Saggistica ,
Giorni
Pericolosi
Nei
dieci
mesi
che
volsero
dalla
pace
di
Villafranca
alla
spedizione
dei
Mille
,
l
'
Italia
di
mezzo
diede
prove
di
virtù
civili
meravigliose
,
ma
col
Piemonte
corse
dei
pericoli
gravi
forse
quanto
quelli
che
il
Piemonte
stesso
aveva
corsi
,
prima
della
guerra
del
1859
.
I
duchi
,
gli
arciduchi
,
i
legati
pontifici
fuggiti
dalle
loro
sedi
,
fin
da
prima
di
quella
guerra
,
non
avevano
più
osato
tornarvi
;
e
allora
Parma
,
Modena
,
Bologna
con
la
Romagna
fino
alla
Cattolica
,
si
strinsero
in
un
solo
Stato
,
che
nel
bel
ricordo
della
gran
via
romana
da
Piacenza
a
Rimini
,
chiamarono
l
'
Emilia
.
Spento
così
d
'
un
tratto
ogni
vecchio
sentimento
di
gelosia
,
conferirono
la
Dittatura
al
Farini
,
romagnolo
venuto
su
,
da
giovane
,
nelle
cospirazioni
,
e
poi
maturo
ed
esule
fattosi
alla
vita
dell
'
uomo
di
stato
vicino
al
Cavour
,
in
Piemonte
.
Si
crearono
un
esercito
proprio
,
con
gioventù
propria
e
d
'
ogni
parte
d
'
Italia
;
e
il
loro
governo
procedeva
d
'
accordo
con
quello
di
Toscana
,
libera
anche
essa
,
e
col
suo
grande
statista
Bettino
Ricasoli
risoluta
d
'
unirsi
al
regno
di
Vittorio
Emanuele
.
Intanto
quelle
regioni
si
chiamavano
,
tutte
insieme
,
Italia
centrale
.
Quello
Stato
provvisorio
era
tranquillo
come
se
non
ci
fosse
in
aria
nessuna
minaccia
,
ma
senza
mostrarne
paura
,
conosceva
i
pericoli
tra
i
quali
viveva
.
L
'
Austria
,
che
non
aveva
potuto
aiutar
con
l
'
armi
i
principi
fuggiti
a
tornare
,
dichiarava
caso
di
guerra
l
'
ingresso
anche
d
'
un
solo
soldato
piemontese
nell
'
Italia
centrale
:
la
Russia
era
apertamente
ostile
non
soltanto
a
che
Toscana
e
Ducati
e
Legazioni
si
unissero
al
regno
di
Vittorio
Emanuele
,
ma
ancora
a
che
si
scegliessero
un
Sovrano
:
la
Prussia
consigliava
il
Piemonte
di
rimetter
esso
stesso
in
trono
i
principi
fuggiti
.
I
diplomatici
italiani
avevano
un
bel
dire
fin
da
allora
ai
prussiani
che
la
Germania
mostrava
desiderio
di
rompere
i
legami
posti
anche
a
lei
dai
trattati
del
1815
:
quegli
uomini
di
Stato
,
sebbene
sapessero
che
presto
la
Germania
avrebbe
fatto
ciò
che
già
faceva
l
'
Italia
,
insistevano
perché
il
Piemonte
si
contentasse
della
Lombardia
,
si
consolidasse
bene
e
lasciasse
tempo
al
tempo
.
In
quanto
a
Napoleone
III
,
questi
diceva
di
non
voler
correre
i
rischi
di
una
nuova
guerra
che
l
'
Austria
avrebbe
immancabilmente
intrapresa
se
fosse
avvenuta
l
'
annessione
dell
'
Emilia
e
della
Toscana
al
nuovo
regno
;
ed
erano
avversi
all
'
Italia
la
Spagna
,
la
Baviera
,
persino
il
Belgio
.
Sola
l
'
Inghilterra
si
mostrava
amica
al
nuovo
Stato
,
che
si
veniva
formando
;
sola
suggeriva
agli
Italiani
dell
'
Emilia
e
della
Toscana
di
stare
saldi
nella
loro
risoluzione
.
Al
Piemonte
consigliava
di
fare
,
di
osare
senza
domandare
e
di
non
darsi
briga
né
dell
'
Austria
né
della
Francia
,
né
di
nessuno
.
E
il
Ricasoli
e
il
Farini
erano
uomini
da
sentir
bene
il
consiglio
,
perché
stavano
al
governo
di
popolazioni
che
sapevano
ragionare
il
loro
diritto
.
Come
s
'
erano
formate
le
grandi
potenze
,
esse
che
mormoravano
e
minacciavano
perché
Piemontesi
e
Lombardi
volevano
aiutare
i
loro
fratelli
del
centro
a
divenir
com
'
essi
liberi
,
e
tutti
insieme
Italiani
?
L
'
Austria
,
la
Francia
,
la
Prussia
,
la
Russia
si
erano
costituite
in
secoli
di
violenze
e
di
usurpazioni
,
calpestando
popoli
,
che
due
o
tre
di
esse
ritenevano
ancora
con
la
forza
;
gli
Italiani
non
conquistavano
,
non
usurpavano
nulla
;
non
abbattevano
se
non
delle
dinastie
che
loro
erano
state
imposte
.
Ora
perché
esse
,
le
grandi
potenze
,
volevano
impedirli
?
Si
ragionava
così
,
e
così
stavano
le
cose
nel
principio
del
1860
,
quando
appunto
Cavour
,
che
dopo
la
pace
di
Villafranca
,
sdegnato
contro
Napoleone
e
fin
contro
il
Re
,
si
era
ritirato
dal
governo
,
tornava
alla
presidenza
dei
Ministri
.
Egli
allora
osò
da
uomo
che
sapeva
di
aver
dei
collaboratori
potenti
,
e
un
popolo
pronto
a
tutto
.
E
d
'
accordo
con
lui
,
il
Ricasoli
per
la
Toscana
e
il
Farini
per
l
'
Emilia
,
pubblicarono
il
Decreto
che
convocava
i
Comizi
,
in
tutta
l
'
Italia
centrale
,
pel
plebiscito
.
In
quei
Comizi
,
i
votanti
dovevano
dichiarare
se
volessero
l
'
unione
alla
Monarchia
costituzionale
di
Vittorio
Emanuele
,
ovvero
il
regno
separato
.
E
nell
'
Emilia
su
2,916,104
abitanti
,
comprese
donne
e
fanciulli
,
426,006
voti
furono
per
l
'
unione
;
contrari
,
solo
756
.
Nella
Toscana
,
su
1,806,940
abitanti
votarono
per
l
'
unione
366,871
,
pel
regno
separato
54,925
.
Così
l
'
Europa
,
che
tante
sciagure
aveva
versate
o
lasciato
versare
sull
'
Italia
,
da
secoli
,
vide
meravigliata
Emiliani
e
Toscani
concordi
ed
entusiasti
fondersi
con
Piemontesi
e
Lombardi
;
e
i
duchi
e
gli
arciduchi
-
parole
di
Cavour
-
"
sepolti
in
perpetuo
sotto
il
cumulo
di
schede
deposte
nelle
urne
.
"
Protestarono
i
principi
che
vedevano
levati
via
per
sempre
i
pretesi
loro
diritti
;
protestò
l
'
Austria
,
protestò
quasi
tutta
l
'
Europa
,
ma
nessuno
si
mosse
:
e
un
regno
dell
'
Alta
Italia
,
di
undici
milioni
,
fu
fatto
.
*
Allora
,
anche
a
uomini
molto
arditi
,
parve
di
aver
avuto
tanta
fortuna
,
che
pensare
ad
altro
sembrava
temerità
e
follia
.
L
'
Europa
poteva
,
alla
fine
,
saltar
su
e
dire
di
aver
tollerato
anche
troppo
.
Infatti
mostrò
ancora
il
suo
broncio
il
2
aprile
,
nella
seduta
inaugurale
del
nuovo
Parlamento
in
Torino
;
nella
qual
seduta
,
con
manifesta
avversione
,
non
si
fecero
vedere
i
rappresentanti
diplomatici
di
Russia
,
Prussia
,
Spagna
e
del
Belgio
.
E
se
i
limiti
del
nuovo
regno
fossero
stati
segnati
dalla
valle
del
Po
,
forse
il
Governo
avrebbe
potuto
facilmente
persuadere
lo
spirito
pubblico
a
mantenersi
cheto
per
alcuni
anni
,
aspettando
e
preparando
altri
eventi
.
Ma
i
confini
erano
già
di
là
dall
'
Appennino
;
e
aver
a
far
parte
del
regno
la
Toscana
,
la
gran
maestra
antica
della
vita
civile
italiana
,
voleva
dire
esser
costretti
a
continuare
l
'
impresa
nazionale
.
Napoleone
III
lo
aveva
ben
capito
,
e
di
malumore
aveva
già
detto
ad
un
suo
ministro
che
l
'
unione
della
Toscana
al
regno
di
Vittorio
Emanuele
portava
di
conseguenza
l
'
unità
italiana
.
Però
al
Conte
di
Cavour
l
'
unità
non
pareva
ancora
possibile
.
L
'
idea
sua
era
sempre
di
dar
assetto
al
nuovo
regno
;
promuoversi
tutte
le
libertà
;
svolgerne
le
forze
già
così
rigogliose
e
omogenee
;
farlo
ricco
,
colto
,
solcarlo
di
strade
ferrate
e
di
canali
;
dotarlo
di
ogni
sorta
di
opere
pubbliche
;
farne
insomma
il
Belgio
in
grande
dell
'
Europa
meridionale
.
Così
,
intanto
gli
Italiani
dello
Stato
Pontificio
e
delle
Due
Sicilie
,
avrebbero
sentito
e
desiderato
la
prosperità
dello
Stato
settentrionale
anche
per
sé
;
e
forse
,
prima
che
passasse
un
decennio
,
si
sarebbero
mossi
spontaneamente
per
unirsi
a
goderla
.
Egli
aveva
allora
appena
cinquant
'
anni
,
e
poteva
ripromettersi
di
vivere
ancora
tanto
da
guidare
quel
movimento
.
Senonchè
Mazzini
sin
dal
2
marzo
aveva
scritto
:
"
Non
si
tratta
più
di
repubblica
o
di
monarchia
,
si
tratta
di
unità
nazionale
;
d
'
essere
o
non
essere
.
Se
l
'
Italia
vuole
essere
monarchica
sotto
la
Casa
di
Savoia
,
sia
pure
:
se
dopo
la
riscossa
vuol
acclamare
liberatori
e
non
so
che
altro
il
Re
e
Cavour
,
sia
pure
.
Ciò
che
ora
vogliamo
è
che
l
'
Italia
si
faccia
.
"
Il
gesto
era
preciso
,
diritto
;
Sicilia
,
Napoli
,
Roma
tutto
doveva
venire
nell
'
unità
nazionale
:
per
Mazzini
,
pel
suo
partito
,
che
era
anche
fatto
di
uomini
di
guerra
,
l
'
ora
era
buona
;
o
coglierla
,
quali
che
si
fossero
i
pericoli
,
o
non
vederla
tornar
mai
più
.
Egli
fin
dal
1856
aveva
rivolta
la
sua
azione
al
Mezzodì
per
far
procedere
di
laggiù
in
su
la
propaganda
rivoluzionaria
:
nel
'57
,
per
tentarvi
una
rivoluzione
,
d
'
intesa
con
lui
era
andato
a
morir
colà
Pisacane
:
nel
'59
,
temendo
che
la
pace
di
Villafranca
e
le
sue
conseguenze
portassero
a
far
guarentire
dall
'
Europa
l
'
intangibilità
delle
Due
Sicilie
,
egli
Mazzini
,
aveva
mandato
Crispi
in
Sicilia
a
promuovervi
agitazioni
e
a
prepararvi
l
'
insurrezione
.
Ora
dunque
bisognava
gettare
il
dado
,
e
cominciare
appunto
dalla
Sicilia
.
*
Certo
la
convinzione
di
Mazzini
l
'
aveva
in
parte
,
almeno
nel
cuore
,
anche
il
Cavour
.
Egli
dopo
Villafranca
,
in
uno
scatto
di
magnanima
ira
,
aveva
detto
:
"
Mi
hanno
troncato
la
via
a
fare
l
'
Italia
con
la
diplomazia
dal
Nord
;
ebbene
,
la
farò
dal
Sud
con
la
rivoluzione
!
"
Ma
poi
si
era
frenato
.
E
se
Mazzini
vedeva
le
cose
da
credente
che
subordinava
tutto
alla
propria
fede
,
e
andava
incontro
ai
fatti
,
fosse
pure
per
trovare
il
martirio
,
Cavour
col
suo
tatto
del
possibile
guardava
da
uomo
di
Stato
che
misura
le
probabilità
e
vi
conforma
l
'
azione
.
Il
regno
delle
Due
Sicilie
gli
pareva
un
organismo
da
lasciar
vivere
ancora
;
le
idee
sue
rispetto
a
quello
non
si
erano
peranche
mutate
.
L
'
anno
avanti
,
nel
maggio
,
appena
salito
al
trono
Francesco
II
,
egli
lo
aveva
invitato
a
unirsi
al
Piemonte
contro
l
'
Austria
.
Ma
Francesco
aveva
preferito
la
neutralità
,
sperando
che
Russia
,
Prussia
,
Inghilterra
si
sarebbero
messe
dalla
parte
dell
'
Austria
,
e
che
la
guerra
del
'59
sarebbe
finita
come
quella
del
'48
.
Cavour
il
25
giugno
,
cioè
dopo
la
battaglia
di
Solferino
e
San
Martino
,
sempre
sperando
di
convincere
quel
Re
a
divenir
italiano
,
gli
aveva
mandato
il
conte
Ruggero
Gabaleone
di
Salmour
come
inviato
straordinario
,
con
l
'
istruzione
di
dirgli
che
il
concetto
dell
'
indipendenza
italiana
aveva
informato
sempre
il
Governo
piemontese
;
che
perciò
da
anni
,
consigliando
con
l
'
esempio
e
con
la
voce
agli
altri
principi
d
'
Italia
quelle
interne
riforme
che
dessero
soddisfazione
ai
legittimi
desiderii
dei
popoli
,
aveva
mirato
soprattutto
a
consociarli
nello
stesso
intento
di
nazionalità
,
unico
mezzo
per
disarmare
le
fazioni
.
Quel
diplomatico
doveva
ricordare
al
Re
avere
il
Piemonte
ammonito
sempre
che
,
seguendo
altra
via
,
i
governi
avrebbero
dovuto
combattere
non
più
le
sette
,
ma
il
sentimento
universale
della
nazione
,
e
che
nella
funesta
lotta
non
essi
sarebbero
stati
vincitori
.
L
'
inviato
doveva
anche
dire
che
mentre
la
guerra
era
guerreggiata
in
Lombardia
,
l
'
ostinata
neutralità
del
re
di
Napoli
sarebbe
considerata
come
una
diserzione
o
un
segreto
patteggiamento
coll
'
inimico
.
In
quanto
alle
Due
Sicilie
,
poi
,
doveva
dire
essere
noto
che
colà
più
che
altrove
fremevano
passioni
ardenti
,
rancori
profondi
,
ire
lungamente
compresse
che
aspettavano
ansiosamente
l
'
occasione
di
prorompere
terribili
e
irrefrenate
:
che
le
occasioni
non
tarderebbero
,
e
con
esse
gli
incitamenti
e
le
seduzioni
entro
e
fuori
del
regno
:
che
confidare
nella
sola
forza
,
far
puntello
al
trono
d
'
armi
mercenarie
,
era
partito
che
non
solamente
doveva
ripugnare
all
'
animo
onesto
del
giovane
Re
,
a
partito
mal
sicuro
e
pieno
di
pericoli
.
Pensasse
il
Re
che
la
presenza
di
un
esercito
francese
in
Italia
doveva
commuovere
il
paese
dove
aveva
regnato
Gioachino
Murat
;
e
dove
era
morto
compianto
:
ci
pensasse
,
e
collegandosi
sinceramente
col
Piemonte
,
dichiarasse
pronta
guerra
all
'
Austria
e
mandasse
parte
dell
'
esercito
sul
Po
e
sull
'
Adige
,
a
combattere
a
fianco
di
Vittorio
Emanuele
e
di
Napoleone
.
L
'
inviato
doveva
anche
pregare
il
Re
di
far
vuotare
le
carceri
politiche
,
di
riaprire
le
vie
del
ritorno
ai
proscritti
,
di
sanar
le
piaghe
della
Sicilia
;
ma
su
questo
e
su
tutto
il
resto
aveva
trovato
sordi
i
cuori
.
Tuttavia
Cavour
non
si
era
stancato
.
Al
principio
del
1860
,
appena
tornato
al
governo
,
quando
temeva
ancora
l
'
intervento
dell
'
Austria
nell
'
Italia
centrale
,
aveva
ritentato
di
condurre
il
re
di
Napoli
ad
allearsi
col
nuovo
regno
di
Vittorio
Emanuele
.
Ma
Francesco
II
e
il
suo
governo
si
erano
messi
invece
a
cospirargli
contro
,
istigati
dal
Nunzio
Pontificio
,
dalla
Spagna
,
dalla
regina
Sofia
di
Baviera
stessa
sposa
del
Re
,
fantasticanti
tutti
insieme
una
lega
cattolica
.
E
assoldavano
austriaci
per
Napoli
e
pel
Papa
,
concentravano
soldati
negli
Abruzzi
,
miravano
a
suscitar
tumulti
nella
Romagna
.
Allora
Cavour
cambiò
tono
,
e
fece
avvertire
badassero
bene
a
non
far
mettere
piede
di
soldato
borbonico
nel
pontificio
.
Essi
,
cocciuti
,
non
ascoltavano
consigli
neppur
dall
'
Inghilterra
.
La
quale
alla
fine
diceva
loro
tirannia
,
ingiustizia
,
oppressione
essere
le
caratteristiche
del
governo
dell
'
Italia
meridionale
;
quelle
dell
'
Italia
settentrionale
,
libertà
e
giustizia
;
e
che
in
tutti
i
paesi
del
mondo
,
la
gente
anche
la
più
volgare
capiva
la
differenza
esistente
tra
un
governo
giusto
e
umano
e
un
governo
ingiusto
e
spietato
.
Ostinato
ognor
più
,
non
ascoltavano
nemmeno
la
Russia
loro
amicissima
,
che
per
bocca
del
suo
primo
Ministro
diceva
a
Napoli
che
la
polizia
del
Regno
,
spiaceva
fino
al
capo
della
polizia
russa
;
e
questi
era
allora
Kakoskine
,
uomo
addirittura
feroce
.
Anche
la
Francia
consigliava
invano
minori
asprezze
.
Pareva
tempo
da
non
usar
più
nessun
riguardo
,
ma
forse
il
giovane
Re
ispirava
ancora
a
Vittorio
Emanuele
una
certa
pietà
:
Era
figlio
di
Maria
Cristina
di
Savoia
,
sposata
nel
1832
al
grossolano
e
cattivo
Ferdinando
II
,
trattata
male
nella
reggia
e
morta
consunta
nel
1836
.
Essa
aveva
avuto
quell
'
unico
figlio
.
E
si
sapeva
che
quando
era
nato
,
non
volendo
concedere
a
lei
di
allattarlo
,
le
avevano
fatto
entrare
in
camera
per
nutrice
una
donna
di
Santa
Lucia
,
piagata
a
una
gamba
,
con
le
tracce
della
scrofola
al
collo
,
con
pochi
capelli
in
testa
,
quasi
tignosa
e
con
figli
rachitici
o
che
non
si
reggevano
in
piedi
.
Aveva
rivelate
queste
miserie
un
abate
Terzi
,
che
Maria
Cristina
aveva
condotto
con
sé
dal
Piemonte
per
confessore
.
E
l
'
abate
aveva
anche
narrato
che
vicina
a
morte
,
avendo
chiamato
il
Re
,
la
infelice
regina
s
'
era
sentita
rispondere
che
il
Re
dormiva
.
Così
era
spirata
soletta
come
una
povera
,
con
al
capezzale
un
oscuro
frate
;
e
il
popolo
napoletano
l
'
aveva
chiamata
santa
.
Per
disgrazia
sua
,
quel
povero
bambino
,
orfano
di
madre
,
mal
visto
erede
al
trono
,
non
aveva
potuto
morire
anch
'
esso
,
era
stato
educato
a
odiare
ogni
cosa
italiana
.
Ed
ora
regnava
.
Se
Vittorio
Emanuele
aveva
voluto
che
il
suo
Governo
usasse
dei
riguardi
a
quel
parente
nato
e
vissuto
infelice
,
come
uomo
di
cuore
aveva
fatto
bene
.
L
'
agitazione
per
la
Sicilia
.
Ma
la
Nazione
non
aveva
nessun
dovere
di
sentimenti
pietosi
.
E
allora
la
voce
di
Mazzini
che
dopo
la
pace
di
Villafranca
aveva
gridato
:
"
Al
Centro
mirando
al
sud
,
"
si
mise
a
gridare
:
"
Al
Sud
mirando
al
Centro
,
Roma
:
"
e
infiammò
i
cuori
,
e
diresse
le
aspirazioni
degli
italiani
del
Nord
verso
la
Sicilia
.
Egli
e
i
Comitati
suoi
e
il
partito
repubblicano
che
nel
1859
aveva
saputo
lealmente
servire
in
guerra
la
monarchia
,
s
'
accinsero
al
preparar
un
'
impresa
che
pareva
folle
,
e
che
invece
doveva
riuscire
a
fini
meravigliosi
.
L
'
uomo
per
condurla
,
tutti
lo
designavano
:
Garibaldi
.
Intanto
Mazzini
aveva
fatto
partir
per
la
Sicilia
Rosolino
Pilo
.
Era
questi
un
uomo
di
quarant
'
anni
,
nato
in
Palermo
dalla
famiglia
dei
conti
Capeci
,
sangue
d
'
Angiò
,
tutta
devota
ai
Borboni
.
Egli
unico
di
quella
famiglia
aveva
dato
il
suo
cuore
alla
patria
.
Dal
'49
era
esule
;
nell
'
esiglio
aveva
conosciuto
Mazzini
e
n
'
era
divenuto
l
'
apostolo
.
Nel
1857
,
doveva
andar
compagno
di
Pisacane
alla
impresa
finita
in
Sapri
;
ma
i
barcaroli
coi
quali
aveva
aspettato
il
passaggio
del
vapore
Cagliari
,
lo
avevan
mal
servito
,
il
vapore
era
passato
,
ed
egli
era
ridisceso
a
Genova
,
a
sentir
poi
la
tragica
fine
dell
'
amico
.
Da
allora
aveva
vissuto
con
quella
spina
nel
cuore
.
Ora
,
d
'
intesa
con
Mazzini
e
con
Garibaldi
,
partiva
il
26
marzo
su
di
un
povero
legno
viareggino
per
l
'
isola
sua
.
Garibaldi
gli
aveva
detto
che
qual
si
fosse
il
suo
destino
laggiù
,
rammentasse
che
tutto
vi
si
doveva
fare
in
nome
dell
'
Italia
e
di
Vittorio
Emanuele
.
Pilo
,
repubblicano
,
aveva
accettato
il
motto
,
ed
era
partito
con
Giovanni
Corrao
,
anche
questi
siciliano
,
arditissimo
uomo
del
popolo
.
Avevano
navigato
quattordici
giorni
,
erano
riusciti
a
sbarcar
presso
Messina
,
e
s
'
eran
messi
a
percorrere
l
'
isola
,
annunziando
Garibaldi
.
Anche
Cavour
era
ormai
quasi
convinto
che
non
si
poteva
più
lasciar
la
questione
napolitana
al
tempo
,
ma
gli
doleva
che
Garibaldi
e
Mazzini
si
pigliassero
col
loro
partito
l
'
onore
d
'
essere
i
primi
.
E
perciò
d
'
accordo
col
Fanti
,
Ministro
della
guerra
non
amico
di
Garibaldi
,
avea
già
fatto
profferire
al
nizzardo
generale
Ribotti
d
'
andar
in
Sicilia
a
capitanarvi
l
'
insurrezione
.
Ribotti
gli
pareva
uomo
da
ciò
.
Era
stato
al
servizio
della
rivoluzione
siciliana
del
'48;
per
essa
aveva
tentato
di
portar
l
'
armi
in
Calabria
,
era
stato
preso
e
condannato
,
e
aveva
sofferto
anni
di
carcere
dai
Borboni
.
Ma
Ribotti
non
aveva
accettato
.
Forse
indovinava
che
laggiù
,
solo
il
gran
nome
di
Garibaldi
e
l
'
ingegno
suo
di
guerra
e
la
sua
figura
,
avrebbero
potuto
trovar
la
vittoria
.
*
In
quei
giorni
venne
come
la
folgore
una
lieta
notizia
:
a
Palermo
era
scoppiata
l
'
insurrezione
.
E
si
diceva
che
all
'
alba
del
4
aprile
,
da
un
convento
chiamato
della
Gancia
,
un
Francesco
Riso
,
giovane
di
28
anni
,
aveva
con
alcuni
compagni
data
la
mossa
,
e
che
un
Salvatore
La
Placa
s
'
era
azzuffato
con
la
milizia
,
in
certi
quartieri
della
città
abitati
da
pescatori
e
retaioli
.
Ma
la
gioia
si
cambiò
in
ira
quando
,
subito
appresso
,
oggi
una
voce
,
domani
l
'
altra
,
si
seppe
che
quei
generosi
erano
stati
oppressi
;
che
le
squadre
di
campagna
,
già
scese
vicino
a
Palermo
,
s
'
erano
ritirate
nei
monti
;
che
tredici
compagni
di
Riso
,
oltre
quelli
morti
combattendo
,
erano
stati
fucilati
;
che
egli
giaceva
pieno
di
ferite
e
prigioniero
;
che
lo
stato
d
'
assedio
era
proclamato
,
e
che
erano
arrestati
il
padre
di
Riso
con
altri
cittadini
cospicui
di
Palermo
.
Dunque
la
rivoluzione
era
domata
!
No
,
non
doveva
essere
:
l
'
Italia
superiore
la
faceva
sua
propria
.
Da
quel
momento
tutti
cominciarono
a
chiedere
che
facesse
Garibaldi
,
e
se
non
si
muovesse
,
e
se
non
era
ancora
andato
,
e
perché
non
fosse
ancora
laggiù
.
E
non
dicevano
già
,
che
dovesse
muoversi
il
governo
di
Vittorio
Emanuele
;
tutti
avevano
il
sentimento
del
rischio
cui
si
sarebbe
messo
d
'
aver
mezza
Europa
addosso
:
a
tutti
bastava
che
si
muovesse
lui
,
Garibaldi
,
che
quanto
a
gente
per
seguirlo
ce
ne
sarebbe
stata
anche
troppa
.
Ma
si
sentiva
che
bisognava
far
presto
,
perché
il
Governo
borbonico
aveva
compreso
che
la
Sicilia
non
mirava
più
,
come
nel
'20
e
nel
'48
a
separarsi
da
Napoli
o
a
rifarsi
regno
da
sé
;
ma
che
il
suo
moto
era
di
tendenze
unitarie
,
con
mira
all
'
Italia
superiore
.
Perciò
quel
Governo
prometteva
largamente
strade
ferrate
,
portifranchi
,
casse
di
sconto
,
prestiti
alle
grandi
città
;
mentre
si
ingegnava
di
reprimere
la
insurrezione
nell
'
interno
,
mandando
colonne
mobili
a
disarmare
la
gente
.
Se
Francesco
II
avesse
dato
una
costituzione
quale
l
'
isola
la
voleva
del
'48
,
chi
poteva
dire
che
la
Sicilia
non
si
sarebbe
acconciata
?
Bisognava
proprio
far
presto
.
*
Non
si
vuol
mica
dire
che
nel
settentrione
i
liberali
bruciassero
tutti
dal
desiderio
di
vedere
andar
gente
ad
aiutar
la
Sicilia
e
Napoli
a
liberarsi
dai
Borboni
,
a
unirsi
al
resto
d
'
Italia
.
V
'
erano
allora
i
ragionatori
che
trovavano
gli
argomenti
forti
in
contrario
.
Ma
come
mai
si
voleva
fare
un
solo
stato
di
quest
'
Italia
così
lunga
e
sottile
,
senza
un
centro
,
e
nel
napoletano
senza
strade
né
nulla
?
Eh
già
,
rispondevano
altri
,
ragionatori
anch
'
essi
,
queste
cose
le
diceva
pure
Napoleone
I
.
Diceva
che
se
tutta
la
parte
d
'
Italia
dal
Monte
Velino
in
giù
e
con
essa
la
Sicilia
fosse
stata
gettata
dalla
natura
tra
la
Sardegna
e
la
Corsica
la
Toscana
e
Genova
,
la
Penisola
avrebbe
avuto
un
centro
quasi
egualmente
distante
da
tutti
i
punti
della
sua
circonferenza
:
ma
così
come
era
fatta
,
quella
parte
dal
Velino
che
formava
il
Regno
di
Napoli
,
gli
pareva
di
clima
,
d
'
interessi
,
di
bisogni
,
diversi
da
quelli
di
tutta
la
valle
del
Po
e
di
quella
dell
'
Arno
.
Però
non
avrebbe
detto
così
se
a
'
suoi
tempi
avesse
avuto
il
telegrafo
,
la
navigazione
a
vapore
,
le
strade
ferrate
.
Tutte
queste
cose
levavano
via
dall
'
Italia
un
bel
po
'
degli
inconvenienti
della
sua
configurazione
.
Del
resto
,
Napoleone
aveva
soggiunto
che
nonostante
tutto
,
l
'
Italia
era
una
sola
nazione
,
una
di
costumi
,
di
lingua
e
di
letteratura
;
affermava
che
in
un
tempo
più
o
meno
lontano
i
suoi
abitanti
si
unirebbero
sotto
un
solo
governo
;
e
passate
in
rassegna
le
condizioni
storiche
di
tutte
le
grandi
città
,
dichiarava
solennemente
di
pensare
che
Roma
sarebbe
senz
'
altro
quella
che
gli
Italiani
si
sceglierebbero
per
capitale
.
Altri
ragionatori
dicevano
che
il
Re
di
Napoli
teneva
un
esercito
di
più
di
120
mila
soldati
,
bene
armati
e
con
cavallerie
e
artiglierie
delle
migliori
d
'
Europa
.
Era
vero
.
Ma
ai
giovani
che
ascoltavano
solo
il
cuore
,
il
cuore
diceva
una
cosa
molto
semplice
,
cioè
che
quei
cento
ventimila
soldati
non
erano
tutti
,
come
un
sol
uomo
,
nel
pugno
di
quel
Re
,
così
che
ei
li
potesse
lanciar
di
colpo
nel
punto
dell
'
isola
dove
Garibaldi
anderebbe
a
sbarcare
.
Allora
i
savi
soggiungevano
che
intorno
all
'
isola
vigilava
una
crociera
di
chi
sa
quante
navi
,
forse
trenta
,
forse
quaranta
:
ma
quelli
del
cuore
sentivano
che
se
anche
le
navi
fossero
tante
,
il
mare
era
vasto
,
e
che
una
catena
intorno
all
'
isola
non
era
possibile
a
tenersi
così
stretta
,
che
di
notte
o
di
giorno
un
marinaio
come
Garibaldi
non
riuscisse
a
passare
.
(
NdA
:
Si
seppe
poi
,
a
cose
finite
,
che
la
crociera
intorno
all
'
isola
era
composta
di
14
legni
e
di
2
rimorchiatori
da
guerra
,
con
aggiunti
ad
essi
4
piroscafi
mercantili
della
Società
di
navigazione
siciliana
e
2
della
napolitana
,
armati
e
dati
da
comandare
ad
ufficiali
militari
.
In
tutto
adunque
erano
22
legni
.
La
vigilanza
,
da
Capo
San
Vito
a
Mazzara
,
era
affidata
alla
Partenope
,
fregata
a
vela
da
60
cannoni
;
al
Valoroso
,
pure
a
vela
da
12
cannoni
;
allo
Stromboli
,
pirocorvetta
da
6
cannoni
e
al
Capri
,
da
2
.
Comandavano
quella
crociera
,
un
Cossovich
capitano
di
vascello
imbarcato
sulla
Partenope
,
e
sullo
Stromboli
era
imbarcato
l
'
Acton
,
baldanzoso
uomo
che
partendo
da
Napoli
aveva
detto
al
Re
di
voler
buttar
a
mare
Garibaldi
.
Da
Mazzara
a
Capo
Passaro
,
da
Capo
Passaro
al
Faro
,
dal
Faro
a
Trapani
,
incrociava
il
resto
della
flotta
.
)
Invece
una
preoccupazione
grave
davvero
,
e
tale
da
togliere
l
'
ardire
a
molti
,
riguardava
il
poi
,
se
mai
la
spedizione
sbarcasse
.
Della
Sicilia
si
sapeva
poco
qual
fosse
nell
'
interno
.
Nella
sua
solitudine
pareva
quasi
fuor
della
vita
.
E
quasi
più
del
suo
tempo
presente
si
sapeva
del
suo
passato
ma
bene
antico
.
Molti
parlavano
di
quelle
sue
città
di
due
milioni
d
'
abitanti
,
del
suo
popolo
d
'
otto
milioni
che
nutriva
sé
eppure
faceva
ancora
chiamar
l
'
isola
sua
granaio
d
'
Italia
;
sapevano
enumerare
le
sue
civiltà
,
greca
,
latina
,
araba
;
la
sua
monarchia
normanna
che
seppe
valersi
di
quelle
civiltà
,
farsi
amare
dai
vinti
e
lasciare
,
a
traverso
i
secoli
,
il
desiderio
ancora
di
quel
regno
.
Ma
all
'
infuori
dei
marinai
,
chi
mai
sapeva
della
Sicilia
presente
?
Chi
vi
era
mai
stato
?
Forse
qualche
ricco
,
e
anche
soltanto
nelle
grandi
città
,
Palermo
,
Messina
,
Catania
,
Siracusa
;
ma
l
'
interno
dell
'
isola
non
era
guari
conosciuto
neppur
sulla
carta
.
Però
si
indovinava
e
si
amava
il
suo
popolo
,
perché
avevano
insegnato
a
pregiarlo
i
suoi
profughi
,
ne
'
dieci
anni
da
che
stavano
rifugiati
in
Piemonte
;
gente
degna
,
patrizi
,
letterati
,
avvocati
,
medici
,
architetti
o
artigiani
valenti
e
virtuosi
.
Se
dalla
Sicilia
era
venuto
via
quel
fior
di
gente
,
non
poteva
darsi
che
non
vi
fosse
laggiù
un
popolo
degno
di
loro
;
bisognava
andarvi
,
per
dir
così
,
a
scarcerare
l
'
anima
dell
'
isola
,
farla
espandersi
nella
vita
italiana
.
Quante
energie
,
quanta
luce
,
quante
virtù
,
aggiunte
all
'
anima
della
nazione
!
Queste
cose
non
si
pensavano
per
l
'
appunto
così
,
ma
si
sentivano
vagamente
,
come
nell
'
adolescenza
si
sentono
le
prime
aure
dell
'
amore
cui
si
va
incontro
,
e
sono
la
vita
.
Ma
intanto
,
quale
rischio
l
'
andarvi
!
Certo
Garibaldi
si
sarebbe
gettato
su
qualche
costa
,
lontano
dalle
città
marittime
,
dove
non
fossero
milizie
,
per
non
farsi
opprimere
appena
giunto
.
E
da
quella
costa
si
sarebbe
mosso
a
trovar
nell
'
interno
sui
monti
qualche
posizione
forte
,
per
chiamarvi
a
sé
gli
insorti
e
fare
un
esercito
tale
da
poter
affrontare
in
campo
quello
dei
regi
,
o
magari
piombar
sulla
capitale
.
Ma
quanti
scontri
avrebbe
dovuto
sostenere
nelle
sue
prime
marcie
,
e
chi
mai
sapeva
in
quali
condizioni
?
E
se
gli
fosse
avvenuto
di
perdere
?
Pazienza
i
morti
,
ma
i
feriti
,
in
che
mani
sarebbero
rimasti
?
Come
li
avrebbe
trattati
il
nemico
offeso
per
quell
'
assalto
che
gli
veniva
da
gente
di
fuori
?
E
chi
fosse
riuscito
a
salvarsi
da
quelle
mani
,
in
quali
boschi
,
in
quali
tane
,
senza
cure
,
solo
,
disperato
sarebbe
andato
a
finire
?
Si
fantasticavano
cose
orrende
.
Eppure
l
'
aria
del
tempo
,
la
fede
in
Garibaldi
e
una
certa
voluttà
di
andare
a
patire
per
una
grande
idea
,
faceva
vincere
anche
quelle
tetre
preoccupazioni
.
E
appunto
,
qual
era
allora
lo
spirito
dell
'
esercito
del
Borbone
?
A
sentir
gli
esuli
siciliani
e
napoletani
,
in
quell
'
esercito
v
'
erano
dei
generali
,
dei
colonnelli
,
persin
dei
vecchi
capitani
,
che
sapevano
bene
quanta
era
stata
la
gloria
dei
loro
padri
.
Da
fanciulli
li
avevano
visti
tornare
dalle
guerre
napoleoniche
di
Spagna
e
di
Russia
,
dopo
aver
empito
il
mondo
delle
loro
geste
e
dei
loro
nomi
.
Nel
1815
li
avevano
visti
sotto
re
Gioachino
tentar
l
'
impresa
di
cacciar
l
'
Austria
dalla
Lombardia
.
Nel
1848
avevano
marciato
essi
stessi
alla
guerra
quasi
fino
al
Po
;
erano
tornati
indietro
afflitti
,
quando
il
loro
Re
spergiuro
li
aveva
richiamati
;
e
quelli
che
non
avevano
ubbidito
ed
erano
andati
a
Venezia
,
vi
si
erano
fatti
ammirare
.
Pepe
,
Ulloa
,
Rossarol
!
Appresso
,
a
sentir
le
risorte
glorie
dei
Piemontesi
in
Crimea
e
poi
quelle
recenti
del
1859
,
dovevano
aver
patito
di
non
essere
stati
mandati
a
quella
bella
guerra
,
fatta
per
cacciare
lo
straniero
.
E
così
forse
era
entrato
nell
'
animo
dell
'
esercito
lo
scontento
.
Ma
in
quel
momento
non
si
sapeva
se
amassero
o
odiassero
.
Forse
contro
i
piemontesi
avrebbero
combattuto
fieramente
,
se
ne
fossero
scesi
nel
Regno
a
guerra
di
Re
:
ma
contro
Garibaldi
avrebbero
combattuto
solo
per
disciplina
.
Dovevano
anche
trovarsi
nelle
file
molti
ai
quali
quel
nome
incuteva
sgomento
.
Non
era
egli
colui
che
undici
anni
avanti
si
era
fatto
conoscere
a
Velletri
e
a
Palestrina
,
quando
i
napolitani
erano
marciati
su
Roma
per
rimettere
il
Papa
in
trono
?
Insomma
,
bene
bene
non
si
sapeva
nulla
dello
spirito
vero
dell
'
esercito
laggiù
:
certo
,
a
volerlo
giudicare
dalle
opere
contro
la
Sicilia
,
doveva
essere
feroce
ancora
come
era
stato
nel
'48
.
Ma
si
sarebbe
visto
alla
prova
cosa
valessero
quelle
milizie
in
cui
ufficiali
e
sott
'
ufficiali
avevano
quasi
tutti
grossa
famiglia
;
e
si
sarebbero
visti
anche
gli
stranieri
mercenari
che
non
si
chiamavano
più
svizzeri
,
ma
di
svizzeri
erano
formati
e
di
bavaresi
e
d
'
austriaci
,
d
'
un
po
'
d
'
ogni
gente
.
In
quanto
alla
marineria
,
saperne
qualcosa
sarebbe
stato
più
interessante
.
Ma
neppur
essa
si
conosceva
guari
.
Però
degli
ufficiali
malcontenti
ve
ne
dovevano
essere
;
e
anzi
,
alcuni
dicevano
che
quelli
del
Fieramosca
,
quando
nel
gennaio
del
'59
avevano
scortato
a
Gibilterra
i
grandi
cittadini
del
Regno
liberati
dalle
galere
ma
condannati
alla
deportazione
,
erano
stati
visti
con
le
lagrime
agli
occhi
e
il
dolore
sul
viso
.
Così
dicevano
i
meridionali
profughi
antichi
o
recenti
dal
Regno
.
Tra
essi
i
Siciliani
erano
i
più
ardenti
.
Parlavano
della
loro
isola
,
facendone
ritratti
vivissimi
coll
'
immaginosa
parola
.
I
loro
Vespri
parevano
un
fatto
recente
.
Conoscevano
la
storia
della
loro
indipendenza
dai
Vespri
fino
al
1735
,
come
se
l
'
avessero
vissuta
;
si
vantavano
di
aver
avuta
da
quell
'
anno
bandiera
e
amministrazione
distinta
dalla
napolitana
,
e
Parlamento
proprio
:
tutte
cose
confermate
nella
Costituzione
del
1812
,
quando
i
Borboni
,
perduto
il
continente
,
si
erano
rifugiati
laggiù
e
vi
avevano
trovato
sicurezza
,
protetti
dalla
generosità
del
popolo
e
dall
'
Inghilterra
.
Ma
essi
,
tornati
sul
trono
di
Napoli
,
avevano
poi
tradito
tutto
,
e
cominciato
a
offender
l
'
isola
e
il
suo
popolo
,
chiamandola
negli
atti
pubblici
:
"
Terra
di
là
dal
faro
"
,
quasi
come
a
dire
paese
barbaro
.
Onde
le
sue
rivoluzioni
del
'20
e
del
'48
,
e
un
odio
crescente
sempre
e
tanto
,
che
l
'
isola
si
sarebbe
messa
sotto
l
'
Inghilterra
,
la
Russia
,
la
Francia
,
sotto
chi
si
fosse
che
l
'
avesse
voluta
,
pur
di
esser
levata
da
dipender
da
Napoli
.
Ora
quella
passione
si
rivolgeva
all
'
Italia
,
a
chiamar
lei
,
l
'
Italia
del
nord
che
doveva
ascoltarla
.
E
Garibaldi
dov
'
era
,
che
cosa
faceva
?
Garibaldi
e
Cavour
.
Garibaldi
stava
in
Torino
alle
prese
col
Conte
di
Cavour
,
perché
avvenuta
la
cessione
di
Nizza
alla
Francia
,
credeva
che
egli
la
avesse
patteggiata
fin
dal
'57
,
quando
aveva
concertato
con
Napoleone
l
'
aiuto
militare
del
'59
.
Invece
la
cessione
era
seguita
per
una
soperchieria
di
Napoleone
,
che
oltre
la
Savoia
,
per
non
opporsi
all
'
annessione
dell
'
Emilia
e
della
Toscana
al
regno
di
Vittorio
Emanuele
,
aveva
voluto
anche
Nizza
.
Cavour
aveva
fatto
di
tutto
per
salvarla
,
ma
non
v
'
era
riuscito
;
e
Garibaldi
pareva
contro
di
lui
implacabile
.
Ma
il
7
aprile
gli
capitarono
a
Torino
il
Bixio
e
il
Crispi
,
i
quali
"
a
nome
degli
amici
comuni
per
l
'
onor
della
rivoluzione
,
per
carità
della
povera
isola
,
per
la
salute
della
patria
intera
,
"
lo
pregarono
di
mettersi
a
capo
di
una
spedizione
e
di
condurla
in
Sicilia
.
E
Garibaldi
che
forse
meditava
un
moto
popolare
in
Nizza
stessa
,
per
salvarla
lui
se
Cavour
non
aveva
potuto
;
messo
in
disparte
questo
e
ogni
suo
pensiero
,
accettò
e
decise
di
far
l
'
impresa
.
Par
quasi
certo
che
Egli
n
'
abbia
parlato
con
Vittorio
Emanuele
e
che
n
'
abbia
avuti
incoraggiamenti
.
Però
il
Re
,
il
15
aprile
,
volle
ancora
scrivere
al
Cugino
di
Napoli
che
era
"
giunto
il
tempo
in
cui
l
'
Italia
poteva
esser
divisa
in
due
stati
potenti
,
uno
del
Settentrione
l
'
altro
del
Mezzogiorno
:
che
Egli
pel
bene
suo
lo
consigliava
di
abbandonare
la
via
fino
allora
tenuta
:
e
che
se
ripudiasse
il
consiglio
,
presto
egli
,
Vittorio
Emanuele
,
sarebbe
posto
nella
terribile
alternativa
o
di
mettere
a
pericolo
gli
interessi
più
urgenti
della
stessa
sua
propria
dinastia
,
o
di
essere
il
principale
strumento
della
rovina
di
lui
.
Qualche
mese
che
passasse
ancora
senza
che
egli
si
attenesse
all
'
amichevole
suggerimento
,
egli
,
il
Re
di
Napoli
,
sperimenterebbe
l
'
amarezza
delle
terribili
parole
:
troppo
tardi
.
"
E
scritto
così
,
Vittorio
Emanuele
partì
lo
stesso
giorno
15
aprile
pel
suo
viaggio
trionfale
in
Toscana
e
nell
'
Emilia
,
dove
andava
per
la
prima
volta
da
Re
.
*
La
sera
di
quel
15
aprile
Garibaldi
si
presentò
improvviso
alla
Villa
Spinola
nel
territorio
di
Quarto
,
allora
ignoto
borgo
poco
discosto
da
Genova
,
sulla
riviera
orientale
.
In
quella
villa
se
ne
stava
Augusto
Vecchi
esule
Ascolano
,
suo
antico
ufficiale
di
dieci
anni
avanti
,
alla
difesa
di
Roma
.
-
Buona
sera
,
Vecchi
;
vengo
come
Cristo
a
trovare
i
miei
apostoli
,
ed
ho
scelto
il
più
ricco
,
questa
volta
.
Mi
volete
?
-
Per
Dio
,
Generale
,
e
con
piacere
immenso
!
-
Pare
una
pagina
romanzesca
,
ma
allora
appunto
cominciava
il
periodo
in
cui
le
cose
più
vere
ebbero
l
'
aria
di
fantasie
.
In
quella
villa
il
Generale
si
stabilì
,
e
vi
chiamò
i
suoi
.
Per
andare
in
Sicilia
occorrevano
armi
,
ed
egli
senz
'
altro
mandò
in
Milano
a
prenderne
di
quelle
già
comprate
col
fondo
del
milione
di
fucili
,
fatto
raccogliere
da
lui
per
sottoscrizione
nazionale
.
Sennonché
là
,
Massimo
d
'
Azeglio
,
governatore
,
non
solo
rifiutò
di
concedere
che
se
ne
portasse
via
una
parte
,
ma
le
fece
mettere
tutte
sotto
sequestro
.
Scrisse
poi
d
'
aver
temuto
che
quelle
armi
finissero
in
tutte
altre
mani
che
quelle
di
Garibaldi
,
certo
temeva
di
Mazzini
,
ma
in
quel
momento
l
'
atto
suo
diede
grandemente
da
sospettare
che
il
Governo
fosse
avverso
a
ogni
impresa
garibaldina
.
Veramente
il
Conte
di
Cavour
desiderava
proprio
più
che
mai
che
la
spedizione
non
si
facesse
.
Temeva
che
Garibaldi
,
una
volta
mosso
si
lasciasse
trasportare
dal
suo
vecchio
pensiero
di
Roma
,
e
invece
che
in
Sicilia
andasse
a
sbarcare
su
qualche
parte
della
costa
pontificia
,
senza
riguardo
al
pericolo
di
tirare
addosso
a
sé
e
al
Regno
una
guerra
dalla
Francia
.
Sperava
,
anzi
,
che
ogni
cosa
sfumasse
.
Il
24
aprile
mandò
apposta
il
colonnello
Frapolli
da
Garibaldi
,
per
indurlo
ad
abbandonare
ogni
disegno
;
e
il
Frapolli
,
amico
del
Generale
,
gli
parlò
delle
difficoltà
che
si
opponevano
ad
una
discesa
nell
'
isola
o
nel
continente
.
Gli
ricordò
persino
le
tragedie
di
Murat
,
dei
Bandiera
,
di
Pisacane
.
Non
si
sa
che
viso
facesse
il
Generale
a
tali
moniti
del
Frapolli
,
ma
certo
è
che
questi
tornò
a
Torino
da
Cavour
,
persuaso
che
Garibaldi
non
partirebbe
.
E
,
in
verità
,
il
Generale
era
già
inclinato
a
rompere
ogni
preparativo
,
perché
dalla
Sicilia
aveva
notizie
non
buone
.
Ondeggiò
tutti
quei
giorni
pensando
alla
tremenda
responsabilità
di
una
catastrofe
.
Il
27
gli
giunse
un
telegramma
da
Fabrizi
da
Malta
,
quasi
lugubre
:
"
Completo
insuccesso
nelle
provincie
e
in
Palermo
;
molti
profughi
raccolti
dalle
navi
inglesi
giunti
in
Malta
.
"
Così
diceva
il
telegramma
.
E
la
parola
del
Fabrizi
valeva
quella
che
Garibaldi
stesso
avrebbe
detto
.
Era
un
vecchio
patriota
di
quelli
sfuggiti
nel
1831
alle
forche
di
Modena
;
e
sempre
poi
aveva
vissuto
in
esilio
a
onorare
l
'
Italia
e
a
farla
stimare
dagli
stranieri
.
Egli
non
poteva
che
dire
la
verità
.
E
perciò
Garibaldi
deliberò
di
lasciar
andar
tutto
,
e
di
tornarsene
nella
sua
solitudine
di
Caprera
:
anzi
,
diede
ordine
di
tenergli
un
posto
sul
vapore
che
doveva
partire
il
2
maggio
per
la
Sardegna
.
Cavour
lo
seppe
,
e
scrisse
a
Napoleone
che
ormai
di
una
impresa
di
Garibaldi
non
c
'
era
più
da
temere
.
Ma
allora
si
erano
fatti
attorno
al
Generale
tutti
i
più
ostinati
a
voler
andare
in
Sicilia
:
Bertani
,
Bixio
,
Crispi
e
tanti
altri
minori
,
che
nella
Villa
Spinola
tennero
con
lui
una
specie
di
gran
Consiglio
,
il
30
aprile
,
anniversario
della
sua
bella
vittoria
del
'49
,
contro
i
francesi
,
sotto
Roma
.
In
mezzo
a
quel
consesso
,
tra
i
discorsi
roventi
di
quei
patrioti
,
come
uomo
ispirato
da
una
luce
improvvisa
,
Garibaldi
balzò
su
d
'
un
tratto
a
dire
:
"
Partiamo
.
Ma
subito
,
domani
!
"
Domani
era
troppo
presto
:
bisognava
pensare
ad
avere
i
legni
da
navigare
!
Ma
insomma
un
po
'
di
giorni
,
tre
o
quattro
,
sarebbero
bastati
.
Intanto
quegli
operosi
avrebbero
raccolta
la
gente
da
fuori
.
Dacché
egli
aveva
detto
:
"
Partiamo
,
"
lasciasse
fare
,
che
ad
eseguire
c
'
era
chi
ci
pensava
.
Il
Conte
di
Cavour
,
ignorando
quella
nuova
deliberazione
,
era
partito
il
1
maggio
per
Bologna
,
a
raggiungervi
nel
giro
trionfale
il
Re
,
cui
sperava
di
strappare
l
'
ultima
parola
che
impedisse
a
Garibaldi
ogni
tentativo
d
'
allora
e
di
poi
.
Narrano
gli
intimi
del
Conte
e
del
Re
che
si
trovavano
con
essi
in
Bologna
,
avere
il
Cavour
manifestato
fin
l
'
intenzione
di
fare
arrestar
Garibaldi
,
se
si
fosse
ostinato
a
tentar
qualche
cosa
,
e
d
'
andar
egli
stesso
a
porgli
addosso
le
mani
,
se
non
si
trovasse
chi
avesse
l
'
ardimento
di
farlo
.
E
sarà
vero
,
perché
allora
egli
temeva
troppo
che
l
'
Imperatore
dei
Francesi
,
credendosi
canzonato
da
lui
,
pigliasse
qualche
violenta
deliberazione
contro
l
'
Italia
.
Ma
ormai
alla
forza
delle
cose
neppur
egli
poteva
più
resistere
.
E
saputo
ciò
che
a
Genova
si
faceva
,
stette
col
Re
a
Bologna
,
per
non
tornare
a
Torino
in
quei
giorni
a
farsi
tormentare
dalla
diplomazia
.
Però
prese
le
sue
precauzioni
.
E
temendo
sempre
che
Garibaldi
volesse
fare
un
colpo
contro
Roma
,
ordinò
alla
divisione
navale
del
contrammiraglio
Persano
d
'
andare
in
crociera
tra
Capo
Carbonara
e
Capo
dello
Sperone
a
Sant
'
Antioco
,
o
,
in
altre
parole
,
dinanzi
al
Golfo
di
Cagliari
.
Gli
ingiungeva
però
di
non
"
adoperar
le
macchine
"
;
e
che
cosa
intendesse
di
voler
dire
con
ciò
non
si
sa
bene
ora
,
né
lo
seppe
allora
forse
neppure
il
Persano
.
Poi
non
tornò
a
Torino
se
non
la
sera
del
5
maggio
,
e
là
,
da
Genova
,
gli
piovvero
le
notizie
.
Che
fare
?
Adesso
non
c
'
era
altro
che
lasciar
fare
;
e
giacché
la
spedizione
non
si
poteva
più
impedirla
senza
che
sorgessero
chi
sa
quali
guai
nel
paese
,
pensò
subito
di
mettersi
sul
gioco
di
dominarla
,
e
di
rispondere
alle
proteste
che
lo
avrebbero
tempestato
.
Genova
nel
gran
giorno
In
Genova
,
sin
dagli
ultimi
di
aprile
,
stavano
già
molti
dei
più
vogliosi
di
partire
per
la
Sicilia
,
e
altri
ve
ne
furono
chiamati
nei
primi
tre
giorni
di
maggio
.
Per
le
vie
di
quella
città
tutta
lavoro
,
dove
la
gente
va
attorno
sempre
con
l
'
aria
di
chi
non
ha
tempo
da
perdere
,
quei
forestieri
che
riempivano
i
caffè
e
le
passeggiate
stonavano
alquanto
.
Ma
forse
nessuna
città
era
adatta
come
Genova
a
farvi
quell
'
adunata
e
a
servir
di
copertura
al
Governo
.
Il
quale
così
,
negli
ultimi
momenti
,
poté
far
bene
le
viste
di
non
accorgersi
di
nulla
,
proprio
come
se
nulla
vi
fosse
,
e
tutto
pareva
inteso
,
consentito
,
voluto
dalla
città
intera
,
ma
con
somma
prudenza
.
Il
5
maggio
ogni
cosa
era
pronta
.
Allora
Garibaldi
scrisse
al
Re
cominciando
:
"
Il
grido
di
sofferenza
che
dalla
Sicilia
arrivò
alle
mie
orecchie
,
ha
commosso
il
mio
cuore
e
quelle
d
'
alcune
centinaia
dei
miei
vecchi
compagni
d
'arme."
Pareva
che
volesse
rammentare
a
Vittorio
Emanuele
che
l
'
anno
avanti
egli
per
il
primo
,
nel
suo
discorso
del
10
gennaio
in
Parlamento
,
aveva
trovato
la
espressione
giusta
come
un
'
eco
delle
"
grida
di
dolore
"
giunte
a
lui
da
ogni
parte
d
'
Italia
.
E
soggiungeva
di
saper
bene
a
quale
impresa
pericolosa
si
sobbarcava
,
ma
che
poneva
confidenza
in
Dio
e
nella
devozione
dei
suoi
compagni
.
Prometteva
che
grido
di
guerra
sarebbe
l
'
unità
nel
nome
di
Lui
,
Vittorio
;
e
sperava
che
se
mai
l
'
impresa
fallisse
,
l
'
Italia
e
l
'
Europa
liberale
non
dimenticherebbero
che
era
stata
determinata
da
motivi
puri
affatto
da
egoismo
.
Disse
,
che
riuscendo
,
un
nuovo
e
brillantissimo
gioiello
avrebbe
ornato
la
corona
di
Lui
;
ma
non
celava
l
'
amarezza
sua
per
la
cessione
della
sua
terra
natale
.
E
,
certo
per
non
compromettere
il
Re
,
finiva
scusandosi
di
non
avergli
detto
il
suo
disegno
,
per
tema
che
egli
lo
dissuadesse
dal
fare
quel
passo
.
Mesta
e
solenne
lettera
,
nella
quale
era
serenamente
espresso
il
dubbio
e
la
speranza
e
il
sentimento
dell
'
ora
.
Spiace
in
essa
quel
tanto
che
c
'
è
di
finzione
:
ma
insomma
,
i
tempi
erano
tali
,
da
giustificare
questo
ed
altro
.
Il
Generale
scriveva
pure
all
'
Esercito
italiano
,
esortando
ufficiali
e
soldati
a
star
saldi
nella
disciplina
,
a
non
abbandonare
le
fila
per
seguir
lui
.
Scriveva
all
'
Esercito
napolitano
per
ricordare
ai
figli
dei
Sanniti
e
dei
Marsi
che
erano
fratelli
dei
soldati
di
Varese
e
di
San
Martino
.
E
anche
non
dimenticava
i
Direttori
della
Società
dei
Vapori
Nazionali
,
cui
nella
notte
doveva
menar
via
il
Piemonte
e
il
Lombardo
,
scusandosi
di
quell
'
atto
di
violenza
,
e
raccomandandoli
al
paese
perché
rimettesse
qualunque
danno
,
avaria
o
perdita
che
loro
potesse
seguirne
.
In
tutte
quelle
lettere
e
in
parecchie
altre
di
quel
giorno
,
una
frase
qua
un
'
altra
là
rivelavano
un
sentimento
sicuro
ma
anche
una
misteriosa
tristezza
.
Il
5
maggio
1860
.
La
sera
di
quel
5
maggio
,
coloro
che
erano
destinati
a
partire
,
ricevuto
un
ordine
aspettato
tanto
,
quale
da
solo
quale
con
qualche
amico
,
come
se
andassero
a
diporto
,
così
consigliati
per
non
dar
nell
'
occhio
alla
polizia
,
cominciarono
a
uscir
da
Genova
per
la
Porta
Pila
,
sulla
via
del
Bisagno
.
Andavano
alla
Foce
o
a
Quarto
,
secondo
che
loro
era
stato
detto
.
E
trovavano
sul
loro
cammino
folle
di
cittadini
di
ogni
classe
,
donne
,
uomini
,
che
senza
parere
davano
loro
l
'
augurio
,
e
ciascuno
un
poco
dell
'
anima
sua
.
Nino
Bixio
scese
al
porto
.
"
Là
-
scrive
il
Guerzoni
-
in
una
andana
tra
il
Lombardo
e
il
Piemonte
e
proprio
costa
a
costa
tanto
da
toccarsi
coi
due
vapori
,
riposava
una
vecchia
carcassa
di
nave
condannata
da
tempo
,
che
chiamavano
"
Nave
Joseph
"
.
Bixio
nella
sua
mente
ne
aveva
fatta
la
prima
base
di
operazione
di
tutta
la
mossa
.
Già
da
parecchi
giorni
la
Joseph
andava
ricevendo
a
poco
per
volta
delle
casse
misteriose
,
degli
involti
sospetti
,
che
avevano
le
più
strane
somiglianze
di
casse
da
munizioni
e
d
'
involti
di
fucili
...
Bixio
aveva
ordinato
che
per
la
sera
del
5
maggio
tra
le
nove
e
le
dieci
,
una
quarantina
d
'
uomini
si
raccogliessero
in
silenzio
su
quella
nave
,
e
stessero
ad
aspettare
la
sua
venuta
e
i
suoi
ordini
.
Gli
uomini
erano
parte
marinai
fedeli
,
parte
volontari
ma
del
fiore
.
Alle
nove
e
mezzo
arrivarono
sulla
Joseph
Bixio
e
lo
scrittore
di
queste
pagine
.
Appena
a
bordo
Bixio
cavò
di
tasca
un
berretto
da
tenente
-
colonnello
,
se
lo
calò
sulle
orecchie
,
e
disse
:
-
Signori
,
da
questo
momento
comando
io
,
attenti
ai
miei
ordini
.
-
E
gli
ordini
furono
:
buttarsi
col
revolver
in
pugno
sui
vicini
vapori
,
fingere
di
svegliarvi
la
gente
di
guardia
,
fingere
di
costringere
i
fochisti
ad
accendere
,
i
marinai
a
salpar
l
'
ancora
,
i
macchinisti
a
prepararsi
al
loro
mestiere
,
sgombrare
,
pulire
il
bastimento
,
allestirlo
in
fretta
per
la
partenza
.
E
così
fu
fatto
nel
massimo
ordine
e
silenzio
,
e
non
senza
accompagnare
di
molti
sorrisi
quella
farsa
con
cui
quella
epopea
esordiva
.
Fra
tutte
queste
operazioni
se
ne
andarono
quattro
o
cinque
ore
,
e
già
i
primi
chiarori
dell
'
alba
cominciavano
a
rompere
dalla
punta
di
Portofino
.
Bixio
era
inquieto
e
principiava
a
perdere
anche
quell
'
ultimo
avanzo
di
pazienza
che
in
quei
giorni
di
febbre
e
rabbia
gli
era
restato
.
Finalmente
,
verso
le
quattro
del
mattino
tutto
era
pronto
,
e
i
due
piroscafi
uscirono
dal
porto
,
girando
verso
Quarto
,
punto
designato
dell
'imbarco."
Ma
prima
di
tirar
avanti
per
Quarto
,
i
due
piroscafi
si
pigliarono
su
una
parte
dei
Mille
,
che
stava
alla
foce
del
Bisagno
.
Ivi
erano
avvenute
delle
scene
pietose
di
questa
sorte
.
Tra
quei
giovani
c
'
era
un
Luzzatto
da
Udine
,
cui
fu
detto
che
tra
la
folla
si
aggirava
la
madre
sua
,
venuta
così
da
lontano
a
cercarlo
.
Voleva
benedirlo
o
tirarselo
via
da
quel
cimento
?
Il
giovanetto
le
si
fece
incontro
,
e
le
andò
tra
le
braccia
;
ma
la
sua
prima
parola
fu
di
pregarla
a
non
gli
dir
di
tornarsene
,
perché
a
lui
sarebbe
stato
mortale
il
dolore
di
partir
lo
stesso
dopo
averla
disubbidita
.
Altri
padri
,
madri
sorelle
andavano
tra
quei
gruppi
,
pregando
,
scongiurando
,
incuorando
,
e
alla
fine
dando
il
bacio
quasi
della
morte
;
e
quando
i
due
vapori
apparvero
e
accolsero
quei
giovani
,
chi
aveva
assistito
a
quelle
scene
dovè
tornarsene
nella
città
col
cuore
quasi
sollevato
.
Uguali
cose
avvenivano
a
Quarto
.
Là
verso
le
dieci
c
'
era
folla
anche
più
fitta
che
alla
foce
.
Tutta
la
via
che
si
svolge
intorno
a
quel
piccolo
seno
di
acque
era
stipata
.
Nella
villa
Spinola
entravano
,
dalla
villa
uscivano
frettolosi
uno
dopo
l
'
altro
incessanti
messaggeri
;
a
ogni
momento
si
faceva
tra
la
folla
gran
silenzio
,
si
udiva
dire
:
"
Eccolo
!
"
No
,
non
era
ancora
Garibaldi
.
Poi
la
folla
fece
un
'
ultima
volta
largo
più
agitata
,
tacquero
tutti
:
finalmente
era
Lui
!
Garibaldi
attraversò
la
strada
seguìto
da
Turr
e
da
Sirtori
,
allora
già
colonnelli
,
e
per
un
vano
del
muricciolo
rimpetto
al
cancello
della
Villa
,
discese
franco
giù
per
gli
scogli
.
E
cominciarono
i
commiati
.
Tra
gli
altri
bello
e
forte
è
narrare
quello
di
uno
Stefano
Dapino
cui
suo
padre
,
vecchio
amico
di
Mazzini
e
dei
fratelli
Ruffini
,
aveva
accompagnato
fino
a
quel
passo
.
Quel
padre
aveva
con
sé
anche
un
altro
figliuolo
più
giovane
.
Conversavano
tranquilli
come
se
il
figlio
partisse
per
una
caccia
;
poi
senza
parole
,
senza
sospiri
il
padre
abbracciò
il
figlio
,
stettero
un
poco
stretti
prima
essi
due
,
poi
tutti
e
tre
,
finché
Stefano
che
aveva
alla
spalla
la
carabina
,
baciò
il
fratello
,
gli
fece
segno
come
a
raccomandargli
il
padre
,
si
staccò
da
loro
e
discese
per
dove
scendevano
alle
barche
i
suoi
compagni
.
E
quel
padre
e
quell
'
altro
figlio
si
persero
fra
la
folla
,
portando
alla
casa
lieta
di
altre
gioie
,
ricchezza
,
bellezza
,
onore
,
quell
'
amara
gioia
d
'
esser
stati
a
quella
fortissima
prova
.
Piccole
cose
tra
le
grandi
,
nelle
ore
dell
'
attesa
,
qua
e
là
per
e
vie
di
Quarto
,
sugli
usci
delle
casupole
,
quelli
che
dovevano
partire
si
sentivano
dare
dai
pescatori
,
dai
marinai
,
certi
consigli
semplici
,
ma
d
'
amore
.
Avete
mai
navigato
?
-
No
.
-
Se
temete
di
avere
il
mal
di
mare
,
appena
a
bordo
,
coricatevi
supino
e
state
sempre
così
,
non
patirete
.
-
Se
vi
daranno
del
biscotto
mangiatene
poco
,
e
bevete
poi
pochissimo
,
se
no
guai
!
-
Sbarcherete
in
Sicilia
,
oh
sbarcherete
!
Ma
,
...
vini
traditori
laggiù
!
-
E
la
gente
?
-
Come
noi
...
però
molto
facili
a
tirare
...
Ma
chi
la
rispetta
...
Soprattutto
la
famiglia
bisogna
rispettare
laggiù
...
Ma
voi
avrete
altro
pel
capo
...
Coraggio
!
-
A
poco
a
poco
tutti
discesero
nelle
barche
,
queste
presero
il
largo
.
Verso
le
undici
,
d
'
una
di
queste
già
più
in
alto
,
si
udì
una
voce
limpida
e
bella
chiamare
"
La
Masa
!
"
E
un
'
altra
voce
rispose
:
"
Generale
!
"
Poi
non
si
udì
più
nulla
.
E
su
quell
'
acqua
stetterro
le
barche
a
cullarsi
aspettando
.
Quelli
che
v
'
erano
su
parlavano
del
Governo
,
di
Cavour
,
di
Vittorio
Emanuele
,
dell
'
accordo
,
del
disaccordo
tra
loro
e
Garibaldi
e
della
finzione
;
e
siccome
le
ore
passavano
,
i
più
cominciavano
a
temere
che
i
vapori
non
venissero
,
e
che
si
dovesse
tornare
a
terra
mortificati
,
fors
'
anche
a
farsi
arrestare
.
Oh
quel
Cavour
!
La
voleva
vincer
lui
!
Ma
quando
furon
visti
i
segnali
rossi
e
verdi
dei
due
legni
,
e
poi
i
legni
stessi
venir
con
già
a
bordo
la
gente
che
v
'
era
stata
imbarcata
alla
foce
:
quelle
barche
scoppiarono
di
grida
di
gioia
.
In
un
lampo
vogarono
ai
due
legni
;
e
in
meno
di
mezz
'
ora
,
chi
sul
Lombardo
,
chi
sul
Piemonte
,
quell
'
altro
mezzo
migliaio
di
uomini
furono
su
,
come
ognuno
seppe
ingegnandosi
;
braccia
,
ganci
,
scale
,
corde
,
tutto
fu
buono
a
salirvi
.
La
Partenza
Bellissima
fu
l
'
alba
di
quella
domenica
6
maggio
1860
.
Il
mare
,
un
po
'
mosso
durante
la
notte
,
si
era
chetato
.
Da
bordo
,
a
guardare
indietro
,
si
vedevano
la
collina
del
Bisagno
,
là
,
cupa
nella
fredda
ombra
;
e
lontano
,
profilati
nell
'
azzurro
,
azzurro
anch
'
essi
,
i
monti
lungo
la
riviera
d
ponente
che
sfumavano
via
via
verso
Savona
fin
dove
se
ne
perdevano
le
forme
.
Le
cittadette
e
le
borgate
di
quella
riva
biancheggiavano
appena
,
e
mettevano
degli
strani
sensi
di
desiderio
domestico
nella
gioia
della
partenza
.
Ma
quando
i
due
vapori
sbuffarono
e
i
mossero
,
a
vederselo
dinanzi
,
là
a
prua
,
il
promontorio
di
Portofino
pareva
dire
:
"
Venite
pure
,
oltre
me
lontana
,
molto
lontana
,
sta
la
terra
misteriosa
,
che
andate
a
cercare
.
"
Dalle
navi
,
rispondevano
all
'
invito
quelle
mille
anime
;
vecchi
amici
,
compagni
d
'
armi
che
,
cercandosi
un
posto
a
bordo
,
s
'
incontravano
,
si
abbracciavano
e
:
-
Anche
tu
?
E
tu
?
E
tu
?
-
gioia
d
'
amarsi
meglio
per
aver
sentito
e
voluto
fare
una
stessa
gran
cosa
.
Ma
ci
fu
un
momento
che
dai
due
vapori
Garibaldi
e
Bixio
si
scambiarono
coi
portavoce
delle
non
liete
parole
.
Diceva
Garibaldi
a
Bixio
:
-
Quanti
fucili
avete
a
bordo
?
-
Mille
e
cento
.
-
E
di
munizioni
?
-
Nulla
-
E
le
barche
di
Bogliasco
?
Per
guardar
che
si
guardasse
non
si
scoprivano
da
nessuna
parte
le
barche
di
cui
il
Generale
chiedeva
,
e
che
si
dovevano
trovare
in
quelle
acque
ad
aspettare
i
due
vapori
.
Eppure
quelle
barche
avevano
nella
notte
imbarcate
le
armi
e
le
munizioni
raccolte
a
Bogliasco
!
Dunque
si
doveva
star
là
tanto
che
comparissero
?
E
se
in
Genova
il
Governo
,
destato
a
forza
dalle
grida
di
qualche
Console
,
dovesse
di
necessità
accorgersi
che
dal
porto
erano
stati
menati
via
i
due
vapori
?
Se
fosse
costretto
a
spedir
una
delle
sue
navi
da
guerra
a
catturarli
,
a
ricondurli
nel
porto
,
quando
mai
si
potrebbe
poi
ritentare
l
'
impresa
?
Non
era
di
quelle
che
si
fanno
due
volte
.
Il
generale
Turr
che
in
quel
momento
stava
vicino
a
Garibaldi
,
narra
che
questi
"
rimase
qualche
tempo
meditabondo
,
che
poi
alzò
verso
il
cielo
il
capo
dicendo
:
'
Anderemo
avanti
egualmente
!
'
E
che
,
stato
un
altro
poco
,
ordinò
di
navigare
verso
Piombino
.
"
*
Ora
ecco
ciò
che
era
avvenuto
.
La
sera
avanti
un
manipolo
di
giovani
genovesi
,
scelti
dal
Bixio
e
dall
'
Acerbi
,
erano
stati
mandati
al
ponte
di
Sori
.
-
Là
-
aveva
lor
detto
Bixio
-
troverete
due
uomini
coi
quali
vi
riconoscerete
questa
parola
d
'
ordine
che
vi
do
.
Essi
vi
consegneranno
le
casse
raccolte
a
Bogliasco
;
con
quelle
vi
metteranno
nelle
barche
,
e
vi
condurranno
,
come
siamo
intesi
,
a
trovarci
.
-
Chi
erano
i
due
uomini
?
A
qualcuno
di
quel
giovani
balenò
il
dubbio
che
potessero
essere
quegli
stessi
che
già
nel
1857
avevano
guidate
le
barche
comandate
da
Rosolino
Pilo
,
cariche
dei
fucili
e
delle
munizioni
per
Pisacane
,
che
doveva
passar
sul
vapore
Cagliari
.
Quegli
uomini
avevano
menato
pel
golfo
il
povero
Rosolino
così
male
,
che
egli
e
il
gruppo
di
esuli
che
aveva
seco
non
erano
riusciti
a
trovar
il
vapore
su
cui
Pisacane
magnanimo
aveva
continuato
senz
'
armi
la
sua
avventura
.
Ora
se
quegli
uomini
erano
forse
gli
stessi
di
allora
?
I
giovani
mandati
dal
Bixio
a
Sori
avevano
ragione
di
volersi
accertare
e
ne
domandarono
i
nomi
.
-
A
voi
non
ispetta
per
ora
sapere
né
il
nome
né
chi
vi
guiderà
-
disse
Bixio
-
né
dove
incontrerete
i
vapori
:
andate
;
tutto
,
si
spera
,
andrà
a
seconda
.
-
Allora
la
gioventù
aveva
imparato
a
ubbidire
fortemente
,
e
quei
giovani
si
recarono
a
Sori
,
dove
trovarono
i
due
uomini
,
che
erano
proprio
quelli
dei
quali
avevano
dubitato
.
Tuttavia
si
imbarcarono
essi
e
ogni
cosa
.
Ma
di
quei
due
uomini
che
dovevano
guidarli
in
mare
,
uno
si
era
già
allontanato
,
e
l
'
altro
non
volle
entrare
con
loro
in
nessuna
barca
.
Lo
pregarono
,
lo
supplicarono
e
persino
lo
minacciarono
,
ma
egli
si
slanciò
in
un
leggerissimo
canotto
a
due
remi
,
e
celerissimo
si
allontanò
,
gridando
che
lo
seguissero
alla
luce
del
fanale
che
stava
accendendo
sulla
sua
poppa
.
Il
fanale
stette
acceso
una
ventina
di
minuti
,
poi
si
spense
;
e
per
quanto
quei
giovani
gridassero
dietro
a
quell
'
uomo
,
egli
non
si
fece
più
vivo
.
Sperarono
che
tornasse
,
passarono
le
ore
;
e
intanto
i
rematori
,
tutti
di
Conegliano
,
vogarono
al
largo
verso
ponente
.
Benché
fosse
notte
alta
,
i
giovani
si
accorsero
di
esser
condotti
male
;
ma
i
barcaiuoli
giurarono
di
aver
avuto
l
'
ordine
di
andar
allo
scoglio
detto
di
Sant
'
Andrea
presso
Sestri
Ponente
,
che
là
avrebbero
trovato
i
vapori
e
che
là
i
due
uomini
li
avrebbero
raggiunti
.
Durarono
così
molte
ore
,
finché
sicuri
di
essere
ingannati
costrinsero
i
barcaiuoli
a
volgersi
verso
levante
,
e
quando
fu
l
'
alba
videro
da
lontanissimo
due
vapori
verso
Portofino
.
Indovinarono
che
vapori
erano
;
e
allora
(
l
'
espressione
è
di
uno
di
loro
che
ne
scrisse
pochi
anni
dipoi
)
,
il
loro
dolore
fu
immenso
come
il
mare
.
Intanto
i
due
uomini
,
i
due
traditori
che
gli
avevano
ingannati
,
erano
stati
tutta
la
notte
a
scaricare
mercanzie
di
contrabbando
,
sete
e
coloniali
;
certo
approfittando
del
fatto
che
i
doganieri
lungo
le
rive
o
non
v
'
erano
o
facevano
cattiva
guardia
,
per
ordini
avuti
di
non
disturbar
nessuno
quella
notte
di
misteriosa
faccenda
.
Se
Bixio
che
aveva
dato
gli
ordini
a
quei
giovani
,
sicuro
nella
sua
fierezza
di
mandarli
a
gente
dabbene
,
avesse
potuto
avere
quei
due
ribaldi
là
sul
suo
ponte
,
chi
sa
qual
pena
avrebbe
loro
inflitta
!
Egli
era
uomo
da
metterseli
sotto
i
piedi
,
o
da
impiccarli
all
'
albero
della
sua
nave
,
come
anticamente
si
faceva
ai
pirati
.
L
'
Ordine
del
giorno
Dunque
i
due
vapori
navigarono
via
verso
Piombino
.
E
tutto
il
6
e
la
notte
appresso
e
la
mattina
del
7
,
non
ebbero
incontri
.
I
volontari
che
a
poco
a
poco
si
erano
messi
al
posto
che
ognuno
aveva
saputo
trovarsi
,
e
sopra
coperta
o
sotto
nelle
sale
dei
vapori
,
passavano
le
ore
dormendo
,
conversando
,
leggendo
.
Ma
a
mezza
mattina
quelli
che
stavano
sul
Lombardo
,
furono
chiamati
in
coperta
,
dove
dal
ponte
di
comando
fu
loro
letto
l
'
ordine
del
giorno
.
Diceva
così
:
"
La
missione
di
questo
corpo
sarà
,
come
fu
,
basata
sull
'
abnegazione
la
più
completa
davanti
alla
rigenerazione
della
patria
.
I
prodi
Cacciatori
delle
Alpi
servirono
e
serviranno
il
loro
paese
con
la
devozione
e
la
disciplina
dei
migliori
militanti
,
senz
'
altra
speranza
,
senz
'
altra
pretesa
che
la
soddisfazione
della
loro
intemerata
coscienza
.
Non
gradi
,
non
onori
,
non
ricompense
allettarono
questi
bravi
;
essi
si
rannicchiarono
nella
modestia
della
vita
privata
,
allorché
scomparve
il
pericolo
;
suonando
l
'
ora
della
pugna
,
l
'
Italia
li
rivede
ancora
in
prima
fila
,
ilari
,
volenterosi
,
e
pronti
a
versare
il
sangue
loro
per
essa
.
Il
grido
di
guerra
dei
Cacciatori
delle
Alpi
è
lo
stesso
che
rimbombò
sulle
sponde
del
Ticino
,
or
sono
dodici
mesi
:
'
Italia
e
Vittorio
Emanuele
'
,
e
questo
grido
pronunciato
da
voi
metterà
spavento
ai
nemici
d
'Italia."
Quella
lettura
destò
qualche
mormorio
qua
e
là
tra
le
gente
del
Lombardo
;
ma
la
nobiltà
dei
certe
frasi
e
il
nome
del
Generale
che
le
parlava
,
imponevano
silenzio
ad
ogni
passione
.
Il
motto
'
Italia
e
Vittorio
Emanuele
'
scontentava
moltissimi
,
i
quali
,
repubblicani
di
fede
,
non
avrebbero
voluto
sentirsi
legare
da
quelle
parole
.
Ma
non
vi
furono
gravi
rimostranze
.
A
quell
'
ora
stessa
,
lo
stesso
ordine
del
giorno
era
letto
sul
Piemonte
e
vi
faceva
lo
stesso
effetto
.
A
Talamone
Intanto
i
due
vapori
costeggiavano
quasi
la
terra
.
Pareva
già
passato
tanto
tempo
dalla
partenza
,
che
i
meno
esperti
,
vedendo
una
torre
su
cui
sventolava
la
bandiera
tricolore
,
credettero
di
esser
già
in
Sicilia
,
e
che
quella
fosse
la
bandiera
della
rivoluzione
trionfante
.
Ma
non
erano
che
in
Toscana
.
Quella
torre
e
quel
gruppo
di
case
che
le
stavano
intorno
,
si
chiamavano
Talamone
.
E
quando
le
navi
furono
là
vicinissime
,
fu
vista
una
barca
vogare
loro
incontro
:
e
nella
barca
stava
un
ufficiale
con
in
capo
un
enorme
cappello
a
feluca
,
che
non
lasciava
quasi
vedere
un
altro
ufficiale
che
quello
aveva
seco
.
Erano
i
comandanti
del
forte
e
del
porto
.
Scambiarono
dei
saluti
col
Piemonte
,
vi
montarono
su
,
vi
si
trattennero
un
poco
con
Garibaldi
,
poi
tornarono
nella
loro
barca
;
e
poco
appresso
i
due
vapori
gettavano
l
'
ancora
in
quel
porto
.
Ivi
,
alla
lesta
,
Garibaldi
discese
a
terra
col
suo
stato
maggiore
,
vestito
da
generale
dell
'
esercito
piemontese
,
come
l
'
anno
avanti
in
Lombardia
,
e
come
se
fosse
in
terra
sua
fece
sbarcare
i
Mille
.
Il
villaggio
fu
invaso
.
Quei
poveri
abitanti
,
marinai
,
pescatori
,
carbonai
della
Maremma
,
si
trovarono
con
le
case
messe
sossopra
da
quella
gente
che
pagava
,
ma
voleva
mangiare
.
Forse
pensavano
che
anticamente
così
s
'
erano
visti
invasi
i
loro
padri
dai
corsari
;
ma
saputo
chi
erano
quei
forestieri
e
l
'
uomo
che
li
conduceva
,
si
sbrigavano
con
gioia
per
contentarli
.
Garibaldi
undici
anni
avanti
era
passato
per
la
Maremma
,
e
vi
aveva
lasciato
la
sua
leggenda
.
Intanto
,
tra
quei
volontari
,
i
più
vaghi
delle
cose
belle
contemplavano
il
paesaggio
.
A
guardare
il
mare
vedevano
l
'
Elba
,
la
Pianosa
,
Montecristo
,
il
Giglio
,
quasi
in
vasto
semicerchio
come
a
una
gran
danza
:
a
guardar
verso
terra
,
vedevano
il
monte
Amiata
,
e
i
più
colti
indovinavano
in
quelle
lontananze
Santafiora
e
Sovana
,
nomi
pieni
di
storia
.
Tra
l
'
Amiata
e
il
mare
,
faceva
tristezza
un
lembo
della
Maremma
infelice
.
Là
doveva
essere
Orbetello
,
fortezza
dell
'
antico
Stato
dei
Presidii
fondato
da
Carlo
V
,
quando
spenta
la
repubblica
di
Siena
e
dato
il
suo
territorio
a
Cosimo
de
'
Medici
,
volle
tenere
per
sé
quel
lembo
di
dominio
,
diffidando
certo
del
popolo
senese
e
più
del
fiorentino
che
aveva
fatto
la
meravigliosa
difesa
nel
1530
contro
le
sue
milizie
.
Ora
quel
lembo
di
terra
,
dopo
vicende
molte
,
era
toscano
,
italiano
,
libero
.
Era
stato
anche
del
Re
di
Napoli
fino
al
1805
.
Ecco
che
ora
vi
faceva
sosta
Garibaldi
,
per
pigliarvi
,
se
si
può
dir
così
,
l
'
abbrivio
,
a
levar
via
dal
trono
gli
eredi
di
quei
Re
.
In
faccia
a
Talamone
verso
sud
,
forse
a
dieci
chilometri
di
mare
,
i
contemplatori
ammiravano
il
monte
Argentaro
selvoso
sulle
sue
cime
,
che
guardate
da
quell
'
umile
spiaggia
parevano
eccelse
.
Gli
stava
ai
piedi
la
cittadetta
di
Santo
Stefano
.
Ricordo
allora
quasi
fresco
,
ivi
,
nel
1849
,
s
'
era
fatto
portare
da
Talamone
in
una
barca
da
pescatori
Leopoldo
II
,
fuggito
da
Firenze
con
la
sua
famiglia
.
Da
Santo
Stefano
con
ignobili
infingimenti
,
ingannati
i
toscani
,
era
poi
partito
per
Gaeta
,
dove
aveva
cospirato
per
far
venire
gli
Austriaci
in
Toscana
.
E
gli
Austriaci
lo
avevano
servito
a
rimetterlo
in
trono
.
Ma
adesso
erano
appena
passati
undici
anni
,
si
era
avverata
la
minaccia
fattagli
dai
più
nobili
uomini
del
paese
;
ed
egli
da
un
anno
se
n
'
era
dovuto
andar
via
per
sempre
.
In
un
gruppo
d
'
eruditi
raccolti
all
'
ombra
di
un
ciuffo
di
olivi
,
a
ridosso
di
Talamone
,
si
parlava
d
'
una
battaglia
vinta
là
attorno
dai
Romani
contro
i
Galli
Cesati
.
Quarantamila
morti
!
Ma
come
mai
tanta
strage
con
l
'
armi
d
'
allora
?
Certo
doveva
avvenire
nell
'
inseguimento
dei
vinti
.
E
dai
Galli
passavano
a
dir
di
Mario
.
Anche
Mario
reduce
da
Cartagine
per
tornarsene
a
Roma
,
era
sbarcato
lì
a
Talamone
.
Ora
Garibaldi
non
era
quasi
un
Mario
buono
?
E
Roma
non
era
il
suo
pensiero
?
Se
gli
fosse
venuto
in
mente
di
andare
anch
'
egli
di
là
a
Roma
!
Non
era
egli
il
Generale
della
repubblica
romana
?
Erano
ardenti
discorsi
.
Ma
,
a
questo
proposito
,
nascevano
in
quello
e
anche
in
altri
gruppi
discussioni
vive
sull
'
ordine
del
giorno
udito
a
bordo
il
mattino
.
Molti
non
si
sapevano
liberare
da
certo
scontento
che
aveva
lasciato
loro
il
motto
monarchico
;
ma
la
disciplina
volontaria
era
forte
.
Difatti
si
staccarono
poi
dalla
spedizione
e
se
ne
tornarono
di
là
alle
loro
case
,
soltanto
sei
o
sette
giovani
cari
.
Seguivano
il
sardo
Brusco
Onnis
che
del
motto
'
Italia
e
Vittorio
Emanuele
'
era
rimasto
quasi
offeso
.
Repubblicano
inflessibile
,
si
era
imbarcato
a
Genova
sperando
forse
che
Garibaldi
,
una
volta
in
mare
,
si
ricordasse
d
'
essere
anche
egli
repubblicano
;
ma
deluso
,
ora
se
ne
andava
,
e
se
ne
andavano
con
lui
quei
pochi
,
però
senza
che
fosse
fatto
a
loro
nessun
raffaccio
.
Rinunciavano
per
la
loro
idea
ad
una
delle
più
grandi
soddisfazioni
che
cuor
d
'
allora
potesse
avere
,
e
il
sacrificio
meritava
rispetto
.
I
Mille
Ma
cosa
si
stava
a
perder
tempo
in
Talamone
,
mentre
in
Sicilia
la
rivoluzione
pericolava
,
e
si
poteva
,
giungendovi
,
trovarla
spenta
?
Questo
lo
sapeva
Garibaldi
.
Intanto
su
quella
spiaggia
i
Mille
si
vedevano
bene
tra
loro
la
prima
volta
,
come
in
una
rassegna
.
Ora
,
chi
parla
di
quei
tempi
e
di
quelle
cose
,
dice
presto
:
il
1860
,
la
Sicilia
insorta
,
il
gran
nome
di
Garibaldi
,
quello
di
alcuni
suoi
illustri
,
la
partenza
da
Quarto
,
la
traversata
maravigliosa
,
lo
sbarco
a
Marsala
,
Calatafimi
,
Palermo
e
la
liberazione
finale
;
due
o
tre
date
e
un
numero
d
'
uomini
,
pochi
più
di
Mille
,
e
per
la
storia
in
grande
è
quasi
tutto
.
Ma
quei
Mille
chi
erano
?
Che
cosa
erano
?
Non
certo
una
specie
di
compagnia
di
ventura
all
'
antica
;
non
una
parte
di
vecchio
esercito
costituito
,
staccata
a
scelta
o
per
caso
;
nessuna
legge
li
obbligava
,
non
erano
soldati
di
professione
,
non
avevano
tutti
quella
media
di
età
che
di
solito
hanno
i
soldati
;
non
una
cultura
comune
ed
uguale
,
e
nemmeno
una
divisa
uniforme
.
Vestivano
quasi
tutti
alla
borghese
e
alle
diverse
fogge
,
dalle
quali
,
a
quei
tempi
,
si
riconoscevano
ancora
a
qual
regione
d
'
Italia
e
a
qual
classe
sociale
uno
appartenesse
.
E
parlavano
quasi
tutti
i
dialetti
della
penisola
.
Erano
,
per
dir
così
,
parte
dell
'
esercito
popolare
militante
di
cuore
nel
partito
rivoluzionario
:
vecchi
,
figliuoli
di
giacobini
,
di
napoleonidi
,
di
Murattisiti
;
uomini
di
mezza
età
,
educati
dalla
Giovane
Italia
,
tra
le
congiure
e
le
insurrezioni
;
giovani
nei
quali
la
letteratura
classica
e
la
romantica
s
'
erano
fuse
in
una
bella
temperanza
a
fecondare
l
'
amor
di
patria
.
Con
essi
,
degli
artigiani
che
dalle
diverse
scuole
politiche
e
dai
fatti
belli
dell
'
ultimo
decennio
,
erano
stati
destati
al
concetto
della
nazione
.
Di
loro
fu
subito
detto
che
erano
eroi
favolosi
,
pazzi
sublimi
,
ed
altre
simili
iperboli
,
e
anche
delle
ingiurie
.
Invece
di
volenterosi
com
'
essi
ve
n
'
erano
in
Italia
a
migliaia
;
ma
ad
essi
intanto
era
toccata
quella
fortuna
.
Uno
che
vi
era
e
dei
migliori
,
scrivendone
poi
nella
vita
di
Garibaldi
,
con
quattro
pennellate
alla
brava
disse
che
erano
un
popolo
misto
"
di
tutte
le
età
e
di
tutti
i
ceti
,
di
tutte
le
parti
e
di
tutte
le
opinioni
,
di
tutte
le
ombre
e
di
tutti
gli
splendori
,
di
tutte
le
miserie
e
di
tutte
le
virtù
"
e
vi
notò
"
il
patriota
sfuggito
per
prodigio
alle
forche
austriache
e
alle
galere
borboniche
,
il
siciliano
in
cerca
della
patria
,
il
poeta
in
cerca
d
'
un
romanzo
,
l
'
innamorato
in
cerca
dell
'
oblio
,
il
notaio
in
cerca
di
un
'
emozione
,
il
miserabile
in
cerca
d
'
un
pane
,
l
'
infelice
in
cerca
della
morte
:
mille
teste
,
mille
cuori
,
mille
vite
diverse
,
ma
la
cui
lega
purificata
dalla
santità
dell
'
insegna
,
animata
dalla
volontà
unica
di
quel
Capitano
,
formava
una
legione
formidabile
e
quasi
fatata
.
"
Così
li
ritrasse
il
Guerzoni
,
caro
al
Generale
e
vivido
ingegno
,
e
fu
felice
pittore
.
Narrar
di
loro
,
descriverne
gli
aspetti
,
farne
rivivere
la
fisionomia
morale
,
resuscitare
coi
ricordi
i
loro
sentimenti
e
quelli
dell
'
epoca
ora
quasi
estinti
,
è
un
giusto
servigio
che
vuole
essere
reso
alla
storia
.
La
quale
si
avvia
a
non
più
fermarsi
solo
nelle
reggie
per
trovarvi
le
dinastie
,
o
nei
campi
per
descriver
battaglie
e
celebrare
capitani
;
ma
già
accoglie
nelle
sue
pagine
il
personaggio
popolo
,
che
ai
fatti
col
proprio
sangue
e
col
proprio
danaro
dà
il
cuore
.
E
il
cuore
governa
il
mondo
,
e
il
sentimento
fa
i
veri
miracoli
della
storia
.
*
A
colpo
d
'
occhio
,
si
poteva
dire
che
per
un
quarto
quei
Mille
erano
uomini
fra
i
trenta
e
i
quarant
'
anni
e
per
un
altro
bel
numero
tra
i
quaranta
e
i
cinquanta
;
forse
dugento
stavano
tra
i
venticinque
e
i
trenta
.
Gli
altri
,
i
più
,
erano
tra
i
diciotto
e
i
venticinque
.
Di
adolescenti
ce
n
'
erano
una
ventina
,
quasi
tutti
bergamaschi
.
Alcuni
qua
e
là
tra
quei
gruppi
parevano
trovarvisi
per
curiosità
,
perché
,
vecchi
oltre
i
sessanta
;
e
invece
vi
stavano
a
spendere
le
ultime
forze
di
una
vita
tutta
vissuta
nell
'
amore
della
patria
.
Il
vecchissimo
passava
i
sessantanove
,
aveva
guerreggiato
sotto
Napoleone
e
si
chiamava
Tommaso
Parodi
da
Genova
;
il
giovanissimo
aveva
undici
anni
,
si
chiamava
Giuseppe
Marchetti
da
Chioggia
,
fortunato
fanciullo
cui
toccava
nella
vita
un
mattino
così
bello
!
Seguiva
il
medico
Marchetti
padre
suo
,
che
se
l
'
era
tirato
dietro
in
quell
'
avventura
.
In
generale
,
certo
più
della
metà
erano
gente
colta
;
anzi
si
può
dire
che
soldati
più
colti
non
mossero
mai
a
nessun
'
altra
impresa
.
Alcuni
di
essi
,
i
vecchi
,
avevano
combattuto
nelle
rivoluzioni
del
'20
del
'21
del
'31;
molti
nelle
guerre
del
'48
e
del
'49
e
nelle
insurrezioni
di
poi
.
Nella
guerra
del
1859
avevano
militato
quasi
tutti
,
volontari
nei
reggimenti
piemontesi
o
tra
i
Cacciatori
delle
Alpi
sotto
Garibaldi
.
E
quasi
tutti
avevano
tenuto
il
broncio
al
paese
perché
,
non
si
era
mosso
quanto
avevano
sperato
,
tanto
almeno
che
il
Piemonte
non
avesse
avuto
bisogno
dell
'
aiuto
francese
.
Pronti
essi
sempre
a
dar
la
vita
,
credevano
che
tutti
dovessero
esserlo
come
loro
,
e
che
la
rivoluzione
bastasse
a
vincere
i
grandi
eserciti
e
a
far
cadere
le
fortezze
.
Per
essi
a
ogni
modo
,
quell
'
aiuto
era
stato
un
gran
dolore
,
perché
lo
aveva
recato
Napoleone
,
che
allora
chiamavano
con
forte
rancore
:
'
l
'
Uomo
del
2
dicembre
'
.
Ma
v
'
erano
pure
certuni
che
ragionando
con
la
storia
per
guida
,
sebbene
un
po
'
da
romantici
,
trovavano
che
anzi
l
'
aiuto
francese
era
stato
ammenda
giusta
d
'
una
colpa
antica
.
Non
era
stata
la
Francia
di
Carlo
VIII
la
causa
prima
della
servitù
tre
volte
secolare
d
'
Italia
?
I
francesi
del
1494
avevano
,
per
dir
così
,
gettato
il
dado
,
provocando
altri
a
giocarsi
con
loro
il
possesso
d
'
Italia
:
ora
,
quelli
del
1859
erano
venuti
a
riparare
il
danno
fattole
dai
loro
avi
.
Qualcosa
di
provvidenziale
pareva
di
vederlo
sin
nelle
date
capitali
di
quella
storia
.
Non
era
finita
la
gara
antica
proprio
nel
1559
,
con
quel
tal
trattato
di
Castel
Cambresis
che
,
esclusi
i
Francesi
,
avevano
messo
l
'
Italia
,
direttamente
o
indirettamente
,
quasi
tutta
nelle
mani
degli
Spagnuoli
?
Ed
ecco
che
dopo
trecento
anni
giusti
,
la
Francia
era
venuta
a
strappar
la
Lombardia
dalle
mani
dell
'
Austria
,
erede
in
qualche
guisa
degli
Spagnuoli
.
E
giusta
era
venuta
con
alla
testa
un
imperatore
di
sangue
italiano
;
come
era
stato
un
italiano
Emanuele
Filiberto
,
colui
che
trecent
'
anni
avanti
aveva
finita
la
gara
antica
tra
Spagnuoli
e
Francesi
,
vincendo
per
la
Spagna
a
San
Quintino
.
Non
era
quasi
da
dire
che
gli
italiani
d
'
allora
si
fossero
pigliata
la
sola
vendetta
possibile
contro
i
Francesi
?
Questi
per
primi
li
avevano
disturbati
mentre
lavoravano
a
resuscitare
il
sapere
antico
per
sé
,
e
per
l
'
Europa
;
ed
essi
,
all
'
ultimo
,
avevano
dato
il
genio
di
un
loro
guerriero
per
farla
finita
a
beneficio
del
loro
nemico
,
dovesse
pure
essere
poi
peggiore
di
essi
.
Adesso
quell
'
Italiano
che
imperava
in
Francia
ed
era
venuto
con
centocinquantamila
soldati
pareva
un
riparatore
.
Anche
l
'
Europa
intera
non
sembrava
fare
ammenda
di
qualche
suo
vecchio
torto
?
Se
essa
gridava
ma
lasciava
che
in
Italia
gl
'
italiani
facessero
ciò
che
loro
sembrava
meglio
,
non
poteva
dire
che
si
contenesse
a
quel
modo
per
un
tacito
consenso
di
giustizia
verso
il
popolo
che
trecent
'
anni
indietro
le
aveva
dato
i
frutti
del
proprio
studio
,
l
'
arte
sua
,
e
per
essa
aveva
scoperto
la
terra
e
aperte
le
vie
a
studiar
il
cielo
,
con
Colombo
e
con
Galileo
?
*
I
giovani
dai
venti
ai
venticinque
anni
quasi
tutti
sentivano
in
sé
,
vivi
e
presenti
i
fratelli
Bandiera
con
la
loro
storia
,
intesa
nella
prima
adolescenza
,
tra
le
pareti
domestiche
,
dai
padri
e
dalle
madri
angosciate
.
Quell
'
Emilio
di
25
anni
,
quell
'
Attilio
di
23
,
disertati
a
Corfù
di
sulle
navi
austriache
;
la
loro
madre
corsa
invano
colà
,
per
supplicarli
di
smettere
il
loro
disegno
d
'
andar
a
morire
;
le
loro
risposte
a
Mazzini
che
li
consigliava
di
serbarsi
a
tempi
migliori
;
e
poi
l
'
imbarco
,
il
tragitto
nell
'
Ionio
e
lo
sbarco
sulla
spiaggia
di
Crotone
,
presso
la
foce
del
Neto
,
-
che
nomi
!
-
e
il
primo
scontro
a
San
Benedetto
coi
gendarmi
borbonici
,
e
le
plebi
sollevate
a
suon
di
campane
a
stormo
contro
di
loro
gridati
Turchi
;
e
il
secondo
scontro
a
San
Giovani
in
Fiore
,
-
poesia
,
poesia
di
nomi
!
-
e
l
'
inutile
eroismo
contro
il
numero
,
e
la
cattura
e
la
Corte
marziale
e
le
risposte
ai
giudici
vili
e
la
condanna
e
la
fucilazione
nel
Vallo
di
Rovito
;
tutto
sapevano
,
tutto
come
canti
di
epopea
studiati
per
puro
amore
.
E
suonava
nei
loro
cuori
la
strofa
amara
ed
eroica
del
canto
di
Mameli
:
L
'
inno
dei
forti
ai
forti
,
Quando
sarem
risorti
Sol
li
potrem
nomar
.
Un
po
'
più
in
qua
negli
anni
,
quei
giovani
avevano
sentito
il
grido
di
Pio
IX
:
"
Gran
Dio
,
benedite
l
'
Italia
!
"
andato
a
suonare
fin
nei
più
riposti
tugurii
.
Avevano
viste
le
rivoluzioni
nelle
quali
,
troppo
fanciulli
,
non
avevano
potuto
cacciarsi
;
e
le
guerre
del
'48
e
del
'49
,
e
le
cadute
,
e
le
disperazioni
,
e
le
speranze
rinate
;
e
nel
'57
la
gran
tragedia
di
Carlo
Pisacane
coi
suoi
trecento
,
tra
plebi
mutatesi
anche
allora
in
furie
contro
di
loro
andati
per
redimerle
,
combattuti
,
accerchiati
,
oppressi
,
morti
.
Ma
dunque
tutte
le
spiaggie
del
Regno
erano
tombe
aperte
per
chiunque
tentasse
di
portarvi
un
po
'
di
libertà
?
Cresceva
la
febbre
in
quei
cuori
.
E
ve
n
'
erano
che
avevano
concepito
il
pensiero
di
andar
laggiù
per
un
ricordo
di
scuola
di
qualche
anno
addietro
:
un
luogo
dell
'
Odissea
e
dell
'
Eneide
;
o
il
racconto
letto
in
Plutarco
della
libertà
data
dai
Siracusani
ai
prigionieri
ateniesi
,
solo
per
averli
sentiti
cantare
i
cori
di
Euripide
;
o
un
episodio
della
guerra
servile
dei
tempi
romani
.
E
v
'
era
chi
più
che
delle
cose
antiche
era
pieno
delle
recenti
,
per
aver
letto
nella
storia
del
Colletta
i
supplizi
del
Caracciolo
e
del
Sanfelice
,
o
la
fine
della
repubblica
Partenopea
nel
1799
.
Altri
ancora
s
'
era
inebriato
dei
canti
popolari
siculi
,
uditi
nella
melodia
viva
di
qualche
volontario
siciliano
conosciuto
l
'
anno
avanti
nei
Cacciatori
delle
Alpi
.
Ve
n
'
era
fin
uno
,
e
lo
narrava
,
che
aveva
avuto
la
spinta
a
quel
passo
da
un
fatto
da
nulla
,
ma
che
sul
suo
cuore
aveva
potuto
più
che
la
scuola
e
i
libri
.
Un
giorno
di
luglio
dell
'
anno
avanti
,
stando
egli
in
Brescia
alla
porta
di
uno
degli
ospedali
zeppi
ancora
dei
feriti
di
Solferino
e
di
San
Martino
,
aveva
veduto
fermarsi
un
carro
di
casse
d
'
aranci
e
di
filacciche
e
di
bende
.
Venivano
dalle
donne
di
Palermo
!
O
santa
carità
della
patria
!
Dunque
in
quella
terra
lontana
si
pensava
a
chi
pativa
per
tutti
?
E
aveva
anche
inteso
dire
dai
medici
che
quelle
cose
erano
uscite
dall
'
isola
trafugate
,
perché
,
la
polizia
di
laggiù
,
guai
!
Dunque
c
'
era
in
Italia
una
tirannide
più
cruda
di
quella
dell
'
Austria
?
Ed
egli
aveva
fatto
voto
di
andare
a
dar
la
sua
vita
laggiù
,
se
mai
fosse
venuta
l
'
ora
di
levar
quella
tirannide
dal
mondo
.
La
formazione
del
piccolo
esercito
Sapeva
Garibaldi
ciò
che
faceva
,
nè
in
Talamone
stava
certo
a
perdere
tempo
.
Ivi
doveva
trovare
le
munizioni
da
guerra
o
andar
avanti
lo
stesso
a
pigliarle
in
Sicilia
al
nemico
.
Ma
frattanto
vi
faceva
dar
forma
alla
spedizione
,
comporre
le
compagnie
combattenti
e
tutti
i
corpi
che
deve
avere
un
esercito
per
entrar
in
guerra
.
Non
poteva
già
scendere
in
Sicilia
alla
testa
di
uno
stormo
disordinato
!
Al
suo
quartier
generale
diede
per
capo
il
colonnello
Stefano
Turr
che
allora
aveva
trentacinque
anni
.
Da
giovane
tenente
dell
'
esercito
austriaco
,
il
Turr
era
passato
in
Piemonte
l
'
anno
'49;
sapeva
cos
'
era
stato
il
dolore
della
sua
Ungheria
e
dell
'
Italia
quell
'
anno
;
sapeva
cosa
voleva
dire
essersi
trovato
condannato
a
morte
e
liberato
quasi
nell
'
ora
del
supplizio
,
e
cos
'
erano
le
gioie
e
le
ansie
del
cospiratore
nell
'
impaziente
attesa
della
riscossa
.
Aveva
combattuto
l
'
anno
avanti
sotto
Garibaldi
in
Lombardia
,
e
a
Tre
Ponti
aveva
sparso
il
suo
sangue
tra
i
Cacciatori
delle
Alpi
.
Bellissimo
uomo
,
alto
e
diritto
,
con
due
gran
baffi
e
un
gran
pizzo
scuri
,
e
occhi
pensosi
ma
vigili
e
mobilissimi
sotto
la
fronte
quadrata
a
torre
.
Novecento
anni
avanti
sarebbe
stato
un
fiero
capo
di
quegli
Ungheri
che
vennero
a
turbare
il
regno
di
Berengario
;
ma
ora
,
con
la
gentilezza
acquistata
dalla
sua
gente
nei
secoli
e
la
sua
nativa
,
era
un
cavaliero
che
poteva
tenere
scuola
d
'
ogni
cortesia
.
Finita
quella
guerra
divenne
diplomatico
,
apostolo
di
lavoro
e
di
pace
.
Scavò
canali
di
navigazione
nella
sua
Ungheria
,
tagliò
l
'
istmo
di
Corinto
;
va
ancora
pel
mondo
gridando
all
'
umanità
la
concordia
,
l
'
amore
e
il
bene
.
Ungherese
come
il
Turr
,
un
po
'
più
giovane
di
lui
,
aiutante
anch
'
esso
del
Generale
,
v
'
era
il
Tukory
,
che
veniva
ad
offrir
l
'
ingegno
e
la
vita
a
quest
'
Italia
,
la
quale
,
nel
Cinquantanove
,
in
certa
guisa
aveva
disdetto
la
fratellanza
di
sventure
e
di
speranze
,
che
l
'
avevano
legata
fino
allora
alla
patria
sua
.
Diceva
egli
così
senza
raffaccio
,
ma
con
dolore
.
Egli
aveva
militato
per
la
Turchia
contro
la
Russia
durante
la
guerra
di
Crimea
,
e
s
'
era
trovato
a
difendere
la
fortezza
di
Kars
contro
quei
soldati
dello
Czar
che
nel
'49
gli
avevano
rovinato
la
patria
.
Servire
un
barbaro
per
odio
contro
un
altro
barbaro
gli
doveva
essere
stato
grande
strazio
;
ma
con
Garibaldi
a
faticare
per
l
'
Italia
era
quasi
felice
.
Però
s
'
indovinava
che
era
molto
deluso
del
mondo
,
e
morire
come
morì
poi
a
Palermo
non
gli
dovette
parere
amaro
.
Poi
c
'
era
il
Cenni
di
Comacchio
,
uomo
di
quarantatré
anni
,
avanzo
di
Roma
e
della
ritirata
di
San
Marino
;
uno
tutto
fremiti
,
che
ad
averlo
vicino
pareva
di
camminar
col
fuoco
in
mano
presso
una
polveriera
.
Amico
del
Cenni
v
'
era
l
'
ingegnere
Montanari
di
Mirandola
,
anch
'
egli
avanzo
di
Roma
,
che
aveva
trentott
'
anni
e
ne
mostrava
cinquanta
per
la
tetraggine
che
gli
avevano
impressa
le
meditate
sventure
del
paese
.
Anche
aveva
molto
patito
nelle
carceri
di
Mantova
e
di
Rubiera
.
Ma
contrasto
quasi
d
'
arte
gli
stava
a
lato
un
senese
,
che
da
giovane
aveva
fatto
versi
,
sembrati
al
Niccolini
degni
del
Foscolo
.
Nei
suoi
ventisei
anni
bellissimo
e
forte
,
era
sempre
gaio
come
se
gli
cantasse
un
'
allodola
in
core
.
Era
quel
povero
Bandi
,
che
cinque
ferite
di
piombo
non
poterono
poi
uccidere
sul
colle
di
Calatafimi
;
e
doveva
campare
ancora
trentacinque
anni
,
per
essere
ucciso
quasi
vecchio
e
a
ghiado
,
da
uno
a
lui
sconosciuto
.
E
v
'
era
Giovanni
Basso
,
nizzardo
,
ombra
più
che
segretario
del
Generale
,
ch
'
egli
aveva
visto
sublime
a
Roma
,
umile
ma
ancora
più
sublime
da
povero
candelaio
alla
Nuova
York
.
E
c
'
erano
il
Crispi
,
allora
poco
conosciuto
,
e
l
'
Elia
anconitano
,
che
poi
a
Calatafimi
fu
quasi
ucciso
mentre
si
lanciava
a
coprir
Garibaldi
.
C
'
erano
il
Griziotti
pavese
di
trentott
'
anni
,
matematico
di
bella
mente
ma
di
cuore
più
bello
ancora
;
e
il
Gusmaroli
di
cinquanta
,
antico
parroco
del
Mantovano
,
che
come
l
'
eroe
dell
'
Henriade
andava
tra
quelli
che
uccidevano
,
senza
difendersi
e
senza
mai
pensare
ad
uccidere
.
Ma
il
tocco
michelangiolesco
lo
metteva
in
quel
gruppo
Simone
Schiaffino
,
bel
capitano
di
mare
,
che
pareva
andasse
studiando
Garibaldi
,
per
divenire
simile
a
lui
nell
'
anima
come
gli
somigliava
già
un
po
'
nel
volto
;
biondo
come
lui
,
assai
più
aitante
di
lui
,
con
un
petto
da
contenervi
cento
cuori
d
'
eroe
.
Allo
Stato
Maggiore
generale
presiedeva
il
colonnello
Sirtori
.
Antico
sacerdote
,
aveva
chiuso
per
sempre
il
suo
breviario
,
portandone
scolpito
il
contenuto
nel
cuore
casto
,
e
serbando
nella
vita
la
severità
e
la
povertà
dell
'
asceta
claustrale
.
Spirito
rigido
,
cuore
intrepido
,
ingegno
poderoso
,
nel
Quarantanove
con
l
'
Ulloa
napoletano
,
era
stato
ispiratore
del
generale
Pepe
nella
difesa
di
Venezia
.
Poi
esule
in
Parigi
,
aveva
visto
indignato
trionfare
sull
'
uccisa
repubblica
Napoleone
III
.
E
la
vita
gli
si
era
fatta
un
lutto
.
Non
aveva
perdonato
all
'
Imperatore
il
2
dicembre
,
neppure
vedendolo
poi
scendere
nel
Cinquantanove
con
centocinquantamila
francesi
a
liberargli
la
sua
Lombardia
;
anzi
,
antico
soldato
della
patria
s
'
era
astenuto
dal
venire
a
quella
guerra
imperiale
.
Ma
la
guerra
stessa
,
com
'
era
seguita
,
gli
aveva
insegnato
a
non
illudersi
più
.
Non
aveva
guari
speranze
che
quell
'
impresa
si
potesse
far
bene
;
consultato
,
l
'
aveva
sconsigliata
,
ma
dichiarando
che
se
Garibaldi
ci
si
fosse
risolto
,
lo
avrebbe
seguito
.
Ed
ora
a
quarantasette
anni
,
era
lì
con
quella
sua
faccia
patita
,
incorniciata
da
una
strana
barba
ancor
bionda
,
esile
alquanto
della
persona
,
silenzioso
,
guardato
come
se
portasse
in
sé
qualcosa
di
sacro
,
forse
le
promesse
dell
'
oltretomba
.
Pareva
il
Turpino
di
quella
gesta
.
Da
lui
dipendevano
,
come
capitani
,
un
Bruzzesi
romano
di
trentasette
anni
;
il
matematico
Calvino
esule
trapanese
di
quarant
'
anni
,
onore
dell
'
emigrazione
siciliana
;
Achille
Maiocchi
milanese
di
trentanove
,
e
Giorgio
Manin
,
figlio
del
gran
Presidente
della
repubblica
veneziana
,
che
non
ne
aveva
ancor
trenta
.
Ufficiali
minori
seguivano
Ignazio
Calona
palermitano
,
un
gran
bel
sessagenario
che
a
guardargli
in
viso
pareva
di
leggere
la
poesia
del
Meli
;
il
mantovano
ingegner
Borchetta
di
trentadue
anni
gran
repubblicano
;
ultimo
v
'
era
un
giovane
tenente
dell
'
esercito
piemontese
,
disertato
a
portar
tra
i
Mille
il
suo
cuore
.
Questi
doveva
morire
a
Calatafimi
sotto
il
nome
di
De
Amicis
,
ma
veramente
si
chiamava
Costantino
Pagani
.
*
E
poi
veniva
il
grosso
del
piccolo
esercito
.
Alla
testa
della
prima
compagnia
chi
se
non
il
Bixio
?
Era
quel
Bixio
che
nel
Quarantasette
,
in
una
via
di
Genova
,
fattosi
alle
briglie
del
cavallo
di
Carlo
Alberto
,
gli
aveva
gridato
:
"
Dichiarate
,
o
Sire
,
la
guerra
all
'
Austria
,
e
saremo
tutti
con
voi
!
"
Nel
Quarantotto
era
volato
in
Lombardia
con
Mameli
;
con
Mameli
era
stato
a
Roma
dove
era
parso
l
'
Aiace
della
difesa
,
e
il
30
aprile
vi
aveva
fatto
prigioniero
tutto
un
battaglione
di
francesi
.
Poi
aveva
navigato
portando
per
gli
oceani
le
sue
speranze
.
Ma
nel
Cinquantanove
aveva
riprese
le
armi
,
non
più
riluttante
a
fare
la
guerra
regia
,
e
facendola
bene
:
adesso
era
capitano
del
Lombardo
,
ma
in
terra
avrebbe
comandata
la
prima
compagnia
.
Il
Dezza
ingegnere
e
il
Piva
,
che
dovevano
divenire
generali
dell
'
esercito
italiano
,
erano
suoi
luogotenenti
.
Marco
Cossovich
,
veneziano
,
uno
che
nel
'48
aveva
concorso
a
levar
l
'
arsenale
agli
Austriaci
,
e
Francesco
Buttinoni
da
Treviglio
provato
già
nel
'48
e
nel
'49
,
erano
loro
sottotenenti
,
tutti
e
quattro
già
chi
di
trenta
,
di
trentacinque
o
trentasei
anni
;
e
sergenti
e
soldati
benché
fior
d
'
uomini
tutti
,
badassero
bene
con
chi
avevano
da
fare
,
ché
con
Bixio
,
non
dico
paurosi
,
ma
solo
inesperti
o
disattenti
o
svogliati
,
c
'
era
da
essere
inceneriti
.
Ma
ogni
dappoco
sarebbe
divenuto
un
valente
anche
solo
pel
contatto
con
sergenti
come
erano
Ettore
Filippini
,
Eugenio
Sartori
,
Angelo
Rebeschini
,
Enrico
Uziel
,
e
tra
commilitoni
come
Giovanni
Capurro
,
Emilio
Evangelisti
,
Enrico
Rossetti
,
e
altri
molti
che
Bixio
aveva
impressi
del
suo
sigillo
.
E
poi
vi
erano
nella
compagnia
Pietro
Spangaro
,
Raniero
Taddei
,
Antonio
Ottavi
,
già
ufficiali
di
grido
che
per
nobile
compiacimento
si
erano
lasciati
fondere
con
la
massa
dei
semplici
militi
,
e
vi
facevano
scuola
di
virtù
militari
.
La
seconda
compagnia
,
detta
dei
livornesi
perché
di
Livorno
era
Jacopo
Sgarallino
,
il
più
popolare
dei
suoi
ufficiali
,
e
di
Livorno
erano
i
suoi
sergenti
,
fu
affidata
al
colonnello
Vincenzo
Orsini
.
Questi
non
veniva
dalla
storica
famiglia
Orsini
di
Roma
e
neppure
da
quella
romagnola
da
cui
uscì
Felice
Orsini
,
uomo
allora
di
recente
terribilità
,
per
le
bombe
che
aveva
lanciate
in
Parigi
contro
Napoleone
III
,
e
rimpianto
per
la
nobile
vita
così
sacrificata
e
per
la
rassegnata
morte
sul
patibolo
.
Il
colonnello
garibaldino
era
di
famiglia
palermitana
,
uomo
già
di
quarantacinque
anni
,
ufficiale
dell
'
artiglieria
borbonica
da
giovane
,
poi
affiliato
alla
Giovane
Italia
,
passato
al
servizio
dell
'
isola
sua
nella
rivoluzione
del
'48
,
cresciuto
con
essa
,
con
essa
caduto
nel
'49
.
Da
quell
'
anno
era
vissuto
esule
negli
eserciti
di
Turchia
,
salendovi
a
colonnello
dell
'
arma
ne
'
cui
studi
era
stato
allevato
.
Venuto
il
'59
,
era
tornato
in
Italia
,
e
adesso
era
lì
a
riportar
il
braccio
alla
sua
Sicilia
.
Prevalevano
nella
compagnia
per
numero
gli
operai
,
anch
'
essi
però
uomini
intelligenti
,
che
sapevano
bene
qual
passo
avevano
fatto
:
e
i
più
erano
toscani
,
e
portavano
nomi
i
nobiltà
popolaresca
antica
.
Per
la
stessa
ragione
per
cui
la
seconda
compagnia
fu
chiamata
dei
livornesi
,
la
terza
poteva
dirsi
dei
calabresi
perché
di
Calabria
erano
il
barone
Stocco
che
la
comandava
,
verde
vecchio
di
cinquantaquattro
anni
,
e
Francesco
Sprovieri
,
Stanislao
Lamensa
,
Raffaele
Piccoli
,
Antonio
Santelmo
suoi
ufficiali
.
V
'
erano
inquadrati
degli
uomini
insigni
come
Cesare
Braico
,
Vincenzo
Caronelli
,
Domenico
Damis
,
Domenico
e
Raffaele
Mauro
fratelli
,
Nicolò
Mignogna
,
Antonio
Plutino
,
Luigi
Miceli
;
e
avvocati
e
medici
e
ingegneri
,
e
futuri
deputati
,
senatori
,
ministri
e
generali
,
tutti
fra
i
trentacinque
e
i
cinquant
'
anni
,
tutti
di
Calabria
e
di
Puglia
.
Pareva
la
compagnia
dei
savi
!
La
quarta
toccò
a
Giuseppe
La
Masa
,
siciliano
di
Trabia
,
antico
all
'
esilio
,
già
quarantenne
.
Era
un
singolarissimo
uomo
.
Biondo
quasi
ancora
come
un
giovinetto
e
di
carnagione
che
doveva
essere
stata
rosea
,
finissimo
nei
lineamenti
del
volto
,
più
che
un
siciliano
sembrava
uno
scandinavo
.
Certo
aveva
nelle
vene
sangue
normanno
.
Poeta
improvvisatore
,
giureconsulto
,
agitatore
d
'
idee
,
s
'
era
fatto
mandar
via
presto
dall
'
isola
natia
,
e
a
Firenze
nel
'47
aveva
stretto
amicizia
col
fiore
dei
patriotti
.
Doveva
aver
sentito
di
sé
grandi
cose
e
grandissime
averne
agognate
;
e
fino
a
un
certo
segno
le
aveva
conseguite
.
Si
diceva
che
nel
gennaio
del
'48
avesse
decretato
lui
la
rivoluzione
di
Palermo
,
per
il
12
di
quel
mese
preciso
,
genetliaco
del
Re
,
firmando
audacemente
un
proclama
di
sfida
col
proprio
nome
per
un
Comitato
che
non
esisteva
.
Ma
non
era
vero
.
Però
la
rivoluzione
era
scoppiata
,
ed
egli
nella
guerra
che
n
'
era
venuta
tra
Napoli
e
la
sua
Sicilia
era
stato
Capo
dello
Stato
maggiore
dell
'
esercito
.
In
un
intermezzo
di
quella
aveva
condotto
i
Cento
Crociati
isolani
alla
guerra
di
Lombardia
;
poi
,
finita
male
ogni
cosa
nell
'
isola
come
altrove
,
si
era
rifugiato
in
Piemonte
,
aveva
scritto
libri
di
guerra
,
infaticabile
.
Pochi
giorni
avanti
la
spedizione
dei
Mille
,
quando
Garibaldi
esitava
a
fare
la
impresa
,
egli
si
era
offerto
di
condurla
,
e
l
'
avrebbe
condotta
con
grande
animo
,
se
non
forse
con
grande
fortuna
.
Però
non
lo
avevano
voluto
lasciar
fare
neppure
i
siciliani
.
Pareva
ambizioso
.
Un
po
'
di
quell
'
avversione
che
poi
lo
tribolò
,
già
gli
si
manifestava
contro
,
e
forse
per
questa
non
ebbe
sotto
di
sé
in
quella
sua
compagnia
ufficiali
di
nome
.
Ma
aveva
nel
quadro
de
'
suoi
sott
'
ufficiali
dei
giovani
eminenti
.
Vi
aveva
Adolfo
Azzi
da
Trecenta
,
di
ventitré
anni
,
che
con
Simone
Schiaffino
si
era
diviso
l
'
onore
di
far
da
timoniere
a
Bixio
;
vi
aveva
l
'
avvocato
Antonio
Semenza
,
monzasco
,
che
nell
'
animo
aveva
tutta
l
'
opera
di
Mazzini
,
e
Francesco
Bonafini
,
di
Mantova
,
che
riassumeva
in
sé
tutta
la
vigorosa
gentilezza
della
sua
regione
.
E
nella
compagnia
s
'
erano
concentrati
quasi
tutti
i
bresciani
,
forse
perché
del
bresciano
egli
aveva
preso
qualche
cosa
.
Nel
'57
aveva
sposata
la
duchessa
Felicita
Bevilacqua
sua
fidanzata
fin
da
prima
del
'48
,
donna
che
lo
aveva
fatto
signore
del
proprio
destino
,
delle
proprie
ricchezze
sterminate
,
quasi
fatto
re
d
'
un
piccolo
regno
.
Ora
egli
abbandonava
quegli
splendori
,
per
tornare
all
'
amore
della
sua
terra
.
Ed
era
un
prezioso
elemento
,
e
doveva
presto
mostrarlo
in
Sicilia
,
dove
raccolse
le
squadre
paesane
dei
Picciotti
,
e
le
tenne
ordinate
per
Garibaldi
.
Alla
testa
della
quinta
compagnia
sonava
il
nome
nizzardo
degli
Anfossi
,
glorioso
pel
caduto
delle
cinque
giornate
di
Milano
.
Ma
ahimè
!
Il
vivo
non
era
del
valore
del
morto
.
Però
la
inquadravano
degli
ufficiali
subalterni
che
bastavano
a
raccoglier
l
'
anima
della
compagnia
come
un
'
arma
corta
nel
pugno
.
V
'
era
tra
essi
Faustino
Tanara
del
parmigiano
,
una
specie
di
Rinaldo
combattente
per
la
giustizia
in
un
mondo
che
a
lui
fu
ingiusto
e
che
non
seppe
mai
il
cuore
che
egli
ebbe
.
In
quella
compagnia
,
nulla
di
regionale
.
C
'
erano
un
centinaio
di
uomini
di
tutte
le
terre
italiane
,
vi
si
sentivano
tutte
le
nostre
parlate
,
vi
si
vedevano
delle
teste
di
tutte
le
tinte
,
e
di
grigie
e
di
bianche
parecchie
.
Mesto
a
pensarsi
,
vi
si
trovavano
parecchi
trentini
tra
i
quali
Giuseppe
Fontana
,
Attilio
Zanoli
,
Camillo
Zancani
,
che
morirono
poi
vecchi
,
senza
la
gioia
di
aver
visto
libera
la
loro
bella
terra
di
Trento
.
Ma
ecco
alla
sesta
il
più
bello
degli
otto
capitani
.
Era
un
biondo
di
trentatré
anni
,
alto
,
snello
,
elegante
.
Si
sarebbe
detto
che
se
avesse
voluto
volare
,
subito
gli
si
sarebbero
aperte
al
dorso
due
ali
di
cherubino
.
Parlava
un
bell
'
italiano
con
leggero
accento
meridionale
,
gestiva
sobrio
e
grazioso
come
un
parigino
;
nel
portamento
pareva
un
soldato
di
mestiere
,
negli
atti
e
nei
discorsi
un
Creso
vissuto
tra
le
delizie
dell
'
arte
,
in
qualche
gran
palazzo
da
Mecenate
.
Si
chiamava
Giacinto
Carini
,
nome
di
borghesi
e
nome
anche
di
principi
siciliani
che
a
lui
,
già
nobilissimo
della
persona
,
dava
un
'
aria
alta
e
singolarmente
aristocratica
.
In
lui
v
'
era
il
generale
che
sei
anni
dopo
avrebbe
comandata
una
brigata
italiana
all
'
attacco
di
Borgoforte
.
E
da
lui
fu
detto
un
giorno
che
se
alla
morte
di
Pio
IX
fosse
venuto
,
come
venne
,
al
seggio
di
San
Pietro
il
Vescovo
di
Perugia
,
ch
'
ei
ben
conosceva
,
l
'
Italia
avrebbe
avuto
il
Papa
italiano
iniziatore
di
quella
vita
che
poi
non
ebbe
.
Luogotenente
del
Carino
era
Alessandro
Ciaccio
,
palermitano
,
uomo
di
quarant
'
anni
,
esule
da
dieci
.
In
mezzo
alla
compagnia
pareva
il
sacerdote
di
una
religione
non
ancora
predicata
ma
già
viva
nei
cuori
.
Non
era
tempra
da
uomo
di
guerra
,
ma
da
dar
la
vita
per
qualche
grande
amore
,
sì
:
sarebbe
stato
capace
di
ber
la
cicuta
e
morire
conversando
di
cose
alte
e
pure
in
mezzo
a
quei
suoi
militi
che
,
lui
presente
,
si
sentivano
sempre
come
avvolti
da
un
'
aura
casta
e
purificatrice
.
Altri
ufficiali
del
Carini
erano
Giuseppe
Campo
e
Giuseppe
Bracco
-
Amari
,
palermitani
anch
'
essi
;
quello
rivoluzionario
per
tradizione
di
famiglia
,
questo
un
altezzoso
uomo
che
pareva
aristocratico
e
schivo
,
ma
era
soltanto
un
distratto
.
Andava
distratto
fino
nei
combattimenti
.
Altro
singolare
uomo
era
il
sottotenente
Achille
Cepollini
,
napolitano
,
di
quarant
'
anni
,
vecchio
difensore
di
Venezia
,
letterato
anzi
professore
di
lettere
,
che
fu
visto
a
Calatafimi
l
'
ultima
volta
,
e
sparito
non
lasciò
di
sé
traccia
sicura
,
né
di
lui
se
ne
riseppe
mai
più
.
Sfilava
la
settima
compagnia
,
la
più
numerosa
e
la
più
signorile
,
quasi
tutta
di
studenti
dell
'
Università
pavese
,
lombardi
di
ogni
provincia
,
milanesi
eleganti
,
veneti
che
la
grazia
natìa
temperavano
alla
baldanza
dei
compagni
nati
tra
l
'
Adda
e
il
Ticino
.
La
comandava
Benedetto
Cairoli
,
che
allora
aveva
già
trentacinque
anni
.
E
pareva
così
contento
,
in
quella
sua
bella
faccia
di
giusto
,
aveva
un
'
aria
così
paterna
,
che
uno
avrebbe
detto
:
"
Certo
a
costui
è
stato
affidato
ogni
soldato
dalla
madre
in
persona
,
perché
,
se
non
è
necessario
sacrificarlo
,
glielo
riconduca
puro
e
migliore
.
"
Ah
,
il
contatto
con
quell
'
anima
!
Molti
vanno
ancora
pel
mondo
che
vissero
giovinetti
sotto
quell
'
occhio
,
in
quei
giorni
di
altissima
scuola
;
e
ne
portarono
la
luce
tra
la
gente
,
che
,
pur
divenuta
scettica
,
pensa
che
un
mondo
migliore
debba
essere
stato
,
e
spera
che
torni
.
Era
luogotenente
del
Cairoli
il
Vigo
Pellizzari
,
da
Vimercate
,
bello
e
giocondo
giovane
,
di
ventiquattro
anni
,
nato
coi
più
bei
doni
di
natura
,
ma
sprezzatore
superbo
fin
di
sé
stesso
.
Amava
la
vita
,
avrebbe
potuto
averla
felice
,
non
volle
.
Scherzava
con
la
morte
,
pareva
che
l
'
andasse
cercando
per
schiaffeggiarla
,
e
che
la
morte
lo
scansasse
,
tanto
era
ardimentoso
.
Sette
anni
di
poi
,
le
si
diede
irato
a
Mentana
gridando
insulti
ai
francesi
.
Sottotenenti
della
compagnia
erano
Biagio
Perduca
di
venticinque
anni
e
Nazzaro
Salterio
di
trentasei
.
Pavese
quello
,
aveva
personale
giusto
,
viso
fiero
ma
a
certi
momenti
dolcissimo
.
Non
morì
in
guerra
e
fu
sorte
crudele
,
perché
doveva
finire
di
là
a
quindici
anni
con
la
luce
della
mente
già
spenta
.
Invece
il
Salterio
visse
cinque
anni
più
di
lui
,
e
quando
fu
l
'
ora
sua
cadde
di
colpo
,
sano
e
intero
,
nella
sua
divisa
di
colonnello
,
come
uno
fulminato
sul
campo
.
Furiere
della
compagnia
era
il
marchese
Aurelio
Bellisomi
da
Milano
,
allora
sui
ventiquattro
,
bellissimo
giovane
e
colto
assai
,
mazziniano
per
fare
l
'
unità
nell
'
ora
che
passava
,
ma
forse
già
vagheggiatore
dell
'
idea
del
Cattaneo
,
come
di
cosa
da
venir
sicura
col
tempo
,
conseguenza
della
stessa
unità
allora
necessaria
per
conseguire
l
'
indipendenza
.
Ma
non
parlava
guari
delle
sue
idee
federaliste
per
non
seminare
discordie
.
In
quanto
ai
sergenti
,
quando
s
'
è
detto
che
si
chiamavano
Enrico
Cairoli
,
Luigi
Mazzucchelli
,
Pompeo
Rizzi
,
Camillo
Ruta
,
par
d
'
aver
detto
tutto
anche
a
chi
non
portò
mai
camicia
rossa
.
Erano
giovani
tra
i
venti
e
i
ventisett
'
anni
,
e
son
già
morti
da
un
pezzo
;
ma
di
essi
soltanto
Enrico
finì
come
erano
degni
di
trovarsi
a
finire
tutti
,
in
quel
bel
giorno
di
Villa
Glori
,
sotto
le
mura
di
Roma
,
uno
contro
venti
.
Il
caporal
furiere
era
Luigi
Fabio
,
il
buon
Fabio
morto
poi
quasi
sessantenne
,
ma
di
cuor
sempre
giovane
.
E
i
quattro
caporali
erano
lo
studente
Ferdinando
Cadei
,
che
cadde
a
Calatafimi
,
Giuseppe
Campagnuoli
,
Alessandro
Casali
,
Luigi
Novaria
;
quello
di
Caleppio
,
questi
tre
di
Pavia
.
Tra
quei
compagni
di
ventitré
anni
il
Novaria
ne
aveva
trentatré
,
pareva
un
vecchio
,
ma
stonava
poco
perché
versava
larga
la
sua
vena
di
ilarità
,
sebbene
talvolta
fosse
canzonatore
mordace
,
e
talvolta
pigliasse
il
tono
fin
di
Tersite
.
Così
la
compagnia
era
fortemente
inquadrata
.
Contava
centotrenta
militi
,
ventitré
dei
quali
erano
proprio
pavesi
.
E
tra
quei
centotrenta
,
ventiquattro
erano
studenti
di
legge
,
dodici
di
medicina
,
quattordici
di
matematica
,
due
di
farmacia
.
Di
commercianti
ve
n
'
erano
una
dozzina
,
di
possidenti
e
di
impiegati
una
trentina
.
Gli
altri
erano
artigiani
e
operai
,
ma
tutta
gente
anche
questa
che
sapeva
bene
dove
andava
.
Allegri
e
vibranti
di
vita
,
parevano
avviati
a
conquistarsi
un
regno
ognuno
per
sé
.
Ma
dei
più
cari
a
ricordarsi
fu
un
giovanetto
,
forse
non
ancora
ventenne
,
che
durante
la
traversata
cantava
sempre
,
accompagnato
da
due
altri
pavesi
Giuseppe
Tozzi
e
Luigi
Rossi
.
In
quelle
notti
del
Tirreno
empiva
il
mare
e
il
cielo
con
le
arie
eroiche
del
Nabucco
e
dei
Masnadieri
,
con
una
voce
che
faceva
tacere
tutti
e
pigliava
i
cuori
.
Si
sentiva
che
l
'
anima
sua
si
inebriava
di
un
'
acre
voluttà
di
morire
;
e
forse
fu
poi
felice
quell
'
ora
a
Palermo
,
su
d
'
una
barricata
,
combattendo
e
cantando
:
"
Si
vola
d
'
un
salto
nel
mondo
di
là
,
"
cadde
morto
.
Lo
chiamavano
Pùdarla
,
ma
il
suo
vero
nome
era
Angelo
Gilardelli
.
E
l
'
ultima
era
l
'
ottava
.
L
'
aveva
raccolta
quasi
tutta
nella
sua
Bergamo
Francesco
Nullo
,
che
la
dava
bell
'
e
fatta
ad
Angelo
Bassini
pavese
,
certo
di
darla
a
chi
l
'
avrebbe
condotta
da
bravo
.
Era
il
Bassini
un
uomo
che
se
avesse
lanciato
il
suo
cuore
in
aria
,
quel
cuore
avrebbe
mandato
luce
come
il
sole
;
e
se
lo
avesse
lanciato
nell
'
inferno
,
avrebbe
fatto
divenir
buono
Satana
stesso
.
Così
dicevano
coloro
che
avevano
già
lette
sin
da
allora
queste
immagini
nelle
poesie
di
Petofi
.
A
Roma
il
3
giugno
del
'49
,
nell
'
ora
dello
sterminio
,
s
'
era
avventato
quasi
solo
contro
i
francesi
di
Villa
Corsini
,
percotendo
,
insultando
,
gridando
a
chi
volesse
ammazzarlo
,
e
nessuno
lo
aveva
ucciso
.
Aveva
una
testa
che
sembrava
una
mazza
d
'
armi
,
ma
l
'
espressione
della
sua
faccia
ricordava
quella
di
certi
santi
anacoreti
.
Sapeva
poco
,
discorreva
poco
;
ostinato
nell
'
idea
che
gli
si
piantava
nel
capo
,
a
chi
lo
vinceva
di
prove
gridava
:
"
Appiccati
!
"
ma
lo
abbracciava
e
gli
dava
subito
ragione
,
intenerito
e
devoto
.
Per
tutte
queste
sue
doti
,
e
perché
aveva
già
quarantacinque
anni
,
gli
si
erano
lasciati
volentieri
metter
sotto
Vittore
Tasca
,
Luigi
Dall
'
Ovo
,
Daniele
Piccinini
,
coi
loro
bergamaschi
,
quasi
un
centinaio
e
mezzo
di
quella
gente
Orobia
,
quadrata
e
intrepida
sempre
,
sia
che
scelga
la
patria
per
suo
culto
,
sia
che
ad
altri
ideali
volga
il
pensiero
:
quella
che
parve
ai
siciliani
formidabile
per
gli
ardimenti
sulle
barricate
,
e
per
la
serena
fidanza
nei
vini
dell
'
isola
,
bevuti
ai
banchetti
liberamente
,
senza
perdere
dignità
né
d
'
atti
né
di
parole
.
Vittore
Tasca
aveva
trentanove
anni
,
ed
era
una
strana
testa
,
che
con
un
po
'
di
studi
forse
sarebbe
riuscita
d
'
un
artista
.
Con
quelli
ch
'
egli
aveva
fatti
era
rimasto
qualcosa
di
mezzo
tra
un
commerciante
geniale
e
un
agricoltore
.
Conosceva
le
vie
del
Levante
dove
era
andato
per
seme
di
filugello
,
e
si
trovava
appunto
sulle
mosse
di
tornarvi
,
quando
sentì
della
spedizione
garibaldina
.
Allora
piantò
ogni
cosa
e
seguì
Garibaldi
,
cui
si
diè
tutto
e
cui
nella
tarda
età
dedicò
quasi
bosco
sacro
una
sua
villetta
in
Brembate
,
dove
fino
al
1892
raccolse
ogni
anno
anche
da
lontano
i
suoi
amici
,
a
commemorare
in
una
cerimonia
all
'
antica
il
gran
Duce
.
Il
Dall
'
Ovo
che
aveva
anch
'
egli
trentanove
anni
,
era
una
figura
su
per
giù
sul
fare
del
Tasca
,
forse
un
po
'
meno
aspro
ma
anch
'
egli
burbero
e
buono
.
Non
sapeva
che
da
quell
'
umile
posto
di
sottotenente
della
compagnia
,
le
sorti
della
guerra
e
dell
'
esercito
nazionale
lo
avrebbero
elevato
su
tanto
,
da
fare
di
lui
un
colonnello
.
E
da
colonnello
doveva
invecchiar
nell
'
esercito
per
uscirne
alfine
e
sparire
come
tanti
,
che
si
rincantucciarono
a
rivivere
del
loro
passato
,
dei
quali
non
si
seppe
più
se
fossero
vivi
o
morti
.
Ma
Daniele
Piccinini
che
più
di
lui
e
più
del
Tasca
personificava
in
sé
il
bergamasco
cittadino
insieme
e
valligiano
e
di
monte
,
come
rimase
vivo
e
presente
a
tutto
il
mondo
garibaldino
!
Nato
a
Pradalunga
in
Val
Seriana
,
da
una
famiglia
radicata
tra
le
rocce
e
ricca
e
forte
ivi
come
una
volta
quelle
dei
feudatari
,
ma
però
tutta
di
virtù
patriarcali
;
candido
a
trent
'
anni
come
un
adolescente
,
valoroso
come
un
personaggio
dei
'
Reali
di
Francia
'
,
allora
ancora
molto
letti
nelle
campagne
;
in
quel
maggio
era
disceso
dal
suo
paesello
a
vedere
se
non
si
tornasse
a
far
qualche
cosa
per
l
'
Italia
,
e
aveva
dato
il
suo
nome
di
tono
guerriero
antico
alla
compagnia
bergamasca
.
Fu
lui
quello
che
a
Calatafimi
,
in
un
momento
che
Garibaldi
si
trovò
tanto
vicino
ai
nemici
da
farsi
colpire
fino
da
un
colpo
di
pietra
,
gli
si
lanciò
quasi
irato
davanti
,
e
coprendolo
col
suo
pastrano
da
pioggia
onde
la
camicia
rossa
non
lo
facesse
più
far
da
bersaglio
,
osava
gridargli
che
non
a
lui
stava
bene
andare
a
farsi
uccidere
come
un
soldato
qualunque
.
"
Chi
è
quel
giovane
?
"
domandò
allora
Garibaldi
,
guardando
quella
bella
figura
.
"
Piccinini
di
Bergamo
,
"
gli
fu
risposto
.
Il
Generale
non
se
ne
scordò
più
,
né
il
Piccinini
lasciò
più
di
seguirlo
.
Due
anni
dipoi
,
in
Aspromonte
,
ruppe
la
spada
di
capitano
per
non
consegnarla
intera
al
capitano
dei
bersaglieri
che
lo
faceva
prigioniero
:
prigioniero
con
gli
altri
compagni
garibaldini
stipati
nel
forte
di
Bard
in
Val
d
'
Aosta
,
si
rannicchiò
in
una
cannoniera
dove
stette
quasi
notte
giorno
a
languire
di
nostalgia
e
di
dolore
civile
.
Poi
nel
1866
volle
far
la
guerra
del
Trentino
da
semplice
milite
,
perché
aveva
giurato
di
non
portare
spada
mai
più
.
Tornato
poi
a
'
suoi
monti
,
non
ne
uscì
per
venti
anni
.
Alla
fine
si
lasciò
vincere
dal
desiderio
d
'
andare
a
visitare
la
Sicilia
e
la
Calabria
che
egli
aveva
percorse
e
voleva
di
nuovo
percorrere
a
piedi
,
per
vedervi
quanto
fosse
migliorato
il
popolo
e
quanto
la
terra
.
Non
poté
giungere
fin
laggiù
.
Un
giorno
dell
'
agosto
1889
a
Tagliacozzo
gli
accadde
di
esser
ferito
per
disavventura
da
un
giovane
amico
.
E
morì
là
,
quasi
lieto
di
morire
tra
quei
monti
,
dove
suona
ancora
con
tanta
mestizia
il
nome
della
battaglia
perduta
da
Corradino
.
Ora
la
sua
salma
è
chiusa
nel
piccolo
camposanto
della
sua
Pradalunga
,
a
cui
salgono
i
clamori
del
Serio
sonante
che
passa
.
Càpita
là
talvolta
ancora
adesso
qualche
vecchio
forestiero
che
fa
chiamar
il
custode
per
farsi
mostrar
la
terra
dove
sta
Daniele
.
Entra
in
quel
recinto
,
cui
con
forse
quattro
lenzuola
cucite
insieme
si
potrebbe
fare
un
velario
,
svolta
a
sinistra
,
nell
'
angolo
c
'
è
una
cappelletta
nuda
.
"
Sta
qui
,
"
dice
il
custode
.
Qui
?
Pensa
il
forestiero
.
E
vorrebbe
gridare
:
Su
,
Piccinini
!
D
'
uomini
come
te
v
'
è
ancor
penuria
nel
mondo
.
Risorgi
e
insegna
!
Un
po
'
della
tempra
del
Piccinini
erano
quei
bergamaschi
tutti
,
anche
i
più
popolani
;
anime
esaltate
dal
patriottismo
e
un
po
'
mistiche
.
Nel
1863
,
quando
la
Polonia
fece
la
sua
terza
rivoluzione
,
uno
stormo
di
quei
militi
tornati
dall
'
ottava
compagnia
dei
Mille
,
volò
laggiù
con
Francesco
Nullo
.
E
il
5
maggio
,
terzo
anniversario
della
partenza
da
Quarto
,
entrarono
nella
Polonia
russa
a
Olkusz
,
dove
s
'
imbatterono
subito
nei
Cacciatori
finlandesi
del
generale
Szakowskoy
,
coi
quali
impegnarono
un
combattimento
.
Il
Nullo
cadde
ai
primi
colpi
,
e
morì
magnifico
fin
nella
caduta
;
essi
combatterono
fin
che
furono
tutti
morti
o
feriti
o
ridotti
a
non
poter
più
.
Elia
Marchetti
si
trascinò
ferito
a
morte
fin
nel
territorio
austriaco
;
dove
un
austriaco
capitano
,
ammirandolo
se
lo
raccolse
in
casa
e
ve
lo
tenne
con
religione
a
morire
.
Quelli
che
sopravvissero
furono
mandati
in
Siberia
.
Nelle
miniere
di
Jskutz
logorarono
la
vita
sette
anni
,
invidiando
i
morti
,
e
parecchi
vi
morirono
.
Quelli
che
erano
scampati
alla
strage
e
alla
cattura
,
camminando
come
belve
,
valicando
montagne
,
passando
fiumi
,
vennero
dietro
il
sole
a
cercar
la
patria
.
E
per
le
terre
dell
'
Austria
vi
giunsero
.
Ma
non
si
erano
ancora
riposati
di
tanta
via
,
che
scoppiò
la
guerra
del
1866
.
Allora
tutti
tornarono
in
campo
,
e
Giuseppe
Dilani
detto
Farfarello
,
umile
operaio
,
andava
a
farsi
uccidere
dagli
Austriaci
,
nelle
terre
trentine
nostre
a
Monte
Suello
,
vecchio
nei
patimenti
a
ventisette
anni
.
E
Luigi
Perla
,
con
quel
suo
visetto
arguto
?
Oh
!
Egli
andò
nel
1870
a
morire
a
Digione
per
la
repubblica
,
alla
testa
di
un
battaglione
che
gli
fu
affidato
.
La
Francia
riconoscente
lo
fregiò
,
morto
,
della
Legion
d
'
onore
;
ma
già
egli
era
compensato
nell
'
aver
potuto
morire
per
quel
nome
di
repubblica
,
che
alla
sua
mente
semplice
pareva
realtà
di
tutte
le
belle
cose
sognate
.
Quei
bergamaschi
fecero
scuola
.
Così
,
come
alcuni
in
Polonia
e
come
il
Perla
in
Francia
,
ultimo
alunno
di
quell
'
antica
compagnia
,
figlio
d
'
uno
di
quei
bergamaschi
,
Ettore
Panzeri
ufficiale
degli
Alpini
nell
'
esercito
della
nuova
Italia
,
andava
a
morir
giovinetto
per
la
Grecia
a
Domokos
nel
1897
,
bella
favilla
dell
'
antico
fuoco
garibaldino
,
che
ridiede
dopo
tanti
anni
quella
tardiva
vampata
.
I
Carabinieri
genovesi
Ora
ecco
i
Carabinieri
genovesi
,
quasi
tutti
di
Genova
,
o
in
Genova
vissuti
a
lungo
,
mazziniani
ardenti
,
armati
di
carabine
loro
proprie
,
esercitati
nel
tiro
a
segno
da
otto
o
nove
anni
i
più
,
gente
che
s
'
era
già
fatta
ammirare
nel
1859
,
ben
provveduta
,
colta
,
elegante
.
Li
comandava
Antonio
Mosto
,
tutto
di
Mazzini
,
uomo
non
molto
sopra
i
trent
'
anni
,
ma
che
ne
mostrava
di
più
:
barba
piena
,
lunga
,
sguardo
acuto
,
ficcato
lontano
come
per
guardare
se
al
mondo
esistesse
il
bene
quale
ei
lo
sentiva
in
sé
.
Quanto
al
coraggio
,
era
per
lui
cosa
tanto
naturale
,
che
non
poteva
credere
vi
fosse
altri
che
non
ne
avesse
.
In
tutta
la
campagna
i
borbonici
non
ebbero
per
lui
una
palla
,
ma
il
cuore
glielo
straziarono
uccidendogli
il
fratello
Carlo
,
che
piantato
lo
studio
all
'
Università
di
Pisa
,
aveva
ripreso
la
carabina
.
E
la
fortuna
gli
serbava
di
tornare
illeso
anche
dalla
guerra
del
1866
.
Ma
l
'
anno
appresso
,
a
Mentana
,
una
palla
francese
lo
colpì
di
tale
ferita
,
che
lo
rese
invalido
fin
che
nel
1880
morì
.
Suo
luogotenente
era
Bartolomeo
Savi
,
un
fierissimo
repubblicano
,
tutto
nudrito
di
studi
classici
,
e
già
ben
sopra
la
quarantina
;
uomo
austero
e
cruccioso
,
che
guardava
sempre
con
un
certo
piglio
di
rimprovero
Garibaldi
,
perché
s
'
era
lasciato
tirare
dalla
parte
del
Re
.
Ma
lo
seguiva
perché
gli
pareva
di
non
aver
diritto
di
negar
il
suo
braccio
alla
patria
,
soltanto
pel
motivo
che
la
patria
si
andava
rifacendo
nel
nome
di
un
re
.
E
lo
seguì
poi
fino
al
giorno
che
,
dopo
Aspromonte
,
tutto
gli
parve
falsato
,
e
,
poco
appresso
,
tediato
della
vita
si
uccise
.
Inquadravano
la
compagnia
Canzio
,
Burlando
,
Uziel
,
Sartorio
,
Belleno
,
dei
quali
i
tre
ultimi
non
tornarono
più
;
e
tra
tutti
,
quei
trentasette
carabinieri
dovevano
pagare
un
gran
tributo
fin
dal
primo
scontro
di
Calatafimi
,
dove
cinque
morirono
,
dieci
furono
feriti
.
Ma
la
vittoria
fu
dovuta
in
gran
parte
alle
loro
infallibili
carabine
.
Le
Guide
Mancavano
i
cavalli
,
né
c
'
era
tempo
di
far
una
corsa
nella
vicina
Maremma
a
pigliarne
un
branco
al
laccio
,
ma
le
Guide
furono
ordinate
lo
stesso
.
Erano
ventitré
.
Le
comandava
il
Missori
,
l
'
elegantissimo
milanese
,
passato
dal
culto
delle
eleganze
a
quello
delle
armi
,
e
come
da
prode
lo
seppero
tutti
.
Basti
che
in
quella
guerra
l
'
Italia
dovette
a
lui
e
a
pochi
altri
se
a
Milazzo
Garibaldi
non
fu
sopraffatto
e
ucciso
da
un
branco
di
cavalieri
napoletani
,
che
essi
a
rivoltella
sgominarono
,
mentre
il
Generale
che
si
trovava
a
piedi
poté
,
uccidendolo
,
liberarsi
dal
capitano
di
quelli
ruinatogli
addosso
furioso
,
menando
fendenti
.
Sergente
delle
Guide
era
Francesco
Nullo
,
il
più
bell
'
uomo
della
spedizione
.
Aveva
trentaquattro
anni
,
era
mercante
come
Francesco
Ferrucci
.
Allora
gli
entrò
la
passione
di
cavalier
di
ventura
dell
'
umanità
,
e
non
ebbe
più
requie
finché
non
gliela
diede
tre
anni
di
poi
,
nel
cimitero
di
Miekov
,
il
generale
russo
che
ve
lo
seppellì
con
onori
militari
da
generale
pari
suo
.
Sapeva
quel
russo
di
dover
andare
punito
nel
Caucaso
,
ma
nonostante
,
a
quella
nobile
figura
di
morto
volle
mostrare
il
suo
nobile
cuore
di
uomo
.
Compagni
più
che
sottoposti
al
Missori
e
al
Nullo
,
erano
certi
degni
uomini
come
Giovan
Maria
Damiani
da
Piacenza
,
che
a
sedici
anni
aveva
combattuto
a
Novara
,
dove
gli
era
morto
un
fratello
;
e
Giuseppe
Nuvolari
da
Roncoferraro
nel
Mantovano
ricchissimo
di
possessioni
e
già
sui
quaranta
;
due
puritani
,
niente
allegri
,
provati
nell
'
esilio
,
pensierosi
sempre
,
quasi
scontrosi
.
Semplice
guida
era
Emilio
Zasio
da
Pralboino
,
di
ventinove
anni
,
che
uscito
di
modesta
casa
pareva
figlio
di
principi
,
tanto
ambiva
le
cose
signorili
;
fantastico
,
impetuoso
,
temerario
e
nell
'
amare
e
nel
volere
sempre
grandioso
.
Luigi
Martignoli
,
da
Lodi
come
Fanfulla
,
che
a
trentatré
anni
doveva
morire
a
Calatafimi
,
somigliava
un
po
'
al
Zasio
nel
portamento
non
nella
bellezza
;
ma
bello
ancor
più
di
Zasio
era
il
conte
Filippo
Manci
da
Poro
nel
Trentino
,
giovinetto
di
ventun
anni
.
Tutti
e
due
furono
infelici
.
Sopravvissuti
a
quelle
guerre
e
alle
altre
venute
dopo
,
dovevano
finire
quasi
insieme
nel
1869
,
col
raggio
della
mente
già
spento
per
dolori
così
crudeli
,
specie
quelli
del
Manci
,
che
chi
li
conobbe
ingiuriò
la
morte
perché
non
se
li
aveva
presi
quando
le
andavano
incontro
sani
d
'
anima
e
lieti
.
E
poi
tra
quelle
Guide
erano
scritti
l
'
avvocato
Filippo
Tranquillini
e
Egisto
Bezzi
trentini
anch
'
essi
come
il
Manci
;
Domenico
Cariolato
da
Vicenza
,
che
di
ventiquattro
anni
era
già
un
veterano
della
difesa
di
Roma
;
il
medico
Camillo
Chizzolini
da
Marcaria
e
l
'
ingegnere
Luigi
Daccò
da
Marcignano
giovanissimi
tutti
,
che
parevano
figli
del
sessagenario
Alessandro
Fasola
novarese
,
già
carbonaro
nel
1821
col
Santarosa
,
profugo
,
poi
soldato
di
tutte
le
guerre
sino
a
quella
del
1859
,
e
che
ora
correva
a
quell
'
impresa
romanzesca
con
la
baldanza
d
'
un
giovanetto
che
fa
la
sua
prima
volata
fuori
casa
.
L
'
Intendenza
Poiché
la
spedizione
doveva
avere
una
Intendenza
,
questa
fu
formata
sul
serio
,
benché
in
verità
,
la
cassa
di
guerra
non
contenesse
che
trentamila
povere
lire
.
E
vi
fu
messo
a
capo
Giovanni
Acerbi
,
avanzo
dei
martirii
di
Mantova
,
il
quale
andava
rivendicando
nelle
cospirazioni
e
nelle
guerre
l
'
onor
del
nome
,
macchiato
da
uno
del
casato
che
aveva
venduto
l
'
ingegno
e
le
lettere
all
'
Austria
,
prima
ch
'
egli
nascesse
.
Aveva
compagni
Ippolito
Nievo
,
Paolo
Bovi
,
Francesco
De
Maestri
e
Carlo
Rodi
,
tre
veterani
questi
ultimi
,
mutilati
ciascuno
d
'
un
braccio
,
che
parevano
intervenuti
per
dire
ai
giovani
:
"
Vedete
che
cosa
ci
si
guadagna
?
Eppure
non
fa
male
!
"
In
quanto
al
Nievo
andava
tra
quella
gente
,
per
dir
così
,
come
Orfeo
tra
gli
Argonauti
.
Chi
lo
guardava
indovinava
che
era
già
grande
,
o
che
era
destinato
a
divenirlo
.
Egli
era
noto
per
due
suoi
romanzi
sentimentali
:
'
Angelo
di
bontà
'
e
'
Il
conte
pecoraio
'
;
e
anche
si
sapeva
da
qualche
amico
suo
che
ei
stava
lavorando
alle
sue
maravigliose
'
Confessioni
d
'
un
Ottuagenario
'
,
e
che
le
lasciava
imperfette
per
accorrere
alla
grande
impresa
.
Diceva
egli
stesso
che
gli
sarebbe
tanto
rincresciuto
morire
senza
averle
finite
!
Nel
1859
aveva
cantati
gli
'
Amori
garibaldini
'
,
liriche
scintillanti
come
spade
,
scritte
sull
'
arcione
cavalcando
alla
guerra
di
Lombardia
,
e
stampate
sul
punto
di
partire
per
la
Sicilia
.
E
,
'
Partendo
per
la
Sicilia
'
,
fu
appunto
il
titolo
che
egli
dava
all
'
ultima
,
non
uscita
dal
suo
petto
ma
rappresentata
nella
pagina
da
una
fila
di
interrogativi
.
Forse
egli
presentiva
che
non
sarebbe
più
ritornato
?
Difatti
spariva
dal
mondo
nel
marzo
del
1861
,
in
una
notte
di
tempesta
nel
Tirreno
,
con
un
vapore
che
fu
ingoiato
,
passeggeri
e
tutto
,
dalle
acque
.
Perì
in
lui
il
poeta
che
avrebbe
cantato
davvero
l
'
Epopea
garibaldina
;
e
un
cadavere
che
fu
creduto
lui
,
venne
poi
trovato
sulla
riva
d
'
Ischia
,
l
'
isola
dei
poeti
.
Il
corpo
sanitario
Più
necessario
allora
che
non
l
'
Intendenza
,
fu
ordinato
anche
il
Corpo
sanitario
,
sotto
il
vecchio
dottor
Pietro
Ripari
da
Solarolo
Rainiero
,
che
de
'
suoi
cinquantott
'
anni
ne
aveva
passati
molti
nelle
carceri
dell
'
Austria
e
del
Papa
.
Ma
per
tormenti
che
vi
avesse
durati
,
non
si
era
mai
stancato
di
adorare
la
propria
idea
,
e
tant
'
era
che
per
essa
,
con
l
'
età
che
aveva
,
lì
si
metteva
al
caso
d
'
andare
a
sperimentare
anche
le
galere
del
Borbone
e
a
finir
la
vita
tra
i
ferri
.
Aveva
con
sé
Cesare
Boldrini
,
mantovano
,
uomo
di
quarantaquattro
anni
,
e
Francesco
Ziliani
del
bresciano
,
di
ventotto
,
valenti
medici
e
bravi
soldati
.
Il
Boldrini
,
nel
seguito
della
guerra
,
volle
poi
essere
soltanto
ufficiale
combattente
.
E
il
1°
ottobre
cadde
a
Maddaloni
,
comandante
di
un
battaglione
rimasto
celebre
col
suo
nome
;
consolazione
grande
questa
al
prode
nei
dolori
che
durarono
due
mesi
a
consumarlo
e
a
farlo
morire
.
Il
Ziliani
bellissimo
,
robustissimo
e
giocondo
,
per
qualche
cosa
che
aveva
nel
far
suo
metteva
la
soggezione
,
e
temperava
solo
con
la
sua
presenza
anche
i
più
spensierati
e
chiassosi
.
Dove
egli
capitava
,
fossero
pur
allegri
i
discorsi
,
tutti
diventavano
serii
,
le
lingue
si
facevano
caste
,
di
cose
frivole
nessuno
sapeva
più
dirne
.
Crebbe
su
agli
alti
gradi
,
ma
non
se
ne
volle
giovare
:
tornò
modestamente
alle
case
patriarcali
da
dove
non
uscì
che
per
le
altre
guerre
;
vi
si
chiuse
alla
fine
a
farsi
crescere
intorno
una
famiglia
secondo
il
suo
cuore
,
e
in
mezzo
ad
essa
invecchiò
,
ricordando
ed
amando
i
campi
e
le
plebi
.
Altri
medici
in
quel
piccolo
corpo
erano
Oddo
-
Tedeschi
d
'
Alimena
e
Gaetano
Zen
di
Adria
;
e
del
resto
se
ne
trovavano
sparsi
in
tutte
le
compagnie
,
combattenti
dei
migliori
e
da
combattenti
infermieri
.
A
Calatafimi
ne
furono
visti
tra
un
assalto
e
l
'
altro
deporre
il
fucile
,
tirar
fuori
ferri
e
bende
,
curare
qualche
ferito
;
ripigliar
su
l
'
arma
,
e
andar
a
farsi
ferire
.
*
La
storia
dovrebbe
aver
già
detto
e
dirà
che
quella
spedizione
fu
più
che
per
metà
composta
d
'
uomini
di
studio
e
d
'
intelletto
.
Ne
contava
più
d
'
un
centinaio
e
mezzo
che
erano
già
o
divennero
poi
avvocati
;
e
così
come
questi
un
centinaio
di
medici
,
un
mezzo
centinaio
di
ingegneri
,
una
ventina
di
farmacisti
,
trenta
capitani
marittimi
,
dieci
pittori
o
scultori
,
parecchi
scrittori
o
professori
di
lettere
e
di
scienze
,
tre
sacerdoti
,
alcuni
seminaristi
.
V
'
era
anche
una
donna
,
Rosalia
Montmasson
savoiarda
,
moglie
di
Crispi
,
che
volle
seguir
il
marito
in
quel
pericolo
;
poi
centinaia
di
commercianti
e
centinaia
di
artefici
,
operai
il
resto
,
contadini
quasi
nessuno
.
Non
sarà
inutile
aggiungere
che
trecentocinquanta
di
quegli
uomini
erano
lombardi
,
centosessanta
genovesi
,
il
resto
veneti
,
trentini
,
istriani
e
delle
altre
provincie
dell
'
Italia
superiore
e
centrale
,
con
forse
un
centinaio
di
siciliani
e
napolitani
tornanti
dall
'
esilio
.
Non
ve
n
'
erano
affatto
delle
provincie
di
Aquila
,
Benevento
,
Caltanissetta
,
Campobasso
,
Chieti
,
Caserta
,
Forlì
,
Pesaro
,
Ravenna
e
Siracusa
.
Stranieri
accorsi
per
amor
d
'
Italia
ve
n
'
erano
diciotto
,
uno
dei
quali
africano
,
l
'
altro
d
'
America
,
e
questi
era
Menotti
,
il
figlio
del
Generale
.
Di
quel
centinaio
di
meridionali
trentacinque
appartenevano
alla
parte
peninsulare
del
Regno
;
gente
degna
davvero
tutti
.
Ma
sette
di
essi
erano
venerandi
per
chi
sapeva
la
storia
dei
loro
dolori
.
Avevano
portato
per
dieci
anni
la
catena
negli
ergastoli
di
Procida
,
di
Montefusco
o
di
Montesarchio
;
condannati
a
trenta
,
a
venticinque
,
a
vent
'
anni
di
ferri
per
amore
di
libertà
.
Ma
il
9
gennaio
del
1859
,
proprio
la
vigilia
del
giorno
in
cui
Vittorio
Emanuele
diceva
,
lassù
,
lontano
,
nel
Parlamento
piemontese
,
la
sua
storica
frase
delle
'
grida
di
dolore
'
;
avevano
ricevuto
laggiù
col
gran
Poerio
,
col
Settembrini
,
con
Silvio
Spaventa
,
la
beffarda
grazia
di
andar
banditi
,
deportati
in
America
.
Re
Ferdinando
,
sentendosi
divenuto
odioso
a
tutta
Europa
,
che
lo
chiamava
da
un
pezzo
negazione
di
Dio
,
aveva
voluto
dare
quel
segno
della
sua
clemenza
,
a
sessantasei
delle
sue
vittime
.
Di
queste
si
sa
il
viaggio
a
Cadice
,
la
liberazione
avvenuta
a
bordo
nell
'
Atlantico
per
opera
del
figlio
di
Settembrini
,
la
discesa
a
Cork
in
Irlanda
e
il
rifugio
in
Piemonte
.
Ora
di
quei
sessantasei
,
sette
erano
lì
che
se
n
'
andavano
tra
i
Mille
,
come
sette
vendette
.
Bisognava
esser
nati
con
cuori
veramente
eroici
per
mettersi
dopo
tanto
patire
a
quel
passo
,
o
aver
lo
spasimo
di
riveder
lui
il
Re
crudele
;
e
poiché
egli
era
già
morto
,
incontrarsi
almeno
con
qualche
suo
rappresentante
per
afferrarlo
al
petto
e
farlo
domandar
pietà
.
Questo
diciamo
noi
,
forse
perché
in
generale
siamo
ancora
tanto
deboli
,
che
ci
compiacciamo
di
pensar
da
violenti
;
ma
que
'
sette
erano
forti
e
miti
.
Allora
non
erano
più
nel
fior
degli
anni
.
Achille
Argentino
ingegnere
di
Sant
'
Angelo
dei
Lombardi
ne
aveva
trentanove
;
Cesare
Braico
,
medico
di
Brindisi
,
trentasette
;
Domenico
Damis
,
gentiluomo
di
Lungro
,
trentasei
;
Stanislao
Lamnesa
,
legale
di
Saracena
,
quarantotto
;
Raffaele
Mauro
,
gentiluomo
di
Cosenza
,
quarantasei
;
Rocco
Morgante
,
farmacista
da
Fiumara
,
cinquantacinque
;
Raffaele
Piccoli
di
Castagna
diacono
,
quarantotto
.
E
Mauro
aveva
a
casa
cinque
figliuoli
,
Lamensa
quattro
.
Non
li
avevano
più
veduti
dal
1849
,
anno
della
loro
condanna
;
ora
andavano
a
ritrovarli
per
quella
via
.
Parlavano
poco
,
ma
se
dicevano
gli
orrori
delle
galere
nelle
quali
erano
stati
,
a
quelli
che
ascoltavano
avveniva
di
augurarsi
che
essi
vi
fossero
ancora
chiusi
,
d
'
aver
dieci
vite
,
d
'
andar
a
darle
tutte
per
liberare
da
tante
miserie
dei
cristiani
come
loro
.
Al
paragone
quelle
dello
Spielberg
dovevano
esser
state
sopportabili
,
umane
.
Ma
ce
n
'
erano
ancora
tanti
altri
negli
ergastoli
del
Regno
!
Tutto
il
Regno
era
un
carcere
,
dunque
era
bello
andare
a
sfondarlo
.
L
'
Artiglieria
e
il
Genio
Perché
fu
allora
cosa
inaspettata
,
si
narra
qui
un
po
'
fuor
di
posto
che
in
Talamone
fu
pur
formata
l
'
Artiglieria
.
Fin
dalla
prima
ora
della
sua
discesa
a
terra
,
Garibaldi
aveva
visto
nel
vecchio
castello
una
colubrina
,
lunga
come
la
fame
,
montata
su
di
un
cattivo
affusto
,
a
ruote
di
legno
non
cerchiate
,
e
pel
logoro
di
chi
sa
quanti
anni
divenute
poligonali
.
Portava
in
rilievo
sulla
culatta
l
'
anno
del
suo
getto
,
1600
,
e
il
nome
del
fonditore
Cosimo
Cenni
,
certo
un
toscano
.
Una
delle
maniglie
in
forma
di
delfino
le
era
stata
rotta
,
ma
due
segni
di
cannonate
ricevute
le
facevano
onore
.
Forse
non
aveva
mai
più
tuonato
dal
9
maggio
1646
,
quando
novemila
francesi
condotti
da
Tommaso
di
Savoia
erano
giunti
in
quel
golfo
su
d
'
una
flotta
di
galee
e
tartane
.
Adesso
là
nel
castello
non
faceva
più
nulla
,
e
Garibaldi
se
la
prese
.
Il
giorno
appresso
,
vennero
da
Orbetello
tre
altri
cannoni
,
uno
dei
quali
non
guari
migliore
della
colubrina
,
ma
due
erano
di
bronzo
bellissimi
,
alla
francese
,
fusi
nel
1802
.
Sulla
fascia
della
culatta
d
'
uno
si
leggeva
"
L
'
Ardito
"
su
quella
dell
'
altro
"
Il
Giocoso
"
.
I
nomi
piacquero
;
convenivano
agli
umori
di
quella
gente
.
Quei
cannoni
non
avevano
affusto
,
ma
laggiù
in
Sicilia
qualcuno
avrebbe
saputo
incavarseli
,
e
per
questo
c
'
erano
tra
i
Mille
i
palermitani
Giuseppe
Orlando
e
Achille
Campo
,
macchinisti
valenti
,
i
quali
difatti
fecero
poi
tutto
alla
meglio
sei
giorni
appresso
.
Ma
chi
aveva
dato
quei
cannoni
?
Garibaldi
aveva
mandato
il
colonnello
Turr
,
al
comandante
della
fortezza
di
Orbetello
con
questo
scritto
:
"
Credete
a
tutto
quanto
vi
dirà
il
mio
aiutante
di
campo
,
colonnello
Turr
,
e
aiutateci
con
tutti
i
mezzi
vostri
,
per
la
spedizione
che
intraprendo
per
la
gloria
del
nostro
Re
Vittorio
Emanuele
e
per
la
grandezza
della
patria
.
"
Il
comandante
,
che
era
un
tenente
-
colonnello
Giorgini
,
quando
lesse
quel
foglio
si
dovette
sentire
un
grande
schianto
al
cuore
.
L
'
aiutante
di
campo
di
Garibaldi
gli
chiedeva
delle
munizioni
!
Impossibile
.
Ella
è
militare
,
-
disse
al
Turr
-
e
sa
che
cosa
significhi
consegnare
le
armi
e
le
munizioni
di
una
fortezza
,
senza
ordine
dei
capi
.
Ma
se
gli
ordini
li
riceveste
dal
Re
?
-
rispose
il
Turr
-
basterà
che
gli
inviate
questa
mia
lettera
.
E
lì
per
lì
,
sotto
gli
occhi
del
Comandante
,
scrisse
al
conte
Trecchi
,
notissimo
aiutante
di
campo
di
Vittorio
Emanuele
:
"
Caro
Trecchi
,
Dite
a
Sua
Maestà
che
le
munizioni
destinate
per
la
nostra
spedizione
sono
rimaste
a
Genova
;
ora
preghiamo
Sua
Maestà
di
voler
dar
ordine
al
Comandante
della
fortezza
di
Orbetello
di
provvederci
con
quanto
più
può
del
suo
arsenale
.
Colonnello
Turr
.
"
Porgendo
la
lettera
al
Comandante
,
il
Turr
gli
disse
che
siccome
la
risposta
non
verrebbe
se
non
forse
in
una
settimana
,
su
di
lui
Comandante
peserebbero
tutte
le
incalcolabili
conseguenze
di
quel
ritardo
;
lo
informò
della
spedizione
;
lo
accertò
dell
'
intesa
tra
il
Re
e
Garibaldi
;
insomma
seppe
far
tanto
che
quell
'
ufficiale
,
solo
facendosi
promettere
che
l
'
impresa
non
sarebbe
volta
contro
gli
Stati
del
Papa
,
diede
tutte
le
cartucce
che
aveva
pronte
,
e
casse
di
polvere
e
quei
tre
cannoni
e
quant
'
altre
cose
poté
.
E
tutto
fu
caricato
e
condotto
a
Talamone
,
dov
'
egli
stesso
volle
recarsi
per
veder
Garibaldi
e
la
spedizione
.
Vollero
accompagnarlo
due
suoi
ufficiali
,
e
insieme
il
maggior
Pinelli
che
comandava
un
battaglione
di
bersaglieri
,
diviso
tra
Orbetello
e
Santo
Stefano
.
Temeva
questi
che
quei
soldati
gli
scappassero
mezzi
per
imbarcarsi
con
Garibaldi
,
e
voleva
pregarlo
di
non
riceverli
a
bordo
.
Il
Generale
accolse
tutti
con
grato
animo
,
ma
non
senza
pensare
che
al
Giorgini
dovevano
seguire
de
'
guai
.
E
gliene
seguirono
,
perché
il
povero
Comandante
fu
poi
tenuto
a
lungo
nella
fortezza
di
Alessandria
sottoposto
a
Consiglio
di
guerra
;
ma
alcuni
mesi
dopo
,
nel
tripudio
della
patria
,
fu
mandato
sciolto
di
pena
.
Ora
dunque
la
spedizione
possedeva
anche
delle
artiglierie
,
e
bisognava
formare
il
corpo
dei
Cannonieri
.
A
ordinarli
e
comandarli
venne
messo
il
colonnello
Vincenzo
Orsini
,
che
per
questo
dovette
lasciare
la
2°
Compagnia
cui
si
era
appena
presentato
.
Egli
chiamò
a
sé
quanti
avessero
già
militato
nell
'
artiglieria
,
e
ne
trovò
una
ventina
.
Ai
quali
ne
aggiunse
dieci
altri
,
inesperti
nell
'
arma
,
ma
studenti
quasi
tutti
di
matematica
nell
'
Università
di
Pavia
.
E
fu
di
questo
numero
Oreste
Baratieri
,
giovinetto
sui
diciannove
,
pigliato
appunto
allora
dalla
fortuna
che
non
lo
abbandonò
più
per
trentasei
anni
,
e
doveva
elevarlo
tanto
da
farlo
brillar
come
un
astro
e
spegnerlo
poi
in
un
giorno
,
come
nulla
,
nel
buio
.
Egli
aveva
allora
compagni
in
quell
'
artiglieria
strana
,
giovani
come
lui
,
Luigi
Premi
da
Casalnovo
,
Arturo
Termanini
da
Casorate
,
saliti
poi
anche
essi
nell
'
esercito
nazionale
e
assai
alti
,
ma
senza
clamori
.
Vi
aveva
Domenico
Sampieri
di
Adria
,
uomo
di
trentadue
anni
,
avanzo
della
difesa
di
Venezia
e
degli
esigli
di
Smirne
e
d
'
Epiro
,
e
divenuto
anch
'
egli
Generale
dell
'
esercito
nazionale
.
Rimasto
oscuro
e
modesto
,
vi
si
trovava
insieme
ad
essi
Giuseppe
Nodari
,
da
Castiglione
delle
Stiviere
,
anima
d
'
artista
,
che
dappertutto
laggiù
avea
sempre
la
matita
in
mano
a
schizzare
dal
vero
bivacchi
,
fatti
d
'
arme
e
figure
caratteristiche
,
delle
quali
s
'
ornò
poi
la
casa
dove
morì
medico
,
trentott
'
anni
di
poi
.
E
giovane
mistico
,
nato
per
ogni
sacrificio
,
vi
stava
bene
col
Nodari
l
'
ingegnere
Antonio
Pievani
da
Tirano
,
che
già
deliberato
a
farsi
frate
,
solo
quando
fu
finita
l
'
opera
di
rifar
la
patria
,
entrò
nei
Francescani
,
per
andar
missionario
nel
mondo
barbaro
.
E
invece
,
tradito
dalla
salute
,
morì
nel
1880
,
in
una
cella
del
convento
di
Lovere
,
sul
lago
d
'
Iseo
,
sulle
cui
rive
deliziose
eran
nati
quattro
compagni
suoi
nei
Mille
,
Zebo
Arcangeli
,
Gian
Maria
Archetti
,
Carlo
Bonardi
e
Giuseppe
Volpi
,
questi
ultimi
due
a
lui
carissimi
e
morti
in
guerra
.
Poiché
ormai
quel
piccolo
esercito
aveva
tutte
le
sue
membra
fuorché
il
Genio
,
fu
ordinato
anche
questo
:
una
dozzina
e
mezza
di
operai
,
di
macchinisti
,
d
'
ingegneri
,
con
Filippo
Minutilli
da
Grumo
d
'
Appula
per
Comandante
,
uomo
di
quarantasette
anni
,
severo
,
di
poche
parole
,
cui
si
leggeva
in
viso
,
e
certo
lo
aveva
dentro
,
qualche
profondo
dolore
.
Pativa
l
'
esilio
dal
1849;
era
stato
in
Oriente
,
in
Malta
,
in
Piemonte
;
lasciava
in
Genova
coi
figliuoli
la
moglie
,
eroica
donna
messinese
,
che
si
era
sentita
il
cuore
di
cucire
per
lui
la
camicia
rossa
,
e
di
scendere
alle
porte
di
Genova
,
a
dirgli
addio
,
mentre
egli
passava
per
andar
a
Quarto
ad
imbarcarsi
.
Luogotenente
del
Minutilli
fu
l
'
ingegnere
Achille
Argentino
,
uno
dei
liberati
l
'
anno
avanti
dalle
galere
di
Re
Ferdinando
,
dei
quali
si
è
detto
.
Formati
così
anche
i
piccoli
corpi
dell
'
Artiglieria
e
del
Genio
,
gli
uomini
che
vi
appartenevano
andarono
a
piantar
sul
Piemonte
un
piccolo
laboratorio
.
E
subito
,
e
i
giorni
dipoi
,
pur
non
avendo
strumenti
,
fabbricarono
scatole
di
mitraglia
con
ogni
sorta
di
rottami
e
di
lamiere
di
ferro
rinvenute
nelle
stive
dei
due
vapori
.
Con
le
lenzuola
di
bordo
fecero
sacchetti
per
le
cariche
da
cannone
,
e
fabbricarono
cartucce
da
fucile
,
metà
delle
quali
passarono
sul
Lombardo
.
La
diversione
Tutto
cominciava
ad
andare
per
bene
:
solo
sembrava
strano
che
la
spedizione
continuasse
a
stare
a
perdere
un
tempo
prezioso
.
Ma
nel
pomeriggio
dell'8
corse
vagamente
la
voce
che
Garibaldi
avesse
deliberato
di
gettarsi
nel
Pontificio
,
per
marciare
senz
'
altro
su
Roma
.
Una
sessantina
di
uomini
,
presi
qua
e
là
nelle
campagne
e
raccolti
in
drappello
,
erano
partiti
sin
dalla
sera
avanti
,
per
la
strada
che
,
girando
il
golfo
,
mena
da
Talamone
in
Maremma
.
Marciava
alla
loro
testa
un
Zambanchi
.
Era
un
forlivese
già
sulla
cinquantina
,
quadrato
,
barbuto
,
di
poca
testa
,
assai
rozzo
e
millantatore
.
E
aveva
fama
d
'
esser
uomo
di
sangue
,
perché
nel
'49
,
a
Roma
,
era
stato
crudo
contro
tre
preti
,
i
quali
,
volendo
entrare
nelle
città
travestiti
da
contadini
,
avevano
dato
del
capo
nei
suoi
avamposti
.
Egli
li
aveva
tenuti
prigionieri
;
poi
,
senza
averne
ordine
dal
Governo
,
gli
aveva
fatti
fucilare
.
Per
tal
suo
fatto
gli
pesava
addosso
l
'
accusa
di
sterminatore
di
preti
e
frati
,
e
sin
d
'
averne
colmato
un
pozzo
.
A
chi
non
sapeva
tutto
,
pareva
che
quella
compagnia
fosse
l
'
avanguardia
,
e
che
la
spedizione
dovesse
tenerle
dietro
.
E
i
più
giovani
lo
credevano
,
ma
gli
anziani
no
.
Delle
otto
compagnie
,
Garibaldi
ne
aveva
affidate
tre
a
comandanti
siciliani
,
una
ad
un
calabrese
;
ora
come
poteva
darsi
che
egli
volesse
far
loro
il
torto
di
non
andare
in
Sicilia
?
Però
il
fatto
che
quel
piccolo
drappello
se
n
'
era
andato
per
entrare
nel
Pontificio
a
farvisi
distruggere
forse
ai
primi
passi
,
se
tutta
la
spedizione
non
lo
volesse
seguire
,
non
si
capiva
.
Vi
era
chi
diceva
che
Garibaldi
avesse
fatto
così
,
per
levarsi
dai
piedi
quel
Zambianchi
che
gli
era
odioso
:
ma
altri
faceva
osservare
che
forse
si
esagerava
perché
non
a
un
uomo
così
fatto
Garibaldi
avrebbe
dato
da
condurre
quel
manipolo
,
in
cui
si
erano
trovati
a
dover
andare
dei
giovani
come
il
Guerzoni
,
il
Leardi
,
il
Locatelli
,
il
Ferrari
,
il
Fumagalli
,
il
Pittaluga
,
e
avvocati
,
scrittori
,
scultori
,
e
quattro
medici
come
Fochi
,
Bandini
e
Soncini
da
Parma
,
e
Cantoni
da
Pavia
,
e
tanti
altri
,
proprio
gente
già
di
conto
.
Pensavano
forse
meglio
quelli
che
dicevano
che
il
Generale
aveva
mandato
quel
manipolo
nel
Pontificio
affinché
n
'
andasse
la
voce
a
Roma
e
a
Napoli
,
a
generar
confusione
in
quei
governi
;
e
che
quanto
al
Zambianchi
qualcuno
,
forse
il
Guerzoni
,
avesse
l
'
ordine
di
levargli
il
comando
,
se
mai
venisse
l
'
occasione
di
doversene
liberare
per
qualche
suo
sproposito
o
qualche
violenza
.
Verso
sera
le
trombe
suonarono
,
le
compagnie
si
ordinarono
,
scesero
al
porto
,
tornarono
a
imbarcarsi
sui
due
vapori
.
Quella
tornata
a
bordo
levò
via
ogni
dubbio
.
E
allora
nacque
negli
animi
una
generosa
pietà
per
i
compagni
partiti
.
Che
brava
gente
!
Avevano
compìto
il
più
duro
sacrificio
che
si
potesse
ideare
:
perdevano
la
vista
di
Lui
e
l
'
epopea
che
s
'
erano
sentita
nel
pensiero
,
per
andar
a
crearne
un
episodio
oscuro
,
non
sapevano
dove
,
pochi
,
bene
armati
,
ma
condotti
da
un
uomo
disamato
.
Parlando
d
'
essi
,
molti
confessavano
che
comandati
a
quel
passo
non
avrebbero
ubbidito
;
ma
i
più
lodavano
l
'
ubbidienza
di
quei
sessanta
come
indizio
di
gran
virtù
,
e
testimonianza
del
più
alto
valore
.
A
Santo
Stefano
Garibaldi
aveva
fretta
di
partire
,
ma
non
aveva
fatto
imbarcare
le
compagnie
per
questo
.
Alcuni
dei
suoi
uomini
per
cattiveria
o
per
braveria
,
avevano
dato
noia
a
qualcuno
di
Talamone
,
ond
'
egli
,
sdegnato
,
si
era
risolto
a
levar
tutti
da
terra
.
Così
i
due
vapori
stettero
carichi
all
'
ancora
tutta
la
notte
dall'8
al
9;
e
solo
all
'
alba
salparono
pel
golfo
a
Santo
Stefano
,
breve
tratto
.
La
cittadetta
si
svegliava
.
Viste
dal
porto
,
le
sue
case
parevano
edificate
l
'
una
a
inseguir
l
'
altra
su
su
,
per
arrivare
in
alto
a
trovar
i
giardini
,
i
vigneti
,
gli
oliveti
pensili
tra
le
rocce
.
Vi
scesero
Bixio
,
Schiaffino
e
Bandi
,
per
andare
ai
magazzini
del
governo
,
e
in
qualche
modo
farsi
dare
carbone
,
perché
la
traversata
della
Sicilia
era
ancora
lunga
,
e
poteva
anche
capitare
di
dover
andare
chi
sa
quanti
giorni
,
fuggendo
di
qua
e
di
là
pel
Mediterraneo
,
perseguitati
dalle
navi
napoletane
.
Il
Bandi
s
'
accostò
al
custode
dei
magazzini
e
cominciò
colle
buone
a
tentarlo
.
Ormai
sapevano
tutti
colà
che
Orbetello
aveva
dato
armi
,
e
in
quei
giorni
quel
custode
poteva
fare
uno
strappo
anch
'
egli
ai
regolamenti
.
Ma
colui
nicchiava
,
e
il
Bandi
non
riusciva
a
convincerlo
.
Allora
gli
cadde
là
Bixio
,
che
preso
al
petto
il
custode
fedele
,
lo
scosse
un
poco
,
e
,
miracoli
di
quell
'
uomo
,
il
carbone
andò
a
bordo
per
dir
così
da
sé
.
E
andarono
a
bordo
e
viveri
e
barili
d
'
acqua
.
V
'
andarono
anche
per
imbarcarsi
stormi
di
bersaglieri
,
ma
Garibaldi
aveva
promesso
all
maggior
Pinelli
di
respingerli
,
e
non
li
volle
.
Tre
soli
che
poterono
salire
a
nascondersi
sul
Lombardo
,
seguirono
la
spedizione
,
e
divennero
poi
ufficiali
dei
migliori
nella
bella
compagnia
.
Le
armi
Durante
la
sosta
a
Santo
Stefano
furono
distribuite
le
armi
alle
compagnie
;
solenne
momento
!
Faceva
pensare
a
un
altro
ancor
più
solenne
,
quello
di
quando
vicina
l
'
ora
della
battaglia
,
i
reggimenti
d
'
allora
caricavano
i
fucili
con
quell
'
indescrivibile
ronzio
di
bacchette
tutte
piantate
a
un
tempo
nelle
canne
,
che
dava
il
raccapriccio
e
il
cupo
sentimento
della
morte
.
Quelle
armi
erano
vecchi
fucili
di
avanti
il
'48
,
trasformati
da
pietra
focaia
a
percussione
,
lunghi
,
pesanti
,
rugginosi
,
tetri
.
Stava
legata
a
ciascun
fucile
una
baionetta
nel
fodero
cucito
a
un
cinturone
di
cuoio
nero
,
con
certa
piastra
da
fermarselo
alla
vita
e
certa
cartucciera
proprio
da
far
malinconia
a
provarsela
.
Oggi
non
se
ne
vorrebbe
servire
,
per
così
dire
,
neppure
un
bandito
.
Eppure
nessuno
se
ne
lagnò
.
Insieme
con
quell
'
arma
,
ognuno
ricevette
venti
cartucce
,
e
se
le
mise
a
posto
con
gran
cura
.
Quelle
povere
cose
erano
tutte
le
risorse
di
cui
Garibaldi
poteva
disporre
.
Povero
Garibaldi
!
Nell
'
ultimo
momento
che
stette
in
quelle
acque
,
un
suo
compagno
d
'
altri
tempi
che
lo
aveva
seguito
nei
mari
della
Cina
e
che
poi
aveva
perduto
una
gamba
combattendo
pei
liberali
del
Perù
,
bel
soldato
,
vivacissimo
ingegno
,
voleva
seguirlo
così
mutilato
com
'
era
anche
a
quella
sua
bella
guerra
.
Egli
dovette
supplicarlo
di
andarsene
,
e
infine
comandarglielo
.
Furono
lagrime
!
Ma
Stefano
Siccoli
dovè
ubbidire
,
discendere
,
veder
da
terra
salpare
l
'
ancora
,
stringersi
il
cuore
perché
non
gli
scoppiasse
.
Però
aveva
già
il
suo
proposito
bell
'
e
formato
:
egli
avrebbe
raggiunto
Zambianchi
.
Di
nuovo
in
mare
Era
quasi
il
tocco
dopo
mezzodì
,
quando
il
Piemonte
e
il
Lombardo
si
mossero
verso
l
'
isola
del
Giglio
.
Finalmente
!
Garibaldi
era
stato
tutti
quei
due
giorni
in
angustia
.
Certo
egli
ignorava
ciò
che
si
seppe
poi
,
e
cioè
che
il
Ricasoli
,
governatore
della
Toscana
,
aveva
telegrafato
al
prefetto
di
Grosseto
di
"
tenersi
estraneo
a
quanto
succedeva
"
nel
golfo
di
Talamone
.
Ma
lo
avesse
anche
saputo
,
temeva
del
Farini
,
temeva
del
Cavour
,
né
avrebbe
potuto
giustamente
lagnarsi
di
loro
,
se
gli
avessero
fatto
giungere
addosso
la
squadra
di
Persano
a
pigliarselo
.
Il
momento
era
ben
più
cruccioso
che
quello
di
Genova
.
Nei
tre
giorni
della
sua
partenza
,
tutta
l
'
Europa
avea
avuto
tempo
di
mettere
il
Governo
di
Torino
alla
stretta
o
di
catturare
lui
o
di
prepararsi
alla
guerra
.
E
allora
che
rovina
!
Le
genti
del
mezzodì
deluse
e
cadute
nell
'
accasciamento
;
egli
e
il
suo
partito
umiliati
;
Vittorio
Emanuele
costretto
a
rinnegare
il
pensiero
unitario
!
Ci
sarebbero
voluti
molti
anni
a
rimetter
su
gli
animi
;
e
intanto
,
prima
che
tornasse
un
'
occasione
,
sarebbero
divenuti
vecchi
,
sarebbero
forse
morti
il
Re
,
Cavour
,
Mazzini
,
lui
,
tutta
quella
generazione
;
e
non
si
sapeva
che
cosa
sarebbe
poi
avvenuto
.
Ora
dunque
egli
e
tutti
sulle
due
navi
respiravano
contenti
.
Girata
la
punta
dell
'
Argentaro
,
ecco
a
destra
l
'
isola
del
Giglio
con
la
sua
costa
erta
e
rocciosa
e
col
suo
borgo
su
in
cima
.
Una
freschezza
,
una
pace
!
Quanti
di
quei
naviganti
già
vecchi
e
stanchi
avranno
pensato
di
venirvi
un
dì
a
trovarsi
un
posticino
lassù
,
per
invecchiarvi
del
tutto
e
morirvi
,
pensando
alla
loro
odissea
!
Ma
ora
l
'
odissea
non
era
finita
,
anzi
andavano
a
crearne
forse
l
'
ultimo
canto
.
Più
in
là
del
Giglio
,
Montecristo
,
l
'
isola
dei
sogni
;
e
lungo
la
costa
occidentale
dell
'
Argentaro
a
guardare
in
su
torri
,
torri
e
torri
.
Che
strano
arnese
da
guerra
doveva
essere
stato
quel
monte
!
E
poi
a
sinistra
Giannutri
,
luogo
da
capre
selvatiche
e
da
conigli
.
Di
là
da
quelle
isolette
i
due
vapori
pigliarono
il
largo
;
dunque
alle
coste
romane
non
c
'
era
proprio
più
da
pensarci
,
e
presto
sarebbero
entrati
nelle
acque
napolitane
.
Veniva
ai
Mille
la
sera
e
la
malinconia
.
Cosa
si
pensava
di
loro
nelle
loro
città
,
nei
loro
villaggi
,
nelle
loro
case
?
Davvero
tutta
l
'
Italia
doveva
stare
in
grande
ansietà
.
Ormai
la
spedizione
era
via
da
quattro
giorni
;
ogni
istante
poteva
esser
quello
di
una
grande
tragedia
,
in
qualche
punto
del
Tirreno
.
Se
i
due
vapori
si
fossero
imbattuti
nella
crociera
napolitana
,
avrebbero
dovuto
arrendersi
o
avventarsi
cannoneggiati
contro
le
navi
borboniche
,
lanciarsi
all
'
arrembaggio
da
disperati
,
e
farsi
saltar
in
aria
con
esse
o
pigliarsele
.
Chi
sapeva
mai
!
Con
Garibaldi
e
con
Bixio
alla
testa
,
tutto
era
possibile
.
Ma
se
invece
fossero
stati
catturati
e
menati
nel
porto
di
Napoli
,
dove
quel
Re
potesse
veder
Garibaldi
e
i
suoi
là
,
sotto
le
finestre
della
reggia
,
prima
di
farli
morire
forse
tutti
,
o
empirne
le
sue
galere
?
Chi
amava
,
pensava
così
e
temeva
e
sperava
;
e
forse
non
sarà
mancato
chi
anche
peggio
della
cattura
avrà
augurato
una
tempesta
di
cannonate
sui
due
vapori
e
il
fondo
del
mare
a
chi
vi
era
su
,
per
tomba
.
Ma
i
due
vapori
andavano
ancora
sicuri
.
E
andarono
tutta
la
notte
e
tutto
il
giorno
dipoi
,
che
era
il
10
,
senza
veder
che
cielo
ed
acqua
come
se
fossero
nell
'
Oceano
.
A
bordo
,
i
pavesi
cantavano
.
Tutto
era
quieto
.
Solo
a
una
cert
'
ora
prima
del
mezzodì
,
ci
fu
un
po
'
di
trambusto
,
perché
uno
del
Lombardo
si
era
gettato
in
mare
,
pel
dolore
di
non
essere
riuscito
a
farsi
inscrivere
nei
Carabinieri
genovesi
.
Fu
subito
fermato
il
vapore
;
una
lancia
vogò
come
saetta
,
giunse
dove
quell
'
uomo
si
dibatteva
tra
le
onde
,
e
uno
della
lancia
si
chinò
,
lo
tirò
su
mezzo
morto
ma
come
fosse
un
gingillo
.
Quel
forte
dalle
braccia
così
gagliarde
doveva
essere
,
era
certo
il
figlio
di
Garibaldi
.
A
bordo
si
diceva
così
,
perché
così
le
moltitudini
fanno
la
loro
poesia
,
e
infatti
quel
forte
era
proprio
Menotti
.
Dopo
,
sul
meriggio
,
il
Piemonte
cominciò
a
filar
via
più
spedito
e
il
Lombardo
a
rimanere
indietro
.
La
distanza
s
'
allungava
ora
per
ora
...
Dove
voleva
andare
il
Generale
così
solo
?
Forse
aveva
pensato
di
dividere
in
due
la
spedizione
,
per
non
correre
tutti
la
stessa
sorte
,
se
mai
fosse
stata
avversa
?
Chi
lo
sapeva
!
Divisi
,
Piemonte
e
Lombardo
,
l
'
uno
o
l
'
altro
sarebbero
riusciti
ad
approdare
,
e
riuscendo
tutt
'
e
due
,
una
volta
sbarcati
,
facile
sarebbe
stato
riunirsi
nell
'
isola
.
Era
un
nuovo
dolore
per
quei
del
Lombardo
,
poiché
se
Bixio
era
Bixio
,
ben
più
fortunati
erano
coloro
che
si
trovavano
a
correr
le
sorti
del
Generale
,
ora
che
la
prova
era
così
vicina
.
Finire
con
lui
come
che
fosse
,
ognuno
se
lo
poteva
augurare
.
In
un
certo
momento
,
mentre
gli
animi
erano
agitati
così
,
Bixio
chiamò
tutti
a
poppa
.
Era
furioso
:
Aveva
scaraventato
un
piatto
in
viso
a
uno
che
s
'
era
lamentato
dei
superiori
,
e
aveva
perduto
a
lui
il
rispetto
.
-
Tutti
a
poppa
!
-
E
Bixio
di
lassù
,
dal
ponte
del
comando
,
fremente
come
un
'
aquila
librata
sull
'
ali
,
già
per
piombare
sulla
preda
,
parlò
:
"
Io
sono
giovane
,
ho
trentasette
anni
ed
ho
fatto
il
giro
del
mondo
.
Sono
stato
naufrago
,
prigioniero
,
ma
son
qui
e
qui
comando
io
.
Qui
io
sono
tutto
,
lo
Czar
,
il
Sultano
,
il
Papa
,
sono
Nino
Bixio
.
Dovete
ubbidirmi
tutti
:
guai
chi
osasse
un
'
alzata
di
spalle
,
guai
chi
pensasse
d
'
ammutinarsi
.
Uscirei
col
mio
uniforme
,
colla
mia
sciabola
,
con
le
mie
decorazioni
,
e
vi
ucciderei
tutti
.
Il
Generale
mi
ha
lasciato
,
comandandomi
di
sbarcarvi
in
Sicilia
.
Vi
sbarcherò
.
Là
mi
impiccherete
al
primo
albero
che
troveremo
,
ma
in
Sicilia
,
ve
lo
giuro
,
vi
sbarcheremo
.
"
Veramente
esagerava
,
perché
l
'
atto
di
colui
che
lo
aveva
offeso
era
affatto
individuale
,
e
non
meritava
quel
suo
fiero
discorso
.
Però
quand
'
egli
ebbe
finito
e
voltò
le
spalle
,
forse
per
non
farsi
vedere
commosso
,
tutte
le
braccia
erano
alzate
a
lui
,
tra
grida
di
lode
.
Ma
da
quel
suo
discorso
parve
a
tutti
di
aver
indovinato
che
il
disegno
di
Garibaldi
era
proprio
di
tentar
lo
sbarco
,
egli
e
Bixio
,
ognuno
da
sé
.
Difatti
il
Piemonte
era
già
quasi
fuori
della
lor
vista
,
sicché
prima
che
fosse
notte
fatta
,
non
ne
scorgevano
neppur
più
il
fumo
.
E
passò
sul
Lombardo
un
soffio
di
gran
malinconia
.
Erano
congetture
.
Di
certo
vi
era
che
cominciava
la
notte
dei
pericoli
veri
.
Ormai
la
marineria
napoletana
doveva
sapere
da
un
pezzo
che
la
spedizione
era
in
mare
,
e
che
si
era
forse
già
tesa
tutta
davanti
all
'
isola
ad
aspettarla
.
Garibaldi
andava
ad
esplorare
.
Egli
,
prudentissimo
e
in
guerra
sempre
geloso
del
proprio
segreto
,
soltanto
dopo
salpato
da
Santo
Stefano
,
poiché
allora
nessuno
avrebbe
più
potuto
propalar
nulla
,
aveva
detto
al
suo
aiutante
Turr
di
chiamargli
Crispi
,
Castiglia
e
Orsini
siciliani
,
per
determinare
il
punto
di
sbarco
.
E
in
quella
conferenza
,
abbandonato
il
suo
primo
pensiero
di
scendere
a
Castellamare
del
Golfo
,
aveva
deliberato
di
tentarlo
a
Porto
Palo
,
sulla
costa
tra
Sciacca
e
Mazzara
,
dove
è
fama
che
il
16
giugno
dell'827
siano
sbarcati
i
primi
Saraceni
che
invasero
l
'
isola
,
chiamati
e
guidati
da
Eufemio
di
Messina
.
Ma
certamente
questo
fatto
di
mille
anni
avanti
non
entrò
per
nulla
nella
scelta
di
Garibaldi
:
perché
né
egli
,
né
quegli
uomini
che
stavano
con
lui
,
se
anche
lo
sapevano
,
erano
teste
da
fissarvisi
su
.
Comunque
sia
,
per
andare
a
Porto
Palo
,
i
due
vapori
dovevano
fare
falsa
rotta
verso
la
Berberia
,
e
poi
,
se
le
acque
parevano
libere
,
voltar
di
colpo
verso
Sicilia
a
trovarlo
.
Ma
assai
dopo
il
mezzo
di
quella
notte
dal
10
all'11
,
Garibaldi
giunto
presso
l
'
isoletta
di
Maretimo
,
che
nel
gruppo
delle
Egadi
è
la
più
lontana
dalla
costa
di
Sicilia
,
deliberò
di
fermarsi
celato
dall
'
isoletta
e
a
lumi
spenti
,
per
aspettare
il
Lombardo
.
Da
ponente
e
da
tramontana
vedeva
i
fanali
delle
navi
napolitane
in
crociera
,
e
in
quei
momenti
doveva
parergli
d
'
esser
ne
'
suoi
tempi
quasi
favolosi
di
Rio
Grande
d
'
America
.
Stato
un
pezzo
in
quel
silenzio
come
in
agguato
,
inquieto
pel
Lombardo
che
non
appariva
,
tornò
indietro
per
cercarlo
.
E
coloro
che
stavano
sul
Lombardo
e
che
a
quell
'
ora
vegliavano
,
quando
rividero
il
Piemonte
lo
credettero
una
nave
nemica
che
corresse
loro
incontro
a
investirli
.
Lo
credette
lo
stesso
Bixio
.
Piantato
sul
suo
ponte
,
egli
fece
levar
su
tutti
e
inastar
le
baionette
;
comandò
al
macchinista
di
dar
tutto
il
vapore
,
e
al
timoniere
di
voltar
tutto
a
sinistra
,
per
andare
alla
disperata
addosso
a
quel
legno
.
A
prora
Simone
Schiaffino
,
capitan
Carlo
Burattini
d
'
Ancona
,
Jacopo
Sgaralino
di
Livorno
,
con
dietro
una
folla
,
stavano
pronti
per
lanciarsi
all
'
arrembaggio
,
tutto
il
ponte
del
Lombardo
fremeva
,
e
mancava
poco
al
grand
'
urto
.
Ma
allora
sonò
la
voce
di
Garibaldi
:
-
Capitan
Bixio
!
-
Generale
!
-
urlò
Bixio
.
-
Indietro
!
Macchina
indietro
!
Generale
,
non
vedevo
i
fanali
.
-
E
non
vedete
che
siamo
in
mezzo
alla
crociera
nemica
?
-
La
commozione
era
stata
così
grande
,
il
passaggio
dallo
sgomento
,
dall
'
ira
,
dalla
ferocia
alla
gioia
così
repentino
,
che
la
parola
'
crociera
'
non
fece
quasi
niun
senso
,
e
tutto
fino
a
un
certo
segno
tornò
quieto
.
Intanto
Garibaldi
e
Bixio
si
concertarono
,
poi
i
due
vapori
ripresero
la
via
l
'
un
presso
l
'
altro
verso
l
'
Africa
,
sempre
però
il
Piemonte
un
po
'
avanti
.
Così
andarono
fino
all
'
alba
,
e
per
le
prime
ore
del
mattino
,
in
quell
'
acque
tra
la
Sicilia
e
le
coste
di
Barberia
,
ma
senza
mai
perder
di
vista
il
gruppo
delle
Egadi
;
Levanzo
lontana
,
Maretimo
più
in
qua
,
ancor
più
in
qua
verso
loro
la
Favignana
.
A
bordo
del
Lombardo
un
Galigarsia
,
nativo
di
quell
'
isoletta
,
povero
milite
che
doveva
morire
quattro
giorni
dipoi
a
Calatafimi
,
diceva
ad
un
gruppo
di
quei
suoi
compagni
che
in
quell
'
isoletta
così
bella
v
'
era
un
carcere
profondissimo
sotto
il
livello
del
mare
,
dove
stavano
chiusi
sette
compagni
di
Pisacane
sopravvissuti
all
'
eccidio
di
Sapri
.
Condannati
al
patibolo
e
poi
graziati
,
morivano
ogni
ora
un
po
'
in
quella
fossa
maledetta
.
Ma
il
sentimento
del
pericolo
presente
,
la
maravigliosa
vista
delle
cose
in
contrasto
col
disgustoso
stato
in
cui
tutti
si
trovavano
,
pigiati
da
tanto
tempo
su
quel
legno
,
non
lasciavano
quasi
posto
alla
pietà
per
chi
dolorava
altrove
.
Del
resto
,
l
'
ora
era
decisiva
:
o
presto
quei
miseri
sarebbero
usciti
liberi
,
o
avrebbero
avuto
dei
nuovi
compagni
.
La
Sicilia
!
Tutti
intanto
sui
due
legni
stavano
accovacciati
per
ordine
severissimo
dei
Comandanti
,
ma
tutti
guatavano
dall
'
orlo
dei
parapetti
certi
monti
che
dapprima
parevano
nuvolaglia
e
che
svolgevano
via
nell
'
aria
vaporosa
i
loro
profili
sempre
più
netti
.
Quei
monti
per
quei
cuori
eran
già
tutta
la
Sicilia
che
si
animava
,
che
esultava
,
che
cantava
alla
loro
venuta
.
E
poco
appresso
,
quando
cominciò
ad
apparire
una
striscia
bianca
tra
mare
e
terra
,
si
diffuse
la
voce
che
là
fosse
Marsala
.
Marsala
!
Tra
quella
e
i
due
vapori
erano
libere
le
acque
.
Che
fortuna
!
Pareva
che
quella
striscia
bianca
e
tutta
la
terra
movesse
loro
incontro
,
tanto
la
distanza
si
stringeva
,
tanto
i
due
legni
filavano
agili
,
aiutati
anche
da
un
po
'
di
ponente
che
appunto
allora
si
era
messo
.
Dunque
ancora
forse
qualche
breve
ora
,
e
i
due
vapori
avrebbero
atterrato
.
Tutto
dipendeva
da
questo
,
che
non
si
staccassero
da
Marsala
navi
da
guerra
a
incontrarli
a
cannonate
.
Ma
la
speranza
era
grande
.
Sul
ponte
del
Piemonte
che
andava
sempre
avanti
,
quei
del
Lombardo
vedevano
Garibaldi
circondato
da
un
gruppo
dei
suoi
,
coi
cannocchiali
all
'
occhio
.
Guardavano
due
legni
da
guerra
bianchi
,
ancorati
nel
porto
.
Ad
un
tratto
il
Piemonte
rallentò
,
si
fermò
quasi
,
pigliò
su
qualcuno
da
una
barca
peschereccia
che
veniva
da
Marsala
.
E
da
colui
Garibaldi
seppe
che
quei
due
legni
erano
inglesi
;
che
dal
porto
di
Marsala
,
nella
notte
,
n
'
erano
partiti
due
napolitani
per
Sciacca
e
Girgenti
;
che
in
quella
mattina
stessa
delle
milizie
venute
il
dì
avanti
eran
tornate
via
dalla
città
,
dirette
a
Trapani
.
La
fortuna
,
dunque
,
era
proprio
tutta
dalla
parte
di
Garibaldi
!
E
il
Piemonte
filava
e
il
Lombardo
dietro
con
Bixio
,
che
non
sapendo
ciò
che
Garibaldi
sapeva
,
tempestava
i
suoi
di
star
giù
,
minacciava
ira
ai
marinai
se
gli
sbagliassero
manovra
:
Ma
di
sbarcare
era
anch
'
egli
sicuro
:
anzi
a
un
certo
momento
che
passò
vicino
al
suo
un
piccolo
legno
inglese
,
egli
gridò
:
"
Dite
a
Genova
che
il
general
Garibaldi
è
sbarcato
a
Marsala
oggi
11
maggio
,
alle
una
pomeridiana
!
"
Quella
sicurezza
di
Bixio
passò
in
tutti
i
cuori
.
Perciò
non
fece
quasi
senso
l
'
apparizione
di
due
pennacchi
neri
,
lontani
,
in
giù
a
destra
;
fumo
di
due
navi
da
guerra
certo
,
che
dovevano
venire
a
furia
.
Fulmini
se
mai
giungessero
in
tempo
!
Ma
esse
quel
tanto
spazio
non
potevano
divorarselo
;
la
terra
era
ormai
vicinissima
:
si
distingueva
già
il
molo
e
fino
la
gente
.
Un
altro
po
'
di
ansietà
,
poi
...
Lo
sbarco
E
poco
appresso
il
Piemonte
imboccava
il
porto
,
e
vi
si
andava
a
posare
in
mezzo
come
in
luogo
suo
.
Bixio
,
nella
rapina
dell
'
animo
tempestosa
,
lanciò
il
Lombardo
come
un
cavallo
sfrenato
,
andasse
pure
ad
investire
,
a
spaccarsi
,
magari
a
sommergersi
,
tanto
meglio
!
Così
,
una
volta
sbarcati
,
quelli
che
vi
stavan
su
avrebbero
capito
che
non
v
'
era
più
via
di
ritorno
.
E
si
fermò
così
fuori
del
molo
destro
,
a
poche
braccia
da
quella
riva
.
Era
il
tocco
dopo
mezzodì
.
Nessuna
poesia
potrà
mai
dire
l
'
anima
di
quella
gente
in
quell
'
ora
.
Ecco
il
momento
degli
uomini
di
mare
.
Benedetto
Castiglia
,
capo
della
marineria
da
guerra
sicula
nel
1848;
capitano
Andrea
Rossi
da
Diano
Marina
,
capitan
Giuseppe
Gastaldi
da
Porto
Maurizio
,
Burattini
,
Assi
,
Sgarallino
,
Schiaffino
e
tutti
quelli
che
com
'
essi
erano
marinai
,
scesero
a
raccoglier
nel
porto
quante
barche
vi
si
trovavano
.
E
per
amore
o
per
forza
le
fecero
lavorare
.
Bisognava
far
presto
a
levar
la
gente
e
le
poche
cose
da
guerra
e
le
artiglierie
dai
due
vapori
,
perché
in
men
di
due
ore
quelle
navi
che
si
vedevano
sempre
più
vicine
potevano
giungere
a
tiro
e
fare
una
strage
.
Intorno
al
Lombardo
e
al
Piemonte
parve
un
finimondo
.
Intanto
Turr
con
Missori
,
Pentasuglia
,
Argentino
,
Bruzzesi
,
Manin
,
Miocchi
,
discesi
primi
,
salirono
alla
città
,
su
cui
cominciavano
a
sventolare
bandiere
d
'
altre
nazioni
,
ma
le
più
inglesi
.
E
dalla
città
alcuni
cittadini
calavano
al
porto
timidamente
.
Dei
ragazzi
li
precedevano
a
corsa
;
sopraggiungevano
frati
bianchi
,
che
davano
poderose
strette
di
mano
a
quegli
strani
forestieri
sbarcati
in
armi
e
tutti
vestiti
alla
borghese
,
salvo
pochi
in
qualche
divisa
piemontese
o
in
camicia
rossa
,
forse
una
cinquantina
.
E
quei
frati
facevano
delle
domande
strane
,
da
curiosi
ma
semplici
;
e
udendo
da
uno
dir
che
era
di
Venezia
,
da
un
altro
di
Genova
,
di
Milano
,
di
Roma
,
di
Bergamo
,
inarcavano
le
ciglia
,
maravigliati
come
se
l
'
esser
essi
potuti
giungere
nella
loro
Sicilia
da
quelle
città
,
fosse
cosa
quasi
fuori
del
naturale
.
In
un
'
ora
o
in
un
'
ora
e
mezzo
al
più
,
tutta
la
spedizione
fu
a
terra
.
Qualcuno
si
ricordò
che
quel
giorno
era
venerdì
,
malaugurio
;
qualcun
altro
disse
che
era
pur
venerdì
il
giorno
in
cui
Colombo
partì
da
Palos
,
e
che
andassero
al
vento
le
superstizioni
...
!
Ma
a
un
tratto
tuonò
una
prima
cannonata
.
Le
navi
borboniche
giungevano
a
tiro
.
Erano
tre
:
due
a
vapore
più
vicine
,
la
terza
a
vela
tirata
a
rimorchio
da
una
di
esse
e
lasciata
poi
indietro
per
far
più
alla
lesta
.
Ma
anche
quella
si
avvicinava
.
E
avrebbe
potuto
tirar
qualche
poco
prima
,
ma
avevano
indugiato
alquanto
i
lor
fuochi
,
perché
i
due
legni
inglesi
Argus
e
Intrepid
ancorati
nel
porto
avevano
pregato
a
segnali
di
bandiere
di
non
tirare
,
finché
i
loro
ufficiali
da
terra
non
fossero
tornati
a
bordo
.
Difatti
dei
marinai
in
calzoni
bianchi
uscivano
da
Marsala
e
scendevano
frettolosi
al
mare
.
E
allora
quelle
navi
cominciarono
a
sfogarsi
contro
gli
sbarcati
,
le
due
a
vapore
con
tiri
quasi
in
cadenza
,
quella
a
vela
addirittura
a
fiancate
.
Però
i
loro
proiettili
o
davano
in
acqua
,
sguisciando
poi
a
rotolar
sulla
riva
già
mezzi
morti
,
o
non
oltrepassavano
guari
la
linea
del
molo
.
Cadde
qualche
granata
in
mezzo
alle
compagnie
già
ordinate
,
ma
queste
pronte
,
si
gettarono
a
terra
e
lasciarono
scoppiare
:
una
di
quelle
colpì
e
sfasciò
mezzo
un
casotto
da
doganieri
del
molo
;
un
'
altra
fece
tremare
la
settima
Compagnia
,
passandole
parallela
alla
fronte
,
così
che
due
braccia
più
a
sinistra
la
mieteva
tutta
.
"
Alte
le
teste
!
"
gridò
Cairoli
;
e
la
Compagnia
stette
salda
.
Alfine
fu
dato
il
comando
di
salire
alla
città
.
Manin
e
Maiocchi
regolavano
la
corsa
a
gruppi
.
Un
po
'
curvi
,
un
po
'
carponi
,
un
po
'
ritti
,
regolandosi
alle
vampate
dei
cannoni
nemici
,
correvano
quei
gruppi
su
per
il
pendio
verso
la
porta
della
città
e
vi
entravano
.
Cara
Marsala
!
E
di
qua
e
di
là
si
spandevano
per
le
vie
traverse
,
perché
in
faccia
a
quella
maestra
era
andata
a
porsi
una
delle
fregate
,
e
tentava
,
coi
suoi
tiri
,
d
'
infilare
la
porta
.
Poca
gente
per
quelle
vie
;
degli
usci
si
chiudevano
;
dalle
soglie
d
'
altri
usci
e
dalle
finestre
donne
e
uomini
guardavano
paurosi
;
e
ve
n
'
erano
che
applaudivano
,
i
più
parevano
gente
trasognata
.
Garibaldi
,
sbarcato
degli
ultimi
,
saliva
anch
'
egli
ma
lento
alla
città
,
portando
la
sciabola
sulla
spalla
come
un
contadino
la
zappa
.
E
ogni
poco
si
volgeva
a
guardar
il
porto
.
Gusmaroli
e
altri
pochi
che
lo
seguivano
,
avrebbero
voluto
portarlo
via
di
peso
dal
pericolo
d
'
essere
ucciso
o
soltanto
ferito
in
quel
primo
istante
.
Senza
di
lui
non
si
sapeva
cosa
sarebbe
stato
di
quel
gruppo
d
'
uomini
,
fossero
pur
molti
i
grandi
e
i
forti
tra
loro
.
Egli
da
solo
era
un
esercito
.
Ma
nessuno
osava
dirgli
che
si
guardasse
,
nessuno
,
neppur
Bixio
,
venuto
via
addirittura
l
'
ultimo
da
bordo
.
Egli
aveva
voluto
prima
far
portare
a
terra
tutto
ciò
che
gli
era
parso
buono
a
qualcosa
,
poi
non
avendo
più
nulla
da
farvi
,
aperti
egli
stesso
i
rubinetti
delle
macchine
affinché
il
Lombardo
s
'
empisse
d
'
acqua
,
era
disceso
.
Intanto
le
navi
borboniche
continuavano
a
tirare
.
E
fu
saputo
subito
che
le
due
fregate
a
vapore
si
chiamavano
Stromboli
e
Capri
,
e
che
quella
a
vela
,
tanto
maestosa
,
era
la
Partenope
.
Ah
!
La
Stromboli
!
V
'
erano
tra
gli
sbarcati
quei
tali
sette
che
vi
avevano
navigato
su
nel
1859
fino
a
Cadice
,
con
gli
altri
deportati
che
dovevano
andare
a
finire
in
America
.
Ora
la
riconoscevano
ai
profili
.
Non
erano
più
quei
tempi
,
sebbene
fossero
ancora
tanto
vicini
:
né
era
più
l'11
luglio
del
1849
,
quando
,
comandata
da
un
Salazar
,
la
Stromboli
aveva
inseguito
i
trabaccoli
siciliani
che
,
fallito
loro
lo
sbarco
in
Calabria
,
andavano
a
rifugiarsi
nelle
Ionie
.
Lo
Stromboli
allora
aveva
issato
bandiera
inglese
,
perfidamente
ingannando
quei
siciliani
,
e
li
aveva
catturati
e
condotti
a
lunghe
pene
nelle
carceri
dei
Borboni
.
Adesso
era
lì
mortificata
con
quegli
altri
due
legni
,
cui
non
restava
che
pigliarsi
il
Piemonte
per
menarlo
via
.
Quanto
al
Lombardo
l
'
avrebbero
dovuto
lasciar
là
giacere
,
come
un
mostro
marino
sputato
sulla
spiaggia
.
Testimoni
di
quei
fatti
stettero
i
due
vapori
inglesi
,
ammirando
la
discesa
e
la
prontezza
e
l
'
ordine
con
cui
tutto
era
avvenuto
.
E
non
sapevano
che
si
sarebbe
subito
gridato
e
ripetuto
poi
lungamente
pel
mondo
che
essi
avevano
aiutato
Garibaldi
,
e
che
anzi
per
aiutarlo
s
'
erano
trovati
là
apposta
.
Furono
voci
false
.
L
'
Argus
stava
in
quel
porto
da
parecchi
giorni
per
proteggere
gli
inglesi
residenti
in
Marsala
,
L
'
Intrepid
v
'
era
giunto
di
passaggio
da
poche
ore
,
e
poche
ore
dopo
se
n
'
andava
per
Malta
.
Il
proclama
A
guardia
del
porto
,
se
mai
dalle
navi
borboniche
sbarcasse
della
gente
,
rimasero
la
7°
Compagnia
e
i
Carabinieri
genovesi
.
Con
le
loro
infallibili
carabine
,
quei
genovesi
,
che
,
per
dir
così
,
davano
in
una
capocchia
di
chiodo
a
trecento
metri
,
avrebbero
presto
levato
ogni
voglia
di
sbarcare
a
chi
l
'
avesse
tentato
.
Da
mare
dunque
Garibaldi
non
aveva
da
temere
.
Da
terra
sì
.
Per
questo
mandò
ricognizioni
verso
Trapani
e
verso
Sciacca
,
fece
uscire
dalla
città
quanto
poté
più
delle
Compagnie
,
fors
'
anche
non
si
fidando
dei
vini
del
paese
pei
loro
effetti
sulle
teste
di
quei
suoi
uomini
,
i
quali
in
cinque
giorni
non
avevano
mangiato
che
poco
biscotto
e
bevuto
acqua
di
botte
quasi
imputridita
.
Per
esplorare
il
paese
montò
egli
stesso
sulla
cupola
della
Cattedrale
,
cui
passarono
subito
ben
vicine
due
granate
delle
navi
che
avevano
visto
gente
lassù
.
Disceso
andò
al
Municipio
,
e
di
là
disse
alla
Sicilia
la
sua
prima
parola
:
"
Siciliani
!
Io
vi
ho
condotto
un
piccolo
pugno
di
valorosi
,
accorsi
alle
vostre
eroiche
grida
,
avanzi
delle
battaglie
lombarde
.
Noi
siamo
qui
con
voi
,
ed
altro
non
cerchiamo
che
di
liberare
il
vostro
paese
.
Se
saremo
tutti
uniti
sarà
facile
il
nostro
assunto
.
Dunque
,
all
'
armi
!
Chi
non
prende
un
'
arma
qualunque
,
è
un
vile
o
un
traditore
.
A
nulla
vale
il
pretesto
che
manchino
le
armi
.
Noi
avremo
i
fucili
,
ma
per
il
momento
ogni
arma
è
buona
,
quando
sia
maneggiata
dalle
braccia
di
un
valoroso
.
I
Comuni
avranno
cura
dei
figli
,
delle
donne
,
dei
vecchi
che
lascerete
addietro
!
La
Sicilia
mostrerà
ancora
una
volta
al
mondo
,
come
un
paese
,
con
l
'
efficace
volontà
d
'
un
intero
popolo
,
sappia
liberarsi
dei
suoi
oppressori
.
"
Di
questo
proclama
,
affisso
alle
cantonate
di
Marsala
,
furono
mandati
esemplari
alle
città
vicine
,
e
lontano
alle
squadre
che
tenevano
i
monti
.
Bisognava
che
la
gran
voce
andasse
,
e
infiammasse
la
rivoluzione
già
quasi
vinta
.
I
Marsalesi
leggevano
e
cominciavano
a
comprendere
,
coloro
che
cinque
giorni
avanti
non
avevano
osato
insorgere
al
grido
di
Abele
Damiani
,
loro
concittadino
,
adesso
pigliavano
animo
,
seguisse
poi
ciò
che
potesse
,
perché
con
quegli
italiani
c
'
erano
pur
Crispi
,
La
Masa
,
Orsini
,
Palizzolo
,
Carini
,
tutti
dei
loro
,
proprio
dell
'
isola
,
e
tutti
già
celebri
fin
dal
'48
.
E
poi
avevano
visto
Lui
,
Garibaldi
in
persona
.
Se
la
colonna
del
generale
Letizia
,
che
il
giorno
avanti
aveva
fatto
la
sua
comparsa
minacciosa
,
e
se
n
'
era
andata
credendo
di
lasciarsi
dietro
tutto
tranquillo
,
fosse
anche
rinvenuta
;
avrebbero
avuto
da
far
con
Garibaldi
,
con
quei
suoi
ufficiali
facili
a
riconoscersi
per
uomini
di
guerra
sul
serio
,
con
quella
gente
un
po
'
d
'
ogni
età
ma
pratica
d
'
armi
e
disciplinata
,
con
loro
infine
e
con
al
loro
città
che
si
sarebbe
difesa
.
Anche
il
popolino
pigliava
via
via
confidenza
con
quei
forestieri
.
Nelle
taverne
,
nelle
botteghe
dove
essi
entravano
per
rifocillarsi
e
provvedersi
di
qualche
cosuccia
necessaria
,
la
gente
faceva
subito
folla
.
E
si
tratteneva
a
sentirli
parlare
.
Come
erano
buoni
e
cortesi
!
Le
donne
osservavano
che
molti
portavano
i
capelli
lunghi
,
cosa
strana
per
soldati
,
e
che
avevano
gli
occhi
azzurri
e
le
mani
e
i
panni
indosso
da
veri
signori
.
I
bottegai
ricevevano
le
monete
con
su
l
'
effigie
di
Vittorio
Emanuele
,
mirando
e
facendo
mirare
i
gran
baffi
del
Re
di
cui
avevano
sentito
parlar
vagamente
,
domandavano
se
Garibaldi
fosse
suo
fratello
.
Davano
i
resti
in
mucchi
di
monete
luride
e
fruste
,
e
facevano
tutto
gli
uni
e
gli
altri
con
gran
fidanza
.
Quelle
non
erano
ore
da
inganni
.
Correvano
intanto
dei
racconti
curiosi
di
particolari
minuti
dello
sbarco
,
un
fatterello
seguito
qua
o
là
,
a
questo
o
a
quell
'
altro
di
questa
,
di
quella
Compagnia
.
Faceto
,
nel
serio
,
ma
vero
,
si
diceva
che
appena
sceso
a
terra
,
un
Pentasuglia
,
pratico
del
mestiere
,
era
entrato
nell
'
ufficio
del
telegrafo
,
dove
l
'
impiegato
aveva
appena
finito
di
annunziare
a
Palermo
e
a
Trapani
che
gente
armata
sbarcava
da
due
legni
sardi
.
Ripicchiavano
appunto
da
Trapani
,
domandando
quanti
fossero
gli
sbarcati
;
e
il
Pentasuglia
aveva
risposto
egli
stesso
:
-
Mi
sono
ingannato
,
sono
due
vapori
nostri
.
-
Poi
,
stato
un
istante
ridendo
a
sentirsi
dare
dell
'
imbecille
da
Trapani
,
subito
aveva
tagliato
il
filo
.
*
Dunque
la
gran
notizia
era
andata
,
e
a
quell
'
ora
la
avevano
già
a
Napoli
nella
reggia
.
Ivi
che
sgomento
e
che
collera
!
Se
ne
aspettavano
ben
altra
.
Il
giorno
6
avevano
saputo
della
partenza
di
Garibaldi
da
Genova
,
e
protestato
col
telegrafo
a
tutte
le
Corti
d
'
Europa
contro
il
Pirata
e
contro
chi
lo
doveva
aver
favorito
.
La
mattina
del
7
,
il
Re
era
andato
a
far
le
sue
divozioni
a
San
Gennaro
,
e
il
Governo
aveva
mandato
ordini
alla
flotta
"
d
'
impedire
a
ogni
costo
lo
sbarco
dei
filibustieri
;
di
respingere
con
la
forza
;
di
catturare
i
legni
.
"
Poi
erano
stati
quattro
giorni
d
'
angoscia
mortale
.
E
ora
lo
sbarco
era
avvenuto
!
Ma
ancora
assai
che
l
'
invasore
era
andato
a
mettersi
dal
punto
più
lontano
dalla
Capitale
!
Tempo
e
spazio
per
schiacciarlo
non
sarebbe
mancato
.
Pure
il
colpo
era
tremendo
.
Ancor
più
tremendo
il
colpo
doveva
essere
sentito
a
Palermo
,
dove
il
luogotenente
del
Re
,
principe
di
Castelcicala
,
e
i
generali
e
l
'
esercito
avevano
così
vicino
l
'
uomo
temuto
.
Chi
sapeva
mai
in
quale
trambusto
era
la
gran
città
,
se
anche
la
popolazione
era
già
venuta
a
conoscere
che
il
Garibaldi
annunziato
da
Rosolino
Pilo
stava
in
Sicilia
davvero
?
Intanto
a
Marsala
bisognava
vegliare
.
Potevano
giungere
nella
notte
numerose
truppe
da
Trapani
,
da
Sciacca
,
dal
mare
;
e
l
'
impresa
garibaldina
,
così
ben
riuscita
nella
traversata
e
nello
sbarco
,
finire
là
in
quella
piccola
città
come
già
quella
di
Pisacane
a
Sapri
.
Ma
la
notte
passò
tranquilla
;
verso
l
'
alba
furono
ritirati
gli
avamposti
,
raccolte
le
compagnie
e
tutto
approntato
per
la
prima
marcia
verso
l
'
interno
.
In
marcia
Alla
chiamata
non
mancava
neppure
un
uomo
.
Ed
era
naturale
.
Ognuno
sentiva
in
sé
il
pericolo
di
rimaner
isolato
;
ognuno
,
per
quanto
piccolo
,
aveva
coscienza
della
propria
responsabilità
.
Quasi
staccati
dal
mondo
,
ridotti
per
dir
così
in
un
campo
chiuso
dove
erano
discesi
a
mettersi
da
sé
,
comprendevano
,
chi
più
chi
meno
,
molti
forse
confusamente
,
che
trovarvisi
non
voleva
dire
soltanto
essere
in
guerra
contro
altri
soldati
ne
'
quali
da
un
'
ora
all
'
altra
si
sarebbero
imbattuti
;
e
che
quella
che
erano
venuti
a
cercare
non
era
una
guerra
come
tutte
le
altre
.
Vincere
dovevano
ad
ogni
costo
,
perché
dall
'
isola
non
potevano
più
uscire
che
vincitori
;
ma
soprattutto
bisognava
non
lasciar
perire
Garibaldi
.
Era
coscienza
dunque
che
ognuno
desse
tutto
sé
stesso
,
e
che
tutti
insieme
si
facessero
amare
dal
popolo
siciliano
per
virtù
e
purezza
in
tutte
le
azioni
.
Perciò
si
udirono
fieramente
rimproverar
dai
compagni
certi
pochi
che
nella
notte
s
'
erano
dati
bel
tempo
.
Diceva
Enrico
Moneta
da
Milano
,
piccolo
soldatino
della
6°
Compagnia
,
di
diciannove
anni
,
uno
dei
quattro
fratelli
che
l
'
anno
avanti
erano
stati
Cacciatori
delle
Alpi
,
diceva
che
chi
era
là
per
aiutare
quel
mondo
a
mutarsi
,
doveva
badare
ad
essere
austero
ancor
più
che
prode
.
-
Per
di
più
,
quella
che
stava
per
accendersi
era
sotto
un
certo
aspetto
una
vera
guerra
civile
.
E
se
per
quella
trafila
doveva
passare
l
'
Italia
a
divenire
nazione
,
bisognava
badare
a
farsi
onore
e
a
far
onore
anche
al
nemico
pur
vincendolo
,
per
lasciargli
possibile
l
'
oblio
della
sconfitta
senza
viltà
,
e
facile
e
pronto
il
ritorno
all
'
amore
.
Tali
spiriti
si
venivano
formando
negli
animi
anche
di
quelli
che
non
avrebbero
saputo
spiegarsi
a
manifestarli
,
così
come
uno
quasi
senza
che
se
ne
avveda
si
ritempra
d
'
aria
pura
.
Schierate
fuor
di
Marsala
sulla
via
che
mena
a
Sciacca
,
stavano
tutte
le
compagnie
con
gli
altri
piccoli
corpi
.
Il
tempo
era
bello
e
fresco
,
la
guazza
sull
'
erbe
magre
di
quello
spiazzo
pareva
quasi
una
brinata
.
Il
mare
dormiva
:
lontani
,
già
verso
l
'
Egadi
,
i
legni
napolitani
rimorchiavano
il
Piemonte
.
E
per
tutto
era
una
quiete
diffusa
,
anche
nella
città
che
pareva
avesse
già
dimenticato
il
turbamento
del
giorno
innanzi
.
Pochi
cittadini
si
aggiravano
intorno
alle
compagnie
.
Qualcheduno
armato
di
doppietta
era
là
per
seguirle
.
Faceva
senso
tra
gli
altri
un
signore
,
forse
di
trentacinque
o
quaranta
anni
,
taciturno
e
pensoso
.
Si
chiamava
Gerolamo
Italia
.
Egli
di
là
fino
all
'
ultimo
di
quella
guerra
nel
Regno
,
marciò
poi
,
fido
alla
6°
Compagnia
,
semplice
milite
,
sempre
pensoso
e
modesto
.
Una
tromba
suonò
in
distanza
,
poi
comparve
Garibaldi
a
cavallo
.
Indossava
camicia
rossa
,
portava
i
calzoni
grigi
da
generale
ma
senza
le
strisce
d
'
argento
,
e
in
capo
teneva
il
suo
solito
cappello
dalla
foggia
che
allora
si
diceva
all
'
Orsini
o
anche
all
'
ungherese
,
come
glielo
hanno
poi
fatto
gli
scultori
quasi
in
tutti
i
monumenti
;
e
gli
sventolava
dietro
un
gran
fazzoletto
annodato
al
collo
.
Teneva
il
mantello
americano
ripiegato
sull
'
arcione
davanti
.
Dietro
di
lui
cavalcavano
il
suo
stato
maggiore
e
alcuni
delle
Guide
,
Nullo
tra
gli
altri
,
bellissimo
nella
sua
divisa
del
'59
,
tutta
grigia
con
alamari
neri
e
galloni
da
sergente
.
Pareva
col
suo
cavallo
un
solo
getto
di
bronzo
.
Il
Missori
indossava
la
giubba
rossa
da
ufficiale
con
alamari
d
'
oro
.
Al
passaggio
del
Generale
non
furono
presentate
le
armi
.
Egli
certe
cose
non
le
voleva
.
Tirò
via
,
guardando
le
Compagnie
molto
ilare
in
viso
;
poi
queste
si
mossero
,
fianco
destro
,
trombe
in
testa
e
partirono
.
Quelle
trombe
suonavano
le
arie
semplici
ma
pungenti
de
'
bersaglieri
di
La
Marmora
;
il
passo
delle
compagnie
era
franco
,
nessuno
si
sentiva
più
mareggiare
il
terreno
sotto
,
come
il
giorno
innanzi
dopo
lo
sbarco
;
e
quando
spuntò
il
sole
cominciarono
i
canti
.
A
forse
un
miglio
da
Marsala
,
la
testa
della
colonna
svoltò
per
una
via
traversa
che
,
staccandosi
dalla
consolare
,
menava
verso
l
'
interno
tra
vigneti
allora
già
in
pieno
rigoglio
.
Passati
i
vigneti
cominciarono
gli
oliveti
,
e
pareva
che
quella
prima
marcia
dovesse
condurre
a
vedere
meravigliose
colture
.
Verso
le
undici
la
colonna
fece
il
grand
'
alto
in
una
conca
,
presso
una
casa
bianca
,
fresca
,
silenziosa
,
con
a
ridosso
delle
fitte
macchie
d
'
olivi
vetusti
.
Là
,
Garibaldi
,
seduto
a
'
piedi
d
'
uno
di
quegli
alberi
,
come
se
fosse
l
'
ultimo
di
quella
gran
Compagnia
,
si
mise
a
mangiar
del
pane
.
Tutta
la
conca
era
popolata
di
gruppi
,
tutti
mangiavano
gagliardamente
il
saporito
pane
di
Marsala
;
quanto
a
bere
,
pei
novellini
che
s
'
erano
imbarcati
senza
fiaschetta
,
c
'
era
presso
la
casa
un
pozzo
,
e
intorno
a
questo
molti
facevano
ressa
contendendosi
un
poco
d
'
acqua
.
Il
Generale
guardava
con
certa
compassione
quei
poveri
ragazzi
:
"
Poveri
ragazzi
!
"
come
fu
udito
dire
egli
stesso
.
Ripresa
la
marcia
,
spuntato
il
valichetto
del
colle
in
cui
giaceva
quella
conca
,
la
colonna
si
vide
davanti
una
distesa
ondulata
senz
'
alberi
,
senza
case
,
il
deserto
.
-
Come
la
Pampa
!
-
dicevano
alcuni
che
nella
loro
vita
avevano
visto
l
'
America
.
E
in
quel
deserto
s
'
inoltrò
la
spedizione
,
sotto
un
sole
,
ah
che
sole
!
E
che
peso
i
panni
!
Felici
coloro
che
ne
avevano
appena
indosso
tanto
da
non
andare
scoperti
.
E
quella
prima
marcia
fu
una
gran
prova
,
ma
nessuno
rimase
indietro
.
Eppure
c
'
erano
dei
giovanetti
che
ad
ogni
passo
parevano
doversi
lasciar
cadere
in
terra
sfiniti
.
Ma
lo
spirito
li
reggeva
,
e
continuavano
a
marciare
,
aiutati
anche
dai
compagni
più
esercitati
che
levavano
loro
fino
il
fucile
,
tanto
che
ricogliessero
un
po
'
di
fiato
.
Dove
mai
si
sarebbero
fermati
?
Per
quanto
guardassero
a
sinistra
,
a
destra
e
davanti
,
nulla
,
mai
un
ciuffo
d
'
alberi
,
mai
una
casa
.
Cosa
era
dunque
la
Sicilia
già
granaio
d
'
Italia
?
Degli
uomini
pratici
di
campi
dicevano
che
tutta
quella
miseria
dipendeva
dal
disboscamento
,
altri
che
dai
latifondi
,
dal
feudalesimo
,
dai
frati
.
Il
fatto
era
che
quel
deserto
metteva
un
senso
di
sgomento
nei
cuori
.
Là
sarebbe
stato
bello
trasformarsi
in
un
esercito
di
legionari
alla
romana
con
la
marra
,
la
vanga
,
gli
aratri
di
Lombardia
!
Ma
là
non
c
'
erano
le
acque
di
Lombardia
;
anzi
non
ci
si
trovava
neppure
da
dissetarsi
.
E
alcune
voci
intonavano
il
coro
del
Verdi
:
'
Fonti
eterne
,
purissimi
laghi
...
'
*
Finalmente
quando
già
si
faceva
sera
,
apparve
lontano
un
corpo
di
casa
massiccio
e
scuro
,
su
di
un
rilievo
un
po
'
più
spiccato
di
quella
campagna
.
Era
il
maniero
di
Rampagallo
,
quello
che
si
chiamava
bellamente
feudo
,
come
se
là
il
feudalesimo
fosse
ancora
una
cosa
viva
.
E
tutto
,
dai
muri
massicci
,
alle
finestre
,
alla
gran
porta
,
ai
cortili
dentro
,
ai
contadini
che
vi
si
aggiravano
,
tutto
vi
aveva
infatti
una
fisionomia
d
'
antichità
corrucciata
.
Le
Compagnie
si
accamparono
davanti
a
quel
vasto
casamento
su
di
un
pendio
erboso
,
che
dopo
l
'
arsura
della
lunga
giornata
pareva
dar
un
carezzevole
senso
di
refrigerio
.
A
pié
dei
loro
fasci
d
'
arme
,
mangiarono
il
loro
pane
,
e
in
silenzio
si
addormentarono
.
Ma
i
pochi
che
per
servizio
dell
'
accampamento
vegliavano
,
videro
di
prima
notte
entrar
nel
gran
cortile
di
Rampagallo
una
piccola
schiera
d
'
uomini
,
forse
sessanta
,
condotti
da
tre
o
quattro
cavalieri
,
alti
su
degli
stalloni
piuttosto
che
sellati
,
bardati
,
con
attraverso
sulle
cosce
dei
lungi
fucili
.
Gli
uomini
a
piedi
erano
armati
di
doppietta
,
con
alla
vita
la
ventriera
per
le
cartucce
e
qualche
pugnale
.
Vestivano
panni
strani
,
parecchi
avevano
sopravesti
e
cosciali
di
pelli
caprine
,
e
portavano
in
capo
dei
berretti
quasi
frigi
o
dei
cappellacci
a
cencio
.
I
loro
capi
,
fratelli
Sant
'
Anna
e
barone
Mocarta
,
passarono
da
Garibaldi
.
Egli
fece
liete
accoglienze
a
quel
primo
manipolo
che
la
Sicilia
armata
gli
dava
;
la
scena
era
quasi
da
medio
evo
:
pareva
proprio
che
in
quelle
ore
in
quel
luogo
quei
signori
fossero
giunti
per
prestare
l
'
omaggio
a
un
conquistatore
.
Ma
Garibaldi
che
sapeva
ricevere
come
un
re
,
nello
stesso
tempo
sapeva
parere
quasi
inferiore
a
chi
gli
si
presentava
,
onde
quel
fascino
e
quel
suo
dominio
sui
cuori
,
da
cui
subito
quei
siciliani
si
sentirono
presi
.
E
uscivano
da
quel
ricevimento
,
magnificando
.
A
Salemi
A
levata
di
sole
,
il
giorno
appresso
che
era
domenica
,
la
colonna
si
mise
in
cammino
.
Andava
alla
testa
la
1°
Compagnia
con
Bixio
,
il
quale
aveva
l
'
ordine
d
'
avanzarsi
fino
a
Salemi
,
grosso
borgo
che
fu
presto
veduto
apparire
lontano
in
cima
a
un
monte
.
Bella
vista
a
guardarlo
,
ma
poveri
petti
!
La
salita
lassù
fu
faticosissima
e
lunga
;
però
,
quando
le
compagnie
vi
giunsero
,
provarono
un
forte
compiacimento
.
Tutta
la
gente
aspettava
gridando
:
"
Garibaldi
!
Garibaldi
!
"
storpiandone
il
nome
con
alterazioni
strane
;
ma
insomma
era
un
vero
delirio
.
E
le
campane
squillavano
a
festa
;
e
una
banda
suonava
delle
arie
eroiche
.
Via
via
che
le
compagnie
giungevano
nella
piazza
,
si
trovavano
avvolte
da
uomini
,
da
donne
,
persin
da
preti
;
e
tutti
abbracciavano
,
molti
baciavano
,
molti
porgevano
boccali
di
vino
e
cedri
meravigliosi
.
Ma
v
'
erano
anche
dei
poveretti
,
troppi
!
i
quali
stendevano
la
mano
per
dar
a
capire
d
'
aver
fame
,
facevano
certi
segni
da
parer
nemici
se
non
fossero
stati
i
loro
occhi
pieni
di
umiltà
.
-
E
noi
pure
abbiamo
fame
!
-
rispondevano
quei
soldati
stizziti
,
ma
parecchi
davano
degli
spiccioli
a
quella
povera
gente
,
che
largiva
loro
dell
'
Eccellenza
.
E
Garibaldi
qual
è
?
Domandava
la
folla
.
Passava
Turr
.
E
'
questo
?
No
.
Passava
Carini
.
Dunque
sarà
questo
?
No
.
Ognuno
dei
più
belli
e
prestanti
tra
i
grandi
della
spedizione
,
per
essa
doveva
essere
Garibaldi
.
Chi
sa
quale
se
lo
immaginavano
!
Ma
quando
lo
videro
,
quei
siciliani
quasi
quasi
si
inginocchiarono
.
Oh
che
viso
,
che
testa
,
che
santo
!
Egli
sorridendo
si
levò
come
poté
dalla
turba
,
e
andò
a
mettersi
al
suo
lavoro
.
Cominciava
così
a
formarsi
intorno
a
lui
la
leggenda
che
pigliò
poi
tante
forme
;
da
quella
che
un
angelo
gli
parasse
le
schioppettate
,
a
quell
'
altra
che
fosse
parente
di
Santa
Rosalia
e
fin
suo
fratello
.
Stettero
poco
a
giungere
delle
cavalcate
da
tutte
le
parti
,
e
poi
drappelli
di
insorti
come
quei
della
notte
avanti
,
a
cento
,
ducento
,
trecento
;
e
chi
portava
lo
schioppo
ancora
a
pietra
focaia
,
chi
la
doppietta
,
chi
fino
il
trombone
.
I
più
erano
armati
di
picche
,
e
tutti
insieme
,
per
quelle
viuzze
a
salite
e
discese
ripide
,
facevano
un
chiasso
più
da
sagra
che
da
rivoluzione
.
Ma
si
udivano
anche
delle
grida
ingiuriose
ai
Borboni
,
e
delle
canzoni
che
ferivano
il
nome
di
Sofia
regina
.
E
spiacevano
.
Dopo
mezzodì
fu
affisso
alle
cantonate
un
proclama
.
Ah
!
Ora
dunque
tutto
è
nelle
mani
sue
!
-
dicevano
i
militi
,
e
pareva
loro
che
quel
titolo
di
Dittatore
infondesse
una
forza
di
disciplina
superba
.
E
pensavano
al
nemico
.
Non
si
sarebbe
fatto
vedere
!
O
bisognava
andare
a
trovarlo
?
Già
,
di
salir
lassù
a
Salemi
per
trovar
loro
,
non
avrebbe
certo
tentato
.
Chi
sapeva
mai
!
Ma
a
buon
conto
,
già
dalle
prime
ore
,
erano
partiti
per
gli
avamposti
i
Carabinieri
genovesi
,
e
più
lontano
ancora
era
andata
una
mezza
squadra
della
Compagnie
di
Bixio
.
In
quella
squadra
,
comandata
dal
giovanissimo
Ettore
Filippini
veneziano
,
si
trovavano
da
semplici
militi
Raniero
Taddei
ingegnere
e
Antonio
Ottavi
tutt
'
e
due
da
Reggio
Emilia
,
ufficiali
esperti
e
considerati
nelle
guerre
passate
;
e
così
da
quella
parte
il
servizio
di
campo
era
bene
affidato
.
Intanto
gli
artiglieri
avevano
già
piantato
alla
meglio
una
sorta
di
officina
,
dove
lavoravano
a
costruir
gli
affusti
pei
canoni
di
Orbetello
.
Giuseppe
Orlando
e
Achille
Campo
,
coi
soli
e
primitivi
strumenti
che
avevano
potuto
trovare
dai
carrai
di
Salemi
riuscivano
a
far
miracoli
di
meccanica
;
e
il
giorno
dipoi
i
tre
cannoni
e
la
colubrina
,
rimessa
un
po
'
a
nuovo
anch
'
essa
sul
suo
carretto
,
facevano
buona
promessa
che
nello
sparo
non
si
sarebbero
,
rimboccandosi
indietro
,
avventati
addosso
ai
loro
serventi
.
E
quel
giorno
fu
veduto
giungere
in
Salemi
un
giovane
monaco
,
raggiante
di
quell
'
allegrezza
che
ognuno
ricorda
d
'
aver
letto
in
viso
ai
sacerdoti
del
'48
.
Chi
non
aveva
udito
benedire
la
patria
da
qualche
pulpito
,
in
quell
'
anno
che
pareva
ancora
tanto
vicino
?
E
poi
appresso
,
dall
'
oggi
al
domani
,
le
chiese
erano
divenute
mute
.
Pio
IX
s
'
era
disdetto
,
e
la
coscienza
delle
moltitudini
tra
la
patria
e
la
religione
s
'
era
confusa
.
Pure
,
a
non
lungo
andare
,
le
moltitudini
avevano
poi
ripreso
lume
da
sé
,
e
poiché
la
patria
doveva
a
ogni
modo
rifarsi
,
o
s
'
erano
messe
ad
aiutar
la
grand
'
opera
,
o
se
non
altro
avevano
lasciato
che
si
andasse
svolgendo
,
spettatrici
non
ostili
né
indifferenti
.
Ma
laggiù
nell
'
isola
,
dove
il
clero
viveva
ancora
delle
passioni
civili
del
popolo
,
i
sacerdoti
in
generale
erano
caldi
patriotti
.
Quel
monaco
si
chiamava
fra
Pantaleo
.
Era
un
bello
e
robusto
giovane
di
forse
trent
'
anni
,
che
parlava
come
se
fosse
uscito
allora
da
un
cenacolo
miracoloso
,
donde
avesse
portato
via
il
fuoco
degli
apostoli
nell
'
anima
e
nella
lingua
.
Piacque
ma
non
a
tutti
.
Tra
quella
gente
dell
'
alta
Italia
,
v
'
erano
i
diffidenti
e
gli
avversi
per
sistema
agli
uomini
di
chiesa
;
ma
poiché
Garibaldi
accolse
bene
il
monaco
,
e
lo
chiamò
l
'
Ugo
Bassi
delle
sue
nuove
legioni
,
anche
quelli
rispettarono
il
frate
e
lo
lasciarono
predicare
.
Intanto
riconoscevano
che
la
parola
di
lui
immaginosa
e
ardente
era
una
forza
di
più
.
Continuavano
ad
arrivare
squadre
alla
spicciolata
,
e
tra
quello
scorcio
di
giornata
e
tutta
l
'
altra
appresso
si
poté
calcolare
alla
grossa
che
quegli
insorti
fossero
già
due
migliaia
.
Non
dovevano
essersi
mossi
da
lontanissimo
,
anzi
era
da
presumersi
che
fossero
tutti
della
estrema
parte
occidentale
dell
'
isola
;
dunque
una
volta
che
Garibaldi
si
fosse
avanzato
verso
il
centro
,
si
sarebbe
trovato
tra
popoli
che
avrebbero
fatto
levar
su
il
fiore
della
gioventù
pronta
a
seguirlo
.
Frattanto
quelli
che
erano
già
lì
si
mostravano
ossequenti
,
guatavano
con
occhio
cupido
i
fucili
del
Mille
,
che
per
quanto
meschini
erano
sempre
armi
da
guerra
;
ma
discorrendo
di
fatti
d
'
arme
,
essi
così
saldi
a
star
al
fuoco
e
a
sparar
da
fermi
contro
il
nemico
,
essi
così
destri
e
fieri
nei
loro
duelli
ad
armi
corte
,
se
sentivano
parlar
d
'
attacchi
alla
baionetta
,
quasi
raccapricciavano
.
Piovve
dirotto
tutta
la
notte
tra
il
13
e
il
14
,
e
poi
tutto
quanto
questo
giorno
con
tedio
grande
e
grande
stizza
di
tutti
,
perché
il
mal
tempo
li
faceva
indugiar
lassù
in
quell
'
ozio
.
Ed
essi
erano
tormentati
da
un
desiderio
inquieto
di
trovarsi
alla
prima
prova
,
per
esperimentare
il
nemico
con
cui
avevano
da
fare
,
e
di
cui
,
non
sapendo
nulla
di
preciso
,
sentivano
dir
le
cose
più
stravaganti
.
Neppur
dagli
avamposti
avevano
segno
che
fosse
in
movimento
.
Che
faceva
?
Il
nemico
Da
Palermo
,
sin
dall
'
alba
del
6
,
era
partita
una
colonna
comandata
dal
generale
Landi
,
vecchio
di
settant
'
anni
,
promosso
di
fresco
a
quel
grado
.
Da
soldato
egli
aveva
combattuto
contro
le
rivoluzioni
siciliane
,
sin
da
quella
del
1820
,
ed
era
venuto
su
grado
grado
in
quella
milizia
stagnante
,
che
sentiva
d
'
essere
mantenuta
più
per
assicurare
il
Re
contro
i
sudditi
che
per
difendere
il
Regno
.
Questo
se
ne
stava
infatti
sicuro
,
coperto
com
'
era
dallo
Stato
pontificio
e
protetto
dal
mare
.
Quel
Landi
era
un
uomo
pio
.
In
marcia
si
era
fermato
a
sentir
messa
a
Monreale
,
per
santificare
la
domenica
,
proprio
quella
domenica
in
cui
Garibaldi
con
la
spedizione
faceva
il
suo
primo
giorno
di
mare
.
Poi
,
continuando
la
sua
via
molto
adagio
,
andando
in
carrozza
alla
testa
della
sua
colonna
,
il
12
aveva
fatto
sosta
in
Alcamo
.
Di
là
partito
la
notte
per
Calatafimi
,
v
'
era
giunto
la
mattina
del
13
,
appunto
mentre
Garibaldi
saliva
a
Salemi
.
Da
Calatafimi
aveva
scritto
lettere
dogliose
al
Comandante
in
capo
dell
'
isola
,
annunziando
che
prima
di
marciar
su
Salemi
,
dove
sapeva
trovarsi
una
banda
di
'
gente
raccogliticcia
'
,
voleva
aspettare
un
battaglione
del
10°
di
linea
che
gli
avevano
promesso
.
Ignorava
ancora
lo
sbarco
di
Garibaldi
,
ignorava
che
quelle
genti
raccogliticce
erano
i
Mille
con
Garibaldi
in
persona
.
Ma
,
il
14
sapeva
già
qualche
cosa
di
più
,
e
scrivendo
parlava
di
'
emigrati
sbarcati
'
.
Si
proponeva
d
'
andare
il
15
ad
attaccarli
.
Poi
risolse
d
'
aspettar
a
Calatafimi
,
"
posizione
tutta
militare
,
molto
vantaggiosa
all
'
offensiva
ed
alla
difensiva
ed
essenzialmente
necessaria
ad
impedire
che
le
bande
si
scaricassero
su
Palermo
da
quel
lato
della
Consolare
"
.
E
il
15
,
fermo
nel
suo
proposito
,
scriveva
che
"
tentare
un
assalto
a
Salemi
sarebbe
un
'
imprudenza
ed
un
avventurare
la
colonna
fra
la
imboscata
nemica
.
"
Mostrava
dunque
di
ignorare
il
numero
degli
avversari
ma
di
temerli
:
e
veramente
spie
la
Sicilia
non
ne
diede
a
lui
allora
,
né
ad
altri
dopo
;
però
egli
li
chiamava
già
'
Garibaldesi
'
.
Tuttavia
non
nominava
Garibaldi
quasi
che
a
scriver
quel
nome
temesse
di
vedersi
apparir
lì
innanzi
il
terribile
uomo
.
Forse
ripensando
al
passato
,
rammentava
che
quel
giorno
stesso
cadeva
l
'
anniversario
di
due
grandi
fatti
:
il
15
maggio
del
1848
,
re
Ferdinando
spergiuro
aveva
fatta
far
la
strage
nelle
vie
di
Napoli
,
chiuso
il
Parlamento
,
tradita
la
nazione
;
il
15
maggio
del
1849
,
oppressa
la
rivoluzione
in
tutta
la
Sicilia
,
il
generale
Filangeri
era
entrato
in
Palermo
vittorioso
.
E
rammentando
,
forse
quel
povero
Landi
sperava
.
*
Non
si
potrebbe
dire
se
Garibaldi
,
pensando
anche
egli
a
quelle
date
,
abbia
aspettato
quel
giorno
15
come
una
scadenza
di
buon
augurio
.
Un
po
'
preso
da
certi
fili
era
egli
pure
,
e
spesso
la
sua
bella
stella
Arturo
guardata
da
lui
gli
aveva
fatto
venir
su
dal
cuore
il
consiglio
buono
.
Comunque
sia
,
all
'
alba
del
15
maggio
,
fatto
leggere
alle
compagnie
un
suo
ordine
del
giorno
che
piantava
nei
cuori
le
risoluzioni
supreme
,
mise
il
suo
piccolo
esercito
in
marcia
.
Le
compagnie
mossero
con
la
sinistra
in
testa
,
e
così
andava
innanzi
alle
altre
la
8°
bergamaschi
;
orgoglio
di
Francesco
Nullo
e
di
Francesco
Cucchi
,
gran
ricco
questi
che
dato
di
suo
largamente
a
denaro
,
adesso
era
pronto
a
dar
l
'
anima
.
Ma
i
carabinieri
genovesi
la
precedevano
,
e
le
guide
erano
già
assai
più
oltre
di
questi
.
Discendeva
quella
gente
da
Salemi
per
le
giravolte
che
fa
la
via
calandosi
nella
valle
;
e
Garibaldi
,
fermo
ancora
appena
fuor
da
Salemi
lassù
,
a
quei
che
giunti
a
mezzo
la
china
si
volgevano
a
guardarlo
,
pareva
librato
nell
'
aria
.
Il
popolo
della
cittadetta
affollava
il
ciglio
del
monte
attorno
alle
mura
,
e
gridava
a
modo
suo
gli
augurii
a
chi
se
n
'
andava
...
Certamente
quello
sarebbe
stato
giorno
di
battaglia
,
e
molti
di
quegli
uomini
che
partivano
non
avrebbero
veduto
andar
sotto
quel
sole
che
nasceva
.
Coi
Mille
camminavano
le
squadre
.
Ed
essi
non
già
più
così
,
ma
le
chiamavano
'
Picciotti
'
,
dilettandosi
in
questo
nome
paesano
che
pareva
l
'
espressione
del
confidente
abbandono
con
cui
quegli
uomini
si
erano
messi
nelle
mani
di
Garibaldi
.
Per
vezzo
chiamavano
'
Picciotto
'
qualcuno
delle
compagnie
che
avesse
tipo
più
di
meridionale
:
carissimi
pel
gran
valore
militare
,
ma
dolci
a
ricordare
anche
per
questa
cosa
da
nulla
,
Ferdinando
Secondi
da
Dresano
studente
di
legge
e
Giuseppe
Sisti
da
Pasturago
studente
di
matematica
,
della
compagnia
Cairoli
.
Parevano
proprio
nati
dalla
più
bella
gente
aristocratica
dell
'
isola
.
Altri
d
'
altre
compagnie
si
erano
fin
vestiti
da
'
picciotti
'
;
bellissimo
tra
tutti
Francesco
Margarita
da
Cuggiono
che
col
berretto
frigio
nero
,
con
la
giacca
mezza
fatta
di
peli
e
cosciali
pure
fatti
di
pelle
,
pareva
un
tipo
di
baronetto
da
star
bene
in
uno
di
quei
feudi
là
intorno
.
Avevano
smesso
i
panni
di
gala
e
i
cappelli
a
cilindro
,
alcuni
che
s
'
erano
imbarcati
a
Genova
forse
appena
usciti
dal
teatro
o
da
qualche
salotto
,
e
anch
'
essi
vestivano
alla
siciliana
.
Dal
capo
alla
coda
della
colonna
,
correva
come
un
fluido
che
fondeva
sempre
più
in
un
sentimento
di
forza
e
d
'
allegrezza
tutti
quegli
animi
;
e
via
via
che
la
colonna
avanzava
,
pareva
che
ognuno
fiutasse
nell
'
aria
la
misteriosa
presenza
del
nemico
.
A
un
certo
punto
,
si
ripiegò
sulla
colonna
un
drappello
di
uomini
che
scendevano
da
certi
pagliai
fuori
di
mano
nella
campagna
.
Parevano
irati
.
Erano
quelli
della
mezza
squadra
della
Compagnia
Bixio
,
che
andati
agli
avamposti
da
quarantott
'
ore
,
erano
stati
via
sotto
la
pioggia
e
fin
senza
pane
.
Raccontavano
che
poco
avanti
era
capitato
a
trovarli
lo
stesso
Bixio
,
e
che
li
aveva
assai
bruscamente
ripresi
,
come
se
avessero
avuto
qualche
gran
torto
.
Ma
essi
,
pazienti
,
da
quel
terribile
che
non
mangiava
,
non
dormiva
,
tempestava
giorno
e
notte
non
lasciando
quiete
neppur
le
pietre
,
si
erano
lasciati
dir
tutto
;
e
ora
lieti
di
ricongiungersi
ai
compagni
,
vi
portarono
in
mezzo
la
gran
notizia
,
Sì
!
Il
nemico
doveva
essere
,
anzi
era
certo
non
lontano
,
già
in
posizione
.
Dunque
tra
poco
la
battaglia
.
E
intanto
si
vedevano
le
squadre
dei
'
Picciotti
'
svoltare
per
le
vie
traverse
,
anche
i
cinquanta
o
sessanta
che
andavano
a
cavallo
,
e
allontanarsi
,
pigliare
i
monti
.
Dove
andavano
?
Nessuno
ci
capiva
nulla
.
La
bandiera
Durante
una
breve
sosta
,
che
fu
fatta
fare
alla
colonna
,
passò
l
'
ordine
di
mandar
la
bandiera
al
centro
della
7°
Compagnia
,
quella
del
Cairoli
.
Da
Marsala
fin
là
,
quella
bandiera
l
'
aveva
custodita
la
6°
del
Carini
.
E
la
portava
Giuseppe
Campo
palermitano
,
uno
che
nell
'
ottobre
avanti
aveva
tentato
la
rivoluzione
a
Bagheria
presso
Palermo
,
e
che
lasciato
quasi
solo
era
fuggito
dall
'
isola
a
Genova
.
Ma
ora
tornava
portabandiera
dei
Mille
.
Egli
dunque
con
sei
militi
della
6°
andò
al
centro
della
7°
salutato
da
questa
con
molto
onore
.
E
allora
alla
bandiera
fu
tolto
per
la
prima
volta
l
'
incerato
da
Stefano
Gatti
mantovano
.
Sfavillarono
al
sole
da
una
parte
del
drappo
,
ricchissimi
nei
tre
colori
,
emblemi
d
'
argento
e
d
'
oro
che
figuravano
catene
infrante
e
cannoni
ed
armi
d
'
ogni
sorta
,
con
su
un
'
Italia
,
in
forma
d
'
una
bellissima
donna
trionfante
colla
corona
turrita
.
E
dall
'
altra
parte
,
a
lettere
romane
trapunte
in
oro
,
spiccava
questa
leggenda
:
A
GIUSEPPE
GARIBALDI
GLI
ITALIANI
RESIDENTI
A
VALPARAISO
1855
.
Su
tre
grandi
nastri
pendenti
dalla
cima
dell
'
asta
tutto
bullettine
d
'
oro
,
brillavano
pure
d
'
oro
tre
parole
che
allora
facevano
sospirare
come
roba
da
sogni
impossibili
ad
avverarsi
,
tre
cose
che
ora
perché
si
hanno
pare
siano
sempre
esistite
:
'
Indipendenza
,
Unità
,
Libertà
'
.
Allora
volevano
esprimere
semplicemente
delle
speranze
e
dei
voti
,
ma
dicevano
insieme
che
i
donatori
di
quella
bandiera
,
in
quelle
terre
d
'
America
da
dove
veniva
,
tra
i
nativi
e
gli
stranieri
,
sentivano
più
amari
che
in
Italia
il
rammarico
,
la
vergogna
,
il
danno
di
non
avere
un
nome
patrio
come
gli
inglesi
,
i
francesi
,
gli
spagnuoli
,
tutti
gli
europei
emigrati
come
loro
,
pur
sentendosi
,
da
lavoratori
,
pari
e
forse
migliori
.
Ciò
forse
avevano
voluto
significare
a
Garibaldi
,
mentre
egli
dolente
era
passato
pei
porti
del
Pacifico
:
ed
egli
ora
in
quell
'
angusta
valletta
siciliana
,
tra
gente
nata
e
tenuta
nell
'
ignoranza
dell
'
esistenza
d
'
un
'
Italia
,
sventolava
quella
bandiera
e
gettava
le
sorti
della
nazione
.
Fatto
un
altro
po
'
di
cammino
,
la
colonna
giungeva
a
Vita
,
piccolo
borgo
,
case
rustiche
,
molte
catapecchie
,
una
chiesa
.
Parecchi
di
quelli
che
posarono
l
'
occhio
su
quella
chiesa
,
non
immaginarono
di
certo
che
la
sera
di
quel
giorno
vi
sarebbero
stati
portati
dentro
feriti
,
a
patire
,
a
veder
morire
,
a
morire
.
Faceva
brutto
senso
veder
la
gente
di
quel
borgo
fuggire
a
gruppi
,
a
famiglie
intere
,
trascinare
i
vecchi
e
pigliare
i
monti
,
carica
di
masserizie
,
mandando
lamenti
.
Pareva
che
fuggissero
a
un
'
invasione
di
barbari
.
Ma
quella
gente
sapeva
cosa
c
'
era
là
vicino
e
ricordava
eccidii
recenti
.
La
colonna
traversò
il
borgo
,
e
poco
distante
fece
alto
.
Passò
Garibaldi
frettoloso
;
domandò
se
le
Compagnie
avessero
mangiato
;
se
no
,
mangiassero
pure
.
Ma
che
cosa
?
Senza
scomporre
troppo
gli
ordini
,
e
anche
ridendo
giocondamente
,
chi
volle
si
adagiò
,
e
si
misero
tutti
a
sbocconcellare
il
loro
pane
:
molti
sbrancarono
alquanto
in
certi
piccoli
campi
di
fave
lì
ai
lati
della
via
,
e
con
quel
companatico
fecero
il
loro
pasto
.
Allora
furono
viste
alcune
Guide
tornar
trottando
per
lo
stradale
che
si
stendeva
innanzi
.
Tra
quelle
il
sessagenario
Alessandro
Fasola
pareva
ringiovanito
.
Poi
fu
un
correre
di
cavalli
dal
luogo
dove
stava
Garibaldi
alle
Compagnie
,
e
subito
s
'
udirono
due
squilli
di
tromba
.
Tutti
a
posto
e
via
come
stormi
,
pigliarono
quasi
a
volo
un
colle
a
destra
brullo
,
ronchioso
,
arso
dal
sole
.
Vi
si
piantarono
in
cima
ordinati
.
E
di
lassù
,
oltre
una
breve
convalle
,
forse
a
duemila
metri
,
videro
su
di
un
altro
colle
rimpetto
schierato
il
nemico
.
Era
un
balenio
d
'
armi
che
coronava
la
vetta
gran
tratto
;
due
macchie
scure
parevano
due
cannoni
;
certe
linee
nette
profilate
nel
fianco
del
colle
facevano
indovinare
dei
terrazzi
sostenuti
forse
da
muri
a
secco
;
filiere
di
fichi
d
'
India
rotte
qua
e
là
si
spandevano
dal
ciglio
d
'
alcuni
di
quei
terrazzi
;
forse
nascondevano
delle
linee
di
soldati
.
Su
di
un
balzo
del
colle
sorgeva
una
casetta
;
pochi
alberi
grami
lassù
;
in
molti
punti
pareva
la
roccia
nuda
.
Di
là
da
quel
colle
facevano
sfondo
alti
monti
.
Grigio
,
con
aspetto
più
di
rovina
che
d
'
abitato
,
si
vedeva
lontano
in
alto
,
a
pie
'
d
'
un
castello
,
un
gruppo
grande
di
case
,
che
non
si
sapeva
ancora
chiamare
Calatafimi
.
Nelle
gole
dei
monti
a
sinistra
formicolavano
turbe
di
gente
;
le
squadre
partite
da
Salemi
erano
anch
'
esse
lassù
;
ogni
tanto
vi
scoppiavano
delle
grida
.
E
quelli
dall
'
altra
parte
,
i
napolitani
,
videro
anch
'
essi
e
lo
narrarono
poi
per
anni
.
Videro
quella
linea
che
s
'
era
formata
rimpetto
a
loro
con
movimenti
non
soliti
tra
gli
insorti
,
rotta
a
tratti
da
macchie
rosse
.
E
stupirono
.
Non
capivano
cosa
volessero
dire
,
o
dubitavano
che
quei
rossi
fossero
casacche
di
galeotti
fuggiti
da
non
sapevano
quale
bagno
.
I
soldati
ignoravano
che
fosse
là
Garibaldi
,
ma
s
'
accorgevano
d
'
essere
dinanzi
a
gente
che
doveva
sapere
star
in
battaglia
.
Mancava
poco
al
mezzogiorno
.
Il
combattimento
Dal
1814
quando
i
napolitani
di
Murat
salirono
fino
al
Po
,
senza
saper
bene
se
si
sarebbero
incontrati
amici
o
nemici
coi
loro
vecchi
commilitoni
dell
'
esercito
italico
del
Viceré
Eugenio
;
e
poi
si
offesero
scambiando
con
essi
delle
cannonate
:
da
allora
non
si
erano
più
trovati
di
fronte
italiani
delle
due
parti
estreme
,
armati
per
darsi
battaglia
.
L
'
ora
dunque
era
solenne
.
I
due
piccoli
eserciti
stettero
ancora
un
pezzo
a
guardarsi
.
Garibaldi
su
di
una
sporgenza
del
colle
,
tra
certe
rocce
che
gli
facevano
riparo
dinanzi
a
mezzo
la
persona
,
stava
con
Turr
,
Sirtori
,
Tukory
,
osservando
il
nemico
.
Aveva
dato
l
'
ordine
di
tener
chete
le
Compagnie
che
non
sparassero
,
e
queste
stavano
chete
,
anzi
a
terra
sdraiate
.
I
Carabinieri
genovesi
erano
stati
messi
avanti
a
tutti
,
già
un
po
'
più
giù
nel
pendio
verso
il
nemico
:
dietro
di
loro
la
8°
e
la
7°
Compagnia
giacevano
stese
in
cacciatori
a
quadriglie
,
e
così
era
formata
da
loro
la
prima
linea
.
La
6°
e
la
5°
Compagnia
sul
ciglio
del
colle
,
sdraiate
anch
'
esse
in
ordine
aperto
formavano
la
seconda
linea
;
tutto
il
battaglione
di
Bixio
,
e
cioè
la
4°
,
la
3°
e
la
2°
Compagnia
,
stavano
in
riserva
sul
versante
dalla
parte
di
Vita
,
ma
solo
pochi
passi
dal
ciglio
;
più
in
giù
,
quasi
alla
falda
,
era
rimasta
la
1°
Compagnia
,
quella
di
Bixio
,
il
quale
la
aveva
lasciata
al
suo
luogotenente
Dezza
.
Egli
si
era
portato
avanti
forse
per
trovarsi
sempre
vicino
al
Generale
,
per
non
perderlo
di
vista
mai
,
quasi
che
in
caso
di
sconfitta
si
sentisse
di
salvarlo
,
o
,
non
lo
potendo
,
volesse
morirgli
al
lato
.
Passavano
le
ore
,
e
Garibaldi
,
che
di
solito
preferiva
assalire
,
non
si
risolveva
all
'
attacco
.
Sperava
forse
che
nelle
file
nemiche
si
destasse
qualche
sentimento
italiano
?
Chi
lo
sa
!
Ma
si
può
crederlo
perché
aveva
ordinato
di
portar
nel
punto
più
alto
la
bandiera
tricolore
,
e
di
farla
sventolare
.
Ad
ogni
modo
sembrava
che
avesse
risolto
cavallerescamente
di
lasciar
ai
Napolitani
il
vanto
d
'
assalir
primi
.
E
verso
il
tocco
squillò
una
tromba
napolitana
.
Uno
dei
garibaldini
,
certo
Natale
Imperatori
della
6°
Compagnia
Carini
,
che
conosceva
quella
sonata
,
disse
subito
:
"
Vengono
i
Cacciatori
!
"
E
difatti
,
contro
il
grigio
e
il
verde
del
suolo
,
furono
viste
prima
come
un
formicolio
,
poi
più
nette
,
spiccate
le
divise
cilestrine
discendere
alla
sfilata
,
agili
,
giù
pei
terrazzi
del
loro
colle
,
serpeggiando
tra
i
ciuffi
di
fichi
d
'
India
.
Erano
addirittura
due
Compagnie
.
Giunti
all
'
ultima
falda
del
colle
,
s
'
avanzarono
pel
po
'
di
spazio
che
faceva
la
valletta
,
e
cominciarono
i
loro
fuochi
di
sotto
in
su
contro
i
garibaldini
della
prima
fronte
.
Questi
erano
i
Genovesi
.
Chi
li
poteva
tenere
che
non
rispondessero
al
fuoco
delle
quadriglie
?
Pure
durarono
un
pezzo
senza
sparare
e
peritissimi
al
tiro
giudicavano
impediti
i
nemici
le
cui
palle
passavano
miagolando
molto
in
alto
:
ma
alla
fine
cominciarono
anch
'
essi
con
le
loro
carabine
di
pochissimo
scoppio
,
ma
secco
,
acuto
,
e
le
palle
andavano
al
segno
.
Allora
quei
Cacciatori
si
arrestarono
a
scambiare
ancora
pochi
tiri
,
così
da
fermi
,
coi
Genovesi
.
Ma
subito
le
trombe
garibaldine
suonarono
l
'
attacco
alla
baionetta
.
Bisognava
levar
le
Compagnie
dalla
tentazione
di
sprecar
di
lassù
le
munizioni
,
perché
i
più
non
avevano
che
dieci
cartucce
,
e
i
fucili
non
portavano
più
che
a
quattrocento
metri
.
Le
Compagnie
,
a
quegli
squilli
,
balzarono
ritte
come
sorgessero
dalla
terra
improvvise
,
e
si
rovesciarono
giù
dal
colle
una
dietro
l
'
altra
,
correndo
scaglionate
oblique
giù
per
la
china
,
ma
mirabilmente
composte
,
poi
s
'
allargarono
in
ordine
sparso
,
quando
i
cannoni
napolitani
cominciarono
a
trarre
granate
.
Lo
narrarono
poi
molti
che
stavano
allora
nelle
file
nemiche
.
Quel
movimento
,
fatto
così
di
lancio
e
con
sicurezza
da
veterani
,
produsse
in
loro
un
effetto
indicibile
.
Ma
non
si
sgomentarono
.
E
fu
bene
,
perché
per
la
loro
mirabile
resistenza
meritarono
d
'
esser
lodati
nell
'
ordine
di
Garibaldi
il
giorno
appresso
;
e
la
lode
poté
forse
sugli
animi
più
della
stessa
vittoria
riportata
da
chi
li
lodava
.
Così
il
bel
fatto
d
'
arme
era
cominciato
.
In
un
lampo
le
due
Compagnie
di
Cacciatori
furono
spazzate
via
,
lasciando
esse
alcuni
caduti
in
quel
fondo
,
bei
giovani
d
'
Abruzzo
,
di
Calabria
,
di
chi
sa
quale
di
quelle
terre
delle
rivoluzioni
gloriose
e
infelici
.
Sul
berretto
elegante
a
barchetta
,
portavano
il
numero
8
-
8°
Cacciatori
!
-
E
indossavano
delle
divise
di
tela
cilestrina
,
giubba
corta
,
elegante
,
su
cui
s
'
incrociavano
pittorescamente
le
corregge
degli
zaini
e
della
fiaschetta
a
zucca
,
schiacciata
e
foderata
di
cuoio
.
La
loro
carabina
,
pei
tempi
d
'
allora
,
era
perfettissima
,
e
la
daga
baionetta
faceva
pensare
a
quelle
terribili
degli
zuavi
.
Poveri
ragazzi
!
Come
fanno
stringere
il
cuore
l
'
eleganza
delle
divise
indosso
ai
morti
sui
campi
,
e
quelle
cose
e
quei
numeri
e
quei
nomi
dei
corpi
!
Coloro
che
giacciono
non
hanno
più
né
vita
né
nome
,
né
paese
né
nulla
:
a
casa
loro
i
parenti
non
sapranno
la
zolla
che
beve
il
loro
sangue
,
né
l
'
erba
su
cui
spirarono
l
'
ultimo
fiato
.
Solo
non
li
vedranno
mai
più
;
essi
son
morti
.
Triste
cosa
la
guerra
!
Ma
allora
pareva
ancora
bella
perché
vi
si
poteva
patire
,
morire
,
per
far
trionfare
un
'
idea
,
più
che
perché
vi
si
potesse
provar
la
gioia
e
la
gloria
di
vincere
.
Rispettate
i
nemici
,
rispettate
i
feriti
!
-
gridò
Francesco
Montanari
di
Mirandola
,
caduto
per
grave
ferita
su
quel
colle
-
sono
italiani
anch
'
essi
!
-
E
la
sua
faccia
severa
,
quasi
dura
e
in
quel
momento
contratta
dal
dolore
,
parve
trasfigurata
da
quella
sua
sublime
pietà
.
A
che
ormai
descrivere
il
fatto
d
'
armi
di
Calatafimi
?
Le
battaglie
,
da
quelle
che
descrisse
Omero
all
'
ultima
della
storia
moderna
,
si
somigliano
tutte
.
Sono
furia
d
'
uomini
contro
uomini
che
s
'
avventano
gli
uni
agli
altri
,
dandosi
a
vicenda
da
vicino
o
da
lontano
la
morte
,
con
più
o
meno
arte
,
secondo
i
tempi
.
Cortesi
fin
che
si
vuole
,
i
combattenti
son
sempre
ancor
poco
diversi
"
dagli
uomini
sul
vinto
orso
rissosi
.
"
Eppure
leggiamo
rapiti
dalle
narrazioni
,
ammirando
fatti
che
in
sé
sono
atroci
,
e
ci
esaltiamo
e
chiamiamo
magnanimo
tanto
chi
dà
come
chi
riceve
la
morte
in
campo
.
Ci
pare
sovrumano
il
maresciallo
Ney
a
Vaterloo
,
quando
nella
tragica
ora
della
sconfitta
già
imminente
,
grida
con
voluttà
disperata
che
vorrebbe
tutti
nel
petto
i
proiettili
dei
cannoni
inglesi
rombanti
nell
'
aria
.
Sublime
ci
pare
quell
'
oscuro
lanciere
francese
,
che
là
,
in
una
delle
ultime
cariche
di
cavalleria
,
gittò
la
sua
lancia
in
mezzo
a
un
quadrato
inglese
,
per
andare
a
raccattarla
come
per
gioco
in
quel
quadrato
;
e
spronò
e
balzò
e
cadde
egli
e
il
suo
cavallo
sulle
siepi
di
baionette
,
schiacciando
altri
e
morendo
.
Chi
mai
ci
pare
più
grande
di
lord
Cardigan
,
quando
ricevuto
l
'
ordine
di
assalire
la
batterie
russe
a
Balaclava
,
sa
che
vi
morrà
egli
,
l
'
ultimo
di
sua
schiatta
,
forse
con
tutti
i
suoi
seicento
cavalieri
;
ma
snuda
la
spada
e
gridando
:
"
Avanti
,
ultimo
dei
Cardigan
!
"
galoppa
alla
morte
come
se
volasse
al
cielo
?
Ma
quel
Montanari
e
quel
suo
grido
,
son
ben
più
degni
di
storia
.
Quello
di
Calatafimi
fu
fatto
d
'
arme
che
appena
potrebbe
stare
come
frammento
episodico
di
una
di
quelle
grandi
battaglie
.
Eppur
e
per
l
'
importanza
e
per
l
'
influenza
sua
sulla
vita
della
nostra
nazione
,
conta
quanto
e
forse
più
di
ciascuna
d
'
esse
per
le
altre
.
E
il
Generale
?
L
'
arte
di
Garibaldi
,
mirabile
già
nell
'
aver
saputo
creare
in
tutti
i
suoi
un
sentimento
profondo
,
sicuro
,
superbo
della
loro
situazione
,
nei
tre
giorni
avanti
;
in
quello
del
fatto
d
'
armi
,
stette
tutta
nell
'
averseli
tenuti
stretti
nel
pugno
come
un
fascio
di
folgori
,
fino
al
momento
in
cui
,
non
essendo
più
possibile
in
nessun
modo
lasciare
il
campo
non
vincitori
,
poté
abbandonar
ognuno
al
comando
di
sé
stesso
,
certo
egli
che
da
quel
momento
si
sarebbero
svolte
le
più
recondite
virtù
e
le
forze
e
l
'
ingegno
d
'
ognuno
,
dalla
calma
pontificale
di
Sirtori
al
furore
di
Bixio
,
all
'
impeto
geniale
di
Schiaffino
,
all
'
audacia
di
Edoardo
Herter
,
d
'
Achille
Sacchi
,
di
cento
altri
,
e
,
si
può
dire
di
tutti
,
perché
un
codardo
che
è
uno
,
in
quell
'
ora
,
in
quel
luogo
,
non
ci
poté
più
essere
.
E
il
merito
di
questo
miracolo
fu
tutto
del
Generale
.
L
'
anima
sua
era
entrata
,
era
presente
in
tutte
quelle
anime
,
fosse
egli
in
qual
si
volesse
punto
del
campo
.
Due
momenti
della
pugna
furono
esclusivamente
suoi
:
uno
,
quello
di
quando
Bixio
,
che
era
Bixio
,
osò
domandargli
alla
maniera
sua
se
non
gli
paresse
il
caso
di
battere
in
ritirata
,
ed
egli
rispose
che
là
si
faceva
l
'
Italia
o
si
moriva
:
l
'
altro
,
quello
dell
'
ultimo
assalto
,
quando
tutti
rifiniti
boccheggiavano
sotto
il
ciglio
del
colle
,
su
cui
si
erano
ridotte
via
via
risalendo
le
schiere
nemiche
scacciate
da
terrazzo
a
terrazzo
in
su
.
Là
disperavano
tutti
,
non
egli
,
che
parlando
pacato
andava
per
le
file
come
un
padre
con
gli
occhi
rilucenti
di
lagrime
:
"
Riposate
,
figliuoli
,
poi
un
ultimo
sforzo
e
abbiamo
vinto
.
"
Fu
in
quel
momento
che
lo
colpì
nella
spalla
destra
uno
dei
sassi
che
i
borbonici
facevano
rotolar
giù
;
ma
egli
non
degnò
mostrare
d
'
essersene
accorto
,
e
continuò
a
mantenere
quell
'
aria
sicura
che
creava
la
sicurezza
altrui
,
in
quel
quarto
d
'
ora
in
cui
,
se
i
borbonici
avessero
osato
rovesciarsi
giù
alla
baionetta
,
in
più
di
duemila
quanti
erano
ancora
,
la
rotta
era
sua
.
Essi
invece
,
raccolti
lassù
,
urlavano
:
'
Viva
lo
Re
'
;
rotolavano
sassi
,
e
tiravano
schioppettate
a
chi
si
faceva
su
dal
ciglio
a
guardare
.
Uno
di
questi
fu
Edoardo
Herter
da
Treviso
,
medico
di
26
anni
.
Pareva
una
damigella
bionda
vestita
da
uomo
,
tanto
aveva
esile
l
'
aspetto
,
ma
i
suoi
muscoli
erano
d
'
acciaio
.
Parlò
con
Garibaldi
un
istante
,
poi
si
lanciò
su
per
un
greppo
.
'
Ah
piangerà
tua
madre
!
'
fu
cantato
di
lui
,
e
appena
su
,
cadde
riverso
colpito
nel
petto
a
morte
.
In
quel
momento
l
'
artiglieria
garibaldina
tuonò
di
giù
dalla
strada
,
dove
alla
fine
aveva
potuto
mettersi
a
tiro
,
e
un
suo
proiettile
andò
a
cadere
tra
i
regii
.
Fu
come
il
segno
della
ripresa
,
perché
poco
appresso
si
fece
come
un
subbuglio
,
e
fu
gridato
:
"
La
bandiera
,
la
bandiera
in
pericolo
!
"
E
la
bella
bandiera
di
Valparaiso
fu
veduta
salire
,
come
se
andasse
da
sé
,
trascinando
dietro
ai
lembi
delle
sue
pieghe
quanti
vi
s
'
affollavano
presso
.
Passata
dalle
mani
di
Giuseppe
Campo
a
Elia
,
a
Menotti
,
a
Schiaffino
,
ora
Schiaffino
la
portava
all
'
ultima
prova
.
E
giù
,
staccati
dalla
loro
fronte
,
uno
stormo
di
napolitani
corsero
per
pigliarsela
.
Allora
le
si
formò
un
viluppo
intorno
,
cozzo
breve
,
fiero
,
feroce
,
vera
mischia
;
e
la
bandiera
sparì
,
lasciando
uno
dei
suoi
nastri
nel
pugno
di
Gian
Maria
Damiani
.
E
Schiaffino
,
il
superbo
nocchiero
del
Lombardo
,
giacque
là
morto
.
E
'
questo
il
momento
d
'
annunziarmi
una
pubblica
sciagura
?
-
gridò
Garibaldi
a
chi
gli
dava
notizia
di
quella
morte
.
Ma
proprio
in
quel
momento
,
in
un
altro
punto
della
battaglia
scoppiava
un
urlo
di
gioia
...
Un
cannone
era
preso
.
Fumigava
ancora
la
sua
gola
dell
'
ultimo
colpo
sparato
contro
quelli
che
vi
s
'
erano
lanciati
su
primi
,
primo
Achille
Sacchi
da
Pavia
,
giovanetto
di
diciassett
'
anni
,
che
cadde
già
con
le
mani
sulla
volata
di
quel
pezzo
e
giacque
morto
.
"
Ancora
uno
sforzo
!
"
e
lo
sforzo
era
fatto
.
Erano
balzati
su
fino
i
moribondi
;
l
'
ultimo
assalto
alla
baionetta
fu
veramente
meraviglioso
.
I
napolitani
non
vi
ressero
,
si
volsero
,
rovinarono
via
.
Non
però
tutti
in
fuga
.
Avevano
cominciato
i
Cacciatori
e
i
Cacciatori
finivano
.
Mentre
la
fanteria
e
i
Carabinieri
napolitani
si
ritiravano
confusi
giù
pel
declivio
del
colle
perduto
;
quei
Cacciatori
,
come
stessero
in
un
campo
a
istruirsi
,
facevano
le
loro
fucilate
a
quadriglie
,
allontanandosi
lentamente
.
Fin
Garibaldi
stette
a
mirarli
un
pezzo
,
in
quelle
loro
belle
mosse
;
ma
poi
diede
ordine
di
caricarli
a
una
delle
Compagnie
che
appena
conquistato
il
colle
,
già
si
erano
quasi
riordinate
intorno
ai
loro
ufficiali
.
Corse
la
6°
,
Carini
.
E
quell
'
ultimo
strascico
del
fatto
d
'
arme
fu
presto
levato
.
Tutta
la
colonna
borbonica
si
sprofondò
nel
vallone
,
sparì
un
momento
,
poi
ricomparve
di
là
.
Saliva
l
'
erta
per
Calatafimi
.
La
chiudeva
un
manipolo
di
cavalli
,
forse
mezzo
squadrone
,
che
durante
il
combattimento
s
'
era
tenuto
giù
sullo
stradale
,
certo
aspettando
di
potersi
gettare
sui
nemici
vinti
a
sciabolarli
.
Invece
ora
proteggeva
la
ritirata
ai
suoi
.
Dal
campo
di
battaglia
fu
vista
quella
gente
serpeggiare
su
per
l
'
erta
lunga
,
stendersi
e
di
nuovo
sparire
poi
più
su
,
a
poco
a
poco
,
in
Calatafimi
.
Dopo
la
vittoria
Sul
colle
conquistato
riposarono
i
vincitori
.
E
cominciò
subito
la
raccolta
dei
feriti
gravi
,
che
non
avevano
più
potuto
reggersi
,
e
giacevano
giù
pei
fianchi
del
colle
,
molti
,
troppi
,
per
un
fatto
di
così
pochi
combattenti
e
di
così
corta
durata
.
Tra
grave
e
non
gravi
erano
182
,
i
morti
31
.
Le
ferite
erano
orribili
,
lacerate
,
larghe
,
massime
quelle
fatte
dalle
palle
ogivali
cave
dei
Cacciatori
.
Pochi
napolitani
che
i
loro
non
avevano
potuto
portar
via
,
si
lasciavano
pigliar
su
meravigliati
di
vedersi
trattati
bene
,
mentre
s
'
erano
forse
aspettati
d
'
essere
uccisi
.
All
'
allegrezza
della
vittoria
si
mescolava
così
quella
grande
malinconia
.
E
s
'
era
messo
un
vento
freddo
che
faceva
frizzar
la
pelle
.
Calavano
intanto
dalle
montagne
le
squadre
dei
'
Picciotti
'
,
e
invadevano
il
campo
di
battaglia
,
meravigliati
anch
'
essi
del
combattimento
contemplato
dall
'
alto
,
come
dai
gradini
d
'
un
anfiteatro
una
lotta
di
gladiatori
.
Garibaldi
guardava
sempre
una
strada
che
da
ponente
,
per
una
gola
,
metteva
in
quella
specie
di
conca
da
cui
sorgevano
su
i
due
colli
,
quello
della
sua
posizione
del
mattino
e
quello
conquistato
su
cui
si
posava
coi
suoi
.
Forse
temeva
l
'
arrivo
di
un
corpo
nemico
da
Trapani
.
Ma
aveva
fatto
mettere
gli
avamposti
,
e
dato
l
'
ordine
a
Bixio
di
collocare
le
artiglierie
.
Aveva
anche
già
detto
di
voler
salire
a
Calatafimi
il
giorno
appresso
,
e
sapeva
lui
per
quali
vie
si
sarebbe
incamminato
.
Per
quella
fatta
dai
Napolitani
nella
ritirata
no
certo
:
e
questo
capivano
tutti
,
perché
tentar
un
attacco
da
quella
parte
sarebbe
stata
una
follia
.
Ma
egli
era
allegro
in
viso
,
e
ciò
bastava
.
Uno
strano
sentimento
,
che
tutti
dovettero
provare
,
ma
di
cui
si
accorsero
e
se
lo
spiegarono
per
dir
così
solo
i
più
raffinati
allora
e
molto
di
poi
anche
gli
altri
,
ripensando
a
quelle
ore
,
fu
quello
dell
'
isolamento
in
cui
si
trovavano
.
Non
erano
passati
che
dieci
giorni
da
quando
avevano
lasciato
Genova
,
eppure
pareva
loro
d
'
essere
via
da
mesi
e
mesi
,
d
'
aver
navigato
molto
,
d
'
aver
camminato
molto
,
d
'
esser
già
quasi
gente
dimenticata
.
Si
sapeva
nell
'
Alta
Italia
che
erano
sbarcati
,
che
erano
stati
accolti
bene
?
Qualche
spirituale
forza
dava
almeno
in
quel
momento
un
senso
vago
del
dove
si
trovavano
e
della
loro
vittoria
?
A
Milano
,
a
Genova
,
a
Torino
e
nella
Venezia
gemente
in
mani
austriache
,
per
tutti
i
borghi
e
i
villaggi
da
dove
qualcuno
d
'
essi
s
'
era
mosso
,
cosa
si
pensava
,
cosa
si
sperava
,
cosa
si
temeva
per
loro
?
Ah
!
Un
filo
di
telegrafo
per
mandare
la
gran
notizia
alla
patria
e
riceverne
una
parola
.
Certo
da
Napoli
sarebbe
taciuta
o
mandata
pel
mondo
svisata
,
falsata
la
notizia
della
battaglia
a
far
piangere
.
E
intanto
erano
scene
di
gioia
,
come
a
rivedersi
dopo
anni
ed
anni
,
nell
'
incontrarsi
fra
loro
amici
di
casa
,
di
scuola
,
di
Compagnia
che
si
erano
perduti
di
vista
durante
il
combattimento
e
che
si
ritrovavano
sani
e
salvi
.
Ed
erano
lamenti
per
i
caduti
,
il
tale
giù
ai
primi
colpi
,
il
tal
altro
a
mezzo
al
colle
,
un
altro
addirittura
in
cima
quasi
in
braccio
ai
nemici
.
Andavano
a
cercarli
,
a
guardarli
,
a
baciarli
.
E
così
i
nomi
dei
morti
e
dei
feriti
,
il
modo
,
il
come
,
il
dove
,
il
quando
,
tutti
i
particolari
se
li
scambiavano
,
e
parlavano
commossi
,
ma
tuttavia
ancora
con
un
po
'
del
sentimento
egoistico
d
'
essere
usciti
salvi
dal
pericolo
in
cui
altri
aveva
lasciato
la
vita
.
Si
sa
;
il
vero
dolore
,
quello
grande
e
sincero
viene
dopo
,
quando
il
sangue
si
è
rimesso
in
calma
e
la
pietà
si
ridesta
.
Tra
le
Compagnie
che
si
erano
riordinate
,
si
faceva
un
gran
parlare
dell
'
importanza
del
fatto
;
qua
e
là
in
quel
campo
ci
parevano
dei
piccoli
Parlamenti
.
Quelli
che
avevano
sentito
Garibaldi
,
quando
aveva
detto
a
Bixio
:
"
Qui
si
fa
l
'
Italia
o
si
muore
,
"
commentavano
le
solenni
parole
,
e
pareva
proprio
a
tutti
di
sentirsi
piantato
in
cuore
che
il
fatto
d
'
armi
,
piccolo
in
sé
,
era
già
come
un
'
ultima
battaglia
risolutiva
,
da
combattersi
ancora
sì
,
non
si
sapeva
dove
né
quando
,
ma
già
vittoriosi
.
E
ciò
voleva
dire
l
'
Italia
fatta
sin
da
quel
giorno
,
su
quel
colle
.
Il
qual
colle
aveva
tuttavia
un
nome
di
malaugurio
.
Era
stato
subito
detto
che
si
chiamava
'
Pianto
dei
Romani
'
,
perché
ivi
,
più
di
duemila
anni
indietro
,
questi
erano
stati
vinti
dai
Segestani
e
dai
Cartaginesi
.
Ma
quel
nome
di
mestizia
era
un
'
invenzione
,
o
per
lo
meno
una
interpretazione
errata
.
'
Pianto
'
non
è
che
il
vernacolo
siciliano
'
Chiantu
'
,
o
piantamento
di
viti
;
e
uno
n
'
era
stato
fatto
far
su
quel
colle
da
un
'
antica
famiglia
Romano
.
E
difatti
,
quei
tali
terrazzi
dovevano
essere
stati
fatti
per
dei
poderosi
filari
di
viti
,
sebbene
allora
vi
si
vedessero
soltanto
arbusti
grami
,
e
piante
che
esalavano
un
tristo
odore
di
cimitero
.
Così
,
e
durante
il
combattimento
,
aveva
detto
il
livornese
Giuseppe
Petrucci
della
compagnia
Bixio
,
facendo
parer
ai
vicini
di
fiutar
davvero
un
'
aria
di
morte
.
*
La
notte
calò
rapida
come
nelle
giornate
più
corte
dell
'
anno
.
E
in
quel
crepuscolo
fu
commovente
veder
un
gruppo
di
sei
o
sette
Francescani
,
i
quali
dopo
aver
combattuto
fino
con
tromboni
,
partivano
per
tornare
al
loro
convento
.
Erano
accorsi
là
da
Castelvetrano
.
A
quell
'
ora
se
ne
andavano
giù
dal
colle
nei
loro
tonaconi
grossi
,
con
le
loro
armi
in
spalla
,
seri
e
tranquilli
,
come
se
tornassero
da
aver
fatto
la
questua
tra
quei
soldati
che
avevano
fame
,
e
stavano
divorando
pane
e
cacio
distribuito
in
fretta
già
quasi
nel
buio
.
Poi
le
Compagnie
si
addormentarono
.
Al
tocco
dopo
la
mezzanotte
la
sentinella
dell
'
avamposto
verso
Calatafimi
diede
l
'
alto
a
due
persone
che
le
venivano
incontro
.
-
Amici
,
galantuomini
di
Calatafimi
.
-
Avanti
.
-
Tutto
l
'
avamposto
fu
subito
in
piedi
.
-
Cosa
volete
?
-
Con
l
'
anima
nelle
parole
,
quei
due
galantuomini
recavano
che
i
Napoletani
avevano
abbandonato
Calatafimi
,
marciando
verso
Alcamo
,
che
stava
di
là
,
di
là
...
La
notizia
era
lieta
.
Levava
la
gran
preoccupazione
di
ciò
che
sarebbe
potuto
avvenire
il
giorno
appresso
.
Da
Palermo
,
a
quell
'
ora
,
poteva
già
esser
giunto
per
nave
a
Castellamare
un
corpo
di
aiuto
ai
vinti
,
e
con
tutta
comodità
aver
marciato
da
Castellamare
a
Calatafimi
.
Ora
se
i
Napolitani
se
n
'
erano
invece
andati
,
ciò
voleva
dire
che
a
Palermo
non
c
'
era
un
generale
che
avesse
occhi
.
Bene
,
bene
!
Quei
galantuomini
furono
condotti
da
Garibaldi
,
che
stava
ben
desto
nella
casupola
sul
colle
,
e
che
gli
accolse
con
gioia
.
Fatta
l
'
ambasciata
,
volevano
tornarsene
;
ma
egli
,
non
li
volendo
lasciar
esporsi
a
pericoli
,
se
li
tenne
fino
al
mattino
.
Avrebbero
marciato
con
lui
.
Ed
essi
non
s
'
accorsero
che
forse
diffidava
di
loro
,
tanto
era
buona
e
incredibile
la
notizia
che
gli
avevano
portato
.
*
Nel
brivido
che
dà
l
'
alba
,
prima
ancora
che
le
trombe
suonassero
le
sveglie
,
molti
di
quei
militi
,
mezzo
intirizziti
dalla
gran
guazza
,
giravano
già
pel
campo
a
rivedere
i
morti
.
Di
questi
ve
n
'
erano
che
parevano
dormirsene
sicurissimi
d
'
essere
svegliati
a
lor
tempo
,
tanta
era
la
pace
che
avevano
nel
volto
.
Così
Giuseppe
Belleno
,
così
Giuseppe
Sartoriio
,
tutti
e
due
Carabinieri
genovesi
;
questo
colpito
nel
petto
proprio
nel
momento
che
fulminava
un
gran
fante
borbonico
,
mirato
a
prova
da
lui
.
Aveva
data
e
ricevuta
la
morte
in
un
punto
.
Poco
discosto
giaceva
Ferdinando
Cadei
di
Caleppio
,
bel
giovane
di
ventun
'
anno
,
che
adagiato
sul
fianco
destro
pareva
sogguardasse
timidamente
.
Carlo
Bonardi
da
Iseo
non
si
trovava
più
nel
luogo
dov
'
era
caduto
e
rimasto
morto
bocconi
,
né
per
quanto
gli
amici
suoi
cercassero
là
attorno
vedevano
le
sue
larghe
spalle
da
atleta
,
né
il
mantello
che
portava
rotolato
a
bandoliera
ancora
nell
'
ultimo
istante
.
Cosa
n
'
era
mai
stato
?
Invece
il
gran
Schiaffino
copriva
ancora
la
terra
là
dove
l
'
anima
sua
lo
aveva
lasciato
.
Era
solo
un
po
'
scolorito
in
viso
.
In
uno
dei
punti
,
dove
la
resistenza
del
nemico
era
stata
più
forte
,
giaceva
Luciano
Marchesini
da
Vicenza
,
col
capo
su
d
'
un
sasso
nero
che
pareva
un
libro
.
"
Come
il
Battaglia
l
'
anno
scorso
a
San
Fermo
!
"
diceva
Odoardo
Rienti
da
Como
.
E
narrava
di
Giacomo
Battaglia
poeta
,
che
combattendo
tra
i
Cacciatori
delle
Alpi
cadde
a
San
Fermo
colpito
in
fronte
,
e
tratto
di
tasca
un
suo
Dantino
se
lo
pose
sotto
il
capo
e
sul
poema
divino
spirò
.
Un
po
'
più
in
su
,
e
proprio
sulla
cima
del
colle
,
dove
erano
stati
fatti
gli
ultimi
colpi
,
giaceva
come
un
assiderato
Eugenio
Sartori
da
Sacile
.
La
morte
che
,
toccandolo
quasi
per
saggiarlo
a
Venezia
nel
'49
,
lo
aveva
lasciato
tornare
alle
mense
patriarcali
di
casa
sua
,
se
l
'
era
preso
lì
.
Egli
no
,
non
pareva
in
pace
!
Gli
occhi
non
gli
si
erano
ancora
chiusi
,
e
,
dopo
tante
ore
,
il
suo
viso
esprimeva
sempre
una
gran
collera
da
battaglia
.
E
via
via
cercati
così
,
i
morti
furono
rivisitati
quasi
tutti
.
Ma
alla
fine
bisognò
pure
che
i
vivi
gli
abbandonassero
.
Sarebbero
poi
venuti
i
seppellitori
a
scavare
a
ogni
morto
una
buca
lungo
il
corpo
,
ve
l
'
avrebbero
fatto
rivoltar
giù
forse
con
malgarbo
,
poi
o
sul
corpo
o
sul
dorso
,
poche
badilate
di
terra
e
addio
.
Un
dì
,
chi
sa
quando
,
qualcuno
verrebbe
a
scoprire
delle
ossa
.
*
Le
compagnie
partirono
.
E
per
la
stessa
china
e
poi
per
la
stessa
erta
fatta
dai
Napolitani
la
sera
avanti
,
marciarono
a
Calatafimi
.
Ivi
trovarono
la
gente
ancora
scompigliata
.
Quei
poveri
abitanti
avevano
visto
dalle
loro
case
,
il
combattimento
del
Pianto
Romano
,
e
poi
i
borbonici
tornare
vinti
tra
loro
.
Erano
stati
gran
parte
della
notte
tremando
che
il
mattino
portasse
loro
uno
scontro
nelle
stesse
vie
della
città
tra
le
loro
case
:
invece
i
borbonici
erano
partiti
.
Ma
potevano
sopraggiungerne
di
nuovi
.
Insomma
la
fisionomia
generale
era
triste
.
Nella
via
maestra
si
trovavano
a
ogni
passo
i
segni
della
sosta
fattavi
dai
vinti
;
nelle
poche
botteghe
,
misere
assai
,
non
c
'
era
più
nulla
;
quelli
avevano
portato
via
ogni
cosa
.
Ma
le
Compagnie
,
a
poco
a
poco
,
misero
un
po
'
di
fidanza
e
d
'
allegrezza
;
tanto
più
poi
nel
pomeriggio
,
quando
fu
lor
letto
l
'
ordine
del
giorno
di
Garibaldi
.
Era
uno
de
'
suoi
più
eloquenti
,
e
parve
la
voce
di
tutta
la
patria
.
"
Soldati
della
libertà
italiana
,
con
compagni
come
voi
io
posso
tentare
ogni
cosa
,
e
ve
lo
mostrai
ieri
conducendovi
alla
vittoria
contro
un
nemico
superiore
per
numero
e
per
le
sue
forti
posizioni
.
Io
avevo
contato
sulle
vostre
fatali
baionette
,
e
vedete
che
non
mi
sono
ingannato
.
"
Deplorando
la
triste
necessità
di
dover
combattere
soldati
italiani
,
debbo
confessare
d
'
aver
trovato
una
resistenza
degna
di
causa
migliore
.
E
questo
vi
mostra
quanto
noi
potremo
fare
,
quando
l
'
intiera
famiglia
italiana
sarà
riunita
intorno
a
una
sola
bandiera
.
"
Domani
il
continente
italiano
sarà
parato
a
festa
,
per
la
vittoria
dei
suoi
liberi
figli
e
dei
nostri
prodi
siciliani
.
"
Le
vostre
madri
,
le
vostre
amanti
,
usciranno
nella
via
superbe
di
voi
,
con
la
fronte
alta
e
radiante
.
"
Il
combattimento
ci
costò
molti
cari
fratelli
,
morti
nelle
prime
file
;
e
nei
fasti
della
gloria
italiana
risplenderanno
eternamente
i
nomi
di
questi
martiri
della
nostra
santa
causa
.
"
Paleserò
al
nostro
paese
i
nomi
dei
bravi
che
con
sommo
valore
condussero
alla
lotta
i
più
giovani
e
i
più
inesperti
militi
,
e
che
domani
li
guideranno
alla
vittoria
su
altri
campi
,
a
rompere
gli
ultimi
anelli
delle
catene
che
tengono
avvinta
la
nostra
Italia
carissima
.
"
I
nemici
!
Ve
n
'
erano
in
Calatafimi
parecchi
,
feriti
il
giorno
avanti
e
abbandonati
là
,
perché
per
via
avrebbero
patito
troppo
.
I
vincitori
andavano
a
trovarli
nelle
chiese
e
nei
conventi
,
li
confortavano
,
li
carezzavano
.
Ed
essi
dicevano
che
non
sarebbero
più
tornati
alle
loro
bandiere
.
Cominciava
già
allora
la
fratellanza
;
solo
qualcuno
guatava
bieco
e
mormorava
sdegnoso
.
Dai
Francescani
,
prodigava
la
sua
carità
un
padre
Luigi
,
il
quale
fu
poi
amorosissimo
nei
giorni
appresso
ai
garibaldini
portati
là
da
Vita
,
dove
non
c
'
era
luogo
per
tenerli
se
non
ammucchiati
come
nelle
prime
ore
dopo
il
combattimento
.
Forse
quel
frate
si
sentì
prendere
fin
da
allora
da
quella
forza
per
cui
ebbe
il
coraggio
di
spogliar
l
'
abito
,
di
lasciarsi
portar
via
dalla
rivoluzione
nella
vita
nuova
italiana
;
e
tornato
al
secolo
divenne
col
tempo
uomo
di
cattedra
,
uomo
di
Stato
in
Roma
,
dove
coloro
che
lo
avevano
conosciuto
laggiù
continuarono
a
chiamarlo
in
segreto
"
padre
Luigi
"
.
Le
emozioni
del
giorno
avanti
,
il
bisogno
di
raccoglimento
,
la
stanchezza
,
non
svogliarono
di
visitar
il
paese
intorno
chi
aveva
sentimento
dei
luoghi
e
delle
cose
.
Uscendo
dalla
parte
occidentale
molti
andavano
in
poco
tempo
alle
rovine
di
Segesta
,
e
vi
si
appressavano
esaltandosi
via
via
.
Quelle
trentasei
colonne
del
tempio
dorico
rimaste
in
piedi
come
parte
di
un
'
opera
incompiuta
,
tanto
sembravano
recenti
;
il
teatro
poco
più
in
là
,
ispiravano
una
malinconia
magnanima
.
Era
mai
possibile
che
fosse
stata
abitata
da
gente
così
ricca
e
grandiosa
da
aver
eretto
quei
monumenti
,
una
terra
ora
popolata
quasi
solo
di
miseri
?
Quelle
colonne
parevano
vive
e
pensanti
,
quel
tempio
pareva
aver
ancora
un
'
anima
cui
facesse
dolore
vedersi
intorno
caprai
indifferenti
,
nei
quali
tuttavia
l
'
uomo
antico
doveva
starsene
addormentato
.
Ora
quei
visitatori
si
lusingavano
d
'
essere
capitati
a
svegliarlo
.
La
marcia
ad
Alcamo
Garibaldi
non
perdeva
tempo
:
all
'
alba
del
17
rimise
la
sua
gente
in
cammino
.
Da
Calatafimi
un
'
ultima
occhiata
d
'
addio
al
colle
del
Pianto
Romano
,
poi
via
per
Alcamo
.
E
fu
una
marcia
mattutina
di
poca
fatica
anche
per
quelli
dei
feriti
che
,
sentendo
di
potersi
reggere
,
piuttosto
che
starsene
inoperosi
,
avevano
voluto
seguire
la
colonna
,
chi
col
braccio
al
collo
,
chi
con
la
testa
bendata
,
chi
a
piede
nelle
file
,
chi
su
quei
carri
di
laggiù
storiati
di
Madonne
e
di
Santi
,
illustrati
da
sentenze
e
leggende
paesane
.
Parlavano
dei
compagni
rimasti
a
Vita
nella
chiesa
o
nelle
case
,
dove
mancavano
di
tutto
e
pativano
,
e
qualcuno
stava
forse
per
morire
,
sebbene
il
vecchio
Ripari
e
Ziliani
e
Boldrini
e
gli
altri
medici
facessero
prodigi
d
'
amore
.
Erano
cose
meste
;
eppure
la
campagna
meravigliosa
metteva
nei
cuori
il
proprio
rigoglio
,
onde
si
sentivano
senza
troppi
rimpianti
.
Ah
che
paese
!
Se
quel
trionfo
di
verde
fosse
venuto
crescendo
così
come
pareva
,
la
via
doveva
menare
davvero
alla
terra
promessa
.
Intanto
qualche
cosa
di
paradisiaco
si
vedeva
già
.
La
fama
di
Garibaldi
era
andata
a
rinnovare
le
fantasie
già
note
altrove
;
onde
,
agli
sbocchi
delle
stradicciole
campestri
che
mettevano
in
quella
via
,
gruppi
di
donne
dinanzi
ai
loro
uomini
e
coi
bimbi
al
collo
o
per
mano
,
gli
gridavano
dei
saluti
quasi
religiosi
.
Alcune
si
inginocchiavano
,
altre
dicevano
"
Beddi
!
"
ai
giovani
soldati
.
Via
via
andando
si
scoprivano
,
tra
le
biade
peste
,
arnesi
militari
dei
borbonici
;
e
quei
villici
li
additavano
imprecando
agli
'
schifiosi
'
che
li
avevano
gettati
nella
ritirata
.
Poi
,
già
nelle
vicinanze
di
Alcamo
,
comparvero
delle
carrozze
di
signori
che
venivano
incontro
a
Garibaldi
,
tirate
da
pariglie
superbe
.
A
un
certo
punto
comparve
il
mare
del
Golfo
così
azzurro
,
sotto
un
cielo
così
terso
,
che
tra
per
quella
vista
e
la
bella
campagna
e
il
tutt
'
insieme
,
fu
un
'
ora
di
incanto
.
In
qualche
gruppo
della
colonna
scoppiarono
canti
lombardi
,
di
quelli
della
regione
dei
laghi
.
Quella
era
proprio
la
terra
degna
che
vi
fosse
sbocciato
uno
dei
primi
fiori
della
nostra
poesia
,
perché
tutto
ciò
che
vi
si
vedeva
ricordava
la
'
Rosa
fresca
aulentissima
'
di
Ciullo
o
di
Cielo
.
Allora
la
variante
non
importava
.
E
poi
ecco
Alcamo
con
le
sue
belle
case
e
i
suoi
giardini
coi
muri
passati
dai
palmizi
,
che
si
spandevano
fuori
torpidi
nel
caldo
meriggio
.
Non
poteva
essersi
dato
che
il
delizioso
'
Contrasto
'
fosse
avvenuto
davvero
con
di
mezzo
uno
di
quei
muri
o
la
siepe
d
'
uno
di
quegli
orti
?
Tutto
vi
pareva
così
antico
!
La
città
,
quasi
moresca
d
'
aspetto
,
quasi
mesta
,
era
in
festa
religiosa
,
ma
pareva
allegrarsi
a
poco
a
poco
,
per
l
'
arrivo
di
quegli
ospiti
d
'
oltremare
.
E
poi
si
esaltò
addirittura
per
un
fatto
quasi
incredibile
,
di
cui
si
parlava
già
sin
dal
giorno
avanti
in
Calatafimi
come
di
cosa
avvenuta
o
da
avvenire
.
Garibaldi
si
era
lasciato
indurre
da
fra
Pantaleo
a
ricevervi
la
benedizione
in
chiesa
.
Egli
schiettamente
,
semplicemente
,
in
mezzo
al
popolo
,
si
sottomise
alla
Croce
che
il
frate
gli
impose
sulla
spalla
,
proclamandolo
guerriero
mandato
da
Dio
.
La
scena
fu
un
po
'
strana
,
ma
il
Generale
stette
con
tanta
sincerità
di
spirito
,
che
neppure
i
più
filosofanti
della
spedizione
trovarono
nulla
a
ridire
.
Fu
un
lampo
di
misticismo
sprigionato
dall
'
anima
di
lui
,
formata
d
'
un
po
'
di
tutte
le
anime
grandi
che
furono
,
e
anche
di
quella
di
Francesco
d
'
Assisi
,
dietro
al
quale
,
nato
nel
suo
tempo
,
egli
si
sarebbe
scalzato
dei
primi
a
seguirlo
.
A
Partinico
Fu
dunque
un
giorno
lieto
quello
d
'
Alcamo
;
ma
l
'
altro
appresso
,
quando
la
colonna
partì
acclamata
e
marciò
a
Partinico
,
qual
diverso
mondo
le
si
apprestava
a
così
breve
distanza
!
Per
Alcamo
la
milizia
borbonica
battuta
a
Calatafimi
era
passata
senza
che
nessuno
le
si
fosse
fatto
contro
per
impedirla
;
ma
Partinico
la
aveva
affrontata
,
e
per
le
vie
e
per
le
case
era
stato
un
combattimento
da
selvaggi
.
A
entrare
in
quella
città
,
parve
di
affacciarsi
a
uno
degli
orrendi
spettacoli
di
strage
fra
Greci
e
Turchi
della
rivoluzione
ellenica
di
quarant
'
anni
avanti
.
Proprio
sulle
soglie
della
cittadetta
,
stavano
mucchi
di
morti
bruciacchiati
,
enfiati
,
in
cento
modi
straziati
.
E
tenendosi
per
mano
a
catena
e
cantando
,
vi
danzavano
attorno
fanciulle
scapigliate
come
furie
,
cui
faceva
da
quadro
e
da
sfondo
la
via
maestra
nera
d
'
incendi
non
ancora
ben
spenti
.
Le
campane
sonavano
a
stormo
;
preti
,
frati
,
popolo
d
'
ogni
ceto
,
urlavano
gloria
ai
militi
correnti
dietro
a
Garibaldi
,
che
traversò
rapido
la
città
col
cappello
calato
sugli
occhi
,
e
andò
a
posarsi
all
'
altro
capo
,
in
un
bosco
d
'
olivi
,
mesto
come
non
era
ancor
parso
in
quei
giorni
.
E
là
gli
furono
condotti
alcuni
sodatucci
borbonici
,
rimasti
prigionieri
in
mano
dei
Partinicotti
e
salvati
a
stento
da
qualche
buono
;
poveri
giovani
disfatti
dal
terrore
di
due
giorni
passati
con
la
morte
alla
gola
.
Consegnati
a
lui
si
sentirono
sicuri
,
e
piansero
e
risero
come
fanciulli
.
Sprazzo
di
sereno
nella
tempesta
,
chi
si
potrebbe
tenere
dal
narrarlo
!
Garibaldi
sedeva
in
quel
momento
a
pie
'
d
'
un
olivo
.
Aveva
appena
finito
di
confortare
quei
poveri
soldati
,
che
gli
fu
presentato
dal
capitano
Cenni
suo
carissimo
uno
dei
giovani
della
spedizione
,
il
quale
portava
una
manata
di
fragole
in
un
canestrino
fatto
di
foglie
.
"
Generale
,
"
disse
il
Cenni
,
"
questo
cacciatore
delle
Alpi
vi
offre
le
fragole
.
"
Garibaldi
guardò
Cenni
,
guardò
il
giovane
,
poi
sorrise
un
poco
,
crollò
la
sua
bella
testa
e
gli
domandò
:
"
Di
dove
siete
?
"
-
"
Genovese
"
rispose
il
giovane
quasi
tremando
.
E
allora
il
Generale
in
dialetto
genovese
.
"
E
avete
ancora
la
madre
?
"
"
Generale
sì
;
"
e
gli
occhi
del
giovane
videro
allora
molto
lontano
.
"
Cosa
direbbe
-
continuò
Garibaldi
-
se
fosse
qui
a
vedere
che
mi
piglio
le
vostre
fragole
?
"
Ma
intanto
tese
la
mano
e
ne
levò
due
o
tre
per
gradire
,
soggiungendo
:
"
Andate
,
andate
,
godetevele
voi
,
che
vi
parranno
più
buone
che
a
me
.
"
Dopo
non
lungo
riposo
,
le
Compagnie
si
rimisero
in
marcia
,
allontanandosi
quasi
con
gioia
da
quel
luogo
di
sangue
.
Alcuni
Partinicotti
le
seguirono
armati
di
doppiette
e
di
pugnali
.
Ve
n
'
era
uno
che
pareva
di
bronzo
,
tutto
vestito
di
velluto
biancastro
,
con
a
cintola
due
pistole
.
Il
Sampieri
dell
'
artiglieria
diceva
che
erano
dell
'
aria
di
colui
i
Palicari
e
i
Clefti
dei
quali
egli
,
nell
'
esilio
suo
in
Grecia
,
ne
aveva
conosciuti
alcuni
,
vecchi
ancora
di
quei
di
Bozzaris
.
Si
sarebbe
detto
che
quell
'
uomo
non
fosse
fatto
che
ad
uccidere
,
e
invece
a
parlargli
era
buono
e
anche
grazioso
.
Raccontava
quasi
scusandosi
l
'
eccidio
cui
aveva
partecipato
;
e
diceva
con
poesia
di
Palermo
,
bella
,
grande
:
"
Vedrete
,
vedrete
!
Il
palazzo
reale
!
"
E
forse
tutto
il
suo
patriottismo
era
per
l
'
isola
sua
,
pel
regno
,
pel
piccolo
regno
di
Sicilia
,
indipendente
da
tutto
il
mondo
.
Seguì
la
marcia
di
Garibaldi
senza
più
staccarsi
,
divenne
amico
di
qualcuno
in
tutte
le
Compagnie
,
portava
la
letizia
in
tutti
i
crocchi
e
le
buone
promesse
.
Nove
giorni
di
poi
,
il
mattino
del
27
,
nell
'
assalto
di
Palermo
,
fu
visto
l
'
ultima
volta
,
sotto
il
Ponte
dell
'
Ammiraglio
,
disteso
morto
presso
un
Cacciatore
borbonico
,
che
moribondo
egli
stesso
lo
guardava
.
Forse
lo
aveva
ucciso
lui
.
Al
Passo
di
Renda
Sul
vespro
di
quel
giorno
la
colonna
garibaldina
entrò
nell
'
ombra
di
un
anfiteatro
di
monti
,
dove
si
immerse
quasi
a
celarsi
.
In
quell
'
ora
,
tutto
là
intorno
pareva
minaccioso
,
dalle
falde
ronchiose
ai
profili
di
quei
monti
dentati
in
alto
e
taglienti
.
Il
po
'
di
piano
traversato
dalla
strada
consolare
dava
un
senso
di
freddo
.
E
il
luogo
,
al
dire
dei
Siciliani
,
era
infame
per
istorie
truci
di
masnadieri
.
Passo
di
Renda
voleva
dire
pericolo
di
non
uscirne
vivo
chi
vi
si
avventurasse
da
solo
.
Le
Compagnie
,
rifinite
dalla
stanchezza
e
dalla
fame
,
si
gettarono
in
terra
ciascuna
,
per
dir
così
,
dove
fu
fermata
;
e
per
un
po
'
fu
silenzio
profondo
.
Ma
poi
qua
e
là
furono
accesi
dei
fuochi
con
gli
arbusti
raccolti
per
quelle
ripe
,
e
intorno
ai
fuochi
quei
militi
si
misero
come
al
solito
a
sgranocchiare
il
loro
pane
.
Da
otto
giorni
non
si
cibavano
quasi
d
'
altro
che
di
pane
e
cacio
come
il
Generale
,
semplice
uomo
che
faceva
divenir
semplici
tutti
e
senza
voglie
,
senza
bisogni
.
Quella
sera
si
mise
a
dormire
in
un
cantuccio
di
quell
'
accampamento
,
tra
corte
rocce
ferrigne
,
dove
i
più
novelli
tra
i
suoi
andavano
timidamente
a
passargli
vicino
per
guardarlo
.
Ma
era
veramente
Garibaldi
quell
'
uomo
coricato
su
quella
povera
coperta
,
sotto
quel
mantello
,
con
la
sella
del
suo
cavallo
per
origliere
?
Ed
era
Dittatore
,
e
voleva
levar
via
dal
trono
il
Re
delle
Due
Sicilie
,
egli
così
povero
e
che
riposava
così
tranquillo
,
senza
guardie
né
nulla
?
Pareva
un
sogno
.
Contemplatolo
un
poco
,
quei
giovinetti
se
ne
tornavano
alle
Compagnie
,
a
dire
che
egli
dormiva
e
che
perciò
tutto
doveva
andar
bene
.
Ma
tutti
sentivano
di
trovarsi
a
una
breve
camminata
da
Palermo
,
da
dove
un
generale
un
po
'
ardito
avrebbe
potuto
condurre
una
colonna
a
sorprenderli
;
e
guai
se
anche
un
'
altra
colonna
mandata
a
sbarcare
a
Castellamare
,
per
Alcamo
e
Partinico
,
per
la
via
stessa
che
essi
avevano
fatta
,
fosse
giunta
alle
loro
spalle
.
Invece
quella
notte
passò
quieta
,
senz
'
altra
noia
che
d
'
un
po
'
di
pioggia
.
ma
all
'
alba
,
che
bella
sveglia
!
Da
un
'
altura
di
quell
'
anfiteatro
scese
sul
campo
improvviso
un
suon
di
banda
,
che
parve
venuta
dall
'
infinito
a
far
una
melodia
nota
,
ma
tal
quale
come
laggiù
non
gustata
mai
da
nessuno
in
nessun
teatro
del
mondo
,
e
nemmeno
in
cuore
dal
Verdi
,
che
l
'
aveva
creata
.
Era
il
suo
bolero
dei
'
Vespri
Siciliani
'
.
Benedetto
lui
!
L
'
anima
sua
tornava
a
soffiare
l
'
entusiasmo
in
quei
cuori
,
in
quel
luogo
,
come
già
sul
mare
da
Quarto
a
Marsala
coi
canti
dei
'
Masnadieri
'
,
col
coro
del
'
Nabucco
'
"
Va
'
pensiero
sull
'
ali
dorate
.
"
Una
voce
di
tenore
limpida
e
potente
s
'
accordò
subito
ai
suoni
,
adattandovi
i
bei
versi
del
'
Giovanni
da
Procida
'
del
Niccolini
"
Le
Siciliane
Vergini
,
"
e
qualche
parte
del
campo
applaudiva
.
Ripetuta
tre
o
quattro
volte
,
quell
'
aria
dei
'
Vespri
'
mise
una
grande
agitazione
.
E
non
era
più
lo
scoppio
di
gioia
idillica
d
'
Elena
,
che
nel
melodramma
scende
dalla
scalea
incontro
al
coro
di
fanciulle
,
che
le
portano
fiori
;
ma
passava
come
un
vento
eroico
di
martirio
,
che
invitasse
amici
e
nemici
a
morir
insieme
per
la
pace
del
mondo
.
Il
piccolo
esercito
si
levò
tutto
;
e
allora
fu
un
andare
verso
un
punto
dove
la
strada
consolare
mette
da
quell
'
orrido
passo
alla
vista
della
Conca
d
'
Oro
.
Tutti
si
fermavano
là
incantati
.
Vedevano
giù
in
basso
quel
paradiso
;
e
in
fondo
Palermo
che
pareva
infinita
;
e
nel
tremolare
della
marina
un
fitto
di
antenne
,
navi
da
guerra
certo
le
più
,
navi
di
tutta
Europa
e
forse
d
'
America
,
corse
là
per
vedervi
la
gran
scena
che
vi
doveva
avvenire
.
Di
quella
scena
essi
dovevano
essere
poi
attori
!
Ma
quando
,
come
,
con
quali
sorti
?
Sapevano
che
laggiù
tra
quelle
mura
stavano
ventimila
soldati
,
ma
insomma
v
'
erano
pure
dugentomila
cittadini
.
E
alcuni
,
quasi
col
sentimento
dei
diecimila
di
Senofonte
quando
scopersero
il
mare
,
gridavano
:
Palermo
,
Palermo
!
Di
là
,
il
vecchio
Ignazio
Calona
mostrava
gli
sbocchi
dei
monti
da
dove
erano
discesi
i
Napolitani
di
Florestano
Pepe
e
di
Filangeri
,
nel
1820
e
nel
1849
.
A
quelle
due
rivoluzioni
egli
aveva
partecipato
di
venticinque
anni
e
di
cinquantatré
,
e
si
poteva
immaginare
con
qual
animo
se
tanto
glie
ne
avanzava
adesso
,
che
ne
aveva
sessantacinque
.
E
diceva
con
foco
giovanile
che
nel
maggio
del
1849
,
quando
Palermo
si
preparava
all
'
ultimo
sforzo
per
respingere
Filangeri
già
vincitore
del
resto
dell
'
isola
,
laggiù
nella
pianura
che
si
vedeva
tra
la
città
e
il
Monte
Grifone
,
ogni
giorno
accorreva
gente
d
'
ogni
ceto
a
scavar
fossati
,
ad
alzar
ripari
,
e
che
tutti
lavoravano
insieme
signori
e
plebe
,
anche
le
dame
e
le
più
nobili
fanciulle
.
A
quei
discorsi
i
giovani
si
esaltavano
.
Così
per
tutta
la
mattinata
fu
una
grande
vivezza
nell
'
accampamento
,
dove
quei
militi
si
facevano
giocondamente
ognuno
da
sé
le
più
umili
cose
;
si
lavavano
le
camicie
a
una
gran
cisterna
,
si
rattoppavano
le
scarpe
,
si
ricucivano
gli
strappi
dei
panni
così
mal
ridotti
,
che
coloro
che
avevano
indosso
i
più
signorili
parevano
ormai
i
peggio
vestiti
.
Ma
alle
belle
persone
,
al
portamento
elegante
,
quella
miseria
dava
quasi
maggior
risalto
.
Altri
davano
una
ripulita
ai
fucili
o
si
ingegnavano
di
raccomodarne
i
guasti
.
I
cannonieri
stavano
intorno
ai
loro
pezzi
.
Appoggiato
alla
gran
colubrina
,
Antonio
Pievani
da
Sondrio
leggeva
il
Vangelo
,
e
lo
spiegava
ad
alcuni
che
aveva
intorno
.
Tutti
ascoltavano
raccolti
e
pensosi
,
e
facevano
venire
in
mente
i
Puritani
di
Cromwell
.
Passava
qualche
scettico
,
stava
un
istante
,
poi
se
n
'
andava
compreso
di
rispetto
per
quel
soldato
credente
.
Ma
in
un
canto
dell
'
accampamento
v
'
era
qualcuno
che
,
per
dir
così
,
teneva
il
posto
che
nei
poemi
cavallereschi
hanno
le
Orche
e
i
mostri
.
Sdraiato
in
terra
,
legato
mani
e
piedi
,
vestito
alla
siciliana
con
certa
eleganza
,
custodito
da
alcuni
'
Picciotti
'
delle
squadre
del
barone
Sant
'
Anna
,
stava
un
uomo
grande
e
forte
,
di
viso
cattivo
.
Guardava
sprezzante
e
taceva
.
I
garibaldini
che
andavano
a
vederlo
,
sentivano
dire
che
egli
era
un
tal
Santo
Mele
,
il
quale
sin
dallo
scoppio
della
rivoluzione
aveva
principiato
a
correre
la
campagna
con
alcuni
ribaldi
,
rubando
le
casse
pubbliche
e
assassinando
gente
.
Aveva
fino
incendiato
il
villaggio
di
Calamina
.
E
tutto
aveva
fatto
in
nome
di
certa
sua
giustizia
che
gli
pareva
d
'
aver
diritto
d
'
esercitare
;
anzi
,
se
ne
gloriava
.
I
Siciliani
che
dall
'
esiglio
erano
tornati
nell
'
isola
con
Garibaldi
,
dicevano
che
colui
doveva
essere
'
Maffioso
'
;
e
spiegavano
ai
compagni
la
natura
d
'
una
tenebrosa
società
,
che
aveva
le
sue
fila
per
tutta
l
'
isola
,
in
alto
,
in
basso
,
nelle
città
,
nelle
campagne
,
dappertutto
.
Piace
rammentare
che
i
continentali
scusavano
l
'
isola
,
narrando
che
anche
da
loro
vi
erano
state
compagnie
di
malfattori
che
avevano
esercitato
una
giustizia
di
loro
genio
,
favoriti
dalle
plebi
delle
campagne
e
anche
dai
ricchi
delle
città
,
quando
le
leggi
parevano
torte
contro
la
giustizia
vera
;
e
dicevano
che
quelli
erano
passati
e
che
sarebbe
passata
anche
la
'
Maffia
'
.
Quel
Santo
Mele
il
giorno
appresso
sparì
.
Forse
la
'
Maffia
'
potentissima
gli
aveva
dato
aiuto
fino
in
quell
'
accampamento
.
Noiosissima
cosa
,
nel
pomeriggio
di
quel
giorno
cominciò
a
piovere
.
Senza
tende
,
senza
coperte
era
un
gran
brutto
stare
;
ma
il
campo
non
si
attristò
per
questo
;
anzi
,
vi
fu
un
momento
di
gaiezza
fin
troppa
.
Era
stato
macellato
un
gran
bove
donato
da
un
Comune
là
presso
,
e
in
certi
pentoloni
mandati
pure
da
quel
Comune
,
cuochi
improvvisati
cuocevano
di
quel
bove
a
pezzi
,
e
del
riso
.
Ma
quando
si
fu
sul
punto
di
scodellare
,
e
tutti
si
sentivano
già
quasi
nello
stomaco
quel
ristoro
,
s
'
accorsero
di
non
avere
né
gamelle
né
cucchiai
,
e
una
risata
generale
empì
l
'
aria
di
chiasso
.
Però
vi
fu
l
'
ingegnoso
che
si
prese
la
parte
sua
di
riso
in
una
foglia
di
fico
d
'
India
,
e
allora
tutti
ai
fichi
,
e
nel
cavo
di
quelle
foglie
coriacee
un
po
'
di
quel
cibo
poterono
gustarlo
tutti
.
Quanto
a
vino
ce
n
'
era
nel
campo
a
botti
.
Seguitò
la
pioggia
tutto
il
resto
del
giorno
e
anche
quella
notte
,
sicché
la
dimane
quella
gente
,
fradicia
fino
alla
pelle
,
faceva
un
brutto
vedere
.
Garibaldi
guardava
mesto
.
Egli
nella
notte
aveva
fatto
levar
via
una
specie
di
baldacchino
che
alcuni
di
quei
suoi
militi
gli
avevano
formato
sopra
con
dei
mantelli
sostenuti
da
pali
,
mentre
dormiva
.
Ma
alfine
anche
quel
giorno
venne
il
sole
,
e
ognuno
tornò
a
sentirsi
bene
.
Intanto
Garibaldi
aveva
meditato
una
mossa
.
Voleva
piantar
nella
mente
dei
difensori
di
Palermo
che
egli
avesse
deliberato
di
assalirli
da
Renda
per
la
via
di
Monreale
,
e
creare
in
essi
l
'
illusione
che
egli
potesse
scendere
a
farsi
pigliare
come
in
una
trappola
su
quella
via
.
Così
la
sera
del
20
,
messo
in
marcia
il
battaglione
Carini
,
lo
fece
calare
nel
villaggio
di
Pioppo
,
a
pie
'
dei
monti
e
già
sul
lembo
della
Conca
d
'
oro
.
Ivi
tenne
quelle
Compagnie
tutta
la
notte
.
All
'
alba
del
21
si
spinse
avanti
egli
stesso
dove
erano
già
i
Carabinieri
genovesi
,
con
le
compagnie
del
battaglione
Bixio
passate
anch
'
esse
durante
la
notte
.
Quasi
subito
l
'
avanguardia
venne
alle
schioppettate
con
gli
avamposti
napolitani
,
mentre
che
a
sinistra
,
su
pei
fianchi
dei
monti
,
si
svolgeva
una
loro
ala
,
certo
per
aggirare
la
gente
garibaldina
,
calarle
addosso
e
metterla
in
rotta
tra
gli
aranceti
del
piano
.
Quel
mattino
i
napolitani
parevano
di
buon
umore
.
Ma
la
loro
ala
girante
s
'
abbatté
nelle
squadre
di
Rosolino
Pilo
,
che
stava
a
mezza
costa
,
e
dovette
arrestarsi
.
Allora
s
'
impegnò
lassù
un
fuoco
vivissimo
di
fucileria
,
a
cui
le
squadre
ressero
bravamente
,
per
più
di
due
ore
,
finché
i
borbonici
furono
costretti
a
ritirarsi
.
E
giù
nel
piano
le
Compagnie
garibaldine
,
menate
avanti
,
indietro
e
poi
ancora
avanti
per
modo
che
esse
stesse
non
ci
capivano
più
nulla
,
verso
il
mezzodì
ricevettero
l
'
ordine
di
ritirarsi
.
Videro
Garibaldi
tornar
dalla
fronte
col
suo
Stato
maggiore
in
sì
gran
fretta
,
che
avrebbero
potuto
credere
di
doversi
sentir
dietro
i
compagni
dell
'
avanguardia
fuggenti
;
ma
bastò
loro
guardar
in
faccia
il
Generale
,
e
la
breve
ritirata
di
ritorno
al
Passo
di
Renda
fu
fatta
con
calma
.
Risalite
lassù
trovarono
sul
ciglio
del
passo
i
cannoni
in
posizione
con
le
gole
chinate
verso
la
pianura
,
dove
,
volgendosi
a
guardarla
,
vedevano
brillar
non
lontano
le
armi
dei
nemici
distesi
.
Forse
questi
si
apparecchiavano
a
farsi
avanti
.
E
allora
pareva
di
capire
che
Garibaldi
avesse
mirato
a
tirar
fuori
di
Palermo
una
parte
di
difensori
per
piombarle
addosso
,
e
se
la
fortuna
lo
secondasse
,
romperli
,
ed
entrare
con
essi
in
Palermo
,
che
sarebbe
insorta
.
Invece
seguì
una
gran
quiete
.
Ma
in
quella
quiete
si
sparse
una
notizia
dolorosa
.
Rosolino
Pilo
,
che
su
quei
colli
di
San
Martino
,
con
le
sue
squadre
,
aveva
così
ben
rintuzzato
l
'
attacco
dei
regii
,
era
stato
colpito
al
capo
da
una
palla
di
rimbalzo
,
mentre
scriveva
un
biglietto
a
Garibaldi
.
Ed
era
morto
,
povero
prode
,
con
in
vista
la
sua
Palermo
laggiù
,
sospirata
dall
'
esilio
per
undici
anni
.
Alla
testa
delle
sue
squadre
rimaneva
l
'
amico
suo
Corrao
,
uomo
di
gran
coraggio
ma
incolto
e
di
poco
prestigio
;
e
così
con
la
gran
figura
di
Pilo
veniva
a
mancare
una
delle
forze
più
vive
della
rivoluzione
.
Perciò
si
diffuse
una
gran
mestizia
,
Garibaldi
fu
visto
afflittissimo
;
e
facilmente
il
pensiero
de
'
suoi
passava
da
Pilo
a
lui
,
che
da
una
palla
poteva
essere
spento
da
un
'
ora
all
'
altra
.
E
allora
?
Marcia
notturna
Venne
intanto
la
sera
,
una
sera
cupa
che
minacciava
una
notte
di
pioggia
.
Eppure
le
Compagnie
furono
fatte
mettere
sotto
le
armi
e
in
marcia
,
di
nuovo
come
il
giorno
avanti
sulla
via
per
discendere
a
Pioppo
.
Dunque
Garibaldi
si
ostinava
davvero
a
tentar
Palermo
da
quella
parte
e
con
un
attacco
notturno
?
Fosse
pure
!
Gli
animi
erano
ben
disposti
,
perché
quello
stare
con
la
gran
città
alle
viste
e
con
le
spalle
mal
sicure
cominciava
a
diventar
fastidioso
.
E
marciarono
.
Ma
là
dove
la
via
chinava
,
dove
sul
mezzodì
avevano
visto
i
cannoni
in
batteria
,
i
cannoni
non
c
'
erano
più
,
e
le
Compagnie
invece
di
scendere
,
si
videro
fatte
girar
a
destra
per
entrare
in
un
sentiero
che
non
poteva
menare
se
non
sulle
creste
di
certi
monti
,
dei
quali
nei
due
giorni
passati
nel
campo
di
Renda
avevano
potuto
considerare
l
'
asprezza
.
All
'
imbocco
di
quel
sentiero
,
soldato
per
soldato
ricevevano
tre
pani
da
alcuni
uomini
,
che
agli
ordini
del
capitano
Bovi
,
bolognese
,
facevano
fretta
ai
passanti
che
pigliassero
e
andassero
.
Quei
tre
pani
volevano
dire
tre
giorni
forse
di
marcia
per
le
montagne
.
Erano
dunque
preziosi
;
onde
i
più
dei
soldati
non
sapendo
dove
se
li
mettere
,
inastate
le
baionette
ve
li
infilzavano
,
e
tiravano
via
col
fucile
in
spalla
sbilanciato
a
quel
modo
,
celiando
.
Ma
come
fu
notte
chiusa
e
il
sentiero
venne
a
mutarsi
in
sterpeto
,
si
fecero
alquanto
tristi
.
Sennonché
a
un
certo
punto
trovarono
Garibaldi
che
tribolava
a
mandare
avanti
dei
contadini
,
i
quali
curvi
sotto
lunghe
stanghe
portavano
a
spalle
appesi
a
quelle
i
cannoni
smontati
,
dieci
o
dodici
per
ciascun
pezzo
.
E
li
esortava
,
e
li
metteva
sul
gioco
di
moversi
ognuno
con
tutte
le
sue
forze
,
li
aiutava
persino
,
e
per
insegnar
loro
come
dovevano
stare
sotto
la
stanga
ci
si
metteva
egli
stesso
.
In
quel
mestiere
lo
secondavano
il
Castiglia
,
il
Rossi
,
il
Burattini
,
i
marinai
del
Lombardo
e
del
Piemonte
,
già
sin
da
Salemi
formati
in
una
piccola
Compagnia
.
Con
quell
'
esempio
la
colonna
sfilava
,
un
uomo
dietro
l
'
altro
oramai
,
ché
per
due
non
c
'
era
più
luogo
.
E
cominciò
una
pioggerella
che
presto
divenne
fitta
tra
quelle
tenebre
,
dando
alla
gente
il
senso
di
camminare
nelle
nubi
.
Ah
le
belle
vie
di
Milano
,
di
Venezia
,
di
Genova
,
tutte
inondate
di
luce
,
a
quell
'
ora
!
I
pani
,
inzuppandosi
,
cascavano
giù
dalle
baionette
,
cascava
qualche
uomo
a
ogni
passo
;
tuttavia
si
rideva
ancora
,
ma
,
per
dir
così
,
d
'
un
malinconico
riso
interiore
.
Metteva
un
po
'
di
sgomento
il
non
veder
più
nulla
,
salvo
dei
gran
fuochi
indietro
nel
campo
di
Renda
abbandonato
,
e
un
altro
gran
fuoco
solitario
avanti
,
lontano
,
verso
il
quale
si
accorgevano
di
marciare
;
mentre
dal
fondo
,
sulla
sinistra
,
salivano
a
intervalli
i
gridi
d
'
allerta
delle
sentinelle
napolitane
.
Dalla
testa
della
colonna
veniva
il
nitrito
d
'
un
cavallo
,
insistente
,
selvaggio
.
A
un
tratto
s
'
udirono
due
colpi
di
fuoco
.
Fu
un
fremito
per
tutta
quella
sfilata
:
forse
l
'
avanguardia
s
'
era
imbattuta
nel
nemico
.
Ma
poi
non
si
udì
più
nulla
.
E
sempre
tirando
avanti
,
passò
la
voce
che
quei
colpi
erano
stati
scaricati
da
Bixio
nella
testa
del
suo
cavallo
,
per
farlo
smetter
di
nitrire
;
atto
proprio
da
Bixio
che
aveva
voluto
far
quella
marcia
del
diavolo
in
sella
.
Era
vero
.
Andando
avanti
,
i
soldati
passavano
vicino
a
un
cavallo
spianato
là
morto
fuori
de
'
piedi
.
Quando
fu
quasi
l
'
alba
,
le
Compagnie
si
trovarono
a
calare
dalle
ultime
falde
di
quei
monti
su
d
'
una
grossa
borgata
.
Pioveva
ancora
.
Credevano
d
'
aver
camminato
lontano
,
e
invece
la
Conca
d
'
oro
era
ancora
lì
davanti
ad
essi
come
quando
stavano
a
Renda
,
solo
che
adesso
la
vedevano
da
oriente
.
Mirabile
marcia
!
Garibaldi
che
per
natura
si
ricordava
così
poco
delle
cose
fatte
,
ebbe
ragione
quando
,
riparlandone
dopo
molti
anni
,
disse
che
neppure
in
America
si
era
trovato
a
farne
fare
una
a
'
suoi
,
somigliante
a
quella
del
Parco
.
E
non
un
uomo
si
era
perduto
;
qualche
ritardatario
aveva
saputo
serrarsi
presto
alla
colonna
;
anche
i
cannoni
erano
venuti
per
quelle
balze
.
Ma
in
quale
stato
,
povera
gente
!
Il
borgo
di
Parco
sia
lodato
sempre
pel
modo
come
la
accolse
.
Non
ci
fu
casa
che
non
si
aprisse
a
ristorare
qualcuno
,
a
rasciugare
i
panni
,
a
rifornirne
che
non
poteva
più
tener
indosso
i
propri
,
ridotti
in
cenci
,
a
rincalzare
chi
non
aveva
più
scarpe
in
piede
.
Ma
ancora
più
da
lodarsi
quel
borgo
,
perché
si
prese
in
seno
tutta
quella
gente
,
e
se
la
tenne
celata
tutto
quel
giorno
e
la
notte
appresso
,
senza
che
nulla
ne
trapelasse
ai
borbonici
,
campeggianti
nella
Conca
d
'
oro
.
Un
frate
strano
Cotesto
giorno
,
uno
di
quei
soldati
fu
fermato
da
un
giovane
monaco
che
egli
avea
già
veduto
girare
pel
borgo
,
e
soffermarsi
qua
e
là
a
parlare
coi
suoi
compagni
.
E
capì
subito
che
era
un
'
anima
tormentata
da
qualche
gran
cruccio
.
Avviato
il
discorso
,
il
monaco
si
spiegò
:
avrebbe
voluto
gettarsi
nella
rivoluzione
,
ma
qualcosa
lo
tratteneva
.
Seduti
a
pie
'
d
'
una
delle
tre
grandi
croci
che
sorgevano
su
d
'
un
poggio
a
figurarvi
il
Calvario
;
quei
due
parlavano
già
come
vecchi
amici
.
E
il
garibaldino
diceva
al
frate
che
se
avesse
voluto
entrare
nella
sua
Compagnia
,
vi
avrebbe
trovato
il
Comandante
e
gli
ufficiali
e
molti
militi
siciliani
tornati
dall
'
esilio
;
e
che
l
'
esser
frate
non
voleva
dire
;
che
già
altri
frati
avevano
combattuto
per
Garibaldi
a
Calatafimi
e
che
anzi
,
un
francescano
lo
seguiva
già
da
Salemi
.
Il
monaco
rispondeva
che
pur
ammirando
Garibaldi
gli
pareva
che
quella
ch
'
egli
combatteva
non
fosse
la
guerra
di
cui
la
Sicilia
aveva
bisogno
.
L
'
unità
d
'
Italia
e
la
libertà
pel
vero
popolo
siciliano
erano
quasi
nulla
.
Che
potevano
farsene
quelle
plebi
ancora
oppresse
da
tutte
le
ingiustizie
,
altrove
,
in
Piemonte
,
in
Lombardia
,
levate
da
un
secolo
?
Non
avevano
visto
essi
venuti
da
fuori
,
per
quel
poco
che
avevano
già
corso
dell
'
isola
,
quanta
era
la
miseria
e
quanta
l
'
abiezione
di
quelle
plebi
?
La
libertà
non
era
pane
per
lo
stomaco
e
nemmeno
per
lo
spirito
;
anzi
sarebbe
poi
per
i
già
prepotenti
un
mezzo
per
opprimere
di
più
.
In
Sicilia
era
necessaria
una
guerra
che
trasformasse
la
società
e
la
vita
,
facendo
guadagnare
al
popolo
il
tempo
che
per
forza
gli
era
stato
fatto
perdere
.
Non
vedeva
Garibaldi
che
la
Sicilia
era
ancora
quasi
come
doveva
essere
stata
ai
tempi
delle
guerre
servili
di
venti
secoli
avanti
?
Insomma
quel
monaco
voleva
la
guerra
non
soltanto
contro
i
Borboni
,
ma
contro
tutti
gli
oppressori
grandi
e
piccoli
,
che
si
trovavano
laggiù
dappertutto
.
Il
garibaldino
cui
pareva
di
non
capir
quasi
come
un
monaco
parlasse
a
quel
modo
,
gli
diceva
che
allora
quella
guerra
ch
'
egli
voleva
avrebbe
dovuto
esser
fatta
anche
contro
i
frati
ricchissimi
,
e
molti
.
E
il
monaco
ardente
rispondeva
che
sì
,
che
anche
contro
i
frati
si
doveva
farla
,
contro
di
essi
prima
che
contro
d
'
ogni
altro
,
ma
col
Vangelo
in
mano
e
con
la
Croce
:
che
allora
anch
'
egli
ci
si
sarebbe
messo
,
ma
che
così
come
era
fatta
e
per
quel
che
era
fatta
,
gli
pareva
inutile
.
Se
Garibaldi
avesse
guardato
bene
,
si
sarebbe
accorto
che
le
plebi
lo
lasciavano
solo
coi
suoi
.
Allora
il
garibaldino
accennò
alle
squadre
che
numerose
tenevano
i
monti
qua
e
là
.
-
E
chi
vi
dice
-
esclamò
il
monaco
con
voce
risoluta
-
chi
vi
dice
che
non
si
aspettino
qualche
cosa
di
più
?
-
Il
discorso
era
stringente
.
Il
garibaldino
che
non
si
voleva
dar
vinto
,
sentiva
tuttavia
che
il
monaco
ne
sapeva
più
di
lui
.
Mirava
quel
volto
illuminato
da
una
fiamma
che
non
era
la
sua
di
mazziniano
,
taceva
un
po
'
confuso
e
anche
alquanto
impicciolito
.
Poi
egli
e
il
monaco
si
levarono
di
là
,
si
abbracciarono
,
e
questi
se
n
'
andò
.
Egli
discese
tra
i
suoi
con
l
'
animo
turbato
e
scontento
.
Gli
pareva
d
'
aver
imparato
molto
in
quel
colloquio
,
e
vagamente
sentiva
che
l
'
unità
della
patria
non
era
tutto
,
che
la
libertà
avrebbe
scoperto
molte
piaghe
,
alle
quali
poi
col
tempo
altri
avrebbe
dovuto
pensare
.
E
se
ne
ricordò
e
pensò
a
quel
monaco
trent
'
anni
dipoi
,
quando
proprio
da
quella
parte
dell
'
isola
parlò
più
alto
l
'
antico
dolore
che
quegli
sin
da
quel
tempo
remoto
sentiva
.
I
borbonici
all
'
offensiva
Tornando
ai
fatti
allora
presenti
,
i
borbonici
si
erano
svegliati
la
mattina
del
25
maggio
,
certi
di
avere
ancora
in
faccia
Garibaldi
su
al
passo
di
Renda
,
dove
tutta
la
notte
erano
stati
tenuti
accesi
dei
grandi
fuochi
.
Ma
allo
schiarirsi
s
'
accorsero
che
egli
non
era
più
là
.
Dove
mai
poteva
essere
andato
?
Forse
la
prima
supposizione
fu
ch
'
egli
si
fosse
ritirato
indietro
.
Non
passò
loro
neppur
per
la
mente
che
avesse
fatto
quella
marcia
inverosimile
per
andarsi
a
porre
sul
loro
fianco
in
quel
nascondiglio
di
Parco
.
E
non
ne
seppero
nulla
tutto
quel
giorno
,
perché
la
Sicilia
non
dava
spie
,
non
ne
seppero
fino
al
mattino
appresso
,
quando
videro
coronarsi
d
'
armati
il
poggio
che
sorge
sopra
quel
borgo
.
Certo
là
era
lui
;
quelle
che
si
vedevano
non
potevano
essere
squadre
.
E
deliberarono
di
andare
a
trovarlo
.
Il
dì
stesso
sul
vespro
mossero
,
e
parve
per
assalire
Garibaldi
in
due
colonne
a
tenaglia
.
Ma
non
era
che
un
movimento
per
saggiarlo
o
forse
per
tirarselo
giù
nel
piano
.
Egli
aveva
scelta
bene
la
sua
posizione
;
piantato
Bixio
a
mezza
costa
col
suo
battaglione
,
il
battaglione
Carini
aveva
schierato
lungo
la
strada
che
sale
per
quel
dosso
ed
entra
poi
tra
i
monti
verso
Piana
de
'
Greci
.
I
cannoni
erano
in
batteria
.
Tutto
era
pronto
per
ricevere
i
borbonici
.
Ma
la
loro
ala
sinistra
si
avanzò
appena
a
tiro
di
fucile
,
e
scambiò
qualche
colpo
con
alcuni
'
Picciotti
'
che
stavano
sulle
più
basse
falde
,
l
'
altra
non
si
inoltrò
neppur
tanto
.
Erano
dunque
soltanto
ricognizioni
,
ma
volevano
dire
che
per
l
'
indomani
si
preparava
qualche
cosa
di
grosso
.
E
avvenne
.
Alla
levata
del
sole
,
un
gran
tratto
della
via
da
Palermo
a
Monreale
fu
visto
dal
Campo
di
Garibaldi
sfavillar
tutto
d
'
armi
.
Pareva
che
i
ventimila
uomini
del
presidio
fossero
usciti
tutti
alla
campagna
,
tanto
era
lunga
quella
traccia
,
la
cui
testa
entrò
nei
fitti
pomari
e
continuò
a
marciarvi
nascosta
,
come
s
'
indovinava
dall
'
accorciarsi
delle
sue
code
.
Garibaldi
,
fermo
nelle
sue
posizioni
,
faceva
lavorar
di
zappa
il
suo
Genio
e
la
sua
Artiglieria
,
come
se
si
preparasse
a
ricevere
l
'
assalto
.
Aveva
già
mandati
i
Carabinieri
genovesi
alla
posta
,
là
dove
il
primo
incontro
degli
assalitori
doveva
naturalmente
seguire
,
certo
che
contro
le
loro
carabine
il
nemico
si
sarebbe
sentito
cader
la
baldanza
.
Antonio
Mosto
doveva
pensare
a
reggervi
quanto
fosse
possibile
a
brava
gente
qual
era
la
sua
,
e
alla
fine
ritirarsi
la
via
che
tutta
la
Colonna
avrebbe
pigliata
,
perché
Garibaldi
,
contro
ogni
apparenza
data
da
principio
alle
proprie
intenzioni
,
aveva
deliberato
un
'
altra
volta
la
ritirata
,
quasi
la
fuga
.
Infatti
,
quando
i
primi
colpi
dei
Carabinieri
genovesi
annunziarono
che
la
colonna
nemica
attaccava
,
egli
mise
le
sue
Compagnie
in
marcia
con
l
'
artiglieria
già
avviata
;
passò
egli
stesso
avanti
a
cavallo
,
disse
qualche
parola
d
'
incoraggiamento
,
e
un
po
'
di
gran
passo
e
un
po
'
di
corsa
,
in
una
stretta
lunga
parecchie
miglia
,
la
marcia
fu
gagliardamente
condotta
.
Va
'
e
va
'
,
anche
quella
volta
le
Compagnie
furono
messe
a
una
dura
prova
,
perché
quando
trafelate
giunsero
a
veder
la
Piana
de
'
Greci
,
e
idealmente
già
vi
si
riposavano
,
con
quel
sentimento
che
devono
avere
sin
gli
uccelli
migratori
di
oltremare
all
'
apparire
della
terra
;
ecco
le
Guide
a
sbarrar
loro
la
via
e
additare
la
salita
a
un
monte
.
Uno
sgomento
!
Ma
lassù
era
già
il
Generale
,
di
lassù
chiamavano
con
alte
grida
ben
note
i
più
rotti
alle
fatiche
;
bisognava
raggiungerli
perché
il
nemico
tentava
di
precederli
alla
Piana
de
'
Greci
varcando
quel
monte
.
Chi
non
era
addirittura
spossato
ubbidiva
.
Veramente
il
Comandante
nemico
che
aveva
ideato
quel
movimento
,
si
era
ingannato
sulla
possibilità
d
'
eseguirlo
,
data
la
mobilità
delle
compagnie
garibaldine
.
Contro
altra
gente
forse
gli
sarebbe
riuscito
.
Ma
esso
non
aveva
ancor
guadagnata
la
prima
,
e
già
Garibaldi
gli
appariva
sulla
seconda
delle
cime
che
credeva
di
aver
tempo
a
varcare
,
avanti
che
i
garibaldini
avessero
percorso
la
via
da
Parco
alla
Piana
.
Così
non
ci
fu
che
uno
scambio
di
fucilate
lassù
da
gola
a
gola
;
poi
i
borbonici
se
ne
tornarono
indietro
giù
pel
versante
verso
Parco
;
Garibaldi
,
ridisceso
dalla
parte
sua
,
andò
a
occupare
la
Piana
de
'
Greci
.
Si
chiama
così
la
città
degli
Albanesi
,
adagiata
in
mezzo
a
una
campagna
grigia
,
grigia
essa
stessa
e
tetti
e
muri
e
tutto
.
Almeno
aveva
tale
aspetto
quel
giorno
,
vista
traverso
l
'
aria
infiammata
del
mezzodì
,
che
tremolava
come
una
sottilissima
rete
di
fil
d
'
argento
,
sì
che
uno
avrebbe
detto
di
poterla
palpare
solo
a
far
quattro
passi
avanti
.
Oh
che
sole
!
Che
refrigerio
sarebbe
stato
sdraiarsi
appena
giunti
tra
quelle
case
!
Ma
la
gente
della
città
fuggiva
.
Cosa
le
avevano
fatto
credere
di
quei
forestieri
,
di
quel
Garibaldi
di
cui
anche
i
preti
,
i
frati
e
le
monache
dicevano
bene
?
Sapeva
quella
gente
che
i
garibaldini
avevano
i
borbonici
alle
spalle
,
e
temeva
che
in
quella
sua
città
volessero
far
fronte
al
nemico
e
aspettarlo
a
battaglia
?
Certo
non
era
cosa
che
dovesse
incuorarla
a
stare
.
Il
fatto
è
che
fuggiva
.
Ed
era
proprio
il
24
maggio
,
giorno
che
per
costume
di
secoli
gli
Albanesi
della
Piana
salgono
al
Monte
delle
Rose
,
a
cantarvi
con
le
fronti
volte
a
oriente
,
verso
l
'
antica
patria
,
lamentose
parole
nella
loro
antichissima
lingua
.
O
bella
Morea
,
Da
che
ti
lasciai
non
ti
vidi
più
!
Quivi
trovasi
mio
padre
,
Quivi
la
madre
mia
,
Quivi
i
miei
fratelli
sepolti
ho
lasciati
.
O
bella
Morea
,
Da
che
ti
lasciai
non
ti
vidi
più
.
Quella
data
,
quell
'
ascesa
,
quel
canto
ricordavano
loro
i
dolori
degli
avi
tre
secoli
e
mezzo
indietro
,
che
per
non
soggiacere
ai
Turchi
s
'
erano
rassegnati
a
lasciar
l
'
Albania
,
e
col
fior
degli
Epiroti
condotti
da
Giorgio
Scanderberg
avevano
trovato
rifugio
in
Sicilia
,
portando
seco
loro
le
immagini
e
quanto
possedevano
di
più
caro
.
Fiera
e
costumata
gente
,
orgogliosa
della
sua
origine
,
che
ne
'
suoi
canti
serba
vivo
il
sentimento
di
quattro
secoli
,
e
sogna
ancora
che
uno
del
suo
sangue
possa
,
quando
che
sia
,
ricondurla
nella
vecchia
patria
lontana
.
Si
può
dire
che
i
Garibaldini
videro
appena
gli
abitanti
della
città
,
perché
,
accampati
fuori
,
stettero
stanchi
,
inquieti
e
pensosi
d
'
altro
.
Sapevano
che
da
un
'
ora
all
'
altra
il
nemico
che
li
seguiva
sarebbe
apparso
.
I
Carabinieri
genovesi
che
,
sostenuto
il
primo
assalto
al
Parco
,
s
'
erano
ripiegati
sulla
colonna
,
raccontavano
che
i
borbonici
erano
almeno
cinque
mila
,
mercenari
bavaresi
la
più
parte
,
con
artiglieria
e
cavalleria
.
E
lamentavano
di
aver
perduto
nello
scontro
Carlo
Mosto
e
Francesco
Rivalta
,
ai
quali
forse
quei
feroci
non
avevano
dato
quartiere
.
Tutti
dunque
erano
pensosi
.
Che
cosa
meditasse
il
Generale
lo
ignoravano
;
se
quella
fosse
una
manovra
o
una
vera
ritirata
,
nessuno
poteva
dirlo
.
Garibaldi
ne
scrisse
poi
,
riconoscendo
egli
stesso
che
quel
giorno
poteva
essergli
funesto
,
se
avesse
avuto
da
fare
con
un
nemico
più
diligente
.
Verso
sera
,
le
Compagnie
furono
rimesse
in
marcia
,
e
ancora
quasi
con
aria
di
ritirarsi
in
fretta
.
L
'
artiglieria
e
i
pochi
carri
erano
già
stati
incamminati
verso
Corleone
,
scortati
da
poche
dozzine
di
quei
militi
,
tra
i
quali
i
non
ben
guariti
di
Calatafimi
.
L
'
Orsini
comandante
dell
'
artiglieria
aveva
ricevuto
l
'
ordine
di
andare
,
andar
sempre
;
e
la
colonna
gli
si
mise
dietro
persuasa
che
omai
di
Palermo
non
si
sarebbe
più
parlato
,
se
pure
non
c
'
era
da
dubitare
che
tutto
dovesse
finire
con
quanto
già
s
'
era
sentito
sussurrare
due
volte
,
cioè
che
Garibaldi
avrebbe
sciolta
la
spedizione
,
lasciando
a
ciascuno
la
cura
di
mettersi
in
salvo
da
sé
.
L
'
ora
correva
triste
.
Ma
dopo
aver
marciato
un
pezzo
e
fatta
notte
,
la
Colonna
fu
menata
fuor
della
via
Consolare
a
piantarsi
in
un
bosco
,
dove
accampò
.
Il
luogo
era
selvaggio
.
E
ordine
fu
dato
di
non
parlare
,
di
non
accender
fuoco
neppure
per
fumare
,
di
sdraiarsi
ognuno
nel
posto
ove
si
trovava
senza
più
moversi
per
nulla
.
Si
discusse
molto
per
trovare
se
tutte
le
cose
che
Garibaldi
aveva
fatto
nei
due
giorni
avanti
a
quello
,
e
ciò
che
fece
nei
due
dipoi
,
siano
state
fasi
d
'
esecuzione
d
'
un
suo
concetto
svolto
con
intenzioni
ben
determinate
;
o
se
tutta
una
sequela
di
fatti
,
non
legati
tra
loro
da
verun
concetto
,
e
venuti
quasi
fortuiti
ora
per
ora
,
l
'
abbiano
condotto
al
resultato
glorioso
d
'
entrar
in
Palermo
,
nel
modo
,
per
dir
così
,
favoloso
con
cui
v
'
entrò
.
E
così
,
soltanto
a
discuterlo
,
si
disconobbe
tutto
il
suo
studio
di
quei
giorni
,
che
fu
di
trar
da
Palermo
una
parte
del
grosso
presidio
;
illuder
questo
,
creandogli
l
'
opinione
d
'
aver
costretto
lui
a
rifugiarsi
co
'
suoi
lontano
;
illudere
il
Comando
supremo
della
capitale
,
farlo
sicuro
ch
'
egli
non
tornerebbe
,
tanto
che
vigilasse
meno
e
si
lasciasse
sorprendere
.
Certo
nell
'
esecuzione
di
quel
suo
disegno
vi
furono
dei
momenti
ne
'
quali
poté
parere
il
disegno
stesso
non
fosse
ben
fermo
,
né
Garibaldi
lo
contesterebbe
.
Ma
poi
,
che
contestare
quando
si
sa
come
egli
pensava
e
sentiva
?
La
guerra
non
la
faceva
per
gusto
,
e
non
era
per
lui
né
scienza
né
arte
.
Si
trovava
al
mondo
in
queste
nostre
età
,
in
cui
essa
è
ancora
uno
dei
mezzi
per
far
trionfar
la
giustizia
,
e
la
faceva
senza
cercarvi
né
gloria
né
altro
.
Anzi
ne
dimenticava
i
fatti
appena
li
aveva
compiuti
.
Non
è
forse
vero
che
quando
,
per
esempio
,
scrisse
di
Calatafimi
,
che
pur
egli
stimava
uno
de
'
suoi
più
bei
fatti
d
'
armi
,
ne
scrisse
quasi
come
uno
che
non
vi
fosse
stato
presente
,
e
non
avesse
mai
visto
neppure
quel
campo
?
Nei
tempi
che
verranno
,
tale
noncuranza
sarà
forse
il
titolo
più
alto
per
la
sua
gloria
di
generale
,
cui
nessuno
preparava
i
mezzi
di
guerra
,
che
tutto
doveva
improvvisare
ed
eseguire
,
solo
con
l
'
aiuto
d
'
uomini
devoti
a
lui
come
a
un
'
idea
;
e
col
sentimento
del
bene
,
e
con
la
fede
in
qualche
cosa
di
superiore
da
cui
si
credeva
assistito
,
andava
avanti
vincitore
sempre
,
almeno
moralmente
anche
quando
era
vinto
.
In
quel
bosco
,
la
forza
misteriosa
superiore
da
cui
gli
pareva
d
'
essere
assistito
,
gli
si
rivelò
nello
splendore
d
'
Arturo
,
la
bella
stella
che
egli
sin
da
giovane
marinaio
aveva
scelta
per
sua
.
Lo
udirono
i
suoi
intimi
rassicurarsi
in
quello
splendore
.
Ciò
almeno
fu
detto
e
creduto
per
tutto
il
campo
,
dove
sottovoce
si
diceva
che
il
Generale
era
lieto
perché
Arturo
appariva
fulgido
più
che
mai
.
E
se
era
n
'
aveva
cagione
.
In
quella
notte
,
poco
distante
dal
bosco
,
per
la
via
consolare
di
Corleone
,
il
nemico
marciava
sicuro
di
andare
dietro
di
lui
rotto
e
in
fuga
,
e
mandava
a
Palermo
la
notizia
,
e
la
notizia
andava
a
Napoli
,
e
Napoli
diceva
al
mondo
un
'
altra
bugia
così
:
"
Le
regie
truppe
riportarono
una
segnalata
vittoria
.
Garibaldi
battuto
una
seconda
volta
al
Parco
,
perduto
un
cannone
e
sconfitto
a
Piana
de
'
Greci
,
fuggiva
inseguito
dalla
milizia
verso
Corleone
.
Gravi
dissensi
tra
i
ribelli
.
"
Invece
quelle
milizie
non
avevano
battuto
nessuno
,
non
preso
cannoni
,
né
inseguivano
lui
ma
la
sua
artiglieria
,
di
cui
in
quella
manovra
aveva
saputo
disfarsi
;
e
lui
si
lasciava
alle
spalle
coi
suoi
,
più
d
'
accordo
che
mai
coi
ribelli
siciliani
,
e
prossimi
a
far
con
essi
la
congiunzione
.
Infatti
all
'
alba
,
egli
salì
da
quel
bosco
a
Marineo
,
e
vi
si
trattenne
fino
alla
sera
;
poi
marciò
a
Missilmeri
,
dove
,
come
gli
annunziava
un
messaggio
del
generale
La
Masa
,
lo
aspettavano
quattromila
isolani
che
questi
aveva
raccolti
per
lui
.
Certo
la
posizione
in
cui
Garibaldi
s
'
era
posto
con
quella
mossa
era
pericolosissima
.
Bastava
che
una
spia
ne
avvisasse
il
Comandante
della
colonna
nemica
da
lui
così
ben
elusa
,
perché
essa
tornasse
indietro
a
schiacciarlo
sotto
Palermo
.
Tanto
era
ciò
facile
,
che
nella
marcia
di
notte
,
da
Marineo
a
Missilmeri
,
in
un
momento
di
sosta
fu
quasi
da
tutti
creduto
di
averla
addosso
.
E
allora
?
Il
senso
della
lor
condizione
era
in
tutti
profondo
.
Ma
non
fu
nulla
.
Ben
presto
,
ripresa
la
marcia
,
apparve
non
lontano
una
gran
luminaria
.
Era
Missilmeri
che
li
invitava
.
Vi
giunsero
verso
la
mezzanotte
e
vi
si
posarono
.
Quanto
erano
tornati
vicini
a
Palermo
?
La
gente
di
Missilmeri
diceva
loro
che
dopo
una
piccola
marcia
,
subito
salito
il
monte
a
ridosso
del
paese
,
l
'
avrebbero
veduta
.
E
la
rividero
il
giorno
appresso
,
da
quel
monte
di
Gibilrossa
.
Di
lassù
guardando
a
sinistra
potevano
anche
scoprire
quasi
tutte
le
terre
che
avevano
percorse
.
Oltre
certi
monti
lontani
doveva
trovarsi
Calatafimi
.
Come
vi
stavano
i
cari
feriti
gravi
,
dei
quali
non
avevano
più
risaputo
nulla
?
E
quanti
vi
erano
morti
?
Gibilrossa
Su
quella
sorta
d
'
altopiano
,
se
si
può
chiamar
così
la
cima
di
Gibilrossa
,
formicolava
il
campo
dei
'
Picciotti
'
di
La
Masa
,
che
vi
facevano
un
sussurro
come
nelle
selve
il
vento
.
Erano
forse
quattromila
,
ma
pochi
gli
armati
almeno
di
fucili
da
caccia
.
Tuttavia
davano
da
sperare
che
,
avventati
a
tempo
opportuno
,
anche
gli
armati
soltanto
di
picche
avrebbero
fatto
da
bravi
.
Aveva
detto
Garibaldi
che
ogni
arma
era
buona
,
purché
impugnata
da
un
valoroso
.
I
continentali
si
frammischiavano
a
quelle
squadre
,
a
farsi
descrivere
nelle
belle
e
immaginose
parlate
sicule
le
parti
dell
'
isola
da
cui
erano
venuti
.
E
osservavano
che
anche
i
più
rozzi
di
quei
'
Picciotti
'
avevano
pensieri
e
sentimenti
elevati
,
e
che
riusciva
loro
d
'
esprimerli
quasi
con
eloquenza
.
Ispidi
all
'
aspetto
,
erano
squisiti
dentro
come
certi
frutti
maturati
ai
loro
lunghi
soli
.
Ma
anche
pareva
che
alcuni
di
essi
parlassero
dialetti
che
sapevano
di
lombardo
e
di
monferrino
!
E
di
ciò
si
maravigliavano
appunto
i
lombardi
,
tra
i
quali
Telesforo
Cattoni
del
Mantovano
,
angelico
giovane
a
ventun
'
anni
già
dottore
in
legge
e
studioso
di
lettere
,
cui
l
'
ingegno
lampeggiava
negli
occhi
.
Ma
Domenico
Maura
calabrese
,
dottissimo
uomo
sulla
cinquantina
,
che
sempre
tra
quei
giovani
parlava
di
Dante
,
diceva
che
se
la
fortuna
avesse
secondato
Garibaldi
,
essi
avrebbero
poi
trovato
da
maravigliarsi
anche
in
Calabria
,
sentendo
in
certi
villaggi
parlar
piemontese
dai
discendenti
dei
Valdesi
scampati
dalle
persecuzioni
.
Quelli
che
lì
in
Sicilia
avevano
del
lombardo
e
del
monferrino
,
erano
discendenti
d
'
avventurieri
e
di
favoriti
tirati
nell
'
isola
dal
gran
Conte
Ruggero
,
quando
vi
condusse
sposa
Adelaide
di
Monferrato
.
Dietro
quella
gentildonna
uscita
dal
paese
più
cavalleresco
d
'
Italia
,
erano
corsi
a
frotte
nell
'
isola
gentiluomini
d
'
ogni
grado
,
e
Ruggero
aveva
dato
loro
da
abitare
certi
luoghi
,
che
per
il
numero
grande
di
quegli
ospiti
furono
poi
chiamati
villaggi
lombardi
.
E
coloro
vi
si
erano
misti
e
fusi
coi
nativi
,
greci
,
arabi
e
normanni
,
pur
conservando
le
loro
consuetudini
e
i
loro
dialetti
.
Aidone
,
Piazza
,
Nicosia
,
altre
cittadette
erano
di
quei
luoghi
.
Nel
pomeriggio
di
quel
giorno
,
apparvero
lassù
alcuni
uomini
di
mare
in
calzoni
bianchi
,
e
si
disse
subito
che
erano
ufficiali
delle
navi
inglesi
ancorate
nel
porto
di
Palermo
,
saliti
per
vaghezza
a
visitare
quell
'
accampamento
.
Sapevano
essi
che
v
'
avrebbero
trovato
Garibaldi
?
E
se
lo
sapevano
,
poteva
ignorarlo
il
Comandante
generale
borbonico
di
Palermo
?
Ciò
dava
dell
'
inquietudine
.
Essi
intanto
recavano
che
nella
gran
città
tutti
erano
persuasi
della
fuga
di
Garibaldi
,
che
anzi
questo
si
leggeva
stampato
sulle
cantonate
,
che
l
'
ufficialità
del
presidio
esultava
,
ma
che
n
'
era
addolorato
e
sgomento
il
popolo
,
cui
la
sbirraglia
raddoppiava
gli
insulti
.
Diedero
per
primi
anche
la
notizia
che
il
governo
di
Napoli
aveva
chiamato
'
filibustieri
'
Garibaldi
e
i
suoi
appena
partiti
da
Quarto
,
denunciandoli
al
mondo
come
pirati
;
e
il
nome
di
'
filibustieri
'
fu
subito
preso
per
titolo
di
vanto
da
quei
giovani
,
come
da
altri
in
altri
tempi
altri
nomi
vituperosi
.
Aggirandosi
nell
'
accampamento
,
quegli
Inglesi
si
dilettavano
di
schizzare
i
profili
dei
più
pittoreschi
tra
quei
Garibaldini
;
si
facevano
scrivere
nei
loro
taccuini
i
nomi
di
questo
e
di
quello
,
davano
delle
strette
di
mano
che
parevano
strappi
;
insomma
sembravano
in
festa
,
e
si
facevano
promettere
una
visita
sulle
loro
navi
.
Ma
i
politici
,
e
tra
quei
militi
ve
n
'
erano
molti
,
mormoravano
.
Ah
gli
Inglesi
?
Sempre
dove
avevano
toccato
avevano
lasciato
l
'
ipoteca
o
fatto
mercato
.
Berchet
li
aveva
ben
giudicati
ne
'
suoi
'
Profughi
di
Praga
'
!
Essi
forse
agognavano
che
in
Sicilia
si
versasse
tanto
sangue
che
non
fosse
più
possibile
nessuna
pace
coi
Napolitani
:
e
poi
d
'
accordo
con
Napoleone
si
sarebbero
presa
l
'
isola
,
lasciando
libero
lui
di
farsi
dar
la
Sardegna
da
Vittorio
Emanuele
,
e
questo
di
dargliela
.
Napoli
con
le
sue
provincie
continentali
sarebbe
rimasto
ai
Borboni
.
E
così
salvi
questi
,
salvato
al
Papa
il
resto
del
regno
,
l
'
Austria
si
sarebbe
baciate
le
mani
di
veder
questi
contenti
e
di
tenersi
il
Veneto
;
la
Russia
contentissima
,
avrebbe
applaudito
;
e
l
'
unità
d
'
Italia
,
addio
!
Queste
cose
si
dicevano
a
Gibilrossa
dai
mazziniani
specialmente
;
e
di
quelli
che
le
ascoltavano
chi
le
credeva
già
quasi
belle
fatte
;
chi
ci
si
arrabbiava
a
discuterle
,
a
negarle
,
e
chi
crollava
le
spalle
,
ridendo
.
A
buon
conto
,
se
era
vero
qualcosa
d
'
altro
che
già
si
sussurrava
,
quegli
Inglesi
avevano
portato
a
Garibaldi
i
piani
delle
fortificazioni
di
Palermo
e
dei
posti
occupati
dal
nemico
alle
porte
.
Questo
era
bene
sapere
,
perché
il
tempo
incalzava
,
si
avvicinava
qualche
grand
'
ora
,
e
con
quella
tal
colonna
andata
dietro
all
'
Orsini
e
che
poteva
da
un
'
ora
all
'
altra
apparire
alle
spalle
,
bisognava
far
presto
.
*
Potevano
essere
le
sedici
all
'
italiana
antica
,
come
si
contavano
le
ore
laggiù
,
quando
si
sentì
dire
che
Garibaldi
aveva
chiamati
a
sé
tutti
i
suoi
maggiori
ufficiali
e
i
Comandanti
di
tutte
le
Compagnie
.
Grande
commozione
,
grande
attesa
.
Il
campo
pareva
stare
tutto
in
ascolto
.
Si
seppe
poi
subito
che
in
quel
consiglio
Garibaldi
aveva
fatti
due
casi
:
o
ritirarsi
a
Castrogiovanni
e
là
in
luogo
forte
attendere
che
la
rivoluzione
ingagliardisse
e
giungessero
dal
continente
altre
spedizioni
;
oppure
gettarsi
su
Palermo
.
Si
diceva
che
tutti
i
Comandanti
avevano
gridato
con
entusiasmo
:
"
A
Palermo
!
"
e
che
anzi
Bixio
aveva
soggiunto
:
"
o
all
'
inferno
!
"
Allora
corse
per
tutta
quella
gente
un
tal
fremito
,
che
parve
s
'
animassero
fin
le
rocce
.
La
gran
risoluzione
era
presa
:
presa
in
quel
punto
di
Gibilrossa
dove
fu
fatto
poi
sorgere
l
'
obelisco
di
marmo
che
vi
si
vede
biancheggiare
dal
mare
e
dai
monti
,
a
ricordanza
di
quell
'
ora
suprema
.
Lassù
fu
anche
stabilito
l
'
ordine
della
marcia
;
impegno
delicatissimo
,
in
cui
Garibaldi
seppe
usare
tatto
squisito
.
Egli
aveva
deliberato
di
tentare
l
'
assalto
di
Palermo
dalla
Porta
Termini
,
piombando
improvviso
,
all
'
arma
bianca
,
sulla
guardia
quale
e
quanta
essa
fosse
.
Ma
in
ciò
non
poteva
adoperare
le
squadre
del
La
Masa
,
neppure
quelle
armate
di
fucile
,
perché
non
avevano
baionetta
.
Eppure
non
gli
pareva
né
prudente
né
giusto
,
privar
affatto
i
Siciliani
di
quel
grande
onore
di
andar
primi
o
almeno
coi
primi
,
alla
presa
della
loro
capitale
.
Perciò
risolse
di
far
marciare
alla
testa
un
mezzo
centinaio
di
Cacciatori
delle
Alpi
condotti
dal
Tukory
,
i
quali
dovevano
cadere
come
ombre
addosso
alla
vedetta
nemica
.
La
avrebbero
trovata
oltre
certe
case
,
a
pie
'
di
un
altissimo
pioppo
.
Bisognava
impedire
come
che
fosse
che
quel
povero
ignoto
soldato
desse
l
'
allarme
alla
guardia
del
Ponte
dell
'
Ammiraglio
;
sorte
strana
di
un
semplicissimo
uomo
,
dalla
cui
piccola
vita
poteva
dipendere
tutto
un
mondo
di
cose
grandi
.
Dietro
quel
drappello
doveva
marciare
un
mezzo
migliaio
di
'
Picciotti
'
,
poi
i
Carabinieri
genovesi
e
appresso
tutte
le
Compagnie
dei
Cacciatori
delle
Alpi
.
Ultimo
in
coda
,
avrebbe
seguito
il
grande
stormo
.
Disposte
così
le
cose
,
tutti
quei
corpi
furono
condotti
a
pigliar
il
posto
loro
assegnato
,
nei
pressi
del
Convento
che
sorge
lassù
,
per
aspettarvi
che
imbrunisse
.
I
Cacciatori
delle
Alpi
abbandonavano
così
quei
luoghi
,
dove
avevano
passato
una
delle
loro
giornate
più
tormentose
,
sotto
un
sole
feroce
,
senz
'
altro
riparo
che
di
poveri
fichi
d
'
India
.
E
in
tutta
quella
giornata
non
avevano
ricevuto
che
ognuno
un
pane
e
una
fetta
di
carne
cruda
,
che
avevano
mangiato
chi
rosolandosela
al
fuoco
sulla
punta
della
baionetta
,
chi
scaldandosela
sulle
rocce
arse
dal
sole
,
chi
tale
e
quale
.
Non
erano
mesti
né
lieti
,
si
incamminavano
forse
alla
morte
.
Ma
se
avessero
avuto
fortuna
,
se
fosse
loro
riuscito
di
penetrar
nella
gran
Palermo
,
e
farvi
levar
su
tutto
il
popolo
come
un
mare
,
e
pigliarsela
,
che
grido
di
gloria
per
tutta
l
'
Italia
,
che
gioia
poi
poter
dire
:
io
v
'
era
!
A
ogni
modo
,
meglio
quel
cimento
supremo
,
meglio
che
star
dell
'
altro
in
quelle
incertezze
,
per
finire
alla
meno
peggio
e
tornare
se
forse
e
chi
sa
come
,
nell
'
Alta
Italia
mortificati
.
Intanto
che
veniva
la
notte
,
furono
fatte
dai
Comandanti
raccomandazioni
amichevoli
.
Marciare
in
silenzio
;
non
badare
a
rumore
che
potesse
venire
da
qualsifosse
parte
;
non
si
lasciassero
impaurire
dalla
cavalleria
,
se
mai
,
come
era
da
prevedersi
,
ne
fosse
capitata
sui
fianchi
della
colonna
.
Contro
di
essa
bastava
formare
i
gruppi
,
giovandosi
degli
accidenti
del
terreno
,
e
tirare
ai
cavalli
.
Del
resto
,
la
fortuna
di
Garibaldi
avrebbe
sempre
aiutato
,
e
all
'
alba
sarebbero
stati
in
Palermo
.
Con
certa
esaltazione
qualcuno
ripeteva
che
Bixio
aveva
già
detto
:
"
A
Palermo
o
all
'inferno."
La
calata
a
Palermo
Appena
fu
buio
,
la
colonna
si
mise
in
marcia
e
cominciò
subito
la
discesa
.
Allora
,
di
là
,
fu
veduto
il
vastissimo
semicerchio
di
monti
,
che
serra
la
Conca
d
'
oro
,
coronarsi
di
fuochi
,
come
se
dappertutto
vi
fossero
dei
piccoli
accampamenti
.
Se
si
volesse
così
avvisare
il
popolo
di
Palermo
perché
si
preparasse
,
o
confondere
i
borbonici
non
si
sapeva
.
Ma
intanto
quei
fuochi
empivano
di
una
forza
misteriosa
l
'
anima
della
colonna
in
marcia
,
fino
a
crear
l
'
illusione
che
da
tutti
quei
punti
movessero
su
Palermo
tante
altre
colonne
di
insorti
,
per
assalirla
da
tutte
le
porte
,
e
trovarvisi
dentro
insieme
con
Garibaldi
,
il
giorno
seguente
,
a
celebrar
la
festa
dello
Spirito
Santo
.
Era
proprio
la
vigilia
della
Pentecoste
.
L
'
anno
avanti
,
il
27
maggio
,
Garibaldi
aveva
vinto
gli
Austriaci
in
Lombardia
a
San
Fermo
;
il
27
maggio
del
1849
aveva
messo
piede
sul
territorio
del
Regno
a
Ceperano
,
dietro
il
Borbone
fugato
da
lui
,
generale
della
Repubblica
romana
:
anche
una
terza
volta
quel
giorno
poteva
segnargli
forse
una
bella
data
.
*
L
'
ampia
strada
,
che
oggi
sale
per
agevoli
giravolte
a
Gibilrossa
,
allora
non
esisteva
.
Non
era
che
un
sentieruccio
giù
pel
ripidissimo
pendio
,
dove
bisognava
camminare
con
l
'
olio
santo
in
mano
,
sull
'
orlo
d
'
un
borro
tutto
balzi
e
sfasciume
.
Eppure
,
per
quella
traccia
calò
senza
disgrazie
tutto
quel
mondo
,
anche
Garibaldi
che
andava
su
d
'
un
cavallo
molto
tranquillo
,
che
finì
poi
nelle
mani
di
Alberto
Mario
,
cui
fu
donato
.
Perduto
alquanto
tempo
a
riordinarsi
giù
a
piè
del
monte
,
la
colonna
si
rimise
in
marcia
lenta
e
silenziosa
.
Ululavano
per
la
campagna
a
sinistra
i
cani
da
lontanissimo
;
da
destra
muggiva
il
mare
;
non
era
molto
buio
;
faceva
quasi
freddo
,
per
la
gran
guazza
.
Nel
piano
,
la
via
correva
fiancheggiata
da
muriccioli
a
secco
tra
oliveti
,
e
a
tratti
fra
case
mute
e
tetre
.
Da
una
di
quelle
case
là
attorno
,
veniva
un
tintinno
di
pianoforte
,
che
ora
si
udiva
ora
no
,
e
dava
una
di
quelle
malinconie
che
son
fatte
di
dolore
,
d
'
amore
,
di
speranza
,
di
desideri
,
d
'
un
po
'
di
tutto
ciò
che
è
gentile
in
noi
.
Chi
mai
sonava
in
quell
'
ora
tanto
tranquilla
,
mentre
stava
per
cominciare
la
musica
della
morte
?
E
pareva
che
fosse
ancora
molto
lontano
il
gran
punto
,
il
gran
momento
,
e
che
l
'
alba
volesse
venire
più
presto
del
solito
,
troppo
presto
.
Perciò
fu
fatto
incalzare
il
passo
,
ma
sempre
più
raccomandando
il
silenzio
.
Poi
la
colonna
sboccò
nella
via
Consolare
.
Allora
le
compagnie
dei
Cacciatori
delle
Alpi
si
misero
per
quattro
,
serrando
così
più
sotto
,
con
l
'
ordine
di
tirar
avanti
senza
badare
a
chi
si
arrestasse
,
e
di
stringersi
ai
muri
degli
orti
.
I
cuori
battevano
già
.
Ma
ad
un
tratto
li
schiantò
addirittura
un
uragano
di
grida
e
di
fucilate
scoppiato
alla
testa
,
perché
a
un
certo
punto
che
si
chiama
Molino
della
Scafa
,
i
'
Picciotti
'
,
credendo
forse
d
'
essere
già
alle
prime
case
di
Palermo
,
si
misero
ad
urlare
.
E
molti
di
essi
,
presi
chi
sa
per
qual
cosa
dal
panico
,
si
arrestarono
,
si
scomposero
,
si
rovesciarono
sui
Carabinieri
genovesi
,
cagionando
il
rigurgito
di
tutta
la
colonna
.
Accorse
Bixio
inviperito
contro
il
La
Masa
;
accorse
Garibaldi
che
richiamò
lui
alla
calma
;
e
volto
ai
Carabinieri
genovesi
gridò
:
"
Colonne
di
bronzo
,
le
spalle
anche
voi
?
"
All
'
immeritato
rimprovero
,
il
Mosto
rispose
mesto
,
ma
fermo
:
"
Noi
siamo
al
nostro
posto
,
e
abbiamo
aperte
le
righe
per
non
esser
travolti
.
"
Garibaldi
sapeva
bene
cosa
erano
quei
prodi
;
e
del
resto
tutto
ciò
fu
un
lampo
,
perché
pigliata
subito
la
corsa
avanti
,
una
corsa
impetuosa
,
serrata
,
gridata
;
il
meglio
della
Colonna
fu
di
lancio
sotto
il
fuoco
dei
Cacciatori
borbonici
,
che
difendevano
il
Ponte
dell
'
Ammiraglio
.
In
quella
prima
luce
apparvero
il
profilo
a
schiena
d
'
asino
e
i
dieci
o
dodici
pilastri
interrati
del
ponte
,
brulicanti
d
'
uomini
e
d
'
armi
nel
fumo
,
visione
da
sogno
,
ma
incancellabile
anche
per
chi
non
sapeva
che
quel
ponte
normanno
aveva
ben
più
di
sette
secoli
sulle
sue
pietre
.
Così
adunque
la
sorpresa
tanto
ben
preparata
era
venuta
in
parte
a
mancare
.
Ma
quei
Cacciatori
che
avevano
dormito
intorno
al
Ponte
,
con
l
'
animo
sicuro
che
Garibaldi
era
in
fuga
lontano
;
a
un
assalto
così
violento
,
presi
alla
baionetta
,
non
ressero
a
lungo
,
e
si
ritirarono
fuggendo
da
disperati
,
tanto
che
invece
d
'
andar
a
piantarsi
dietro
a
una
loro
gran
barricata
oltre
il
crocicchio
di
Porta
Termini
,
come
avrebbero
dovuto
,
giunti
appena
al
crocicchio
stesso
,
svoltarono
a
Sant
'
Antonino
,
per
sottrarsi
a
quei
dannati
Garibaldini
che
giungevano
di
notte
a
quel
modo
.
Questi
inseguivano
.
E
infilavano
la
via
del
sobborgo
sotto
il
fuoco
d
'
un
altro
battaglione
schierato
sulle
mura
a
sinistra
;
si
arrestavano
al
crocicchio
,
e
subito
si
mettevano
a
sbarrarsi
la
via
alle
spalle
.
Di
lì
minacciava
la
cavalleria
che
moveva
dalla
chiesetta
di
San
Giovanni
Decollato
.
Ma
Faustino
Tanara
da
Parma
,
con
un
plotone
della
sua
Compagnia
,
e
il
sacerdote
siciliano
Antonio
Rotolo
,
con
una
grossa
squadra
di
'
Picciotti
'
,
tennero
quella
cavalleria
in
rispetto
.
Ora
,
a
passar
quel
crocicchio
faceva
caldo
.
Dal
mare
lo
spazzava
la
mitraglia
delle
fregate
,
vi
grandinavano
le
palle
da
Sant
'
Antonino
.
Ma
bisognava
passarlo
,
che
se
no
,
chi
sa
quanta
forza
di
nemici
poteva
tornarvi
,
appena
si
fossero
rimessi
dal
primo
sgomento
.
E
vi
era
già
Garibaldi
col
suo
Stato
Maggiore
.
Raggiava
.
Forse
non
sapeva
ancora
che
tra
il
Ponte
dell
'
Ammiraglio
e
quel
crocicchio
,
in
sì
breve
tratto
,
erano
caduti
Tukory
,
Benedetto
ed
Enrico
Cairoli
feriti
gravemente
.
Ben
vedeva
Bixio
tempestar
a
cavallo
su
e
giù
ferito
anch
'
egli
,
rimproverando
,
ingiuriando
quasi
perché
non
s
'
era
già
presa
tutta
la
città
,
e
sfogando
la
sua
furia
contro
di
uno
che
aveva
osato
dirgli
che
si
guardasse
che
sanguinava
dal
petto
.
Egli
s
'
era
già
levato
da
sé
il
proiettile
.
E
molti
in
quel
breve
tratto
erano
i
morti
.
Giaceva
sul
Ponte
il
dottor
La
Russa
di
Monte
Erice
;
giaceva
presso
il
ponte
Stanislao
Lamensa
.
La
morte
lo
aveva
fermato
lì
,
senza
misericordia
per
i
suoi
dieci
anni
di
ergastolo
,
né
per
i
suoi
figliuoli
che
lo
aspettavano
in
Calabria
dal
1849
.
Sotto
il
Ponte
,
fra
parecchi
altri
amici
e
nemici
,
giaceva
Giovanni
Garibaldi
,
popolano
genovese
,
morto
di
fuoco
e
di
ferro
.
Placido
Fabris
da
Povegliano
,
giovane
tanto
bello
che
i
compagni
d
'
Università
lo
chiamavano
Febo
,
giaceva
per
morto
con
tutta
traverso
al
petto
la
daga
-
baionetta
d
'
un
cacciatore
ucciso
da
altri
,
mentre
vibrava
a
lui
il
colpo
mortale
.
E
non
morì
.
Doveva
,
guarito
,
ricomparire
quasi
un
risorto
,
per
andarsi
a
far
ferire
anche
dagli
Austriaci
a
Bezzecca
sei
anni
dopo
.
Bellissimi
tipi
di
siciliani
giacevano
feriti
.
Inserillo
,
Caccioppo
,
Di
Benedetto
,
gente
che
continuò
a
dare
il
proprio
sangue
fino
a
Mentana
.
Narciso
Cozzo
,
il
bello
e
biondo
patrizio
palermitano
che
,
uscito
tre
giorni
avanti
a
raggiunger
Garibaldi
,
si
era
unito
,
nell
'
accampamento
del
Parco
,
alla
6°
Compagnia
;
camminava
tra
quei
feriti
,
quei
morti
e
quella
calca
,
quasi
andasse
invulnerabile
ammirando
.
Pareva
un
Normanno
di
settecent
'
anni
addietro
,
tornato
a
guardare
come
dai
moderni
si
combattesse
.
A
lui
la
morte
diè
tempo
e
spazio
fino
al
Volturno
,
e
il
1°
ottobre
,
nella
gran
battaglia
garibaldina
,
là
se
lo
colse
.
Bisognava
dunque
passar
oltre
quel
crocicchio
infernale
,
e
a
un
cenno
di
Garibaldi
il
passo
terribile
fu
traversato
,
fu
invasa
alla
corsa
la
via
per
la
Fiera
Vecchia
.
Piazza
della
Fiera
Vecchia
!
Lì
all
'
alba
del
12
gennaio
1848
,
quel
La
Masa
che
ora
conduceva
i
'
Picciotti
'
aveva
lanciato
il
suo
grido
di
guerra
quasi
da
solo
,
a
piè
di
quella
statua
di
Palermo
che
ora
non
v
'
era
più
,
perché
la
polizia
l
'
aveva
fatta
levare
.
Ma
era
la
piazza
della
Fiera
Vecchia
davvero
quel
largo
?
Non
ci
si
vedeva
nessuno
,
precisamente
come
nel
1848
.
Garibaldi
quasi
impallidì
.
Un
cittadino
,
di
tra
i
due
battenti
d
'
un
uscio
socchiuso
,
gli
gridò
:
"
Evviva
!
"
Qualche
finestra
si
aperse
,
qualche
testa
si
sporse
,
ma
gente
non
ne
compariva
né
con
armi
né
senza
.
Fu
un
istante
da
tragedia
.
Ma
appunto
per
questo
avanti
!
Garibaldi
col
suo
Stato
maggiore
,
preceduto
dai
più
ardenti
,
seguito
dall
'
onda
de
'
suoi
si
inoltrò
per
quelle
vie
deserte
fino
a
piazza
Bologni
.
Ivi
smontò
,
e
nell
'
atrio
del
palazzo
che
dà
il
nome
alla
piazza
,
si
assise
.
Proprio
si
assise
!
Ora
la
sua
tranquillità
faceva
quasi
paura
.
Giungevano
intanto
i
suoi
da
tutte
le
parti
con
notizie
diverse
,
confuse
,
assurde
:
giungeva
Bixio
a
piedi
con
in
pugno
la
spada
spezzata
a
mezzo
,
furibondo
,
terribile
.
Veniva
a
pigliarsi
venti
uomini
di
buona
volontà
,
per
andare
a
farsi
uccidere
con
loro
a
Palazzo
reale
.
"
Tanto
,
-
gridava
-
tra
due
ore
siamo
tutti
morti
!
"
E
già
si
avviava
,
già
voltava
l
'
angolo
di
via
Toledo
,
quando
Garibaldi
lo
fece
chiamar
indietro
.
Garibaldi
in
quel
momento
era
quasi
giulivo
.
Aveva
riso
d
'
un
colpo
che
sfuggitogli
da
una
delle
sue
pistole
,
gli
aveva
sforacchiato
il
lembo
dei
calzoni
sopra
il
malleolo
,
dove
fu
poi
ferito
due
anni
appresso
in
Aspromonte
:
aveva
confortato
due
giovani
prigionieri
napolitani
;
aveva
baciato
nel
nome
di
Benedetto
Cairoli
qualcuno
della
7°
Compagnia
,
e
baciandolo
gli
aveva
detto
che
intendeva
di
baciare
in
lui
tutti
i
presenti
.
Giulivo
era
anche
perché
cominciavano
a
comparire
dei
cittadini
ansanti
,
trasecolati
.
Dunque
era
vero
,
era
entrato
,
era
Lui
?
E
guardavano
quei
capelli
ancora
così
biondi
,
quella
barba
,
quel
torso
erculeo
nella
camicia
rossa
,
quelle
gambe
un
po
'
esili
e
quei
piccoli
piedi
da
gentiluomo
.
Adoravano
.
Era
lui
e
non
avevano
creduto
!
Il
romore
della
fucileria
di
Porta
Termini
,
l
'
avevano
preso
per
uno
dei
tranelli
della
polizia
,
che
già
parecchie
volte
aveva
sull
'
alba
fatto
sparare
qua
e
là
;
e
sempre
chi
era
stato
pronto
a
scendere
,
credendo
di
gettarsi
nella
rivoluzione
,
era
invece
caduto
in
mano
dei
birri
.
Così
raccontavano
quei
cittadini
.
Dunque
,
se
la
città
non
era
subito
insorta
,
nulla
di
male
,
purché
si
facesse
,
purché
non
si
lasciasse
tempo
ai
nemici
di
riaversi
:
barricate
!
barricate
!
Non
si
sentì
più
gridar
altro
che
barricate
.
Garibaldi
diede
l
'
ordine
all
'
Acerbi
,
mantovano
,
di
mettersi
a
quel
lavoro
,
e
gli
designò
compagno
il
palermitano
duca
della
Verdura
;
formò
un
comitato
provvisorio
per
il
governo
della
città
presieduto
dal
dottor
Gaetano
La
Loggia
:
ma
veramente
il
governo
era
lui
.
E
le
campane
cominciarono
a
martello
,
perché
la
polizia
aveva
fatto
levar
via
il
battaglio
da
tutte
.
Prima
suonò
quella
di
San
Giuseppe
,
poi
un
'
altra
,
poi
altre
e
altre
;
tutta
la
città
si
svegliava
:
Santa
Rosalia
!
Santo
Spirito
!
Che
c
'
era
mai
?
Garibaldi
?
Garibaldi
era
venuto
dentro
in
quel
giorno
di
festa
religiosa
,
certo
lo
aveva
voluto
Iddio
.
E
nessuno
,
forse
nessuno
,
pensò
che
quell
'
uomo
con
sì
poca
gente
era
entrato
a
tirar
su
la
città
,
su
di
sé
,
sui
suoi
,
lo
sterminio
.
Tra
quei
cittadini
vi
erano
fin
dei
preti
.
Quello
alto
,
maestoso
,
con
la
gran
testa
già
grigia
,
era
l
'
abate
Ugdulena
;
e
quell
'
altro
smilzo
,
pallido
,
vibrante
,
era
prete
Di
Stefano
.
E
giunsero
degli
uomini
in
divisa
che
parevano
di
cavalleria
,
giubba
rossa
,
calzoni
azzurri
.
Disertori
forse
?
Al
portamento
no
;
e
poi
non
avevano
armi
.
Donzelli
del
comune
erano
,
che
venivano
dal
Palazzo
pretorio
.
Dunque
la
magistratura
cittadina
,
il
Pretore
,
i
Decurioni
erano
già
in
moto
?
No
.
Essi
erano
borbonici
quasi
tutti
,
e
quasi
tutta
l
'
aristocrazia
borbonica
se
n
'
era
fuggita
a
Napoli
,
o
ritirata
sulle
navi
in
rada
,
stava
al
sicuro
.
Ma
insomma
quelli
erano
i
Donzelli
del
Palazzo
.
Sui
bottoni
dorati
delle
loro
divise
,
si
leggeva
la
sigla
:
S.P.Q.P.
'
Senatus
populusque
palermitanus
'
.
Ma
Giuseppe
Giusta
,
artigiano
,
lingua
di
fuoco
,
lesse
subito
a
modo
suo
:
"
Sono
Pochi
Quanto
Prodi
.
"
Il
frizzo
non
destò
allegria
perché
quello
non
era
momento
da
celie
;
anzi
,
qualcuno
disse
che
Giusta
celiava
per
farsi
dar
giù
,
forse
,
un
po
'
di
paura
.
Ah
la
paura
!
Strana
affezione
.
V
'
erano
lì
dei
giovani
che
nella
notte
,
durante
la
marcia
,
avevano
forse
tremato
;
e
adesso
si
sarebbero
messi
da
soli
a
qualsifosse
cimento
.
Perché
adesso
era
davvero
aperta
la
via
a
tutte
le
prove
,
e
la
città
s
'
avviava
a
divenir
tutta
un
campo
.
Verso
Sant
'
Antonino
si
combatteva
;
da
porta
Macqueda
,
i
cannoni
del
generale
Cataldo
tiravano
lungo
la
gran
via
;
quelli
del
generale
in
capo
Lanza
,
da
Palazzo
reale
,
spazzavano
tutta
Toledo
.
Non
pareva
vero
che
il
forte
di
Castellamare
tacesse
ancora
.
Si
sapeva
già
che
ivi
comandava
il
Colonnello
d
'
artiglieria
Briganti
;
si
seppe
poi
che
un
suo
figliuolo
capitano
era
stato
ai
mortai
,
aspettando
l
'
ordine
di
cominciar
il
fuoco
,
e
che
rapito
dalla
voglia
di
mandar
la
prima
bomba
sulla
città
ribelle
,
aveva
già
mormorato
contro
suo
padre
,
minacciando
persino
d
'
andar
egli
stesso
a
scuoterlo
.
Ma
verso
le
sette
l
'
ordine
gli
fu
mandato
,
e
allora
si
udì
un
gran
tonfo
a
Castellamare
,
e
su
nell
'
aria
un
gran
rombo
.
La
prima
bomba
piombò
.
Cominciava
quel
bombardamento
,
che
con
terribili
pause
di
cinque
minuti
tra
bomba
e
bomba
,
doveva
durare
tre
giorni
e
farne
piovere
sulla
città
ben
mille
e
trecento
.
E
subito
scoppiarono
qua
e
là
degli
incendi
.
A
mezzogiorno
in
punto
si
misero
poi
a
tirare
anche
le
navi
.
Intanto
Garibaldi
era
passato
col
suo
Quartier
generale
nel
Palazzo
pretorio
.
Là
,
con
un
suo
decreto
da
Dittatore
,
sciolse
il
Municipio
,
per
nominare
,
come
fece
il
dì
appresso
,
un
nuovo
Pretore
e
nuovi
Senatori
.
Ora
la
città
,
anzi
la
Sicilia
era
lui
.
Da
quel
centro
si
diramavano
i
suoi
ordini
alle
piccole
colonne
che
si
erano
spinte
in
tutti
i
versi
alla
periferia
della
città
.
Erano
gruppi
di
Cacciatori
delle
Alpi
,
cui
si
univano
fidenti
e
volenterosi
i
'
Picciotti
'
entrati
il
mattino
,
e
via
via
cittadini
d
'
ogni
ceto
usciti
di
casa
con
armi
o
senza
.
E
dove
avveniva
uno
scontro
coi
borbonici
,
i
disarmati
aspettavano
bramosi
che
qualcuno
cadesse
,
ne
prendevano
l
'
arma
,
le
cartucce
,
il
posto
,
e
combattevano
esultanti
.
Un
grosso
nerbo
della
8°
Compagnia
avanzò
per
vie
traverse
,
verso
Palazzo
reale
fino
alla
gran
Guardia
,
e
di
lì
fugò
il
generale
Landi
,
quel
povero
vecchio
Landi
,
già
battuto
a
Calatafimi
.
Un
po
'
della
6°
con
parte
della
7°
e
alcuni
Carabinieri
genovesi
,
andavano
per
pigliare
il
convento
dei
Benedettini
;
la
5°
si
spingeva
verso
porta
Macqueda
,
fino
a
Villa
Filippina
.
Ma
dir
Compagnie
non
è
preciso
.
Queste
si
erano
frante
e
si
frangevano
ognor
più
in
manipoli
,
e
ogni
manipolo
seguiva
il
più
stimato
fra
quelli
che
lo
componevano
,
o
chi
si
mostrava
più
ricco
di
partiti
.
Così
dei
vecchi
ubbidivano
a
dei
giovinetti
;
uomini
in
divisa
d
'
ufficiali
si
lasciavano
consigliare
da
studenti
che
non
avevano
mai
visto
una
caserma
;
qualcuno
come
Vigo
Pellizzari
che
,
caduto
Benedetto
Cairoli
,
era
divenuto
il
Comandante
della
7°
,
rivelava
qualità
di
vero
uomo
di
guerra
;
Giuseppe
Dezza
della
1°
suppliva
da
bravissimo
il
Bixio
,
che
,
non
potendo
più
reggere
dal
molto
sangue
perduto
,
era
stato
costretto
da
Garibaldi
a
ritirarsi
in
casa
Ugdulena
,
e
aveva
ubbidito
mordendosi
per
ira
le
mani
.
*
I
borbonici
avevano
lasciato
passare
il
momento
buono
ad
invadere
la
città
,
come
avrebbero
potuto
.
Quattro
o
cinque
ufficiali
audaci
che
si
fossero
mossi
ciascuno
alla
testa
d
'
un
mezzo
battaglione
,
e
avessero
marciato
verso
il
centro
tutti
a
un
tempo
,
pur
seminando
di
morti
e
di
feriti
la
via
,
bastavano
a
schiacciar
tutti
.
Ma
forse
nessuno
aveva
osato
cimentarvisi
,
per
paura
di
entrare
a
farsi
seppellire
sotto
un
po
'
di
tutto
,
da
tutte
le
case
,
mobili
,
pietre
,
olio
ardente
.
Adesso
,
dopo
quattro
ore
dall
'
entrata
di
Garibaldi
,
sarebbe
già
stato
difficile
riuscire
,
anche
se
i
borbonici
ci
si
fossero
provati
;
e
già
si
vedeva
che
prima
di
sera
sarebbe
divenuto
addirittura
impossibile
.
Poiché
nelle
vie
sorgevano
come
per
incanto
barricate
per
tutto
.
Dagli
usci
venivano
fuori
carri
,
carrozze
,
botti
;
dalle
finestre
piovevano
mobili
,
materasse
,
fin
pianoforti
.
E
tutto
era
subito
raccolto
,
ammontato
,
serrato
insieme
.
Poi
a
forza
di
picconi
e
di
leve
si
spiantavano
li
lastre
delle
vie
;
e
queste
sì
,
queste
servivano
bene
!
Parevano
fatte
apposta
.
E
con
esse
,
visto
o
non
visto
,
venivano
alzate
su
delle
vere
mura
,
una
barricata
a
dieci
metri
dall
'
altra
;
fin
troppe
,
come
disse
poi
Garibaldi
.
Vi
lavoravano
e
uomini
e
donne
e
fanciulli
,
che
si
rissavano
tra
loro
facendo
a
chi
ubbidisse
meglio
,
se
dai
panni
,
dai
capelli
,
dall
'
accento
,
riconoscevano
un
garibaldino
in
chi
comandava
.
Le
popolane
poi
parevano
furie
.
"
Signuri
,
nui
riciano
ca
di
li
nostri
trizzi
un
'
avianu
a
fari
ghiumazzo
pi
li
so
mugghieri
!
Scillirati
,
infami
!
"
E
davano
dentro
da
disperate
a
portar
pietre
e
sacchi
di
terra
.
Il
Comitato
delle
barricate
,
composto
di
cittadini
esperti
ancora
del
1848
,
presedeva
a
quel
lavoro
che
metteva
sossopra
il
lastrico
di
ogni
via
.
E
già
si
vedevano
uomini
sugli
orli
dei
tetti
ad
ammonticchiarvi
tegole
,
uomini
sui
balconi
a
preparar
mobili
da
buttar
giù
,
se
mai
le
milizie
borboniche
si
fossero
avventurate
.
Ma
quelle
milizie
non
si
muovevano
all
'
offensiva
.
Anzi
,
verso
le
sedici
,
come
si
diceva
là
all
'
uso
antico
d
'
Italia
,
il
general
Cataldo
che
occupava
i
pressi
di
Porta
Macqueda
,
i
Quattro
venti
e
il
Giardino
inglese
,
assalito
dalla
città
,
tormentato
alle
spalle
dai
'
Picciotti
'
,
si
ritirava
al
Palazzo
reale
;
e
al
Palazzo
reale
si
ripiegava
il
generale
Letizia
,
scacciato
dal
rione
Ballerò
.
Sicché
al
Palazzo
e
nella
piazza
e
negli
orti
intorno
,
si
trovavano
da
dodicimila
soldati
,
sotto
il
generale
Ferdinando
Lanza
,
alter
ego
del
Re
,
uomo
di
72
anni
che
aveva
a
lato
Maniscalco
,
il
fiero
capo
della
polizia
.
E
allora
le
carceri
non
più
custodite
si
apersero
,
e
ne
sbucarono
duemila
condannati
,
orribile
ingombro
gettato
tra
i
piedi
alla
rivoluzione
,
perché
potevano
solo
disonorarla
.
Ma
Garibaldi
provvide
.
Vietò
d
'
andar
armati
senza
dipendere
da
un
capo
;
vietò
di
perseguitar
i
birri
sperduti
;
decretò
pena
di
morte
al
furto
,
al
saccheggio
:
fece
tremare
e
fu
ubbidito
.
Lavoravano
intanto
i
mortai
di
Castellamare
,
che
nel
pomeriggio
di
quella
prima
giornata
presero
specialmente
di
mira
il
Palazzo
pretorio
,
sul
quale
misuravano
l
'
arcata
delle
loro
bombe
.
I
nemici
,
non
da
palermitani
,
ma
da
qualche
birro
vagante
,
dovevano
aver
saputo
che
in
quel
palazzo
si
era
messo
Garibaldi
,
e
perciò
cercavano
di
seppellirvelo
sotto
col
suo
Stato
maggiore
!
Non
vi
riuscivano
;
ma
le
loro
bombe
,
cadendo
nelle
vicinanze
,
facevano
delle
grandi
rovine
.
*
A
notte
,
quel
fuoco
da
Castellamare
cessò
,
e
cessò
anche
quello
della
fucileria
quasi
per
tutto
.
Ma
la
veglia
fu
viva
,
incessante
.
Le
finestre
delle
case
cominciarono
a
illuminarsi
,
per
le
vie
ci
si
vedeva
quasi
come
di
giorno
.
Ed
era
un
andirivieni
dalle
parti
della
città
al
Palazzo
pretorio
e
di
lì
alle
parti
;
sicché
pareva
che
i
combattenti
si
dessero
il
cambio
nei
posti
che
occupavano
,
solo
per
andar
un
po
'
dal
Generale
,
e
rifare
nella
vista
di
lui
le
speranze
e
le
forze
.
Egli
aveva
fatto
mettere
una
materassa
sulla
gradinata
della
fontana
di
Piazza
Pretoria
,
rimpetto
al
gran
portone
del
Palazzo
,
e
là
,
a
pie
'
di
una
di
quelle
alte
statue
che
la
adornano
,
riceveva
notizie
,
dava
ordini
,
riposava
,
Giovanni
Basso
da
Nizza
,
suo
segretario
e
compagno
sugli
oceani
,
Giovanni
Froscianti
da
Collescipoli
antico
frate
,
Pietro
Stagnetti
da
Orvieto
,
veterani
della
Repubblica
romana
,
gli
facevano
guardia
:
dall
'
altra
parte
della
piazza
,
nelle
scuderie
di
palazzo
Serradifalco
,
stavano
sellati
i
cavalli
delle
Guide
.
E
sul
portone
di
quel
palazzo
si
vedeva
Giovanni
Damiani
,
vigile
come
un
'
aquila
,
pronto
a
qualche
partito
supremo
di
Garibaldi
,
se
forse
fosse
venuta
l
'
ora
della
disperazione
.
Di
quelli
che
andavano
e
tornavano
,
taluni
si
sentivano
chiamar
dentro
dagli
usci
di
qualche
casa
o
palazzo
socchiusi
.
E
là
nei
cortili
,
sotto
i
porticati
,
giù
nei
sotterranei
,
trovavano
donne
,
uomini
,
fanciulli
,
signori
e
servi
;
e
questi
a
gara
se
li
pigliavano
in
mezzo
curiosi
,
e
li
tempestavano
di
domande
:
e
di
dove
erano
,
e
come
si
chiamavano
,
e
se
avevano
madri
,
sorelle
.
E
stringendo
loro
le
mani
,
tastavano
se
queste
erano
fini
;
maravigliavano
a
udirli
parlare
da
gentili
uomini
.
Li
ristoravano
di
cibi
e
di
vini
squisiti
;
empivano
loro
le
tasche
di
biancherie
;
mostravano
le
coccarde
tricolori
,
triangolari
come
l
'
isola
;
li
baciavano
,
li
pregavano
di
farsi
portar
da
loro
se
mai
cadessero
feriti
.
E
le
donne
esaltate
congiungevano
le
mani
come
in
chiesa
;
e
le
fanciulle
sorridevano
estatiche
nei
grandi
occhi
lucenti
;
e
poi
a
veder
coloro
andarsene
,
piangevano
come
sorelle
amorose
.
Nei
posti
in
faccia
al
nemico
,
quelli
che
vegliavano
,
ricevevano
le
notizie
delle
cose
avvenute
altrove
.
Ai
Benedettini
,
Giuseppe
Gnecco
,
carabiniere
genovese
,
si
era
lanciato
alla
gola
di
un
ufficiale
borbonico
e
lo
aveva
tratto
via
seco
prigioniero
.
Là
e
là
,
i
tali
della
tale
Compagnia
o
della
tal
'
altra
,
avevano
formato
barricate
mobili
con
botti
rinvolte
in
materasse
,
e
spingendole
avanti
a
forza
di
spalle
sotto
il
fuoco
dei
borbonici
,
erano
giunti
fino
alle
case
occupate
da
questi
,
e
balzati
dentro
,
fulminei
avevano
preso
le
case
e
i
difensori
.
Metteva
una
certa
sicurezza
negli
animi
sapere
che
ormai
tutta
la
parte
bassa
della
città
era
in
mano
degli
insorti
,
salvo
il
palazzo
delle
Finanze
in
piazza
Marina
,
che
era
ben
tenuto
d
'
occhio
perché
i
borbonici
non
potessero
portar
via
il
tesoro
.
Anche
la
caserma
di
Sant
'
Antonio
era
stata
presa
,
e
molti
vi
si
erano
riforniti
di
bellissime
armi
.
Là
Andrea
Fasciolo
,
Carabiniere
genovese
,
aveva
dato
tutto
il
giorno
lo
spettacolo
d
'
un
coraggio
che
i
suoi
compagni
,
per
dire
quanto
era
,
chiamavano
coraggio
sfacciato
.
Cominciava
a
disertare
qualche
ufficiale
borbonico
:
al
Palazzo
pretorio
era
giunto
il
tenente
Achille
De
Martini
,
comandante
dei
cannoni
a
Calatafimi
,
e
si
era
dato
anima
e
corpo
a
Garibaldi
.
Intanto
seguitavano
a
entrar
in
città
da
porta
Termini
e
'
Picciotti
'
e
'
Picciotti
'
;
da
porta
Macqueda
era
entrato
Giovanni
Carrao
,
con
la
squadra
che
era
stata
di
Rosolino
Pilo
.
E
la
notte
passava
.
*
Ma
i
mortai
di
Castellamare
suonarono
presto
la
diana
del
28
,
e
presto
ricominciò
il
fuoco
dappertutto
.
Dappertutto
la
rivoluzione
vinceva
.
Ma
dolorose
perdite
si
fecero
fin
dalle
prime
ore
di
quel
secondo
giorno
.
Enrico
Richiedei
da
Salò
ed
Enrico
Uziel
da
Venezia
,
furono
uccisi
da
una
palla
di
cannone
che
li
compì
tutti
e
due
al
capo
,
lasciandoli
morti
sfigurati
l
'
uno
vicino
all
'
altro
quei
due
fiori
di
giovinezza
.
Antonio
Simonetta
milanese
diciannovenne
,
puro
come
uno
di
quei
fraticelli
che
cantarono
al
letto
di
San
Francesco
morente
,
uscito
l
'
anno
avanti
incolume
dalla
battaglia
di
San
Martino
,
cadeva
al
convento
dei
Benedettini
,
dove
gli
amici
ne
cercarono
poi
invano
il
corpo
e
la
fossa
.
E
ai
Benedettini
cadeva
Giuseppe
Naccari
palermitano
,
reduce
dall
'
esilio
coi
Mille
,
cadeva
senza
aver
ancor
riveduto
la
sua
famiglia
,
anch
'
egli
bellezza
maschia
,
che
nella
6°
Compagnia
,
per
la
molta
somiglianza
col
gran
lombardo
morto
a
Roma
nel
1849
,
era
chiamato
Luciano
Manara
.
Nel
campanile
di
quel
convento
fu
ucciso
Crispo
Cavallini
da
Orbetello
,
altro
bel
forte
cui
toccò
di
morire
senza
lasciar
il
nome
alla
schiera
dei
Mille
.
Egli
fu
dimenticato
come
uno
che
non
avesse
avuto
né
parenti
,
né
amici
,
né
nulla
.
E
forse
felice
lui
,
se
morendo
,
avesse
potuto
indovinare
quell
'
oblio
;
perché
,
diciamo
noi
,
portar
seco
nella
morte
tutto
sé
stesso
,
la
gloria
e
il
nome
,
deve
esser
una
gioia
più
che
da
uomo
.
Non
insegnava
così
l
'
ordine
del
giorno
di
Garibaldi
letto
nella
traversata
in
alto
mare
?
Ai
Benedettini
combatteva
il
Mosto
co
'
suoi
Carabinieri
,
Carabiniere
infallibile
anch
'
esso
,
e
dal
campanile
fulminava
gli
artiglieri
del
bastione
Porta
Montalto
,
obbligandoli
a
lasciar
muti
due
pezzi
.
Lo
secondavano
tranquillamente
,
con
tiri
che
coglievano
,
Giambattista
Capurro
,
giovinetto
che
aveva
la
testa
bendata
per
una
ferita
in
fronte
,
ed
Ernesto
Cicala
benché
già
toccato
malamente
da
una
scheggia
di
granata
.
Vicini
e
mirabili
per
la
calma
,
facevano
i
loro
tiri
Stefano
Dapino
e
Bartolomeo
Savi
,
testa
d
'
oro
da
cherubino
,
tanto
era
biondo
,
il
primo
;
l
'
altro
arruffato
quella
sua
testa
grigia
piena
sempre
delle
tragedie
di
Sofocle
.
Si
combatteva
dunque
dappertutto
e
si
dimenticava
ogni
cosa
.
Ma
se
qualcuno
non
si
sentiva
più
dalla
fame
,
i
conventi
dei
frati
erano
là
divenuti
ospizi
.
Ivi
le
cucine
fervevano
.
Bastava
dar
una
corsa
là
,
e
uno
ci
trovava
il
cuoco
e
il
cantiniere
,
pronti
a
scodellare
e
a
mescere
.
Si
ristorava
e
via
,
tornava
benedetto
a
farsi
onore
.
Dei
frati
veri
,
molti
parevano
più
rivoluzionari
dei
garibaldini
stessi
;
qualche
vecchio
brontolava
pauroso
,
perché
delle
rivoluzioni
ne
aveva
già
viste
troppe
e
tutte
finite
male
,
quella
del
'20
e
quella
del
'48
.
Si
dava
da
mangiare
anche
nei
refettorii
e
nei
parlatorii
dei
monasteri
.
Folle
di
monacelle
bianche
si
premevano
a
guardar
dalle
porte
,
e
parevano
stormi
alati
d
'
angeli
,
discesi
come
nella
poesia
a
contemplar
i
figli
degli
uomini
.
Qualcuna
osava
,
correva
quasi
ad
occhi
chiusi
,
e
al
primo
cui
le
capitava
di
stendere
le
braccia
metteva
al
collo
una
reliquia
,
subito
fuggendo
beata
come
se
avesse
rapita
un
'
anima
al
purgatorio
.
Colui
per
quella
non
pericolava
più
.
Invece
delle
vecchie
suore
si
mettevano
a
discorrere
in
mezzo
agli
ospiti
armati
e
laceri
e
sporchi
di
polvere
;
e
li
interrogavano
curiose
,
e
domandavano
se
Garibaldi
era
cristiano
,
giovane
,
bello
,
e
li
pregavano
di
vincere
e
di
tornare
poi
a
dar
loro
le
notizie
,
a
difender
loro
,
povere
monacelle
,
dalle
genti
borboniche
crudeli
.
Non
sapevano
ancora
che
i
monasteri
dei
Sette
Angeli
e
della
Badia
nuova
erano
stati
saccheggiati
,
né
che
quello
di
Santa
Caterina
bruciava
.
Lì
sì
!
C
'
era
bisogno
d
'
aiuto
!
Ma
nel
gran
trambusto
che
assordava
tutti
,
nessuno
aveva
ancor
badato
che
lì
come
altrove
c
'
era
l
'
incendio
.
Eppure
il
monastero
sorgeva
a
lato
del
Palazzo
pretorio
!
Il
fuoco
vi
aveva
cominciato
dal
tetto
,
a
cagione
di
una
bomba
di
quelle
destinate
al
Palazzo
,
scoppiata
in
aria
.
E
l
'
incendio
era
disceso
di
piano
in
piano
.
Solo
verso
la
sera
del
28
,
qualcuno
pensò
che
là
dentro
c
'
erano
delle
povere
creature
.
E
allora
,
sfondata
la
porta
del
monastero
,
vi
entrarono
dieci
o
dodici
Cacciatori
delle
Alpi
con
dei
'
Picciotti
'
,
a
tentar
di
salvarle
.
Nel
piano
terreno
ci
si
poteva
ancora
,
ma
cerca
di
qua
,
cerca
di
là
non
si
trovavano
monache
in
nessuna
parte
.
Che
si
fossero
lasciate
perir
arse
nei
piani
superiori
,
non
pareva
da
credersi
.
Finalmente
uno
andò
nell
'
oratorio
,
e
là
ne
vide
che
,
come
larve
bianche
nella
penombra
in
fondo
,
piangevano
,
fuggivano
a
nascondersi
fino
in
certe
loro
catacombe
.
Raggiunte
,
si
inginocchiavano
in
terra
,
torcendo
le
braccia
,
porgendo
le
gole
come
a
dei
carnefici
;
pregate
di
uscir
di
là
dentro
,
perché
presto
non
ci
sarebbe
stato
più
tempo
,
non
volevano
lasciarsi
condur
via
a
niun
patto
.
Sicché
quei
soldati
dovettero
minacciare
di
porre
loro
addosso
le
mani
per
salvarle
a
forza
.
E
allora
esse
si
lasciarono
mettere
in
fila
,
lunga
fila
di
religiose
di
tutte
le
età
,
monache
e
converse
.
Ve
n
'
erano
di
bellezza
celestiale
,
giovani
come
aurore
;
ve
n
'
erano
delle
vecchie
mummificate
.
I
fratelli
Carlo
e
Pietro
Invernizzi
da
Bergamo
,
bizzarrissimi
spiriti
,
ne
portavano
via
sulle
spalle
una
per
ciascuno
quasi
paralitiche
,
e
mentre
che
agli
atti
pareva
che
reggessero
dei
reliquiari
,
parlavano
in
bergamasco
da
diavoli
cose
che
avrebbero
fatto
ridere
i
sassi
.
Fu
questa
la
sola
profanazione
,
se
si
può
dir
così
;
tutti
gli
altri
vennero
fuori
serii
con
quella
strana
processione
;
e
a
vedere
la
raffinatezza
dei
riguardi
che
sapevano
usare
,
faceva
orgoglio
.
Condussero
quelle
meschine
a
un
altro
monastero
;
e
là
,
nella
gioia
della
salvezza
,
qualche
stretta
di
mano
,
sin
qualche
bacio
fu
dato
e
preso
.
*
La
seconda
giornata
passò
dunque
come
la
prima
e
peggio
;
ma
la
terza
furono
cose
indescrivibili
.
Tutte
le
vie
erano
ormai
gremite
di
gente
.
A
cagione
del
bombardamento
,
lo
stare
in
casa
era
più
pericoloso
che
lo
star
fuori
;
perché
dove
una
bomba
cadeva
su
di
un
tetto
,
sprofondava
giù
fino
a
terreno
,
scoppiava
e
faceva
crollar
tutto
.
Invece
per
quelle
che
cadevano
nelle
piazze
o
nelle
vie
,
la
gente
si
gettava
a
terra
,
le
lasciva
scoppiare
,
poi
su
,
si
levava
gridando
:
"
Viva
Santa
Rosalia
,
Garibaldi
,
l
'
Italia
!
"
E
si
esaltava
,
e
si
lasciava
pigliare
da
un
certo
cupo
entusiasmo
della
strage
,
senza
neppur
più
inorridire
perché
qualcuno
restava
a
terra
morto
o
ferito
.
Di
tanto
in
tanto
si
udiva
uno
scoppio
di
grida
furiose
qua
e
là
;
erano
donne
del
popolo
che
avevano
fatto
la
posta
a
qualche
birro
,
e
riuscite
a
pigliarlo
,
urlandogli
"
Sorcio
,
Sorcio
!
"
lo
malmenavano
,
lo
straziavano
a
brani
.
Così
dovevano
aver
urlato
:
"
Mora
!
Mora
!
"
le
loro
antenate
dei
Vespri
.
Sennonché
ora
bastava
che
capitasse
in
tempo
un
garibaldino
a
stender
le
mani
sul
birro
sciagurato
,
e
quelle
donne
glielo
cedevano
vivo
,
quasi
contente
,
urlando
ancora
:
"
Viva
Santa
Rosalia
!
"
Di
quei
miseri
servi
della
polizia
ne
furono
salvati
parecchi
in
tal
modo
,
e
pel
momento
venivano
messi
nei
sotterranei
del
Palazzo
pretorio
,
dove
almeno
nessuno
poteva
più
torturarli
.
Così
le
turbe
si
aggiravano
per
la
città
,
passando
da
barricata
a
barricata
pei
vani
lasciativi
apposta
;
e
incontrandosi
ai
Quattro
Cantoni
si
incrociavano
,
si
acclamavano
e
si
confondevano
come
quattro
correnti
.
Ivi
un
gran
tendone
tirato
tra
due
palazzi
celava
la
metà
di
via
Toledo
verso
porta
Felice
,
all
'
altra
metà
di
lì
in
su
,
verso
al
Palazzo
reale
.
Perciò
i
borbonici
del
Palazzo
non
potevano
più
comunicare
a
segni
con
le
loro
navi
da
guerra
del
porto
.
Quel
tendone
era
come
un
immenso
arazzo
bene
istoriato
,
e
però
spiaceva
vederlo
sforacchiare
dalle
cannonate
borboniche
;
ma
dal
Palazzo
reale
ci
si
erano
accaniti
contro
.
Diceva
un
Cattaneo
da
Bergamo
,
rimasto
loro
prigioniero
e
mandato
a
Garibaldi
per
certa
ambasciata
,
con
promessa
sua
che
sarebbe
tornato
,
come
infatti
volle
tornare
;
diceva
che
i
borbonici
già
quasi
ridotti
a
cibarsi
di
lattughe
,
provavano
dispetto
e
noia
di
quel
tendone
più
che
di
tutto
.
Erano
anche
arrabbiati
,
perché
l
'
Ospedale
militare
pieno
di
risorse
era
stato
preso
dai
garibaldini
.
Dunque
tra
gli
strazi
che
si
vedevano
,
le
buone
notizie
davano
gran
conforto
.
E
si
seguivano
.
Il
bastione
di
Porta
Montalto
era
stato
preso
dal
colonnello
Sirtori
,
mosso
dal
convento
dei
Benedettini
alla
testa
di
alcuni
,
che
si
erano
lasciati
mettere
in
petto
il
fuoco
dell
'
eroismo
da
quel
prete
soldato
.
I
regi
dell
'
Annunziata
erano
stati
costretti
a
sgombrare
;
e
comparivano
a
Palazzo
pretorio
dei
giovani
che
avevan
durato
a
star
là
giorno
e
notte
per
vincere
quel
posto
.
Venivano
carichi
di
armi
,
e
alcuni
portavano
superbi
mantelli
tolti
a
quei
nemici
.
Ma
correvano
intanto
gli
annunzi
delle
morti
e
delle
ferite
.
Adolfo
Azzi
,
il
forte
timoniere
del
Lombardo
,
era
caduto
con
una
coscia
trapassata
da
una
palla
;
Liberio
Chiesa
,
chiassoso
ma
prode
,
giaceva
anch
'
egli
con
una
gamba
spezzata
.
A
confortar
i
feriti
un
po
'
dappertutto
,
andava
il
prete
Gusmaroli
da
Mantova
,
e
portava
loro
i
saluti
dei
combattenti
,
e
tra
i
combattenti
tornava
,
serbando
una
calma
e
una
pace
di
cuore
meravigliosa
.
Mai
che
impugnasse
un
'
arma
!
Essere
ucciso
poteva
;
uccidere
no
.
Egli
non
voleva
macchiare
di
sangue
le
sue
mani
di
sacerdote
.
Andava
così
vendicandosi
a
modo
suo
dell
'
offesa
che
gli
aveva
fatto
l
'
Austria
,
impiccandoli
nella
sua
Mantova
Orioli
,
Grioli
e
Speri
e
Poma
e
gli
altri
di
Belfiore
.
E
siccome
somigliava
molto
ai
ritratti
di
Garibaldi
,
per
questo
,
dove
appariva
,
i
'
Picciotti
'
,
credendolo
il
Generale
in
persona
,
sotto
i
suoi
sguardi
gareggiavano
a
chi
mostrasse
d
'
aver
più
cuore
.
Egli
aveva
allora
quarantanove
anni
,
ma
se
avesse
saputo
quali
dolori
gli
serbavano
gli
altri
dodici
che
stette
poi
ancora
al
mondo
,
si
sarebbe
augurato
di
averne
cento
per
morire
se
non
lo
volevano
le
palle
di
qualunque
altra
morte
,
ma
là
,
ma
allora
.
Finì
nel
1872
,
in
una
misera
casupola
della
Maddalena
,
dove
era
suo
solo
conforto
contemplare
almeno
l
'
altra
isola
,
quella
di
Garibaldi
,
dal
cui
cuore
fu
fatto
cadere
.
Bello
e
grande
fu
l
'
atto
della
8°
Compagnia
che
,
mantenutasi
più
compatta
delle
altre
per
l
'
ostinata
voglia
di
occupare
la
Cattedrale
,
vi
riuscì
finalmente
alle
quattordici
di
quel
terzo
giorno
.
Rovinava
allora
lì
a
lato
con
indicibile
fragore
il
palazzo
del
principe
Carini
,
incendiato
da
una
bomba
,
come
erano
già
rovinati
i
palazzi
Cutò
,
D
'
Azzale
e
altri
.
E
allora
appunto
,
in
faccia
ai
borbonici
di
Palazzo
reale
,
quei
bergamaschi
invasero
tutto
il
di
fuori
del
tempio
e
dentro
e
su
fino
il
campanile
.
E
di
là
si
misero
a
tirare
sui
soldati
stipati
nella
gran
piazza
.
Uccidevano
a
schioppettate
gli
artiglieri
sui
pezzi
.
Il
loro
capitano
Bassini
li
governava
coi
trilli
di
certo
suo
fischietto
da
cacciatore
,
fumando
alla
pipa
,
tutto
scoperto
ai
nemici
che
lo
tempestavano
di
palle
senza
toccarlo
.
Ma
egli
si
credeva
invulnerabile
.
*
A
quell
'
ora
il
generale
in
capo
Lanza
,
volendo
tentare
una
disperata
prova
,
mandò
il
generale
Sary
a
ripigliar
la
Cattedrale
;
e
il
generale
Colonna
a
ripigliare
i
Benedettini
,
l
'
Annunziata
,
Porta
Montalto
.
Inutile
sforzo
,
inutile
strage
.
Tutti
gli
assalti
furono
respinti
dai
garibaldini
,
dai
'
Picciotti
'
e
dai
cittadini
.
I
borbonici
lasciarono
più
di
cento
morti
e
forse
quattrocento
feriti
,
intorno
alla
Cattedrale
e
per
le
vie
percorse
,
ma
ritirandosi
incendiavano
le
case
,
uccidevano
gli
inermi
,
violavano
le
donne
.
Erano
diventati
selvaggi
,
furiosi
.
Forse
facevano
così
,
per
dare
l
'
ultimo
sfogo
all
'
odio
secolare
mantenuto
vivo
contro
l
'
isola
in
loro
,
sudditi
dell
'
altra
parte
del
regno
;
forse
li
faceva
divenir
più
crudeli
lo
spettacolo
degli
incendi
,
ardenti
in
più
di
sessanta
luoghi
della
città
;
tra
i
quali
più
grande
e
spaventoso
quello
del
quartiere
intorno
San
Domenico
,
tutto
in
fiamme
.
Ma
se
le
sorti
volgevano
a
male
per
i
borbonici
,
anche
dalla
parte
di
Garibaldi
crescevano
le
angustie
.
Quella
sera
non
v
'
erano
quasi
più
munizioni
.
Si
lavorava
a
fabbricare
polvere
,
ma
non
ne
veniva
abbastanza
pel
bisogno
,
specialmente
perché
i
'
Picciotti
'
,
come
scrisse
poi
Garibaldi
,
sparavano
troppo
.
E
da
tutti
i
punti
della
città
dove
si
combatteva
,
giungevano
uomini
a
chieder
cartucce
,
come
chi
spasima
per
fame
chiede
pane
.
Gli
aiutanti
del
Generale
rispondevano
alzando
le
braccia
muti
:
il
Sirtori
,
sempre
tranquillo
,
raccomandava
di
dir
dappertutto
che
le
munizioni
giungerebbero
,
che
intanto
i
combattenti
s
'
ingegnassero
con
la
baionetta
.
E
invocava
la
notte
.
Almeno
ci
sarebbero
state
alcune
ore
di
riposo
.
E
poi
girava
già
viva
la
voce
che
tra
i
regi
fosse
cominciato
un
grande
scoraggiamento
;
si
diceva
che
altri
loro
ufficiali
erano
passati
alla
rivoluzione
,
tra
i
quali
due
capitani
del
genio
ed
era
vero
;
e
ormai
pareva
certo
che
i
dodicimila
uomini
del
Palazzo
reale
stessero
isolati
affatto
,
senza
viveri
e
senza
comunicazioni
col
porto
e
con
Castellamare
.
Dunque
una
risoluzione
il
loro
generale
l
'
avrebbe
dovuta
prendere
;
o
avventarli
tutti
a
morire
o
capitolare
.
Ma
venuta
la
notte
l
'
inquietudine
non
cessò
,
anzi
faceva
terrore
il
pensiero
di
quel
che
sarebbe
potuto
succedere
il
mattino
seguente
;
e
quasi
si
agognava
che
fosse
già
l
'
alba
,
per
tornare
nella
furia
invece
di
consumar
l
'
anima
in
orribili
fantasie
.
Anche
Garibaldi
ebbe
quella
sera
un
momento
in
cui
quasi
disperò
.
Gli
avevano
portato
la
nuova
che
erano
sbarcati
alla
Flora
due
battaglioni
di
bavaresi
,
gente
aizzata
da
Napoli
e
per
tutta
la
traversata
con
feroci
promesse
,
ed
esaltata
dalla
lusinga
d
'
aver
essa
l
'
onore
di
dar
il
colpo
mortale
alla
rivoluzione
.
Ma
la
notizia
non
era
esatta
.
I
due
battaglioni
erano
sbarcati
sì
,
ma
non
alla
Flora
.
E
il
generale
Lanza
aveva
commesso
l
'
errore
di
chiamarseli
al
Palazzo
reale
.
Dunque
erano
men
da
temersi
,
stando
essi
nelle
mani
di
chi
non
sapeva
adoprar
bene
neppur
le
buone
truppe
che
aveva
già
.
E
Garibaldi
si
rassicurò
.
Ma
quella
era
la
notte
del
dolore
,
ed
Egli
ebbe
pur
quello
di
venir
a
sapere
che
alcuni
de
'
suoi
,
tre
o
quattro
in
tutti
,
non
potendo
più
star
con
l
'
animo
alla
paura
,
erano
ricorsi
ai
consoli
stranieri
,
per
farsi
munire
di
passaporti
.
Il
dolore
che
ne
provò
non
si
può
dire
;
la
pena
del
suo
disprezzo
che
inflisse
a
quei
tali
fu
mortale
.
Uno
di
essi
,
poi
,
che
portava
un
bel
nome
nizzardo
,
era
ricorso
al
consolato
di
Francia
!
Il
Generale
ne
pianse
.
Gli
toccava
là
,
nel
pieno
della
sua
grandezza
,
fosse
pure
alla
vigilia
forse
della
catastrofe
suprema
,
gli
toccava
là
quella
atroce
puntura
di
veder
quel
suo
uomo
aver
riconosciuto
con
quell
'
atto
che
Nizza
era
Francese
!
Egli
,
così
proclive
a
compatire
,
a
scusare
,
non
perdonò
;
e
il
nome
di
quell
'
uomo
fu
spento
.
*
Il
giorno
appresso
,
mentre
il
fuoco
,
riacceso
in
tutti
i
punti
sin
dall
'
alba
,
lasciava
indovinare
ne
'
regi
una
certa
stanchezza
,
ma
teneva
pur
sempre
in
forse
dell
'
esito
finale
,
Garibaldi
ricevè
un
messaggio
del
generale
Lanza
.
Questi
che
sin
dal
28
aveva
chiesto
all
'
Ammiraglio
inglese
d
'
intromettersi
per
imporre
una
breve
tregua
,
onde
si
potessero
raccogliere
i
feriti
e
seppellire
i
morti
,
ma
però
senza
trattare
egli
con
Garibaldi
;
e
dall
'
inglese
aveva
ricevuto
in
risposta
che
appunto
a
Garibaldi
doveva
rivolgersi
:
ora
nel
suo
messaggio
dava
di
Eccellenza
al
'
Filibustiere
'
!
E
gli
chiedeva
un
armistizio
di
ventiquattr
'
ore
,
e
lo
invitava
a
un
ritrovo
con
due
suoi
generali
,
per
trattar
d
'
altre
cose
.
Designava
per
luogo
la
nave
ammiraglia
inglese
.
Garibaldi
concesse
subito
l
'
armistizio
,
accettò
l
'
invito
al
ritrovo
,
e
da
una
parte
e
dall
'
altra
fu
subito
dato
l
'
ordine
di
cessare
il
fuoco
.
Erano
le
undici
antimeridiane
.
Il
ritrovo
doveva
avvenire
alle
ore
quattordici
.
Ma
mentre
Garibaldi
trattava
di
queste
cose
nel
Palazzo
pretorio
,
e
sottoscriveva
l
'
armistizio
col
Colonnello
messaggero
del
Generale
nemico
,
gli
giunse
un
grido
di
tradimento
,
propagato
sia
da
Porta
Termini
,
grido
terribile
di
cui
veniva
interprete
a
lui
,
smaniando
,
quel
prete
Di
Stefano
che
gli
era
apparso
dei
primi
,
il
mattino
del
27
.
Insomma
a
Porta
Termini
erano
giunti
a
marcie
forzate
i
cinque
i
seimila
uomini
del
Von
Mechel
e
del
Bosco
,
quelli
che
dal
dì
24
,
credendo
di
inseguir
Garibaldi
in
fuga
,
erano
andati
fino
a
Corleone
.
Là
,
avendo
alla
fine
saputo
l
'
inganno
in
cui
erano
caduti
,
s
'
erano
rivolti
volando
al
ritorno
;
ed
adesso
erano
lì
alla
porta
stessa
per
cui
Garibaldi
era
entrato
in
Palermo
,
furiosi
,
sguinzagliati
dai
loro
comandanti
come
belve
fuor
di
catena
.
Una
mezz
'
ora
prima
che
fossero
sopravvenuti
,
entravano
di
lancio
fino
al
Palazzo
pretorio
,
perché
da
quella
parte
della
città
le
barricate
non
erano
quasi
guardate
.
E
chi
sa
?
forse
Garibaldi
sarebbe
finito
davvero
nella
tragedia
.
Invano
li
avevano
voluti
arrestare
combattendo
gli
accorsi
al
grido
del
loro
arrivo
;
i
Bavaresi
avanzavano
di
barricata
in
barricata
,
erano
già
alla
Fiera
Vecchia
.
Ma
l
'
armistizio
era
firmato
.
Il
Colonnello
borbonico
,
messaggero
che
si
trovò
di
fronte
a
Garibaldi
,
a
sentirsi
dare
quasi
di
traditore
,
si
offerse
di
andar
egli
stesso
a
fermare
quella
terribile
colonna
,
e
andò
lealmente
.
Garibaldi
seguì
.
Tra
via
incontrarono
il
colonnello
Carini
che
veniva
via
di
là
,
portato
su
d
'
una
barella
,
ferito
gravemente
ad
un
omero
,
e
gridava
di
accorrere
,
di
accorrere
,
che
se
no
era
finita
.
Alla
vista
del
Colonnello
borbonico
che
sventolava
un
fazzoletto
bianco
,
i
Bavaresi
si
fermarono
come
d
'
incanto
.
Ma
i
loro
colonnelli
Von
Mechel
e
Bosco
,
quando
seppero
dell
'
armistizio
,
parvero
lì
per
lì
per
andare
in
pezzi
dall
'
ira
.
Ah
quel
Bosco
!
Egli
siciliano
,
caro
per
certi
liberi
sentimenti
a
'
suoi
amici
palermitani
,
aveva
fiutato
nell
'
aria
che
la
fortuna
stava
per
passargli
vicino
e
,
smesse
le
buone
idee
,
si
era
preparato
a
pigliarla
pei
capelli
.
Quel
Garibaldi
cui
,
secondo
che
si
diceva
,
si
era
vantato
d
'
aver
mandato
a
sfidare
a
duello
,
egli
ora
si
era
figurato
d
'
averlo
già
nelle
mani
.
Allora
sarebbe
divenuto
il
primo
uomo
del
regno
.
Che
sarebbe
più
contato
rimpetto
a
lui
Nunziante
,
Ischitella
,
Filangeri
stesso
e
tutti
insieme
i
vecchi
servitori
e
salvatori
della
dinastia
?
Era
giovane
,
bello
,
prode
,
d
'
ingegno
,
stava
per
valore
,
nell
'
esercito
borbonico
quasi
come
poi
il
colonnello
Pallavicini
stette
in
quello
di
Vittorio
Emanuele
;
Francesco
II
avrebbe
regnato
di
nome
,
egli
di
fatto
,
e
nella
reggia
e
nel
Regno
sarebbe
stato
più
che
re
.
Ma
il
gran
miraggio
gli
si
dileguò
in
quell
'
istante
,
ond
'
egli
rimase
là
alla
Fiera
Vecchia
tempestoso
.
Però
nella
sua
collera
,
ispirava
quasi
ammirazione
.
Cessato
anche
il
fuoco
alla
Fiera
Vecchia
come
già
per
tutta
la
città
,
non
si
udì
più
che
qualche
colpo
di
qualche
mal
disciplinato
sperduto
.
Ma
allora
,
peggior
di
quello
del
combattimento
,
cominciò
lo
strazio
dei
feriti
e
dei
morti
da
cercare
.
Se
ne
trovaron
dappertutto
.
Facevano
grande
pietà
le
donne
,
i
vecchi
,
i
fanciulli
.
Quanti
destini
infranti
,
quante
lacrime
da
essi
lasciate
dietro
!
E
dal
Palazzo
pretorio
fu
subito
dato
l
'
ordine
di
riunire
le
Compagnie
dei
Cacciatori
delle
Alpi
ciascuna
a
un
punto
designato
,
dove
si
dovevano
raccogliere
tutti
coloro
che
non
fossero
impegnati
alla
guardia
dei
posti
.
Così
oltre
il
numero
dei
morti
,
sarebbe
stato
possibile
sapere
il
numero
dei
feriti
ricoverati
negli
ospedali
o
nelle
case
dei
cittadini
.
Allora
avvennero
gli
incontri
dei
compagni
che
in
qualche
momento
di
quei
tre
giorni
si
erano
perduti
di
vista
fra
loro
,
e
nella
confusione
avevano
partecipato
ai
fatti
d
'
arme
in
punti
diversi
,
dubitando
reciprocamente
della
vita
gli
uni
degli
altri
,
o
avendo
ricevuto
notizie
vaghe
di
ferite
e
di
morte
.
"
E
tu
dove
ti
sei
trovato
?
E
tu
cosa
hai
fatto
,
e
dove
eri
la
notte
tale
?
dove
hai
mangiato
,
dormito
,
vissuto
?
"
Ve
n
'
erano
di
così
storditi
,
di
così
disfatti
dalle
veglie
,
dalle
fatiche
,
dalle
emozioni
,
che
non
sapevano
nemmen
essi
che
dire
.
Ma
parlava
per
loro
il
loro
aspetto
.
Di
alcuni
che
parevano
riposati
e
pasciuti
si
mormorava
.
E
così
,
alla
grossa
,
si
poté
fare
il
conto
delle
morti
.
Non
erano
molte
.
La
vittoria
di
Calatafimi
era
costata
assai
di
più
.
Ma
in
Palermo
le
Compagnie
avevano
combattuto
,
governandosi
ogni
soldato
quasi
da
sé
,
esponendosi
appena
quant
'
era
necessario
per
far
fuoco
,
e
avanzando
con
quell
'
abilità
naturale
con
cui
si
sa
cogliere
il
destro
a
scansare
i
danni
,
a
pigliarsi
i
vantaggi
.
Invece
moltissimi
erano
i
feriti
,
i
più
nel
capo
o
nella
parte
superiore
del
torso
.
Le
barricate
avevano
salvato
il
resto
della
persona
.
Ed
era
stata
fortuna
,
perché
i
feriti
nelle
gambe
morirono
poi
quasi
tutti
.
Molti
più
erano
i
morti
borbonici
.
In
certi
luoghi
,
come
al
bastione
di
Porta
Montalto
,
erano
così
fitti
,
che
non
si
capiva
chi
ne
avesse
potuti
uccidere
tanti
.
Ma
quasi
nessun
ufficiale
tra
loro
.
Di
questi
,
in
tutti
i
tre
giorni
,
non
ne
morirono
che
quattro
,
misera
testimonianza
del
valore
di
quella
ufficialità
,
se
pur
non
fu
una
manifestazione
di
sentimento
già
nato
negli
animi
,
almen
dei
giovani
,
quello
dell
'
inutilità
d
'
ogni
sacrificio
contro
colui
che
,
impersonando
la
milizia
di
un
altro
Re
,
rappresentava
un
'
idea
della
quale
sarebbero
stati
volentieri
soldati
.
In
quel
pomeriggio
,
tutti
si
misero
a
dar
una
ripulita
alle
armi
;
poi
chi
di
qua
chi
di
là
,
i
più
andarono
a
visitar
i
compagni
feriti
o
a
trovar
le
famiglie
dalle
quali
erano
capitati
,
durante
quell
'
inferno
dei
tre
giorni
,
per
caso
o
per
chiedere
un
tozzo
o
un
sorso
.
E
là
erano
accoglienze
da
principi
.
Ve
ne
furono
che
capitarono
in
casa
di
gente
altolocata
ma
malveduta
dal
popolo
,
e
che
senza
saperlo
servirono
di
copertura
agli
ospiti
da
cui
furono
tenuti
in
casa
come
guardie
.
Altri
furon
visti
accompagnar
di
qua
e
di
là
tra
la
folla
famiglie
sgomente
che
,
così
protette
,
si
facevano
condurre
nei
monasteri
o
alla
marina
,
dove
si
imbarcavano
per
andare
al
sicuro
su
qualche
nave
,
ad
aspettare
il
resto
della
tragedia
.
Perché
ventiquattr
'
ore
di
armistizio
sarebbero
presto
passate
.
Intanto
allo
Stato
Maggiore
,
il
Turr
,
il
Sirtori
,
gli
altri
non
perdevano
il
tempo
,
e
tutto
quel
pomeriggio
fu
dato
loro
a
fabbricar
polvere
,
a
ordinare
un
poco
i
'
Picciotti
'
,
a
far
mettere
in
batteria
certi
vecchi
cannoni
cavati
fuori
da
dove
erano
stati
nascosti
nel
1849
.
Altri
ne
furono
messi
su
,
avuti
in
dono
o
comprati
dai
bastimenti
mercantili
che
stavano
in
rada
.
E
i
'
Picciotti
'
vi
facevano
intorno
la
ronda
,
li
lustravano
e
li
coprivano
di
immagini
sacre
,
improvvisavano
fin
delle
laudi
a
quei
bronzi
,
come
se
fossero
eroi
o
santi
.
Il
giorno
appresso
si
sarebbe
sentita
la
loro
voce
.
Nei
luoghi
della
città
più
affollati
,
sebbene
l
'
andirivieni
fosse
più
che
mai
vivo
,
bande
musicali
suonavano
arie
patriottiche
dell
'
Attila
,
dei
'
Due
Foscari
'
,
dei
'
Lombardi
'
,
o
inni
del
Quarantotto
;
qualcuno
suonava
già
anche
"
Si
scopron
le
tombe
...
"
E
,
cosa
meravigliosa
,
invece
di
far
adagiare
gli
animi
nella
speranza
che
la
lotta
non
ricominciasse
più
,
l
'
armistizio
li
aveva
ancora
concitati
.
Perciò
si
vedevano
le
gronde
dei
tetti
,
i
balconi
,
le
finestre
,
sempre
più
carichi
di
materiale
da
buttar
giù
;
e
tra
la
gente
che
lavorava
a
far
sempre
più
alte
le
barricate
,
si
sentiva
dire
con
sicurezza
che
neppure
centomila
uomini
avrebbero
più
potuto
venir
da
fuori
al
Palazzo
pretorio
.
Queste
erano
esagerazioni
battagliere
.
Ma
cosa
grande
davvero
,
che
passa
l
'
immaginazione
,
fu
sul
tardi
il
ritorno
di
Garibaldi
dal
suo
abboccamento
coi
generali
borbonici
Letizia
e
Chrétien
,
avvenuto
a
bordo
della
nave
ammiraglia
inglese
.
Egli
vi
era
andato
lasciando
in
angoscia
indicibile
chi
lo
sapeva
.
Ed
essendo
giunto
a
un
luogo
del
porto
detto
la
Sanità
,
proprio
nel
momento
in
cui
vi
giungevano
i
generali
nemici
,
l
'
ufficiale
della
lancia
inglese
non
sapendo
che
far
di
meglio
,
lo
aveva
imbarcato
insieme
con
quei
due
.
Come
si
sentissero
in
compagnia
di
quell
'
uomo
in
semplice
camicia
rossa
essi
tutti
galloni
,
non
è
facile
immaginare
;
ma
narrava
il
capitano
Cenni
che
parevano
aver
voglia
di
far
l
'
altezzoso
.
E
difatti
nelle
trattative
,
una
volta
a
bordo
e
cominciata
la
conferenza
,
il
general
Letizia
affettava
di
non
rivolgersi
a
Garibaldi
,
e
parlava
con
una
certa
alterigia
.
Ciò
dispiacque
all
'
ammiraglio
Mundy
e
ai
comandanti
navali
francese
,
americano
e
sardo
,
che
egli
aveva
chiamati
sulla
sua
nave
,
perché
assistessero
al
colloquio
.
E
questo
si
mutò
presto
quasi
in
un
diverbio
.
Il
Mundy
,
ospite
,
ebbe
anzi
un
bel
da
fare
onde
Garibaldi
,
pur
con
ragione
,
non
trascendesse
.
Il
Letizia
aveva
tra
l
'
altre
cose
osato
chiedergli
che
la
rappresentanza
cittadina
di
Palermo
facesse
un
atto
di
sottomissione
al
suo
Re
.
E
allora
Garibaldi
proruppe
che
la
rappresentanza
cittadina
era
in
lui
Dittatore
,
e
rotta
ogni
trattativa
si
ritirò
.
Ma
nel
partirsi
da
bordo
si
rivolse
al
Comandante
americano
Palmer
,
confidandogli
rapidamente
e
a
bassa
voce
che
in
Palermo
non
aveva
quasi
più
munizioni
,
e
raccomandandosi
a
lui
perché
,
se
potesse
,
gliene
mandasse
.
Così
tornò
a
terra
.
Ma
nel
breve
tragitto
dalla
marina
al
Palazzo
pretorio
,
ebbe
uno
di
quei
momenti
nei
quali
gli
eroi
pagano
,
per
dir
così
,
il
fio
della
loro
grandezza
.
Lo
pagano
con
la
tempesta
che
si
scatena
loro
nell
'
animo
,
come
avvenne
al
Mazzini
nel
1833
,
nell
'
ora
terribile
in
cui
si
trovò
a
lottar
tra
l
'
idea
sua
,
che
egli
chiamava
dovere
,
e
il
sacrificio
di
tanti
,
che
per
quell
'
idea
suscitata
da
lui
,
si
offrivano
alla
rivoluzione
,
alla
galera
,
alle
forche
.
E
così
come
narrò
di
sé
il
Mazzini
,
di
sé
e
di
quel
suo
momento
narrò
Garibaldi
.
"
Confesso
che
non
ero
scoraggiato
;
ma
considerando
la
potenza
e
il
numero
del
nemico
e
la
pochezza
dei
nostri
mezzi
,
mi
nacque
un
po
'
d
'
indecisione
sulla
risoluzione
da
prendersi
,
cioè
se
convenisse
continuar
la
difesa
della
città
,
oppure
rannodare
tutte
le
nostre
forze
e
ripigliar
la
campagna
.
Quest
'
ultima
idea
mi
passò
per
la
mente
come
un
incubo
,
ma
la
allontanai
da
me
con
dispetto
:
trattavasi
di
abbandonar
la
città
di
Palermo
alle
devastazioni
di
una
soldatesca
sfrenata
!
Mi
presentai
quindi
quasi
indispettito
con
me
stesso
al
bravo
popolo
dei
Vespri
.
"
Apparve
di
fatto
dal
balcone
sinistro
del
Palazzo
,
nel
lampo
delle
invetriate
che
,
mentre
si
aprirono
,
scintillarono
percosse
dal
sole
già
basso
verso
Monte
Pellegrino
,
e
a
capo
scoperto
,
come
Ferruccio
ai
suoi
,
prima
di
Gavinana
,
parlò
.
Breve
,
pacato
,
con
voce
che
suonò
come
un
canto
,
disse
che
il
nemico
gli
aveva
fatto
delle
proposte
ingiuriose
per
Palermo
e
che
egli
,
sapendo
il
popolo
pronto
a
farsi
seppellire
sotto
le
rovine
della
sua
città
,
le
aveva
rifiutate
.
V
'
è
ancora
qualcuno
,
vivo
,
al
mondo
,
che
,
sebbene
sia
passato
quasi
mezzo
secolo
,
si
sente
sempre
nell
'
anima
quella
voce
.
E
ancora
vede
ciò
che
vide
in
quell
'
ora
.
Vede
quella
moltitudine
che
non
balenò
neppur
un
istante
,
e
che
alle
ultime
parole
di
Garibaldi
ruppe
in
un
grido
solo
:
"
Sì
!
Sì
!
Grazie
!
Grazie
!
"
con
una
levata
di
mani
,
di
fronti
,
di
cuori
,
tale
da
fare
impallidire
lui
,
pel
sovrumano
peso
che
gli
imponeva
,
accettando
l
'
onore
di
lasciarsi
sacrificare
.
Egli
guardò
un
poco
,
poi
si
tirò
dentro
'
"
ritemprato
(
lo
narrò
nelle
sue
'
memorie
'
)
e
da
quel
momento
ogni
sintomo
di
timore
,
di
titubanza
,
d
'
indecisione
"
gli
sparve
.
Il
discorso
di
Garibaldi
comparve
poi
subito
stampato
sotto
forma
di
Proclama
alle
cantonate
.
Diceva
così
:
"
Il
nemico
mi
ha
proposto
un
armistizio
.
Io
accettai
quelle
condizioni
che
l
'
umanità
dettava
di
accettare
,
cioè
ritirar
le
famiglie
e
i
feriti
:
ma
fra
le
richieste
,
una
ve
n
'
era
ingiuriosa
per
la
brava
popolazione
di
Palermo
,
ed
io
la
rigettai
con
disprezzo
.
Il
risultato
della
mia
conferenza
d
'
oggi
fu
dunque
di
ripigliar
le
ostilità
domani
.
Io
e
i
miei
compagni
siamo
festanti
di
poter
combattere
accanto
ai
figli
dei
Vespri
una
battaglia
,
che
deve
infrangere
l
'
ultimo
anello
di
catene
con
cui
fu
avvinta
questa
terra
del
genio
e
dell
'eroismo."
Parrà
forse
dir
troppo
ma
è
verità
.
La
sera
di
quel
giorno
,
proprio
come
se
ricorresse
la
sua
festa
di
Santa
Rosalia
,
Palermo
si
illuminò
tutta
.
Lasciamo
stare
che
i
palazzi
e
le
case
dei
ricchi
nelle
grandi
vie
fecero
addirittura
la
luminaria
;
ma
non
vi
fu
casupola
per
quanto
povera
e
nascosta
ne
'
vicoli
,
che
non
avesse
il
suo
lume
a
ogni
finestra
.
E
la
notte
passò
in
cene
e
canti
e
fino
in
danze
.
Per
prepararsi
alla
ripresa
della
guerra
,
se
guerra
doveva
ancora
esservi
,
si
avrebbe
avuta
poi
tutta
la
mattinata
appresso
.
Ma
quando
fu
mezzodì
e
i
combattenti
erano
tornati
tutti
ai
loro
posti
,
pronti
a
ricominciare
,
fu
fatto
dire
dappertutto
che
l
'
armistizio
era
prolungato
di
tre
giorni
.
Allora
entrò
nei
cuori
che
in
quanto
a
Palermo
i
regi
avevano
finito
.
E
tanto
più
crebbe
l
'
idea
quando
si
arrese
la
compagnia
che
custodiva
il
palazzo
delle
Finanze
in
piazza
Marina
,
dove
giaceva
un
tesoro
di
cinquanta
milioni
di
ducati
.
Avevano
messo
il
blocco
al
palazzo
una
ventina
di
Garibaldini
e
un
nugolo
di
popolani
,
appostati
intorno
a
distanza
,
vigili
giorno
e
notte
,
e
così
il
denaro
della
Sicilia
,
rimaneva
in
Sicilia
.
Durante
quell
'
armistizio
,
stettero
le
due
parti
ai
loro
posti
,
ognuna
con
le
proprie
sentinelle
piantate
a
farsi
guardia
contro
la
nemica
.
E
in
certi
punti
della
città
,
le
sentinelle
si
trovavano
a
essere
così
vicine
fra
loro
,
che
in
quattro
passi
potevano
gettarsi
a
zuffa
l
'
una
sull
'
altra
.
Perciò
in
quei
luoghi
insieme
coi
'
Picciotti
'
,
che
dal
grande
odio
non
avrebbero
saputo
stare
senza
insultarsi
o
saltare
addirittura
sui
napolitani
,
fu
messo
un
gruppo
di
Garibaldini
.
E
talvolta
avveniva
che
dei
soldati
napolitani
qualcuno
o
la
sentinella
stessa
,
da
una
parola
all
'
altra
,
si
lasciava
tirare
a
conversare
coi
Garibaldini
,
perdeva
la
testa
,
dava
indietro
un
'
occhiata
,
tentennava
un
poco
,
e
poi
scattava
via
di
lancio
a
rifugiarsi
tra
loro
,
abbracciato
,
baciato
,
portato
via
in
trionfo
per
la
città
.
Così
,
alla
Fiera
Vecchia
,
anche
i
Bavaresi
disertarono
a
dozzine
,
ultime
figure
di
mercenarii
che
avevano
fatto
quell
'
ultima
apparizione
in
Italia
.
Magnanimo
veramente
era
stato
il
primo
giorno
Francesco
Crispi
che
,
appena
sottoscritto
l
'
armistizio
,
si
era
ricordato
subito
del
Mosto
e
del
Rivalta
,
rimasti
in
mano
dei
borbonici
,
nella
ritirata
dal
Parco
.
Egli
,
segretario
di
Stato
del
Dittatore
,
corse
a
Castellamare
per
farne
lo
scambio
con
due
ufficiali
superiori
nemici
,
prigionieri
.
Entrò
nel
forte
superbamente
,
e
chiese
dei
due
Garibaldini
.
Di
Garibaldini
prigionieri
non
v
'
era
che
il
Rivalta
;
dell
'
altro
,
quei
del
Castello
non
sapevano
nulla
.
Il
Rivalta
sì
,
sapeva
dove
era
il
suo
povero
amico
;
ma
non
lo
disse
,
temendo
che
il
Crispi
infuriasse
,
e
tirasse
fors
'
anche
su
di
sé
e
su
di
lui
la
bestialità
di
alcuno
di
quei
biechi
soldati
.
Diceva
il
Comandante
del
Castello
che
il
Mosto
era
forse
dal
generale
Lanza
nel
Palazzo
Reale
.
Il
Crispi
uscì
per
andarvi
,
ma
tra
via
il
Rivalta
,
gli
narrò
che
il
Mosto
esile
e
stanco
,
nella
ritirata
dal
Parco
era
caduto
sfinito
su
per
l
'
erta
del
monte
e
che
sopraggiunti
i
Cacciatori
era
stato
trafitto
a
baionettate
.
Egli
,
il
Rivalta
,
aveva
visto
da
pochi
passi
più
in
su
morir
l
'
amico
a
quel
modo
,
e
sarebbe
toccata
anche
a
lui
la
stessa
sorte
,
se
un
giovane
ufficiale
non
avesse
persuasi
i
Cacciatori
a
serbarlo
per
averne
informazioni
su
Garibaldi
.
Salvato
così
,
lo
avevano
mandato
al
colonnello
Bosco
e
poi
a
Palermo
,
dove
era
stato
chiuso
in
una
casamatta
del
Castello
,
e
tra
le
minacce
e
gli
insulti
ivi
tenuto
sino
a
quel
momento
.
Ma
dalla
mattina
del
27
,
quando
si
era
sentito
sopra
il
capo
tremar
le
volte
al
tuonar
dei
mortai
,
aveva
sperato
,
gli
si
era
allargato
il
cuore
.
Sparsa
la
notizia
tra
i
Carabinieri
genovesi
,
andò
al
Parco
Antonio
Mosto
con
alcuni
amici
;
e
sul
monte
,
ancora
nel
posto
dov
'
era
stato
ucciso
,
trovò
il
suo
fratello
,
dolce
e
gracile
giovine
,
da
otto
giorni
insepolto
.
E
nello
stesso
posto
lo
seppellì
.
*
Garibaldi
,
un
di
quei
giorni
,
verso
sera
,
fece
una
passeggiata
a
cavallo
per
la
città
,
passando
pei
luoghi
dove
le
barricate
erano
meno
fitte
.
Dire
che
accoglienze
gli
faceva
il
popolo
parrebbe
ora
poesia
,
ora
che
il
mondo
è
tanto
mutato
.
Miravano
le
turbe
quella
figura
dolce
,
e
non
sapendo
ben
capire
come
ad
essa
convenisse
il
gran
nome
guerriero
,
chinavano
religiosamente
la
fronte
,
o
gli
si
protendevano
come
ad
un
essere
sovrumano
.
Non
era
difficile
immaginare
le
folle
deliranti
di
certi
altri
paesi
prostrate
per
voluttà
di
farsi
schiacciare
dai
carri
sacri
.
Egli
correggeva
con
lo
sguardo
quei
fanatismi
.
Spirato
quel
termine
di
tre
giorni
,
fu
prolungato
l
'
armistizio
di
altri
tre
.
Si
indovinava
in
ciò
gli
ondeggiamenti
della
Reggia
di
Napoli
,
dove
il
re
mite
e
le
donne
fiere
tenevano
la
questione
sospesa
tra
i
consigli
di
chi
voleva
che
Palermo
fosse
tutta
ridotta
in
rovine
,
e
il
vecchio
saggio
Filangeri
che
ammoniva
il
Re
,
supplicandolo
di
non
si
mettere
da
sé
,
con
quell
'
eccidio
,
al
bando
di
tutta
l
'
Europa
liberale
.
E
il
suo
consiglio
prevalse
.
Così
al
terzo
armistizio
seguì
una
convenzione
,
per
la
quale
i
regi
si
obbligavano
a
sgombrar
Palermo
,
però
con
l
'
onore
delle
armi
.
Garibaldi
concesse
.
Andassero
pure
onorati
!
Erano
italiani
anch
'
essi
,
e
nel
trattarli
così
,
egli
poteva
dire
di
riportare
un
'
altra
vittoria
.
E
il
giorno
8
giugno
fu
uno
strano
spettacolo
.
Al
cospetto
di
molto
popolo
in
festa
,
dinanzi
a
forse
quattrocento
Cacciatori
delle
Alpi
raccolti
per
quella
cerimonia
,
sfilarono
i
ventimila
soldati
dell
'
esercito
regio
,
soldati
di
tutte
le
armi
.
Dove
andavano
,
dove
si
sarebbero
ancora
incontrati
a
combattere
con
quei
loro
vincitori
che
,
così
pochi
,
avevano
dietro
di
loro
l
'
Italia
Nuova
?
Non
sapevano
,
ma
pareva
sentissero
che
il
mondo
abbandonava
il
loro
sovrano
.
Tuttavia
,
se
passavano
senza
fierezza
,
non
avevano
aria
avvilita
.
I
soldati
avevano
combattuto
.
Allora
Palermo
festeggiò
sé
stessa
magnificamente
,
e
quelli
che
chiamava
i
suoi
liberatori
.
Essi
,
in
venticinque
giorni
dalla
partenza
da
Genova
,
avevano
vissuto
quanto
si
può
vivere
in
parecchi
anni
,
e
veduto
e
sentito
quanto
in
un
lungo
viaggio
,
per
terre
di
civiltà
antiche
e
venerande
.
E
avevano
anche
potuto
meditare
sugli
effetti
delle
rivoluzioni
compiutesi
,
durante
l
'
ultimo
secolo
,
nell
'
alta
Italia
,
dove
se
le
miserie
della
vita
erano
ancora
molte
,
certa
somma
di
beni
s
'
era
pur
cumulata
nelle
città
e
nelle
campagne
,
e
di
questi
beni
tutti
ne
avevano
risentito
.
Ma
là
nell
'
Isola
,
rimasta
nel
silenzio
e
nella
solitudine
,
senza
essere
stata
toccata
dalla
rivoluzione
francese
,
quasi
tutto
era
ancora
come
doveva
essere
stato
parecchi
secoli
indietro
.
Grandezze
da
principi
in
una
classe
ristretta
;
povertà
,
ignoranza
e
superstizione
nella
grossa
moltitudine
;
e
,
salvo
le
grandi
città
,
assenza
quasi
assoluta
di
quel
ceto
di
mezzo
colto
,
ricco
,
operoso
,
che
nell
'
alta
Italia
teneva
già
sin
da
allora
in
pugno
le
sorti
sociali
.
Però
l
'
anima
siciliana
si
rivelava
pronta
a
liberarsi
da
quanto
di
troppo
vecchio
la
impediva
,
e
capace
di
rimettere
in
breve
il
gran
tempo
perduto
.
Ma
queste
eran
cose
da
lasciarsi
al
poi
.
Per
allora
bastava
che
l
'
Italia
spingesse
avanti
l
'
opera
iniziata
dai
Siciliani
e
dai
Mille
.
Questi
si
sarebbero
modestamente
confusi
nell
'
onda
grossa
di
volontari
che
essa
avrebbe
mandati
,
come
infatti
mandò
.
Ma
nei
giorni
che
corsero
tra
lo
sgombro
dei
regi
e
l
'
arrivo
di
quella
che
fu
chiamata
la
seconda
spedizione
condotta
dal
Medici
,
le
gioie
che
Palermo
fece
loro
godere
furono
cose
da
novelle
orientali
.
Banchetti
e
festini
,
uno
che
aspettava
la
fine
dell
'
altro
per
cominciare
.
I
Mille
,
smessi
i
panni
borghesi
,
vi
comparivano
nelle
loro
fiammanti
camicie
rosse
,
mirabili
le
Guide
nelle
pittoresche
divise
tra
ungheresi
e
francesi
;
mirabili
i
Carabinieri
genovesi
in
un
costume
severo
e
quanto
mai
signorile
.
Ogni
tanto
,
però
,
si
faceva
qualche
gran
funerale
di
morti
per
ferite
,
perché
grandiosa
e
solenne
doveva
essere
in
Palermo
anche
l
'
ospitalità
della
tomba
.
Così
certi
umili
volontari
che
,
morti
nelle
loro
case
,
sarebbero
stati
accompagnati
al
cimitero
da
pochi
umili
come
loro
,
ebbero
esequie
da
grandi
.
Quelle
di
Adolfo
Azzi
morto
il
4
giugno
,
quelle
del
colonnello
Tukory
morto
il
dì
8
,
furono
apoteosi
.
Intanto
alla
gioia
veniva
a
mescersi
certa
mestizia
.
Era
di
quella
che
le
grandi
cose
lasciano
nel
cuore
,
quando
sono
compiute
.
Gli
animi
alacri
e
lieti
della
vigilia
cambiano
godimento
nella
tristezza
di
poi
.
Quanto
a
quelli
che
avanzarono
dopo
Palermo
,
alcuni
andarono
a
morir
a
Milazzo
come
Vincenzo
Padula
da
Padula
,
Gaetano
Erede
da
Genova
e
Giuseppe
Poggi
,
il
bello
ed
eroico
Poggi
,
cui
Garibaldi
aveva
ammirato
a
Calatafimi
.
Pilade
Tagliapietra
da
Treviso
,
Giuseppe
Profumo
da
Genova
,
Pietro
Zenner
da
Vittorio
e
l
'
angelico
Ernesto
Belloni
da
Treviso
,
caddero
a
Reggio
Calabria
;
Angelo
Cereseto
e
Giovanni
Battista
Roggerone
,
Quirico
e
Pietro
Traverso
,
tutt
'
e
quattro
genovesi
,
e
Innocente
Stella
da
Arsiero
,
morirono
in
battaglia
sul
Volturno
,
e
a
Villa
Gualtieri
,
il
1°
ottobre
.
Così
in
tutti
,
dei
Mille
,
da
Calatafimi
al
Volturno
,
quelli
che
morirono
in
quel
grand
'
anno
furono
settantotto
.
Altri
come
il
Nullo
ed
Elia
Marchetti
andarono
presto
a
morir
in
Polonia
cavalieri
poeti
della
libertà
;
altri
ancora
come
Raniero
Taddei
e
Antonio
Ottavi
da
Reggio
Emilia
e
Stefano
Messaggi
milanese
,
morirono
combattendo
,
ufficiali
dell
'
esercito
,
a
Custoza
;
o
come
Vincenzo
Dalla
Santa
e
Giuseppe
Dilani
camicie
rosse
,
nel
Trentino
.
Finirono
a
Mentana
Vigo
Pelizzari
e
Antonio
Caretti
;
alcuni
,
come
Giuseppe
Gnecco
da
Genova
e
Luigi
Perla
da
Bergamo
,
morirono
in
Francia
,
combattendo
ne
'
Vosgi
contro
i
Prussiani
.
Di
morte
naturale
,
nei
primi
dieci
anni
dopo
il
'60
,
morirono
quelli
che
erano
già
quasi
vecchi
al
tempo
della
spedizione
,
ma
anche
molti
,
massime
dei
più
giovani
,
consumati
dalla
tisi
.
Non
pochi
finirono
di
malattie
mentali
;
troppi
si
spensero
da
sé
,
non
rimasti
abbastanza
forti
alla
vita
.
Si
dice
che
a
Quarto
sorgerà
un
giorno
un
monumento
con
su
tutti
i
nomi
dei
Mille
incisi
nel
marmo
.
Sarà
cosa
che
onorerà
la
patria
;
ma
lo
scoglio
da
cui
Garibaldi
scese
a
imbarcarsi
,
è
da
sé
monumento
cui
la
poesia
fece
già
più
duraturo
d
'
ogni
marmo
e
d
'
ogni
bronzo
,
essa
che
vince
il
silenzio
dei
secoli
!
-
Fine
-