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LEOPARDI RISORTO ( DE_SANCTIS FRANCESCO , 1879 )
StampaPeriodica ,
Leopardi tornato di Bologna in Recanati gli undici di novembre del 1826 vi dimorò sino al 23 aprile del 1827 . Cosa fece in questo tempo ? Curò la stampa del suo Petrarca , lavorò intorno alla Crestomazia , oltre cose di minor momento . Appena fu in Recanati , già desiderava Bologna . Il 17 dicembre scriveva al Brighenti : « sento qui un poco men freddo che a Bologna , di corpo ; ma d ' animo ho un freddo , che mi ammazza , e ogni ora mi par mille di fuggir via . » Quel freddo dell ' animo era la tristezza di una « solitudine continua e assoluta , » come scrive il 9 febbraio . E s ' aiuta , scrivendo lettere , o qualche articolo per il Nuovo Ricoglitore , cercando spesso notizie letterarie , ricordando con desiderio gli amici e le amiche di Bologna , sopratutto il Brighenti e il buon Pepoli e l ' amorosa Antonietta Tommasini . S ' affaticò tanto intorno alla Crestomazia , che a ' primi di marzo aveva già fatto lo spoglio di oltre settanta autori . Aggiungi le correzioni di stampa delle Operette morali che il fido Stella pubblicava in Milano . E se si pon mente che qualche dolcezza gli dovea pur venire dall ' usanza domestica , volendo egli un gran bene alla Paolina e a Carlo , e che di salute non era male , cessatogli anche quel mal d ' intestini che lo travagliava a Bologna ; si vede che quel suo freddo d ' animo e quella sua tristezza di solitudine non si deve poi prendere alla lettera . Potea ben sentirsi tristo in certi momenti ; ma la tristezza non era il suo stato normale in quel soggiorno di Recanati . E si vede anche dallo stile sciolto e ricordevole , se non affettuoso , ch ' è nelle sue lettere . Di una qualche importanza sono le due ultime lettere che tutta quella compagnia di letterati ch ' erano intorno al Vieusseux , e di cui dice : sono tutti molto sociali , e generalmente pensano e valgono assai più de ' bolognesi . Tra quelli era Giordani e Piccolini e Frullani e Capponi e Lambruschini e Montani . Più tardi conobbe il signor Manzoni , col quale si trattenne a lungo : « Uomo pieno di amabilità e degno della sua fama . » Impressioni molto vive non pare che riceva dalle amichevoli e interessanti conversazioni , di cui non è cenno nemmeno ai più famigliari . Dice a Brighenti : « Io vivo molto malinconico , non ostante le molte gentilezze usatemi da questi letterati : tra ' quali tutti i primarii , compreso Niccolini . Scrive al papà che ha fatto conoscenza e amicizia col famoso Manzoni di Milano , della cui ultima opera tutta l ' Italia parla . Esposizione secca del fatto , quasi egli fosse marmo , quantunque indovini la sua soddisfazione della visita del Niccolini , e della conoscenza col Manzoni . Questo stato marmoreo è detto dall ' autore stoico de ' Dialoghi indifferenza filosofica , ed è quel medesimo che giovane , quando sentiva più , chiamava con disperata energia ferreo sopore . Talora se ne stanca , e presente e chiama la morte . « Sono stanco della vita , scrive al Puccinotti , stanco della indifferenza filosofica , che è il solo rimedio de ' mali e della noia , ma che infine annoia essa medesima . Non ho altri disegni , altre speranze che di morire . » Il ferreo sopore era pur poetico , perché congiunto con la fresca rimembranza di un altro stato , e col sentimento e il dolore della privazione . L ' indifferenza filosofica è affatto prosaica , divenuta un ' abitudine contro la noia , ed essa medesima noiosa . In qualche momento d ' umor nero Leopardi si ribella contro l ’ abitudine , sente il peso dell ' indifferenza , e può dire : « certo è che un morto passa la sua giornata meglio di me . Quel passar la giornata con le braccia in croce , quell ' ozio più tristo assai della morte , a cui lo costringe il mal d ' occhi , è talora più forte della sua indifferenza filosofica , e gli abbuia la vita , non sì che gli dia virtù di farne una rappresentazione poetica , come fece già del ferreo sopore . Ma in generale la sua vita è tollerabile , messe le distrazioni che gli venivano dalle molte conoscenze e da ' buoni amici , e più in là dalla vista di Firenze , quando lo stato degli occhi gli consentiva uscire di giorno . Nelle sue lettere troviamo un umore uguale e prosaico , simile allo stato ordinario della più parte degli uomini , ciò ch ' egli chiama indifferenza ; il quale gli vieta o gl ' inaridisce le impressioni , così tardo il sentire , come è tardo il suo respiro e la sua digestione . Scrivendo al carissimo signor Padre il 4 ottobre , sappiamo che gli occhi sono migliorati e che comincia a uscire di giorno . Ma s ' affanna pe ' quartieri d ' inverno , perché il clima di Firenze non è molto freddo , ma è infestato continuamente da venti e da nebbie , come a Recanati , e il vento è suo capitale nemico . Cerca un clima caldo . Stella offre Como . Ma è troppo lontano . Pensa a Roma . Ma il lungo viaggio e la lontananza dal mondo civilizzato ne lo distoglie . Si risolve per Massa di Carrara , clima ottimo , simile a quel di Nizza ; non vi nevica mai , si esce e si passeggia senza ferraiuolo , in mezzo alla piazza pubblica crescono degli aranci piantati in terra . Ma in sul più bello muta pensiero , ed eccolo a Pisa , spintovi da Giordani , ch ' era tornato di colà contentissimo . Partì da Firenze la mattina del 9 novembre , e fu a Pisa la sera , viaggio di cinquanta miglia . Scrive alla Paolina : « Sono rimasto incantato di Pisa per il clima : se dura così , sarà una beatitudine . Qui ho trovato tanto caldo che ho dovuto gettare il ferraiuolo e alleggerirmi di panni .... Lung ' Arno è uno spettacolo così bello , così ampio , così magnifico , così gaio , così ridente , che innamora .... vi si passeggia poi nell ' inverno con gran piacere , perché v ' è quasi sempre un ' aria di primavera ; vi brilla un sole bellissimo tra le dorature de ' caffé , delle botteghe piene di galanterie e nelle invetriate de ' palazzi e delle case , tutte di bella architettura .... un misto di città grande e di città piccola , di cittadino e di villereccio , un misto così romantico che non ho mai veduto altrettanto . A tutte le altre bellezze si aggiunge la bella lingua . E poi vi si aggiunge che io , grazie a Dio , sto bene , che mangio con appetito , che ho una camera a ponente che guarda sopra un orto , con una grande apertura tanto che si arriva a vedere l ' orizzonte . » Queste impressioni ripete , ora l ' una , ora l ' altra , e quasi con le stesse parole , agli amici . Pisa è un paradiso , il clima è divino . Il padre lo esortava a tornare in Recanati . Egli negava , descrivendo la sua vita in Pisa « Qui non v ' è mai vento , mai nebbia : v ' è sempre ombra , e se s ' hanno giornate piovose , è ben difficile che non trovi un intervallo di tempo da poter passeggiare . Infatti , dacché sono in Pisa non è passato giorno che io non abbia passeggiato per due in tre ore : cosa per me necessarissima , e la cui mancanza è la mia morte ; perché il continuo esercizio de ' nervi e muscoli del capo , senza il corrispondente esercizio di quelli delle altre parti del corpo , produce quello squilibrio totale nella macchina , che è la rovina infallibile degli studiosi , come io ho veduto in me per così lunga esperienza . Qui per tutto decembre abbiamo avuto ed abbiamo una temperatura tale , che io mi debbo difendere dal caldo più che dal freddo . Oltre la passeggiata del giorno , esco anche la sera spesso senza ferraiuolo ; leggo e scrivo a finestre aperte . » A Paolina scrive : « Ho qui parecchi amici , e più ne avrei se volessi far visite , perché da per tutto m ' è usata assai buona accoglienza . » In casa Cioni conobbe il Colletta , e conobbe anche il Carmignani , e dice al padre : « qui tutti mi vogliono bene , e quelli che parrebbe dovessero guardarmi con più gelosia , sono i miei panegiristi ed introduttori , e mi stanno sempre attorno . » Questo non vuol dire che a volta non si lagni del mal di nervi , e dello stomaco e degli intestini , e che trema da mattina a sera , e che non può studiare . All ' Antonietta dice : « Questi miei nervi non mi lasciano più speranza ; né il mangiar poco , né il mangiar molto , né il vino , né l ' acqua , né il passeggiare le mezze giornate , né lo star sempre in riposo , in somma , nessuna dieta e nessun metodo mi giova . Non posso fissare la mente in un pensiero serio per un solo minuto , senza sentirmi muovere una convulsione interna . » Il cinque maggio del 1828 scrive a Giordani : « La mia vita è noia e pena : pochissimo posso studiare , e quel pochissimo è noia medesimamente .... la mia salute è sempre tale da , farmi impossibile ogni godimento : ogni menomo piacere mi ammazzerebbe : se non voglio morire , bisogna ch ' io non viva . » In questo modo di scrivere c ' è del nuovo : non sono le solite lamentanze , a cui l ' indifferenza filosofica toglieva ogni colore ; c ' è qui dentro il sospiro e la lacrima , c ' è la partecipazione dell ' anima . Il perfetto scrittore italiano , come Giordani lo aveva preconizzato , continua così : « questo anno passato ( in Firenze ) tu mi hai potuto conoscere meglio che per l ’ addietro : hai potuto vedere ch ' io non sono nulla ; questo io ti aveva già predicato più volte ; questo è quello ch ' io predico a tutti quelli che desiderano di aver notizia dell ' esser mio . Ma tu non devi perciò scemarmi la tua benevolenza , la quale è fondata sulle qualità del mio cuore , e su quell ' amore antico e tenero ch ' io ti giurai nel primo fiore de ' miei poveri anni , e che ti ho serbato e ti serberò fino alla morte . E sappi , o ricordati , che fuori della mia famiglia , tu sei il solo uomo , il cui amore mi sia paruto tale da servirmene come di un ' ara di rifugiò , una colonna dove la stanca mia vita s ' appoggia . » Nel 1819 diceva : « io sono già vissuto , » e scriveva gl ' idillii ; nel 1828 dice : « io non sono nulla , » e indovini dalla forma insolitamente colorita che già risorge , già ha sacrificato alla Musa . Ci è il sentimento della sua infelicità , non sonnolento nella sua indifferenza filosofica , ma vivo e poetico , e lo vedi in quell ' amore tenero giurato nel primo fiore de ' poveri anni , in quell ' ara di rifugio , in quella colonna a cui s ' appoggia la stanca vita . Giordani non ne capì nulla ; non capì che il fuoco dalla cenere divampava , e gli risponde i soliti conforti . La dimora in Firenze , le nuove amicizie , le illustri conoscenze , le interessanti conversazioni , il vivo di una lingua divina , non gli furono inutili , e fiorirono insieme con la salute sotto il dolce calore del clima pisano . Acquista un ' alacrità insolita . Messa da banda col consenso dello Stella l ’ Enciclopedia , non senza avere accumulato materiali per nuovi lavori che gli giravano in mente , e posta mano alla Crestomazia poetica , l ' ebbe condotta a termine in poco tempo . E insieme l ' immaginazione gli si è svegliata , la facoltà del sogno ritorna , il passato gli si ripresenta vivo , quel lungo torpore ch ' egli chiamava indifferenza è cessato . I nervi lo molestano , ma il sangue circola più libero , più vivace , tra quell ' aria pura , e gli rimette in moto tutte le sue facoltà . Le sue passeggiate diventano poetiche ; la via deliziosa per la quale suole andare è battezzata dalla sua immaginazione , è chiamata la via delle rimembranze . E così camminando sogna a occhi aperti , s ' abbandona all ' onda delle sue immaginazioni , gli pare d ' esser tornato al suo buon tempo antico , come il 25 febbraio scrive alla Paolina . E il due maggio le fa questa confidenza : « io ho finita oramai la Crestomazia poetica , e dopo due anni ho fatto de ' versi quest ' aprile , ma versi all ' antica , e con quel mio cuore d ' una volta . » Ciò che non gl ' impedisce di scrivere tre giorni dopo al Giordani quella trista lettera : « io non sono nulla ! » Leopardi è risorto e canta il suo risorgimento . E che è questo risorgimento di Leopardi ? Forse è divenuto felice ? No . Anzi è più vivace la coscienza della sua infelicità . Mancano , il sento , all ' anima , Alta , gentile e pura La sorte , e la natura Il mondo e la beltà . Forse gli volse un riso la speranza ? No . Anzi la sua trafittura è d ' averla perduta per sempre Ahi della speme il viso Io non vedrò mai più . Sono mutate le sue idee sul mondo ? L ' immagine , l ’ errore sono non più errore , ma cosa salda ; sono la verità ? No . Dalle mie vaghe immagini So ben ch ' ella discorda , So che natura è sorda , Che miserar non sa . Che non del ben . Sollecita Fu , ma dell ' esser solo . La morte della speranza , l ’ impura vista della infausta verità . il sentimento della sua infelicità non è qui affievolito , anzi vi è ribadito e illuminato . Perché dunque si sente risorto ? Cosa è risorto in lui ? La facoltà di sentire , di cui parlava a Iacopsenn , o come ora dice , il cuore . E perché la vita non è a suo avviso altro che facoltà di sentire , d ' immaginare , d ' amare , è in lui risorta la vita ; si sentiva morto , ora torna a vivere . E canta la risurrezione della sua immaginazione , del suo sentire . Risorgono i dolci affanni , i teneri moti della prima età ; rivede la bella natura , così come la vedeva allora , inesperto delle cose ; e ora , malgrado l ’ esperienza della vita e la vista della verità , sente con maraviglia in sé rivivere gl ' inganni aperti e noti . Questa rappresentazione del suo nuovo stato acquista rilievo da quello stato di sopore , ove le stesse cose gli comparivano innanzi morte . Ed hai una rappresentazione , in antitesi , della natura , così come compariva a lui in quel doppio stato , morta e viva . Queste cose non le dice già con quel disordine , con quella veemenza , con quell ' improvviso , ch ' è la parola dell ' entusiasmo giovanile . Ha racquistato i moti e i sensi della gioventù , ma non l ' ingenuità di quella ; ora sa troppo , e parla con ironia della sorda Natura , che pure allora benediva : Pur che ci lasci al duolo Or d ' altro a lei non cal . Il suo piacere non è puro e non è intero . Qui non c ' è l ' inno E non c ' è l ' ode . Il piacere è contenuto dal sapere , dalla presenza del vero , che vi apparisce come fosca nuvola in cielo sereno , con questo che la nuvola qui è l ' immutabile verità e il cielo è la mutabile apparenza . Che importa ? Se l ' apparenza dura , non chiamerà spietato l ' autore della vita . Non è una riconciliazione , è una concessione . Consente solo di non chiamarlo spietato , e sub conditione , se . La situazione poetica non è nel primo momento dell ' entusiasmo , quando egli si sente rivivere , ma in un momento posteriore o di riflessione , interrogando sé stesso , riandando la sua vita , e descrivendo e spiegando il nuovo uomo che s ' è formato in lui . Perciò la poesia prende una forma storica e riflessiva . Non si dipinge egli nel punto che piange e ammira e il cuore gli batte . Ha pianto , ha mirato , ha palpitato . Ora ci riflette sopra . La mente rimane sovrana , e distribuisce con ordine e con chiarezza tutte le parti , con orditura semplice , con moto diritto e soave , senza indugio e senza fretta . Non c ' è immagine e non impressione così viva che lo svii e gli rompa il filo del pensiero . Le rimembranze non s ' affollano , e non s ' incalzano , ma si svolgono l ' una dall ' altra , come onde di mare . Diresti che riviva la sua vita nella sua naturale successione . I dolci affanni della prima età , e quando mancarono , il dolore della mancanza , e quando mancò il dolore , una tristezza ch ' era ancora dolore , e infine il sopore , abbandonata ogni resistenza : Quasi perduto e morto Il cor s ' abbandonò ; questi vari stati della vita gli tornano innanzi l ' uno appresso all ' altro , l ' uno uscito dall ' altro . Si può credere ci sia un po ' di sottigliezza in quel dolore che manca , e nel pianto del dolore mancato , che è una tristezza , la quale è ancora dolore . Ma chi ha studiato bene tutte le diverse stazioni del suo martirio , vedrà che Leopardi è qui non meno acuto che vero esploratore del suo passato . La finezza e profondità dell ' osservazione ti costringe a pensare per coglier bene così delicate gradazioni tra dolore , tristezza e sopore ; e pensando , gusti il piacere intellettuale di scoprirle vere . Tu senti , e acquisti insieme un abito riflessivo che ti dispone a spiegare quello che senti . E tale appunto è il carattere di questa poesia . Or che gli sta tutto il passato innanzi , l ' uomo nuovo ricorda quale gli appariva il mondo allora , e lo rifà co ' più brillanti colori di una fantasia ridesta . Quella natura che non valse a trarlo dal duro sopore , era pure così bella , il canto della rondine , la squilla vespertina , il fuggitivo sole , una candida ignuda mano , e ora la rivede con sentimento nuovo , e l ' accompagna co ' più cari vezzi dell ' immaginazione . Questa rappresentazione vivace dà rilievo a quello stato d ' insensibilità ch ' egli caratterizza in pochi indimenticabili tratti , con una chiarezza uguale alla finezza . Certi contrasti e certi epiteti , come l ' età decrepita e l ' aprile degli anni , i giorni fugaci e brevi , imprimono in questa rappresentazione il moto del sentimento . Con quel grido di maraviglia e di tenera commozione che il cieco senza speranza rivede improvviso il sole , con quel sentimento prorompe qui il grido del redivivo . Non ci è gradazione , non c ' è a poco a poco ; il passaggio è brusco , violento , . come innanzi un miracolo . Non è una evoluzione , come si dice oggi ; è una rivoluzione : Chi dalla grave , immemore Quiete or mi ridesta ? Che virtù nova è questa , Questa ch ' io sento in me ? Quasi non crede agli occhi suoi ; non crede quasi a ' proprii moti . Dunque è vero ? Dunque il cuore è risorto ? Oh sì . E raccoglie e accumula le nuove bellezze e le nuove impressioni con così precipitevole impeto ritmico , che pare voglia tutto in un sorso assaporare il suo godimento . Qui è il tuono più alto del sentimento , che va lentamente digradando . Comparisce il crudo fato , il tristo secolo , l ' ignuda gloria , la bellezza vuota . In lui non ci è altro di risorto che il cuore , se pure .... E in questo se vanisce il canto , quasi in un sospiro malinconico di una mezza soddisfazione . Qui tutto è vero , tutto è a posto . Forse ci è di troppo l ' insistenza sulla vacuità della donna , dove sospetti qualche ricordo personale , che intorbida le proporzioni dell ' armonia , chi sa ! un momento di cattivo umore contro le fiorentine , al quale dà sfogo in una lettera , o il disprezzo di quella strega bolognese , di cui scrive a Papadopoli . È un reliquato , come dicono i medici , nella vita nuova . E ci trovi insieme un presentimento dell ' Aspasia . In questo Risorgimento non solo l ' asprezza , il latinismo , la solennità è liquefatta , ma anche il metro e il ritmo . Hai settenarii metastasiani , de ' quali il primo versetto sdrucciola nel secondo , richiamato dalla rima nel terzo , che va a declinare subitamente nel quarto , formando periodetti liquidi , veloci , e talora con ripigliate , di una movenza melodiosa . Le immagini sono vaghe , e le diresti note musicali , se nella loro generalità non fossero precise . E sono tutte attirate in un movimento ritmico , che accompagnato dal gioco vario degli accenti esprime le gradazioni del sentimento . Chi ha studiato bene il meccanismo de ' nostri versi , e soprattutto del nostro potentissimo settenario , in cui la posizione dell ' accento quasi senza limite ti dà le più varie intonazioni , ammirerà gli effetti musicali che ha saputo cavarne il poeta , come nota della intensità e della velocità delle impressioni . Perciò questa si può chiamare la poesia del sentimento o del cuore . Essa è il preludio musicale alle nuove poesie , alla sua terza maniera .