StampaQuotidiana ,
I
dirigenti
del
Partito
socialista
,
che
hanno
ancora
una
qualsiasi
capacità
di
raziocinio
,
cominciano
a
sentire
il
peso
e
più
che
il
peso
,
la
vergogna
di
una
formula
assurda
e
anti
-
proletaria
come
è
oggi
la
formula
della
neutralità
assoluta
.
Si
notano
qua
e
là
i
primi
tentativi
di
ribellione
.
Vecchi
compagni
si
dimettono
dal
Partito
,
o
sono
,
più
speditamente
,
cacciati
.
Nei
fogli
settimanali
squillano
le
prime
voci
dei
dissidenti
.
La
riunione
tenutasi
l
'
altra
sera
a
Milano
,
è
un
tentativo
d
'
opposizione
alla
corrente
torbida
del
neutralismo
socialista
,
non
più
inspirata
da
motivi
ideali
,
ma
da
bassi
tornaconti
mercantili
o
da
preoccupazioni
elettoralistiche
.
Non
erano
molti
i
socialisti
riunitisi
l
'
altra
sera
in
via
Circo
,
ma
erano
i
«
notabili
»
del
Partito
;
se
difettava
la
quantità
c
'
era
,
in
compenso
,
la
qualità
.
C
'
erano
i
deputati
,
moltissimi
consiglieri
comunali
,
gli
assessori
quasi
al
completo
,
coll
'
adesione
del
sindaco
;
c
'
era
insomma
la
minoranza
pensante
.
Le
maggioranze
non
possono
pensare
.
Esse
sono
il
numero
,
la
quantità
,
e
perciò
l
'
inerzia
:
sono
il
materiale
greggio
col
quale
si
«
fa
»
e
si
è
fatta
,
in
ogni
tempo
,
la
storia
;
esse
non
sono
mai
o
quasi
mai
tormentate
dal
dubbio
,
assillate
dallo
spasimo
angoscioso
,
ma
salutare
della
ricerca
;
le
mille
trepidazioni
dello
spirito
eternamente
mobile
,
irrequieto
,
indagatore
,
sono
ignote
alle
maggioranze
che
hanno
orizzonti
mentali
circoscritti
.
La
minoranza
pensante
del
socialismo
italiano
non
può
appagarsi
del
grido
di
«
abbasso
la
guerra
»
.
Questo
grido
non
risolve
i
formidabili
problemi
che
la
guerra
ha
posto
sul
tappeto
.
Uomini
che
hanno
sempre
seguito
nella
loro
attività
politica
direttive
realistiche
e
potrei
dire
pragmatistiche
;
uomini
che
hanno
irriso
in
ogni
tempo
le
formule
,
schernito
i
dogmi
,
avute
in
sommo
dispregio
le
fedi
cristallizzate
che
ipotecano
col
presente
l
'
avvenire
;
con
questa
,
le
generazioni
che
saranno
;
uomini
di
tal
fatta
non
potevano
rimanere
a
lungo
e
in
silenzio
nella
«
frateria
»
salmodiante
l
'
abbasso
o
un
evviva
.
Cominciano
a
parlare
.
Ma
sono
in
ritardo
.
E
,
quel
ch
'
è
peggio
,
non
«
osano
»
di
giungere
in
fondo
.
Sentono
di
essere
su
di
un
pericolosissimo
piano
inclinato
e
si
fermano
o
tentano
fermarsi
e
non
s
'
accorgono
che
una
posizione
intermedia
«
statica
»
è
la
più
malagevole
a
mantenersi
e
a
difendere
:
sono
vittime
dunque
del
«
feticcio
»
unitario
?
Quel
Turati
che
in
altri
tempi
si
fece
promotore
di
scissioni
socialiste
per
una
questioncella
nemmeno
paragonabile
da
lontano
al
problema
odierno
dalla
cui
soluzione
dipendono
non
solo
i
destini
d
'
Italia
,
ma
i
destini
del
mondo
,
oggi
in
nome
dell
'
unità
,
accetta
la
compagnia
degli
herveisti
più
sordidi
e
ripugnanti
,
salvo
ad
elevare
qualche
protesta
nelle
piccole
riunioni
di
Partito
.
C
'
è
più
differenza
oggi
fra
herveisti
,
neutralisti
relativi
e
interventisti
,
di
quanta
non
ne
passasse
nel
1913
fra
intransigenti
e
riformisti
.
Si
tratta
di
dissensi
che
investono
fondamentalmente
la
dottrina
del
socialismo
,
le
basi
del
Partito
:
il
fatto
di
accettare
o
no
la
difesa
nazionale
,
trae
seco
una
catena
di
conseguenze
che
spostano
tutto
l
'
asse
ideologico
del
Partito
:
da
una
parte
si
va
alla
concezione
aberrante
del
tolstoianesimo
,
dall
'
altra
si
va
all
'
Armée
nouvelle
del
Jaurès
,
alla
magnifica
sintesi
della
Patria
realtà
insopprimibile
d
'
oggi
coll
'
Internazionale
,
realtà
ineluttabile
di
domani
.
Un
abisso
separa
le
due
concezioni
.
Ma
i
dirigenti
del
Partito
non
«
osano
»
di
guardare
dentro
a
quell
'
abisso
e
di
gettarsi
da
l
'
una
parte
o
dall
'
altra
:
vi
sono
in
gioco
troppe
posizioni
politiche
ed
economiche
acquisite
,
consolidate
;
troppi
collegi
,
troppi
municipi
,
troppe
cooperative
.
Tutto
ciò
è
il
cemento
che
tiene
unite
le
tendenze
non
divergenti
,
ma
assolutamente
antitetiche
che
dividono
oggi
il
Partito
socialista
.
L
'
unità
nasconde
la
più
pericolosa
delle
scissioni
;
pericolosa
perché
ipocrita
,
in
quanto
l
'
unità
è
il
frutto
di
una
reciproca
mortificazione
e
mistificazione
dei
cervelli
e
dei
cuori
.
Ma
poi
,
questi
signori
sono
in
ritardo
.
Prima
,
assai
prima
dovevano
parlare
.
Prima
,
o
almeno
due
mesi
fa
,
quando
fu
montato
il
«
diversivo
»
mussoliniano
,
bisognava
proclamare
in
faccia
a
tutti
i
Lazzari
dell
'
universo
che
«
il
principio
di
nazionalità
non
può
essere
rinnegato
»
,
che
«
il
trionfo
del
principio
di
nazionalità
può
coincidere
con
quello
della
libertà
e
segnare
una
tappa
verso
l
'
internazionalismo
»
;
allora
aveva
un
senso
e
poteva
frenare
la
corsa
pazza
dell
'
herveismo
;
oggi
il
Partito
si
trova
sul
piano
inclinato
e
dovrà
andare
sino
in
fondo
con
tutta
l
'
esibizione
della
sua
miseria
.
Io
ho
l
'
impressione
che
i
neutralisti
relativi
di
via
Circo
abbiano
voluto
più
che
altro
salvarsi
la
coscienza
;
non
avere
dei
rimorsi
;
anticipare
una
debita
scissione
di
responsabilità
,
onde
poter
dire
domani
,
qualora
il
movimento
dei
gruppi
catechizzati
e
abbrutiti
da
tanta
propaganda
,
sboccasse
nella
rivolta
sterile
o
nel
disastro
nazionale
:
noi
eravamo
dei
neutralisti
relativi
...
Non
c
'
entriamo
!
E
sarà
il
grottesco
che
si
unirà
al
tragico
...
Delle
due
l
'
una
:
o
questa
propaganda
contro
«
ogni
»
guerra
è
seria
e
non
una
semplice
commedia
e
allora
essa
non
può
avere
che
un
obiettivo
pratico
:
impedire
ad
ogni
costo
la
guerra
,
qualunque
guerra
.
Magari
con
uno
sciopero
generale
.
O
questa
propaganda
non
ha
obiettivi
pratici
,
ma
è
una
pura
blaterazione
o
ruminazione
comiziale
e
in
questo
caso
i
suoi
risultati
non
sono
meno
perniciosi
,
in
quanto
crea
e
mantiene
uno
«
stato
d
'
animo
negativo
»
fra
quelle
masse
che
domani
dovrebbero
colle
baionette
salvare
quel
principio
di
nazionalità
che
i
neutralisti
«
relativi
»
alla
Turati
non
vogliono
rinnegare
.
Ancora
.
Se
il
principio
di
nazionalità
non
«
deve
»
essere
rinnegato
,
se
è
opera
socialista
«
non
»
opporsi
«
a
che
l
'
Italia
possa
ottenere
migliori
condizioni
di
vita
e
di
sviluppo
»
,
sarà
opera
tanto
più
socialista
agitarsi
perché
siano
garantite
all
'
Italia
migliori
condizioni
di
vita
e
di
sviluppo
.
La
«
non
»
opposizione
,
cioè
l
'
inazione
,
è
socialista
?
Ma
allora
l
'
azione
lo
è
di
più
.
Lo
è
sempre
di
più
.
Si
comprenderebbe
la
«
non
opposizione
»
quando
ci
fosse
in
Italia
una
borghesia
all
'
altezza
della
sua
missione
storica
che
è
il
conseguimento
dell
'
unità
nazionale
;
ma
tale
borghesia
manca
;
la
causa
della
neutralità
,
insieme
cogli
herveisti
del
socialismo
,
trova
i
suoi
campioni
validissimi
nei
ceti
mercantili
e
professionistici
della
borghesia
.
Si
comprenderebbe
la
«
non
opposizione
»
,
o
amico
Marangoni
,
quando
si
trattasse
«
soltanto
»
del
nostro
problema
nazionale
,
ma
v
'
è
un
'
altra
posta
,
nel
giuoco
,
ed
è
la
posta
suprema
:
si
tratta
della
libertà
o
della
schiavitù
d
'
Europa
;
bisogna
scegliere
fra
il
berretto
frigio
o
l
'
elmo
a
chiodo
;
fra
il
consolidarsi
degli
istituti
feudali
e
monarchici
col
trionfo
degli
imperi
centrali
ed
il
frantumarsi
insieme
con
quelli
di
tutte
o
molte
catene
.
Forse
non
saremmo
«
interventisti
»
se
si
trattasse
soltanto
di
«
ottenere
migliori
condizioni
di
vita
e
di
sviluppo
per
l
'
Italia
»
,
ma
insieme
con
ciò
,
v
'
è
il
più
,
il
meglio
:
tutto
il
resto
:
il
reale
e
l
'
ideale
:
la
nazione
e
il
socialismo
.
Non
opporsi
,
che
cosa
significa
,
in
fondo
?
Collaborazione
passiva
.
Accettazione
.
Non
può
ridursi
a
questo
il
compito
del
socialismo
nell
'
ora
più
calamitosa
della
storia
.
Negli
altri
paesi
in
Francia
,
in
Germania
,
nel
Belgio
,
in
Inghilterra
i
socialisti
hanno
preso
le
loro
tremende
responsabilità
,
come
protagonisti
e
non
già
come
semplici
«
comparse
»
passive
del
dramma
.