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IRRIPETIBILE INCANTO DI GIRAUDOUX ( De Monticelli Roberto , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Lo squisito spettacolo di ieri sera , al Teatro Nuovo , la perfetta rappresentazione , in termini di puro linguaggio scenico , d ' una delle opere più riuscite di Giraudoux , son di quelli che dovrebbero riconciliare col teatro anche il pubblico più distratto . Perché ieri sera - il che non capita spesso , coi tempi che corrono - s ' è constatato , una volta di più , che la protagonista autentica , a teatro , è pur sempre la parola ; quando , ben inteso , essa assume quella presenza fosforica , quella specie di illuminazione misteriosa e furtiva che le deriva direttamente dalla poesia . Un sottile legame unisce Ondina di Giraudoux , che il pubblico italiano conosce per averne visto , due anni or sono , la realizzazione scenica data dal Teatro Stabile della Città di Genova , a Intermezzo ( che Enzo Ferrieri mise in scena , nel 1950 , con la compagnia della radio , al Piccolo Teatro ) . Sia la protagonista di Ondina sia quella di Intermezzo sono delle mediatrici fra il mondo dei fantasmi e quello dei vivi . Anzi , secondo René Lalou , dotto ammiratore dell ' opera di Giraudoux , il vero motivo di Ondina è quello di Intermezzo . Tutto ciò , però , ha un interesse relativo . Un po ' farraginosa e decorativa , Ondina è una grande féerie . Intermezzo , invece , una felicissima parabola in cui una provincia francese , nella quale si assommano , a ben guardare , individuabili motivi di costume e di storia , trasalisce alle soglie di un mistero , visto in termini di favola , ma non troppo . Il personaggio della maestrina Isabella che , nelle campagne intorno a una cittadina del Limousin , intrattiene un ' incantata conversazione con lo spettro di un giovane suicida per amore , ha , come figura puramente lirica , un amaro fascino ; i contorni della sua giovanile silhouette sono quelli stessi della porta che si schiude sul mondo di là . La trama vi è nota : l ' apparizione del fantasma nelle campagne intorno alla piccola città rovescia i termini della morale borghese , rivoluziona pericolosamente il linguaggio - cioè la convenzione - e la vita . Intervento di un Ispettore , cioè della miope e semplicistica Burocrazia . Da quell ' usciolo aperto sul mistero viene un ' infida corrente d ' aria , un soffio che può essere letale alle raffreddate istituzioni , ai catarrosi Luoghi Comuni ; la maestrina Isabella , che insegna alle sue piccole allieve a non avere paura della vita reale , a considerarla nell ' insieme dei suoi due emisferi , quello palese e quello invisibile , è a suo modo una pericolosa rivoluzionaria . Il rischio più grave , tuttavia , è lei stessa a correrlo : c ' è in quel suo franco e fiducioso spenzolarsi sull ' abisso , in quel suo cercare con fresca semplicità il perché del premere dei morti oceano non placato - ai labili confini della vita , il principio dell ' annullamento ; quasi che in lei si accumulasse una forza di gravità simile al peso di polpa e oscuro sugo che stacca il frutto dal ramo . A salvarla è l ' amore terreno , impersonato , nella commedia , da quel « controllore dei pesi e delle misure » che sembra , a giudicare da quello che dice , dalla poetica ed equilibrata stupefazione delle sue parole , un patetico sdoppiamento dell ' immagine dell ' autore . Così il fantasma viene dolcemente risospinto nel mondo dei morti e tutto ritorna « normale » , i pesi specifici dei sentimenti e delle convenzioni morali tornano a gravitare nell ' orbita giusta ( l ' unica possibile , d ' altronde , perché la comunità possa vivere ) e il cerchio dell ' abitudine quotidiana si richiude . È stato da qualcuno detto che Intermezzo è soltanto un « divertimento » . A noi pare che questi tre atti incantati e malinconici vadano ben al di là di una semplice variazione intellettualistica . A saperci mordere , in questo frutto da moderno giardino delle Esperidi c ' è molto più nocciolo che polpa ; è un nocciolo venuto su dall ' humus parigino degli anni fra le due guerre ( la commedia fu rappresentata la prima volta nel 1933 ) , in quell ' aria definita , felice , ma piena di brividi premonitori , increspata da una specie di misteriosa e poetica « pelle d ' oca » , che caratterizzò la Terza Repubblica . Si potrà obiettare , se mai , che su un teatro di questo genere sarà bene mettere il sigillo dell ' irripetibilità . Senso unico , insomma : Giraudoux , e basta . Non è facile , infatti , che si ripeta , contenuto in un : proporzione quasi classica , il fenomeno di questo impasto di spirito , intelligenza , umorismo e fantasia . Quale occasione poi il testo offre alla compagnia di Jean Louis Barrault . Solo attori come questi , sotto la guida di un teatrante in equilibrio sulle più raffinate e svariate esperienze intellettuali come Barrault potevano , nello scabro anno 1958 , dar vita scenica plausibile a questa « toccata e fuga » in tre atti . Bisognerebbe citarli tutti , Simone Valère , fresca Isabella corretta da un pizzico di ironia , Jean Desailly , poeticissimo controllore , Pierre Bertin , un funzionario lucido e tondo come uno scarabeo , Jean - Pierre Granval , lo speziale , Paule Dehelly e Maria Hélène D ' Aste , il coretto delle bambine ; e Barrault stesso , che s ' era riservata la fatale figurazione dello Spettro . Le delicate musiche di Poulenc e le scene di Maurice Brianchon hanno fatto il resto . Platea gremita , entusiasmo vivissimo . Chi ama il teatro , non si lasci sfuggire quest ' occasione .