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> anno_i:[1910 TO 1940}
LA ' FIAMMETTA ' ( DE ROBERTIS GIUSEPPE , 1939 )
StampaQuotidiana ,
Anzi Elegia di Madonna Fiammetta , come Vincenzo Pernicone ha restituito dai codici nella sua nuova edizione . Nuova non solo per questo . Ché il testo da lui dato supera di gran lunga in esattezza e proprietà e quello del Fanfani , e quello del Gigli , e l ' altro finora più noto e più attendibile del Moutier . Senza dire d ' una primizia di finissimo pregio , di certe « chiose » e di lui Boccaccio , che il Pernicone pubblica per la prima volta , e che aiuteranno il lavoro degli studiosi , se mai ci sarà uno che dalla ricerca delle fonti classiche di questa Fiammetta vorrà finalmente estendere l ' esame a un ' analisi di stile condotta a fondo su sicurissime basi e non su delle semplici impressioni . Ma è una fortuna intanto che un libro sì importante si possa leggere senza più storpiature , ché storpiature d ' ogni genere erano nelle precedenti edizioni , di lingua , d ' ortografia , e perfino d ' interpolazioni . Parve al Moutier , per esempio , che il testo del Boccaccio più ricco fosse , più fosse proprio di lui . E invece la Fiammetta in questo appunto segna la maturità della prosa boccaccesca , che partita dal Filocolo e dall ' Ameto operò in essa un incredibile alleggerimento e isveltimento . Precede di cinque anni soli la composizione o , diciamo meglio , l ' inizio della composizione del Decameron . Lo stesso lavoro di prosa latineggiante , lo stesso studio di esemplari latini , sia prosatori e sopra tutto storici ( Giustino , Valerio Massimo ) , sia poeti ( Virgilio , Ovidio , Seneca , Lucano , Stazio ) ; ma , vorrei dire , un più commosso lavoro , a volte ; oltre quell ' alleggerimento , quell ' isveltimento , specie in certo dialogare con sé , in certi mesti soliloquii . L ' ultima infaticabile prova , avanti di cominciare il Decameron , e fu appunto dopo ch ' ebbe finita la Fiammetta , la condusse nella forma più strenua , traducendo le Deche terza e quarta di Livio , per respirare l ' aria grande del più poetico degli storici ; e s ' era mosso dalle Artes o Summae dictaminis , dalle traduzioni di oratori e di poeti , quasi come , in semplice scolaro di retorica . Su questo tradurre , come aiuto al formarsi dello scrittore , il discorso sarebbe lungo assai . Noi ne abbiamo un esempio bellissimo e novissimo in quello del Leopardi , che voltando in italiano gli idilli di Mosco prima scoprì se stesso e toccò certe eleganze tutte sue , certi modi pianissimi ; e componendo il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi nella sua prosa rapì qualcosa ai classici , anche ai poeti , e ne dedusse leggi alla sua arte . Ecco , abbiamo toccato un punto che fa al caso nostro . Il Foscolo , nel quarto dei suoi Discorsi sulla lingua italiana ( e bisogna , s ' intende , tener presente anche il suo Discorso storico sul testo del Decamerone ) , disse che il Boccaccio « armonizzava la sua prosa , aiutandosi della prosodia de ' poeti latini . Li traduceva , talora letteralmente e , mentre la loro misura suonavagli tuttavia intorno all ' orecchio , inserivali nel suo libro » . Parla del Decameron , e l ' osservazione , esattissima , tornerebbe , e s ' è visto , bene applicata alla Fiammella . I moderni , sulla scoperta di quel dato stilistico , sono andati oltre , e oggi si parla del grande libro boccaccesco come d ' un libro di « poesia o canto » , « ancorché composta di metri che difficilmente si riesca a scomporre e fissare nei paradigmi dei trattati di metrica » ; si parla d ' una « apparente prosa che è poesia » , e che non è per nulla « prosa poetica » ( lo stesso disse tant ' anni fa Serra di Panzini ) . Strano però che il nome del Foscolo non ricorra come dovrebbe nei saggi e negli scritti degli studiosi del Boccaccio . Ché il Foscolo disse altro ancora , e avvertì un dissidio che la decantata poesia ch ' egli vi trovava , e i moderni ritrovano , non valse a nascondere al suo occhio infallibile . Quella « poesia » annidava per lui , dentro di sé , un vizio . Una « facondia a descrivere minutamente e con maravigliosa proprietà ed esattezza ogni cosa » ; certe « arti meretricie dell ' orazione » ; e quel non rifinire , ch ' era proprio della sua natura , di « ricrearti con la sua musica » . Dice sì il Foscolo che il Boccaccio è « scrittore unico forse » , per la « varietà degli umani caratteri » che « porsero occasione all ' autore di applicare ogni colore e ogni studio alla lingua , e farla parlare a principi ed a matrone e a furfanti e a fantesche e a tonsurati ed a vergini » ; ma anche dice che la sua lingua egli la « vezzeggia da innamorato » , e diresti ch ' egli vedesse « in ogni parola una vita che le fosse propria , né bisognosa altrimenti d ' essere animata dall ' intelletto » . Ma è quistione , questa , da non potere esser trattata così brevemente e corrivamente , e basta avervi accennato per dimostrare ancor fondati i nostri dubbi , che sono poi dubbi antichi , che cioè i moderni studiosi , contenti a quella novità speciosa ( « poesia o canto » , « apparente prosa che è poesia » ) , siano passati troppo disinvoltamente sopra a quei vizi che il Foscolo denuncia ; e per passarvi sopra , quasi fingano d ' ignorare le dure difficoltà da lui proposte . Può una formula sanare quelle difficoltà ? Diciamo allora che quella « poesia » , quell ' « apparente prosa che è poesia » , spesso sente più l ' « arte » che la « natura » , come sempre il Foscolo asserisce , e che è un « lavoro raffinatissimo d ' arte » , per sé indipendente , e non nato in un « conflato di fatti , ragioni , immagini e affetti » . L ' interesse , forse , che alla prosa boccaccesca , alla sua complicata ricchezza , han posto sempre , e più , ultimamente , e grammatici e stilisti e storici della lingua , ha fatto scambiare per ragioni poetiche quelle che sono , sovente , ragioni retoriche ; e di qui tutti i danni . Diceva ancora il Foscolo , del Machiavelli , che nella sua prosa il « significato d ' ogni vocabolo par che partecipi della profondità della sua mente » . Profonda o no , questa partecipazione , e dunque questa necessità , questa viva essenzialità , per il Boccaccio è più poca assai . Che se poi si consideri l ' « ardente , diritta , evidente velocità » dell ' altra prosa , nata contemporaneamente a quella del Boccaccio , senza « artifici di sintassi » moltiplicantisi « per via di traduzioni e imitazioni libere dal latino » , ma tanto più schietta , come fu la prosa della corrente popolare , governata « da quella grammatica » che è « la vera e perpetua » e che « in ogni lingua vien suggerita dalla natura » ; se si consideri tutto questo , appariranno più manifesti e quell ' iniziale distacco e le conseguenti fatali aberrazioni . Ma si voleva parlare della Fiammella . Del valore di questo libro , quanto a scoperta del linguaggio nell ' arte del Boccaccio , s ' è detto : lo studio comparativo con le fonti classiche s ' aspetta che aiuti a dire di più . Ma il libro ha , per sé , un suo caratteristico valore di tono o di toni . È un romanzo amoroso narrato in prima persona , un romanzo tutto interno , lentissimo . Si direbbe , e non è altro , la variazione d ' un tema solo , fiorito a volte di modi labili , quasi un parlar dell ' anima ; e a volte arricchentesi di contrasti , curiosamente legati , a posta cercati . « Deh , or non è questa mirabile cosa , o donne , che ciò ch ' io veggio mi sia materia di doglia , né mi possa rallegrare cosa alcuna ? Deh , quale anima è in inferno con tanta pena , che , queste cose veggendo , non dovesse sentire allegrezza ? » . Con una tal giustificazione è facile al Boccaccio , al Boccaccio naturalmente prezioso , « alessandrino » come piaceva dire al Parodi , ricco , intralciato , dar splendida prova di sé , di quella sua « facondia a descrivere minutamente e con maravigliosa proprietà ed esattezza » , avanti di darne una assai più splendida nel libro del Decameron . Feste , giostre , luoghi ameni , con bei colori , begli arnesi e vesti , belle pitture ; e non so che languore che senti nel periodo un poco rilassato . Ma in quel progredire della narrazione quanto mai lenta , tra conforti e sconforti e disperazioni della donna amante , una semplicità , a volte , monda , con parola sofferta e quasi nuda , un parlar dimesso e , vorrei dire , un altro Boccaccio . « Ogni uomo si rallegra e fa festa , e io sola piango » . Allora certe intonazioni quasi di canto ( « come le preste ali di Progne , qualora vola più forte , battono i bianchi lati » ) , un ' aggettivazione nettissima ( « mansueto nel viso , biondissimo e pulito » ) , la novità d ' una parola saputa spiegare ( « l ' aere esultante per le voci del popolo circustante » ) , la forza risuscitata d ' un verbo per una sapiente collocazione ( « O bellezza , dubbioso bene de ' mortali , dono di picciolo tempo , la quale più tosto vieni e pàrtiti .... » ) , un che di arcano , perfino , nel rendere la passione , che sa di Vita nova , con la stessa apprensione d ' anima ( « io già tutta come novella fronda agitata dal vento tremava » ) . E ci sono versi scopertissimi , con altri da scoprire ( « Deh , vieni , vieni , ché ' l cor ti chiama : non lasciar perire la mia giovinezza presta a ' tuoi piaceri » ) ; traduzioni dov ' è qualcosa di più che la semplice misura del verso , e c ' è sì Ovidio , e lo cita egli stesso esattissimamente ( « O Sonno , piacevolissima quiete di tutte le cose e degli animi vera pace » ) , ma c ' è , anche , una progressione tutta sua , così ben condotta e sostenuta ( « O domatore de ' mali ... O languido fratello della dura morte .... O porto di vita .... O dolcissimo Sonno » ) . Anche quando il discorso un poco s ' intralcia , un fermento di piacevol alito solleva e fa men fitta la sintassi . Pare che , parlando così , pianissimo , svegli dal di dentro una segretezza nuova ; e questo è proprio un dar la mano all ' altra prosa di gusto popolare , per niente latineggiante , né poeticheggiante , né lavorata , né studiata ; se mai , libera e ardita , e tutta « candidezza e soavità » , come il Leopardi appunto diceva , e ch ' egli sentiva così vicina , e aveva ragione , alla lingua greca . Quel sempre variare lo stesso tema avrà dato al Boccaccio , spesso , monotonia e lentezza ; ma gli diede , anche , una nuova ricchezza , una ricchezza per estenuazione . Del Boccaccio fastoso nel descriver minuto , quanti esempi , e di che forza , noi troveremo nel suo gran libro ! Ma di quest ' altro , più apparentemente povero e più parlante , assai meno ne troveremo , e non , forse , di più valore . Ché mancherà la fatica a dare quel fiore , quella labile parvenza ; mancherà la necessità di sempre rifarsi da capo , come per ricontare ex - novo , che aiuta un poco a inventare .