Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> autore_s:"Merlin Tina"
StampaQuotidiana ,
Non mi ricordo esattamente quando ho cominciato ad occuparmi del Vajont . Probabilmente sette anni fa , quando sono cominciati gli espropri da parte della SADE . Era il mio lavoro normale di tutti i giorni . I proprietari - tutti piccoli coltivatori che dal loro pezzetto di terra ricavavano un aiuto in natura che serviva ad integrare il loro magro bilancio - si rifiutavano di cedere al monopolio , a un prezzo irrisorio , la loro terra . Era terra ricavata molte volte dai pendii e bonificata con il lavoro di generazioni . Rappresentava un valore materiale e affettivo insieme . Ogni lotta dei montanari contro il monopolio elettrico cominciava da qui . Non era lotta contro il progresso , ma contro chi in nome del progresso si riempiva il portafoglio a spese altrui . Occuparmi del Vajont non era stato perciò che continuare quello che facevo da quando , lasciata la mia Brigata partigiana , cominciai a lavorare per il Partito . Dopo la Liberazione la SADE costruì in provincia di Belluno diversi bacini idroelettrici : a Pieve di Cadore , ad Arsiè , a Forno di Zoldo e nella Valle del Mis . Per ogni impianto mi era capitato di scrivere qualcosa contro la SADE . I soprusi , le prepotenze della società elettrica erano , come si dice , il pane quotidiano di ogni giornalista che avesse voluto parlare di ciò che stava a cuore dei montanari di queste vallate . Non rivelavo segreti , non svelavo fatti misteriosi per il gusto di dare addosso ai capitalisti , riferivo quel che vedevo , quel che sentivo accadere intorno a me . Chiunque facesse questo mestiere avrebbe potuto scrivere le stesse cose . Anche altri ci hanno provato ma senza riuscire mai a leggere sul loro giornale quello che avevano scritto . E qualcuno ha passato dei guai per essersi occupato della SADE senza ascoltare i consigli della società . Il coraggio e l ' onestà di un giornalista non bastano per poter scrivere la verità su un giornale . Ricordo un episodio accaduto a Vallesella di Cadore . Due anni fa la popolazione di questo paese si rifiutò in massa di recarsi a votare in segno di protesta contro il governo che non aveva fatto rispettare alla SADE i propri impegni , per le case rovinate nelle acque del lago . Il sindaco convocò allora una conferenza stampa per chiedere a tutti i corrispondenti locali dei giornali italiani di scrivere le ragioni di questa singolare protesta . Ma alla conferenza stampa ci andammo solo in due , io e il corrispondente del Giorno . Gli altri preferirono ignorare la cosa . I primi pezzi su Erto e sul Vajont li ho scritti per raccontare come venivano portati avanti gli espropri . La SADE ricattava i contadini : o accettare le cifre stabilite dal monopolio oppure subire gli espropri di autorità : il denaro intanto veniva versato in banca all ' intestatario catastale del terreno che magari era morto o espatriato . Chi in effetti lavorava il pezzo di terra espropriato rischiava di non aver mai in mano quei soldi o di ottenerli dopo pratiche che sarebbero durate degli anni e a prezzo di spese non indifferenti . In queste condizioni i contadini , uno dopo l ' altro , hanno ceduto . In seguito sorse un altro problema . Alcune frazioni di Erto venivano tagliate fuori dal centro con l ' invaso . Esse erano collegate al capoluogo da sentieri che attraversavano la valle . I contadini li percorrevano come scoiattoli . Molti ertani possedevano i terreni sull ' opposto versante . Come si sarebbero trovati dopo la realizzazione del lago ? Chiesero una passerella che collegasse i due versanti . In un primo tempo la SADE disse che l ' avrebbe costruita . Poi , attraverso le leve di potere che possedeva , si fece dare un ' altra concessione dal ministero che la esonerava dal costruire la passerella . Al suo posto avrebbe fatto una strada di circonvallazione . Per gli ertani significava un lungo e accidentato percorso , soprattutto d ' inverno : per i bambini delle frazioni che dovevano recarsi a scuola al capoluogo ; per le vecchie , che all ' alba andavano a messa ; per i contadini che dovevano percorrere oltre tre chilometri per lavorare i loro terreni . E poi c ' era il pericolo di frane in una zona dove queste cadevano in continuazione nei mesi del disgelo ; più di 6 chilometri tra andata e ritorno per le provviste , per il medico e per tutti i casi di emergenza che si potevano verificare . L ' amministrazione comunale di Erto inoltrò un pro - memoria all ' ufficio del Genio Civile di Belluno perché il ministero dei Lavori Pubblici fosse informato . Non ottenne nulla e la SADE cominciò a costruire la strada . Non si preoccupò neppure di avvisare i proprietari dei terreni . Andava avanti coi bulldozer . I valligiani erano esasperati . Un mattino gli operai dell ' impresa vennero affrontati da un contadino che brandiva un ' accetta . « Se fate ancora un passo avanti la uso » , disse . Chi l ' aveva ridotto alla disperazione ? Anche per questo episodio scrissi una corrispondenza . Raccontai i fatti . La polemica era nelle cose . La strada , comunque , si fece . Nel frattempo nel bacino di Forno di Zoldo franò un grosso lembo di montagna . La popolazione di Erto si allarmò . Se a Forno aveva fatto precipitare la montagna cosa sarebbe accaduto del loro paese che poggiava tutto su terra argillosa ? Queste cose i contadini le sapevano da sempre , ma vollero interrogare i famosi geologi . E il parere dei tecnici e degli scienziati confermò le loro paure : era pura follia costruire un bacino sul luogo . Le perizie geologiche diedero esca a nuove polemiche e le proteste si fecero più vivaci . Si arrivò a costituire un « Consorzio per la difesa della valle ertana » al quale aderirono 136 capi famiglia . In quella occasione scrissi l ' articolo per il quale mi processarono . Raccontai quanto avevano detto i montanari all ' assemblea costitutiva del Consorzio . Avevo commesso il « reato » di registrare i fatti e un vice brigadiere dei carabinieri mi accusò di aver diffuso « notizie false e tendenziose atte a turbare l ' ordine pubblico » . Fossi veramente riuscita a turbarlo l ' ordine della SADE , oggi non saremmo qui a piangere i nostri morti e a maledire i responsabili ! Qualcuno molto più in alto di un funzionario di polizia sperava di tappare la bocca , di intimorire e mettere a tacere i valligiani . Tra la denuncia e il processo scrissi altri pezzi . E furono probabilmente quelli che contribuirono a farmi assolvere . Nel frattempo , infatti , sul monte Toc si erano prodotte fenditure e successivamente una frana era precipitata giù dalla montagna . Parlai del pericolo di nuovi smottamenti e crolli , parlai di una massa di 50 milioni di metri cubi che minacciava di piombare a valle . E sbagliai solo per difetto . Venne il giorno del processo . I montanari di Erto si presentarono davanti ai giudici di Milano in qualità di testi . « Qui ci sono le prove . Se non ci credete venite voi stessi a vedere . Signori giudici , fate qualcosa perché non succeda di peggio » . Della SADE al processo non si fece vivo nessuno . Neppure il brigadiere che stese la denuncia si presentò . Il Tribunale fece il possibile . Sentenziò che i fatti denunciati erano veri , che il pericolo c ' era . Ma chi considerava un articolo sull ' Unità più pericoloso di una frana grossa come una montagna restò inerte . Chi doveva trarre le conseguenze dalla sentenza non mosse un dito , anzi autorizzò la SADE a costruire al diga mortale . Ora che l ' irreparabile è accaduto , c ' è ancora chi ha il coraggio di affermare che a Roma nessuno sapeva . Come se la Camera , il Senato , dove le mie , le nostre denuncie sono state portate dinanzi ai ministri responsabili non stessero a Roma , ma nella capitale del Tanganika . C ' è poi l ' ipotesi che invoca il silenzio di fronte ai lutti e alle devastazioni , che incolpa di tutto le forze della natura . E c ' è chi ci considera soltanto dei giornalisti più bravi e più coraggiosi degli altri ed è disposto a riconoscere che , sì , qualche straccio di tecnico può essere buttato all ' aria purché non si tocchi il sistema , purché non si arrivi alla radice . Non sono né più brava né più coraggiosa di tanti miei colleghi . Non volevo certo diventare famosa per un fatto così tragico quando scrivevo contro la SADE . Volevo semplicemente impedire che questo disastro colpisse i montanari della terra dove sono nata , dove ho fatto la guerra partigiana , dove ho vissuto tutta la mia vita . E ora non riesco neanche a esprimere la mia collera , il mio furore per non esserci riuscita .