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Unità e Regioni ( Jemolo Arturo Carlo , 1966 )
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In quella che Einaudi chiamò " la grande speranza " , la speranza formatasi negli anni della Resistenza , di una Italia rinnovata , dove tutti i cittadini partecipassero alla vita collettiva , si sentissero organi dello Stato , desiderassero un paese pulito , retto da una legge severa , che non lasciasse adito ad arbitrii , le Regioni avevano posto non secondario . Basta con il centralismo , basta con le striminzite strutture provinciali che dalla unificazione non hanno potuto pesare sugl ' indirizzi generali dello Stato ; vengano avanti le Regioni , unità naturali , poste in luce anche da quel dialetto , combattuto dal fascismo , ma che ha dato vita ad opere d ' arte di primo piano - Porta e Belli , un gradino più sotto Pascarella , - che attraverso Trilussa ha aiutato la resistenza al regime , con la cui voce si è espresso il teatro più popolare . Nella prima seduta della commissione per la riforma dello Stato che aveva insediato il presidente Bonomi , con l ' on. Bogianchino ci chiedevamo se non si potesse definire l ' Italia come Stato federale . Non che pensassimo a scindere l ' unità ; non volevamo neppure qualcosa come i Cantoni svizzeri , che hanno magistrature a sé ; meno che mai pensavamo agli ardimenti che furono poi dello statuto siciliano , la polizia alle dipendenze del presidente regionale , una corte paritaria a dirimere i conflitti con lo Stato ; guardavamo piuttosto ai vecchi Laender austriaci , con piccoli Parlamenti , che dettassero leggi in materia agraria , mineraria , di opere pubbliche , d ' igiene e sanità , d ' istruzione primaria e magari anche secondaria . Vedevamo chiaro come si sarebbero formate le Regioni . Una legge avrebbe stabilito quali potessero essere le loro incombenze , lasciando ad ognuna di assumersele tutte od alcune soltanto . E naturalmente la prima attuazione sarebbe stata nelle Regioni settentrionali , che avrebbero costruito il modello . Qui c ' era già l ' embrione con i Comitati di Liberazione Nazionale disposti scalarmente in cerchie di territorio sempre più larghe , ed al vertice quel Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia , così ricco di competenze . Qui c ' era ah antiquo l ' avversione a Roma ed alla burocrazia romana ed il desiderio di fare da sé ; qui c ' erano le migliori tradizioni , bilanci in pareggio , fiducia dei cittadini nell ' amministrazione , non pletora d ' impiegati . Queste regioni - Piemonte , Lombardia , Liguria - dovevano essere la guida . Pensavamo anche che attraverso le Regioni i giovani dell ' Italia settentrionale avrebbero ripreso ad entrare nell ' amministrazione , che da tempo disertavano , e si sarebbe così ripristinata una sana tradizione . Immaginavamo che essere maestro in una di queste Regioni sarebbe stato titolo di cui ci si sarebbe fregiati più assai di quello di " statale " . La prima delusione venne proprio da queste Regioni , nessuna delle quali mostrò di aspirare affatto a formare il nuovo organismo . Le aspirazioni regionali , Valle d ' Aosta e Trentino a parte , furono delle zone dove la tradizione amministrativa era meno brillante , dov ' era ad attendersi che subito si sarebbe formata la pletora degli impiegati . Un duro colpo le speranze ricevettero alla Costituente , quando si decretò il mantenimento delle Province . Nella nostra visione non c ' era l ' idea di un accentramento , che i vecchi capoluoghi di provincia Storia d ' Italia non avessero più uffici a disposizione del pubblico ( se pure tutti noi , regionalisti del 1945 , ricordassimo che le comunicazioni erano alquanto mutate dalla unificazione ) ; ma avremmo voluto la Regione unica persona giuridica con unico patrimonio e bilancio , unica , poco numerosa , burocrazia : decentrata magari anche nei vecchi capoluoghi di circondario , quando fosse opportuno . La Provincia con quelle poche attribuzioni brefotrofi e manicomi , laboratori d ' igiene , strade provinciali , norme sulla caccia - non ci sembrava dovesse continuare , e soprattutto non vedevamo : Province più Regioni . Delusione ancora più grande : il constatare che gli italiani possono dire male della burocrazia statale , che gl ' impiegati dello Stato possono considerarsi vittime , ma che nessuno statale è disposto a divenire dipendente di un ente locale , fosse pure il più ricco , quello circondato dalla migliore fama , quello più generoso . Uomini politici di qualsiasi partito possono anche tenere discorsi a favore dell ' autonomia dei Comuni , del diritto che si debba loro riconoscere d ' imporre tributi fuori dei quadri delle leggi statali , di assumere iniziative in ogni campo ; ma occorre tacciano intorno alla grossissima menomazione che venne portata a quell ' autonomia nel periodo fascista , e che credo non abbia riscontro in alcun regime libero , di porre a capo dei loro uffici un funzionario statale ; debbono tacere , perché tutti i segretari comunali , come tutti i maestri , desiderano restare statali . Ed i giovani dell ' Alta Italia continuano a disertare la burocrazia ; senza spiegazioni economiche ; conosco moltissimi professionisti che guadagnano meno dei loro coetanei entrati nei ranghi governativi ; ma tant ' è , quella diserzione si dà . Ultima delusione . Immaginavamo che nei rami di attività che sarebbero stati affidati alle Regioni i Ministeri non sarebbero rimasti che come organi di coordinamento , che dessero direttive , risolvessero conflitti ; un piccolo stato maggiore . L ' attuale burocrazia passata alle Regioni ; dove c ' erano venti capidivisione , diciannove sarebbero passati alle Regioni , ed uno rimasto al Ministero . Ci rendemmo conto che la burocrazia romana non avrebbe accettato la riduzione di un sol posto , che nessun ministro avrebbe avuto la forza occorrente per allontanare da Roma un solo impiegato . Da quelle speranze sono passati oltre venti anni . Dobbiamo constatare varie cose . Dove si sono costituite le Regioni , malgrado gli inconvenienti che possono essersi verificati , nessuno vorrebbe tornare indietro e rinunciarvi . Il Trentino - Alto Adige , tormentato dalla questione tedesca , dà tuttavia le ottime istituzioni locali ( ad es. casse di malattia ) ch ' era ad attendersi . La Sicilia ha dato una grande prova di patriottismo italiano e di buon senso accettando un tacito adattamento del suo statuto , sì che fosse intatta la sovranità nazionale : con alcune rinunce ed alcuni compensi ( le azioni al portatore ) rispetto a quel ch ' era ivi previsto . Alcune Province , pure restando le loro competenze nel limitato vecchio quadro legislativo , danno , grazie ai loro amministratori , prova di attività , costituiscono coordinamento di energie , collegamento d ' iniziative ; penso a Torino ed a Cuneo , a Bologna ed in genere alle Province emiliane , che si tengono in costante rapporto tra loro per utili studi e progetti . Si costituiranno le Regioni previste dalla Costituzione ? Non lo sappiamo . Se sì , non saranno certo quelle che vagheggiavamo nel '45 , non rappresenteranno quel distacco da Roma , quella reazione al centralismo , quel vivo appello alle energie locali , quel chiamare il popolo a partecipare direttamente ad una politica che si vivificasse applicando ai problemi locali le direttive generali , che avevamo sperato nel '45 , allorché le Regioni sarebbero potute apparire le dirette eredi dei Comitati di Liberazione . Reagiamo come allora alla stolida accusa di chi pensa che le Regioni minerebbero l ' unità nazionale ; ma se non si creeranno , non saremo amareggiati per una nuova delusione . Certo , della " grande speranza " pochissimo si è realizzato ; però si è salvata la conquista essenziale , quella della libertà . E non si deve per le speranze che non si realizzarono , essere ingiusti . Le vecchiaie serene constatano le proprie sconfitte , ma non per questo disconoscono quel che possa esservi di positivo nel presente ; e non dimenticano che la storia la costruiscono , sì , gli uomini , ma la realizzazione dei loro piani è sempre approssimativa , quel che vien fuori non è solo il risultato di componenti diverse , ma avverte anche il tocco dell ' imprevedibile , diciamo pure del caso .