
per
secoli
hanno
signoreggiato
gli
animi
possono
sradicarsi
,
né
tampoco
senza
lunga
opera
trasmutarsi
.
Tale
sarà
necessariamente
lo
stato
d
'
Europa
per
un
tempo
la
cui
durata
non
si
può
prevedere
.
E
durante
questo
tempo
la
legislazione
la
più
appropriata
alle
nazioni
civili
,
dovrà
sancire
la
separazione
dello
stato
dalla
Chiesa
,
le
franchigie
di
ciascheduna
associazione
religiosa
,
e
finalmente
i
limiti
dell
'
azione
loro
dirimpetto
ai
diritti
altrui
,
e
a
quelli
dello
Stato
.
E
gli
effetti
di
questa
separazione
,
nelle
circostanze
odierne
,
non
potranno
che
essere
migliori
di
quello
che
sarebbe
o
la
unione
coatta
di
una
Chiesa
collo
Stato
,
il
quale
pur
moderandola
dovrebbe
proteggerla
come
avviene
nel
sistema
giurisdizionale
,
o
la
unione
con
alcune
chiese
ad
esclusione
di
altre
,
o
la
ostilità
e
la
persecuzione
,
sia
essa
manifesta
o
velata
contro
le
associazione
religiose
,
che
non
farebbe
avanzare
di
un
passo
la
civiltà
,
e
al
contrario
porrebbe
tutte
le
anime
generose
della
lor
parte
,
e
susciterebbe
nuovi
conflitti
.
E
finalmente
,
qualunque
sia
la
forma
religiosa
che
il
progredire
della
scienza
comporti
,
e
il
rinnovamento
della
civiltà
accolga
,
egli
è
certo
che
questo
fine
sarà
tanto
più
presto
raggiunto
quanto
più
ogni
privato
ed
ogni
associazione
si
sentano
liberi
di
svolgere
quello
che
essi
credono
verità
assoluta
,
e
che
gli
avversari
loro
credono
errore
,
ma
forse
non
è
altro
che
una
verità
relativa
e
parziale
.
Se
non
che
altri
spingendo
lo
sguardo
più
oltre
,
crede
che
un
giorno
verrà
,
e
non
lontano
,
nel
quale
ogni
religione
sarà
tolta
dall
'
animo
umano
,
e
che
la
scienza
da
sé
sola
potrà
bastare
ad
appagare
l
'
intelletto
ed
il
cuore
dell
'
uomo
e
a
condurlo
al
massimo
suo
buon
essere
,
e
alla
massima
perfezione
.
Prima
di
chiudere
il
mio
lavoro
,
anche
a
questo
argomento
oserò
consacrare
alcune
parole
.
I
conflitti
fra
la
scienza
e
la
religione
rivelata
sono
stati
descritti
da
molti
scrittori
.
Si
è
messo
in
contrasto
le
dottrine
dell
'
una
e
quelle
dell
'
altra
sulla
esistenza
e
la
unità
di
Dio
,
sulla
natura
dell
'
anima
e
le
sue
relazioni
col
corpo
,
sul
governo
dell
'
universo
,
sulla
età
della
terra
,
sul
criterio
della
verità
morale
,
e
va
dicendo
*
.
Ma
quand
'
anche
questi
conflitti
fossero
tutti
veri
,
e
impossibili
a
concordare
mediante
una
sintesi
superiore
,
ciò
proverebbe
solo
che
la
scienza
odierna
ripudia
i
dommi
oggi
professati
,
non
altri
dommi
diversi
.
Bisognerebbe
dimostrare
che
la
scienza
non
può
consistere
con
alcuna
maniera
di
credenze
che
da
lei
non
derivi
.
Ora
qual
'
è
il
concetto
fondamentale
della
scienza
moderna
?
È
il
seguente
:
doversi
accogliere
soltanto
come
vero
ciò
che
sia
dimostrato
dalla
osservazione
,
dalla
esperienza
,
o
dalla
legittima
induzione
.
Non
essendo
il
presente
scritto
un
trattato
di
filosofia
,
non
è
luogo
a
discutere
le
questioni
di
metodo
che
pur
hanno
una
importanza
suprema
,
né
ad
esaminare
se
la
osservazione
,
e
l
'
esperienza
,
non
presuppongano
alcuni
postulati
,
come
a
cagion
d
'
esempio
,
la
possibilità
stessa
della
osservazione
e
della
esperienza
,
la
veracità
dei
sensi
,
e
la
costanza
dei
fatti
*
.
Ma
non
volendo
tener
conto
di
ciò
,
e
pigliando
il
detto
canone
semplicemente
quale
si
espone
,
uopo
è
almeno
ben
definire
cosa
s
'
intenda
per
osservazione
e
per
esperienza
.
Imperocché
la
osservazione
non
è
solo
dei
fatti
che
son
fuori
di
noi
,
né
per
mezzo
dei
sensi
esterni
,
ma
eziandio
dei
fatti
interni
per
mezzo
della
coscienza
;
e
la
esperienza
non
è
solo
di
ciò
che
noi
,
provando
e
riprovando
,
possiam
ripetere
,
ma
altresì
di
ciò
che
si
manifesta
nella
storia
.
Poste
le
quali
cose
,
bisogna
determinare
ancora
sin
dove
l
'
induzione
può
legittimamente
giungere
,
e
se
per
avventura
sui
dati
stessi
della
osservazione
e
della
esperienza
(
quello
che
taluni
chiamano
metodo
empirico
)
non
si
possa
fondare
a
buon
dritto
tutta
la
metafisica
e
risolverne
i
più
ardui
problemi
*
.
Ma
lasciando
da
parte
questi
punti
,
dei
quali
ognuno
vede
la
gravezza
,
ci
basti
notare
che
la
scienza
per
quanto
progredisca
non
potrà
mai
conoscere
e
spiegare
tutto
.
Sta
dinanzi
alla
mente
umana
tutto
l
'
universo
che
non
ha
confine
per
lei
.
Essa
indaga
i
fatti
particolari
dai
quali
sale
a
leggi
generali
,
e
in
queste
trova
la
spiegazione
di
quelli
;
ma
al
di
là
di
una
legge
ve
n
'
ha
sempre
una
più
generale
,
al
di
là
di
una
spiegazione
vi
è
la
spiegazione
di
essa
,
la
causa
della
causa
,
il
perché
del
perché
.
Il
paragone
volgare
che
rappresenta
il
moto
progrediente
dell
'
intelletto
,
come
il
passaggio
da
un
anello
della
catena
ad
un
altro
sta
,
purché
si
pensi
che
l
'
anello
al
quale
siamo
giunti
o
giungeremo
,
non
è
mai
il
primo
.
Così
noi
sappiamo
che
le
nostre
cognizioni
possono
sempre
ampliarsi
senza
esaurire
la
materia
,
perché
al
di
là
della
cognizione
presente
vi
è
sempre
una
incognita
.
E
sappiamo
di
più
che
questa
incognita
in
parte
può
scoprirsi
,
ma
in
parte
è
inconoscibile
;
e
questa
parte
inconoscibile
sentiamo
che
pure
è
qualche
cosa
e
non
un
nulla
.
Onde
la
conoscenza
nostra
è
composta
non
solo
di
scienza
ma
di
nescienza
,
in
questo
senso
che
il
pensiero
ha
la
certezza
di
non
conoscere
tutto
quello
che
esiste
e
di
non
poterlo
conoscere
mai
,
pure
avendo
la
certezza
della
esistenza
di
questa
incognita
.
Ogni
progresso
dunque
della
scienza
può
dirsi
che
rende
naturale
e
spiegabile
ciò
che
pareva
soprannaturale
e
inspiegabile
,
ma
lascia
sempre
soprannaturale
e
inspiegabile
qualche
cosa
al
di
là
,
sino
al
principio
e
alla
genesi
di
ciò
che
è
noto
.
Questo
solo
punto
basta
ad
argomentare
la
necessità
e
la
essenza
anche
razionale
della
religione
*
.
Qual
'
è
l
'
idea
che
abbiamo
di
Dio
?
Molti
filosofi
e
teologi
e
Padri
della
Chiesa
ci
rappresentano
la
idea
di
Dio
come
composta
di
due
parti
;
l
'
una
,
negativa
che
afferma
la
sua
esistenza
inconoscibile
,
l
'
altra
,
simbolica
ossia
composta
di
similitudini
,
le
quali
tengono
il
luogo
della
parte
positiva
,
ed
alla
mancanza
di
questa
in
qualche
modo
suppliscono
*
.
Stando
pertanto
le
cose
come
le
abbiamo
accennate
,
non
solo
la
scienza
non
può
pretendere
di
dimostrare
il
contrario
di
questa
sentenza
,
perché
secondo
il
canone
fondamentale
del
suo
metodo
gliene
mancherebbero
gli
elementi
,
ma
ci
porta
anzi
essa
stessa
sino
al
limitare
del
santuario
,
a
quel
punto
cioè
che
è
comune
tanto
ad
essa
che
alla
religione
.
Vero
è
che
altri
filosofi
e
teologi
contraddicono
a
questo
concetto
meramente
negativo
di
Dio
,
e
vogliono
sostituirvi
un
concetto
positivo
e
ontologico
.
Ma
questi
per
sostenere
la
loro
tesi
sono
costretti
di
ricorrere
ad
un
fatto
primitivo
della
coscienza
,
che
sarebbe
l
'
intuito
stesso
di
Dio
*
.
Ora
è
evidente
che
questo
intuito
,
se
fosse
veramente
un
fatto
incontrastabile
testimoniato
dalla
osservazione
e
dalla
esperienza
interna
,
starebbe
nella
cerchia
delle
verità
naturali
e
non
potrebbe
dalla
scienza
essere
rifiutato
.
Di
guisa
che
contraddizione
fra
il
principio
fondamentale
della
religione
che
è
l
'
esistenza
di
Dio
,
e
la
scienza
non
può
esservi
mai
*
.
Lo
stesso
dicasi
delle
altre
idee
fondamentali
della
religione
,
che
sono
la
libertà
morale
dell
'
uomo
,
la
immortalità
dell
'
anima
,
e
il
governo
provvidenziale
del
mondo
.
E
cominciando
dalla
prima
essa
ha
radice
in
fatti
interni
della
coscienza
che
la
osservazione
e
l
'
esperienza
quotidiana
ci
indicano
,
i
quali
dall
'
istinto
ci
conducono
per
gradi
sino
a
quell
'
atto
della
volontà
dove
l
'
uomo
sente
di
poter
scegliere
fra
il
bene
ed
il
male
*
.
La
immortalità
dell
'
anima
non
è
di
questo
genere
,
ma
essa
si
fonda
sopra
argomenti
induttivi
e
congetture
di
probabilità
:
che
se
non
è
dimostrabile
scientificamente
,
non
è
dimostrabile
tampoco
il
suo
contrario
.
E
finalmente
quanto
al
governo
provvidenziale
dell
'
universo
,
non
v
'
ha
nella
scienza
moderna
cosa
alcuna
che
possa
infirmarne
il
concetto
anzi
tutto
mira
a
ribadirlo
.
Tale
,
per
esempio
,
è
la
legge
di
evoluzione
che
di
essa
scienza
si
annuncia
come
uno
dei
portati
principali
.
Imperocché
se
l
'
intervento
del
creatore
è
rimosso
nella
successione
dei
fatti
,
in
quantocché
essi
non
possono
più
spiegarsi
come
mutazioni
parziali
o
eventuali
della
legge
di
natura
,
non
è
rimosso
dalle
origini
della
legge
stessa
,
onde
tutto
ciò
che
si
evolve
era
contenuto
e
preordinato
nella
sua
prima
creazione
.
Anche
la
ipotesi
meccanica
implica
un
'
attitudine
originaria
a
ciò
che
è
avvenuto
dipoi
;
se
pure
la
stessa
creazione
non
è
immanente
.
Del
resto
il
lettore
avvezzo
agli
studi
filosofici
,
discorrendo
le
moderne
argomentazioni
intorno
a
questa
materia
,
è
portato
a
concludere
di
esse
che
nulla
v
'
ha
di
nuovo
sotto
il
sole
,
avvegnaché
furono
trattate
sin
dal
primo
momento
nel
quale
secondo
i
ricordi
storici
l
'
uomo
volse
la
riflessione
sopra
sé
stesso
;
e
presso
i
popoli
antichi
dell
'
Asia
,
e
poi
nella
Grecia
,
e
nel
medio
evo
sotto
altre
forme
le
stesse
dottrine
ricomparvero
;
ed
ora
si
ripigliano
senza
che
perciò
sia
possibile
oltrepassare
quei
limiti
che
alla
nostra
conoscenza
sono
prefissi
.
Che
se
lo
scienziato
dice
:
io
mi
fermo
alle
leggi
indotte
dalla
osservazione
e
dalla
esperienza
,
non
curo
e
non
voglio
procedere
più
oltre
;
e
sapendo
che
una
cosa
è
indimostrabile
,
non
mi
tormento
ad
indagarla
,
né
mi
brigo
di
crederla
;
a
costui
non
intendiamo
contrastare
il
suo
diritto
,
ma
non
crediamo
che
potrà
fazionare
gli
altri
secondo
questa
disposizione
del
suo
animo
,
e
farne
la
regola
di
tutta
la
umanità
.
Né
egli
medesimo
potrà
negare
taluni
fatti
costanti
di
tutti
i
tempi
e
di
tutti
i
luoghi
,
i
quali
sospingono
il
pensiero
verso
quelle
indagini
.
Imperocché
a
chi
ponga
mente
ai
fatti
della
coscienza
e
a
quelli
della
storia
apparisce
chiara
e
ferma
,
sotto
varie
forme
,
una
tendenza
del
pensiero
verso
l
'
infinito
,
ed
una
irrequieta
brama
che
non
trova
posa
nelle
cose
transitorie
e
relative
e
vuol
salire
all
'
assoluto
.
E
sarebbe
uno
smentire
la
coscienza
e
la
storia
il
negare
che
l
'
uomo
si
pone
tre
quesiti
terribili
,
e
si
affanna
a
chiederne
la
soluzione
.
Questi
si
presentano
egualmente
all
'
intelletto
del
pastore
vagante
nell
'
Asia
,
e
del
pensatore
educato
nella
moderna
scuola
,
e
ne
crucciano
l
'
animo
con
eguale
ansia
:
donde
vengo
?
perché
mi
trovo
in
questo
mondo
?
e
dove
andrò
dopo
la
vita
presente
?
Ora
posto
che
la
scienza
si
dichiari
incompetente
a
risolvere
tali
problemi
,
non
può
negare
la
esistenza
loro
come
problemi
e
perciò
come
fatti
interni
,
e
di
conseguenza
gli
è
mestieri
di
riconoscere
nella
coscienza
umana
un
elemento
indistruttibile
che
è
la
base
delle
credenze
religiose
,
avvegnaché
esse
sole
valgano
a
darvi
soddisfazione
.
Alle
quali
indarno
si
vorrebbe
sostituire
quello
che
si
chiama
umanesimo
ossia
il
culto
dell
'
uomo
e
della
natura
.
Imperocché
l
'
uomo
sente
di
non
poter
essere
Dio
a
se
medesimo
*
e
si
slancia
col
pensiero
al
di
là
di
tutto
ciò
che
è
finito
*
.
Fin
qui
ho
considerato
la
parte
risguardante
l
'
intelletto
:
ma
questi
fatti
e
queste
tendenze
molto
più
si
appalesano
nella
parte
risguardante
il
sentimento
.
Avvegnaché
l
'
uomo
non
solo
pensa
,
ma
sente
ed
ama
,
ed
immagina
,
e
vuole
.
Né
la
verità
gli
basta
,
ma
cerca
l
'
ideale
della
bellezza
e
la
perfezione
della
bontà
.
E
sebbene
il
bello
ed
il
buono
s
'
intreccino
col
vero
,
e
si
appuntino
originariamente
in
esso
,
pure
non
v
'
ha
identità
fra
loro
dinanzi
alla
umana
ragione
.
E
similmente
le
facoltà
per
le
quali
siamo
capaci
dell
'
uno
e
dell
'
altro
,
hanno
relazioni
molte
e
intime
,
non
medesimezza
,
né
il
grado
dell
'
una
è
proporzionato
a
quello
dell
'
altra
,
né
sono
sempre
concordi
,
ma
talora
hanno
repugnanza
e
conflitto
.
E
lasciando
stare
anche
alcuni
problemi
morali
,
non
meno
terribili
di
quelli
che
abbiamo
sopra
discorso
,
e
che
pur
s
'
affacciano
alla
mente
umana
e
la
perseguono
incessantemente
,
come
per
esempio
,
quello
della
origine
del
male
sulla
terra
,
egli
si
pare
a
chi
ben
guardi
che
è
di
suprema
importanza
lo
stabilire
la
norma
e
la
sanzione
morale
delle
nostre
azioni
.
Ora
l
'
Herbert
Spencer
novera
,
fra
i
pregiudizii
che
chiama
antiteologici
e
che
pone
fra
gli
ostacoli
al
progresso
della
Sociologia
,
anche
quello
di
affermare
,
che
colla
sola
ragione
si
possa
trovare
una
guida
e
una
regola
alla
condotta
della
vita
privata
e
pubblica
,
e
formare
un
codice
morale
che
abbia
la
debita
efficacia
*
.
Certo
è
che
tutto
l
'
antico
materialismo
e
quella
dottrina
che
si
chiama
oggi
positivismo
,
apparve
sinora
insufficiente
a
darci
il
criterio
e
la
norma
dell
'
operare
;
e
se
pure
con
indicibile
sforzo
potè
raccapezzare
qualche
regola
delle
azioni
umane
,
però
ad
essa
manca
una
proporzionata
sanzione
per
dover
anteporre
la
giustizia
alla
nostra
utilità
ed
al
nostro
diletto
,
allorché
si
trovino
in
contrasto
.
Tutta
la
schiera
delle
passioni
si
ribella
alla
teorica
meramente
empirica
:
eppure
esse
hanno
tanta
parte
nella
vita
quotidiana
.
Egualmente
se
ne
allontana
il
regno
della
bellezza
.
Or
questa
a
me
sembra
una
formidabile
obbiezione
contro
il
positivismo
,
ché
quando
pretende
di
surrogare
ogni
altra
cosa
nel
mondo
,
si
trova
impotente
a
ciò
che
più
onora
ed
abbella
l
'
umanità
.
Uopo
è
risalire
perciò
a
qualche
elemento
soprannaturale
che
ci
raffiguri
la
perfezione
di
ogni
bene
e
l
'
ideale
di
ogni
bello
e
al
quale
possiamo
aspirare
;
se
ciò
non
fosse
,
verrebbe
sbandito
dall
'
umanità
l
'
entusiasmo
dell
'
arte
che
è
la
forma
più
elevata
del
sentimento
,
e
il
sacrifizio
di
sé
medesimo
che
è
la
forma
più
elevata
della
morale
.
Potrebbe
dubitarsi
se
veramente
tali
fatti
siano
universali
o
non
piuttosto
parziali
e
locali
,
voglio
dire
proprii
soltanto
di
certi
tempi
e
di
certi
luoghi
;
e
innanzi
tutto
tornerebbe
in
acconcio
esaminare
il
problema
se
in
tutte
le
istorie
antiche
e
moderne
di
che
abbiamo
contezza
,
si
riscontri
qualche
tribù
destituita
al
tutto
di
ogni
idea
religiosa
.
Il
problema
non
può
dirsi
risoluto
,
mentrecché
dei
viaggiatori
e
geografi
,
taluni
tennero
l
'
una
,
altri
l
'
altra
opinione
.
Ma
la
conclusione
dei
più
recenti
e
più
accurati
studii
può
esprimersi
così
:
Tutte
le
tribù
che
si
sono
potute
esaminare
e
conoscere
intimamente
e
con
cura
,
hanno
una
qualche
nozione
religiosa
,
una
credenza
comunque
rudimentale
ad
esseri
spirituali
.
Questo
è
il
risultato
dei
moderni
studi
,
sebbene
non
si
possa
affermare
in
modo
assoluto
che
non
esista
nel
mondo
qualche
tribù
che
di
tale
nozione
sia
priva
,
e
meno
ancora
si
potrebbe
affermare
che
tutte
le
tribù
che
sono
menzionate
nella
storia
,
o
delle
quali
ci
rimangono
reliquie
,
abbiano
avuto
alcun
che
d
'
idea
religiosa
*
.
Pertanto
allo
stato
attuale
della
scienza
,
possiamo
considerare
il
sentimento
religioso
come
una
qualità
che
si
manifesta
sin
dal
periodo
primitivo
e
selvaggio
in
tutti
quegli
uomini
che
abbiamo
potuto
esaminare
accuratamente
,
e
per
conseguenza
possiamo
indurne
sino
a
prova
in
contrario
che
esso
è
connaturato
e
rivela
una
qualità
fondamentale
atta
a
svolgersi
,
perfezionarsi
,
modificarsi
;
qualità
che
nessun
argomento
di
fatto
o
di
analogia
c
'
induce
a
credere
che
possa
un
giorno
essere
al
tutto
soppressa
.
Che
se
anche
potesse
scoprirsi
e
provarsi
che
qualche
selvaggia
tribù
non
ebbe
contezza
alcuna
di
idee
spirituali
e
religiose
resterebbe
pur
vero
che
queste
idee
si
sviluppano
e
crescono
appena
l
'
uomo
passa
ad
uno
stato
personale
e
sociale
meno
imperfetto
.
Se
non
che
taluni
incalzano
sul
tema
.
Pure
ammettendo
i
punti
che
abbiamo
delineato
sinora
,
anzi
ammettendo
che
nelle
epoche
primitive
la
religione
sia
vivissima
,
dicono
che
il
progresso
della
umanità
consiste
appunto
nel
distaccarsi
da
essa
e
sostituirvi
le
idee
scientifiche
.
La
religione
farebbe
l
'
ufficio
dei
cotiledoni
che
nutrono
il
seme
sinchè
germogli
,
e
abbia
vigore
di
trarre
da
sé
i
succhi
della
terra
e
dell
'
aria
e
vegetare
per
forza
propria
.
Così
pare
a
loro
che
l
'
umanità
trapassi
,
prima
per
un
periodo
teologico
che
sarebbe
come
la
sua
infanzia
,
e
poi
entri
in
uno
metafisico
corrispondente
alla
sua
giovinezza
,
e
finalmente
si
posi
nella
virilità
ossia
nell
'
età
positiva
,
nella
quale
la
scienza
sola
basta
ad
appagare
l
'
umano
intelletto
,
e
condurre
l
'
uomo
e
la
società
al
massimo
bene
e
alla
massima
perfezione
*
.
Ma
se
ciò
che
abbiamo
discorso
è
vero
,
rimane
dimostrato
che
la
scienza
non
potrà
dare
mai
quell
'
intero
appagamanto
all
'
intelletto
che
da
lei
si
ricerca
,
perché
non
potrà
mai
spiegar
tutto
,
e
resterà
sempre
al
di
là
un
campo
dove
essa
non
può
penetrare
,
che
è
quello
della
religione
.
E
similmente
non
potrà
dare
intero
appagamento
alle
facoltà
estetiche
e
morali
,
non
essendo
capace
di
raffigurare
né
l
'
ideale
della
bontà
né
quello
della
bellezza
.
Quella
distinzione
che
gli
antichi
fecero
con
tanta
accuratezza
fra
scienza
e
sapienza
,
questa
più
ampia
e
più
comprensiva
di
quella
,
imperocché
non
solo
l
'
abbraccia
,
ma
abbraccia
insieme
a
lei
l
'
esercizio
completo
e
ordinato
di
tutte
le
facoltà
,
quella
distinzione
risorgerà
sempre
,
ad
onta
di
tutte
le
sottilità
,
perché
fondata
sul
vero
.
Naturam
expellas
furca
tamen
usquerecurret
*
.
Così
alla
ripartizione
della
storia
nelle
tre
epoche
teologica
,
metafisica
,
e
positiva
,
si
può
rispondere
esser
questa
una
ipotesi
foggiata
al
servizio
della
proposizione
a
priori
,
non
una
rigorosa
induzione
dei
fatti
.
Imperocché
la
storia
ci
mostra
dei
periodi
dove
il
sentimento
e
l
'
idea
religiosa
tengono
veramente
il
campo
,
ai
quali
successero
sino
ab
antico
periodi
di
dubbio
angoscioso
,
e
alla
perfine
altri
in
cui
le
credenze
dommatiche
vennero
meno
.
E
qui
è
degno
di
nota
che
quando
la
religione
positiva
ebbe
perduto
più
credito
,
allora
scoppiò
maggiore
la
foga
dei
pregiudizii
e
delle
superstizioni
,
come
se
l
'
uomo
travagliato
e
sospinto
dal
bisogno
di
credere
a
qualche
cosa
di
soprannaturale
,
ne
cerchi
le
traccie
smarrite
nei
fenomeni
più
ovvii
della
natura
.
Tale
è
lo
spettacolo
che
ci
porgono
i
primi
dell
'
era
cristiana
,
quando
il
paganesimo
non
aveva
più
forza
alcuna
di
persuasione
,
e
il
cristianesimo
era
celato
ancora
nelle
catacombe
e
nel
cuore
di
pochi
eletti
*
.
E
forse
non
è
molto
dissimile
,
quella
che
direi
smania
morbosa
per
la
quale
nel
finire
del
passato
secolo
e
nel
presente
,
molti
corsero
dietro
a
prodigi
di
mesmerismo
e
di
spiritismo
.
Certo
è
che
l
'
uomo
dopo
aver
distrutto
la
forma
religiosa
che
sin
allora
aveva
riscosso
la
fede
generale
,
dopo
avere
rotto
il
filo
della
tradizione
,
spento
in
sé
medesimo
la
speranza
dell
'
avvenire
,
e
per
conseguenza
la
rassegnazione
del
passato
,
l
'
uomo
,
dico
,
si
rimane
sgomento
della
sua
propria
fattura
e
la
terra
gli
pare
una
prigione
tormentosa
,
e
la
natura
eterna
sua
nemica
,
non
gli
porge
che
dolori
inutili
,
e
solo
pasce
d
'
inganni
la
sua
presuntuosa
vanità
*
.
Così
lo
scetticismo
s
'
incontra
col
più
sottile
misticismo
,
e
per
due
vie
interamente
opposte
si
raggiunge
la
stessa
meta
.
Ma
dopo
un
travaglio
,
che
dura
talvolta
qualche
secolo
,
si
vede
alla
perfine
la
religione
rivivere
sotto
una
forma
che
non
è
più
l
'
antica
,
ma
che
ha
eguale
potenza
di
signoreggiare
gli
intelletti
,
e
infervorare
gli
animi
,
cosicché
la
storia
ci
fornisce
l
'
esempio
della
declinazione
e
della
fine
dell
'
una
o
dell
'
altra
forma
religiosa
,
ma
nessuna
prova
di
un
decadimento
progressivo
e
continuo
del
sentimento
religioso
,
tale
da
farci
credere
che
esso
possa
aver
termine
.
Imperocché
la
stessa
tendenza
razionale
se
restringe
,
per
dir
così
,
l
'
estensione
del
soprannaturale
,
non
ne
scema
punto
l
'
essenza
.
Ci
resta
a
vedere
la
religione
non
più
in
rapporto
coll
'
uomo
singolo
,
e
per
dir
così
colla
unità
cellulare
,
ma
coll
'
organismo
che
comprende
molti
uomini
,
cioè
colla
società
civile
.
Ha
la
religione
un
influsso
sull
'
andamento
della
società
?
Concorre
essa
al
progresso
dei
popoli
?
Gli
antichi
nol
posero
neppure
in
dubbio
,
e
qual
che
ne
fosse
la
filosofia
reputarono
la
religione
necessaria
ed
efficacissima
al
bene
e
alla
prosperità
dei
popoli
.
Così
Aristotile
nella
politica
,
così
Platone
nella
repubblica
e
nelle
leggi
:
lo
stesso
Epicuro
scrisse
libri
religiosi
,
e
raccomandò
ai
cittadini
la
venerazione
verso
gli
Dei
*
.
Cicerone
può
dirsi
che
lo
inculca
in
tutti
i
suoi
scritti
,
e
Tacito
dà
a
Numa
il
vanto
di
aver
collegato
il
popolo
colla
religione
*
.
Lasciamo
stare
il
medio
evo
nel
quale
l
'
idea
religiosa
predomina
tutto
,
ma
gli
statisti
più
positivi
dopo
il
risorgimento
come
Machiavelli
e
Guicciardini
posero
la
religione
a
fondamento
principale
delle
repubbliche
e
de
'
regni
,
e
la
reputarono
tanto
necessaria
che
mancando
quella
si
può
dire
manchi
la
parte
vitale
e
sostanziale
*
.
Tutto
il
sistema
giurisdizionale
di
cui
abbiamo
discorso
nel
capitolo
primo
,
ha
sua
radice
in
questo
pensiero
,
cioè
che
una
nazione
non
si
puo
mantenere
ben
ordinata
se
non
mediante
la
congiunzione
degli
uomini
con
Dio
.
Infine
gli
uomini
di
Stato
,
o
che
hanno
parte
nelle
cose
pubbliche
,
ancora
oggidì
riguardano
come
canone
indubitato
la
necessità
della
religione
al
bene
dei
popoli
.
Qui
anche
m
'
incontro
coll
'
Herbert
Spencer
,
il
quale
fra
i
pregiudizii
antiteologici
avversi
alla
scienza
della
Sociologia
,
pone
quello
che
nega
alla
religione
il
carattere
di
fattore
normale
ed
essenziale
di
civiltà
nella
società
umana
*
.
Nondimeno
v
'
ha
chi
rifiuta
questa
sentenza
,
e
uno
degli
scrittori
più
insigni
del
tempo
nostro
,
il
Buckle
*
,
pretese
di
mostrare
che
al
progresso
della
civiltà
gl
'
influssi
morali
,
comprendendo
sotto
questo
nome
eziandio
quelli
della
religione
,
sono
molto
scarsi
.
La
dimostrazione
di
questa
sentenza
rampolla
dalle
seguenti
premesse
:
la
religione
e
la
morale
hanno
un
limite
tanto
nell
'
ordine
dei
principii
quanto
nell
'
ordine
dei
fatti
:
nei
principii
non
cambiano
né
progrediscono
,
nei
fatti
ogni
uomo
che
ci
nasce
deve
cominciarne
da
capo
,
e
per
conto
proprio
il
tirocinio
,
e
le
sue
buone
azioni
hanno
immediato
compimento
,
cosicché
l
'
influsso
loro
può
operare
sul
cittadino
preso
singolarmente
,
ma
non
sulla
società
.
Laddove
per
lo
contrario
la
scienza
non
ha
limiti
nelle
sue
scoperte
e
nelle
sue
applicazioni
alle
arti
,
e
le
verità
da
essa
accumulate
si
soprappongono
successivamente
e
si
trasmettono
di
generazione
in
generazione
,
per
cui
ogni
uomo
comincia
dove
l
'
altro
ha
terminato
,
e
profittando
di
tutti
i
trovati
precedenti
alla
sua
venuta
nel
mondo
,
ne
aggiunge
di
nuovi
e
li
consegna
ai
venturi
:
Et
,
quasi
cursores
,
vitaï
lampadatradunt
*
.
Ora
di
due
forze
onde
voglia
misurarsi
l
'
effetto
,
pigliando
la
similitudine
della
meccanica
,
se
l
'
una
è
costante
,
l
'
altra
in
continuo
aumento
,
egli
è
evidente
che
a
lungo
andare
la
importanza
di
quest
'
ultima
sormonta
,
e
la
efficacia
della
prima
scema
,
e
svanisce
.
Tale
è
l
'
argomento
del
Buckle
.
Ma
io
credo
che
la
similitudine
sulla
quale
è
fondato
non
sia
esatta
.
Quando
due
elementi
concorrono
di
necessità
a
produrre
un
effetto
,
sicché
per
quanto
l
'
uno
cresca
costantemente
,
e
l
'
altro
rimanga
fermo
,
pure
l
'
effetto
non
si
consegue
senza
il
concorso
di
entrambi
,
la
importanza
loro
non
si
può
desumer
solo
dalla
proporzione
dell
'
uno
verso
l
'
altro
.
Sebbene
il
trasportar
le
leggi
della
natura
fisica
alla
morale
non
possa
farsi
senza
molte
cautele
,
chi
volesse
pur
sforzarsi
di
trovare
qualche
similitudine
appropriata
,
converrebbe
che
andasse
in
traccia
di
essa
piuttosto
nella
chimica
che
nella
meccanica
,
e
ponesse
mente
che
una
scintilla
fa
scoppiare
le
polveri
qual
che
ne
sia
lo
ammasso
,
e
un
grano
di
lievito
fa
fermentare
il
liquido
tanto
in
una
vaschetta
quanto
in
un
pelago
.
Ma
lasciando
le
metafore
che
talora
oscurano
il
soggetto
anzichè
illustrarlo
,
la
prima
nostra
risposta
è
che
le
due
forze
sono
entrambe
essenziali
al
progresso
della
civiltà
,
né
si
può
far
a
meno
dell
'
una
né
dell
'
altra
.
Lo
stesso
autore
che
abbiamo
sopra
citato
lo
riconosce
esplicitamente
in
un
suo
luogo
,
quando
dice
che
non
si
potrebbe
intendere
la
storia
di
un
popolo
che
davvero
progredisse
,
se
la
sua
abilità
crescente
fosse
congiunta
a
crescenti
vizii
,
e
similmente
se
l
'
uomo
divenendo
più
virtuoso
diventasse
del
pari
più
ignorante
.
Ora
mal
s
'
intende
come
posta
siffatta
proposizione
,
egli
abbia
poscia
potuto
dedurne
la
conclusione
di
che
noi
parliamo
.
Pure
è
indubitabile
che
quell
'
ingegno
acutissimo
non
esitò
a
venire
a
questa
conclusione
;
che
dei
due
elementi
che
concorrono
al
progresso
della
umana
stirpe
,
l
'
elemento
scientifico
,
essendo
il
più
poderoso
,
la
civiltà
obbedisce
ad
esso
,
e
le
sue
operazioni
non
possono
essere
che
accidentalmente
perturbate
dall
'
agente
minore
,
che
è
l
'
elemento
morale
*
.
Inoltre
,
aggiungeva
,
come
le
tendenze
degli
uomini
essendo
diverse
e
talora
contrarie
,
il
senso
virtuoso
degli
uni
è
bilanciato
dalle
ree
inclinazioni
degli
altri
,
le
passioni
sono
in
antagonismo
fra
loro
e
si
contrappesano
in
guisa
che
,
guardando
al
lume
della
storia
il
complesso
delle
azioni
umane
in
quanto
sono
prodotte
da
cause
morali
,
è
agevole
scorgere
che
si
compensano
e
si
elidono
in
una
grande
media
,
e
per
conseguenza
ciò
che
le
determina
veramente
è
la
somma
del
sapere
.
Non
v
'
è
ragione
di
credere
,
secondo
lui
,
che
alcun
cangiamento
permanente
sia
succeduto
nella
proporzione
che
esiste
fra
gli
uomini
di
buone
intenzioni
e
di
ree
;
non
v
'
è
prova
di
progresso
nelle
facoltà
originarie
del
genere
umano
,
né
per
conseguenza
nelle
dottrine
morali
o
nel
costume
.
Questa
proposizione
non
è
vera
che
in
parte
,
onde
pigliata
in
senso
assoluto
ed
esclusivo
riesce
falsa
.
Essa
è
la
conseguenza
di
un
manchevole
supposto
,
che
l
'
elemento
morale
e
religioso
non
sia
progressivo
né
in
teorica
né
in
pratica
,
e
che
ciò
lo
renda
infinitamente
meno
efficace
della
scienza
che
sempre
s
'
accresce
.
Ma
considerando
le
cose
nel
vero
loro
essere
,
è
facile
dimostrare
che
la
religione
e
la
morale
non
si
rimane
immutabile
ma
anch
'
essa
si
perfeziona
e
si
svolge
:
che
il
grado
di
sua
efficacia
negli
uomini
è
diverso
secondo
il
modo
onde
si
presenta
ad
essi
,
e
secondo
l
'
intensità
dell
'
affetto
ond
'
è
accolta
;
che
la
sua
applicazione
alle
varie
condizioni
della
vita
e
della
società
,
vien
facendosi
grado
grado
maggiore
;
infine
che
il
sentimento
del
giusto
e
dell
'
onesto
si
diffonde
ognor
più
ampiamente
nelle
moltitudini
.
Egli
è
solo
tenendo
conto
di
questi
fatti
che
si
può
giudicare
in
totale
delle
azioni
del
genere
umano
*
.
Dico
in
primo
luogo
che
l
'
elemento
morale
(
e
in
esso
s
'
intenda
sempre
compreso
anche
l
'
elemento
religioso
)
non
è
sempre
uguale
né
identico
a
sé
stesso
,
ma
si
svolge
e
progredisce
.
Basta
dare
una
occhiata
alla
storia
per
iscorgere
come
da
un
'
epoca
all
'
altra
il
criterio
dei
doveri
e
dei
diritti
si
venga
purificando
e
precisando
.
Tutti
gli
studi
fatti
dai
naturalisti
e
dai
filosofi
confermano
,
come
appo
le
tribù
selvaggie
sia
imperfettissima
l
'
idea
della
giustizia
,
e
piena
di
superstizioni
quella
di
religione
.
E
i
versi
di
Lucrezio
e
quelli
di
Orazio
*
circa
le
origini
del
genere
umano
,
sembrano
rinfrancati
dagli
studi
più
recenti
circa
l
'
uomo
primitivo
.
Talvolta
la
differenza
nella
qualità
delle
idee
morali
non
ha
mestieri
per
essere
notata
di
lunghissimi
intervalli
.
Basterà
per
esempio
prendere
i
due
poemi
attribuiti
ad
un
medesimo
autore
,
dico
l
'
Iliade
e
l
'
Odissea
,
per
iscorgere
come
nei
tempi
rappresentati
nel
secondo
poema
,
le
idee
e
i
sentimenti
morali
avessero
grandemente
variato
da
quel
che
erano
nei
tempi
della
guerra
di
Troja
.
L
'
adorazione
degli
idoli
,
il
politeismo
greco
e
romano
,
l
'
idea
di
un
Dio
solo
e
creatore
;
la
schiavitù
,
la
servitù
della
gleba
,
la
libertà
personale
;
la
promiscuità
dei
sessi
e
la
famiglia
rappresentano
differenze
immense
e
passi
giganteschi
nel
cammino
della
perfezione
umana
,
e
quasi
ne
mutano
l
'
essenza
.
E
veramente
il
Cristianesimo
ha
trasformato
in
gran
parte
la
morale
,
e
sparso
nel
mondo
idee
nuove
e
feconde
non
prima
ascoltate
giammai
.
So
che
taluni
lo
negano
,
e
si
è
scritto
un
libro
delle
verità
cristiane
innanzi
il
Cristianesimo
.
Non
sapremmo
consentirvi
parendoci
che
rispetto
ad
esso
,
la
filosofia
e
le
sètte
religiose
dell
'
antichità
siano
come
il
crepuscolo
di
uno
splendido
sole
.
Ma
concedasi
.
Ciò
proverebbe
anzi
che
la
stessa
massima
,
secondo
la
intensità
del
suo
grado
,
e
secondo
il
modo
ond
'
è
annunziata
,
apparisce
cosa
al
tutto
diversa
.
Poniamo
pure
che
tutte
le
idee
cristiane
si
trovino
non
solo
in
germe
ma
espresse
in
qualche
libro
sacro
dell
'
India
,
e
della
China
,
nelle
massime
di
Pittagora
,
nei
dialoghi
di
Platone
,
nelle
dottrine
degli
Stoici
,
degli
Esseni
,
dei
Terapeuti
ed
altri
che
precedettero
Cristo
.
Ma
chi
non
vede
che
il
riunire
queste
massime
fra
loro
,
il
coordinarle
,
dando
a
ciascuna
la
importanza
che
le
appartiene
,
e
facendo
discendere
le
une
dalle
altre
,
trasforma
,
vivifica
e
rinnuova
,
per
dir
così
,
la
dottrina
?
Tanto
è
vero
che
il
Vangelo
è
apparso
come
la
buona
novella
,
come
cosa
fuor
d
'
ogni
aspettazione
e
d
'
ogni
fiducia
nel
mondo
antico
:
sicché
può
dirsi
che
la
morale
e
la
religione
nella
natura
dei
loro
dettami
non
solo
,
ma
nel
grado
di
valore
attribuito
ai
medesimi
si
perfezionano
.
Ma
quand
'
anche
si
ammetta
che
le
massime
fondamentali
siano
sempre
le
stesse
ed
ugualmente
luminose
,
il
passaggio
loro
dalla
speculazione
alla
pratica
è
smisurato
,
e
il
modo
onde
sono
accolte
influisce
alla
vita
dell
'
individuo
e
della
società
.
Che
giova
,
per
cagion
d
'
esempio
,
che
Pittagora
abbia
proclamato
l
'
eguaglianza
degli
uomini
,
se
la
schiavitù
rimaneva
effettiva
nella
sua
più
dura
forma
,
se
era
sancita
dalle
istituzioni
pubbliche
e
come
principio
di
diritto
accolta
e
giustificata
dai
più
grandi
filosofi
,
e
dallo
stesso
Aristotile
?
Che
giova
qualche
baleno
di
luce
onde
la
donna
sia
fatta
segno
al
rispetto
dei
cittadini
,
se
la
donna
antica
per
senso
proprio
e
universale
era
considerata
quasi
come
una
cosa
?
Lo
stesso
Vangelo
pur
chiarendo
ed
esaltando
alcuni
doveri
ed
alcune
virtù
,
non
fu
inteso
che
dopo
lungo
andar
di
tempo
,
e
può
dirsi
che
lo
spirito
di
esso
non
è
penetrato
ancora
nel
pensiero
e
nelle
istituzioni
.
Sono
appena
due
secoli
che
nelle
relazioni
internazionali
i
suoi
principii
cominciano
ad
insinuarsi
,
e
paiono
trovati
nuovi
quelli
che
non
sono
altro
che
conseguenze
logiche
di
antiche
premesse
.
Io
ho
notato
sovente
fra
me
medesimo
come
certe
dottrine
evangeliche
non
siano
mai
state
neppure
nei
libri
ascetici
del
medio
evo
espresse
con
tanta
evidenza
e
soavità
come
nella
prosa
e
nella
poesia
di
due
nostri
contemporanei
,
Alessandro
Manzoni
e
Silvio
Pellico
.
Pertanto
,
quand
'
anche
si
voglia
ammettere
che
le
massime
fondamentali
della
morale
sono
antichissime
e
in
sé
stesse
immutate
,
resterebbe
sempre
vero
che
la
chiarezza
loro
,
la
impressione
che
fanno
negli
animi
,
e
l
'
applicazione
a
tutte
le
parti
della
vita
,
al
diritto
privato
,
al
diritto
pubblico
ed
internazionale
,
è
opera
dei
secoli
,
e
che
in
ciò
vi
può
essere
progresso
come
in
ogni
altro
ramo
di
civiltà
.
Ma
un
altro
elemento
da
considerare
nel
giudizio
sulle
società
umane
è
la
maggiore
o
minore
diffusione
del
senso
del
giusto
,
del
divino
nelle
moltitudini
.
Imperocché
le
massime
potrebbero
esser
vere
,
chiare
,
profonde
,
efficaci
,
ma
ristrette
in
pochi
uomini
.
Ora
perché
un
popolo
possa
dirsi
civile
occorre
che
la
moralità
vi
sia
ampiamente
e
universalmente
praticata
.
Fu
detto
,
e
non
senza
ragione
,
che
nelle
nazioni
orientali
la
pienezza
dell
'
umanità
era
in
uno
o
in
pochissimi
smisuratamente
sollevati
oltre
la
natura
comune
,
che
nella
Grecia
e
in
Roma
fu
propria
di
una
classe
di
cittadini
ad
esclusione
delle
moltitudini
,
che
nel
mondo
moderno
tende
ad
attuarsi
in
tutti
.
E
che
è
codesto
se
non
un
progresso
della
morale
?
Progresso
del
quale
mal
saprebbero
segnarsi
i
confini
,
perché
l
'
amor
del
bene
può
diffondersi
in
un
cerchio
sempre
più
ampio
di
uomini
,
i
quali
imparino
a
conoscerlo
,
vi
aderiscano
spontanei
e
ne
facciano
la
norma
dei
loro
atti
.
E
quando
presso
un
popolo
tutto
ciò
sia
divenuto
consuetudine
,
allora
si
forma
anche
una
specie
di
ambiente
morale
che
rende
più
facile
l
'
adempimento
della
giustizia
e
della
virtù
.
E
se
la
teorica
della
eredità
che
oggi
si
tenta
di
ripristinare
su
base
scientifica
è
vera
,
se
il
motto
del
poeta
"
Fortes
a
fortibus
nascuntur
et
bonis
*
"
trova
conforto
nella
fisiologia
,
chi
non
vede
la
speranza
che
si
apre
alle
genti
venture
,
e
chi
può
negare
che
vi
sarebbe
anche
in
ciò
quella
accumulazione
di
forze
trasmesse
di
generazione
in
generazione
che
è
il
desiderato
dell
'
autore
del
quale
parliamo
?
Queste
osservazioni
provano
che
la
religione
e
la
morale
progrediscono
anch
'
esse
in
molti
modi
,
poiché
il
progresso
avviene
nella
qualità
e
nel
grado
delle
dottrine
,
nella
intensità
dell
'
affetto
col
quale
sono
annunziate
ed
accolte
,
nell
'
applicazione
loro
a
tutte
le
parti
della
vita
privata
e
pubblica
,
nella
sua
diffusione
in
un
numero
ognor
maggiore
di
uomini
.
Certo
l
'
elemento
scientifico
ha
più
estensione
e
maggior
facilità
di
mantenersi
,
di
accumularsi
e
di
trasmettersi
;
nessun
limite
lo
arresta
e
può
svolgersi
e
comunicarsi
indefinitamente
a
beneficio
della
umanità
.
L
'
elemento
religioso
e
morale
procede
più
lento
:
ha
dei
momenti
di
sosta
e
anche
di
regresso
,
ha
però
in
quella
vece
dei
momenti
nei
quali
tiene
il
campo
,
e
per
che
di
sé
infiammi
e
trascini
tutto
un
popolo
,
e
quelli
sono
i
momenti
eroici
della
sua
storia
.
Chiunque
in
fatto
medita
le
istorie
trova
dei
periodi
che
la
scienza
può
aver
indirettamente
preparato
di
lunga
mano
,
ma
dove
essa
non
ha
un
'
azione
immediata
e
diretta
,
e
sono
quelli
nei
quali
apparisce
spontaneo
un
impulso
degli
animi
,
una
forza
inusitata
,
un
entusiasmo
che
non
viene
da
riflessione
,
e
pur
sembra
invadere
tutto
un
popolo
e
per
così
dire
ravvivarlo
.
Allora
si
compiono
le
più
grandi
innovazioni
nella
costituzione
della
società
,
come
la
redenzione
di
classi
oppresse
,
la
rivendicazione
della
indipendenza
nazionale
,
la
creazione
di
nuove
religioni
o
la
riforma
profonda
di
esse
,
e
il
processo
di
questi
fatti
si
dilunga
totalmente
dal
processo
scientifico
.
Nondimeno
il
Buckle
con
speciosa
esemplificazione
si
sforza
di
mostrare
che
i
progressi
che
ci
sembrano
più
chiaramente
da
attribuirsi
ad
influsso
religioso
e
morale
,
non
sono
altro
che
le
conseguenze
poco
osservate
sinora
dei
progressi
scientifici
.
Ecco
un
uomo
ingenuo
e
devoto
al
bene
;
poniamo
che
costui
abbia
una
falsa
idea
del
dovere
,
egli
farà
con
sicurtà
di
coscienza
infinito
male
,
assai
maggiore
di
quello
che
commetterebbe
un
uomo
indifferente
ai
principii
morali
.
Testimonio
gli
imperatori
romani
che
perseguitarono
i
cristiani
ed
erano
forse
i
migliori
:
laddove
Commodo
ed
Eliogabalo
tanto
vili
quanto
perfidi
,
di
vita
sozza
e
spregevolissima
lasciarono
in
pace
la
nuova
setta
religiosa
.
Testimonio
più
recente
e
ancor
più
manifesto
la
Inquisizione
della
eretica
pravità
,
la
quale
eretta
e
governata
anche
da
uomini
di
vita
santissima
,
pure
,
credendo
di
glorificare
Iddio
,
immolava
senza
pietà
tante
vittime
.
Non
vi
è
che
il
progresso
della
coltura
e
l
'
introdursi
grazie
ad
essa
di
un
certo
scetticismo
,
che
scema
,
e
alla
fine
impedisce
la
persecuzione
religiosa
.
Dall
'
altra
parte
alla
conservazione
della
pace
,
o
meglio
alla
diminuzione
della
guerra
,
più
di
tutte
le
prediche
morali
giovarono
i
trovati
delle
scienze
.
Tali
furono
le
verità
messe
in
luce
dalla
pubblica
economia
,
le
quali
dissipando
le
supposte
rivalità
negli
interessi
delle
nazioni
,
tolsero
di
mezzo
una
delle
cagioni
più
potenti
di
animavversione
fra
loro
.
Tale
l
'
uso
del
vapore
qual
potenza
motrice
che
,
rendendo
più
agevoli
i
viaggi
e
le
relazioni
fra
i
popoli
,
spense
quei
pregiudizi
secolari
che
ad
ogni
piè
sospinto
rinfocolavano
le
inimicizie
e
le
convertivano
in
aperte
guerre
.
Tali
i
perfezionamenti
introdotti
nelle
stesse
armi
micidiali
,
che
resero
le
guerre
più
brevi
e
meno
crudeli
.
Accetto
in
molte
parte
questi
pensieri
,
in
ciò
sopratutto
che
l
'
ignoranza
e
l
'
errore
siano
cause
potentissime
di
mali
privati
e
pubblici
,
ma
non
vi
consento
interamente
,
e
dico
che
l
'
esempio
degli
imperatori
non
quadra
,
perché
la
persecuzione
non
è
un
effetto
esclusivamente
della
ignoranza
incosciente
,
ma
della
violenza
e
delle
passioni
,
di
che
ci
dà
esempio
il
periodo
della
rivoluzion
francese
che
s
'
intitola
dal
terrore
.
L
'
economia
scompagnata
dalla
morale
se
potè
spegnere
antiche
cagioni
di
discordia
,
porse
in
pari
tempo
occasione
a
nuovi
mali
sociali
.
E
così
invece
di
quella
vieta
ruggine
del
sistema
mercantile
e
della
bilancia
commerciale
,
abbiamo
la
guerra
del
lavoro
contro
il
capitale
e
le
minaccie
sfrenate
del
socialismo
.
Le
comunicazioni
frequenti
fra
popoli
corrotti
potrebbero
accomunarne
i
vizii
,
come
accomunarono
talvolta
le
epidemie
.
Così
il
commercio
porta
ai
chinesi
l
'
oppio
distruggitore
delle
facoltà
intellettive
,
e
spegnitore
delle
forze
materiali
,
e
porta
alle
tribù
indiane
i
liquori
che
ne
ardono
ed
avvelenano
le
viscere
.
Non
che
l
'
oppio
e
i
liquori
siano
una
cosa
in
sé
cattiva
,
ma
lo
divengono
quando
siano
abusati
,
e
qui
il
commercio
fa
ufficio
di
seduzione
e
di
richiamo
.
Finalmente
la
diminuzione
delle
guerre
,
se
c
'
è
veramente
,
si
deve
a
molte
altre
cause
che
tendevano
a
scemare
ed
attutire
quello
stato
di
perenne
ostilità
che
era
proprio
del
medio
evo
,
ma
la
scoperta
di
uno
strumento
micidiale
non
può
avere
altro
effetto
diretto
fuor
che
quello
di
rendere
la
guerra
più
terribile
,
e
solo
per
indiretto
più
evitata
.
Ma
dato
ancora
per
vero
ed
esatto
ciò
che
qui
si
sostiene
,
a
me
pare
che
gli
esempi
predetti
null
'
altro
dimostrino
fuorché
l
'
influsso
grandissimo
che
la
cognizione
del
vero
ha
sulla
pratica
del
bene
,
il
che
certo
non
intendiamo
in
guisa
alcuna
di
negare
.
Solo
combattiamo
la
prevalenza
assoluta
dell
'
uno
sull
'
altro
elemento
al
buon
essere
dell
'
uomo
e
al
progresso
della
civiltà
.
Imperocché
ad
esaminare
a
fondo
la
cosa
,
conviene
anche
riguardarla
da
un
altro
punto
:
cioè
che
la
coltura
e
la
conoscenza
delle
leggi
naturali
scompagnata
dal
sentimento
della
giustizia
,
può
divenire
strumento
di
male
ai
propri
simili
.
Il
che
si
avvera
pur
troppo
frequentemente
,
e
fu
espresso
dal
nostro
poeta
là
dove
dice
:
Ché
dove
l
'
argomento
della
menteSi
aggiunge
al
mal
volere
ed
alla
possaNessun
riparo
vi
può
far
la
gente
*
.
Nota
lo
Spencer
,
raccogliendo
tutte
le
notizie
circa
l
'
uomo
primitivo
,
che
mentre
la
crudeltà
non
è
comune
appo
le
tribù
più
ignoranti
,
diventa
poi
comune
presso
quelle
che
sono
alquanto
più
dirozzate
*
.
Dal
che
non
può
trarsi
un
argomento
generale
per
affermare
che
queste
tribù
siano
scadute
da
uno
stato
di
primitiva
innocenza
,
ma
soltanto
che
il
costume
non
segue
di
pari
passo
lo
svolgimento
delle
facoltà
intellettive
,
il
quale
in
certi
casi
diventa
stimolo
a
brutale
ferocia
.
D
'
altra
parte
la
storia
ci
mostra
esempi
di
gente
oppressa
ingiustamente
e
sterminata
da
altra
gente
che
aveva
superiorità
di
forza
non
di
scienza
né
di
civiltà
.
La
pugna
per
la
sussistenza
che
oggi
si
descrive
come
uno
dei
fenomeni
costanti
e
decisivi
tanto
della
natura
che
della
società
,
e
nella
quale
vincono
i
forti
,
prova
che
l
'
elemento
scientifico
non
ha
l
'
efficacia
esclusiva
che
si
vuole
attribuirgli
.
I
barbari
,
come
dice
Botta
,
non
ascoltavano
i
sofisti
ma
davano
piuttosto
loro
delle
labarde
su
per
la
testa
*
.
E
veramente
non
si
può
negare
che
le
cognizioni
e
la
coltura
fossero
più
diffuse
durante
l
'
impero
romano
che
nei
secoli
della
repubblica
,
ma
la
mollezza
ed
il
vizio
avevano
talmente
snervato
gli
animi
,
che
l
'
impero
non
potè
resistere
alla
interna
dissoluzione
,
e
alle
orde
invaditrici
del
settentrione
.
E
sul
fine
del
secolo
XV
e
nel
principio
del
XVI
come
abbiamo
toccato
anche
altrove
,
chi
può
negare
che
l
'
Italia
non
porgesse
spettacolo
meraviglioso
di
cultura
e
anche
di
civiltà
?
epperò
questa
disparve
in
pochi
anni
come
edificio
che
crolla
per
sostegno
manco
.
Un
altro
aspetto
ancora
di
questa
ricerca
sarebbe
l
'
influsso
che
ha
il
progresso
morale
sull
'
andamento
della
scienza
,
poiché
come
la
sincerità
e
il
disinteresse
aiutano
alla
indagine
e
alla
contemplazione
del
vero
,
così
la
vanità
,
la
cupidigia
e
il
puntiglio
ne
disviano
,
e
generano
sofismi
non
solo
di
un
uomo
ma
di
una
classe
intera
di
uomini
e
di
un
tempo
;
tantocché
si
può
dire
che
il
progresso
delle
scienze
trova
nelle
abitudini
morali
aiuto
e
conforto
,
e
nel
contrario
loro
pregiudizi
e
resistenza
.
È
profondo
e
vero
insieme
quel
concetto
che
v
'
ha
una
rettitudine
di
pensieri
che
viene
dalla
rettitudine
del
cuore
.
E
finalmente
se
guardiamo
all
'
appagamento
umano
al
quale
ciascuno
come
suo
fine
intende
,
chi
non
vede
che
la
scienza
non
può
bastare
per
sé
sola
a
generarlo
?
anzi
v
'
ha
una
specie
di
sentimento
che
si
manifesta
appresso
gli
antichi
e
altresì
appresso
i
moderni
,
che
la
scienza
aggiunga
affanni
e
dolori
.
Dall
'
Ecclesiastico
di
Salomone
al
Fausto
di
Goethe
è
spiccata
questa
contraddizione
onde
si
pare
che
il
sapere
non
ha
possanza
di
generare
la
contentezza
dell
'
uomo
,
anzi
disgiunto
da
moralità
lo
trascina
a
triste
esito
.
E
ciò
che
dissi
dell
'
individuo
preso
singolarmente
,
può
intendersi
anche
dei
popoli
.
Ma
ritorniamo
là
donde
questa
lunga
digressione
ci
ha
allontanato
,
imperocché
lo
intento
mio
era
di
mostrare
che
la
religione
è
un
elemento
essenziale
dell
'
uomo
e
della
società
,
e
che
la
scienza
non
potrà
mai
svellerla
dagli
animi
,
né
basterà
da
sé
sola
ad
appagarli
interamente
.
Perciò
io
non
posso
neppure
acconciarmi
alle
dottrine
di
coloro
che
,
mossi
da
tutt
'
altri
principii
e
intendimenti
di
quelli
che
abbiamo
discorso
fìnora
,
veggono
nella
religione
come
nell
'
arte
due
funzioni
essenziali
dello
spirito
ma
temporanee
nella
loro
distinzione
,
e
,
per
dir
così
,
pedagogiche
,
destinate
a
introdurre
l
'
uomo
alla
filosofia
,
la
quale
tutto
dee
comprendere
e
tutto
spiegare
,
e
diverrà
ad
un
tempo
scienza
,
arte
e
religione
*
.
Per
me
tutti
questi
elementi
sono
originarii
,
e
saranno
perpetui
,
voglio
dire
,
sino
a
che
l
'
uomo
sia
costituito
qual
è
sulla
terra
.
Vi
è
qualche
cosa
di
sostanzialmente
connaturato
in
noi
,
e
d
'
inconfondibile
fra
loro
,
sicché
nessun
progresso
come
nessun
regresso
può
cancellarne
le
differenze
.
Finalmente
giova
notare
che
un
certo
grado
di
sviluppo
in
ciascuno
di
questi
elementi
è
necessario
perché
gli
altri
pure
possano
svolgersi
.
E
come
senza
l
'
appagamento
dei
primi
bisogni
,
l
'
intelletto
non
può
esercitarsi
,
così
senza
certe
cognizioni
non
si
dà
moralità
nè
religione
,
e
senza
di
queste
la
società
non
sussisterebbe
e
ogni
cultura
diventerebbe
impossibile
.
La
civiltà
vera
richiede
pertanto
una
giusta
proporzione
dei
varii
elementi
nell
'
individuo
come
nella
società
.
Questa
legge
di
proporzione
governa
tanto
l
'
ordine
psicologico
e
civile
quanto
l
'
ordine
cosmico
;
e
come
l
'
osservanza
di
essa
genera
armonia
ed
appagamento
,
così
la
sua
rottura
è
cagione
di
discordia
e
di
dolori
.
Se
non
che
il
progresso
di
ciascun
elemento
si
opera
disgiuntamente
,
e
quando
l
'
uno
è
proceduto
senza
che
gli
altri
lo
accompagnino
,
nascono
i
conflitti
.
Io
ebbi
già
occasione
altre
volte
di
delineare
gli
effetti
della
legge
di
proporzione
sulla
produzione
e
sul
riparto
della
ricchezza
*
e
mi
sarebbe
agevole
farne
ampio
riscontro
nel
tema
presente
:
ma
ciò
richiederebbe
un
libro
,
ed
io
debbo
contentarmi
di
averlo
accennato
,
quasi
un
fuor
d
'
opera
.
Basti
il
considerare
che
vi
sono
periodi
nella
storia
nei
quali
si
manifesta
un
disaccordo
fra
la
scienza
,
gli
ordinamenti
politici
ed
economici
,
la
morale
e
la
dottrina
religiosa
alla
quale
per
lunga
tradizione
furono
educati
gli
animi
.
Allora
,
mentre
taluni
godono
di
assalire
e
di
calpestare
le
viete
forme
come
assurde
,
altri
invece
vi
si
abbrancano
siccome
a
cose
credute
sacre
ed
immutabili
.
In
quei
tempi
regna
la
irrequietezza
negli
animi
,
e
la
incertezza
negli
ordini
civili
.
Si
direbbe
,
per
usare
una
frase
volgare
,
che
nessun
cittadino
si
trovi
più
nella
sua
nicchia
,
e
siccome
una
idea
nuova
dovrà
trionfare
,
quali
che
ne
siano
i
sostenitori
,
talvolta
pare
che
i
malvagi
sormontino
e
i
buoni
siano
messi
in
fondo
.
Ma
la
società
non
ripiglia
il
suo
assetto
normale
e
il
suo
moto
regolare
,
sinché
l
'
elemento
religioso
ed
il
morale
,
ripurgati
e
messi
in
armonia
colla
scienza
e
coi
bisogni
della
nuova
società
,
non
abbiano
ripreso
vigore
ed
impero
.
Laonde
se
in
alcuni
tempi
si
oscurano
e
sembra
smarrirsene
la
nozione
ed
il
senso
,
questo
stato
di
cose
è
passeggero
,
e
dopo
una
ecclisse
più
o
meno
breve
risplendono
nuovamente
di
viva
luce
.
Tale
è
la
condizione
del
tempo
in
cui
viviamo
,
nel
quale
,
per
conseguenza
,
la
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
è
la
sola
forma
razionale
e
possibile
,
la
sola
che
porga
modo
di
preparar
l
'
avvenire
.
E
questo
mi
conduce
a
riassumere
,
in
poche
conclusioni
la
sostanza
del
libro
presente
.
La
religione
,
nelle
sue
manifestazioni
esterne
,
nella
gerarchia
e
nel
culto
,
fu
,
a
principio
,
tutt
'
uno
collo
Stato
:
più
tardi
il
cittadino
fu
distinto
dal
credente
,
e
dirimpetto
allo
Stato
surse
la
Chiesa
,
però
la
unione
loro
fu
reputata
necessaria
.
Ma
nella
pratica
,
or
l
'
uno
or
l
'
altra
predominarono
;
talora
pugnarono
insieme
,
più
spesso
furono
uniti
con
relazioni
intime
e
con
patti
come
fra
due
potestà
.
Ma
lo
studio
della
storia
di
questi
ultimi
secoli
in
Europa
ci
ammonisce
che
un
altro
periodo
è
prossimo
,
quello
della
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
.
Questa
separazione
è
la
logica
conseguenza
della
libertà
religiosa
,
proclamata
in
tutte
le
moderne
costituzioni
politiche
;
essa
potrà
essere
ritardata
da
istituzioni
,
o
da
atti
di
governi
e
di
Parlamenti
,
e
potrà
lo
Stato
ancora
sorreggere
qualche
Chiesa
particolare
,
sovvenirla
coi
suoi
mezzi
,
e
conseguire
una
prolungazione
della
condizion
presente
di
cose
.
Ma
l
'
esito
non
può
essere
diverso
da
quello
che
noi
abbiamo
pronosticato
.
La
società
avvenire
in
ciò
avrà
fattezze
sue
proprie
,
diverse
dal
passato
,
e
una
legislazione
che
le
corrisponda
.
Noi
pensiamo
che
la
nuova
legislazione
non
abbandonerà
punto
i
diritti
dello
Stato
né
tampoco
quelli
degli
individui
,
ma
nel
medesimo
tempo
guarentirà
a
ciascuna
associazione
e
confessione
religiosa
,
tutta
la
libertà
che
le
è
necessaria
per
organizzarsi
e
per
svolgersi
.
Di
questa
legislazione
ci
siamo
sforzati
di
divisare
le
prime
linee
.
Quindi
abbiamo
veduto
che
tutte
le
obbiezioni
che
si
fanno
al
nostro
concetto
,
derivano
da
una
imperfetta
cognizione
dello
stato
reale
delle
cose
,
o
dalla
speranza
fallace
,
che
giunti
al
punto
in
che
siamo
,
con
mezzi
esteriori
che
non
hanno
altra
qualità
che
di
espedienti
,
si
possa
supplire
alla
mancanza
di
spontaneità
e
di
fervore
negli
animi
.
Rivolgendo
infine
lo
sguardo
agli
effetti
di
tale
ordinamento
,
ci
è
sembrato
che
debbano
essere
propizii
alla
civiltà
.
Le
confessioni
religiose
,
coesistendo
insieme
con
parità
di
diritti
,
e
avendo
di
riscontro
il
pensiero
critico
che
non
solo
le
vigilerà
,
ma
si
sforzerà
di
abbattere
ogni
domma
,
dovranno
cercare
in
sé
stesse
la
ragione
di
esistere
,
e
l
'
impulso
a
trovare
degli
aderenti
.
Sarà
una
gara
di
sapienza
e
di
virtù
,
e
la
vittoria
apparterrà
a
chi
meglio
infonda
negli
animi
il
proprio
spirito
,
e
renda
maggiori
beneficii
all
'
umanità
.
È
questa
la
nostra
speranza
.
Pertanto
i
veri
credenti
non
debbono
paventare
la
separazione
della
Chiesa
dallo
Stato
,
anzi
aspettarla
nella
fiducia
che
la
libertà
apporti
il
trionfo
della
loro
dottrina
.
Né
possono
oppugnarla
gli
uomini
che
cercano
ed
amano
sopratutto
la
scienza
,
consci
che
nessun
pregiudizio
potrà
mai
più
venire
,
come
ostacolo
,
a
frapporsi
al
loro
cammino
.
Ma
debbono
desiderarla
principalmente
coloro
nei
quali
si
agita
vivo
il
sentimento
religioso
,
ma
nessuna
delle
forme
presenti
risponde
a
tutte
le
esigenze
della
ragione
loro
.
I
quali
però
sono
persuasi
che
la
protezione
e
i
congegni
governativi
non
avrebbero
vigore
per
rinnovare
le
credenze
,
e
che
solo
dalla
spontaneità
della
coscienza
libera
può
erompere
una
iniziativa
che
ridoni
alle
generazioni
,
avide
di
fede
,
il
simbolo
intorno
al
quale
raccogliersi
.
Ma
il
più
alto
salire
della
umanità
sarà
sempre
nella
sua
aspirazione
ad
un
ideale
supremo
,
il
quale
non
si
restringa
entro
i
confini
di
questa
vita
mortale
,
e
congiunga
insieme
l
'
uomo
,
la
società
,
la
terra
,
l
'
universo
,
e
Dio
.
FINE
Saggistica ,
AVVERTIMENTO
.
Sotto
un
titolo
solo
-
I
partiti
anarchici
in
Italia
-
il
mio
amico
Treves
ristampa
due
scritti
miei
,
vecchi
l
'
uno
di
cinque
mesi
:
-
l
'
Italia
non
aspetta
;
l
'
altro
di
tre
settimane
:
-
La
situazione
morale
del
paese
e
il
diritto
d
'
associazione
-
Pubblicati
amendue
nella
Nuova
Antologia
.
Essi
sono
stati
scritti
prima
che
il
17
novembre
fosse
attentato
alla
vita
del
Re
:
e
prima
che
,
qualche
giorno
innanzi
o
dopo
,
le
bombe
scoppiate
a
Firenze
,
a
Pisa
,
a
Livorno
,
le
risse
a
Bologna
,
l
'
assalto
tentato
di
notte
a
una
caserma
in
Pesaro
,
l
'
assassinio
d
'
un
ufficiale
di
polizia
a
Fabriano
,
i
cartelli
affissi
a
Roma
,
gli
arresti
preventivi
che
hanno
solo
impedito
maggiori
guai
,
e
molti
altri
indizii
non
attestassero
,
che
il
regicida
di
Napoli
,
mandatario
o
no
d
'
una
setta
,
ha
pur
sempre
concepito
l
'
atroce
delitto
non
nella
solitudine
della
sua
mente
,
ma
in
una
comunicazione
di
spirito
e
d
'
intenti
con
molti
.
Cotesti
fatti
,
che
io
non
potevo
sapere
,
mentre
scrivevo
è
chiaro
,
a
chi
oggi
mi
legge
,
che
io
li
presentissi
.
Errano
in
un
punto
solo
:
credevo
,
che
avrebbero
indugiato
di
più
.
Io
prevedevo
cotesto
scoppio
di
passioni
e
d
'
ire
per
il
giorno
,
che
il
presente
indirizzo
di
governo
sarebbe
stato
mutato
in
Italia
;
ma
gli
odii
non
hanno
avuto
pazienza
,
ed
hanno
cessato
di
covare
anche
prima
.
Vuol
dire
,
che
il
lavoro
delle
sette
anarchiche
è
maturo
in
Italia
,
ed
hanno
rinnovato
,
più
presto
che
io
non
aspettavo
,
le
gesta
e
i
fasti
,
da
'
quali
nel
luglio
sembravano
tuttora
lontani
.
lo
dicevo
allora
,
che
si
preparavano
,
crescevano
,
invigorivano
le
forze
e
disposizioni
morali
nei
partiti
contrari
al
presente
ordine
di
cose
,
le
quali
prima
o
poi
avrebbero
turbato
la
serenità
apparente
del
paese
;
coteste
forze
erano
già
preparate
,
cresciute
,
invigorito
più
che
non
si
poteva
congetturare
,
mentre
stavano
ancora
nascose
quasi
del
tutto
.
Ma
,
si
sente
dire
:
-
siano
stati
pur
molti
e
subitanei
cotesti
segni
di
corruttela
politica
;
quando
vi
si
contrapponga
la
manifestazione
maravigliosa
di
affetto
al
Re
e
di
fede
alla
monarchia
,
che
hanno
eccitato
in
tutto
il
paese
,
essi
perdono
valore
e
significato
insieme
.
Vero
:
ma
chi
parla
così
non
ragiona
giusto
.
Un
regno
recente
avrebbe
perso
ogni
speranza
d
'
avvenire
,
se
già
non
sentisse
più
che
nella
forma
monarchica
assunta
da
esso
sta
il
maggior
suo
fondamento
e
la
migliore
sua
.
sicurezza
;
una
società
,
che
non
fosse
presa
tutta
d
'
un
brivido
all
'
annuncio
,
che
il
capo
dello
Stato
ha
rischiato
di
rimanere
vittima
del
coltello
d
'
un
assassino
,
si
dovrebbe
credere
giunta
all
'
estremo
grado
di
degenerazione
e
poco
meno
che
già
morta
e
spenta
oramai
.
Ciò
che
s
'
è
fatto
e
detto
in
Italia
,
dopo
saputo
l
'
attentato
al
Re
,
può
parere
poco
a
qualcuno
:
non
può
parere
troppo
a
nessuno
.
Che
così
gran
maggioranza
si
sia
mostrata
sgomenta
del
pericolo
corso
dal
Re
e
gli
abbia
acclamato
con
rinnovata
lena
,
è
naturale
,
e
grandissimo
conforto
a
chi
punto
ne
dubitava
:
ma
è
un
fatto
di
maggiore
importanza
,
che
in
così
gran
convocio
di
applausi
.
e
di
esecrazioni
non
solo
qualche
voce
ha
disturbato
,
ma
qualcuno
è
stato
mosso
dal
sentimento
suo
a
trovarvi
persino
nuova
occasione
e
stimolo
di
delitto
.
Ciò
non
si
spiega
,
non
a
un
modo
solo
.
In
coteste
città
dove
simili
voci
sono
stato
udite
o
simili
atti
compiuti
,
le
sette
devono
già
avere
viziata
l
'
atmosfera
,
più
che
non
pare
.
Deve
respirar
aria
molto
infetta
,
quegli
nel
cui
animo
scendono
siffatti
pensieri
e
proponimenti
,
poiché
non
è
soprattutto
un
'
ingordigia
o
rabbia
privata
quel
che
lo
muove
.
Chi
ne
respira
una
sana
e
buona
,
non
può
essere
tratto
per
nessuna
via
e
modo
a
concepirli
.
è
ozioso
ricercare
quali
sette
siano
soprattutto
il
crogiuolo
,
dove
si
fonde
così
ogni
chiarezza
di
mente
ed
ogni
bontà
di
cuore
.
Il
Passannante
può
essere
qualcosa
tra
un
repubblicano
e
un
socialista
;
ovvero
più
del
primo
o
più
del
secondo
.
Ma
non
perciò
i
repubblicani
o
i
socialisti
insegnano
tutti
le
dottrine
dell
'
assassinio
politico
,
e
molto
meno
le
.
praticherebbero
tutti
.
Cotesta
dottrina
è
il
motto
misterioso
ed
ultimo
di
ciascuna
setta
,
che
vuole
colla
violenza
sovvertire
l
'
ordine
attuale
dello
Stato
;
e
tutte
,
contrastate
un
pezzo
ed
impedite
dal
raggiugnere
il
loro
fine
,
terminano
col
supporre
la
violenza
unico
mezzo
di
raggiugnerlo
.
Ma
l
'
atto
dell
'
assassino
non
è
un
effetto
,
puro
e
semplice
,
della
dottrina
;
questa
gli
abbuja
la
coscienza
;
ma
non
gli
arma
ancora
la
mano
.
Il
coltello
gli
è
appuntato
dal
livore
,
dallo
sdegno
,
dal
dispetto
,
dal
bisogno
,
dal
vizio
:
da
tutti
que
'
risentimenti
,
che
ribollono
nell
'
imo
fondo
di
ciascuna
setta
,
dove
precipita
e
posa
la
faccia
,
che
entra
nella
composizione
ma
in
tanta
maggiore
proporzione
,
quanto
più
essa
è
anarchica
,
quanto
,
cioè
,
è
più
ampio
e
difficile
il
sentimento
politico
e
sociale
che
si
propone
.
Io
non
dubito
che
Aurelio
Saffi
davvero
creda
che
l
'
ufficio
del
partito
repubblicano
deva
oggi
essere
soltanto
questo
:
predicare
l
'
eccellenza
del
principio
repubblicano
,
e
restrignersi
nel
pensiero
,
aspettando
a
lanciarsi
nell
'
azione
che
la
coscienza
della
nazione
sia
matura
.
Io
non
dubito
che
siano
di
buona
fede
quegli
studenti
repubblicani
dell
'
Università
e
scuole
d
'
applicazione
Bolognese
,
che
,
innalzandosi
in
nome
della
legge
morale
e
dell
'
umanità
al
disopra
d
'
ogni
differenza
di
parte
,
si
condolgono
dell
'
attentato
con
Umberto
di
Savoja
,
che
ha
rischiato
di
rimanere
vittima
,
e
con
Benedetto
Cairoli
che
v
'
è
rimasto
ferito
.
Ma
è
evidente
,
che
cotesti
leali
studenti
ignorano
che
,
uno
Stato
monarchico
,
il
quale
lascia
in
una
instituzione
sua
,
come
è
l
'
Università
,
ordinarsi
liberamente
,
un
gruppo
di
studenti
i
quali
si
danno
titolo
di
repubblicani
,
e
non
ha
neanche
cuore
a
mostrare
d
'
avere
inteso
che
in
un
indirizzo
al
Presidente
del
Consiglio
,
essi
hanno
sconosciuto
il
Re
,
è
uno
Stato
,
al
quale
il
paese
comincia
a
temere
che
manchi
la
coscienza
della
sua
forza
,
e
il
rispetto
del
suo
diritto
;
ed
Aurelio
Saffi
ignora
altresì
,
che
la
sua
speculativa
predicazione
repubblicana
in
uno
Stato
,
che
dovrà
prima
o
poi
impedire
che
venga
all
'
atto
,
crea
una
condizione
d
'
animi
violenta
,
e
diventa
il
fomite
,
di
organizzazioni
,
di
combinazioni
,
di
cospirazioni
,
le
quali
gittano
necessariamente
intorno
a
sé
il
seme
dei
delitti
,
onde
l
'
animo
suo
,
come
il
nostro
,
è
eccitato
a
così
grande
orrore
.
Il
ministero
poi
,
anzi
,
si
può
dire
,
il
governo
ha
mostrato
d
'
ignorare
così
da
tre
anni
in
qua
ciò
che
sfugge
a
quegli
studenti
,
come
ciò
a
cui
gli
occhi
del
Saffi
non
giungono
.
Noi
abbiamo
avuto
per
un
due
anni
ministeri
,
che
hanno
scemato
credito
e
valore
a
quanto
v
'
era
nel
paese
di
più
sano
,
di
più
sicuro
,
di
più
tranquillo
,
ed
ora
da
meno
di
un
anno
n
'
abbiamo
uno
il
quale
ha
lasciato
espandersi
ed
affiatarsi
quanto
v
'
ha
di
più
malsano
,
di
più
torbido
e
mobile
.
I
diritti
supposti
e
immaginarli
delle
minoranze
sovvertitrici
,
parte
coll
'
ajuto
stesso
del
governo
,
parte
da
sé
,
hanno
avuto
modo
di
sovrapporsi
a
diritti
veri
e
legali
della
maggioranza
conservatrice
e
prevalere
.
Raccogliamo
ora
i
frutti
di
così
falsa
politica
;
e
s
'
è
tuttora
lontani
dall
'
averli
raccolti
tutti
.
Stiamo
anzi
,
a
principio
;
ed
o
io
non
ricordo
nessuna
storia
e
non
ho
acquistato
in
trent
'
anni
di
tempeste
nessuna
esperienza
,
o
è
pur
vera
la
triste
previsione
dell
'
animo
mio
:
che
la
strada
nella
quale
siamo
ci
meni
a
un
precipizio
.
Non
ci
s
'
illuda
,
né
in
su
né
in
mezzo
né
in
giù
;
e
poiché
tocca
a
tutti
,
ci
si
pensi
tutti
.
Napoli
,
22
Novembre
1878
.
Bonghi
L
'
ITALIA
NON
ASPETTA
Sarebbe
rincrescevole
,
davvero
,
se
il
più
amabile
dei
repubblicani
-
come
tanti
altri
del
resto
innanzi
a
lui
-
voltasse
a
monarchico
.
Pure
,
questa
è
l
'
impressione
,
che
ha
fatto
sopra
parecchi
un
opuscolo
pubblicato
a
questi
giorni
da
Agostino
Bertani
,
col
titolo
:
L
'
Italia
aspetta
.
"
Adunque
,
il
Re
,
dopo
il
Cairoli
,
chiamerà
il
Bertani
"
.
Così
sentivo
esclamare
uno
cui
cotesto
opuscolo
era
venuto
alle
mani
.
E
di
fatti
,
sinché
i
moti
politici
non
si
posano
,
o
almeno
la
coscienza
di
tutti
non
li
senta
posati
,
non
si
suole
intendere
altro
progresso
,
che
quello
vago
,
indeterminato
,
illusorio
,
in
diritta
linea
verso
il
discioglimento
della
forma
,
in
cui
si
crede
abbiano
fatto
sosta
per
poco
.
Sicché
son
creduti
via
via
uomini
d
'
avvenire
gli
uni
rispetto
agli
altri
quelli
che
più
son
riputati
in
grado
ed
in
desiderio
di
operare
cotesto
dissolvimento
.
Chi
più
è
tenuto
atto
e
volonteroso
a
ciò
,
è
avanzato
,
sta
avanti
a
chi
è
meno
.
In
cotesta
preposizione
avanti
è
inclusa
tutta
la
politica
.
La
quale
non
è
già
più
l
'
arte
del
proporzionare
i
mezzi
ai
fini
,
dell
'
attagliare
le
istituzioni
alle
condizioni
dei
popoli
,
del
mantenere
da
una
parte
le
forme
essenziali
di
una
società
,
e
trarne
dall
'
altra
i
maggiori
effetti
di
coltura
intellettuale
,
di
soddisfazione
morale
,
di
utilità
sociale
,
e
di
prosperità
economica
,
che
i
tempi
comportino
;
ma
bensì
l
'
arte
di
camminare
a
occhi
chiusi
verso
una
meta
oscura
,
pur
di
non
guardarsi
mai
indietro
,
in
una
linea
che
par
retta
,
perché
non
si
vede
.
,
e
perché
non
si
sa
dove
metta
capo
.
L
'
assurdità
del
proponimento
è
poi
causa
essa
sola
,
che
non
ne
risulti
nulla
di
sincero
e
di
vero
;
che
il
paese
,
cui
non
s
'
è
promesso
altro
,
se
non
che
sarebbe
andato
avanti
,
non
avanza
in
realtà
da
nessuna
parte
;
e
la
sola
cosa
che
avanzi
,
sono
i
vantaggi
e
le
vanità
degli
uomini
,
che
,
pur
di
farsi
strada
,
l
'
avean
cullato
in
così
vana
speranza
;
ragione
potentissima
poi
di
disistima
e
corruttela
pubblica
.
Però
,
il
Bertani
non
ha
,
per
verità
,
nessuna
colpa
,
che
il
giudizio
sopra
di
lui
e
il
suo
libriccino
,
-
ha
40
pagine
e
l
'
autore
si
vede
,
che
non
giugne
senza
fatica
a
scriverne
tante
,
-
si
sia
sommato
in
quelle
poche
parole
.
Sarebbe
maligno
e
falso
l
'
affermare
,
che
,
nel
suo
parere
,
quello
che
l
'
Italia
propriamente
aspetti
,
sia
lui
.
Non
s
'
intende
davvero
molto
chiaramente
,
ciò
che
l
'
Italia
aspetti
,
ma
non
aspetta
,
a
quanto
pare
,
lui
.
Il
pensiero
dell
'
autore
è
,
in
fin
delle
fini
,
incerto
molto
.
Talora
,
si
direbbe
,
ch
'
egli
,
insomma
,
voglia
dire
,
che
l
'
Italia
aspetta
la
Repubblica
,
e
che
l'onor8
Cairoli
ce
l
'
avvii
;
talora
invece
,
l
'
aspettazione
è
assai
più
modesta
.
Quando
l
'
Italia
,
parrebbe
,
avesse
ottenuto
,
che
i
Comuni
non
avessero
più
parte
nell
'
istruzione
primaria
,
e
nelle
scuole
elementari
non
s
'
insegnasse
più
religione
;
-
quando
l
'
azione
della
giustizia
precedresse
,
più
spedita
,
e
la
magistratura
,
pagata
meglio
,
rispondesse
più
alla
nobiltà
dell
'
ufficio
suo
;
-
quando
le
comunicazioni
da
una
ad
altra
regione
fossero
agevolate
mediante
i
più
recenti
e
facili
mezzi
di
trasporto
,
-
l
'
Italia
,
almeno
per
ora
,
non
aspetterebbe
altro
.
Succede
del
libro
del
Bertani
come
di
tante
altre
manifestazioni
d
'
uomini
politici
in
Italia
,
che
l
'
hiatus
è
grande
,
e
la
parola
,
che
poi
n
'
esce
,
piccola
.
A
veder
quello
,
non
v
'
ha
gran
canto
,
che
non
si
creda
dovere
,
potere
venirne
fuori
,
poi
è
un
fil
di
voce
,
quello
che
n
'
esce
,
appena
percettibile
.
E
le
ragioni
di
ciò
son
due
:
-
aprono
la
bocca
male
;
e
si
sono
troppo
scarsamente
nudriti
.
O
,
fuor
di
metafora
,
non
muovono
da
un
retto
principio
,
e
la
lor
mente
non
è
abbastanza
educata
da
studi
di
quel
genere
e
maturità
,
che
occorrerebbe
.
Che
il
Bertani
,
per
esempio
,
paragoni
sé
,
quando
discorre
o
scrive
di
medicina
o
chirurgia
,
e
quando
scrive
invece
o
discorre
di
qualche
ordinamento
sociale
o
politico
!
Come
la
parola
gli
sgorga
limpida
,
e
la
penna
gli
scorre
fluida
e
il
pensiero
gli
si
affolla
copioso
nel
primo
caso
;
come
la
parola
gli
s
'
impaccia
,
e
la
penna
gli
si
congela
,
e
il
pensiero
gli
s
'
incaglia
nel
secondo
!
Egli
ricorda
di
sé
l
'
alta
carità
che
gli
ha
insegnata
l
'
arte
sanguinosa
e
precisa
nella
quale
un
fortunato
ardimento
gli
conciliò
qualche
rispetto
dai
colleghi
suoi
;
bene
a
ragione
;
ma
ripensi
,
quanto
la
mano
gli
è
ferma
nel
trattare
quei
dolorosi
istrumenti
,
che
devono
ripristinare
le
forze
e
le
funzioni
dell
'
organismo
in
quegli
stessi
di
cui
mettono
talora
la
vita
a
nuovo
pericolo
;
e
quanto
invece
gli
oscilla
,
allorché
deve
non
operare
,
ma
disegnare
soltanto
con
essa
i
movimenti
,
che
si
devono
produrre
nei
corpi
delle
società
umane
per
risanarli
!
Ciascuna
arte
vuole
le
preparazioni
sue
;
e
il
genio
,
supponiamo
che
ci
sia
,
non
basta
oggi
a
vincer
le
guerre
più
che
a
condurre
gli
Stati
.
Gli
elementi
della
vita
in
questi
,
come
i
mezzi
di
morte
in
quelle
,
son
diventati
troppi
!
L
'
onorevole
Bertani
è
riputato
il
capo
dei
repubblicani
in
Parlamento
.
Se
repubblicani
vi
hanno
ad
essere
,
-
e
non
si
può
fare
a
meno
che
non
ce
ne
sia
,
-
e
devono
avere
un
capo
,
nessuno
ci
sgomenta
meno
di
lui
.
"
Solo
per
tanti
anni
nella
Camera
,
e
lungamente
inviso
,
come
profanatore
dell
'
arca
santa
,
io
sostenni
che
un
partito
di
schietta
democrazia
doveva
manifestarsi
in
Parlamento
,
segnacolo
e
voce
di
quello
che
senza
cospirazioni
e
violenze
,
ma
per
fatale
evoluzione
della
coscienza
nazionale
,
andava
ingrossando
al
di
fuori
"
.
Così
egli
scrive
di
sé
;
e
noi
diciamo
che
ha
fatto
bene
,
e
l
'
Italia
deve
avergliene
grado
.
È
stato
nocivo
,
che
nessun
clericale
,
-
nessun
uomo
cioè
,
d
'
una
parte
politica
che
nega
da
un
opposto
aspetto
l
'
ordine
attuale
di
cose
,
-
si
sia
risoluto
a
fare
il
medesimo
:
e
che
i
clericali
,
i
quali
già
erano
in
Parlamento
,
abbiano
creduto
,
una
volta
che
questo
ha
preso
sede
in
Roma
,
di
doverne
uscire
.
Le
istituzioni
rappresentative
non
son
sicure
di
produrre
tutto
il
frutto
che
se
n
'
aspetta
,
non
sono
in
grado
d
'
acquistare
un
moto
ordinato
,
tranquillo
,
fecondo
,
continuo
,
se
non
quando
le
opinioni
del
paese
sieno
rappresentate
tutte
,
e
si
acconcino
ad
essere
varietà
d
'
indirizzi
politici
e
sociali
dentro
la
cerchia
di
quelle
.
Ché
se
esse
a
principio
,
come
è
succeduto
già
e
succede
tuttora
ai
repubblicani
,
persistono
nell
'
asserire
di
sé
che
son
sempre
le
stesse
,
e
nel
pretendere
di
non
avere
rinunciato
o
non
volere
rinunciare
a
nulla
;
a
mano
a
mano
,
e
quasi
senza
che
si
accorgano
e
certo
senza
che
se
lo
confessino
,
queste
lor
presunzioni
si
smorzano
,
si
spuntano
,
e
nei
contatti
quotidiani
delle
composizioni
e
scomposizioni
delle
parti
politiche
,
s
'
abituano
a
rinserrarsi
nella
lizza
,
in
cui
sono
scese
a
combattere
,
e
che
finisce
col
parer
sufficiente
ad
ogni
loro
gara
,
e
non
levare
a
nessuno
la
cara
speranza
di
poter
continuare
la
sua
battaglia
in
perpetuo
.
Ma
la
maggiore
o
minore
importanza
di
un
fatto
,
come
quello
che
l
'
onorevole
Bertani
ascrivo
a
sé
,
-
cioè
l
'
entrata
della
parte
repubblicana
in
Parlamento
,
-
dipende
dall
'
assenso
che
trovano
nel
rimanente
di
essa
coloro
i
quali
vi
si
son
risoluti
.
Che
se
questi
son
pochi
,
o
piuttosto
so
,
essendo
Pochi
,
il
maggior
numero
dei
repubblicani
li
reputa
piuttosto
traditori
della
parte
,
che
rappresentanti
suoi
,
il
fatto
loro
può
avere
ragioni
più
o
meno
buone
,
motivi
più
o
meno
fondati
,
onorevoli
,
nobili
,
ma
non
ha
valore
oltre
le
loro
stesse
persone
;
non
acquista
un
'
efficacia
davvero
politica
e
seria
.
Il
caso
del
partito
repubblicano
è
appunto
quest
'
ultimo
.
Vi
hanno
repubblicani
in
Parlamento
,
-
e
si
può
dirlo
senza
ingiuria
,
poiché
quelli
che
son
tali
,
non
se
ne
scusano
,
né
se
ne
infingono
;
-
ma
non
si
può
affermare
,
che
cotesti
repubblicani
rappresentino
tutta
la
loro
parte
.
I
più
di
questa
,
-
e
tra
i
principalissimi
,
-
non
approvano
la
condotta
di
cotesti
loro
fratelli
un
po
'
spurii
,
né
riconoscono
ad
essi
maggiore
autorità
che
in
una
famiglia
si
accorderebbe
a
questi
.
I
repubblicani
in
Parlamento
,
da
quelli
,
che
non
solo
ne
rimangono
coi
fatti
,
ma
vogliono
per
convincimento
rimanerne
fuori
,
son
riputati
cristianelli
annacquati
.
Né
tutti
credono
che
l
'
opera
loro
sia
utile
.
Poiché
nei
partiti
v
'
ha
sempre
due
opinioni
:
quella
di
coloro
,
i
quali
vedono
il
fine
del
partito
tanto
più
facile
a
conseguire
,
quanto
meno
si
accusa
;
e
quella
di
coloro
i
quali
invece
stimano
appunto
il
contrario
.
A
'
primi
pare
,
che
pur
di
riuscire
,
anzi
per
riuscire
,
giova
sopratutto
che
la
repubblica
si
umanizzi
,
e
si
serva
delle
indulgenze
del
Governo
pro
tempore
,
per
farsi
strada
;
i
secondi
invece
immaginano
che
quando
cotesta
repubblica
faccia
fieramente
parte
da
sé
,
e
,
trattasi
in
un
canto
,
si
contenti
,
finché
l
'
ora
sua
non
sia
arrivata
,
di
gridare
su
per
i
tetti
l
'
idea
sua
e
di
segnare
a
dito
il
venir
meno
e
il
fallire
d
'
ogni
altra
,
cotesta
sua
ora
arriverà
prima
che
in
qualunque
altro
modo
e
più
efficacemente
,
più
degnamente
.
S
'
intende
,
che
i
repubblicani
di
questa
seconda
maniera
non
consentono
con
quei
della
prima
,
ma
nel
fondo
del
cuore
gli
sprezzano
.
Quando
noi
,
quindi
,
avremo
raccolto
il
pensiero
del
Bertani
,
non
dovremo
già
figurarci
di
aver
raccolto
quello
di
tutta
la
parte
politica
,
a
cui
nome
egli
parla
.
Ciò
che
potremo
dire
,
è
di
avere
saputo
dal
Bertani
,
che
concetto
si
formino
del
valore
,
dell
'
avvenire
,
dell
'
importanza
dell
'
instituzione
monarchica
quelli
tra
i
repubblicani
,
i
quali
hanno
creduto
di
poter
entrare
in
qualche
componimento
temporaneo
con
essa
,
e
di
farne
così
per
comodo
quella
provvisoria
,
illusoria
,
superficiale
ricognizione
,
che
implica
,
nel
parer
loro
,
un
giuramento
.
Ora
,
per
vero
dire
,
dal
Bertani
appare
ch
'
egli
e
i
suoi
repubblicani
rosati
si
formano
di
cotesta
monarchia
un
concetto
che
è
tanto
contrario
al
vero
,
quanto
al
sentimento
di
quegli
ai
quali
essa
pare
un
'
istituzione
fondamentale
del
paese
.
Il
che
,
di
certo
,
è
naturale
,
e
si
potrebbe
quasi
sottintendere
;
ma
è
importante
a
notare
e
provare
,
poiché
il
Bertani
pretende
che
tale
opinione
sua
deva
essere
,
anzi
sia
quella
del
ministero
,
a
cui
la
monarchia
ha
appunto
commesso
ora
il
Governo
;
sicché
questo
non
si
possa
aspettare
l
'
appoggio
di
lui
e
della
parte
sua
se
non
a
patto
che
questa
opinione
spicchi
sempre
più
nell
'
azione
e
nella
condotta
di
esso
,
Proximus
ardet
Ucalegon
,
dunque
;
se
l
'
illustre
medico
indovini
la
diagnosi
,
o
piuttosto
,
se
mi
pare
che
la
indovini
,
dirò
più
in
là
.
Or
ecco
che
cosa
intanto
il
Bertani
vuole
che
la
monarchia
sia
,
per
aspettare
,
tranquillamente
che
la
si
spenga
.
Egli
nega
al
Re
qualunque
parte
di
sovranità
anzi
lo
contrappone
al
sovrano
,
che
è
il
popolo
,
da
cui
il
Re
ha
solo
una
delegazione
d
'
esercizio
d
'
una
piccola
parte
di
potere
pubblico
.
La
libertà
ha
un
proprio
nome
ed
ideale
,
e
questo
è
repubblica
;
la
rivoluzione
italiana
è
stata
schiettissimo
ed
unico
frutto
della
forza
e
della
volontà
popolare
vittoriosa
,
e
quindi
nasce
,
natural
conseguenza
della
vittoria
,
il
diritto
della
nazione
d
'
innalzare
la
propria
coscienza
al
governo
di
sé
medesima
.
Democrazia
e
repubblica
è
tutt
'
uno
,
e
la
conciliazione
tra
gl
'
interessi
della
monarchia
e
quelli
della
democrazia
,
iniziata
un
dì
,
per
altissimi
intenti
,
da
Mazzini
stesso
,
non
può
essere
se
non
temporanea
.
Questa
conciliazione
non
può
durare
se
non
fin
dove
e
fin
quando
la
monarchia
non
resista
ai
progressi
della
libertà
,
e
la
democrazia
non
s
'
imponga
pel
bene
d
'
Italia
.
I
plebisciti
furon
dettati
da
necessità
transitorie
;
la
nuova
sovranità
nazionale
sorge
e
si
posa
calma
e
severa
a
reclamare
un
diritto
le
cui
ragioni
porta
in
sé
stessa
costitutive
,
inalienabili
,
imprescrittibili
.
Dal
centro
vitale
dell
'
istituzione
monarchica
si
sviluppa
ogni
giorno
più
tardo
il
moto
,
e
la
sua
circolazione
si
va
ogni
di
più
intorpidendo
;
e
le
va
contrapposto
un
giovane
e
vigoroso
organismo
dalla
giovinezza
immortale
che
,
stringendosi
in
pugno
il
vessillo
del
progresso
,
additi
un
nuovo
primato
all
'
Italia
fra
i
popoli
civili
.
Cotesto
organismo
è
vaticinato
all
'
Italia
dal
suo
genio
speciale
,
dal
martirologio
e
dagli
accelerati
progressi
odierni
.
La
monarchia
costituzionale
povera
,
timida
creatura
,
ponte
gettato
da
venti
anni
fra
le
diffidenze
dell
'
Europa
dispotica
ed
il
bisogno
della
ricostituzione
nazionale
,
ha
avuto
un
periodo
necessario
,
periodo
dominato
dal
prepotente
concetto
dell
'
unità
della
patria
.
Ma
,
l
'
unità
raggiunta
,
può
la
mente
italiana
tenersi
indissolubilmente
unita
a
forme
divenute
più
che
mai
accessorie
?
Avvinta
tuttora
in
quelle
fascie
che
protessero
la
sua
infanzia
,
l
'
Italia
,
cresciuta
e
adulta
nella
vita
politica
,
ne
risente
già
le
molestie
e
si
rende
conto
troppo
chiaro
,
delle
contraddizioni
e
dei
vizi
costitutivi
della
forma
accettata
.
Un
breve
periodo
di
vita
costituzionale
è
bastato
ad
imbastardire
il
genio
italiano
,
a
sfibrarne
il
carattere
,
a
deprimerne
la
intelligenza
.
Una
reazione
in
favore
dell
'
ideale
è
inevitabile
,
e
guai
se
questa
sorprenda
gl
'
Italiani
deboli
di
mente
e
prostrati
nella
coscienza
,
disciplinati
da
una
forma
politica
eviratrice
!
La
monarchia
deve
spogliarsi
man
mano
dei
suoi
privilegi
ed
indietreggiare
dai
diritti
storici
e
dalle
pretese
convenzionali
,
se
vuole
che
gl
'
Italiani
aspettino
pazientemente
la
fine
sua
.
L
'
autorità
regia
deve
residuarsi
a
lieve
cosa
,
e
non
superare
quella
d
'
un
presidente
di
repubblica
.
Deve
durare
nell
'
attitudine
passiva
che
le
conviene
.
Ora
questo
,
come
si
è
detto
,
è
il
concetto
della
monarchia
italiana
che
si
formano
i
più
temperati
dei
repubblicani
,
quegli
i
quali
non
dicono
di
sé
:
Amiamo
più
fortemente
la
repubblica
,
perché
più
fortemente
amiamo
la
verità
.
Ebbene
,
questo
concetto
è
già
,
nel
parer
mio
,
interamente
falso
;
ed
un
Governo
che
in
Italia
non
lo
ripudiasse
nell
'
animo
suo
,
non
sarebbe
in
grado
se
non
di
condurre
il
paese
a
rovina
.
Il
monarca
non
e
stato
passivo
nella
costituzione
di
questa
Italia
nuova
,
né
può
rimanere
passivo
nell
'
opera
del
consolidamento
di
essa
.
Affermare
che
l
'
istituzione
monarchica
sia
contraria
al
genio
italiano
e
alle
tradizioni
o
leggi
storiche
del
nostro
sviluppo
è
vanissimo
,
e
chi
si
lascia
tirare
a
siffatte
affermazioni
dalle
reminiscenze
gloriose
della
repubblica
romana
,
o
fastidiose
e
turbolente
delle
repubblichette
del
medio
evo
,
mostra
di
ricordare
la
storia
della
sua
patria
e
poco
e
male
.
Un
popolo
tutto
libero
è
un
fatto
modernissimo
;
una
nazione
italiana
che
concorra
effettivamente
tutta
al
governo
di
sé
medesima
è
un
fatto
nuovissimo
.
L
'
ultimo
sviluppo
della
nostra
storia
recente
non
trova
in
nessuno
dei
periodi
precedenti
di
essa
le
norme
del
suo
governo
.
E
la
forma
costituzionale
ch
'
esso
ha
assunto
,
per
necessità
di
fatto
assentita
dalla
volontà
nazionale
,
non
è
più
forestiera
che
italiana
nell
'
essenza
sua
;
è
un
rampollo
delle
condizioni
proprie
delle
società
europee
;
e
l
'
essersi
mostrato
altrove
prima
che
qui
,
sicché
l
'
averlo
trapiantato
qui
può
parere
imitazione
,
si
deve
a
ciò
solo
,
che
coteste
condizioni
si
son
maturate
in
altri
Stati
prima
che
nel
nostro
,
nato
,
nella
sua
forma
attuale
,
per
l
'
ultimo
.
Non
discutiamo
,
-
che
è
quistione
oziosa
,
-
se
sieno
stati
in
maggior
numero
repubblicani
o
monarchici
gli
uomini
che
hanno
concorso
a
ridestare
l
'
Italia
,
a
riporla
in
piedi
ed
a
dirle
:
cammina
.
Ammettiamo
pure
,
se
si
vuole
,
che
la
più
parte
di
coloro
i
quali
,
sfidando
ogni
minaccia
,
affrontando
ogni
pericolo
,
tra
patimenti
,
tra
contrasti
,
tra
martiri
infiniti
,
concitando
nell
'
animo
proprio
tutti
gli
ardori
dell
'
amore
arrischiato
d
'
una
patria
infelice
,
si
sono
affaticati
a
redimerla
,
abbia
vagheggiato
nella
sua
mente
un
ideale
di
Governo
il
più
opposto
a
quello
contro
cui
combatteva
.
Non
solo
non
sarebbe
meraviglia
che
così
fosse
stato
,
ma
sarebbe
meraviglia
se
fosse
accaduto
il
contrario
.
Non
sono
le
fantasie
eccitate
da
una
lotta
disuguale
e
crudele
i
giudici
migliori
dell
'
assetto
nel
quale
il
lor
paese
poserà
,
una
volta
che
quella
sia
vinta
.
Riconosciamo
senza
paura
le
speranze
generose
di
quegli
animi
infiammati
,
ma
non
facciamo
loro
il
torto
di
credere
che
i
sogni
d
'
una
giovinezza
torbida
sarebbero
stati
i
consigli
d
'
una
maturità
sicura
e
calma
.
Quelli
che
ora
si
giovano
dell
'
esempio
delle
opinioni
di
cotesti
trapassati
,
sono
così
indietro
al
proprio
tempo
come
essi
erano
avanti
al
loro
.
Ciò
che
però
è
chiaro
,
è
che
cotesti
sforzi
,
tentativi
,
desideri
di
uomini
privati
,
o
repubblicani
che
fossero
o
monarchici
di
sentimento
,
come
non
erano
bastati
in
mezzo
secolo
a
sollevare
l
'
Italia
dalla
misera
condizione
in
cui
era
,
così
non
vi
sarebbero
bastati
in
venti
altri
.
Chi
trascura
tra
i
motori
di
questa
risurrezione
d
'
Italia
il
monarca
s
'
affanna
a
non
intenderla
.
Poiché
se
il
pensiero
,
non
delle
plebi
dimentiche
,
ma
della
parte
intellettuale
e
più
eletta
del
paese
l
'
ha
preparata
con
una
secolare
pazienza
,
l
'
ha
compiuta
l
'
istinto
antico
tradizionale
d
'
una
dinastia
più
che
secolare
,
e
l
'
arte
politica
d
'
un
governo
,
la
cui
esistenza
legale
e
legittima
aveva
avuto
assai
più
volte
,
che
quella
forse
di
nessun
altro
,
la
ricognizione
del
diritto
pubblico
d
'
Europa
.
Qui
è
stato
attivo
e
supremamente
attivo
,
non
che
il
re
stesso
nella
sua
persona
,
-
e
più
la
vita
di
Vittorio
Emanuele
sarà
nota
,
più
la
parte
presa
da
lui
nel
risorgimento
italiano
apparirà
grande
,
-
ma
il
re
,
come
instituto
giuridico
e
politico
.
Cotesta
autorità
regia
è
quella
che
ha
ordinato
le
forze
del
moto
italiano
,
anzi
quella
che
a
questo
moto
ideale
degli
spiriti
ha
dato
la
forza
,
a
questa
materia
,
che
voleva
essere
trasformata
,
ha
fornito
la
forma
nuova
,
nella
quale
foggiarsi
.
La
monarchia
,
quindi
,
non
è
un
accidente
della
risurrezione
italiana
,
non
è
una
veste
che
questa
ha
indossata
per
un
commodo
passaggiero
;
non
è
un
'
appendice
,
un
accessorio
della
nostra
esistenza
nazionale
;
è
bensì
la
radice
stessa
,
donde
quella
restaurazione
è
germogliata
;
è
il
cuore
donde
muove
e
tòrna
,
con
circolo
perpetuo
,
il
sangue
del
nostro
Stato
;
è
il
pernio
intorno
a
cui
gira
,
la
base
su
cui
sta
.
Chi
levasse
quella
di
mezzo
,
non
farebbe
altrimenti
al
nostro
essere
nazionale
di
quello
che
a
un
albero
chi
lo
schiantasse
.
Solo
perché
l
'
autorità
regia
ridava
una
forma
allo
Stato
nuovo
,
nella
stessa
ora
che
discioglieva
la
vecchia
,
è
stato
possibile
all
'
Italia
di
trovare
nelle
guerre
che
doveva
combattere
,
alleati
coi
quali
vincerle
,
e
nell
'
interno
di
ordinare
subito
uno
Stato
capace
d
'
un
avviamento
costante
,
e
non
costretto
a
sobbalzare
senza
posa
.
Se
sono
venti
anni
che
duriamo
,
e
in
questi
venti
anni
tutto
un
organismo
,
più
o
men
bene
e
fortunatamente
,
s
'
è
formato
e
ha
vissuto
,
è
alla
monarchia
solo
che
lo
dobbiamo
.
La
più
grave
questione
della
nostra
interna
costituzione
,
l
'
esistenza
d
'
un
papa
in
Roma
,
dobbiamo
al
Re
lo
averla
sciolta
.
La
guerra
,
che
gl
'
interessi
molteplici
connessi
col
Papato
e
sparsi
per
tutta
Europa
,
-
interessi
morali
,
sociali
,
politici
,
-
più
volte
secolari
tutti
,
ci
hanno
fatta
,
anzi
ci
fanno
tuttora
,
non
l
'
avremmo
vinta
,
né
le
resisteremmo
ora
,
un
Re
,
d
'
antichissima
dinastia
,
non
avesse
sviata
,
distratta
,
confusa
,
sgomenta
così
gran
parte
di
quegl
'
interessi
stessi
.
Questo
,
che
io
descrivo
,
noto
,
mostro
da
più
lati
,
è
il
carattere
evidente
,
proprio
,
peculiare
,
ideale
davvero
,
della
nostra
rivoluzione
,
ci
piace
darle
questo
nome
.
Qui
spira
,
l
'
italianità
,
ma
un
'
italianità
non
sognata
,
non
immaginata
,
non
indotta
dalle
passioni
di
parte
o
dal
ghiribizzi
del
proprio
cervello
,
ma
attinta
,
provata
dall
'
esperienza
del
fatto
.
E
i
ministri
i
quali
,
morta
,
Vittorio
Emanuele
Il
,
hanno
dato
al
figliuolo
,
distratto
dal
dolore
,
nome
di
Umberto
I
,
distaccandolo
da
quegli
antenati
,
coi
quali
suo
padre
aveva
espressamente
,
nel
suo
titolo
stesso
,
voluto
nella
nuova
fortuna
affermare
il
vecchissimo
vincolo
,
hanno
mostrato
di
non
intendere
cotesta
italianità
del
movimento
politico
nostro
,
e
tentato
,
per
quali
era
in
loro
,
in
una
occasione
siffatta
,
di
surrogare
,
alla
monarchia
antichissima
dal
cui
tronco
tuttora
vegeto
è
germogliata
la
recentissima
Italia
,
una
monarchia
nata
da
ieri
,
ancora
imberbe
,
sovrapposta
al
paese
,
e
non
connaturata
con
esso
.
Il
Bertani
afferma
che
cotesta
monarchia
italiana
divori
gli
uomini
;
anzi
,
non
l
'
afferma
lui
,
ma
dice
a
dirittura
,
che
il
popolo
italiano
nel
suo
buon
senso
è
quello
che
l
'
asserisce
.
Qui
certamente
ha
frainteso
,
e
scrive
della
monarchia
ciò
che
s
'
è
detto
sempre
della
rivoluzione
.
La
monarchia
ha
sinora
in
Italia
rifatto
gli
uomini
.
Si
sono
visti
molti
repubblicani
diventare
monarchici
;
ma
nessun
monarchico
diventare
repubblicano
.
Il
Bertani
confessa
del
Cairoli
quella
prima
trasformazione
;
e
molti
ne
sono
già
in
dubbio
per
lui
.
Ma
,
ciò
fosse
vero
di
lui
,
-
che
non
so
né
credo
,
-
egli
non
sarebbe
il
secondo
.
La
vita
parlamentare
italiana
è
stata
più
volte
testimone
di
questa
mutazione
di
opinione
,
che
io
non
solo
devo
e
voglio
credere
,
ma
credo
davvero
perfettamente
leale
.
Né
le
scema
credito
,
nel
parer
mio
,
che
essa
appar
succeduta
via
via
che
il
Governo
s
'
è
accostato
a
quelli
in
cui
il
miracolo
s
'
è
operato
;
sicché
il
sentimento
repubblicano
è
svaporato
,
appena
i
raggi
dell
'
autorità
regia
sono
stati
abbastanza
vicini
da
riscaldare
il
cuore
,
nel
cui
lago
,
a
dirla
con
Dante
,
era
sin
allora
durato
.
Il
diritto
proprio
del
monarca
,
-
come
del
resto
,
in
qualunque
forma
di
governo
,
del
capo
del
potere
esecutivo
,
-
di
nominare
i
suoi
ministri
,
e
la
perfetta
imparzialità
del
Principe
italiano
nello
sceglierli
secondo
l
'
animo
della
maggioranza
dell
'
assemblea
,
son
bastati
a
smorzare
infiniti
ardori
contrari
alla
monarchia
,
e
a
farla
parere
sopportabile
a
chi
prima
,
per
più
anni
,
non
l
'
aveva
riguardata
senza
grandi
sospetti
e
disdegni
.
Né
i
moderati
,
monarchici
ab
origine
,
devono
avere
nessuna
gelosia
se
cotesti
trafugati
in
mezzo
ad
essi
dal
campo
nemico
non
solo
non
raccolgono
biasimo
dalla
loro
variazione
di
pensiero
e
di
condotta
,
ma
ne
hanno
lode
,
e
sono
anzi
visti
con
maggior
favore
,
paiono
quasi
gli
aspettati
delle
genti
,
le
quali
non
si
struggano
d
'
altro
desiderio
se
non
di
veder
subito
il
governo
nelle
mani
più
nuove
.
Poiché
corto
non
si
considera
che
chi
dopo
avere
lungamente
pensato
il
contrario
,
si
risolve
infine
a
venire
nell
'
opinione
tua
,
mostra
almeno
minor
acume
e
prudenza
di
chi
aveva
tenuta
sin
da
principio
cotesta
opinione
stessa
.
I
monarchici
si
devono
rallegrare
d
'
un
fatto
simile
,
il
quale
vuol
infine
dire
che
il
paese
sopra
un
punto
solo
non
transige
,
ed
è
,
che
come
si
sia
,
o
prima
o
dopo
,
si
sia
diventati
monarchici
.
L
'
attrattiva
che
la
monarchia
esercita
intorno
a
sé
,
è
uno
dei
suoi
principali
e
più
naturali
uffici
;
e
insomma
codesto
piegare
di
tutte
le
persone
sensato
avanti
ad
essa
,
o
di
quelle
che
non
essendo
tali
da
prima
,
diventano
tali
per
effetto
d
'
una
esperienza
quotidiana
ed
ogni
giorno
più
chiara
,
prova
che
entra
negli
animi
di
tutti
quello
che
forma
la
sostanza
del
pensiero
liberale
in
Italia
:
essere
la
monarchia
il
fulcro
stesso
dello
Stato
.
E
la
condizione
intellettuale
e
morale
del
paese
non
si
può
dire
peggiorata
durante
i
venti
anni
di
regno
,
che
serio
già
scorsi
.
Chi
sa
dove
il
Bertani
,
che
si
dice
ottimista
,
ha
scoverto
gl
'
indizi
dell
'
imbastardirsi
che
il
carattere
italiano
abbia
fatto
in
quest
'
intervallo
di
tempo
?
Dio
buono
!
che
riputazione
si
sarebbe
egli
acquistata
nell
'
arte
medica
,
se
v
'
avesse
usato
con
altrettanta
leggerezza
raccogliere
i
sintomi
delle
sue
diagnosi
!
Quando
il
carattere
italiano
gli
è
parso
meno
bastardo
di
ora
?
Forse
nel
cittadino
turbolento
,
crudele
,
licenzioso
dell
'
evo
medio
;
o
in
quello
volpino
e
rotto
ad
ogni
eccesso
del
decimoquinto
secolo
;
o
nel
dimentico
d
'
ogni
patria
,
e
già
affranto
dal
dominio
forestiero
del
secolo
che
segue
;
o
nel
cicisbeo
e
nell
'
arcade
dei
due
secoli
successivi
;
o
nel
settario
infiammato
da
una
parte
,
e
nello
sbirro
sagace
dall
'
altra
del
principio
di
questo
?
Comparare
i
caratteri
dei
diversi
popoli
tra
di
loro
,
o
d
'
un
popolo
in
diversi
tempi
,
è
cosa
estremamente
difficile
,
ed
aperta
,
per
sé
stessa
,
a
'
giudizi
i
meno
fondati
e
i
più
strampalati
.
Ma
,
pur
riconoscendo
il
moltissimo
che
resta
a
fare
,
per
ridestare
l
'
antico
rigoglìo
della
mente
italiana
e
per
rifarci
gli
animi
,
calunnia
l
'
età
sua
chi
sconosce
che
e
per
l
'
una
cosa
e
per
l
'
altra
qualcosa
si
è
fatto
.
La
franchezza
del
pensare
e
del
dire
,
la
schietta
professione
dei
sentimenti
propri
,
la
libera
difesa
delle
opinioni
e
dottrine
che
si
credono
le
migliori
,
l
'
assumere
aperto
della
responsabilità
in
cui
s
'
incorre
,
la
coscienza
di
appartenere
ormai
ad
una
nazione
non
dispregiata
nel
mondo
,
e
senza
il
cui
intervento
non
si
concluderebbe
nessun
negoziato
di
valore
generale
tra
gli
Stati
di
Europa
,
son
tutti
germi
onde
il
carattere
nazionale
nasce
e
si
sviluppa
,
e
onde
è
già
cominciato
a
rinascere
il
nostro
.
Certo
l
'
esercizio
della
libertà
politica
ha
sue
proprie
corruttele
;
e
,
i
partiti
,
che
ne
sono
l
'
istrumento
e
la
forza
motrice
,
hanno
le
più
volte
i
piedi
nel
brago
,
quando
anche
toccano
-
che
è
raro
-
colla
testa
il
cielo
.
Ma
che
i
partiti
vi
sieno
e
sien
tali
,
non
è
colpa
della
monarchia
:
e
poiché
nella
repubblica
non
che
continuare
a
persistere
,
s
'
esacerberebbero
e
tumultuerebbero
anche
peggio
,
è
ragionevole
aggiungere
che
non
sarebbe
colpa
neanche
di
quella
.
La
colpa
è
dell
'
umana
natura
,
la
quale
non
ha
nessuna
cura
siffatta
,
che
,
sanandone
alcuni
mali
,
non
ne
promuova
e
non
ne
ecciti
altri
.
Una
repubblica
già
vecchia
,
quella
degli
Stati
Uniti
,
ed
una
nuova
,
la
francese
,
dovrebbero
insegnare
qualcosa
ai
repubblicani
d
'
Italia
di
buona
fede
.
Dovrebbero
insegnar
loro
che
le
degenerazioni
morali
degli
uomini
politici
,
non
sono
impedite
dalle
monarchie
costituzionali
,
sono
,
si
può
dire
,
piuttosto
fomentate
che
represso
dalle
repubbliche
.
Una
forma
di
governo
non
è
,
per
sé
sola
,
in
grado
di
pronunciare
contro
di
quelle
nessuno
scongiuro
,
di
far
loro
nessun
incantesimo
.
E
ciò
poi
che
le
aiuta
sopratutto
e
le
moltiplica
,
è
la
mutabilità
e
l
'
incertezza
degli
ordini
politici
;
è
la
continua
voglia
del
variarli
,
è
l
'
aspettazione
che
saranno
altri
domani
,
e
bisognerà
con
altre
arti
,
con
altri
aiuti
agevolarsi
la
vita
,
o
raggiungere
la
meta
sperata
.
I
tempi
nei
quali
una
rivoluzione
è
seguita
senza
posa
da
un
'
altra
,
sono
stati
anche
i
più
corrotti
.
Le
rivoluzioni
producono
negli
animi
le
stesse
disposizioni
che
le
pesti
.
Il
più
grande
storico
che
sia
vissuto
dice
di
quelle
:
"
Coloro
i
quali
reggono
le
città
,
con
titolo
gli
uni
e
gli
altri
specioso
,
quali
a
nome
dell
'
eguaglianza
politica
del
popolo
,
quali
a
quello
d
'
un
'
aristocrazia
savia
,
parte
volevano
premio
di
ciascuno
la
cosa
pubblica
,
ch
'
era
a
parole
la
sola
lor
cura
,
parte
,
gareggiando
per
ogni
modo
a
soverchiarsi
l
'
un
altro
,
osavano
le
più
atroci
cose
,
e
le
eseguivano
,
non
infliggendo
le
pene
a
norma
del
giusto
e
dell
'
utile
delle
città
,
ma
misurandolo
al
piacere
proprio
;
e
possedendo
il
potere
eran
pronti
a
vincere
il
loro
puntiglio
o
colla
sentenza
d
'
un
voto
ingiusto
o
colla
violenza
del
pugno
"
.
E
delle
pesti
:
"
Il
morbo
fu
anche
in
altre
cose
principio
alla
città
di
vivere
licenzioso
.
Che
più
facilmente
osava
ciascuno
le
cose
che
prima
nascondeva
,
perché
non
fosse
visto
seguirvi
l
'
arbitrio
del
piacer
suo
:
riguardando
la
volubile
mutazione
della
gente
fortunata
che
moriva
di
subito
,
e
di
quelli
che
non
possedevan
nulla
prima
,
e
ad
un
tratto
entravano
nelle
stanze
dei
morti
.
Onde
volevano
i
godimenti
rapidi
e
il
vivere
a
libito
,
stimando
effimeri
del
pari
corpi
e
i
denari
.
E
ad
affaticarsi
a
quello
che
paresse
bene
non
vi
aveva
nessuno
l
'
animo
:
riputando
oscuro
s
'
egli
non
sarebbe
venuto
meno
innanzi
di
raggiungerlo
"
.
Nei
due
casi
l
'
incertezza
del
domani
spezza
e
scioglie
ogni
disciplina
nel
presente
;
e
poiché
pare
che
non
resti
che
l
'
oggi
,
il
godere
l
'
ora
che
fugge
è
l
'
unico
proposito
che
sopravvive
.
"
E
ciò
,
aggiunge
Tucidide
,
è
stato
sempre
e
sarà
,
sinché
la
natura
umana
resti
la
medesima
"
.
Per
fortuna
,
cotesti
gridatori
di
rivoluzione
,
-
mi
scusi
il
Bertani
,
e
tutti
i
repubblicani
più
o
meno
fervidi
fratelli
o
cugini
suoi
,
-
sono
gente
antiquata
.
Non
vorrei
che
paresse
un
paradosso
a
nessuno
una
verità
così
evidente
ed
umile
com
'
è
quella
che
io
son
per
dire
.
La
vita
sociale
di
Europa
è
in
momento
,
nel
quale
nessuna
delle
quistioni
ond
'
essa
è
turbata
,
nessun
dei
problemi
ond
'
essa
è
impensierita
o
occupata
,
può
essere
risoluto
da
una
mutazione
nella
forma
del
Governo
,
o
d
una
rivoluzione
intesa
a
produrla
.
Ciò
che
preme
,
al
grado
di
civiltà
intellettuale
cui
le
nazioni
europee
sono
giunte
,
è
che
i
loro
Governi
riflettano
e
seguano
la
coscienza
pubblica
.
Ora
,
l
'
efficacia
di
questa
è
già
tanta
,
che
,
anche
quando
lo
Stato
non
è
ordinato
in
modo
da
lasciarle
una
via
abituale
continua
di
manifestazione
,
essa
ne
trova
una
.
Ma
nei
Governi
liberi
,
nei
quali
le
assemblee
rappresentano
,
in
uno
od
altro
modo
,
immediatamente
o
no
,
la
totalità
dei
cittadini
;
la
manifestazione
dir
cotesta
coscienza
pubblica
è
perenne
,
e
,
per
una
od
altra
via
,
esercita
nell
'
indirizzo
dei
Governi
tanta
influenza
,
che
questi
sono
forzati
,
più
o
meno
,
o
punto
ripugnanti
,
a
conformarvisi
.
E
si
attenda
,
a
un
fatto
curioso
e
poco
osservato
.
Le
diversità
delle
leggi
elettorali
variano
poco
codesto
effetto
.
Un
'
opinione
prevalente
nel
paese
,
-
prevalente
davvero
,
-
finisce
col
prevalere
nell
'
assemblea
rappresentativa
di
quello
,
o
pochi
o
molti
che
siano
i
cittadini
i
quali
hanno
titolo
ad
esercitare
il
diritto
di
suffragio
;
solo
,
se
questi
sono
sproporzionatamente
pochi
,
quell
'
opinione
avrà
bisogno
di
due
o
tre
elezioni
generali
per
raggiungere
la
supremazia
,
che
in
un
corpo
elettorale
più
numeroso
avrebbe
raggiunto
alla
prima
;
né
l
'
indugio
fa
sempre
danno
.
Una
vena
d
'
acqua
,
che
attraverso
più
bocche
,
scorrerebbe
tutta
in
pochi
minuti
,
penerà
un
'
ora
forse
,
se
gliene
è
aperta
soltanto
una
;
ma
anche
così
scorrerà
tutta
.
E
d
'
altra
parte
,
i
modi
che
la
coscienza
pubblica
ha
e
tiene
ad
asserire
il
diritto
suo
,
e
a
levare
la
sua
voce
più
alto
di
qualunque
altra
,
sono
per
lo
appunto
i
medesimi
in
una
monarchia
o
in
una
repubblica
;
poiché
la
differenza
sola
che
corre
tra
queste
due
forme
,
l
'
eleggibilità
e
temporaneità
del
capo
dello
Stato
,
non
influisce
per
nulla
sul
valore
e
sull
'
efficacia
della
rappresentanza
dei
cittadini
in
ciascuna
.
Si
sa
quello
che
i
repubblicani
dicono
.
-
Nelle
monarchie
ereditarie
v
'
ha
qualcosa
che
ripugna
alla
ragione
umana
;
v
'
ha
la
ricognizione
d
'
un
diritto
,
che
si
fonda
in
un
fatto
indipendente
dalla
volontà
della
cittadinanza
.
L
'
ordinamento
dello
Stato
monarchico
non
è
in
tutto
e
per
tutto
razionale
;
non
risponde
al
vero
,
al
reale
,
al
certo
,
-
son
parole
loro
,
-
in
ogni
sua
parte
.
Che
uno
,
per
ciò
solo
che
è
figliuolo
dell
'
altro
,
deva
possedere
ed
esercitare
una
potestà
suprema
,
trascende
ogni
diritto
umano
.
Il
diritto
umano
è
,
che
ciascun
uomo
sia
riputato
pari
all
'
altro
;
e
tutti
i
gradi
sulla
scala
del
potere
pubblico
sieno
conferiti
dalla
libera
scelta
del
popolo
.
Ma
appunto
qui
è
il
paralogismo
fondamentale
.
Se
il
ragionamento
è
buono
,
non
serve
solo
a
distruggere
la
trasmissione
ereditaria
della
monarchia
,
ma
qualunque
fatto
,
dal
quale
nella
società
umana
provenga
una
disuguaglianza
;
ed
esige
,
che
quella
si
ricomponga
tutta
,
anzi
persista
e
si
travagli
sempre
nel
ricomporsi
,
considerando
ciascun
suo
membro
,
come
spoglio
a
dirittura
d
'
ogni
diritto
,
che
non
nasca
dall
'
assenso
,
comunque
accertato
,
della
cittadinanza
.
Se
la
vostra
mento
è
siffatta
,
che
vi
pare
contrario
a
ragione
il
riconoscere
Principe
chi
non
è
stato
creato
tale
dalla
società
stessa
col
suo
suffragio
,
come
non
vi
può
parere
contrario
del
pari
,
che
altri
sia
ricco
,
sia
primogenito
,
nasca
da
padre
noto
,
anziché
ignoto
,
o
anche
sia
bello
,
sia
fornito
d
'
ingegno
,
di
per
sé
e
per
un
arcano
ordine
,
anziché
per
il
consenso
e
il
volere
della
società
stessa
?
La
teorica
,
che
non
vuole
nella
società
ammettere
nessun
fatto
primigenio
,
e
che
non
riconosca
dal
volere
di
essa
stessa
la
sua
ragione
ed
origine
,
non
si
accheta
se
non
l
'
ha
prima
svelta
tutta
dalle
radici
;
e
i
repubblicani
che
se
ne
voglion
servire
soltanto
per
abbattere
la
monarchia
e
sollevar
la
repubblica
,
non
se
ne
intendono
.
Un
'
esperienza
pur
lunga
,
e
intelligibile
ai
più
corti
e
più
semplici
,
dovrebbe
averli
persuasi
,
che
essi
non
sono
in
grado
di
fare
al
fuoco
la
parte
,
che
sarebbe
lor
comodo
di
assegnare
soltanto
.
Il
resto
brucia
malgrado
loro
.
L
'
argomento
fallace
,
che
mettono
innanzi
per
dimostrare
la
razionalità
assoluta
della
repubblica
,
quando
mancano
loro
tutti
gli
altri
adatti
a
provarne
l
'
utilità
attuale
,
è
siffatto
,
che
casca
sul
capo
ad
essi
stessi
,
ed
evoca
dottrine
e
partiti
,
a
'
quali
tutto
cotesto
loro
affannarsi
intorno
a
un
nome
pare
una
beffa
.
Poiché
qui
è
l
'
error
principale
del
Bertani
e
di
tutti
i
suoi
più
o
men
concordi
fratelli
.
Essi
pongono
il
principal
interesse
in
un
punto
solo
della
costituzione
del
potere
esecutivo
,
e
credono
che
il
mondo
sarebbe
grandemente
mutato
in
meglio
,
se
il
capo
dello
Stato
fosse
eletto
a
tempo
,
anziché
essere
ereditario
;
ora
,
non
solo
questo
miglioramento
non
s
'
avvererebbe
,
ma
il
Governo
ne
diventerebbe
,
nella
società
nostra
,
più
disadatto
a
compiere
i
fini
che
gli
sono
indicati
.
Oggi
succede
in
verità
alle
società
più
civili
e
prospere
quel
medesimo
che
alle
città
antiche
quando
,
pareggiato
ogni
diritto
tra
i
cittadini
antichi
e
le
plebi
sopravvenute
,
non
restò
altra
distinzione
se
non
tra
i
ricchi
e
i
poveri
,
e
una
voglia
irrefrenabile
in
questi
di
partecipare
alla
fortuna
e
al
benessere
di
quelli
.
Come
i
repubblicani
mostrano
di
non
vedere
ed
intendere
,
che
democrazia
e
repubblica
non
è
tutt
'
uno
,
così
in
genere
non
vedono
neanche
né
intendono
,
che
la
democrazia
,
cara
alle
plebi
,
non
è
più
quella
la
quale
si
contenta
di
pareggiare
i
diritti
civili
e
politici
tra
tutte
le
classi
,
ma
quella
bensì
che
aspira
a
pareggiare
tra
esso
i
benefici
sociali
.
Ora
,
la
democrazia
nel
senso
vecchio
,
-
nel
senso
cioè
,
dell
'
accomunare
il
diritto
,
sicché
tutti
sieno
cittadini
nello
Stato
,
tutti
sieno
pari
davanti
alla
legge
civile
e
penale
,
e
tutti
,
alle
stesse
condizioni
,
sieno
in
grado
di
prender
parte
all
'
esercizio
del
potere
politico
,
-
non
ha
avuto
bisogno
della
repubblica
in
nessun
periodo
del
suo
sviluppo
.
Così
nei
tempi
antichi
come
nei
moderni
,
le
classi
,
alle
quali
nelle
repubbliche
era
venuto
nelle
mani
il
governo
,
sono
state
singolarmente
e
tenacemente
gelose
di
conservarlo
a
sé
stesse
.
Sono
state
le
monarchie
,
nell
'
Europa
moderna
,
quelle
,
che
,
nella
lor
guerra
contro
le
aristocrazie
feudali
,
hanno
sopratutto
sollevato
e
redento
le
plebi
dalla
loro
soggezione
civile
e
politica
.
E
nello
stesso
modo
,
la
democrazia
,
nel
senso
nuovo
,
nel
senso
davvero
terribile
e
pauroso
per
l
'
oscurità
dei
problemi
che
sveglia
d
'
un
ordinamento
sociale
,
i
cui
benefici
si
commisurino
al
lavoro
attuale
di
ciascheduno
,
o
,
secondo
altri
,
al
bisogno
di
ciascheduno
,
qualunque
sia
la
somma
del
lavoro
di
lui
,
-
cotesta
democrazia
,
oggi
smaniosa
e
a
tratto
a
tratto
feroce
,
che
esige
tanta
forza
e
prudenza
nei
governi
che
sono
insieme
chiamati
a
reprimerla
e
a
soddisfarla
,
-
non
che
richiedere
una
forma
di
reggimento
politico
,
a
cui
la
mutabilità
del
capo
dello
Stato
scemi
stabilità
,
vigore
e
credito
,
ne
richiede
forse
una
,
in
cui
il
potere
esecutivo
sia
costituito
ancora
più
fortemente
,
che
nelle
monarchie
parlamentari
non
suole
essere
;
occorre
,
a
dirla
altrimenti
,
a
trattarla
,
a
vincerla
,
a
calmarla
,
e
persino
,
sin
dove
è
lecito
e
possibile
a
contentarla
,
una
monarchia
non
ridotta
a
zero
,
come
quella
che
intanto
il
Bertani
ci
farebbe
grazia
di
tollerare
per
poco
,
ma
una
monarchia
,
potente
nel
giro
della
sua
competenza
politica
e
sociale
,
gagliarda
,
fiduciosa
di
sé
,
supremamente
attiva
.
Ci
vuole
un
imperio
non
usurpato
;
un
imperio
fondato
in
un
'
antica
tradizione
di
diritto
,
e
in
un
attuale
assenso
di
popolo
;
l
'
impero
di
Germania
o
la
monarchia
d
'
Italia
.
Non
paia
strano
,
che
,
nel
mio
parere
cotesta
democrazia
sociale
va
non
solo
compressa
,
ma
,
in
una
certa
misura
,
contentata
altresì
.
Però
urge
chiarirmi
.
è
una
quistione
piena
d
'
ansietà
,
e
non
dilucidata
a
mio
senno
,
abbastanza
,
se
la
condizione
economica
e
morale
delle
classi
operaie
e
campagnuole
sia
realmente
migliorata
da
un
secolo
in
qua
.
La
dimanda
,
io
la
formulo
così
:
Questo
classi
si
sentono
oggi
soddisfatte
della
loro
situazione
più
o
meno
di
quello
che
fossero
cento
anni
or
sono
?
-
Giacché
,
è
certamente
importante
il
provare
,
che
esse
hanno
ora
maggiori
diritti
e
più
largo
compenso
del
loro
lavoro
;
ma
non
basta
all
'
assunto
,
non
si
prova
altresì
,
che
il
complesso
delle
lor
circostanze
è
siffatto
,
che
l
'
esercizio
di
cotesti
maggiori
diritti
e
l
'
uso
di
cotesti
maggiori
compensi
producono
ora
nel
loro
animo
una
somma
di
soddisfazione
più
grande
,
di
quello
che
un
'
inferiore
condizione
giuridica
e
minori
salari
producevano
in
passato
.
Se
la
società
intorno
ad
esse
s
'
è
così
mutata
,
che
le
loro
voglie
sono
acuite
in
molto
maggior
proporzione
che
non
sieno
cresciute
le
loro
capacità
di
soddisfarle
,
e
le
dottrine
morali
e
religiose
,
che
respirano
ora
,
sono
siffatte
da
turbare
,
commuovere
e
sollevare
i
loro
spiriti
,
anziché
mansuefarli
e
raddolcirli
,
come
facevano
prima
;
non
che
esservi
vantaggio
di
sorte
,
vi
sarebbe
infine
grande
scapito
del
loro
benessere
.
Il
Bertani
si
mostra
molto
pensieroso
di
ciò
.
Cita
una
massima
d
'
un
illustre
professore
fiorentino
;
-
chi
più
ha
,
e
più
può
,
deve
concorrere
a
chi
non
ha
e
non
può
,
e
la
dice
giusta
.
Davvero
,
quod
superest
,
date
pauperibus
,
è
massima
antica
,
e
elle
ha
autore
di
molto
più
illustre
.
Ma
essa
non
che
scioglierlo
,
non
tocca
neanche
il
problema
.
La
dottrina
cristiana
,
per
vero
dire
,
mitigava
questo
di
molto
,
e
ne
rinviava
in
infinito
la
soluzione
terrena
;
né
per
ora
è
dimostrato
che
si
possa
surrogargliene
un
'
altra
con
miglior
frutto
.
Ad
ogni
modo
,
il
problema
,
come
è
posto
oggi
,
la
trascende
.
Le
classi
infime
,
o
quegli
i
quali
parlan
per
esse
,
non
chiedono
nulla
alla
benevolenza
altrui
,
e
chiedono
tutto
alla
presunzione
del
proprio
diritto
.
Si
può
dire
che
questa
è
falsa
;
e
che
il
diritto
inteso
a
lor
modo
,
sconvolge
e
perverte
tutte
le
relazioni
giuridiche
le
quali
nascono
essenzialmente
da
quella
che
è
la
fonte
d
'
ogni
diritto
,
la
libertà
di
ciascuna
persona
morale
.
Ma
ciò
che
bisogna
ricercare
,
è
,
se
a
questa
falsa
presunzione
di
diritto
non
dieno
occasione
parecchie
delle
nostre
leggi
civili
ed
economiche
,
le
quali
,
muovendo
appunto
dalla
ricognizione
di
codesta
libertà
,
hanno
,
come
suole
,
perduto
di
vista
i
limiti
e
vincoli
e
doveri
,
cui
essa
è
astretta
dalle
necessità
del
consorzio
sociale
,
dalla
necessità
soprattutto
,
che
l
'
utilità
di
questo
consorzio
sia
,
il
più
che
è
lecito
,
sentita
,
usufruita
,
se
non
in
maniera
uguale
,
il
meno
disugualmente
che
si
può
,
da
tutti
colori
i
quali
v
'
hanno
parte
.
Certo
la
società
moderna
deve
ritrovare
in
una
nuova
forma
e
che
s
'
attagli
al
suo
genio
,
parecchie
di
quelle
combinazioni
di
classi
e
d
'
interessi
,
che
sono
state
finite
di
distogliere
sullo
spirare
del
secolo
scorso
.
Le
associazioni
degli
operai
,
le
società
cooperative
,
le
banche
popolari
sono
,
per
mo
'
di
esempio
,
ricerche
,
tentativi
di
questa
fatta
;
ma
siamo
a
principio
.
Ora
,
appunto
qui
i
repubblicani
d
'
Italia
hanno
mostrato
tutta
la
vanità
loro
.
Hanno
lungamente
esitato
se
dovessero
far
causa
comune
cogl
'
internazionalisti
e
co
'
socialisti
,
e
si
sono
nell
'
ultimo
Congresso
risoluti
di
sì
,
intendendo
che
se
v
'
ha
forza
è
in
questi
.
Ma
ciò
che
preme
è
da
una
parte
il
tenere
i
socialisti
lontani
da
ogni
influenza
e
pro
dominio
nello
Stato
,
e
dall
'
altra
lo
studiare
amorosamente
i
miglioramenti
possibili
nelle
condizioni
delle
plebi
;
ora
,
come
i
repubblicani
non
hanno
saputo
persistere
nel
primo
punto
,
e
anche
hanno
dato
il
più
picciolo
indizio
d
'
intendere
il
secondo
.
Dove
invece
il
partito
moderato
e
monarchico
v
'
ha
atteso
con
molta
cura
,
quando
per
iniziativa
d
'
alcuno
dei
migliori
tra
i
suoi
,
quando
per
via
di
disposizione
governativa
o
di
legge
.
Il
Bertani
scrive
non
essersi
visto
in
tutto
il
tempo
dacché
il
regno
d
'
Italia
esiste
,
se
non
provvedimenti
fiscali
.
Di
certo
i
Governi
moderati
si
sono
mostrati
persuasi
che
la
prima
necessità
fosse
equilibrare
il
bilancio
dello
Stato
,
poiché
uno
Stato
la
:
cui
finanza
duri
disordinata
,
non
è
anche
costituito
,
è
prossimo
a
dissolversi
,
ed
ha
dentro
di
sé
il
principale
fomito
di
rivoluzione
che
si
possa
pensare
.
Ma
erra
stranamente
chi
affermi
che
nello
stesso
tempo
una
gran
trasformazione
sociale
non
è
stata
fatta
in
Italia
,
la
quale
non
manifesta
tutti
gli
effetti
suoi
,
solo
perché
la
gravezza
delle
imposte
e
molte
altre
ragioni
hanno
fatto
che
i
risparmi
s
'
accumulassero
a
stento
,
ed
il
capitale
rimanesse
caro
e
scarso
.
Non
è
qui
il
luogo
di
esporre
a
parte
a
parte
gli
elementi
e
i
mezzi
e
i
nodi
di
cotesta
trasformazione
,
quantunque
sarebbe
lavoro
utile
il
farlo
.
Ma
mi
basta
ricordare
le
leggi
sul
Tavoliere
di
Puglia
,
sulla
Sila
di
Calabria
,
sul
riscatto
delle
decime
in
terra
d
'
Otranto
,
sull
'
affrancazione
dei
censi
,
che
hanno
sciolta
la
terra
,
quasi
già
del
tutto
in
Italia
,
da
ogni
vincolo
e
dai
,
ogni
dannosa
promiscuità
di
dominio
;
le
leggi
di
vendita
della
sostanza
fondiaria
,
demaniale
ed
ecclesiastica
e
della
censuazione
dei
beni
ecclesiastici
di
Sicilia
,
che
devono
,
per
il
modo
con
cui
sono
state
fatte
,
avere
moltiplicato
,
in
maggiore
o
minore
misura
,
il
numero
dei
proprietari
della
terra
,
ed
hanno
,
di
certo
,
grandemente
agevolato
commerci
e
i
trasferimenti
di
questa
.
Il
credito
agrario
è
stato
fondato
dallo
Stato
,
e
se
nelle
istituzioni
che
gli
son
proprie
non
è
forse
progredito
quanto
era
desiderabile
,
per
qualche
difetto
del
loro
organismo
,
le
banche
popolari
,
-
una
creazione
quasi
dovuta
del
tutto
al
Luzzati
,
e
che
,
in
mani
e
con
norme
diverse
dalle
sue
,
è
andata
sempre
a
male
,
-
gli
son
venute
in
soccorso
.
Ad
esse
attingono
il
credito
duemila
contadini
tra
diciottomila
agricoltori
,
piccoli
proprietari
,
fittavoli
;
e
il
moto
della
loro
formazione
è
in
via
di
sviluppo
ed
aumento
continuo
,
e
nell
'
associazione
ha
acquistato
ultimamente
quella
forza
che
nasce
dal
cospirare
dei
mezzi
di
tutte
ad
un
fine
,
senza
che
nessuna
perda
di
quell
'
autonomia
e
spontaneità
che
le
è
necessaria
ad
acconciarsi
al
proprio
luogo
in
cui
vive
.
Il
Minghetti
,
quando
fu
ministro
d
'
agricoltura
e
commercio
,
istituì
il
Consiglio
del
lavoro
e
della
previdenza
,
che
attese
a
studiare
la
riforma
delle
società
di
mutuo
soccorso
e
cooperative
,
ed
i
mali
e
rimedi
dell
'
emigrazione
,
che
diserta
le
campagne
;
ed
ora
il
Minghetti
stesso
da
deputato
,
poiché
il
Governo
è
venuto
nella
mani
di
più
colti
,
si
vede
,
e
maggiori
uomini
,
ha
proposto
una
legge
sull
'
emigrazione
.
L
'
istituzione
delle
Casse
di
risparmio
postali
,
il
cui
successo
è
già
sicuro
e
notevole
,
è
dovuta
al
Sella
.
Una
legge
che
limiti
e
regoli
il
lavoro
dei
fanciulli
nelle
officine
e
nelle
miniere
vi
sarebbe
già
,
se
la
parte
moderata
non
fosse
stata
,
il
18
marzo
1876
,
sbalzata
di
seggio
.
La
legge
che
protegge
i
fanciulli
vagabondi
dalle
insidie
e
dalle
rapine
di
gente
inumana
e
selvaggia
,
ha
per
autore
il
Guerzoni
.
Insomma
,
o
poco
o
molto
si
sia
fatto
sinora
in
Italia
per
allargare
il
credito
tra
le
plebi
delle
città
e
delle
campagne
,
per
volgere
a
fini
utili
e
diffondere
l
'
associazione
tra
gli
operai
,
per
ispirare
la
voglia
e
l
'
abitudine
del
risparmio
,
per
un
legittimo
intervento
dello
Stato
nella
protezione
di
quei
diritti
che
non
sono
capaci
di
difendersi
da
sé
soli
,
migliorare
insomma
le
condizioni
sociali
delle
classi
tra
le
quali
la
miseria
e
l
'
invidia
suole
accreditare
dottrine
che
sarebbero
rovinose
ad
esso
appunto
per
le
prime
,
è
tutto
dovuto
alla
parte
moderata
,
liberale
,
monarchica
o
dentro
del
Governo
o
fuori
.
La
parte
repubblicana
non
ha
creduto
degno
di
sé
se
non
un
ufficio
solo
:
infettare
di
passione
politica
e
volgere
ad
intento
di
cospirazione
e
di
rivoluzione
tutte
le
istituzioni
popolari
,
nelle
quali
ha
posto
mano
.
Dove
bisognava
l
'
amore
tra
le
classi
,
ha
ispirato
l
'
odio
;
dove
il
lavoro
sarebbe
bastato
a
sanare
le
piaghe
,
ha
consigliato
l
'
ozio
del
fantasticare
rivoluzionario
che
le
avvelena
e
le
inciprignisce
;
dove
si
grida
da
tutti
pace
,
pace
,
pace
,
come
la
sola
invocazione
atta
a
calmare
gli
sdegni
che
,
minacciano
le
società
nostre
,
costoro
non
si
sono
dilettati
né
si
dilettan
che
di
gridare
guerra
,
non
parendo
loro
che
la
salvezza
sia
se
non
nel
sognato
assoluto
predominio
di
talune
idee
e
persone
e
nella
sperata
assoluta
servitù
,
anzi
annientamento
,
di
altre
persone
ed
idee
.
Ciò
che
manca
loro
è
l
'
intuito
vivo
di
questa
società
nostra
così
complessa
,
la
cui
vita
è
la
varietà
molteplice
dei
desideri
,
delle
opinioni
,
delle
aspettative
,
e
il
cui
progresso
non
può
essere
se
non
un
risultato
lento
,
continuo
,
degli
accordi
che
via
via
si
fanno
tra
tanti
contrasti
.
In
che
questi
accordi
o
tra
tutti
o
tra
molti
o
tra
parecchi
di
tali
contrasti
possano
succedere
in
ciascun
momento
della
vita
politica
di
un
paese
,
è
la
dimanda
a
cui
risponde
di
caso
in
caso
un
programma
pratico
di
governo
,
programma
che
i
diversi
partiti
devono
e
possono
presentare
ciascheduno
alla
sua
volta
,
secondo
e
quando
par
giunta
l
'
ora
che
l
'
inclinazione
,
l
'
istinto
,
il
pensiero
principale
dell
'
uno
o
dell
'
altro
abbia
l
'
indirizzo
della
cosa
pubblica
.
Il
libretto
del
Bertani
per
piccolo
che
sia
basta
a
provare
che
un
siffatto
programma
di
governo
manca
a
quel
gruppo
di
repubblicani
,
del
quale
egli
si
crede
particolarmente
il
capofila
.
Son
già
tre
anni
che
l
'
Italia
sta
imparando
che
il
programma
non
manca
soltanto
ad
essi
,
ma
anche
a
tutta
quella
sinistra
colla
quale
sono
andati
in
compagnia
,
e
che
menava
così
gran
vanto
,
prima
che
fosse
vista
all
'
opera
ma
che
ai
fatti
,
per
usare
la
molto
tenue
frase
del
Bertani
stesso
,
ha
avuto
troppo
inadeguato
successo
.
La
ragione
di
questo
fiasco
è
una
sola
:
nelle
condizioni
attuali
della
società
un
programma
siffatto
non
può
essere
se
non
il
frutto
di
molta
coltura
e
di
un
pensiero
serio
.
Questa
necessità
,
anzi
,
costituisce
ora
la
nobiltà
dell
'
arte
politica
e
la
dignità
dell
'
uomo
di
Stato
.
Ora
è
doloroso
,
è
pernicioso
in
un
Governo
parlamentare
che
i
partiti
s
'
alternino
al
Governo
,
senza
che
appaia
la
ragione
del
loro
alternarsi
consistere
in
una
vera
e
chiara
diversità
d
'
idee
.
Il
paese
s
'
induce
a
credere
che
la
loro
gara
non
sia
se
non
il
frutto
d
'
una
ambizione
abbietta
e
sterile
,
e
coll
'
abituarsi
a
disprezzarli
,
si
svoglia
altresì
di
quelle
forme
di
governo
nelle
quali
la
loro
azione
e
vicenda
è
efficace
e
necessaria
.
Il
caso
è
strano
davvero
.
La
Sinistra
venne
al
governo
col
pretesto
che
la
Destra
in
una
questione
speciale
,
donde
si
concludeva
a
tutto
l
'
indirizzo
politico
suo
,
esagerasse
l
'
ingerenza
e
la
competenza
dello
Stato
.
Ora
,
in
un
tempo
breve
,
le
cose
son
voltate
in
maniera
,
che
la
creazione
del
terzo
Ministero
di
sinistra
ha
avuto
,
tra
molti
altri
motivi
,
di
certo
anche
questo
,
che
nel
partito
si
è
sviluppata
un
'
opinione
favorevole
all
'
allargamento
dell
'
ingerenza
e
della
competenza
dello
Stato
.
Il
Bertani
vuole
che
tutta
l
'
istruzione
primaria
sia
messa
nelle
mani
di
questo
e
tolta
ai
,
comuni
.
Eppure
,
quando
un
ministro
d
'
istruzione
pubblica
propose
,
che
la
libertà
de
'
comuni
nelle
nomine
dei
maestri
fosse
soltanto
ristretta
e
regolata
così
,
che
la
professione
del
maestro
elementare
diventasse
sicura
,
e
desse
qualche
speranza
di
un
aumento
di
salario
via
via
che
s
'
inoltrava
negli
anni
,
trovò
piccolo
appoggio
,
per
vero
dire
,
a
destra
,
ma
nessuno
a
sinistra
.
Un
istituto
,
la
cui
utilità
morale
può
essere
grande
,
-
quello
che
accoglie
in
un
convitto
i
figliuoli
dei
maestri
elementari
poveri
per
educarli
gratuitamente
,
-
è
rimasto
rattrappito
e
senza
espansione
,
dacché
il
governo
è
uscito
fuori
dalle
mani
della
parte
moderata
.
E
l
'
Assemblea
,
eletta
nel
novembre
dell
'
anno
scorso
,
ha
votato
molte
leggi
concernenti
,
l
'
istruzione
primaria
son
tutti
disegni
già
presentati
prima
ch
'
essa
fosse
evocata
da
un
fiat
violento
del
primo
Ministero
di
sinistra
;
disegni
d
legge
che
dall
'
avere
aspettato
tanto
non
hanno
tratto
altro
vantaggio
se
non
di
venir
fuori
le
deliberazioni
della
Camera
monchi
e
storpi
,
ed
incapaci
in
buona
parte
di
produrre
gli
effetti
utili
che
ne
sperano
.
Del
rimanente
,
oggi
la
situazione
è
siffatta
che
,
l
'
Italia
aspettasse
qualcosa
,
non
aspetterebbe
altro
se
non
d
'
uscirne
al
più
presto
.
Il
Ministero
,
che
,
composto
degli
uomini
,
si
credeva
,
più
radicali
che
sedessero
a
mancina
della
Camera
,
è
intanto
tollerato
dal
Bertani
,
in
quanto
a
lui
pare
e
ne
spera
,
che
prepari
la
fine
,
senza
inutili
violenze
a
tempo
e
luogo
,
della
monarchia
,
non
si
reggerebbe
senza
l
'
aiuto
della
parte
moderata
,
che
,
certo
,
ha
tutt
'
altro
intendimento
e
desiderio
.
Pure
la
parte
moderata
gli
sa
grado
di
aver
tratto
il
governo
fuori
di
mani
violente
,
e
di
aver
fermato
quella
putredine
di
discredito
che
lo
corrodeva
,
ed
umiliava
insieme
il
paese
;
e
non
vedendo
possibilità
di
avere
uomini
suoi
a
capo
dello
Stato
,
preferisce
tra
tutti
,
avversari
dei
quali
è
lecito
di
avere
stima
.
Se
non
che
ciò
produce
due
effetti
:
primo
,
che
il
governo
,
retto
da
uomini
forzati
a
cercare
appoggio
fuori
della
parte
loro
propria
,
e
che
in
questa
stessa
non
ne
trova
non
a
patto
di
fuorviare
,
non
ha
indirizzo
chiaro
,
sicuro
,
fecondo
,
ed
inverte
in
ogni
suo
atto
,
per
cansare
pericoli
ed
urti
,
le
relazioni
nelle
quali
l
'
Assemblea
dovrebb
'
essere
con
esso
,
aspettando
invano
d
'
esserne
guidato
anziché
presumere
di
guidarla
esso
;
e
poi
,
che
intanto
i
repubblicani
,
che
possono
concepire
di
tali
speranze
,
quali
il
Bertani
,
il
più
temperato
di
tutti
,
esprime
,
hanno
la
commodità
,
la
sicurezza
di
esser
lasciati
espandersi
,
ordinarsi
,
contare
i
lor
numeri
,
e
combinare
le
loro
forze
.
E
ciò
è
il
peggio
:
che
quest
'
aumento
delle
loro
influenze
ed
attinenze
,
-
naturale
in
tutte
le
parti
estreme
,
che
non
trovano
vigili
le
opinioni
contrarie
,
-
non
è
già
un
frutto
di
disposizioni
effettive
del
ministri
o
delle
segrete
o
palesi
intenzioni
di
essi
,
bensì
una
conseguenza
forzata
,
inevitabile
,
dell
'
aria
che
respirano
,
dell
'
ambiente
nel
quale
vivono
.
Finché
rimarranno
al
governo
,
forse
non
si
vedrà
nessun
segno
esterno
del
lavoro
sotterraneo
che
pure
si
compie
,
sopratutto
se
durano
poco
;
ma
il
giorno
che
,
per
qualunque
cagione
,
dovessero
uscirne
,
e
la
direzione
dello
Stato
venire
in
mani
più
risolute
e
sicure
,
voi
vedrete
il
suolo
scoppiare
in
più
luoghi
.
Oggi
l
'
Italia
ha
l
'
aspetto
più
sereno
che
qual
sia
altro
paese
d
'
Europa
;
la
politica
ci
sveglia
così
pochi
odii
,
gare
e
vendette
,
che
sembriamo
quasi
dimentichi
di
noi
.
Ma
non
ci
illudiamo
:
si
preparano
,
crescono
,
invigoriscono
quelle
forze
e
disposizioni
morali
nei
partiti
contrari
al
presente
ordine
di
cose
,
sia
perché
monarchico
,
sia
perché
unitario
e
nazionale
,
le
quali
o
prima
o
poi
turberanno
,
se
non
vi
si
pensa
a
tempo
,
tanta
serenità
,
e
noi
vedremo
rinnovarsi
gesta
e
fatti
,
dai
quali
sembriamo
lontanissimi
ora
.
La
caduta
della
parte
moderata
,
e
,
-
come
è
naturale
,
sopratutto
in
una
parte
che
non
è
capace
per
sua
essenza
di
nessun
vigoroso
ordinamento
interno
proprio
fuori
della
generalità
della
cittadinanza
e
del
governo
,
-
la
diminuzione
della
sua
influenza
e
seguito
nel
paese
,
va
producendo
il
necessario
effetto
suo
,
il
gonfiare
cioè
delle
parti
radicale
e
clericale
non
atte
che
a
cozzare
l
'
una
coll
'
altra
,
e
a
preparare
al
giovine
Regno
dolorosi
giorni
.
Intanto
,
se
è
vero
ciò
che
si
è
detto
dianzi
,
che
le
condizioni
attuali
delle
classi
operaie
delle
città
e
delle
campagne
vogliono
Governi
di
forte
mano
e
di
molta
iniziativa
,
noi
,
si
vede
,
siamo
appunto
come
non
dovremmo
essere
.
Abbiamo
un
Governo
siffattamente
avviato
,
da
dovere
necessariamente
riuscire
fiacco
ed
infecondo
.
Dove
la
certezza
dell
'
indirizzo
politico
e
la
copia
delle
idee
dovrebbero
abbondare
,
l
'
oscillazione
di
quello
e
la
penuria
di
queste
appaiono
solo
.
Dove
si
dovrebbe
vedere
elevarsi
sicura
e
rigogliosa
una
politica
,
che
,
salda
ed
immobile
nella
persuasione
di
tutti
,
sulla
base
d
'
una
monarchia
non
diminuita
di
potere
né
di
prestigio
non
si
lasciasse
sviare
,
nel
pensiero
temperato
e
continuo
della
riforma
efficace
dello
Stato
,
da
ghiribizzi
di
uomini
e
di
partiti
,
ma
ascoltasse
solo
la
voce
della
coscienza
pubblica
,
si
vede
,
invece
,
una
politica
interna
,
da
cui
ciascuno
è
in
grado
di
sperare
le
cose
più
opposti
,
ed
una
politica
esterna
,
che
,
se
l
'
Italia
non
avesse
ereditato
dal
Piemonte
un
posto
nel
consorzio
internazionale
degli
Stati
di
Europa
,
niente
prova
che
l
'
avrebbe
acquistato
oggi
essa
stessa
.
Se
qualcuno
ci
fosse
di
parola
o
di
penna
tanto
potente
da
infondere
nell
'
animo
de
'
cittadini
un
vivace
sentimento
della
situazione
dello
Stato
,
l
'
aspettazione
di
quelli
sarebbe
certo
questa
,
che
il
medesimo
uomo
trovasse
la
via
di
trarneli
fuori
.
Ma
quest
'
uno
oggi
manca
;
e
quell
'
ansiosa
aspettazione
naturale
che
manchi
anch
'
essa
con
lui
.
L
'
Italia
,
che
non
aspetta
la
Repubblica
,
né
,
nelle
condizioni
presenti
,
un
Governo
rispondente
ai
bisogni
della
civiltà
sua
,
vuole
soltanto
,
che
nell
'
intervallo
i
partiti
estremi
non
l
'
arruffino
,
né
affievoliscano
le
instituzioni
nelle
quali
ha
fede
.
Il
progredire
è
il
desiderio
di
tutti
,
ma
richiede
due
cose
:
stabilità
,
nel
punto
onde
sì
parte
;
certezza
a
mano
a
mano
nella
meta
ove
s
'
intende
giungere
.
Dice
a
ragione
il
Mill
,
che
le
forze
colle
quali
si
conserva
lo
Stato
,
son
le
stesse
che
,
in
un
diverso
grado
d
'
intensità
,
ne
effettuarono
il
moto
e
il
progresso
.
I
repubblicani
vogliono
invece
rendere
mobile
e
scorrevole
il
punto
di
partenza
;
e
quanto
meta
,
ne
vedono
una
sola
,
il
capo
dello
Stato
elettivo
ed
a
tempo
.
L
'
Italia
,
si
può
esser
sicuri
anziché
aspettare
ciò
,
è
impensierita
invece
,
che
non
prendano
troppo
balìa
quegli
i
quali
l
'
aspettano
.
Non
è
contenta
in
ogni
parte
,
-
e
come
lo
potrebbe
essere
?
-
del
suo
ordinamento
amministrativo
,
finanziario
,
economico
;
ma
è
abbastanza
vecchia
,
matura
,
assennata
,
per
intendere
che
questo
continuo
vocìo
che
si
deve
ogni
cosa
e
sempre
rifare
da
capo
,
questa
smania
di
leggi
,
che
non
si
votano
oggi
,
se
non
per
dire
che
s
'
hanno
a
rifare
domani
,
e
rumore
di
ciarlatani
,
innocenti
e
inconsapevoli
,
che
stordiscono
prima
sè
e
poi
altrui
.
Essa
vuol
camminare
,
sì
,
ma
come
persona
sana
;
non
già
come
persona
ebbra
o
riarsa
dalla
febbre
.
Gli
ultimi
due
anni
devono
avere
insegnato
a
tutti
,
che
schermire
il
dolore
col
dar
volta
,
non
lo
scema
;
che
v
'
ha
necessità
di
cose
,
cui
la
mutazione
do
ó
li
uomini
non
varia
né
altera
punto
;
e
che
i
progressi
veri
sono
cosa
affatto
diversa
dalle
promesse
vane
.
Il
paese
è
tutt
'
altro
che
inclinato
ad
immaginare
,
che
una
modificazione
in
un
punto
della
forma
esterna
dello
Stato
,
migliorerebbe
in
nulla
ciò
che
gli
può
parere
desiderabile
d
'
emendare
o
rinforzare
nella
sua
vita
.
ù
troppo
sperimentato
,
per
credere
,
che
con
siffatta
modificazione
esso
,
come
il
Bertani
dice
,
recherebbe
in
atto
un
ideale
;
né
la
sua
storia
mostra
quella
vaga
caccia
d
'
ideali
,
che
l
'
autore
nostro
molto
bizzarramente
figura
attraverso
,
i
secoli
,
e
persin
nel
Papato
.
Sa
invece
,
che
qualunque
modificazione
di
questo
genere
,
anzi
qualunque
avviamento
ad
essa
lo
turberebbe
profondamente
,
e
vi
susciterebbe
una
lotta
intestina
che
,
s
'
anche
non
diventasse
sanguinosa
cesserebbe
perciò
d
'
essere
grandemente
perniciosa
ad
ogni
tranquillo
e
fecondo
avvenire
.
I
monarchici
non
si
devono
lasciar
dire
,
ch
'
essi
si
contentano
d
'
un
ideale
di
Stato
inferiore
e
men
bello
di
quello
che
i
repubblicani
agognano
.
Né
,
devono
parere
come
vergognosi
dell
'
ideale
loro
,
accettando
per
patto
,
come
s
'
è
visto
,
che
in
un
banchetto
politico
non
si
cominci
dal
far
brindisi
al
Re
e
alla
Regina
,
o
in
una
cerimonia
pubblica
si
dica
avanti
ad
essi
silenziosi
che
la
monarchia
è
un
succiamento
terribile
delle
forze
vive
d
'
una
nazione
;
dove
qui
sentiamo
il
contrario
.
L
'
inferiorità
della
forma
monarchica
è
un
falsissimo
assunto
;
mai
quelli
,
che
l
'
accettano
,
e
si
contentano
di
difendersi
coll
'
opportunità
momentanea
di
non
mutare
,
preparano
negli
animi
la
distruzione
della
forma
stessa
.
La
monarchia
ha
questo
beneficio
sopra
tutti
gli
altri
ordinamenti
politici
,
che
essa
sola
,
in
una
società
come
la
nostra
,
impedisce
che
questa
diventi
da
cima
in
fondo
il
ludibrio
degl
'
intriganti
politici
,
ed
è
in
grado
di
salvarla
da
questi
,
se
per
poco
prevalgono
;
e
mentre
essa
è
capace
di
tollerare
ogni
riforma
dello
Stato
davvero
progressiva
,
dà
al
Governo
la
forza
di
aspettare
,
che
la
riforma
sia
davvero
riconosciuta
tale
,
e
voluta
come
tale
dalla
coscienza
generale
della
cittadinanza
.
Qui
è
la
salvezza
dell
'
Italia
avvenire
;
non
cadere
nelle
mani
degli
sperimentatori
arrisicati
,
che
proclamano
per
speranze
sue
le
loro
proprie
.
Qui
è
la
politica
vera
:
non
avventurare
mutazioni
nelle
leggi
e
negli
organismi
sostanziali
dello
Stato
;
ma
,
posta
come
sua
forma
certa
e
sicura
la
monarchia
,
ricusare
ogni
mutazione
,
che
si
annunci
come
il
prodotto
di
speculazioni
subiettive
o
di
vanità
di
persone
,
e
insieme
non
ricusarne
nessuna
la
quale
appaia
veramente
dettata
da
una
larga
,
matura
,
costante
convinzione
del
paese
.
1
luglio
1878
LA
SITUAZIONE
DEL
PAESE
E
IL
DIRITTO
D
'
ASSOCIAZIONE
I
V
'
ha
qualcosa
di
guasto
nello
StatoDi
Danimarca
....
.
dice
Marcello
nell
'
Amleto
;
e
Orazio
risponde
:
Iddio
provveda
.
Vi
sarebbe
egli
qualcosa
di
guasto
in
Italia
?
Bisogna
riguardarvi
;
e
ad
ogni
modo
,
col
beneplacito
di
Dio
,
provvedervi
noi
.
Io
non
sono
sgomento
;
anzi
,
devo
dire
,
chi
fosse
sgomento
,
non
mi
parrebbe
adatto
a
giudicar
bene
,
e
a
distinguere
le
magagne
reali
dalle
fantastiche
.
Il
ministero
che
ci
governa
ora
,
venne
su
spinto
sopra
tutto
dal
sentimento
,
eccitato
dagli
scritti
dell
'
illustre
letterato
che
ne
fa
parte
,
e
dagli
atti
e
dalle
parole
dei
più
autorevoli
dei
suoi
colleghi
,
che
le
amministrazioni
dello
stesso
suo
partito
ond
'
era
stato
proceduto
,
non
avessero
rialzato
il
carattere
morale
del
paese
.
La
sua
venuta
rispose
al
desiderio
generale
,
intanto
,
di
respirare
un
'
aria
più
schietta
,
più
pura
,
più
libera
.
L
'
onor
.
presidente
del
Consiglio
,
discorrendo
il
15
ottobre
a
Pavia
,
suggellò
l
'
origine
sua
e
dei
suoi
compagni
con
un
motto
:
non
saremo
abili
,
ma
onesti
.
E
nessuno
può
negare
che
questa
sorta
d
'
onestà
appartenga
a
lui
e
a
'
suoi
colleghi
principali
in
due
rispetti
;
poiché
essi
sono
e
privatamente
onesti
,
e
politicamente
altresì
,
sin
dove
almeno
onestà
politica
vuoi
dire
fedeltà
alle
opinioni
espresso
prima
di
giungere
al
Governo
.
Vero
,
che
il
Ministero
,
com
'
è
rimasto
composto
sin
a
qualche
giorno
dopo
il
discorso
di
Pavia
non
si
poteva
tutto
insieme
appropriare
l
'
onestà
politica
così
intesa
.
Ma
appunto
il
discorso
di
Pavia
l
'
ha
disciolto
;
e
quegli
tra
i
suoi
membri
,
i
quali
non
s
'
erano
associati
prima
né
avevano
potuto
convenire
poi
nelle
opinioni
manifestate
alla
Camera
o
seguite
nella
condotta
del
Governo
dal
presidente
del
Consiglio
o
dal
ministro
dell
'
interno
,
ne
sono
usciti
.
Però
il
presidente
del
Consiglio
è
stato
autorizzato
dal
re
a
scegliersi
altri
colleghi
in
luogo
de
'
tre
dei
quali
le
dimissioni
sono
state
accettate
.
In
questa
scelta
non
è
anche
riuscito
né
bene
né
in
tutto
;
ma
quando
vi
sarà
finito
di
riuscire
e
sin
dove
è
riuscito
già
ora
,
si
dovrà
dire
il
Ministero
ormai
è
tutto
d
'
un
pezzo
,
ha
detto
quello
che
vuole
nella
politica
interna
,
nell
'
estera
,
in
amministrazione
,
in
finanza
;
e
il
paese
sa
quale
è
la
via
per
la
quale
deve
essere
menato
,
e
può
misurarla
.
Né
tra
i
due
discorsi
di
Pavia
e
d
'
Iseo
corre
maggior
differenza
di
quella
,
davvero
grandissima
,
che
distingue
un
uomo
esperimentato
da
uno
punto
pratico
nel
discorrere
,
soprattutto
quando
il
primo
ha
avuto
modo
di
parlare
avanti
ad
un
uditorio
più
serio
e
meno
smanioso
del
secondo
.
I
tratti
del
programma
del
Governo
sono
,
insomma
,
gli
stessi
;
ed
è
lo
stesso
il
senso
e
il
valore
o
l
'
effetto
.
Noi
siamo
quindi
,
nella
migliore
condizione
per
discutere
gli
affari
pubblici
come
s
'
addice
ad
uomini
liberi
.
Non
abbiamo
nessuna
ragione
o
pretesto
di
disistima
vicendevole
;
e
sappiamo
,
con
quanta
precisione
è
possibile
,
la
mira
cui
intende
dirigersi
o
si
dirige
,
suo
malgrado
,
il
Governo
.
Non
è
mio
pensiero
il
discutere
a
parte
il
programma
del
Ministero
.
L
'
ha
fatto
l
'
onorevole
Minghetti
a
Legnago
,
colla
sua
chiarezza
e
facondia
mirabile
;
e
non
mi
gioverebbe
a
nulla
qui
il
provare
che
l
'
onorevole
Zanardelli
non
è
stato
in
grado
di
rispondergli
ad
Iseo
.
Il
mio
disegno
è
tutt
'
altro
;
né
intendo
colorirlo
,
ma
appena
accennarlo
.
Che
vuol
egli
dire
sostanzialmente
,
io
mi
chiedo
,
l
'
avviamento
attuale
del
Governo
,
e
quale
è
,
rispetto
ad
esso
,
la
situazione
morale
del
paese
?
Se
devo
ridurre
le
molto
parole
in
poche
,
noi
siamo
a
questo
,
che
la
mutazione
succeduta
il
18
marzo
del
1876
,
nella
prevalenza
dei
partiti
in
Parlamento
ha
ormai
acquistato
un
senso
chiaro
.
Il
fumo
,
dal
quale
questo
era
stato
annebbiato
,
delle
riforme
amministrative
e
finanziarie
,
s
'
è
dileguato
o
ha
preso
tutt
'
altro
colore
che
bigio
.
Se
quelle
eran
la
meta
cui
il
paese
agognava
,
il
moto
in
cui
s
'
è
messo
per
giungervi
,
le
ha
oltrepassate
.
Se
resta
qualcosa
del
desiderio
di
quelle
,
se
il
pensiero
del
Governo
vi
accenna
tuttora
,
non
è
più
meramente
amministrativo
,
non
è
meramente
finanziario
il
criterio
che
vi
si
applica
.
Il
criterio
è
sopratutto
politico
.
Nell
'
amministrazione
si
allarga
il
campo
del
potere
elettivo
;
nella
finanza
,
con
un
intento
benevolo
,
ma
non
ponderato
,
e
che
nei
modi
coi
quali
v
'
è
dato
effetto
,
non
è
in
grado
di
condurre
se
non
a
conseguenze
appunto
opposte
,
si
ha
il
proponimento
di
aggradirsi
le
classi
popolari
.
La
principale
questione
è
diventata
per
oggi
la
riforma
della
legge
elettorale
,
sicché
il
suffragio
riesca
poco
meno
che
universale
,
e
ne
resti
parte
esclusa
,
parte
infinitamente
scemata
di
peso
,
la
parte
più
soda
,
più
tranquilla
,
più
conservativa
,
meno
torbida
del
paese
.
Per
aggiungere
valore
a
vigore
a
quella
invece
più
mobile
,
più
inquieta
,
più
agitata
,
più
novatrice
,
è
mutato
persino
il
modo
del
suffragio
,
e
surrogato
a
quello
uninominale
,
che
abbiamo
ora
,
senza
temperamento
di
sorta
,
lo
scrutinio
a
più
nomi
in
ciascun
collegio
sicché
s
'
accresce
di
gran
lunga
il
bisogno
dell
'
organizzazione
e
della
concitazione
e
dell
'
intrigo
largo
,
diffuso
,
corrotto
,
dei
partiti
politici
.
Contro
questa
prevalenza
d
'
un
criterio
meramente
politico
nell
'
azione
legislativa
dello
Stato
,
la
coscienza
del
paese
stesso
ha
combattuto
persino
durante
le
due
prime
amministrazioni
di
Sinistra
;
ma
ora
,
come
pur
doveva
essere
,
segno
incontestata
,
ed
a
ragione
poiché
s
'
illudevano
coloro
i
quali
immaginavan
che
una
mutazione
come
quella
succeduta
tre
anni
or
sono
,
potesse
cansare
di
arrivarci
.
Ma
è
chiaro
che
cotesta
prevalenza
non
si
fermerà
qui
.
Il
potere
elettivo
accresciuto
di
valore
e
di
estensione
nelle
amministrazioni
locali
,
la
finanza
disordinata
per
apparenza
di
beneficare
le
classi
meno
agiate
,
il
suffragio
così
dannosamente
allargato
,
lo
scrutinio
di
lista
,
diventerebbero
di
per
sé
stessi
il
mezzo
naturale
,
infallibile
di
modificare
più
tardi
la
costituzione
politica
dello
Stato
;
però
,
in
Italia
non
aspetteremo
che
operi
.
Qui
non
si
avrà
pazienza
che
le
riforme
politiche
maturino
lentamente
nella
coscienza
del
paese
;
basta
che
spuntino
nella
fantasia
d
'
un
uomo
di
Stato
,
o
di
poco
o
di
molto
credito
,
per
diventare
oggetto
di
deliberazione
legislativa
.
Si
può
stare
,
quindi
,
sicuri
che
proposte
di
modificare
lo
Statuto
ritorneranno
ad
apparire
anche
prima
che
cotesti
mezzi
di
più
viva
agitazione
politica
sian
diventati
operosi
,
e
saranno
,
assai
probabilmente
,
il
primo
pasto
che
si
vorrà
imbandire
ad
un
'
assemblea
rinnovata
.
Già
uno
dei
principali
uomini
di
Sinistra
aveva
fatto
,
di
tali
modificazioni
,
il
punto
principale
del
suo
programma
di
governo
;
e
se
il
terzo
Ministero
di
Sinistra
non
ne
discorre
ora
,
niente
vieta
che
non
ne
discorra
poi
,
o
che
un
quarto
Ministero
non
ne
discorra
invece
di
esso
.
L
'
avviamento
è
là
;
e
s
'
illuderebbe
stranamente
chi
credesse
che
eccitato
cotesto
più
vivace
moto
politico
nel
paese
,
si
potrà
fermarlo
innanzi
che
se
ne
sia
visto
qualche
effetto
nella
costituzione
dei
poteri
pubblici
.
Invece
,
è
da
dubitare
,
se
sarà
agevole
di
dargli
una
sosta
,
quando
avrà
raggiunto
qualcuno
degli
effetti
soltanto
previsti
ed
annunciati
ora
tra
gli
uomini
i
quali
,
venuti
da
diversa
parte
,
consentono
oggi
,
con
più
o
meno
persuasione
,
nell
'
aver
fede
alla
monarchia
.
Difatti
uno
dei
fenomeni
più
naturali
,
più
necessari
nei
moti
politici
è
questo
,
che
in
essi
un
pensiero
scoppia
dall
'
altro
,
una
voglia
dall
'
altra
;
e
s
'
intende
;
il
proprio
di
essi
è
di
suscitare
desideri
di
aspettazioni
,
che
non
riesce
loro
poi
,
in
nessuno
dei
passi
successivi
di
soddisfare
.
Sicché
si
lusingano
sempre
,
che
occorra
fare
un
passo
più
in
là
,
perché
quella
soddisfazione
aspettata
arrivi
.
Questo
a
me
pare
il
carattere
fondamentale
nel
Governo
,
il
suo
intento
od
effetto
principale
:
eccitare
un
moto
politico
nel
paese
,
fare
che
la
fibra
politica
dentro
il
corpo
suo
diventi
più
eccitabile
e
più
eccitata
.
E
qui
spieghiamoci
;
non
voglio
dire
che
esso
preveda
che
un
moto
siffatto
deva
o
possa
essere
distruttivo
delle
istituzioni
,
o
che
miri
a
questo
.
L
'
accusa
delle
intenzioni
è
la
cosa
più
contraria
alle
abitudini
della
mia
mente
,
Ora
in
quali
condizioni
è
il
paese
,
nel
quale
il
Governo
esercita
un
'
azione
siffatta
?
Il
paese
nella
sua
molto
gran
maggioranza
non
ha
nessuna
voglia
di
una
vita
politica
più
agitata
,
di
esperimenti
politici
insoliti
e
nuovi
.
Si
può
con
sicurezza
affermare
,
che
esso
è
invece
stanco
di
quella
tanta
che
ha
avuto
sinora
,
e
chiede
riposo
.
Però
,
si
aggiugne
,
che
non
avendo
tratti
dalla
ricomposizione
nazionale
quei
benefici
che
ne
aveva
sopra
tutto
e
con
troppa
fretta
sperati
,
ed
essendo
stata
quella
accompagnata
da
sacrifici
non
pochi
e
di
natura
da
non
eccitare
per
lo
più
gli
entusiasmi
atti
a
rendere
leggieri
e
sopportabili
i
più
acuti
dolori
,
cotesta
gran
maggioranza
,
svogliata
da
esperimenti
nuovi
,
non
si
sente
molto
alacre
e
risoluta
a
mettere
da
sé
ostacolo
valido
alle
minoranze
,
che
ne
tentassero
in
un
momento
opportuno
.
La
cittadinanza
,
insomma
,
guardata
nel
suo
complesso
,
è
in
un
'
ora
di
sconforto
,
in
una
di
quelle
ore
che
vogliono
Governi
seri
e
forti
per
trascorrere
senza
danno
trabalzi
e
pericoli
.
Ma
minoranze
turbolente
ve
n
'
ha
in
Italia
;
ve
n
'
ha
di
quelle
,
che
vogliono
ricondurla
indietro
,
e
di
quelle
non
più
perniciose
,
ma
più
rigogliose
,
alle
quali
le
trasformazioni
,
che
ha
già
subite
,
non
bastano
.
E
v
'
ha
un
intervallo
di
tempo
,
nel
quale
cotesta
,
minoranze
d
'
intenti
opposti
cooperano
allo
stesso
fine
,
cioè
minano
a
loro
potere
e
scalzano
d
'
accordo
lo
Stato
;
e
noi
siamo
in
questo
intervallo
.
Lasciando
stare
le
minoranze
retrive
,
che
hanno
contrario
il
genio
dei
tempi
e
la
fortuna
,
prendiamo
quelle
che
si
chiamano
e
si
credono
progressive
o
radicali
.
Ve
n
'
ha
di
due
sorta
,
repubblicano
e
socialiste
;
quelle
mirano
a
mutare
la
forma
politica
,
queste
,
di
giunta
,
l
'
assetto
sociale
dello
Stato
.
Camminano
,
però
,
per
un
pezzo
insieme
;
poiché
le
seconde
credono
di
non
poter
riuscire
a
mutare
l
'
assetto
sociale
dello
Stato
,
senza
averne
innanzi
mutata
la
forma
politica
.
Ora
,
un
fatto
è
certo
,
che
queste
due
minoranze
in
Italia
esistono
;
e
si
organizzano
e
si
agitano
e
si
diffondono
ogni
giorno
più
,
se
è
incerto
quanta
sia
la
forza
rispettiva
di
ciascheduna
.
Ed
un
altro
fatto
,
è
anche
certo
,
che
gl
'
internazionali
non
si
contentano
delle
città
,
e
già
travagliano
le
campagne
;
e
se
le
mie
informazioni
sono
esatte
e
veridiche
,
in
più
d
'
un
luogo
dell
'
Italia
centrale
,
le
relazioni
tra
coloni
e
proprietari
se
ne
risentono
,
ed
hanno
perso
o
vanno
perdendo
l
'
antica
cordialità
e
fiducia
.
Il
Governo
guarda
con
diverso
occhio
coteste
due
minoranze
turbolente
.
Non
già
che
consenta
nel
disegno
delle
une
e
non
in
quello
dell
'
altre
;
le
ripudia
,
in
cuor
suo
,
amendue
.
Ma
nel
sommo
della
bocca
non
discorre
della
minoranza
repubblicana
collo
stesso
cipiglio
e
disprezzo
con
cui
discorre
della
minoranza
socialista
.
In
ciò
non
discorda
dal
primo
Ministero
della
stessa
sua
parte
,
quantunque
questo
finisse
per
alienarsele
e
minacciarle
amendue
.
L
'
effetto
di
cotesta
maniera
di
giudicare
è
,
che
la
minoranza
repubblicana
nella
quale
il
ministero
aveva
già
grandi
amici
prima
,
non
l
'
inimica
ora
;
anzi
,
la
parte
di
quella
,
che
ha
accettato
d
'
entrare
in
Parlamento
,
e
di
giurare
,
aspettando
,
al
re
,
è
il
partito
parlamentare
,
sul
quale
,
sopratutto
oltre
al
piccolo
gruppetto
suo
,
il
Ministero
può
meglio
contare
.
Né
la
minoranza
socialista
,
quantunque
minacciata
,
l
'
osteggia
fieramente
;
primo
punto
,
non
vede
,
gli
effetti
seguire
alle
minaccie
;
poi
quel
tanto
di
favore
indebito
secondo
noi
,
di
libertà
legittima
secondo
il
Ministero
,
ch
'
è
consentito
alle
associazioni
repubblicane
basta
intanto
alle
socialiste
.
Né
la
minoranza
repubblicana
discuto
in
astratto
soltanto
o
aspetta
a
mani
giunte
.
O
molto
,
o
poco
,
o
punto
numerosa
che
la
sia
,
essa
apparecchia
i
due
mezzi
necessari
dell
'
azione
sua
:
l
'
allentare
,
il
dissolvere
,
il
tentar
di
corrompere
la
forza
ordinata
dello
Stato
,
e
l
'
organizzarne
una
sua
.
I
circoli
,
che
hanno
preso
nome
da
un
caporale
,
fellone
contro
il
re
e
i
suoi
compagni
;
i
tiri
a
segno
repubblicani
,
son
prova
di
questa
doppia
azione
.
Il
Ministero
ha
in
vero
tanto
orrore
de
'
primi
,
quanta
è
la
impotenza
che
sente
a
reprimerli
;
e
i
secondi
spera
di
dominare
con
una
legge
generale
sul
tiro
a
segno
,
che
non
avrà
altro
effetto
,
se
non
di
aggiungere
forza
a
quelli
soli
.
È
infatti
assurdo
credere
,
che
il
complesso
dei
cittadini
,
cui
non
muove
una
passione
politica
,
consenta
a
spendere
il
suo
tempo
nel
prendere
una
abitudine
delle
armi
,
dalla
quale
non
aspetta
nessuno
effetto
.
Le
cose
dette
bastano
a
provare
,
che
se
la
maggioranza
è
restia
all
'
agitazione
politica
,
è
aliena
dal
tuffarcisi
,
dal
continuarla
,
v
'
ha
minoranze
ardenti
appunto
a
farlo
esse
;
e
poiché
in
generale
checché
il
Ministero
dica
,
non
sentono
in
esso
un
ostacolo
o
neanche
un
nemico
,
la
disposizione
dei
loro
animi
non
è
quella
stessa
che
sarebbe
,
sapessero
al
governo
un
Ministero
,
che
,
pur
rattenendosi
,
per
ossequio
alla
legge
secondo
che
l
'
intendesse
,
dal
molestarle
,
avesse
e
presso
quelle
e
in
tutto
il
paese
la
riputazione
di
esserne
inimico
risoluto
e
schietto
.
Sarebbe
soverchio
il
dire
,
che
essa
creda
il
Ministero
consenziente
,
come
di
certo
non
è
;
ma
sarebbe
anche
falso
l
'
asserire
,
ch
'
esse
vi
vedano
una
di
quelle
barriere
che
non
si
saltano
.
La
minoranza
repubblicana
immagina
che
una
parte
non
picciola
di
coloro
i
quali
già
le
appartenevano
ed
ora
si
sono
dilungati
da
essa
,
non
dissentono
però
da
questo
concetto
,
che
,
cioè
,
ove
la
repubblica
deva
venire
per
effetto
d
'
una
deliberazione
del
paese
lentamente
maturata
,
tranquillamente
effettuata
,
non
vi
sia
nulla
a
ridire
.
Il
che
sarebbe
vero
,
un
'
esperienza
già
lunga
non
insegnasse
che
deliberazione
del
paese
vuol
dire
volontà
di
pochi
,
imposta
a
molti
,
od
a
tutti
;
e
se
la
compagine
così
recente
dell
'
Italia
ricostituita
potesse
resistere
alla
prova
a
cui
la
si
sfida
.
Noi
abbiamo
,
dunque
,
minoranze
vogliose
di
disfare
,
una
maggioranza
svogliata
di
affrontarle
,
ed
un
Governo
a
cui
quelle
si
affidano
più
che
questa
.
D
'
altra
parte
,
se
noi
guardiamo
fuori
delle
parti
politiche
,
non
troviamo
nulla
che
temperi
il
danno
della
situazione
di
quelle
.
L
'
Italia
è
stata
sorretta
in
tutto
il
suo
cammino
sinora
da
una
condizione
di
cose
nel
rimanente
d
'
Europa
,
che
l
'
è
stata
favorevole
in
due
rispetti
.
In
primo
luogo
il
moto
nazionale
e
liberale
,
che
ha
avuto
un
ripiglio
fortunato
in
Italia
nel
1859
,
si
vide
seguìto
da
moti
consimili
nel
resto
d
'
Europa
.
Dopo
il
1859
,
la
libertà
costituzionale
,
accreditata
presso
di
noi
dagli
eccellenti
suoi
frutti
,
prese
piede
in
Austria
;
l
'
Ungheria
ritrovò
un
assetto
nazionale
;
il
Governo
dell
'
imperatore
Napoleone
s
'
allentò
,
e
cominciò
ad
accogliere
alcuni
de
'
principi
e
norme
dei
regimi
liberi
;
la
Germania
accelerò
,
confermò
un
riordinamento
nazionale
più
vigoroso
.
In
secondo
luogo
,
noi
non
restammo
mai
soli
;
fummo
prima
colla
Francia
contro
l
'
Austria
;
poi
contro
questa
stessa
colla
Germania
;
infine
,
compimmo
la
nostra
impresa
se
non
con
piacere
di
tutti
,
senza
opposizione
di
nessuno
.
Oggi
,
nei
due
rispetti
,
la
situazione
è
mutata
.
Noi
non
troviamo
né
nell
'
interno
degli
Stati
una
condizione
,
un
avviamento
conforme
a
quello
dello
Stato
nostro
,
né
nelle
relazioni
di
nessuno
degli
Stati
forestieri
un
concorso
,
un
aiuto
a
qualcuno
dei
nostri
interessi
,
senza
dire
che
neanche
di
questi
si
vede
un
'
idea
chiara
e
precisa
,
né
nel
Governo
né
nel
paese
.
L
'
amicizia
dell
'
Austria
,
la
più
utile
per
noi
,
poiché
nessun
'
altra
ci
permette
meglio
di
attendere
con
successo
e
quiete
agli
affari
nostri
,
c
'
è
messa
a
pericolo
e
dalla
sua
politica
nell
'
Oriente
,
a
cui
noi
non
ci
possiamo
associare
senza
danno
,
e
dalla
condotta
del
Governo
italiano
,
che
lascia
ad
una
parte
politica
,
la
quale
infine
mette
capo
a
Garibaldi
e
si
collega
col
Ministero
stesso
,
minacciare
alcune
Provincie
austriache
,
solo
perché
in
tutto
o
in
parte
abitate
da
Italiani
.
La
politica
interna
della
Germania
è
costretta
dal
socialismo
a
pigliare
un
indirizzo
affatto
contrario
a
quello
in
cui
siamo
noi
,
ed
a
stringere
i
freni
,
dove
noi
diciamo
,
che
non
ve
ne
sia
;
né
la
sua
politica
estera
è
meno
alienata
dalla
nostra
,
poiché
quella
è
tanto
chiara
quanto
la
nostra
è
buia
;
e
durante
tutta
la
crisi
orientale
,
e
prima
e
innanzi
e
durante
il
Congresso
,
s
'
è
visto
che
i
tentativi
del
Ministero
italiano
di
prendere
a
guida
la
Germania
son
sempre
falliti
,
poiché
questa
non
intendeva
fare
da
guida
.
S
'
aggiunge
che
il
Governo
germanico
non
può
ora
essere
senza
qualche
grave
sospetto
verso
di
noi
,
poiché
teme
che
tutta
la
nostra
condizione
interna
ci
cacci
verso
la
Francia
,
e
ci
avvicini
questa
necessariamente
.
E
certo
è
così
ma
in
verità
essa
ci
avvicina
in
Francia
piuttosto
a
u
partito
che
non
a
tutto
il
paese
;
e
quantunque
quel
partito
abbia
ora
il
disopra
,
e
l
'
avrà
per
qual
che
tempo
,
la
sua
fortuna
non
è
la
migliore
àncora
di
salvezza
per
noi
,
anzi
può
diventare
la
maggiore
spinta
ad
una
rovina
precipitosa
nell
'
intorno
del
nostro
Stato
in
uno
di
quei
sussulti
e
sobbalzi
che
arrivano
improvvisi
,
e
scuotono
sin
dalle
fondamenta
gli
Stati
,
già
preparati
a
saltar
da
una
lunga
debolezza
del
Governo
.
Questa
cattiva
situazione
estera
,
nuova
nella
storia
del
nostro
Regno
,
concorre
a
schiacciare
,
ad
intorpidire
gli
spiriti
.
Sentire
di
essere
diventati
grossi
e
rimasti
piccoli
insieme
,
soffoca
,
angoscia
,
dissolve
.
Un
paese
non
respira
largamente
,
non
vive
prosperoso
se
non
lo
consola
il
pensiero
ch
'
esso
è
qualcosa
e
per
qualcosa
al
mondo
.
I
popoli
,
come
le
persone
singole
,
muoiono
chiusi
in
sé
medesimi
.
Ora
,
noi
non
sappiamo
dove
il
nostro
nome
oggi
,
dove
la
nostra
influenza
arrivi
ed
abbia
,
non
ch
'
altre
,
un
senso
.
Il
mondo
è
per
noi
lo
spazio
,
donde
ci
sentiamo
,
son
per
dire
,
esclusi
.
Non
è
meraviglia
,
che
nessuna
nostra
operosità
sia
eccitata
,
rinfrancata
da
una
tal
condizione
di
cose
dentro
e
di
fuori
.
L
'
agitazione
politica
,
non
consentita
da
tutto
il
paese
,
non
l
'
avviva
,
ma
l
'
assonna
;
la
sua
fibra
non
ne
è
fatta
più
sensibile
ma
più
indolente
.
Se
la
sicurezza
degli
animi
è
per
poco
scossa
,
e
la
mente
pubblica
è
tenuta
sospesa
da
disegni
vari
e
confusi
,
e
delle
molte
vie
,
che
le
si
tracciano
dinanzi
,
non
gliene
s
'
apre
nessuna
,
e
si
diffonde
una
mala
soddisfazione
di
tutto
e
di
tutti
,
e
non
si
vede
uomo
,
nella
cui
mano
s
'
abbia
fede
,
e
tutto
diventa
falso
e
posticcio
,
lodi
e
biasimi
,
-
l
'
effetto
può
essere
uno
solo
:
che
ciascuno
aspetta
e
nessuno
fa
.
Sarebbe
uno
studio
grandemente
utile
e
d
'
infinito
interesse
l
'
andare
additando
i
riflessi
di
questa
generale
disposizione
di
spirito
nei
commerci
,
nelle
industrie
,
nelle
amministrazioni
dello
Stato
,
delle
Provincie
,
dei
Comuni
,
nelle
scuole
,
nei
libri
,
in
tutto
il
moto
morale
e
intellettuale
del
paese
,
ma
non
è
il
mio
pensiero
d
'
entrare
qui
in
questo
studio
.
Mi
piace
rimanere
nella
sfera
dell
'
azione
governativa
;
della
quale
quando
fosse
mutato
l
'
indirizzo
,
io
credo
cotesta
disposizione
morale
degli
spiriti
si
correggerebbe
.
Poiché
,
l
'
azione
del
Governo
sull
'
andamento
d
'
una
società
non
è
sempre
ugualmente
potente
,
nei
casi
,
nei
quali
la
magagna
,
che
vizia
un
paese
,
è
quella
che
s
'
è
detto
,
-
una
spossatezza
grande
della
maggioranza
,
e
un
'
irrequietezza
crescente
delle
minoranze
,
-
e
lo
Stato
è
recente
e
s
'
è
,
come
il
nostro
,
eretto
su
un
gran
sentimento
nazionale
,
dipende
dalla
condotta
del
Governo
poca
meno
che
in
tutto
,
il
risanarlo
e
il
ridargli
la
lena
.
Ma
ciò
non
possono
i
Governi
,
i
quali
,
in
luogo
d
'
assumere
iniziative
grandi
,
le
schivano
tutte
;
e
in
luogo
di
esercitare
sul
paese
i
poteri
che
sono
la
tutela
naturale
di
questo
,
vi
rinunciano
.
Ora
,
questo
appunto
è
il
caso
nostro
.
Il
Ministero
,
sollecito
di
promettere
e
presentare
leggi
,
che
stuzzicano
gli
appetiti
malsani
,
intanto
,
raggrinza
le
funzioni
sue
;
ed
ha
aria
d
'
un
uomo
che
,
piegato
,
le
braccia
,
guarda
molte
forze
disordinate
contendersi
il
predominio
,
curioso
di
vedere
quale
deva
prevalere
infine
.
Questa
indifferenza
gli
pare
una
virtù
e
una
dottrina
;
e
da
essa
è
nata
tutta
la
sua
teorica
dei
doveri
,
che
gl
'
incombono
rispetto
alle
associazioni
repubblicane
,
le
quali
lascia
così
tranquillamente
ordinare
e
largamente
diffondere
.
II
Ora
,
rinviando
ad
altre
occasioni
il
penetrare
più
addentro
nello
spirito
pubblico
,
e
il
riguardarne
più
lati
,
io
voglio
esaminare
qui
,
se
la
teorica
esposta
e
seguita
dal
Ministero
su
questo
punto
è
vera
,
e
quali
sono
i
pericoli
ch
'
essa
possa
produrre
.
Altri
soggetti
,
in
effetti
,
possono
essere
più
dilettevoli
,
ma
nessuno
più
urgente
.
Ora
,
a
me
non
pare
che
la
dottrina
del
Governo
sia
vera
,
né
che
sia
a
dirittura
impossibile
il
ritrovare
una
dottrina
giusta
su
questo
soggetto
delle
associazioni
e
il
praticarla
con
rettitudine
,
senza
indulgenze
colpevoli
o
violenze
arbitrarie
.
Che
è
lo
Stato
?
è
una
associazione
naturale
,
primigenia
e
necessaria
,
nella
quale
le
relazioni
tra
quelli
che
lo
compongono
sono
determinate
dal
diritto
e
dall
'
utilità
,
e
siffattamente
ordinata
,
da
potere
estrinsecare
tutti
i
poteri
e
compiere
tutte
le
funzioni
,
che
sono
richieste
dal
grado
di
sviluppo
intellettuale
e
morale
dei
suoi
membri
,
e
conferiscano
a
mantenerlo
,
a
migliorarlo
.
Ora
,
in
cotesto
Stato
è
possibile
che
alcuni
cittadini
,
più
o
meno
,
combinino
associazioni
particolari
,
distinte
da
quella
generale
di
cui
fanno
parte
tutti
,
e
destinate
a
conseguire
fini
loro
propri
e
a
promuovere
interessi
comuni
,
sia
materiali
,
sia
ideali
,
i
quali
stiano
principalmente
a
cuore
di
quei
tanti
che
s
'
uniscono
.
In
che
differiscono
queste
associazioni
particolari
da
quelle
generali
?
In
ciò
,
che
nessuna
di
esse
mette
i
cittadini
,
che
vi
si
combinano
,
in
tutte
le
relazioni
,
nelle
quali
stanno
coloro
i
quali
formano
l
'
associazione
generale
;
che
ciascuna
li
mette
solo
in
alcune
relazioni
meramente
volontarie
e
punto
necessarie
;
e
che
infine
non
hanno
propriamente
poteri
,
non
quando
e
dove
l
'
associazione
generale
o
lo
Statuto
,
dentro
cui
stanno
,
vuole
o
permette
che
gli
abbiano
,
e
ne
gli
investe
,
e
ad
ogni
modo
questi
stessi
poteri
non
gli
esercitano
,
se
non
verso
i
loro
componenti
o
verso
chi
entra
in
una
relazione
giuridica
con
esse
,
e
a
tempo
e
a
certi
precisi
patti
dai
quali
ha
sempre
modo
,
più
o
men
facile
,
chi
vuole
di
disciogliersi
o
prima
o
poi
.
Coteste
associazioni
particolari
,
adunque
,
sono
dentro
lo
Stato
,
e
in
tanto
possono
esistere
,
in
quanto
questo
esiste
.
Par
quindi
chiaro
che
sino
a
che
il
loro
fine
o
si
restringe
a
promuovere
l
'
utilità
de
'
lor
propri
componenti
,
o
ha
anche
in
mira
uno
degl
'
interessi
comuni
dello
Stato
,
l
'
associazione
generale
dei
cittadini
,
onde
questo
è
costituito
,
non
ha
ragione
d
'
impedirle
o
d
'
incagliarle
,
e
farebbe
danno
a
sé
stessa
,
ove
lo
tentasse
;
ma
quando
esse
prendessero
per
loro
oggetto
il
distruggere
l
'
organismo
dello
Stato
nelle
sue
parti
essenziali
,
l
'
associazione
generale
dei
cittadini
o
lo
Stato
lascierebbe
ledere
il
diritto
di
tutti
,
non
le
fermasse
o
le
reprimesse
.
Quali
sono
queste
parti
essenziali
dell
'
organismo
dello
Stato
,
cui
le
associazioni
particolari
non
possono
attentare
?
Prima
,
la
costituzione
stessa
dei
suoi
poteri
pubblici
;
poi
,
i
principi
fondamentali
su
cui
posa
la
sua
costituzione
sociale
,
la
proprietà
,
per
mo
'
d
'
esempio
,
e
la
famiglia
:
ché
non
intendo
annoverarli
tutti
.
Se
quindi
volessero
formarsi
associazioni
particolari
,
le
quali
avessero
per
loro
intento
e
in
qualunque
modo
di
distruggere
l
'
organismo
politico
o
sociale
dello
Stato
,
esse
non
sarebbero
né
legittime
,
né
legali
;
e
lo
Stato
,
che
ha
l
'
obbligo
di
tutelar
sé
medesimo
,
come
l
'
instituzione
nella
quale
vivono
tutte
,
ha
per
conseguenza
il
diritto
d
'
impedire
che
associazioni
particolari
siffatte
si
estendano
e
si
diffondano
.
In
una
monarchia
,
quindi
,
le
associazioni
repubblicane
non
hanno
diritto
d
'
esistere
,
come
in
una
repubblica
non
hanno
diritto
di
esistere
le
monarchiche
:
e
né
in
una
repubblica
,
né
in
una
monarchia
,
del
cui
assetto
sociale
la
proprietà
individuale
sia
fondamento
,
hanno
diritto
di
esistere
associazioni
intese
a
negarla
.
Quelle
,
o
repubblicane
in
una
monarchia
,
o
monarchiche
in
una
repubblica
,
attaccano
nell
'
essenza
sua
l
'
organismo
politico
dello
Stato
;
queste
,
il
cui
scopo
è
di
non
riconoscere
altra
proprietà
se
non
comune
a
tutta
insieme
la
società
in
uno
od
altro
modo
,
ne
distruggono
l
'
assetto
sociale
.
Tali
associazioni
vogliono
dire
rivoluzione
.
La
rivoluzione
può
essere
un
fato
storico
,
e
avere
ragione
in
una
necessità
che
soprasta
i
singoli
Stati
,
e
li
trascina
tutti
;
ma
nessuno
Stato
è
in
grado
di
riconoscere
alla
rivoluzione
il
diritto
di
rovesciarlo
,
o
mandarlo
sossopra
.
Se
l
'
associazione
,
distruttiva
dell
'
organismo
dello
Stato
,
non
può
essere
ammessa
in
nessuno
Stato
,
invece
quella
che
,
senza
attentare
a
quell
'
organismo
,
o
n
'
aiuta
la
vita
,
nel
campo
intellettuale
,
morale
o
economico
,
o
mira
a
perfezionarla
,
è
tale
,
che
nessuno
Stato
può
a
dirittura
escluderla
o
vietarla
in
tutto
e
per
tutto
.
Come
istrumento
,
insomma
,
obbligatorio
e
forzato
ovvero
spontaneo
e
libero
dello
sviluppo
intimo
dell
'
associazione
generale
,
le
associazioni
particolari
sono
più
o
meno
lecite
;
come
mezzo
di
dissolvere
l
'
associazione
generale
,
sono
affatto
illecite
.
E
dico
più
o
meno
,
non
avendo
riguardo
ad
una
legittimità
ideale
;
bensì
a
quella
reale
,
che
vien
loro
dall
'
organismo
reale
dello
Stato
nel
quale
esistono
.
Quantunque
molte
cose
si
possano
continuare
a
dire
,
le
quali
s
'
attagliano
ad
ogni
associazione
del
pari
,
pure
è
bene
restringere
il
discorso
a
quelle
politiche
:
e
poiché
queste
,
le
quali
hanno
per
loro
oggetto
gli
affari
pubblici
,
possono
proporsi
,
sia
l
'
educazione
politica
delle
persone
che
ne
fanno
o
non
ne
fanno
parte
,
sia
d
'
esercitare
un
'
immediata
influenza
sull
'
andamento
dello
Stato
,
restringiamo
il
discorso
a
quest
'
ultime
.
Così
,
le
associazioni
monarchiche
in
una
repubblica
o
repubblicane
in
una
monarchia
,
come
quelle
che
mirano
ad
una
rivoluzione
sociale
,
sono
evidentemente
di
questo
secondo
genere
.
Il
loro
fine
non
è
di
discutere
sui
temi
ideali
della
monarchia
,
della
repubblica
,
o
della
proprietà
;
non
è
la
libertà
della
discussione
che
esse
dimandano
,
mettiamo
,
che
anche
quando
chiedessero
soltanto
questa
,
si
potrebbe
lor
concedere
intera
;
è
la
libertà
di
aggruppare
uomini
e
d
'
apparecchiare
mezzi
a
produrre
un
effetto
pratico
e
determinato
,
quello
di
convertire
una
repubblica
in
una
monarchia
,
una
monarchia
in
una
repubblica
,
ovvero
una
società
in
cui
ciascuno
è
o
può
essere
proprietario
,
in
una
nella
quale
non
possa
essere
proprietaria
che
la
società
stessa
.
Non
si
può
affermare
che
un
'
associazione
non
possa
apparecchiare
mezzi
ed
aggruppare
uomini
;
si
tratta
soltanto
di
sapere
possa
legalmente
aggrupparne
a
questi
fini
.
E
frantende
chi
assimila
la
libertà
speciale
,
che
coteste
associazioni
chiedono
,
a
quella
della
stampa
o
della
parola
colla
quale
non
ha
veramente
nulla
a
che
fare
.
Al
più
la
libertà
della
stampa
e
della
parola
è
uno
dei
mezzi
di
quella
;
è
uno
dei
modi
d
'
esercizio
di
quella
:
ed
uno
de
'
più
valevoli
.
Si
può
lasciare
a
'
cittadini
libertà
di
scrivere
intorno
all
'
utilità
di
surrogare
la
monarchia
alla
repubblica
o
viceversa
,
o
di
parlarne
;
e
pure
,
non
lasciar
loro
quella
di
associarsi
a
fine
di
produrre
l
'
effetto
del
quale
scrivono
o
parlano
.
Io
ho
detto
che
questa
libertà
non
si
deva
lasciarla
loro
.
Devo
dire
di
più
:
lo
Stato
non
ha
,
non
che
l
'
obbligo
,
neanche
il
diritto
di
lasciargliela
.
L
'
associazione
politica
particolare
,
che
la
richiede
,
è
in
contraddizione
con
quella
generale
nel
cui
seno
e
dei
cui
ordini
vive
.
Né
è
a
dire
che
l
'
associazione
generale
è
tirannica
,
toglie
questa
libertà
a
taluni
de
'
suoi
componenti
.
Lo
Stato
non
esiste
perché
altri
gli
usi
indulgenza
o
perché
esso
n
'
usi
altrui
;
non
è
un
'
instituzione
che
può
essere
o
no
,
e
che
è
o
no
,
perché
piace
o
per
piacere
.
Lo
Stato
è
perché
dev
'
essere
,
ed
ha
un
suo
fondamento
di
diritto
.
Non
può
consentire
a
scalzarlo
colle
sue
mani
;
non
può
menomarne
la
dignità
consentendo
che
una
sua
parte
lo
neghi
non
solo
,
chieda
ad
esso
stesso
di
dar
mano
alla
negazione
che
n
'
è
fatta
.
Ma
v
'
ha
di
più
ancora
.
L
'
associazione
particolare
,
che
si
propone
per
iscopo
la
distruzione
dello
Stato
o
d
'
una
delle
suo
istituzioni
fondamentali
,
non
si
contenta
di
un
valore
proporzionato
al
valore
reale
dell
'
idea
che
rappresenta
e
delle
persone
che
la
compongono
,
ma
n
'
acquista
in
apparenza
una
molto
maggiore
.
Per
ciò
stesso
,
che
la
sua
mira
è
il
mutare
e
il
sovvertire
,
tutti
gli
elementi
mobili
dello
Stato
sono
naturalmente
tratti
ad
aggrupparlesi
intorno
.
Essa
crea
una
falsa
apparenza
di
forza
,
dirimpetto
alla
quale
quella
dello
Stato
appare
diminuita
dapprima
,
e
poi
diventa
davvero
minore
che
non
dovrebbe
,
quando
si
riguardi
alla
somma
degl
'
interessi
che
ha
in
cura
,
o
al
numero
dei
cittadini
,
che
in
realtà
continuano
a
commetterle
i
propri
e
fanno
sopra
essa
il
fondamento
della
lor
vita
.
Sicché
queste
associazioni
particolari
,
non
che
giovare
allo
sviluppo
dello
Stato
nel
suo
complesso
,
ed
esercitare
in
quello
un
'
influenza
rispondente
alla
verità
e
schiettezza
dei
loro
intenti
,
turbano
l
'
assetto
morale
dello
Stato
e
lo
capovolgono
.
S
'
apparecchiano
a
creare
lo
Stato
nuovo
,
del
quale
si
struggono
,
coll
'
abbuiare
quello
in
cui
vivono
,
coll
'
alterarne
,
a
dirla
altrimenti
,
la
coscienza
,
le
sembianze
e
le
aspettazioni
,
ed
empire
di
falsi
vederi
la
cittadinanza
.
Voglio
di
ciò
che
scrivo
un
testimone
irrefragabile
,
dopo
le
cui
parole
nessuno
,
credo
,
negherà
che
coteste
associazioni
,
le
quali
non
hanno
diritto
di
esistere
,
sono
anche
estremamente
nocive
se
son
lasciate
esistere
.
Quando
Genet
,
il
ministro
cittadino
,
fu
mandato
dalla
Repubblica
francese
,
nel
1793
,
agli
Stati
Uniti
d
'
America
,
in
apparenza
per
ottenervi
soltanto
licenza
di
armare
navi
di
corsa
contro
Stati
coi
quali
quegli
erano
in
pace
e
la
Francia
in
guerra
,
in
realtà
per
trarre
gli
Stati
a
collegarsi
con
questa
,
portò
seco
le
abitudini
turbolente
della
patria
donde
veniva
,
e
poiché
trovava
Governo
serio
,
tentò
d
'
inoculare
nel
popolo
,
di
cui
era
ospite
,
le
follie
furiose
del
suo
.
Per
sua
istigazione
,
anzi
la
prima
in
Filadelfia
a
dirittura
sotto
la
sua
presidenza
,
vi
si
cominciarono
a
fondare
associazioni
politiche
,
chiamate
Società
democratiche
,
sull
'
esempio
dei
clubs
giacobini
della
Francia
.
Ora
,
si
badi
prima
che
queste
non
erano
già
intese
a
convertire
una
monarchia
in
una
repubblica
,
bensì
a
influire
sulla
repubblica
alterando
l
'
indirizzo
del
Governo
e
forse
alcuni
dei
congegni
delle
istituzioni
;
e
pure
,
ecco
come
le
giudicava
il
Washington
,
già
presidente
allora
per
la
seconda
volta
:
"
Che
queste
Società
siano
state
instituite
dai
più
artificiosi
ed
ambiziosi
dei
loro
membri
(
parecchi
dei
quali
,
non
ne
dubito
,
pensano
bene
,
ma
sanno
poco
de
'
disegni
effettivi
)
principalmente
per
gettare
tra
il
popolo
semi
di
gelosia
e
di
sfiducia
verso
il
Governo
,
col
distruggere
ogni
confidenza
nell
'
amministrazione
di
esso
,
e
che
tali
dottrine
d
'
allora
in
poi
siano
pullulate
ed
abbian
fiorito
sempre
più
,
non
riesce
nuovo
a
nessuno
,
il
quale
conosca
il
carattere
dei
capi
di
quelle
ed
abbia
atteso
alle
loro
manovre
.
Vi
può
egli
essere
niente
di
più
assurdo
,
di
più
arrogante
,
di
più
pernicioso
alla
pace
della
società
,
che
cotesto
costituirsi
di
corpi
creati
da
se
stessi
a
censori
permanenti
,
e
cotesto
risolvere
nell
'
ombra
della
notte
,
in
un
conciliabolo
,
che
atti
del
Congresso
,
i
quali
hanno
subìta
la
più
ponderata
e
solenne
discussione
per
parte
de
'
rappresentanti
del
popolo
,
eletti
appunto
ed
espressamente
a
ciò
,
e
che
portan
seco
dalle
diverse
parti
dell
'
Unione
il
sentimento
dei
loro
elettori
,
e
si
sforzano
,
sin
dove
la
natura
della
cosa
l
'
ammette
,
a
formulare
la
volontà
di
quelli
in
leggi
per
il
governo
dell
'
intero
paese
;
io
dico
,
in
circostanze
siffatte
,
un
corpo
permanente
(
perché
nessuno
nega
il
diritto
del
popolo
di
riunirsi
in
certe
occasioni
per
fare
,
petizione
di
un
atto
qualsiasi
della
legislatura
,
o
rimostrarvi
contro
)
creatosi
da
sé
medesimo
dovrà
poter
dichiarare
che
quest
'
atto
è
incostituzionale
,
e
che
quest
'
atto
è
pieno
di
danni
,
e
che
tutti
quelli
i
quali
votano
contro
i
loro
dommi
sono
mossi
da
motivi
egoisti
o
sottostanno
ad
influenze
forestiero
,
anzi
meglio
,
son
traditori
del
loro
paese
?
Un
tale
eccesso
di
presunzione
arrogante
si
può
egli
conciliare
con
motivi
lodevoli
,
in
ispecie
quando
noi
vediamo
la
stessa
categoria
d
'
uomini
sforzarsi
a
distruggere
ogni
confidenza
nell
'
amministrazione
,
coll
'
accusare
tutti
i
suoi
atti
,
senza
sapere
su
qual
fondamento
o
con
quale
informazione
essa
proceda
?
"
E
pochi
anni
innanzi
egli
non
s
'
era
espresso
altrimenti
rispetto
ad
alcune
Società
,
elle
si
solevano
costituire
in
Virginia
per
discutere
quistioni
politiche
,
esaminare
provvedimenti
pubblici
e
dare
istruzioni
delegati
alla
legislatura
:
e
aveva
rimproverato
un
suo
nipote
d
'
averci
parte
.
E
qui
,
si
badi
di
nuovo
,
Washington
non
accenna
punto
ad
associazioni
,
le
quali
si
proponessero
di
distruggere
la
costituzione
degli
Stati
Uniti
non
gli
passano
neanche
per
la
mente
.
Sono
associazioni
intese
a
vigilare
l
'
andamento
del
Governo
e
a
forzarlo
,
coll
'
influenza
dell
'
opinione
,
a
seguire
vie
e
a
lasciarsi
condurre
da
uomini
secondo
il
loro
cuore
.
E
gli
paiono
pessime
.
Ora
,
a
me
pare
altresì
che
sieno
per
lo
più
o
possano
,
riuscire
tali
;
ma
non
le
dico
,
queste
,
illecite
.
E
il
Washington
dice
il
perché
gli
paiono
tali
.
Createsi
da
sé
,
non
sentono
responsabilità
verso
nessuno
;
sono
permanenti
e
quindi
non
soggette
alle
inclinazioni
diverse
e
mutevoli
dei
partiti
stessi
che
presumono
di
rappresentare
;
ignorano
il
complesso
delle
condizioni
dello
Stato
;
sono
naturalmente
tratte
a
screditare
il
Governo
,
ed
esercitano
un
'
influenza
sproporzionata
al
loro
valore
e
peso
,
e
getta
a
tutte
le
corruttele
delle
passioni
e
dell
'
ingordigia
privata
.
Ora
,
questi
motivi
di
danno
si
riscontrano
tutti
nelle
associazioni
che
dicevo
illecite
;
e
vi
s
'
aggiunge
la
manifesta
contraddizione
del
loro
fine
col
fine
generale
e
necessario
dello
Stato
,
contraddizione
la
quale
deve
avere
per
suo
necessario
effetto
l
'
accrescere
a
più
doppi
ed
esacerbare
quanto
v
'
ha
già
di
maligno
in
quelle
lecito
.
Uno
scrittore
di
molto
valore
,
il
Lieber
,
pare
che
contraddica
il
Washington
,
nella
cui
patria
ha
pure
scritto
e
attinto
la
molta
sua
dottrina
politica
.
Pure
,
chi
guardi
bene
,
non
è
così
.
Egli
dice
molto
ragionevolmente
,
che
connesso
col
diritto
de
'
cittadini
di
mandar
petizioni
al
Parlamento
non
è
solo
quello
di
riunirsi
pacificamente
e
di
prendere
in
considerazione
gli
affari
pubblici
,
ma
quello
altresì
di
organizzarsi
in
associazioni
intese
a
fini
politici
,
religiosi
,
sociali
,
scientifici
,
industriali
,
commerciali
o
di
cultura
.
L
'
ammetto
;
ma
il
Lieber
aggiunge
subito
che
questo
diritto
può
diventare
pericoloso
,
e
leggi
sono
spesso
necessarie
a
proteggere
la
società
contro
l
'
abuso
di
esso
,
come
sa
perfettamente
bene
chiunque
ha
la
minima
convinzione
della
condotta
dei
clubs
nella
prima
rivoluzione
di
Francia
.
Cotesto
abuso
possibile
non
lo
distoglie
però
dall
'
accettarne
l
'
uso
,
poiché
gli
pare
che
il
principio
associativo
sia
un
elemento
di
progresso
,
di
protezione
e
di
attività
efficace
.
Ma
dov
'
entra
a
darne
prove
ed
esempi
,
ecco
le
associazioni
che
cita
.
Innanzi
tutto
cita
la
lega
contro
la
legge
de
'
cereali
in
Inghilterra
"
che
,
con
isforzi
giganteschi
,
venne
infine
a
capo
d
'
introdurre
il
libero
commercio
dei
grani
contro
il
più
forte
e
il
più
privilegiato
corpo
di
proprietari
di
terre
che
sia
probabilmente
esistito
mai
,
nei
tempi
antichi
o
moderni
"
;
cita
l
'
associazione
per
l
'
Emendazione
della
legge
"
,
la
quale
già
pareva
a
lui
,
nel
1859
,
avesse
prodotto
molti
benefici
effetti
;
e
per
gli
Stati
Uniti
cita
la
società
di
colonizzazione
,
"
una
privata
società
che
,
fondando
un
nuovo
Stato
,
sarà
di
grande
influenza
nel
diffondere
la
civiltà
,
una
società
che
,
conforme
alla
dichiarazione
liberiana
d
'
indipendenza
,
ha
nobilmente
ed
in
perfetta
fede
adempiuto
i
suoi
obblighi
"
,
e
cita
infine
le
associazioni
ecclesiastiche
,
per
le
quali
è
mantenuto
ciascun
culto
da
'
fedeli
stessi
.
Bene
sta
;
non
una
sola
associazione
di
quelle
che
il
Washington
biasima
,
e
ci
paiono
pur
lecite
;
non
una
sola
di
quelle
che
sono
intrinsecamente
illecite
,
e
che
il
Washington
non
immagina
neanche
.
E
s
'
intende
che
non
avendo
l
'
occhio
se
non
ad
associazioni
,
le
quali
,
in
un
fine
economico
,
morale
intellettuale
,
si
propongono
,
non
di
distruggere
lo
Stato
,
e
neppure
di
tirarne
a
sé
il
governo
,
ma
di
svilupparne
e
fecondarne
la
vita
,
il
Lieber
esca
in
quest
'
inno
:
"
Non
v
'
ha
nulla
che
su
una
persona
la
quale
arrivi
per
la
prima
volta
dal
continente
europeo
,
sia
negli
Stati
Uniti
,
sia
in
Inghilterra
faccia
più
viva
impressione
che
gl
'
infiniti
segni
e
prove
di
uno
spirito
associativo
,
penetrante
da
per
tutto
,
in
ogni
campo
d
'
operosità
reale
e
pratica
,
dalle
compagnie
e
società
commerciali
,
poco
meno
che
universali
,
dalle
banche
mutue
degli
artigiani
,
o
d
'
ogni
altra
natura
,
sino
a
quelle
associazioni
non
officiali
,
ma
nazionali
,
che
s
'
elevano
a
vera
grandezza
.
Cancellate
dall
'
Inghilterra
o
dall
'
America
questa
fattezza
o
principio
,
e
non
vi
vivrà
più
quello
stesso
popolo
fiducioso
di
sé
,
vigoroso
,
indomabilmente
operoso
.
Lo
spirito
di
governo
per
sé
stesso
sarebbe
ito
.
In
Francia
prevale
uno
spirito
opposto
.
Non
solo
il
Governo
crede
di
dover
tener
ogni
cosa
sotto
la
sua
mano
;
ma
il
popolo
stesso
non
s
'
acconcia
a
credere
nel
successo
sino
a
che
il
Governo
non
abbia
fatta
sua
l
'
intrapresa
"
.
All
'
Inghilterra
e
agli
Stati
Uniti
il
Lieber
contrappone
la
Francia
;
ai
due
paesi
nei
quali
ha
lodato
esempi
di
associazione
che
concorrono
collo
Stato
nello
sviluppo
della
vita
nazionale
,
contrappone
quello
in
cui
hanno
sopratutto
fiorito
,
con
sì
dannosa
copia
e
tra
repressioni
così
ripetute
,
le
associazioni
,
delle
quali
il
Washington
si
lagna
,
o
che
violano
il
diritto
pubblico
nella
sua
fonte
stessa
.
E
di
fatti
,
più
da
una
parte
le
associazioni
politiche
,
perniciose
o
illegali
,
fioriscono
,
e
più
dall
'
altra
vengon
meno
,
e
s
'
insteriliscono
,
intristiscono
la
associazioni
della
natura
di
quelle
che
il
Lieber
loda
.
Questo
sono
il
grano
;
quelle
il
loglio
.
Pure
,
corre
per
le
bocche
di
tutti
,
a
difesa
di
siffatte
associazioni
,
una
di
quelle
sentenze
che
i
politici
mediocri
ripetono
con
infinita
compiacenza
,
perché
al
loro
piccolo
criterio
paiono
d
'
una
evidenza
perfetta
,
e
tale
da
ammutolire
ogni
avversario
.
Questa
sentenza
è
che
siffatte
associazioni
giova
il
lasciarle
formare
,
poiché
impediscono
che
si
formino
le
sette
.
Io
dubito
se
persino
,
questo
vantaggio
sia
tale
da
dovere
permettere
che
associazioni
contro
la
forma
politica
o
l
'
assetto
sociale
dello
Stato
si
formino
,
con
violazione
del
diritto
dello
Stato
stesso
;
giacché
di
quelle
intese
a
dirigere
a
lor
posta
il
governo
,
per
quanto
possano
riuscire
rincrescevoli
e
corrompere
in
qualche
rispetto
la
vita
pubblica
,
io
non
affermo
che
si
possano
in
tutto
e
per
tutto
vietare
.
Il
Foscolo
ha
sentito
che
"
per
fare
l
'
Italia
bisogna
disfare
le
sette
"
;
e
tali
associazioni
,
raggiugnendo
questo
secondo
effetto
,
ci
facessero
conseguire
il
primo
,
qualche
ragione
di
benedirle
ci
sarebbe
pure
.
Ma
il
vero
è
che
ciò
non
succede
punto
.
In
primo
luogo
,
le
associazioni
contro
lo
Stato
non
sono
pubbliche
che
in
apparenza
.
Sono
sette
o
combinazioni
segrete
,
le
quali
non
si
giovano
della
pubblicità
che
loro
consente
il
Governo
,
se
non
in
picciola
parte
e
superficialmente
.
Come
il
lor
fine
non
è
tale
che
tutti
i
mezzi
se
ne
possano
,
per
quanta
sia
la
debolezza
del
Governo
,
palesemente
ammannire
,
ciascuna
di
esse
termina
e
si
compie
con
una
organizzazione
settaria
,
che
diventa
il
suo
istrumento
più
efficace
e
più
valido
.
Se
sarebbe
forse
erroneo
l
'
affermare
che
nessuna
setta
sia
nata
mai
se
non
da
un
'
associazione
politica
anarchica
,
la
quale
abbia
pubblicamente
,
alla
luce
del
sole
,
lavorato
per
maggior
o
minor
tempo
,
è
certamente
non
vero
che
le
sette
non
durino
ed
esistano
insieme
colle
associazioni
,
e
non
sopravvivano
più
o
meno
lungamente
a
queste
quando
sono
soppresse
.
Così
l
'
esempio
della
Francia
,
durante
la
sua
prima
rivoluzione
,
come
l
'
esempio
attuale
degli
Stati
Uniti
si
può
pure
riconoscere
che
l
'
associazione
meramente
politica
o
della
natura
così
uggiosa
al
Washington
,
affatto
illegale
,
degenera
in
setta
necessariamente
;
se
una
siffatta
degenerazione
si
deve
reputare
accaduta
,
ogni
volta
che
l
'
oggetto
dell
'
associazione
cessa
di
essere
la
cura
e
il
pensiero
di
tutti
quelli
che
le
appartengono
,
e
non
rimane
se
non
l
'
oggetto
di
pochi
,
i
quali
,
con
segreti
accordi
e
noti
ad
essi
soli
,
maneggiano
e
guidano
i
loro
compagni
,
o
piuttosto
servi
.
Una
società
,
di
fatti
,
così
governata
non
è
più
un
'
associazione
politica
,
ma
una
setta
,
una
fazione
,
che
non
nasconde
ogni
cosa
solo
perché
non
corre
nessun
pericolo
se
qualcosa
mostra
,
se
,
rimanendo
arcano
tutto
ciò
in
cui
sta
l
'
azione
sostanziale
degli
associati
,
accenna
di
fuori
alcuni
moti
de
'
loro
capi
,
per
sé
soli
non
significano
nulla
.
In
effettti
,
negli
Stati
Uniti
,
dove
tutto
lo
Stato
si
fonda
sull
'
alternare
dei
partiti
,
e
ciascuno
di
questi
ha
una
organizzazione
sua
propria
,
intesa
a
promuovere
gl
'
interessi
e
i
fini
,
le
associazioni
son
diventate
settarie
.
"
Alle
assemblee
primarie
,
scrive
il
Seaman
,
di
ciascun
partito
prendono
parte
così
poche
persone
ch
'
è
generalmente
facile
per
due
o
tre
capi
di
chiamarvi
i
loro
amici
e
di
ottenere
la
nomina
di
quei
delegati
che
desiderano
;
e
sono
così
ammannite
(
packed
)
convenzioni
intese
a
procurare
la
nomina
di
persone
che
non
sarebbero
nominate
dal
voto
del
partito
lealmente
espresso
"
.
Ed
aggiungne
,
a
migliore
intelligenza
:
"
Non
è
generalmente
difficile
per
un
politico
astuto
di
chiamare
a
raccolta
i
suoi
amici
,
mediante
un
largo
uso
di
denaro
e
l
'
impiego
di
agenti
in
parecchie
città
e
rioni
,
e
procurare
la
nomina
di
un
sufficiente
numero
di
amici
suoi
a
delegati
alla
Convenzione
della
contea
o
del
distretto
,
quanti
gli
occorrono
per
assicurargli
la
nomina
a
quell
'
ufficio
qualsia
di
cui
egli
abbia
voglia
.
Questo
scopo
è
spesso
conseguito
mediante
la
spesa
di
considerevoli
somme
di
denaro
,
e
l
'
uso
profuso
di
promesse
.
E
il
processo
ha
un
nome
;
si
chiama
:
ammannire
una
convenzione
"
.
L
'
associazione
politica
ha
così
smesso
tutte
le
qualità
che
le
si
sogliono
attribuire
da
chi
immagina
le
cose
,
anziché
guardarle
cogli
occhi
;
e
pure
non
si
tratta
ancora
d
'
un
'
associazione
cui
il
fine
suo
di
distruggere
lo
Stato
sforza
a
celarsi
.
Il
risultato
già
negli
Stati
Uniti
è
questo
:
"
Durante
gli
ultimi
trent
'
anni
noi
abbiamo
avuto
organizzazioni
di
partiti
,
comitati
di
partiti
e
convegni
privati
di
partiti
(
caucus
)
,
convenzioni
di
partiti
e
riunioni
in
massa
pubbliche
in
tutti
gli
Stati
;
clubs
e
confraternite
(
clan
)
I
irlandesi
nella
più
parte
delle
città
;
società
e
confraternite
tedesche
in
più
città
e
distretti
;
ed
ora
abbiamo
club
e
confraternite
di
negri
,
con
fratellanza
negra
nel
Mezzogiorno
,
come
un
elemento
politico
perturbatore
di
più
.
Quale
il
risultato
finale
debba
essere
,
non
lo
può
dire
se
non
il
tempo
e
l
'
esperienza
"
.
Sicché
io
concludo
:
le
associazioni
politiche
,
intese
a
mutare
la
forma
politica
o
l
'
assetto
sociale
dello
Stato
,
sono
illecite
;
ma
,
anche
se
non
fossero
tali
,
dagli
effetti
di
quelle
che
si
contentano
di
mirare
a
trarre
il
governo
nelle
loro
mani
,
si
può
giudicare
quanto
esse
sieno
corrotte
e
dannose
.
Felice
lo
Stato
libero
i
cui
partiti
non
si
organizzano
,
e
possono
,
senza
pericolo
di
essere
sopraffatti
,
cansare
di
organizzarsi
ad
associazioni
;
infelice
e
dimentico
di
sé
quello
che
lascia
organizzare
nel
suo
seno
associazioni
intese
a
dirittura
a
distruggerlo
!
III
E
si
aggiunga
:
non
n
v
'
ha
Stato
il
quale
abbia
permesso
o
permetta
a
queste
seconde
associazioni
di
esistere
.
Appunto
-
mi
sento
dire
-
gli
Stati
Uniti
hanno
nella
loro
Costituzione
un
articolo
,
che
persino
vieta
al
Governo
centrale
d
'
introdurre
o
sancire
leggi
contro
di
esse
.
Davvero
?
Vediamo
se
chi
m
'
interrompe
cosi
sa
quello
che
si
dice
.
L
'
articolo
che
egli
intende
citare
,
è
uno
di
quelli
formulati
più
tardi
,
quando
fu
chiesto
al
Congresso
,
e
questo
assentì
,
di
aggiugnere
alla
Costituzione
,
già
votata
e
che
s
'
era
contentata
di
stabilire
l
'
organismo
del
governo
,
una
cotal
dichiarazione
di
diritti
;
eccone
il
testo
:
"
Il
Congresso
non
farà
nessuna
legge
concernente
lo
stabilimento
di
una
religione
,
o
intesa
a
proibirne
l
'
esercizio
;
o
a
diminuire
la
libertà
di
parola
o
di
stampa
;
o
il
diritto
del
popolo
di
riunirsi
pacificamente
e
di
fare
petizione
al
Governo
per
riparo
di
gravami
"
.
L
'
articolo
,
come
si
vede
,
non
dice
punto
che
il
Congresso
non
possa
far
legge
contro
le
associazioni
,
né
che
sia
diritto
primigenio
ed
infrenabile
di
ciascun
cittadino
il
congiurare
,
associato
con
altri
,
contro
lo
Stato
.
L
'
articolo
,
bensì
,
connette
il
diritto
di
riunione
pacifica
,
come
non
è
necessariamente
connesso
presso
di
noi
,
col
diritto
di
petizione
al
Parlamento
;
ed
è
copiato
nella
sua
prima
parte
dal
Bill
of
rights
del
1688
,
dove
cotesto
diritto
di
petizione
,
a
scanso
di
ogni
equivoco
e
della
contestazione
cui
era
stato
soggetto
prima
della
rivoluzione
,
fu
esplicitamente
riconosciuto
e
sancito
.
Senza
ciò
sarebbe
stato
persino
inutile
di
dichiararlo
,
poiché
,
come
scrive
lo
Story
,
"
risulta
dalla
vera
natura
e
struttura
d
'
un
Governo
repubblicano
,
(
o
piuttosto
libero
)
.
è
impossibile
il
negarlo
praticamente
insino
a
che
lo
spirito
di
libertà
non
sia
scomparso
del
tutto
,
ed
il
popolo
non
sia
diventato
così
servile
ed
abbietto
da
essere
affatto
disadatto
ad
esercitare
qualsiasi
dei
privilegi
degli
uomini
liberi
"
.
Ma
con
questo
diritto
di
petizione
s
'
accompagna
naturalmente
quello
di
riunione
pacifica
,
poiché
l
'
esercizio
di
questo
precede
l
'
esercizio
di
quello
,
giacché
per
chiedere
in
comune
bisogna
innanzi
deliberare
in
comune
ciò
che
occorre
chiedere
.
"
Il
diritto
di
far
petizione
,
dice
il
Lieber
e
ripete
il
Cooley
,
è
una
necessaria
conseguenza
del
diritto
di
libera
parola
e
di
deliberazione
"
.
Ora
,
intesa
a
questo
modo
,
ed
è
il
modo
,
ch
'
io
sappia
,
comune
,
la
dichiarazione
dei
diritti
non
è
più
larga
dello
Statuto
nostro
,
che
nei
due
articoli
32
e
58
riconosce
il
diritto
di
riunione
e
quello
di
petizione
a
parte
l
'
uno
dall
'
altro
,
e
non
metto
il
primo
in
necessaria
relazione
col
secondo
.
S
'
intende
che
se
l
'
articolo
della
costituzione
americana
non
accenna
ad
altre
riunioni
se
non
a
quelle
il
cui
fine
sia
muovere
petizione
al
Parlamento
,
non
è
perciò
che
in
America
non
ne
sia
lecito
e
non
ne
usino
altre
.
Mettiamo
soltanto
in
sodo
che
il
limite
imposto
al
Congresso
non
riguarda
non
solo
le
prime
;
e
non
concerne
,
poi
,
in
nessuna
maniera
le
associazioni
.
Se
di
leggi
contro
queste
se
ne
farà
negli
Stati
Uniti
più
tardi
,
nessuno
può
dire
;
poiché
questa
Repubblica
è
tutt
'
altro
che
alla
fine
de
'
suoi
esperimenti
politici
.
IV
-
Ma
in
Inghilterra
?
-
Me
l
'
aspettavo
quest
'
altra
interrogazione
;
tanto
sono
state
false
le
cose
elle
si
sono
scritte
e
che
si
credono
tuttavia
rispetto
alla
legislazione
inglese
.
E
davvero
,
questa
,
mentre
è
reputata
semplicissima
,
anzi
persino
non
esistere
,
è
invece
così
complessa
e
copiosa
,
come
il
Cox
dice
,
su
questa
materia
,
da
diventarne
difficile
e
certamente
noiosa
l
'
esposizione
.
Pure
si
deve
tentarla
.
A
dirne
in
breve
,
il
concetto
è
,
questo
.
Per
diritto
comune
(
Common
law
)
-
cioè
per
quel
diritto
che
non
è
scritto
,
ma
deriva
dalla
natura
stessa
dello
Stato
,
da
principi
stessi
della
legge
o
da
precedenti
giudiziari
-
ciascuna
riunione
che
porta
offesa
alla
pace
pubblica
,
o
ciascun
'
associazione
che
è
pericolosa
allo
Stato
,
è
illecita
;
ma
il
grado
di
pena
,
colla
quale
devono
esserne
puniti
i
membri
,
le
definizioni
del
reato
,
gl
'
indizi
di
esso
,
i
giudici
,
sono
determinati
dal
diritto
statutario
,
Statute
law
,
dal
diritto
,
cioè
,
che
emana
dagli
atti
del
Parlamento
,
ed
è
variabile
con
questi
.
L
'
offesa
alla
pace
pubblica
-
o
reato
contro
questa
-
è
costituita
:
1°
Dal
riunirsi
tumultuario
di
dodici
o
più
persone
,
e
che
non
si
disperdano
dietro
intimazione
;
2°
Dall
'
Affray
,
o
venire
alle
mani
di
due
o
più
in
luogo
pubblico
con
paura
del
pubblico
;
3°
Dal
Rout
,
o
perturbamento
tumultuario
della
pace
per
parte
di
tre
persone
o
più
che
si
riuniscano
di
lor
propria
autorità
,
coll
'
intento
comune
,
di
assistersi
l
'
un
l
'
altro
contro
chi
si
sia
intenda
opporsi
loro
in
un
'
impresa
di
privata
natura
,
e
che
di
fatti
l
'
eseguono
in
una
maniera
violenta
e
turbolenta
,
con
terrore
del
popolo
,
sia
che
l
'
atto
propostosi
da
loro
sia
per
sua
natura
legale
o
illegale
;
4°
Dal
Rout
,
ovvero
perturbamento
della
pace
,
commesso
da
persone
che
si
sono
riunite
coll
'
intenzione
di
fare
una
cosa
,
la
quale
,
quando
fosse
eseguita
,
li
renderebbe
Rioters
(
3°
)
,
e
che
attualmente
intraprendono
l
'
eseguimento
della
cosa
stessa
;
5°
Dall
'
Unlawful
Assembly
,
o
radunanza
illegale
,
ovvero
da
un
perturbamento
della
pace
,
commesso
da
persone
che
si
sono
meramente
adunate
coll
'
intenzione
di
fare
una
cosa
,
che
,
se
fosse
eseguita
,
li
renderebbe
Rioters
,
ma
che
attualmente
né
l
'
eseguono
,
né
fanno
nessun
passo
verso
l
'
esecuzione
di
essa
.
In
queste
distinzioni
si
sente
un
popolo
non
nuovo
a
'
pericoli
della
libertà
,
e
che
non
crede
necessario
,
per
mantenersi
questa
,
di
chiudere
gli
occhi
a
quelli
.
Qui
l
'
atto
tumultuoso
è
considerato
attuale
o
remoto
;
fatto
già
,
o
apparecchiato
soltanto
;
e
secondo
ha
un
fine
pubblico
o
privato
.
Io
non
dirò
le
leggi
diverse
,
colle
quali
l
'
atto
è
stato
colpito
,
e
come
,
secondo
i
tempi
,
la
mano
del
legislatore
si
sia
più
o
meno
aggravata
,
trasferendolo
da
una
categoria
di
reato
all
'
altra
,
e
qualificandolo
quando
di
tradimento
,
quando
di
fellonia
e
quando
di
contravvenzione
,
se
questa
è
la
giusta
traduzione
della
parola
inglese
Misdemeanour
poiché
la
pena
,
variando
colla
qualificazione
,
s
è
attagliata
alle
necessità
della
repressione
.
Invece
citerò
le
leggi
che
in
Inghilterra
tuttora
vigono
contro
le
società
politiche
,
tralasciando
le
molte
che
sono
abrogate
,
o
fatte
a
tempo
non
sono
state
rinnovate
.
Coll
'
atto
37
,
Geor
.
III
,
c
.
123
-
vuol
dir
l
'
atto
registrato
al
capitolo
123
del
volume
degli
Statuti
,
pubblicato
l
'
anno
37
di
Giorgio
III
,
-
esteso
dall
'
atto
52
,
Geor
.
III
,
c
.
104
,
-
è
dichiarato
fellonia
il
richiedere
un
giuramento
inteso
a
legare
le
persone
che
lo
prendono
a
qualsia
proponimento
,
ribelle
o
sedizioso
o
a
disturbare
la
pubblica
pace
,
o
a
formar
parte
di
qualsia
associazione
,
società
o
federazione
instituita
a
tal
fine
.
Un
altro
statuto
,
39
Geor
.
III
,
c
.
79
,
vieta
la
società
degli
United
Englishmen
,
ecc
.
,
e
la
London
Corresponding
Society
,
e
altresì
qualunque
altra
società
cui
membri
sieno
richiesti
di
prestare
giuramenti
illegali
,
o
nelle
quali
sia
tenuto
segreto
il
nome
di
un
membro
,
o
vi
siano
comitati
o
ufficiali
segreti
,
o
la
società
si
componga
di
nuclei
che
operino
separatamente
,
ed
abbia
ufficiali
o
delegati
distinti
eletti
ad
operare
per
ciascun
nucleo
.
Si
eccettuano
le
società
le
quali
hanno
fini
religiosi
o
caritatevoli
,
e
le
logge
de
'
Framassoni
.
Per
l
'
atto
57
Geor
.
III
,
c.19
pag
.
25
,
ogni
società
o
club
,
che
elegga
od
impieghi
qualsia
comitato
,
delegato
,
rappresentante
o
messo
per
riunirsi
o
comunicare
con
qualunque
altra
società
o
club
,
o
con
qualsia
comitato
di
questo
,
o
per
indurre
qualsia
persona
a
diventare
membro
,
è
proibita
.
Ed
è
dichiarato
criminoso
il
corrispondere
con
una
siffatta
società
o
il
sostenerla
.
Né
è
a
dire
che
questa
legislazione
sia
antiquata
e
vecchia
,
quantunque
non
abrogata
.
Mostra
che
si
crede
viva
l
'
avere
dichiarato
esenti
da
sanzioni
le
Friendly
Societies
o
società
di
mutuo
soccorso
,
per
un
atto
del
10°
anno
(
c
.
27
)
della
regina
Vittoria
;
e
in
quello
stesso
anno
,
per
un
altro
atto
(
c
.
33
)
,
fu
mutata
la
procedura
,
poiché
il
diritto
di
muovere
accusa
contro
tali
società
vietate
fu
ristretto
a
Law
Officers
della
corona
,
cioè
al
Solicitor
general
in
Inghilterra
,
e
al
Lord
advocate
in
Scozia
,
che
sono
,
si
badi
bene
,
due
impiegati
non
appartenenti
per
nessun
modo
all
'
ordine
giudiziario
,
ma
al
politico
ed
all
'
amministrativo
sicché
fanno
parte
del
Ministero
e
mutano
con
questo
.
La
restrizione
del
diritto
di
accusa
in
cotesti
due
ufficiali
del
Governo
ha
accresciuto
la
responsabilità
,
e
,
com
'
è
naturale
,
la
libertà
del
Governo
rispetto
alle
società
stesse
;
ma
le
ha
sciolta
ciascuna
dalla
vigilanza
della
sua
nemica
.
Io
non
entro
qui
nei
particolari
della
procedura
,
che
questi
due
ufficiali
seguirebbero
;
non
troveremmo
raffronti
possibili
.
è
vero
che
se
le
leggi
esistono
l
'
uso
n
'
è
estremamente
raro
;
anzi
,
dacché
è
stato
introdotto
nel
sistema
di
procedura
la
modificazione
cennata
da
ultimo
,
non
s
'
è
dato
caso
d
'
usarle
.
Ma
,
primo
punto
,
come
anche
lo
Gneist
osserva
,
un
potere
quiescente
,
non
è
perciò
meno
un
potere
;
e
poi
,
dove
s
'
è
presentata
l
'
occasione
o
la
necessità
di
colpire
società
pericolose
in
questo
intervallo
di
tempo
,
come
le
Trade
'
s
Unions
e
i
Feniani
,
gl
'
Inglesi
,
secondo
sogliono
,
hanno
preferito
leggi
nuove
speciali
,
e
bene
appropriate
alle
nuove
malattie
che
lor
bisognava
curare
.
Poiché
,
si
badi
,
essi
non
partecipano
punto
due
grossi
pregiudizi
nostri
:
l
'
uno
che
leggi
eccezionali
non
se
ne
deva
né
possa
fare
in
uno
Stato
libero
;
l
'
altro
che
le
leggi
fortemente
repressivo
non
servono
e
non
operano
.
Questi
son
pregiudizi
da
gente
come
siamo
noi
ora
,
nuova
al
governo
,
giovanile
,
punto
pratica
,
e
che
si
lascia
abbagliare
da
'
sofismi
,
che
s
'
intrecciano
,
avviluppando
generalità
vuote
e
campate
in
aria
.
Quanto
il
primo
pregiudizio
sia
lontano
dagl
'
Inglesi
,
voglio
dirlo
colle
parole
di
lord
Palmerston
:
"
Mantenere
,
diss
'
egli
in
un
suo
discorso
del
1813
,
che
la
legislatura
d
'
un
paese
non
abbia
il
potere
di
colpire
una
classe
qualsia
della
società
di
restrizioni
,
ch
'
essa
possa
giudicare
necessarie
alla
sicurezza
e
al
benessere
di
tutti
,
è
tutt
'
uno
coll
'
attaccare
i
principi
fondamentali
su
'
quali
riposa
un
Governo
civile
"
.
E
più
tardi
,
scrivendo
a
W
.
Temple
in
Napoli
,
nel
marzo
del
1833
,
chiama
il
Coercion
Bill
presentato
dal
Ministero
di
cui
egli
faceva
parte
,
il
"
provvedimento
più
vigoroso
che
abbia
mai
preso
forma
di
legge
;
"
ed
aggiunge
:
"
ben
pochi
Governi
assoluti
potrebbero
,
di
lor
propria
autorità
,
introdurre
un
sistema
di
coercizione
simile
a
quello
che
i
rappresentanti
del
popolo
,
liberamente
eletti
,
sono
in
via
di
mettere
in
questo
momento
alle
mani
del
Governo
di
questo
paese
"
.
Presso
di
noi
,
si
sa
,
è
stato
impossibile
che
si
procedesse
,
con
disposizioni
di
gran
lunga
meno
severe
,
contro
una
verminaia
d
'
assassini
indomabili
ed
indomati
.
Che
poi
alcune
febbri
morali
non
si
possano
utilmente
trattare
con
revulsivi
di
questa
sorte
,
né
gl
'
Inglesi
,
né
gli
Americani
lo
credono
;
e
neanche
,
per
vero
dire
,
i
Francesi
e
i
Tedeschi
.
è
una
semplicità
tutta
nostra
.
Il
Raikes
afferma
che
la
legge
pubblicata
nel
primo
anno
di
Giorgio
I
per
comprimere
gli
attacchi
tumultuosi
del
partito
dell
'
alta
Chiesa
contro
i
dissenzienti
,
abbia
giovato
non
meno
di
qualsia
altra
a
conservare
nel
popolo
inglese
l
'
abitudine
dell
'
ordine
nello
stesso
tempo
che
quella
della
più
libera
espressione
delle
sue
opinioni
.
è
chiaro
a
tutti
il
beneficio
prodotto
dalle
leggi
contro
le
Trades
Unions
e
contro
i
Feniani
e
il
miglioramento
che
n
'
è
venuto
,
all
'
assetto
pacifico
dello
Stato
.
Come
lord
Palmerston
dice
in
quella
lettera
citata
più
su
,
ogni
cura
d
'
una
profonda
malattia
sociale
richiede
due
sorta
di
mezzi
:
il
reprimerne
i
disordini
che
appaiono
prima
,
il
sanarne
poi
od
insieme
,
quanto
più
e
meglio
possibile
,
le
fonti
e
le
scaturigini
segrete
,
scovrendole
,
ed
aprendo
loro
una
via
.
la
prima
cosa
senza
la
seconda
non
riesce
,
prima
manca
il
tempo
.
è
il
concetto
al
quale
il
partito
il
principe
di
Bismarck
nel
presentare
e
nell
'
ostinarsi
a
volere
la
legge
contro
i
socialisti
;
e
l
'
ha
espresso
nell
'
esposizione
dei
motivi
;
e
il
concetto
è
vero
,
qualunque
sia
il
giudizio
che
si
voglia
fare
della
legge
stessa
.
E
concludo
di
nuovo
.
In
Inghilterra
associazioni
distruttive
dello
Stato
non
sono
lecite
;
e
se
non
vi
si
usano
le
leggi
che
già
hanno
contro
di
esse
,
è
perché
se
ne
fanno
di
nuove
,
appena
la
necessità
si
presenti
,
e
non
sono
da
'
pregiudizi
nostri
impediti
dal
farlo
secondo
e
quali
le
richiede
la
necessità
pubblica
.
V
A
me
parrebbe
qui
un
'
erudizione
sciupata
l
'
andar
esponendo
le
leggi
che
rispetto
alle
associazioni
vigono
in
Francia
,
in
Germania
,
in
Austria
,
e
le
loro
vicende
.
Importa
ricercare
,
qual
è
la
legislazione
nostra
.
Il
nostro
Statuto
è
stato
in
gran
parte
copiato
dal
belga
;
e
l
'
art
.
32
del
nostro
è
la
traduzione
,
quasi
precisa
del
19
del
belga
.
Ci
corre
fra
i
due
questo
solo
divario
,
che
nel
belga
è
esplicitamente
detto
,
che
le
leggi
le
qualisi
fossero
potuto
far
poi
per
regolare
il
diritto
di
riunione
in
luogo
privato
de
'
cittadini
,
non
avrebbero
potuto
gettarne
l
'
esercizio
ad
un
'
autorizzazione
preventiva
,
mentre
non
è
vietato
ciò
alle
nostre
,
che
ci
fosse
parso
bene
di
fare
più
tardi
,
ma
non
si
sono
poi
fatte
in
nessun
modo
.
Se
non
che
nella
Costituzione
belga
segue
all
'
art
.
19
un
ventesimo
,
il
quale
nel
nostro
Statuto
non
ha
riscontro
;
ed
è
questo
:
"
20
.
Les
Belges
ont
le
droit
de
s
'
associer
:
ce
droit
ne
peut
être
soumis
à
aucune
mesure
préventive
.
"
Per
ritrovare
le
ragioni
di
coteste
due
disposizioni
introdotte
nella
Costituzione
belga
bisognerebbe
risalire
alle
restrizioni
che
a
'
due
diritti
erano
poste
dalla
legislazione
francese
;
e
ricordarci
che
il
divieto
d
'
ogni
autorizzazione
preventiva
per
le
riunioni
,
e
sopratutto
la
libertà
assoluta
dell
'
associazione
,
erano
sopratutto
richieste
dalla
parte
cattolica
nel
Congresso
belga
,
che
voleva
esser
sicura
,
per
le
sue
riunioni
e
per
le
associazioni
in
ispecie
,
di
non
trovarsi
soggetta
a
leggi
,
che
,
sotto
nome
di
liberali
,
le
avessero
circoscritto
la
balìa
di
operare
,
ed
influire
ed
ordinarsi
,
e
moltiplicare
a
sua
posta
.
Chi
paragona
ora
il
complesso
dei
due
articoli
belgi
col
nostro
,
ne
ritrae
che
l
'
autore
dello
Statuto
italiano
ha
davvero
assai
bene
distinto
il
diritto
d
'
associazione
da
quello
di
riunione
;
e
se
non
ha
negato
quello
,
non
l
'
ha
voluto
neanche
riconoscere
,
dove
quest
'
ultimo
l
'
ha
riconosciuto
sarebbe
soverchio
l
'
indurre
dal
silenzio
del
legislatore
che
,
nel
parer
suo
,
gl
'
Italiani
non
avrebbero
avuto
libertà
d
'
associarsi
certo
da
ciò
,
ch
'
egli
riproduce
nello
Statuto
nostro
l
'
art
.
19
del
belga
,
dove
ne
passa
e
trascura
il
ventesimo
,
si
deve
concludere
,
che
nel
suo
spirito
i
due
diritti
sono
distinti
,
e
dove
quello
di
riunione
è
guarentito
contro
un
ripiglio
di
severità
legislativa
,
che
lo
volesse
più
tardi
negare
,
quello
d
'
associazione
non
ne
è
guarentito
punto
.
Ma
coi
fatti
noi
siamo
andati
in
una
interpretazione
opposta
;
e
s
'
è
in
genere
ritenuto
che
il
diritto
d
'
associazione
si
comprendesse
in
quello
di
riunione
del
quale
l
'
art
.
32
parlava
solo
.
S
'
è
detto
che
questo
non
si
limitasse
alle
sole
riunioni
;
poiché
,
se
ciò
fosse
,
"
l
'
esercizio
del
diritto
sarebbe
stato
provvisorio
,
momentaneo
,
quasi
casuale
,
in
guisa
che
non
debba
esser
permesso
ai
cittadini
di
associarsi
per
uno
scopo
determinato
,
di
fissare
a
ciò
per
le
assemblee
politiche
anche
degl
'
istituti
permanenti
"
.
Ora
,
qui
,
davvero
,
senza
negare
che
il
diritto
d
'
associazione
ci
sia
,
si
può
negare
senza
scrupolo
,
che
l
'
equiparazione
sua
con
quello
di
riunione
abbia
ragione
e
fondamento
.
è
molto
chiaro
che
l
'
associazione
è
la
riunione
con
qualcosa
di
più
;
il
seguito
,
la
durata
,
la
connessione
di
più
riunioni
insieme
,
la
stabilità
periodica
di
ciascuna
e
in
ispecie
la
preparazione
lunga
a
raggiugnere
un
fine
pratico
.
Questo
qualcosa
di
più
eccede
il
diritto
di
riunione
,
e
non
può
essere
tutt
'
uno
con
questo
,
poiché
a
questo
appunto
manca
.
Uno
scrittore
recente
in
un
libro
molto
lodato
,
il
Woolsey
,
distingue
così
bene
il
diritto
di
riunione
da
quello
dell
'
associazione
,
che
dove
del
primo
,
connesso
col
diritto
di
libera
parola
,
dice
,
che
persino
in
luogo
pubblico
le
riunioni
non
devono
essere
proibite
,
se
non
vi
sia
pericolo
,
imminente
ed
indubitabile
,
di
tumulto
,
ed
anche
allora
,
meglio
che
scioglierle
,
convenga
il
guarentirsi
,
col
circondarle
di
molta
forza
,
dagli
effetti
nocivi
che
ne
potessero
nascere
,
delle
associazioni
invece
scrive
così
:
"
L
'
immenso
potere
che
le
persone
acquistano
col
combinarsi
,
e
l
'
estensione
della
quale
l
'
azione
associata
è
capace
,
se
è
lasciata
affatto
libera
di
sé
,
ne
fanno
un
oggetto
di
giusta
paura
,
ch
'
essa
possa
invadere
le
funzioni
del
Governo
e
persino
i
poteri
dello
Stato
.
Le
leggi
devono
difenderlo
dal
sospetto
cui
va
incontro
sotto
questo
rispetto
:
e
lo
Stato
deve
avere
qualche
sindacato
sopra
di
esso
,
perché
non
diventi
un
imperium
in
imperio
.
Esso
può
invadere
altresì
i
diritti
individuali
,
e
opprimere
i
suoi
competitori
più
deboli
"
.
Ed
altrove
:
"
è
evidente
,
che
una
compagnia
anonima
,
se
non
è
frenata
,
può
diventare
per
il
suo
potere
politico
,
come
quella
dell
'
India
orientale
,
o
per
la
sua
influenza
sopra
un
Parlamento
,
un
imperium
in
imperio
:
che
i
terrori
,
che
le
fratellanze
dei
mestieri
(
Trade
'
s
Unions
)
incutono
negli
operai
,
i
quali
ricusano
di
associarvisi
,
sono
tutt
'
altro
che
una
preparazione
per
una
vita
di
libertà
politica
o
morale
;
e
che
i
clubs
politici
possono
essere
ancora
più
tirannici
.
Le
associazioni
,
quindi
,
richiedono
,
oltre
la
protezione
,
il
freno
della
legge
pubblica
;
e
tanto
più
,
in
quanto
persone
unite
in
società
fanno
,
o
tollerano
che
siano
commessi
delitti
dei
quali
una
persona
singola
,
che
agisca
sola
,
sentirebbe
orrore
"
.
Sicché
i
due
diritti
né
sono
identici
nel
concetto
,
né
hanno
lo
stesso
valore
;
e
l
'
avere
molto
facilmente
ammesso
il
contrario
non
è
stata
prova
di
molta
ponderazione
e
di
accurato
esame
.
E
siffatte
prove
,
però
,
bisogna
convenire
,
scarseggiano
presso
di
noi
;
e
si
son
già
lasciate
introdurre
più
consuetudini
e
norme
nell
'
esercizio
del
nostro
regime
costituzionale
,
che
mettono
questo
stesso
a
gran
pericolo
in
un
avvenire
più
o
meno
remoto
.
Checché
però
sia
di
ciò
,
è
stato
,
certo
,
molto
naturale
,
che
,
essendosi
equiparati
i
due
diritti
per
parte
dei
cittadini
,
si
sieno
equiparati
altresì
i
poteri
del
Governo
rispetto
ad
essi
,
i
diritti
,
cioè
,
che
nel
Governo
si
contrappongono
a
quelli
;
e
se
n
'
è
indotto
che
come
una
riunione
può
essere
sciolta
dalla
polizia
,
così
può
essere
sciolta
altresì
l
'
associazione
,
che
è
una
riunione
ripetuta
.
Un
'
analogia
ha
esteso
i
diritti
;
un
'
analogia
ha
fornito
il
modo
della
repressione
.
Se
non
che
lo
scioglimento
è
bensì
rispetto
alla
riunione
un
mezzo
efficace
,
poiché
la
riunione
si
dilegua
e
non
è
più
,
dopoché
di
buona
o
di
mala
voglia
è
disciolta
;
ma
non
tale
rispetto
all
'
associazione
.
Non
si
può
di
questa
disciogliere
se
non
una
riunione
,
e
sequestrare
,
i
registri
e
le
casse
,
quando
ve
ne
sia
.
Ma
il
vincolo
,
che
stringeva
gli
associati
,
rimane
ed
è
germe
,
da
cui
l
'
associazione
ripullula
.
I
registri
si
rifanno
e
il
nome
si
muta
;
e
il
denaro
,
non
si
potendo
sequestrare
senza
sentenza
dei
Tribunali
,
va
necessariamente
restituito
a
quelli
che
se
ne
provano
i
proprietari
.
Lo
scioglimento
può
essere
il
principio
dell
'
azione
repressiva
,
ma
non
può
esserne
il
fine
.
Ad
ogni
modo
un
effetto
si
ottiene
pure
,
quantunque
tutto
morale
.
Il
Governo
ha
affermato
la
sua
opinione
rispetto
alla
natura
dell
'
associazione
,
che
reprime
;
gli
associati
soli
messi
sull
'
avviso
,
e
chi
s
'
era
lasciato
attirare
,
come
pur
suole
,
per
una
cotal
fiacchezza
di
animo
o
vaghezza
di
nuovo
si
ritrae
indietro
;
lo
Stato
ha
affermato
sé
medesimo
;
e
la
maggioranza
del
paese
s
'
affida
.
Pure
,
un
così
picciolo
diritto
di
scioglimento
è
negato
oggi
al
Governo
;
anzi
,
il
Governo
lo
nega
a
sé
stesso
,
senza
badare
,
ch
'
esso
è
la
conseguenza
naturale
dell
'
avere
equiparato
il
diritto
d
'
associazione
a
quello
di
riunione
,
e
così
esteso
a
quello
le
leggi
di
polizia
,
che
hanno
valore
rispetto
a
questo
.
Quando
nello
sciogliere
la
riunione
succede
di
dover
arrestare
qualcuno
,
"
l
'
arrestato
è
rimesso
all
'
autorità
giudiziaria
,
che
provvede
a
termine
di
legge
,
"
cioè
punisce
,
se
qualche
reato
è
stato
commesso
.
Ora
,
rispetto
all
'
associazione
,
il
Governo
che
si
nega
il
diritto
di
scioglierla
,
e
quindi
d
'
arrestare
chi
si
sia
,
perché
vi
appartiene
,
resta
altresì
senza
modo
di
rimettere
chi
si
sia
all
'
autorità
giudiziaria
,
e
di
obbligarla
,
quindi
,
a
giudicarlo
.
L
'
associazione
,
quindi
,
diventa
con
così
bella
teorica
il
solo
reato
possibile
,
davanti
al
quale
il
potere
esecutivo
si
trova
spogliato
d
'
ogni
potere
di
prevenzione
,
e
d
'
ogni
mezzo
di
provocare
,
nei
modi
usuali
ed
ordinari
,
l
'
autorità
giudiziaria
.
E
pure
l
'
associazione
è
un
mezzo
,
reputato
potentissimo
,
di
commettere
nientemeno
che
il
reato
più
grosso
di
tutti
,
quello
della
distruzione
stessa
dell
'
intero
Stato
nella
sua
costituzione
politica
,
nel
suo
assetto
sociale
.
è
davvero
bizzarra
!
Il
potere
esecutivo
,
quando
crede
che
un
'
associazione
sia
rea
,
non
può
secondo
una
così
peregrina
dottrina
,
se
non
avvisare
l
'
autorità
giudiziaria
dell
'
esistenza
di
quella
,
come
farebbe
ciascun
cittadino
nella
supposizione
che
l
'
autorità
giudiziaria
non
sia
stata
abbastanza
vigile
ed
accorta
per
vedere
da
sé
cotest
'
associazione
rea
,
quantunque
pubblica
!
Ora
,
l
'
autorità
giudiziaria
,
in
un
paese
fornito
d
'
un
Codice
,
non
è
in
grado
di
applicare
altre
disposizioni
di
legge
,
non
quelle
che
si
contengono
in
questo
,
nè
di
sancirle
con
altro
perle
,
se
non
quelle
che
vi
sono
indicate
.
La
Common
law
degl
'
Inglesi
non
v
'
ha
luogo
.
È
necessario
,
dunque
,
per
sapere
,
se
l
'
autorità
giudiziaria
è
in
grado
di
far
nulla
,
di
ricercare
,
se
dal
Codice
è
legittimata
esprimere
nessuna
condanna
.
Nel
Codice
penale
sardo
v
'
erano
quattro
articoli
,
il
483
,
484
,
485
e
486
,
i
quali
,
come
in
esso
eran
imitati
dal
francese
,
così
n
'
avevano
altri
corrispondenti
ed
analoghi
nei
Codici
degli
altri
Stati
italiani
.
Tali
articoli
si
riferivano
propriamente
all
'
associazione
,
e
la
vietavano
per
qualunque
fine
senza
autorizzazione
.
Fu
bene
sopprimerli
,
come
fu
fatto
nei
primi
bollori
,
con
un
decreto
del
26
settembre
1848;
ma
fu
male
,
che
il
legislatore
,
il
quale
aveva
schivato
di
riconoscere
esplicitamente
,
il
diritto
d
'
associazione
nello
Statuto
,
paresse
poi
non
ricordarsi
punto
che
associazioni
anche
nocive
ci
avrebbero
potute
essere
,
e
il
dover
suo
di
garantirne
lo
Stato
.
Se
non
che
in
simili
cose
,
se
si
smarrisce
il
punto
giusto
e
temperato
in
tempi
di
quiete
e
di
pace
,
non
si
ritrova
più
,
se
pure
,
non
dopo
molte
tempeste
.
Nel
1862
fu
tentato
di
formulare
una
legge
sulle
associazioni
;
il
Rattazzi
la
presentò
;
il
Boncompagni
no
riferì
;
ma
la
Camera
non
discusse
,
perciò
la
materia
è
estremamente
difficile
,
e
non
era
anche
sorto
dubbio
,
che
il
Governo
non
si
credesse
in
dovere
ed
in
diritto
di
accorrere
al
pericolo
più
prossimo
,
e
di
sciogliere
le
associazioni
,
che
paressero
illegali
o
minacciose
e
infine
,
i
deputati
erano
restii
-
e
s
'
intende
e
non
si
biasimano
-
a
deliberare
senza
un
'
estrema
necessità
leggi
le
quali
paressero
recidere
qualche
parte
della
libertà
sin
allora
lasciata
ai
cittadini
.
Non
s
'
erano
anche
viste
né
associazioni
palesemente
repubblicane
,
e
che
si
confessavano
tali
col
loro
stesso
titolo
;
ne
associazioni
internazionali
né
circoli
Barsanti
.
Al
Consiglio
di
Stato
,
poiché
non
v
'
era
stato
tuttora
abuso
,
pareva
miglior
partito
che
legge
alcuna
non
si
facesse
.
S
'
intende
quindi
,
che
nel
Codice
penale
del
1865
non
v
'
ha
disposizione
veruna
,
la
quale
concerna
le
associazioni
,
poiché
si
sa
,
che
né
quelle
che
riguardano
le
società
commerciali
,
né
quelle
che
si
riferiscono
all
'
associazione
dei
malfattori
,
hanno
niente
a
fare
colle
associazioni
di
cui
trattiamo
,
qui
,
colle
associazioni
intese
,
almeno
in
apparenza
,
a
fini
d
'
interesse
pubblico
,
secondo
esse
l
'
intendono
.
Sicché
l
'
autorità
giudiziaria
,
a
cui
un
'
associazione
è
denunciata
,
comincia
dal
non
ritrovare
nel
Codice
nessuna
disposizione
che
vi
si
riferisca
,
o
che
la
sia
pubblica
,
o
che
la
sia
segreta
;
poiché
anche
ogni
prescrizione
di
divieto
o
di
punizione
delle
sette
v
'
è
stata
cancellata
.
Quantunque
si
è
visto
che
contro
queste
l
'
Inghilterra
ha
leggi
speciali
;
e
il
Woolsey
non
dubita
di
affermare
ch
'
esse
non
vanno
tollerate
,
anzi
,
come
quelle
,
che
per
effetto
già
dell
'
arcano
di
cui
si
covrono
,
si
devono
ritenere
inimiche
,
del
loro
paese
,
devono
essere
trattate
non
altrimenti
dello
,
bettole
,
o
dei
luoghi
sospetti
e
di
cattiva
riputazione
.
Poiché
,
dunque
,
in
quanto
associazioni
ree
di
macchinazione
contro
lo
Stato
,
l
'
autorità
giudiziaria
non
può
coglierle
,
né
soggettarle
a
nessuna
pena
che
sia
appropriata
ad
esse
,
come
sarebbe
lo
scioglierle
o
il
vietarle
o
il
confiscarne
i
registri
e
la
cassa
,
poiché
nel
Codice
tali
pene
non
sono
indicate
,
appunto
perché
non
v
'
è
discorso
dell
'
associazione
né
punto
né
poco
,
non
le
resta
,
se
non
di
ricercare
se
qualcuno
dei
membri
dell
'
associazione
si
è
reso
reo
di
qualcuno
dei
reati
che
la
legge
punisce
.
Ora
,
mettiamo
,
che
cotesta
reità
vi
sia
e
si
provi
.
L
'
individuo
è
punito
per
averla
commessa
;
e
sta
bene
;
ma
non
è
punito
punto
per
quella
sua
particolare
reità
che
nasce
dal
far
egli
parte
dell
'
associazione
colpevole
.
L
'
essersi
unito
a
questa
o
l
'
averla
fondata
può
essere
stato
un
reato
enorme
contro
la
società
in
cui
vive
.
Ma
appunto
questo
reato
è
escluso
,
nella
condizione
della
nostra
legislazione
,
dell
'
animavversione
dei
Tribunali
.
Se
non
che
la
maggior
parte
dei
reati
,
che
in
un
'
associazione
possono
essere
stati
commessi
,
riesce
più
difficile
a
provarsi
appunto
per
ciò
che
son
commossi
nel
seno
di
quella
o
da
chi
vi
appartiene
.
Tali
reati
son
descritti
nel
Codice
penale
dagli
articoli
468-473
,
e
consistono
nella
provocazione
con
discorsi
o
scritti
ai
reati
descritti
negli
articoli
133
e
seguenti
,
cioè
all
'
attentato
contro
la
sacra
persona
del
re
,
o
contro
le
persone
della
reale
famiglia
,
ovvero
alla
mutazione
delle
forme
dello
Stato
,
o
alla
guerra
civile
,
o
qualsiasi
altro
reato
;
consistono
altresì
in
qualsisia
altro
pubblico
discorso
o
scritto
o
fatto
,
di
natura
"
ad
eccitare
lo
sprezzo
o
malcontento
contro
la
sacra
persona
del
re
,
e
le
persone
della
reale
famiglia
,
o
contro
le
istituzioni
costituzionali
"
.
Si
badi
,
che
qui
l
'
associazione
,
di
cui
fa
parte
il
reo
,
è
l
'
istrumento
principale
dell
'
efficacia
del
reato
;
ma
non
è
toccata
.
Si
badi
,
che
quanto
agli
scritti
,
cadono
già
sotto
la
legge
della
stampa
;
e
quanto
ai
discorsi
,
l
'
autorità
giudiziaria
non
riesce
a
punirli
,
nelle
riunioni
pubbliche
,
poiché
la
polizia
non
crede
più
di
dovere
arrestare
nessuno
per
averne
fatti
.
Il
titolo
,
poi
,
che
le
associazioni
prendono
,
per
chiaro
che
paia
nei
suoi
intenti
,
non
è
una
prova
,
di
per
sé
solo
,
che
nelle
associazioni
che
lo
portano
,
si
commetta
,
il
reato
,
cui
si
vede
che
quel
titolo
mira
.
Sicché
il
più
probabile
è
che
l
'
autorità
giudiziaria
,
la
quale
non
ha
modo
,
nella
legislazione
nostra
,
che
punire
l
'
associazione
,
non
vi
trovi
neanche
quello
di
punire
l
'
associato
;
e
che
il
deferirle
le
associazioni
,
secondo
il
Governo
dice
di
aver
fatto
,
non
abbia
altro
effetto
non
di
salvare
il
ministro
d
ogni
responsabilità
,
spogliandolo
di
ogni
potere
,
e
di
scansare
alle
associazioni
distruttive
dello
Stato
o
della
società
ogni
condanna
.
Nello
stesso
tempo
,
l
'
abbandono
del
diritto
di
scioglimento
per
parte
il
Governo
le
tutela
da
ogni
repressione
più
o
men
lontana
,
da
ogni
prevenzione
più
o
men
vicina
;
giacché
prevenzione
e
repressione
non
sono
,
come
parrebbe
dall
'
uso
che
molti
ne
fanno
,
due
azioni
che
s
'
escludono
,
e
delle
quali
l
'
una
comincia
dove
l
'
altra
finisce
;
poiché
anzi
s
'
intrecciano
l
'
una
coll
'
altra
;
e
il
prevenire
tardi
può
essere
tutt
'
uno
col
reprimere
presto
,
poiché
prevenzione
non
è
,
se
non
una
repressione
fatta
in
uno
degli
stadi
anteriori
allo
scoppio
effettivo
del
reat
.
La
dottrina
,
che
il
Governo
non
è
legittimato
ad
agire
se
non
quando
e
dove
il
reato
è
stato
già
commesso
o
è
così
vicino
a
commettersi
,
che
solo
l
'
uso
immediato
di
una
forza
maggiore
basti
ad
impedirne
Il
ultima
consumazione
,
è
la
più
incivile
ed
illiberale
.
è
strano
che
si
dica
e
forse
si
pensi
il
contrario
.
Ci
dev
'
essere
nascoso
in
un
'
affermazione
e
giudizio
siffatto
un
paralogismo
o
una
confusione
che
non
preme
di
ricercare
e
mostrare
qui
.
Pure
i
Governi
che
,
come
oggi
l
'
italiano
,
rinunciano
al
diritto
di
prevenire
e
reprimere
cogli
scioglimenti
,
e
mancano
di
quello
di
punire
per
difetto
di
legge
,
non
si
lasciano
né
si
mantengono
altra
azione
se
non
appunto
quella
sola
di
reprimere
il
reato
colla
forza
bruta
quando
scoppia
.
Ora
,
l
'
associazione
è
appunto
il
mezzo
più
potente
,
l
'
istrumento
più
efficace
,
per
riuscire
a
ciò
,
che
in
quell
'
estremo
momento
manchi
al
Governo
proprio
la
forza
che
allora
gli
occorrerebbe
.
L
'
associazione
politica
,
distruttiva
dello
Stato
o
della
società
,
ha
per
principale
suo
fine
e
per
principale
suo
effetto
lo
sgominarla
,
il
corromperla
,
il
divellerla
cotesta
forza
,
il
minarla
persino
o
il
cariarla
,
sicché
all
'
improvviso
caschi
,
nel
maggior
bisogno
,
e
mentre
par
tutt
'
ora
viva
e
vegeta
.
Qui
dunque
si
risolve
tutta
l
'
azione
del
Ministero
:
a
creare
una
condizione
di
cose
,
nella
quale
non
rimanga
luogo
se
non
alla
repressione
sanguinosa
e
violenta
,
e
ad
apparecchiarvisi
,
di
giunta
,
,
che
questa
stessa
non
sia
più
sicuro
di
poterla
fare
.
Nella
Camera
s
'
è
più
volto
discusso
in
questi
anni
del
diritto
delle
associazioni
politiche
da
una
parte
,
e
di
quello
,
dall
'
altra
,
del
Governo
a
scioglierle
e
prevenirne
gli
eccessi
.
Sì
può
dire
che
non
s
'
è
mai
negato
né
l
'
un
diritto
né
l
'
altro
.
Il
Mancini
,
uomo
il
cui
ingegno
è
spesso
sedotto
dal
desiderio
di
andare
a
versi
a
'
più
e
ai
più
rumorosi
,
proponendo
un
ordine
del
giorno
nel
febbraio
del
1867
contro
il
Ministero
che
aveva
proibite
alcune
riunioni
popolari
nel
Veneto
,
se
da
una
parte
chiedeva
che
ogni
impedimento
preventivo
fosse
tolto
,
dall
'
altra
ammetteva
che
anche
il
diritto
di
riunione
cessava
,
quando
"
trasmodasse
in
offesa
alle
leggi
ed
in
colpevoli
disordini
"
.
L
'
ordine
del
giorno
era
fatto
contro
quello
stesso
Barone
Ricasoli
,
che
nel
febbraio
del
1862
aveva
detto
sul
diritto
dell
'
associazione
le
parole
più
liberali
che
si
potessero
udire
,
e
respingendone
ogni
restrizione
,
l
'
aveva
riconosciuto
in
tutta
la
larghezza
sua
.
I
ministri
di
parte
moderata
non
hanno
mai
ricusato
al
Governo
il
diritto
di
sciogliere
le
associazioni
nemiche
dello
Stato
o
minacciose
;
un
ministro
di
parte
,
come
si
dice
,
progressista
,
ha
persin
sostenuto
che
cotesto
diritto
,
per
vero
dire
,
il
Governo
non
lo
avesse
,
ma
fosse
meritorio
nel
ministro
l
'
esercitarlo
,
ed
esporsi
,
ove
l
'
avesse
esercitato
a
sproposito
,
all
'
ira
e
alle
vendette
del
Parlamento
.
In
verità
non
s
'
intende
urlo
Stato
,
in
cui
il
Governo
non
abbia
il
diritto
e
non
possa
assumere
la
responsabilità
di
esercitare
,
rispetto
alle
associazioni
politiche
,
distruttive
dello
Stato
o
della
società
,
qualche
modo
di
prevenzione
o
repressione
sia
collo
scioglierle
,
sia
col
sospenderlo
,
e
nel
quale
poi
,
il
reato
,
che
così
è
stato
prevenuto
dal
potere
esecutivo
,
non
sia
deferito
all
'
autorità
giudiziaria
,
punito
o
no
da
questa
,
secondo
il
criterio
che
essa
trae
dalla
sua
coscienza
e
dalle
leggi
,
criterio
il
quale
niente
vieta
che
in
un
siffatto
caso
,
come
in
tanti
altri
,
sia
diverso
da
quello
della
polizia
.
Un
Governo
,
il
quale
non
si
riconoscesse
altro
diritto
che
quello
di
schiacciare
colla
forza
il
reato
prossimo
a
compiersi
o
uccidere
co
'
fatti
il
reo
,
sarebbe
barbaro
.
Appunto
,
perché
ha
un
diritto
di
tutela
preventiva
di
sé
stesso
,
ha
anche
il
diritto
di
fare
,
quando
creda
,
una
legge
che
freni
le
associazioni
nemiche
.
Ma
una
legge
sulle
associazioni
,
lo
confesso
,
è
estremamente
difficile
,
e
risica
d
'
andare
più
in
là
del
dovere
,
o
restare
in
qua
.
Gl
'
Inglesi
hanno
avuto
ragione
di
non
fare
leggi
generali
,
ma
di
formularne
una
via
via
che
l
'
occasione
nasce
,
sicché
s
'
attagli
perfettamente
a
questa
.
Noi
c
'
impacciamo
nella
legge
generale
,
e
siamo
estremamente
restii
alle
leggi
speciali
e
particolari
.
Però
,
sino
a
che
la
legge
generale
e
le
particolari
mancano
,
è
impossibile
che
ne
manchino
altresì
allo
Stato
i
poteri
che
sono
connessi
coll
'
essenza
sua
e
che
scaturiscono
direttamente
da
questa
.
Il
diritto
di
sciogliere
le
associazioni
,
o
poco
o
molto
efficace
che
ne
riesca
l
'
esercizio
,
è
uno
di
questi
poteri
.
Il
ministro
che
dichiara
di
non
averlo
,
non
rispetta
,
com
'
egli
immagina
,
la
legge
,
che
non
esiste
,
ma
nega
lo
Stato
:
non
rispetta
il
diritto
di
pochi
,
ma
scalza
,
per
quanto
è
in
lui
,
il
diritto
fondamentale
di
tutti
.
15
novembre
1878
.
Saggistica ,
Le
cose
fuori
del
loro
stato
naturale
né
si
adagiano
,
né
vi
durano
.
G
.
B
.
Vico
Proemio
Tra
i
fenomeni
più
recenti
dell
'
Italia
politica
è
degno
di
nota
quello
di
una
nuova
tendenza
che
sembra
affermarsi
sempre
più
,
se
lo
si
deve
argomentare
dal
programma
dei
cattolici
nazionali
e
dalle
ultime
elezioni
amministrative
.
Tale
fenomeno
ha
richiamato
l
'
attenzione
delle
classi
politiche
.
"
Non
è
che
il
sogno
innocente
di
conciliazioni
impossibili
,
"
dicono
gli
uni
.
Secondo
altri
invece
,
non
sarebbe
che
l
'
arrivo
di
fresche
reclute
anelanti
a
schierarsi
incondizionatamente
nelle
file
del
partito
moderato
,
e
desiderose
soltanto
di
un
pretesto
per
giustificare
l
'
astensione
loro
nei
tempi
passati
.
Non
mancano
neppure
i
diffidenti
che
denunciano
quelle
tendenze
come
un
pericolo
per
la
libertà
e
per
l
'
unità
nazionale
.
E
finalmente
si
sono
fatte
sentire
anche
voci
,
le
quali
già
hanno
acclamato
all
'
Italia
reale
che
muove
a
riscossa
contro
l
'
Italia
legale
,
adoperando
una
frase
di
cui
lo
scrivente
si
è
servito
,
dieci
anni
fa
,
nel
suo
scritto
"
Sulle
condizioni
della
cosa
pubblica
in
Italia
,
dopo
il
1866
"
;
una
frase
che
ha
avuto
il
poco
invidiabile
onore
di
essere
così
spesso
citata
a
sproposito
,
sebbene
il
significato
attribuitole
dall
'
autore
rendesse
impossibile
qualsiasi
equivoco
.
Se
non
che
,
non
potrebbe
anche
darsi
che
nessuna
di
queste
spiegazioni
fosse
la
vera
?
e
che
non
si
tratti
d
'
altro
se
non
del
principio
di
un
movimento
di
idee
destinato
a
percorrere
più
di
una
fase
e
ad
assumere
forme
diverse
,
di
un
movimento
d
'
idee
meritevole
di
essere
studiato
nelle
sue
cause
e
nel
suo
possibile
sviluppo
,
sebbene
non
maturo
abbastanza
per
essere
giudicato
a
prima
vista
solo
tenendo
conto
del
carattere
superficiale
dei
pochi
fatti
che
finora
ci
fu
permesso
di
scorgere
?
Confesso
che
inclino
verso
quest
'
ultima
ipotesi
.
Le
nazioni
che
costituiscono
la
società
europea
,
vanno
diventando
sempre
più
solidali
tra
loro
.
Apparisce
chiaro
che
le
identiche
correnti
oggi
le
percorrono
tutte
,
manifestandosi
sotto
forme
rispondenti
alle
condizioni
proprie
di
ciascuna
nazione
.
Fra
queste
correnti
ce
n
'
è
una
conservatrice
.
Nell
'
Impero
britannico
,
il
partito
tory
è
salito
e
si
mantiene
al
potere
;
in
Francia
,
AdolfoThiers
lasciava
di
recente
,
per
testamento
,
la
profezia
:
la
repubblica
francese
,
o
saprà
essere
conservatrice
,
o
cadrà
;
in
Germania
,
il
principe
Bismarck
si
stacca
dalla
Nationalpartei
,
e
ritorna
,
per
un
tratto
di
strada
,
verso
gli
amici
della
sua
giovinezza
;
in
Austria
,
il
Conte
Taaffe
attende
a
conciliare
gli
autonomisti
colla
colla
costituzione
.
Tutto
questo
non
accenna
alla
ristaurazione
del
passato
,
come
si
vorrebbe
far
credere
da
alcuni
giornali
italiani
sull
'
autorità
della
stampa
partigiana
estera
,
bensì
al
desiderio
,
non
solo
degli
uomini
di
Stato
,
ma
anche
di
una
parte
ragguardevole
delle
classi
dirigenti
di
quei
paesi
,
di
rientrare
nella
carreggiata
del
progresso
civile
graduale
,
stato
interrotto
dai
sussulti
di
profonde
trasformazioni
politiche
e
territoriali
,
di
raccogliere
in
un
fascio
tutte
le
forze
conservatrici
del
presente
e
di
condurle
a
far
fronte
alle
gravissime
difficoltà
interne
e
alle
eventualità
esterne
piene
di
pericoli
.
Or
bene
,
perché
mai
dovrebbe
essere
trovato
assurdo
supporre
che
quella
medesima
corrente
cominci
a
diffondersi
anche
in
Italia
,
favorita
da
circostanze
,
non
somiglianti
,
ma
corrispondenti
?
e
che
,
non
trovando
in
Italia
,
né
le
classi
dirigenti
,
né
il
governo
disposti
ad
assecondarla
,
cerchi
aprirsi
nuove
vie
?
Alla
studio
spassionato
della
tendenza
sopraindicata
,
in
quanto
potrebbe
essere
il
punto
di
partenza
di
un
aggruppamento
di
quelle
forze
conservatrici
della
società
italiana
,
le
quali
sono
rimaste
finora
disperse
o
spostate
,
e
provocherebbe
certamente
,
se
ciò
fosse
,
il
risveglio
operoso
,
per
legge
di
contrasto
,
dei
partiti
disorientati
e
stagnanti
,
è
consacrata
la
prima
parte
della
pubblicazione
presente
.
Che
il
partito
governante
sia
oggi
disorientato
e
come
stagnante
,
e
per
conseguenza
ridotto
alla
sterilità
,
non
c
'
è
nessuno
che
non
lo
veda
.
L
'
antica
Sinistra
non
si
mostra
suscettibile
di
essere
tenuta
insieme
se
non
da
coalizioni
artificiali
di
persone
.
In
quanto
alla
antica
Destra
,
i
suoi
uomini
migliori
hanno
riacquistato
credito
;
ma
,
presa
collettivamente
,
se
dovesse
rimanere
chiusa
nella
originaria
cerchia
d
'
idee
,
senza
aver
nulla
imparato
e
nulla
dimenticato
,
invano
cercherebbe
,
in
molte
provincie
almeno
,
durevole
appoggio
,
e
neppur
potrebbe
fare
assegnamento
sulla
propria
interna
compattezza
,
tostoché
dall
'
atteggiamento
passivo
d
'
opposizione
passasse
a
quello
attivo
di
reggere
lo
Stato
.
Da
che
deriva
questo
?
Non
deriverebbe
per
avventura
dal
fatto
che
i
partiti
vecchi
,
non
già
gli
uomini
più
preclari
che
li
compongono
,
si
sono
esauriti
,
dopo
aver
prodotto
tutto
ciò
che
,
costituiti
com
'
erano
,
e
cogli
intenti
di
un
'
epoca
che
non
è
più
,
potevano
produrre
;
e
che
,
per
riprendere
il
cammino
,
e
corrispondere
ai
nuovi
bisogni
del
paese
,
è
d
'
uopo
che
si
ritemprino
,
che
riformino
i
quadri
e
allarghino
le
file
?
La
seconda
parte
di
questo
lavoro
tende
appunto
a
risolvere
tali
dubbi
.
Se
non
che
neppure
una
ricostituzione
di
partiti
,
per
sé
sola
,
gioverebbe
gran
fatto
.
Una
delle
cause
principali
che
contribuiscono
a
perturbare
la
cosa
pubblica
si
è
che
certe
verità
,
certe
questioni
di
vitale
importanza
,
le
quali
dovrebbero
essere
chiarite
o
risolute
nel
solo
interesse
della
patria
,
perché
stanno
molto
al
disopra
delle
convenienze
dei
partiti
,
vengono
invece
date
in
pascolo
a
questi
ultimi
,
e
si
vedono
condannate
a
subire
tutte
le
peripezie
degli
umori
e
dei
conflitti
partigiani
,
rimanendo
per
tal
modo
indefinitamente
,
o
nell
'
ombra
,
o
sospese
,
o
falsate
.
È
sopra
siffatta
usurpazione
che
,
nella
terza
parte
dello
scritto
,
che
ho
l
'
onore
di
presentare
al
pubblico
,
mi
provo
a
richiamare
l
'
attenzione
di
tutti
coloro
che
amano
l
'
Italia
,
nella
speranza
di
indurli
a
far
valere
ogni
influenza
,
affinché
quelle
verità
siano
accettate
da
tutti
,
e
quelle
questioni
rimesse
al
loro
posto
.
Le
considerazioni
contenute
in
queste
pagine
hanno
un
carattere
affatto
obbiettivo
,
sono
aliene
da
ogni
spirito
di
parte
,
sono
ispirate
dal
solo
desiderio
che
la
vita
pubblica
d
'
Italia
divenga
più
sana
,
più
seria
e
più
feconda
.
Valgano
le
buone
intenzioni
dell
'
autore
a
cattivargli
l
'
indulgenza
dei
benevoli
lettori
.
Casalbuttano
,
1
Novembre
1879
.
Parte
Prima
.
Delle
idee
conservatrici
nella
nuova
Italia
.
I
.
La
scuola
conservatrice
nell
'
Europa
moderna
.
L
'
idea
di
conservazione
,
in
politica
,
non
si
concepisce
disgiunta
dall
'
oggetto
che
s
'
intende
conservare
,
il
quale
è
poi
lo
Stato
,
ossia
un
determinato
consorzio
di
cittadini
,
considerato
,
non
già
sotto
tutti
i
suoi
aspetti
,
ma
sotto
quello
del
suo
ordinamento
giuridico
e
del
suo
governo
.
Un
conservatore
è
colui
che
vuole
la
conservazione
dello
Stato
a
cui
appartiene
,
purché
indipendente
da
signoria
straniera
;
applicando
i
medesimi
criterî
,
coi
quali
un
individuo
umano
considera
le
condizioni
di
conservazione
del
proprio
corpo
,
e
suppone
,
per
conseguenza
,
che
nessun
organismo
estraneo
parassita
penetri
in
questo
,
e
ne
perturbi
la
normale
esistenza
,
senza
di
che
sarebbe
inutile
pensare
a
conservarlo
.
L
'
idea
di
conservazione
è
complessa
;
e
comprende
tanto
il
mantenimento
di
tutto
quello
che
esiste
di
conforme
alla
ragione
d
'
essere
dell
'
oggetto
conservato
,
quanto
la
eliminazione
,
entro
i
limiti
del
necessario
,
di
tutto
quello
che
un
'
evidenza
incontestabile
,
o
una
lunga
esperienza
,
dimostrano
come
contrario
a
quella
ragione
d
'
essere
.
Non
basta
quindi
che
una
istituzione
,
o
un
modo
di
governare
,
esistano
perché
possano
considerarsi
da
un
conservatore
,
meritevoli
d
'
essere
mantenuti
soltanto
perché
esistono
;
ma
non
basta
neppure
che
un
'
istituzione
,
o
un
modo
di
governare
,
contengano
dei
vizî
di
origine
,
perché
si
possa
e
si
debba
desiderare
che
vengano
mutati
,
qualora
facciano
buona
prova
nell
'
applicazione
,
e
mostrino
di
acconciarsi
sempre
più
al
bene
presente
e
futuro
della
maggioranza
della
nazione
governata
;
e
infatti
molte
cose
nate
storte
,
man
mano
che
crescono
possono
raddrizzarsi
.
Che
se
poi
avviene
che
una
istituzione
,
o
un
dato
indirizzo
di
governo
,
producono
insieme
e
del
bene
e
del
male
,
la
tendenza
conservatrice
sarà
rivolta
,
non
già
a
farne
tavola
rasa
,
per
lo
scopo
di
sopprimere
il
male
,
ma
solo
a
modificare
quel
tanto
che
basti
per
togliere
ciò
che
vi
ha
di
male
,
senza
perdere
ciò
che
vi
ha
di
bene
.
La
scuola
dei
conservatori
prende
le
mosse
dai
fatti
e
dalle
realtà
politiche
e
sociali
,
ed
applica
il
metodo
esperimentale
alla
cosa
pubblica
.
Essa
non
si
può
accusare
di
empirismo
,
per
due
ragioni
.
In
primo
luogo
,
perché
tien
conto
anche
di
quelle
leggi
,
le
quali
,
derivando
dalla
natura
morale
e
sociale
dell
'
uomo
,
sono
inerenti
a
tutti
gli
umani
consorzi
e
perciò
non
si
lasciano
violare
impunemente
;
e
del
resto
la
stessi
indole
positiva
di
questa
scuola
la
induce
ad
ammettere
come
nulla
possa
reggere
a
lungo
andare
,
se
si
è
costretti
a
cozzare
contro
tali
leggi
.
In
secondo
luogo
,
perché
,
proponendosi
per
meta
il
mantenimento
,
la
consolidazione
e
lo
sviluppo
normale
della
patria
,
essa
si
prefigge
un
ideale
non
meno
elevato
e
nobile
di
quello
di
coloro
che
si
adoperarono
a
crearla
;
solo
esige
che
il
modo
di
conseguirlo
sia
proporzionato
ai
mezzi
che
si
hanno
.
Lontanissima
,
come
quella
che
vive
nell
'
attualità
,
dalle
dottrine
retrive
che
si
compiacciono
degli
anacronismi
,
essa
accetta
la
democrazia
,
nel
senso
però
soltanto
della
non
esclusione
d
'
alcun
cittadino
dalla
possibilità
di
raggiungere
,
per
mezzo
delle
proprie
opere
,
e
non
già
in
virtù
di
un
diritto
astratto
,
qualsiasi
grado
sociale
e
politico
;
e
considera
poi
la
libertà
ordinata
e
il
sistema
rappresentativo
come
poderose
e
indispensabili
forze
conservatrici
.
Essa
si
presta
ad
ispirare
il
governo
,
tanto
in
una
repubblica
,
quanto
in
una
monarchia
rappresentativa
;
ed
anche
in
una
monarchia
assoluta
,
quando
siffatta
forma
trovi
la
sua
giustificazione
nelle
condizioni
di
una
società
ancor
molto
arretrata
nell
'
incivilimento
,
facendosi
valere
,
in
tal
caso
,
coll
'
opporsi
all
'
arbitrio
,
e
col
promuovere
la
scrupolosa
osservanza
delle
leggi
.
Un
adulatore
del
principe
in
una
monarchia
,
non
è
un
conservatore
,
ma
un
cortigiano
;
come
l
'
adulatore
del
popolo
,
in
una
democrazia
,
non
è
un
democratico
,
ma
un
demagogo
.
Alla
scuola
conservatrice
si
contrappone
la
radicale
,
la
quale
considera
una
nazione
non
come
un
organismo
,
ma
,
secondo
la
teoria
del
Contratto
sociale
del
Rousseau
,
come
un
aggregato
di
individui
tutti
di
egual
valore
,
al
quale
aggregato
è
lecito
applicare
qualsiasi
riforma
,
quando
apparisca
la
migliore
a
priori
,
senza
tener
conto
né
delle
tradizioni
,
né
delle
abitudini
,
né
delle
idee
comunemente
accettate
,
né
degli
interessi
,
né
di
tutto
l
'
insieme
dei
fatti
sociali
sempre
sopravviventi
alle
mutazioni
di
Stato
,
e
ripullulanti
e
reagenti
più
forti
di
prima
,
ogni
qual
volta
furono
compressi
fuori
di
tempo
.
In
Italia
il
radicalismo
è
rappresentato
da
una
delle
varietà
dei
repubblicani
alla
francese
,
e
più
specialmente
dai
semi
repubblicani
;
e
scambia
facilmente
licenza
per
libertà
,
demagogia
per
democrazia
.
Il
radicalismo
può
concorrere
a
creare
uno
Stato
,
una
forma
di
governo
,
nuove
istituzioni
;
ma
non
può
contribuire
a
creare
nessuna
di
quelle
condizioni
che
occorrono
per
far
sì
che
uno
Stato
,
una
forma
di
governo
,
una
istituzione
,
si
mantengano
;
imperciocché
tali
condizioni
non
s
'
improvvisano
,
e
devono
preesistere
agli
anzidetti
mutamenti
o
con
essi
coesistere
nel
seno
del
consorzio
civile
.
Se
non
ci
sono
,
il
radicalismo
non
le
può
decretare
,
nemmeno
col
suffragio
universale
.
Quando
un
popolo
,
col
suffragio
universale
,
crede
di
poterle
fornire
mediante
un
semplice
atto
di
volontà
,
esso
mistifica
sé
medesimo
.
La
tradizione
del
pensiero
politico
in
Italia
non
fu
mai
radicale
,
incominciando
dalla
parabola
di
Menenio
Agrippa
e
dal
diritto
romano
,
fino
a
Machiavelli
,
a
Vico
,
a
Romagnosi
.
Nemmeno
i
repubblicani
moderni
d
'
Italia
sono
tutti
radicali
.
Lo
è
stato
Giuseppe
Mazzini
nel
suo
apostolato
per
la
libertà
,
da
non
confondersi
col
suo
apostolato
per
l
'
idea
nazionale
,
col
quale
seminò
in
terreno
fecondo
.
Invece
Carlo
Cattaneo
e
Giuseppe
Ferrari
considerarono
il
consorzio
dei
cittadini
come
un
organismo
vivente
;
e
,
se
conclusero
alla
repubblica
e
alla
repubblica
federativa
,
non
fu
già
per
premesse
radicali
,
ma
per
premesse
esageratamente
conservative
.
Essi
furono
d
'
avviso
che
la
recente
monarchia
unitaria
sia
sopravvenuta
a
sconvolgere
lo
sviluppo
organico
della
società
italiana
,
solo
perché
si
rifiutarono
ad
ammettere
che
l
'
organismo
vecchio
fosse
suscettibile
assimilare
elementi
nuovi
,
e
perché
agli
elementi
nuovi
negarono
la
dovuta
importanza
,
non
avendoli
rinvenuti
nella
storia
passata
d
'
Italia
.
Ma
non
allontaniamoci
dal
nostro
soggetto
.
Nulla
di
essenziale
invece
separa
i
conservatori
dai
liberali
,
propriamente
detti
,
imperciocché
gli
uni
e
gli
altri
ritengono
necessario
,
tanto
la
stabilità
,
quanto
il
progresso
e
la
libertà
.
Si
distinguono
però
riguardo
alla
misura
diversa
,
secondo
la
quale
intendono
applicare
ciascuna
di
quelle
forze
;
e
perciò
,
non
già
secondo
l
'
esclusività
,
ma
secondo
la
prevalenza
che
attribuiscono
gli
uni
alla
stabilità
,
gli
altri
al
progresso
e
alla
libertà
,
vengono
denominati
,
per
antonomasia
,
conservatori
i
primi
,
liberali
i
secondi
.
I
primi
intendono
camminare
bensì
,
ma
in
guisa
che
,
per
modo
di
parlare
,
le
masse
si
possano
muovere
ordinatamente
,
senza
rompere
le
file
e
senza
sforzi
;
mentre
i
secondi
mirano
a
spingere
le
masse
a
marcie
forzate
per
compiere
più
rapide
evoluzioni
.
Pei
liberali
inoltre
,
generalmente
parlando
,
l
'
istruzione
pubblica
molto
diffusa
e
i
precetti
dell
'
economia
politica
sarebbero
argini
sufficienti
contro
le
passioni
anarchiche
e
ardenti
,
e
contro
le
idee
confuse
di
trasformazioni
sociali
che
si
agitano
nei
bassi
fondi
della
società
moderna
;
quando
invece
pei
conservatori
,
quei
mezzi
non
sono
ritenuti
sufficienti
se
non
li
corrobora
e
li
completa
il
Cristianesimo
profondamente
sentito
,
e
praticato
,
tanto
dai
ricchi
quanto
dai
poveri
.
Conservantismo
e
liberalismo
,
quando
coesistano
in
permanenza
nel
seno
di
un
corpo
politico
,
l
'
uno
di
fronte
all
'
altro
,
formano
insieme
le
condizioni
necessarie
della
sua
salute
normale
;
e
sono
destinati
,
nell
'
interesse
del
progresso
civile
,
a
prevalere
alternativamente
;
questo
,
quando
occorre
dar
mano
ad
un
lavoro
indefesso
di
riforme
;
quello
,
quando
occorre
riparare
le
forze
che
,
per
effetto
del
lavoro
,
si
sogliono
logorare
,
ciascuno
sorvegliando
l
'
altro
e
impedendogli
di
trasmodare
.
Ecco
i
caratteri
distintivi
del
conservantismo
nella
Europa
moderna
.
Esso
siede
oggi
al
governo
in
parecchi
degli
Stati
più
importanti
e
più
colti
;
in
preda
a
molti
contrasti
,
è
vero
;
ma
vi
siede
.
Non
c
'
è
ragione
perché
quei
caratteri
non
abbiano
ad
essere
distintivi
dei
conservatori
anche
in
Italia
.
Quale
sia
la
missione
devoluta
a
questi
ultimi
nell
'
opera
del
risorgimento
di
una
nazione
,
lo
dice
uno
dei
più
insigni
e
liberali
trattatisti
contemporanei
di
diritto
pubblico
e
di
scienza
di
Stato
:
Il
conservantismo
ha
il
suo
ufficio
naturale
dopo
una
rivoluzione
e
dopo
una
trasformazione
politica
di
un
popolo
,
quando
si
tratta
di
mantenere
i
risultati
raggiunti
e
impedire
che
trasmodino
(
BLUNTSCHLI
:
La
Politica
,
lib
.
XII
,
cap
.
8
)
.
Lo
Stato
in
Italia
è
oggi
il
Regno
che
abbraccia
la
stirpe
italica
dalle
Alpi
al
Lilibeo
,
e
che
è
retto
dalla
dinastia
di
Savoia
e
dallo
Statuto
di
Carlo
Alberto
.
Profonde
cause
storiche
hanno
potuto
far
sì
che
esistano
in
Europa
alcune
autonomie
politiche
solidissime
e
sostenute
dal
libero
consenso
della
grande
maggioranza
dei
cittadini
,
nelle
quali
convivono
diverse
unità
etnografiche
,
p
.
es
.
,
la
Svizzera
;
o
dove
,
sebbene
ne
esista
una
sola
,
l
'
autonomia
politica
ha
forma
federativa
,
p
.
es
.
,
l
'
Impero
Germanico
.
In
tali
casi
,
va
da
sé
che
lo
spirito
conservatore
si
rivolga
a
mantenere
quelle
forme
.
Peraltro
è
più
consentaneo
all
'
ideale
moderno
che
lo
Stato
coincida
presso
a
poco
col
complesso
di
una
nazione
,
e
comprenda
questa
in
una
unità
incondizionata
di
reggimento
.
Infatti
l
'
idea
di
patria
non
è
forse
,
per
sé
medesima
,
una
forza
eminentemente
conservatrice
?
e
l
'
idea
di
patria
non
si
è
forse
oggigiorno
identificata
con
quella
di
nazione
,
per
effetto
di
un
lento
lavorio
della
civiltà
europea
,
giunto
a
maturanza
solo
nel
secolo
nostro
?
Questo
ideale
lo
abbiamo
in
Italia
.
L
'
unità
d
'
Italia
,
la
legittimità
della
casa
regnante
,
lo
Statuto
vigente
,
essendo
dunque
i
tre
fondamenti
dello
Stato
,
un
conservatore
italiano
,
affinché
sia
lecito
designarlo
con
questa
denominazione
,
non
può
ammetterne
neppure
la
discussione
.
Eccettuati
questi
tre
punti
,
i
quali
,
del
resto
,
pel
carattere
loro
generale
,
si
adatterebbero
e
alla
massima
espansione
di
libertà
praticabile
nel
mondo
moderno
e
al
più
vigoroso
potere
esecutivo
,
eccettuati
questi
tre
punti
,
un
conservatore
italiano
può
sindacare
ogni
cosa
che
si
riferisce
allo
Stato
.
Nel
qual
sindacato
,
appoggiandosi
ad
un
'
esperienza
ventenne
,
esso
inclinerà
naturalmente
a
difendere
tutto
ciò
che
,
nelle
istituzioni
e
nell
'
indirizzo
del
governo
,
risulta
conforme
,
secondo
quell
'
esperienza
,
o
secondo
l
'
evidenza
incontestabile
,
al
concetto
conservatore
;
a
correggere
,
nella
misura
del
necessario
,
tutto
ciò
che
imperfettamente
ad
esso
risponde
;
a
rimuovere
tutto
ciò
che
si
presenta
come
un
ostacolo
permanente
e
crescente
al
trionfo
del
concetto
medesimo
.
Questo
è
il
significato
che
si
attribuisce
nel
presente
scritto
alla
denominazione
di
conservatore
in
Italia
,
il
quale
significato
non
è
per
nulla
arbitrario
,
ma
risponde
esattamente
a
quello
che
gli
viene
attribuito
nella
maggior
parte
degli
altri
paesi
civili
moderni
.
Se
esistano
o
non
esistano
dei
conservatori
italiani
,
è
un
'
altra
questione
intorno
alla
quale
più
oltre
discorreremo
.
Ciò
che
fin
d
'
ora
importa
aver
ben
presente
si
è
che
,
se
esistono
,
non
possono
essere
che
così
.
[
Significati
erronei
attribuiti
alla
parola
"conservatore".]
Non
crediamo
sia
cosa
inutile
insistere
sul
significato
vero
della
denominazione
anzidetta
,
imperocché
essa
ha
generato
da
per
tutto
,
e
specialmente
in
Italia
,
ogni
sorta
di
pregiudizi
,
ed
ha
dato
luogo
a
molti
equivoci
.
È
un
pregiudizio
,
p
.
es
.
,
quello
di
credere
che
il
tornaconto
personale
e
il
grado
sociale
di
un
uomo
,
quando
si
connettano
con
tutto
ciò
che
si
riferisce
alla
conservazione
dello
Stato
,
o
dei
beni
a
cui
solo
alcune
classi
possono
partecipare
,
bastino
,
per
sé
soli
,
a
farne
un
conservatore
.
Quel
tornaconto
,
quel
grado
sociale
,
sono
condizioni
molto
importanti
bensì
,
ma
occorre
ch
'
egli
abbia
una
chiara
consapevolezza
di
una
tale
connessione
,
il
che
spesso
non
accade
,
specialmente
nei
paesi
nuovi
alla
libertà
,
e
inoltre
che
il
desiderio
di
popolarità
,
o
il
proposito
vigliacco
di
trovar
protettori
fra
i
suoi
naturali
avversarî
in
vista
di
certe
eventualità
,
o
una
prepotente
indipendenza
d
'
ingegno
,
non
lo
inducano
ad
emanciparsi
dall
'
influenza
del
proprio
grado
sociale
e
del
proprio
tornaconto
.
Che
la
condizione
sociale
e
il
vantaggio
individuale
non
siano
tutto
quanto
occorre
per
formare
un
conservatore
,
è
così
vero
,
che
molti
i
quali
nel
disfacimento
di
un
interesse
politico
o
sociale
nulla
avrebbero
da
perdere
personalmente
,
ne
sono
spesso
i
più
fermi
e
più
sicuri
difensori
,
per
impulso
di
temperamento
o
di
profonde
convinzioni
.
Altri
ancora
hanno
convenienza
di
conservare
,
insieme
a
tutto
che
c
'
è
di
buono
,
anche
i
difetti
,
i
vizî
,
gli
abusi
che
si
sono
introdotti
nello
Stato
,
nel
Governo
,
o
in
altri
importanti
interessi
,
siffatte
magagne
solitamente
generando
legioni
di
uomini
impegnati
a
perpetuarle
e
non
essendovi
cosa
per
quanto
guasta
,
che
non
torni
a
profitto
di
qualche
gaudente
.
Ora
siccome
tali
difetti
e
vizî
e
abusi
trarrebbero
alla
fine
quelle
istituzioni
a
rovina
,
così
quegli
uomini
non
possono
dirsi
conservatori
.
Così
pure
è
un
pregiudizio
lo
scambiare
il
conservantismo
colla
forza
d
'
inerzia
,
forza
poderosa
tanto
nel
mondo
sociale
,
quanto
nel
mondo
fisico
,
la
quale
vuole
essere
tenuta
nel
debito
conto
dalla
politica
,
ma
non
è
tutt
'
al
più
che
uno
dei
due
poli
del
conservantismo
.
Lasciata
a
sé
sola
,
condurrebbe
direttamente
alla
distruzione
anziché
alla
conservazione
,
ogni
qualvolta
gli
elementi
dissolventi
,
a
cui
lascerebbe
libero
campo
,
riuscissero
a
prevalere
.
Anche
l
'
attribuire
la
denominazione
di
conservatori
ai
puri
autoritarî
è
un
pregiudizio
.
Il
regime
militare
,
lo
stato
d
'
assedio
,
un
colpo
di
Stato
al
bisogno
,
un
capo
investito
di
un
potere
illimitato
e
arbitrario
,
ecco
lo
specifico
,
secondo
l
'
opinione
di
costoro
.
Or
bene
può
darsi
che
siffatti
mezzi
riescano
per
un
dato
momento
ad
arrestare
la
cancrena
dell
'
anarchia
,
ma
per
sé
medesimi
non
bastano
mai
a
ridonare
la
salute
normale
nell
'
organismo
di
uno
Stato
infermo
;
perciò
non
conservano
nulla
se
non
provvisoriamente
;
mentre
è
proprio
del
conservantismo
il
provvedere
,
non
solo
all
'
oggi
,
ma
anche
al
domani
.
D
'
altronde
un
atto
autoritario
delle
specie
sopraindicate
,
si
presta
spesso
ad
esser
posto
al
servizio
di
un
sistema
anticonservatore
per
eccellenza
.
Nemmeno
si
possono
chiamare
conservatori
quei
dottrinarî
da
gabinetto
i
quali
concepiscono
una
teorica
di
governo
conservatore
,
e
ad
essa
pretenderebbero
assoggettare
un
paese
,
senza
aver
verificato
se
poi
tale
teorica
si
acconcerebbe
nella
applicazione
alle
condizioni
di
fatto
di
esso
paese
.
Venendo
a
parlare
dell
'
Italia
in
particolare
,
noi
vedremo
a
suo
luogo
quanto
sia
inesatto
attribuire
il
nome
di
partito
conservatore
alla
Destra
parlamentare
,
come
molti
sogliono
fare
.
La
Destra
parlamentare
racchiude
nel
suo
seno
dei
veri
conservatori
,
e
dei
conservatori
virtuali
,
ma
ne
ha
anche
di
quelli
,
e
non
fra
i
meno
influenti
,
che
non
lo
sono
né
punto
né
poco
.
Presa
poi
collettivamente
,
ha
seguito
finora
,
un
tempo
per
necessità
,
più
tardi
di
propria
elezione
,
un
indirizzo
politico
tutt
'
altro
che
conservatore
;
mentre
nella
Sinistra
,
specialmente
nei
deputati
meridionali
,
i
conservatori
virtuali
non
mancano
.
Non
avremo
poi
bisogno
di
spender
molte
parole
per
dimostrare
quanto
sia
male
applicata
la
denominazione
di
conservatori
agli
aderenti
alle
cadute
dinastie
.
A
torto
sogliono
essi
venir
paragonati
ai
legittimisti
francesi
.
Questi
sono
,
innanzi
tutto
,
eminentemente
nazionali
,
e
non
mirano
che
ad
un
mutamento
nella
forma
del
governo
;
mentre
in
Italia
i
legittimisti
mirano
alla
distruzione
della
nazione
.
Il
richiamo
delle
antiche
dinastie
italiane
implica
l
'
idea
di
spezzare
in
frantumi
uno
Stato
che
esiste
da
venti
anni
;
in
altre
parole
,
suppone
,
anziché
un
concetto
conservatore
,
il
più
profondo
sconvolgimento
di
ogni
cosa
pubblica
e
privata
,
che
immaginare
si
possa
.
Ma
c
'
è
un
partito
molto
più
numeroso
ed
importante
in
Italia
che
si
qualifica
,
nel
modo
più
improprio
,
come
conservatore
.
È
d
'
uopo
perciò
che
ci
arrestiamo
un
po
'
più
a
lungo
a
discorrerne
.
È
il
partito
che
alcuni
in
Italia
denominano
clericale
,
vocabolo
indeterminato
ed
elastico
,
nel
quale
alcuni
vorrebbero
comprendere
,
a
torto
,
tutti
gli
ecclesiastici
,
tutti
quelli
che
professano
la
religione
cattolica
,
e
persino
tutti
quelli
che
attribuiscono
qual
importanza
al
sentimento
religioso
;
è
per
ciò
che
non
crediamo
opportuno
adottarlo
,
a
scanso
d
'
equivoci
.
Preferiamo
adoperare
la
definizione
di
cattolici
intransigenti
,
per
distinguere
coloro
che
sostengono
la
subordinazione
dello
Stato
alla
Chiesa
e
la
ristaurazione
del
potere
temporale
dei
Papi
.
Or
bene
,
la
questione
religiosa
si
presenta
in
Italia
sotto
tre
aspetti
diversi
,
che
sono
il
sentimento
religioso
i
rapporti
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
il
papato
.
Vediamo
in
quali
punti
debba
separarsi
il
conservantismo
politico
italiano
dal
cattolicismo
intransigente
,
riguardo
a
ciascuno
di
quei
tre
aspetti
.
Secondo
gli
intransigenti
,
ogni
ordine
sociale
,
civile
e
politico
dovrebbe
avere
per
fondamento
unico
la
religione
.
Il
conservantismo
politico
invece
ammette
anche
quegli
altri
fondamenti
che
si
riferiscono
a
tutte
le
forme
di
attività
sociale
,
a
tutte
le
sfere
dei
sentimenti
e
degli
interessi
.
Il
sentimento
religioso
ha
un
'
importanza
grandissima
a
'
suoi
occhi
,
sia
in
sé
stesso
,
sia
perché
predispone
l
'
uomo
a
concepire
un
ideale
che
lo
rende
capace
di
azioni
generose
e
di
sagrifizî
,
e
gli
apre
più
facilmente
il
cuore
ad
altri
sentimenti
elevatissimi
,
come
sono
quelli
del
dovere
e
della
patria
,
senza
i
quali
nulla
v
'
ha
di
stabile
nella
politica
.
Ciò
è
talmente
vero
che
tanto
più
grandi
sono
stati
i
popoli
antichi
e
moderni
,
quanto
più
profondamente
religiosi
;
e
lo
dimostra
l
'
esempio
dei
Romani
antichi
,
delle
repubbliche
italiane
del
Medio
Evo
,
degli
Inglesi
moderni
,
dei
vincitori
di
Wörth
e
di
Sedan
.
E
il
sentimento
religioso
degli
Italiani
è
cattolico
,
né
può
essere
che
cattolico
,
l
'
esperienza
avendo
dimostrato
quanto
siano
infruttuosi
i
tentativi
di
coloro
che
vorrebbero
far
loro
accettare
altri
culti
.
In
quanto
a
noi
,
possiamo
dire
che
non
siamo
mai
riusciti
a
comprendere
la
distinzione
fra
cattolicismo
liberale
e
cattolicismo
non
liberale
.
Ma
c
'
è
un
'
altra
distinzione
che
comprendiamo
benissimo
,
ed
è
questa
.
Nella
religione
cattolica
ci
sono
due
cose
da
distinguere
.
L
'
una
,
obbiettiva
,
che
è
il
patrimonio
dei
dogmi
comuni
a
tutti
i
credenti
.
L
'
altra
,
subbiettiva
,
che
si
atteggia
al
sentimento
individuale
di
chi
professa
quella
religione
.
L
'
identica
fede
alcuni
l
'
hanno
in
cuore
come
,
la
ebbero
,
nella
realtà
,
Tommaso
da
Kempis
,
Dante
,
Colombo
,
Bossuet
,
Manzoni
,
e
,
nella
finzione
,
il
cardinale
Federigo
,
il
Padre
Cristoforo
;
altri
,
invece
,
come
don
Abbondio
;
altri
come
fra
Galdino
,
e
fra
Galdino
in
questi
ultimi
tempi
sembra
molto
in
voga
;
ma
le
voghe
passano
;
e
l
'
ultima
Enciclica
,
Aeterni
patris
di
Leone
X
sul
bisogno
che
il
clero
sia
molto
istruito
,
non
è
certamente
favorevole
ai
fra
Galdini
.
Ciò
che
ci
pare
possa
essere
ritenuto
per
fermo
è
che
l
'
indole
di
una
nazione
non
si
modifica
a
piacimento
di
chi
la
vuole
modificare
;
e
che
gli
Italiani
,
generalmente
parlando
,
o
sono
cattolici
,
o
non
hanno
religione
alcuna
.
Possono
essere
cattolici
però
alla
maniera
del
cardinale
Federigo
e
del
padre
Cristoforo
,
ed
è
a
questa
maniera
che
la
politica
conservatrice
deve
desiderare
che
siano
.
Ma
,
ammesso
tutto
questo
,
è
indubitabile
che
il
sentimento
religioso
non
basta
da
sé
solo
alla
politica
.
La
grandezza
dei
popoli
citati
è
dovuta
al
sentimento
religioso
bensì
,
ma
al
concorso
anche
di
altri
fattori
che
sono
appunto
quelli
di
cui
si
occupa
la
politica
,
mentre
,
sotto
l
'
aspetto
puramente
religioso
,
tali
fattori
appariscono
poco
importanti
.
Quindi
un
cittadino
italiano
,
nato
fuori
del
culto
cattolico
,
può
essere
ritenuto
a
ragione
come
un
perfetto
conservatore
,
quando
lo
sia
in
ogni
altra
cosa
,
ed
abbia
rispetto
per
quella
religione
della
maggioranza
ch
'
egli
non
professa
.
Su
questo
punto
pertanto
c
'
è
una
grande
differenza
fra
un
conservatore
politico
e
un
cattolico
intransigente
,
ma
non
essenziale
,
solo
di
più
o
di
meno
.
Più
spiccata
la
differenza
si
rivela
riguardo
ai
rapporti
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
.
La
tendenza
dei
cattolici
intransigenti
è
di
subordinare
affatto
il
primo
alla
seconda
,
mentre
quella
del
conservantismo
politico
consisterebbe
nel
procurare
alla
Chiesa
il
modo
di
adagiarsi
in
mezzo
alla
società
civile
,
rispettata
e
onorata
dallo
Stato
,
senza
che
per
questo
lo
Stato
rinunci
alle
prerogative
inerenti
alla
propria
natura
e
conformi
al
proprio
fine
.
Ogni
podestà
esercitata
da
uomini
al
contatto
con
altre
potestà
,
inclina
sempre
ad
invadere
la
sfera
d
'
efficienza
altrui
.
La
lotta
fra
il
clero
e
il
laicato
è
antica
quanto
lo
sono
le
società
civili
del
globo
terracqueo
e
non
fu
mai
interrotta
nemmeno
dai
principi
più
pii
e
più
santi
,
valga
per
tutti
l
'
esempio
di
san
Luigi
di
Francia
;
perché
,
sebbene
pii
e
santi
,
essi
non
potevano
abbandonare
la
difesa
delle
prerogative
che
avevano
il
dovere
di
custodire
intatte
.
Quando
sarà
venuto
il
momento
di
scrivere
la
storia
imparziale
dei
governi
caduti
d
'
Italia
,
apparirà
che
,
anche
nei
peggiori
tempi
della
patria
nostra
,
i
suoi
governanti
più
volte
seppero
resistere
virilmente
alle
pretese
della
potestà
ecclesiastica
.
Peraltro
c
'
è
differenza
fra
lotta
e
lotta
.
Deve
essere
nel
proposito
dei
conservatori
italiani
di
attenuare
gli
attriti
fra
i
due
poteri
,
di
non
creare
delle
difficoltà
inutili
,
e
di
rendere
facile
al
sacerdozio
il
modo
di
adempiere
la
sublime
sua
missione
religiosa
nella
società
.
In
quanto
al
rendere
impossibili
le
contestazioni
,
sarebbe
follìa
sperarlo
.
La
questione
del
sentimento
religioso
e
quella
dei
rapporti
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
,
sono
posti
all
'
ordine
del
giorno
della
odierna
società
civile
di
tutto
il
mondo
,
e
vi
rimarranno
a
lungo
;
per
conseguenza
sopravviverebbero
in
Italia
anche
alla
pace
,
se
mai
si
stipulasse
,
fra
il
Vaticano
e
il
Quirinale
.
La
questione
invece
che
si
presenta
come
esclusiva
della
patria
nostra
e
vi
implica
una
difficoltà
delle
più
acute
,
è
quella
relativa
al
papato
.
Intorno
ad
essa
l
'
antagonismo
fra
lo
spirito
conservatore
e
l
'
intransigente
non
potrebbe
essere
più
flagrante
fino
a
che
il
secondo
persisterà
nelle
sue
pretese
.
Per
cedere
di
un
punto
occorrerebbe
che
il
primo
si
uccidesse
,
imperocché
la
restituzione
del
potere
temporale
al
Papa
distruggerebbe
l
'
integrità
dello
Stato
,
che
i
conservatori
,
per
essere
tali
,
sono
tenuti
a
difendere
.
Su
questo
argomento
avremo
occasione
di
trattenerci
in
seguito
.
Basti
per
ora
notare
su
quali
oggetti
e
in
quali
limiti
i
clericali
contrastano
l
'
idea
conservatrice
;
per
cui
non
può
spettar
loro
la
denominazione
di
conservatori
,
dal
punto
di
vista
della
politica
.
I
cattolici
intransigenti
pongono
il
terribile
dilemma
:
"
rinunciare
o
alla
nuova
Italia
o
alla
fede
cattolica
"
ed
hanno
per
sé
una
logica
spietata
.
A
favore
dei
conservatori
,
che
non
intendono
rinunciare
né
alla
nuova
Italia
né
alla
fede
de
'
loro
padri
,
milita
l
'
indole
stessa
degli
Italiani
,
i
quali
,
sebbene
amino
le
frasi
e
le
teoriche
assolute
,
in
pratica
sono
incomparabili
nel
trovar
modo
di
scivolare
fra
le
corna
dei
più
formidabili
dilemmi
,
bianchi
,
rossi
e
neri
.
Ben
chiarito
così
il
solo
significato
che
può
avere
il
conservantismo
in
Italia
,
e
sottrattolo
dalla
possibilità
di
essere
frainteso
,
ci
sembra
che
se
venisse
,
con
bandiera
spiegata
,
a
prendere
posto
anch
'
esso
nell
'
arena
della
politica
militante
,
dovrebbe
essere
accolto
cogli
onori
dovuti
ad
un
avversario
rispettabile
,
anche
da
quei
suoi
naturali
avversari
che
sentono
di
essere
del
pari
rispettabili
.
Alludiamo
a
quegli
avversari
più
riputati
che
siedono
nel
Parlamento
,
ai
membri
delle
principali
associazioni
politiche
del
paese
,
ai
pubblicisti
che
meritano
questo
nome
;
certamente
non
ai
faccendieri
,
ai
fondatori
di
sottogruppi
e
di
vicegruppi
parlamentari
,
ai
politicastri
da
caffè
ed
agli
zingari
della
stampa
,
i
quali
,
riguardo
alla
misera
,
artificiale
,
vita
pubblica
italiana
presente
,
possono
dire
:
Deus
nobis
haec
otia
fecit
.
Quel
che
dovrebbe
apparire
come
cosa
incontrastabile
è
che
il
sistema
rappresentativo
non
può
operare
senza
distinzione
e
lotta
di
partiti
.
Ma
come
potranno
i
partiti
distinguersi
e
combattere
utili
battaglie
se
non
c
'
è
un
partito
conservatore
,
rispetto
al
quale
ciascuno
degli
altri
possibili
trovi
preindicato
il
posto
relativo
che
gli
spetta
?
Quando
un
tale
partito
si
presentasse
,
gli
elementi
oggi
agitantisi
nel
mare
torbido
delle
personalità
,
verrebbero
attratti
dalle
affinità
di
pensiero
e
di
intenti
intorno
a
nuclei
determinati
e
naturali
;
e
dalle
istituzioni
parlamentari
si
otterrebbero
quei
benefizî
che
esse
possono
fornire
,
e
che
oggi
ancora
non
si
hanno
.
[
Se
esistano
in
Italia
gli
elementi
di
un
partito
conservatore
.
]
Ma
esistono
poi
in
realtà
gli
elementi
conservatori
nella
nazione
italiana
?
Ecco
il
primo
quesito
che
si
affaccia
a
chi
voglia
discorrere
di
questa
materia
;
imperocché
la
semplice
definizione
del
conservantismo
italiano
non
condurrebbe
molto
lontano
;
né
basterebbe
un
programma
,
che
mai
si
formulasse
in
quel
senso
,
a
creare
gli
elementi
di
un
partito
qualora
non
ci
fossero
.
Un
programma
non
può
far
di
più
che
coordinare
gli
elementi
che
già
esistono
.
Or
bene
,
a
noi
sembra
che
domandare
se
in
un
grande
consorzio
umano
,
mirabilmente
bene
determinato
dalla
geografia
e
dalla
etnografia
,
costituito
in
un
solo
corpo
politico
già
da
vent
'
anni
,
e
tenuto
insieme
da
nessuna
violenza
,
ci
siano
elementi
conservatori
,
equivale
al
porre
in
dubbio
che
esista
aria
respirabile
dove
si
incontrano
quadrupedi
viventi
,
ovvero
terra
vegetale
dove
si
vedono
crescere
,
rigogliosi
o
no
,
i
cereali
.
Non
c
'
è
bisogno
di
molto
profonda
sapienza
civile
per
comprendere
che
basta
mettere
insieme
una
comunità
qualsiasi
,
perché
sorga
,
dalla
convivenza
di
tanti
individui
umani
,
un
modo
di
vita
collettiva
,
anche
indipendente
da
qualunque
azione
di
governo
;
la
quale
azione
,
se
sarà
provvida
,
perfezionerà
siffatto
processo
naturale
,
ma
,
quand
'
anche
improvvida
,
non
basterà
ad
arrestarlo
.
Le
infinite
necessità
che
alimentano
tale
vita
collettiva
e
che
,
secondo
le
norme
degli
interessi
e
di
innumerevoli
affinità
elettive
,
aggruppano
in
varie
guise
i
cittadini
e
intrecciano
le
relazioni
loro
,
operano
costantemente
nel
senso
di
cementare
e
di
individualizzare
sempre
più
la
comunità
.
Lo
Stato
certamente
è
altra
cosa
dal
consorzio
ch
'
esso
rappresenta
;
ma
,
traendo
dal
medesimo
la
sua
ragione
d
'
essere
,
si
risente
naturalmente
di
tutto
ciò
che
contribuisce
a
rafforzarne
l
'
interna
struttura
.
Ecco
la
prima
base
degli
elementi
conservatori
.
Se
non
ci
fosse
questo
intimo
processo
che
agisce
nel
seno
degli
umani
consorzi
anche
indipendentemente
dalla
mano
dei
governi
,
sarebbe
impossibile
spiegare
come
mai
l
'
Impero
romano
,
malgrado
l
'
opera
insensata
del
maggior
numero
de
'
suoi
reggitori
,
e
sebbene
già
avanzato
sul
pendìo
della
decadenza
,
poté
rivelare
tanta
forza
di
resistenza
prima
di
precipitare
all
'
estrema
ruina
;
come
mai
la
Grecia
e
la
Spagna
dei
giorni
nostri
,
aumentino
di
coltura
e
di
prosperità
in
mezzo
alle
crisi
quotidiane
dei
loro
governi
;
come
mai
la
Francia
odierna
sappia
resistere
così
splendidamente
a
tante
cause
deleterie
;
come
mai
l
'
Italia
nostra
non
soglia
respirare
più
liberamente
né
si
mostri
tranquilla
più
di
quando
,
per
effetto
delle
vicissitudini
parlamentari
,
se
ne
sta
un
buon
mese
senza
titolari
ai
più
importanti
ministeri
,
e
come
sia
riuscita
,
di
proprio
moto
,
a
ridurre
a
lettera
morta
certe
leggi
che
non
le
convenivano
,
p
.
es
.
,
quella
della
guardia
nazionale
,
o
a
mutare
il
carattere
di
altre
,
per
es
.
,
quella
della
tassa
per
la
ricchezza
mobile
,
e
così
via
discorrendo
.
Se
non
che
il
processo
medesimo
,
mentre
va
rafforzando
i
vincoli
che
servono
a
tenere
unita
la
comunità
,
abbandonato
a
sé
,
deposita
anche
i
germi
dissolventi
che
ne
preparano
col
tempo
la
decadenza
e
la
ruina
,
come
avviene
in
tutti
gli
organismi
viventi
.
Uno
dei
compiti
dei
governi
consiste
appunto
nel
prevenire
e
nel
contrastare
lo
sviluppo
di
quei
germi
.
Noi
vedremo
,
a
suo
luogo
,
se
in
Italia
il
governo
adempia
o
non
adempia
a
quest
'
ufficio
in
modo
soddisfacente
.
Ciò
che
per
ora
ci
limitiamo
a
stabilire
è
che
contradirebbe
alle
nozioni
più
elementari
di
fisiologia
sociale
il
supporre
che
una
grande
comunità
,
quale
è
il
Regno
d
'
Italia
,
messa
insieme
da
oltre
venti
anni
,
non
abbia
prodotto
in
questo
frattempo
,
o
coll
'
aiuto
,
o
senza
l
'
aiuto
,
o
,
se
così
piacesse
di
dire
,
anche
a
dispetto
,
del
suo
governo
,
una
copia
immensa
di
elementi
acconci
a
cementarla
,
in
altre
parole
,
di
elementi
utilizzabili
indirettamente
a
beneficio
della
conservazione
dello
Stato
.
Per
dimostrare
che
a
questa
supposizione
corrisponde
la
realtà
,
fra
innumerevoli
fatti
che
potremmo
passare
in
rassegna
,
ne
sceglieremo
tre
soltanto
.
Non
c
'
è
remoto
casolare
,
in
cui
non
abbia
fatto
ritorno
in
seno
alla
propria
famiglia
qualcuno
de
'
suoi
abitatori
,
dopo
aver
servito
sotto
la
bandiera
nazionale
in
quell
'
esercito
che
è
il
crogiuolo
dove
si
elabora
il
più
puro
sentimento
della
grande
patria
italiana
.
È
diventata
adulta
un
'
intera
nuova
generazione
,
per
la
quale
le
antiche
divisioni
d
'
Italia
sono
storia
antica
,
perché
essa
non
le
ha
neppur
vedute
,
e
non
saprebbe
neppur
raccapezzarsi
se
dovesse
concepire
un
'
Italia
diversamente
che
unita
.
Si
contano
oramai
a
milioni
le
persone
,
le
quali
,
per
il
possesso
di
qualche
cedola
,
sono
rese
finanziariamente
cointeressate
all
'
esistenza
dello
Stato
italiano
,
o
debitore
,
o
fideiussore
,
o
sorvegliatore
del
titolo
rappresentato
da
quella
cedola
.
Non
bastano
questi
fatti
?
[
Dei
capisaldi
della
conservazione
e
dei
germi
di
dissoluzione
dello
stato
italiano
.
]
Veniamo
ora
a
parlare
degli
elementi
che
si
riferiscono
direttamente
allo
Stato
,
e
che
da
per
tutto
soglionsi
considerare
come
i
capisaldi
della
conservazione
politica
.
Essi
sono
copiosi
e
robustissimi
.
Impareggiabile
è
la
situazione
esterna
del
Regno
l
'
Italia
dal
1866
in
poi
,
per
la
forza
delle
cose
.
Imperocché
,
riconosciuto
da
tutti
gli
Stati
,
ammesso
di
primo
acchito
nell
'
areopago
dirigente
delle
grandi
potenze
,
la
sua
esistenza
,
senza
diminuzione
della
sua
estensione
attuale
,
è
riguardata
come
una
necessità
di
primo
ordine
dell
'
equilibrio
europeo
,
e
lo
sarà
finché
il
presente
equilibrio
non
verrà
alterato
.
Il
violare
questa
esistenza
da
parte
di
uno
dei
vicini
,
desterebbe
la
gelosia
e
la
coalizione
in
di
lei
favore
di
tutti
gli
altri
.
Si
potrà
bisticciarsi
con
questo
o
quel
governo
;
ma
,
tranne
il
caso
che
commettesse
addirittura
qualche
atto
d
'
insania
,
lo
Stato
italiano
è
al
riparo
,
più
di
qualunque
altro
d
'
Europa
,
da
ogni
pericolo
esterno
.
In
quanto
all
'
interno
,
ha
una
casa
regnante
antica
,
gloriosa
,
e
incontrastata
come
dinastia
dell
'
Italia
unita
,
popolarissima
,
come
lo
hanno
provato
i
funerali
commoventi
di
Vittorio
Emanuele
,
e
le
dimostrazioni
entusiastiche
che
accolgono
Umberto
e
Margherita
dovunque
si
presentino
;
la
corona
,
osservatrice
sino
allo
scrupolo
de
'
suoi
pubblici
doveri
,
moralmente
e
legalmente
;
unità
di
territorio
,
di
schiatta
,
di
linguaggio
,
di
costumi
,
di
religione
;
un
esercito
ottimo
,
disciplinato
,
patriottico
,
affezionato
al
Re
ed
alle
libere
istituzioni
,
senza
traccie
di
distinzioni
di
provincie
;
una
magistratura
integra
e
resistente
finora
a
tutte
le
pressioni
che
vorrebbero
infeudarla
a
scopi
partigiani
;
una
camera
vitalizia
gelosa
delle
proprie
prerogative
,
ma
non
invadente
,
e
che
non
cessa
di
prestare
alla
patria
il
concorso
zelante
e
sereno
della
propria
esperienza
;
la
ricchezza
abbastanza
suddivisa
;
eccellenti
le
masse
,
come
l
'
hanno
dimostrato
,
e
la
facilità
con
cui
si
poterono
introdurre
la
coscrizione
militare
nelle
regioni
dove
era
prima
sconosciuta
,
e
una
serie
di
tasse
non
meno
vessatorie
che
gravose
;
sconosciuto
il
fanatismo
religioso
;
l
'
immensa
maggioranza
,
fedele
al
culto
dei
suoi
padri
,
malgrado
la
lotta
in
permanenza
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
,
e
sorda
alle
suggestioni
delle
due
contrapposte
intolleranze
.
Si
è
detto
da
certuni
che
il
nuovo
ordine
di
cose
è
stato
voluto
da
una
minoranza
.
Questo
può
esser
esatto
.
I
rivolgimenti
nazionali
sono
sempre
l
'
opera
di
minoranze
;
però
sogliono
riuscire
solo
quando
hanno
per
sé
l
'
adesione
,
per
lo
meno
istintiva
,
delle
maggioranze
.
Tanto
è
vero
che
se
fu
una
minoranza
quella
che
produsse
l
'
ordine
di
cose
nuovo
,
non
solo
non
vi
trovò
un
'
altra
minoranza
,
ma
proprio
nessuno
,
per
difendere
l
'
ordine
antico
.
Altri
sostengono
che
i
voti
dei
plebisciti
rappresentano
una
forza
inerte
.
Ma
,
data
e
non
concessa
tale
supposizione
,
è
egli
poca
cosa
il
fatto
che
questa
immensa
forza
,
comunque
essa
chiamar
si
voglia
,
è
oggi
utilizzata
a
favore
dell
'
Italia
unitaria
?
Guardiamo
ora
il
rovescio
della
medaglia
,
e
diciamo
pure
tutta
la
verità
,
senza
esitanze
.
I
mali
interni
sono
molti
,
e
sollevano
infiniti
lamenti
;
anzi
si
può
dire
che
apparisce
come
un
altro
fattore
di
unificazione
anche
questa
unanimità
,
uniformità
e
parificazione
nel
malcontento
che
serpeggia
da
un
capo
all
'
altro
delle
terre
italiche
.
Aggravî
talmente
eccessivi
che
,
rispetto
specialmente
all
'
imposta
diretta
,
abbiamo
acquistato
sul
globo
terraqueo
un
primato
incontestabile
,
e
viviamo
quasi
soffocati
fra
le
spire
del
fisco
,
il
quale
non
si
limita
punto
a
spogliarci
,
ma
accompagna
la
spogliazione
con
artistica
raffinatezza
di
vessazioni
;
dal
che
la
quasi
impossibilità
dei
risparmi
e
della
formazione
del
capitale
riparatore
e
riproduttivo
;
una
macchina
amministrativa
delle
più
complicate
,
cosicché
sembrerebbe
che
gli
amministrati
siano
stati
creati
per
il
comodo
dell
'
amministrazione
,
e
non
sia
l
'
amministrazione
istituita
per
il
comodo
degli
amministrati
;
la
sicurezza
pubblica
imperfetta
come
in
nessun
altro
paese
del
mondo
civile
;
i
maggiori
comuni
sull
'
orlo
del
fallimento
;
verdetti
di
giurati
,
in
alcune
provincie
,
divenuti
uno
scandalo
;
le
sètte
in
fiore
,
e
intente
a
congiurare
,
in
un
paese
dove
è
pur
lecito
promuovere
qualunque
idea
alla
luce
del
sole
;
la
partigianeria
politica
invadente
e
perturbante
l
'
amministrazione
;
una
produzione
strabocchevole
di
frasi
rettoriche
,
di
iperboli
e
di
ciancie
sonore
,
e
una
grande
scarsezza
di
sano
lavoro
intellettuale
e
di
progresso
economico
;
un
continuo
parlar
di
diritti
e
non
mai
di
doveri
;
la
libera
stampa
,
in
gran
parte
,
molto
al
disotto
della
sua
missione
,
e
rivolta
a
rendere
sempre
più
morboso
lo
spirito
pubblico
;
il
materialismo
irrompente
e
soffocante
ogni
ideale
;
l
'
abbondanza
crescente
degli
individui
spostati
dall
'
impiegomania
,
che
non
può
essere
appagabile
per
tutti
,
dalla
febbre
dei
subiti
guadagni
e
da
un
falso
indirizzo
di
educazione
;
lo
spirito
d
'
associazione
prontissimo
a
lasciarsi
usufruire
dalle
consorterie
di
pochi
;
una
inesplicabile
commiserazione
pei
delinquenti
,
che
si
rivela
nella
proposta
dell
'
abolizione
della
pena
di
morte
e
in
altri
sintomi
,
mentre
gli
onesti
,
spogliati
,
ricattati
e
trucidati
,
trovano
poca
commiserazione
e
guarentigia
nessuna
;
l
'
assorbente
influenza
degli
avvocati
,
non
per
le
qualità
personali
e
la
coltura
distintissima
di
molti
di
essi
,
ma
solo
perché
esercenti
l
'
avvocatura
;
l
'
ozio
con
grande
indulgenza
tollerato
.
Cose
tutte
,
le
quali
,
propalate
con
molte
esagerazioni
nei
paesi
esteri
,
incominciano
a
risvegliare
l
'
attenzione
dei
nostri
più
vecchi
e
provati
amici
d
'
oltremonte
,
e
a
renderli
perplessi
nei
loro
giudizî
riguardo
all
'
avvenire
che
ci
stiamo
preparando
,
e
alla
nostra
ragione
d
'
essere
come
nazione
.
Affrettiamoci
ad
osservare
che
possiamo
addurre
molte
circostanze
attenuanti
in
nostro
favore
.
Nulla
era
preparato
in
Italia
per
sì
alti
destini
,
tranne
il
desiderio
di
conseguirli
.
Un
grande
Stato
moderno
non
può
sorgere
armato
di
tutto
punto
come
Minerva
dalla
testa
di
Giove
.
La
formazione
degli
Stati
ha
le
sue
leggi
fisiologiche
.
Sarebbe
occorso
per
l
'
Italia
,
o
che
,
vincitrice
di
una
lunga
e
difficile
lotta
combattuta
colle
sole
proprie
forze
,
avesse
trovato
in
questo
supremo
conato
,
le
condizioni
del
proprio
assetto
,
come
gli
Stati
Uniti
d
'
America
;
ovvero
che
di
lunga
mano
fosse
stata
predisposta
,
sopra
ogni
punto
del
suo
territorio
,
l
'
unificazione
nella
coltura
,
nei
commerci
,
nelle
armi
,
nei
mezzi
dì
comunicazione
,
e
accumulato
un
rigoglioso
capitale
omogeneo
,
intellettuale
,
economico
e
morale
,
come
avvenne
in
Germania
;
ovvero
che
un
conquistatore
di
genio
,
Napoleone
I
,
si
fosse
ricordato
di
essere
italiano
,
e
,
dopo
avere
unificata
l
'
Italia
,
l
'
avesse
condotta
per
alcuni
anni
con
una
ferrea
dittatura
civile
.
Nessuna
di
queste
tre
condizioni
essendosi
,
verificata
per
l
'
Italia
,
la
sua
immensa
fortuna
non
toglie
che
essa
sia
stata
condannata
ad
una
difficile
prova
,
ed
a
chiedere
che
il
tempo
,
la
prudenza
e
la
virile
perseveranza
,
le
preparino
quello
che
,
nei
tre
casi
sopraindicati
,
sarebbe
venuto
di
getto
.
Molti
dei
mali
enumerati
non
sono
nuovi
;
sono
mali
antichi
della
stirpe
nostra
,
che
si
riproducono
sotto
forma
moderna
,
e
che
non
potevano
essere
sradicati
in
breve
tempo
;
la
pianta
uomo
(
se
è
lecito
usare
questo
modo
d
'
esprimerci
)
rimanendo
presso
a
poco
quella
di
prima
,
anche
in
mezzo
alle
trasformazioni
politiche
territoriali
.
Siamo
uno
Stato
recentissimo
,
ma
un
popolo
vecchio
;
e
trasciniamo
con
noi
un
retaggio
di
secolare
decadenza
,
del
quale
non
è
responsabile
la
generazione
attuale
.
A
far
apparire
più
spiccati
quei
mali
concorrono
poi
le
illusioni
e
i
pregiudizî
.
Come
una
volta
la
storia
veniva
ridotta
alle
proporzioni
di
una
biografia
di
personaggi
illustri
,
all
'
iniziativa
dei
quali
si
attribuiva
tutta
la
responsabilità
degli
avvenimenti
,
mentre
una
critica
più
accurata
dimostrò
che
spesso
quelli
non
furono
se
non
strumenti
,
e
talvolta
anche
inconsci
,
dello
spirito
dei
loro
tempi
,
determinato
da
un
'
infinità
di
fattori
;
così
,
ai
giorni
nostri
,
sono
numerosi
coloro
,
i
quali
pretendono
che
alcune
idee
astratte
applicate
alla
cosa
pubblica
,
che
l
'
opera
isolata
di
pochi
uomini
investiti
del
potere
,
in
mezzo
alla
universale
inerzia
,
bastino
a
procacciare
quei
beni
che
non
possono
essere
se
non
il
premio
dell
'
assidua
cooperazione
di
tutti
,
diretta
dalla
saggia
iniziativa
dei
pochi
,
cooperazione
della
quale
i
pochi
non
potrebbero
far
senza
.
Da
ciò
quello
scarso
sentimento
,
che
si
trova
in
Italia
,
della
solidarietà
esistente
fra
governo
e
governati
in
un
paese
libero
;
da
ciò
il
poco
impegno
di
correggere
i
nostri
difetti
ereditarî
per
la
supposizione
che
,
anche
senza
darsi
questa
briga
,
a
furia
di
mutare
uomini
e
istituzioni
,
si
finirà
a
raggiungere
l
'
assetto
normale
desiderato
.
Ma
ormai
l
'
esperienza
deve
aver
diminuito
siffatte
illusioni
,
e
dimostrato
che
la
botte
non
può
dare
se
non
il
vino
che
contiene
.
Così
pure
è
d
'
uopo
ricordare
,
a
nostro
scarico
,
che
la
enormezza
,
non
però
la
vessatorietà
,
delle
imposte
,
è
giustificata
dalla
necessità
di
uno
dei
maggiori
rivolgimenti
politici
che
si
siano
compiuti
al
mondo
,
e
che
è
forse
l
'
unico
rivolgimento
,
il
quale
si
è
voluto
onorevolissimamente
condurre
a
termine
senza
il
fallimento
del
pubblico
erario
.
Siamo
dunque
obbligati
a
liquidare
molte
passività
materiali
di
un
passato
recente
,
insieme
alle
passività
morali
di
un
passato
remoto
.
Impresa
veramente
colossale
,
che
richiede
molto
tempo
e
molta
fatica
.
Se
non
che
,
ammesse
anche
le
circostanze
attenuanti
,
il
cumulo
dei
mali
apparisce
grave
assai
;
e
guai
se
questi
si
lasciassero
troppo
invecchiare
,
perché
,
essendo
di
natura
cancrenosa
,
finirebbero
per
corrodere
quei
cardini
di
conservazione
dello
Stato
e
della
società
che
più
sopra
abbiamo
dimostrato
così
numerosi
e
robusti
nella
nuova
Italia
.
Speriamo
di
non
meritar
la
taccia
di
ottimismo
,
imperocché
non
abbiamo
nascosto
nessuna
delle
forze
deleterie
che
si
agitano
nel
seno
della
nuova
Italia
,
e
abbiano
riconosciuto
che
,
non
contrastate
vittoriosamente
,
sarebbero
tali
da
trarla
a
certa
perdizione
,
in
un
tempo
più
o
meno
lungo
;
ma
non
ci
sembra
neppure
di
aver
peccato
di
pessimismo
,
considerando
che
non
vi
è
uomo
spassionato
,
per
quanto
nemico
,
il
quale
,
ponendo
a
raffronto
gli
elementi
di
conservazione
cogli
elementi
di
dissoluzione
,
non
veda
che
questi
ultimi
non
possono
aver
avuto
tempo
finora
d
'
intaccare
seriamente
i
primi
;
che
questi
ultimi
,
presi
ad
uno
ad
uno
,
sono
tutti
suscettibili
di
riparazione
;
e
che
il
primo
giorno
in
cui
si
potesse
constatare
un
principio
di
descrescenza
dei
medesimi
(
il
che
dipende
da
noi
di
ottenere
senza
straordinari
sforzi
)
l
'
animo
potrebbe
aprirsi
,
non
solo
alla
speranza
ma
alla
certezza
che
,
in
un
avvenire
prossimo
,
essi
saranno
ridotti
a
quelle
proporzioni
che
hanno
negli
altri
paesi
.
V
.
Degli
elementi
conservatori
proprî
dell
'
Italia
odierna
.
Se
non
che
qualcuno
potrebbe
osservare
che
gli
elementi
di
conservazione
di
cui
abbiamo
ragionato
fin
qui
,
sono
di
indole
generale
,
ammessi
e
non
rinnegati
da
nessuno
dei
partiti
anche
non
conservatori
,
quando
siano
appena
costituzionali
.
C
'
incombe
pertanto
di
ricercare
,
se
ne
esistano
di
quelli
che
accennano
ad
un
conservantismo
più
speciale
.
Ci
sembra
che
non
occorra
molta
fatica
per
trovarne
.
Non
può
essere
sfuggito
a
nessuno
che
,
da
qualche
tempo
in
qua
,
vanno
manifestandosi
sintomi
di
un
certo
risveglio
a
favore
della
cosa
pubblica
presso
molti
,
i
quali
,
sebbene
investiti
del
diritto
elettorale
politico
,
o
per
lo
meno
amministrativo
,
si
erano
astenuti
finora
dal
farne
uso
,
o
per
deliberato
proposito
,
o
per
indifferenza
.
Incominciarono
alcuni
aderenti
al
partito
repubblicano
a
chiedere
a
sé
stessi
se
,
in
un
paese
in
cui
tanta
libertà
è
concessa
,
fosse
il
caso
di
sottrarsi
alla
vita
politica
,
e
non
convenisse
di
ammettere
gli
ordini
attuali
come
punti
di
partenza
per
raggiungere
l
'
ideale
loro
per
le
vie
legali
.
Forse
l
'
apparizione
di
un
partito
molto
più
avanzato
,
l
'
internazionalista
,
che
denuncia
i
repubblicani
puri
come
poco
meno
che
retrogradi
,
o
per
lo
meno
come
gente
invecchiata
,
che
vive
nel
passato
e
non
capisce
più
nulla
dei
tempi
nuovi
,
può
aver
influito
sulle
loro
risoluzioni
.
Il
fatto
sta
che
scossero
il
giogo
dei
loro
capi
.
Quest
'
esempio
di
insubordinazione
contro
i
proprî
capi
ebbe
il
suo
contraccolpo
nel
campo
religioso
.
Il
campo
religioso
era
rimasto
per
molti
anni
dominato
esclusivamente
dai
suoi
rispettivi
intransigenti
,
i
quali
,
coltivando
nell
'
animo
la
speranza
che
la
nuova
Italia
fosse
destinata
ad
andare
a
soqquadro
quandochessia
,
si
erano
fatti
forti
del
consiglio
pronunciato
dalla
più
alta
autorità
ecclesiastica
,
per
imprimere
nell
'
animo
del
maggior
numero
dei
buoni
cattolici
,
anche
di
quelli
che
son
ben
lontani
dal
rinnegare
la
patria
,
essere
un
dovere
di
coscienza
non
mescolarsi
né
punto
né
poco
nella
gestione
della
cosa
pubblica
.
Ora
,
coll
'
andar
del
tempo
,
le
conseguenze
di
siffatta
astensione
sull
'
andamento
del
paese
,
in
cui
anche
i
buoni
cattolici
vivono
colle
loro
famiglie
e
coi
loro
beni
terrestri
,
e
,
di
più
,
sugli
interessi
medesimi
della
religione
,
balzando
agli
occhi
di
molti
di
loro
,
non
mancarono
quelli
che
espressero
dubbî
sull
'
opportunità
di
un
tal
modo
di
condursi
.
Un
uomo
eloquente
e
di
grande
dottrina
,
il
padre
Curci
,
si
fece
organo
di
siffatta
tendenza
,
e
scrisse
nel
1878
,
un
libro
intitolato
:
"
Il
moderno
dissidio
fra
la
Chiesa
e
l
'
Italia
"
.
In
esso
egli
sostiene
la
tesi
che
l
'
astensione
non
è
obbligatoria
pei
buoni
cattolici
;
e
che
questi
invece
dovrebbero
trar
partito
delle
vie
costituzionali
per
arrivare
ancor
essi
alla
dominazione
.
Questa
pubblicazione
fu
molto
avversata
dai
cattolici
intransigenti
,
e
non
a
torto
,
secondo
il
loro
punto
di
vista
.
Infatti
,
alla
dominazione
coll
'
intento
di
distruggere
lo
Stato
,
che
è
la
mira
loro
,
conoscendo
a
fondo
l
'
indole
tutta
propria
degli
Italiani
,
i
quali
non
sono
né
Brettoni
,
né
Belgi
,
né
Tirolesi
,
sentivano
essi
che
mai
alcuno
arriverebbe
e
che
,
se
ci
arrivasse
,
troverebbe
che
l
'
impresa
di
distruggere
la
nuova
Italia
è
molto
più
difficile
e
faticosa
che
non
sia
stata
quella
di
crearla
.
Ciò
che
invece
sarebbe
risultato
,
se
si
eseguissero
i
suggerimenti
del
padre
Curci
,
è
che
gli
astensionisti
cattolici
,
entrando
nella
vita
pubblica
,
avrebbero
finito
per
transigere
in
molte
cose
,
la
politica
militante
non
essendo
che
un
tessuto
di
transazioni
,
e
per
adagiarsi
nella
nuova
Italia
,
contribuendo
così
a
consolidarla
.
Questi
intransigenti
si
adoperarono
perciò
,
affinché
quel
libro
fosse
posto
all
'
Indice
,
durante
il
pontificato
di
Pio
IX
,
ma
senza
successo
;
cosicché
è
apparso
chiaro
anche
ai
più
meticolosi
cattolici
che
si
possa
professare
la
dottrina
anti
astensionista
del
padre
Curci
senza
uscire
dall
'
orbita
della
ortodossia
.
L
'
assunzione
del
cardinale
Pecci
,
di
quest
'
uomo
eminente
per
sapere
e
per
virtù
,
alla
cattedra
di
San
Pietro
,
non
poteva
che
rinforzare
la
sopraccennata
tendenza
,
anche
indipendentemente
da
qualunque
atto
pubblico
del
sommo
Pontefice
;
e
ad
alcune
persone
rispettabili
,
professanti
sentimenti
religiosissimi
,
ma
che
non
avevano
mai
rinnegata
la
patria
italiana
,
rimaste
soltanto
perplesse
davanti
alla
sicurezza
con
cui
parlavano
gli
intransigenti
,
bastò
che
sorgesse
la
contestazione
su
quel
punto
,
perché
esse
si
risolvessero
nel
senso
della
opinione
più
consentanea
alle
loro
tendenze
individuali
.
Per
tal
modo
nacque
il
tentativo
recente
della
formazione
di
un
partito
cattolico
nazionale
,
il
quale
non
si
peritò
a
metter
fuori
un
apposito
programma
,
sotto
il
fuoco
incrociato
di
due
opposte
obbiezioni
.
Se
siete
veramente
cattolici
,
esclamarono
gli
intransigenti
,
dovete
seguire
il
Papa
nella
riserva
che
fa
per
la
restituzione
del
dominio
temporale
,
quindi
non
potete
ammettere
l
'
integrità
territoriale
dello
Stato
.
Se
siete
veramente
nazionali
,
osservò
a
sua
volta
la
stampa
liberale
,
dovete
dichiarare
esplicitamente
che
accettate
senza
alcuna
riserva
l
'
unità
e
l
'
integrità
territoriale
dello
Stato
italiano
,
checché
ne
dica
il
sommo
Pontefice
.
Se
non
che
il
sommo
Pontefice
veramente
non
ha
stabilito
in
modo
assoluto
che
il
potere
temporale
sia
per
sé
stesso
una
cosa
necessaria
,
bensì
soltanto
che
l
'
indipendenza
pienissima
del
capo
della
Chiesa
cattolica
è
assolutamente
necessaria
,
soggiungendo
poi
,
ma
in
via
subordinata
,
che
non
apparisce
come
vi
possa
essere
una
garanzia
di
siffatta
indipendenza
se
non
nel
principato
terrestre
.
Il
sommo
Pontefice
non
ha
dunque
detto
che
non
sia
possibile
trovare
un
altro
modo
di
guarentire
quella
indipendenza
all
'
infuori
del
principato
temporale
,
ma
soltanto
che
finora
quest
'
altro
modo
non
fu
trovato
.
Rimane
quindi
aperto
il
campo
alla
ricerca
di
esso
.
In
attesa
che
esso
si
trovi
,
i
cattolici
nazionali
rispondono
che
non
vogliono
essere
,
al
pari
degli
intransigenti
,
più
papisti
dello
stesso
Papa
;
e
che
,
accettando
i
fatti
compiuti
senza
approvare
il
modo
con
cui
furono
compiuti
,
intendono
non
rinunciare
alla
patria
,
e
non
trascurare
i
mezzi
legali
che
stanno
a
loro
disposizione
per
difendere
nella
patria
gli
stessi
interessi
della
religione
.
Per
loro
la
religione
cattolica
è
la
verità
,
ma
è
anche
una
verità
la
patria
;
e
poiché
tra
due
verità
non
può
darsi
contraddizione
essenziale
,
se
una
apparente
sembra
esistere
tra
quelle
,
ciò
non
può
essere
,
a
loro
giudizio
,
che
qualcosa
di
accidentale
e
di
transitorio
.
La
patria
non
può
essere
concepita
altrimenti
che
indipendente
da
ogni
signoria
straniera
.
Nel
1848
e
nel
1858
,
fra
le
soluzioni
possibili
,
ci
poteva
essere
anche
quella
di
un
'
Italia
federativa
,
indipendente
,
destinata
a
preparare
le
vie
alla
futura
unità
;
imperocché
,
chi
è
padrone
di
tutta
la
valle
del
Po
,
trovasi
investito
virtualmente
della
signoria
sul
resto
della
penisola
.
Ma
oggi
chi
non
vede
che
l
'
unità
,
se
si
spezzasse
,
non
darebbe
già
luogo
,
dopo
gli
avvenimenti
che
si
sono
compiuti
,
ad
una
confederazione
,
ma
ad
una
violenta
ristaurazione
,
che
non
potrebbe
durare
un
giorno
senza
l
'
occupazione
straniera
in
permanenza
?
Si
condanni
pure
il
modo
con
cui
l
'
Italia
è
sorta
;
ma
è
forse
la
prima
volta
che
la
divina
Provvidenza
ha
tratto
il
bene
dalla
radice
del
male
,
ed
ha
reso
istrumenti
inconsci
de
'
suoi
disegni
anche
coloro
che
non
la
riconoscono
?
E
questo
grande
concetto
dell
'
unità
politica
d
'
Italia
,
il
sospiro
di
tutte
le
anime
più
elette
della
gente
italiana
nel
corso
di
tanti
secoli
,
e
miracolosamente
attuato
sotto
i
nostri
occhi
,
anziché
provocar
continue
contumelie
,
non
sembra
esso
fatto
apposta
per
suscitare
tesori
di
sentimenti
religiosi
nei
cuori
anche
dei
meno
pii
?
Come
si
vede
,
ai
conservatori
cattolici
non
mancano
i
buoni
argomenti
.
Non
è
qui
il
luogo
di
inoltrarci
in
questa
controversia
.
Ci
basti
aver
constatato
che
le
falangi
di
colore
diverso
,
le
quali
,
per
progetto
,
non
partecipavano
alla
cosa
pubblica
della
nuova
Italia
,
non
presentano
più
la
fronte
compatta
d
'
altri
tempi
;
e
che
,
fra
le
falangi
distaccate
,
ce
n
'
è
una
,
il
cui
posto
,
supponendo
risoluta
la
difficoltà
del
riconoscere
incondizionatamente
l
'
integrità
territoriale
,
l
'
unità
e
lo
Statuto
del
Regno
d
'
Italia
,
sarebbe
nelle
file
di
quel
partito
che
offrirà
più
seria
garanzia
di
non
voler
offendere
le
convinzioni
proprie
di
coloro
che
la
compongono
,
e
di
essere
disposto
ad
assecondarle
entro
i
limiti
fissati
dall
'
interesse
dello
Stato
;
in
altre
parole
,
nelle
file
d
'
un
partito
conservatore
,
quando
questo
ci
fosse
.
Veniamo
ora
a
parlare
degli
astensionisti
per
indifferenza
.
Le
più
recenti
elezioni
amministrative
ne
trassero
molti
alle
urne
.
Clericali
!
tutti
clericali
!
ecco
il
giudizio
che
,
in
presenza
di
questo
inatteso
fatto
,
pronunziarono
molti
giornali
.
Or
bene
,
a
noi
sembra
che
coloro
,
i
quali
si
sono
espressi
in
questo
senso
,
vivano
in
una
sfera
affatto
convenzionale
,
in
una
sfera
d
'
astrazioni
,
come
è
,
generalmente
parlando
,
il
mondo
politico
in
Italia
,
e
non
abbiano
mai
rivolta
la
mente
a
studiare
il
paese
un
po
'
davvicino
.
L
'
elemento
inatteso
che
si
è
presentato
alle
urne
elettorali
amministrative
,
esiste
in
tutti
i
paesi
,
ed
è
composto
di
gente
quieta
,
che
va
in
chiesa
,
ma
non
divide
minimamente
le
tendenze
dei
cattolici
intransigenti
,
e
tiepidamente
assai
quelle
dei
cattolici
nazionali
.
Assorbita
dalle
sue
occupazioni
giornaliere
,
che
fanno
di
essa
il
nerbo
economico
della
nazione
,
ma
che
le
lasciano
poco
tempo
di
seguire
le
vicende
della
politica
,
essa
giudica
sommariamente
un
governo
alla
stregua
dei
beneficî
che
da
questo
riceve
;
desiderosa
di
essere
bene
governata
ed
amministrata
e
niente
affatto
di
governare
e
di
amministrare
,
si
mostra
indispettita
quando
si
vede
incessantemente
disturbata
nelle
sue
abitudini
e
sempre
più
vessata
e
smunta
dagli
agenti
del
fisco
.
L
'
Italia
unita
e
la
libertà
sono
ottime
cose
per
essa
;
ma
le
vorrebbe
feconde
di
un
po
'
più
di
sicurezza
,
di
benessere
e
di
ordine
materiale
e
morale
.
Questo
elemento
non
aderisce
a
nessun
partito
politico
determinato
.
In
parte
simpatizzò
coll
'
assunzione
della
Sinistra
al
potere
,
solo
perché
questa
portava
scritta
sulla
bandiera
la
parola
riparazione
,
standosene
però
in
gran
parte
a
casa
,
per
innata
diffidenza
.
Ma
alla
fine
,
vedendo
che
l
'
appagamento
dei
suoi
modesti
desiderî
,
anziché
avvicinarsi
,
sembra
allontanarsi
sempre
più
,
ha
incominciato
a
scuotersi
ed
a
comprendere
che
era
venuto
il
tempo
di
farsi
sentire
.
Si
è
decisa
a
far
uso
dei
suoi
diritti
nelle
elezioni
provinciali
,
e
specialmente
nelle
comunali
,
perché
gli
affari
della
provincia
e
del
comune
sono
quelli
che
stanno
più
alla
portata
delle
sue
cognizioni
;
e
ad
appoggiare
col
voto
quelli
fra
i
candidati
proposti
i
quali
,
nelle
loro
famiglie
,
nella
gestione
dei
loro
interessi
privati
,
danno
miglior
saggio
di
sé
,
confidando
che
faranno
altrettanto
anche
nella
amministrazione
della
provincia
e
del
comune
.
Questo
elemento
,
finora
latente
,
darà
esso
segni
di
vita
anche
nelle
elezioni
politiche
?
Non
oseremmo
decidere
questa
questione
.
Ci
basti
solo
constatare
il
fatto
della
apparizione
di
un
numeroso
contingente
di
persone
non
aliene
dall
'
uscire
dalla
loro
riserva
,
e
inclinate
a
pigliare
una
direzione
che
accenna
evidentemente
alla
stabilità
,
alla
sicurezza
del
domani
,
al
governo
vigoroso
,
insomma
al
conservantismo
.
Si
aggiunge
alle
due
indicate
,
una
terza
categoria
di
persone
.
Il
partito
moderato
,
se
,
preso
collettivamente
,
non
è
stato
un
partito
conservatore
,
comprende
molti
uomini
,
ai
quali
spetta
,
nell
'
ordine
delle
idee
,
tale
denominazione
.
Questi
ammisero
,
e
i
rappresentanti
di
questa
tendenza
nel
Parlamento
accettarono
,
la
responsabilità
dei
mezzi
rivoluzionarî
,
indispensabili
,
a
loro
avviso
,
per
mettere
in
salvo
un
interesse
eminente
di
sociale
conservazione
,
quale
è
la
patria
.
Ma
tutti
i
mezzi
di
tale
natura
che
non
furono
e
non
sono
assolutamente
indispensabili
a
quello
scopo
,
ripugnò
e
ripugna
loro
,
e
li
rifiutarono
e
li
rifiutano
,
né
lo
tacquero
.
Rimasero
fedeli
alla
Destra
,
ma
solo
perché
,
sopraffatti
dalle
tendenze
radicali
sempre
più
estese
ed
accentuate
nel
paese
,
era
naturale
che
aderissero
a
quella
parte
che
rappresenta
l
'
ordine
materiale
,
e
che
,
confrontata
colla
Sinistra
,
meno
si
discosta
dalle
loro
aspirazioni
.
Ma
se
potessero
distaccarsi
da
molti
di
coloro
,
coi
quali
oggi
votano
concordi
nelle
urne
elettorali
,
senza
produrre
o
aumentare
il
trionfo
del
radicalismo
,
lo
farebbero
assai
volentieri
.
Se
non
lo
fanno
,
egli
è
solo
per
questo
timore
.
Non
si
confonda
siffatta
tendenza
con
quella
che
è
rappresentata
dall
'
estrema
Destra
,
distinzione
questa
ultima
puramente
parlamentare
,
indicante
i
più
fervorosi
campioni
delle
tradizioni
speciali
della
Destra
collettiva
.
A
questi
conservatori
moderati
,
rappresentati
da
una
parte
della
Destra
,
se
ne
aggiungano
altri
,
le
di
cui
tendenze
conservatrici
,
ma
sotto
certi
rispetti
soltanto
,
si
sentono
meglio
interpretate
sui
banchi
del
Centro
,
e
persino
su
quelli
della
Sinistra
.
Come
si
vede
,
gli
elementi
conservatori
speciali
,
non
mancano
in
Italia
.
In
quanto
all
'
essere
potenti
,
è
un
'
altra
questione
.
A
primo
aspetto
,
sembrerebbero
forze
poderose
,
attratte
da
una
comune
tendenza
ad
associarsi
.
Ma
questo
non
avviene
.
Certamente
che
,
se
i
cattolici
nazionali
potessero
trascinar
seco
tutte
le
numerose
falangi
dei
cattolici
,
e
i
quietisti
,
che
ultimamente
sono
accorsi
alle
urne
,
quelle
altrettanto
numerose
degli
astensionisti
per
inerzia
,
e
i
conservatori
moderati
il
resto
dei
moderati
,
si
avrebbe
una
forza
soverchiante
.
Ma
ciò
per
ora
è
fuori
dell
'
orizzonte
.
Ciascuna
delle
tre
categorie
sopradescritte
viene
paralizzata
dai
contrasti
che
trova
rispettivamente
presso
coloro
,
coi
quali
ha
militato
insieme
fino
ad
oggi
,
non
che
dalle
diffidenze
che
nutre
verso
le
altre
categorie
.
I
cattolici
nazionali
sono
condannati
ad
intraprendere
una
faticosa
propaganda
.
I
loro
avversarî
,
gli
intransigenti
,
per
annullarne
i
tentativi
,
si
limitano
a
dire
alla
massa
dei
cattolici
più
scrupolosi
:
si
chieda
al
sommo
Pontefice
se
dobbiamo
intervenire
alle
urne
elettorali
politiche
;
quando
egli
dirà
di
sì
,
naturalmente
ci
sottometteremo
alla
sua
sentenza
.
Ora
,
che
il
sommo
Pontefice
si
comprometta
con
una
solenne
dichiarazione
in
quel
senso
,
è
poco
presumibile
.
Il
massimo
che
i
conservatori
nazionali
possono
sperare
da
lui
,
è
che
egli
li
lasci
fare
,
non
li
disdica
apertamente
.
Ma
se
egli
si
limita
a
lasciar
fare
,
gl
'
intransigenti
,
riferendosi
a
vecchie
dichiarazioni
esplicite
,
conserveranno
il
sopravvento
presso
la
massa
dei
cattolici
scrupolosi
.
Perciò
la
propaganda
dei
cattolici
nazionali
non
è
cosa
facile
.
D
'
altra
parte
questi
,
siccome
,
anche
accettando
i
risultati
del
rivolgimento
italiano
,
non
approvano
il
modo
con
che
quei
risultati
furono
ottenuti
,
non
possono
essere
molto
inclinati
ad
associarsi
agli
autori
di
quel
rivolgimento
.
Uomini
poi
di
sincere
convinzioni
come
sono
,
debbono
provare
qualche
ripugnanza
ad
allearsi
coi
quietisti
,
vedendoli
preoccupati
non
di
alcun
ideale
,
ma
soltanto
dei
loro
interessi
materiali
.
I
quietisti
non
sono
di
natura
da
far
propaganda
alcuna
.
Quelli
di
loro
che
sono
usciti
dal
solito
riserbo
per
accorrere
alle
elezioni
amministrative
lo
hanno
fatto
,
ciascuno
per
conto
proprio
,
sotto
l
'
impulso
del
disagio
del
momento
.
Alleviato
che
sia
il
disagio
,
tenderanno
a
ritornare
alla
innata
indifferenza
.
E
con
chi
poi
si
dovrebbero
associare
?
Coi
cattolici
nazionali
?
Ma
non
vedono
il
nesso
fra
le
credenze
di
questi
e
le
aspirazioni
proprie
.
Coi
conservatori
moderati
?
Ma
non
furono
i
moderati
che
,
essendo
al
potere
,
li
sopraccaricarono
di
tasse
e
di
vessazioni
d
'
ogni
specie
?
Finalmente
i
conservatori
moderati
hanno
sempre
vissuto
in
un
mondo
che
ci
si
richiede
un
certo
coraggio
civile
per
chi
voglia
discostarsi
dalla
carreggiata
in
cui
si
rimase
finora
.
L
'
abitudine
,
venuta
in
tanta
voga
nel
nostro
paese
,
di
parlare
e
di
scrivere
di
politica
prima
ancora
di
pensare
;
il
difetto
,
comune
presso
i
popoli
immaginosi
,
di
considerare
la
politica
come
una
pura
divagazione
del
cervello
,
per
cui
viene
ritenuto
tanto
più
liberale
e
patriota
e
progressista
,
non
già
chi
ha
operato
di
più
per
la
libertà
,
per
la
patria
e
per
il
progresso
,
ma
chi
,
nulla
avendo
operato
,
supplisce
a
questa
mancanza
coll
'
aver
sempre
in
bocca
quelle
parole
;
tutto
ciò
ha
contribuito
a
dare
allo
spirito
pubblico
una
tale
intonazione
,
che
quei
moderati
,
i
quali
facessero
un
passo
verso
i
cattolici
nazionali
,
sarebbero
condannati
a
sentirsi
affibbiare
gli
epiteti
di
codini
,
clericali
camuffati
e
peggio
,
cosa
poco
gradevole
per
certo
.
D
'
altronde
essi
,
che
sono
conservatori
nel
fondo
del
cuore
,
ma
che
nell
'
opera
della
indipendenza
nazionale
si
gloriano
di
essersi
giovati
dei
mezzi
rivoluzionarî
,
hanno
contratta
l
'
abitudine
di
guardare
con
disprezzo
alla
categoria
dei
quietisti
il
di
cui
patriottismo
è
stato
così
tiepido
,
e
di
nutrire
molta
diffidenza
verso
i
cattolici
nazionali
che
si
astennero
nei
momenti
decisivi
dal
partecipare
ai
pericoli
e
alle
responsabilità
dell
'
impresa
,
e
devono
fare
uno
sforzo
per
persuadersi
che
,
terminata
la
lotta
nazionale
,
le
ripugnanze
e
le
diffidenze
,
riferibili
al
passato
,
non
hanno
più
ragione
d
'
essere
.
Aggiungasi
che
nuove
amicizie
li
distaccherebbero
probabilmente
da
amici
antichi
e
provati
,
uomini
d
'
ordine
anch
'
essi
,
ma
a
cui
sarebbe
impossibile
rinunciare
alle
tradizioni
pretofobe
,
divenute
,
per
loro
,
una
seconda
natura
.
Ecco
dunque
come
la
natura
dei
molti
elementi
conservatori
speciali
che
esistono
in
Italia
,
non
permette
,
né
che
una
sola
delle
categorie
,
in
cui
si
raggruppano
,
basti
a
costituire
un
forte
partito
,
né
che
le
tre
categorie
si
associno
per
formarlo
,
senza
adattarsi
a
molte
reciproche
e
non
facili
transazioni
.
Sta
però
sempre
che
questi
elementi
sono
copiosi
nel
paese
nostro
,
e
suscettibili
d
'
aumentare
;
che
l
'
associazione
loro
,
fatta
senza
rinunzia
all
'
individualità
propria
di
ciascuno
,
li
renderebbe
potenti
;
che
gli
impedimenti
a
che
una
simile
associazione
si
effettui
,
non
dipendono
se
non
da
cause
destinate
a
svanire
sotto
la
pressione
di
un
interesse
imperioso
più
alto
,
appena
questo
si
manifesti
.
E
qui
facciamo
punto
.
Parte
seconda
.
Della
ragione
d
'
essere
dei
partiti
politici
durante
il
primo
ventennio
del
Regno
d
'
Italia
.
[
Se
il
modo
di
formazione
dello
stato
italiano
escluda
la
possibilità
di
un
ordinamento
normale
di
partiti
politici
.
]
Lo
Stato
italiano
,
non
ha
ancora
una
base
storica
,
al
pari
degli
altri
grandi
Stati
d
'
Europa
.
Perciò
due
scuole
opposte
prendono
occasione
da
questa
circostanza
per
giungere
alla
medesima
conclusione
,
e
sostenere
cioè
che
,
anche
supponendo
l
'
esistenza
in
esso
di
tutti
gli
elementi
necessarî
per
un
ordinamento
normale
di
partiti
politici
,
il
modo
medesimo
della
sua
formazione
esclude
affatto
la
possibilità
di
un
siffatto
ordinamento
.
"
È
un
'
opera
effimera
delle
sètte
e
della
rivoluzione
"
dicono
i
nemici
della
nuova
Italia
"
che
trascina
seco
il
proprio
peccato
originario
,
e
la
condanna
a
non
aver
mai
pace
né
tregua
,
a
perire
per
mano
delle
sètte
e
della
rivoluzione
"
.
E
i
radicali
esclamano
alla
loro
volta
:
"
Sì
,
è
un
'
opera
tutta
nostra
,
e
ce
ne
vantiamo
;
e
appunto
per
questo
deve
mantenersi
in
una
condizione
rivoluzionaria
permanente
,
sotto
pena
altrimenti
di
decadere
e
perire
"
.
Siffatti
ragionamenti
si
fondano
sul
significato
infinitamente
vario
che
si
suole
attribuire
al
vocabolo
rivoluzione
.
Il
vero
è
che
se
la
fondazione
del
Regno
d
'
Italia
è
l
'
effetto
di
una
rivoluzione
,
questa
non
è
tale
che
fornisca
ragionevolmente
materia
di
scandalo
a
coloro
che
parlano
con
venerazione
dell
'
origine
degli
altri
Stati
più
vecchi
del
nostro
,
né
che
conferisca
ai
radicali
il
diritto
di
attribuirsene
il
merito
principale
.
La
storia
c
'
insegna
che
ogni
qualvolta
si
presentò
un
complesso
di
condizioni
omogenee
e
acconcie
a
riunire
in
un
tutto
politico
le
popolazioni
di
un
dato
territorio
,
queste
popolazioni
furono
costituite
ad
unità
di
Stato
,
tostoché
sorsero
gli
uomini
,
o
l
'
uomo
,
che
,
in
circostanze
storiche
favorevoli
,
assunsero
di
fondare
siffatta
unità
.
Tutti
i
grandi
Stati
d
'
Europa
ripetono
la
loro
origine
,
o
dalla
conquista
,
o
dalla
egemonia
non
interrotta
di
una
parte
di
una
nazione
sul
resto
di
essa
,
secondate
da
circostanze
storiche
favorevoli
,
in
momento
opportuno
,
e
promosse
dall
'
iniziativa
di
uomini
non
comuni
,
che
seppero
,
poterono
e
vollero
.
Ora
,
le
conquiste
e
il
lavoro
egemonico
furono
quasi
sempre
accompagnati
da
stragi
,
delitti
,
violenze
,
nequizie
di
ogni
specie
.
Ecco
le
origini
degli
Stati
che
i
nemici
dell
'
Italia
nuova
hanno
in
tanta
venerazione
,
solo
perché
su
quei
fatti
orribili
sono
passati
parecchi
secoli
.
E
circa
a
questo
punto
è
degno
di
esser
notato
che
,
solo
quelle
fra
le
creazioni
anzi
dette
resistettero
all
'
azione
del
tempo
,
nelle
quali
la
conquista
,
o
l
'
egemonia
,
si
applicò
ad
assimilare
popolazioni
omogenee
che
avrebbero
finito
per
fondersi
da
sé
,
cosicché
si
può
dire
che
la
violenza
non
fece
che
anticipare
quella
naturale
fusione
.
La
differenza
fra
la
fondazione
dell
'
unità
politica
d
'
Italia
e
quella
degli
altri
Stati
non
è
che
di
tempo
;
il
procedimento
fu
lo
stesso
,
tranne
che
all
'
assimilazione
violenta
degli
elementi
politici
omogenei
,
la
nuova
Italia
sostituì
l
'
assimilazione
pacifica
per
la
via
dei
plebisciti
.
Fra
le
cose
possibili
c
'
era
che
l
'
unità
politica
della
stirpe
italiana
,
predisposta
dalla
natura
,
più
d
'
ogni
altra
stirpe
d
'
Europa
,
a
formare
un
tutto
politico
,
venisse
fondata
,
colla
legge
del
più
forte
,
dai
Goti
,
dai
Longobardi
,
dai
Re
elettivi
succeduti
ai
Carolingi
,
da
Gian
Galeazzo
Visconti
,
da
Napoleone
I
.
Ma
all
'
Italia
dei
secoli
scorsi
non
si
offrirono
mai
favorevoli
le
circostanze
politiche
,
in
momento
opportuno
.
Quando
ci
furono
,
le
fece
sempre
difetto
,
o
l
'
uomo
che
sapesse
e
volesse
compiere
l
'
impresa
quando
avrebbe
potuto
,
o
l
'
uomo
che
potesse
e
volesse
quando
sapeva
,
o
l
'
uomo
che
volesse
quando
sapeva
e
avrebbe
potuto
.
Se
l
'
Italia
è
finalmente
riuscita
anch
'
essa
a
costituirsi
politicamente
,
non
è
per
opera
delle
sètte
,
o
come
frutto
effimero
delle
idee
rivoluzionarie
,
bensì
perché
soltanto
ai
giorni
nostri
hanno
potuto
operare
in
suo
favore
quegli
stessi
fattori
che
non
mancarono
,
nei
secoli
scorsi
,
ad
altri
paesi
;
e
appena
si
mostrarono
,
emerse
l
'
autonomia
politica
italiana
,
quasi
per
incanto
,
dagli
abissi
del
passato
,
e
riguadagnò
in
un
baleno
il
tempo
perduto
,
siccome
frutto
maturo
della
civiltà
e
della
storia
contemporanea
.
Se
pertanto
la
distinzione
che
i
nemici
del
rivolgimento
italiano
stabiliscono
fra
lo
Stato
nostro
e
gli
altri
grandi
Stati
europei
,
si
riferisce
al
modo
di
creazione
,
questo
modo
risulta
evidentemente
favorevole
a
noi
.
Le
atrocità
che
presiedettero
agli
esordî
dello
Stato
in
Francia
,
in
Ispagna
,
in
Inghilterra
,
in
Russia
,
non
hanno
impedito
a
questi
paesi
di
vivere
e
di
prosperare
.
Perché
mai
i
peccati
di
procedura
,
relativamente
piccoli
e
incruenti
,
del
risorgimento
italiano
,
dovrebbero
condannare
il
solo
Regno
d
'
Italia
a
non
aver
mai
né
pace
né
tregua
,
ed
a
perire
per
mano
delle
sètte
,
le
quali
,
attribuendo
a
sé
il
merito
della
sua
creazione
,
se
lo
attribuiscono
così
a
torto
?
Sul
quale
proposito
,
dei
fattori
della
creazione
del
Regno
d
'
Italia
,
sarà
bene
che
ci
fermiamo
,
perché
lo
esige
l
'
indole
del
presente
lavoro
.
Quei
fattori
sono
tre
,
cioè
:
il
sentimento
nazionale
degli
Italiani
le
condizioni
politiche
interne
ed
esterne
favorevoli
il
genio
iniziatore
di
un
vero
uomo
di
Stato
.
Sono
intervenuti
anche
altri
fattori
;
ma
gli
essenziali
sono
quei
tre
soltanto
;
e
li
chiamiamo
essenziali
perché
,
se
fosse
mancato
un
solo
di
essi
,
i
risultati
ottenuti
non
sarebbero
neppure
immaginabili
,
mentre
quegli
altri
fattori
potevano
anche
non
esserci
,
senza
che
ciò
compromettesse
la
riuscita
.
Esaminiamoli
da
vicino
,
uno
ad
uno
.
Il
sentimento
nazionale
è
cosa
affatto
moderna
,
come
fattore
politico
.
Il
bisogno
di
indipendenza
dalla
dominazione
straniera
e
di
autonomia
politica
è
divenuto
connaturale
ad
ogni
consorzio
civile
,
nel
quale
l
'
unità
di
lingua
,
di
costumi
,
di
coltura
,
di
territorio
(
fonte
di
interessi
economici
consimili
)
abbia
infuso
la
consapevolezza
di
formare
una
individualità
etnografica
;
e
questo
sentimento
si
è
oggi
identificato
,
allargandosi
ma
senza
perdere
d
'
intensità
,
coll
'
amor
di
patria
,
indelebile
nel
cuore
umano
e
vecchio
come
il
mondo
e
sempre
considerato
come
sublime
e
santo
,
sebbene
applicato
diversamente
secondo
lo
spirito
diverso
dei
tempi
.
Sfidiamo
chicchessia
a
negare
che
l
'
amor
di
patria
sia
uno
dei
sentimenti
più
nobili
dell
'
uomo
ed
a
sconoscere
che
nel
secolo
nostro
,
l
'
idea
di
patria
,
piaccia
o
non
piaccia
,
si
sia
fusa
coll
'
idea
di
nazione
.
È
questo
anzi
uno
dei
fenomeni
morali
più
culminanti
dell
'
odierna
civiltà
;
è
il
protagonista
,
per
così
dire
,
del
grande
dramma
storico
che
si
è
svolto
nel
nostro
secolo
.
Ora
quando
tutto
il
mondo
civile
è
trascinato
da
una
corrente
di
tale
natura
,
se
c
'
è
un
qualche
paese
che
non
ne
sia
ancora
invaso
,
basta
una
causa
eccezionale
qualunque
per
aprirvi
un
varco
,
e
,
aperto
il
varco
,
la
corrente
vi
irrompe
e
trabocca
e
tende
a
frangere
i
ritegni
artificiali
.
È
il
caso
dell
'
Italia
nostra
.
L
'
idea
di
un
'
unità
politica
della
stirpe
italica
,
preconizzata
e
invocata
dai
più
grandi
poeti
e
pensatori
nelle
epoche
del
maggior
accasciamento
della
nazione
,
alimentata
per
vie
latenti
da
una
indistruttibile
omogeneità
di
condizioni
territoriali
,
di
lingua
,
di
letteratura
,
di
costumi
,
ma
rimasta
assopita
nei
secoli
scorsi
,
era
penetrata
anche
fra
noi
durante
la
prima
metà
del
secolo
nostro
nelle
classi
colte
,
per
riverbero
di
ciò
che
avveniva
in
vicini
paesi
,
e
aveva
dato
luogo
a
parziali
tentativi
di
rivolta
contro
ai
governi
imposti
dal
trattato
del
1815
.
Ma
non
era
ancora
compresa
dalle
masse
.
La
causa
occasionale
che
le
aprì
l
'
accesso
nel
cuore
di
tutti
,
furono
i
primi
atti
del
pontificato
di
Pio
IX
.
Fra
il
1846
e
il
1859
,
divenne
evidente
che
l
'
idea
di
una
patria
italiana
,
o
federale
,
o
unitaria
,
o
repubblicana
,
o
monarchica
,
era
gigante
e
matura
,
sostenuta
,
lo
ripetiamo
,
dal
sacro
sentimento
di
patria
,
il
quale
si
era
trasformato
in
sentimento
nazionale
,
per
opera
,
non
già
delle
sètte
,
ma
delle
leggi
morali
che
presiedono
allo
svolgimento
della
civiltà
moderna
.
Che
il
sentimento
nazionale
,
una
volta
penetrato
nelle
masse
,
abbia
prodotto
quelle
gesta
eroiche
,
che
sono
le
cinque
giornate
di
Milano
,
la
guerra
che
per
quattro
mesi
sostenne
vittoriosamente
l
'
esercito
del
piccolo
Piemonte
contro
l
'
immenso
Impero
austriaco
,
la
difesa
di
Brescia
,
gli
assedî
di
Roma
e
di
Venezia
e
la
spedizione
dei
mille
,
non
abbiamo
bisogno
di
rammentarlo
.
Esso
ha
la
sua
storia
a
parte
,
concomitante
quella
degli
altri
due
fattori
.
Però
è
certo
che
non
sarebbe
bastato
da
solo
,
a
costituire
lo
Stato
italiano
.
E
infatti
gli
ostacoli
all
'
attuazione
del
grande
concetto
,
per
una
nazione
assoggettata
in
molta
parte
alla
dominazione
d
'
una
delle
più
grandi
potenze
militari
d
'
Europa
,
erano
materialmente
così
formidabili
,
che
tanta
preparazione
degli
animi
poteva
rimanere
affatto
sterile
,
come
fu
il
caso
della
Polonia
,
dove
il
sentimento
nazionale
non
è
meno
generale
e
ardente
e
di
più
assecondato
anche
da
una
base
storica
;
ma
non
è
riuscito
a
trionfare
,
malgrado
tanto
valore
prodigato
sui
campi
di
battaglia
.
Era
d
'
uopo
che
si
verificasse
anche
il
secondo
dei
fattori
indispensabili
al
successo
,
vale
a
dire
le
circostanze
politiche
favorevoli
concorrenti
a
quella
meta
;
e
queste
furono
,
come
è
noto
,
la
patriotica
pertinacia
del
Piemonte
e
della
sua
illustre
dinastia
,
in
primo
luogo
;
l
'
aiuto
armato
della
Francia
,
per
ispirazione
di
Napoleone
III
,
in
secondo
luogo
.
Anche
questo
secondo
fattore
pertanto
,
che
si
presenta
sotto
la
forma
di
eserciti
regolari
comandati
dai
rispettivi
sovrani
combattenti
per
iscopi
di
alta
politica
,
non
è
tale
da
poter
essere
guardato
con
ispregio
dagli
ammiratori
dei
vecchi
Stati
.
Senonché
tante
fortunate
circostanze
non
sarebbero
ancora
state
sufficienti
ad
assicurare
il
trionfo
della
causa
nazionale
,
se
un
uomo
di
genio
,
Cavour
,
non
avesse
saputo
utilizzarle
con
una
chiaroveggenza
prodigiosa
accoppiata
ad
un
'
audacia
senza
pari
.
E
per
verità
è
molto
incerto
se
l
'
ajuto
francese
sarebbe
stato
possibile
nel
1859
,
qualora
il
grande
uomo
di
Stato
italiano
,
non
avesse
preso
l
'
iniziativa
di
un
intervento
piemontese
nella
guerra
di
Crimea
,
con
che
egli
apriva
a
sé
la
porta
del
Congresso
di
Parigi
del
1856
.
Quel
che
si
può
sostenere
con
maggior
sicurezza
è
che
,
senza
Cavour
,
l
'
impresa
italiana
del
1859
,
arrestata
inaspettatamente
dai
preliminari
di
pace
di
Villafranca
,
avrebbe
finito
per
naufragare
.
Il
terzo
fattore
fu
dunque
Cavour
.
Ma
chi
era
Cavour
?
Forse
un
demagogo
,
un
settario
?
Un
uomo
politico
di
genio
non
può
mai
essere
né
un
demagogo
né
un
settario
.
Cavour
era
il
ministro
costituzionale
di
un
'
antica
monarchia
,
cresciuto
al
culto
della
lealtà
verso
la
casa
regnante
,
educato
alla
scuola
politica
inglese
più
ortodossa
,
vagheggiante
l
'
indipendenza
e
l
'
unità
politica
d
'
Italia
,
ma
,
fino
a
quel
giorno
,
anche
sotto
forma
federativa
.
Ci
permettiamo
pertanto
di
chiedere
a
qualunque
nemico
di
buona
fede
se
,
a
lume
di
buon
senso
,
i
fattori
della
formazione
dello
Stato
italiano
siano
tali
,
per
sé
stessi
,
da
condannar
questo
a
non
far
altro
che
della
politica
rivoluzionaria
,
e
da
togliergli
per
sempre
la
possibilità
di
vivere
nelle
condizioni
normali
degli
altri
Stati
liberi
?
[
Come
una
razionale
divisione
dei
partiti
fosse
impossibile
durante
la
lotta
per
la
vita
della
nazionalità
italiana
.
]
Qui
ci
par
di
sentire
qualcuno
che
ci
rivolge
la
domanda
:
Se
esistono
in
Italia
tutti
gli
elementi
politici
necessarî
ad
un
ordinamento
normale
di
partiti
,
perché
questo
ordinamento
non
ha
avuto
luogo
fin
da
principio
?
A
questa
domanda
la
risposta
è
facile
.
La
storia
dello
Stato
italiano
si
divide
in
due
periodi
:
quello
che
si
estende
dai
preliminari
di
pace
a
Villafranca
sino
alla
liberazione
del
Veneto
,
e
quello
che
è
posteriore
a
siffatto
avvenimento
.
Ci
è
mestieri
considerare
ciascuno
di
questi
.
Incominciando
a
parlare
del
primo
periodo
,
risponderemo
che
durante
il
medesimo
,
una
ragionevole
divisione
di
partiti
era
affatto
impossibile
.
Il
periodo
a
cui
accenniamo
,
si
distacca
per
ogni
rispetto
dal
periodo
precedente
e
dal
susseguente
,
e
forma
un
tutto
a
sé
,
che
non
ha
nessun
riscontro
con
nessun
periodo
della
storia
d
'
altri
paesi
,
e
vuol
essere
giudicato
con
criterî
suoi
propri
.
Che
se
si
trascura
siffatta
precauzione
,
tanto
gli
amici
come
i
nemici
dell
'
odierna
Italia
sono
condannati
a
cadere
in
una
confusione
irremediabile
,
ogni
qualvolta
si
mettono
a
discorrere
dell
'
attuale
situazione
politica
nostra
.
Tale
periodo
si
può
chiamare
,
con
perfetta
proprietà
di
linguaggio
,
il
periodo
della
lotta
per
la
vita
della
nazionalità
italiana
.
Esso
cominciò
a
metà
del
1859
,
all
'
annunzio
delle
stipulazioni
di
Villafranca
,
ed
ebbe
termine
alla
fine
del
1866
,
colla
cessione
del
Veneto
e
delle
fortezze
del
quadrilatero
per
parte
dell
'
Austria
,
e
colla
partenza
da
Roma
dell
'
esercito
francese
.
Gli
anzidetti
due
limiti
di
tempo
non
sono
determinati
arbitrariamente
.
E
invero
,
l
'
inaspettato
e
imprevedibile
armistizio
di
Villafranca
interruppe
e
rese
impossibile
lo
svolgimento
del
piano
politico
preesistente
,
che
era
in
corso
di
esecuzione
,
e
incamminò
il
movimento
nazionale
italiano
per
vie
affatto
nuove
,
difficili
ed
arrischiatissime
;
né
il
successo
di
esso
movimento
si
potè
considerare
assicurato
se
non
il
giorno
nel
quale
,
in
virtù
di
formali
trattati
,
le
due
grandi
potenze
vicine
ebbero
sgombrato
le
terre
italiche
,
e
lasciata
la
nazione
italiana
libera
affatto
di
disporre
di
sé
stessa
.
Il
periodo
della
lotta
per
la
vita
si
svolge
pertanto
fra
queste
due
date
eternamente
memorabili
;
ed
è
duopo
averle
sempre
presenti
,
imperocché
molti
hanno
l
'
abitudine
di
assegnare
alla
lotta
per
la
vita
un
periodo
molto
più
lungo
,
ma
a
torto
.
Alcuni
la
fanno
incominciare
molto
prima
,
cioè
dai
primi
tentativi
intesi
al
conseguimento
della
indipendenza
nazionale
,
senza
tener
conto
che
i
tentativi
non
riusciti
non
avevano
distrutto
lo
statu
quo
in
Italia
,
e
che
lo
statu
quo
avrebbe
servito
di
punto
di
partenza
per
nuovi
tentativi
,
mentre
invece
i
preliminari
di
pace
di
Villafranca
impedivano
il
proseguimento
del
piano
in
corso
e
in
pari
tempo
tagliavano
la
via
ad
un
ritorno
allo
statu
quo
,
come
verremo
fra
breve
a
spiegare
.
Altri
invece
vogliono
comprendere
nella
lotta
per
l
'
esistenza
anche
la
questione
delle
finanze
e
quella
del
possesso
di
Roma
,
cose
entrambe
di
cui
ci
guarderemmo
bene
dal
contestare
la
grande
importanza
,
ma
che
,
a
lume
di
buon
senso
,
non
si
lasciano
confondere
colla
questione
dell
'
essere
o
del
non
essere
,
creata
per
la
nazionalità
italiana
della
permanenza
di
un
nemico
potentissimo
nel
centro
della
valle
del
Po
,
e
di
un
protettore
altrettanto
potente
accampato
nel
mezzo
della
penisola
.
Riandiamo
un
momento
questo
periodo
della
lotta
per
l
'
esistenza
.
Napoleone
III
era
disceso
in
Italia
con
un
programma
federalista
accettato
da
Cavour
,
ma
subordinato
alla
liberazione
completa
della
penisola
dall
'
Alpi
all
'
Adriatico
.
La
distruzione
della
potenza
austriaca
nella
penisola
;
la
formazione
di
tre
Stati
indipendenti
,
oltre
ad
un
piccolo
territorio
pontificio
,
riuniti
in
una
confederazione
italiana
;
a
capo
del
più
importante
di
essi
Stati
,
il
quale
avrebbe
abbracciato
tutta
la
valle
del
Po
e
le
sue
adiacenze
,
Casa
Savoia
;
a
capo
degli
altri
,
dinastie
nuove
.
Ecco
in
che
consistevano
i
concerti
di
Plombières
,
concerti
conformi
alle
idee
di
una
gran
parte
dei
patrioti
italiani
d
'
allora
,
compreso
lo
stesso
Cavour
.
Agli
occhi
di
essi
,
la
riunione
di
tutta
L
'
Italia
in
uno
Stato
solo
doveva
essere
una
conseguenza
immancabile
,
ma
esclusa
,
nell
'
ordine
della
probabilità
,
dall
'
orizzonte
della
presente
generazione
.
L
'
Italia
avrebbe
avuto
presso
a
poco
l
'
assetto
dell
'
odierna
Germania
.
Il
Regno
dell
'
Alta
Italia
sarebbe
stato
la
Prussia
,
Napoli
la
Baviera
,
la
Toscana
il
Würtemberg
,
dello
Stato
federale
italiano
.
Villafranca
distrusse
in
germe
siffatto
programma
.
I
preliminari
,
formulati
poscia
a
Zurigo
in
forma
di
trattato
,
avrebbero
recato
all
'
Italia
una
situazione
molto
peggiore
dello
statu
quo
ante
bellum
,
se
fossero
stati
applicati
,
non
solo
nella
lettera
,
ma
anche
nello
spirito
.
E
invero
,
secondo
il
tenore
di
quelle
stipulazioni
,
l
'
Austria
,
perduta
la
Lombardia
,
doveva
rimanere
,
militarmente
forte
come
prima
,
nelle
fortezze
del
quadrilatero
;
e
,
conservando
alle
provincie
venete
,
che
le
erano
rimaste
,
la
denominazione
di
Regno
Lombardo
Veneto
,
e
custodendo
a
Vienna
gelosamente
la
Corona
di
ferro
,
essa
mostrava
chiaramente
quali
fossero
le
sue
intenzioni
.
Tutti
i
principi
spodestati
suoi
satelliti
,
dovevano
far
ritorno
e
non
essere
molestati
sui
loro
troni
,
col
solo
obbligo
di
diventare
membri
di
una
confederazione
italica
,
della
quale
anche
l
'
Austria
avrebbe
fatto
parte
.
Il
Regno
Sardo
veniva
ingrandito
della
Lombardia
,
è
vero
,
ma
di
una
Lombardia
senza
difese
,
e
posta
sotto
il
tiro
di
cannone
dell
'
Austria
armata
e
minacciosa
.
Prima
della
guerra
almeno
,
il
Piemonte
,
senza
vincoli
cogli
altri
Stati
della
penisola
,
aveva
potuto
seguire
liberamente
una
politica
sua
propria
.
Per
effetto
delle
stipulazioni
di
Villafranca
invece
,
esso
sarebbe
stato
condannato
a
subire
,
nel
seno
della
confederazione
,
la
legge
della
maggioranza
,
di
una
maggioranza
formata
dall
'
Austria
e
dai
suoi
satelliti
.
Siffatta
eventualità
disastrosa
,
Cavour
non
poteva
sopportarla
senza
tradire
il
proprio
Re
,
il
proprio
paese
nativo
,
la
causa
d
'
Italia
.
Era
questione
di
vita
e
di
morte
.
La
vita
consisteva
nel
contrapporre
all
'
Austria
,
rimasta
padrona
del
Veneto
e
delle
fortezze
del
quadrilatero
,
tutto
il
resto
d
'
Italia
riunita
in
una
Stato
solo
,
dalle
Alpi
al
Lilibeo
;
la
morte
,
nell
'
accettare
il
progetto
di
Villafranca
;
non
c
'
era
via
di
mezzo
possibile
.
Rispettare
dunque
la
lettera
delle
stipulazioni
di
Villafranca
tradotte
nel
trattato
di
Zurigo
,
ma
renderne
impossibile
l
'
esecuzione
;
per
raggiungere
siffatto
intento
,
ottenere
dall
'
Imperatore
Napoleone
III
una
dichiarazione
escludente
l
'
intervento
austriaco
nei
territorî
già
appartenenti
ai
principi
spodestati
,
dichiarazione
per
nulla
contraria
alla
lettera
del
trattato
di
Zurigo
,
secondo
il
quale
la
ristaurazione
di
quei
principi
non
doveva
aver
luogo
per
mezzo
di
forze
straniere
;
dato
quindi
,
lo
sfratto
ad
ogni
idea
federativa
coltivata
anteriormente
,
promuovere
in
tutti
i
modi
possibili
la
creazione
di
un
solo
Stato
,
sulla
ruina
di
tutte
le
antiche
divisioni
.
L
'
esecuzione
di
tutto
questo
piano
richiedeva
un
vero
prodigio
di
acume
,
specialmente
quando
si
trattò
di
annettere
il
reame
delle
due
Sicilie
,
mantenendo
salda
la
direzione
del
movimento
nelle
mani
del
regio
governo
sedente
a
Torino
,
e
subordinando
il
movimento
all
'
egemonia
piemontese
,
messa
così
alla
rischiosa
prova
di
abbracciare
in
una
sola
volta
sì
numerose
popolazioni
.
L
'
Europa
,
posta
nel
dilemma
di
dover
scegliere
fra
un
'
Italia
unita
,
ma
monarchica
e
ordinata
,
e
un
'
Italia
in
preda
ad
una
rivoluzione
le
di
cui
conseguenze
erano
imprevedibili
,
non
avrebbe
potuto
esitare
.
Ecco
l
'
evoluzione
nel
programma
nazionale
,
rapidamente
ideata
,
alla
notizia
dei
preliminari
di
Villafranca
,
dal
genio
di
Cavour
.
E
poiché
il
genio
in
politica
non
è
altro
che
il
buon
senso
elevato
alla
sua
maggior
potenza
,
così
non
deve
recar
meraviglia
,
se
quel
concetto
trovò
un
eco
così
pronto
in
un
popolo
dotato
di
un
meraviglioso
intuito
politico
.
Per
l
'
attuazione
di
un
simile
concetto
si
presentava
un
insieme
dì
circostanze
esterne
ed
interne
favorevoli
quali
non
sogliono
ripetersi
,
per
un
popolo
,
due
volte
in
un
medesimo
millennio
:
l
'
adesione
della
Francia
alla
proposta
di
.
impedite
ogni
intervento
straniero
nella
penisola
;
l
'
entusiasmo
,
per
la
prima
volta
concorde
,
della
grande
maggioranza
degli
Italiani
.
Bisognava
afferrare
al
varco
la
fortuna
che
un
insigne
uomo
di
Stato
aveva
saputo
scoprire
e
trattenere
,
quando
pareva
già
sparita
agli
occhi
di
tutti
,
e
gettarsi
con
lei
per
la
via
ch
'
essa
ci
apriva
.
Così
incominciò
per
la
nazione
italiana
la
vera
lotta
per
l
'
esistenza
politica
,
lotta
che
la
morte
del
suo
iniziatore
non
valse
ad
interrompere
,
e
che
durò
sette
anni
;
durante
la
quale
ogni
cosa
era
subordinata
in
siffatta
guisa
alla
questione
immanente
e
incalzante
dell
'
essere
e
del
non
essere
,
che
le
discussioni
circa
agli
ordinamenti
interni
del
grande
Stato
,
improvvisato
per
mezzo
delle
annessioni
,
non
potevano
richiamare
l
'
attenzione
dei
governanti
e
dei
governati
,
se
non
per
quel
tanto
che
si
riferisse
alle
esigenze
della
necessità
suprema
dell
'
esistenza
.
Durante
questa
lotta
,
in
cui
non
c
'
era
che
una
meta
sola
,
e
una
via
sola
per
raggiungerla
,
mancava
il
posto
per
una
seria
divisione
di
partiti
.
Tutti
coloro
che
volevano
l
'
indipendenza
nazionale
,
fossero
anche
stati
per
il
passato
fautori
di
una
confederazione
di
principi
,
dovevano
favorire
l
'
idea
dell
'
unità
di
Stato
,
avendo
i
patti
di
Villafranca
reso
impossibile
ogni
idea
federativa
;
fossero
anche
stati
,
per
il
passato
,
repubblicani
,
dovevano
accettare
la
dinastia
sabauda
,
perché
questa
soltanto
forniva
alla
nazione
quegli
elementi
di
forza
e
di
credito
che
erano
indispensabili
per
condurre
a
termine
l
'
impresa
.
Fu
dunque
sotto
l
'
incubo
di
siffatta
necessità
,
ognora
presente
ed
assorbente
,
la
quale
peraltro
,
protraendosi
per
sette
anni
,
non
escludeva
l
'
altra
necessità
di
provvedere
alle
mille
esigenze
quotidiane
della
vita
di
un
grande
Stato
,
che
si
adottò
il
parlamentarismo
ad
uso
francese
,
solo
perché
aveva
funzionato
nel
Piemonte
nel
decennio
precedente
,
e
perché
sembrava
dovesse
rendere
sempre
più
difficile
un
ritorno
all
'
assolutismo
del
passato
,
senza
badare
se
quella
forma
di
sistema
rappresentativo
,
applicata
in
quel
modo
,
corrispondeva
al
genio
della
nazione
riunita
.
Fu
sotto
la
medesima
pressione
che
si
abborracciò
all
'
infretta
una
amministrazione
calcata
sulle
orme
della
francese
e
della
belga
,
intesa
allo
scopo
di
far
sparire
le
vestigie
delle
divisioni
precedenti
,
senza
verificare
se
armonizzava
con
abitudini
immutabili
e
colle
migliori
tradizioni
del
pensiero
italiano
.
Fu
per
l
'
impulso
delle
medesime
cause
,
che
furono
amalgamati
nel
medesimo
lavoro
,
uomini
di
tendenze
diversissime
,
i
quali
,
in
tempi
normali
,
si
sarebbero
naturalmente
avversati
;
e
si
videro
conservatori
convinti
compiere
,
senza
esitanza
,
atti
eminentemente
rivoluzionarî
,
e
uomini
di
tempra
invincibilmente
rivoluzionaria
,
o
di
coltura
puramente
teorica
,
assumere
funzioni
amministrative
e
d
'
indole
pratica
,
che
a
quelle
qualità
male
si
addicevano
.
La
linea
di
condotta
del
governo
italiano
,
dalla
metà
del
1859
alla
fine
del
1866
,
era
fatalmente
tracciata
.
Non
poteva
essere
che
quella
di
un
governo
provvisorio
,
di
una
dittatura
temporanea
esercitata
dalle
classi
,
le
quali
delle
esigenze
della
situazione
straordinaria
erano
in
grado
di
formarsi
l
'
idea
più
chiara
,
e
assecondata
dall
'
istinto
delle
masse
.
Il
còmpito
suo
di
legislazione
,
di
amministrazione
,
di
finanza
,
in
presenza
delle
fortezze
del
quadrilatero
occupate
dall
'
Austria
minacciosa
,
è
paragonabile
al
còmpito
del
generale
Todleben
,
che
costruiva
le
fortificazioni
di
terra
di
Sebastopoli
sotto
il
tiro
dei
cannoni
degli
alleati
.
L
'
indole
della
politica
di
quel
periodo
consiste
in
ciò
che
patrioti
di
tendenze
diverse
,
ma
in
maggioranza
conservatori
pei
loro
precedenti
,
adoperarono
,
per
raggiungere
un
fine
conservatore
per
eccellenza
,
come
era
la
creazione
della
patria
,
mezzi
eminentemente
radicali
.
Questo
contrasto
fra
i
mezzi
e
il
fine
,
in
nessun
atto
si
rivela
più
spiccato
che
nella
Convenzione
del
15
settembre
1864
.
La
transazione
colla
Francia
,
secondo
la
quale
era
provveduto
allo
sgombro
di
un
territorio
italiano
da
un
esercito
straniero
,
e
venivano
rese
meno
acute
le
difficoltà
internazionali
rispetto
al
papato
,
fu
un
provvedimento
d
'
indole
conservatrice
;
ma
esso
veniva
accompagnato
dall
'
obbligo
assunto
verso
quella
potenza
di
trasportare
la
capitale
fuori
della
culla
del
nuovo
Regno
,
provvedimento
quest
'
ultimo
d
'
indole
radicale
.
Ammesse
alcune
riserve
circa
a
pochi
fatti
,
e
trascurati
molti
particolari
,
sui
quali
ci
sarebbe
da
censurare
(
se
non
ci
fosse
da
censurare
,
con
tanta
inesperienza
amministrativa
,
e
tante
illusioni
che
regnavano
,
si
sarebbe
compìto
un
miracolo
)
,
si
può
asserire
che
governo
e
Parlamento
,
classi
dirigenti
,
popolo
,
durante
il
periodo
suddetto
,
si
sono
resi
benemeriti
,
imperocché
riuscirono
ad
attuare
le
speranze
vagheggiate
indarno
per
tanti
secoli
,
di
riunire
in
un
tutto
autonomo
e
indipendente
,
le
sparse
membra
della
stirpe
italiana
.
Per
raggiungere
siffatta
meta
le
grandi
linee
della
politica
furono
quelle
che
dovevano
essere
;
ed
anche
riguardo
ai
particolari
difettosi
,
la
nuova
Italia
non
seppe
far
nulla
di
meglio
,
quando
più
tardi
ne
ebbe
tutto
l
'
agio
.
Anche
prescindendo
dalla
politica
estera
,
la
quale
per
opera
di
Cavour
,
colle
annessioni
,
e
per
opera
di
Lamarmora
,
coll
'
alleanza
prussiana
,
fu
addirittura
splendida
,
una
parte
di
ciò
che
si
riferisce
alla
legislazione
,
alla
amministrazione
,
alle
finanze
,
alla
milizia
,
ai
lavori
pubblici
,
all
'
istruzione
,
sebbene
improvvisata
,
resistette
alla
prova
dell
'
esperienza
.
Tutto
questo
può
essere
corretto
,
accresciuto
e
reso
più
compiuto
,
ma
si
presta
a
servire
di
fondamento
a
quanto
si
dovrebbe
fare
.
Per
le
ragioni
predette
,
sarebbe
tempo
ormai
che
tanto
i
nemici
quanto
i
fautori
dell
'
Italia
nuova
cessassero
di
mettere
in
un
fascio
il
periodo
sopra
descritto
coll
'
antecedente
e
sopratutto
poi
col
susseguente
;
i
primi
per
condannare
,
in
sé
medesimi
,
i
modi
di
formazione
del
Regno
italiano
,
quasiché
ce
ne
fossero
stati
degli
altri
disponibili
per
chi
non
era
disposto
a
rinnegare
la
nazionalità
italiana
;
i
secondi
per
invocare
quei
precedenti
,
dettati
dalla
necessità
,
affine
di
giustificare
ogni
atto
compiutosi
posteriormente
,
anche
quando
si
sarebbe
potuto
fare
altrimenti
.
Stipulata
la
pace
coll
'
Austria
,
il
Regno
d
'
Italia
,
la
cui
esistenza
era
ancora
sospesa
ad
un
filo
il
giorno
prima
,
venne
a
trovarsi
collocato
tutto
ad
un
tratto
in
una
situazione
esterna
così
solida
,
che
la
maggiore
non
si
saprebbe
immaginare
.
Non
solamente
non
avversato
da
nessuno
,
non
solamente
amico
di
tutti
,
non
era
forse
anche
divenuto
parte
integrante
e
solidale
di
un
nuovo
equilibrio
scaturito
dalla
guerra
italo
prussiana
austriaca
,
per
cui
l
'
interesse
di
tutti
concorreva
a
preservarlo
da
ogni
minaccia
?
L
'
esercito
francese
non
era
forse
partito
da
Roma
?
Se
questi
risultati
l
'
Italia
li
avesse
dovuti
esclusivamente
alle
proprie
forze
e
non
ad
aiuto
straniero
,
se
gli
ultimi
fatti
d
'
armi
per
terra
e
per
mare
non
fossero
stati
sfortunati
,
si
sarebbe
potuto
dire
che
nulla
mancava
alla
sua
felicità
.
Ad
ogni
modo
,
i
risultati
c
'
erano
.
Doveva
sembrar
naturale
dunque
che
al
consolidamento
esterno
non
si
sarebbe
tardato
un
momento
a
far
corrispondere
il
consolidamento
interno
,
e
a
procurare
al
paese
quell
'
assetto
normale
a
cui
negli
anni
precedenti
era
stato
impossibile
pensare
.
[
Come
,
compiuta
quella
lotta
,
l
'
intento
di
raggiungere
il
pareggio
finanziario
abbia
sconsigliato
le
classi
dirigenti
dal
mutare
indirizzo
di
governo
.
]
E
per
verità
,
pretender
che
non
solo
una
parte
,
ma
tutto
quello
che
era
stato
creato
d
'
improvviso
,
in
materia
d
'
istituzioni
civili
,
di
legislazione
,
di
amministrazione
sotto
l
'
influenza
di
circostanze
eccezionalissime
,
dovesse
essere
scrupolosamente
mantenuto
anche
quando
tali
circostanze
più
non
esistevano
;
supporre
che
popolazioni
così
diverse
fra
loro
,
nei
precedenti
,
nella
coltura
,
nelle
tendenze
,
nelle
relazioni
sociali
,
negli
interessi
morali
ed
economici
,
solo
pel
fatto
che
,
nel
momento
del
comune
pericolo
,
avevano
cooperato
,
tenute
insieme
da
un
sentimento
patriottico
,
dovessero
senza
ripugnanza
rinunziare
per
sempre
a
quelle
ingenite
diversità
;
credere
che
le
masse
,
le
quali
si
erano
assoggettate
ad
ogni
specie
di
disagi
,
e
di
perturbazioni
di
interessi
e
di
abitudini
,
senza
mormorare
,
sino
a
tanto
che
l
'
istinto
presentava
loro
tali
sacrificî
come
necessari
,
non
dovessero
risentirsi
,
tostoché
il
medesimo
istinto
le
ebbe
fatte
accorte
,
che
quella
necessità
più
non
esisteva
o
aveva
preso
un
diverso
aspetto
,
era
contrario
ad
ogni
ragionevole
presunzione
.
Compita
l
'
impresa
e
resa
sicura
contro
i
pericoli
esterni
,
tutti
coloro
che
avevano
ad
essa
partecipato
,
popolo
,
classi
dirigenti
,
uomini
parlamentari
,
dovevano
trovarsi
indotti
a
far
ritorno
alle
proprie
inclinazioni
rispettive
,
modificate
,
finché
si
vuole
,
nelle
applicazioni
,
per
le
mutate
condizioni
generali
della
patria
,
ma
indelebili
nell
'
essenza
.
Naturam
expellas
furca
,
tamen
usque
recurret
.
Mettersi
a
capo
di
siffatte
naturali
tendenze
,
per
dar
loro
un
indirizzo
più
conforme
alla
nuova
situazione
del
paese
,
avrebbe
potuto
essere
il
nuovo
còmpito
dei
partiti
.
Durante
la
lotta
per
la
vita
,
si
erano
formati
nel
Parlamento
due
partiti
,
denominati
l
'
uno
di
Destra
,
l
'
altro
di
Sinistra
.
La
loro
ragion
d
'
essere
rispettiva
si
rassomigliava
assai
.
Se
si
guardava
ai
precedenti
degli
uomini
che
li
componevano
,
si
trovavano
dei
precedenti
molto
rivoluzionarî
anche
in
non
pochi
che
militavano
nel
campo
della
Destra
,
e
che
non
permettevano
si
distinguessero
,
per
questo
titolo
,
dai
loro
colleghi
di
Sinistra
;
se
si
guardava
allo
scopo
a
cui
si
tendeva
,
non
era
esso
il
medesimo
?
e
i
mezzi
per
raggiungerlo
adottati
dal
partito
di
Destra
governante
,
potevano
essere
forse
più
radicali
?
L
'
unica
distinzione
fra
i
due
partiti
,
non
consisteva
se
non
in
questo
,
che
la
Destra
intendeva
che
la
direzione
del
movimento
nazionale
stesse
nelle
mani
del
governo
,
e
la
Sinistra
che
il
governo
si
lasciasse
un
po
'
più
rimorchiare
dalla
corrente
popolare
,
una
distinzione
impossibile
a
stabilirsi
nettamente
,
nell
'
ordine
delle
idee
.
Dopo
il
1866
invece
,
un
punto
di
partenza
più
razionale
e
più
pratico
per
una
divisione
di
partiti
,
era
divenuta
possibile
,
la
Destra
dovendo
essere
supposta
inclinata
a
promuovere
una
revisione
dell
'
interno
ordinamento
,
in
senso
più
conservatore
;
la
Sinistra
,
in
senso
opposto
.
Se
non
che
,
terminata
la
lotta
per
la
vita
,
le
abitudini
contratte
in
sette
anni
consecutivi
di
un
medesimo
indirizzo
,
ebbero
forza
abbastanza
per
far
sì
che
e
governo
e
classi
dirigenti
,
non
mostrassero
accorgersi
del
mutamento
essenziale
avvenuto
nella
situazione
del
paese
.
Nulla
è
cambiato
in
Italia
,
non
ci
sono
che
i
Veneti
di
più
,
sembrava
che
si
dicesse
.
E
sì
che
le
elezioni
del
1865
avevano
lasciato
trapelare
quali
umori
,
per
solo
ritardo
frapposto
dalle
circostanze
al
trionfo
della
lotta
per
l
'
indipendenza
,
fermentassero
nel
paese
.
Perché
poterono
le
abitudini
esercitar
tanto
potere
?
Non
si
vedeva
forse
che
le
condizioni
interne
dell
'
Italia
,
a
causa
vinta
,
lasciavano
molto
a
desiderare
?
Lo
si
vedeva
,
e
tutti
ne
parlavano
;
ma
ripugnava
ai
più
il
ricercare
le
vere
cause
di
ciò
.
Quali
dunque
erano
queste
?
Il
legittimo
compiacimento
per
tante
generazioni
contrastato
,
di
veder
raccolte
tutte
le
popolazioni
italiane
in
una
casa
sola
e
il
timore
di
ricadere
nelle
antiche
divisioni
,
avevano
indotto
i
legislatori
e
le
classi
politiche
,
animate
da
ardente
patriottismo
,
ma
pochissimo
esperte
nelle
cose
d
'
amministrazione
,
a
spingere
l
'
accentramento
governativo
a
proporzioni
assurde
,
esagerando
l
'
esempio
della
vicina
Francia
,
dove
quell
'
accentramento
è
il
prodotto
di
una
lunga
preparazione
storica
.
Il
governo
centrale
incaricato
di
pensare
a
tutto
e
provvedere
a
tutto
,
fino
alla
nomina
del
bidello
di
un
ginnasio
o
dell
'
usciere
di
sotto
prefettura
;
la
sorte
di
ogni
cittadino
e
le
decisioni
intorno
alle
cose
sue
,
esclusivamente
devolute
agli
uffici
ministeriali
della
capitale
,
sotto
alla
controlleria
,
s
'
intende
bene
,
del
Parlamento
;
ecco
il
pensiero
animatore
dell
'
assetto
amministrativo
del
nuovo
Stato
.
Or
bene
,
siccome
a
questi
ufficî
presiedono
i
ministri
,
e
la
sorte
dei
ministri
dipende
dai
deputati
,
l
'
accentramento
amministrativo
ebbe
per
conseguenza
l
'
accentramento
nei
deputati
di
ogni
specie
di
influenze
.
Non
esiste
cosa
che
più
dell
'
accentramento
amministrativo
francese
,
esagerato
,
sia
incompatibile
col
parlamentarismo
inglese
;
accoppiati
,
l
'
accentramento
amministrativo
snatura
lo
spirito
parlamentare
,
nel
mentre
che
il
parlamentarismo
guasta
l
'
amministrazione
.
Il
parlamentarismo
,
perché
funzioni
a
dovere
,
suppone
il
discentramento
,
o
istituzionale
o
territoriale
,
secondo
il
quale
,
o
tutti
i
grandi
interessi
abbiano
vita
autonoma
,
o
,
per
lo
meno
,
la
giustizia
amministrativa
sia
messa
a
comoda
portata
dei
cittadini
.
L
'
amministrazione
accentrata
,
alla
sua
volta
,
perché
adempia
il
proprio
uffizio
,
richiede
una
divisione
assoluta
di
competenze
,
una
rigorosa
controlleria
,
nessuna
ingerenza
estranea
che
s
'
intrometta
;
così
perfino
nei
governi
assoluti
si
riesce
a
porgere
ai
cittadini
una
certa
quale
garanzia
di
giustizia
assoluta
e
di
giustizia
distributiva
.
Ma
in
Italia
,
la
mancanza
di
discentramento
,
tanto
istituzionale
quanto
territoriale
,
riduce
tutti
i
beneficî
della
libertà
al
solo
poter
dire
,
per
torto
o
per
traverso
,
il
proprio
pensiero
,
o
a
voce
o
in
iscritto
,
e
alla
soddisfazione
di
nominare
i
deputati
onnipotenti
.
Quindi
non
basta
lo
Statuto
,
perché
i
cittadini
italiani
possano
pretendere
di
essere
pari
nell
'
esercizio
della
libertà
a
quelli
di
altri
paesi
,
che
hanno
il
modo
di
ingerirsi
,
sotto
molte
forme
diverse
,
negli
interessi
amministrativi
del
grande
consorzio
.
Tutto
essendo
nelle
mani
del
potere
centrale
,
i
cittadini
italiani
,
per
non
rimanere
danneggiati
,
ricorrono
al
rispettivo
deputato
,
perché
voglia
premere
sopra
il
ministro
e
indur
questo
a
premere
a
sua
volta
sugli
uffici
amministrativi
da
lui
dipendenti
,
affinché
soddisfacciano
al
desiderio
loro
,
più
o
meno
legittimo
.
Il
deputato
può
non
aderire
,
è
vero
,
all
'
importuna
sollecitazione
,
e
spesso
non
aderisce
;
così
pure
il
ministro
può
rifiutare
il
proprio
appoggio
ai
deputato
che
si
fa
organo
della
sollecitazione
,
e
spesso
lo
rifiuta
.
Sta
bene
.
Ma
in
questo
caso
il
deputato
può
esser
certo
di
non
aver
il
suffragio
di
quel
cittadino
,
nelle
future
elezioni
,
il
ministro
di
non
potere
contare
sul
voto
di
quel
deputato
,
nel
Parlamento
.
Per
conseguenza
,
siccome
la
vita
non
può
alimentarsi
esclusivamente
con
discorsi
politici
,
ne
consegue
che
la
mancanza
di
un
ordinamento
amministrativo
posto
al
riparo
di
qualunque
indebita
ingerenza
,
rende
peggiore
la
condizione
dei
cittadini
italiani
,
per
tutto
ciò
che
si
riferisce
agli
interessi
giornalieri
dipendenti
dal
governo
,
di
quella
dei
cittadini
di
uno
Stato
assoluto
,
ma
paterno
e
buon
massaio
;
dal
che
l
'
adagio
,
che
si
stava
meglio
quando
si
stava
peggio
.
Ciò
essendo
,
come
mai
si
sarebbe
potuto
togliere
dalla
mente
di
un
buon
borghese
che
,
in
quel
tempio
remoto
e
misterioso
,
quale
è
un
ministero
della
capitale
,
dove
si
dispensa
il
bene
e
il
male
,
dove
non
si
accede
se
non
per
l
'
intermezzo
di
pochi
iniziati
e
dei
sacerdoti
autorizzati
,
che
sono
i
deputati
,
non
si
compiano
riti
assai
brutti
e
sufficienti
a
spiegare
dove
vadano
a
finire
malamente
tanti
danari
,
che
vengono
tolti
dalle
tasche
dei
contribuenti
?
Quando
infieriva
la
peste
di
Milano
chi
avrebbe
potuto
impedire
che
non
si
credesse
agli
untori
,
una
volta
messa
in
giro
questa
superstizione
?
La
pubblica
amministrazione
in
Italia
si
è
mantenuta
effettivamente
,
sia
detto
a
sua
lode
,
una
delle
meno
corrotte
che
si
conoscano
in
Europa
e
in
America
.
Ma
alcuni
fatti
di
corruzione
si
verificarono
,
come
era
da
aspettarsi
,
in
mezzo
a
tanto
affastellamento
di
uomini
nuovi
e
di
affari
nuovi
.
Se
non
che
il
pubblico
,
eccitato
ai
sospetti
,
e
non
posto
in
condizione
di
veder
chiaro
in
quell
'
affastellamento
,
come
avrebbe
potuto
astenersi
dal
credere
che
i
fatti
di
corruzione
,
isolati
,
non
fossero
invece
lo
specchio
,
in
ristretto
,
di
tutto
quanto
accadeva
negli
uffici
dello
Stato
?
Or
bene
,
la
novità
delle
istituzioni
e
la
gioia
della
conquistata
indipendenza
nei
primi
anni
,
i
pericoli
incessanti
che
stavano
sospesi
sull
'
esistenza
della
patria
negli
anni
seguenti
,
avevan
fatto
si
che
sulle
prime
non
si
sentisse
molto
acutamente
il
male
del
sistema
vigente
.
L
'
ideale
della
patria
da
una
parte
,
l
'
inesperienza
relativamente
alla
influenza
che
si
poteva
esercitare
per
mezzo
del
deputato
,
avevano
servito
di
correttivo
.
Ma
,
soddisfatta
l
'
aspirazione
nazionale
colla
stipulazione
della
pace
coll
'
Austria
,
vedendo
ritardarsi
il
conseguimento
di
quei
beni
materiali
che
gli
iniziatori
della
rivoluzione
nazionale
avevano
fatto
balenare
agli
occhi
delle
popolazioni
,
e
soltanto
,
invece
,
aumentarsi
le
imposte
,
si
riprese
l
'
abitudine
ereditata
dall
'
epoca
della
signoria
straniera
e
dell
'
assolutismo
,
di
considerare
il
governo
,
non
già
come
il
mandatario
della
volontà
collettiva
della
nazione
,
ma
come
un
nemico
;
tanto
più
che
non
era
mai
stata
perduta
l
'
altra
abitudine
di
raffigurarselo
come
un
ente
,
dal
solo
beneplacito
del
quale
dipende
che
tutto
proceda
bene
o
male
nel
paese
.
Perdutosi
di
vista
ogni
ideale
,
incominciò
a
degenerare
sempre
più
il
concetto
della
deputazione
politica
,
ridotta
ad
essere
considerata
come
un
ufficio
di
sollecitatore
degli
interessi
locali
e
di
quelli
dei
singoli
elettori
,
facessero
o
non
facessero
a
pugni
tali
interessi
col
bene
della
nazione
;
e
nelle
elezioni
incominciò
ad
essere
praticato
il
sistema
della
selezione
,
ma
in
senso
inverso
di
quello
che
,
secondo
il
Darwin
,
si
effettua
nella
natura
.
In
non
pochi
collegi
elettorali
,
stante
il
numero
relativamente
scarso
degli
investiti
del
diritto
di
eleggere
,
e
il
numero
relativamente
forte
di
quelli
che
,
per
progetto
od
indifferenza
,
si
astengono
dall
'
esercitarlo
,
si
era
riusciti
ad
infeudare
una
maggioranza
sicura
a
questa
o
a
quella
setta
,
tanto
che
il
collegio
non
poteva
più
funzionare
a
beneficio
della
nazione
,
se
non
col
beneplacito
della
setta
.
Ai
partiti
parlamentari
,
i
quali
,
se
non
erano
mai
stati
una
realtà
durante
la
lotta
per
l
'
esistenza
,
avevano
almeno
esistito
in
aspirazione
,
si
erano
andate
sostituendo
le
clientele
,
tradizione
dell
'
antichissima
Italia
,
costituite
per
l
'
unico
scopo
,
o
di
farsi
del
governo
uno
strumento
cieco
degli
interessi
e
delle
piccole
ambizioni
dalle
clientele
patrocinate
,
o
di
abbatterlo
,
qualora
resistesse
.
Che
poi
le
sessioni
parlamentari
si
prolungassero
sterilmente
all
'
infinito
,
disgustando
i
migliori
dal
parteciparvi
,
è
una
conseguenza
inevitabile
di
tutto
questo
.
L
'
educazione
delle
classi
politiche
in
Italia
non
poteva
essere
eccellente
,
perché
non
aveva
avuta
occasione
di
formarsi
.
Né
il
reggimento
degli
antichi
governi
,
né
le
peripezie
e
le
emozioni
da
cui
si
era
appena
usciti
,
erano
circostanze
favorevoli
a
promuoverla
;
però
le
discussioni
parlamentari
avrebbero
potuto
contribuire
ad
affrettarla
,
quelle
discussioni
cioè
alle
quali
partecipavano
,
rivestiti
di
maggiore
o
di
minor
influenza
,
gli
uomini
più
eminenti
di
tutti
i
partiti
.
E
tanto
più
che
,
riguardo
a
molti
argomenti
d
'
indole
positiva
,
furono
forniti
in
seno
del
Parlamento
tali
schiarimenti
da
illuminare
completamente
il
paese
,
da
distruggere
un
'
infinità
di
pregiudizî
,
da
mettere
il
pubblico
al
fatto
della
vera
situazione
delle
cose
.
Ma
che
cosa
si
sapeva
nel
pubblico
delle
discussioni
del
Parlamento
,
se
non
dai
resoconti
che
si
stampano
,
molti
giorni
dopo
,
nella
Gazzetta
Ufficiale
,
e
che
perciò
nessuno
legge
,
ovvero
dai
monchi
estratti
dei
giornali
,
i
quali
,
quasi
sempre
per
ignoranza
delle
materie
trattate
,
talvolta
anche
per
ispirito
di
parte
,
sogliono
svisare
affatto
il
senso
delle
cose
dette
?
Non
si
è
mai
veduto
qualche
cosa
di
simile
in
nessun
paese
d
'
Europa
.
Un
gran
numero
di
elettori
,
forse
la
maggioranza
,
per
una
lunga
serie
d
'
anni
,
ha
letto
,
nei
propri
giornali
,
dei
resoconti
parlamentari
,
i
quali
hanno
a
fare
con
ciò
che
è
stato
detto
realmente
,
come
colle
discussioni
del
Parlamento
delle
isole
Sandwich
!
!
Questo
fu
il
costante
ed
esclusivo
nutrimento
della
loro
intelligenza
.
È
un
fatto
di
grande
importanza
,
e
che
ha
avuto
grandi
conseguenze
nelle
elezioni
,
ma
a
cui
non
si
è
posto
attenzione
in
quella
serra
calda
,
nella
quale
i
rappresentanti
della
nazione
si
tengono
segregati
dalla
nazione
*
.
Se
non
che
le
discussioni
serie
,
e
condotte
dagli
oratori
più
autorevoli
,
andarono
diventando
sempre
meno
frequenti
,
e
ciò
tolse
anche
quel
poco
d
'
influenza
buona
che
il
Parlamento
poteva
esercitare
sull
'
opinione
pubblica
per
mezzo
di
quei
poveri
resoconti
,
e
ne
produsse
invece
,
indirettamente
,
una
perniciosa
,
che
non
possiamo
passare
sotto
silenzio
.
Liberata
la
patria
,
sembrava
dover
esser
giunto
il
momento
,
in
cui
tutte
le
persone
,
anche
di
mediocre
coltura
,
si
dovessero
occupare
da
senno
di
quelle
molte
questioni
,
in
apparenza
modeste
ma
di
vitale
importanza
per
l
'
andamento
normale
della
cosa
pubblica
,
di
quelle
questioni
,
le
quali
sogliono
pur
assorbire
la
massima
parte
della
attività
intellettuale
di
altri
popoli
.
Le
idee
elaborate
nel
seno
del
paese
da
un
'
opinione
pubblica
seria
,
vengono
poi
discusse
nel
Parlamento
,
e
sogliono
stabilire
una
tale
solidarietà
fra
le
classi
politiche
rappresentate
e
i
loro
mandatarî
,
e
promuovono
un
tale
soffio
di
vita
sana
e
feconda
in
tutto
l
'
organismo
dello
Stato
,
che
questo
vien
posto
al
riparo
da
ogni
pericolo
di
corrompersi
.
Ma
come
era
ciò
possibile
in
mezzo
a
tanta
anarchia
prodotta
dal
mostruoso
connubio
dell
'
accentramento
amministrativo
coll
'
accentramento
parlamentare
?
Invece
lo
spettacolo
delle
sterili
ma
appassionate
diatribe
personali
,
dell
'
armeggio
partigiano
,
delle
frequenti
crisi
ministeriali
,
che
presentava
la
Camera
elettiva
,
essendo
soggetti
molto
acconci
a
destare
la
curiosità
,
distraeva
le
menti
della
maggioranza
delle
classi
politiche
,
e
le
distoglieva
dal
riflettere
ai
veri
interessi
del
paese
.
Inoltre
molta
parte
della
stampa
,
vedendo
che
aumentava
la
sua
diffusione
quanto
più
pasceva
il
pubblico
di
quello
spettacolo
,
contribuiva
ad
aumentare
la
distrazione
.
Sparite
le
trepidazioni
della
lotta
per
l
'
esistenza
nazionale
,
durante
la
quale
le
classi
politiche
,
avendo
davanti
a
sé
una
meta
nobilissima
ed
elevatissima
,
erano
state
mirabili
per
tatto
e
per
serietà
,
l
'
incessante
fantasmagoria
che
si
rappresentava
sulla
scena
parlamentare
,
fece
perder
di
vista
questa
verità
,
che
cioè
l
'
esistenza
nazionale
non
bastava
,
che
essa
aveva
urgente
bisogno
di
essere
rassodata
,
e
che
non
era
con
quella
fantasmagoria
che
ciò
si
sarebbe
ottenuto
.
Egli
è
per
questo
che
venne
in
grandissimo
fiore
,
e
si
costituì
sovrana
,
la
cosidetta
politica
da
caffè
,
la
quale
non
si
alimenta
che
di
crisi
ministeriali
,
di
pettegolezzi
parlamentari
,
di
connubii
,
di
alleanze
esterne
,
di
convegni
di
potentati
,
e
si
lamenta
se
i
giornali
non
le
somministrano
ogni
giorno
un
po
'
di
siffatta
merce
.
Insomma
,
sotto
l
'
azione
di
queste
cause
,
si
era
finito
per
cadere
nel
seguente
circolo
vizioso
:
instabilità
di
governo
,
ridotto
ormai
a
non
essere
altro
che
una
continua
fantasmagoria
di
uomini
che
vanno
e
vengono
,
non
già
pei
meriti
e
demeriti
loro
,
ma
quali
strumenti
di
un
proteiforme
giuoco
d
'
influenze
di
persone
,
di
gruppi
di
persone
e
di
coalizioni
che
nascono
e
muoiono
all
'
infuori
di
qualunque
pubblico
interesse
,
e
senza
che
il
paese
sappia
il
perché
;
infelice
gestione
dei
pubblici
affari
per
cagione
della
instabilità
di
governo
;
disagio
generale
prodotto
da
quella
infelice
gestione
;
malcontento
prodotto
dal
disagio
;
cattive
elezioni
parlamentari
ispirate
dal
malcontento
;
instabilità
di
governo
,
in
conseguenza
di
cattive
elezioni
;
quindi
,
da
capo
.
Il
regionalismo
,
escluso
dalle
cose
amministrative
dove
sarebbe
stato
a
suo
posto
(
e
Dio
ne
guardi
a
parlarne
!
)
,
entrato
trionfalmente
e
insediato
,
come
se
nulla
fosse
,
nell
'
aula
legislativa
della
nazione
.
Tutte
queste
cose
si
vedevano
e
si
lamentavano
.
Per
poco
che
si
fosse
approfondita
la
questione
,
non
sarebbe
stato
nemmeno
difficile
scoprire
la
radice
del
male
.
Avrebbe
dovuto
apparir
evidente
che
il
giorno
,
in
cui
si
fosse
provveduto
a
discentrare
l
'
amministrazione
,
in
parte
istituzionalmente
,
in
parte
territorialmente
,
per
il
solo
fatto
che
un
certo
numero
d
'
affari
,
i
quali
oggi
si
affastellano
negli
uffici
della
capitale
,
verrebbero
disimpegnati
a
miglior
portata
degli
amministrati
,
ed
altri
sottratti
all
'
ingerenza
del
Parlamento
,
e
affidati
alle
provincie
od
a
consorzi
di
provincie
,
molti
degli
accennati
inconvenienti
cesserebbero
da
sé
;
e
il
giorno
in
cui
si
fosse
modificata
la
base
elettorale
politica
,
verrebbe
ridotta
in
pezzi
una
gran
parte
di
quella
rete
di
clientele
e
di
combriccole
che
sono
riuscite
a
sostituirsi
al
sincero
verdetto
del
paese
;
il
quale
paese
,
nella
sua
maggioranza
,
non
cessava
d
'
invocare
quiete
,
sicurezza
del
domani
,
e
buon
governo
,
e
quindi
non
poteva
presumersi
fedelmente
rappresentato
da
'
suoi
più
turbolenti
mandatarî
.
E
la
ristaurazione
stessa
delle
finanze
,
non
sarebbe
forse
divenuta
meno
ardua
,
se
si
fossero
tolte
tante
cause
perturbatrici
,
da
noi
dimostrate
inseparabili
dal
mantenimento
integrale
dell
'
assetto
interno
che
era
stato
improvvisato
nei
primordi
dell
'
esistenza
dello
Stato
?
Come
mai
avvenne
dunque
che
le
classi
dirigentiuscite
fuor
del
pelago
alla
riva
non
si
risolvettero
ad
inaugurare
un
nuovo
indirizzo
interno
?
I
motivi
sono
tre
.
L
'
Italia
aveva
acquistato
l
'
indipendenza
,
ma
non
era
stata
fortunata
in
guerra
,
e
ne
era
conseguito
,
anche
per
questo
,
un
grande
accasciamento
.
Or
bene
,
il
malcontento
che
infieriva
,
soleva
essere
attribuito
interamente
a
quell
'
accasciamento
,
e
si
sperava
che
,
passato
un
po
'
di
tempo
,
senza
alcuna
mutazione
nell
'
assetto
delle
cose
interne
,
ogni
cosa
avrebbe
potuto
camminare
in
via
normale
.
Per
i
patrioti
insigni
che
presiedettero
al
rivolgimento
nazionale
,
il
trionfo
dell
'
idea
italiana
era
un
tal
bene
impareggiabile
,
che
presto
,
sembrava
loro
,
avrebbe
stornate
le
menti
da
ogni
inconveniente
accessorio
.
L
'
ordinamento
vigente
aveva
fatto
buona
prova
durante
i
più
terribili
cimenti
;
perché
non
avrebbe
continuato
a
farla
?
Quegli
uomini
benemeriti
,
proclivi
al
dottrinarismo
e
incanutiti
nel
costante
pensiero
della
patria
italiana
,
si
meravigliavano
che
si
potesse
attribuire
molta
importanza
a
qualche
imposta
di
più
o
a
qualche
inconveniente
amministrativo
.
Essi
giudicavano
tutti
gli
altri
da
sé
stessi
,
e
dimenticavano
che
il
più
degli
uomini
,
quando
ha
ottenuto
un
bene
,
lo
dimentica
facilmente
e
va
in
traccia
di
un
altro
.
Non
si
accorgevano
che
cresceva
una
nuova
generazione
,
la
quale
non
aveva
conosciuta
l
'
Italia
schiava
e
non
aveva
potuto
stabilire
,
per
esperienza
propria
,
il
confronto
fra
ciò
che
si
era
prima
con
ciò
che
si
era
divenuti
.
Per
la
generazione
che
tramontava
,
l
'
indipendenza
e
l
'
unità
d
'
Italia
erano
la
meta
;
per
la
nuova
,
quest
'
ultima
non
era
che
un
punto
di
partenza
per
raggiungere
altre
mete
.
In
secondo
luogo
,
ogni
sistema
anche
difettoso
crea
degli
interessi
impegnati
a
conservarlo
.
Un
tentativo
nel
senso
d
'
introdurre
mutamento
nel
medesimo
,
avrebbe
sollevato
infinite
difficoltà
,
le
quali
avrebbero
sempre
più
complicata
la
situazione
.
Si
aggiunga
che
una
modificazione
d
'
indirizzo
interno
,
avrebbe
avuto
per
conseguenza
inevitabile
di
sciogliere
,
stante
la
difficoltà
di
mettersi
d
'
accordo
circa
ad
alcuni
punti
essenziali
,
quel
sodalizio
composto
di
uomini
diversi
d
'
indole
,
ma
tenuti
insieme
dalla
lunga
abitudine
,
dalla
stima
reciproca
e
dalle
reminiscenze
della
lotta
recente
combattuta
nelle
medesime
file
.
Finalmente
,
la
preziosa
indipendenza
si
era
ottenuta
bensì
,
ma
a
patto
di
introdurre
il
corso
forzoso
;
e
le
nostre
finanze
si
presentavano
con
un
grosso
disavanzo
.
Era
una
questione
d
'
onore
per
l
'
Italia
cansare
l
'
onta
del
fallimento
,
adempire
gli
impegni
che
aveva
contratti
allo
scopo
di
costituirsi
,
affrettarsi
ad
aumentare
i
cespiti
delle
pubbliche
entrate
.
Or
bene
,
non
appariva
forse
un
'
idea
inconsulta
quella
di
complicare
i
provvedimenti
intesi
a
colpire
sempre
più
i
contribuenti
,
sia
con
quelli
richiesti
per
riordinare
l
'
amministrazione
,
sia
,
con
una
riforma
elettorale
?
Per
questi
motivi
le
classi
dirigenti
non
posero
nemmeno
in
discussione
l
'
idea
di
introdurre
profonde
riforme
;
e
i
capi
della
Destra
si
rivolsero
con
raddoppiato
vigore
,
e
con
successo
,
all
'
impresa
di
pareggiare
il
bilancio
,
non
lasciandosi
distrarre
o
sgomentare
,
né
dalla
immensa
impopolarità
a
cui
andavano
incontro
,
né
dalle
volgari
e
atroci
accuse
di
cui
si
vedevano
così
ingiustamente
fatti
bersaglio
.
Sarebbe
oggi
inutile
indagare
se
i
capi
della
Destra
bene
si
apponessero
con
siffatti
ragionamenti
;
se
non
era
cosa
troppo
ardita
pretendere
che
un
paese
si
lasci
indurre
,
per
anni
,
a
limitare
tutte
le
sue
aspirazioni
al
solo
pagare
più
di
prima
per
lo
scopo
di
saldare
i
conti
della
rivoluzione
;
e
se
invece
la
prospettiva
di
qualche
interna
riforma
non
sarebbe
stata
acconcia
a
rendere
più
sopportabile
il
peso
delle
imposte
.
Di
questo
argomento
l
'
autore
del
presente
lavoro
ebbe
occasione
di
occuparsi
nel
suo
libro
pubblicato
nel
1868
,
sotto
il
titolo
:
Le
condizioni
della
cosa
pubblica
in
Italia
dopo
il
1866
.
Il
fatto
è
che
quegli
uomini
egregi
non
si
lasciarono
smuovere
dalle
vie
nelle
quali
s
'
erano
inoltrati
.
Intanto
,
in
mezzo
alla
confusione
d
'
idee
dominante
e
crescente
nel
seno
di
un
pubblico
ancora
così
poco
educato
alla
vita
politica
,
e
sistematicamente
sviato
dal
retto
apprezzamento
delle
realità
della
situazione
interna
,
in
mezzo
a
tante
bieche
insinuazioni
che
trovavano
facile
accoglienza
e
che
rinfocolavano
il
malcontento
,
lo
scoraggiamento
e
il
disgusto
,
l
'
opposizione
aveva
buon
gioco
,
imperocché
non
tralasciava
di
far
intravedere
che
se
fosse
salita
essa
al
governo
,
tutto
si
sarebbe
mutato
in
meglio
,
come
per
incanto
.
Aumento
di
spese
per
moltiplicare
le
forze
produttive
d
'
Italia
,
e
,
in
pari
tempo
,
diminuzione
d
'
imposte
;
riforme
dell
'
amministrazione
,
e
appagamento
di
tutti
i
desiderî
del
popolo
italiano
.
Tutta
la
differenza
pertanto
fra
il
partito
di
Destra
e
quello
di
Sinistra
,
durante
questo
nuovo
periodo
,
consistette
in
questo
,
che
il
primo
stava
al
governo
,
che
ne
sentiva
tutta
la
responsabilità
e
credeva
non
poter
reggere
lo
Stato
diversamente
di
così
,
se
si
voleva
raggiungere
il
pareggio
finanziario
;
mentre
il
secondo
,
supponendosi
dispensato
da
ogni
responsabilità
e
da
ogni
obbligo
di
concretare
le
proprie
idee
,
sosteneva
in
genere
che
si
sarebbe
potuto
governare
molto
meglio
.
L
'
opposizione
sarebbe
anche
salita
al
potere
molto
prima
del
1876
,
se
la
campagna
del
pareggio
non
fosse
stata
interrotta
dall
'
episodio
della
presa
di
Roma
.
Lo
scrivente
tralascerà
di
parlare
della
politica
seguìta
dal
governo
nel
1870
rispetto
a
Roma
,
perché
potrebbe
essere
accagionato
di
parzialità
,
avendola
,
a
suo
tempo
,
pubblicamente
disapprovata
.
Per
debito
di
giustizia
peraltro
,
lo
scrivente
non
tralascierà
di
ricordare
che
,
allorché
si
trattò
di
trasferire
la
capitale
da
Firenze
a
Roma
,
avendo
egli
osservato
,
in
una
seduta
della
Camera
vitalizia
,
non
sembrargli
che
la
breccia
di
Porta
Pia
fosse
precisamente
uno
dei
mezzi
morali
per
aver
Roma
,
di
quei
mezzi
morali
i
quali
,
secondo
Cavour
e
la
sua
scuola
,
erano
i
soli
raccomandabili
coll
'
aiuto
del
tempo
,
un
illustre
amico
e
contradditore
,
in
quella
occasione
,
gli
diede
una
risposta
che
ci
piace
trascrivere
.
Conveniva
sospendere
,
diss
'
egli
,
ogni
giudizio
meno
favorevole
,
imperocché
Roma
è
la
città
delle
cose
più
maravigliose
che
si
siano
prodotte
nel
seno
del
genere
umano
,
la
grandezza
latina
,
il
diritto
romano
,
e
più
tardi
lo
splendore
del
governo
della
Chiesa
cattolica
;
ed
ora
la
nazione
italiana
,
trasportando
la
sua
capitale
nella
città
dei
prodigi
,
è
impossibile
non
s
'
inspiri
alla
memoria
di
tanta
gloria
passata
,
e
non
sappia
trovare
in
sé
stessa
la
soluzione
dei
problemi
che
le
rimangono
tuttora
da
risolvere
.
Veramente
di
prodigi
non
ne
abbiamo
visti
.
Ma
bisogna
ammettere
che
una
vittoria
politica
importantissima
,
a
beneficio
della
nazione
,
fu
riportata
in
Roma
.
Se
a
Torino
furono
gettate
le
basi
dell
'
unità
nazionale
,
se
a
Firenze
si
stipulò
l
'
alleanza
italo
prussiana
,
la
quale
mutò
la
faccia
dell
'
Italia
e
dell
'
Europa
,
a
Roma
raggiungemmo
il
pareggio
.
Marco
Minghetti
in
principio
del
1876
fu
in
grado
di
annunciare
al
paese
che
finalmente
eravamo
entrati
nel
porto
dell
'
equilibrio
finanziario
.
Quell
'
annuncio
fu
l
'
estremo
anelito
della
Destra
.
Essa
era
riuscita
a
toccare
anche
questa
meta
,
ma
v
'
era
giunta
lacera
,
dissanguata
e
in
fin
di
vita
.
I
Centri
parlamentari
dissero
allora
a
sé
stessi
:
ora
che
si
ha
il
pareggio
,
perché
non
potrebbe
arrivare
al
potere
la
Sinistra
?
A
non
prendere
ombra
di
questa
eventualità
,
il
paese
s
'
era
già
abituato
da
parecchi
anni
,
a
poco
a
poco
.
La
Destra
moriva
dignitosamente
,
di
morte
naturale
,
nel
mese
di
marzo
1876
,
lasciando
il
posto
ai
suoi
avversarî
.
Fondare
lo
Stato
e
liquidare
le
spese
di
quella
fondazione
,
era
stata
la
sua
ragione
d
'
essere
.
Se
fosse
rimasta
al
potere
,
il
suo
còmpito
sarebbe
stato
di
perfezionare
,
correggere
e
rassodare
l
'
opera
fondata
.
Avrebbe
essa
avuto
forza
sufficiente
a
questo
,
così
scarsa
di
numero
,
divenuta
così
impopolare
,
e
appoggiata
sui
soli
elementi
da
cui
era
costituita
,
senza
allargare
le
proprie
basi
?
Ne
dubitiamo
assai
.
Se
i
suoi
avversarî
fossero
meglio
di
lei
in
grado
di
assumere
quel
còmpito
,
il
fatto
lo
avrebbe
dimostrato
.
Era
necessario
ormai
,
nell
'
interesse
delle
istituzioni
,
che
la
Sinistra
venisse
assunta
al
governo
e
fosse
presa
in
parola
.
L
'
educazione
politica
di
un
paese
non
si
fa
mai
abbastanza
bene
né
coi
ragionamenti
dei
pubblicisti
,
né
cogli
esempî
di
altri
paesi
,
ma
,
come
avviene
per
gli
individui
giovani
riguardo
al
vivere
sociale
,
solo
coll
'
esperienza
propria
.
[
Come
l
'
assunzione
della
sinistra
al
potere
sia
stata
una
conseguenza
logica
della
situazione
preparata
dalla
destra
,
e
quali
effetti
abbia
prodotto
rispetto
al
paese
.
]
Tutto
era
predisposto
pertanto
per
il
trionfo
della
Sinistra
parlamentare
,
e
nel
marzo
1876
questa
prese
in
mano
le
redini
dello
Stato
.
Giammai
crisi
ministeriale
ebbe
così
piena
giustificazione
come
questa
.
Il
deputato
Depretis
fa
chiamato
al
governo
;
e
la
maggioranza
del
paese
,
specialmente
nelle
provincie
del
mezzogiorno
,
salutò
l
'
avvenimento
con
grandissimo
tripudio
,
e
lo
avvalorò
eleggendo
,
nell
'
autunno
seguente
,
una
camera
composta
per
quattro
quinti
di
avversarî
della
antica
Destra
.
La
dimostrazione
non
poteva
essere
né
più
esplicita
né
più
solenne
.
Il
discorso
programma
pronunciato
dal
nuovo
presidente
dei
ministri
in
un
banchetto
tenutosi
a
Stradella
,
era
di
una
mirabile
elasticità
,
acconcio
a
lusingare
tutti
i
desiderî
di
coloro
,
che
vagheggiavano
un
indirizzo
diverso
da
quello
seguìto
fino
allora
,
senza
nulla
determinare
.
In
pari
tempo
i
precedenti
dell
'
onor
.
Depretis
,
lo
additavano
,
e
meritamente
,
come
un
uomo
che
aveva
già
fatto
esperienza
delle
cose
di
governo
,
e
che
perciò
si
sarebbe
tenuto
alieno
da
ogni
utopia
,
La
pretesa
dei
vincitori
alla
qualifica
di
liberali
e
di
progressisti
per
antonomasia
,
trovò
poco
eco
nel
paese
e
fu
accettata
come
un
modo
di
dire
,
tutt
'
al
più
;
imperocché
tra
le
accuse
,
sotto
il
peso
delle
quali
aveva
dovuto
la
Destra
cedere
il
posto
,
la
maggiore
non
era
punto
quella
di
essere
antiliberale
o
antiprogressista
.
Invece
la
qualifica
che
andò
al
cuore
delle
moltitudini
,
e
su
cui
esse
insistettero
nel
parlare
di
quell
'
avvenimento
,
si
riassumeva
nella
parola
riparazione
.
Sì
,
certamente
.
La
Sinistra
era
chiamata
a
riparare
alla
enormezza
e
alla
vessatorietà
delle
imposte
,
allo
sperpero
del
pubblico
danaro
in
ispese
improduttive
,
ai
debiti
insensati
contratti
dai
comuni
,
all
'
accentramento
della
pubblica
amministrazione
,
alla
mancanza
di
pubblica
sicurezza
,
alla
scarsezza
delle
opere
pubbliche
in
confronto
dei
paesi
più
progrediti
d
'
Europa
,
all
'
arenamento
dei
commerci
,
dell
'
industria
,
e
dell
'
agricoltura
,
alla
decadenza
del
prestigio
italiano
all
'
estero
,
allo
spreco
di
decorazioni
riservate
non
al
merito
,
ma
ai
fautori
del
governo
,
alla
crescente
immoralità
che
si
rivelava
nei
casi
verificatisi
di
malversatori
del
pubblico
danaro
,
di
cassieri
che
scappavano
,
di
uomini
che
si
facevano
scala
della
deputazione
per
accaparrare
lucrosi
posti
ovvero
più
numerose
clientele
di
affari
,
allo
spirito
esclusivo
dello
stato
maggiore
della
Destra
,
designato
col
nome
di
consorteria
.
Siccome
alla
generalità
s
i
era
fatto
credere
che
di
tutti
questi
malanni
si
doveva
attribuire
la
colpa
,
non
già
in
parte
alla
necessità
di
dover
pagaie
le
spese
di
una
profonda
rivoluzione
come
fu
quella
d
'
Italia
,
in
parte
alle
illusioni
dei
primi
anni
intorno
alla
ricchezza
del
paese
,
in
parte
alla
inesperienza
,
in
parte
alle
tristi
eredità
dell
'
epoca
ancora
recentissima
della
decadenza
italiana
,
in
parte
alla
naturale
perversità
della
natura
umana
lasciata
senza
freni
morali
sufficienti
,
in
parte
alla
conseguenza
del
parlamentarismo
,
applicato
come
era
,
del
quale
multiforme
e
gravissimo
inconveniente
però
nessuno
aveva
mai
creduto
bene
di
far
motto
;
ma
che
tutto
invece
era
da
addebitarsi
alla
volontà
e
alla
perversità
degli
uomini
che
fino
allora
erano
seduti
al
governo
,
e
di
quelli
che
li
avevano
sostenuti
,
così
era
stata
creata
artificialmente
la
generale
convinzione
che
,
mutati
quegli
uomini
e
sostituiti
al
governo
i
loro
accusatori
,
la
riparazione
si
sarebbe
effettuata
da
sé
.
Fra
pochi
mesi
l
'
Italia
avrebbe
navigato
in
piena
riforma
della
amministrazione
,
dei
tributi
,
dell
'
elettorato
;
dal
che
la
felicità
generale
.
Ogni
nostro
lettore
imparziale
è
in
grado
di
giudicare
da
solo
se
ai
mali
sopra
enumerati
e
specificati
,
si
sia
posto
rimedio
!
Il
nostro
non
è
uno
scritto
di
polemica
.
A
questa
illusione
non
poteva
partecipare
certamente
,
né
l
'
onorevole
Depretis
,
né
gli
altri
capi
della
Sinistra
,
troppo
esperti
delle
misere
realtà
di
questo
basso
mondo
.
Era
facile
accorgersi
che
l
'
inaudito
successo
elettorale
del
1876
non
era
ispirato
da
un
sentimento
di
deferenza
personale
per
loro
,
bensì
dal
malcontento
generale
prodotto
da
cause
diversissime
.
Bastava
una
rassegna
attenta
dei
nomi
dei
nuovi
deputati
per
trovare
,
nelle
file
ministeriali
,
accanto
a
repubblicani
,
uomini
di
tendenze
,
specialmente
nei
nuovi
eletti
del
mezzogiorno
,
assai
più
conservatrici
che
non
i
capi
dell
'
antica
Destra
.
Era
evidente
che
i
nuovi
governanti
avevano
accettato
una
cambiale
terribile
,
per
una
somma
enorme
,
affatto
sproporzionata
alle
loro
forze
;
e
che
di
questa
cambiale
doveva
pur
venire
il
giorno
della
scadenza
.
Per
impedire
che
la
cambiale
cadesse
in
protesto
,
non
c
'
era
che
un
mezzo
:
trovare
un
diversivo
alla
pubblica
aspettazione
sterminata
,
appagandola
in
parte
.
A
noi
sembra
singolare
,
che
l
'
onor
.
Depretis
,
invece
che
ricorrere
ai
piccoli
espedienti
,
soddisfare
ai
rancori
o
alle
pretese
dei
suoi
partigiani
più
esigenti
,
frugare
di
qua
e
di
là
per
scoprire
e
se
fosse
possibile
escogitare
,
alla
spicciolata
,
nuove
leggi
che
lo
mostrassero
più
liberale
de
'
suoi
predecessori
,
non
abbia
approfittato
dell
'
occasione
unica
che
si
è
presentata
a
un
uomo
di
Stato
italiano
,
da
Cavour
in
poi
,
dell
'
occasione
di
poter
disporre
di
una
maggioranza
così
colossale
,
per
ottenere
dal
Parlamento
,
o
meglio
ancora
per
introdurre
,
salva
l
'
approvazione
del
Parlamento
,
alcuni
provvedimenti
intesi
a
semplificare
e
a
rendere
meglio
rispondente
ai
bisogni
locali
dei
cittadini
,
la
pubblica
amministrazione
,
in
quanto
dipende
dai
ministeri
dell
'
interno
,
della
giustizia
,
delle
finanze
,
della
istruzione
pubblica
,
dei
lavori
pubblici
e
dell
'
agricoltura
e
commercio
.
Che
tali
provvedimenti
possano
tornar
utili
,
nessuno
ne
ha
mai
dubitato
;
ma
non
c
'
è
mai
stato
ministero
che
si
trovasse
in
grado
di
farli
sanzionare
dal
Parlamento
;
perché
,
disponendo
sempre
di
una
debole
maggioranza
,
e
dovendo
naturalmente
quei
provvedimenti
ferire
gl
'
interessi
di
un
certo
numero
di
collegi
elettorali
,
i
rappresentanti
di
questi
,
coalizzandosi
coll
'
opposizione
politica
sempre
pronta
alle
offese
,
avrebbero
rovesciato
il
ministero
che
avesse
osato
farsene
iniziatore
.
L
'
onor
.
Depretis
fu
il
primo
che
si
trovò
nella
fortunata
posizione
di
poter
dar
mano
con
successo
a
questa
operazione
importante
.
Essa
gli
avrebbe
probabilmente
fatto
perdere
,
lungo
la
strada
,
non
pochi
seguaci
;
ma
una
maggioranza
l
'
avrebbe
sempre
conservata
,
cosicché
sarebbe
riuscito
a
poter
dire
con
orgoglio
al
paese
:
"
Ecco
un
atto
riparatore
,
che
nessuno
dei
miei
predecessori
sarebbe
stato
in
grado
neppur
di
proporre
,
e
ch
'
io
ho
saputo
compiere
.
C
'
è
ancora
un
lungo
tratto
da
percorrere
.
Ma
intanto
nessuno
potrebbe
negare
che
un
passo
è
fatto
.
Lasciatemi
tempo
e
faremo
anche
il
resto
.
"
Egli
invece
,
per
timore
di
perdere
qualcuno
de
'
suoi
seguaci
,
finì
,
in
pochi
mesi
,
col
perderli
quasi
tutti
,
e
coll
'
abbandonare
il
potere
senza
aver
potuto
far
nulla
di
diverso
dai
suoi
predecessori
,
sciupando
così
un
'
opportunità
che
forse
non
si
ripresenterà
più
a
nessuno
.
Gli
succedette
l
'
onor
.
Cairoli
,
patriota
insuperabile
,
e
popolarissimo
in
tutta
l
'
Italia
.
Ma
neppure
a
lui
riuscì
di
riparare
alcuna
cosa
sul
serio
,
per
quanto
lo
abbia
desiderato
ardentemente
e
per
quanto
il
favore
della
popolarità
,
malgrado
l
'
insuccesso
,
non
gli
sia
mai
venuto
meno
.
Personalmente
anzi
egli
crebbe
nel
pubblico
favore
,
dopo
quanto
fece
per
la
salvezza
del
Re
.
Ma
appunto
la
popolarità
inesauribile
dell
'
onor
.
Cairoli
avrebbe
fornito
anche
a
lui
un
'
ottima
occasione
di
soddisfare
il
paese
,
molto
sitibondo
di
saggio
,
vigoroso
e
liberale
governo
,
e
per
nulla
affatto
sitibondo
di
rigorosa
coerenza
nei
governanti
,
purché
facciano
bene
.
Egli
solo
,
dopo
aver
verificato
coll
'
esperienza
propria
,
che
un
nuovo
indirizzo
di
governo
è
cosa
più
facile
a
dirsi
che
a
farsi
,
avrebbe
potuto
elevarsi
al
disopra
dei
partiti
e
delle
clientele
militanti
,
formare
un
ministero
composto
degli
uomini
più
capaci
che
il
paese
è
in
grado
di
fornire
pei
diversi
rami
della
cosa
pubblica
,
affinché
lo
coadiuvassero
nel
determinare
l
'
indirizzo
di
governo
più
conforme
all
'
interesse
presente
della
patria
;
poscia
appellarsi
alle
urne
elettorali
con
questo
semplice
programma
:
di
voler
,
cioè
,
governare
saggiamente
,
vigorosamente
e
liberalmente
,
col
concorso
degli
uomini
,
che
a
lui
sembrassero
più
addatti
all
'
uopo
.
Ma
i
legami
di
partito
,
probabilmente
,
lo
avranno
impedito
,
di
riconoscere
tutta
la
forza
vera
che
stava
in
lui
solo
;
ed
egli
pertanto
non
entrò
in
questa
via
.
Preferì
cadere
sulla
teoria
del
reprimere
anziché
prevenire
,
pochi
giorni
dopo
aver
egli
stesso
prevenuto
,
e
non
essersi
accontentato
di
reprimere
,
il
colpo
che
la
mano
assassina
vibrava
contro
il
Re
.
È
vero
che
ritornò
al
potere
alcuni
mesi
dopo
,
ma
diminuito
di
prestigio
,
non
come
patriota
certamente
,
bensì
come
uomo
di
governo
.
L
'
unica
riforma
seria
inaugurata
dalla
Sinistra
al
potere
fu
l
'
abolizione
della
tassa
del
macinato
.
Or
bene
,
questo
provvedimento
meriterebbe
invero
il
nome
di
riforma
liberale
,
se
l
'
anzidetto
cespite
di
pubblica
entrata
fosse
stato
introdotto
dai
ministeri
precedenti
senza
aver
prima
aggravato
la
mano
sulle
classi
più
agiate
fino
all
'
estremo
limite
del
possibile
.
Invece
è
stato
proposto
come
una
triste
necessità
,
destinata
a
sopperire
al
disavanzo
,
dopo
esauriti
tutti
gli
altri
mezzi
.
Si
tratta
dunque
di
verificare
se
il
disavanzo
ci
sarebbe
o
non
ci
sarebbe
coll
'
abolizione
di
questa
tassa
.
È
questione
di
contabilità
.
Quando
mai
è
avvenuto
che
ad
una
questione
di
pura
contabilità
si
sia
attribuito
un
carattere
di
riforma
finanziaria
?
Malgrado
le
anzidette
osservazioni
,
lo
scrivente
è
d
'
avviso
che
l
'
assunzione
della
Sinistra
al
potere
è
stata
utilissima
al
paese
per
tre
ragioni
.
Primieramente
,
ne
nacque
che
i
suoi
capi
ebbero
occasione
di
fare
atto
di
lealtà
monarchica
al
momento
del
lutto
per
la
morte
di
Vittorio
Emanuele
e
della
trasmissione
della
corona
all
'
augusto
suo
figlio
,
e
di
controfirmare
i
primi
atti
del
nuovo
Regno
;
il
che
è
importante
,
non
già
perché
si
potesse
metter
in
dubbio
la
lealtà
di
quei
capi
,
ma
perché
ciò
ha
dimostrato
ai
nemici
d
'
Italia
,
non
esser
vero
quello
che
andavano
dicendo
,
appoggiarsi
,
cioè
,
la
monarchia
italiana
esclusivamente
sulla
base
poco
estesa
del
partito
moderato
.
In
secondo
luogo
,
è
un
bene
che
un
ministero
di
Sinistra
abbia
appostola
sua
firma
al
trattato
di
Berlino
.
Non
si
poteva
ottenere
che
i
risultati
fossero
diversi
,
e
lo
scrivente
lo
ha
dimostrato
a
suo
tempo
(
V
.
il
libro
Un
po
'
di
commenti
sul
trattato
di
Berlino
)
.
Ma
guai
se
un
ministero
di
destra
avesse
sanzionato
quell
'
atto
!
Non
si
sarebbe
mai
più
rifinito
,
nel
campo
de
'
suoi
avversarî
,
di
muovergli
le
più
acerbe
accuse
,
e
di
aggiungere
,
a
tutti
gli
altri
,
questo
nuovo
fomite
di
malcontento
.
Finalmente
,
l
'
esperimento
triennale
del
governo
di
Sinistra
dovrebbe
avere
ormai
contribuito
a
mostrare
al
paese
come
"
fra
il
detto
e
il
fatto
corre
un
gran
tratto
"
;
sopratutto
poi
a
distruggere
un
grosso
equivoco
,
ed
a
convincerlo
di
una
verità
,
la
quale
i
posteri
si
meraviglieranno
sia
rimasta
sì
a
lungo
nascosta
.
Questa
verità
è
che
la
Destra
parlamentare
italiana
,
presa
collettivamente
,
non
solo
non
è
mai
stata
un
partito
conservatore
,
bensì
è
stata
il
partito
più
avanzato
,
e
spesso
anche
il
più
radicale
,
che
sia
compatibile
col
sistema
monarchico
,
sebbene
abbia
compiti
anche
taluni
atti
intrinsecamente
conservatori
.
In
qualunque
altra
monarchia
d
'
Europa
essa
avrebbe
figurato
come
un
'
estrema
Sinistra
,
e
presso
a
poco
altrettanto
in
qualunque
repubblica
ordinata
.
Coloro
che
seguono
le
discussioni
delle
rappresentanze
politiche
di
altri
Stati
europei
,
repubbliche
o
monarchie
costituzionali
,
sono
costretti
a
meravigliarsi
vedendo
ivi
i
riformatori
più
spinti
mettere
avanti
proposte
di
leggi
,
fieramente
combattute
dagli
altri
partiti
come
proposte
eccessivamente
radicali
,
le
quali
esistono
,
applicate
già
da
anni
,
fra
noi
,
e
per
opera
dei
ministeri
di
Destra
.
Perciò
non
deve
far
meraviglia
se
parecchi
chiari
pubblicisti
d
'
Europa
,
giudicando
le
cose
nostre
con
criterî
molto
elevati
ed
affatto
ed
imparziali
,
si
sono
posti
il
quesito
,
più
d
'
una
volta
,
se
il
governo
italiano
(
stava
allora
la
Destra
al
potere
)
non
avesse
per
avventura
preceduto
di
troppo
il
moto
naturale
,
di
cui
è
suscettibile
il
proprio
paese
.
Uno
dei
più
illustri
contemporanei
,
appartenente
alla
scuola
liberale
,
in
uno
degli
Stati
,
in
cui
la
coltura
è
più
progredita
,
chiedeva
allo
scrivente
,
nel
1875
,
se
il
malcontento
contro
il
governo
in
Italia
,
di
cui
giungeva
l
'
eco
oltremonte
,
non
nascondesse
per
avventura
,
sotto
il
velo
di
vaghe
aspirazioni
,
a
cui
si
attribuiva
gratuitamente
il
carattere
di
un
desiderio
di
maggior
progresso
,
una
resistenza
invece
della
maggioranza
degli
Italiani
a
seguire
il
governo
nella
sua
troppo
rapida
corsa
alla
ricerca
di
ideali
troppo
elevati
,
o
,
per
meglio
dire
,
di
ideali
che
costano
,
per
poter
essere
raggiunti
,
troppo
disturbo
,
e
troppo
lavoro
collettivo
,
e
troppa
spesa
alla
massa
del
paese
,
mentre
soddisfanno
,
raggiunti
che
siano
,
la
sola
classe
dei
politicanti
,
rimanendo
al
volgo
dei
contribuenti
di
pagarne
i
conti
.
E
per
verità
la
Destra
,
prima
di
abbandonare
il
timone
dello
Stato
,
ha
mietuto
sulla
via
tutte
le
idee
avanzate
che
sono
compatibili
con
un
reggimento
ordinato
,
e
nulla
lasciò
da
spigolare
,
in
fatto
di
tali
idee
,
ai
suoi
successori
di
Sinistra
.
Gli
uomini
di
Sinistra
,
i
quali
da
anni
avevano
accusato
la
Destra
di
professare
idee
troppo
conservatrici
,
ed
erano
riusciti
a
far
credere
ad
una
parte
del
ceto
elettorale
,
che
la
cagione
del
malessere
del
paese
dipendeva
da
quelle
tendenze
di
governo
,
arrivati
al
potere
,
portativi
da
una
marea
irresistibile
di
malcontento
,
rovistarono
da
ogni
parte
per
trovar
qualcosa
da
fare
in
un
senso
più
radicale
,
ma
non
lo
trovarono
,
per
il
semplice
motivo
che
più
di
quello
che
era
già
stato
fatto
,
non
si
poteva
fare
,
in
quel
senso
.
Come
la
Sinistra
giunse
al
governo
e
vi
rimase
per
breve
tempo
nel
1862
,
avendo
essa
accusato
la
Destra
,
sotto
agli
auspici
della
quale
erano
pure
state
fatte
le
annessioni
,
di
procedere
troppo
a
rilento
,
e
vedendo
che
non
c
'
era
altro
modo
di
far
onore
alle
proprie
accuse
,
si
provò
a
rallentare
un
momento
le
redini
della
rivoluzione
,
usufruita
fino
allora
,
ma
sempre
frenata
,
dalla
mano
del
governo
,
e
il
risultato
fu
Aspromonte
;
e
un
grido
di
spavento
rimise
tosto
le
redini
in
mano
alla
Destra
.
Anche
nel
1867
la
Sinistra
ebbe
un
episodio
di
governo
;
ricalcò
le
orme
del
1862;
e
si
ebbe
Mentana
;
e
una
seconda
volta
il
terrore
del
paese
richiamò
la
Destra
.
Pervenuta
per
la
terza
volta
alla
direzione
dello
Stato
,
per
far
qualche
cosa
di
più
liberale
della
Destra
,
tollerò
per
qualche
tempo
l
'
agitazione
per
l
'
Italia
irredenta
;
ma
l
'
atteggiamento
di
tutti
i
governi
vicini
,
anche
i
più
amici
,
la
fece
accorta
che
aveva
toccato
un
tasto
,
con
cui
non
è
lecito
scherzare
,
tanto
più
quando
si
è
divenuti
una
delle
grandi
potenze
.
Poi
venne
fuori
colla
teoria
del
reprimere
e
non
prevenire
;
ma
uno
sgomento
,
che
s
'
impossessò
di
tutta
Italia
,
e
che
trovò
eco
in
quasi
tutti
i
banchi
della
Camera
dei
deputati
,
ricordando
gli
sgomenti
per
Aspromonte
e
per
Mentana
,
provocò
la
caduta
del
ministero
Cairoli
.
Se
la
Sinistra
avesse
frugato
invece
nell
'
arsenale
delle
idee
conservatrici
di
governo
e
non
di
partito
,
quante
cose
avrebbe
trovato
da
fare
,
liberali
,
utili
e
pratiche
,
che
la
Destra
trascurò
sempre
,
o
per
iscrupoli
dottrinarî
,
o
perché
,
distratta
da
altre
preoccupazioni
,
non
ci
aveva
pensato
.
Ma
chi
avesse
appena
coltivato
l
'
idea
di
ricorrere
a
quell
'
arsenale
,
come
avrebbe
potuto
salvarsi
dalle
ire
di
certi
amici
?
La
Destra
,
come
si
è
già
detto
,
aveva
mietuto
tutto
il
campo
delle
idee
liberali
e
radicali
attuabili
,
durante
i
quindici
anni
del
suo
governo
,
distrutto
tutte
le
leggi
preesistenti
,
sconvolte
inveterate
abitudini
,
spostati
e
feriti
molti
interessi
,
sempre
colla
meta
davanti
agli
occhi
di
creare
d
'
un
colpo
l
'
Italia
una
,
libera
,
ricca
e
potente
;
e
tutto
ciò
senza
badare
agli
attriti
e
alla
spesa
.
Aveva
introdotto
una
legislazione
affatto
democratica
,
come
di
più
non
sarebbe
stato
possibile
,
tranne
in
ciò
che
si
riferisce
al
diritto
elettorale
;
e
questa
eccezione
non
fu
già
motivata
dai
suoi
intenti
conservatori
,
bensì
dalla
convinzione
,
in
cui
era
,
che
la
legge
elettorale
vigente
,
attribuiva
la
prevalenza
alle
classi
autrici
del
rivolgimento
italiano
,
e
che
,
allargandola
,
si
correva
pericolo
di
aprir
l
'
adito
alla
influenza
del
clero
.
Nei
rapporti
colla
Chiesa
,
la
Destra
aveva
incamerati
i
beni
ecclesiastici
,
adottate
misure
di
rigore
contro
sacerdoti
renitenti
,
sottoposti
i
chierici
alla
leva
militare
,
stabilito
il
matrimonio
civile
,
protetto
il
razionalismo
in
ogni
maniera
,
rispettata
non
solo
la
libertà
di
stampa
,
ma
sottratta
questa
al
diritto
comune
per
mezzo
della
finzione
del
gerente
responsabile
,
lasciando
esistere
una
così
immunità
a
beneficio
dei
giornalisti
.
Essa
fu
così
poco
esclusiva
nei
piccoli
favori
ai
suoi
aderenti
,
da
esser
passato
in
proverbio
che
,
per
ottenere
qualche
cosa
dal
ministero
,
bisognava
rivolgersi
al
patrocinio
di
qualche
deputato
dell
'
opposizione
.
Convinta
sinceramente
che
nei
primordi
del
regno
,
essa
sola
era
in
grado
di
governare
,
le
premeva
di
non
lasciar
in
mano
alla
Sinistra
nessuna
idea
di
realizzazione
possibile
,
in
modo
da
spingere
questa
al
bivio
di
diventare
o
faziosa
o
assurda
.
Appena
la
Sinistra
sollevava
una
questione
che
avrebbe
potuto
procacciarle
favore
nelle
moltitudini
,
la
Destra
se
ne
impadroniva
subito
,
sapendo
di
essere
in
grado
di
soddisfare
le
moltitudini
senza
mettere
in
pericolo
lo
Stato
;
il
che
,
a
suo
giudizio
,
non
si
sarebbe
potuto
fare
dalla
Sinistra
.
Così
,
per
esempio
,
la
Sinistra
si
era
fatta
organo
delle
ripugnanze
di
una
gran
parte
d
'
Italia
ad
accettare
l
'
egemonia
piemontese
,
egemonia
indispensabile
durante
la
gestazione
dello
Stato
unitario
;
e
la
Destra
prese
la
palla
al
balzo
,
e
promosse
il
trasferimento
della
capitale
da
Torino
a
Firenze
,
con
rischio
di
strappare
intempestivamente
la
dinastia
dalla
sua
base
secolare
,
e
colla
probabilità
di
provocare
lo
sdegno
di
una
fiera
popolazione
;
sdegno
che
non
mancò
di
prorompere
,
e
le
di
cui
traccie
non
sono
ancora
del
tutto
cancellate
.
La
Sinistra
portava
scritto
sulla
sua
bandiera
:
"
Roma
capitale
,
senza
le
riserve
cavouriane
.
"
Ebbene
,
la
Destra
aveva
sottoscritta
la
convenzione
del
15
settembre
1864
,
e
adduceva
ottimi
argomenti
per
sostenere
che
quello
era
un
atto
utile
in
sé
stesso
,
come
un
espediente
diplomatico
che
,
impedendo
ogni
attrito
immediato
fra
l
'
Italia
e
il
papato
,
lasciava
che
il
tempo
e
le
forze
della
civiltà
preparassero
il
terreno
ad
una
soluzione
completa
di
sì
grande
problema
,
senza
pregiudizio
dell
'
unità
e
integrità
della
patria
italiana
.
È
naturale
quindi
che
non
abbia
dubitato
di
riconfermar
quella
convenzione
nel
1870
,
sul
principio
della
guerra
franco
prussiana
,
coll
'
intenzione
di
mantenerla
fedelmente
.
Perché
mai
dunque
si
lasciò
indurre
a
violare
un
trattato
stipulato
liberamente
,
e
di
propria
iniziativa
,
sei
anni
prima
,
e
ad
aprir
la
breccia
di
Porta
Pia
?
Lo
fece
solo
per
non
lasciare
un
'
arma
nelle
mani
della
Sinistra
(
spalleggiata
,
in
tale
questione
,
dagli
uomini
più
notevoli
della
Destra
piemontese
)
e
impedirle
di
salire
in
quell
'
occasione
al
potere
dove
,
secondo
il
suo
più
profondo
convincimento
,
avrebbe
compromesso
ogni
cosa
,
senza
volerlo
.
Quattro
fattori
si
erano
dati
la
posta
,
ad
un
tempo
,
per
compromettere
il
programma
dei
mezzi
morali
,
l
'
occasione
propizia
cioè
,
l
'
idea
fissa
delle
classi
dirigenti
piemontesi
,
l
'
interesse
dei
meridionali
d
'
avere
la
capitale
più
vicina
,
le
reminiscenze
classiche
.
Appariva
dunque
assai
probabile
che
quel
programma
sarebbe
caduto
in
ogni
caso
,
ma
col
grave
pericolo
che
mani
inesperte
creassero
una
situazione
arruffatissima
,
il
che
invece
si
riuscì
a
schivare
.
La
Sinistra
accusava
la
Destra
di
non
voler
esercitare
alcuna
importante
influenza
nei
grandi
affari
del
mondo
.
La
Destra
,
sebbene
sapesse
che
,
dopo
il
1866
,
la
posizione
esterna
era
eccezionalmente
sicura
,
e
che
non
si
correva
alcun
pericolo
;
sebbene
preoccupata
delle
condizioni
finanziarie
,
pure
,
per
mostrare
fallace
l
'
accusa
,
si
lanciava
in
costosissimi
armamenti
marittimi
,
d
'
indole
affatto
nuova
,
senza
il
conforto
di
alcuna
esperienza
già
fatta
dalle
nazioni
più
ricche
.
La
potenza
della
banca
nazionale
destava
i
mali
umori
della
Sinistra
.
La
Destra
le
dava
soddisfazione
per
mezzo
del
consorzio
delle
banche
.
Ma
sarebbe
troppo
lungo
enumerare
tutto
ciò
che
fece
la
Destra
nel
senso
sovraesposto
.
Basti
dire
che
essa
consegnò
,
colla
massima
lealtà
,
alla
Sinistra
la
macchina
dello
Stato
così
congegnata
e
accentrata
,
da
permettere
ai
vincitori
di
compiere
legalmente
contro
di
lei
molti
atti
partigiani
,
i
quali
,
se
quella
macchina
fosse
stata
corretta
a
tempo
,
sarebbero
stati
impossibili
.
La
Destra
però
era
capitanata
da
uomini
eminentemente
serî
,
logici
,
e
consci
della
responsabilità
che
pesava
su
loro
.
Essi
non
potevan
supporre
che
chi
voleva
il
fine
escludesse
i
mezzi
per
raggiungerlo
.
Vedendo
che
la
sola
opposizione
,
la
quale
venisse
mossa
contro
l
'
indirizzo
da
essi
dato
alla
cosa
pubblica
,
si
riassumeva
nella
accusa
che
non
facessero
abbastanza
,
sebbene
evidentemente
tale
indirizzo
dovesse
riuscire
costosissimo
,
dovevano
ritenere
che
quella
parte
del
paese
,
la
quale
inclinava
verso
l
'
opposizione
,
implicitamente
accettasse
anche
la
spesa
relativa
,
e
quindi
il
corrispondente
aumento
d
'
imposte
.
Se
non
che
siffatto
rapporto
necessario
fra
il
fine
e
i
mezzi
,
non
era
capito
da
molta
parte
dei
contribuenti
,
ai
quali
anzi
si
faceva
o
si
lasciava
credere
che
,
se
l
'
opposizione
fosse
stata
chiamata
a
governare
,
si
sarebbe
potuto
spendere
assai
più
proficuamente
,
diminuendo
gli
aggravî
.
Per
conseguenza
l
'
impopolarità
della
Destra
era
giunta
all
'
apogeo
nel
1876;
e
,
siccome
sarebbe
irragionevole
pretendere
che
una
nazione
nuova
venga
spontaneamente
essa
medesima
ad
imporre
ai
suoi
governanti
di
soprassedere
alle
spese
così
dette
produttive
,
di
seguire
una
politica
modesta
,
di
completo
raccoglimento
,
quindi
in
contraddizione
coll
'
amor
proprio
nazionale
che
tutti
i
suoi
capo
partiti
avevano
gareggiato
a
stuzzicare
,
così
diventava
naturalissimo
che
l
'
opposizione
,
o
un
po
'
prima
,
o
un
po
'
dopo
,
dovesse
avere
il
sopravvento
.
L
'
esperimento
doveva
farsi
,
lo
ripetiamo
,
e
fu
fatto
;
e
non
è
riuscito
,
perché
non
poteva
riuscire
.
Nessuna
delle
aspettative
sotto
gli
auspicî
delle
quali
la
Sinistra
poté
salire
al
potere
,
fu
appagata
.
Come
si
è
veduto
,
la
Sinistra
,
giunta
al
potere
,
è
stata
perseguitata
inesorabilmente
da
un
duplice
peccato
originale
.
Avendo
sempre
censurato
,
allorché
era
opposizione
,
tutto
ciò
che
fu
fatto
dai
suoi
avversarî
,
senza
eccettuare
neppure
quegli
atti
che
la
Destra
aveva
eseguiti
solo
perché
sedeva
al
governo
e
che
chiunque
avrebbe
compiuti
a
quel
posto
,
e
in
pari
tempo
avendo
stuzzicato
e
accarezzato
ogni
specie
di
aspettative
,
anche
le
più
irrealizzabili
,
si
è
tagliata
da
sé
la
via
ad
attuare
molte
cose
che
altrimenti
avrebbe
potuto
assumere
nell
'
interesse
del
paese
.
Serva
questo
almeno
per
l
'
avvenire
!
Anche
le
opposizioni
devono
ricordarsi
di
avere
una
responsabilità
.
La
Sinistra
ha
finito
per
cacciarsi
,
probabilmente
,
in
un
bivio
pieno
di
pericoli
:
o
distruggere
il
pareggio
per
salvare
il
decoro
del
partito
,
ovvero
imporre
nuovi
balzelli
.
Ma
in
entrambi
i
casi
,
che
cosa
direbbe
il
paese
,
o
ricaduto
nel
disavanzo
,
o
ridotto
a
dover
pagare
più
di
prima
?
Malgrado
tutto
ciò
,
giustizia
vuole
che
si
riconoscano
anche
i
meriti
della
Sinistra
.
Nell
'
impotenza
,
in
cui
erano
i
ministeri
dal
suo
seno
usciti
,
di
introdurre
le
riforme
preconizzate
,
essa
commise
bensì
alla
spicciolata
molti
atti
di
partigianeria
,
con
danno
della
amministrazione
,
per
ingraziarsi
i
proprî
addetti
,
ma
si
arrestò
sempre
(
finora
almeno
)
davanti
a
gravi
risoluzioni
che
avrebbero
potuto
compromettere
durevolmente
il
paese
,
anche
a
costo
di
essere
accusata
di
inconseguenza
.
Di
ciò
bisogna
tenerle
conto
.
L
'
uso
del
potere
svegliò
anche
in
lei
il
sentimento
della
responsabilità
.
Se
poi
si
volesse
fare
una
distinzione
fra
il
partito
,
preso
collettivamente
,
e
gli
uomini
che
lo
compongono
,
come
abbiamo
fatto
nel
discorrere
della
Destra
,
esso
ha
anche
mostrato
di
possedere
parecchie
individualità
utili
al
paese
,
le
quali
forse
sarebbero
rimaste
sempre
nell
'
ombra
,
ovvero
in
una
falsa
luce
,
quando
quel
partito
non
avesse
fatto
le
sue
prove
.
Perciò
si
può
dire
che
se
la
Sinistra
,
formata
com
'
era
,
si
è
esaurita
,
è
pur
d
'
uopo
ammettere
che
vi
sono
degli
uomini
,
anche
nella
medesima
,
i
quali
sopravviveranno
al
partito
.
Egli
è
vero
che
si
sente
parlare
della
ricostituzione
della
Sinistra
.
Ma
un
semplice
accordo
dei
capi
,
poco
conterebbe
.
Ciò
che
importa
sapere
è
secondo
quale
programma
,
rispondente
a
qualcuna
delle
aspirazioni
reali
e
non
immaginarie
del
paese
,
o
,
in
altre
parole
,
su
quale
base
duratura
si
fonderebbe
siffatta
ricostituzione
.
Se
la
base
duratura
si
troverà
,
allora
non
sarà
più
la
Sinistra
di
prima
,
ma
una
nuova
Sinistra
.
Se
non
si
troverà
,
svanirà
come
fumo
ogni
ricostituzione
.
La
Destra
,
divenuta
opposizione
,
si
condusse
nobilmente
,
e
quindi
anche
abilmente
.
Il
suo
programma
di
opposizione
fu
semplicissimo
:
impedire
,
cioè
,
che
i
risultati
utili
al
paese
e
da
essa
conseguiti
,
vengano
compromessi
.
Un
programma
negativo
,
come
si
vede
;
un
programma
però
importantissimo
,
imperocché
il
pareggio
finanziario
è
la
condizione
elementare
della
esistenza
normale
di
uno
Stato
,
e
,
se
fosse
compromesso
,
la
prima
cosa
,
anzi
l
'
unica
cosa
,
a
cui
pensare
,
dovrebbe
essere
certamente
quella
di
ristaurarlo
.
Ma
,
conservato
il
pareggio
o
ristauratolo
,
qualora
ce
ne
fosse
bisogno
,
il
che
si
riferisce
al
passato
,
che
cosa
farebbe
la
Destra
rispetto
all
'
avvenire
?
Può
essa
ragionevolmente
sperare
di
riuscire
a
trovare
adesioni
numerose
,
sicure
,
e
durevoli
nel
paese
,
rimanendo
nella
cerchia
identica
delle
idee
di
prima
?
Sempre
fedele
al
proposito
di
mostrare
che
nessuno
potrebbe
essere
né
più
liberale
,
né
più
progressista
,
la
Destra
intanto
si
scelse
a
capo
l
'
onorevole
Sella
,
la
personificazione
più
completa
e
più
degna
di
questa
duplice
tendenza
.
Gli
altri
uomini
eminenti
e
riputati
del
partito
,
con
molta
abnegazione
,
e
per
spirito
di
disciplina
,
si
trassero
in
disparte
.
Non
deve
quindi
recar
meraviglia
se
,
in
seno
al
paese
,
tutti
coloro
che
giudicano
la
politica
secondo
l
'
ordine
delle
idee
,
e
non
secondo
le
attinenze
delle
persone
,
vanno
facendo
a
sé
stessi
queste
due
domande
:
Quale
differenza
c
'
è
fra
gli
uomini
di
quella
parte
della
Destra
che
sta
sempre
in
prima
fila
,
ogni
qualvolta
si
tratti
di
idee
liberali
e
di
progresso
,
e
quegli
uomini
della
Sinistra
i
quali
,
negli
ultimi
tre
anni
,
hanno
dato
miglior
saggio
di
sé
?
Quale
è
la
distanza
che
separa
gli
uomini
più
conservatori
della
stessa
Destra
,
da
quei
nuovi
conservatori
di
cui
parlammo
nella
Parte
Prima
,
dato
che
questi
riconoscano
,
senza
reticenze
,
i
fatti
compiuti
dalla
nazione
?
E
non
deve
neppure
recar
maraviglia
se
l
'
estrema
Sinistra
,
con
una
logica
stringente
,
va
dimostrando
che
gli
ultimi
ministeri
che
si
sono
succeduti
,
si
sono
immersi
in
un
pelago
di
contraddizioni
per
non
avere
voluto
mutare
ogni
cosa
ab
imis
fundamentis
.
Accettando
e
conservando
l
'
edificio
dello
Stato
tal
quale
l
'
avevano
ricevuto
dai
loro
predecessori
,
e
facendolo
servire
agli
usi
di
prima
,
è
naturale
che
la
nazione
dovesse
finire
per
trovarvisi
alloggiata
male
come
prima
.
Se
si
vuole
riformare
sul
serio
,
dice
essa
,
è
d
'
uopo
modificare
più
di
un
articolo
dello
Statuto
.
Pertanto
,
se
abbiamo
descritto
esattamente
la
situazione
dei
partiti
politici
,
dopo
tre
anni
di
governo
della
Sinistra
,
non
può
essere
sfuggito
ai
nostri
lettori
che
ci
troviamo
in
presenza
di
un
lavoro
di
decomposizione
dei
partiti
vecchi
,
e
di
un
altro
di
ricomposizione
dei
loro
elementi
in
nuove
combinazioni
.
[
Di
un
riordinamento
dei
partiti
politici
per
legge
naturale
di
evoluzione
.
]
Arrivati
a
questo
punto
,
la
parte
principale
del
nostro
còmpito
potrebbe
ritenersi
come
esaurita
,
entro
i
limiti
concessi
alle
scarse
nostre
forze
.
Infatti
non
abbiamo
voluto
fare
altro
che
contribuire
,
con
un
esame
critico
e
spassionato
della
situazione
,
a
sgombrare
l
'
orizzonte
politico
da
una
infinità
di
pregiudizî
e
di
equivoci
i
quali
,
se
si
perpetuassero
,
impedirebbero
alla
generalità
di
raccapezzarsi
in
mezzo
all
'
attuale
confusione
.
Il
pensiero
di
indurre
qualcuno
ad
assumere
l
'
iniziativa
di
costituire
un
partito
nuovo
non
doveva
di
certo
passarci
per
la
mente
,
per
il
semplice
motivo
che
ci
parrebbe
il
più
assurdo
che
immaginare
si
possa
.
La
costituzione
di
un
partito
non
si
lascia
improvvisare
,
né
si
lascia
creare
di
getto
per
mezzo
o
di
concerti
stabiliti
fra
poche
persone
,
o
della
enunciazione
di
alcune
idee
.
Essa
suol
essere
il
frutto
di
evoluzioni
che
si
compiono
sotto
la
pressione
delle
circostanze
.
Ciò
soltanto
che
ad
un
cultore
delle
scienze
politiche
e
sociali
è
lecito
e
ragionevole
tentare
,
si
riduce
al
rimuovere
gli
ostacoli
che
appunto
i
pregiudizî
e
gli
equivoci
opporrebbero
ad
un
riordinamento
razionale
di
partiti
rispondente
alle
realità
del
paese
,
qualora
le
circostanze
favorevoli
alla
attuazione
di
siffatto
riordinamento
,
si
presentassero
;
ritenuto
che
ciò
sarebbe
utile
alla
patria
,
e
che
il
processo
di
evoluzione
potrebbe
avvenire
tanto
per
la
via
delle
affinità
,
quanto
per
quella
dei
contrasti
.
È
uno
studio
politico
,
e
non
un
atto
politico
,
che
lo
scrivente
ha
inteso
fare
.
Gli
sembra
che
il
momento
psicologico
di
predisporre
l
'
opinione
pubblica
ad
assecondare
siffatta
evoluzione
,
sia
venuto
e
,
in
questo
convincimento
,
ha
stimato
opportuno
esprimere
pubblicamente
il
proprio
avviso
.
Quali
potrebbero
essere
le
circostanze
favorevoli
più
acconcie
a
produrre
l
'
evoluzione
,
e
quale
forma
prenderebbe
questa
,
non
sono
cose
che
si
lascino
facilmente
pronosticare
.
Ciò
che
crediamo
poter
dire
con
certezza
è
che
qualunque
risultato
per
tal
modo
si
ottenesse
,
sarà
sempre
da
preferirsi
alla
continuazione
di
una
vita
pubblica
acciaccosa
e
stiracchiata
come
è
la
nostra
attuale
,
di
una
vita
pubblica
che
tanto
riscontro
presenta
con
quelle
della
Grecia
e
della
Spagna
;
e
crediamo
poter
dire
con
pari
certezza
che
sarà
da
preferirsi
anche
ad
una
artificiale
ristaurazione
pura
e
semplice
dello
stato
delle
cose
parlamentari
precedente
il
marzo
1876
.
Una
tale
ristaurazione
,
forse
,
sarebbe
bene
accolta
sulle
prime
in
alcune
provincie
,
e
potrebbe
celebrare
una
lieta
luna
di
miele
;
ma
,
se
si
volge
il
pensiero
all
'
avvenire
,
è
impossibile
non
iscorgere
i
due
gravi
inconvenienti
ch
'
essa
racchiuderebbe
.
Il
primo
è
che
arresterebbe
quel
duplice
movimento
di
idee
in
senso
conservatore
,
da
noi
descritto
nella
Prima
Parte
,
un
movimento
d
'
idee
tendente
a
rifornire
di
nuove
forze
la
vita
pubblica
.
Queste
forze
non
esistono
esse
realmente
nel
paese
?
Se
dunque
esistono
,
è
bene
che
entrino
anch
'
esse
nell
'
orbita
costituzionale
.
Il
secondo
inconveniente
consisterebbe
in
questo
che
,
dopo
l
'
esperimento
fatto
dalla
Sinistra
al
governo
,
è
divenuto
chiaro
per
tutti
che
,
se
questo
partito
fosse
ricacciato
nell
'
opposizione
,
perderebbero
ogni
seguito
quelli
fra
i
componenti
suoi
più
capaci
,
i
quali
vengono
accusati
,
in
seno
stesso
del
partito
,
di
aver
ricalcato
,
mentre
furono
al
governo
,
le
orme
della
Destra
.
Acquisterebbero
invece
il
sopravvento
i
più
radicali
.
L
'
opposizione
futura
così
,
per
potersi
sostenere
,
diventerebbe
radicalissima
,
e
rasenterebbe
gli
ultimi
limiti
che
dividono
la
monarchia
dalla
repubblica
.
Or
bene
,
nel
caso
che
la
Destra
attuale
,
ritornata
al
potere
,
venisse
poi
costretta
ad
abbandonarlo
un
'
altra
volta
,
quali
sarebbero
i
suoi
successori
?
L
'
estrema
Sinistra
ha
anch
'
essa
la
sua
ragione
d
'
essere
,
perché
rappresenta
una
delle
opinioni
che
hanno
corso
nel
paese
,
ed
ha
un
programma
molto
più
concreto
che
non
l
'
avesse
l
'
antica
Sinistra
.
Perciò
è
utile
che
abbia
il
suo
posto
nel
Parlamento
,
e
che
ivi
discuta
liberamente
delle
cose
del
paese
in
contradditorio
cogli
altri
partiti
;
ma
da
ciò
al
diventare
essa
l
'
esclusiva
opposizione
,
aspirante
al
governo
,
c
'
è
un
gran
tratto
.
Affinché
l
'
estrema
Sinistra
,
anzi
lo
stesso
partito
esplicitamente
repubblicano
,
abbiano
a
funzionare
utilmente
,
nella
Monarchia
costituzionale
italiana
,
occorre
che
faccia
loro
contrappeso
un
'
estrema
Destra
,
che
i
cattolici
intransigenti
formeranno
il
giorno
,
non
lontano
,
nel
quale
avranno
cessato
di
far
professione
d
'
astensionismo
;
occorre
inoltre
che
tra
quei
due
estremi
,
non
esista
già
un
solo
partito
,
ma
abbiano
a
militare
due
partiti
,
entrambi
capaci
di
governare
;
l
'
uno
decisamente
conservatore
,
nel
senso
ortodosso
e
nazionale
della
parola
;
l
'
altro
eminentemente
liberale
e
progressista
,
ma
monarchico
.
Or
bene
non
è
che
il
processo
naturale
della
evoluzione
dei
partiti
oggi
militanti
,
aiutato
dalle
circostanze
e
dall
'
intervento
di
nuovi
elementi
nel
campo
della
vita
pubblica
,
che
potrebbe
produrre
questa
razionale
divisione
di
partiti
,
esprimenti
ciascuno
,
non
già
le
qualità
personali
e
le
ambizioni
dei
loro
componenti
,
bensì
un
complesso
di
idee
,
di
intenti
,
di
sentimenti
e
di
pubblici
interessi
.
Parte
terza
.
Di
alcuni
criterî
di
Governo
che
potrebbero
essere
applicati
astrazion
fatta
dalle
lotte
di
partito
.
I
.
La
politica
estera
.
In
attesa
che
una
ricostituzione
di
partiti
si
compia
sotto
l
'
influenza
di
circostanze
che
già
stanno
in
prospettiva
come
possibili
,
crederemmo
non
aver
esaurito
il
nostro
studio
,
se
non
ci
arrestassimo
un
momento
,
prima
di
deporre
la
penna
,
sopra
alcuni
criterî
di
governo
i
quali
,
sebbene
di
carattere
conservatore
,
stanno
,
a
parer
nostro
,
al
disopra
dei
partiti
,
e
si
presterebbero
ad
essere
adottati
da
essi
tutti
.
Incominciamo
dalla
politica
estera
.
Le
condizioni
necessarie
perché
un
governo
adempia
convenientemente
ai
suoi
doveri
,
in
questa
parte
della
cosa
pubblica
,
sono
tre
.
Bisogna
,
in
primo
luogo
,
che
abbia
un
'
idea
molto
chiara
,
precisa
e
determinata
degli
interessi
permanenti
del
proprio
paese
;
in
secondo
luogo
,
che
abbia
un
'
idea
altrettanto
chiara
,
precisa
e
determinata
della
situazione
degli
altri
paesi
e
degli
altri
governi
;
in
terzo
luogo
,
che
non
gli
sfugga
mai
il
nesso
che
esiste
fra
questi
due
termini
,
ogni
qualvolta
si
presenta
il
caso
di
qualche
mutamento
nella
situazione
degli
altri
paesi
.
Questi
due
ultimi
punti
sono
fuori
del
nostro
soggetto
,
e
sogliono
variare
da
un
giorno
all
'
altro
.
Riguardo
al
primo
invece
,
ci
è
d
'
uopo
spendere
alcune
parole
per
lo
scopo
di
chiarire
alcune
verità
che
,
ci
sembra
,
potrebbero
essere
accettate
come
assiomi
,
da
tutti
i
partiti
.
È
un
assioma
,
a
nostro
avviso
,
che
non
ci
può
essere
in
Italia
che
una
sola
politica
estera
,
la
quale
non
è
di
Destra
né
di
Sinistra
,
ma
è
la
politica
nazionale
.
Ad
eccezione
dell
'
Impero
Britannico
,
il
quale
,
circondato
dal
mare
come
è
,
padrone
del
mare
,
senza
vicini
,
inattaccabile
in
casa
,
può
darsi
il
lusso
di
tenere
a
sua
disposizione
la
scelta
fra
due
diversi
indirizzi
di
politica
estera
,
tutti
gli
Stati
d
'
Europa
non
ne
hanno
,
e
non
ne
possono
avere
,
che
uno
solo
.
E
invero
i
rapporti
d
'
uno
Stato
cogli
Stati
esteri
non
sono
accidentali
,
ma
sogliono
scaturire
immediatamente
dalle
stesse
necessità
della
sua
creazione
,
della
sua
esistenza
e
della
sua
conservazione
,
ed
hanno
,
nella
essenza
loro
,
un
carattere
così
permanente
e
fisso
che
sopravvivono
perfino
al
mutamento
delle
forme
di
governo
,
appena
siano
forme
regolari
.
Ed
è
perciò
che
sorgono
da
sé
le
così
dette
tradizioni
di
politica
estera
dei
grandi
Stati
;
e
male
ne
incoglie
a
quei
capi
di
nazioni
,
i
quali
abbandonano
siffatte
tradizioni
.
Che
un
governo
,
soltanto
perché
liberale
,
debba
essere
naturalmente
alleato
di
tutti
gli
altri
governi
liberali
,
e
avversario
di
quelli
che
non
lo
sono
,
e
viceversa
,
è
una
proposizione
che
ha
dell
'
assurdo
,
e
che
viene
smentita
da
tutta
la
storia
.
Questa
non
ci
mostra
forse
Richelieu
,
cardinale
,
proteggere
i
protestanti
di
Germania
contro
i
cattolici
?
Luigi
XVI
di
Francia
prendere
la
parte
dei
repubblicani
d
'
America
contro
la
monarchia
inglese
?
la
Russia
conculcare
,
in
casa
,
la
nazionalità
polacca
,
e
combattere
fuori
di
casa
a
favore
della
nazionalità
greca
?
e
Bismarck
,
monarchico
fino
al
midollo
,
far
voti
non
dissimulati
per
il
mantenimento
della
forma
repubblicana
moderata
in
Francia
?
La
politica
estera
ha
di
mira
interessi
e
non
sentimenti
;
si
fonda
nei
rapporti
reali
fra
Stato
e
Stato
.
Gli
affari
che
dipendono
dal
dicastero
delle
cose
estere
offrono
scarsa
materia
a
controversie
dei
partiti
interni
,
a
meno
che
si
tratti
della
questione
personale
della
maggiore
o
minore
idoneità
del
suo
titolare
,
perché
hanno
per
contraenti
degli
Stati
stranieri
,
e
non
dipende
dal
governo
di
un
paese
far
sì
che
gli
Stati
stranieri
siano
quello
che
non
sono
,
o
non
siano
quel
che
sono
.
D
'
altra
parte
,
i
governi
stranieri
che
si
rivolgono
al
governo
di
un
dato
paese
non
si
curano
già
di
sapere
a
quale
partito
questo
appartenga
;
ma
importa
loro
che
sia
serio
,
solido
,
capace
di
mantenere
i
propri
impegni
,
e
tale
che
,
parlando
esso
in
nome
del
proprio
paese
,
quei
governi
siano
certi
di
rispondere
come
se
rispondessero
al
paese
stesso
da
lui
rappresentato
.
La
differenza
dei
partiti
non
può
riferirsi
che
alle
cose
interne
.
Or
bene
,
malgrado
queste
evidenti
verità
,
in
Italia
si
è
sempre
parlato
di
una
politica
estera
di
Destra
e
di
una
di
Sinistra
;
attribuendo
la
denominazione
di
politica
di
Destra
,
o
a
quegli
atti
che
furono
suggeriti
dalla
stessa
forza
delle
cose
,
e
furono
eseguiti
dalla
Destra
perché
era
suo
dovere
eseguirli
così
,
trovandosi
essa
al
governo
(
e
li
eseguì
bene
,
quasi
sempre
)
;
o
alle
memorabili
campagne
diplomatiche
compiute
da
uomini
insigni
che
appartengono
a
tutta
la
nazione
,
più
che
ad
un
partito
,
sebbene
militassero
nel
partito
di
Destra
,
come
Cavour
e
Lamarmora
,
e
che
furono
condotte
a
termine
da
loro
,
nell
'
interesse
della
nazione
,
senza
domandare
il
permesso
ai
proprî
seguaci
,
anzi
talvolta
con
grandissima
ripugnanza
della
maggior
parte
di
questi
,
i
quali
poscia
li
applaudirono
.
Un
partito
perciò
ha
ragione
di
vantarsi
che
gli
uomini
che
hanno
saputo
meglio
applicare
l
'
unica
politica
estera
nazionale
possibile
,
siano
dei
suoi
;
ma
non
può
dire
di
avere
una
politica
estera
propria
esclusiva
.
Questo
errore
ha
avuto
le
sue
conseguenze
.
La
Sinistra
,
avendo
sempre
condannato
l
'
unica
politica
estera
possibile
,
che
era
chiamata
di
Destra
,
tentò
sulle
prime
di
farne
una
propria
;
e
siccome
non
ce
n
'
era
che
una
possibile
,
incespicò
;
fortunatamente
che
subito
ritrasse
il
piede
.
Molti
giornali
d
'
opposizione
di
Destra
,
alla
loro
volta
,
sentendo
parlare
di
una
nuova
politica
estera
,
che
la
Sinistra
al
potere
intendeva
inaugurare
,
ne
seguirono
con
occhio
di
lince
,
e
con
ispirito
sospettoso
e
prevenuto
tutti
i
passi
,
veri
e
supposti
,
che
si
riferivano
all
'
indirizzo
tecnico
,
per
così
dire
,
del
ministro
speciale
che
agli
affari
esterni
soprassiede
,
come
se
si
trattasse
di
cose
che
possano
offrire
materia
a
lotta
di
partito
;
e
parlarono
,
a
torto
,
di
umiliazioni
subìte
,
anche
quando
non
ce
ne
furono
punto
,
toccando
una
corda
sensibile
del
paese
che
suole
rispondere
collo
sconforto
,
quando
non
risponde
con
propositi
inconsulti
e
pericolosi
,
di
rappresaglie
.
Il
punto
veramente
debole
della
condotta
della
Sinistra
nella
politica
estera
,
non
consiste
nella
trattazione
degli
affari
diplomatici
,
se
si
eccettua
qualche
velleità
,
a
cui
non
corrispose
il
successo
,
ma
che
non
ci
ha
recato
alcun
danno
irreparabile
;
oltrecché
sarebbe
ingiusto
pretendere
che
,
in
un
periodo
di
intenso
e
arruffato
lavoro
diplomatico
,
pieno
di
peripezie
e
di
improvvisi
mutamenti
di
fronte
operati
da
parecchie
delle
grandi
potenze
,
quale
fu
il
periodo
dello
svolgimento
della
questione
d
'
Oriente
,
ogni
cosa
dovesse
procedere
liscia
come
nel
periodo
precedente
di
profonda
pace
.
Il
punto
veramente
debole
sta
nel
non
avere
i
ministeri
di
Sinistra
compreso
nei
loro
primordî
,
che
la
politica
estera
è
strettamente
collegata
coll
'
interna
,
né
si
presta
ad
essere
considerata
come
una
cosa
affatto
a
parte
,
e
che
essa
non
può
dare
utili
frutti
se
non
è
in
perfetta
consonanza
con
tutto
l
'
insieme
delle
condizioni
di
un
paese
,
e
cogli
atti
che
si
compiono
in
casa
.
O
si
credeva
poter
esercitare
una
grande
influenza
nello
svolgimento
della
questione
d
'
Oriente
(
noi
non
crediamo
che
ciò
fosse
possibile
)
,
e
allora
si
doveva
soprassedere
dal
promuovere
tanto
scompiglio
nel
paese
,
sollevando
una
farraggine
(
di
)
problemi
interni
,
uno
più
difficile
dell
'
altro
,
e
tali
da
farci
comparire
,
agli
occhi
degli
stranieri
,
più
divisi
che
mai
,
e
quindi
deboli
;
o
invece
non
lo
si
credeva
,
e
in
tal
caso
,
sarebbe
stato
meglio
assumere
un
atteggiamento
degno
e
vigilante
,
ma
molto
conciliante
,
nelle
cose
estere
,
facilmente
giustificabile
in
faccia
al
paese
per
l
'
urgenza
degli
affari
interni
.
Per
tutto
questo
,
può
essere
ritenuto
come
un
altro
assioma
,
che
tanto
migliori
saranno
le
nostre
relazioni
cogli
altri
Stati
,
e
che
tanto
più
saremo
da
questi
rispettati
,
temuti
e
ascoltati
,
quanto
migliori
saranno
le
nostre
condizioni
generali
di
sicurezza
pubblica
,
di
finanze
,
di
armamento
,
di
fiducia
reciproca
fra
governanti
e
governati
,
quanto
maggiore
la
serietà
e
la
coerenza
della
politica
interna
,
chiunque
sieda
al
potere
.
Così
pure
è
un
assioma
che
non
dipende
dal
beneplacito
di
questo
o
di
quel
ministro
il
far
sì
che
l
'
unica
politica
possibile
per
l
'
Italia
,
nei
rapporti
internazionali
,
non
abbia
per
necessità
un
carattere
eminentemente
conservatore
,
in
senso
europeo
,
e
quindi
pacifico
.
E
per
verità
quel
medesimo
sconvolgimento
che
ha
tratto
all
'
esistenza
il
Regno
d
'
Italia
,
ha
creato
contemporaneamente
,
e
di
consenso
,
tutto
un
nuovo
assetto
europeo
in
sostituzione
dell
'
equilibrio
del
1815
.
Di
questo
nuovo
equilibrio
l
'
Italia
è
divenuta
solidale
,
ne
è
parte
integrante
e
sostanziale
,
ed
è
fra
tutte
le
potenze
la
più
interessata
a
mantenerlo
intatto
.
Perciò
qualunque
iniziativa
che
il
suo
governo
prendesse
per
sconvolgerlo
,
somiglierebbe
all
'
atto
di
quel
demente
che
,
per
cogliere
un
frutto
,
tagliava
l
'
albero
straordinariamente
produttivo
che
lo
portava
.
Egli
è
vero
che
altri
governi
potrebber
trovare
essi
il
loro
utile
nello
sconvolgerlo
;
anzi
non
è
fuori
della
probabilità
che
un
qualche
giorno
lo
tentino
.
Ma
in
quel
giorno
emergerà
più
luminosa
che
mai
l
'
eccellenza
della
nostra
posizione
esterna
,
se
non
la
comprometteremo
con
mosse
intempestive
,
o
col
cader
nell
'
anarchia
e
nell
'
impotenza
.
La
postura
del
nostro
paese
è
tale
in
mezzo
ai
possibili
contendenti
,
che
,
senza
bisogno
di
armamenti
straordinarî
,
colla
sola
libera
scelta
di
poter
portare
il
proprio
peso
da
una
parte
o
dall
'
altra
,
l
'
Italia
è
in
misura
di
far
traboccar
la
bilancia
;
anzi
,
solo
minacciando
di
portar
quel
suo
peso
contro
il
primo
che
perturbasse
la
pace
,
potrebbe
anche
impedire
il
conflitto
.
Da
ciò
la
differenza
essenziale
fra
il
carattere
della
politica
del
Piemonte
dal
1847
al
1859
,
del
Regno
d
'
Italia
dal
1859
al
1866
,
l
'
una
e
l
'
altra
essenzialmente
offensive
e
bellicose
,
e
il
carattere
della
politica
del
Regno
d
'
Italia
dal
1866
al
giorno
d
'
oggi
,
essenzialmente
difensiva
e
pacifica
;
per
cui
l
'
invocare
l
'
esempio
di
Cavour
,
a
fin
di
invogliare
i
contemporanei
a
seguirne
passo
per
passo
la
procedura
,
non
regge
.
"
In
politica
,
"
scrive
Cesare
Balbo
,
"
la
situazione
naturale
,
che
è
perenne
,
può
molto
più
che
non
le
alleanze
,
i
trattati
,
le
promesse
,
le
gratitudini
,
e
tutti
gli
altri
accidenti
temporarj
.
"
Liberiamoci
quindi
dalla
nervosità
che
da
qualche
tempo
si
è
impadronita
del
nostro
ceto
politico
per
ogni
fatto
estero
anche
di
minima
importanza
;
non
corriamo
dietro
a
tutte
le
mosche
che
ci
volano
dappresso
.
Non
isgomentiamoci
troppo
quando
vediamo
la
medesima
preda
essere
addentata
da
due
naturali
rivali
.
Respice
finem
.
Anche
la
guerra
combattuta
in
comune
dall
'
Austria
e
dalla
Prussia
contro
la
Danimarca
nel
1863
,
e
l
'
occupazione
mista
dello
Schleswig
Holstein
,
diedero
luogo
a
pronostici
che
furono
precisamente
l
'
opposto
di
ciò
che
si
è
verificato
.
Fino
a
che
in
qualche
grande
paese
vicino
ci
stuzzicheranno
con
opuscoli
e
articoli
di
giornali
,
i
giuocatori
di
Borsa
possono
operare
al
rialzo
imperterriti
.
Nessuno
ci
assalirebbe
isolati
,
senza
sconvolgere
l
'
Europa
,
se
noi
non
assaliremo
per
i
primi
;
e
il
giorno
in
cui
la
pace
europea
fosse
davvero
minacciata
,
il
sintomo
più
significativo
di
questa
situazione
sarà
che
,
non
solo
nessuno
ci
stuzzicherà
più
,
ma
che
tutti
i
vicini
faranno
a
gara
ad
esaltare
e
a
corteggiare
l
'
Italia
,
e
a
stringere
pratiche
col
suo
governo
;
a
meno
che
la
patria
nostra
,
decadendo
intanto
sempre
più
,
non
conti
proprio
per
nulla
.
Che
se
l
'
equilibrio
attuale
corresse
rischio
davvero
di
essere
sconvolto
,
o
in
oriente
o
in
occidente
,
a
nostro
danno
,
siccome
il
nostro
danno
è
anche
il
danno
di
altri
,
così
non
saremmo
isolati
.
Procuriamo
dunque
di
mantenere
rapporti
d
'
amicizia
con
tutte
le
potenze
,
senza
sbilanciarci
.
Il
che
non
è
una
frase
vaporosa
.
Infatti
è
nostro
interesse
che
nessuna
delle
altre
cinque
grandi
potenze
diminuisca
d
'
importanza
,
questa
per
un
motivo
,
quella
per
un
altro
.
La
buona
amicizia
non
impedisce
di
essere
vigilanti
,
di
prevedere
e
di
provvedere
a
tempo
;
anzi
ce
ne
fornirà
il
mezzo
più
sicuro
.
Qualora
siffatti
assiomi
fossero
ben
compresi
dalle
classi
dirigenti
di
tutti
i
partiti
,
anche
un
giudizio
più
sereno
intorno
alla
misura
necessaria
dei
nostri
armamenti
ed
alle
spese
corrispondenti
,
diventerebbe
possibile
;
e
cesserebbero
quei
sussulti
per
cui
l
'
opinione
pubblica
,
spaventata
senza
motivo
,
si
abbandona
talvolta
alla
smania
di
armamenti
eccessivi
,
esiziali
per
l
'
erario
nazionale
.
Un
esercito
proporzionato
ai
nostri
mezzi
finanziarî
,
ben
disciplinato
,
e
perfezionato
nel
suo
ordinamento
,
sostenuto
da
opere
di
difesa
,
e
sopratutto
da
una
politica
interna
assennata
,
e
dai
buoni
rapporti
colle
potenze
vicine
,
ci
renderà
assai
più
forti
,
rispettati
,
e
preparati
per
l
'
avvenire
,
che
non
un
inconsulto
sciupìo
di
danaro
per
emulare
col
numero
dei
militi
,
i
più
ricchi
di
noi
,
cosa
che
ci
lascerebbe
dissanguati
ed
esausti
prima
di
potercene
valere
.
[
La
questione
della
santa
sede
,
considerata
dal
punto
di
vista
della
politica
estera
italiana
.
]
Posti
questi
tre
assiomi
,
ci
si
affaccia
una
grave
questione
di
politica
estera
,
delicatissima
,
difficilissima
,
che
lasceremmo
assai
volentieri
in
disparte
,
se
,
lasciandola
in
disparte
,
potessimo
ottenere
che
non
esistesse
punto
.
Ma
essa
esiste
,
piaccia
o
non
piaccia
.
Non
ci
sentiamo
in
grado
di
indicare
quale
sia
la
miglior
soluzione
della
medesima
.
Sosteniamo
soltanto
che
è
una
questione
suscettibile
di
essere
riaperta
,
e
che
non
è
prudente
per
uno
Stato
trascinare
con
sé
la
servitù
passiva
di
questioni
diplomatiche
di
tale
natura
.
Di
ciò
si
mostrò
convinto
il
principe
Bismarck
,
il
quale
,
giunto
all
'
apogeo
della
sua
potenza
,
e
senza
che
nulla
si
presentasse
sull
'
orizzonte
immediato
che
sembrasse
spingerlo
,
forte
di
un
uti
possidetis
di
dodici
anni
,
mise
tanto
impegno
ad
ottenere
dall
'
Austria
l
'
abrogazione
dell
'
art
.
5
del
trattato
di
Praga
,
a
proposito
dello
Schleswig
settentrionale
.
Di
ciò
si
mostrò
non
meno
convinto
il
principe
Gortschakoff
,
quando
provocò
,
nel
1871
,
l
'
abolizione
della
clausola
del
trattato
di
Parigi
del
1856
,
che
limitava
alla
Russia
il
diritto
di
costruir
fortezze
e
navi
da
guerra
in
casa
propria
,
sebbene
sapesse
che
,
data
la
situazione
politica
d
'
allora
,
quella
potenza
avrebbe
potuto
costruire
,
senza
impedimento
,
quante
Sebastopoli
e
quante
navi
da
guerra
le
fosse
piaciuto
,
e
sebbene
non
sentisse
affatto
l
'
urgenza
di
tali
costruzioni
;
tanto
è
vero
che
mise
pochissimo
a
profitto
il
suo
successo
diplomatico
.
Oltre
questo
sosteniamo
che
l
'
assumere
un
'
aria
distratta
e
spensierata
davanti
ad
un
problema
molesto
,
e
il
professare
che
si
deve
vivere
dell
'
oggi
e
lasciar
al
caso
la
cura
del
domani
,
può
conferire
popolarità
a
chi
segue
siffatta
corrente
,
ma
non
è
una
prova
di
senno
.
Intendiamo
alludere
alla
questione
dell
'
indipendenza
del
papato
,
considerata
nei
suoi
rapporti
coll
'
Italia
.
Non
bisogna
confondere
la
questione
dei
rapporti
fra
lo
Stato
e
la
Chiesa
,
e
l
'
altra
dello
spirito
religioso
,
con
quella
della
indipendenza
del
papato
.
Le
prime
due
sono
questioni
interne
,
e
sembrano
fatte
apposta
per
alimentare
,
come
nessun
'
altra
di
più
,
la
lotta
dei
partiti
;
l
'
ultima
invece
è
una
questione
estera
,
anche
per
l
'
Italia
,
sebbene
il
Papa
viva
in
Italia
;
e
ci
sembra
superiore
ai
partiti
.
Infatti
il
papato
,
costituito
come
è
,
possegga
o
non
possegga
un
principato
temporale
,
è
riconosciuto
come
un
potere
soprannazionale
,
universale
,
il
quale
,
stante
la
grande
influenza
politica
su
tutto
il
mondo
cattolico
della
quale
dispone
,
e
che
è
dovuta
al
modo
in
cui
si
trova
costituito
,
deve
essere
assolutamente
indipendente
;
e
ciò
nell
'
interesse
,
non
solo
degli
Stati
cattolici
,
ma
anche
di
quelli
che
semplicemente
racchiudono
molti
cittadini
cattolici
.
Come
tale
è
ammesso
da
tutti
i
governi
del
mondo
i
quali
,
quasi
tutti
,
mantengono
con
lui
relazioni
diplomatiche
per
mezzo
di
speciali
ambasciatori
,
o
ministri
,
o
agenti
diplomatici
.
Come
tale
è
ammesso
anche
dal
Regno
d
'
Italia
,
per
mezzo
della
legge
del
13
maggio
1871
,
sulle
prerogative
del
sommo
Pontefice
e
della
Santa
Sede
.
Ora
,
il
papato
protesta
incessantemente
contro
la
posizione
che
gli
ha
creato
il
governo
italiano
,
dopo
avergli
tolto
il
principato
temporale
,
e
dichiara
non
essere
libero
né
indipendente
,
ma
essere
soggetto
al
beneplacito
di
quel
governo
;
e
tutti
gli
Stati
,
sebbene
,
per
la
loro
benevolenza
verso
l
'
Italia
,
non
pronuncino
verbo
che
sappia
di
opposizione
contro
di
questa
a
proposito
di
tale
questione
,
e
non
dichiarino
che
il
sommo
Pontefice
abbia
ragione
,
non
si
sono
però
nemmeno
compromessi
fino
al
punto
di
dichiarare
,
con
qualche
documento
solenne
,
irrevocabile
,
che
il
governo
italiano
abbia
ragione
,
e
il
sommo
Pontefice
torto
.
Probabilmente
non
è
a
caso
che
la
visita
fatta
ad
Habsburg
Lorena
,
e
ad
Hohenzollern
,
nelle
rispettive
capitali
,
da
Savoia
,
venne
cordialmente
restituita
da
Habsburg
Lorena
e
da
Hohenzollern
a
Savoia
,
il
che
è
stato
un
vero
successo
pel
ministero
Minghetti
,
ma
non
nella
capitale
Roma
,
bensì
a
Venezia
ed
a
Milano
.
Esaminiamo
freddamente
la
situazione
.
Il
governo
italiano
ha
occupato
Roma
nel
1870
,
vi
si
è
insediato
,
l
'
ha
dichiarata
capitale
d
'
Italia
.
Nessuna
potenza
si
è
opposta
a
questo
atto
,
e
certamente
l
'
opposizione
non
era
da
aspettarsi
allora
,
né
dalla
Francia
schiacciata
dalle
armi
germaniche
,
né
dalla
Germania
protestante
impegnata
in
un
'
acerba
lotta
col
Vaticano
,
né
dalla
Russia
scismatica
,
né
dall
'
Austria
la
quale
,
posta
fra
la
Germania
vincitrice
e
la
Russia
,
doveva
pensare
ai
casi
suoi
,
né
dalla
Spagna
che
aveva
espulso
la
regina
Isabella
.
Comunque
sia
,
nessuna
potenza
si
è
opposta
;
e
ciò
è
qualche
cosa
.
Il
governo
italiano
vi
risiede
già
da
dieci
anni
;
non
ha
disturbato
la
libertà
delle
comunicazioni
e
dei
rapporti
fra
il
Papa
e
le
altre
potenze
e
il
mondo
cattolico
;
ha
promulgato
ed
eseguito
fedelmente
la
sopracitata
ingegnosissima
legge
sulle
guarentigie
;
e
,
di
più
,
è
stato
tenuto
in
Roma
l
'
ultimo
conclave
.
Questi
quattro
fatti
sono
ancora
più
importanti
di
quello
che
sia
l
'
aver
potuto
occupare
Roma
senza
opposizione
della
diplomazia
.
Anzi
,
dal
punto
di
vista
del
liberalismo
italiano
,
sono
più
che
sufficienti
per
ritenere
ormai
la
questione
della
Santa
Sede
come
chiusa
sotto
ogni
aspetto
possibile
.
E
lo
sarebbe
,
se
la
questione
papale
si
riducesse
tutta
a
questione
di
possesso
territoriale
.
Ma
c
'
è
di
mezzo
quell
'
altra
dell
'
indipendenza
della
Santa
Sede
,
la
quale
non
è
ancora
chiusa
,
dal
punto
di
vista
della
diplomazia
.
Se
il
diritto
di
nazionalità
fosse
ammesso
in
diplomazia
,
la
stessa
legge
sulle
guarentigie
sarebbe
superflua
.
L
'
Italia
ha
occupato
Roma
,
potrebbesi
sostenere
,
in
virtù
di
questo
diritto
.
Ha
assicurato
,
senza
esservi
stata
costretta
,
al
Papa
,
il
modo
di
godere
della
più
completa
libertà
.
Se
c
'
è
qualche
potenza
che
,
oggi
o
in
avvenire
,
volesse
fare
alla
Santa
Sede
condizioni
migliori
,
ci
pensi
essa
per
proprio
conto
.
Il
governo
italiano
non
c
'
entra
per
nulla
in
tutto
questo
,
e
pretende
non
essere
tirato
in
causa
da
chicchessia
né
oggi
né
in
futuro
.
Se
non
che
il
diritto
di
nazionalità
non
esiste
per
la
diplomazia
.
Questa
riconosce
bensì
molti
fatti
che
furono
compiuti
in
virtù
del
principio
di
nazionalità
,
ma
i
titoli
giuridici
che
legalizzano
quei
fatti
,
ai
suoi
occhi
,
non
sono
che
due
:
la
prescrizione
,
cioè
,
e
i
trattati
coi
quali
si
riconoscono
o
esplicitamente
o
implicitamente
i
fatti
compiuti
.
Or
bene
,
nel
caso
di
cui
discorriamo
,
non
può
costituire
materia
di
prescrizione
il
fatto
della
indipendenza
effettiva
del
sommo
Pontefice
,
consacrata
sotto
una
forma
tale
che
lo
Stato
italiano
è
sempre
libero
di
modificarla
a
suo
piacimento
.
La
prescrizione
deve
avere
per
oggetto
qualche
cosa
di
immutabile
in
sé
stessa
;
quindi
il
carattere
di
mutabilità
delle
garanzie
italiane
impedisce
che
si
fondi
la
prescrizione
.
D
'
altri
parte
,
non
è
intervenuto
finora
alcun
trattato
né
che
riconosca
al
governo
italiano
il
diritto
,
in
genere
,
di
determinare
esso
,
nel
modo
che
gli
sembra
più
acconcio
,
quali
debbano
essere
le
condizioni
della
indipendenza
del
Papa
,
né
che
imprima
un
carattere
di
stabilità
e
di
irrevocabilità
alle
condizioni
oggi
esistenti
in
forza
della
legge
delle
guarentigie
.
Insomma
la
soluzione
che
l
'
Italia
ha
dato
al
problema
papale
sta
ancora
sospesa
in
aria
,
diplomaticamente
parlando
,
s
'
intende
bene
.
Nessuno
è
sorto
finora
a
richiamarci
alla
memoria
questa
circostanza
e
non
pare
che
abbia
a
sorgere
in
un
prossimo
avvenire
.
Ma
,
se
in
un
avvenire
più
lontano
,
si
modificasse
il
presente
assetto
d
'
Europa
,
una
potenza
a
cui
interessasse
per
altri
suoi
fini
,
di
assumere
un
atteggiamento
ostile
all
'
Italia
,
non
avrebbe
bisogno
di
andare
in
cerca
di
un
pretesto
;
lo
avrebbe
già
bell
'
e
pronto
.
"
La
legge
sulle
guarentigie
,
direbbe
,
non
è
che
un
atto
interno
dell
'
Italia
,
e
,
potendo
essere
revocata
da
un
momento
all
'
altro
dai
legislatori
italiani
,
non
offre
sufficiente
sicurezza
per
l
'
avvenire
,
a
meno
che
il
Papa
la
accettasse
.
Ma
il
Papa
persiste
a
respingerla
.
Siamo
stati
lunganimi
finora
,
soggiungerebbe
quella
potenza
a
noi
ostile
,
ad
aspettare
,
con
grandissima
benevolenza
verso
gli
Italiani
,
come
sarebbe
andata
a
finire
questa
controversia
fra
l
'
Italia
e
il
papato
,
a
proposito
della
indipendenza
della
Santa
Sede
,
alla
quale
controversia
non
possiam
restare
eternamente
estranei
.
Vedendo
che
non
finisce
,
crediamo
venuto
il
momento
di
immischiarcene
anche
noi
,
perché
sia
risoluta
in
qualche
altra
maniera
"
;
e
potrebbe
finire
poi
collo
immischiarsene
con
animo
ostile
.
Ne
risulta
che
,
noi
abbiamo
accettata
e
messa
in
giro
una
cambiale
in
bianco
.
Questa
cambiale
si
trova
ora
in
mani
amiche
,
incapaci
di
abusarne
.
Ma
potrebbe
un
giorno
passare
anche
in
mani
nemiche
,
e
quindi
non
è
prudenza
lasciar
in
giro
(
un
)
in
bianco
simile
.
Lo
stesso
fatto
che
oggi
il
sommo
Pontefice
approfitta
parzialmente
delle
guarentigie
,
risiedendo
in
Vaticano
e
governando
il
mondo
cattolico
da
Roma
,
non
scioglie
il
nodo
,
per
la
ragione
che
il
fatto
si
fonda
,
come
si
è
già
detto
,
sopra
una
base
mutabile
ad
arbitrio
dell
'
Italia
.
A
noi
sembra
pertanto
che
la
situazione
presente
del
papato
,
se
è
fonte
di
debolezza
all
'
interno
per
la
nuova
Italia
,
perché
tien
perplesse
le
coscienze
timorose
di
molti
suoi
cittadini
,
non
lo
è
meno
all
'
estero
;
e
che
quando
il
suo
governo
potesse
dire
che
una
tale
questione
è
diplomaticamente
chiusa
,
non
sarebbe
per
la
nuova
Italia
un
giorno
meno
fausto
di
quello
che
fu
per
la
Germania
il
giorno
in
cui
Bismarck
poté
dire
che
l
'
articolo
5
del
Trattato
di
Praga
era
abrogato
,
e
per
la
Russia
il
giorno
in
cui
Gortschakoff
le
annunciò
che
quelle
clausole
del
Trattato
di
Parigi
,
le
quali
le
vietavano
di
costruire
fortezze
e
navi
da
guerra
nel
mar
Nero
,
erano
state
soppresse
.
Ci
vedremmo
allora
sottratti
al
grande
onore
,
al
soverchio
onore
anzi
,
ma
alla
pesante
responsabilità
,
di
garantire
noi
soli
un
interesse
che
riguarda
tutto
il
mondo
;
e
l
'
Italia
si
troverebbe
,
rispetto
alla
Santa
Sede
,
nell
'
identica
posizione
,
presso
a
poco
,
in
cui
si
trovano
gli
altri
Stati
,
mentre
oggi
ci
siam
messi
in
una
posizione
eccezionale
,
con
un
grave
impegno
incontrato
,
cioè
,
ma
senza
il
corrispettivo
di
avere
almeno
,
con
quello
,
chiusa
definitivamente
la
questione
.
Molti
si
compiacciono
appunto
della
revocabilità
delle
guarentigie
;
ma
non
riflettono
che
un
legame
positivo
,
ben
determinato
,
e
quindi
limitato
,
e
dagli
altri
accettato
,
vincola
la
libertà
assai
meno
che
non
un
obbligo
assunto
,
il
quale
lasci
ad
altri
la
facoltà
di
discutere
,
in
ogni
tempo
,
i
limiti
entro
i
quali
un
tale
obbligo
deve
essere
adempiuto
.
Ci
sembra
pertanto
che
il
chiudere
la
questione
dell
'
indipendenza
della
Santa
Sede
in
modo
da
collocare
l
'
Italia
nella
stessa
condizione
,
rispetto
alla
medesima
,
in
cui
si
trovano
presso
a
poco
gli
altri
Stati
,
si
presenti
come
un
provvedimento
di
sicurezza
esterna
,
superiore
ai
partiti
.
Vediamo
ora
in
quanti
modi
la
questione
dell
'
indipendenza
del
papato
si
potrebbe
ritenere
diplomaticamente
,
chiusa
.
I
modi
che
si
possono
immaginare
sarebbero
molti
,
e
procurererno
di
enumerarli
.
1.º
Il
Papa
finisce
per
accettare
la
legge
delle
guarentigie
quale
fu
promulgata
,
venendo
ad
un
accordo
diretto
col
governo
italiano
.
È
questa
una
soluzione
molto
gradita
alla
maggioranza
del
ceto
politico
italiano
,
ma
,
in
tutti
i
casi
,
lontanissima
dall
'
essere
attuata
,
certamente
non
attuabile
durante
il
pontificato
presente
.
Così
,
mentre
si
aspetterebbe
l
'
adempimento
lontanissimo
di
una
speranza
,
continuerebbe
il
doppio
disagio
di
una
questione
che
rimarrebbe
aperta
,
all
'
estero
in
un
senso
,
all
'
interno
in
un
altro
.
2.º
L
'
istituzione
del
papato
cade
sotto
i
colpi
del
razionalismo
e
dell
'
indifferentismo
.
Coloro
che
ragionano
in
questo
modo
,
si
condannano
,
per
lo
meno
,
ad
aspettare
maggior
tempo
ancora
.
Essi
fanno
assegnamento
sulla
mutilazione
della
natura
morale
dell
'
uomo
.
Non
si
avvedono
che
la
scienza
soddisfa
a
un
solo
bisogno
umano
,
quello
di
pensare
;
mentre
gli
uomini
ne
hanno
anche
un
altro
,
quello
di
credere
e
di
sperare
.
La
sola
fede
ha
una
parola
pei
deboli
e
per
gli
infelici
;
e
fra
una
religione
che
promette
un
'
eterna
felicità
,
e
una
scienza
,
in
fondo
alla
quale
,
si
trova
il
nulla
,
non
vi
ha
dubbio
quale
delle
due
alla
lunga
finirà
per
avere
più
ascoltatori
e
seguaci
.
Ora
,
è
nel
genio
della
nazione
italiana
che
questa
fede
abbia
la
forma
cattolica
,
e
il
papato
è
suscettibile
di
trasformazioni
bensì
,
ma
rimarrà
sempre
il
perno
della
Chiesa
cattolica
.
D
'
altronde
il
razionalismo
e
l
'
indifferentismo
hanno
molti
proseliti
nelle
classi
agiate
e
negli
operai
delle
città
;
ma
tutti
costoro
,
sommati
insieme
,
non
formano
che
una
piccola
minoranza
nel
mondo
cattolico
.
I
milioni
e
milioni
che
vivono
nelle
campagne
,
il
sesso
femminile
in
tutte
le
classi
,
stanno
fermi
nella
fede
avita
;
e
nella
maggior
parte
dell
'
Europa
cattolica
è
notevole
anzi
un
movimento
molto
pronunciato
di
ritorno
verso
le
antiche
credenze
presso
le
alte
classi
,
movimento
che
di
riverbero
finirà
per
propagarsi
anche
in
Italia
.
3.º
L
'
istituzione
del
papato
si
trasforma
in
modo
che
debba
diminuire
,
nella
Chiesa
cattolica
,
l
'
importanza
personale
del
suo
Capo
,
nello
stesso
modo
che
è
minore
l
'
importanza
personale
di
un
Re
costituzionale
in
confronto
di
quella
di
un
Re
assoluto
.
In
tal
caso
,
il
vescovo
di
Roma
,
che
regnerebbe
e
non
governerebbe
,
non
avrebbe
bisogno
di
molte
garanzie
,
perché
la
Chiesa
cattolica
si
potesse
ritenere
indipendente
.
Ma
dove
si
vede
il
principio
di
una
tale
trasformazione
?
Ciò
che
vediamo
invece
,
è
l
'
insuccesso
completo
del
tentativo
dei
vecchi
cattolici
.
4.º
L
'
Italia
diventa
un
paese
così
profondamente
istituzionale
da
permettere
che
la
Chiesa
cattolica
vi
conviva
con
tante
altre
istituzioni
di
attività
sociale
,
e
il
suo
Capo
,
per
tal
modo
,
sia
collocato
sotto
la
guarentigia
dell
'
ordinamento
stesso
della
società
italiana
.
È
questo
un
ideale
vagheggiato
da
alcuni
onesti
dottrinarî
poco
famigliari
col
paese
reale
;
e
quindi
non
occorre
spendere
molte
parole
per
dimostrare
quanto
esso
sia
poco
pratico
nell
'
epoca
nostra
.
Dio
volesse
che
divenisse
pratico
!
È
uno
dei
problemi
dell
'
avvenire
,
ma
non
di
un
prossimo
avvenire
certamente
.
5.º
Il
partito
cattolico
italiano
,
di
tutte
le
gradazioni
,
divenuto
,
per
le
vie
legali
,
il
più
potente
fra
tutti
i
partiti
interni
,
subordina
la
legislazione
interna
alla
Chiesa
,
e
fa
dell
'
Italia
uno
Stato
teocratico
.
Il
Regno
d
'
Italia
,
ha
voluto
distruggere
il
potere
temporale
dei
Papi
?
Ebbene
,
i
Papi
reagiscono
coi
mezzi
morali
,
conquistando
in
certo
modo
tutta
l
'
Italia
,
e
riducendo
il
suo
Re
a
rimaner
tale
di
nome
,
ma
ad
essere
in
fatto
il
luogotenente
del
Papa
.
Se
non
che
,
per
realizzare
questa
utopia
,
occorrerebbe
cambiare
la
natura
degli
Italiani
,
il
popolo
meno
fanatico
che
ci
sia
in
Europa
,
e
il
più
alieno
dal
prestarsi
a
un
tentativo
di
questa
fatta
,
poiché
,
per
la
vena
di
scetticismo
che
è
in
lui
,
gli
sembrerebbe
nientemeno
che
ridicolo
.
Siffatto
tentativo
del
resto
sarebbe
assurdo
,
anche
per
altri
motivi
evidenti
.
6.º
Si
mantiene
il
principio
della
indipendenza
del
Papa
fondata
sopra
una
sovranità
territoriale
,
dichiarando
Roma
città
libera
,
e
il
Papa
sovrano
onorifico
di
essa
.
Così
rimarrebbe
inalterato
il
principio
che
,
dove
è
il
Papa
,
nessuna
sovranità
territoriale
sia
accanto
a
lui
,
o
sopra
lui
;
e
infatti
,
che
il
Papa
abbia
tre
milioni
di
sudditi
,
o
ne
abbia
solo
centomila
,
e
che
li
governi
con
reggimento
assoluto
,
o
invece
che
questi
si
reggano
da
sé
,
lasciando
che
il
sovrano
regni
e
non
governi
,
ciò
torna
lo
stesso
,
e
non
altera
minimamente
quel
principio
.
Ma
l
'
eterna
città
è
stata
dichiarata
,
non
solo
città
,
ma
anche
capitale
,
dello
Stato
italiano
.
Come
si
potrebbe
pensar
sul
serio
a
cambiar
capitale
per
la
terza
volta
?
Perciò
non
occorre
nemmeno
confutare
siffatta
soluzione
.
7.º
Le
principali
potenze
,
apponendo
la
loro
firma
alla
legge
italiana
delle
guarentigie
la
convertono
in
un
impegno
internazionale
.
L
'
indipendenza
del
Papa
,
posta
sotto
il
protettorato
perpetuo
dell
'
Europa
invece
di
quello
revocabile
del
Regno
d
'
Italia
,
sarebbe
allora
pienissima
.
Se
ciò
avvenisse
,
il
Papa
probabilmente
protesterebbe
ancora
pro
forma
;
ma
,
reso
realmente
più
sicuro
,
potrebbe
acconciarsi
poco
a
poco
alla
sua
nuova
situazione
.
Ma
in
questo
caso
,
chi
dovrebbe
opporsi
saremmo
noi
stessi
.
Noi
concederemmo
alle
altre
potenze
il
diritto
di
intervenire
nelle
cose
nostre
per
verificare
se
manteniamo
fedelmente
tutti
gli
impegni
contenuti
nella
legge
delle
guarentigie
,
sebbene
alcuni
di
quelli
impegni
non
riguardino
che
condizioni
interne
del
nostro
Stato
.
Esse
avrebbero
il
diritto
persino
di
controllare
il
modo
con
cui
spendiamo
il
nostro
danaro
,
perché
,
spendendolo
male
,
potremmo
essere
condotti
nella
impossibilità
di
pagare
al
sommo
Pontefice
il
pattuito
appannaggio
.
8.º
L
'
ultima
soluzione
immaginabile
sarebbe
che
si
stralciasse
dalla
legge
delle
guarentigie
quelle
disposizioni
che
si
riferiscono
esclusivamente
alla
posizione
estranazionale
del
papato
,
e
se
ne
facesse
un
tutto
a
parte
;
e
,
in
quanto
all
'
appannaggio
annuo
,
lo
si
tramutasse
in
un
capitale
corrispondente
,
costituito
di
beni
stabili
inalienabili
,
sui
quali
il
governo
italiano
s
'
impegnerebbe
a
non
prelevare
in
perpetuo
nessuna
imposta
,
ovvero
costituito
sotto
altra
forma
indipendente
dalla
gestione
delle
finanze
italiane
;
e
si
consacrasse
la
parte
,
così
stralciata
,
della
legge
delle
guarentigie
,
mediante
un
formale
impegno
diplomatico
.
Confessiamo
che
,
allo
stato
presente
,
questa
ultima
soluzione
o
,
per
parlare
più
esattamente
,
questo
semplice
miglioramento
arrecato
alla
situazione
di
fatto
attuale
,
ci
sembra
degno
di
qualche
considerazione
.
Non
siamo
temerarî
fino
al
punto
di
immaginare
una
soluzione
definitiva
del
problema
del
papato
.
La
grande
istituzione
del
papato
non
è
mai
stata
immobile
,
ma
invece
è
stata
costantemente
in
via
di
formazione
e
di
progresso
,
nel
che
si
rivela
la
sua
forza
prodigiosa
.
La
sua
forma
esteriore
è
flessibile
,
e
si
rinnova
sul
modello
delle
società
politiche
e
civili
.
Il
governo
della
Chiesa
cattolica
fu
semplice
,
severo
,
democratico
nelle
sue
origini
;
unitario
cogli
ultimi
Cesari
;
feudale
,
federativo
e
frazionato
nel
medio
evo
;
costituzionale
coi
concilî
,
vere
assemblee
deliberanti
;
finalmente
assoluto
e
accentrato
colle
grandi
monarchie
moderne
;
chi
può
dire
quale
sarà
la
sua
forma
esterna
per
l
'
avvenire
in
conseguenza
dei
rivolgimenti
del
secolo
nostro
?
Non
si
può
pensare
da
noi
che
a
trovar
un
modus
vivendi
.
Dio
farà
il
resto
.
Non
sarà
cosa
facile
indurre
le
maggiori
potenze
ad
accedere
ad
una
siffatta
combinazione
la
quale
limiterebbe
,
in
modo
tassativo
,
la
responsabilità
dell
'
Italia
rispetto
alla
indipendenza
papale
,
per
cui
,
mantenendo
l
'
Italia
i
proprj
impegni
,
facilissimi
a
mantenere
,
la
responsabilità
di
quella
indipendenza
verrebbe
ad
essere
indirettamente
divisa
fra
tutte
le
potenze
.
Esse
si
trovano
oggi
in
questa
ottima
condizione
,
che
,
nulla
facendo
a
proposito
della
questione
papale
,
non
offendono
né
il
Papa
né
il
governo
d
'
Italia
.
Peraltro
è
da
ritenersi
che
la
situazione
presente
anormale
del
papato
è
una
cagione
d
'
inquietudine
in
tutto
il
mondo
cattolico
;
e
che
,
se
le
potenze
vedessero
una
soluzione
la
quale
,
non
richiedendo
che
il
Papa
dichiari
esplicitamente
di
accettarla
senza
riserve
,
recherebbe
però
un
miglioramento
sensibilissimo
alla
situazione
della
Santa
Sede
,
parecchie
di
esse
dovrebbero
essere
disposte
ad
appoggiarla
.
E
qui
si
affaccia
tutta
l
'
importanza
che
potrebbe
avere
,
anche
per
un
negoziato
delicatissimo
come
questo
,
la
misura
del
credito
che
il
governo
italiano
sapesse
procurarsi
,
per
mezzo
,
sia
di
una
buona
politica
interna
,
sia
dei
buoni
rapporti
che
dipende
da
lui
coltivare
e
di
mantenere
con
tutte
le
potenze
estere
.
Oggi
ci
troviamo
posti
in
un
circolo
vizioso
che
,
se
non
fosse
rotto
,
prolungherebbe
all
'
infinito
la
situazione
attuale
reciproca
del
Regno
d
'
Italia
e
del
papato
,
disastrosa
per
entrambi
.
Il
sommo
Pontefice
non
può
prendere
alcuna
iniziativa
;
è
impedito
dai
propri
giuramenti
di
far
altra
cosa
che
non
sia
il
chiedere
la
restituzione
dei
suoi
Stati
.
Le
potenze
,
tutte
amiche
dell
'
Italia
,
si
guardano
dall
'
offendere
quest
'
ultima
con
proposte
che
,
possono
presumere
,
essa
riguarderebbe
come
ingiuriose
.
Il
governo
italiano
non
fa
alcun
passo
verso
le
medesime
;
farlo
col
Papa
sarebbe
un
'
utopia
.
Dunque
?
Dunque
per
uscire
da
questa
via
cieca
,
sembrerebbe
che
non
ci
possa
essere
che
l
'
ultima
indicata
combinazione
,
da
stipularsi
fra
l
'
Italia
e
le
grandi
potenze
,
per
la
quale
,
da
una
parte
,
la
condizione
della
Santa
Sede
verrebbe
immensamente
avvantaggiata
in
confronto
di
ciò
che
è
,
senza
che
si
pretenda
dal
Papa
alcuna
ritrattazione
;
dall
'
altra
,
il
Regno
d
'
Italia
chiuderebbe
diplomaticamente
una
questione
importantissima
che
lo
riguarda
,
senza
alcun
sagrificio
di
sorta
.
Da
cosa
nasce
cosa
.
Chi
non
vede
che
un
effetto
immancabile
di
tale
espediente
sarebbe
quello
di
diminuire
assai
la
tensione
dei
rapporti
fra
l
'
Italia
e
la
Santa
Sede
,
con
fondata
speranza
che
un
giorno
la
tensione
cessi
affatto
,
o
si
riduca
alle
proporzioni
di
altri
casi
,
in
sui
si
verificarono
dei
contrasti
fra
il
Papa
e
qualcuna
delle
potenze
?
E
tutto
questo
,
lo
ripetiamo
,
senza
incontrare
alcun
reale
sacrificio
;
imperocché
se
l
'
Italia
è
disposta
a
tener
sempre
a
disposizione
del
Papa
la
somma
annua
stabilita
nella
legge
delle
guarentigie
,
ed
a
circondare
il
Capo
della
chiesa
di
quel
rispetto
,
di
quella
inviolabilità
,
di
quel
carattere
di
estra
territorialità
,
e
di
quella
libertà
di
comunicazioni
col
mondo
cattolico
,
che
gli
assicura
la
legge
sopraindicata
,
tanto
vale
convertire
siffatti
impegni
interni
,
da
cui
non
intende
dipartirsi
,
e
da
cui
non
ci
fu
neppur
uno
dei
ministeri
di
Sinistra
che
mostrasse
di
voler
dipartirsi
,
in
un
atto
diplomatico
.
Quest
'
atto
,
essendo
irrevocabile
,
farebbe
cadere
la
principale
delle
obbiezioni
che
viene
mossa
alla
legge
delle
guarentigie
,
l
'
obbiezione
cioè
,
che
la
sicurezza
e
l
'
indipendenza
di
quel
potere
mondiale
e
sopranazionale
,
che
è
la
Santa
Sede
,
rimanga
abbandonato
al
beneplacito
mutabile
dei
legislatori
italiani
,
e
che
i
suoi
mezzi
di
sussistenza
figurino
inscritti
nel
nostro
bilancio
.
Non
fu
nostra
intenzione
di
formulare
una
proposta
normale
.
Volemmo
soltanto
far
presente
che
lo
scopo
della
legge
del
13
maggio
1871
è
stato
di
guarentire
,
ad
un
tempo
,
e
l
'
indipendenza
del
papato
e
la
sicurezza
futura
del
Regno
d
'
Italia
;
e
che
quanto
più
indiscutibile
sarà
resa
la
prima
,
di
altrettanto
crescerà
la
seconda
.
III
.
Il
discentramento
amministrativo
.
Non
si
aspetti
il
benevolo
lettore
,
che
,
sotto
questo
titolo
,
si
passino
da
noi
in
rassegna
tutti
quanti
i
problemi
della
situazione
interna
dell
'
Italia
,
i
quali
con
esso
si
collegano
.
Oltreché
l
'
impresa
sarebbe
superiore
alle
nostre
forze
,
intorno
a
molti
di
quei
problemi
è
consolante
poter
dire
che
uomini
assai
competenti
ed
autorevoli
hanno
saputo
in
questi
ultimi
tempi
spargere
grandissima
luce
,
per
cui
nulla
saremmo
in
grado
di
aggiungere
.
Riguardo
alle
finanze
,
per
esempio
,
il
progresso
dell
'
opinione
pubblica
,
nell
'
ordine
delle
idee
,
è
incontestabile
,
per
merito
di
uno
stuolo
di
valorosi
che
si
sono
dedicati
allo
studio
del
problema
finanziario
con
un
'
assiduità
,
con
una
passione
,
con
un
'
intelligenza
,
superiori
ad
ogni
elogio
.
Si
deve
a
loro
se
non
c
'
è
ormai
più
nessuno
che
osi
contestare
la
necessità
di
mantenere
il
pareggio
fra
le
entrate
e
le
spese
,
e
per
conseguenza
quella
di
contrapporre
a
qualunque
nuova
spesa
una
nuova
entrata
corrispondente
.
Non
c
'
è
più
nessuno
che
non
ammetta
doversi
porre
un
freno
a
nuove
proposte
di
spese
,
sotto
qualsiasi
pretesto
si
vogliano
,
e
anche
si
possano
,
giustificare
.
Non
c
'
è
più
nessuno
che
,
più
o
meno
,
non
riconosca
,
fatta
eccezione
di
coloro
,
i
quali
per
onore
delle
armi
sono
costretti
di
sostenere
la
tesi
contraria
,
e
tranne
i
mugnai
,
essersi
commesso
un
grande
errore
abolendo
una
imposta
a
larga
base
come
il
macinato
;
un
'
imposta
che
,
fatti
bene
i
conti
,
ricadeva
bensì
sulle
classi
povere
direttamente
,
ma
indirettamente
anche
sulla
possidenza
e
sull
'
industria
,
come
ogni
aumento
d
'
imposta
diretta
sulla
possidenza
e
sull
'
industria
si
ripercuote
indirettamente
sugli
operai
di
campagna
e
di
città
,
e
può
reclamare
,
anche
per
sé
,
la
denominazione
di
imposta
della
fame
;
e
ciò
per
effetto
della
legge
naturale
di
riversabilità
e
di
compenetrazione
di
tutte
le
imposte
.
Se
si
dovranno
sostituire
nuove
tasse
a
quella
del
macinato
,
è
difficile
immaginare
che
gli
effetti
non
abbiano
ad
essere
risentiti
da
tutte
le
classi
,
nessuna
eccettuata
.
Non
c
'
è
più
nessuno
che
non
sia
ormai
persuaso
che
delle
economie
se
ne
possono
introdurre
bensì
,
perfezionando
gli
organici
,
ma
che
tutte
le
economie
possibili
non
sono
tali
da
recare
un
miglioramento
immediato
molto
rilevante
al
bilancio
della
spesa
,
a
meno
che
si
mettesse
fra
le
economie
possibili
la
distruzione
dell
'
esercito
,
o
una
forte
trattenuta
sul
pagamento
degli
interessi
del
debito
pubblico
,
cose
incompatibili
colla
sicurezza
e
coll
'
onore
dello
Stato
.
Si
dirà
che
queste
verità
,
se
sono
ammesse
generalmente
,
non
si
vede
ancora
che
siano
applicate
,
né
dal
governo
,
né
dal
Parlamento
.
Ciò
è
vero
.
Non
si
abbandonano
facilmente
da
un
giorno
all
'
altro
le
cattive
abitudini
.
Ma
è
impossibile
supporre
che
la
consapevolezza
,
ormai
penetrata
in
tutto
il
paese
della
realità
della
situazione
finanziaria
,
non
finisca
per
forzare
la
mano
ai
legislatori
.
Il
paese
è
arrivato
oggi
al
punto
che
si
rassegna
a
pagare
,
purché
sia
indotto
nella
convinzione
,
non
già
da
vaghe
e
illusorie
promesse
,
ma
da
tutto
l
'
insieme
della
condotta
del
potere
legislativo
e
del
potere
esecutivo
,
che
non
vi
saranno
ulteriori
aumenti
;
purché
tocchi
con
mano
che
s
'
incomincia
sul
serio
a
perequare
l
'
imposta
fondiaria
la
quale
,
come
oggi
è
,
consacra
la
più
flagrante
violazione
della
giustizia
distributiva
;
purché
si
elimini
ciò
che
esiste
di
vessatorio
e
di
arbitrario
nella
applicazione
della
tassa
sulla
ricchezza
mobile
,
sostituendo
gli
indizi
alle
denuncie
e
alle
discussioni
fra
l
'
agente
fiscale
e
le
parti
,
per
determinare
il
reddito
annuo
del
commercio
,
delle
industrie
e
delle
professioni
.
Dovrebbe
perciò
servire
d
'
incoraggiamento
agli
amministratori
delle
finanze
italiane
il
pensiero
che
oramai
la
nazione
sa
di
dover
pagare
quello
che
paga
,
vale
a
dire
pagar
molto
,
e
che
essi
potrebbero
diventar
popolari
ponendo
termine
soltanto
a
pretendere
un
aumento
di
carichi
,
e
risparmiando
un
po
'
di
vessazioni
ai
contribuenti
.
Voti
codesti
modestissimi
e
relativamente
facili
ad
appagare
.
Assicurato
una
volta
un
sopravvanzo
reale
di
entrate
,
potrebbesi
allora
dar
mano
a
quella
riforma
tributaria
la
quale
,
collegata
con
una
corrispondente
riforma
amministrativa
,
permetterebbe
ai
contribuenti
di
sentir
meno
il
peso
della
medesima
somina
stessa
di
imposte
,
anche
mantenuta
nella
sua
entità
.
Riguardo
alla
giustizia
,
l
'
incongruenza
delle
quattro
Corti
di
cassazione
,
e
della
soverchia
moltiplicazione
delle
Preture
con
magistrati
così
mal
retribuiti
,
è
il
discorso
di
tutti
,
e
gli
elementi
non
mancano
che
permettono
una
discussione
seria
sulla
preferenza
da
accordarsi
,
non
nell
'
interesse
della
giustizia
formale
,
ma
della
giustizia
effettiva
,
piuttosto
al
sistema
della
cassazione
che
a
quello
della
terza
istanza
,
non
che
sull
'
opportunità
del
sistema
dei
giurati
in
Italia
,
considerato
,
non
già
astrattamente
,
ma
praticamente
,
in
ordine
alla
sicurezza
pubblica
in
molte
provincie
.
Altrettanto
si
può
dire
riguardo
a
molti
argomenti
relativi
ai
lavori
pubblici
,
alla
sicurezza
pubblica
,
ed
all
'
istruzione
pubblica
i
quali
,
già
profondamente
studiati
,
si
presterebbero
ad
essere
discussi
con
criterî
superiori
allo
spirito
di
parte
,
tostoché
lo
spirito
di
parte
,
cessando
dall
'
invadere
ogni
cosa
e
dall
'
imprimere
un
carattere
di
parzialità
ad
ogni
deliberazione
del
Parlamento
,
non
sarà
più
un
ostacolo
ad
un
serio
lavoro
legislativo
.
Piuttosto
ci
arresteremo
sopra
due
soggetti
,
intorno
ai
quali
corrono
ancora
molti
equivoci
e
pregiudizî
;
intendiamo
alludere
al
discentramento
amministrativo
e
alla
riforma
elettorale
.
Che
la
questione
del
discentramento
non
sia
una
questione
di
partito
,
lo
dimostra
il
fatto
che
,
or
sono
otto
anni
,
si
costituì
,
per
iniziativa
del
conte
Ponza
di
San
Martino
e
dello
scrivente
,
una
commissione
reclutata
in
tutti
i
campi
politici
e
in
tutte
le
regioni
d
'
Italia
.
Ne
facevano
parte
,
fra
gli
altri
,
i
senatori
Alfieri
,
Benintendi
,
Cambray
Digny
,
Casaretto
,
Cantelli
,
De
Gori
,
Magliani
,
Perez
,
Pasolini
,
Scialoja
,
Tabarrini
,
e
i
deputati
Berti
Domenico
,
Englen
,
Mordini
,
Pianciani
,
Corte
,
Puccioni
,
Lacava
,
Ferracciù
,
Seismit
Doda
,
Restelli
ecc
.
,
coll
'
intento
di
studiare
quel
problema
.
Si
tennero
quindici
sedute
,
si
scoperse
che
i
dissensi
in
seno
alla
maggioranza
della
commissione
si
riducevano
a
poca
cosa
,
si
discussero
e
si
formularono
varie
proposte
;
ma
la
salute
malferma
del
presidente
,
il
conte
Ponza
di
San
Martino
,
la
difficoltà
materiale
di
tener
riuniti
in
Firenze
,
per
un
tempo
sufficiente
ad
un
lavoro
sterminato
,
tanti
uomini
domiciliati
ed
occupatissimi
nelle
rispettive
provincie
,
furono
le
cagioni
per
le
quali
gli
studî
venissero
interrotti
,
e
che
non
si
giungesse
ad
alcuna
conclusione
definitiva
,
rimanendo
però
negli
animi
di
tutti
la
convinzione
che
questo
discentramento
non
era
cosa
temibile
,
né
nell
'
interesse
della
patria
,
né
in
quello
d
'
alcun
partito
,
e
che
non
era
di
difficile
attuazione
.
Che
male
non
ci
apponemmo
,
nel
presente
scritto
,
stabilendo
una
distinzione
fra
i
partiti
presi
collettivamente
e
gli
uomini
che
li
compongono
,
lo
si
può
argomentare
anche
da
questo
che
la
Destra
,
presa
collettivamente
,
ha
sempre
avversato
il
discentramento
,
ravvisando
in
quel
concetto
un
pericolo
per
l
'
unità
d
'
Italia
,
eppure
racchiudeva
nel
suo
seno
discentratori
dichiarati
e
di
elevatissimo
ingegno
e
provato
patriottismo
,
basti
citare
l
'
onorevole
Minghetti
;
e
la
Sinistra
,
presa
collettivamente
,
ha
inscritto
quella
parola
sulla
sua
bandiera
,
e
conta
non
pochi
discentratori
fra
i
suoi
adepti
,
ma
,
ottenuta
la
vittoria
,
non
ha
discentrato
nulla
,
e
non
ha
più
nemmeno
parlato
se
non
vaporosamente
,
di
questo
assunto
.
Il
discentramento
si
può
concepire
sotto
forma
istituzionale
e
sotto
forma
territoriale
;
la
forma
territoriale
poi
può
riferirsi
,
tanto
all
'
organismo
della
amministrazione
governativa
,
quanto
alle
rappresentanze
degli
interessi
locali
.
La
cagione
per
la
quale
hanno
potuto
spargersi
idee
tanto
erronee
circa
a
quel
concetto
,
si
è
che
fra
noi
si
suol
confondere
assai
facilmente
,
l
'
una
coll
'
altra
,
quelle
forme
e
quelle
applicazioni
del
discentramento
.
La
forma
istituzionale
si
può
chiamare
l
'
ultima
parola
della
civiltà
moderna
;
ma
finora
le
sole
nazioni
anglo
sassoni
l
'
hanno
saputa
attuare
.
Presso
quelle
nazioni
,
lo
spirito
dell
'
autogoverno
è
,
per
così
dire
,
nel
sangue
.
Incomincia
dall
'
individuo
e
dalla
famiglia
.
Le
principali
funzioni
della
vita
pubblica
che
sussistono
per
forza
propria
organica
,
che
si
alimentano
da
sé
,
secondo
la
stregua
della
interessenza
rispettiva
delle
persone
che
vi
partecipano
,
che
si
eleggono
liberamente
i
propri
capi
,
che
votano
il
proprio
bilancio
,
che
rimangono
entro
la
sfera
d
'
efficienza
determinata
dalla
loro
ragione
d
'
essere
,
è
un
'
ideale
attuazione
del
quale
ogni
buon
Italiano
deve
desiderare
per
il
proprio
paese
,
e
deve
sperare
che
divenga
possibile
un
giorno
;
e
che
la
speranza
non
sia
irragionevole
,
lo
si
desume
da
alcuni
fatti
di
discentramento
istituzionale
che
già
esistono
nel
nostro
paese
,
ci
basti
citare
,
fra
gli
altri
,
l
'
istituzione
della
cassa
di
risparmio
di
Milano
.
Sfortunatamente
però
esso
suppone
una
strabocchevole
abbondanza
di
forze
economiche
,
morali
,
intellettuali
e
sociali
,
e
di
predisposizioni
storiche
,
che
noi
siamo
ancora
lontanissimi
dal
possedere
.
Coloro
che
vagheggiano
per
l
'
Italia
odierna
un
ordinamento
simile
,
mostrano
di
non
essere
stati
nel
mezzogiorno
,
e
di
conoscere
poco
anche
il
settentrione
del
nostro
paese
.
Non
bisogna
dimenticare
che
siamo
tutti
usciti
ieri
soltanto
dall
'
assolutismo
,
e
che
già
da
tre
secoli
furono
distrutti
nella
nazione
nostra
i
germi
di
ogni
autogoverno
e
d
'
ogni
autonomia
istituzionale
,
che
le
età
precedenti
avevano
sparso
.
In
Italia
non
si
può
pensare
per
ora
che
a
un
discentramento
territoriale
,
il
quale
si
può
effettuare
,
come
già
dicemmo
in
due
modi
;
nell
'
ordinamento
dell
'
amministrazione
governativa
,
cioè
,
e
in
quello
delle
rappresentanze
degli
interessi
locali
.
Esaminiamo
a
parte
ciascuno
di
questi
due
modi
.
L
'
organismo
della
amministrazione
governativa
si
presenta
in
Italia
sotto
l
'
aspetto
di
un
accentramento
che
non
ha
l
'
eguale
in
nessun
paese
,
nemmeno
in
Francia
,
che
è
pure
la
terra
classica
degli
accentratori
.
Tutto
fa
capo
in
Italia
ai
dicasteri
centrali
.
Tutto
è
regolato
,
assorbito
,
dal
potere
centrale
,
fino
nei
più
minuti
particolari
;
gli
uffici
che
rappresentano
il
governo
nelle
località
,
non
possono
nulla
;
privi
di
potere
e
di
responsabilità
,
non
fanno
che
trasmettere
al
centro
le
petizioni
,
e
ricevere
dal
centro
,
per
trasmettere
agli
amministrati
,
i
responsi
dei
dicasteri
ministeriali
,
onniscienti
,
onniveggenti
,
onnipossenti
.
Quante
complicazioni
!
quanti
giri
e
rigiri
dal
centro
alle
località
,
per
avere
schiarimenti
,
informazioni
;
dalle
località
al
centro
,
per
far
prevenire
reclami
,
proteste
,
rettifiche
!
Quanti
intoppi
!
Quante
spese
inutili
!
Quanto
perditempo
!
Abbiamo
descritto
le
conseguenze
di
questa
mostruosità
al
contatto
col
potere
parlamentare
.
Gli
amministrati
che
hanno
qualche
affare
,
o
bisogna
che
intraprendano
un
viaggio
alla
capitale
,
o
che
si
rivolgano
al
rispettivo
deputato
.
Se
questo
deputato
è
d
'
un
altro
partito
,
o
bisogna
lasciar
che
ne
soffra
l
'
interesse
,
o
commettere
un
atto
poco
decoroso
per
il
sollecitante
e
per
il
sollecitato
.
Ora
,
quale
difficoltà
e
pericolo
vi
sarebbe
se
il
governo
nazionale
diventasse
un
po
'
più
vivo
ed
efficace
nei
suoi
organi
locali
,
almeno
quanto
lo
è
in
Francia
,
che
è
tutto
dire
,
o
quanto
lo
era
nel
primo
Regno
d
'
Italia
,
investendo
i
suoi
uffizî
nelle
provincie
,
di
più
ampie
facoltà
e
di
una
corrispondente
maggior
responsabilità
verso
il
potere
centrale
,
affinché
i
cittadini
trovino
presso
di
sé
,
più
immediata
,
più
pronta
,
e
più
illuminata
rispetto
alle
condizioni
locali
,
la
giustizia
amministrativa
a
cui
hanno
diritto
?
E
quale
pericolo
vi
sarebbe
se
si
abolisse
il
controllo
preventivo
sui
mandati
,
oggi
affidato
alla
Corte
dei
conti
?
Per
non
ripetere
ciò
che
lo
scrivente
ha
avuto
l
'
occasione
di
sostenere
altre
volte
rispetto
al
discentramento
,
egli
ama
lasciar
la
parola
al
deputato
Allievi
,
il
quale
,
dopo
essere
stato
prefetto
alcuni
anni
,
e
sebbene
aderente
ad
un
ministero
di
Sinistra
(
il
quale
però
non
fu
indotto
per
questo
a
dargli
retta
)
non
esitava
a
proclamare
,
rivolgendosi
a
proprî
elettori
,
che
questa
facoltà
del
controllo
preventivo
,
non
compete
alla
Corte
dei
conti
,
o
a
qualsiasi
altra
istituzione
analoga
,
in
nessun
grande
Stato
d
'
Europa
;
che
il
controllo
preventivo
sui
mandati
,
quale
è
da
noi
,
non
esiste
se
non
nel
piccolo
Belgio
,
paese
che
,
per
le
sue
condizioni
geografiche
e
la
sua
concentrazione
ferroviaria
,
si
può
dire
tutto
rinchiuso
in
un
pugno
;
che
il
controllo
preventivo
sui
mandati
,
obbligando
ogni
menomo
affare
che
importi
spesa
,
ad
affluire
al
centro
,
è
uno
dei
fattori
massimi
della
centralità
amministrativa
.
Né
si
deve
credere
,
soggiungeva
egli
ottimamente
,
che
le
garanzie
nella
erogazione
del
pubblico
denaro
siano
per
questo
maggiori
.
Di
tanto
si
ingrandisce
il
controllo
preventivo
,
di
altrettanto
scema
l
'
efficacia
del
controllo
consuntivo
;
e
sopratutto
si
annulla
la
responsabilità
dei
funzionarî
pubblici
.
Non
è
ignoto
a
nessuno
,
infatti
,
che
la
cura
più
assidua
e
più
ingegnosa
pei
ministeri
è
di
far
passare
gli
atti
al
controllo
preventivo
della
Corte
dei
conti
.
Quando
si
è
passati
attraverso
a
quella
filiera
,
si
può
vivere
tranquilli
!
La
Corte
dei
conti
,
non
vorrà
,
nel
periodo
di
revisione
consuntiva
,
disdire
quello
che
essa
ha
detto
nel
periodo
del
controllo
preventivo
.
La
Corte
dei
conti
è
di
sua
natura
diffidente
;
cerca
vedere
il
fondo
delle
cose
;
e
ci
arriva
assai
spesso
;
ma
anche
in
molti
casi
non
vede
,
e
respinge
od
accetta
fuor
di
ragione
.
Quanto
è
più
serio
,
più
temuto
il
controllo
successivo
,
quando
il
funzionario
pubblico
deve
unicamente
consultarsi
colla
propria
coscienza
e
colla
propria
responsabilità
,
per
mettersi
in
regola
con
quelli
che
devono
poi
giudicare
i
suoi
atti
!
L
'
assenza
del
controllo
preventivo
sui
mandati
permetterebbe
di
delegare
molti
fra
gli
atti
amministrativi
ai
poteri
locali
,
agli
ufficî
delle
provincie
,
in
modo
che
tali
atti
vi
fossero
condotti
,
senz
'
altro
,
al
pieno
loro
compimento
.
L
'
on
.
Allievi
ha
voluto
pigliare
un
caso
pratico
,
un
esempio
,
da
un
paese
che
ha
fama
di
essere
molto
accentrato
,
dalla
Francia
,
esaminando
un
servizio
del
ramo
lavori
pubblici
:
Strade
nazionali
,
manutenzione
di
porti
e
di
fari
.
Votato
il
bilancio
dal
Parlamento
,
il
ministro
dei
lavori
pubblici
ripartisce
le
somme
dei
capitali
relativi
in
altrettanti
crediti
aperti
agli
ingegneri
capi
dei
dipartimenti
,
ai
prefetti
.
E
questi
fanno
contratti
,
sorvegliano
,
liquidano
,
pagano
;
solo
che
,
appena
compiuto
un
atto
amministrativo
,
debbono
tosto
ragguagliare
,
non
solo
il
ministero
,
ma
la
stessa
Corte
dei
conti
,
la
quale
segue
,
con
il
suo
controllo
consuntivo
,
assai
davvicino
tutti
gli
atti
della
amministrazione
.
Tutto
si
compie
nella
provincia
;
il
cittadino
ha
davanti
a
sé
l
'
amministratore
;
non
ha
d
'
uopo
di
cercarlo
lontano
.
Quanta
maggior
rapidità
,
quante
semplificazioni
,
quante
ingiustizie
di
meno
!
Resta
ben
inteso
che
l
'
organismo
governativo
locale
dovrebbe
essere
completo
nella
parte
amministrativa
e
nella
finanziaria
,
affinché
i
diversi
uffici
tra
loro
si
assistessero
,
e
anche
non
mancassero
le
controllerie
tra
gli
stessi
ufficî
locali
.
E
ciò
si
potrebbe
ottenere
facilmente
.
Il
bilancio
votato
dal
Parlamento
dovrebbe
,
per
le
spese
stabilmente
determinate
da
leggi
o
regolamenti
,
e
per
le
somme
di
minore
rilievo
tradursi
in
bilanci
governativi
di
ciascuna
circoscrizione
amministrativa
;
e
un
'
autorità
politica
,
una
di
finanza
,
e
una
di
controllo
soggetta
alla
Corte
dei
conti
e
indipendente
,
tutte
con
residenza
nella
circoscrizione
,
potrebbero
aver
la
gestione
autonoma
del
bilancio
locale
di
quella
.
Queste
considerazioni
dell
'
on
.
deputato
di
Macerata
ci
sembrano
assennatissime
.
Non
invano
la
sua
qualità
di
prefetto
lo
ha
messo
a
contatto
colla
realtà
.
Come
si
vede
,
non
si
tratta
di
una
instauratio
ab
imis
fundamentis
,
bensì
soltanto
di
una
migliore
distribuzione
di
lavoro
il
quale
,
previe
alcune
modificazioni
nelle
istituzioni
del
Consiglio
di
Stato
e
della
Corte
dei
conti
,
potrebbe
essere
compiuto
dal
medesimo
personale
d
'
oggidì
,
solo
che
questo
in
parte
dovrebbe
disertare
i
ministeri
della
capitale
per
trasmigrare
nelle
provincie
.
In
tutte
le
provincie
?
Ecco
un
grave
scoglio
.
Le
provincie
sono
69
.
Essendo
così
numerose
,
si
avrebbe
bisogno
di
un
aumento
di
personale
governativo
,
il
quale
è
già
esuberante
.
Come
rimediare
a
questo
inconveniente
?
Alcuni
ci
hanno
già
pensato
.
Sopprimiamo
,
dicono
essi
,
le
piccole
provincie
,
e
riduciamole
al
numero
di
25
al
più
.
Non
conveniamo
in
questa
opinione
.
Le
provincie
devono
rimanere
,
come
oggi
sono
,
fornite
dei
medesimi
ufficî
presso
a
poco
,
che
oggi
hanno
.
Il
sopprimerle
desterebbe
un
malcontento
che
devesi
evitare
.
Per
ragioni
d
'
economia
,
e
nell
'
interesse
della
buona
amministrazione
,
gli
organi
del
potere
centrale
distaccati
dalla
capitale
allo
scopo
di
poter
funzionare
localmente
,
dovrebbero
essere
,
a
nostro
avviso
,
principalmente
regionali
.
La
parola
regione
fa
sopra
molti
un
effetto
che
somiglia
a
quello
che
produce
un
panno
rosso
sventolato
davanti
agli
occhi
di
un
toro
.
Ciò
non
toglie
che
sia
stata
fatta
,
proprio
in
Italia
,
la
celebre
formola
:
governare
da
lontano
,
amministrare
da
vicino
nella
quale
formola
sta
il
fondamento
di
una
buona
amministrazione
in
ogni
vasto
Stato
.
Ciò
non
toglie
che
,
essendo
l
'
Italia
indelebilmente
regionale
,
sebbene
indissolubilmente
cementata
nell
'
unità
politica
,
l
'
espansione
naturale
della
sua
vita
economica
,
sociale
ed
intellettuale
,
ha
fatto
sì
che
oggi
,
in
essa
,
le
regioni
esistono
più
che
mai
,
economicamente
,
socialmente
ed
intellettualmente
.
Le
quali
regioni
del
resto
non
corrispondono
sempre
alle
vecchie
divisioni
politiche
.
Tanto
è
vero
che
,
p
.
es
.
,
l
'
antico
reame
napolitano
al
di
qua
dal
Faro
,
si
va
sempre
più
scomponendo
in
quattro
,
o
per
lo
meno
in
tre
,
regioni
.
Ormai
si
può
dire
che
,
tranne
nell
'
Annuario
officiale
e
nella
distribuzione
degli
ufficî
governativi
,
Milano
non
è
mai
stata
così
completamente
la
capitale
della
Lombardia
come
lo
è
oggidì
,
né
Torino
dell
'
antico
Piemonte
,
né
Firenze
della
Toscana
,
né
Napoli
delle
provincie
napoletane
del
Tirreno
,
ecc
.
Ma
v
'
ha
di
più
,
e
questo
è
il
peggio
.
Il
regionalismo
,
espulso
ufficialmente
dagli
ordini
dell
'
amministrazione
,
nei
quali
lo
Stato
,
se
si
servisse
di
questa
forza
per
i
suoi
scopi
,
otterrebbe
tanti
vantaggi
,
il
regionalismo
,
diciamo
,
poiché
esiste
né
si
può
sopprimere
,
è
penetrato
di
contrabbando
e
si
è
assiso
,
senza
pudore
,
nel
luogo
d
'
onde
avrebbe
dovuto
rimanere
sempre
espulso
,
cioè
nel
Parlamento
della
nazione
;
ed
oggi
la
fa
da
padrone
,
e
discute
e
decide
,
con
criteri
propri
,
e
quindi
affatto
regionali
,
dei
grandi
interessi
e
del
governo
della
nazione
.
Questa
violenza
commessa
a
danno
dell
'
Italia
reale
,
la
quale
si
vendica
colle
armi
fornitele
dall
'
Italia
legale
,
incomincia
a
destare
l
'
attenzione
degli
uomini
più
eminenti
nelle
stesse
provincie
meridionali
,
dove
un
tempo
perfino
la
parola
regione
incontrava
tante
ripugnanze
nel
partito
liberale
.
L
'
onor
.
Bonghi
ebbe
a
dire
,
in
un
recente
discorso
,
che
la
forza
d
'
Italia
risiede
nella
prosperità
delle
sue
regioni
;
e
l
'
onor
.
De
Sanctis
così
si
esprimeva
non
è
molto
tempo
:
"
L
'
Italia
,
signori
,
non
è
un
'
astrazione
;
è
la
casa
,
la
famiglia
,
il
comune
,
la
provincia
,
la
regione
;
e
chi
si
sente
fortemente
legato
a
questi
interessi
,
quello
può
sentire
l
'
Italia
.
Non
faccio
colpa
all
'
Italiano
del
Piemonte
di
essere
buon
piemontese
,
all
'
Italiano
di
Toscana
di
essere
buon
toscano
,
all
'
Italiano
di
Sicilia
di
essere
buon
siciliano
.
Dico
a
voi
,
se
volete
essere
buoni
Italiani
,
cominciate
con
esser
buoni
napoletani
.
Triste
l
'
uomo
solo
,
senza
legami
,
con
l
'
Italia
innanzi
,
un
'
Italia
astratta
,
un
'
Italia
da
accademia
e
da
scuola
.
Più
la
mia
anima
è
piena
,
più
mi
commuove
il
nome
della
mia
famiglia
,
del
mio
paese
nativo
,
della
mia
provincia
,
della
mia
regione
,
io
più
mi
elevo
,
più
sento
vibrare
in
me
l
'Italia."
Or
bene
,
se
questa
benedetta
regione
c
'
è
e
rimane
,
checché
si
faccia
per
distruggerla
,
perché
mai
l
'
Italia
ufficiale
non
imita
Maometto
,
il
quale
avendo
intimato
ad
una
montagna
di
venire
da
lui
,
e
questa
non
movendosi
,
esclamò
,
da
quell
'
uomo
di
spirito
che
era
:
ebbene
,
anderò
io
verso
la
montagna
?
L
'
Italia
ufficiale
,
perché
mai
non
potrebbe
approfittare
di
questa
distribuzione
delle
provincie
in
naturali
regioni
,
per
insediare
nelle
metropoli
naturali
di
queste
regioni
,
dove
già
convengono
spontaneamente
gli
affari
delle
provincie
circostanti
,
le
direzioni
distaccate
dai
dicasteri
centrali
,
per
ciascuno
dei
principali
servigi
,
incominciando
da
quello
dalla
pubblica
sicurezza
?
L
'
argomento
è
troppo
vasto
perché
ci
sia
possibile
esaurirlo
in
poche
pagine
.
Ci
basti
averne
dato
un
cenno
che
valga
a
mostrare
che
,
mediante
alcune
riforme
,
di
cui
poche
per
legge
,
il
resto
per
decreti
reali
,
si
potrebbe
ovviare
ad
una
gran
parte
del
malcontento
amministrativo
,
soddisfare
gli
interessi
locali
dei
cittadini
,
senza
alterare
le
attuali
circoscrizioni
,
senza
scapito
,
né
della
forza
,
né
del
prestigio
del
governo
centrale
,
il
quale
non
cesserebbe
di
essere
il
governo
centrale
,
anche
delegando
,
sotto
la
propria
responsabilità
,
alcuni
suoi
poteri
a
funzionarî
lontani
,
come
oggi
ne
delega
a
funzionarî
vicini
.
Lo
scrivente
,
essendo
ministro
dei
lavori
pubblici
nel
1860
,
ordinò
il
servizio
dei
telegrafi
e
quello
delle
poste
,
regionalmente
;
e
nel
1865
presentò
una
proposta
per
applicare
il
sistema
regionale
al
genio
civile
.
Che
se
la
posizione
degli
impiegati
e
sopratutto
le
norme
pei
loro
traslocamenti
,
dei
quali
tanto
si
è
abusato
in
questi
ultimi
tempi
,
con
criterî
affatto
partigiani
,
fossero
meglio
determinate
per
legge
,
vigilate
e
controllate
,
da
un
'
autorità
irremovibile
estraparlamentare
,
i
fomiti
,
descritti
a
suo
luogo
,
di
regionalismo
politico
,
cesserebbero
forse
del
tutto
.
È
stata
una
vera
disgrazia
quella
che
,
nei
primordi
del
Regno
,
quando
si
trattò
di
creare
il
nuovo
assetto
amministrativo
,
anziché
il
sistema
francese
e
il
belga
,
non
si
sia
preso
,
per
norma
,
l
'
austriaco
,
sistema
discentratore
,
eppure
semplice
e
poco
spendereccio
.
Il
grande
argomento
che
si
fece
valere
in
quel
tempo
,
è
che
ai
Veneti
,
tuttora
viventi
sotto
la
dominazione
austriaca
,
non
conveniva
far
vedere
che
si
seguivano
le
pedate
dei
loro
dominatori
;
quasiché
per
questo
i
Veneti
dovessero
trovarsi
meno
disposti
a
riunirsi
alla
grande
famiglia
italiana
!
Ma
tant
'
è
;
l
'
influenza
dei
pregiudizi
nello
ordinamento
del
nuovo
Stato
,
meriterebbe
uno
studio
a
parte
,
e
riuscirebbe
molto
istruttivo
il
verificare
con
quale
cifra
di
milioni
quei
pregiudizî
figurino
direttamente
o
indirettamente
nel
gran
libro
del
debito
pubblico
!
A
questo
discentramento
territoriale
dell
'
amministrazione
governativa
,
potrebbe
aggiungersi
come
abbiamo
già
avvertito
,
l
'
altro
discentramento
,
quello
cioè
delle
rappresentanze
degli
interessi
locali
.
Ci
sono
molti
,
i
quali
,
quando
sono
invitati
ad
uscire
dalle
nebulosità
in
cui
tengono
avvolto
il
concetto
che
si
formano
da
discentramento
,
hanno
sempre
in
bocca
:
dobbiamo
accordare
la
massima
autonomia
,
e
maggiori
attribuzioni
,
al
comune
e
alla
provincia
.
Or
bene
,
a
noi
sembra
che
,
in
quanto
ad
autonomia
,
provincia
e
comune
ne
hanno
,
presso
a
poco
,
quello
che
loro
occorre
;
e
in
quanto
ad
attribuzioni
,
quello
ch
'
essi
sono
in
grado
di
sopportare
,
colle
forze
intellettuali
ed
economiche
di
cui
dispongono
;
anzi
ci
sembra
che
i
comuni
piccoli
ne
hanno
troppe
,
e
che
sia
stato
un
errore
quello
della
legge
vigente
,
di
parificarli
ai
grandi
.
La
questione
non
è
questa
,
è
un
'
altra
.
Ogni
discentramento
che
non
sia
istituzionale
,
non
ha
serietà
in
Italia
se
non
è
regionale
,
per
il
solo
fatto
che
la
maggior
parte
delle
attuali
provincie
,
isolatamente
,
scarseggia
troppo
di
mezzi
e
di
personale
per
assumere
incombenze
molto
più
estese
di
quelle
che
oggi
disimpegna
.
Le
regioni
invece
posseggono
siffatti
requisiti
.
Molte
spese
collettivamente
sarebbero
minori
e
verrebbero
eseguite
meglio
.
Esistono
interessi
,
i
quali
non
sono
niente
affatto
nazionali
,
ed
hanno
un
carattere
perfettamente
locale
;
si
riferiscono
questi
a
'
lavori
pubblici
,
alla
istruzione
pubblica
,
al
commercio
,
alla
industria
,
alla
agricoltura
,
alla
selvicoltura
,
alle
miniere
,
alla
navigazione
;
ma
sono
troppo
vasti
per
poter
essere
appagati
da
una
sola
provincia
;
perciò
vanno
ad
accrescere
il
lavoro
governativo
sotto
la
controlleria
del
parlamento
.
Invece
parecchie
provincie
associate
,
sarebbero
in
grado
di
assumere
tali
incombenze
,
qualora
lo
Stato
lasciasse
a
loro
la
disposizione
delle
somme
da
esse
oggi
versate
,
a
tal
uopo
,
nelle
casse
erariali
.
Finché
alcune
provincie
del
mezzogiorno
si
credevano
in
diritto
di
reclamare
dalla
nazione
che
questa
,
per
ragioni
di
giustizia
distributiva
,
assumesse
le
spese
occorrenti
per
fornirle
di
certe
opere
,
le
quali
,
se
non
erano
di
utilità
nazionale
,
convenivano
a
parecchie
di
esse
,
si
poteva
comprendere
facilmente
la
ripugnanza
delle
medesime
ad
ammettere
il
principio
che
le
provincie
associate
,
e
non
la
nazione
tutta
,
assumessero
quell
'
onere
.
Ma
oggi
,
dopo
che
è
in
corso
di
esecuzione
la
legge
per
le
strade
obbligatorie
,
dopo
che
si
sono
stanziate
nei
bilanci
tante
spese
per
porti
secondarî
,
dopo
la
votazione
del
recente
provvedimento
sulle
ferrovie
,
leggi
tutte
le
quali
,
buone
o
cattive
che
siano
,
devono
essere
attuate
,
quella
ripugnanza
non
dovrebbe
aver
più
fondamento
.
La
situazione
delle
finanze
è
tale
,
che
guai
se
non
si
ponesse
un
freno
alle
spese
che
non
riguardano
interessi
nazionali
!
È
necessario
che
d
'
ora
in
avanti
,
meno
eccezioni
straordinarie
a
favore
di
interessi
puramente
locali
,
intorno
alle
quali
deciderà
il
Parlamento
,
i
singoli
comuni
,
le
singole
provincie
,
non
ricorrano
all
'
erario
nazionale
per
ottenere
ciò
che
sarebbe
utile
ad
esse
soltanto
,
ma
che
se
lo
procaccino
da
sé
;
e
che
quando
l
'
utilità
di
tali
spese
si
estende
a
parecchie
provincie
,
ci
pensino
,
nella
misura
della
interessenza
rispettiva
,
le
provincie
associate
.
Or
bene
,
le
provincie
associate
non
costituirebbero
forse
appunto
una
regione
?
e
questa
associazione
non
potrebbe
forse
ricevere
un
organismo
?
Un
parlamentino
regionale
!
Dio
ne
guardi
!
Ci
sembra
sentir
esclamare
.
No
,
non
ci
sarebbe
bisogno
di
un
parlamentino
regionale
.
Basterebbe
che
le
singole
Deputazioni
provinciali
di
una
data
regione
,
incaricassero
ciascuna
,
due
o
tre
dei
proprî
colleghi
a
convenire
insieme
con
quelli
delle
altre
,
per
deliberare
intorno
alle
spese
da
farsi
in
comune
,
salva
l
'
approvazione
dei
rispettivi
Consigli
provinciali
.
In
piccola
scala
imiterebbero
l
'
esempio
delle
Delegazioni
austro
ungariche
.
Così
potrebbe
essere
attuata
la
rappresentanza
degli
interessi
regionali
,
a
scarico
delle
incumbenze
del
Parlamento
,
con
probabilità
che
a
quegli
interessi
venga
provveduto
meglio
.
Oggi
per
esempio
,
un
interesse
evidente
e
sacrosanto
,
comune
a
tutte
le
provincie
piemontesi
,
può
andar
sagrificato
per
una
coalizione
parlamentare
di
siciliani
,
di
toscani
e
di
veneti
,
o
viceversa
.
Per
sventare
siffatto
pericolo
i
deputati
piemontesi
devono
venire
a
patti
con
quelli
di
altre
regioni
;
e
siccome
tali
patti
si
fondano
sempre
sul
principio
:
do
ut
des
,
facio
ut
facias
,
così
chi
finisce
ad
andarci
di
mezzo
,
è
l
'
erario
nazionale
.
Se
si
entrasse
in
questa
via
,
solo
allora
sarebbe
lecito
sperare
che
le
sessioni
del
Parlamento
possano
durare
non
più
di
pochi
mesi
,
che
il
Parlamento
non
si
abbia
ad
occupare
d
'
altro
che
degli
interessi
nazionali
,
che
i
deputati
sollecitatori
ricevano
lo
sfratto
,
e
che
nessuno
più
venga
a
domandare
in
quale
provincia
sia
nato
un
consigliere
della
corona
,
per
sapere
se
si
deve
combatterlo
od
appoggiarlo
.
Altrimenti
temiamo
che
,
più
o
meno
,
saremo
sempre
da
capo
cogli
inconvenienti
del
parlamentarismo
italiano
.
L
'
Italia
ha
bisogno
di
un
governo
forte
,
forte
entro
la
sfera
delle
attribuzioni
che
gli
assegna
lo
Statuto
,
e
capace
di
durare
senza
aver
bisogno
di
ricorrere
ad
indecorose
compiacenze
verso
interessi
che
non
sono
quelli
della
nazione
;
ma
non
lo
avrà
mai
questo
governo
forte
,
finché
il
potere
centrale
non
venga
esonerato
da
una
infinità
di
minute
incombenze
che
lo
screditano
,
lo
inceppano
,
lo
affogano
,
e
aprono
la
via
alle
ingerenze
indebite
della
politica
nella
amministrazione
.
Anche
liberati
da
molte
incombenze
minute
,
tutti
i
dicasteri
centrali
,
avrebbero
abbastanza
da
fare
.
A
quelli
che
dipendono
,
prendiamoli
come
un
esempio
,
dal
ministero
d
'
agricoltura
e
commercio
,
resterebbe
sempre
un
campo
abbastanza
vasto
per
mettere
alla
prova
lo
spirito
di
iniziativa
di
un
ministro
operoso
,
circondato
da
uno
stato
maggiore
poco
numeroso
,
ma
ottimo
,
e
per
giustificare
la
presenza
di
lui
nei
consigli
della
corona
.
E
ciò
valga
anche
per
altri
ministeri
.
IV
.
La
riforma
elettorale
.
Veniamo
ora
alla
questione
della
riforma
elettorale
.
Ci
sembra
che
,
al
pari
di
quella
del
discentramento
,
si
presenti
essa
pure
,
nello
stato
attuale
d
'
Italia
,
come
un
argomento
superiore
ai
partiti
.
Infatti
,
una
riforma
della
legge
elettorale
,
quando
apparisca
chiaro
che
la
legge
vigente
non
risponda
allo
scopo
di
fornire
al
paese
,
quale
esso
è
costituito
in
realtà
,
il
modo
di
esprimere
fedelmente
il
proprio
pensiero
politico
,
e
che
la
riforma
da
introdursi
si
debba
limitare
unicamente
a
conseguire
siffatto
scopo
,
non
potrebbe
essere
avversata
da
nessun
partito
serio
.
Gli
effetti
delle
riforme
di
questa
specie
,
per
poco
che
siano
profonde
,
sono
sempre
una
grande
incognita
.
L
'
esperienza
di
altri
paesi
c
'
insegna
che
talvolta
l
'
innovazione
introdotta
finì
per
rivolgersi
contro
coloro
che
l
'
avevano
promossa
.
Ma
c
'
è
sempre
questo
di
buono
,
in
una
riforma
che
risponda
allo
scopo
,
che
essa
,
cioè
,
fornisce
la
certezza
ad
ogni
partito
che
abbia
solide
basi
nel
paese
,
di
poter
fare
assegnamento
anche
sopra
un
ritorno
verso
lui
del
pubblico
favore
,
quando
questo
lo
avesse
abbandonato
.
E
invero
il
numero
degli
elettori
inalterabilmente
fedeli
ad
un
partito
è
scarso
dovunque
.
La
grande
massa
dei
medesimi
suol
funzionare
da
bilanciere
e
propendere
piuttosto
in
un
senso
che
in
un
altro
,
secondo
che
il
momento
in
cui
è
consultata
,
essa
giudica
più
utile
al
paese
che
prevalga
piuttosto
questo
che
quel
partito
.
Se
ciò
non
fosse
,
o
i
wigh
o
i
tories
si
perpetuerebbero
al
governo
.
Se
non
che
ci
sembra
che
in
Italia
,
da
quando
è
stato
messo
sul
tappeto
il
problema
di
una
riforma
elettorale
,
si
sono
manifestate
due
preoccupazioni
opposte
,
le
quali
è
a
desiderarsi
,
a
nostro
avviso
,
non
finiscano
ad
avere
il
sopravvento
né
l
'
una
,
né
l
'
altra
.
Molti
uomini
della
Destra
(
malgrado
il
brutto
tiro
che
ha
fatto
loro
il
sistema
elettorale
vigente
,
nel
1876
)
,
non
che
dei
Centri
,
hanno
in
grandissima
diffidenza
ogni
mutamento
a
quel
sistema
,
salvo
che
fosse
di
poca
importanza
,
come
p
.
es
.
,
sarebbe
il
far
discendere
a
21
anni
il
limite
d
'
età
voluto
per
l
'
esercizio
di
esso
diritto
.
Malgrado
alcuni
inconvenienti
,
la
legge
attuale
ha
questo
di
buono
,
secondo
essi
,
che
,
presumibilmente
,
assicura
il
predominio
a
quella
minoranza
più
colta
del
popolo
italiano
che
ha
preparato
e
compiuto
la
rivoluzione
italiana
.
Se
l
'
applicazione
di
questa
legge
,
in
questi
ultimi
anni
,
si
rivolse
contro
la
Destra
,
siffatto
sfregio
inflittole
sarà
probabilmente
passaggero
.
Dunque
perché
farne
getto
?
Ad
avvalorare
siffatta
tesi
,
si
mettono
avanti
due
argomenti
.
In
primo
luogo
,
si
dice
che
una
vera
agitazione
nel
paese
a
favore
di
un
allargamento
del
diritto
,
non
si
è
scorta
finora
;
in
secondo
luogo
,
che
uno
dei
fatti
politici
più
salienti
che
hanno
richiamato
finora
la
pubblica
attenzione
,
è
la
scarsezza
del
numero
degli
attuali
elettori
inscritti
che
sogliono
presentarsi
alle
urne
,
dal
che
si
deve
indurre
che
la
base
del
diritto
elettorale
vigente
è
già
fin
troppo
larga
.
Nella
Sinistra
invece
si
è
sempre
parlato
di
allargamento
di
base
,
e
s
'
invocava
persino
il
suffragio
universale
diretto
.
Però
in
questi
ultimi
anni
,
una
gran
parte
di
essa
finì
per
riconoscere
che
qualche
restrizione
era
necessaria
,
e
si
ventilarono
parecchi
progetti
in
cui
erano
ammesse
le
categorie
;
solo
che
,
secondo
tali
progetti
,
la
legge
dovrebbe
essere
congegnata
in
modo
da
assicurare
il
predominio
a
quelle
classi
nelle
quali
è
probabile
che
il
partito
recluterà
il
maggior
numero
di
seguaci
.
S
'
intenderebbe
insomma
di
istituire
una
specie
di
oligarchia
delle
così
dette
capacità
,
con
poco
riguardo
al
censo
,
ossia
a
quelli
che
pagano
.
Coloro
che
avranno
seguìto
fin
qui
i
ragionamenti
svolti
nel
presente
scritto
,
sono
già
in
grado
di
scorgere
le
ragioni
che
c
'
impediscono
di
associarci
a
coloro
che
vorrebbero
conservata
integralmente
l
'
attuale
legge
elettorale
.
Questa
era
perfettamente
giustificata
come
una
necessità
nel
periodo
della
lotta
per
l
'
esistenza
nazionale
,
durante
la
quale
una
minoranza
aveva
dovuto
assumere
ed
esercitare
una
specie
di
dittatura
patriottica
.
Ma
,
giunto
il
periodo
del
consolidamento
dell
'
opera
compiuta
è
d
'
uopo
che
sia
ammesso
a
partecipare
alla
cosa
pubblica
il
maggior
numero
di
coloro
che
sono
capaci
di
contribuire
a
consolidarla
.
Ora
,
se
la
creazione
richiedeva
un
grado
di
cognizioni
politiche
e
di
iniziativa
patriottica
che
solo
certe
classi
potevano
dare
,
il
consolidamento
si
effettua
sopratutto
col
lavoro
più
modesto
di
quei
membri
del
consorzio
civile
,
i
quali
recano
ogni
giorno
la
loro
pietra
all
'
edifizio
nazionale
,
e
sebbene
,
né
ricchi
,
né
dotti
,
sono
però
forniti
di
una
idoneità
sufficiente
a
valutare
la
portata
dei
loro
atti
in
relazione
colla
cosa
pubblica
.
Allargare
la
base
dell
'
elettorato
politico
in
questa
misura
,
equivale
a
rendere
più
robusto
l
'
edificio
dello
Stato
.
Oggi
il
numero
degli
elettori
politici
inscritti
non
è
che
poco
più
di
un
mezzo
milione
,
per
una
nazione
di
27
milioni
d
'
abitanti
;
il
che
significa
la
base
elettorale
più
ristretta
che
oggi
si
conosca
nei
paesi
liberi
,
salve
poche
eccezioni
che
il
nostro
amor
proprio
ci
vieta
d
'
invocare
.
Sopra
un
numero
così
ristretto
,
ogni
specie
di
pressioni
illecite
e
di
corruzioni
si
possono
tentare
con
successo
;
e
non
devono
recar
stupore
i
verdetti
talvolta
artificiali
delle
urne
.
Che
se
non
si
scorge
alcuna
agitazione
nel
paese
a
favore
di
un
allargamento
del
diritto
elettorale
,
ciò
non
ci
sembra
gran
fatto
concludente
.
Non
c
'
è
stata
agitazione
nemmeno
per
ottenere
la
legge
oggi
vigente
.
Fu
ricevuta
quale
venne
decretata
,
come
se
ne
sarebbe
accettata
una
che
fosse
stata
diversa
.
I
plebisciti
si
riferivano
all
'
unità
d
'
Italia
,
alla
dinastia
di
Savoia
,
allo
Statuto
;
queste
erano
idee
chiare
;
non
già
alla
legge
elettorale
.
Non
è
dunque
col
criterio
della
maggiore
o
minore
agitazione
pubblica
per
averla
,
che
bisogna
giudicare
se
una
innovazione
nell
'
elettorato
,
sia
da
introdursi
o
no
.
Bensì
bisogna
cercare
se
l
'
innovazione
sarebbe
utile
,
o
no
,
allo
Stato
.
Si
ammette
generalmente
che
il
paese
è
oggi
politicamente
ammalato
,
e
che
ai
buoni
patrioti
spetta
di
far
da
medici
.
Ora
,
che
cosa
si
dovrebbe
pensare
di
un
medico
il
quale
dicesse
di
non
poter
somministrare
il
tale
rimedio
salutare
,
solo
perché
l
'
ammalato
non
glielo
indica
?
Se
si
avesse
ragione
di
parlar
così
,
non
occorrerebbero
i
medici
,
basterebbero
i
farmacisti
.
Riguardo
all
'
altra
obbiezione
,
della
scarsezza
dei
votanti
alle
elezioni
politiche
,
questo
fatto
deriva
da
molte
cause
,
fra
le
altre
dalla
sfiducia
che
è
andata
sempre
più
diffondendosi
nel
paese
,
e
dalla
naturale
pigrizia
,
che
è
un
fenomeno
affatto
individuale
,
e
che
è
comune
a
tutte
le
classi
.
Ammettendo
che
la
pigrizia
oggi
dominante
persista
nel
ceto
elettorale
,
e
che
,
anche
dopo
l
'
allargamento
del
diritto
elettorale
,
si
conservi
l
'
attuale
proporzione
fra
i
votanti
e
gli
inscritti
,
ci
sarà
sempre
questo
di
guadagnato
che
la
rappresentanza
nazionale
sarà
eletta
da
un
numero
assoluto
di
votanti
maggiore
di
prima
.
D
'
altronde
l
'
allargamento
del
suffragio
è
una
di
quelle
questioni
che
si
ponno
differire
,
ma
se
una
volta
sono
poste
,
è
pericoloso
lasciarle
troppo
trascinare
,
perché
sembrano
fatte
apposta
per
fornir
pretesti
alle
agitazioni
,
anche
quando
le
agitazioni
a
quel
proposito
non
sorgono
spontaneamente
.
Se
queste
ragioni
c
'
inducono
a
considerare
come
uno
dei
criteri
conservatori
di
governo
e
non
di
partito
,
che
si
ammetta
una
riforma
elettorale
,
è
naturale
che
dobbiamo
dichiararci
di
gran
lunga
più
avversi
ancora
a
tutti
i
progetti
di
riforma
tendenti
a
falsificare
sempre
più
,
a
beneficio
di
uno
scopo
di
partito
,
l
'
espressione
del
sincero
voto
del
paese
quale
questo
è
costituito
.
Ci
asteniamo
dal
discorrere
dello
scrutinio
di
lista
e
della
rappresentanza
delle
minoranze
,
due
argomenti
degni
d
'
esame
anch
'
essi
,
ma
la
di
cui
importanza
è
maggiore
o
minore
secondo
i
fondamenti
dell
'
elettorato
che
s
'
intende
adottare
.
Ma
quali
potrebbero
essere
dunque
i
fondamenti
dell
'
elettorato
?
L
'
indole
di
questo
scritto
ci
dispensa
dal
formulare
una
concreta
proposta
,
ma
ci
impegna
ad
indicare
i
criteri
a
cui
si
dovrebbe
,
a
nostro
avviso
,
ricorrere
per
formularla
.
I
fondamenti
di
una
riforma
elettorale
politica
,
quando
l
'
elettorato
non
abbia
un
carattere
storico
,
come
è
il
caso
dell
'
Inghilterra
,
possono
essere
,
o
naturali
,
o
artificiali
.
Il
fondamento
più
naturale
è
sembrato
a
molti
consistere
nel
suffragio
universale
diretto
.
Ora
,
se
c
'
è
un
sistema
elettorale
,
il
quale
sembra
immaginato
al
solo
intento
di
rappresentare
il
mondo
al
rovescio
,
è
precisamente
quello
,
tranne
il
caso
di
alcune
società
di
costumi
patriarcali
,
ovvero
di
popoli
in
formazione
sopra
un
suolo
vergine
per
effetto
di
emigrazioni
da
altri
paesi
.
E
per
verità
,
nel
regime
del
suffragio
universale
non
si
tiene
conto
della
realtà
.
Invece
di
partire
dai
fatti
,
si
immagina
una
teoria
estraumana
.
Cesserebbe
di
rappresentare
il
mondo
al
rovescio
solo
quando
tutti
gli
uomini
fossero
parificati
,
non
già
nel
saper
leggere
e
scrivere
,
che
è
l
'
istrumento
del
sapere
e
non
il
sapere
,
ma
anche
nella
coltura
,
nei
servigi
resi
al
paese
,
nel
merito
,
nelle
condizioni
di
famiglia
,
e
quando
,
soppresso
il
diritto
di
proprietà
,
il
capitale
,
e
l
'
iniziativa
individuale
nell
'
industria
e
nel
commercio
,
tutti
i
cittadini
contribuissero
in
egual
misura
ai
pubblici
pesi
.
Ma
,
preso
il
mondo
come
oggi
è
,
il
buon
senso
si
rivolta
al
pensiero
che
non
ci
debba
essere
la
minima
proporzione
fra
i
diritti
e
i
servigi
,
che
quelli
i
quali
più
contribuiscono
alla
cosa
pubblica
non
abbiano
maggiori
titoli
al
potere
sociale
,
che
i
cittadini
i
quali
danno
più
alla
Società
della
loro
virtù
e
intelligenza
,
della
loro
fortuna
e
del
loro
lavoro
,
non
debbano
partecipare
di
più
al
governo
.
No
,
dacché
siamo
stati
risparmiati
da
questo
malanno
,
teniamolo
lontano
,
radicali
,
liberali
,
conservatori
,
retrivi
,
e
quanti
viviamo
in
Italia
.
Nei
paesi
dove
è
stato
introdotto
,
i
suoi
effetti
si
vedono
alquanto
attenuati
da
circostanze
speciali
,
p
.
es
.
,
negli
Stati
Uniti
d
'
America
,
dove
la
società
è
ordinata
istituzionalmente
e
lo
Stato
non
è
che
una
delle
tante
forze
sociali
(
e
,
diciamolo
fra
parentesi
,
la
sola
forza
sociale
che
funziona
male
)
;
nell
'
Impero
Germanico
,
dove
la
società
non
è
passata
attraverso
al
crogiuolo
livellatore
della
rivoluzione
francese
,
e
presenta
poderose
basi
istoriche
;
in
Francia
,
dove
l
'
abbondanza
della
ricchezza
economica
suddivisa
ha
creato
un
fitto
intreccio
di
interessi
,
i
quali
,
finora
almeno
,
hanno
fatto
argine
allo
straripamento
del
proletariato
ignorante
.
Però
le
menti
più
liberali
e
più
elevate
di
quei
paesi
si
mostrano
grandemente
impensierite
degli
effetti
di
quel
sistema
,
nel
timore
che
alla
lunga
abbia
a
far
capo
ad
una
nuova
barbarie
.
In
Italia
dove
non
esiste
,
né
ordinamento
istituzionale
,
né
poderosi
basi
storiche
nella
società
,
né
un
fitto
intreccio
di
interessi
economici
,
se
si
introducesse
il
suffragio
universale
,
all
'
indomani
,
la
barbarie
,
il
caos
,
sarebbero
alle
porte
.
Invece
ci
sembra
non
riescirebbe
contrario
al
buon
senso
che
si
distinguesse
la
fonte
del
diritto
elettorale
dall
'
esercizio
di
questo
,
e
si
ammettesse
che
la
fonte
del
diritto
risieda
in
ogni
cittadino
adulto
,
ma
che
l
'
esercizio
abbia
ad
esserne
ordinato
in
modo
da
atteggiarsi
alle
realità
dei
fatti
sociali
esistenti
.
Ciò
si
potrebbe
ottenere
in
molte
maniere
.
Ne
citeremo
due
sole
.
L
'
una
sarebbe
il
sistema
della
elezione
a
due
gradi
,
che
è
oggi
praticato
in
parecchi
fra
i
paesi
più
colti
.
Secondo
quel
sistema
,
il
suffragio
universale
non
elegge
i
rappresentanti
della
nazione
,
ma
designa
soltanto
gli
elettori
che
dovranno
eleggere
quei
rappresentanti
.
Se
è
assurdo
attribuire
a
tutti
la
stessa
facoltà
di
eleggere
immediatamente
coloro
,
nelle
cui
mani
sono
riposti
i
più
alti
interessi
della
patria
,
non
lo
è
il
presumere
che
tutti
siano
in
grado
di
decidere
quale
fra
le
persone
che
conoscono
sia
meglio
d
'
ogni
altra
adattata
ad
esercitare
un
mandato
di
fiducia
,
come
quello
di
eleggere
un
rappresentante
.
Anche
l
'
uomo
più
rozzo
,
nella
sua
ingenuità
,
raramente
s
'
inganna
quando
giudica
delle
qualità
morali
di
una
persona
che
conosce
.
Al
suffragio
universale
pertanto
non
si
domanda
che
quello
che
può
dare
utilmente
;
e
siccome
non
viene
impedito
a
nessun
elettore
di
primo
grado
di
essere
anche
eletto
elettore
di
secondo
grado
,
ed
a
nessun
elettore
di
secondo
grado
di
essere
eletto
rappresentante
,
e
a
nessun
rappresentante
di
diventar
ministro
,
così
la
parificazione
potenziale
di
tutti
rispetto
al
diritto
elettorale
,
risulta
completa
.
È
la
legge
della
selezione
applicata
alla
materia
elettorale
.
Come
si
vede
,
la
differenza
fra
il
suffragio
universale
diretto
e
l
'
indiretto
,
in
diritto
pubblico
,
equivale
alla
differenza
che
ci
sarebbe
,
in
diritto
privato
,
fra
un
codice
civile
che
concedesse
a
tutti
il
diritto
di
avere
un
eguale
possesso
,
e
i
codici
vigenti
d
'
Europa
,
i
quali
concedono
a
tutti
il
diritto
di
poter
possedere
sotto
certe
condizioni
determinate
della
legge
.
Il
suffragio
per
censo
invece
,
equivale
,
in
diritto
privato
,
alla
esclusione
di
ogni
individuo
di
una
classe
dalla
facoltà
di
poter
possedere
,
solo
perché
appartiene
a
quella
classe
.
Oggi
in
Italia
l
'
elezione
a
due
gradi
esiste
in
fatto
,
ma
in
senso
inverso
.
I
prefetti
,
le
sette
,
il
giornalismo
,
i
comitati
elettorali
,
si
costituiscono
a
modo
di
elettori
di
secondo
grado
,
di
uomini
di
fiducia
;
scelgono
essi
il
rappresentante
,
e
poi
si
rivolgono
agli
elettori
di
primo
grado
,
perché
lo
confermino
e
rendano
legale
la
nomina
.
Col
sistema
in
discorso
non
si
lascerebbe
che
gli
elettori
di
secondo
grado
,
gli
uomini
di
fiducia
,
si
nominino
da
sé
,
come
oggi
avviene
,
talvolta
con
pochissima
modestia
e
non
senza
petulanza
,
ma
sarebbero
scelti
e
nominati
immediatamente
dagli
elettori
di
primo
grado
.
L
'
altro
sistema
sarebbe
l
'
elezione
per
classi
,
come
avveniva
nell
'
antica
Roma
,
e
avviene
oggi
nell
'
Impero
d
'
Austria
.
La
classificazione
più
naturale
peraltro
,
ma
non
ci
consta
che
venga
oggi
applicata
in
alcun
paese
,
sarebbe
quella
per
cui
ad
ogni
cittadino
adulto
venisse
conferito
il
diritto
ad
un
voto
,
ma
a
questo
voto
unitario
ne
potesse
aggiungere
tanti
quanti
corrispondono
alle
diverse
qualifiche
che
possono
riunirsi
in
lui
e
che
accrescono
il
suo
reale
valore
sociale
.
Un
uomo
pertanto
potrebbe
aver
un
voto
politico
come
cittadino
adulto
,
un
altro
come
capo
di
famiglia
,
un
terzo
come
possidente
,
un
quarto
come
professionista
,
un
quinto
come
membro
di
un
'
accademia
,
un
sesto
come
consigliere
comunale
ecc
.
,
e
disporre
così
di
otto
o
dieci
voti
.
Il
Conte
di
Cavour
e
il
suo
mozzo
di
stalla
concorrerebbero
egualmente
all
'
elezione
,
ma
il
primo
con
quindici
o
venti
voti
,
l
'
altro
con
uno
solo
.
Veniamo
ora
a
parlare
dei
fondamenti
artificiali
,
ossia
delle
categorie
di
censo
e
di
capacità
.
La
determinazione
dei
confini
di
queste
categorie
ha
sempre
qualche
cosa
di
arbitrario
a
cui
non
si
può
rimediare
.
Oggi
,
per
esempio
,
si
richiede
che
si
paghi
40
lire
d
'
imposta
per
essere
elettore
politico
.
Or
bene
,
si
può
domandare
qual
differenza
esiste
nella
mente
del
legislatore
fra
un
uomo
che
paga
39
lire
di
imposta
e
uno
che
ne
paga
40
?
eppure
il
primo
è
escluso
.
La
stessa
obbiezione
si
presenta
anche
se
si
abbassasse
la
cifra
,
imperocché
,
ammesse
le
categorie
,
occorre
che
la
legge
ne
determini
i
limiti
.
Ciononostante
,
se
è
d
'
uopo
ricorrere
ad
una
riforma
che
abbia
un
fondamento
artificiale
,
ci
sembra
che
il
miglior
argomento
che
si
potrebbe
invocare
a
favore
di
un
sistema
proposto
,
si
è
che
abbia
già
fatto
buona
prova
nel
paese
.
In
Italia
la
legge
elettorale
amministrativa
è
molto
più
larga
della
politica
,
e
funziona
regolarmente
.
Perché
non
si
potrebbero
introdurre
in
quest
'
ultima
i
criterî
elettorali
ammessi
perla
prima
?
È
molto
diverso
,
risponderanno
alcuni
,
scegliere
un
buon
deputato
al
Parlamento
e
un
buon
consigliere
comunale
.
Non
ci
arrestiamo
davanti
a
questa
obbiezione
.
Chi
è
riuscito
a
scegliere
un
buon
consigliere
comunale
applichi
pure
le
norme
del
suo
buon
senso
,
facendo
le
debite
distinzioni
che
lo
stesso
buon
senso
gli
suggerirà
,
all
'
elezione
del
deputato
,
e
la
nazione
non
avrà
che
a
congratularsi
con
lui
per
quella
scelta
.
Lo
scrivente
ha
già
avuto
occasione
di
manifestare
la
sua
preferenza
per
il
sistema
elettorale
a
due
gradi
,
il
quale
ha
dato
,
e
dà
,
buoni
risultati
in
altri
paesi
.
Ma
se
l
'
opinione
pubblica
non
fosse
ancora
abbastanza
preparata
a
fare
buona
accoglienza
a
questo
sistema
,
perché
non
si
potrebbe
adottare
come
esperimento
,
l
'
applicazione
alle
elezioni
politiche
la
legge
elettorale
amministrativa
vigente
,
le
conseguenze
della
quale
possono
essere
calcolate
con
bastante
precisione
?
E
qui
porremo
termine
alle
nostre
considerazioni
.
Non
possiamo
sapere
fino
a
qual
punto
saranno
approvate
dai
lettori
.
Osiamo
sperare
peraltro
che
questi
,
senza
eccezione
,
vorranno
ammettere
due
cose
:
l
'
una
che
,
nel
dettarle
,
fu
sempre
presente
alla
nostra
mente
quella
sentenza
di
Vico
,
da
noi
apposta
per
epigrafe
al
presente
libro
,
che
,
cioè
le
cose
fuori
del
loro
stato
naturale
né
si
adagiano
,
né
vi
durano
;
l
'
altra
che
è
vivissimo
il
nostro
desiderio
che
la
nazione
italiana
si
adagi
davvero
nel
nuovo
ordine
politico
e
vi
duri
.
Saggistica ,
LA
CITTÀ
DELL
AMORE
Mancano
a
noi
le
nere
foreste
del
Nord
,
le
nere
foreste
degli
abeti
,
cui
l
uragano
fa
torcere
i
rami
come
braccia
di
colossi
disperati
;
mancano
a
noi
le
bianchezze
immacolate
della
neve
che
dànno
la
vertigine
del
candore
;
mancano
le
rocce
aspre
,
brulle
,
dai
profili
duri
ed
energici
;
manca
il
mare
livido
e
tempestoso
.
Sui
nostri
prati
molli
di
rugiada
non
vengono
gli
elfi
a
danzare
la
ridda
magica
;
non
discendono
dalle
colline
le
peccatrici
walkirie
,
innamorate
degli
uomini
;
non
compaiono
al
limitare
dei
boschi
le
roussalke
bellissime
;
qui
non
battono
i
panni
umidi
le
maledette
lavandaie
,
perfide
allettatrici
del
viandante
;
il
folletto
kelpis
non
salta
in
groppa
al
cavaliere
smarrito
.
Lassù
una
natura
quasi
ideale
,
nebulosa
,
malinconica
,
ispiratrice
agli
uomini
di
strani
delirî
della
fantasia
:
qui
una
natura
reale
,
aperta
,
senza
nebbie
,
ardente
,
secca
,
eternamente
lucida
,
eternamente
bella
che
fa
vivere
l
uomo
nella
gioia
o
nel
dolore
della
realtà
.
Lassù
si
sogna
nella
vita
;
qui
si
vive
in
un
sogno
che
è
vita
.
Lassù
i
solitarî
e
tristi
piaceri
della
immaginazione
che
crea
un
mondo
sovrasensibile
;
qui
la
festa
completa
di
un
mondo
creato
.
E
le
nostre
leggende
hanno
un
carattere
profondamente
umano
,
profondamente
sensibile
che
fa
loro
superare
lo
spazio
ed
il
tempo
.
Soltanto
,
per
ascendere
ad
una
suprema
idealità
,
hanno
bisogno
del
misticismo
:
di
quel
misticismo
che
è
la
follia
dell
anima
,
inebbriata
omicida
del
corpo
,
di
quel
misticismo
che
è
fede
,
pensiero
,
amore
,
arte
,
attraverso
tutti
i
secoli
,
in
ogni
paese
;
di
quel
misticismo
che
è
il
massimo
punto
divino
a
cui
può
giungere
un
esistenza
eccessivamente
umana
.
Ma
a
questo
dramma
,
a
questa
vittoria
cruenta
dello
spirito
sul
corpo
,
vien
dietro
un
altro
dramma
,
più
umano
,
più
potente
,
dove
il
pensiero
ed
il
sentimento
non
vincono
la
vita
,
ma
vi
si
compenetrano
e
vi
si
fondono
;
dove
l
uomo
non
uccide
una
parte
di
sé
per
la
esaltazione
dell
altra
,
ma
dove
tutto
è
esistenza
,
tutto
è
esaltazione
,
tutto
è
trionfo
:
il
dramma
dell
amore
.
Le
nostre
leggende
sono
l
amore
.
E
Napoli
è
stata
creata
dall
amore
.
Cimone
amava
la
fanciulla
greca
.
Invero
ella
era
bellissima
:
era
l
immagine
della
forte
e
vigorosa
bellezza
che
ebbero
Giunone
e
Minerva
,
cui
veniva
rassomigliata
.
La
fronte
bassa
e
limitata
di
dea
,
i
grandi
occhi
neri
,
la
bocca
voluttuosa
,
la
vivida
candidezza
della
carnagione
,
lo
stupendo
accordo
della
grazia
e
della
salute
in
un
corpo
ammirabile
di
forme
,
la
composta
serenità
della
figura
,
la
rendevano
tale
.
Si
chiamava
Parthenope
,
che
nel
dolce
linguaggio
greco
significa
Vergine
.
Ella
godeva
sedere
sull
altissima
roccia
,
fissando
il
fiero
sguardo
sul
mare
,
perdendosi
nella
contemplazione
delle
glauche
lontananze
dello
Ionio
.
Non
si
curava
del
vento
marino
che
le
faceva
sbattere
il
peplo
,
come
ala
di
uccello
spaventato
;
non
udiva
il
sordo
rumore
delle
onde
che
s
incavernavano
sotto
la
roccia
,
scavandola
a
poco
,
a
poco
.
L
anima
cominciava
per
immergersi
in
un
pensiero
;
oltre
quel
mare
,
lontano
lontano
,
dove
l
orizzonte
si
curva
,
altre
regioni
,
altri
paesi
,
l
ignoto
,
il
mirabile
,
l
indefinibile
.
In
questo
pensiero
la
fantasia
si
allargava
in
un
sogno
senza
confine
,
la
fanciulla
sentiva
ingrandire
la
potenza
del
suo
spirito
e
,
sollevata
in
piedi
,
le
pareva
di
toccare
il
cielo
col
capo
e
di
potere
stringere
nel
suo
immenso
amplesso
tutto
il
mondo
.
Ma
presto
questi
sogni
svaniscono
.
Ora
ella
ama
Cimone
,
con
l
unico
possente
,
imperante
amore
della
fanciulla
,
che
si
trasforma
in
donna
.
Nella
notte
di
estate
,
notte
bionda
e
bianca
di
estate
,
Cimone
parla
all
amata
:
Parthenope
,
vuoi
tu
seguirmi
?
Partiamo
,
amore
.
Tuo
padre
ti
rifiuta
al
mio
talamo
,
o
soavissima
:
Eumeo
vuole
egli
per
tuo
sposo
e
suo
figliolo
.
Ami
tu
Eumeo
?
Amo
te
,
Cimone
.
Lode
a
Venere
santa
e
grazie
a
te
,
suo
figliola
!
Pensa
dunque
quale
nero
incubo
sarebbe
la
vita
,
divisi
,
lontani
e
come
,
giovani
ancora
,
aneleremmo
alle
cupe
ombre
dello
Stige
.
Vuoi
tu
partire
meco
,
Parthenope
?
Io
sono
la
tua
schiava
,
amore
.
Pensa
:
dimenticare
la
faccia
di
tuo
padre
,
cancellare
dal
tuo
volto
il
bacio
delle
sorelle
,
fuggire
le
dolci
amiche
,
abbandonare
il
tuo
tetto
...
Partiamo
,
Cimone
.
Partire
,
o
dolcissima
,
partire
per
un
viaggio
lungo
,
penoso
,
sul
mare
traditore
,
per
una
via
ignota
,
ad
una
meta
sconosciuta
;
partire
senza
speranza
di
ritorno
;
affidarsi
ai
flutti
,
sempre
nemici
degli
amanti
;
partire
per
andare
lontano
,
molto
lontano
,
in
terre
inospitali
,
brune
,
dove
è
eterno
l
inverno
,
dove
il
pallido
sole
si
fascia
di
nuvole
,
dove
l
uomo
non
ama
l
uomo
,
dove
non
sono
giardini
,
non
sono
rose
,
non
sono
templi
...
Ma
nei
grandi
occhi
neri
di
Parthenope
è
il
raggio
di
un
amore
insuperabile
e
nella
sua
voce
armoniosa
vibra
la
passione
:
Io
t
amo
ella
dice
,
partiamo
.
Sono
mille
anni
che
il
lido
imbalsamato
li
aspetta
.
Mille
primavere
hanno
gittata
sulle
colline
la
ricchezza
inesausta
,
rinascente
,
dalla
loro
vegetazione
e
dalla
montagna
sino
al
mare
si
spande
il
lusso
irragionevole
,
immenso
,
sfolgorante
di
una
natura
meravigliosa
.
Nascono
i
fiori
,
olezzano
,
muoiono
perché
altri
più
belli
sfoglino
i
loro
petali
sul
suolo
;
milioni
e
milioni
di
piccole
vite
fioriscono
anche
esse
per
amare
,
per
morire
,
per
rinascere
ancora
.
Da
mille
anni
attende
il
mare
innamorato
,
da
mille
anni
attendono
le
stelle
innamorate
.
Quando
i
due
amanti
giungono
al
lido
divino
un
sussulto
di
gioia
fa
fremere
la
terra
,
la
terra
nata
per
l
amore
,
che
senza
amore
è
destinata
a
perire
,
abbruciata
e
distrutta
dal
suo
desiderio
.
Parthenope
e
Cimone
vi
portano
l
amore
.
Dappertutto
,
dappertutto
essi
hanno
amato
.
Stretti
l
uno
all
altra
,
essi
hanno
portato
il
loro
amore
sulle
colline
,
dalla
bellissima
,
eternamente
fiorita
di
Poggioreale
,
alla
stupenda
di
Posillipo
;
essi
hanno
chinato
i
loro
volti
sui
crateri
infiammati
,
paragonando
la
passione
incandescente
della
natura
alla
passione
del
loro
cuore
;
essi
si
sono
perduti
per
le
oscure
caverne
che
rendevano
paurosa
la
spiaggia
Platamonia
;
essi
hanno
errato
nelle
vallate
profonde
che
dalle
colline
scendevano
al
mare
;
essi
hanno
percorso
la
lunga
riva
,
la
sottile
cintura
che
divide
il
mare
dalla
terra
.
Dovunque
hanno
amato
.
Nelle
stellate
notti
di
estate
,
Parthenope
si
è
distesa
sull
arena
del
lido
fissando
lo
sguardo
nel
cielo
,
carezzando
con
la
mano
la
chioma
di
Cimone
che
è
al
suo
fianco
;
nelle
lucide
albe
di
primavera
hanno
raccolto
,
nel
loro
splendido
giardino
,
fiori
e
baci
,
baci
e
fiori
inesauribili
;
ne
tramonti
di
porpora
dell
autunno
,
nella
stagione
che
declina
,
hanno
sentito
crescere
in
essi
più
vivo
l
amore
;
nelle
brevi
e
belle
giornate
invernali
hanno
sorriso
senza
mestizia
,
pur
anelando
alla
novella
primavera
.
La
pianta
secolare
ha
prestata
la
sua
ombra
benevola
a
tanta
gioventù
;
la
contorta
e
bruna
pietra
dei
campi
Flegrei
non
ha
lacerato
il
gentil
piede
di
Parthenope
;
il
mare
si
è
fatto
bonario
ed
ha
cantata
loro
la
canzoncina
d
amore
,
la
natura
leale
non
ha
avuto
agguati
per
essi
;
sugli
azzurri
orizzonti
ha
spiccato
il
profilo
bellissimo
della
fanciulla
,
il
profilo
energico
del
garzone
.
Quando
essi
si
sono
chinati
ed
hanno
baciato
la
terra
benedetta
,
quando
hanno
alzato
lo
sguardo
al
cielo
,
un
palpito
ha
loro
risposto
e
fra
l
uomo
e
la
natura
si
è
affermato
il
profondo
,
l
invincibile
amore
che
li
lega
.
Napoli
,
la
città
della
giovinezza
,
attendeva
Parthenope
e
Cimone
;
ricca
,
ma
solitaria
,
ricca
,
ma
mortale
,
ricca
,
ma
senza
fremiti
.
Parthenope
e
Cimone
hanno
creata
Napoli
immortale
.
Ma
il
destino
non
è
compito
ancora
.
Più
alto
scopo
ha
l
amore
di
Parthenope
.
Ecco
:
dalla
Grecia
giunsero
,
per
amor
di
lei
,
il
padre
e
le
sorelle
e
amici
e
parenti
che
vennero
a
ritrovarla
;
ecco
:
sino
al
lontano
Egitto
,
sino
alla
Fenicia
,
corre
la
voce
misteriosa
di
una
plaga
felice
dove
nella
bella
festa
dei
fiori
e
dei
frutti
,
nella
dolcezza
profumata
dell
aria
,
trascorre
beatissime
la
vita
.
Sulle
fragili
imbarcazioni
accorrono
colonie
di
popoli
lontani
che
portano
seco
i
loro
figliuoli
,
le
immagini
degli
dèi
,
gli
averi
,
le
comuni
risorse
;
alla
capanna
del
pastore
sorge
accanto
quella
del
pescatore
;
la
rozza
e
primitiva
arte
dell
agricoltura
,
le
industrie
manuali
appena
sul
nascere
compiono
fervidamente
la
loro
opera
.
Prima
sorge
sull
altura
,
il
villaggio
a
grado
a
grado
guadagna
la
pianura
;
un
altra
colonia
se
ne
va
sopra
un
altra
collina
ed
il
secondo
villaggio
si
unisce
col
primo
;
le
vie
si
tracciano
,
la
fabbrica
delle
mura
,
cui
tutti
concorrono
,
rinserra
poco
a
poco
nel
suo
cerchio
una
città
.
Tutto
questo
ha
fatto
Parthenope
.
Lei
volle
la
città
.
Non
più
fanciulla
,
ma
ora
donna
completa
e
perfetta
madre
:
dal
suo
forte
seno
dodici
figliuoli
hanno
vista
la
luce
,
dal
suo
forte
cuore
è
venuto
il
consiglio
,
la
guida
,
il
soffio
animatore
.
È
lei
la
donna
per
eccellenza
,
la
madre
del
popolo
,
la
regina
umana
e
clemente
,
da
lei
si
appella
la
città
;
da
lei
la
legge
,
da
lei
il
costume
,
da
lei
il
costante
esempio
della
fede
e
della
pietà
.
Due
templi
sorgono
a
dèe
,
invocate
protettrici
della
città
:
Cerere
e
Venere
.
Ivi
si
prega
,
ivi
,
attraverso
gli
intercolunni
,
sale
al
cielo
il
fumo
dell
olibano
.
Una
pace
profonda
e
costante
è
nel
popolo
su
cui
regna
Parthenope
;
ed
il
lavorìo
operoso
dell
uomo
non
è
che
una
leggiera
spinta
alla
natura
benigna
.
La
più
bella
delle
civiltà
,
quella
dello
spirito
innamorato
;
il
più
grande
dei
sentimenti
,
quello
dell
arte
;
la
fusione
dell
armonia
fisica
con
l
armonia
morale
,
l
amore
efficace
,
fervido
,
onnipossente
è
l
ambiente
vivificante
della
nuova
città
.
Quando
Parthenope
viene
a
sedere
sulla
roccia
del
monte
Echia
,
quando
essa
fissa
lo
sguardo
sul
Tirreno
,
più
fido
dello
Ionio
,
l
anima
sua
si
assorbisce
in
un
pensiero
.
La
regione
ignota
è
raggiunta
,
il
mirabile
,
l
indefinibile
,
ecco
,
è
creato
,
è
reale
,
è
opera
sua
.
E
mentre
la
fantasia
si
allarga
,
si
allarga
in
un
sogno
senza
confine
,
Parthenope
sente
giganteggiare
il
suo
spirito
e
sollevata
in
piedi
le
pare
di
toccare
il
cielo
col
capo
e
di
stringere
il
mondo
in
un
immenso
amplesso
.
Se
interrogate
uno
storico
,
o
buoni
ed
amabili
lettori
,
vi
risponderà
che
la
tomba
della
bella
Parthenope
è
sull
altura
di
San
Giovanni
Maggiore
,
dove
allora
il
mare
lambiva
il
piede
della
montagnola
.
Un
altro
vi
dirà
che
la
tomba
di
Parthenope
è
sull
altura
di
Sant
Aniello
,
verso
la
campagna
,
sotto
Capodimonte
.
Ebbene
,
io
vi
dico
che
non
è
vero
.
Parthenope
non
ha
tomba
,
Parthenope
non
è
morta
.
Ella
vive
,
splendida
,
giovane
e
bella
,
da
cinquemila
anni
.
Ella
corre
ancora
sui
poggi
,
ella
erra
sulla
spiaggia
,
ella
si
affaccia
al
vulcano
,
ella
si
smarrisce
nelle
vallate
.
È
lei
che
rende
la
nostra
città
ebbra
di
luce
e
folle
di
colori
:
è
lei
che
fa
brillare
le
stelle
nelle
notti
serene
;
è
lei
che
rende
irresistibile
il
profumo
dell
arancio
;
è
lei
che
fa
fosforeggiare
il
mare
.
Quando
nelle
giornate
d
aprile
un
aura
calda
c
inonda
di
benessere
è
il
suo
alito
soave
:
quando
nelle
lontananze
verdine
del
bosco
di
Capodimonte
vediamo
comparire
un
ombra
bianca
allacciata
ad
un
altra
ombra
,
è
lei
col
suo
amante
;
quando
sentiamo
nell
aria
un
suono
di
parole
innamorate
;
è
la
sua
voce
che
le
pronunzia
;
quando
un
rumore
di
baci
,
indistinto
,
sommesso
,
ci
fa
trasalire
,
sono
i
suoi
baci
;
quando
un
fruscìo
di
abiti
ci
fa
fremere
al
memore
ricordo
,
è
il
suo
peplo
che
striscia
sull
arena
,
è
il
suo
piede
leggiero
che
sorvola
;
quando
di
lontano
,
noi
stessi
ci
sentiamo
abbruciare
alla
fiamma
di
una
eruzione
spaventosa
,
è
il
suo
fuoco
che
ci
abbrucia
.
È
lei
che
fa
impazzire
la
città
:
è
lei
che
la
fa
languire
ed
impallidire
di
amore
:
è
lei
la
fa
contorcere
di
passione
nelle
giornate
violente
dell
agosto
.
Parthenope
,
la
vergine
,
la
donna
,
non
muore
,
non
ha
tomba
,
è
immortale
,
è
l
amore
.
Napoli
è
la
città
dell
amore
.
VIRGILIO
Oggi
,
domenica
,
festa
degli
Ulivi
.
Cristo
entra
in
Gerusalemme
portando
in
mano
il
ramoscello
della
pace
.
Oggi
,
buon
lettore
,
si
fa
la
pace
.
Vi
è
chi
ha
litigato
con
l
amico
e
chi
con
l
innamorata
:
vi
è
chi
ha
litigato
con
la
persona
indifferente
,
chi
con
quella
che
odia
,
chi
con
quella
che
ama
di
più
:
l
impiegato
ha
litigato
col
suo
capo
di
ufficio
,
il
marito
con
la
moglie
,
l
artista
ha
detto
molti
improperi
all
arte
,
lo
scrittore
si
è
accapigliato
con
la
forma
,
il
portinaio
ha
litigato
col
padron
di
casa
.
Tutti
sono
in
bizza
con
qualcuno
.
Ma
oggi
una
fogliolina
,
un
ramoscello
di
olivo
e
la
pace
è
fatta
.
Anche
io
ho
litigato
,
e
da
tanto
tempo
,
con
una
carissima
persona
,
mentre
ho
continuato
ad
amarla
piamente
,
nel
segreto
del
cuore
,
mentre
la
sua
assenza
ha
resa
deserta
e
triste
la
mia
casa
,
mentre
la
mancanza
del
suo
alito
soave
ha
reso
arido
e
secco
come
la
pomice
quanto
ho
scritto
.
Questa
carissima
persona
,
la
poesia
,
è
da
tanto
tempo
che
non
vuole
saperne
di
me
,
quando
io
la
desidero
ardentemente
e
per
orgoglio
mi
taccio
.
Oggi
che
l
orgoglio
si
smorza
in
una
infinita
tenerezza
,
voglio
tentar
di
far
la
pace
con
la
poesia
mandandole
una
fogliolina
di
ulivo
.
Dopo
Parthenope
,
mito
e
donna
,
vergine
e
sirena
,
misto
singolare
di
fantastico
,
di
ideale
,
di
umano
e
di
divino
,
cui
Napoli
deve
la
sua
poetica
origine
;
dopo
la
poesia
di
Parthenope
,
quasi
-
Dea
,
creatrice
,
sorge
la
poesia
di
Virgilio
,
creatore
,
quasi
-
Divino
.
Noi
conosciamo
Virgilio
il
poeta
delle
Egloghe
,
delle
Georgiche
e
dell
Eneide
;
conosciamo
poco
Virgilio
Mago
che
ha
prodigato
alla
città
diletta
fra
tutte
i
miracoli
del
suo
potere
magico
.
Noi
siamo
ingrati
verso
colui
che
esclama
:
Illo
Virgilium
me
tempore
dulcis
alebat
Parthenope
....
.
eppure
molte
cose
che
allettano
ed
incantano
noi
moderni
e
c
incatenano
nella
indolente
ammirazione
di
questa
bella
ed
oziosa
città
,
molte
cose
la
cronaca
attribuisce
alla
magia
di
Virgilio
.
La
cronaca
è
ingenua
,
semplice
ed
in
buona
fede
.
La
cronaca
farà
sogghignare
gli
scettici
,
poiché
essi
non
hanno
più
la
consolazione
di
sorridere
.
La
cronaca
sarà
qualificata
una
sciocchezza
e
tira
via
.
Ma
l
oscuro
traduttore
e
commentatore
della
cronaca
gode
specialmente
di
queste
ingiurie
e
di
questi
sogghigni
.
Sentite
dunque
quello
che
la
cronaca
dice
.
Virgilio
veniva
di
lontano
,
dal
nord
forse
,
dal
cielo
certamente
;
egli
era
giovane
,
bello
,
alto
nella
persona
,
eretto
nel
busto
,
ma
camminava
con
la
testa
curva
e
mormorando
certe
sue
frasi
,
in
un
linguaggio
strano
che
niuno
poteva
comprendere
.
Egli
abitava
sulla
sponda
del
mare
dove
s
incurva
il
colle
di
Posillipo
,
ma
errava
ogni
giorno
nelle
campagne
che
menano
a
Baia
ed
a
Cuma
;
egli
errava
per
le
colline
che
circondano
Parthenope
,
fissando
,
nella
notte
,
le
lucide
stelle
e
parlando
loro
il
suo
singolare
linguaggio
;
egli
errava
sulle
sponde
del
mare
,
per
la
riva
Platamonia
,
tendendo
l
orecchio
all
armonia
delle
onde
,
quasi
che
elle
dicessero
a
lui
solo
parole
misteriose
.
Onde
fu
detto
Mago
e
molti
furono
i
miracoli
della
sua
magia
.
In
allora
Parthenope
era
molestata
da
una
grande
quantità
di
mosche
,
mosche
che
si
moltiplicavano
in
così
grande
numero
e
davano
tanto
fastidio
,
da
farne
fuggire
i
tranquilli
e
felici
abitatori
.
Virgilio
,
per
rimediare
a
così
grave
sconcio
,
fece
fare
una
mosca
d
oro
,
qualmente
egli
prescrisse
e
dopo
fatta
,
le
insufflò
,
con
magiche
parole
,
la
vita
:
la
quale
mosca
d
oro
se
ne
andava
volando
di
qua
e
di
là
ed
ogni
mosca
vera
che
incontrava
faceva
morire
.
Così
in
poco
tempo
furono
distrutte
tutte
le
mosche
che
affliggevano
la
bella
città
di
Parthenope
.
Altro
miracolo
fu
questo
:
le
molte
paludi
che
allora
si
trovavano
nella
città
,
erano
dannose
,
e
perché
i
miasmi
che
esalavano
guastavano
l
aria
producendo
febbri
,
pestilenze
ed
altre
morie
,
e
perché
erano
infestate
da
pericolosissime
sanguisughe
,
il
cui
morso
feroce
produceva
la
morte
.
Fatto
un
potente
scongiuro
,
Virgilio
fece
morire
le
sanguisughe
,
asciugò
le
paludi
dove
sorsero
case
e
giardini
e
l
aria
vi
divenne
la
più
pura
che
mai
respirar
si
potesse
.
Così
,
giovandosi
del
suo
potere
che
era
infinito
,
un
giorno
egli
salì
sopra
una
collina
e
chiamò
alla
sua
obbedienza
i
venti
ed
ordinò
al
Favonio
che
spirava
nella
città
nel
mese
di
aprile
e
col
suo
caldo
soffio
abbruciava
le
piante
,
i
fiori
,
di
mutare
direzione
:
e
la
flora
primaverile
crebbe
più
bella
e
più
rigogliosa
.
Laggiù
nel
quartiere
che
noi
moderni
chiamiamo
Pendino
,
annidava
un
formidabile
serpente
che
era
lo
spavento
di
ogni
uomo
avendo
già
morsicato
e
strozzato
bambini
e
fanciulle
,
e
quando
si
mettevano
in
molti
per
combatterlo
,
esso
scompariva
rapidamente
nelle
viscere
della
terra
per
poi
ricomparire
più
terribile
che
mai
.
Chiamato
Virgilio
in
soccorso
,
egli
si
avviò
tutto
solo
,
ricusando
ogni
compagnia
,
al
luogo
dove
s
annidava
il
mostro
e
con
le
sue
formule
magiche
l
ebbe
subito
domato
e
morto
.
Anzi
è
da
notarsi
che
,
sebbene
la
città
fosse
eretta
sopra
un
altra
città
,
nera
e
malsana
,
fatta
di
caverne
,
sotterranei
e
cloache
,
dove
potrebbero
allignare
simili
rettili
,
da
quel
tempo
sinora
,
mai
più
ve
ne
furono
.
Quando
un
morbo
fierissimo
invase
la
razza
dei
cavalli
,
Virgilio
fece
fondere
un
grande
cavallo
di
bronzo
,
gli
trasfuse
il
suo
magico
potere
e
ogni
cavallo
condotto
a
fare
tre
giri
intorno
a
quello
di
bronzo
,
era
immancabilmente
guarito
,
non
senza
molta
collera
di
maniscalchi
ed
empirici
che
si
vedevano
superati
e
sbugiardati
.
Certi
pescatori
della
spiaggia
napoletana
e
propriamente
quelli
che
dimoravano
nel
punto
chiamato
in
seguito
Porta
di
Massa
,
andarono
a
Virgilio
,
lagnandosi
della
scarsa
pesca
che
vi
facevano
e
chiedendo
a
lui
un
miracolo
.
Virgilio
li
volle
contentare
e
in
una
grossa
pietra
fece
scolpire
un
piccolo
pesce
,
disse
le
sue
incantagioni
e
piantata
la
pietra
in
quel
punto
,
il
mare
fruttificò
mai
sempre
di
pesci
innumerevoli
.
Virgilio
fece
mettere
sulle
porte
di
Parthenope
,
verso
le
vie
della
Campania
,
due
teste
augurali
ed
incantate
,
una
che
rideva
e
l
altra
che
piangeva
:
onde
colui
che
capitava
a
passare
sotto
la
porta
dove
la
testa
rideva
ne
traeva
buon
augurio
per
i
suoi
affari
che
sempre
riuscivano
a
bene
ed
il
contrario
colui
che
passava
sotto
la
testa
piangente
.
Fu
Virgilio
che
in
poche
notti
fece
eseguire
da
esseri
sovrannaturali
la
grotta
di
Pozzuoli
,
per
facilitare
il
viaggio
agli
abitanti
di
quei
villaggi
che
venivano
in
città
;
fu
Virgilio
che
,
per
la
sua
virtù
magica
,
fece
sorgere
un
orto
di
erbe
salutari
per
le
ferite
ed
ottime
come
condimento
alle
vivande
;
fu
Virgilio
che
insegnò
ai
giovani
i
giuochi
delle
melarance
e
delle
piastrelle
che
s
ignoravano
;
fu
Virgilio
che
di
notte
incantò
le
acque
sorgive
della
riva
Platamonia
e
della
riva
di
Pozzuoli
,
dando
loro
singolare
potenza
per
guarire
ogni
specie
di
malattia
;
fu
Virgilio
che
applicando
certi
suoi
rimedii
e
proferendo
gli
scongiuri
,
sanò
molti
e
molti
ammalati
;
fu
Virgilio
che
volendo
salvare
la
campagna
del
suo
discepolo
Albino
,
svelò
il
mistero
dell
antro
cumano
dove
i
sacerdoti
ingannavano
il
popolo
coi
responsi
falsi
,
prodotti
da
una
naturale
combinazione
di
suoni
.
La
cronaca
soggiunge
che
Virgilio
Mago
fu
amato
,
rispettato
,
idolatrato
quasi
come
un
Dio
,
poiché
giammai
rivolse
la
sua
magia
a
scopo
cattivo
,
sibbene
sempre
a
vantaggio
della
città
e
dell
uomo
.
La
cronaca
non
dice
quando
e
dove
morisse
Virgilio
:
molti
allora
credettero
alla
sua
immoralità
;
qualcuno
alla
sua
morte
su
quel
colle
presso
Avellino
che
chiamasi
Montevergine
,
dove
s
era
ridotto
a
studiare
ed
era
diventato
vecchissimo
.
Ad
ogni
modo
gli
abitanti
di
Parthenope
gli
eressero
un
grande
monumento
che
poi
fu
distrutto
;
quello
che
sorge
all
imboccatura
della
gotta
essendo
un
semplice
colombario
.
Ma
non
ebbero
alcuna
sicuranza
di
fatto
il
sito
e
il
modo
e
l
epoca
della
sua
morte
.
Ebbene
poc
anzi
ho
errato
dicendo
che
noi
non
conoscevamo
Virgilio
Mago
.
Non
vi
è
che
un
solo
Virgilio
:
quello
che
la
favolosa
cronaca
delinea
nelle
ombre
della
magia
è
proprio
il
poeta
.
Invero
egli
non
ha
avuto
che
una
magia
sola
:
la
grandiosa
poesia
del
suo
spirito
.
Nella
cronaca
è
il
poeta
.
Il
poeta
con
le
sue
lunghe
peregrinazioni
per
quella
orrida
,
bella
e
straziata
campagna
che
sono
i
Campi
Flegrei
,
donde
egli
fantasticava
dell
Averno
e
dello
Stige
;
con
le
sue
lunghe
peregrinazioni
nella
Campania
Felice
,
dove
egli
ha
acquistato
quell
amore
profondo
della
natura
,
l
amore
dei
campi
ubertosi
che
si
stendono
all
infinito
sotto
il
sole
,
dei
prati
verdeggianti
dove
pascola
quietamente
il
bove
dai
grandi
occhi
nei
quali
il
cielo
si
riflette
,
l
amore
dei
boschi
oscuri
e
silenziosi
dove
l
anima
si
calma
e
s
assopisce
nella
pace
,
l
amore
dei
colli
aprichi
,
dove
i
liberi
venti
fanno
ondeggiare
tutta
una
coltivazione
di
fiori
;
l
amore
dell
uccello
che
canta
e
vola
via
,
dell
insetto
dorato
che
ronza
,
della
foglia
che
il
turbine
si
porta
,
della
forte
quercia
che
nulla
scuote
:
quell
amore
profondo
della
natura
che
è
il
sentimento
più
alto
del
suo
poema
,
che
è
la
magia
per
cui
ancora
c
incanta
,
che
è
con
una
parola
troppo
moderna
,
ma
vera
la
nostalgia
del
suo
cuore
che
lo
fa
esclamare
...
fortunatos
agricolas
,
che
dà
alla
sua
descrizione
tanto
colore
,
tanta
luce
,
tanta
vita
.
È
il
poeta
che
cerca
ed
interroga
ogni
angolo
oscuro
della
natura
;
è
lui
che
parla
alle
stelle
tremolanti
di
raggi
nelle
notti
estive
;
è
lui
che
ascolta
il
ritmo
del
mare
,
quasi
fosse
il
metro
per
cui
il
suo
verso
scandisce
;
è
il
poeta
che
conosce
la
virtù
dei
semplici
,
è
lui
che
ha
scoverte
certe
leggi
naturali
,
ignote
a
tutti
;
è
il
poeta
civile
che
uccide
le
bestie
,
fa
rasciugare
le
paludi
e
fa
sorgere
a
quel
posto
palagi
e
giardini
;
è
il
poeta
che
insegna
ai
giovani
i
giuochi
dove
il
corpo
si
fortifica
e
l
anima
si
serena
;
è
lui
,
sublime
fantastico
,
che
stabilisce
l
augurio
della
buona
o
della
mala
ventura
;
è
lui
che
come
calamita
fortissima
attrae
a
sé
l
amore
,
l
ossequio
,
il
rispetto
;
è
Virgilio
poeta
.
E
nulla
si
sa
della
sua
morte
.
Come
Parthenope
,
la
donna
,
egli
scompare
.
Il
poeta
non
muore
.
IL
MARE
Voi
errate
lontano
di
qua
,
anima
settentrionale
e
vagabonda
,
e
le
brume
in
cui
si
affissa
il
vostro
malinconico
occhio
,
vi
mettono
intorno
quell
ambiente
monotono
e
triste
in
cui
si
acqueta
ogni
agitazione
.
Ma
nelle
tranquille
divagazioni
dove
il
vostro
spirito
amareggiato
si
disacerba
,
nella
sorridente
mestizia
che
aleggia
in
quello
che
scrivete
,
io
veggo
ogni
tanto
una
divagazione
vivace
.
Voi
non
avete
dimenticato
il
nostro
mare
,
il
nostro
bel
mare
di
Napoli
.
Ancora
vi
appare
e
scompare
rapidissima
innanzi
agli
occhi
una
visione
azzurra
;
ancora
un
molle
suono
,
quasi
indistinto
e
fuggente
,
vi
lusinga
l
orecchio
;
un
profumo
sottile
come
un
ricordo
lontanissimo
vi
fa
dilatare
le
nari
.
Il
mio
bel
golfo
voi
non
lo
avete
dimenticato
.
Io
leggo
quello
che
scrivete
,
ma
indovino
quello
che
pensate
.
Dovete
soffrire
di
una
segreta
nostalgia
che
non
osate
confessare
,
voi
,
esiliato
volontario
.
E
come
l
eco
dolorosa
si
ripercuote
sul
mio
fedele
e
forte
cuore
d
amica
,
così
io
risponderò
a
quello
che
nascondete
invece
che
a
quello
che
palesate
,
e
vi
narrerò
non
la
storia
,
ma
la
leggenda
del
mio
poetico
golfo
.
Ognuno
sa
che
Iddio
,
generoso
,
misericordioso
e
magnifico
Signore
,
ha
guardato
sempre
con
occhio
di
predilezione
la
città
di
Napoli
.
Per
lei
ha
avuto
tutte
le
carezze
di
un
padre
,
di
un
innamorato
,
le
ha
prodigato
i
doni
più
ricchi
,
più
splendidi
che
si
possano
immaginare
.
Le
ha
dato
il
cielo
ridente
ed
aperto
,
raramente
turbato
da
quei
funesti
pensieri
scioglientisi
in
lagrime
che
sono
le
nubi
;
l
aria
leggera
,
benefica
e
vivificante
che
mai
non
diventa
troppo
rude
,
troppo
tagliente
;
le
colline
verdi
,
macchiate
di
case
bianche
e
gialle
,
divise
dai
giardini
sempre
fioriti
;
il
vulcano
fiammeggiante
ed
appassionato
,
gli
uomini
belli
,
buoni
,
indolenti
,
artisti
e
innamorati
;
le
dame
piacenti
,
brune
,
amabili
e
virtuose
;
i
fanciulli
ricciuti
,
dai
grandi
occhi
neri
ed
intelligenti
.
Poi
,
per
suggellare
tanta
grazia
,
le
ha
dato
il
mare
,
ha
saputo
quel
che
si
faceva
.
Quello
che
sarebbero
i
napoletani
,
quello
che
vorrebbero
,
egli
conosceva
bene
e
nel
dar
loro
la
felicità
del
mare
,
ha
pensato
alla
felicità
di
ognuno
.
Questo
immenso
dono
è
saggio
,
è
profondo
,
è
caratteristico
.
Ogni
bisogno
,
ogni
pensiero
,
ogni
corpo
,
ogni
fantasia
,
trova
il
suo
cantuccio
dove
s
appaga
,
il
suo
piccolo
mare
nel
grande
mare
.
Del
passato
,
dell
antichissimo
passato
è
il
mare
del
Carmine
.
Poco
distante
dalla
spiaggia
è
l
antica
porta
di
mare
che
introduce
alla
piazza
;
sulla
piazza
storicamente
famosa
si
eleva
il
bruno
campanile
,
coi
suoi
quattro
ordini
a
finestruole
che
lo
fanno
rassomigliare
stranamente
al
giocattolo
grazioso
di
un
bimbo
gigante
;
le
casupole
attorno
sono
basse
,
meschine
,
dalle
finestre
piccole
,
abitate
da
gente
minuta
.
Il
mare
del
Carmine
è
scuro
,
sempre
agitato
,
continuamente
tormentato
.
Sulla
spiaggia
semideserta
non
vi
è
l
ombra
di
un
pescatore
.
Vi
si
profila
qua
e
là
la
linea
curva
di
una
chiglia
;
la
barca
è
arrovesciata
,
forse
si
asciuga
al
sole
.
Dinanzi
alla
garitta
passeggia
un
doganiere
che
ha
rialzato
il
cappuccio
per
ripararsi
dal
vento
che
vi
soffia
impetuoso
.
Presso
la
riva
una
barcaccia
nera
stenta
a
mantenersi
in
equilibrio
;
dal
ponte
per
mezzo
di
tavole
è
stabilita
una
comunicazione
con
la
terra
;
vi
vanno
e
vengono
facchini
,
curvi
sotto
i
mattoni
rossi
che
scaricano
a
riva
.
Ma
non
si
canta
né
si
grida
.
Il
mare
del
Carmine
non
scherza
.
In
un
temporale
d
estate
portò
via
un
piccolo
stabilimento
di
bagni
;
in
un
temporale
di
inverno
allagò
la
Villa
del
Popolo
,
giardino
infelice
,
dove
crescono
male
fiori
pallidi
e
alberetti
rachitici
.
Qualche
cosa
di
solenne
,
di
maestoso
vi
spira
.
Il
mare
del
Carmine
era
l
antico
porto
di
Parthenope
dove
approdavano
le
galee
fenicie
,
greche
e
romane
,
ma
era
porto
malsicuro
;
esso
ha
visto
avvenimenti
sanguinosi
e
feste
popolari
.
È
un
mare
storico
e
cupo
.
Sulla
piazza
che
quasi
esso
lambiva
,
dieci
,
venti
volte
sono
state
decise
le
sorti
del
popolo
napoletano
.
Le
onde
sue
melanconiche
hanno
dovuto
mormorare
per
molto
tempo
:
Corradino
,
Corradino
.
Le
onde
sue
tempestose
hanno
dovuto
ruggire
per
molto
tempo
:
Masaniello
,
Masaniello
.
È
il
mare
grandioso
e
triste
degli
antichi
che
sgomenta
le
coscienze
piccine
dei
moderni
.
La
sola
voce
del
flutto
rompe
il
silenzio
che
vi
regna
e
qualche
coraggioso
,
solitario
e
meditabondo
spirito
,
vi
passeggia
,
curvando
il
capo
sotto
il
peso
dei
ricordi
,
fissando
l
occhio
sulla
vita
di
quelli
che
furono
.
Ma
ferve
la
gente
e
ferve
la
vita
sul
mare
del
Molo
.
Non
è
spiaggia
,
è
porto
queto
e
profondo
.
L
acqua
non
ha
onde
o
appena
s
increspa
;
è
nera
,
a
fondo
di
carbone
,
un
nero
uniforme
e
smorto
,
dove
nulla
si
riflette
.
Sulla
superficie
galleggiano
pezzi
di
legno
,
brandelli
di
gomene
,
ciabatte
sformate
e
sorci
morti
.
Nel
porto
mercantile
si
stringono
l
una
contro
l
altra
le
barcacce
,
gli
schooners
,
i
brigantini
carichi
di
grano
,
di
farina
,
di
carbone
,
d
indaco
,
non
vi
è
che
una
piccola
linea
di
acqua
sporca
tra
essi
.
Sul
marciapiede
una
grua
eleva
nell
aria
il
suo
unico
braccio
di
ferro
,
che
s
alza
e
s
abbassa
con
uno
stridore
di
lima
.
Uomini
neri
dal
sole
,
di
fatica
e
di
fumo
,
vanno
,
vengono
,
salgono
e
scendono
.
Un
puzzo
di
catrame
è
nell
aria
.
Sulla
banchina
nuova
,
nel
terrapieno
,
sono
infissi
pennoni
a
cui
s
attorcigliano
intorno
grossissime
gomene
che
danno
una
sicurezza
maggiore
ai
vapori
postali
ancorati
in
rada
.
A
destra
c
è
il
porto
militare
,
medesimo
mare
smorto
e
sporco
,
dove
rimangono
immobili
le
corazzate
.
Dappertutto
barchette
che
sfilano
,
zattere
lente
,
imbarcazioni
pesanti
;
le
voci
si
chiamano
,
si
rispondono
,
si
incrociano
.
Il
sole
rischiara
tutto
questo
,
facendo
brulicare
nel
suo
raggio
polvere
di
carbone
,
atomi
di
catene
,
limature
di
ferro
;
la
sera
l
occhio
del
faro
sorveglia
il
Molo
.
Il
mare
del
Molo
è
quello
dei
grossi
negozianti
,
dei
grossi
banchieri
,
degli
spedizionieri
affaccendati
,
dei
marinari
adusti
,
degli
ufficiali
severi
che
corrono
al
loro
dovere
,
dei
viaggiatori
d
affari
che
partono
senza
un
rimpianto
.
È
per
essi
che
il
Signore
ha
fatto
il
lago
nero
del
Molo
.
Del
popolo
e
pel
popolo
è
il
mare
di
Santa
Lucia
.
È
un
mare
azzurro
-
cupo
,
calmo
e
sicuro
.
Una
numerosa
e
brulicante
colonia
di
popolani
vive
su
quella
riva
.
Le
donne
vendono
lo
spassatiempo
,
l
acqua
solfurea
,
i
polpi
cotti
nell
acqua
marina
;
gli
uomini
intrecciano
nasse
,
fanno
reti
,
pescano
,
fumano
la
pipa
,
guidano
le
barchette
,
vendono
i
frutti
di
mare
,
cantano
e
dormono
.
È
un
paesaggio
acceso
e
vivace
.
Le
linee
vi
sono
dure
e
salienti
,
il
sole
ardente
vi
spacca
le
pietre
.
Si
sente
un
profumo
misto
di
alga
,
di
zolfo
e
di
spezierie
soffritte
.
I
bimbi
seminudi
e
bruni
si
rotolano
nella
via
,
cascano
nell
acqua
,
risalgono
alla
superficie
,
scuotendo
il
capo
ricciuto
e
gridando
di
gioia
.
Sulla
riva
un
osteria
lunga
lunga
mette
le
sue
tavole
dalla
biancheria
candida
,
dai
cristalli
lucidi
,
dall
argenteria
brillante
.
Di
sera
vi
s
imbandiscono
le
cene
napoletane
.
Suonatori
ambulanti
di
violino
,
di
chitarra
,
di
flauto
improvvisano
concerti
;
cantatori
affiochiti
si
lamentano
nelle
malinconiche
canzonette
,
il
cui
metro
è
per
lo
più
lento
e
soave
e
la
cui
allegria
ha
qualche
cosa
di
chiassoso
o
di
sforzato
che
cela
il
dolore
;
accattoni
mormorano
senza
fine
la
loro
preghiera
;
le
donne
strillano
la
loro
merce
.
Di
estate
un
vaporetto
scalda
la
sua
macchina
per
andare
a
Casamicciola
,
la
bella
distrutta
,
i
barcaiuoli
offrono
con
insistenza
,
a
piena
voce
,
in
tutte
le
lingue
,
ai
viaggiatori
il
passaggio
fino
al
vaporetto
.
Dieci
o
dodici
stabilimenti
di
bagni
a
camerini
piccoli
e
variopinti
;
si
asciugano
al
sole
,
sbattute
dal
ponente
,
le
lenzuola
;
le
bagnine
hanno
sul
capo
un
fazzoletto
rosso
e
fanno
solecchio
con
la
mano
.
Una
folla
borghese
e
provinciale
assedia
gli
stabilimenti
,
scricchiolano
le
viottole
di
legno
.
Salgono
nell
aria
serena
canti
,
suoni
di
chitarra
,
trilli
d
organino
,
strilli
di
bimbi
,
bestemmie
di
facchini
,
rotolio
di
trams
,
profumi
e
cattivi
odori
;
rifuggono
i
colori
rabbiosi
e
mordenti
;
fiammeggiano
le
albe
riflesse
sul
mare
;
fiammeggiano
meriggi
lenti
e
voluttuosi
,
riflessi
sul
mare
;
s
incendiano
i
tramonti
sanguigni
riflessi
sul
mare
che
pare
di
sangue
.
È
il
mare
del
popolo
,
mare
laborioso
,
fedele
e
fruttifero
,
mare
amante
ed
amato
,
per
cui
vive
e
con
cui
vive
il
popolo
napoletano
.
Eppure
,
a
breve
distanza
,
tutto
cangia
d
aspetto
.
Dalla
strada
larga
e
deserta
si
vede
il
mare
del
Chiatamone
.
La
vista
si
estende
per
quel
vastissimo
piano
,
si
estende
quasi
all
infinito
,
poiché
è
lontanissima
la
curva
dell
orizzonte
.
Quel
piano
d
acqua
è
desolato
,
è
grigio
.
Nulla
vi
è
d
azzurro
e
la
medesima
serenità
ha
qualche
cosa
di
solitario
che
rattrista
.
Le
onde
si
rifrangono
contro
il
muraglione
di
piperno
con
un
rumore
sordo
e
cupo
;
lontano
,
gli
alcioni
bianchi
ne
lambiscono
le
creste
spumanti
.
A
sinistra
s
eleva
sulla
roccia
il
castello
aspro
,
ad
angoli
scabrosi
,
a
finestrelle
ferrate
;
il
castello
spaventoso
dove
tanti
hanno
sofferto
ed
hanno
pianto
;
il
castello
che
cela
il
Vesuvio
.
Contro
le
sue
basi
di
scoglio
le
onde
s
irritano
,
si
slanciano
piene
di
collera
e
ricadono
bianche
e
livide
di
rabbia
impotente
.
Quando
le
nuvole
s
addensano
sul
cielo
e
il
vento
tormentoso
sibila
fra
i
platani
della
villetta
,
allora
la
desolazione
è
completa
,
è
profonda
.
Di
lontano
appare
una
linea
nera
:
è
una
nave
sconosciuta
che
fugge
verso
paesi
ignoti
.
Alla
sera
passa
lentamente
qualche
barca
misteriosa
che
porta
una
fiaccola
di
luce
sanguigna
a
poppa
e
che
mette
una
striscia
rossa
nel
palpito
del
mare
:
sono
pescatori
che
stordiscono
,
con
la
fiaccola
,
il
pesce
.
In
quelle
acqua
un
giovanetto
nuotatore
bello
e
gagliardo
,
vinto
dalle
onde
,
invano
ha
chiamato
aiuto
ed
è
morto
affogato
;
in
una
notte
d
inverno
una
fanciulla
disperata
ha
pronunciata
una
breve
preghiera
e
si
è
lanciata
in
mare
,
donde
l
hanno
tratta
,
orribile
cadavere
sfracellato
e
tumefatto
.
È
il
mare
che
Dio
come
dice
la
vecchia
leggenda
ha
fatto
per
i
malinconici
,
per
gli
ammalati
,
per
i
nostalgici
,
per
gl
innamorati
dell
infinito
.
Invece
ride
il
mare
di
Mergellina
;
ride
nella
luce
rosea
delle
giornate
stupende
;
ride
nelle
morbide
notti
di
estate
,
quando
il
raggio
lunare
pare
diviso
in
sottilissimo
fili
d
argento
,
ride
nelle
vele
bianche
delle
sue
navicelle
che
paiono
giocondi
pensieri
aleggianti
nella
fantasia
.
Sulla
riva
scorre
la
fontana
con
un
cheto
e
allegro
mormorio
;
i
fanciulli
e
le
fantesche
in
abito
succinto
vengono
a
riempirvi
le
loro
brocche
.
Uno
yacht
elegante
,
dall
attrezzeria
sottile
come
un
merletto
,
dalle
velette
candide
orlate
di
rosso
,
si
culla
mollemente
come
una
creola
indolente
,
porta
il
nome
a
lettere
d
oro
,
il
nome
dolce
di
qualche
creatura
celestiale
e
bionda
:
Flavia
.
Uno
stabilimento
di
bagni
,
piccolo
ed
aristocratico
,
si
congiunge
alla
riva
per
una
breve
viottola
,
sulla
viottola
passano
le
belle
fanciulle
vestite
di
bianco
,
coi
grandi
cappelli
di
paglia
coperti
da
una
primavera
di
fiori
,
cogli
ombrellini
dai
colori
splendidi
che
si
accendono
al
sole
;
passano
le
sposine
giovanette
,
gaie
e
fresche
,
attaccate
al
braccio
dello
sposo
innamorato
;
i
bimbi
graziosi
,
dai
volti
ridenti
e
arrossati
dal
caldo
.
E
nel
mare
,
giù
,
è
un
ridere
,
uno
scherzare
,
un
gridio
fra
il
comico
spavento
e
l
allegria
dell
acqua
fredda
,
e
corpi
bianchi
che
scivolano
fra
due
onde
e
braccia
rotonde
che
si
sollevano
e
volti
bruni
dai
capelli
bagnati
.
È
la
festa
di
Mergellina
,
di
Mergellina
la
sorridente
,
fatta
per
coloro
cui
allieta
la
gioventù
,
cui
fiorisce
la
salute
,
fatta
pei
giovani
che
sperano
e
che
amano
,
fatta
per
coloro
cui
la
vita
è
una
ghirlanda
di
rose
che
si
sfogliano
e
rinascono
sempre
vive
e
profumate
.
Ma
il
mare
dove
finisce
il
dolore
è
il
mare
di
Posillipo
,
il
glauco
mare
che
prende
tutte
le
tinte
,
che
si
adorna
di
tutte
le
bellezze
.
Quanto
può
ideare
cervello
umano
per
figurarsi
il
paradiso
,
esso
lo
realizza
.
È
l
armonia
del
cielo
,
delle
stelle
,
della
luce
,
dei
colori
,
l
armonia
del
firmamento
con
la
natura
,
mare
e
terra
.
Si
sfogliano
i
fiori
sulla
sponda
,
canta
l
acqua
penetrando
nelle
grotte
,
l
orizzonte
è
tutto
un
sorriso
.
Posillipo
è
l
altissimo
ideale
che
sfuma
nella
indefinita
e
lontana
linea
dell
avvenire
;
Posillipo
è
tutta
la
vita
,
tutto
quello
che
si
può
desiderare
,
tutto
quello
che
si
può
volere
.
Posillipo
è
l
immagine
della
felicità
piena
,
completa
,
per
tutti
i
sensi
,
per
tutte
le
facoltà
.
È
la
vita
vibrante
,
fremente
,
nervosa
e
lenta
,
placida
e
attiva
.
È
il
punto
massimo
di
ogni
sogno
,
di
ogni
poesia
.
Il
mare
di
Posillipo
è
quello
che
Dio
ha
fatto
per
i
poeti
,
per
i
sognatori
,
per
gl
innamorati
di
quell
ideale
che
informa
e
trasforma
l
esistenza
.
Quando
il
Signore
ebbe
dato
a
noi
il
nostro
bel
golfo
,
udite
quello
che
la
sacrilega
leggenda
gli
fa
dire
:
uditelo
voi
,
anima
glaciale
e
cuore
inerte
.
Egli
disse
:
Sii
felice
per
quello
che
t
ho
dato
,
e
se
non
lo
puoi
,
se
l
incurabile
dolore
ti
traversa
l
anima
,
muori
nelle
onde
glauche
del
mare
.
LA
LEGGENDA
DELL
AMORE
In
questo
pomeriggio
lungo
di
luglio
un
grande
silenzio
regna
intorno
;
nelle
vie
abbruciate
dal
sole
non
passa
alcuno
;
ed
i
cittadini
dormono
nel
pesante
assopimento
dell
estate
;
vicino
,
sotto
la
finestra
,
in
un
tegame
dove
bolle
lo
strutto
,
scoppiettano
e
friggono
certi
peperoncini
verdi
ed
arrabbiati
;
lontano
,
in
una
via
trasversale
,
un
organino
suona
un
valtzer
languido
e
malinconico
;
un
moscone
sussurra
e
dà
di
testa
contro
i
vetri
più
alti
della
finestra
socchiusa
.
Noi
siamo
tristi
,
ed
il
sangue
che
monta
al
capo
,
ci
dà
la
vertigine
:
noi
abbiamo
l
anima
di
piombo
e
la
bocca
amara
;
noi
abbiamo
il
desiderio
dell
ombra
profonda
e
delle
bevande
ghiacciate
perché
invero
ci
è
intorno
la
violenza
di
una
passione
secca
e
rude
,
perché
ci
sembra
assistere
allo
spasimo
e
udire
i
singhiozzi
convulsi
della
natura
che
muore
nell
amore
del
sole
.
Le
vie
sono
bianche
,
polverose
e
fulgide
;
le
case
gialle
,
rosse
e
bianche
rifulgono
;
i
colli
sono
splendidi
di
luce
;
il
mare
brilla
tutto
come
un
migliaio
di
specchi
;
sulla
punta
del
cratere
qualche
cosa
abbrucia
e
fuma
ed
il
cielo
è
cupo
nella
sua
serenità
.
Tutto
è
luce
vivida
,
tutto
è
intensità
di
colore
,
ogni
cosa
si
condensa
;
pare
che
si
debbano
spaccar
le
pietre
,
che
le
case
debbano
sbuzzar
fuori
,
che
le
colline
vogliano
slanciarsi
al
cielo
,
che
il
mare
voglia
cangiarsi
in
metallo
liquefatto
e
che
la
montagna
voglia
eruttare
lave
di
fuoco
e
tutto
rimane
immobile
,
tetro
e
grave
.
È
per
l
amore
:
voi
certamente
sapete
che
tutte
le
cose
in
Napoli
,
dalle
pietre
al
cielo
,
sono
innamorate
.
Non
conoscete
la
storiella
dei
quattro
fratelli
?
Io
ve
la
narrerò
.
Una
volta
,
allora
,
allora
,
nel
tempo
dei
tempi
,
v
erano
quattro
fratelli
che
s
amavano
di
cordialissimo
amore
e
non
si
staccavano
mai
l
uno
dall
altro
.
Erano
belli
,
giovani
,
freschi
,
aitanti
nella
persona
e
sulle
giovani
teste
ben
s
addicevano
le
ghirlande
di
rose
.
Ognun
di
loro
arse
in
segreto
per
una
fanciulla
,
né
se
ne
confidarono
il
nome
;
ma
la
sorte
malaugurata
riunì
tutti
gli
amori
dei
quattro
fratelli
in
una
donna
sola
.
Ella
nessuno
di
quelli
voleva
amare
.
Asperrima
guerra
sarebbe
sorta
tra
loro
e
sangue
fraterno
sarebbe
stato
sparso
,
se
una
notte
la
loro
bella
non
fosse
sparita
per
sempre
.
Ma
essi
,
pazienti
ed
innamorati
,
l
aspettano
da
migliaia
di
anni
:
sono
cangiati
in
quattro
colli
ameni
e
fioriti
che
dal
loro
nome
si
chiamano
Poggioreale
,
di
Capodimonte
,
di
San
Martino
,
del
Vomero
e
l
uno
accanto
all
altro
,
immobilmente
innamorati
,
aspettano
il
ritorno
di
colei
che
amano
.
Fioriscono
le
primavere
sul
loro
capo
,
s
infiamma
l
estate
,
piange
l
autunno
,
s
incupisce
la
nera
stagione
;
ed
i
poggi
non
si
stancano
d
aspettare
.
Ma
l
amore
della
bella
assente
è
scarso
al
confronto
dell
amore
per
una
bella
sempre
presente
e
crudele
.
La
sapete
voi
la
seconda
storiella
?
Vi
fu
una
volta
un
giovanetto
leggiadro
e
gentile
,
nel
cui
volto
si
accoppiava
il
gaio
sorriso
dell
anima
innocente
al
malinconico
riflesso
di
un
cuore
sensibile
;
egli
era
nel
medesimo
tempo
festevole
senza
chiasso
e
serio
senza
durezza
.
Chi
lo
vedeva
lo
amava
;
e
la
gente
accorreva
a
lui
come
ad
amico
,
per
allietarsi
della
sua
compagnia
.
Ma
il
bel
giovanetto
fu
molto
infelice
,
molto
infelice
;
gli
entrò
nell
anima
un
amore
ardente
,
la
cui
fiamma
,
che
saliva
al
cielo
,
non
valse
ad
incendere
il
cuore
della
donna
che
egli
amava
.
Era
costei
una
donna
di
campagna
,
cui
era
stato
dato
in
dono
la
bellezza
del
corpo
,
ma
a
cui
era
stata
negata
quella
dell
anima
:
ella
era
una
di
quelle
donne
incantatrici
,
fredde
e
sprezzose
che
non
possono
né
godere
,
né
soffrire
.
Paiono
fatte
di
pietra
,
di
una
pietra
levigata
,
dura
e
glaciale
;
vanno
in
pezzi
ma
non
si
ammolliscono
;
cadono
fulminate
ma
non
muoiono
.
Tale
era
Nisida
,
colei
che
fu
invano
amata
dal
giovanetto
,
poiché
nulla
valse
a
vincerla
.
Allora
lui
che
si
chiamava
Posillipo
,
amando
invano
la
bella
donna
che
viveva
di
faccia
a
lui
,
per
sfuggire
a
quella
vista
che
era
il
suo
tormento
e
la
sua
seduzione
,
decise
di
precipitarsi
nel
mare
e
finire
così
la
sua
misera
vita
.
Decisero
però
diversamente
i
Fati
e
rimasto
a
mezz
acqua
il
bel
giovanetto
,
vollero
lui
mutato
in
poggio
che
si
bagna
nel
mare
e
lei
in
uno
scoglio
che
gli
è
dirimpetto
:
lui
poggio
bellissimo
dove
accorrono
le
gioconde
brigate
,
in
lui
dilettandosi
,
lei
destinata
ad
albergare
gli
omicidi
ed
i
ladri
che
gli
uomini
condannano
alla
eterna
prigionia
così
eterno
il
premio
,
così
eterno
il
castigo
.
E
vi
è
anche
l
amore
che
è
un
prodigioso
abbagliamento
,
un
miraggio
fatale
,
l
acciecamento
di
colui
che
,
ardito
e
folle
,
ha
voluto
fissare
il
sole
.
Era
un
pescatore
abile
e
fortunato
,
colui
di
cui
vi
narro
,
e
l
intiero
suo
giorno
passava
fra
l
amo
e
le
reti
,
lieto
quando
la
pesca
era
abbondante
,
incollerito
quando
la
tempesta
che
intorbida
le
acque
,
rendeva
inefficace
le
sue
fatiche
.
Era
uomo
semplice
e
buono
,
silenzioso
ed
ignorante
d
amore
:
quando
un
giorno
,
mentre
sedeva
a
riva
ed
immergeva
l
amo
nell
onda
,
dalle
glauche
acque
,
dinanzi
a
lui
sorse
una
Ninfa
marina
,
dal
corpo
bianco
e
provocante
,
dai
lunghi
e
biondi
capelli
che
il
vento
sollevava
,
dallo
sguardo
verde
e
terso
come
il
cristallo
;
ella
cantava
soavemente
e
le
sue
candide
dita
volavano
sulla
cetra
.
Era
così
lusinghiero
,
così
attraente
il
suo
canto
che
il
povero
pescatore
sentì
struggersi
il
cuore
e
non
avendo
che
l
ardente
desiderio
di
raggiungere
la
sirena
e
morire
in
un
supremo
abbraccio
,
precipitò
nel
mare
.
Tre
volte
venne
a
galla
,
tre
volte
scomparve
nel
mare
e
lui
fortunato
se
potette
con
la
morte
pagare
così
infinito
godimento
.
Il
sito
dove
egli
precipitò
fu
chiamato
Mergellina
dal
suo
nome
e
dicesi
ancora
,
nelle
fosforescenti
notti
d
estate
,
vi
ricompaia
la
sirena
.
V
è
poi
la
pietosa
istoria
dell
amore
felice
che
è
combattuto
e
vinto
dalla
morte
:
una
storiella
ingenua
come
tutte
le
altre
.
Vi
si
narra
di
un
ricco
signore
chiamato
Sebeto
,
che
abitava
in
una
campagna
presso
Napoli
,
in
un
palazzo
tutto
di
marmo
.
Egli
per
amore
aveva
menato
in
moglie
una
donna
chiamata
Megera
che
lo
ricambiava
con
egual
tenerezza
.
Egli
teneva
cara
questa
sua
moglie
sopra
tutte
le
cose
e
profondeva
per
lei
tutte
le
sue
ricchezze
:
accadde
che
in
un
giorno
ella
volle
andare
a
diporto
sopra
una
feluca
pel
golfo
di
Napoli
.
Verso
la
riva
Platamonia
,
dove
il
mare
è
sempre
tempestoso
,
mentre
i
marinari
volevano
far
forza
contro
il
vento
,
la
feluca
si
capovolse
e
Megera
si
annegò
diventando
uno
scoglio
.
Alla
orribile
nuova
Sebeto
sentì
spezzarsi
il
cuore
e
per
molto
tempo
si
sciolse
in
amarissime
lagrime
in
modo
che
tutta
la
sua
vita
si
disfece
in
acqua
,
correndo
a
gettarsi
nel
mare
dove
Megera
era
morta
.
E
tutte
le
fontane
di
Napoli
sono
lagrime
:
quella
di
Monteoliveto
è
formata
dalle
lagrime
di
una
pia
monachella
che
pianse
senza
fine
sulla
Passione
di
Gesù
;
quella
dei
Serpi
sono
le
lagrime
di
Belloccia
,
una
serva
fedele
innamorata
del
suo
signore
;
quella
degli
Specchi
è
fatta
delle
lagrime
di
Corbussone
,
cuoco
di
palazzo
e
folle
di
amore
per
la
regina
cui
cucinava
gli
intingoli
;
quella
del
Leone
è
il
pianto
di
un
principe
napoletano
,
cui
unico
e
buon
amico
era
rimasto
un
leone
che
gli
morì
miseramente
;
e
quella
di
fontana
Medina
sono
le
lagrime
di
Nettuno
,
innamorato
di
una
bella
statua
cui
non
arrivò
a
dar
vita
.
Ma
la
passione
è
nell
ultima
storiella
che
ascolterete
.
Vi
si
parla
di
un
nobile
signore
,
appartenente
ad
uno
dei
primi
seggi
della
città
,
e
che
s
innamorò
perdutamente
di
una
fanciulla
di
casa
nemica
;
era
il
cavaliere
di
carattere
violento
,
di
temperamento
focoso
,
pronto
al
risentimento
ed
all
ira
.
Pure
,
per
ottenere
la
donna
che
amava
,
sarebbe
diventato
umile
come
un
poverello
cui
manca
il
pane
.
Ma
l
amore
dei
due
giovani
,
anziché
diminuire
e
lenire
le
collere
di
parte
,
valse
a
rinfocolarle
e
per
preghiere
ed
intercessioni
che
venissero
fatte
,
la
nobile
famiglia
Capri
non
volle
accettare
il
matrimonio
.
Anzi
per
trovar
rimedio
all
amore
dei
due
,
fu
deciso
imbarcare
la
fanciulla
sopra
una
feluca
e
mandarla
in
estranea
contrada
.
Ma
essa
che
si
sentiva
strappar
l
anima
,
allontanandosi
dal
suo
bene
,
come
fu
fuori
del
porto
,
inginocchiatasi
e
pronunciata
una
breve
preghiera
,
si
slanciò
nell
onde
,
donde
uscì
isola
azzurra
e
verdeggiante
.
Ma
non
si
chetava
l
amore
nel
cuore
del
nobile
Vesuvio
,
quale
era
il
nome
del
cavaliere
e
la
collera
gli
bolliva
in
corpo
:
quando
seppe
della
nuova
crudele
,
cominciò
a
gittar
caldi
sospiri
e
lagrime
di
fuoco
,
segno
della
interna
passione
che
lo
agitava
;
e
tanto
si
gonfiò
che
divenne
un
monte
nelle
cui
viscere
arde
un
fuoco
eterno
d
amore
.
Così
egli
è
dirimpetto
alla
sua
bella
Capri
e
non
può
raggiungerla
e
freme
d
amore
e
lampeggia
e
s
incorona
di
fumo
e
il
fuoco
trabocca
in
lava
corruscante
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
O
anime
trafitte
,
o
anime
sconsolate
,
o
voi
che
per
l
amore
portate
nel
cuore
sette
spade
di
dolore
,
non
vi
sorrida
la
speranza
di
guarirvi
qui
.
Qui
amano
anche
le
pietre
:
gli
uomini
sani
s
ammalano
d
amore
e
gli
infermi
ne
muoiono
.
IL
PALAZZO
DONN
ANNA
Il
bigio
palazzo
si
erge
nel
mare
.
Non
è
diroccato
,
ma
non
fu
mai
finito
;
non
cade
,
non
cadrà
,
poiché
la
forte
brezza
marina
solidifica
ed
imbruna
le
muraglie
,
poiché
l
onda
del
mare
non
è
perfida
come
quella
dei
laghi
e
dei
fiumi
,
assalta
ma
non
corrode
.
Le
finestre
alte
,
larghe
,
senza
vetri
,
rassomigliano
ad
occhi
senza
pensiero
;
nei
portoni
dove
sono
scomparsi
gli
scalini
della
soglia
,
entra
scherzando
e
ridendo
il
flutto
azzurro
,
incrosta
sulla
pietra
le
sue
conchiglie
,
mette
l
arena
nei
cortili
,
lasciandovi
la
verde
e
lucida
piantagione
delle
sue
alghe
.
Di
notte
il
palazzo
diventa
nero
,
intensamente
nero
;
si
Serena
il
cielo
Sul
suo
capo
,
rifulgono
le
alte
e
bellissime
stelle
,
fosforeggia
il
mare
di
Posillipo
,
dalle
ville
perdute
nei
boschetti
escono
canti
malinconici
d
'
amore
e
le
monotone
note
del
mandolino
:
il
palazzo
rimane
cupo
e
sotto
le
sue
vòlte
fragoreggia
l
onda
marina
.
Ogni
tanto
par
di
vedere
un
lumicino
passare
lentamente
nelle
sale
e
fantastiche
ombre
disegnarsi
nel
vano
delle
finestre
:
ma
non
fanno
paura
.
Forse
sono
ladri
volgari
che
hanno
trovato
là
un
buon
covo
,
ma
la
nostra
splendida
povertà
non
teme
di
loro
;
forse
sono
mendicanti
che
trovarono
un
tetto
,
ma
noi
ricchi
di
cuore
e
di
cervello
,
ci
abbassiamo
dalla
nostra
altezza
per
compatirli
.
E
forse
sono
fantasmi
e
noi
sorridiamo
e
desideriamo
the
ciò
sia
;
noi
li
amiamo
i
fantasmi
,
noi
viviamo
con
essi
,
noi
sogniamo
per
essi
e
per
essi
noi
moriremo
.
Noi
moriremo
per
essi
,
col
desiderio
di
vagolare
anche
noi
sul
mare
,
per
le
colline
,
sulle
rocce
,
nelle
chiesette
tetre
ed
umide
,
nei
cimiteri
fioriti
,
nelle
fresche
sale
dove
il
medioevo
ha
vissuto
.
Fu
una
sera
e
splendevano
di
luce
vivida
quelle
finestre
;
attorno
attorno
il
palazzo
,
sul
mare
,
si
cullavano
barchette
di
piacere
adorne
di
velluti
che
si
bagnavano
nell
acqua
,
vagamente
illuminate
da
lampioncini
colorati
,
coronate
di
fiori
alla
poppa
;
i
barcaiuoli
si
pavoneggiavano
nelle
ricche
livree
.
Tutta
la
nobiltà
napoletana
,
tutta
la
nobiltà
spagnuola
,
accorreva
ad
una
delle
magnifiche
feste
che
l
'
altiera
Donn
'
Anna
Carafa
,
moglie
del
duca
di
Medina
C
li
,
dava
nel
suo
palazzo
di
Posillipo
.
Nelle
sale
andavano
e
venivano
i
servi
,
i
paggi
dai
colori
rosa
e
grigio
,
i
maggiordomi
dalla
collana
d
'
oro
,
dalle
bacchette
di
ebano
:
giungevano
continuamente
le
bellissime
signore
,
dagli
strascichi
di
broccato
,
dai
grandi
collari
di
merletto
,
donde
sorgeva
come
pistillo
di
fiore
la
testa
graziosa
,
dai
monili
di
perle
,
dai
brillanti
che
cadevano
sui
busti
attillati
e
seducenti
;
giungevano
accompagnate
dai
mariti
,
dai
fratelli
e
qualcuna
,
più
ardita
,
solamente
dall
'
amante
.
Nella
grande
sala
,
sulla
soglia
,
nel
suo
ricchissimo
abito
rosso
,
tessuto
a
lama
d
argento
,
con
un
lieve
sorriso
sulla
bocca
,
il
cui
grosso
labbro
inferiore
s
'
avanzava
quasi
in
atto
di
spregio
,
inchinando
appena
il
fiero
capo
alle
donne
,
dando
la
mano
da
baciare
ai
cavalieri
grandi
di
Spagna
di
prima
classe
come
lei
,
stava
Donna
Anna
di
Medina
C
li
.
L
'
occhio
grigio
dal
lampo
d
'
acciaio
,
simile
a
quello
dell
aquila
,
rivelava
l
interna
soddisfazione
di
quell
'
anima
fatta
d
'
orgoglio
:
ella
godeva
,
godeva
senza
fine
nel
vedere
venire
a
lei
tutti
gli
omaggi
,
tutti
gli
ossequi
,
tutte
le
adulazioni
.
Era
lei
la
più
nobile
,
la
più
potente
,
la
più
ricca
,
la
più
bella
,
la
più
rispettata
,
la
più
temuta
,
lei
duchessa
,
lei
signora
,
lei
regina
di
forza
e
di
grazia
.
Oh
poteva
salire
gloriosa
i
due
scalini
che
facevano
del
suo
seggiolone
quasi
un
trono
;
poteva
levare
la
testa
al
caldo
alito
dell
'
ambizione
appagata
che
le
soffiava
in
volto
.
Le
dame
sedevano
intorno
a
lei
,
facendole
corona
,
minori
tutte
di
lei
:
ella
era
sola
,
maggiore
,
unica
.
In
fondo
al
grande
salone
era
rizzato
un
teatrino
destinato
per
lo
spettacolo
.
Tutta
quella
eletta
schiera
d
'
invitati
dovevano
dapprima
assistere
alla
rappresentazione
di
una
commedia
ed
a
quella
di
una
danza
moresca
;
poi
nelle
sale
si
sarebbero
intrecciate
le
danze
sino
all
'
alba
.
Ma
la
grande
curiosità
della
rappresentazione
era
che
gli
attori
,
per
una
moda
venuta
allora
di
Francia
,
appartenessero
alla
nobiltà
.
Donn
'
Anna
Carafa
di
Medina
disprezzava
i
facili
costumi
francesi
che
corrompevano
la
rigida
corte
spagnuola
,
ma
scrutatrice
dei
cuori
e
apprezzatrice
del
favore
popolare
com
'
era
,
s
'
accorgeva
che
quelle
molli
usanze
piacevano
ed
erano
adottate
con
trasporto
.
Solo
per
questo
ella
aveva
consentito
che
Donna
Mercede
de
las
Torres
,
sua
nipote
di
Spagna
,
sostenesse
una
parte
nella
rappresentazione
.
Donna
Mercede
,
giovane
,
bruna
,
dai
grandi
occhi
lionati
,
dai
neri
capelli
,
le
cui
trecce
le
formavano
un
elmo
sul
capo
,
era
una
spagnuola
vera
.
Ella
rappresentava
nella
commedia
la
parte
di
una
schiava
innamorata
del
suo
padrone
,
una
schiava
che
lo
segue
dappertutto
,
e
lo
serve
fedelmente
sino
a
fargli
da
mezzana
d
'
amore
,
sino
a
morire
per
lui
d
'
un
colpo
di
pugnale
destinato
al
cavaliere
da
un
padre
crudele
.
Ella
recitava
con
un
trasporto
,
con
un
tale
impeto
che
tutta
la
sala
si
commuoveva
allo
sventurato
e
non
corrisposto
amore
della
schiava
Mirza
:
tutti
si
commuovevano
,
salvo
Gaetano
di
Casapesenna
che
faceva
la
parte
del
cavaliere
.
Ma
così
dal
poeta
era
stata
ispirata
ogni
parola
del
cavaliere
,
ed
egli
,
freddo
,
indifferente
,
inconscio
,
non
faceva
che
rimaner
fedele
al
carattere
che
rappresentava
.
Solo
,
alla
fine
della
commedia
,
quando
la
sventurata
Mirza
ferita
a
morte
,
s
'
accomiata
con
parole
d
'
affetto
da
colui
che
fu
la
sua
vita
e
la
sua
morte
,
allora
,
egli
,
cui
appare
finalmente
la
verità
qual
luce
diffusa
meridiana
,
preso
dall
'
amore
,
s
'
abbandona
in
ginocchio
dinanzi
al
corpo
della
poveretta
morente
e
copre
di
baci
quel
volto
pallido
d
'
agonia
.
Invero
,
egli
fu
così
focoso
in
tale
slancio
,
così
patetica
ed
improntata
di
dolore
la
sua
voce
,
così
disordinato
ogni
suo
gesto
,
che
veramente
parve
superiore
ad
ogni
vero
attore
,
e
parve
che
la
verità
animasse
il
suo
spirito
,
sino
al
punto
che
la
sala
intera
scoppiò
in
applausi
.
Sola
,
sul
suo
trono
,
tra
le
sue
gemme
,
sotto
la
sua
corona
ducale
,
Donn
'
Anna
impallidiva
mortalmente
e
si
mordeva
le
labbra
.
Non
era
lei
la
più
amata
.
Le
due
donne
s
'
incontravano
nelle
sale
del
palazzo
Medina
;
si
guardavano
,
Donna
Mercede
fremente
di
gelosia
,
l
'
occhio
nero
covante
fuoco
,
smorta
,
rodendo
un
freno
che
la
sua
libera
anima
aborriva
;
Donna
Anna
,
pallida
di
odio
,
muta
nella
sua
collera
;
si
guardavano
,
impassibile
e
fredda
Donn
'
Anna
,
agitata
e
febbrile
Donna
Mercede
.
Scambiavano
rade
ed
altere
parole
.
Ma
se
la
gelosia
scoppiava
irresistibile
,
l
'
ingiuria
correva
sul
loro
labbro
:
Le
donne
di
Spagna
sono
esse
le
prime
ad
abbandonarsi
all
'
amante
diceva
Donn
'
Anna
,
con
la
sua
voce
dura
e
grave
.
Le
donne
di
Napoli
si
gloriano
del
numero
degli
amanti
rispondeva
vivamente
Donna
Mercede
.
Voi
siete
l
'
amante
di
Gaetano
Casapesenna
,
Donna
Mercede
.
Voi
lo
foste
,
Donn
'
Anna
.
Voi
obliaste
ogni
ritegno
,
ogni
pudore
,
dandoci
vostro
amore
a
spettacolo
,
Donna
Mercede
.
Voi
tradiste
il
duca
di
Medina
C
li
,
mio
nobile
zio
,
Donn
'
Anna
Carafa
.
Voi
amate
ancora
Gaetano
Casapesenna
.
Voi
anche
lo
amate
ed
egli
non
vi
ama
,
Donn
'
Anna
.
Vinceva
la
bollente
spagnuola
e
Donna
Anna
si
consumava
dalla
rabbia
.
Ma
egualmente
l
'
odio
glaciale
della
duchessa
contro
cui
s
'
infrangeva
ogni
slancio
di
Donna
Mercede
,
tormentava
la
spagnuola
.
Esse
avevano
nel
cuore
un
orribile
segreto
;
esse
portavano
nelle
viscere
il
feroce
serpente
della
gelosia
,
esse
morivano
ogni
giorno
di
amore
e
di
odio
.
Donn
'
Anna
celava
il
suo
spasimo
,
ma
Donna
Mercede
lo
rivelava
nelle
convulsioni
del
suo
spirito
e
del
suo
corpo
.
La
duchessa
agonizzava
sorridendo
;
Donna
Mercede
agonizzava
,
piangendo
e
strappandosi
i
neri
capelli
.
Fino
a
che
ella
scomparve
d
'
un
tratto
dal
palazzo
Medina
C
li
e
fu
detto
che
presa
da
improvvisa
vocazione
religiosa
,
avesse
desiderato
la
pace
del
convento
e
fu
narrato
del
misticismo
ond
'
era
stata
presa
quell
'
anima
,
e
delle
lunghe
giornate
passate
in
ginocchio
dinanzi
al
Sacramento
,
e
del
fervore
della
preghiera
e
delle
lagrime
ardenti
:
ma
non
fu
detto
né
il
convento
,
né
il
paese
,
né
il
regno
dove
era
il
convento
.
Invano
Gaetano
di
Casapesenna
cercò
Donna
Mercede
in
Italia
,
in
Francia
,
in
Ispagna
ed
in
Ungheria
,
invano
si
votò
alla
Madonna
di
Loreto
,
a
San
Giacomo
di
Campostella
,
invano
pianse
,
pregò
,
supplicò
.
Mai
più
rivide
la
sua
bella
amante
.
Egli
morì
giovane
,
in
battaglia
,
quale
a
cavaliere
sventurato
si
conviene
.
Altre
feste
seguirono
nel
palazzo
Medina
,
altri
omaggi
salutarono
la
ricca
e
potente
duchessa
Donn
'
Anna
;
ma
ella
sedeva
sul
suo
trono
,
con
l
'
anima
amareggiata
di
fiele
,
col
cuore
arido
e
solitario
.
Quei
fantasmi
sono
quelli
degli
amanti
?
O
divini
,
divini
fantasmi
!
Perché
non
possiamo
anche
noi
,
come
voi
,
spasimare
d
'
amore
anche
dopo
la
morte
?
BARCHETTA
-
FANTASMA
Li
conosci
tu
?
Li
conosci
tu
questi
giorni
fangosi
e
sporchi
,
quando
la
Noia
immortale
prende
il
colore
bigio
,
l
'
odore
nauseante
,
la
pesantezza
opprimente
della
nebbia
invernale
,
quando
il
cielo
è
stupidamente
anemico
,
il
sole
è
una
lanterna
semispenta
e
fumicante
,
i
fiori
impallidiscono
ed
appassiscono
,
le
frutta
imputridiscono
,
le
guance
delle
donne
sembrano
di
cenere
,
la
mano
degli
uomini
pare
di
sughero
,
la
città
patisce
di
acquavite
e
la
campagna
di
siero
?
È
in
questi
giorni
che
la
fantasia
del
mondo
,
esaltata
nella
sua
febbre
,
senza
trovare
più
pascolo
,
senza
avere
più
refrigerio
,
si
nutre
orribilmente
di
se
stessa
,
arroventandosi
o
disseccandosi
.
In
questi
giorni
la
poesia
,
la
delicata
ed
esile
fanciulla
,
irrimediabilmente
ammalata
,
s
'
illanguidisce
,
declina
il
capo
e
muore
senza
un
gemito
,
senza
un
respiro
e
l
'
arte
,
la
robusta
fanciulla
,
colpita
mortalmente
,
agonizza
,
torcendosi
le
braccia
,
effondendo
in
lugubri
lamenti
la
sua
disperazione
.
Invano
l
'
artista
cerca
immergersi
nel
suo
sogno
prediletto
:
il
sogno
è
scomparso
.
Invano
egli
tenta
tutte
le
corde
della
bionda
lira
:
sotto
la
sua
mano
tremante
le
corde
si
spezzano
,
con
un
suono
che
si
prolunga
nell
'
aria
come
un
triste
presagio
.
O
giorni
,
o
giorni
scombuiati
,
feroci
e
maledetti
.
Ma
perché
in
questi
giorni
non
amiamo
noi
,
sino
a
morirne
?
Perché
non
chiudiamo
gli
occhi
,
lasciandoci
rotolare
in
un
abisso
senza
fondo
dove
è
cosi
dolcemente
doloroso
finire
la
vita
?
Perché
non
parliamo
noi
di
amore
sino
a
che
la
voce
si
esaurisca
nella
gola
riarsa
e
la
parola
diventi
un
mormorio
indistinto
?
Vieni
dunque
ad
ascoltarmi
.
Narrerò
a
te
d
'
amore
.
A
te
,
fantasma
fuggevole
ed
inafferrabile
,
essere
divinamente
malvagio
,
umanamente
buono
,
infinitamente
caro
,
bello
come
una
realtà
,
orribile
come
una
illusione
,
sempre
lontano
,
sempre
presente
,
che
vivi
nelle
regioni
sconosciute
,
che
sei
in
me
:
chimera
,
persona
,
nebulosa
,
nome
,
idea
odiosa
ed
adorabile
da
cui
parte
ed
a
cui
ritorna
ogni
minuto
la
mia
vita
!
L
'
hai
tu
mai
vista
la
barchetta
-
fantasma
?
L
'
hai
tu
vista
,
amor
mio
?
....
.
Odimi
.
Io
non
so
quando
avvenne
la
storia
d
'
amore
che
ti
narro
;
l
'
anno
,
il
giorno
e
l
'
ora
,
non
li
conosco
.
Ma
che
importa
?
Oggi
,
ieri
,
domani
,
il
dramma
dell
'
amore
è
multiforme
ed
unico
.
Batta
il
cuore
sino
a
spezzarsi
sotto
una
toga
di
lana
,
una
corazza
di
acciaio
o
un
abito
di
velluto
,
il
suo
palpito
precipitoso
non
rovinerà
meno
o
diversamente
una
esistenza
;
siano
le
braccia
dell
'
amata
cinte
di
bende
sacre
,
nude
,
sotto
le
fasce
dei
braccialetti
,
chiuse
nelle
stoffe
seriche
,
o
seminascoste
nei
merletti
,
esse
non
abbracceranno
con
minore
o
diversa
passione
.
Che
importa
una
cifra
?
Tecla
era
bella
.
Il
suo
volto
era
di
quel
candore
caldo
e
vivo
che
diventa
cereo
sotto
i
baci
;
nei
grandi
e
voluttuosi
occhi
di
leonessa
si
accendevano
strane
scintille
d
'
oro
;
le
labbra
arcuate
erano
fatte
per
quel
sorriso
lungo
,
profondo
e
cosciente
che
poche
donne
conoscono
;
le
trecce
folte
,
brune
,
s
'
incupivano
in
un
nero
azzurro
.
Si
chiamava
Tecla
,
un
nome
duro
e
dolce
,
che
nel
fantasioso
vocabolario
dei
nomi
significa
cuore
colpevole
.
Hanno
la
loro
fatalità
anche
i
nomi
.
Fanciulla
,
Tecla
aveva
ignorato
l
'
amore
,
orgogliosa
ed
indifferente
;
sposa
a
Bruno
,
Tecla
aveva
ignorato
l
'
amore
,
moglie
superba
e
glaciale
.
Eppure
aveva
veduto
struggersi
,
consumarsi
d
'
amore
il
forte
cuore
di
Bruno
,
un
ruvido
ed
aspro
cuore
che
non
aveva
mai
amato
,
ma
quel
soffio
ardente
di
passione
non
l
'
aveva
riscaldata
,
quella
voce
ansiosa
ed
appassionata
non
l
'
aveva
commossa
,
l
'
amore
di
Bruno
era
rimasto
inutile
,
inutile
.
Bruno
se
lo
sapeva
,
Tecla
glielo
aveva
detto
.
Ella
non
mentiva
mai
.
Era
sposa
a
lui
,
senza
odio
,
ma
senza
trasporto
.
Bruno
non
si
rassegnava
,
no
.
Tecla
era
il
cruccio
insoffribile
della
sua
vita
,
il
chiodo
irrugginito
,
ficcato
nel
cervello
,
il
tronco
di
spada
spezzato
ed
incastrato
nel
cuore
.
La
ruga
della
sua
fronte
,
la
crudeltà
del
suo
sguardo
,
il
sogghigno
del
suo
labbro
,
l
'
amarezza
della
sua
bocca
,
il
fiele
del
suo
spirito
era
Tecla
.
Avrebbe
dovuto
morire
,
ma
quando
s
'
ama
non
se
ne
ha
il
coraggio
.
Avrebbe
potuto
uccidere
Tecla
,
ma
non
vi
pensava
.
Non
si
uccide
una
donna
virtuosa
:
Tecla
era
virtuosa
,
di
una
virtù
alta
e
fiera
.
Ma
come
ogni
altezza
ne
trova
un
'
altra
che
la
superi
e
la
vinca
,
fino
a
che
non
si
arrivi
all
'
invincibile
ed
all
'
incommensurabile
,
così
dinanzi
alla
virtù
di
Tecla
giganteggiò
,
immenso
,
l
'
amore
.
Fu
una
grande
sconfitta
;
fu
un
gran
trionfo
.
D
'
un
tratto
la
fierezza
si
annegò
nella
umiltà
,
l
'
orgoglio
fu
ingoiato
,
trovolto
.
Era
singolarmente
bello
Aldo
,
un
fascino
irresistibile
vibrava
nella
sua
voce
armoniosa
,
le
sue
parole
struggevano
come
fuoco
liquido
,
il
suo
sguardo
dominava
,
vinceva
,
metteva
nell
'
anima
uno
,
sgomento
pieno
di
tenerezza
;
ma
se
tutto
questo
non
fosse
stato
,
per
Tecla
egli
era
sempre
,
unico
,
l
'
amore
.
Fu
una
notte
in
una
sala
fulgida
di
lumi
che
si
videro
.
Nulla
seppero
dirsi
.
Pure
fra
quei
due
esseri
che
si
separarono
senza
un
saluto
,
senza
un
sorriso
,
un
legame
indissolubile
era
sorto
.
Camminavano
uno
verso
l
'
altro
,
dovendo
inevitabilmente
incontrarsi
.
Che
fai
tu
alla
finestra
,
Tecla
?
È
un
'
ora
che
guardi
nel
buio
,
quasi
vi
scorgessi
qualche
cosa
.
Guardo
il
mare
,
Bruno
,
rispondeva
lei
con
la
infinita
mestizia
di
chi
comincia
ad
amare
.
La
brezza
della
sera
ti
fa
male
,
Tecla
.
Tu
sei
pallida
come
un
cadavere
.
Lasciami
qui
,
te
ne
prego
.
Tu
sei
triste
,
Tecla
.
A
che
pensi
?
Io
non
penso
,
Bruno
.
Dimmi
,
chi
ti
rattrista
?
Nessuno
può
rattristarmi
.
Tecla
,
la
tua
mano
è
gelata
e
le
tue
labbra
sono
,
ardenti
;
tu
soffri
,
tu
tremi
,
tu
vacilli
...
Muoio
...
Ma
in
una
notte
cupa
e
profonda
,
dopo
venti
notti
che
l
'
insonnia
tormentosa
si
assideva
al
suo
capezzale
bagnato
di
lagrime
,
Tecla
sentì
scuotersi
tutta
,
come
se
un
appello
possente
la
chiamasse
.
Eccomi
mormorò
.
E
muta
,
rigida
,
con
l
'
incesso
uniforme
e
continuo
di
un
automa
,
col
lungo
abito
bianco
che
le
si
trascinava
dietro
come
un
sudario
,
col
passo
ritmico
che
appena
sfiorava
il
suolo
,
coi
lunghi
capelli
disciolti
sugli
omeri
,
con
gli
occhi
spalancati
nell
'
oscurità
,
ella
attraversò
la
casa
ed
uscì
sul
terrazzo
che
dava
sul
mare
.
Aldo
era
là
.
Ella
andò
a
lui
.
Stettero
a
guardarsi
,
nell
'
ombra
.
Non
un
detto
,
non
un
sospiro
.
L
'
amore
condensato
,
potente
,
sdegnoso
di
espansione
,
li
soffocava
.
O
indimenticabili
notti
create
per
l
'
amore
!
O
eternamente
bello
golfo
di
Napoli
,
dall
'
amore
e
per
l
'
amore
creato
!
Nelle
notti
di
primavera
,
quando
il
fermento
della
terra
conturba
i
sensi
e
tenta
l
'
anima
,
quando
nell
'
aria
vi
è
troppo
profumo
di
fiori
,
si
può
discendere
al
mare
,
entrare
nella
barca
,
fuggire
la
costiera
,
e
sdraiati
sui
cuscini
contemplare
l
'
azzurro
cupo
del
cielo
,
l
'
ondeggiamento
voluttuoso
del
flutto
,
il
palpito
vivo
delle
stelle
che
pare
si
vogliano
staccare
per
precipitare
nell
'
immenso
aere
.
Nelle
torbide
notti
estive
che
seguono
le
giornate
violente
e
tormentose
,
quando
la
terra
si
riposa
,
sfiaccolata
,
da
una
passione
di
quattordici
ore
col
sole
,
felice
colui
che
può
farsi
cullare
in
una
barca
,
come
in
un
'
amaca
,
mentre
il
forte
profumo
marino
gli
fa
sognare
il
tropico
,
la
sua
splendida
e
mostruosa
vegetazione
,
e
le
svelte
fanciulle
brune
che
discendono
sotto
gli
archi
dei
tamarindi
.
Nelle
meste
e
bianche
notti
autunnali
,
quando
la
luna
malaticcia
si
unisce
alla
candida
malinconia
del
cielo
,
al
languido
pallore
delle
stelle
,
alla
nebulosità
ideale
delle
colline
,
quando
tutto
il
mondo
diventa
fioccoso
di
spuma
,
vi
è
chi
presceglie
il
mare
per
confidente
e
va
a
narrargli
il
disfacimento
della
sua
vita
che
inclina
a
perdersi
nel
nulla
,
mentre
la
morbida
curva
di
Posillipo
pare
che
si
abbassi
anche
essa
desiderosa
di
scomparire
nel
mare
.
Nelle
notti
tempestose
d
'
inverno
,
quando
il
temporale
della
città
ha
tutta
la
grettezza
e
la
miseria
delle
stradicciuole
strette
e
delle
grondaie
piagnolose
,
quando
l
'
anima
sente
il
bisogno
imperioso
di
una
mano
che
l
'
afferri
,
che
delizioso
ed
infinito
terrore
,
che
impressione
incancellabile
trovarsi
in
alto
mare
,
in
un
ambiente
nero
,
dove
il
pericolo
è
tanto
più
grande
in
quanto
è
indistinto
.
Ma
più
felice
di
tutti
colui
che
godette
queste
notti
carezzando
i
capelli
morbidi
di
una
donna
adorata
,
che
stringendola
al
cuore
,
potette
sognare
di
rapirla
nel
paese
sconosciuto
desiderato
dagli
amanti
,
che
potette
sperare
di
morire
con
lei
,
sotto
il
cielo
che
s
'
incurva
,
nel
mare
che
li
vuole
.
Più
di
tutti
colpevolmente
felici
e
colpevolmente
invidiati
Aldo
e
Tecla
.
Aldo
,
il
mare
è
troppo
nero
.
Io
t
'
amo
,
Tecla
.
Io
t
'
amo
,
Aldo
.
Sostienimi
col
tuo
valido
braccio
,
amore
.
Perché
quel
barcaiuolo
tace
?
Il
suo
lavoro
è
duro
,
forse
.
Gli
daremo
del
denaro
....
.
mi
amerai
sempre
,
sempre
,
Tecla
?
Sempre
.
Aldo
,
quella
fiaccola
gitta
una
luce
sanguigna
sui
nostri
volti
e
sul
mare
.
Pare
che
illumini
due
cadaveri
ed
una
tomba
,
amore
.
Che
temi
tu
dalla
morte
?
Dividermi
da
te
.
Giammai
.
Dio
deve
castigarci
egualmente
.
Un
silenzio
si
prolungò
.
Si
guardavano
,
mentre
alla
loro
passione
si
univa
la
nota
dolce
di
una
tenerezza
grave
come
un
presentimento
.
La
barca
volava
sull
'
acqua
;
il
barcaiuolo
vogava
con
grande
forza
,
senza
volgere
il
capo
a
guardare
gli
amanti
.
Non
ti
sembra
,
Aldo
,
che
siamo
lontani
assai
dalla
sponda
?
Tanto
meglio
,
dolcezza
mia
.
Perché
quel
barcaiuolo
non
parla
?
C
'
invidia
forse
,
Tecla
.
È
giovane
,
amerà
senza
speranza
.
Interrogalo
,
Aldo
.
Domandagli
perché
nasconde
il
suo
volto
.
D
'
un
tratto
il
barcaiuolo
si
volse
.
Era
Bruno
.
Era
la
figura
dell
'
odio
.
Aldo
e
Tecla
si
baciarono
.
E
la
barca
si
capovolse
sul
bacio
degli
amanti
,
sul
grido
di
furore
di
Bruno
.
Tre
volte
vennero
a
galla
gli
amanti
,
abbracciati
,
stretti
con
una
celestiale
beatitudine
nel
viso
,
tre
volte
venne
a
galla
una
faccia
contratta
dalla
collera
.
....
.
Odimi
,
amore
.
In
una
certa
ora
della
notte
,
sulla
bella
riva
di
Posillipo
,
su
quella
gaia
di
Mergellina
,
su
quella
cupa
del
Chiatamone
,
su
quella
fragorosa
di
Santa
Lucia
,
su
quella
sporca
del
Molo
,
su
quella
tempestosa
del
Carmine
,
la
barchetta
fantasma
appare
,
corre
veloce
sull
'
acqua
,
gli
amanti
si
baciano
lentamente
,
la
figura
dello
sposo
si
erge
sdegnata
,
la
barchetta
si
capovolge
.
Ancora
tre
volte
si
rivede
quell
'
eterno
bacio
,
quell
'
eterno
odio
.
Ogni
notte
la
barchetta
-
fantasma
appare
.
Ma
non
tutti
la
vedono
.
Dio
permette
che
solamente
chi
ama
bene
,
chi
ama
intensamente
possa
vederla
.
Apparisce
solamente
per
gli
innamorati
,
i
quali
impallidiscono
a
quell
aspetto
.
È
la
pruova
infallibile
e
singolare
.
L
hai
tu
vista
?
L
hai
tu
vista
,
la
barchetta
-
fantasma
?
O
sciagurata
me
,
se
fui
sola
a
vederla
!
IL
SEGRETO
DEL
MAGO
Nell
'
anno
1220
della
salutifera
Incarnazione
regnando
in
Palermo
ed
in
Napoli
il
grande
e
buon
re
Federico
secondo
di
Svevia
,
accadde
in
Napoli
un
caso
bellissimo
che
non
vi
sarà
discaro
ascoltare
,
trattandosi
di
piacevole
argomento
.
Simil
novella
non
troverete
né
in
istorici
,
né
in
eleganti
narratori
;
io
stessa
la
raccolsi
rozza
ed
informe
dalla
tradizione
popolare
e
voglio
,
narrandola
a
voi
,
consacrarla
in
questa
scrittura
,
affinché
ne
possano
avere
disadorna
ma
chiara
notizia
i
più
tardi
nepoti
,
per
cui
lavora
e
s
affatica
ogni
scrittore
disdegnoso
del
facile
plauso
contemporaneo
.
Ma
senza
più
intrattenervi
in
preliminari
,
avendo
spiegata
chiaramente
la
mia
intenzione
,
ecco
il
caso
.
Nello
stretto
vico
dei
Cortellari
.
che
come
ognuno
sa
,
apparteneva
al
seggio
di
Portanova
,
v
'
era
una
casuccia
magra
ed
alta
,
dalle
piccole
finestre
,
aventi
i
vetri
sporchi
ed
impiombati
.
La
porta
d
'
entrata
era
bassa
e
oscura
;
sporca
e
ripida
la
scala
;
di
rado
si
aprivano
le
finestruole
.
La
gente
vi
passava
dinanzi
frettolosa
,
dando
uno
sguardo
fra
il
collerico
ed
il
pauroso
,
e
borbottando
fra
i
denti
non
so
se
una
preghiera
o
una
maledizione
.
In
verità
,
nella
casuccia
abitava
gente
malfamata
;
al
primo
piano
v
'
era
un
maledetto
giudeo
,
degno
discendente
di
coloro
che
crocifissero
nostro
signore
Gesù
Cristo
,
un
giudeo
ladro
che
dava
il
denaro
ad
usura
e
tosava
le
monete
d
'
oro
;
al
secondo
una
giovane
bella
,
di
quelle
che
sono
la
tentazione
e
la
dannazione
dell
'
uomo
;
al
terzo
un
marito
ed
una
moglie
,
brutti
ceffi
che
il
giorno
eran
fuori
di
casa
a
qualche
ignoto
ed
equivoco
mestiere
e
quando
rincasavano
,
a
notte
piena
,
si
battevano
come
la
lana
.
Quello
che
formava
lo
sgomento
dei
viandanti
non
era
specialmente
l
'
ebreo
cane
,
lo
sguardo
provocante
della
donna
,
o
gli
strilli
della
moglie
bastonata
dal
marito
,
ma
era
tutto
questo
insieme
e
principalmente
il
pensiero
che
all
'
ultimo
piano
della
casa
indiavolata
abitava
Cicho
il
mago
.
Le
anime
timorate
di
Dio
si
facevano
il
segno
della
croce
che
è
anche
quello
della
nostra
salvazione
e
passavano
oltre
;
gli
spiriti
mondani
facevano
le
corna
con
la
mano
,
si
tastavano
il
ginocchio
,
pronunziavano
qualche
scongiuro
e
simili
cose
operavano
che
volgarmente
si
credono
atte
a
disperdere
il
malocchio
.
Sebbene
Cicho
uscisse
molto
raramente
e
raramente
spalancasse
le
imposte
della
sua
finestruola
,
il
popolo
sapendo
della
sua
magia
,
del
suo
potere
sovrumano
,
n
'
avea
timore
grandissimo
.
Senza
dubbio
i
misteriosi
andamenti
di
Cicho
davan
fede
di
verità
a
quanto
di
lui
si
dicea
.
Chi
fosse
non
si
sapea
,
né
donde
venisse
;
sempre
chiuso
in
casa
;
in
apparenza
privo
di
amici
e
di
parenti
:
curvo
nell
'
incedere
,
lento
il
passo
,
l
'
occhio
fisso
a
terra
mormorando
parole
greche
,
latine
o
di
qualche
lingua
demoniaca
;
parco
nel
conversare
,
ma
non
aspro
nei
modi
,
anzi
sorridente
nella
fluente
barba
bianca
;
scuri
ma
netti
i
vestimenti
.
Invano
,
quando
venne
ad
abitare
nel
vico
Cortellari
,
le
femminette
d
'
intorno
s
'
informavano
di
lui
,
chiesero
,
osarono
interrogarlo
,
fermarono
il
suo
servo
e
adoperarono
i
mille
mezzi
che
mai
sempre
consiglia
alla
donna
,
la
gran
maestra
e
signora
,
la
curiosità
.
Nulla
potettero
sapere
e
Cicho
,
la
sua
origine
,
la
sua
famiglia
,
la
sua
vita
rimasero
nelle
tenebre
dello
sconosciuto
.
Ma
in
seguito
,
spiando
,
osservando
,
escogitando
,
si
seppe
che
Cicho
intendeva
a
opere
magiche
;
durante
la
notte
,
mai
si
spegneva
la
lampada
della
stanzuccia
dove
egli
studiava
su
grossi
volumi
di
manoscritti
a
fermaglio
,
tolti
da
una
polverosa
scansia
,
mai
cessava
d
'
uscire
,
dalla
cappa
nera
del
suo
focolare
,
un
filo
di
fumo
e
la
sua
stanza
era
piena
di
storte
,
di
lambicchi
,
di
fornelli
,
di
singolari
coltelli
in
tutte
le
forme
e
di
altri
istrumenti
in
ferro
destinati
ad
usi
paurosi
.
Si
dicea
che
spesso
Cicho
passava
ore
intere
curvato
sopra
un
pentolino
che
bolliva
,
bolliva
e
dove
sicuramente
danzavano
le
maledette
erbe
infernali
che
cagionano
malsania
,
follìa
e
morte
,
sebbene
il
servo
non
comperasse
in
piazza
che
le
erbe
di
cucina
,
come
maggiorana
,
pomidoro
,
basilico
,
prezzemolo
,
cipolle
,
agli
ed
altro
.
Ma
si
sa
che
gli
stregoni
vanno
sui
prati
,
nella
notte
del
sabato
,
incantano
la
luna
,
chiamano
il
diavolo
e
colgono
le
erbacce
malefiche
.
Si
diceva
altresì
che
Cicho
venisse
fuori
sul
suo
piccolo
terrazzino
,
scuotendo
dalle
mani
e
dall
'
abito
una
polvere
bianca
che
certo
doveva
avvelenare
l
'
aria
;
che
spesso
andasse
a
lavarsi
le
mani
macchiate
di
rosso
in
un
tinello
di
cui
l
'
acqua
si
corrompeva
.
Quelle
mani
macchiate
di
rosso
davano
autorità
a
orribili
sospetti
;
tanto
più
che
si
soggiungeva
esservi
spesso
,
nel
laboratorio
di
Cicho
,
sul
pavimento
,
larghe
macchie
di
rossobruno
,
simili
a
pozze
di
sangue
e
che
quello
sciagurato
stregone
di
Cicho
si
occupasse
,
nella
notte
,
a
tagliare
coi
sottili
coltelli
,
sopra
una
grande
tavola
di
marmo
bianco
,
non
so
che
di
delicato
.
Membra
di
bambini
,
o
gambe
di
rana
,
o
pelli
di
serpentelli
ripeteva
la
gente
.
E
quando
camminava
nella
via
,
le
comari
ammiccavano
e
si
davano
delle
gomitate
nei
fianchi
,
dicendo
:
Cicho
il
mago
,
Cicho
il
mago
!
Cerca
il
modo
di
ridiventare
giovane
,
il
secchione
!
Vuol
trovar
l
oro
,
forse
.
O
quella
pietra
per
cui
s
ha
virtù
,
saggezza
e
lunga
vita
.
Che
!
!
Chiama
il
diavolo
per
diventare
Gran
Turco
.
Cicho
ascoltava
e
tirava
via
sorridendo
.
In
fondo
le
comari
,
avendone
paura
,
non
osavano
maledirlo
che
sottovoce
;
a
ammonivano
i
bimbi
ad
usargli
rispetto
.
lo
stregone
,
malgrado
le
voci
temerarie
,
aveva
rispetto
di
galantuomo
e
quella
tale
aria
di
soddisfatto
raccoglimento
di
chi
medita
una
bella
e
feconda
idea
.
Parea
dicesse
:
verrà
,
verrà
il
giorno
mio
,
o
gente
ingrata
.
A
chiarirvi
un
poco
il
mistero
ed
a
denudare
la
sua
vita
di
quella
parte
sovrumana
che
Dio
non
permette
più
sulla
terra
,
poiché
Dio
fa
miracoli
solamente
per
l
anima
e
non
più
per
il
corpo
,
vi
dirò
quanto
segue
.
Cicho
era
stato
a
suo
tempo
ricco
e
gagliardo
e
bel
giovanotto
:
aveva
saputo
goder
bene
della
salute
,
della
gioventù
e
della
ricchezza
;
amante
,
era
stato
amato
;
aveva
avuto
palazzi
,
corridori
di
nobil
sangue
,
pietre
preziose
,
vestimenta
intessute
d
oro
;
aveva
goduto
feste
,
conviti
,
balli
,
tormenti
,
giostre
;
aveva
assaporato
col
più
vivo
piacere
baci
di
donne
,
colpi
di
spada
di
cavaliere
e
vini
poderosi
.
Quando
la
sua
ricchezza
cominciò
a
dileguare
,
come
sempre
accade
,
si
allontanarono
donne
ed
amici
;
ma
Cicho
che
aveva
fatta
sugli
scrittori
antichi
buona
e
larga
provvista
di
filosofia
,
non
se
ne
accorò
.
Sibbene
rimasto
solo
,
con
niuna
opera
da
compiere
,
gli
venne
vaghezza
di
rendersi
utile
agli
uomini
.
E
dopo
aver
escogitato
tutti
i
mezzi
,
ricordando
i
suoi
godimenti
ed
i
suoi
piaceri
,
entrò
nella
persuasione
dover
lui
ritrovare
qualche
cosa
che
concorresse
specialmente
alla
felicità
del
suo
simile
,
felicità
instabile
e
passeggera
a
cui
egli
voleva
dare
un
qualche
solido
fondamento
.
Raffermato
in
questa
intenzione
comperò
pergamene
e
volumi
,
studiò
lungamente
,
tentando
e
ritentando
ogni
giorno
prove
novelle
,
sbagliando
,
ricominciando
da
capo
,
consumando
le
sue
notti
,
il
suo
denaro
ed
il
carbone
dei
suoi
fornelli
.
Per
molto
tempo
la
mala
fortuna
lo
perseguitò
e
le
sue
esperienze
riuscirono
sempre
fallaci
,
ma
non
per
questo
venne
meno
la
sua
costanza
.
Ei
lavorava
per
la
felicità
dell
uomo
e
cotale
altissimo
scopo
gli
era
innanzi
agli
occhi
come
visione
animatrice
;
alla
fine
,
dopo
molti
anni
di
travaglio
,
si
poté
dire
di
aver
raggiunto
la
sua
meta
,
gridando
anche
lui
la
parola
del
greco
Archimede
,
di
fronte
a
tanta
scoperta
.
Poi
,
come
usano
gli
inventori
,
s
occupò
a
vezzeggiare
al
sua
scoperta
,
a
carezzarla
,
a
darle
forme
variate
e
seducenti
,
a
perfezionarla
,
in
modo
da
poter
dire
agli
uomini
:
Eccola
qui
;
io
ve
la
dono
bella
e
completa
.
Ora
accade
che
sul
terrazzino
di
Cicho
il
mago
sporgesse
anche
una
porticina
di
una
stanzuccia
dove
abitava
con
suo
marito
Jovannella
di
Canzio
.
Era
costei
maliziosa
,
astuta
e
linguacciuta
quanto
mai
femmina
possa
essere
;
e
sua
dilettosa
occupazione
era
conoscere
i
fatti
del
vicinato
o
per
trarne
personale
vantaggio
o
per
malignarvi
su
.
non
è
a
dire
se
la
malvagia
Jovannella
spiasse
continuamente
Cicho
il
mago
;
ché
anzi
s
arrovellava
di
giorno
e
non
aveva
tregua
nelle
lenzuola
alla
notte
,
per
la
inappagata
curiosità
;
e
più
non
riusciva
a
saper
nulla
,
più
,
per
dispetto
,
lacerava
la
riputazione
delle
vicine
e
tormentava
il
marito
Giacomo
,
guattero
di
cucina
al
real
palazzo
.
Ma
non
senza
saviezza
corrono
dettami
popolari
esprimenti
che
la
donna
ottiene
sempre
quello
che
vuole
fortemente
e
malgrado
le
precauzioni
di
segretezza
adoperate
da
Cicho
il
mago
,
malgrado
le
porte
chiuse
,
le
finestre
sbarrate
,
la
Jovannella
seppe
il
segreto
dello
stregone
.
Fosse
stato
per
buco
di
serratura
,
per
fessura
di
porta
,
per
foro
nel
muro
,
o
per
altro
,
io
non
so
.
Ma
è
certo
che
un
giorno
la
trionfante
Jovannella
disse
al
guattero
marito
:
Giacomo
,
se
hai
ardire
di
uomo
,
la
fortuna
nostra
è
fatta
.
Sei
tu
diventata
strega
?
Io
mel
sapeva
.
Malann
aggia
la
tua
bocca
sconsacrata
!
Ascolta
.
Vuoi
tu
dire
al
cuoco
di
palazzo
che
io
conosco
una
vivanda
di
così
nuova
e
tanto
squisita
fattura
da
meritare
l
assaggio
del
re
?
Femmina
,
tu
sei
pazza
?
Dio
mi
sradichi
questa
lingua
che
ho
tanto
cara
,
s
io
mento
!
E
con
molte
sue
persuasioni
lo
indusse
a
parlarne
col
cuoco
,
che
a
sia
volta
ne
discusse
col
maggiordomo
,
il
quale
ne
tenne
parola
con
un
conte
,
che
osò
dirne
al
re
.
Piacque
al
re
la
novella
e
dette
ordine
che
la
moglie
del
sguattero
si
recasse
nelle
reali
cucine
e
componesse
la
prelibata
vivanda
:
infatti
la
Jovannella
accorse
prontamente
e
in
tre
ore
ebbe
tutto
fatto
.
Ecco
come
:
prese
prima
fior
di
farina
,
lo
impastò
con
poca
acqua
,
sale
e
uova
,
maneggiando
la
pasta
lungamente
per
raffinarla
e
per
ridurla
sottile
sottile
come
una
tela
;
poi
la
tagliò
con
un
suo
coltellaccio
in
piccole
strisce
,
queste
arrotolò
a
forma
di
piccoli
cannelli
e
fattane
un
a
grande
quantità
,
essendo
morbidi
ed
umidicci
,
li
mise
a
rasciugare
al
sole
.
Poi
mise
in
tegame
strutto
di
porco
,
cipolla
tagliuzzata
finissima
e
sale
;
quando
la
cipolla
fu
soffritta
vi
mise
un
grosso
pezzo
di
carne
;
quando
questa
si
fu
crogiolata
bene
ed
ebbe
acquistato
un
colore
bruno
-
dorato
,
ella
vi
versò
dentro
il
succo
denso
e
rosso
dei
pomidoro
che
aveva
spremuti
in
uno
straccio
;
coprì
il
tegame
e
lasciò
cuocere
,
a
fuoco
lento
,
carne
e
salsa
.
Quando
l
ora
del
pranzo
fu
venuta
,
ella
tenne
preparata
una
caldaia
di
acqua
bollente
dove
rovesciò
i
cannelli
di
pasta
:
intanto
che
cuocevano
,
ella
grattugiò
una
grande
quantità
di
quel
dolce
formaggio
che
ha
nome
da
Parma
e
si
fabbrica
a
lodi
.
Cotta
a
punto
la
pasta
,
la
separò
dall
acqua
ed
in
bacile
di
maiolica
la
condì
mano
mano
con
una
cucchiaiata
di
formaggio
ed
un
cucchiaio
di
salsa
.
Così
fu
la
vivanda
famosa
che
andò
innanzi
al
grande
Federigo
,
il
quale
ne
rimase
meravigliato
e
compiaciuto
;
e
chiamata
a
sé
la
Jovannella
di
Canzio
,
le
chiese
come
avesse
potuto
immaginare
un
connubio
così
armonioso
e
stupendo
.
La
rea
femmina
disse
che
ne
aveva
avuto
rivelazione
in
sogno
,
da
un
angelo
:
il
gran
re
volle
che
il
suo
cuoco
apprendesse
la
ricetta
e
donò
alla
Jovannella
cento
monete
d
oro
dicendo
che
era
molto
da
ricompensarsi
colei
che
per
una
così
grande
parte
aveva
concorso
alla
felicità
dell
uomo
.
Ma
non
fu
questa
solamente
la
fortuna
di
Jovannella
,
poiché
ogni
conte
ed
ogni
dignitario
volle
avere
la
ricetta
e
mandò
il
proprio
cuoco
ad
imparare
da
lei
,
dandole
grosso
premio
;
e
dopo
i
dignitarii
vennero
i
ricchi
borghesi
e
poi
i
mercati
e
poi
i
lavoratori
di
giornata
e
poi
i
poveri
dando
ognuno
alla
donna
quel
che
poteva
.
Nel
corso
di
sei
mesi
tutta
Napoli
si
cibava
dei
deliziosi
maccheroni
da
macarus
,
cibo
divino
e
la
Jovannella
era
ricca
.
Intanto
Cicho
il
mago
,
solo
nella
sua
cameruccia
,
modificava
e
variava
la
sua
scoperta
.
Pregustava
il
momento
in
cui
,
fatto
noto
agli
uomini
il
segreto
,
gliene
sarebbe
venuta
gratitudine
,
ammirazione
e
fortuna
.
Infine
,
non
vale
più
la
scoperta
di
una
nuova
pietanza
che
quella
di
un
teorema
filosofico
?
che
quella
di
una
cometa
?
che
quella
di
u
nuovo
insetto
?
Bene
,
dunque
:
e
lodato
senza
fine
sia
l
uomo
che
la
fa
.
Ma
un
giorno
che
il
termine
era
vicino
,
Cicho
il
mago
uscì
a
respirare
per
la
via
del
Molo
:
arrivato
presso
la
porta
del
Caputo
,
un
noto
odore
gli
ferì
le
nari
.
Egli
tremò
e
volle
rincorarsi
,
pensando
che
era
inganno
.
Ma
roso
dall
ansietà
,
entrò
nella
casa
donde
l
odore
era
venuto
e
domandò
ad
una
donna
che
badava
ad
un
tegame
:
Che
cucini
tu
?
Maccheroni
,
vecchio
.
Chi
te
lo
insegnò
,
donna
?
Jovannella
di
Canzio
.
Ed
a
lei
?
Un
angiolo
,
dicono
.
Ella
ne
cucinò
al
re
;
ne
vollero
i
principi
,
i
conti
,
tutta
Napoli
.
In
qualunque
casa
entrerai
,
o
vecchio
pallido
e
morente
,
troverai
che
vi
si
cucinano
maccheroni
.
Hai
fame
?
Vuoi
tu
cibartene
?
No
.
Addio
.
Entrato
in
varie
case
,
trascinandosi
a
stento
,
Cicho
il
mago
ebbe
certezza
dell
accaduto
e
del
tradimento
di
Jovannella
;
il
custode
del
palazzo
reale
gli
ripeté
la
storiella
.
Allora
,
disperato
d
ogni
cosa
,
tornatosene
alla
sua
casetta
,
rovesciò
lambicchi
,
storte
,
tegami
,
forme
e
coltelli
;
ruppe
,
fracassò
tutto
;
abbruciò
i
libri
di
chimica
.
E
partissene
solo
ed
ignorato
,
senza
che
mai
più
fosse
veduto
ritornare
.
Come
è
naturale
,
la
gente
disse
che
il
diavolo
aveva
portato
via
il
mago
.
Ma
venuta
a
morte
la
Jovannella
dopo
una
vita
felice
,
ricca
ed
onorata
,
come
la
godono
per
lo
più
i
malvagi
,
malgrado
le
massime
morali
in
contrario
,
nella
disperazione
della
sua
agonia
,
confessò
il
suo
peccato
e
morì
urlando
come
una
dannata
.
Neppur
tarda
giustizia
fu
resa
a
Cicho
il
mago
:
solamente
la
leggenda
soggiunge
che
nella
casa
dei
Cortellari
,
dentro
la
stanzuccia
del
mago
,
alla
notte
del
sabato
,
Cicho
il
mago
ritorna
a
tagliare
i
suoi
maccheroni
,
Jovannella
di
Canzio
gira
la
mestola
nella
salsa
del
pomodoro
ed
il
diavolo
con
una
mano
gratta
il
formaggio
e
con
l
altra
soffia
sotto
la
caldaia
.
Ma
diabolica
o
angelica
che
sia
la
scoperta
di
Cicho
,
essa
ha
formato
la
felicità
dei
napoletani
e
nulla
indica
che
non
continui
a
farla
nei
secoli
dei
secoli
.
DONNALBINA
,
DONNA
ROMITA
,
DONNA
REGINA
La
leggenda
di
Donnalbina
,
Donna
Romita
,
Donna
Regina
,
corre
ancora
per
la
lurida
via
di
Mezzocannone
,
per
le
primitive
rampe
del
Salvatore
,
per
quella
pacifica
parte
di
Napoli
vecchia
che
costeggia
la
Sapienza
.
Corre
la
leggenda
per
quelle
vie
,
cade
nel
rigagnolo
,
si
rialza
,
si
eleva
sino
al
cielo
,
discende
,
si
attarda
nelle
umide
ed
oscure
navate
delle
chiese
,
mormora
nei
tristi
giardini
dei
conventi
,
si
disperde
,
si
ritrova
,
si
rinnovella
ed
è
sempre
giovane
,
sempre
fresca
.
Se
voi
volete
,
o
miei
fedeli
ed
amati
lettori
,
io
ve
la
narro
.
Se
volete
per
un
poco
dimenticare
le
nostre
folli
passioni
,
i
nostri
odi
di
taciturni
,
i
nostri
volti
pallidi
,
le
nostre
anime
sconvolte
,
io
vi
parlerò
di
altre
passioni
diversamente
folli
,
di
altri
odii
,
di
altri
pallori
,
di
altre
anime
.
Se
volete
io
vi
narrerò
la
leggenda
delle
tre
sorelle
:
Donnalbina
,
Donna
Romita
,
Donna
Regina
.
Erano
le
tre
figlie
del
barone
Toraldo
,
nobile
del
sedile
di
Nilo
.
La
madre
,
Donna
Gaetana
Scauro
,
di
nobilissimo
parentado
,
era
morta
molto
giovane
:
il
barone
si
crucciava
che
il
suo
nome
dovesse
estinguersi
con
esso
:
pure
,
non
riprese
moglie
.
Ottenne
come
special
favore
dal
re
Roberto
d
'
Angiò
che
la
sua
figliuola
maggiore
,
Donna
Regina
,
potesse
,
passando
a
nozze
,
conservare
il
suo
nome
di
famiglia
e
trasmetterlo
ai
suoi
figliuoli
.
E
nel
1320
si
morì
,
racconsolato
nella
fede
del
Cristo
Signore
.
Donna
Regina
aveva
allora
diciannove
anni
,
Donnalbina
diciassette
,
Donna
Romita
quindici
.
La
maggiore
,
dal
superbo
nome
,
era
anche
una
superba
bellezza
:
bruni
e
lunghi
i
capelli
nella
reticella
di
fil
d
'
argento
,
stretta
e
chiusa
la
fronte
,
gravemente
pensosi
i
grandi
occhi
neri
,
severo
il
profilo
,
smorto
il
volto
,
roseo
-
vivo
il
labbro
,
ma
parco
di
sorrisi
,
parchissimo
di
detti
;
tutta
la
persona
scultorea
,
altera
,
quasi
rigida
nell
'
incesso
,
composta
nel
riposo
.
E
lo
spirito
di
Regina
,
per
quanto
ne
poteva
ricavare
l
'
indiscreto
indagatore
,
rassomigliava
al
corpo
.
Era
in
quell
'
anima
un
'
austerità
precoce
,
un
sentimento
assoluto
del
dovere
,
un
'
alta
idea
del
suo
còmpito
,
una
venerazione
cieca
del
nome
,
delle
tradizioni
,
dei
diritti
,
dei
privilegi
.
Era
lei
il
capo
della
famiglia
,
l
'
erede
,
il
conservatore
del
nobil
sangue
,
dell
'
onore
,
della
gloria
;
era
nel
suo
fragile
cuore
di
donna
che
dovevano
trovare
aiuto
e
sostegno
queste
cose
ed
ella
nel
silenzio
,
nella
solitudine
,
si
adoperava
ad
invigorire
il
suo
cuore
:
a
farvi
nascere
la
costanza
e
la
fermezza
,
a
cancellarvi
ogni
traccia
di
debolezza
.
A
volte
nel
suo
spirito
,
sempre
freddo
,
sempre
teso
,
passava
un
soffio
caldo
e
molle
e
le
sorgevano
in
cuore
vaghi
desiderii
di
amore
,
di
profumi
,
di
colori
abbaglianti
,
di
sorrisi
;
ma
ella
cercava
vincersi
,
s
'
inginocchiava
a
pregare
,
leggeva
nel
vecchio
libro
dove
erano
scritte
le
storie
di
famiglia
e
ridiventava
l
'
inflessibile
giovinetta
,
Donna
Regina
,
baronessa
di
Toraldo
.
Donnalbina
,
la
seconda
sorella
,
veniva
chiamata
cosi
dalla
bianchezza
eccezionale
del
volto
.
Era
una
fanciulla
amabile
,
sorridente
nel
biondo
-
cinereo
della
chioma
,
nel
fulgore
dello
sguardo
intensamente
azzurro
,
nei
morbidi
lineamenti
,
nella
svelta
e
gentile
persona
.
I
tratti
duri
,
fieri
,
di
Donna
Regina
diventavano
femminilmente
graziosi
in
Donnalbina
.
E
veramente
ella
era
la
dolcezza
di
casa
Toraldo
.
Era
lei
che
presenziava
i
lunghi
lavori
delle
sue
donne
sul
broccato
d
'
oro
,
alle
trine
di
lucido
filo
d
'
argento
,
agli
arazzi
istoriati
,
andando
da
un
telaio
all
'
altro
,
curvandosi
sul
ricamo
,
consigliando
,
dirigendo
;
era
lei
,
che
,
in
ogni
sabato
,
attendeva
alla
distribuzione
delle
elemosine
ai
poveri
,
curando
che
niuno
fosse
trattato
con
,
durezza
,
che
niuno
fosse
dimenticato
,
ritta
in
piedi
sul
primo
scalino
della
porta
,
vivente
immagine
della
misericordia
terrestre
.
Era
lei
che
portava
alla
sorella
Regina
le
suppliche
dei
servi
infermi
,
dei
coloni
poveri
,
di
chiunque
chiedesse
una
grazia
,
un
soccorso
.
Nella
sua
affettuosa
e
gaia
natura
,
si
doleva
del
silenzio
di
quella
casa
,
della
austera
gravità
che
vi
regnava
,
dei
corridoi
gelati
,
delle
sale
marmoree
che
niun
raggio
di
sole
valeva
a
riscaldare
;
si
doleva
del
freddo
cuore
di
Regina
che
niun
affetto
faceva
sussultare
se
ne
doleva
per
Donna
Romita
.
Perché
Donna
Romita
era
una
singolare
giovinetta
,
mezzo
bambina
.
Così
il
suo
aspetto
:
i
capelli
biondo
cupo
,
corti
ed
arricciati
,
il
viso
bruno
,
di
quel
bruno
caldo
e
vivo
che
pare
ancora
il
riflesso
del
sole
,
gli
occhi
di
un
bel
verde
smeraldo
,
glauco
e
cangiante
come
quello
del
mare
,
le
labbra
fini
e
rosse
,
la
personcina
esile
e
povera
di
forma
,
bruschi
i
moti
,
irrequieta
sempre
.
Ora
appariva
indifferente
,
glaciale
,
gli
occhi
smorti
,
le
nari
terree
,
quasi
la
vita
fosse
in
lei
sospesa
;
ora
si
agitava
,
una
fiamma
le
coloriva
il
volto
,
le
labbra
fremevano
di
baci
,
di
parole
,
di
sorrisi
,
l
angolo
delle
palpebre
nascondeva
una
scintilla
,
scivolata
dalla
pupilla
viva
;
ora
diventava
irritata
,
superba
,
il
viso
chiuso
,
sbiancato
da
una
collera
interna
.
Nei
giorni
d
'
inverno
,
quando
la
pioggia
sferza
i
vetri
,
il
vento
sibila
per
le
fessure
delle
porte
,
urta
nel
camino
,
del
largo
focolare
,
Donna
Romita
si
rannicchiava
in
un
seggiolone
come
un
uccello
pauroso
ed
ammalato
;
nelle
caldissime
ore
di
estate
,
non
lasciava
le
ombre
del
giardino
,
errando
pei
viali
.
A
volte
rimaneva
lunghe
ore
pensosa
.
Pensava
forse
di
sua
madre
,
cui
le
avevano
detto
rassomigliasse
.
Pure
,
le
tre
sorelle
menavano
placida
vita
.
Erano
regolate
le
ore
dell
'
abbigliamento
,
della
preghiera
,
del
lavoro
,
dell
'
asciolvere
e
della
cena
;
erano
stabilite
equamente
le
occupazioni
di
ogni
settimana
,
di
ogni
mese
.
Dappertutto
Donna
Regina
andava
innanzi
e
le
sorelle
la
seguivano
;
ella
aveva
il
seggiolone
con
la
corona
baronale
,
ella
aveva
le
chiavi
dei
forzieri
dove
erano
rinchiuse
le
insegne
del
suo
grado
ed
i
gioielli
di
famiglia
;
a
mensa
,
ella
presiedeva
,
le
due
sorelle
una
a
diritta
l
'
altra
a
sinistra
,
su
seggi
più
umili
;
all
'
oratorio
ella
intonava
le
laudi
.
La
mattina
e
la
sera
le
due
sorelle
minori
salutavano
la
maggiore
,
inchinandosi
e
baciandole
la
mano
:
ella
le
baciava
in
fronte
.
Di
rado
le
chiamava
a
consiglio
,
essendo
,
in
lei
il
senno
superiore
alla
età
ed
al
sesso
:
ma
se
accadeva
,
le
due
attendevano
pazienti
di
essere
interrogate
.
Era
in
tutte
tre
profondo
ed
innato
il
sentimento
dello
scambievole
rispetto
:
in
Donnalbina
e
in
Donna
Romita
un
ossequio
affettuoso
per
Donna
Regina
.
Le
sue
parole
erano
una
legge
indiscutibile
,
cui
non
si
sarebbero
giammai
ribellate
.
In
fondo
l
'
amavano
,
ma
senza
espansioni
.
Ed
essa
era
troppo
rigida
per
mostrar
loro
il
suo
affetto
,
se
le
amava
.
Un
giorno
re
Roberto
si
degnò
scrivere
di
suo
pugno
a
Donna
Regina
Toraldo
che
le
aveva
destinato
in
isposo
Don
Filippo
Capece
,
cavaliere
della
corte
napoletana
.
Imbruniva
.
Nel
vano
di
un
balcone
sedeva
Donna
Regina
,
col
libro
delle
ore
fra
le
mani
.
Ma
non
leggeva
.
Mi
è
lecito
rimanere
accanto
a
voi
,
sorella
mia
?
chiese
timidamente
Donnalbina
.
Rimanete
,
sorella
disse
brevemente
Regina
.
Regina
era
più
smorta
dell
'
usato
,
un
po
'
abbassata
la
testa
,
errante
lo
sguardo
.
E
Donnalbina
cercava
indovinare
il
pensiero
segreto
di
quella
fronte
severa
.
Mi
ricercavate
di
qualche
cosa
,
Donnalbina
?
chiese
infine
Regina
,
scuotendosi
.
Voleva
dirvi
che
la
nostra
sorella
Donna
Romita
mi
pare
ammalata
.
Non
me
ne
addiedi
.
Mandaste
per
la
medesima
Giovanna
?
No
,
sorella
,
non
mandai
.
E
perché
?
Ahimè
!
sorella
,
dubito
che
i
farmachi
possano
guarire
Donna
Romita
.
E
qual
malore
grave
e
strano
è
il
suo
,
che
non
trovi
rimedio
?
Donna
Romita
soffre
,
sorella
mia
.
Nella
notte
è
angosciosa
la
veglia
ed
agitati
i
suoi
sonni
;
nel
giorno
fugge
la
nostra
compagnia
,
piange
in
qualche
angolo
oscuro
;
passa
ore
ed
ore
nell
'
oratorio
inginocchiata
,
col
capo
su
le
mani
.
Donna
Romita
si
strugge
segretamente
.
E
sapete
voi
la
causa
di
tanto
struggimento
,
Donnalbina
?
chiese
con
voce
aspra
Donna
Regina
.
Io
credo
saperla
rispose
,
facendosi
coraggio
,
la
sorella
minore
.
Ditela
,
dunque
.
Ma
la
vedete
voi
?
Ve
la
chieggo
.
Tardaste
troppo
.
Donna
Romita
si
strugge
d
'
amore
,
o
mia
sorella
.
D
'
amore
,
diceste
?
gridò
Regina
balzando
sul
seggiolone
.
D
'
amore
.
E
che
?
Debbo
io
udire
da
voi
queste
parole
?
Chi
vi
parlò
prima
d
'
amore
?
Chi
vi
ha
insegnato
la
triste
scienza
?
Di
chi
io
debbo
crucciarmi
,
di
Donna
Romita
che
me
lo
cela
,
o
di
voi
,
Donnalbina
,
che
lo
indovinate
e
me
lo
narrate
?
Come
furon
turbati
il
cuore
dell
'
una
,
la
mente
dell
'
altra
?
Sono
stata
io
così
poco
provvida
,
cosi
incapace
da
lasciare
indifesa
la
vostra
giovinezza
.
L
'
amore
è
nella
nostra
vita
rispose
con
dolce
fermezza
Donnalbina
.
Regina
tacque
un
momento
.
Aveva
corrugate
le
sopracciglia
,
quasi
a
ristringere
ed
a
condensare
il
suo
pensiero
.
Il
nome
dell
'
uomo
?
chiese
poi
duramente
.
Donnalbina
tremò
e
non
rispose
.
Il
nome
dell
'
uomo
?
insistette
l
'
altra
.
È
un
giovane
cavaliere
,
un
cavaliere
di
nobil
sangue
,
bello
,
dovizioso
.
Il
suo
nome
?
Donna
Romita
è
stata
affascinata
dalla
eloquente
parola
,
dallo
sguardo
di
fuoco
.
Amò
certo
senza
saperlo
Il
suo
nome
,
vi
dico
.
Debbi
io
pregarvi
?
Oh
!
no
,
sorella
.
Ma
voi
le
perdonerete
,
voi
le
perdonerete
,
non
è
vero
?
E
cercava
prenderle
le
mani
.
Che
cosa
debbo
perdonarle
?
Ditemi
il
nome
del
cavaliere
.
Pietà
per
lei
.
Ella
ama
don
Filippo
Capace
.
No
!
!
Lo
ama
,
lo
ama
,
sorella
.
Chi
non
l
amerebbe
?
Non
è
egli
valoroso
,
galante
con
le
donne
,
seducente
nell
aspetto
?
Quando
egli
mormora
una
parola
d
amore
,
il
cuore
della
fanciulla
deve
struggersi
in
una
dolcissima
felicità
;
quando
il
suo
labbro
sfiora
la
fronte
della
fanciulla
,
può
ella
invidiare
le
gioie
degli
angeli
?
Essere
sua
!
Sogno
benedetto
,
aura
invocata
,
luce
abbagliante
!
Pietà
per
nostra
sorella
!
Essa
lo
ama
e
cadde
ginocchioni
,
balbettando
ancora
vaghe
parole
di
preghiera
.
Ma
per
chi
mi
chiedi
pietà
?
gridò
Donna
Regina
,
rialzando
bruscamente
la
sorella
in
un
impeto
di
collera
per
chi
me
la
chiedi
?
Per
Donna
Romita
rispose
l
altra
smarrita
.
Chiedila
anche
per
te
.
Tu
,
come
lei
,
ami
Filippo
Capace
.
Io
non
lo
dissi
!
esclamò
Albina
folle
di
terrore
.
Tu
l
hai
detto
.
L
ami
.
Ed
io
non
posso
,
non
posso
perdonare
.
Io
amo
Filippo
Capace
dice
con
voce
disperata
Regina
.
Le
ombre
della
notte
involgevano
la
casa
Toraldo
:
una
notte
senza
speranza
di
alba
.
Profondo
è
il
silenzio
nell
'
oratorio
.
La
lampada
di
argento
,
sospesa
davanti
ad
una
Madonna
bruna
,
brucia
il
suo
olio
profumato
,
diradando
il
buio
con
una
luce
piccola
ed
incerta
.
Brilla
una
sola
scintilla
nella
veste
d
'
argento
della
Vergine
.
Se
si
tende
bene
l
'
orecchio
,
si
ode
un
respiro
lieve
lieve
.
Non
sul
velluto
rosso
del
cuscino
,
non
sulla
balaustra
di
legno
lavorato
dell
'
inginocchiatoio
,
ma
sul
marmo
gelido
del
pavimento
è
mezza
distesa
una
forma
umana
;
l
'
abito
bianco
e
lungo
in
cui
è
avvolta
ha
qualche
cosa
di
funebre
.
Donna
Romita
è
là
da
più
ore
,
dimentica
di
tutto
,
nell
'
abbandono
di
tutto
il
suo
essere
,
nel
profondo
assorbimento
dell
'
idea
fissa
.
Ella
non
sente
.
il
freddo
dell
'
ambiente
,
non
vede
l
'
oscurità
,
non
sa
nulla
del
tempo
,
non
sente
lo
spasimo
delle
sue
ginocchia
,
non
sente
lo
spasimo
di
tutta
la
sua
vita
;
ella
non
sente
che
il
suo
pensiero
tormentoso
,
onnipresente
,
onnipotente
.
Madonna
santa
,
toglimi
questo
amore
!
Madonna
santa
,
strappami
il
cuore
!
Madonna
santa
,
fammi
morire
,
fammi
morire
,
fammi
morire
!
Toglimi
questo
amore
!
E
le
invocazioni
si
moltiplicano
;
essa
stende
le
braccia
alla
immagine
sacra
e
torna
a
chiedere
la
morte
.
La
fronte
ardente
si
curva
sino
al
suolo
,
le
labbra
baciano
il
marmo
,
tutto
il
corpo
si
torce
nella
disperazione
.
Ad
un
tratto
un
singhiozzo
interrompe
il
silenzio
.
Chi
piange
presso
di
lei
?
È
forse
l
'
eco
del
suo
dolore
?
È
forse
la
sua
ombra
,
quest
'
altra
fanciulla
vestita
di
bianco
che
piange
e
prega
in
un
angolo
!
Sì
,
è
l
'
eco
del
suo
dolore
,
è
la
sua
ombra
che
si
desola
;
è
Albina
.
Donna
Romita
fugge
,
fugge
invasa
dal
terrore
e
dalla
vergogna
,
lasciando
nell
'
oratorio
un
amore
ed
una
sciagura
simile
alla
sua
.
In
quell
'
ora
medesima
,
nella
vasta
camera
da
letto
,
sola
,
seduta
presso
il
tavolo
di
quercia
,
veglia
Donna
Regina
.
Sta
immobile
,
non
prega
,
non
piange
,
non
trasalisce
.
Tutto
il
volto
pare
scolpito
nel
granito
,
solo
ardono
gli
occhi
di
un
fuoco
consumatore
.
Passano
le
ore
sul
suo
capo
altero
,
passano
le
ore
sul
suo
cuore
straziato
,
ma
pel
loro
passaggio
non
si
cangia
il
suo
strazio
.
Allegre
le
vie
della
vecchia
Napoli
nella
primavera
novella
dell
'
anno
,
per
la
gioia
degli
uomini
;
lieto
lo
scampanìo
delle
chiese
.
È
la
Pasqua
di
Risurrezione
.
La
pace
dal
cielo
scende
sulla
terra
,
nei
fiori
e
nella
luce
primitiva
.
Il
mondo
rivive
,
rinasce
la
sua
gioventù
,
un
istante
sopita
.
Nell
'
aria
si
respira
amore
.
Le
due
sorelle
minori
hanno
chiesto
a
Donna
Regina
un
colloquio
particolare
ed
essa
lo
ha
accordato
;
era
tempo
che
le
tre
sorelle
non
si
vedevano
,
l
'
una
fuggendo
le
altre
,
mettendo
la
mestizia
e
il
duolo
nella
loro
casa
,
lo
scompiglio
tra
i
famigliari
.
Donna
Regina
è
nella
grande
sala
baronale
,
dove
in
antico
si
teneva
corte
di
giustizia
;
è
splendidamente
vestita
;
ha
indosso
i
gioielli
magnifici
di
casa
Toraldo
,
ha
daccanto
,
sovra
un
cuscino
,
la
corona
ingemmata
di
zaffìri
,
di
rubini
e
di
smeraldi
,
lo
scettro
baronale
;
sul
volto
un
'
austerità
calma
,
quasi
decisa
.
Entrano
Donnalbina
e
Donna
Romita
.
Sono
vestite
di
bruno
,
senza
ornamenti
.
La
gaia
giovinezza
di
Donnalbina
è
svanita
,
è
svanito
il
suo
soave
sorriso
,
è
perduta
la
sua
bionda
bellezza
.
Donna
Romita
china
il
capo
,
abbattuta
;
ancora
non
ha
avuto
il
tempo
di
esser
giovane
e
già
si
sente
irresistibilmente
attirata
dalla
morte
.
Esse
s
inchinano
a
Donna
Regina
ed
ella
rende
loro
il
saluto
.
Parlate
anche
per
me
,
Donnalbina
mormora
a
bassa
voce
Donna
Romita
.
Veniamo
a
dirvi
,
sorella
nostra
prende
a
dire
Donnalbina
che
dobbiamo
dividerci
.
Regina
non
trasalisce
,
non
batte
palpebra
,
aspetta
.
È
mia
intenzione
,
è
intenzione
di
Donna
Romita
,
dare
una
metà
della
nostra
dote
ai
poveri
e
l
altra
parte
dedicarla
alla
fondazione
di
un
monastero
,
dove
prenderemo
il
velo
.
Ogni
monaca
di
casa
Toraldo
ha
diritto
di
diventare
badessa
nel
monastero
che
ha
fondato
rispose
Regina
con
tono
severo
.
Sia
pure
.
Attendiamo
le
vostre
risoluzioni
,
sorella
.
Ella
non
rispose
.
Pensava
,
raccolta
in
se
stessa
.
Siateci
generosa
del
vostro
consenso
,
Donna
Regina
.
Troppo
vi
offendiamo
,
è
vero
Desistete
fece
quella
con
un
moto
di
fastidio
.
Non
desistiamo
,
no
riprese
Donnalbina
,
affannandosi
.
Dio
e
voi
offendemmo
.
Grave
il
peccato
,
grave
l
espiazione
.
Ecco
,
ancora
non
giunsero
per
noi
i
venti
anni
e
noi
abbandoniamo
questo
mondo
così
bello
,
così
ridente
;
noi
lasciamo
la
nostra
casa
,
le
nostre
dolci
amiche
,
e
care
abitudini
;
lasciamo
voi
,
sorella
amata
,
per
quanto
offesa
.
Il
chiostro
ne
aspetta
.
a
voi
l
onore
di
conservare
il
nostro
nome
,
a
voi
le
liete
nozze
,
l
amore
dello
sposo
,
il
bacio
dei
figliuoli
Voi
v
ingannate
,
o
sorella
rispose
Donna
Regina
lentamente
.
È
da
tempo
che
ho
deciso
prendere
il
velo
in
un
convento
da
me
fondato
.
Un
silenzio
tristissimo
segue
le
infauste
parole
.
Io
non
posso
sposare
Filippo
Capace
riprese
ella
,
mentre
una
vampa
di
sdegno
le
correva
al
viso
.
Egli
mi
odia
.
Ahimé
!
io
gli
sono
indifferente
mormorò
Donnalbina
.
Io
anelo
al
chiostro
.
Egli
mi
ama
pronunziò
con
voce
rotta
Donna
Romita
.
E
le
due
sorelle
baciarono
Donna
Regina
sulla
guancia
e
ne
furono
baciate
.
Addio
,
sorella
mia
.
Addio
,
sorella
mia
.
Addio
,
sorelle
.
Donna
Regina
si
alzò
,
prese
lo
scettro
d
ebano
torchiato
d
oro
,
e
lo
franse
in
due
pezzi
.
E
rivolgendosi
al
ritratto
dell
ultimo
barone
Toraldo
,
gli
disse
inchinandolo
:
Salute
,
padre
mio
.
La
vostra
nobile
casa
è
morta
!
Non
hanno
parole
le
brune
vòlte
dei
monasteri
,
la
pallida
luce
dei
cere
trasparenti
,
il
profumo
eccessivo
e
pesante
dell
incenso
,
la
profonda
voce
dell
organo
,
le
bige
pietre
sepolcrali
;
non
han
parola
le
fredde
celle
,
il
nudo
e
duro
letto
dove
è
scarso
il
sonno
,
il
cilicio
sanguinoso
,
le
pagine
distrutte
dalle
lagrime
,
i
crocefissi
distrutti
dai
baci
;
non
han
parola
i
volti
ingialliti
,
gli
occhi
cerchiati
di
nero
,
i
corpi
consunti
,
ma
rianimati
sempre
da
una
fiamma
rinascente
;
non
han
parola
le
convulsioni
spasmodiche
,
le
allucinazioni
,
le
estasi
dolorose
.
Altrimenti
storie
meravigliose
e
drammatiche
sarebbero
narrate
al
mondo
;
altrimenti
noi
sapremmo
tutta
la
vita
delle
tre
sorelle
;
altrimenti
noi
sapremmo
il
giorno
che
finì
la
loro
tortura
.
Ma
il
giorno
,
che
importa
?
Sappiamo
noi
se
dopo
non
si
ami
ancora
?
Finisce
,
forse
,
l
amore
?
Noi
non
possiamo
,
non
possiamo
segnare
il
suo
ultimo
giorno
,
né
la
sua
ultima
parola
.
O
MUNACIELLO
La
quale
istoria
fu
così
.
Nell
anno
1445
dalla
fruttifera
Incarnazione
,
regnando
Alfonso
d
Aragona
,
una
fanciulla
a
nome
Caterina
Frezza
,
figlia
di
un
mercante
di
panni
,
si
innamorò
di
un
nobile
garzone
,
Stefano
Mariconda
.
E
com
è
usanza
d
amore
,
il
garzone
la
ricambiò
di
grandissimo
affetto
e
di
rado
fu
vista
coppia
d
amanti
egualmente
innamorata
e
fedele
.
E
ciò
non
senza
molto
loro
cordoglio
,
poiché
per
la
disparità
delle
nascite
che
proibiva
loro
il
nodo
coniugale
,
grande
guerra
ferveva
in
casa
Mariconda
contro
Stefano
e
la
Catarinella
,
in
casa
sua
,
era
con
ogni
sorta
di
tormenti
dal
padre
e
dai
fratelli
torturata
.
Ma
per
tanto
e
continuo
dolore
,
che
si
può
dire
mangiassero
veleno
e
bevessero
lagrime
,
avevano
ore
di
gioia
inestimabile
.
A
tarda
notte
,
quando
nei
chiassuoli
dei
mercanti
non
compariva
viandante
veruno
,
Stefano
Mariconda
avvolto
dal
bruno
mantello
,
che
mai
sempre
protesse
ladri
ed
amanti
,
penetrava
in
andito
nero
ed
angusto
,
saliva
per
una
scala
fangosa
e
dirupata
,
dove
era
facile
il
pericolo
della
rottura
del
collo
,
si
trovava
sopra
un
tetto
e
di
là
scavalcando
,
terrazzo
per
terrazzo
,
con
una
sveltezza
ed
una
sicurezza
che
amore
rinforzava
,
arrivava
sul
terrazzino
dove
lo
aspettava
,
tremante
dalla
paura
,
Catarinella
Frezza
.
Lettor
mio
,
se
mai
fremesti
d
amore
,
immagina
quei
momenti
e
non
chiederne
descrizione
alla
debole
penna
.
Ma
in
una
notte
profonda
,
quando
più
alle
anime
loro
si
schiudeva
la
celestiale
beatitudine
del
paradiso
,
mani
traditrici
e
borghesi
afferrarono
Stefano
alle
spalle
,
e
togliendogli
ogni
difesa
,
dalla
ferriata
lo
precipitarono
nella
via
,
mentre
Catarinella
gridando
e
torcendosi
le
braccia
,
s
aggrappava
ai
panni
degli
assassini
.
Il
bel
corpo
di
Stefano
Mariconda
giacque
,
orribilmente
sfracellato
,
nella
fetida
via
per
una
notte
ed
un
giorno
:
fino
a
che
lo
raccolse
di
là
la
pietà
dei
parenti
,
dandogli
onorata
sepoltura
.
Ma
invero
fu
quella
morte
ignobilmente
violenta
;
e
perché
vi
è
dubbio
sul
destino
di
quell
anima
,
strappata
dalla
terra
e
mandata
innanzi
all
Eterno
carica
di
peccati
,
e
perché
a
gentiluomo
non
conviensi
altra
morte
violenta
che
di
spada
.
La
Catarinella
fuggì
di
casa
,
pazza
di
dolore
,
e
fu
piamente
ricoverata
in
un
monastero
di
monachelle
.
In
un
giorno
,
quando
ancora
il
tempo
assegnato
dalla
ragion
divina
e
dalla
ragion
medica
non
era
scorso
,
ella
dette
alla
luce
un
bimbo
piccino
piccino
,
pallido
e
dagli
occhi
sgomentati
.
Per
pietà
di
quel
piccolo
essere
,
le
suore
lasciarono
la
madre
a
nutrirlo
e
curarlo
.
Ma
col
tempo
che
passava
,
non
cresceva
molto
il
bambino
e
la
madre
,
cui
rimaneva
confitta
nella
mente
la
bella
ed
aitante
persona
di
Stefano
Mariconda
,
se
ne
crucciava
.
Le
suore
la
consigliarono
di
votarsi
alla
Madonna
perché
desse
una
fiorente
salute
al
bambino
;
ed
ella
votossi
e
fece
indossare
al
bimbo
un
abito
nero
e
bianco
da
piccolo
monaco
.
Ma
ben
altro
aveva
disposto
il
Signore
nella
sua
infinita
saggezza
e
la
Catarinella
non
s
ebbe
la
grazia
chiesta
.
Il
figliuoletto
suo
,
crescendo
negli
anni
,
non
crebbe
che
pochissimo
nel
corpo
e
fu
simile
a
quei
graziosi
nani
di
cui
si
allietano
molte
corti
di
sovrani
potenti
.
Sibbene
ella
continuò
a
vestirlo
da
piccolo
monaco
;
onde
è
che
la
gente
chiamava
in
suo
volgare
il
bambino
;
o
munaciello
.
Le
monache
lo
amavano
,
ma
la
gente
della
via
,
ma
i
bottegai
delle
strade
Armieri
,
Lanzieri
,
Cortellari
,
Taffettanari
,
Mercanti
,
si
mostravano
a
dito
il
bambino
troppo
piccolo
,
dalla
testa
troppo
grande
e
quasi
mostruosa
,
dal
volto
terreo
in
cui
gli
occhi
apparivano
anche
più
grandi
,
anche
più
spaventati
,
dall
abituccio
strano
:
e
talvolta
lo
ingiuriavano
,
come
fa
spesso
la
plebe
contro
persona
debole
ed
inerme
.
Quando
o
munaciello
passava
innanzi
la
bottega
dei
Frezza
,
zii
e
cugini
uscivano
sulla
soglia
e
gli
scagliavano
le
imprecazioni
più
orribili
.
Non
è
dato
a
me
indagare
quanto
comprendesse
o
munaciello
degli
sgarbi
e
delle
disoneste
parole
che
gli
venivano
dirette
,
ma
è
certo
che
egli
riedeva
alla
madre
triste
e
melanconico
.
A
volte
un
lampo
di
collera
gli
balenava
negli
occhi
e
allora
la
madre
lo
faceva
inginocchiare
e
gli
dettava
le
sante
parole
dell
orazione
.
A
poco
a
poco
in
quei
bassi
quartieri
dove
egli
muoveva
i
passi
,
si
divulgò
la
voce
che
o
munaciello
avesse
in
sé
qualche
cosa
di
magico
,
di
soprannaturale
.
Ad
incontrarlo
,
la
gente
si
segnava
e
mormorava
parole
di
scongiuro
.
Quando
o
munaciello
portava
il
cappuccetto
rosso
che
la
madre
gli
aveva
tagliato
in
un
pezzetto
di
lana
porpora
,
allora
era
buon
augurio
;
ma
quando
il
cappuccetto
era
nero
,
allora
cattivo
augurio
.
Ma
come
il
cappuccetto
rosso
compariva
molto
raramente
,
o
munaciello
era
bestemmiato
e
maledetto
.
Era
lui
che
attirava
l
aria
mefitica
nei
quartieri
bassi
,
che
vi
portava
la
febbre
e
la
malsania
;
lui
che
,
guardando
nei
pozzi
,
guastava
e
faceva
imputridire
l
acqua
,
lui
che
toccando
i
cani
li
faceva
arrabbiare
,
lui
che
portava
la
mala
fortuna
nei
negozi
ed
il
caro
del
pane
,
lui
che
,
spirito
maligno
,
suggeriva
al
re
nuovi
balzelli
.
Appena
o
munaciello
scantonava
,
a
capo
basso
,
con
l
occhio
diffidente
e
pauroso
,
correndo
o
nascondendosi
fra
la
folla
,
un
coro
di
maledizioni
lo
colpiva
.
Il
fango
della
via
gli
scagliavano
a
insudiciargli
la
tonacella
;
le
bucce
delle
frutte
troppo
mature
lo
ferivano
nel
volto
.
egli
fuggiva
,
senza
parlare
,
arrotando
i
denti
,
tormentato
più
dall
impotenza
della
piccola
persona
che
dal
villano
insulto
di
quella
borghesia
.
Catarinella
Frezza
era
morta
;
non
lo
poteva
consolar
più
.
Le
monache
lo
impiegavano
ai
minuti
servizi
dell
orto
;
ma
,
anche
esse
,
a
vederlo
d
improvviso
,
in
un
corridoio
,
nella
penombra
,
si
sgomentavano
come
per
apparizione
diabolica
.
S
avvalorava
il
detto
della
faccia
cupa
del
munaciello
,
dal
non
averlo
mai
visto
in
chiesa
,
dal
trovarlo
in
tutti
i
luoghi
a
poca
distanza
di
tempo
.
Finché
una
sera
o
munaciello
scomparve
.
Non
mancò
chi
disse
che
il
diavolo
lo
avesse
portato
via
pei
capelli
,
come
è
solito
per
ogni
anima
a
lui
venduta
.
Ma
per
fede
onesta
di
cronista
,
mi
è
d
uopo
aggiungere
che
furono
molto
sospettati
,
e
forse
non
a
torto
,
i
Frezza
d
aver
malamente
strangolato
o
munaciello
e
gittatolo
in
una
cloaca
lì
presso
,
da
certe
ossa
piccine
e
da
un
teschio
grande
che
vi
fu
trovato
.
Il
discernere
le
cose
vere
dalle
false
,
e
lo
speculare
quale
sia
favola
,
quale
verità
,
lascio
e
raccomando
specialmente
alla
prudenza
e
saggezza
del
lettore
.
Questa
qui
è
la
cronaca
.
Ma
nulla
è
finito
soggiungo
io
,
oscuro
commentatore
moderno
con
la
morte
del
munaciello
.
Anzitutto
è
ricominciato
.
La
borghesia
che
vive
nelle
strade
strette
e
buie
e
malinconicamente
larghe
senza
orizzonte
,
che
ignora
l
alba
,
che
ignora
il
tramonto
,
che
ignora
il
mare
,
che
non
sa
nulla
del
cielo
,
nulla
della
poesia
,
nulla
dell
arte
;
questa
borghesia
che
non
conosce
,
che
non
conosce
se
stessa
,
quadrata
,
piatta
,
scialba
,
grassa
,
pesante
,
gonfia
di
vanità
,
gonfia
di
nullaggine
;
questa
borghesia
che
non
ha
,
non
può
avere
,
non
avrà
mai
il
dono
celeste
della
fantasia
,
ha
il
suo
folletto
.
Non
è
lo
gnomo
che
danza
sull
erba
molle
dei
prati
,
non
è
lo
spiritello
che
canta
sulla
riva
del
fiume
;
è
il
maligno
folletto
delle
vecchie
case
di
Napoli
,
è
o
munaciello
.
Non
abita
i
quartieri
aristocratici
di
Chiaia
,
di
S
.
Ferdinando
,
del
Chiatamone
,
di
Toledo
;
non
abita
i
quartieri
nuovi
di
Mergellina
,
Rione
Amedeo
,
Corso
Salvator
Rosa
,
Capodimonte
:
la
parte
ariosa
,
luminosa
,
linda
della
città
non
gli
appartiene
.
Ma
per
i
vicoli
che
da
Toledo
portano
giù
,
per
le
tetre
vie
dei
Tribunali
e
della
Sapienza
,
per
la
triste
strada
di
Foria
,
per
i
quartieri
cupi
e
bassi
di
Vicaria
,
Mercato
,
Porto
e
Pendino
il
folletto
borghese
estende
l
incontrastato
suo
regno
.
Dove
è
stato
vivo
,
s
aggira
come
spirito
;
dove
è
apparso
il
suo
corpo
piccino
,
la
testa
grossa
,
la
faccia
pallida
,
i
grandi
occhi
lucenti
,
la
tonacella
nera
,
la
pazienza
di
lana
bianca
ed
il
cappuccetto
nero
,
lì
ricomparve
;
nella
medesima
parvenza
,
pel
terrore
delle
donne
,
dei
fanciulli
e
degli
uomini
.
Dove
lo
hanno
fatto
soffrire
,
anima
sconosciuta
e
forse
grande
in
un
corpo
rattrappito
,
debole
e
malaticcio
,
là
egli
ritorna
,
spirito
malizioso
e
maligno
,
nel
desiderio
di
una
lunga
e
insaziabile
vendetta
.
Egli
si
vendica
epicamente
,
tormentando
coloro
che
lo
hanno
tormentato
.
Chiedete
ad
un
vecchio
,
ad
una
fanciulla
,
ad
una
madre
,
ad
un
uomo
,
ad
un
bambino
se
veramente
questo
munaciello
esiste
e
scorazza
per
le
case
,
e
vi
faranno
un
brutto
volto
,
come
lo
farebbero
a
chi
offende
la
fede
.
Se
volete
sentirne
delle
storie
,
ne
sentirete
;
se
volete
averne
dei
documenti
autentici
,
ne
avrete
.
Di
tutto
è
capace
il
munaciello
Quando
la
buona
massaia
trova
la
porta
della
dispensa
spalancata
,
la
vescica
dello
strutto
sfondata
,
il
vaso
dell
olio
riverso
e
il
prosciutto
addentato
dalla
gatta
,
è
senza
dubbio
la
malizia
del
munaciello
che
ha
schiusa
quella
porta
e
scagionato
il
disastro
.
Quando
alla
serva
sbadata
cade
di
mano
il
vassoio
ed
i
bicchieri
vanno
in
mille
pezzi
,
colui
che
l
ha
fatta
incespicare
è
proprio
lui
,
lo
spiritello
impertinente
;
è
lui
che
urta
il
gomito
della
fanciulla
borghese
che
lavora
all
uncinetto
e
le
fa
pungere
il
dito
;
è
lui
che
fa
traboccare
il
brodo
dalla
pentola
ed
il
caffè
dalla
cogoma
;
è
lui
che
fa
inacidire
il
vino
dalle
bottiglie
;
è
lui
che
dà
la
iettatura
alle
galline
che
ammiseriscono
e
muoiono
;
è
lui
che
pianta
il
prezzemolo
,
fa
ingiallire
la
maggiorana
e
rosicchia
le
radici
del
basilico
.
Se
la
vendita
in
bottega
va
male
,
se
il
superiore
dell
uffizio
fa
una
rimenata
,
se
un
matrimonio
stabilito
si
disfà
,
se
uno
zio
ricco
muore
lasciando
tutto
alla
parrocchia
,
se
al
lotto
vien
fuori
34
,
62
,
87
invece
di
35
,
61,88
,
è
la
mano
diabolica
del
folletto
che
ha
preparato
queste
sventure
grandi
e
piccole
.
Quando
il
bambino
grida
,
piange
,
non
vuole
andare
a
scuola
,
scalpita
,
corre
,
salta
sui
mobili
,
rompe
i
vetri
e
si
graffia
le
ginocchia
,
è
il
munaciello
che
gli
mette
i
diavoli
in
corpo
;
quando
la
fanciulla
diventa
pallida
e
rossa
senza
ragione
,
s
immalinconisce
,
sorride
guardando
le
stelle
,
sospira
guardando
la
luna
,
e
piange
nelle
tranquille
notti
di
autunno
,
è
il
munaciello
che
le
guasta
così
la
vita
;
quando
il
giovanotto
compra
cravatte
irresistibili
,
mette
il
profumo
nel
fazzoletto
,
e
si
fa
arricciare
i
capelli
,
rincasa
a
tarda
notte
,
col
volto
pallido
e
stanco
,
gli
occhi
pieni
di
visioni
,
l
aspetto
trasognato
,
è
il
munaciello
che
turba
la
sua
esistenza
;
quando
la
moglie
fedele
si
ferma
a
guardar
troppo
il
profilo
aquilino
ed
i
mustacchi
biondi
del
primo
commesso
di
suo
marito
e
,
nelle
fredde
notti
invernali
,
veglia
con
gli
occhi
aperti
nel
vuoto
e
le
labbra
che
invano
tentano
mormorare
la
salvatrice
Avemmaria
,
è
il
munaciello
che
la
tenta
,
è
il
diavolo
che
ha
preso
la
forma
del
munaciello
,
è
il
diavoletto
che
dà
la
marito
il
vago
desiderio
di
dare
un
pizzicotto
alla
serva
MariaFrancesca
;
è
il
folletto
che
fa
cadere
in
convulsioni
le
zitellone
.
È
il
munaciello
che
scombussola
la
casa
,
disordina
i
mobili
,
turba
i
cuori
,
scompiglia
le
menti
,
empiendole
di
paura
.
È
lui
,
lo
spirito
tormentato
e
tormentatore
,
che
porta
il
tumulto
nella
sua
tonacella
nera
,
la
rovina
nel
suo
cappuccetto
nero
.
Ma
la
cronaca
veridica
lo
dice
,
o
buon
lettore
:
quando
il
munaciello
portava
il
cappuccetto
rosso
,
al
sua
venuta
era
di
buon
augurio
.
È
per
questa
sua
strana
mescolanza
di
bene
e
di
male
,
di
cattiveria
e
di
bontà
,
che
il
munaciello
è
rispettato
,
temuto
ed
amato
.
È
per
questo
che
le
fanciulle
innamorate
si
mettono
sotto
la
sua
protezione
perché
non
venga
scoperto
il
gentile
segreto
;
è
per
questo
che
le
zitellone
lo
invocano
a
mezzanotte
,
fuori
il
balcone
,
per
nove
giorni
,
perché
mandi
loro
il
marito
che
si
fa
tanto
aspettare
;
è
per
questo
che
il
disperato
giuocatore
di
lotto
gli
fa
scongiuro
tre
volte
,
per
averne
i
numeri
sicuri
;
è
per
questo
che
i
bambini
gli
parlano
,
dicendogli
di
portar
loro
i
dolci
e
di
balocchi
che
desiderano
.
La
casa
dove
il
munaciello
è
apparso
è
guardata
con
diffidenza
,
ma
non
senza
soddisfazione
;
la
persona
che
,
allucinata
,
ha
visto
il
folletto
,
è
guardata
compassionevolamente
,
ma
non
senza
invidia
.
Ma
colei
che
lo
ha
visto
apparisce
per
lo
più
a
fanciulle
ed
a
bimbi
tiene
per
sé
il
prezioso
segreto
,
forse
apportatore
di
fortuna
.
Infine
il
folletto
della
leggenda
rassomiglia
al
munaciello
della
cronaca
napoletana
:
è
,
vale
adire
,
un
anima
ignota
,
grande
e
sofferente
in
un
corpo
bizzarramente
piccolo
,
in
un
abito
stranamente
piccolo
,
in
un
abito
stranamente
simbolico
;
un
anima
umana
,
dolente
e
rabbiosa
;
un
anima
che
ha
un
pianto
e
fa
piangere
;
che
ha
sorriso
e
fa
sorridere
;
un
bimbo
che
gli
uomini
hanno
torturato
ed
ucciso
come
un
uomo
;
un
folletto
che
tormenta
gli
uomini
come
un
bambino
capriccioso
,
e
li
carezza
,
e
li
consola
come
un
bambino
ingenuo
ed
innocente
.
IL
DIAVOLO
DI
MERGELLINA
Assisa
innanzi
allo
specchio
,
ella
lasciava
che
la
sua
acconciatrice
passasse
il
pettine
nella
ricchezza
dei
capelli
biondo
-
fulvi
,
di
un
colore
acceso
e
voluttuoso
.
Si
guardava
attentamente
nello
specchio
:
sul
volto
di
una
candidezza
abbagliante
,
che
parea
fosse
fulgido
,
non
compariva
traccia
di
roseo
;
nei
grandi
occhi
glauchi
,
cristallini
,
il
lampo
dello
sguardo
era
verde
e
freddo
;
le
labbra
carnose
,
rosse
,
come
il
granato
,
dovevano
essere
dolci
ed
amare
quanto
il
frutto
che
ricordavano
;
il
collo
superbo
,
pieno
e
rotondo
palpitava
lentamente
.
Ella
si
guardò
le
mani
attraverso
la
luce
,
mani
candide
quanto
il
viso
;
si
guardò
le
braccia
sode
e
rasate
come
un
frutto
maturo
in
cui
si
possa
mordere
.
Si
trovava
seducente
,
bellissima
;
ed
un
eroico
sorriso
le
sfiorò
le
labbra
.
Ella
si
adorava
;
idolatrava
la
propria
bellezza
e
vi
abbruciava
ogni
giorno
un
copioso
incenso
che
si
univa
a
quello
di
tutti
coloro
che
l
amavano
.
Una
lettera
per
madonna
Isabella
disse
un
paggio
ricciuto
,
inchinandosi
e
porgendo
il
biglietto
sopra
un
vassoio
d
argento
.
Madonna
Isabella
scórse
la
lettera
.
Messer
Diomede
Carafa
le
scriveva
ancora
d
amore
,
una
lettera
piena
di
fuoco
che
a
volte
scoppiava
nell
impeto
della
disperazione
,
a
volte
si
allentava
e
s
illanguidiva
nelle
divagazioni
di
una
mestizia
insanabile
.
Messer
Diomede
Carafa
sapeva
amare
:
la
sua
anima
nobile
ed
eletta
era
aperta
a
tutte
le
squisite
sensibilità
dell
affetto
,
la
sua
forte
anima
comprendeva
tutti
gli
slanci
di
una
passione
umana
e
potente
;
le
orgogliose
dame
spagnole
della
Corte
vicereale
avrebbero
volentieri
abbandonato
la
loro
fierezza
castigliana
per
esser
amate
da
lui
e
per
amarlo
;
le
fanciulle
dell
aristocrazia
napoletana
,
brune
fanciulle
dagli
occhi
azzurri
,
lo
avrebbero
amato
se
egli
avesse
voluto
amarle
.
Ma
messer
Diomede
non
amava
che
madonna
Isabella
che
aveva
fama
di
donna
crudele
e
disamorata
;
difatti
ella
non
fece
che
sorridere
appena
alle
frasi
amorose
che
messer
Diomede
le
scriveva
.
Nel
grande
salone
del
suo
palazzo
,
madonna
Isabella
,
vestita
di
broccato
rosso
che
faceva
risaltare
il
pallore
del
volto
,
con
una
reticella
di
perle
sulle
fulve
trecce
,
sedeva
a
conversazione
con
messer
Diomede
.
Il
giovane
innamorato
era
seduto
alquanto
discosto
dalla
sua
donna
,
ma
la
fissava
con
l
occhio
intento
e
cupido
,
senza
mai
distogliere
lo
sguardo
da
quella
figura
;
a
seconda
che
la
donna
parlava
,
sul
viso
del
giovane
passavano
onde
di
sangue
che
lo
coloravano
,
o
un
terreo
pallore
vi
si
diffondeva
;
come
il
giovane
si
lasciava
trasportare
dall
amore
,
la
sua
voce
tremava
,
ed
in
essa
passava
la
nota
tenera
e
grave
dell
affetto
,
la
vibrazione
profonda
della
gelosia
,
l
ondulazione
indefinita
della
mestizia
,
la
nota
stridula
dell
ironia
,
tutte
le
variazioni
che
ha
l
amore
.
La
dama
,
placida
,
tranquilla
,
sorridente
,
agitando
il
leggiero
ventaglio
di
piume
,
giocherellava
amabilmente
e
ferocemente
col
cuore
del
giovane
.
Ella
,
a
sua
posta
,
creava
in
lui
lo
sconforto
desolato
o
l
inesauribile
speranza
,
la
cupa
gelosia
o
l
estrema
fiducia
,
la
collera
senza
nome
e
senza
limiti
o
la
gioia
senza
confine
.
Abituata
a
questi
sottili
e
malvagi
godimenti
,
ella
si
compiaceva
stringere
quel
cuore
innamorato
in
una
mano
di
ferro
che
lo
soffocava
a
poco
a
poco
e
poi
ridonargli
la
vita
,
carezzandolo
con
una
mano
leggiera
e
vellutata
;
si
dilettava
far
sussultare
di
dolore
quell
anima
,
gittandola
bruscamente
nella
disperazione
;
gioiva
facendola
esaltare
grado
a
grado
,
sempre
più
,
fino
a
farla
impazzire
nella
vertigine
dell
altissimo
pinnacolo
.
Furono
tali
donne
,
sono
e
saranno
.
Il
mondo
le
maledice
,
le
disprezza
,
paiono
fatte
estranee
alla
soave
comunanza
femminile
,
paiono
odiate
,
esecrate
.
Ma
il
mondo
le
ama
,
ma
l
uomo
le
ama
.
Così
è
sempre
,
così
sempre
sarà
.
Pace
a
voi
,
giovanette
gentili
,
dalle
anime
buone
che
rischiarano
come
luce
di
lampada
familiare
il
corpo
delicato
;
pace
a
voi
,
donne
il
cui
destino
unico
è
l
amore
,
è
il
sagrifizio
:
giammai
sarete
amate
come
quelle
donne
lo
saranno
.
Virtù
,
dolcezza
,
abnegazione
,
serenità
,
calma
,
felicità
sono
vani
nomi
:
l
acre
e
malsano
desiderio
dell
uomo
corre
verso
la
misteriosa
e
temuta
sirena
.
Pace
a
voi
;
amate
,
soffrite
,
morite
:
giammai
sarete
amate
come
quelle
donne
lo
saranno
.
Eppure
fu
un
giorno
in
cui
Diomede
Carafa
credette
di
arrivare
al
culmine
inaccessibile
della
sua
vita
,
al
momento
fatale
in
cui
ogni
facoltà
,
ogni
potenza
fisica
,
ogni
luce
di
ragione
,
ogni
festa
di
fantasia
,
ogni
robustezza
di
fibra
,
si
riuniscono
in
una
sola
,
profonda
,
alta
armonia
che
è
l
'
amore
.
Fu
il
giorno
in
cui
madonna
Isabella
,
all
'
impensata
,
dopo
una
lotta
d
'
un
anno
in
cui
essa
non
aveva
ceduto
di
una
linea
sola
,
presa
da
un
subitaneo
abbandono
e
dominata
da
una
strana
causa
,
disse
d
'
amarlo
.
Oh
!
chi
ha
amato
la
conosce
questa
stagione
calda
ed
esuberante
,
colorita
dal
sole
,
nell
'
azzurro
sconfinato
,
nell
'
infiammato
meriggio
dove
tutto
arde
e
si
consuma
in
una
grande
voluttà
,
quando
i
fiori
nascono
presto
,
vivono
una
vita
rapida
e
soverchiante
,
esalano
profumi
grevi
e
violenti
e
muoiono
per
aver
troppo
vissuto
;
la
stagione
fremente
dove
tutto
è
luce
,
tutto
è
fulgore
,
tutto
è
febbre
che
precipita
il
sangue
;
la
benedetta
stagione
,
la
eccelsa
stagione
dopo
la
quale
tutto
è
cenere
e
fango
.
Chi
ha
amato
sa
la
stagione
d
'
amore
di
Diomede
Carafa
e
non
aspetta
dalla
scialba
parola
del
freddo
e
disanimato
cronista
una
descrizione
.
Chi
ha
amato
evochi
tutti
,
tutti
suoi
ricordi
di
amore
,
riviva
in
quel
passato
pieno
di
una
gioia
e
di
un
dolore
che
non
hanno
l
'
eguale
,
palpiti
,
s
'
agiti
,
abbia
la
convulsione
ed
il
delirio
di
quell
'
amore
e
saprà
di
Diomede
Carafa
.
Le
storie
d
'
amore
non
si
raccontano
,
non
si
descrivono
che
miseramente
:
l
'
arte
istessa
,
la
divina
arte
che
tutto
scopre
,
tutto
rivela
,
non
può
che
dare
una
sola
e
fuggevole
immaginazione
del
proteiforme
amore
.
Breve
stagione
.
Se
durasse
,
il
cuore
morirebbe
nella
esagerazione
di
un
sentimento
che
è
la
follia
.
A
poco
a
poco
,
con
gradazioni
impercettibili
,
madonna
Isabella
fu
meno
felice
,
meno
innamorata
;
il
sorriso
fu
più
scarso
sulla
bocca
,
le
braccia
più
fiacche
nell
'
abbraccio
,
le
labbra
più
gelide
nel
bacio
,
il
palpito
meno
frequente
nell
'
arrivo
e
nel
distacco
.
Diomede
Carafa
,
cieco
,
pazzo
d
'
amore
,
non
vedeva
,
non
comprendeva
.
Madonna
Isabella
discendeva
sempre
più
verso
l
'
indifferenza
che
poi
era
il
suo
stato
abituale
e
la
sua
naturale
ferocia
rinasceva
per
la
tortura
di
quell
'
uomo
.
Ma
Diomede
Carafa
soffriva
e
s
'
inebriava
di
quella
sofferenza
,
piangeva
e
s
'
ubriacava
di
quelle
lagrime
,
era
ammalato
e
si
consolava
di
quel
morbo
ora
gelido
,
ora
infuocato
che
gli
consumava
la
vita
;
era
tormentato
,
oppresso
,
disperato
.
ma
si
estasiava
di
ciò
come
i
martiri
cristiani
del
sangue
che
usciva
dalle
loro
vene
esauste
.
Isabella
si
mostrava
con
lui
chiusa
,
dura
,
sprezzante
e
lui
l
'
amava
anche
così
,
massimamente
così
;
Isabella
si
faceva
volubile
,
leggiera
,
accogliendo
in
casa
i
più
bei
cavalieri
napoletani
e
lui
,
morendo
di
gelosia
,
amava
Isabella
per
la
gelosia
che
aveva
di
lei
.
Egli
gettava
pazzamente
i
suoi
averi
,
obliava
le
prerogative
della
sua
nobiltà
,
non
conosceva
più
amici
,
non
conosceva
più
parentado
,
non
sapeva
più
nulla
di
obblighi
o
di
diritti
:
Isabella
,
Isabella
,
amare
Isabella
.
Fino
a
che
un
giorno
tutta
la
verità
gli
fu
palese
come
parola
di
Dio
e
seppe
del
proprio
avvilimento
,
seppe
del
tradimento
di
Isabella
con
Giovanni
Verrusio
,
amico
suo
e
suo
compagno
d
'
infanzia
.
Egli
nascose
a
tutti
il
dramma
del
suo
spirito
,
sdegnoso
di
compianto
.
Il
crollo
immenso
della
sua
felicità
,
la
rovina
tragica
e
nera
dello
splendido
edificio
non
ebbero
testimonio
.
Meglio
così
.
Che
vale
il
rimpianto
?
Che
cosa
è
la
parola
compassionevole
e
glaciale
?
Foglie
morte
che
il
vento
si
porta
via
,
ed
il
dolore
rimane
eterno
.
Invano
egli
errò
,
viaggiatore
solitario
e
noncurante
,
per
fiorenti
paesi
,
invano
chiese
alle
ricchezze
,
al
lusso
,
ad
altri
amori
,
a
feste
stupende
,
l
'
oblio
;
invano
egli
volle
innamorarsi
delle
vaghe
creazioni
dell
'
arte
per
ritrovare
la
pace
.
Dappertutto
,
in
ogni
paese
,
in
ogni
donna
,
in
ogni
fiore
,
al
fondo
dei
vini
generosi
,
nelle
figure
dei
quadri
,
nelle
figure
delle
statue
,
negli
ondeggiamenti
della
musica
,
egli
ritrovava
Isabella
.
Il
suo
dolore
non
era
più
acuto
e
straziante
,
ma
lento
,
lungo
,
stupefacente
.
egli
sentiva
la
sua
anima
gonfiarsi
di
affetto
ed
i
suoi
occhi
gonfiarsi
di
lagrime
;
egli
provava
il
bisogno
del
sagrificio
,
del
culto
,
dell
'
estasi
...
Dio
,
Dio
ripetette
un
giorno
la
stanca
amica
sua
.
Diomede
Carafa
fu
vescovo
di
Ariano
,
prelato
esemplare
e
amatore
dell
'
arte
.
Leonardo
da
Pistoia
,
pittore
,
fu
suo
amico
.
Per
sua
ordinazione
e
per
la
chiesa
di
Piedigrotta
dove
giace
il
Sannazaro
,
il
Leonardo
fece
il
quadro
bellissimo
di
S
.
Michele
che
atterra
Lucifero
.
Lucifero
vinto
e
bello
e
ancor
folgorante
,
ha
il
volto
di
madonna
Isabella
.
Ed
è
una
donna
il
diavolo
di
Mergellina
.
MEGARIDE
Là
,
dove
il
mare
del
Chiatamone
è
più
tempestoso
,
spumando
contro
le
nere
rocce
che
sono
le
inattaccabili
fondamenta
del
Castello
dell
'
Ovo
,
dove
lo
sguardo
malinconico
del
pensatore
scopre
un
paesaggio
triste
che
gli
fa
gelare
il
cuore
,
era
altre
volte
,
nel
tempo
dei
tempi
,
cento
anni
almeno
prima
la
nascita
del
Cristo
Redentore
,
un
'
isola
larga
e
fiorita
che
veniva
chiamata
Megaride
o
Megara
che
significa
grande
nell
'
idioma
di
Grecia
.
Quel
pezzo
di
terra
s
'
era
staccato
dalla
riva
di
Platamonia
,
ma
non
s
'
era
allontanato
di
molto
:
e
quasi
che
il
fermento
primaverile
passasse
dalla
collina
all
'
isola
,
per
le
onde
del
mare
,
come
la
bella
stagione
coronava
di
rose
e
di
fiori
d
'
arancio
il
colle
,
così
l
'
isola
fioriva
tutta
in
mezzo
al
mare
come
un
gigantesco
gruppo
di
fiori
che
la
natura
vi
facesse
sorgere
,
come
un
altare
elevato
a
Flora
,
la
olezzante
dea
.
Nelle
notti
estive
dall
'
isola
partivano
lievi
concenti
e
sotto
il
raggio
della
luna
pareva
che
le
ninfe
marine
,
ombre
leggiere
,
vi
danzassero
una
danza
sacra
ed
inebriante
;
onde
il
viatore
della
riva
,
colpito
dal
rispetto
alla
divinità
,
torceva
gli
occhi
allontanandosi
,
e
le
coppie
di
amanti
cui
era
bello
errate
abbracciati
sulla
spiaggia
davano
un
saluto
all
'
isola
e
chinavano
lo
sguardo
per
non
turbare
la
sacra
danza
.
Certo
l
'
isola
doveva
essere
abitata
,
ne
suoi
cespugli
verdi
,
nei
suoi
alberi
,
nei
suoi
prati
,
nei
suoi
canneti
,
:
dalle
Nerèidi
e
dalle
Drìadi
:
altrimenti
non
sarebbe
stata
così
gaia
sotto
il
sole
,
così
celestiale
sotto
il
raggio
lunare
,
sempre
colorita
,
sempre
serena
,
sempre
profumata
.
Era
divina
,
poiché
gli
dèi
l
'
abitavano
.
Ma
Lucullo
,
il
forte
guerriero
,
l
'
amico
dei
letterati
,
primo
fra
gli
epicurei
,
abituato
a
soddisfare
ogni
capriccio
,
amava
le
ville
circondate
da
ogni
parte
dall
'
acqua
:
egli
era
mortalmente
stanco
della
sua
casa
splendida
di
Roma
,
della
sua
villa
di
Baja
,
della
sua
dimora
di
Tuscolo
,
della
sua
villa
di
Pompeja
.
Volle
quella
di
Megaride
e
l
'
ebbe
.
Egli
violò
la
dimora
delle
ninfe
oceanine
per
farsene
la
propria
dimora
;
egli
volle
per
sé
i
prati
,
i
boschetti
di
rose
,
i
margini
che
digradavano
lievemente
nel
mare
;
scacciò
le
sirene
e
vi
mise
le
sue
bellissime
schiave
.
Fu
un
pianto
solo
per
le
grotte
di
corallo
tra
le
alghe
verdi
;
e
le
ninfe
si
lamentarono
con
Poseidone
che
non
dette
loro
ascolto
.
Fu
costruita
la
magnifica
villa
,
sorsero
per
incanto
i
giardini
degni
di
un
imperatore
,
nei
vivai
diguazzarono
le
murene
dalla
brutta
testa
di
serpente
e
dalla
carne
delicata
,
nelle
uccelliere
saltellarono
i
più
rari
uccelli
,
pasto
di
stomachi
finissimi
:
sotto
i
portici
della
villa
suonarono
le
cetre
e
le
tiorbe
in
onore
di
Servilia
sorella
di
Catone
,
moglie
di
Lucullo
,
bellissima
fra
le
donne
romane
.
Ivi
danze
festose
,
luminarie
magiche
,
giuochi
,
banchetti
,
come
solo
Lucullo
sapeva
darne
.
Ivi
profumi
di
nardo
,
coppe
di
nitido
cristallo
,
nel
cui
vino
generoso
si
scioglievano
le
perle
:
ivi
toghe
di
porpora
,
pepli
di
bisso
,
gemme
splendide
,
corone
di
rose
;
l
'
eterno
cantico
alla
bellezza
ed
all
'
amore
.
Ivi
accorrevano
per
riscaldarsi
alla
luce
degli
occhi
di
Servilia
i
giovanotti
timidi
che
non
osavano
pronunziar
parola
dinanzi
a
lei
,
i
gagliardi
garzoni
la
cui
parola
superava
d
'
audacia
lo
sguardo
,
gli
uomini
maturi
e
gravi
che
sorridevano
ancora
all
'
amore
,
i
vecchioni
che
sospiravano
la
gioventù
:
e
Servilia
rideva
,
giovane
e
gaia
,
di
questo
incenso
d
'
amore
,
rideva
sempre
,
lusinghiera
e
crudele
,
come
una
sirena
;
e
Lucullo
,
placido
filosofo
e
ancor
più
placido
sposo
,
godeva
dei
trionfi
di
Servilia
.
Egli
amava
le
feste
sontuose
che
durano
dalla
sera
sino
ai
primi
albori
,
i
pranzi
lunghissimi
dove
nèttare
s
'
alterna
a
nèttare
,
dove
la
fantasia
del
cuoco
vince
quella
di
un
poeta
e
fonde
nel
suo
crogiuolo
le
ricchezze
di
un
re
;
egli
amava
conversare
coi
letterati
cui
donava
vasi
d
'
oro
,
animali
preziosi
,
case
e
giardini
per
provar
loro
la
generosità
di
un
privato
.
Servilia
saliva
la
china
ridente
del
piacere
ed
egli
discendeva
,
tranquillo
,
verso
la
pace
della
vecchiaia
.
Per
divertirsi
,
faceva
scavare
un
canale
d
'
acqua
viva
,
faceva
elevare
una
palazzina
,
scacciava
lontano
il
mare
,
allargando
i
limiti
dell
'
isoletta
Megaride
;
Servilia
si
lasciava
profumare
dalle
ornatrici
,
prendeva
bagni
di
latte
d
'
asina
,
portava
alle
gentili
orecchie
due
pesanti
perle
che
le
laceravano
la
carne
,
le
sue
tuniche
parevano
tessute
d
'
aria
,
i
suoi
sandali
costavano
prezzi
favolosi
;
ed
ella
,
assisa
davanti
alla
spera
,
di
acciaio
,
si
contemplava
.
Ella
era
nel
trionfo
della
bellezza
e
della
gioventù
.
Gli
occhi
ardenti
di
coloro
che
l
'
amavano
,
le
davano
una
aureola
di
fuoco
in
cui
ella
camminava
,
graziosa
salamandra
,
senza
scottarsi
:
i
sospiri
di
coloro
che
l
'
amavano
,
formavano
attorno
a
lei
una
nuvola
in
cui
le
piaceva
di
respirare
.
Il
mare
batteva
dolcemente
sulle
sponde
di
Megaride
e
non
osava
tumultuare
;
il
sole
la
carezzava
senza
violenza
e
le
aure
leggiere
ne
facevano
ondeggiare
i
fiori
;
nella
placida
luce
lunare
,
l
'
isola
sembrava
tutta
bianca
,
morbida
e
nevosa
,
in
una
infinita
dolcezza
d
'
aria
e
di
tinte
.
E
Servilia
distesa
sul
lettuccio
,
vestita
di
stoffa
tessuta
d
'
oro
,
lasciandosi
sventolare
dalle
schiave
fremendo
di
piacere
alla
brezza
marina
,
guardando
distrattamente
la
ridda
delle
danzatrici
,
mormora
fra
sé
,
sono
io
,
sono
io
la
sirena
!
E
l
'
aria
mormora
anch
'
essa
,
dopo
aver
scherzato
con
le
chiome
olezzanti
:
è
lei
,
è
lei
la
sirena
.
Servilia
quando
solleva
un
cespo
di
fiori
è
bella
come
Flora
;
Servilia
,
quando
sceglie
in
un
cestello
la
pesca
matura
,
è
bella
quanto
Pomona
;
Servilia
quando
porta
sui
capelli
la
brillante
mezzaluna
e
al
fianco
la
faretra
,
è
bella
quanto
Diana
;
quando
senza
ornamenti
,
coi
capelli
disciolti
,
uscendo
dal
bagno
,
tutta
stillante
profumi
,
si
lascia
asciugare
dalle
schiave
e
s
'
avvolge
nella
tunica
bianca
,
è
...
bella
come
Venere
sussurra
lo
schiavo
innamorato
.
Più
bella
di
Venere
dice
,
col
suo
olimpico
orgoglio
,
Servilia
.
Il
che
è
udito
dalle
attente
ninfe
oceanine
e
Venere
sa
che
Servilia
l
'
ha
offesa
e
Poseidone
questa
volta
dà
ascolto
alla
preghiera
della
sua
bella
amante
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Rosicchia
,
rosicchia
,
o
polpo
molle
,
grigio
,
rassomigliante
ad
un
cencio
!
Incrostati
,
incrostati
ostrica
,
per
minare
le
fondamenta
!
Piantati
,
piantati
,
alga
,
per
strappar
via
una
zolletta
di
terreno
!
Scavate
,
scavate
,
o
piccoli
animaletti
del
corallo
!
Rodi
la
roccia
,
o
costante
onda
marina
,
fa
un
buco
coperto
di
arena
,
coperto
di
piante
,
un
buco
perfido
,
nero
e
profondo
!
Rodete
,
rodete
,
piccole
e
pazienti
potenze
del
mare
!
Piansero
le
Nerèidi
,
piansero
le
Sirene
,
Venere
fu
offesa
e
Poseidone
è
in
collera
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Libiamo
agli
Dei
infernali
disse
tranquillamente
Lucullo
,
nella
sua
villa
di
Tuscolo
,
al
funesto
annunzio
,
e
sparse
sul
terreno
alcune
gocce
dell
'
inebriante
liquore
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Vuoi
tu
scandagliare
la
profondità
dei
mare
,
o
ardito
palombaro
?
Sei
tu
stanco
delle
sirene
della
terra
?
Va
sulla
spiaggia
brulla
del
Chiatamone
,
raccogli
il
tuo
respiro
e
precipitati
nelle
acque
:
in
un
momento
giunto
al
fondo
,
vedrai
gli
archi
della
villa
,
i
giardini
di
Lucullo
e
la
bellissima
moglie
,
che
è
diventata
la
Sirena
del
mare
.
Ma
non
ti
lasciar
sedurre
dalla
visione
e
ritorna
a
galla
,
o
palombaro
ardito
:
sulla
terra
troverai
sirene
come
Servilia
che
non
ti
possono
amare
e
ti
facciano
morire
dal
dolore
.
IL
CRISTO
MORTO
La
cappella
è
glaciale
.
Pavimento
di
marmo
,
marmo
alle
pareti
,
tombe
di
marmo
,
statue
di
marmo
alle
pareti
,
tombe
di
marmo
,
statue
di
marmo
.
Un
marmo
scuro
,
che
ha
preso
una
tinta
malaticcia
ed
umida
pel
tempo
che
è
trascorso
,
pel
sole
che
manca
,
per
la
scialba
luce
che
piove
dalle
vetrate
.
Non
ornamenti
di
oro
,
non
candelabri
,
non
lampade
votive
,
non
fiori
:
invece
fregi
,
ornamenti
,
mosaici
,
iscrizioni
,
palme
,
volute
,
capitelli
in
pietra
bianca
,
grigia
o
nera
,
non
altro
che
pietra
.
Tutto
vi
è
gelido
,
tranquillo
,
serenamente
sepolcrale
.
Altrove
è
vita
la
voce
del
prete
che
prega
,
la
tenue
fiammella
delle
candele
,
lo
squillo
del
campanello
,
lo
scricchiolio
di
una
sedia
,
il
fumo
sottile
dell
'
incenso
;
qui
non
si
prega
,
non
ardono
lumi
,
non
sedie
,
non
suonano
campanelli
,
non
fumano
incensi
.
Non
si
vive
per
pregare
,
si
muore
nello
sfinimento
della
preghiera
che
s
'
arresta
sulle
fredde
labbra
.
Non
è
una
chiesa
,
è
una
tomba
.
Volete
vedere
il
Cristo
morto
?
chiede
la
guida
,
con
la
sua
voce
strascicata
Quella
voce
umana
e
volgare
mi
scuote
.
Eppure
mi
parla
ancora
di
morte
.
Vediamo
la
prima
cappella
mormoro
,
quasi
vergognandomi
di
parlare
.
Coloro
che
vi
giacciono
,
quieti
ed
immobili
,
le
braccia
in
croce
sul
cuore
morto
,
appartengono
alla
nobilissima
fra
le
famiglie
;
Grandi
di
Spagna
di
prima
classe
,
due
volte
principi
,
due
volte
duchi
,
tre
volte
conti
,
cinque
o
sei
volte
marchesi
.
Sulla
porta
di
entrata
è
la
tomba
dell
'
antichissimo
antenato
che
andò
alle
crociate
:
ferito
o
svenuto
in
un
combattimento
,
fu
creduto
morto
e
portato
a
seppellire
,
ma
risvegliatosi
d
'
un
tratto
,
saltò
fuori
dalla
bara
più
animoso
e
sbaragliò
e
sconfisse
il
gruppo
dei
nemici
.
Tombe
dappertutto
.
Pompose
iscrizioni
latine
in
cui
il
sentimento
ed
il
carattere
s
'
affogano
nella
monotona
convenzionalità
dell
'
elogio
.
Solo
le
cifre
hanno
un
malinconico
significato
:
la
vita
non
è
lunga
nella
nobile
casa
Vi
muoiono
presto
le
fanciulle
,
vi
muoiono
presto
i
giovanetti
.
Ogni
tomba
ha
la
statua
grande
di
colui
che
vi
è
sepolto
,
o
almeno
un
medaglione
su
cui
si
disegnano
e
si
rilevano
certi
profili
soavi
,
certe
linee
serenamente
altiere
,
certi
ondeggiamenti
marmorei
di
chiome
disciolte
.
Nella
famiglia
è
tradizionale
una
pura
bellezza
,
più
d
'
espressione
che
di
plastica
.
Ogni
tomba
ha
la
sua
statua
,
ogni
tomba
ha
il
suo
medaglione
.
Volete
vedere
il
Cristo
morto
?
insiste
il
custode
.
Finiamo
di
veder
la
cappella
ripeto
io
,
singolarmente
infastidita
e
colpita
da
quella
insistenza
.
Fra
una
tomba
e
l
'
altra
,
statue
e
gruppi
allegorici
,
sempre
in
quell
'
interno
e
freddo
marmo
.
Ecco
il
Pudore
col
volto
coperto
da
un
velo
,
ecco
la
Fortezza
,
ecco
la
Temperanza
,
ecco
la
Gloria
,
ecco
l
'
Educazione
,
ecco
l
'
Amor
filiale
,
vuote
allegorie
che
non
chiudono
più
alcuna
idea
.
Ultimo
,
poeticamente
ultimo
,
è
il
Disinganno
,
un
uomo
che
cerca
con
uno
sforzo
supremo
districarsi
da
una
fitta
rete
che
l
'
avviluppa
tutto
.
Singolare
chiusura
della
vita
,
termine
singolare
di
tutte
le
sublimità
,
di
tutte
le
passioni
,
di
tutti
gli
amori
.
Il
Disinganno
e
più
altro
.
Perché
questa
tomba
non
ha
medaglione
?
domando
al
custode
.
Egli
non
m
'
ha
udita
,
perché
ricomincia
a
dire
:
Il
Cristo
morto
Vediamo
l
'
altar
maggiore
ripeto
io
,
ostinandomi
.
Sì
,
l
'
ultima
tomba
a
dritta
non
ha
medaglione
.
Manca
il
ritratto
della
nobile
principessa
che
vi
è
sepolta
,
che
è
morta
anch
'
essa
così
giovane
.
Il
medaglione
è
liscio
,
vuoto
,
bianco
,
come
se
ne
avesse
raspata
,
cancellata
l
'
immagine
.
Ed
è
triste
come
nella
sala
ducale
,
a
Venezia
,
il
ritratto
di
Faliero
,
coperto
da
un
velo
nero
.
L
'
altar
maggiore
è
nudo
,
severo
.
Sulla
parete
,
in
fondo
,
n
alto
v
'
è
un
quadro
,
una
Vergine
della
Pietà
,
scolorita
,
che
sostiene
sulle
ginocchia
il
livido
corpo
di
Gesù
.
La
pittura
è
guasta
,
bruna
,
tetra
;
un
sorcio
ha
fatto
un
buco
nero
nel
costato
di
Gesù
.
Più
giù
,
proprio
dall
'
altar
maggiore
,
un
grande
gruppo
in
marmo
che
rappresenta
la
Deposizione
della
Croce
.
Sempre
lo
stesso
soggetto
,
sempre
la
morte
.
Ed
ecco
ripete
trionfalmente
il
custode
,
staccandosi
dall
'
altar
maggiore
il
Cristo
morto
.
Sta
ai
piedi
dell
'
altar
maggiore
,
a
sinistra
.
Sopra
un
largo
piedistallo
è
disteso
un
materasso
marmoreo
;
sopra
questo
letto
gelato
e
funebre
giace
il
Cristo
morto
.
È
grande
quanto
un
uomo
,
un
uomo
vigoroso
e
forte
.
Nella
pienezza
dell
'
età
.
Giace
lungo
disteso
,
abbandonato
,
i
piedi
diritti
,
rigidi
,
uniti
,
le
ginocchia
sollevate
lievemente
,
le
reni
sprofondate
,
il
petto
gonfio
il
collo
stecchito
,
la
testa
sollevata
sui
cuscini
,
ma
piegata
,
sul
lato
diritto
,
le
mani
prosciolte
.
I
capelli
sono
arruffati
,
quasi
madidi
del
sudore
dell
'
agonia
.
Gli
occhi
socchiusi
,
alle
cui
palpebre
tremolano
ancora
le
ultime
e
più
dolorose
lagrime
.
In
fondo
,
sul
materasso
,
sono
gettati
,
con
una
spezzatura
artistica
,
gli
attributi
della
Passione
,
la
corona
di
spine
,
i
chiodi
,
la
spugna
imbevuta
di
fiele
,
il
martello
.
Sul
piedistallo
,
sotto
i
cuscini
,
questa
iscrizione
:
Joseph
Sammartino
,
Neap
.
,
fecit
,
1753
.
E
più
nulla
.
Cioè
no
:
sul
Cristo
morto
,
su
quel
corpo
bello
ma
straziato
,
una
religiosa
e
delicata
pietà
ha
gettato
un
lenzuolo
dalle
pieghe
morbide
e
trasparenti
,
che
vela
senza
nascondere
,
che
non
cela
la
piaga
ma
la
molce
,
che
non
copre
lo
spasimo
ma
lo
addolcisce
.
Sopra
un
corpo
di
marmo
,
che
sembra
di
carne
,
un
lenzuolo
di
marmo
che
la
mano
quasi
vorrebbe
togliere
.
Niente
manca
,
dunque
,
in
questa
profonda
creazione
artistica
:
e
vi
è
il
sentimento
che
fa
palpitare
la
pietra
,
turbando
il
nostro
cuore
,
e
v
'
è
l
'
audacia
del
creatore
che
rompe
ogni
regola
,
e
v
'
è
il
magistero
di
una
forma
eletta
,
pura
,
squisita
.
Quel
corpo
morto
era
poc
'
anzi
vivo
,
si
contorceva
nelle
angosce
di
un
'
agonia
spaventosa
,
giovane
e
robusto
si
ribellava
al
male
,
si
ribellava
alla
morte
.
Non
vi
era
sfinimento
,
non
vi
era
abbattimento
:
le
fibre
non
volevano
morire
,
il
corpo
non
voleva
morire
.
Ma
sotto
le
pieghe
del
lenzuolo
la
testa
ha
un
carattere
stupendo
:
la
fronte
liscia
ha
un
vasto
pensiero
;
piangono
gli
occhi
,
è
vero
,
pel
cruccio
fisico
,
ma
le
labbra
schiuse
hanno
una
traccia
di
sorriso
che
è
una
indefinita
speranza
.
È
vero
.
è
vero
,
il
dolore
è
passato
dal
corpo
all
'
anima
;
è
vero
,
l
'
anima
è
contristata
,
ma
non
è
disperazione
,
ma
non
è
desolazione
.
L
'
anima
come
la
bocca
è
abbeverata
di
fiele
,
ma
una
goccia
di
consolazione
vi
è
stata
.
Tutto
quel
Cristo
è
un
dolore
supremo
,
ma
è
anche
una
suprema
speranza
;
ma
il
mistero
di
quella
testa
divina
è
così
grandioso
,
ma
l
'
ammirazione
per
la
meravigliosa
opera
d
'
arte
è
così
sconfinata
,
ma
la
pietà
del
bellissimo
estinto
è
così
invadente
che
il
pensatore
si
scuote
e
non
frena
più
le
acute
indagini
dalla
sua
mente
,
l
'
artista
s
'
inchina
nella
esaltazione
del
suo
spirito
ed
il
credente
non
può
che
abbandonarsi
,
piangendo
,
sui
piedi
del
morto
,
cospargendoli
di
lagrime
e
di
baci
.
Singolare
anima
d
'
artista
doveva
esser
quella
dello
scultore
che
ha
dato
all
'
arte
questo
Cristo
morto
.
Nell
'
opera
sua
vi
è
tutto
il
suo
spirito
.
Uno
spirito
dove
sorgevano
uguali
,
immensi
,
due
amori
:
quello
per
una
donna
,
quello
per
l
'
arte
.
Infelicissimo
,
terribilmente
doloroso
il
primo
.
Solamente
chi
ha
conosciuto
il
furore
acuto
di
una
sofferenza
senza
nome
può
far
passare
tutta
la
poesia
di
questa
sofferenza
nel
marmo
senza
vita
;
solamente
chi
è
vissuto
nelle
lagrime
,
nell
'
angoscia
,
nella
esaltazione
di
un
'
anima
innamorata
e
solitaria
,
può
infondere
nel
marmo
il
solitario
e
cupo
dolore
di
questo
Cristo
.
Lo
scultore
ha
saputo
,
ha
sentito
.
Ha
saputo
,
ha
sentito
che
cosa
fosse
il
tormento
sottile
che
stride
come
una
sega
piccina
ed
inesorabile
;
la
desolazione
grigia
,
lunga
,
monotona
,
dove
tutto
è
cenere
,
tutto
è
nausea
,
tutto
è
disgusto
:
la
disperazione
larga
e
vasta
e
lenta
come
una
fiumana
di
pianto
;
la
disperazione
fragorosa
e
tumultuante
come
un
torrente
che
tutto
trascina
.
Chi
ha
fatto
quel
Cristo
ha
spasimato
d
amore
;
ha
amato
ed
ha
pianto
;
ha
amato
ed
un
fremito
mortale
gli
ha
travolto
le
fibre
;
ha
amato
ed
una
convulsione
ha
contorta
e
spezzata
la
sua
vita
;
ha
amato
senza
speranza
,
senza
gioia
,
senza
diletto
,
abbruciando
la
propria
esistenza
nella
tormentosa
voluttà
del
dolore
.
Solo
un
uomo
che
ama
può
creare
quel
Cristo
morto
;
solo
colui
che
soffre
col
trasporto
,
con
la
passione
delle
sofferenze
,
può
mettere
in
una
statua
tutta
la
sublime
epopea
del
dolore
.
Ogni
colpo
di
scalpello
che
scheggiava
,
rompeva
,
carezzava
,
curvava
,
ammorbidiva
il
marmo
,
era
una
parola
,
un
gemito
,
un
lamento
,
un
grido
,
uno
scoppio
furente
di
questo
amore
.
La
passione
dell
'
uomo
vivo
creava
la
passione
del
Cristo
morto
.
E
ne
veniva
fuori
un
'
anima
d
'
artista
che
imprimeva
il
suo
carattere
in
un
capolavoro
dell
'
arte
.
.
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.
Perché
quella
tomba
non
ha
ritratto
?
chiesi
di
nuovo
uscendo
dalla
chiesa
,
mentre
il
custode
faceva
tintinnire
le
chiavi
.
Lo
scultore
non
ebbe
tempo
di
finirlo
...
Quale
scultore
?
Il
Sammartino
.
Ah
!
...
...
Morì
prima
di
finirlo
.
Fu
trovato
in
una
straduccia
buia
,
di
notte
,
con
un
pugnale
nel
petto
.
Fu
ucciso
o
s
'
uccise
?
Si
crede
che
si
fosse
ucciso
.
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.
Come
nello
strazio
dell
ignota
agonia
,
la
testa
del
morto
scultore
doveva
rassomigliare
a
quella
del
Cristo
morto
!
PROVVIDENZA
,
BUONA
SPERANZA
Sono
belli
i
bimbi
napoletani
e
ridono
e
giocano
come
tutti
gli
altri
bimbi
del
mondo
;
ma
non
vogliono
alla
sera
stare
quieti
sotto
il
lume
della
lampada
,
se
la
giovane
madre
,
o
la
gentile
sorellina
,
o
la
nonna
dagli
occhiali
d
oro
,
o
la
zia
che
lavora
di
calza
,
non
racconta
loro
una
storia
,
una
bella
e
lunga
storia
che
faccia
spalancare
i
loro
occhioni
,
sino
a
che
il
sonno
li
faccia
diventare
piccoli
piccoli
.
Sono
così
tutti
i
bimbi
del
mondo
?
Io
non
lo
so
:
io
conosco
solamente
i
miei
bimbi
napoletani
che
amano
le
storielle
della
sera
.
Vorrei
essere
io
la
madre
ancora
gaia
come
una
fanciulla
,
la
grande
sorella
nel
cui
animo
di
giovinetta
si
forma
la
madre
,
la
nonnina
che
ricorda
il
suo
giocondo
passato
,
la
zia
che
non
ha
avuto
passato
d
amore
,
che
non
ha
presente
e
la
cui
mano
tremante
di
emozione
si
appoggia
timidamente
sul
capo
di
bimbi
non
suoi
:
narrerei
loro
la
storia
di
Provvidenza
,
buona
speranza
.
La
vorranno
essi
ascoltare
da
me
,
che
narro
grosse
e
cattive
storielle
agli
uomini
grandi
e
buoni
?
I
bimbi
sono
belli
,
amano
le
storielle
e
sono
indulgenti
col
narratore
V
era
dunque
una
volta
,
nella
nostra
carissima
Napoli
,
un
uomo
molto
strano
.
Io
non
vi
dico
l
epoca
precisa
in
cui
egli
visse
la
sua
vita
singolare
,
poiché
a
voi
,
bambini
ridenti
,
non
importa
nulla
una
data
,
voi
che
avete
la
fortuna
di
obliare
;
poiché
a
voi
non
interessano
le
cifre
,
voi
la
cui
vita
è
tutta
una
poesia
.
L
epoca
io
la
so
,
poiché
noi
grandi
abbiamo
l
infelicità
di
sapere
troppe
cose
inutili
,
di
accumulare
nella
nostra
testa
tante
notizie
che
a
nulla
ci
valgono
lo
so
e
non
velo
dico
.
A
voi
sicuramente
interessa
di
più
sapere
come
era
fatto
questo
uomo
strano
,
come
vestiva
,
che
cosa
mangiava
,
quali
erano
le
sue
abitudini
ed
in
che
consisteva
la
sua
stranezza
.
Uditemi
tutti
attentamente
che
qui
comincia
il
buono
:
questo
uomo
di
cui
vi
parlo
era
lungo
lungo
come
mai
uomo
può
essere
lungo
,
in
modo
che
il
popolo
diceva
sempre
che
egli
era
cresciuto
all
umido
e
che
la
mamma
aveva
sempre
avuto
cura
ad
annaffiarlo
,
perché
crescesse
,
quasi
che
egli
fosse
un
alberetto
e
non
un
uomo
.
L
uomo
lungo
era
anche
molto
magro
,
con
certe
gambe
che
ballavano
nei
calzoni
,
come
un
fodero
troppo
largo
,
con
certe
braccia
che
sembravano
due
aste
sottili
di
mulino
sempre
in
moto
.
I
mulini
li
avete
visti
,
nevvero
?
Si
?
Va
bene
;
tiro
innanzi
.
L
uomo
lungo
e
magro
non
era
molto
vecchio
,
poiché
aveva
tutti
i
capelli
neri
senza
un
filo
bianco
e
gli
occhi
suoi
,
bruni
come
il
carbone
,
brillavano
come
quelli
di
un
giovanetto
,
ma
la
pelle
del
viso
era
gialla
come
la
cartapecora
dei
libri
di
vostro
nonno
e
si
piegava
tutta
in
mille
rughe
;
il
collo
in
cui
i
tendini
erano
salienti
,
rassomigliava
alla
zampa
secca
di
una
gallina
morta
.
Egli
era
vestito
sempre
di
nero
,
con
certi
pantaloni
lucidi
dal
grande
uso
,
troppo
corti
sul
piede
,
lasciando
scoperti
gli
scarponi
di
cuoio
grosso
e
le
calze
bucate
;
aveva
un
lungo
soprabito
,
le
cui
falde
svolazzavano
,
che
gli
si
adattava
male
alla
vita
,
alle
spalle
,
al
collo
,
di
cui
il
primo
bottone
era
sempre
ficcato
nel
secondo
occhiello
e
così
di
seguito
.
Portava
al
collo
come
cravatta
un
fazzoletto
bianco
;
in
testa
un
cappellaccio
,
rosso
dalla
vergogna
,
tutto
ammaccature
e
sassate
,
in
mano
un
bastone
nodoso
,
dal
pomo
grosso
come
quello
di
un
capo
-
tamburo
.
Questo
uomo
non
si
sapeva
da
nessuno
chi
fosse
,
donde
venisse
,
dove
andasse
;
ma
tutti
lo
conoscevano
poiché
il
giorno
e
la
notte
girava
per
le
strade
di
Napoli
,
figura
allampanata
e
fantastica
che
al
lume
dei
lampioni
assumeva
proporzioni
inverosimili
ed
alla
luce
del
sole
pareva
uno
spettro
che
avesse
smarrita
la
via
del
cimitero
.
L
uomo
si
fermava
a
tutte
le
porte
,
si
fermava
sotto
tutti
i
balconi
e
metteva
fuori
il
suo
grido
,
aspettava
un
momento
,
poi
andava
via
.
Egli
conosceva
tutte
le
case
dove
erano
bambini
e
,
arrestandosi
lì
sotto
,
gridava
con
la
sua
voce
stridula
:
Provvidenza
!
Allora
il
bambino
veniva
,
salutava
l
uomo
e
gli
dava
un
soldetto
,
o
un
frutto
,
o
un
pezzo
di
pane
.
Egli
conosceva
bensì
tutte
le
case
dove
non
erano
bambini
e
vi
si
fermava
sotto
,
gridando
:
Buona
speranza
!
La
sua
voce
suonava
come
un
augurio
e
tutti
coloro
che
hanno
il
desiderio
vano
pei
figli
,
tutti
coloro
che
li
aspettano
,
tutti
coloro
che
amano
i
bimbi
,
davan
l
elemosina
al
mendico
.
Solo
i
cuori
duri
,
quelli
che
sono
egoisti
,
che
non
hanno
mai
voluto
bene
ad
alcuno
,
non
gli
davano
nulla
;
il
mendico
ne
conosceva
le
case
e
non
vi
si
fermava
.
Egli
,
tra
il
frastuono
dei
carri
,
delle
carrozze
,
dei
mestieri
rumorosi
,
dei
venditori
che
strillano
il
prezzo
della
merce
,
gittava
sempre
il
suo
grido
alto
,
a
tutti
superiore
:
Provvidenza
,
buona
speranza
!
Lo
si
udiva
nelle
cantine
profonde
,
dalle
soffitte
altissime
,
dai
giardini
,
dalle
terrazze
:
il
suo
grido
metteva
allegria
.
Il
povero
ammalato
che
,
confitto
nel
letto
,
guarda
volare
le
mosche
,
conta
i
fiorami
delle
pareti
ed
i
travicelli
del
tetto
,
sentiva
volentieri
quelle
parole
che
dalla
via
pareva
gli
dessero
promessa
di
una
pronta
guarigione
:
Provvidenza
,
buona
speranza
!
L
'
operaio
che
nella
sua
bottega
,
nei
calori
soffocanti
dell
'
estate
suda
a
tirare
la
sega
su
e
giù
,
si
rialza
più
vigoroso
,
quasi
animato
da
una
vaga
fiducia
che
il
lavoro
diventasse
meno
duro
,
il
padrone
meno
esigente
ed
il
pane
meno
caro
:
Provvidenza
,
buona
speranza
!
La
madre
solitaria
che
di
notte
agucchia
presso
il
tavolino
,
al
lume
temperato
di
una
lampada
e
pensa
al
figliuolo
marinaio
,
imbarcato
su
una
nave
che
viaggia
nei
lontani
mari
del
Giappone
,
e
trema
al
soffio
del
vento
,
e
ha
gli
occhi
pieni
di
lagrime
allo
scroscio
della
pioggia
,
sorrideva
a
quella
voce
che
nell
'
ombra
le
diceva
sperare
:
Provvidenza
,
buona
speranza
!
Ma
il
mendico
singolare
che
non
parlava
mai
d
'
elemosina
,
s
'
intratteneva
volentieri
coi
bimbi
di
Napoli
,
ne
conosceva
dappertutto
,
ne
sapeva
i
nomi
e
talvolta
anche
i
piccoli
segreti
.
Nella
strada
di
Santa
Lucia
dove
i
bimbi
sono
bruni
,
magri
e
nervosi
e
rassomigliano
ai
pesciolini
svelti
del
mare
,
egli
si
fermava
a
guardare
i
tonfi
che
essi
fanno
nel
mare
,
animandoli
con
la
voce
,
agitando
il
bastone
,
eccitando
i
più
bravi
,
applaudendo
ai
salti
migliori
:
i
bimbi
salivano
a
ridere
con
lui
,
soffregandosi
alle
sue
lunghe
gambe
,
mentre
a
lui
un
riso
bonario
spianava
le
rughe
e
rischiarava
il
volto
.
Nei
quartieri
nobili
di
Chiaia
,
di
Toledo
,
della
Riviera
,
egli
guardava
lungamente
i
bimbi
vestiti
di
velluto
e
di
trine
,
coi
riccioli
ben
pettinati
,
gli
stivalini
nuovi
fiammanti
,
le
manine
inguantate
,
i
bimbi
che
vanno
a
passeggiare
in
carrozza
o
guidati
dalla
mamma
:
i
bei
bimbi
non
avevano
paura
né
ribrezzo
del
mendico
e
talvolta
gli
davano
un
confetto
o
un
pezzettino
di
cioccolatto
che
egli
,
che
nessuno
aveva
mai
veduto
a
mangiarne
,
divorava
con
una
letizia
sorridente
,
col
capo
riverso
indietro
,
con
gli
occhi
lucidi
di
contentezza
.
Nei
quartieri
bassi
del
Pendino
e
del
Mercato
,
dove
i
bambini
sono
pallidi
e
malaticci
pel
cibo
di
frutta
acerbe
,
egli
,
di
nascosto
,
dava
loro
dei
soldetti
e
fuggiva
via
con
le
sue
lunghe
gambe
,
gridando
ed
agitando
il
bastone
.
Su
pei
giardini
delle
colline
,
dove
i
bimbi
sono
floridi
di
ciera
hanno
i
capelli
gialli
pel
sole
ed
i
piedi
nudi
nella
polvere
,
egli
li
chiamava
a
frotte
intorno
a
sé
,
faceva
le
capriole
,
si
buttava
per
terra
come
un
pazzo
e
se
li
faceva
camminare
sulle
gambe
,
sulla
pancia
,
sullo
stomaco
,
ridendo
e
strillando
,
poi
ne
agguantava
un
paio
,
li
baciava
disperatamente
e
scappava
via
per
le
viottole
,
simile
ad
uno
spaventa
-
passeri
.
Di
notte
girava
per
le
vie
della
città
dietro
ai
bimbi
che
cercano
i
mozziconi
dei
sigari
e
tastando
in
terra
col
bastone
,
coi
suoi
occhi
di
gatto
che
bucavano
l
'
oscurità
,
ne
trovava
,
anche
lui
dei
mozziconi
e
li
buttava
tacitamente
nel
cestino
del
piccolo
trovatore
;
si
fermava
sulle
soglie
delle
chiese
dove
giacciono
in
terra
a
dormire
,
arrotondate
come
cani
,
tante
miserabili
creaturine
senza
tetto
e
sollevandole
se
ne
metteva
un
paio
col
capo
in
grembo
,
coprendole
con
le
falde
del
suo
soprabitone
,
rimanendo
immobile
al
freddo
,
seduto
sugli
scalini
,
guardando
i
ricchi
e
gli
agiati
che
rincasano
e
vanno
a
baciare
i
bimbi
che
dormono
nel
calduccio
del
letticciuolo
.
Provvidenza
,
buona
speranza
,
andava
al
mattino
ed
al
pomeriggio
sulla
porta
delle
scuole
a
vedere
i
bambini
che
vanno
o
escono
dalla
scuola
;
negli
otto
giorni
di
ogni
anno
in
cui
l
'
ospizio
dell
'
Annunziata
è
aperto
al
pubblico
,
il
mendico
passeggiava
gravemente
nelle
sale
mirando
i
trovatelli
,
parlando
loro
,
baciucchiandoli
,
palleggiandoli
e
canticchiando
loro
misteriose
canzoni
.
Era
singolare
come
il
mendico
intendesse
il
linguaggio
fatto
a
balbettìi
dei
piccini
piccini
e
le
domande
incoerenti
dei
più
grandetti
ed
i
bimbi
comprendevano
lui
che
non
era
compreso
dagli
uomini
.
Una
notte
Provvidenza
,
buona
speranza
,
scomparve
e
non
si
seppe
più
nulla
di
lui
,
né
fu
più
visto
.
Un
ortolano
di
Capodimonte
narrò
di
averlo
visto
,
nella
notte
,
sopra
un
masso
,
disperarsi
,
salutare
,
mandar
baci
alla
città
immersa
nel
sonno
,
buttarsi
per
terra
col
capo
nella
polvere
,
piangere
,
strapparsi
i
capelli
,
poi
rialzarsi
e
partire
.
Quelli
che
lo
conoscevano
,
si
dispiacquero
di
non
vederlo
più
,
di
non
udire
quel
suo
grido
che
rallegrava
,
i
bimbi
di
Napoli
ci
pensarono
un
par
di
volte
,
e
più
altro
.
Fu
detto
poi
che
Provvidenza
,
buona
speranza
era
un
grande
medico
di
un
paese
lontano
come
la
Svezia
,
Norvegia
o
la
Danimarca
,
che
si
fosse
fatto
amare
dall
'
unica
figliuola
del
re
,
l
'
avesse
sposata
segretamente
e
ne
avesse
avuto
un
bellissimo
bambino
che
il
re
,
saputo
il
fatto
,
fosse
montato
in
una
grande
collera
,
avesse
esiliato
per
sempre
il
medico
,
carcerata
la
figliuola
in
un
appartamento
e
messo
a
balia
il
bimbo
che
il
re
vecchio
,
morto
,
il
medico
fosse
chiamato
accanto
al
re
nuovo
,
suo
cognato
,
a
prendere
il
suo
posto
a
corte
presso
la
moglie
ed
il
figlio
.
Fu
detto
questo
,
ma
in
Napoli
,
fra
le
madri
ed
i
figliuoli
,
fra
i
bimbi
ed
i
popolani
,
è
rimasta
tradizionale
la
figura
di
Provvidenza
,
buona
speranza
e
l
'
annuncio
del
suo
arrivo
serve
ancora
a
calmare
gli
strilli
dei
piccoli
impertinenti
,
ad
asciugare
le
lagrime
dei
piagnolosi
ed
a
far
addormentare
quelli
troppo
vivaci
che
hanno
la
pessima
abitudine
di
vegliate
tardi
,
senza
sapere
che
il
sonno
...
I
bimbi
dormono
.
LEGGENDA
DI
CAPODIMONTE
Lassù
,
sul
colle
,
vive
il
bosco
verdeggiante
dalle
fresche
ombrie
.
I
sentieri
si
allungano
a
perdita
d
'
occhio
sotto
i
grandi
alberi
;
sulla
terra
scricchiolano
lievemente
le
foglie
morte
.
La
vegetazione
sbuca
possente
dal
suolo
,
s
'
ingrossa
nei
tronchi
nodosi
,
si
espande
nei
rami
che
si
intrecciano
,
nelle
innumerevoli
foglie
lucide
e
brune
;
ai
piedi
degli
alberi
cresce
l
'
erba
morbida
e
minuta
,
dalle
foglioline
piccine
.
Nelle
siepi
fiorisce
l
'
anemone
,
e
sfoglia
al
suolo
i
suoi
petali
la
rosa
selvaggia
.
Schizzano
,
sfilano
le
lucertoline
grigio
-
verde
,
dalla
testolina
mobile
ed
intelligente
,
dalla
coda
nervosa
.
Sotto
gli
archi
dei
grandi
.
alberi
:
penetra
temperata
la
luce
;
tra
foglia
e
foglia
il
sole
getta
,
sulla
terra
dei
cerchielli
ridenti
e
luminosi
;
raggi
sottili
e
biondi
passano
tra
i
rami
.
Il
silenzio
è
profondo
;
è
lontana
,
lontana
la
rumorosa
città
.
Un
profumo
vivificante
si
espande
;
ogni
tanto
il
garrito
allegro
di
un
uccello
fa
ondeggiare
le
conche
rosee
dell
'
aria
.
Non
è
,
non
è
la
piccioletta
e
magra
natura
dei
giardini
tagliati
ad
angoli
retti
,
squadrati
,
polverosi
e
malinconici
;
non
sono
le
aiuole
di
fiorellini
variopinti
che
non
dànno
freschezza
,
non
dànno
ombra
,
tirati
su
con
cure
infinite
;
non
è
la
natura
corretta
e
riveduta
,
sfacciata
e
pomposa
che
si
stende
al
sole
senza
vergogna
,
riarsa
,
secca
.
È
la
forte
e
possente
natura
che
irrompe
dalla
terra
vera
,
e
allaga
,
e
inonda
la
campagna
come
oceano
di
verdura
;
è
la
natura
pudica
e
grande
del
bosco
,
che
si
ammanta
di
foglie
,
che
vela
il
volto
divino
,
che
molce
la
passione
delle
sue
nozze
nell
'
ombre
discrete
nei
placidi
silenzi
,
nei
recessi
ignoti
.
È
nell
'
immenso
bosco
che
si
sogna
;
nei
quadrivi
lontani
trapassa
rapidissimo
un
lieve
fantasma
;
nei
bruni
tronchi
apparisce
qualche
leggiadro
volto
di
donna
;
la
foglia
che
cade
sembra
il
rumore
di
un
bacio
scoccato
.
È
nel
discreto
e
amabile
bosco
che
s
'
ama
Egli
errava
nei
viali
,
solo
,
pallido
e
triste
.
La
città
lo
stancava
;
era
incurabile
la
malattia
che
gli
corrompeva
l
'
anima
.
L
'
occhio
vitreo
s
'
affisava
sopra
ogni
cosa
bella
senza
piacere
,
senza
dolore
;
né
festa
di
colori
,
né
capolavoro
d
'
arte
,
né
donna
bellissima
valevano
a
trargli
un
sorriso
sulle
labbra
.
Nella
città
una
fanciulla
sottile
e
pensosa
si
struggeva
lentamente
per
lui
d
'
amore
:
egli
non
l
'
amava
.
Altrove
,
altrove
era
il
suo
amore
.
Lassù
,
forse
nelle
incomparabili
e
lucide
stelle
,
gioielli
glaciali
del
cielo
;
laggiù
,
forse
nelle
bianche
e
verdi
onde
,
il
cui
fragore
rassomiglia
al
metro
di
una
poesia
monotona
ed
uniforme
;
al
polo
,
forse
,
negli
albori
nevosi
,
nelle
atmosfere
frigide
,
dove
il
sole
non
riscalda
e
non
illumina
;
nella
nera
ed
orrenda
Africa
,
forse
,
fra
le
liane
rosse
e
gigantesche
e
fra
i
serpenti
azzurri
dagli
occhi
ammaliatori
.
Egli
amava
lontano
in
un
punto
indefinito
,
in
un
paese
sconosciuto
,
con
un
amore
sconfinato
ed
ignoto
,
una
creatura
misteriosa
che
egli
aveva
creata
.
Non
la
chiamava
,
non
la
voleva
,
non
la
desiderava
:
l
'
anima
sua
nulla
sapeva
di
volontà
e
di
desideri
.
Amava
.
Il
suo
palazzo
rimaneva
vuoto
,
la
madre
si
desolava
nella
solitudine
,
i
servi
dormivano
nelle
anticamere
,
i
nobili
cavalli
scalpitavano
invano
nelle
vaste
scuderie
.
Egli
non
si
ricordava
più
di
tutto
questo
.
Trascinava
la
sua
vita
vagando
nelle
viottole
di
campagna
,
vagando
nei
viali
del
bosco
,
dove
ritrovava
la
pace
;
trascinava
la
lenta
vita
consumandosi
nell
'
amore
.
Il
corpo
s
'
illanguidiva
,
le
gote
scarne
avevano
il
colore
della
morte
,
non
mandavano
più
lampi
di
vitalità
le
pupille
.
È
questa
la
funesta
malattia
che
uccide
gli
umani
;
è
il
fatale
ed
insanabile
amore
dell
'
ideale
.
Nella
nebulosità
di
un
viale
,
dove
si
elevava
un
velo
opalino
ed
iridescente
,
in
un
mattino
d
'
inverno
,
egli
la
vide
.
Era
una
forma
snella
,
senza
contorni
,
fatta
d
'
aria
,
ondeggiante
;
fu
un
balenìo
lieve
,
un
luccicare
,
un
istante
solo
di
luce
.
Egli
corse
,
ansioso
,
rinvigorito
;
nulla
ritrovò
,
la
forma
gentile
era
scomparsa
.
Ma
come
il
suo
cuore
si
pose
a
desiderare
ardentemente
di
rivedere
il
fuggevole
fantasma
,
con
la
possanza
della
volontà
lo
evocò
di
nuovo
.
Sempre
lontano
,
sempre
un
'
ombra
vana
.
Qualche
cosa
di
bianco
e
di
lucido
che
tremolava
,
che
non
toccava
il
suolo
,
che
si
dileguava
nelle
linee
indefinite
dell
'
aria
.
Quello
,
quello
era
il
suo
amore
:
giunto
sul
punto
dove
gli
era
apparso
,
egli
s
'
inginocchiava
e
baciava
la
terra
,
adorando
così
la
immagine
fuggitiva
.
Ogni
giorno
la
divina
creatura
si
concedeva
sempre
più
:
gli
appariva
meno
lontana
,
distinta
,
più
chiara
.
Era
una
creatura
celestiale
,
una
fanciulla
bianca
bianca
,
le
cui
forme
quasi
infantili
si
velavano
in
un
abito
candido
.
Ella
compariva
e
nel
volto
circonfuso
di
luce
,
gli
sorrideva
;
agitando
il
capo
,
lo
salutava
.
Poi
cominciava
a
camminare
,
e
lui
la
seguiva
con
gli
occhi
intenti
,
movendo
i
passi
macchinalmente
,
concentrato
tutto
nell
'
attenzione
;
ella
radeva
appena
la
terra
,
abbandonava
i
sentieri
noti
,
penetrava
tra
gli
alberi
,
appariva
e
scompariva
,
voltandosi
a
sorridere
,
lasciando
che
il
lembo
bianco
del
suo
abito
radesse
l
'
erba
,
con
un
piccolo
e
lusinghiero
mormorìo
.
Egli
non
osava
parlarle
,
tremava
,
la
voce
gli
moriva
nella
gola
;
bastava
alla
sua
felicità
contemplare
ardentemente
,
con
la
fissità
della
follia
,
con
gli
occhi
aridi
che
gli
bruciavano
,
il
suo
amore
che
fuggiva
dinanzi
a
lui
.
Ella
girava
,
girava
pel
bosco
,
arrestandosi
soltanto
un
minuto
,
chinandosi
a
carezzare
i
fiori
,
ma
non
cogliendoli
,
non
lasciando
traccia
sull
'
erbetta
calpestata
;
appena
egli
la
raggiungeva
,
ella
riprendeva
la
sua
corsa
.
Lui
dietro
,
senza
sentire
la
stanchezza
delle
sue
gambe
che
diventavano
pesanti
come
il
piombo
;
lui
dietro
,
sostenuto
dall
'
indomita
volontà
,
eccitato
,
esaltato
,
sospinto
all
'
ultima
e
più
acuta
vibrazione
dei
nervi
.
Fino
a
che
,
approssimandosi
al
castello
,
il
celeste
fantasma
cessava
di
sorridere
,
ed
una
malinconia
si
effondeva
dal
volto
gentile
;
poi
,
entrato
nel
cupo
androne
,
volgevasi
per
l
'
ultima
volta
,
salutava
,
agitando
la
mano
,
e
scompariva
.
Lui
non
osava
gridarle
:
rimani
,
rimani
!
e
s
'
abbandonava
sopra
un
banco
,
spossato
,
abbattuto
,
morto
.
Perché
non
siedi
a
me
daccanto
,
o
dolce
amor
mio
?
Perché
non
mi
ti
accosti
?
Non
temere
,
non
mi
appresserò
troppo
.
Sai
che
t
'
amo
,
so
che
m
'
ami
;
so
che
dobbiamo
troppo
avvicinarci
.
E
neppure
puoi
parlarmi
:
così
vuole
il
destino
.
Ma
io
t
'
amo
;
tu
sei
il
mio
cuore
.
L
'
anima
mia
è
fatta
di
te
;
non
sono
io
,
sono
te
;
se
io
muoio
,
tu
morrai
;
se
tu
muori
,
io
muoio
.
Come
sei
bianca
,
o
divina
fanciulla
!
I
tuoi
occhi
sono
trasparenti
e
chiari
,
non
mi
guardano
;
le
tue
guance
hanno
appena
una
trasparenza
rosea
,
le
tue
labbra
sono
pallide
pallide
,
le
tue
mani
sono
candide
come
la
neve
,
ed
un
fiocco
di
neve
è
il
tuo
manto
.
Hai
tu
freddo
,
cuor
mio
?
Non
sai
che
io
ho
la
febbre
,
che
il
,
sangue
schiuma
e
bolle
nelle
mie
vene
,
come
un
'
onda
impetuosa
?
Sorridi
?
Puoi
calmarmi
così
.
Quest
'
ardor
che
m
'
infiamma
,
questo
incendio
che
divampa
in
me
,
solo
la
carezza
della
tua
gelida
mano
potrebbe
domarlo
,
solo
il
tocco
delle
tue
gelide
labbra
potrebbe
assopirlo
.
No
!
Non
allontanarti
,
resta
,
resta
per
pietà
di
chi
t
'
ama
.
Non
ti
chiederò
più
nulla
,
creatura
bianca
ed
innocente
.
Tu
leggi
in
me
,
vedi
che
sono
puro
,
che
il
mio
cuore
è
candido
come
la
tua
veste
,
che
non
lo
macchia
desiderio
di
fango
.
Non
fuggirmi
,
non
rivolgere
il
,
volto
celestiale
;
quando
tu
m
'
abbandoni
,
ecco
,
la
vita
declina
,
in
me
:
tutto
diventa
buio
,
tutto
diventa
muto
,
ed
io
piango
sul
mio
sogno
distrutto
,
sul
mio
cuore
desolato
.
Donde
vieni
tu
?
Dove
vai
,
quando
mi
lasci
?
E
perché
mi
lasci
?
T
'
amo
,
non
lasciarmi
.
Non
parlava
la
fanciulla
nei
colloqui
i
d
'
amore
.
Ella
ascoltava
immobile
,
bianca
,
pronta
sempre
a
partire
;
ogni
tanto
un
sorriso
indefinito
le
sfiorava
le
labbra
,
una
mestizia
le
compariva
in
volto
;
ma
sorriso
e
mestizia
erano
spostamento
di
linee
,
non
corrugamento
di
fronte
o
espansione
di
labbra
;
era
espressione
,
luce
interna
,
quasi
una
lampada
soave
s
'
accendesse
dietro
un
velo
.
Non
parlava
la
fanciulla
,
ma
ogni
giorno
ella
restava
più
a
lungo
con
colui
che
l
'
amava
.
Egli
le
parlava
lungamente
,
poi
stanco
,
la
voce
gli
si
abbassava
a
poco
a
poco
,
poi
taceva
.
La
contemplava
,
estatico
.
Ella
si
muoveva
per
andarsene
.
Non
partire
,
non
partire
!
supplicava
lui
.
Ella
restava
ferma
innanzi
a
lui
,
i
piedini
bianchi
come
ale
di
colombo
,
appena
posati
a
terra
,
coi
capelli
vagamente
adorni
di
rose
bianche
,
con
un
lembo
di
abito
sostenuto
da
rose
bianche
.
Siedi
,
siedi
accanto
a
me
!
Ella
non
sedeva
,
immota
,
guardando
dinanzi
a
sé
coi
grandi
occhi
senza
pupilla
.
Parlami
,
parlami
mormorava
lui
.
Ella
non
aveva
voce
,
non
si
muovevano
le
labbra
.
Invano
egli
la
pregava
,
la
scongiurava
,
s
'
inginocchiava
,
ella
non
gli
rispondeva
.
Era
inflessibile
e
serena
.
Ma
in
un
crepuscolo
d
'
autunno
,
egli
trovò
le
frasi
più
eloquenti
per
esprimere
la
propria
disperazione
:
batté
la
fronte
a
terra
,
sparse
le
lagrime
più
cocenti
,
adorò
la
fanciulla
.
Ella
parea
si
trasformasse
;
dietro
il
candore
della
pelle
pareva
che
cominciasse
a
correre
il
sangue
.
Egli
,
folle
,
morente
di
amore
,
le
offerse
la
sua
vita
per
una
parola
.
M
'
ami
?
Sì
parve
un
sussurrìo
.
Allora
,
in
un
impeto
di
passione
,
egli
l
'
abbracciò
.
Un
orribile
scricchiolìo
s
'
intese
e
la
divina
fanciulla
cadde
al
suolo
,
frantumata
in
tanti
cocci
di
porcellana
candida
.
Nella
notte
profonda
,
quando
i
custodi
dormivano
,
nella
deserta
sala
delle
porcellane
cominciò
un
mormorìo
,
un
bisbiglio
,
un
'
agitazione
.
Correvano
fremiti
da
una
scansia
all
'
altra
,
attraverso
i
cristalli
;
voci
irose
e
sommesse
si
urtavano
,
fieri
propositi
,
progetti
di
vendetta
cozzavan
l
'
un
contro
l
'
altro
.
Poco
a
poco
la
calma
si
ristabilì
:
tutto
era
deciso
.
La
sfilata
cominciò
.
Prima
fu
l
'
Aurora
bianca
sul
suo
carro
tirato
da
quattro
cavalli
candidi
;
e
discesa
nel
giardino
dove
lui
giaceva
svenuto
accanto
al
suo
idolo
infranto
,
maledisse
per
sempre
le
sue
albe
;
la
seguirono
le
ventiquattro
fanciulle
che
sono
le
Ore
,
e
sfogliarono
rose
avvelenate
sullo
svenuto
;
dopo
vennero
gli
Amorini
,
e
gli
conficcarono
nel
cuore
i
dardi
acuti
e
dolorosi
.
Il
gruppo
passò
.
Secondi
vennero
i
sette
re
di
Francia
,
bianchi
,
sui
cavalli
bianchi
,
Carlomagno
,
S
.
Luigi
,
Francesco
I
,
Enrico
II
,
Enrico
IV
,
Luigi
XIII
,
Luigi
XIV
;
galoppando
pei
viali
,
toccarono
con
lo
scettro
,
con
la
spada
l
'
infelice
,
ed
ogni
colpo
gli
rintronò
nel
cervello
.
Poi
ogni
statuina
s
'
avviò
,
gli
sputò
in
viso
,
lo
insultò
,
lo
calpestò
;
ogni
tazza
fu
piena
per
lui
di
cicuta
,
ogni
vassoio
di
cenere
,
ogni
coppa
da
fiori
contenne
per
lui
fiori
malefici
e
crudeli
.
Ed
infine
si
mosse
il
grande
gruppo
dei
Titani
che
vogliono
scalare
l
'
Olimpo
:
Giove
,
seduto
sull
'
aquila
,
fulminò
il
moribondo
,
ed
i
Titani
lo
seppellirono
sotto
enorme
sepolcro
di
massi
.
Poi
ognuno
riprese
la
sua
via
,
i
gruppi
rientrarono
nelle
scansie
e
vi
rimasero
immobili
.
Fu
questa
la
vendetta
della
fredda
e
candida
porcellana
su
colui
che
aveva
frantumata
la
fanciulla
immortale
.
È
questa
la
storia
eterna
e
fatale
.
L
'
ideale
raggiunto
,
toccato
,
va
in
pezzi
l
'
arte
si
vendica
sulla
vita
e
l
'
anima
muore
sotto
un
immane
sepolcro
.
LEGGENDA
DELL
AVVENIRE
Tu
,
buona
e
baldanzosa
fanciulla
,
giunta
al
termine
delle
mie
fantastiche
storie
,
sorridi
.
Ed
io
,
poveretto
autore
,
condannato
a
leggere
nel
volto
del
suo
lettore
presente
o
ad
indovinare
l
'
animo
del
lettore
assente
,
cerco
di
spiegare
che
significhi
il
lampo
del
tuo
occhio
nero
e
l
arco
ironico
del
tuo
labbro
rosso
come
il
fiore
del
granato
.
E
quasi
o
mia
bella
ed
impenetrabile
sfinge
,
dal
viso
puro
e
colorito
come
il
granito
di
quelle
statue
,
quasi
comprendo
il
senso
del
tuo
riso
muto
ed
intelligente
.
Le
fantastiche
,
istorie
dove
tanta
parte
della
vita
napoletana
si
riflette
,
non
t
'
hanno
spaventata
;
e
se
il
tuo
spirito
è
corso
dietro
all
'
inafferrabile
fantasma
,
al
folletto
piccolino
,
tu
non
ne
hai
avuto
paura
.
Queste
storielle
sono
antiche
,
alcune
antichissime
,
appartengono
al
lontanissimo
passato
che
non
ritorna
più
;
furono
vita
e
morirono
;
furono
dramma
umano
e
sono
parole
vane
,
tradizione
oscura
e
scorretta
.
Rimane
di
esse
talvolta
un
quadro
,
una
statua
,
una
chiesa
una
tomba
,
un
bosco
,
talvolta
una
semplice
idea
,
talvolta
un
,
semplice
nome
,
ma
è
il
passato
.
Tu
,
orgogliosa
giovinetta
sorridi
nel
presente
,
sorridi
all
'
avvenire
,
non
puoi
volgerti
indietro
,
guardi
innanzi
,
dove
è
la
tua
bella
realtà
di
luce
e
di
profumi
.
Tu
leggi
le
storie
del
passato
,
ma
le
sirene
,
i
cavalieri
,
le
dame
,
i
monaci
,
i
grassi
borghesi
,
i
pallidi
poeti
non
ti
destano
che
un
sorriso
di
pietà
;
essi
sono
morti
e
vive
Napoli
bella
ed
immortale
,
vive
la
gioventù
gioconda
,
vive
il
glauco
mare
,
vivono
i
ridenti
poggi
.
Immenso
si
svolge
l
'
avvenire
.
Lo
so
.
Ma
pel
sarcastico
sorriso
con
cui
tu
ti
burli
delle
mie
care
larve
,
evocate
dalla
tradizione
o
dalla
fantasia
popolare
,
io
voglio
castigarti
,
cattiva
fanciulla
.
Io
voglio
far
un
'
opera
crudele
e
disonesta
:
voglio
,
narrandoti
la
fiammeggiante
leggenda
dell
'
avvenire
,
distruggere
il
tuo
mordente
sorriso
,
farti
impallidire
le
guance
e
farti
fremere
ogni
fibra
del
corpo
,
ogni
piega
dell
'
anima
,
pel
raccapriccio
e
per
l
'
orrore
.
Oggi
la
città
è
bella
perché
così
Iddio
la
volle
,
mentre
poco
la
vogliono
così
gli
uomini
.
Ma
quando
nella
morbida
e
indolente
natura
dell
'
uomo
sarà
entrata
quella
vivacità
attiva
ed
operosa
che
non
si
perde
in
vuoto
cicaleccio
,
in
vaghe
aspirazioni
ed
in
sogni
grandiosi
;
quando
alla
lenta
coscienza
che
si
addorme
volentieri
nell
'
ammirazione
sarà
subentrata
l
'
operosa
coscienza
che
tenta
vie
migliori
e
di
niuna
s
'
appaga
e
cerca
raggiungere
l
'
alto
scopo
con
ogni
sforzo
;
quando
alla
fantasia
che
crea
,
alla
mente
che
trova
,
alla
intelligenza
che
indovina
,
non
rimarrà
più
disubbidiente
ed
inerte
il
braccio
che
opera
;
quando
accanto
all
'
artista
che
sogna
sorgerà
il
popolo
che
intende
,
il
borghese
che
pensa
e
l
'
aristocratico
che
sente
:
allora
solamente
la
città
sarà
stupenda
.
Ora
ella
s
'
adorna
di
fiori
,
ma
è
povera
;
ora
ella
sorride
,
ma
appena
appena
il
lacero
vestito
,
che
fu
di
porpora
,
copre
le
belle
membra
;
ora
ella
è
gaia
,
ma
spera
solo
dalle
piogge
benefiche
il
lavacro
,
che
terge
le
sue
strade
nere
e
sporche
,
ora
balla
e
canta
sulle
sue
sponde
odorose
,
dove
il
mare
accompagna
le
sue
danze
e
le
sue
canzoni
,
ma
nel
suo
porto
non
accorrono
ancora
le
navi
dai
gonfi
fianchi
carichi
di
mercanzie
;
ora
.
biancheggiano
le
ville
di
cui
s
'
adornano
i
suoi
colli
,
ma
non
sale
ancora
al
cielo
,
incenso
gradito
,
il
fumo
grigio
dei
mille
opifici
.
Che
importa
!
Questo
giorno
verrà
ed
allora
la
città
sarà
santa
.
Pensa
,
o
poetica
amica
,
al
felice
connubio
dell
arte
con
la
natura
,
pensa
alla
celeste
armonia
fra
l
'
uomo
che
crea
ed
il
mondo
da
lui
creato
,
pensa
alla
città
che
sarà
bella
e
buona
,
tutta
bianca
e
colorita
dal
sole
,
senza
macchie
,
senza
cenci
:
oh
,
allora
,
allora
!
O
lontano
avvenire
,
o
giorno
splendido
che
come
quello
di
Faust
meriteresti
di
essere
fermato
...
Ma
la
divina
città
che
amiamo
deve
morire
;
la
crediamo
immortale
ed
è
sacrata
alla
morte
;
la
crediamo
eterna
e
la
sua
vita
è
tenue
come
quella
di
un
bambino
.
Deve
morire
.
morrà
;
si
dovrà
dire
al
viandante
pensoso
e
malinconico
:
qui
fu
Napoli
.
Tutto
le
potremo
dare
:
il
lavoro
che
la
nobiliti
,
il
commercio
che
l
'
arricchisca
,
l
'
acqua
che
la
lavi
,
il
sole
che
penetri
nelle
larghe
vie
,
ma
non
la
sottrarremo
alla
morte
.
Sarà
ninfa
ridente
,
azzurra
,
rosea
,
bionda
di
sole
,
piena
di
gioventù
,
fremente
di
vita
,
ma
sarà
morente
.
Lo
dice
la
profetica
leggenda
,
ripetuta
di
bocca
in
bocca
,
che
circola
nelle
vie
,
che
entra
nelle
botteghe
,
che
sale
nei
salotti
della
nobiltà
.
Verrà
il
novissimo
giorno
.
Vedi
tu
quella
montagna
ai
cui
piedi
si
stendono
i
bei
villaggi
bagnati
dal
mare
,
sui
cui
fianchi
verdi
cresce
la
vigna
del
vino
generoso
;
vedi
quella
montagna
striata
da
lugubri
fasce
nere
?
È
lei
che
farà
morire
Napoli
:
così
dice
la
leggenda
profetica
.
Arde
il
fuoco
liquido
,
bolle
e
schiuma
nei
fianchi
della
montagna
e
si
accumula
da
secoli
pel
giorno
funesto
;
di
fuori
appena
una
nuvoletta
di
fumo
bianco
ed
innocente
rivela
il
profondo
lavorio
.
Correvano
le
bighe
e
le
quadrighe
per
le
vie
di
Pompeja
la
bella
.
Amavano
al
sole
i
leggiadri
garzoni
dalle
tuniche
bianche
e
le
fanciulle
dai
candidi
pallii
,
si
vestivano
di
bisso
e
si
profumavano
di
nardo
le
seducenti
etere
,
correvano
giovani
e
vecchi
al
foro
,
alle
terme
,
ai
teatri
,
sulle
porte
delle
case
erano
sospese
corone
di
rose
olezzanti
:
la
montagna
volle
e
Pompeja
morì
.
Quando
la
montagna
vorrà
,
Napoli
sarà
distrutta
:
e
il
terribile
e
bel
vicino
che
noi
guardiamo
con
ammirazione
e
quasi
con
affetto
,
poiché
egli
è
tanta
parte
della
bellezza
napoletana
,
sarà
il
carnefice
.
E
nessuno
ne
saprà
l
'
ora
,
né
il
giorno
.
Nella
città
la
gente
tumultuosa
andrà
ai
consueti
uffici
,
correrà
dove
il
piacere
la
chiama
,
dove
la
chiama
il
dolore
,
amerà
,
odierà
,
godrà
,
piangerà
,
vivrà
insomma
come
se
nulla
fosse
.
Nel
cielo
sereno
brilleranno
le
stelle
;
nell
'
aria
calma
s
'
eleverà
la
sottile
penna
di
fumo
.
Poi
,
sul
cratere
,
comparirà
une
punto
rosso
,
come
un
lumicino
acceso
lassù
,
come
un
carboncino
;
i
napoletani
si
stringeranno
nelle
spalle
e
mormoreranno
:
solite
storie
.
L
'
eruzione
crescerà
con
molta
lentezza
e
gli
uomini
di
scienza
d
'
allora
ne
constateranno
i
fenomeni
e
ne
annunzieranno
la
prossima
fine
;
ma
l
'
eruzione
crescerà
sempre
,
continuamente
.
Un
rombo
sotterraneo
comincerà
a
far
tremare
i
vetri
delle
case
;
tre
strisce
vivide
di
lava
scorreranno
lungo
i
fianchi
della
montagna
;
il
cielo
cupo
si
tingerà
di
rosso
,
il
fondo
del
mare
sarà
rosso
;
giungeranno
i
forestieri
a
contemplare
il
mirabile
spettacolo
,
i
napoletani
si
affolleranno
sul
molo
,
a
S
.
Lucia
,
a
Mergellina
,
sui
terrazzi
,
sulle
colline
,
compresi
di
ammirazione
.
Ma
dai
villaggi
che
sono
sotto
il
monte
principierà
a
fuggire
la
gente
spaurita
e
si
riverserà
nella
città
,
dove
sarà
accolta
a
braccia
aperte
e
la
lava
procederà
sempre
.
Nuove
bocche
si
apriranno
.
La
lava
è
a
Resina
.
Ma
i
napoletani
non
temono
:
il
Vesuvio
è
loro
vecchio
amico
,
vuole
scherzare
,
è
un
brontolone
,
ma
presto
tacerà
.
Poi
vi
è
San
Gennaro
,
che
con
le
dita
sollevate
in
atto
d
'
imperio
,
comanda
alla
lava
di
non
avanzarsi
;
le
donne
pregano
il
parroco
della
cattedrale
a
portare
in
piazza
San
Gennaro
di
argento
o
il
prezioso
suo
sangue
che
è
conservato
nelle
ampolline
.
In
qualche
chiesetta
si
prega
.
Una
mattina
il
sole
non
viene
fuori
,
una
fitta
nube
grigia
nasconde
il
cielo
,
piove
cenere
;
i
napoletani
sorridono
ancora
e
vanno
ai
loro
affari
sotto
quella
strana
pioggia
.
Ma
il
giorno
seguente
il
rombo
diviene
tumultuoso
,
le
scosse
di
terremoto
si
succedono
l
'
una
all
'
altra
,
orribili
convulsioni
squassano
il
monte
,
sui
cui
fianchi
si
aprono
dappertutto
bocche
di
fuoco
,
le
lave
si
uniscono
,
si
fondono
,
sono
una
lava
sola
,
è
una
montagna
di
lava
che
cammina
verso
la
città
coi
suoi
ruscelli
di
fuoco
;
soffocanti
fetori
di
zolfo
ammorbano
l
'
aria
,
piove
cenere
calda
e
pesante
,
acqua
bollente
,
piovono
lapilli
infuocati
sulla
città
:
riuniti
al
grande
vulcano
corrispondono
,
con
pauroso
miracolo
ridestati
,
le
eruzioni
dei
monte
Echia
,
dell
'
Epomeo
e
di
Pozzuoli
.
Piove
la
morte
.
Nel
clamore
disperato
dei
morenti
,
nel
fragore
delle
case
che
nel
tuono
del
terremoto
,
nella
spaventosa
tempesta
del
mare
che
si
rizza
incollerito
o
ribelle
,
nel
bagliore
sanguigno
che
capovolge
la
natura
e
le
cose
,
la
lava
entra
in
Napoli
e
Napoli
finisce
di
morire
in
un
incendio
colossale
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
E
che
?
Tu
sorridi
ancora
,
orgogliosa
creatura
?
Ti
comprendo
:
leggo
nel
tuo
pensiero
come
in
un
libro
dalle
pagine
aperte
.
Tu
pensi
quello
che
io
penso
;
tu
sorridi
a
quella
morte
;
questa
Napoli
che
fu
creata
dall
amore
,
che
visse
nella
passione
della
luce
,
dei
colori
smaglianti
,
dei
profumi
violenti
,
delle
notti
innamorate
,
visse
nel
lusso
grandioso
della
natura
e
nella
espansione
superba
del
sentimento
,
questa
città
appassionata
morirà
bene
,
morirà
degnamente
nell
altissima
e
fiammeggiante
apoteosi
di
fuoco
.