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LA TERRA E L'IMPOSTA ( EINAUDI LUIGI , 1942 )
Saggistica ,
PARTE PRIMA IL PROBLEMA STORICO Capitolo primo Nel censimento milanese I . Il problema storico sta nell ' indagare quale sia l ' oggetto della imposta fondiaria secondo le norme della legge I marzo 1886 . Ma , guardando soltanto al testo della legge , dei regolamenti e delle istruzioni catastali , non si giunge ad una soluzione . Legge , regolamento ed istruzioni sono il frutto di una lunga elaborazione dottrinale , di vive discussioni parlamentari e , forse più che tutto , di una pratica secolare , di cui si potrebbero studiare le origini assai indietro nel tempo . Basti , per non risalire troppo oltre , fermarci al documento capitale in materia catastale , che è la celebre Relazione dello stato in cui si trova l ' opera del censimento universale del Ducato di Milano nel mese di maggio dell ' anno 1750 redatta dall ' economista Pompeo Neri , presidente dal 1749 della ristabilita Giunta del censimento . Ben dice il Messedaglia , nella classica relazione che da lui prende il nome , che il modello - - quale istituto tributario - - degli odierni catasti va ricercato nel celebre censimento milanese decretato nel 1718; né punto si esagera asserendo che questo è stato veramente l ' esemplare a cui si sono poscia conformate , così pel concetto , come per il disegno generale e i principii direttivi , tutte l ' altre istituzioni tributarie di questo genere : e non soltanto tra noi , ma anche in qualche altro paese . E prima Ruggero Bonghi , scrivendo di Valentino Pasini , che era stato nel 1863 , come poi si dirà ( cfr . § § 27 , 31 e 34 ) relatore della legge di imposta di ricchezza mobile , accennava a taluni i quali si credono essere molto più innanzi degli altri , solo perché disprezzano tutta la migliore e più reputata sapienza dei padri nostri , solo per soggiungere come il Pasini quantunque riputasse che la scienza non avesse ancora dilucidati i principii e le norme della stima censuaria , ed ammettesse che , anche dilucidati dalla scienza , non potrebbero essere ammessi subito dai governi , giacché tra la dimostrazione scientifica delle verità economiche e la loro applicazione pratica è necessario ed utile che passi un intervallo in cui quelle si maturino e si divulghino , pure credeva che in alcuni paesi il senno pratico avesse già prevenuto la scienza , e se non colte sempre da per tutto , né rigorosamente applicate in ogni parte le sue proprie divinazioni , ad ogni modo scoverte e seguite quelle migliori norme , a cui nella compilazione dei catasti bisogna attenersi . E questi paesi erano stati la repubblica veneta ed il ducato di Milano . La repubblica veneta abolì esenzioni , fissò il censo al territorio del fondo ; il censo milanese estendeva le venete scoperte , creava le mappe e quanto alla stima sostituì « ai dati somministrati dalle affittanze e dalle contrattazioni , quelle più ragionevoli del prodotto » . Il censimento milanese non fu solo l ' esemplare dei catasti moderni ; ma al tempo in cui il Messedaglia scriveva la relazione intorno al disegno di legge per la perequazione fondiaria , che divenne poi legge fondamentale nostra dal 1° marzo 1886 , esso era ancora in corso di attuazione tra noi . Ed invero una filiazione diretta dell ' antico censimento milanese può considerarsi senz ' altro - - scrive il Messedaglia a carte 29 (Mess., 43 ) della sua relazione - - il nuovo censimento lombardo ­ veneto , la cui opera si viene ancora continuando in alcune provincie in sostituzione a quel primo . Era nel 1886 ancora in vita la giunta del censimento in Milano ; e da quella giunta furono tratti alcuni tra i dirigenti del nuovo catasto . Delle idee informatrici della prima giunta del 1718 che prende il nome dal napoletano presidente don Vincenzo De Miro , vero creatore del catasto lombardo , della seconda del 1749 presieduta dal toscano Pompeo Neri e di quelle successive erano imbevuti gli uomini che presiedettero nel 1886 alla elaborazione della legge catastale italiana , primo fra tutti Angelo Messedaglia . Tanto ne erano imbevuti , da essere perciò fatti segno a critiche acerbe , come quando l ' on . Plebano , nella tornata del 18 gennaio 1886 , volendo tacciare di antiquato il metodo catastale proposto alla approvazione della camera , diceva : Il sistema di catasto che ci si propone , in sostanza non è altro che il famoso censo lombardo , né più né meno , splendidamente illustrato con una monografia , degna di tutta la considerazione , questo è vero ; ma non è in sostanza che il censo lombardo ; di guisa che io credo che coloro i quali dovranno applicare questa legge non avranno molte difficoltà da incontrare nel fare gli studi preparatori e le circolari , perché non avranno che da prendere la raccolta delle circolari della giunta del censo e troveranno là quanto occorre per applicare la legge stessa che oggi stiamo discutendo . 2 . Si può affermare che , se dal 1718 al 1886 erano mutate profondamente le dottrine degli scrittori intorno alla natura ed alla partizione dei redditi agricoli , la pratica estimativa dei redditi stessi era rimasta invariata , quale don Vincenzo De Miro la aveva codificata nelle sue prime istruzioni . Racconta il Neri , storico accuratissimo dei lavori della prima giunta , che questa , compiuta che ebbe la misura dei terreni , commesse a quattro dei più accreditati ingegneri di proporre un metodo , acciò tale operazione restasse eseguita con tutta la giustizia , e con tutti i riflessi convenienti alla generale uguaglianza , che per lo scopo del censimento si doveva stabilire . Sulla base della relazione dei periti ( 1724 ) , sentita la Congregazione dello stato e le rappresentanze dei pubblici , la prima giunta formò il 10 marzo 1725 le istruzioni alli stimatori . Colla scorta di queste , narra il Neri , fu eseguita la stima per mezzo delle persone più pratiche e più sperimentate , che in questo genere di perizia avesse il paese , calcolando il valore capitale dei terreni in ragione di quattro per cento sopra la rendita di essi , purificata dalla parte colonica , e da qualunque altra spesa di coltura e di reparazione , e da qualunque altra legittima deduzione da farsi per causa d ' infortuni celesti , e altre cause , secondo la pratica comunemente dalli stimatori ricevuta , e generalmente dalla giunta a quest ' effetto regolata nel modo più mite , e più benigno , e più favorevole al possessore ( pp . 127 e 128 ) . Pubblicata la stima con editto del 30 settembre 1726 , a decidere sui reclami , la giunta , in ubbidienza all ' imperiale dispaccio del 12 maggio 1728 , elesse sei periti che già avevano avuto parte nella formazione della stima , insieme ad altri otto , detti imparziali perché alla stima medesima estranei , affinché rivedessero la fatta stima per ben due volte , la prima in confronto ai singoli possessori e la seconda in contraddittorio con le pubbliche rappresentanze dei comuni e delle provincie dello stato . Del metodo tenuto nella stima e nella revisione dà conto una relazione delli 22 gennaio 1732 , dalla quale qui si traggono i brani relativi al punto che ci interessa , omesse le parti relative a punti singolari , come acque , gelsi , molini , ecc . ecc . ( da p . 136 a 139 ) : Erano le generali instruzioni ... Primo . Una attenta ricognizione oculare di ciascun fondo per individuare la sua intrinseca attitudine , ed assentarli la squadra ... Un diligente esame della rendita , osservando colla perizia dello stimatore la quantità e qualità del frutto , che una pertica di ciascuna qualità di fondo può produrre , non tralasciando di prendere esatte informazioni dalle persone più pratiche del luogo , e riconoscere ancora le investiture , acciò coll ' oculare ispezione e pluralità delle notizie si assenti maggiormente la cavata con chiarezza ed accerto . Ricavata la vera rendita , farvi ogni e qualunque deduzione sì per il lavorerio , come per le spese degli edifizi , riparazioni ecc . Nella valutazione dei grani , regolare il loro prezzo massimo , mediocre , ed infimo . Il riso bianco a lire 15 , 14 e 13 Il formento a lire 12 , 11 e 10 La segala a lire 8 e 7 Il miglio ed il melgone a lire 6 e 5 per ogni moggio di misura milanese . E per tutti gli altri frutti , come varj di qualità , e valore , apprezzarli a giudizio dello stimatore , secondo le circostanze dei luoghi . Che la rendita d ' ogni fondo da valutarsi , s ' intenda quella porzione di frutto , che di netto va al padrone , dedotto l ' intero lavorerio , la semente ed ogni altra ecc . , servendosi perciò in ogni parte dello stato di quell ' ordine di lavorerio , che venga costumato in tal sito . Ove i terreni sono affittati a denaro , servirsi di detto ordine di lavorerio , ed indi confrontare la risultanza coll ' affitto , per accertarsi , se la cavata costituita a quel fondo sia sussistente , avvertendo , che il prodotto della rendita non debba uguagliarsi rigorosamente all ' affitto in denaro , sul riflesso , che tali affitti sono per lo più stabiliti colli prezzi maggiori assegnati ai frutti : pure , quando colla sua perizia lo stimatore comprenda che il prodotto del fondo uguagli od ascenda lo stesso fitto , starà alle sue certe risultanze . Se s ' incontrino fondi , che produchino frutti diversi o d ' incerto valore , come lo sono le ortaglie , e simili , ai quali non può fissarsi vero prodotto , si abbia presente il fitto , e da quello se ne ricavi la rendita , avvertendo di servirsi dell ' equità , essendo fitto a denaro . Per li fondi di tenue cavata , come sono i pascoli , brughiere , zerbi e simili , che per lo più sono nei monti , ai quali non può fissarsi precisa minuta per la stima , se li darà un più verisimile valore , senza l ' obbligo di calcolarli la rendita , e questo dovrà essere a giudizio dello stimatore , premesse le dovute informazioni . Il ceppo nudo , e sito affatto sterile , ed infruttifero ( come che non dà prodotto ) si lasci senza valutazione . Ricavata la rendita dei fondi colle misure predette , se li faccino le debite deduzioni . Per quello riguarda il lavorerio , si ritenga in tutto il costume del paese , come sopra si è detto , affine di giustificare la parte dominicale da valutarsi , osservando anche quanto distintamente è stato coll ' approvazione della real giunta assentato dalli stessi periti circa i terreni nei monti , ed altre qualità nelle rispettive provincie . Per le deduzioni degli infortuni celesti si osservi , cioè : Alli coltivi , ed agli avvitati nei siti in pianura , se gli deduca il nono . Al lino il settimo . Ai prati il decimoquinto . Ed ai boschi il decimo ottavo . E nelle parti montuose , alle selve , agli avvitati ed agli coltivi se li deduca il settimo , nel resto come sopra . Per le spese dell ' adacquazione nei terreni adacquatori , siccome in un solo territorio possono esservi diversità di acqua , e di spesa tra possessore e possessore a proporzione di pertica , si assenti di regolare tale spesa colla maggior risultanza , cioè della maggiore che risulterà da uno dei primi estimati , e ciò affinché in un solo territorio si faccia la stessa deduzione perché ne risulti una sola stima . Siccome nel ricavare la rendita deve considerarsi ogni sorta di frutto , così nelle deduzioni non deve lasciarsene alcuna . Perciò si abbia presente qualsiasi altro riflesso che possa minorare la cavata , acciò questa resti del tutto pura , avvertendo , che non deve farsi alcuna deduzione di qualsiasi carico regio camerale o locale . Ridotta in netto la rendita dei frutti , si valutino alli prezzi fissati dall ' eccellentissima giunta , ritenendo il prezzo massimo nei siti , ove il frutto riesce di miglior perfezione , ed ha maggior esito , e con minore spesa , così declinando con quelli di minor perfezione , meno esito , e maggior spesa , la qual notizia facilmente si potrà avere . Per stabilir poi detti prezzi , dovranno convocarsi tutti li stimatori , che opereranno in una stessa provincia , o situazione , acciò vadino concordi . Se si volesse riassumere in una definizione il contenuto del concetto di rendita imponibile osservato dagli stimatori milanesi , non si saprebbe trovarne altra migliore di quella del codice : hoc fructuum nomine continetur quod justis sumptibus superest ( VII­51 ) . Dal pensiero degli stimatori milanesi è assente qualunque accenno a distinzioni del reddito in varie parti od a derivazioni indipendenti di queste parti del reddito da certe forze produttive del terreno ( ad esempio , dal terreno per sé , dai capitali fissi , dal capitale circolante o dal lavoro ) . Lo stimatore conosce solo i « frutti » del suolo o la « cavata » o la « rendita » , che sono tutte parole sinonime , usate ad indicare il prodotto lordo della terra . Dal prodotto lordo devono essere dedotte « tutte » le spese , nessuna esclusa . Come il prodotto deve essere calcolato nella sua interezza , così le spese devono essere valutate in modo da rendere la cavata netta « del tutto pura » . Le spese possono essere di lavorazione , di semente , di riparazione agli edifici , di perdite per infortuni . La cavata netta , o rendita imponibile o parte dominicale si identifica con quella porzione di frutto che di netto va al padrone , dedotta cioè dalla cavata lorda « la parte colonica » e le altre spese che sopra furono indicate . Lo stimatore concepisce cioè il frutto lordo del fondo diviso in due parti , di cui una sono le spese , principale fra esse la quota colonica , ed il resto « quod superest » è la parte dominicale che va al padrone ed è oggetto della imposta fondiaria . Ancor oggi l ' articolo II della legge I marzo 1886 dichiara che « rendita imponibile è quella parte del prodotto totale del fondo che rimane al proprietario netta dalle spese e perdite eventuali » . E l ' on . Messedaglia , nella tornata del 10 dicembre 1885 , a scagionarsi dalla accusa mossa al progetto da lui difeso di inspirarsi a teorie fisiocratiche , osservava : La fisiocrazia comincia col Tableau économique di Quesnay , che è del 1758 e il censimento milanese , il tipo normale di tutti i moderni catasti , data dal 1718 . La fisiocrazia non era allora ancor nata . Il prodotto netto di cui parliamo noi , il reddito catastale , non ha che vedere col prodotto netto dei fisiocratici ; come non ha che vedere con la rendita di Ricardo e di altri economisti . La relazione 1750 , della giunta del censimento , che si sa esser opera di Pompeo Neri , non ha una linea che si possa accusare di fisiocrazia ( pp . 15601 o II , 107 ) . Le parole del Messedaglia , capitali per la interpretazione della legge nostra , meritavano di essere ricordate dapprima qui , perché confermano come gli stimatori milanesi si fossero esclusivamente inspirati alla pratica corrente dell ' estimo rurale , in uso ai loro tempi , circostanza già rilevabile dal racconto del Neri . Tutti i calcoli sulla cavata o rendita lorda , sulle spese e sull ' « ordine » del lavorerio , ossia sui metodi di conduzione , se a mezzadria ( colonato ) o ad affitto o ad economia , sui prezzi da usarsi per le varie specie di terreni e di frutti , devono essere condotti secondo « ciò che venga costumato in ogni sito » , osservando « in tutto il costume del paese » , « la pratica comunemente dalli stimatori ricevuta e regolata nel modo più mite e più benigno e più favorevole al paese » . Le quali istruzioni furono dappoi sapientemente riassunte nell ' art . 11 della nostra legge fondamentale , secondo cui i fondi devono essere « considerati in uno stato di ordinaria e duratura coltivazione , secondo gli usi e le consuetudini locali » , né si deve tener conto « di una straordinaria diligenza o trascuranza » . Le quali ultime non sarebbero invero conformi a quel « costume del paese » a cui lo stimatore deve sempre riferirsi nei suoi calcoli di prodotti e spese . 3 . Se meglio non potevano essere espressi i due concetti fondamentali , dell ' essere la rendita imponibile uguale ai frutti totali dedotte tutte le spese e nel doversi calcolare frutti e spese in condizioni ordinarie secondo gli usi locali , non vi è dubbio altresì qual fosse il tipo prevalente di conduzione dei fondi che gli stimatori milanesi avevano sott ' occhio . Essa è la colonia - - la prima istruzione del 1725 parla solo di rendita ( o cavata o frutto ) purificata dalla parte colonica - - con divisione dei prodotti in parti aliquote tra proprietario e colono . In altra parte della relazione , dove si ragiona della immunità dei beni ecclesiastici dai tributi , e si accenna alla necessità in cui si trovarono « le comunità a dirigere le loro molestie contro i coloni di essi ecclesiastici , come persone più deboli e notoriamente laicali , lasciando immuni i padroni da tutto ciò , che da loro si poteva pretendere » è chiarito come alla tassa colonica siano soggetti i coloni « parziari » dei beni ecclesiastici esenti , e non altre specie di coltivatori di essi beni . Il contratto di colonato appare il più frequente tra quelli osservati dagli stimatori milanesi ; sicché la parte dominicale del prodotto del fondo poteva , sotto deduzione delle spese sostenute dal proprietario e delle perdite per infortuni , essere considerata senz ' altro come imponibile . Che il contratto di colonato fosse quello prevalente , si deduce altresì dall ' accenno all ' affitto a denaro , che ne dimostra la singolarità . Ed invero le istruzioni ordinano che , pur accertando l ' ammontare dell ' affitto , allo scopo di assicurarsi se « la cavata costituita a quel fondo » ossia se il prodotto calcolato dagli estimatori sia « sussistente » ossia conforme al vero , « il prodotto della rendita non debba uguagliarsi rigorosamente all ' affitto in denaro » . Ossia le istruzioni comandano che nei casi di affitto , il prodotto della rendita , poco sopra definita come « quella porzione di frutto che di netto va al padrone » , oggi si direbbe la rendita imponibile , si debba calcolare in somma inferiore al canone di affitto . La regola poggia « sul riflesso , che tali affitti sono per lo più stabiliti colli prezzi maggiori assegnati ai frutti » . Soltanto per eccezione , quando si accerti che davvero il prodotto normale del fondo è uguale o supera il canone di affitto , dovrà lo stimatore attenersi alle « sue certe risultanze » . Il canone di affitto certo può dunque essere maggiore della rendita calcolata dallo stimatore ; ovvero uguale o minore . Se è maggiore , lo stimatore potrà tener conto , ma non « rigorosamente » , del fatto . Se è minore , lo stimatore si atterrà alle « sue » certe risultanze ; ossia , come pare si debba interpretare dal contesto del discorso - - [ Pure quando colla sua perizia lo stimatore comprenda che il prodotto del fondo uguagli o ascenda lo stesso fitto , starà alle sue certe risultanze , ] - - baderà piuttosto ai suoi calcoli che al dato del fitto . Sembra dai testi di poter concludere che , secondo l ' opinione dei periti del censimento milanese , il contratto di fitto non solo era eccezionale ma , quando aveva luogo , il canone stipulato era una somma superiore alla parte dominicale del prodotto del fondo , superiore cioè a quanto il proprietario poteva ricavare di rendita netta col dare il fondo a colonato o coll ' amministrarlo in economia . Il fitto invero « per lo più » stipulavasi « colli prezzi maggiori assegnati ai frutti » , ossia , sembra interpretarsi , quando , in anni buoni , i fittaioli lusingavansi di ottenere redditi elevati . Il fitto era considerato un fatto eccezionale , che solo in circostanze speciali di mercato ascendente aveva luogo . Poiché gli stimatori cercavano la rendita media ordinaria , essi non si dovevano occupare di sovrarendite , fossero esse dovute a prezzi di eccezione od a perizia singolare dell ' affittuario . Il caso comune era quello del proprietario diretto coltivatore a mezzo di coloni o mezzadri . Costui normalmente pare non riuscisse ad ottenere una rendita uguale al fitto che gli sarebbe stato pagato , in circostanze eccezionali , da affittuari , classe allora appena agli inizi della sua formazione . I periti perciò , attenendosi all ' osservazione della pratica ordinaria agricola , consigliavano moderazione nelle stime . E per implicito si può dedurre che essi non concepissero neppur l ' esistenza di un reddito del proprietario coltivatore diverso dalla parte dominicale netta del prodotto totale ed in aggiunta ad esso , fortunati dicendo quasi quei tali i quali potevano crescere alquanto tale parte dominicale , profittando di momenti favorevoli di prezzi alti , che potevano indurre qualche fittaiolo a promettere un canone superiore alla rendita dominicale ordinaria ! Capitolo secondo Nella legge catastale 4 . Il concetto « quod justis sumptibus superest » , ancora indistinto nel censimento milanese e nei catasti fatti a sua imitazione e lasciati in eredità al nuovo regno d ' Italia , ebbe una duplice elaborazione legislativa . Una è ancora « catastale » ed ha il documento suo principale nella relazione Messedaglia . L ' altra è quella « mobiliare » , la quale , dopo il naufragio del tentativo Scialoja di unificare la tassazione diretta in una imposta sulla rendita generale , cercò di trasformare ed unificare le vecchie imposte di patente o classificate le quali negli antichi stati italiani colpivano i redditi non fondiarii . Sebbene cronologicamente lo sforzo di costruzione legislativa mobiliare preceda ( 1863­64 ) quello fondiario ( 1885­86 ) , dirò prima di quest ' ultimo . L ' ordine storico ideale è talvolta diverso da quello cronologico ; e le discussioni stesse del 1863­64 si riferiscono frequentemente a premesse poste negli antichi catasti e codificate poi nella legge del 1886 . Sebbene venuta dopo , la legge del 1886 si informò nel suo spirito al sistema d ' idee primamente accolto nel censo milanese e trasmesso da questo ai catasti posteriori ; sicché a giusta ragione possiamo considerarla prima nell ' ordine ideologico dei precedenti legislativi . 5 . I documenti e le discussioni concernenti il disegno di legge sul riordinamento dell ' imposta fondiaria presentato il 21 dicembre 1882 dall ' on . Magliani , ministro delle finanze , vanno segnalati per la chiarezza con la quale affermano la distinzione tra la rendita fondiaria o reddito dominicale e il reddito agrario . Le teorie di Ricardo e di Thünen , la tesi statica e quella dinamica o storica della formazione della rendita rivivono nelle pagine delle relazioni e negli articoli del disegno di legge . Il ministro proponente , Magliani , dà principio alla sua relazione , ponendo appunto in risalto l ' oggetto particolare o la fonte dell ' imposta fondiaria , la quale colpisce , non l ' intiero prodotto agrario , ma quella parte di esso che dicesi rendita , o in senso più largo reddito dominicale ; ed assume perciò un carattere speciale , per cui si distingue dalle altre imposte dirette . Infatti il prodotto dei terreni , posto in coltivazione , comprende due parti distinte : l ' una è il risultato del capitale di esercizio e del lavoro dell ' impresa agricola , e costituisce il profitto agrario ; l ' altra è l ' effetto della terra medesima e del capitale di miglioria investito stabilmente in essa , e forma il reddito dominicale , cioè il reddito del proprietario . Lasciando da banda la prima parte , che si riferisce all ' industria agraria , propriamente detta , e che è comune a tutte le altre industrie , ciò che rimane si può considerare come cosa distinta , e fonte speciale di ricchezza privata , ed è il vero oggetto imponibile della fondiaria ... Il profitto agrario è variabile di anno in anno e subisce i rischi e le sorti degli ordinari prodotti industriali ; ... la rendita conserva una certa stabilità ed ha inoltre una tendenza all ' aumento . Se il profitto agrario varia di anno in anno e la rendita fondiaria è stabile nel tempo , diversamente si comportano i due elementi dal punto di vista statico , considerati ad un dato momento : il profitto agrario è la parte ordinaria e la rendita fondiaria quella differenziale del prodotto del fondo . Deducendo rigorosamente dalle dottrine ricardiane , il Magliani osserva che ne le terre più fertili e in quelle più vicine al mercato , il lavoro e il capitale impiegati nel suolo di prima mano in condizioni più favorevoli e le produzioni che hanno un costo minore godono di un grande vantaggio , ed ottengono , oltre dell ' ordinario profitto , un guadagno eccezionale , un estraprofitto e una rendita la quale segna la differenza tra il costo più basso e il più alto su cui è regolato il valore normale dei prodotti . Poiché , aggiungasi , la popolazione crescente costringe a coltivare terreni sempre meno fertili e più lontani dal mercato , la rendita fondiaria tende nel corso ordinario dell ' economia ad elevarsi , indipendentemente dal valore e dall ' opera degli uomini , perché le cause da cui deriva sono d ' ordine generale , ed operano , non senza interruzioni , ma con forza crescente . Non la sola terra nuda o naturale dà origine alla rendita fondiaria ; fa d ' uopo aggiungervi il capitale investito indissolubilmente nella terra , ma che pure segue le vicende e le tendenze della rendita e con essa si eleva . Perciò , soggiunge il ministro , non giovano le diminuzioni dell ' imposta fondiaria per venire in aiuto dell ' agricoltura ; ché le diminuzioni dovrebbero avvantaggiare il profitto agrario , il guadagno ordinario di chi mette in opera lavoro e capitale per coltivare le terre , non già la rendita del proprietario puro e semplice , la quale è cosa ben diversa e trae origini da tutt ' altre cagioni . Ogni diminuzione del tributo fondiario arrecherà un beneficio ai proprietari , ma non varrà a migliorare le condizioni dell ' industria agraria , ad accrescere il profitto dei coltivatori di terreni senz ' altri provvedimenti . E tutte le obbiezioni che si fanno all ' imposta in discorso , desunte dai bisogni , dagli interessi e dalle condizioni dell ' agricoltura , cadono a vuoto quando si osserva che il carico grava su quella parte del prodotto agrario , la quale non è retribuzione ordinaria del capitale e del lavoro messi in opera dal coltivatore , ma principalmente un guadagno eccezionale , dovuto a circostanze peculiari di natura e di società . Per favorire gli interessi e promuovere l ' incremento dell ' industria agricola potranno giovare altri espedienti , e sovratutto un alleviamento del tributo che colpisce il profitto vero e proprio di essa , come quello delle altre industrie affini . Ma l ' imposta fondiaria , riferendosi alla rendita del proprietario , non tocca direttamente la parte spettante all ' agricoltore , non riguarda l ' interesse e la condizione di esso . E differisce dalle imposte dirette somiglianti che colpiscono il prodotto delle industrie manifattrici e commerciali , per due caratteri essenziali , perché viene prelevata non sul reddito intero della produzione agraria , ma sovra una parte di esso , attribuita ad una classe determinata di persone ; e perché questa parte istessa deriva da cause peculiari e presenta una forma propria e qualità speciali . La rendita o il reddito , dominicale dei terreni non soggiace alle alterne vicende , alle fluttuazioni incessanti ed ai rischi di ogni qualsiasi industria , compresa l ' agricola : non è mutabile essenzialmente ed è incerta di anno in anno , al pari di ogni altra specie di reddito e di profitto ; ma conserva una certa stabilità relativa , come si vede segnatamente nel sistema degli affitti , e manifesta in una serie di anni una tendenza costante all ' aumento . In riassunto , il Magliani faceva derivare dal prodotto totale due sorta di redditi : l ' uno fondiario e l ' altro agrario . Il primo è frutto della terra e dei capitali di miglioria stabilmente investiti nella terra ; il secondo è frutto del capitale d ' esercizio e del lavoro dell ' imprenditore agricolo . Il primo è un guadagno eccezionale e differenziale uguale alla differenza tra il costo variabile dei prodotti sui terreni più o meno fertili o bene situati o vicini al mercato e il prezzo di mercato , a sua volta uguale al costo massimo di produzione sui terreni coltivati ; il secondo è variabile di anno in anno e subisce i rischi e le sorti degli ordinari prodotti industriali . Il primo è dovuto a circostanze peculiari di natura e di società e può essere tassato coll ' imposta fondiaria , senza nuocere all ' agricoltura ; mentre il secondo , partecipando alle alterne vicende , alle fluttuazioni incessanti ed ai rischi dell ' industria , può talora formare oggetto di alleviamenti tributari , quando faccia d ' uopo venire in soccorso all ' agricoltore . Vi è , in questa netta contrapposizione dei due redditi , la manifestazione di un istintivo sforzo del ministro delle finanze per salvaguardare la imposta fondiaria « la base più salda della finanza » ( p . 4 ) contro le richieste di alleviamenti venute fuori durante le discussioni allora cominciate sulla crisi agraria e delle indagini contenute nei volumi della inchiesta agraria del Iacini , che andavano via via uscendo alla luce ; ma vi è anche l ' eco degli insegnamenti teorici , secondo cui la terra dava luogo ad un reddito singolare chiamato reddito fondiario , che non aveva riscontro in nessuna altra industria e diverso dal reddito dell ' industria agraria esercitato sulla terra stessa . 6 . Si dirà poi se e come il Magliani abbia tradotto in proposte legislative i principii regolatori da lui esposti nella relazione . Per ora basti averli notati ; e si aggiunga subito che gli stessi principii , in forma ancor più netta , erano esposti da Angelo Messedaglia nella relazione , che è uno dei documenti fondamentali della storia della finanza italiana . A parecchie riprese , egli accenna all ' oggetto proprio dell ' imposta fondiaria ; ma in modo particolare ne tratta il capitolo XI della parte seconda , di cui qui si riprodurrà perciò tutto ciò che tocchi l ' argomento . Argomentando dapprima in dottrina , il Messedaglia così scrive ( p . 213 o Mess . , 276 ) : L ' imposta fondiaria è destinata a colpire il prodotto dei fondi , in quella misura che questo può spettare al proprietario , ossia il reddito del proprietario come tale , stimato al netto di ogni spesa di produzione e conservazione . Il prodotto fondiario ( parlando sempre di terreni ) è il risultato di tre fattori , che sono quelli della produzione economica in generale : la natura , ossia la terra , il capitale , e il lavoro . Il capitale assume esso medesimo , rispetto alla terra , due modi diversi , che lo differenziano sostanzialmente . Vi è da distinguere il capitale di miglioramento ed il capitale di esercizio : immobile il primo al pari della terra in cui viene ad investirsi , e di cui segue poi la vicenda ; mobile l ' altro , e che resta da sé . Perloché il prodotto fondiario può decomporsi in quattro parti , le quali corrispondono : « quella porzione del reddito fondiario che ha carattere più specialmente industriale , e che a tutto rigore e a questo titolo , dovrebbe ritenersi immune dall ' imposta prediale , ossia il reddito agrario in contrapposto al fondiario propriamente detto » . E più sotto ( p . 163 o Mess . , 207 ) , esponendo le ragioni per cui si volle abbandonare il metodo della denunzia , osserva : « Costituiscono ( le denunzie ) la forma prima e dominante dappertutto e fino a quando l ' imposta riveste un carattere più propriamente personale e quindi pure dove il reddito da tassarsi vuolsi colpito , comunque , al netto , nella sua totalità , ossia non soltanto per la parte del proprietario , come tale , ma anche per quella del coltivatore ; cessano via via , passando in seconda linea , e da ultimo scomparendo del tutto , col distinguersi del reddito fondiario propriamente detto in confronto a quello che chiameremo il reddito industriale della terra , e col farsi più spiccata la realità dell ' imposta prediale » . Dove si potrebbe leggere esposta questa idea che per lo più la tassazione distinta della rendita fondiaria e l ' esistenza di un catasto geometrico , particellare , per classi e tariffe siano due fatti concomitanti . I . Alla terra nel suo stato originario , naturale ; 2 . Al capitale di miglioramento che vi si investe ; 3 . Al capitale d ' esercizio ; 4 . Al lavoro . Sono i primi due elementi che forniscono il prodotto fondiario propriamente detto , il frutto della ricchezza immobile . Gli altri due somministrano un reddito che è specificatamente di natura industriale , il reddito agrario in senso proprio , come lo si è talvolta chiamato , e che va ascritto di sua natura alla ricchezza mobile . Comparando altresì la terra e il capitale in essa investito , è facile ravvisare come l ' importanza massima , in una condizione avanzata di cose , sia di quest ' ultimo . La terra è l ' elemento fisso , il capitale è l ' elemento progressivo . A lungo andare , è questo che soverchia sull ' altro in proporzione enorme , e di più in più . In molti casi , il suolo produttivo esso medesimo non è se non una creazione del capitale : testimonio le culture irrigue delle nostre pianure , e quelle a scaglioni dei nostri poggi . Né l ' anzidetta distinzione ha un valore soltanto teorico di scienza , ma di applicazione pratica altresì , e sta alla base di ogni sistema razionale d ' imposta . L ' imposta fondiaria è destinata a colpire il prodotto soltanto nei suoi due primi elementi , il prodotto fondiario in stretto senso , il solo che costituisca la parte del proprietario come tale , risparmiando per proprio conto quello degli altri due fattori , di carattere più propriamente industriale , e che rappresenterebbe la parte del conduttore , di chi esercita l ' industria agraria , sia poi esso persona distinta da quella del proprietario , o faccia tutt ' uno con esso . Il primo soltanto , convenientemente appurato , ossia al netto , è quello che porge la materia dell ' imponibile fondiario . 7 . Più sotto ( a p . 217 o Mess . , 281­84 ) , il Messedaglia chiarisce ancor meglio il contenuto dell ' imponibile fondiario , dimostrando che esso non si identifica con quella che dagli economisti viene chiamata « rendita della terra » . Questa sarebbe quella parte del prodotto che corrisponde alla differenza tra terre d ' ineguale produttività , e di cui le infime rimunerano appena alla ragione ordinaria il capitale e il lavoro ad esse applicato . Se una terra non rende che in quest ' ultima proporzione , si dice che la sua rendita in proprio senso , quale semplice terra , è nulla ; se rende invece di più , cosicché , compensati nella misura ordinaria corrente il capitale e il lavoro , ne soverchi ancora qualcosa , la rendita consiste in questo soverchio . La differenza stessa può dipendere da vari elementi : la naturale feracità delle terre , la posizione , la più o meno grande agevolezza alle comunicazioni , e la maggiore o minore prossimità dei mercati , il sistema e il movimento dei prezzi : ogni circostanza , insomma , da cui possa andarne modificata , a pari spese di produzione , la quantità e qualità dei prodotti , o il loro valore , e sorgere così un divario nel reddito delle singole terre , che altrimenti non avrebbe sufficiente ragione di essere . Il Messedaglia vede però subito , contrariamente al Magliani , il quale a questi elementi differenziali aveva dato grande importanza , sino ad attribuire all ' oggetto dell ' imposta fondiaria un carattere distinto da quello di tutte le altre imposte dirette , che il concetto puramente ricardiano della rendita fondiaria non basta a caratterizzare l ' oggetto dell ' imposta fondiaria . Non basta in primo luogo , ché anche di altri redditi « anzi talvolta in forma assai più spiccata e più facilmente e generalmente avvertita » si può dire la stessa cosa , come accade per le aree fabbricabili nei centri popolosi , dove la rendita può formarsi e crescere smisuratamente anche all ' infuori di ogni spesa o dispendio da parte del proprietario . Questi non ha che da attendere . La rendita si forma ed aumenta per un processo che si compie attorno a lui nello svolgimento economico della società ; egli viene a mietere gratuitamente il frutto spontaneo della fortuna ; raccoglie , a meglio dire , il prodotto di una generale operosità , alla quale potrebbe anche non avere partecipato egli stesso in alcuna misura . Il Messedaglia nota che a tale specie di rendita quasi spontanea ed indipendente dall ' uomo , non si limita affatto l ' oggetto dall ' imposta : Sulle terre in coltura specialmente si può avere una vera creazione di rendita , anche per atto e fatto del coltivatore . Basta a tale uopo supporre un ' applicazione di capitale e lavoro che rimuneri con qualche larghezza , al di là della misura ordinaria , i miglioramenti che si investono nella terra . Vi può essere , cioè una rendita non soltanto per la terra , quale area nuda , ma anche per il capitale di miglioramento ; il più alto fitto che dalla terra deriva al proprietario potrebbe anche non rappresentare che il profitto più o meno lauto dei fatti dispendii , essere la remunerazione di un ' impresa più o meno fortunata , intelligente e solerte da parte sua . Il proprietario d ' oggi , alla sua volta , il quale mostra godere del beneficio , potrebbe anche non essere che un semplice acquirente , il quale ha pagato il beneficio stesso in libero mercato , né più né meno di quello che vale . In qualche caso può pur avvenire che il reddito tutto intero nemmeno pareggi l ' ordinario profitto del dispendio incontrato ; perloché dovrebbesi dire che non soltanto non vi è positivamente alcuna rendita , ma ve n ' ha una , se mai , da qualificarsi di negativa . Vi sono insomma intraprese e dispendi , che rimunerano , e al di là , il costo attuale di produzione , e quel tanto di un tal costo passato che poté rimanerne stabilmente in esse investito ; ve ne ha che lo remunerano a mala pena e alla ragione ordinaria corrente ; ve ne ha infine che non toccano nemmeno a questo limite , e ne rimangono più o meno al disotto . E quest ' ultimo effetto , si avverta bene , potrebbe esso pure derivare da cause generali , indipendenti dall ' opera del proprietario , al pari del primo ; essere il prodotto di movimenti e spostamenti che avvengono nel generale organismo economico , e che alterano e modificano a un dato momento quello che altrimenti sarebbe stato l ' aspetto ordinario , normale della produzione . Al Messedaglia pare in conclusione non potere essere parola di estimo esclusivamente ordito sul concetto di una cosidetta rendita della terra , per quanto pure non sieno altre volte mancati economisti che ne hanno variamente discusso . Bisogna stimare senz ' altro l ' intiero reddito netto fondiario per la parte che spetta al possessore ( terra e miglioramenti compresi ) e nel quale si trova a diverso grado compenetrata la rendita essa medesima ; è questo il solo modo , pratico e razionale , che possa seguirsi . Perseguire la pura rendita della terra avrebbe scopi diversi da quello fiscale . Vorrebbesi trovar modo di trasferire allo stato tutta quella parte del maggior valore degli immobili che può riguardarsi come il prodotto indiretto dal lavoro collettivo della società , anziché di quello esclusivo del possessore , e comporgli con ciò un fondo che andrebbe a scarico delle rimanenti imposizioni . Non sarebbe neanche a titolo d ' imposta , ma di un virtuale condominio , la parte dovuta alla società in corpo nella creazione comune del valore , e che si ravvisa dover andare indefinitamente crescendo , così in via assoluta che relativa . Comunque si voglia di siffatta teoria giudicarsi , essa nulla ha a vedere con lo stabilimento dell ' imposta fondiaria in senso proprio . 8 . Due soli oratori , durante l ' ampia discussione accaduta alla Camera , esposero concetti degni di nota intorno al concetto teorico della rendita imponibile : il Di San Giuliano e il Cagnola . L ' on . Di San Giuliano accentua le critiche implicitamente mosse dal relatore della legge alla posizione singolare fatta dal Magliani al reddito terriero . Egli non ignora che gli economisti del tempo suo avevano cominciato ad estendere il concetto di rendita a tutti i campi dell ' umana attività ed osserva ( 26 novembre 1885 , p . 15321 o I , 115­17 ) : La cooperazione della natura non è una specialità dell ' agricoltura , ma è un fattore comune a tutti i rami della produzione , tanto che un insigne economista , lo Schaeffle , volle perfino applicare la teoria della rendita di Ricardo , al lavoro intellettuale e manuale dell ' uomo . Il calore , il vapore , l ' elettricità , di cui nella produzione industriale ammiriamo i miracoli , che cosa sono se non forme della cooperazione gratuita della natura ? E ogni nuova invenzione che cosa è se non una nuova e maggior copia di forze naturali gratuite che si mette a servizio dell ' industria ? E non è appunto l ' industria a preferenza dell ' agricoltura il campo nel quale maggiormente trionfa sulle forze fisiche l ' ingegno umano , frutto anch ' esso della cooperazione gratuita della natura ? ... Insomma non v ' ha ragione di distinguere nella produzione agricola una fonte d ' entrata qualitativamente diversa che in ogni altro reddito ... La rendita netta della terra non differisce dal profitto netto che gli imprenditori ottengono in tutte le altre industrie ed è regolata dalle medesime leggi . Il proprietario d ' un opificio qualunque , nel chiudere i suoi conti al termine dell ' anno , dopo aver dedotto l ' interesse e l ' ammortamento del capitale fisso , il premio d ' assicurazione , le spese d ' esercizio ed il salario della direzione , trova una somma che non appartiene ad alcuna delle predette categorie , e che è il profitto , l ' equipollente esatto della rendita fondiaria , dalla quale differisce solo a tutto suo vantaggio nella misura perché , per solito , è più elevato . Ed è un errore supporre che la natura partecipi più intensamente alla produzione agraria che a quella industriale . D ' accordo con lo Stuart Mill , il Di San Giuliano nota che la parte della natura in ogni opera umana è indefinita ed incommensurabile . È impossibile il definire che in una cosa la natura faccia più che in un ' altra . Dopo avere confutato le teoriche del Magliani secondo cui la rendita non sarebbe la retribuzione ordinaria del capitale e del lavoro , ma principalmente un guadagno eccezionale dovuto a circostanze di natura e di società , l ' oratore prosegue ( p . 25233 o I , 119­20 ) : E come può affermare la relazione ministeriale che l ' imposta colpisce il reddito dominicale e non l ' intiero prodotto agrario ? Ciò dipende dall ' ammontare dell ' imposta , poiché , ammessa anche la teoria fisiocratica , è difficile dire in ciascun prodotto agrario quanta sia la parte del reddito dominicale , quanta quella che è retribuzione del lavoro e del capitale e tanto più ciò è difficile anzi addirittura impossibile , nei fondi migliorati e non dati in affitto . Per attuare realmente questo concetto della relazione ministeriale , il catasto dovrebbe farsi soltanto per classi , e non per qualità e classi , poiché le colture diverse sono appunto il frutto del capitale e del lavoro . 9 . Il critico più acuto della possibilità di distinguere tra reddito fondiario e reddito industriale , secondo la concezione sopra esposta dal Messedaglia , fu il Cagnola , del quale si riferiscono soltanto le proposizioni le quali hanno tratto alla formulazione teorica del problema . Il voler distinguere - - osservò egli nella tornata del 14 dicembre 1885 ( pp . 15728­30 o II , 213­16 ) - - la parte del prodotto che va assegnata alla cooperazione della terra e delle migliorie e quella che va assegnata alla industria agraria è una questione insolubile . La commissione per stimare il reddito fondiario imponibile , tien conto in primo luogo della qualità e della classe dei terreni . Ora , la qualità dipende essenzialmente o principalmente dalla natura del suolo o non piuttosto si deriva dalla lavorazione stessa agricola ? ... L ' arrivare alle superiori qualità dei fondi per causa di piantagioni , quali viti o gelsi , l ' arrivare alle qualità dei terreni a coltura continua dipendenti dall ' avvicendamento , deriva esclusivamente da quei contratti più o meno lunghi , i quali dànno fiducia ai conduttori di fruire almeno in parte delle migliorie , che essi hanno in animo di intraprendere . Così si opera oggi stesso nelle migliorie del mezzodì con coltivazioni arboree . Tale origine ebbe la più parte delle stesse marcite dell ' Alta Italia . Persino nella economia forestale oggi il determinare se essa debba essere a ceduo basso , a ceduo medio , a ceduo alto od a fustaia , dipende dall ' imprenditore e dal capitale che vuol mantenere investito nella foresta . A seconda dell ' entità di esso è possibile la usufruizione nell ' uno o nell ' altro , o nel terzo o nell ' ultimo dei modi che ho indicato . Quindi la qualità della terra essenzialmente dipende dall ' industria agraria , dalla potenza del capitale , dalla abilità tecnica e dagli avvicendamenti che il coltivatore vi adopera . Se poi veniamo alle classi , io credo che nelle coltivazioni intensive la classe onninamente dipenda dalla qualità delle colture e degli avvicendamenti . Per esempio , la classe prima dei nostri prati avvicendati si ottiene esclusivamente con la coltivazione fine , con concimazione a stallatico e continuità e diligenza in uniforme coltura , per modo che la terra produca un prato a trifoglio spontaneo , ladino e ad altre erbe pure scelte e di qualità costante . Se si alterano le coltivazioni e le concimazioni , se si prolunga la risaia , la classe del terreno si degrada . Ogni data classe deriva , si può dire , esclusivamente dall ' azione del lavoro e del capitale impiegatovi . Né ad altra conclusione si arriva se si bada ai dati speciali di cui si deve tener conto nella stima . Bisogna , osserva la Commissione , « aver riguardo alla intrinseca attitudine dei fondi e alla loro situazione non soltanto fisica , ma anche economica » . Questa tuttavia , commenta il Cagnola , oggi dipende soprattutto dall ' esistere una classe di coltivatori , la quale per le attitudini tecniche e per i mezzi materiali possa procurare nella coltivazione una data intensità . Anche « l ' ordinaria e duratura coltivazione , secondo gli usi e le pratiche del luogo » è un concetto che implica « l ' entità delle scorte e l ' attitudine professionale del lavoratore » . Aggiungasi che « nel periodo della formazione del catasto milanese la massima parte delle scorte anche vive era data dalla proprietà al coltivatore , e quindi il valor capitale era incluso nei fattori delle rendite di censo . Anche oggi una parte rilevante di scorte si deve dare dalla proprietà ; tali sono i letami , i faletami , le terre , le scorte di fieno , gli erbatici che si trovano nel fondo e si devono consumare su di esso . Proprietà ed industria quivi si consociano nel fornire il capitale circolante e non si possono certo separare nella estimazione delle rispettive cointeressenze . 10 . Le critiche temperate del Messedaglia e quelle più pungenti del Di San Giuliano valsero a persuadere il Magliani a non insistere sul carattere differenziale e gratuito della rendita fondiaria e sulla sua natura peculiare , opposta a quella degli altri redditi soggetti ad imposta . Nella relazione al Senato non vi è più traccia della concezione della rendita fondiaria « come un guadagno eccezionale , dovuto a circostanze peculiari di natura e di società » , che era sembrata il preludio ad una progressiva sua confisca da parte dello stato . La rendita imponibile diventa puramente quella parte del prodotto totale del fondo , che rimane al proprietario netta dalle spese e perdite eventuali , o , in altri termini , il reddito dominicale senza alcun riguardo al profitto dell ' industria agraria . La dottrina messedagliana diventa così la ispiratrice pacifica della legge d ' imposta . Il Messedaglia la ripete , quasi con le stesse parole , alla Camera ed al Senato ; ed , evitando di affermare la peculiarità del concetto di rendita all ' agricoltura , anzi affermandolo esteso a tutti i redditi , ed insistendo nel comprendere sotto il nome di reddito fondiario il frutto della terra e dei capitali stabilmente impiegati in essa , toglie valore alle critiche che il Di San Giuliano logicamente aveva mosso all ' idea , forse inavvertitamente esposta dal ministro , secondo cui l ' imposta fondiaria avrebbe dovuto colpire un reddito peculiare , dono gratuito « di natura e di società » al proprietario . Il Messedaglia non si impaccia di tali astrazioni ; assume ad oggetto imponibile dell ' imposta un che di concreto , frutto misto di fattori naturali e di capitali investiti . Si limita a dire che egli vuol giungere solo a quel che nel prodotto della terra ha natura fondiaria , stabile , proveniente dalla terra e dai capitali fissi ; escluso ogni frutto dell ' industria agraria . Le critiche del Cagnola non lo scuotono ; dai verbali delle discussioni alla Camera dei deputati non risulta che egli abbia posto attenzione al punto essenziale sollevato dal Cagnola : non essere possibile distinguere tra terra e migliorie da una parte e capitali circolanti e lavoro dell ' uomo dall ' altra . Il Cagnola in sostanza , precorrendo teorie agronomiche ed economiche venute di poi in grande onore , osserva che non esiste un reddito fondiario separabile concettualmente dal reddito agrario ; che tutto quel che di più stabile e fisso vi è nel prodotto terriero , che la « qualità » del terreno , la sua « classe » , la sua maniera « ordinaria » medesima di coltivazione , la sua « attitudine » a produrre , tutto è collegato indissolubilmente con la quantità delle scorte , con i metodi di coltura , con i sistemi di conduzione , con l ' esistenza di una classe di coltivatori costituita in un certo modo ovvero in un altro . Essere quindi assurda concettualmente e non solo praticamente ogni distinzione tra reddito fondiario e reddito agrario e formare questi due pretesi redditi separati un tutt ' uno . Queste osservazioni che oggi appaiono senz ' altro degne di attenta meditazione , per lo meno ai fini pratici della valutazione dei redditi in sede di imposta , a chiunque conosca appena le dottrine dell ' equilibrio economico , passarono allora del tutto inosservate e non esercitarono alcuna influenza su coloro i quali avevano predisposto i disegni di legge e stavano elaborando , attraverso a successive variazioni , il testo legislativo vigente . 11 . Ora vediamo come la dizione usata nella formulazione della legge del 1886 attui il principio . Giova all ' uopo leggere il brano della relazione del Messedaglia che fa seguito immediatamente a quello già citato ed in cui egli passa ad esporre il metodo col quale voleva fosse attuata la regola del tassare soltanto il reddito fondiario e non quello agrario . Per configurare concretamente quel reddito fondiario che egli voleva colpire , il Messedaglia parte dall ' ipotesi semplice del fondo affittato ( p . 214 o Mess . , 277­78 ) : Supponendo che un fondo sia affittato , e che il capitale di esercizio appartenga per intero al conduttore , senz ' altri oneri a carico di questo , la divisione viene a farsi in modo spontaneo , e il prezzo dell ' affitto rappresenta la parte del proprietario . Non sarebbe però esatto il ritenere che esso ne rappresenti senz ' altro anche il reddito netto . A tal uopo vi sarebbe ancora una detrazione da fare ; ed è quella richiesta dalle spese di mantenimento e amministrazione del fondo , e di quanto riguarda la necessaria reintegrazione del capitale di miglioramento . Vi è da pensare alla conservazione delle strade , degli argini , degli scoli e canali , degli edifizi rurali ; vi è da provvedere alla restaurazione delle piantagioni e delle culture ; vi è insomma da mantenere il fondo qual è , nelle sue condizioni ordinarie , anche all ' infuori di altri e possibili miglioramenti , i quali sarebbero una novità . Oltreché , anche l ' azienda stessa dominicale ha le sue spese di amministrazione . Bisogna , inoltre , aver l ' occhio a certe perdite eventuali , come sarebbe per infortuni e regolare il conto corrispondente . A questo punto il Messedaglia , il quale finora aveva semplicemente supposta una divisione del prodotto lordo in due parti : quella che il fittuario ritiene per sé e quella che , a titolo di fitto , paga al proprietario , fa un rilievo essenziale per la interpretazione dei testi legislativi : La considerazione del capitale di esercizio e del lavoro occorrente non somministra pertanto se non una prima detrazione , nella quale si compendiano le spese ordinarie industriali di produzione . Ciò che residua pel proprietario va ancora depurato da altri elementi , da altre spese , allo scopo di averne il reddito netto ; il fitto , anche nei termini sopradetti , non fornisce nella sua integrità se non un reddito lordo , e non ancora il netto assoluto della parte che spetta al proprietario come tale . Accade pei terreni ciò che accade più spiccatamente per gli edifici , i quali si stimano sulla pigione reale o presunta , ma con forti detrazioni pel naturale deperimento , che in qualche catasto sonosi anche vedute salire ad un terzo della pigione stessa . E in generale , non si dà capitale impiegato , il quale non esiga un qualche fondo più o meno rilevante di reintegrazione , giusta la natura del suo impiego e le trasformazioni materiali che è destinato a subire . Qui , abbandonando l ' ipotesi del fitto , il Messedaglia pone il problema della ricerca dell ' imponibile fondiario partendo dalla conoscenza del prodotto lordo : In altri termini , l ' imponibile fondiario risulta dal prodotto totale del fondo , detratta ogni perdita eventuale , e depurato da tutte le spese . Le quali , alla loro volta , possono comprendersi in due categorie generali : I ª Spese di produzione propriamente dette , ossia indispensabili alla creazione e realizzazione del prodotto , comprese pur quelle di custodia e trasporto . 2ª Spese di conservazione e mantenimento del fondo , comprese pur quelle di amministrazione . E può dirsi che tale per massima sia il concetto al quale mostrano informarsi i vari catasti , e che somministra la norma per la rispettiva base estimale . Tant ' è vera questa conclusione , aggiungasi , che veruna differenza potrebbesi discernere fra l ' enunciazione riassuntiva del Messedaglia e quella , sopra riprodotta , della prima giunta del censimento milanese . Fatta ragione al diverso linguaggio usato , le due enunciazioni coincidono perfettamente , sì come poteva aspettarsi da colui che aveva proclamato il censimento milanese essere « il modello degli odierni catasti » . 12 . Memore dell ' insistenza con cui la giunta milanese aveva ordinato badarsi al « costume del paese » , alle pratiche agricole « costumate in ogni sito » , ed aveva consigliato di seguire « la pratica comunemente dalli estimatori ricevuta e regolata nel modo più mite e più benigno e più favorevole al possessore » , il Messedaglia passa a dire ( pp . 214­15 o Mess . , 278­79 ) di altri elementi di determinazione i quali stanno in rapporto con quella stabilità che si desidera in un catasto , e che servono di riscontro a meglio assegnarne il concetto . Si mira , non al reddito netto attuale di un dato momento , ma al reddito ordinario , normale , e che può riguardarsi come il prodotto continuativo , duraturo del fondo , nelle condizioni in cui questo si trova ; ad una specie di reddito astratto , ideale , se mai così piacesse dire , ma che deve essere esso medesimo l ' espressione di una realtà . Il reddito , cioè , va calcolato mediamente , e sopra un tratto di tempo abbastanza lungo da poter rappresentare con qualche larghezza tutte le ordinarie vicende della coltivazione . Ed è questo altresì il solo , sul quale possa a lungo andare contarsi anche dal proprietario medesimo . Può anche darsi nel fatto che un tal reddito riesca alquanto diverso nel rilevamento , e di regola più moderato della realtà ( e giova anzi per più riguardi che siasi disposti a moderazione ) ; ma ciò non infirma ancora il concetto ; e basta all ' uopo che le norme secondo cui si opera , abbiano , oltre il resto , anche il necessario carattere di uniformità . Il reddito , poi , andando espresso in danaro , la sua determinazione dipende naturalmente da due elementi : la specie e quantità dei prodotti , e il prezzo che vi corrisponde . Vuolsi la normalità ordinaria , così per l ' uno come per l ' altro elemento . Ed ove , come ordinariamente accade , si assume per i prodotti e per i prezzi un certo periodo di riferimento , il periodo stesso s ' intende fissato collo stesso criterio , che sia un periodo da potersi considerare come normale . La normalità non deve osservarsi solo oggettivamente , con riflesso alla sufficienza del tempo considerato a mettere in luce tutte le variazioni di stagioni , di annate , di avvicendamenti agricoli , di prezzi ; ma deve anche essere soggettiva , e badare ai metodi di coltivazione ( pp . 260­61 o Mess . , 342 ) : I terreni , cioè , secondo la rispettiva qualità , si considerano in stato di ordinaria e duratura coltivazione , secondo gli usi e le pratiche del luogo . Non si ha riguardo a quel maggiore prodotto che può dipendere da una coltivazione eccezionalmente accurata , ossia da una straordinaria diligenza , attività o copia di mezzi del coltivatore ; né , viceversa , a quel prodotto minore che deriva da una insolita trascuranza . Nessun riguardo parimenti a culture eccezionali , di carattere transitorio , ossia che escono dall ' uso e dalla destinazione ordinaria e stabile del fondo . E resta poi sempre che lo stato materiale dei fondi e delle culture va riferito all ' epoca censuaria prestabilita . Il prodotto , di regola , va considerato in natura , allo stato greggio , ammesso soltanto quel primo stadio di manufazione che può essere necessario a renderlo commerciabile . E quindi il grano e non le farine , l ' uva e non il mosto od il vino , le ulive e non l ' olio . Il che pure concorda colla nozione del reddito fondiario in proprio senso , quale si è più sopra definito , e da cui resta escluso ogni reddito della terra di carattere industriale . Se tale regola affermasi dal Messedaglia « concordante » con la nozione teorica sua del reddito fondiario , concorda altresì con quella che « trovasi espressamente sancita in alcuni catasti , come il milanese o il lombardo ­ veneto e venne colà rigorosamente osservata nella pratica » ( p . 261 o Mess . , 343 ) . Forse in altri catasti , meno perfetti di quelli al cui modello egli sempre si ispira , la regola è meno esplicita . Essa , invero , presenta alcune difficoltà di applicazione , rispetto a singoli generi , allorché non esista per essi allo stato greggio , naturale , un proprio mercato ; nel qual caso sarebbe da supplirsi con una conveniente detrazione sul valore del prodotto portato ad un certo grado di manufazione . Gioveranno , ad attenuare le difficoltà , « il prudente discernimento dei periti e delle giunte tecniche » ed « un metodo uniforme ed esattamente determinato nel regolamento e nelle istruzioni particolari per la stima » . Finalmente , come la giunta milanese non si era peritata , nell ' elencare le spese da detrarsi , di usare amplissime espressioni come « ogni e qualunque » e neppure di inserire l ' indeterminato «ecc.»: Ricavata la vera rendita , farvi ogni e qualunque deduzione sì per il lavorerio , come per le spese degli edifizi , riparazioni , ecc . Così il Messedaglia , nel capitolo XXII delle detrazioni , insiste nell ' escludere che la legge abbia voluto fare un elenco tassativo delle detrazioni medesime . La legge ne specifica alcune ( p . 265 o Mess . , 349­50 ) all ' oggetto di meglio chiarirne la natura , ovvero , in qualche caso , anche il modo e lo scopo indiretto . Tale è specialmente il caso per gli infortuni , e parimenti pei fabbricati rurali , e per i fitti delle acque di irrigazione ... Alcune detrazioni trovansi già implicite nella determinazione del prodotto lordo , in quanto che scemano il prodotto stesso qual è da considerarsi in misura ordinaria ; come sarebbe il caso delle malattie ricorrenti a cui vanno soggette le culture o le piantagioni . In altre , le detrazioni influiscono direttamente sulla classe o graduazione dei fondi , come avviene per i terreni soggetti a servitù militare od a vincolo forestale , od a frane o lavine . Se nella legge si indicano espressamente , ciò si fa , non perché sia necessario , ma « a maggiore evidenza e guarentigia » . Per ogni detrazione proposta o richiesta dai contribuenti , badisi al principio generale che è « quello del reddito fondiario debitamente appurato » . Badando allo scopo , la specificazione contenuta nella legge deve andare considerata quale semplicemente indicativa , anziché tassativa ; vale a dire che non è tolto di aver riguardo anche a qualche altro titolo di detrazione , che fosse per avventura rimasto inavvertito . A completare il quadro della natura del reddito soggetto ad imposta , fa d ' uopo per ultimo , ricordare come esso , già assunto nella sua ordinarietà rispetto ad un sufficiente tempo trascorso ed ai metodi usuali di cultura , debba conservarsi immutato per il tempo di trent ' anni , durante il quale nessuna mutazione può essere operata nella qualificazione , classificazione e tariffa e nell ' applicazione di qualità e classe ai singoli terreni ( art . 35 della legge I ° marzo 1886 ) . Senza di ciò , - - spiega il relatore , - - i possessori potrebbero in qualche caso andarne forse avvantaggiati , ma in qualche altro pure danneggiati ; e fallirebbe lo scopo a cui si mira colla stabilità dell ' estimo , di promuovere e premiare i miglioramenti mediante la guarentigia di una corrispondente immunità dall ' imposta ( p . 307 o Mess . , 406 ) . Se ben si riflette , la immunità temporanea dei miglioramenti dall ' imposta è una conseguenza logica del principio generale posto sopra , per cui non si deve aver riguardo al maggior prodotto che può dipendere « da una straordinaria diligenza , attività o copia di mezzi del coltivatore , né a quel prodotto minore che deriva da insolita trascuranza » . Non si dà diligenza straordinaria , senza miglioria del fondo ; né insolita trascuranza , senza sua degradazione di qualità o di classe o di amendue ; ed ove subito si facesse perciò luogo a variazione in più od in meno , si verrebbe a tassare quella straordinaria diligenza o a tener conto , con minorazione di tributo , della insolita trascuranza , da cui invece si volle fare astrazione , affinché il reddito tassato fosse quello normale , ordinario , conforme al costume del paese . 13 . La discussione avvenuta alla Camera dei deputati , essendo rivolta ad approfondire od a dibattere altri punti che parevano allora di maggior momento e vivamente appassionavano per diversi e contrastanti motivi l ' opinione pubblica del settentrione , del centro e del mezzodì d ' Italia , non analizzò a fondo i metodi proposti per attuare il concetto di tassare unicamente il reddito fondiario , ad esclusione di quello agrario . L ' on . Luigi Ferrari manifestò invano i suoi dubbi sulla possibilità di far sì « che con un catasto non solo per classi ma per colture , venga colpita soltanto la rendita fondiaria e rimanga esente l ' industria » ( tornata dell'11 dicembre 1885 , p . 15624 o II , 143­44 ) e su quella « che una tariffa , se desunta da una media dodicennale , possa mantenere una distinzione tra il reddito del proprietario ed il profitto dell ' industria » (ibid.) . Notò egli , che se la distinzione sia esatta ed applicabile , « l ' industria debba essere colpita da una imposta diversa , da un ' imposta personale » . Ma in tal caso come spiegare « l ' invincibile ripugnanza » che il sistema dell ' imposta generale sull ' entrata proposto dall ' on . Scialoja incontrò « nel pubblico italiano , il quale lo ha sempre considerato , lo considera e lo considererà in avvenire come una tassa duplicata » ? ( p . 15625 o II , 146 ) . Osservazione non pertinente , come è palese a chiunque conosca il progetto Scialoja , il quale accantonava , fissandola per sempre e dichiarandola riscattabile , l ' imposta fondiaria , e istituiva una imposta generale su tutti i redditi e quindi nuovamente sui redditi fondiari e agrari insieme . Ma qui la si volle ricordata , poiché il Ferrari ne trae argomento a citare un dato di fatto storico e cioè « l ' agitazione dei fittabili lombardi , i quali la [ vuol dire l ' imposta di ricchezza mobile ] ritengono assolutamente un duplicato della imposta fondiaria » (ibid.) . Dubbi ugualmente vivi e più precisi manifestò l ' on . Villa sulla possibilità di fare la distinzione tra i due redditi ( pp . 15639­40 o II , 173­74 ) : Il catasto stabilisce l ' imposta ; ma su di che ? Sul reddito padronale . Che cos ' è questo reddito padronale ? In qual rapporto sta con l ' altro reddito di cui voi parlate , il reddito agrario ? Come fate a distinguere l ' uno dall ' altro ? In qual rapporto il fisco tassatore considera i capitali che concorrono alla produzione agricola ? Su questo punto conviene chiarire le idee . Questa teorica mi spaventa per le conseguenze alle quali può giungere . Voi colpite da una parte il proprietario sul reddito così detto padronale , e colpite dall ' altra il fittaiuolo sul reddito agrario . Ma quando il proprietario è insieme proprietario e coltivatore ; quando i due redditi sono raccolti dalle stesse mani , non ci è dubbio che voi veniate un giorno a chiedergli la doppia imposta ? E l ' imposta del fittaiuolo , del coltivatore , su di che la commisurate ? Le preoccupazioni dell ' on . Villa non sono importanti dottrinalmente , se pur lo siano politicamente e fiscalmente ; poiché , se i due redditi esistono , debbono amendue essere tassati , ove non si adducano ragioni di immunità che il Magliani adombrava quando , come si vede sopra , sforzavasi a dimostrare che l ' imposta fondiaria , tassando la sola rendita della terra , non nuoceva all ' agricoltura , né attardavane il progresso ; ma il Villa su di ciò tace . Anzi egli , proseguendo , nega la possibilità di distinguere tra i due redditi e vuole considerarli come un tutt ' uno . Perché non parleremo noi invece di prodotto agrario che è il risultato del capitale impiegato nella terra , capitale che io veggo funzionare nell ' industria agricola nel modo stesso che funziona in qualunque altra industria ? In qualunque altra industria manifatturiera voi trovate il capitale fondatore , e questo capitale fondatore voi lo potete in qualunque industria considerare come nella industria agricola sotto un doppio aspetto : in quello che non si esaurisce che in un più o meno lungo volgere di tempo , e capitale circolante , il quale serve ad un solo ciclo di produzione . Come fate voi a separare e distinguere separatamente gli uffici e i prodotti di questi due capitali ? Potrete scientificamente distinguere il capitale per i varii modi con cui si manifesta , ma non certo per gli effetti che esso determina nella produzione . Quando voi raccogliete un grappolo di uva , voi non sapete e non riuscirete a percepire in qual modo e in quali proporzioni abbiano concorso a produrlo il capitale del proprietario o il capitale del fittaiuolo . Quindi , quando voi mi dite che coll ' imposta fondiaria colpite il reddito padronale , voi mi date una formula indeterminata , la quale può condurre a gravissime conseguenze . Cercate invece di accertare il prodotto agrario , quello che realmente si raccoglie dal podere . Voi potete considerarlo questo prodotto agrario in relazione agli sforzi ed al lavoro che fu diretto ad ottenerlo . Voi sapete allora quali sono le detrazioni da farsi per compensare i capitali che hanno concorso a preordinarlo e a produrlo . Voi avete facile e sgombra la via a poter stabilire quale sia il reddito , il prodotto netto della terra . E allora su quel prodotto netto voi potete benissimo chiedere la parte che spetta allo stato . 14 . L ' immagine del grappolo d ' uva , in cui invano l ' agricoltore si sforza di distinguere quel che è reddito fondiario da quella parte che è reddito agrario è calzante per indicare le difficoltà di attuare la bipartizione messedagliana dei redditi ; e su questa difficoltà insiste quell ' onorevole Cagnola , di cui sopra si riportarono le obbiezioni teoriche alla distinzione medesima e che fu il solo oratore , il quale su questo punto diede alla discussione un contributo veramente importante di osservazioni personali ( nella tornata del 14 dicembre 1885 , pp . 15730 sgg . o II , 212 sgg . , 217­18 ) . Dopo essersi posto il problema teorico dell ' assurdità concettuale della separazione dei due redditi , il Cagnola si domanda : viene davvero il reddito agrario detratto dal prodotto lordo , sicché il residuo imponibile sia solo e tutto reddito « fondiario » ? La legge , così come è formulata , permette di concludere che la « industria viene messa fuori di interesse nelle deduzioni , operate le quali , si ha il reddito netto imponibile ? » Dalla lettura dell ' art . 14 del disegno di legge ( e della legge vigente ) , e dai precedenti rintracciati nelle istruzioni del vecchio e del nuovo censimento milanese , egli è tratto a due osservazioni capitali : la prima è che tutte le detrazioni elencate nell ' art . 14 sono sostenute « esclusivamente dall ' assuntore dell ' industria agricola » ; non sono cioè quelle sole che sosterrebbe il proprietario per ridurre il fitto da lui percepito al puro netto , ma quelle che deve sostenere l ' industriale agricolo per ridurre il prodotto lordo della terra al netto . E la seconda è che negli elementi di detrazione indicati nell ' art . 14 non si scorge vi sia un cenno qualunque né degli interessi del capitale , né del profitto dell ' industriale agricoltore od almeno di un compenso al suo lavoro ; deduzioni che sole giustificherebbero il sottoporlo separatamente ad un modo speciale di tassazione . Il Cagnola dunque rimprovera al governo ed alla commissione di non essere stati logici nella attuazione del loro concetto : volevano ridursi a tassare il solo reddito della terra , sia pure dotata di fabbricati rurali e di migliorie ; e non riuscirono invece a togliere dal prodotto « onninamente tutto che appartiene all ' azienda agricola » . L ' obbiezione di doppia tassazione che si udì dopo il decreto del 4 gennaio 1923 pare l ' eco di quella che nitidamente aveva mosso il Cagnola al Messedaglia allorquando si discuteva il testo che divenne poi la legge del 1886 . A rincalzar l ' obbiezione , il Cagnola osserva che il censimento milanese non fu introdotto allo scopo di togliere « da una inestricabile anarchia gli oneri della rendita dominicale , della rendita padronale » . Questo fu forse il risultato della grande riforma . Lo scopo vero era di « venire in sollievo delle condizioni delle popolazioni agricole » angariate da ogni sorta di tributi reali e personali . Sottoponendo ad imposta di ricchezza mobile gli affittuari rustici , si ritorna a quelle antiche vessazioni , a quei duplicati . Egli cita ( p . 15737 o II , 227­29 ) l ' esempio del coltivatore proprietario che giustamente , logicamente non soggiace a questa tassa e che , pure , esercita l ' industria nelle identiche condizioni dell ' assuntore a titolo di affittanza , e forma una viva e permanente protesta contro l ' odioso privilegio da cui sono colpite le proprietà e le popolazioni delle terre coltivate con affittanza . Tanto più odioso è il privilegio di tassazione da cui sono colpiti gli affittuari , in quanto nessuno degli agenti delle imposte indaga quale sia di fatto l ' eventuale loro profitto netto , sibbene riducono la tassa sull ' agricoltura ad una seconda tassa reale in proporzione del perticato o del capitale o del canone di affitto . Ecco due accuse , che , risorte ai giorni nostri , si possono formulare così : la tassazione degli affittuari coll ' imposta di ricchezza mobile non è l ' indice di un privilegio dei proprietari coltivatori diretti , ma di un ' odiosa doppia tassazione degli affittuari ; tanto più odiosa in quanto gli affittuari non sono tassati sul loro eventuale profitto netto , ma su un ipotetico reddito desunto per via di coefficienti empirici , sicché essi chiaramente pagano una seconda imposta reale . A togliere la giusta ragione di querela , il Cagnola formalmente chiede che nelle detrazioni contemplate dall ' art . 14 si includano « l ' interesse del capitale agrario ed il profitto dell ' industriale » . 15 . Che il ministro Magliani , il relatore Minghetti ed il commissario regio Messedaglia avessero compreso a pieno la portata delle osservazioni del Cagnola , non si può affermare o negare con sicurezza , sulla base dei documenti parlamentari . Appare soltanto che , quando si viene alla discussione dell ' art . 11 , il relatore Minghetti sorse a proporre , a nome della commissione , che laddove era detto : La rendita imponibile è quella parte del prodotto totale del fondo che rimane netta dalle spese e perdite eventuali ; si aggiungessero le parole al proprietario , sicché l ' articolo suonasse , come poi fu votato : La rendita imponibile è quella parte del prodotto totale del fondo che rimane al proprietario netta dalle spese e perdite eventuali ( tornata del 20 gennaio 1886 , p . 15993 o III , 29 ) . Il Minghetti non dà ragione all ' emendamento proposto ; ma l ' on . Parpaglia , il quale di buon grado lo accetta , spiega che coll ' aggiunta delle parole al proprietario si è voluto chiarire che si deve tener conto unicamente del reddito padronale o dominicale ; così , a modo di esempio , se un fondo fosse tenuto a mezzadria od a colonia non si terrà conto della parte di rendita che spetta al colono , ma unicamente di quella che viene attribuita al proprietario , poiché questa è la rendita dominicale ( p . 15994 o III , 30 ) . E il Messedaglia , rispondendo in seguito ad una domanda di spiegazione dell ' on . Billia , ricorda che ministro e commissione sono concordi nel voler tassare solo quella porzione dei frutti del fondo che appartiene al proprietario in tale qualità , non nella sua qualità eventuale di coltivatore , di conduttore del fondo ( p . 16003 o III , 48­49 ) . Egli riconosce che questo concetto , introdotto nella relazione , accettato dal ministro è stato esposto forse « troppo teoricamente » ; ma non ammette che esso sia un errore economico e che dia luogo ad equivoci . A dimostrare ciò egli si rifà alla sua « esperienza » ed alla conoscenza che egli ha delle minute di stima del Lombardo ­ Veneto . Una minuta di stima è così fatta : prodotto totale , per unità di misura , ... in una prima colonna , specificando i generi ; seconda colonna , parte padronale , distinguendo questa dalla parte colonica a sistema partitario , che è quello che venne generalmente adottato nella stima : la metà , i due terzi , od altro , per i singoli generi , secondo gli usi locali ; e della parte colonica non si parla poi più . In una terza colonna si segnano prezzi unitari da applicarsi alla parte padronale ; eppoi in altra colonna si indicano le detrazioni per depurare la rendita stessa e quindi ottenere la rendita netta che spetta al proprietario in tale sua qualità . Questo è il procedimento del catasto lombardo ­ veneto . Altrove , come a Napoli ed in Sicilia , si è partiti dai canoni di affitto ; in qualche altro caso dai prezzi di acquisto ; ma qualunque sia il sistema adottato , sempre si volle e si vuole ancora adesso che la rendita netta che costituisce l ' imponibile catastale debba rappresentare soltanto la parte padronale , non già il totale della rendita netta del fondo (ibid.) . Al chiarimento non si acqueta l ' on . Cagnola , ché egli osserva non bastare la detrazione della « parte colonica » , di cui nella minuta di stima citata dal Messedaglia , ad esaurire la detrazione degli elementi di reddito industriale : Il commissario regio sa meglio di me che la parte colonica corrisponde alla tassa personale e non a quella di ricchezza mobile per le industrie , il che , tradotto in linguaggio odierno , vuol dire che la parte colonica è reddito puramente di lavoro manuale , da tassarsi in quella che noi chiameremmo categoria C dell ' imposta di ricchezza mobile e non comprende nessuno dei due elementi - - interessi del capitale di esercizio e profitto dell ' industria agraria - - che costituiscono il reddito « agrario » , il quale si vorrebbe distinguere dal reddito « fondiario » . Dunque , nonostante la deduzione della « parte colonica » , il reddito industriale od agrario continua a far parte della porzione dominicale o padronale dei prodotti del fondo ; il che risponde altresì alle condizioni storiche in cui si formarono quelle minute di stima del censo lombardo ­ veneto , a cui alludeva l ' on . Messedaglia : Nel formare i censimenti passati non si poteva neppur pensare a sottrarre dal prodotto lordo né l ' interesse né il profitto per l ' industria agraria , dacché le scorte del fondo in attrezzi ed anche in bestiami erano date in gran parte dalle proprietà medesime , mentre le condizioni sono oggi mutate . Nella valutazione quindi del reddito fondiario , prendendo a base l ' ordinario modo di coltivazione , si considerava appunto il fondo istrutto proveniente dal proprietario , e quindi la rendita del fondo istrutto . Ma il criterio sul quale ebbero a calcolare la rendita dominicale l ' on . commissario regio ed il ministro per giustificare questa espressione è precisamente quello del fondo non istrutto . Dunque il capitale d ' esercizio , il suo frutto e profitto vanno dedotti dal prodotto lasciando il residuo del solo reddito netto padronale ( tornata del 21 gennaio 1886 , pp . 16034­35 o III , 107­8 ) . Più innanzi , non persuaso da una brevissima replica del relatore Minghetti , il quale , supponendo che il Cagnola avesse dimenticato l ' aggiunta fatta delle parole al proprietario nell ' art . 11 , confidava che , osservandola , se ne contentasse , ( p . 16049 o III , 137 ) , questi insiste nel chiedere che almeno la commissione ed il ministro dichiarino espressamente intendersi compresi nelle spese di produzione della parte dominicale gli interessi del capitale di esercizio ed i profitti dell ' industria agraria , che vengono d ' altra parte sottoposti alla tassa di ricchezza mobile ( p . 16051 o III , 141 ) . Ma , tra i rumori dell ' assemblea , impaziente di venire al voto su questo , per altre ragioni , tormentatissimo art . 14 , la proposta cade ; e null ' altro più di rilevabile occorre di leggere su questo punto nei verbali delle discussioni alla Camera ed al Senato . 16 . Ed ora , innanzi di riassumere sulla base di documenti legislativi quale sia stata la volontà espressa dal legislatore ; pare opportuno mettere a confronto i testi , che riguardano l ' oggetto dell ' imposta , quali furono proposti dal ministro , riformati dalla commissione della Camera e votati dal parlamento : Disegno del ministero . ( Magliani ) . Disegno della commissione della Camera . ( Relatori : Minghetti e Messedaglia ) . Testo approvato dal parlamento . Art . 3 . La stima avrà per oggetto di determinare la rendita netta dei terreni , sulla base della quale sarà fatta la distribuzione dell ' imposta , mercé l ' applicazione di tariffe per qualità e classi . Art . 9 . La stima dei terreni ha per oggetto di stabilire la rendita imponibile sulla quale è fatta la ripartizione della imposta , mediante la formazione di tariffe di estimo , nelle quali è determinata , comune per comune , la rendita stessa per ogni qualità o classe . Art . 9 . Identico . Le tariffe esprimeranno la rendita di un ettaro per ciascuna specie di coltura e per ogni grado di feracità del suolo . Art . 11 . La tariffa esprime , in moneta legale , la rendita imponibile di un ettaro per ciascuna qualità e classe . Art . 11 . Identico . La rendita imponibile è quella parte del prodotto totale del fondo che rimane netta dalle spese e perdite eventuali . La rendita imponibile è quella parte del prodotto totale del fondo che rimane al proprietario netta dalle spese e perdite eventuali . I fondi saranno considerati in uno stato di ordinaria e duratura coltivazione , secondo gli usi e le condizioni locali , e il prodotto sarà calcolato sulla media del dodicennio che precede l ' anno della pubblicazione della presente legge . I fondi saranno considerati in uno stato di ordinaria e duratura coltivazione , secondo gli usi e le condizioni locali , e la quantità del prodotto sarà determinata sulla base della media del dodicennio che precede l ' anno della pubblicazione della presente legge , ovvero di quel più lungo periodo di tempo che per alcune speciali colture fosse necessario a comprendere le ordinarie vicende delle medesime . Non si terrà conto di una straordinaria diligenza o trascuranza . Identico . Disegno del ministero . ( Magliani ) . Disegno della commissione della Camera . ( Relatori : Minghetti e Messedaglia ) . Testo approvato dal parlamento . Art . 4 . La rendita netta dei terreni si determinerà sulla base del loro affitto reale o presunto , e in mancanza di questa colla valutazione dei prodotti dell ' ordinaria coltivazione . Soppresso . Soppresso . Art . 5 . I contratti di affitto , da cui si desumerà la rendita dei terreni , a sensi dell ' articolo precedente , dovranno riferirsi all ' ultimo decennio ; essere di data certa e di una durata non superiore a quella ordinariamente in uso nel comune . Soppresso . Soppresso . Dove gli affitti siano in numero sufficiente da rappresentare le varie gradazioni della proprietà si presumeranno per analogia nei terreni non affittati mediante la classificazione e la tariffa . Soppresso . Soppresso . Art . 13 . La rendita dei terreni si determinerà in base ai prodotti medii della ordinaria coltivazione . Art . 13 . Soppresso . Ogni particella sarà considerata da sé , senza riguardo alla sua connessione con altri fondi o con esercizi industriali e a rapporti personali del possessore . Identico . Disegno del ministero . ( Magliani ) . Disegno della commissione della Camera . ( Relatori : Minghetti e Messedaglia ) . Testo approvato dal parlamento . Art . 14 . La valutazione dei prodotti sarà fatta secondo prezzi medii dell ' ultimo dodicennio , giusta le norme da stabilirsi nel regolamento , esclusi i due anni di massimo e due di minimo prezzo , e tenuto conto del disagio medio della carta . Art . 14 . La valutazione di ciascun prodotto sarà fatta sulla media dei tre anni di minimo prezzo compresi nel dodicennio 1874­85 , tenuto conto del disagio medio della carta e giusta le norme da stabilirsi nel regolamento . La commissione centrale , di cui all ' art . 23 , sentite le commissioni provinciali , potrà , in vista di speciali circostanze , modificare la media dei prezzi dei singoli prodotti . Identico . Art . 6 . Nei comuni , nei quali non sono in uso gli affitti o trovansi così rari da non offrire sicura norma per la determinazione della rendita territoriale , questa sarà valutata , conformemente all ' art . 4 , sui prodotti depurati : Saranno detratte cogli stessi criteri : Identico . I . dalle spese di coltivazione secondo gli usi e le condizioni di ciascun luogo ; I . le spese di produzione , conservazione e trasporto , secondo gli usi e le condizioni di ciascun luogo ; Identico . 2 . da una quota per il reddito attribuita ai fabbricati rurali ; 2 . le spese e i contributi per opere di difesa e di scolo , compreso il contributo per opere idrauliche di seconda categoria ; 2 . Le spese e contributi per opere permanenti di difesa , compreso il contributo per opere idrauliche di seconda categoria ; 3 . dalle spese relative alle opere di difesa e di scolo ; 3 . le spese di manutenzione del fondo e di reintegrazione delle colture ; 3 . Le spese di manutenzione del fondo e dei fabbricati rurali occorrenti e di reintegrazione delle colture ; Disegno del ministero . ( Magliani ) . Disegno della commissione della Camera . ( Relatori : Minghetti e Messedaglia ) . Testo approvato dal parlamento . 4 . dai danni provenienti da infortuni atmosferici ; 4 . una quota per le spese di amministrazione ; Identico . 5 . dalle spese di amministrazione ; 5 . una quota per danni provenienti dagli infortuni ; Identico . 6 . dai danni provenienti da inondazioni periodiche o ordinarie a cui i terreni siano soggetti ; 6 . una quota pei fabbricati rurali occorrenti e loro accessori considerati in istato ordinario e secondo gli usi e i bisogni della coltura . Soppresso . 7 . dai danni provenienti da lavine . Si terrà conto anche dei danni provenienti dalle inondazioni ordinarie , dalle lavine , dalle servitù militari , e dal vincolo forestale . Si terrà conto , con una proporzionale detrazione dal reddito imponibile , anche dei danni provenienti dalle inondazioni ordinarie , dalle lavine e frane , dalle servitù militari , dal vincolo forestale e , per terreni prossimi a vulcani in attività , dai fenomeni vulcanici e metereologici propri di quelle contrade . La valutazione dei prodotti sarà fatta , determinandone colle statistiche ufficiali il prezzo medio dell ' ultimo dodicennio , esclusi i due anni di massimo e minimo prezzo . Come criterio di stima o per gli opportuni confronti potranno assumersi le risultanze dei contratti di compra e vendita , avuto riguardo al saggio dell ' investimento del capitale nell ' acquisto dei fondi in ogni comune . Art . 15 . Per gli opportuni confronti si potrà ricorrere ai contratti di affitto dell ' ultimo dodicennio e ai contratti di compera e vendita dello stesso periodo , avuto riguardo al saggio dell ' investimento del capitale nell ' acquisto di fondi in ogni comune e al disaggio medio della carta al tempo dell ' affitto o della compravendita . Soppresso . 17 . Se , ora , dall ' esame dei materiali legislativi si vuole giungere ad una conclusione intorno a ciò che il legislatore volle e disse in merito all ' oggetto dell ' imposta fondiaria , non pare che sul « volle » possa sorgere alcun dubbio . Il legislatore volle indubbiamente tassare soltanto il reddito fondiario , distinto dal reddito agrario . Negò esplicitamente il Messedaglia , e , dopo avere usato qualche indulgenza verbale alla teoria contraria , si adattò anche il Magliani a negare che l ' imposta fondiaria volesse colpire soltanto la rendita pura della terra , ricardiana o di monopolio , dono gratuito di natura o di società , oggetto specialissimo di imposta e in tutto differente dall ' oggetto delle altre imposte sui redditi . È pacifico che nell ' intenzione dei legislatori del 1886 , il reddito soggetto all ' imposta fondiaria non è un reddito singolare ; ma partecipa della natura degli altri redditi dipendenti da capitali investiti , i quali , non potendosi ritrarre dall ' impiego prescelto , possono a volta a volta essere uguali , inferiori o superiori al frutto netto dei capitali nuovi . Ma è certamente , in quella intenzione , reddito puramente « fondiario » , ossia reddito di capitali fissi , terra e migliorie stabili , escluso ogni reddito « agrario » derivante dall ' impiego dei capitali mobili e del lavoro dell ' imprenditore . Che tale chiarissima intenzione del legislatore sia stata concretata nel testo della legge non risulta però da alcuna dichiarazione esplicita , la quale non si sarebbe forse potuta fare senza offesa alla tecnica legislativa , bisognosa di precetti e non di principi . Importa all ' uopo interpretare logicamente le parole dei relatori , degli oratori , del testo . Durante la discussione che ebbe luogo nel 1923 intorno al punto dibattuto , gran conto si fece , oltrecché delle dichiarazioni dottrinali del Messedaglia , delle norme contenute nelle istruzioni I ° giugno 1907 le quali ordinano di detrarre l ' interesse del capitale scorte vive e morte e le spese relative alla direzione delle culture e dei lavori , al reparto dei prodotti ed alla esecuzione dalle vendite . Dovendo qui , tuttavia , interpretare non le istruzioni , ma la legge , quel che importa è di sapere se quelle detrazioni non indicate esplicitamente siano per implicito contenute nella legge ed in caso affermativo , quale ne sia la esatta portata . Già fu osservato sopra , riferendo quel che disse ripetutamente il Messedaglia e fu riaffermato da molti oratori , che il modello del catasto italiano fu il primo censimento milanese . Lo fu anche su questo punto della definizione del reddito imponibile ; poiché , quali che fossero le convinzioni scientifiche del Magliani , del Minghetti e del Messedaglia intorno alla natura dei varii redditi terrieri , essi non seppero se non riprodurre le formule del catasto milanese . Ridotto a spiegare con precisione quale oggetto abbia voluto assoggettare all ' imposta , il Messedaglia non sa far meglio che ricorrere alla sua esperienza ed alla sua pratica delle minute di stima del censo lombardo ­ veneto ; e spiega come in questa minuta , diviso il prodotto lordo in parte colonica ed in parte dominicale , e messa da parte la prima , si depurasse la seconda dalle spese ad essa afferenti per ridurla a netto imponibile . Dalle osservazioni fatte dal Messedaglia nelle pagine e nei punti dei suoi discorsi che hanno tratto alla stima , si possono ricavare parecchie uguaglianze interessanti : 1 ) Prodotto lordo = parte colonica + parte dominicale ; 2 ) Prodotto lordo = spese ordinarie industriali di produzione + canone di fitto ; 3 ) Parte colonica = spese ordinarie industriali di produzione ; 4 ) Parte dominicale = canone di fitto ; 5 ) Spese ordinarie industriali di produzione = compenso del capitale d ' esercizio e del lavoro + spese diverse industriali di produzione ; 6 ) Parte dominicale = reddito fondiario imponibile + spese relative alla conservazione ed amministrazione del fondo . Le uguaglianze significano che nelle condizioni normali od ordinarie supposte dal legislatore , è indifferente per il proprietario utilizzare i suoi fondi col metodo del colonato o mezzadria ( uguaglianza prima ) o con quello del fitto ( uguaglianza seconda ) . Il Messedaglia non fa cenno della conduzione diretta ; ma anche in tal caso le conclusioni sarebbero state le stesse . Supponendo una situazione di terreni , di prodotti , di mercati e di mano d ' opera , per cui il coltivatore si contenti della metà del prodotto lordo , è indifferente al proprietario ricevere la parte a lui spettante in natura , a titolo di parte dominicale ( in I ) , o in denaro , a titolo di canone di fitto ( in 2 ) ; in ambi i casi la quota a lui spettante essendo la parte dominicale lorda ( uguaglianze 4 e 6 ) . Quindi la parte colonica del primo contratto è uguale alla somma delle spese ordinarie industriali del secondo contratto ( uguaglianza 3 ) . Ambe le quote , dominicale e colonica , sono lorde , la prima delle spese che il proprietario deve sostenere per la conservazione e amministrazione del fondo ( in 6 ) ; la seconda delle spese che il colono ( mezzadro od altro partitante ) o fittuario deve sostenere per la coltivazione del fondo , fra quali spese non è detto esplicitamente , ma pare si possano supporre comprese le spese altresì del proprio lavoro manuale . 18 . Tutto ciò che di certo si può ricavare dalle dichiarazioni del ministro , del relatore , del regio commissario e del testo della legge , è che l ' imposta deve colpire solo la parte dominicale del prodotto lordo . L ' aggiunta più caratteristica , anzi la sola caratteristica , consentita dalla commissione per calmare le apprensioni di coloro i quali , come il Cagnola , trovavano oscuro ed equivoco il testo legislativo , fu appunto quella delle parole al proprietario nell ' art . 11 , sì da indicare chiaramente che l ' imposta colpiva solo la « parte del prodotto totale del fondo che rimane al proprietario » . Risulta altresì chiaramente che questa « parte dominicale » deve essere netta . « Netta dalle spese e perdite eventuali » dice l ' art . 11; « netta dalle spese di mantenimento ed amministrazione del fondo e di quanto riguarda la necessaria reintegrazione del capitale di miglioramento » dice il Messedaglia ed illustra ampiamente a p . 214 della relazione , nel brano riportato integralmente sopra , dove sono pur ripetute le parole « perdite eventuali » che figurano nel testo di legge . Ma spese e perdite tutte da dedursi sono evidentemente quelle soltanto che si riferiscono alla parte dominicale ; non già quelle che toccano la parte colonica od industriale ; ché sarebbe manifestamente erroneo dedurre prima dal prodotto lordo la parte colonica e quindi sia il compenso del capitale di esercizio e di lavoro sia le spese industriali di produzione , per ottenere la parte dominicale e poi dedurre ancora dalla parte dominicale qualcuna delle spese e perdite già contenute nella parte colonica . Il che chiarissimamente spiega il Messedaglia quando si fa ad esporre il congegno delle minute di stima del censo lombardo ­ veneto e dichiara che , dopo averla detratta dal prodotto totale una prima volta , « della parte colonica non si parla più » ; ma soltanto si depura la parte padronale dai pesi e perdite che a questa sono relative . Dal fin qui detto si deduce : a ) che il reddito « agrario » si può supporre , a norma della legge del 1886 , detratto dal prodotto lordo e quindi esente dall ' imposta fondiaria soltanto in quanto esso faccia parte della « parte colonica » o degli equivalenti di questa in altri metodi di conduzione , i quali equivalenti furono indicati nell ' art . 14 al n . I con la frase , applicabile a qualunque tipo di conduzione o di contratto agrario : « spese di produzione , conservazione e trasporto ( dei prodotti del fondo ) , secondo gli usi e le condizioni di ciascun luogo » ; b ) che « le spese di amministrazione » di cui al n . 4 del medesimo articolo , come pure quelle indicate ai nn . 3 , 5 e 6 sono quelle spese le quali debbono essere compiute dal proprietario , come tale , per la conservazione della sua quota dominicale . Hanno esse a che fare con il lavoro che il proprietario stesso eventualmente compiesse in qualità di coltivatore diretto o sorvegliante o direttore ( in contratto di mezzadria ) dei propri fondi ? Alla domanda non è agevole rispondere con sicurezza . Dopo più matura riflessione sembra potersi concludere che gli autori della legge , supponendo metodi ordinari di coltivazione e prodotto ordinario , reputarono doversi dedurre , col titolo di spese di amministrazione , anche l ' ordinaria somma occorrente al proprietario per remunerare se stesso od un suo agente per quell ' opera di direzione dei lavori agricoli e di sorveglianza sulla loro buona esecuzione che nella regione agraria considerata fosse compito comunemente a lui attribuito , per la necessità ed il dovere in cui egli si trovava di mantenere integra la sostanza fisica ed economica del fondo . La ipotesi essendo quella di cultura tradizionale e invalsa , le esigenze di direzione delle culture e dei lavori erano mediocri e si ristringevano ai pochi consigli ed ordini usuali all ' epoca della divisione dei raccolti , delle semine , delle mutazioni negli avvicendamenti culturali , ed , occorrendo , là dove il bestiame era fornito dal proprietario od a metà da lui e dal colono , al momento degli acquisti e delle vendite relative alla stalla . Quando dedussero le spese di amministrazione i legislatori del 1886 non credettero di dedurre qualcosa che facesse parte del reddito « agrario » , bensì soltanto di « depurare » il reddito « fondiario » dalle spese ad esso attinenti . Nella mente di quei legislatori , come di quelli milanesi del '700 , il reddito dominicale doveva da lordo essere fatto diventar netto , depurandolo delle spese di amministrazione . Ad essi non balenò l ' idea che il proprietario potesse toccare parte del reddito « agrario » o d ' impresa ; questo apparendo proprio del colono od affittuario o , se del proprietario , solo in quanto questi si facesse imprenditore di se stesso e facesse perciò propria la parte colonica . A torto od a ragione , gli autori della legge del 1886 ritennero di avere dedotto dal prodotto lordo il reddito « agrario » semplicemente perché dedussero la parte colonica . Invano il Cagnola si affannò a spiegare che la parte dominicale , e cioè una metà od i due terzi od un terzo del prodotto lordo si trovava di fatto ingrossata di elementi spettanti al reddito agrario . Invano disse : « badate che il colono paga ad es . , la metà del prodotto lordo al padrone , in quanto egli , in tale o tal ' altra situazione , riceve il « fondo istrutto » , ossia provveduto di scorte , di bestiame , di attrezzi , di invernaglie » . Invano , con altre parole , rilevò che la parte padronale poteva essere fissata in quella tale percentuale , perché il proprietario dirigeva egli stesso i lavori del suo fondo e comprendeva quindi una quota di reddito agrario . Le proteste non furono ascoltate , perché si era fermamente persuasi che , dicendosi « parte del prodotto totale del fondo che rimane al proprietario » , si fosse escluso tutto ciò che non era reddito dominicale propriamente detto . E da ciò si può ancora dedurre che : c ) volendosi obbedire al comando del legislatore fu necessario agli esecutori del catasto scrutare volta per volta se la quota dominicale fosse , a norma delle consuetudini locali , lorda , oltrecché delle spese di conservazione e di amministrazione dei fondi e del compenso del lavoro di direzione delle culture o della azienda agraria assunto , secondo le consuetudini locali , dal proprietario , anche di spese di carattere industriale , come interessi di capitali di conduzione , scorte vive e morte , anticipazioni salari ecc . ; d ) in tal senso deve essere interpretata la dichiarazione del Messedaglia intorno al carattere « non tassativo » delle detrazioni dell ' art . 14 . La dichiarazione non consentiva di operare detrazioni non menzionate per spese effettivamente sostenute , ma lo consentiva solo quando quelle spese sminuissero la parte dominicale del reddito . Sarebbe stata quindi illogica la detrazione dell ' interesse sulle scorte vive nelle regioni agrarie in cui il bestiame era di proprietà del colono ; mentre dovevasi concedere in tutto od in parte nelle regioni in cui il bestiame medesimo fosse in tutto od in parte di proprietà del proprietario ; e ) non esiste nella legge e nei suoi lavori preparatori alcun indizio che la detrazione di una quota generica per spese di amministrazione possa ritenersi tale da comprendere anche un compenso per il lavoro spettante al coltivatore od imprenditore agricolo . Qualunque ne sia stato l ' ammontare , che di fatto fu mantenuto in una misura assai moderata e confacente alla sua natura , quella quota di spese di amministrazione altro non è e non doveva essere se non quella ritenuta opportuna a compensare il proprietario , come tale , per il lavoro di amministrazione dei suoi fondi , sorveglianza e conservazione loro e per quello di direzione delle culture e dei lavori , in quanto ordinariamente secondo le usanze locali a lui spettasse allo scopo di salvaguardare la integrità fisica ed economica del fondo . Nel sistema della legge , la parte dominicale soggetta all ' imposta fondiaria non è il compenso del proprietario inerte . Tale concezione è affatto esclusa dalle critiche che il relatore stesso non si peritò di muovere alle avventate dissertazioni del Magliani sulla gratuità della rendita fondiaria . Il « proprietario » della legge del 1886 è una persona attiva , la quale partecipa alla produzione agraria , con media diligenza , non straordinaria certo , ma neppure trascurata , ed attivamente attende a conservare i suoi fondi ed i capitali stabilmente investiti in buono stato . Non solo . Il proprietario , come tale , deve compiere il lavoro necessario a far sì che la terra , da altri o da lui medesimo , « sia coltivata con quei metodi culturali che valgano a conservarla in stato di ordinaria e duratura coltivazione » . Il lavoro , ad esempio , necessario ad impedire che l ' affittuario o mezzadro depauperi con una cultura di rapina la terra , è lavoro specificamente spettante al proprietario come tale e sarebbe illogico supporre che esso debba essere compiuto da coloro - - i coltivatori - - al cui danno , sia pure giusto danno , esso deve essere compiuto . La quota dominicale lorda non è dunque un reddito di capitale puro ; bensì deve essere depurata per giungere a tal punto ; ma il dover essere depurata dimostra che essa comprende , insieme a quote di rischio ( infortuni ) e di reintegrazione , anche quote che possono essere di reddito di lavoro ( spese di amministrazione ) . Lo stipendio cioè che eventualmente il proprietario assegna all ' agente , al guardiano , al guardaboschi non è , nel sistema della legge del 1886 , parte del reddito agrario , ma parte del reddito dominicale e necessario alla produzione e conservazione di questo reddito e non alla produzione del reddito agrario . Questi redditi ( per l ' agente o guardiano ) o spese ( per il proprietario ) non sono cioè fattori di un reddito industriale od agrario , ma fattori o conservatori del reddito dominicale . La legge che ne consentì la detrazione da quest ' ultimo , non attribuì perciò al proprietario la figura , neppure attenuata , di coltivatore che percepisce o potesse percepire un reddito agrario . Nel sistema della legge del 1886 , il proprietario poteva conferire alla conduzione del fondo in tutto od in parte le scorte vive e morte e conferiva sempre , personalmente od a mezzo di agente o fattore , un qualche lavoro di direzione . Non perciò si supponeva che egli diventasse imprenditore agricolo e godesse di reddito agrario , oltreché di quello dominicale . Egli conferiva scorte e lavoro nei limiti della consuetudine ed ordinarietà ; ed otteneva prodotto ordinario . Quando fossero da questo detratti la parte colonica , l ' interesse corrente sul capitale scorte da lui conferito , il compenso per il lavoro di direzione ( spese di amministrazione ) e le altre spese pertinenti a lui come proprietario , la quota padronale lorda diventava rendita dominicale netta . Anche quand ' era lorda , non comprendeva , secondo la mente del legislatore del 1886 , un qualsiasi elemento di reddito agrario . 19 . Le prove che l ' imposta codificata dalla legge del 1886 non colpì i redditi « agrari » sono dunque le seguenti : I ) le dichiarazioni dottrinali che questa era la volontà del legislatore . Il valore della quale prima prova per sé è scarso , in primo luogo perché il ministro proponente ed i relatori usarono per lo più un linguaggio differentissimo l ' uno dagli altri ; ed in secondo luogo perché manca qualsiasi addentellato tra le premesse dottrinali ed i comandi legislativi ; anzi il Messedaglia insiste nel rilevare come il censo milanese , prototipo e modello di tutti i catasti , era stato concepito quando di fisiocrazia , ed aggiungasi di rendita ricardiana e simili , e quindi di distinzione di redditi , fondiario ed agrario , ancor non si parlava ; 2 ) l ' espresso comando dell ' art . 11 di considerare come imponibile « la parte del prodotto totale del fondo che rimane al proprietario » . Questa è la prova dominante , che le dichiarazioni del relatore vogliono interpretata nel senso già esposto : considerare tassabile questa parte dominicale non nella sua misura concreta , ma in quella che sarebbe se in essa non si comprendessero quote di parte colonica ; 3 ) la deduzione delle spese di amministrazione . Anche se , come fu sopra chiarito , nella intenzione del legislatore , essa aveva solo per iscopo di « depurare » la rendita dominicale lorda e farla diventare netta , la logica propria di ogni istituto tributario riuscì ad attribuire a quella deduzione un valore proprio . Essa volle dire : siano pure le spese di amministrazione afferenti al reddito dominicale , esse devono essere dedotte , perché sono reddito non del proprietario in quanto puro proprietario , ma in quanto uomo attivo il quale vuole curare la cosa sua e farla vivere e produrre . Perciò quelle spese di amministrazione sono un reddito non del capitale terra , anche instrutta , ma del lavoro del proprietario o di un suo agente e come tale non sono reddito « fondiario » . Forse sono reddito spettante al dominus , ma non alla terra per sé ; tanto è vero che il dominus può attribuirlo ad altri che custodisca e sovraintenda per conto suo . C ' era qui più che un barlume di una verità : essere quelle « spese di amministrazione » qualcosa di mezzo fra il reddito dominicale e quello agrario ; e , se mai , più vicine al primo che al secondo ; reddito di chi doveva tutelare il primo reddito contro le eventuali usurpazioni o dilapidazioni del secondo , o meglio di chi doveva tutelare la perpetuità del reddito della terra - - di quello fondiario ed insieme di quello agrario - - contro gli errori o gli egoismi a corta veduta del proprietario e del colono , eventualmente intesi , l ' uno e l ' altro , a depauperare il fondo per trarne vantaggio immediato ed a renderlo incapace di produrre il reddito suo proprio ordinario ; 4 ) il comando di considerare i fondi « in uno stato di ordinaria e duratura coltivazione , secondo gli usi e le condizioni locali » , senza tener conto di una straordinaria diligenza o trascuranza . In tal modo si escludono dalla tassazione quegli utili industriali , che si possono cavare dalla terra con metodi perfezionati di cultura , con diligenza straordinaria o con culture speciali , non usate nella località ; 5 ) da questo stesso comando e forse anche da quello contenuto nell ' art . 13 , doversi ogni particella considerare in se stessa , senza aver riguardo alla sua connessione con altri fondi o con esercizi industriali , deriva la esenzione di quei redditi industriali che possono conseguirsi da una combinazione specialmente fruttifera di particelle , fuor delle combinazioni comuni nella zona agraria , di cui trattasi , o dalla manipolazione dei prodotti del fondo con metodi industriali più perfezionati di quelli bastevoli a porre i prodotti stessi in stato commerciabile . La prova seconda ha natura permanente e si applica a tutte le imprese agricole ; ché in tutte fa d ' uopo essere provvisti di capitale circolante e compiere un lavoro di direzione e di organizzazione dell ' impresa ; la prova terza dimostra la finezza dell ' analisi catastale , la quale giunge a scoprire redditi di difesa del dominus contro il colono o di tutela della terra ; la prova quarta e quinta hanno carattere eccezionale e toccando soltanto le imprese , poste al di sopra della impresa media contenta dei metodi ordinari e dei guadagni normali , riguarda il problema dell ' imposta sui redditi agrari soltanto in quanto si ritenga che essa debba per l ' appunto colpire codesti redditi o guadagni eccezionali . Tra le prove della esclusione dei redditi agrari dalla tassazione fondiaria non si annovera invece il lungo periodo di tempo che sta a base della stima dei prezzi e dei prodotti . La legge catastale , sia che , col Magliani e col Messedaglia , assumesse la media di un dodicennio , esclusi i due anni di minimo ed i due anni di massimo prezzo , sia che , nel testo votato dal parlamento , si fondasse sulla media dei tre anni di prezzo minimo per ciascun prodotto del dodicennio , ebbe sempre il medesimo intento : raffigurare lo stato medio passato ( Magliani e Messedaglia ) o quello medio probabile futuro ( testo votato ) . Prevedevasi invero , e la previsione risultò in generale corretta , che i prezzi medi del tempo susseguente al 1886 avessero a risultare non superiori e forse inferiori alla media dei tre anni di prezzo minimo , e questa perciò fu scelta a raffigurare la media probabile futura . Appunto perché trattasi di valori medi , si deve presumere che essa abbracci gli scarti dalla media e che quindi l ' elevazione straordinaria dei prezzi in un anno sia annullata dalla depressione straordinaria di essi in altri anni e non eserciti alcuna influenza sull ' ammontare né della rendita dominicale ordinaria imponibile , né del reddito agrario che si sarebbe potuto assoggettare all ' imposta mobiliare . Si leggono qua e là considerazioni intorno alla maggior variabilità dei redditi agrarî in confronto a quelli fondiari ; ed alcune furono sopra riassunte . Ma esse non sono una prova che il reddito agrario sia stato escluso dalla stima fondiaria ; bensì soltanto che per esso non è forse agevole ottenere un dato medio che comprenda gli scarti nei due sensi ; mentre all ' ordinarietà dei metodi culturali corrisponde naturalmente anche l ' eliminazione delle circostanze transitorie nel calcolo del reddito soggetto all ' imposta fondiaria . 20 . L ' interpretazione che l ' amministrazione catastale nei regolamenti e nelle istruzioni diede della legge fondamentale , fu quale potevasi sperare da un corpo a cui presiedettero , specialmente sugli inizi , uomini di gran fama , come il generale Annibale Ferrero , primo esecutore della legge di perequazione . Giova , per eliminare viemmeglio un elemento perturbatore intervenuto nel dibattito sorto al momento dell ' istituzione dell ' imposta sui redditi agrari , vedere come il regolamento e le istruzioni abbiano interpretato la detrazione di quella « quota per spese di amministrazione » ( articolo 15 , n . 4 della legge ) , che sopra fu dimostrato riferirsi , a norma dei lavori preparatori e della legge , esclusivamente al reddito dominicale . La interpretazione è data dall ' art . 148 del regolamento per l ' esecuzione della legge sul riordinamento dell ' imposta fondiaria , approvato con R . Decreto 26 gennaio 1905 , n . 65 . Art . 148 . Le spese di amministrazione da dedursi nella stima sono quelle relative alla custodia e alla vigilanza dei fondi e dei prodotti , alla direzione delle colture e dei lavori ed al trasporto dei prodotti stessi nei luoghi di custodia , in quanto siano a carico del proprietario , al riparto , ove occorra , dei prodotti fra il proprietario ed il coltivatore e alla esecuzione delle vendite . La misura dell ' anzidetta deduzione si determina , come per gli infortuni , in una quota parte della rendita lorda ed in proporzione alle diverse qualità di coltivazione , istituendo all ' uopo gli opportuni studi , e assumendo in luogo i dati e le informazioni relative dai più esperti conoscitori delle aziende agrarie , dai principali possessori e dalle rappresentanze locali . L ' articolo definisce per l ' appunto quelle spese che il Messedaglia chiamava spese di amministrazione « dell ' azienda dominicale » . Il proprietario , il quale percepisce la « rendita lorda » ossia la sua quota parte dei prodotti del fondo , il 50 od il 40 od il 60 per cento , deve pensare a custodirla , a farla trasportare , ove le spese di trasporto non siano già a carico del colono , a venderla . Deve , ancor prima , provvedere alla divisione del prodotto totale col colono ; e , soprattutto , a custodire e vigilare i fondi e dirigere le colture ed i lavori , cosicché il colono non deteriori i fondi e li coltivi secondo le norme del buon padre di famiglia . Il regolamento , ordinando che tale detrazione sia determinata in una quota parte della « rendita lorda » ha inteso parlare di « rendita lorda padronale » ; ché ove parla della produzione complessiva adopera altre espressioni : « prodotto totale dei terreni » - - « prodotti » - - « rendita totale » - - ; mentre la parola « rendita lorda » o « rendita padronale lorda » viene usata a significare la parte dominicale dei prodotti , la quale , in ubbidienza ai precetti messedagliani , deve intendersi lorda di quelle spese di reintegrazione , di amministrazione e di infortuni che la incidono peculiarmente . La istruzione ( XV ) per la qualificazione , la classificazione ed il classamento dei terreni e per la formazione delle tariffe di estimo , in data I ° giugno 1907 ripete quasi testualmente il regolamento . Al § 147 essa dice invero : « Le spese di amministrazione da dedursi nella stima sono quelle relative alla custodia ed alla vigilanza dei fondi e dei prodotti , alla direzione delle culture e dei lavori ed al riparto , ove occorra , dei prodotti fra il proprietario e il coltivatore e alla esecuzione delle vendite » . Dove l ' unica differenza sta nell ' omissione dell ' inciso , contenuto nel regolamento : « ed al trasporto dei prodotti stessi nei luoghi di custodia , in quanto siano a carico del proprietario » , inciso il quale fu trasportato invece nel § 140 , relativo alle spese di produzione , senza tuttavia la riserva dell ' « in quanto siano a carico del proprietario » essendosi probabilmente riflettuto che , a norma delle consuetudini universalmente osservate , il trasporto dei prodotti nei luoghi di custodia fa sempre carico al coltivatore ed è perciò spesa di produzione propriamente detta . 21 . Che le spese di amministrazione incidano la parte dominicale lorda del prodotto non si deduce soltanto dalle dichiarazioni del Messedaglia e dalla loro commisurazione , alla « rendita lorda » ossia padronale , ma pur dal modo che fu praticamente tenuto nelle minute d ' estimo . Chi ricordi la espressiva descrizione fatta alla Camera dal Messedaglia delle minute d ' estimo del censo lombardo ­ veneto , della divisione del prodotto nelle due parti dominicale e colonica , di cui « non si parla poi più » , e della detrazione « dalla parte dominicale » dei varii oneri su essa incidenti , non stupisce più della forza di conservazione connaturata ad un corpo burocratico imbevuto di insegnamenti tradizionali secolari quando rivede quelle minute di stima ricomparire invariate nella pratica catastale nostra . La istruzione IX , del 30 luglio 1891 , la quale nel testo , riferendosi semplicemente all ' art . 137 del regolamento del 14 novembre 1886 , sopra citato , non contiene nulla di diverso dalla istruzione XV che poi la sostituì , è fornita di numerosi istruttivi allegati , i quali chiariscono praticamente il modo tenuto dalla amministrazione nostra per calcolare le spese di amministrazione . Riprodurrò due minute di stima relative a tutte le quote di detrazione ed un esempio analitico , riguardante le sole spese di amministrazione . La minuta di stima n . I si riferisce ad un ettaro di seminativo di prima classe , amministrato col sistema di colonia parziaria ( mezzadria ) . La minuta di stima n . 4 si riferisce ad un ettaro di seminativo irriguo di prima classe , amministrato col sistema della conduzione diretta . La osservazione fondamentale che vuolsi fare intorno a queste minute di stima è che le detrazioni ivi contenute hanno per iscopo di ridurre al netto non il prodotto totale , in cui è contenuto potenzialmente il reddito agrario od industriale del coltivatore , ma la quota dominicale lorda , da cui tale reddito agrario è escluso . Che se , come si vede , nella minuta di stima n . 4 è dedotto anche l ' interesse 5% del capitale scorte , questa è l ' unica detrazione di carattere industriale . Importa , in proposito , notare la differenza tra la minuta n . I ( mezzeria ) in cui la detrazione è fatta e quella n . 4 , in cui non è fatta . Ciò dimostra che in quei casi in cui , trattandosi di amministrazione diretta ( minuta n . 4 ) , lo stimatore era in grado di separare razionalmente la parte dominicale da quella colonica ( spese di produzione ) nella rendita totale , l ' interesse del capitale scorte fu compreso nelle spese di produzione ( parte colonica ) , sicché la parte dominicale lorda era già netta di tale onere . Nei casi invece in cui , essendo la conduzione a colonia parziaria , ( minuta di stima n . I ) , lo stimatore deve adattarsi alle convenzioni usate nella località , egli assume la parte dominicale , ad ipotesi del 50% , al lordo anche dell ' interesse sulla metà del capitale scorte e questo deduce per avere la rendita imponibile . Ma in ambi i casi , sia di amministrazione diretta che a mezzeria , lo stimatore nelle sue minute ha assunto l ' identica percentuale per il capitolo delle spese di amministrazione ( 12ª deduzione ) : e cioè il 4% della rendita padronale lorda ( lire 7,52 su 187,94 nella minuta n . I e II,79 su 294,77 nella minuta n . 4 ) . Poiché è indubbio che , se questa detrazione avesse avuto indole industriale , essa avrebbe dovuto essere calcolata in una percentuale maggiore nel caso di amministrazione diretta che in quello di colonia , essendo il lavoro di direzione delle colture e degli affari rurali , ben più gravoso ed assorbente nel primo che nel secondo caso , l ' uguaglianza nella misura delle due detrazioni dimostra che gli stimatori , bene interpretando lo spirito della legge , ritennero che non dovesse osservarsi misura diversa nei due casi , dovendo amendue rispecchiare l ' ipotesi di ordinarietà ; ed in questa ipotesi le spese di amministrazione sono quelle che spettano al proprietario come tale per assicurarsi che i suoi fondi siano bene amministrati , che i prodotti siano divisi secondo le convenzioni pattuite , riposti in luogo sicuro , venduti convenientemente ; ed i lavori e le colture avvengano secondo le regole dell ' ordinaria coltivazione da buon padre di famiglia . Tuttociò e non meno è compito del proprietario , come tale . Che se questo talvolta viene trascurato dai proprietari , ben si dice che essi mancano ai doveri inerenti al possesso fondiario e si invocano da molti sanzioni di espropriazione . La legge catastale doveva supporre e suppose di fatto che il proprietario da essa contemplato soddisfacesse ai doveri elementari della proprietà ; e gli concesse perciò una detrazione della rendita dominicale lorda a compenso dell ' opera sua di amministratore , sicché l ' imposta fondiaria colpisse la pura rendita dominicale netta a lui spettante come proprietario . 22 . Che questo fosse il concetto che gli stimatori si fecero delle spese di amministrazione risulta ancor meglio dall ' analisi particolareggiata che di tale capitolo di deduzione fu fatta per il sistema di amministrazione diretta nell ' esempio undicesimo « di analisi per la determinazione delle deduzioni contemplate in questa ( IX ) istruzione » . L ' esempio assume , in un podere esteso su 140 ettari , le spese di amministrazione qui indicate : Stipendio ad un agente per la direzione e la sorveglianza dell ' azienda per tutto l ' anno Lire 1000 Per guardia dei prodotti all ' epoca dei raccolti : giornate di guardiano a lire 2 l ' una » 120 Spese diverse » 200 _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ Totale Lire 1320 L ' importo totale così calcolato è ripartito fra le diverse qualità e classi di terreno componenti il podere nella maniera indicata nello specchietto seguente : Dall ' esempio riportato di analisi risulta che per spese di amministrazione s ' intendono appunto : a ) quelle sostenute per un agente o fattore di campagna incaricato della direzione e sorveglianza dell ' azienda per tutto l ' anno pagato con lo stipendio di L . 1000; b ) quelle sostenute per la guardia dei prodotti all ' epoca dei raccolti ; giornate 60 di guardiano a lire 2 ed in totale L . 120; c ) spese diverse , L . 200 . II carattere di spese vere e proprie gravanti sull ' amministrazione del proprietario dell ' azienda rurale e quindi sulla parte dominicale lorda vera e propria , risulta chiaramente da questa prova , la quale sembra definitiva . Le minute di stima concordano dunque con il regolamento di applicazione della legge e con le istruzioni nel dedurre dalla quota dominicale lorda valutata in una situazione ordinaria l ' interesse delle scorte vive e morte ed il compenso del lavoro di direzione e di amministrazione valutati secondo il medesimo criterio , in quanto riguardino il proprietario . Poiché le prove stanno , come si dimostrò sopra (cfr.§ 19 ) , nell ' essere la tassazione fondiaria limitata alla parte del prodotto che rimane al proprietario , e nell ' essere la stima fondata su uno stato di coltivazione ordinaria e duratura : e sono quindi esclusi dalla tassazione fondiaria i redditi dipendenti da straordinaria diligenza , da culture particolarmente redditizie e da combinazioni eccezionali di fattori produttivi , noi possiamo concludere che il reddito agrario è , secondo la legge del 1886 , escluso dalla tassazione fondiaria , perché compreso nella parte colonica , e ne è escluso anche il reddito di tutela e garanzia del reddito dominicale perché da esso dedotto , a titolo di spese di amministrazione . 23 . L ' amministrazione catastale , nel redigere gli articoli 124 a 128 del regolamento vigente 17 , ispirandosi al concetto della normalità , si è riferita al metodo di conduzione che nei nostri paesi è il più antico , forse ancora il più diffuso e certamente quello più tradizionale e tipico , il quale permetteva di inquadrare le stime nel sistema milanese della eliminazione preliminare di una parte colonica e 17 Regolamento citato , approvato con regio decreto 26 gennaio 1905 , n . 65; il quale riproduce testualmente le norme degli articoli 112 a 116 del regolamento precedente cit . 20 gennaio 1898 . nella detrazione susseguente di tutte le spese afferenti alla quota dominicale : la colonia parziaria . Ecco gli articoli : Art . 124 . Per quei territori , dove è in uso il sistema di colonia parziaria , le spese di produzione si ritengono consistere in quella quota parte di ciascun prodotto , che comunemente viene accordata al colono in compenso delle sue prestazioni e delle spese che deve sostenere per tutti i lavori occorrenti ad ottenerlo , compreso il collocamento nei luoghi di custodia . Detratta questa quota dall ' intiero prodotto , la residua parte spettante al possessore , valutata coi prezzi stabiliti come sopra , costituisce la rendita padronale lorda . Da quest ' ultima si detrae l ' interesse del capitale fornito dal proprietario per scorte vive e morte , secondo le consuetudini locali . Art . 125 . La ripartizione dei prodotti fra colono e possessore deve farsi in base al sistema colonico generalmente adottato in ciascun territorio , con riguardo alla entità dei lavori e delle spese incombenti ai coloni per le varie coltivazioni ed i diversi prodotti , secondo le consuetudini e le condizioni locali . Art . 126 . Con criteri analoghi si determina la parte padronale dei prodotti di quei territori , nei quali , quantunque non sia praticato un sistema di colonia propriamente detto , si usa però generalmente dai possessori di far coltivare per proprio conto i terreni , pagando le opere non con effettivo denaro , né con una quantità determinata di generi , ma con la cessione ai lavoratori di una data parte del prodotto che effettivamente si raccoglie . Art . 127 . Nei territori dove i possessori fanno coltivare i loro fondi per economia , a proprie spese , o li coltivano essi medesimi , la valutazione « delle spese di produzione può farsi col sistema che viene adottato per quello fra i territori più prossimi che si trovi in condizioni analoghe , tanto riguardo alla qualità di coltura , quanto riguardo ai prodotti ed alle relative spese di coltivazione . Art . 128 . Per i territori , o per singole qualità di colture , cui non siano applicabili le disposizioni degli articoli precedenti , la valutazione delle spese di produzione si fa per analisi diretta . Punto di partenza delle stime è il sistema della colonia parziaria , nel quale le spese di produzione si considerano eguali alla parte del prodotto del fondo assegnato al colono . L ' art . 124 espressamente definisce la rendita padronale lorda , come quella parte dei prodotti del fondo la quale rimane al possessore del fondo stesso dopo detratta la parte colonica . Questo stesso sistema viene applicato in virtù dell ' articolo 126 in quei territori nei quali pur non essendo applicato un sistema di colonia parziaria propriamente detto si rimunerano i lavoratori del fondo con una quota parte del prodotto raccolto . Ed all ' art . 127 si ordina che negli stessi luoghi dove è in uso la coltivazione diretta , la valutazione delle spese di produzione si faccia , a quanto si sottintende , per analogia al sistema di colonia applicato nei territori più prossimi . E l ' art . 128 incalza affermando che la valutazione delle spese di produzione per analisi diretta si debba fare soltanto nei territori e per le colture alle quali sia assolutamente inapplicabile il sistema di detrazione per analogia a quello usato nella conduzione per colonia . Tutto ciò ha per iscopo di riaffermare il principio della normalità e della ordinarietà . Se vi ha chi coltivando direttamente i suoi fondi , in una zona agraria dove si usano dare le terre a coltivare al 50 per cento , riesce a ridurre le spese di produzione al 40 per cento , buon per lui : questa è una diligenza straordinaria della quale non si deve tener conto per aumentare il suo imponibile ; ed il regolamento provvede a ciò , col guardare alla regola seguita generalmente . Si procede per tal modo verso la meta , che è la formazione della tariffa , in modo spiccio , senza i calcoli complicati della analisi diretta e si rende ossequio all ' ordine del legislatore di considerare i fondi in stato ordinario di coltura e di manutenzione . Se normalmente l ' intiero capitale scorte è fornito dal colono , non v ' ha luogo a deduzione dell ' interesse sulle scorte medesime ; se sono fornite in tutto od in parte dal proprietario , la parte dominicale del prodotto deve essere depurata dell ' interesse del capitale così provveduto . 24 . Che cosa si intenda per « scorte vive e morte » , non è detto esplicitamente dalla istruzione ( XV ) : ma la istruzione IX , la quale di fatto , per la evidenza dei criteri a cui si inspira , si impone all ' osservanza degli stimatori , dice al paragrafo 33 che « il capitale delle scorte vive e morte è costituito dagli animali di lavoro , dalle macchine , dagli strumenti ed attrezzi necessari per la coltivazione del fondo e la raccolta dei prodotti » . Non sono quindi comprese nelle scorte vive e morte , il cui interesse viene detratto dalla rendita padronale lorda ai fini dell ' imposta fondiaria , né le scorte di fieno e paglia costituenti la dotazione ordinaria del fondo né il capitale di semenza e concimi , né il capitale anticipazione dei salari ai lavoratori agricoli , e neppure , finalmente , il capitale costituito dagli animali di allevamento , non cioè utilizzato per la coltivazione del fondo . La istruzione ( XV ) , la quale è tecnicamente compilata in guisa da indicare allo stimatore le notizie ed i dati che egli deve procurarsi e le regole da osservare in questa raccolta per giungere a dati medi , ma non dà più esempi del modo tenuto nell ' utilizzare questi dati ed è aliena da definizioni , consiglia , al paragrafo 151 , di raccogliere i seguenti dati : a ) distintamente , per il bestiame da lavoro e per quello da rendita : la consistenza , il peso vivo per capo e totale , il valore per capo e totale , le variazioni che normalmente avvengono da periodo a periodo dell ' anno nella consistenza del capitale bestiame , la quota annua media di ammortamento e quella per infortuni , la spesa media annua pel veterinario e per medicine ; b ) distintamente , a seconda che siano destinati alla diretta coltivazione del fondo , al governo degli animali da lavoro , al perfezionamento , al trasporto ed al governo nei luoghi di custodia dei prodotti naturali del fondo oppure alla trasformazione dei prodotti naturali in altri di maggior pregio : la conoscenza ed il valore unitario e complessivo degli strumenti , degli arnesi e delle macchine esistenti normalmente nel podere , la loro quota annua di ammortamento e le spese medie annue di riparazione e di manutenzione ; g ) la quantità complessiva di ciascuna specie di mangimi e di lettimi prodotti nel fondo e nel fondo stesso consumati : la quantità complessiva di ciascuna specie di mangimi e di lettimi acquistati fuori del podere ed il valore di essi ; la quantità complessiva di ciascuna specie di mangimi e di lettimi prodotti nel fondo e venduti ed il prezzo di vendita ; h ) gli stessi dati pei concimi , per le sementi e per gli altri materiali occorrenti per la coltivazione , quali ad esempio le canne ed i pali per viti ; i ) quando i mezzi propri del podere non siano sufficienti per compiere tutti i lavori : il numero , la specie , il nolo ed il tempo pel quale si noleggiano strumenti , macchine od animali , e le spese di operazioni nelle quali gli strumenti , le macchine e gli animali sopraindicati si impiegano . Appare abbastanza chiaro dal complesso delle norme ora riprodotte , quale sia il metodo seguito dagli stimatori del catasto italiano . Bisogna distinguere il capitale scorte , a seconda che esso è necessario alla coltivazione del fondo ed al trasporto dei prodotti , ovvero esso è destinato , se si tratta di bestiame , ad allevamento da rendita ( carne , latte , lana ecc . ) o , se si tratta di macchinari , alla trasformazione dei prodotti naturali in altri di maggior pregio . In questo secondo caso , come non si tiene conto , nel prodotto lordo , della rendita relativa , così non si tiene conto , nelle detrazioni , della spesa corrispondente . Il catasto valuta l ' erba ricavata dai prati e non la carne o il latte o la lana , e perciò non si occupa , in nessun caso , del bestiame da rendita . Il catasto tassa le olive e non l ' olio , l ' uva e non il vino , e perciò non si occupa del capitale strumenti e botti per la fabbricazione dell ' olio e del vino . Quanto al capitale scorte vive e morte necessario per la coltivazione dei fondi e per il trasporto dei prodotti , si deve supporre che la parte colonica , calcolata secondo i metodi usuali , comprenda il rimborso delle spese di mantenimento del bestiame , di reintegrazione delle perdite per infortuni e per usura dei macchinari . Essa comprende altresì l ' interesse del capitale fornito dal colono ; perché , se il 50 per cento non bastasse , ad esempio , a comprenderlo , il gioco della concorrenza non tarderebbe a far elevare la quota colonica al 55 o al 60 per cento . Essa comprende altresì le spese di mantenimento e di ammortamento suddette , anche quando il capitale scorte è provveduto dal proprietario , perché si suppone tacitamente - - se la supposizione sia conforme o lontana dalla realtà , qui non giova indagare - - che il colono sia obbligato alla fine dell ' anno a riconsegnare al proprietario il valore identico di scorte ricevuto al principio dell ' anno , rimanendo a suo carico ogni spesa o perdita . La parte colonica non comprende invece l ' interesse del 5 per cento sul capitale scorte fornito dal proprietario , poiché il colono non paga questo interesse a parte come si trattasse di un mutuo , ma rimunera il capitale scorte , come il capitale terreno e il capitale migliorie tutt ' insieme , con la consegna della quota dominicale dei prodotti del fondo . Dunque , se si vuole tassare solo , come si fa con la fondiaria , il reddito del capitale terreni e migliorie fisse , occorre dedurre dalla quota dominicale l ' interesse sul capitale scorte . E così fanno , anche senza statuizione esplicita della legge , il regolamento e le istruzioni , perché osservanti dello spirito della legge . Non deducono invece nulla per il capitale semenze , concimi chimici , scorte fieno e paglia , anticipazione salari , perché si suppone che tutto ciò avvenga nel campo della produzione e tocchi al colono . La parte colonica è supposta cioè di tali dimensioni da consentire la costanza nel fondo di paglia e fieno - - subordinatamente alle vicende stagionali - - e il rimborso , con gli interessi eventuali , delle anticipazioni salari , sementi e concimi . Dove queste ipotesi non si verificano , basta guardare alle due minute di stima sopra riprodotte , per vedere come gli stimatori concedono , senza uopo di disposizione esplicita regolamentare , la detrazione corrispondente dalla quota dominicale o rendita padronale lorda . 25 . Con apposite norme il regolamento del 1905 disciplina ulteriormente il concetto della ordinarietà , sì da escludere qualunque reddito , il quale abbia carattere eccezionale ed industriale . Art . 115 . Il prodotto totale dei terreni di ciascuna qualità e classe , che deve servire di base alla determinazione della rispettiva rendita imponibile da stabilirsi nella tariffa , è costituito dal complesso dei prodotti naturali e propri del fondo , e cioè che si ottengono spontaneamente dal fondo stesso , o immediatamente dalla sua coltivazione , oppure nei casi indicati nell ' art . 121 , che risultano da una prima manipolazione dei prodotti naturali . Non si tiene conto di qualsiasi vantaggio che il possessore del fondo può procurarsi convertendo con operazioni industriali i frutti naturali in prodotti di maggior pregio . Art . 116 . Vengono per altro calcolati nella determinazione dei prodotti quei vantaggi che sono stati procacciati al fondo , anche artificialmente , e coll ' impiego di mezzi eccezionali , ogni qualvolta questi vantaggi siano stabili e permanenti . Art . 118 . La specie e la quantità dei prodotti da determinarsi è quella che d ' ordinario s ' ottiene coi metodi di coltura , che sono più comunemente in uso nel territorio . Non si ha perciò nessun riguardo , giusta il disposto dell ' art . 11 della legge I ° marzo 1886 , alle diverse e non ordinarie produzioni , che si ottengono dai terreni di eguale natura coltivati con diligenza straordinaria e con metodi singolari , né alle produzioni troppo scarse di altri terreni dell ' eguale natura , nei quali la coltivazione è straordinariamente trascurata o cattiva . Art . 121 . I prezzi del dodicennio 1874­1885 , in base ai quali deve farsi la valutazione di ciascun prodotto sulla media dei tre anni di minimo prezzo , giusta l ' art . 44 della legge , vengono desunti , di regola , dalle mercuriali dei mercati ordinari di vendita e , in mancanza delle mercuriali , dai registri di amministrazione degli enti morali o dei principali possessori , senza tener conto di quei maggiori vantaggi che possono derivare da speculazioni di commercio . Per quei prodotti che non si vendono allo stato naturale ma soltanto dopo una prima manipolazione , la valutazione si fa sulla base dei prezzi dei prodotti trasformati , deducendo da questi le spese della trasformazione , tenuto conto del capitale impiegato e di ogni altro coefficiente dei prezzi medesimi , in guisa da ricavarne il valore del prodotto allo stato naturale . Nella determinazione dei prezzi anzidetti si ha riguardo alla spesa che può occorrere per il trasporto dei prodotti dai luoghi di custodia al mercato ordinario di vendita , dal quale i prezzi sono desunti . I prezzi si esprimono in lire e quarti di lira . Art . 131 . La determinazione delle anzidette spese ( quelle indicate agli articoli da 124 a 128 ) deve farsi cogli stessi criteri stabiliti per la determinazione del prodotto medio , e cioè sulla base della media delle spese sostenute dalla generalità dei possessori per ciascuna qualità e classe , senza tener conto di quelle eccezionali , in più od in meno , derivanti da cure e diligenze straordinarie , o da cattiva amministrazione , non avendosi riguardo , giusta l ' articolo 118 , nemmeno alla maggiore o minore produzione che ne consegue . Una sola glossa si può aggiungere agli articoli per sé perspicui del regolamento . Potrebbe parere che l ' articolo 116 , coll ' ordinare di tener calcolo dei vantaggi procurati artificialmente al fondo e coll ' impiego di mezzi eccezionali , violasse la regola della ordinarietà posta dall ' art . 118 , la quale comandava di non tener conto delle diligenze straordinarie e dei metodi singolari usati nella coltivazione . In realtà non è così , perché la straordinaria diligenza , i metodi singolari e la coltivazione straordinariamente trascurata e cattiva devono essere apprezzati in relazione a terreni « di uguale natura » . Ma non sono più di uguale natura i terreni i quali furono , con mezzi anche artificiali , ed eccezionali , trasformati in guisa che in essi sieno stati incorporati vantaggi « stabili e permanenti » . Questi vantaggi oramai sono immedesimati nel terreno e più non se ne possono staccare . Il proprietario buon padre di famiglia , il quale nella coltivazione del fondo usa i metodi comunemente osservati nella località , non può fare astrazione dalle opere eccezionali ed artificiali le quali hanno trasformato il suo fondo ; e lo coltiva non come si farebbe per un seminativo asciutto o nudo o per un pendio scosceso e semi ­ incolto , bensì come ivi stesso si usano coltivare i terreni irrigui e quelli provveduti di vigne specializzate , o gli incolti produttivi ridotti con terrazzamenti e sostegni di mura e cisterne a fascie pianeggianti ricche di fiori o di agrumi . I mezzi artificiali ed eccezionali mutarono l ' indole del terreno e l ' innalzarono di qualità e di classe ; sicché quando sia trascorso il periodo di franchigia e le stime si rivedano ( od al 1° gennaio 1886 si compiano la prima volta ) , i suoi prodotti devono essere valutati in rapporto alla condizione nella quale il fondo si trova ed ai metodi ordinari di coltivazione che ad esso , quale è , sono congrui . 26 . Gioverebbe ancora trarre dalle relazioni delle commissioni censuarie le prove della diligenza con la quale si esclusero dalle stime fondiarie i redditi industriali o straordinari . Se ne addurrà una sola tratta dai lavori per la formazione delle tariffe d ' estimo per la provincia di Cuneo . Aveva la Commissione censuaria provinciale di quella provincia proposto la soppressione della voce « frutteto » ; poiché , essa ragionava , un vero frutteto fa necessariamente presupporre l ' occupazione totale del fondo da parte delle piante fruttifere , e solo per questo esso non può essere perpetuato ; essendo noto che una pianta non può vegetare e produrre nello stesso terreno , o in un punto a contatto con quello in cui sia vissuta e deperita altra pianta di uguale essenza . Perciò , tenuto conto che il coltivatore deve rinunziare alla produzione diretta del terreno per alcuni anni e prodigare speciali ed assidue cure agli alberi da frutta ; tenuto conto che in breve volgere di anni capitale e lavoro investiti nel frutteto sono annientati dal naturale deperimento della piantagione ; quel genere di coltura non può essere considerato come ordinario e duraturo , il reddito che esso produce essendo più industriale che agricolo , in tutto paragonabile a quello dato dallo sfruttamento di una miniera . La sotto ­ commissione centrale non contesta che , nell ' ipotesi configurata dalla commissione cuneese , il reddito del frutteto debba reputarsi industriale . Nega che tale sia la pratica ordinariamente osservata e quella in particolare modo seguita nella provincia . La pratica ordinaria non esclude che la « distanza ( delle piante fruttifere l ' una dall ' altra ) sia tale da consentire al momento opportuno la reintegrazione del frutteto sopra terreno non ancora sfruttato dall ' arboratura » . Di fatto osserva poi che la coltivazione delle piante da frutta nella provincia di Cuneo è sempre consociata a quella diretta del suolo ... La occupazione delle piante varia dal 15 al 72 per cento della superficie e il loro numero per ettaro , considerato nel calcolo delle tariffe , in due soli casi è superiore a 200 e discende fino a 50 : mediamente è 125 . Il che vuol dire che la stima ha considerato condizioni ordinarie di sfruttamento del terreno investito a piantagioni fruttifere , la cui perpetuazione non è resa impossibile dal soverchio numero degli alberi . E in armonia con questo concetto la giunta ha considerato le spese che occorrono pel mantenimento perpetuo del soprassuolo ammettendo che il valore delle piante abbattute compensi le somme richieste per la reintegrazione e l ' allevamento ... La pianta da frutto più costantemente allevata è il melo . Esso è tenuto a pieno vento e perciò ha una durata mediamente assai superiore al periodo di quindici o vent ' anni ammesso dalla commissione provinciale . Le cure di coltivazione , salvo casi eccezionali , si riducono a quelle che ordinariamente si richiedono per la produzione diretta del suolo , e le frutta sono vendute sull ' albero . Date queste condizioni , è chiaro che , dei quattro fattori da cui risulta la rendita totale dei fondi , il capitale di esercizio e il lavoro non soverchiano gli altri di natura propriamente fondiaria a segno , da imprimere alla rendita dei frutteti un carattere industriale . Non è qui il luogo di dare un giudizio sul problema specifico discusso tra le due commissioni ; ma questo si può dire che gli organi incaricati dell ' applicazione della legge videro ben chiaro che il reddito imponibile fondiario finiva là dove cessava la cultura ordinaria e cominciava quella eccezionale od industriale ed assai finemente indagarono intorno ai confini tra l ' una e l ' altra specie di cultura , sforzandosi di non varcare il limite imposto dal legislatore . Capitolo terzo Nella legge d ' imposta mobiliare 27 . Il dibattito legislativo intorno alla tassazione dei redditi agrari risale al disegno di legge sui redditi della ricchezza mobile presentato alla Camera dei deputati dall ' on . Sella , ministro delle finanze , il 18 novembre 1862 . Nel testo della commissione , presentato il 23 giugno 1863 alla Camera con relazione Pasini , i redditi dell ' industria agraria erano trattati ( art . 9 ) alla pari di quelli di ogni altra industria : « Vi saranno compresi non solo i redditi certi e in somma definita , ma anche i variabili ed eventuali derivanti dall ' esercizio di qualsiasi professione , industria od occupazione agraria , manufattrice o mercantile , materiale , intellettuale o morale » . L ' art . 7 del progetto Sella , il n . 3 dell ' art . 1 del progetto compilato da una commissione ministeriale creata con r . decreto 11 agosto 1861 ed il § E dell ' art . 9 della proposta di legge del Consiglio di stato del 20 marzo 1861 contenevano il medesimo precetto . Il quale non si tradusse in comando legislativo per l ' opposizione vivissima che suscitò nella Camera e di cui si fece capo specialmente l ' insigne agronomo on . De Vincenzi , con una proposta di cancellazione della parola « agraria » . Nonostante le difese del relatore Pasini , dell ' antico ministro proponente Sella , del ministro in carica Minghetti e degli on . De Cesare , Pica , Panattoni , Ciccone e Michelini , l ' emendamento De Vincenzi , sostenuto dagli on . Mancini , Minervini , Sineo , Cadolini , Mellana , Marchetti e Fiorenzi , trionfò nella tornata della Camera del 15 luglio 1863 . Senonché , a discussione finita , la commissione , richiamandosi in parte ad una proposta Torrigiani , appoggiata dall ' on . Castagnola ed a riserve fatte il 16 luglio dagli on . Minghetti , Depretis e Sella , proponeva un articolo aggiuntivo , il quale nella parte che qui ci interessa diceva : « I redditi agrari non vanno soggetti a tassa se non in quanto sono profitti di persone estranee alla proprietà del fondo , o che derivano da commerci o industrie accessorie alla cultura del medesimo » . Sorse subito una discussione vivacissima , d ' indole pregiudiziale , sulla costituzionalità di una proposta la quale veniva a negare una deliberazione presa dalla Camera nel corso della discussione dello stesso progetto di legge ed insieme sostanziale , sulla opportunità dell ' articolo aggiuntivo . Tuttavia nella forma modificata proposta con emendamento Biancheri : « I redditi agrari non vanno soggetti a tassa se non in quanto siano profitti di persone estranee alla proprietà del fondo » l ' articolo aggiuntivo fu approvato dalla Camera il 21 luglio ed , accolto dal Senato , diventò l ' art . 9 della legge 14 luglio 1864 , n . 1830 e resta , con aggiunte che non ci interessano , invariato nel T . U . 24 agosto 1877 , n . 4021 ( Serie 2° ) , il quale regolò la materia sino al decreto 4 gennaio 1923 . 28 . I problemi di principio , dibattuti in quella memoranda discussione , furono principalmente due : se esistesse in generale un reddito agrario distinto da quello fondiario e perciò meritevole di tassazione mobiliare e se , esclusa la esistenza o la tassabilità in genere , tale reddito fosse imponibile soltanto per i coltivatori di terreni altrui . 29 . Il De Vincenzi , il quale riusci dapprima a far trionfare la tesi piena della non tassabilità del reddito agrario , così ragionava : Se il fittaiolo dovrà pagare una tassa , cioè aggiungere una tassa al suo affitto , è ben naturale che debba detrarre questa tassa dalla rendita della terra , ossia in ultima analisi questa tassa andrà ad essere convertita in una vera duplicazione dell ' imposta fondiaria . La quale incidenza è tanto più probabile avvenga in Italia , dove i fittaioli provveduti di congrui capitali sono pochissimi e tra loro non si fanno concorrenza . E quel che è più , la rendita fondiaria può essere bensì concepita in astratto come un ente a sé stante , non mai in concreto . La rendita deriva dalle forze naturali della terra e dal lavoro che vi si impiega . Sieno quante si vogliano le forze naturali , se non vi interviene l ' elemento che si rivela sia sotto forma di lavoro , sia sotto forma di capitale , non si otterrà mai alcuna rendita ... Per conseguenza , quando noi tassiamo la rendita fondiaria , non tassiamo propriamente ciò che viene da natura , ma l ' accumulamento del lavoro , che per secoli e secoli si è applicato alla terra , tassiamo il necessario capitale mobile senza di cui non vi sarebbe possibilità di avere rendita fondiaria . Senza capitali accumulati e circolanti , e senza lavoro non vi è rendita fondiaria ; questa non è una astrattezza , ma la combinazione delle forze della natura e del lavoro dell ' uomo sotto diverse forme . La rendita sarà pure un concetto virtuale , ma soggetto delle imposte sono le realtà e non le astrattezze . E ancorché si volesse considerare il lavoro e il capitale circolante come accessori , è da por mente che senza questi accessori non vi sarebbe alcuna rendita reale , e che però sono condizioni sine qua non della rendita che costituisce il subbietto dell ' imposta fondiaria . La terra senza questi fattori della rendita è come il vapore senza la macchina di Watt , e non so come possa considerarsi astrattamente in questo eminentemente pratico concetto dell ' imposta fondiaria . Potremo dir noi di voler tassare come ricchezza mobile gli animali inservienti alle coltivazioni , i salari necessari ai lavori ? Eppure ciò avviene col mezzaiuolo sovente e col fittavolo . Ma senza questi , che avreste voi imposto colla tassa fondiaria ? Ove sarebbe la rendita ? . Con altri esempi l ' on . Sineo rafforza la tesi del De Vincenzi , secondo cui l ' imposta sui fittabili e mezzadri ricadrebbe sui proprietari : Vi porto per un momento in Sardegna dove è determinato che l ' imposta prediale debba rappresentare il decimo del prodotto del predio ridotto a coltura , quale esso si ritrova attualmente . Voi vedete che la misura è già alta ; quando il proprietario paga la decima parte , egli ha diritto di godere il suo fondo , di coltivarlo egli stesso , o di farlo coltivare da agenti , da affittavoli , da coloni coi migliori patti possibili . Ora se voi imponete quelli i quali trattano col proprietario per le colture dei beni , voi necessariamente rendete più incomoda , rendete deteriore la condizione del proprietario . Se il proprietario che paga il decimo della sua rendita a titolo di tributo prediale trova un fittaiuolo il quale per cagione dell ' affittamento non sarà tenuto ad alcuna imposta , allora egli è sicuro di avere tuttociò che eccede quel discreto profitto che il fittaiuolo può proporsi ; ma se voi imponete il fittaiuolo , egli non avrà più quel profitto , salvo detraendo dal fitto ciò che gli chiamate d ' imposta ... Questo si rende ancora più manifesto in quelle parti d ' Italia in cui sono in uso altri modi di lavorare : le colonie parziarie , per esempio . Se io trovo un colono che fa tutti i lavori intorno ai miei beni colla prospettiva di avere la metà dei prodotti , se questo colono lo venite ad imporre , egli non si contenterà più della metà dei prodotti ... Se a queste famiglie che ( specialmente in Piemonte ) stentavano già ad accettare a titolo di colonia parziaria la coltura dei nostri beni , aggiungete il peso dell ' imposta , naturalmente queste famiglie abbisognerà che ottengano dal proprietario migliori condizioni ... Qualunque imposta voi mettiate sull ' industria agraria è sempre un aumento al tributo prediale . Né il proprietario , né il colono , comunemente non possono lavorare la terra essi soli , hanno bisogno di uomini salariati ! Ora , se su questi salariati voi mettete ancora un ' imposta bisognerà aumentare il salario . Il salariato comunemente si contenta del necessario per la sua vita ; ma domanderà un aumento di soldo se sarà soggetto all ' imposta . Così dunque rendete più difficile la coltura , per cui le braccia grandemente scarseggiano (ibid., p . 1121 ) . Anche l ' on . Torrigiani , che pure accetta l ' imposta sui fittaiuoli , nega al pari del De Vincenzi che esista una rendita fondiaria derivante esclusivamente da « forze di produzione insite nel suolo » ed afferma essere di fatto impossibile « l ' immaginare che vi sia una rendita del suolo , la quale non sia più o meno colpita dalla tassa fondiaria » . E cita Mac Culloch contro la pretesa di supporre un reddito della terra nuda separato da quello dei miglioramenti ed Esquirou de Parieu il quale , in un discorso alle camere francesi sostenne che « un ' imposta sui benefici dell ' impresa agricola sarebbe sino ad un certo punto una ripetizione dell ' imposta fondiaria » , per concludere all ' impossibilità pratica che un proprietario desideroso di contribuire per quanto è in lui ai carichi dello stato ... riesca a decomporre nella sua mente questa rendita totale e stabilire la parte che proviene dall ' industria agricola da lui esercitata (ibid., 1128 sgg . ) . Gli argomenti addotti contro la tassazione mobiliare dei redditi dell ' imposta agraria sono dunque sostanzialmente : 1 ) che la rendita fondiaria dominicale esiste nella misura attuale ed accertata agli scopi della tassazione perché la terra si trova in una data combinazione con i miglioramenti stabili , con il capitale mobile di scorte e con il lavoro ; che se questi altri fattori variassero o non ci fossero , varierebbe o cesserebbe di esistere anche la rendita fondiaria . Il quale argomento reca logicamente solo alla conseguenza che si debba indagare quale sia il prodotto normale totale della terra istrutta , nella combinazione dettata dagli usi locali , mercé l ' impiego degli altri fattori produttivi di capitale e di lavoro ; e questo prodotto totale - - dopo fatta la detrazione di ciò che spetti a fattori produttivi estranei al fondo , come macchine , concimi , mangimi e sementi acquistate ecc . ecc . - - si tassi compiutamente sia nel suo complesso sia , come si usa allo scopo di potere esentarne qualcuna , ad es . quella spettante al lavoro , distintamente nelle sue varie parti di rendita dominicale , reddito industriale , reddito di lavoro , 2 ) che la tassazione del reddito dei fittabili o coltivatori manuali si ripercuoterebbe sui proprietari , falcidiandone il reddito . Osservazione , la quale , se ammessa , non porterebbe alla illazione di esentare un reddito reputato esistente qua le quello agrario , ma all ' altro di dichiararne debitore legale il proprietario , quale rappresentante del fondo , lasciando agli interessati il compito di ripartirne fra di loro l ' ammontare ; 3 ) che la tassazione del reddito agrario separatamente da quello fondiario è quasi assurda in pratica , per la difficoltà somma di distinguere l ' un reddito dall ' altro . 30 . I difensori dell ' imposta , pur toccando tutti gli aspetti della disputa , vedono che in quest ' ultimo argomento sta la difficoltà del loro assunto . Primo il Sella : Il criterio dal quale fu condotta la maggioranza della commissione nella sua proposta fu puramente e semplicemente questo , che cioè si dovesse con questa legge tassare ogni specie di rendita proveniente da capitali , da opera di mano , da industrie od altrimenti da professione , da impiego , a meno che si trattasse di quella rendita speciale che ha nome di fondiaria imperocché si credette più utile che questa specie particolare di rendita fosse regolata da una imposta speciale che ha nome d ' imposta fondiaria ... Ora si tratta di vedere se l ' industria agraria debba essere colpita . Per rispondere a tal quesito basta osservare che cosa è la rendita fondiaria che serve di base al catasto ... Se noi esaminiamo che cosa essa è ... vedrete che consiste puramente e semplicemente nel frutto del capitale terra , come è oggi , al momento in cui si considera , qualora se ne dia la lavorazione ad un terzo . Vedrete per conseguenza che quando fate i catasti per mezzo dell ' estimo si dedurranno sempre , oltre a tutte le spese di produzione , anche gli interessi dei capitali impegnati nell ' industria agraria propriamente detta : voi vedrete che quando i catasti si fanno per consegne , si piglia sempre per base il fitto , vale a dire il reddito che questa terra darebbe a un cotale che allo scopo di lavorarla vi portasse del suo il capitale a ciò occorrente ... Questa terra come oggi è , non rappresenta le forze della natura ma anche i frutti dei capitali che nel passato vi sono stati spesi , e un ' accumulazione talvolta ingente di lavori che furono l ' opera di parecchie generazioni . So benissimo che non devo considerare la terra nuda , come fu in certi periodi geologici ma la terra munita di strade , di canali , di bonifiche , di drenaggio ... ; la quale , quando la rimettete ad un terzo , vi può dare un certo reddito . Questo reddito è veramente quello che è stato preso per base della catastazione , è il reddito fondiario sul quale l ' imposta fondiaria veramente e propriamente si asside . Ciò non basta , io ne convengo , a dare un frutto ; vuolsi ancora che intervenga un capitale mobile ; vuolsi avere scorte vive , scorte morte , con bestiami con semente , e di più si richiede ancora il lavoro manuale . Noi vediamo per conseguenza che qui entrano due fattori : l ' uno è il reddito della terra , come è oggi , propriamente detto ; l ' altro è il reddito derivante da questi capitali mobili che sono nel terreno importati , ed il reddito spettante come rimunerazione del lavoro , delle fatiche , dell ' industria di coloro che lavorano il fondo . Ora io dico , e sostengo , e sono certo di avere con me tutti coloro che si sono occupati di catastazione , che veramente la imposta fondiaria vuolsi riferire a quella parte di reddito che spetta al capitale terra , puramente ed esclusivamente considerata , e che quella parte di reddito invece che risulta dal capitale mobile e dall ' industria di chi lavora il terreno è cosa la quale si debba intieramente sottrarre dal reddito fondiario . E qui il Sella si fa ad esaminare i tre casi principali dell ' affittuario , del mezzadro e del proprietario coltivatore . Quando vi è un affittuario cioè a dire una persona , la quale va dal proprietario del fondo e dice : io darò a voi tante migliaia di lire come corrispettivo del capitale terra che vi spetta e poi esercita un ' industria propria impiegandovi capitali proprii , e viene in questo modo a trarre un reddito , col quale non solo può pagare il fitto che spetta al proprietario del fondo , ma ne ricava ancora un lucro , in questo caso come si fa a sostenere che questo affittuario non debba pagare un ' imposta sulla rendita che trae da questa sua industria , quando noi ammettiamo il principio generale che vogliamo tassare con questa imposta tutti i redditi che già non sono colpiti dalla fondiaria ? Il mezzadro , a sua volta , prende dal proprietario del fondo questo capitale terra , ci mette la sua opera ed una parte più o meno notevole del capitale necessario per la coltivazione di questa terra , quindi prende per conto proprio una parte aliquota più o meno notevole di questo prodotto ed il rimanente lo dà al proprietario , come remunerazione del suo capitale terra . Ora , soggiunge il Sella noi i quali vogliamo tassare la più piccola , la più meschina , la più miserabile industria ; noi i quali abbiamo già ammesso che tutti coloro che non sono dall ' autorità comunale dichiarati indigenti debbono pagare in proporzione dei redditi che hanno , vorremo esentare dall ' imposta , questi mezzadri , i quali talvolta hanno rendite non spregevoli , i quali , per esempio , oggi , in Toscana , pagano la tassa di famiglia ; in Romagna , se non vo errato , vanno sottoposti a parecchie tasse comunali ? Per conseguenza io credo che sarebbe mostruosa ingiustizia , quando noi venissimo ad eccettuare l ' affittuario ed il mezzadro . Quanto al caso « a primo aspetto più complicato » del proprietario , il quale lavora per proprio conto i terreni , si potrebbe alla commissione d ' imposta porre il seguente quesito : Tizio ha il tal terreno , lo coltiva per conto proprio , se ne occupa personalmente , vi esercita egli personalmente questa industria , vi ha dei capitali giranti ; se pigliasse questo fondo come sta , e lo desse in affitto , ritirando ben inteso l ' opera sua e il suo capitale girante , che frutto ne ritrarrebbe ? Credete voi che sia molto difficile il determinare questo dato ? Egli è evidente che quando questo dato fosse noto , facendo la differenza tra la rendita che oggi ritira il proprietario e quella che ricaverebbe quando desse questo fondo a lavorare ad altri , è evidente , dico , che facilmente si troverebbe la parte da attribuirsi ai capitali giranti ed all ' industria personale ( pp . 1134­35 ) . Nella letteratura attinente al problema qui discusso sarebbe difficile trovare una pagina nella quale più chiaramente di come fece il Sella si dimostrasse l ' assunto della tassazione universale dei redditi agrari ; se non fosse quella che poco dopo ( 1867 ) , lapidariamente , come soleva , dettò il Pescatore . L ' imposta , egli scrive , deve applicarsi così sull ' industria , come sul capitale mobile inserviente allo esercizio industriale ; né la ragione consentirebbe privilegio alcuno all ' industria agraria in confronto della commerciale e della manifattrice . Imperocché se il manifattore e il commerciante , dedotte le spese dell ' esercizio , ritrovano ancora nel rimanente prodotto l ' interesse dei loro capitali e il profitto propriamente industriale , similmente il fittaiuolo capitalista dedotte le spese di coltivazione e prelevato il fitto dovuto al proprietario del podere , deve pur ricavare ( se non abbandona l ' impresa ) l ' interesse de ' suoi capitali d ' ogni forma applicati alla coltivazione , e il profitto dell ' impresa e della sua industria personale . Adunque appariscono come nel commercio e nelle manifatture , così nell ' industria agraria , gli stessi elementi tassabili . Estenderemo noi la medesima tassazione anche all ' industriale proprietario ? E perché no ? Tra il fittaiolo capitalista ed il capitalista proprietario che assume la medesima impresa , facendosi , per così dire , affittuario del proprio fondo , non corre veramente differenza alcuna : l ' uno e l ' altro debbono ricavare dal provento lordo della coltivazione le spese di esercizio , l ' interesse dei capitali , il profitto dell ' impresa e della industria personale , e finalmente la rendita locativa del fondo che il fittaiuolo paga al proprietario e il proprietario a se stesso . Certamente quest ' ultimo soggiace in particolare al tributo prediale : ma se questo tributo , nell ' ordinamento razionale dell ' imposta , non è altro che la tassa inerente alla rendita locativa del fondo , ossia al provento del capitale fondiario : così l ' uno e l ' altro deve sopportare in comune la tassa industriale e quella inerente al capitale mobile ; e se inoltre al solo industriale proprietario incombe specialmente il tributo fondiario , ciò gli deriva dalla proprietà di capitale immobile che si possiede da lui , e che dall ' industriale , affittuario di altrui poderi , non si possiede . Antonio Scialoia , incaricato dalla commissione permanente di finanze del Senato di riferire sul disegno di legge già approvato dalla Camera , opinava altresì , a nome di tutti i membri della commissione , eccettuato uno solo di essi , che l ' entrata derivante dall ' industria agraria , sia da sottoporre alla tassa come qualsiasi altra entrata . La terra fa per codesta industria l ' ufficio che fanno in altre le macchine . La sola differenza è che per l ' uso di questa macchina ch ' è detta terra , si paga un prezzo o si preleva un profitto , sia in denaro sia in natura il quale profitto o prezzo è come una spesa di produzione per l ' industria agraria . La quale spesa , cioè la rendita fondiaria , è prelevata dai frutti dell ' industria agraria . I frutti netti di questa industria sono perciò distinti dalla rendita ; sono entrata non fondiaria e quindi è giusto che paghino . In tutti i paesi dove una tassa sull ' entrata è in vigore , i redditi dell ' industria agraria sono tassati distintamente dalla rendita del fondo . 31 . All ' opinione del Sella aderiva il Pasini , relatore del disegno di legge dinnanzi alla Camera , quando diceva : Se voi consultate le istruzioni che diedero norma alla formazione di questo catasto ( quello fatto per istima diretta ) ; se voi consultate più specialmente l ' istruzione data per un celebre catasto , qual è il censimento milanese fatto alla metà del secolo scorso , voi trovate che in essa chiaramente si prescriveva che la rendita da censire al proprietario dovesse essere quella che risultava dopo detratte tutte le spese e tutti i profitti del coltivatore . Al coltivatore era attribuita una quota parte del prodotto brutto , perché si considerava che questa quota rappresentasse le spese e i profitti della sua industria , rappresentando il resto la rendita del proprietario , e generalmente si attribuiva all ' imprenditore dell ' industria agricola la metà del prodotto brutto , e l ' altra metà si considerava che rappresentasse quello che gli economisti chiamano rendita , estaglio , insomma l ' utilità che viene spontanea dalla terra ... In via pratica e positiva il catasto milanese e gli altri che si sono fatti sulle orme del medesimo con maggiori o minori variazioni hanno sempre inteso di censire al proprietario quella rendita la quale restasse dopo detratte tutte le spese e i profitti relativi all ' impresa dell ' industria agraria ( p . 1149 ) . 32 . Perché allora il parlamento si rifiutò ad accogliere il principio ritenuto corretto da uomini preclari per dottrina e per esperienza ? Perché fu accolta la proposta di tassare soltanto quei redditi agrari « che siano profitti di persone estranee alla proprietà del fondo ? » Tra chi negava e chi affermava l ' esistenza d ' un reddito agrario non pareva aver logicamente posto l ' opinione intermedia di chi la negava per il proprietario coltivatore e la affermava nel tempo stesso per il fittaiuolo ed il mezzadro . Questa opinione tuttavia prevalse per ragioni che a tutta prima paiono contingenti . Le riassume Antonio Scialoia a nome della commissione senatoria : Le ricerche necessarie a farsi per distinguere la rendita dai profitti agrari quando il proprietario coltiva il suo fondo , o per distinguere la parte che il proprietario prende da questi profitti agrari unitamente alla rendita , quando egli fa andare co ' suoi capitali l ' industria agraria , ma compensa l ' opera altrui con una parte di quei profitti , condurrebbero a gravi questioni pratiche e difficili a risolversi in tante combinazioni di contratti che sono in Italia tra i proprietari e i coloni che coltivano per essi , con condizioni che variano da provincia a provincia . A questa prima difficoltà del distinguere , si aggiunga quella del gran carico da cui son già gravati i proprietari : Né par che convenga molestare tanto i proprietari , nel tempo medesimo che il prossimo conguaglio della fondiaria verrà in alcune provincie a scompigliare momentaneamente i loro interessi . Finalmente , non giova andar contro alla classe dei proprietari fondiari , potentemente rappresentata nella Camera elettiva : Infine la maggioranza della commissione è stata pur indotta in questa sentenza dal riflettere che questo articolo 9 - - quello che sancì la tassazione delle sole persone estranee alla proprietà del fondo , mentre in origine la Camera voleva escludere anche questa - - fu vinto nell ' altra Camera dopo lunga e grave discussione , fatta nell ' interesse dei proprietari e in quello dell ' agricoltura ( Stampati cit . , p . 57 ) . 33 . Quest ' ultima , della prevalenza degli interessi fondiari contrari alla tassazione , fu la ragione più sovente ricordata in appresso da coloro i quali ricordarono le vicende dell ' art . 9 della legge d ' imposta sui redditi mobiliari . Chi rilegga attentamente le pagine degli atti parlamentari non sa tuttavia adattarsi a quella esclusiva semplicistica interpretazione . Le idee governano alla lunga i legislatori ; ed , a tratti , spunta in quelle pagine il germe della idea la quale dovrà infine generare la soluzione adottata . Il Sella medesimo , a riprova della tesi così nitidamente posta da lui della tassazione universale , si indugia a citar casi di ingiustizie stridenti le quali nascerebbero dalla esenzione : Vi sono delle parti d ' Italia dove attualmente questi fittaiuoli fanno rapidamente delle fortune cospicue . E parecchi in questa Camera sapranno come vi sia tal parte d ' Italia in cui una porzione non piccola delle fortune oggidì esistenti si è formata con quest ' industria agraria . Vi sarà qualcuno che voglia sostenere che questi fittaiuoli non debbano pagar nulla per quest ' industria agraria ? Ve ne sono pur di quelli che fanno eccellenti affari ( Atti cit . , 1863­64 . Discussioni , vol . I , p . 843 ) . Lo spunto ritorna , insistente , sulla bocca degli oratori favorevoli ad una tassazione più o meno larga dei redditi agrari : « bisogna colpire coloro i quali di fatto ottengono vistosi profitti dall ' esercizio dell ' industria agraria » . L ' on . Torrigiani , autore dell ' emendamento che , modificato dall ' onorevole Biancheri , divenne l ' art . 9 della legge , mentre esclude la tassazione del proprietario coltivatore , « perché si tratterebbe di una assoluta duplicazione d ' imposta » afferma che deve pagare il fittaiuolo « perché con un capitale suo proprio sceglie di esercitare una particolare industria e ne ricava profitti » ; perché egli deve essere considerato « un industriale che si presenta in un fondo con un determinato capitale , ed esce da quel fondo con questo capitale accresciuto dalla sua industria » ( p . 1130 ) . Ma bisogna arrivare all ' on . Panattoni , per avere una prima formulazione dell ' idea che in genere era contenuta nelle argomentazioni e negli esempi addotti dagli oratori . Il Panattoni vuole la tassazione dei redditi agrari per tutti ; ma vuole definito chiaramente che cosa si intenda per reddito agrario : L ' escludere dal contributo qualunque occupazione agraria sarebbe lo stesso che volere esentare dalla tassa sulla rendita mobile anche coloro i quali fanno nel terreno intraprese straordinarie e speculazioni di coltura grandiosa , e che rinvestendo con nuovi trovati il loro capitale non solamente si avvantaggiano in piccoli affitti , ma giungono col denaro e con arti più spinte a superare il prodotto ordinario della terra . La questione non è sull ' in genere della tassa , ma sopra le giuste esenzioni . La legge che impone una tassa sulla rendita della ricchezza mobile non ne colpisce i capitali , ma investe la rendita da qualunque fonte scaturisca . Non la investe però di fronte ai prodotti ordinari delle opere agrarie , perché la rendita che viene dalla terra coltivata è già colpita da un ' altra tassa , è colpita dalla tassa fondiaria . Dunque , tutto questo che appartiene all ' ordinario esercizio dell ' agricoltura , siccome è già colpito dalla tassa fondiaria , così non può altrimenti cadere sotto la tassa che è invece imposta per la rendita della ricchezza mobile . Evidentemente non può cadere sotto due tasse il frutto naturale della terra ; ma questo sarebbe il meno perché la terra tutta , eccettuati pochi luoghi che restano incolti , rende un prodotto misto , vale a dire , il frutto che verrebbe dalla forza naturale del suolo , e quello che risulta dal lavoro e dai capitali impiegati . Ma i capitali già impiegati , e che hanno mutata la faccia del terreno , sono tassati fino dal momento in cui viene fatto il catasto , e quindi la imposizione fondiaria corrisponde ormai alla rendita del terreno , quale trovavasi migliorata all ' epoca del catasto . Io dunque credo che si deve esentare la rendita fondiaria , in quanto essa è già gravata dal catasto . Così insieme alla rendita fondiaria bisogna esentare anche quella porzione che potrebbe credersi derivante dal capitale impiegato negli animali e strumenti necessari per questa rendita . Infatti il capitale che non è impiegato , né frutta in altro , se non nella ordinaria coltura , ossia a far produrre la terra , ed a mantenerla in quel grado di coltura che essa aveva , a cui era predisposto ; codesto capitale non è un elemento d ' industria speciale , non è un capitale di speculazione , e non fornisce un prodotto diverso da quello della terra , su cui esso costantemente s ' impiega . Ma , indipendentemente dai giusti riguardi che merita l ' occupazione agraria , perché la rendita ordinaria di essa è ormai tassata , si possono nella terra impiegare industrie e capitali , e imprendere occupazioni tali da eccedere il consueto sistema dell ' agricoltura comune ; cosicché alla ricchezza immobiliare si soprammetta una ricchezza mobile , la rendita della quale può e deve in tal caso essere tassata . Perciò l ' on . Panattoni , mentre non vuole che i redditi agrari siano tassati in generale , si accosta all ' emendamento Torrigiani diventato poi legge , come sopra si disse , nella forma datagli dall ' on . Biancheri . Se amendue affermano che di reddito agrario può parlarsi solo in determinate circostanze , l ' on . Torrigiani aveva veduto il criterio di distinzione nella circostanza che l ' opera o i capitali fossero impiegati nella terra dal proprietario , ed allora li voleva esenti , ovvero da persone estranee alla proprietà del fondo ed allora li voleva tassati . L ' on . Panattoni riteneva invece dovesse accogliersi un criterio oggettivo , invece che soggettivo , tratto dal rendimento ordinario o eccezionale dell ' opera e dei capitali impiegati . Quando il rendimento fosse ordinario , negava l ' esistenza e quindi la tassabilità del reddito agrario , mentre la tassazione , a suo avviso , s ' imponeva appena il capitale avesse acquistato importanza eccezionale . Nota egli infatti : Col dire - - come si faceva dall ' on . Torrigiani : - - saranno soltanto esenti i redditi che il proprietario ricava dall ' opera e dai capitali impiegati da lui nelle proprie terre già soggette alla contribuzione fondiaria o prediale , si esprime , a mio avviso , un ' idea troppo lata , una cosa troppo indefinita , e che potrebbe affrancare dalla tassa i capitali anche grandiosi ed insoliti . Questi s ' impiegano al certo sulle terre , ma o ne mutano la coltura o formano un ' industria speciale , ed al di là delle consuetudini agrarie . Se dunque ne risulta una ricchezza mobile , e che accresca la rendita al di sopra della produzione ordinaria della terra , essa è una fonte di rendita mobile e non prevista nelle computazioni catastali . Io quindi vorrei pregare l ' on . Torrigiani a venire nel mio concetto , ed allora io accetterei il suo emendamento ; allora mi parrebbe che non ferisse i principi fondamentali della legge , e così forse darebbesi termine alla presente questione . Vorrei pertanto ch ' egli consentisse la semplice modificazione che io vado a leggere in questi termini : « Saranno esenti dalla tassa soltanto : I ° i redditi che il proprietario ricava dall ' opera e dai capitali necessari per mantenere la coltura della terra , di già gravata con la tassa fondiaria » . Infatti , quando si parla del capitale che è necessario alla coltura , si parla di un capitale istromentato del fondo , e perciò non tassabile . Di questo genere sono non solamente gli istromenti meccanici , ma anche gli animali necessari alla coltivazione del fondo , e il solito corredo di letame , e quanto altro abbisogna all ' esercizio dell ' agricoltura . Io tutto questo non lo credo equamente tassabile come una fonte di rendita mobile . Ma se poi la coltura del fondo si aumenta con industrie speciali , se vi si stabiliscono mandre ed armenti , se vi introducono colture d ' alta speculazione , per esempio , il tabacco , il cotone e cose simili , allora si esercita un ' industria nuova , e si procaccia una rendita mobile , la quale va fuori dell ' ordinaria produzione della terra . Quindi , se non vado errato , col mio temperamento si concilierebbero le opinioni , si salverebbero anche i piccoli affittuari , e rimarrebbero soggetti alla tassa sulla rendita mobile quei capitalisti e quegli industriali che fanno della terra un argomento speciale di coltivazione . Così non si aggrava l ' agricoltura , così resta intero il principio della legge , e così non emancipiamo dalla tassa quei capitali ingenti , che , quando non fossero occupati nella terra , potrebbero produrre una rendita industriale su cui lo stato avrebbe l ' incontestabile diritto di percepire un tributo ( pp . 1145­46 ) . Quel criterio che nel Sella era ancora incerto e prendeva le forme di accenni alle « fortune cospicue » di certi fittaiuoli od agli altri « eccellenti affari » di taluni mezzadri , nel Panattoni diventa norma di distinzione rigorosa . Non più il sofisma del De Vincenzi , per cui non vi sarebbe reddito agrario industriale , perché se venissero meno il lavoro dell ' imprenditore agricolo e le scorte vive e morte , non esisterebbe neppure la rendita fondiaria ; ma la segnalazione del limite tra la cultura « ordinaria » la quale , utilizzando le forze naturali del terreno , i capitali in esso stabilmente investiti e quelli mobili che vi si debbono impiegare secondo le locali consuetudini agrarie , dà luogo unicamente alla rendita fondiaria catastale , e la coltura « straordinaria » con caratteristiche industriali la quale soltanto aggiunge un profitto alla rendita fondiaria . Questo profitto è il vero oggetto dell ' imposizione mobiliare , chiunque ne sia il percettore : fittaiuolo , mezzadro o proprietario coltivatore . 34 . Se ben si riflette la soluzione a cui si ricorse , se poté in parte riferirsi a ragioni contingenti di difficoltà nel separare i due redditi nel caso dei proprietari ­ coltivatori , fu anche un espediente empirico per attuare il criterio teorico addotto dal Panattoni , di distinguere tra la coltivazione e produttività ordinaria e quella eccezionale . Nella seduta del 16 luglio 1863 , successiva a quella in cui la Camera aveva , votando l ' emendamento De Vincenzi , cancellato l ' aggettivo « agraria » alla parola « occupazione » , sorgeva il ministro delle finanze Minghetti a fare espressa riserva di ripresentare il quesito se , nonostante il reddito in genere delle occupazioni agrarie non potesse più assoggettarsi ad imposta mobiliare , potessero invece tassarsi « quei redditi , specialmente di traffici e di commerci , che hanno una qualche relazione coll ' agricoltura » ( p . 1167 ) . L ' articolo aggiuntivo che nella tornata del 20 luglio , a nome della commissione , l ' on . Pasini propose , traduceva in atto appunto il concetto , dapprima invano difeso dal Panattoni , di colpire i guadagni industriali aventi carattere eccezionale : I redditi agrari non vanno soggetti a tassa se non in quanto sono profitti di persone estranee alla proprietà del fondo o che derivano da commerci o industrie accessori alla coltura del medesimo . Per gli affittuari che non lavorano il fondo colle loro mani , il profitto si considera uguale a tre volte l ' imposta fondiaria principale pagata dal fondo secondo la legge di conguaglio . Per gli affittuari che lavorano il fondo con le loro mani e per i coloni parziari ( individui o famiglie ) che impiegano bestiame di loro proprietà , il profitto si considera uguale al semplice importo dell ' imposta predetta . Esponendo le ragioni dell ' articolo aggiuntivo , l ' on . Pasini osservava che esso era reso indispensabile dalle regole della più comune giustizia . Come mai ammettere , per esempio , che l ' affittuario il quale fa grandi profitti e che li fa indipendentemente dall ' imposta fondiaria che non è pagata da lui , ma dal proprietario ; come mai ammettere che questo affittuario abbia i suoi grandi profitti esenti da imposta , mentre il suo falegname , i suoi dipendenti sarebbero obbligati a pagare l ' imposta medesima sui loro profitti tanto meno importanti ? Per conseguenza la commissione è venuta nel pensiero di proporre un articolo col quale , confermando che l ' imposta non può cadere sui proprietari , fosse poi dichiarato che l ' industria che , per occasione del fondo viene esercitata da persona estranea alla proprietà del fondo medesimo , per esempio , dall ' intraprenditore di affittanza , dall ' intraprenditore di mezzadria o da qualsiasi altro intraprenditore di industria la quale ha nel fondo la sua occasione , dovesse essere colpita . Chi non pretende una precisione di linguaggio , la quale può essere soltanto il frutto di una lunga elaborazione legislativa e scientifica , vede qui nuovamente traccie evidenti di quella preoccupazione , che aveva inspirato le parole del Sella e la proposta del Panattoni , non doversi cioè lasciar sfuggire « i grandi profitti » , i profitti di ogni « imprenditore di industria » , tutto ciò che in sostanza , come diceva il ministro Minghetti , era reddito non della terra ma di industrie e di commerci attinenti all ' agricoltura . Se il concetto fu attuato in modo claudicante , se , ad imitazione dei metodi tenuti in Inghilterra per la imposta sul reddito degli affittaiuoli , sovente citati nel corso della discussione parlamentare , si propose dapprima un rapporto empirico tra imposta fondiaria e profitto e , abbandonatolo per apparente semplicità , ci si ricorse di nuovo nel 1870 ( art . 9 della legge 11 agosto 1870 , n . 5784 , allegato N ) per i soli coloni agrari , ciò nulla muta alla sostanza della conclusione . Questa è egregiamente riassunta dal Quarta , il quale a giusta ragione ne dà il merito primo all ' on . Panattoni : reddito investito dal tributo prediale e perciò non imponibile colla tassa di ricchezza mobile essere esclusivamente il reddito che il proprietario del fondo riceve dall ' ordinario esercizio dell ' agricoltura , e che risulta dal frutto che viene dalla forza naturale del suolo e dal capitale e dal lavoro , che non è impiegato né frutta in altro che nell ' ordinaria coltivazione della terra , ossia a farla produrre e mantenerla in quel grado di coltura che essa aveva , od a cui era predisposta ; reddito non investito dal tributo prediale , e da assoggettarsi perciò all ' imposta mobiliare , aversi a considerare tutto quello che , sotto forma qualsiasi , si ritragga da coloro che sono estranei alla proprietà del fondo , dove l ' industria si esercita , e quello ancora che il proprietario ritragga nello esercizio dell ' agricoltura da forze produttive estranee al suo fondo , ovvero dall ' esercizio di industrie e commerci che , sebbene si connettano coll ' agricoltura , importano tuttavia lo impiego ed il rinvestimento di lavori e di capitali indipendentemente dall ' esercizio dell ' industria agraria . Dalle discussioni parlamentari e dalla illustrazione che ne diede il più chiaro commentatore della legge d ' imposta mobiliare si deduce che il legislatore del 1863 non volle far opera di privilegio a favore del proprietario - coltivatore . Lo si esentò dall ' imposta mobiliare , perché si riteneva che la rendita fondiaria già tassata dall ' imposta sui terreni comprendesse quel frutto che la terra ed i capitali fissi in essa investiti davano in funzione dei capitali mobili e del lavoro impiegati nell ' ordinaria coltivazione dei fondi . Il profitto tassabile dell ' imposta mobiliare si ha in dipendenza di un non ordinario esercizio dell ' industria agricola , sia che questo tragga origine dall ' intervento di persone estranee alla proprietà del fondo , come fittaiuoli o mezzadri - - e qui il legislatore fa una tacita presunzione generale di eccedenza di produzione sull ' ordinaria - - sia che nasca dall ' impiego da parte del proprietario medesimo di forze produttive estranee al fondo o dall ' esercizio suo di industrie e commerci , connessi bensì colla agricoltura ma implicanti lo impiego di lavoro e di capitali eccedenti l ' industria agricola propriamente detta . Se tutte queste presunzioni fossero adeguate alla situazione dell ' economia agricola italiana nel 1863 , sarebbe un fuor d ' opera qui indagare . È probabile che la ripugnanza di reputati politici a riscontrare reddito o profitto agrario nella quota riservata al proprietario conduttore diretto od a mezzadria rispondesse alla realtà , così come era allora sentita , e che percettori di redditi agrari fossero in verità solo pochi fittaioli ed agricoltori progressivi . Talché non si sentirono proteste quando , in ubbidienza a tale concetto , il potere esecutivo dichiarò nel secondo capoverso dell ' art . 45 del regolamento del 24 agosto 1877 ( ora art . 50 del regol . 3 novembre 1894 , n . 493 ) , che tra i redditi iscritti in categoria B sono compresi anche i redditi di tutte le industrie agrarie esercitate da persone estranee alla proprietà del fondo ; ed anche i redditi di quelle industrie agrarie che sono esercitate dal proprietario del fondo , come l ' armentizia , la serica , quella della produzione del carbone , dell ' olio , del vino , ma unicamente in quanto eccedano i prodotti del fondo stesso . 35 . Poteva di questa conclusione criticarsi non la logica , ma la difettosa sua applicazione amministrativa . Poteva cioè dirsi non che fosse un privilegio esentare il proprietario coltivatore dall ' imposta mobiliare , ma che fosse un eccesso , non consentito dal legislatore del 1864 , tassare affittuari in via normale , quasiché essi sempre ottenessero un reddito d ' industria agraria , laddove anche per essi avrebbe fatto d ' uopo distinguere i casi di coltivazione ordinaria da quelli di vera industria ; e procedere a tassazione solo in questo secondo caso . Che si sia errato in questo senso , non lo si può escludere . L ' onorevole Cagnola , tenace avversario della tassazione mobiliare dei redditi agrari , discutendosi alla Camera della crisi agraria , nella tornata dell'8 febbraio 1885 , mentre reclamava contro l ' ingiustizia della tassazione , più insorgeva contro la scorretta applicazione che ne era stata fatta . Ingiusta la tassazione mobiliare , perché : I ) essa nuovamente cade su ciò che non era stato escluso dalla tassazione fondiaria ; Non è vero che non venissero calcolati , all ' epoca del censimento ( catasto ) , i capitali esistenti nel fondo : poiché , se risaliamo solo al primo quarto del secolo nostro , noi troviamo che le scorte vive e morte dei fondi erano fornite dai proprietari ; troviamo che nei criteri di deduzione per desumere la entità del reddito di un fondo stanno soltanto le spese ( mai è calcolata una deduzione di un profitto a chichessia ) e il mantenimento dei lavoratori ; ed infine noi troviamo che è in prima classe , per esempio , la classe dei prati , appunto perché essi richieggono una larga dotazione di scorte per essere utilizzati . Ora che il prodotto di un terreno soggiaccia ad una sola tassa fondiaria , quando è tenuta dal proprietario ; a due , quando due persone si uniscono , il proprietario e il conduttore ; e soggiaccia anche a tre , quando vi si associano i lattai che affittano il latte od i mandriani che affittano il fieno , e se volete perfino a quattro quando assumono speciali coltivazioni sul terreno stesso , è cosa che rasenta , a mio parere , l ' assurdo ; 2 ) è contraria a tutti i criteri informatori del catasto e in ispecial modo alla stabilità sua : Si è affermato che dalla inalterabilità della tassa fondiaria siano derivate grandi conseguenze per la riduzione dei fondi e pel progresso agricolo , ed in gran parte è vero . Ma dividendo la tassa fondiaria dall ' industria , si toglie affatto l ' effetto della stabilità nel censimento . Si offende poi il legale sistema nella constatazione del reddito , che posa sulle medie dei prezzi e dei prodotti sicché si compensino le variazioni nei prezzi e più le vicende delle perdite dei frutti per le così frequenti eventualità del clima . Solo la media giustifica la costanza della tassa . Ma le due aleatorietà dei prezzi e delle vicende atmosferiche cadono tutte ed esclusivamente sulla industria agricola . Se questa si tassa a sé , che vale la media per determinare la fondiaria ? La tassa di ricchezza mobile riflette rendite di indole ben più costante che non le agricole tanto variabili per la loro natura . Essa non consente quella compensazione delle medie che è riconosciuta essenziale alla equità nella tassa sui prodotti del suolo ; 3 ) necessariamente degenera , poiché estesa ad un ente che non la tollera per sua natura , è onninamente mutata nel suo carattere , e diventa una tassa di arbitrio , che si misura all ' entità dell ' affitto , all ' entità del perticato , alla somma delle scorte , si misura su tutto , meno che al ricavo vero reale di quanto si sia ottenuto dal coltivatore negli anni antecedenti . Io ho qui un fascio di reclami e di decisioni degli agenti delle tasse . Potendoli esaminare voi vedreste che le ragioni addotte per mantenere le tassazioni in corso , si risolvono nel dire che non si può calcolare a meno di lire 3 la pertica il guadagno ; che se si calcolasse in meno si violerebbe la legge ; che non si può ritenere meno del quarto del fitto pagato ; che la rendita assegnata si trova già in corso e non sopravvennero circostanze nuove . Questo si oppone anche per tre casi , nei quali gli accertamenti invano reclamati sono in corso dal 1873; si adducono all ' uopo l ' importanza dell ' affittanza e il combinato esercizio di fittanza e di caseificio . Queste ragioni si oppongono a conduttori che hanno due , tre semestri di affitto in sofferenza , dei quali è notorio nel mandamento , che sono avviati alla rovina . Nonostante a carico loro si mantiene la tassa . Citerò anche il caso di un fittabile che ebbe a soffrire d ' epizoozia gravissima , il quale avendo un reddito accertato di 3800 lire , se lo vide ridurre di 250 lire per lo ammesso fatto della epizoozia sofferta , la quale può dirsi essere il principio della rovina di qualunque conduttore . Dunque è evidente che l ' accertamento del reddito non è più secondo le prescrizioni della legge , ma è tramutato in una tassa fissa , d ' arbitrio , una seconda tassa fondiaria inalterabile . Delle tre critiche del Cagnola , la prima non contrastava con la soluzione data dal legislatore nel 1864 , poiché , come vedemmo , l ' articolo 9 votato dal parlamento implicitamente riconosceva , secondo il suggerimento del Panattoni , la non tassabilità dei redditi ordinari della terra ; la seconda lamentava che l ' oggetto della imposizione mobiliare fosse divenuto un qualcosa di variabile ed accidentale , dunque non ordinario , dunque non frutto medio conguagliato del capitale e del lavoro impiegati nell ' impresa , e con la terza si affermava che di fatto i tassatori ragionavano su medie , su fatti costanti e non seguivano di anno in anno la variabilità effettiva dei redditi agrari ; ma le medie erano arbitrarie ed oppressive . Qui si vollero ricordare tutte tre le critiche , poiché ponevano sin d ' allora in luce i pericoli diversi a cui va incontro la tassazione dei redditi agrari , che sono di usurpare il terreno proprio dell ' imposta fondiaria , annullando colla sua variabilità il vantaggio massimo di questa , o di convertirsi in una seconda fondiaria su redditi i quali , ove esistano , sono lontanissimi dalla stabilità . Forse , il vizio - - vizio , si noti , in relazione alla chiara volontà del legislatore - - veramente operante era il terzo , perché esso è troppo connaturale all ' indole dei tassatori , i quali , per fuggire la frode dei contribuenti , si acconciano quasi sempre a ragionare sui redditi « presunti » , ossia su quelli che in media i contribuenti « avrebbero dovuto » godere , invece che su quelli « effettivamente » goduti . Il Cagnola avrebbe voluto che si accertassero i redditi reali , diguisaché l ' imposta votata nel 1863 a causa del « fiorire allora del lavoro dei nostri fittabili » ( loc . cit . , p . I1582 , I ° colonna ) fosse mitigata nel 1885 quando , per la crisi agraria imperversante , i redditi agrari erano scomparsi . Egli , pur contrario in principio alla tassazione , avrebbe voluto che almeno questa seguisse secondo la logica sua , che era di colpire il differenziale , il variabile eccedente oltre il reddito ordinario colpito dalla fondiaria . Ed irritavasi contro i tassatori che invece ambivano a procacciare all ' erario un provento costante e scimiottavano la fondiaria , non solo per i coloni parziari , per i quali la legge del 1870 aveva ordinato la tassazione nel 5 per cento dell ' imposta erariale pagata dal fondo , ma anche per i fittaioli . Ma vane furono le proteste sue e di altri ; ché la tendenza delle imposte sui redditi effettivi a trasformarsi , quando non sia frenata dalle certe norme catastali , in imposte sul tipo di quelle di patente o per indizi certi è insopprimibile . Coll ' andar degli anni l ' imposta mobiliare questo aveva finito di diventare : un addizionale trascurabile del 5 % sull ' imposta fondiaria erariale , per i coloni parziari , pagata dai proprietari e spesso non trasferita sui coloni ; ed una specie di patente annua , in ragione di superficie , o di capi di bestiame o di canone locatizio per i fittaiuoli . Pagavanla non tutti i fittaiuoli ; ma quelli soli che per la loro maggior importanza o per aver celebrato in atto pubblico il contratto di affitto erano noti ai funzionari . Vi sfuggivan quasi sempre i fittaiuoli modesti o che tenevano il fondo per accordo verbale ; il che attenuava alquanto l ' offesa che , al criterio informatore della legge , di tassare solo i redditi eccedenti o straordinari , facevasi con il metodo prevalente di tassazione su indizi certi . Capitolo quarto Nella legge d ' imposta sui redditi agrari 36 . Dall ' antica disputa sull ' esistenza e la tassabilità dei redditi agrari si potrebbero trovare traccie frequenti nella letteratura finanziaria posteriore al 1864 ed al 1886; ma solo con la guerra europea e le esigenze di riforma dell ' assetto tributario che questa aveva fatto sorgere , il problema tornò ad essere discusso nel campo legislativo . Non si può affermare che il problema venisse nuovamente proposto dopo una adeguata meditazione di tutti i precedenti che qui sopra furono esposti . Il documento più significativo in materia è la relazione al disegno di legge presentato dal ministro delle finanze ( Meda ) col titolo « Riforma generale delle imposte dirette sui redditi e nuovo ordinamento dei tributi locali » . La relazione parte sostanzialmente dalla nozione messedagliana dei due redditi dominicale ed agrario : A ) reddito dominicale spettante al proprietario come tale , e come compenso del fattore terra , costruzioni , piantagioni ed altri miglioramenti stabilmente incorporati nel fondo . Questo reddito è colpito con l ' imposta sui terreni , regolata con i vecchi ed il nuovo catasto ; B ) reddito agrario industriale , spettante a chi impiega , insieme con l ' opera propria di direzione , i capitali mobiliari , asportabili dal fondo , consistenti in scorte vive e morte . Questo reddito è colpito con l ' imposta di ricchezza mobile , categoria B , nel solo caso in cui sia goduto da una persona estranea alla proprietà del fondo . Ove perciò il proprietario del fondo lo coltivi egli stesso in economia , egli è colpito dalla imposta terreni sul solo reddito dominicale ; mentre se il fondo è dato in affitto , il proprietario paga l ' imposta terreni sul reddito dominicale e l ' affittuario l ' imposta di ricchezza mobile ( cat . B ) sul reddito agrario industriale ( p . 23 ) . Discute quindi la relazione se convenga meglio far cessare i difetti di tal ordinamento - - catasti antiquati per il reddito dominicale ed esenzione del reddito industriale percepito dal proprietario - - piuttosto col considerare il reddito terriero nella sua unità di reddito dominicale ed insieme agrario industriale ovvero con la tassazione separata dei due redditi . La relazione preferisce il secondo sistema sia perché il primo importerebbe la denunzia del reddito dominicale agrario da parte dei titolari di ben 7 milioni di articoli di ruolo , impresa difficoltosa e di dubbia riuscita , sia perché non fu ritenuto opportuno lasciare arbitre le parti di dividersi tra di loro l ' imposta complessiva quando una parte percepisce il reddito dominicale e l ' altra il reddito industriale e quando talvolta quest ' ultimo è frazionato in variabili quote tra diversi interessati . Quindi , conservata l ' imposta fondiaria per i redditi dominicali , si assoggetta il reddito agrario all ' imposta di ricchezza mobile qualunque sia il percettore del reddito stesso . Perciò fa d ' uopo sopprimere il privilegio dei proprietari coltivatori di fondi . Notissimo e principale fra i privilegi ( fiscali ) è quello portato dall ' art . 9 del testo unico 24 agosto 1887 ( n . 4021 ) il quale dispone : « I redditi agrari non vanno soggetti a tassa se non in quanto sono profitti di persone estranee alla proprietà dei fondi » . Siffatto privilegio fu difeso con due ordini di argomenti : si disse , in primo luogo , non essere corretto colpire una seconda volta con l ' imposta di ricchezza mobile il proprietario del fondo che è già perseguito con l ' imposta fondiaria sui terreni . Ma questo è un evidente sofisma . La imposta sui terreni , come fu già chiarito sopra , colpisce il reddito dominicale del fondo , quella parte cioè del prodotto lordo che è fatto suo dal proprietario a titolo di fitto o di rendita fondiaria propriamente detta . Accanto a questa porzione del prodotto lordo , vi è una seconda porzione la quale è il compenso non più del capitale investito nell ' acquisto del fondo , bensì del capitale e del lavoro che il proprietario o l ' affittuario impiegano nella coltivazione del fondo stesso ( scorte vive e morte : bestiame , attrezzi , macchine , carri , botti , fondo di anticipazioni sementi , concimi , salari , ecc . ) . A meno di supporre che i proprietari coltivatori diretti siano tutti incapaci , il che sarebbe ingiurioso e disforme dal vero , fa d ' uopo ammettere che il proprietario coltivatore , il quale si è fatto , per così dire , affittuario di se stesso , debba ottenere , dall ' identico fondo , l ' identico reddito che si ha quando è coltivato da altri . Opinare diversamente , equivale a dire che i proprietari diretti coltivatori amino buttare fatica , tempo e denaro nella coltivazione diretta senza alcun compenso . E neppure il privilegio si giustifica col secondo argomento , che fu addotto talora in sua difesa , ossia con l ' interesse dello stato a promuovere la coltivazione in economia , a preferenza dell ' affitto . È sempre un errore ed un danno lasciar guidare la legislazione finanzaria da criteri extra ­ finanziari ; poiché la violazione dell ' uguaglianza di trattamento di redditi uguali è un danno assai più grave di quel qualunque beneficio che il legislatore da tale violazione si ripromette . Ma vi è poi davvero il beneficio ? Chi oserebbe asserire che le magnifiche colture della pianura piemontese e lombarda siano state danneggiate dal sistema dell ' affitto ivi preponderante ? O non è invece sicuro che la creazione di una classe operosa , intraprendente di affittuari esperti nella difficile industria agraria ha grandemente giovato al progresso dell ' agricoltura ; più che non vi avrebbe contribuito la conduzione diretta dei ricchi proprietari , il più delle volte , del resto , assenteisti e rappresentati da agenti non interessati al miglioramento del fondo ? In verità , nulla può dirsi di assoluto in tale materia ; poiché , variando le condizioni di luogo , di ambiente , di tempo , di cultura , qui conviene più la cultura diretta , là l ' affitto ed altrove la mezzadria . Il legislatore , il quale non voglia compiere opera antieconomica , oltreché sperequata fiscalmente , deve mantenersi imparziale di fronte ai vari metodi di conduzione della terra : tutti trattando alla medesima stregua dove esiste il reddito imponibile ; tutti esentando dove il reddito è minimo ; e tutti alleggerendo dove il reddito è mediocre , senza preoccuparsi se chi ottenga il reddito sia proprietario , od affittuario o mezzadro . Per questo stesso motivo si è ritenuto doversi abolire l ' attuale metodo di valutare il reddito dei mezzadri e degli altri coloni parziari , i quali sono colpiti con un ' imposta di ricchezza mobile uguale al 5 per cento dell ' imposta terreni pagata sul fondo che essi coltivano . Non vi è nessuna relazione logica fra l ' imposta pagata dal proprietario ed il reddito ottenuto dal mezzadro . Anche supponendo che l ' imposta principale sui terreni sia nelle provincie a nuovo catasto uguale all'8 per cento del reddito dominicale , l ' imposta colonica corrisponderebbe al 0,40 per cento del reddito dominicale : ora perché il mezzadro deve pagare un ' aliquota di imposta così diversa da quella normale e per giunta calcolata su un reddito non suo ? Nel disegno di legge si propone quindi il ritorno al regime comune , e la imposizione del mezzadro o del colono parziario nella categoria C dell ' imposta normale , considerandosi , con particolare benevolenza , il suo reddito come reddito di puro lavoro , e poiché i redditi di categoria C sono esenti fino alle 1200 lire , così accadrà che i soli mezzadri coltivatori di importanti fondi saranno chiamati a pagare . Nell ' art . 5 , che disciplina questa materia , si è chiaramente indicato che cosa s ' intende per reddito agrario del proprietario coltivatore in economia : « la differenza fra il valore del prodotto del fondo ed il valore locativo corrente dello stesso , aumentato delle spese e perdite ammesse per la classe dei redditi industriali , in quanto abbiano inerenza con la produzione del reddito agrario medesimo » . Dal valore del prodotto lordo , ad esempio di lire 25 000 , di un fondo , si dedurranno tutte le spese di produzione ( salari , semenze , concimi , ammortamenti , macchinario , ecc . ecc . ) ; e si otterrà così il reddito netto di lire 13 000 . Da queste deve dedursi ancora il valore locativo corrente del fondo , ossia la somma che il proprietario ­ coltivatore avrebbe dovuto pagare a titolo di fitto , se invece di coltivare il proprio fondo , l ' avesse dovuto affittare da altri : ad esempio , 10 000 lire ; ed il reddito imponibile in categoria B della imposta normale resta per tal modo uguale alla differenza di lire 3000 . Si noti che il proprietario coltivatore ha diritto di dedurre dalle 13 000 lire di suo reddito netto , non la cifra di reddito dominicale accertato ai fini dell ' imposta terreni , bensì il valore locativo corrente del fondo . Non si volle che la cifra da detrarsi fosse quella accertata ai fini dell ' imposta terreni , perché questa è spesso una cifra antiquata , come sopra fu dimostrato , e , quand ' anche moderna , ottenuta con criteri differenti da quelli che si devono tenere in conto per la valutazione del fitto . Se si detraessero solo le 3000 o le 6000 lire , ad es . , accertate come rendita imponibile per i terreni , il proprietario coltivatore verrebbe ad essere colpito oltre misura , su somma ben superiore a quella su cui sopporta l ' imposta l ' affittuario : questi paga invero solo sul reddito netto ( 13 000 lire ) meno il fitto da lui pagato al proprietario ( lire 10 000 ) ossia su 3000 lire ; mentre il proprietario ­ coltivatore pagherebbe su 13 000 lire meno le 3000 o le 6000 lire accertate ai fini dell ' imposta terreni , ossia su 10 000 o 7000 . Ora , se è ingiusto il privilegio attuale , bisogna accuratamente evitare che il proprietario coltivatore venga ad essere trattato peggio dell ' affittuario e ad ottenere l ' uguaglianza di trattamento giova dare all ' uno - - affittuario - - il diritto di detrarre il fitto reale da lui pagato , ed all ' altro - - proprietario ­ coltivatore - - il fitto presunto ch ' egli paga a se stesso . Spetterà al legislatore dell ' avvenire di avvicinare , il più che sia possibile , i redditi accertati in categoria A ( terreni ) , ai valori locativi corrente o fitti reali o presunti ricavabili dai terreni . Per le ragioni già esposte non si credette opportuno di mutare ora l ' assetto dell ' imposta fondiaria : né gioverebbe complicare una eventuale futura riforma , colpendo oggi in B parte del reddito dominicale , il quale razionalmente dev ' essere accertato nella categoria A . 37 . La lettura attenta degli atti parlamentari del 1863 e del 1864 esclude che l ' intendimento di favorire la coltivazione in economia a scapito delle affittanze e delle colonie parziarie sia stata causa che allora si tassassero soltanto i coltivatori di terreni altrui . Questa giustificazione a posteriori è della specie di quelle che , in tempi nuovi , non di rado si adducono di istituti giuridici sorti in altre condizioni di vita sociale . Neppure si può asserire che il legislatore del 1864 abbia voluto esentare il proprietario coltivatore , nonostante questo avesse un reddito industriale uguale a quello dell ' affittuario . Risulta dalle discussioni sopra riassunte che altra fu l ' ipotesi ­ base della tassazione degli affittuari , e precisamente quella posta innanzi dall ' on . Panattoni , che non dovessero tassarsi i redditi « ordinari » , anche se provenienti da lavoro e da scorte vive e morte , ma soltanto i redditi ottenuti in seguito a speciali applicazioni di capitale e lavoro ; e parve che la coltivazione a mani altrui fosse appunto indice di siffatta specialità di applicazione . 38 . Invece la relazione al disegno di legge Meda configura l ' esistenza « normale » od « ordinaria » di due redditi separati , l ' uno dei quali è il frutto della terra e dei capitali stabilmente investiti in essa , e l ' altro è il frutto del lavoro e dei capitali mobiliari , esportabili dal fondo , consistenti in scorte vive e morte . I due redditi , dominicale ed agrario , non solo coesistono , ma esistono sempre , ordinariamente . Così poteva dedursi dalla relazione Messedaglia ; e così è implicito nella relazione Meda . Poiché tutti i redditi agrari e non solo quelli spettanti a persone estranee alla proprietà del fondo debbono venire tassati , essi seguono la stessa sorte di quelli già contemplati nel testo unico del 1877 e sono fatti rientrare tra i redditi misti di capitale e lavoro della ordinaria imposta di ricchezza mobile . Le differenze fra i successivi progetti Meda ( prog . 6 marzo 1919 , stampato cit . n . 1105 ) , decreto legge Tedesco ( 14 novembre 1919 , n . 2162 ) , disegno di legge Soleri ( 25 novembre 1921 , stampato n . 966 della legislatura XXVI , sessione 1921 ) , e regio decreto De ' Stefani 4 gennaio 1923 , n . 16 , si riferiscono : 1 ) alla collocazione nei primi tre progetti dei redditi agrari degli affittuari , dei proprietari coltivatori e dei proprietari nel sistema della colonia parziaria in categoria B ( redditi di capitale e di lavoro ) e dei coloni parziali in categoria C ( redditi puro lavoro ) , per ragioni di « particolare benevolenza » ; mentre il decreto De ' Stefani colloca tutti i redditi in categoria B , ma assoggetta i redditi degli affittuari all ' aliquota normale della categoria medesima , che con gli addizionali e col centesimo di guerra può ben salire al 25 e più per cento , quelli dei proprietari coltivatori e dei proprietari a mezzadria all ' aliquota speciale del 10 per cento e quelli dei coloni parziari pure al 10 per cento sui soli tre quarti del reddito netto : 2 ) alla riunione disposta nel solo decreto ­ legge Tedesco dei redditi agrari e di quelli dominicali , i quali avrebbero , scaduto un quinquennio dal 1° gennaio 1921 , dovuto essere tassati congiuntamente nella categoria B . La profonda novità così introdotta nell ' ordinamento dell ' imposta giustificavasi col considerare le imprese agricole come vere e proprie aziende industriali , produttrici di un unico reddito netto , il quale poi poteva essere diviso fra proprietario , affittuario e colono parziario , ma doveva essere tassato sempre come frutto di capitale e lavoro . La terra , al pari delle migliorie stabili e delle scorte , era considerata come uno dei fattori della produzione industriale . Tolte le spese , risultava il reddito netto dell ' impresa , che era trattato alla stessa stregua di tutti i redditi industriali . Il concetto di riunire i due redditi in uno solo , tassabile , invece che in sede di imposta fondiaria o nella speciale categoria A della normale Meda , nella categoria generale B della imposta mobiliare o di quella normale , deve essere rilevato per mettere in luce il carattere informatore di tutta l ' elaborazione legislativa , la quale procede dal disegno Meda al decreto De ' Stefani : essere la terra feconda normalmente di un reddito dominicale e di uno agrario , e tale normalità giungere a tanto da potersi fondatamente ritenere utile riunire i due redditi in uno solo , reddito netto dell ' impresa agraria , fornita di terra , di migliorie stabili , di scorte vive e morte , di lavoro di organizzazione e direzione . La riunione avrebbe forse avuto per effetto di togliere alla valutazione della quota dominicale del reddito netto complessivo la caratteristica tradizionale sua di stabilità , assoggettandola alle norme comuni di stima dei redditi industriali , mutevoli a norma delle vicende dei prezzi , dei rendimenti , dei mercati ; ed accentuava certamente l ' universalità del carattere industriale del reddito , reputando impossibile che vi fosse una terra produttiva di reddito unicamente per il proprietario nudo . Non aveva forse detto la relazione Meda essere impossibile immaginare che si ami « buttare fatiche , tempo e denari nella coltivazione diretta senza alcun compenso » ? 39 . La definizione del reddito agrario è rimasta invariata dal primo progetto Meda al decreto De ' Stefani ( art . 5 del disegno Meda , del decreto ­ legge Tedesco e del disegno Soleri , e I del decreto De ' Stefani ) . Il reddito agrario ricavato dal puro proprietario che coltiva i suoi fondi in economia è costituito dalla differenza tra il valore del prodotto del fondo ed il valore locativo corrente dello stesso aumentato delle spese e perdite ammesse in detrazione per la classe dei redditi industriali in quanto abbiano inerenza con la produzione del reddito medesimo . Il reddito agrario del proprietario che coltiva i suoi fondi col sistema della colonia parziaria è costituito dalla differenza tra la quota parte del prodotto spettante al proprietario ed il valore locativo corrente dell ' intiero fondo aumentato dalle spese e perdite inerenti alla produzione del reddito agrario , le quali facciano carico al proprietario . Il reddito agrario del colono è la parte del prodotto del fondo che spetta al colono depurata delle spese e perdite che fanno carico a lui . 40 . A chiarire il concetto del reddito agrario secondo il decreto 4 gennaio 1923 , giova ricordare quel brano delle istruzioni ministeriali dove si ferma la distinzione tra il reddito agrario medesimo e l ' ulteriore reddito industriale da trasformazione dei prodotti del suolo : Quando si parla di reddito agrario secondo le norme contenute nel nuovo decreto intendesi sempre fare riferimento al reddito stesso quale può ricavarsi senza ulteriore trasformazione del prodotto già commerciale , dappoiché già in base alla legislazione vigente poteva ugualmente colpirsi di imposta il proprietario per quella « industrializzazione » dell ' agricoltura dipendente da trasformazione ed elaborazione dei prodotti mediante l ' impiego di nuovi capitali e di nuovo lavoro che accrescessero notevolmente il valore dei prodotti stessi . In altre parole , il reddito agrario , oggi dichiarato tassabile , è quello stesso che l ' articolo 9 della legge del 1877 dichiarava esente e che dovrà , pertanto , d ' ora innanzi sopportare il nuovo onere tributario , ferma ed impregiudicata restando ogni altra forma di tassazione già dalla preesistente legge autorizzata per le industrie di trasformazione dei prodotti agricoli ; quali , ad esempio , i mulini che trasformano in farina il grano , le distillerie di alcool tratto dal vino , dalle uve e dai cereali , ed altre industrie simili , che , pure esercitate sui prodotti del fondo , non hanno a che vedere con ciò che rientra nell ' orbita della pura industria agricola in quanto vanno oltre l ' esercizio della industria stessa . Lo stesso concetto viene precisato ancor più per esempi speciali : quando il contribuente eserciti la vera e propria industria armentizia per la quale sia separatamente tassato agli effetti dell ' imposta di ricchezza mobile , non dovrà certo il relativo reddito comprendersi in quello agrario che ora si deve denunziare . Ma se la tassazione per industria armentizia è stata operata solo parzialmente per essere stata esclusa quella parte di reddito che poteva derivare dall ' alimentazione del bestiame sui fondi del proprietario , dovrà ora quest ' ultima parte rientrare nella tassazione del reddito agrario a norma delle disposizioni introdotte col nuovo decreto (ibid., p . 34 ) . Notisi tuttavia che nel novero delle industrie di trasformazione dei prodotti agricoli non pare sia compresa quella che dalla legge del 1886 è chiamata « prima manipolazione » dei prodotti agrari . Come fu ricordato sopra ( cfr . § 26 ) la valutazione dei prodotti , « che non si vendono allo stato naturale , ma soltanto dopo una prima manipolazione » si fa , ai fini dell ' imposta fondiaria , deducendo « dai prezzi dei prodotti trasformati le spese della trasformazione , tenuto conto del capitale impiegato e di ogni coefficiente dei prezzi medesimi , in guisa da ricavarne il valore del prodotto allo stato naturale » . Dunque , l ' imposta fondiaria colpisce non il reddito che c ' è nel vino , ma quello che si ricava dalle uve . Invece la nuova imposta sui redditi agrari si basa senz ' altro sui prezzi che il contribuente « abbia realizzato nello effettuare la vendita dei prodotti » ( art . 3 del regolamento ) . Quindi , spiegano le istruzioni , per quei prodotti i quali siano stati venduti o consumati non allo stato naturale , ma dopo una prima manipolazione , il reddito lordo deve essere determinato in base al valore dei prodotti manipolati e non allo stato naturale . Così , se il proprietario abbia venduto l ' uva o le olive , il suo reddito lordo dovrà determinarsi in base al prezzo di vendita dei suddetti generi ; se invece il proprietario avrà venduto i prodotti suddetti , dopo la loro trasformazione in vino ed in olio , sarà il prezzo di questi ultimi a determinare il reddito lordo . 41 . La delineazione della figura del reddito agrario assoggettato a tributo con il decreto 4 gennaio 1923 , non sarebbe compiuta se non si tenesse conto che : - - se il proprietario conduce i suoi fondi ad economia valendosi dell ' opera di braccianti , il reddito agrario imponibile è il compenso del capitale scorte vive e morte e del lavoro personale di direzione e di organizzazione dell ' impresa agricola ; - - se il proprietario , nella conduzione in economia , presta , oltre ad un lavoro personale di direzione , anche la propria opera manuale o quella della moglie e dei figli con lui conviventi , ed a carico suo , il reddito agrario imponibile comprende altresì il salario che per tale opera manuale spetterebbe a lui ed alle persone ora indicate . Sono escluse e detraibili « soltanto le spese che il contribuente abbia effettivamente sostenute per lavori compiuti da estranei all ' azienda e quindi : lo stipendio del dirigente , del fattore , del sorvegliante ed i salari pagati ai braccianti giornalieri assunti per speciali lavori » ; - - se il proprietario conduce i suoi fondi col sistema della colonia parziaria , il reddito agrario imponibile è il compenso di quella parte del capitale scorte vive e morte che egli possegga e del suo contributo di lavoro personale alla direzione ed organizzazione dell ' impresa ; - - se si tratti di mezzadro o colono parziario , il reddito agrario imponibile è il compenso di quella parte del capitale scorte vive e morte che egli abbia immesso nel fondo , del suo contributo di lavoro personale alla direzione ed organizzazione dell ' impresa e del lavoro manuale per la coltivazione del fondo , prima manipolazione , trasporto e vendita dei prodotti compiuto da lui e dagli « altri componenti la famiglia colonica » . Dove è notabile la differenza di dizione rispetto a quella usata per i proprietari coltivatori diretti di terreni proprii , i quali sono tassabili soltanto sul compenso per l ' opera manuale propria , della moglie e dei figli con essi conviventi ed a carico . Il concetto di « famiglia colonica » pare più ampio , comprendendo tutti coloro , siano ascendenti o discendenti o fratelli o sorelle o collaterali , di ambo i sessi , i quali dipendano dal « capoccia » e siano da lui rappresentati di fronte al proprietario , anche se per avventura costituiscano due o più « famiglie » nella accezione comune del vocabolo . 42 . Per ultimo , giova ricordare che il contenuto e la figura del reddito agrario imponibile ai fini del decreto furono , forse più che da ogni altra causa , precisate dalla facoltà data , in virtù dell ' art . 14 del regolamento 12 marzo 1913 , n . 505 , ai contribuenti di presentare dichiarazioni prive della analitica descrizione del prodotto o reddito lordo , del valore locativo , delle spese e perdite e delle annualità passive , ma con la semplice indicazione del reddito netto ; e più dalla pubblicazione di tabelle ministeriali contenenti , per ogni provincia e per le tre zone della montagna , della collina e della pianura , la valutazione del reddito agrario netto per ciascun tipo di cultura , esclusione fatta della parte di reddito attribuibile al bestiame . Lo studio delle tabelle consente di formarsi un ' immagine concreta del modo con cui furono concepiti e valutati i redditi agrari . I ) Le culture , le quali si ritennero capaci di fornire il reddito agrario , furono le seguenti : Seminativo asciutto - - Seminativo irriguo . Pascolo naturale irriguo . Prato asciutto - - Prato asciutto non in rotazione - - Prato irriguo non in rotazione . Risaie . Vigneti - - Seminativi prevalentemente vitati . 1 Oliveti - - Seminativi prevalentemente olivetati - - Seminativi olivetati . Seminativo a tabacco - - Seminativo a tabacco ( pesante ) . Orti stabili - - Orti a grande cultura . Terreni per floricultura . Castagneti da frutta . Frutteti . Agrumeti - - Mandorleti - - Noccioleti - - Pistacchieti - - Carrubeti . Terreni a podere . Tutti i terreni destinati alle culture ora indicati si reputarono suscettibili di reddito agrario - - Furono esclusi perciò soltanto i pascoli , i boschi di alto fusto , cedui e misti , gli incolti produttivi e simiglianti qualità che non possono reputarsi soggetti a cultura agraria propriamente detta . 2 ) Tutti i terreni agrari furono divisi in tre classi , sebbene talvolta in date provincie e per alcune zone di esse non sempre si sia reputato esistessero terreni della prima e seconda classe . 3 ) Tutti i terreni agrari furono collocati in quella zona di pianura , di collina e di montagna a cui appartenevano . 4 ) Il reddito agrario fu considerato , salvo le eccezioni di cui sotto , costante per tutti i terreni che , essendo situati nella stessa provincia , appartenevano alla stessa qualità , zona e classe . Fu accolto cioè il principio della stima per classi e tariffe e non quello della stima individuale per imprese agricole . Principio il quale si identifica con quello di considerare oggetto di tassazione non il reddito effettivamente ottenuto dai singoli imprenditori agricoli , bensì quello che è ordinariamente il frutto della applicazione dei capitali e del lavoro secondo le consuetudini locali . Se l ' applicazione è del capitale terra e dei capitali stabilmente investiti nel suolo , si ha il reddito dominicale ordinario tassabile con l ' imposta terreni ; se è del capitale scorte vive e morte e del lavoro di direzione dell ' impresa o manuale di coltivazione si ha il reddito agrario ordinario tassabile col nuovo tributo . Se i pascoli , gli incolti produttivi od i boschi sono sottratti al nuovo tributo , ciò accade perché si presume che a queste culture non si applichino capitali mobili e lavoro direttivo degni di rilievo . Né l ' esistenza di una categoria intitolata « terreni a podere » può far dubitare che si tratti di stime individuali per imprese ; poiché le cifre di reddito scritte per quella categoria sono medie ponderate delle stime di culture per poderi - - prevalentemente nell ' Italia centrale - - i quali hanno una composizione quasi tipica , in cui le culture diverse entrano in proporzioni quasi costanti . 5 ) Alla obbiezione che il sistema per classi e tariffe adottato per le tassazioni dei redditi agrari ordinari era di tanto meno vario di quello accolto per i redditi dominicali , dove non solo si distingue fra monte , colle e piano , ma ogni comune amministrativo ed , occorrendo , ogni zona agraria spiccata di un comune ha una fisionomia propria , e le stime variano per graduazioni lentissime , sicché per ogni cultura non tre classi per ognuna delle tre zone ossia nove classi per ogni provincia si ammisero , ma un numero grandemente superiore , con scarti assai più forti tra gli estremi dei territori meno e di quelli più floridi , fu procurato di rispondere con « annotazioni » . Vogliono queste « annotazioni » significare che i redditi presunti per ogni cultura , classe e zona in ogni provincia possono essere cresciuti o scemati quando esistano circostanze peculiari . Ad esempio , e citando solo alcune delle annotazioni : I redditi dei seminativi asciutti devono essere aumentati del 50% quando le piante tessili o le barbabietole non siano coltivate a semplice scopo di rotazione , ma costituiscano la più importante fra le colture alternate . Quando nei seminativi asciutti esistono filari e corone di gelsi o di altre piante fruttifere , i redditi della tabella debbono essere aumentati del 25% . I redditi dei seminativi irrigui saranno aumentati del 15% quando vi esistano filari o corone di gelsi e del 50% quando i filari o le corone siano costituite da altri alberi fruttiferi . I redditi degli orti avranno un aumento del 50% quando siano prossimi alle città . I redditi dei vigneti si aumenteranno del 50% nel caso di produzione di uva per vini speciali , e del 75% nel caso di produzione di uve da tavola . Si comprenderanno nella categoria degli orti a grande cultura i terreni adibiti alla coltivazione del pomodoro per usi industriali ed alla coltivazione industriale delle patate speciali . I redditi della tabella si aumenteranno dell'80% nel caso di prevalente produzione di olive da conserva . Gli agrumeti a produzione di verdelli avranno il reddito di tabella aumentato del 30% . Per la baraggia ( in zone di risaia ) i redditi di tabella saranno ridotti ad un quinto . Se le « annotazioni » forniscono utili specificazioni , esse nulla tolgono al carattere di generalità delle stime ; trattandosi soltanto di un metodo peculiare atto a non ingombrare le tabelle di categoria troppo minute . I terreni che appartengono alla sotto ­ categoria creata in virtù di « annotazione » sono uniformemente tassati , qualunque sia la abilità , la diligenza e il successo del coltivatore . Il che è caratteristica del metodo di stima per classi e tariffe di redditi « ordinari » . Né ad altra sentenza si arriva , guardando alle sotto ­ categorie create in virtù del seguente e diverso tipo di « annotazioni » . Ai vigneti di nuova costruzione non sarà attribuito reddito alcuno per i primi quattro anni , e nei successivi due i redditi della tabella saranno ridotti a metà . Pei fillosserati oltre un terzo sarà ammessa una congrua diminuzione dei redditi . Gli oliveti di nuova piantagione non hanno il reddito del frutto fino al diciottesimo anno di età e lo hanno ridotto a metà nei sette anni successivi . Gli agrumeti di nuova formazione non avranno assegnato reddito alcuno fino al diciottesimo anno di età ( decimo per i frutteti misti e i mandorleti , dodicesimo per i castagneti , settimo per i noccioleti , diciottesimo per i pistacchieti e carrubeti ) ed i redditi di tabella saranno ridotti a metà nei sei anni successivi ( sei altresì per i castagneti , sette per i pistacchieti ed i carrubeti , quattro per i frutteti misti , cinque per i mandorleti , tre per i noccioleti ) . Se poteva dubitarsi della opportunità di istituire sottoclassi in ragione d ' età ai fini del catasto , la cui vita era presunta dalla legge nel minimo di trent ' anni , e per cui potevasi quindi fare il calcolo del reddito medio , tenuto conto dei periodi iniziali di nulla o scarsa produttività , non così per l ' imposta sui redditi agrari , la quale nei primi due anni ha carattere provvisorio . Di qui le differenziazioni dei redditi nel tempo , uguali però per tutti coloro i quali si trovano in circostanze uguali . 43 . Di una speciale « annotazione » fa d ' uopo tener nota ed è quella che prende la forma di una tabellina aggiunta sui « redditi netti del bestiame » . Oltre al reddito agrario ordinario del prato , asciutto od irriguo , dei seminativi a foraggiere e dei pascoli naturali irrigui , ottenuto colla vendita dei foraggi o colla loro utilizzazione per il bestiame da lavoro , le tabelle configurano un reddito ulteriore agrario derivante dalla utilizzazione di eventuali eccedenze di foraggi - - oltre il fabbisogno per il bestiame da lavoro - - nell ' allevamento di bestiame da carne , da latte e da lana . Esclusi dalle tabelle i buoi , i cavalli ed i muli addetti alla coltivazione del fondo , la stima non poteva più farsi per unità di superficie , essendo la possibilità degli allevamenti diversa a seconda delle dimensioni del podere e della proporzione dei prati alla superficie totale . La stima si fa dunque per capi di bestiame : ad es . : lire 125 per vacche da latte o da allevamento , 60 per i cavalli ed i muli , 30 per i suini , 10 per le pecore e le capre . Si vuole colpire il reddito derivante da questa speciale industria , sempre però entro i limiti della potenza produttiva del fondo . Che se la stalla è mantenuta con foraggi e mangimi estranei al fondo , la ragion del tributo , come fu dichiarata , vuole che il reddito relativo sia soggetto alla ordinaria imposta di ricchezza mobile . Anche per l ' aggiunta dei redditi netti del bestiame , le tabelle non si dipartono dal criterio della ordinarietà . I redditi sono medi , uniformi anzi per l ' intiero territorio provinciale e si suppongono ricavati dai coltivatori tutti , qualunque sia il risultato effettivo dell ' impresa . 44 . Poiché il concetto di « normalità » od « ordinarietà » del reddito non si identifica con quello di « realità » , così non può considerarsi che esso venga menomato : dalla detrazione delle annualità passive , ossia degli interessi dei mutui contratti per la produzione del reddito agrario ( acquisto sementi , concimi , bestiame , macchine ecc . ) ; - - dalla esenzione dei redditi fino a 533,34 lire , dalla riduzione per i redditi fra le 533,34 e le 1066,66 lire , dalla attenuazione di aliquota per i redditi non superiori a lire 5000 e dalla riduzione a tre quarti del reddito dei mezzadri . Questi tenui fattori di personalità nel tributo non vietano che il reddito agrario sia stato prima stimato con criteri uniformi e generali ; sicché potrà ben darsi che il coltivatore diligentissimo venga esentato dal tributo , perché le tabelle dicono che egli , possedendo tanto terreno di tal classe , di tal coltura , in tal zona , non arriva alle 533 lire di reddito , mentre di fatto notevolmente lo supera ; laddove nessuna esenzione spetta al contribuente disavventurato od ignavo il quale sta al di sotto del limite di esenzione , ma dalle tabelle è posto al di sopra . 45 . Sul fondamento dei connotati fin qui elencati del nuovo tributo si può ora tentare un quadro delle imposte vigenti ( 1041 ) in Italia sui redditi dominicali ed agrari dei fondi rustici . Notisi che , dopo il 1923 , le sole variazioni degne di nota nell ' imposta sui redditi agrari riguardarono l ' aliquota , ridotta dal 1° gennaio 1925 al 5% per i coloni , il cui reddito si osservò , deriva prevalentemente dal lavoro e viene ripartito fra tutti i componenti la famiglia colonica ; ed ulteriormente ridotta al 5% per i proprietari ed al 2,50% per i coloni a partire dal 1° gennaio 1927 ( r . d . l . 12 agosto 1927 n . 1463 ) . Si adotta , nei limiti del possibile la terminologia usata nella nostra legislazione si indica con F ( fondiaria ) l ' imposta fondiaria sul reddito dominicale , con B l ' imposta di ricchezza mobile di categoria B sui redditi degli affittuari , con C l ' imposta di ricchezza mobile di categoria C sui redditi degli agenti o fattori salariati , con Ra l ' imposta sui redditi agrari istituita col decreto del 4 gennaio 1923 , con - - ( lineetta ) i luoghi dove , non esistendo il reddito , non c ' è ragione di tassazione e con « esente » i luoghi , dove pur esistendo il reddito , non si fa luogo a tassazione : Dal quadro risulta che il legislatore espressamente volle o dalla successione degli atti legislativi in tempi diversi fu condotto a statuire alcune disuguaglianza di trattamento fra redditi uguali od assai simiglianti . Le disuguaglianze si possono elencare come segue : I ) Il reddito dominicale è tassato dall ' imposta fondiaria assai più aspramente che non i redditi agrari ed industriali . Poiché la tassazione di questi è già dura , l ' asprezza della fondiaria , in quanto non sia apparente per ragioni monetarie o non giustificata dal principio della diversificazione , deve reputarsi accidente storico . 2 ) Il reddito del lavoro di amministrazione dominicale dei fondi rustici , detratto dal reddito lordo dominicale , è tassato , quando sia goduto da agenti o fattori salariati , in categoria C dell ' imposta di ricchezza mobile . In questo caso , il reddito stesso o fu compreso nel « valor locativo » detratto dal prodotto lordo in sede di tassazione sui redditi agrari e il proprietario , il quale amministri da sé , lo gode immune da imposta ; - - o di fatto non fu compreso e fa perciò parte del reddito agrario senza che , a questo riguardo , sia fatta distinzione nelle tabelle tra conduzione con o senza agenti , e il proprietario , il quale amministra per mezzo di agenti , è colpito di nuovo dall ' imposta sui redditi agrari su quel reddito per cui l ' agente paga già l ' imposta in categoria C della ricchezza mobile . 3 ) Il reddito di direzione dell ' impresa agraria può essere goduto dal solo proprietario diretto gerente dell ' impresa , nei casi di conduzione in economia o a mezzadria ; ed allora è tassato coll ' imposta relativa ( Ra 1 ed Ra 3 ) ; od è in parte trasferito dal proprietario al suo agente ; ed in tal caso questi paga l ' imposta in cat . C della imposta di ricchezza mobile e quegli , a norma delle tabelle , è tassato dall ' imposta sui redditi agrari , alla stessa stregua di colui che amministra da sé e paga quindi nuovamente sullo stesso reddito l ' imposta ( Ra 1 ed Ra 3 ) . 4 ) Il reddito misto del proprietario coltivatore in economia od a mezzadria e quello del mezzadro sono tassati colla speciale imposta sui redditi agrari ; ma quello , pur misto , dell ' affittuario è tassato dalla assai più dura imposta di ricchezza mobile , cat . B sia pure ad aliquota , per particolare favore , dimezzata . 5 ) Il reddito di lavoro manuale è , a quando a quando , tassato od esente ; e quando vien tassato , la tassazione ha luogo a saggi differenti . La tassazione o l ' esenzione dall ' imposta dei redditi del lavoro manuale sembra ubbidire a questo criterio : tassare i redditi di lavoro ottenuti in congiunzione con redditi di altra natura tassati a carico della stessa persona od idealmente collegabili con redditi di altre persone tassate ed esentare i redditi di lavoro a sé stanti . Quindi : è tassato il reddito del lavoro manuale prestato dall ' affittuario , dal proprietario coltivatore diretto e dal colono , perché ritenuto congiunto con quello misto goduto dalle stesse persone ; è tassato il reddito del lavoro manuale della moglie e dei figli conviventi a carico dell ' affittuario , del proprietario coltivatore diretto e del mezzadro , perché collegabile con i redditi già menzionati goduti dal marito e padre rispettivo ; è tassato il reddito del lavoro manuale prestato dagli altri membri ( diversi dalla moglie e dai figli ) della famiglia colonica del mezzadro , poiché collegabile con i redditi tassati al nome del mezzadro ; è esente il reddito del lavoro manuale prestato da questi altri membri della famiglia coltivatrice nel caso degli affittuari e dei proprietari coltivatori diretti , reputandosi per essi inesistente il vincolo della famiglia colonica ; è esente il reddito del lavoro manuale prestato da braccianti estranei , non compresi in questa definizione di famiglia , perché non collegabile con altri redditi tassati . Questa parve almeno la ragione della distinzione tra alcuni redditi tassati ed altri esenti , perché né la legge , né il regolamento né le istruzioni ministeriali ne dànno ragione . A completare la delineazione dei redditi tassati , giova ricordare che anche le dimensioni della famiglia in senso stretto o proprio e della famiglia in senso largo o famiglia colonica obbediscono al concetto della ordinarietà . L ' esame delle tabelle ministeriali persuade invero che l ' amministrazione ha calcolato tariffe di reddito diverse per proprietario coltivatore diretto e mezzadro sull ' ipotesi di una media consistenza di famiglia propria o colonica e di una media opportunità o necessità di ricorrere all ' aiuto di braccianti estranei . PARTE SECONDA IL PROBLEMA TEORICO Capitolo primo Analisi dei redditi derivanti dalla terra 46 . Qui di seguito si userà una terminologia la quale si uniformi , entro i limiti imposti dalla tradizione scientifica , a quella comunemente usata nella nostra legislazione fondiaria . Chiamando perciò : Po ( prodotto ordinario ) il ricavo medio in un numero ragionevole di anni del prodotto naturale che si ottiene dalla terra considerata in uno stato di ordinaria e duratura coltivazione secondo gli usi e le consuetudini locali ; Pmo ( maggior prodotto ordinario ) il maggior ricavo che oltre Po si può ottenere in conseguenza di una prima manipolazione necessaria per renderlo commerciale secondo gli usi locali ; R il sovraprodotto il quale , depurato dei suoi costi di produzione , si riduce alla « rendita » che si può ottenere dalla terra coltivata , sia pure osservando le regole apprese dagli avi , con abilità o diligenza eccedenti l ' ordinario , ovvero applicando metodi tecnici ed economici perfezionati oltre le consuetudini locali , od ancora giovandosi di congiunture eccezionalmente favorevoli di prezzi e di mercati ; H le « pseudo ­ rendite » che derivano da coltivazioni di rapina , variazioni apparenti monetarie , vincoli legali e simili ; V il valore economico dei vantaggi psicologici derivanti dal possesso terriero ; e considerando che Po e Pmo nella media di un numero di anni sufficiente allo scopo di stabilire il prodotto medio normale del fondo hanno sempre un valore positivo , mentre R ed H possono avere , oltreché valori positivi , anche valori negativi per straordinaria trascuranza o metodi cattivi di coltivazione o congiunture eccezionalmente sfavorevoli e V ha sempre , quando esiste , valore positivo , ricaviamo per il prodotto totale della terra P la seguente equazione : ( 1 ) P = Po + Pmo ± ( R + H ) + V 47 . Decomponendo ora Po nei suoi elementi , chiamiamo : c i costi che non si risolvono in remunerazioni delle classi agricole considerate ai fini della tassazione terriera : semenze , concimi chimici , rimedi cuprici e diversi , consumo attrezzi e macchine agrarie , ecc . ; r t la « rendita » , o canone di fitto del fattore « terra » considerata nello stato in cui in concreto mediamente si troverebbe se si facesse astrazione dai capitali di miglioria ; r c la « quasi rendita » o canone di fitto dei capitali di miglioria ( costruzioni rustiche , strade d ' accesso , piantagioni , canali irrigatori , opere di bonifica , ecc . ) stabilmente investiti ed incorporati nella terra ; i l ' interesse corrente dei capitali mobili investiti nella coltivazione : scorte vive e morte e capitale d ' anticipazione di semenze , concimi , ecc . ; s d il salario o remunerazione corrente del lavoro di amministrazione dominicale diretto a conservare il fondo rustico e ad assicurarne la coltivazione secondo gli usi e le consuetudini locali ; s il salario o remunerazione corrente del lavoro dell ' imprenditore agricolo rivolto a dirigere ed organizzare i fattori dell ' impresa agricola ; s m il salario corrente dei lavoratori manuali del fondo ; Dobbiamo porre : ( 2 ) Po = c + r t + r c + i + s d + s i + s m La terminologia adottata è quella che più si avvicina all ' uso corrente ; e non ha per iscopo di risolvere problemi diversi da quelli che qui ci interessano . Così sarebbe forse stato opportuno attribuire ad r t ed r c il significato di « frutto » o « reddito » rispettivamente dei fattori « terra » e « capitali di miglioria » ; ma furono preferite le parole « rendita » e « quasi ­ rendita » perché « rendita » è vocabolo il quale sembra avere con la terra attinenza più diretta del « reddito » che è vocabolo genericamente usato per ogni specie di remunerazione di un qualunque fattore produttivo , e per la maggiore attinenza con la terra fu largamente usato nella dottrina e nelle leggi relative al catasto ; e perché occorreva usare per la remunerazione dei capitoli di miglioria un vocabolo che non si discostasse troppo da quello usato per la remunerazione del fattore terra nella quale quei capitali sono stabilmente incorporati . Né si poteva usare « frutto » perché questo vocabolo conviene più al prodotto totale del fondo che ad una parte sola di esso . L ' uso dei vocaboli « rendita » e « quasi ­ rendita » ha il vizio di rievocare discussioni note nella scienza economica e di lasciar supporre che si dia alla « rendita » caratteri residuale o gratuito in confronto alle remunerazioni degli altri fattori produttivi . Il vizio si elimina dichiarando che le due parole « rendita » e « quasi ­ rendita » sono qui usate nel mero significato che sopra ad esse convenzionalmente si è attribuito . Significato che si volle accentuare aggiungendo a quelle due parole l ' indicazione del sinonimo « canone di fitto » , che è sinonimo perfetto quando si faccia l ' ipotesi che il canone sia depurato delle spese spettanti al proprietario e l ' imprenditore sia quello ordinario il quale affitti disgiuntamente i fattori produttivi terra e capitali di miglioria , capitali mobili , lavoro di amministrazione , lavoro di se stesso e lavoro degli operai manuali e ad ognuno di essi paghi il proprio compenso . Ma poiché l ' ipotesi è alquanto astratta , si preferì usare il vocabolo alternativo « canone di fitto » solo ad affermar meglio che parlandosi di rendite e quasi rendite , non si vuole far cenno dei concetti astratti proprii degli economisti , ma di quelli concreti noti nella pratica agraria . Similmente , allo scopo di non usare vocaboli diversi da quelli più comuni , colla denominazione di « salario » si intende non solo la remunerazione corrente dei lavoratori manuali , ma anche quella degli amministratori ( fattori , agenti , segretari ) e degli imprenditori agricoli ( variamente incarnati a volta a volta nei fittaiuoli , proprietari conduttori diretti , mezzadri e simili ) . Poiché costoro , vivendo in un ambiente di ordinarietà , compiono lavori normali , con abilità e diligenza ordinarie , non si vede perché il loro compenso meriti di essere qualificato altrimenti che col vocabolo , del resto nobilissimo , che si usa per il lavoro manuale . Nessuno di questi fattori può mancare all ' uguaglianza , poiché altrimenti la produzione non potrebbe aver luogo ; e non fa d ' uopo aggiungerne alcuno , perché in condizioni di ordinaria coltivazione , secondo gli usi e le consuetudini locali , non esiste la possibilità di una remunerazione i , s d , s i ed s m la quale ecceda i compensi correnti per tal sorta di impieghi di capitale e di lavoro . Se il compenso fosse maggiore o minore , non ci troveremmo in una situazione di « ordinarietà » ed usciremmo perciò dall ' ipotesi fatta . Anche r t ed r c sono quantità determinate in funzione dell ' ipotesi di un impiego ordinario , da buon padre di famiglia , dei fattori produttivi esistenti . La terra di cui si parla non è la terra quale sarebbe in un mitico stato naturale , ma quale è di fatto , separandosi solo mentalmente il suo valore in due parti : quello totale , meno il valore delle migliorie ed è il capitale che dà luogo alla quasi rendita . La rendita della terra ( r t ) e la quasi rendita dei capitali incorporati nella terra ( r c ) sarebbero maggiori o minori se i metodi di coltivazione fossero specialmente diligenti o trascurati , progrediti od antiquati . Ma , fatta l ' ipotesi di una coltivazione ordinaria , le quantità r t ed r c sono perfettamente determinate . Esse sono , inoltre , in stretta interdipendenza con certe quantità i , s d , s , s m e c . Se non si impiega capitale o lavoro in quella data misura , r t od r c , non si ottengono o si ottengono in misura differente . Di qui segue che non è concepibile il proprietario « puro » e neppure il coltivatore « puro » . Il proprietario , deve vegliare , personalmente o per mezzo dei suoi agenti ( cfr . § 23 ) a che la terra sia dal coltivatore usufruita in modo da garantirgli la continuità del suo reddito dominicale ; ed il coltivatore non ha dal canto suo convenienza ad impiegare capitale e lavoro se la terra non è in grado di riceverne convenienti dosi . Perciò la valutazione dei redditi dominicali è assurda ove avvenga disgiuntamente , con diversità di tempi e di modi , da quella dei redditi agrari e viceversa . 48 . In aggiunta a Po , il coltivatore buon padre di famiglia ottiene spesso un maggior ricavo Pmo , dovendo egli per necessità tecnologiche o commerciali , effettuare una prima manipolazione dei suoi prodotti , trasformando l ' uva in vino , le ulive in olio , l ' albero in tronchi grossolanamente segati e squadrati . A formare Pmo non entrano più i fattori terra e capitali stabilmente incorporati in essa . Tutto il maggior ricavo si risolve in mc , costi ( consumo di strumenti , edifici o materie prime necessari per la manipolazione ) , mi interessi di capitali mobili ( botti , torchi , frantoi , capitali anticipazioni salari ) , ms i , salari del lavoro di direzione dell ' impresa , ed ms m , salari del lavoro manuale necessario all ' uopo . Possiamo perciò porre : ( 3 ) Pmo = mc + mi + ms i + ms m rispetto alla quale uguaglianza si può ripetere che l ' esistenza di tutti i fattori indicati è necessaria e sufficiente nell ' ipotesi di una coltivazione ordinaria . 49 . Ma noi dobbiamo anche far l ' ipotesi di una coltivazione la quale si svolga fuori dei limiti dell ' ordinarietà , sì che l ' imprenditore agricolo ottenga sovraredditi o « rendite » . Possono usarsi metodi culturali nuovi o più perfezionati , adottarsi nuove culture , introdursi piantagioni diverse dalle consuete . Può l ' imprenditore essere specialmente esperto nell ' acquisto dei fattori produttivi e nella loro organizzazione ; e può giovarsi di variazioni di prezzi più favorevoli di quelli di cui si tenne conto nel calcolare , nel lasso di tempo sufficiente , il prezzo medio . Possono i mercati allargarsi in modo subitamente propizio , al di là delle favorevoli previsioni considerate . In tutti questi casi l ' imprenditore otterrà un sovrareddito o rendita , che è di natura affatto diversa dalla rendita o quasi ­ rendita ( r t ed r c ) che sopra si vide essere ottenuta in condizioni di coltivazione ordinaria . Le qualità agronomiche del terreno , la sua posizione , la sua vicinanza al mercato sono rimaste invariate ; ma quegli imprenditori , i quali le sanno utilizzare meglio di quanto faccia la media dei loro colleghi ovvero godono di sbocchi o prezzi particolarmente favorevoli , ottengono sovraredditi . Ed ottengono invece sottoredditi o rendite negative coloro i quali non arrivano alla media attitudine osservata dalla località o sono colpiti da congiunture di prezzi o mercati eccezionalmente sfavorevoli . Le specie delle rendite positive o negative sono infinite e vana sarebbe la pretesa di un elenco compiuto . La sola distinzione generale possibile pare sia quella fra le rendite prevalentemente derivanti dai fattori « personali » della capacità organizzatrice e tecnica dell ' imprenditore ( r p ) e quelle derivanti da fattori esterni ( r e ) all ' imprenditore , come le eccezionali variazioni di prezzi o di mercati . Laonde si può mettere : ( 4 ) R = r p + r e L ' equazione ( 4 ) è stata formulata in modo abbreviato , allo scopo di mettere in evidenza soltanto i fattori peculiari di sovrareddito , interessanti ai fini della tassazione . In verità farebbe d ' uopo tener conto che R non è un reddito netto ; ma è lordo degli interessi , salari e costi diversi necessari a produrlo . E l ' equazione dovrebbe essere scritta così : ( 5 ) R = ( r p + r e ) + ( n c + n + ns i + ns m ) dove n qualifica i costi vari ( n c ) , gli interessi di capitali ( n ) ed i salari di intrapresa ( ns i ) e manuali ( ns m ) necessari ad ottenere r p ed r e . Diversamente che in ( 2 ) , non occorre spendere salari di direzione dominicale ( s d ) , perché al domino basta spendere salari di questa natura entro i limiti dell ' ordinario prodotto . Il coltivatore diligente , che ottiene sovraredditi , migliora per definizione il fondo ; ed una spesa ulteriore di sorveglianza sarebbe perciò superflua . La equazione ( 5 ) , sebbene più compiuta della ( 4 ) non esige particolare illustrazione , poiché ni , ns , ns m ed nc non differiscono in se stessi dalle analoghe rimunerazioni di ( 2 ) e ( 3 ) ; e se meritano particolar trattamento tributario , esso è la conseguenza di quello che spetta alle rendite r p ed r e , che sono i valori caratteristici in questa equazione . 50 . Fatta sempre l ' ipotesi di non ordinarietà della coltivazione , nel prodotto « totale » possono comprendersi altresì « pseudo - rendite » . Chiamo con questo vocabolo quegli incassi che l ' imprenditore può ottenere danneggiando in primo luogo il fondo con una coltivazione di rapina ( raub ­ bau ) . La ragione del fattore s d del prodotto ordinario ( Po ) del fondo , sta appunto nell ' impedire i metodi di rapina . Il proprietario paga ad un agente o a se stesso un salario per vietare che il coltivatore depauperi il terreno con una successione di culture depauperatrici di azoto o di fosforo , o asporti le piante innanzi al momento della maturazione economica o con una potatura artificiosa acceleri la produzione dell ' anno a scapito delle produzioni avvenire . Ma nonostante ogni diligenza , può darsi che una coltivazione di rapina venga a crescere in un anno o diminuire in un altro il prodotto normale . In secondo luogo può darsi che l ' inflazione monetaria venga ad aumentare il ricavo monetario apparente ed una legislazione vincolistica dei fitti o dei contratti agrari cresca il guadagno dell ' imprenditore . In questo secondo caso non si tratta di aumento o diminuzione effettiva del prodotto totale , ma di una distribuzione diversa del medesimo prodotto , crescendo i valori di i ( interesse dei capitali mobiliari , crescente in tempi di prezzi crescenti ) ed s ( salario del lavoro d ' intrapresa ) a scapito sovrattutto di r t ed r c ossia dalle rendite dominicali . Ma giova tenerne conto a questo punto , sia perché ai fini tributari è grandemente utile essere avvertiti da un qualche segno trattarsi di variazioni momentanee ( raub ­ bau ) od apparenti ( inflazione monetaria ) di reddito , sia perché le variazioni nella distribuzione del prodotto esercitano per lo più una efficacia secondaria sulla quantità della produzione , che esse possono momentaneamente incoraggiare o deprimere . Perciò chiamando h r il frutto positivo o negativo della coltivazione di rapina , h m il risultato delle variazioni monetarie , h v quello dei regimi vincolistici ed h n l ' eventuale risultato di altri consimili fattori artificiosi , possiamo porre : ( 6 ) H = h r + h m + h v + h n Dove h v non fa doppio con r e e cioè coi sovraredditi o rendite derivanti da fattori esterni come le eccezionali variazioni di prezzi e di mercati del paragrafo precedente , sotto cui si compresero tutte le variazioni all ' infuori di quelle da inflazione monetaria . La distinzione non è sempre netta , ma in concreto pare lo sia abbastanza da legittimare una distinta nomenclatura . 51 . Oltre al prodotto economico , la terra produce anche vantaggi ( V ) non consistenti in frutti propriamente detti distaccantisi dal terreno : il piacere fisico del possesso , che consiste nel camminar sopra il fondo , nel contemplarlo , nel toccarne le piante e vederle crescere ; la gioia del lavoro che consiste nel non lavorare ad ore fisse , sempre uguali in tutti i giorni dell ' anno , ma ad ondate , con momenti di ansia e di intensità grandissime e lunghi intervalli di ozio e consiste altresì nel lavorare per uno scopo , che è di riempire il granaio di frumento dorato e sonante , la cantina di vino , dal bel colore , largitore di letizia ; il piacere psicologico , che sta nell ' immaginazione del miglioramento futuro del fondo , nell ' assaporamento dell ' invidia provata dal vicino o dall ' amico a cui l ' acquisto proprio negò il soddisfacimento dell ' uguale desiderio ; il piacere sociale , di preminenza sulla gente priva di terra , di ossequio da parte dei minori proprietari o dei clienti ; il piacere famigliare di sapere i figli forniti di un mezzo di esistenza , di uno strumento di lavoro indipendente dalla buona grazia altrui ed assicuratore contro i rischi di disoccupazione ; sicché il genitore si lusinga che la sorte della famiglia sia sicura , perché legata ad una casa e ad una terra in cui vivrà per qualche generazione il ricordo di lui , quasi fondatore di una dinastia entro certi limiti sovrana ; il piacere politico , che è di acquistare clientela nel paese per conseguire cariche pubbliche . Tutto ciò si paga , perché ha valore ; epperciò di questi vantaggi , che si potrebbero dire psicologici , del possesso terriero si ha ragione di discorrere sovratutto nel trattato della « capitalizzazione » dei redditi fondiari e dei criteri di stima dei valori della terra ; perché con essi massimamente si spiegano le frequenti capitalizzazioni della terra a saggi di interesse inferiori , talvolta d ' assai , al saggio corrente per impieghi d ' uguale natura . Ai fini della presente memoria , dove non si disserta di imposte patrimoniali , ma di imposte sui redditi , potrebbe porsi il quesito , se anche i « vantaggi » siano opportuno oggetto di imposta . Perciò se ne fece menzione . 52 . Nel prodotto della terra non occorre considerare i ricavi « delle industrie agrarie , come l ' armentizia , la serica , quella della produzione del carbone , dell ' olio , del vino ... in quanto eccedano i prodotti del fondo » che sono contemplati dall ' art . 50 del regolamento 3 novembre 1894 n . 493 per l ' applicazione dell ' imposta di ricchezza mobile , quei ricavi che una istruzione ministeriale chiama redditi delle « industrie di trasformazione dei prodotti agricoli , quali , ad esempio , i mulini che trasformano in farina il grano , le distillerie di alcool tratto dal vino , dalle uve e dai cereali , ed altre industrie simili , che , pure esercitate sui prodotti del fondo , non hanno a che vedere con ciò che rientra nell ' orbita della pura industria agricola in quanto vanno oltre l ' esercizio dell ' industria stessa » . Quando il prodotto naturale , o assoggettato ad una prima manipolazione è commerciabile , è terminato il compito dell ' impresa agricola propriamente detta che qui si considera ; e si entra nel campo dell ' impresa industriale . Sono talvolta stretti i legami fra le due specie di imprese e non di rado si fondono in una sola ; ma fa qui duopo precisare un punto che separi l ' una dall ' altra ai fini tributari . Si osservi che nel novero delle industrie di trasformazione industriale sottratte alla indagine presente non vanno comprese le coltivazioni « nuove » o « speciali » o condotte con capitali straordinari , come ad esempio i frutteti intensivi , i campi a tabacco , gli orti , i terreni destinati a fiori e simili , anche se presentano spiccatissimi i caratteri della eccezionale industriosità agricola o della applicazione insolita di capitali . È questo il caso specifico delle coltivazioni , le quali , sinché non si siano generalizzate e perciò divenute in date località ordinarie , dànno luogo a « rendita » ( r p ) , oltre l ' ordinario prodotto ; ma trattasi pur sempre di coltivazioni aventi natura prettamente agricola . 53 . Per l ' impresa marginale , la quale si svolge di fatto entro i limiti dell ' ordinarietà , l ' equazione ( 1 ) si riduce alla ( 7 ) P = Po + Pmo Mancano i fattori di R ( rendita ) , perché l ' imprenditore ordinario non adotta metodi culturali diversi da quelli consuetudinari e locali , non gode se non dell ' abilità comune di direzione e di organizzazione , non intraprende culture speciali nuove e non si giova di prezzi o mercati eccezionali . Si chiama imprenditore ordinario anche quegli che coltiva terreni « non marginali » , ossia dotati di fertilità o posizione migliori di quelle dell ' ultimo terreno conveniente a coltivarsi ; perché egli paga per ottenere l ' uso di quei terreni una rendita e quasi rendita ( fitto ) superiore a quella che pagherebbe per altri terreni meno felicemente situati ; e rendite ( r t ) e quasi rendite ( r c ) entrano a costituire il prodotto ordinario ( Po ) del fondo . L ' imprenditore ordinario non gode di rendita personale ( r p ) o di congiuntura ( r e ) esterne , perché nella media di un sufficiente periodo di anni egli è capace appena di compensare se stesso od i suoi agenti con « salari » sufficienti a compensare una abilità ordinaria di conservatori della proprietà ( s d ) o di direttori dell ' impresa rustica ( s i ) . L ' imprenditore ordinario non fa né guadagni né perdite , intendendosi per guadagni o perdite le eccedenze oltre e le deficienze al disotto del salario ordinario spettante al lavoro da lui prestato per la direzione e l ' organizzazione dell ' impresa . Non esiste cioè un « profitto agrario » , il quale nell ' ipotesi di ordinarietà non possa risolversi in una delle remunerazioni che furono elencate sopra : i ed mi , interesse del capitale mobiliare impiegato nella coltivazione del fondo o nella prima manipolazione dei prodotti naturali ; s d salario di conservazione della proprietà ; s ed ms i , salario di direzione ed organizzazione dell ' impresa rustica , prima manipolazione inclusa . Per ottenere un ' eccedenza , fa d ' uopo uscire dall ' ipotesi di ordinarietà , e supporre un imprenditore capace di organizzare l ' impresa in guisa da ottenere rendite ( r p ed r e ) . Nell ' ipotesi fatta , non esistono nemmeno pseudo - rendite ( H ) . L ' imprenditore marginale non ha modo di esercitare culture di rapina , perché lo vieta la sorveglianza del proprietario , intento a serbare integro il valore della sua proprietà ( perciò egli paga s d ) ; né usufruisce di vincoli legali , in quanto mancherebbe la condizione della concorrenza tra imprenditori e della libera trasferibilità dei capitali da un ' impresa all ' altra . Delle pseudo rendite monetarie non occorre parlare essendo apparenti . 54 . La ripartizione economica del prodotto totale in quote corrispondenti ai fattori economici della produzione ( terra , capitali incorporati , capitali mobili , lavori di direzione e di conservazione , lavoro manuale ) non coincide con la ripartizione di essa tra le classi sociali di fatto esistenti . Le categorie create per comodo di studio dagli economisti non hanno esatta corrispondenza nelle classi sociali agricole . Difficilmente si trova il proprietario puro , il quale non serbi per sé tutto o parte del lavoro di direzione della proprietà ; spesso il proprietario è anche il conduttore e in moltissimi casi il lavoratore manuale . Nelle zone di grande proprietà , come ad esempio nella bassa Lombardia irrigua , si ha il massimo frazionamento delle figure economiche : il proprietario che percepisce la rendita terriera e la quasi rendita dei capitali fissi ( r t ed r c ) ; il suo agente che è remunerato con un salario dominicale s d ; il fittaiuolo che gode l ' interesse dei capitali mobili e il compenso del lavoro di impresa ( i ed s i ) ed infine i lavoratori manuali , obbligati od avventizi , a salario fisso ( s m ) . Nelle zone tipiche della mezzadria pura ( Toscana , Marche , Umbria ) il proprietario fornisce anche metà del capitale mobile e quindi gode della metà di i ; l ' agente invece di fruire del solo salario dominicale ( s d ) gode anche di parte del salario d ' intrapresa ( s i ) , l ' altra parte spettando al mezzadro . Al fittaiuolo si sostituisce il mezzadro , il quale non percepisce tutto l ' interesse del capitale mobile e il salario del lavoro d ' intrapresa , parte di questi spettando invece al proprietario ed al suo agente , in proporzione delle contribuzioni rispettive alla formazione delle scorte vive e morte ed al lavoro di intrapresa ; ma il mezzadro gode del salario ( s m ) dell ' opera sua manuale , mentre il resto dei salari pagati dal fondo va principalmente a beneficio della sua famiglia colonica , impiegata nel fondo . In regime di concorrenza , le remunerazioni si equivalgono , sebbene riscosse sotto nomi ed in frazioni differenti . Il canone percepito dal proprietario in regime di affitto equivale alla porzione dominicale del prodotto spettantegli in regime di mezzadria , meno l ' interesse sulla sua quota del capitale scorte ed anticipazioni , che egli impiega in caso di mezzadria e non impiega in caso di fitto . La quota mezzadrile , dedotti i salari spettanti al mezzadro ed alla famiglia colonica , ed aggiunte la metà di i e parte di s , equivale ad i + s ossia al reddito del fittaiuolo . Ma il fittaiuolo può anche lavorare , lui e la famiglia , il fondo manualmente e godere delle rispettive remunerazioni ; ed i contratti di colonia hanno mille figure diverse nelle varie regioni d ' Italia e sono spesso misti di affitto e di mezzadria . Ed è noto che vi sono in Italia milioni di proprietari coltivatori , i quali sono nel tempo stesso proprietari , direttori dominicali , direttori d ' impresa , lavoratori manuali e , dedotti i costi vivi , godono di tutto il prodotto del fondo come di remunerazione propria netta . Ancora : la famiglia talvolta non partecipa alla produzione , perché il solo capo famiglia è proprietario o dirigente o fittaiuolo ; tal ' altra vi partecipa con il lavoro della moglie e dei figli minori ed ancora con la famiglia colonica , più ampia della famiglia in senso stretto . 55 . Accade altresì che l ' impresa rustica sia talora accessoria ad occupazioni industriali o commerciali esercitate dal capo famiglia o da taluni membri di essa : sicché il prodotto della terra appena equivale ad una parte del salario manuale che il coltivatore otterrebbe se lavorasse per mercede alla dipendenza altrui . Trattasi di terreni sub marginali , i quali sarebbero abbandonati , se il coltivatore pretendesse di ricavarne il rimborso dei costi vivi , degli interessi normali sui capitali circolanti e dei salari di direzione e di coltivazione . Ma i costi vivi e gli interessi si riducono a zero , utilizzandosi i rifiuti della economia domestica ed attrezzi di costo trascurabile e da tempo ammortizzato ; ma i salari si ragguagliano a quelli minimi che possono assegnarsi a vecchi ed a donne o ragazzi che altrimenti rimarrebbero in ozio . La diminuzione delle remunerazioni economiche al disotto del normale è per lo più spiegata dall ' esistenza di vantaggi psicologici ( cfr . sopra § 51 ) . Il proprietario continua ad impiegare stabilmente capitali di miglioria , sebbene egli sappia che la terra non gli dà rendita ( r t ) e che i capitali di miglioria saranno remunerati con una quasi rendita ( r c ) inferiore all ' interesse che altrimenti potrebbe ricevere da essi . Il coltivatore si contenta di interessi ( i ) e di salari di direzione ( s d ) o di intrapresa ( s i ) inferiori a quelli correnti . Persino il salario del lavoro manuale è parziale o parassitario . Se ciò accade in luoghi dove è diffusa la proprietà coltivatrice , ed è il caso più frequente , possiamo dire che le remunerazioni maggiormente colpite sono la rendita e la quasi rendita . Ma talvolta anche i fittaiuoli si contentano di un profitto ( i + s i ) minore di quello corrente , pur di non esser espulsi dal fondo ; e così può accadere per i mezzadri . I periodi di crisi agraria sono caratteristici per tal rispetto , stentando talvolta i canoni di fitto a discendere al livello che sarebbe dettato dai prezzi e talvolta scendendo a livelli inferiori , a cagione dell ' ansia dei proprietari di non lasciarsi sfuggire fittaiuoli capaci , solvibili ed onesti . L ' equazione della ( 7 ) si trasforma nella ( 8 ) P = v ( Po + Pmo ) + V dove v è un coefficiente di riduzione , a cui gli interessati si rassegnano in vista dell ' aggiunta di V . Quale sia dei fattori componenti di Po e di Pmo quello su cui la riduzione opera o se siano parecchi , può desumersi soltanto dallo studio particolare delle singole economie agricole . Capitolo secondo La scelta della base imponibile 56 . La tassazione dei redditi terrieri può farsi in tre maniere principali : per classi sociali , per impresa o per categorie economiche . Avviene « per classi sociali » , quando l ' imposta colpisce il proprietario , il fittuario , il mezzadro , il coltivatore ad economia , il coltivatore diretto , il partecipante , l ' obbligato fisso , il bracciante giornaliero . Opera « per impresa » , quando l ' imposta cade sull ' imprenditore agricolo e lascia a lui la cura di ripartirne l ' ammontare tra i diversi partecipanti al prodotto totale . Si fa « per categorie economiche » , quando l ' imposta colpisce la rendita del fondo , la quasi rendita dei capitali fissi , l ' interesse del capitale circolante , i salari di direzione dominicale o d ' impresa , i salari del lavoro manuale . Ognuna di queste maniere ha vantaggi e dà luogo ad inconvenienti , che qui si vogliono esaminare . 57 . La maniera di tassazione per « classi sociali » può essere considerata la prima nell ' ordine cronologico dei sistemi di tassazione sui redditi netti . Lo fu tuttavia , non perché deliberatamente si siano voluti in modo distinto tassare i redditi per classi sociali , sibbene perché , al tempo della istituzione delle varie imposte , alcune classi sociali si identificavano abbastanza bene con le principali categorie economiche allora configurabili . Al tempo del censimento milanese , l ' imposta fondiaria colpì i proprietari , quali percettori di rendite , quasi ­ rendite ed interessi delle poche scorte vive e morte usate per la coltivazione e l ' imposta colonica tassò i coloni quali coltivatori manuali del fondo . Quando , nel 1864 , si istituì l ' imposta di ricchezza mobile sui fittaioli , si volle in essi colpire i percettori di sovraredditi ( R ) eccedenti l ' ordinario prodotto ottenuto con capitali ed abilità eccezionali . Più recentemente ( 1923 ) , quando si colpirono i redditi agrari dei proprietari coltivatori a mezzadria e dei mezzadri , più che ai redditi di distinte classi sociali si pose mente a certi redditi ( i , s i e s m ) ottenuti , in proporzioni variabili , da quelle classi . La tassazione per classi sociali fu dunque un mezzo empirico adottato dal legislatore per tassare distintamente i redditi di talune categorie economiche : non i proprietari , ma le rendite e quasi ­ rendite fondiarie , non gli affittuari , ma i sovraredditi agricoli , non i proprietari coltivatori od i mezzadri , ma i profitti agricoli , ossia il frutto della combinazione , secondo lo schema caro alla legge d ' imposta mobiliare , del capitale e del lavoro : ( i + s + s m ) . 58 . È tratto peculiare dei sistemi empirici di essere una approssimazione indiretta ed imperfetta dei sistemi razionali , tanto indiretta ed imperfetta che per lo più i risultati ottenuti sono affatto diversi da quelli ordinati dal legislatore . La sola branca delle imposte terriere che si sia salvata dal rimprovero è quella fondiaria : poiché essa volle colpire le rendite e quasi ­ rendite e sostanzialmente si restringe , nonostante qualche occasionale deviazione , entro i confini prestabiliti . Ma l ' imposta colonica divenne , dopo il 1864 , una mera addizionale all ' imposta fondiaria , pagata da certi proprietari , senza riguardo ai redditi effettivi dei coloni ; ed a giusta ragione oggi è obliterata . Ma l ' imposta mobiliare sui fittaiuoli , già si vide sopra ( paragr . 35 ) che cosa fosse divenuta nel 1885 quando l ' on . Cagnola lamentava che essa colpisse non i sovraredditi effettivi , ma un presunto reddito normale ordinario che l ' affittuario « doveva » ricavare ogni anno in ragione della superficie coltivata , delle scorte possedute , del canone di fitto pagato al proprietario . Tale essa rimane anche oggi , sicché può dirsi che essa colpisca i , s i ed in parte s m , ma lasci esente R ossia il profitto differenziale dell ' imprenditore agricolo che doveva essere , nell ' intenzione del legislatore , il peculiare obbietto suo . Come la vecchia imposta di ricchezza mobile non riuscì a tassare R , così non sembra meglio fortunato il nuovo balzello . Il regolamento , le istruzioni , le tabelle , le annotazioni , la pratica seguita dai funzionari tassatori e dalle commissioni : tutto concorre a dimostrare che quel che si colpì di fatto non fu il sovrareddito differenziale , ma il reddito normale , calcolato per medie e per confronti e per criteri generali , ossia nuovamente una combinazione , mutevole da classe a classe , di i , s i ed s m . Fu molto bene , come sarà dimostrato in seguito , che sia l ' imposta di ricchezza mobile per gli affittuari sia l ' imposta sui redditi agrari per le altre classi agricole siano state condotte dall ' esperienza a colpire i redditi normali invece dei sovraredditi o rendite ; ma la loro natura originaria di imposte volte a percuotere redditi di « classi » sociali più che di « categorie » economiche ha prodotto alcuni effetti non commendevoli . 59 . Innanzitutto , poiché si volevano colpire affittuari , proprietari coltivatori in economia , o , come si esprimono le tabelle , a bracciantato , proprietari coltivatori diretti , proprietari con fondi a mezzadria e mezzadri , il legislatore fu tratto alle disuguaglianze di trattamento che sopra furono già descritte : a ) rispetto all ' aliquota , la quale è più grave per gli affittuari e per i dirigenti salariati ( fattori , campari ecc . ) che per le altri classi sociali agricole ; b ) rispetto al campo di tassazione ; ristretto nel caso del proprietario conduttore ad economia con bracciantato ed a mezzadria , per il quale si suppone che tutto il lavoro manuale di coltivazione sia prestato da braccianti estranei e per conseguenza l ' imposta colpisce soltanto , in tutto per il conduttore ad economia e in parte per il conduttore a mezzadria , l ' interesse delle scorte ( i ) ed il salario del lavoro di direzione dell ' impresa ( s i ) ; maggiore per il fittaiolo , per cui la tassazione può ( non deve , potendosi nelle grandi affittanze escludere che un lavoro manuale sia prestato dal fittaiolo e dalla sua famiglia ) estendersi inoltre al salario ( s m ) del lavoro manuale prestato da lui , dalla moglie e dai figli occupati nell ' azienda ed al cui mantenimento egli sia obbligato ; maggiore del pari per il proprietario coltivatore diretto ; e , finalmente massimo per il mezzadro sino a colpire altresì il salario del lavoro manuale prestato dagli altri membri della famiglia colonica . Chiamasi per l ' appunto tassazione « per classi sociali » quella ordinata nelle due imposte di ricchezza mobile e sui redditi agrari , non perché tale denominazione sia usata nella legge , la quale anzi in apparenza si inspira a principî di uguaglianza di trattamento , ma perché tale sua indole risulta chiarissima dalla diversità dell ' oggetto dell ' imposta nei differenti casi . 60 . Varie sono le conseguenze derivanti dalla diversità dell ' oggetto colpito : la prima delle quali è che lo stesso reddito , salario del lavoro manuale , viene tassato nei casi nei quali il lavoro sia prestato dal capo dell ' azienda o da suoi familiari , nelle diverse accezioni , giuridica od economica , del vocabolo di famiglia , e rimane esente invece dall ' imposta quando sia prestato da estranei : offesa al canone dell ' uguaglianza tributaria . 61 . La seconda è l ' incentivo per tal modo dato alla frode fiscale , essendo ovvio l ' interesse del fittaiolo di apparire immune , lui e la famiglia , dalla lebbra del lavoro manuale , del proprietario coltivatore a farsi ritenere piuttosto coltivatore ad economia che diretto , e del mezzadro a parere invece lavoratore obbligato ad anno ; ed essendo ovvia la tendenza opposta del funzionario finanziario a negare le detrazioni , supposte sempre frodolente , anche laddove esse sono conformi a realtà : offesa al canone della certezza dell ' imposta . 62 . La terza è l ' incentivo effettivamente fornito , nei casi marginali , a passare dal tipo di conduzione più tassato a quello meno tassato . Conviene di più , a parità di ogni altra condizione , la coltivazione ad economia con bracciantato di quella diretta , perché si risparmia l ' imposta sul salario del lavoro manuale ; e per tal modo si dà , entro i limiti modesti del peso dell ' imposta sui redditi agrari , l ' ultimo tratto alla risoluzione dei dubbi in cui qualche proprietario si trova , se far seguire ai figli qualche mestiere cittadino piuttostoché il rude lavoro dei campi . Conviene di più la coltivazione ad economia , con braccianti obbligati ad anno , piuttostoché là coltivazione a mezzadria , perché la somma delle imposte che proprietario e mezzadro pagano nel secondo caso è maggiore dell ' imposta che il solo proprietario paga nel primo caso ; e così si dà un colpo al sistema della partecipazione nelle campagne . Né vale il dire che il reddito del proprietario coltivatore diretto o del mezzadro sia più sicuro di quello del bracciante agricolo o dell ' operaio cittadino ; poiché questa , se è ragione valida per tassare con aliquote meno aspre i redditi meno sicuri - - che è criterio pacifico di differenziazione - - , non giustifica la esenzione e sovratutto lascia insoluto il quesito : quale tra le due specie di reddito è meno sicura ? Il quesito pare debba risolversi guardando non alle opinioni arbitrarie dei dottori e dei legislatori , bensì alla scelta che le due classi interessate fanno tra le varie specie di reddito . Quasi mai accade in verità che un cittadino si trasformi in contadino ; mentre è grave la lagnanza contro la propensione dei contadini ad inurbarsi . Il che dipende da molte cause ; ma , se s ' interrogano i contadini medesimi , è frequente , insistentissima fra tutte , la risposta che essi vanno in cerca di un salario sicuro , periodico , in cifra fissa , su cui non geli o piova o grandini o si abbatta la stretta di caldo o la peronospora od altro malanno consueto nella campagna . Opinione che , essendo seguita dal fatto , annulla le escogitazioni dei dottori intorno alla felicità del vivere agreste . Dunque l ' imposta , favorendo una mutazione di metodi culturali , che altrimenti non si sarebbe avverata con uguale frequenza , aggiunge a se stessa il costo di una scelta economicamente meno feconda tra i metodi di conduzione terriera : offesa al noto canone , pur smithiano , per cui i tributi debbono essere ordinati in modo che il costo di esazione sia il minimo ossia che al costo del tributo pagato all ' erario non si aggiungano falsi costi accessori derivanti dalla mala sua organizzazione . I danni della incertezza e della differenzialità dall ' imposta sono attenuati soltanto dal lieve peso delle aliquote ripetutamente ridotte . A che vale un tributo il quale , per non nuocere , è costretto ad annullare se stesso ? 63 . Così grande è la diversità dei metodi di conduzione nelle diverse regioni agricole italiane che pare vano il tentativo di volere adeguare tutte le figure di classi sociali agricole da noi esistenti ad alcune poche fondamentali . Le tabelle governative contemplano un solo contratto di partecipazione : la mezzadria pura , in cui il proprietario conferisce metà dei capitali circolanti e l ' opera di direzione , il mezzadro l ' altra metà dei capitali medesimi e l ' opera manuale ed i prodotti si dividono per esatta metà . I redditi imponibili delle tabelle furono calcolati su questa base e , ove siano stati esattamente accertati , possono essere considerati equi entro i limiti della fatta ipotesi . Ma se l ' ipotesi di fatto muta , la distribuzione dell ' imposta diventa iniqua . Se il capitale è tutto del proprietario o tutto del mezzadro e se , per conseguenza , i prodotti della stalla od altri spettano soltanto all ' uno od all ' altro o sono divisi altrimenti che per metà , le tabelle avrebbero dovuto essere variate . Il che in concreto non accade quasi mai . Come furono tassati i coloni terziari od i semplici partecipanti a qualche prodotto ? Il sistema della tassazione per « classi sociali » inevitabilmente pone problemi quasi insolubili . 64 . Dà luogo a confronti odiosi tra redditi uguali . Vivono in zone agrarie vicine l ' uno accanto all ' altro contratti di fitto e di mezzadria , in cui il canone di fitto pagato per il primo fondo è uguale alla media della quota padronale nel secondo caso , depurati amendue delle spese attinenti al domino del fondo . Si usa il primo contratto per fondi di pianura a cereali ed a prati ; si usa il secondo per fondi collinosi a vigna o ad altre culture arboree . Il proprietario non contribuisce né all ' uno né all ' altro caso con capitali scorte ed anticipazioni ; e in amendue presta o fa prestare il lavoro di vigilanza sulla coltivazione che è richiesto per la conservazione della proprietà ( s d ) . Nel secondo caso , il proprietario ha scelto la conduzione a mezzadria , non perché sia più redditizia del metodo del fitto , ma perché questo sarebbe troppo pericoloso per lui . Si applica l ' avvertenza citata sopra ( § 3 ) di Pompeo Neri , quando insegna agli stimatori che « il prodotto della rendita non debba uguagliarsi rigorosamente all ' affitto in denaro » ; ché , se il proprietario affittasse , il fittaiolo potrebbe ben pagare 100 quando la rendita dominicale è solo 60 , perché egli si ripromette di sfruttare le viti e le piante fruttifere nei pochi anni di sua conduzione ( H da cultura di rapina ) . Quindi il proprietario è costretto a scegliere la mezzadria per assicurare la conservazione del fondo , ma , non volendo correre tutte le alee della conduzione , affitta al mezzadro , per lo più ad un canone nominale , inferiore a quello corrente , la superficie a prato , rinunciando agli utili della stalla . Tuttavia , sebbene la quota padronale sia in media uguale al canone di fitto « normale » che egli percepirebbe , se potesse scegliere un diverso metodo non rapinatore di conduzione , ed eguale al fitto che i proprietari di zone vicine di pianura riscuotono a parità di capitale impiegato , egli è colpito , mentre il vicino è esente dall ' imposta sui profitti agrari . La tassazione « per classi sociali » ha invero configurato il proprietario che affitta quale persona « passiva » nel processo produttivo e quindi non tassabile , mentre il proprietario che dà a mezzadria è persona « attiva » , procacciatrice di profitti tassabili . 65 . Il sistema dà inoltre occasione a confondere il reddito normale derivante dalla produzione ottenuta in condizioni ordinarie di cultura ( Po e Pmo ) con i sovraredditi eccezionali ( R ) o con le pseudo - rendite da rapina o da vincoli legali o da variazioni monetarie ( H ) , e persino con i vantaggi ( V ) morali , famigliari , sociali , politici attinenti al possesso ed al godimento della terra . Toccasi qui un punto intorno a cui è impossibile fornire dimostrazioni precise , essendo rimasti ignoti i procedimenti seguiti nella formazione delle tabelle governative per i redditi agrari . Ma vi sono alcuni indizi , i quali mettono in rilievo il pericolo di cadere nei vizi ora detti e la necessità di seguire un metodo che ce ne tenga lontani . Antica era invero la richiesta di assoggettare i redditi agrari all ' imposta ; ma , nonostante i precedenti del 1864 e del 1885 e le ripetute proposte concretate finalmente nel disegno di legge Meda , essa non avrebbe forse trovato ascolto , se non fosse sopravvenuta la guerra a concedere profitti , che parvero cospicui , ai proprietari coltivatori ed ai mezzadri . Parvero cospicui sovratutto facendo il confronto tra il fittaiuolo , colpito dall ' imposta sui sopraprofitti di guerra , e le altre classi agricole , esenti . Sia aumentato , ad ipotesi , durante la guerra il prodotto netto pel fittaiolo , detratte tutte le spese , ad eccezione del canone di fitto , da 100 a 400 . Prima il prodotto netto 100 dividevasi in 80 canone al proprietario e 20 profitto del fittaiuolo . Dopo , rimanendo invariato il canone di fitto , a causa delle leggi di vincolo o dei contratti vigenti , in 80 , il profitto del fittaiuolo crebbe a 400 meno 80 ossia a 320 . Poiché 320 è una quantità sedici volte superiore a 20 , fu concluso che i profitti agricoli fossero aumentati da 1 a 16 . Non si può escludere del tutto , nel leggere le tabelle governative , che un residuo della mentalità bellica non fosse vivo ancora , sia pure in misura attenuata , in coloro che ne fissarono le cifre , non di rado discordanti con quelle che vanno oggi d ' altro canto determinandosi per le rendite dominicali . Il pericolo di scambiare H per una parte di P è infatti grave . Pure essendo il reddito netto 400 divisibile per « categorie » economiche in : 320 reddito dominicale tassabile con l ' imposta fondiaria ed 80 reddito agrario tassabile con l ' imposta di ricchezza mobile ( o con la nuova sui redditi agrari ) , di fatto il fittaiuolo o coltivatore si appropria , a causa dei vincoli e delle convenzioni , 240 delle 320 unità di reddito dominicale e le aggrega alle 80 , che sono vero reddito agrario . Quelle 240 sono una pseudo ­ rendita ( h v ) transitoriamente spettante al coltivatore , invece che una rendita ( r t ) od una quasi rendita ( r c ) spettante al proprietario ; e l ' imposta mobiliare può colpirle in quanto il metodo di tassazione « per classi sociali » induce il funzionario tassatore a considerare come un ' ingiustizia che le 240 siano esenti , benché percepite dal coltivatore , solo perché l ' analisi economica le dichiara appartenenti ad una categoria economica ( reddito dominicale ) già tassata da un ' altra imposta . 66 . Ove anche si faccia astrazione dai vincoli legali , la tassazione « per classi » pecca non di rado contro il principio della contemporaneità delle valutazioni . Non è necessario che le lustrazioni dell ' imponibile dei proprietari terrieri avvengano contemporaneamente a quelle dell ' imponibile dei coltivatori , fittaiuoli , mezzadri . Le une erano o avrebbero dovuto essere trentennali ; le altre seguono le variazioni più frequenti dei redditi mobiliari . Finché la moneta è stabile , gli errori possono non essere gravissimi . Non così quando la moneta del paese muta nel tempo di pregio . È accaduto in Italia che , fermo rimanendo il reddito imponibile fondiario ad 80 , l ' aliquota dell ' imposta dovesse essere spinta al 100 per cento e più , il che equivaleva a quadruplicare l ' imponibile fondiario a 320 , mantenendo ferma l ' aliquota al 25 per cento . Nel frattempo , poiché formalmente l ' imponibile fondiario rimaneva invariato ad 80 lire , poté accadere che la differenza tra 80 e 320 fosse in parte considerata reddito del coltivatore agricolo e tassata con l ' imposta mobiliare ; sicché questa , la quale vorrebbe colpire redditi « normali » può essere tratta a colpire per la seconda volta quel medesimo reddito che già , attraverso l ' aumento d ' aliquota , era stato colpito dalla fondiaria , e che dovrà ben presto , dalla lustrazione catastale , essere acquisito anche formalmente alla imposizione fondiaria . 67 . Un ' ultima ragione di disuguaglianza deve ancora essere menzionata rispetto al sistema di tassazione per classi sociali ; ed è il pericolo che si consideri prodotto ordinario del fondo quello che invece è un vantaggio morale o familiare o sociale o politico connesso col possesso della terra . Il punto di partenza del ragionamento è corretto : per qual ragione un imprenditore a parità di superficie , di cultura e di qualità dovrebbe guadagnar meno di un altro ? Da questa osservazione discende il concetto del reddito « ordinario » dominicale , assunto dai catasti e di quella tassazione per categorie economiche , che più sotto , si dichiarerà doversi preferire anche per i redditi agrari . La terra deve pagare cioè , a parità di condizioni agronomiche ed economiche , uguale imposta qualunque sia il metodo di conduzione , siano molti o pochi i membri della famiglia , sia il concetto della famiglia colonica più ristretto od esteso di quella della famiglia giuridica . Ma nel sistema della tassazione per classi sociali , il confronto non si fa obbiettivamente fra terreni diversamente produttivi per diverso stato di fatto nel quale si trovano , astraendo da sovraredditi , pseudo ­ rendite e vantaggi extra ­ economici , elementi che non rientrano nel prodotto ordinario della coltivazione . Esso si impernia invece sul prodotto ottenuto dall ' imprenditore tipico , il quale è capace di ottenere un prodotto ordinario . Tutti gli altri imprenditori , che per condizioni obbiettive di terreno e subiettive di composizione familiare , di numero di braccia gli si uguagliano , sono reputati avere lo stesso reddito , anche se in realtà il terreno non ne è capace e il coltivatore si acconcia al minor prodotto in vista di vantaggi extra ­ economici . Col sistema della tassazione per categorie economiche si paga solo sul prodotto ordinario ( Po + Pmo ) ; con quello per classi sociali può accadere che si paghi inoltre sui vantaggi ( Po + Pmo + V ) . Non è naturalmente agevole di calcolare il peso concreto di questa possibilità ; ma , pur supponendolo scarso , la mera possibilità medesima è nuovo argomento a pro di un diverso metodo di tassazione . 68 . La seconda maniera di tassazione dei redditi terrieri è quella « per impresa » , per cui l ' imposta cade sull ' imprenditore agricolo e lascia a lui la cura di ripartire l ' ammontare tra i diversi partecipanti al prodotto agricolo . Questa maniera può adottarsi tanto se si vogliono colpire solo i redditi ordinari ( contenuti in Po e Pmo ) ovvero ancora le rendite ed i vantaggi psicologici ( R , H , e V ) . La tassazione « per impresa » è in apparenza semplice , poiché un solo contribuente risponde dinnanzi alla finanza ; si fa un solo accertamento , si riducono al minimo gli attriti di esazione . Ma tale semplicità si ottiene a scapito : - - della educazione politica e tributaria dei contribuenti , poiché , con la figura del contribuente esattore coatto dell ' imposta gravante su altri , il proprietario , il contadino , il mezzadro non hanno notizia diretta dell ' imposta che su di essi grava , non ne sentono la gravezza e quindi non sono interessati al controllo sulla cosa pubblica . Molte imposte e cioè quasi tutte quelle sui consumi e quelle esatte all ' origine hanno cotal vizio . Fu lodato il legislatore italiano quando cercò di ridurlo facendo obbligatoria la rivalsa dell ' imposta di ricchezza mobile nella categoria C2 dei redditi da stipendi o salari . Epperciò pare biasimevole quel metodo di tassazione , come quello per impresa , al quale quel vizio è connaturato ; - - della economicità , poiché l ' imposta dovrebbe seguire le vicende variabili delle imprese economiche , le quali cambiano dimensioni ad ogni compra ­ vendita , successione , variazione di famiglie agricole . Già ora che l ' imposta sui redditi agrari è congegnata per classi sociali , la variazione sopravvenuta da un anno all ' altro nel modo di conduzione di un fondo , col conseguente passaggio di categoria e di tariffa , per es . , da coltivazione diretta a quella a bracciantato , o da mezzadria ad affitto , dà luogo a complicati lavori di accertamenti nuovi e di rimborsi . Se l ' imposta fosse distribuita « per imprese » , ad ogni variazione della dimensione e della qualità dei parecchi milioni di imprese agricole esistenti in Italia , dovrebbe aver luogo una rivalutazione del reddito . Il costo sarebbe altissimo , gli errori frequenti ; il malcontento dei contribuenti grande ; nullo il vantaggio dell ' amministrazione ; - - della equità , poiché un fattore non trascurabile della distribuzione dell ' imposta è il luogo su cui primamente questa è assisa . Sia 100 l ' imposta pagata dall ' imprenditore agricolo ( fittaiuolo , mezzadro , o proprietario coltivatore diretto ) , gravato dal carico di ripartirla tra se stesso , il proprietario , gli agenti a stipendio , i braccianti giornalieri . E sia anche 100 la somma delle imposte che , adottando una delle altre tre maniere di tassazione distintamente graverebbero le diverse persone partecipanti alla produzione . La distribuzione finale dell ' imposta dovrebbe , in teoria pura economica , essere uguale nei due casi ; ma non è , perché nel passaggio dal contribuente percosso a quello inciso si debbono superare attriti molteplici , i quali scemano la fluidità del movimento . Ad impedire il danno , il legislatore può attribuire all ' imprenditore diritto ed anzi far obbligo di rivalsa contro gli altri partecipi , per determinate parti aliquote del carico totale ; ma se le parti aliquote debbono essere determinate dalla legge , se si vuole escludere ogni sospetto di profitto per l ' imprenditore , o per qualsiasi altra persona ( proprietario , mezzadro , agente ) alla quale fosse affidato il compito della ripartizione a danno degli altri partecipanti al prodotto totale , il metodo si risolve nell ' uno o nell ' altro dei due metodi rivali delle classi sociali e delle categorie economiche . A che pro , dunque , scegliere proprio quel metodo il quale impone alla finanza il duplice compito ed ai contribuenti il duplice costo della attuazione sua e quella nel tempo stesso di un altro metodo ? 69 . Rimane da esaminare l ' ultimo metodo di tassazione « per categorie economiche » , il quale si attua quando l ' imposta colpisce la rendita e la quasi rendita dominicale , l ' interesse del capitale scorte ed anticipazioni , i salari di direzione dominicale o d ' impresa , i salari del lavoro manuale e simiglianti quantità economiche astratte , senza curarsi delle persone e delle classi sociali tra cui i redditi medesimi vanno distribuiti . Consiste il metodo in ciò che non si ha riguardo alla diversa natura dei contratti agrari con cui si conducono i fondi rustici . Essendo in condizioni « normali » , il reddito dominicale , quello industriale e quelli di lavoro uguali , sia che appartengano ad un proprietario coltivatore in economia o diretto o ad un fittaiuolo o ad un mezzadro o a un obbligato fisso o bracciante , la tassazione dei redditi ordinari ( che fanno parte di Po ed Pmo ) può aver luogo separatamente da quella delle rendite ( R ) , pseudo ­ rendite ( H ) e dei vantaggi extra ­ economici ( V ) . Ciò è opportuno sia per tassare soltanto quelle tra le qualità indicate che si giudichi opportuno sottomettere a tassazione , sia per adattare ad ogni tipo di reddito la maniera più conveniente di accertamento e di tassazione . Ove si ritenga corretto tassare soltanto i redditi ordinari , è possibile , con questo metodo , eliminare l ' involontario equivoco tra essi e le rendite o pseudo ­ rendite o vantaggi . Mentre si tassano o si esentano ugualmente uguali redditi e non si dà perciò alcun premio ad una maniera speciale di conduzione di terreni contro le altre , è possibile applicare alle diverse categorie di reddito il trattamento particolare che il legislatore reputi opportuno , degradando , ad esempio , dall ' aliquota massima per le rendite dominicali e le quasi rendite ad aliquote via via minori per gli interessi di capitale , ed i salari di direzione dominicale d ' impresa e di lavoro manuale . 70 . A questa maniera di tassazione si può muovere il rimprovero di essere ordinata per categorie astratte e non per persone concrete ; sulla rendita e sulla quasi rendita e non sul proprietario di terreni ; sul salario dominicale e non sul fattore ; sul salario di impresa e sul salario del lavoro manuale e non sul bracciante . C ' è qualche forza in questo rimprovero ; ma essa è tutta contenuta in due punti , che fa duopo eliminare preliminarmente . La prima è la tassazione del reddito del lavoro manuale . È grave macchia dell ' imposta mobiliare italiana di avere seguito nella tassazione del lavoro manuale criteri incerti e contraddittori . Il salario del lavoro manuale è tassato : - - quando esso è misto col compenso del lavoro di direzione e coll ' interesse del capitale impiegato dall ' industriale e dal commerciante ( cat . B ) . Di qui una sperequazione stridente tra le piccole imprese , a cui unicamente tale tassazione si applica perché il titolare , la moglie ed i figli prestano l ' opera loro nell ' azienda e le medie e grandi imprese , in cui il lavoro manuale è riservato a salariati avventizi esenti dall ' imposta ; - - quando esso è riscosso da salariati dipendenti dallo stato , dalle provincie , dai comuni , da società sovvenzionate , da enti pubblici e somiglianti contribuenti , i cui redditi comodamente si possono accertare , laddove gli operai e manovali non legati da contratto di lavoro stabile ne vanno di fatto immuni . Tutto ciò è incongruo ; e non può fornire argomento valido per importare le sperequazioni vigenti dal campo industriale al campo agricolo . Il problema dell ' imposizione sui salari agricoli deve , al par di quello sui salari industriali , essere risoluto armonicamente ed equamente in relazione alla speciale natura del reddito ­ salario rispetto alla periodicità ed ai rischi di disoccupazione , malattia , infortuni , vecchiaia , ecc . ecc . Né può dirsi , come già fu chiarito sopra , che il salario di lavoro manuale acquisti certezza quando esso sia misto con quello di interesse di capitale e di salario . L ' ipotesi di costanza si fa per i redditi dominicali e di industria sia perché i soggetti di questi redditi sono normalmente capaci di compensare gli scarti al disotto con quelli al disopra della media , sia perché il criterio dell ' ordinarietà è utilissimo al raggiungimento di fini economici . Sarebbe eccessiva pretesa chiedere al lavoratore di pagare imposte costanti anche in tempo di disoccupazione e di crisi ; e tal pretesa , che giova verso il proprietario e l ' imprenditore agricolo , non si vede quale spinta possa dare alla produttività del lavoro . Nessuna differenza esiste tra salari agricoli e salari industriali ; ché entrambi sono soggetti a vicissitudini stagionali , a crisi di disoccupazione e tendono ogni giorno più a diventare intercomunicanti tra di loro . La localizzazione di molte imprese industriali nelle campagne , la facilità nelle comunicazioni , la diversità delle occupazioni a cui attendono i membri delle stesse famiglie hanno fatto sì che siano frequenti i casi di persone che or attendono a lavori agricoli ed ora a lavori industriali e che nelle stesse famiglie siano facili i confronti tra salari dell ' una e quelli dell ' altra specie . Esiste una popolazione marginale , la quale agevolmente si sposta e con i suoi spostamenti palesa a tutti il danno delle sperequazioni tributarie . Questa popolazione si sposta altresì da tipo a tipo di lavoratore agricolo ; il piccolo proprietario , nei momenti lasciatigli liberi dalla sua minuscola azienda , si fa bracciante al soldo altrui ; il mezzadro ritorna ad essere obbligato fisso o servitore di campagna , ove non si collochi in un fondo condotto a mezzadria ; il piccolo fittaiuolo non di rado lavora qualche giornata a salario od assume terreni a partecipazione . Il salario di intrapresa ( s i ) è connesso coll ' interesse ( i ) del capitale scorte ; non così il salario del lavoro manuale ( s m ) il quale , quand ' anche sia goduto da piccoli proprietari , fittaiuoli o mezzadri , segue le sorti incerte proprie della sua natura . Ragioni di opportunità fiscale e di giustizia tributaria impongono dunque che i salari di lavoro manuale siano trattati tutti alla medesima stregua , senza badare alla loro natura agricola od industriale , tutti esenti o tutti tassati , e nel caso di tassazione , si adottino metodi adatti al particolare tipo di reddito considerato . Quale possa essere questo metodo , non è qui il luogo di dire . Tenuità dell ' aliquota , per compensare l ' incidenza grave delle imposte sui consumi ; esazione comoda , compiuta col ministero dei datori di lavoro , per facilitare gli accertamenti e la riscossione , ma senza anticipazione da parte di essi , per non eliminare la consapevolezza del pagamento del tributo da parte dei lavoratori : questi paiono essere i caposaldi della tassazione dei salari . Qui basti di aver chiarito che le imposte terriere non debbono aver nulla a che fare con la tassazione dei salari agricoli , da chiunque goduti . 71 . Si rimprovera in secondo luogo al metodo della tassazione per categorie economiche che esso reca offesa al principio della personalità dell ' imposta . La tassazione per classi sociali consente invero che il contribuente detragga dal proprio reddito gli interessi su debiti contratti per la produzione del reddito medesimo ed a lui siano attribuite esenzioni o minorazioni d ' aliquota nei casi di redditi minimi e mediocri . Così si fa per l ' imposta di ricchezza mobile sui fittaiuoli e per l ' imposta speciale sui redditi agrari . Invece l ' imposta sui terreni , la quale è « per categorie economiche » e colpisce la rendita e la quasi rendita dei terreni , senza preoccuparsi delle persone dei proprietari , non concede detrazione di annualità passive , né esenzioni o minorazioni d ' imposta . Se anche l ' imposta su s d e s i fosse repartita per categorie economiche dovrebbe seguire le regole rigide dell ' attuale imposta sui terreni . L ' osservazione è esatta . Ma la detrazione degli interessi sui debiti attualmente concessa ai fittaiuoli , ai proprietari coltivatori ed ai mezzadri è scritta sulla carta , non operante nella realtà . L ' adozione delle tabelle ha impedito che si tenesse conto , ai fini dell ' imposta sui redditi agrari , delle situazioni particolari , le quali sole rendono possibile la detrazione dei debiti . Quando il reddito tassato è quello ordinario , corrente , come constatare il rapporto di causa ed effetto che deve intercedere tra il mutuo contratto e la produzione ottenuta ? La produzione , essendo ordinaria , resta invariata , sia che un capitale assunto a mutuo di fatto sia stato o non impiegato . A che pro impacciarsi di debiti produttivi ? Poiché il mutuo deve inoltre risultare da atto scritto e si deve conoscere il nome e il domicilio del creditore nel regno , allo scopo di tassare a suo carico l ' annualità attiva , chiaro è come rarissimi , limitati a qualche mutuo concesso da enti esercitanti il credito agrario a contribuenti tassati in base al reddito effettivo agrario risultante da bilanci , debbono essere stati i casi di effettuata detrazione di interessi sui debiti . Ugualmente appaiono scritte sulla carta le esenzioni e minorazioni d ' imposta per redditi minimi . Si pensi che esenti dall ' imposta sui redditi agrari furono soltanto i redditi non superiori a lire 535 all ' anno e tali furono presunti tutti quei redditi i quali derivavano da fondi assoggettati ad un tributo fondiario erariale principale non superiore a lire dieci . Cifre , nella odierna svalutazione monetaria , impalpabili e che rimarrebbero tali anche se esse fossero moltiplicate per quattro o sei volte ; perché corrispondenti appena a quello che è il salario corrente del bracciante agricolo . Colui il quale gode di tali redditi è nulla più che un bracciante e sarà avvantaggiato nel miglior modo quando a lui si faccia quel trattamento particolare che deve essere riservato in genere ai salariati manuali . Non dovrebbe essere difficile escogitare all ' uopo spedienti grazie ai quali fossero eliminate dai ruoli delle imposte sugli interessi delle scorte ( i ) e sui salari di direzione ( s d ) e d ' impresa ( s ) tutte le quote non superiori ad un minimo stabilito . Si gioverebbe così nel tempo stesso agli uffici tributari , esonerandoli del carico di un lavoro defatigante e produttivo di centesimi ed ai contribuenti , i quali a ben poco od a quasi nulla rinuncerebbero quando perdessero gli illusori benefici della personalità . 72 . I benefici stessi sono ben poca cosa in confronto dei vantaggi di certezza e di comodità di pagamento che sono inerenti alla tassazione per categorie . L ' imposta fondiaria sui terreni , che già segue questa regola , corre le sorti della terra , si fraziona , si cumula agevolmente ad ogni trapasso ; non richiede nuovi accertamenti quando muta il proprietario . Paga la terra in quanto costituisce particella catastale di tal classe e qualità , in ragione di tariffa nota e di superficie ; qualunque notaio o perito sa fare in occasione di vendite o divisioni ereditarie il calcolo di quanto spetti pagare ad ognuno degli aventi causa del presente possessore . La voltura catastale può tardare e sui ruoli può per qualche anno figurare ancora l ' antico proprietario ; ma l ' imposta viene già di fatto soluta dai successori , senza uopo che intervenga subito l ' amministrazione e senza alcun errore . Tra una lustrazione e l ' altra , sovratutto se l ' intervallo legale sia di decenni , non occorrono contatti fra contribuente e finanza ; e , quando la lustrazione del catasto ha luogo , opera per criteri generali , senza discussioni irritanti , e senza sperequazioni accidentali dovute all ' abilità dei contraenti . Questi vantaggi paiono tanto grossi da fare apparire irrilevante il risparmio che a taluni contribuenti potrebbe forse consentire il metodo personale di tassazione . La procedura defatigante che occorrerebbe osservare per ottenere la detrazione dei debiti e la esenzione o minorazione d ' imposta per le quote inferiori al minimo esente per la ragion sopradetta della improduttività fiscale imporrebbe un dispendio per curiali patrocinatori e per tempo perduto di gran lunga maggiore della imposta condonata . Il legislatore , il quale vuole recare beneficio sostanziale ai contribuenti e deve tenersi lontano delle mere apparenze , può , assai acconciamente , giovare alla classe dei minori contribuenti , ristringendo il campo tassabile alle rendite , quasi rendite , interessi di scorte , e salari di direzione e d ' impresa e largheggiando nei criteri di accertamento ed esenzione dei salari del lavoro manuale , da chiunque prestato . 73 . I criteri di personalità , possono , oltreché pei salari del lavoro manuale , acconciamente applicarsi , ove si reputi possano formare oggetto di tassazione , ai sovraredditi o rendite ( R ) , nonché ed a maggior ragione alle pseudo - rendite ed ai vantaggi ( H e V ) . Mentre il reddito ordinario è quello che si presume ottenersi in condizioni normali e può universalmente tassarsi , secondo criteri generali , il sovrareddito è un fatto differenziale , personale che , secondo l ' intima sua natura , deve essere individuato al nome dell ' imprenditore particolarmente abile o perito o diligente che lo consegue . La sua tassazione deve necessariamente essere personale , né può aver luogo per presunzioni generali secondo la regola che a data terra ed a dato capitale deve conseguire tale o tale reddito . Al criterio del « deve essere » fa d ' uopo sostituire il criterio dell ' « è » , e la esistenza del sovrareddito non può essere accertata se non mediante accertamenti individuali , scrutinio scrupoloso di conti , indagini su capitali impiegati e quindi su debiti contratti . Esistono dunque , per i sovraredditi , le condizioni opportune affinché la indagine fiscale assuma indole personale . S ' intende che la tassazione personale dei sovraredditi è subordinata alla condizione che si voglia tassarli ; il qual punto finora non fu discusso . 74 . Cominciando ora a discuterlo , si elimini innanzitutto il quesito della possibile tassazione dei vantaggi sociali , morali , famigliari e politici attinenti al possesso della terra . Questi vantaggi si pagano bensì ( ved . § 51 ) ; ma sarebbe sommamente arbitrario soggettarli ad imposte ; poiché , per la stessa ragione , bisognerebbe tassare tutti gli altri piaceri della vita , che spesso non si traducono in moneta : il rapimento dell ' asceta , le sublimi soddisfazioni dell ' artista creatore di capolavori artistici , dello scienziato scopritore di veri , del politico dominatore di popoli , del capitano vincitore di battaglie . L ' imposta colpisce , per tutti , il risultato concreto dell ' opera compiuta , il frutto , il reddito ; non può colpire le soddisfazioni puramente psicologiche . Se , per i vantaggi psicologici derivanti dalla terra , si avrebbe l ' opportunità di tassarli attraverso la capitalizzazione che del valore annuo di essi fa il mercato , la tassazione esclusiva di essi sarebbe scorretta , qualora contemporaneamente non fossero percossi tutti i vantaggi psicologici che , nei campi più svariati , si aggiungono al reddito monetario e non sono suscettibili di valutazione di mercato . Impresa di fatto sommamente arbitraria . La tassazione dei soli vantaggi psicologici derivanti dalla terra sarebbe , oltreché scorretta rispetto ai vantaggi simiglianti di altri redditi inafferrabili attraverso la valutazione economica , sperequata in se stessa ; ché , se ben si guarda , i vantaggi psicologici della terra , dei quali dianzi ( § 51 ) si diede un elenco parziale , sono di fatto apprezzati sul mercato sovratutto per la media e la piccola proprietà ; epperciò il legislatore preferisce per lo più tassare i redditi , sulla cui valutazione quegli elementi non influiscono , a preferenza dei valori capitali , che soli ne subiscono il contraccolpo . Rimarrebbero immuni le grosse proprietà le quali si negoziano , per unità di reddito , a prezzi capitali più vili nonostante i vantaggi sociali che gli acquirenti si ripromettono dall ' acquisto . La tradizione tributaria ripugna a tassare quel che è mero godimento sociale famigliare politico intellettuale e morale ; e , se non si voglia cadere nell ' arbitrio proprio dei tiranni , fa duopo a quella tradizione render omaggio . 75 . Più complicato è il punto della tassazione delle pseudo - rendite , derivanti da variazioni apparenti monetarie , vincoli legali , coltivazioni di rapina e simili . Par certo che i sovraredditi derivanti dal deprezzamento monetario non possono formare oggetto di tassazione particolare . La mutazione del reddito da 100 lire del tempo A a 400 lire del tempo B è puramente nominale se nel frattempo la potenza di acquisto della lira è caduta da 1 a 0,25 . Essa può dar motivo ragionevole alla finanza di mutare gli imponibili di ogni reddito terriero , dominicale o industriale , come di qualsiasi altro reddito da 100 a 400; ovvero di applicare un coefficiente di moltiplicazione al contingente od aliquota dell ' imposta , cosicché , seguitando a pagare il 10 per cento su cento lire del tempo A , le 10 lire d ' imposta siano moltiplicate per il coefficiente 4 . Questi , ed altri che si potrebbero escogitare , sono ragionevoli avvedimenti per continuare ad esigere l ' imposta antica . Non si può dalla variazione nominale dedurre che la differenza tra 400 e 100 sia un maggior reddito effettivo , tassabile come se fosse un nuovo cespite . Può darsi che al legislatore , allo scopo di sormontare l ' ostacolo di una opposizione troppo vivace da parte dei contribuenti , torni conveniente immaginare l ' esistenza di un nuovo cespite , degno di tassazione . Forse è accaduto , come fu dianzi supposto ( ved . § § 65 e 66 ) , che a facilitare la tassazione di altri redditi , come sarebbero quelli agrari , si colga l ' occasione in cui essi e quelli dominicali sono nominalmente ingranditi . Tutto ciò rientra nel novero di quei metodi di illusione tributaria , di cui ragionava Amilcare Puviani , i quali non si può pretendere siano banditi dalla pratica dei finanzieri . Tolta l ' illusione , resta il fatto che le mutazioni monetarie debbano dar luogo a riaggiustamenti di imposta , antiche o nuove , spiegabili per altra guisa , non a imposizione sostanzialmente nuova . Fu asserito che le pseudo ­ rendite da variazioni monetarie sono degne di particolar tributo , inteso ad uguagliare od avvicinare la sorte di chi vide crescere nominalmente i proprî redditi o valori capitali a quella di chi li osservò invariati . Se la potenza d ' acquisto dell ' unità monetaria scemò , come si disse sopra , da 1 a 0,25 , colui il quale vide il proprio reddito aumentare da 100 a 400 nulla perdette ; chi lo vide crescere da 100 a 200 lo sentì dimezzato e finalmente colui il quale lo conservò stazionario a 100 dovette rassegnarsi di fatto a riscuotere la quarta parte del reddito originario . Se , ora , il legislatore « definisce » sovrareddito tutta la eccedenza oltre 100 e la tassa con un tributo del 50 per cento , il primo paga la metà di 300 , differenza fra 100 e 400 , restando con 250 , il secondo paga la metà di 100 restando con 150 ed il terzo non paga nulla . In assenza di imposta , i tre avrebbero goduto rispettivamente un reddito di 400 , 200 e 100 unità monetarie nuove , uguali a 100 , 50 e 25 unità vecchie ; dopo l ' imposta conservano redditi di 250 , 150 e 100 unità vecchie pari a 62,50 , 37,50 e 25 unità nuove . In assenza di imposta essi avrebbero perduto in unità monetarie costanti , rispettivamente zero , 50 e 75; dopo l ' imposta perdono 37,50 , 62,50 e 75 . L ' imposta non grava dunque i guadagni o redditi , ma le « minori perdite » ed ha lo scopo di ridurre tutti i contribuenti a condizione simile a quella del contribuente , il quale dalla svalutazione monetaria fu massimamente danneggiato . Lo scopo si raggiunge pienamente quando l ' aliquota del tributo giunga al 100% e questo si chiami « avocazione » . Ma è palese altresì che qui non si discorre di imposta propriamente detta , bensì di uno strumento immaginato dal principe , il quale abbia , con la svalutazione monetaria , ridotto il reddito ed i patrimoni dei cittadini , suppongasi , alla quarta parte , per assicurarsi che nessuno possa sfuggire alla sorte da lui decretata alla generalità . È chiaro che sia lo scopo voluto quanto lo strumento all ' uopo immaginato non possono essere oggetto di analisi critica sulla base dei consueti canoni tributari , sibbene debbono essere giudicati sul fondamento dei criteri politico ­ sociali dai quali il legislatore è stato mosso : uguagliamento dei redditi , espropriazione di talune classi sociali , avocazione forzata senza indennità di una parte della ricchezza privata alla collettività . Epperciò , qui dove si ragiona di imposte sui redditi e non di decapitazione dei papaveri più alti , più non se ne discorre . È parimenti estranea alla ragion tributaria la tassazione dei sovraredditi temporanei derivanti da vincoli legali . Che il reddito dominicale ( r t + r c ) sia goduto tutto dal proprietario od in parte sia appropriato , in regime di vincolo , dal fittaiuolo , è fatto che non muta la grandezza del reddito medesimo e l ' ammontare del tributo che esso deve e può sopportare . È lamentevole che , mentre il reddito dominicale è temporaneamente goduto per un quarto dal proprietario e per tre quarti dal fittaiolo , l ' imposta cada soltanto sul primo e lo riduca all ' inopia . Ma l ' ingiustizia per tal modo creata non è tolta coll ' istituire un nuovo tributo sui tre quarti spettanti al fittaiuolo , quasi questi fossero un nuovo reddito o sovrareddito di congiuntura . Esso altro non è se non il reddito dominicale , il quale deve unicamente tassarsi colla sua propria imposta . Colpire il quarto del proprietario coll ' imposta fondiaria come se fosse il tutto ; e tassare poi , come se fossero un sovrareddito , i tre quarti del fittaiolo con una imposta particolare , è commettere peccato di doppia tassazione . Ragion vorrebbe che l ' imposta fondiaria colpisse secondo l ' aliquota sua il reddito presso il proprietario , come se tutto fosse da lui goduto , con diritto di rivalsa sul fittaiuolo per la quota del reddito dominicale di cui egli gode . Possono darsi difficoltà di applicazione ; ma , poiché esse nascono dalla legislazione vincolatrice , questa , che è adusata a magistrature arbitrali , deve ordinare espedienti provvisori atti grossolanamente a risolverle . 76 . Sostanziale invece e non formale è il quesito della tassabilità delle pseudo ­ rendite derivanti da coltivazione di rapina . Se il fittaiuolo , non contento degli interessi sul capitale scorte e del salario di intrapresa ( i + s i ) , ed impaziente delle rendite ( R ) che potrebbe procacciarsi con la sua intraprendenza ed abilità tecnica , depaupera , in isfregio alle convenzioni di affitto , la terra affidatagli ed ottiene guadagni particolari , la pseudo ­ rendita da cultura di rapina così ottenuta deve essere assoggettata a tributo ? Qui non basterebbe dire , in contrario , come si fece per le pseudo ­ rendite da variazioni monetarie o da vincoli legali , che il reddito totale non è aumentato , poiché il lucro del fittaiuolo è ottenuto a spese del proprietario . Questi si troverà , al termine della locazione , il valor capitale della terra diminuito di una somma forse superiore all ' importo dei canoni di fitto ricevuti ; ed è certo che la pseudo ­ rendita da rapina non è frutto , ma diminuzione di valor capitale . L ' imposta che colpisce le pseudo ­ rendite da rapina colpirebbe dunque bensì l ' arricchimento del fittaiuolo , ma l ' oggetto suo sarebbe non un reddito , ma la parte del capitale che , in frode al proprietario , va distruggendosi . Non si dica che l ' equità tributaria vorrebbe la tassazione del fittaiuolo sulla pseudo ­ rendita di rapina ( h r ) e la detrazione di questa dal reddito dominicale del proprietario . Questa detrazione non compete al proprietario , essendo regola principalissima dell ' imposizione fondiaria che il proprietario sia amministratore della cosa sua almeno tanto oculato da impedire la rapina del fittaiuolo . Se egli tale non è , ne subisca le conseguenze ; ma non pretenda di addossarle allo stato . Della regola si dirà subito il fondamento ; qui si assume come premessa pacifica . Se la detrazione non deve essere concessa , l ' erario è sicuro di riscuotere , mediante l ' imposta fondiaria , il tributo dovuto su tutto il reddito , comunque ripartito , sia intieramente a favore del proprietario , in una coltivazione ordinaria , sia in parte a favore suo ed in parte a pro del fittaiuolo rapinatore . Resta il quesito : se sia conveniente che l ' erario , oltre l ' imposta sul reddito dominicale , prelevi altresì tributo su una quantità che economicamente è arricchimento del fittaiuolo , socialmente è distruzione di capitale . La tassazione non potrebbe certamente operarsi sulla base di presunzioni generali ; la rapina non potendo presumersi , ma dovendo essere scrupolosamente accertata caso per caso . Trattasi di qualcosa che potrebbe chiamarsi « reato » contro la terra ; e che dovrebbe essere accertato con perizie in contraddittorio con l ' imputato , nascendo dalla colpa del fittaiuolo ragion non solo d ' imposta per lo stato , ma di giusto indennizzo per il proprietario . Lo stato dovrebbe farsi giudice dei metodi di coltivazione dei fondi e sentenziare quando essi rispondano alle esigenze della buona agricoltura e quando invece depauperino il terreno . Bastano queste riflessioni ad escludere la tassazione dei guadagni di rapina , come difficoltosissima nella sua applicazione , e perciò costosa ed improduttiva per l ' erario , inefficace alla consecuzione dello scopo economico di punizione contro i cattivi coltivatori . L ' azione dello stato sarebbe di tormento per i coltivatori ordinari , soggetti a denunce di invidiosi e nemici . Se contro la cultura di rapina non si ribella il proprietario danneggiato , se il proprietario stesso ha così corta vista da distruggere il capitale proprio , non certo l ' amministrazione finanziaria , con i suoi metodi di generalità e di imparzialità , può impedire il danno . Altri avvedimenti , usati da corpi tecnici , possono invocarsi all ' uopo ed , attuati da agronomi competenti invece che da ufficiali tributari ad altri compiti intesi , possono essere congrui all ' intento voluto . 77 . La finanza da gran tempo ha scoperto la via regia la quale conduce al perfezionamento nei metodi culturali ed all ' incremento nella produzione agricola ; ed è la esenzione dall ' imposta delle rendite ( R ) che si possono ottenere dalla terra coltivata con abilità eccedente l ' ordinaria o con diligenza straordinaria o con metodi tecnici ed economici perfezionati oltre le consuetudini locali o per congiunture eccezionalmente favorevoli di prezzi e di mercati . Notisi di nuovo che , quando qui si parla di « rendite » non si vogliono includere quelle che in linguaggio economico si chiamano rendite o quasi rendite della terra e sono il compenso differenziale o di limitazione delle terre migliori , ed insieme dei capitali stabilmente investiti in esse , in confronto delle terre marginali o di queste in confronto al saggio di rendimento normale dei risparmi nuovi . Le rendite e quasi rendite nel significato usato nella scienza economica fanno parte , come fu osservato dianzi ( cfr . § 47 ) , del reddito ordinario , che il coltivatore buon padre di famiglia , il quale usi i metodi culturali invalsi secondo le consuetudini locali , deve ricavare dal fondo . Se così non fosse , egli non sarebbe un coltivatore medio ed il prodotto sarebbe inferiore all ' ordinario . I sovraredditi ( R ) sono invece fatti eccezionali ; dovuti a circostanze transitorie o personali . La loro caratteristica non è di esistere sempre laddove vi sono terreni coltivabili , come accade per le rendite e le quasi rendite ; ma di venire alla luce solo quando coltivatori dotati di qualità non comuni ottengono un prodotto ultra ordinario . 78 . Ragioni di carattere prettamente tributario hanno in primo luogo consigliato la esenzione dei sovraredditi o rendite in agricoltura . È contrario all ' indole dell ' amministrazione finanziaria di cercare il fatto singolo , eccezionale . Ciò può accadere quando documenti precisi , come un bilancio di società , avvisano il finanziere dell ' esistenza del guadagno eccezionale . Dinnanzi al fatto preciso , si possono abbandonare le regole generali . Ma quando il fatto preciso non esiste od è sospetto come non attendibile , il funzionario è tratto naturalmente a seguire una norma generale . Come seguire altra via in agricoltura , dove , se fosse ammessa la indagine particolare , tutti pretenderebbero di essere stati danneggiati da brine , gelate , grandini , siccità , strette di caldo , piogge intempestive , malattie dei bachi , delle viti , mancanza di mano d ' opera e così via ? Come potere , non disponendo di un esercito agguerrito di investigatori , constatare se di fatto il tal fondo sia coltivato con abilità e con successo più che ordinario ? La tassazione delle rendite , sia personali ( r p ) che di congiuntura od estranee ( r e ) si risolverebbe fatalmente in una tassazione generale , applicabile a tutti . Sarebbe assurdo persuadere di fatto l ' amministrazione a tassare solo uno su dieci possibili contribuenti , come vorrebbe il principio della tassazione dei sovraredditi ( rendite ) da abilità personale ( r p ) o solo alcuni contribuenti fortunati in alcuni anni , come vorrebbe il principio della tassazione dei sovraredditi ( rendite ) da congiunture favorevoli di prezzi o di mercato ( r e ) . La tassazione avrebbe una tendenza fatale a convertirsi in tassazione ordinaria , negando la sua propria natura . A che pro , dunque , creare una imposta che sarebbe un mero duplicato di quelle sui redditi ordinari ? Se poi non si volesse cadere in questo errore , il tentativo riuscirebbe , a prezzo di spese eccessive per l ' erario , a colpire ingiustamente quei pochi contribuenti che , per il loro obbligo di tenere contabilità veritiere , da sé medesimi andassero a presentarsi ai colpi della finanza . Per le quali ragioni , di rendimento scarso e sperequato o di fatale degenerazione in una addizionale ai tributi fondiari ordinari , la tassazione delle rendite è assolutamente esclusa per chi ragioni dal puro punto di vista tributario . 79 . Altra e ben più grave fu tuttavia la ragione per la quale i nostri maggiori avevano ristretta la tassazione terriera al reddito ordinario , esclusa ogni pretesa di colpire i sovraredditi . Troppo agevolmente noi ci siamo dimenticati che gli ideatori del censimento milanese , più volte ricordato nel corso del presente scritto , avevano compiuto una scoperta che , per la grandezza dei benefici arrecati all ' economia pubblica , ben può paragonarsi alle maggiori di che si vanti la scienza economica : essere oggetto proprio di tassazione non il reddito « effettivo » ma il reddito « ordinario » . Bene è noto lo stato miserando in che giaceva l ' agricoltura lombarda al principio del secolo XVIII : abbandonate le terre al pascolo ed alla palude ; in fuga i coltivatori eppure tassati col nome di « teste morte » e di « teste finte » ; angariati i popoli dai gabellieri intenti alla scoperta di qualche indizio di agiatezza ; scoraggiati gli abitanti dal lavorare , per non fornire presa ad immediata tassazione . Il miracolo di trarre la terra lombarda dalla profonda sua abbiezione fu compiuto dal nuovo catasto , che si intitola a Maria Teresa ma fu ordinato da Carlo VI primo sovrano austriaco ; che fu illustrato da Pompeo Neri , ma era quasi condotto a termine sin dal 1733 , quando la guerra di successione d ' Austria lo interruppe , dal napoletano Don Vincenzo De Miro . Dopo aver descritto la miseria del contado di Lodi dove « crudeli appaltatori erano arbitri della roba e delle persone : un povero bracciante pagava fino a 20 scudi di annua taglia ; i piccoli proprietari , non bastando loro i frutti a pagare la metà delle gravezze , abbandonavano i poderi o li vitaliziavano a potenti privilegiati , che non pagavano tasse e non temevano tribunali » , Carlo Cattaneo scolpisce il rivolgimento operatosi in brevi anni colle seguenti parole lapidarie : Il nuovo governo chiamò successivamente a cooperare alla grande rinnovazione della Lombardia le belle e generose intelligenze di Pompeo Neri , di Gianrinaldo Carli , di Cesare Beccaria , di Pietro Verri . Si stabilì un nuovo censimento , che mirava a collocare l ' imposta sul valore fondamentale del terreno , anziché sul variabile annuo reddito , e sulla personale condizione dei possessori . Il nuovo catasto , decretato nel 1718 , ritardato con infiniti artifizii da molte magistrature e da molte classi privilegiate , ottenne il sacro vigore di editto perpetuo al 1° gennaio 1760 . Il suo principale effetto fu di pesare sull ' inerzia ed alleviare l ' industria ; poiché , ferma stante la proporzione della tassa all ' estimo una volta pronunciato , le migliorie successive rimangono esenti ; e il fondo , quanto meglio è coltivato , viene a pagare una tanto minor quota del frutto . Non passarono dieci anni , che vasti tratti sterili si videro coperti di ubertose messi . Alla fine del secolo il valor venale fondiario dell ' agro lodigiano era già quasi raddoppiato ! Prima che da Carlo Cattaneo , i mirabili effetti del censimento milanese erano stati messi in luce da uno scrittore del tempo : Gianrinaldo Carli , il quale , giunto alla chiusa del classico rendiconto dell ' opera compiuta da lui e dai suoi antecessori , sotto il titolo di « Conseguenze felici » così scrive : Ma si ottenne ancora di più , cioè un incoraggimento grandissimo per l ' agricoltura , il che ordinariamente sfugge dall ' occhio degli osservatori comuni . Questo incoraggimento consiste non solo nella sicurezza della giustizia , nel pagamento della vera e reale quotizzazione del tributo , ma altresì nella provvida agevolezza per cui i miglioramenti delle terre , sia per nuova coltura delle incolte , sia per nuove piantagioni di gelsi ed altre utili piante , sono esenti da ogni aumento di censo ; cosicché quel terreno , che è stato posto in estimo come incolto e però aggravato da minima tenue porzione di carico , divenendo colto e fruttifero seguita a pagare senza aumento alcuno il medesimo carico di prima . All ' incontro que ' terreni i quali al tempo della stima si sono ritrovati colti , se mai per incuria o per negligenza divengono di peggiore condizione , rimangono senza diminuzione alcuna sotto il medesimo tributo . Così con una operazione sola si punisce l ' inerzia e si premia l ' industria ; il che è stato sempre presso i politici un problema di difficile soluzione . Quanto abbia prodotto di bene questo sistema è incredibile . Nel solo Lodigiano a ' tempi della generale stima si son trovate incolte pertiche circa 23 000 , ed ora non ve ne saranno cento . Infatti nel 1733 si numerarono , secondo la relazione del notaio Masera , caselli , ossiano bergamine ove il formaggio si fabbrica num . 197; nel 1767 se ne sono contate n . 236 , ognuna delle quali comprende vacche circa 120 , fabbrica forme grandi di formaggio 290 circa . Sicché di quel tempo in qua sono aumentati caselli num . 39 nel Lodigiano , ossiano vacche n . 4680 , e formaggi num . 11310 , i quali nella provincia formano un ingresso intorno a Lire 848.250 . Così in tutte le città le case sono raddoppiate , perché anche in questa classe l ' alzamento ed ingrandimento non porta aumento di tassa . Stefano Jacini in un classico libro segnalava nel catasto stabile una causa potente del rifiorimento dell ' agricoltura lombarda : Il nuovo catasto segna il principio di quella che si potrebbe chiamare l ' età eroica del nostro moderno sviluppo economico , nella quale rifulgono d ' imperitura gloria i nomi dei Beccaria , dei Verri , dei Neri , dei Carli . Prima d ' allora le pubbliche gravezze venivano ripartite in modi arbitrari ed ingiusti . L ' imperatore Carlo VI , con dispaccio 7 settembre 1718 , istituiva una giunta di censimento che compilasse un nuovo estimo generale , ossia una diligente misura , stima e delineazione dei terreni , e degli edifici , in guisa che restassero fissate a perpetua memoria la posizione , l ' estensione ed il valore di ciascun fondo censibile in ogni territorio . Su tali basi poi si regolasse l ' imposta , scompartendola in proporzione del valore capitale indicato in scudi . Ritardati i lavori , con ogni specie di artifizi , da alcune magistrature e dalle classi privilegiate , e sospesi per le guerre del 1733 e del 1749 , furono poi riattivati . Nel 1760 il nuovo censo fu messo in vigore e quindi applicato anche al Ducato di Mantova . ( E dopo l ' aggregazione del Bergamasco , del Bresciano , del Cremasco , della Valtellina e dei distretti mantovani di Asola e di Volta , avvenuta in tempi posteriori , anche a questi ultimi territori ) . Tale provvedimento , oltre di essere proficuo all ' erario ed ai privati , pel modo semplice e sicuro di riscuotere le imposte dirette , fu di grande giovamento all ' agricoltura , perché i proprietari , determinato una volta il valor d ' estimo dei loro fondi , si affrettarono a migliorarli per accrescerne la rendita reale , e rendere così relativamente meno gravosa l ' imposta . In altri paesi fu preferito fissare l ' imposta sulla proporzione variante della rendita del suolo in ciascun anno . Con questo metodo si evita l ' inconveniente che le pubbliche gravezze , distribuite in origine con equità , in breve tempo non corrispondano più alla ricchezza dei fondi ; ma d ' altra parte l ' industria agricola , seguita d ' appresso e colpita dall ' imposta in ogni suo sviluppo , è molto meno stimolata ai miglioramenti . L ' esito dimostrò quanto fosse saggio il sistema censuario introdotto fra noi . Poiché la ripetizione giova , quando il medesimo concetto sia nuovamente esposto da penne sovrane , riprodurrò ancora due brani che si leggono in opere giustamente celeberrime di Carlo Cattaneo . Nell ' introduzione al saggio famoso presentato agli scienziati italiani convenuti a Milano nel 1844 , il Cattaneo noverò il nuovo catasto tra i fattori precipui del rifiorimento economico lombardo : S ' intraprese il censo di tutti i beni , dietro un principio che poche nazioni finora hanno compreso . Si estimò in una moneta ideale , chiamata scudo , il valor comparativo d ' ogni proprietà . Gli ulteriori aumenti di valore che l ' industria del proprietario venisse operando , non dovevano più considerarsi nell ' imposta ; la quale era sempre a ripartirsi sulla cifra invariabile dello scudato . Ora , la famiglia che duplica il frutto de ' suoi beni , pagando tuttavia la stessa proporzione d ' imposte , alleggerisce d ' una metà il peso , in paragone alla famiglia inoperosa , che paga lo stesso carico , e ricava tuttora il minor frutto . Questo premio universale e perpetuo , concesso all ' industria , stimolò le famiglie a continui miglioramenti . Tornò più lucroso raddoppiare colle fatiche e coi risparmi l ' ubertà d ' un campo , che posseder due campi , e coltivarli debolmente . Quindi il continuo interesse ad aumentare il pregio dei beni fece sì che col corso del tempo e coll ' assidua cura il piccolo podere pareggiò in frutto il più grande finché a poco a poco tutto il paese si rese capace d ' alimentare due famiglie su quello spazio che in altri paesi ne alimenta una sola . Qual sapienza e fecondità in questo principio , al paragone di quelle barbare tasse che presso culte nazioni si commisurano ai frutti della terra e agli affitti delle case , epperò riescono vere multe proporzionali , inflitte all ' attività del possessore ! Più ampiamente , lo stesso Cattaneo , nelle lettere in cui trasse argomento dall ' esperienza lombarda per proporre riforme utili a sollievo dell ' Irlanda , così additava allo studio degli stranieri il memorando canone di tassazione scoperto dai censitori milanesi : Il censo è quella descrizione generale del paese , nella quale ogni campo è designato nelle sue dimensioni e nella forma , e classificato giusta la condizione nella quale era al tempo in cui fu censito e il valore che allora aveva . È una istituzione che influì oltremodo nel miglioramento perenne delle terre , perché provocò un indefinito investimento di capitali . In altri paesi la tassa fondiaria e le altre imposte su le proprietà ( land ­ tax , property ­ tax ) per lo più sono assestate sul reddito presente effettivo del podere , e crescono o diminuiscono col reddito . Questa proporzione delli aggravi alla ricchezza , ossia alla forza di sopportarli , sembra un atto di giustizia , ed è un errore d ' economia . Infatti : se il lavoro delle terre altamente coltivate corrisponde alla quantità del capitale investito ; se il capitale in tal modo investito produce ben tenue interesse , cioè un tenue aumento di reddito ; se all ' aumento di reddito corre dietro un ' imposta proporzionale ; è assai facile che l ' interesse tenue diventi tenuissimo , diventi nullo . Mancherà dunque nel proprietario ogni spinta ad aggiungere altri capitali , e la tassa proporzionale nell ' improvida e ignara sua giustizia arresterà il miglioramento . Questa profonda verità fu avvertita nello scorso secolo dai grandi economisti , che , ignoti all ' Europa , reggevano le oscure sorti del nostro paese . Essi vollero adunque che nel censo fosse numerato e contrassegnato ogni campo , secondo il suo valore , ossia col numero degli scudi che esso valeva . La tassa fondiaria si riparte ancora oggidì sopra l ' estimo allora stabilito . Quindi la provincia di Milano essendo estimata circa 24 milioni di scudi e quella di Cremona 14 , le tasse si distribuiscono fra queste due provincie nella proporzione di 24 a 14 . In ciascuna provincia poi e in ciascun comune ogni campo vi contribuisce in ragione del numero degli scudi a cui fu estimato . Ciò vale anche per le sovrimposte comunali ( parish rates ) , che servono a sostenere in parte le spese delle strade , delle scuole , del medico , ecc . In un comune che ha per esempio l ' estimo di venti mila scudi , se si mettesse una sovrimposta di due mila lire , risulterebbe nella proporzione di un centesimo per ogni scudo ; e un campo estimato 70 scudi pagherebbe 70 centesimi , e così discorrendo . Due campi d ' eguale superficie , ch ' erano d ' egual valore al tempo in cui furono censiti , cioè un secolo fa , sostengono una parte d ' imposta fra loro eguale , benché l ' uno d ' essi siasi nel frattempo migliorato e dia reddito maggiore . Così l ' aumento industriale del reddito rimane franco d ' imposta . Quindi ognuno è spinto ad aumentare il reddito anche col più tenue impiego del capitale . Aggiunger parola a queste pagine memorande di uomini davvero grandi sarebbe irriverente . Al pari di coloro che , ignoti all ' Europa , reggevano le oscure sorti della Lombardia , i reggitori degli stati moderni debbono ricordare ognora che l ' imposta sui sovraredditi ( rendite positive e negative ) non solo è una impossibilità tecnica , ma sarebbe una gravissima sciagura economica . 80 . Debbono anche ricordare che la ordinarietà del reddito da assoggettarsi all ' imposta non vuol dire catasto « perpetuo » . Su ciò i moderni legislatori si discostano dalle affermazioni dei creatori del censo milanese ; bastando , a conseguire i benefici effetti della ordinarietà « un intervallo più o meno lungo di tempo e che giova sia determinato da principio » . Così il Messedaglia , il quale poi seguita : Si tratta di un reddito di lenta e travagliosa formazione ; i capitali impiegati in imprese agricole non rendono generalmente che a lontane scadenze , e importa in sommo grado di poter misurare fin da principio i carichi da cui possono andarne gravati ; importa ad ogni modo che gli aumenti eventuali di carico non vengan che tardi , e quando il maggior reddito sia per essere definitivamente conseguito e consolidato . Vi è un interesse maggiore di economia nazionale di corrispondere a cosifatta esigenza , di lasciar respirare l ' agricoltura , di non turbarla o vessarla con estimi ripetuti a troppo brevi intervalli , di promuoverne i miglioramenti col premio di una temporanea immunità . I possibili deterioramenti si verificano , alla volta , in via ordinaria , alquanto a rilento , e possono perciò consentire , senza eccessiva sofferenza , una revisione a qualche distanza di tempo , purché questa non sia eccessiva . Per altra parte , ogni operazione , anche di semplice revisione o rettifica generale di un catasto , è affare lungo , dispendioso , difficile , che s ' incontra in ostacoli di ogni guisa , e ingenera perturbazioni che interessa di provocare il meno frequentemente che sia possibile : e ne abbiamo noi stessi la dimostrazione in questo momento . Il modo medesimo e la norma secondo cui si procede in un catasto alla determinazione della materia imponibile , non si accordan bene che col concetto di una ragionevole stabilità , e ne sono la naturale conseguenza . Si cerca un reddito relativamente costante , calcolato bensì sullo stato attuale , ma per un adequato , che comprenda in termini di alquanta larghezza tutte le ordinarie vicende della coltivazione . I due concetti vanno perciò necessariamente connessi , e l ' uno è il naturale correlativo dell ' altro . Bensì è stata già fatta l ' osservazione che oggi si è assai meno inchinevoli ad una troppo lunga durata degli estimi , e propensi invece ad abbreviare i termini prestabiliti per la loro revisione periodica . Vi si avvisa il vantaggio di proporzionare meglio l ' imposta , in un ' epoca sopratutto come la nostra , dove le mutazioni sono comparativamente forti anche a non lungo intervallo di tempo , e di moderare le resistenze che possono altrimenti conseguire da troppo inveterati interessi o rapporti . Anche ad altre epoche noi non abbiamo presente alcun caso in cui la stabilità del catasto sia stata espressamente garentita per la perpetuità . Si faceva calcolo di un termine assai lungo e non prestabilito , che poteva anche protrarre indefinitamente l ' eventualità di una revisione ; ma non si andava più in là . Il lungo intervallo di tempo tra una lustrazione e l ' altra , ché a tanto si riduce la « perpetuità » degli estimi agrari , è cagione di un altro benefico effetto . L ' agricoltore , stimolato dall ' esenzione dei sopraredditi oltre l ' ordinario reddito catastale per i rimanenti anni a correre del tempo fra una lustrazione e l ' altra del catasto che la legge italiana del 1886 fissava in un trentennio , migliora la tecnica agricola , cresce la produttività dei campi . Gli sperimenti di novità , prima isolati , si moltiplicano . In capo al trentennio la terra è trasformata ; e son diversi i metodi culturali , i prodotti , gli uomini . Quel che era prodotto « ordinario » al momento della lustrazione precedente è divenuto l ' infimo ricavo degli agricoltori più ignoranti o meno capaci . L ' agricoltore medio , buon padre di famiglia si trova spinto ben più in su nella scala della produttività ; ed il prodotto « ordinario » è ora uguale a quello che trent ' anni prima era il sogno degli sperimentatori più ardimentosi . Ecco d ' un tratto la finanza raccogliere il frutto della sapiente sua prudenza nel perseguire i redditi eccezionali . Ecco dimostrato che l ' adeguare l ' imposta ai frutti della terra non è solo , come esclamava Carlo Cattaneo , un barbaro errore economico , ma è anche un gravissimo errore finanziario . PARTE TERZA IL PROBLEMA TECNICO Capitolo primo L ' oggetto dell ' imposta sui redditi agrari 81 . L ' analisi condotta nelle pagine precedenti ci consente di eliminare dalla equazione : ( 1 ) P = Po + Pmo ± ( R + H ) + V i termini R , H e V , come quelli a cui la tassazione non deve applicarsi . La somma dei restanti termini decomponendosi come dalle equazioni ( 2 ) e ( 3 ) , così : ( 9 ) Po + Pmo = ( c + r t + r c + i + s d + s + s m ) + ( mc + mi + ms i + ms n ) possiamo ulteriormente eliminare i termini c ed mc corrispondenti ai costi di fattori produttivi estranei all ' impresa agricola o che sono una partita di giro della contabilità di questa : sementi , concimi chimici , consumo di attrezzi e macchine agricole , fieno che serve all ' alimentazione del bestiame da lavoro e da allevamento e ricompare sotto specie di altri prodotti agricoli o di animali da macello , letame destinato al fondo , pali destinati alle vigne ecc . ecc . Questi termini in quanto provengano da fornitori estranei all ' azienda , dànno luogo ad autonoma tassazione mobiliare dei redditi dei fornitori medesimi . Le osservazioni fatte a suo luogo consentono di eliminare altresì i termini s m ed ms m , ossia i salari del lavoro manuale prestato sul fondo e per la prima manipolazione dei suoi prodotti naturali . La tassazione deve aver luogo con metodi appropriati alla particolare natura dei salari del lavoro , senza distinzione fra le varie persone le quali lo prestano . Residuano i termini : r t e r c rendita della terra e dei capitali stabilmente investiti nella terra s d salario del lavoro dominicale i interesse delle scorte vive e morte e del capitale d ' anticipazione dell ' imprenditore agricolo mi interesse del capitale impiegato dall ' imprenditore agricolo per la prima manipolazione dei prodotti naturali del fondo s salario del lavoro di intrapresa prestato per la direzione e l ' organizzazione dell ' impresa agricola ms i salario del lavoro di intrapresa prestato per la prima manipolazione dei prodotti naturali del fondo . Furono riuniti i due termini r t ed r c , perché inscindibili fra di loro , sicché nella pratica delle stime catastali non ci si attenta a separare l ' uno dall ' altro ed ambi si stimano congiuntamente guardando alla terra nella situazione nella quale essa di fatto si trova . Rimangono fuori di questo schema , come già accade presentemente , i redditi delle industrie di trasformazione industriale dei prodotti agricoli . La tassazione agricola comprende i redditi contenuti nell ' uva e nelle olive ( r t , r c , s d , i ed s i ) , quelli derivanti dalla trasformazione delle uve e delle olive in vino ed olio ( mi ed ms ) , ma non si estende alla distillazione del vino in alcool o alla trasformazione dell ' olio in prodotti medicinali od industriali . La norma è pacificamente accolta nella giurisprudenza tributaria italiana ed è razionale . Problemi sottili possono sorgere intorno alla esatta linea di distinzione fra il vino tassabile con le imposte agricole e l ' alcool o altre bevande tassabili con l ' imposta mobiliare ; ma qui non occorre discuterle , bastando riaffermare il principio . 82 . Importa invece discutere se sia conveniente includere nel campo di tassazione agricola il reddito ricavato dalla prima manipolazione dei prodotti naturali del fondo . La legge fondamentale del 1886 li ha esclusi dalla tassazione « fondiaria » , la quale si arresta al prodotto naturale ( uva ) e non si estende al maggior valore del vino in confronto all ' uva , sicché , quando sia conosciuto soltanto il valore del prodotto manipolato ( vino ) prescrive che , con adatti calcoli , si ritorni indietro sino al valore del prodotto naturale ( uva ) : Per quei prodotti che non si vendono allo stato naturale , ma soltanto dopo una prima manipolazione , la valutazione si fa sulla base dei prezzi dei prodotti trasformati , deducendo da questi le spese della trasformazione , tenuto conto del capitale impiegato e di ogni altro coefficiente dei prezzi medesimi , in guisa da ricavarne il valore del prodotto allo stato naturale ( Art . 121 del regolamento 26 gennaio 1905 , n . 65 ) . Ed è logico che così si fosse opinato , perché il reddito della trasformazione non deriva né dal capitale terra , né dai capitali stabilmente impiegati nella terra , di cui unicamente l ' imposta fondiaria voleva colpire i frutti ( cfr . ora il § 129 ) . L ' imposta sui redditi agrari non dà una soluzione unica . L ' istruzione 20 marzo 1923 così scrive : Per quei prodotti i quali siano stati venduti o consumati , non allo stato naturale , ma dopo una prima manipolazione , il reddito lordo deve essere determinato in base al valore dei prodotti manipolati e non allo stato naturale . Così , ad es . , se il proprietario abbia venduto l ' uva o le olive , il suo reddito lordo si dovrà determinare in base al prezzo di vendita dei suddetti generi ; se invece il proprietario avrà venduto i prodotti suddetti dopo la loro trasformazione in vino ed in olio , sarà il prezzo di questi ultimi a determinare il reddito lordo ( p . 35 ) . La soluzione è corretta , ove si parta dalla premessa che il reddito agrario tassato sia quello che risulta dalle dichiarazioni dei contribuenti , dei quali gli uni possono dichiarare di avere venduto i prodotti alla stato naturale e gli altri dopo una prima manipolazione . Ma , di fatto , alle dichiarazioni si diede scarsissimo peso e gli accertamenti furono fondati sulle « tabelle » ministeriali . Queste perciò avrebbero dovuto recare per ogni cultura od almeno per gran parte di esse , una distinzione fra il caso in cui il coltivatore usasse vendere i prodotti allo stato naturale e quello in cui facesse prima loro subire una qualche manipolazione . La distinzione non fu invece osservata ; sicché è incerto quale dei due redditi , se solo quello derivante dai prodotti naturali o anche quello della manipolazione , sia oggetto di tassazione ; sebbene sia forte la presunzione in favore della seconda ipotesi . In un solo caso appare dalle tabelle un tentativo di distinzione tra i due redditi , laddove si tassa prima il prato e poi il reddito del bestiame d ' allevamento od altrimenti non destinato al lavoro del fondo . La distinzione non appare tuttavia , neppure in questo caso , ben netta , sembrando da qualche frase della istruzione : ... qualora si tenesse conto nella determinazione del reddito sia del prodotto del suolo che il bestiame consuma , sia del prodotto del bestiame , si cadrebbe evidentemente in una duplicata valutazione di reddito che invece si sia voluto tassare alternatamente il reddito agrario o a titolo di reddito del prato o a titolo di reddito del bestiame , sebbene il metodo all ' uopo tenuto non sia ben chiaro . 83 . È superfluo insistere , dopo le cose lungamente discorse nel presente saggio , sulla convenienza di adottare una soluzione unica , generale , la quale possa essere considerata come quella ordinariamente osservata nella pratica agricola . La consuetudine , la quale va ogni giorno più radicandosi , sembra rispondere alla esigenza dei coltivatori di non subire le momentanee condizioni del mercato nel momento dei raccolti . Si tende sempre più , sia individualmente sia collo sforzo collettivo di cooperative rurali , a vendere il bestiame invece che il fieno , il vino piucché l ' uva , l ' olio piucché l ' oliva . Ogni coltivatore tende a possedere i mezzi tecnici per la prima manipolazione dei prodotti naturali del suo fondo ; contravvenendo per tal modo alla legge economica della divisione del lavoro , la quale consiglierebbe di vendere i prodotti naturali ad industriali specializzati , ma sottraendosi altresì alla iugulazione di prezzi eccezionalmente bassi correnti nel momento in che da tutti si sarebbe costretti a vendere ad ogni costo per la impossibilità di tenere a lungo prodotti deperibili . La regola non vale per e annate di eccezionale raccolto , superiore alla potenza degli impianti esistenti nel fondo ; ma vale per i raccolti che non si scostano troppo dalla media ordinaria . La regola è conforme al concetto della « ordinarietà » , poiché applica a tutti i contribuenti il criterio di tassazione che è equo per il contribuente medio buon padre di famiglia . Essa conduce al consueto risultato benefico dell ' ordinarietà ; poiché gli agricoltori incapaci ad utilizzare i prodotti naturali del fondo ed abituati a venderli appena raccolti sul mercato sono tassati come se ricavassero il reddito della prima manipolazione ; ed è questa una circostanza la quale contribuisce , sia pure con peso assai piccolo , ad eliminarli a poco a poco dal mercato . Nel momento della nuova lustrazione dei redditi agrari sarà divenuto , anche se non lo era del tutto prima , comune il tipo dell ' agricoltore provveduto dei mezzi tecnici necessari per sottrarsi alle avverse oscillazioni dei prezzi nel momento del raccolto ( cfr . sopra § 80 ) . Possiamo perciò concludere che meriti di essere accolta in principio la tesi , che sembra essere altresì quella seguita dalle « tabelle » ministeriali per la imposta sui redditi agrari : dovere l ' imposta « agraria » considerare i prodotti non nello stato « naturale » , bensì in quello « commerciabile » che si ottiene , ove faccia duopo , dopo una prima manipolazione . L ' osservanza di questa regola richiede una cautela del resto semplice , in sede di tassazione mobiliare . Nel calcolo del reddito netto dell ' industriale o commerciante , il quale a sua volta usi i prodotti del suolo come materia prima od oggetto della sua industria o del suo commercio , sarà necessario iscrivere al passivo sempre il costo del prodotto « manipolato » : del vino e non dell ' uva , dell ' olio e non dell ' ulivo . Altrimenti si verificherebbe una doppia tassazione del medesimo reddito della manipolazione , una prima volta presso l ' agricoltore ed una seconda presso l ' industriale . La cautela sembra agevole ad osservarsi , poiché l ' accertamento mobiliare ha luogo per casi singoli e per discussioni individuali , nelle quali , per quanto si proceda per confronti e per regole uniformi , si può fra le altre , anche tener conto della regola di non tassare due volte il medesimo cespite . Ben si può aggiungere che il maggior reddito della manipolazione , accollato sempre all ' agricoltore , è reddito ordinario ; e non comprende quei redditi commerciali che possono essere goduti dall ' industriale o negoziante in vino , in olio , in bozzoli , in virtù delle favorevoli condizioni del mercato , della sua capacità a serbare il prodotto a lungo prima di venderlo , della sua organizzazione di vendita . Tutto ciò è fuori dell ' industria agraria della prima manipolazione e può seguitare ad essere tassato al nome dell ' industriale o commerciante . La finanza , la quale riscuote tutto ciò che le è dovuto , può lasciare agli interessati e specialmente al processo di traslazione delle imposte sul mercato il compito di rivalersi eventualmente dell ' imposta sul reddito ordinario di prima manipolazione che talvolta l ' agricoltore avesse anticipato per conto dell ' industriale . 84 . Ferma tal soluzione , il quadro della tassazione agricola si presenta nettissimo . Trattasi di valutare ad un momento dato , tenuto conto dei metodi culturali osservati in ogni località , quale sia il valore lordo ordinario del prodotto vendibile del fondo , ridotto , dopo una prima manipolazione eventualmente necessaria , in stato commerciabile . Le operazioni catastali dovrebbero cioè subíre una modificazione , non sostanziale e non costosa . Invece di calcolare soltanto la rendita dominicale ( r t + r c ) , considerando tutti gli altri termini del totale come termini di costo , lo stimatore dovrebbe considerare taluni di questi altri termini come termini di reddito . La variazione nella tecnica della stima sarebbe formale . Oggi la stima della rendita dominicale soggetta alla imposta fondiaria avviene secondo la seguente formula , ricavata da ( 2 ) : ( 10 ) r t + r c = Po ­ ( c + i + s d + s i + s m ) . In altra sede , di tassazione dei redditi agrari , si calcolano i valori , di i , s d , s , s m , mi , ms i , ms m e si tassano separatamente o congiuntamente , a seconda di situazioni ipotetiche variabili e disformi della realtà . Esistono cioè , sebbene ottenuti in maniere indipendenti e quindi erronee per pericolo di sovrapposizione , tutti gli elementi del calcolo necessario per una conosciuta e perfetta tassazione . Qui si propone di utilizzarli attraverso i seguenti passaggi da ( 9 ) : ( 11 ) Po + Pmo = ( c + mc + sm + ms m ) + ( r t + r c ) + s d + ( i + mi + s + ms i ) . Da cui si ricava : ( 12 ) Po + Pmo ­ ( c + mc + s m + ms m ) = ( r t + r c ) + s d + ( i + mi + s + ms ) . La variazione proposta in confronto al vigente sistema di stima catastale consisterebbe unicamente nel dedurre dal valore lordo del prodotto commerciabile i soli costi vivi ed i salari del lavoro manuale . Gli altri termini di costo che or si deducono - - salario della direzione dominicale , interessi del capitale scorte vive e morte , salario del lavoro d ' impresa , e interessi e salari d ' impresa della prima manipolazione sarebbero invece considerati come termini di reddito tassabile . 85 . Questo sarebbe diviso in tre parti : A . Rendita dominicale ( r t + r c ) da tassarsi a nome ed a carico del proprietario del fondo , senza diritto di rivalsa su altri collaboratori alla produzione . È l ' attuale imposta fondiaria , nettamente delineata nel suo contenuto . Potrebbe anche chiamarsi categoria A dell ' imposta sui redditi agrari . B . Salario dominicale ( s d ) , da tassarsi a nome del proprietario con diritto di rivalsa sul fattore od agente a cui il proprietario abbia affidata la direzione della sua proprietà e la conservazione di essa in confronto dei coltivatori e dei terzi . Attualmente questo reddito viene tassato in categoria C dell ' imposta di ricchezza mobile , se la direzione o custodia della proprietà è affidata ad un fattore od agente . Se essa è tenuta dal proprietario , sfugge a tassazione , ancora oggi , dopo la istituzione dell ' imposta sui redditi agrari . Potrebbe denominarsi categoria B dell ' imposta sui redditi agrari . La tassazione dovrebbe aver luogo al nome del proprietario , essendo frequentissimo il caso che le due persone , di proprietario e direttore dominicale , siano fisicamente la stessa persona . Deve essere data facoltà di rivalsa sul fattore od agente ; ed anzi deve essere fatto obbligo al proprietario di fare denuncia del nome dell ' agente ai fini dell ' imposta complementare progressiva sul reddito . Quando la denuncia non sia fatta , si presume che il salario dominicale sia goduto dal proprietario ed esso , ai fini della detta complementare , deve esser compreso nel suo reddito complessivo . L ' adozione del proposto congegno suppone la esclusione di questi redditi dalla tassazione mobiliare . C . Reddito industriale agrario ( i + mi + s i + sm i ) . È l ' attuale imponibile dell ' imposta sui redditi agrari , con l ' esclusione dei salari del lavoro manuale e con l ' inclusione generalizzata dei redditi procedenti dalla prima manipolazione dei prodotti del fondo . Calcolato contemporaneamente alle altre due specie di reddito , e con gli stessi metodi di stima , non correrebbe il pericolo di sovrapporsi ad esse o di essere espresso in monete differenti . L ' imposta sul reddito industriale agrario sarebbe conosciuta sotto il nome di categoria C dell ' imposta sui redditi agrari . Essa si sostituirebbe intieramente all ' imposta di categoria B di ricchezza mobile sul reddito dei fittaiuoli , a quella di categoria C , pure di ricchezza mobile , sui salari non dominicali dei fattori ed agenti di campagna ed infine all ' odierna imposta sui redditi agrari , le quali dovrebbero perciò senz ' altro venire soppresse . 86 . Al nome ed a carico di chi l ' imposta sul reddito industriale agrario dovrebbe essere iscritta ? La soluzione al quesito è la risultante di vari fattori : - - la semplicità degli accertamenti e della riscossione . Poiché , come fu dimostrato sopra , tutte le imposte o tutte le categorie dell ' unica imposta sui redditi agrari debbono avere carattere reale ed universale , senza detrazione di interessi di debiti , esenzioni di minimi , salvo quelle che si reputino opportune per ragioni di economia amministrativa ( cfr . § 71 ) , e minorazioni di aliquota , la massima semplicità si ottiene iscrivendo l ' ammontare del reddito e dell ' imposta al nome del proprietario del fondo . L ' imposta sui redditi agrari , sia di categoria A o B o C , colpisce il reddito ordinario , accertato per ogni particella coi metodi catastali , divisibile perciò , con le successive volture , fra gli aventi causa nella proprietà e nel godimento al pari dell ' odierna imposta fondiaria ; - - la equità nella percussione legale . È socialmente e politicamente utile che la imposta sia iscritta al nome del contribuente che il legislatore ha voluto colpire . Poiché nel caso nostro il contribuente è , nell ' intenzione del legislatore , il coltivatore del fondo , la iscrizione dovrebbe essere fatta al nome del coltivatore : proprietario in economia , fittaiuolo , proprietario e mezzadro pro ­ quota parte . Sarebbe politicamente dannoso che si generalizzasse l ' impressione che grandi schiere di contribuenti non fossero soggetti all ' imposta . Il pagamento diretto personale dell ' imposta è condizione di efficace interessamento dei tassati alla amministrazione della cosa pubblica . La incidenza effettiva non segue le sorti della percussione legale e dipende dalle curve di domanda e di offerta dei terreni e degli altri fattori produttivi . Poiché queste non possono essere calcolate dal legislatore per il lungo intervallo di tempo futuro durante il quale debbono rimanere fisse le stime dei redditi delle diverse categorie economiche , giova parlare invece di « coincidenza presunta dalle parti fra la percussione legale e la incidenza effettiva » . Se l ' imposta è iscritta al nome del proprietario è probabile che costui reputi di restarne definitivamente inciso , postoché il coltivatore ­ imprenditore , meglio capace di spostarsi da luogo a luogo e di destinare capitale e lavoro ad altri impieghi , si suppone possa pretendere alla remunerazione netta corrente sul mercato , laddove il proprietario , legato alla sua terra , è convinto di doversi contentare del « residuo » , detratte le spese , fra cui le imposte . Sia o non fondata siffatta convinzione o sia fondata un ' altra , secondo cui l ' imposta , in uno stato perfetto , non è sofferta da nessuno , è opportuno che il proprietario non ne sia amareggiato ; e che la imposta percuota il coltivatore , vero contribuente legale . Questi , al più , potrà lusingarsi di essere riuscito , grazie alla sua abilità nel contrattare , a trasferirla sul proprietario . 87 . La necessità di soddisfare contemporaneamente a queste tre condizioni , di cui le ultime due contraddicono alla prima , persuade che forse la soluzione migliore è una soluzione di compromesso . La prima condizione , che è d ' ordine tecnico , è forse la più importante di tutte , perché ha per iscopo di ridurre al minimo il costo di esazione , rendere quasi automatico il lavoro di ripartizione dell ' imposta ed applicare i medesimi metodi a tutte le tre branche dell ' imposta . Rispetto all ' imposta sui redditi agrari ( 1923 ) , l ' amministrazione ha reso omaggio a queste esigenze tecniche , consentendo che non fosse osservata la prescrizione in virtù di cui « il proprietario , il quale abbia più fondi , coltivati direttamente o a colonia , in più comuni , compresi in diversi distretti di agenzia , avrebbe dovuto presentare una dichiarazione per tutti i fondi , dovunque situati , alla agenzia della quale dipende il comune in cui egli è domiciliato » . Questa prescrizione , tratta dalla legge d ' imposta mobiliare , è logica quando l ' imposta ha carattere personale , consente esenzione per minimi e riduzioni di imponibili . Ma è costosa ed ingombrante , perché implica un lavoro minuto di corrispondenza tra i diversi uffici finanziari , per accertarsi che tutte le particelle che un proprietario possiede nel comune A siano state da lui denunciate nel comune B dove egli ha la residenza . Se invece tutte le particelle del comune A sono tassate in A e in B quelle di B , le possibilità di errori e di rimborsi diminuiscono a dismisura . Se , in avvenire , fosse concessa ai comuni una , sia pure moderatissima , facoltà di sovrimposizione sulle categorie B e C dell ' imposta generale sui redditi agrari , ogni particella dovrebbe essere necessariamente tassata nel comune dove essa è situata ; così come si fa ora per l ' imposta fondiaria . Altrimenti , i comuni rurali sarebbero depauperati a vantaggio dei comuni cittadini e dei grossi borghi di mercato , i quali avrebbero interesse a facilitare , con basse aliquote , la residenza sul proprio territorio dei coltivatori di fondi rustici , specie dei maggiori proprietari in economia e fittaiuoli . Pompeo Neri , discorrendo dei disordini che nello Stato di Milano aveva recato la pretesa dei cittadini di pagare nella città di loro residenza l ' imposta anche per i beni rurali posseduti nelle campagne , chiama « legge chiara ed immutabile » quella del territorio , « che la natura ha prefinito » , e dichiara che dalla legge del territorio non si può recedere senza cadere in mille assurdità e in un mare d ' incertezze ; poiché volendo descrivere , e censire i beni , non secondo la regola del sito , dove sempre sono stati e in eterno staranno , ma secondo qualunque altra regola fondata nelle qualità personali del possessore , ogni regola resta turbata dalle variazioni giornaliere , che seguono in queste qualità personali , e nel passaggio dei beni da un nome all ' altro ; sicché il catasto resta sempre vacillante , e si privano le comunità di quel naturale patrimonio , da cui nei loro bisogni devono ricevere aiuto . Se ogni particella o fondo deve essere censito nel comune del luogo dove si trova , ogni particella deve altresì pagare l ' imposta , nelle sue tre branche , in ragione di quel reddito che essa « ordinariamente » deve produrre , non in ragione di quello che « effettivamente » se ne ricava . Quindi è indifferente , dal punto di vista tributario , percuotere legalmente il proprietario o il fittaiuolo o il mezzadro : sempre la terra paga l ' identico tributo , che la segue nelle mani di chiunque si trovi . Quindi ancora il metodo di gran lunga più semplice , meno costoso , più sicuro è di intestare ad ogni ditta proprietaria di terreni tre redditi imponibili , per ciascuna delle categorie A , B e C , in cui la progettata unica imposta agraria si divide . Di anno in anno , a seconda che il numero o la superficie delle particelle intestate alla ditta cresce , per acquisti , o diminuisce , per vendite , cresce o diminuisce la cifra dei tre redditi imponibili , con operazioni ovvie di voltura e con possibilità di parificazione dei totali per categoria e per comuni , cosicché neppure una lira d ' imponibile sfugga al tributo . Soltanto in questo modo si raggiunge la perfezione tecnica nella imposizione agraria . 88 . Rimane da escogitare qualche spediente , per cui si possa , nei limiti del possibile e subordinatamente alla perfezione tributaria , conseguire altresì il vantaggio politico e sociale di far pagare l ' imposta direttamente ai coltivatori . Nella grandissima maggioranza dei casi , l ' effetto si raggiunge automaticamente : secondo il censimento del 1930 di 4 196 226 aziende agricole esistenti in Italia il 59,1 per cento in numero ed il 57,5 per cento in superficie era condotto direttamente in economia dai proprietari : sicché per questa notabile maggioranza la iscrizione dell ' imposta nelle sue tre categorie A , B e C al nome del proprietario soddisfa automaticamente alle tre condizioni della perfezione tecnica , della tassazione diretta del vero contribuente e della difficoltà di traslazione su altri . 89 . Per la minoranza dei casi in cui la proprietà è separata dalla coltivazione , il metodo seguente parrebbe quello più semplice ed efficace : abbia il proprietario diritto di denunciare , entro il 31 luglio di ogni anno , il nome del fittaiuolo o mezzadro a cui spetta il reddito di categoria C assegnato alle singole particelle catastali da lui possedute . A quella data , è noto , secondo le più generali consuetudini osservate in Italia , il nome del fittaiuolo o mezzadro che coltiverà il fondo nell ' anno successivo . Se , in qualche caso di rinnovazione di fitto , il nome del nuovo fittaiuolo non è ancora conosciuto , si può , senza alcun inconveniente , dare al proprietario il diritto di chiedere la sospensione dell ' iscrizione del reddito di categoria C dai ruoli principali ed il rinvio della iscrizione ai ruoli suppletivi di prima serie del gennaio . La concessione del rinvio dovrebbe essere subordinata alla presentazione della ricevuta del pagamento , a titolo di rimborso di maggiori spese di distribuzione , al locale esattore delle imposte dirette di una somma uguale al 4% dell ' ammontare dell ' imposta di cui si chiede il rinvio di iscrizione ed alla comunicazione entro l'11 novembre del nome del nuovo fittaiuolo o mezzadro a carico di cui l ' iscrizione dovrebbe essere fatta . L ' imposta di categoria C dovrebbe essere iscritta per intiero al nome del fittaiuolo e pure per intiero al nome del mezzadro nei casi di mezzadria mista a fitto , reputandosi , come è di fatto , che , in questi casi misti , il vero coltivatore sia il mezzadro ­ fittaiuolo e la partecipazione del proprietario alla direzione dei lavori si limiti a quella che è remunerata col salario dominicale tassato alla categoria B dei redditi agrari . Quando invece trattisi di mezzadria pura , in cui tutti i prodotti , anche quelli della stalla , sono divisi per metà , ed il capitale scorta è pure contribuito per metà dalle due parti , viene iscritto al nome del mezzadro soltanto la metà dell ' imposta di categoria C . Poiché il 13,5 per cento delle aziende comprendente il 12,7 per cento della superficie è coltivato in regime di affitto ed il 12,6 per cento delle aziende per il 15,8 per cento della superficie è coltivato in regime di mezzadria o colonia parziaria , la iscrizione a ruolo di persona diversa da quella del proprietario sarebbe facoltativa per circa un quarto delle aziende agricole italiane . Per il rimanente 14,8 per cento delle aziende estese sul 14 per cento della superficie , trattandosi di conduzione mista , si può supporre che il proprietario non richiederebbe la iscrizione a ruolo dei contadini , partecipanti in proporzioni variabili ai diversi prodotti della terra . Anzi , tal diritto ed anche quello della rivalsa potrebbero essere consentiti solo nei casi di affitto e di mezzadria pura o mezzadria con affitto , nei quali al coltivatore deve essere riconosciuto il carattere di imprenditore vero e proprio . Il metodo proposto è , notisi , diverso da quello della rivalsa , il quale difficilmente viene applicato , per l ' odiosità gravante sul contribuente legale , il quale tenti di farsi rimborsare dal contribuente vero un tributo pubblico . La rivalsa pare a quest ' ultimo un sopruso , e quasi un tentativo del proprietario di farsi rimborsare dal coltivatore l ' imposta dovuta dal primo allo stato . Vano è spiegare , con il testo delle leggi alla mano , la verità del contrario ; nelle menti dei contadini imperando il sospetto verso le genti vestite civilmente . Destò gran rumore nelle campagne e querela gravissima la circostanza che , nell ' odierna imposta sui redditi agrari , il mezzadro risultò gravato di un imponibile e di una imposta maggiore di quella a carico del suo proprietario . Né valse il dire che il proprietario sulla sua metà del prodotto pagava due imposte : quella fondiaria e quella sui redditi agrari e che si doveva tener conto di altre circostanze , fra le quali la tassazione del reddito del lavoro della famiglia colonica . La differenza parve un sopruso architettato dai « signori » contro i contadini . La rivalsa diretta crescerebbe a dismisura l ' animosità fra le classi rurali ed è assolutamente da sconsigliarsi , salvo che per l ' imposta di categoria B per i salari « dominicali » rispetto ai quali il rapporto è tra persone - - proprietario ed agente - - amendue istruite , capaci di studiare testi legislativi tributari , esperte in contabilità e l ' una nell ' altra fiduciose . Il metodo proposto , scansa , a quanto sembra , la massima parte degli inconvenienti possibili . Dà al proprietario l ' iniziativa della iscrizione a ruolo in categoria C di persona diversa da lui . Assicura la finanza che di quanto scema la somma iscritta a carico del proprietario di altrettanto cresce , nello stesso comune , l ' imposta iscritta a nome del fittaiuolo o del colono mezzadro . Accerta che le trasposizioni di iscrizione avvengano tempestivamente per i ruoli principali o al più tardi , ed in questo caso con largo rimborso di spese per la finanza , per i ruoli suppletivi di prima serie . Ad impedire eventuali soprusi dei proprietari si può statuire che il fittaiuolo mezzadro abbia diritto di trattenersi sul canone di fitto o sulla parte padronale dei prodotti del fondo la somma indebitamente da lui pagata a titolo d ' imposta ; attribuendo al giudice conciliatore del luogo la facoltà di sentenziare intorno all ' indebito di iscrizione . Siccome è interesse pubblico che le imposte siano iscritte al nome del vero percettore del reddito , la denuncia da parte del proprietario del nome del fittaiuolo o mezzadro deve essere dichiarata obbligatoria . Contro il proprietario , il quale d ' accordo col fittaiuolo o mezzadro , trascuri di denunciare tempestivamente alla finanza il nome del coltivatore a carico di cui l ' imposta agraria di categoria C deve essere iscritta si applichino due sanzioni : l ' una di una multa del 10% dell ' ammontare dell ' imposta e l ' altra del cumulo del reddito agrario di categoria C con gli altri suoi redditi agrari di categoria A e B e con tutti quelli , di fabbricati , mobiliari e diversi che egli possegga concorrendo così a crescere il suo reddito complessivo netto , assoggettato all ' imposta progressiva complementare sul reddito . Nel tempo stesso , alla finanza sia lecito di accertare , se ne ha notizia , come dovrebbe averla , per l ' obbligo di denuncia di ogni contribuente , il reddito medesimo una seconda volta nel calcolo del reddito complessivo del fittaiuolo o del mezzadro , da assoggettare eventualmente a nome di questi alla imposta progressiva complementare sul reddito . Se , nonostante tutte queste agevolezze e sanzioni , il proprietario non denuncierà che il reddito agrario di categoria C è goduto dal fittaiuolo o mezzadro , sarà chiaro che le due parti avranno trovato convenienza a concordare un canone d ' affitto o un criterio di divisione dei prodotti che rimuneri il proprietario del danno del totale pagamento dell ' imposta agraria in tutte le categorie . In tal caso , perché dovrebbe inquietarsene la finanza , la quale risparmia qualche scritturazione e serba il diritto di tassare , in sede d ' imposta complementare progressiva , il fittaiuolo o mezzadro , quando il reddito suo complessivo superi il minimo esente ? Capitolo secondo Il metodo di accertamento 90 . V ' ha un rapporto necessario fra il metodo scelto rispetto alla tassazione dei redditi agrari e la procedura da osservarsi per l ' accertamento dell ' oggetto dell ' imposta . Possiamo porre su di ciò la seguente proposizione : che ove si scelga il metodo di tassazione per classi sociali , si deve dare la preferenza all ' accertamento « per denuncie » ; mentre la scelta del metodo per categorie economiche senz ' altro fa preferire l ' accertamento « per catasto » . La differenza sostanziale fra le due specie di accertamento è questa : che colle denuncie si chiede al contribuente di dichiarare individualmente caso per caso il prodotto lordo , le spese e perdite inerenti alla produzione ed il reddito netto effettivamente ottenuto anno per anno e nella media di due o più anni ; ed invece col catasto non si chiedono al contribuente denuncie ed il reddito lordo , le spese ed il reddito netto sono accertati per via di un ' analisi condotta , con uniformità di criteri , da autorità all ' uopo delegate , composte di tecnici in parte delegati dalle rappresentanze di contribuenti e locali ed , in parte maggiore , delegati dalla suprema autorità finanziaria dello stato . Il metodo delle denuncie va d ' accordo col metodo della tassazione per classi sociali . Il proprietario , il fittaiuolo , il mezzadro , il colono parziario , non sono invero figure le quali abbiano un contenuto oggettivo ed uniforme . L ' analisi del prodotto lordo , condotta coi criteri uniformi del catasto , ci può dire quanto in media del prodotto medesimo bisogna destinare per remunerare la terra ed i capitali in essa investiti , il capitale scorte , il lavoro di direzione e manuale , che sono categorie economiche ; non ci dice quali siano le remunerazioni di persone le quali godono in misura variabilissima , da luogo a luogo , da contratto a contratto , di date quote parti dei compensi anzidetti dei fattori di produzione , spettanti ora all ' una ora all ' altra , od in parte all ' una ed in parte all ' altra classe sociale . Un catasto per classi sociali è impensabile ; fa d ' uopo ricorrere forzatamente alle denunzie degli interessati . Il catasto è invece proprio del metodo di tassazione per categorie economiche . Il tecnico , il quale fa parte delle magistrature catastali , calcola rendite , quasi ­ rendite , interessi , salari sulla base di analisi peritali , senza uopo di sapere quali sono le persone che di fatto godono di tutte o di parecchie o di una sola o di parte di una sola o di parecchie di tali rimunerazioni . Chi ritenga dimostrata la preferenza da darsi alla tassazione per categorie economiche su quella per classi sociali , deve dunque ritenere altresì necessario preferire il metodo del catasto a quello delle denuncie . Ma alla dimostrazione indiretta si può aggiungere la dimostrazione diretta . 91 . II dibattito è antico , e non fanno difetto documenti memorandi , degni di essere ancora una volta riprodotti per l ' autorevolezza degli scritti e la fondatezza delle argomentazioni . Il problema odierno non è diverso da quello che si presentava alla osservazione passata ; sicché i ragionamenti fatti intorno alla esperienza d ' un tempo sono veri anche oggi . Marco Minghetti , presidente del consiglio e ministro delle finanze , presentando alla Camera dei deputati il 21 maggio 1874 un progetto per la « perequazione dell ' imposta fondiaria » così scriveva nella relazione intorno al vizio del catasto napoletano di essere fondato sulle denunzie dei contribuenti . Anche nelle provincie meridionali si tentò di giungere per via di denunzie e di controlli alla formazione di un catasto per il riparto della imposta fondiaria ; ma anche qui la forza delle leggi non poté vincere quella della natura delle cose , ed i risultati conseguiti da operazioni e revisioni molte volte ripetute valgono a conferma della impossibilità di raggiungere per questa via l ' intento . Intorno a simile intrapresa si adoperarono in quelle provincie tutti i governi che si succedettero nell ' ultimo secolo , da Carlo III alla restaurazione , ma nessuno ha potuto riuscire . Un primo catasto vi fu ordinato con due prammatiche di Carlo III del 17 marzo 1741 e 28 settembre 1742 . Il mezzo scelto consisteva nel fare ad un tempo le denunzie dei contribuenti e la visita dei fondi per parte dei periti , confrontando poi l ' esito delle visite colle denunzie per accertare se queste fossero esatte . Il lavoro fu in parte abbandonato per esserne riconosciuti i gravissimi difetti . Una rettificazione ordinata nel 1795 non condusse ad alcun risultato . L ' operazione fu ripresa sotto Giuseppe Bonaparte in esecuzione a legge dell'8 settembre 1806 che ordinò il reparto di un contingente d ' imposta in base ad un catasto descrittivo . I lavori vi furono spinti con intelligenza e con l ' energia che si osservavano in tutte le altre parti del pubblico servizio ai tempi della dominazione francese ; eppure ecco in quali termini è quel lavoro giudicato dall ' illustre storico Colletta : Senza catasto , censo o statistica per dividere il peso fra tributari , si ebbe ricorso a ripieghi e compensi con fraudi ed errori innumerevoli . Un catasto amministrativo , cominciato nel 1806 , terminò ( più per la lassezza degli operatori che per compimento dell ' opera ) nel 1818; e però , con poco più di tempo e di spesa , componevasi il catasto geometrico , che a noi manca , e qui lo dico a vergogna e stimolo della civiltà napoletana . Quel tributo in sé grave , i disordini nel ripartirlo , il rigore all ' esigere , furono scontentezze che dipoi scemarono per lo accresciuto prezzo delle granaglie e il celere passaggio di mano in mano dei beni stabili . Con più particolare riguardo al sistema delle denunzie applicato in Francia ed in Piemonte , il Minghetti proseguiva : I catasti per dichiarazione o fatti altrimenti che per mezzo di rilevamento geometrico parcellare , non hanno solamente una storia in Italia , ma anche presso altri paesi . Per non estendermi soverchiamente mi limiterò ad accennare alla Francia , paese le cui condizioni , quanto alla proprietà fondiaria , hanno colle nostre una grande analogia . Le vicende ivi subite dalla legislazione in materia di catasto sulla fine del secolo scorso e nel principio del presente sono forse la miglior prova che volendo conseguire un giusto riparto dell ' imposta , non è possibile evitare la misura e la stima dei terreni . Ivi infatti si cominciò dal prescrivere le dichiarazioni dei contribuenti da riscontrarsi per via di perizie e di commissioni ; poi si dette facoltà ai comuni di rilevare le mappe ; in seguito si ordinò il rilevamento per masse di cultura di alcuni comuni , da servire , per via di confronto , a sindacare le dichiarazioni negli altri comuni ; dopo ciò si vide la necessità di estendere la misura per masse di cultura a tutta la Francia ; e finalmente , dopo 16 anni di inutili sforzi per evitare tale necessità , si fu pure costretti ad ordinare la formazione di un catasto geometrico parcellare per la Francia intera . Qual grave errore commetteremmo noi se , ripetendo le stesse fasi , volessimo cominciare l ' opera di un catasto senza misura dei terreni , per essere poi costretti a ricominciare da capo con perdita di tempo e di spesa ! In Italia però è tanto difficile che prevalga un concetto di simil genere in quanto abbiamo una esperienza recentissima fatta , appunto per il riparto dell ' imposta sui terreni , nel compartimento che per le sue condizioni dava forse maggiore garanzia di riuscita . Voglio parlare del compartimento ligure ­ piemontese ... L ' articolo 4 della legge del 14 luglio 1864 ordinò che l ' imposta in quel compartimento si ripartisse in base alla rendita dei fondi da determinarsi nelle forme stabilite per l ' accertamento dei redditi di ricchezza mobile . Quest ' accertamento si eseguì ma non vi ha forse operazione la quale abbia dato luogo a maggiori sperequazioni ed a più vive lagnanze , tantoché si dovettero dare eccezionali provvedimenti ed in ispecie autorizzare i comuni a far rilevare le mappe a loro spese , e dare facoltà al ministro delle finanze di permettere ai medesimi il ritorno agli antichi allibramenti catastali . Sopra 1865 comuni , 1527 ( poi crebbero , ma il Minghetti scriveva nel 1874 ) , nonostante tutte le rettificazioni che si erano fatte agli accertamenti delle rendite dal 1864 al 1868 , deliberarono di ritornare al riparto in base ai catasti antichi , sebbene questi fossero formati da oltre mezzo secolo per lo meno , ed in grandissima parte tutt ' altro che perfetti . Questo risultato dimostra nel modo il più eloquente che l ' accertamento della rendita dei fondi col mezzo di dichiarazioni dei contribuenti e di giudizi di commissioni , anziché segnare un progresso , crea una condizione di cose peggiore dell ' attuale . Ma l ' Italia oltre a questo esperimento speciale , ne ha fatto un altro i cui risultati pure non sono tali da incoraggiarci a continuare sulla stessa via . Se vi era imposta nella quale le occultazioni di enti soggetti a tassa e le contestazioni sul reddito dovessero parere difficili , era senza dubbio quella sui fabbricati . I fondi erano per la maggior parte riuniti in centri , posti sotto gli occhi dell ' agente delle imposte e delle commissioni , numerati dai municipi stessi , affittati per lo più con prezzi quasi costanti in ciascuna località ; eppure dopo un lavoro di cinque anni per scoprire i fabbricati sfuggiti all ' imposta , si fu costretti ad intraprendere la formazione del catasto geometrico dei centri abitati , e la sola revisione degli accertamenti ordinata dall ' allegato F alla legge dell'11 agosto 1870 , ha dato luogo a 624 103 contestazioni innanzi alle commissioni . La formazione dei catasti geometrici del resto è stata compiuta da tutti gli stati più civili d ' Europa , come la Francia , l ' Austria , il Belgio , l ' Olanda , gran parte della Prussia , la Baviera , Amburgo , i Cantoni svizzeri di Ginevra e di Vaud , il granducato di Baden e quasi tutti gli stati già componenti la Confederazione germanica . La impossibilità di dare per sicura base ad una imposta le dichiarazioni dei contribuenti , deriva dalla natura dell ' uomo , e contro difficoltà di simil genere difficilmente si lotta . Che si ricorra a questo mezzo per le imposte per le quali non si riescì a trovarne un altro , come per quella sulla ricchezza mobile , è giustificato ; ma che si abbia ricorso ad un sistema così incerto mentre se ne ha uno certissimo e di uso universale , sarebbe cosa ormai incomprensibile . Aggiungasi che non solo la frode ma anche l ' ignoranza è causa frequente di erronee dichiarazioni del reddito dei terreni . Il contadino che coltiva il proprio fondo raramente sa calcolare il valore in denaro dei prodotti da lui consumati in natura , e l ' equivalente in denaro dell ' opera sua e di quella dei suoi figli , delle sementi , degli ingrassi e di tutti i numerosi elementi che concorrono alla produzione e che devono detrarsi per determinare il reddito netto . Questa difficoltà è minore assai riguardo ai redditi di ricchezza mobile , sia perché i possessori di redditi minori sono quasi tutti esenti da tassa , sia infine perché i redditi mobiliari sono in maggior parte posseduti dalla classe più colta . Riassumendo in un solo concetto questa quistione , è evidente che per conoscere quanto rende la terra bisogna necessariamente conoscerne la estensione e la coltura . Ora , o gli agenti e le commissioni chiamate a giudicare mandano in tutti i casi a fare la perizia , ed allora tanto vale addirittura fare il catasto , ovvero credono a qualche contribuente e giudicano senza cognizione di causa , e si hanno enormi ingiustizie . 92 . Non poteva mancare il Messedaglia nella sua celebre relazione sul nuovo catasto italiano di trattare a fondo il problema : e lo fece così : Le denunzie ( notifiche , rivele , dichiarazioni o dichiare , consegne , assegne , ed anche portate nel vecchio linguaggio censuario fiorentino , la professio censualis a Roma ) sono per lo più il modo originario con cui si comincia e lo si incontra in tutti i più antichi estimi , a Roma , a Firenze , a Venezia , e in generale nei nostri comuni medioevali , o dove più tardi perdurano i medesimi ordini . Costituiscono , cioè , la forma prima e dominante dappertutto e fino a quando l ' imposta riveste un carattere più propriamente personale : e quindi pure dove il reddito dei terreni vuolsi colpito , comunque al netto , nella sua totalità , ossia non soltanto per la parte del proprietario come tale , ma anche per quella del coltivatore ; cessano via via , passando in seconda linea e da ultimo scomparendo del tutto , col distinguersi del reddito fondiario propriamente detto in confronto a quello che chiamerebbesi il reddito industriale della terra , e col farsi più spiccata la realità dell ' imposta prediale . Trovansi ancora al fondo dei catasti descrittivi , ma più spesso ( come a Napoli , in Sicilia o a Modena ) per il dato dell ' estensione , anziché per l ' estimo in proprio senso ; suppliscono , come in Francia altre volte , alla deficienza di un catasto geometrico particellare , ossia che si limiti alla sola determinazione dei contingenti comunali , senza scendere fino alla ripartizione individuale ; non se ne parla più del tutto col sopravvenire dei catasti particellari e con estimo in classi e tariffe , per quanto più specialmente riguarda i terreni , così fra noi , come all ' estero in tutti i catasti geometrici più recenti . Bensì esse tornano in generale a grandeggiare d ' importanza nei tempi nostri , per effetto di quell ' enorme sviluppo della ricchezza mobile , alla cui censuazione di lor natura confannosi , e al carattere più spiccatamente industriale che viene assumendo , per molteplici guise , il reddito generale della società . Noi lasciamo ogni considerazione sugli inconvenienti generali del metodo anche per non istare a ripetere una volta di più ciò che è stato esposto da altri a più riprese in tale argomento . Richiamiamo soltanto , per la relazione che ha col soggetto nostro , il fatto verificatosi nel compartimento ligure ­ piemontese , dove il maggior numero dei comuni a vecchio censo , che per la legge di conguaglio del 1864 avrebbero dovuto regolare il proprio estimo sul dato delle denunzie finirono ciononostante per profittare della facoltà loro accordata di ritornare agli antichi allibramenti , per quanto pure imperfettissimi , ma che avevano ad ogni modo il vantaggio inestimabile di offrire una base certa e sottratta interamente all ' arbitrio . Noi agiremmo precisamente all ' opposto , accogliendo la proposta di fondare la perequazione sulle denunzie , e rinunciando con ciò al beneficio di catasti relativamente buoni , laddove questi già esistono , ad estimi senza paragone migliori di quelli cotanto imperfetti del vecchio Piemonte , e che potrebbero ancora più migliorarsi e perfezionarsi sulla medesima base . Anche l ' idea , che è stata suggerita da più parti alla commissione , se non sarebbe per avventura espediente di cominciare dall ' esigere le denunzie come una prima base di fatto , sia a meglio accertare la misura ed il grado della perequazione esistente , sia ad agevolare più oltre il provvedimento definitivo , ci sembra meno adatta allo scopo , superflua per i risultati che se ne attendono , od anco del tutto fallace . Le denuncie non possono aversi per serie , non si può contare sulla loro qualsiasi veridicità , se non in quanto siano destinate a ricevere una applicazione immediata , e vengano come tali assoggettate al necessario sindacato , ossia a fornire davvero e per sé stesse la base voluta e imperativa dell ' estimo ; altrimenti , e per sé sole , esse non fanno che complicare il procedimento , ed è meglio addirittura di farne senza . Posto che si ha modo di compulsare direttamente la cosa , con metodi assai più certi e sicuri , come accade nell ' estimo dei terreni , non vi è necessità od utilità alcuna di starsene ad interrogare la persona , sapendola d ' altronde sì poco inchinevole a dire la verità . Si verifica in qualche grado per la stima quello che si verifica per la misura . Cessa motivo di chiedere la denunzia del reddito , o quella del prodotto , come cessa quello di chiedere la denunzia dell ' estensione , dal momento che si ha modo di accertarli con assai maggiore sicurezza per altra via , misurando nell ' un caso e valutando direttamente nell ' altro . 93 . Nel corso di lezioni svolte all ' università di Roma , Antonio De Viti De Marco risponde alle critiche le quali , contro l ' adozione del metodo catastale , argomentano dal cosidetto progresso tecnico ed economico nell ' agricoltura e dal sedicente insuccesso dell ' opera di perequazione iniziata e non ancora condotta a termine in Italia . Furono sempre aspre le critiche mosse al catasto considerato come mezzo di stima del reddito fondiario , ossia quale mezzo per perequare l ' imposta fondiaria . In primo luogo , dato il lunghissimo tempo che occorre per completare il catasto e data , invece , la rapidità con cui oggi i terreni cambiano di proprietario e le colture si rinnovano e si trasformano , il catasto diventa un metodo sempre più insensibile a seguire le vicende dei redditi fondiari . Un catasto completato è un catasto che non rispecchia più la realtà . In secondo luogo , il catasto richiede spese ingenti , non giustificate dall ' imperfetto risultato fiscale . Ma a quest ' ultima critica è facile rispondere , che il catasto può avere anche funzioni giuridico ­ civili e che le spese vanno messe in rapporto anche con questa seconda e relativamente maggiore utilità che si attende dal catasto . Senonché , per il « catasto giuridico » le operazioni necessarie e sufficienti sono quelle della delimitazione dei possessi e della triangolazione del territorio . Il che rafforza , se mai , la prima critica , in quanto sull ' accertamento delle proprietà e dei proprietari si può impiantare il sistema della dichiarazione del contribuente . Se , infatti il sistema della dichiarazione funziona da molto tempo per i redditi mobiliari , a fortiori funzionerà per l ' accertamento del reddito fondiario , poiché per questo è più facile controllare la verità della dichiarazione . Dall ' altro canto la dichiarazione dovrebbe esser fatta da parecchi milioni di proprietari e controllata rispetto a milioni di dichiaranti . Né deve credersi che col sistema della dichiarazione si avrebbe maggiore affidamento di perequazione nei riguardi dei singoli proprietari . Poiché , è vero che il catasto compiuto non risponde all ' effettivo reddito attuale dell ' intero paese , ma non è sperequato nei riguardi dei singoli proprietari il cui reddito fu stimato riferendosi per tutti alla stessa epoca censuaria . Val la pena di riportare una ministeriale del 6 marzo 1808 , con cui il governo napoletano dava istruzioni per le operazioni estimali : « Se gli estimatori fossero obbligati di fare un apprezzamento distinto di ciascuna proprietà , e di dichiarare con un giudizio separato ciò che questa proprietà offre di materia imponibile , non si vedrebbe mai la fine di questo lavoro ; e ciò sarebbe il male minore . Il gran male sarebbe , che ciascun proprietario potrebbe tentare di corrompere l ' arbitro o gli arbitri delle valutazioni . Ciascuno di questi arbitri , anche il più incorruttibile , non potrebbe essere sicuro della sua imparzialità , poiché il nome del proprietario , l ' interesse dei parenti , degli amici , dei grandi , dei ricchi , dei potenti , dei nemici , dei malevoli spingerebbe inevitabilmente ai riguardi , agli arbitrii , ai favori , ai rigori » . A questa considerazione bisogna aggiungere l ' altra , che i proprietari fondiari , a differenza dei proprietari di case e dei possessori di redditi mobiliari , sono disseminati e troppo disorganizzati per tentare qualunque legittima difesa contro le sopraffazioni degli agenti del fisco , che sono invece armati dalla legge di mezzi che di fatto sottraggono il contribuente al suo giudice ordinario . Queste ultime considerazioni a nostro avviso superano la forza delle altre contrarie , e persuadono che il sistema catastale , cioè la tariffa generica di qualità e classe , obiettiva ed uniforme , rappresenti per l ' accertamento del reddito fondiario il sistema ancora preferibile . A rafforzare questa conclusione soccorre un ' ultima osservazione . Ciò che veramente rende inadeguato il sistema catastale è la difficoltà delle rapide revisioni degli estimi originari . Ora per l ' aggiornamento della tariffa generica di qualità e classe non occorre rifare ex novo le operazioni catastali ; ma basta modificarla a periodi più brevi , seguendo le oscillazioni dei prezzi . E similmente si possono seguire le trasformazioni delle culture , obbligando alla denunzia i proprietari fondiari e modificando il relativo classamento . Il catasto rifatto a comodo , a periodi più lunghi . 94 . Riassumo : - - il sistema delle denuncie non vive di vita propria . Esso suppone in primo luogo il catasto geometrico . Le denuncie dei contribuenti devono essere controllate sulla base della conoscenza sicura delle superficie . Estensioni grandissime di terreno sfuggirebbero in caso diverso all ' imposta ; - - esso deve essere controllato altresì sulla base di un catasto per culture e per qualità . Da lontano , nel suo ufficio , il funzionario finanziario non può appurare se la particella che il contribuente denuncia seminativo vitato di quarta classe non sia invece un vigneto di prima classe . Non può recarsi , ad ogni volta , sul luogo ; e mancherebbero a lui , alle guardie ed agli ufficiali di finanza , ai messi comunali , agli ufficiali generici assunti all ' uopo le cognizioni necessarie per una definizione precisa delle circostanze di fatto . Il controllo delle denuncie dovrebbe essere fatto per mezzo di periti , dovrebbe avvenire per ogni zona agraria contemporaneamente , dovrebbe compiersi con criteri di equità perequativa tra comune e comune e tra provincia e provincia . Tutto ciò ha nome di « catasto estimativo » ; - - la differenza veramente sostanziale , la sola esistente tra il catasto e le denuncie è che le denuncie sono una brutta copia del catasto . Sono un catasto sbagliato , con errori derivanti dall ' arbitrio dei singoli funzionari e dalla diversa abilità dei contribuenti nel contrattare . Se si vuole un catasto necessariamente sperequato , si debbono adottare le denuncie ; - - l ' esperienza fatta nel 1923 di applicazione dell ' imposta sui redditi agrari sarebbe dessa stata possibile se non si fosse posseduto un catasto e se le dichiarazioni dei contribuenti non avessero potuto essere controllate ottimamente dove era in vigore il nuovo catasto , malamente dove esistevano solo catasti descrittivi ? - - che cosa furono le tabelle governative per la applicazione dell ' imposta se non una sorta di catasto grossolano ? Altri le definì « pidocchi sulla pianta del catasto » e forse aveva ragione . Con più casto linguaggio qui si volle esporre il medesimo concetto . 95 . Le critiche che si muovono ai catasti , - - di costo sproporzionato ai risultati finanziari , di eccesso nel tempo occorrente alla sua formazione , di stime già antiquate o sperequate prima che il catasto entri dappertutto in attivazione - - sono : - - ingiuste per quanto tocca il preteso eccesso nel costo . Il catasto ha un duplice intento , finanziario e giuridico ; e questo secondo intento , sebbene imperfettamente raggiunto in Italia , basterebbe da solo a giustificare ampiamente la spesa sostenuta fin qui , e quella da sostenersi in avvenire . Può darsi che il costo , stimato prima in 60 e poi in 80 e poi in 100 e salito in fatto a parecchie centinaia di milioni di lire , superi il miliardo ed , in lire più minute , i parecchi miliardi . Sarà pur sempre tenue spesa in confronto alla sicurezza nella proprietà , alla agevolezza nelle tassazioni , alla facilità nel credito , che il catasto assicura alla terra , specie dopo il trentennio di pacifico possesso da parte degli intestatari e dei loro aventi causa . È lamentevole che non si siano dettate le norme più urgenti per avviare a soluzione compiuta il problema degli effetti giuridici del catasto ; ma pur in tanta non necessaria imperfezione dell ' istituto , la spesa è pienamente giustificata dai risultati già ottenuti . Dal punto di vista del costo , il catasto finanziario è un sovrappiù , quasi si direbbe un prodotto secondario della grande impresa , ottenuto con costo minimo o nullo ; - - erroneo per quanto riflette l ' eccesso del tempo . Qual colpa ha il principio del catasto , se , dopo averlo iniziato con tanto fervore di entusiasmo , con sapiente direzione e con fondi adeguati , al primo insorgere di difficili condizioni nel bilancio italiano ( 1894 ) , invece di insistere nell ' impresa che doveva fruttare col tempo equa messe all ' erario , si diede subito ascolto alle querele dei lesinatori a cui volentieri fecero eco i proprietari timorosi della perequazione e i fondi si ridussero alla somma a mala pena sufficiente alla conservazione del catasto là dove , per l ' anticipazione della spesa da parte delle provincie , esso era stato attivato ? Qualunque sia il giudizio che dar si voglia della revisione ordinata con decreto 7 gennaio 1923 , n . 17 , essa dimostra con l ' evidenza dei fatti che , con mezzi sufficienti , il catasto avrebbe potuto essere compiuto , se non nei dieci , certamente nei venti anni di cui si discorreva all ' epoca del grande dibattito legislativo intorno ad esso ; - - inesistenti addirittura per quanto si riferisce alla sperequazione con cui il catasto verrebbe alla luce . La critica è strettamente connessa a quella precedente ; poiché se il catasto , la prima volta che viene impiantato con criteri uniformi in un grande paese , è attuato entro i vent ' anni dalla fine del periodo ( secondo la legge del 1886 questo sarebbe stato il dodicennio 1874­85 ) a cui si debbono riferire le stime dei prodotti e dei prezzi , esso ha adempiuto in modo perfettissimo alle esigenze per soddisfare le quali fu costruito . Le imposte terriere ( fondiaria ed agraria ) non debbono colpire i redditi effettivi , variabili di anno in anno ; ma un reddito medio calcolato su un lungo periodo di tempo ed ordinario , ossia conforme alle usanze localmente seguite dai coltivatori buoni padri di famiglia . Il reddito così accertato non può essere variato ad ogni tratto , poiché la fissità del reddito imponibile per un lungo periodo di tempo , trent ' anni secondo il nostro legislatore , fu anzi una delle più feconde verità « scoperte » nei due ultimi secoli nel campo finanziario . A che dunque si va cianciando di difetti a proposito di una circostanza che è il vanto maggiore del catasto ? di un principio , appetto al quale il Cattaneo chiamò addirittura « barbari » quelli che gli si opponevano di imposte proporzionate ai redditi effettivi correnti delle terre ? 96 . La lunghezza veramente scandalosa , ed imputabile ai denigratori ed ipocriti oppositori del catasto , del tempo occorso in Italia dal 1886 ad oggi a non conchiudere l ' impresa , non fornisce argomento valido ad abbandonarla : poiché conchiudere si può ancora , volendo , entro una ragionevole mora . Quando , nel 1930 , a ragion d ' esempio , il catasto del 1886 fosse stato attivato in tutta Italia , qual rimprovero di sperequazione gli si sarebbe potuto muovere ? Di essere sperequato in rapporto ai redditi effettivi del 1930 ? Ma ciò appunto voleva e doveva volere il metodo catastale ; ma ciò era il suo più chiaro pregio . Tutto ciò che si sarebbe nel 1930 potuto ragionevolmente ammettere , era di venire in parte meno alla solenne promessa di tenere gli estimi invariati per trent ' anni . La legge del 1886 non disponeva che l ' attivazione dovesse essere contemporanea in tutto lo stato ; e leggi successive disposero la attivazione provincia per provincia . Poiché l ' indugio troppo forte alla conclusione dei lavori derivò senza dubbio , oltrecché dall ' accidia dei governi , dalla sorda opposizione delle provincie timorose della perequazione , ragion vorrebbe che il termine dei trent ' anni si fosse fatto decorrere non dalla compiuta attivazione del catasto , ma dal momento in che le operazioni avrebbero , pur tenuto conto di ogni più largo motivo di ritardo , essere conchiuse : suppongasi dal 1910 . Ecco che la prima lustrazione sarebbe caduta nel 1940; e qui potrebbe compiersi in brevissimi anni , coll ' ausilio di un catasto geometrico perfettissimo , e sulla base di rilevazioni di cultura e di qualità sostanzialmente invariate nel maggior numero di casi , e facilmente aggiornabili nel rimanente . Di trenta in trent ' anni le lustrazioni per la stima si potrebbero susseguire , col minimo costo e col massimo vantaggio per la finanza . Poiché la quiete trentennale concessa prima ai coltivatori li avrebbe incoraggiati a migliorar le culture , a crescere i prodotti , a far diventare regola ordinaria quello che prima era l ' eccezionale ardimento dei coltivatori più diligenti ; a ripetere insomma , in campo più vasto e con i mezzi moderni più perfezionati , il solenne sperimento lombardo descritto dal Carli e dal Cattaneo . 97 . La revisione generale degli estimi fondiari ordinata dal decreto 7 gennaio 1923 , n . 17 , ha impedito che il programma sopra delineato possa attuarsi . Essa non si è limitata , come era ragionevole e giusta punizione per i ritardi artificiosi del passato , ad ordinare una stima provvisoria accelerata nelle provincie a catasto vecchio , allo scopo di facilitare l ' applicazione , anche in questa , dell ' imposta nuova sui redditi agrari . Fu ordinata invece una nuova revisione generale dei soli estimi fondiari , variando la base di riferimento dall ' epoca catastale 1874­75 a quella del I ° gennaio 1914 , che si seppe poi essere il decennio , se i prezzi in quel tempo furono oscillanti senza tendenza chiara , od il triennio anteriore a quella data , se i prezzi ebbero tendenza al rialzo od al ribasso . La revisione doversi compiere sia nelle provincie a catasto nuovo che in quelle a catasto vecchio ; e doversi condurre a termine in tutta Italia in meno di un anno . La revisione così anticipata ha necessariamente indole provvisoria . Può essere utile ad attivare un estimo , certamente erroneo rispetto al tempo presente , ma preferibile agli estimi sperequati tramandatici dai secoli scorsi , allo scopo della ripartizione delle vecchie e nuove gravezze sulla terra . Non dimentichiamo tuttavia mai quel che al parlamento subalpino nella tornata del 18 dicembre 1854 diceva Camillo di Cavour intorno ai catasti provvisori , che egli pure aveva in un primo momento vagheggiato per la tenuità della spesa e la rapidità dell ' esecuzione : « essere impossibile giungere a fare un catasto provvisorio con mezzi economici e colla speranza di risultati praticamente utili » ( Discorsi parlamentari , IX , 35 ) . Giova il catasto provvisorio per sostituire ad uno pessimo un men peggiore stato di cose ; non evita la necessità di un catasto stabile , condotto con le norme che l ' esperienza ha giudicate necessarie in siffatta impresa . 98 . La revisione è chiarita provvisoria altresì dal momento in cui è condotta e da quello a cui si riferisce . Condotta nel 1923 , in un anno di prezzi in lire carta non ancora stabilizzati , si riferisce al decennio anteriore al 1914 , che fu epoca di prezzi oro con tendenza all ' aumento . Sarebbe continuata la tendenza all ' aumento ? Alla domanda era allora impossibile dare una risposta sicura , nemmeno colla esperienza del poi , essendo così profondamente mutate , in seguito alla guerra , le condizioni monetarie dell ' Italia e del mondo , che riusciva arduo calcolare la parità della lira ­ carta corrente colla lira ­ oro quale correva prima della guerra ; e nulla essendo più malagevole del prevedere se vi sarebbe stato un ritorno e di quali paesi al tipo oro o quale altro tipo monetario finisse per essere adottato dai due paesi , gli Stati Uniti e la Gran Bretagna , dalle cui decisioni dipendeva l ' orientamento monetario degli altri paesi . Nemmeno negli Stati Uniti , dove pure i dollari ­ carta si mutavano alla pari col dollaro ­ oro , la unità monetaria attuale non era paragonabile a quella antebellica , ché trattavasi di oro regolato dal Consiglio per la riserva federale . I paragoni dei prezzi postbellici con quelli del decennio catastale 1904­13 , resi assai sottili dai rivolgimenti monetari , sarebbero dunque stati possibili soltanto dopo accurati studi ed elaborate discussioni . Eppure quei prezzi esercitarono una influenza profonda sui giudizi che le commissioni censuarie comunali e quelle provinciali diedero sugli estimi apparecchiati dagli uffici catastali . È assurdo supporre che uomini vissuti nell ' ambiente dei prezzi del 1923 , in mezzo all ' equilibrio tra costi , salari , profitti , rendite sorto sulla base della inflazione monetaria , si siano potuti d ' un tratto , senza le cautele molteplici ed i sussidi di studi e di controlli preordinati dalla legge del 1886 , spogliare della esperienza vissuta per rivivere in un ambiente tutto diverso e ricrearsi i prezzi , i salari , i costi , le rendite esistenti prima del 1914 . Lo sforzo mentale , necessario all ' uopo , è possibile forse per uomini adusati alla investigazione scientifica ; è inconcepibile nella grande maggioranza dei periti di campagna e dei rustici , i quali componevano le commissioni consultive . Gli estimi del 1923 debbono perciò essere sostituiti da estimi definitivi , redatti in momenti di moneta stabilizzata . Perciò urge più che mai che l ' operazione di revisione del 1923 non sospenda neppure un istante l ' opera della catastazione normale , condotta secondo la legge del 1886 . Essa potrà ora essere proseguita con maggiore celerità , essendo ormai svincolata dalla procedura della stima dei prodotti lordi e netti , la quale , fino alla nuova revisione generale ( ad ipotesi 1940 ) si terrà ferma alla revisione del 1923 . Basterà dunque proseguire nelle provincie a vecchi catasti le operazioni puramente geometriche di misura della superficie , insieme con quelle di qualificazione , classificazione e classamento , astrazion fatta dalla stima . Il catasto geometrico ­ particellare richiede infatti che sia configurata nettamente la « particella » , il che non si può fare senza constatarne il possesso , la qualità o cultura e la classe . Nelle more della nuova revisione generale , queste notizie saranno utilissime , perché alle singole particelle così qualificate e classate si applicheranno senz ' altro , le tariffe provvisorie del 1923 , le quali per ora necessariamente hanno dovuto cadere a caso su vecchie qualifiche e classi , malamente rivedute per denuncie e per controlli sommari . 99 . La revisione odierna fu estesa dalle provincie a vecchi catasti , per cui essa si imponeva , a scopo di grossolana rapida perequazione , anche alle provincie a catasto nuovo , per cui essa era superflua , disponendosi di estimi recenti , forse perché la ragion politica consigliava a non dare l ' impressione di una diversità di trattamento tra un gruppo di provincie ( prevalentemente settentrionali , a catasto nuovo ) ed un altro gruppo ( prevalentemente centrali e meridionali , a catasto vecchio ) . Se gli estimi provvisori , anche nel secondo gruppo , si fossero riferiti al medesimo periodo catastale fino a ieri usato , 1874­85 , l ' impressione non avrebbe avuto ragion d ' essere . Ma si sa che , nelle cose politiche , la forma ha , bene o male , spesso maggior peso della sostanza . Tuttavia , quel vantaggio politico , fu ottenuto a spese di un mancamento di fede alla solenne promessa dell ' art . 36 della legge del 1886 : « La revisione generale del catasto non potrà farsi prima che siano trascorsi trent ' anni dall ' epoca della sua attuazione » . Il legislatore del 1886 , dopo lunghe discussioni , non aveva creduto di andare sino al « sacro vigore di editto perpetuo » che Carlo Cattaneo celebrava nel censimento milanese del I ° gennaio 1760; ma aveva reputato che la durata trentennale degli estimi fosse la colonna più salda dell ' edificio catastale . Nella invariabilità degli estimi per un periodo abbastanza lungo di tempo sta l ' essenza del metodo ; sta la possibilità dei benefici economici e sociali che dal catasto rampollano . Dir ciò non vuol dire , si noti , che debba rimanere invariato il carico della terra . Invariata deve rimanere la proporzionale ripartizione del carico sul territorio agricolo . Se gli studi statistici sulle variazioni della produzione agricola dal 1874­85 ad oggi , se le constatazioni sul peso relativo della produzione agricola e di quella industriale e commerciale , se la convinzione di dover chiamare a contributo tutti i percettori di redditi ( i + s i ) e non soltanto i fittaiuoli , convincono il legislatore che la massa dei redditi terrieri imponibili è cresciuta da 1000 milioni di lire ­ oro 1874­85 a 6000 milioni di lire ­ carta 1923 , l ' ammontare dell ' imposta totale , al saggio voluto per gli altri redditi analoghi , ad es . , del 10 per cento , deve essere elevato da 100 milioni in lire ­ oro a 600 milioni in lire ­ carta . Qui imperano le necessità dell ' erario e l ' equità comparativa con i redditieri mobiliari , le quali sono indipendenti dalla invariabilità degli estimi . Questa richiede soltanto , ma richiede imperiosamente , che i 600 milioni odierni siano ripartiti sui singoli contribuenti terrieri , non come sono ripartiti gli odierni 6000 milioni di reddito in lire ­ carta 1923 , ma come erano ripartiti i 1000 milioni di lire ­ oro 1874­85 . La differenza non ha importanza per quella parte dell ' incremento di reddito che è apparente e deriva dalla svalutazione monetaria ; ne ha una grandissima per quella parte che è incremento « reale » e rispetto a cui i proprietari diligenti hanno diritto di continuare ad essere tassati per un trentennio sulla base del reddito antico , mentre i proprietari negligenti acconciamente pagano il fio di un ' imposta gravissima in confronto di un reddito non migliorato e forse peggiorato . Il progresso nelle industrie manufatturiere si compie nonostante che siffatta norma benefica della invariabilità delle stime sia inapplicabile ; ma la condizione infelice , e , direbbe Cattaneo , barbara , in che giacciono le industrie non è ragione bastevole affinché , senza vantaggio alcuno per l ' erario , si tragga l ' agricoltura dal luogo eminente in che l ' aveva posta la sapienza dei nostri padri giù nella barbarie degli estimi mobiliari . 100 . La revisione provvisoria degli estimi fondiari - - e fu forse questo il suo vizio più grave - - non fu collegata con l ' estimo dei redditi agrari assoggettati alla nuova imposta portata dal decreto 4 gennaio 1923 . Il collegamento era in verità difficile , sinché le due tassazioni avvengono in maniera cotanto disformi : quella fondiaria sulla base di categorie economiche e quella agraria per classi sociali ; la fondiaria con criteri di pura realità e l ' agraria con accenni , formali sostanzialmente , ma ingombranti , a detrazioni personali per debiti e per redditi minimi ; la fondiaria con accertamenti e riscossioni territoriali , l ' agraria con velleità , non osservate sempre , di accertamento e riscossione nel comune di residenza ; la fondiaria fondata sui periodi lunghi , l ' agraria necessariamente rivedibile di anno in anno , finché si ostini a tassare , variabilmente e solo per alcuni contribuenti presi di mira , i redditi del lavoro manuale ; la fondiaria la quale risale al decennio 1904­13 , l ' agraria la quale si fonda sul biennio 1921­22; la fondiaria distribuita su base catastale ; la agraria repartita coi metodi delle denuncie corretti a metà dalle tabelle ; la fondiaria per cui i ricorsi per la stima sono collettivi ed agiscono uniformemente ed automaticamente per l ' intiero comune , anzi , in sede di perequazione intercomunale ed interprovinciale , per tutta la provincia e per lo stato , l ' agraria , dove i ricorsi sono individuali ed ebbero effetto per i soli ricorrenti , con scandalo ed ira dei non ­ ricorrenti i quali pur si trovavano in condizioni perfettamente analoghe ; la fondiaria , per cui gli accertamenti hanno luogo , senza denuncie , ad opera di uffici tecnici , con decisioni di commissioni composte di uomini competenti in agricoltura ; l ' agraria per cui i contribuenti debbono far denuncie e queste sono controllate da funzionari scelti e da commissioni create per tutt ' altro compito . Tutte queste sconcordanze rendono pressoché assurdo l ' innesto dell ' una sull ' altra imposta , immancabili ed odiosissime le sovrapposizioni , necessaria la soluzione del conflitto con la vittoria dell ' uno o dell ' altro principio - - catasto o pseudo ­ denuncie - - che si contendono il campo . APPENDICE Nota bibliografica 101 . La presente monografia fu pubblicata per la prima volta da pagina 37 a 215 ( pp . 37­38 occhio di frontespizio , 39­44 introduzione , 45­203 testo , 204 errata corrige , 205­11 sommario analitico , 212­14 indice dei nomi , 215 indice ) del volume primo ( 1924­25 ) degli « Annali di economia » pubblicati dalla Università commerciale Luigi Bocconi . Ne furono fatti estratti , con qualche leggero spostamento dell ' indice e del sommario analitico dal fondo al principio , e con numerazione distinta ( pp . 13­5­173 per l ' edizione in carta comune e pp . 13­169 per l ' edizione in carta distinta ) . Gli estratti non furono messi in commercio . La presente può quindi considerarsi , secondo il costume bibliografico , come prima edizione propriamente detta . 102 . Alla stampa seguita negli « Annali di economia » era premessa la seguente introduzione : La pubblicazione del regio decreto 4 gennaio 1923 , n . 16 , che dichiara i « redditi agrari » soggetti all ' imposta di ricchezza mobile m ' indusse a promuovere , nell ' Istituto di economia della Università commerciale Luigi Bocconi , tra gli studenti iscritti al mio corso di scienza delle finanze durante l ' anno scolastico 1922­23 , alcune esercitazioni intorno ai problemi nascenti dalla nuova imposta . La letteratura scientifica , posteriore al decreto , da cui in quelle esercitazioni potevasi prendere le mosse , era compresa in due articoli del prof . Antonio De Viti De Marco ed in un comunicato ufficioso diramato dopo la pubblicazione del primo di quei due articoli . In questo , pubblicato sul « Giornale d ' Italia » del 31 dicembre 1922 , il De Viti scriveva : « L ' imposta è un debito che grava sul prodotto o reddito totale di ogni impresa . Questo debito tributario globale dell ' impresa ha potuto essere diviso in imposta sul proprietario , sul capitalista , sul lavoratore ecc . in quanto di fatto questi agenti della produzione sono diventati persone distinte . Questo è , correttamente , il principio informatore della nostra legislazione tributaria . Se il capo dell ' azienda ( imprenditore o proprietario ) dimostra che una o più parti del prodotto spettano , per esempio , al capitalista o al lavoratore , il fisco deduce queste quote dal reddito globale , in quanto può ritrovarle e colpirle nelle mani dei rispettivi aventi diritto . Ma quando questa divisione personale non esiste ancora , il fisco colpisce il tutto nelle mani di chi è ritenuto capo dell ' azienda , lasciando a lui di sbrigarsela con gli altri agenti della produzione , sia scontando l ' imposta sul prezzo che pagherà al capitalista e al lavoratore , sia esercitando verso costoro una azione di rivalsa » . Dalla premessa generale , il De Viti traeva correttamente la deduzione che tutta la questione stava nel sapere « se il legislatore italiano ha compreso il profitto agricolo nel reddito soggetto alla fondiaria o se lo ha escluso » . Ed egli , argomentando dalla legge catastale nostra del I ° marzo 1886 e dal suo regolamento d ' applicazione , concludeva : « Il nostro catasto prima fa la stima analitica del totale prodotto medio in natura ; poi ad esso attribuisce il prezzo medio e così si ha il reddito totale della terra o reddito lordo . Da questo totale si deducono quelle quote , che non fanno parte del reddito - - così detto dominicale - - che di fatto si attribuisce al proprietario . Le elucubrazioni intorno a quel che è o dovrebbe essere il puro reddito dominicale , non contano di fronte alla definizione positiva della legge e riguardano il sistema tributario dell ' avvenire . Ora le deduzioni tassativamente consentite dalla legge e dal regolamento si riferiscono alle spese di coltivazione e quindi di salari ; si riferiscono all ' interesse del capitale rappresentato dalle scorte vive e morte , alle spese di amministrazione , a quelle di manutenzione dei fabbricati rurali , ai contributi per opere idrauliche , di bonifica e via dicendo . Ma non una sola deduzione è consentita a titolo di ciò che è il profitto agricolo ! Dunque questo è compreso nel reddito dominicale colpito dalla fondiaria . In altre parole , il legislatore italiano considera il proprietario fondiario come il capo responsabile dell ' azienda agricola . Egli non è soltanto il proprietario della terra e dei capitali permanentemente investiti in essa , ma è anche il direttore e l ' imprenditore dell ' industria agricola . Il che risponde alla realtà . Dunque è una fantasia che il proprietario non paghi l ' imposta sui profitti agricoli » . Né , osservava il De Viti , nasce una sperequazione dalla circostanza che « il proprietario fondiario non paga imposta di ricchezza mobile sul reddito dell ' industria agricola quando egli stesso dirige l ' azienda ; mentre , se la cede in locazione , il fittuario paga la ricchezza mobile » perché , quest ' ultima « colpisce il profitto agricolo spettante all ' imprenditore , che sia persona distinta dal proprietario » . Questa disposizione in via di massima deve ritenersi corretta , perché essa non mira a colpire il profitto agricolo del proprietario , ma un profitto che si stacca da quello o si aggiunge ad esso , per l ' opera specifica di un nuovo più capace imprenditore , che crea un maggiore o nuovo reddito » . All ' articolo del De Viti rispondeva immediatamente ( vedi « Giornale d ' Italia » del 5 gennaio ) un comunicato governativo , che , per la identità dell ' argomentazione con le istruzioni 20 marzo 1923 , da lui firmate , si può fondatamente presumere dettato dal ministro per le finanze Alberto De Stefani . Si preferisce citare qui il comunicato , sia perché anteriore nel tempo , sia perché , per ragioni di immediata ritorsione , più efficacemente persegue il De Viti nella critica . Anche il De Stefani poneva una premessa : « La nostra legislazione parte dal presupposto della separazione , in due parti distinte , del reddito che si ricava dalla terra : il primo è quello che può attribuirsi alla naturale forza produttiva del suolo ed al capitale stabilmente investito nella terra ; il secondo è quello attribuibile all ' attività industriale che si esplica con l ' impiego del capitale circolante e col concorso dell ' opera dell ' uomo » . E , dopo aver ricordato le dichiarazioni contenute in proposito nella classica relazione Messedaglia , che qui si omettono perché ampiamente furono ricordate nel testo della presente memoria e secondo cui il primo reddito , detto fondiario , era il solo da colpirsi con l ' imposta fondiaria sui terreni , mentre il secondo è specificatamente di natura industriale , chiamasi reddito agrario e va soggetto all ' imposta di ricchezza mobile , anche il De Stefani continuava argomentando dalla legge vigente : « A questi concetti si inspirano la legge 1 marzo 1886 ed il relativo regolamento 26 gennaio 1905 in quanto dispongono che il reddito fondiario o dominicale si ottiene detraendo dal prodotto lordo le « spese e perdite eventuali » di produzione , tra le quali si comprendono gli interessi del capitale di esercizio e l ' opera dell ' uomo , così come meglio precisano le istruzioni 1° giugno 1907 dettate per la pratica applicazione della legge e del regolamento predetti . Si legge , infatti , nelle istruzioni medesime ( paragrafo 140 ) che « sotto la denominazione di spese di produzione si raggruppano tutte le spese , compreso l ' interesse del capitale scorte vive e morte che il proprietario deve sostenere mediamente ogni anno pei lavori e per le materie prime occorrenti alla coltivazione del fondo » . E più innanzi si rileva ( paragrafo 147 ) che le spese di amministrazione indicate agli articoli 14 della legge e 148 del regolamento « sono quelle relative alla custodia ed alla vigilanza dei fondi e dei prodotti , alla direzione delle culture e dei lavori , al reparto , ove occorra , dei prodotti fra proprietario e coltivatore ed alla esecuzione delle vendite » . Resta così chiaro , non soltanto secondo il pensiero espresso dal relatore on . Messedaglia , ma anche in base alla legge ed al regolamento e più ancora alle norme riguardanti la pratica applicazione che di quella legge e di quel regolamento vien fatta , che la ricerca del reddito dominicale soggetto all ' imposta fondiaria si deve compiere e si compie detraendo l ' interesse del capitale d ' esercizio e la retribuzione spettante all ' opera dell ' uomo . Il reddito costituito dal concorso di questi ultimi due elementi detratti : capitale d ' esercizio ed opera dell ' uomo , è ciò che l ' on . Messedaglia chiamava reddito agrario o reddito di ricchezza mobile , affatto distinto ed indipendente dall ' altro reddito di natura prettamente fondiaria : il reddito dominicale . Così , nel caso tipico dei terreni coltivati ad affitto , i due redditi predetti , si identificano nelle due quote di prodotto netto che proprietario e fittabile rispettivamente si attribuiscono . E questi due redditi , dominicale il primo , agrario il secondo , sopportano ciascuno l ' aggravio della relativa imposta , che per il primo reddito è quella fondiaria , per il secondo reddito è quella di ricchezza mobile . Ma quando accade che il fondo , anziché essere dato in affitto , viene coltivato dal proprietario , nelle cui mani i due redditi si concentrano , la vigente legislazione sull ' imposta di ricchezza mobile ( art . 9 ) non consente l ' applicazione delle due imposte : essa consente che il proprietario coltivatore continui a pagare l ' imposta fondiaria sul reddito dominicale , ma lo lascia esente dalla ricchezza mobile sul reddito agrario . Il provvedimento , quindi , è destinato a perequare la condizione dei diversi reddituari , in quanto dispone che il reddito agrario paghi sempre la imposta di ricchezza mobile , appartenga esso al fittabile , al proprietario o al mezzadro » . Al comunicato governativo rispondeva subito il De Viti ( « Giornale d ' Italia » del 7 gennaio 1923 ) , dichiarandosi dolente di dover rilevare che l ' articolista ufficioso confondesse « le spese di amministrazione col profitto dell ' imprenditore » e poi confondesse ancora « l ' interesse del capitale rappresentato dalle scorte vive e morte col profitto agricolo » . L ' autore del comunicato « è indotto nella confusione dalla letterale dizione del regolamento , che pone tra le spese di amministrazione anche quelle relative alla « direzione delle culture e dei lavori ! » . Donde egli inferisce che quella detrazione sia il profitto ! E non avverte che « la direzione delle culture e dei lavori » di cui parla il regolamento e che viene esercitata dall ' amministrazione , dai fattori , dai guardiani ecc . non è « la direzione dell ' impresa » che dà luogo al profitto . L ' amministratore , il fattore , il guardiano , l ' enologo e via dicendo , non sono imprenditori , ma sono stipendiati dal proprietario , che è il capo dell ' azienda , e operano per eseguire gli ordini di costui . Essi ricevono salari , che debbono essere dedotti dall ' estimo catastale , perché il fisco li ritrova nelle mani degli aventi diritto e li colpisce con l ' imposta di ricchezza mobile , se crede . Il mio amministratore , infatti , paga la ricchezza mobile . Tutti gli altri dipendenti dovrebbero o potrebbero pagarla . Ma , se io faccio a meno dell ' amministratore e del fattore e del guardiano ecc . , nulla debbo ( a differenza di come avviene nell ' imposta mobiliare ) ; perché la legge catastale , per la sua tecnica , deduce quote medie ; cioè quote che sono maggiori del vero rispetto ad alcuni ed inferiori al vero rispetto ad altri . Ma le differenze individuali , che non modificano la media , non interessano più il fisco » . Alla sola deduzione degli interessi del capitale scorte vive e morte , che appartengono al proprietario , il De Viti riconosce il carattere di concessione di favore . « Essa proviene dai vecchi catasti ed è stata conservata probabilmente come incoraggiamento ad aumentare il capitale di esercizio , per perfezionare i metodi di cultura . Se il nuovo legislatore vuole togliere questo trattamento di favore , nulla i proprietari potrebbero opporre . Ma l ' ammontare di questi interessi che , secondo le mie conoscenze di agricoltore , sono una quantità piccola e forse trascurabile - - non costituisce il profitto agricolo , alla cui caccia si è lanciata l ' amministrazione fiscale . Comunque , questa deduzione concessa dalla legge , potrebbe essere facilmente restituita al reddito catastale , là dove il nuovo catasto è da farsi . Non occorre per questo il congegno della nuova imposta sul profitto agricolo , che si aggiunge alla vecchia , complicando il sistema tributario e aumentando la burocrazia » . A questo punto ha termine il dibattito tra l ' insigne maestro della scienza finanziaria nell ' ateneo romano ed il valoroso economista chiamato , in momenti gravi , a governare la finanza italiana . Solo indirettamente dalle mentovate istruzioni 20 marzo 1923 ( p . 28 ) si può desumere che nel pensiero del ministro fosse infondata l ' accusa del De Viti di avere egli attribuito senz ' altro il carattere di profitto agricolo alle spese di direzione delle culture e dei lavori ed all ' interesse del capitale scorte vive e morte , perché se in queste due detrazioni per se stesse e distintamente considerate non può ritenersi consistere il profitto agricolo , « il reddito di carattere agrario » che è quello soggetto alla nuova imposta , risulta appunto « dal concorso » di due elementi costitutivi : « l ' interesse del capitale di esercizio e la retribuzione del lavoro » ( pp . 29 e 30 ) . Nelle istruzioni , a dimostrare la infondatezza della pretesa identificazione ministeriale , assunta dal De Viti , del profitto o reddito agrario con le spese di direzione e gli interessi del capitale scorte , è implicito il richiamo al concetto fondamentale della legge di imposta sui redditi di ricchezza mobile , per cui i redditi misti , tassati in categoria B , non provengono né dal capitale né dal lavoro , disgiuntamente considerati , ma dalla loro combinazione . E si afferma che , in sede catastale , fu appunto dal prodotto lordo detratto il frutto di tale combinazione allo scopo di ottenere il reddito dominicale . Dalla esposizione fatta sopra risulta che i problemi posti erano due : - - se sia conforme ai principii della scienza e della pratica legislativa distinguere il reddito dominicale dal reddito agrario e tassarli ambedue e separatamente l ' uno dall ' altro ; al quale quesito il ministro rispondeva di sì , mentre il De Viti consentiva solo che si procedesse a tassazione separata nel caso del fittuario , perché soltanto in tal caso esisteva il reddito nuovo e meritevole di separata imposta ; - - se di fatto la nostra imposta fondiaria , secondo le norme della legge I ° marzo 1886 , non tassi già anche il reddito agrario ; al che il ministro rispondeva negativamente , mentre il De Viti affermava potersi tutt ' al più ammettere che la predetta imposta lasci immune il solo interesse del capitale scorte vive e morte . Gli appunti , che alcuni studenti presero , delle osservazioni da me fatte sui due testi ora citati e sulle fonti loro segnalate ad illustrare il problema storico , furono oggetto di commenti da parte di egregi studiosi . Una successiva memoria da me dettata per fissare meglio alcuni concetti fondamentali fu comunicata altresì ad uomini periti in materie tributarie ed estimative . Ringrazio in particolar modo il prof . Arrigo Serpieri , ora sottosegretario di stato all ' agricoltura , il comm . L . Galata , direttore generale del catasto , il prof . P . D ' Aroma , direttore generale delle imposte al ministero delle finanze per le osservazioni critiche , scritte e verbali , da essi ricevute . Ho cercato di trarre , oltreché da queste conversazioni private , il maggior frutto possibile dalle memorande discussioni che nel parlamento italiano ebbero luogo , intorno alla materia qui esaminata , tra il 1863 e il ' 64 e il 1885 e l'86 , quando furono costruite , ad opera di uomini insigni , le due imposte sulla ricchezza mobile e sui fondi rustici . 103 . La memoria fu pubblicata sullo scorcio del 1924 nel testo che si riproduce nella presente edizione , con quelle varianti soltanto le quali valgano a correggere sviste ( inverosimile quella che mi fece nel testo e nell ' indice scambiare il nome del nipote e biografo Luigi con quello dell ' autore del catasto italiano Angelo Messedaglia ) , rendere più perspicuo il dettato e ad eliminare taluni pochi accenni a dibattiti o disposizioni che ebbero interesse effimero in quel momento . Una sola variante di rilievo fu recata al testo nei § § 18 e seguenti per attenuare l ' opinione manifestata nel 1924 che le spese di amministrazione dedotte dalla quota padronale secondo la legge del 1886 comprendessero unicamente le spese di conservazione del fondo e non anche quelle di direzione dei lavori . Accedendo in parte alla contraria opinione del Serpieri è sembrato all ' autore di dover ammettere che in quelle spese di amministrazione si comprendesse una quota di compenso per l ' opera di direzione dei lavori , opera dominicale però , rivolta ad assicurare che i lavori si compiano secondo le usanze locali in modo da conservare l ' integrità fisica ed economica del fondo . 104 . Chiudendo la memoria del 1924 scrivevo : « La presente scrittura sarebbe stesa invano , se essa non fosse riuscita a persuadere il lettore almeno di questa verità : che un unico metodo deve essere accolto per distribuire l ' imposta sui diversi redditi i quali derivano dalla terra ; che questo metodo deve essere logicamente congegnato in guisa da dare , col minimo costo , il massimo risultato per la finanza , contribuendo , nel tempo stesso , in virtù del suo proprio congegno , al più sicuro incremento della produzione agricola . Le soluzioni messe innanzi dal progetto Meda in poi e quelle attuate non furono se non approssimazioni successive verso la meta . Sarebbe un danno gravissimo se questa si reputasse toccata . Laddove invece non è ; ed il problema merita di essere ancora approfondito , allo scopo di eliminare gli errori commessi in passato e giungere ad una soluzione la quale , se forse non perfetta , sia logica e coerente in tutte le sue parti » . 105 . Al necessario approfondimento la mia memoria ha contribuito , se debbo credere a quanto ne scrissero insigni cultori di economia agricola , offrendo ad essi ed alle rappresentanze degli agricoltori lo spunto per ridiscutere il problema ed avviarlo a soluzione . Quasi subito dopo la comparsa della mia memoria , Arrigo Serpieri dedicava ad essa , col medesimo titolo La terra e l ' imposta , negli « Annali del R . Istituto superiore agrario e forestale » un ampio esame critico , nel quale tutto il problema veniva ripreso in esame in guisa indipendente . In quel saggio il Serpieri diceva che la mia monografia portava « un contributo notevolissimo alla determinazione di un migliore ordinamento dei tributi sulla terra e in particolare della nuova imposta sui redditi agrari » ed affermava che quand ' anche non tutte le conclusioni sembrassero accettabili , « chi d ' ora innanzi vorrà parlare non superficialmente di questi argomenti dovrà far capo a [ quello ] studio » . Quel che sovratutto importa , è ricordare che l ' idea fondamentale , della quale i germi si leggono qua e là sparsi nei testi e nei discorsi parlamentari ricordati sopra nella parte storica , ma fu , ritengo , la prima volta esposta in maniera sistematica e ragionata in questa memoria , - - che cioè le imposte fondiaria e mobiliare sui diversi redditi tratti dalla terra , esclusi soltanto da questi i redditi di lavoro , dovessero essere insieme coordinate e quasi fuse in una sola , sia pure diversificata , imposta regolata con le norme catastali , quell ' idea fece a poco a poco la sua strada . La faceva sua nel 1930 la Confederazione nazionale degli agricoltori , chiedendo che i due redditi dominicale ed agrario industriale fossero contemporaneamente valutati , estendendo il metodo del rilevamento catastale anche al reddito agricolo industriale . 106 . Ma era riservato al dottor Paolo Thaon di Revel , ministro alle finanze dal 1931 , il compito ed il merito di tradurre in norma legislativa quello che era divenuto il voto concorde degli studiosi e dei ceti agricoli . Il regio decreto legge 4 aprile 1939 , n . 589 , concernente la revisione generale degli estimi dei terreni attua una riforma degli ordinamenti tributari , la quale per la sua portata sta degnamente a fianco di quella che porta il nome di legge Messedaglia del 1886 . La nuova legge , che ben si potrà intitolare al Thaon di Revel , instaura nella nostra legislazione i principî della unificazione dei due tributi fondiario ed agrario , amendue valutabili e tassabili secondo la norma catastale della ordinarietà e della esclusione dall ' imposta medesima dei redditi del lavoro manuale , da chiunque prestato . È questa la sostanza delle conclusioni alle quali giungevo nel 1924 . Le istruzioni 25 luglio 1939 emanate dallo stesso ministro attuano oltre quei due , un altro principio , di cui si era fatto da tempo paladino il Medici , quello dell ' abbandono della stima particellare in favore della stima per azienda . Della portata di questo principio e delle conseguenze sue relative al momento della valutazione che divenne , invece di quello dello stacco dei frutti della terra , l ' altro della loro attitudine ad essere commerciati ( e su di ciò veggasi sopra al § 83 ) si discorrerà poi . Basti qui aggiungere che dalla riforma del decreto del 4 aprile 1939 trae motivo l ' aggiunta di una appendice alla memoria del 1924 . L ' appendice non è soltanto di consenso , ma pur di critica . Il che è dovere dello studioso , il quale non sa e non può in altra maniera manifestare il suo consenso , che è vivo , all ' opera sapiente compiuta col decreto del 1939 dal legislatore se non coll ' additare vizi , i quali ancora persistono o si sono , sotto l ' impero di circostanze effimere , nuovamente introdotti nell ' armonico edificio il quale si sta costruendo , e col segnalare le vie atte a porvi rimedio . Capitolo primo Sui vizi della imposizione agraria e della revisione degli estimi fondiari decretate nel 1923 107 . L ' opera compiuta nel 1923 per la revisione della rendita ai fini della tassazione fondiaria e per la costruzione dell ' imposta sui redditi agrari lasciò insoddisfatti nel tempo stesso uomini di governo e contribuenti . Talun mio corrispondente qualificò le tabelle pubblicate nel primo momento della applicazione della nuova imposta , oltrecché « pidocchi sulla pianta del catasto » , « lavoro senza capo né coda ... resultato di contrattazioni fra uffici della finanza ed organizzazioni di contribuenti , in cui giocarono considerazioni politiche , influenze personali ecc . » . Con parola più garbata il giudizio è in sostanza confermato dal ministro delle finanze Thaon di Revel : Quando nel 1923 l ' amministrazione finanziaria venne a trovarsi nella necessità di provvedere alla prima applicazione del tributo e di trattare con una massa di circa 2 milioni di contribuenti , per lo più ignari delle leggi fiscali e trattandosi di contadini e agricoltori , abitanti in centri lontani da quelli ove hanno sede gli uffici delle imposte , si ritenne opportuno , e ciò per la prima volta in regime fascista , di accettare la collaborazione delle organizzazioni rappresentanti gli agricoltori . Si adottò allora una procedura speciale e rapida che sostituì agli accertamenti ed alle decisioni contenziose individuali , accertamenti e decisioni collettive . Allo stesso fine di conseguire rapidità ed economia nei lavori di accertamento , che mettevano in moto simultaneamente una enorme massa di contribuenti , oltre che per assicurare uniformità di criteri nel lavoro degli uffici delle imposte , furono compilate dall ' amministrazione , in concorso con esperti di agricoltura , designati dalla Confederazione generale degli agricoltori , apposite tabelle per provincia , indicanti cifre di reddito per unità di misura , in relazione alla posizione dei terreni , alla loro qualità , alla loro coltura , al sistema della loro conduzione . Sicché il sistema posto in essere nel primo accertamento dell ' imposta sui redditi agrari , che avrebbe dovuto effettuarsi per denuncia individuale , non solo per la parte riguardante la consistenza del fondo , ma anche per il lato estimativo , venne a risolversi per forza di cose in una rudimentale catastazione , ché altro non rappresentano le suddette tabelle governative . I risultati parvero subito così poco soddisfacenti che , a detta del ministro , a decorrere dal 1° gennaio 1925 l ' applicazione dell ' imposta fu restituita al metodo ordinario della imposta di ricchezza mobile ; « con la sola facoltà alla finanza di ricorrere alla speciale procedura di accertamento collettivo quando e dove speciali esigenze tecniche lo imponessero » . Della quale facoltà non fu però mai fatto uso . 108 . Del modo tenuto nell ' estendere ai redditi agrari le norme di denuncia e di discussione individuale proprie dell ' imposta di ricchezza mobile , così giudicò Arrigo Serpieri : Con l ' imposta sul patrimonio e con quella sui redditi agrari , accertate per denuncia , gli agricoltori italiani , per la prima volta , hanno dovuto entrare in diretto ed aspro dibattito con i funzionari dell ' amministrazione finanziaria . Gli effetti sul loro animo , assai più che sulla loro borsa , ne sono stati veramente disastrosi . Chi ricordi che all ' aspro dibattito erano chiamati non solo agricoltori borghesi , ma anche moltitudini di semplici contadini ; chi sappia quanto i più di essi siano lontani dalle infinite arti ed astuzie che altri ceti sanno mettere in opera e sulle quali si è , da sua parte , plasmata la mentalità dei funzionari delle finanze ; chi consideri la effettiva difficoltà e complessità delle valutazioni di cui si tratta e la non minore incompetenza dei funzionari in fatto di stima di redditi agricoli , campo per essi quasi nuovo ; non può non comprendere il senso di malcontento , di astio , di ribellione gettato a piene mani nell ' anima rurale , non tanto dalla maggior pressione fiscale , quanto proprio dal modo di accertamento per denunce . Chi abbia una qualche pratica dei metodi tenuti nell ' accertamento dei redditi detti agrari sa che i contribuenti si dividono in gruppi , ai due estremi dei quali stanno : da un lato i contadini ingenui , ma , a proprio credere , saputi , i quali sono dal procuratore alle imposte incoraggiati ad ingrossare le cifre delle spese di mantenimento proprie e della famiglia : « che cosa volete mi avanzi di reddito quando il frumento e il granturco prodotti sul fondo non mi bastano e devo comprarne ancora , e tanto e tanto spendo per sale , olio e petrolio , per il poco companatico e per vestiti e scarpe ? Ahi ! quante scarpe , signor procuratore , mi consumano i ragazzi per andar a scuola » e alla fine si accorge con scorno ed ira di essere stato messo nel sacco dal procuratore , il quale quetamente gli spiega che il reddito agrario imponibile non è uguale al « risparmio » che l ' agricoltore può fare ogni anno , ma a questo più il totale della spesa « per la famiglia » che egli ebbe a sostenere . Bontà sua , il procuratore non indaga sui risparmi ; si contenta di prendere atto della confessione che la « spesa ­ reddito » non fu minore della somma dichiarata . All ' altro estremo sono i pochi agricoltori periti , i quali sanno di certe tabelle , compilate riservatamente comune per comune con la collaborazione degli uffici catastali , nelle quali sono , come nelle vecchie tabelle 1923 , indicati i redditi spettanti ad ogni qualifica di terreno a seminativo , semplice , alberato , asciutto , irriguo , a vigneto misto o specializzato , ad oliveto , a prato stabile , asciutto od irriguo , di prima o seconda o terza classe ; ed , agguerrito in merito , conduce artatamente la schermaglia del classamento delle particelle dei suoi fondi , così da ottenere il risultato a lui più favorevole possibile . Tra le due schiere estreme , sono i più che nel discutere posseggono abilità mediocre o che , diffidenti , preferiscono non farsi vedere o mandare l ' azzeccagarbugli e sprecano quattrini nel far redigere ricorsi inconcludenti . Sicché gli accertamenti sono divenuti la più bizzarra cosa che immaginar si possa ; bizzarria accresciuta dai continui spostamenti delle particelle catastali , per compre ­ vendite , eredità , donazioni , mutazioni di famiglie mezzadrili dall ' uno all ' altro fondo . Alle mutazioni tiene dietro per l ' imposta fondiaria il catasto , sebbene con alquanto ritardo , assai lamentato dagli interessati e dal ministro alle finanze , il quale cercò porvi riparo con una sua riforma degli uffici tecnici catastali ( Revel , p . 7 ) . Ma nessuno pone riparo , ai fini dell ' imposta sui redditi agrari , ai ritardi nella registrazione degli avvenuti trasferimenti di particelle dall ' uno all ' altro contribuente ; ché , trattandosi di tributo mobiliare , all ' inconveniente dovrebbe provvedere la denuncia individuale del contribuente ; la quale è lenta a venire , incerta nella specificazione della superficie e delle culture trasferite ( « seminavo dieci quintali ed ora ne semino nove od otto » è quanto di più preciso si può cavar di bocca ad un contadino ; ma non sempre costui è d ' accordo con chi ne seminava sette e dovrebbe seminarne ora otto o nove ) ; e quando è meglio redatta è opera dei soliti praticanti di conciliatura o pretura , ovvero , nel caso migliore , di geometri , che sul luogo , per risparmio di spese , non hanno potuto recarsi e giudicano a lume di naso . Sicché è ricominciato , per l ' imposta sui redditi agrari , l ' andirivieni privato delle bollette esattoriali tra contribuente vecchio e contribuente nuovo , che s ' usa per l ' imposta fondiaria per il tempo tra l ' avvenuta traslazione della proprietà e la registrazione delle volture sui libri catastali con effetto per i ruoli di imposta . La confusione delle lingue è già grande ; e potrà porvi riparo solo l ' abolizione , della quale si discorrerà più avanti , dell ' imposta medesima così come è oggi congegnata . Non fu tuttavia inopportuna l ' esperienza , ché essa valse a persuadere gli interessati , i funzionari finanziari e gli studiosi dei danni seguenti al voler applicare , anche là dove altri metodi si sono dimostrati opportuni , i cosidetti principî della giustizia tributaria , i quali insegnano ad accanirsi a forza alla scoperta del reddito effettivo , con tormento inutile dei contribuenti , con scarso provento per la finanza e con danno della economia del paese . 109 . Della revisione generale degli estimi delle rendite dei terreni ai fini della applicazione dell ' imposta fondiaria ordinata col regio decreto legge 7 gennaio 1923 , n . 17 , non può darsi giudizio benigno . Scrive l ' ing . Nino Famularo , egregio funzionario catastale : Per il tempo brevissimo concesso alla revisione degli estimi , i metodi variarono da regione a regione , in relazione alle condizioni dei catasti vigenti , ai sistemi di conduzione dei fondi , o per altre speciali circostanze ; allorché i catasti non erano per classi e tariffe si ricorse ai coefficienti di correzione . In linea di massima , si esaminarono numerosi contratti di affitto , per dedurne i valori tariffari , nell ' Italia meridionale , in qualche parte della Lombardia e del Veneto ; si adottò la stima in base alla mezzadria nell ' Italia centrale ; in qualche regione si usarono procedimenti sintetici , con l ' adozione di rapporti fra prodotto lordo e rendita imponibile , ottenuti in altre zone mediante accurati studi ; in molti casi si procedette , per via analitica , alla determinazione dei prodotti , spese di produzione , prezzi e deduzioni , dopo aver suddivisa la provincia in zone omogenee , limitando le indagini a territori assunti come tipo per inserirvi i rimanenti , e calcolando per ciascuna qualità il valore del merito massimo e minimo , intercalando poi a criterio peritale i valori delle classi intermedie . La diversità dei metodi usati nelle varie regioni italiane per giungere alla determinazione delle tariffe fu causa di sperequazione non certo piccola . Sul vizio proprio di taluni di questi metodi e particolarmente del criterio del canone di affitto vivacemente si espresse Arrigo Serpieri , nella riunione straordinaria del 5 luglio 1939 della Commissione censuaria centrale nella quale si inauguravano i lavori della nuova revisione elogiando l ' odierno ritorno all ' antico , ossia al metodo dell ' analisi dei redditi aziendali , un antico che ha per sé profonde ragioni , non abbastanza apprezzate allorché nel 1923 si vollero assumere i canoni di affitto come base , spesso prevalente , delle determinazioni delle tariffe di reddito fondiario . La verità ... è invece questa , che i canoni di affitto , con la specifica loro dinamica , con i fattori che li influenzano e rapidamente li modificano portano nella stima catastale una causa di profondo turbamento , in perfetto contrasto coi fini proprii di essa , che è volta a determinare imponibili relativamente stabili e sovratutto perequati . Il dato « canone di affitto » è invece instabile e tale da portare elementi di profonda sperequazione » ( in Revel , p . 70 ) . 110 . Oltre ai vizi della sperequazione e della fretta , nimicissima della giustizia , con cui fu nel 1923 compiuta la revisione , questa appare , agli occhi dei più , guasta altresì dal riferimento ad un ' epoca la quale non ha alcuna somiglianza con quella odierna . Secondo il ministro di Revel : Si tratta perciò di estimi che si riferiscono ad una situazione ormai onusta di un quarto di secolo , che ha richiesto o richiederebbe l ' esame , per gli estimi delle provincie in cui procedono le operazioni per il catasto nuovo , di un ' epoca lontana e sorpassata di venticinque anni , per lo più in contrasto con la realtà presente . Contrasto reso tanto più stridente dal fatto che , nel venticinquennio , l ' evoluzione dei metodi culturali è stata particolarmente rapida , mentre la guerra mondiale e la situazione che si è verificata in tutto il mondo in seguito ad essa , ha pure alterato profondamente la fisionomia della nostra economia nazionale . Infine diciassette anni di regime fascista , con la battaglia del grano , la bonifica , i miglioramenti fondiari , la politica di stabilizzazione nei prezzi dei prodotti agricoli , e , in epoca recente , la battaglia per l ' autarchia , hanno fatto assumere alla nostra economia , particolarmente a quella agraria , un orientamento finora sconosciuto e del tutto diverso da quello che era servito di base , con riferimento al 1° gennaio 1914 , alla revisione del 1923; questa revisione non era riuscita a spogliare le vecchie tariffe dalle influenze che le derivavano dalla precedente catastazione la quale era riferita , a sua volta , ad un ' epoca assai più lontana qual ' era quella del dodicennio catastale 1874­85 (ibid., p . 12 ) . Da uno specchio delle produzioni comparative nel 1913 e nel 1937 agevole è osservare un notabile progresso nelle colture cerealicole e particolarmente in quelle del frumento ( passato da 58,5 ad 80,6 milioni di quintali e da 12,3 a 15,6 quintali per ettaro ) , del risone ( da 5,4 a 7,4 milioni di quintali e da 37,1 a 51,2 per ettaro ) , del granoturco ( da 26,6 a 30,5 milioni quello primaverile e da 0,9 a 3,5 milioni quello estivo , e rispettivamente da 17,9 a 23,9 e da 10,3 a 18,5 per ettaro ) , delle patate ( passate da 17,9 a 32,1 milioni di quintali e da 61,3 a 76,1 per ettaro ) , delle fave ( da 4,5 a 7,3 milioni e da 7,7 a 11,1 per ettaro ) , degli ortaggi di grande coltura e dei legumi freschi in genere ( e basti citare i cavoli e cavolfiori , i quali nel 1913 giungevano in tutto a 2,6 milioni di quintali , laddove nel 1937 a questa cifra giungono da soli i cavolfiori ed i cavoli sono balzati a 4,4 milioni ; ed i pomodori da 6,3 a 10,6 milioni di quintali ) , le frutta , l ' olivo ( l ' olio da 1,7 a 3 milioni di ettolitri ) , il tabacco , che inesistente o quasi nel 1913 dà oggi 429 235 quintali di foglia ed i foraggi , passati da 202,6 a 263,6 milioni di quintali , mentre la produzione accessoria di foraggi cresceva da 35,5 a 60,8 milioni di quintali . Nel tempo stesso la produzione del vino calava però da 52,2 a 34,0 milioni di ettolitri , gli agrumi dagli 8,8 milioni di quintali forniti tutti insieme nel 1913 , scendevano nel 1937 ad appena 3 milioni di aranci , 0,5 i mandarini e 2,8 i limoni , la barbabietola da zucchero poco progrediva da 27,3 a soli 33,1 milioni di quintali , la canapa stentava a portarsi da 900 000 a 1 106 040 quintali ed i bozzoli rimanevano stazionari sui 32 milioni di chilogrammi . Poiché le stime fiscali non hanno per iscopo di accertare quantità assolute , bensì relazioni proporzionali fra di esse , accade che gli spostamenti avvenuti tra il 1913 ad oggi hanno determinato gravi sperequazioni : Il fatto del regresso della coltura gelsicola e viticola , ad esempio , sposta completamente la base degli estimi dei cosidetti seminativi arborati od a coltura promiscua , in genere considerati nelle operazioni di catasto quali suscettibili di redditi notevolmente maggiori che non i seminativi semplici , mentre in effetti le differenze dei rispettivi redditi si sono oggi attenuate in modo sensibile ed in alcuni casi annullate o talora invertite , così da provocare da parte dei proprietari l ' abbattimento delle arborature (ibid., p . 12 ) . L ' ing . Michele Tucci , direttore generale del catasto , lapidariamente riassume il giudizio dei competenti affermando che « la revisione del 1923 , alla quale fu assegnato un brevissimo tempo , non ha raggiunto i suoi fini » (ibid., p . 73 ) . Capitolo secondo La scelta fra ordinarietà e normalità nel decreto del 1939 III . Il decreto legge 4 aprile 1939 , n . 589 , convertito , con alcune modificazioni , nella legge 29 giugno 1939 , n . 976 , ordinava perciò « la revisione generale degli estimi dei terreni , mediante aggiornamento delle tariffe e dei valori ­ base dei vigenti catasti » . Quali i criteri informatori della revisione , dedotti dal testo della legge , dalle « istruzioni di servizio » pubblicate dal ministro il 25 luglio del 1939 e dalle illustrazioni fornite nelle relazioni e negli studi ministeriali e nelle discussioni delle commissioni legislative ? Rimane fermo il principio della « ordinarietà » ché all ' art . 2 la legge odierna , conformandosi alle tradizioni nostre dichiara doversi la quantità annua media ordinaria dei prodotti e dei mezzi di produzione « determinare » sulla base dei metodi di coltivazione che siano giudicati ordinari all ' atto della revisione , per il comune preso in considerazione e sulla base di un periodo di anni sufficiente per tenere conto delle vicende ordinarie della produzione , esclusi i minimi ed i massimi attribuibili a cause straordinarie . Nulla è variato rispetto al contenuto del principio della ordinarietà per quanto tocca il divieto di tener conto della « coltivazione eccezionalmente accurata , frutto di straordinaria diligenza , attività e copia di mezzi del coltivatore » né della « coltivazione straordinariamente trascurata o cattiva » . In verità , pur rendendo ossequio al principio della ordinarietà , potevasi , osserva il Revel , definirlo in due maniere assai diverse , dette della ordinarietà in senso stretto e della normalità . Quest ' ultimo sancirebbe per l ' agricoltore il dovere morale di applicare fra i metodi di coltivazione quei sistemi che , allo stato della tecnica agraria attuale , sono da considerarsi normali e quindi sufficientemente progrediti . Il che non corrisponde sempre ai metodi ordinariamente applicati , come osservò il Messedaglia , « secondo gli usi e le pratiche del luogo » , né corrisponde al citato art . 113 del regolamento il quale considera « i metodi di coltura che sono comunemente in uso nel territorio » . Troppo spesso e in troppe regioni ancora i terreni , con i metodi di coltura ordinariamente praticati , sono assai meno produttivi e redditizi di quanto potrebbero , se ad essi fossero applicati semplicemente sistemi di coltivazione considerati oggi normali . Il criterio della normalità avrebbe perciò un contenuto etico assai maggiore che quello della ordinarietà , poiché verrebbe a dare una sanzione più grave a quell ' agricoltore che meno si adeguasse ai tempi moderni . Esso però , oltre ad essere di non facile applicazione , richiederebbe in tutta Italia una conoscenza assai più diffusa di quei metodi di coltivazione , che per molte provincie , sono oramai considerati del tutto normali , ed in pari tempo ordinariamente in uso . Per le provincie in cui non vi fosse corrispondenza fra i metodi di coltivazione ordinaria e quelli ritenuti normali per la generalità del regno , tale metodo determinerebbe una pressione fiscale eccessivamente gravosa . Si è perciò mantenuto il criterio dell ' ordinarietà a cui può riconoscersi del resto un sufficiente contenuto dinamico , poiché , come risulta dall ' esperienza passata , attraverso una certa fissità della imposizione , ottenuta a mezzo del catasto , si è riusciti ugualmente a conseguire lo scopo di premiare l ' agricoltore che ha elevato i suoi metodi di coltivazione al di sopra di quelli ordinariamente praticati , e di far pressione su chi invece si è tenuto al disotto di quest ' ultimo livello ( Revel , pp . 16­17 ) . La controversia fra « ordinario » e « normale » sembra avere una parentela logica non lontana con quella fra la stima per attualità dei redditi effettivamente esistenti o per suscettività dei redditi di cui il fondo può essere ritenuto capace . Se quest ' ultima stima è corrente nei contratti liberi di compra ­ vendita , essendo logico che il venditore debba insistere ed il compratore fermarsi , pur tenendo conto delle spese e del tempo occorrenti a ciò , colla mente ai prodotti dei quali il fondo è suscettibile ; essa è pericolosissima per il suo arbitrio illimitato nelle stime pubbliche e ne deve essere fatto uso assai prudente e parco . L ' adozione del criterio della « normalità » sarebbe stato inoltre contrastante con quello della ordinarietà la quale esclude che l ' agricoltore si uniformi a quelli che la scienza agronomica moderna può reputare metodi « normali » . Che cosa è invero la « scienza » , applicata ad una esperienza così ricca e varia come è quella agricola ? Dei tanti cattedratici e dei tanti canoni da essi professati quale dovrà essere preferito ? La scienza diventa « classica » ossia universalmente accettata e formulata in maniera non equivoca , quando essa non è più dei tempi nostri ed è superata da nuove teorie , controverse e contrastanti nella loro precisa formulazione , sebbene concordi nella ammirazione verso i classici dalle quali esse derivano per filiazione di ragionato assenso o dissenso . È probabile che la pratica « ordinaria » dell ' oggi sia conforme all ' insegnamento della scienza « classica » che è necessariamente dell ' ieri ; sicché , coincidendo in questo senso il « normale » e « l ' ordinario » bene si è fatto a tenersi stretti alla tradizionale formula dell ' ordinarietà , la quale si riferisce non ad un ordinario ideologico , ad un giudizio astratto di quel che normalmente dovrebbe essere , ma all ' ordinario di fatto , a quella pratica che in quel luogo e tempo è universalmente osservata . Capitolo terzo L ' abbandono dell ' epoca censuaria unica 112 . Non altrettanto univoca fu la conclusione di un ' altra ripetuta controversia : quella intorno alla unicità od attualità del momento delle stime . Che la stima debba essere riferita ad un unico istante è manifesto dall ' esigenza della perequazione , alla quale essa deve soddisfare . Come potrebbe essere distribuita correttamente l ' imposta , se l ' un fondo fosse stimato secondo il reddito che esso forniva al 1° gennaio 1900 e l ' altro o gli altri secondo il reddito del 1910 , o del 1920 o 1930 o 1940 ? L ' equità proporzionale sarebbe osservata solo formalmente , quando tutti e quattro i redditi risultassero di 100 lire ; perché ben potrebbe darsi che i primi tre redditi , ove fossero stimati nel 1940 , sarebbero accertati in lire 60 , 80 o 120 . L ' unità del tempo di stima è condizione necessaria per ottenere perequazione dinnanzi alla imposta ; e se a quella esigenza è giuocoforza fare qualche lieve strappo per l ' impossibilità di assolvere nell ' attimo di tempo tutte le operazioni di stima , uopo è che lo strappo sia ridotto al minimo . Perciò la legge fondamentale del I ° marzo 1886 , n . 3682 , comandava bensì che i terreni fossero rilevati nello stato di coltura o destinazione nel quale si fossero trovati all ' atto del rilevamento ; ma subito aggiungeva che non si dovesse tuttavia aver riguardo a quei miglioramenti che il possessore dimostrasse di aver compiuto posteriormente al 1° gennaio 1886 , né a deterioramenti intenzionali a frode del catasto o dipendenti da circostanze affatto accidentali e transitorie . Ed il regolamento per la esecuzione della legge , approvato col regio decreto 2 agosto 1887 , n . 4871 , precisava che i miglioramenti dai quali bisognava fare astrazione , erano quelli suscettivi di far variare i terreni di qualità o anche di classe . Al proprietario erano consentite agevolezze per dimostrare , per mezzo di certificati di tre uomini probi convalidati dalla giunta municipale , l ' esistenza dei miglioramenti o l ' intenzione di compierli durante le more delle operazioni catastali . Né al criterio dell ' unicità contraddiceva l ' art . 101 del medesimo regolamento nel quale si ingiungeva di tener conto nella determinazione dei prodotti di quei vantaggi che fossero stati procacciati al fondo , anche artificialmente e coll ' impiego di mezzi eccezionali , ogni qualvolta questi vantaggi fossero stabili e permanenti ; ché l ' articolo si riferiva chiaramente agli effetti delle migliorie le quali si fossero già immedesimate nel terreno al 1° gennaio 1886; e , se fossero state introdotte posteriormente , al contribuente era offerto il mezzo di denunciarle ed ottenere se ne facesse astrazione . 113 . Recò invece offesa grave all ' applicazione razionale del principio della epoca unica nelle stime il disposto dell ' art . 1 del regio decreto 16 dicembre 1922 , n . 1717 ( divenuto art . 14 del T . U . 8 ottobre 1931 , n . 1572 ) il quale ordinò di iscrivere in catasto i terreni nello stato delle colture o di destinazione nel quale si troveranno « all ' atto del classamento » , ossia nei momenti successivi , dilungatisi nel tempo forse per decenni , nei quali per ognuno di essi si procederà al classamento . E , poiché si sarebbe potuto ritenere rimanesse in vigore , se non fosse stata espressamente abrogata , la norma relativa alla esenzione del reddito delle migliorie introdotte posteriormente al 1° gennaio 1886 , questa fu modificata dichiarando espressamente che i miglioramenti dovessero avere effetto in catasto « soltanto dopo cinque anni dall ' epoca in cui il possessore dimostrerà di averli introdotti , senza pregiudizio delle maggiori esenzioni accordate da leggi speciali » . L ' offesa non fu recata al « principio » dell ' epoca censuaria fissa , come parve al Ciarrocca , il quale ha il merito di avere per il primo rilevato la mutazione grave avvenuta nei nostri ordinamenti catastali ; ché il Messedaglia , dopo aver discusso i pregi ed i difetti comparativi dei due metodi dell ' attualità e dell ' epoca censuaria fissa , aveva già concluso , - - e così aveva pur concluso la legge del 1886 - - « ad una specie di contemperamento dell ' uno e dell ' altro a tutto vantaggio dei possessori . Si parte per massima dall ' attualità , che è il solo metodo pratico ( si accerta lo stato dei fondi quale al momento del rilevamento si trova e non occorre di più ) e come del resto vediamo farsi anche nel censo lombardo ­ veneto , e si riserva poi ai possessori di dimostrare che lo stato dei loro fondi fosse diverso all ' epoca censuaria prescritta » ... e l ' epoca di riferimento si intese dovesse essere fissa « in vista principalmente di non difficultare i miglioramenti durante la esecuzione del catasto » . Ma l ' applicazione del principio fu poi profondamente mutata . Il sistema della legge del 1886 era chiaro : - - i terreni dovevano uniformemente essere stimati nello stato di coltura e destinazione nel quale si trovavano al 1° gennaio 1886; - - si presumeva che lo stato nel quale essi si trovavano all ' atto del rilevamento fosse anche quello del I ° gennaio 1886; - - a meno che i proprietari dimostrassero di avere introdotto migliorie posteriormente al 1° gennaio 1886; e di queste non doveva tenersi conto ; - - od a meno che la finanza dimostrasse che i terreni erano stati intenzionalmente deteriorati dai possessori dopo la stessa data per recar danno fraudolento al catasto ; - - od a meno che i terreni risultassero deteriorati per circostanze « affatto accidentali e transitorie » . Col passar degli anni , anzi dei decenni , riusciva invero ognor più difficile ai possessori ed alla finanza risalire allo stato delle colture e destinazioni all ' inizio del 1886; ma il vizio il quale faceva degenerare il principio dell ' epoca fissa in quello della attualità era vizio di fatto , simigliante a quello rimproverato dal Messedaglia al catasto francese « per effetto principalmente della lunga durata del catasto » ( Relazione cit . , p . 222 ) ; al quale si sarebbe potuto e si potrebbe porre riparo con una revisione generale riferita ad un unico momento . Il sistema della legge del 1922 è tutto diverso , poiché espressamente comanda : - - che le stime si riferiscano allo stato dei terreni al momento del classamento , ossia a momenti successivi nel tempo e distanziati variamente a seconda della varia durata delle operazioni catastali ; - - che , se anche al difetto potesse porsi riparo ad occasione di una revisione generale , non limitata alle tariffe , ma estesa al classamento , la perequazione per un istante raggiunta , sarebbe ad ogni momento guasta , non appena scaduto per ogni fondo o particella il quinquennio dalla introduzione della miglioria . La direzione generale del catasto , a detta del Ciarrocca , giustificava la novità col dire che se restassero ferme le disposizioni di legge , mentre per un tempo indeterminato , ma valutabile a decenni , continuerebbero a pagare tenue imposta i terreni migliorati dopo il I ° gennaio 1886 ... , nessuna riduzione d ' estimo verrebbe invece concessa ai terreni dei quali venisse a diminuire la potenza produttiva per causa di forza maggiore ( loc . cit . , p . 4 ) . La spiegazione non giustifica l ' abbandono di uno dei principî fondamentali della stima catastale , che è quello di serbare invariate le basi della ripartizione del tributo per « lungo » periodo di tempo , sicché i possessori godano dei frutti delle migliorie introdotte e patiscano i danni dei deterioramenti consentiti o procacciati dalla propria trascuranza . Scrollato questo caposaldo , vien meno uno dei pregi maggiori del sistema catastale e la tassazione fondiaria si avvicina troppo a quella mobiliare . Quali siano i deterioramenti dovuti a forza maggiore , dei quali si mostrò tanto preoccupato il legislatore del 1922 , non si intende agevolmente ; ché non può trattarsi di mere mutazioni di prezzi e di convenienze colturali o di correnti commerciali interne od estere , dietro le quali è assurdo debba affannarsi a correre lo stimatore catastale , tanto esse sono fuggevoli e capricciose ; e se sono permanenti , sono anche lente a manifestarsi e se ne terrà conto automaticamente alla prima revisione generale . Né può trattarsi di mutazioni dovute ad alluvioni od avulsioni o nuove servitù militari o vincoli di interesse pubblico , ad esempio forestali ; ché se ne tien già conto nella legge catastale ( T . U . art . 43 ai n.ri I , 2 , 3 , 6 , 7 in aumento e I , 2 , 4 , 5 , in diminuzione ) . 114 . A che giova che nell ' art . 44 del testo unico si sia mantenuto , quasi fosse idolo adorato nel sacello più nascosto del tempio catastale , il principio che la revisione generale non possa farsi prima che siano trascorsi trent ' anni dall ' epoca della sua attivazione , quando all ' art . 43 tra le cause che possono dar luogo a variazioni nell ' estimo catastale vi è in aumento « la revisione del classamento dei terreni migliorati di qualità di coltura o di classe » ed in diminuzione la stessa revisione per « i terreni per i quali alla qualità di coltura allibrata in catasto risulti sostituita una qualità di coltura di minor reddito imponibile » e quando l ' amministrazione del catasto ha ( art . 45 T . U . ) la facoltà in ogni momento di « accertare se la qualità di coltura attribuita in catasto ai singoli terreni corrisponda all ' attuale e di correggere le scritture catastali per ottenere tale corrispondenze » ? È evidente che l ' unico limite alle continue revisioni catastali è l ' obbligo di esentare i miglioramenti durante il quinquennio dal momento in che il possessore dimostrerà di averli introdotti . In pratica pochi possessori usano di fatto le diligenze necessarie a denunciare i miglioramenti che si vogliono introdurre o si sono introdotti ; e solo la difficoltà tecnica e il costo finanziario degli accertamenti consigliano la finanza a far trascorrere cinque anni da una revisione all ' altra ( art . 211 della « Istruzione per la conservazione del nuovo catasto » ed . del 1936 ) . Poco monta che le revisioni siano dette « verificazioni » e che queste si distinguano in « periodiche » compiute di regola a turno ad ogni quinquennio nei comuni di ogni circoscrizione per le variazioni denunciate dai possessori o dall ' autorità comunale entro il 31 dicembre dell ' anno precedente ovvero accertate direttamente dai tecnici catastali all ' atto dei sopraluoghi ; ed in « straordinarie » chieste dagli interessati , i quali ne sopportino le spese . La sola , invero rilevantissima , salvaguardia dei possessori contro le revisioni troppo frequenti è di fatto : i periti catastali , i quali durante le operazioni di campagna non dovrebbero « omettere di rilevare le variazioni in aumento o in diminuzione anche non denunciate , delle quali vengono a conoscenza » in verità sono troppo preoccupati dal lavoro di controllo delle denuncie presentate , naturalmente tutte soltanto intese a chiedere variazioni in meno , e da quello , spesso gravoso , d ' ufficio per la revisione dei frazionamenti di proprietà , per il rilievo dei terreni di nuova formazione ( alluvioni , terreni prima occupati da strade , canali , fortificazioni , cimiteri , ecc . ) , o dei terreni perenti o che hanno perduto la potenza produttiva , o furono occupati da strade , canali , fortificazioni , cimiteri , arginature , giardini o parchi di proprietà di provincie e comuni aperti al pubblico , o furono inutilizzati dalla destinazione a suolo stradale ferroviario o tranviario , o da servitù militari o vincoli forestali , per l ' accertamento dei passaggi dal catasto urbano a quello rustico e viceversa , delle nuove costruzioni rurali ed adiacenze e delle demolizioni relative e per la revisione delle domande ineseguibili di voltura , che ben poco tempo rimane disponibile per le passeggiate che essi dovrebbero fare , mappe e registri alla mano , per controllare in campagna le variazioni non denunciate di coltura o quelle , ancor più ardue ad appurare senza accurato sopraluogo , di classe . La salvaguardia infrangibile che la terra aveva prima contro la persecuzione immediata del maggior reddito derivante dai miglioramenti nell ' art . 36 della legge fondamentale : - - « la revisione generale del catasto non potrà farsi prima che siano trascorsi trent ' anni dalla sua attuazione » - - oggi riposa melanconicamente sulla impossibilità di fatto nella quale si trova l ' amministrazione , per scarsezza del personale , ad attendere al dover suo delle revisioni o verificazioni periodiche . I15 . La situazione creata dall ' abbandono del principio dell ' epoca censuaria fissa è dannosa medesimamente al progresso dell ' economia agraria ed alla finanza . Quel progresso è ostacolato dalla preoccupazione in che vivono i possessori di veder colpiti subito i redditi delle migliorie e di vederli colpiti a caso , a seconda che l ' occhio linceo del perito catastale li abbia durante le quinquennali peripatetiche visite scorti oppure no , od a seconda che egli abbia destato oppure no l ' invidia del vicino negligente e questi abbia inviato all ' ufficio catastale caritatevole denuncia della miglioria altrui . La finanza a sua volta è costretta a tener conto delle denuncie che le vengono inviate e sono sempre soltanto quelle di diminuzione di reddito per peggioramento di qualità o declassamento ; e poiché queste sono per lo più veridiche , ne segue un lento degradar degli estimi imponibili . L ' amministrazione , da altre ragioni pur mossa , reagisce con le revisioni generali , di cui due furono decretate , nel 1922 e nel 1939; le quali di fatto tendono a ricuperare i maggiori redditi dovuti alle migliorie , passando sopra alle promesse esenzioni . Il Ciarrocca ha ( nello studio citato , pp . 6­8 ) mostrato come per i terreni dell ' agro romano la revisione operata nel 1923 sia passata sopra alla esenzione speciale ventennale promessa a quei terreni di bonifica . Nel 1911 , secondo i dati del catasto agrario , la superficie produttiva dell ' agro era distribuita così : 29,2% seminativi , 60,3% prati e pascoli permanenti ed incolti produttivi , 1,4% colture specializzate di piante legnose , 9,1% boschi e castagneti . La distribuzione agli effetti catastali avrebbe dovuto durare invariata essendo nel 1923 ben lungi dallo scadere la esenzione ventennale concessa da leggi speciali a quei terreni bonificati . Invece la distribuzione risultante dal nuovo classamento fu : seminativi 61,04% , orti 1,43% , prati 3,49% , colture legnose specializzate 1,36% , boschi 9,87% , prati ed incolti produttivi 22,81%; manifesto essendo perciò che la imposta fu distribuita in proporzione ai redditi nuovi migliorati e non a quelli antichi innanzi alla miglioria . Se ciò accadde per l ' agro romano , al quale la legge speciale riconosceva il diritto all ' esenzione delle migliorie senza uopo di istanza dei possessori , altrettanto e peggio necessariamente accadde per la comune dei terreni , le cui migliorie godono di esenzione temporanea solo quando i possessori diligentemente abbiano provveduto a precise formali denuncie , alle quali la psicologia rustica repugna . 116 . Il regio decr . legge 4 aprile 1939 , n . 589 , il quale nel titolo avrebbe dovuto soltanto intendere ad una revisione generale degli estimi , in verità pare abbia aggravato la instabilità degli estimi medesimi , aggiungendo alle cause « individuali » di variazioni « continue » nell ' estimo catastale sancite dall ' art . 43 del T . U . del 6 ottobre 1931 , delle quali si disse sopra , un ' altra occasione di variazioni che , per distinguerla , si potrebbe dire « comunale » . L ' art . 18 del decreto attribuisce invero all ' amministrazione del catasto la facoltà di rivedere , d ' ufficio o su richiesta delle commissioni censuarie comunali , in qualunque tempo la qualificazione la classificazione e il classamento in determinati comuni , quando la revisione si renda opportuna per soppravvenute variazioni di carattere permanente nello stato delle colture , e di proporre , per gli stessi comuni , nuovi elementi censuari , in sostituzione di quelli in vigore . È vero che « una nuova revisione non può effettuarsi se non sono trascorsi almeno cinque anni da quella precedente » ; ma poiché il quinquennio è il minimo tempo tecnico occorrente per effettuare a turno la revisione in ogni circoscrizione catastale , così noi possiamo concludere che oggi il principio dell ' epoca censuaria fissa è distrutto dalla possibilità di rivedere , senza limite di intervallo , il classamento dei terreni singolarmente migliorati di qualità di coltura o di classe o peggiorati di qualità ; e da quella di rivedere ad ogni quinquennio comune per comune la qualificazione , la classificazione ed il classamento di tutta la superficie agricola e forestale quando si ritengano sopravvenute variazioni di carattere permanente nello stato delle colture . Vista alla luce di codeste norme , la revisione generale ordinata col regio decr . legge del 4 aprile 1939 appare limitata ad uno solo dei fattori dai quali deriva l ' ammontare dell ' imposta fondiaria ; poiché , rinnovati gli estimi e recati al livello adeguato alla situazione degli anni 1937­40 , sarà sempre in facoltà dell ' amministrazione di spostare le singole particelle da una qualità ad un ' altra , da seminativo semplice a vigneto od oliveto o viceversa , e da una classe ad un ' altra , dalla prima alla terza , o dalla quarta alla seconda , sia comune per comune . Col qual metodo si annulla il beneficio che il legislatore del 1886 aveva voluto assicurare alla terra ed allo stato , ossia la stabilità per lungo periodo di tempo non dell ' ammontare dell ' imposta pagata , ma delle proporzioni « rispettive » in cui l ' imposta è pagata dalle singole particelle , e quindi dai fondi e dalle più ampie zone e regioni agrarie italiane . 117 . Le norme del decreto del 1939 nel precisare l ' epoca censuaria appaiono a primo tratto razionalmente formulate ; sebbene si discostino da quelle prima accolte . La legge fondamentale del 1886 aveva ordinato che i prodotti fossero valutati su la media dei tre anni di minimo prezzo compresi nel dodicennio 1874­85 , tenuto conto del disaggio medio della carta e collo stesso criterio si tenesse conto delle spese inerenti alla produzione del reddito dominicale . Il criterio era dettato dall ' impressione che i prezzi del dodicennio fossero alti in relazione alla tendenza al ribasso la quale cominciava a manifestarsi verso la fine del periodo scelto . Nella revisione del 1923 si assunse a base la media dei prezzi annui del decennio 1904­13 se i prezzi oscillarono in quel tempo senza decisa tendenza ; ovvero sulla media degli ultimi tre anni se i prezzi manifestarono una tendenza al rialzo od al ribasso . Nella revisione ordinata col decreto del 1939 si stabilì ( art . 2 ) che la quantità dei prodotti e dei mezzi di produzione ( spese ) fossero valutate in base alla media dei prezzi correnti nel periodo compreso fra il I ° gennaio 1937 e la fine delle operazioni di revisione . Poiché poteva rimproverarsi alla norma di riuscire sperequata tra le diverse regioni agrarie , se la fine delle operazioni d ' estimo fosse variata , come necessariamente varierà , da regione a regione , le « istruzioni » dichiararono ( § 17 ) che un termine ad quem unico debba essere a suo tempo fissato dalla direzione generale del catasto . 118 . Parve alla sottocommissione senatoria incaricata dell ' esame del decreto che l ' epoca censuaria non fosse veramente unica , ma quasi priva di un punto di riferimento preciso , per la sconcordanza dei tempi da osservare da un lato per la determinazione dei prodotti e dei mezzi di produzione e dall ' altro per quella dei prezzi . I prodotti invero debbono essere assunti « sulla base di un periodo di anni sufficiente per tener conto delle vicende ordinarie della produzione , esclusi i minimi ed i massimi attribuibili a cause straordinarie » laddove i prezzi sono quelli « correnti nel periodo compreso fra il I ° gennaio 1937 e la fine , suppongasi , 1940 , delle operazioni di revisione » . Il senatore Francesco Rota osservò che poiché tutti i catasti hanno sempre compreso in un unico periodo quantità e prezzi , la legge è innovatrice . La mobilità e la disassociazione dei periodi , con esclusione dei minimi e dei massimi , può dar luogo ad arbitrî . Il ministro alla critica rispose non essere necessario che i due periodi coincidano , né che siano della stessa lunghezza , perché si tratta di ricercare elementi diversi ed indipendenti fra loro . Quando si vuole stabilire l ' entità della produzione si ha riguardo alla intensificazione delle colture e al loro andamento , tenendo conto anche dei cicli meteorici . Quando invece si vuole stabilire il prezzo , ci si può riferire a un diverso periodo , che può essere influenzato da tutt ' altri fattori . Per la quantità si deve avere chiaramente presente il progresso agrario di quest ' ultimo secolo , anzi di quest ' ultimo ventennio . L ' andamento dei prezzi è invece dominato da altri fattori , quali sono stati , per esempio , l ' allineamento della lira e la stabilità delle quotazioni che il regime vuole assicurare per mezzo degli ammassi e della disciplina dei mercati , che sempre più si va estendendo . Uno dei mercati più difficili da regolare era , per esempio , quello del bestiame ; eppure lo scopo si sta raggiungendo con la costituzione dello speciale ente per l ' importazione del bestiame dall ' estero , il quale disciplina l ' immissione della quantità di carni nei mercati . Non si deve dimenticare che , per le necessità della nostra difesa , si vive in regime di economia chiusa ( Revel , p . 64 ) . Ed il senatore Arrigo Serpieri rincalzò osservando che se in passato i due periodi si facevano coincidere , si trattava di tempi in cui le condizioni del mercato erano diverse , perché le variazioni produttive rappresentavano il maggior coefficiente per la determinazione dei prezzi . Oggi la situazione economica è del tutto cambiata ; le cause che fanno variare i prezzi sono completamente diverse e quasi non hanno nulla a che vedere con il volume della produzione . Si deve cercare di adottare quotazioni che presumibilmente dureranno anche nell ' avvenire , in quell ' avvenire prossimo in cui le nuove tariffe saranno applicate . Data la stabilizzazione dei prezzi , si deve far riferimento ad un periodo il meno lontano possibile per avere un maggiore accostamento ai prezzi effettivi (ibid., p . 66 ) . Le argomentazioni del ministro e del Serpieri apparvero alla commissione senatoria persuasive , sì da consigliarla a respingere due emendamenti del senatore Francesco Rota intesi a rendere identici i periodi indicati per la determinazione rispettivamente delle quantità e dei prezzi . Una lieve deviazione dal criterio della unicità si avvertiva già nella legge del 1886 , poiché per i prezzi era assunta la media dei tre anni di minimo prezzo compresi nel dodicennio 1874­85 , laddove per la quantità si assumeva la media dell ' intero dodicennio , e questo poteva anzi diventare « quel periodo più lungo di tempo che per alcune speciali colture fosse necessario a comprendere le ordinarie vicende delle medesime » . Ma la deviazione aveva una propria logica , poiché , volgendo dal 1874 al 1885 i prezzi al ribasso , la Camera dei deputati aveva reputato che i tre anni di minimo prezzo , diversi per ogni prodotto , rispecchiassero meglio che la media generale di tutti gli anni , anche esclusi i massimi ed i minimi , la « tendenza » dei prezzi in quello stesso periodo 1874­85 , quella tendenza che di fatto si accentuò negli anni successivi . Del resto la constatazione di una eventuale lievissima incongruenza antica non scema la illogicità della norma nuova . Non si comprende invero come le novità moderne degli ammassi , della disciplina dei mercati , dell ' esistenza dei mercati chiusi , delle variazioni monetarie e delle aspirazioni alla stabilità dei prezzi , ammesso che siano novità e siano durature , del che si discuterà in seguito ( cfr . § § 158 sg . ) possano annullare la interdipendenza necessaria delle quantità prodotte , dei costi e dei prezzi . Il problema vero sta nella scelta di un periodo sufficientemente lungo di tempo , durante il quale si possano effettuare le necessarie compensazioni per le variazioni dovute alle vicende atmosferiche e stagionali . Ma scelto il periodo , la correlazione fra quantità prodotte , costi e prezzi esiste oggi come nel 1923 o nel 1886 . I produttori , nel decidere le superfici da seminare a frumento od a granoturco od a segala o da piantare a vigneto od oliveto tengono conto dei prezzi , sia di mercato libero o regolato o monopolizzato , sia d ' impero e variano la distribuzione delle colture e la intensificazione dei lavori a seconda della convenienza comparativa ragionata sulla base dei prezzi probabili . Se la disciplina del mercato del bestiame , a cagion d ' esempio , consiglia di allevare buoi da lavoro , i cui prezzi si aggirino sulle 1000 lire al quintale piuttosto che buoi o vitelli grassi da macello che le commissioni d ' ammasso stimino dalle 500 alle 1000 lire , cresce la quantità dei primi e scema quella dei secondi , medesimamente come in altri tempi di mercato tutto libero . La sola disparità logicamente ammissibile nel tempo di stima adatto da un lato alle quantità ( prodotte od erogate ) e dall ' altro ai prezzi potrebbe essere quella di un lieve sfasamento in ritardo delle quantità rispetto ai prezzi . Scelto ad ipotesi , il decennio 1929­38 per i prezzi , si potrebbe accogliere il decennio 1931­40 per le quantità . La psicologia rustica , simile in ciò a quella industriale e commerciale , sebbene , a quel che osservo , in misura più accentuata , dà gran peso , quasi sempre eccessivo , al passato . Crescono dal 1914 al 1942 i prezzi del frumento da 25 a 200 lire al quintale ? e la coltura del frumento si estende a danno di quella dei prati a vicenda , se nel frattempo i mercati o raduni scontentarono i contadini , o di quella delle vigne , se la filossera distrusse le vigne vecchie e i prezzi del vino sono trattenuti a limiti non remuneratori . Il rustico non pensa che , appunto perché rinvilì prima , quel prodotto rincarirà poi ; né applica l ' adagio , che è di pochi , di andar contro corrente , ma al pari delle pecore di Panurgio , corre dove tutti vanno ed opera come a tutti consiglia la più recente esperienza passata . Capitolo quarto La stima per unità d ' impresa 119 . Elencando le novità introdotte nella legislazione catastale dal decreto legge del 4 aprile 1939 l ' istruzione del 25 luglio 1939 aggiunge che quelle novità comandarono : 1 ) di procedere nella esecuzione delle stime per unità d ' impresa ( azienda ) agraria anziché per unità di superficie ( particella catastale ) e quindi ancora , 2 ) di assumere i prodotti agricoli nello stato di trasformazione in cui vengono commerciati dall ' impresa e 3 ) di assumere la produzione lorda vendibile anziché quella totale . Ad abbandonare il metodo della stima per unità di superficie o particella catastale il legislatore fu consigliato da gravi ragioni . La particella catastale è , giusta l ' art . 2 del T . U . dell'8 ottobre 1931 quella porzione continua di terreno ( o di fabbricato ) che sia situata nel medesimo comune , appartenga allo stesso possessore , sia della medesima qualità ( di coltura ) o di classe ( di bontà o produttività ) od abbia la stessa destinazione ( od uso , anche non di coltura ) . Date le cinque condizioni ( continuità , unicità del comune , del possessore , della qualità e della classe ) , alle quali deve soddisfare una qualunque superficie di terreno per diventare « particella » catastale ossia unità di misura e di stima , questa deve definirsi creazione artificiale della mente umana e non fatto storico o concreto economico . Sebbene creata dall ' artificio la particella catastale è tuttavia comoda ai fini della misura , essendo più agevole misurare separatamente una superficie la quale possegga quei requisiti di quella che ne sia priva , e necessaria ai fini della ripartizione dell ' imposta nel tempo tra i successivi diversi possessori di parti aliquote di essa . Se la stima fosse fatta per podere ; poiché il podere è composto di appezzamenti o particelle di differenti qualità e classi , ad ogni mutazione di consistenza del podere - - e questi mutano continuamente or crescendo or diminuendo per acquisti , vendite e divisioni ereditarie - - farebbe d ' uopo procedere a nuova stima del podere o dei poderi nati dall ' antico o cresciuti o diminuiti a vantaggio od a spese di questo , per assegnare ad ognuno dei poderi interessati la propria stima . Lavoro improbo , di Sisifo , al quale nessuna amministrazione catastale potrebbe reggere . Laddove , se la stima sia particellare , poiché in ogni suo punto la particella è supposta produttiva di identico reddito , la particella può frazionarsi le più e più volte , aggregarsi in tutto od in parte a poderi diversi da quello originario e la stima del suo reddito non varia . Gli uffici catastali prendono atto della divisione avvenuta secondo i tipi di frazionamento presentati dagli interessati ; e nelle medesime proporzioni dividono l ' imposta , sino ad una revisione delle stime , con la quale la qualità o la classe delle nuove particelle sia opportunamente variata . Catasto e particella catastale sono perciò come due fratelli siamesi , inseparabili l ' uno dall ' altra . 120 . Istituto necessario , la particella rimane pur sempre artificio creato dalla mente umana ; e ha suoi difetti che bene erano stati veduti dagli autori della legge fondamentale del 1886 . Il Messedaglia così paragonava il metodo della stima particellare - - detto anche per classi e tariffe - - con quello della stima diretta del reddito dei poderi o fondi assunti nella loro integrità fisica ed economica : Il metodo della stima particellare « costituisce un procedimento astratto , nel quale viene scissa la naturale integrità dei poderi , e le particelle si trovano accozzate e messe insieme in ragione di qualità e bontà , come altrettanti individui indipendenti , senza altro nesso o rapporto tra loro ; il valore a cui si mira o che può conseguirsi , ragionato com ' è per termini medii , non rappresenta più il valore , la rendita effettiva di ciascun fondo , ma una specie di valore o rendita astratta essa pure , che anche considerata in complesso si discosta sempre più o meno dalla realtà ; vale a dire che la rendita censuaria non corrisponde o può comunque non corrispondere alla reale , sia singolarmente fondo per fondo , sia anche nella rispettiva totalità ; la brevità stessa dell ' operazione , relativamente parlando , va poi elisa dalla necessità di ripetute revisioni e conguagli per eliminare gli errori sistematici e gli screzi inevitabili del procedimento , e ottenere da ultimo la richiesta uniformità dei risultati . Il che sottrae altresì grandemente alla presunta semplicità del sistema . Tuttociò è notorio anche ai fautori di esso ; e si ha torto di farne talvolta un appunto assoluto , e come se altro non fosse da considerarsi . Ed anzitutto , il ragionare per termini medi è una necessità pratica universale , tutte le volte che si ha a fare con elementi troppo numerosi e molteplici , per poterli comodamente trattare uno per uno ; non vi è oramai alcun ordine di fatti economici ed altri , dove non siasi più o meno costretti di aver ricorso ad un tale espediente ; dappertutto si argomenta per valori e termini medii , unitari , adeguati ; basta solo che i gruppi ai quali si riferiscono , sieno abbastanza omogenei , e gli estremi abbastanza raccostati , perché le divergenze coi valori individuali abbiano a contenersi in limiti di una tollerabile approssimazione . Tolleranze , approssimazioni più o meno ristrette ; non si può mai pensare ad altro nelle applicazioni pratiche di qualsiasi natura , e financo nel campo di quelle discipline sperimentali e di osservazione che pur si annoverano , relativamente parlando , fra le esatte . È la condizione universale , la legge indeclinabile , in tutto il dominio della esperienza , e spesso in quello della scienza teorica essa medesima . La rendita censuaria , è vero , può non corrispondere anche in complesso alla reale , ma nemmeno ciò è assolutamente necessario , e basta che essa si trovi , se non in un rapporto esattamente definito colla medesima ( ché tanto varrebbe quanto averla coincidente con essa ) , in un rapporto che possa ritenersi abbastanza uniforme , né punto più discrepante , o non in modo notevole , rispetto a quello che potrebbe praticamente attendersi operando per altra via . Si rischiano bensì errori sistematici , i quali si estendono ad intere categorie ; ma di riscontro coll ' altro metodo si moltiplicano gli errori individuali ; e non vi è nel fatto guarentigia alcuna che non possano commettersi anche in esso errori sistematici , per intere classi o territori ; stante la diversità degli operatori , la difficoltà di mantenere ed applicare la necessaria uniformità dei criteri , tanto più , come avvertivasi , col finire che si fa più o meno a procedere per caratteristiche generiche , e suppergiù come farebbesi in un estimo per classi e tariffe . Ad ogni modo , e tutto considerato , il metodo per classi e tariffe presenta dei vantaggi , che valgono , come dicevasi , più che a compensarne i possibili inconvenienti . I . Esso è impersonale ed obbiettivo , perciò stesso imparziale . Si guarda direttamente alle cose nella loro generalità ; si evitano in maggior grado i contatti colle persone interessate , gli attriti , le seduzioni altresì e le corruzioni possibili , o quanto meno le deferenze e le arrendevolezze non giustificate o men che legittime . Ne scapita la sorveglianza immediata degli interessati stessi ; ma questa pure può essere in buona parte supplita dall ' intervento e dalla cooperazione delle rappresentanze locali . Lo stato , nella formazione generale dell ' estimo , può rimanere in una sfera elevata , all ' infuori del contatto immediato coi singoli interessati . 2 . Più ancora , il processo è il solo che consenta o lasci sussistere dei termini di confronto da classe a classe e da luogo a luogo ; il solo pertanto che ammetta la possibilità di verifiche o correzioni metodiche , e quindi pure di una perequazione più o meno completa dell ' estimo . È metodo perequativo per eccellenza . Si possono paragonare dei valori dipendenti da caratteristiche generiche ben definite ; si possono inoltre fissare per ciascun gruppo dei termini precisi e sempre riconoscibili e valutabili di riferimento , come i cosidetti fondi ­ tipo o modello per ciascuna qualità e classe ; non si può fare altrettanto per valori individuali , tanti di numero quanti sono gli elementi singoli a cui si riferiscono , e dove ogni elemento , ogni ente individuo , conta interamente ed esclusivamente da sé . Che anzi il processo medesimo riposa del tutto , e fino dai primi suoi passi , sulla necessità di codesto paragone continuo ; e la relativa perequazione si compie bensì all ' ultimo , ma comincia per la natura stessa del metodo fin dal principio . Non si può comporre altrimenti una tariffa , se non paragonando e conguagliando di continuo il valore delle singole poste da cui risulta ; più oltre , ad operazione terminata , non si fa che riprendere lo stesso procedimento , in base ai reclami degli interessati . Nella stima diretta invece , o bisogna rinunziare da ultimo ad ogni tentativo di conguaglio , sopra il supposto puramente speculativo , non pratico , che non siavene alcun bisogno ; o volendo pure riuscirvi , converrebbe rifare da capo l ' intero procedimento . Ci troviamo , cioè , nuovamente condotti alla considerazione degli errori temibili in un estimo , e alla possibilità della loro correzione . Operando per classi e per tariffe s ' incontrano errori sistematici , che si ha tuttavia , e fino ad un certo punto , la possibilità di accertare e correggere ; possibilità che non esiste del tutto , o non certo in egual grado , col metodo di stima diretta , che pur moltiplica gli errori individuali , e non sottrae del tutto , come dianzi avvertivasi , nemmeno ai sistematici da classe a classe o da territorio a territorio ( Messedaglia , pp . 170­72 ) . 121 . La campagna contro il metodo di stima particellare o meglio a favore di un contemperamento di esso , così comodo e necessario , con quello della stima per podere fu iniziata da Giuseppe Medici in un saggio del 1933 . A quelle già addotte dal Messedaglia egli aggiunse nuove critiche : Se si pone mente al fatto che gran parte del nostro paese organizza l ' azienda in unità colturali formate da terreni di diverse qualità di coltura e classe di produttività , si comprende come queste particelle siano economicamente congiunte tra di loro e formino una unità economica , ben definita nei suoi rapporti di produzione e di distribuzione . E se sono moltissime le aziende collinari e montane formate da due , quattro , dieci ettari di terreno naturalmente frazionati e dispersi , in sei , dieci , venti particelle , bisogna pur ricordare che anche in questi casi i singoli appezzamenti adempiono ad una loro precisa funzione nell ' economia aziendale , non facilmente surrogabile , come dimostrano gli elevatissimi prezzi pagati per poche are di bosco , o di vigna , o di prato , o di seminativo , dall ' imprenditore che ne è privo . Così è d ' uopo concludere che anche in questo caso la particella catastale , che sembra identificarsi economicamente con particelle di prato , di bosco , ecc . rimane ancora un ' astrazione , perché i fatti economici non si possono meccanicamente separare conservandoli nella loro purità : essi sono congiunti , cioè complementari , e quindi se vengono separati si modificano profondamente , cosicché non valgono né i criteri di proporzionalità , né più complesse relazioni analitiche per ricostituire l ' intero . Di fronte a queste critiche si potrà chiedere : perché non si può eliminare la particella ? Perché ritagliare una particella e porla a base del catasto come unità fondamentale , quando si ha già l ' azienda , che è una entità economica ben definita , precisamente individuata , anche fisicamente ? Perché , infine , voler dimenticare nella stima l ' esistenza dell ' azienda per inseguire l ' astrazione ( che talora diviene anche arbitrio ) della particella ? ( Medici , pp . 361­62 e ristampa pp . 6­7 ) . Alla radice del vizio della stima particellare sta un errore di principio : La stima censuaria insegna a giungere alla tariffa ( reddito fondiario imponibile per unità di superficie ) attraverso un bilancio , nel quale la particella tipo viene considerata come un ' azienda , dove si organizza la produzione . Naturalmente i valori , cui si giunge dopo aver redatto codesti bilanci , sono fuor dalla realtà , perché non esistono aziende agrarie formate da una particella di seminativo asciutto di terza classe o di prato marcitoio di prima . Quindi , se si sommano i redditi imponibili attribuiti alle particelle formanti una data unità di coltura , si otterrà un reddito fondiario imponibile che , in generale , sarà diverso dal reddito fondiario imponibile calcolato , con lo stesso sistema , per tutta l ' unità di coltura . E ciò , non avverrà soltanto perché il reddito delle aziende è individuale , mentre quello delle particelle ha carattere medio , ma specialmente perché i bilanci condotti per giungere alla tariffa fanno astrazione dall ' azienda (ibid., p . 363 e ristampa , pp . 8­9 ) . Riconosciuto l ' errore e riconosciuta nel tempo stesso la necessità di conservare la particella come unità di misura sia nella rilevazione topografica come ai fini della ripartizione dell ' imposta , il Medici proponeva : - - di sostituire nella stima alla particella tipo la azienda tipo ; - - di scegliere le aziende tipo « previo accurato studio delle condizioni economico ­ agrarie del territorio » , nel numero determinato dal « grado di approssimazione che si intende raggiungere e cioè nei limiti di tolleranza fissati » ; - - di formare il bilancio dell ' azienda tipo allo scopo di determinare il relativo reddito fondiario imponibile ; - - ripartendo poscia cotal reddito fra le singole particelle , sicché la tariffa delle particelle tipo sia il risultato di un calcolo condotto sull ' azienda o podere tipico . Il Medici non ignorava le imperfezioni del metodo proposto . In sostanza , adottando il metodo esposto , la determinazione delle tariffe viene ad essere in dipendenza di due scelte : - - scelta delle aziende tipo ; - - scelta del criterio di ripartizione del reddito fondiario imponibile . La prima scelta può essere compiuta in modo definitivo e razionale quando sia stabilito il grado di tolleranza , cioè l ' approssimazione alla quale si vuole giungere . È bene subito notare che la scelta di aziende tipo è molto più complessa e difficile di quanto comunemente si ritenga , perché siccome l ' azienda tipica - - in senso rigorosamente statistico - - non esiste , bisogna scegliere aziende che abbiano una costituzione che sia intermedia ai limiti fissati della tolleranza , e siano anche tali da comprendere tutte le qualità di coltura e classe di produttività del circolo censuario . La seconda scelta non può avere nessuna soluzione razionale , perché di fatto , le particelle non hanno un reddito loro proprio e quindi la ripartizione rimane un fatto arbitrario . O meglio , vi sarebbe una soluzione razionale qualora si potesse misurare la parte che ciascuna particella ha avuto nel determinare il reddito fondiario imponibile dell ' azienda . È per questo che se la ripartizione rimane arbitraria è certo però che l ' arbitrio può essere contenuto , poiché vi sono indici di ripartizione più o meno idonei ad attuarla . Ad esempio , se si prende a considerazione un ' azienda formata da quattro particelle del tipo seguente : prato irriguo , seminativo , vigneto , gerbido , la ripartizione compiuta in base alla superficie è evidentemente grossolana perché trascura l ' attitudine produttiva della particella ; da cui se ne deduce che vi sono degli indici economici ( produzione lorda , ecc . ) che sono più perfetti , anche se determinati dallo stesso sistema di prezzi che concorre a formare l ' unità da ripartire . Gli indici cui si può ricorrere nella ripartizione vertono essenzialmente sui seguenti : I ) produzione lorda vendibile che si può determinare , con buona approssimazione , per ciascuna particella , senza però evitare alcune trascurabili astrazioni . Per le colture di cereali , leguminose , ecc . compiute nel seminativo e le colture specializzate di piante legnose , gli orti stabili , ecc . , la valutazione è semplice e rapida , perché basta moltiplicare per il prezzo le quantità prodotte ; più difficile riesce per le colture foraggere , dove bisognerà stabilire il prezzo di trasformazione dell ' unità foraggera ; 2 ) prodotto netto ( o reddito globale ) la cui determinazione per particelle incontra difficoltà notevoli , dovendosi stabilire qual ' è la somma di spese assorbite nella reintegrazione dei capitali , per ogni particella ; 3 ) coefficiente d ' investimento , riflette l ' entità degli investimenti fondiari esistenti per unità di superficie coltivata ; esso trova sostegno in un ragionamento estimativo , assai fine , secondo il quale l ' investimento fondiario , essendo un impiego capitalistico , viene fatto tenendo presente l ' entità del saggio di interesse percepito ; da ciò si deduce che se un ettaro della particella A ha avuto x investimenti fondiari in più di un ettaro della particella B , vuol dire che la particella A permetterà di conseguire un reddito fondiario proporzionalmente maggiore . Ma il ragionamento è specioso sia per la grande varietà della psicologia degli imprenditori agrari , che talvolta agiscono nel modo più imprevisto e contrario ad ogni deduzione dottrinale , sia perché alcuni investimenti fondiari , tra cui spiccano le strade poderali e i fabbricati rurali , non possono riferirsi alle particelle , ma a tutto il podere . D ' altro lato bisognerebbe risolvere un altro problema , irto di difficoltà , quello della determinazione del coefficiente di investimento . Si segnala , infine , il più rozzo dei sistemi : la ripartizione del reddito in proporzione alla superficie delle singole particelle . Scartati gli ultimi due sistemi indicati , rimangono i criteri della produzione lorda vendibile e del reddito globale , i quali possono entrambi trovare applicazioni ; certo è che il secondo è meno imperfetto del primo , qualora per la sua determinazione non presupponga il ricorso a nuove astrazioni . È appunto per questo motivo che la scelta dell ' uno e dell ' altro indice deve essere stabilita caso per caso . Ma sia detto un ' altra volta che il problema della ripartizione del reddito imponibile fondiario , dal punto di vista razionale , rimane insolubile ; esso è del tutto analogo a quello dei costi congiunti . Soltanto nel caso limite in cui una particella non abbia reddito , perché sterile , si vede come certi criteri - - quello della superficie - - siano errati e come altri siano meno errati , perché nei casi limite non divengono assurdi ; si noti , meno errati , ma non razionalmente esatti (ibid., pp . 364­66 e ristampa , pp . 10­13 ) . 122 . Vivacemente si oppose alla proposta di sostituire la stima poderale a quella particellare l ' ing . Alfredo Grandi , antico direttore del catasto : se tutta l ' Italia fosse suddivisa in poderi o comunque in unità agricole , ben definite , la stima particellare avrebbe potuto essere abbandonata . Ma non in tutta Italia la proprietà rurale ha la struttura agricola quale si riscontra nella valle del Po , nella pianura veneta ed emiliana , nella Toscana , ed in poche altre regioni . A catasto compiuto , le particelle censite risulteranno in numero di circa 45 milioni e di queste soltanto un terzo , forse , appartengono ad unità agricole con fisionomia spiccata . Gli altri 300 milioni circa di particelle , proprie dell ' alta collina , della montagna , insomma delle regioni a proprietà frazionata , o addirittura polverizzata , oppure di zone in particolari condizioni per popolazione o per produzione specializzate , la Liguria , la Campania , la Conca d ' Oro , sono quasi sempre cellule di organismi a forma indistinta , che continuamente si scompongono e si ricompongono e che possono vivere e vivono anche mediante i raggruppamenti i più imprevisti . Come si sarebbe potuto procedere alla stima censuaria , sistematica , di un sì gran numero di possessi fondiari io non vedo davvero . Cosicché anche per questo problema la legge adottò la soluzione pratica migliore , la stima particellare . Tanto più che dove l ' unità agricola ha fisionomia ben definita , essa vien presa in esame nel suo complesso per la stima censuaria e le tariffe per qualità e classi non rappresentano in ultima analisi se non un giudizioso riparto particellare . Così appunto come il diligente coltivatore fa sì il computo a fin d ' anno di quanto in sostanza gli ha reso il podere , ma ricerca e vuol conoscere quanto ciò sia dovuto al campo , quanto al prato , quanto al frutteto , quanto alla vigna . Già nella memoria su La stima dei beni fondiari pubblicata dal 1914 al 1917 il Serpieri , constatando l ' esistenza in Italia di due tipi ben distinti di poderi od aziende agricole , notava che in talune regioni agrarie italiane , per es . in certe parti del grande altipiano prealpino e anche in non poche regioni dell ' Italia meridionale , è possibile rilevare i prezzi di fatto di appezzamenti distinti di terreno : Sono territori nei quali - - in conseguenza sopratutto del tipo di colonizzazione , con costruzioni rurali concentrate in villaggi - - la proprietà fondiaria si presenta , se non fisicamente , almeno economicamente , molto frammentata . L ' azienda agricola , spesso condotta da affittuari , coloni , ecc . , non dal proprietario stesso , si compone con appezzamenti assunti da varie parti , spesso staccati fra loro , non di rado appartenenti anche a diversi proprietari . Gli appezzamenti si congiungono , secondo le convenienze della produzione , dando anche luogo , generalmente , a una grande varietà di tipi d ' azienda . Allora avviene , non per eccezione , ma quasi come regola , che i singoli appezzamenti sono per se stessi oggetto di scambio sul mercato , sia nel loro uso ( affitto ) , sia nella loro proprietà . I singoli appezzamenti scambiati sono appunto costituiti da una sola qualità di coltura ; essi si comprano e vendono distintamente dai fabbricati , che a loro volta si vendono per se stessi , a un prezzo loro proprio ; talora le piante arboree esistenti sulle quantità miste , come viti , ulivi , ecc . , sono sul mercato pagate anche esse a parte , con un prezzo loro proprio , per pianta o per altra unità di misura . In altre regioni il mercato fondiario non si presenta così economicamente frammentato : Sono , allora , territori , nei quali i terreni si trovano per lo più riuniti in determinati e ben caratterizzati tipi di azienda . È per es . il podere colonico , a coltura mista proporzionato alla capacità di lavoro di una famiglia associata all ' impresa ( mezzadria , ecc . ) , che copre tanta parte dell ' Italia centrale . È l ' azienda irrigua lombarda , dove l ' indirizzo del caseificio impone certi determinati caratteri di ampiezza , di ordinamento colturale , ecc . È la piccola azienda viticola di certe parti del Monferrato ; è il latifondo dell ' Agro romano o della Sicilia , e via dicendo . Sono unità agrarie , che si presentano più o meno nettamente caratterizzate e , per dir così , compatte ; il loro indirizzo produttivo , i rapporti fra imprenditore e lavoratori , ecc . , impongono anche determinate modalità del capitale fondiario . I fabbricati necessari , per es . , a un podere colonico , risultano , in molti loro caratteri , imposti dal sistema agrario che vi è applicato ( necessità di stalle in relazione ai foraggi e quindi al bestiame , ecc . ) : la stessa proporzione fra le diverse qualità di coltura non può uscire da certi determinati limiti . Così , i poderi colonici della montagna hanno spesso una determinata scorta di bosco , che serve ai bisogni familiari di legna da fuoco , ed è quindi in proporzione determinata coll ' ampiezza del podere : i poderi colonici di certe parti dell ' altipiano lombardo hanno una scorta di brughiera , che giova a dare la lettiera necessaria , ed è quindi in proporzione determinata col bestiame e coll ' ampiezza del fondo : i gelsi che si trovano in questi stessi poderi sono tanti quanti occorrono per dar la foglia sufficiente ad alimentare quella quantità di bachi da seta che la famiglia colonica può allevare , ecc . , ecc . Lo studio dell ' ordinamento delle aziende rivela un grandissimo numero di fatti analoghi , di questi casi di proporzioni definite . Talché il concetto di azienda normale , di azienda che in tutte le sue parti rivela quelle proporzioni e quei caratteri che sono imposti dall ' indirizzo produttivo di essa , non è , in queste regioni , un concetto astratto ; è una realtà vivente . E come possiamo riconoscere se una di quelle unità di quegli organismi , è normale , possiamo d ' altra parte riconoscere se essa è per contro anormale , se cioè in talune sue parti ( per es . nella deficenza o sovrabbondanza di fabbricati , in un ' anormale proporzione della qualità di coltura , ecc . ) non ubbidisce a quei rapporti che sono impliciti nell ' ordinamento produttivo considerato : più ancora , può essere oggetto di calcoli abbastanza sicuri il costo occorrente per ricondurla allo stato normale . Il Medici , il quale aveva già implicitamente cercato di rispondere osservando che , anche nelle regioni a distribuzione frammentaria della proprietà della terra , i frammenti dispersi sono dai possessori od affittuari riuniti in guisa da costituire unità , sicché ciascun frammento ha quel reddito o valore individuo non perché esso sia individuo , ma perché esso è valutato dal possessore o affittuario in congiunzione con altri frammenti dei quali egli ha la disponibilità , chiedeva : e che perciò ? Se davvero la particella è unità economica a sé stante sarà , come tale , più facilmente stimata agli effetti catastali . Ma dove le particelle sono riunite in poderi , questi sono l ' unica realtà vivente e da essi dobbiamo prendere le mosse per la stima . 123 . L ' errore proprio dell ' astrazione « particella catastale » consiste nella necessità di istituire conti colturali , essi pure astratti , per singole particelle , anziché conti colturali concreti per poderi . Poiché i prodotti della particella scelta possono diventare mezzi di produzione per altre particelle , è necessario supporre che queste altre ne paghino il prezzo alla prima ; e questa a sua volta deve ad esse pagare il prezzo dei mezzi di produzione che le siano fornite . In realtà , la prima non riscuote nulla dalle seconde , né queste dalla prima ; ma la logica del sistema obbliga a determinare prezzi di prodotti non venduti e di mezzi di produzione non acquistati ; ossia ad adoperare prezzi di mercato che l ' agricoltore non potrebbe forse riscuotere o non vorrebbe pagare se , invece di transazioni immaginarie , si trattasse di effettivi acquisti e vendite . Il Medici dà delle incongruenze alle quali si va incontro un esempio calzante : Si debba determinare la rendita catastale di un ettaro di prato irriguo di prima classe , condotto a mezzadria . Ecco come si procede con il consueto metodo catastale : Prodotti : Prodotto di fieno q.li 100 per ha Prezzo per q.le lire 8 Valore totale » 800 » » Spese : Totale Parte padronale Concimazione chimica q.li 6 a lire 6,50 39 19,50 Mangime per il bestiam da lavoro quintali 4 alire 5 20 10 Lettima q.li 1 alire 3,60 3,60 1,80 _ _ _ _ _ _ 62,60 31,30 Assicurazione contro gli incendi del foraggio : 3% di lire 800 24 12 Manutenzione , assicurazione ed ammortamento dei fabbricati e spese di amministrazione : 5% di lire 800 40 40 _ _ _ _ _ _ 126,60 83,30 Interesse del capitale e spese di esercizio : 5,50% su la somma precedente di lire 83,30 4,60 4,60 _ _ _ _ _ _ 131,20 87,90 Quindi la tariffa , cioè la rendita catastale del prato irriguo di prima classe , sarà data dal prodotto di parte padronale , diminuito dalle spese , e cioè : L . 400,00 - - L . 87,90 = L . 312,10 . Se invece valutiamo il foraggio su la base dei prodotti trasformati e delle spese occorse alla trasformazione , e cioè del latte e della carne che si realizza alimentando il bestiame , avremo : Latte q.li 40 per ha , a L . 13,00 il q.le 520,00 Vitelli q.li 1 per ha , a L . 100 il q.le 100,00 620,00 E cioè il prodotto di parte padronale sarà di lire 310 per ettaro . Le spese di parte padronale sono le seguenti : Mangime e lettime per il bestiame da lavoro : come nel caso precedente 11,80 Assicurazione , manutenzione ecc . : come nel caso precedente 52 Spese di trasformazione 60 Interesse del capitale d ' esercizio 45 _ _ _ _ 168,80 In questo caso la tariffa , cioè la rendita catastale del prato irriguo di prima classe , sarà data da L . 320,00 - - 168,80 = 151,20 . La spiegazione della notabilissima divergenza fra il valore ottenuto con il consueto metodo catastale per la rendita dominicale fondiaria in lire 312,10 ed il valore della medesima rendita ottenuto valutando il foraggio sulla base dei prodotti trasformati in lire 151,20 è data dall ' indole astratta di ambe le valutazioni . Col primo metodo si parte dall ' attribuzione del prezzo di 8 lire per ogni quintale di foraggio . Il prezzo pare « effettivo » , perché di mercato . Ma che cosa significa prezzo di mercato del fieno in una zona agraria nella quale nessuno vende fieno , salvo per eccezione rarissima di vendite a commissariati militari od a vicini premuti da mancanza di foraggio quando , per temporanee vacanze nella stalla , il proprio foraggio sia esuberante ? Che cosa è un prezzo di mercato là dove le contrattazioni sono rare , saltuarie e dovute ad esigenze specialissime di venditori o compratori ? Nel capitolo spese , altre astrazioni . Si passi sopra a quelle proprie delle quote di manutenzione , ammortamento dei fabbricati , delle spese di amministrazione e degli interessi del capitale di esercizio ; ché è incertezza propria di ogni bilancio . Quale la attendibilità concreta dei prezzi attribuiti al mangime ed al lettime per il bestiame da lavoro , occorrente per la consecuzione del prodotto , fieno , mangimi e lettimi che l ' agricoltore nella stragrande maggioranza dei casi non compra , ma trova sul fondo ? Il risultato combinato di dati , che non si sa quale relazione abbiano con la realtà , ossia con i prezzi quali si avrebbero se sul serio si acquistassero e si vendessero fieni , mangimi e lettimi , in quale rapporto è con i fatti veri ? Gli agricoltori dicono : noi non vendiamo foraggi , ma latte e vitelli ; questi sono i nostri veri prodotti e da questi dobbiamo partire . Ma anche qui le astrazioni ossia i dati dedotti da ipotesi non fanno difetto : occorre calcolare quante vacche in media possano essere alimentate con i foraggi di quella particella e quanto latte le vacche alimentate con il prodotto di un ettaro forniscano in media all ' anno e quanti vitelli mediamente ogni anno possano essere allevati e venduti ; ed occorre poi calcolare mangimi e lettimi per il bestiame da lavoro necessario alla utilizzazione del prato ; e quali le spese di trasformazione del foraggio in latte . Attraverso a questi calcoli complessi del dare e dell ' avere della astratta particella catastale , la realtà è agevolmente perduta di vista . Il caso dei foraggi è forse quello che più ha attratto l ' attenzione dei pratici agricoltori e dei teorici del catasto . I primi e particolarmente quelli viventi nelle regioni agricole nelle quali l ' allevamento del bestiame ha gran peso pensano che il prezzo dei foraggi assunto a base della valutazione del reddito delle particelle a prato sia non solo un dato di eccezione , ma sia normalmente più alto e per lo più notevolmente più alto del prezzo effettivo ottenuto in seguito alla trasformazione dei foraggi in latte e carne , vero prodotto del podere agricolo . Sono istruttivi i ripetuti memoriali presentati dalla Unione provinciale degli agricoltori di Parma ( presidente Guido Marasini ed assiduo animatore il dott . Angelo Bocchi ) alla Commissione censuaria centrale per mettere in luce le diverse conseguenze dei due sistemi . Da una Nota dimostrativa delle conseguenze della valutazzione foraggera con i prezzi mercantili ( Parma 1935 ) ricavo i seguenti confronti : Con i prezzi mercantili dei foraggi Con valori dei prodotti trasformati Rendita dominicale per ha del prato irrigui di I ª classe 346,70 118,20 Rendita dominicale del seminativo di I ª classe 225,85 137,82 Rendita dominicale dell ' arborato di I ª classe 225,75 169,50 La Commissione censuaria provinciale ( presidente ing . Carlo Brizzolara ) di Parma , in un Parere sulla richiesta di una decisione di massima da parte delle Commissioni censuarie comunali dei distretti di Parma , Fidenza , San Secondo e Busseto incalzava il 14 ottobre 1936 osservando che in provincia di Parma è generale l ' uso di fissare il canone sulla base del valore dei prodotti della stalla e non sul prezzo mercantile dei foraggi . È bene ripetere che da noi tutto il foraggio prodotto viene consumato dal bestiame il quale dà carne e latte ; a tale proposito si nota che tutti i contratti di affitto fanno obbligo al conduttore di consumare tutto il foraggio sul fondo ; che la quantità prodotta in provincia non è sufficiente per mantenere tutto il bestiame contenuto nelle nostre stalle ; che le piccole quantità poste sul mercato servono per forniture militari o mantenimento di bestiame da lavoro ( cavalli per carrettieri ed agenzie di trasporti ) o per integrare le piccole deficienze stagionali di qualche azienda agricola per cui il loro prezzo , riportato dalle mercuriali del consiglio dell ' economia , non può essere preso a base della valutazione del normale prodotto dei terreni . La stalla è nella provincia di Parma , la parte principale della gestione agricola , e la trasformazione del foraggio in carne e latte rappresenta la normale attività della nostra agricoltura . Seguendo tale concetto , la dottrina dell ' estimo rurale insegna di procedere alla stima dei fondi introducendo nella determinazione della rendita il valore dei prodotti della stalla , perché esso rappresenta il vero e reale reddito proveniente dalle coltivazioni foraggere che nella rotazione agraria in uso investono la metà della estensione del fondo . Superfluo osservare che anche il letame è prodotto di consumazione interna e nella provincia di Parma non viene mai venduto . Se da tale indirizzo si dovesse derogare e si valutasse la produzione di foraggio a prezzo di mercuriale , si giungerebbe a valori non corrispondenti a quelli reali ( pp . 9­10 ) . Ed a sostegno della propria tesi riportava una lettera del professor Giovanni Savazzini , direttore della Cattedra ambulante di agricoltura della provincia : La produzione foraggera complessiva della provincia di Parma che per il decennio 1923­32 si può calcolare sui dati della statistica ufficiale ammontante a q.li 6 293 170 , non è sufficiente alla necessità del patrimonio zootecnico della provincia stessa rappresentato dalle categorie equini , bovini , e caprini secondo l ' ultimo censimento ufficiale del 1930 , per q.li 597 695 di peso vivo e per il quale occorre un fabbisogno di circa q.li 6 694 163 di foraggio ridotto in fieno normale . Da tali cifre risulta che il consumo in foraggio eccede di circa 400 000 quintali la produzione foraggera provinciale . A tale deficienza foraggera si provvede mediante l ' uso di mangimi concentrati , sia di acquisto presso enti e ditte commerciali , che di produzione interna delle singole aziende rurali , ammontanti in annate normali a circa 50 000 quintali corrispondenti a 200 000 quintali di fieno normale . Ne viene di conseguenza che di abitudine la provincia di Parma annualmente da altre provincie italiane importa intorno a 200 000 quintali di fieno occorrenti a saldare il suo fabbisogno . Che la produzione foraggera della stessa provincia sia contenuta entro i limiti sopra esposti , già insufficienti al fabbisogno , se ne ha una conferma nelle annate di siccità nelle quali appena la produzione foraggera si abbassi anche di lieve misura sotto la normale , si manifesta una immediata svendita del bestiame e l ' aumento , in talune annate , notevolissimo delle importazioni di foraggio da altre regioni e un concomitante aumento di prezzo del foraggio stesso . Il prezzo di mercuriale dei foraggi è costantemente , anche in annate di normale raccolto , superiore al prezzo degli stessi foraggi che può derivare dalla loro trasformazione attraverso l ' industria zootecnica . Tale maggior prezzo è poi oltremodo evidente nelle annate di siccità e scarsa produzione foraggera , come la presente annata 1935 . A questo proposito mi sembra superfluo far rilevare che fra prezzo di mercuriale del foraggio e prezzo derivato dalla sua trasformazione , non esiste alcun rapporto e che sarebbe ben noto errore voler calcolare il reddito dei terreni , il loro rispettivo valore sulla base del prezzo mercantile dei foraggi prodotti nelle aziende agricole . Quanto asserisco è messo in facile evidenza dal seguente esempio : la produzione massima di un ettaro a prato di medica si calcola in questa provincia di q.li 110 di fieno normale , che valutata al prezzo odierno di L . 40 porta ad un valore della produzione lorda vendibile per ettaro di lire 4400 . La stessa produzione di q.li 110 di fieno può essere consumata nella alimentazione di due vacche per ottenerne un rendimento in latte di q.li 44; valutando tale latte a lire 45 , presumibile prezzo di riferimento del latte in quest ' anno , si arriva ad un valore di produzione lorda vendibile per ettaro di L . 1980 . Relativamente poi a questo valore di produzione lordo ottenuto con la trasformazione del foraggio in latte devesi tener presente che tale trasformazione è gravata da notevolissime voci passive di spese , rischi , ecc . di cui non risente invece il valore della produzione vendibile in semplice foraggio . 124 . In verità , l ' assunzione dei prezzi di mercato per i foraggi , non era conseguenza necessaria della stima particellare ; ché l ' art . 118 del regolamento 12 ottobre 1933 per l ' applicazione del T . U . del 1931 prescriveva che « per quei prodotti che non si vendono allo stato naturale , ma soltanto dopo una prima manipolazione , la valutazione » dovesse farsi « sulla base dei prezzi dei prodotti trasformati , deducendo da questi le spese della trasformazione , tenuto conto del capitale impiegato e di ogni altro coefficiente dei prezzi medesimi , in guisa da ricavarne il valore del prodotto allo stato naturale » . Ma pare che nel caso dei prati non si sia per lo più seguito il metodo prescritto dall ' art . 118 , non ritenendosi forse che , dando a questo una interpretazione letterale , si possa parlare di latte e di vitelli come prodotti risultanti da una « prima manipolazione » del prodotto naturale foraggio . Ed invero al § 162 della Istruzione XV ( modificata ) per ... la formazionedelle tariffe d ' estimo , quando si volle dare un esempio di applicazione del criterio ordinato dall ' art . 118 , l ' amministrazione catastale pensò non al fieno ed ai prodotti della stalla , bensì all ' uva ed alle ulive , prescrivendo che i prezzi di queste si dovessero dedurre da quelli del vino e dell ' olio tenendo conto delle spese di vinificazione o di quella di oleificazione , del valore dei prodotti secondari e della quantità di uva o di olive necessaria per ottenere l ' unità di misura del prodotto trasformato . Così posto il problema , parrebbe di applicazione e non di principio ; nulla vietando che , anche nel sistema della stima particellare , ogniqualvolta si constatasse di fatto che in una data regione agraria il fieno non è oggetto ordinario di vendita da parte dei produttori , che per conseguenza i prezzi , anche certi , di mercato rispecchiano circostanze eccezionali e sono disadatti a rispecchiare la ­ realtà comune , si possa accogliere il criterio del prezzo di trasformazione derivato opportunamente dai prezzi del latte e dei vitelli attraverso un corretto conto colturale della stalla . Il caso dei foraggi giovò tuttavia a mettere in luce la complicazione grande e la irrealtà del metodo della stima particellare la quale costringe - - ed in ciò sta il suo vizio essenziale - - gli stimatori ad istituire , in luogo di un bilancio concreto dei ricavi e dei costi di un podere , assai bilanci astratti di unità agrarie di fatto inesistenti . Al luogo del podere , che è entità concreta , visibile , con i suoi prodotti venduti o vendibili , con le sue spese effettivamente erogate o che dovrebbero erogarsi , si creano per ogni podere dieci , venti o più imprese distinte , quante sono le particelle catastali ; e per ogni impresa si deve istituire un conto colturale separato , con entrate e spese le quali sono in gran parte immaginarie . La particella di seminativo è , a cagion di esempio , accreditata per la paglia che essa fornisce alla stalla come lettime o per l ' erba medica o il trifoglio che le dà come foraggio ; ed è addebitata per il valore del letame che riceve dalla stalla ; ed in realtà né la paglia né l ' erba medica od il trifoglio sono venduti , né il letame è acquistato . 125 . Bene quindi operò l ' amministrazione catastale ad affermare nelle nuove « Istruzioni di servizio per la revisione generale degli estimi dei terreni e per la determinazione delle tariffe di reddito agrario » del 25 luglio 1939 il principio della stima per azienda agraria anziché per unità di superficie . Le istruzioni e non la legge . Così il ministro delle finanze : La questione non è stata esaminata né risolta nel recente provvedimento di legge , ma è stata affrontata nelle Istruzioni di servizio per la revisione degli estimi nel senso che , di norma , l ' amministrazione catastale procederà a mezzo di studi analitici delle aziende . Per tale indagine si varrà anche dell ' esame dei registri di amministrazione dell ' azienda o fondo preso nel suo complesso . In via normale quindi l ' analisi estimale avrà per punto di partenza l ' azienda , intendendosi per essa un appezzamento o un complesso di appezzamenti di terreno formanti una unità economica di coltivazione contigui o disgiunti , destinati a una sola o a parecchie forme di coltura , qualunque ne sia il metodo di conduzione . Si dovrà invece ricorrere alle analisi per unità di superficie e fare quindi capo alla particella tipo , solo nei casi in cui , per il forte frazionamento della proprietà e per la mancanza di vere e proprie unità economiche , e di informazioni concrete , sarebbe artificioso ricorrere a indagini globali che non avrebbero significato . Le nuove tariffe , sia di reddito dominicale che di reddito agrario , saranno quindi d ' or innanzi ricavate mediante il calcolo dei redditi dominicali ed agrario di aziende scelte con opportuni criteri di ordinarietà e mediante successiva ripartizione di tali redditi fra le varie qualità e classi che compongono l ' azienda . Tutto ciò è ben lontano dalla vera e propria stima aziendale in quanto la tariffa dovrà pur sempre risultare come media dei valori ricavati dallo studio di terreni appartenenti a diverse aziende ( Revel , pp . 42­43 ) . 126 . La scelta delle « aziende » da studiare è cosa non agevole . Giunto alla fine di un rigoroso studio sull ' azienda agraria tipica , Giuseppe Medici a confortare le sue conclusioni scettiche intorno al concetto teorico e statico della azienda tipica ricordava uno scritto che si può attribuire con certezza al Pantaleoni del quale il seguente brano merita di essere qui riprodotto : Invero l ' idea madre del sistema Le Play consiste nell ' aver applicato alle scienze sociali i metodi di osservazione delle scienze naturali . Ma , l ' osservare è un processo che in parte non ha regole . È in parte intuizione . Si nasce osservatori , o anche lo si diventa a forza di esercizi . Si tratta di percepire con finezza e con precisione coi proprii sensi . Si tratta anche di sapere cosa s ' ha da osservare ; perlocché occorrono cognizioni dell ' argomento , sagacia , amore della verità , qualità mentali queste che nessuna regola impartisce . E quando esaminiamo le regole dettate dal Le Play , discusse rivedute e perfezionate dal Focillon e dal Cheysson in Francia , e dal Bodio e dall ' Ipp . Santangelo Spoto in Italia , ognora ci troveremo dinnanzi a questo fatto , che , in ultima analisi , la riuscita della monografia dipende dalle qualità di chi la scriva . Infatti , è perno di tutta l ' indagine la descrizione di una famiglia tipica . Ma cosa è una famiglia tipica ? Quale è la famiglia tipica tra le migliaia di famiglie che costituiscono l ' ambiente di cui si fa la ricerca ? A che segni la riconosceremo ? Ci si dice che la famiglia tipica è una famiglia media . Ciò vuol dire tale , che per i suoi caratteri morali ed economici riesca intermedia fra la pessima e la migliore . Ma , ci sono infiniti punti intermedi fra due estremi qualsiasi . Quale dunque scegliere ? Si tratterà di scegliere quella famiglia di cui i caratteri corrispondono a quelli della maggioranza delle famiglie che appartengono all ' ambiente in cui si lavora , cioè , a colpire quello che dicesi il valore di massima densità , ossia , in altri termini ancora a fotografare la famiglia che corrisponde all ' ordinata massima , supponendole tutte allineate in file di profondità varia , a modo di soldati , lungo una linea retta , e ogni fila composta delle famiglie aventi caratteri pressoché identici ? Se si trattasse anziché di famiglie e delle loro condizioni economiche e morali , di oggetti suscettibili di misurazione col metro , o con la bilancia , la determinazione dell ' ordinata massima non presenterebbe difficoltà di sorta , né lascerebbe aperto il varco ad alcun arbitrio . Ma nell ' argomento presente , e la formazione dei gruppi per l ' allineamento in file omogenee e la scelta del punto di massima densità , è questione di intuito , ossia di occhio artistico . Né havvi , in quanto ai risultati , prova e controprova possibile . Le monografie di famiglia del Le Play ricordate dal Pantaleoni si distinguono dalle altre monografie venute di poi numerosissime , ad opera di osservatori di uffici statistici , perché esse sono , osservavo altrove , un documento storico e non statistico . Storia è ricostruzione di fatti individui , compiuta da chi vede gli avvenimenti col « suo » occhio , sceglie con la « sua » logica i fatti da narrare in mezzo agli altri innumerevoli fatti a lui indifferenti , e li colora secondo la visione delle cose umane che è « sua » . Lo statistico non ha diritto di scelta fra i 100 od i 1000 bilanci di famiglia a lui offerti entro i limiti del gruppo che deve studiare ... Può , nella scelta , essere guidato dalla opportunità di tener conto di quei bilanci , i quali mettono in luce certe caratteristiche : ad es . esercizio di un dato mestiere , numero dei figli , possesso della casa , ecc . , ecc . ; ma i casi in cui quella caratteristica esiste non possono essere oggetto , entro i limiti in cui l ' indagine è tecnicamente e finanziariamente possibile , di scelta arbitraria da parte sua . Fra le tante famiglie , lo storico osserva quella che a lui sembra la più rappresentativa o tipica . Perché a lui sembri tale , forse neppure egli è in grado di dire . Un ' impressione , una sentenza , un modo di vivere , la opinione di persone stimabili del luogo hanno contribuito alla scelta . Allo storico può accadere altresì di combinare insieme le osservazioni relative a due o tre famiglie in un grado che a lui sembri veramente tipico . Celeberrimi dipinti di grandi maestri non sono forse un ' astrazione ? Eppure essi fanno vivere un ' epoca meglio di fotografie fedelissime . Le Play immaginava di fare opera di statistico ed invece scrisse storie . « Intuito » , « occhio artistico » , « astrazioni atte a far rivivere una situazione meglio di fotografie fedelissime » , ecco le qualità necessarie per scegliere , nei 300 comuni principali e nei comuni sussidiari di studio , alla loro volta scelti con lo stesso occhio nelle 20 zone agrarie italiane , le « aziende » degne di essere considerate « ordinarie » . Poiché non si può umanamente pretendere che i tecnici incaricati delle stime siano sempre forniti dell ' occhio artistico atto a « scoprire » o ad « inventare » la azienda rappresentativa ordinaria , giuocoforza è rassegnarsi a guidare i tecnici con istruzioni , consigli , raccomandazioni . L ' incertezza nei criteri della scelta e la fatale arbitrarietà delle scelte fatte non valgono però a far condannare il metodo della stima per aziende . Non occorre forse ugual potenza di occhio per discernere , fra le tante , la particella tipo nel sistema concorrente della stima per unità di cultura ? 127 . L ' arbitrio inevitabile , contenuto dai vincoli delle istruzioni , nella scelta dell ' azienda ordinaria o della particella tipo non ha del resto al punto di vista catastale quella portata che potrebbe avere ai fini di altre ricerche . La stima che si faccia del reddito dell ' azienda ordinaria o della particella tipo non ha per iscopo di constatare valori assoluti , ma posizioni relative . Non si vuole scoprire se una data azienda fornisca un reddito di 5000 o di 6000 lire ; ma invece sapere se il reddito di esso si trovi nel rapporto di 5 ad 1 ovvero di 6 ad 1 rispetto al reddito di un ' altra azienda . Epperciò se l ' occhio dello stimatore si fissa , come se fosse rappresentativa od ordinaria , su un ' azienda il cui reddito deve essere stimato a lire 6000 , mentre un occhio più esperto o più visivo avrebbe considerato tale l ' azienda il cui reddito è di lire 5000 , l ' errore non produrrà conseguenza alcuna se lo stimatore , paragonando le altre aziende ( o particelle ) a quella tipica ne valuterà il reddito ad un sesto invece che ad un quinto , ad una dodicesima invece che ad una decima parte . Il metodo catastale , il quale mette in opera tutto un delicato congegno di stimatori periti , di commissioni censuarie comunali , provinciali e centrali , è certamente atto a compiere paragoni e perequazioni assai più di ogni altro metodo basato su investigazioni individuali alla maniera usata per gli accertamenti mobiliari . 128 . La scelta dell ' azienda come unità di stima impone allo stimatore di valutare la « produzione lorda vendibile » invece del « prodotto totale » . Le due quantità divergono tra loro perché la prima esclude e la seconda comprende quella parte del prodotto la quale è reimpiegata nell ' azienda come mezzo produttivo : fieno , avena ed altri mangimi consumati nella stalla ; paglia , foglie ed altri lettimi trasformati in letame ed usati per concimare il fondo ; sementi tratte dalla produzione propria . La produzione lorda della quale si tiene conto non è quella « venduta » , ma , naturalmente , quella « vendibile » ed include perciò , oltre i venduti , quelli consumati dal conduttore e dalla sua famiglia e quelli dati ai lavoratori come salario . Le stime , eliminati gli andirivieni di prodotti dai seminativi ai prati , dai prati ai seminativi , da ambi ai vigneti e alle colture arboree ecc . , ecc . , risultano grandemente semplificate ; minore diventa il ricorso a prezzi di mercato per prodotti , come i foraggi , che non sono oggetto ordinario di contrattazioni ; minore la necessità di derivare prezzi di taluni prodotti ( uva , olive , foglia di gelso ) da quelli dei prodotti trasformati ( vino , olio , bozzoli ) che effettivamente sono venduti dalla azienda . 129 . L ' accoglimento del concetto di « produzione lorda vendibile » consiglia invero a guardare il prodotto nel momento nel quale esso diventa vendibile . Non impera quindi più in modo tassativo , come sinora , il momento della produzione agricola , ossia della separazione del frutto dalla terra ( uva e non vino , oliva e non olio , foraggio e non vitello , ecc . ) , ma or questo momento or quello della vendita , a seconda delle consuetudini localmente osservate . Giova riprodurre la pagina delle « istruzioni » : Il sistema più diffuso , cioè ordinario , nel comune , stabilirà , di regola , il prodotto da considerare . Ci si riferirà cioè a quello stato di manufazione in cui il prodotto agricolo è prevalentemente commerciato . In Toscana , ad esempio , è comune vendere il vino e l ' olio ; in alcune zone del Piemonte , invece , si usa vendere l ' uva ( esiste cioè un ben definito mercato d ' uva , che manca in Toscana ) ; nell ' Abruzzo litoraneo si usa vendere le ulive ( ed esiste un mercato di ulive ) ; in moltissime regioni si suole vendere il latte ; in altre , specialmente nei pascoli del Tavoliere e di altri luoghi , si effettua nel fondo la caseificazione e si vende il formaggio . La scelta si riduce dunque , nella maggior parte dei casi , ad una semplice constatazione di fatto . Vi potranno tuttavia essere zone dove un sistema più diffuso non è chiaramente identificabile od anche dove il sistema cambia da un anno all ' altro , in relazione alle mutevoli convenienze . Nel secondo caso sarà opportuno considerare i prodotti trasformati anziché i grezzi , anche in considerazione del fatto che le aziende saranno attrezzate per effettuare la trasformazione . Nel primo caso , può esservi una certa libertà nella scelta che dovrà orientarsi secondo la tendenza avvenire e , in mancanza , verso i prodotti grezzi . Essenziale è che , per il prodotto considerato , esista un mercato e quindi un prezzo chiaramente identificabile . Il prodotto dei prati , degli erbai e dei pascoli è generalmente reimpiegato totalmente nell ' azienda e non deve quindi comparire nella produzione lorda vendibile . La vendita del foraggio può costituire una pratica eccezionale , e perciò da non considerarsi , dovuta a contingenze particolari ( mortalità del bestiame ) , oppure può essere un sistema ordinario in determinate zone . In quest ' ultimo caso il foraggio , per la porzione ordinariamente destinata alla vendita , costituisce un elemento della produzione lorda vendibile . Fra i prodotti sono da includersi , naturalmente , quelli animali . Alcuni di essi ( latte , burro , formaggio , lana , lavoro eseguito fuori della azienda , ecc . ) non offrono difficoltà speciali di determinazione ; la valutazione della carne richiede , invece , attente indagini . A tal proposito si avverte che i prodotti di tal genere sono costituiti dal bestiame di allevamento venduto mediamente ogni anno , considerato per il suo valore all ' atto della vendita , se nato nel fondo , per la differenza fra il valore alla vendita , e il valore d ' acquisto , se acquistato . Nel caso in cui la reintegra della stalla si effettui mediante allevamento e graduale sostituzione del bestiame da scartarsi , si considererà fra i prodotti anche il ricavo degli animali scartati ; in tal caso non si dovrà far luogo ad applicazioni di quote di deperimento ( rimonta ) . Si ricorrerà però a questo metodo di valutazione solo nei casi in cui il rinnovamento della stalla mediante gli allevi sia regolare e continuo ; quando invece , ad esempio , a causa della piccola consistenza della stalla , il suo rinnovamento sia saltuario , è più sicuro calcolare gli allevi come venduti ed applicare quindi la quota di deperimento . Nel caso di transumanza , i prodotti delle greggi verranno calcolati per tutta la durata dell ' anno , indipendentemente dai diversi luoghi di pascolo , mediante analisi speciali da eseguirsi sul mod . 22 . Dedotte le spese , all ' infuori di quelle per il pascolo , si deteminerà il valore complessivo dell ' erba pascolata , che verrà ripartito in ragione delle diverse permanenze e in ragione del diverso costo del pascolo estivo e invernale , ripartizione che potrà essere fatta sulla base del rapporto degli affitti . Il letame verrà considerato nella produzione vendibile solo nei casi , poco frequenti , in cui ne sia ordinata la vendita . La mutazione nel « momento » considerato per la valutazione poteva essere reputata illogica ( cfr . sopra il § 82 ) nel sistema della stima particellare , poiché questa si doveva fermare all ' istante in cui il prodotto esce dalla particella individua . Invece nel sistema della stima per podere od azienda , dalla quale si escludono le partite di giro fra particella e particella , non pare si rechi offesa al comando supremo della perequazione se si giunge sino al momento nel quale il prodotto , compiute le trasformazioni « interne » al podere , diventa « vendibile » . Se gli agricoltori di una località usano vendere ulive ed altri di altre località olio , la perequazione non comanda di innalzare artificiosamente le ulive ad olio o di abbassare l ' olio ad ulive . La diversa usanza è indice di altre diversità : nel primo luogo probabilmente l ' agricoltore non possiede casa fornita di trappeti e di macchinario e recipienti adatti alla oleificazione , nel secondo sì . Or , i fabbricati rustici e le dotazioni di macchinari e recipienti ad essi inerenti sono immuni dall ' imposta sul reddito dei fabbricati non già perché essi godano di un privilegio , ma perché si è riconosciuto che i fabbricati rustici e le loro dipendenze non dànno reddito autonomo , ma sono meri strumenti della produzione agricola ed il loro reddito è compenetrato ed immedesimato nel reddito della terra istrutta . Se dunque in una località il terreno è istrutto di fabbricati rustici , con stalle , trappeti , cantine , esso dà un reddito maggiore di quello possibile in altra località dove il terreno è nudo di fabbricati od istrutto di semplici ricoveri per il bestiame ed i coltivatori . Epperciò la valutazione catastale deve adeguarsi allo stato di fatto nel quale si trovano i due diversi fondi ; e stimare di più il fondo istrutto e di meno quello nudo di fabbricati . Se , per ipotesi , i due fondi sono ugualmente coperti da vigne o da oliveti , ugualmente produttivi , il risultato si ottiene per due diverse vie : 1 ) in primo luogo per le maggiori detrazioni per spese di trasporto dal luogo di produzione a quello di consumo del prodotto naturale ( olive o uve ) del secondo fondo in confronto a quelle del prodotto derivato ( olio o vino ) del primo fondo ; 2 ) in secondo luogo per il minor valore delle olive del secondo fondo in confronto all ' olio del primo . Del primo fattore differenziale si teneva già conto nella valutazione particellare ; ma del secondo no , dovendosi far risalire le valutazioni al momento dello stacco del frutto dalla terra , poiché la particella produce olive e non olio ; ma se ne può tener conto nella valutazione per impresa , se questa produce e vende olio e non olive . Sicché anche sotto questo rispetto , il trapasso dalla valutazione per particelle a quella per podere appare un ossequio reso alla regola della uguaglianza o perequazione tributaria . 130 . Quale sia il metodo tenuto per distribuire il reddito totale del podere fra le singole particelle che lo compongono è problema tecnico sul quale qui occorre dire soltanto che il contrasto essenziale fra esso ed il metodo particellare sta in ciò : che in quest ' ultimo per la indipendenza delle analisi dei ricavi e dei costi la somma dei redditi delle singole particelle componenti il fondo può non essere uguale al reddito totale del fondo ; laddove il metodo dell ' analisi per podere costringe a fare e rifare il conto sinché il totale noto del reddito del fondo non sia ripartito interamente , senza eccesso o difetto , tra tutte le particelle che lo compongono . 131 . La valutazione per impresa giova a risolvere le controversie intorno all ' impiego delle notizie ricavate dai contratti di affitto . Esse sono attendibili laddove , come nella pianura padana , il contratto di affitto è prevalente , ed i fondi sono condotti da una classe di imprenditori specializzati , forniti di capitali e di perizia talvolta ereditaria . In queste zone il canone di affitto si approssima alla rendita dominicale che è oggetto dell ' imposta fondiaria , fatte , si intende , le aggiunte e le detrazioni degli altri proventi , che il proprietario ricava dal fondo e , rispettivamente , delle spese le quali rimangono a suo carico ; e può giovare acconciamente come strumento di controllo delle analisi dei bilanci delle imprese ordinarie tipiche . Ma dove i fondi sono affittati direttamente dai proprietari o mediatamente da intermediari o gabellotti a piccoli coltivatori , spesso per la viva concorrenza insorta fra questi , il canone di affitto è notevolmente superiore alla rendita dominicale corretta o valor locativo ordinario ed include una parte del prodotto totale la quale spetta normalmente al lavoro ; né è escluso che , per la scarsezza della mano d ' opera , il canone di fitto sia inferiore al valor locativo normale . Sicché la conoscenza del canone di affitto poco giova e , nella più parte delle terre italiane , dove il metodo delle affittanze ad imprenditori specializzati è l ' eccezione , nuoce . Le « istruzioni di servizio » sono assai incerte in proposito limitandone l ' uso , dove il fitto , benché assai esteso , non sia prevalente , a mero ufficio di controllo « comparativo » ed affermandolo là dove esso sia invece prevalente . Ma giova supporre che la recisa opposizione all ' uso di tale criterio da parte del vice ­ presidente ( presidente ordinario , con la presidenza eccezionale del ministro delle finanze ) della Commissione censuaria centrale , Arrigo Serpieri , abbia virtù di ridurre al minimo l ' impiego del criterio , che egli giudica « causa di profondo turbamento » nella stima catastale « in perfetto contrasto coi fini proprii di essa , che è volta a determinare imponibili relativamente stabili e sovratutto perequati » ( Revel , p . 70 ) . Alla perequazione giova il criterio del canone di affitto solo se esso è assunto non per trarne valori assoluti , ma ragioni di confronto . Anche se lo studio degli affitti - - correttamente osservano le istruzioni di servizio ( cfr . § 31 ) - - conduce a redditi divergenti da quelli determinati per analisi aziendali , il rapporto tra i valori di affitto di fondi diversi può rispecchiare con sufficiente approssimazione il rapporto fra i corrispondenti redditi analitici ; fatto che potrà essere di grandissimo giovamento , sia nel controllo nella scala di merito delle qualità e classi di un comune , che nel collegamento delle tariffe tra comuni e comuni . Capitolo quinto L ' unificazione catastale della tassazione terriera 132 . L ' accertamento del reddito per « impresa » non implica tassazione medesimamente per impresa ( cfr . § 68 ) . Già vedemmo ( cfr . § § 126 e 130 ) che si accerta il reddito dell ' impresa ordinaria o tipica non allo scopo di assidere l ' imposta sul podere od impresa od azienda , che è fatto variabilissimo ed incompatibile con la stabilità del catasto , ma allo scopo tecnico ­ contabile di scansare il pericolo che la somma dei redditi delle particelle superi o stia al disotto del reddito del podere , di cui le particelle si compongono . Quando dalla valutazione del reddito del podere tipico si sia giunti alla valutazione corretta della particella ­ tipo , il podere scompare . Rimangono in vita soltanto le singole particelle , ognuna in se stessa coerente e in tutti i suoi punti uguale , e queste si possono combinare e separare e ricombinare a volontà dei possessori ; e l ' imposta pedissequamente segue , senza alcuna difficoltà , codeste combinazioni e disgiungimenti e ricongiungimenti . Ma nonostante l ' « impresa » viva nel sistema odierno di accertamento del reddito della terra solo in un momento anteriore a quello della effettiva distribuzione dell ' imposta , il concetto medesimo di essa ha reso più evidente l ' incongruenza dei metodi separati usati fin qui per la tassazione dei redditi fondiario ed agrario ; e la necessità di accogliere un unico metodo , e precisamente quello catastale , per la tassazione contemporanea ed omogenea di tutti i redditi derivanti dalla terra . 133 . Accogliendo in massima i criteri proposti nel presente saggio per la costruzione di un sistema corretto di imposte sulla terra , il Serpieri era rimasto peritante rispetto alla possibilità teorica e pratica di distinguere il reddito nelle tre sue parti costitutive di reddito dominicale da tassarsi con l ' attuale imposta fondiaria , di salario dominicale ( remunerazione del lavoro di amministrazione dominicale rivolto a conservare il fondo rustico e ad assicurare la coltivazione secondo gli usi e le consuetudini locali ) e di reddito industriale agrario ( interesse dei capitali mobiliari investiti nella coltivazione ed , eventualmente , nella prima manipolazione dei prodotti del fondo e remunerazione del lavoro dell ' imprenditore agricolo rivolto a dirigere ed organizzare i fattori dell ' impresa agricola fino al momento della vendita dei prodotti , manipolati o non , del fondo , con l ' esclusione del salario del lavoro manuale , da chiunque fornito , anche dal proprietario od imprenditore , sia questi fittaiolo o mezzadro o colono parziario ) . Pur non negando che il salario dominicale possa distinguersi dal reddito industriale agrario in determinate zone agrarie , e precisamente in quelle dove vige il sistema del fitto da parte di imprenditori specializzati ( fitto cosidetto capitalistico ) , il Serpieri negava che in generale il salario dominicale avesse vita autonoma : Il lavoro « intellettuale » può essere più o meno intenso ( cioè può richiedere maggiore o minore attività e spesa ) , a seconda dei rapporti esistenti fra le varie « persone economiche » cooperanti alla produzione , che astrattamente si distinguono in imprenditore , proprietario , capitalista ( possessore del capitale di esercizio ) , lavoratore manuale , lavoratore intellettuale . Quando queste cinque « persone economiche » si fondono in una sola persona fisica , - - il che avviene nel caso del contadino che nella terra di sua proprietà attua la produzione per conto proprio e con proprio capitale di esercizio - - quel lavoro si riduce a un minimo ; ma a mano a mano che le « persone economiche » o , se si preferisce dire così , le funzioni economiche si scindono in varie persone fisiche , il complesso del lavoro intellettuale va aumentando , in quanto sorge la necessità di un lavoro di sorveglianza e controllo reciproco . Così avviene che il proprietario distinto dall ' imprenditore affittuario deve compiere un lavoro di sorveglianza e controllo su quest ' ultimo , e via dicendo . Insomma : la categoria economica « reddito di lavoro intellettuale » è una , come una è quella « reddito di lavoro manuale » ; quel lavoro intellettuale può essere - - naturalmente - - più o meno intenso , può essere fornito da una sola o da più persone fisiche , a seconda dei singoli ordinamenti agrari . Dalla negazione teorica derivava la illazione pratica semplificatrice della opportunità di fondere insieme le due categorie della rendita e del salario , ambi dominicali : Il punto di partenza della stima è , come vedemmo , il valore del prodotto medio del fondo realizzabile con metodi ordinari di coltivazione , al netto delle « spese vive » e del compenso del lavoro manuale . Il reddito ordinario di ciascun terreno , così determinato per differenza , va successivamente scisso nei suoi elementi . Se si accetta la riduzione a due sole categorie di imposta , questi elementi sono due : I ) il reddito agrario industriale ; 2 ) il reddito dominicale . Determinato il primo in base all ' interesse ordinario del capitale mobile di esercizio e alle spese di organizzazione e direzione dell ' impresa ( in pratica , una percentuale del valore del prodotto lordo ) , residua per differenza il reddito dominicale . Tutto ciò è molto semplice . Se si conserva la tripartizione dell ' Einaudi , occorre in primo luogo determinare la spesa che il proprietario dovrebbe sostenere per amministrare e custodire la sua proprietà , quando la desse in affitto ; poi il reddito agrario ­ industriale , e infine - - per differenza - - il residuo reddito dominicale . Poiché gli elementi del reddito agrario ­ industriale sono nei due metodi gli stessi , è chiaro che la tripartizione dell ' Einaudi porta in sostanza a scindere quella categoria economica che col primo metodo si era chiamata « reddito dominicale » , in due categorie , la spesa dominicale di amministrazione e il reddito residuo , che diremo dominicale in stretto senso . Ciò risponde , se non erro , alla realtà di un mercato normale nella ipotesi base di ordinarietà o impresa marginale . In tale mercato infatti , se il proprietario dà in affitto il fondo , e perciò è costretto a un lavoro di amministrazione e vigilanza che non esisterebbe ove egli gestisse direttamente l ' impresa , la conseguenza sarà che il reddito dominicale di cui in questo secondo caso godrebbe come proprietario , risulterà decurtato del compenso per detto lavoro , se affidato ad altra persona ; o , altrimenti , detto reddito dovrà compensare il proprietario non solo come tale ma ancora come prestatore di detto lavoro , se questo è compiuto da lui stesso . Per ciò mi pare più semplice , e più corrispondente ai fatti , che la stima si limiti a determinare , nei modi detti , il reddito agrario industriale e il reddito dominicale ( in largo senso ) . Ove effettivamente il proprietario , al cui nome quest ' ultimo è iscritto , debba sottrarne una parte per retribuire altra persona cui egli affidi il lavoro di amministrazione e custodia della proprietà , gli si dovrebbe dare un diritto di rivalsa ( Serpieri , pp . 126­27 ) . Nel pensiero del Serpieri si sarebbero dunque dovuti fondere insieme la rendita dominicale , spettante al proprietario come tale , ed il reddito o salario del lavoro dominicale . Egli accoglieva così implicitamente il concetto da me proposto della disgiunzione delle due specie di reddito di lavoro , dominicale e di direzione dell ' impresa , di cui il primo ha lo scopo di conservare la rendita dominicale ed il secondo quello di cooperare col capitale di esercizio alla consecuzione del reddito industriale . La osservazione del Serpieri , che il reddito dominicale risulta decurtato del compenso per il lavoro di amministrazione e di vigilanza che il proprietario non avrebbe bisogno di pagare altrui se egli gerisse direttamente l ' impresa , dimostra che il reddito o salario del lavoro dominicale fa parte della categoria della rendita dominicale e dovrebbe perciò essere accuratamente distinto dal reddito industriale , il quale deriva dal capitale e dal lavoro prestati dall ' imprenditore . 134 . La critica esposta nei saggi dello scrivente e del Serpieri e più la esperienza di quasi un ventennio di applicazione del sistema mobiliare alla tassazione dei redditi dell ' industria agraria persuasero l ' amministrazione finanziaria a porsi il problema . Fin dal 1927 il ministro Volpi nominò una commissione allo scopo di suggerire se il metodo vigente di accertamento dei redditi agrari dovesse essere modificato o corretto o , se sì , quali nuove norme ptessero essere accolte per conseguire i fini di esatta valutazione del reddito , perequazione tra contribuenti , rapidità , semplicità ed economia di accertamento . La commissione , pur riconoscendo i difetti del sistema vigente , sconsigliò del pari gli spedienti empirici della determinazione del reddito agrario mediante coefficienti da applicarsi agli estimi censuari e della sostituzione dell ' imposta con un aumento dell ' imposta fondiaria , ed il rimedio della assimilazione compiuta dell ' imposta agraria a quella di ricchezza mobile , perché gli spedienti per loro indole provvisoria apparvero disadatti a modificare in meglio un ' imposta che aveva trovato un suo tollerabile assetto , ed il rimedio fu giudicato incongruo all ' indole del reddito agrario . La Confederazione nazionale fascista degli agricoltori accedeva nel frattempo al principio della contemporanea valutazione dei due redditi fondiario ed agrario ed insisteva affinché il metodo del rilevamento catastale fosse esteso anche al reddito agricolo industriale . Due registri avrebbero dovuto essere istituiti per i due redditi e mantenuti in costante riferimento fra di loro , così che la valutazione dell ' uno non potesse avvenire senza la contemporanea valutazione dell ' altro . Al proprietario del fondo mobiliare avrebbe dovuto essere attribuito il diritto di rivalsa sul fittaiolo o , per la quota , sul mezzadro o colono parziario . Ma la Confederazione non escludeva che al metodo della rivalsa potesse essere sostituito quello della annotazione sul registro mobiliare agrario . Con ciò verrebbe ad aversi la diretta iscrizione a ruolo del fittavolo e del mezzadro e verrebbe rispettato quel più giusto indirizzo della politica e della tecnica tributaria , che vuol soggetti all ' imposta tutti i cittadini , individualmente e direttamente considerati , e si eviterebbe al proprietario dei terreni il fastidio della rivalsa . Il ministro alle finanze di Revel essendosi persuaso della convenienza di « abbandonare , quale base fondamentale di accertamento , il reddito effettivo , accertamento che spesso è un mito , ed attrezzare invece la finanza in modo da porla in grado di appurare periodicamente quale sia il reddito presumibilmente percepito in una situazione ordinaria o normale » comunicava alla Camera nella esposizione finanziaria del 23 maggio 1939 di avere accolta la proposta replicatamente formulata dai tecnici e sostenuta dalle organizzazioni sindacali interessate : quella cioè di estendere il sistema dell ' accertamento per catasto anche ai redditi agrari percepiti dagli agricoltori proprietari , conduttori o coltivatori diretti ( Revel , pp . 33­34 ) . 135 . Provvide all ' uopo il regio decreto legge 4 aprile 1939 , n . 589 , per la revisione generale degli estimi dei terreni ( artt . 4 a 6 ) , il quale , modificando il contenuto dell ' imposta sul reddito agrario , lo definisce come costituito « dal reddito del capitale di esercizio e del lavoro direttivo , quali risultano dalla formazione delle tariffe d ' estimo , escluso sempre il reddito del lavoro manuale da chiunque prestato » . Il reddito soggetto all ' imposta sul reddito agrario include dunque i seguenti elementi : a ) l ' interesse del capitale di esercizio , che le istruzioni fissano nella misura del 6% e per capitale di esercizio si intendono le scorte vive ( bestiame ) , le scorte morte fisse ( attrezzi e macchine ) e circolanti ( mangimi , lettimi , concimi , materiali varii ) . Il capitale di esercizio è quello occorrente in relazione allo stadio di trasformazione del prodotto proprio dell ' azienda , indipendentemente dal fatto se esso appartenga in tutto od in parte o per nulla affatto al possessore del fondo . Al capitale di esercizio è assimilato il capitale di anticipazione che è il numerario occorrente a fronteggiare le necessità dell ' azienda agraria in attesa della realizzazione dei prodotti ; b ) il compenso ai lavori direttivi , di sorveglianza e di amministrazione , relativi alla gestione dell ' azienda . 136 . Non si distingue qui fra il salario dominicale e il compenso del lavoro di impresa , accogliendosi così la critica del Serpieri a quanto era stato chiarito nel testo del presente saggio . La fusione dei due redditi accentua la bruttura rilevata dal senatore Francesco Rota durante la discussione dinnanzi alla commissione legislativa del Senato : « Bisogna pensare - - osservò egli - - che ci sono molti proprietari , che non possono dirigere personalmente l ' azienda , come le vedove , gli orfani ecc . » ( Revel , p . 66 ) , ed ammessa dal Serpieri ( p . 70 ) . Infatti accadrà che il proprietario del fondo sarà tassato in avvenire sul reddito del lavoro direttivo in sede di imposta sul reddito agrario ; ed il fattore od agente , al quale egli abbia affidato il compito della direzione del fondo sarà di nuovo tassato sullo stesso reddito in sede dell ' ordinaria imposta di ricchezza mobile . Duplicazione evidente ; la quale avrebbe potuto essere più facilmente evitata , se il fattore b del reddito agrario fosse stato scisso nei due componenti del reddito del lavoro dominicale e di quello di direzione dell ' impresa , concettualmente l ' uno all ' altro quasi opposti ( cfr . sopra § § 85 e 133 ) . Se i due redditi fossero stati disgiunti , cosa in verità agevole nella esecuzione delle stime , la rivalsa sul fattore per il salario dominicale e sul fittaiuolo o mezzadro o colono parziario per la sua quota parte del reddito d ' impresa avrebbe occasionato minor copia di recriminazioni e di invidie . Nel sistema accolto , la duplicazione d ' imposta sul salario dominicale del fattore è certa . Poiché l ' estimo catastale include tutto il reddito fondiario ed agrario fornito dalla terra , su qual fondamento può elevarsi nuova tassazione a carico di una parte di quel reddito , già colpito dall ' imposta agraria , solo perché quella parte è riscossa da una persona diversa dal possessore del fondo ? e per giunta la nuova imposta è pagata in seguito ad accertamento operato con metodo diverso da quello catastale , cosicché si rinnova il vizio rinfacciato sinora all ' imposta sul reddito agrario , di riferirsi ad una quantità la quale può essere superiore od inferiore ed è certamente eterogenea alla quantità la quale ha già sopportato l ' imposta terriera sul reddito agrario ? Non persuade la spiegazione data dal ministro : Il rilievo , dato e non concesso che esso sia fondato , è inerente alla realità dell ' accertamento del reddito agrario a mezzo del catasto , e d ' altra parte non vi sarebbe possibilità , né convenienza , di porvi riparo ; non riterrei infatti ammissibile un rimborso dell ' imposta di ricchezza mobile pagata dall ' agente , a favore del proprietario che rinuncia al lavoro direttivo , poiché si verrebbero in tal modo a premiare i proprietari assenti dalla missione che è implicita nel diritto di proprietà e cioè quella di custodirla e di potenziarla , con tutti i mezzi , nella sua efficienza produttiva ( Revel , p . 38 ) . La realità dell ' accertamento agrario a mezzo del catasto comandava invece la esclusione del reddito del fattore dalla tassazione di ricchezza mobile ; né questa sarebbe stata « esenzione » , che vuol dire privilegio , ma soltanto un evitare ingiusta duplicazione . Esclusa l ' imposta , non vi sarebbe stata occasione ad alcun rimborso al proprietario , col rischio di rimborsargli più o meno dell ' imposta agraria da lui pagata . Un rimborso di imposta non è mai un premio , a meno che , per errore , il rimborso ecceda l ' imposta pagata . Nel qual caso conviene evitare l ' errore e non commettere ingiustizia col tentare di correggerlo parzialmente . Se poi voglionsi punire i proprietari assenteisti , ciò si faccia con mezzi congrui e nei casi nei quali esiste assenteismo . Il che non si può affermare solo perché il proprietario ricorre alla collaborazione di un fattore od agente . Se questi è un tecnico , è invece augurabile che , dovunque ciò , per la dimensione opportuna dell ' impresa , si possa convenientemente fare , i proprietari ricorrano alla collaborazione di agenti forniti di perizia , appresa nelle scuole agrarie e nella pratica , sì da crescere , con vantaggio universale , la produttività della terra . 137 . È escluso dalla tassazione agraria il reddito del lavoro manuale . Si pone così termine , per i redditi del lavoro manuale applicato alla terra , alle incongruenze , che vogliono dire sperequazioni , segnalate nel testo ( cfr . § § 41 e 70 ) , a cagion delle quali il reddito era accertato ora al netto del salario del lavoro manuale ( conduzione in economia ad opera di braccianti ) , ora al lordo del salario del lavoro manuale proprio , della moglie e dei figli con lui conviventi ed a carico ( proprietari lavoratori diretti ed affittuari ) , ora al lordo del salario proprio e di quello della famiglia colonica , ossia , oltrecché della moglie e dei figli conviventi ed a carico , altresì degli ascendenti o discendenti o fratelli o sorelle o collaterali di ambo i sessi , i quali dipendano dal « capoccia » e siano da lui rappresentati di fronte al proprietario . Accogliendo il principio qui ( § 70 ) posto , il salario del lavoro manuale è , per logica illazione delle definizioni dei redditi che sono oggetto dell ' imposta , considerato in tutti i casi come spesa deducibile e quindi escluso sia dall ' imposta fondiaria come da quella agraria . L ' ammontare della detrazione non è lasciato all ' arbitrio variabile dei fatti effettivamente accaduti ; ché il piccolo proprietario , il quale abbia acquistato il fondo ad alto prezzo perché ha valutato il proprio lavoro a basso livello od il mezzadro il quale adibisce al lavoro vecchi e ragazzi otterrebbe scarsa detrazione di salario individuale in confronto al conduttore il quale paga i braccianti a prezzo di mercato ; ma è uniformemente calcolato per tutti sulla base dei salari stabiliti dai contratti collettivi di lavoro . Se il contratto di lavoro collettivo non contempli la concessione dell ' uso dell ' abitazione esistente sul fondo , vale a dire se il salario sia dal contratto collettivo valutato in un importo lordo del costo dell ' abitazione per il lavoratore , la detrazione del salario intero , suppongasi 6000 lire all ' anno , condurrebbe alla detrazione altresì del canone di fitto , ad es . 500 lire , pagate dal lavoratore per mezzo del predetto salario di lire 6000 . Ma poiché il lavoratore non paga fitto , fruendo dell ' abitazione gratuita , la detrazione si riduce a 5500 lire ( salario 6000 meno la partita figurativa , 500 lire , del canone di fitto non pagato ) . La qual regola risponde alla esigenza di tassare , non detraendole , le 500 lire come reddito dominicale della terra . La esclusione invero del reddito della casa rustica insiememente dall ' imposta fondiaria e da quella sui fabbricati non vuol dire esenzione ; ma vuol dire divieto di duplicazione , essendo quel reddito implicitamente già compreso nel reddito dominicale soggetto all ' imposta fondiaria ( cfr . sopra § 129 ) . 138 . Accanto a quella del trattamento fiscale dei fattori od agenti , di cui si discorse sopra , altra più grave incongruenza guasta l ' edificio armonico costruito col decreto del 4 agosto 1939 . Voglio accennare al trattamento del reddito dei fittaioli . Ma , dovendosi della incongruenza render ragione , giova far posto alla pagina giustificatrice del ministro proponente : L ' articolo 5 stabilisce che il provvedimento , che estende il sistema di accertamento catastale al reddito agrario , in confronto dei proprietari conduttori o coltivatori diretti , non è suscettibile di estensione ai redditi realizzati dagli affittuari di fondi rustici , i quali permangono soggetti all ' imposta di ricchezza mobile ( ai sensi dell ' art . 9 della legge 24 agosto 1877 , n . 4021 ) . Questa norma , a prima vista , sembra determinare una situazione di particolare sfavore per la benemerita categoria degli agricoltori affittuari , la quale verrebbe esclusa dal beneficio dell ' accertamento del reddito col procedimento catastale , poiché perdurerebbe per essa il procedimento della denuncia individuale . La diversità nel metodo di accertamento potrebbe anzi apparire senza giustificazione per chi si limitasse a considerare che in entrambi i casi , della conduzione o coltivazione diretta e dell ' affittanza , non muta la natura del reddito e che spesso le due forme di conduzione si alternano nel tempo sullo stesso fondo . La questione è stata pertanto oggetto di profondo e maturo esame da parte dell ' amministrazione finanziaria ; quest ' ultima ha però dovuto infine riconoscere che ragioni plausibilissime impongono una diversità di trattamento tra le due categorie in esame : queste ragioni fondamentali sono le seguenti : a ) La catastazione dei redditi agrari , nei confronti dei proprietari fondiari diretti conduttori , parte da una ipotesi che , come tutte le ipotesi , non ha una corrispondenza effettiva in ogni caso concreto , ma rappresenta un punto di riferimento medio , tale da determinare il minimo di sperequazioni possibili . L ' ipotesi , nel caso del reddito agrario , è che tra capitale fondiario e capitale d ' esercizio corra , per intere zone , un rapporto costante . Ma poiché sia la tecnica che la pratica agraria riconoscono che il proprietario possa ottenere un medesimo reddito fondiario con il sussidio di un capitale di esercizio il cui ammontare può essere alquanto variabile , è necessario che , nell ' ipotesi che sarà posta a base dell ' operazione di una prima catastazione dei redditi agrari , sia assunta , come entità di capitale di esercizio , quella media e ordinaria in una determinata zona , impiegata dai proprietari conduttori , indipendentemente dall ' ammontare di capitale di esercizio che nella stessa zona trova ordinariamente impiego da parte degli affittuari . Questa entità « capitale d ' esercizio » è normalmente assai minore per il proprietario diretto conduttore che per l ' affittuario e ciò per ovvie ragioni : il capitale di esercizio rappresenta per il proprietario un accessorio , a cui questi ricorre nella misura minima sufficiente a garantirgli il massimo reddito dominicale del proprio capitale fondiario , che è per esso il principale ; per l ' affittuario invece il capitale d ' esercizio è il principale ; egli pertanto farà ricorso ad un capitale fondiario di terze persone , mediante l ' affitto , nella misura minima consentita dal massimo sfruttamento economico del proprio capitale d ' esercizio . I criteri di sfruttamento del proprio capitale , nel caso del proprietario diretto conduttore e dell ' affittuario , trovansi quindi ai due poli estremi della convenienza economica . Per cui l ' ipotesi media ordinaria che l ' amministrazione dovesse formulare nei riguardi del ricorso al capitale d ' esercizio determinante il reddito agrario nel caso del proprietario , non può sussistere , né prendersi a riferimento della determinazione del reddito agrario nel caso dell ' affittuario . Se si volessero confondere i due casi in uno solo , come vorrebbero i critici dell ' art . 5 , si verrebbe a pregiudicare la categoria dei proprietari conduttori , poiché si dovrebbe tener conto , nella tariffazione degli estimi del reddito agrario , di una situazione di reddito degli affittuari che è normalmente maggiore di quella della categoria anzidetta . b ) Ma a questo argomento se ne aggiunge un altro di particolare importanza che discrimina senza possibilità di obiezioni la categoria degli affittuari da quella dei proprietari conduttori diretti : ci riferiamo alla formazione di alcuni redditi di congiuntura particolare negli affittuari , e cioè a quelle che possono chiamarsi quasi ­ rendite e che possono essere originate specialmente nei due casi seguenti : I ) quasi ­ rendita derivante da sistemi di coltivazione di rapina , che , nel caso del proprietario , costituisce bensì un momentaneo accrescimento del reddito , ma che fatalmente si tradurrà più tardi in una diminuzione di valore del capitale fondiario . Non così per l ' affittuario il quale può trarre beneficio dalla coltivazione di rapina , senza essere costretto a subirne le conseguenze passive ; 2 ) quasi ­ rendita derivante da particolare situazione di favore del canone di affitto determinato , per speciali circostanze , in misura inferiore a quello medio e ordinario praticato per terre di pari valore e reddito nella zona . È però doveroso che gli uffici distrettuali delle imposte dirette siano messi sull ' avviso , affinché non assumano , quale base degli accertamenti dei redditi degli affittuari , il canone da questi corrisposto al proprietario del fondo in quanto il reddito imponibile deve spesso ritenersi valutabile in ragione inversa all ' elevatezza del canone stesso . A canone basso e particolarmente favorevole corrisponde di solito un reddito agrario dell ' affittuario più alto ; a quello elevato e sfavorevole corrisponde invece un reddito imponibile più basso ( Revel , pp . 34­36 ) . La norma rimase invariata nonostante le critiche venute fuori durante le discussioni nelle commissioni legislative dei due rami del parlamento . L ' on . Brizi , relatore della commissione della Camera rilevò la disparità del metodo di accertamento , obbiettivo e catastale per i redditi agrari dei coltivatori diretti e dei mezzadri e soggettivo e mobiliare per i fittaioli , dei quali i minori non sono preparati a sostenere l ' incerta discussione con gli agenti fiscali ; esenti i primi e tassati i secondi per il reddito del lavoro proprio e dei componenti la famiglia (ibid., pp . 60­61 ) . Il ministro ribadì i concetti esposti nella pagina sopra riportata ; ma la sottocommissione senatoria , poco persuasa , si fece eco delle proteste degli agricoltori e soprattutto della federazione dei fittaioli contro il trattamento differenziale ; ed a proposito dei guadagni di congiuntura i quali possono essere lucrati dal grande fittaiolo industriale , osservò che « ci sono vastissime zone d ' Italia e specialmente del Mezzogiorno , in cui è molto diffusa la piccola affittanza , dove il lavoro viene personalmente eseguito dal fittaiolo » (ibid., p . 65 ) , proponendo perciò che all ' imposta di ricchezza mobile rimanessero assoggettati solo i redditi realizzati dai fittaioli di fondi rustici che non fossero coltivatori diretti . Il ministro non disconobbe la equità delle argomentazioni oppostegli e promise di tenerne conto ad occasione della revisione della legge d ' imposta sui redditi mobiliari la quale dichiarò essere allo studio . Frattanto , non potendosi d ' un tratto applicare il nuovo sistema di tassazione dei redditi agrari , sarebbe stato scorretto esentare i fittaioli dall ' imposta sul reddito del lavoro proprio e della famiglia quando i proprietari ed i mezzadri temporaneamente , fino al compimento della revisione degli estimi fondiari , vi sarebbero stati soggetti . In conclusione , sembra che , ad estimi riveduti ed a imposta mobiliare riformata , il sistema , in ossequio ad esplicito voto del Senato , accettato dal ministro , sarà il seguente : I ) i proprietari diretti coltivatori , i mezzadri ed i coloni parziari saranno tassati col metodo catastale e con esclusione del reddito di lavoro manuale ; 2 ) il reddito dei fittaioli se anche dovrà ancora essere tassato con l ' imposta di ricchezza mobile , dovrà essere valutato al netto dal reddito di lavoro , sia che questo sia prestato da salariati , ovvero dallo stesso fittaiolo coltivatore diretto e dai componenti la sua famiglia ; 3 ) il reddito dei fittaioli , anche se valutato in contradditorio con i procuratori all ' imposta di ricchezza mobile , dovrà essere determinato sulla base del reddito agrario catastale , pur con le variazioni suggerite da circostanze particolari e di congiuntura . 139 . Quando i voti ora elencati come secondo e terzo saranno tradotti in norma legislativa , la differenza fra il trattamento fiscale dei fittaioli e quello degli altri coltivatori agricoli si ridurrà : - - in primo luogo , al diverso collocamento dei primi nelle finche dell ' imposta mobiliare e dei secondi in quelle della imposta terriera . Che è differenza la quale non varrà la pena sia serbata in vita per se stessa , trattandosi di mera disputa di inquadramento in questo o quell ' ordine burocratico ; - - in secondo luogo , alla diversa gravezza del tributo , probabilmente più pesante quello sui fittaioli . Ma neanche questa differenza meriterà di essere osservata ; ché il più leggero gravame dei proprietari coltivatori diretti e mezzadri sarà di gran lunga compensato dalla realità dell ' imposta agraria , e quindi dalla sua generalità , dalla mancata esenzione dei minimi e dalla maggiore facilità della sovraimposizione a favore degli enti locali ; - - diguisaché la sola sostanziale differenza per la quale potrà in avvenire essere spiegato il mantenimento dell ' incongruo metodo della tassazione mobiliare per i redditi agrari dei soli fittaioli , sarà la speranza di colpire talun reddito che , si dice , solo i fittaioli ottengono in più di quello ottenuto dai proprietari coltivatori diretti . Cotal reddito sarebbe , a detta del ministro proponente , tratto dal maggior capitale di esercizio del fittaiolo in confronto a quello consueto per il proprietario coltivatore diretto : Il capitale d ' esercizio , - - riproduco di nuovo le parole medesime del testo ministeriale - - rappresenta per il proprietario un accessorio , a cui questi ricorre nella misura minima sufficiente a garantirgli il massimo reddito dominicale del proprio capitale fondiario , che è per esso il principale ; ed egli pertanto farà ricorso ad un capitale fondiario di terze persone , mediante l ' affitto , nella misura minima consentita del massimo sfruttamento economico del proprio capitale d ' esercizio ( Revel , p . 35 ) . Dalla quale argomentazione si dedurrebbe che , essendo i due criteri di sfruttamento del capitale d ' esercizio situati ai poli estremi della convenienza economica , e dovendo l ' amministrazione catastale assumere , a base del calcolo del reddito agrario , la quantità del capitale d ' esercizio impiegata ordinariamente nella zona dai proprietari coltivatori diretti , rimarrebbe immune dall ' imposta quella maggior quantità che nella stessa zona fosse ordinariamente impiegata dai fittaioli . La illazione sembra in se stessa infondata , ché il criterio della ordinarietà impone di tener conto di quei metodi colturali e di quei mezzi di produzione che ordinariamente sono osservati ed impiegati nella zona agraria , né le istruzioni distinguono affatto fra una ordinarietà dei proprietari coltivatori diretti ed un ' altra dei fittaioli . Se in una regione agraria come nella bassa lombarda domina la conduzione ad affitto , i metodi ed i capitali dei fittaioli dànno il tono all ' intiera economia agricola . Le aziende tipiche scelte per lo studio dei redditi saranno ivi aziende condotte da fittaioli ; ed il reddito agrario ivi determinato sarà non quello proprio dei pochi proprietari coltivatori diretti ma quello dei molti fittaioli . Ed è risultato massimamente utile del catasto che i proprietari coltivatori diretti , se infingardi , siano stimolati anzi punti a progredire dall ' alta valutazione che del loro reddito dominicale ed agrario - - di amendue , badisi , e non solo del secondo - - si faccia sulla base dei più progrediti , ma ordinari , metodi ed investimenti accolti dai fittaioli . L ' infondatezza della illazione fa dubitare dell ' argomentazione , da cui essa è dedotta . La quale invero appare incomprensibile . Perché invero proprietario coltivatore diretto e fittaiolo dovrebbero seguire due regole diverse nell ' investimento dei capitali ? Si parta dalla premessa che in ambi i casi si voglia accertare il reddito , sia dominicale come agrario , il quale può essere conseguito nell ' ipotesi di ordinarietà . Certo può farsi ipotesi diversa ; e supporre che per il proprietario coltivatore diretto si tratti di conseguire il reddito ordinario e per il fittaiolo un reddito superiore all ' ordinario . Ma anche questa ipotesi si riduce all ' altra col semplice avvedimento di scindere il più vistoso reddito del fittaiolo in due parti , il reddito ordinario e l ' eccedenza . Per ora occupiamoci solo del reddito ordinario . Esiste una sola combinazione di fattori produttivi , terra istrutta , capitale d ' esercizio , lavoro direttivo e lavoro manuale , la quale sia capace di produrre « quel » reddito ordinario . Non si vede alcun motivo plausibile per il quale sia il proprietario coltivatore diretto sia il fittaiolo abbiano convenienza ad impiegare meno o più di quella combinazione di fattori , ché essi scemerebbero nell ' un caso il reddito od impiegherebbero nel secondo inutilmente quantità addizionali di fattori produttivi . Perché l ' uno o l ' altro dovrebbero seguire una condotta illogica e perché soprattutto il legislatore dovrebbe supporla ? 140 . Quindi , la disputa si riduce all ' altra , se convenga usare , per i soli fittaioli , un metodo di accertamento , il quale valga a colpire gli extra ­ redditi , che solo essi , si allega , conseguono . I sovraredditi sarebbero di diverse specie ed il ministro ne elenca esplicitamente due ed implicitamente , come si disse or ora , un ' altra . La prima è il sovrareddito derivante da coltivazione di rapina ( cfr . sopra § 50 ) , la quale non avvantaggia mai il proprietario , ma può arrecare lucro al fittaiolo . Ho discusso dianzi ( § 76 ) il quesito , giungendo alla conclusione che il mezzo fiscale sia strumento disadatto al raggiungimento del fine della tutela delle risorse nazionali . 141 . La seconda è il sovrareddito derivante dal favore di fitti più lievi di quelli medii ed ordinari praticati nella zona . Sembra che non sia da escludersi l ' ipotesi contraria di sottoredditi a cagion di canoni di fitti superiori all ' ordinario ; e la relazione ministeriale sembra ammettere che , come nel primo caso gli affittuari dovrebbero essere tassati sul sovrareddito , nel secondo caso dovrebbe il loro reddito ridursi al disotto dell ' ordinario di quanto è l ' importo del sottoreddito di cui soffrono . Suppongasi che la rendita imponibile dominicale , che è quantità uguale al fitto o valor locativo depurato e corretto , sia di 1000 lire per ettaro e che il reddito agrario ordinario sia uguale esso pure a 1000 lire . Nel caso del proprietario diretto coltivatore queste sarebbero le quantità accertate e tassate ai fini delle due imposte fondiaria ed agraria . Nel caso di fitto il proprietario pagherebbe l ' imposta sulla rendita dominicale di 1000 lire . Se il canone di fitto è esso pure di 1000 lire , epperciò uguale al reddito agrario ordinario , l ' imposta di ricchezza mobile colpisce il fittaiolo su 1000 lire e non sorge alcun problema . Nell ' uno e nell ' altro caso le due imposte ( quella unificata fondiaria ed agraria nel caso della conduzione diretta , ovvero le due imposte separate fondiaria e di ricchezza mobile nel caso dell ' affittanza ) colpiscono 1000+1000=2000 lire , non lasciando immune alcuna parte del reddito totale del fondo , che è per l ' appunto di 2000 lire e non eccedendo col tassare più delle 2000 lire . Soddisfa alla esigenza di non tassare né più né meno del totale dei due redditi dominicale ed agrario la tesi che vorrebbe colpito coll ' imposta di ricchezza mobile l ' intero reddito del fittaiolo quando questo , invece della quantità normale 1000 , giunga a 1300 lire , perché costui paga , per errore od altra causa , un fitto inferiore per 300 lire a quello normale ? Evidentemente no . Invero il proprietario seguita a pagare l ' imposta fondiaria sul reddito dominicale di 1000 lire , nonostante egli riscuota un fitto di sole 700 lire ; ma il fittaiolo dovrebbe pagare l ' imposta di ricchezza mobile su tutte le 1300 lire che gli restano . Il totale del reddito imponibile risulta di lire 2300 , laddove in realtà esso è di sole 2000 lire . Vi è peccato di doppia imposizione per l ' ammontare di 300 lire . Suppongasi che l ' errore sia a vantaggio del proprietario e che questi riceva un fitto di 1300 lire , invece di quello normale , uguale alla rendita imponibile di lire 1000 . Il proprietario , ciononostante , continua ad assolvere l ' imposta fondiaria sulla invariabile rendita dominicale di lire 1000 . Il fittaiolo , il quale , pagando un fitto eccessivo di lire 1300 , vede ridotto il suo reddito industriale agrario a lire 700 , ha ragione di pagare e , non essendovi motivo di usare due pesi e due misure ( Revel , p . 36 , nota 2 ) , effettivamente paga su 700 lire . Qui il reddito imponibile è di 1000+700=1700 lire , che è somma inferiore al reddito totale del fondo di 1000 reddito fondiario più 1000 reddito agrario =2000 lire ; e si ha , con danno per la finanza , mancamento di imposta per l ' ammontare di 300 lire . Il peccato di doppia imposizione nell ' un caso partorisce il vizio di mancamento di imposta nell ' altro caso ; e sono amendue da schivarsi . Schivandoli si procaccia anche il vantaggio della collettività , la quale è avvantaggiata quando il proprietario consapevole di continuare a pagare l ' imposta fondiaria su tutte le 1000 lire della sua rendita dominicale si sforza di non lasciar ridurre il fitto al disotto di quella cifra ; e quando il fittaiolo , sapendo di dover seguitare a pagare l ' imposta su tutte le 1000 lire del reddito agrario catastale , si sforza di non elevare il fitto da lui pagato al di sopra del normale . Le rendite da errore di fissazione del canone di fitto , turbano a volta a volta l ' economia del proprietario o quello del fittaiuolo , alienando il primo dalla buona conservazione del fondo e inducendo il secondo a coltivazioni di rapina ; epperciò deve essere lodato il metodo , il quale osserva la giusta bilancia oggettiva tra i due redditi , ed è dannabile quello , il quale si industria a tassare la rendita e ad esentare la sottorendita da errore . 142 . La terza specie di sovraredditi fu dichiarata dal ministro quando , affermando che i fittaioli usano sfruttare al massimo il proprio capitale di esercizio , implicitamente suppose che essi , oltre il reddito agrario ordinario dei proprietari coltivatori diretti , conseguano un sovrareddito dovuto al miglior impiego del lavoro e del capitale nell ' impresa da essi condotta . Ho discusso nel presente saggio il problema , giungendo ( cfr . § § 78­80 ) alla conclusione che la tassazione dei sovraredditi da miglior utilizzazione dei fattori produttivi , che vuol dire da iniziative coraggiose , da perizia tecnica , da educazione ereditaria , da genio amoroso per la terra , sia condannabile perché contraria all ' interesse della collettività ed insieme a quello della finanza . Nulla debbo aggiungere alle cose allora osservate ; sicché , per la mancanza di ogni ragionato fondamento teorico e pratico , acquista forza l ' augurio formulato dal Serpieri , a nome della Commissione censuaria centrale , che presto si giunga alla totale sostituzione dell ' imposta di ricchezza mobile sul reddito dei fittaioli con l ' imposta sul reddito agrario a base catastale . 143 . È probabile , del resto , che il punto della particolare intensità dei capitali impiegati dai fittaioli abbia stretta attinenza e debba risolversi nell ' altro dei limiti fra il reddito « agrario » , che la nuova legge assoggetta in gran parte ed è augurabile che presto debba essere assoggettato per tutti , compresi i fittaioli , ad imposta secondo il metodo catastale ed il reddito « industriale » ottenuto con la trasformazione di prodotti della terra . È l ' antica questione : reddito terriero quello ottenuto dalla produzione del vino , pur se conciato come il marsala ; reddito industriale quello ottenuto dalla ulteriore trasformazione del vino in liquori o da speciali manipolazioni nelle quali la concia , come per il vermut , acquista importanza preponderante . Ma la linea di distinzione fra l ' agrario e l ' industriale fu mai sempre incerta ed oscillante fin da quando il criterio dominante di distinzione era l ' eccesso sulla capacità produttiva del fondo . Erano nate incongruenze diverse : agrario il reddito da vino prodotto con uve del fondo , ed industriale quello da vino ottenuto con uve acquistate ? E se il proprietario , in annate avverse , acquista una qualche uva forestiera per correggere le proprie calanti di gradazione zuccherina ? Agrario il reddito da miele di api , le quali pascolano su fiori situati nel fondo proprio ed industriale quello da miele prodotto da api avventurose ? Quale e da chi accertato il limite dei chilometri consentiti al vagabondaggio mellifero ? Agrario il reddito della stalla fornita di fieno proprio ; ed industriale quello della stalla dove sono introdotti mangimi speciali estranei al fondo o dalla quale il bestiame esce alla buona stagione per andar ad estatare sulle Alpi o sugli Appennini ? Fu osservato che la tecnica agricola consiglia spesso agli agricoltori di integrare i prodotti ottenuti nel fondo , sia per la manipolazione , sia per l ' alimentazione del bestiame , con prodotti o sostanze importate dal di fuori ; e questa è divenuta pratica ordinaria , dalla quale è impossibile fare astrazione nella determinazione catastale dei redditi dominicale ed agrario . Sicché l ' art . 30 della legge 8 giugno 1936 , n . 1831 , affermando essere parte del reddito agrario « anche i redditi che , dopo la prima manipolazione dei prodotti agricoli , sono realizzati con manipolazioni e lavorazioni successive » escludeva invece il reddito di quelle operazioni « che rappresentino una industria diversa dal normale ciclo produttivo agrario secondo i principî o entro i limiti della tecnica che lo governa » . Qui si vede una prima formulazione del sistema corretto il quale dovrà essere accolto ad integrar l ' edificio logico che or si costruisce . Il punto decisivo della contesa non è il successo particolare dell ' imprenditore , chiunque egli sia , proprietario coltivatore diretto o fittaiolo ; non è l ' eccedenza del suo reddito su quello normale . Se l ' imprenditore agricolo ottiene eccedenze di reddito anche notabili entro i limiti dell ' industria agraria , l ' eccedenza , per la indole propria del metodo catastale , è esclusa dall ' imposta , sinché essa non si sia generalizzata e , divenuta ordinaria , faccia parte , ad occasione della prima lustrazione , dell ' imponibile fondiario od agrario . Se invece l ' imprenditore va al di là del normale ciclo produttivo agrario ed , in connessione colla impresa agraria , dà origine ad un ' impresa industriale , il reddito di questa è mobiliare e deve essere accertato secondo i criteri proprii della imposta mobiliare . Se anche per l ' imposta di ricchezza mobile verrà , come fa prognosticare ( Revel , p . 32 ) la relazione ministeriale , accolto il principio dell ' accertamento periodico del « reddito presumibilmente percepito in una situazione ordinaria e normale » , l ' imprenditore , sia proprietario o fittaiolo , di industrie agricole sarà tassato solo sul suo reddito ordinario ; se invece continuerà a valere il criterio dell ' accertamento del reddito effettivo , anche gli eventuali sovraredditi individuali dovranno essere caso per caso accertati e tassati . Quel che qui importa di affermare è il canone secondo cui si deve guardare non all ' altezza del reddito , ma all ' indole tecnica delle operazioni compiute per distinguere tra agricoltura ed industria . Un margine di arbitrio rimane pur sempre nel distinguere ; ma può essere , senza intollerabile offesa alla equità tributaria , eliminato con espedienti empirici , dei quali uno è , a cagion di esempio , quello per cui si considera agraria la vinificazione sino a che la percentuale delle uve o dei mosti forestieri usati ad intento correttivo non superi il 30 per cento della massa totale vinificata ed industriale quella in cui le materie prime per vinificazione o concia superino quella percentuale . Non pare impossibile che uomini periti rappresentanti dei ceti interessati e della finanza giungano a concordare criteri adatti alle singole industrie ed atti a risolvere le questioni eventuali di attribuzione all ' uno o all ' altro ramo , agrario od industriale , della attività umana . 144 . L ' imposta agraria - - di quella dominicale non occorre discorrere essendo pacifico che essa debba essere iscritta al nome del proprietario od usufruttuario od utilista del fondo - - al nome di chi deve essere iscritta ? Alla domanda , si era nel testo ( § § 86­89 ) risposto riconoscendo l ' opportunità della iscrizione , in principio , al nome del proprietario , salvo l ' obbligo a questi di denunciare per tempo il nome del fittaiolo o mezzadro da iscrivere , in vece sua , per l ' imposta agraria . Prevalse il criterio della massima semplicità e comodità per la finanza e fu ordinato che « l ' imposta sia dovuta dal proprietario o possessore del fondo , salvo il diritto della rivalsa verso coloro che partecipano nella ripartizione del reddito stesso » ( art . 6 del R.D.L. 4 aprile 1939 ) . Dinnanzi alla commissione legislativa della Camera il relatore Brizi si contentò di dire che all ' uopo « dovranno provvedere opportunamente le pattuizioni sindacali » . Ma nella commissione senatoria fu proposto si sopprimesse l ' accenno al diritto di rivalsa e l ' iscrizione a ruolo avvenisse direttamente al nome « di coloro che partecipano alla ripartizione del reddito stesso , in proporzione del rispettivo reddito » . Il ministro respinse la proposta « per ragioni tecniche , cioè per l ' impossibilità di determinare caso per caso le quote del colono e del proprietario . Infatti non tutti i contratti di colonia parziaria sono a metà e l ' entità delle quote costituisce un rapporto interno tra i due partecipanti al reddito » ; ed , avendo il senatore Sarrocchi proposto di sostituire le parole « salvo il diritto di rivalsa » con quelle più proprie « con diritto di rivalsa » , l ' emendamento , meramente formale , fu approvato . 145 . La disputa non ha importanza sostanziale in prima approssimazione . Chiunque sia il contribuente legale dell ' imposta agraria e del resto di qualunque altra imposta , questa si distribuisce di fatto a seconda del gioco dei prezzi dei diversi fattori produttivi sul mercato . L ' imposta è uno dei tanti fattori i quali intervengono a determinare l ' equilibrio dei prezzi sul mercato . In sua assenza , i prezzi dei fattori terra istrutta , capitale d ' esercizio , lavoro direttivo e lavoro manuale sono tali e tali ; in sua presenza non solo i prezzi dei medesimi fattori ma anche il prezzo dei fattori estranei al fondo e quello dei prodotti del fondo variano , tutti o alcuni di essi , nella misura necessaria a determinare un nuovo equilibrio . Ho affermato altrove , che nella ipotesi di stato perfetto l ' imposta ottima - - e tali , a parer mio , sarebbero , ove ad esse si arrecassero ancora le lievi modificazioni segnalate sopra , le due imposte fondiaria ed agraria - - non grava su nessuno dei partecipanti al prodotto , ma anzi cresce , in misura variabile , come comanda l ' equilibrio del mercato , il reddito di ognuno di essi . Nell ' ipotesi di imposte non ottime e di stati non perfetti l ' imposta si distribuirà variabilmente sui proprietari , fittaioli , coloni , lavoratori manuali , venditori di fattori produttivi estranei al fondo e compratori e consumatori di prodotti del fondo in quella misura che sarà necessaria a consentire il formarsi di un nuovo equilibrio dei prezzi , tenuto conto della elasticità della curva di domanda e di offerta di ognuno dei fattori produttivi e dei prodotti che intervengono su quel mercato . 146 . La conclusione ci potrebbe consigliare all ' indifferenza di fronte a qualunque distribuzione legale dell ' imposta , se dalla indifferenza non ci distogliessero parecchie considerazioni dalle quali l ' economista puro usa , ragionevolmente , astrarre . In primo luogo l ' imposta ha tendenza a fissarsi ; almeno temporaneamente , sul contribuente legale . Là dove la legge o la consuetudine fissa le remunerazioni dei partecipanti al prodotto , e ciò accade massimamente nelle conduzioni a mezzadria od a colonia parziaria , come potrebbe il proprietario , a cui venga addossato , senza diritto di rivalsa , l ' imposta agraria , rimbalzarla sul mezzadro ? Le quote della metà o del terzo sono fissate dalla consuetudine e sono inviolabili . Il proprietario , il quale tentasse di mutarle , andrebbe incontro a commenti ostili e sarebbe disertato dai contadini rispettosi di sé e buoni lavoratori . Di qui l ' importanza della clausola del diritto alla rivalsa , intesa a facilitare una transazione che il legislatore ritiene sia conforme alla realtà economica , come definita dianzi , o all ' archetipo della giusta distribuzione dei carichi pubblici che egli si è prefisso di conseguire . Ma nemmeno quella clausola basta ; e là dove è possibile , come ritengo sia nella più parte dei casi , senza apprezzabile scomodo per la finanza ( cfr . nel testo il § 89 ) , è bene che la tassazione avvenga a nome del fittaiuolo o mezzadro o colono , ad evitare il rancore privato che si attacca a colui il quale si faccia o sia costretto a farsi esattore di imposta per conto dello stato . Il contadino si rassegna a recarsi a pagare il balzello all ' ufficio dell ' esattore ; si ribella , come a sopruso privato , a rimborsarne l ' ammontare , anche minore , al proprietario . Se si può , è bene evitare il diffondersi di siffatti sentimenti di odio fra classi costrette a continui rapporti vicendevoli di dare e di avere . È vero che , salvo il caso della conduzione ad affitto , nel quale tutta l ' imposta agraria spetta al fittaiolo , nei casi di mezzadria e di colonia parziaria la imposta dovrebbe essere ripartita fra proprietario e mezzadro in quote variabili , praticamente tutta sul mezzadro dove questi conferisca tutte le scorte vive e morte e l ' opera del proprietario si limiti alla vigilanza dominicale , ovvero metà sull ' uno e sull ' altro , ove le scorte siano di proprietà comune e la vigilanza del proprietario o fattore sia assidua e precisa . Anche in tal caso , la rivalsa dal mezzadro sul proprietario di metà del carico è socialmente più agevole e moralmente meno risentita di quanto non sia la procedura inversa . Parrebbe colpevole di sopruso agli occhi di tutti il proprietario il quale alla resa dei conti si rifiutasse alla dovuta rivalsa . 147 . Più della ragion di superamento di attrito ora discorsa , vale , a decidere il punto , la ragion politica . Nell ' epoca nostra è diffusa la convinzione che le imposte debbano essere ripartite in proporzione del reddito dei singoli ; e trattandosi , come è vero per le due imposte fondiaria ed agraria di cui si discorre , di imposte reali , la convinzione vuol dire che i contribuenti debbono pagare in ragion proporzionale al proprio reddito . Questa è convinzione politica e non economica . Nel gran tramestio dei prezzi sul mercato , nel gran gioco delle forze economiche , chissà mai dove quelle povere imposte andranno a finire e chissà se non si attui miracolosamente l ' ipotesi di stati perfetti e di imposte ottime e perciò le imposte non vadano a finir su nessuno ! Frattanto , è d ' uopo che si ottemperi al comandamento politico che chi riceve 1000 cavi egli 100 fuor di tasca sua e chi ha 100 cavi 10; sia perché l ' uno vegga che anche l ' altro fa quel che egli è costretto a fare , sia perché amendue ragionino : perché i 100 ed i 10 ? a qual fine li paghiamo ? a fin buono od a fin malvagio ? ed a chi le paghiamo ? sono costoro onesti amministratori del denaro altrui o pessimi malversatori ? Può darsi che le domande ora poste se le facciano troppo pochi o nessuno ; ma qui si scrive facendo l ' ipotesi che il legislatore intenda a promuovere l ' educazione politica dei cittadini , e fra le condizioni della buona educazione è il sapere quanto e perché si paghi ed il pagare direttamente e non per interposta persona . Massime che non possono , purtroppo , essere osservate sempre ed in tutto ; ché il leviatano statale moderno ha bisogno in ogni paese di somme di denaro tanto enormi , da non poterle ottenere chiedendole apertamente ed ha d ' uopo ricorrere ad espedienti , come le imposte sui consumi e sugli affari , delle quali talune sono in verità ottime , pur difettando del requisito della consapevolezza politica . Tanto più è urgente che l ' esigenza della consapevolezza sia soddisfatta dovunque la si possa . E poiché nella imposta agraria è possibile soddisfarla , non si vede la ragione per la quale si chiami il proprietario a pagare un ' imposta con cui il legislatore intende invece percuotere il fattore o il fittaiolo o il mezzadro od il colono . Capitolo sesto L ' intervallo di franchigia per le migliorie 148 . Furono chiarite sopra ( § § 113 a 116 ) le ragioni per le quali si deve lamentare sia obliterata la norma del lungo intervallo - - un trentennio - - fra una revisione e l ' altra degli estimi fondiari ed il trentennio sia stato ridotto ad un quinquennio . Il ritorno ad una più lunga durata dell ' intervallo di franchigia per le migliorie , vario a seconda dell ' indole di queste , fu , a nome della Commissione censuaria centrale , oggetto di augurio da parte di Arrigo Serpieri . Qualche passo su questa via fu già compiuto dal legislatore ; ad esempio , quando , stabilita in cinque anni l ' esenzione per la vite bassa , la allungò ( R . D . L . 31 dicembre 1923 , n . 3071 ) a 10 anni per la vite alta ( a spalliera , maritata ad albero o appoggiata a grosso palo , a pergolato , a raggi o simili ) , per il melo e il pero di alto fusto ( oltre m 1,40 ) , per il ciliegio , l ' albicocco , il nocciolo , il melograno , il susino , il nespolo del Giappone , il kaki , il frassino da manna , a 15 anni per gli agrumi , il mandorlo , il gelso di alto fusto , il pistacchio , a 20 anni per il castagno da frutto , il noce , il carrubo , il pino da pinoli , il sorbo , per i terreni bonificati sulle paludi e sui terreni paludosi ( R . D . 30 dicembre 1923 , n . 3256 ) , a 40 anni ( 15 se cedui ) per i boschi di alto fusto compresi nei perimetri dei bacini montani , rimboschiti dai proprietari . 149 . La discussione non verte sul punto della durata della esenzione per miglioramenti , sul quale tutti sono d ' accordo nel ritenere troppo breve il quinquennio oggi stabilito in generale e necessario mutarlo in tempo più lungo , che dai più autorevoli si propende a ritenere non minore del ventennio , ma sull ' altro se giovi di più a promuovere le migliorie agricole il metodo , che possiamo dir « generale » , della invariabilità degli estimi per x anni , e d ' or innanzi dirò per trent ' anni riferendomi alla legge fondamentale del 1886 , invariabilità dovuta al divieto di revisione degli estimi prima di una certa scadenza , ovvero quello « particolare » concesso per numero variabile di anni ai singoli miglioramenti , più o meno a seconda dell ' importanza ad ognuno assegnate dal legislatore . Un confronto giova a mettere in luce le caratteristiche diverse dei due metodi . 150 . La prima è che il metodo particolare concede l ' esenzione unicamente al maggior reddito dovuto alle migliorie , laddove quello generale la attribuisce a questo ed insieme a quello derivante dalle variazioni relative dei prezzi intervenute durante il trentennio . Il Serpieri vuole siano in proposito trascurate le variazioni apparenti di prezzo dovute a rivalutazioni monetarie , delle quali agevolmente si può tener conto con opportune variazioni delle aliquote delle imposte , e le oscillazioni di breve durata , che si debbono ritenere conguagliate nei prezzi medi assunti nei calcoli di stima . Paiono importanti invece le variazioni di prezzi reali di indole permanente ; le quali conducano ad una mutazione notabile nel ricavo relativo delle varie colture ( crisi cerealicola la quale diminuisce il reddito dei seminativi in confronto ai prati , ai vigneti , uliveti , ecc . ; rottura del trattato colla Francia , la quale scema il reddito dei vigneti non suscettivi di protezione doganale in confronto ai seminativi protetti dal dazio sui cereali , ecc . ecc . ) , nel reddito di un ceto agricolo in confronto all ' altro ( aumento dei salari , che cresce la remunerazione dei lavoratori manuali della terra in confronto alla rendita dominicale ) , nel reddito della terra in confronto al reddito delle industrie o dei commerci . La fissità trentennale degli estimi sembra scorretta , perché costringe coloro i cui redditi sono scemati a pagare eccessivo tributo in confronto a coloro i cui redditi non sono diminuiti . Ma un ' analisi più attenta conduce invece a conclusioni favorevoli alla fissità trentennale . Scema il reddito della terra , per variazione dei prezzi sfavorevole alle derrate agricole e favorevole ai manufatti , in confronto al reddito delle industrie ? Il fenomeno non riguarda i rapporti relativi delle rendite dominicali o dei redditi agrari ; ai quali soltanto badano gli estimi catastali . Il problema non è di revisione di questi estimi , bensì di variazione del carico della terra in confronto a quello delle industrie ; ed essa si consegue col maneggio delle aliquote relative dei redditi fondiario ­ agrari e dei redditi mobiliari . Parimenti , se diminuiscono le rendite dominicali in confronto ai redditi agrari , od ai compensi del lavoro , non giova , a rimediare al vizio , mettere in subbuglio gli estimi catastali ; ma può giovare una riduzione dell ' aliquota del tributo fondiario ed un innalzamento di quella per i redditi agrari . Rimane , sola rilevante , la variazione relativa « interna » dei prezzi e dei redditi dominicali o di quelli agrari a profitto od a danno dei terreni cerealicoli in confronto ai prativi od ai vitati od a quelli destinati ad altre colture . Anche qui , pare grandemente dubbia la opportunità di una frequente mutazione degli estimi , allo scopo di porre rimedio alla sperequazione . Ché questa è temporanea e dipendente in notabil parte dalla volontà umana . Certamente non si può d ' un tratto trascorrere dalle colture arboree ( viti , uliveti , agrumeti ) a quelle sative o prative . Ma non sono sempre impossibili consociazioni di colture , ad es . , negli interfilari ; e la maggior diligenza nelle colture redditizie insieme con una tal quale trascuraggine in quelle divenute poco remunerative fa sì che si possano seguire gli allettamenti dei prezzi variabili . Anzi , se v ' ha connotato proprio dei rustici è quello di badare sin troppo ai prezzi . Salgono sul mercato le stime dei porci ? E tutti si affannano a procurarsene e si pagano prezzi assurdi per gli allevi . Ribassano ? E gli allevatori non riescono a collocare a nessun conto i porcellini da latte . Le variazioni dalle colture sative alle prative , dal frumento al granoturco sono agevoli ; e non presentano difficoltà insormontabili le mutazioni nei rapporti tra le colture dei seminativi a vicenda . La fissità delle stime catastali sembra qui essere vantaggiosa ; ché essa , tenendo alto il tributo sui terreni destinati a colture divenute meno vantaggiose , spinge i coltivatori a cercare nel tempo stesso , con una appropriata mutazione di colture , l ' aumento di reddito e la diminuzione relativa del peso tributario . Anzi , se ben si guarda , la fissità trentennale delle stime adempie anche qui al suo ufficio essenziale ; che è di incoraggiare le migliorie e di punire gli agricoltori pigri ed inabili . Che è infatti il passaggio dalla coltura passiva o poco redditizia ad una più remunerativa se non una miglioria agricola , la quale merita di essere incoraggiata col mantenere invariato il carico tributario ? e questa invariabilità non è punizione acconcia per l ' agricoltore tardo a scorgere la convenienza di scemare o abbandonare una coltura poco remunerativa ? Questa prima differenza tra i due metodi sembra dunque far pendere la bilancia a favore della esenzione generale trentennale , la quale incoraggia , oltre alle migliorie tecniche , che l ' altro metodo unicamente contempla , anche quelle economiche , che sono condizione e premessa di quelle tecniche . 151 . Il metodo generale , dirò inoltre con le parole stesse del Serpieri , « assicura a tutti i miglioramenti , di qualunque natura essi siano , l ' immunità tributaria per un lungo periodo di tempo ; il metodo particolare lo assicura per un tempo assai breve - - soli 5 anni - - in generale , salvo più lunghe esenzioni per determinate categorie di miglioramenti » . Poiché della insufficienza del quinquennio nessuno dubita ; e poiché il trentennio può sembrare ai più eccessivo , tenuto conto della maggiore rapidità con la quale gli agricoltori odierni si decidono a mutare o migliorar colture , il terreno del contendere non pare grande e forse non è difficile che il ventennio finisca di apparire il più ragionevole , ad eccezione unicamente dei terreni di montagna che si vuole siano rimboschiti , per i quali un periodo anche più lungo del trentennio si impone . La disputa quindi si muta in altra ed è la seguente : 152 . Giova meglio concedere l ' immunità tributaria a tutti coloro i quali compiano quella qualunque miglioria ad essi piaccia o soltanto a coloro i quali compiano quelle migliorie che al legislatore piacque incoraggiare ? La prima specie di immunità piace sovratutto agli agricoltori , come quella la quale non richiede formalità , dichiarazioni , visite preliminari e successive di ispettori , dimostrazioni e spese , laddove la seconda impone tutto ciò e riesce fastidiosissima e odiosa al rustico , il quale sospetta nei visitatori anche benevoli l ' uomo foriero di angherie e di balzelli . Ed i più compiono perciò le migliorie , ma si astengono dal denunciarle , fidando nella loro buona stella , affinché l ' ufficiale del catasto non le veda troppo presto e non li sottoponga a cresciuta imposta . 153 . Ma la differenza ora detta non si limita a cotale vantaggio psicologico , pur di fatto rilevantissimo ; ma pone una domanda capitale : è meglio lasciar la scelta delle migliorie all ' agricoltore ( metodo generale trentennale ) od attribuirla al legislatore ( metodo particolare dell ' esenzione alle singole colture ) ? Il quesito appena posto , è , agli occhi di chi scrive , risoluto . Abbia fiducia , chi vuole , nella sapienza del legislatore in punto a faccende economiche , non io certo . L ' ufficio del legislatore è gravissimo anche in queste faccende ed il suo intervento deve essere quotidiano , minuzioso e lungimirante ; ma non è quello del maestro di scuola , il quale insegna ai bambini a compitare ed a formar lettere e parole , sibbene quello del giudice il quale pone i limiti di quel che è lecito di fare e di quel che , nell ' interesse generale , è vietato . A costruire strade nazionali , comunali , poderali , a bonificar paludi , a rimboschir montagne , ad arginare fiumi e torrenti , a rassodar terreni semoventi , a dar sicurezza , lo stato ha tanto da fare da non bastar generazioni . Non occorre che esso si impacci ad insegnare ai rustici a coltivar frumento invece di patate , ulivi invece di viti , cavoli al posto di fiori . Tutte cose che il rustico , ammaestrato dall ' esperienza e dai cattedratici - - queste sì , le scuole agrarie , sono compito degli enti pubblici ! ! - - e spinto dal tornaconto conosce meglio degli uomini pubblici . Se poi lo stato voglia incoraggiare taluna coltura o miglioria particolare , reputata essenziale a determinati fini pubblici , usi , come del resto fa , invece dello strumento tributario , quello ben più efficace del premio : ad abitazioni rustiche , a silos , a concimaie , a condotte d ' acqua , a bonifiche . Il premio può essere commisurato al costo dell ' opera compiuta , il premio è finanziariamente onesto , perché mette in luce e fa discutere l ' onere imposto all ' erario , mentre l ' esenzione par lieve cosa e può essere onerosa ; il premio non scoraggia dalle formalità e dalle visite il rustico , il quale sa di dover dimostrare di aver compiuto l ' opera atta a fargli conferire il premio atteso . Pur sotto questo rispetto il metodo generale trentennale pare preferibile al metodo particolare delle esenzioni date a scelta del legislatore . 154 . Il metodo generale osserva meglio la regola imperativa dell ' epoca unica catastale ( cfr . sopra § § 112 sg . ) ; ma urta contro l ' ostacolo della impossibilità di compiere le revisioni nell ' attimo di tempo a ciò occorrente . Il vizio pare dovuto più che al principio in se stesso , alla lunghezza interminabile della formazione del nuovo catasto in base alla legge del 1886 . Compiuto questo , nulla vieta che le revisioni tecniche ( per alluvioni , avulsioni , divisioni ereditarie e compre ­ vendite ) delle mappe catastali non proseguano ininterrottamente , sì da tener la mappa sempre aggiornata ; e nulla vieta che ad ogni vent ' anni si proceda ad una revisione generale . La prestezza con la quale si compie l ' odierna revisione generale , a catasto non del tutto ultimato , è prova che le revisioni non sono impresa alla quale si attagli necessariamente il connotato della lunga durata . 155 . Resta il rimprovero sostanziale al metodo « generale » , che si potrebbe dire « della ghigliottina » . L ' approssimarsi della scadenza del trentennio o ventennio significa la cessazione di ogni stimolo alle migliorie , anzi il nascere di un interesse ad aspettare trascorra la data fatale . Chi migliori il fondo uno o due o cinque anni prima della scadenza del trentennio godrà dell ' immunità per il maggior reddito della miglioria solo per uno o due o cinque anni ; e poiché talune migliorie ( impianto di vigneti , frutteti , agrumeti , uliveti ) dànno frutto solo dopo trascorsi tre o cinque o dieci anni , cessa del tutto lo stimolo a migliorare ; e giova attendere la fine della revisione trentennale per fruire della esenzione per lungo periodo . Né si può rendere mobile il trentennio , datandolo dall ' inizio della miglioria , perché ciò importerebbe rinuncia al principio dell ' epoca catastale unica . 156 . Il vizio ora detto non è peculiare alle revisioni a lunghi intervalli , con fissità intermedia delle stime . Esso si riscontra anche in altri casi , ad esempio in quello delle concessioni di pubbliche imprese . La società , la quale abbia ottenuto la concessione di tranvia o gazometro o forza idraulica per trent ' anni , non ha interesse , a mano a mano che si avvicina la scadenza , ad impiegar nuovi capitali , a fare impianti nuovi costosi , dei quali non potrebbe godere i frutti per un periodo bastevole di tempo . Gli ultimi cinque o dieci anni della concessione sono tempi di inerzia e di decadenza tecnica , di sfruttamento di quel che si è costruito in passato , di assenza di nuove iniziative . Si provvede con espedienti varii , quali la rinnovazione anticipata della concessione , il diritto di riscatto anticipato da parte dell ' ente , la garanzia di parziale rimborso per gli investimenti di capitali compiuti dopo una certa epoca e simili . 157 . Parimenti si può pensare ad espedienti atti ad eliminare il danno dell ' avvicinarsi della scadenza , con una acconcia combinazione del metodo generale con quello particolare . Rimanendo in vita il primo , con la garanzia dell ' esenzione universale di tutte le migliorie senza uopo di dichiarazioni , formalità , visite , collaudi , si può attribuire all ' agricoltore il diritto di denunciare in qualsiasi momento le migliorie che egli intenda apportare al fondo e per il cui maggior reddito egli godrà dell ' immunità tributaria trentennale o ventennale . Ognuno farà suoi conti e giudicherà , avvicinandosi l ' epoca della revisione catastale , se gli convenga compiere la miglioria , standosi zitto e correndo il rischio della tassazione intera dopo la revisione , ovvero denunciandola e sottoponendosi alle formalità necessarie per ottenere un congruo prolungamento del nuovo trentennio catastale della esenzione per l ' eccesso di reddito dovuto alla miglioria . L ' espediente è già in uso per le esenzioni particolari ora vigenti e non turba le revisioni periodiche . L ' art . 14 del r . d . l . 4 aprile 1939 stabilisce invero che « le esenzioni temporanee dalla maggiore imposta sugli incrementi di reddito , comunque concesse , non possono dar luogo alla iscrizione in catasto di estimi non rispondenti allo stato di fatto , ma hanno effetto solo nei confronti dell ' imposta » . Nel catasto si iscrive cioè l ' estimo corretto 1000 risultante dalla revisione , ma l ' imposta si applica , sino alla fine del periodo di esenzione , solo su x . A quanto ammonta x ? a 500 estimo vecchio ovvero a 600 , quale sarebbe l ' estimo nuovo se si facesse astrazione del maggior reddito dei miglioramenti esenti ? A ragion veduta pare si debba dire 600 , perché il legislatore promise l ' esenzione solo al reddito della specifica miglioria denunciata , che è 400 , e non all ' aumento generale di reddito ( e potrebbe essere diminuzione ) dovuto al complesso delle variazioni economiche verificatesi nel trentennio , che si vuole colpito allo scadere preciso di ogni trentennio . Non deve tacersi che la differenza fra l ' imponibile nuovo e quello vecchio è quantità facilmente calcolabile , laddove la differenza fra due imponibili nuovi , quello rispondente allo stato di fatto e quello che esisterebbe in assenza della miglioria denunciata è quantità teorica che al rustico può sembrare arbitraria . Ma l ' ossequio alla perequazione comanda di scegliere questa seconda quantità , la quale del resto non sarà ardua fatica rendere plausibile all ' agricoltore alacre e progressivo , solo atto a fare migliorie e più a denunciarle agli uffici catastali . Capitolo settimo Proposta di una immaginaria unità catastale di stima 158 . Un ultimo , forse il più arduo e perciò non avvertito , problema deve ancora essere posto . Discutendo la data della revisione in corso , il ministro alle finanze ricordava che la revisione generale degli estimi fondiari ordinata nel 1923 presentò « il grave difetto di essere stata condotta in un periodo in cui i prezzi non solo erano instabili , ma avevano subíto il massimo di oscillazioni , in cerca di un nuovo equilibrio relativo alla situazione economica post ­ bellica » ; e , citando la prima stesura del presente scritto , ricordava le mie osservazioni intorno alla impossibilità nella quale si trovarono gli ufficiali stimatori del 1923 , vissuti in mezzo all ' equilibrio di costi , salari , profitti e rendite formatosi sulla base dell ' inflazione monetaria , di rivivere i prezzi , i salari , i costi , le rendite esistenti prima del 1914 in un ambiente tutto diverso , ed il mio auspicio che agli estimi del 1923 si sostituissero estimi definitivi , calcolati in momento di moneta stabilizzata , momento che dovevasi presumere dovesse cadere verso l ' anno 1940 . Il ministro ritiene che la odierna stima trovi ambiente propizio alla buona condotta delle operazioni di stima ed elenca varie ragioni in suffragio della sua opinione : I ) La politica di stabilizzazione dei prezzi in agricoltura , che , iniziata nel 1934 , è ora integrata dal sistema degli ammassi e della fissazione dei prezzi per la maggioranza oramai dei prodotti della terra , consente di dare agli estimi una base sufficientemente stabile ( Revel , p.12 ) . 2 ) La stima riferendosi al periodo compreso tra il I ° gennaio 1937 e la fine delle operazioni catastali ( presumibilmente 31 dicembre 1941 ) è fondata su prezzi i quali hanno raggiunto , in conseguenza dell ' allineamento della lira decretato il 5 ottobre 1936 , un livello bastantemente stabile (ibid., p . 21 ) . 3 ) La necessità della nostra difesa costringendoci a vivere in regime di economia chiusa (ibid., p . 64 ) ha facilitato quella disciplina del mercato interno la quale è condizione necessaria della politica di stabilizzazione dei prezzi . 159 . Par dubbio che le circostanze ora citate contribuiscano effettivamente a quella stabilità dell ' equilibrio dei prezzi e dei costi , la quale è detta condizione necessaria per la formazione di estimi catastali duraturi . Alcune sono evidentemente contingenti e determinate dallo stato presente di guerra . Non è affatto probabile che il livello dei prezzi e dei costi esistenti in regime di mercato chiuso a causa di blocchi e controblocchi , di divieti e di impossibilità di importazione e di esportazione , di scambi compensati e contingentati possa durare quando , col ritorno della pace , necessariamente si riattivino le correnti dei traffici internazionali , sia che esse siano limitate a taluni ampi continenti od estese di nuovo a tutto il mondo . La politica degli ammassi e delle pedisseque determinazioni d ' impero dei prezzi è anch ' essa collegata con lo stato di guerra . Ma se una situazione di pace dovesse ristabilirsi , la necessità in cui si troveranno tutti i paesi di riprendere i rapporti commerciali reciproci , renderà pressoché impossibile il funzionamento di così rigide economie chiuse . Commercio vuol dire pieghevolezza ed elasticità . Ammassi e prezzi d ' impero significano rigidità e mercato chiuso . L ' uno è incompatibile con l ' altro . Il mercato chiuso è logico in una economia bellica ; è inverosimile ed instabilissimo in un ' economia di pace . Dunque , se non si voglia supporre perpetuo lo stato di guerra , ossia impossibile il conseguimento degli scopi per cui un paese si deliberò alla guerra , uopo è supporre che ritorni il tempo di pace e diventi allora palese la incompatibilità del mercato chiuso e del regime di prezzi in quello prevalente col nuovo ordine pacifico internazionale . 160 . Che l ' equilibrio dei prezzi del periodo catastale di stima 1937­41 seguito all ' allineamento della lira decretato il 5 ottobre 1936 con la riduzione del 41 % del contenuto aureo della lira possa essere considerato stabile è ipotesi della quale il fondamento appare assai fragile . Basta gittare lo sguardo sull ' assai istruttivo riassunto riprodotto ( p . 26 ) nella relazione del ministro alle finanze delle « proposte della confederazione fascista degli agricoltori per assicurare prezzi equamente remunerativi per i principali prodotti agricoli » , per convincersi nulla essere più labile dei prezzi giudicati stabilmente remunerativi dai competenti : Ad appena tre anni di distanza quanto appaiono antiquati ed irreali i prezzi che erano attuali od erano reputati remunerativi nel 1939 ! Rendita dominicale e reddito agrario sarebbero annullati , se gli agricoltori dovessero vendere a codesti prezzi i loro prodotti . Muteranno ancora , non si sa se in più o in meno e , sovratutto , nonostante vincoli e grida , sembrano irremissibilmente destinati a variare ancor più , sinché non abbia tregua la incertezza politica ed economica che travaglia il mondo . 161 . Non che avviarci verso il 1940 ad un equilibrio stabile di prezzi , siamo giunti in ogni paese del mondo a siffatto grado di instabilità da non conoscere più il significato dell ' unità monetaria . Nessuno sa che cosa significhino lira sterlina , franco , marco , lira , corona . Queste sono parole le quali hanno significazione quando si sappia con esattezza quale sia il contenuto in oro , argento , rame od altra qualsivoglia materia definita per peso e titolo ; e non basta la definizione , ma occorre che la unità monetaria sia in qualunque istante senza alcuna difficoltà od investigazione permutabile dalla forma cartacea alla forma materiale ( aurea , argentea , ecc . ) . Ma questa condizione senza la quale nessuna unità monetaria è pensabile non era soddisfatta fin da prima della guerra presente in verun paese del mondo . Difettava altresì quel surrogato della permutabilità in una qualsiasi materia che è la permutabilità , a rapporto fisso , in altra unità monetaria . Se il marco tedesco si mutasse , o si fosse mutato innanzi che la guerra interrompesse i rapporti commerciali , in un multiplo o quoziente fisso della lira sterlina , del dollaro , del franco , della lira si sarebbe potuto lamentare la mancanza della permutabilità diretta del marco e delle altre specie di monete , ma si sarebbe almeno potuto constatare che le diverse unità monetarie dei diversi paesi del mondo erano legate tra loro da un rapporto determinato , sicché , conosciuto quello , si sarebbe avuto un ' idea approssimativa della generale loro podestà d ' acquisto . Mai no . È risaputo che il marco tedesco ha , in virtù di precise norme legislative , rapporti variabili con le altre monete , a seconda dell ' uso a cui esso è fatto servire ; sicché accanto al marco ­ tipo , il quale acquista lire italiane 7,60 , vi sono altri marchi , identici nella forma e nel nome , dei quali si leggono sui giornali quotazioni ufficiali degradanti sino ad una sesta parte di quello . Sono note in Italia le lire cosidette turistiche ed operaie , di cui sono ufficialmente pubblicati e variati i rapporti con le altre monete ; ed in pratica sono o furono conosciute altre specie di lire : lira ­ cotone , lira ­ seta , lira ­ lana , delle quali se non si pubblicano ufficialmente i corsi , sono o furono dalle autorità ministeriali o corporative competenti comunicate a chi di ragione le norme regolatrici osservando le quali è o fu legale ed anzi consigliato procurarsi , per ogni lira , una quantità di lire sterline o dollari o marchi diversa da quella ordinaria ; ma queste lire sterline o dollari o marchi non servono o servirono per fare acquisti in generale , ma solo per comprare o vendere cotone o lana o seta . La procedura con cui i variabili rapporti con le unità monetarie si attuano è complicata assai ; ma qui la si ricorda a riprova della quasi impossibilità nella quale ci avvolgiamo e ci avvolgeremo non si sa per quanto tempo ancora di definire l ' unità monetaria , la quale pur dovrebbe essere il metro misuratore di tutte le contrattazioni . In verità , sembra che la maniera amministrativa dell ' intervento dello stato nelle faccende economiche abbia recata la conseguenza della scomparsa del metro misuratore monetario . L ' intervento giuridico , invero , pone le condizioni , talvolta minutissime , dell ' azione degli uomini ; ma entro i limiti posti , gli uomini liberamente operano e per operare hanno necessità di un metro monetario col quale definire le contrattazioni reciproche . Ma se l ' intervento statale ha indole amministrativa , lo stato può dire , a seconda dei fini suoi pubblici , a tale industriale : tu venderai le tue cotonate nel paese X ed io ti darò 10 lire per ogni unità monetaria di quel paese ; e se le vendi nel paese Y ti darò 15 lire per la relativa unità monetaria ; anche se tra di loro le unità monetarie X ed Y sono uguali . In regime di intervento giuridico , la cosa non potrebbe continuare , perché l ' industriale si rivolgerebbe senz ' altro tutto al paese Y , sicché ivi i prezzi cadrebbero e salirebbero in X sino ad uguagliarsi . Ma in regime di intervento amministrativo , l ' industriale non può far ciò , ché lo stato , con ordini peculiari - - ed in ciò si distingue l ' intervento amministrativo da quello giuridico - - stabilisce con un piano produttivo di tempo in tempo variato , quanto egli debba produrre , e quanto esportare nel paese X e , rispettivamente , in Y . 162 . Sebbene le mie preferenze siano per l ' intervento giuridico , uopo è constatare che oggi prevale e probabilmente prevarrà per molto tempo il metodo amministrativo . A voler usare linguaggio di paragone , direi che il metodo amministrativo tende ad allargare alle cose monetarie ed in genere a quelle economiche il metodo tradizionalmente usato nelle cose tributarie . Qui , si è sempre usata una regola diversa di misurare il prezzo dei pubblici servizi diversa da quella usata per misurare i beni privati . Del pane di quella forma e di quella qualità tutti , poveri mediocri e ricchi pagano sul mercato privato il medesimo prezzo , ad ipotesi 2 lire al chilogrammo . Ma del bene pubblico « difesa nazionale » , anche se il vantaggio sia identico per ogni cittadino , il povero può essere chiamato a pagare il prezzo di una lira , il mediocre in 50 , il ricco in 1000 lire . Prevale il criterio che il prezzo pagato non sia uguale per l ' identica unità dello stesso bene , ma diversissimo a seconda delle facoltà del cittadino . Lo stato giudica , secondo regole da lui poste , quale sia la attitudine a pagare dei cittadini , e secondo il suo giudizio li chiama a pagare . È chiaro che , rispetto ai beni pubblici , la unità monetaria non ha il medesimo significato per tutti i cittadini ; ma se si trova in mano al povero essa compra ad ipotesi una unità di beni pubblici , se in mano al mediocre una cinquantesima e se in mano al ricco una millesima parte della medesima unità dell ' identico bene pubblico . A mano a mano che il metodo dell ' intervento amministrativo acquista forza , il criterio usato per i tributi si estende a campi più vasti . Quasi non ne siamo fatti accorti , perché i modi di applicazione di esso sono variabilissimi ed insospettati . Si disse già delle diverse specie di unità monetaria nei rispetti dei rapporti internazionali di viaggio , di emigrazione , di esportazione ed importazione . Che cosa vogliono dire , inoltre , gli obblighi fatti ai fabbricanti di scarpe e di vestiti di destinare tanta parte delle materie prime , che essi conseguono a mezzo di enti pubblici a ciò destinati , alla produzione di scarpe o vestiti tipici da cedersi a dati prezzi , inferiori a quelli praticati per scarpe o vestiti esenti dal vincolo o poco diversi ? Voglion dire che la unità monetaria in mano di colui il quale acquista quelle scarpe e quei vestiti ha una capacità d ' acquisto diversa da quella che essa ha in mano di chi , per definizione del legislatore o per autoelezione ( determinata a sua volta dalle facoltà economiche proprie o dal costume ) acquista altri tipi di vestiti o di scarpe . Le considerazioni ora fatte non hanno per iscopo di criticare il trapasso , il quale sta verificandosi sotto i nostri occhi dalla unità monetaria unica alla unità monetaria molteplice . Sebbene l ' esperienza sinora fatta in proposito non sia conclusiva , non si può escludere che il nuovo sistema si radichi , e , divenuto stabile , sia ritenuto conforme agli ideali di giustizia che gli uomini si propongono di conseguire . O non ritengono forse essi corretto che il povero paghi 1 lira , il mediocre 50 ed il ricco 1000 lire per ottenere dallo stato i medesimi servigi ? Perché dovremmo ritenere illogico che gli uomini vogliano che la unità monetaria abbia , nonostante la uguale denominazione , una potenza d ' acquisto diversa in mano a Tizio ed a Sempronio , e diversa ancora per lo stesso Tizio a seconda che egli acquisti la medesima unità di merce sul mercato X o su quello Y ? 163 . Intendo dalle cose dette trarre invece un ' altra deduzione : non potersi presumere che le stime delle rendite dominicali e dei redditi agrari oggi in corso rispondano ad una situazione di equilibrio stabile dei prezzi e dei costi , quale , a moneta stabilizzata , mi auguravo potesse essere l ' anno 1940 . Esse saranno stime proprie del tempo 1937­1940 , tempo diverso da quello precedente e probabilmente da quelli che stanno per seguirlo . Il tempo scelto non è privo di pregi ; poiché non era , per la più parte , di grossa guerra guerreggiata in Europa ; né era posto nei tratti più bassi o più alti della curva del ciclo economico iniziato verso il 1929 . Erano passati gli anni della crisi più acerba e non erano accentuati i segni di rialzi eccessivi di prezzo ; sicché poteva , quel tempo , considerarsi di una certa prosperità agricola , senza troppo slancio tuttavia . Alcuni prezzi erano vincolati , ma altri no ; e la libertà di movimento di questi ultimi contrappesava quel che di artificioso poteva essere nei primi . Tutto sommato , poiché i tempi di perfetta stabilità sono come l ' araba fenice che tutti sanno che c ' è ma nessuno ha mai visto , non vedo perché il tempo del 1937­40 non dovesse essere scelto per la nuova stima dei redditi dominicali ed agrari . Esso non ha l ' attributo di conformità alla situazione dei prezzi , dei costi e dei redditi posteriori al 1940; ma qual mai epoca può pretendere a possedere siffatto dono profetico ? Le stime catastali costruite su quella base segnaleranno rendite dominicali e redditi agrari quali esistevano nel 1937­40; e non avranno se non un rapporto ognora più tenue con le rendite ed i redditi dei tempi che son già venuti e di quelli che verranno in seguito . 164 . La conclusione può turbare coloro i quali opinano che le stime tributarie debbano rispecchiare la realtà effettiva in cifre monetarie assolute dei redditi dei contribuenti ; non turba me , che ho opinione tutt ' affatto diversa . Che monta se il reddito di quel tal fondo stimato in 1000 lire all ' ettaro nel 1937­40 , sarà nel 1945 cresciuto a 2000 lire o ribassato a 500 ? Nulla , al punto di vista tributario . Teniamo ben fermo : - - che la corretta ripartizione dell ' imposta non esige affatto la conoscenza dei redditi reali effettivi dei contribuenti ; bensì quella dei redditi relativi . Non ha nessunissima importanza sapere che Tizio e Caio hanno redditi di 1000 e 5000 ovvero , rispettivamente , di 10 000 e 50 000 lire ; ed importa invece esclusivamente sapere che quei due redditi stanno fra di loro nel rapporto di I a 5 . Se noi conosciamo il rapporto , saremo sempre in grado di far pagare a Caio imposta quintupla di quella attribuita a Tizio ; che è tutto quel che si deve fare in argomento di imposte reali ; - - che la corretta ripartizione dell ' imposta non esige affatto di conoscere le variazioni quotidiane o annuali o quinquennali di quel rapporto . Se la scoperta della invariabilità delle stime catastali e della ordinarietà della base imponibile è davvero , come ho cercato dimostrare nel presente saggio , la conquista più alta della scienza e della legislazione tributaria italiana ( cfr . § § 79­80 , ed in questa appendice il capitolo quarto ) è pregio massimo del catasto mantenere invariato quel rapporto per lungo periodo di tempo , che è il trentennio od almeno il ventennio . 165 . Dalle premesse ora poste , discende logicamente che , trascorso l ' istante 1937­40 e chiuse le stime , noi possiamo fare astrazione dall ' unità monetaria , nella quale le stime sono state compiute . Muti la capacità d ' acquisto della lira , scemi o cresca , si compiano o non altri allineamenti , si sostituisca alla lira ­ oro la lira ­ lavoro od altra specie qualsiasi di moneta , ai fini catastali non importa . L ' unità monetaria nella quale sono espresse le stime catastali ha cessato ipso facto di essere una quantità concreta . Essa è divenuta un simbolo , un mero indice di rapporto . Essa serve a segnalare le situazioni rispettive dei varii contribuenti , dei varii fondi , delle varie particelle relativamente l ' uno all ' altro . Sarebbe anzi opportuno di trovar maniera di staccare il simbolo dalla cosa materiale che fu per un istante alla sua radice . Nei vecchi catasti la verità fondamentale che le valutazioni erano meramente relative era stata ben compresa . La lira catastale non era una lira effettiva , ma di conto od immaginaria . Come prima della rivoluzione francese era nota e dappertutto usitata nelle cose monetarie la lira immaginaria o lira di conto , così usitavasi nei vecchi catasti una lira immaginaria . Carlo Cattaneo lapidariamente aveva scolpito ( cfr . sopra nel § 79 ) il metodo tenuto nel catasto milanese : « Si estimò in una moneta ideale , chiamata scudo , il valor comparativo d ' ogni proprietà » . Nei catasti piemontesi del Settecento , non si faceva menzione della lira , come quella che avrebbe fatto sorgere ricordi delle monete effettivamente correnti e delle tradizionali divisioni della lira in 20 soldi e di questi in 12 denari ; e , ragionandosi diversamente da luogo a luogo , in talun luogo si cominciava dal soldo e questo si divideva in 10 denari , ed il denaro in 10 punti ed il punto in 10 atomi . « Il totale registro » od estimo del comune - - recitava la ricapitolazione degli estimi del catasto di un comune piemontese nel 1793 - - « rileva a soldi 1819 , denari 8 , punti 2 ed atomi 1» . Dove è manifesto che chi avesse voluto ridurre le cifre a numeri meno grossi avrebbe potuto dividendo i soldi per il divisore tradizionale 20 , scrivere lire 90 , soldi 19 , denari 8 , punti 2 ed atomi 1» . Ma forse non si era voluto , e s ' era adottato un sistema decimale allora ignoto in Piemonte a bell ' apposta per far penetrare bene nella testa dei proprietari che allora si chiamavano registranti , essere quelli numeri immaginari o di conto , soldi di registro , ossia indici della quota parte che ad essi toccava di assolvere delle spese comunali , fra le quali spese si noverava il pagamento all ' erario della imposta fondiaria o tassa . 166 . La separazione della lira immaginaria catastale 1940 dalla lira corrente oggi e nei tempi avvenire partorirebbe effetti vantaggiosi non pochi e non piccoli . Dei quali il primo e non di minor rilievo , sarebbe quello di evitare l ' impressione di tenuità o atrocità eccessiva della gravezza dell ' imposta fondiaria in confronto agli altri tributi . Oggi , quando l ' uomo della strada sente dire che l ' aliquota dell ' imposta fondiaria è del 10% ha l ' impressione di tenuità eccessiva e l ' impressione cresce quando gli si dice che la rendita imponibile è ragionata in lire 1914 che son lire grosse e l ' imposta è pagata in lire 1942 che son lire piccole , meno che un sesto delle altre , sicché l ' aliquota si riduce all'1,61% . Il contribuente , il quale bada al cumulo delle imposte , erariale , provinciale , comunale , sindacale ecc . ecc . e sa che spesso il cumulo sale al 100 , 120 , 150% della rendita imponibile , si inquieta quasi l ' imposta andasse veramente al di là del reddito ; e solo con uno sforzo , riducendo quelle percentuali ad un sesto , le ricalcola al 16 , 20 , 24% circa . Ciò non accadrà più , par di sentir replicare ; ché le lire con cui la imposta sarà pagata saranno uguali a quelle in base alle quali i redditi sono stati estimati . Dimostrai sopra come sia improbabilissima una siffatta coincidenza tra le due unità monetarie , quella 1940 e quella futura ; diguisaché la gravezza dell ' imposta apparirà or tenue or eccessiva a seconda delle variazioni monetarie avvenire . A dissociare pienamente la lira catastale immaginaria dalla lira corrente futura gioverebbe dare alla prima un altro nome , il quale non avesse con la lira alcun rapporto nel linguaggio comune . Nella Lombardia di Maria Teresa s ' era adottato lo scudo , in Piemonte il soldo ; ma poiché ambi questi nomi corrono ancora nell ' uso comune il primo come un multiplo ( 5 ) , il secondo come un sottomultiplo ( 1 / 20 ) della lira , propenderei per il denaro , parola oramai affatto obliterata nel linguaggio corrente . La particella stimata per un reddito di lire 1547,25 si direbbe estimata per 1547 denari 2 punti e 5 atomi e si scriverebbe 1547.2.5 . Dopo un po ' , nessuno ricorderebbe o potrebbe pretendere di ricordare che quei numeri si riferiscono a lire correnti di reddito e tutti comprenderebbero che essi vogliono significare semplicemente che quella particella deve pagare il quintuplo di imposta dell ' altra , il cui estimo sia di denari 309 , 4 punti e 5 atomi . Quanto debba pagare in lire correnti , è altro discorso . 167 . Ed il discorso sarebbe fatto ogni anno dagli organi legislativi a ciò deputati in sede di preparazione del bilancio e di discussione delle proposte del ministro alle finanze . Preso in esame il fabbisogno dello stato , fissata la distribuzione dell ' intiero carico tributario tra le diverse grandi categorie di imposte , sui consumi , sugli affari , sui redditi e sui capitali , determinata la quota spettante alle imposte sui redditi , valutato il peso rispettivo delle grandi branche di attività umana , agraria industriale commerciale impiegatizia , tenuto in considerazione altresì il carico rispettivo delle imposte a favore degli enti locali , si conclude , a cagion di esempio , che l ' attività agraria debba per equità versare all ' erario dello stato un miliardo di lire correnti ? Basta repartire il miliardo sul totale dei denari componenti l ' estimo fondiario ed agrario ; e se questo risultasse di 6 miliardi di denari per l ' estimo fondiario e 3 per quello agrario , e se ancora si giudicasse che , trattandosi di redditi in parte da lavoro , l ' estimo agrario debba patire , denaro per denaro , imposta uguale alla metà di quello fondiario , in quella medesima proporzione dovrebbe essere diviso il carico totale : 6 parti all ' imposta fondiaria ed 1,5 a quella agraria ; ossia 800 milioni di lire correnti all ' imposta fondiaria e 200 a quella agraria . Dividendo ulteriormente gli 800 milioni di imposta fondiaria per i 6 miliardi relativi di denaro d ' estimo fondiario ed i 200 milioni di imposta agraria per i 3 miliardi corrispondenti di estimo agrario , risulterebbe in fine che ogni proprietario dovrebbe pagare lire 0,133 d ' imposta ed ogni imprenditore agricolo lire 0,066 per ogni denaro d ' estimo . In fondo lo stesso calcolo si conclude oggi ; ma è viziato dall ' idea della percentuale fra due unità monetarie che si pretendono e non sono e non saranno omogenee . Trasformando la lira d ' estimo catastale 1940 in denari catastali immaginari , scompare il concetto della percentuale tra quantità omogenee , e vi sottentra quella , durata per secoli , senza fastidio di nessuno , del carico d ' imposta ( tante lire o centesimi di lira ) per ogni unità immaginaria o contabile di reparto . Il conteggio , che a dirlo pare lungo , è in realtà semplicissimo e dovrebbe essere compiuto e pubblicato ogni qualvolta il legislatore ritenesse opportuno mutare il carico delle imposte sulla terra . Non si tratterebbe di applicare un sistema di contingente ; ché , fissato il carico , ad esempio 13 o 50 o 100 centesimi di lira corrente per ogni denaro d ' estimo , la distribuzione dell ' imposta avverrebbe sulla base delle rendite fondiarie e dei redditi agrari valutati in catasto in denari punti ed atomi , come si fa per ogni altro tributo sui redditi . Il criterio del contingente sarebbe usato solo nella prima fase della distribuzione del carico totale tributario fra categorie di imposte , e poi fra specie di reddito nella categoria o gruppo di imposte sui redditi . Ma è cosa che già si fa oggi e non si può non fare , dovendosi pure adoperare una certa regola per ripartire le imposte fra grandi gruppi di contribuenti . Facilissima cosa sarebbe adottare il metodo alle esigenze delle imposte personali - - sul reddito complessivo , sui celibi , sul patrimonio - - rispetto alle quali si deve poter sommare i redditi terrieri con quelli mobiliari e di lavoro . Già oggi la rendita fondiaria imponibile si moltiplica per 4 per renderla omogenea e sommabile alle altre specie di redditi ; ma un residuo di illusione rimane nell ' operazione , immaginandosi che i redditi sommati siano omogenei , laddove sono diversi per i metodi di accertamento e per le epoche alle quali si riferiscono . Il metodo delle unità immaginarie catastali è più onesto , perché non lascia dubbio alcuno sul punto non trattarsi di quantità omogenee a quelle usate di tempo in tempo per le altre imposte . Esso impone apertamente al legislatore il travaglio di cercare modo di rendere di tempo in tempo comparabili dati eterogenei . Poiché la difficoltà esiste , né v ' ha modo di eliminarla mai , sinché siano , come sempre saranno , diversi i metodi e diverse le epoche di accertamento nelle diverse imposte , è bene che essa sia palese e debba essere a volta a volta senza requie affrontata . Coll ' augurio che siano abolite le tassazioni mobiliari a carico degli affittuari ed agenti di campagna e costoro siano assoggettati alla tassazione agraria ; che si trovi maniera , con la iscrizione a ruolo dei veri contribuenti , di ridurre al minimo la necessità della rivalsa ; che si unifichino le epoche di accertamento delle quantità prodotte , dei mezzi di produzione e dei prezzi relativi ; che si ritorni alla rigida norma dell ' epoca censuaria , fissa ed alle lustrazioni trentennali od almeno ventennali , con esenzioni particolari alle migliorie le quali travalichino il momento della revisione degli estimi ; e finalmente che si obliteri l ' anacronistico ricordo delle unità monetarie correnti in materia ad essa estranea e si ritorni al costume antico delle unità catastali di conto , si chiude questa appendice consacrata all ' illustrazione critica dell ' opera degnamente intrapresa dal ministro alle finanze Paolo Thaon di Revel di unificazione dei tributi gravanti sulla terra . Poiché il decreto del 4 aprile 1939 si inspirò alle tradizioni italiane migliori ed agli insegnamenti della dottrina che dal catasto lombardo trasse origine , parve opportuno indagare per quali rispetti ancora l ' edificio oggi quasi compiuto non raggiunga la perfezione ; sicché questa possa essere toccata con quel graduale andare che è proprio delle imprese destinate a durare nei secoli .