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> autore_s:"ROSSELLI CARLO"
StampaPeriodica ,
Il 7 novembre 1917 il piccolo nucleo dei rivoluzionari bolscevichi 2.000 in tutta la Russia riusciva con audacissima azione a impadronirsi del potere nel più grande Stato unitario della terra . Gli spalancò la via non tanto la forza delle armi , quanto il crollo del vecchio apparato statale zarista avvenuto nel marzo e l ' ansia di pace e di terra dei contadini soldati . È probabile che i bolscevichi fossero all ' epoca più gli interpreti che i creatori di una situazione . Ma essi seppero antivedere la direzione dell ' onda sociale formidabile che tutti poteva travolgere sul suo cammino , loro eccettuati ; loro che appunto in ragione di quella audacia riuscirono a riordinare le acque sconvolte , anzi a così solidamente arginarle da impedire anche le più lievi increspature . Sotto la dittatura grandi cose furono compiute in questi diciassette anni . Spezzata la controrivoluzione , spodestato il profitto e vinta la fame terribile degli inizi si costruì una grande industria di stato , si collettivizzarono le campagne , si educarono diecine di milioni di giovani . La stabilità insolente del regime sovietico , comunque si voglia giudicarlo , umilia il mondo borghese . Esso fornisce l ' alternativa , costituisce una sfida . E l ' alternativa , la sfida , la dialettica , dei principi e delle esperienze , furono e saranno sempre sorgenti di liberazione e di perfezionamento . Ma si attuò il socialismo ? Neppure i bolscevichi osano sostenerlo . La loro pretesa è che la via sulla quale si sono messi è la via buona , anzi l ' unica via che porti al socialismo . Si può discutere : non già perché la via sia durissima , ma perché troppo spesso costringe a marciare in una direzione contraria alle méta . Il socialismo non è dittatura , non è iper - Stato , non ammette il freddo sacrificio di più generazioni d ' uomini a piani imposti dall ' alto ; soprattutto non si concilia con l ' obbedienza passiva dei più . Nel migliore dei casi bisogna ammettere che si è ancora lontani , molto lontani dal socialismo in Russia . Il socialismo fu sempre concepito come l ' attuazione integrale del principio di libertà , come umanesimo totale . La violenza , le terribili discipline , le socializzazioni , i piani , si presentano , nei confronti del socialismo , come dei mezzi , alcuni indispensabili , altri discutibili , ma pur sempre dei mezzi da porsi al servizio dell ' uomo . Che cosa è allora un socialismo senza libertà , uno Stato socialista che non può vivere se non eternando la dittatura ? È un socialismo che dalle cose non è ancora passato nelle coscienze , che anzi per rivoluzionare le cose è costretto ad opprimere le coscienze : è uno Stato che , pur proponendosi di liberarla , schiaccia la società . Ecco perché noi , pur riconoscendo che la rivoluzione di ottobre di cui la Russia celebra in questi giorni l ' anniversario , è un evento che apre una epoca nuova nella storia dell ' umanità , pur affermando che la caduta del regime sovietico costituirebbe una tremenda jattura che dobbiamo concorrere ad evitare , e che la sua esperienza è decisiva per tutti i movimenti rivoluzionari , noi non riusciamo ad esaltarci nel ricordo esclusivo di Ottobre . Ciò che ci esalta , ciò che profondamente sentiamo , è invece la grande epopea della Rivoluzione Russa . Chi abbatté lo zarismo ? Chi ne minò le fondamenta morali e politiche ? Chi fece del proletariato di Mosca e di Pietroburgo l ' avanguardia della classe operaia mondiale ? Chi portò tra i contadini la speranza in un Millennio che dai cieli dei Popi si trasferiva sulle terre di questa terra ? Chi ? Il partito bolscevico ? È troppo poco . I bolscevichi raccolsero per tutti : forse era fatale che fosse così . Ma quanti prima di loro , con loro e anche dopo di loro , oggi dimenticati e magari diffamati , lavorarono e morirono per la Rivoluzione Russa ? Decembristi che col loro martirio provarono l ' utopia di una trasformazione liberale dell ' impero ; santi maledetti che si levarono soli , tra l ' indifferenza e l ' ostilità universali , a predicare il nuovo verbo , morendo negli esilii e nelle galere ; Herzen che da Londra faceva giungere il suono della sua Campana nella patria lontana , finché anche quel suono non fu più ascoltato ; Bakunin , cavaliere errante della rivoluzione ; Netchaieff e la lunga tragica serie dei terroristi impiccati , tra cui il fratello di Lenin , o seppelliti per venti anni consecutivi in galera , come la Figner ; la stupenda fioritura di scrittori che alla rivoluzione portarono il fermento e la consacrazione dell ' arte ; le migliaia di giovani che rinunciarono alla loro classe per « andare al popolo » ; gli operai , affratellati con gli intellettuali nei circoli segreti , che dopo il 1900 trascineranno la massa in epici scioperi , che nel 1905 si drizzeranno in piedi e saranno schiacciati , ma che proseguiranno la lotta e nel 1917 vivranno la breve illusione di una liberazione gioiosa e poi , a ottobre , dovranno rassegnarsi a recare un ordine duro e terribile nel caos minacciante affinché tutto non andasse perduto e tre generazioni di giovani non si fossero sacrificate invano . Tutto questo e molto più di questo è la Rivoluzione Russa . È questa Rivoluzione che noi vogliamo ricordata , che noi esaltiamo , non già in contrapposto alla rivoluzione di ottobre , ma oltre , più in alto di Ottobre , perché in essa , negli uomini e nei movimenti che la prepararono e la condussero a un primo inizio ritroviamo i nostri maestri e i motivi fondamentali che ci animano nella lotta . Siamo consapevoli della difficoltà , della complessità del nostro atteggiamento di fronte alla Russia Sovietica . Più semplice sarebbe esaltarla senza riserve , come fanno i comunisti . L ' adesione totale consente loro di appoggiarsi a uno Stato , assicura loro un grande potere di attrazione e di propaganda . Il loro programma , straordinariamente concreto , si riassume in una frase : fare altrove , fare in Italia ciò che fu fatto , ciò che si fa in Russia . Mai dei rivoluzionari furono tanto convincenti e realisti . Ma possono i rivoluzionari , nella fase di attacco , aderire senza discriminazioni , senza critiche a un ordine positivo e limitato così lontano dall ' ideale a cui si richiamano , a un ordine ancora fonte di tante ingiustizie ed errori ; a uno Stato , a una politica , a una diplomazia , a una ragion di Stato ? Porre la questione è risolverla . I rivoluzionari non possono fare della politica nel senso ordinario della parola ; non possono transigere sui principi e chiuder gli occhi sui mali esistenti . La forza di rovesciare un mondo , più che dalle esperienze positive altrui , viene dalla visione di un mondo ideale . Se quel mondo ideale lo si identifica in un mondo esistente e imperfetto , il potenziale rivoluzionario è destinato a cadere . Fare la rivoluzione russa in Italia ? Ma l 'U.R.S.S . è uno Stato che milioni di persone hanno visitato in lungo e in largo , toccando con mano pregi e difetti , grandezze e miserie . Dopo diciassette anni di esistenza , l 'U.R.S.S . non è più un ideale . Costituisce tutt ' al più un mito per le folle incolte e sofferenti , e un incoraggiamento per noi . Difatti Mussolini autorizza tranquillamente le edizioni italiane dei discorsi di Stalin , le storie del bolscevismo , la Vita di Trotzky , mentre i funzionari fascisti posano a filobolscevichi . Leviamoci dunque l ' illusione che si possa fare in Italia la copia , sia pure riveduta e corretta , della rivoluzione di ottobre . Nella storia del nostro paese , il giacobinismo fornisce già un esemplare infelice di rivoluzione ricalcata . La rivoluzione italiana provvederà per vie sue , secondo le necessità e le lotte italiane ed europee . La Russia , con la quale si stabiliranno certo rapporti fraterni , sarà per noi non un punto di arrivo ma di partenza ; sarà soprattutto un capitale di preziose esperienze . Sia ben chiaro che siamo mossi a dir questo non da una ridicola ambizione provinciale , da una assurda riedizione del mito del Primato italiano ; ma dal convincimento della originalità irriducibile di ogni rivoluzione e della necessaria autonomia della coscienza rivoluzionaria , la quale esige rottura integrale con ciò che è in nome di ciò che deve essere . Nel « deve essere » la Ceka , le masse deportate , i casi , piccoli o grandi che siano , Trotzky , Serge , Petrini , la meccanica dittatoriale , l ' oppressione burocratica , non rientrano . L ' imperativo categorico non si lascia mettere al condizionale . I comunisti , aderendo completamente alla realtà russa attuale , alienano senza avvedersene la loro spontaneità rivoluzionaria ; costretti a preoccuparsi più di riscuotere la fiducia di Mosca che la fiducia dell ' Italia , non riescono a dire una parola nuova e fresca ai giovani . Quanti tra loro sentono l ' assurdo di una lotta contro la dittatura fascista condotta in nome di un ' altra , anche se diversissima , dittatura ! Quanti vorrebbero spezzare il rigido quadro teorico e pratico per ristabilire un contatto semplice e umano coi fatti , con la realtà italiana , con la stessa realtà russa ! Ma non possono . L ' ostracismo che li minaccia , quando non ne fa dei ribelli , li piega . Tuttavia noi non sappiamo essere esclusivi ; non pretendiamo di possedere il monopolio del vero . Riconosciamo che l ' immensità della esperienza in corso nella Russia rende probabilmente inevitabile l ' esistenza di un forte partito comunista in Italia ; riconosciamo che esso si è battuto in questi anni con grande coraggio . Ma sosteniamo la necessità assoluta dell ' esistenza di un ' altra corrente rivoluzionaria , più aderente alla storia , alle esperienze , ai bisogni italiani e più libera nei suoi atteggiamenti verso la Russia . Non è detto che le due correnti debbano combattersi . Nell ' ora dell ' attacco marceranno unite .