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Il secondo mestiere ( Montale Eugenio , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Quanti sono gli scrittori che riescono a vivere col frutto della loro arte , senza dover ricorrere a un altro mestiere ? Apparentemente sono molti nelle così dette Repubbliche popolari ; ma pochi , pochissimi negli Stati dove vige una relativa libertà di pensiero e di opinione . In questi ultimi Paesi un numero imprecisato di uomini di lettere riesce a sbarcare il lunario , talora assai brillantemente , con lavori che si fanno con carta penna e calamaio e con l ' impiego della macchina da scrivere : e saranno collaborazioni a giornali , sceneggiature di film , riduzioni di romanzi altrui a commedie o a pellicole , oppure opere di varia divulgazione ; ma resta da dimostrare che questi uomini vivano del frutto della loro arte ( ammesso che ne abbiano davvero una ) . La verità è che anch ' essi , in quanto poeti , hanno un secondo mestiere : quello dell ' uomo di penna . Scrittori notissimi , magari insigniti del premio Nobel , vivono della loro penna , non della loro arte . Le eccezioni non mancano , ma sono rare , e anche queste sono illusorie . Quando vediamo negli scaffali le « opere complete » di un autore famoso , noi distinguiamo a colpo d ' occhio le poche che appartengono alla sua arte dalle molte che sono di pertinenza del suo secondo mestiere : quello del produttore di parole stampate . Ciò vale per l ' emisfero occidentale . Altrove , si direbbe che le cose mutino . La Russia conta certamente alcune migliaia di autori che ricevono dallo Stato un regolare stipendio , in cambio del quale sono richiesti di fornire opere di creazione e non già manipolazioni di prodotti pseudo - letterari . Tuttavia , non occorre essere molto informati di quanto avviene nell ' Unione Sovietica per comprendere che non può esistere uno Stato che dia qualcosa in cambio di nulla . Testimonianze non sospette , anzi ineccepibili , ci dicono che nei Paesi totalitari , lo scrittore che manifesti opinioni o sentimenti non conformi alle istruzioni impartite dall ' alto viene accusato ( ed è il meno che possa accadergli ) di « sputare nel piatto in cui mangia » ; il che , disgraziatamente , è verissimo . Un fanatico potrebbe obiettare che le opinioni personali non sono punto necessarie all ' artista e che la libertà non contrasta con un ' autorità « liberamente » accettata . Ma chi accetta liberamente una libertà condizionata da uno stipendio ? Un ' occhiata alla storia letteraria ci dice che la Russia ebbe una grande letteratura rivoluzionaria solo nel tempo in cui gli scrittori non riscuotevano salari statali . Dopo è stato quasi il deserto . Le osservazioni che abbiamo fatte , non certo peregrine , mostrano chiaramente come sia quasi impossibile , in tutto il mondo , a uno scrittore di vivere dell ' arte sua . Lo scrittore che vende 1c sue parole può occasionalmente darci alcune pagine di autentico valore poetico e magari qualche opera duratura , ma non vivrà che del prodotto delle sue opere deteriori . A tutti , a quasi tutti gli scrittori , s ' impone il secondo mestiere , e non è detto che i mestieri apparentemente intellettuali ( insegnamento , giornalismo , cinema , ecc . ) siano i più conciliabili con quelle vacanze dello spirito che sono il vero terreno da cui sorge l ' arte . Un Foscolo o un Leopardi che passino dieci ore al giorno sforbiciando comunicati di agenzie giornalistiche sono inimmaginabili ; mentre è stato possibile a impiegati di banca di scrivere Giovannin Bongee o The Waste Land . D ' altra parte , è facile l ' obiezione , non sarebbe mai sorta la Commedia umana se Balzac avesse trascorso la sua breve vita negli uffici di una Cassa di Risparmio ; non avremmo avuto Guerra e pace e la Recherche se Tolstoi e Proust non fossero stati dotati di un considerevole « censo » . E in questo caso noi scopriamo quale può essere il secondo mestiere più favorevole alle lettere ; quello del rentier . Oltre questo , esistono i mestieri veri e propri , tra i quali è largamente compreso quello del produttore di libri . Ma bisogna anche riconoscere la strana situazione in cui viene a trovarsi l ' autore di libri invenduti e perciò poco o punto redditizi . Centinaia , forse migliaia di pittori e scultori di dubbio valore vivono vendendo le loro opere e fra i loro clienti , direttamente o indirettamente , non manca quasi mai lo Stato . Larghe sovvenzioni statali rendono possibile la difficile vita della musica , del teatro e del cinema . Una chiusura degli sportelli , una « serrata » da parte di pittori o di cineasti o di teatranti getterebbe il mondo intero nella costernazione . Ma fate che gli scrittori incrocino le braccia e stringano la cintola , e vedrete che nessuno si accorgerà della loro protesta . I giornali continueranno a uscire , e tutti saranno convinti che qualche capolavoro inedito prima o poi - meglio se dopo la morte dell ' autore - finirà per essere scoperto nel fondo di qualche cassetto . In definitiva , la vecchia opinione che la letteratura vada scoraggiata persiste tenacemente alla radice della nostra formazione classica . Lascio al lettore decidere se questo è un alibi che permette al mondo borghese di affamare i poeti senza provarne rimorso ; o se sia anche un indiretto omaggio alla rarità e imprevedibilità della poesia . Praticato su vasta scala - come oggi avviene - il mestiere di scrittore ha una tradizione piuttosto recente , da porsi in relazione con lo sviluppo del giornalismo e dell ' attività editoriale . Se non vogliamo partire addirittura dal primo Settecento , Edgar Poe è già il tipo del moderno pubblicista che vive di collaborazioni pagate : e male gliene incolse ; ma in epoca più recente , il Melville non fu che un modesto impiegato . Né ci rifaremo più addietro per ricordare le professioni , e le disavventure economiche , di un genio quale il Cervantes . Nei tempi eroici della poesia i poeti furono diplomatici , ciambellani , ecclesiastici , guerrieri , mercanti , figli di papà e occasionalmente anche ladri e assassini , ma non vissero mai dei « diritti d ' autore » . Non mancavano , s ' intende , i poeti cesarei , i librettisti o gli agiografi di Corte , ma si tratta di casi isolati , ed anche oggi esistono commediografi ( per lo più mediocri ) che vivono dei loro prodotti . Non occorre ripetere che si tratta per lo più di « prodotti » , non di opere d ' arte . D ' altronde , il teatro è un mondo che sta a sé . In ogni tempo si ebbero uomini di teatro che furono insieme autori attori e impresari , e che quindi esercitarono contemporaneamente professioni diverse ; ma nemmeno questo caso può invalidare il vecchio assioma che i carmi non danno pane . 11 problema di far sì che i poeti possano mettere la pentola al fuoco senza perdere gli anni migliori in un altro mestiere si presenta dunque , oggi , più che mai insolubile . Ma è probabile che sia , come tutti i problemi insolubili , una questione mal posta . Dire che uno Stato rispettabile dovrebbe distribuire impieghi puramente simbolici , sinecure o altro ai suoi più promettenti scrittori , oppure garantire con leggi e decreti , o magari mauri militari , la vendita dei loro scritti , è dar prova di irrimediabile ingenuità . Forse una società ideale potrebbe aiutare i suoi poeti , i suoi scrittori in modo del tutto segreto e indiretto , senza offenderne la dignità e l ' indipendenza ; ma le antiche società feudali erano molto più adatte a raggiungere questo scopo . La nuova civiltà industriale , fondata sul denaro e sul successo , non offre alcuna garanzia a tale riguardo . In una civiltà come la nostra solo un ' arte d ' uso , una Gebrauchskunst , può trasformarsi in denaro spicciolo . Un quadro fatto distribuendo quattro buchi su una tela , una musica ottenuta filtrando o dosando pochi ruggiti elettronici può essere un oggetto che si vende a privati consumatori e magari allo Stato , attraverso sussidi a mostre , festival ecc. Molto più difficile , e infinitamente meno raccomandabile , è che Io Stato organizzi e « pianifichi » elargizioni di quattrini ai suoi poeti , sottraendoli all ' onta del secondo mestiere . Chi sceglierebbe questi poeti ? Quale - da noi inesistente - Accademia ? E con quali garanzie di serietà ? E chi potrebbe impedire il moltiplicarsi dei sedicenti poeti aspiranti a prebende e sovvenzioni ? Purtroppo la poesia ( intesa nella più lata accezione ) è oggi l ' arte più indifesa ; per diverse e forse opposte ragioni , tanto le società totalitarie quanto quelle che s ' illudono di essere libere non possono far nulla per favorirne o proteggerne la nascita . Si direbbe , anzi , che siano fatte apposta per creare condizioni ostili al suo sviluppo . Ma sarebbe un errore credere che simili premesse rendano meno onorevole la vita , e la vocazione stessa , dei poeti . Probabilmente , la costituzionale inettitudine della poesia a fruttar quattrini ai poeti significa ch ' essa ha una sua particolare dignità alla quale le altre arti non sempre possono aspirare . Trenta giovani pittori italiani sono stati presentati insieme , tempo addietro , da un illustre critico sotto il titolo : Trenta maestri di domani senza che quasi nessuno gridasse allo scandalo . Ma se i trenta fossero stati poeti anziché pittori , né il presentatore né i poeti stessi si sarebbero salvati dal ridicolo . Ciò significa che la poesia non è ancora discesa , nell ' opinione pubblica , al grado di merce ; e che il titolo , in verità assai scaduto , di maestro non può essere tollerato da uno scrittore che si rispetti . Se a tale grado di dignità si può giungere solo praticando un secondo mestiere , ebbene , ben vengano i secondi e terzi mestieri . Tutti i danni che ad essi si ascrivono sono largamente compensati dal fatto che per mezzo loro l ' arte della parola non si è ancora posta al livello delle così dette « belle arti » , certo più redditizie , ma a costo di quali equivoci ! .