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> anno_i:[1970 TO 2000}
Ricordo di Carlo Levi ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Non mi è facile scrivere di Carlo Levi , avendolo avuto caro come un fratello . La sua persona è per me strettamente legata a eventi , persone e anni della mia giovinezza . La sera che ho saputo che stava male , e moriva , ho radunato insieme , dentro di me , tanti ricordi sparsi . Non credo di riuscire a parlare distesamente di lui come pittore , né come scrittore , né come uomo politico . Posso unicamente allineare ricordi . Negli ultimi anni , lo vedevo di rado . Quando lo incontravo , mi sembrava di incontrare una folla di esseri amati e perduti . Questo , e la grande serenità che spirava dalla sua persona , mi facevano sentire , ogni volta che lo incontravo , commossa e felice . In verità non so perché non cercassi di vederlo di più . Noi abbiamo , con la nostra giovinezza e con le persone che la abitavano , rapporti complicati , tortuosi e pesanti . I nostri movimenti ne sono spesso impediti . Pure quando incontravo Carlo Levi , sentivo dissolversi ogni tortuosità e complicazione e il suo viso grande e roseo mi rallegrava . Negli era una persona con la quale i rapporti erano diretti e leggeri . I primi ricordi che ho di lui , risalgono al tempo della mia adolescenza , a Torino , sua e mia città . Nera più vecchio di me di quattordici anni . Quattordici anni mi sembravano allora moltissimi . Apparteneva al mondo degli adulti , mondo nel quale io anelavo di entrare con una ansia che aveva tutte le caratteristiche dello snobismo , come si anela di raggiungere una più alta e nobile sfera sociale . Nero però timida , e questa ansia restava nascosta . Egli mi intimidiva , così che in sua presenza trovano difficile sillabare parola . Non so come , gli era capitato fra le mani un mio quaderno di poesie , e ogni volta che mi vedeva citava un pezzetto di una mia poesia sul mattino , che io avevo scritto a dieci anni : « Ogni fronte si copre di sudore I ogni cuore si riempie d ' amore I lavoratori , il ciel vi benedica ! » Questi versi io li trovano orribili , e mi sembrava di averne scritti , in seguito , di migliori . Ma a lui il verso dei lavoratori dava grande allegria . Lo ripeteva guardandosi intorno con il suo solare sorriso . Non era molto alto ma era grande , riempiva lo spazio con la sua persona così che intorno a lui tutti sembravano striminziti . Sembrava colorato , e grigi gli altri . Aveva un viso grande , largo , roseo , circondato da una corona di riccioli . Aveva un cappotto chiaro , quasi bianco , largo e corto , sempre sbottonato e di una lana moscia e pelosa . Aveva giacche di velluto a coste che allora nessuno portava , bottoni dorati e istoriati , cravatte arabescate , mosce e con un largo nodo . Era amico dei miei fratelli . Aveva studiato medicina , e quando qualcuno era malato , dava consigli medici , che in casa mia dicevano molto acuti . Ma aveva lasciato la medicina . Era un pittore . Io pensavo « un grande pittore » , forse perché mi sembrava che in lui nulla potesse esservi di mediocre o piccolo , e non mi sono mai chiesta , in verità nemmeno in seguito , quale fosse la reale importanza della sua pittura . A me sembrava che nei quadri degli altri , a lui contemporanei , vi fosse squallore e grigio , e nei suoi quadri , un festoso tumulto di colore . I paesaggi , nei suoi quadri , mi sembravano bellissimi : perché frustati dal vento . Era un vento senza né polvere né bufera , un vento che spazzava e scompigliava la natura per accartocciarla e illimpidirla . Anche le figure umane erano frustate dal medesimo vento forte e tumultuoso , che soffiava nelle giacche e nelle cravatte e nei capelli e li tingeva di rosa , di viola e di verde , non per offenderli o mortificarli o renderli grotteschi ma per festeggiarne la prepotenza , la complessità e la gloria . Orecchie e riccioli , così accartocciati diventavano conchiglie . Il mondo , nei suoi quadri , mi sembrava spesso simile a una spiaggia immensa , dove regnava una luce bianca e dove tutto era nuvole , vento e conchiglie . Queste non sono altro che delle rozze impressioni infantili . Egli era l ' unico pittore che mi fosse mai accaduto di conoscere bene di persona e mi capitò anche di vederlo dipingere con il sigaro fra le labbra , gli occhi socchiusi , un piede sollevato sulla punta , i gesti lentissimi , pigri e leggeri . Il suo studio , in piazza Vittorio , all ' ultimo piano , con le finestre che guardavano sulla piazza , e la sua casa di via Bezzecca , con il giardino e alcune piante di nespolo , mi sembravano tra i luoghi più allegri che esistessero al mondo . Scopersi che si occupava di politica e che anzi era , fra le persone che io frequentavo quotidianamente , un ' autorità politica , un capo . Mi sembrò stupendo che egli fosse , insieme , un capo della politica clandestina e un grande pittore . Venne arrestato , in quegli anni , due volte , una volta nel '34 , una volta nel '35 . Quando fu arrestato , quei luoghi allegri e chiari che erano il suo studio e la sua casa mi sembrarono affondare nelle tenebre . Quando fu arrestato nel '35 , mandò dal carcere , a una amica , un foglietto con dei versi che egli aveva scritto in carcere , e che io ho sempre ricordato e che mi accade ancora oggi , ogni tanto , di canticchiare . L ' amica gli aveva spedito lettere con nome falsi , e poi , da Londra , una cartolina con una riproduzione di Monet , firmata con il vero nome . I versi dicevano : « Quant ' aria questi pioppi I mi portan snelli e grigi ! I non per i toni zoppi I del flebile Monet i ma perché i nomi doppi I lasciasti nel Tamigi I e son finiti i troppi I giorni senza di te » . A me questi versi sembravano molto belli , e mi sembrava inoltre molto bello che egli riuscisse a scrivere , in carcere , delle piccole strofe liete , mentre tutti noi , da fuori , vedevamo il carcere drammaticamente . Le parole « Quant ' aria questi pioppi » mi sembravano spinte da un impeto libero e lieto , e restarono nella mia memoria indissolubili dalla sua persona , così com ' erano indissolubili dalla sua persona la luce e il vento dei suoi quadri , e nel pensarlo mentre era in carcere mi sembrava che tutta la sua persona fosse spinta dal vento e dall ' aria e scompigliata come erano scompigliate nei suoi quadri le fluttuanti chiome degli alberi e le acque dei fiumi . Quando lo rividi dopo molti anni che non lo vedevo , a Firenze , dopo la liberazione , non sentivo più fra lui e me una grande distanza , sia perché ero cresciuta di anni sia perché , ero stata colpita da sventure . Inoltre lui stesso mi sembrava disceso da quelle altezze e profondità in cui l ' avevo sempre scorto . Mi accorsi allora , in quei giorni a Firenze , che egli in passato sembrava dimorare o su vette di montagne , o negli abissi marini . Era stato lontano e diverso dalla gente che camminava per strada . Adesso , sembrava mescolarsi alla gente . Al suo desiderio di stravaganza , era venuto ad accoppiarsi un desiderio di rassomigliare a tutti . / Non avrei dovuto stupirmene , dito che le sventure e la guerra avevano operato trasformazioni in ognuno . Non so se ne fui stupita ma lo notai . Aveva un cappotto color tabacco dal bavero liso e logoro , una cravatta logora e una magrezza nel viso e nel collo che mi faceva pensare a mio padre . Egli ora mi sembrava umile . In passato , c ' era l ' abitudine , fra gli amici , di ridere di lui e canzonarlo per la sua trionfante sicurezza di sé , per la sua vanità . Era , e rimase sempre , placidamente sicuro , placidamente fiero e con una alta e magnifica idea di se stesso . A Firenze , in quei giorni , scopersi che nella sua vanità poteva esistere anche l ' umiltà . Scopersi che egli era uno di quei rari esseri in cui la vanità non era un difetto ma una qualità . La vanità era , nella sua persona , un sentimento generoso e limpido , frutto di gentilezza , di bontà e di gioia . Come la luce del sole , la sua vanità risplendeva e prodigava a lui stesso e agli altri un ' eguale , calda e chiara luce . Nella vanità , è presente di solito il disprezzo per gli altri e l ' invidia . Ma in lui non c ' era una sola stilla d ' invidia , né una sola stilla di disprezzo per anima vivente . Nera , a Firenze , direttore della « Nazione » . Pubblicava , sulla « Nazione » , delle sue vignette accompagnate da rime . Una di queste vignette rappresentava i ponti distrutti , e sotto c ' era una strofetta che diceva : « Ministro Ivanoè I giudice Coppedè I ricostruiremo i ponti I col gusto dei geronti » . Nera stato al confino in Lucania , e aveva scritto , mi disse , un libro su quegli anni di confino , che pensava di pubblicare . Penso di essere stata fra le prime persone che hanno letto Cristo si è fermato a Eboli . Mi sembrò bellissimo . Anche lui lo trovava bellissimo . A Roma , qualche mese dopo , Einaudi mandò quel manoscritto in tipografia , e poiché ora io lavoravo in quella casa editrice , corressi le bozze . Le tipografie romane erano scadenti e quelle bozze erano , disse Carlo , « grigie e pelose » . Disse che quel suo libro avrebbe avuto una risonanza immensa , che ne sarebbero state vendute migliaia e migliaia di copie , e che sarebbe stato tradotto in tutti i paesi del mondo . Io non gli credetti . Invece tutto questo avvenne . Ho riletto , in tempi recenti , Cristo si è fermato a Eboli . E un grande libro . Avevo avuto la sensazione , leggendolo la prima volta , che lui scrivendo non raccontasse , ma invece dipingesse e cantasse . Questa sensazione era , io credo , giusta , ed è miracoloso come queste pagine tutte cantate e dipinte formino una realtà storica , umana e civile che nessuno aveva mai scoperto . Il prodigio di Cristo si è fermato a Eboli è di aver congiunto insieme l ' arte e l ' impegno civile , l ' ozio fantastico e lo studio della realtà , e l ' Italia del Nord e del Sud in una visione armoniosa , dove appare remota ogni ombra di superiorità o alterigia di cultura e dove hanno eguale spazio l ' immota contemplazione e l ' impeto rivoluzionario . Regna ovunque nel libro una luce bianca , e non sappiamo se questa bianca luce provenga dalle mura delle case divorate dal sole o se provenga dalla chiarezza dell ' intelligenza che le ha contemplate . La verità , umanità e grandezza di Cristo vanno oltre le sensazioni di meraviglia che suscitò quando fu stampato , meraviglia che nasceva dal fatto che nulla di simile era stato scritto mai . La sua verità e grandezza sono oggi intatte , anche se quella visione armoniosa è oggi lontana dal nostro mondo , affaticato e rotto da infinite delusioni e incapace di chiarezze . Carlo Levi fu , per sua natura , una persona in cui l ' armonia era indistruttibile e indispensabile , come è indistruttibile e indispensabile per il sole la propria stessa luce . Il mondo deve essergli apparso , negli ultimi anni , disarmonico e faticoso , ma egli lo amava ugualmente e certo lo perdonava , per sua generosità e bontà e umiltà , così come forse perdonava agli amici indifferenze e tradimenti , passando oltre non rapido ma lentissimo essendo egli incapace di atti ruvidi , rapidi e brutali . « Quant ' aria questi pioppi I mi portan snelli e grigi ! I non per i toni zoppi I del flebile Monet ... » Questi suoi versi antichi , quante volte li ho canticchiati dentro di me . Non gliel ' ho mai detto . Non gli ho mai detto che li conoscevo . Lui probabilmente non si ricordava di averli scritti , a Torino , in carcere , quarant ' anni fa . L ' estate scorsa mi telefonò e cenammo insieme in una trattoria del centro . Non lo vedevo da tempo . Non lo trovavo invecchiato , se non per i capelli ora tutti bianchi , leggeri come piume , e per una magrezza rosea nel viso e nel collo , che di nuovo mi ricordò mio padre . Avevo sempre pensato che c ' era in lui una vaga rassomiglianza con i miei , forse perché gli ebrei hanno spesso delle rassomiglianze , e sua madre aveva avuto i capelli rossi e c ' erano capelli rossi anche nella mia famiglia , e lentiggini , e questo mi sembrava stabilisse fra noi e lui una sorta di cuginanza . Non eravamo parenti , benché io abbia , di nascita , il suo stesso cognome . Fu quella l ' ultima volta che io lo vidi . Come sempre quando m ' incontrava , citò il mio verso « Lavoratori » , con un sorriso solare , e un largo gesto di benedizione . Lasciammo la trattoria , e lo vidi ancora una volta camminare nella notte romana , come tanti anni fa , al tempo di Cristo , con il suo passo ozioso , randagio e leggero . Credo che allora di nuovo , come nei giorni della liberazione a Firenze , pensai alla sua grande umiltà . Nel ricordarlo , è molto bello ricordare insieme la sua umiltà e la sua sicurezza trionfante . E bello ricordare insieme il suo immenso ozio e il suo impegno civile , la sua placida felicità e la sua solidarietà con ogni umana sventura , le contraddizioni che vivevano in armonia nel suo temperamento , il tempo sconfinato che avevano le sue giornate , il suo cappotto sempre sbottonato , il sigaro , il passo leggero .