Saggistica ,
PREFAZIONE
ALLA
PRIMA
EDIZIONE
Questo
libro
che
presento
oggi
al
lettore
non
pretende
d
'
essere
un
lavoro
rigidamente
scientifico
come
il
volume
I
delitti
della
folla
,
ma
soltanto
una
raccolta
di
studî
i
quali
,
da
diversi
punti
di
vista
,
cercano
di
gettare
un
po
'
di
luce
nell
'
oscuro
problema
della
psicologia
collettiva
.
La
maggior
parte
di
questi
studî
furono
già
pubblicati
qua
e
là
,
e
se
io
li
riunisco
e
li
ripubblico
ora
gli
è
non
solo
perché
essi
sono
legati
organicamente
fra
loro
dall
'
identità
dell
'
oggetto
,
ma
anche
per
queste
due
altre
ragioni
:
anzitutto
perché
di
fronte
al
grande
sviluppo
preso
negli
ultimi
anni
dalla
psicologia
collettiva
,
non
mi
pare
inutile
rievocare
i
tentativi
,
sia
pur
manchevoli
e
frammentarî
,
di
chi
per
primo
si
occupò
con
amore
e
con
fervore
di
quella
scienza
;
in
secondo
luogo
perché
tali
tentativi
sono
la
più
eloquente
ed
esauriente
risposta
alle
critiche
che
da
alcune
parti
mi
vennero
per
il
modo
con
cui
io
avevo
definito
e
interpretato
la
psicologia
collettiva
.
Questa
recentissima
scienza
attraversa
ora
un
periodo
di
confusione
dovuto
a
un
equivoco
.
Allorché
apparvero
alcuni
anni
fa
i
primi
lavori
di
psicologia
collettiva
,
essi
interessarono
e
appassionarono
il
pubblico
,
non
certo
per
merito
del
loro
autore
,
ma
per
la
novità
del
tema
.
E
quindi
moltissimi
,
con
felice
intuito
del
momento
,
si
dettero
a
coltivare
quel
ramo
di
scienza
.
Ma
,
coltivandolo
,
sconfinarono
;
e
sotto
la
bandiera
della
psicologia
collettiva
fecero
passare
degli
studî
che
con
quella
non
avevano
che
delle
relazioni
molto
indirette
.
Per
esempio
Gustavo
Le
Bon
e
Pasquale
Rossi
nei
loro
libri
,
del
resto
assai
importanti
,
hanno
confuso
spesso
la
psicologia
delle
folle
(
che
è
veramente
della
psicologia
collettiva
,
cioè
della
psicologia
dal
punto
di
vista
statico
)
con
la
psicologia
dei
popoli
(
la
quale
non
è
altro
che
della
psicologia
collettiva
dinamica
o
sociologia
)
.
Ora
,
io
non
ripeterò
qui
la
mia
distinzione
fondamentale
tra
psicologia
collettiva
e
sociologia
perché
la
ho
già
troppe
volte
esposta
altrove
*
,
e
non
cercherò
di
dimostrarne
l
'
esattezza
perché
Alessandro
Groppali
l
'
ha
così
lucidamente
difesa
da
tutte
le
obbiezioni
che
le
furono
mosse
,
ch
'
io
non
potrei
che
ripetere
,
e
assai
meno
bene
,
ciò
ch
'
egli
scrisse
con
mirabile
precisione
scientifica
*
.
Ma
mi
limiterò
a
dire
che
il
presente
volume
vuol
essere
-
ed
io
mi
lusingo
che
sia
-
un
'
altra
battaglia
combattuta
per
dissipare
quell
'
equivoco
e
per
togliere
quella
confusione
che
hanno
,
a
torto
,
schierato
in
due
campi
i
cultori
della
psicologia
collettiva
,
bollando
gli
uni
come
nemici
ed
esaltando
gli
altri
come
amici
della
folla
.
Il
lettore
vedrà
che
non
è
il
caso
di
fare
queste
divisioni
ingiuste
e
antipatiche
,
e
riconoscerà
che
chi
ha
dedicato
una
gran
parte
della
propria
attività
allo
studio
dell
'
anima
collettiva
ne
ha
saputo
comprendere
così
i
difetti
come
le
virtù
,
appunto
perché
non
essendo
dominato
da
alcun
preconcetto
,
ha
potuto
serenamente
distinguere
il
momento
statico
dal
momento
dinamico
dell
'
attività
collettiva
,
e
constatare
i
risultati
dolorosi
che
si
hanno
spesse
volte
dal
primo
,
come
riconoscere
le
straordinarie
e
feconde
energie
che
si
sviluppano
sempre
dal
secondo
.
Ottobre
1903
.
SCIPIO
SIGHELE
.
PREFAZIONE
ALLA
SECONDA
EDIZIONE
Nell
'
inverno
scorso
ho
tenuto
all
'
Istituto
di
Scienze
Sociali
di
Firenze
,
per
invito
del
Direttore
l
'
illustre
prof
.
Riccardo
Dalla
Volta
,
un
breve
corso
di
conferenze
intorno
alla
Sociologia
e
la
psicologia
collettiva
.
E
l
'
esito
insperato
di
quel
corso
,
se
da
un
lato
mi
dimostrò
che
certi
problemi
sono
sempre
di
attualità
,
dall
'
altro
lato
mi
fu
di
incitamento
a
ristudiarli
e
riordinarli
.
Per
questo
,
or
son
pochi
mesi
presentavo
al
pubblico
la
quarta
edizione
dei
Delitti
della
folla
,
e
mentre
sto
preparando
una
nuova
edizione
della
Delinquenza
settaria
,
offro
oggi
al
lettore
questa
seconda
edizione
dell
'
Intelligenza
della
folla
,
sperando
di
dare
così
all
'
opera
mia
un
carattere
meno
incompleto
e
meno
inorganico
.
Questi
tre
volumi
poco
si
intenderebbero
e
mal
si
giudicherebbero
,
isolati
.
Considerati
insieme
,
essi
appariranno
,
io
credo
,
come
le
parti
di
un
tutto
,
come
le
conseguenze
e
le
applicazioni
logiche
di
un
pensiero
unico
e
di
una
dottrina
a
lungo
meditata
.
Nella
presente
edizione
,
non
solo
è
totalmente
mutato
l
'
ordine
primitivo
dei
capitoli
,
e
tutti
sono
corretti
ed
ampliati
,
ma
ho
aggiunto
lo
studio
Contro
il
Parlamentarismo
che
nella
prima
edizione
mancava
,
e
un
capitolo
inedito
su
La
folla
e
Gabriele
d
'
Annunzio
.
Forse
il
pubblico
si
convincerà
che
l
'
arte
e
la
scienza
,
malgrado
le
apparenze
,
malgrado
cioè
il
dispregio
dei
superuomini
per
la
folla
,
non
sono
in
fondo
discordi
nel
considerare
il
valore
sociale
e
intellettuale
della
psicologia
collettiva
.
NAGO
(
Trentino
)
,
settembre
1910
.
SCIPIO
SIGHELE
.
CAPITOLO
PRIMO
Il
problema
morale
dell
'
anima
collettiva
Uno
dei
fenomeni
più
caratteristici
del
momento
presente
-
il
solo
forse
per
cui
esso
può
definirsi
con
esattezza
-
è
l
'
importanza
che
è
andata
assumendo
la
collettività
in
confronto
dell
'
individuo
.
Mentre
quasi
tutte
le
antiche
credenze
barcollano
o
muoiono
,
mentre
le
vecchie
colonne
della
società
pare
crollino
l
'
una
dopo
l
'
altra
,
la
potenza
delle
masse
è
la
sola
che
nulla
minaccia
e
il
cui
prestigio
ingrandisce
ogni
giorno
.
Appena
un
secolo
fa
la
politica
tradizionale
dei
governi
e
le
rivalità
dei
principi
erano
i
più
importanti
fattori
degli
avvenimenti
.
L
'
opinione
del
pubblico
contava
per
poco
,
anzi
spesso
non
contava
per
nulla
.
Oggi
,
sono
le
tradizioni
ereditarie
dei
singoli
Stati
,
i
desiderî
e
i
capricci
dei
singoli
principi
che
non
contano
nulla
,
ed
è
-
invece
-
la
voce
collettiva
e
grandiosa
della
folla
che
guida
il
mondo
.
Una
volta
la
coscienza
di
un
popolo
si
poteva
impersonare
in
un
uomo
che
ne
era
l
'
espressione
ed
il
segno
dinanzi
alla
storia
.
Il
secolo
d
'
oro
della
Grecia
si
può
simbolizzare
in
Pericle
:
un
periodo
della
storia
di
Roma
si
può
simbolizzare
in
Cesare
,
e
non
a
torto
uno
storico
illustre
ha
detto
che
la
frase
di
Luigi
XIV
:
lo
Stato
sono
io
,
per
quanto
odiosa
e
pericolosa
,
non
era
allora
né
psicologicamente
né
socialmente
inesatta
.
Ma
oggi
,
chi
potrebbe
affermare
che
un
popolo
è
rappresentato
da
un
uomo
solo
,
il
quale
ne
riassuma
e
ne
esprima
tutti
i
desiderî
,
tutte
le
tendenze
,
tutte
le
idee
?
Anche
quei
popoli
che
-
non
so
se
per
loro
fortuna
o
per
loro
disgrazia
-
sono
retti
da
un
monarca
più
personale
e
più
significativo
degli
altri
,
possono
tutt
'
al
più
vantarsi
che
questo
monarca
simbolizzi
alcuni
lati
,
e
spesso
i
più
patologici
della
loro
poliedrica
anima
collettiva
,
non
certo
che
egli
la
rappresenti
completa
ed
intera
.
E
come
nella
politica
,
così
anche
nella
scienza
,
dopo
la
crisi
d
'
individualismo
che
ha
imperato
ovunque
,
in
economia
,
in
morale
,
in
diritto
,
si
ritorna
a
studiare
ogni
azione
umana
come
un
prodotto
della
collettività
piuttosto
che
dell
'
individuo
,
e
si
segue
quell
'
onda
di
reazione
sociologica
o
socialista
che
va
ad
infrangersi
con
crescente
violenza
contro
lo
scoglio
dell
'
illusione
egocentrica
forse
troppo
a
lungo
durata
.
L
'
individuo
,
insomma
,
che
una
volta
era
il
perno
intorno
a
cui
roteava
si
può
dire
tutta
la
civiltà
,
oggi
scompare
,
in
politica
,
dinanzi
a
quell
'
ente
collettivo
che
è
il
partito
o
l
'
opinione
pubblica
,
nella
scienza
,
dinanzi
a
quell
'
ente
collettivo
che
è
la
specie
.
Esso
è
considerato
ormai
come
la
goccia
d
'
acqua
nel
mare
:
una
quantità
trascurabile
per
sé
stessa
,
una
potenza
immensa
e
terribile
soltanto
quando
è
unito
ai
suoi
simili
.
E
mentre
fino
a
poco
tempo
fa
la
psicologia
e
la
filosofia
-
troppo
sempliciste
e
superficiali
-
avevano
creduto
di
spiegare
l
'
evoluzione
sociale
colla
apparizione
sporadica
di
qualche
grand
'
uomo
,
e
avevano
ridotto
tutta
la
storia
-
l
'
arte
come
la
scienza
,
la
religione
come
la
politica
-
a
un
seguito
di
biografie
,
oggi
si
è
compreso
che
il
protagonista
vero
della
storia
,
quantunque
non
sempre
visibile
,
è
stato
il
popolo
,
vale
a
dire
la
folla
anonima
su
cui
l
'
egoismo
dei
grandi
lavorava
come
su
un
corpo
vile
per
costrurre
l
'
edificio
della
propria
potenza
e
della
propria
ambizione
,
e
che
,
viceversa
,
era
la
immensa
oscura
miniera
donde
quei
grandi
traevano
inconsciamente
le
loro
idee
e
i
mezzi
per
attuarle
.
Si
parla
dei
problemi
gravi
che
il
secolo
XIX
ha
lasciato
in
eredità
al
secolo
nostro
.
Se
io
non
mi
sbaglio
,
il
legato
più
glorioso
e
nello
stesso
tempo
più
pericoloso
di
questa
eredità
è
precisamente
quello
che
si
riassume
nella
parte
che
giocherà
la
folla
nell
'
avvenire
.
Oggi
infatti
non
si
tratta
soltanto
di
riconoscere
-
da
un
punto
di
vista
letterario
-
la
influenza
della
collettività
nell
'
evoluzione
umana
:
si
tratta
sopratutto
di
constatare
-
da
un
punto
di
vista
politico
-
l
'
impero
assoluto
che
ormai
la
collettività
ha
preso
sui
destini
del
mondo
.
La
folla
ha
sempre
tenuto
nelle
sue
mani
incoscienti
la
sorte
del
mondo
.
Terribile
e
immensa
parte
,
la
sua
,
ma
passiva
.
Essa
è
stata
,
di
fronte
al
prodotto
che
chiamasi
civiltà
,
la
femmina
feconda
il
cui
amore
suscita
il
lavoro
e
offre
la
ricompensa
.
È
per
lei
,
in
fondo
,
che
anche
il
più
egoarchico
degli
eroi
lavora
,
come
l
'
uomo
per
la
donna
;
ma
appunto
come
la
donna
,
essa
non
sa
produrre
da
sola
.
La
sua
gloria
anonima
è
sempre
stata
quella
di
procreare
,
a
sua
insaputa
,
il
genio
che
avrebbe
aumentato
di
qualche
linea
il
catalogo
delle
sue
ricchezze
.
Perciò
la
sua
funzione
avrebbe
dovuto
essere
unicamente
quella
di
amare
e
di
servire
i
genii
,
come
la
sposa
ama
e
serve
lo
sposo
;
ma
viceversa
la
folla
non
fu
mai
né
sposa
né
madre
:
essa
non
fu
che
femmina
,
e
il
più
spesso
la
sua
riconoscenza
è
consistita
nel
crucifiggere
i
salvatori
,
lasciando
alle
anime
di
altri
eroi
avvenire
la
cura
del
loro
culto
*
.
Finora
,
infatti
,
l
'
opera
più
evidente
che
compiron
le
folle
fu
un
'
opera
di
distruzione
.
Esse
agirono
nei
secoli
,
come
quei
microbi
che
dissolvono
i
corpi
indeboliti
e
i
cadaveri
.
I
barbari
,
che
furono
le
grandi
folle
dell
'
antichità
,
come
gli
operai
sono
le
grandi
folle
dei
nostri
giorni
,
non
avrebbero
certo
costrutto
l
'
edificio
della
civiltà
romana
,
ma
quando
quell
'
edificio
fu
barcollante
occorrevano
i
barbari
per
atterrarlo
,
e
rendere
possibile
la
creazione
d
'
una
civiltà
nuova
con
gli
avanzi
del
vecchio
colosso
*
.
Parve
,
allora
,
un
'
opera
totalmente
negativa
a
chi
non
sapeva
che
la
distruzione
è
il
fondamento
della
costruzione
:
ma
fu
allora
che
,
per
la
prima
volta
,
si
rivelò
la
tragica
potenza
delle
folle
,
e
che
,
per
un
istante
,
la
filosofia
del
numero
diventò
la
sola
filosofia
della
storia
.
Ai
nostri
giorni
,
se
ancor
si
può
temere
come
eccezione
brutale
e
sanguinosa
l
'
opera
distruggitrice
delle
folle
,
bisogna
riconoscere
che
l
'
opera
loro
si
esplica
in
modo
normale
e
pacifico
colle
grandi
correnti
dell
'
opinione
pubblica
,
coi
comizî
e
colla
scheda
elettorale
.
Pure
noi
sentiamo
di
tanto
in
tanto
tutta
la
colossale
potenza
della
loro
opera
negativa
in
quegli
scioperi
che
,
arrestando
d
'
un
tratto
con
mirabile
uniformità
la
vita
sociale
,
ci
dànno
collettivamente
un
brivido
di
paura
,
come
quelle
mancanze
di
respiro
che
ci
dànno
individualmente
la
sensazione
,
il
brivido
della
morte
.
La
folla
è
dunque
oggi
,
come
sempre
,
e
quantunque
in
diverso
modo
,
l
'
arbitra
del
nostro
avvenire
:
e
bisogna
quindi
preoccuparsi
di
questo
nuovo
possente
e
soverchiante
fattore
collettivo
della
vita
sociale
che
,
grazie
alla
libertà
politica
,
è
uscito
dall
'
incoscienza
,
e
può
agire
adesso
alla
luce
dei
comizî
,
della
stampa
,
delle
elezioni
,
degli
scioperi
,
anziché
essere
costretto
come
una
volta
,
ad
esplicare
di
quando
in
quando
le
sue
torve
energie
all
'
ombra
delle
congiure
,
delle
sette
e
delle
rivolte
.
La
logica
rigida
di
qualche
intellettuale
individualista
è
ancora
tormentata
da
questo
dubbio
:
è
veramente
degna
la
folla
dello
scettro
che
la
libertà
politica
le
ha
donato
?
questo
nuovo
Briareo
merita
di
ricevere
nelle
sue
mille
braccia
il
bastone
del
comando
ormai
caduto
dalle
mani
dei
despoti
?
è
giusto
che
,
come
una
volta
si
era
sovrani
per
nascita
,
oggi
lo
si
sia
per
il
numero
,
e
che
l
'
aritmetica
abbia
detronizzato
l
'
eredità
?
Ma
a
queste
retoriche
e
paurose
domande
,
mi
par
quasi
ozioso
dare
risposta
,
giacché
vi
risponde
coll
'
argomento
sovrano
dei
fatti
,
non
solo
tutta
la
storia
recente
del
mondo
civile
,
ma
tutta
la
nostra
vita
da
che
l
'
Italia
è
nazione
libera
ed
una
.
Lasciamo
pure
che
talvolta
,
per
comodo
di
polemica
,
si
insulti
l
'
anima
collettiva
chiamandola
la
piazza
:
in
realtà
tutti
sentono
il
dovere
di
rispettarla
sotto
il
nome
di
opinione
pubblica
;
e
ciò
è
tanto
vero
che
la
stessa
forma
politica
che
ci
regge
ha
sentito
il
bisogno
di
trovare
il
suo
più
sincero
e
più
forte
punto
di
appoggio
e
la
sorgente
sua
più
fresca
e
più
limpida
nei
plebisciti
,
i
quali
non
sono
altro
che
l
'
espressione
statistica
della
volontà
collettiva
.
Il
destino
-
ed
io
credo
un
giusto
destino
-
ci
ha
ormai
condotti
al
despotismo
della
collettività
,
e
quindi
-
più
che
discutere
questo
despotismo
teoricamente
,
e
del
resto
platonicamente
,
poiché
non
si
può
mai
ritogliere
al
popolo
quello
che
gli
fu
dato
-
mi
sembra
necessario
discutere
i
modi
e
i
mezzi
con
cui
quel
despotismo
si
può
rendere
sempre
più
cosciente
e
più
degno
.
Ecco
dove
-
secondo
me
-
consiste
il
problema
dell
'
anima
collettiva
:
nello
studiare
quest
'
anima
multiforme
e
complessa
che
ormai
tiene
nelle
sue
mani
il
nostro
avvenire
e
nel
cercare
di
elevarla
moralmente
e
intellettualmente
.
Io
non
so
se
voi
abbiate
mai
fermata
la
vostra
attenzione
su
questo
strano
fenomeno
:
gli
italiani
sono
-
individualmente
-
dotati
da
natura
di
una
innegabile
superiorità
su
molti
altri
popoli
,
e
nondimeno
-
tutti
insieme
-
formano
una
nazione
che
,
se
è
stata
una
volta
la
prima
,
non
è
pur
troppo
più
la
prima
nel
mondo
moderno
.
Viaggiando
,
io
mi
son
sentito
spesso
rivolgere
da
amici
sinceri
e
spassionati
del
nostro
paese
questa
domanda
che
racchiudeva
,
con
misterioso
contrasto
,
un
elogio
e
una
umiliazione
:
"
Come
è
possibile
-
mi
dicevano
-
che
un
popolo
come
il
vostro
sia
collettivamente
inferiore
al
popolo
tedesco
e
al
popolo
inglese
,
se
il
più
umile
degli
italiani
ha
più
ingegno
,
più
sobria
moralità
,
più
energia
e
più
resistenza
al
lavoro
del
migliore
degli
operai
inglesi
e
tedeschi
?
Che
fate
voi
della
vostra
abbondanza
di
uomini
,
della
vostra
ricchezza
di
ingegno
,
di
questo
tesoro
che
la
sorte
vi
ha
dato
,
se
non
siete
capaci
di
usufruirlo
,
di
organizzarlo
sapientemente
,
per
la
gloria
e
per
la
prosperità
della
patria
comune
?
"
.
Ed
io
sentivo
la
verità
dolorosa
di
questa
domanda
,
accorgendomi
ovunque
all
'
estero
che
se
qualche
italiano
-
come
individuo
-
era
rispettato
e
adulato
,
l
'
Italia
-
come
organismo
collettivo
-
non
solo
non
era
adulata
,
ma
talvolta
non
era
nemmeno
conosciuta
.
E
mi
dovevo
confermare
sempre
più
in
una
idea
che
già
m
'
era
balenata
come
un
'
incognita
psicologica
,
l
'
idea
che
mentre
l
'
anima
dell
'
italiano
rimane
sempre
la
più
agile
,
la
più
viva
,
la
più
aperta
ad
ogni
sogno
di
bellezza
e
ad
ogni
ideale
di
grandezza
,
l
'
anima
collettiva
dell
'
Italia
è
ancora
incerta
paurosa
e
quasi
scontenta
di
sé
,
perché
minore
degli
elementi
che
la
compongono
.
E
mi
chiedevo
:
perché
le
grandi
potenze
europee
,
la
Francia
,
e
sopratutto
la
Germania
e
l
'
Inghilterra
,
valgono
socialmente
assai
più
di
noi
,
mentre
la
materia
prima
di
cui
sono
formate
-
l
'
individuo
-
è
assai
inferiore
alla
nostra
?
Dove
risiede
la
causa
di
questo
paradosso
psicologico
per
il
quale
con
unità
elementari
migliori
noi
italiani
diamo
collettivamente
un
prodotto
peggiore
?
E
fra
le
infinite
cause
di
questo
paradosso
,
una
mi
parve
avesse
un
'
importanza
generale
e
di
primo
ordine
,
poiché
da
essa
tutte
le
altre
,
per
varie
e
diverse
ragioni
dipendono
.
Fra
noi
non
si
è
ancora
formata
,
non
si
è
potuta
formare
,
un
'
unica
anima
italiana
;
esistono
invece
molte
e
differenti
anime
italiane
,
quante
sono
le
regioni
del
nostro
paese
.
Quell
'
inconscio
lavoro
di
polarizzazione
che
storicamente
si
è
compiuto
presso
altri
popoli
,
così
da
far
convergere
tutti
i
raggi
delle
singole
energie
individuali
in
un
unico
fuoco
,
e
da
dare
-
oltre
e
più
che
la
prova
scientifica
-
la
sensazione
artistica
che
milioni
di
anime
possono
riassumersi
,
simbolizzarsi
e
fremere
in
una
sola
grande
anima
collettiva
;
questo
inconscio
lavoro
,
che
è
la
forza
specifica
della
Francia
,
della
Germania
e
dell
'
Inghilterra
,
non
è
avvenuto
fra
noi
.
I
nostri
troppo
diversi
temperamenti
,
e
più
la
nostra
storia
,
ce
lo
hanno
impedito
:
ognuno
di
noi
,
prima
di
essere
italiano
,
è
o
meridionale
o
settentrionale
,
o
siciliano
o
milanese
,
o
veneto
o
napoletano
,
e
quindi
le
nostre
energie
non
convergono
e
non
si
sommano
in
un
fuoco
centrale
,
ma
tendono
a
raggrupparsi
indipendentemente
,
secondo
antichi
legami
regionali
,
frutto
dell
'
eredità
e
dell
'
abitudine
,
-
e
formano
perciò
dell
'
Italia
non
un
faro
unico
che
splenda
di
luce
uniforme
ed
intensa
,
ma
una
riunione
di
sistemi
planetarî
ove
sono
molti
i
soli
che
vivono
di
luce
propria
e
che
hanno
ciascuno
un
seguito
d
'
astri
minori
.
L
'
Italia
infatti
non
è
-
per
chi
la
consideri
dall
'
alto
e
da
lontano
come
un
'
astratta
entità
psicologica
-
né
un
organismo
mastodontico
come
la
Germania
,
né
un
organismo
meno
pesante
ma
forse
ancora
più
burocraticamente
uniforme
come
la
Francia
.
Ogni
tedesco
ed
ogni
francese
portano
impresso
il
loro
carattere
nazionale
e
da
quello
solo
voi
potete
riconoscerli
e
definirli
:
ogni
italiano
invece
,
oltre
e
più
del
suo
carattere
nazionale
,
porta
impresso
lo
stigma
della
sua
provincia
;
ed
è
perciò
che
mentre
una
riunione
di
francesi
o
di
tedeschi
vi
dà
la
sensazione
d
'
una
musica
monocorde
,
una
riunione
di
italiani
ha
tutto
il
fascino
d
'
una
sinfonia
ove
s
'
intreccino
mille
motivi
melodici
.
L
'
Italia
insomma
è
nell
'
anima
del
suo
popolo
quello
che
è
nella
sua
geografia
:
il
paese
che
riunisce
gli
spettacoli
più
diversi
:
e
come
voi
potete
,
attraversandola
,
passare
dai
ghiacciai
delle
Alpi
al
sorriso
delle
marine
,
da
campagne
ubertose
a
terreni
deserti
e
malarici
,
da
selve
ove
cresce
soltanto
la
nordica
pianta
dell
'
abete
a
giardini
ove
fiorisce
l
'
arancio
;
così
giudicandola
socialmente
,
voi
dovete
confessare
che
molti
suoi
abitanti
paiono
,
anziché
italiani
,
greci
o
spagnuoli
o
tedeschi
,
e
che
mentre
alcuni
hanno
l
'
indolenza
dei
popoli
orientali
,
altri
son
dominati
dalla
febbre
del
danaro
propria
degli
americani
.
Orbene
,
questa
varietà
antropologica
e
psicologica
che
costituisce
la
bellezza
artistica
e
potrebbe
costituire
la
perfezione
sociale
del
nostro
paese
,
è
,
viceversa
,
fonte
di
invidia
fra
gli
italiani
e
quindi
di
debolezza
collettiva
dinanzi
agli
stranieri
,
perché
noi
-
anziché
riconoscerla
francamente
e
svilupparla
sapientemente
-
ci
siamo
ostinati
a
negarla
e
a
comprimerla
in
omaggio
a
un
falso
concetto
del
patriottismo
.
L
'
esagerazione
e
l
'
iperbole
,
che
sono
fra
i
nostri
maggiori
difetti
,
ci
hanno
fatto
credere
che
noi
eravamo
non
soltanto
tutti
fratelli
,
ma
anche
tutti
eguali
,
da
un
capo
all
'
altro
della
penisola
,
e
siamo
andati
sempre
innanzi
sulle
stampelle
della
retorica
e
al
suono
dei
grandi
nomi
,
proclamando
che
noi
dovevamo
essere
tutti
governati
ad
un
modo
,
italiani
della
Sicilia
e
del
Veneto
,
del
Piemonte
e
della
Calabria
.
E
quando
-
dapprima
-
qualche
voce
isolata
di
osservatori
indipendenti
osò
ammonire
:
"
Badate
,
noi
siamo
diversi
per
razza
,
per
storia
,
per
abitudini
,
e
bisogna
quindi
piuttosto
che
imporre
a
forza
un
'
unificazione
formale
,
preparare
a
poco
a
poco
un
'
unificazione
sincera
e
reale
"
,
i
più
copersero
quelle
voci
isolate
sotto
il
clangore
degli
squilli
della
loro
retorica
patriottica
;
e
quando
più
tardi
quelle
voci
s
'
alzarono
più
forti
e
più
numerose
e
non
fu
possibile
ridurle
al
silenzio
,
si
disse
da
molti
che
esse
erano
l
'
opera
di
scuole
scientifiche
superficiali
e
paradossali
,
o
di
uomini
e
di
partiti
che
volevano
minare
l
'
unità
politica
del
nostro
paese
.
Invece
-
prescindendo
dal
modo
e
dalla
forma
con
cui
certe
verità
si
dovevano
e
si
debbono
dire
-
io
credo
ed
affermo
che
il
pericolo
vero
per
l
'
unità
della
nostra
patria
,
non
istà
nel
riconoscere
apertamente
ch
'
essa
è
formata
di
regioni
che
hanno
idee
,
sentimenti
e
bisogni
diversi
,
ma
consiste
nell
'
ostinarsi
a
negare
questa
differenza
,
e
nel
voler
quindi
educare
e
governare
tutti
gli
italiani
in
un
modo
identico
,
costringendoli
amministrativamente
e
legislativamente
in
un
letto
di
Procuste
,
che
fa
sorgere
gli
urli
della
protesta
,
e
fa
deviare
patologicamente
quello
spirito
regionale
che
-
se
fosse
rispettato
nei
suoi
giusti
limiti
-
sarebbe
ancor
oggi
,
come
fu
all
'
epoca
dei
Comuni
,
la
fortuna
d
'
Italia
.
È
questa
manìa
di
un
'
eguaglianza
e
di
una
uniformità
impossibili
e
innaturali
,
che
ci
ha
impedito
di
formare
un
'
anima
collettiva
veramente
degna
di
noi
,
specchio
fedele
di
quello
che
siamo
e
di
quanto
valiamo
.
Perduti
nel
pregiudizio
che
base
necessaria
dell
'
unità
politica
sia
l
'
uniformità
sociale
,
noi
abbiamo
lavorato
inutilmente
-
colle
leggi
e
colle
frasi
-
a
creare
un
tipo
unico
di
italiano
che
non
esiste
e
non
può
esistere
;
e
non
ci
siamo
accorti
che
il
nostro
dovere
di
cittadini
e
di
uomini
sinceri
era
invece
di
lavorare
-
con
un
prudente
sistema
di
federalismo
amministrativo
-
allo
sviluppo
autonomo
dei
vari
tipi
di
italiani
,
i
quali
,
tutti
insieme
,
avrebbero
cooperato
a
formare
dell
'
Italia
,
non
un
organismo
rigidamente
monotono
,
ma
un
organismo
sciolto
,
libero
,
snello
,
che
nella
stessa
diversità
delle
indoli
ond
'
era
composto
,
avrebbe
trovato
la
ragione
della
sua
bellezza
e
della
sua
forza
.
Giacché
-
ed
è
questa
davvero
un
'
opera
di
sano
patriottismo
-
se
noi
non
dobbiamo
tacere
che
alcune
nostre
regioni
sono
ancora
indietro
sulla
via
del
progresso
e
della
moralità
,
noi
non
dobbiamo
nemmeno
tacere
che
ciò
dipende
da
una
minoranza
che
ancora
le
domina
medioevalmente
e
che
politicamente
le
sfrutta
:
l
'
anima
vera
di
quelle
luminose
regioni
è
un
tesoro
nascosto
di
qualità
morali
e
di
genialità
intellettuale
che
non
attende
se
non
un
aiuto
fraterno
per
esplicarsi
libera
al
sole
e
scuotere
il
giogo
dei
pochi
furbi
che
la
fanno
apparire
diversa
da
quella
che
è
realmente
.
E
questo
aiuto
fraterno
si
riassume
anzitutto
e
sopratutto
in
un
'
opera
di
sincerità
.
Noi
dobbiamo
lasciare
ai
paladini
della
maffia
e
della
camorra
,
a
coloro
che
ingenuamente
o
gesuiticamente
credono
si
possa
uccidere
un
male
negandolo
,
o
cancellare
una
macchia
coprendola
,
il
bugiardo
sistema
di
proclamarsi
tutti
eguali
e
tutti
arrivati
a
un
identico
grado
di
civiltà
:
noi
dobbiamo
inaugurare
arditamente
il
sistema
della
verità
che
,
svelando
,
per
guarirli
,
le
colpe
e
i
difetti
,
che
sono
di
pochi
,
scopra
e
sviluppi
anche
le
doti
e
le
qualità
ignorate
,
che
per
fortuna
sono
di
molti
.
Così
-
e
non
altrimenti
-
potrà
formarsi
la
genuina
anima
nostra
:
così
l
'
Italia
potrà
essere
nel
suo
insieme
all
'
altezza
morale
e
intellettuale
delle
regioni
che
la
compongono
,
e
apparire
dinanzi
agli
stranieri
come
la
risultante
armonica
in
cui
si
fondono
le
diverse
e
mirabili
energie
del
popolo
più
riccamente
dotato
dalla
natura
.
Un
bagno
di
sincerità
:
ecco
ciò
di
cui
ha
bisogno
la
patria
nostra
.
La
debolezza
dell
'
Italia
è
tutta
nelle
menzogne
di
cui
s
'
è
nutrita
dal
'70
in
poi
.
E
se
la
menzogna
più
grande
è
quella
di
cui
ho
parlato
finora
,
altre
ve
ne
sono
-
meno
gravi
forse
politicamente
-
ma
altrettanto
pericolose
dal
punto
di
vista
sociale
.
Noi
ci
dibattiamo
fra
due
teorie
,
egualmente
esagerate
e
bugiarde
,
che
si
contraddicono
nei
termini
stessi
con
cui
vengono
esposte
.
Per
alcuni
,
noi
siamo
un
popolo
giovine
;
per
altri
,
noi
siamo
addirittura
un
popolo
decrepito
.
Vi
son
quelli
che
con
implacabile
scetticismo
fanno
udire
il
lugubre
rintocco
delle
campane
a
morto
della
razza
latina
;
e
vi
son
quelli
che
con
troppo
patriottico
orgoglio
suonano
la
fanfara
d
'
un
rinnovamento
della
stirpe
italiana
.
Costoro
s
'
empion
la
bocca
,
e
vorrebbero
intronar
le
orecchie
degli
altri
,
col
ricordo
delle
nostre
glorie
passate
:
quelli
invece
traggono
eccessive
conseguenze
da
alcuni
fenomeni
di
innegabile
degenerazione
,
e
come
medici
troppo
frettolosi
predicono
la
morte
d
'
un
organismo
basandosi
soltanto
su
sintomi
passeggieri
e
superficiali
.
Gli
uni
e
gli
altri
-
secondo
me
-
hanno
torto
.
Noi
non
dobbiamo
essere
né
troppo
vani
e
ottimisti
,
né
troppo
pessimisti
e
modesti
.
Noi
non
dobbiamo
far
nostra
la
sciocca
psicologia
del
nobile
moderno
,
il
quale
s
'
illude
che
basti
il
suo
blasone
a
renderlo
rispettato
e
temuto
,
e
s
'
adagia
nella
contemplazione
dei
meriti
dei
suoi
avi
,
senza
sentire
il
bisogno
e
il
dovere
di
rendersi
degno
di
loro
,
ma
noi
non
dobbiamo
neppure
avvilirci
nella
teoria
snervante
di
coloro
che
,
proclamandoci
un
popolo
vecchio
,
ci
dannano
a
una
decadenza
fatale
.
In
questi
ultimi
tempi
si
è
troppo
abusato
di
similitudini
nel
campo
sociologico
,
e
troppo
spesso
si
è
voluta
paragonare
la
vita
di
un
popolo
a
quella
di
un
individuo
.
Le
nazioni
non
possono
essere
in
tutto
paragonate
agli
organismi
individuali
,
giacché
mentre
per
questi
il
corso
della
vita
è
inesorabilmente
tracciato
dalle
leggi
di
natura
,
e
dopo
un
periodo
di
gioventù
in
cui
l
'
uomo
ardisce
e
promette
,
v
'
è
un
periodo
di
virilità
in
cui
agisce
e
mantiene
,
e
un
periodo
di
senilità
in
cui
decade
e
che
prelude
alla
morte
,
-
per
quelle
collettività
che
si
chiamano
nazioni
,
può
verificarsi
invece
o
il
miracolo
dell
'
immortalità
o
almeno
quello
della
resurrezione
.
Vale
a
dire
che
nazioni
anche
vecchissime
possono
o
continuare
a
vivere
prospere
e
rigogliose
,
o
,
dopo
un
periodo
di
decadimento
e
di
morte
apparente
,
rifiorire
e
risorgere
agli
splendori
d
'
un
tempo
.
Tale
fu
,
nella
storia
,
il
destino
felice
di
alcuni
popoli
;
tale
può
essere
-
io
lo
spero
e
lo
auguro
-
anche
il
destino
del
nostro
popolo
.
L
'
Italia
ha
troppe
volte
mostrato
di
possedere
la
misteriosa
virtù
di
alternare
periodi
di
gloria
e
di
potenza
con
periodi
di
silenzio
e
di
miseria
,
come
certi
terreni
alternano
anni
di
fecondità
con
anni
di
sterilità
,
per
non
legittimare
la
speranza
che
ancora
una
volta
si
riproduca
il
miracolo
confortante
!
Ma
l
'
attuazione
di
questo
miracolo
noi
non
dobbiamo
attenderla
soltanto
dal
nostro
passato
,
quasi
questo
fosse
una
fiamma
eterna
che
ci
deve
riscaldare
ed
illuminare
perennemente
nei
secoli
,
noi
dobbiamo
volerla
e
meritarla
colle
nostre
attuali
energie
.
E
invece
di
cullarci
in
un
orgoglio
che
confina
colla
vanità
,
o
rinchiuderci
in
una
modesta
rassegnazione
che
confina
con
un
'
umiltà
suicida
,
noi
dobbiamo
svegliare
in
noi
una
serena
e
ferma
fiducia
in
noi
stessi
,
e
non
soltanto
spazzar
via
le
menzogne
che
ci
degradano
e
i
pregiudizi
che
ci
indeboliscono
,
ma
sopratutto
svecchiare
la
nostra
educazione
e
la
nostra
istruzione
,
le
quali
sono
-
anche
esse
-
non
ultime
cause
di
quella
atonia
della
nostra
anima
collettiva
che
ci
fa
apparire
minori
di
quello
che
siamo
.
Le
razze
anglo
-
sassoni
sono
attualmente
superiori
alle
razze
latine
,
non
solo
e
non
tanto
perché
,
in
confronto
a
noi
,
sono
razze
giovani
,
quanto
e
sopratutto
perché
esse
hanno
sistemi
d
'
educazione
giovani
,
mentre
noi
li
abbiamo
vecchissimi
,
e
perché
si
preoccupano
di
formare
e
di
agguerrire
l
'
uomo
per
le
lotte
della
vita
moderna
,
piuttosto
che
di
imbottirlo
di
cognizioni
sul
mondo
antico
.
Senza
essere
esagerati
,
io
credo
che
il
nostro
sistema
d
'
educazione
classica
si
può
riassumere
così
:
in
un
atto
di
fede
davanti
l
'
infallibilità
d
'
un
maestro
o
d
'
una
teoria
,
e
in
un
continuo
atto
d
'
adorazione
verso
il
nostro
passato
,
che
ci
è
imposto
come
un
esempio
immutabile
e
insuperabile
.
Infatti
,
prima
e
più
che
insegnare
le
cose
necessarie
alla
vita
,
nelle
nostre
scuole
si
insegna
,
esaltandola
,
la
storia
antica
,
la
quale
non
è
se
non
il
trionfo
della
forza
brutale
:
-
e
lo
strano
è
che
noi
siamo
pronti
a
meravigliarci
e
a
inorridire
davanti
a
un
delitto
politico
moderno
,
mentre
non
facciamo
altro
che
lodare
i
delitti
politici
del
passato
,
e
mentre
la
nostra
educazione
non
è
che
una
glorificazione
continua
della
violenza
!
Nelle
nostre
scuole
,
invece
di
formar
degli
uomini
,
si
forman
degli
eruditi
:
invece
di
preparare
i
giovani
alle
difficoltà
della
lotta
per
la
esistenza
,
si
preparano
soltanto
alle
carriere
burocratiche
:
invece
di
sviluppare
l
'
iniziativa
individuale
,
si
cerca
di
spegnere
sotto
un
livello
mediocre
ogni
lampo
di
originalità
.
In
una
parola
,
nelle
scuole
dove
si
dovrebbe
aver
di
mira
lo
sviluppo
delle
più
alte
facoltà
umane
,
non
si
tende
invece
che
a
un
unico
ideale
,
molto
prossimo
,
il
diploma
.
E
lo
Stato
che
fabbrica
,
a
colpi
di
manuale
,
tutti
questi
laureati
,
non
può
utilizzarne
che
una
parte
e
lascia
perciò
senza
impiego
tutti
gli
altri
.
Esso
deve
quindi
rassegnarsi
a
nutrire
i
primi
e
ad
aver
per
nemici
i
secondi
,
deve
rassegnarsi
cioè
a
creare
due
categorie
di
individui
:
quelli
che
avendo
assediato
le
carriere
,
hanno
potuto
ottenere
un
posto
,
e
quelli
che
pur
avendo
messo
l
'
assedio
sono
rimasti
al
di
fuori
della
fortezza
burocratica
.
I
primi
costituiscono
una
folla
schiava
del
Governo
,
sempre
pronta
a
sostenerlo
per
paura
di
perdere
il
loro
impiego
e
per
inconscia
difesa
di
classe
;
i
secondi
costituiscono
una
folla
ribelle
al
Governo
,
sempre
pronta
a
combatterne
e
a
intralciarne
le
iniziative
;
-
e
la
cosiddetta
opinione
pubblica
non
è
spesso
che
la
risultante
di
queste
due
strane
correnti
che
portano
nei
giudizi
,
non
le
idee
e
i
sentimenti
veri
del
popolo
,
ma
o
gli
egoismi
d
'
una
folla
che
ha
troppo
mangiato
,
o
le
rappresaglie
d
'
una
folla
che
ha
fame
.
Tale
è
-
per
disgrazia
-
la
condizione
di
una
gran
parte
delle
folle
latine
e
specialmente
italiane
,
perché
la
nostra
gioventù
intellettuale
è
resa
precocemente
vecchia
dai
nostri
sistemi
d
'
educazione
.
L
'
idea
di
farsi
un
posto
al
sole
e
di
essere
utili
al
proprio
paese
al
di
fuori
dell
'
ingranaggio
della
burocrazia
o
dell
'
ambiente
parlamentare
,
è
un
'
idea
quasi
ignota
alla
maggioranza
dei
giovani
cervelli
italiani
.
E
ciò
,
non
tanto
per
un
abbassamento
intellettuale
,
quanto
per
una
organica
sfiducia
in
sé
stessi
,
per
la
quale
anche
i
giovani
si
credono
e
si
sentono
vecchi
,
e
come
i
vecchi
hanno
bisogno
per
camminare
di
appoggiarsi
al
bastone
del
Governo
o
del
favoritismo
politico
.
Qual
differenza
con
altri
popoli
,
dove
,
-
come
per
esempio
nell
'
America
del
Nord
-
tanto
gli
impieghi
governativi
come
i
posti
di
deputati
non
sono
ambiti
dai
giovani
,
sono
anzi
lasciati
a
coloro
che
non
hanno
fatto
in
altro
modo
carriera
!
Là
non
si
crede
che
un
Governo
ed
un
popolo
sieno
tutti
ed
unicamente
nella
burocrazia
e
nel
Parlamento
!
Là
si
sente
che
le
energie
individuali
e
collettive
del
paese
sono
fuori
da
quelle
due
istituzioni
che
da
noi
invece
le
atrofizzano
:
i
cittadini
hanno
,
cioè
,
fiducia
in
sé
stessi
,
hanno
,
dirò
meglio
,
coscienza
di
sé
stessi
,
e
sanno
quindi
che
i
funzionarî
non
sono
altro
che
dei
servitori
della
nazione
,
e
i
deputati
dei
mandatari
-
non
dei
despoti
-
dell
'
opinione
pubblica
.
La
nazione
vera
è
nei
suoi
cittadini
indipendenti
,
che
indipendentemente
lavorano
,
pensano
e
parlano
.
Ebbene
:
noi
dovremmo
imitare
questo
tipo
d
'
educazione
,
e
invece
di
tendere
,
nelle
nostre
scuole
,
all
'
uniformità
grigia
,
alla
beata
mediocrità
,
alla
formazione
del
gregge
docile
che
seguirà
senza
ribellioni
il
pastore
,
noi
dovremmo
tendere
alla
individualità
insofferente
,
ma
promettitrice
di
feconde
energie
,
alla
formazione
di
un
popolo
libero
e
sciolto
che
non
s
'
acqueti
negli
stagni
degli
impieghi
,
ma
navighi
ardito
il
mare
tempestoso
dell
'
esistenza
.
Se
noi
sapremo
compiere
anche
la
parziale
trasformazione
della
nostra
educazione
classica
in
una
istruzione
professionale
,
che
riconduca
una
parte
della
gioventù
ai
campi
,
alle
officine
,
ai
commerci
piuttosto
che
farla
ammuffir
negli
uffici
,
e
dia
ad
essa
più
che
l
'
erudizione
di
ciò
che
è
vecchio
,
il
senso
pratico
della
vita
moderna
,
e
,
più
che
l
'
ammirazione
per
l
'
ingegno
,
l
'
ammirazione
per
l
'
attività
e
per
il
carattere
,
noi
formeremo
allora
veramente
un
'
anima
collettiva
degna
della
potenza
che
ormai
il
progresso
le
ha
riconosciuto
.
Il
problema
,
il
pericolo
,
il
bisogno
del
momento
presente
consistono
appunto
in
quest
'
opera
di
educazione
delle
masse
:
e
ne
è
prova
il
fatto
che
là
dove
le
folle
rimasero
ancor
vittime
della
incoscienza
e
dell
'
ignoranza
secolare
,
incancrenite
nei
vecchi
sistemi
di
una
vecchia
educazione
,
diedero
al
mondo
spettacolo
triste
di
ingiustizie
e
di
violenze
collettive
,
-
e
là
invece
dove
poterono
sollevarsi
alla
visione
serena
dei
loro
diritti
,
guardare
con
anima
aperta
e
illuminata
il
loro
destino
,
diedero
un
grande
magnifico
impulso
alla
formazione
di
una
rinnovata
coscienza
sociale
,
-
quasi
bagliore
lontano
d
'
una
vera
giustizia
che
scenderà
con
luce
calma
e
ferma
a
sostituire
la
ipocrita
giustizia
del
tempo
nostro
.
Guardiamoci
attorno
:
e
confessiamo
che
se
un
'
opera
di
moralità
fu
compiuta
,
rivelando
colpe
finora
prudentemente
nascoste
,
se
un
'
opera
di
equità
fu
tentata
,
elevando
il
lavoro
alla
dignità
e
alla
considerazione
che
merita
,
lo
si
deve
,
non
tanto
a
questo
o
a
quell
'
individuo
,
quanto
allo
sviluppo
lento
,
continuo
,
grandioso
dell
'
anima
collettiva
,
cui
finalmente
si
osò
e
si
volle
far
sentire
la
sua
potenza
legittima
,
e
che
agisce
ora
come
fiamma
purificatrice
di
altruismo
ad
oscurare
e
disperdere
l
'
egoismo
individualista
da
cui
eravamo
dominati
finora
.
Né
si
dica
che
è
la
semplice
forza
numerica
che
ora
appare
d
'
un
tratto
,
e
che
soverchia
brutalmente
ogni
altra
forza
,
poiché
le
furon
tolti
o
allentati
i
freni
che
la
tenevano
paurosamente
silenziosa
.
Ciò
che
oggi
impone
,
fa
pensare
e
per
fortuna
fa
anche
provvedere
,
non
è
la
forza
bruta
della
folla
,
la
quale
ha
sempre
esistito
,
ma
è
la
coscienza
nuova
sviluppatasi
nella
folla
,
coscienza
nutrita
di
verità
e
di
modernità
.
Oggi
noi
non
abbiamo
dinanzi
a
noi
,
come
una
volta
,
degli
automi
che
lavorano
e
soffrono
e
sono
temibili
soltanto
per
il
loro
numero
;
noi
abbiamo
innanzi
a
noi
degli
organismi
coscienti
che
sanno
il
prezzo
del
loro
lavoro
e
che
si
sono
formati
un
'
anima
collettiva
la
quale
giovanilmente
fronteggia
la
nostra
ancor
vecchia
e
chiedono
a
noi
economicamente
quel
che
noi
chiedemmo
politicamente
,
or
è
un
secolo
,
ad
altre
classi
sociali
.
Due
artisti
,
i
fratelli
Goncourt
,
lanciavano
,
più
di
cinquant
'
anni
fa
,
uno
di
quei
paradossi
letterarî
che
la
storia
s
'
incarica
di
tramutare
,
almeno
parzialmente
,
in
realtà
positiva
.
"
Ogni
quattro
o
cinquecento
anni
-
essi
dicevano
-
la
barbarie
è
necessaria
per
rivivificare
il
mondo
.
Una
volta
in
Europa
,
quando
una
vecchia
popolazione
d
'
una
amabile
contrada
era
diventata
anemica
,
le
cadevano
addosso
dal
nord
dei
colossi
di
sei
piedi
che
rifacevano
la
razza
.
Adesso
che
l
'
Europa
non
ha
più
selvaggi
,
sono
gli
operai
che
faranno
quel
lavoro
fra
una
cinquantina
d
'
anni
e
ciò
si
chiamerà
la
rivoluzione
sociale
"
.
Io
non
ho
citato
questo
brano
per
il
suo
contenuto
politico
:
-
non
voglio
occuparmi
di
politica
e
ad
ogni
modo
dichiaro
che
sono
ottimista
ed
evoluzionista
e
non
credo
ai
funebri
minacciatori
di
cataclismi
!
-
ho
citato
questo
brano
per
il
suo
contenuto
psicologico
e
morale
.
Ed
io
penso
sia
vero
,
fortunatamente
vero
,
che
una
grande
rivoluzione
morale
si
sta
compiendo
in
noi
per
l
'
avvento
e
l
'
elevazione
del
popolo
,
per
lo
svolgersi
ed
il
fiorire
di
un
'
anima
collettiva
cui
si
aveva
negato
finora
la
luce
e
la
vita
.
Da
troppo
tempo
noi
eravamo
polarizzati
nella
illusione
che
tutto
quanto
di
bello
e
di
grande
era
al
mondo
fosse
il
dono
di
qualche
mostruoso
cervello
individuale
:
da
troppo
tempo
noi
ci
curvavamo
dinanzi
al
novissimo
despotismo
delle
supreme
facoltà
individuali
.
E
l
'
adorazione
per
l
'
uomo
d
'
ingegno
era
tanta
,
che
gli
si
perdonava
assai
più
facilmente
che
agli
altri
le
immoralità
e
persino
i
delitti
che
commetteva
.
Se
era
un
artista
lo
si
onorava
,
anche
se
la
sua
arte
era
degenerata
e
sovvertiva
i
principî
della
morale
:
se
era
un
uomo
politico
,
lo
si
lasciava
libero
anche
se
rubava
.
Orbene
,
l
'
anima
collettiva
è
sorta
a
ribellarsi
,
e
a
farci
ribellare
,
contro
questa
teoria
superba
ed
aristocratica
:
e
non
soltanto
ci
ha
insegnato
,
più
che
l
'
ammirazione
per
qualche
cervello
superiore
,
l
'
amore
vivo
e
fraterno
per
la
folla
degli
umili
;
ma
ci
ha
rivelato
altresì
che
se
i
progressi
intellettuali
sono
innegabilmente
dovuti
al
genio
di
qualche
individuo
,
i
progressi
morali
sono
dovuti
sempre
all
'
opera
oscura
della
collettività
,
cui
non
sorride
speranza
di
gloria
,
ma
verso
cui
deve
scendere
-
più
giusta
e
più
grande
-
la
nostra
riconoscenza
.
Avviene
-
per
le
conquiste
morali
della
folla
-
ciò
che
avviene
nell
'
arte
per
le
maggiori
e
più
mirabili
opere
architettoniche
.
Come
,
dinanzi
alla
nera
cattedrale
di
Colonia
o
dinanzi
alla
candida
meraviglia
del
Duomo
di
Milano
,
si
dimentica
il
nome
di
chi
le
ideò
e
di
coloro
che
ne
diressero
ed
eseguirono
il
lavoro
,
e
solo
rimane
viva
l
'
ammirazione
per
il
sentimento
religioso
che
ne
fu
l
'
ispirazione
anonima
e
collettiva
,
così
,
dinanzi
al
progresso
morale
cui
il
nostro
secolo
assiste
e
che
fa
suo
dogma
di
dare
il
benessere
,
l
'
educazione
e
il
potere
al
maggior
numero
possibile
d
'
individui
,
anziché
riserbarli
a
caste
privilegiate
,
noi
dobbiamo
dimenticare
il
nome
degli
apostoli
che
quel
progresso
diressero
e
fecondarono
,
e
dare
il
dovuto
merito
alla
grande
anima
collettiva
del
popolo
che
di
quel
progresso
fu
l
'
origine
e
l
'
istigatrice
maggiore
.
Suprema
opera
di
giustizia
,
codesta
,
perché
riconduce
alla
sua
vera
causa
ciò
che
noi
credevamo
merito
di
pochi
,
-
suprema
opera
di
modestia
,
perché
piega
i
nostri
orgogli
individuali
dinanzi
all
'
azione
oscura
della
folla
,
e
-
come
una
religione
più
umana
-
ci
umilia
tutti
dinanzi
alla
misteriosa
divinità
dell
'
anima
collettiva
.
CAPITOLO
SECONDO
L
'
arte
e
la
folla
L
'
arte
e
la
folla
sono
due
nomi
che
ai
più
debbono
sembrare
contradditorî
e
inassociabili
,
giacché
mentre
l
'
uno
rappresenta
l
'
aristocrazia
del
pensiero
,
l
'
altro
non
significa
che
la
volgarità
del
numero
.
Può
la
folla
intendere
l
'
arte
e
giudicarla
?
È
il
suo
plebiscito
una
di
quelle
sentenze
contro
cui
non
è
ammesso
l
'
appello
,
e
che
pro
veritate
habentur
?
O
viceversa
,
come
pretendono
molti
,
l
'
arte
che
piace
alla
folla
non
è
arte
o
,
tutt
'
al
più
,
non
è
che
una
forma
di
arte
inferiore
?
Ecco
il
problema
non
del
tutto
nuovo
,
ma
che
alcuni
studî
recenti
hanno
rimesso
alla
moda
;
problema
interessante
e
importante
,
non
solo
per
le
soluzioni
che
può
avere
,
ma
altresì
e
sopratutto
per
le
analisi
psicologiche
che
,
per
risolverlo
,
rende
necessarie
.
È
la
psicologia
collettiva
,
questo
mare
immenso
,
profondo
e
misterioso
,
che
occorre
sondare
per
scoprire
,
non
la
ragione
intima
ed
ultima
che
è
inafferrabile
,
ma
almeno
alcune
cause
dei
suoi
flussi
e
riflussi
,
delle
sue
calme
e
delle
sue
tempeste
improvvise
.
I
.
Sorridono
alcuni
dell
'
ufficio
moralizzatore
che
il
Guyau
prima
e
il
Tolstoi
poi
attribuirono
all
'
arte
,
e
non
ammettono
ch
'
essa
possa
avere
di
mira
il
miglioramento
progressivo
dell
'
umanità
,
seguendo
volta
a
volta
le
riforme
che
spuntano
nell
'
ambiente
sociale
.
Negan
costoro
che
vi
sia
un
'
arte
conservatrice
ed
una
rivoluzionaria
,
un
'
arte
realista
ed
una
repubblicana
,
un
'
arte
militarista
ed
una
antiguerresca
,
perché
-
essi
dicono
-
tutti
questi
e
molti
altri
piccoli
fenomeni
dell
'
anima
contemporanea
sono
dall
'
arte
vera
guardati
dall
'
alto
e
spesse
volte
trattati
con
disprezzo
.
Può
darsi
.
Io
non
mi
arrogo
il
diritto
di
definir
l
'
arte
vera
e
umilmente
confesso
di
ignorare
chi
abbia
la
privativa
di
questa
definizione
.
Ma
sento
che
l
'
arte
riflette
come
uno
specchio
le
correnti
religiose
,
politiche
,
scientifiche
che
attraversano
la
psiche
umana
,
e
quindi
affermo
-
con
la
modestia
doverosa
in
un
profano
-
che
l
'
arte
segue
in
questo
senso
i
pensieri
e
i
sentimenti
diffusi
nell
'
anima
collettiva
e
,
quasi
direi
,
si
nutre
di
essi
.
L
'
arte
rappresenta
tra
i
fenomeni
umani
quello
che
la
sensitiva
rappresenta
tra
gli
organismi
vegetali
.
Essa
avverte
,
con
una
straordinaria
dote
di
percezione
che
nessun
altro
ha
e
che
pare
prescienza
,
tutto
ciò
che
avviene
intorno
a
lei
,
e
o
reagisce
ai
fenomeni
del
mondo
esteriore
o
li
assorbe
,
ma
sempre
li
riassume
con
una
limpida
evidenza
sintetica
.
Prova
ne
sia
il
problema
che
oggi
ritorna
ad
occupare
lo
spirito
umano
e
che
io
ho
posto
a
tema
di
questo
studio
.
Questa
ricerca
dei
rapporti
tra
l
'
arte
e
la
folla
,
questo
chiederci
se
l
'
una
possa
essere
giudicata
dall
'
altra
,
che
cosa
è
,
se
non
la
forma
artistica
sotto
cui
si
manifesta
il
gran
dissidio
fra
individualismo
e
socialismo
che
turba
la
coscienza
contemporanea
?
In
questa
sdegnosa
superbia
dell
'
artista
creatore
che
nega
alla
folla
il
diritto
di
consacrarlo
alla
fama
o
all
'
oblio
,
non
vediam
noi
risorgere
e
scolpirsi
il
duello
eterno
fra
l
'
individuo
e
la
società
,
non
sentiamo
noi
agitarsi
il
grande
dubbio
-
nelle
cui
nebbie
il
secolo
sorge
-
se
sia
cioè
il
progresso
un
merito
esclusivo
di
alcuni
individui
geniali
che
trascinaron
dietro
le
folle
come
i
pastori
le
pecore
,
o
non
piuttosto
la
meravigliosa
opera
incosciente
di
tutti
,
una
specie
di
immensa
piramide
cui
ogni
uomo
che
visse
portò
la
sua
pietra
?
Abbiamo
dunque
di
fronte
,
nel
campo
nell
'
arte
,
come
in
quello
della
politica
,
due
partiti
opposti
ed
irriducibili
:
l
'
uno
esalta
la
folla
,
l
'
altro
la
spregia
;
l
'
uno
la
crede
degna
d
'
esser
giudice
d
'
ogni
opera
individuale
e
quindi
anche
di
governare
,
l
'
altro
le
nega
ogni
capacità
intellettiva
,
e
la
vorrebbe
quindi
non
giudice
e
despota
,
ma
ancella
e
schiava
,
dominata
sempre
ed
in
tutto
da
uno
o
da
pochi
.
In
politica
,
il
partito
che
spregia
la
folla
è
ristretto
ormai
in
assai
brevi
confini
:
la
tesi
superba
ed
egoista
è
ormai
difficile
ad
essere
sostenuta
nella
sua
rigida
purezza
,
perché
urta
contro
uno
stato
di
fatto
che
non
si
può
mutare
:
il
diritto
di
voto
.
Bisogna
aggiungere
inoltre
che
la
politica
,
essendo
il
fenomeno
sociale
in
cui
la
sincerità
e
la
franchezza
sono
più
scarse
,
non
permette
quella
divisione
netta
e
leale
di
partiti
che
altrove
esiste
,
e
si
manifesta
piuttosto
con
gradazioni
indecise
,
che
non
con
colori
risolutamente
spiccati
.
È
raro
infatti
trovare
nella
politica
un
individualista
ad
oltranza
,
cioè
un
dispotico
:
come
è
raro
trovare
un
socialista
ad
oltranza
,
cioè
un
uomo
che
neghi
ogni
e
qualsiasi
influenza
o
diritto
all
'
individuo
isolato
:
entrambi
sono
intimamente
rosi
da
una
contraddizione
facile
ad
essere
messa
a
nudo
,
quantunque
non
confessata
:
l
'
individualista
cercherà
quell
'
adesione
e
quel
successo
nel
pubblico
,
ch
'
egli
a
parole
disprezza
;
e
il
socialista
lotterà
per
quel
sentimento
egoistico
di
sopravvanzare
gli
altri
e
di
accumulare
per
sé
,
che
teoricamente
condanna
.
In
arte
,
il
partito
che
spregia
la
folla
è
più
numeroso
.
Senza
accennare
alla
falange
estrema
dei
sostenitori
della
teoria
del
superuomo
,
sono
innegabilmente
molti
coloro
che
rifiutano
alla
moltitudine
il
diritto
di
giudicare
una
qualunque
manifestazione
artistica
,
e
lo
accordano
tutt
'
al
più
soltanto
a
un
cenacolo
di
competenti
che
vanno
sotto
il
nome
di
critici
.
Anche
qui
si
riproduce
il
fenomeno
contradditorio
per
il
quale
codesti
aristocratici
del
pensiero
non
sono
poi
troppo
malcontenti
se
la
turba
li
colma
di
elogi
e
di
applausi
;
ma
,
pur
beandosi
dell
'
aura
popolare
che
li
accarezza
,
essi
non
cessano
di
disprezzarla
,
e
quando
quell
'
aura
è
loro
contraria
anziché
favorevole
,
non
se
ne
sgomentano
,
ma
ne
sorridono
dall
'
alto
della
loro
incontestabile
superiorità
.
Dall
'
antico
oratore
greco
che
,
quando
la
folla
lo
applaudiva
,
si
interrompeva
per
chiedere
ironicamente
:
mi
applaudono
?
ho
dunque
detto
una
sciocchezza
?
fino
al
genio
italianamente
moderno
di
Arrigo
Boito
che
,
nella
memorabile
sera
della
prima
rappresentazione
del
Mefistolele
,
impassibile
sul
suo
scanno
di
direttore
d
'
orchestra
,
rispondeva
ai
fischi
del
pubblico
,
dicendo
sorridente
ai
vicini
:
che
onore
mi
fanno
!
,
-
questo
supremo
disprezzo
dell
'
individuo
-
artista
verso
la
folla
-
beota
è
uno
dei
fenomeni
più
comuni
.
Ma
è
altresì
sempre
un
fenomeno
logico
e
giusto
?
Ecco
finalmente
e
veramente
il
problema
.
II
.
Si
è
detto
da
alcuni
e
si
ripete
ormai
quotidianamente
da
tutti
,
che
la
folla
è
moralmente
e
intellettualmente
inferiore
all
'
individuo
.
Chi
scrive
cooperò
,
anzi
fu
il
primo
,
a
mettere
in
luce
questa
verità
,
ed
ebbe
il
piacere
di
veder
riprodotte
spesso
le
proprie
idee
.
Soltanto
,
questi
riproduttori
,
o
inconscientemente
per
miopia
,
o
coscientemente
per
spirito
di
parte
,
hanno
dimenticato
che
se
io
avevo
formulato
una
legge
,
ne
avevo
anche
constatate
le
non
rare
eccezioni
.
Eccezioni
morali
,
anzitutto
.
La
folla
è
senza
dubbio
un
terreno
in
cui
il
microbo
del
male
si
sviluppa
assai
facilmente
,
e
in
cui
viceversa
il
microbo
del
bene
quasi
sempre
muore
,
non
trovandovi
le
condizioni
di
vita
.
Da
una
folla
voi
temete
sempre
,
sperate
di
rado
:
tutti
sentono
e
tutti
sanno
,
pur
troppo
,
per
esperienza
,
che
l
'
esempio
di
un
malfattore
o
di
un
pazzo
può
trascinare
la
folla
al
delitto
:
ben
pochi
credono
,
e
raro
avviene
,
che
la
voce
d
'
un
pacificatore
possa
indurre
la
folla
alla
calma
.
L
'
opera
della
folla
fu
nella
storia
più
un
'
opera
di
odio
e
di
distruzione
che
non
di
creazione
e
d
'
amore
,
perché
la
folla
,
organismo
incosciente
e
impulsivo
,
fatalmente
agisce
più
cogli
istinti
del
selvaggio
e
del
bruto
che
non
con
quelli
dell
'
uomo
civile
.
Ma
non
si
può
negare
che
talvolta
la
moltitudine
arriva
ad
altezze
psicologiche
che
l
'
uomo
isolato
non
saprebbe
raggiungere
,
o
manifesta
una
generosità
così
sublime
che
nessun
individuo
potrebbe
spiegare
.
"
Quando
il
più
grande
degli
oratori
riuscì
a
convincere
gli
Ateniesi
che
l
'
uomo
il
quale
aveva
attirato
su
di
essi
dei
disastri
irreparabili
persuadendoli
ad
armarsi
contro
Filippo
,
meritava
non
pene
ma
corone
di
lauro
;
quando
egli
si
gloriò
d
'
aver
salvato
a
Maratona
l
'
onore
del
suo
paese
,
e
persuase
a
dei
bottegai
e
a
degli
artigiani
che
l
'
onore
doveva
esser
loro
più
caro
della
vita
,
si
assistè
quel
giorno
al
più
bel
trionfo
che
la
parola
umana
abbia
mai
riportato
,
e
il
popolo
ateniese
provò
che
una
moltitudine
non
è
sempre
mediocre
e
che
le
grandi
ispirazioni
sanno
trovar
qualche
volta
la
strada
per
penetrare
nella
sua
anima
.
Ogni
cittadino
,
forse
,
isolatamente
,
avrebbe
resistito
all
'
eloquenza
di
Demostene
,
ma
egli
parlava
a
una
folla
,
e
la
folla
si
è
arresa
"
*
.
Così
nella
celebre
notte
del
4
agosto
,
l
'
assemblea
di
Francia
,
facendo
getto
dei
suoi
diritti
ereditari
,
ha
dato
prova
d
'
un
altruismo
collettivo
,
il
cui
equivalente
invano
si
cercherebbe
nella
storia
degli
altruismi
individuali
.
Così
,
la
folla
briaca
dei
parigini
,
all
'
epoca
della
rivoluzione
,
ebbe
dei
lampi
di
dolcezza
sentimentale
in
mezzo
all
'
oscura
bufera
della
sua
ferocia
bestiale
.
Quando
Sombreuil
,
condannato
a
morte
,
apparve
tra
la
fila
delle
baionette
,
e
sua
figlia
gli
si
allacciò
al
collo
,
scongiurando
gli
assassini
di
risparmiarlo
,
o
di
uccidere
anche
lei
insieme
a
lui
,
un
grido
di
grazia
s
'
elevò
tra
la
moltitudine
.
E
si
accordò
alla
figlia
la
vita
del
padre
,
al
patto
orribile
ch
'
ella
immergesse
le
labbra
in
una
tazza
piena
del
sangue
di
aristocratici
.
La
figlia
prese
il
bicchiere
con
mano
ferma
e
lo
vuotò
alla
salute
del
padre
suo
.
Il
gesto
supremo
operò
il
miracolo
.
Vi
sono
delle
sorprese
della
natura
anche
nel
delitto
;
vi
sono
delle
imprevedibili
rivoluzioni
negli
abissi
del
cuore
umano
.
Quei
mostri
,
ancor
tinti
di
sangue
,
portarono
in
trionfo
Sombreuil
e
sua
figlia
fino
al
loro
palazzo
e
giurarono
di
difenderli
contro
ogni
nemico
*
.
Così
-
per
passare
dalle
tragedie
vere
e
vissute
a
quelle
false
e
rappresentate
-
non
si
può
negare
che
nelle
società
più
equivoche
,
nelle
masse
composte
dei
peggiori
elementi
,
c
'
è
un
sentimento
collettivo
di
onestà
e
di
giustizia
che
vince
l
'
istinto
individuale
più
perverso
.
Ricordo
di
aver
letto
l
'
indignazione
che
invase
una
platea
di
forzati
a
una
rappresentazione
concessa
loro
dalla
Direzione
del
penitenziario
,
quando
il
traditore
Golo
fa
uccidere
da
due
sicari
la
pia
e
virtuosa
Genoveffa
di
Brabante
col
suo
bambino
.
Non
c
'
è
quindi
alcun
dubbio
che
pur
dovendo
affermare
in
generale
che
la
folla
è
moralmente
peggiore
dell
'
individuo
,
bisogna
anche
riconoscere
che
talvolta
essa
lo
supera
nell
'
esplicazione
delle
più
alte
facoltà
dell
'
anima
umana
.
La
folla
,
come
la
donna
,
ha
una
psicologia
estrema
,
capace
solo
di
eccessi
,
mirabile
alle
volte
di
abnegazione
,
spaventosa
spesso
di
ferocia
,
mai
o
quasi
mai
mediocre
e
misurata
nei
suoi
sentimenti
.
Orbene
:
potremo
noi
dire
che
la
folla
ha
-
anche
,
nel
campo
intellettuale
-
questo
carattere
estremo
e
contradditorio
;
potremo
noi
dire
che
la
sua
intelligenza
,
come
la
sua
psicologia
,
conosce
altezze
di
vette
o
profondità
di
abissi
ignoti
all
'
individuo
isolato
?
Qui
il
problema
si
fa
più
complesso
e
difficile
.
A
tutta
prima
sembra
che
la
legge
da
me
formulata
e
secondo
la
quale
il
prodotto
intellettuale
d
'
una
collettività
è
sempre
inferiore
a
quello
che
avrebbe
dato
ciascuno
degli
individui
che
la
compongono
,
non
soffra
eccezioni
.
Dodici
uomini
di
buon
senso
,
riuniti
insieme
per
formare
un
giurì
,
emanano
spesso
verdetti
che
non
hanno
senso
comune
.
Dieci
o
venti
artisti
o
scienziati
riuniti
insieme
per
formare
una
Commissione
emanano
spesso
decisioni
contrarie
ai
più
elementari
principî
della
scienza
e
dell
'
arte
.
Centinaia
di
uomini
di
ingegno
riuniti
insieme
per
formare
un
Parlamento
si
comportano
collettivamente
in
modo
da
offrire
spesso
materia
al
disprezzo
o
al
sorriso
più
che
al
rispetto
.
La
compagnia
insomma
,
indebolisce
-
riguardo
al
risultato
complessivo
-
così
la
forza
dell
'
ingegno
,
come
quella
dei
sentimenti
buoni
e
pietosi
.
Con
questa
aggravante
però
,
a
sfavore
del
prodotto
intellettuale
:
che
mentre
la
compagnia
,
se
generalmente
abbassa
il
livello
morale
degli
individui
può
talvolta
,
come
vedemmo
,
per
eccezione
innalzarlo
,
non
può
mai
innalzarne
il
livello
intellettuale
.
La
collettività
cioè
può
essere
qualche
volta
geniale
dal
punto
di
vista
del
sentimento
;
non
può
mai
esserlo
dal
punto
di
vista
del
pensiero
.
Vi
sono
infatti
degli
eroismi
collettivi
ma
non
vi
sono
dei
capolavori
collettivi
.
La
folla
può
arrivare
alle
manifestazioni
supreme
della
virtù
,
ma
non
può
raggiungere
le
manifestazioni
supreme
dell
'
intelligenza
creatrice
.
Noi
non
troviamo
in
nessuna
storia
politica
,
scientifica
,
letteraria
,
l
'
esempio
d
'
una
folla
che
abbia
avuto
-
essa
sola
,
in
un
dato
momento
,
e
senza
che
alcuno
gliela
suggerisse
-
un
'
idea
geniale
.
Chi
potrebbe
citare
un
Consiglio
di
guerra
donde
sia
uscito
un
piano
di
battaglia
paragonabile
a
quelli
di
Napoleone
?
Chi
potrebbe
citare
un
Consiglio
di
ministri
donde
sia
uscita
una
di
quelle
riforme
politiche
che
fanno
la
gloria
di
un
'
epoca
e
che
rendono
celebri
i
nomi
di
un
Machiavelli
,
di
un
Richelieu
e
di
un
Bismarck
?
Chi
potrebbe
citare
un
Congresso
di
scienziati
donde
sia
uscita
una
di
quelle
scoperte
che
mutano
il
mondo
e
che
rendono
immortali
un
Laplace
o
un
Galileo
*
?
Ecco
dunque
perché
i
nemici
della
folla
possono
basare
su
innegabili
ragioni
scientifiche
il
loro
disprezzo
verso
la
moltitudine
.
Questa
non
è
soltanto
composta
generalmente
di
ignoranti
e
di
incompetenti
,
ma
anche
quando
è
formata
da
dotti
e
da
competenti
,
il
suo
prodotto
intellettuale
non
rappresenta
che
il
prodotto
numerico
della
mediocrità
.
Il
fuoco
sacro
del
pensiero
di
genio
non
è
mai
uscito
dall
'
anima
collettiva
:
è
il
dono
esclusivo
del
cervello
individuale
.
III
.
A
questo
punto
però
s
'
impone
un
'
osservazione
di
grandissima
importanza
che
i
più
hanno
trascurato
.
Tutto
ciò
che
noi
abbiamo
detto
intorno
alla
folla
,
si
riferisce
soltanto
al
suo
modo
di
pensare
e
d
'
agire
considerato
dal
punto
di
vista
statico
.
Quando
cioè
noi
constatiamo
che
gli
uomini
riuniti
valgono
sempre
intellettualmente
meno
dell
'
uomo
isolato
,
intendiamo
di
applicare
questo
principio
unicamente
a
quelle
collettività
che
si
formano
più
o
meno
improvvisamente
e
sporadicamente
in
un
dato
momento
,
quali
sono
appunto
:
le
moltitudini
di
piazza
,
i
pubblici
dei
teatri
,
i
giurì
,
le
Commissioni
,
i
Parlamenti
,
ecc
.
;
non
intendiamo
certo
-
e
sarebbe
assurdo
-
di
applicare
questo
stesso
principio
alla
folla
considerata
dal
punto
di
vista
dinamico
,
a
tutta
cioè
la
società
umana
nel
suo
sviluppo
storico
.
È
necessario
dunque
fissare
ben
chiaramente
questa
distinzione
che
per
non
essere
stata
compresa
dai
più
,
ha
dato
luogo
a
moltissimi
equivoci
:
altra
cosa
è
la
psicologia
della
folla
quand
'
essa
agisce
quasi
per
improvvisazione
in
un
dato
e
breve
momento
,
altra
cosa
è
la
psicologia
della
folla
quand
'
essa
agisce
lentamente
nel
corso
dei
secoli
.
Nel
primo
caso
,
le
sue
manifestazioni
sono
sempre
inferiori
a
quelle
dell
'
individuo
:
nel
secondo
caso
invece
,
non
solo
non
sono
sempre
inferiori
,
ma
talvolta
sono
superiori
.
Se
infatti
non
esistono
capolavori
collettivi
sbocciati
quasi
per
miracolo
tutto
a
un
tratto
da
un
'
assemblea
di
uomini
,
esistono
però
delle
meravigliose
opere
create
a
poco
a
poco
coll
'
aiuto
del
tempo
dalla
folla
alle
quali
si
cercherebbe
invano
di
imporre
il
suggello
d
'
un
genio
unico
.
Le
tele
,
le
statue
,
i
poemi
,
alcune
scoperte
scientifiche
,
possono
e
debbono
individualizzarsi
in
un
nome
:
Raffaello
o
Van
Dyck
,
Dante
o
Shakespeare
,
Fidia
o
Michelangelo
,
Keplero
o
Newton
.
Ma
certe
creazioni
complesse
e
nondimeno
d
'
una
immensa
importanza
-
come
per
esempio
la
lingua
e
la
scrittura
-
non
possono
aver
avuto
un
autore
unico
.
Esse
sono
il
risultato
del
lavoro
di
milioni
di
uomini
,
e
nessuno
avrebbe
potuto
compierle
da
solo
,
perché
sorpassano
il
genio
e
la
vita
di
qualsiasi
individuo
.
Esse
sono
un
'
opera
collettiva
,
fluttuante
e
inafferrabile
come
l
'
acqua
d
'
un
fiume
,
e
come
questa
eterna
e
formata
da
un
infinito
numero
di
piccoli
ruscelli
sconosciuti
,
che
pur
tuttavia
producono
,
tutti
insieme
,
un
effetto
colossale
.
È
la
folla
che
ha
saputo
elevare
le
prime
forme
mimiche
e
imitative
della
voce
umana
fino
alla
nostra
straordinaria
ricchezza
di
espressione
;
è
la
folla
che
,
senza
avere
il
sorriso
della
gloria
,
concesso
solo
al
genio
individuale
,
ha
saputo
da
pochi
vocaboli
delle
lingue
primitive
far
uscire
quel
monumento
che
è
l
'
ultimo
dizionario
di
Fluegel
,
contenente
94
mila
parole
.
È
la
folla
che
,
passando
dalla
scrittura
pictografica
alla
scrittura
fonetica
e
alfabetica
ci
ha
permesso
di
scolpire
e
di
dipingere
con
le
gradazioni
più
sottili
i
nostri
sentimenti
e
i
nostri
pensieri
e
di
trasmetterli
alla
posteriorità
con
un
'
esattezza
che
vince
quella
della
fotografia
*
.
E
che
dire
delle
leggende
,
dei
cicli
eroici
che
ogni
popolo
possiede
quando
fa
la
sua
prima
apparizione
sul
palcoscenico
della
storia
?
I
poemi
omerici
della
Grecia
,
le
creazioni
rapsodiche
di
ogni
paese
non
sono
che
lente
formazioni
intellettuali
create
o
trasmesse
dalla
folla
.
Ma
non
basta
.
L
'
intelligenza
della
folla
,
-
latente
e
dispersa
in
un
'
infinità
di
individui
-
ha
anche
altre
manifestazioni
.
La
collettività
precede
spesso
,
quasi
direi
che
annunzia
in
modo
vago
e
indeterminato
la
scoperta
precisa
e
determinata
dell
'
individuo
.
Che
cosa
sono
i
proverbî
,
se
non
l
'
esperienza
incoscientemente
accumulata
dalla
folla
e
sinteticamente
espressa
?
Che
cosa
sono
le
preveggenze
geniali
tanto
comuni
nel
popolo
,
quantunque
tanto
poco
considerate
?
Quando
un
genio
scopre
una
nuova
teoria
scientifica
si
può
dire
ch
'
essa
era
già
stata
intravvista
e
preannunciata
dalla
folla
.
Prima
che
sorgessero
la
grafologia
e
i
grafologi
,
la
scrittura
si
chiamava
carattere
,
quasi
a
significare
il
rapporto
colle
facoltà
morali
della
persona
.
Prima
di
Lister
,
nelle
montagne
della
Calabria
si
guarivano
le
ferite
colla
terebentina
che
sgorga
dalla
scorza
dei
pini
.
Prima
che
Lombroso
avesse
enunciato
la
sua
teoria
della
simbiosi
del
delitto
,
un
fabliau
ne
aveva
avuto
l
'
intuizione
,
raccontando
la
storia
di
un
astrologo
il
quale
,
avendo
letto
negli
astri
che
un
fanciullo
sarebbe
divenuto
un
assassino
,
aveva
consigliato
il
padre
di
questo
fanciullo
di
farne
un
chirurgo
,
per
appagare
così
in
una
maniera
utile
a
lui
e
agli
altri
,
il
suo
istinto
di
crudeltà
*
.
Il
genio
è
dunque
,
sotto
questo
punto
di
vista
,
il
rivelatore
di
verità
che
sonnecchiano
nella
coscienza
di
tutti
;
è
colui
che
trova
la
formula
e
dà
la
dimostrazione
di
ciò
che
l
'
anima
collettiva
ha
soltanto
abbozzato
o
intravvisto
nel
suo
lavoro
oscuro
ed
anonimo
;
è
il
grande
riflettore
ove
convergono
migliaia
e
migliaia
di
raggi
e
donde
la
luce
si
diffonde
con
un
'
intensità
centuplicata
.
I
grandi
uomini
-
diceva
il
Bourdeau
-
non
fanno
che
compiere
una
funzione
sociale
;
essi
si
agitano
,
ma
è
la
folla
che
li
conduce
;
e
nel
destino
misterioso
che
li
innalza
alla
gloria
e
li
fa
ricadere
nel
nulla
non
si
deve
vedere
che
l
'
insieme
delle
volontà
e
delle
aspirazioni
popolari
.
Uomini
politici
,
artisti
e
scienziati
,
essi
credono
di
dirigere
un
popolo
e
di
imporgli
i
propri
gusti
e
le
proprie
idee
;
in
realtà
essi
non
fanno
che
seguire
l
'
impulso
che
viene
a
loro
dal
popolo
.
E
non
soltanto
si
deve
riconoscere
che
ogni
collettività
crea
il
suo
genio
,
come
ogni
sentimento
crea
la
sua
espressione
e
come
ogni
idea
confusa
e
diffusa
si
riassume
in
un
simbolo
;
ma
bisogna
altresì
riconoscere
che
la
collettività
corregge
,
sviluppa
ed
eleva
le
conquiste
del
pensiero
e
del
sentimento
fatte
dal
genio
individuale
.
Il
genio
è
il
presente
,
vale
a
dire
il
figlio
del
passato
,
del
lavoro
oscuro
e
collettivo
di
tutta
l
'
umanità
;
ma
appunto
come
il
presente
,
è
non
soltanto
il
figlio
del
passato
,
ma
altresì
il
padre
dell
'
avvenire
;
e
perciò
,
come
tutti
i
padri
,
deve
sottomettersi
alla
fatalità
evoluzionista
che
farà
giudicare
e
modificare
le
sue
idee
e
le
sue
conquiste
dalla
folla
dei
suoi
discendenti
.
Ed
ecco
che
da
queste
semplici
osservazioni
mi
pare
scaturisca
limpidamente
una
conclusione
che
non
è
né
incerta
né
contradittoria
come
le
premesse
avrebbero
potuto
lasciar
supporre
:
la
folla
,
che
è
inferiore
all
'
individuo
nel
momento
statico
in
cui
questi
enuncia
le
sue
idee
o
mette
in
azione
le
sue
energie
volitive
,
è
viceversa
utile
e
necessaria
all
'
individuo
,
non
solo
nel
passato
per
formarlo
,
ma
anche
nell
'
avvenire
per
correggere
e
migliorare
le
sue
idee
e
le
sue
azioni
.
Io
direi
volentieri
-
e
mi
si
perdonerà
il
paragone
-
che
la
collettività
ha
nella
storia
la
identica
funzione
che
ha
la
semente
nella
vita
vegetativa
:
essa
produce
dei
frutti
meravigliosi
,
i
genii
;
quando
questi
frutti
imbalsamano
l
'
atmosfera
,
voi
dovete
riconoscere
che
nulla
li
uguaglia
né
per
il
sapore
,
né
per
l
'
odore
,
né
per
la
bellezza
:
la
semente
è
,
in
questo
minuto
,
innegabilmente
inferiore
al
suo
prodotto
:
ma
nel
cielo
della
vita
voi
dovete
riconoscere
che
questi
frutti
sono
molto
inferiori
alla
semente
,
perché
essi
non
esisterebbero
senza
questa
,
e
perché
,
se
la
terra
non
fecondasse
i
germi
che
portano
in
loro
stessi
,
la
loro
magnificenza
sarebbe
inutile
,
come
sarebbe
inutile
l
'
opera
del
genio
,
se
la
folla
non
ne
fecondasse
i
pensieri
.
IV
.
E
mi
pare
anche
che
tale
conclusione
apra
la
via
ad
illuminare
il
problema
dei
rapporti
fra
l
'
arte
e
la
folla
,
e
,
più
che
ad
illuminare
,
a
comporre
il
dissidio
tra
questi
due
termini
che
paion
oggi
tra
loro
opposti
ed
inconciliabili
.
Questo
dissidio
non
è
già
-
come
sembra
superficialmente
-
una
questione
fra
l
'
artista
e
il
pubblico
,
un
duello
fra
l
'
uno
e
i
molti
:
è
soltanto
,
ridotto
nei
suoi
veri
termini
,
una
questione
di
tempo
.
L
'
artista
,
infatti
,
può
ribellarsi
al
giudizio
della
folla
contemporanea
,
ma
non
può
ribellarsi
al
giudizio
della
folla
dei
posteri
:
egli
può
spregiare
la
moltitudine
in
mezzo
alla
quale
vive
:
non
può
spregiare
la
moltitudine
che
verrà
dopo
di
lui
.
Nel
mondo
non
vi
è
e
non
vi
può
essere
altro
criterio
per
giudicare
qualsiasi
manifestazione
intellettuale
che
l
'
adesione
dei
più
:
adesione
senza
dubbio
lenta
e
lontana
anziché
immediata
,
ma
che
rispecchia
tuttavia
un
giudizio
collettivo
,
un
giudizio
della
folla
.
E
nessun
uomo
potrebbe
pretendere
d
'
essere
un
genio
,
se
i
suoi
successori
non
lo
riconoscessero
come
tale
,
perché
la
sua
superbia
sarebbe
vana
e
risibile
quando
i
posteri
coprissero
il
suo
nome
di
silenzio
e
di
oblìo
.
Nel
campo
della
scienza
e
dell
'
arte
non
vige
il
sistema
dispotico
che
aveva
vigore
in
altri
tempi
nel
campo
politico
:
non
si
può
cioè
crearsi
principî
a
dispetto
e
contro
il
volere
della
maggioranza
.
Nel
campo
della
scienza
e
dell
'
arte
vige
il
sistema
dei
plebisciti
,
plebisciti
tanto
più
sinceri
e
coscienti
in
quanto
che
,
essendo
promulgati
dai
posteri
,
escludono
ogni
sospetto
di
corruzione
e
di
suggestione
.
E
se
,
come
io
penso
,
questa
è
una
verità
di
evidenza
assiomatica
,
confesso
che
mi
è
sempre
parso
,
non
solo
ingiusto
,
ma
strano
,
che
l
'
artista
,
per
il
solo
fatto
che
la
folla
non
sa
di
primo
acchito
interpretarlo
e
comprenderlo
,
lanci
contro
di
essa
gli
anatemi
e
le
scomuniche
della
superbia
.
Sì
,
lo
riconosciamo
.
Il
pubblico
molto
spesso
non
intende
l
'
opera
d
'
arte
che
è
chiamato
a
giudicare
:
fischiò
Rossini
alla
prima
rappresentazione
del
Barbiere
di
Siviglia
,
e
ha
fischiato
Wagner
a
quasi
tutte
le
manifestazioni
del
suo
straordinario
genio
musicale
:
lasciò
passare
sotto
silenzio
o
ferocemente
combatté
sulle
prime
,
altre
opere
di
pittura
,
di
scultura
o
di
letteratura
,
che
rimasero
poi
come
gemme
di
eterno
splendore
nell
'
arte
.
Ebbene
,
anche
ammettendo
tutto
ciò
,
e
anche
tralasciando
di
notare
che
talvolta
,
vicino
ai
verdetti
assurdi
della
folla
,
vi
sono
i
verdetti
logici
e
giusti
,
io
voglio
soltanto
chiedere
agli
artisti
superbi
:
perché
voi
soli
vi
inalberate
davanti
alla
lentezza
che
la
folla
adopera
per
comprendervi
,
mentre
questa
lentezza
dell
'
animo
collettivo
verso
le
intuizioni
del
genio
individuale
è
una
fatale
e
anche
una
benefica
necessità
,
non
solo
per
quanto
riguarda
l
'
arte
,
ma
per
tutte
le
manifestazioni
intellettuali
?
Anche
nella
scienza
,
anche
nella
politica
,
in
qualunque
ramo
dell
'
attività
umana
,
non
si
è
mai
visto
-
o
si
è
visto
assai
raramente
per
una
di
quelle
eccezioni
che
confermano
la
regola
-
che
il
pubblico
,
che
la
folla
,
abbraccino
d
'
un
subito
,
d
'
emblée
,
la
nuova
idea
che
qualche
veggente
ha
annunziato
o
la
nuova
scoperta
che
è
stata
fatta
da
qualche
genio
individuale
.
Napoleone
sorrise
quando
gli
fu
presentato
e
descritto
il
modello
di
una
nave
a
vapore
:
Thiers
affermò
in
pieno
Parlamento
francese
che
la
trazione
a
vapore
e
le
strade
ferrate
erano
un
'
utopia
,
e
che
il
mondo
non
avrebbe
avuto
mai
altro
mezzo
di
comunicazione
che
la
diligenza
a
cavalli
;
Aristotile
non
ammetteva
che
gli
uomini
nascessero
uguali
,
e
credeva
che
vi
sarebbe
sempre
stata
la
divisione
fra
liberi
e
schiavi
.
Eppure
nessuno
-
io
credo
e
spero
-
vorrà
dare
del
mediocre
a
Napoleone
,
a
Thiers
e
ad
Aristotile
.
E
perché
dunque
gli
artisti
-
pittori
,
scultori
,
o
letterati
-
si
arrogano
il
diritto
di
coprire
dei
loro
insulti
coloro
che
non
ammirano
subito
le
loro
opere
e
non
vanno
in
estasi
al
primo
momento
in
cui
le
vedono
,
le
leggono
o
le
odono
?
Perché
-
sotto
pena
d
'
esser
trattata
di
ignorante
-
la
folla
deve
avere
dinanzi
a
un
'
opera
di
Wagner
quella
celerità
d
'
intuizione
che
Napoleone
e
Thiers
non
ebbero
dinanzi
alla
scoperta
di
Watt
?
La
verità
è
che
qualunque
idea
,
prima
di
riuscir
vittoriosa
,
deve
attraversare
un
periodo
di
lotta
e
di
avversità
.
Lo
sanno
tutti
coloro
che
hanno
lottato
in
politica
per
il
raggiungimento
d
'
un
ideale
:
lo
sanno
tutti
coloro
che
hanno
lottato
nella
scienza
per
la
conquista
di
una
parte
di
quell
'
inconoscibile
che
è
ancora
infinito
.
Eppure
nel
periodo
di
lotta
,
né
gli
apostoli
e
i
martiri
,
né
gli
scienziati
,
osarono
trarre
dall
'
opposizione
che
trovarono
nell
'
ambiente
che
li
circondava
ragione
di
insultante
disprezzo
verso
la
folla
,
la
quale
non
sapeva
e
non
poteva
a
tutta
prima
comprenderli
.
Più
modesti
,
appunto
perché
più
forti
e
più
degni
,
di
certi
superbi
artisti
moderni
,
essi
intendevano
che
nella
folla
l
'
effetto
d
'
un
'
idea
o
d
'
una
immagine
non
può
sempre
ottenersi
immediatamente
,
come
scintilla
che
si
sprigioni
da
un
attrito
improvviso
,
ma
deve
propagarsi
a
poco
a
poco
come
quando
si
getta
un
sasso
nell
'
acqua
e
le
onde
si
formano
sempre
più
grandi
e
più
lontane
fino
alla
riva
.
Essi
intendevano
che
le
abitudini
ereditarie
e
il
misoneismo
-
assai
più
che
l
'
ignoranza
o
il
cervello
ristretto
-
impediscono
al
pubblico
di
far
buon
viso
alla
novità
che
s
'
annuncia
e
che
lo
turba
per
un
senso
indefinibile
che
è
di
sorpresa
e
di
paura
insieme
.
E
aspettavano
pazienti
dal
tempo
quell
'
applauso
e
quell
'
adesione
che
i
contemporanei
negavan
loro
,
senza
per
questo
bollare
di
incapacità
e
di
idiozia
-
come
ora
pare
che
s
'
usi
-
coloro
che
non
li
comprendevano
.
Ripetiamolo
dunque
ancora
una
volta
:
non
si
può
pretendere
dalla
folla
una
grande
celerità
di
intuizione
davanti
a
un
'
opera
d
'
arte
,
e
non
si
deve
-
per
questa
mancanza
di
celerità
-
insultarla
.
Anche
l
'
uomo
isolato
non
possiede
sempre
questa
celerità
d
'
intuizione
davanti
alle
opere
d
'
arte
o
ad
altre
manifestazioni
intellettuali
o
ad
altri
problemi
.
Non
tutti
i
poeti
sono
estemporanei
,
non
tutti
gli
uomini
di
ingegno
sono
oratori
improvvisati
:
ma
non
per
questo
si
potrà
disprezzare
chi
manca
di
queste
facoltà
d
'
improvvisazione
.
Anzi
,
forse
il
vero
poeta
,
come
il
vero
scienziato
,
coloro
cioè
che
resteranno
nella
storia
per
opere
eterne
,
sono
appunto
quelli
che
mancano
di
queste
doti
appariscenti
e
suggestive
.
Orbene
,
la
folla
è
,
nella
sua
immensa
anima
collettiva
,
come
uno
di
quegli
individui
il
cui
ingegno
non
sa
manifestarsi
istantaneamente
e
che
,
colto
all
'
improvviso
,
fa
una
figura
minore
di
quella
che
merita
,
ma
che
viceversa
-
se
gli
lasciate
il
tempo
e
la
riflessione
-
sa
darvi
il
capolavoro
.
Gli
è
perciò
che
invece
dell
'
antitesi
che
una
gran
parte
di
individui
superiori
sentono
fra
essi
e
la
folla
,
invece
del
disprezzo
con
cui
la
coprono
,
quasi
essa
non
fosse
che
il
corpus
vile
su
cui
i
genii
possono
tentare
,
come
i
medici
negli
ospedali
,
le
loro
esperienze
,
io
vorrei
si
sviluppasse
tra
gli
artisti
e
la
folla
un
sentimento
di
amore
e
di
solidarietà
.
Sentimento
di
solidarietà
che
produrrebbe
,
anziché
la
mala
pianta
d
'
uno
sterile
orgoglio
,
una
modestia
feconda
,
insegnando
che
,
come
il
pensiero
non
è
che
l
'
opera
misteriosa
di
migliaia
di
cellule
celebrali
,
ciascuna
delle
quali
isolata
nulla
potrebbe
,
così
l
'
artista
geniale
e
l
'
opera
sua
non
sono
che
la
risultante
individuale
e
simbolica
del
lavoro
collettivo
di
milioni
di
uomini
,
ciascuno
dei
quali
,
isolato
,
non
potrebbe
né
pensare
,
né
agire
,
né
vivere
.
Sentimento
di
solidarietà
,
che
fugherebbe
la
nera
nube
del
pessimismo
contemporaneo
,
per
cui
da
certi
superuomini
si
disprezza
la
folla
come
un
'
accozzaglia
di
bruti
,
indegna
persino
di
ricevere
il
dono
di
un
'
opera
d
'
arte
,
e
svilupperebbe
invece
la
luce
limpida
e
ferma
di
un
sano
ottimismo
,
in
nome
del
quale
si
sentirebbe
il
fraterno
dovere
di
lavorare
per
l
'
elevazione
intellettuale
e
per
la
redenzione
morale
di
questa
folla
.
Ah
!
io
non
so
come
vi
possano
essere
ancora
taluni
scettici
e
pessimisti
i
quali
sostengono
che
la
vita
non
vale
la
pena
d
'
esser
vissuta
,
giacché
l
'
uomo
di
genio
non
è
compreso
,
e
l
'
uomo
onesto
è
sopraffatto
dal
furbo
.
Ma
questo
è
un
calcolo
miope
e
utilitario
!
E
chi
lo
fa
non
può
essere
che
un
perverso
o
un
ammalato
.
Vi
sono
tante
miserie
,
tanti
dolori
,
tante
ignoranze
,
e
non
si
sente
che
solo
per
la
divina
poesia
di
alleviare
una
di
queste
miserie
o
uno
di
questi
dolori
,
per
combattere
una
sola
di
queste
ignoranze
,
varrebbe
la
pena
di
vivere
?
E
deve
essere
l
'
arte
,
e
devon
esser
gli
artisti
che
dànno
questo
triste
esempio
di
superbia
e
di
egoismo
,
spregiando
la
folla
e
allontanandosi
da
lei
come
da
un
ambiente
mefitico
?
No
.
Dal
campo
sereno
dell
'
arte
deve
venire
e
verrà
-
io
ne
son
certo
-
ben
altro
esempio
.
Gli
artisti
,
questi
milionari
dell
'
ingegno
,
non
devono
imitare
certi
milionari
del
danaro
che
tengon
tutte
le
loro
ricchezze
per
sé
e
sprezzano
chi
non
ne
possiede
di
equivalenti
.
Essi
devono
riconoscere
,
anzitutto
,
che
la
loro
ricchezza
,
il
genio
,
è
come
l
'
oro
del
capitalista
,
il
frutto
del
lavoro
incosciente
ed
ereditario
di
migliaia
e
migliaia
di
uomini
e
non
un
loro
esclusivo
merito
personale
:
devono
sentire
inoltre
che
il
loro
dovere
è
di
gettare
questa
ricchezza
nel
crogiuolo
dell
'
anima
collettiva
per
farla
feconda
,
come
il
dovere
del
ricco
è
rimettere
il
suo
oro
in
circolazione
,
per
aumentare
la
prosperità
di
un
paese
.
Che
importa
se
sulle
prime
non
saranno
compresi
,
come
il
ricco
che
dispensa
il
suo
danaro
raccoglie
sulle
prime
,
non
riconoscenza
,
ma
ingratitudine
?
La
riconoscenza
,
che
è
rara
nell
'
individuo
,
è
sempre
sicura
quantunque
assai
lenta
,
nella
folla
,
ed
ha
un
nome
dinanzi
al
quale
il
più
rigido
degli
aristocratici
,
il
più
logico
degli
individualisti
,
e
il
più
superbo
degli
artisti
si
deve
inchinare
,
perché
si
chiama
la
Gloria
.
CAPITOLO
TERZO
La
folla
e
Gabriele
D
'
Annunzio
Se
ci
pungesse
il
desiderio
di
estrarre
dalle
opere
dei
grandi
autori
le
pagine
che
essi
scrissero
per
insultare
e
per
diffamare
la
folla
,
noi
compiremmo
un
'
opera
molto
lunga
e
forse
vana
di
erudizione
.
La
folla
è
sempre
stata
nella
letteratura
un
oggetto
di
dispregio
e
contro
di
essa
furono
scagliati
sempre
dalla
superbia
degli
individui
gli
strali
della
più
rovente
ironia
.
Pure
in
questo
odio
-
come
forse
in
tutti
gli
odî
-
non
era
che
una
trasformazione
di
un
inconfessato
amore
e
di
un
desiderio
inconscio
.
Della
moltitudine
esecrata
,
anche
il
più
egoarchico
degli
autori
ambiva
l
'
applauso
:
della
plebe
diffamata
anche
il
più
aristocratico
degli
uomini
non
sdegnava
il
suffragio
.
E
una
intima
contraddizione
annullava
quindi
il
valore
di
certe
pagine
,
dettate
dall
'
orgoglio
e
rinnegate
dalla
vanità
.
Vorrei
dire
,
se
la
similitudine
non
sembrasse
azzardata
,
che
l
'
attitudine
di
molti
letterati
verso
la
folla
fu
eguale
a
quella
di
molti
filosofi
verso
la
donna
.
Teoricamente
gli
uni
e
gli
altri
dimostravano
un
disprezzo
che
in
pratica
si
risolveva
in
un
desiderio
.
La
folla
e
la
donna
sono
le
due
più
grandi
incognite
psicologiche
che
abbiano
affaticato
il
cervello
e
turbato
i
sensi
dell
'
uomo
.
Sono
le
due
sfingi
che
hanno
proposto
sempre
i
più
insolubili
enigmi
.
E
spesso
il
non
saper
risolvere
questi
enigmi
persuadeva
,
per
vendetta
,
all
'
ingiuria
contro
la
sfinge
.
L
'
individuo
è
,
di
fronte
alla
folla
,
nella
stessa
condizione
psicologica
dell
'
amante
dinanzi
all
'
amata
:
egli
è
dominato
da
un
tumulto
di
sensazioni
varie
e
contradditorie
che
possono
però
riassumersi
tutte
in
questa
nota
fondamentale
:
il
desiderio
del
possesso
e
della
conquista
.
L
'
amore
e
l
'
ambizione
non
hanno
altro
scopo
:
possedere
una
donna
,
conquistare
una
moltitudine
.
E
come
,
in
ultima
analisi
,
due
amanti
non
sono
che
due
avversarî
inconsci
dalla
cui
lotta
esce
,
risultato
fisiologicamente
fecondo
,
l
'
amore
,
così
l
'
individuo
e
la
folla
non
sono
che
due
nemici
fatali
dalla
cui
antitesi
esce
,
risultato
socialmente
fecondo
,
il
progresso
.
La
vita
è
sempre
e
soltanto
un
duello
;
o
tra
due
individui
,
o
tra
un
individuo
e
la
moltitudine
.
Forse
colui
che
intuì
più
profondamente
e
più
genialmente
questa
condizione
necessaria
della
vita
,
colui
che
ebbe
la
più
esatta
visione
della
psicologia
amorosa
come
della
psicologia
collettiva
,
fu
Gabriele
D
'
Annunzio
.
Nell
'
opera
del
poeta
io
ho
visto
balenare
quella
verità
scientifica
che
mi
affatico
modestamente
da
tempo
a
mettere
in
luce
.
Altrove
*
ho
già
cercato
di
dimostrare
che
la
Nave
è
-
prescindendo
dai
meriti
letterarî
e
teatrali
della
tragedia
-
una
mirabile
ricostruzione
di
psicologia
collettiva
primitiva
,
perché
l
'
anima
della
folla
barbara
vi
palpita
e
freme
come
in
pochissime
altre
opere
d
'
arte
.
Ma
non
una
sola
tragedia
Gabriele
D
'
Annunzio
intendeva
dedicare
al
mistero
dell
'
anima
collettiva
.
Quando
apparve
la
Nave
,
io
mi
risovvenni
che
alcuni
anni
innanzi
il
poeta
aveva
annunziato
fra
le
sue
prossime
opere
una
che
portava
il
titolo
:
La
tragedia
della
folla
,
e
gli
scrissi
chiedendogli
se
per
avventura
la
Nave
non
fosse
,
sotto
altro
titolo
,
la
stessa
cosa
della
Tragedia
della
folla
.
Egli
rispose
così
:
"
Nella
Tragedia
della
folla
intendevo
di
rappresentare
per
cinque
episodi
i
vasti
movimenti
dell
'
anima
innumerevole
.
I
titoli
degli
episodi
basteranno
forse
a
darle
un
'
idea
chiara
del
mio
intendimento
:
la
Fame
,
la
Pestilenza
,
la
Paura
,
la
Ribellione
,
la
Vittoria
.
Ciascun
episodio
si
svolgeva
fra
il
Protagonista
e
la
Folla
.
I
protagonisti
erano
:
un
Condottiere
,
un
Santo
,
una
Sibilla
,
un
Tribuno
,
un
Messo
:
tipi
di
grande
potenza
ideale
,
ora
dominatori
,
ora
inspiratori
,
ora
travolti
:
una
voce
e
un
cuore
contro
mille
e
mille
voci
,
contro
mille
e
mille
cuori
.
La
rappresentazione
doveva
esser
fatta
"
sotto
la
specie
dell
'
eterno
"
.
Difficile
era
il
còmpito
.
Ma
quale
ebbrezza
scrivere
un
poema
per
grande
orchestra
!
La
mancanza
dell
'
orchestra
(
cioè
degli
esecutori
)
e
del
teatro
adatto
mi
sconfidò
.
Una
parte
dei
miei
studî
e
delle
mie
divinazioni
passò
in
certe
scene
della
Nave
"
.
Appare
chiaro
,
dunque
,
che
non
per
una
fuggevole
inspirazione
,
ma
per
meditato
proposito
Gabriele
D
'
Annunzio
volle
studiare
e
studiò
"
i
vasti
movimenti
dell
'
anima
innumerevole
"
.
Appare
chiaro
,
altresì
,
che
egli
intese
appunto
la
psicologia
collettiva
come
un
duello
fra
il
Protagonista
e
la
Folla
.
Nella
Nave
non
è
che
un
frammento
di
quest
'
opera
vasta
,
non
è
che
un
episodio
di
questa
storia
.
Ma
frammento
ed
episodio
bastano
a
far
intendere
il
concetto
dell
'
autore
.
Diceva
Baudelaire
che
fra
tutti
i
diritti
di
cui
troppo
si
parla
uno
ve
n
'
è
che
è
stato
dimenticato
e
alla
dimostrazione
del
quale
ognuno
è
interessato
:
il
diritto
di
contraddirsi
.
Gabriele
D
'
Annunzio
ha
molto
usufruito
di
questo
diritto
.
Credo
,
del
resto
,
non
esista
opera
di
scrittore
nella
quale
non
sia
facile
cogliere
numerose
contraddizioni
.
Confrontando
le
Vergini
delle
Rocce
col
Fuoco
-
i
due
romanzi
ove
il
poeta
meglio
e
maggiormente
analizza
dal
lato
politico
-
filosofico
e
dal
lato
estetico
-
psicologico
l
'
anima
collettiva
-
noi
potremmo
comporre
un
'
antologia
di
pagine
ugualmente
belle
ma
il
cui
significato
è
perfettamente
contrario
.
Nelle
Vergini
delle
Rocce
,
-
opera
compiuta
dopo
un
periodo
di
vita
romana
,
durante
il
quale
le
bassezze
e
le
viltà
del
mondo
affaristico
-
parlamentare
avevano
determinato
nel
poeta
una
reazione
ultra
-
aristocratica
,
-
la
folla
è
il
bersaglio
di
tutte
le
critiche
,
di
tutte
le
ironie
,
di
tutto
il
profondo
disprezzo
del
superuomo
nauseato
dalla
indegna
democrazia
invadente
.
Nel
Fuoco
-
opera
compiuta
sotto
l
'
inspirazione
di
una
attrice
grandissima
"
che
pareva
portare
nelle
pieghe
delle
sue
vesti
raccolta
e
muta
la
frenesia
delle
moltitudini
lontane
da
cui
ella
aveva
sollevato
il
brivido
fulmineo
e
divino
dell
'
arte
con
un
grido
di
passione
e
con
un
silenzio
di
morte
"
,
-
nel
Fuoco
il
poeta
intese
,
per
virtù
dell
'
inspiratrice
,
che
cosa
veramente
fosse
la
folla
...
Non
già
che
mutasse
o
dovesse
mutare
il
giudizio
politico
intorno
alla
moltitudine
.
Credo
che
Gabriele
D
'
Annunzio
,
malgrado
sia
stato
deputato
,
giudichi
ancora
i
suoi
ex
-
colleghi
come
li
giudicava
nelle
Vergini
delle
Rocce
(
pag
.
69
)
:
-
"
gli
stallieri
della
Gran
Bestia
vociferanti
nell
'
Assemblea
"
;
e
credo
ch
'
egli
abbia
ancor
fede
in
questo
assurdo
assolutista
:
"
essere
lo
Stato
eretto
sulle
basi
del
suffragio
e
dell
'
eguaglianza
,
una
costruzione
ignobile
e
anche
precaria
"
(
pag
.
73
)
.
Ma
è
mutata
-
dalle
Vergini
al
Fuoco
-
la
concezione
psicologica
ed
estetica
della
folla
.
Ciò
che
egli
riteneva
sterile
,
diventa
fecondo
.
Il
contatto
colla
moltitudine
ch
'
egli
insultava
come
una
degradazione
,
diventa
invece
un
'
elevazione
per
l
'
individuo
.
Egli
comprende
cioè
che
non
solo
l
'
individuo
non
s
'
abbassa
a
comunicar
colla
folla
,
ma
riceve
anzi
da
questa
sensazioni
e
pensieri
che
nel
suo
cuore
e
nel
suo
cervello
solitari
non
sarebbero
sorti
mai
;
sente
insomma
aumentarsi
,
al
contatto
dell
'
anima
collettiva
,
il
vigore
e
il
valore
della
sua
cenestesi
.
Nelle
Vergini
delle
Rocce
,
questo
era
il
vangelo
dell
'
Ammonitore
:
-
"
A
giudicarne
dalla
qualità
dei
tuoi
pensieri
,
tu
sembri
contaminato
dalla
folla
o
preso
da
una
femmina
.
Per
aver
attraversato
la
folla
che
ti
guardava
,
ecco
,
tu
già
ti
senti
diminuito
dinnanzi
a
te
medesimo
.
Non
vedi
tu
gli
uomini
che
la
frequentano
divenire
infecondi
come
i
muli
?
Lo
sguardo
della
folla
è
peggio
che
un
getto
di
fango
:
il
suo
alito
è
pestifero
.
Vattene
lontano
mentre
la
cloaca
si
scarica
"
(
pag
.
98
)
.
Nel
Fuoco
,
il
vangelo
è
profondamente
diverso
.
Gabriele
D
'
Annunzio
,
che
aveva
rovesciato
tutta
la
dovizia
dei
suoi
più
insultanti
aggettivi
addosso
alla
plebe
,
ne
riconosce
l
'
oscura
potenza
animatrice
,
e
scrive
ripetendo
la
verità
profonda
enunciata
da
Riccardo
Wagner
:
"
il
solo
creatore
dell
'
opera
d
'
arte
è
il
popolo
e
l
'
artista
può
soltanto
cogliere
ed
esprimere
la
creazione
del
popolo
inconsapevole
"
.
Quale
abisso
tra
questa
doverosa
constatazione
e
le
pagine
delle
Vergini
delle
Rocce
,
ove
il
popolo
non
era
che
un
gregge
imbelle
e
idiota
contro
cui
non
potevansi
e
non
dovevansi
adoperare
che
fruste
sibilanti
!
Ma
l
'
ammenda
migliore
che
il
poeta
fa
delle
antiche
sue
teorie
è
in
questa
pagina
,
della
quale
non
ne
conosco
una
psicologicamente
più
bella
:
-
"
...
il
sentimento
straordinario
di
cui
egli
(
Stelio
Effrena
)
erasi
stupito
quando
dal
trono
dei
Dogi
parlava
alla
folla
,
tornò
ad
occuparlo
.
Nella
comunione
tra
la
sua
anima
e
l
'
anima
della
folla
un
mistero
era
sopravvenuto
,
quasi
divino
:
qualche
cosa
di
più
grande
e
di
più
forte
erasi
aggiunto
al
sentimento
ch
'
egli
aveva
della
sua
persona
consueta
;
un
ignoto
potere
era
parso
convergere
in
lui
,
abolendo
i
confini
della
persona
particolare
e
conferendo
alla
voce
solitaria
la
concordia
di
un
coro
.
V
'
era
dunque
nella
moltitudine
una
bellezza
riposta
donde
il
poeta
e
l
'
eroe
soltanto
poteano
trarre
baleni
.
Quando
quella
bellezza
si
rivelava
per
l
'
improvviso
clamore
alzato
nel
teatro
o
sulla
piazza
pubblica
o
sulla
trincea
,
allora
un
torrente
di
gioia
gonfiava
il
cuore
di
colui
che
aveva
saputo
suscitarla
col
verso
,
con
l
'
arringa
,
col
segno
della
spada
.
La
parola
del
poeta
comunicata
alla
folla
era
dunque
un
atto
,
come
il
gesto
dell
'
eroe
.
Era
un
atto
che
creava
dall
'
oscurità
dell
'
anima
innumerevole
un
'
istantanea
bellezza
,
come
uno
statuario
portentoso
potrebbe
da
una
mole
d
'
argilla
trarre
con
un
sol
tocco
del
suo
pollice
plastico
una
statua
divina
"
.
Or
dunque
:
quella
moltitudine
che
nelle
Vergini
delle
Rocce
era
definita
"
una
cloaca
"
e
rendeva
gli
uomini
"
infecondi
come
i
muli
"
,
nel
Fuoco
diventa
una
miniera
"
che
possiede
una
sua
bellezza
riposta
"
e
che
suscita
nell
'
individuo
l
'
impulso
fecondo
per
creare
statue
divine
...
Riconoscere
che
nella
moltitudine
è
questo
inconscio
potere
:
confessare
che
essa
è
necessaria
al
genio
come
la
terra
al
seme
,
come
la
donna
all
'
uomo
,
per
creare
:
rispettarla
come
la
collaboratrice
anonima
e
oscura
di
ogni
cosa
grande
e
bella
che
sia
apparsa
nel
mondo
,
-
ecco
ciò
che
Gabriele
D
'
Annunzio
afferma
nella
sua
lucida
prosa
meravigliosa
.
Ed
ecco
ciò
che
io
volevo
constatare
.
Null
'
altro
.
CAPITOLO
QUARTO
L
'
opinione
pubblica
Che
cosa
è
la
pubblica
opinione
?
Tutti
,
nominandola
,
si
illudono
di
sapere
che
cosa
sia
;
in
realtà
nessuno
saprebbe
-
e
forse
potrebbe
-
definirla
esattamente
.
È
,
nel
mondo
,
quello
che
è
Dio
in
cielo
:
un
giudice
invisibile
impersonale
e
temuto
;
è
,
come
la
religione
,
una
potenza
arcana
,
in
nome
della
quale
si
sono
compiuti
i
più
sublimi
eroismi
e
le
più
abbiette
iniquità
;
è
,
come
la
legge
,
invocata
e
interpretata
,
a
torto
o
a
ragione
,
in
ogni
momento
della
vita
;
è
,
come
la
forza
,
sostenitrice
a
volte
del
diritto
,
più
spesso
dell
'
errore
;
è
,
infine
,
come
una
bandiera
,
disposta
a
volgersi
sempre
dalla
parte
donde
spira
il
vento
.
E
se
si
volesse
azzardare
su
di
essa
una
definizione
,
non
si
potrebbe
che
applicarle
la
frase
ironica
che
Pauline
de
Grandpré
applicava
alla
donna
:
on
peut
dire
sur
son
compte
tout
ce
qu
'
on
voudra
,
on
trouvera
toujours
une
raison
.
Forse
è
per
questo
suo
carattere
indefinibile
che
la
pubblica
opinione
è
stata
finora
così
poco
studiata
.
Essa
è
,
socialmente
,
un
fenomeno
inafferrabile
,
direi
quasi
-
se
la
parola
non
facesse
sorridere
-
che
è
psicologicamente
un
'
anguilla
,
poiché
quando
credete
di
averla
presa
vi
sfugge
da
tutte
le
parti
.
Quali
sono
le
cause
che
la
producono
?
Quali
le
leggi
che
la
governano
?
E
,
anzitutto
,
di
chi
e
di
quanti
è
composta
?
A
queste
domande
noi
tenteremo
rispondere
.
I
.
Ruggero
Bonghi
,
in
un
memorabile
discorso
tenuto
alla
Camera
nel
1873
,
cercò
di
mettere
a
questo
studio
un
principio
d
'
ordine
,
scrivendo
:
"
Non
bisogna
credere
o
fingere
di
credere
che
ogni
manifestazione
di
animo
esprima
davvero
una
pubblica
opinione
.
L
'
opinione
pubblica
per
avere
autorità
deve
essere
vera
,
certa
,
ed
avere
fondamento
sul
consenso
più
generale
delle
menti
colte
di
un
paese
"
.
Parole
d
'
oro
,
ma
parole
vane
.
È
sempre
possibile
-
in
pratica
-
distinguere
la
vera
opinione
pubblica
definita
dal
Bonghi
,
da
quella
che
manca
dei
caratteri
che
egli
ritiene
necessarii
a
formarla
?
Chi
,
e
dove
sarà
il
giudice
supremo
il
quale
sentenzierà
,
volta
per
volta
,
che
una
data
corrente
dello
spirito
pubblico
merita
o
non
merita
il
nome
di
pubblica
opinione
?
Con
qual
mezzo
aritmetico
si
potrà
sicuramente
affermare
che
la
maggioranza
pensa
in
un
dato
modo
,
e
con
qual
criterio
sociologico
si
potranno
sicuramente
distinguere
le
menti
colte
di
un
paese
dalle
menti
incolte
?
E
dato
anche
,
per
una
ipotesi
inverosimile
,
che
questa
difficilissima
operazione
di
matematica
psicologica
fosse
possibile
,
quale
ne
sarebbe
praticamente
il
frutto
?
Vi
sono
molti
casi
in
cui
è
notorio
che
l
'
opinione
pubblica
prevalente
non
è
fondata
sul
consenso
più
generale
delle
menti
colte
di
un
paese
;
e
si
può
forse
,
per
questo
,
non
tener
conto
di
quella
opinione
?
Individui
o
collettività
,
sudditi
o
governanti
,
tutti
siamo
spesse
volte
in
balìa
della
cosidetta
opinione
pubblica
,
qualunque
essa
sia
e
in
qualunque
modo
si
sia
formata
.
Pretendere
che
si
cerchi
se
essa
rappresenta
davvero
la
maggioranza
delle
persone
colte
,
è
una
ingenuità
:
la
si
teme
o
la
si
segue
anche
avendo
la
certezza
che
essa
non
possiede
i
caratteri
di
cui
Ruggero
Bonghi
la
voleva
fornita
;
e
i
governi
se
ne
devono
preoccupare
,
venga
essa
dall
'
ignoranza
di
migliaia
di
contadini
,
o
dall
'
intelligenza
di
alcune
personalità
superiori
.
Prendiamo
due
esami
relativamente
recenti
,
per
spiegar
meglio
il
nostro
pensiero
.
Dopo
il
disastro
di
Adua
si
manifestò
in
Italia
un
'
opinione
pubblica
sul
nuovo
indirizzo
da
dare
alla
nostra
politica
in
Africa
,
che
portò
all
Ministero
,
con
l
'
appoggio
degli
stessi
radicali
e
dei
socialisti
,
il
marchese
Di
Rudinì
.
Era
quella
una
vera
opinione
pubblica
?
Noi
non
osiamo
dirlo
:
ma
constatiamo
il
fatto
che
essa
,
due
anni
dopo
,
era
completamente
mutata
,
tanto
è
vero
che
il
Ministero
Rudinì
dovette
dare
le
dimissioni
.
Orbene
:
sia
stata
falsa
l
'
opinione
pubblica
del
1896
,
o
quella
del
1898
-
e
una
delle
due
deve
esserlo
stata
di
certo
-
una
cosa
è
fuori
di
dubbio
:
che
in
entrambi
i
casi
si
è
ceduto
all
'
opinione
pubblica
,
senza
troppo
sottilizzare
se
essa
era
o
non
era
costituita
dalla
maggioranza
delle
persone
colte
del
paese
.
Era
l
'
opinione
pubblica
-
e
bastava
,
perché
vi
si
obbedisse
come
ad
un
despota
.
Il
secondo
esempio
che
voglio
recare
,
è
ancor
più
calzante
.
Si
tratta
della
questione
Dreyfus
.
Qual
parte
ha
giuocato
-
in
questo
infame
e
famoso
affare
-
l
'
opinione
pubblica
francese
?
Unanime
,
prima
,
nel
negare
la
revisione
del
processo
,
quasi
unanime
,
dopo
,
nel
chiederla
ad
alte
grida
.
L
'
opinione
pubblica
di
prima
aveva
torto
:
non
era
né
vera
,
né
certa
,
come
la
vuole
il
Bonghi
:
era
il
risultato
patologico
d
'
una
suggestione
imposta
dalla
perfidia
di
alcuni
e
subìta
dalla
ingenuità
patriottica
di
quasi
tutti
:
eppure
sarebbe
stato
possibile
non
tener
conto
di
quell
'
opinione
?
Voi
l
'
avete
visto
:
in
una
memoranda
seduta
-
del
7
luglio
1898
-
tutta
la
Camera
francese
si
inchinò
pecorilmente
a
quell
'
opinione
pubblica
,
decretando
l
'
affissione
in
tutti
i
comuni
della
Repubblica
del
discorso
di
Cavaignac
.
E
Ruggero
Bonghi
avrebbe
dovuto
ammettere
che
la
Camera
dei
deputati
rappresenta
le
menti
colte
d
'
un
paese
,
e
che
quindi
un
suo
plebiscito
è
un
plebiscito
cosciente
e
sensato
.
Io
-
modestamente
-
giudico
in
modo
diverso
i
Parlamenti
ma
non
è
qui
il
luogo
di
dirne
il
perché
e
del
resto
alla
mia
tesi
attuale
,
il
perché
non
importa
.
La
conseguenza
a
cui
volevo
arrivare
,
e
a
cui
mi
sembra
di
essere
arrivato
,
è
questa
:
1°
L
'
opinione
pubblica
si
impone
,
anche
quando
non
è
formata
dal
consenso
più
generale
delle
menti
colte
di
un
paese
;
2°
Anche
il
pensiero
degli
uomini
colti
può
essere
figlio
di
un
'
impressione
improvvisa
,
erronea
o
rettificabile
(
come
nel
caso
della
Camera
francese
)
e
quindi
non
basta
-
per
riconoscere
autorità
all
'
opinione
pubblica
-
il
dimostrare
che
essa
è
fondata
sulla
maggioranza
delle
persone
colte
.
Queste
,
come
gli
ignoranti
,
si
possono
sbagliare
.
L
'
avvocato
G
.
A
.
Pugliese
-
in
un
breve
ma
acuto
articolo
*
-
s
'
accorse
che
la
definizione
dell
'
opinione
pubblica
tentata
dal
Bonghi
non
era
completa
,
e
propose
di
aggiungere
-
ai
caratteri
di
cui
la
voleva
fornita
il
Bonghi
-
un
altro
:
che
essa
riposi
su
un
costante
stato
d
'
animo
.
Così
-
egli
pensava
-
non
si
scambierà
per
vera
opinione
pubblica
quella
che
in
Francia
negava
la
revisione
del
processo
Dreyfus
,
giacché
essa
non
fu
costante
.
E
aggiungeva
:
"
dicesi
che
in
materia
di
appalti
di
opere
pubbliche
il
vero
collaudo
viene
dato
dal
tempo
:
ebbene
,
a
me
pare
che
anche
il
battesimo
di
vera
pubblica
opinione
debba
attendersi
dal
tempo
"
.
La
similitudine
è
bella
,
ma
io
son
tentato
di
ripetere
a
questo
proposito
:
parole
d
'
oro
,
ma
parole
vane
.
Anzitutto
si
potrebbe
chiedere
all
'
avvocato
Pugliese
:
quanto
tempo
occorre
...
perché
avvenga
il
collaudo
?
Quando
si
potrà
dire
che
una
data
opinione
pubblica
è
vera
e
certa
?
Dopo
dieci
anni
,
dopo
venti
,
dopo
trenta
?
In
secondo
luogo
-
ammesso
che
si
trovi
questo
limite
di
tempo
,
che
a
me
pare
introvabile
-
non
sarebbe
ciò
una
soddisfazione
puramente
platonica
?
Dato
,
per
esempio
,
che
oggi
si
manifesti
una
corrente
dello
spirito
pubblico
,
dovremo
,
e
potremo
noi
,
trascurarla
,
e
pacificamente
attendere
,
per
tenerne
calcolo
,
che
sia
passato
...
un
quarto
di
secolo
?
In
terzo
luogo
,
non
è
evidente
che
una
simile
opinione
pubblica
non
sarebbe
più
un
'
opinione
pubblica
,
ma
qualche
cosa
che
assomiglia
molto
alla
tradizione
?
Che
cosa
è
,
infatti
,
la
tradizione
se
non
un
'
opinione
pubblica
che
si
è
fissata
e
cristallizzata
nel
popolo
?
Or
dunque
-
s
'
io
non
mi
sbaglio
-
le
definizioni
tentate
dal
Bonghi
e
dal
Pugliese
non
sono
complete
,
né
,
se
lo
fossero
,
sarebbero
pratiche
.
In
conclusione
,
i
due
autori
citati
si
limitano
ad
affermare
che
la
vera
opinione
pubblica
è
quella
che
dalle
persone
di
senno
,
dal
tempo
,
e
dagli
avvenimenti
è
stata
riconosciuta
per
giusta
.
Una
definizione
,
come
si
vede
,
che
potrebbe
portar
la
firma
di
Monsieur
de
la
Palisse
;
ma
che
,
pur
essendo
una
verità
,
non
è
feconda
di
nessuna
conseguenza
.
Io
credo
che
nel
problema
che
ci
occupa
,
non
si
debbano
cercare
a
priori
delle
definizioni
-
le
quali
,
come
diceva
argutamente
il
Lombroso
,
tolte
le
geometriche
,
sono
tutte
inesatte
-
ma
si
debba
piuttosto
tentar
di
studiare
in
qual
modo
l
'
opinione
pubblica
si
forma
e
da
quali
strane
e
oscure
leggi
psicologiche
è
governata
.
La
definizione
non
è
che
la
sintesi
della
descrizione
di
un
fenomeno
:
ed
è
manifestamente
un
errore
il
volere
esporre
la
sintesi
prima
di
aver
fatto
l
'
analisi
.
Distinguere
l
'
opinione
pubblica
vera
e
certa
da
quella
non
vera
ed
incerta
,
mi
sembra
impresa
molto
difficile
,
prima
di
avere
bene
stabilito
che
cosa
è
l
'
opinione
pubblica
.
E
per
stabilire
che
cosa
è
l
'
opinione
pubblica
,
bisogna
anzitutto
sapere
-
o
per
lo
meno
cercar
di
sapere
-
che
cosa
è
il
pubblico
.
Noi
,
quindi
,
fedeli
a
queste
idee
che
son
quelle
del
metodo
positivo
,
analizzeremo
in
primo
luogo
l
'
ente
collettivo
che
si
chiama
pubblico
e
cercheremo
di
isolarlo
dagli
altri
enti
collettivi
coi
quali
generalmente
e
facilmente
lo
si
confonde
;
in
secondo
luogo
studieremo
come
nel
pubblico
si
vengano
formando
,
a
poco
a
poco
o
d
'
un
tratto
,
fisiologicamente
o
patologicamente
,
le
varie
opinioni
;
infine
cercheremo
di
determinare
quali
siano
i
caratteri
per
cui
si
può
riconoscere
se
una
data
opinione
del
pubblico
è
attendibile
,
e
se
quindi
deve
o
non
deve
essere
rispettata
e
seguita
.
Questa
è
,
secondo
il
nostro
sommesso
parere
,
l
'
unica
strada
che
ci
potrà
condurre
,
non
a
svelare
interamente
(
l
'
affermazione
sarebbe
superba
)
ma
almeno
a
rendere
meno
nebuloso
quel
mistero
di
psicologia
collettiva
che
chiamasi
opinione
pubblica
,
e
che
nel
mondo
moderno
ha
una
così
grande
e
pericolosa
influenza
.
II
.
Pubblico
è
una
parola
che
,
come
tutte
quelle
che
non
indicano
un
oggetto
materialmente
definito
,
ha
un
significato
molto
vago
ed
elastico
.
Sappiamo
,
all
'
ingrosso
,
che
cosa
vuol
dire
ma
saremmo
imbarazzatissimi
a
precisarlo
.
Si
dice
:
il
pubblico
di
un
teatro
,
d
'
un
'
assemblea
;
-
e
in
questo
caso
la
parola
pubblico
ha
un
valore
determinato
,
che
si
restringe
a
quelle
persone
che
erano
in
teatro
o
assistevano
all
'
assemblea
,
ed
è
sinonimo
di
folla
.
Si
dice
:
il
tal
libro
ha
avuto
un
gran
successo
nel
pubblico
;
-
e
in
questo
caso
la
parola
pubblico
ha
un
valore
meno
specifico
;
non
si
riferisce
più
a
un
dato
numero
di
persone
riunite
,
non
è
quindi
più
sinonimo
di
folla
,
ma
comprende
una
data
parte
della
popolazione
sparsa
anziché
riunita
,
che
si
intende
e
si
interessa
di
arte
,
di
letteratura
o
di
scienza
.
Si
dice
ancora
:
sulla
data
questione
politica
-
poniamo
una
guerra
-
il
pubblico
ha
la
data
opinione
;
-
e
in
questo
caso
la
parola
pubblico
ha
un
valore
ancor
più
generale
:
non
si
riferisce
soltanto
ad
una
parte
della
popolazione
,
a
quella
o
questa
classe
o
casta
o
scuola
o
partito
,
ma
comprende
tutto
il
popolo
,
talvolta
molti
popoli
,
talvolta
tutto
il
mondo
civile
.
In
quali
di
questi
significati
va
intesa
la
parola
pubblico
?
Per
rispondere
a
tale
domanda
,
bisogna
rifarci
un
po
'
indietro
ed
esaminare
l
'
evoluzione
che
ha
seguito
nel
tempo
quell
'
organismo
complesso
ed
indeterminato
che
oggi
indichiamo
col
nome
di
pubblico
.
Se
noi
volgiamo
uno
sguardo
ai
più
bassi
regni
dell
'
animalità
,
vediamo
che
in
essi
il
carattere
dominante
è
l
'
individualità
assoluta
.
"
Des
êtres
d
'
espèces
multiples
-
scrive
l
'
Espinas
-
et
dont
le
nombre
est
prodigieux
,
vivent
dans
les
eaux
,
sur
la
terre
et
sur
les
autres
animaux
à
l
'
état
d
'
isolement
complet
.
Un
grand
nombre
de
Foraminifères
,
dont
les
carapaces
ont
formé
des
continents
,
sont
isolés
physiologiquement
:
de
tels
êtres
sont
faibles
,
non
seulement
parce
qu
'
ils
sont
petits
,
mais
encore
parce
qu
'
ils
sont
seuls
"
*
.
In
questi
infimi
stadî
dell
'
animalità
,
non
essendovi
associazione
,
non
vi
può
evidentemente
essere
nemmeno
l
'
embrione
lontano
del
pubblico
.
Nondimeno
,
appena
si
sale
un
poco
sull
'
albero
della
vita
,
l
'
associazione
appare
.
È
,
sulle
prime
,
un
semplice
aggregato
materiale
,
puramente
fisico
.
L
'
associazione
consiste
tutta
in
una
azione
di
presenza
:
se
gli
individui
si
allontanano
al
punto
da
non
potersi
più
vedere
,
o
restano
distanti
fra
loro
un
certo
tempo
,
cessano
per
questo
solo
fatto
di
essere
associati
.
L
'
associazione
,
in
una
parola
,
è
,
in
questi
casi
,
sinonimo
di
contatto
fisico
.
Man
mano
che
dalle
forme
inferiori
si
ascende
alle
forme
superiori
dell
'
associazione
fra
gli
animali
,
troviamo
che
il
contatto
fisico
non
è
più
la
condizione
necessaria
per
costituire
la
società
:
anche
se
i
singoli
organismi
sono
distanti
,
l
'
associazione
sussiste
:
il
legame
che
li
tiene
uniti
non
è
più
soltanto
materiale
,
ma
si
spiritualizza
e
diventa
morale
e
intellettuale
.
Gli
animali
elevati
nella
scala
zoologica
formano
quegli
aggregati
che
si
potrebbero
chiamare
tribù
o
popoli
(
le
api
colla
loro
regina
)
,
ed
hanno
la
divisione
del
lavoro
e
i
segnali
a
distanza
e
la
voce
che
-
se
non
è
la
parola
umana
-
è
tuttavia
un
mezzo
possente
di
comunicazione
.
In
queste
società
noi
possiamo
scorgere
non
solo
l
'
embrione
della
folla
-
ossia
di
individui
fisicamente
a
contatto
-
bensì
anche
l
'
embrione
del
pubblico
-
ossia
di
individui
fisicamente
separati
,
ma
riuniti
,
secondo
la
giusta
espressione
del
Tarde
,
da
una
coesione
mentale
.
Il
fenomeno
fisio
-
psicologico
della
folla
lo
si
osserva
-
per
esempio
-
in
una
volata
di
uccelli
,
dove
il
minimo
sbattere
di
ali
di
uno
solo
produce
in
tutti
un
panico
irresistibile
,
come
il
grido
di
allarme
di
un
uomo
in
una
via
o
in
una
piazza
affollate
induce
la
paura
e
la
fuga
in
tutti
coloro
che
gli
sono
vicini
.
Il
fenomeno
di
psicologia
collettiva
cui
noi
diamo
il
nome
di
pubblico
,
lo
si
osserva
-
con
più
lontana
analogia
e
minore
chiarezza
-
nel
contegno
che
alcune
specie
di
animali
tengono
verso
uno
dei
loro
.
Ammirato
od
odiato
,
seguìto
o
sfuggito
-
anche
l
'
animale
prova
il
riflesso
sociale
-
se
posso
dir
così
-
delle
sue
doti
o
dei
suoi
difetti
congeniti
,
e
questo
riflesso
non
è
che
l
'
embrione
del
pubblico
.
L
'
elefante
a
istinti
cattivi
sta
sempre
isolato
e
non
vive
mai
nella
società
degli
altri
:
ciò
dipende
in
parte
dal
suo
spontaneo
desiderio
,
in
parte
perché
gli
altri
vogliono
lasciarlo
solo
.
E
questo
è
innegabilmente
un
giudizio
del
pubblico
.
Se
dalle
associazioni
animali
passiamo
alle
associazioni
umane
,
l
'
evoluzione
del
fenomeno
che
stiamo
analizzando
ci
appare
identica
quantunque
immensamente
ingrandita
e
complicata
.
Come
nelle
infime
società
animali
il
legame
sociale
è
costituito
da
un
semplice
contatto
fisico
,
così
nelle
prime
società
umane
il
cosiddetto
pubblico
si
riduce
alla
folla
,
giacché
è
costituito
soltanto
da
individui
fisicamente
a
contatto
.
E
come
nelle
società
animali
più
evolute
il
legame
sociale
non
è
soltanto
materiale
ma
anche
morale
e
intellettuale
,
così
nelle
più
moderne
società
umane
il
pubblico
è
un
vero
pubblico
anziché
semplicemente
una
folla
,
poiché
è
costituito
non
da
individui
fisicamente
riuniti
,
ma
da
individui
distanti
fra
loro
nello
spazio
,
e
nondimeno
collegati
da
un
'
idea
,
da
un
sentimento
comune
,
da
una
invisibile
coesione
mentale
.
Gli
esempî
chiariranno
il
mio
pensiero
meglio
di
quanto
abbian
saputo
fare
le
mie
parole
.
Nell
'
antichità
greco
-
romana
(
per
non
perderci
in
ricerche
di
tempi
più
lontani
o
di
popoli
barbari
)
possiamo
noi
dire
che
esistesse
un
pubblico
?
Esistevano
delle
folle
,
ma
non
esistevano
pubblici
.
Tutto
ciò
che
si
riferiva
alla
politica
era
discusso
nel
foro
,
nelle
assemblee
,
nei
comizî
,
-
cioè
dalla
folla
:
i
reggitori
di
Stati
,
i
tribuni
,
i
novatori
,
non
avevano
alcun
mezzo
per
portare
a
distanza
il
loro
pensiero
e
per
inocularlo
negli
individui
sparsi
e
isolati
:
dovevano
-
per
forza
-
agire
sul
pubblico
riunito
e
presente
,
cioè
sulla
folla
.
Gesù
Cristo
non
aveva
che
la
parola
per
diffondere
la
sua
dottrina
;
dal
primo
nucleo
di
persone
cui
aveva
parlato
,
sorgevano
i
discepoli
che
alla
loro
volta
parlavano
ad
altri
nuclei
di
persone
.
Il
nuovo
verbo
si
estendeva
così
-
di
folla
in
folla
-
allargando
sempre
più
il
cerchio
di
coloro
che
erano
istintivamente
chiamati
ad
udirlo
,
come
un
sasso
lanciato
nell
'
acqua
estende
-
di
onda
in
onda
-
l
'
effetto
prodotto
dalla
sua
caduta
.
Tutto
ciò
che
si
riferisce
all
'
arte
e
alla
scienza
non
aveva
,
allora
,
un
pubblico
,
nel
senso
in
cui
noi
oggi
lo
intendiamo
:
aveva
semplicemente
un
uditorio
;
cioè
una
folla
.
I
poeti
non
eran
forse
degli
oratori
...
in
versi
?
I
loro
poemi
non
erano
forse
detti
,
dinanzi
a
una
moltitudine
più
o
meno
numerosa
,
che
non
poteva
conoscerli
se
non
recandosi
in
massa
ad
udirli
?
Gli
stessi
scienziati
come
diffondevano
la
loro
scienza
,
se
non
rivelandola
a
viva
voce
ad
alcuni
discepoli
riuniti
?
Si
dirà
-
ed
è
vero
-
che
se
questa
era
la
regola
generale
,
non
mancava
l
'
eccezione
:
non
mancavano
cioè
i
lettori
singoli
dei
manoscritti
copiati
a
mano
in
qualche
diecina
di
esemplari
e
che
contenevano
i
poemi
di
Virgilio
o
d
'
Omero
,
le
storie
di
Tacito
o
di
Cesare
;
ma
possiamo
noi
affermare
(
e
l
'
osservazione
è
di
Gabriele
Tarde
*
)
che
questi
singoli
lettori
avessero
la
coscienza
di
formare
un
aggregato
sociale
,
come
ai
nostri
giorni
i
lettori
d
'
uno
stesso
giornale
o
,
anche
,
di
uno
stesso
romanzo
alla
moda
.
No
,
certamente
.
Essi
erano
le
lontane
avanguardie
del
pubblico
:
ma
non
avevano
coscienza
di
esserlo
,
ed
erano
troppo
pochi
.
Per
il
numero
e
per
l
'
incoscienza
,
rappresentavano
quindi
una
quantità
trascurabile
*
.
Nel
medio
evo
esisteva
un
pubblico
?
Il
Tarde
lo
nega
,
sostenendo
che
non
v
'
erano
che
delle
fiere
,
dei
pellegrinaggi
,
delle
moltitudini
tumultuose
nelle
quali
correvano
-
volta
a
volta
-
delle
frenesie
religiose
o
guerresche
,
delle
collere
spaventose
o
delle
paure
vilissime
.
Basta
pensare
alle
crociate
e
ai
terrori
che
precedettero
la
fine
dell
'
anno
mille
,
per
comprendere
che
allora
qualunque
manifestazione
del
movimento
sociale
era
determinata
dalla
folla
e
dalla
sua
strana
psicologia
.
Ma
se
è
certo
che
,
in
quell
'
epoca
,
l
'
influenza
dell
'
individuo
sulla
massa
si
esercitava
quasi
unicamente
colla
parola
parlata
,
se
è
certo
cioè
che
i
grandi
agitatori
esercitavano
la
loro
influenza
sopratutto
su
persone
presenti
,
e
che
-
d
'
altra
parte
-
gli
uomini
facevano
sentire
i
loro
odî
ed
i
loro
amori
collettivi
,
sempre
nella
forma
compatta
e
brutale
della
folla
,
-
è
anche
fuori
di
dubbio
che
quell
'
avanguardia
del
pubblico
che
noi
abbiamo
riscontrato
ai
tempi
di
Grecia
e
Roma
,
si
faceva
poco
a
poco
più
cosciente
e
più
numerosa
.
I
lettori
isolati
dei
manoscritti
aumentavano
;
e
sotto
il
pensiero
intermittente
e
violento
delle
folle
,
si
andava
disegnando
il
pensiero
continuo
e
pacifico
del
pubblico
;
-
pensiero
meno
visibile
,
e
più
trascurato
,
ma
non
trascurabile
,
e
che
attendeva
da
una
scoperta
,
ormai
prossima
,
di
diventare
visibile
e
importantissimo
.
Questa
scoperta
fu
la
stampa
.
L
'
invenzione
della
stampa
fu
per
il
sorgere
del
pubblico
quello
che
è
una
rivoluzione
politica
per
il
sorgere
di
un
nuovo
ordinamento
sociale
:
il
momento
storico
,
cioè
,
in
cui
un
organo
entra
in
attività
e
tramuta
la
sua
esistenza
,
fino
allora
potenziale
,
in
un
'
esistenza
di
fatto
.
Questo
nuovo
organo
era
la
coscienza
collettiva
che
fino
allora
era
stata
forzatamente
costretta
a
rinchiudersi
nell
'
ignoranza
o
nel
silenzio
e
la
cui
possibile
manifestazione
-
sia
per
apprendere
il
pensiero
di
chi
la
dirigeva
,
sia
per
approvare
o
per
combattere
questo
pensiero
-
era
consistita
nelle
riunioni
di
parlamenti
,
di
assemblee
,
di
fiere
o
di
folle
.
La
stampa
portava
a
tutti
gli
uomini
civili
la
voce
dei
meneurs
anche
lontani
,
e
offriva
-
reciprocamente
-
il
modo
di
far
sentire
a
questi
meneurs
la
volontà
o
i
desiderii
del
popolo
,
senza
aver
bisogno
che
esso
fosse
riunito
e
presente
e
urlasse
sotto
le
finestre
d
'
una
reggia
le
sue
minaccie
,
o
commettesse
eccessi
in
una
via
o
in
una
piazza
.
Noi
,
nati
quando
la
stampa
era
già
un
'
abitudine
ereditaria
di
qualche
secolo
,
non
possiamo
-
senza
uno
sforzo
di
volontà
-
immaginarci
il
contraccolpo
che
la
sua
invenzione
ebbe
nel
mondo
.
I
libri
pubblicati
e
diffusi
-
per
la
prima
volta
-
a
migliaia
di
copie
davano
a
chi
li
leggeva
la
sensazione
di
formare
una
classe
nuova
di
persone
;
di
persone
le
quali
pur
non
conoscendosi
fra
loro
ed
essendo
distanti
le
une
dalle
altre
,
si
sentivano
nondimeno
legate
dall
'
invisibile
filo
intellettuale
della
lettura
d
'
un
identico
volume
e
dalle
riflessioni
che
quella
lettura
faceva
nascere
in
ognuno
di
loro
.
Fino
a
quel
momento
gli
uomini
,
per
sentire
la
loro
solidarietà
e
per
manifestarla
,
non
avevano
che
un
solo
mezzo
:
riunirsi
in
folla
.
La
stampa
faceva
sentire
quella
loro
solidarietà
e
ne
rendeva
possibile
la
manifestazione
,
senza
bisogno
che
essi
si
riunissero
;
al
contatto
fisico
aveva
sostituito
il
contatto
morale
:
alla
folla
aveva
sostituito
il
pubblico
.
Senza
dubbio
,
il
pubblico
,
quando
nacque
,
non
era
un
organismo
così
complicato
e
così
possente
quale
è
divenuto
oggi
.
Come
ogni
cosa
viva
,
traversò
varie
fasi
,
prima
di
giungere
alla
fase
odierna
.
Se
si
può
dire
che
esso
data
dal
secolo
XVI
,
dopo
il
grande
sviluppo
preso
dalla
stampa
,
è
dovere
riconoscere
che
allora
aveva
un
'
estensione
e
un
'
importanza
infinitamente
minore
di
quella
che
assunse
in
seguito
.
Era
,
sulle
prime
,
un
pubblico
quasi
esclusivamente
letterario
scientifico
o
religioso
;
e
in
fondo
,
sempre
formato
da
una
minoranza
di
persone
colte
.
Nella
seconda
metà
del
secolo
XVIII
sorge
il
vero
pubblico
politico
,
formato
non
da
una
minoranza
di
uomini
colti
,
ma
dalla
grande
maggioranza
del
popolo
,
e
a
poco
a
poco
assorbe
tutti
gli
altri
pubblici
più
o
meno
speciali
e
ristretti
.
La
Rivoluzione
francese
dà
a
questo
pubblico
una
nuova
estensione
,
poiché
è
appunto
a
quell
'
epoca
che
il
giornalismo
prende
uno
slancio
che
,
per
allora
,
possiamo
dire
grandissimo
*
.
La
stampa
tuttavia
,
pur
avendo
creato
il
pubblico
quasi
in
sostituzione
della
folla
,
non
aveva
saputo
offrire
al
pubblico
quel
vantaggio
che
pur
la
folla
possedeva
:
voglio
dire
l
'
attualità
.
E
mi
spiego
.
Coloro
che
leggevano
i
giornali
,
sapevano
bensì
quanto
accadeva
nel
mondo
,
ma
lo
sapevano
forzatamente
in
ritardo
.
Tra
le
molte
differenze
che
esistono
tra
folla
e
pubblico
,
la
più
grave
,
allora
,
era
questa
:
che
i
membri
di
una
folla
erano
tutti
colpiti
contemporaneamente
da
una
notizia
,
e
si
sentivano
quindi
legati
fra
loro
-
oltre
che
dal
contatto
fisico
-
dal
pensiero
che
ognuno
di
loro
provava
nell
'
identico
istante
le
identiche
impressioni
;
mentre
gli
individui
sparsi
che
facevano
parte
del
pubblico
,
oltre
che
essere
distanti
nello
spazio
,
lo
erano
anche
nel
tempo
,
giacché
apprendevano
le
notizie
,
non
tutti
nello
stesso
momento
,
ma
chi
molte
ore
,
chi
qualche
giorno
,
chi
,
talvolta
,
una
o
più
settimane
dopo
.
Le
comunicazioni
non
erano
né
frequenti
,
né
veloci
,
e
le
provincie
lontane
dovevano
accontentarsi
di
sapere
con
gran
ritardo
ciò
che
era
accaduto
alla
capitale
.
Questa
mancanza
di
contemporaneità
nell
'
apprendere
notizie
rendeva
meno
forte
e
meno
attiva
l
'
influenza
del
pubblico
:
toglieva
a
questo
la
grande
prerogativa
e
il
maggior
segreto
della
temibilità
della
folla
:
l
'
unisono
.
Ma
ciò
che
non
poteva
dare
la
invenzione
della
stampa
,
venne
dato
da
altre
scoperte
,
non
meno
gravide
di
incalcolabili
conseguenze
sociali
:
la
ferrovia
e
il
telegrafo
e
,
s
'
intende
,
il
telefono
e
il
telegrafo
senza
fili
.
Colla
prima
,
le
distanze
si
diminuirono
e
i
giornali
poterono
arrivare
in
luoghi
lontani
in
un
breve
spazio
di
tempo
:
colle
altre
le
distanze
si
ridussero
quasi
al
nulla
e
una
notizia
poté
percorrere
centinaia
e
migliaia
di
chilometri
in
pochi
minuti
.
La
ferrovia
,
il
telegrafo
ed
il
telefono
diedero
le
ali
alla
stampa
,
e
dettero
al
pubblico
quel
senso
di
attualità
che
fino
allora
non
possedeva
.
È
stato
detto
egregiamente
che
il
trasporto
della
forza
a
distanza
è
un
nulla
,
di
fronte
a
questo
trasporto
del
pensiero
a
distanza
*
.
Certo
il
telegrafo
ed
il
telefono
han
fatto
sì
che
il
pubblico
di
lettori
fosse
,
per
la
contemporaneità
,
quasi
uguale
a
una
folla
di
uditori
,
poiché
il
tempo
che
impiegano
la
parola
di
un
uomo
o
la
notizia
di
un
fatto
ad
arrivare
sotto
gli
occhi
di
chi
legge
un
giornale
è
-
nei
suoi
rapporti
sociali
-
poco
più
lungo
di
quello
che
impiega
la
voce
di
un
oratore
ad
arrivare
agli
orecchi
di
chi
lo
ascolta
.
Oggi
,
in
tutto
il
mondo
civile
si
può
sapere
a
poche
ore
di
distanza
che
cosa
hanno
detto
il
presidente
degli
Stati
Uniti
o
lo
Czar
,
ciò
che
è
accaduto
a
Parigi
o
a
Buenos
-
Ayres
.
Il
pubblico
cioè
ha
conquistato
quell
'
unità
di
tempo
che
gli
mancava
,
e
che
lo
faceva
,
in
un
certo
senso
,
socialmente
inferiore
alla
folla
.
Inoltre
la
folla
era
un
aggregato
che
aveva
necessariamente
i
suoi
limiti
:
non
poteva
essere
composta
di
un
numero
di
persone
che
eccedesse
una
data
cifra
.
Prendiamo
pure
,
come
esempio
,
il
Colosseo
-
il
più
vasto
anfiteatro
dell
'
antichità
-
che
conteneva
,
dicesi
,
100.000
persone
;
prendiamo
pure
,
come
esempio
,
gli
innumerevoli
individui
che
formavano
-
all
'
aria
aperta
-
l
'
uditorio
di
un
Pier
l
'
Eremita
:
per
quanto
la
nostra
fantasia
sia
generosa
,
potremo
arrivare
tutto
al
più
alla
cifra
di
due
o
trecento
mila
persone
:
non
oltre
.
Il
pubblico
,
invece
-
e
intendo
il
pubblico
moderno
-
non
conosce
limiti
;
un
sovrano
od
un
genio
per
mezzo
delle
grandi
scoperte
:
stampa
,
ferrovia
,
telefono
e
telegrafo
-
parlano
oggi
contemporaneamente
a
milioni
di
individui
,
a
tutto
il
mondo
che
legge
.
III
.
Io
mi
lusingo
che
il
poco
che
ho
detto
fin
qui
sarà
bastato
a
far
conoscere
-
almeno
a
larghi
tratti
-
l
'
evoluzione
del
pubblico
,
e
a
stabilirne
le
differenze
colla
folla
.
Il
pubblico
non
è
che
una
trasformazione
della
folla
,
compiuta
lentamente
dalla
civiltà
,
la
quale
-
mano
mano
che
progrediva
-
scopriva
mezzi
sempre
migliori
per
poter
tener
legati
idealmente
gli
uomini
,
senza
bisogno
che
essi
fossero
fisicamente
vicini
.
La
folla
è
un
aggregato
semplice
nella
sua
formazione
e
improvviso
,
quindi
in
un
certo
senso
animale
;
il
pubblico
è
un
aggregato
più
difficile
a
formarsi
e
più
lento
,
quindi
più
umano
.
La
folla
non
è
che
una
riunione
di
contatti
psichici
essenzialmente
prodotti
da
contatti
fisici
:
il
pubblico
non
ha
alcun
bisogno
della
vicinanza
dei
corpi
per
essere
un
intricato
complesso
di
comunicazioni
da
anima
ad
anima
.
La
folla
,
insomma
,
è
una
collettività
eminentemente
barbara
ed
atavica
:
il
pubblico
è
una
collettività
eminentemente
civile
e
moderna
.
Se
la
similitudine
non
sembrasse
azzardata
,
direi
che
tra
la
folla
ed
il
pubblico
passa
l
'
identica
differenza
che
corre
tra
l
'
orda
selvaggia
e
la
società
attuale
.
Il
progresso
,
che
ha
saputo
trasformare
a
poco
a
poco
l
'
orda
selvaggia
nel
tipo
dello
Stato
moderno
,
ha
saputo
anche
tramutare
a
poco
a
poco
la
folla
in
pubblico
.
Si
tratta
,
in
entrambi
i
casi
,
di
aver
sostituito
all
'
informe
agglomero
umano
che
sentiva
,
pensava
ed
agiva
impulsivamente
e
tumultuariamente
,
un
altro
agglomero
umano
che
sente
,
pensa
ed
agisce
con
maggior
riflessione
e
sotto
il
freno
di
certe
leggi
.
Le
prove
di
questa
differenza
tra
la
folla
e
il
pubblico
abbondano
.
È
un
assioma
che
,
quanto
più
un
organismo
è
semplice
,
tanto
più
è
soggetto
alle
forze
della
natura
.
L
'
uomo
civile
si
difende
meglio
dell
'
uomo
barbaro
dalle
intemperie
,
e
il
variare
periodico
delle
stagioni
ha
sulla
sua
vita
sociale
un
'
influenza
minore
che
sull
'
uomo
barbaro
.
Per
la
stessa
ragione
l
'
uomo
barbaro
sa
e
può
opporre
all
'
ambiente
fisico
una
maggior
resistenza
e
una
migliore
difesa
dell
'
animale
superiore
,
e
questo
,
a
sua
volta
,
dell
'
animale
inferiore
.
Orbene
,
le
folle
sono
organismi
semplici
e
primitivi
,
perché
la
loro
azione
dipende
molto
dallo
stato
dell
'
atmosfera
e
delle
stagioni
.
Una
giornata
di
pioggia
basta
ad
allontanare
il
pericolo
d
'
un
assembramento
;
e
non
per
nulla
tutti
i
questori
e
tutti
i
prefetti
di
polizia
,
seguendo
l
'
esempio
di
Bailly
,
benedicono
il
brutto
tempo
che
fa
vuotare
le
vie
e
le
piazze
e
rende
difficilissime
,
se
non
impossibili
,
le
folle
e
quindi
le
dimostrazioni
o
le
sommosse
.
Il
pubblico
-
organismo
più
complicato
e
più
civile
-
non
si
risente
affatto
dell
'
instabilità
dell
'
atmosfera
:
splenda
il
sole
o
diluvi
,
esso
rimane
identico
nella
sua
sostanza
e
nella
sua
efficacia
.
Così
il
caldo
o
il
freddo
,
l
'
estate
o
l
'
inverno
,
che
hanno
tanta
influenza
sulle
folle
,
non
ne
hanno
alcuna
sui
pubblici
.
Veggansi
in
proposito
le
osservazioni
del
Fournial
*
e
sopratutto
quelle
del
Lombroso
e
del
Laschi
*
:
esse
dicono
,
col
linguaggio
preciso
ed
inconfutabile
delle
cifre
,
come
le
folle
siano
più
o
meno
frequenti
e
numerose
,
secondo
le
stagioni
ed
i
gradi
di
calore
.
Per
i
pubblici
,
invece
,
tutto
ciò
è
indifferente
;
e
prova
ne
sia
,
come
ha
osservato
il
Tarde
,
che
la
crisi
più
acuta
di
una
sovra
-
eccitazione
del
pubblico
,
quella
dell
'
affare
Dreyfus
,
è
scoppiata
e
si
è
diffusa
in
inverno
.
Un
altro
assioma
sociologico
è
che
l
'
impronta
della
razza
va
facendosi
sempre
più
debole
,
mano
mano
che
gli
organismi
salgono
nella
scala
sociale
.
E
questo
assioma
è
tanto
evidente
che
non
ha
quasi
bisogno
di
spiegazione
.
Più
si
moltiplicano
e
si
intrecciano
le
influenze
sociali
,
più
è
difficile
scorgere
lo
stigma
ereditario
della
razza
-
nascosto
,
attenuato
o
trasformato
da
cause
o
da
concause
ulteriori
.
Nel
regno
vegetale
e
nel
regno
animale
(
escluso
l
'
uomo
)
noi
possiamo
agire
con
una
relativa
sicurezza
affidandoci
soltanto
all
'
immancabile
efficacia
della
razza
e
dell
'
ereditarietà
.
Gli
allevatori
di
piante
e
di
animali
lo
sanno
:
coi
loro
innesti
e
coi
loro
incroci
,
essi
ottengono
-
con
precisione
quasi
matematica
-
quello
che
vogliono
:
le
qualità
dello
stame
e
del
pistillo
,
del
padre
e
della
madre
,
si
combinano
e
si
riproducono
nei
figli
con
un
'
esattezza
meravigliosa
.
Possiamo
noi
agire
in
egual
modo
sugli
uomini
?
No
,
certamente
.
Per
questi
,
se
la
razza
e
l
'
ereditarietà
valgono
molto
,
vale
moltissimo
l
'
ambiente
in
cui
nascono
e
vivono
,
vale
cioè
moltissimo
l
'
influenza
sociale
.
Dato
-
per
un
'
ipotesi
inverosimile
-
che
si
potessero
conoscere
perfettamente
nel
morale
e
nel
fisico
i
genitori
e
i
loro
antenati
,
non
per
questo
si
potrebbe
disegnare
a
priori
l
'
aspetto
fisico
del
figlio
,
e
tanto
meno
descrivere
la
sua
fisonomia
morale
ed
intellettuale
.
Orbene
,
trasportiamo
quest
'
osservazione
dall
'
organismo
individuale
all
'
organismo
collettivo
,
e
chiediamoci
se
non
è
evidente
che
la
razza
ha
maggiore
influenza
su
una
folla
che
non
su
un
pubblico
.
Chi
non
saprebbe
distinguere
una
folla
italiana
da
una
folla
tedesca
?
Chi
potrebbe
confondere
un
meeting
d
'
inglesi
con
un
meeting
di
napoletani
?
Chi
non
sa
che
una
folla
veneta
non
arriverebbe
mai
agli
eccessi
di
crudeltà
cui
arrivano
le
folle
calabresi
o
palermitane
?
Basta
avere
assistito
una
volta
ad
una
rappresentazione
in
un
teatro
tedesco
,
e
aver
confrontato
il
contegno
degli
spettatori
con
quello
che
tengono
ordinariamente
gli
spettatori
italiani
,
per
comprendere
come
le
folle
siano
sotto
l
'
impero
assoluto
della
razza
da
cui
escono
.
Calme
o
entusiastiche
,
fredde
o
bollenti
,
secondo
che
sono
germaniche
o
latine
.
I
pubblici
delle
varie
nazionalità
non
offrono
certo
differenze
così
spiccate
.
E
non
le
offrono
perché
-
mentre
nelle
folle
gli
individui
smussano
gli
angoli
delle
loro
singole
personalità
per
non
lasciar
scorgere
che
il
contorno
del
loro
tipo
nazionale
-
nei
pubblici
invece
non
c
'
è
questa
neutralizzazione
dell
'
individuo
a
intero
profitto
del
carattere
di
razza
,
appunto
perché
nei
pubblici
-
aggregati
più
civili
e
moderni
-
predomina
il
fattore
sociale
anziché
quello
atavico
.
Un
terzo
assioma
sociologico
-
anch
'
esso
di
intuitiva
evidenza
-
è
che
la
superiorità
d
'
un
organismo
-
sia
esso
individuale
o
collettivo
-
si
misura
dalla
maggiore
riflessione
ch
'
esso
mette
nelle
sue
manifestazioni
.
Gli
uomini
e
i
popoli
sono
più
o
meno
civili
,
secondo
che
sanno
più
o
meno
vincere
,
col
potere
d
'
inibizione
,
che
la
educazione
e
la
civiltà
han
sviluppato
in
loro
,
gli
istinti
atavici
e
selvaggi
che
li
trascinerebbero
ad
agire
impulsivamente
.
Orbene
,
chi
vorrà
e
potrà
negare
che
le
folle
sono
assai
più
impulsive
e
quindi
più
violente
dei
pubblici
?
Confrontiamo
,
per
esempio
,
le
folle
femminili
coi
pubblici
femminili
.
C
'
è
,
psicologicamente
,
un
abisso
fra
le
une
e
gli
altri
.
Le
folle
femminili
sono
la
quintessenza
della
crudeltà
e
della
barbarie
:
nei
loro
eccessi
esse
superano
di
gran
lunga
le
folle
maschili
.
Aprite
un
libro
di
storia
di
qualsiasi
epoca
,
voi
vi
leggerete
degli
episodi
raccapriccianti
sull
'
inverosimile
grado
di
bestialità
cui
possono
arrivare
le
donne
quando
discendono
e
si
riuniscono
nelle
strade
.
La
Rivoluzione
francese
offre
al
riguardo
un
gran
numero
di
fatti
che
incutono
orrore
e
terrore
:
e
anche
senza
risalire
a
tempi
lontani
,
chi
ha
assistito
alle
sommosse
di
Sicilia
nell
'
inverno
1893
94
,
e
alle
tristi
giornate
di
Milano
nel
maggio
1898
,
non
ha
bisogno
d
'
imparare
da
altri
che
le
donne
,
in
folla
,
sono
,
peggio
che
selvagge
,
cannibali
.
Che
cosa
v
'
ha
,
invece
,
di
più
civile
,
nel
senso
buono
e
anche
nel
senso
cattivo
di
questa
parola
,
dei
pubblici
femminili
?
Le
lettrici
dei
giornali
e
dei
romanzi
alla
moda
,
e
quelle
dei
giornali
e
delle
riviste
femministe
,
sono
,
è
vero
,
appassionate
ed
anche
talvolta
un
poco
esaltate
;
ma
la
loro
passione
è
sempre
sapientemente
tenuta
in
freno
da
una
non
trascurabile
dose
di
furberia
,
e
le
loro
manifestazioni
somigliano
assai
più
al
modo
di
agire
della
volpe
che
a
quello
della
tigre
.
Per
questo
ho
detto
che
i
pubblici
femminili
sono
civili
anche
nel
cattivo
senso
della
parola
:
hanno
cioè
della
civiltà
non
solo
la
mitezza
,
ma
altresì
-
mi
perdonino
le
signore
-
la
doppiezza
gesuitica
.
Ed
ora
che
abbiamo
,
o
almeno
crediamo
di
avere
dimostrato
l
'
inferiorità
della
folla
di
fronte
al
pubblico
,
poiché
l
'
una
rappresenta
un
aggregato
barbaro
ed
atavico
,
l
'
altro
un
aggregato
moderno
e
civile
,
è
necessario
domandarsi
qual
parte
abbiano
rispettivamente
,
nel
movimento
sociale
odierno
,
questi
due
diversi
e
indefinibili
organismi
che
riassumono
tutta
la
misteriosa
e
pur
possente
psicologia
collettiva
.
Il
dottor
Le
Bon
*
,
ed
io
con
lui
*
,
abbiamo
,
anni
or
sono
,
proclamato
che
la
nostra
epoca
è
"
l
'
êra
delle
folle
"
.
Gabriele
Tarde
invece
sostiene
che
la
nostra
epoca
è
"
l
'
êra
dei
pubblici
"
.
Ci
siamo
sbagliati
,
in
parte
,
tutti
.
La
nostra
epoca
è
,
nello
stesso
tempo
,
l
'
êra
dei
pubblici
e
delle
folle
.
Senza
dubbio
,
il
sorgere
e
lo
svilupparsi
del
pubblico
ha
diminuito
la
frequenza
delle
folle
,
ma
non
le
ha
soppresse
.
Ha
aperto
,
per
così
dire
,
una
nuova
valvola
al
bisogno
del
popolo
di
manifestare
i
proprî
sentimenti
e
i
proprî
pensieri
,
ma
non
ha
chiuso
l
'
antica
.
Vi
sono
oggi
-
oltre
le
folle
-
i
pubblici
,
ma
non
vi
sono
soltanto
i
pubblici
.
Il
progresso
modifica
e
,
modificando
,
migliora
;
ma
non
cancella
totalmente
le
abitudini
ataviche
.
Carlyle
ha
detto
che
la
civiltà
non
è
che
una
corteccia
entro
cui
può
ardere
viva
,
col
suo
fuoco
infernale
,
la
passione
selvaggia
dell
'
uomo
.
E
la
verità
di
questa
affermazione
è
confermata
quotidianamente
dai
fatti
:
noi
vediamo
persone
-
che
si
comportano
nella
vita
normale
con
tutte
le
forme
insegnate
dal
vivere
civile
-
scoppiare
ad
un
tratto
in
una
azione
crudele
che
rivela
in
esse
la
bestia
umana
.
È
il
così
detto
delitto
passionale
.
La
corteccia
della
civiltà
-
dinanzi
a
una
provocazione
-
si
è
spezzata
per
lasciar
uscir
fuori
la
linfa
della
barbarie
.
Quel
che
avviene
per
gli
individui
avviene
per
le
collettività
.
La
civiltà
ha
tramutato
la
folla
in
pubblico
,
ma
il
pubblico
a
sua
volta
ritorna
folla
,
quando
il
sentimento
che
lo
domina
è
così
forte
da
non
sapersi
più
contenere
e
da
aver
bisogno
per
la
sua
manifestazione
della
forma
atavica
con
cui
si
esplicava
una
volta
.
Ogni
giorno
noi
assistiamo
a
questo
fenomeno
di
un
pubblico
che
produce
una
folla
.
Quando
,
per
esempio
,
l
'
idea
che
muove
un
partito
,
ossia
un
pubblico
politico
,
ha
raggiunto
un
altissimo
grado
di
espansione
,
da
quel
pubblico
esce
,
quasi
per
generazione
spontanea
,
una
folla
che
fa
dimostrazioni
,
sommosse
,
rivoluzioni
.
Quando
il
sentimento
religioso
diffuso
nel
pubblico
si
acutizza
nella
superstizione
,
ecco
che
dal
pubblico
di
fedeli
escono
le
folle
religiose
peregrinanti
a
un
santuario
,
o
deliranti
dinanzi
a
qualche
madonna
o
a
qualche
santo
miracoloso
.
Quando
l
'
amore
o
la
stima
-
o
viceversa
l
'
odio
e
il
disprezzo
per
una
data
persona
-
oltrepassano
nel
pubblico
certi
limiti
,
ecco
che
da
questo
pubblico
escono
le
folle
urlanti
di
entusiasmo
e
di
ammirazione
,
o
di
esecrazione
e
di
ferocia
,
intorno
ad
un
sovrano
,
a
un
generale
,
a
un
artista
.
Il
pubblico
,
insomma
,
in
certi
casi
,
ritorna
folla
,
come
l
'
uomo
civile
,
in
certi
casi
,
ritorna
barbaro
.
E
in
questo
senso
quindi
possiamo
dire
che
la
folla
non
è
oggi
che
una
forma
acuta
e
patologica
del
pubblico
.
IV
.
A
questo
punto
,
dopo
avere
,
nel
modo
più
breve
e
più
chiaro
che
per
me
si
poteva
,
tentato
di
spiegare
che
cosa
è
il
pubblico
,
isolandolo
dagli
altri
enti
collettivi
con
cui
potrebbe
confondersi
,
è
necessario
ed
è
men
difficile
ritornare
all
'
oggetto
del
nostro
studio
e
chiederci
in
qual
modo
si
forma
l
'
opinione
pubblica
.
Da
quanto
ho
esposto
,
risulta
chiaramente
che
l
'
opinione
pubblica
è
,
qualche
volta
,
non
l
'
opinione
del
pubblico
propriamente
detto
,
ma
l
'
opinione
della
folla
.
Il
pensiero
e
il
sentimento
della
collettività
,
noi
lo
abbiamo
visto
,
se
si
esprimono
oggi
normalmente
per
mezzo
dei
giornali
e
se
si
diffondono
quindi
sugli
individui
sparsi
e
lontani
,
si
esprimono
anche
anormalmente
per
mezzo
delle
moltitudini
,
le
quali
sanno
dire
ed
imporre
in
modo
staticamente
violento
ciò
che
i
pubblici
pensano
in
modo
dinamicamente
pacifico
.
I
discorsi
,
le
adunanze
,
le
riunioni
elettorali
,
le
dimostrazioni
di
piazza
,
sono
altrettante
forme
di
folle
,
che
influiscono
anche
oggi
-
e
molto
!
-
sulla
formazione
dell
'
opinione
pubblica
.
Dietro
queste
folle
c
'
è
sempre
-
siamo
d
'
accordo
-
un
partito
,
cioè
un
pubblico
,
che
è
la
loro
causa
e
,
per
dir
così
,
il
bozzolo
da
cui
escono
:
ma
ciò
non
toglie
che
siano
quelle
folle
che
conquistano
d
'
un
tratto
-
colla
suggestione
immediata
e
fortissima
che
da
loro
si
sprigiona
-
il
cuore
e
il
cervello
degli
individui
i
quali
,
altrimenti
,
avrebbero
impiegato
più
tempo
a
convertirsi
.
Per
rispondere
dunque
alla
domanda
:
in
qual
modo
si
determina
una
data
opinione
pubblica
?
bisognerebbe
fare
non
solo
la
psico
-
fisiologia
del
pubblico
,
ma
anche
quella
della
folla
.
Senonché
,
la
psico
-
fisiologia
della
folla
noi
l
'
abbiamo
studiata
altrove
*
e
non
amiamo
ripeterci
.
Ci
resta
a
studiare
quella
del
pubblico
.
Ed
è
ciò
che
noi
tenteremo
.
Una
prima
divisione
dei
pubblici
si
presenta
spontanea
quando
si
voglia
considerare
,
da
un
lato
il
diverso
grado
di
coltura
,
dall
'
altro
lato
i
diversi
interessi
degli
uomini
.
Qui
se
ressemble
s
'
assemble
,
dice
un
proverbio
,
e
ciò
è
vero
non
solo
per
le
folle
,
ma
anche
per
i
pubblici
.
Una
stessa
educazione
,
un
identico
scopo
,
riuniscono
gli
individui
in
un
fascio
intellettuale
,
come
un
identico
sentimento
li
spinge
tutti
ad
agglomerarsi
in
una
via
o
in
una
piazza
.
Noi
abbiamo
quindi
i
pubblici
giudiziari
,
industriali
,
agricoli
,
letterari
,
scientifici
,
religiosi
,
politici
,
secondo
che
gli
individui
appartengono
alla
magistratura
,
all
'
industria
,
all
'
agricoltura
,
alla
letteratura
,
alla
scienza
,
alla
religione
,
alla
politica
.
Questi
pubblici
non
differiscono
fra
loro
soltanto
per
lo
scopo
che
perseguono
,
ma
bensì
anche
per
l
'
estensione
che
hanno
e
per
la
tecnicità
che
possiedono
.
Più
il
pubblico
è
ristretto
,
più
è
tecnico
;
e
più
è
possente
e
quindi
temibile
,
quanto
più
l
'
interesse
che
difende
è
generale
.
Una
volta
,
la
diversità
di
coltura
e
di
interessi
dava
luogo
nella
società
a
divisioni
di
altro
genere
,
che
si
chiamavano
corporazioni
,
mestieri
,
classi
o
caste
.
Erano
divisioni
più
stabili
e
più
ben
definite
,
anzitutto
perché
si
fondavano
qualche
volta
sull
'
eredità
,
in
secondo
luogo
perché
chi
ne
faceva
parte
non
ne
poteva
uscir
facilmente
,
e
chi
non
v
'
era
ascritto
non
vi
poteva
con
facilità
penetrare
.
Erano
,
in
un
certo
senso
,
dei
campi
chiusi
nei
quali
si
poteva
contare
il
numero
dei
soldati
e
donde
l
'
emigrazione
e
dove
l
'
immigrazione
erano
quasi
impossibili
.
I
pubblici
odierni
,
che
hanno
sostituito
queste
divisioni
,
sono
assai
meno
stabili
e
assai
meno
definiti
;
sono
,
se
posso
dir
così
,
organismi
fluttuanti
,
perché
non
si
può
mai
precisare
la
qualità
degli
individui
che
li
compongono
e
tanto
meno
il
loro
numero
.
Un
pubblico
è
oggi
una
specie
di
nebulosa
,
di
cui
se
è
facile
distinguere
il
nucleo
centrale
,
è
difficilissimo
determinare
i
confini
.
Vi
entra
e
ne
esce
chi
vuole
;
e
non
valgono
,
o
valgono
poco
,
le
ragioni
ereditarie
e
tradizionali
per
costringere
l
'
una
o
l
'
altra
persona
a
far
parte
di
questo
o
di
quel
pubblico
.
Noi
possiamo
dire
che
il
pubblico
è
-
per
la
vita
sociale
-
quello
che
è
per
la
vista
,
una
cascata
d
'
acqua
,
la
quale
ci
fa
sempre
l
'
identica
impressione
malgrado
che
le
goccie
di
cui
è
composta
mutino
continuamente
.
Le
goccie
del
pubblico
sono
gli
individui
.
E
non
solo
vi
è
una
continua
variazione
nelle
goccie
che
forman
la
cateratta
o
-
per
lasciare
la
metafora
-
nelle
cellule
che
formano
quell
'
organismo
collettivo
che
è
il
pubblico
;
ma
anche
questo
stesso
organismo
va
sempre
più
perdendo
quei
caratteri
di
stabilità
e
di
infrangibilità
che
presentava
una
volta
.
Confrontate
-
e
non
solo
in
Italia
-
i
partiti
politici
di
mezzo
secolo
fa
con
quelli
attuali
.
Destra
e
Sinistra
erano
allora
due
nomi
che
,
nella
Camera
e
nel
paese
,
rispondevano
a
due
correnti
di
idee
che
seguivano
ognuna
il
loro
corso
indipendente
.
Qualunque
confusione
fra
quei
due
partiti
e
fra
gli
uomini
che
li
rappresentavano
,
sarebbe
parsa
impossibile
,
o
,
se
fosse
avvenuta
,
sarebbe
stata
giudicata
come
una
viltà
od
un
tradimento
.
La
divisione
era
netta
,
recisa
,
intangibile
.
Le
goccie
,
cioè
gli
uomini
,
mutavano
necessariamente
,
ma
la
cateratta
,
cioè
l
'
idea
,
rimaneva
intatta
ed
immobile
.
Possiamo
noi
dire
lo
stesso
dei
partiti
attuali
?
È
pietà
non
rispondere
a
questa
domanda
,
giacché
tutti
vedono
e
sanno
,
pur
troppo
quanta
poca
forza
di
coesione
e
quanta
poca
impermeabilità
(
mi
si
perdoni
la
parola
)
abbiano
i
partiti
politici
dei
nostri
giorni
.
Essi
non
sono
che
una
etichetta
che
l
'
uomo
tiene
appiccicata
fin
che
gli
fa
comodo
,
e
getta
lontano
quando
gli
conviene
di
farla
dimenticare
.
Tra
i
vari
partiti
c
'
è
oggi
in
permanenza
un
fenomeno
di
osmosi
e
di
endosmosi
:
le
idee
dell
'
uno
penetrano
in
quelle
dell
'
altro
e
viceversa
;
e
gli
uomini
che
le
sostenevano
non
trovano
quindi
strano
,
anzi
trovano
logico
,
di
allearsi
dopo
di
essersi
combattuti
.
Questa
continua
mobilità
dei
partiti
o
dei
pubblici
attuali
(
che
è
giustamente
,
secondo
il
Tarde
,
una
delle
loro
caratteristiche
principali
)
non
merita
però
troppo
severo
giudizio
,
giacché
le
cause
da
cui
dipende
,
se
non
la
giustificano
,
la
scusano
molto
.
In
primo
luogo
,
è
evidente
che
gli
uomini
non
possono
essere
oggi
tenacemente
fedeli
a
un
'
idea
,
come
lo
potevano
essere
,
e
lo
erano
,
una
volta
.
In
passato
,
ogni
uomo
nascendo
aveva
già
designato
non
solo
la
sua
carriera
e
quindi
il
suo
posto
nel
mondo
,
ma
anche
il
complesso
di
teorie
cui
doveva
serbarsi
rigidamente
attaccato
.
Occorreva
allora
un
fatto
molto
grave
(
ed
era
ad
ogni
modo
un
fenomeno
molto
strano
)
per
vedere
,
ad
esempio
,
un
aristocratico
nutrire
sentimenti
diversi
da
quelli
della
sua
casta
.
Oggi
,
invece
,
ogni
uomo
che
nasce
è
,
in
gran
parte
,
un
'
incognita
,
perché
non
si
può
sapere
con
sicurezza
né
la
carriera
che
sceglierà
,
né
le
idee
cui
sarà
devoto
.
Non
solo
:
ma
mentre
una
volta
,
generalmente
,
si
invecchiava
e
si
moriva
con
idee
presso
a
poco
uguali
a
quelle
della
gioventù
,
-
oggi
è
più
che
probabile
di
cambiare
di
idee
,
o
per
lo
meno
di
modificarle
,
coi
lustri
se
non
cogli
anni
.
Il
progresso
che
avanza
con
velocità
sempre
maggiore
rende
quasi
forzatamente
necessario
il
mutar
opinione
,
e
non
a
torto
un
filosofo
diceva
che
chi
non
cambia
mai
la
propria
opinione
non
può
essere
che
colui
il
quale
non
vuole
o
non
sa
imparar
nulla
.
Un
'
altra
causa
della
mobilità
dei
pubblici
,
che
si
riattacca
alla
prima
e
non
ne
è
che
un
diverso
aspetto
,
consiste
nel
fatto
che
oggi
la
opinione
di
ciascuno
è
messa
a
dura
prova
perché
quotidianamente
insidiata
dal
diffondersi
di
opinioni
diverse
o
addirittura
contrarie
.
Un
uomo
si
conserva
più
facilmente
onesto
,
quanto
minori
sono
le
occasioni
che
lo
tentano
:
un
uomo
si
mantiene
più
facilmente
d
'
un
dato
parere
,
quanto
minori
sono
i
pareri
opposti
che
egli
sente
svolgere
intorno
a
lui
.
Non
occorreva
certo
un
carattere
adamantino
per
serbar
fede
,
in
addietro
,
a
quel
patrimonio
di
idee
in
cui
si
era
nati
e
cresciuti
,
poiché
non
era
frequente
il
caso
che
nuove
correnti
di
idee
venissero
ad
urtare
ed
a
turbare
le
correnti
tradizionali
ed
ereditarie
.
E
,
viceversa
,
non
è
sintomo
di
poca
saldezza
di
carattere
,
oggi
,
il
mutar
opinione
,
poiché
sono
infinite
le
forme
di
suggestione
che
la
nostra
vita
sociale
offre
a
ciascuno
,
per
trascinarlo
a
pensare
e
a
sentire
in
un
senso
piuttosto
che
in
un
altro
.
Tra
queste
forme
di
suggestione
,
la
più
importante
,
quella
che
riassume
e
concentra
tutte
le
altre
,
è
senza
dubbio
la
stampa
.
Non
vi
è
professione
,
non
partito
,
non
scuola
artistica
,
religiosa
o
scientifica
che
non
voglia
avere
il
suo
giornale
o
la
sua
rivista
,
come
non
v
'
è
reggimento
che
non
abbia
la
sua
bandiera
.
Affermarsi
con
un
giornale
è
,
nel
mondo
moderno
,
il
primo
bisogno
di
un
'
idea
che
nasce
,
come
di
ogni
interesse
che
non
vuole
essere
soffocato
da
interessi
rivali
.
Ed
è
perciò
che
si
potrebbe
fare
una
statistica
e
una
psicologia
della
nostra
vita
sociale
,
solo
contando
ed
esaminando
i
giornali
che
vengono
pubblicati
.
Il
sentire
la
imperiosa
necessità
di
possedere
un
proprio
giornale
,
prova
implicitamente
che
ogni
partito
sa
e
crede
che
quello
è
il
modo
migliore
per
formarsi
un
seguito
di
fedeli
.
Sa
e
crede
cioè
,
che
gli
uomini
si
schierano
dietro
un
'
idea
,
non
tanto
,
come
una
volta
,
per
ragioni
ereditarie
e
tradizionali
,
quanto
per
ragioni
attuali
,
di
persuasione
immediata
.
Senonché
-
a
questo
punto
-
ci
si
presenta
formidabile
la
domanda
:
è
il
giornale
o
il
giornalista
che
forma
il
pubblico
,
o
viceversa
?
Dico
formidabile
la
domanda
,
non
tanto
perché
,
secondo
il
mio
parere
,
lo
sia
realmente
,
quanto
perché
tale
è
considerata
in
genere
dagli
scrittori
.
Noi
abbiamo
in
sociologia
molte
di
queste
questioni
,
che
si
potrebbero
tutte
ridurre
a
una
questione
unica
:
se
cioè
sia
l
'
ambiente
che
ha
maggior
influenza
sull
'
individuo
,
o
l
'
individuo
sull
'
ambiente
.
Problemi
,
in
fondo
,
che
servono
soltanto
a
mostrare
l
'
acutezza
psicologica
dei
singoli
avversari
,
i
quali
,
per
sostenere
la
loro
tesi
,
fanno
sfoggio
di
argomenti
e
di
paragoni
bellissimi
,
ma
esagerati
e
paradossali
.
Prendiamo
,
ad
esempio
,
la
cosidetta
teoria
del
grand
'
uomo
.
Secondo
Spencer
che
la
mise
in
ridicolo
,
è
un
errore
attribuire
socialmente
una
grande
influenza
all
'
uomo
di
genio
:
esso
non
è
che
il
prodotto
necessario
dell
'
ambiente
in
cui
sorge
e
,
per
così
dire
,
un
figlio
del
suo
tempo
:
un
uomo
non
attivo
,
ma
rappresentativo
,
come
lo
chiamava
l
'
Emerson
;
un
attore
,
non
un
autore
del
dramma
storico
.
Secondo
altri
,
invece
-
Carlyle
il
primo
-
tutto
ciò
che
noi
vediamo
di
buono
e
di
bello
nel
mondo
è
dovuto
agli
eroi
,
cioè
ai
grandi
uomini
:
l
'
anima
della
storia
intera
non
è
che
la
loro
storia
:
essi
sono
,
per
ripetere
l
'
espressione
di
Stuart
Mill
:
"
il
sale
della
terra
e
senza
di
loro
la
vita
umana
diverrebbe
una
palude
stagnante
"
.
Chi
ha
torto
o
ragione
?
Mi
si
permetta
-
prima
di
rispondere
-
di
ricorrere
a
una
similitudine
,
certo
banale
,
ma
che
ha
,
se
non
altro
,
il
pregio
di
essere
chiara
.
Ogni
uomo
è
il
prodotto
dei
suoi
genitori
;
senza
di
essi
non
esisterebbe
,
e
con
genitori
diversi
sarebbe
diverso
da
quello
che
è
.
Su
ciò
ci
troviamo
senza
dubbio
tutti
d
'
accordo
.
Così
ci
troviamo
certo
tutti
d
'
accordo
nel
credere
che
ogni
genio
sia
il
prodotto
dell
'
epoca
sua
,
e
che
epoche
diverse
producano
genii
diversi
.
Or
bene
,
pur
ammettendo
queste
premesse
che
a
me
paiono
assiomi
,
negheremmo
noi
che
ogni
figlio
-
una
volta
fatto
uomo
-
possa
esercitare
sui
suoi
genitori
una
grande
influenza
?
O
per
il
solo
fatto
ch
'
egli
è
il
prodotto
fisiologico
e
psicologico
di
suo
padre
e
di
sua
madre
,
dovremmo
negare
la
possibilità
di
questa
influenza
?
No
,
non
è
vero
?
Lo
stesso
,
s
'
io
non
mi
sbaglio
,
deve
dirsi
del
genio
.
Napoleone
e
Garibaldi
,
Dante
e
Shakespeare
,
sorsero
quando
sorsero
perché
fatalmente
dovevano
sorgere
,
e
in
questo
senso
è
vero
che
essi
sono
i
figli
del
loro
tempo
,
lo
scorcio
incosciente
in
cui
si
è
,
per
così
dire
,
simbolizzata
l
'
umanità
di
una
data
epoca
;
ma
chi
vorrà
contestare
che
,
pur
essendo
prodotti
necessari
della
storia
,
dettero
poi
essi
stessi
un
nuovo
indirizzo
alla
storia
,
esercitando
nel
mondo
un
grande
impero
materiale
o
morale
?
Scendiamo
ora
da
queste
altezze
,
ove
si
parla
di
genii
e
di
epoche
storiche
,
e
ritornando
al
nostro
più
modesto
argomento
,
parliamo
di
giornalisti
e
di
pubblici
.
I
nomi
saranno
diversi
ma
il
ragionamento
non
muterà
.
Senza
dubbio
,
ogni
pubblico
,
produce
i
giornalisti
che
hanno
i
suoi
istinti
,
le
sue
tendenze
,
le
sue
doti
ed
i
suoi
difetti
;
che
sono
,
in
una
parola
,
creature
sue
;
ma
una
volta
che
il
pubblico
ha
,
per
dir
così
partorito
il
suo
giornalista
,
è
questo
che
,
come
figlio
verso
i
genitori
,
può
cominciare
ad
avere
influenza
sul
pubblico
,
a
dirigerne
e
a
modificarne
le
opinioni
.
In
questo
caso
si
può
dire
che
la
psicologia
del
pubblico
somiglia
a
quella
della
folla
.
Che
cosa
sono
i
meneurs
delle
folle
,
se
non
prodotti
incoscienti
e
istantanei
delle
folle
stesse
?
In
una
moltitudine
assembrata
e
fremente
,
voi
sentite
ad
un
tratto
una
voce
o
un
grido
,
dietro
il
quale
corre
subito
,
con
cieca
ed
uniforme
credulità
,
tutta
la
turba
,
per
dare
sfogo
ai
suoi
sentimenti
di
odio
o
di
amore
.
Di
quella
voce
o
di
quel
grido
non
è
responsabile
l
'
uomo
che
li
ha
lanciati
,
ma
la
misteriosa
anima
della
folla
che
l
'
ha
costretto
a
lanciarli
.
Il
meneur
è
dunque
creato
dalla
collettività
.
Ma
,
appena
creato
,
egli
acquista
un
tal
potere
dispotico
su
coloro
che
lo
attorniano
,
che
può
condurli
ove
vuole
,
ad
eccessi
ed
a
delitti
che
la
folla
non
avrebbe
voluto
né
pensato
mai
di
commettere
.
Il
giornalista
non
è
che
un
meneur
del
suo
pubblico
.
Creato
da
questo
,
può
trascinarlo
al
di
là
di
dove
esso
stesso
voleva
andare
.
V
.
Se
la
logica
,
dunque
,
serve
a
qualche
cosa
,
io
credo
che
essa
ci
dia
il
diritto
di
affermare
che
l
'
opinione
pubblica
è
,
se
non
del
tutto
creata
,
certo
plasmata
,
modificata
e
diretta
dai
giornalisti
.
In
quale
misura
?
Ecco
il
problema
.
Problema
difficilissimo
a
risolvere
,
giacché
-
quantunque
i
fenomeni
di
psicologia
collettiva
somiglino
molto
,
per
i
loro
imprevisti
precipitati
,
ai
fenomeni
chimici
-
pur
tuttavia
è
impossibile
in
psicologia
collettiva
quel
che
è
possibile
in
chimica
:
sapere
cioè
qual
dose
occorra
delle
varie
sostanze
per
ottenere
la
sostanza
nuova
.
Per
uscir
di
metafora
:
come
si
può
determinare
quanta
parte
ebbe
,
nel
creare
una
data
opinione
pubblica
,
l
'
opera
personale
di
questo
o
quel
giornalista
,
e
quanta
parte
l
'
opera
anonima
,
collettiva
ed
istintiva
del
popolo
?
Si
dice
,
per
esempio
*
,
che
la
statistica
degli
abbonamenti
è
un
eccellente
termometro
-
spesso
consultato
-
che
avverte
i
redattori
di
un
giornale
della
linea
di
condotta
da
seguirsi
.
In
questo
caso
è
il
pubblico
che
impone
,
colla
sanzione
economica
,
il
suo
parere
ai
giornalisti
,
non
questi
a
quello
.
E
c
'
è
in
proposito
l
'
esempio
famoso
del
"
Figaro
"
,
che
nel
1897
dopo
aver
pubblicato
i
primi
articoli
di
Emilio
Zola
in
favore
di
Dreyfus
e
di
chi
lo
difendeva
,
mutò
bandiera
per
non
disgustare
i
suoi
abbonati
ed
i
suoi
lettori
*
.
Senza
ricorrere
,
del
resto
,
a
un
fatto
tanto
noto
,
e
compiuto
se
non
altro
con
una
franchezza
che
ne
potrebbe
essere
una
attenuante
,
ognuno
di
noi
-
per
poco
che
abbia
pratica
del
mondo
giornalistico
-
conosce
dei
fatti
analoghi
;
conosce
cioè
dei
giornali
e
,
quel
che
è
peggio
,
dei
giornalisti
,
che
hanno
mutato
o
modificato
le
loro
opinioni
perché
gli
umori
del
pubblico
,
e
quindi
la
cifra
degli
incassi
,
consigliavano
loro
utilmente
di
modificarle
.
Malgrado
questi
fatti
,
io
inclino
però
a
credere
più
frequente
e
più
intensa
l
'
influenza
del
giornalista
sul
pubblico
,
che
non
quella
del
pubblico
sul
giornalista
.
E
non
solo
quell
'
influenza
è
,
secondo
me
,
più
intensa
,
ma
può
essere
anche
moralmente
più
dannosa
.
Ed
ecco
il
perché
.
Il
pubblico
potrà
far
mutare
indirizzo
a
un
giornale
:
noi
riconosciamo
che
questa
è
una
brutta
cosa
per
il
carattere
e
l
'
indipendenza
del
giornale
giacché
è
,
in
fondo
,
una
forma
di
corruzione
.
Ma
è
una
corruzione
che
non
fa
che
una
sola
specie
di
vittime
:
le
facili
coscienze
dei
convertiti
.
Si
tratta
quindi
semplicemente
di
una
questione
di
morale
individuale
.
Se
,
per
tenerci
all
'
esempio
citato
,
i
lettori
del
"
Figaro
"
volevano
che
il
loro
giornale
difendesse
lo
Stato
maggiore
francese
e
ribadisse
la
catena
del
relegato
dell
'
Isola
del
Diavolo
,
e
se
il
Consiglio
d
'
amministrazione
del
grande
giornale
parigino
ha
creduto
suo
interesse
di
accontentarli
,
peggio
per
quei
lettori
,
e
peggio
,
ripeto
,
per
le
coscienze
dei
giornalisti
e
per
l
'
indipendenza
del
giornale
che
a
quel
mutamento
si
sono
adattati
.
Non
c
'
è
altro
da
deplorare
.
L
'
influenza
,
invece
,
del
giornalista
sul
pubblico
può
essere
moralmente
e
materialmente
assai
più
dannosa
,
giacché
il
giornalista
può
mentire
,
può
far
credere
al
suo
pubblico
cose
non
vere
,
e
quindi
traviarne
il
giudizio
;
può
,
insomma
,
commettere
verso
di
lui
molti
delitti
,
sfruttando
la
sua
credulità
e
la
sua
buona
fede
.
C
'
è
forse
il
bisogno
di
portar
degli
esempi
per
provare
quante
imprese
losche
-
finanziarie
e
politiche
-
furono
gabellate
per
buone
al
pubblico
dall
'
arte
sapiente
dei
giornalisti
?
I
Panama
francese
e
italiano
informino
.
Del
danaro
,
molto
danaro
,
moltissimo
danaro
,
e
si
crea
l
'
opinione
pubblica
che
si
vuole
.
Non
parliamo
poi
dei
periodi
elettorali
,
dove
,
oltre
il
danaro
,
sono
in
gioco
mille
passioni
,
non
tutte
nobili
e
pure
.
Come
vi
sono
i
candidati
o
i
loro
grandi
elettori
che
mentiscono
alla
folla
che
ascolta
i
loro
discorsi
,
e
promettono
cose
che
sanno
di
non
poter
mantenere
e
diffamano
i
loro
avversarî
,
-
così
vi
sono
i
giornalisti
dell
'
uno
e
dell
'
altro
campo
che
mentiscono
al
loro
pubblico
per
trascinarlo
a
dare
il
voto
a
Tizio
piuttosto
che
a
Caio
.
Nel
dover
constatare
questi
fatti
dolorosi
c
'
è
una
sola
consolazione
:
ed
è
che
i
giornali
,
come
gli
oratori
,
si
servono
l
'
un
l
'
altro
d
'
antidoto
e
si
neutralizzano
.
Ma
non
resta
men
vero
che
il
pubblico
è
,
in
moltissimi
casi
,
come
la
creta
molle
su
cui
imprime
la
sua
impronta
la
mano
del
giornalista
.
Gabriele
Tarde
colla
sua
abituale
acutezza
diceva
che
-
quasi
a
contrappeso
psicologico
a
questi
delitti
commessi
verso
il
pubblico
-
vi
sono
anche
i
delitti
commessi
dal
pubblico
.
Ed
è
vero
.
Già
,
quel
fenomeno
di
peggioramento
morale
collettivo
che
io
ho
constatato
nella
folla
avviene
fatalmente
anche
nel
pubblico
,
il
quale
non
è
che
una
folla
diffusa
.
Gli
individui
che
compongono
una
folla
od
un
pubblico
-
presi
uno
per
uno
-
sono
,
in
generale
,
buone
e
brave
persone
:
riuniti
insieme
,
si
direbbe
che
le
loro
qualità
migliori
si
elidono
e
si
nascondono
per
lasciare
scorgere
e
sopravvanzare
le
qualità
peggiori
.
Si
svegliano
,
cioè
,
nelle
collettività
-
siano
esse
statiche
come
una
folla
,
o
dinamiche
come
un
pubblico
-
gli
istinti
più
bassi
,
e
delle
stratificazioni
del
carattere
salgono
alla
superficie
le
prime
,
le
più
animali
e
le
più
selvaggie
.
Le
folle
son
più
feroci
e
brutali
,
nella
manifestazione
di
questi
istinti
,
appunto
perché
sono
organismi
atavici
;
i
pubblici
son
meno
brutali
e
feroci
appunto
perché
sono
organismi
moderni
e
civili
.
Le
une
,
nel
loro
parossismo
d
'
odio
,
corrono
all
'
assassinio
;
gli
altri
si
limitano
all
'
ingiuria
e
alla
diffamazione
.
Le
une
uccidono
materialmente
,
gli
altri
si
limitano
ad
uccidere
moralmente
.
Dobbiamo
dire
-
per
questo
-
che
tanto
le
folle
come
i
pubblici
sieno
incapaci
di
slanci
nobili
,
generosi
ed
eroici
?
Nemmeno
per
idea
.
Ma
questi
slanci
sono
rari
,
e
la
regola
è
che
,
nelle
collettività
,
gli
istinti
buoni
rimangono
addormentati
.
Prendete
,
come
esempio
,
le
forme
più
ristrette
e
più
comuni
del
pubblico
:
i
salotti
,
i
clubs
,
ecc
.
;
provate
in
una
conversazione
a
dir
bene
d
'
una
persona
:
qualcuno
farà
eco
,
gli
altri
,
se
non
contraddiranno
,
rimarranno
zitti
e
il
discorso
morirà
ben
presto
.
Provate
invece
a
dirne
male
:
sarà
un
coro
:
ognuno
avrà
il
suo
piccolo
sassolino
da
aggiungere
alla
valanga
del
pettegolezzo
,
e
l
'
argomento
,
state
pur
certi
,
non
si
estinguerà
tanto
presto
.
Bisogna
confessarlo
:
la
leggenda
biblica
è
psicologicamente
verissima
:
i
frutti
dell
'
albero
del
male
sono
assai
più
saporiti
di
quelli
dell
'
albero
del
bene
.
Passiamo
dai
pubblici
ristretti
ai
pubblici
vasti
:
dal
salotto
al
giornalismo
.
Nella
stampa
,
se
si
vuole
veramente
svegliare
l
'
interesse
e
la
curiosità
del
pubblico
,
occorre
creargli
non
un
oggetto
d
'
amore
,
ma
un
oggetto
d
'
odio
.
Piacciono
,
per
dir
il
vero
,
anche
gli
idoli
,
e
vi
si
bruciano
incensi
con
grande
prodigalità
,
ma
finiscono
per
stancare
:
e
d
'
altronde
non
è
sempre
troppa
malignità
il
supporre
che
il
pubblico
crei
degli
idoli
per
darsi
poi
il
divertimento
di
abbatterli
.
Un
'
osservazione
che
non
ho
intesa
fare
a
suo
tempo
da
alcuno
e
che
pure
mi
sembra
semplicissima
,
è
che
l
'
affare
Dreyfus
ha
preso
un
nuovo
slancio
ed
ha
maggiormente
appassionato
il
pubblico
dei
due
mondi
quando
il
fratello
dell
'
infelice
capitano
accusò
Esterhazy
di
essere
l
'
autore
del
bordereau
.
Egli
aveva
trovato
l
'
oggetto
d
'
odio
da
offrire
in
pascolo
al
popolo
.
Fino
allora
si
combatteva
per
l
'
innocenza
di
un
uomo
ma
non
si
conosceva
.
il
nome
del
vero
colpevole
:
era
una
campagna
negativa
,
la
cui
nobiltà
non
poteva
essere
sentita
da
tutti
,
ma
soltanto
da
coloro
che
si
appassionano
idealmente
per
la
verità
e
per
la
giustizia
.
Il
grosso
del
pubblico
,
come
le
folle
a
teatro
,
vuole
che
i
drammi
finiscano
non
solo
col
trionfo
dell
'
innocente
,
ma
anche
colla
condanna
del
colpevole
.
E
la
simpatia
per
Dreyfus
aveva
bisogno
,
per
crescere
,
di
riscaldarsi
al
fuoco
dell
'
odio
contro
Esterhazy
.
Dice
benissimo
il
Tarde
:
"
Scoprire
o
inventare
un
nuovo
e
grande
oggetto
di
odio
per
l
'
uso
del
pubblico
,
è
ancora
uno
dei
mezzi
più
sicuri
per
diventare
uno
dei
re
del
giornalismo
.
In
nessun
paese
,
in
nessuna
epoca
,
l
'
apologetica
ha
avuto
tanto
successo
quanto
la
diffamazione
"
.
Ed
è
questa
considerazione
,
e
nessun
'
altra
,
che
può
spiegare
l
'
enorme
successo
della
stampa
diffamatoria
,
dei
Drumont
,
dei
Rochefort
,
e
di
tutte
le
altre
tigri
letterarie
di
Francia
e
di
altrove
.
Il
pubblico
,
quindi
,
è
per
sé
stesso
un
po
'
delinquente
,
giacché
ha
degli
istinti
e
delle
passioni
basse
ed
impure
.
Nei
periodi
storici
,
durante
i
quali
il
progresso
si
accelera
e
si
acutizza
in
forme
rivoluzionarie
,
il
pubblico
può
diventare
delinquente
davvero
.
Allora
è
facile
che
dalla
ferocia
verbale
passi
alla
ferocia
materiale
e
che
esso
voglia
colpire
,
non
soltanto
a
parole
,
i
suoi
oggetti
d
'
odio
.
Allora
è
facile
che
esso
applauda
chi
propone
,
e
spinga
anzi
a
proporre
,
le
leggi
di
proscrizione
,
le
condanne
,
i
massacri
,
le
persecuzioni
di
qualunque
genere
.
Senza
l
'
esistenza
e
senza
le
provocazioni
di
un
certo
pubblico
,
gli
orrori
della
Rivoluzione
francese
,
come
del
resto
di
tutte
le
rivoluzioni
,
non
sarebbero
stati
possibili
.
Nei
periodi
storici
normali
,
il
carattere
delittuoso
di
certi
pubblici
è
diverso
,
si
vede
meno
,
ma
non
è
per
questo
meno
effettivo
.
Allora
il
pubblico
,
più
che
autore
è
complice
di
delitti
;
non
li
commette
,
ma
sopporta
che
i
suoi
capi
li
commettano
,
e
cerca
nasconderli
o
attenuarli
in
base
a
una
speciale
moralità
che
non
è
altro
se
non
un
interesse
di
partito
.
Da
ciò
,
le
congiure
del
silenzio
su
azioni
non
belle
compiute
da
personalità
politiche
;
da
ciò
,
i
tentativi
di
salvataggio
,
quando
i
nodi
vengono
al
pettine
e
suona
l
'
ora
paurosa
delle
inchieste
.
Ma
il
tema
è
scabroso
,
e
non
è
facile
né
forse
bello
l
'
insistervi
.
Se
vi
sono
dei
pubblici
delinquenti
,
vi
sono
anche
dei
pubblici
pazzi
o
,
per
lo
meno
,
incoscienti
.
Il
pubblico
è
qualche
volta
assalito
di
improvviso
da
un
eccesso
di
follia
,
senza
che
se
ne
possano
spiegare
le
ragioni
:
fenomeno
codesto
che
non
trova
altro
paragone
se
non
in
quelle
folate
di
vento
che
turbano
d
'
un
tratto
la
quiete
dell
'
atmosfera
.
Il
pubblico
greco
che
or
sono
alcuni
anni
impose
al
suo
governo
la
guerra
colla
Turchia
,
era
in
uno
di
questi
accessi
;
e
forse
anche
il
popolo
italiano
traversò
una
fase
di
incoscienza
dopo
il
disastro
di
Adua
,
nel
giudicare
la
responsabilità
della
guerra
e
nel
decidere
la
condotta
che
i
suoi
ministri
dovevano
tenere
.
Meno
gravi
e
meno
importanti
,
socialmente
ma
psicologicamente
simili
,
questi
engoûments
sono
anche
la
caratteristica
dei
pubblici
,
non
politici
,
ma
artistici
e
letterari
.
Viene
alle
volte
un
momento
in
cui
un
letterato
diventa
improvvisamente
di
moda
,
e
per
un
po
'
di
tempo
non
si
parla
che
di
lui
,
non
si
scrive
che
di
lui
;
è
il
re
del
giorno
.
Magari
egli
non
ha
prodotto
nulla
di
nuovo
,
o
l
'
ultimo
suo
libro
è
inferiore
ai
precedenti
:
eppure
soltanto
allora
sembra
che
il
pubblico
s
'
accorga
della
sua
celebrità
.
In
tutti
questi
casi
la
psicologia
dei
pubblici
ritorna
ad
assomigliare
alla
psicologia
delle
folle
,
dove
non
si
sa
come
o
perché
nascano
certi
impulsi
e
scoppino
certe
azioni
violente
,
o
delittuose
o
pazzesche
,
che
nessuna
forza
umana
è
capace
di
moderare
.
E
appunto
in
questi
casi
ritorna
più
imperiosa
la
domanda
:
dietro
ogni
pubblico
non
ci
son
forse
sempre
dei
pubblicisti
che
lo
aizzano
,
come
dietro
ogni
folla
c
'
è
sempre
una
setta
che
ne
è
quasi
il
lievito
?
Qualunque
sia
la
risposta
che
si
voglia
dare
a
questa
domanda
-
e
una
risposta
recisa
,
categorica
,
sarebbe
a
mio
parere
impossibile
-
essa
avrebbe
,
per
lo
scopo
del
nostro
studio
,
una
relativa
importanza
.
A
noi
basta
avere
constatato
che
alcune
volte
-
io
direi
molte
volte
-
è
il
giornalista
che
forma
l
'
opinione
pubblica
.
In
questi
soli
casi
si
può
tentare
di
proporre
qualche
suggerimento
che
serva
a
rendere
più
onesta
e
più
utile
l
'
influenza
del
giornale
,
e
quindi
più
cosciente
e
più
vera
l
'
opinione
pubblica
.
Per
i
casi
in
cui
-
non
il
giornale
esercita
il
suo
potere
di
suggestione
sul
pubblico
,
ma
questo
su
quello
,
-
io
non
vedo
possibilità
di
rimedî
o
consigli
,
se
non
forse
in
una
vasta
e
lunga
opera
di
educazione
e
di
istruzione
popolare
,
che
trascenderebbe
i
limiti
del
nostro
lavoro
.
Se
infatti
voi
credete
che
una
qualsiasi
opinione
si
manifesti
nel
pubblico
,
senza
che
vi
abbia
influito
la
voce
di
alcun
pubblicista
,
per
un
fenomeno
incomprensibile
di
generazione
spontanea
,
voi
potrete
tutto
al
più
studiare
il
modo
e
le
forme
con
cui
questa
opinione
si
è
manifestata
,
ma
non
potrete
consigliare
alcun
mezzo
per
cercar
di
modificare
quell
'
opinione
.
Essa
sarebbe
una
fatalità
,
contro
cui
è
vano
lottare
.
Ma
poiché
,
ripeto
,
se
si
potrà
discutere
sulla
misura
dell
'
influenza
della
stampa
,
non
si
può
certo
discutere
sulla
realtà
effettiva
di
questa
influenza
,
noi
cercheremo
se
v
'
è
un
modo
di
disciplinarla
affinché
essa
adempia
con
maggior
moralità
e
più
coscienza
al
suo
difficilissimo
còmpito
di
creare
la
pubblica
opinione
.
VI
.
È
un
fenomeno
,
in
apparenza
,
un
po
'
strano
che
mentre
lo
Stato
esige
delle
garanzie
intellettuali
e
morali
per
lasciare
esercitare
la
professione
del
medico
,
dell
'
avvocato
,
dell
'
ingegnere
,
dell
'
impiegato
,
non
ne
esiga
nessuna
per
esercitare
quella
del
giornalista
.
Si
direbbe
-
e
perdonatemi
il
paradosso
-
che
lo
Stato
lasci
in
balìa
degli
incompetenti
le
funzioni
più
alte
e
più
difficili
;
lascia
infatti
ai
giurati
(
che
non
hanno
l
'
obbligo
di
essere
giuristi
o
psicologi
)
il
giudicare
della
vita
e
dell
'
onore
dei
singoli
cittadini
;
lascia
ai
deputati
(
che
non
hanno
l
'
obbligo
d
'
aver
fatto
studi
di
sociologia
)
il
giudicare
degli
interessi
collettivi
della
nazione
;
infine
lascia
ai
giornalisti
(
che
non
debbono
dare
nessun
esame
né
presentare
la
fedina
criminale
pulita
)
il
terribile
potere
di
formare
la
pubblica
opinione
.
Con
ciò
-
e
mi
preme
di
dichiararlo
subito
-
io
non
intendo
affatto
di
invocare
delle
leggi
che
restringano
il
diritto
di
diventar
giurato
,
deputato
o
giornalista
.
Io
non
credo
-
o
per
lo
meno
credo
assai
poco
-
alla
valutazione
ufficiale
delle
attitudini
:
credo
invece
che
-
sopratutto
nel
campo
intellettuale
-
imperi
la
legge
di
selezione
e
di
sopravvivenza
dei
più
adatti
.
Lo
Stato
può
distribuire
lauree
e
diplomi
:
chi
,
pur
avendoli
ottenuti
,
non
ne
è
degno
,
muore
ugualmente
di
fame
o
trascina
una
oscura
e
faticosa
esistenza
.
Tutto
ciò
che
ha
il
bollo
governativo
-
laurea
,
esame
,
concorso
-
non
è
in
fondo
che
un
mezzo
per
la
diffusione
di
quella
crisi
di
mediocrità
che
si
va
determinando
oggi
fra
i
notabili
della
borghesia
.
Parmi
però
che
se
sarebbe
del
tutto
inutile
-
oltre
che
ridicolo
-
l
'
esigere
per
il
giornalista
un
diploma
,
non
sarebbe
affatto
inutile
esigere
per
il
giornalista
stesso
una
garanzia
della
sua
moralità
e
della
sua
intelligenza
.
Il
diploma
è
una
responsabilità
indiretta
che
si
assume
lo
Stato
e
che
,
in
pratica
,
non
esiste
:
l
'
obbligo
di
firmare
gli
articoli
sarebbe
-
se
io
non
mi
illudo
-
una
responsabilità
personale
e
diretta
,
che
avrebbe
in
pratica
une
grande
e
benefica
efficacia
.
Tutti
sappiamo
il
feticismo
che
il
popolo
ha
per
ciò
che
è
stampato
:
gran
parte
di
coloro
che
leggono
un
giornale
credono
a
quello
che
leggono
con
fede
cieca
,
lo
reputano
possibile
e
probabile
,
lo
ripetono
,
lo
raccontano
,
lo
ampliano
,
lo
svisano
.
Di
ogni
notizia
stampata
si
può
dire
quel
che
si
dice
della
calunnia
:
anche
se
non
v
'
è
nulla
di
vero
,
ne
resterà
sempre
qualche
cosa
.
Orbene
,
a
me
pare
che
non
bisognerebbe
approfittare
troppo
di
questa
inconscia
credulità
del
pubblico
e
che
il
più
elementare
sentimento
di
lealtà
dovrebbe
consigliare
a
mettere
un
nome
-
ossia
una
persona
che
ne
risponda
-
in
fondo
a
ogni
articolo
.
Così
il
lettore
avrebbe
,
in
quel
nome
,
una
garanzia
,
o
per
lo
meno
un
indice
per
prestare
maggiore
o
minore
fede
a
quello
che
legge
.
Quand
'
io
vedo
sui
giornali
certi
attacchi
violenti
contro
questa
o
quella
persona
,
contro
una
società
,
contro
una
istituzione
,
e
non
trovo
in
calce
all
'
articolo
un
nome
,
mi
vien
fatto
di
pensare
-
per
associazione
di
idee
-
a
una
lettera
anonima
.
Lo
so
:
si
può
obbiettare
che
c
'
è
l
'
organismo
giornale
,
il
quale
risponde
di
quello
che
è
stampato
nelle
sue
colonne
.
Ma
a
che
si
riduce
questa
responsabilità
?
Nel
maggior
numero
dei
casi
il
processo
non
si
vuol
fare
o
non
si
può
fare
perché
mancano
nell
'
articolo
gli
estremi
del
reato
;
ed
è
giusto
,
allora
,
che
si
getti
la
lode
o
il
discredito
senza
che
si
sappia
chi
è
colui
che
loda
o
diffama
?
Nei
casi
in
cui
il
processo
si
fa
,
vi
è
la
magra
consolazione
e
l
'
inutilissima
sanzione
,
di
veder
condannare
il
gerente
che
non
ha
mai
nessuna
colpa
,
o
il
direttore
che
può
non
averla
,
o
-
ipotesi
rarissima
-
l
'
autore
dell
'
articolo
anonimo
,
se
egli
sentirà
il
bisogno
di
rivelarsi
all
'
ultima
ora
,
mentre
avrebbe
dovuto
,
per
lealtà
,
mostrarsi
prima
.
Ma
,
si
dice
,
resterebbe
ad
ogni
modo
la
responsabilità
finanziaria
dell
'
amministrazione
del
giornale
.
Prescindendo
dal
discutere
quanto
sia
effettiva
questa
responsabilità
,
io
domando
:
è
giusto
ed
è
civile
il
ridurre
a
una
responsabilità
collettiva
,
anonima
e
soltanto
finanziaria
,
i
delitti
che
per
mezzo
della
stampa
si
possono
commettere
?
Non
sarebbe
questo
un
risuscitare
l
'
epoca
longobarda
in
cui
anche
gli
omicidii
si
scontavano
soltanto
in
danaro
,
o
,
peggio
ancora
,
l
'
epoca
barbara
,
in
cui
rispondeva
di
un
delitto
non
solo
colui
che
lo
aveva
commesso
,
ma
tutta
la
sua
famiglia
,
tutto
il
suo
clan
?
Intendiamoci
bene
:
io
credo
doveroso
che
l
'
amministrazione
di
un
giornale
risponda
dinanzi
alla
legge
civile
di
tutto
ciò
che
nel
giornale
si
pubblica
:
ma
non
credo
che
questa
responsabilità
sia
sufficiente
,
e
non
credo
equo
che
il
pietoso
velo
di
un
'
anonima
collettività
copra
la
non
bella
figura
dell
'
uomo
che
ha
scritte
cose
degne
d
'
esser
condannate
o
anche
soltanto
di
essere
biasimate
.
La
gogna
è
,
tra
le
pene
più
antiche
,
quella
che
trasformata
civilmente
,
sembra
ancora
a
me
la
più
giusta
.
Si
sappia
pubblicamente
da
tutti
il
nome
di
colui
che
per
vendetta
,
per
invidia
,
o
per
altri
più
bassi
motivi
ha
gettato
il
discredito
su
una
persona
o
ha
ingannato
e
traviato
i
suoi
lettori
.
Questo
è
,
secondo
la
mia
coscienza
,
il
criterio
con
cui
parmi
si
debba
intendere
la
responsabilità
.
Senonché
i
fautori
dell
'
articolo
anonimo
hanno
degli
altri
argomenti
in
favore
della
loro
tesi
.
L
'
articolo
anonimo
,
essi
dicono
,
ha
più
efficacia
sul
pubblico
,
giacché
rispecchia
non
l
'
opinione
singola
d
'
uno
scrittore
,
ma
quella
d
'
un
partito
,
e
giacché
permette
al
giornale
di
mantenere
unità
di
indirizzo
.
Ha
più
efficacia
sul
pubblico
?
Forse
.
Ma
che
genere
d
'
efficacia
?
Io
penso
che
l
'
articolo
firmato
si
possa
paragonare
alla
voce
d
'
un
oratore
,
e
l
'
articolo
anonimo
ad
uno
di
quei
gridi
ignoti
che
escono
spesso
dalla
folla
.
Io
non
nego
che
questo
grido
possa
suggestionare
la
moltitudine
più
di
quel
che
possa
persuadere
il
suo
uditorio
la
parola
di
un
oratore
:
ma
qual
è
la
suggestione
più
cosciente
e
più
onesta
?
Del
resto
si
può
affermare
,
tanto
per
fare
una
frase
,
che
l
'
articolo
anonimo
rispecchia
,
non
l
'
opinione
d
'
una
persona
,
bensì
quella
d
'
un
intero
partito
:
in
realtà
l
'
articolo
è
sempre
scritto
da
una
sola
persona
o
per
lo
meno
sulla
falsariga
delle
idee
suggerite
da
una
sola
persona
,
e
quindi
il
voler
far
credere
che
è
un
'
opera
collettiva
...
come
i
poemi
d
'
Omero
,
è
una
finzione
.
Nessuno
più
di
me
riconosce
,
e
l
'
ho
già
detto
,
che
il
vero
giornalista
è
,
come
in
un
altro
campo
il
vero
artista
,
un
uomo
che
intende
,
riassume
in
sé
ed
esprime
bisogni
,
desiderii
e
pensieri
che
giacciono
confusi
e
diffusi
nella
psiche
collettiva
;
ma
se
egli
ha
questa
dote
felice
di
rendersi
interprete
del
sentimento
di
molti
,
perché
nascondere
il
suo
nome
?
Anzitutto
egli
potrebbe
sbagliarsi
,
e
in
tal
caso
è
bene
si
sappia
che
l
'
opinione
o
il
giudizio
espresso
son
l
'
opinione
ed
il
giudizio
di
un
solo
e
non
di
molti
;
in
secondo
luogo
,
se
egli
veramente
dice
quello
che
molti
pensano
,
dov
'
è
il
danno
che
produrrebbe
la
sua
firma
?
I
giornali
possono
molto
,
ma
possono
molto
anche
i
libri
nella
formazione
e
nella
trasformazione
delle
idee
e
dei
sentimenti
.
E
i
libri
,
specialmente
i
libri
che
hanno
rifatto
la
gente
,
non
sono
anonimi
.
Quanto
al
mantenere
unità
di
indirizzo
al
giornale
,
riconosco
che
il
sistema
di
scrivere
senza
firmare
è
...
il
sistema
ideale
.
Siccome
nessuno
sa
chi
è
colui
che
scrive
,
nessuno
può
rimproverare
a
Tizio
o
a
Caio
di
scrivere
oggi
in
un
giornale
il
contrario
di
quello
che
scriveva
ieri
in
un
altro
.
Io
invece
desidero
che
gli
articoli
sian
firmati
appunto
per
evitare
smistamenti
di
persone
che
,
lavorando
anonimamente
,
possono
,
senza
cadere
in
discredito
,
uniformarsi
all
'
indirizzo
di
un
giornale
che
,
magari
,
poco
prima
,
in
un
altro
giornale
avevano
combattuto
.
E
d
'
altra
parte
,
pur
riconoscendo
che
si
può
onestamente
mutare
le
proprie
opinioni
,
vorrei
che
queste
naturali
modificazioni
del
pensiero
politico
dei
singoli
giornalisti
fossero
compiute
alla
luce
del
sole
e
colla
franca
lealtà
di
chi
non
si
vergogna
d
'
aver
cambiato
parere
.
L
'
articolo
anonimo
è
una
specialità
del
giornale
politico
quotidiano
:
le
riviste
scientifiche
o
letterarie
,
salvo
casi
rarissimi
,
portano
tutti
articoli
firmati
.
Eppure
,
o
appunto
,
l
'
opinione
pubblica
formata
dalle
riviste
,
su
una
qualsiasi
questione
tecnica
,
scientifica
o
letteraria
,
è
sempre
più
equa
,
più
misurata
,
più
cosciente
dell
'
opinione
pubblica
politica
formata
dai
giornali
quotidiani
.
Perché
?
Le
ragioni
sono
evidenti
.
Anzitutto
perché
gli
scrittori
delle
riviste
sono
ritenuti
più
onesti
degli
scrittori
dei
giornali
,
nel
senso
che
si
crede
e
si
sa
che
essi
sostengono
sempre
la
loro
opinione
sincera
,
non
quella
che
in
un
dato
momento
potrebbe
piacere
al
pubblico
,
e
tanto
meno
quella
che
potrebbe
essere
loro
imposta
,
e
magari
pagata
,
da
chi
avesse
interesse
a
vederla
trionfare
.
In
secondo
luogo
,
perché
gli
scrittori
delle
riviste
sono
intellettualmente
migliori
,
cioè
più
competenti
nel
soggetto
che
trattano
,
e
non
fanno
l
'
articolo
(
come
i
giornalisti
)
su
qualsiasi
argomento
,
ad
essi
magari
ignoto
un
'
ora
prima
.
Orbene
,
questa
superiorità
morale
e
intellettuale
che
hanno
incontestabilmente
le
riviste
sui
giornali
quotidiani
è
,
in
fondo
,
dovuta
al
fatto
che
nelle
riviste
gli
articoli
sono
firmati
.
Esigete
la
firma
anche
per
gli
articoli
dei
giornali
quotidiani
,
e
gli
articoli
saranno
migliorati
moralmente
e
intellettualmente
.
VII
.
Arrivato
alla
fine
del
mio
saggio
,
sento
e
prevedo
io
stesso
due
critiche
.
Si
dirà
,
in
primo
luogo
,
che
se
la
stampa
ha
molta
importanza
nella
formazione
dell
'
opinione
pubblica
,
non
ne
è
però
la
causa
unica
:
si
dirà
,
in
secondo
luogo
,
che
il
limitarsi
ad
esigere
che
gli
articoli
sian
firmati
,
dato
che
sia
un
rimedio
,
è
un
rimedio
meschino
di
fronte
al
male
che
il
giornalismo
può
fare
.
Accetto
in
parte
la
prima
critica
,
ma
rispondo
con
le
seguenti
parole
di
Max
Nordau
:
"
L
'
uomo
di
Stato
che
or
sono
circa
60
anni
diceva
che
"
la
stampa
è
il
quarto
potere
"
credeva
di
dire
un
paradosso
;
inconsciamente
pronunziava
una
profezia
.
La
stampa
,
senza
volerlo
,
senza
saperlo
quasi
,
entra
in
concorrenza
vitale
coi
poteri
costituiti
.
Essa
tende
ad
impadronirsi
dei
diritti
del
Governo
,
del
Parlamento
e
dell
'
Accademia
.
Naturalmente
questi
corpi
si
difendono
.
Essi
odiano
la
stampa
perché
sentono
in
lei
la
loro
erede
un
poco
impaziente
.
Ma
il
loro
odio
sarà
impotente
.
Le
stampa
sarà
la
più
forte
.
Poiché
essa
è
la
figlia
delle
condizioni
nuove
della
vita
civile
,
mentre
gli
altri
poteri
sono
stati
creati
da
una
civiltà
che
non
conosceva
ancora
né
ferrovie
,
né
telegrafo
,
né
telefono
,
né
istruzione
obbligatoria
e
universale
.
La
base
sociologica
di
tutte
le
istituzioni
di
una
democrazia
è
l
'
opinione
pubblica
,
vale
a
dire
il
sentimento
e
la
volontà
della
maggioranza
del
popolo
.
Tutto
il
meccanismo
del
parlamentarismo
:
agitazioni
elettorali
,
elezioni
,
Camera
,
regolamento
delle
sedute
,
discussioni
,
votazioni
,
non
sono
che
la
messa
in
opera
dell
'
opinione
pubblica
.
Ma
quanto
pesante
e
fuor
di
moda
è
questa
macchina
!
E
quanto
elegante
,
mobile
,
efficace
,
al
contrario
,
quella
della
stampa
!
Come
incarnazione
del
suffragio
universale
,
essa
è
infinitamente
più
adattata
alle
invenzioni
moderne
che
il
parlamentarismo
!
"
.
È
dunque
perdonabile
se
,
in
questo
primo
abbozzo
d
'
uno
studio
sull
'
opinione
pubblica
,
ci
siamo
fermati
a
considerare
l
'
influenza
della
stampa
che
è
,
nello
stesso
tempo
,
dell
'
opinione
pubblica
la
causa
e
l
'
espressione
più
profonda
e
più
vera
.
Alla
seconda
critica
rispondo
che
,
se
vi
saranno
senza
dubbio
molte
riforme
più
radicali
per
correggere
i
difetti
e
quindi
la
influenza
della
stampa
periodica
,
codeste
riforme
sarebbero
per
le
leggi
che
governano
la
stampa
,
non
per
gli
uomini
che
la
incarnano
e
la
rappresentano
,
ed
io
penso
modestamente
che
occorra
,
oggi
sopratutto
,
mutar
piuttosto
gli
uomini
che
non
le
leggi
.
Le
leggi
,
anche
ottime
,
sono
inutili
,
se
non
dannose
,
quando
son
mediocri
o
cattivi
gli
uomini
che
le
applicano
.
E
se
anche
si
potesse
,
senza
ledere
i
prìncipi
di
libertà
,
escogitare
un
'
ottima
legge
sulla
stampa
,
essa
rimarrebbe
inefficace
se
i
pubblicisti
non
avessero
maggiore
coscienza
e
non
sentissero
maggiore
responsabilità
della
loro
missione
.
Ora
,
a
sviluppare
questa
coscienza
e
a
far
sentire
questa
responsabilità
,
io
non
so
spinta
maggiore
di
quella
che
verrebbe
dall
'
esigere
che
il
pubblicista
mettesse
sempre
il
suo
nome
a
fianco
delle
sue
parole
.
A
poco
a
poco
si
eleverebbe
-
per
eliminazione
degli
indegni
e
dei
mediocri
-
il
livello
morale
e
intellettuale
della
stampa
periodica
,
e
si
darebbe
la
meritata
influenza
sul
pubblico
a
quella
élite
della
intelligenza
che
è
ancora
la
sola
forma
di
aristocrazia
che
possa
avere
dei
diritti
sul
popolo
.
Giacché
,
se
è
vero
che
per
giudicare
della
bontà
di
un
'
idea
basta
contare
i
voti
dei
posteri
,
è
vero
altresì
che
occorre
pesare
quelli
dei
contemporanei
.
E
per
quanto
si
voglia
,
e
si
debba
,
abbassare
e
diminuire
l
'
efficacia
dei
singoli
individui
sull
'
ambiente
che
li
circonda
e
attribuire
tutto
l
'
onore
del
progresso
umano
alle
collettività
,
bisogna
riconoscere
che
l
'
uomo
ha
ancora
un
potere
di
suggestione
personale
,
e
che
sarebbe
dannoso
il
volerglielo
togliere
coll
'
esigere
che
egli
si
nascondesse
sempre
sotto
l
'
anonimo
.
Per
comprendere
quel
che
possa
-
più
che
l
'
idea
,
il
nome
di
colui
che
la
sostiene
e
la
divulga
-
basta
pensare
al
famoso
Io
accuso
!
di
Emilio
Zola
.
La
straordinaria
forza
di
suggestione
di
quell
'
atto
superbamente
bello
,
non
stava
tanto
nel
sentimento
e
nel
pensiero
,
quanto
nell
'
uomo
che
lo
manifestava
:
e
il
bene
immenso
che
ha
fatto
quella
lettera
alla
causa
della
giustizia
e
della
umanità
,
capovolgendo
un
'
opinione
pubblica
iniqua
,
dipendeva
non
dal
contenuto
della
lettera
,
ma
dalla
firma
.
CAPITOLO
QUINTO
Il
Parlamento
e
la
psicologia
collettiva
"
Les
Parlements
ressemblent
à
ces
ruines
que
l
'
on
foule
aux
pieds
,
mais
qui
rappellent
toujours
l
'
idée
de
quelque
temple
fameux
pour
l
'
ancienne
religion
des
peuples
"
.
MONTESQUIEU
,
Lettres
Persanes
Lettre
92
-
Usbeck
à
Rustan
.
Io
non
so
se
,
come
molti
sperano
e
alcuni
credono
,
sia
vicina
l
'
ora
in
cui
il
sistema
parlamentare
dovrà
trasformarsi
o
morire
.
Certo
so
che
non
poche
accuse
vengon
lanciate
contro
di
esso
da
uomini
politici
e
da
pensatori
,
e
che
la
grande
massa
del
pubblico
non
gli
risparmia
critiche
acerbe
e
talvolta
uno
sdegnoso
disprezzo
.
Parmi
però
che
nella
severa
requisitoria
siasi
dimenticata
l
'
accusa
più
grave
.
Finora
si
è
combattuto
il
parlamentarismo
soprattutto
nelle
persone
:
i
deputati
-
si
è
detto
-
non
sono
,
salvo
rare
eccezioni
,
i
migliori
della
nazione
,
sono
spesso
anzi
gente
mediocre
;
conquistano
il
seggio
,
fanno
i
proprî
interessi
non
quelli
degli
elettori
,
o
fanno
gl
'
interessi
di
questi
solo
in
riguardo
al
vantaggio
personale
che
ne
possono
trarre
;
manca
od
è
debole
la
disciplina
di
partito
ove
sarebbe
necessaria
,
e
la
si
ritrova
invece
sotto
la
forma
losca
di
camorra
o
sotto
la
forma
ridicola
di
puntiglio
nelle
questioni
in
cui
le
grandi
idee
politiche
non
entrano
e
gli
estremi
settori
della
Camera
potrebbero
andar
d
'
accordo
senza
offendere
la
logica
e
l
'
integrità
del
carattere
;
il
regionalismo
e
il
campanilismo
,
queste
due
manifestazioni
di
meschino
e
miope
egoismo
collettivo
,
dominano
e
spadroneggiano
insieme
all
'
egoismo
individuale
,
portando
l
'
immoralità
dentro
e
fuori
del
Parlamento
,
e
facendo
del
deputato
,
che
dovrebb
'
essere
un
legislatore
conscio
del
suo
altissimo
ufficio
,
un
uomo
che
rende
molti
favori
nella
speranza
che
a
lui
si
ricambino
con
un
solo
:
eleggerlo
nuovamente
.
E
tutto
ciò
senza
accennare
al
più
brutto
e
pur
troppo
forse
al
non
meno
diffuso
fra
i
vermi
che
rodono
il
sistema
parlamentare
:
la
compera
dei
voti
nelle
elezioni
.
Nessuno
ha
creduto
,
ch
'
io
mi
sappia
,
di
combattere
il
Parlamento
,
anziché
nelle
persone
che
lo
costituiscono
,
nella
sua
essenza
di
organismo
collettivo
.
Nessuno
cioè
si
è
posto
questo
problema
:
dato
anche
,
per
un
'
ipotesi
inverosimile
,
che
tutti
i
singoli
membri
che
lo
compongono
fossero
moralmente
e
intellettualmente
gli
ottimi
della
nazione
,
potrebbe
il
Parlamento
dare
ottimi
risultati
?
In
altre
parole
:
nel
solo
fatto
d
'
essere
una
riunione
di
molti
,
non
è
insita
la
ragione
di
quasi
tutti
i
suoi
difetti
?
A
questa
domanda
noi
tenteremo
di
rispondere
.
I
.
È
un
'
idea
volgare
,
-
che
un
ottimista
potrebbe
attribuire
alla
modestia
umana
,
e
un
pessimista
al
desiderio
di
non
assumere
responsabilità
,
-
il
credere
che
più
persone
sappiano
decidere
meglio
che
una
persona
sola
una
qualunque
questione
.
Quattro
occhi
vedono
più
di
due
,
-
dice
un
proverbio
,
che
è
senza
dubbio
vero
in
molti
casi
ma
è
anche
senza
dubbio
falso
in
molti
altri
,
come
accade
in
genere
di
tutti
i
proverbi
,
nati
dall
'
esperienza
raccolta
su
alcuni
fatti
,
e
non
applicabili
perciò
a
tutti
.
E
allargando
il
principio
contenuto
in
quel
proverbio
,
che
pareva
di
evidenza
assiomatica
,
si
è
venuti
man
mano
in
ogni
ramo
della
vita
civile
costituendo
la
regola
che
le
decisioni
importanti
dovessero
essere
prese
da
un
collegio
di
individui
anziché
da
un
solo
individuo
.
La
magistratura
giudicante
,
popolare
o
togata
,
fu
collegiale
;
i
problemi
che
riguardano
argomenti
di
arte
,
di
scienza
,
d
'
industria
,
d
'
amministrazione
,
furono
sottoposti
al
giudizio
di
Consigli
o
di
Commissioni
;
e
anche
le
leggi
,
che
sono
i
più
gravi
problemi
dei
popoli
,
dovettero
sottoporsi
al
Parlamento
,
ossia
al
voto
di
molte
persone
.
Si
credeva
con
ciò
di
ovviare
ai
pericoli
che
presenta
,
così
dal
lato
morale
come
da
quello
intellettuale
,
il
sistema
di
lasciar
arbitro
un
solo
.
Sommando
più
intelligenze
,
-
dicevasi
,
-
si
avrà
un
risultato
migliore
di
quello
che
darebbe
una
intelligenza
unica
,
e
unendo
più
persone
,
esse
si
controlleranno
a
vicenda
,
evitando
così
le
ingiustizie
,
altrimenti
assai
facili
.
Il
ragionamento
,
-
bisogna
confessarlo
,
-
era
semplice
,
e
in
apparenza
d
'
una
logica
ferrea
.
Ma
era
vero
poi
nella
pratica
?
A
me
pare
di
no
.
Anzitutto
,
per
ragioni
che
chiamerò
estrinseche
e
che
ha
egregiamente
accennate
Aristide
Gabelli
.
"
Si
dice
-
egli
scriveva
-
che
le
Giunte
,
le
Commissioni
,
i
Consigli
,
in
una
parola
i
molti
che
esercitano
il
potere
insieme
,
sono
una
guarentigia
contro
gli
abusi
.
Sarà
anche
vero
.
Ma
prima
bisogna
vedere
se
sono
di
aiuto
all
'
uso
.
Il
fine
per
cui
i
poteri
si
dànno
,
è
infatti
questo
,
che
si
adoperino
.
Quando
le
guarentigie
contro
gli
abusi
son
tali
che
ne
impediscono
l
'
uso
,
diventa
inutile
ancora
il
darle
.
Ora
i
molti
sono
appunto
una
guarentigia
di
questo
genere
,
per
le
partigianerie
e
le
discordie
che
generano
fra
loro
gli
interessi
,
le
opinioni
e
gli
umori
contrarii
;
perché
,
in
mancanza
di
questi
,
uno
viene
,
uno
non
viene
,
uno
è
ammalato
,
un
altro
è
in
viaggio
,
e
di
frequente
tutto
dev
'
esser
rimandato
con
perdita
inestimabile
di
tempo
e
spesso
di
opportunità
e
di
efficacia
;
perché
,
se
è
difficile
di
trovare
in
tutti
l
'
ingegno
,
assai
più
difficile
è
trovare
la
risoluzione
e
la
fermezza
;
perché
,
non
essendovi
responsabilità
personale
,
chi
può
cerca
di
schermirsi
;
perché
chi
ha
il
potere
e
non
l
'
esercita
,
non
è
che
un
impedimento
a
chi
dovrebbe
esercitarlo
;
perché
infine
,
senza
ripetere
ragioni
che
tutti
sanno
,
le
forze
degli
uomini
uniti
si
elidono
e
non
si
sommano
.
Ciò
è
tanto
vero
,
che
moltissime
volte
vien
fuori
una
cosa
mediocre
da
un
consesso
di
tal
natura
che
ognuno
di
quelli
che
lo
compongono
sarebbe
stato
in
grado
di
farla
meglio
da
solo
.
Gli
uomini
,
diceva
Galileo
,
non
sono
come
cavalli
attaccati
a
un
carro
che
tutti
tirano
;
ma
come
cavalli
sciolti
che
corrono
e
uno
dei
quali
guadagna
il
pallio
"
*
.
Quest
'
ultima
idea
che
il
Gabelli
enuncia
soltanto
di
sfuggita
è
,
secondo
me
,
la
più
importante
e
la
più
profonda
.
Sta
bene
il
dire
:
più
intelligenze
sommate
insieme
daranno
un
risultato
migliore
di
quello
che
darebbe
un
'
unica
intelligenza
,
ma
possiamo
noi
in
sociologia
applicare
questi
criteri
puramente
ed
esclusivamente
matematici
?
Io
non
lo
credo
.
"
Que
de
fois
j
'
ai
constaté
-
scriveva
l
'
infelice
Guy
de
Maupassant
,
-
que
l
'
intelligence
s
'
agrandit
et
s
'
élève
dès
qu
'
on
vit
seul
,
qu
'
elle
s
'
amoindrit
et
s
'
abaisse
dès
qu
'
on
se
mêle
de
nouveau
aux
autres
hommes
!
Les
contacts
,
tout
ce
qu
'
on
est
forcé
d
'
ecouter
,
d
'
entendre
et
de
répondre
,
agissent
sur
la
pensée
.
Un
flux
et
reflux
d
'
idées
va
de
tête
en
tête
,
et
un
niveau
s
'
établit
,
une
moyenne
d
'
intelligence
pour
toute
agglomération
nombreuse
d
'
individus
.
Les
qualités
d
'
initiative
intellectuelle
,
de
réflexion
sage
et
même
de
pénétration
de
tout
homme
isolé
,
disparaissent
dès
que
cet
homme
est
mêlé
à
un
grand
nombre
d
'
autres
hommes
"
*
.
Il
Maupassant
non
faceva
che
parafrasare
due
versi
di
Lamartine
:
"
Il
faut
se
séparer
,
pour
penser
,
de
la
fouleEt
s
'
y
confondre
pour
agir
"
.
La
psiche
umana
,
infatti
,
non
è
una
cifra
che
possa
andar
soggetta
alle
leggi
semplici
ed
elementari
della
scienza
dei
numeri
;
è
piuttosto
una
strana
entità
che
si
governa
colle
complicatissime
leggi
della
chimica
e
che
nell
'
associarsi
con
altre
entità
simili
dà
luogo
a
quei
fenomeni
sempre
sorprendenti
,
spesso
inspiegabili
,
che
si
chiamano
combinazioni
e
fermentazioni
.
È
perciò
che
il
risultato
dato
da
una
riunione
di
uomini
non
è
mai
una
somma
,
ma
è
sempre
un
prodotto
,
è
un
quid
ignoto
che
si
sprigiona
-
quasi
improvvisa
scintilla
psicologica
-
dai
diversi
elementi
psichici
individuali
che
si
incontrano
e
si
urtano
.
A
chi
volesse
sapere
il
perché
di
questo
fenomeno
-
certo
da
tutti
osservato
,
-
a
chi
volesse
conoscere
la
ragione
per
la
quale
,
come
dice
sinteticamente
il
Gabelli
,
le
forze
degli
uomini
riuniti
s
'
elidono
e
non
si
sommano
,
noi
non
potremmo
risponder
meglio
che
citando
una
pagina
di
Max
Nordau
,
il
forte
ed
acuto
scienziato
che
ha
il
torto
di
voler
diventare
di
quando
in
quando
un
romanziere
mediocre
.
-
"
Riunite
venti
o
trenta
Goethe
,
Kant
,
Helmholz
,
Shakespeare
,
Newton
,
ecc
..
,
-
egli
scrive
,
-
e
sottomettete
al
loro
giudizio
una
qualsiasi
questione
pratica
del
momento
.
I
loro
discorsi
saranno
forse
diversi
da
quelli
che
potrebbe
pronunziare
un
'
assemblea
di
gente
comune
(
benché
io
non
vorrei
rispondere
nemmeno
di
questo
)
,
ma
quanto
alle
loro
decisioni
io
sono
certo
ch
'
esse
non
differirebbero
in
nulla
da
quelle
di
un
'
assemblea
qualunque
.
E
perché
ciò
?
Perché
ciascuno
dei
venti
o
trenta
eletti
,
oltre
alla
propria
originalità
che
fa
di
lui
un
individuo
eccellente
,
possiede
anche
il
patrimonio
delle
qualità
ereditate
dalla
specie
,
che
lo
rendono
simile
non
solo
al
suo
vicino
nell
'
assemblea
,
ma
anche
a
tutti
gli
individui
sconosciuti
che
passano
per
la
strada
.
Si
può
dire
che
tutti
gli
uomini
allo
stato
normale
posseggono
certe
qualità
che
costituiscono
un
valore
comune
,
identico
,
-
supponiamo
eguale
a
x
,
-
valore
che
è
aumentato
negli
individui
superiori
da
un
altro
valore
,
per
ognuno
differente
,
e
che
per
ciò
deve
esser
indicato
in
modo
diverso
per
ciascuno
di
essi
:
sia
,
per
esempio
,
eguale
a
b
,
c
,
d
,
ecc
.
Ciò
ammesso
,
ne
segue
che
in
un
'
assemblea
di
20
uomini
,
tutti
genii
di
primo
ordine
,
si
avranno
20
x
,
e
soltanto
1
b
,
1
c
,
1
d
,
ecc
.
,
e
necessariamente
le
20
x
,
vinceranno
le
b
,
c
,
d
,
isolate
;
vale
a
dire
l
'
essenza
generale
umana
vincerà
la
personalità
individuale
,
e
il
berretto
dell
'
operaio
coprirà
completamente
il
cappello
del
medico
,
del
pensatore
e
del
filosofo
"
*
.
Queste
parole
,
che
a
me
paiono
un
assioma
piuttosto
che
una
dimostrazione
,
vengono
confermate
,
per
chi
dubitasse
della
loro
esattezza
,
da
una
lunga
serie
di
fatti
.
A
che
si
devono
,
se
non
al
fenomeno
così
acutamente
spiegato
dal
Nordau
,
i
frequentissimi
verdetti
assurdi
dei
giurati
?
Io
ho
visto
assolvere
tre
giovani
che
s
'
erano
,
essi
stessi
,
confessati
colpevoli
d
'
aver
fatto
subire
a
una
povera
ragazza
gli
ultimi
oltraggi
e
di
averla
in
seguito
martirizzata
in
un
modo
osceno
.
Credete
voi
che
i
giurati
,
presi
ognuno
separatamente
,
avrebbero
assolto
quei
tre
miserabili
?
Io
mi
permetto
di
dubitarlo
.
Raffaele
Garofalo
ricorda
un
esperimento
da
lui
fatto
sopra
un
collegio
di
sei
distinti
medici
,
i
quali
,
pregati
di
dare
un
giudizio
su
un
uomo
accusato
di
furto
,
lo
dichiararono
innocente
malgrado
le
prove
evidenti
di
colpabilità
,
e
riconobbero
più
tardi
d
'
essersi
sbagliati
.
In
questi
casi
,
-
e
negli
infiniti
altri
che
si
potrebbero
citare
,
-
è
appunto
il
semplice
fatto
d
'
essere
in
alcuni
invece
che
soli
,
la
causa
del
verdetto
spropositato
.
L
'
unione
di
più
intelligenze
diminuisce
,
anziché
accrescere
,
il
valore
intellettuale
della
decisione
da
prendersi
;
e
come
nell
'
assemblea
di
genii
sognata
da
Nordau
è
probabile
che
il
risultato
sia
quale
potrebbe
darlo
il
cervello
d
'
un
uomo
mediocre
,
così
in
questi
giurì
di
uomini
di
buon
senso
è
facile
ottenere
un
verdetto
che
scenda
non
solo
al
disotto
del
buon
senso
,
ma
anche
al
disotto
del
senso
comune
.
L
'
identico
fenomeno
si
verifica
,
-
e
naturalmente
dovuto
alle
identiche
cause
,
-
in
seno
alle
troppe
Commissioni
artistiche
,
scientifiche
,
industriali
,
che
sono
una
delle
piaghe
più
dolorose
del
nostro
sistema
amministrativo
.
Accade
spesso
che
le
loro
decisioni
sorprendano
il
pubblico
per
la
loro
stranezza
.
Come
è
possibile
,
-
si
dice
-
che
degli
uomini
come
quelli
che
facevan
parte
della
Commissione
abbiano
potuto
emettere
un
giudizio
così
illogico
,
così
falso
?
Come
è
possibile
che
dieci
o
venti
artisti
,
dieci
o
venti
scienziati
,
diano
un
verdetto
che
non
è
conforme
né
ai
principi
dell
'
arte
né
a
quelli
della
scienza
?
L
'
autore
delle
"
Menzogne
convenzionali
"
risponderebbe
che
anche
qui
...
il
berretto
dell
'
operaio
copre
il
cappello
del
professore
.
Melchior
de
Vogüé
,
colla
sua
abituale
acutezza
,
diceva
un
giorno
,
a
proposito
d
'
uno
degli
ultimi
ministeri
francesi
:
-
"
Ces
ministres
,
dont
je
plaisais
à
constater
plus
haut
la
valeur
individuelle
,
ces
hommes
qui
,
pour
la
plupart
,
montrent
dans
leurs
départemens
respectifs
d
'
éminentes
qualités
d
'
administration
,
il
semble
qu
'
une
paralysie
foudroyante
les
frappe
quand
ils
se
trouvent
réunis
autour
de
la
table
du
Conseil
ou
au
pied
de
la
tribune
,
devant
une
résolution
collective
à
prendre
"
.
Orbene
,
nei
Parlamenti
perché
non
dovrà
accadere
la
stessa
cosa
?
Il
ragionamento
del
Nordau
vale
anche
se
al
posto
della
cifra
20
si
mette
quella
di
100
o
di
500
.
Anzi
l
'
aumento
del
numero
non
fa
che
esagerare
e
rendere
più
acuto
il
fenomeno
.
Lord
Chesterfield
,
in
una
lettera
a
suo
figlio
,
constatava
questa
fatale
eliminazione
delle
qualità
migliori
dell
'
intelligenza
in
ogni
numerosa
riunione
di
uomini
.
"
Dopo
di
me
,
-
egli
scriveva
,
-
prese
la
parola
lord
Macclefield
che
ebbe
una
grandissima
parte
nella
preparazione
del
bill
e
che
è
uno
dei
più
grandi
matematici
e
astronomi
dell
'
Inghilterra
,
e
parlò
con
una
conoscenza
profonda
della
questione
e
una
grande
chiarezza
.
Ma
,
malgrado
ciò
,
la
preferenza
fu
data
a
me
,
molto
ingiustamente
,
lo
confesso
"
.
Indi
aggiunge
:
"
Sarà
sempre
così
.
Ogni
assemblea
è
una
folla
;
qualunque
sieno
le
individualità
che
la
compongono
,
non
bisogna
mai
pretendere
da
essa
il
linguaggio
della
ragione
:
una
collettività
d
'
individui
non
possiede
la
facoltà
di
comprendere
...
"
.
L
'
esperienza
popolare
,
del
resto
,
aveva
già
intuito
quello
che
il
filosofo
tedesco
ha
dimostrato
recentemente
e
che
lord
Chesterfield
osservava
fin
dal
1751
.
Un
vecchio
proverbio
dice
:
senatores
boni
viri
,
senatus
autem
mala
bestia
:
e
il
pubblico
oggi
ribadisce
questo
dettato
,
quando
a
proposito
di
certi
gruppi
sociali
afferma
che
,
presi
separatamente
,
gli
individui
che
li
compongono
sono
galantuomini
,
messi
insieme
sono
birbanti
.
Enrico
Ferri
aveva
quindi
ragione
di
scrivere
che
"
la
riunione
di
persone
capaci
non
è
arra
sicura
della
capacità
complessiva
e
definitiva
:
dalla
riunione
di
persone
di
buon
senso
si
può
ottenere
un
'
assemblea
che
manchi
del
senso
comune
,
come
nella
chimica
dalla
riunione
di
due
gaz
si
può
avere
un
corpo
liquido
"
*
.
È
doloroso
ma
è
vero
:
contro
le
leggi
della
logica
matematica
,
l
'
essere
in
molti
,
anche
intelligentissimi
,
non
può
che
condurre
a
un
risultato
intellettualmente
mediocre
.
II
.
Ma
dunque
,
-
dirà
a
questo
punto
il
lettore
il
quale
essendo
,
secondo
Aristotele
,
un
animale
politico
,
vedrà
subito
le
gravissime
conseguenze
politiche
che
possono
derivare
dalle
nostre
osservazioni
,
-
ma
dunque
,
se
voi
condannate
a
priori
le
decisioni
prese
da
più
persone
,
volete
il
ritorno
alla
tirannia
personale
dispotica
,
senza
sindacato
alcuno
e
senza
alcuna
garanzia
?
Volete
far
vostra
la
frase
del
Casti
:
meglio
fra
gli
artigli
di
un
leone
che
fra
le
unghie
di
cento
topi
?
Io
non
dico
questo
perché
la
conclusione
sarebbe
esagerata
e
troppo
assoluta
:
io
mi
limito
a
criticare
quelli
che
credo
difetti
del
sistema
attuale
.
Questo
sistema
è
nato
appunto
,
-
da
una
parte
per
la
ragione
accennata
più
sopra
,
che
in
più
ci
si
vede
meglio
che
in
uno
,
-
e
dall
'
altra
parte
per
reagire
al
pericoloso
vecchio
sistema
tirannico
dell
'
arbitrio
supremo
d
'
un
solo
.
Due
vizî
erano
contenuti
nelle
tirannie
antiche
:
essere
ereditarie
ed
essere
individuali
.
Il
primo
era
senza
dubbio
più
grave
del
secondo
,
-
e
il
mezzo
migliore
ma
quasi
impossibile
per
correggerlo
,
sarebbe
stato
di
attuare
il
sogno
di
Carlyle
facendo
despoti
i
geni
anziché
i
figli
del
despota
precedente
.
Si
è
voluto
invece
correggere
entrambi
quei
vizî
e
sopratutto
il
secondo
e
si
è
dato
il
potere
al
popolo
.
Alla
tirannia
di
uno
si
è
sostituita
quella
di
moltissimi
;
il
pregiudizio
del
diritto
divino
dei
re
,
-
direbbe
Spencer
,
-
è
stato
sostituito
dal
pregiudizio
del
diritto
divino
dei
Parlamenti
.
Un
tempo
si
era
sovrani
per
nascita
,
oggi
lo
si
è
per
numero
.
L
'
aritmetica
ha
detronizzato
l
'
eredità
.
Veramente
ci
sono
ancora
alcuni
solitarii
spiriti
aristocratici
i
quali
non
sanno
vedere
la
ragione
di
questo
scettro
gettato
forse
imprudentemente
alla
massa
.
O
perché
il
voto
di
100
calzolai
dovrà
valere
quanto
il
voto
di
100
uomini
colti
?
-
"
J
'
aime
mieux
faire
ma
cour
à
M
.
Guizot
qu
'
à
mon
portier
"
,
-
diceva
il
Beyle
,
riassumendo
così
con
la
sua
rovente
ironia
l
'
apparente
paradosso
che
,
mettendo
l
'
origine
del
potere
in
basso
,
sembra
asservire
l
'
intelligenza
al
numero
.
Ed
è
nota
l
'
orgogliosa
boutade
di
quell
'
oratore
che
sentendosi
applaudir
dalla
folla
esclamò
interrompendosi
:
"
Mi
applaudono
?
ho
dunque
detto
una
sciocchezza
?
"
.
Insieme
a
lui
sono
molti
gli
ingegni
che
,
sdegnando
l
'
opinione
del
pubblico
,
fanno
proprii
i
versi
superbi
del
poeta
:
"
Rien
ne
me
plaît
,
hors
ce
qui
peut
déplaireAu
jugement
du
rude
populaire
"
.
Ma
hanno
veramente
ragione
queste
anime
sdegnose
e
sono
esse
veramente
sincere
?
Il
filisteo
tanto
disprezzato
non
è
forse
il
fertile
campo
su
cui
esse
lavorano
,
la
condizione
necessaria
della
loro
stessa
esistenza
,
perché
è
a
lui
ch
'
esse
debbono
la
palma
del
trionfo
e
la
consacrazione
della
gloria
?
S
'
io
non
erro
,
in
fondo
a
questa
teoria
come
in
fondo
alla
teoria
di
chi
sostiene
il
diritto
assoluto
della
maggioranza
,
si
cela
un
equivoco
.
Entrambi
,
aristocratici
e
democratici
(
chiamiamoli
così
per
brevità
)
,
hanno
in
parte
ragione
e
in
parte
torto
.
Hanno
ragione
i
secondi
se
fanno
giudice
supremo
la
maggioranza
soltanto
nel
tempo
;
hanno
ragione
i
primi
se
i
secondi
voglion
far
giudice
la
maggioranza
.
non
solo
nel
tempo
,
ma
anche
in
ogni
dato
e
attuale
momento
storico
.
E
mi
spiego
.
Tutto
ciò
che
esiste
e
che
è
opera
dell
'
uomo
,
-
dagli
oggetti
materiali
alle
idee
,
-
non
è
che
l
'
imitazione
o
la
ripetizione
più
o
meno
modificata
di
un
'
idea
già
inventata
da
un
'
individualità
superiore
.
Come
tutte
le
parole
del
nostro
vocabolario
,
oggi
molto
comuni
,
erano
una
volta
neologismi
,
così
tutto
ciò
che
oggi
è
comune
,
era
una
volta
unico
e
originale
.
L
'
originalità
,
-
fu
detto
molto
spiritosamente
,
-
non
è
altro
che
la
première
della
volgarità
.
Se
questa
originalità
non
ha
in
sé
stessa
le
condizioni
di
vita
,
gli
imitatori
mancano
ed
essa
muore
nell
'
oblio
,
come
ricade
nel
nulla
una
commedia
fischiata
alla
sua
prima
rappresentazione
:
al
contrario
se
essa
ha
in
sé
un
sol
germe
di
utile
,
un
'
anima
di
verità
,
gli
imitatori
aumentano
all
'
infinito
come
le
rappresentazioni
d
'
un
dramma
vitale
.
Il
fondo
delle
idee
che
noi
disprezziamo
oggi
come
troppo
volgari
perché
corrono
su
tutte
le
bocche
,
è
dunque
formato
dalle
intuizioni
,
-
un
tempo
miracolose
,
oggi
invecchiate
,
-
dei
filosofi
dell
'
antichità
,
e
i
luoghi
comuni
dei
discorsi
più
ordinari
hanno
cominciato
la
loro
carriera
come
scintille
brillanti
d
'
originalità
.
Ciò
che
non
era
degno
di
vivere
è
morto
,
e
ciò
che
oggi
forma
la
sapienza
e
la
coscienza
della
gran
massa
del
pubblico
è
quanto
di
meglio
i
genii
hanno
inventato
nei
secoli
.
È
quindi
giusto
il
dire
che
nel
tempo
l
'
unico
giudice
d
'
ogni
idea
è
la
maggioranza
.
Essa
sola
col
suo
lento
e
tardo
verdetto
dà
la
sanzione
suprema
a
quello
che
i
grandi
uomini
hanno
creato
o
trovato
.
Ma
se
da
questo
punto
di
vista
,
che
chiamerò
dinamico
,
è
necessario
il
riconoscere
nella
maggioranza
il
diritto
di
giudicare
,
possiamo
noi
riconoscere
egualmente
questo
diritto
dal
punto
di
vista
statico
?
In
altre
parole
,
la
maggioranza
che
è
in
grado
di
giudicare
,
ed
è
anzi
l
'
unico
giudice
,
di
un
'
idea
di
cento
o
di
mille
anni
fa
,
-
è
anche
in
grado
di
giudicare
l
'
idea
di
un
pensatore
contemporaneo
?
Soppressa
la
distanza
nel
tempo
,
in
questo
fenomeno
collettivo
del
pensiero
,
possiamo
noi
dire
che
le
altre
condizioni
rimangano
eguali
?
Evidentemente
la
risposta
non
può
che
essere
negativa
.
Coloro
stessi
che
si
inchinano
al
parere
dato
dalla
maggioranza
su
una
questione
attuale
,
non
possono
disconoscere
che
questo
parere
è
spesso
o
per
lo
meno
alcune
volte
sbagliato
,
mentre
necessariamente
tutti
si
inchinano
al
parere
dato
dalla
maggioranza
,
-
e
in
essa
formatasi
per
lenta
evoluzione
,
-
su
un
'
idea
che
sorse
molti
secoli
addietro
.
Il
numero
,
insomma
,
è
supremo
giudice
dal
punto
di
vista
dinamico
:
non
lo
è
dal
punto
di
vista
statico
.
E
per
esprimermi
con
una
frase
,
forse
in
parte
inesatta
,
ma
che
ad
ogni
modo
intesa
in
senso
relativo
scolpisce
il
mio
pensiero
,
dirò
che
,
se
per
giudicare
di
un
'
idea
basta
contare
i
voti
dei
posteri
,
occorre
pesare
quelli
dei
contemporanei
*
.
Sostenere
che
i
più
,
in
un
dato
momento
storico
,
hanno
sempre
ragione
,
e
i
meno
hanno
sempre
torto
,
è
constatare
un
fatto
politicamente
innegabile
(
e
fatalmente
necessario
)
ma
non
giusto
.
Le
minoranze
invece
,
nel
mondo
come
nei
Parlamenti
,
sono
sempre
state
la
gloria
di
ogni
paese
.
A
priori
quindi
,
il
diritto
della
maggioranza
,
applicato
com
'
è
alla
nostra
vita
politica
,
pare
urti
contro
la
logica
,
giacché
l
'
opinione
dei
più
non
è
in
tutti
i
casi
l
'
opinione
migliore
;
urta
specialmente
quando
si
consideri
che
questo
diritto
della
maggioranza
si
esplica
col
mezzo
dei
Parlamenti
,
cioè
di
numerose
riunioni
di
uomini
,
le
quali
,
-
come
noi
tentammo
dimostrare
più
indietro
,
-
abbassano
sempre
,
per
legge
fatale
di
psicologia
collettiva
,
il
valore
intellettuale
della
decisione
da
prendersi
.
E
non
solo
si
abbassa
necessariamente
il
valore
dei
risultati
,
ma
questi
possono
dipendere
da
cause
improvvise
,
inaspettate
e
sproporzionate
all
'
effetto
che
producono
.
Una
parola
,
un
gesto
,
un
atto
qualsiasi
,
mutano
repentinamente
le
tendenze
di
un
'
assemblea
come
di
una
folla
;
il
contagio
fulmineo
di
un
'
emozione
cambia
in
un
momento
il
parere
di
tutti
,
come
una
folata
di
vento
che
curvi
tutte
da
un
lato
le
cime
di
un
campo
di
biade
;
e
quindi
,
oltre
all
'
abbassamento
del
livello
intellettuale
,
un
'
assemblea
può
andar
soggetta
ad
un
istantaneo
traviamento
intellettuale
:
dare
cioè
dei
risultati
non
soltanto
di
valore
minore
di
quello
che
darebbe
ognuno
dei
suoi
membri
,
ma
altresì
di
valore
totalmente
diverso
.
Ciò
accade
in
ogni
riunione
di
uomini
:
accade
tanto
più
nei
Parlamenti
,
i
quali
,
pel
modo
come
sono
formati
e
per
il
modo
come
decidono
,
rappresentano
e
riuniscono
due
fasi
di
psicologia
collettiva
le
quali
si
sovrappongono
,
o
,
per
usare
un
'
espressione
chimicamente
più
esatta
,
si
combinano
.
Infatti
,
non
solo
le
votazioni
dei
deputati
,
ma
anche
le
elezioni
dei
deputati
sono
dovute
al
giuoco
d
'
azzardo
della
psicologia
collettiva
.
Quali
sono
i
coefficienti
più
importanti
che
concorrono
all
'
elezione
di
un
deputato
,
tralasciando
la
compera
dei
voti
sulla
quale
è
inutile
insistere
,
giacché
per
se
stessa
mostra
il
suo
danno
?
Sono
i
discorsi
e
i
giornali
.
Orbene
,
questi
due
mezzi
di
persuasione
,
o
,
-
dirò
meglio
,
-
di
suggestione
sul
pubblico
,
sono
i
più
forti
e
nello
stesso
tempo
i
meno
sicuri
:
quelli
cioè
che
possono
dare
l
'
esito
più
impreveduto
e
più
illogico
,
appunto
perché
agiscono
(
e
sopratutto
il
primo
)
approfittando
delle
sorprese
della
psicologia
collettiva
.
Senonché
,
a
chiarir
bene
il
mio
concetto
,
qui
ho
bisogno
di
chiedere
al
lettore
ch
'
egli
mi
segua
in
una
breve
parentesi
su
quel
fenomeno
facilmente
osservabile
ma
poco
osservato
,
che
è
la
fisiologia
del
successo
.
III
.
Nel
campo
intellettuale
,
la
figura
che
si
eleva
ha
,
secondo
il
genere
di
arte
o
di
scienza
cui
s
'
è
dedicata
,
diversa
celerità
nell
'
arrivare
alla
notorietà
e
alla
fama
.
Prescindendo
anche
qui
dalla
réclame
che
si
compera
,
noi
possiam
dire
che
la
suggestione
sulla
massa
,
e
quindi
il
successo
può
essere
lento
o
immediato
,
e
generalmente
è
lento
se
la
suggestione
si
esercita
in
modo
diffuso
,
ossia
su
un
individuo
alla
volta
,
immediato
se
si
esercita
in
modo
intenso
,
ossia
su
una
folla
di
individui
insieme
.
Un
libro
,
per
esempio
,
non
è
mai
giudicato
come
un
dramma
;
quello
è
letto
dai
singoli
studiosi
che
nella
quiete
solitaria
della
loro
stanza
possono
spontaneamente
formarsi
un
'
opinione
sincera
;
-
questo
è
ascoltato
dagli
spettatori
riuniti
,
i
quali
si
suggestionano
incoscientemente
a
vicenda
,
e
formano
tutti
insieme
un
mostro
a
mille
teste
che
par
voglia
intimare
al
povero
autore
questo
dilemma
terribile
:
divertimi
o
ti
divoro
!
Le
condizioni
del
giudizio
sono
evidentemente
diverse
.
Qual
'
è
la
migliore
?
Prima
di
rispondere
,
facciamo
un
'
altra
domanda
.
Avete
mai
sottoposto
ad
una
analisi
di
chimica
psicologica
quelli
scoppi
infrenabili
di
entusiasmo
che
,
in
un
teatro
o
in
una
sala
,
coprono
talvolta
sotto
un
uragano
di
applausi
la
fine
di
una
scena
drammatica
o
le
ultime
parole
di
un
discorso
eloquente
?
In
quel
momento
,
il
pubblico
crede
d
'
essere
giusto
e
sincero
,
perché
egli
prova
veramente
l
'
emozione
che
manifesta
;
ma
è
proprio
tutto
merito
del
dramma
o
dell
'
oratore
se
gli
spettatori
sono
giunti
a
quel
grado
di
approvazione
frenetica
,
o
non
c
'
è
forse
invece
qualche
altra
droga
che
ha
contribuito
a
far
spumeggiare
questo
inebriante
vino
dell
'
entusiasmo
?
Nessuno
ignora
la
legge
psicologica
,
di
indiscutibile
verità
,
che
l
'
intensità
di
una
emozione
cresce
in
proporzione
diretta
del
numero
delle
persone
che
risentono
quell
'
emozione
nello
stesso
luogo
e
contemporaneamente
.
Alfredo
Espinas
nel
suo
volume
Des
Sociétés
animales
,
ha
dato
la
prova
matematica
di
questo
fenomeno
:
-
"
Supponiamo
,
-
egli
scrive
,
-
che
l
'
emozione
risentita
da
un
dato
oratore
quando
si
presenta
al
pubblico
possa
essere
rappresentata
dalla
cifra
10
,
e
che
alle
prime
parole
,
ai
primi
lampi
della
sua
eloquenza
,
egli
ne
comunichi
almeno
la
metà
ai
suoi
uditori
che
saranno
,
-
supponiamo
ancora
,
-
300
.
Ognuno
reagirà
con
degli
applausi
o
col
raddoppiare
la
propria
attenzione
e
ciò
produrrà
quello
che
nei
resoconti
dicesi
un
movimento
(
sensazione
)
.
Ma
questo
movimento
sarà
risentito
da
tutti
nello
stesso
tempo
,
giacché
l
'
uditore
non
è
meno
preoccupato
dell
'
uditorio
,
che
dell
'
oratore
,
e
la
sua
immaginazione
è
immediatamente
colpita
dallo
spettacolo
di
queste
300
persone
in
preda
tutte
ad
un
'
emozione
;
spettacolo
che
non
può
non
produrre
in
lui
un
'
emozione
reale
.
Ammettendo
che
esso
non
risenta
che
la
metà
di
questa
emozione
,
la
scossa
da
lui
subìta
sarà
rappresentata
non
più
da
5
,
ma
dalla
metà
di
5
moltiplicata
per
300
,
vale
a
dire
da
750
"
.
Orbene
,
s
'
io
non
m
'
inganno
,
queste
parole
bastano
a
dimostrare
che
tutti
i
giudizi
dati
da
una
folla
sono
fatalmente
esagerati
,
giacché
la
singola
opinione
dell
'
uditore
si
eleva
alla
ennesima
potenza
per
il
solo
fatto
della
presenza
di
altre
persone
.
Il
numero
in
questo
caso
,
è
il
coefficiente
primo
e
più
importante
del
successo
,
il
quale
non
è
certo
creato
da
lui
,
ma
è
però
da
lui
sviluppato
a
proporzioni
che
toccano
talvolta
le
cime
dell
'
inverosimile
.
Non
per
nulla
Luigi
di
Baviera
,
che
era
pazzo
ma
che
era
anche
un
grande
artista
,
e
una
grande
coscienza
d
'
artista
,
voleva
assistere
da
solo
,
nel
teatro
deserto
,
alle
rappresentazioni
delle
opere
di
Vagner
.
Egli
sentiva
che
in
tal
modo
soltanto
,
libero
da
qualunque
suggestione
,
avrebbe
potuto
sinceramente
giudicare
e
godere
le
manifestazioni
del
genio
.
Per
uno
scienziato
o
un
artista
che
si
diriga
al
pubblico
sparso
anziché
al
pubblico
riunito
,
gli
effetti
e
la
misura
del
successo
sono
sostanzialmente
diversi
*
.
Voi
conoscete
la
lettera
che
l
'
Esther
di
Balzac
-
questa
fanciulla
insensibile
e
depravata
che
l
'
amore
purifica
e
innalza
-
scrive
al
suo
amante
prima
di
morire
.
Ella
si
uccide
perché
si
è
venduta
a
Nucingen
per
Rubempré
.
Lascia
al
suo
poeta
settecento
e
cinquanta
mila
lire
,
prezzo
di
questo
mercato
,
e
scherzando
sull
'
orlo
del
sepolcro
affinché
egli
rimanga
men
triste
,
gli
scrive
:
"
Qui
est
-
ce
qui
te
fera
comme
moi
ta
raie
dans
les
cheveux
?
"
Si
dice
che
Balzac
,
leggendo
questa
lettera
ad
alta
voce
,
s
'
interrompesse
,
esclamando
colle
lagrime
agli
occhi
:
"
Comme
c
'
est
beau
!
"
.
Quante
volte
non
è
accaduto
ad
ognuno
di
noi
di
commoverci
-
pur
troppo
non
come
autori
-
alla
lettura
di
certe
pagine
sublimi
?
Ma
quel
fiotto
di
ammirazione
che
ci
saliva
dal
cuore
e
che
,
se
fossimo
stati
in
un
teatro
o
in
una
sala
affollata
,
avrebbe
condotto
istantaneamente
per
sola
virtù
di
contagio
al
delirio
dell
'
applauso
,
si
spegneva
solitario
nell
'
anima
nostra
e
fra
le
pareti
del
nostro
studio
.
L
'
autore
di
un
libro
non
vede
e
non
sa
queste
isolate
manifestazioni
d
'
entusiasmo
:
egli
non
conosce
quel
pubblico
sparso
che
lo
ammira
,
e
,
se
ne
ode
le
singole
voci
,
non
ne
ode
però
la
voce
collettiva
e
grandiosa
.
Egli
non
può
mai
essere
come
un
oratore
o
come
l
'
autore
d
'
un
dramma
o
d
'
un
melodramma
,
il
fuoco
ove
convengono
in
un
unico
istante
tutte
le
impressioni
risentite
da
centinaia
di
uditori
,
centuplicate
,
-
ognuna
di
esse
,
-
sul
suo
valore
effettivo
dal
solo
fatto
della
presenza
di
altri
uditori
;
ed
è
perciò
ch
'
egli
non
gode
mai
la
voluttà
acuta
e
suprema
di
veder
tutto
un
pubblico
commosso
e
delirante
ai
suoi
piedi
,
come
lo
vedono
invece
oratori
e
autori
drammatici
che
valgono
-
talvolta
-
assai
meno
di
lui
.
Altra
cosa
dunque
,
è
agire
su
un
pubblico
riunito
,
altra
cosa
è
agire
su
un
pubblico
diffuso
.
Quale
-
ripeto
-
la
condizione
migliore
?
Soggettivamente
,
non
saprei
.
La
risposta
dipende
dal
temperamento
individuale
.
V
'
è
chi
si
compiace
d
'
essere
travolto
dalle
acclamazioni
di
una
folla
;
v
'
è
chi
si
accontenta
di
conoscere
per
vie
indirette
l
'
ammirazione
che
il
pubblico
gli
tributa
.
Mascagni
e
Zola
possono
essere
ugualmente
soddisfatti
nella
loro
vanità
o
nel
loro
giusto
orgoglio
,
-
l
'
uno
assistendo
a
quell
'
attacco
epilettico
d
'
entusiasmo
che
colpì
i
viennesi
alla
rappresentazione
di
Cavalleria
Rusticana
e
dell
'
Amico
Fritz
,
-
l
'
altro
apprendendo
dal
suo
editore
Charpentier
che
la
Debâcle
in
pochi
mesi
aveva
raggiunto
il
150°
migliaio
.
Sono
due
plebisciti
,
diversi
nella
manifestazione
,
simili
nel
significato
.
Oggettivamente
,
-
non
v
'
è
dubbio
che
il
giudizio
del
pubblico
sparso
è
il
più
sicuro
e
il
più
vero
.
Ho
già
dimostrato
che
il
giudizio
di
una
folla
è
sempre
esagerato
per
la
sola
influenza
del
numero
,
la
quale
eleva
necessariamente
il
diapason
delle
singole
opinioni
individuali
.
Credo
di
poter
aggiungere
che
questo
giudizio
è
anche
spesso
sbagliato
.
La
psicologia
collettiva
rare
volte
è
guidata
dalla
logica
e
dal
buon
senso
.
L
'
occasione
,
il
caso
fortuito
,
l
'
incosciente
,
determinano
nella
maggior
parte
dei
casi
le
sue
manifestazioni
.
Un
grido
di
un
solo
,
forza
a
quel
grido
tutti
gli
altri
.
Il
contagio
dell
'
applauso
o
della
disapprovazione
,
è
fulmineo
,
come
in
una
volata
d
'
uccelli
il
minimo
sbatter
d
'
ali
produce
in
tutti
un
panico
irresistibile
.
E
allora
,
il
giudizio
che
ne
esce
e
che
noi
crediamo
la
somma
dei
giudizi
di
tutti
,
non
è
che
il
parere
d
'
un
solo
il
quale
,
per
l
'
ignoto
fenomeno
della
suggestione
,
è
divenuto
ad
un
tratto
il
casuale
ed
istantaneo
despota
di
tutta
la
folla
.
...
"
J
'
ai
l
'
horreur
des
foules
,
scriveva
Guy
de
Maupassant
:
je
ne
puis
entrer
dans
un
théâtre
ni
assister
à
une
fête
publique
.
J
'
y
éprouve
aussitôt
un
malaise
bizarre
,
insoutenable
,
un
énervement
affreux
,
comme
si
je
luttais
de
toute
ma
force
contre
une
influence
irrésistible
et
mystérieuse
.
Et
je
lutte
en
effet
contre
l
'
âme
de
la
foule
qui
essaye
de
pénétrer
en
moi
...
"
.
Il
fenomeno
più
meraviglioso
che
avviene
nelle
folle
è
appunto
questo
annientamento
delle
singole
personalità
in
una
personalità
unica
,
immensa
,
diversa
da
ognuna
di
quelle
che
la
compongono
.
Si
direbbe
che
ogni
individuo
perde
la
facoltà
di
sentire
e
di
pensare
e
diviene
strumento
cieco
di
un
cervello
e
di
un
'
anima
ignoti
.
Nella
folla
,
un
uomo
applaude
,
fischia
,
grida
viva
o
morte
,
quasi
senza
saperlo
.
Togliete
quest
'
uomo
dalla
folla
,
sottraetelo
a
quel
fascino
,
ed
egli
pel
primo
si
meraviglierà
di
quello
che
ha
fatto
.
S
'
aggiunga
che
dinanzi
ad
una
folla
,
qualunque
manifestazione
dell
'
ingegno
corre
dei
grandissimi
rischi
.
La
psicologia
collettiva
,
-
in
questo
simile
alla
psicologia
femminile
(
mi
perdonino
le
signore
)
-
è
fatta
di
crudeltà
e
di
contraddizioni
,
e
passa
,
o
meglio
,
salta
velocissimamente
da
un
dato
sentimento
al
sentimento
opposto
.
Un
attore
od
un
oratore
che
pronuncino
male
una
parola
,
possono
-
suscitando
,
anche
nel
momento
più
serio
,
una
crudele
risata
-
compromettere
l
'
esito
d
'
una
commedia
o
di
un
discorso
;
un
dramma
che
cominci
con
una
frase
strana
o
che
si
presti
ad
un
giuoco
di
parole
,
può
esser
sicuro
di
non
andar
più
innanzi
.
Prova
ne
sia
il
famoso
"
O
Salamini
!
"
della
tragedia
di
Alfieri
.
Il
ridicolo
-
in
questi
casi
-
uccide
tutto
,
anche
la
gloria
,
checché
ne
dica
M.me
de
Staël
.
Il
giudizio
del
pubblico
sparso
,
quello
che
tocca
ai
libri
,
non
presenta
questi
pericoli
.
Certo
,
anche
per
il
libro
,
il
verdetto
collettivo
si
forma
a
poco
a
poco
,
giacché
tutti
i
lettori
diffusi
si
comunicano
le
loro
impressioni
,
e
i
singoli
pareri
si
fondono
insieme
come
singole
note
che
assurgano
ad
un
unico
accordo
;
ma
è
questo
un
unisono
che
sorge
più
gradatamente
riunendo
opinioni
più
ponderate
e
perciò
meno
facilmente
modificabili
,
anziché
esser
dovuto
a
scoppio
improvviso
di
psicologia
collettiva
incosciente
.
Analogo
all
'
effetto
che
produce
un
discorso
pronunziato
innanzi
a
centinaia
di
individui
riuniti
,
è
l
'
effetto
prodotto
da
un
'
idea
espressa
o
da
una
persona
lodata
in
un
giornale
politico
quotidiano
.
Per
la
psicologia
collettiva
si
può
dire
che
il
giornale
-
in
questi
casi
-
equivale
al
discorso
.
Infatti
l
'
istantaneità
dell
'
impressione
prodotta
dall
'
oratore
su
persone
riunite
,
è
sostituita
da
un
brevissimo
spazio
di
tempo
(
le
2
o
3
ore
posteriori
all
'
uscita
del
giornale
,
entro
le
quali
tutti
l
'
hanno
letto
)
in
cui
l
'
impressione
dell
'
articolo
o
della
notizia
si
diffonde
su
persone
vicine
e
comunicanti
,
per
necessità
di
vita
,
fra
loro
.
Basta
aver
assistito
una
sola
volta
-
alla
capitale
o
in
provincia
,
in
un
caffè
o
alla
farmacia
-
all
'
arrivo
di
un
giornale
aspettato
,
per
convincersi
quanto
sia
grande
l
'
effetto
e
istantanea
la
suggestione
della
notizia
che
interessa
e
che
era
attesa
.
Il
contenuto
dell
'
articolo
passa
di
bocca
in
bocca
con
una
celerità
quasi
eguale
a
quella
con
cui
le
emozioni
si
propagano
in
una
folla
:
i
commenti
favorevoli
o
sfavorevoli
hanno
la
forza
suggestiva
dell
'
applauso
o
della
disapprovazione
che
accoglie
un
discorso
,
e
il
pensiero
di
ognuno
subisce
,
cosciente
o
incosciente
-
una
vera
costrizione
,
come
quella
d
'
ogni
singolo
spettatore
in
un
teatro
o
in
una
assemblea
.
In
una
parola
,
l
'
effetto
del
giornale
è
,
come
quello
di
un
discorso
,
esagerato
e
spesso
anche
fallace
.
IV
.
Ora
,
dopo
la
digressione
,
ritorniamo
al
punto
donde
siamo
partiti
.
Io
dicevo
che
l
'
elezione
del
deputato
è
dovuta
specialmente
alle
forze
di
suggestione
sprigionantisi
da
questi
due
mezzi
:
arte
oratoria
e
giornali
quotidiani
.
È
dovuta
cioè
ai
due
mezzi
che
più
facilmente
e
più
velocemente
costruiscono
quell
'
edificio
che
si
chiama
il
successo
(
edificio
poco
solido
certamente
se
non
è
meritato
,
ma
la
cui
solidità
e
durata
poco
importa
per
gli
effetti
riguardo
ai
quali
noi
lo
studiamo
)
e
che
maggiormente
turbano
,
per
legge
di
psicologia
collettiva
,
la
indipendente
e
sincera
determinazione
dell
'
elettore
.
Che
cosa
avviene
allora
?
Avviene
che
l
'
elettore
,
il
quale
depone
la
sua
scheda
nell
'
urna
e
pare
compia
un
'
azione
libera
ed
isolata
,
non
è
altro
che
un
suggestionato
,
vittima
di
una
suggestione
che
può
essere
oggi
un
discorso
,
domani
un
giornale
.
E
pazienza
fosse
suggestionato
da
un
'
idea
o
da
una
persona
che
valgano
qualche
cosa
,
-
sarebbe
allora
socialmente
utile
la
suggestione
!
-
ma
non
c
'
è
bisogno
d
'
essere
scettici
per
affermare
che
tali
casi
son
rari
.
Nel
nostro
lieto
paese
della
rettorica
sono
molti
quelli
che
sanno
cucire
insieme
un
discorso
ad
effetto
,
e
la
massa
è
abbastanza
ignorante
per
ammirare
coloro
che
tuonano
grandi
frasi
anche
se
non
sanno
far
brillare
nessun
lampo
di
pensiero
.
L
'
arte
oratoria
,
che
è
fra
le
più
nobili
e
le
più
difficili
,
si
abbassa
spesso
alla
volgarità
di
un
semplice
artificio
,
adoperato
per
attrarre
a
sé
gli
uditori
incolti
ed
ingenui
.
"
Un
diluvio
di
parole
sopra
un
deserto
d
'
idee
"
,
ecco
la
frase
terribile
ma
giusta
con
cui
in
molti
casi
si
possono
definire
i
discorsi
dei
candidati
e
quelli
dei
loro
grandi
elettori
.
E
la
potenza
suggestiva
di
questi
discorsi
di
secondo
o
di
terzo
ordine
è
dimostrata
dal
fatto
del
numero
grandissimo
di
avvocati
che
giungono
a
Montecitorio
.
Quanto
alla
stampa
quotidiana
,
-
o
chi
non
sa
quale
valore
abbiano
le
lodi
ch
'
essa
tributa
?
Queste
lodi
,
o
si
pagano
(
in
danaro
o
con
lavori
)
,
o
si
ottengono
per
amicizia
di
qualche
redattore
o
si
scrivono
dagli
stessi
lodati
.
Il
buon
pubblico
di
provincia
crede
alla
sincerità
della
réclame
,
e
non
sospetta
le
piccole
vigliaccherie
e
le
piccole
umiliazioni
che
il
candidato
ha
dovuto
subire
per
far
mettere
vicino
al
suo
nome
un
aggettivo
laudativo
.
E
laggiù
,
nel
piccolo
paesello
,
quando
si
legge
il
giornale
,
l
'
effetto
del
soffietto
è
immancabile
.
Così
,
purtroppo
,
si
fabbricano
i
deputati
,
cui
le
migliaia
di
voti
in
tal
modo
e
con
tali
mezzi
ottenute
(
e
non
parlo
dei
mezzi
delittuosi
)
dànno
l
'
illusione
d
'
essere
dei
grandi
uomini
.
Quando
poi
,
in
un
momento
di
sincerità
e
di
sconforto
,
si
fa
la
fisiologia
del
Parlamento
,
e
si
vede
ch
'
esso
è
in
gran
parte
composto
di
personalità
ignote
o
insignificanti
,
si
dice
,
quasi
argomento
di
meschina
soddisfazione
:
la
colpa
è
del
paese
:
esso
è
stato
interrogato
ed
ha
risposto
con
quella
scelta
.
La
colpa
è
del
paese
,
siamo
d
'
accordo
;
ma
esso
risponde
così
,
cioè
male
,
perché
lo
si
interroga
e
lo
si
obbliga
a
dare
una
risposta
col
mezzo
ingannatore
della
psicologia
collettiva
.
Se
si
potesse
interrogarlo
isolatamente
,
individuo
per
individuo
,
sarebbe
,
io
credo
,
diverso
il
risultato
,
come
sarebbero
meno
frequenti
i
verdetti
assurdi
dei
giurati
,
se
ognuno
di
questi
dodici
valentuomini
potesse
dare
il
suo
voto
senza
soggiacere
alla
mutua
suggestione
dei
colleghi
e
a
quella
dell
'
accusatore
,
del
difensore
e
del
pubblico
.
Il
guaio
è
che
questo
rimedio
è
inattuabile
,
o
almeno
,
io
non
vedo
la
possibilità
d
'
attuarlo
.
Formato
una
volta
il
Parlamento
,
esso
funziona
,
ancora
e
sempre
,
a
base
di
psicologia
collettiva
.
E
il
livello
intellettuale
di
chi
lo
compone
,
già
basso
,
scende
ancor
più
per
la
legge
che
abbiamo
enunciata
.
Gli
uffici
,
le
Giunte
,
le
Commissioni
-
piccoli
Parlamenti
nel
grande
-
moltiplicano
le
probabilità
di
risultati
mediocri
e
di
dolorose
sorprese
.
La
ragione
politica
fa
spesso
passare
sotto
la
sua
bandiera
il
contrabbando
di
molte
illogicità
o
di
molte
ingiustizie
.
Si
sopprimono
o
si
modificano
degli
articoli
di
legge
,
senza
pensare
che
questi
sono
in
relazione
con
altri
che
andrebbero
alla
lor
volta
soppressi
o
modificati
;
si
approva
talvolta
tutto
un
progetto
sol
perché
una
parte
è
ottima
e
deve
essere
approvata
.
E
non
manca
mai
-
nei
momenti
solenni
-
l
'
appello
ai
grandi
nomi
e
alle
grandi
idealità
della
patria
,
per
strappare
al
sentimento
,
e
per
conquistare
d
'
assalto
,
un
'
approvazione
che
il
raziocinio
forse
si
rifiuterebbe
di
dare
.
Ne
segue
che
il
Parlamento
può
in
molti
casi
paragonarsi
a
un
filtro
a
rovescio
:
i
progetti
di
legge
,
anziché
migliorarsi
,
peggiorano
,
attraversando
tutte
quelle
fasi
cui
si
vogliono
assoggettare
.
Vedete
,
per
esempio
.
Un
testo
di
legge
arriva
in
discussione
.
Non
sarà
certamente
un
capolavoro
,
e
si
può
-
a
questo
proposito
-
deplorare
che
i
progetti
non
siano
affidati
a
uno
specialista
della
materia
*
.
Ma
,
ad
ogni
modo
,
il
testo
di
legge
è
stato
redatto
da
persone
competenti
e
presenta
una
certa
coesione
.
Ebbene
:
immediatamente
la
pioggia
degli
emendamenti
si
rovescia
su
quell
'
infelice
progetto
:
alcuni
,
forse
,
ispirati
dal
desiderio
sincero
di
migliorare
la
legge
,
i
più
,
certo
,
dettati
da
secondi
fini
politici
,
e
che
prendono
insidiosamente
pretesto
da
questa
legge
per
tendere
un
trabocchetto
in
cui
cadrà
il
Ministero
.
La
seduzione
d
'
una
frase
felice
,
la
pressione
di
qualche
giornale
,
la
necessità
momentanea
di
non
scontentar
gli
avversari
,
mille
motivi
estranei
all
'
oggetto
vero
della
discussione
,
possono
far
adottare
un
primo
emendamento
.
Il
giorno
dopo
,
dei
motivi
d
'
altro
ordine
ne
faranno
accogliere
un
secondo
,
spesso
contradditorio
al
primo
,
e
votato
da
deputati
assenti
il
giorno
innanzi
e
non
al
corrente
perciò
della
discussione
.
E
così
di
seguito
,
fino
al
momento
in
cui
la
legge
non
sarà
che
un
insieme
confuso
di
articoli
eterogenei
,
un
mostro
dinanzi
al
quale
la
Camera
si
spaventerà
e
ch
'
essa
rimanderà
al
nulla
.
La
Camera
infine
è
psicologicamente
una
femmina
e
spesso
anche
una
femmina
isterica
.
Basterebbe
,
per
provare
la
verità
di
questa
definizione
umiliante
,
osservare
la
differenza
che
esiste
fra
i
deputati
quando
sono
nell
'
aula
,
e
i
deputati
quando
sono
nei
corridoi
.
La
mobilità
straordinaria
della
loro
psicologia
non
ha
davvero
riscontro
altro
che
nei
temperamenti
isterici
.
Gli
uomini
che
voi
avevate
visto
,
un
minuto
prima
,
minacciarsi
colla
voce
e
col
gesto
,
sfidarsi
quasi
cogli
occhi
,
li
vedete
ora
venirsi
incontro
col
sorriso
sulla
labbra
e
stendersi
amichevolmente
la
mano
.
Se
un
ministro
passa
,
coloro
che
lo
coprivan
d
'
ingiurie
,
l
'
accolgono
ridendo
,
si
congratulano
con
lui
per
la
sua
replica
brillante
,
forse
(
ed
ecco
il
veleno
)
trovano
il
modo
di
raccomandargli
una
supplica
.
I
rapporti
sono
mutati
,
e
più
ancora
le
parole
e
i
giudizi
.
I
discorsi
che
si
applaudirono
,
la
proposta
che
si
appoggiò
col
proprio
voto
,
diventano
l
'
oggetto
di
critiche
acerbe
.
L
'
uno
parla
con
ironia
della
dottrina
che
ha
difeso
,
con
amarezza
delle
persone
che
ha
sostenuto
.
Un
altro
si
esprime
con
grande
moderazione
sul
conto
di
uomini
e
di
idee
che
ha
violentemente
attaccato
.
Le
frasi
fatte
che
,
nell
'
aula
,
si
tuonavano
come
fossero
assiomi
,
ora
vengon
messe
in
ridicolo
.
Chi
gridava
che
la
salvezza
era
nella
libertà
,
implora
adesso
un
uomo
,
cioè
una
dittatura
,
per
salvare
la
situazione
.
Verità
-
al
di
qua
della
porta
;
errore
-
al
di
là
.
Da
una
parte
,
il
palcoscenico
,
dall
'
altra
,
la
realtà
delle
cose
*
.
Paul
Bourget
,
mi
pare
,
ha
detto
che
la
vita
è
"
un
volume
de
Labiche
interfolié
par
du
Shakespeare
"
.
Così
,
e
a
maggior
ragione
può
dirsi
della
vita
parlamentare
.
Una
farsa
nei
corridoi
,
una
tragedia
nell
'
aula
.
V
.
Se
questi
sono
i
probabili
risultati
intellettuali
di
un
Parlamento
,
quali
saranno
i
risultati
morali
?
La
riunione
di
molti
,
come
diminuisce
la
forza
del
cervello
,
indebolirà
anche
l
'
energia
del
carattere
?
Pur
troppo
,
oggi
non
si
può
più
discutere
se
il
Parlamento
nel
suo
complesso
risponda
ai
fini
più
alti
della
moralità
:
recenti
dolorosissimi
fatti
vietano
il
dubbio
a
questo
proposito
.
La
discussione
dunque
è
solo
possibile
sulle
cause
di
questa
immoralità
.
La
prima
e
la
più
evidente
si
rintraccia
nel
modo
con
cui
molti
deputati
vengono
eletti
.
Sbalzati
al
seggio
di
rappresentanti
della
nazione
coll
'
appoggio
di
Tizio
o
di
Cajo
,
anziché
per
meriti
proprii
riconosciuti
dal
popolo
,
essi
trascinano
necessariamente
con
sé
la
catena
di
una
riconoscenza
forzata
.
E
questa
riconoscenza
si
traduce
in
favori
che
sono
parzialità
e
ingiustizie
.
Pel
deputato
è
un
obbligo
contraccambiare
le
prove
di
devozione
che
ha
ricevute
:
per
l
'
elettore
è
un
diritto
ricevere
questo
contraccambio
.
Il
mandato
legislativo
viene
così
a
snaturarsi
dalla
base
e
prepara
il
terreno
a
nuove
e
più
grandi
immoralità
.
Queste
-
data
una
tale
predisposizione
-
non
si
fanno
lungamente
aspettare
.
Già
è
cosa
nota
che
la
compagnia
,
di
qualunque
genere
essa
possa
essere
,
aumenta
quella
piccola
o
grande
tendenza
al
male
che
cova
latente
,
come
fuoco
sotto
la
cenere
,
in
ognuno
di
noi
.
Guardate
i
bambini
:
quando
si
trovano
insieme
,
è
allora
che
diventano
più
cattivi
e
più
crudeli
.
Lo
scherzo
un
po
'
ardito
,
il
piccolo
furto
,
la
scalata
d
'
un
muricciuolo
,
che
nessuno
avrebbe
ardito
commettere
e
neppur
pensare
da
solo
,
sono
pensati
e
commessi
quando
trovansi
in
alcuni
od
in
molti
.
Noi
stessi
-
già
uomini
-
dobbiamo
riconoscere
che
se
c
'
è
un
caso
in
cui
possiamo
venir
meno
alle
leggi
della
delicatezza
o
a
quelle
della
pietà
,
è
appunto
quando
siamo
in
alcuni
,
giacché
allora
spunta
in
noi
il
coraggio
del
male
e
giudichiamo
leggermente
l
'
azione
poco
corretta
che
soli
non
saremmo
stati
capaci
di
compiere
.
Chi
non
ha
,
nella
sua
giovinezza
,
qualche
episodio
che
confermi
l
'
esattezza
di
quel
che
siamo
venuti
dicendo
?
Qual
'
è
il
gentiluomo
che
non
ricordi
d
'
aver
commesso
con
dei
compagni
-
e
soltanto
perché
era
con
loro
-
una
birichinata
che
rasentava
l
'
azione
immorale
se
non
il
delitto
*
?
.
La
ragione
di
questi
fatti
,
-
tanto
comuni
da
non
esigere
la
prova
ma
soltanto
un
accenno
,
-
è
anzitutto
aritmetica
.
Come
la
media
di
alcuni
numeri
non
può
evidentemente
essere
uguale
ai
più
elevati
fra
questi
,
così
un
aggregato
di
uomini
non
può
riflettere
nelle
sue
manifestazioni
le
facoltà
più
elevate
proprie
ad
alcuni
soltanto
di
questi
uomini
:
essa
rifletterà
soltanto
le
facoltà
morali
che
si
ritrovano
in
tutti
.
Giuseppe
Sergi
direbbe
,
con
una
sua
bella
e
biologicamente
esatta
similitudine
,
che
le
ultime
e
migliori
stratificazioni
del
carattere
-
quelle
che
la
civiltà
e
l
'
educazione
son
riuscite
a
formare
in
qualche
individuo
privilegiato
-
vengono
ecclissate
dalle
stratificazioni
medie
che
son
patrimonio
di
tutti
,
e
nella
somma
totale
queste
prevalgono
e
le
altre
scompaiono
.
Avviene
cioè
dal
punto
di
vista
morale
ciò
che
noi
osservammo
più
indietro
dal
punto
di
vista
intellettuale
.
La
compagnia
indebolisce
così
il
talento
,
come
i
sentimenti
morali
.
E
ciò
,
anche
per
un
'
altra
ragione
.
Basta
che
-
in
un
aggregato
di
uomini
-
vi
sia
un
malvagio
,
perché
esso
faccia
dei
discepoli
,
degli
imitatori
.
Gli
uomini
,
diceva
il
Bagehot
,
sono
guidati
da
modelli
non
da
ragionamenti
,
-
e
diceva
bene
,
ma
egli
dimenticava
di
aggiungere
che
"
sono
guidati
sopratutto
dai
modelli
cattivi
"
.
È
la
pera
guasta
che
corrompe
le
sane
:
non
s
'
è
mai
visto
che
queste
migliorino
quella
.
Il
microbo
del
male
ha
una
potenza
d
'
espansione
infinitamente
più
grande
di
quella
del
microbo
del
bene
,
dato
che
quest
'
ultimo
esista
,
giacché
mentre
pur
troppo
si
sa
che
molte
malattie
sono
contagiose
,
non
è
ugualmente
provato
che
sia
contagiosa
anche
la
salute
.
È
ben
più
facile
ammalarsi
per
suggestione
,
che
non
guarire
.
È
quindi
più
facile
corrompersi
socialmente
,
che
non
rafforzare
il
proprio
carattere
,
tanto
più
che
la
corruzione
morale
presenta
la
grande
attrattiva
dell
'
interesse
.
Un
minimo
strappo
alla
coscienza
può
significare
un
immenso
vantaggio
economico
,
-
e
nell
'
epoca
borghese
che
attraversiamo
il
danaro
risplende
di
troppo
vivida
luce
per
non
ipnotizzare
anche
coloro
che
si
credono
,
e
sono
fino
ad
un
certo
punto
,
degli
uomini
onesti
.
L
'
ambiente
li
circonda
come
in
una
spira
,
ed
è
veramente
un
boa
constrictor
che
a
poco
a
poco
soffoca
la
delicatezza
,
l
'
onore
,
persino
il
rimorso
.
Chi
può
analizzare
i
modi
in
cui
avviene
questa
degenerazione
?
Anzitutto
,
la
vita
del
deputato
-
intendo
le
ore
passate
nei
corridoi
della
Camera
-
non
è
certo
fatta
per
fortificare
il
carattere
.
In
mezzo
a
quei
discorsi
,
che
si
gabellano
per
idee
politiche
e
non
sono
spesso
che
pettegolezzi
,
la
volontà
si
fonde
in
parole
.
Avvicinando
continuamente
gli
avversari
le
convinzioni
meglio
temprate
si
smussano
,
si
ammolliscono
.
Il
sarcasmo
dei
colleghi
più
astuti
umilia
sulle
prime
gli
ingenui
e
gli
onesti
della
politica
;
le
ribellioni
spontanee
che
questi
hanno
il
pudore
di
fare
,
trova
degli
scettici
,
degli
indifferenti
,
dei
canzonatori
;
la
loro
rigida
onestà
,
dinanzi
a
quel
plebiscito
contrario
,
comincia
a
vacillare
,
ed
essi
si
chiedono
:
se
gli
altri
avesser
ragione
?
E
una
volta
entrato
il
dubbio
-
poiché
dinanzi
all
'
onore
dubitare
vuol
dire
essere
sconfitti
,
-
la
vittoria
dell
'
immoralità
è
sicura
.
Un
piacere
dapprima
,
una
piccolissima
ingiustizia
in
seguito
:
la
breccia
è
aperta
.
E
mano
mano
che
si
procede
per
questa
strada
,
così
ripida
da
esser
certi
che
una
volta
messovi
il
piede
si
precipita
fino
in
fondo
,
la
coscienza
cerca
di
scusare
il
suo
cambiamento
col
più
gesuitico
e
più
inutile
dei
conforti
:
tutti
fanno
così
!
la
mia
responsabilità
,
se
pur
esiste
,
è
infinitesima
.
E
per
tal
modo
,
nel
fatto
d
'
essere
in
molti
,
oltre
la
causa
della
corruzione
trovano
-
ultimo
danno
-
l
'
illusione
d
'
una
scusa
.
I
pochissimi
che
si
salvano
da
questa
lebbra
-
i
refrattarii
-
non
possono
nulla
per
diminuire
l
'
epidemia
.
Raramente
si
fanno
denunciatori
,
perché
il
buono
è
compassionevole
e
-
mi
duole
il
dirlo
-
in
certi
casi
è
anche
vile
.
Viltà
che
in
lui
deriva
da
una
virtù
,
dall
'
esser
pietoso
.
Giudicando
gli
altri
alla
sua
stregua
,
egli
s
'
immagina
e
si
rappresenta
il
dolore
e
l
'
umiliazione
del
malvagio
che
venga
svergognato
,
e
non
osa
gettargli
in
faccia
l
'
accusa
.
Come
per
essere
eroi
sul
campo
di
battaglia
bisogna
essere
un
po
'
crudeli
,
così
per
essere
coraggiosi
e
franchi
nel
mondo
politico
,
bisogna
esser
privi
di
una
certa
delicatezza
di
sentimento
.
E
solo
un
alto
,
imperioso
dovere
può
vincere
questo
riserbo
e
far
d
'
un
collega
un
accusatore
.
La
conseguenza
è
che
i
buoni
,
col
loro
contegno
negativo
,
facilitano
le
losche
imprese
ai
malvagi
e
a
tutti
quei
deboli
,
quegli
uomini
arbusti
,
come
direbbe
Balzac
,
che
piegano
ove
il
vento
spira
,
e
ove
vogliono
i
forti
.
Si
forma
così
a
poco
a
poco
una
associazione
non
confessata
,
latente
,
incosciente
anche
,
se
vogliamo
,
la
quale
stende
la
sua
invisibile
rete
su
tutta
la
vita
pubblica
.
È
una
potenza
che
non
si
ha
il
coraggio
di
nominare
,
ma
che
si
conosce
:
è
una
forza
che
non
si
vede
,
ma
che
si
sente
:
assomiglia
a
quelle
acque
sotterranee
che
non
si
sospettano
alla
superficie
ma
che
costituiscono
la
causa
della
vegetazione
che
cresce
sul
suolo
.
E
quella
vegetazione
è
il
favoritismo
,
l
'
immoralità
,
il
delitto
.
Il
pubblico
sa
che
per
ottenere
qualche
cosa
basta
rivolgersi
a
un
deputato
:
sia
anche
contro
giustizia
,
non
importa
;
e
il
deputato
chiede
,
prega
,
impone
ed
ottiene
.
Ottiene
dal
Governo
ipotecando
il
suo
voto
(
salvo
poi
a
tradire
quando
senta
l
'
odor
di
cadavere
)
-
ottiene
dalle
banche
,
vendendo
il
fumo
della
sua
influenza
,
-
ottiene
dalla
burocrazia
,
facendo
brillare
l
'
oro
della
sua
medaglietta
e
il
titolo
d
'
onorevole
,
così
poco
meritato
.
Ai
ministeri
vi
sono
volumi
che
contengono
le
raccomandazioni
dei
deputati
e
nessuno
si
meraviglia
che
sia
così
.
E
il
Governo
che
sa
e
tollera
tutte
queste
cose
-
e
le
tollera
perché
ne
trae
dei
vantaggi
-
non
teme
certi
oppositori
alla
Camera
,
giacché
sono
troppo
legati
a
lui
da
legami
inconfessabili
per
avere
l
'
audacia
di
dire
tutta
ed
intera
la
verità
.
Sotto
le
invettive
più
forti
degli
oppositori
-
fatte
pour
la
galerie
,
per
ingannare
gli
ingenui
-
sta
l
'
accordo
e
la
congiura
del
silenzio
.
Essi
non
possono
rivelare
tutti
i
reati
degli
avversarii
perché
nella
rovina
verrebbero
travolti
come
complici
anche
loro
.
È
questa
la
vera
delinquenza
politica
moderna
,
fatta
di
sotterfugi
e
di
ipocrisie
,
delinquenza
settaria
di
quei
pochi
che
arrivarono
in
alto
,
e
che
fa
degno
riscontro
alla
delinquenza
settaria
delle
infime
classi
sociali
.
Queste
,
più
franche
,
adoperano
la
violenza
,
e
i
loro
mezzi
di
lotta
si
chiamano
l
'
assassinio
e
la
dinamite
;
quelli
,
più
gesuiticamente
civili
,
adoperano
le
astuzie
,
e
i
loro
mezzi
di
lotta
si
chiamano
l
'
appropriazione
indebita
,
il
falso
,
la
frode
.
Immoralità
di
persona
-
immoralità
di
partito
-
immoralità
di
governo
,
-
tutto
questo
è
la
conseguenza
necessaria
e
fatale
di
un
sistema
che
pare
creato
apposta
per
peggiorare
gli
uomini
anziché
migliorarli
.
Il
deputato
-
prima
di
diventare
tale
-
stigmatizza
il
contegno
e
la
condotta
di
quelli
che
erano
allora
deputati
;
come
i
ministri
,
prima
di
essere
tali
,
cioè
dai
banchi
dell
'
opposizione
,
gridavano
contro
il
Governo
.
Gli
è
che
,
non
essendo
ancor
presi
nei
denti
della
ruota
fatale
,
avevano
l
'
illusione
che
vi
si
potesse
resistere
.
Non
sapevano
che
la
politica
è
una
lenta
depravazione
cui
pochissimi
sanno
sfuggire
;
e
anche
i
migliori
,
quando
venivano
dalle
lontane
provincie
con
alti
ideali
e
con
sogni
rosei
,
non
sospettavano
che
alla
luce
che
li
attirava
avrebbero
bruciata
la
loro
onestà
.
VI
.
La
requisitoria
è
finita
,
ed
il
modesto
pubblico
ministero
che
l
'
ha
pronunciata
dovrebbe
ora
,
invece
che
richieder
la
pena
,
indicare
i
rimedii
al
male
che
ha
lamentato
.
Veramente
questo
male
ha
cause
così
profonde
e
così
radicate
nella
natura
umana
che
l
'
eliminarle
sembra
difficile
.
Esso
potrebbe
paragonarsi
alla
morte
,
il
fenomeno
fatale
di
cui
si
cerca
sempre
di
attenuare
la
gravità
,
ma
che
non
si
può
sopprimere
.
Chi
oserebbe
combattere
il
diritto
supremo
della
maggioranza
e
conseguentemente
il
potere
dei
Parlamenti
?
E
qual
rimedio
è
possibile
al
fatto
che
ogni
riunione
,
ogni
gruppo
di
uomini
è
moralmente
e
intellettualmente
inferiore
agli
elementi
che
lo
compongono
,
se
la
vita
sociale
altro
non
è
che
la
risultante
o
il
complesso
di
tutti
questi
infiniti
gruppi
che
in
essa
si
agitano
,
e
che
si
chiamano
classi
,
chiese
,
associazioni
,
partiti
?
Il
rimedio
evidentemente
non
c
'
è
,
e
la
constatazione
di
questa
verità
dolorosa
è
forse
l
'
ipotesi
più
pessimista
che
si
sia
mai
formulata
.
Unirsi
nel
mondo
umano
vuol
dire
peggiorarsi
;
che
cosa
volete
di
più
desolante
?
Gabriele
Tarde
-
quand
'
io
esposi
per
la
prima
volta
una
tale
idea
-
ne
trasse
,
con
quell
'
acume
logico
che
non
è
l
'
ultimo
dei
suoi
pregi
,
una
deduzione
assai
ardita
.
"
Segnalo
-
egli
scriveva
-
senza
insistervi
,
la
portata
inattesa
di
cui
quest
'
idea
è
suscettibile
se
la
si
estende
al
di
là
dell
'
umanità
.
Tutti
sanno
che
gli
organismi
sono
stati
considerati
a
ragione
come
delle
società
di
cellule
,
e
le
cellule
come
società
di
molecole
.
Ora
,
supponiamo
che
il
nostro
principio
si
applichi
a
queste
società
biologiche
o
chimiche
,
supponiamo
cioè
che
anche
in
queste
l
'
aggregato
non
sia
superiore
ai
suoi
elementi
,
che
gli
sia
anzi
inferiore
o
tutto
al
più
eguale
;
noi
vediamo
allora
l
'
Universo
intero
apparirci
sotto
un
nuovo
aspetto
,
ed
è
al
perfezionamento
del
microscopio
,
non
del
telescopio
,
che
noi
dovremo
domandare
la
rivelazione
delle
più
mirabili
meraviglie
del
mondo
.
Forse
,
infatti
,
fu
in
virtù
di
un
puro
pregiudizio
ingiustificato
che
l
'
io
dell
'
atomo
si
ritenne
sempre
più
semplice
,
più
meschino
,
più
basso
dell
'
io
animale
od
umano
.
Forse
,
nel
fondo
nascosto
degli
esseri
viventi
,
nelle
loro
intimità
elementari
,
vive
e
si
diffonde
invisibilmente
assai
più
di
intelligenza
e
di
arte
che
non
alla
superficie
"
*
.
Ma
arrestiamoci
sulla
china
di
queste
congetture
paradossali
*
.
La
inverosimiglianza
della
nostra
teoria
quando
vien
portata
agli
estremi
nulla
toglie
alla
sua
verità
quando
la
si
applichi
ai
casi
cui
noi
l
'
abbiamo
applicata
.
Che
una
riunione
di
uomini
sia
nei
suoi
risultati
collettivi
peggiore
della
media
dei
singoli
che
la
compongono
,
è
un
'
affermazione
di
cui
ci
lusinghiamo
d
'
aver
portato
le
prove
e
di
essa
ci
accontentiamo
.
Quanto
al
diritto
della
maggioranza
,
pur
tralasciando
di
notare
ch
'
esso
si
esplica
col
mezzo
dei
parlamenti
cioè
della
psicologia
collettiva
,
fu
anch
'
esso
combattuto
teoricamente
e
praticamente
.
Infatti
è
riposta
in
lui
la
prima
fondamentale
ragione
della
bassezza
politica
a
cui
siamo
scesi
.
"
Il
governo
della
mediocrità
-
scriveva
lo
Stuart
Mill
-
non
può
essere
che
un
governo
mediocre
.
Nessuno
Stato
governato
dalla
democrazia
o
da
una
aristocrazia
numerosa
,
ha
mai
potuto
sollevarsi
al
disopra
della
mediocrità
,
né
nella
sua
condotta
politica
,
né
nelle
sue
opinioni
e
nei
suoi
costumi
,
se
non
là
dove
il
popolo
sovrano
si
è
lasciato
guidare
dai
consigli
e
dall
'
influenza
di
un
uomo
o
di
alcuni
uomini
superiori
"
*
.
Stuart
Mill
adunque
,
condannava
in
modo
assoluto
il
governo
dei
molti
,
soltanto
ammetteva
la
possibilità
di
un
'
eccezione
:
"
quando
il
popolo
sovrano
si
lasciasse
guidare
da
un
genio
"
.
Ma
in
tal
caso
,
invece
che
di
un
'
eccezione
,
non
si
tratta
forse
di
una
conferma
della
regola
stabilita
?
Sappiamo
anche
noi
che
molte
volte
le
assemblee
politiche
possono
sollevarsi
ad
altezze
sublimi
di
pensiero
o
di
sentimento
,
quando
le
infiamma
la
parola
fascinatrice
di
un
Mirabeau
o
l
'
idea
grandiosa
di
un
Camillo
Cavour
,
-
ma
che
cosa
provano
questi
fatti
in
favore
del
diritto
della
maggioranza
?
Non
provano
nulla
,
perché
in
tali
casi
non
è
la
voce
della
maggioranza
quella
che
s
'
impone
,
ma
il
dispotismo
d
'
un
solo
,
dispotismo
che
si
fonda
,
anziché
-
come
un
tempo
-
sulla
forza
materiale
,
sulla
suggestione
incosciente
.
Tutte
le
volte
che
un
'
assemblea
ha
proclamato
una
verità
o
conquistato
un
diritto
,
tutte
le
volte
insomma
ch
'
essa
non
è
stata
mediocre
nelle
sue
manifestazioni
,
ha
dovuto
seguire
-
come
l
'
ipnotizzato
il
suo
ipnotizzatore
-
un
uomo
che
la
affascinava
e
intellettualmente
la
possedeva
.
Voi
potete
dire
-
in
tali
casi
-
che
il
risultato
è
dovuto
all
'
assemblea
o
alla
sua
maggioranza
.
È
un
'
illusione
.
Quel
risultato
fu
voluto
da
un
solo
,
e
da
lui
imposto
,
per
forza
suggestiva
,
a
coloro
che
lo
attorniavano
*
.
La
vita
sociale
-
e
quindi
anche
la
vita
politica
-
si
impernia
sul
fenomeno
della
suggestione
.
Felici
le
epoche
e
i
popoli
che
posseggono
un
genio
il
quale
polarizza
tutti
i
desideri
,
tutti
i
sentimenti
,
e
si
trae
dietro
ciecamente
la
folla
!
Ma
sono
casi
rari
codesti
nella
vita
delle
nazioni
,
e
quando
il
genio
non
c
'
è
,
quando
manca
questo
fuoco
in
cui
attirare
tutte
le
energie
individuali
,
abbiamo
veramente
il
regno
delle
mediocrità
,
perché
la
forza
di
suggestione
,
invece
di
individualizzarsi
,
si
diffonde
e
si
disperde
,
dando
luogo
alle
mille
sorprese
della
psicologia
collettiva
.
Gli
è
in
questi
casi
-
che
sono
i
più
comuni
e
i
più
normali
-
che
si
verificano
nei
Parlamenti
gli
effetti
dolorosi
che
abbiamo
notati
,
ed
è
per
questi
casi
che
-
non
un
vero
rimedio
-
ma
almeno
un
'
attenuazione
del
male
si
troverebbe
nel
diminuire
il
numero
dei
deputati
.
Se
,
per
esempio
,
i
rappresentanti
della
nazione
fossero
ridotti
a
100
,
è
certo
che
la
media
di
questi
100
sarebbe
superiore
intellettualmente
e
moralmente
alla
media
dei
500
deputati
attuali
.
E
perché
?
Perché
limitando
il
numero
,
è
difficile
che
rimangano
fuori
i
buoni
,
ed
è
invece
facile
,
per
fortuna
,
che
siano
esclusi
i
cattivi
.
Quando
i
posti
sono
troppi
la
zavorra
vi
entra
quasi
necessariamente
.
Bisogna
pur
eleggere
il
deputato
!
e
se
non
c
'
è
chi
merita
d
'
essere
eletto
,
bisognerà
accontentarsi
del
primo
venuto
.
Avviene
per
i
seggi
al
Parlamento
,
quello
che
accade
per
le
cattedre
alle
Università
.
Fin
che
queste
saranno
troppe
,
vedremo
molti
professori
che
non
meritano
d
'
esser
tali
;
diminuite
le
cattedre
,
e
i
migliori
si
faranno
avanti
,
occuperanno
i
posti
,
e
la
media
del
corpo
insegnante
sarà
migliore
.
Poi
,
con
un
numero
di
deputati
più
limitato
si
eviterà
un
altro
inconveniente
.
Oggi
basta
che
una
persona
si
elevi
in
qualunque
ramo
della
scienza
o
dell
'
arte
,
perché
la
sua
provincia
,
la
sua
città
-
che
sono
un
po
'
vane
del
loro
concittadino
,
come
le
madri
del
figlio
che
ha
fatto
buona
riuscita
-
si
credano
in
obbligo
di
gettarlo
entro
la
caldaia
di
Montecitorio
.
È
un
uomo
d
'
ingegno
.
E
sta
bene
.
Ma
forse
perché
fa
dei
bei
versi
o
dei
buoni
libri
,
sarà
anche
un
operoso
ed
utile
uomo
politico
?
Generalmente
è
il
contrario
.
E
così
si
crea
un
deputato
mediocre
,
strappando
all
'
arte
o
alla
scienza
un
ottimo
artista
o
un
egregio
scienziato
.
No
.
Alla
politica
si
dedichi
chi
vuole
,
e
gli
elettori
mandino
in
Parlamento
chi
ha
mostrato
d
'
aver
doti
politiche
.
Non
crediamo
che
a
reggere
il
popolo
o
a
far
delle
leggi
basti
della
gente
d
'
ingegno
.
È
un
ingegno
speciale
che
occorre
,
come
per
tutte
le
professioni
.
Altrimenti
noi
vedremo
degli
avvocati
,
ministri
o
viceministri
alla
marina
o
al
tesoro
,
degli
ingegneri
alla
grazia
e
giustizia
e
dei
signori
che
spropositano
allegramente
al
ministero
dell
'
istruzione
pubblica
.
Col
numero
di
posti
limitato
,
questi
smistamenti
saranno
più
rari
e
men
facili
,
e
ci
guadagneranno
tutti
in
omaggio
alla
legge
della
specificazione
del
lavoro
.
Aggiungete
che
si
renderà
finalmente
possibile
il
pagare
un
'
indennità
ai
deputati
,
obbligandoli
a
non
fare
che
il
deputato
.
La
qualità
di
rappresentante
del
popolo
,
che
adesso
è
una
sinecura
e
non
serve
che
per
ottenere
ovunque
scappellate
e
facilitazioni
,
diverrà
una
carica
che
esige
del
lavoro
;
la
responsabilità
divisa
in
100
invece
che
in
500
sarà
più
fortemente
sentita
,
e
gli
eletti
dovranno
occuparsi
delle
cose
importanti
e
di
interesse
veramente
generale
,
lasciando
che
ogni
provincia
provveda
autonoma
e
indipendente
ai
proprii
interessi
particolari
,
lasciando
soprattutto
ai
faccendieri
di
fare
in
Roma
i
commessi
e
i
corrispondenti
degli
elettori
per
le
loro
esigenze
meschine
e
personali
.
E
allora
forse
un
miglioramento
ci
sarà
;
e
questo
ormai
vecchio
organismo
parlamentare
,
semplificandosi
,
potrà
vivere
senza
infamia
e
forse
con
lode
.
Io
credo
che
di
esso
si
possa
dire
come
di
certi
veleni
,
i
quali
uccidono
o
rinforzano
secondo
le
dosi
in
cui
vengono
adoperati
.
Ora
la
dose
o
,
per
lasciar
la
metafora
,
l
'
estensione
e
l
'
importanza
che
il
parlamentarismo
è
andato
prendendo
,
è
così
grande
che
minaccia
di
uccidere
la
vita
pubblica
.
Chissà
che
,
limitando
la
dose
,
non
possa
,
invece
che
ucciderla
,
rinforzarla
.
CAPITOLO
SESTO
L
'
intelligenza
e
la
moralità
della
folla
.
POLEMICA
.
Poiché
,
come
ho
detto
nella
Prefazione
,
questo
libro
vuole
avere
anzitutto
un
valore
di
documento
per
la
storia
della
psicologia
collettiva
,
riproduco
qui
integralmente
una
polemica
svoltasi
parecchi
anni
or
sono
intorno
al
problema
dell
'
intelligenza
e
della
moralità
della
folla
,
fra
me
,
Enrico
Ferri
,
Gabriele
Tarde
,
Pio
Viazzi
e
Silvio
Venturi
.
I
.
Lettera
di
Scipio
Sighele
a
Gabriele
Tarde
.
Illustre
Signore
ed
Amico
,
È
una
fortuna
ed
un
onore
per
me
,
che
voi
vi
occupiate
da
qualche
tempo
della
criminalità
collettiva
,
tema
cui
io
vado
dedicando
i
miei
studi
assidui
e
il
mio
povero
ingegno
.
Una
fortuna
,
perché
,
nel
difficile
lavoro
,
voi
mi
siete
spesso
una
guida
geniale
,
sempre
un
critico
acuto
e
sottile
;
un
onore
,
perché
l
'
interesse
che
dimostrate
per
quel
soggetto
,
mi
prova
che
non
fece
opera
inutile
chi
pel
primo
attirò
su
di
esso
l
'
attenzione
degli
studiosi
.
In
uno
dei
vostri
ultimi
articoli
*
,
che
sono
ricami
psicologici
deliziosi
per
la
soavità
delle
tinte
,
voi
vi
occupate
della
folla
non
solo
dal
punto
di
vista
morale
,
ma
anche
dal
punto
di
vista
intellettuale
,
e
poiché
su
questo
argomento
parmi
d
'
aver
qualche
cosa
da
dire
,
mi
son
permesso
di
dirigervi
questa
lettera
,
che
voi
leggerete
-
spero
-
con
quell
'
indulgenza
che
è
una
dote
naturale
nelle
individualità
superiori
.
Io
non
so
se
sia
vera
la
teoria
un
po
'
paradossale
sostenuta
da
alcuni
,
che
il
progresso
consista
nel
ritornare
all
'
antico
:
certo
mi
sembra
matematicamente
perfetta
la
similitudine
di
Goethe
,
il
quale
diceva
che
il
progresso
non
è
che
una
spirale
:
ritorna
su
se
stesso
,
ma
sempre
innalzandosi
.
Se
voi
applicate
questa
definizione
al
diritto
penale
e
più
propriamente
al
tema
di
cui
voglio
occuparmi
,
vedrete
quanto
sia
vera
.
In
tempi
lontani
erasi
intravveduta
-
in
modo
confuso
,
erroneo
e
anche
barbaro
-
l
'
esistenza
di
una
criminalità
collettiva
;
poi
,
quel
primo
barlume
da
cui
potevansi
trarre
utili
e
umane
applicazioni
,
era
stato
oscurato
da
quella
grande
crisi
d
'
individualismo
che
,
come
voi
dite
benissimo
,
è
scoppiata
ed
ha
imperato
ovunque
,
in
politica
come
in
economia
,
in
morale
come
in
diritto
;
ed
oggi
soltanto
-
a
distanza
di
secoli
-
noi
ritorniamo
a
considerare
i
delitti
come
azioni
della
collettività
piuttosto
che
della
persona
,
seguendo
anche
noi
,
nel
campo
limitato
del
diritto
penale
,
quell
'
onda
di
reazione
sociologica
o
socialista
,
che
va
ad
infrangersi
con
crescente
violenza
contro
l
'
illusione
egocentrica
,
forse
troppo
a
lungo
durata
.
Ritorniamo
-
io
dicevo
-
al
concetto
della
criminalità
collettiva
,
ma
-
come
la
spirale
-
vi
ritorniamo
innalzandoci
.
Una
volta
si
estendeva
alla
famiglia
,
a
tutto
il
clan
,
la
pena
di
un
delitto
di
cui
un
solo
erasi
reso
colpevole
.
E
ciò
dipendeva
dal
fatto
che
,
a
quelle
epoche
primitive
,
ogni
gruppo
di
formazione
naturale
-
come
appunto
la
tribù
o
la
famiglia
-
costituiva
un
ente
indissolubile
ed
indivisibile
.
L
'
individuo
era
una
parte
,
non
un
tutto
,
un
organo
,
non
un
organismo
,
e
colpire
lui
solo
sarebbe
apparso
allora
un
'
assurdità
,
come
parrebbe
adesso
un
assurdo
il
punire
un
membro
solo
dell
'
uomo
.
Questa
embrionale
concezione
del
delitto
collettivo
basavasi
su
un
rapporto
famigliare
o
di
casta
,
ed
era
ingiusta
nelle
sue
conseguenze
,
perché
sbagliata
nelle
sue
cause
:
dipendeva
da
un
concetto
politico
,
non
da
un
'
osservazione
obbiettiva
.
Oggi
si
è
corretto
l
'
errore
.
Oggi
ci
siamo
accorti
che
esistono
dei
delitti
collettivi
,
ma
non
quali
li
scorgeva
la
miope
,
paurosa
e
tirannica
legge
dei
tempi
andati
,
bensì
quali
li
rivela
la
moderna
scienza
positiva
del
diritto
penale
,
che
si
affatica
a
distinguere
la
parte
che
in
ogni
azione
umana
-
e
quindi
anche
nel
delitto
-
è
dovuta
all
'
ambiente
da
quella
che
è
dovuta
alla
costituzione
antropologica
dell
'
individuo
.
Tale
distinzione
,
facile
,
se
vogliamo
,
nel
reato
personale
,
commesso
da
un
solo
,
diventa
difficile
nel
reato
settario
,
difficilissimo
nel
reato
della
folla
,
perché
in
questi
ultimi
le
cause
determinanti
sono
così
numerose
e
così
intrecciate
da
non
poterne
fare
la
somma
,
ma
da
tentare
soltanto
di
trovarne
la
risultante
,
-
una
specie
di
diagonale
in
quel
misterioso
parallelogramma
delle
forze
psichiche
,
nel
quale
non
entrano
soltanto
le
energie
palesi
e
a
noi
note
,
ma
s
'
agita
anche
la
vita
ignota
dell
'
incosciente
.
Io
ho
tuttavia
cercato
di
studiare
questo
parallelogramma
,
di
tracciarne
,
se
è
possibile
,
le
dimensioni
.
E
col
vostro
aiuto
,
ciò
mi
è
riuscito
meno
arduo
e
più
divertente
.
Un
punto
però
avevo
soltanto
di
sfuggita
toccato
,
mentre
meritava
di
essere
svolto
con
qualche
ampiezza
.
Polarizzato
nello
studio
della
moralità
della
folla
,
avevo
trascurato
di
analizzarne
l
'
intelligenza
*
.
Avevo
detto
che
la
folla
-
come
la
donna
*
-
ha
una
psicologia
estrema
,
capace
di
tutti
gli
eccessi
,
forse
capace
solo
di
eccessi
,
mirabile
alle
volte
di
abnegazione
,
spaventosa
spesso
di
ferocia
,
mai
o
quasi
mai
mediocre
e
misurata
nei
suoi
sentimenti
.
Avevo
dimenticato
di
soggiungere
che
se
le
collettività
,
nell
'
ordine
morale
,
sono
suscettibili
dei
due
estremi
opposti
,
della
più
selvaggia
criminalità
e
del
più
sublime
eroismo
,
nell
'
ordine
intellettuale
invece
,
non
conoscono
che
un
estremo
,
l
'
infimo
,
giacché
se
possono
discendere
a
degli
abissi
di
pazzia
o
di
imbecillità
sconosciuti
all
'
individuo
isolato
,
non
sanno
elevarsi
alla
manifestazione
suprema
dell
'
intelligenza
e
dell
'
immaginazione
creatrice
.
Vi
sono
,
-
infatti
-
eroismi
collettivi
:
non
vi
sono
né
nell
'
arte
,
né
nella
scienza
capolavori
collettivi
*
.
Orbene
,
per
qual
motivo
-
vi
chiedete
voi
,
fermandovi
su
questo
fatto
che
racchiude
a
tutta
prima
un
'
anomalia
,
-
per
qual
motivo
la
altissima
manifestazione
dell
'
ingegno
è
sconosciuta
ai
gruppi
sociali
,
mentre
la
grande
e
potente
manifestazione
della
volontà
e
della
virtù
è
a
loro
accessibile
?
"
Egli
è
-
dite
voi
,
e
traduco
le
vostre
parole
-
che
l
'
atto
di
virtù
il
più
eroico
è
qualche
cosa
di
molto
semplice
,
e
non
differisce
dall
'
atto
di
moralità
ordinaria
che
per
il
grado
:
ora
,
appunto
,
la
potenza
di
unisono
,
che
è
racchiusa
negli
assembramenti
umani
,
dove
le
emozioni
e
le
opinioni
si
rafforzano
rapidamente
per
il
loro
contatto
moltiplicatore
,
è
per
eccellenza
outrancière
.
Ma
l
'
opera
del
genio
o
del
talento
è
sempre
complicata
e
differisce
in
natura
,
non
in
grado
soltanto
,
da
un
atto
d
'
intelligenza
volgare
"
.
Se
mi
permettete
,
io
,
invece
della
vostra
frase
,
giusta
,
ma
un
poco
involuta
,
avrei
detto
semplicemente
così
:
l
'
uomo
,
dal
punto
di
vista
morale
,
è
una
quantità
addizionabile
;
dal
punto
di
vista
intellettuale
,
non
lo
è
.
In
altre
parole
:
dei
sentimenti
si
può
fare
la
somma
,
delle
idee
non
si
può
far
che
la
media
.
Questa
è
la
ragione
per
cui
cento
uomini
di
coraggio
dànno
una
collettività
coraggiosissima
,
mentre
cento
uomini
d
'
ingegno
dànno
una
collettività
intellettualmente
mediocre
.
Senonché
,
dicendo
questo
,
noi
non
abbiamo
ancora
spiegato
nulla
,
e
ritorna
insistente
la
domanda
:
perché
le
facoltà
morali
hanno
caratteri
tanto
diversi
da
quelli
delle
facoltà
intellettuali
?
Perché
-
io
credo
-
l
'
ingegno
e
il
genio
non
hanno
quella
forza
di
suggestione
che
posseggono
in
grado
altissimo
le
impressioni
,
le
sensazioni
,
gli
affetti
.
C
'
è
una
frase
-
nell
'
uso
comune
-
che
spiega
molto
bene
questa
differenza
.
Si
dice
che
il
coraggio
s
'
infonde
,
ed
è
vero
:
ed
è
così
anche
di
molte
altre
doti
e
di
molti
altri
difetti
morali
:
s
'
infonde
la
paura
,
l
'
odio
,
la
fede
,
la
simpatia
;
ma
l
'
ingegno
e
tanto
meno
il
genio
non
si
possono
infondere
.
Sono
facoltà
incomunicabili
,
appunto
perché
sono
il
frutto
della
eredità
piuttosto
che
dell
'
ambiente
.
Si
nasce
o
non
si
nasce
con
esse
;
non
è
possibile
acquistarle
.
Voi
mi
direte
che
anche
le
facoltà
morali
si
ereditano
e
non
si
acquistano
,
che
si
nasce
ottimi
o
pessimi
,
come
si
nasce
intelligenti
od
idioti
:
ed
è
vero
in
gran
parte
anche
questo
,
e
fu
anzi
la
scuola
positiva
ad
affermare
categoricamente
tale
verità
.
Ma
è
certo
tuttavia
che
,
-
salvo
,
ripeto
,
le
eccezioni
,
-
è
più
facile
formare
di
un
bambino
un
buon
uomo
che
non
un
uomo
intelligente
.
Del
resto
la
mia
osservazione
non
vuol
essere
applicata
alle
persone
che
vivono
in
società
allo
stato
diffuso
,
bensì
alle
persone
che
vivono
allo
stato
riunito
.
Intendo
cioè
parlare
degli
stadii
acuti
della
associazione
umana
,
qual
è
una
folla
e
,
in
grado
minore
,
una
setta
,
non
già
dello
stadio
normale
qual
è
la
quotidiana
convivenza
sociale
.
E
-
applicato
a
questi
stadii
acuti
-
credo
davvero
che
il
principio
da
me
esposto
non
si
possa
combattere
.
Ogni
dimostrazione
sarebbe
inutile
;
è
l
'
evidenza
che
parla
.
Prendete
una
riunione
qualsiasi
di
persone
:
il
grido
,
il
gesto
,
la
parola
d
'
un
solo
potrà
farla
vile
od
eroica
,
ma
nessun
grido
,
nessun
gesto
,
nessuna
parola
potrà
elevare
il
suo
livello
intellettuale
,
potrà
dare
a
quelle
migliaia
di
cervelli
la
scintilla
del
genio
.
Le
facoltà
intellettuali
-
dunque
-
non
si
possono
sommare
,
come
le
facoltà
morali
,
perché
,
a
differenza
di
queste
,
non
possono
comunicarsi
per
suggestione
.
Ma
perché
non
si
possono
comunicare
per
suggestione
?
Voi
vedete
.
Le
domande
si
susseguono
,
avvicinandosi
ad
una
spiegazione
.
Riusciremo
a
trovarla
?
Io
lo
spero
.
La
ragione
per
cui
le
facoltà
intellettuali
non
si
possono
comunicare
per
mezzo
della
suggestione
consiste
,
secondo
me
,
nel
fatto
che
esse
non
hanno
-
al
contrario
dei
sentimenti
-
mezzi
esteriori
di
manifestazione
.
Suol
dirsi
-
e
non
a
torto
-
che
la
fisonomia
rivela
la
persona
d
'
ingegno
;
ma
certo
non
rivela
la
forma
e
la
qualità
dell
'
ingegno
,
certo
non
rivela
quale
idea
passi
in
un
dato
momento
nel
cervello
d
'
un
uomo
.
Invece
la
fisonomia
esprime
assai
bene
le
emozioni
dell
'
anima
,
e
le
può
esprimere
non
in
un
modo
vago
ed
indefinito
,
ma
definito
e
preciso
:
si
può
leggere
sul
volto
di
una
persona
la
gioia
,
la
paura
,
l
'
odio
,
quasi
tutti
gli
affetti
del
cuore
.
Ora
voi
m
'
insegnate
-
ed
io
stesso
ho
speso
qualche
pagina
a
dimostrarlo
-
che
"
è
una
legge
universale
in
tutto
il
regno
della
vita
intelligente
che
la
rappresentazione
d
'
uno
stato
emozionale
provoca
la
nascita
di
quest
'
identico
stato
in
colui
che
ne
è
testimonio
"
.
Dato
che
quest
'
emozione
sia
,
per
esempio
,
di
furore
o
di
collera
,
in
un
attimo
il
volto
di
coloro
che
la
vedono
assumerà
un
'
espressione
d
'
ira
in
cui
vi
sarà
un
non
so
che
di
teso
e
di
tragico
.
E
non
solo
questa
emozione
sarà
esteriormente
manifestata
,
ma
sarà
anche
intimamente
sentita
.
"
La
speciale
azione
muscolare
-
dice
il
Maudsley
-
non
è
solo
l
'
esponente
della
passione
,
ma
eziandio
una
parte
essenziale
di
essa
.
Atteggiate
la
fisonomia
ad
una
particolare
emozione
,
e
l
'
emozione
così
imitata
non
fallirà
di
destarsi
in
voi
"
.
Ecco
dunque
perché
i
sentimenti
si
propagano
,
e
si
propagano
con
una
celerità
spaventosa
:
ecco
perché
basta
un
uomo
irritato
per
rendere
irritati
tutti
coloro
che
lo
attorniano
;
ecco
perché
la
collettività
che
essi
compongono
può
essere
la
somma
dei
singoli
stati
d
'
animo
di
ciascuno
e
avere
quella
forza
immensa
che
dà
l
'
unione
,
quella
terribilità
irreparabile
che
dà
l
'
unisono
psicologico
.
L
'
ingegno
e
il
genio
,
invece
,
non
hanno
-
ripeto
-
mezzi
esteriori
di
comunicazione
:
non
possono
quindi
diffondersi
in
grado
eguale
,
e
,
per
così
dire
,
allo
stesso
livello
fra
centinaia
migliaia
d
'
individui
riuniti
,
e
far
sì
che
la
manifestazione
intellettuale
della
collettività
sia
la
somma
delle
singole
facoltà
intellettuali
.
Sento
dirmi
da
voi
:
però
anche
l
'
ingegno
ha
un
mezzo
di
suggestione
immediata
,
la
parola
,
e
un
mezzo
di
suggestione
mediata
,
il
libro
.
E
-
per
non
accennare
che
al
primo
di
questi
mezzi
di
suggestione
,
quello
che
ci
riguarda
più
da
vicino
-
chi
non
ha
assistito
a
quelle
esplosioni
di
applausi
che
chiudono
talvolta
il
discorso
d
'
un
oratore
eloquente
?
Ma
potremo
noi
dire
che
questa
suggestione
intellettuale
somigli
alla
suggestione
delle
emozioni
e
dei
sentimenti
?
Potremo
noi
dire
che
,
in
tal
caso
,
gli
uditori
sono
saliti
all
'
altezza
dell
'
ingegno
dell
'
oratore
,
come
-
negli
altri
casi
-
gli
spettatori
salgono
al
grado
di
odio
,
di
paura
,
di
eroismo
manifestato
da
colui
che
li
suggestiona
?
Evidentemente
no
.
Giacché
,
la
distinzione
che
qui
bisogna
fare
e
che
a
me
sembra
di
capitale
importanza
,
è
,
che
mentre
la
suggestione
dei
sentimenti
fa
degli
eguali
,
la
suggestione
delle
idee
non
fa
che
dei
discepoli
,
dei
seguaci
,
vale
a
dire
degli
inferiori
.
Diffondete
un
'
emozione
in
mezzo
a
una
folla
:
in
un
brevissimo
spazio
di
tempo
ogni
individuo
la
risentirà
nell
'
identico
modo
in
cui
voi
la
risentirete
:
moralmente
,
quindi
,
voi
vi
sarete
creato
intorno
un
popolo
di
eguali
.
Diffondete
invece
un
'
idea
in
mezzo
a
una
folla
:
tutti
-
supponiamo
-
vi
applaudiranno
e
saranno
con
voi
,
ma
intellettualmente
voi
vi
sarete
creato
intorno
un
popolo
di
seguaci
,
non
di
eguali
.
Nel
primo
caso
avrete
riprodotto
,
per
suggestione
,
il
vostro
io
morale
in
tanti
individui
quanti
erano
coloro
che
vi
ascoltavano
e
vi
vedevano
:
avevate
coraggio
,
e
avete
creato
100
coraggiosi
;
avevate
paura
,
e
avete
creato
100
paurosi
.
Nel
secondo
caso
,
il
vostro
io
intellettuale
non
s
'
è
trasfuso
in
nessuno
:
siete
un
genio
,
ma
non
avete
creato
nessun
genio
,
avete
soltanto
costretto
,
per
suggestione
,
100
mediocri
ad
applaudirvi
e
a
seguirvi
.
Ed
ecco
perché
,
nell
'
ordine
morale
,
la
collettività
conosce
vette
inaccessibili
all
'
individuo
isolato
,
giacché
essa
può
rassomigliarsi
a
un
ammasso
di
polvere
il
cui
scoppio
,
data
la
miccia
,
è
tanto
più
fragoroso
quanti
più
sono
i
grani
di
polvere
che
lo
compongono
,
-
e
nell
'
ordine
intellettuale
non
può
raggiungere
le
altezze
cui
un
uomo
solo
arriva
,
giacché
-
anche
data
la
minaccia
-
il
sacro
fuoco
del
pensiero
non
può
propagarsi
.
Che
se
,
non
accontentandoci
di
rilevare
questo
fatto
innegabile
,
noi
volessimo
anche
ricercarne
la
ragione
intima
,
scoprire
cioè
con
curiosità
metafisica
il
perché
la
natura
abbia
posto
quella
differenza
fra
le
facoltà
del
cervello
e
le
facoltà
del
cuore
,
noi
potremmo
dire
che
la
collettività
non
sa
elevarsi
all
'
altezza
intellettuale
dell
'
individuo
isolato
perché
,
se
lo
sapesse
,
farebbe
opera
inutile
o
dannosa
,
e
sa
invece
sorpassare
l
'
individuo
nelle
supreme
manifestazioni
morali
,
perché
l
'
opera
sua
,
in
questo
caso
,
è
più
che
utile
,
necessaria
.
In
un
dato
momento
storico
,
e
in
qualunque
ramo
dell
'
attività
umana
,
basta
infatti
che
un
solo
abbia
genio
,
ma
non
basta
che
un
solo
sia
eroe
.
Basta
un
Garibaldi
e
mille
eroi
per
vincere
una
battaglia
.
Mille
Garibaldi
sarebbero
inutili
.
In
altre
parole
:
staticamente
il
numero
è
inutile
al
genio
:
è
invece
utilissimo
all
'
eroismo
come
a
tutti
i
sentimenti
dell
'
uomo
.
Senonché
,
-
malgrado
questo
mio
tentativo
di
spiegazione
,
-
è
indubitato
che
la
conclusione
che
sgorga
dalle
vostre
e
dalle
mie
osservazioni
è
sconfortante
.
La
collettività
,
si
chiami
Giurì
o
Commissione
,
assemblea
o
folla
,
dà
un
prodotto
morale
e
intellettuale
peggiore
di
quello
che
darebbe
ognuno
degli
uomini
che
la
compongono
.
Unirsi
nel
mondo
umano
vuol
dunque
dire
peggiorarsi
.
È
questo
il
principio
cui
arriviamo
,
ed
è
questa
l
'
ultima
formula
del
pessimismo
più
acuto
.
È
forse
un
'
illusione
od
un
paradosso
?
A
voi
non
è
parsa
tale
,
perché
quando
io
l
'
enunciai
la
prima
volta
,
l
'
avete
accettata
e
le
avete
dato
un
grande
valore
.
Voi
scrivevate
:
"
Segnalo
l
'
importanza
inattesa
di
cui
questo
principio
è
suscettibile
se
lo
si
estende
al
di
là
dell
'
umanità
.
Sappiamo
che
gli
organismi
sono
stati
considerati
,
e
a
ragione
,
come
delle
società
di
cellule
,
e
sappiamo
anche
che
si
è
potuto
vedere
nelle
cellule
stesse
delle
società
di
molecole
...
Ora
supponiamo
che
quel
principio
si
applichi
a
queste
società
biologiche
o
chimiche
,
che
cioè
,
anche
in
queste
società
l
'
aggregato
non
sia
superiore
ai
suoi
elementi
,
anzi
che
sia
inferiore
o
tutto
al
più
eguale
;
noi
vediamo
l
'
universo
intero
apparirci
sotto
un
aspetto
nuovo
ed
è
ai
perfezionamenti
del
microscopio
,
non
del
telescopio
,
che
noi
dovremo
domandare
le
rivelazioni
delle
più
grandi
meraviglie
del
mondo
.
Del
resto
,
è
forse
in
causa
di
un
pregiudizio
ingiustificato
,
che
l
'
io
dell
'
atomo
è
stato
sempre
ritenuto
più
semplice
,
più
povero
,
più
basso
dell
'
io
animale
od
umano
.
Forse
,
nel
fondo
nascosto
degli
esseri
viventi
,
nelle
loro
intimità
elementari
,
viene
invisibilmente
spiegata
assai
più
intelligenza
ed
arte
che
non
si
spieghi
alla
superficie
...
"
*
.
Io
vi
lascio
con
questo
oscuro
problema
insoluto
.
La
soluzione
verrà
data
dalla
psicologia
dell
'
atomo
,
che
voi
invocate
,
e
che
non
è
altro
,
in
fondo
,
se
non
la
psicologia
dell
'
incosciente
,
ancora
così
ignota
e
così
misteriosa
.
Credetemi
con
ammirazione
Vostro
SCIPIO
SIGHELE
.
II
.
Nota
di
Enrico
Ferri
.
La
lettera
che
precede
,
veniva
pubblicata
nel
numero
del
l
°
novembre
1894
della
"
Critica
Sociale
"
.
Prima
che
giungesse
la
risposta
di
Gabriele
Tarde
(
che
il
lettore
troverà
più
innanzi
)
,
Enrico
Ferri
combatteva
le
mie
osservazioni
psicologiche
con
la
Nota
che
qui
riproduco
,
a
cui
faccio
seguire
le
mie
controosservazioni
.
La
psicologia
collettiva
-
come
io
la
battezzai
sino
dalla
2ª
edizione
dei
Nuovi
Orizzonti
-
ha
avuto
organismo
così
rigoglioso
dagli
studi
geniali
e
meritatamente
lodati
del
mio
carissimo
Sighele
,
ed
essa
risponde
troppo
al
colore
del
tempo
,
che
mette
in
luce
sempre
crescente
così
i
dolori
come
le
forze
benefiche
e
malefiche
della
collettività
umana
,
perché
non
debba
prestarsi
nella
infinita
varietà
poliedrica
dei
suoi
elementi
e
delle
sue
manifestazioni
,
ad
una
diversità
di
osservazioni
e
di
induzioni
,
anche
fra
chi
abbia
completo
accordo
di
teorie
fondamentali
.
Tale
è
il
caso
della
presente
Nota
alla
lettera
,
sempre
acuta
e
profonda
,
di
Scipio
Sighele
a
Gabriele
Tarde
.
L
'
impressione
-
per
dirla
subito
-
che
io
ho
avuto
leggendo
questa
lettera
,
è
un
'
impressione
di
urto
mentale
.
Si
legge
.
Il
cervello
comincia
l
'
acceleramento
della
ideazione
,
e
l
'
aumenta
via
via
trascinato
con
intensità
progressiva
dalle
ben
graduate
osservazioni
dello
scrittore
e
poi
,
alla
fine
,
quando
il
moto
intellettuale
dovrebbe
rallentarsi
e
fissarsi
nella
conclusione
finale
,
logicamente
indotta
dalle
premesse
,
si
trova
invece
dinanzi
un
'
affermazione
brusca
,
ottusa
,
che
vi
ricorda
l
'
urto
di
un
treno
a
grande
velocità
contro
la
sbarra
immobile
di
un
binario
morto
.
Ed
è
veramente
un
binario
morto
quello
in
cui
l
'
amico
Sighele
mi
pare
si
sia
messo
;
in
gran
parte
,
io
credo
,
trascinato
e
quasi
direi
deraillé
dal
vagabondaggio
metafisico
della
sociologia
del
Tarde
.
Il
quale
,
per
quanto
gallicamente
seducente
,
mi
pare
appunto
un
ricamatore
che
,
presa
una
idea
(
e
per
solito
la
prende
da
altri
)
,
sa
ricamarne
delle
"
variazioni
"
molteplici
,
sempre
ingegnose
e
brillanti
,
ma
più
spesso
unilaterali
e
sopratutto
anarchiche
,
nel
senso
che
non
sono
il
prodotto
logico
e
necessario
del
metodo
sperimentale
di
osservazione
e
di
induzione
,
ma
rappresentano
piuttosto
la
fantasia
logica
,
il
zig
-
zag
arabescato
di
un
cervello
analitico
e
fecondo
,
ma
scientificamente
eslege
.
Tali
sono
i
caratteri
dei
lavori
più
notevoli
del
Tarde
,
dopo
i
suoi
primi
e
più
originali
articoli
pubblicati
anni
fa
nella
"
Revue
philosophique
"
.
Egli
prende
l
'
idea
sulla
influenza
dell
'
imitazione
,
svolta
fra
gli
altri
dal
Despine
in
una
monografia
del
1871
,
e
vi
ricama
sopra
le
sue
Lois
de
l
'
imitation
,
che
sono
l
'
esagerazione
unilaterale
e
inconcludente
di
un
aspetto
vero
della
vita
.
Così
egli
prende
l
'
idea
del
Pugliese
,
mia
,
e
del
Sighele
,
sul
delitto
collettivo
(
folla
delinquente
)
e
vi
ricama
sopra
i
suoi
saggi
critici
,
prima
al
Congresso
di
antropologia
criminale
a
Bruxelles
,
poi
nella
"
Revue
des
deux
Mondes
"
.
Oppure
egli
prende
le
osservazioni
fondamentali
della
scuola
positiva
italiana
e
vi
ricama
d
'
attorno
la
Criminalité
comparée
e
la
Philosophie
pénale
,
accordandosi
,
anche
per
l
'
indole
dell
'
intelletto
,
con
quegli
analitici
e
comparatori
e
ricamatori
italiani
,
che
s
'
illudevano
d
'
aver
messa
su
una
"
terza
scuola
"
di
"
naturalismo
o
positivismo
critico
"
sol
perché
,
per
esempio
,
alle
statue
michelangiolescamente
scolpite
da
Lombroso
,
son
capaci
,
a
tavolino
,
di
grattare
qualche
cosa
col
magistero
sottile
e
miope
della
lima
sillogistica
.
Non
dico
per
questo
che
anche
gli
ingegni
critici
,
malgrado
l
'
indole
loro
parassitaria
,
non
abbiano
una
funzione
utile
nella
scienza
e
nella
vita
.
Dico
invece
che
bisogna
guardarsi
,
a
forza
di
scorrere
qua
e
là
,
di
non
mettersi
in
un
qualche
binario
morto
,
come
parmi
sia
il
caso
di
questa
nota
del
Sighele
.
Egli
fa
questa
lucida
osservazione
:
le
forze
sentimentali
possono
comunicarsi
e
sommarsi
dall
'
individuo
in
una
folla
,
mentre
le
forze
intellettive
no
.
L
'
osservazione
mi
pare
fondamentalmente
esatta
;
ma
purché
si
esprima
in
senso
relativo
e
non
assoluto
.
Io
direi
che
i
sentimenti
si
comunicano
e
si
sommano
nella
collettività
,
più
che
le
idee
.
E
quindi
non
credo
esatta
l
'
affermazione
consequenziale
del
Sighele
,
che
chi
comunica
un
sentimento
ad
una
collettività
fa
degli
eguali
a
sé
,
mentre
chi
comunica
un
'
idea
fa
dei
seguaci
.
Sta
bene
che
il
coraggio
come
l
'
odio
o
la
vendetta
si
possono
"
infondere
"
da
un
individuo
ad
una
folla
:
ma
i
suggestionati
saranno
sempre
diversi
dal
suggestionatore
.
E
diversi
nel
senso
del
più
come
del
meno
.
Garibaldi
fu
giustamente
detto
"
eroe
creatore
di
eroi
"
:
ma
i
garibaldini
che
lo
seguivano
e
lo
sopravvanzavano
nella
battaglia
,
infuocati
dalla
sua
persona
,
non
erano
eroi
eguali
a
lui
,
che
,
per
esempio
,
doveva
conservare
sempre
un
certo
sangue
freddo
,
per
essere
,
come
fu
,
così
geniale
capitano
e
stratega
.
Anche
l
'
artista
o
l
'
oratore
comunicano
agli
uditori
la
loro
passione
;
ma
nell
'
amore
o
nell
'
odio
o
nella
pietà
o
nell
'
ilarità
gli
uditori
sono
ben
diversi
dall
'
attore
o
dall
'
oratore
.
Questi
deve
serbare
il
suo
sangue
freddo
,
mentre
gli
uditori
tutto
dimenticano
e
arrivano
al
monoideismo
,
finché
dura
la
suggestione
sentimentale
.
E
come
fra
i
garibaldini
ci
può
essere
uno
più
o
diversamente
coraggioso
di
Garibaldi
,
così
fra
gli
uditori
vi
può
essere
uno
più
o
diversamente
artista
e
intelligente
dell
'
attore
o
dell
'
oratore
.
Lo
stesso
avviene
per
l
'
intelligenza
della
folla
.
Sighele
dice
che
quando
l
'
oratore
getta
una
idea
nella
folla
degli
uditori
,
questi
,
se
ne
restano
suggestionati
e
applaudiscono
,
diventano
dei
seguaci
,
cioè
degli
inferiori
,
non
degli
eguali
.
Non
è
esatto
.
In
iscuola
,
in
un
comizio
,
in
tribunale
,
in
un
'
assemblea
,
l
'
oratore
che
dice
veramente
delle
cose
,
non
delle
parole
soltanto
,
eleva
il
livello
intellettuale
dei
suoi
uditori
,
non
solo
perché
accresce
il
loro
patrimonio
attuale
di
cognizioni
ma
soprattutto
perché
dà
loro
per
l
'
avvenire
un
metodo
,
una
lente
e
una
bussola
per
osservare
il
mondo
.
E
fra
gli
uditori
può
esservi
chi
resta
al
disotto
di
lui
,
se
è
ingegno
potente
-
e
questo
è
evidente
-
ma
può
esservi
chi
lo
superi
.
Qualche
volta
il
discepolo
passerà
il
maestro
,
meno
nell
'
arte
,
ma
più
nel
metodico
lavoro
della
scienza
.
Ciò
non
toglie
,
ripeto
,
che
realmente
i
sentimenti
(
moralità
)
siano
più
comunicabili
che
le
idee
(
intelligenza
)
,
ed
una
delle
ragioni
può
essere
quella
indicata
dal
Sighele
,
dei
segni
di
espressione
,
più
precisi
e
completi
e
quindi
più
suggestivi
per
le
emozioni
che
per
le
idee
.
Un
'
altra
,
e
più
fondamentale
,
può
essere
che
i
sentimenti
toccano
più
da
vicino
che
non
le
idee
la
base
stessa
della
vita
animale
comune
ai
viventi
;
un
debole
di
mente
può
procacciarsi
da
vivere
,
anche
allo
stato
selvaggio
;
ma
un
uomo
che
non
senta
il
dolore
(
questa
sentinella
della
vita
)
o
l
'
istinto
di
fame
,
di
sete
,
ecc
.
,
muore
inevitabilmente
e
presto
.
È
quindi
sempre
questione
di
grado
,
nella
comunicabilità
ed
addizionabilità
così
dei
sentimenti
come
delle
idee
.
Ma
poi
Sighele
e
Tarde
qui
trascurano
completamente
l
'
altro
lato
del
fenomeno
,
l
'
influenza
della
folla
sull
'
individuo
,
non
solo
per
i
sentimenti
(
ciò
che
fu
fatto
appunto
colla
teoria
del
delitto
collettivo
)
ma
anche
per
le
idee
.
Già
il
proverbio
dice
che
"
quattro
occhi
vedono
più
di
due
"
.
E
se
l
'
opera
del
genio
(
forse
anche
per
la
gran
parte
che
vi
ha
il
sentimento
e
l
'
immaginazione
,
secondo
le
osservazioni
di
Huxley
)
è
opera
più
individuale
di
ogni
altra
,
tuttavia
né
in
essa
si
deve
escludere
l
'
azione
della
intelligenza
collettiva
né
questa
si
può
disconoscere
in
quella
forza
,
ben
più
continua
e
quotidiana
della
evoluzione
umana
,
che
è
l
'
opera
del
talento
.
Chi
sa
dire
dove
e
da
chi
abbia
avuta
una
data
immagine
il
poeta
,
che
la
rende
immortale
coi
suoi
versi
?
Forse
da
un
intelletto
mediocre
,
in
una
conversazione
fugace
o
insipida
per
tutto
il
resto
.
Io
ho
provato
,
dopo
le
mie
lezioni
all
'
Università
,
quanto
utile
mi
venga
dalle
conversazioni
e
dalle
osservazioni
fattemi
da
questo
o
da
quello
dei
miei
uditori
e
che
io
non
avevo
fatto
e
che
a
me
poi
possono
servire
di
scintilla
per
illuminare
tutto
un
vasto
campo
di
ulteriori
osservazioni
.
"
Il
y
a
quelqu
'
un
qui
a
plus
d
'
esprit
que
M
.
de
Voltaire
:
c
'
est
tout
le
monde
"
.
Ecco
la
conferma
di
questa
mia
affermazione
.
Il
cervello
di
un
genio
o
artistico
o
scientifico
può
riassumere
e
coordinare
e
fecondare
in
sé
moltissimi
fra
i
lati
dell
'
infinito
poliedro
della
vita
;
ma
migliaia
di
cervelli
,
siano
pure
mediocri
,
ma
pregni
di
esperienze
ed
osservazioni
,
infinitamente
diverse
e
più
svariate
,
sia
pure
embrionali
e
frammentarie
,
abbracciando
l
'
infinito
poliedro
da
un
maggior
numero
di
lati
,
mettono
in
luce
cose
e
idee
che
il
cervello
di
un
genio
da
solo
non
vede
.
Il
calzolaio
vide
l
'
errore
nello
stivale
scolpito
dall
'
artista
greco
,
così
come
si
narra
del
contadino
toscano
che
nel
cavallo
plasmato
da
uno
scultore
di
genio
scoperse
che
mancavano
quei
due
bitorzoli
senza
pelo
che
stanno
alle
ginocchia
di
tutti
i
cavalli
.
Bisogna
provare
,
per
esempio
,
in
una
riunione
di
studenti
,
di
operai
o
di
contadini
:
gettate
là
un
'
idea
,
che
vada
al
midollo
delle
cose
,
e
ve
la
sentirete
poco
dopo
rimbalzata
dai
cervelli
di
questo
o
di
quell
'
uditore
,
rinforzata
,
corretta
,
ampliata
da
cento
altre
osservazioni
e
rilievi
parziali
,
che
rimanendo
frammentari
e
isolati
nel
cervello
o
denutrito
o
inesperto
o
incolto
di
chi
le
fa
,
restano
nel
vuoto
,
come
seme
che
non
può
gettare
radici
nella
rena
circostante
.
Ma
,
per
una
parte
,
quell
'
altra
idea
,
specialmente
se
direttiva
e
metodica
,
svolta
dall
'
oratore
,
coordina
e
rafforza
le
idee
frammentarie
e
deboli
degli
uditori
e
quindi
eleva
il
loro
diapason
intellettuale
;
e
d
'
altra
parte
,
le
osservazioni
di
rimbalzo
,
fatte
dalla
collettività
,
fecondano
e
rafforzano
il
meccanismo
intellettivo
dell
'
individuo
.
Vale
a
dire
,
amico
Sighele
,
che
è
inutile
correr
dietro
alle
bolle
di
sapone
,
come
l
'
io
dell
'
atomo
che
è
una
contraddizione
in
termini
,
dacché
l
'
atomo
è
l
'
individuo
vero
e
solo
,
cioè
l
'
indivisibile
e
il
semplice
,
ed
io
invece
significa
risultante
complessa
(
conscia
od
inconscia
)
di
molti
elementi
psichici
primordiali
.
Dove
non
c
'
è
collettività
non
ci
può
essere
l
'
io
:
e
la
psicologia
dei
microrganismi
fatta
dal
Binet
è
possibile
solo
,
perché
il
più
semplice
dei
microrganismi
è
sempre
una
collettività
federata
e
diversa
,
di
cellule
viventi
.
Vale
a
dire
,
infine
,
che
la
conclusione
finale
è
precisamente
l
'
opposta
:
non
è
che
unirsi
,
nel
mondo
,
voglia
dire
peggiorarsi
o
indebolirsi
.
La
realtà
è
che
non
si
vive
se
non
vi
è
unione
;
perché
,
come
dissi
altrove
,
Robinson
Crosuè
,
che
sarebbe
l
'
ideale
umano
così
dell
'
individualismo
come
della
sua
logica
conclusione
,
non
può
essere
che
una
leggenda
o
un
caso
patologico
.
Ma
poi
,
come
sarebbe
stata
possibile
l
'
evoluzione
dal
microbo
all
'
uomo
e
dall
'
uomo
selvaggio
all
'
uomo
civile
se
l
'
unione
,
cioè
l
'
associazione
,
volesse
dire
peggioramento
e
indebolimento
?
...
E
non
è
tutta
l
'
evoluzione
,
in
sostanza
,
che
un
processo
di
crescente
associazione
e
di
riunione
?
Vero
è
che
Sighele
applica
la
sua
osservazione
soltanto
alle
forme
ristrette
e
più
o
meno
transitorie
dell
'
associazione
umana
,
anziché
al
fatto
costituente
ed
universale
della
società
umana
.
E
questa
limitazione
rende
in
qualche
parte
accettabile
,
cioè
rispondente
alla
realtà
delle
cose
,
la
sua
conclusione
.
Ma
,
malgrado
questa
distinzione
necessaria
,
-
già
da
me
fatta
fin
dai
primordii
tra
psicologia
individuale
,
psicologia
collettiva
e
psicologia
sociale
,
-
io
credo
tuttavia
che
in
ogni
e
qualsiasi
manifestazione
della
materia
inorganica
ed
organica
,
dall
'
aggregazione
e
combinazione
degli
atomi
nell
'
ordine
siderale
o
chimico
sino
alla
aggregazione
e
combinazione
delle
sensazioni
ed
idee
elementari
nell
'
ordine
psicologico
individuale
e
dei
sentimenti
e
delle
idee
individuali
nell
'
ordine
della
psicologia
collettiva
e
sociale
,
-
sempre
si
deve
dire
che
"
l
'
unione
fa
la
forza
"
.
E
mi
parrebbe
fare
offesa
all
'
ingegno
del
Sighele
se
credessi
necessario
indicargliene
qui
le
prove
,
dopo
che
l
'
ho
tratto
fuori
dal
binario
morto
in
cui
s
'
era
ficcato
col
tardigrado
io
dell
'
atomo
.
La
collettività
rende
più
intensa
ogni
manifestazione
psichica
.
Ecco
la
conclusione
positiva
:
e
più
intensa
non
è
sinonimo
di
più
buona
.
Ma
se
in
un
dato
momento
e
in
una
data
collettività
prevale
un
elemento
cattivo
(
antisociale
o
immorale
)
,
questo
si
rafforzerà
come
si
rafforzerà
invece
un
elemento
buono
(
sociale
o
morale
)
se
avrà
la
prevalenza
.
Insomma
,
io
credo
sempre
esatta
la
mia
prima
fondamentale
osservazione
,
che
nella
psicologia
collettiva
avviene
non
già
la
semplice
miscela
degli
elementi
individuali
,
ma
la
loro
combinazione
chimica
.
Sicché
la
risultante
psichica
collettiva
non
è
eguale
-
tanto
per
i
sentimenti
quanto
per
le
idee
-
alla
somma
degli
elementi
psichici
individuali
:
è
anzi
sempre
diversa
,
in
meglio
o
in
peggio
,
così
come
dalla
combinazione
chimica
di
due
o
più
sostanze
si
ha
nella
massa
finale
una
temperatura
o
più
alta
o
più
bassa
di
quella
dei
corpi
componenti
*
.
Certo
,
ora
più
spesso
avviene
che
nella
collettività
prevalga
il
meno
buono
e
il
meno
intelligente
;
ma
per
quale
recondita
ragione
?
Qui
,
amico
Sighele
,
devi
ficcare
lo
sguardo
a
fondo
,
ed
il
fondo
è
la
lotta
antagonistica
ed
anarchica
degli
interessi
egoistici
nel
mondo
presente
,
senza
la
base
e
la
disciplina
della
solidarietà
vera
e
viva
.
In
un
'
accademia
come
in
un
comizio
,
come
in
un
Parlamento
,
ognuno
cercherà
sempre
di
giovare
a
sé
:
ma
nel
mondo
individualista
l
'
utile
proprio
troppe
volte
non
è
conciliabile
coll
'
utile
altrui
.
Ecco
perché
,
incoscientemente
,
rebus
sic
stantibus
,
nella
collettività
più
spesso
avviene
il
fascio
degli
egoismi
antisociali
invece
che
l
'
unione
degli
egoismi
sociali
.
La
conferma
se
ne
ha
in
certi
casi
eccezionali
.
Quando
in
una
battaglia
l
'
entusiasmo
è
al
colmo
o
in
un
'
opera
di
salvataggio
(
inondazioni
,
incendi
,
epidemie
,
ecc
.
)
l
'
elemento
della
solidarietà
sociale
prevale
su
quello
dell
'
isolamento
anti
-
sociale
,
la
riunione
centuplica
allora
la
forza
del
sacrificio
e
dell
'
eroismo
e
della
virtù
,
come
centuplica
quella
del
delitto
,
in
altre
diverse
condizioni
di
tempo
e
di
luogo
.
Tutto
sta
adunque
nel
dare
alle
collettività
umane
un
'
orientazione
tale
,
per
cui
l
'
egoismo
individuale
,
inseparabile
dalla
vita
(
perché
primum
vivere
deinde
philosophare
)
non
sia
costretto
ad
essere
anti
-
sociale
per
affermarsi
,
ma
trovi
invece
nella
vita
collettiva
anche
le
condizioni
di
maggiore
e
miglior
vita
per
sé
.
Il
come
di
questa
orientazione
sociale
esce
dai
limiti
di
questa
Nota
ed
è
risolto
dal
socialismo
scientifico
.
Per
ora
mi
fermo
a
queste
considerazioni
di
psicologia
collettiva
,
che
interessano
la
giurisprudenza
penale
come
la
sociologia
criminale
.
E
sarò
lieto
se
il
Sighele
od
altri
vorrà
continuare
la
cortese
polemica
di
idee
;
dalla
quale
,
appunto
perché
anche
nel
campo
dell
'
intelligenza
,
unirsi
vuol
dire
rafforzarsi
,
non
potrà
che
risultare
il
vantaggio
e
l
'
incremento
della
nostra
scienza
positiva
.
ENRICO
FERRI
.
III
.
Risposta
di
Scipio
Sighele
a
Enrico
Ferri
.
Roma
,
2
novembre
1894
.
Mio
carissimo
Enrico
,
Grazie
delle
parole
cortesi
ch
'
io
debbo
all
'
indulgenza
del
maestro
e
all
'
affetto
dell
'
amico
;
grazie
sopratutto
della
critica
franca
e
sincera
che
io
cerco
e
desidero
,
giacché
mi
sembra
il
risultato
più
utile
e
la
soddisfazione
più
grande
di
coloro
che
scrivono
.
Tu
dici
che
io
"
ho
urtato
contro
la
sbarra
immobile
d
'
un
binario
morto
"
.
Un
disastro
ferroviario
e
...
intellettuale
,
dunque
.
Può
darsi
.
Ma
la
colpa
è
veramente
e
solamente
mia
?
O
non
accade
spesso
alla
scienza
di
incontrare
questi
binari
morti
che
le
vietano
la
sua
corsa
a
grande
velocità
,
queste
sbarre
immobili
che
arrestano
la
macchina
ancora
avida
di
cammino
?
Sono
io
responsabile
se
il
pensiero
ha
le
sue
colonne
d
'
Ercole
,
se
esiste
l
'
ignoto
dell
'
incosciente
,
e
se
mi
dichiaro
vinto
dinanzi
a
un
problema
che
nessuno
ha
saputo
risolvere
?
E
merito
io
d
'
essere
tacciato
di
metafisico
perché
invoco
la
psicologia
dell
'
atomo
?
Qualche
centinaio
d
'
anni
fa
(
anzi
qualche
diecina
)
il
buon
pubblico
avrebbe
sorriso
se
gli
avessero
detto
che
esisteva
la
psicologia
dei
microrganismi
!
Eppure
,
Binet
l
'
ha
studiata
!
Io
penso
che
,
se
il
vero
temperamento
positivista
deve
credere
soltanto
a
ciò
che
vede
o
a
ciò
di
cui
ha
le
prove
,
non
deve
però
escludere
a
priori
nessuna
ipotesi
.
Tutto
è
possibile
al
mondo
,
e
l
'
affermare
categoricamente
:
la
scienza
non
arriverà
oltre
questo
limite
,
è
una
forma
di
ipoteca
sull
'
avvenire
che
le
meravigliose
sorprese
del
presente
e
del
passato
dovrebbero
consigliarci
di
evitare
.
Del
resto
,
che
importa
credere
o
non
credere
possibile
questa
psicologia
dell
'
atomo
?
Il
mio
,
era
un
desiderio
,
una
speranza
,
un
augurio
,
che
gettavo
là
,
alla
fine
della
mia
lettera
,
per
attenuare
lo
sconforto
che
invade
chi
,
dopo
aver
molto
cercato
,
s
'
accorge
di
non
aver
trovato
nulla
o
quasi
nulla
.
La
spiegazione
ultima
mi
sfuggiva
:
la
sentivo
inarrivabile
ed
intangibile
,
ma
volevo
almeno
indicare
dove
,
a
parer
mio
,
essa
stava
racchiusa
.
Non
potendo
vedere
il
tesoro
,
mi
accontentavo
di
supporre
dove
era
nascosto
.
Ad
altri
più
fortunati
di
me
il
saperlo
scoprire
.
Ho
sbagliato
?
Può
darsi
,
-
ripeto
.
Ma
alla
mia
ipotesi
tu
non
hai
sostituito
nessun
assioma
,
al
mio
dubbio
nessuna
certezza
.
Il
mistero
rimane
,
e
noi
ci
troviamo
almeno
d
'
accordo
nel
dover
confessare
la
nostra
ignoranza
.
Senonché
,
non
è
su
questo
incerto
ed
oscuro
problema
che
vale
la
pena
di
soffermarsi
a
discutere
.
Noi
possiamo
continuare
più
utilmente
la
nostra
polemica
intorno
a
quelle
mie
osservazioni
di
psicologia
collettiva
che
tu
non
accusi
di
essere
metafisiche
,
e
che
-
se
non
m
'
inganno
-
pur
criticandole
,
accetti
nel
fondo
interamente
.
Io
avevo
detto
che
le
forze
sentimentali
si
sommano
in
una
folla
,
le
forze
intellettive
no
,
e
che
la
suggestione
dei
sentimenti
fa
degli
eguali
,
mentre
la
suggestione
delle
idee
fa
degli
inferiori
.
Tu
trovi
troppo
assolute
queste
affermazioni
,
perché
la
differenza
,
secondo
te
,
è
di
gradi
non
di
sostanza
.
A
rigore
di
logica
tu
hai
ragione
.
In
natura
non
esiste
nulla
di
sostanzialmente
diverso
e
distinto
:
tutto
si
riannoda
e
si
riallaccia
attraverso
sfumature
infinite
:
la
legge
d
'
evoluzione
lo
insegna
.
Ci
sono
delle
zone
neutre
che
vietano
persino
di
sentenziare
se
un
organismo
appartiene
al
regno
vegetale
o
al
regno
animale
.
Perché
dunque
dovrebbero
esistere
delle
barriere
divisionali
in
psicologia
?
Ma
la
logica
troppo
severa
fa
commettere
degli
errori
,
come
la
corda
tirata
troppo
si
spezza
.
Tu
stesso
mi
hai
insegnato
che
,
per
comodità
di
studio
e
per
maggiore
chiarezza
,
si
usa
,
nella
scienza
e
nella
vita
,
chiamar
con
nomi
diversi
le
cose
che
in
ultima
analisi
non
sono
che
uno
sviluppo
ulteriore
una
dell
'
altra
,
-
e
così
io
credo
che
si
possano
tener
distinti
in
psicologia
dei
fenomeni
che
-
pur
non
differendo
fra
loro
sostanzialmente
-
differiscono
però
di
tanti
gradi
da
far
quasi
dimenticare
l
'
origine
comune
.
Orbene
,
la
suggestione
dei
sentimenti
differisce
tanto
dalla
suggestione
delle
idee
,
che
io
ho
creduto
di
poter
stabilire
fra
l
'
una
e
l
'
altra
questo
carattere
distintivo
:
l
'
una
fa
degli
eguali
,
l
'
altra
dei
seguaci
,
degli
inferiori
.
So
bene
,
-
e
lo
potevi
capire
anche
tu
-
che
quell
'
aggettivo
eguali
non
ha
il
significato
che
gli
si
dovrebbe
attribuire
in
una
dimostrazione
matematica
:
in
psicologia
sopratutto
(
e
anche
in
natura
)
non
c
'
è
nulla
di
identico
,
e
quando
si
adoperano
certe
parole
,
si
lascia
a
chi
legge
di
interpretarle
non
alla
lettera
,
ma
nel
senso
che
loro
si
è
dato
scrivendole
.
So
bene
che
gli
eroi
creati
da
Garibaldi
non
erano
e
non
potevano
essere
eguali
a
lui
,
e
che
il
grado
di
passione
cui
sale
il
pubblico
non
è
preciso
a
quello
dell
'
oratore
che
lo
ha
suggestionato
-
(
l
'
anima
umana
non
è
una
cifra
e
la
psicologia
non
è
l
'
aritmetica
)
,
-
ma
è
certo
che
quegli
eroi
e
quel
pubblico
modellavano
sé
stessi
incoscientemente
sulla
figura
morale
del
loro
suggestionatore
,
e
che
tutti
insieme
costituivano
un
unisono
psicologico
,
che
autorizzava
la
mia
affermazione
.
L
'
espressione
di
un
sentimento
ha
,
per
coloro
che
vi
assistono
,
l
'
identico
effetto
della
vibrazione
d
'
una
nota
sulle
corde
musicali
che
si
trovano
sotto
la
influenza
di
questa
vibrazione
.
La
persona
risponde
collo
stesso
sentimento
,
come
la
corda
risponde
colla
stessa
nota
.
Sarà
forse
un
tono
più
alto
o
più
basso
,
ma
è
l
'
identico
suono
,
è
l
'
accordo
.
Delle
idee
,
invece
,
non
avviene
così
.
Garibaldi
può
,
colla
sola
virtù
dell
'
esempio
,
creare
un
eroe
.
Spencer
non
può
,
con
una
sua
frase
o
colla
lettura
d
'
un
suo
capitolo
,
creare
un
genio
e
nemmeno
un
ingegno
.
Non
insisto
su
questa
dimostrazione
perché
l
'
evidenza
mi
par
meridiana
.
Tu
dici
però
-
per
combattere
la
mia
tesi
-
che
l
'
oratore
il
quale
dica
veramente
delle
cose
e
non
delle
parole
soltanto
,
eleva
il
livello
intellettuale
dei
suoi
uditori
,
-
e
fin
qui
siamo
d
'
accordo
e
l
'
ho
ammesso
anch
'
io
,
scrivendo
che
l
'
oratore
,
in
tal
caso
,
fa
dei
seguaci
,
cioè
suggestiona
e
avvicina
a
sé
intellettualmente
il
suo
pubblico
;
-
e
sostieni
anche
che
fra
gli
uditori
può
esservi
chi
superi
l
'
oratore
perché
spesso
il
discepolo
sorpassa
il
maestro
.
E
qui
-
pur
essendo
d
'
accordo
con
te
nella
osservazione
(
troppo
semplice
,
del
resto
,
perché
si
possa
combattere
)
,
-
mi
permetto
di
dirti
che
non
modifica
in
nulla
la
mia
tesi
.
Verdi
ha
avuto
un
maestro
di
musica
,
Dante
avrà
avuto
un
maestro
di
letteratura
,
Raffaello
un
maestro
di
disegno
.
Che
cosa
significa
questo
,
per
la
psicologia
collettiva
?
Significa
forse
-
come
tu
tenderesti
a
provare
-
che
le
facoltà
intellettuali
non
solo
fanno
degli
eguali
,
come
le
forze
sentimentali
,
ma
fanno
dei
superiori
?
Qui
-
mi
pare
tu
abbia
dimenticata
quella
tua
felice
distinzione
fra
psicologia
collettiva
e
psicologia
sociale
,
che
è
stata
la
scintilla
del
mio
libro
sulla
Folla
delinquente
.
La
psicologia
collettiva
-
quale
tu
stesso
la
definisci
ed
io
ho
studiata
-
è
la
psicologia
delle
collettività
riunite
staticamente
.
Quando
dunque
io
dico
che
la
suggestione
delle
idee
-
al
contrario
della
suggestione
dei
sentimenti
-
fa
,
non
degli
uguali
,
ma
degli
inferiori
,
intendo
parlare
da
un
punto
di
vista
statico
.
Il
rispondermi
che
in
un
'
aula
d
'
università
dove
parla
un
professore
,
o
in
un
teatro
dove
parla
un
Demostene
,
vi
può
essere
-
nascosto
ed
ignoto
fra
il
pubblico
-
uno
scienziato
o
un
artista
che
supererà
quel
professore
o
un
oratore
che
supererà
quel
Demostene
,
-
è
un
eludere
la
questione
,
non
un
risolverla
,
è
un
uscire
dal
campo
della
psicologia
collettiva
per
entrare
in
quello
della
psicologia
sociale
.
La
mia
tesi
-
esposta
in
un
modo
esagerato
e
brutale
-
è
questa
:
staticamente
,
cioè
in
un
brevissimo
spazio
di
tempo
,
per
sola
virtù
di
contagio
,
si
può
fare
d
'
un
uomo
un
eroe
o
un
assassino
,
non
si
può
fare
un
genio
del
pensiero
.
E
sfido
chiunque
a
contraddirmi
.
-
Quando
tu
poi
,
per
provare
la
forza
di
suggestione
delle
idee
,
mi
citi
i
discepoli
che
superano
i
maestri
o
,
per
provare
che
non
solo
l
'
individuo
ha
influenza
sul
pubblico
,
ma
anche
,
e
più
,
il
pubblico
,
sull
'
individuo
,
mi
avverti
che
a
un
poeta
può
venire
un
'
ispirazione
da
un
intelletto
mediocre
,
e
che
a
uno
scienziato
può
balenare
un
'
idea
geniale
da
una
conversazione
fugace
o
insipida
,
-
io
ti
rispondo
che
hai
ragione
,
ma
che
questa
è
psicologia
sociale
e
non
psicologia
collettiva
.
E
degli
effetti
e
dell
'
importanza
della
suggestione
(
tanto
dei
sentimenti
come
delle
idee
)
da
un
punto
di
vista
dinamico
e
non
statico
,
io
ho
troppo
a
lungo
parlato
altrove
,
perché
deva
ripetermi
qui
.
Tu
scrivi
questi
periodi
limpidi
,
e
inconfutabili
:
"
Non
è
sempre
esatto
che
la
somma
collettiva
delle
idee
sia
peggiore
delle
idee
genialmente
individuali
.
Nel
genio
,
e
anche
nell
'
ingegno
potente
,
c
'
è
sempre
una
qualche
esagerazione
,
un
qualche
squilibrio
nelle
premesse
più
acutamente
vedute
e
ravvicinate
,
come
nelle
induzioni
più
velocemente
anticipate
.
Nella
collettività
,
invece
,
è
vero
che
domina
la
media
,
ma
appunto
perché
tale
,
questa
rappresenta
così
una
elevazione
equilibrata
e
definitiva
della
intelligenza
comune
di
fronte
allo
stadio
precedente
,
come
un
'
attenuazione
integratrice
delle
audacie
più
o
meno
squilibrate
,
ma
sempre
precoci
e
perciò
meno
vitali
,
del
genio
individuale
.
Nella
scienza
la
scuola
dei
seguaci
vale
sempre
più
e
meglio
del
maestro
iniziatore
,
ed
hanno
-
l
'
una
e
l
'
altro
-
due
funzioni
utilmente
diverse
.
Senza
l
'
individuo
creatore
la
scuola
non
si
farebbe
e
la
media
individuale
non
si
eleverebbe
;
ma
senza
una
collettività
solidale
,
l
'
intuizione
del
genio
non
vive
e
cade
in
un
torpore
e
in
un
oblio
talvolta
secolare
,
finché
le
condizioni
più
propizie
e
meglio
adatte
della
collettività
,
o
spontaneamente
,
o
per
spinta
rinnovata
di
un
altro
genio
o
anche
di
un
talento
,
non
ne
fissino
definitivamente
la
struttura
e
lo
sviluppo
"
.
Parole
d
'
oro
,
-
ma
che
non
levano
una
virgola
a
quel
che
io
ho
affermato
,
perché
sono
parole
e
concetti
applicabili
in
sociologia
e
non
in
psicologia
collettiva
.
Ho
ammesso
anch
'
io
,
e
ho
scritto
*
tutto
questo
:
ho
ammesso
anch
'
io
,
-
e
l
'
ho
scritto
-
che
il
genio
non
è
che
un
simbolo
il
quale
rappresenta
le
aspirazioni
e
le
tendenze
di
una
data
classe
e
di
un
dato
periodo
;
ch
'
egli
non
è
se
non
lo
scorcio
incosciente
di
un
momento
storico
,
quasi
una
figura
in
cui
si
riassumono
e
si
fissano
tutte
le
suggestioni
infinite
e
diverse
che
su
di
lui
hanno
agito
;
-
ma
riconoscendo
che
il
genio
è
un
parto
meraviglioso
della
collettività
,
ho
inteso
e
intendo
riconoscere
soltanto
dinamicamente
il
potere
della
collettività
sull
'
individuo
.
Anche
staticamente
esiste
questo
potere
,
ma
produce
il
male
anzi
che
il
bene
,
abbassa
e
non
eleva
l
'
intelligenza
.
Ed
è
in
questo
senso
,
cioè
da
un
punto
di
vista
statico
,
che
io
ho
osato
esporre
la
frase
pessimista
che
"
unirsi
,
nel
mondo
umano
,
vuol
dire
peggiorarsi
"
.
Da
un
punto
di
vista
dinamico
cioè
di
psicologia
sociale
,
bisognerebbe
essere
pazzi
per
affermare
una
cosa
simile
,
e
tu
hai
ragione
di
dire
che
-
allora
-
bisognerebbe
anche
rinnegare
la
teoria
dell
'
evoluzione
e
riconoscere
che
il
selvaggio
val
più
dell
'
uomo
civile
,
e
la
scimmia
antropomorfa
più
del
selvaggio
.
Per
essere
più
preciso
io
avrei
dovuto
scrivere
che
-
"
unirsi
nel
mondo
umano
,
solo
staticamente
,
vuol
dire
peggiorarsi
"
.
-
Ma
all
'
esattezza
del
linguaggio
,
che
ho
trascurata
,
poteva
rimediare
il
senso
e
l
'
intonazione
del
mio
articolo
.
Io
parlavo
della
folla
non
della
società
:
io
parlavo
di
suggestione
immediata
e
incosciente
,
non
di
suggestione
lenta
e
cosciente
;
io
-
in
una
parola
-
parlavo
di
improvvise
rivoluzioni
psicologiche
,
non
di
graduali
evoluzioni
;
io
non
applicavo
quindi
la
mia
conclusione
a
tutto
il
vasto
campo
della
sociologia
,
ma
soltanto
al
campo
ristretto
della
psicologia
collettiva
.
Tu
mi
hai
voluto
far
dire
più
di
quello
che
avevo
in
animo
di
dire
,
e
per
combattere
una
tesi
che
io
non
ho
sostenuta
,
hai
esagerato
.
Tu
hai
scritto
che
il
principio
:
l
'
unione
fa
la
forza
è
vero
sempre
in
psicologia
sociale
e
in
psicologia
collettiva
.
No
:
in
psicologia
collettiva
l
'
unione
spesso
fa
,
intellettualmente
,
non
la
forza
,
ma
la
debolezza
:
i
Giurì
,
le
Commissioni
,
le
assemblee
informino
:
soprattutto
i
tuoi
Nuovi
Orízzonti
,
dove
questa
verità
è
stata
così
genialmente
accennata
.
Ed
io
non
avrei
altro
da
aggiungere
se
non
prevedessi
una
tua
domanda
,
anzi
alcune
domande
:
"
quali
sono
i
limiti
-
tu
potresti
dirmi
-
quali
i
confini
tra
la
psicologia
collettiva
e
la
psicologia
sociale
?
dove
finisce
l
'
una
e
comincia
l
'
altra
?
non
si
verificherà
anche
qui
la
legge
d
'
evoluzione
,
e
non
si
passerà
dall
'
una
all
'
altra
per
fasi
e
per
gradazioni
indistinte
?
e
non
sarà
allora
impossibile
o
quasi
applicare
a
queste
diverse
fasi
le
leggi
che
tu
credi
vere
per
l
'
una
e
che
sarebbero
quindi
false
per
l
'
altra
?
"
.
I
problemi
racchiusi
in
queste
interrogazioni
sono
gravi
e
importanti
.
Io
tenterò
di
risolverli
nel
mio
prossimo
volume
:
La
delinquenza
settaria
*
.
La
setta
è
infatti
una
collettività
che
potrebbe
dirsi
il
trait
-
d
'
union
fra
la
folla
e
la
società
,
la
zona
neutra
,
per
ripetere
un
'
espressione
felice
,
tra
la
psicologia
collettiva
e
la
psicologia
sociale
.
L
'
argomento
mi
porterebbe
molto
lontano
:
ma
io
non
posso
abusare
della
cortesia
della
"
Critica
sociale
"
,
alla
quale
ho
già
rubato
qualche
colonna
.
Altrove
e
meglio
io
potrò
dire
il
mio
pensiero
.
Intanto
credimi
,
con
l
'
affetto
e
con
l
'
ammirazione
che
sai
,
sempre
tuo
SCIPIO
SIGHELE
.
IV
.
Risposta
di
Gabriele
Tarde
a
Scipio
Sighele
*
.
Io
sono
sempre
lieto
,
e
voi
,
caro
Sighele
,
lo
sapete
,
di
rendere
la
giustizia
dovuta
ai
vostri
belli
e
profondi
lavori
;
e
non
solo
è
il
vigore
e
il
raro
acume
di
uno
spirito
veramente
personale
,
che
io
ammiro
in
voi
,
ma
eziandio
quella
nobiltà
naturale
di
carattere
che
vi
tiene
al
disopra
delle
misere
questioni
d
'
amor
proprio
.
Noto
questo
tanto
più
volentieri
,
dacché
è
pur
tempo
ch
'
io
risponda
a
certi
attacchi
che
se
non
mi
commuovono
,
non
cessano
però
di
sorprendermi
,
succedendo
bruscamente
,
non
so
troppo
il
perché
,
a
numerose
testimonianze
d
'
amicizia
e
a
buoni
uffici
reciproci
.
Io
non
seguirò
il
Ferri
nella
via
ch
'
egli
ha
battuta
a
mio
riguardo
.
Un
uomo
così
abile
,
com
'
egli
è
,
all
'
adattamento
e
al
volgarizzamento
delle
idee
altrui
dovrebbe
più
di
chiunque
astenersi
dal
gettare
ad
altri
epiteti
scortesi
di
parassita
di
vagabondo
e
di
plagiario
;
dovrebbe
astenersene
e
sopratutto
verso
qualcuno
che
maturò
a
lungo
,
nella
più
profonda
solitudine
,
il
frutto
delle
sue
proprie
riflessioni
,
fino
al
giorno
in
cui
il
suo
pensiero
schietto
e
personale
si
è
diffuso
con
qualche
onore
nel
modo
scientifico
.
Certo
,
ben
io
so
che
in
fatto
di
idee
la
proprietà
individuale
deve
sempre
esser
intesa
in
un
senso
molto
relativo
;
che
il
collettivismo
è
qui
al
suo
posto
,
meglio
che
in
qualsiasi
altro
campo
;
e
che
noi
non
siamo
mai
se
non
i
comproprietari
comunisti
e
indivisi
delle
nostre
idee
le
più
originali
.
Ciononostante
,
il
merito
d
'
una
tal
quale
originalità
mi
fu
così
spesso
riconosciuto
,
da
ogni
parte
e
su
tutti
i
toni
,
e
persino
dai
più
acerbi
miei
critici
,
che
io
credo
di
potere
,
-
senza
troppa
illusione
-
attribuirmi
la
paternità
de
'
miei
scritti
a
dispetto
del
mio
amabile
contradditore
.
Il
deputato
Ferri
era
ancora
sulle
panche
della
scuola
quando
già
il
mio
sistema
d
'
idee
era
fissato
nelle
linee
principali
.
Io
non
potei
quindi
toglierlo
a
prestito
né
da
lui
né
da
alcuno
dei
suoi
e
neppure
dal
Despine
,
che
mai
non
lessi
.
Che
quest
'
ultimo
si
sia
occupato
della
imitazione
,
è
ben
cosa
possibile
.
Lo
stesso
Platone
ne
sentì
alcun
po
'
l
'
importanza
nella
sua
Repubblica
.
La
questione
non
è
qui
.
Il
pubblico
filosofico
l
'
ha
ben
compreso
ed
è
esso
,
in
fin
dei
fini
,
il
solo
giudice
del
merito
dei
nostri
lavori
.
In
ogni
caso
io
posso
affermare
che
quand
'
anche
io
non
avessi
conosciuta
la
nuova
scuola
,
io
non
avrei
a
cangiar
verbo
delle
mie
due
opere
principali
:
Le
leggi
dell
'
imitazione
e
La
logica
sociale
.
Quanto
alla
mia
Criminalità
comparata
e
alla
mia
Filosofia
penale
,
questi
due
volumi
non
sono
che
l
'
applicazione
pura
e
semplice
del
mio
punto
di
vista
generale
-
pubblicato
fin
dal
1881
nella
"
Revue
Philosophique
"
e
finito
assai
prima
-
al
lato
criminale
della
Società
;
a
quel
modo
ch
'
io
l
'
applicai
al
lato
linguistico
,
religioso
,
economico
,
estetico
e
giuridico
.
Questa
applicazione
criminologica
io
non
l
'
avrei
fatta
nella
stessa
maniera
se
non
avessi
avuto
il
vantaggio
di
leggere
un
giorno
l
'
Uomo
delinquente
di
Lombroso
e
gli
scritti
della
scuola
.
Ma
il
rimprovero
di
averli
saccheggiati
mi
sorprende
singolarmente
;
avrei
capito
piuttosto
quello
di
averli
un
tal
po
'
demoliti
:
e
ancora
ciò
equivarrebbe
a
disconoscere
tutta
la
benevolenza
(
voi
diceste
un
giorno
beneficenza
)
della
mia
critica
da
amico
.
Se
tutti
coloro
che
criticano
il
Ferri
l
'
hanno
copiato
,
i
suoi
copisti
sono
legione
,
cominciando
dall
'
onorevole
Colajanni
che
gli
ha
assestato
di
così
bei
colpi
,
e
senza
dire
del
Lucchini
,
del
Carnevale
,
dell
'
Alimena
e
di
tanti
altri
rudi
giostratori
della
terza
scuola
.
Io
non
so
del
resto
a
qual
proposito
,
senza
aver
nulla
di
molto
particolare
da
dire
,
Ferri
interviene
nella
piccola
conversazione
cortese
ed
istruttiva
che
voi
impegnaste
con
me
su
un
punto
assai
delicato
della
psicologia
delle
folle
.
S
'
egli
fu
il
padrino
della
psicologia
collettiva
,
come
a
più
riprese
si
vanta
,
s
'
ingannerebbe
,
ad
ogni
modo
,
supponendo
di
esserne
il
padre
e
che
nessuno
abbia
ormai
il
diritto
di
toccare
a
questo
soggetto
di
studi
senza
il
suo
consenso
.
Il
difficile
non
era
di
trovare
il
nome
,
bensì
di
trovare
e
approfondire
la
cosa
.
È
ciò
che
voi
fate
,
è
ciò
che
io
pure
ho
tentato
di
fare
.
E
ciò
che
mi
dà
qualche
fiducia
nelle
mie
ricerche
è
che
mi
sembra
ch
'
esse
si
accordino
spesso
con
le
vostre
,
anche
in
quanto
concerne
il
piccolo
problema
da
voi
recentemente
discusso
nella
"
Critica
sociale
"
.
Perciò
non
ho
che
qualche
riflessione
da
aggiungere
alle
vostre
fini
osservazioni
.
Io
distinsi
nello
spirito
collettivo
delle
folle
il
lato
intellettuale
e
il
lato
morale
,
e
feci
notare
che
,
moralmente
,
esse
uguagliano
ed
anche
superano
l
'
individuo
nel
bene
e
nel
male
,
nell
'
eroismo
e
nel
delitto
,
mentre
,
intellettualmente
,
esse
scendono
quanto
è
più
basso
di
lui
nella
stoltezza
e
nella
follìa
,
senza
mai
elevarsi
alla
sua
altezza
nella
genialità
.
Ora
,
voi
reputate
vera
questa
osservazione
,
ma
la
spiegazione
ch
'
io
ne
dò
non
vi
soddisfa
e
ne
tentate
un
'
altra
.
Le
due
,
tuttavia
,
forse
si
completano
più
che
non
sieno
in
contrasto
,
e
io
credo
che
voi
stesso
ve
ne
avvedrete
tosto
che
io
abbia
un
po
'
rettificato
il
mio
pensiero
.
Qui
,
mi
sembra
,
si
ha
da
aggiungere
alla
distinzione
già
fatta
,
un
'
altra
distinzione
:
quella
dell
'
aspetto
quantitativo
e
dell
'
aspetto
qualitativo
dei
fenomeni
psichici
,
siano
intellettuali
o
morali
.
La
credenza
affermativa
o
negativa
,
che
passa
per
tanti
gradi
senza
cangiar
di
natura
,
è
una
quantità
mentale
.
Il
desiderio
,
esso
pure
,
positivo
o
negativo
,
lo
è
del
pari
e
per
la
stessa
ragione
perché
segue
una
scala
continua
,
dalla
più
leggera
tendenza
alla
passione
più
sfrenata
,
in
una
stessa
determinata
direzione
.
Anche
l
'
intensità
delle
sensazioni
è
,
sino
a
un
certo
punto
,
una
quantità
.
Ma
un
'
idea
,
in
quanto
combinazione
particolare
di
percezioni
o
d
'
imagini
e
indipendentemente
dalla
più
o
meno
forte
adesione
dello
spirito
,
è
qualcosa
di
qualitativo
,
che
differisce
in
natura
,
e
non
soltanto
in
grado
,
da
un
'
altra
idea
.
Lo
stesso
dirò
del
sentimento
,
considerato
non
già
sotto
l
'
aspetto
dell
'
energia
,
ma
sotto
quello
della
sua
composizione
e
della
sua
distinta
sfumatura
,
nella
quale
si
fondono
mille
impressioni
,
mille
pene
o
piaceri
elementari
.
Ebbene
,
è
notevole
che
di
quanto
il
lato
quantitativo
della
psicologia
individuale
,
così
definito
si
riproduce
amplificato
ed
esagerato
in
psicologia
collettiva
,
di
altrettanto
il
lato
qualitativo
si
riflette
attenuato
e
impoverito
.
Le
folle
,
senz
'
alcun
dubbio
,
davanti
a
uno
spettacolo
commovente
,
come
una
corsa
di
tori
o
una
carica
di
cavalleria
in
sommossa
,
hanno
sensazioni
più
forti
di
gioie
o
di
dolori
più
vivi
,
che
non
risentirebbe
isolato
ciascuno
degli
individui
che
le
compongono
.
Esse
hanno
una
capacità
di
godere
e
di
soffrire
,
e
parimenti
di
affermare
o
di
negare
,
di
desiderare
o
respingere
,
superiore
alla
capacità
analoga
dell
'
individuo
.
Ma
al
tempo
stesso
,
cotesto
assembramento
,
cotesto
affollamento
effervescente
degli
individui
così
adatto
a
rafforzare
in
ciascun
d
'
essi
le
loro
sensazioni
espresse
,
i
loro
desiderî
e
le
loro
convinzioni
reciprocamente
corroborate
pel
solo
fatto
del
loro
scambio
,
è
assolutamente
inadatto
a
suscitare
,
ad
accelerare
nello
spirito
e
nel
cuore
di
questi
individui
,
anche
in
quelli
che
hanno
più
anima
e
più
genio
,
lo
sbocciare
di
un
'
idea
davvero
nuova
e
feconda
,
od
anche
di
un
sentimento
nuovo
e
fecondo
,
di
una
specie
inedita
di
entusiasmo
o
di
amore
.
Perché
se
vi
ha
delle
idee
geniali
,
vi
ha
pure
dei
sentimenti
geniali
.
Lungi
dall
'
affrettarne
o
dall
'
agevolarne
l
'
apparizione
,
l
'
azione
della
folla
la
inceppa
o
la
impedisce
.
In
altri
termini
,
le
folle
esaltano
la
facoltà
imitativa
dell
'
individuo
,
ma
ne
deprimono
la
facoltà
inventiva
.
Lamartine
in
due
versi
ben
coniati
,
disse
qualcosa
d
'
analogo
:
Il
faut
se
séparer
,
pour
penser
,
de
la
foule
,
Et
s
'
y
confondre
pour
agir
.
Infatti
il
pensatore
si
isola
,
e
così
il
poeta
o
l
'
artista
.
L
'
uno
per
elaborare
le
sue
nuove
e
forti
concezioni
,
l
'
altro
per
estrarre
dal
proprio
cuore
un
aroma
più
raffinato
e
complesso
dei
sentimenti
ordinarî
,
hanno
bisogno
di
raccoglimento
e
di
silenzio
.
La
germinazione
del
loro
cervello
è
a
questo
prezzo
.
Vi
hanno
senza
dubbio
eccezioni
,
ma
non
sono
che
apparenti
e
confermano
la
regola
.
Il
Nouma
Roumestan
di
Daudet
,
ad
esempio
,
al
quale
le
idee
non
venivano
che
parlando
in
mezzo
a
un
vasto
uditorio
.
Disgraziatamente
le
idee
che
vengono
in
tal
modo
,
nel
chiasso
e
nella
calca
,
hanno
per
carattere
distintivo
di
essere
semplici
luoghi
comuni
,
o
tutt
'
al
più
di
quei
paradossi
che
non
sono
se
non
luoghi
comuni
rovesciati
e
ai
quali
si
applica
a
meraviglia
il
paragone
delle
bolle
di
sapone
.
Quanto
ai
veri
"
nuovi
orizzonti
"
dello
spirito
,
schiusi
da
un
Newton
o
da
un
Descartes
;
quanto
alle
nuove
tonalità
del
cuore
apportate
al
mondo
da
tutti
i
grandi
visionari
mistici
o
patrioti
del
passato
,
profeti
ebrei
,
aedi
greci
,
bardi
celti
,
da
un
Orfeo
o
un
Budda
,
da
un
Virgilio
o
un
San
Paolo
o
un
San
Francesco
d
'
Assisi
o
un
Dante
o
un
Rousseau
o
un
Chateaubriand
-
è
sempre
nel
deserto
,
lunge
dalle
moltitudini
che
cotesti
germi
destinati
a
una
così
lontana
disseminazione
sono
creati
per
la
prima
volta
.
Poi
vengono
i
grandi
tribuni
,
i
grandi
pubblicisti
,
i
missionari
che
si
dedicano
all
'
apostolato
di
quelle
innovazioni
,
le
seminano
dappertutto
e
le
fanno
cadere
nel
pubblico
dominio
.
È
così
che
si
formarono
tutti
i
sentimenti
maggiori
che
mossero
i
popoli
,
l
'
onore
della
famiglia
,
l
'
onore
della
città
,
la
religione
della
patria
,
la
pietà
,
la
fedeltà
feudale
...
È
così
,
che
,
ancor
più
manifestamente
,
il
gusto
della
tragedia
classica
nel
secolo
XVII
,
la
passione
dell
'
architettura
gotica
nel
medio
evo
e
il
disgusto
di
essa
nel
secolo
XVIII
,
o
,
ai
dì
nostri
,
il
culto
entusiasta
della
libertà
e
dell
'
uguaglianza
,
divennero
successivamente
fonti
di
emozioni
nazionali
tra
i
francesi
delle
varie
epoche
;
per
modo
che
,
adunate
nel
teatro
,
nella
chiesa
,
nel
museo
,
sulla
pubblica
piazza
,
le
folle
francesi
furono
soventi
elettrizzate
da
capolavori
che
in
altre
epoche
avrebbero
fischiati
,
ed
ebbero
i
più
bei
slanci
d
'
eroismo
civico
o
militare
per
cause
che
,
un
secolo
prima
,
le
avrebbero
lasciate
indifferenti
o
mosse
ad
orrore
.
Il
contrasto
,
voi
lo
vedete
,
che
oggi
vi
propongo
,
non
è
del
tutto
il
medesimo
da
cui
sono
partito
nell
'
articolo
che
voi
citaste
.
Alla
distinzione
dell
'
intellettuale
e
del
morale
io
sovrappongo
,
più
ch
'
io
non
sostituisca
,
quella
della
quantità
e
della
qualità
,
dell
'
imitativo
e
dell
'
inventivo
,
distinzione
che
non
è
contraria
,
ma
,
per
così
dire
,
perpendicolare
alla
precedente
.
Ora
,
non
trovate
voi
che
,
presentato
sotto
questa
nuova
luce
,
il
mio
pensiero
appaia
più
vero
e
,
insieme
,
meno
scoraggiante
?
Ed
ora
domandiamoci
:
perché
mai
le
folle
,
che
superano
tanto
l
'
individuo
nell
'
energia
delle
loro
convinzioni
vere
o
false
,
come
nell
'
intensità
delle
loro
passioni
buone
o
cattive
e
,
per
conseguenza
,
nello
slancio
delle
loro
azioni
eroiche
o
criminose
,
sono
impotenti
a
sprigionare
dal
loro
proprio
seno
quelle
verità
o
quegli
errori
,
quelle
forme
del
bene
o
del
male
,
la
cui
iniziativa
appartiene
sempre
all
'
individuo
?
Egli
è
che
l
'
individuo
è
un
'
associazione
armonica
,
e
non
soltanto
un
aggregato
incoerente
,
di
cellule
cerebrali
;
e
che
il
lavoro
coordinato
,
logico
e
teleologico
di
queste
,
che
esige
una
profonda
pace
,
è
naturalmente
suscettivo
di
produrre
frutti
di
qualità
ben
diversa
dai
prodotti
d
'
una
fermentazione
tumultuosa
.
Il
giorno
in
cui
si
sarà
trovata
un
'
associazione
di
uomini
che
funzioni
altrettanto
armonicamente
quanto
la
società
cellulare
del
nostro
cervello
,
quel
giorno
la
genialità
diventerà
l
'
appannaggio
dei
corpi
costituiti
,
scambio
di
essere
il
privilegio
dell
'
uomo
solitario
e
si
vedranno
i
lampi
di
genio
sprizzare
dalle
deliberazioni
di
un
'
assemblea
anziché
dalla
muta
meditazione
.
Fino
a
quel
giorno
non
si
vedrà
che
il
contrario
.
Si
ha
un
bel
dire
che
quattr
'
occhi
veggono
meglio
di
due
;
non
è
perciò
men
vero
che
in
un
Parlamento
,
fosse
pure
composto
di
500
Enrico
Ferri
,
mille
occhi
appuntati
su
una
questione
militare
o
diplomatica
da
risolvere
,
non
riescono
mai
a
percepire
,
senza
gli
occhiali
d
'
un
ministro
circondato
da
uomini
competenti
,
un
'
idea
legislativa
che
stia
in
piedi
.
Parimenti
,
benché
mille
cuori
battano
più
forte
di
un
solo
,
non
è
perciò
meno
vero
che
,
nei
momenti
critici
in
cui
il
bisogno
di
una
data
riforma
dei
cuori
si
fa
sentire
,
quando
si
tratta
di
suscitare
un
sentimento
salvatore
,
una
emozione
speciale
e
rigeneratrice
,
è
in
un
cuore
solitario
che
si
produce
per
la
prima
volta
cotesta
pulsazione
salutare
e
caratteristica
,
ripercossa
poi
da
tutti
gli
altri
.
Dirò
io
con
voi
che
v
'
è
qui
una
differenza
essenziale
,
che
in
fatto
,
"
mentre
la
suggestione
dei
sentimenti
fa
degli
eguali
,
la
suggestione
delle
idee
fa
degli
inferiori
"
,
ossia
dei
discepoli
?
Eppure
,
imitazione
vi
ha
tanto
nel
primo
caso
quanto
nel
secondo
.
Malgrado
tutto
,
la
distinzione
che
voi
stabilite
ha
la
sua
parte
di
vero
e
giustifica
al
tempo
stesso
quella
ch
'
io
avevo
stabilita
fra
l
'
intelligenza
e
la
moralità
della
folla
.
Perché
,
in
fatto
di
sentimenti
,
il
difficile
e
l
'
importante
non
è
,
abitualmente
,
di
scoprirli
,
cosa
alla
fin
fine
abbastanza
facile
;
ma
è
di
sentirli
collo
stesso
grado
d
'
energia
,
necessario
a
renderli
efficaci
;
mentre
,
in
fatto
d
'
idee
,
la
difficoltà
è
di
trovarle
e
di
formularle
,
non
già
di
affermarle
con
una
grande
intensità
di
fede
;
e
le
idee
le
più
credute
,
le
più
dommatizzate
dal
fanatismo
delle
masse
,
non
sono
per
nulla
affatto
le
più
feconde
.
Un
pizzico
di
scetticismo
è
un
ottimo
lievito
per
la
fecondità
di
un
'
idea
.
Che
un
sentimento
sia
nuovo
,
poco
importa
,
generalmente
;
l
'
essenziale
e
il
raro
è
ch
'
esso
sia
molto
forte
e
quindi
molto
utile
.
Ma
non
basta
che
una
idea
sia
molto
vera
,
bisogna
che
essa
sia
nuova
;
e
il
più
sovente
la
sua
novità
fa
,
in
qualche
misura
,
parte
integrante
della
sua
verità
,
quasi
sempre
relativa
...
Molte
altre
cose
avrei
da
dire
a
questo
proposito
;
ma
già
mi
debbo
scusare
di
essermi
tanto
diffuso
.
Il
piacere
di
conversare
con
voi
mi
ha
trascinato
...
Ancora
una
parola
,
se
consentite
.
Io
non
diedi
che
a
titolo
di
ipotesi
,
e
come
tale
ho
confinato
in
calce
di
pagina
,
il
brano
sull
'
io
dell
'
atomo
,
che
voi
voleste
citare
.
Checché
si
pensi
a
questo
riguardo
,
ciò
non
altera
in
nulla
l
'
assieme
delle
mie
idee
positive
.
Queste
devono
essere
distinte
con
molta
cura
dalle
congetture
che
spesso
io
vi
ho
mescolato
,
non
senza
caritatevolmente
avvertire
il
lettore
,
che
,
in
questi
casi
,
hypotheses
fingo
.
Novembre
1894
.
G
.
TARDE
.
V
.
Nota
di
Silvio
Venturi
*
.
I
lettori
ricordano
certo
per
quali
motivi
il
Sighele
conclude
:
che
dei
sentimenti
si
può
,
per
suggestione
,
fare
la
somma
,
delle
idee
non
si
può
fare
che
la
media
;
mentre
,
pel
Ferri
,
la
collettività
rende
più
intensa
ogni
manifestazione
psichica
,
con
ciò
intendendo
che
la
comunicazione
delle
idee
alla
folla
non
solo
è
possibile
,
ma
dalla
comunione
stessa
le
idee
vengono
rinforzate
.
Ora
io
vo
'
dire
non
soltanto
che
sono
d
'
opinione
un
po
'
dell
'
uno
e
un
po
'
dell
'
altro
,
e
più
del
Sighele
che
del
Ferri
,
ma
che
sovra
tutto
fra
l
'
uno
e
l
'
altro
sarei
quasi
di
parere
contrario
.
Tale
posizione
colombiana
,
che
assumo
nella
discussione
,
vuol
dire
semplicemente
che
io
vedo
la
cosa
da
un
punto
di
vista
differente
.
Mi
sbrigo
in
due
parole
.
L
'
oratore
che
parla
alla
folla
trova
un
'
eco
perfetta
in
questa
quand
'
egli
esprima
sentimenti
o
idee
che
ad
essa
non
solo
sieno
facili
,
ma
che
essa
già
in
qualche
modo
possegga
,
ed
egli
non
faccia
che
evocarle
,
riassumerle
,
dimostrarle
,
illustrarle
.
Allora
la
folla
,
nella
sua
espressione
collettiva
,
a
parte
le
singole
stonature
di
individualità
o
eminenti
,
o
inferiori
,
od
estranee
,
trova
nell
'
oratore
,
come
nel
foco
d
'
uno
specchio
,
conversa
la
propria
opinione
o
il
proprio
sentimento
,
il
quale
dall
'
oratore
stesso
,
caldo
o
ingegnoso
,
vien
tradotto
intenso
,
come
fosse
la
somma
del
sentimento
o
del
pensiero
di
tutti
.
Se
,
al
contrario
,
l
'
oratore
esprime
sentimenti
o
pensieri
,
i
quali
,
o
per
essere
esclusivamente
suoi
,
o
per
essere
nuovi
,
sono
come
fortemente
staccati
dallo
stato
,
ordinario
dell
'
opinione
o
dei
sentimenti
del
pubblico
,
egli
in
tal
caso
né
viene
sentito
,
né
viene
compreso
.
Ricordo
,
al
proposito
,
l
'
opinione
del
Mausdey
,
il
quale
divide
gli
uomini
di
genio
in
due
categorie
:
quelli
che
hanno
ingegno
da
rappresentare
in
sé
stessi
ed
esprimere
i
sentimenti
o
le
idee
del
momento
storico
in
cui
vivono
;
e
quelli
che
sentono
o
pensano
in
modo
avanzato
,
lontano
ancora
dal
comune
intendimento
.
I
primi
possono
aver
gloria
in
vita
,
per
quanto
duri
poco
oltre
la
tomba
,
poiché
sono
uomini
del
tempo
e
passano
con
questo
;
gli
altri
avranno
gloria
più
tardi
,
quando
la
comunità
,
passo
passo
,
avrà
conquistato
il
terreno
intermedio
,
e
sarà
arrivata
ad
intendere
l
'
uomo
che
l
'
ha
preceduta
.
Fra
questa
classe
d
'
uomini
vi
hanno
pur
gli
utopisti
,
i
quali
separati
che
siano
dai
folli
,
si
può
dire
che
abbiano
avuto
la
sfortuna
di
gettare
nello
spazio
dell
'
avvenire
idee
traverso
le
quali
,
per
loro
sventura
,
non
è
passata
la
traiettoria
dell
'
umano
progresso
,
onde
furon
lasciati
da
parte
,
come
gente
che
,
anziché
precedere
il
progresso
comune
,
l
'
avrebbe
deviato
.
Assistiamo
giornalmente
alla
dimostrazione
di
quanto
io
dico
.
Nelle
pubbliche
assemblee
(
specialmente
nelle
politiche
)
gli
oratori
festeggiati
e
che
dominano
sono
coloro
che
non
dicono
nulla
di
nuovo
,
ma
che
sanno
toccar
bene
il
tasto
che
muove
il
pensiero
ed
il
sentimento
comune
;
al
contrario
i
veri
innovatori
,
gli
scienziati
sottili
ed
originali
,
sia
che
scrivano
,
sia
che
parlino
,
non
soltanto
non
vengono
compresi
,
ma
incorrono
necessariamente
nell
'
ostilità
e
nel
motteggio
.
Più
tardi
trionferanno
,
quando
,
a
poco
alla
volta
,
crescendo
il
numero
dei
seguaci
(
che
non
saranno
ciechi
fanatici
,
ma
studiosi
)
,
questi
avranno
compiuta
,
dalla
punta
alla
base
,
la
piramide
che
li
estolla
in
trionfo
.
Ricorderà
il
Ferri
,
quand
'
egli
in
Parlamento
,
propugnatore
delle
nuove
idee
pel
Codice
penale
,
fu
soffocato
dall
'
enorme
peso
dell
'
opinione
di
presso
che
tutti
i
deputati
,
i
quali
nel
Codice
di
Zanardelli
glorificavano
il
trionfo
della
opinione
pubblica
,
che
si
era
arrestata
alle
vittoriose
idealità
,
già
da
venti
anni
diventate
,
scientificamente
,
anticaglie
.
Ecco
dunque
,
secondo
me
,
l
'
errore
della
polemica
fra
Sighele
e
Ferri
.
L
'
uno
ammette
la
sola
diffusibilità
e
sommabilità
dei
sentimenti
,
e
non
si
accorge
che
ciò
si
deve
all
'
esser
i
sentimenti
e
gli
atti
volitivi
che
li
rispecchiano
,
fatti
psichici
di
patrimonio
comune
,
onde
dall
'
oratore
essi
non
vengono
seminati
,
ma
solamente
evocati
,
e
,
per
effetto
delle
leggi
dal
Sighele
stesso
così
bene
illustrate
,
rinforzati
,
sommati
e
,
fino
a
un
certo
segno
,
moltiplicati
nell
'
intensità
,
non
già
,
intendiamoci
,
nella
qualità
e
nel
numero
.
L
'
altro
,
il
Ferri
,
dicendo
che
nello
scambio
le
idee
si
rinforzano
,
dice
bene
,
a
mio
parere
,
soltanto
nel
senso
che
le
idee
individuali
,
prodotte
da
una
mente
alta
e
di
larghe
vedute
,
rispecchiano
sempre
un
lato
solo
del
prisma
,
mentre
,
preso
l
'
abbrivo
e
il
suggerimento
da
una
opinione
,
le
altre
,
emesse
dagli
altri
,
si
svolgono
a
riguardar
nuovi
lati
del
prisma
medesimo
,
onde
l
'
opinione
prima
si
può
modificare
,
allargare
,
rinforzare
,
innalzare
e
talora
anche
indebolire
.
Obbiettivamente
considerando
gli
effetti
di
una
discussione
di
idee
,
si
rilevano
due
fatti
:
il
primo
,
che
l
'
idea
emessa
dal
proponente
,
dirò
così
,
viene
attenuata
o
modificata
dalla
diversa
base
sulla
quale
,
dopo
l
'
opinione
altrui
,
essa
dovrà
poggiarsi
;
e
l
'
altro
che
il
resultato
finale
dell
'
opinione
di
ciascuno
,
compresa
quella
del
proponente
,
non
sarà
un
'
idea
acuta
,
elevata
quant
'
era
quella
di
prima
,
la
quale
tanto
più
si
distendeva
in
altezza
quanto
meno
s
'
allargava
alla
base
,
ma
sarà
un
modo
più
esatto
,
più
largo
,
per
quanto
meno
geniale
,
di
vedere
le
cose
.
Dunque
in
parte
ha
ragione
il
Sighele
,
a
dire
che
,
riguardo
ai
prodotti
intellettuali
,
lo
scambio
delle
idee
ha
per
effetto
una
diminuzione
d
'
intensità
e
di
forza
nell
'
idea
iniziale
;
ma
viceversa
avrebbe
ragione
il
Ferri
in
quanto
la
discussione
eliminando
i
pericoli
delle
unilateralità
e
delle
utopie
,
infonde
vigore
ed
efficacia
all
'
idea
medesima
,
migliorata
e
corretta
.
Dopo
ciò
,
la
distinzione
,
in
proposito
,
fra
i
sentimenti
e
le
idee
non
dovrebbe
più
esser
quella
fatta
dal
Sighele
e
dal
Ferri
,
poiché
,
a
seconda
della
coltura
o
delle
speciali
condizioni
della
folla
un
sentimento
d
'
ordine
comune
può
venir
non
compreso
ed
essere
espresso
senza
efficacia
come
fosse
un
'
idea
geniale
e
di
peregrina
fattura
:
ed
in
assemblea
diversa
un
'
idea
geniale
può
destare
entusiasmi
e
muovere
ad
azioni
al
pari
che
se
fosse
un
sentimento
universo
ed
anticamente
sentito
.
E
,
per
valermi
di
esempi
simili
a
quelli
portati
dai
nominati
scrittori
,
se
Garibaldi
creò
non
solo
degli
eroi
,
ma
mosse
un
popolo
intiero
colla
magica
parola
di
Italia
unita
,
questa
parola
non
avrebbe
avuto
efficacia
alcuna
un
secolo
innanzi
,
poiché
il
1859
trovava
in
Italia
un
popolo
nel
quale
il
concetto
dell
'
unità
italiana
erasi
fatto
sentimento
,
mentre
non
lo
era
affatto
prima
dell
'
epoca
napoleonica
,
ed
era
ancora
,
come
ai
tempi
di
Dante
,
sogno
d
'
idealità
geniali
.
Per
chiarir
meglio
il
mio
concetto
e
meglio
formulare
il
motivo
per
il
quale
vi
ha
una
differente
potenza
di
comunicabilità
,
non
già
solo
fra
sentimenti
e
idee
,
ma
fra
sentimenti
e
sentimenti
,
fra
idee
e
idee
,
ricorderò
come
il
prodotto
del
genio
accenni
ad
una
divergenza
nell
'
evoluzione
civile
,
e
inizii
un
nuovo
ramo
nell
'
albero
delle
umane
attività
;
non
altrimenti
la
varietà
,
che
spunta
da
una
specie
,
crea
nuovi
indirizzi
di
forma
e
di
vita
,
e
segna
le
origini
d
'
una
specie
novella
,
che
più
tardi
,
attraverso
i
perfezionamenti
della
nuova
varietà
,
si
andrà
affermando
.
Tale
significazione
biologica
del
genio
che
io
,
primo
,
ho
additato
e
illustrato
in
lavori
,
che
già
datano
da
cinque
o
sei
anni
,
e
di
cui
ho
pur
fatto
applicazione
nello
studio
della
psiche
sociale
e
nella
storia
,
chiarisce
il
fatto
per
il
quale
il
pensiero
dell
'
uomo
di
genio
,
che
spesso
crea
istantaneamente
o
per
lo
meno
da
poco
ha
maturato
l
'
idea
geniale
,
non
può
trovare
nella
folla
né
intendimento
né
consenso
,
poiché
questa
intende
e
risponde
solamente
a
sentimenti
e
a
idee
che
le
sono
materia
assimilata
.
Ma
non
perciò
mancherà
nella
folla
,
che
ascolta
l
'
oratore
geniale
,
una
piccola
punta
d
'
intenditori
i
quali
,
a
lui
più
prossimi
per
cultura
o
abbastanza
sottili
da
afferrare
fra
il
misticismo
della
non
sicura
dottrina
l
'
idealità
geniale
,
plaudiranno
,
nobile
e
fortunosa
claque
a
colui
che
sarà
dai
più
o
fischiato
o
deriso
.
E
,
per
contrapposto
,
ognuno
di
noi
ricorda
di
aver
udito
in
piazza
e
nei
pubblici
comizî
portar
a
cielo
oratori
,
i
quali
nulla
dissero
di
nuovo
,
ma
infarcirono
i
loro
discorsi
con
frasi
fatte
e
di
moda
,
che
hanno
la
immancabile
efficacia
di
muovere
il
pubblico
consenso
.
Mi
sembra
ingannevole
l
'
argomento
,
che
si
intravvede
tra
le
righe
del
Ferri
(
chiedo
scusa
se
ho
male
interpretato
)
,
che
vorrebbe
indurre
la
prova
della
comunicabilità
non
solo
,
ma
dell
'
effetto
diffusivo
delle
idee
,
dall
'
esempio
del
discorso
a
scopo
istruttivo
che
tiene
il
maestro
agli
scolari
o
il
conferenziere
al
pubblico
vario
dei
suoi
ascoltatori
.
Invero
,
il
buon
docente
è
quello
che
sa
tenersi
al
livello
,
non
solo
della
intelligenza
,
ma
della
coltura
dei
suoi
scolari
,
un
po
'
più
alto
,
niente
più
;
ed
ha
fama
di
buon
conferenziere
colui
che
,
guardandosi
dagli
alti
o
peregrini
voli
,
sa
con
lenocinio
fecondo
spezzare
il
pane
della
sua
scienza
,
così
da
farla
inghiottire
alla
diversa
capacità
delle
fauci
.
Dò
pur
io
importanza
all
'
azione
suggestiva
delle
correlative
espressioni
fisionomiche
e
degli
atteggiamenti
della
persona
e
della
voce
di
colui
che
,
parlando
,
sente
vivamente
ciò
che
dice
.
Nessuno
meglio
di
Orazio
ha
espresso
una
simile
cognizione
.
Da
alienista
,
fo
anche
notare
che
fra
i
sentimenti
e
le
azioni
si
stringe
facile
un
legame
,
così
che
gli
uni
chiamano
gli
altri
quasi
a
rifletterli
,
e
ciò
tanto
più
vivamente
quanto
più
i
sentimenti
siano
assimilati
agli
individui
.
Un
'
analoga
correlazione
si
stabilisce
fra
idee
ed
azioni
,
e
ciò
in
principio
dell
'
intermedio
dell
'
emotività
,
e
più
innanzi
,
mano
mano
che
l
'
idea
si
impossessa
dell
'
individuo
,
anco
senza
di
essa
.
Tanto
i
sentimenti
quanto
le
idee
dunque
possono
suscitare
negli
uditori
lo
scoppio
delle
azioni
correlative
,
onde
una
parola
di
odio
determina
mille
ruggiti
di
rabbia
e
fa
portare
mille
mani
al
bastone
;
ma
perché
ciò
succeda
bisogna
che
i
sentimenti
espressi
dall
'
oratore
non
gli
sieno
individuali
,
ma
rispondano
ad
altrettali
od
a
somiglianti
nella
folla
;
e
le
idee
che
esprime
sieno
o
così
semplici
o
così
comuni
che
,
o
ancora
per
il
tramite
di
stati
emotivi
,
o
direttamente
se
sieno
ancor
più
mature
,
trovino
nella
folla
medesima
di
essere
già
largamente
e
vivamente
comprese
.
Oggidì
ancora
nessun
oratore
sarebbe
capace
di
entusiasmare
una
moltitudine
di
Indù
colla
parola
eguaglianza
.
La
stessa
parola
trovò
tanti
ostacoli
ad
essere
accolta
quando
veniva
dalla
bocca
dei
primi
cristiani
:
e
,
al
contrario
,
sollevò
il
mondo
pubblicata
dalla
Rivoluzione
francese
.
Non
era
forse
un
'
idea
prima
e
dopo
?
Ma
prima
era
un
'
idea
solitaria
e
lontana
dalla
comune
cognizione
;
più
tardi
un
'
idea
comune
e
resa
assimilabile
,
fatta
eguale
ad
un
sentimento
.
Girifalco
,
22
novembre
1894
.
SILVIO
VENTURI
.
VI
.
Lettera
di
Pio
Viazzi
a
Scipio
Sighele
*
Egregio
Signore
,
Ella
sa
come
io
abbia
sempre
avuto
grande
ammirazione
per
l
'
opera
sua
di
scienziato
,
e
non
vorrà
credere
a
petulanza
,
se
mi
permetto
ora
di
contrastare
a
qualche
sua
asserzione
,
forse
troppo
assoluta
,
a
proposito
dell
'
intelligenza
della
folla
.
Ella
osserva
,
con
molta
giustezza
,
che
bisogna
distinguere
gli
stadî
acuti
della
associazione
umana
,
quale
è
una
folla
e
,
in
grado
minore
,
una
setta
,
dallo
stadio
normale
,
quale
è
la
convivenza
sociale
.
Ma
poi
afferma
genericamente
che
"
se
le
collettività
(
e
più
avanti
spiega
,
si
chiamino
Giurì
o
Commissioni
,
assemblea
o
folla
)
nell
'
ordine
morale
sono
suscettibili
dei
due
estremi
opposti
,
della
più
selvaggia
criminalità
e
del
più
sublime
eroismo
,
-
nell
'
ordine
intellettuale
invece
non
conoscono
che
un
estremo
,
l
'
infimo
,
giacché
se
possono
discendere
a
degli
abissi
di
pazzia
o
d
'
imbecillità
sconosciuti
all
'
individuo
isolato
,
non
sanno
elevarsi
alla
manifestazione
suprema
dell
'
intelligenza
e
dell
'
immaginazione
creatrice
.
Vi
sono
,
infatti
,
eroismi
collettivi
:
non
vi
sono
né
nell
'
arte
,
né
nella
scienza
capolavori
collettivi
"
.
Questa
è
l
'
affermazione
sua
.
E
le
cagioni
del
fenomeno
,
ella
dice
,
sarebbero
le
seguenti
:
Si
dovrebbe
accettare
come
esatta
l
'
affermazione
del
Tarde
che
"
l
'
opera
del
genio
e
del
talento
è
sempre
complicata
e
differisce
in
natura
,
non
in
grado
soltanto
,
da
un
atto
di
intelligenza
volgare
"
.
In
altre
parole
:
dei
sentimenti
si
fa
la
somma
,
delle
idee
non
si
può
fare
che
la
media
;
e
ciò
perché
le
facoltà
intellettuali
non
possono
comunicarsi
per
suggestione
,
in
quanto
non
hanno
mezzi
per
manifestarsi
esteriormente
.
Che
se
vi
ha
,
pure
nelle
idee
,
una
forma
di
suggestione
,
questa
non
fa
che
dei
discepoli
,
dei
seguaci
,
vale
a
dire
degli
inferiori
,
non
degli
uguali
,
come
avviene
per
la
suggestione
dei
sentimenti
.
Concludendo
,
ella
dice
addirittura
che
unirsi
nel
mondo
umano
,
vorrebbe
dire
peggiorarsi
.
Ora
,
a
me
pare
abbia
ragione
il
Ferri
,
quando
,
invitante
i
volonterosi
a
discutere
la
questione
,
modifica
le
accennate
asserzioni
a
questo
modo
:
essere
vero
che
i
sentimenti
si
comunicano
e
si
sommano
nelle
collettività
più
che
le
idee
,
ma
che
esse
pure
,
le
idee
,
si
sommano
;
per
conchiuderne
,
da
codesta
innegabile
comunicazione
delle
idee
,
al
principio
d
'
ordine
generale
,
che
la
collettività
rende
più
intensa
ogni
manifestazione
psichica
,
in
senso
buono
o
cattivo
,
secondo
la
prevalenza
degli
uni
o
degli
altri
elementi
che
la
compongono
.
Ed
in
primo
luogo
,
quando
si
dimentichi
pure
un
istante
la
premessa
da
lei
posta
alle
sue
ricerche
,
che
non
bisogna
confondere
le
forme
ristrette
e
più
o
meno
transitorie
dell
'
associazione
umana
,
col
fatto
costituente
ed
universale
della
società
umana
*
,
è
troppo
facile
opporre
,
ad
ogni
altro
ragionamento
,
che
,
alla
fine
,
ogni
acquisto
sul
progressivo
evolversi
dell
'
umanità
,
è
opera
collettiva
,
e
prodotto
di
mille
cause
e
di
mille
influenze
e
di
mille
relazioni
d
'
uomo
con
uomo
,
della
società
con
l
'
individuo
.
Ma
a
parte
ciò
,
e
stando
anche
alle
semplici
parziali
transitorie
aggregazioni
,
o
io
sbaglio
grossolanamente
,
o
nei
ragionamenti
suoi
,
egregio
amico
,
intravvedo
l
'
equivoco
.
E
l
'
equivoco
sarebbe
,
che
nell
'
opera
d
'
arte
o
di
scienza
necessariamente
la
forma
esteriore
ai
risultati
di
una
più
o
meno
lunga
elaborazione
psichica
è
data
dall
'
individuo
,
e
per
questo
è
facile
attribuirla
senz
'
altro
esclusivamente
alla
personalità
di
costui
,
senza
risalire
alla
genesi
psicologica
del
prodotto
.
La
realtà
poi
è
che
una
grande
opera
d
'
arte
ed
una
potente
coordinazione
di
idee
,
dovuta
nella
sua
forma
ultima
concreta
esteriore
ad
un
individuo
,
non
solo
presuppone
un
insieme
di
condizioni
mentali
derivate
dall
'
elaborazione
collettiva
anteriore
,
e
ciò
non
concluderebbe
abbastanza
;
ma
nella
massima
parte
dei
casi
ad
essa
ha
concorso
potentemente
quello
stato
speciale
di
elevazione
psichica
che
è
determinato
dall
'
azione
suggestiva
di
un
ambiente
speciale
,
atto
a
facilitare
le
creazioni
dello
spirito
.
Sensazioni
,
emozioni
,
pensieri
frammentarî
,
ripercossi
in
una
mente
sola
ed
accumulatisi
,
convergendo
in
essa
per
vie
molteplici
,
fino
al
momento
in
cui
determinarono
la
esplosione
creatrice
.
Non
so
se
ho
reso
l
'
idea
.
Certo
ognuno
di
noi
ha
provato
la
enorme
differenza
di
duttilità
,
spontaneità
e
felicità
nel
pensiero
e
di
facilità
nell
'
estrinsecazione
,
secondoché
l
'
abituale
conversione
è
più
o
meno
elevata
,
secondoché
si
respira
un
'
atmosfera
intellettuale
o
materiale
.
Chi
sa
dire
quanta
parte
nell
'
opera
di
Donatello
o
di
Michelangiolo
abbiano
avuto
le
corti
di
Cosimo
I
e
di
Giulio
II
;
nell
'
opera
di
qualcuno
fra
i
nostri
batteriologi
o
psicologi
il
gabinetto
di
Pasteur
e
la
clinica
di
Charcot
;
nell
'
opera
dei
precursori
della
rivoluzione
francese
qualche
salotto
del
secolo
scorso
?
E
la
suggestione
è
evidente
nel
campo
delle
idee
,
per
mezzo
della
parola
parlata
e
scritta
:
nell
'
arte
,
è
addirittura
condizione
essenziale
al
godimento
estetico
.
L
'
opera
d
'
arte
afferra
lo
spettatore
,
lo
assorbe
,
esclude
altre
sensazioni
,
provoca
uno
stato
di
monoideismo
simile
all
'
ipnosi
ed
allora
il
suo
contenuto
,
la
sua
significazione
intellettuale
determina
nello
spettatore
rappresentazioni
mentali
conformi
a
quelle
dello
autore
,
il
quale
per
tal
modo
sostituisce
alle
altre
la
propria
personalità
.
Moltiplicate
in
una
collettività
simili
reciproche
influenze
,
e
i
risultati
,
fermi
nelle
opere
dei
singoli
,
si
estrinsecano
però
in
quelle
fioriture
,
apparentemente
inesplicabili
,
che
a
quando
a
quando
ricorrono
nella
storia
.
V
'
ha
di
più
.
Non
mancano
esempi
di
vere
e
proprie
attuazioni
concrete
di
opere
elevatissime
,
dovute
a
collettività
;
e
si
presentano
subito
alla
mente
le
compagnie
di
maestri
alle
quali
dobbiamo
le
grandiose
e
talora
bellissime
costruzioni
gotiche
.
Ma
un
caso
splendido
ci
è
dato
dalla
fabbrica
di
Santa
Maria
del
Fiore
,
una
delle
cose
più
organiche
,
più
felici
,
sorte
per
opera
d
'
uomo
a
rallegrare
,
sotto
il
sole
rilucente
,
le
generazioni
delle
anime
fini
.
Il
disegno
della
crociata
e
delle
cappelle
posteriori
è
dovuto
all
'
opera
collettiva
di
otto
maestri
e
pittori
,
in
concordia
,
Neri
di
Fioravante
,
Benci
di
Cione
,
Francesco
Salvetti
,
l
'
Orcagna
,
Taddeo
Gaddi
,
Andrea
Bonajuti
,
Niccolò
di
Tommaso
,
Neri
di
Mone
;
esso
fu
giudicato
,
nel
concorso
,
migliore
,
prima
dagli
operai
della
chiesa
,
e
poi
da
tutto
il
popolo
convocato
dai
banditori
.
Al
giudizio
sul
disegno
pei
basamenti
e
capitelli
delle
colonne
furono
chiamati
cinque
maestri
,
poi
altri
quattro
,
poi
altri
cinque
,
ed
infine
cento
cittadini
e
religiosi
.
Ad
ogni
avanzamento
della
fabbrica
poi
emerge
bensì
qualche
nome
superiore
,
ma
è
sempre
incombente
l
'
opera
collettiva
ed
anonima
degli
operai
.
A
mio
parere
,
dunque
,
ella
,
egregio
amico
,
è
nel
vero
quando
constata
la
comune
insufficienza
delle
collettività
nelle
opere
d
'
ingegno
;
ha
torto
quando
eleva
questa
constatazione
a
regola
assoluta
generale
*
.
E
credo
con
ciò
che
non
si
possano
accettare
tali
e
quali
le
ragioni
che
ella
porge
d
'
inferiorità
di
risultati
nelle
opere
della
intelligenza
in
confronto
alle
opere
del
puro
sentimento
.
I
sentimenti
si
comunicano
e
si
propagano
e
riflettono
con
più
facilità
perché
più
fondamentalmente
uniti
alla
natura
umana
,
e
sostanzialmente
conformi
nelle
varietà
degli
individui
:
per
gli
stati
intellettuali
manca
spesso
invece
quella
affinità
che
possa
permettere
l
'
incontro
delle
idee
,
essendo
maggiore
infinitamente
la
differenza
fra
uomo
ed
uomo
nel
campo
della
intelligenza
.
Riunite
invece
intelligenze
affini
,
capacità
emozionali
conformi
-
occorre
una
certa
affinità
fra
i
semi
perché
si
fecondino
-
:
allora
l
'
unione
sarà
procreazione
.
Con
ossequio
,
suo
PIO
VIAZZI
.
Alessandria
,
4
dicembre
1894
.