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INCOGNITE DEL '71 ( Spadolini Giovanni , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Il 1970 termina in un clima politico di incertezza e di disorientamento non minore del 1969 , di quel triste dicembre che era stato funestato dagli oscuri morti di piazza Fontana e dall ' improvviso e cupo ritorno della violenza . Questa volta il bilancio delle vittime è molto meno grave : la dolorosa morte del giovane Saltarelli non potrebbe essere paragonata alla misteriosa strage della banca dell ' Agricoltura . Ma c ' è un senso di amarezza e di insicurezza nell ' aria , diffuso un po ' dovunque , che mette a nudo tutti i terribili e insoluti problemi nazionali ; il fossato fra la classe politica e il paese , già delineatosi nel '68 e accentuatosi nel '69 , si è ulteriormente approfondito ; l ' indifferenza di tanta parte della pubblica opinione verso le vicende governativo - parlamentari di Roma rasenta il sarcasmo o il cinismo , fino ad investire lo stesso prestigio delle istituzioni . Allora , un anno fa , di fronte alle bombe di piazza Fontana - esplosione di quella violenza selvaggia che accomunava le estreme extraparlamentari e quasi sembrava riassumere la degenerazione dei miti contestativi - ci fu un largo movimento popolare di ritorno alla democrazia , di rinnovata fiducia nella legalità , di ansia , comune anche a larghi settori della classe operaia , di una Repubblica capace di difendere l ' ordine , di imporre la maestà della legge scaturita dalla guerra e dalla liberazione . Il negoziato di Rumor per riformare l ' intesa a quattro cominciò dal gennaio , in un clima che era pieno di difficoltà ma anche di speranze ; il tentativo , così sottile e abile , di un uomo come Moro fallì solo per l ' intransigenza vaticana sul divorzio ( un ' intransigenza non ancora sopita ) . Certo si constatarono profonde divergenze fra i partiti ; ma un minimo di « lealtà repubblicana » si impose su tutti i motivi di divergenza o di contrapposizione , e su quel terreno si affrontò la riforma , rischiosa ma ormai inevitabile , delle regioni , ci si avvicinò a quelle elezioni locali del 7 giugno , che furono felicemente superate , con un risultato complessivo incoraggiante per la democrazia . Ma dopo ? Dal momento in cui la tensione del dicembre '69 , una tensione che aveva toccato brividi di guerra civile , apparve scaricata o almeno fortemente attenuata , tutto sembrò nuovamente in discussione o in pericolo . Dopo il 7 giugno del '70 si ripartì da zero . Il governo Rumor fu messo in crisi dal moto centrifugo dei partiti , estrema conseguenza della scissione socialista e della scissione , inconfessata , nella democrazia cristiana ; i compromessi del preambolo Forlani , pur realistici e accettabili , dettero luogo a infiniti equivoci ; il dissenso circa le giunte locali si aggravò ; sulla delimitazione della maggioranza le antitesi apparvero incolmabili ; l ' ombra del divorzio si fece sentire , e fu forse decisiva per le stesse repentine dimissioni del presidente Rumor . La legislatura , salvata miracolosamente nella primavera , sembrò nuovamente in agonia . Fra luglio e agosto , si ebbe una crisi profonda , una crisi che non risparmiò nulla e nessuno . La formula del quadripartito di emergenza , del quadripartito di restaurazione economica e finanziaria , incarnata da Colombo , apparve a tutti gli uomini di buona volontà come l ' unica atta ad evitare lo scioglimento delle Camere . Il governo Colombo iniziò la sua opera con senso congiunto di alacrità e di responsabilità . Si orientò ad affrontare come prioritaria la situazione economica , che era allora gravissima ( ma oggi non lo è meno ) ; impostò , con una visione globale dei problemi , la tematica del decretone . L ' improvvisa ventata ostruzionista annullò in gran parte il vantaggio del rimedio , la celerità : in pochi mesi i problemi che il decretone doveva avviare a soluzione , a cominciare dalle mutue , si aggravarono anziché attenuarsi . L ' ondata degli scioperi , che era stata contenuta dai primi positivi incontri fra governo e sindacati , riprese con un ritmo non meno convulso e assai più ingiustificato dei tempi aspri dell ' autunno caldo . Si consolidò l ' abitudine , veramente insensata , delle agitazioni per le cosiddette riforme ( nel '69 ci si batteva , ed era tutt ' altro discorso , per l ' aumento delle retribuzioni , per l ' adeguamento dei livelli operai ) . La spirale della confusione e della stanchezza ha ripreso come nel dicembre '69 e senza più neppure le forze di reazione o di riscossa che nel '69 erano emerse dal campo democratico e socialista . Quasi tutti i vantaggi dell ' ultimo anno sono apparsi illusori ; solo la linea di stabilizzazione monetaria , indubbia benemerenza del governo Colombo , ha evitato che i progressi dell ' autunno caldo fossero vanificati dal moto inflazionistico . Ma se la situazione della moneta è buona , non lo è altrettanto quella della produzione : il ritmo degli investimenti è stagnante , in molte aziende le assenze recano maggiori danni degli scioperi duri di un anno fa , una nuova fiammata di spontaneismo anarco - maoista paralizza o contraddice anche le migliori intenzioni del sindacalismo organizzato . Diventa sempre più difficile reggere alla concorrenza straniera , tenere il passo con l ' Europa . E il rischio , il rischio più grave , incombe su quelli che nel brutto linguaggio di oggi si chiamano i livelli occupazionali , l ' occupazione cioè di mano d ' opera , minacciata dai dissesti e dalle difficoltà sempre maggiori , quasi angosciose , in cui versa la media e piccola industria . Il coraggioso appello di La Malfa per un riesame globale della condotta economica e finanziaria del governo , in occasione della pubblicazione ormai non lontana del Libro bianco , porterà certamente , fra gennaio e febbraio , a quel « chiarimento » che il decretone non è riuscito a raggiungere . Ma i problemi politici e psicologici di fondo non si risolvono neppure col Libro bianco . Occorre che il paese riacquisti fiducia nella sua classe politica ; ma occorre soprattutto che la classe politica riacquisti fiducia in se stessa , riguadagni quella credibilità che è ormai compromessa dalle spietate lotte per il potere , a cominciare dalla gara per il Quirinale . Il quadripartito non ha alternative , almeno in questa legislatura . Tutti i suoi componenti debbono compiere qualche sacrificio : dal comune di Milano fino al governo di Roma . Ma il continuo richiamo verbalista e retorico agli « equilibri più avanzati » , caro a taluni socialisti del Psi , è destinato soltanto a dissolvere gli equilibri attuali - giunti ormai ad un punto di logoramento oltre il quale non si può andare - senza favorire la formazione di nessuna nuova alleanza capace di reggere . Né a Milano né a Roma , c ' è spazio per il bipartito : il bipartito oggi si identificherebbe con l ' apertura al Pci ( e proprio dopo i fatti di Polonia e la sentenza di Leningrado ! ) . È nelle peggiori condizioni di equivoco e di reticenza reciproche : condizioni negative , in primo luogo , per il Psi . A proposito di socialisti . L ' inconcludenza paralizzante degli « equilibri più avanzati » ci fa tornare in mente una formula di Enrico Ferri , i bei tempi dell ' integralismo , verso il 1906 : « Riforme più rivoluzione diviso due » . Che era tutto e nulla . Il peggior nemico del socialismo italiano fu e rimane il massimalismo : l ' ossequio cioè alle formule intransigenti unito ad una duplicità insuperabile sul piano dell ' azione . Auguriamoci tutti che non si debba riparlare una seconda volta , - come fece un socialista galantuomo dopo il '45 - di espiazione massimalista .