StampaQuotidiana ,
L
'
inaugurazione
del
rinnovato
Gerolamo
con
il
«
recital
»
di
Eduardo
costituisce
un
fatto
importante
della
vita
culturale
milanese
;
non
soltanto
perché
quella
inaugurazione
ieri
sera
è
una
ribalta
di
più
,
di
cui
può
disporre
la
prosa
;
ma
perché
,
aprendo
un
nuovo
particolarissimo
teatro
,
la
città
compie
,
nel
settore
dello
spettacolo
,
un
deciso
balzo
in
avanti
mettendosi
sul
piano
di
alcune
grandi
capitali
europee
che
sono
anche
delle
capitali
del
teatro
;
e
nelle
quali
lo
spiraglio
aperto
nel
muro
del
conformismo
dalle
piccole
scene
,
dai
teatrini
finisce
col
costituire
una
grossa
breccia
,
dalla
quale
spiare
sull
'
avvenire
del
teatro
,
sui
suoi
vari
e
imprevedibili
modi
d
'
essere
per
sé
e
per
il
pubblico
.
I
)
a
quelle
aperture
viene
di
solito
un
vento
aspro
e
pungente
,
che
rovescia
i
gusti
e
le
mode
,
manda
all
'
aria
le
abitudini
,
sciorina
i
pigri
cortinaggi
che
difendono
la
convenzione
e
ne
scuote
la
polvere
.
Che
tutto
ciò
avvenga
poi
in
un
teatro
che
,
pur
splendidamente
rinnovato
e
restaurato
è
sempre
il
vecchio
Gerolamo
,
cioè
l
'
antico
«
Fiando
»
(
il
teatro
,
come
si
sa
,
fu
inaugurato
nel
1868
,
in
sostituzione
appunto
del
«
Fiando
»
che
era
ospitato
,
nella
stessa
piazza
Beccaria
,
nell
'
oratorio
del
Bellarmino
)
,
è
un
fatto
poetico
,
oltre
che
storicamente
importante
.
Ieri
sera
,
un
fascino
sottile
,
una
sorta
di
felicità
antica
,
emanava
dal
boccascena
del
teatrino
mengoniano
,
dall
'
alta
cortina
dell
'
«
arlecchino
»
,
rosso
come
il
sipario
,
da
quei
palchetti
pure
rivestiti
di
rosso
e
gremiti
di
pubblico
.
Paolo
Grassi
,
prima
dell
'
inizio
dello
spettacolo
,
ha
pronunciato
brevi
parole
,
illustrando
le
ragioni
,
le
aspirazioni
e
le
speranze
dell
'
iniziativa
che
vuole
conservare
l
'
illustre
teatrino
alla
città
;
poi
,
Tino
Carraro
ha
letto
alcune
squisite
pagine
di
Carlo
Cattaneo
su
Milano
e
la
Lombardia
.
Si
è
affermata
così
la
continuità
della
Milano
attuale
con
la
Milano
del
Risorgimento
nella
piccola
sala
in
cui
i
celebri
marionettisti
Colla
hanno
visto
passare
generazioni
di
bambini
milanesi
;
e
sulla
minuscola
ribalta
che
serviva
a
Gerolamo
,
nello
spettacolo
del
suo
centenario
,
per
ambientarvi
quella
sua
grande
,
allegra
e
patetica
cavalcata
attraverso
le
guerre
di
indipendenza
,
dalle
Cinque
Giornate
del
'48
al
Piave
.
Il
«
recital
»
di
Eduardo
si
è
articolato
su
due
parti
,
che
traevano
dalla
loro
stessa
diversità
,
integrandosi
a
vicenda
,
un
loro
significato
:
nella
prima
,
intitolata
Opera
del
Pupo
,
l
'
attore
,
ha
fatto
un
commosso
racconto
di
sé
,
della
sua
arte
e
della
sua
vita
;
una
specie
di
«
mostra
personale
»
ambientata
nel
suo
camerino
,
fra
le
parrucche
,
i
cappelli
,
i
vestiti
dei
suoi
personaggi
,
dal
De
Pretore
Vincenzo
della
poesia
e
della
commedia
omonima
,
al
reduce
di
Napoli
milionaria
,
alle
«
macchiette
»
del
suo
primo
teatro
umoristico
;
una
antologia
colorata
,
patetica
e
comica
,
d
'
alto
stile
teatrale
,
che
il
pubblico
ha
accolto
con
ovazioni
.
Nella
seconda
parte
,
una
farsa
scritta
da
Antonio
Petito
,
il
più
grande
Pulcinella
napoletano
,
«
espressamente
pel
giovane
attore
Eduardo
Scarpetta
»
:
Pulcinella
,
vedovo
e
disgraziato
,
padre
severo
di
una
figlia
nubile
con
Felice
Sciosciammocca
creduto
guaglione
'
e
n
'
anno
.
Questa
farsa
fu
rappresentata
per
la
prima
volta
al
San
Carlino
nel
maggio
del
1871
e
fu
una
specie
di
investitura
che
Antonio
Petito
(
il
quale
doveva
morire
cinque
anni
dopo
,
nel
1876
)
fece
del
giovane
Eduardo
Scarpetta
;
un
'
indicazione
testamentaria
,
si
sarebbe
tentati
di
dire
.
Milleottocentosettantuno
,
un
anno
dopo
la
proclamazione
di
Roma
capitale
.
Pulcinella
cedeva
lo
scettro
del
San
Carlino
(
e
,
in
senso
assai
più
lato
,
del
teatro
comico
napoletano
;
poi
sarebbe
venuta
la
rivoluzione
dei
digiacomiani
)
a
Felice
Sciosciammocca
,
cioè
a
una
di
quelle
che
il
Di
Giacomo
chiamò
«
semimaschere
»
,
quasi
un
«
carattere
»
,
insomma
.
Nella
farsa
rappresentata
ieri
sera
Eduardo
s
'
è
però
giustamente
riservata
la
parte
di
Antonio
Petito
,
quel
Pulcinella
diventato
artigiano
miserabile
che
batte
suole
di
vecchie
scarpe
,
davanti
a
un
suo
deschetto
nel
«
basso
»
;
e
il
giovane
Don
Felice
,
studente
scioperato
figlio
d
'
un
ricco
proprietario
di
Avezzano
,
viene
a
farsi
aggiustare
le
scalcagnatissime
calzature
e
intanto
si
innamora
della
figlia
di
Pulcinella
e
combina
un
appuntamento
con
lei
;
e
poi
,
per
nascondersi
al
padre
irato
,
deve
acconciarsi
a
entrare
nella
culla
del
bambino
,
figlio
lattante
del
vedovo
Pulcinella
.
È
una
farsa
tradizionale
,
chi
sa
da
quali
remoti
canovacci
derivata
;
ma
in
cui
,
oltre
al
potente
riso
,
elementare
e
,
diremmo
,
sanguigno
,
della
classica
pulcinellata
,
c
'
è
pur
sempre
lo
sberleffo
grottesco
della
miseria
e
della
fame
,
tipico
di
quel
teatro
in
cui
un
popolo
ride
,
senza
angoscia
,
della
propria
condizione
.
La
consapevolezza
verrà
poi
con
Viviani
.
Nei
panni
candidi
di
Pulcinella
,
Eduardo
è
stato
di
una
comicità
perentoria
,
pur
nella
sua
misura
;
una
comicità
davanti
alla
quale
non
c
'
era
che
da
arrendersi
e
dar
sfogo
alla
felicità
del
riso
;
ben
coadiuvato
dai
suoi
bravissimi
compagni
,
il
buffissimo
Ugo
D
'
Alessio
,
Pupella
Maggio
e
Graziella
Marina
.
Risate
fragorose
e
interminabili
applausi
.