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> anno_i:[1910 TO 1940}
Saggistica ,
LIBRO PRIMO L ' EREDITÀ DEL RISORGIMENTO Problemi di libertà Gli ultimi fatti della vita italiana ripropongono il problema di una esegesi del Risorgimento svelandoci le illusioni e l ' equivoco fondamentale della nostra storia : un disperato tentativo di diventare moderni restando letterati con vanità non machiavellica di astuzia , o garibaldini con enfasi tribunizia . La libertà di cui qui si discute contro i sogni di assolutismo dei nuovi Signori , non deve dunque confrontarsi con le verbose passioni dei radicali che offrirono nel mazzinianismo la misura della loro impotenza . L ' Italia politica deve cercare nella libertà una virtù di Stato meno volgare della servile disciplina imposta da una milizia ; e mentre « un popolo di artisti non sapeva immaginare niente di più bello di un altro Rienzi che salisse il Campidoglio in corteggio teatrale » una questione di autonomia può bene affermarsi come una questione di stile e di passione per lo spirito di fondatori di Stato . Il contrasto vero dei tempi nuovi come delle vecchie tradizioni non è tra dittatura e libertà , ma tra libertà e unanimità : il vizio storico della nostra formazione politica consisterebbe nell ' incapacità di pesare le sfumature e di conservare nelle posizioni contraddittorie un ' onesta intransigenza suggerita dal senso che le antitesi sono necessarie e la lotta le coordina invece che sopprimerle . La dignità di questi metodi liberali repugna alla filosofia dei dittatori , teorici di un governo polemista e ignoranti delle recondite doppiezze dell ' arte demiurgica : l ' ammonimento di Cavour « il Ministero non può fare l ' ufficio del giornalista » risuona a vuoto tra le costumanze facili e dogmatiche della tirannide . Pure - - qualunque sia per essere il giudizio definitivo delle esperienze inglesi ( nelle quali non cercheremmo in nessun caso dei modelli immutabili ) - - soltanto da una preparazione di costumi e di forme non provinciali potrà scaturire un movimento libertario che viva di responsabilità economica e di iniziative popolari rinunciando alle sterili ideologie di disciplina , ordine , gerarchia . Il problema italiano non è di autorità , ma di autonomia : l ' assenza di una vita libera fu attraverso i secoli l ' ostacolo fondamentale per la creazione di una classe dirigente , per il formarsi di un ' attività economica moderna e di una classe tecnica progredita ( lavoro qualificato , intraprenditori , risparmiatori ) : che dovevano essere le condizioni e le premesse di una lotta politica coraggiosa , strumento infallibile per la scelta e il rinnovamento della classe governante . Diplomazia e dilettantismo Dai nostri Comuni sono sorti gli elementi della vita economica moderna . Il Comune è un governo di classe , che insegna la vita politica attraverso le lotte civili . Il Signore , che per dominare la concorrenza commerciale e industriale dei magnati suoi rivali opporrà con calcolo astuto all ' opera della città gli interessi conservatori dell ' economia agraria e la psicologia schiavista del contadino , ha imparato nel Comune le arti dell ' uomo di Stato . Senonché accanto all ' autonomia , che ha fatto sorgere queste figure di diplomatici moderni , mentre nei secoli precedenti la diplomazia italiana era stata lo strumento inseparabile delle superiori arti pontificie , è mancata la garanzia dei movimenti autonomi . La spontaneità elementare dell ' azione in questi albori della politica doveva rimanere povera di austera passione costruttiva . Lontani dalla politica armonia di Roma i Comuni oppongono alle cattoliche gerarchie un senso arguto del particolare ; avvertono l ' agile varietà dei bisogni individuali scordando l ' abito unitario imposto dalla Chiesa per esigenze dogmatiche ; e a gara con la diplomazia ecclesiastica rivendicano i diritti delle nuove classi contro le superstrutture dell ' impero feudale . Per una sorte singolare e sfortunata i Comuni non giunsero a proporsi problemi europei se non quando il periodo della vita economica comunale stava cedendo alle nuove istituzioni dei Signori . Quando Genova e Venezia avrebbero potuto rappresentare secondo valori unitari il problema italiano , mancò la coesione della penisola e l ' interdipendenza dell ' agricoltura e dei commerci . Entro questi orizzonti la morale non poteva accordarsi con la politica , né la cultura prodursi a contatto della vita civile e nazionale . Prevalse il senso cattolico dei limiti e le idee valsero come artifici di corte . L ' agilità della cultura e l ' esercizio diplomatico impedirono ogni Riforma e tardarono l ' evoluzione politica nazionale : nel '500 si determina stabilmente la fisionomia della nostra vita economica che non si può alimentare di rigorismo etico e di ascesi organica ; non è senso di dipendenza e bisogno di limitarsi rinunciando e cercando la specializzazione , ma prolungamento eclettico della vita individuale . La morale protestante creava insieme con la libera discussione un senso di solidarietà nell ' economia del lavoro e Lutero ha qualche diritto di precursore di fronte all ' umiltà moderna del taylorismo ; invece la libertà in Italia era l ' artificio mantenuto da un tranquillo spirito di conciliazione . Le Corti , unico centro di vita intellettuale , seguivano pacificamente il modello dogmatico di Roma , sicché lo spirito critico dovette appagarsi , anche quando si trattò di un Galileo , di risonanze dilettantesche , che neanche il martirio seppe trasformare in preparazione ascetica . La nostra riforma fu Machiavelli , un teorico della politica , un isolato . I suoi concetti non trovarono uomini capaci di viverli , né un terreno sociale su cui fondarsi . È uomo moderno perché instaura una concezione dello Stato ribelle alla trascendenza e pensa un ' arte politica organizzatrice della pratica e professa una religiosità civile come spontaneità di iniziative e di economia . Storicamente l ' esperienza di Machiavelli si potrebbe definire come la Signoria più il Comune , se lo studio della romanità non avesse aggiunto alla sua osservazione un più ampio sfondo realistico e un tono di disinteresse scientifico . Veramente in lui l ' opporsi alla Chiesa fu istinto di politico mosso in qualche modo da gelosia di mestiere , non già risultato di coscienza laica e nazionale come ha voluto qualche pedante dei nostri giorni . Per le sue stesse abitudini di osservatore doveva avere il gusto dell ' etica realistica e il culto dello Stato . Invece queste complesse attitudini poterono sembrare un desiderio di contemplazione d ' arte e la serietà del suo concetto di virtù parve attenuarsi in fragili giuochi di astuzia , perché le risorse del diplomatico si mostravano in primo piano . In realtà la fama di negligenza morale che lo accompagna e l ' opinione corrente del suo dilettantismo sono prodotti dalla mancanza di consenso da parte dei suoi tempi : e gli italiani alla loro volta mancarono all ' appello perché la Corte li aveva educati al culto piccolo ­ borghese dell ' onore parassitario e ne aveva fatti degli aspiranti agli impieghi e alle sinecure . Il principe sognato da Machiavelli avrebbe trovato nel '500 gli stessi elementi e le stesse psicologie che hanno aiutato Mussolini nella sua rivoluzione piccolo ­ borghese . Gli artefici della politica non riuscivano a superare gli ostacoli opposti dai limiti di un ambiente meramente diplomatico . Due secoli dopo il Vico deve accontentarsi di risognare il mondo della praxis intuito da Machiavelli , e non trovando eco alcuna nella realtà deve rifuggire dalla politica e votarsi a una elaborazione ascetica di concetti storici . La sostanza di queste osservazioni potrebbe suggerire un equivoco che non è nei nostri intenti se alcuno volesse derivarne l ' affermazione di una necessità che in Italia si formi un movimento riformatore . Invece secondo noi sarebbe assurdo generalizzare l ' esperienza anglo ­ sassone . Si tratta piuttosto di continuare le nostre doti istintive che ci portano più naturalmente verso una Riforma ( rivoluzione ) politica che morale . Nell ' insegnamento di Machiavelli c ' è la finezza del cittadino esperto di contingenze storiche , non il programma rumoroso del contadino che proclama il libero esame e sente il bisogno di provvedere alla sua formazione spirituale in pubblico . Un ' indagine dei motivi psicologici dominanti nella storia italiana potrebbe trovare inaspettatamente il riserbo accanto alla retorica . Maturità piemontese All ' Italia indifferente fu imposta la rivoluzione da motivi esterni e da contingenze di politica europea . Solo il Piemonte , rudemente travagliato intorno a un ' esperienza disordinata di forze e di lavoro , seppe compiere la sua missione . Alla fine del settecento complesse esigenze di modernità caratterizzavano la vita sociale piemontese . La fisionomia generale della vita agricola poteva riassumersi nella lotta contro il latifondo . Veramente il governo piemontese , fondato su un ' aristocrazia , anche se moderato dal re , non perseguiva di proposito una politica favorevole allo spezzettamento della grande proprietà ; questo era il risultato singolare di due condizioni , l ' assenteismo della nobiltà , occupata negli impieghi e negli onori , e il forte peso tributario derivante dalla politica estera dispendiosa e bellicosa dello Stato Sabaudo . La classe dominante non poteva evitare , per la mancanza di industrie e commerci , che le imposte venissero a pesare sul patrimonio fondiario , anche se ne era direttamente danneggiata ; e d ' altra parte non riusciva , assorta in altre cure , a far fruttare le terre in modo da provvedere agevolmente alle esigenze del Tesoro . Così doveva formarsi , per una selezione di capacità inevitabile e connessa con le trasformazioni moderne della tecnica agricola , una nuova classe economica indipendente pronta a creare , per assolvere al suo compito , la cultura intensiva . Questa classe non fu di coloni , ma di affittuari , per la maggiore indipendenza in cui si trova l ' affittuario rispetto al padrone e per le sue attitudini a trovar denaro e spenderlo nel migliorare la cultura . Senonché una trasformazione siffatta portava con sé la miseria del lavoratore e generava il pauperismo , problema sociale sinora sconosciuto in Piemonte . Il contrasto scuoteva vivamente i conservatori e si ebbe come ripercussione delle difficoltà obbiettive un singolare rifiorimento di letteratura economica di cui furono rappresentanti il Vasco ed il Solera . Col pauperismo delle campagne si veniva manifestando il pauperismo cittadino a cui invano dai governanti si cercava di resistere coll ' opporre un protezionismo operaio al protezionismo industriale . Tutte le lusinghe della politica sociale , promossa per una vecchia astuzia del tiranno istintivamente democratico , non riuscirono a impedire l ' affermarsi delle differenze e la politica dei conservatori valse soltanto a evitare le soluzioni intransigenti mentre non erano ancora abbastanza mature . Contemporaneamente alla lotta tra aristocrazia latifondista e affittuari e tra affittuari e proletariato si venivano ponendo , per la consuetudine di uno Stato laico e di un abile governo , i problemi della vita sociale moderna , l ' antitesi tra Stato e Chiesa , i rapporti tra mentalità militare ed economica , tra educazione letteraria e educazione civile . Qui il politico trovava terreno per le sue esperienze , perché il Piemonte , Stato ­ cuscinetto tra interessi spagnuoli e interessi francesi , diventava un osservatorio sempre più notevole . ( Singolare si fa persino la cultura in questo vecchio Stato nemico della cultura : Baretti , Radicati , Denina , Botton di Castellamonte , Gerdil , gli economisti , Alfieri ) . Un esempio di psicologia , la figura del Conte Napione , ci caratterizza conclusivamente questa complessa situazione di eclettismo e di risveglio enciclopedico . Sorprendiamo in lui lo sconvolgimento portato nel valido buon senso piemontese dai compiti nuovi e raffinati di economia moderna e di politica internazionale . Il Napione riusciva a salvarsi col guardare le cose da buon diplomatico , libero da ogni crisi spirituale . È la politica quella che naturalmente separa i valori , e dove la cultura lascierebbe troppe sfumature , impone pratiche classificazioni . Le soluzioni proposte dal Napione ai problemi del suo tempo sono quelle caratteristiche del piemontese , lontano dalla metafisica e dal romanticismo : lo Stato al di sopra della religione , anche se si è buoni cattolici , la scuola politica come diplomazia e non come letteratura o strategia . Intanto la vecchia classe feudale si veniva specializzando nell ' adempimento della funzione militare . Con questa astuzia di amministratori anche i problemi più lontani si possono intuire nei loro significati attuali e resterà sempre un modello di genialità il progetto che l ' onesto e mediocre Napione presentò per una confederazione nazionale che riconoscesse a suo capo il Pontefice , ma servendo di fatto agli interessi piemontesi contro la Francia . L ' astuzia del leale servitore del Re preveniva addirittura , senza preparazione romantica e religiosa , i sogni neoguelfi . In questo movimento regionale l ' opera critica di Vittorio Alfieri compie una funzione unitaria . La sua polemica anti ­ dogmatica , l ' istinto pragmatista pronto a consacrare la validità di ogni sforzo di autonomia , la negazione della rivoluzione francese - - la quale nonostante gli entusiasmi dei nostri illuministi diventava tirannide appena trasportata in Italia - - l ' elaborazione in parte cosciente in parte indiretta dei concetti di popolo , di nazione , di libertà ; superavano i limiti del movimento piemontese , lo ricollegavano a una tradizione , determinavano il nucleo sostanziale romantico del mito rivoluzionario che doveva governare il nostro Risorgimento . Le peregrinazioni alfieriane attraverso l ' Europa , l ' insistenza della sua polemica antiregionale indicavano nella chiusa sicurezza demiurgica della vita piemontese , il ritmo di una più ampia civiltà europea . L ' invasione francese - - che per istinto di uomini di Stato non trovava tra i piemontesi gli entusiasmi che aveva sollevati nelle altre regioni del Nord - - turbando e interrompendo un processo appena iniziato impedì l ' organizzarsi di una aristocrazia che da una generica adesione agli ideali alfieriani riuscisse a un ' azione politica positiva . Anzi l ' incertezza delle contingenze genera due correnti imprecise di pensiero e di azione che sino al '21 tengono divisi gli spiriti tra ipotesi irreali . Gli aderenti al movimento rivoluzionario cercano per un lato , scimmiottando l ' enciclopedismo la loro consistenza ideale fuori delle tradizioni . D ' altra parte i governi , fiduciosi nella reazione , fermi alla rivelazione di verità promessa dall ' assolutismo vedono nei nuovi fermenti di idee anarchia e disorganicità e vi contrappongono l ' ordine del passato . Tra questi equivoci le abitudini feudali continuano a governare il paese , miste con la destrezza dei diplomatici , per i primi decenni del secolo XIX . Neoguelfismo Il primo tentativo di fondare una classe dirigente e uno Stato dopo la rivoluzione francese risale al '21 e sorge in Piemonte perché ivi il governo e le tradizioni politiche erano i primi modelli e i primi educatori ( per un ' antinomia più che per un proposito ) di esperienza politica . Il nuovo contenuto spirituale venne alla rivoluzione dall ' affermarsi di un romanticismo idealistico che respingeva i sistemi sensisti e intellettualisti , propugnava i valori storici e vi fondava i concetti di tradizione nazionale , di realismo politico , di progresso e di svolgimento storico continuo . Questo nucleo romantico di pensiero si era formato in Piemonte durante la dominazione napoleonica . Il misogallismo imparato da Alfieri si sviluppa nell ' affermazione del concetto di indipendenza e determina , oltre le limitazioni del pensiero alfieriano , una violenta polemica anti ­ sensista , che significa ritorno alle tradizioni e indipendenza dall ' imitazione dei francesi . La scuola di Alfieri libertario doveva nello stesso tempo condurre a ripensare il concetto di libertà . Il vizio dello spiritualismo romantico rimaneva nei limiti posti dalla tradizione cattolica e nell ' esigenza dell ' ortodossismo , implicita in un sistema fondato sul principio della teocrazia e della trascendenza . Perciò il nostro romanticismo , mentre traeva vantaggio dall ' agilità politica dello spirito cattolico , non riusciva alla esplicazione matura del proprio vigore intimo e non poté raggiungere la vitalità del romanticismo tedesco . Dopo l ' Alfieri una coscienza dei compiti intellettuali che spettano all ' Italia moderna per fuggire un passato provinciale si trova in Luigi Ornato , che elaborò il suo spiritualismo prescindendo da ogni teoria cattolica e rivolgendosi piuttosto a un cristianesimo platoneggiante capace di rispondere ai nuovi bisogni religiosi e morali , senza soffocarli in un duro schema . Il misticismo ornatiano culminando nel concetto di libertà santificava ogni ardore dello spirito e faceva sentire l ' importanza laica di una vita religiosa che si chiarisse e risolvesse come vita morale e filosofica . Ma già nel Santarosa la coscienza libertaria dell ' Ornato si affievoliva in uno spiritualismo dogmatico e dualistico e l ' espressione dell ' esigenza religiosa si confondeva nell ' ossequio alla Chiesa . Né è meraviglia poiché il cristianesimo , iniziale impulso di sentimento , momento ideale naturalmente anarchico , eretico , atto che tende a non , esaurirsi in un fatto , affermazione di spiritualità contro tutte le determinazioni perfette , non può avere vita ideale né compimento nella realtà se non sostituisce alla purezza astratta dell ' aspirazione l ' ordine solido della praticità . Le correnti religiose romantiche non avendo avuto la forza di creare attraverso il primo impulso cristiano una riforma religiosa , dovettero necessariamente venire assorbite dal cattolicismo . Il culto romantico della storia diede un fondamento di tradizione a questi ritorni cattolici . Le risonanze eretiche del pensiero di Luigi Ornato venivano contenute dalla moderazione dei conservatori . Il liberalismo diventò termine inseparabile dal cattolicismo . La teocrazia riusciva con le armi stesse dei liberali , col loro spiritualismo e con la loro fede , a stroncare ogni moto che mettesse in discussione il passato . Per un ' eredità storica il primo movimento democratico diventa un ' arma dei conservatori . Il neo ­ guelfismo era un risultato di conciliazione necessario per un popolo che trovava nella diplomazia tutti i suoi vizi e tutte le sue virtù . Non cadremo nell ' errore degli studiosi moderni che sono andati ricercando i significati della storia italiana secondo mere dialettiche di concetti . La politica è un ' arte degli imprevisti e la sua razionalità non segue la logica dell ' intellettualismo . Constatando dunque l ' immaturità ideale dell ' Italia del Risorgimento , o la mancata partecipazione popolare , non si vuol fare un processo alla cultura o agli uomini , ma un semplice calcolo di forze : i fermenti d ' idee liberano infatti il mondo dell ' azione dai pericoli dogmatici e reazionari lasciando libero l ' uomo di Stato ai suoi compromessi e alle sue astuzie . L ' espediente del neo ­ guelfismo si risolveva invece in un pericolo di equivoci e di debolezze . Distrutta la giovane aristocrazia del '21 , la classe dominante che rimane è tuttavia lo strumento di un governo reazionario e l ' espressione passiva dei risultati promossi dalla Santa Alleanza . Il '48 dopo una preparazione febbrile interrotta dalla coincidenza di moti stranieri più maturi è nient ' altro che un '21 divulgato con Gioberti tribuno . Tutta l ' educazione cattolica di Gioberti e la chiusa volontà dogmatica affiorano nel suo equivoco pensiero democratico . Il neo ­ guelfismo e il cattolicismo liberale respingono ogni proposito di aperta discussione e di libera iniziativa suggeriti dal liberalismo . L ' ossequio alla Chiesa indebolisce le volontà che dovrebbero produrre il nuovo Stato . Il pensiero ufficiale di questo attenuato liberalismo , fuori delle apocalittiche sintesi giobertiane , capaci di promuovere entusiasmi ma non suscitatrici di esperienze realistiche , scorge nello Stato e nella Chiesa un dualismo di corpo e spirito , spoglia la funzione dello Stato da ogni significato moderno e la intende come mera amministrazione . lasciando la cura delle anime alla Chiesa . La dominante psicologia libertaria di questi anni poteva accettare per mera inerzia una forza tradizionale come la Chiesa , ma si dimostrava inesperta e immatura a fondare il nuovo Stato ; e , poiché la storia nella sua dialettica europea superava le contingenti volontà delle moltitudini italiane , si accettò l ' ossatura esterna , il meccanismo dello Stato liberale senza vivificarlo dall ' interno . Restava così un nome senza soggetto . Ma la coscienza pratica di questa immaturità si avverte nelle polemiche agitatesi durante il Risorgimento a proposito del problema scolastico . L ' opera del governo , la sola forza di cui si fosse tenuto conto in terra di politici e di politicanti , si rivelava insufficiente finché la materia faceva contrasto con la forma invano imposta . L ' educazione popolare parve allora il solo strumento di formazione civile . Prima di esercitare le sue funzioni di garanzia e di difesa , il nuovo Stato doveva creare gli elementi capaci di suscitare e arricchire la lotta politica . Di qui il dissidio implicito nel nostro liberalismo che non si può accontentare di esprimere il risultato della dialettica delle forze politiche , ma deve rinunciare alla libertà per imporre un elemento al disopra degli altri . Il governo erede del cattolicismo ha conservato una funzione etica astratta di egualitarismo democratico . Il Risorgimento anteponeva democrazia a liberalismo per continuare le patriarcali tradizioni teocratiche . Senonché , sostituendosi il cattolicismo liberale al neo ­ guelfismo , penetrava nel mito democratico un elemento moderno : il governo indulse al cattolicismo soltanto per indulgere al popolo e per potersi assumere senza contrasti la funzione provvisoria di educatore . La legge Casati imponendo allo Stato il compito di vincere l ' analfabetismo costituiva una violenta sovrapposizione di un principio trascendente all ' iniziativa che nasce dal basso , ma poneva le premesse per far superare al popolo la malattia feudale . Così s ' erano incontrati ancora una volta , nel problema della scuola , conservatori e rivoluzionari . Un decennio di attività pedagogica valse a creare in Piemonte una classe media , che fu la classe patriottica e s ' inserì come forza di conservazione e di moderazione proprio al centro del dissidio tra popolazione agricola e manifatturiera . Critica repubblicana Il neo ­ guelfismo era stato almeno il pensiero istintivo degli italiani cattolici e poté risolversi infine in un eccellente strumento di propaganda nazionale . Invece le metafisiche del mazzinianismo e del socialismo di Ferrari ebbero il torto di nascere come dottrine derivate dagli stranieri , repugnanti al gusto e alla possibilità degli spiriti italiani , lontani dal gioco e dall ' equilibrio preciso delle forze . Mazzini e Ferrari riuscirono a trovar eco soltanto nell ' ambiente artificioso delle eresie e degli esuli tra i quali la loro funzione di avanguardia ritenne sempre un significato romantico e nebuloso . Le loro dottrine si ridussero a due confusi edifici teocratici che attingevano motivi episodici e sviluppi parziali dai variopinti movimenti d ' idee nati in Europa dopo l ' Enciclopedia . I motivi intellettualisti di Ferrari , gli elementi mistici di Mazzini riducevano in conclusione i due sogni a una riforma religiosa attenuata che doveva restare impopolare in un ambiente estraneo . La disperazione eroica di Mazzini poi sorgeva dalle nobili delusioni di un ottimista che aveva creduto di far la rivoluzione con la propaganda . Di fronte a queste ideologie che risuscitavano la pratica delle congiure e degli sdegni letterari il liberalismo sabaudo aveva almeno il merito di offrire dei quadri sicuri e pronti per la politica estera della rivoluzione . Il motivo vitale del federalismo si ebbe nella critica di Carlo Cattaneo , il solo realista tra tanti romantici e teorici . La fisionomia speculativa del Cattaneo si rivela tutta in una professione di cultura : né dal sensismo , né dal razionalismo si può dedurre un concetto dell ' attività umana ; per la drammaticità della storia egli rinuncia agli schemi più semplici come ai più complicati messi in uso dal Risorgimento . L ' impopolarità di Cattaneo derivava necessariamente dallo spirito della sua polemica che constatava il tramonto del razionalismo e delle discussioni tra classici e romantici e rimaneva estraneo al neo ­ guelfismo , ultimo tentativo messo in opera dall ' esasperazione romantica . La sua filosofia è la prova che l ' originalità speculativa italiana si suole affermare , dopo le parentesi di misticismo , nel riconoscimento dei più gelosi valori della personalità . La sua finezza ci è attestata dall ' atteggiamento anti ­ romantico , libero da ogni peccato di sensismo ; il suo rigorismo morale dall ' opposizione inesorabile contro i demagogismi unitari e le illusioni patriottiche . Se la forza dinamica del suo pensiero è stata nel secolo scorso meno esuberante di quella del Mazzini , il suo spirito ci appare ora meno indeterminato e meno vaporoso , la sua figura è più ricca di insegnamenti , la sua eresia politica può presentarsi ancora come un programma , i suoi scritti non sono diventati illeggibili come i Doveri dell ' uomo . Guardò al passato senza atteggiarsi a profeta , capì senza l ' enfasi dell ' apostolo che il fondare uno Stato non era impresa da letterati entusiasti , cercò nelle tradizioni un linguaggio di serietà , un ammaestramento di cautela . Gli italiani erano usi a parlare di libertà come di cosa da dimostrazione : Cattaneo offrì l ' esempio di un pensiero che si identificava tutto con la libertà e l ' autonomia e ne raccoglieva organicamente le esigenze senza farne risquillare ad ogni istante con ingenua retorica la parola . Invece per certi spiriti non giova che il tamburo . La libertà di Cattaneo si esprimeva come realismo in etica , come impulso alla produzione e alle iniziative in economia , come creatività liberale in politica , come valorizzazione dell ' esperienza in filosofia , come culto classico dei valori formali e della tradizione liberatrice in arte . Per queste caratteristiche di misura che sono il segreto della sua vitalità gli toccarono in sorte i compiti di critica più ardui e più ingrati , che gli servirono poi di disciplina e di temperamento . Dovette starsi contento della solitudine e della impopolarità e sembrare retore del pessimismo come Mazzini : diedero a lui , realista e uomo positivo , un ufficio di Cassandra . La sua opera resta un esempio di critica interna dello sviluppo dialettico del nostro Risorgimento , per il quale egli fu il solo , dopo Cavour , a postulare una preparazione economica . Visti in questa luce , i suoi motivi anti ­ unitari , ancora validi , appaiono l ' equilibrata antitesi dell ' illusione patriottica di risolvere con l ' unità tutti i problemi popolari , e il suo regionalismo è sopratutto un problema di stile e di misura . Rivoluzione liberale In mezzo a questi fermenti inespressi l ' unità italiana doveva venire dall ' iniziativa del dispotismo . Fu gran ventura per un popolo che non sapeva distinguere tra Cattaneo e il giobertismo , che si trovasse a guidarlo Cavour , il Cattaneo della diplomazia , che seppe evitare l ' isterilirsi della rivoluzione in una tirannide . Il dissidio tra Cavour e Vittorio Emanuele II , re mediocre e negato alla comprensione dei tempi , fu la vera Provvidenza dell ' unità italiana . Il ministro piemontese sovrasta ai suoi contemporanei perché guarda gli stessi problemi con l ' occhio dell ' uomo di Stato . Tuttavia la sua figura è qualcosa di più che un esempio della coscienza di un governatore quale poteva essere offerto dai ministri del '700 . Genio e costanza non insegnavano a governare l ' Italia delle sette e della reazione clericale . La singolare virtù di Cavour è piuttosto nella franchezza della sua astuzia . Egli era il diplomatico che sapeva parlare alle folle e , pur senza mendicarne il favore , non avrebbe mai arrestato o attenuato la forza che proviene dall ' entusiasmo di un popolo . Dominanti i costumi della demagogia e della teocrazia , Cavour ha saputo incominciare il processo moderno di una rivoluzione liberale , pur disponendo soltanto di un esercito e di una dinastia . Educatore e diplornatico , ha trovato l ' adesione del popolo senza corromperlo . Paragonato con gli uomini politici che lo seguirono , tranne Sella , appare di un ' altra razza : per Depretis e per lo stesso Giolitti , che pure ha mente di uomo di Stato , il giusto termine di paragone non è Cavour , ma Rattazzi , modello di equilibrismo , di equivoco e di demagogia . Invece il possibilismo di Cavour , pur non indulgendo a professioni di fede o a programmi , non comprometteva il futuro . Seppe disarmare il radicalismo col connubio con Rattazzi , che era più una vittoria che un ' alleanza e frenò il clericalismo con una politica ecclesiastica ferma , ma moderata e non demagogica . La libertà economica fu il perno educativo su cui egli impostò la sua azione popolare . Perché la rivoluzione trionfasse contro la reazione bisognava che sulla libertà si venisse fondando la vita privata e pubblica ; combattendo il protezionismo egli apriva il Piemonte a una diretta comunicazione con l ' attività economica europea e creava un movimento di attività e di iniziative che permise allo Stato di affrontare venti anni di politica avventurosa . Il liberismo di Cavour mirava a far entrare nella vita nazionale nuove forze operose : senza giungere alle pratiche corruttrici della politica di beneficenza il suo filantropismo s ' opponeva apertamente all ' indifferenza dei governanti per le classi inferiori . Mentre creava nella vita popolare le condizioni obbiettive per una rinascita moderna fondata sugli imperativi dell ' economia e non sui sogni della religione , il liberalismo di Cavour era lo strumento fondamentale della sua politica estera . Con una tradizione secolare di diplomatici troppo astuti , costretti a far conto soltanto sulla propria dignità personale perché non sorretti dal sentimento della nazione , gli italiani erano diventati estranei alla politica europea , perché non le offrivano alcuna garanzia e non potevano fondarsi su esigenze reali e su virtù positive per partecipare all ' equilibrio internazionale . Cavour seppe dare all ' Europa l ' esempio di una pratica di governo dignitosamente liberale , capace di mantenere i propri impegni e di conquistare la fiducia del paese . Di fronte all ' Austria egli mostrava la possibilità di un governo nazionale che non aveva bisogno di ricorrere allo stato d ' assedio . Ma il capolavoro di Cavour - - bisogna riconoscerlo , dopo tanti fraintendimenti - - fu la politica ecclesiastica . Egli comprese la vanità di ogni lotta contro il cattolicismo in un paese cattolico e la necessità di combattere la Chiesa non su un terreno dogmatico , ma sul problema formale della libertà di coscienza . Intesa secondo questi principi , la formula Libera Chiesa in libero Stato non è più un ' ambigua trovata di filosofia del diritto , ma un ' astuzia di politica internazionale e la prova delle virtù diplomatiche e della maturità costituzionale del nuovo Stato . Lasciando ai tribuni e ai capi della lotta politica il compito di combattere il dogmatismo e riservando alla cultura libera la funzione di elaborare le nuove ideologie , Cavour obbligava i paladini di una verità medioevale ad accettare per la lotta una pregiudiziale moderna . Il suo ossequio per la Chiesa poi provava soltanto il suo senso di misura e la sua profonda convinzione che l ' autonomia di un popolo moderno non potesse fondarsi su una demagogica propaganda anticlericale . Non si poteva andare oltre il cattolicismo se si dimenticava la tradizione cattolica . Confrontata con i complessi motivi dell ' opera promossa dallo statista appare aridamente dogmatica la critica opposta alla formula cavouriana dagli hegeliani teorici d ' intolleranza e , ancor più pedantemente , dal Vera . G . M . Bertini fu tra i critici della politica ecclesiastica cavouriana il solo che toccò con misura i motivi più delicati e difficili postulando la necessità di una polemica inesorabile contro i residui di assolutismo inerenti in qualsiasi politica ispirata dalla Chiesa . Senonché questi motivi di pensiero del Bertini ripresi poi dagli Spaventa e dalla Destra hegeliana erano validi per prevenire ogni rinascita di un equivoco neo ­ guelfo nella lotta d ' idee e nella cultura nazionale , non potevano ispirare una politica di Stato che deve tenere conto del Vaticano come di un elemento della vita diplomatica internazionale . In realtà l ' opera di Cavour era l ' opposizione più vigorosa ad ogni influenza neoguelfa ; la sua politica era assai più astuta di quella che gli potesse esser suggerita da una qualunque ideologia immanentista perché sconfiggeva l ' assolutismo con risorse completamente realistiche . Sotto l ' amministratore c ' era anche qui il politico che aveva risolto modernamente i più difficili problemi dello spirito . Socialismo di Stato Dei risultati liberali raggiunti dalla rivoluzione unitaria soltanto Cavour tra gli uomini del suo tempo aveva avuto completa coscienza . Morto il ministro piemontese restava viva una situazione storica , ma la rivoluzione veniva a trovarsi senza contenuto e senza guida . Il problema di Cattaneo ridiventava dominante . Le nuove avventure di politica estera s ' imponevano alla nazione senza che il ritmo della vita economica vi corrispondesse . Le classi medie avevano conquistato il governo senza istituire rapporti di comunicazione con le altre classi . Dopo il '70 , su 27 milioni di abitanti gli elettori politici inscritti nelle liste erano mezzo milione . La povertà dell ' economia generale generava una situazione di parassitismo : il regime dominante si poteva considerare come una casta di impiegati interessata , per conservare i privilegi , ad impedire ogni partecipazione popolare . L ' eredità del Regno di Napoli pesava sul nuovo Stato , aumentando la corruzione e creando contro la vita agricola naturale una superstruttura di parassitarismo burocratico ed elettorale . Non ci stupiremo che la lotta politica si confondesse in una caccia all ' impiego . Per tali premesse il governo italiano doveva naturalmente essere un socialismo di Stato . Ma mentre Lassalle , per un calcolo di contingenze realistiche , conduce a Marx , in Italia i termini del processo sono Rattazzi e Mazzini . Mazzini e Marx ( ove si prescinda dalle espressioni sentimentali che trovano i loro miti e dall ' antitesi di stile e di psicologia che li separa : Mazzini , romantico , vaporoso , impreciso ; Marx chiaro , inesorabile , realista ) pongono in due ambienti diversi le premesse rivoluzionarie della nuova società e , attraverso i concetti di missione nazionale e di lotta di classe , affermano un principio volontaristico che riconduce la funzione dello Stato alle libere attività popolari risultanti da un processo di individuale differenziazione . In questo senso Mazzini e Marx sono liberali . Tuttavia Marx parla al popolo un linguaggio che può essere inteso perché si fonda sulle esigenze prime che caratterizzano la vita sociale , Mazzini resta in un apostolato generico e retorico , sospeso nel vuoto dell ' ideologia , perché non potendo rivolgersi all ' uomo dell ' industria e dell ' officina parla a un popolo di spostati , di disoccupati , di ufficiali pubblici . Siffatte condizioni obbiettive non possono promuovere un movimento liberale , ma generano quasi per istinto lo sfruttamento utilitario delle etiche solidaristiche e socialiste . Perciò dal '50 al '914 l ' eredità cattolica e la disgregazione sociale , addirittura terribile nel Sud , costringono in Italia il nuovo organismo statale ad affermarsi secondo un ' astratta funzione di moralità che corrompe i principi liberisti in una concezione democratica di stanca grettezza utilitaria . Il riformismo italiano non è stato inventato dai nostri socialisti , ma si è affacciato naturalmente con le prime discussioni sulla scuola popolare per poter dare un senso alla lotta contro i Gesuiti . Vincenzo Gioberti e Domenico Berti ne sono i padri legittimi . L ' evoluzione sociale dell ' Italia dopo il '60 , essendo stato introdotto nella vita della penisola un nuovo elemento di riorganizzazione economica , vien sostituendo al socialismo di Stato che aveva promosso la legislazione scolastica un più franco riformismo economico . La ricostruzione scolastica , tentata come rivoluzione morale , aveva potuto creare un embrione di classe dirigente ma si era dimostrata incapace di un ' espressione politica che valorizzasse le forze individuali . Il primo momento dell ' organizzazione nelle coscienze popolari doveva essere infatti un momento per eccellenza economico , affermazione elementare di autonomia e di libertà . Purtroppo nei costumi della vita italiana questo tenue risveglio economico doveva confondersi in una caccia al privilegio : le prime aristocrazie operaie , invece di mantenere le loro posizioni di intransigenza , invocano borghesemente la protezione della legislazione sociale , come le timide iniziative industriali chiedono l ' appoggio del protezionismo doganale e delle sovvenzioni governative . L ' opera della sinistra come riformismo economico era dunque il coronamento logico della nostra impotenza rivoluzionaria . Era il risultato dialettico di due forze arretrate incapaci di esplicarsi : la teocrazia si continuava nella democrazia e nel riformismo , le tradizioni diplomatiche si riducevano a opportunismo di amministratori . L ' istinto della conciliazione trasformava l ' equivoco iniziale di Chiesa e Stato in equivoco di governo e popolo . L ' ideale del governo è una monarchia paterna dispensatrice di privilegi . Ma per l ' eredità della rivoluzione non riuscita il movimento riformista italiano ( come poi il partito socialista ) non può crescere nei quadri di uno Stato a cui il popolo non crede perché non l ' ha creato con il suo sangue . Il socialismo prussiano coincide nel suo valore etico di liberazione popolare con il significato dello Stato , rappresenta la continuazione dello spirito di solidarietà della Riforma , è figlio dell ' ascesi religiosa , e si misura secondo il realizzarsi dell ' idea statale nella coscienza dei cittadini . La lotta pratica s ' è ridotta nei termini dell ' economia perché un principio comune è coessenziale agli spiriti e dal processo economico trae esso stesso sviluppo : la rivoluzione unitaria in Germania è stata popolare e morale . In Italia una tradizione che non è coscientemente liberale , ma istintivamente individualista , si oppone alla vitalità di ogni sistema che ignori la libera iniziativa e attribuisca allo Stato un ' attività distinta dall ' attività dei cittadini . Il socialismo di Stato si rivela dunque come un momento effimero , come una transazione che bisogna superare . Una volta venuti sul terreno della legislazione sociale la politica diventa un perpetuo ricatto in cui a eterne concessioni fanno eco eterne richieste senza che s ' introduca nella lotta politica un principio di responsabilità . Lo Stato viene corroso dal dissidio tra governo e popolo : un governo senza autorità e senza autonomia perché astratto dalle condizioni economiche effettive e fondato sul compromesso ; un popolo educato al materialismo , in perenne atteggiamento anarchico di fronte all ' organizzazione sociale . Né la Destra , né la Sinistra riuscirono a sottrarsi a questa necessità di protezionismo demagogico : Sella che seguì in tono minore costumi cavouriani fu l ' uomo più impopolare nel paese . Il nuovo Stato , impegnato sino al '70 in una politica estera prefissa , si trovava privo di risorse finanziarie , con una generazione di patriotti da compensare con la beneficenza pubblica e con gli impieghi , con uno spirito inconcludente di irrequietismo garibaldino da fronteggiare . Parve che ogni fortuna avvenire sarebbe stata compromessa se non si tenesse vivo lo stato d ' animo di tensione e di aspettazione in cui si prolungava l ' entusiasmo degli anni precedenti : e si nascosero le verità della politica finanziaria , si ostentò uno sfarzo , pur necessario , di opere pubbliche . La Destra , demagogica e anticonservatrice come la Sinistra , partecipe delle stesse illusioni radicali , divenne una consorteria . Il trasformismo di Depretis fu l ' espressione più evidente di un ' Italia che si pasceva di conciliazioni e di unanimità e non riusciva ad affrontare i terribili doveri della fondazione dello Stato . La Sinistra si rendeva anche eco di una caratteristica situazione meridionale : per essa il problema dell ' unità veniva posto la prima volta nei suoi termini sconfortanti di politica tributaria e di opere pubbliche . Solo una pronta risoluzione del problema elettorale e del problema burocratico avrebbe potuto porre rimedio a questa situazione parassitaria : ma non si osava discorrere di autonomie regionali per non compromettere l ' unità e si voleva mantenere il diritto elettorale a una ristretta oligarchia quasi per premiare la minoranza che aveva preparata l ' unità e non complicare il problema dello Stato con l ' intervento di nuove masse popolari , sinora neglette e ignorate . Così non si riusciva a consolidare una vera e propria situazione intelligentemente conservatrice che desse il suo tono alla vita nazionale e disciplinasse il sorgere delle nuove ideologie rivoluzionarie che avrebbero affrontato le responsabilità future . Sonnino e Franchetti invocarono invano l ' allargamento del suffragio ; Stefano Jacini , la mente più lucida della politica italiana dopo Cavour e Sella , veniva accusato di clericalismo quando proclamava questa esigenza di un partito conservatore e ne tracciava il programma con precisione critica esemplare . Quando gli italiani furono stanchi delle astuzie e delle lusinghe di Depretis si abbandonarono alle facili seduzioni della megalomania di Crispi , e nel fallimento africano tutta la nazione fu compromessa . Comunque suonino le tardive riabilitazioni , Adua segna l ' estrema condanna di una facile mentalità romantica e rappresenta la critica preventiva di ogni ideologia nazionalista , destinata a sorgere in Italia con la mentalità dell ' avventura e la preparazione spirituale parassitaria della piccola borghesia : l ' imperialismo è un ' ingenuità quando restano da risolvere i problemi elementari dell ' esistenza . Al principio del secolo XX la politica italiana deve culminare necessariamente nel giolittismo , dopo una parentesi reazionaria che basta per corrompere il programma e lo spirito del nascente partito socialista e per dimostrare i pericoli a cui la libertà in Italia si trova continuamente esposta . Con Giolitti la ripresa dei metodi di governo di Depretis ha una serietà nuova . L ' intuizione storica con cui si apre l ' azione del piemontese è addirittura geniale per la sua aderenza alla precisa situazione del paese : l ' uomo di Stato riconosce il suo compito nel creare un ' atmosfera di tolleranza nei conflitti sociali che si annunciano , in modo da non compromettere la lenta formazione di ricchezza e di mentalità economica moderna , attraverso cui il popolo italiano s ' appresta a riparare alla sua inferiorità storica . L ' Italia deve a Giolitti dieci anni di pace sociale e di onesta amministrazione ; se anche egli sbagliò la misura nell ' indulgenza alla demagogia , nelle pose dittatorie e nell ' incostanza della schermaglia parlamentare , se fu inferiore a se stesso nell ' avventura libica e di fronte alla guerra europea , resta l ' uomo più caratteristico della situazione . La guerra europea ci coglie in piena crisi unitaria ed interrompe l ' ascesi di ordinaria amministrazione e di serietà economica a cui il giolittismo ci aveva iniziati . È la prova di maturità che l ' Italia deve superare in contatto con l ' Europa . Lo spirito della guerra fu infatti popolare e severo , segnò per i contadini del Mezzogiorno la prima prova di vita unitaria ; il sacrificio fu tanto più eroico quanto più parve umile ed anonimo . Senonché s ' inseriva nella guerra , a limitarla e a deformarla nei suoi effetti educativi , lo spirito dell ' interventismo che risuscitava la retorica garibaldina senza farne rinascere la generosità . La guerra nazionalista combattuta con lo spirito delle leghe d ' azione antitedesca e dei comitati di salute pubblica era la guerra impopolare ed oligarchica che tornò a separare il paese tra una minoranza plutocratica e avventuriera e una massa di lavoratori non ancora differenziata . La crisi economica che ne seguì e le disparità psicologiche generate dal privilegio appaiono allo storico come la spiegazione preventiva del fascismo che rappresenta l ' ultima rivincita dell ' oligarchia patriottica , cortigiana e piccolo ­ borghese che governa l ' Italia da molti secoli , soffocando ogni iniziativa popolare . Una rivoluzione mancata La storia del dopo ­ guerra in Italia appare all ' osservatore sereno come l ' annuncio della lotta politica e la preparazione di un esercizio effettivo di libertà . La guerra civile mettendo a cimento tutti i partiti e tutte le forze costituiva l ' espressione più intensa delle nuove volontà . Senonché a questi fermenti e a queste speranze mancarono le energie direttrici , le aristocrazie capaci di interpretarli e di rafforzarli . Sopravvissero le vecchie élites e le nuove ne riprodussero l ' impreparazione fondandosi su una grossolana esperienza guerresca e su inquietudini messianiche . L ' influenza dei due gruppi dell ' Unità e di Volontà , privi di attitudini alla politica militante , non bastò a redimere la politica dei combattenti . Né i vecchi partiti potevano intendere e dare espressione ai bisogni nuovi , sì che furono inariditi da un insuperabile dissidio tra la loro opera di interpretazione del reale e la loro praxis . Per quattro anni la lotta politica non riuscì a dare la misura della lotta sociale . Il liberalismo perdette la sua efficacia perché si dimostrò incapace di intendere il problema dell ' unità . Il clericalismo dopo aver cantato le esequie all ' idea liberale si spense nel partito che persegue attraverso una praxis democratica un risultato di conservazione . Il socialismo , che nascondeva elementi per riuscire l ' idea dell ' avvenire , rivelò la povertà delle sue attitudini nel momento della realizzazione , ed espresse in Turati la sua impotenza di partito di governo . Accettò l ' eredità di una corrotta democrazia invece di mantenersi coerente a una logica rivoluzionaria . Rivoluzionari furono in Italia solo quei comunisti che agitando il mito di Lenin videro nella rivoluzione il cimento della capacità politica delle classi lavoratrici e della loro attitudine a creare lo Stato . Ma neanche il marxismo che aveva animato le masse seppe far nascere i capi . Il movimento operaio è stato tuttavia dopo la guerra il primo movimento laico d ' Italia , capace di recare alla sua ultima logica il significato rivoluzionario moderno dello Stato e di concludere in una nuova etica e in una nuova religiosità la lotta contro le morte fedi . Mancò la comprensione del valore nazionale rappresentato da questo movimento operaio rivoluzionario . Mancarono i dirigenti alla loro funzione , per paura e vanità insieme del governare . La politica unitaria di Serrati , da cui dipesero a un certo punto le sorti della rivoluzione , si dimostrò un giolittismo diseducatore , privo dell ' abilità di Giolitti e impreparato a dominare le situazioni con serenità fiduciosa . Solo la lotta può condurre alla coesione e alla disciplina . La funzione unitaria è assolta in ogni caso dal governo : per lui l ' astenersi è l ' essenza della moralità . Nel pensiero di Serrati si confusero le opposte aspirazioni di contadini e operai prima di riconoscersi . Invece perché la lotta politica abbia il suo ritmo di responsabilità bisogna che le affermazioni procedano autonome dal basso , quasi secondo una legge di separatismo . La conciliazione è un risultato sempre nuovo della lotta : affermarla a priori significa annientare i liberi sforzi mentre sorgono . E i rivoluzionari instauravano infatti una pratica reazionaria . Liberismo e operai C ' era implicita nel movimento socialista , fuori degli astratti programmi di socializzazione , la possibilità di una nuova economia che risolvesse finalmente l ' antinorma insolubile della politica economica italiana : protezionismo ­ liberismo . Il consiglio di fabbrica poteva essere il punto di partenza di un ' economia nuova . Il liberismo ha dominato in Piemonte e in Toscana , come Organizzazione economica di un ' agricoltura fondata sulla piccola proprietà e sulla mezzadria . Deve dimostrare nella vita moderna la sua validità adattandosi alle esigenze dell ' industria , la quale sta creando naturalmente un ' economia della fabbrica , fondata su rigida disciplina interna dei rapporti tra industriali e operai . Ma nulla esclude che anche l ' industria si svolga liberisticamente dal punto di vista dello scambio , se si vincerà lo spirito dilettantesco e parassitario dell ' industrialismo italiano rivolgendolo alla sua funzione naturale che è l ' industrializzazione dell ' economia agraria . Un esame di coscienza severo ci convincerebbe che la nostra politica economica fu sviata , prima che dalla mancanza di capitali mobili , dalla permanenza del dazio sul grano , il quale sottraeva all ' agricoltura ogni volontà di lotta , le impediva le necessarie comunicazioni con lo sviluppo dell ' industria e non le concedeva di conquistare il suo posto nei mercati mondiali seguendo la logica delle sue attitudini alla specializzazione . Solo per questi errori iniziali veniva alimentata tra i capitalisti del Nord la psicosi dell ' avventura megalomane e del mimetismo internazionale che ora è difficile estirpare perché si sono venute formando intorno correnti artificiose di interessi . Un movimento operaio intransigente contro tutti i riformismi potrebbe segnare l ' inizio della revisione e offrire i quadri per la lotta inevitabile . Gli appelli dei liberisti ai consumatori e ai contadini cadranno a vuoto come caddero nel passato . Il concetto stesso di consumatore è un mero elemento di calcolo , e psicologicamente corrisponde allo spirito piccolo ­ borghese . Ora le classi medie che dominano nell ' Italia moderna non hanno mai mostrato alcuna attitudine all ' eroicità e al sacrificio politico : sono da un lato i delusi dell ' aspirazione al capitalismo , falliti per la loro gretta insufficienza , dall ' altro le pseudo ­ aristocrazie operaie esaurite nello sforzo di imborghesirsi . I contadini sono condannati dalla storia ad una funzione conservatrice ; un ' iniziativa politica che movesse dalle campagne sboccherebbe in un tumulto reazionario per l ' impreparazione dei costumi e l ' assenza di attitudini specifiche alla lotta politica : del resto non importa che i contadini si elevino per operare quando la loro funzione singolare è di conservare nel loro spirito di quiete e di rassegnazione le energie del futuro , destinate a esaurirsi rapidamente colla selezione dell ' inurbanamento . Ora è nostra ferma convinzione che l ' ardore e lo spirito di iniziativa che condussero gli operai all ' occupazione delle fabbriche non possano considerarsi spenti per sempre : né le lusinghe della legislazione sociale e del collaborazionismo parassitario instaurato dai fascisti addormenteranno insidiosamente la sola forza viva su cui si possa contare per il futuro . In sede di cultura politica il nostro compito è di preparare a queste idee centrali le nuove classi dirigenti . Confessando una speranza , concluderemo che il nuovo liberismo deve coincidere in Italia con la rivoluzione operaia per offrire le prime garanzie e le prime forze di uno sviluppo autonomo delle iniziative . L ' Italia diventerà moderna rimanendo un paese prevalentemente agricolo : ma la nostra agricoltura povera ed arretrata deve alimentare per prendere consistenza una serie di iniziative industriali aderenti ai suoi bisogni , deve essa stessa , come presentì Stefano Jacini nell ' Inchiesta agraria , divenire industriale . La rinascita moderna della nostra economia incomincierà allora con la volontà di azione delle avanguardie industriali ( operai e intraprenditori ) del Nord che sapranno offrire una soluzione unitaria del problema meridionale e liberarci dal politicantismo parassitario che fu durante 60 anni il solo effetto dell ' unità . LIBRO SECONDO LA LOTTA POLITICA IN ITALIA I Liberali e democratici Concetto e sviluppi del liberalismo in Italia Si potrebbe cercare , senza intenzione riposta d ' arguzia , la più grave deficenza del liberalismo italiano nella lunga mancanza di un partito politico francamente conservatore . Senza conservatori e senza rivoluzionari , l ' Italia è diventata la patria naturale del costume demagogico . Di fronte al pericolo del clericalismo , ora reale , ora immaginato da fantasie garibaldine , anche i retrivi si sono ridotti ad amoreggiare col radicalismo . Prima dell ' assunzione della Sinistra al potere la lotta per l ' indipendenza nazionale e il difficile problema del risanamento finanziario contrastavano ogni serio proposito di preparare le condizioni favorevoli alla lotta politica . La Destra era un governo di conciliazione e di concentrazione nazionale , e La Farina con la sua lega politica non si mostrava pìù timido del Partito d ' azione di fronte alle riforme radicali . Invece dopo il '70 la pratica unanime di questo radicalismo nazionalista si convertiva in un germe di dissoluzione per i nostri costumi politici . « Il conservatorismo - - secondo il pensiero del Bluntschli - - ha il suo ufficio naturale dopo una rivoluzione e dopo una trasformazione politica di un popolo , quando si tratta di mantenere i risultati raggiunti e impedire che trasmodino » . Ora di questo pensiero soltanto Stefano Jacini si faceva eco e interprete per la situazione italiana . « Conservantismo e liberalismo , quando coesistano in permanenza nel seno di un corpo politico , l ' uno di fronte all ' altro , formano insieme le condizioni necessarie della sua salute normale ; e sono destinati , nell ' interesse del progresso civile , a prevalere alternativamente ; questo quando occorre dar mano ad un lavoro indefesso di riforme ; quello quando occorre riparare le forze che , per effetto del lavoro , si sogliono logorare , ciascuno sorvegliando l ' altro e impedendogli di trasmodare ... » . « ... L ' unità d ' Italia , la legittimità della casa regnante , lo statuto vigente , essendo i tre fondamenti dello Stato , un conservatore italiano , affinché sia lecito designarlo con questa denominazione non può ammetterne neppure la discussione . Eccettuati questi tre punti , i quali del resto , pel carattere loro generale , si adatterebbero e alla massima espansione di libertà praticabile nel mondo moderno e al più vigoroso potere esecutivo , eccettuati questi tre punti un conservatore italiano può sindacare ogni cosa che si riferisce allo Stato . Nel qual sindacato , appoggiandosi ad un ' esperienza ventenne , esso inclinerà naturalmente a difendere tutto ciò che nelle istituzioni e nell ' indirizzo del governo , risulta conforme , secondo quell ' esperienza , o secondo l ' evidenza incontestabile , al concetto conservatore , ecc . ecc . » Assai meglio di Silvio Spaventa , preoccupato di esprimere le sole esigenze dell ' unità e dell ' autorità dello Stato , Jacini aveva capito come il problema italiano dovesse risolversi in un problema di stile politico . Un partito conservatore poteva compiere in Italia una funzione moderna . Indirettamente liberale , in quanto facesse sentire la dignità del rispetto alla legge , l ' esigenza di difendere scrupolosamente la sicurezza pubblica , e l ' efficacia del culto delle tradizioni per fondare nel paese una coesione morale . Le risorse dell ' hegelismo di Destra rimanevano senza influenza di fronte alle dominanti passioni demagogiche perché non parlavano agli italiani la loro lingua ; i conservatori avrebbero potuto invece creare consensi nello spirito di certe classi popolari professando un ossequio severo per la religione e attenendosi alla formula cavouriana nella questione ecclesiastica . L ' istinto del risparmio , la necessità di una saggia politica tributaria , l ' ostilità verso le soverchie imposte che si accompagnano , come frutto naturale , agli esperimenti di statalismo avrebbero dovuto costituire nelle classi rurali della penisola le premesse per una chiara coscienza anti ­ parlamentaristica , che rispettasse nel Parlamento l ' istituto delle garanzie elementari di libertà e di democrazia contro lo spirito di avventura in politica estera , l ' impiegomania e le sinanie plutocratiche in politica interna , ma resistesse all ' invadenza del centralismo oligarchico con una valida riforma elettorale e con la difesa del decentramento . Un programma simile a questo presentato dal Jacini sarebbe stato in Italia la liquidazione preventiva della psicologia radicaloide e nazionalista che divenne invece dominane tra i parvenus di una borghesia fallita . L ' insegna del conservatorismo doveva essere tra noi la lotta dell ' agricoltura ( nelle sue possibilità di industrializzazione ) contro l ' Abenteuer Kapitalismus degli industriali dilettanti e contro il parassitismo burocratico . I motivi di critica al soverchio peso delle imposte sulla proprietà fondiaria , sui quali si è soffermato in seguito con insistente convinzione Giustino Fortunato toccavano il punto essenziale del problema del regime parlamentare in Italia : una coscienza di contribuenti era la preparazione indispensabile e sufficiente per garantire la permanenza delle istituzioni liberali . Il deputato venuto a Roma per difendere a nome di classi rurali una politica di risparmio e di emigrazione avrebbe interrotto violentemente gli interessi su cui attraverso ricatti e complicità lo Stato italiano veniva creando una pratica di parassitismo e di beneficenza per gli spostati , giocando sulla demagogia finanziaria . L ' inerzia del Sud , subito dopo il '61 connessa col brigantaggio e con l ' eredità del vecchio regime , rese impossibile il formarsi di condizioni obbiettive favorevoli a questa lotta anti ­ burocratica . I documenti della psicologia e della cultura conservatrice rimasero seppelliti e dimenticati nell ' Inchiesta agraria . Mentre falliva prima di nascere il liberalismo dei conservatori che poteva avere la sua sede storica nell ' economia del Mezzogiorno , le avanguardie del Nord erano tratte dall ' immaturità della lotta politica e dei costumi nazionali a rinnegare il loro programma naturale di individualismo e di liberismo . Tra industria e liberalismo veniva a scavarsi un abisso che pretesero di trasportare addirittura nel campo della teoria e della sociologia . Invece il liberalismo non si esaurisce evidentemente nel liberismo , ma tuttavia lo comprende e lo presuppone . Senza cedere al vezzo di semplicistiche e chiuse definizioni si può ritenere che la passione e la coscienza di libertà e di iniziativa ( che sono i concetti centrali di una teoria e di una pratica liberale ) trovino naturale alimento in una vita economica spregiudicata senza essere avventurosa , capace di fortificarsi di fronte agli imprevisti della realtà senza rigidi attaccamenti a sistemi di sorta , agile e nemica della quiete provinciale e nazionalista , capace di tenere il suo posto per fecondità di produzione e di intrapresa nell ' equilibrio della vita mondiale . Questa è poi , se ben si cerca , la morale dell ' individualismo economico che ha avuto i suoi testi e le sue esperienze nei paesi anglo ­ sassoni i quali ci diedero gli albori della modernità . Nel nostro secolo il primo insegnamento dell ' industria dovrebbe consistere nella dimostrazione di uno spirito e di una necessità non grettamente nazionali , ma europei e mondiali ; da questi orizzonti ormai l ' attività inventrice e produttrice degli uomini non può più prescindere . Invece la nuova economia italiana nel Nord sorgeva come industria protetta rinnegando ogni senso di dignità . In trent ' anni di polemica i nostri liberisti hanno avuto tempo e possibilità di dimostrare con calcoli e cifre tutti i danni economici del protezionismo doganale . Ridiscutere la questione in sede di economia parrebbe un anacronismo . Gli ultimi studi e gli ultimi dati non hanno concluso in nessun punto di vista nuovo , ma si sono limitati a confermare che la vita nazionale contrae , aderendo al protezionismo , un pessimo affare . Ma è ora di affrontare gli argomenti protezionisti nel loro stesso campo prediletto , dimostrando i danni politici del loro sistema , che ha inaugurato in Italia un ' epoca di corruzione e di decadenza nei costumi del proletariato e della borghesia . L ' elevazione morale degli operai era negata inizialmente dall ' umiliazione di dover limitare propositi e ideali intorno a un problema di disoccupazione ; la borghesia per salvarsi dall ' errore delle premesse doveva cercare dei complici e pagare con una politica di concessioni la sua tattica di sfruttamento dell ' erario . Così venivano a mancare i due nuclei essenziali di reclutamento per un partito liberale d ' avanguardia che tendesse a rinnovare la vita politica facendovi affluire continuamente nuove correnti libertarie disciplinate intorno a una morale di autonomia . La parola d ' ordine delle classi inferiori era la ricerca di un sussidio . Il krumiraggio non era che un simbolo dell ' immaturità desolante dello spirito proletario e della psicologia primitiva , da corsari e da speculatori schiavisti , delle classi industriali . Per l ' inconsistenza dei fini non si poteva costruire la fibra dei combattenti . All ' individualismo ( che resta la prima base dell ' azione , come l ' economia è presupposto della politica , e segna in un certo modo il primo affermarsi di una coscienza e di una dignità civile nell ' uomo - - le critiche della filosofia moderna , infatti , valide contro la gnoseologia utilitaria , sono inconsistenti di fronte a un ' esperienza inconcussa della praxis ) all ' individualismo si sostituiva la morale della solidarietà , una specie di calcolata complicità nel parassitismo . Per queste artificiose conciliazioni si scavava tra Sud e Nord un abisso sempre più profondo e si evitava l ' urto soltanto con un ' alternativa di favori . Invece un ' industria nata liberisticamente non sarebbe stata l ' antitesi della vita agricola , ma l ' avanguardia : intorno al sistema di produzione , nella fabbrica , intraprenditori e operai , conquistando la coscienza della necessità tecnica delle loro funzioni , avrebbero raggiunto responsabilità politica e potenza d ' azione . La vita italiana può parere ricca di inesorabili antitesi all ' osservatore frettoloso : invece intorno a un sistema parlamentare , sufficientemente agile , interessi agricoli e interessi industriali avrebbero potuto pacificamente contendersi rimanendo fedeli a premesse di dignità liberale . L ' agricoltura ( sia la piccola proprietà del Nord , sia la mezzadria toscana , sia la cultura estensiva del Mezzogiorno , a mano a mano migliorata dall ' emigrazione e dalle istituzioni del credito fondiario , sia la cultura moderna industrializzata delle zone emiliane e lombarde ) costituisce in certo modo l ' aspetto conservatore di una pratica liberale , come quella formata prevalentemente da proprietari che hanno interesse a godere delle libertà tradizionali , senza ingerenze governative , mentre tengono fermo all ' eternità dei propri diritti , attaccati alle forme dominanti di proprietà , pronti a resistere contro ogni aspirazione del proletariato agricolo , il quale pur nella loro resistenza viene temprandosi al senso della proprietà e al bisogno della liberazione . Invece per queste stesse condizioni di immaturità e di aspettazione messianica il proletariato rurale non si può adattare in Italia a una pratica liberale ed è tratto naturalmente ai sogni anarchici e radicali , i quali nella loro indeterminatezza e vaghezza hanno pure il merito di condurli per la prima volta alla vita sociale e di prepararli indirettamente a lotte più mature . L ' industria alla sua volta alimenta nel Nord un liberalismo d ' avanguardia e quasi l ' impulso rivoluzionario del mondo moderno . La fabbrica educa al senso della dipendenza e della coordinazione sociale , ma non spegne le forze di ribellione , anzi le cementa in una volontà organica di libertà . Al culto della costituzione tradizionale sostituisce l ' ideale sempre rinnovato di un ordine nuovo . L ' individuo trova la sua elevazione nella morale del lavoro . L ' intraprenditore esperimenta nella conquista del mercato mondiale le leggi inesorabili dell ' iniziativa moderna della produzione . Un ritmo di vita intenso in cui ognuno assolve la sua funzione in quanto sia sempre più vigorosamente se stesso alimenta una psicologia di dominio di fronte all ' imprevisto , di coerenza nello sfruttamento di tutte le libere energie , di preveggenza sicura nel calcolo dell ' avvenire , senza illusioni avventurose e senza i semplicismi dello speculatore . Questa morale di libertà poteva riuscire la preparazione sociale più rigorosa di una pratica politica di opposizione liberale . I limiti dello Statuto , rivoluzionario per il mondo in cui era sorto , sarebbero apparsi come ingrate costrizioni da superare con nuove esperienze di leggi future . Il senso delle libertà , per la stampa , per l ' organizzazione delle classi , per la lotta politica , per la critica costituzionale , si affermava trionfante nella città moderna , organismo sorto per lo sforzo autonomo di migliaia d ' individui che gli danno la loro legge senza poter accettare più un ' imposizione estranea . Il suffragio universale e la rappresentanza proporzionale avrebbero potuto , esperimentati spregiudicatamente , preparare un ' atmosfera di serenità per l ' affermarsi di queste discussioni e di queste esigenze . Invece il liberalismo non seppe dare la parola d ' ordine alle forze nuove : gli industriali parvero costituire una banda misteriosa con nascoste funzioni sacerdotali nell ' equilibrio politico italiano e si creò la parola plutocrazia per definire il sospetto e lo sdegno , pure ipocritamente rispettoso e cortigiano , con cui li considerava il pubblico italiano ; gli operai trovarono nel socialismo il simbolo rivoluzionario della loro libertà , e solo in questo senso ( che è precisamente l ' opposto di quello riformistico teorizzato dal Missiroli ) ebbero nel mondo moderno una funzione liberale . I torti della teoria liberale Di queste insufficienze pratiche si può scorgere un sintomo nell ' inconsistenza delle teorie liberali elaborate nell ' ultimo cinquantennio . Gli scrittori del liberalismo non hanno saputo fare i loro conti con il movimento operaio che stava diventando l ' erede naturale della funzione libertaria esercitata prima dalla borghesia ; e non hanno elaborato un concetto dei più interessanti fenomeni della vita politica : la lotta di classe e la formazione storica dei partiti . La dottrina della classe politica accuratamente elaborata da Gaetano Mosca e da Vilfredo Pareto avrebbe potuto illuminare i significati della lotta nel campo sociale se fosse stata connessa più direttamente con le condizioni della vita pubblica e con il contrasto storico dei vari ceti . Il concetto di una élite che s ' impone sfruttando una rete d ' interessi e condizioni psicologiche generali , contro vecchi dirigenti che hanno esaurita la loro funzione , è schiettamente liberale come quella che scopre nel conflitto sociale la prevalenza degli elementi autonomi e delle energie reali rinunciando all ' inerzia di quelle ideologie che si accontentano di avere fiducia in una serie di entità metafisiche come la giustizia , il diritto naturale , la fratellanza dei popoli . Il processo di genesi dell ' élite è nettamente democratico : il popolo , anzi le varie classi offrono nelle aristocrazie che le rappresentano la misura della loro forza e della loro originalità . Lo Stato che ne deriva non è tirannico e vi hanno contribuito i liberi sforzi dei cittadini divenuti per l ' occasione combattenti . Il regime parlamentare , nonché contrastare a questa legge storica della successione dei ceti e delle minoranze dominanti , non è che lo strumento più squisito per lo sfruttamento di tutte le energie partecipanti e per la scelta pronta dei più adatti . Invece la scienza dominante , anche dei sedicenti lberali , si appagò di uno sterile sogno di unità sociale e non volle riconoscere altri valori fuori della gretta religione della patria e dell ' interesse generale . Questa dottrina di indifferenza politica confondeva addirittura il liberalismo di governo col liberalismo forza politica e iniziativa di popolo . Le conclusioni più rigorose di tali premesse si possono leggere nel celebre saggio di Benedetto Croce sul Partito come giudizio e come pregiudizio . Nel quale , a dire il vero , la scoperta più arguta era la barzelletta d ' apertura , dei partiti politici come generi letterari . Il Croce ubbidiva a una logica conservatrice e prescindeva da ogni esperienza diretta della vita politica . Infatti il partito può definirsi un genere della casistica , un ' astrazione programmatica soltanto se lo si intende secondo una funzione meramente conoscitiva dei problemi pratici . Ma rispetto alla conoscenza tecnica della realtà sociale il partito rappresenta un momento di ulteriore mediazione e sintesi effettuata appunto in un ' azione : basta richiamarci alla distinzione crociana di teoria e pratica per dimostrare la natura illuministica della critica del Croce ai pregiudizi del partito . Si dovrà notare lo stesso errore quando il Croce parla della lotta di classe come di un « concetto logicamente assurdo , perché formato mercè l ' indebito trasferimento della dialettica hegeliana dei concetti puri alle classificazioni empiriche ; e praticamente pernicioso , perché distruttivo della coscienza dell ' unità sociale » . Questa critica sarà valida contro la filosofia della storia di Marx e contro l ' illusione messianica , di natura mistica e hegeliana , di un ' abolizione finale delle classi . In realtà la praxis ci addita ogni giorno in seno all ' unità sociale il formarsi di classi distinte che , per legge naturale , si ipostatizzano , si associano , combattono per interessi presenti e idealità future . A queste classi che si sentono unite , e nemiche e che hanno creato i loro costumi e le loro aspirazioni attraverso una lotta reale nella storia , il filosofo non potrebbe senza palese ingenuità predicare l ' unità sociale e spiegare la natura gnoseologica delle loro illusioni , perché queste illusioni non sono un artificioso schema come i generi letterari , ma la necessità più intima della loro vita , le loro speranze e le loro sofferenze . Né la logica dell ' astratto né la logica dell ' atto puro possono spiegare l ' imperativo di lotta da cui scaturisce il partito politico che soltanto gli ideologhi sono tratti a veder esaurito nelle soluzioni da esso presentate per le varie questioni economiche e tecniche . Se la realtà consistesse soltanto di questioni obbiettive se ne potrebbe dare un concetto razionalistico e il problema sociale consisterebbe semplicemente nel trovare una serie di specifici sui quali , a dimostrazione data , non dovrebbe sussistere più alcun dubbio : ma questa è la logica della Chiesa e del Sillabo , non la logica della politica . L ' ideale di un partito unico resterà sempre il sogno mediocre dei regimi teocratici e corruttori e basta pensare che ne vedemmo il risorgere nelle ideologie fasciste . La politica dei partiti , quando studia le questioni obbiettive , le prospetta secondo gli interessi e le forze popolari : per essa la realtà viene trasfigurata secondo la misura dei sentimenti e delle psicologie . La mente del capo ­ partito manifesta la sua originalità nel momento in cui le volontà individuali esprimono non già la maturità delle loro conoscenze , ma la loro logica politica . All ' uomo di governo spetta un compito di secondo grado , ossia il dialettizzare le forze esprimendone una legge che è di interesse generale solo in quanto è il risultato di atteggiamenti contrastanti . Per il partito una considerazione dei risultati è appena un elemento di calcolo o di previsione : mentre il capo ­ partito è in un senso preciso e ristretto il tribuno , l ' uomo di governo è il diplomatico . Queste osservazioni spiegano senza equivoco le ragioni per cui noi riteniamo inconcludente la nota polemica liberale del Gentile e del Missiroli . L ' uno e l ' altro infatti per una comune passione dialettica e metafisica non tenevano conto del terreno storico nel quale un ' indagine sui caratteri e i limiti dei partiti dev ' essere impostata . Per il Missiroli liberalismo è la stessa essenza della storia moderna , attivistica e immanentista . Il liberale più che a una posizione precisa di giudizio e di fede deve attenersi a un metodo dinamico e in certo senso opportunista . La sua azione tende a coordinare gli sforzi vivi della storia moderna e sta giorno per giorno dalla parte dei più illuminati . La tesi pratica che il Missiroli derivava da queste premesse definendo liberale l ' opera dei socialisti in Italia era assai brillante e seducente nel campo storico : mentre in sede teorica il metodo missiroliano fa rivivere un pensiero genericamente progressista , che ripete l ' impotenza degli illuministi nel tentativo di definire il progresso , ossia in sostanza non sa direi come la teoria professata debba incarnarsi in azione politica . Il Gentile alla sua volta confondeva liberalismo con arte di governo . Privo del senso delle distinzioni e delle lotte pratiche egli si riduceva a un concetto del liberalismo come risultante di forze opposte , come conservazione che è anche innovazione , ossia al vecchio pensiero moderato che non vuole andare né a destra né a sinistra e pretende di mascherare i propri interessi conservatori gabellandoli per interessi generali . Del resto in tutta l ' equivoca concezione del Gentile che vanamente si appella a Mazzini e a Cavour , si scorge l ' assenza più desolante di ogni generosa passione per la libertà . Per il Gentile la politica liberale si fa dall ' alto : solo il ministro può chiamarsi liberale . Un partito di governo inteso a questa funzione di moderato illuminismo conservatore è evidentemente inconcepibile , sicché il problema che il Gentile voleva risolvere viene da lui stesso negato nei suoi termini . L ' esemplificazione politica delle tesi gentiliane , offerta dal ministro della pubblica istruzione di Mussolini , conferma il significato reazionario che Missiroli scorse nelle prime enunciazioni : la giustificazione e l ' interpretazione date dal Gentile del suo liberalismo coincidono con la morale della tirannide e il problema della libertà viene dimenticato , per un artificio dialettico , nella preoccupazione , coltivata da tutti i despoti , dell ' autorità . Le origini di questa arbitraria interpretazione filosofica del liberalismo risalgono in Italia a più di un cinquantennio addietro e si confondono coi primi tentativi della Destra di dare una teoria dello Stato etico . Silvio Spaventa ha le sue responsabilità per l ' equivoco derivato dal trasportare le tesi hegeliane in sede pratica . Poiché se lo Stato ha di fronte alla storia , attraverso le vicende , diciamo così , metafisiche , dell ' umanità , una funzione etica in quanto rispecchia il processo per cui l ' individuo è tratto perpetuamente a esplicare , volente o no , una funzione sociale , è assolutamente erroneo attribuire allo Stato ­ pubblica amministrazione che vive dei contrasti politici e interviene nelle vicende quotidiane , una funzione metafisica , coi diritti pratici che se ne vogliono derivare . In politica , checché ne sembri ai filosofi , lo Stato è etico in quanto non professa nessuna teoria : questa posizione di equilibrio è la sola che non ci ponga di fronte all ' insolubile problema di fissare quali siano gli organi di questa pretesa morale statale ; e ci garantisce la possibilità che ogni etica , come ogni politica , sia da esso rispettata in quanto si rimette il giudizio della validità sociale di cui ciascuna idea potrà menar vanto ai risultati della libera lotta e della storia imprevista . Di fronte alle assurde pretese e alla dogmatica grettezza ( qualità per eccellenza anti ­ liberali ) a cui i fìlosofi sedicenti liberali ci hanno assuefatto , potremo con tranquilla convinzione di equità cantar le lodi agli onesti scrittori di economia , che , se ebbero il torto di non salvare dalle antipatie universali la dottrina di cui erano rimasti modesti depositari , non si stancarono tuttavia di divenirne i predicatori inascoltati . L ' equivoco da essi aiutato della confusione tra liberismo e liberalismo resta tuttavia il meno pericoloso e il meno assurdo di quelli sin qui analizzati . La chiusa setta dei liberisti può ben dire di aver salvato per parecchi decenni la purezza dell ' idea e preparata in sede economica la formazione di condizioni psicologiche favorevoli a una rinascita liberale . L ' educazione inglese , se non li salvava da un tono molesto ai più e tuttavia assai spesso finemente ironico , dava ai loro costumi morali e letterari un senso austero di dignità , una coscienza severa di ossequio alle leggi e alle libertà , che li assisteva costantemente nella loro critica e contribuiva a renderli impopolari in una terra di dannunziani e di tribuni che guardava come straniere le loro figure riservate di persone educate e ammodo . S ' intende che il nostro ritratto riguarda i più eletti della schiera , da Francesco Papafava a Luigi Einaudi , perché anche il liberismo ebbe i suoi tribuni e retori fanatici . Pure la stessa abitudine di giudicare fatti complessi di sfumature e di psicologie colla sola scorta di una scienza « esatta » e « matematica » faceva tornare naturalmente il pregiudizio che la logica bastasse a giudicare e agire in politica e conduceva a svalutare ancora come illusorie le distinzioni dei partiti . Insomma la parola d ' ordine dei liberali in Italia a partire dal secolo scorso fu : « tutti liberali » . La nuova critica liberale deve differenziare i metodi , negare che il liberalismo rappresenti gli interessi generali , identificarlo con la lotta per la conquista della libertà , e con l ' azione storica dei ceti che vi sono interessati . In Italia , dove le condizioni sia economiche che politiche sono singolarmente immature , le classi e gli uomini interessati a una pratica liberale devono accontentarsi di essere una minoranza e di preparare al paese un avvenire migliore con un ' opposizione organizzata e combattiva . Bisogna convincersi che non erano e non potevano essere , come non sono , liberali i nazionalisti e i siderurgici , interessati al parassitismo dei padroni , né i riformisti che combattevano per il parassitismo dei servi , né gli agricoltori latifondisti che vogliono il dazio sul grano per speculare su una cultura esterisiva di rapina , né i socialisti pronti a sacrificare la libertà di opporsi alle classi dominanti per un sussidio dato alle loro cooperative . Poiché il liberalismo non è indifferenza né astensione ci aspettiamo che per il futuro i liberali , individuati i loro nemici eterni , si apprestino a combatterli implacabilmente . Immaturità democratica Dopo il '70 il partito liberale , risultante delle debolezze teoriche ed obbiettive fin qui descritte , è svuotato della sua funzione rinnovatrice perché privo di una dominante passione libertaria e si riduce a un partito di governo , un equilibrismo per iniziati che esercita i suoi compiti tutorii ingannando i governati con le transazioni e gli artifici della politica sociale . La pratica giolittiana fu liberale solo in questo senso conservatore , e la politica collaborazionista non salvava il liberalismo ma le istituzioni , tenendo conto non del movimento operaio ma dello spirito piccolo ­ borghese del partito socialista . La naturale conversione del liberalismo in democrazia demagogica fu studiata nelle pagine precedenti e basterà richiamare la formula missiroliana della Monarchia socialista , o per maggiore evidenza di argomentazione la polemica decennale di Gaetano Salvemini che combatteva in Giolitti e nel socialismo cooperativista i due elementi determinanti dell ' equilibrio parassitario . Questo periodo storico non presenta più punti oscuri . La figura di Giolitti sovrasta su tutte le altre , e nell ' immaturità generale i danni della sua politica diseducatrice e demagogica sono compensati dai vantaggi di dieci anni di pace . Non si può dire che sia stato visto dagli altri uomini di Stato ciò che sfuggì al calcolo e alle astuzie del domatore . La psicologia giolittiana nell ' esame dei due termini liberalismo e democrazia è la psicologia dominante . È difficile del resto individuare le differenze tra liberali e democratici se non si tiene conto degli ambienti che li alimentano , come sarebbe malagevole e retorico distinguere con un ragionamento metafisico i due concetti storici di eguaglianza e libertà . Se invece l ' osservazione storica si trasporta dal Settecento all ' Ottocento e dall ' Europa all ' Italia potremo dire che la democrazia ci venne come una forma attenuata di liberalismo , fu il riparo cercato dagli italiani all ' equivoco insolubile ; e la sostituzione del mito egualitario al mito libertario segnerebbe appunto l ' inaridirsi dello spirito di iniziativa e di lotta di fronte al prevalere dei sogni di palingenesi e di tranquilla utopia . Sonnino e Salandra , vittime dei tempi , non intendono il liberalismo meglio degli altri e sono democratici come Giolitti , con l ' astuzia e l ' arte di governo in meno . Sonnino ebbe lo spirito del retrivo che si destreggia con la metodologia dell ' uomo di buon senso . Le sue esortazioni alla sincerità nascono nell ' atmosfera semplicista dell ' impreparazione politica . In lui come in tutti gli ingenui propagandisti di cultura in mezzo all ' ignoranza la tecnica prevalse sull ' arte . Il culto della legge si manifesta nel chiuso spirito d ' intolleranza del predicatore . Era inesorabile nelle sue idee fisse con la cocciutaggine di chi crede di averle trovate col metodo sperimentale . La morale della solidarietà coesisteva in lui con la politica nazionalista . Perciò già nella sua giovinezza , al tempo della Rassegna settimanale , ( opera mirabile di cultura , caratteristica di un ' epoca che si sofferma sul limitare della politica ) si scorgevano i difetti del rigido uomo di Stato , grettamente calcolatore . Per lui , diplomatico fallito , la diplomazia costituiva il punto centrale della considerazione e del calcolo . Logicamente doveva scaturire da questo cervello un concetto di liberalismo del tutto inadeguato al ritmo della lotta politica . Sonnino auspicava un blocco liberale che comprendesse democratici e repubblicani proponendosi il solo fine dell ' interesse generale dello Stato nazionale : anche per lui si trattava di avvincere le classi popolari alla causa della stabilità e della pacifica evoluzione dell ' organismo dello Stato con le riforme : la famosa campagna per la pensione dei sei soldi resta caratteristica testimonianza di un metodo social ­ democratico di tipo germanico dal quale Sonnino dedusse poi con perfetta logica , se pure con poca finezza , la sua politica estera di rivendicazioni patriottiche . Anche Antonio Salandra non sa vedere nel partito liberale molto più che l ' idealità della patria e il sentimento della nazione , anch ' egli protesta che il partito liberale non è un partito di classe , salvo a confessare poi che attinge le sue forze dalla classe media : intento al solo problema dell ' autorità e del potere , egli non si stanca di rivolgere le sue esortazioni alla borghesia perché essa si svegli dalla sua inerzia politica . Confonde il sintomo col problema e non avverte la sostanza della crisi che sta nell ' assenza di libertà e di attitudine alla lotta . L ' esperimento governativo di Salandra , che ci ha dato una tirannide demagogica e retorica è la conferma dei suoi vizi mentali . Prima della guerra soltanto pochi episodi di cultura e di esercitazione politica solitari e senz ' eco potrebbero entrare a buon diritto in una storia analitica del liberalismo . Sono tentativi di eresia , sforzi di concentrare intorno a organi di studio e di ricerca gruppi di giovani disinteressati e alieni dal calcolo demagogico . I nomi sono di ieri e non hanno bisogno di essere illustrati : Salvemini , Prezzolini , Caroncini , Amendola e Slataper , confusi insieme in un compito indifferenziato di illuministi . Accanto ad essi , tollerata e quasi gradita , la bolsa magniloquenza di Giovanni Borelli , il più vuoto dei tribuni del militarismo , creduto per vent ' anni quasi leggendariamente l ' ultimo liberale . I risultati sono di cultura , la loro fecondità per l ' avvenire consiste nella preparazione di classi dirigenti più mature . Il desiderio dell ' azione è coltivato in questi gruppi di eretici quasi nascostamente e si manifesta chiaro soltanto dopo la guerra nel movimento politico dei combattenti . In questo le possibilità inizialmente liberali furono frustrate dalla mancanza di chiarezza nella classe politica che lo guidò e che era stata vittima di una preparazione genericamente romantica . Vi coesistettero liberalismo agrario e demagogia finanziaria , politica estera salveminiana e imperialismo , spirito anti ­ burocratico e simpatia per le classi di impiegati . Romolo Murri , il più bell ' esemplare della vanità del profeta fallito . cervello di pedante , in cui l ' aridità del prete s ' accoppia con la pigrizia mentale dell ' attualista dogmatico , riuscì a dare il tono a quei tentativi pratici con la scoperta di un sindacalismo apocalittico e confusionario che egli non si fece scrupolo di gabellare poi per fascista e di farne un omaggio ai vincitori . Tutta l ' immaturità del movimento dei combattenti si rivelava poi nella sua incapacità di sostenere la concorrenza dei popolari ( come conservatore ) e dei socialisti ( come rivoluzionario ) . Logicamente moriva nel fascismo la confusa ideologia dei guerrieri intellettualisti . Le aspettazioni messianiche generate dalla guerra contrastavano irrimediabilmente con le premesse liberali : la lotta politica doveva fare i conti con i sogni di palingenesi e di unanimità . Il pensiero più maturo in questo momento storico fu quello di Nitti che tuttavia mancò di tatto e di elasticità diplomatica per far prevalere nel momento opportuno le formule chiarificatrici . Conscio delle transazioni a cui la lotta politica in Italia è condannata , conscio della crisi economica permanente nel paese povero per natura , Nitti è liberale in quanto non vede soluzioni possibili fuori di una politica di emigrazione e di pace . La sua democrazia di compromesso , il suo collaborazionismo avevano il merito di realizzare in Italia , rimanendo nell ' ambito della costituzione e dei costumi di libertà , le premesse unitarie non ancora compiute . Non si può sapere se sulla via additata da Nitti si incamminerà tuttavia per una curiosa ironia della storia l ' opera del governo fascista . Se così fosse ( ma l ' ipotesi è meramente accademica , quando appena si pensi all ' immaturità delle nuove classi guerriere ) Mussolini avrebbe tuttavia il torto di averci dato con la retorica del tiranno romantico i risultati che stava per raggiungere l ' azione parlamentare . Se dalla negazione fascista il liberalismo fosse tratto a ridiscutere i suoi principi , a difendere i propri metodi e le proprie istituzioni , a rinnovare quella passione per la libertà da cui nacque primamente , forse l ' avvenire politico del nostro popolo si potrebbe guardare con animo più sicuro . II I popolari Toniolo A Giuseppe Toniolo ( 1845­1918 ) spetta il merito singolare di aver data espressione e sistemazione politica alle esigenze di azione sociale che Leone XIII era venuto agitando e di aver mostrato così , contro il proprio intento , agli uomini di buona fede , che ancora non se ne fossero persuasi , l ' irreducibile repugnanza di ogni posizione cattolica col pensiero moderno , e l ' intimo carattere reazionario di una praxis politica che voglia appoggiarsi alla Chiesa , come a istituto e organo della lotta in Italia , e alla tradizione della trascendenza cristiana come a un Credo sociale degno di essere continuato . Anche oggi l ' atteggiamento di simpatia e di adesione con cui si guarda alle idee del Toniolo da parecchi uomini e da diverse tendenze del partito popolare , può essere un buon argomento per cogliere le contraddizioni e gli equivoci persistenti da una parte nel clericalismo retrivo , dall ' altra nella demagogia teocratica di Miglioli . Il Toniolo , sotto la moderazione letteraria , è un intransigente ; e , pur attraverso i vizi stilistici dell ' accademismo e gli ornamenti di una convenzionalità ufficiale , mostra il bisogno di atteggiamenti chiari e netti , di un centro ideale che permetta operose discussioni dei concetti e spregiudicata negazione dei termini contrastanti . - - Se non ha i fulmini di Veuillot o di Casoni per il mondo moderno ne ripete tuttavia un ' identica critica negativa . La sola spiegazione soddisfacente della vita e della natura dell ' uomo , per il Toniolo , deve riconoscersi a priori nella dottrina di Cristo . Tutto ciò che vi repugna , repugna con la verità . Bisogna ripetere con Dante : Avete il Vecchio e il Nuovo Testamento E il Pastor della Chiesa che vi guida . La filosofia per eccellenza , la verità , è la Scolastica . Bisogna riprenderla integralmente . Bisogna eliminare le ultime reliquie deleterie della Riforma luterana . Né importa distinguere nelle negazioni . La rivoluzione religiosa tedesca ha lo stesso senso della rivoluzione sociale francese . Perciò tutto il lavoro di revisione critica della rivoluzione francese iniziato dal Le Play secondo un punto di vista cattolico è accettato integralmente . Riforma e rivoluzione trovano la loro espressione filosofica nell ' individualismo , anzi addirittura in Emanuele Kant : bisogna respingere tutto il kantismo . Il torto del pensiero moderno consiste nell ' avere accettato l ' individualismo e negato il soprannaturale : la degenerazione filosofica ha prodotto o si è accompagnata con le degenerazioni economiche e sociali . Con una visione sintetica notevole ( non priva tuttavia di grossolane osservazioni sempliciste ) il Toniolo coglie l ' unità ideale della filosofia romantica e dell ' economia moderna . Questa è da respingersi tutta in blocco : il liberalismo smithiano perché nelle sue estreme conseguenze sancisce , col principio della libera concorrenza , l ' oppressione del lavoratore , senza alcuna cristiana pietà , e perché è viziato da tre gravi peccati ideali : l ' utilitarismo materiale , il cosmopolitismo egualitario o atomisino individualistico , l ' antistatalismo ; la scuola sociologica ( di cui sono responsabili , per doppio titolo indivisibile , il positivista Comte e il panteista Hegel contemporaneamente ! ) perché colpevole di utilitarismo ideologico trascendentale , tendente a una forma di unità vaga e imprecisa , e di socialismo di Stato . Le differenze tra Hegel e Haeckel non sono visibili all ' occhio di un cattolico . L ' eresia panteista , secondo Toniolo , che accetta la tradizione cattolica dell ' Ottocento , basta ad accomunarli senza possibilità di contestazione . Di fronte alla crudeltà e ai dolori della scienza moderna , pace e verità si possono attendere soltanto da un coraggioso ritorno alla democrazia cristiana . Questa si deve fondare , secondo le indicazioni delle Encicliche di Leone XIII , movendo dal principio che fa di « Gesù Cristo l ' alfa e l ' omega di tutta la vita individuale e sociale » . Il punto di partenza rigorosamente teocratico genera svolgimenti e conclusioni di inesorabile conseguenza . Democrazia si definisce « quell ' ordinamento civile nel quale tutte le forze sociali , giuridiche ed economiche , nella pienezza del loro sviluppo gerarchico cooperano proporzionalmente al bene comune , rifluendo nell ' ultimo risultato a prevalente vantaggio delle classi inferiori » . Dove il bene comune non è altro che la salvezza delle anime nella fede cattolica , il principio gerarchico è quello cattolico , e l ' amore alle classi inferiori , derivato dal riconoscimento dell ' eguaglianza dei figli di Dio in terra , si fonda sulla carità e sull ' umiltà . Ora questa definizione della democrazia , messa da parte ogni discussione sugli anacronismi che implica , può giustificarsi praticamente solo da un punto di vista egoistico e utilitario ( utilitaria è sempre la logica politica di tutti i misticismi ) e l ' indagine storica che il Toniolo vi reca a sostegno ne costituisce la prova più limpida . Sfugge al suo cattolicismo di quiete la religiosità dell ' uomo moderno , la religiosità della democrazia come forza autonoma , liberamente operante dal basso , senza limiti che la predeterminino fuori della volontaria disciplina che essa stessa si pone , sforzo morale di liberazione , sacrificio dell ' individuo nella continuità di una lotta sociale che lo trascende e che pure non esiste senza la sua azione singolare . La visione politica del nostro buon scienziato si restringe al mondo antico , nel sogno di una gerarchia sociale in cui alle classi superiori spetti una funzione di assistenza e di patronato e alle classi inferiori l ' umiltà e l ' obbedienza . Guarda con idillica simpatia i vecchi istituti della beneficenza : il sabato , il settennato , il giubileo ; crede che i due diritti tradizionali del petere e dell ' acclamare possano anche nel mondo moderno bastare alla difesa del popolo . Le parole di approvazione e di rimpianto con cui il Toniolo ricorda la monarchia di Luigi IX , che egli crede di poter chiamare senza ironia democratica , mentre ci rivelano tutta la singolarità della sua psicologia , chiariscono la sua dottrina nei limiti di una democrazia patriarcale che esclude l ' iniziativa popolare e i principi di autoeducazione , e vuol dare alle masse soltanto i palliativi di riforme e di miglioramenti economici . La società ideale di Toniolo è un ordine predisposto in cui funzioni specializzate , avute in eredità per divina Provvidenza , spettano alle varie classi che in questo modo si liberano dal problema integrale della vita e dalla complessità delle preoccupazioni . L ' economia si riduce al compito della ripartizione dei beni , riesce a sancire la fratellanza e l ' amore nella miseria universale . Per un economista siffatti sviluppi sono assai strani ed è curioso vedere come in omaggio a una teorizzata dipendenza dell ' attività economica dall ' etica ( cristiana ) si neghi l ' industrialismo moderno e vi si sostituisca candidamente la dignità della povertà cristiana . Insomma decentramento e regime corporativo dovrebbero riportare la società alla sua logica medioevale . La funzione dello Stato vi resta imprecisa , timidamente discussa , mentre lo Stato liberale moderno incute paura come uno spettro . Il problema dell ' autorità deve riportarsi in sede ultima alla Chiesa cui compete di definire i rapporti non ancora definiti e di rivendicare in ogni istante l ' inesauribilità della propria azione ( scolastica , economica , legislativa , sociale , morale ) . Di fronte allo Stato moderno la Chiesa è lo strumento supremo di una logica anarchico ­ individualista , e nel suo sforzo di ristabilire gli istituti della reazione e del passato essa assume spontaneamente l ' ufficio di guidare i cattolici alla disgregazione degli organi pratici di quel liberalismo che è la sua antitesi . Intento chiaro in Toniolo e nei primi atteggiamenti di Murri . Ma pur agitandosi tra oscure anti . nomie e opposte esigenze , il migliolismo con le sue promesse mistiche e con la sua azione sindacale messianica ne ha accolto disorganicamente l ' eredità . Meda Filippo Meda tempera invece le intransigenze della fede medioevale con l ' astuzia del politico . I suoi scritti si possono onestamente classificare nel genere letterario dell ' erudizione parlamentare di cui hanno dato esempi dignitosamente aridi e monotoni Luzzatti , Salandra , Orlando . Vi trovi frequentemente problemi laterali di storia politica , esami di coscienza che si esprimono in tentativi di biografia , sforzi di allargare la visione di studioso , abbandonando i limiti ristretti della vita quotidiana . L ' osservatore li distingue a una nota infallibile di psicologia : il parlamentare resta parlamentare e diplomatico anche sotto le spoglie dello studioso . Anzi per chi indaghi i fatti nel loro complesso lo studio storico rivela i motivi più riposti dell ' azione . Il Meda ha una sua arte di narratore , sa disporre fatti e documenti , approfondire le sue ricerche ; persiste tuttavia nei suoi profili biografici la vecchia forma letteraria dell ' elogio , con più precise misure e dignità , con minori pretese di accademismo : ma sotto lo storico avverti il pedagogista che considera « dovere morale lo studio dei pochi che abbiano avuto nella lor carriera mortale una fisionomia propria per pregio d ' intelletto e di virtù » . È naturale che l ' esame ponga essenzialmente in luce atteggiamenti individuali e miri a rivelare caratteri . Osservazioni letterarie , morali , teoriche restano sempre aderenti al pensiero e al pregiudizio degli individui che sono ritratti : il Meda trascura di vederli in rapporto a un interesse estetico o filosofico dominante . La considerazione scientifica non turba mai la varietà dell ' esperienza e della cronaca . Per il cattolico che resti al di qua del dissidio tra fede e ragione , dogma e libero esame , la scienza deve ridursi a qualcosa di astratto ; la logica del misticismo vorrebbe condurre a negarla nella passione dell ' unità trascendente e poiché i tempi non paiono propizi all ' eroica rinuncia mistica , l ' unità resta un articolo di fede accanto alla quale le più opposte esigenze dividono gli spiriti e i particolari interessi sono soddisfatti in modo pacifico , separatamente l ' uno dall ' altro , con grossolano eclettismo e tranquilla indifferenza . Il cattolicismo del Meda è appunto un cattolicismo moderno , quasi modernistico , ma senza l ' inquietudine e l ' ansia religiosa . La Chiesa non combatte con lo Stato , né la fede con la ragione ; in sede politica , nella transazione di tutti i giorni le idee rigide e nette si temperano per intrinseca necessità , il processo di creazione ideale è attenuato in un processo meccanico di coordinamento . Meda non accarezza illusioni , non si appassiona a posizioni determinate di intolleranza . Il suo cattolicismo non è una fede , ma la fiducia in un ordine di fatto che liberi dagli inconvenienti dell ' impreveduto ; è un metodo che con gli opportuni chiarimenti e le giuste riserve si può definire realismo . Non esclude infatti l ' intransigenza , le posizioni false , l ' adesione ai miti unilaterali , pur sapendo a priori che la storia non ne sarà rigidamente modellata . Senonché il vero realismo ha il culto delle forze che creano i risultati , non l ' ammirazione dei risultati intellettualisticamente contemplati a priori . Il realista sa che la storia è un riformismo , ma sa pure che il processo riformistico , nonché ridursi a una diplomazia di iniziati , è prodotto dagli individui in quanto essi operino come rivoluzionari , attraverso nette affermazioni di contrastanti esigenze . La visione della storia del Meda è invece la visione dell ' uomo di governo , che ti convince quando rimane sottintesa ad animare le azioni del tattico e del riformatore , ma riesce inadeguata quando si cimenta a interpretazioni sintetiche . Il cattolicismo poi lo conduce per istinto a ridurre il processo della storia entro gli schemi di una esaurita rivelazione . E la sua mente di politico di governo può guardare con interesse le forze capaci di esprimersi in termini e valori di conservazione , ma nega di rivolgersi verso gli elementi che alla normalità della formula conservatrice si oppongano con la spontaneità di uno sforzo rivoluzionario e di un ardore creativo . La posizione del politico insomma limita e comprende quella del cattolico , evita la logica rigoristica del dogma che condurrebbe ad una negazione violenta del mondo moderno , si appaga di uno pseudo ­ realismo , inteso come riformismo , che tende ad eliminare dalla storia l ' imprevisto e la lotta per sostituirvi un ottimismo senza asprezze e senza intransigenze . È risaputo che l ' esempio più convincente e preciso di questo metodo empirico si ebbe in sede politica col giolittismo : in sede letteraria invece l ' applicazione dello stesso criterio doveva risolversi in gravi delusioni , e il Meda stesso ce ne offrì un esperimento quando si provò a tracciare coraggiosamente le linee di una cronistoria del partito socialista . Basti notare l ' equivoco evidente nella pretesa di valutare una corrente politica dai risultati obbiettivi e legali scaturiti , prescindendo dal movimento che li ha determinati ; equivoco tanto più grave quando siffatto criterio si applichi ad un fenomeno che è in piena praxis formativa e che non si può valutare per ciò che fa , ma essenzialmente per ciò che inspira , per le correnti di azione e di pensiero che vi sono implicite o iniziali . Nel caso specifico poi il Meda si arresta intellettualisticamente all ' esame delle formule e della logica comiziesca , sicché per es . il movimento del partito socialista italiano non viene negato a priori come eresia , ma studiato nel suo movimento empirico , dove le rigidità e le posizioni nette si attenuano in transazioni ineluttabili . Atteggiamento caratteristicamente riformista , per cui nonostante tutte le professioni di oggettività il Meda è tratto ad esaminare con benevolenza e a mettere in valore le tendenze gradualiste e anti ­ rivoluzionarie , senza sentire il bisogno di una netta critica ideale alle dottrine di estrema sinistra . Il presupposto del Meda è che il pensiero conservatore sia nel vero con la sua svalutazione di ogni movimento non contenutisticamente tradizionale e la premessa implicita si converte in una visione turatiana dei movimenti delle masse . Insegnamenti decisivi per la natura del suo pensiero vengono del resto dalla mera considerazione della scelta degli argomenti di studio : Beernaert , Hertling sono i suoi ideali , i realizzatori della sua politica temperata e fattiva ; di De Mun ha in pregio l ' opera della maturità , ma considera con scetticismo le esplosioni di giovanile esuberanza ; Moneta rappresenta un altro suo platonico sogno di calma e di quiete ; Tosti , Persico , Toniolo sono i maestri diretti di democrazia e di moderazione . Il suo sguardo rimane fisso alla pratica abilità , alla sapienza di equilibrio , all ' azione empirica più che alle risonanze ideali . Dal De Mun e dal cattolicismo gallico ha assimilata la critica della rivoluzione francese , non per avere libera la via a un ' affermazione dogmatica , non per opporre cattolicismo a libertà , ma per non doversi preoccupare di risalire allo studio delle origini del mondo moderno , per non dover risolvere una questione di filosofia e porre un ' antitesi senza soluzione tra la pacifica fede medioevale del cattolico e la modernità del politico . Finché il dualismo resta implicito , finché le due opposte fedi non si determinano in contrasto , l ' equivoco può sussistere senza pericolo . Il Meda ha un metodo pratico per evitare ogni inconveniente quando le idee gli si fanno incontro , contraddittorie , nella pratica : e questo metodo è ancora una possibilità di astenersi , un liberalismo conservatore limitato ad esaminare le cose dall ' esterno . I principi formali del liberalismo inglese vengono temperati così da preoccupazioni di governo patriarcale che tendono non solo a conciliare sul terreno pratico , ma a stroncare , mentre nascono , le antitesi troppo forti e le posizioni troppo nette . È la negazione del concetto di lotta che sta alla base della politica e della vita , di quel concetto che proprio le rivoluzioni ideali moderne hanno cercato di valorizzare . Il Meda teme che i principi liberistici possano favorire la reazione del proletariato : e la sua visione moderata riesce piena di diffidenza e di paura di fronte alle nuove forze travolgenti che esigono di partecipare alla vita dello Stato . « Il partito conservatore dovrà mostrarsi sinceramente costituzionale e liberale nel vero senso della parola , mediante il rispetto di tutti i diritti » . Ma la disciplina resta un presupposto e l ' intimo compito del politico è ancora la conciliazione della borghesia col governo di destra . La crisi che travaglia l ' anima nazionale non è neanche avvertita , le esigenze dell ' economia sono ridotte a poche formulette di protezionismo e di intervenzionismo statale ; presenti al suo spirito restano i problemi di forma come il problema cestituzionale e la rappresentanza proporzionale , voluta con l ' astuzia del conservatore . A considerare intrinsecamente le cose , c ' è alla base di questo liberalismo conservatore inolto semplicismo e quasi un ' indifferenza verso l ' elaborazione delle idee . Infatti egli ammira dell ' Hertling l ' eleganza , la moderazione , la tolleranza , l ' amore per le soluzioni non rigide . Nella sua fede neo ­ scolastica è penetrato molto eclettismo . Come non ha inteso la rivoluzione francese , così è rimasto estraneo a tutti i movimenti ideali profondi e travolgenti ( riforma luterana , rivoluzione russa , ecc . ) : perché contro lo spirito della rivoluzione sta appunto il suo carattere , la sua abitudine mentale . Del suo partito , che pur avrebbe dovuto avere un pensiero religioso specifico , almeno prima del '19 , egli è pronto ad accettare la definizione del Beernaert : il partito che non vuole l ' anticlericalismo . In sede ideale respinge l ' individualismo in omaggio a una concezione organica della società ( De Mun ) , che creda a una gerarchia , con funzioni di patronato riservate alle classi alte , di devozione e sottomissione attribuite alle classi umili . Da queste premesse ( benché egli riconosca la difficoltà e il pericolo di « costringere e dirigere l ' azione politica e sociale nel rigore dialettico di tesi e definizioni assolute » ) costruisce il suo edificio di legislazione sociale e di riformismo che si rivela talvolta pochissimo più libero e aperto della monastica pretesa agitata dal De Muri di risanare il popolo e dargli la giustizia perché cessi di odiare la società . Certo il Meda non scorge tutta l ' ingenuità di questo programma , non vede come il problema della vita sociale non consista nella ricerca di un patriarcale accordo di carità e di giustizia , ma soltanto nell ' adesione vitale del popolo stesso all ' organismo della società che esso senta come creazione propria e di cui sappia assumere la responsabilità . Gli è che il suo sguardo è fisso al passato e nel suo mondo statico ( psicologicamente , se non dogmaticamente , cattolico ) i principi e i criteri non risiedono nell ' iniziativa , ma in una concezione trascendente per metà illuministica e per metà biblica . La pratica trasformista è continuata con una pregiudiziale ancora più esplicitamente reazionaria poiché monarchia socialista e cristianesimo sociale sono , a pari diritto , due elementi dell ' assolutismo . Con le arti dell ' illusione si frenano le lotte spirituali ; l ' ideale politico presente resta ancora la Chiesa ( esclusa ogni questione di fede ) nata da tutte le transazioni come espressione di continuità , di alterne vicende , di sicura consistenza ; quasi per tradizione il più grande istituto dell ' abilità politica . A questo motivo di valore essenzialmente empirico è ridotto il neo ­ guelfismo di Meda , il quale , pur nelle sue tendenze reazionarie e nella sua cieca fiducia verso la tradizione , è troppo prudente e ha troppo vivo il senso dell ' opportunità per concedersi un anacronismo clamoroso . Non sembrerà tuttavia un paradosso il dire che la sicurezza del suo equilibrio di democratico fa pensare a Turati , un Turati che ha cambiato la tonaca del demagogo con quella del predicatore . Della demagogia settecentesca infatti le idee del Meda partecipano l ' astrattismo e l ' imprecisione : dalle sue generiche formule si possono dedurre modi d ' azione perfettamente antitetici e decisamente immorali . Il concetto di ordine può avere un senso rivoluzionario se è professato da un comunista che abbia un suo ideale di ordine nuovo ; ma diventa reazionario in chi sospiri l ' ordine del passato . Così la solidarietà sociale è il vessillo in nome del quale hanno combattuto tutti i tribuni , ma se la solidarietà deve essere instaurata in nome di una legge di salvazione eterna il modello di umanitarismo diventa l ' Inquisizione . Un altro atteggiamento caratteristico di Meda nella discussione ideale si può riconoscere nell ' esame che egli dedica al nazionalismo e al pacifismo . La giustificazione della tesi pacifista è da riportarsi al suo atteggiamento di uomo di governo ed è accettabile solo secondo limiti di empirismo economico . È necessaria una politica di pace e di accordi internazionali per la ricostruzione europea . Era necessaria una politica di pace all ' Italia al principio del secolo xx per vincere la crisi interna , iniziare una politica di risparmi e di economia , favorire la formazione di capitale circolante per le industrie , il commercio , l ' agricoltura . Ma pare illusorio e pericoloso ricondurre questa tesi pratica alla logica umanitaria del cattolicismo . Il Meda vi si prova , ma poi ne rifugge e per un generico patriottismo retorico accetta anche la guerra libica . Vigile spirito di politico , s ' arresta al fatto compiuto ; ha la duttilità necessaria per piegarvisi , per sfruttarlo . Non teme le contraddizioni perché la pratica non è , per il ministro , un mondo da organizzarsi secondo tendenze e ideali coerenti , ma da accettarsi come un risultato di destrezza . Perciò il politico resta privo di giustificazioni ideali e deve cercare la sua idealità in un ' astratta tradizione o in un ingenuo moralismo di cui resta esempio nel singolare interesse con cui egli segue questioni politicamente inesistenti , come la legislazione su la ricerca della paternità , la campagna anti ­ blasfema e la lotta contro la stampa corruttrice . Se il cristianesimo del Meda può accettare le lotte ma non la lotta , vuol dire che rinuncia alla coerenza per limitarsi all ' opportunismo : qui già il metodo è individualismo utilitario . E soltanto per una premessa utilitaria è giustificabile in sede ideale l ' internazionalismo di Meda che ha rinunciato all ' apocalittica impostazione del problema che poteva riuscire coerente in un cattolico ; invece egli non capisce il valore della guerra avendone una visione meramente atomistica : non vede il trasfigurarsi del delitto in missione quando corrisponda a rinuncia e a sacrificio dell ' individuo . Così non riesce ad affermare la validità sociale della forza e dell ' ingiustizia , non intende la dialettica umana per cui la giustizia e i valori morali scaturiscono dalla sostanza stessa della lotta , si alimentano di antitesi e di ingiustizie , risultano dalla consacrazione dei nostri giusti limiti . Dal fatto economico la scienza moderna vede nascere il fatto morale , dall ' individuo lo Stato , dall ' egoismo la razionalità della storia ; il torto del Meda consiste nella sua inettitudine ad acquistare coscienza di queste supreme giustificazioni spirituali . Ma giova riconoscere con franchezza , esaurita la parte più severa del processo , che a conclusioni più indulgenti ci si potrebbe obbiettivamente arrestare trasportando l ' analisi dalla forma mentis alle intenzioni . Certo la posizione di un cattolico ortodosso che volesse operare nella politica nazionale negli anni 1890­1914 era tra le più difficili : cultura , chiarezza di principi , novità d ' idee non offrivano un fondamento coerente : fidando sulla cultura e sulla sincerità degli spontanei impulsi ideali , la conclusione logica era Murri , ossia la negazione delle premesse . Meda ebbe l ' astuzia di elaborare formule più o meno empiriche e contraddittorie e di preparare in piena sicurezza e buona fede l ' equivoco pratico , L ' episodio delle elezioni di Rho nel 1904 è un esempio della sua giolittiana saggezza . Non si poteva con più dignitosa apparenza di ingenuità liquidare il non expedit continuando a professarvi devozione nel modo più rigido in sede teorica . Meda aveva ragione contro le intransigenze pontificie , aveva per sé una situazione di fatto invincibile : ma appunto per la sua sicurezza ebbe il senno pratico di non ribellarsi e la vittoria fu sua . Mettendosi apertamente contro il non expedit egli ne avrebbe certo aiutata la caduta , ma si precludeva ogni via all ' azione , si condannava alla solitudine e politicamente all ' inutilità . Le sue transazioni , la poca franchezza delle professioni ideali , il velo dell ' equivoco mantenuto gelosamente non gli conquistano molte simpatie : manca inesorabilmente alla sua persona ogni parvenza etica : pure questa è la realtà del suo spirito e il suo bisogno di pace e di serenità per operare , le naturali tendenze alla conciliazione , dovevano condurlo istintivamente a questo atteggiamento di obbedienza che gli assegnava ufficio rappresentativo tra i cattolici italiani destinandolo ad attenuare le rigidezze troppo aspre dell ' azione cattolica in Italia , a suscitare nei cattolici , senza rimpianti , una franca azione conservatrice dello Stato . Così egli conservatore poté essere all ' avanguardia come deputato e come ministro , primo tra i cattolici , dopo i neoguelfi , che osasse accettare anche ufficialmente la responsabilità di un nuovo Stato sorto sulle rovine di una trascendente autorità . Abile del resto fu la sua opera di ministro , esemplare la sua politica finanziaria : digiuno di cultura tecnica in materia di finanze seppe superare i pregiudizi dell ' economia cristiana e , circondandosi di sapienti consiglieri come Einaudi e Cabiati , legò al nome suo un ' opera di ricostruzione delle finanze italiane importantissima , cui egli probabilmente non ha recato il contributo di un rigo . Lo scrittore riesce inferiore al politico appunto perché conserva lo stesso ideale di abilità , sincero , ma non sino ad abbandonarsi a compromettenti professioni di fede , storico onesto , ma con un secondo fine quasi inconsciamente sottinteso , uomo di cultura non sottile , privo di pericolose passioni per la verità . Ci lascia freddi anche quando riesce ad interessarci perché non si sa spogliare di un abito di monotonia che è diventato la sua seconda natura , e con l ' astuta bonarietà ha rinunciato anche all ' ultimo residuo eroico che vi era nel superiore cinismo di Giolitti sì che nella sua figura è rimasto solo più l ' arido atteggiamento di un politico che vuol conservare un equilibrio pratico tramontato . Sturzo Soltanto nel problema ( ormai storico ) della personalità di Luigi Sturzo sono riassunte le più insolubili difficoltà e i più sottili equivoci che impediscono al teorico e allo storico di comprendere la praxis del partito popolare . La posizione di Sturzo fu la prova più chiara che si sono elaborate tra i popolari idee politiche e stati d ' animo che non è possibile confondere col vecchio clericalismo . Lo stato di profondo disagio in cui l ' onorevole Meda si è venuto trovando a poco a poco nel suo partito , l ' improvviso tramonto della sua autorità di quasi capo di governo e indiscusso capo dei cattolici , non sono un caso di fortuna personale , non corrispondono a una sostituzione di idoli , ma hanno il carattere preciso di un rinnovamento ideale , di un mutamento di metodi e di concezioni . Filippo Meda restò nel partito popolare il rappresentante del vecchio clericalismo liberale e riformista , che fu soltanto un elemento nel complesso gioco politico tentato dallo Sturzo . Meda al governo è un uomo , un ' abilità pratica , non un ' idea : egli concilia cattolicismo e liberalismo senza neppure proporsi il problema della conciliazione . Ora l ' esperienza Murri , con tutte le sue confusioni romantiche , non si poteva tuttavia saltare senza chiarimenti . L ' esigenza Murri risolta invece senza escludere Meda , anzi giustificandolo , determinava problemi assai più complessi di cultura e di azione , sicché nel chiuso cerchio della vaga incertezza clericale dovevano penetrare nuovi elementi , più complessi dell ' idillio mistico . Il clericalismo era stato una letteratura di nostalgia e , nei suoi termini sociali , l ' origine di una tecnica di diplomatici : il partito popolare doveva diventare un termine della lotta politica . Far coesistere Miglioli e Crispolti , accettare l ' eredità di Murri e di Pio X , esaltare le elucubrazioni economiche di Toniolo e valorizzare l ' eclettismo di Tangorra , accogliere liberamente con sovrana superiorità persino l ' eresia , servirsi addirittura con sapienza regia dell ' elegante dilettantismo eristico di Luigi Ambrosini ( senza compromettersi , anzi compromettendolo ) : ecco la maestosa dialettica che il partito popolare ha imposto nella disorganizzata vita italiana , dimostrando con evidenza la verità del suo equivoco . Ora è agevole spiegare partitamente Speranzini e Anile , Gemelli e Crispolti , Miglioli e Meda . Ma in Sturzo si tratta di risolvere il problema di tutte queste antitesi , trovando il punto di legame pratico dell ' attività di tutte queste figure . Sturzo fu , più che il capo , il simbolo del suo partito : nella necessità del suo ufficio si nascose una funzione demiurgica che lo fa apparire come un enigma ai tecnici della politica , e che sconvolse persino la complessa astuzia di Giolitti . Sturzo , il messianico del riformismo trova dominante nella situazione in cui gli tocca agire l ' illusione riformista che educa il popolo al parassitarismo e all ' utilitarismo . Deve fare i suoi conti con le degenerazioni concrete del costume politico e morale . La sua figura di prete aperto e acuto sembra destinata in Italia a una funzione di riformatore , per l ' educazione civile di un popolo letterato . Nell ' illusione riformista il popolo si piega all ' utilitarismo , e questa corruzione allontana sempre più l ' unità due volte fallita . Bisogna impedire la catastrofe dell ' atomismo che i socialisti non vedono e non sanno evitare perché credono di fare agire delle coscienze , mentre non dispongono che di dilettanti inesperti . Per questo programma Sturzo è il messianico del riformismo . Accettando la formula cavouriana con la più ingenua convinzione lavora a fare che il popolo creda alla politica attraverso una pregiudiziale morale . Si propone di animare la vitalita delle democrazie , ma , chiuso nei limiti del suo problema , non può vedere la politica in funzione dello Stato e delle classi dirigenti . La sua attività è in diretto rapporto con gli elementi palingenetici dell ' avvenire dei popoli . Egli può dunque tentare l ' opera di proselitismo fallita ai democratici perché agita la bandiera del riformismo messianicamente e fa partecipare il popolo al processo della laicità valendosi delle illusioni di cui è ricco per natura un programma religioso . Né l ' eresia della praxis può incutergli timore perché accettando il vecchio liberalismo monco e riformistico egli rende più difficile la concorrenza dello Stato panteista e del marxismo . Invece , nella storia della Chiesa , Sturzo rappresentò per un analogo atteggiamento e secondo un ' identica misura la parte del riformista del messianismo , proprio perché politica e religione creano naturalmente posizioni reciproche . La guerra europea ha dimostrato che la Chiesa non può lottare contro tutta l ' Europa , non può teorizzare la sua antitesi con l ' eresia , ma deve anzi dialettizzarla con cautela in una pratica di diplomatici . Sturzo , alieno dalle posizioni rivoluzionarie , cercò anche in questa lotta la palingenesi pacifica e ai fermenti rumorosi oppose l ' agilità di una transazione . Il Risorgimento è un risultato che bisogna accettare : non vi si può contrapporre una Riforma religiosa come rivoluzione che scoppia dall ' esterno ad ampliare il dogma della Chiesa , rinnovandone la funzione di centro della vita europea . Alle torbide antitesi ideali , che si rivelerebbero come un anacronismo nelle condizioni della vita economica italiana , Sturzo contrappose lo spirito di una riforma che restasse nei metodi senza toccare la sostanza , paga di un ' agilità diplomatica e di una versatilità di consensi e di simpatie , chiusa nel tradizionale orizzonte di finezza e di duttilità del cattolico . Ma nel gioco fu più spregiudicato sino a far riuscire il suo cattolicismo alla politica , andando al popolo attraverso il Vangelo . È in lui la fede del cristiano ottimista e cauto , che opera secondo i suoi limiti di uomo , senza crisi , e sa che la divinità non può non essergli presente perché è universale . Sente i problemi più vivi dello spirito senza averne il terrore degli asceti ; la sua religiosità non è un tormento , ma uno stato di serenità , quasi uno stato di grazia - - per usare termini sacri in un discorso che vuol essere profano . È difficile trovare in Sturzo una professione teorica , di cristianesimo , e quando si direbbe che stia per pronunciarsi appare inadeguata perché egli non è intollerante e la preoccupazione del proselitismo si tempera in uno stato d ' animo di liberale . Ma il pensiero della trascendenza gli è presente anche quando egli non lo afferma , la sua filosofia della storia è cattolica e gli permette di guardare le cose con fiducia . Ché se dall ' azione trascorressimo all ' indagine della teoria per cercarvi un esempio più convincente di ortodossismo , il nostro ragionamento potrebbe riuscire assai rigoroso , ma non dovrebbe in nessun modo compromettersi in un atto di accusa contro le intenzioni perché anche la fede di Sturzo rispetta l ' imprevisto e non rifiuta di lasciarsi giudicare in ultima analisi dalla storia . C ' è , è vero , una premessa psicologica necessaria nella via che conduce all ' affermazione della trascendenza e talvolta poté sembrare che il proposito più segreto di Sturzo consistesse nel fare agire questa premessa . Mentre non si può difendere integralmente il dogma e la fede , senza ridursi a un oltraggio alla modernità , il verbo della fede e dell ' amore parlato dalla Chiesa opera spontaneo nella solitudine della coscienza individuale . Gli elementi palingenetici in cui Sturzo confida portano indirettamente al cattolicismo e si offrono nel momento giusto alle speranze inappagate dell ' umana debolezza . Si tratta di creare l ' aspettazione messianica in cui questi impulsi possano agire . Sturzo in questo viene incontro ardimentosamente al mondo moderno e sembra aspettare l ' istante di debolezza in cui la dedizione alla Chiesa universale potrà tornare necessaria . Notate infatti come egli si sforzi di vedere in ogni fatto politico un valore morale , come faccia risalire la giustificazione di ogni atto non alla realtà storica o all ' autonomia dei risultati obbiettivi , ma alla suprema dignità della morale individuale . La Chiesa potrà vincere ancora facendo conto sulla paura dei singoli di fronte alle crisi di coscienza . Ma se anche fosse stato questo il calcolo profondo di Sturzo , lo vedremmo facilmente convertirsi in un gioco pericoloso . La aconfessionalità poté sembrare il tentativo di convertire le armi dei liberali contro loro stessi . La lotta autonomista contro lo Stato burocratico fu talvolta lotta contro il socialismo e la politica liberale dei governi eretici : infatti è più facile nella praxis vincere gli spiriti singoli che gli Stati , i quali non conoscono le dure vigilie della coscienza , né la paura dell ' eresia . Dopo due millenni la tattica che ha servito a sgretolare dall ' interno l ' impero romano , quando non era possibile per la Chiesa domarlo dall ' esterno , ritornerebbe valida . Ma sarà possibile svegliare delle coscienze senza suscitare delle responsabilità ? Le volontà operanti , raggiunta la loro coerenza politica , si adatteranno ancora a chiedere la sanzione ? Se in Sturzo fosse continuata una nascosta pregiudiziale di clericalismo bisognerebbe avvertirlo che nei suoi conti avrebbe dimenticato il rovesciamento della praxis . Svegliando coscienze individuali , suscitando impulsi autonomi , egli invece operò di fatto come un liberale né seppe più fermarsi a mezza strada . Chi oserebbe dirci se il messianico del riformismo pratico avrà servito alla Chiesa o allo Stato ; se il riformista del messianismo avrà consolidato l ' ortodossismo o aiutata la logica del libero esame , favorendo il formarsi di pregiudiziali etiche laiche ? Liberalismo conservatore Chi osservi spregiudicatamente i risultati e i motivi pratici dell ' opera di Sturzo nel partito popolare deve ammettere che a queste domande egli si è sforzato di rispondere , con logica costante , come si conveniva allo spirito di un liberale conservatore . E soltanto la sua abilità e la profonda onestà ideale seppero evitare all ' equivoca azione del partito i due scogli dell ' eresia , che gli avrebbe tolto ogni importanza pratica , e del confessionalismo che l ' avrebbe ridotto idealmente a un ' inerte contraddizione . Il suo spirito di tolleranza si rivelò in pratica il pìù adatto a chiarire il problema delle relazioni tra Stato e Chiesa soffocando ogni rinascita del pericolo clericale . Il partito popolare confermò in ultima analisi l ' infallibilità della politica ecclesiastica di Cavour e di Jacini ; poiché la questione romana non mette in pericolo la religione e la nazione soltanto se permane un dissidio ideale tra Stato e Chiesa , una separazione di intendimenti , che possa giustificare nella vita internazionale l ' esistenza dei due poteri , mentre impone all ' Italia l ' obbligo di una dignitosa politica di libertà . Giova ricordare l ' importanza del chiarimento recato dai popolari nella vita italiana con l ' esempio di un partito cattolico che non subisce in nessun caso l ' influenza del Vaticano . Sturzo fu l ' antitesi più eloquente dell ' equivoco neoguelfo e del dogma giurisdizionalista : di fronte alla Chiesa le sue abdicazioni e concessioni furono tutte meno gravi di quelle alle quali si adattò Mussolini . Né la politica ecclesiastica fu il solo esempio di pratica liberale nel partito di Don Sturzo . Metodi e organizzazione si risolvevano in un senso schiettamente conservatore . I contadini e i piccoli proprietari partecipando al partito popolare entravano per la prima volta nella vita pubblica portandovi un caratteristico spirito di avversione verso la politica megalomane e la preponderanza plutocratica : dalla novità di questi interessi apertamente dichiarati si ebbe la revisione tecnica della cultura clericale . Gli antichi clericali non si erano preoccupati di problemi pratici : risolta la questione essenziale con una professione di ossequio alla Chiesa non vedevano nello Stato la risultante di tutte le forze economiche e contingenti , né pensavano di penetrarne le esigenze . Suggerivano non dei problemi ma delle pregiudiziali , come la negazione del divorzio e la propaganda contro la pornografia . Suscitati i nuovi problemi i tentativi di risolverli , secondo un metodo semplicemente problemista , hanno una funzione politica e conservatrice e Sturzo se ne è fatto un ' arma contro le intemperanze dogmatiche e retrive dei destri e contro la palingenesi demigogica dei sinistri . Il richiamo alla realtà rompe le aspirazioni in frammentarie esigenze concrete , ma riesce pure ad assegnare al partito popolare un ' adeguata missione e lo induce a farsi eco dei bisogni delle classi medie e agricole , impotenti a una rivoluzione , ma non più disposte a continuare nella politica parassitaria del collaborazionismo . Collaborazionisti poterono sembrare , in un difficile momento della vita italiana , i popolari , per il naturale istinto democratico che li moveva e perché la situazione del dopo ­ guerra favoriva ogni professione demagogica . Ma la logica di Sturzo fu sempre chiara nella dichiarata avversione a Giolitti per la sua politica finanziaria e nella difesa delle autonomie e delle libertà scolastiche contro l ' invadenza burocratica favorita , dai ceti medi socialistoidi . Soltanto la politica sindacale poté sembrare il punto oscuro ed equivoco del programma . La moda della difesa degli interessi professionali , l ' illusione che un parlamento del lavoro potesse risolvere le più difficili questioni , era invero in forte contrasto con l ' istinto democratico e le aspirazioni liberali connaturate con la difesa di interessi largamente diffusi , pacifici e tolleranti . Ma l ' errore fu scontato con la passione portata poi nella difesa del sistema parlamentare . Sturzo si assimilò il concretismo di Salvemini portando nel costume parlamentare almeno il tono di discussioni leali . Riproponendo il problema del regionalismo egli seguiva uno stile di singolare misura e di moderazione psicologica , riattaccando gli uomini alle tradizioni e agli interessi precisi , mentre tutta la politica si veniva facendo intorno a formule messianiche e a rivendicazioni retoriche . Disinteressandosi delle questioni più artificiose di politica estera proposte dai nazionalisti mostrava di intendere la necessità per gli italiani di dedicarsi a una politica di raccoglimento , e iniziava con singolare precisione il suo compito di rieducatore delle medie borghesie , guarendole dall ' infantilismo retorico , dall ' illusione dell ' avventura , dall ' irrequietudine propria degli spostati . Sfuggì a Don Sturzo , tra tanti problemi visti lucidamente e affrontati con amministrativa ponderatezza e modestia , il problema centrale della vita italiana , che condizionava tutti gli altri : il problema delle forze capaci di creare e sostenere una classe dirigente . Le simpatie della classe ecclesiastica , verso il nuovo partito , mentre furono in un primo tempo il segreto del suo successo , ne irrigidirono le manifestazioni contrastando il formarsi di organismi tattici corrispondenti alle sempre più incalzanti necessità di lotta aperta . Il sindacalismo bianco mancando di uno spirito battagliero di classe fu sfruttato dagli industriali come un espediente della resistenza agli operai estremisti alla stregua dei krumiri . Tutte queste debolezze si rivelarono irrimediabili nel momento dell ' offensiva fascista che , se non riuscì a eliminare il partito dalla vita italiana , ne diminuì tuttavia la funzione moderatrice e chiarificatrice . Non sapendo quali forze opporre ai vincitori la tattica più proficua parve allora a Sturzo un collaborazionismo guardingo che accanto alla demagogia retriva dei guerrieri disoccupati tendesse ad affermare la legittimità di un atteggiamento conservatore e rispettoso delle tradizioni . La proporzionale fu difesa appunto come uno strumento di pacifica democrazia e come il metodo più adatto per frenare le illusioni degli arrivati . Senonché la necessità penosa del sacrificio di Sturzo attesta appunto la presenza oscura di quegli equivoci e di quei pericoli ideali che hanno tenuto sin qui l ' osservatore spregiudicato in un atteggiamento di sospensione del giudizio circa il futuro . Lontani dal fascismo e non più responsabili dell ' esperimento di Mussolini la salvezza dei popolari per il futuro potrebbe consistere soltanto nella loro attitudine a tener conto non soltanto delle proprie organizzazioni , ma delle esigenze vitali della media borghesia agraria che si è consolidata nel decennio giolittiano e che costituisce una delle forze conservative permanenti , anche contro la nuova situa zione del fascismo . La fortuna e la necessità della pratica liberale moderata di Sturzo in questi anni consistono appunto nella sua capacità di continuare i compiti del giolittismo preparando le condizioni favorevoli alla libera lotta politica . III I socialisti Premesse riformiste Tra l ' equivoco del liberalismo come arte di governo , la demagogia nazionalista e il pericolo clericale il Partito Socialista Italiano non poté , neppure approssimativamente , nella sua logica e nella sua praxis apparire come un episodio politico connesso con la storia del marxismo in Italia . Il marxismo , dottrina dell ' iniziativa popolare diretta , preparazione di un ' aristocrazia operaia capace , nell ' esperimento della lotta quotidiana , di promuovere l ' ascensione delle classi lavoratrici è stato ripensato in Italia con qualche originalità soltanto da pochi solitari come Antonio Labriola e Rodolfo Mondolfo ed è valso a ravvivare qua e là i motivi di critica dei sindacalisti come Enrico Leone e Arturo Labriola . L ' esperimento torinese dell ' Ordine Nuovo fu la sola iniziativa di popolo alimentata dal marxismo . Sorto con le pretese di un partito rivoluzionario , il socialismo si esaurì nella tattica dei miglioramenti economici e del cooperativismo e finì con l ' aggregare alle sue file tutti i malcontenti della media borghesia , preoccupati di formarsi con la pratica riformista le proprie clientele parassitarie . Non ci meravigliamo che il problema istituzionale sia ignorato o dimenticato quando la vita economica tende naturalmente ad allargare l ' educazione politica trasportando le preoccupazioni dagli elementi formali e individuali alle esigenze della produzione . Ma è indice di insufficienza politica e legislativa il fatto che in nessuna circostanza si sia osato mettere in discussione il nostro Statuto , caratterizzato per i casi stessi che lo produssero , da uno spirito anacronistico trasgredito ogni giorno ; tanto più se si riflette che le vicende della pratica quotidiana dopo l ' unità facevano sentire come un peso continuo agli italiani l ' umiliazione della mancanza di libertà e di sicurezza . L ' esigenza libertaria in un paese in cui la preoccupazione della libertà è stata continuamente soffocata dalla preoccupazione dell ' unità , rimane così viva da poter giustificare la persistenza di un partito radicale fittizio , ridotto ad assumere atteggiamenti eroici da rivoluzione francese e a mascherare con pose garibaldine e mazziniane una sostanza di corruzione e di infantilismo . Trent ' anni di propaganda socialista furono per queste ragioni turbati e sconvolti dalla retorica dei principi e dall ' utilitarismo dell ' azione . I socialisti non discutevano di problemi pratici e di riforme politiche per mantenere purissime le premesse rivoluzionarie , e costretti poi a inserirsi nella realtà , non vi trovavano alcun impulso all ' intransigenza . La pratica riformista rimase priva di ogni lume della cultura e della tecnica , la predicazione rivoluzionaria s ' inebbriò di parole . Solo dopo due decenni di sforzi inani compresero l ' equivoco gli amici di Bissolati e cercarono di chiarirsi e di chiarire la situazione decidendosi a una pratica riformista di critica al governo . Purtroppo ai loro motivi genericamente umanitari mancava qualunque preparazione di studi e il loro esperimento si risolse in un fenomeno d ' imitazione francese . Salvemini Più interessante in sede di chiarimenti programmatici è l ' esperimento Salvemini nella storia del nostro socialismo . La posizione spirituale di Salvemini dal 1900 al 1910 appare analoga alla posizione di Sorel , se appena si tien conto delle condizioni specifiche in cui doveva ridursi la lotta politica italiana per effetto della immaturità storica ed economica . Pure il richiamo a Sorel non ci deve mettere in sospetto di rigoristiche premesse o di misteriose iniziazioni mitiche : perché il sorelismo che attribuiamo a Salvemini ( e che prescinde da qualunque ipotesi di lettura o di accettazione o di specifica influenza ) lungi dall ' avere un significato dogmatico vuol definire con precisione di rapporti storici la funzione critica che Salvemini ebbe di fronte al movimento socialista nelle sue degenerazioni riformiste e parassitarie . Ché se si volesse precisare il confronto in una questione di stile politico dovremo finire coll ' escludere decisamente nel Salvemini una vera e propria mentalità marxista , anche se considerazioni critiche valorizzate dall ' autorità del marxismo possano dargli giustamente ragione nella sua polemica con Turati . Sarà agevole mostrare come le idee direttive di Salvemini muovano da una formazione del tutto diversa e si dirigano verso altri orizzonti . Smascherando il rivoluzionarismo verboso di Enrico Ferri e mostrando come alla rivoluzione si oppongano inesorabilmente condizioni obbiettive le quali consigliano di volgersi invece ad una lotta decisa a ottenere le riforme politiche , Salvemini non faceva insomma che continuare la battaglia combattuta dai socialisti dal 1892 al 1901 per liberare i cittadini dal giogo dello Stato e del parlamentarismo estraneo , e per promuovere , richiamandoli alla loro responsabilità , iniziative coscienti invece che azioni demagogiche . Nella sua critica del riformismo , del socialismo di Stato e del parassitismo cooperativistico bisogna sottintendere una pregiudiziale non marxista , di semplice realismo politico , riferito a un liberalismo radicaleggiante con qualche accento di solidarismo . È lo stesso impeto di affetti e di commozione che lo porterà alle indagini sul problema meridionale . E talora infatti egli non vede altro che una questione di morale e di educazione . Ossia gli sfuggono i termini più schiettamente marxistici : il suo marxismo rimarrebbe in questi casi una semplice antipatia contro le superstrutture ideologiche , un amore per i fatti che scende in lui direttamente dal Cattaneo . Ma gli ammaestramenti realistici del Salvemini al partito socialista non si limitarono mai al feticismo dei fatti e alla morale della solidarietà o alle preoccupazioni costanti per il problema meridionale . Intanto alla sua adesione al socialismo non bisogna attribuire alcun proposito ideologico fuor della volontà di una lotta concreta contro tutti i privilegi : il motivo spiega anche esaurientemente il distacco . Ché se vorremo trattare qui delle più delicate questioni di personalità bisognerà confessare che proprio questo moralismo solenne , mentre costituisce il suo più intimo fascino , appare il segreto delle sue debolezze : la troppa moralità , l ' assenza di una liberazione ascetica dai termini individuali e pessimistici del problema rimangono i limiti della sua azione , caratteristico esempio di feroce intransigenza , mentre tutti abdicavano e negli accordi e nelle conciliazioni offrivano esempio della loro corrotta tolleranza . Chiarificatore , schematizzatore , chiuso al senso degli imponderabili egli è troppo sofferente per riuscire un uomo di lotta . Gli è più facile descrivere un fenomeno che aderire al gioco sottile delle forze operanti . Infatti , uscito dal socialismo senza critica e senza crisi , egli chiarì il suo illuminismo come problemismo ; più che una fede un canone descrittivo , un mezzo di capire . Egli cerca il fatto obbiettivo prescindendo dalle sfumature , ignorando le illusioni che presiedono alle opere . La sua concezione razionalista si risolve in un ' azione di illuminismo e di propagandismo , che può riuscire utile a una società di cultura , non a un partito ; è una preparazione elementare per la serietà delle classi dirigenti , ma non risolve il problema degli uomini e delle iniziative perché non dà il senso dell ' azione . Fisso alle pregiudiziali teoriche e morali egli non si libera dallo schema nell ' esame degli individui e si ridusse per vent ' anni a combattere una crociata contro Giolitti , il quale come uomo di governo aveva le sue stesse idee , i suoi metodi , i suoi pregiudizi , ma li presentava col cinismo del domatore invece che coll ' entusiasmo dell ' apostolo . Se il partito socialista fu sino al 1911 l ' avanguardia dell ' azione riformista del governo , Salvemini scorse i metodi ed elaborò le idee di questa pratica con la chiarezza che può trovarsi soltanto nel fanatismo di un avversario . Più tardi il distacco dal partito socialista richiamandolo ad interessi troppo specificamente regionali e ad un ' opera quasi di predicatore gli diminuì assai la sensibilità politica e la capacità di valutare le forze e i limiti della concretezza . Invece nel periodo della critica socialista , prima del 1910 , si trova in lui uno stile molto più complesso e una volontà assai più preoccupata del ritmo dialettico sociale . Si possono rileggere ancora con sorpresa e con cordiale adesione le sue critiche all ' equivoco dell ' anticlericalismo , e certo lo seguiamo consenzienti quando egli dice che « la classe lavoratrice deve crearsi da sé , con le sue forze , i suoi diritti » o lo vediamo notare quasi religiosamente che « le moltitudini hanno un fondo inesauribile di misticismo e d ' aspirazione al bene » o considerare pensoso « la meravigliosa forza di espansione morale che è racchiusa nella formula dell ' ideale socialista » . Alle aspettazioni utilitarie fiduciose nel mecenatismo governativo opponeva la « vera praticità delle grandi iniziative , apparentemente disinteressate » . È incontestabile che da questo senso cordiale di umanità e di esperienza storica i motivi della sua critica al riformismo ministeriale rimanessero assai più profondi e vari . Il suo antigiolittismo , che ora può parere quasi donchisciottesco , e che la storia si diverte a confondere con la sua ironia , ebbe un significato tragico ed eroico per le preoccupazioni religiose con cui il Salvemini considerò sempre ogni movimento popolare . In queste illusioni e in questi miti risiede una profonda capacità realistica . Come non preferire questa prima fase della lotta contro il socialismo di Stato , quando Salvemini è tutto preoccupato dal pensiero di evitare che aristocrazie diventando oligarchie restino assorbite dal ministerialismo e ne vengano così disgregati gli strumenti di lotta del partito operaio e la stessa unità della classe : mentre in seguito riduce tutte le sue lagnanze a una questione di giustizia ? Nessun dubbio che fosse quella veramente la via maestra per un ' azione politica non fittizia : in quanto soddisfaceva le necessità tattiche di coordinare la marcia delle avanguardie con quella del grosso dell ' esercito e poneva le precauzioni più evidenti per impedire la formazione di mediocrazie al posto delle vere éliles operaie . Rinunciandovi , Salvemini passava da Marx e da Cattaneo alla democrazia . Il motivo più valido del suo apostolato rimase la sua posizione concretamente unitaria di fronte al problema meridionale ; una posizione di franco liberismo , incapace di tradursi in azione per la persistenza di una solitudine moralistica . In realtà il Salvemini ebbe il torto di non elaborare la sua critica al rivoluzionarismo in una posizione decisamente rivoluzionaria e questo rimane il punto morto del suo liberismo e del suo regionalismo . La concessione del suffragio universale e della proporzionale furono la sua sconfitta irreparabile . Il suo moralismo istintivo poteva rimanere rigoroso sinché gli toccò la parte di vittima . Fatta alla Camera dei Deputati , la campagna epuratrice ed educativa ha un sapore d ' ironia e manca del fascino centrale . Il ritmo dell ' azione deve inseguire attraverso gli scopi concreti un ' illusione trascendente o l ' ideale di un ' autonomia infinita ; la liberazione che viene dagli istituti giuridici e dalle stesse riforme politiche è solo una molla ad agire e non significa nulla senza la forza delle iniziative . Il chiaro razionalismo di Salvemini era tratto invece a vedere esaurite e attuate le iniziative nel momento in cui si conquistavano le riforme ossia si lasciava sfuggire l ' insegnamento più realistico del movimento operaio : un imperativo liberale di intransigenza . Tuttavia Salvemini rappresenta un momento caratteristico e centrale nell ' opera del partito socialista : l ' opposizione costituzionale . Finché il partito socialista si accontentò di ripetere romanticamente motivi di rivendicazione degli oppressi esso poté rappresentare insieme contadini e operai , agire come rivoluzionario e come conservatore . E riducendosi sempre più a un partito di classi medie , con la psicologia caratteristica del consumatore , la via , additata dal Salvemini e seguita da Modigliani , della lotta antiprotezionista poteva anche parere la più coerente e la sola che si venisse a risolvere in una pratica educativa . Le formule gradualiste , integraliste , sindacaliste , anarchiche e rivoluzionarie erano enunciate tutte in termini irreali , echi imprecisi di concetti e di teorie legittime in altri paesi e vani sforzi di nascondere l ' equivoco sostanziale . L ' incapacità , rivoluzionaria si mostrava a mano a mano più evidente con la prevalenza delle organizzazioni settentrionali e col trasformarsi del socialismo del Nord in un partito quasi dominante , analogo per corruzione alle democrazie meridionali alimentate da quella media borghesia , eternamente soffocatrice degli sforzi compiuti dal proletariato agricolo per rinnovarsi , che era stata appunto l ' oggetto delle critiche più acerbe da parte del Salvemini e degli altri intellettuali dedicatisi alla lotta socialista . Allora Salvemini abbandonò il partito e venne chiarendo la sua azione come difesa liberale dei contadini . L ' equivoco riformista Il riformismo socialista era la conseguenza logica delle premesse e delle psicologìe manifestatesi nel primo incomposto sforzo di liberazione compiuto dai ceti popolari in Italia . L ' equilibrio della nostra lotta politica era duramente alterato dall ' eredità del Risorgimento : questo ha creato senza compierla né soddisfarla una specifica situazione rivoluzionaria , che se restò potenziale durante il travaglio dei tecnici e dei diplomatici nell ' opera d ' arte della creazione dello Stato italiano , diventava torbidamente esplicita quando lo Stato compiuto si scorgeva vuoto di significato ideale , incapace di essere vivificato dalle masse . D ' altra parte fuori del governo una mediocrazia pìù o meno sapiente che professa a priori una funzione di assistenza e di aiuto al popolo tenta di corrompere con le riforme e l ' opera di conciliazione ogni azione diretta , per illudere i ribelli con proposte pacifiche che le conservino una illuministica funzione educativa . Il partito socialista non si è accorto del gioco e ha lasciato che si riproducesse nel suo seno , con un ' infiltrazione di conservatori , un ' altra forma dell ' ineluttabile antitesi che separa nell ' immatura Italia popolo e governo . L ' accordo coi liberali conservatori e coi radicali era giustificato di fronte a Crispi e a Pelloux nella difesa delle pìù elementari condizioni di libertà . Ma superato il pericolo i socialisti non riescono più a distinguersi da Giolitti che per una più intensa demagogia : nell ' unità del partito , invano ridiscussa e proclamata si nascondono le più contrastanti sfumature , che riproducono in un linguaggio semi ­ estremista i vari motivi degli altri partiti italiani , dai conservatori ai radicali . La linea d ' azione è identica , non lottano diversi principi , ma diverse persone . Perciò Bissolati è stato più coerente e pìù sincero di Turati accettando una responsabilità di governo che era ineluttabile date le premesse ideali . Le pose antigovernative diventavano anch ' esse nel partito posizioni di governo , modi di lotta parlamentare . Passando dalla piazza a Montecitorio la rivoluzione si è convertita in una diplomazia . Il comizio è solo più l ' arma dell ' illusione dei nuovi capi , oltreché l ' artificio per appagare un istinto di tribuni , è il sistema adottato per rafforzare una posizione personale . La preoccupazione dell ' unità del movimento , al di sopra della coesione delle idee , diventava dominante per la necessità di apparire rappresentanti di una forte organizzazione ; e perciò si mantenne una parvenza di unità ricorrendo a tutte le formule intellettualistiche di nascosto arrivismo . La vuota eristica dei congressi - - dalla negazione delle tendenze ( Imola , Bologna ) all ' integralismo ( Roma ) , al riformismo di destra o di sinistra ( Firenze , Modena ) - - nasconde questo riposto calcolo . Gli sforzi autonomisti delle masse sfuggono alle analisi dei capi , fermentano invano in cerca di un ' espressione , affiorano finalmente nel modo più confuso dopo che la guerra europea sembra aver condotto alla responsabilità sociale nuclei nuovi di operai e di contadini . Ma quando si pone chiaramente il dissidio tra riformisti e rivoluzionari , Livorno è la squallida eredità di un equivoco durato 30 anni e l ' incertezza di Serrati disorganizza definitivamente le forze popolari . Turati Attraverso queste vicende un uomo rimane in campo , costante e senza contraddizioni perché non , mai deciso , animatore di tutta una tradizione politica , anche se alieno dall ' assumerne responsabilità di condottiero : Filippo Turati . Senonché qual valore dovremo dare a questa coerenza di trent ' anni di vita politica ? Il problema pare restringersi nei limiti di un fatto psicologico e questa del resto è la ragione invocata da tutti gli ammiratori di Turati . Ma la coerenza lineare , l ' identità delle parole e dei concetti , la fermezza del carattere annuncia qui un sentimentalismo di visioni dogmatiche , una conclusione prematura , che rimane unilaterale mentre si ritiene perfetta . E del resto qual ' è la natura speculativa , il nocciolo ideale dei luoghi comuni che viene ripetendo Turati ? Il marxismo non è penetrato nel suo spirito , non vi ha alimentato l ' esperienza realistica del condottiero di forze politiche . L ' ideologia turatiana non ha giustificazioni di aperta e vigorosa umanità , ma si limita in un momento caratteristico per la nostra storia , di assenza di lotta . L ' educazione di Turati lo porta assai lontano dai problemi di cultura e di realismo storico : il suo spirito si svolge sin dai primi scritti giovanili nell ' atmosfera spirituale della sociologia positivista e l ' umanitarismo che rese affascinante la sua propaganda tra le masse ha un colore utilitari sta e sostituisce troppo interessatamente le funzioni patriarcali del frate laico . Da Anna Kuliscioff imparò un marxismo di tinta romantica , da Enrico Ferri l ' ottimismo dello scienziato indulgente e l ' abito missionario del difensore dei miseri , da Bissolati la preoccupazione di trovare poche e chiare formule di sentimentalismo sociologico da applicare ai problemi politici . La sua morale non ha nulla di rigoristico , si riduce alla funzione difensiva della vita e dello sviluppo , un atomismo gretto e particolaristico che trasferendosi nel campo politico riduce i problemi di forza a una tattica di astuzie economiche . Del resto anche dove egli accetta l ' esigenza della conquista ( graduale ! ) del potere politico da parte delle masse il suo obbiettivo è di arrivare pacificamente a un mutamento radicale economico . Qui l ' intreccio è assai ingarbugliato e il problema dei rapporti tra economia e politica che il marxismo aveva validamente posto è ingenuamente trattato da una mente aliena dalle più sottili considerazioni di dialettica storica e di realismo della praxis . Al Turati basta salvare i suoi pregiudizi di natura ottimistica e il suo concetto tollerante del progresso : la lotta di classe e l ' importanza idealistica della conquista del potere da parte dei nuovi ceti operai per il rinnovamento del ritmo attivo della storia sfuggono alla sua critica . Di fronte alla grande importanza del comunismo critico e della disciplina rivoluzionaria da esso instaurata , il riformismo di Turati si rivela sterile e diseducatore . Un altro equivoco di cui Turati è responsabile nella nostra incultura politica si nasconde nelle interminabili discussioni sul dilemma : programma massimo o programma minimo . Il programma minimo è un programma di governo , è un espediente tecnico per l ' esercizio dei poteri statali . Ma non spetta , non è mai spettato a un partito di masse il compito di elaborare un tale programma , che non può alimentare se non parzialmente la lotta politica , e in tutti i casi soltanto attraverso metodi di alta maturità , analoghi a quelli proposti dall ' Ostrogorschi e perciò assai lontani dalle possibilità di un partito demagogico . L ' azione del popolo , nel momento storico presente può svolgersi soltanto secondo gli indirizzi di un programma massimo , una concezione della vita e della realtà elaborata come mito suscitatore di opere , e l ' interesse verso le riforme pratiche deve rimanere un interesse di ordine amministrativo , un provvedimento tattico per superare ostacoli contingenti . Ma la preparazione della vittoria in questa grande battaglia eternamente ripresa può venire soltanto dalla decisione del piano strategico . La strategia si risolveva nella tattica , nel decennio ultimo dei secolo scorso , durante il quale si ebbe l ' esperienza politica più vivace del Turati e del primo socialismo italiano . Risolto d ' amore e d ' accordo con radicali ed anarchici il problema materiale dell ' esistenza vennero a mancare fini più coerenti e lontani . Di fronte a Crispi e a Pelloux , Turati seppe condurre la battaglia con singolare arte diplomatica e con grande generosità . Riuscì a conservare al suo partito un ' individualità , pur approfittando del concorso decisivo degli elementi conservatori che gli erano indispensabili . Ma in questo compromesso si è esaurita tutta l ' originalità di pensiero del nostro socialismo . L ' antitesi coi sindacalisti e con gli anarchici significò appunto una pratica conservatrice . Il gradualismo attenuò ogni opposizione al potere costituito . L ' idea internazionalista fu mantenuta per pregiudizi di umanitarismo e di positivismo o , nel caso Treves , per una cruda necessità messianica di razza . Il giolittismo segna lo sfacelo di questa ideologia perché il governo si dimostra più illuminato e più umanitario che il partito . Mentre Salvemini sceglieva una pratica di opposizione ispirata a motivi pratici corrispondenti a una situazione squallida del proletariato rurale del Sud e si salvava così con la fecondità di una critica , Turati e gli altri parlamentari settentrionali del socialismo si riducevano sempre più penosamente ad una complicità non avvertita con le borghesie dominanti e salvavano le loro posizioni personali professando un grossolano pacifismo retorico e una filosofia democratica per cui speravano di procurare anche alle classi operaie organizzate del Nord i privilegi di cui godevano i dominanti . Da questa logica collaborazionista Turati non giunse ad assumere responsabilità di governo per mera timidezza . In realtà predicava alle masse con enfasi demagogica concetti e riforme che Giolitti attuava stando al governo . Il rivoluzionarismo poi serviva per ragioni elettorali e corrispondeva alla psicologia d ' inquietudine alimentata nella città moderna in spiriti non preparati al ritmo della vita industriale , venuti dalla campagna con l ' illusione dell ' avventura . La tragicommedia dell ' indecisione Dopo la guerra appena il popolo ebbe coscienza di esser rimasto esterno alla formazione nazionale , guidato per venti anni dai riformisti a un ' opera anarchica di sfruttamento dello Stato , e volle una sua disciplina sovvertitrice di un ordine impostogli da tradizioni non sue , Turati si trovò a parlare attraverso i fiori della retorica messianica un linguaggio reazionario . Il suo scetticismo verso ogni organizzazione di forze , la sua fede nella diplomazia giolittiana riuscirono in un momento storico solenne gravemente diseducatori . Per un ' opera di governo realizzatrice mancò la capacità degli uomini nel momento in cui le democrazie socialiste avrebbero potuto aggiungersi alle stanche democrazie borghesi . Si può giudicare ormai il fenomeno collaborazionista con animo perfettamente obbiettivo , ma si deve condudere che dopo le esperienze giolittiane e nittiane esso non recava nulla di nuovo nella nostra vita nazionale . Avrebbe consolidato opportunamente uno stato di fatto ormai insopprimibile , avrebbe dato un senso di tranquillità ai ceti medi turbati dall ' attesa seguita alle promesse della guerra . Non potendo animare questa situazione coll ' entusiasmo di un ' iniziativa epica , i socialisti avrebbero dovuto dominare gli eventi con la perizia amministrativa e lo spirito d ' ordine nella giustizia distributiva . Per una politica reale di conservazione bisognava trovare il punto di incontro e di reciproca tolleranza tra gli interessi plutocratici e le incalzanti richieste delle classi inferiori . Con l ' esperimento della guerra e con la politica di Nitti era stata preparata efficacemente la coesistenza delle due correnti mediante un ' opera legislativa che convertiva le contrastanti pretese in nuovi rapporti giuridici . L ' autorità che Filippo Turati e i suoi amici avrebbero potuto recare al governo partecipandovi assicurava la continuazione di questo equilibrio , nel quale il popolo si salvava per l ' avvenire . Invece le aristocrazie sindacali si trovarono svuotate di ogni consistenza politica , vittime di una pratica di corruzione e di caccia ai sussidi governativi . La loro avidità non le poteva assistere in un ' opera di conciliazione diplomatica . L ' organizzazione politica socialista era vittima del suo stesso successo che si era risolto in un ingigantimento burocratico . L ' adesione di larghi strati di malcontenti tolse ogni agilità di movimento al partito . Invece di essere un ' avanguardia disciplinata pronta alla manovra come un esercito , i tesserati riprodussero le incertezze della situazione italiana , divisi tra un nucleo di operai formatisi nella vita della città moderna e una turba di contadini indeboliti più che affrancati dalla breve esperienza vissuta come imboscati nella fabbrica . La partecipazione di nuclei più propriamente agricoli , esasperati dalla guerra , accrebbe la confusione perché non si seppe farli agire al loro posto come gregari inquadrati . Non è qui il luogo di rilevare gli errori insiti nella diagnosi della situazione offerta dai rivoluzionari . Ma bisogna constatare che ai rivoluzionari i riformisti non seppero rispondere con un pensiero chiaro e originale . Non seppero contrapporvi un ' organìzzazione propria . Esplicarono un ' opera corrodente e invece di assumere le loro responsabilità fuori del partito vi agirono come sentinelle avanzate di una tattica che godeva la fiducia degli industriali , aderendo alla rivoluzione colle parole , ma boicottando coi fatti ogni sforzo di chiarimento . Rimasero nel partito soltanto per non diminuire la loro influenza parlamentare che doveva riuscire completamente feconda nel momento in cui essi avrebbero portato a Giolitti o a Nitti il dono di un proletariato acquiescente e addomesticato . Ma questo stesso proposito fu perseguito coi sistemi infantili di una organizzazione da carbonari . Il mestiere del tribuno aveva ucciso in questi uomini tutti i sensi del diplomatico . Le giornate del luglio 1922 resteranno l ' esempio più ingenuo di una battaglia combattuta con tutte le intenzioni di essere sconfitti . Mentre le possibilità immediate della situazione si risolvevano tutte nel collaborazionismo , essi subirono il giuoco della crisi parlamentare , ebbero gli scrupoli più inopportuni nel momento in cui la loro opera era richiesta e poteva ancora salvare il proletariato da una reazione apertamente violenta , smobilitarono le forze definendo legalitario uno sciopero che restava l ' ultima possibilità di vincere la battaglia e finirono umoristicamente col presentarsi candidati al governo quando la borghesia , evitato il pericolo , non si doveva più fare alcun scrupolo di respingerli con le beffe . Lo storico di questo episodio quasi ameno , che fu la prima vittoria , non cercata , dei fascisti , non potrà salvare né le menti né i caratteri : anche nella favola la figura della volpe gabbata riesce una parte priva d ' indulgenza . Turati , Modigliani e i mandarini sindacali s ' illudevano di trovare in tutta Italia la situazione milanese di ottimismo e di bonaria complicità . Nel loro collegio elettorale come in Parlamento non riuscivano a rappresentarsi quella vita di passione e di esasperazione che non erano stati capaci di leggere trent ' anni prima nelle opere di Carlo Marx . Teso verso un ' aspettazione non mai appagata il proletariato restava ormai inerte e senza interesse verso l ' esperimento riformista . Il tono della vita italiana veniva dato da nuovi elementi e la volontà reazionaria dei gruppi più esperti si valse della disoccupazione degli spiriti e della disoccupazione delle braccia per tentare un ' offensiva in grande stile , che si nascose , come accade , sotto la retorica del patriottismo . A guardar bene le cose non era che il secondo termine , identico anche se reciproco , dell ' aspirazione collaborazionista : non dovremo meravigliarci se i gregari della reazione si trovarono ad essere gli stessi che avevano aspettato l ' offensiva di sinistra , né che i capi , se pur dovettero mutare , resultassero negli effetti fratelli di pensiero e di illusioni ; - - insomma che proprio i fascisti si dovessero trovare con la più allegra sventatezza a proporre la palingenesi collaborazionista . Senonché i fascisti erano guerrieri oltre che tribuni e non accadde che si disponessero a recitarci la tragicommedia dell ' indecisione . IV I comunisti La fabbrica Per gli sforzi di un nucleo intelligente di capitani d ' industria ( i soli borghesi che abbia avuto l ' Italia ) c ' era a Torino , almeno inizialmente , prima della guerra europea , una industria moderna . La guerra la ingigantì : per opera di Giovanni Agnelli , si venne creando intorno alle officine Fiat un organismo industriale da cui tutta l ' attività cittadina ritrasse nuova fisionomia . « Si tratta - - per dirla con uno scrittore comunista di un gigantesco apparato industriale che corrisponde a un piccolo Stato capitalista , che è un piccolo Stato capitalista e imperialista , perché detta legge all ' industria meccanica torinese , perché tende , con la sua produttività eccezionale , a prostrare e ad assorbire tutti i concorrenti , un piccolo Stato assoluto che ha il suo autocrate » . L ' importanza delle officine Fiat non si riduceva ai progressi della tecnica o dell ' economia , ma dipendeva da una specifica situazione moderna . Si veniva sviluppando in una grande città la prima industria modello che creava una nuova psicologia del cittadino . Torino fu così la città moderna della penisola , sede di un ' industria aristocratica accentrata , per selezione di spiriti e di capacità , nelle mani di pochi uomini geniali , e divenuta la cellula iniziale di un organismo economico in cui la coordinazione degli elementi e l ' esperienza dei nuovi sistemi produttivi alimentava negli individui una coscienza sociale . Soltanto queste caratteristiche possono spiegare l ' originalità della vita politica torinese , mentre a Milano il dilettantismo commerciale ( Notari ) suscita una psicologia riformista contraria alla politica intransigente della città industriale . Infatti a Torino l ' accentramento industriale venne creando l ' accentramento operaio . La selezione degli spiriti direttivi promosse la selezione delle intelligenze operaie e il raffinamento delle virtù della mano d ' opera . Né questi coefficienti di progresso tecnico possono rimanere inerti di , conseguenze politiche . Il capitalismo seguendo la sua estrema logica ideale , con un processo che sembrava dar ragione a Marx , costringeva il movimento operaio a riprendere le sue premesse ideali , a organizzarsi intorno al suo centro di vita quotidiano e lo aiutava direttamente ad esprimere la sua logica di ribelle . I vecchi miti della socialdemocrazia italiana e straniera ( fragili documenti di rivoluzionarismo o di riformismo secondo i diversi temperamenti che li rivivevano ) caddero inutili di fronte all ' esperienza diretta . Alla visione politica di chi li accettava restò il dilemma tra la confusa agitazione demagogica ( Bombacci ) o il pauroso ripiegamento retrivo del riformismo . Chi avvertendo le nuove esigenze delle classi popolari si provò a studiarle poté constatare che la loro struttura era fondamentalmente mutata . S ' affermavano qua e là vigorose minoranze operaie che , conquistata la propria coscienza di classe , ne deducevano con logica infallibile posizioni pratiche di lotta . L ' ideale di una classe operaia aristocratica , conscia della sua forza , capace di rinnovare se stessa e la vita politica quale era balenato alla visione storica di Marx , intuizione che rimane per noi al disopra delle macchinose costruzioni economiche la parte viva del marxismo , trovava una risonanza concreta per cui inserirsi fecondamente nello sviluppo dell ' economia italiana . La specializzazione quasi tayloristica del lavoro suscitava nell ' operaio la coscienza della sua necessità . D ' altra parte contro l ' umile ideale americano e protestante di un lavoro ridotto a puro fatto meccanico , complesse esigenze di produzione che facevano partecipare un nucleo sempre più numeroso di eletti al segreto e alle difficoltà del lavoro qualificato , generavano nei salariati una coscienza oscura di idealismo aristocratico che fermentava in un bisogno di potere . S ' incontravano così due momenti della civiltà moderna proprio nella fase più tormentosa del loro ascendere . Intorno ai nuclei più veggenti degli operai e degli intraprenditori si raccoglievano dall ' una parte e dall ' altra i gregari recando alimento di complesse esigenze alla lotta . La città divenuta centro della vita e delle aspirazioni che la circondano obbliga gli immigrati ( operai manuali e piccoli borghesi commercianti ) ad accettare il loro posto di combattimento tra le contrastanti esigenze di una dialettica che li sovrasta . Di fronte all ' Italia , indifferente a questo processo improvviso e turbinoso , parve che a Torino dovesse incombere un ' altra volta il compito di riconquistare la penisola alla vita europea . La teoria di questa nuova realtà economica fu tracciata frammentariamente e parzialmente dai giovani dell ' Ordine Nuovo . Essi elaborarono attraverso l ' esperienza politica che si svolgeva dinanzi ai loro occhi , l ' idea di un organismo che raccogliesse tutti gli sforzi produttivi legittimi , aderendo plasticamente alla realtà delle forze storiche e ordinandole liberamente in una gerarchia di funzioni , di valori , di necessità . Il consiglio di fabbrica , nel quale le esigenze del risparmio , dell ' intrapresa e dell ' opera esecutrice si organizzano secondo il pregio che è peculiare di ciascuno , nella misura dell ' attività svolta , fu la loro idea nuova e precisa in nome della quale cercarono di chiamare a raccolta gli operai e di dare loro una personalità politica . Accanto e contro questa caratteristica esperienza torinese si avvertivano intanto in Italia le risonanze imprecise di una nuova situazione internazionale che suscitava complessi ideali nel travaglio di difficili antinomie : le avanguardie rivoluzionarie torinesi si trovarono così di fronte all ' ostacolo dei nuovi problemi di tattica , teoria e psicologia popolare determinati dalla situazione generale . La crisi rivoluzionaria internazionale fatta di aspirazioni messianiche insoddisfatte , di miseria e di impotenza , prevalenti nelle maggioranze , diventava per l ' appunto l ' antitesi dei propositi e dell ' azione alimentati nelle aristocrazie proletarie per un ' esperienza caratteristica e autonoma . Il problema contro cui si spezzarono le energie dei teorici torinesi del consiglio di fabbrica fu il rapporto e la coordinazione tra la confusa incertezza dei riposti impulsi dominanti nelle masse popolari della nazione e il loro istinto rivoluzionario concreto . Gramsci Se si vuole penetrare nelle intime caratteristiche di cultura e di psicologia del gruppo che diresse il movimento comunista torinese bisogna risalire alla storia del giornalismo socialista negli anni di guerra . Nel 1914 il socialismo torinese aveva la stessa impreparazione e superficialità provinciale che vedemmo caratteristica di tutto il movimento italiano . Invece di una politica di ideali , capace di esercitare un ' influenza educatrice , invece di organizzare le idee almeno intorno all ' astratta e pur sempre generosa bandiera dell ' internazionalismo , professarono i più , prendendolo a prestito dai giolittiani , un gretto neutralismo , arido , privo di motivi spirituali , utilitarista , a mala pena giustificabile in una mentalità di governo , ma affatto ripugnante a un partito di popolo . La mancanza di idealità e di intransigenza nel partito corrispondeva alla mancanza di un nucleo di dirigenti colti e operosi . La fisionomia del vecchio socialismo torinese fu data quasi essenzialmente dall ' esistenza dell ' Alleanza Cooperativa , grande organismo economico che si rivelò capace di sostenere la concorrenza del libero commercio nel provvedere alle esigenze del consumo , ma , in sede politica , fu scuola di collaborazionismo e di spirito burocratico . Né alcuna corrente che divenisse dominante nel partito ne poté prescindere , perché questa era la vera base finanziaria del partito , nella sua azione locale . Nofri , tecnico del cooperativismo , nel quale poté anche trovare il suo canonicato , Casalini il missionario dell ' igiene , il medico dei poveri , che lavorando nel suo Comune esauriva tutti i suoi ideali filantropici , Morgari l ' apostolo popolare nella lotta contro i soprusi e i privilegi , furono le figure eminenti e popolari nella psicologia rudimentale delle masse . Il « marchese » Balsamo Crivelli , il raffinato dell ' erudizione , il Pastonchi degli studi storici , e il « professore » Zino Zini recarono al quadro i necessari colori romantici , con la loro adesione aristocratica e filosofica alla causa degli umili e degli oppressi . La preparazione e la fisionomia spirituale di Antonio Gramsci invece apparivano profondamente diverse da queste tradizioni già negli anni in cui egli compiva i suoi studi letterari all ' Università di Torino e si era iscritto al partito socialista , probabilmente per ragioni umanitarie maturate nel pessimismo della sua solitudine di sardo emigrato . Pare venuto dalla campagna per dimenticare le sue tradizioni , per sostituire l ' eredità malata dell ' anacronismo sardo con uno sforzo chiuso e inesorabile verso la modernità dei cittadino . Porta nella persona fisica il segno di questa rinuncia alla vita dei campi , e la sovrapposizione quasi violenta di un programma costruito e ravvivato dalla forza della disperazione , dalla necessità spirituale di chi ha respinto e rinnegato l ' innocenza nativa . Antonio Granisci ha la testa di un rivoluzionario ; il suo ritratto sembra costruito dalla sua volontà , tagliato rudemente e fatalmente per una necessità intima , che dovette essere accettata senza discussione : il cervello ha soverchiato il corpo . Il capo dominante sulle membra malate sembra costruito secondo i rapporti logici necessari per un piano sociale , e serba dello sforzo una rude serietà impenetrabile ; solo gli occhi mobili e ingenui ma contenuti e nascosti dall ' amarezza interrompono talvolta con la bontà del pessimista il fermo rigore della sua razionalità . La voce è tagliente come la critica dissolutrice , l ' ironia s ' avvelena nel sarcasmo , il dogma vissuto con la tirannia della logica toglie la consolazione dell ' umorismo . C ' è nella sua sincerità aperta il peso di un corruccio inaccessibile ; dalla condanna della sua solitudine sdegnosa di confidenze sorge l ' accettazione dolorosa di responsabilità più forti della vita , dure come il destino della storia ; la sua rivolta è talora il risentimento e talora il corruccio più profondo dell ' isolano che non si può aprire se non con l ' azione , che non può liberarsi dalla schiavitù secolare se non portando nei comandi e nell ' energia dell ' apostolo qualcosa di tirannico . L ' istinto e gli affetti si celano ugualmente nella riconosciuta necessità di un ritmo di vita austera nelle forme e nei nessi logici ; dove non vi può essere unità serena e armonia supplirà la costrizione , e le idee domineranno sentimenti e espansioni . L ' amore per la chiarezza categorica e dogmatica , propria dell ' ideologo e del sognatore gli interdicono la simpatia e la comunicazione sicché sotto il fervore delle indagini e l ' esperienza dell ' inchiesta diretta , sotto la preoccupazione etica del programma , sta un rigorismo arido e una tragedia cosmica che non consente un respiro di indulgenza . Lo studente conseguiva la liberazione dalla retorica propria della razza negando l ' istinto per la letteratura e il gusto innato nelle ricerche ascetiche del glottologo ; l ' utopista detta il suo imperativo categorico agli strumenti dell ' industria moderna , regola colla logica che non può fallire i giri delle ruote nella fabbrica , come un amministratore fa i suoi calcoli senza turbarsi , come il generale conta le unità organiche apprestate per la battaglia : sulla vittoria non si calcola e non si fanno previsioni perché la vittoria sarà il segno di Dio , sarà il risultato matematico del rovesciamento della praxis . Il senso epico è dato qui dal freddo calcolo e dalla sicurezza silenziosa : c ' è la borghesia che congiura per la vittoria del proletariato . Come scrittore Gramsci fu una rivelazione dell ' Avanti ! . Nella pagina dedicata alla vita torinese egli ebbe una rubrica sua , Sotto la Mole , di polemica distruttrice e di satira acerba : nei suoi scritti si sentì subito uno stile feroce , incalzante , dialettico , serenamente rude : la lucida disperazione catastrofica di Marx mescolata con le visioni di dialettica storica di Oriani , e l ' arte delle rispondenze e delle costruzioni armoniche attinte dai classici . Ma la sua attività di teorico del processo rivoluzionario incomincia con l ' opera prestata nel Grido del Popolo . Il piccolo settimanale di propaganda del partito diventò nel 1918 una rivista di cultura e di pensiero . Pubblicò le prime traduzioni degli scritti rivoluzionari russi , propose l ' esegesi politica dell ' azione dei bolscevichi . L ' animatore di queste ricerche , benché il direttore apparente sia altri , è il cervello di Gramsci . La figura di Lenin gli appariva come una volontà eroica di liberazione : i motivi ideali che costituivano il mito bolscevico , nascostamente fervidi nella psicologia popolare , dovevano agire non come il modello di una rivoluzione italiana ma come l ' incitamento a una libera iniziativa operante dal basso . Le esigenze antiburocratiche della rivoluzione italiana erano state avvertite dal Gramsci , fin dal 1917 , quando il suo pensiero autonomista si concretò in un numero unico , dal titolo significativo , La città futura , pubblicato come modello e come annuncio di un giornale di cultura politica operaia . L ' Ordine Nuovo La città futura diventa nel 1919 l ' Ordine Nuovo , il solo documento di giornalismo rivoluzionario e marxista che sia sorto in Italia con qualche serietà ideale . Nell ' Ordine Nuovo il tragico dissidio di ogni azione politica italiana - - ineluttabilmente incerta tra una tendenza all ' autonomia e una tradizione riformista - - si avvertì sin dai primi numeri nel contrasto di pensiero tra i fondatori . Bisogna ricordarli per l ' opera singolare a cui si dedicarono : erano , accanto a Gramsci , Tasca , Togliatti e Terracini . Il temperamento di Terracini è politico più che teorico . Antidemagogico per sistema , aristocratico , contrario alle violenze oratorie , ragionatore sottile , fermo nella polemica e nell ' azione fino all ' aridità e alla cocciutaggine . Spregiudicato nel giudizio delle idee , disposto a trattarle come forze , secondo l ' opportunità . Era il diplomatico , il Machiavellico ; ma così privo di simpatia e di qualità incitatrici che quando rimase per ultimo sulla breccia nessuna delle sue qualità diplomatiche gli valse a vincere l ' arida solitudine che lo circondava , per preparare un ' azione . Togliatti , trovatosi anche lui come Terracini in una posizione di responsabilità , fu vittima della sua inquietudine che pare cinismo inesorabile e tirannico ed è indecisione , che fu giudicata equivoco e forse è soltanto un ipercriticismo invano combattuto e che tuttavia deve lasciare sospeso il nostro giudizio obiettivo . Il vero dissidio si ebbe tra il Gramsci e il Tasca , e fu la prova del fuoco che rivelò nel primo l ' uomo maturo a intendere i nuovi problemi . Angelo Tasca veniva al movimento politico da un ' educazione prevalentemente letteraria e con mentalità di propagandista e di apostolo . Collaboratore dell ' Ordine Nuovo lo pensava come una rivista di idee che riprendesse il problema di Antonio Labriola e tracciasse una revisione del marxismo e la storia del movimento intellettuale socialista . Cominciò con una serie di studi su Louis Blanc , scritti con la cura bibliografica di un collaboratore del Giornale storico della letteratura italiana ; il suo interesse , oltreché all ' onestà delle citazioni e dello schedario , si rivolgeva al problema della piccola proprietà con atteggiamenti sentimentali quasi piccolo ­ borghesi : qualcosa di patriarcale , di Bakounine e di Turati insieme , restava nel suo pensiero . Socialismo di un letterato , di un messianico che concepiva la redenzione popolare come palingenesi illuministica e alla civiltà moderna sovrapponeva un suo sogno di virtù operaia piccolo ­ borghese , che si alimentasse di abitudini moderate e ataviche , di una tranquillità raccolta nella casa ­ giardino . La fantasia dell ' intellettuale lottò sempre in lui con l ' equilibrio del latino colto , il messianismo cristiano soverchiò talvolta la serenità calcolatrice del piemontese . Dopo i primi mesi durante i quali l ' Ordine Nuovo visse una vita sterile di tentativi e di enfasi ( le sole cose vive erano alcune brillanti cronache culturali in cui si rivelò il caustico ingegno di Palmiro Togliatti ) il Gramsci impose come problema centrale la discussione dei consigli di fabbrica . Questi dovevano essere nel suo pensiero i quadri del nuovo Stato operaio , e , nel periodo di lotta violenta , i quadri dell ' esercito rivoluzionario ; alle astratte propagande si trattava di sostituire un ' azione concreta , gli operai dovevano abituarsi a una reale disciplina e a un cosciente esercizio d ' autorità , dovevano acquistare a contatto con i loro organismi di lavoro una mentalità di produttori e di classe dirigente . Se nella fabbrica si svolge la vita operaia , nella fabbrica si devono organizzare gli operai per resistere di fronte agli industriali . Il nuovo Stato che non sorge più in nome degli astratti diritti e doveri del cittadino , ma per secondare l ' operosità dei lavoratori , deve aderire plasticamente agli organismi in cui la loro attività si svolge e di qui attingere la conoscenza dei loro bisogni , qui indagare i loro problemi . Comunque si debba giudicare della validità pratica di tali formule questa era finalmente una concezione rivoluzionaria di fronte a cui tutto il bagaglio di astrattismo e di riformismo doveva cadere . Il sindacalismo di Tasca che accettava i consigli per attribuirvi lo stesso valore propagandistico dei sindacati si rivelava inadeguato alla coscienza operaia . Egli rimase estraneo al nuovo esperimento di lotta di classe . L ' Ordine Nuovo diventò il centro intorno a cui affluirono i nuclei più coscienti dei proletari , che ne attesero la parola d ' ordine durante le lotte più gravi , nei momenti più incerti . L ' occupazione delle fabbriche e la campagna elettorale per la conquista del comune furono gli episodi culminanti dell ' offensiva proletaria , diretta dagli uomini che ne avevano dato la teoria . Ma contro l ' azione della nuova aristocrazia stava il peso morto dell ' eredità socialista , l ' incapacità dei dirigenti confederali , gli ideali utilitaristi a cui la massa piccolo ­ borghese era stata educata , lo spirito reazionario dei contadini venuti confusamente al partito , infine la limitatezza stessa chiusa e impotente dei dirigenti , che non riuscirono a dividersi i compiti e a ritrovare nuovi uomini adatti , mentre l ' arrivismo soffocava da tutte le parti il movimento troppo precoce . In questo dissidio l ' opera dell ' Ordine Nuovo si rivelò insufficiente a far prevalere le sue soluzioni . La lotta per i Consigli Per tutto l ' anno 1920 il Consiglio di fabbrica fu il centro dell ' attività rivoluzionaria , il problema intorno a cui si distinsero le varie sfumature del movimento operaio , l ' organo della lotta contro le organizzazioni industriali . Mentre queste seguendo esigenze locali si mostravano fortemente battagliere e si sentivano moralmente e intellettualmente alla testa dello sviluppo industriale della nazione , gli scrittori dell ' Ordine Nuovo alla loro volta capivano di non poter resistere coi vecchi principi di comuni discussioni sindacali , di non poter aderire alla tattica meramente economica della Confederazione Generale del Lavoro , quando il movimento impegnava la personalità degli interessati integralmente e senza tregua : la lotta generale doveva avvenire su un fronte unico di azione . Mario Guarnieri , un riformista , ci ha lasciato i documenti , alquanto tendenziosi per lo stesso eclettismo ostentato , dell ' elaborazione prima di questo pensiero e delle discussioni preliminari tra fautori e avversari dei consigli . Ma il dissidio teorico e pratico ha risonanze assai più complesse di una questione di persone e corrisponde a caratteristiche schiettamente regionali , determinate da condizioni di più raffinato progresso tecnico e di più viva comprensione dei rapporti politici tra le classi sul terreno della produzione . Nell ' agosto del 1919 i gruppi operai della Fiat ­ centro , coi quali il Granisci era in intimo rapporto di discussione e di collaborazione pensarono di creare i nuovi organismi di lotta e di organizzazione proletaria , movendo da un ' istituzione preesistente , le commissioni interne . Queste , sorte da parecchi anni nella città , senza notevoli opposizioni da parte degli industriali , erano destinate secondo il pacifico Colombino a costituire una nuova specie di scuola di arti e mestieri e nel recondito pensiero di Buozzi avrebbero potuto perfino recare incremento alla produzione . Si trattava di rinunciare ai limiti posti all ' organizzazione economica dagli accordi stabiliti esplicitamente o implicitamente coi padroni , e di affermare le commissioni interne come organismi politici , che esercitassero un potere accanto e contro il potere padronale , estendendoli fino a dar loro la struttura dei veri e propri consigli di fabbrica , capaci di imporre agli operai la loro disciplina e di organizzarli secondo le naturali gerarchie di produzione . L ' esperienza insegnò subito che le commissioni interne potevano riuscire un buon punto di partenza per una specie di tradizione psicologica . Ma le funzioni del nuovo consiglio dovevano rimanere distinte dalle antiche della commissione o almeno in ogni reparto bisognava assegnare a nuovi commissari le funzioni direttrici del movimento operaio . L ' Ordine Nuovo , aiutato dall ' edizione torinese dell ' Avanti ! che Ottavio Pastore acconsentiva a far diventare quasi il prolungamento naturale del pensiero del Gramsci , si assunse la direzione e la preparazione degli organismi economici e dell ' opera politica . Dimostrò l ' originalità del nuovo movimento dei consigli e la necessità di tenerli distinti dall ' azione sindacale . Il sindacato è organo di resistenza , non di iniziativa , tende a dare all ' operaio la sua coscienza di salariato , non la dignità del produttore : lo accetta nella sua condizione di schiavo e lavora per elevarlo , senza rinnovarlo , in un campo puramente riformistico e utilitario . Nel Consiglio invece l ' operaio sente la sua dignità di elemento indispensabile della vita moderna , si trova in relazione coi tecnici , cogli intellettuali , cogli intraprenditori , pone al centro delle sue aspirazioni non il pensiero dell ' utile particolare , ma un ideale di progresso e di autonomia per cui egli possa rafforzare le sue attitudini , e cerca di fondare un ' organizzazione pratica attraverso la quale la sua classe conquisti il potere . Lo schema di azione non era più grossolanamente democratico e pedagogico : la nuova società da instaurare non doveva essere la società del popolo indistinto , ma del popolo come proletariato . Il governo sarebbe stato un ' aristocrazia venuta dal basso , capace di ricevere l ' eredità della classe dirigente esausta . Nonché organo di collaborazione il Consiglio appariva come la cellula prima della futura organizzazione economica e politica e come l ' esercito del fronte unico di lotta nel periodo anteriore alla conquista del potere . A capo di questo movimento vi furono gruppi di operai che nel mito dell ' Ordine Nuovo sentirono la loro libertà . Si ebbe l ' esempio di giovani proletari dedicati alla propaganda rivoluzionaria senza messianismi e senza speranze umanitarie , che parlavano un linguaggio di hegeliani inconsci , e mettevano al disopra dei loro pensieri un ideale arido e austero di Stato . E poiché le masse non potevano intendere e partecipare volontariamente alle nuove idee , si assunsero il compito di guidarle dove quelle non sapevano vedere , di farle trovare di fronte ad avvenimenti che le determinassero coscienti o no ad un ' azione precisa . Riuscirono infatti ad organizzare e ad imporre per 10 giorni , a Torino , nell ' aprile 1920 , uno sciopero generale che non si proponeva le solite rivendicazioni di salario , ma uno scopo nettamente ideale : il mantenimento dei Consigli . Lo sciopero fallì perché il Consiglio Nazionale del partito socialista lo volle circoscritto a Torino e perché gli industriali , guidati intelligentemente dall ' Olivetti ( che aveva studiato il pensiero dei nuovi rivoluzionari e ne aveva penetrato lo spirito e i pericoli ) si opposero con tutte le forze . Tuttavia la sconfitta fu uno di quegli ammaestramenti solenni che esperimentano la costanza delle volontà e consentono il calcolo delle forze . Non infranse la disciplina operaia , anzi provò una capacità singolare di sacrificio . Dimostrò l ' inettitudine del partito socialista ad ogni azione diretta ; fece intendere l ' esigenza di imprimere al movimento un ' organizzazione politica nazionale , capace di dire a tutti gli operai la parola d ' ordine necessaria per la difesa dei gruppi più progrediti che si trovano all ' avanguardia del movimento rivoluzionario . Il dissidio , tra l ' Ordine Nuovo e Serrati era sostanzialmente questo : per il primo il fronte unico dell ' azione proletaria doveva essere nelle trincee più avanzate ; per Serrati alla retroguardia . Questi pensava l ' occupazione del potere come coronamento dell ' elevazione generale delle masse ( utopia mazziniana astrattista e indeterminata ) , Gramsci credeva all ' elevamento delle masse solo attraverso l ' occupazione del potere . Tra queste due mentalità , una democratica , l ' altra marxista , l ' antitesi si dimostrò sin dall ' aprile 1920 , e a quella data risale la costituzione effettiva di un partito comunista torinese , distinto e contrastante dal partito socialista . E il battesimo del nuovo partito fu l ' occupazione delle fabbriche del settembre : la rivincita della battaglia perduta nella primavera , la prova del fuoco della maturità degli operai torinesi . Senonché la vittoria segnò insieme la conclusione e la decadenza perché dimostrò l ' impossibilità di estendere il movimento a tutta l ' Italia sia per gli ostacoli economici , sia per l ' inesistenza fuori di Torino di una classe dirigente operaia matura . Di fronte al grandioso movimento dei Consigli qui descritto un liberale non può assumere la posizione meramente negatrice di Luigi Einaudi e di Edoardo Giretti . Siamo di fronte a uno dei fenomeni più schiettamente autonomisti che abbiano saputo prodursi nell ' Italia moderna . Chi fuori di ogni pregiudizio di partito , pensoso degli effetti della crisi postbellica che è crisi di volontà , di coerenza , di libertà , confidi ancora in una ripresa del movimento rivoluzionario interrotto nel Risorgimento che penetri finalmente nello spirito delle masse popolari e le svegli alla libertà , dovrebbe scorgere in questi sentimenti e in queste prove la via maestra della lotta politica futura . I comunisti torinesi avevano superato la fraseologia libertaria e demagogica e si proponevano problemi concreti . Contro la burocrazia sindacale affermavano le libere iniziative locali . Movendo dalla fabbrica si assumevano l ' eredità specifica della tradizione borghese proponendosi non già di creare dal nulla una nuova economia , ma di riprendere e continuare i progressi della tecnica produttrice raggiunta dagli industriali . Sapevano , contro le astrattezze dei programmi di socializzazione , quale importanza debba attribuirsi al problema del risparmio nell ' industria , quale parte spetti nella produzione agli intraprenditori . Il Consiglio di fabbrica poteva soddisfare , nel pensiero dei suoi teorici , anche le esigenze degli impiegati , non in quanto siano piccoli borghesi , ma in quanto sono impiegati , elementi della produzione . Si può concludere insomma che le esperienze concrete dell ' azione politica avevano liberato completamente i giovani comunisti torinesi dalle illusioni e dai luoghi comuni del socialismo e dell ' internazionalismo . Essi videro nel movimento operaio un valore liberistico . Se il loro esperimento è fallito resta tuttavia uno dei più nobili sforzi che si siano tentati per rinnovare la nostra vita politica . Il Partito Comunista Giolitti esperimentò anche di fronte al disperato movimento promosso dai comunisti la sua tattica infallibile e poté addomesticare i ribelli , consegnarli inerti alle vendette della piccola borghesia , cui non parve vero che fosse cessato lo spauracchio del motto « Chi non lavora non mangia » , scritto sulla bandiera dei suoi carnefici . Fu in queste circostanze , dopo il tramonto dell ' ideale di libertà che il solo proletariato era rimasto a difendere con le sue avanguardie , fu in questa crisi di volontà e in questa stanchezza delle forze e dei caratteri che poté nascere il vendicatore e il consolatore degli atterriti ceti medi , il fascismo , armato della sua violenza patriarcale e della sua dannunziana esaltazione . Il sogno tirannico di Mussolini , non diverso dalla piacevole dittatura burocratica e sindacale pensata dai nostri social ­ democratici , ma soltanto più italiano , più umanista , dilettantesco e teatrale , rappresentò appunto la rinuncia degli individui alle loro responsabilità , delle classi alle loro forze schierate in campo e fu la palingenesi di una decadenza in cui le minoranze più battagliere e più degne erano state travolte da una crisi economica di disoccupazione superiore alle loro volontà e fatalmente propizia ai ritorni vagheggiati dai retori a un ' economia schiavista . In queste condizioni ai vinti di Torino non rimaneva che un compito di resistenza . Poiché il fallimento era irreparabile bisognava che le avanguardie scindessero le loro responsabilità dalle turbe infrante e piegate , per riaffermare come una solitaria eresia del futuro il loro fermo pensiero di vendicatori . Così in grande fretta e senza riflettere alle circostanze di opportunità e di tattica fu fondato il partito comunista . Si spiega perfettamente come i veri rivoluzionari italiani non potessero pìù aver fede nel partito socialista che non era stato capace di azione realizzatrice per l ' elefantiasi burocratica del suo ordinamento , per il pregiudizio dell ' unità e per una responsabilità di governo implicita nella sua tattica collaborazionista ; e restava ora impotente di fronte all ' offensiva armata dei cercatori di quiete e di spasso . Il pericolo del partito era che , nella difesa dei privilegi cooperativisti , si venisse a man mano adeguando empiricamente al vecchio Stato , e agisse come forza di conservazione , senza introdurre nella vita nazionale né un ' idea , né una forza nuova , pago di accogliere l ' eredità giolittiana . Se Serrati fosse stato grande politico , come fu , veramente , cuore generoso , la battaglia per l ' unità del partito avrebbe potuto assumere almeno un carattere educativo e sarebbe stato più fecondo lo sforzo di imprimere all ' unico movimento una direzione operosa e libera che stimolasse le forze popolari invece di attenderne lo svegliarsi e che facesse coincidere l ' opera del partito col pensiero della minoranza più attiva , più coerente , più rivoluzionaria . L ' unità di Serrati invece era viziata da un pregiudizio quietistico e democratico . Ora nel partito socialista , per la generica propaganda di messianismo , erano entrati a poco a poco elementi di ceti borghesi e contadini , desiderosi di miglioramenti economici , privi di preparazione politica e di volontà libertaria , fissi a una generica negazione anarchica dello Stato per ragione di utilitarismo , e la psicologia di questi neofiti doveva rivelarsi l ' ostacolo più insuperabile a una netta differenziazione politica . Sistemi democratici erano destinati a portare alla direzione del movimento proprio queste masse impreparate che , incapaci di controllo e di iniziativa , avrebbero poi seguito disegni e condottieri demagogici . Al pari di Serrati anche i comunisti erano privi di attitudini diplomatiche e parve più adeguata ai loro spiriti una modesta questione di sincerità . Così la separazione divenne inevitabile ; il problema della disciplina a Mosca fu la mera occasione per il conflitto dei due sistemi e venne accettata volentieri dai riformisti i quali per collaborare al governo dovevano farsi perdonare parecchi peccati di internazionalismo . Lo sviluppo degli eventi ha dimostrato che i comunisti sacrificarono di fatto a questo problema di sincerità il loro avvenire politico . Il partito che essi immaginarono poteva agire intransigente e solitario , inesorabilmente pronto a instaurare la dittatura , solo nel momento in cui fosse consentita una offensiva in grande stile . Ma alle esigenze della difesa contro il fascismo avrebbe provveduto invece molto più energicamente il fronte unico proletario che fu poi invano invocato . La tattica propizia per una politica intransigente doveva essere ben altrimenti machiavellica : il compito dei comunisti era di far servire alla Resistenza tutte le forze . Naturalmente il partito si sarebbe liberato dalle tendenze meno coraggiose eliminandole e lasciandole agli ultimi posti e non avremmo avuto l ' esempio di un gruppo che va alla battaglia più difficile e definitiva con un esercito improvvisato , sfornito di quadri e coi gregari malcerti . La fisionomia del nuovo partito risultò infatti di elementi discordi e immaturi : i messianici della propaganda rivoluzionaria come Bombacci e Misiano ( i decorativi dell ' estrema sinistra ) accanto a un teorico della catastrofe de l ' economia borghese come Graziadei ; la frazione astensionista di Bordiga , fautrice con esuberanza meridionale di un rivoluzionarismo burocratico che riusciva a sboccare nel socialismo di Stato mentre riduceva sempre più la politica al chiuso dogmatismo della teoria , accanto ai disegni sottili e alle storiche improvvisazioni di Tuntar , prodotto caratteristico di una forte genialità critica svolta con arido intellettualismo in un ambiente internazionale dove tre civiltà si incontrano senza determinare una nuova civiltà , ma producendo soltanto la patologia dell ' irrequietezza . Tra questi dissidi e queste sfumature il pensiero di Gramsci avrebbe potuto imporsi come forza risolutrice se la disoccupazione non avesse fatto mancare improvvisamente i gregari disciplinati alla lotta . Così i comunisti furono un ' eresia solitaria invece che un ' avanguardia caratteristica nell ' equilibrio delle forze . Si chiusero a ogni comunicazione con la vita nazionale , limitandosi ad affermare come una fede sopravissuta la loro politica estera internazionalista . I loro disegni e la loro attività pratica rimasero fedeli a una coerenza astratta e teorica , secondo calcoli meramente dialettici e sillogistici . Poiché il partito socialista era fallito per la mancanza di organismi che aderissero agli strati della produzione e potessero costituire l ' impalcatura del nuovo Stato , il nuovo partito comunista avrebbe dovuto secondo Gramsci e Bordiga organizzare il movimento con una rigida disciplina interna : il popolo avrebbe sentita la superiorità di questa minoranza direttrice e ne avrebbe accettata l ' influenza . Senonché tali ideologie restavano prive di ogni attitudine ad inserirsi nella vita economica italiana quando il problema dei Consigli di fabbrica era diventato definitivamente insolubile ; è curioso parlare di organismi e di organicità quando non c ' è materia da inquadrare . Infatti in tre anni di vita il partito si è chiuso sterilmente in un problema di tattica del quale l ' esercito proletario sconvolto si è appena accorto : scomparsi i consentimenti pratici e ideali l ' eristica delle persone divenne dominante . A questo punto la critica che noi vorremmo offrire al processo teorico e pratico per cui i comunisti furono travolti si stacca notevolmente dalle obbiezioni dominanti . È vero che l ' elaborazione delle idee pratiche e dei problemi empirici rimase alquanto nebulosa e contraddittoria , ma noi sappiamo che un partito d ' opposizione deve avere due programmi pratici , uno mitico che offra la palingenesi agli stanchi combattenti di oggi , i quali sospirano cristianamente il regno della pace , anche se la negano con la loro irrequietezza , un altro politico che si esprimerà soltanto nell ' ora della vittoria . Questa curiosa ironia rimane latente nel movimento rivoluzionario : quando viene la fase risolutiva , i rivoluzionari si trovano a lottare primamente contro se stessi . Fu un caso singolare dei comunisti torinesi , derivante dalla famigliarità della loro coltura col sindacalismo di Sorel , il fatto di aver compreso perfettamente questo processo di contraddizione della storia pur non potendo essi proporsi l ' esame dei rapporti che avrebbero dovuto connettere il mito con l ' azione pratica . Le declamazioni contro lo Stato furono intese originariamente dagli scrittori dell ' Ordine Nuovo come declamazioni contro lo Stato burocratico ; il loro ideale stesso di un ordine nuovo derivò dalla volontà di ereditare le esigenze del Risorgimento non soddisfatte ; la professione di fede internazionalista fu una politica estera contrapposta all ' imperialismo francese ; e la lotta contro il capitalismo sfiorò motivi polemici di rimpianto per l ' insufficienza economica del capitalismo italiano . I motivi della critica non avevano dunque alcuna parentela con le ideologie del socialismo di Stato e i maestri più diretti del Gramsci furono insieme con i rivoluzionari teorici i problemisti liberali da Salvemini a Einaudi , da Mosca a Fortunato : Tasca , Togliatti , Sanna avevano le stesse origini ideologiche . L ' insufficienza del loro esperimento non si può dunque attribuire all ' immaturità delle idee che anzi derivano dalle tradizionali correnti di pensiero liberale e autonomista le quali furono in ogni tempo il pìù caratteristico strumento di critica alla storia italiana . Bisogna risalire a una questione di caratteri e di amministrazione interna . Il partito comunista coi suoi ideali di rivoluzione liberatrice contro la burocrazia borghese fu un esempio pratico di organismo artificiale , cresciuto in regime protezionista . I suoi organi sono uffici burocratici , i suoi uomini funzionari , legati come e più che i mandarini sindacali a uno stipendio . I sistemi amministrativi corrispondono a un metodo di vita parassitaria . Per la sua stessa natura impopolare e aristocratica parve sovrapporsi alle condizioni reali della vita italiana : le sue iniziative furono astratte e non commisurate e controllate dall ' effettiva partecipazione delle masse . Sul tema oro russo si potrebbe anche restare indifferenti alle critiche banali mosse da nazionalisti e patrioti : il vero pericolo e la vera immoralità provengono dal fatto che , mancando una finanza liberistica , aperta alle sanzioni e ai sacrifici dei singoli , viene a mancare lo sprone all ' iniziativa e uno dei criteri fondamentali per i giudizi di validità e di successo . Il partito si volle diffondere seguendo , col metodo più borghese e reazionario , le circoscrizioni amministrative del regno ( una sezione in ogni comune , era il sogno più caro ! ) e non si tenne conto che un partito rivoluzionario deve fondarsi sulle forze più che sugli uffici e la distribuzione geografica delle sezioni deve corrispondere allo sforzo e alla volontà degli aderenti secondo una legge di autonomia non secondo un piano burocratico . Naturalmente quando il mantenere le posizioni divenne impresa ardua , l ' impiegato abdicò di fronte ai vincitori . Mancava lo spirito eroico e non vi poté essere la resistenza disperata . Chiusa la cassa centrale si sbandarono i funzionari . Gli stessi effetti di questo protezionismo si constatarono nell ' attività giornalistica del partito . C ' era un giornale , nato dai sacrifici di una classe operaia matura e agguerrita : l ' Ordine Nuovo . Fu nei primi mesi di vita il giornale più intellettuale d ' Italia in cui tutto era concepito organicamente , fatto con spirito di sacrificio e con un ideale di libertà , dalla manchette alla cronaca teatrale , dalle lettere degli operai agli articoli di Lenin , al romanzo d ' appendice . E si ebbe un miracolo anche più raro : che gli operai lo lessero , lo discussero , quasi fanatici della cultura . Un ordine dell ' esecutivo , non estraneo a piccole questioni personali , fondò all ' improvviso due nuovi quotidiani , Il Lavoratore a Trieste e Il Comunista a Roma , e divise l ' Italia in tre zone inesorabilmente delimitate , ciascuna delle quali doveva avere un giornale e uno solo , per evitare la concorrenza . E poiché gli uomini per tre quotidiani non vi erano si spezzò l ' organica redazione torinese mandando a Roma Togliatti , a Trieste Pastore , col risultato ultimo di tre giornali illeggibili , mentre solo nel proletariato torinese vi erano attitudini specifiche a far vivere un giornale politico proprio imprimendogli la sua stessa vita . Fu chiaro che non è possibile creare aristocrazie e spiriti maturi con disposizioni di comitati direttivi ed esecutivi . I giornali invece di rappresentare psicologie caratteristiche e di rispecchiare tendenze originali diventarono per un malinteso ossequio alla Terza Internazionale antologie noiosissime di scritti di Bucarin o di Zinovief . Siffatte condizioni di protezionismo politico determinarono formazioni artificiose di vita morale . Chiusi in piccoli gruppi , negati all ' azione i comunisti si esaurivano in una sterile critica ai massimalisti , mentre le loro file nonostante la negazione teorica di qualunque suddivisione in tendenze erano sconvolte dalle reciproche diffidenze e da odi personali feroci , come accade solo tra congiurati . Dominava un ' atmosfera romantica intollerante e intollerabile , uno spirito di setta arido e dissolvente . Gli uomini migliori dovettero occuparsi di faccende insidiosamente particolari e vi esaurirono le loro più vivaci attitudini . Si logorarono in meno di due anni . E le persecuzioni fasciste invece di farne dei martiri , e dei simboli di ribellione tolsero ogni efficacia pratica alla loro azione condannandoli , a ricominciare daccapo per l ' esame di coscienza e di maturità . Le organizzazioni non si improvvisano : valgono per le tradizioni che le hanno nutrite , per gli sforzi che costarono . Invece di trovare nelle lotte per la libertà il vigore della rinascita gli organismi comunisti caddero appena i capi ebbero un momento di stanchezza . V I nazionalisti La dottrina nazionalista ha indicato i suoi limiti e i suoi vizi d ' origine in Morasso e in Sighele durante il periodo di preparazione , in Corradini e in Rocco nel momento costruttivo . La praxis esaurì ogni eroicità nell ' avventura tripolina e si ridusse a un fatto personale Federzoni che non è senza interesse per il collezionista di curiosità aneddotiche . Le adesioni del Gentile e del Varisco sono da valutare come casi di accademia e di retorica che non portarono al nazionalismo esperienze nuove ; Coppola è un fenomeno d ' importazione francese , Sillani un documento di archeologia , Siciliani il traduttore degli Erotici , Tamaro un caso di patologia irredentista . Se si guardano le cose nel loro aspetto di tecnica politica , il partito nazionalista è un poco il fratellino del vecchio partito repubblicano , prodotto romagnolo , un capriccio di studenti e di professori , « malattie d ' infanzia » che si ritrovano e si spengono tutt ' e due nel fascismo . L ' uno e l ' altro infatti si sono fermati a pregiudiziali di costituzionalismo , l ' uno e l ' altro hanno incominciato con la poesia ( Carducci e D ' Annunzio ) per continuare con l ' oratoria e finire ... con la filosofia . Già in certe constatazioni c ' è un fondo di amarezza e di condanna ineluttabile che ci lasciano indifferenti ; e l ' esame proposto si muta nell ' adempimento doveroso di un ' indagine storica . Tutti sentiamo di non poter cercare qui orizzonti di scoperta perché le avventure del viaggio sono previste e piccole , né sul cammino troveremo ragione di discordia . Partecipando alla lotta politica i nazionalisti , in venti anni di dottrina e quindici di azione , hanno lasciato dietro di sé un solo insegnamento , negativo : l ' impresa libica . Ignorarono il problema operaio , il problema per eccellenza , intorno a cui avrebbero dovuto impegnarsi , di vita o di morte , i partiti del nostro secolo . Di tutte le questioni pratiche discussero per passatempo quasi compiacendosi di contraddizioni e di ignoranze compromettenti ; combatterono la burocrazia difendendo l ' accentramento ; maledissero l ' emigrazione e ne invocarono la tutela ; disdegnarono il problema meridionale , mentre volevano esaltare la nazione e la sua unità ; annunciatori della religione dello Stato fecero comunella coi clericali ; venerarono la Triplice Alleanza e poi finirono a mostrare la loro finezza nelle leghe di azione antitedesca ; sindacalisti per virtù di imitazione , confusero abilmente i trusts con i sindacati operai ; critici della democrazia e del pacifismo non seppero inserirsi neanche in una tradizione borghese . Il nazionalismo francese , monarchico e reazionario , ha il gusto dell ' arcaico e il sostegno vigoroso di una tradizione militare , religiosa , aristocratica , capace di non confondersi con l ' enfasi demagogica del cosmopolitismo parigino . In Italia un atteggiamento di questo genere che non voglia peccare di copia fotografica dovrebbe riprendere la tradizione sabauda . Invece l ' Idea Nazionale e Politica sono irreparabilmente affezionate al cosmopolitismo e romanamente filistee ; il gusto dell ' arcaico si esprime in tendenze archeologiche , il culto della tradizione nonché dirigersi ai valori morali e agli sforzi di coscienza più istintivi , sdegna i limiti naturali della prudenza storica e si traduce in desideri vibranti senza ascoltare i suggerimenti diplomatici di un realismo elementare . Alfredo Rocco ha inventato il nazionalismo economico , Enrico Corradini la priorità della politica estera sulla politica interna . Guerrieri l ' uno e l ' altro , nelle loro elucubrazioni , ma con l ' anima del giurista o con la maschera del drammaturgo . C ' è tra i Maurras , i Valois , i Barrès , i Daudet da un lato e i Rocco e gli Ercole dall ' altro una differenza di misura e di spirito comico ; quelli sono conservatori per ragioni di stile e francesi di letteratura , questi giuristi sottili , preoccupati di fissare la formula e di allontanare le sfumature , per lungo esercizio diventati famigliari con le entità pseudoconcettuali e del tutto alieni dall ' ironia che è nell ' individuo e dall ' astuzia del particolare ; imperialisti per reagire all ' aridità di un ' educazione astratta , con il fondamentale dogmatismo del costituzionalista . Se a queste deficienze di personalità e a questa frettolosa sicumera di praxis connetterete i limiti del movimento storico avrete collocato il nazionalismo nella sua luce , in quell ' atmosfera d ' ironia che gli aderisce senza essere frutto della crudeltà della satira , che può pacificamente risparmiarlo . I profeti primi , in ordine cronologico , del nazionalismo furono poeti ( Corradini , Papini , Borgese , 1903 ) sognatori di espansione e di attività . La seconda generazione nazionalista si divertì più modestamente a sognare un collegio elettorale ( Federzoni , Bevione ) ; gli ultimi sono operosi giuristi e candidi teorici , votati a un ' opera di società di cultura . Sotto questa varietà di evoluzioni resta , come unica sostanza sentimentale , un patriottismo ora filisteo ora retorico , sempre troppo ingenuo per avere validità politica ( il sentimento della patria può essere un presupposto , non un elemento della politica ) e si perpetua , come aspirazione ideale , l ' ultimo tentativo di un astratto sogno hegeliano . Senonché Antonio Labriola e Benedetto Croce bene avevano avvertito con l ' esempio la poca serietà di chi volesse riprendere il concetto dello Stato hegeliano senza ricordarsi gli approfondimenti di Marx . Così il nazionalismo fu una filosofia della storia ottimistica che parlò enfaticamente di Stato forte dimenticando l ' elaborazione pratica della lotta politica da cui lo Stato scaturisce e teorizzò astrattamente un termine del processo storico senza vederne la natura meccanica e naturalistica . Invero solo per un vizio originario di educazione positivista essi ci parlano di nazione e non di Stato e non bastano le tessere di Giovanni Gentile e di Balbino Giuliano per cancellare le orme di Morasso e di Sighele . Il nazionalismo si oppose al socialismo e al positivismo rimanendo nel loro stesso piano : per parlare un linguaggio famigliare ai nuovi aderenti fu l ' antitesi della tesi . La romantica democrazia reagendo contro il Risorgimento aveva cercato di superare il particolarismo in esso implicito ; poiché la nostra unità ci venne più dalle tradizioni piemontesi che dal liberismo di Cavour e dallo storicismo critico di Cattaneo . Per vie diverse erronee , limitate , Lombroso , Ardigò , Loria reagivano rimanendo provinciali al filisteismo della nostra unità , volgarizzavano esigenze di malcontento , si assimilavano grossolanamente un pensiero europeo che gli Italiani non avevano saputo apprendere dalla serietà di Cattaneo e di Cavour . Opponendosi a questo umanitarismo romantico , i nazionalisti non sentirono la vitalità che vi si nascondeva . Da quella parentesi era nato il movimento operaio e , contro il garibaldinismo di Crispi , una franca coscienza libertaria , premessa necessaria di un serio pensiero politico . I nazionalisti credettero di poter fare a meno della lotta politica e di tornare semplicemente al povero sogno di disperazione del Gioberti . Essi accettarono il Risorgimento come un dato di fatto , senza intendere che si poteva essere davvero unitari solo facendo il processo all ' unità , solo spezzandone il mito eroico per integrare le deficienze e mettere riparo al fallimento . Perciò rimase sterile la loro critica al parlamentarismo , all ' acquiescenza delle classi dirigenti , all ' impreparazione della politica estera , alla superficialità dell ' anticlericalismo , alla pericolosa corruzione della massoneria . Ma non seppero rifare il processo organico che determinava queste condizioni necessariamente , non seppero esprimere una volontà di redenzione aderente a capacità storiche reali . E perciò le loro idee si ridussero alle manifestazioni del malcontento piccoloborghese che con la retorica della patria cercava di consolarsi della sua incapacità economica . Si ripeteva nel partito senza genialità e senza profondità psicologica il caso di provincialismo letterario di Alfredo Oriani . Ad Oriani come a ispiratore dottrinario si rivolgeva Giulio De Frenzi già vicino a trasfigurarsi nell ' eroico clericalismo di Luigi Federzoni . Oriani era stato l ' ammiratore di Crispi e il teorico ottimista dell ' impresa africana : Oriani era il « grand ' uomo del villaggio » come il nazionalismo era il grande partito di un ' Italia desolata e infantile . Ma volgarizzandosi , irreparabilmente si disperdevano le qualità letterarie dell ' eroica solitudine del Romagnolo : restavano la sua mazziniana incultura politica e i suoi arbitrari schematismi hegeliani che , per ignoranza delle forze economiche e della genuina idealità dell ' empiria , lo avevano condotto semplicisticamente a capovolgere Ferrari e a fantasticare di unità italiana compiuta quando il processo era appena incominciato . Alla lotta politica pensata da Oriani resta estranea la complessità dei movimenti economici e delle psicologie : la Rivolta Ideale è il trionfo dell ' astrattismo , un mondo di ideologie senza uomini . E i nazionalisti , che ne assimilarono la superficie , derivarono dai più infelici intellettualismi la pigrizia semplificatrice in cui il loro istinto retorico si appagava . Prezzolini e Papini cercarono , ai tempi del Regno , di far capire ai nazionalisti Mosca e Parere , ma questo tentativo di integrazione culturale trovò gli spiriti impreparati e non era del resto sufficiente alla realtà imprevista che si veniva creando . Poiché la teoria delle élites è un canone valido di interpretazione storica , ma nasconde tutti i pericoli dell ' intellettualismo sociologico e scientifico da cui nasce , se non si trasporta la logica di Mosca e di Pareto sino a Giorgio Sorel il quale considera la teoria delle aristocrazie nel suo ambiente naturale , ossia nella lotta di classe . Nel 1903 una teorica di conservazione si esprimeva necessariamente nella pratica giolittiana , e non la borghesia ma il proletariato si stava schierando sul fronte di combattimento . Ma in quegli anni gli scrittori del Regno davano la prova del loro realismo schernendo gli operai . Se chi parlava nel 1903 di élites e di lotta politica avesse avuto una visione della realtà la rivoluzione operaia del 1919­20 non sarebbe stata stroncata per mancanza di classe dirigente . Il nazionalismo ha perduto in questa ignoranza la sua prima battaglia di politica estera . Mario Morasso definiva allora le rivendicazioni delle classi lavoratrici un eterno rompicapo e levava il suo inno alle imprese di eroismo dilettantesco del Duca degli Abruzzi e del Capitano Cagni . Enrico Corradini non poteva capire che la politica estera è più importante in un certo senso della politica interna solo in quanto è essa stessa politica interna ; senza che sia meno vera la proposizione reciproca . Ma a questa stregua l ' impresa libica invece di preparare una politica imperialista svela la nostra infantilità politica , nello stesso modo della politica adriatica . Il realismo politico più elementare suggerisce ben più precise grandezze ; il problema della nostra emigrazione , la questione meridionale sono problemi di politica estera più importanti del conseguimento di concessioni africane , e una saggia politica di alleanze può servirci meglio di grossi propositi bellici . D ' altra parte l ' esempio inglese e americano insegnano che solo con un proletariato agguerrito e cosciente è possibile una seria politica espansionista . Non basta aver affermato l ' utilità della guerra per esser chiamati realisti in politica . Qui i nazionalisti dichiareranno tutti i meriti loro e il loro coraggio nella lotta e nella resistenza contro le demagogie pacifiste . Ma l ' esaurirsi nella mera critica di una ideologia utopistica può essere la migliore prova di un peccato d ' utopia e di una valutazione erronea della realtà . Lo spirito guerresco dei nazionalisti fu infatti poco più che uno sfogo di esuberanze malate e di illusioni dimentiche . Il giudizio più realistico in tema di militarismo resta sempre quello di Machiavelli : i soldati che vincono le battaglie sono quelli che vogliono la pace e lo spirito d ' avventura mal si concilia con le severe necessità della guerra . La pratica offre le critiche più decisive e inesorabili di certe illusioni storiche senza che se ne diano pensiero i dottrinari . La guerra europea è stata vinta più per opera dell ' astrattismo wilsoniano che del concretismo imperialista e questo concretismo non era meno ingenuo di quell ' astrattismo . La storia è sempre più complessa dei programmi : la politica imperialista degli zar conduce la Russia alla sconfitta ; Trozchi predicando la pace fa la guerra vittoriosa . Nel disconoscimento di queste realtà consiste il dottrinarismo immaturo dei nazionalisti . Espansione coloniale e militarismo non sono in essi specifiche volontà ma vizi dogmatici : progetti innocui con cui si cerca di nascondere penose situazioni non conosciute . Il nazionalismo ha perduto la sua seconda battaglia quando ha dovuto subire il gioco del fascismo e ridursi , esso , il partito della forza e dell ' astuzia , al compito di elaborare una dottrina per i vincitori . Nell ' adesione al fascismo si vide chiaramente quanto vi fosse di piccolo ­ borghese e di enfatico nella Real ­ Politik di Coppola e di Corradini . Con la sua teoria delle aristocrazie il nazionalismo non è stato capace di elaborare neanche una praxis borghese . Il corradiniano regime della borghesia produttiva non ha sostegni di intransigenza , né natura eroica che lo salvi dalla degenerazione del socialismo di Stato . Gli industriali potranno essere condotti alla lotta politica con intollerante coerenza solo da un mito francamente liberista . Il protezionismo è la morale della mediocrità dell ' industria ; stronca la formazione di aristocrazie borghesi adeguando il merito all ' intrigo , negando con lo statalismo il processo libero dell ' industria - - come il cooperativismo spezza le naturali aristocrazie operaie col promuovere costumi da parassita . I nazionalisti non hanno elevato un solo grido contro la mentalità burocratica , anzi sono diventati il partito dei ceti medi per paura della rivoluzione . Nella difesa del protezionismo affiora una vera e propria questione di mentalità che culmina in un mediocre ricatto : il parassitismo è mercanteggiato in cambio di un ' adesione dottrinaria al mito della patria . Eccoci a constatare ancora qui la malattia storica e costituzionale del neo ­ guelfismo : Alfredo Rocco ne è il profeta più tardo . Il Primato giobertiano torna in vigore col suo astrattismo anti ­ liberale da medioevo e l ' hegelismo provinciale della Destra si acqueta con Gentile monarchico e nazionalista , nell ' enfatica palingenesi unitaria del semplicismo conservatore . Si esercitino i letterati nel considerare questi episodi di oratoria arcadica . Nota sul sindacalismo di Alfredo Rocco Le costruzioni teoriche di Alfredo Rocco , filosofo del sindacalismo nazionalista , sono appena un nuovo aspetto della dominante morale protezionista che si è prima analizzata . « Tutta la vita degli organismi sociali - - scrive Alfredo Rocco - - è una lotta incessante tra il principio dell ' organizzazione rappresentato dallo Stato , che tende a consolidarli e ad accrescerli , e il principio della disgregazione , rappresentata dagli individui e dai gruppi , che tende a disintegrarli , e perciò a farli cadere e perire . Quando trionfa lo Stato , la società si sviluppa e prospera : quando riprendono il sopravvento gli individui e i gruppi essa si disgrega e muore » . Non è vera la dottrina del progresso , anzi « la storia si svolge secondo cicli distinti , ma simili e ricorrenti . Ed è naturale : la storia dell ' umanità non è che la storia delle varie organizzazioni sociali che si succedono nei secoli e nei millenni , e ciascuna di queste ha , come tutti gli organismi , una vita , che si inizia con la nascita e termina con la morte , attraverso la giovinezza , la maturità , la vecchiaia . Nessuna meraviglia , pertanto , che la storia si ripeta perché nei vari organismi sociali che si formano successivamente , si ripete con le sue identiche fasi , la vita » ( Politica , vol . VII , pag . 3 ) . Questi concetti sono una rigida applicazione del socialismo di Stato , senonché , più che a Lassalle , bisognerebbe pensare a Campanella e ai regimi teocratici . Dopo Marx solo qualche onesto pievano di paeselli sperduti saprebbe consentire a una anatomia della società ingenua come quella escogitata dal Rocco . Invero il trionfo dello Stato non può essere che trionfo degli individui . La funzione politica non è propria di entità concettuali , ma di persone , le quali per il fatto stesso che operano nella società non dipendono mai dalla grettezza degli egoismi . Se la vita è trionfo di attività e di iniziativa , lo Stato opera come limite ideale , tende a diventare un risultato immanente e necessario nel momento delle affermazioni individuali . Senonché la più elementare prudenza ci suggerisce di metter da parte osservazioni troppo filosofiche inadatte alla schermaglia con un candido giurista inesperto di storia . Gioverà scendere invece dalle premesse alle smaglianti conseguenze . « Lo Stato deve tornare alla sua vecchia tradizione interrotta dal trionfo dell ' ideologia liberale , e comportarsi verso i sindacati moderni come si comportò con le corporazioni medioevali . Deve assorbirli e farli suoi organi . Per ottenere questo risultato il semplice riconoscimento non basta , occorre una trasformazione ben più profonda . Occorre da un lato proclamare la obbligatorietà dei sindacati e dall ' altro porli risolutamente sotto il controllo dello Stato , determinandone con precisione le funzioni , disciplinandone la vigilanza e la tutela in una forma di autarchia non eccessivamente svincolata . Ma , sopratutto , bisogna trasformarli da strumenti di lotta per la difesa di interessi particolaristici in organi di collaborazione al raggiungimento di fini comuni . I sindacati operai e quelli padronali debbono essere riuniti , industria per industria , in un sindacato misto organizzato , s ' intende , in due , anzi , piuttosto in tre sezioni , giacché sarebbe opportuno che anche gli elementi direttivi , ingegneri , tecnici , capi fabbrica , avessero la loro rappresentanza speciale . Ma l ' azione comune del sindacato deve essere ridotta ad unità da un organismo apposito , consiglio e direttorio sindacale per il raggiungimento di fini comuni » ( Politica , VII , p . 10 ) . Qui con l ' ironia viene a contrastare la generosità , e il naturale candore che sta sotto ogni malizia ci consiglia a mitezza verso le illusioni stesse più enfatiche e i progetti più massicci e goffi e sicuri di sé . Usi a pietà verso le deficenze più irreparabili e , per così dire , fisiologiche , dovremo dire che si nasce ottimista come si nasce becco , e se il nazionalismo è bello e ridente invece che serio e doloroso la colpa non sarà tutta della sua infanzia . Il sindacalismo è nato per sconvolgere gli schemi , per stroncare le pretese illuministiche , per far scaturire la verità dalla lotta politica , per ottenere da ognuno la sua dedizione alla praxis , per dominare col realismo i comodi giusnaturalismi . Il sindacalismo organizza delle forze , le conduce al sacrificio , obbliga ognuno ad assumere la sua responsabilità , dà a tutti , senza preoccuparsi di astrattezze dottrinali , un senso elementare di dignità : separa gli attivi dagli inerti , schiaccia inesorabilmente i pigri , fa sentire le differenze dei valori , acuisce l ' esigenza di una aristocrazia e di un eroismo civile , crea i presupposti per la nuova esperienza di una morale di produttori . Qualunque sia il suo mito finale , il suo sogno di palingenesi , il sindacalismo ha la sua realtà attuale come suscitatore di valori . Rocco vuole il sindacalismo senza lotta , come dire Hegel senza dialettica , il collettivismo marxista senza la dittatura del proletariato e il rovesciamento della praxis , il diritto pubblico senza la politica . Il suo sogno è infatti essenzialmente costi tuzionalista ; il suo mondo ideale è una pacifica rinuncia mistica . Vagheggia la riduzione dello spirito e degli individui a una misura amministrativa ; la sua ammirazione per la burocrazia è inesorabile , propugna : « l ' abbandono del pregiudizio dottrinale , ogni giorno smentito dai fatti , che il salario e le condizioni del lavoro siano determinate dalla legge della domanda e dell ' offerta e l ' adozione del principio del giusto salario che la giurisprudenza si incaricherebbe ben presto di precisare e di sviluppare » . Non occorre infierire contro intenzioni tanto candide . L ' inventore del nazionalismo economico è diventato economista non per presunzione ma per esigenza di partito : egli non osa neanche nascondere le equivoche sue derivazioni . La giurisprudenza ? Abbiamo trovato le giuste misure . Ecco perché è necessario abolire i validi strumenti millenari della lotta politica : boicottaggio , sciopero , serrata , ostruzionismo . I sindacati di Rocco sono un ' invenzione di carattere professionale , sono il semenzaio dei nuovi clienti . VI I repubblicani Lo spirito del partito d ' azione Se nel Partito Repubblicano si trovano oggi germi di rinnovamento le ragioni sono da cercarsi nell ' azione storica del fascismo e nel confluire in seno al fascismo dei motivi nazionalisti e retorici dell ' interventismo . La guerra ha liquidato la questione dell ' irredentismo , nella quale i repubblicani rimanevano rigidi e indifferenziati dai partiti dell ' ordine . La monarchia poi , riconoscendo il colpo di mano fascista , ha ripresentato il problema istituzionale . Infine il fascismo ricollegandosi alla parte caduca e donchisciottesca del nostro Risorgimento si assume quel compito di rivendicazioni romantiche , di predicazione di esaltato patriottismo , di sentimentalismo sociale collaborazionista che dopo la fine del partito d ' azione era stato il solo patrimonio continuato dal mazzinianismo . Il ventennio antecedente al '14 ci aveva dato infatti una caratteristica forma di psicologia di altri tempi : la camicia rossa « tendenziale » non mai sazia di leggenda e di cortei , generoso sangue romagnolo , con l ' avventura per ideale e la spavalderia per motto , irredentista per un ripicco a Francesco Giuseppe , rispettosa dell ' ordine borghese come di quello che si lascia bestemmiare , sdegnata con la monarchia per potersi spiegare con semplicità la storia e il proprio perpetuo malcontento , oltre che per altissimi principi di uguaglianza sociale . La guerra , poverissima nel creare sfumature di idealità e di caratteri , ci divertì invece nella figurazione del repubblicano tirannello e del comitato di salute pubblica . Furono i repubblicani primissimi responsabili con i nazionalisti nel creare le famìgerate leghe d ' azione antitedesca e nell ' esasperare quella campagna contro Giolitti , che resta , anche per gli spiriti non teneri verso il giolittismo , uno degli indici più sconsolanti della nostra immaturità durante la guerra . Del resto un partito che non ebbe altra risorsa , per decenni , fuor di una banale campagna moralizzatrice e identificò la lotta politica con la lotta all ' uomo e le accuse di disonestà pratica , doveva logicamente esaurirsi nel modo più allegro , e darci lo spettacolo di parecchi suoi gregari , paladini di purità , implicati nei più disgustosi scandali . Si sa che la storia difficilmente consente che le sfuggano le occasioni della più piacevole ironia : e ci volle riservare l ' estrema prevista sorpresa di un Colaianni persecutore del proletariato e del bolscevismo e di un partito rivoluzionario alleato alla monarchia per salvare i pescicani e le cricche di Montecitorio . Solo a questo punto , mentre la reazione fascista si stava sfrenando in Romagna con la complicità dei repubblicani , e da parte dei più dignitosi , come il Ghisleri e il Facchinetti , non si sapeva suggerir rimedio fuor di una rosea Costituente : alcuni giovani , come Zuccarini , Conti , Schiavetti e Bergamo , riuscirono ad imporre la necessità di un orientamento rivoluzionario . Senonché l ' occasione e il fondamento dell ' opera , il movimento operaio , sono mancati e ai nuovi repubblicani spetterà un mero compito di critica e di eresia d ' avanguardia . I torti del mazzinianismo Resta a vedere se la dottrina mazziniana , su cui questi giovani continuano a fondarsi , non contenga già originariamente quei vizi di comprensione storica e di pratica dei quali Colaianni , Barzilai , Chiesa , Pirolini , non sarebbero che naturali esemplificazioni . Si chiede se l ' equivoco in cui si trovarono i repubblicani di fronte ai tre problemi 1 ) Dalmazia , 2 ) wilsonismo , 3 ) bolscevismo potessero evitarsi o non corrispondessero a pericolosi errori di impostazione e di natura . La politica estera fu il terreno specifico della competenza di Mazzini e si potrebbe citare come una prova del suo realismo nella visione del Risorgimento . Ma , in quanto è valida , ha i suoi limiti aderenti alle occasioni per le quali fu pensata e soltanto per ragionamenti storici si possono giustificare le sue ideologie umanitarie , che i repubblicani hanno inteso invece come premesse su cui esercitare i procedimenti deduttivi . Più compromettente è l ' eredità mazziniana in tema di questione sociale . Infatti quando Mazzini parla del problema sociale come di un problema di educazione delle facoltà umane , egli è in una posizione reazionaria ; la stessa in cui ricade il Ghisleri , intendendo il consiglio di fabbrica come uno strumento di conoscenze economiche per gli operai . E se il concetto d ' associazione come l ' intendeva il genovese ha avuto una grande importanza per creare lo slancio e lo spirito rivoluzionario non ha saputo poi estendersi al campo tattico e strategico e dare agli operai un ordine di lotta e una disciplina di intransigenza . La cooperazione e la mutualità , sorte dall ' iniziativa di difesa delle classi proletarie , diventano una corruzione piccolo ­ borghese delle autonomie e un peso morto per la battaglia se sono alimentate con spirito riformistico come preludio alla società futura . Il movimento operaio ha la sua logica nella sua disperazione ; il futuro non può essere compromesso con piani preconcetti . Ed ecco che invece Zuccarini , in pieno processo di rivoluzione italiana , mentre afferma che il problema politico è problema di forza e che i repubblicani sono rivoluzionari , pone di fronte all ' esperimento russo la domanda : come deve essere organizzata la società dopo la rivoluzione . Preoccupazione caratteristica del dottrinarismo mazziniano che viene a introdurre , nel momento in cui l ' unità della difesa e dell ' attacco deve essere conservata , rigorosa , la scissione delle ipotesi e delle previsioni . Il processo al regime accentratore , autoritario , monopolistico della rivoluzione russa , non si può fare a priori in nome di un ideale di autonomia perché soltanto il futuro ci dirà l ' organizzazione del futuro e in Russia Lenin ubbidisce al suo clima storico e ad esigenze non più astratte ma determinate da una dialettica quotidiana reale . Il problema del movimento operaio è problema di libertà e non di uguaglianza sociale , la critica allo Stato ha un valore dinamico , non ricostruttivo . La classe operaia si migliora tecnicamente da se stessa nella fabbrica ; la sua capacità rivoluzionaria poi è data dalla sua forza morale , dallo spirito di sacrificio . Sono cose che la scuola non può insegnare , anzi l ' idea sola di insegnarle , mentre non ha alcun grado di attuabilità , costituisce un ' umiliazione per l ' operaio . I Doveri dell ' uomo di Mazzini sono un libro immorale in quanto propongono all ' operaio un ideale che non scaturisce dal suo stesso cuore , lo persuadono a tradire sé e i suoi per agire nell ' atmosfera retorica della palingenesi democratica e della virtù piccolo ­ borghese . L ' operaio deve educarsi da se stesso nella fabbrica , deve conquistare la sua coscienza morale nel lavoro , che gli darà virtù di eroismo politico , deve , educato , rimanere operaio . L ' uguaglianza sociale è l ' ideale di tutte le preparazioni e di tutti i sogni ribelli , è l ' aspirazione più tragicamente commossa dell ' uomo di tutti i tempi , ma esaurisce la sua forza nel creare l ' impulso rivoluzionario : solo la differenziazione può alimentare una morale sociale e un senso dei limiti e una responsabilità di sacrificio . Mazzini non ha avvertito la logica di questo processo perché il suo Stato futuro vive in un ' atmosfera romantica ed evangelica aliena da ogni esperienza di modernità e i suoi seguaci non scorgono , al di là della nazione , il travaglio della coscienza statale . Solo per questa considerazione è spiegata la svalutazione dei capi che affiora anche qua e là negli scritti di Zuccarini ; e la assoluta incomprensione dei compiti che spettano alle aristocrazie dirigenti . Infine dove il dottrinarismo mazziniano si rivela più inadeguato è nella completa assenza di cognizioni economiche e nella pretesa di subordinare la complessa realtà dell ' economia al semplicismo preconcetto di uno schema politico . Le idee fisse di Mazzini e dei suoi seguaci sono la cooperazione e la piccola proprietà concepite con una mentalità di primitivi , senza connessione con l ' economia moderna e senza avvertire che la cooperazione , come sistema produttivo , tende a diventare parassitaria e la piccola proprietà floridissima nel Monferrato urta contro ostacoli sinora non superati in Basilicata o in Calabria . Tra Mazzini e Cattaneo Non si può dire dunque come i giovani repubblicani siano per riuscire a conciliare la loro volontà rivoluzionaria con queste malsicure premesse della dottrina mazziniana . La loro critica al fascismo corruttore coincide oggi con la nostra , ma nel momento in cui bisognerà scegliere tra uguaglianza e libertà la guida di Mazzini non li trarrebbe certo dall ' equivoco , perché nel mazzinianismo , mentre si trovano le idee più contraddittorie e confuse , il nucleo centrale resta una dottrina democratica conservatrice rispetto alla quale le sovrapposizioni rivoluzionarie sono una mera derivazione romantica , quasi una malattia del secolo che non è più il nostro . Il disagio di questo equivoco è avvertito dai nuovi repubblicani nell ' atto stesso che non riescono a individuare la loro azione in un senso determinato . I motivi polemici di Critica politica , la bella rivista di O . Zuccarini , potrebbero essere accettati senza discussione da conservatori intelligenti . Tra Sud e Nord il partito non si è deciso . Le nostalgie rivoluzionarie lo avvicinano agli operai , il mazziniano fanatismo per la piccola proprietà lo accosta ai contadini . Qui si nascondono delle contraddizioni per l ' azione futura del partito : se bisogna preoccuparsi della vita agraria in Italia prima di ogni altra cosa ( p . 43 , Il partito repubblicano dopo la guerra ) bisogna combattere non soltanto l ' industria , ma anche gli operai e sognare una rivoluzione fanatica ( di che altro saranno capaci i contadini del Sud ? ) invece di una rivoluzione politica . Che dire del pensiero repubblicano verso il Parlamento per cui li troviamo partecipi della comune aspettazione dal governo tecnico e competente ? La storia recente ha dimostrato in modo inconcusso la superiorità degli incompetenti sui competenti . Giunto a questo punto il nostro processo ai rinati repubblicani apparirebbe tendenzioso e non metterebbe in chiaro la simpatia con cui continuiamo a seguirli se non rilevassimo il punto vivo del loro pensiero e delle loro polemiche rendendo l ' omaggio dovuto ai motivi che ereditano da Cattaneo . Il federalismo per spiriti non negati alla cultura conserva le suggestioni dell ' eresia più accreditata che sia sorta nella nostra storia politica . Il vessillo dell ' autonomia e del decentramento nasconde sfumature e risorse complesse ed impreviste : del regionalismo è facile rinnovare di fronte alle esigenze ricorrenti i sensi e le suggestioni ; la modestia dell ' insegnamento economico non è fuor di luogo nell ' Italia moderna , il mito libertario sta per diventare laborioso e doveroso . In un regime intollerante di critica e di autonomia , sotto un governo paternamente dispotico , queste sfumature di indagini e delicatezze di metodo hanno un compito ben preciso di difesa per l ' avvenire , anche se non ne scaturisca oggi un imperativo di azione tutto chiaro . LIBRO TERZO CRITICA LIBERALE I Problemismo Gaetano Salvemini e Luigi Sturzo sono riusciti a promuovere in Italia il più recente esperimento di illuminismo politico offrendo il metodo e alcuni esempi di problemismo pratico . La natura liberale di questo tentativo non ha bisogno di troppi chiarimenti e le stesse obbiezioni che gli furono rivolte attestano solo l ' immaturità delle condizioni storiche in cui il loro pensiero , alquanto esclusivo , si dovette svolgere . La conoscenza dei problemi pratici non può sostituire , s ' intende , la dialettica delle forze e infatti la critica liberale non ha mai preteso di ridurre la realtà sotto schemi intellettualistici preconcetti : le azioni degli uomini non sono guidate dalla sola logica , anzi la spiegazione offerta dalle pretese razionali è insufficiente quanto quella che si vuol derivare dal riconoscimento degli istinti . D ' altra parte lo scetticismo verso l ' indagine problemistica mostra di non capire che nella complessità della vita sociale i « problemi » riescono degli eccellenti punti di orientamento , e sono talvolta occasioni e strumenti per individuare la crisi e le forze vitali presenti nell ' equilibrio politico . Se la metodologia liberale è la più ripugnante ai dogmi e alle semplificazioni astratte , alle cieche fiducie e alla sicumera dei progettismi , la conoscenza dei problemi pratici si presenta per il politico come una forma e un indice di liberalismo : è un modo di aderire alle sfumature e di prolungare l ' osservazione , una delle vie per cui si prova l ' ascesi del politico . La teoria liberale non ha mai dimenticato che l ' attitudine prima dell ' uomo di governo come dell ' uomo di partito sarebbe quella di sapersi fermare al momento giusto , prima di decidere : la virtù del dubbio e della sospensione di giudizio , la capacità di dar ragione all ' avversario è la miglior preparazione all ' intransigenza e all ' intolleranza operosa . Anzi deriva da questa caratteristica l ' accusa volgare mossa al liberalismo quasi fosse incapace di azione perché obbiettivo e fedele a canoni di indagine teorica prima che a esigenze di interessi : senonché l ' obbiezione mostra di ignorare proprio il fondamento psicologico del liberalismo , che non è soltanto movimento libertario e difesa delle iniziative dei singoli , ma anche un indice di maturità storica , un segno di aristocrazia del sapere e una raffinata diplomazia nei rapporti sociali . Il liberalismo sdegna la politica dei competenti ( degli interessati ) perché ha elaborato un concetto della politica come disinteresse dell ' uomo di governo di fronte al popolo interessato , e perché ha offerto durante il corso storico alcuni modelli assai evidenti della competenza che deve ritrovarsi nell ' uomo di Stato ( Cavour ) . II La lotta di classe e la borghesia La lotta di classe è stata l ' experimentum crucis della pratica liberale ; solo attraverso la lotta di classe il liberalismo può dimostrare le sue ricchezze . Essa rappresenta in politica la parte che in economia spettò al fenomeno dello scambio e del commercio . È lo strumento infallibile per la formazione di nuove élites , la vera leva , sempre operante , del rinnovamento popolare . Soltanto la lotta , mentre condiziona lo scaturire delle iniziative , garantisce le libertà dei singoli . Le classi appaiono chiuse e agiscono come unità distinte e individuate nei momenti più gravi del contrasto : ma errerebbe chi le considerasse schemi o astrazioni mentre corrispondono a uno sviluppo e rappresentano un movimento . Il sogno nazionalista della distruzione o dell ' addomesticamento delle classi ha la stessa natura del sogno pacifista e dimentica la funzione educativa del contrasto nella vita degli uomini . Ci sono buone ragioni per sospettare che la sociologia abbia negato il concetto di classe soltanto per avere esperimentato la difficoltà del definirle . La caratteristica della lotta politica infatti risiede in questo che , mentre separa le classi , le unisce : le sfumature e gli elementi differenziali riescono così mutevoli e dialettici . Uno studioso idealista , avendo voluto intendere rigorosamente la borghesia come un fatto dello spirito , si ridusse a studiarla non nei borghesi , che nel suo giudizio avevano troppo scarsa coscienza ideale di se stessi , ma nel proletariato che la conosce per il fatto stesso che la combatte . Con questo processo metodologico la scienza veniva a fondarsi sui miti , la critica riesciva identica con la polemica . Infatti per suggestioni di questo genere si è continuato a vedere nella figura del borghese l ' uomo che si è fatta una posizione , l ' uomo del ceto dirigente contento di sé . E allora non esisterebbe una borghesia , ma soltanto lo spirito che si imborghesisce ; non una classe , ma una circolazione di classi : un pericolo eterno di stasi , di negazione del progresso , di acquiescenza al passato . La borghesia sarebbe il momento dell ' inerzia , della rinuncia in cui tutte le élites ricadono quando si avvicina il loro tramonto . Senonché si può parlare nel secolo nostro della necessità del tramonto della borghesia ? La civiltà capitalistica , preparata dai comuni sorta trionfalmente in Inghilterra e diffusa negli ultimi decenni , pur nonostante varie attenuazioni in tutto il mondo civile , è la civiltà del risparmio , fondata su intraprese che hanno bisogno per vivere di un capitale mobile . I paesi più arretrati nella civiltà capitalistica , i paesi in cui la borghesia si mostrava meno solida , erano appunto negli anni scorsi quelli in cui la povertà delle condizioni sociali , la difficoltà di iniziative industriali e commerciali ostacolava la formazione di capitale mobile : la Russia , ancora costretta in un ' economia latifondista , l ' impero austriaco dominato dagli agrari ungheresi , l ' Italia , condannata dal dazio sul grano a una politica agraria preistorica . Adriano Tilgher ha cercato la logica di questa civiltà nell ' attivismo assoluto che riconosce in se stesso il principio e il termine dello svolgimento . L ' impulso vitale viene infatti alla vita moderna dalle sue stesse ragioni interiori , per una parte dalla superpopolazione per l ' altra dalla crescente capacità produttiva , dalle inesauribili invenzioni tecniche , dai bisogni sempre nuovi . In questa vita moderna l ' economia si fonda sul liberismo , la politica promuove le esperienze di autonomia con la pratica liberale , la filosofia vuole essere critica e immanentista , la morale si fonda sul realismo e sul valore fondamentale dell ' attività , la logica è dialettica . Ma dove le condizioni obbiettive non sono mature per uno sviluppo rigoroso , abbiamo processi patologici che dagli stessi principi conducono a conseguenze contrastanti ; il liberismo diventa socialismo di Stato , il liberalismo democrazia demagogica o nazionalismo dilettantesco , come in sede culturale il criticismo si dissangua nel sensismo , la dialettica cede all ' eristica e alla retorica . Questi due momenti dello sviluppo di uno stesso mondo , si possono chiamare tutti e due con la stessa legittimità borghesi , se borghese è l ' orientamento di vita cominciato con la rivoluzione francese : solo un esame storico più analitico potrà introdurre nuovi criteri di differenza per spiegare i vari stadi di sviluppo in cui la civiltà borghese si trova presso i vari popoli . La lotta di classe risparmia , nella sua azione presente , la civiltà capitalistica la quale poi è al di sopra delle classi e vuole l ' opera di tutti i ceti che vi partecipano e la creano concordi , pur mentre lottano tra di sé inesorabili nel volere la reciproca sopraffazione . La crisi economica che offrì gli elementi per la critica socialista non fu il segno di un esaurimento definitivo , e le palingenesi socialiste stesse valsero come miti d ' azione , non come annunci di tramonto : il capitalismo moderno oppone ai suoi avversari insuperabili esigenze economiche e pratiche e li obbliga a contribuire al suo successo . Si spiega agevolmente il motivo per cui nel mondo moderno borghese , spettò la definizione di borghesia alla classe dirigente : non in quanto essa si opponga ai moti popolari , ma in quanto ne è l ' espressione diretta e ne rappresenta gli istinti e le deficienze . È giusto però che i partiti d ' opposizione , nella loro volontà di creare la nuova élite di governo , affrontino la lotta seguendo la logica di miti intransigenti e messianici sino al semplicismo . Lasciata l ' elaborazione del concetto di borghesia agli scrittori del proletariato , è naturale che il concetto ne sia stato essenzialmente negativo e che nella borghesia si siano trovati e teorizzati , come specifici di essa , quegli errori e quelle debolezze che il mondo moderno reca in sé e che sono propri nello stesso modo del proletariato , il quale anzi sogna una società nuova , appunto perché ha la coscienza istintiva dell ' immaturità presente . La lotta di classe affina il senso di questa economia borghese e della proprietà privata , promuove nel cittadino la coscienza di produttore , come capitalista , come tecnico e come operaio . Gli stessi operai conservano una psicologia borghese se pure sognano trasformazioni e catastrofi : il concetto marxistico di proprietà dei mezzi di produzione distingue soltanto i ceti che hanno potuto più rapidamente conquistare la loro coscienza di produttori . Il significato rivoluzionario del movimento operaio , come ha dimostrato l ' occupazione delle fabbriche , consiste nella sua attitudine a riuscire più vigorosamente borghese , mentre troppi industriali non sanno adempiere la loro funzione di risparmiatori e di intraprenditori . Il sistema borghese invece di avviarsi al tramonto sarà ravvivato proprio dai declamatori e dai becchini della borghesia . Le classi dunque valgono come miti : forze che sempre si rinnovano e si contendono il potere . Il proletariato potendo affermarsi solo a patto di voler creare un ordine nuovo , ha negato in teoria , col più formidabile paradosso , la sua funzione nella società presente : in uno sforzo tanto più gigantesco quanto più , in apparenza , impotente , nelle umili condizioni spirituali dei proletari , ha acconsentito a identificare la civiltà presente con la classe avversaria ed ha osato affrontare la responsabilità di creare una civiltà nuova . Che cosa vi sarà di nuovo in questa sognata civiltà ci diranno le vicende della storia : le illusioni del socialismo in tanto diventeranno realizzatrici in quanto si cimenteranno intorno al problema specifico di continuare l ' eredità del mondo presente . Il mito marxista nella sua temerarietà avrà saputo far degni i proletari di questo compito . Nella lotta messianica di due principi ideali , vivi l ' uno come sogno e l ' altro come realtà economica e politica , la storia non ammette soluzioni di continuità e si serve dei miti , delle fedi e delle illusioni per rinnovare la sua eternità . Con questa fiducia guarda il liberale la lotta aperta dei ceti e dei partiti chi sa combattere è degno di libertà . III Politica ecclesiastica Le accuse degli idealisti contro il semplicismo e la fiducia con cui la teoria liberale avrebbe considerato il problema ecclesiastico , valgono soltanto contro i massoni del patto Gentiloni . Lo Stato non professa un ' etica , ma esercita un ' azione politica . Non rinuncia di fronte a nessuna Chiesa , ma non ha bisogno di combatterla come una concorrente . Il potere temporale è morto . Lo Stato ( anzi gli individui nello Stato libero ) deve difendersi dall ' assolutismo che reca in se stesso , non dal reazionarismo di altre epoche . Il liberalismo vede nella storia italiana due problemi di politica ecclesiastica : i rapporti tra il Vaticano e lo Stato , complicati dalla questione romana ; e l ' esistenza di uno spirito cattolico tra i cittadini . Prima della fondazione del partito popolare la questione degli italiani cattolici sembrava assai pericolosa per l ' unità e lo Stato risentì di queste paure e dovette ricorrere alternativamente a provvedimenti di politica ora grettamente clericali ora settariamente massonici . Il partito popolare ha migliorato i costumi dell ' Italia liberale allontanando lo spauracchio del pericolo clericale . È ormai lecito pensare a una pratica di governo ispirata da cattolici che rimanga perfettamente estranea alle influenze del Vaticano . In quanto al primo problema è buona tradizione di governo , che risale a Cavour , il considerarlo come un affare di politica estera . Nel regolare i rapporti tra il Vaticano e lo Stato consisterebbe infatti la prova infallibile di maturità per il diplomatico italiano che ha poi il dovere di presentare i risultati della partita come garanzia di serietà politica della nazione agli occhi degli altri governanti . Sostenere cavallerescamente la schermaglia continua con la diplomazia più raffinata del mondo , mantenere intatta una difficilissima posizione di equilibrio senza che la lotta si inasprisca e senza che si venga a una pace compromettente e pericolosa è un esercizio invidiabile di serenità e di astuzia . E non si può escludere che il Vaticano abbia per la nostra politica interna una delicata funzione di liberalismo e di moderazione , capace di frenare i sogni tirannici , i colpi di Stato e le avventure scapigliate con lo spauracchio delle complicazioni internazionali . Ma queste considerazioni valgono soltanto se si immagina costante il presente stato di lotta tra i due organismi ritenuti inconciliabili nonostante il riserbo e la dignità dei reciproci rapporti . Una soluzione della questione romana che assegnasse al pontefice la sovranità su una parte sia pur minima di territorio ( per es . i Palazzi ) significherebbe un regresso evidente : anche l ' ombra e il nome del potere temporale riescono insopportabili a uno spirito moderno ; e il dissidio risorto su una conciliazione siffatta ci riporterebbe vanamente ad altri tempi . La logica cattolica postula in politica il clericalismo assoluto ; ma il cattolicismo del Vaticano è ormai troppo abile , diplomatico , agile per voler essere logico : basta togliere di mezzo le occasioni e le ambizioni dei ritorni . Qui volendo indicare con un nome tutto il cammino di aberrazioni da cui si deve distogliere la politica italiana basterà ricordare Gioberti : nessun programma riuscirebbe oggi più nefasto del neoguelfismo che pur sembra allettare i cuori dei nuovi governanti . Da Federzoni a Mussolini l ' idea di una Chiesa strumento dell ' espansione italiana , custode delle tradizioni nazionali , sacra protettrice del popolo eletto è tornata ostinatamente con ingenue promesse ; e sembra ricorrere con Pio XI , il papa milanese , la nefasta illusione quarantottesca . L ' ingenuità di un siffatto sogno di conciliazione appare evidente se appena si considera che la fine arte politica del Vaticano difficilmente s ' indurrà a concedere senza ricambio : e la situazione è così delicata che qualunque spostamento di equilibrio può far rinascere penosamente le questioni clericali . L ' educazione politica ( dei cattolici è cominciata col partito popolare . L ' opera dei governanti dovrà essere ben cauta se non vorrà interromperla prima della maturità . D ' altra parte il solo sospetto di una complicità italiana nelle decisioni del Vaticano potrebbe determinare un umiliante conflitto internazionale . I rapporti tra Stato e Chiesa dunque si potranno migliorare solo se si manterrà costante la pregiudiziale cavouriana della laicità . Si tratta di liquidare lentamente e insensibilmente gli ultimi residui di clericalismo , se non si vuole veder rinascere con singolare asprezza la lotta anticlericale . Questo programma in Italia è stato rappresentato da Luigi Sturzo , il solo che avrebbe saputo , liquidando il clericalismo con il consenso dei cattolici , evitare una reazione cruenta . L ' accordo di Mussolini col Vaticano contro Sturzo segna certo il ritorno di politiche più avventurose e compromettenti ma non è ancora lecito dire quale dei tre malanni ( neoguelfismo , clericalismo o anticlericalismo ) ci attende in questa parentesi di politica illiberale . IV La proporzionale In Italia le questioni costituzionali continuano ad essere considerate come questioni di forma come se tutti i popoli non avessero fatto la prova delle loro attitudini all ' autogoverno e delle qualità diplomatiche nella creazione dei congegni elettorali più adatti a condizioni storiche specifiche e nella coordinazione degli istituti statali e delle iniziative libere . Il collegio uninominale fu il sistema ideale in un paese ( l ' Inghilterra ) che aveva rinunciato al feudalismo per garantirsi contro un sovrano statolatra ; è ancora economicamente e politicamente una forma feudale , presuppone il voto limitato e l ' esistenza d ' una classe aristocratica , si adatta a un tipo di vita tradizionale e sedentaria , esente dallo spirito d ' avventura ; riesce l ' ideale più accessibile ai contadini , alieni dal partecipare alla vita dello Stato , paghi di eleggere il deputato , incapaci di controllarlo . Dove il deputato non può parlare in nome dei suoi interessi di feudatario la tendenza del collegio uninominale si esprime nella formazione di una classe di politici , facili a degenerare in una pratica di politicantismo parassitario . Questo processo si ebbe , in forme alquanto demagogiche , in Italia , dove gli interessi agrari non riuscirono a stabilizzarsi , e l ' istinto retorico trasformò il rappresentante nel tribuno . Così stando le cose la rappresentanza proporzionale parve segnare giustamente in Italia il periodo in cui la vita unitaria si sarebbe imposta alfine , dopo il tormento della guerra e dell ' ascensione socialista , con una fisionomia di serietà etica e politica . Se ne fece banditore il partito popolare che inaugurò appunto in Italia , nella misura concessa agli italiani , una rivoluzione di carattere protestante sia per la sua etica cristiano ­ liberale , sia per lo spirito laico e cavouriano con cui considera il clericalismo ( Sturzo e Donati ) . L ' utilità della proporzionale non fu quella di uno strumento di conservazione come crede alcuno , ma si rivelò nel creare le condizioni della lotta politica e del normale svolgimento dell ' opera dei partiti . A questo concetto noi dobbiamo dare dei riferimenti alquanto diversi dai consueti . Il dopo ­ guerra fu un fenomeno di dissolvimento dei costumi e di tormenti ideologici : le condizioni generali vi sono assai analoghe a quelle dell ' Europa di Lutero , fortemente favorevoli a un movimento di carattere religioso nel senso di una riforma cristiana del cattolicismo . Il sintomo più importante di queste esigenze non sono i vari episodi mistici o confessionali ( Papini , Manacorda , Zanfrognini , Conscientia ) , ma il tentativo di Sturzo che ha appunto la serietà di un largo movimento sociale . La proporzionale diede a queste voci i mezzi per agire nel terreno nazionale , per presentarsi come programmi e proporre delle discipline . La democrazia trovava la sua atmosfera liberale : la proporzionale obbliga gli individui a battersi per un ' idea , vuole che gli interessi si organizzino , che l ' economia sia elaborata dalla politica . Uno dei più forti segni di disgregamento nel dopo ­ guerra non fu la lotta di classe , ma il pericolo che le classi si spezzassero egoisticamente in categorie ; che gli interessi vincessero le idee , che il corporativismo si sostituisse ai costumi di lotta sindacale rivoluzionaria insegnati da Marx e da Sorel . Il pericolo - - anche se nessuno l ' ha visto - - stava nelle rappresentanze professionali - - concetto che fu caro a tutti gli intellettuali disoccupati da Murri a Rossoni . Solo la proporzionale ebbe la virtù per qualche anno di utilizzare queste forze disgregatrici obbligandole a trasportare gli interessi nel campo politico , dove naturalmente son tratti a coordinarsi rinunciando al loro esclusivismo proprio quanto più ciascuno lo afferma e lo difende . Il fascismo dovette sconvolgere , per vincere , i risultati liberali conservatori di due esperimenti proporzionalisti e oppose all ' esercito degli elettori bande di schiavi ignari dei diritti politici . Il loro istinto di padroni guida assai precisamente i fascisti nella lotta contro la proporzionale . Ora codesti padroni sono tanto più curiosi in quanto ci vogliono presentare i loro stratagemmi di volgare restaurazione come scoperte futuriste . La critica alla proporzionale perché non rende possibile un governo di maggioranza è futurista proprio come le scoperte marinettiane di forme d ' arte alessandrine . L ' importanza dell ' opera moralizzatrice della proporzionale si riconobbe negli esperimenti italiani , nella sua attitudine a liquidare i governi di maggioranza . Dove prevale senza incertezze una maggioranza si ha nient ' altro che un ' oligarchia larvata . La formazione elettorale della maggioranza di governo è poi sempre un risultato di transazioni e di equivoci ( patto Gentiloni ) ; l ' arma del ricatto diventa il sistema con cui il tiranno può asservire ai suoi istinti gli eserciti delle democrazie votanti . La vita moderna si nutre di antitesi e di contrasti non riducibili a schemi ; i blocchi e le concentrazioni sono il sistema del semplicismo in cerca di unanimità ; la logica della vita politica si riposa nella varietà e nel dissenso , il governo ne sorge per un processo dialettico diversamente atteggiato a seconda delle diverse azioni di tutti i partiti . La proporzionale è riuscita a creare le condizioni di vita per un governo di coalizione ( valorizzato dall ' influenza dei partiti che vi collaborano anche quando si contrastano ) , eliminando ogni possibilità di patti Gentiloni . L ' Italia di Nitti dovrà rimanere per questo aspetto , a parte ogni critica che si possa muovere alla figura del ministro , un ideale vanamente vagheggiato e risperato di educazione politica . In quel periodo torbido e difficile mentre la proporzionale aiutò con chiarezza i governi a salvare il paese , ci fu dato il primo esempio della capacità degli italiani a vivere in un regime di democrazia moderna : fuori di quell ' esperimento non ci rimase altra alternativa che il Medio Evo di Mussolini . V La rivolta dei contribuenti Il concetto marxista della derivazione dei rapporti politici da fenomeni di natura economica va inteso e corretto in un senso che escluda ogni rigoroso determinismo e fissi invece connessioni di carattere irrazionale assai più complesse e vorrei dire misteriose . L ' attività economica sarebbe la materia che cerca nella politica la sua forma ; fenomeno rozzo e sfuggente che si tenta di conoscere attraverso leggi di approssimazione meccaniche e in cui l ' opera del politico , mobile , sensibilissima , libera , si esercita come su un terreno di sperimento per sorprendere l ' istante in cui riuscirà ad affermare il suo dominio spirituale . Riesce perciò ricca di notevoli significati l ' osservazione comune che l ' opera del politico , volontà libera e indipendente debba tuttavia incontrarsi con la presenza di condizioni obbiettive favorevoli , o , secondo la frase più generica degli idealisti , inserirsi nella storia . Anzi solo a questo punto si potrebbe riprendere con frutto il vecchio discorso della cultura che si richiede nel politico . Queste pregiudiziali spiegano il nostro scetticismo verso le troppo abusate disquisizioni sulla crisi economica e sui modi di risolverla . Se la parola decisiva spetta , senza appello , al politico l ' indagine economica non ci darà lo specifico infallibile , ma appena dei punti di riferimento . Tutto il valore della tecnica si deve esaurire nel suo carattere di strumento e di coefficiente . L ' uomo di Stato starà attento al consiglio dell ' economista , ma lo subordinerà agli altri fattori storici . Il merito di certa economia liberista consiste essenzialmente nella franca rinuncia al giudizio conclusivo : l ' economista rimane fedele al suo limite scientifico , suggerisce criteri di buona amministrazione , espone i risultati della sua esperienza isolata e ristretta secondo ipotesi e astrazioni quasi matematiche , o secondo misure semplicemente descrittive . L ' economista constata l ' esistenza di un problema finanziario , burocratico , monetario , offre l ' anatomia dei processi di produzione della ricchezza in un determinato momento storico : ma la sua osservazione resta sul terreno delle premesse e dei sintomi . L ' istituire tra questi fatti una gerarchia e una coordinazione è già il compito dello storico e del politico . L ' osservatore realista studia come si comportano rispetto a questi sintomi e rispetto ai problemi le varie forze dell ' equilibrio sociale . Ecco un esempio nel quale si può risolvere tutta la nostra indagine . Il problema del pareggio del bilancio che è il punto più sensibile della crisi economica non può essere risolto con le riforme tecniche perché è un problema di contribuenti : e per chiare ragioni , se non altro psicologiche , si riferisce più alle spese che alle entrate . Non riesce difficile constatare attraverso i tormenti degli economisti l ' esistenza di una più grave questione di coscienza tributaria . Tra la storia inglese dei secoli XII ­ XIII e la storia nostra del dopo ­ guerra si trovano curiose analogie . La conquista normanna aveva necessariamente unito per i sacrifici della guerra vittoriosa re e vassalli : aveva rafforzato l ' autorità statale , come la guerra europea la rafforzò in Italia . I nobili scomparvero dinanzi al Re , divennero tenentes in capite ; come negli anni passati la demagogia finanziaria ha reso incerti i diritti di proprietà dei cittadini . Lo scutagium o l ' auxilium dovuto dai nobili e dal clero non era di natura diversa dalle imposte che industria , commercio , proprietari e capitalisti pagarono per far vivere gli impiegati o per fornire di scuole le classi medie o di pensioni e sussidi le classi proletarie e militari privilegiate favorendo anche attraverso il fascismo le tendenze collaborazioniste . E se la situazione si annunciava in Italia già da trent ' anni la guerra ne ha radicalmente capovolti gli effetti . Il commune concilium regni ( poi Parliamentum ) nacque in Inghilterra non come istituto parlamentare , non come teatro di lotte politiche di partiti ma come strumento pratico diretto ad impedire le dilapidazioni a danno dei baroni . Questi si sentivano contribuenti , si sentivano Stato , classe politica , tanto che imposero al re un vero e proprio contratto bilaterale che fu il fundamentum libertatis Angliae in quanto consolidò la vita economica del paese indipendentemente dalle ingerenze politiche . Il sistema bicamerale ebbe un senso profondo in Inghilterra perché la Camera dei Lords dovette esercitare una specifica funzione finanziaria , che venne poi cedendo alla Camera dei Comuni a mano a mano che la ricchezza affluiva alle classi medie intraprendenti . I conflitti costituzionali dal Reform bill del 1832 al Parliament bill del 1911 coincidendo con un progressivo allargamento del suffragio segnano l ' assorbimento della funzione finanziaria nella più ampia funzione politica . In Italia lo Statuto , che era stato per certi aspetti un frettoloso espediente piemontese nel '48 , non risolse , ma fece appena balenare il problema . In Italia il contribuente non ha mai sentito la sua dignità di partecipe della vita statale : la garanzia del controllo parlamentare sulle imposte non era una esigenza , ma una formalità giuridica : il contribuente italiano paga bestemmiando lo Stato ; non ha coscienza di esercitare , pagando , una vera e propria funzione sovrana . L ' imposta gli è imposta . Il Parlamento italiano , derivato , attraverso la Carta e la costituzione belga , dal modello inglese esercita il controllo finanziario come esercita ogni altra funzione politica . È demagogico , parlamentaristico sin dal suo nascere perché è nato dalla rettorica , dall ' inesperienza , dal mimetisino . C ' è un tentativo non mai interrotto nella legislazione italiana per far diventare la piccola proprietà un fatto universale , per costringere tutti a questa legge : le classi nullatenenti ( primi gli impiegati ) tendono a partecipare alla piccola proprietà attraverso il parassitismo a spese dello Stato . I socialisti italiani hanno aderito a questa politica cercando di ottenere per le classi proletarie la legislazione sociale . Giolitti ha avuto l ' eroico cinismo di presentare come liberale questa politica di saccheggio dello Stato . Sembrò che la guerra tendesse ad abolire la descritta mentalità dei piccoli proprietari meschini , anarchici e sfruttatori , col farli partecipare largamente allo sforzo della Nazione attraverso le sottoscrizioni al prestito . Ma si trattò anche qui della gioia piccolo ­ borghese di carpire allo Stato il grasso interesse . È naturale che sia stato proprio Giolitti ( il quale non ha mai creduto che l ' Italia potesse diventare una Nazione produttrice e l ' ha sempre amministrata con metodi piccoli borghesi ) ad annullare i pochi effetti economici salutari della guerra con la politica finanziaria demagogica reclamata dal popolo unanime . Il problema della pubblica amministrazione era stato risolto in Inghilterra con la creazione di una buro ` crazia non numerosa ferreamente sottoposta alla direzione dei lords insigniti di cariche direttive onorifiche . In Italia il problema della burocrazia non è più solubile dal momento che per fare gli Italiani abbiamo dovuto farli impiegati , e abbiamo abolito il brigantaggio soltanto trasportandolo a Roma . Una rivoluzione di contribuenti in Italia in queste condizioni non è possibile per la semplice ragione che non esistono contribuenti . Nel pensiero di Turati e di Miglioli l ' Italia fu la nazione proletaria : il popolo poi doveva essere educato al parassitismo . Le classi borghesi mancano di una coscienza capitalistica e liberistica , e cercano di difendersi , di non lasciarsi sopraffare partecipando esse pure all ' accordo e facendosi pagare in dazi doganali e sussidi ciò che devono elargire in imposte . L ' operaio e l ' agricoltore non usano avvedersi di questo ultimo anello della catena per cui il beneficio iniziale torna a ricadere su di loro . Mancando di iniziativa coraggiosa hanno bisogno di delegare , anche a proprio danno , allo Stato la funzione di allontanar l ' imprevisto e il pericolo . Qui la crisi si riassume nelle scarse attitudini degli Italiani all ' autogoverno , che le fantasie anti ­ parlamentari favorite dal fascismo teorizzano nel modo più sconsolante e inconscio . Lo spettro del bilancio riesce l ' indice di tormenti più laboriosi che soltanto la rivoluzione dei contribuenti riuscirà a coronare . Senonché con questi discorsi siamo addirittura nei limiti della profezia . Bisogna che nuove condizioni di maturità economica preparino le aristocrazie adatte ( operai , intraprenditori agricoli , capitani d ' industria , principi mercanti ) a sostituire il governo degli impiegati di Colombino , di Rossoni e di Farinacci . Solo con la coscienza di questi fini la rivolta antiburocratica e l ' invocazione alle iniziative regionali potranno migliorare il nostro costume politico . VI Politica estera La caratteristica generale della nuova politica internazionale dopo la guerra è nella volontà esperta di ognuno di non decidersi , di non considerare come punto di partenza nessuno dei risultati raggiunti , di confidare nel futuro . Nel gioco reciproco di nascondersi , la politica estera indica le convulsioni interne ed esclude la mutua confidenza . L ' isolamento reciproco è un sistema per mantenere l ' equilibrio valido come la politica delle alleanze : esige una diplomazia più fine e un ' abilità più spregiudicata . A guardar bene le cose questa incertezza inconcludente non è evitabile e bisogna congratularci coi nostri ministri degli esteri che non si stancano al gioco . La ragione centrale di turbamento potrebbe sembrare l ' entrata dell ' America e del Giappone nella storia e il premere dell ' India sulla politica inglese : ma invece di parlare del tramonto dell ' Europa bisogna vedere il disordine come frutto di una necessaria diffidenza reciproca . Le soluzioni più evidenti sono , in tali frangenti , le più semplicistiche che nulla risolvono e soltanto introducono semi di discordia aprioristici inaderenti ai reali interessi : il blocco delle nazioni proletarie dei progettisti non fa che constatare l ' esistenza di un mondo dilacerato con Russia , Germania , Italia in crisi di depressione e America e Inghilterra in crisi di eccesso di produzione . La lotta dei debitori contro i creditori sarebbe la soluzione estrema e disperata che riaffermerebbe la scissione in modo più doloroso , mentre l ' equilibrio deve mirar a combinare in modo sapiente crteditori e debitori . Una politica wilsoniana dell ' Italia a Versailles avrebbe costituito forse uno dei termini fermi della riorganizzazione , avrebbe offerto un punto di direzione e di convergenza alle nazioni più deboli e isolate ( Piccola Intesa , Penisola balcanica , America del Sud ) . Era la prima volta che si offriva all ' Italia la possibilità di esercitare una grande azione di politica estera . L ' aspirazione nittiana all ' unità del mondo , mossa da intelligenti apprezzamenti sulla Germania , trascura il terreno realistico su cui gli avvenimenti si svolgono ; l ' impossibilità di distruggere certe naturali differenze . Qui non si pretende di condannare i popoli ma è evidente che Francia e Germania sono ridotte per ora a posizioni statiche e predisposte e l ' America pare che ne voglia seguire l ' esempio , sicché solo all ' Inghilterra e all ' Italia , fallito Wilson , viene a spettare , per opposte vie e secondo opposte esigenze , la funzione delicata delle comunicazioni e dei movimenti in un mondo rigido . Versailles è dunque una tregua nel senso più completo e oserei dire normale della parola : e la pace dovrà esser preparata e realizzata a poco a poco in un lavorio di decenni dai diplomatici . Se non intervengono decisioni avventate , nonostante i problemi intricatissimi delle riparazioni , della penisola balcanica , della Russia , della eredità dell ' Austria , l ' Europa s ' avvia appunto a una lunga parentesi di pace duratura . E di ciò la ragione non va ricercata nelle sue stremate forze , ma nell ' estremo buon senso ( non paia ironia ) prevalso in questi anni di dopoguerra , nell ' assenza di ogni posizione intollerante , nell ' effettiva unità dell ' Europa sentita universalmente anche se ognuno dei gover ni crede di fare una politica nazionalista . In effetto dalla politica estera del dopoguerra sono stati esclusi del tutto gli avventurieri ( fatalmente persino Venizelos ! ) e abbiamo avuto per quattro anni l ' esempio di una singolare fermezza di nervi , di uno spirito di ascesi non venuto meno neanche attraverso le inconclusioni di decine di conferenze internazionali ! Tutti son divenuti naturalmente diplomatici , e chiusa la partita di una discussione ne vogliono aperta un ' altra : scopo essenziale non già l ' espandersi , ma il neutralizzar l ' avversario . Veramente sotto il cinismo dei diplomatici bisogna riconoscere che uno spirito di carità cristiana nuovo ha pervaso tutta l ' Europa , né dovremo lamentarci se si mostra come finezza e tatto invece che con dichiarazioni di simpatia : da quattro anni gli uomini di Stato agiscono col più sublime disinteresse e tanto è il fascino di siffatta atmosfera che persino il bellicoso Mussolini fu fatto mansueto a Territet da poche parole di Lord Curzon e da un sorriso di Poincaré . È naturale che ognuno nasconda gelosamente la buona volontà sotto il decoro dell ' occasione , ma in realtà chi osò cogliere una tra le migliaia di occasioni per una nuova guerra manifestatesi dopo Versailles ? La lentezza : questa è l ' arma per cui la diplomazia del dopoguerra viene spiegando i suoi diabolici disegni di pace mentre i popoli non sognano che di uccidersi . Altro che politica estera fatta dai parlamenti ! Solo le aristocrazie e le minoranze sanno realizzare la democrazia . Queste premesse offrono una base organica per chi voglia esaminare criticamente la politica estera dell ' Italia in questi quattro anni . Nel giuoco comune noi avevamo per natura una delle posizioni più mobili e spregiudicate . Non si seppe comprendere abbastanza il forte nostro interesse al disinteresse . È chiaro che la sicurezza dell ' Italia dipende dalla sua politica di alleanze , dalle simpatie che riesce ad alimentare e non dalle concessioni orientali ; è chiaro che anche una politica nazionalista è ammissibile soltanto se noi riusciamo a non esser soli , ad inserirci a un sistema di forze . Ciò fu compreso soltanto dal conte Sforza che realizzò prudentemente la politica d ' accordo con la Piccola Intesa , rovinata poi dai successori . Bisognava saper giuocare sul wilsonismo ; la politica delle nazionalità oppresse che ci aveva fatto vincere la guerra ci avrebbe fatto vincere la pace . Sarebbe poi assurdo non ricordare che il punto fermo della nostra politica estera attraverso vicende secolari rimane la possibilità di contare sull ' accordo inglese : una politica antinglese è sterile per chi non possa disporre della riserva di iniziative e di imprevisti che soltanto la Russia riuscirebbe a far agire in Italia , in Asia Minore e nell ' Europa centrale . Siamo inesorabilmente risoluti a chiamarci pacifisti sin che l ' imperialismo italiano sarà quello di Corradini o di Coppola . L ' Italia che sogna avventure tripoline o pensa alle tradizioni romane è negata a qualunque politica estera efficace . Il fascismo si risolverà in un pacifismo imbelle e astensionista per la sua incapacità di educare gli italiani alla responsabilità , per la sua indulgenza al sogno idillico di un regime paterno . Comunque suoni la retorica dei discorsi , un governo che esalti la milizia nazionale non può creare uno spirito militare . L ' esercito dei volontari fu sempre l ' esercito degli sbandati , con la psicologia di avventurieri o di predoni ; l ' austerità del sacrificio richiesto dalla guerra non s ' impara nelle spedizioni punitive . Solo le democrazie che avranno saputo alimentare un proletariato agguerrito nel suo ideale di lavoro saranno capaci di una politica imperialista , appunto in quanto non ostenteranno infantili programmi di militarismo . Nella Civiltà moderna la guerra per la pace , definita da Machiavelli , diventa una legge di sviluppo dei popoli : il noviziato retorico e l ' iniziazione ai riti più enfatici di Marte fanciullo non si adattano allo spirito laico di questi nuovi combattenti . « Perché questi uomini buoni , e che non usano la guerra per loro arte , non vogliono trarre di quella se non fatica pericoli e gloria , quando e ' sono a sufficienza gloriosi , desiderano tornarsi a casa e vivere dell ' arte loro » . « Ciascuno d ' essi faccia volentieri la guerra per avere pace e non cerchi turbare la pace per avere guerra » . II Il problema della scuola Le tendenze corporative e sindacali del dopo ­ guerra ci hanno procurato tra gli altri esperimenti di politica dei competenti la scoperta non nuova , ma tuttavia non meno allegra , di una politica scolastica proposta , discussa e tentata dai professori . Il più tranquillo liberale o il più modesto psicologo avrebbero potuto indicare agevolmente l ' equivoco di queste abusate sicumere : per chi abbia dimestichezza con la storia non sono invero necessarie nuove esperienze per dimostrare l ' inferiorità della politica dei tecnici in confronto dei tecnici della politica . Invece le cose si condussero sino al fondo e assistemmo , secondo una logica prevista , alle più sottili trasformazioni , che nell ' adeguarsi alla doppia logica del partito popolare , statolatra per favorire la media borghesia e antistatale per seguire le tradizioni cattoliche e autonomiste , cambiarono il programma della libertà della scuola in una discussione professorale sull ' esame di stato . Pare evidente che non debba acconsentire alla metamorfosi chi non ha perduto , nella pratica dell ' insegnamento , il senso delle proporzioni e dei rapporti tra scuola e cultura . Il senso più palese della formula « libertà della scuola » per un liberale è per l ' appunto la necessità e la volontà di una liquidazione del dogmatismo scolastico , di un riconoscimento del valore educativo contenuto nelle libere iniziative culturali che il mondo moderno ha creato intorno alla scuola , istituto caratteristicamente sorto sotto l ' influenza delle concezioni medioevali . La dimostrazione nel nostro pensiero scaturisce dalle considerazioni storiche più elementari che segnalano la coincidenza delle prime affermazioni della libertà scolastica e dei primi istintivi ritrovamenti del pensiero e della civiltà moderna . Senza allontanarci dalla tradizione liberale piemontese potremo indicare agevolmente gli spunti di una concezione originale , anteriore ai cattolici liberali francesi , sulla questione della libertà scolastica . Giambattista Vasco , economista torinese ( 1733­1786 ) , del quale anche il Pecchio loda la chiarezza e l ' evidenza nella trattazione dei problemi tecnici , liberista convinto « non tanto per aver letto e ammirato Smith , per avere pensato da sé » , affermava pochi anni prima della rivoluzione francese che giova « sianvi scuole stabilite dal governo , potendo esse scegliere facilmente i più dotti professori procacciandoli anche da ' lontani paesi , e somministrare agli studenti quei comodi che difficilmente si avrebbero in altre scuole particolari , come macchine di fisica , istromenti di matematiche , ecc . » . Ma « la concorrenza dei maestri privati coi professori ( della scuola pubblica ) può essere utilissima , sia per costringere questi a non trascurare il loro dovere , sia per formare ottimi candidati per le cattedre , quali saranno certamente coloro che con buona reputazione si sono molti anni esercitati ad insegnare nelle scuole particolari ( private ) » . E per regolare questo privato insegnamento fissava due disposizioni : prima « non permettere ad alcuno di aprire scuole in casa senza una permissione speciale del governo che non si accorderebbe che a persone dabbene » , seconda « costringere coloro che vogliono insegnare in propria casa a farlo a porte aperte , cosicché possa intervenire alle loro lezioni chiunque voglia , il che sembra un sufficiente ritegno » . E « giammai non converrebbe spingere le precauzioni più oltre » . Proponendo la pubblicità dell ' insegnamento il Vasco non pensava alle difficoltà didattiche della sua proposta ( se ne preoccupò invece nel 1876 il Bertini e risolse il problema negandolo ) : fu questa della pubblicità idea diffusa e fortunata durante tutto l ' Ottocento e meriterebbe forse un esame approfondito : ma noi dobbiamo piuttosto concludere dalle citazioni fatte la natura antidogmatica del pensiero liberale piemontese . E nel 1846 , agli albori della rivoluzione che doveva in Piemonte liquidare molti resti di medioevalismo , l ' Albini , rosminiano in filosofia , ma in politica costituzionalista , con tendenze alla statolatria , riaffermava con precisione di giurista l ' idea di libertà scolastica corretta mediante un controllo governativo . Tali professioni di fede appaiono generiche anticipazioni dottrinali : tutto il sistema d ' insegnamento vigente in Piemonte era in realtà nelle mani del governo , rigidamente cattolico , e cattolici erano i pochi istituti privati . La concorrenza era un nome . Ma proprio mentre l ' Albini scriveva , nel 1844 , si svegliava quel movimento per le scuole di metodo , da cui nacque poi tutto il giornalismo scolastico dello stato sardo . Fu un vero Sturm ­ und ­ drang pedagogico che ebbe , nonostante la fretta , una forte efficacia nella formazione della classe dirigente che guidò l ' esperienza del '48­49 . Dopo la guerra il problema si presentò nella forma più urgente e imprescindibile . Il nuovo Stato , costituito a democrazia senza partecipazione popolare , doveva prendere la sua posizione e la sua responsabilità di fronte a partiti inesistenti o immaturi , doveva affrontare un compito ideale , non ancora sentito dai cittadini , l ' istruzione del popolo , e preparare una classe di maestri . Per tale esigenza la politica scolastica liberale doveva venir sacrificata provvisoriamente a una politica scolastica unitaria e in mancanza di una morale e di uno spirito nazionale e laico si tentò di creare una scuola di Stato . La psicologia dell ' italiano di fronte alla scuola fu caratteristicamente piccolo ­ borghese e , per l ' impotenza di preparare situazioni storiche concrete di maturità , vagheggiò di sovrapporre sui dissidi delle anime una tinta comune di cultura generale ottimistica e borghese . Il dilettantismo della erudizione e la retorica fiduciosa dell ' autoincensamento sostituivano la coscienza del produttore e le responsabilità realistiche . Bisogna riconoscere tuttavia che tali vizi nacquero originariamente come ripari della necessità ; e l ' espediente della scuola di Stato venne alimentato in coscienze per natura libertarie o liberali . Dalla libertà come da punto di partenza inconcusso movevano per esempio Bertrando Spaventa e Domenico Berti ; ma la libertà del Berti era quella del cattolico diventato liberale per influenza dell ' economia inglese e della recente esperienza storica ; Spaventa cercava la libertà sognata da Cuoco e da Colletta nella giustificazione teorica di Hegel . Non poteva dunque sfuggire allo Spaventa il carattere della civiltà moderna che non chiede organi o istituti per una propaganda dogmatica , ma si serve di tutte le antitesi e di tutte le critiche : egli infatti rifiutava in sede teorica persino il concetto di una scuola di Stato . Ma lo Stato italiano , o per esso lo Stato piemontese , deve difendersi di fronte al pericolo clericale ; perciò anche Spaventa pensa a un insegnamento ufficiale , timoroso della prevalenza cattolica , almeno fino che non sia tolta alla Chiesa la posizione di privilegio in cui la metteva il primo articolo dello Statuto . Il pensiero dello Spaventa nel 1851 era dunque identico al pensiero del Berti nel '49 . Senonché il Berti a due anni di distanza aveva attenuato la polemica anticattolica , e colla libertà della scuola voleva avvicinarsi a Cavour per preparare intorno a lui la nota concentrazione , che fu per il Piemonte non infeconda di successi politici . Anche il liberalismo del Berti dunque nascondeva un equivoco . Egli aveva compreso dall ' esperienza della prima guerra che l ' unità d ' Italia sarebbe avvenuta soltanto mediante la transazione coi cattolici ; perciò verso la scuola cattolica egli non poteva più nutrire timori anzi era tratto a considerarla come fattore primo di nazionalità . Un terribile problema poi incombeva sul nuovo Stato : l ' educazione di tutto il popolo ; e a compiere questo dovere , secondo il Berti , bisognava che si unissero gli sforzi della nazione intera , senza distinzione di partiti : bisognava concedere la libertà d ' insegnamento a tutti , la libera concorrenza avrebbe permesso poi che solo le scuole migliori prendessero sviluppo completo : le scuole limitate , confessionali , non avrebbero avuto mai vita vigorosa : si sarebbero affaticati i liberali al lavoro , a fondare anch ' essi scuole private modello , e a dare l ' esempio ci si era messo il Berti sin dal '50 . Ma un avversario della libertà scolastica poteva obbiettare per le stesse ragioni storiche : di fronte all ' immensità del problema bisogna che da parte del governo venga una parola decisiva : lasciar la scuola alla libera concorrenza vorrebbe dire condannare le regioni più povere a non avere scuole , a non combattere l ' analfabetismo : vorrebbe dire rendere impossibile l ' unità . Bisogna dunque che il nuovo Stato affermi , la sua laicità anche a costo di sovrapporsi alle iniziative private : bisogna che s ' impegni a dare la scuola a tutti i comuni . E se questo non fu il pensiero esplicito di Bertrando Spaventa diventò tuttavia il programma del governo , che non si accontentò di fare , ma volle , e continua a volere , strafare . Nel momento presente un ' attività scolastica troppo invadente dello Stato si riduce a sostituire alla coltura i pregiudizi della burocrazia . Del resto Augusto Monti ha dimostrato che la politica scolastica dello Stato italiano dopo il '70 è stata tutta organicamente diretta , con i pregiudizi della cultura generale , della neutralità del sapere scientifico , ecc . , ad attuare una concezione di classe e a formare uno spirito borghese anzi , diremmo noi , piccolo ­ borghese . La lotta politica intensa del dopo ­ guerra preparando la formazione dei partiti capovolge invece tutto lo spirito della scuola italiana e instaura un nuovo equilibrio di forze , desiderose di combattere su ogni terreno . La formula dei popolari per la libertà scolastica in un ambiente siffatto non ha più nulla di clericale , ma diventa un caposaldo di libera lotta contro lo stato burocratico . D ' altra parte l ' esistenza di grossi nuclei organizzati e di precise tendenze psicologiche , dai socialisti ai popolari , ai combattenti , era , al tempo della lotta per la riforma Croce , la più sicura garanzia contro ogni possibilità di monopolio e di impostazione dogmatica ­ partigiana . In sede speculativa i filosofi potranno anche teorizzare l ' attività scolastica come funzione di Stato inteso quale sintesi delle iniziative dei cittadini . Ma l ' equivoco dei socialisti riformisti e di tutti gli ammiratori della statolatria consiste per l ' appunto nel confondere questo Stato ideale , oggetto delle speculazioni dei filosofi del diritto con lo Stato ­ amministrazione pubblica . Il fatto è che le funzioni del primo Stato non debbono affatto tradursi in organi di quest ' ultimo . Nel momento in cui le funzioni cercano i loro organi entra in gioco il libero contrasto delle forze economiche ed amministrative . Solo uno Stato teocratico può rivendicare il diritto del monopolio scolastico ; lo Stato moderno non ha una funzione patriarcale di educatore e chi parla di un ' etica di Stato parla per metafora , esaurendosi necessariamente la morale pubblica in quella dei cittadini e non potendosi parlare di una civiltà sociale diversa da quella realizzata dagli individui . La scuola e la cultura sono state organizzate e promosse dall ' alto , e si sono sovrapposte alle iniziative dei singoli in momenti storici specifici , e non la filosofia del diritto , ma la psicologia e la politica devono discutere questi limiti dell ' empiria . La Chiesa ha creato l ' Università , e ha realizzato gerarchicamente la sua predicazione umanitaria per opporre alle invasioni barbariche un baluardo conservatore delle antiche civiltà . Le corti umanistiche promovendo la letteratura e la scuola di cultura servivano all ' arte loro di governo in un tempo in cui le plebi italiane sognavano un regime paterno . Oggi di fronte al fascismo , una politica che rivendichi la libertà della scuola , utile ieri , è diventata insufficiente perché non si può fare della tecnica quando il fronte unico della lotta è diventato il terreno politico . La lotta contro la tirannide non si può fare invocando riforme e concessioni dalla tirannide , ma contrapponendole rivendicazioni integrali di dignità . Il fascismo instaurando la sua politica scolastica di classe travolgerà le illusioni pedagogiche di Gentile e di Lombardo Radice e continuerà la scuola piccolo ­ borghese e parassitaria della terza Italia . La pregiudiziale per proporre il vero problema dell ' educazione nazionale è dunque la non ­ collaborazione . È chiaro che in questo senso la nostra scuola non ha bisogno di scuole , e possiamo discutere di problemi pratici soltanto in senso astratto e per un vizio di progettismo . In un ' Italia moderna , quale la veniamo preparando con la nostra lotta , in cui i cittadini sappiano creare la loro scuola aderente alle loro esigenze , contro la monotonia generica della scuola di Stato , l ' esame è naturalmente svalutato in quanto la scuola si fonde con la cultura e con la vita . Invece di allevare impiegati lo Stato si riduce alla sua funzione di controllo . Se può sembrare interessante conoscere i nostri progetti confesseremo che prima del fascismo il problema di questo controllo si riduceva per noi nei termini seguenti : 1 ) Per la scuola elementare : lotta diretta dello Stato contro l ' analfabetismo , mobilitazione di tutte le forze nazionali , preti o massoni , bolscevichi o conservatori , poiché si tratta di preparare gli strumenti elementari della vita moderna indipendentemente da ogni considerazione etica . Affrontare risolutamente il problema nel Mezzogiorno . Non si rinnoverà il popolo meridionale con scuole elementari improvvisate , ma la lotta contro l ' analfabetismo è una imprescindibile esigenza economica per il problema eticamente e politicamente più importante del Sud : l ' emigrazione . 2 ) Per la scuola elementare bisogna formare dei maestri , ossia lo Stato deve istituire delle scuole normali , anzi delle scuole medie modello , limitate di numero e coi posti concessi ad allievi per concorso ; a integrare questa azione di Stato provvederà l ' iniziativa privata : per fornire di scuole poi i paesi rurali non c ' è altra soluzione fuor di quella di Augusto Monti dell ' assunzione di personale non diplomato e dell ' abilitazione . Ma della scuola normale o media non bisogna sopravalutare il significato : la questione dell ' analfabetismo si risolve solo creando una situazione rivoluzionaria delle vecchie abitudini e suscitatrice di nuovi sforzi , come ben insegna Lenin in Russia . L ' affollamento alla scuola media verrà meno non appena lo Stato non darà più ai suoi studenti titoli o lauree : poiché la nostra piccola borghesia è diventata una casta che ha il suo titolo nobiliare nel diploma . Il problema dell ' università è identico con quello delle scuole medie e lo si potrà risolvere solo riconoscendo che da parecchie decine d ' anni la cultura universitaria è inferiore alla cultura del paese , alimentata sopratutto dalle libere iniziative del giornalismo , dei partiti , delle associazioni . 3 ) Poiché queste riforme parranno alla nostra reazionaria e demagogica borghesia troppo antidemocratiche o rivoluzionarie si tratta di prepararle proponendole come riforme essenzialmente economiche . La scuola di Stato infatti è diventata per lo Stato un problema di finanza che non si può risolvere se non sfollando gli istituti , coll ' aumentare le tasse scolastiche ( mettendo a concorso i posti gratuiti ) ed eliminando il parassitismo professorale mediante il solo sistema infallibile di cui si disponga , ossia riducendo gli stipendi . Il fascismo non farà nulla di questo perché ha bisogno di gregari fedeli o non può ottenerli se non in cambio di un impiego governativo ; né può lasciar libertà alla cultura per timore delle conseguenze e perché in ogni tempo l ' oscurantismo burocratico e la morale di Stato furono le migliori armi dell ' assolutismo . LIBRO QUARTO IL FASCISMO Le ragioni dell ' opposizione Lo spirito della nostra indagine ci potrebbe esentare dal compito di discorrere del fascismo , che fu individuato , nelle pagine precedenti , come una parentesi storica , come un fenomeno di disoccupazione nell ' economia e nelle idee connesso con tutti gli errori della nostra formazione nazionale . Il presupposto di questo libro è che l ' Italia riesca a trovare in sé la forza per superare la sua crisi e riprendere quella volontà di vita europea che parve annunciarsi , almeno in certi episodi , col Risorgimento . Quindi accade che le nostre obbiezioni al fascismo siano tutte pregiudiziali e scorgano l ' errore dove gli apologisti indicano i meriti , nella capacità che ebbe il movimento , in un ' ora di sospensione e di incertezze , di porre termine alla tensione degli Italiani e di comprometterli in una banale palingenesi di patriarcalismo quando la solennità della crisi imponeva ai cittadini l ' imperativo categorico della coerenza , della libera lotta politica , dell ' autogoverno . Il ministero Facta apparirà allo storico come la più curiosa delle ironie e quasi la caricatura di un volere provvidenziale che dava agli Italiani un governo debole e rinunciatario perché i cittadini sapessero affrontare le responsabilità inevitabili della lotta politica e dell ' iniziativa statale . Finché la lotta dei partiti nati nel dopo ­ guerra rimaneva indecisa tutte le possibilità del futuro erano salve . Il fascismo ci ha tolto quest ' incubo ; e mentre gli Italiani fallivano al loro esame di serietà moderna il genio della stirpe ha ripreso tra i residui dell ' avventuroso Rinascimento la leggendaria figura del condottiero di milizie che dà ai servi inquieti una paterna disciplina . Elogio della ghigliottina Nella Rivoluzione Liberale del 23 novembre 1922 questo nostro stato d ' animo impopolare era così descritto : Il fascismo vuol guarire gli Italiani dalla lotta politica , giungere a un punto in cui , fatto l ' appello nominale , tutti i cittadini abbiano dichiarato di credere nella patria , come se col professare delle convinzioni si esaurisse tutta la praxis sociale . Insegnare a costoro la superiorità dell ' anarchia sulle dottrine democratiche sarebbe un troppo lungo discorso , e poi , per certi elogi , nessun miglior panegirista della pratica . L ' attualismo , il garibaldinismo , il fascismo sono espedienti attraverso cui l ' inguaribile fiducia ottimistica dell ' infanzia ama contemplare il mondo semplificato secondo le proprie misure . La nostra polemica contro gli Italiani non muove da nessuna adesione a supposte maturità straniere ; né da fiducia in atteggiamenti protestanti o liberisti . Il nostro antifascismo prima che un ' ideologia , è un istinto . Se il nuovo si può riportare utilmente a schemi e ad approssimazioni antichi , il nostro vorrebbe essere un pessimismo sul serio , un pessimismo da vecchio Testamento senza palingenesi , non il pessimismo letterario dei cristiani delusione di ottimisti . La lotta tra serietà e dannunzianesimo è antica e senza rimedio . Bisogna diffidare delle conversioni , e credere più alla storia che al progresso , concepire il nostro lavoro come un esercizio spirituale , che ha la sua necessità in sé , non nel suo divulgarsi . C ' è un valore incrollabile al mondo : l ' intransigenza e noi ne saremmo , per un certo senso , in questo momento , i disperati sacerdoti . Temiamo che pochi siano così coraggiosamente radicali da sospettare che con queste metafisiche ci si possa incontrare nel problema politico . Ma la nostra ingenuità è più esperta di talune corruzioni e in certe teorie autobiografiche ha già sottinteso un insolente realismo politico obbiettivo . Noi vediamo diffondersi con preoccupazione una paura dell ' imprevisto che seguiteremo a indicare come provinciale per non ricorrere a più allarmanti definizioni . Ma di certi difetti sostanziali anche in un popolo « nipote » di Machiavelli non sapremmo capacitarci , se venisse l ' ora dei conti . Il fascismo in Italia è un ' indicazione di infanzia perché segna il trionfo della facilità , della fiducia , dell ' entusiasmo . Si può ragionare del ministero Mussolini : come di un fatto d ' ordinaria amministrazione . Ma il fascismo è stato qualcosa di più ; è stato l ' autobiografia della nazione . Una nazione che crede alla collaborazione delle classi ; che rinuncia per pigrizia alla lotta politica , dovrebbe essere guardata e guidata con qualche precauzione . Confessiamo di aver sperato che la lotta tra fascisti e socialcomunisti dovesse continuare senza posa : e pensammo nel settembre del 1920 e pubblicammo nel febbraio del 1922 La Rivoluzione Liberale con fiducia verso la lotta politica che attraverso tante corruzioni , corrotta essa stessa , tuttavia sorgeva . In Italia , c ' era della gente che si faceva ammazzare per un ' idea per un interesse per una malattia di retorica ! Ma già scorgevamo i segni della stanchezza , i sospiri alla pace . È difficile capire che la vita è tragica , che il suicidio è più una pratica cotidiana che una misura di eccezione . In Italia non ci sono proletari e borghesi : ci sono soltanto classi medie . Lo sapevamo : e se non lo avessimo saputo ce lo avrebbe insegnato Giolitti . Mussolini non è dunque nulla di nuovo : ma con Mussolini ci si offre la prova sperimentale dell ' unanimità , ci si attesta l ' inesistenza di minoranze eroiche , la fine provvisoria delle eresie . Certe ore di ebbrezza valgono per confessioni e la palingenesi fascista ci ha attestato inesorabilmente l ' impudenza della nostra impotenza . A un popolo di dannunziani non si può chiedere spirito di sacrificio . Noi pensiamo anche a ciò che non si vede : ma se ci si attenesse a quello che si vede bisognerebbe confessare che la guerra è stata invano . Privi di interessi reali , distinti , necessari gli Italiani chiedono una disciplina e uno Stato forte . Ma è difficile pensare Cesare senza Pompeo , Roma forte senza guerra civile . Si può credere all ' utilità dei tutori e giustificare Giolitti e Nitti , ma i padroni servono soltanto per farci ripensare a La Congiura dei Pazzi ossia ci riportano a costumi politici sorpassati . Né Mussolini né Vittorio Emanuele Savoia hanno virtù di padroni , ma gli Italiani hanno bene animo di schiavi . È doloroso dover pensare con nostalgia all ' illuminismo libertario e alle congiure . Eppure , siamo sinceri sino in fondo , c ' è chi ha atteso ansiosamente che venissero le persecuzioni personali perché dalle sofferenze rinascesse uno spirito , perché nel sacrificio dei suoi sacerdoti questo popolo riconoscesse se stesso . C ' è stato in noi , nel nostro opporsi fermo , qualcosa di donchisciottesco . Ma ci si sentiva pure una disperata religiosità . Non possiamo illuderci di aver salvato la lotta politica : ne abbiamo custodito il simbolo e bisogna sperare ( ahimè , con quanto scetticismo ) che i tiranni siano tiranni , che la reazione sia reazione , che ci sia chi avrà il coraggio di levare la ghigliottina che si mantengano le posizioni sino in fondo . Si può valorizzate il regime ; si può cercare di ottenerne tutti i frutti : chiediamo le frustate perché qualcuno si svegli , chiediamo il boia perché si possa veder chiaro . Mussolini può essere un eccellente Ignazio di Loyola ; dove c ' è un De Maistre che sappia dare una dottrina , un ' intransigenza alla sua spada ? La capitis deminutio delle teorie Nessun De Maistre , nessuna dottrina nella letteratura apologetica del fascismo . Per il fascismo le teorie sono ideologie piacevoli che bisogna improvvisare e subordinare alle occasioni . Le avventure riescono più seducenti che le idee , e queste perdendo la loro dignità e autonomia sono ridotte a funzioni servili . L ' uguaglianza fascismo ­ controriforma serve come una risorsa del programma neoguelfo ; il liberalismo di De Stefani può soddisfare le aspettazioni più popolari intorno al mito del pareggio ; il sindacalismo nazionale offre alle masse il pane in cambio della dignità ; il nazionalismo e il patriottismo soddisfano gli istinti più filistei delle classi dell ' entusiasmo . In un libro troppo fortunato nel quale Mussolini lasciò che si riconoscesse , anche all ' estero , il suo programma , un fascista onesto ha finito col trarre tutte le conseguenze piu pacifiche dall ' ammonimento di Missiroli : « Il fascismo sarà la coscienza matura della nuova democrazia , e , come tale , dovrà riconciliarsi col socialismo , o sarà peggio che nulla ; un tardivo e impossibile tentativo reazionario » . Ma il fascismo di Pietro Gorgolini è addirittura il giolittismo di Fera , un ' antologia politica di tutti i programmi di sinistra dopo Depretis . Wilsonismo e socialismo di Stato , liberismo confuso con l ' economia del giusto prezzo , finanza demagogica , difesa della piccola proprietà e lotta contro il latifondo , ecco la demagogia poetica annunciata precocemente dal banditore e non smentita poi dall ' opera dei governanti . Chi non ha adottato queste semplici formule è andato subito troppo vicino all ' eresia e si è preclusa la popolarità . I tentativi mediocri di teoria dei Grandi rimasero un ' ingenuità solitaria . Il proposito di far aderire le masse allo Stato del resto non si realizza inventando nuove formule di sindacalismo nazionale ; mentre spera la religiosità del movimento dall ' adesione popolare , Grandi non si avvede di ripetere le aberrazioni di illuministica eleganza del nazionalismo , del modernismo e del sindacalismo , note critiche di intellettuali . Il pensiero di Agostino Lanzillo poi si potrebbe addirittura consigliare a chi si trovi a corto di argomenti nella polemica col fascismo . Anche se ci spieghiamo senza difficoltà la sua adesione a Mussolini per l ' esaltazione dell ' interventismo e per l ' irrequieta ispirazione antintellettualista la filosofia dell ' intuizione di A . Lanzillo resta infatti alquanto più esperta e preparata di talune grossolane professioni relativistiche di capi e di gregari e riesce persino a consentire certe possibilità di critica e di intelligenza . La profezia del governo fascista appare in questi termini : « Nella società attuale - - ai primi del 1922 - - noi constatiamo che lo Stato sta accrescendo ogni giorno il suo potere . La forza militare che ha ai suoi ordini è assai più temibile ora che non prima della guerra , per la sviluppatissima confidenza con l ' uso delle armi e la diminuita e quasi scomparsa impressionabilità dei cittadini di fronte a fatti di repressione armata . I mezzi di collegamento , di repressione , di organizzazione difensiva sono formidabili e quasi invincibili . Se si suppone , secondo l ' ipotesi avanzata avanti , che possa avvenire una fusione , allo scopo di dominio politico , fra talune categorie operaie e taluni ceti dirigenti , ne verrà una compagine politica così salda , che la forza che questo Stato avrà e potrà usare contro il resto della società , sarà praticamente illimitata » . Si domanda quale sia di fronte a tali prospettive l ' animo di Agostino Lanzillo liberista , nemico dell ' intervenzionismo statale , del nazionalismo e del militarismo dato che il fascismo sta per essere appunto l ' erede , nel senso più cattivo , del socialismo . Dei tre canoni cari al Lanzillo , liberismo , antintellettualismo , esperienza economica non so quale si potrà salvare in un governo paternamente cattolico , in uno Stato disposto a controllare non solo l ' economia privata ma ancora le coscienze e l ' urna elettorale . È vero che egli si può rallegrare ormai della sua antica profezia : La guerra sarà per dare agli uomini la massima spregiudicatezza nell ' usare la forza , ma nei nuovi iniziati alla concezione della vita guerriera cercherà invano gli auspicati requisiti della classe dirigente capace di contemperare la persistenza degli aggregati e l ' istinto delle combinazioni , individualista e liberista contro la mediocrità organizzata . Certo le nuove classi guerriere , che Lanzillo preconizzava istintivamente individualiste , si sono piuttosto rivelate barbaramente burocratiche e i loro istinti di monotonia non consentono la speranza di una risoluzione unitaria del regionalismo col rispetto religioso delle personalità regionali ! L ' invito al fascismo a farsi rappresentante delle classi medie è stato il solo ascoltato , ma a vederne i risultati vorremmo che Lanzillo ci spiegasse come egli scorgesse nel fascismo un ' anima eroica e se la citazione di Sorel a proposito della loro violenza non venisse alquanto a sproposito . Gli offriremo appunto una antitesi liberista dei problemi che egli pone . Il liberismo infatti fissa come limite naturale all ' economia la mediazione politica , la quale ha parimenti le sue necessità ed esigenze autonome : sembrerebbe dunque che la giusta critica agli avventati scioperi di cattivi politicanti e al facilonismo massimalista non autorizzasse senz ' altro l ' esaltazione del sindacalismo giuridico , in omaggio a un vagheggiato governo dei produttori ! Invocare un governo di produttori mentre solo la proporzionale potrebbe agire mirabilmente come strumento di lotta politica e di formazione libera dei partiti significa spaventarsi della libertà e rifugiarsi nelle medioevali consolazioni corporative . Quest ' odio dei fascisti verso la politica in omaggio all ' idillio letterario e al pratico adattamento economico è il peggior indice della decadenza dei nostri costumi e della mollezza dei caratteri che invocano , come riposo , il ritorno del Medio Evo . La costituzione del Carnaro fu il primo avvertimento ; poi collaborazionismo e fascismo , guardia regia e squadrismo furono gli assidui espedienti della tremula fantasia . Il governo di Mussolini esilia nei conventi la critica , offre ai deboli una religione di Stato , una guardia pretoriana , un filosofo hegeliano a capo delle scuole ; nello Stato etico annulla le iniziative . All ' Italia immatura offre una culla che potrebbe essere la tomba delle coscienze civili diventate private dopo aver eliminati provvisoriamente alleandosi ancora una volta con la plutocrazia , i due problemi che sarebbero stati la Bastiglia del popolo italiano : i rapporti tra lo Stato e le classi operaie ; l ' incontro e l ' antitesi tra industria e agricoltura . Chi parla oggi di liberismo e di problema meridionale ? La Monarchia ha seppellito i democratici e la lotta politica . I discorsi sui governi delle competenze e dei tecnici hanno la stessa natura delle prediche sulla grazia divina e lo spirito santo : valsero a rubarci una costituzione che volevano migliorare e a edificare un nuovo monumento di paterna teocrazia . Ma il discorso delle teorie non è necessario quando predomina una questione di istinti assolutamente spensierati . I simboli riescono più significativi delle idee . Così al ritratto dell ' autore che adorna un altro libro apologetico assai curioso poco resterebbe da aggiungere per avere completa la biografia del fascista : parendo che lo sfoggio audace di medaglie militari definisca i confini delle individualità assai meglio che un elenco di testi o la descrizione dello stile . L ' istintivo richiamo , per rozze somiglianze , al capo primitivo di tribù , armato di fisica esultanza corrugata e di piacevoli talismani , non si smentisce nella narrazione vivacemente burocratica , inesperta e palese . Il documento interessa in modo singolare se appena si guardano le cose ad una certa lontananza , sì che prendano il loro rilievo quasi Umberto Banchelli fosse un nuovo vassallo del nuovo re , illetterato e bellicoso come Teodorico , feroce come Alboino . Ma egli terrebbe più della rozzezza di Paolo Diacono , che della felice erudizione di Cassiodoro ; derivando il suo rispetto per intellettuali come Prezzolini e per Soffici dall ' indulgenza costante nei due amici verso la spensieratezza avventurosa , e talvolta persino verso i nuovi barbari . Chissà che Soffici non offra volentieri la sua allegra malleveria alle invettive del Banchelli contro le dottrine « dell ' ebreo ­ germanico Carlo Marx , ovvero di Mordeca , poiché era questo il suo vero nome che si era tolto per essere dalle folle ignoranti dei suoi tempi acclamato e creduto » . In verità solo il pervertimento del senso dei valori nei momenti più notturni può spiegarci le metafore marinesche dell ' umile cronaca dove per la battaglia elettorale di Firenze si attribuisce al fascio il compito di « impedire che otto secoli di arte italiana e di sacrifici cittadini potessero esser lordati dall ' effigie del russo asiatico ebreizzato Lenin » . Del resto l ' ambizione letteraria del rozzo cronista chiama candidamente a riscontro la fiorentina età di « guelfi e ghibellini » per la ripresa sassaiola . Ma non giova sprecare metafore di troppo lusso per fatti che sono tanto banali e cotidiani . Nel fascista non si trova poi se non di rado il rispetto del barbaro per la sapienza che gli è negata , e certe religiose venerazioni crescono male nel cuore monotono del goffo guerriero di mestiere . La cronaca dei giornali parla con più precisione della contraffatta baldanza di generali e deputati « minorenni » . Anche in queste memorie , la venerazione e la profezia dell ' Italia cattolica , il plauso alla monarchia assoluta , la paura degli ebrei e della plutocrazia , le proteste contro Mussolini che non vuole le industrie di Stato descrivono conclusivamente il candore di certe albe spirituali . Si vorrebbero raccogliere esempi di stile : « Ormai tutto questo dilagare di partiti ha fatto conoscere quanto occorra por fine ai partiti stessi , e ridurli numericamente magari ad uno solo » . « E distruggere fino al possibile i dialetti e non permettere la stampa in dialetto che fa alimentare lo spirito di campanile » . « Non vi può essere che una potenza cattolica , non vi può essere che Roma , che un dì si possa decidere a scacciare i turchi dall ' Europa e ridare al tempio di Santa Sofia il significato cristiano per cui esso sorse » . « Guai a colui che ardisse toccare le sacrosante conquiste economiche proletarie ! Se dovrà sorgere la vera e reale monarchia essa dovrà essere per mezzo del suo Re responsabile il padre austero del proletariato » . Il discorso potrebbe farsi più severo se di queste innocenze si chiedesse ragione ai tutori legittimi e responsabili . Allora la critica moralistica del Banchelli alla democrazia si dovrebbe definire la giusta ribellione insolente dello scolaro maleducato al maestro insufficiente . Invero perché non considerare con profonda pietà , questi ragazzi spostati che dai padri democratici e dagli eventi avventurosi poco poterono apprendere fuor della corruzione dei costumi ! Anche il fascismo , come tutte le infanzie , ha per noi le sue penose giustificazioni , come quello cui meglio si adatterebbe il confessore o il predicante che il maestro di politica . Crebbero svagati trovatelli né alcuno insegnò loro qual duro noviziato attenda l ' artiere delle sociali contingenze . Nel gioco della guerra si riconobbero una precocità viziosa . Oggi la sicumera del barbaro cela soltanto la paura , né lo spirito aperto assiste la generosità , anzi la spavalderia alternandosi con l ' obbedienza mostra l ' esaurimento dei nervi , la povertà di inibizione , la decadenza della razza . Il futurismo sarebbe stato dunque l ' annuncio ebbro e sconsolato di questa fondamentale aridezza interiore . Si tratta di sostituire al bastone tedesco il pugnale fascista ( pag . 176 ) , di affidare altrui l ' esercizio della propria libertà . In politica l ' antidemocrazia segna un ritorno nostalgico verso lo Stato paterno ; in critica i procedimenti sono metafore come negli alchimisti . Volta per volta servirebbe , in luogo della pietra filosofale , a spiegar tutto , la plutocrazia non conosciuta , o l ' ebreismo , fantoccio di nuvole che mille venti ingrandiscono , o l ' arrivismo di chi tiene i primi posti , o il commercio e l ' industria addirittura . Il libro di Banchelli è pieno di deplorazioni per la mancanza di fascisti galantuomini , e di domande maligne sulla sorte toccata all ' amministrazione delle finanze del fascio per opera dei capi più accesi . Nelle crude lotte intestine vi appare legge l ' accusa di ladro contro l ' avversario politico . La nostra memoria non è tanto vigile da rimettere in corso certi pettegolezzi , ma il giudizio sarà ben pronto a cogliere il significato storico di siffatti caduti costumi . Nessuno si nasconda le naturali preoccupazioni per la rinuncia alle più elementari dignità , ché l ' immaturo spirito del fascismo sta proprio nel non saper destare neanche il rispetto per il mestiere . Il ricorrere ai miti invece che all ' esperienza , il considerate antropomorficamente le realtà complesse della contingenza , indica senza il pudore dell ' infingimento il suo semplicismo . Con la stereotipia di una disciplina si vorrebbero riparare le deficenze ma non si osa far nascere l ' ordine dal libero disordine . Lo spirito d ' avventura non riesce a scoprire la tradizione e i lamenti sulle degenerazioni morali non intendono che fuori della lotta politica manca il criterio del rinnovamento etico . Mussolini Mussolini è stato l ' eroe rappresentativo di questa stanchezza e di questa aspirazione al riposo . La sua figura di ottimista sicuro di sé , le astuzie oratorie , l ' amore per , il successo e per le solennità domenicali , la virtù della mistificazione e dell ' enfasi riescono schiettamente popolari tra gli Italiani . È difficile immaginarlo altrimenti che sotto le spoglie di un audace condottiero di compagnie di ventura ; o come il capo primitivo di una selvaggia banda posseduta da un dogmatico terrore che non consenta riflessioni . La sua vittoria , tra il disorientamento degli altri , si spiega esaurientemente pensando alle sue qualità risolutive di tattico . Gli manca il senso squisitamente moderno dell ' ironia , non comprende la storia se non per miti , gli sfugge la finezza critica dell ' attività creativa che è dote centrale del grande politico . La sua professione di relativismo non riuscì neppure a sembrare un ' agile mistificazione : troppo dominante vi avvertì ognuno la sconcertata ricerca ingenua di un riparo che eludesse l ' infantile incertezza e coprisse le malefatte . Coerenza e contraddizioni sono in Mussolini due diversi aspetti di una mentalità politica che non può liberarsi dai vecchi schemi di un moralismo troppo disprezzato per poter essere veramente sostituito . Egli rimane perciò diviso e indeciso tra momenti di una coerenza troppo dogmatica per non riuscire goffa e sfoghi di esuberanza anarchicamente ingiustificati . Ha bisogno di un mondo in cui al condottiero , non si chieda di essere un politico . Lottare per una idea , elaborare nella lotta un pensiero , è un lusso e una seccatura : Mussolini è abbastanza intelligente per piegarvisi , ma gli basterebbe la lotta pura e semplice senza i tormenti della critica moderna . Solo gli ingenui si sono potuti stupire dei suoi recenti amori con la Chiesa cattolica . Nessuno più lontano di Mussolini dallo spirito dello Stato laico e dalla vecchia Destra degli Spaventa . Egli non ha nulla di religioso , sdegna il problema come tale , non sopporta la lotta col dubbio ; ha bisogno di una fede per non doverci più pensare , per essere il braccio temporale di una idea trascendente . Avrebbe potuto riuscire il duce di una Compagnia di Gesù , l ' arma di un Pontefice persecutore di eretici , - - con una sola idea in testa da ripetere e da far entrare « a suon di randellate » nei « crani refrattari » . Gli articoli del Popolo d ' Italia erano così : ripetizioni di un ordine , dogmi e spesso stereotipie di un monotono disegno , così sono i comunicati e i discorsi : letterariamente hanno qualcosa di militare e di catechismo - - si deduce l ' opera del boia o dello squadrista dalle verità assolute , trascendenti , e cristallizzate . Infatti i tre momenti centrali della vita di Mussolini hanno coinciso con tre momenti risolutivi , entusiastici , dogmatici della storia italiana : il messianismo socialista , l ' apocalissi antitedesca , la palingenesi fascista : chi vorrà essere così ottuso da ricercare nel condottiero di questi episodi uno sviluppo , e delle ragioni ideali . di progresso ? Perché vedere un problema politico dove si tratta di un fenomeno di psicologia del successo e di una nuova arte economica delle idee ? Sarà legittimo studiare la filosofia politica di Corrado Wolfort , di Giovanni Hakwood o di Francesco Bussone ? La storia giudicherà con indulgenza l ' anacronismo di Mussolini che nonostante il suo orgoglio chiuso di signorotto incompiuto è stato tanto umile da inchinarlesi : garibaldino in ritardo come Crispi , ma forse meno cocciuto di lui e per il suo convinto arrivismo più duttile : rozzo , povero di idee riuscì almeno due volte , per la robustezza e la disinvoltura , l ' ostetrico della storia . Le debolezze intrinsiche di questo temperamento si scorsero quando il condottiero dovette farsi amministratore e diplomatico . In un consesso internazionale di impenetrabili l ' inferiorità di Mussolini , attore più che artista , tribuno più che statista , è palese poiché egli non sa che specchiarsi nella propria enfasi . La sua eloquenza , la forza del polemista , non sanno battersi sul terreno delle ironie e dei sottintesi , restano smontate appena dal comizio e dalla sala di scherma si passi all ' arguta conversazione e alla snervante schermaglia insidiosa delle parole . Mussolini è a suo agio soltanto quando parla al buon popolo e ne ascolta i desideri o lo rimbrotta con fiero cipiglio per le sue monellerie . L ' ordinaria amministrazione con la sua monotonia è un altro fiero nemico del presidente ; se egli non avesse un piacevole divertimento nelle trovate sportive che gli riconciliano la popolarità il compito quotidiano sarebbe snervante e senza risorse . Del resto l ' indole propria del governo avventuroso ed eccezionale vuole che l ' ostacolo insuperabile resti il mondo delle faccende comuni e necessarie su cui invano si dirigono i desideri dei pretoriani e dei subalterni della rivoluzione in cerca di sinecure . La pazienza è più amica dei ritorni e delle rivincite che delle improvvisazioni . Tuttavia restano notevoli le attitudini di Mussolini a conservare il potere tra un popolo entusiasta e desideroso di svaghi , che egli conosce benissimo e cui appresta quotidiane sorprese ( dal telegramma a Spalla all ' esaltazione del raid Baracca ai discorsi domenicali ) . Messa da parte ogni preoccupazione di politica estera egli si è dedicato inesorabilmente a un ' abile tattica reazionaria di liquidazione di tutti i partiti e di tutti gli organismi politici e , aiutato dalla crisi economica , sembra voler ridurre alla sua ragione tutti gli avversari . Anche in questo esperimento il trasformismo giolittiano è stato ripreso con più decisi espedienti teatrali e le doti dei politico si riducono tutte ad astuzie di manovra e a calcoli tattici , indici di un ' arte affatto umanistica e militare . Il mussolinismo è dunque un risultato assai più grave del fascismo stesso perché ha confermato nel popolo l ' abito cortigiano , lo scarso senso della propria responsabilità , il vezzo di attendere dal duce , dal domatore , dal deus ex machina la propria salvezza . La lotta politica in regime mussoliniano non è facile : non è facile resistergli perché egli non resta fermo a nessuna coerenza , a nessuna posizione , a nessuna distinzione precisa ma è pronto sempre a tutti i trasformismi . Dovrà ineluttabilmente l ' Italia rimanere condannata dalla sua inferiorità economica a questi costumi anacronistici e cortigiani ? O le forze della nuova iniziativa popolare e di ceti dirigenti incompromessi riusciranno a dare il tono alla nostra storia futura ? A questo punto è evidente che una nostra profezia riuscirebbe troppo interessata e per quel che non nasce dal contesto spetta piuttosto all ' iniziativa del lettore .