StampaPeriodica ,
Un
arguto
e
gentile
scrittore
di
questo
giornale
due
settimane
fa
mi
domandava
:
«
Fa
il
piacere
,
lei
,
d
'
insegnarmi
che
cosa
è
un
poeta
porco
?
di
darmi
i
segni
caratteristici
,
o
,
alla
maniera
che
dicono
gli
impiegati
di
polizia
,
i
connotati
del
poeta
porco
?
»
E
soggiungeva
:
«
Se
si
parla
del
Casti
o
del
Batacchi
,
quell
'
aggettivo
viene
spontaneo
sulle
labbra
anche
a
me
;
ma
quando
siamo
in
presenza
di
un
artista
,
il
quale
crede
mostrare
serenamente
le
qualità
del
suo
ingegno
,
del
suo
gusto
e
del
suo
stile
,
quando
stiamo
a
sentire
un
periodo
o
una
strofa
magnifica
di
proprietà
,
di
fantasimi
e
di
armonia
,
ecc
.
,
ecc
.
,
come
faremo
e
in
che
modo
dovremo
fare
per
sapere
quando
comincia
la
porcheria
?
»
ecc
.
,
ecc
.
Poi
,
più
giù
,
detto
come
il
poeta
da
me
chiamato
porco
era
Gabriele
D
'
Annunzio
,
e
il
libro
pel
quale
io
lo
avevo
chiamato
porco
l
'
Intermezzo
di
rime
,
assicurava
i
lettori
di
aver
cercato
pagina
per
pagina
,
da
verso
a
verso
,
entro
l
'
elegante
volumetto
,
e
di
non
aver
trovato
nulla
,
proprio
nulla
,
né
di
porco
né
di
sporco
.
Queste
parole
io
me
le
sono
dovute
rileggere
più
volte
per
convincermi
che
c
'
era
proprio
scritto
quello
che
ci
leggevo
.
E
quando
mi
sono
convinto
,
ho
detto
fra
me
:
Che
giova
dare
al
mio
egregio
contradittore
le
spiegazioni
ch
'
egli
mi
chiede
?
che
giova
cercare
di
fargli
intendere
che
cosa
sono
la
decenza
e
la
moralità
nell
'
arte
?
che
giova
dargli
i
segni
caratteristici
del
poeta
porco
;
se
,
quando
io
glie
li
avrò
dati
,
lui
,
facendomi
una
risata
sul
viso
,
mi
risponderà
:
«
To
'
,
ma
questo
è
il
poeta
che
io
chiamo
verecondo
?
»
Posta
in
questi
,
che
sono
i
veri
suoi
termini
,
la
questione
è
bell
'
e
finita
.
Non
resta
che
citare
i
versi
pei
quali
io
chiamo
inverecondo
il
poeta
che
al
mio
contradittore
pare
verecondo
,
e
rimettersi
al
giudizio
delle
poche
persone
culte
e
serie
che
,
come
il
mio
contradittore
dice
,
sono
tuttavia
in
Italia
.
Apriamo
dunque
l
'
Intermezzo
di
rime
,
apriamolo
,
non
precisamente
dove
l
'
aprì
il
mio
contradittore
,
e
citiamo
:
Noi
ci
fermammo
.
A
noi
sovra
il
capo
il
fulgore
piovea
placido
e
fresco
;
ne
le
carni
un
languore
novo
metteane
,
quasi
penetrasse
la
cute
ammollendo
le
vene
.
Ora
un
desìo
di
acute
voluttà
mi
pungeva
,
innanzi
a
quella
bianca
vergine
inconsapevole
Io
sono
tanto
stanca
ella
disse
,
piegando
ne
la
persona
...
Oh
come
si
scoperse
la
gola
tra
l
'
onda
de
le
chiome
e
le
iridi
si
persero
,
fiori
ne
'
l
latte
,
in
fondo
a
'
l
cerchio
de
le
pàlpebre
!
Oh
come
il
sen
rotondo
sgorgò
fuor
de
la
tunica
!
Io
mi
sentii
su
li
occhi
scendere
un
denso
velo
;
e
le
caddi
ai
ginocchi
Adagio
a
'
ma
'
passi
.
Certi
dibattimenti
nei
tribunali
si
fanno
a
porte
chiuse
;
e
qui
non
c
'
è
porte
da
chiudere
;
qui
siamo
in
piazza
.
No
,
io
non
andrò
innanzi
nella
citazione
;
io
debbo
rispetto
ai
miei
lettori
ed
a
me
;
io
non
debbo
contaminare
di
citazioni
immonde
l
'
onesta
mia
prosa
.
Ma
a
tutto
c
'
è
il
suo
rimedio
:
sèguiti
la
citazione
il
mio
contradittore
;
lui
,
al
quale
paiono
verecondi
versi
ch
'
io
debbo
per
verecondia
tacere
,
non
può
averci
difficoltà
;
séguiti
dunque
a
citare
fino
a
tutta
la
pagina
34;
citi
,
se
non
gli
basta
,
qualche
ottava
della
Venere
d
'
acqua
dolce
,
fermandosi
specialmente
alla
pagina
65
:
e
,
terminate
le
citazioni
,
ripeta
in
cospetto
delle
poche
persone
culte
e
serie
che
ci
sono
tuttavia
in
Italia
la
sua
affermazione
,
che
cioè
entro
l
'
elegante
volumetto
egli
non
ha
trovato
niente
né
di
porco
né
di
sporco
;
la
ripeta
,
e
ripeta
poi
la
domanda
:
«
Che
sia
io
il
poco
pulito
animale
?
»
Quando
le
poche
persone
culte
e
serie
che
sono
tuttavia
in
Italia
gli
avranno
risposto
,
mi
faccia
poi
sapere
la
risposta
;
con
la
quale
rimarrà
completamente
esaurita
e
risolta
,
senza
disputa
nessuna
,
la
nostra
questione
.
Ma
no
,
veda
,
mio
bravo
signor
Lodi
,
nei
versi
del
D
'
Annunzio
che
io
ho
stigmatizzati
non
è
questione
di
nudità
,
com
'
Ella
sembrò
credere
,
o
volle
forse
far
credere
.
Il
sonetto
che
Ella
riporta
,
come
uno
dei
più
nudi
e
dei
meno
belli
(
anche
a
me
piace
assai
poco
)
,
non
mi
dà
molta
noia
:
ciò
che
nei
versi
del
D
'
Annunzio
mi
dà
noia
,
ciò
che
fece
traboccare
il
mio
sdegno
,
ora
,
dopo
quelle
citazioni
,
lo
avrà
,
spero
,
capito
anche
Lei
:
caso
mai
non
lo
avesse
capito
bene
,
ci
torneremo
sopra
.
Il
nudo
,
quando
è
fuso
in
bronzo
,
o
scolpito
in
marmo
,
mi
dà
tanto
poca
noia
,
che
io
non
solo
non
pensai
a
scandalizzarmi
,
com
'
Ella
nota
,
davanti
al
Nettuno
del
Giambologna
,
ma
non
ci
pensai
nemmeno
nelle
gallerie
di
Firenze
e
di
Roma
,
e
nel
museo
di
Napoli
,
dove
del
nudo
,
come
Lei
sa
,
ce
n
'
è
da
cavarsene
la
voglia
.
Veda
,
però
,
proprio
al
museo
di
Napoli
,
che
ebbi
la
fortuna
di
visitare
parecchi
anni
sono
in
compagnia
di
un
illustre
personaggio
,
il
senatore
Fiorelli
che
ci
accompagnava
,
dopo
che
avemmo
veduto
tutto
,
trasse
fuori
da
una
stanza
,
chiusa
al
pubblico
,
un
piccolo
gruppo
,
dinanzi
al
quale
io
restai
meravigliato
:
poche
opere
d
'
arte
avevo
vedute
di
tanta
perfezione
.
«
Oh
perché
dirà
Lei
se
quel
gruppo
è
tanto
bello
,
lo
tengono
chiuso
?
»
E
veda
,
rispondo
io
,
quel
gruppo
è
molto
meno
nudo
delle
altre
statue
,
perché
rappresenta
una
capra
,
che
,
come
Lei
sa
,
non
ha
bisogno
,
per
vestirsi
,
d
'
incomodare
la
sarta
,
e
un
satiro
,
che
per
buona
parte
del
corpo
è
vestito
anche
lui
,
vestito
di
un
abito
non
confezionato
a
Parigi
,
ma
insomma
vestito
.
E
veda
ancora
:
né
il
satiro
né
la
capra
non
mostrano
nessuna
di
quelle
parti
per
le
quali
fu
inventata
la
foglia
di
fico
.
«
Oh
dunque
?
»
Ecco
:
il
satiro
però
e
la
capra
stanno
fra
loro
in
una
certa
posizione
,
fanno
fra
loro
una
certa
faccenda
,
naturali
l
'
una
e
l
'
altra
fra
maschio
e
femmina
,
ma
che
tuttavia
le
leggi
e
le
usanze
della
nostra
civiltà
non
vogliono
,
per
molte
buone
ragioni
,
che
sieno
esposte
né
fatte
,
vuoi
realmente
,
vuoi
per
rappresentazione
artistica
,
sotto
gli
occhi
del
pubblico
.
Qui
,
vede
,
proprio
qui
,
mio
bravo
signor
Lodi
,
sta
il
punto
delicato
e
culminante
della
questione
:
qui
,
proprio
qui
,
comincia
,
anzi
è
cominciata
,
e
ci
siamo
proprio
in
mezzo
,
la
porcheria
dell
'
artista
che
crede
mostrare
serenamente
le
qualità
del
suo
ingegno
,
del
suo
gusto
e
del
suo
stile
;
qui
,
proprio
qui
,
io
potrei
cominciare
a
darle
(
se
oramai
non
fosse
inutile
)
i
connotati
del
poeta
porco
.
Io
non
sono
mica
un
impiegato
di
polizia
,
che
non
sappia
il
suo
mestiere
:
lo
so
almeno
tanto
bene
,
quanto
sanno
il
loro
gl
'
impiegati
,
diremo
così
,
di
pornografia
.
Mi
permetta
,
mio
bravo
signor
Lodi
,
Lei
che
ha
fatto
tante
domande
a
me
,
che
ne
faccia
una
io
a
Lei
.
Ecco
:
dica
,
Le
piacerebbe
,
Le
parrebbe
innocuo
,
decente
,
morale
,
che
quel
mirabile
gruppo
della
capra
e
del
satiro
,
riprodotto
in
terra
cotta
od
in
bronzo
,
stèsse
esposto
nelle
vetrine
del
Janetti
,
a
Roma
,
a
Torino
,
a
Firenze
,
dove
fanciulli
,
giovinetti
e
ragazze
potessero
liberamente
ammirarlo
?
Mi
risponda
schietto
e
franco
,
dimenticando
,
se
è
possibile
,
la
cattiva
causa
e
il
cattivo
poeta
che
ha
preso
a
difendere
;
mi
risponda
come
farebbe
a
caso
vergine
,
dopo
avere
interrogato
soltanto
la
sua
educazione
e
i
suoi
sentimenti
di
cittadino
onesto
,
che
desidera
alla
patria
una
generazione
d
'
uomini
sani
e
forti
di
corpo
e
di
mente
,
non
isfiaccolati
e
stupiditi
dalla
venere
terrena
e
solitaria
.
Se
Lei
mi
risponde
,
come
credo
,
di
no
(
e
me
lo
fanno
credere
i
nobili
sensi
e
il
forte
amor
patrio
pei
quali
mi
piacquero
parecchi
suoi
articoli
del
Don
Chisciotte
)
,
Lei
deve
anche
,
per
inesorabile
necessità
di
logica
,
convenire
che
è
tutt
'
altro
che
innocua
,
decente
e
morale
la
esposizione
che
il
D
'
Annunzio
ha
fatto
de
'
suoi
erotismi
nell
'
Intermezzo
di
rime
.
Andiamo
,
via
:
descrivere
tutte
le
particolarità
più
lascive
che
precedono
accompagnano
e
seguono
il
congresso
amoroso
di
un
giovinotto
con
una
signorina
che
gentilmente
si
presta
,
questo
Lei
lo
chiama
malinconie
profonde
,
amori
ardenti
e
nudità
candide
,
nobilmente
umane
,
che
non
hanno
mai
offeso
la
verecondia
di
alcuno
?
Andiamo
,
via
;
queste
cose
non
si
dicono
nemmeno
per
ridere
:
se
non
sapessi
che
Lei
è
uno
scrittore
onesto
e
gentile
,
quasi
quasi
crederei
che
,
scrivendole
,
avesse
voluto
farsi
beffe
de
'
suoi
lettori
e
di
me
.
Lei
finge
di
non
capire
la
cagione
del
mio
sdegno
per
il
richiamo
a
Virgilio
.
Ma
come
!
Sentirsi
nelle
membra
i
fremiti
della
libidine
per
il
ricordo
di
una
avventura
amorosa
,
prendere
cotesti
fremiti
per
ispirazione
poetica
,
e
apostrofare
il
gentile
poeta
mantovano
:
olà
,
dammi
tu
la
tua
arte
,
sì
ch
'
io
racconti
ai
bravi
giovinetti
italiani
,
ammiratori
dei
miei
versi
e
frequentatori
dei
postriboli
,
come
qualmente
io
mi
presi
diletto
della
bianca
vergine
inconsapevole
(
fra
parentesi
le
raccomando
quella
po
'
po
'
d
'
inconsapevolezza
..
come
!
far
questo
non
è
per
Lei
un
profanare
l
'
arte
e
Virgilio
?
Mi
scusi
,
ma
non
Le
credo
:
e
da
Lei
difensore
di
una
causa
spallata
m
'
appello
a
Lei
scrivente
senza
nessuna
causa
da
difendere
.
«
Ma
se
il
grande
Mantovano
,
dice
Lei
,
invitava
sotto
l
'
ombre
compiacenti
dei
faggi
i
giovanetti
pastori
,
perché
non
potrà
il
D
'
Annunzio
chiamare
nel
silenzio
odoroso
d
'
un
bosco
una
fanciulla
innamorata
?
»
Non
confondiamo
:
io
non
ho
mai
negato
al
D
'
Annunzio
il
diritto
di
chiamare
nel
silenzio
odoroso
dei
boschi
quante
fanciulle
gli
pare
;
gli
ho
solamente
negato
(
che
è
cosa
molto
diversa
)
il
diritto
di
raccontare
in
poesia
quel
che
va
a
fare
con
loro
,
quando
va
a
far
cose
che
non
si
ridicono
fra
la
gente
per
bene
.
Certi
amori
,
abbominevoli
per
noi
,
non
avevano
niente
di
turpe
per
gli
antichi
greci
e
romani
.
Anche
di
ciò
va
tenuto
conto
.
Tuttavia
io
non
mi
ricordo
che
nelle
ecloghe
di
Virgilio
ci
sia
nulla
che
faccia
arrossire
una
persona
beneducata
.
Veda
:
se
il
D
'
Annunzio
,
invece
di
descrivere
i
carnosi
fiori
del
petto
di
Yella
,
drizzantisi
al
lascivo
tentare
delle
sue
dita
,
si
fosse
contentato
,
come
il
pastore
Coridone
apostrofante
il
formoso
Alessi
,
di
sfogare
gli
ardori
suoi
parlando
di
pecore
e
di
capretti
,
di
noci
e
di
corbezzole
,
di
latte
e
di
cacio
fresco
;
o
se
,
magari
,
si
fosse
messo
a
sedere
sull
'
erba
,
lui
da
una
parte
e
la
sua
Yella
dall
'
altra
,
e
lì
,
Arcades
ambo
Et
cantare
pares
et
respondere
parati
,
avessero
intonato
un
duetto
a
uso
Coridone
e
Tirsi
(
il
D
'
Annunzio
,
secondo
me
,
sarebbe
stato
meglio
in
carattere
)
;
io
,
veda
,
invece
di
rinfrescare
queste
che
Lei
chiama
anticaglie
polemiche
,
e
mettere
Lei
nell
'
impaccio
di
domandarmi
i
connotati
del
poeta
porco
,
sarei
stato
zitto
zitto
a
sentire
,
facendo
molto
volentieri
la
parte
di
Melibeo
.
Mi
spiego
?
La
questione
non
è
del
fatto
amoroso
,
ma
della
parte
di
esso
che
si
racconta
,
e
del
modo
come
si
racconta
.
Pare
a
Lei
che
in
ciò
siavi
nessun
punto
di
contatto
fra
le
ecloghe
di
Virgilio
e
il
Peccato
di
maggio
e
la
Venere
d
'
acqua
dolce
?
Chiedo
perdono
agli
ammiratori
del
poeta
latino
della
sacrilega
domanda
a
cui
la
discussione
m
'
ha
condotto
.
Io
diceva
dunque
che
nei
versi
del
D
'
Annunzio
non
è
questione
di
nudità
,
e
che
della
nudità
sola
io
non
sono
molto
facile
a
scandalizzarmi
.
Mi
pare
d
'
aver
dimostrato
e
chiarito
tanto
quanto
quel
ch
'
io
diceva
:
tuttavia
,
se
il
signor
Lodi
permette
,
mi
proverò
a
chiarirlo
anche
meglio
.
Aggiungo
che
,
quando
la
rappresentazione
del
modo
non
è
fatta
a
sfogo
ed
eccitamento
di
sensualità
(
che
subito
si
conosce
)
,
io
non
me
ne
scandalizzo
niente
affatto
;
come
non
mi
scandalizzo
niente
affatto
se
prosatori
e
poeti
nominano
a
tempo
e
luogo
,
senza
reticenze
vigliacche
,
senza
impiastricciamenti
ipocriti
di
circonlocuzioni
e
di
metafore
,
cose
e
parole
che
fanno
arricciare
il
naso
alle
schifiltose
damine
.
Quando
il
Carducci
mandò
al
Fanfulla
della
Domenica
la
poesia
A
proposito
del
processo
Fadda
,
una
certa
strofe
diceva
:
Poi
se
un
puttin
di
bronzo
avvien
che
mostri
Un
po
'
di
pipi
al
sole
,
Protesterete
con
furor
d
'
inchiostri
,
Con
fulmin
di
parole
.
Il
Martini
,
allora
direttore
del
giornale
,
pregò
con
un
telegramma
il
Carducci
di
levare
quel
pipi
,
che
avrebbe
,
si
capiva
,
offeso
la
verecondia
delle
schifiltose
damine
,
le
quali
,
si
può
giurare
,
non
si
offendono
oggi
,
e
non
si
sarebbero
offese
allora
,
delle
nudità
candide
nobilmente
umane
,
come
dice
Lei
,
del
D
'
Annunzio
.
Io
son
fatto
d
'
una
pasta
molto
diversa
,
e
molto
più
rozza
,
s
'
intende
;
io
non
mi
scandalizzai
niente
affatto
di
quel
pipi
;
e
al
Carducci
che
me
ne
domandava
,
risposi
:
oh
lascialo
stare
!
Ma
il
Carducci
lo
levò
,
perché
non
metteva
il
conto
di
scontentare
per
così
poco
il
Martini
,
il
quale
dal
suo
punto
di
vista
aveva
centomila
ragioni
.
Intende
Lei
,
signor
Lodi
,
perché
io
,
che
non
mi
scandalizzai
di
quel
pipi
,
che
,
senza
turarmi
il
naso
,
leggo
in
Dante
la
parola
merda
,
che
non
mi
scandalizzo
al
resupina
jacens
,
con
quel
che
segue
,
di
Giovenale
,
chiamo
,
peggio
che
indecenti
,
oscene
e
corruttrici
certe
poesie
del
D
'
Annunzio
?
Se
non
lo
intende
ancora
,
cercherò
di
farglielo
intendere
con
un
esempio
.
E
giacché
ho
nominato
Giovenale
,
pigliamo
l
'
esempio
da
lui
.
Giovenale
dunque
e
il
D
'
Annunzio
(
chieggo
perdono
di
mettere
accanto
questi
due
nomi
)
descrivono
entrambi
il
petto
ignudo
d
'
una
donna
.
Tunc
nuda
papillis
prostitit
auratis
,
dice
con
le
parole
proprie
il
grande
poeta
latino
,
parlando
di
Messalina
:
il
piccolo
poeta
italiano
,
parlando
di
Yella
,
dice
,
come
vedemmo
,
con
una
similitudine
barocca
,
che
le
punte
del
suo
petto
si
dirizzavano
,
come
carnosi
fiori
,
ecc
.
La
rappresentazione
del
poeta
latino
per
me
è
moralissima
;
quella
dell
'
italiano
è
immorale
:
per
le
damine
,
la
cui
verecondia
sarebbe
stata
offesa
da
quel
po
'
di
pipi
del
puttino
di
bronzo
,
deve
,
io
credo
,
essere
perfettamente
il
contrario
.
Lei
,
signor
Lodi
,
dica
,
da
qual
parte
si
mette
?
Da
qualunque
parte
si
metta
,
non
Le
farò
il
torto
di
spiegarle
la
differenza
che
passa
fra
il
fatto
del
poeta
latino
e
quello
dell
'
italiano
.
A
Lei
parve
di
cogliermi
in
contradizione
perché
io
,
denunziante
al
procuratore
del
re
e
della
questura
la
poesia
del
D
'
Annunzio
,
non
denunziai
anche
quella
di
altri
poeti
ai
quali
dissi
mancare
il
senso
della
verecondia
.
Anzi
,
nota
Lei
«
ch
'
io
promisi
di
tradurre
le
Odi
amatorie
d
'
Orazio
»
;
e
noto
che
io
tradussi
parecchie
poesie
del
Heine
,
poeti
ambedue
non
verecondi
.
Scrissi
anche
,
è
vero
,
com
'
Ella
ricorda
,
che
«
la
verecondia
non
entra
per
nulla
nel
merito
artistico
di
un
poeta
e
dell
'
opera
sua
;
che
il
difetto
della
verecondia
nel
Byron
,
nel
De
Musset
,
nel
Heine
,
fu
parte
della
loro
sincerità
;
e
che
perciò
essi
rimangono
grandi
poeti
,
e
la
storia
del
loro
cuore
c
'
interessa
.
»
Dalle
quali
mie
parole
Ella
si
fa
strada
a
domandare
:
«
Se
interessa
ai
critici
di
ricercare
come
i
poeti
morti
sentirono
l
'
amore
,
perché
sarà
negato
ai
poeti
vivi
di
raccontarcelo
essi
stessi
?
»
Adagio
un
po
'
.
Qui
bisogna
distinguere
:
i
poeti
morti
son
morti
,
e
i
vivi
son
vivi
:
i
morti
non
si
può
fare
che
non
sieno
stati
ciò
che
furono
:
ai
vivi
,
se
non
ci
pare
che
siano
quel
che
vorremmo
,
abbiamo
il
diritto
,
e
in
certi
casi
il
dovere
,
di
dirlo
.
La
sincerità
è
una
bella
cosa
;
l
'
amo
anch
'
io
,
non
solo
nei
poeti
,
come
fu
notato
da
Lei
,
ma
in
tutti
gli
uomini
;
sotto
certe
condizioni
però
.
Se
io
,
puta
caso
,
conoscessi
un
giovinetto
dedito
all
'
ubriachezza
,
o
al
rubare
,
o
allo
scrivere
cose
oscene
(
io
qui
considero
lo
scrivere
non
come
opera
d
'
arte
,
ma
come
un
'
altra
azione
umana
qualunque
,
onesta
o
disonesta
)
,
io
non
mi
sentirei
mica
di
dirgli
:
figliuolo
mio
,
bisogna
esser
sinceri
,
fa
'
quello
a
che
ti
porta
la
tua
natura
,
cioè
séguita
ad
ubriacarti
,
o
a
rubare
,
o
a
scrivere
cose
oscene
,
gli
direi
piuttosto
:
quel
che
tu
fai
è
male
,
cerca
di
correggerti
.
Io
,
critico
,
studio
tutti
i
fatti
e
i
sentimenti
umani
rappresentati
dalla
parola
,
così
la
magnanimità
di
Dante
e
del
Petrarca
come
le
infamie
dell
'
Aretino
;
ma
io
,
uomo
,
desidero
ai
tempi
miei
(
poiché
desiderarlo
ai
passati
non
giova
)
dei
poeti
che
si
rassomiglino
piuttosto
agli
amanti
di
Beatrice
e
di
Laura
che
all
'
autore
dei
sonetti
illustranti
le
tavole
di
Giulio
Romano
.
Ho
detto
che
bisogna
distinguere
:
e
distinguo
anche
(
oh
come
distinguo
!
)
fra
i
grandi
poeti
che
dissi
mancare
di
verecondia
e
il
D
'
Annunzio
.
E
noto
che
,
quando
accennai
questo
difetto
in
essi
della
verecondia
,
lo
chiamai
difetto
,
non
pregio
.
In
Orazio
,
nel
Heine
e
nel
Byron
,
quel
che
c
'
è
di
men
verecondo
sono
quasi
sempre
accenni
fugaci
,
cui
spesso
scusa
od
attenua
lo
scherzo
o
la
satira
;
e
non
hanno
perciò
nel
lettore
anche
giovane
alcuna
trista
,
efficacia
:
in
ogni
modo
quelli
accenni
rimangono
come
piccole
macchie
in
grandi
opere
,
i
cui
intendimenti
sono
spesso
nobili
ed
alti
,
non
mai
corruttori
;
mentre
nelle
poesie
del
D
'
Annunzio
di
cui
ci
occupiamo
,
l
'
argomento
principale
,
lo
scopo
unico
di
tutta
l
'
arte
,
di
tutto
il
lavoro
dello
scrittore
,
è
la
pittura
della
sensualità
nelle
sue
manifestazioni
più
basse
.
Tutto
quel
che
c
'
è
nel
Peccato
di
maggio
,
è
preparazione
,
è
frangia
e
cornice
della
descrizione
dal
fatto
erotico
;
son
pennellate
di
colori
accesi
messe
nei
fondo
del
quadro
per
dare
risalto
agli
sdilinquimenti
afrodisiaci
della
coppia
in
amore
.
Quanto
al
De
Musset
,
non
l
'
ho
nominato
con
gli
altri
,
perché
lui
ha
veramente
la
gran
colpa
di
essere
un
po
'
il
babbo
di
tutta
questa
poesia
del
senso
,
che
,
oltre
farci
schifo
e
dispetto
,
ci
secca
maledettamente
con
la
monotonia
dei
suoi
fantasmi
,
dei
suoi
suoni
,
dei
suoi
colori
.
Il
linguaggio
di
essa
sta
tutto
in
dieci
paginette
del
vocabolario
;
il
cielo
nel
quale
spazia
servirebbe
egregiamente
di
sfondo
al
palcoscenico
di
un
teatrino
di
marionette
.
Ma
almeno
nel
De
Musset
,
oltre
i
fremiti
e
gli
spasimi
del
senso
,
c
'
è
anche
il
sentimento
ed
il
pensiero
,
che
mancano
affatto
nei
nostri
poetini
sensualisti
.
E
'
mi
fanno
l
'
effetto
di
giovani
scostumati
che
,
avendo
qualche
suono
musicale
negli
orecchi
,
e
qualche
diecina
di
aggettivi
luccicanti
nella
memoria
,
ma
niente
nel
cervello
e
nel
cuore
,
mettono
in
versi
le
loro
porcherie
e
credono
fare
della
poesia
.
Io
inchino
molto
a
credere
che
questa
brutta
fioritura
di
poesia
sensualistica
sia
indizio
,
non
solo
di
decadenza
morale
e
letteraria
come
fu
sempre
,
ma
fisica
.
Un
medico
e
scienziato
amico
mio
mi
faceva
osservare
che
uno
dei
segni
più
certi
e
costanti
di
rammollimento
cerebrale
negli
infelici
che
ne
sono
minacciati
è
il
mostrare
le
parti
pudende
.
Parlando
della
poesia
sensualistica
del
D
'
Annunzio
,
io
non
ho
voluto
affatto
entrare
nel
merito
letterario
di
essa
e
nella
questione
dell
'
arte
;
io
l
'
ho
,
come
dissi
,
considerata
semplicemente
come
un
'
azione
umana
,
secondo
i
criteri
dell
'
onesto
e
del
disonesto
.
Ciò
deve
apparire
evidente
in
questa
mia
chiacchierata
;
ma
mi
piace
dichiararlo
esplicitamente
e
richiamarci
sopra
l
'
attenzione
del
mio
gentile
contradittore
;
perché
,
caso
mai
gli
saltasse
in
testa
di
rispondermi
,
e
'
dovrebbe
non
uscire
dal
campo
morale
,
e
sforzarsi
di
mostrarmi
,
solamente
in
quello
,
non
dico
l
'
onestà
,
ma
la
non
disonestà
del
Peccato
di
maggio
e
della
Venere
d
'
acqua
dolce
.
Quanto
al
merito
letterario
di
queste
e
delle
altre
poesie
del
D
'
Annunzio
,
i
lettori
si
saranno
accorti
ch
'
io
sono
molte
miglia
lontano
dagli
apprezzamenti
e
dal
giudizio
del
mio
bravo
signor
Lodi
:
ma
,
quando
anche
lui
avesse
ragione
ed
io
torto
,
ciò
non
farebbe
nulla
alla
presente
questione
.
Le
due
poesie
del
D
'
Annunzio
potrebbero
,
come
opera
d
'
arte
,
essere
perfette
quanto
il
gruppo
della
capra
e
del
satiro
;
resterebbero
sempre
,
secondo
me
,
due
azioni
disoneste
.
L
'
arte
e
la
poesia
furono
sempre
uno
dei
più
costanti
affetti
,
una
delle
più
care
consolazioni
della
mia
vita
;
ma
se
dovessero
condurmi
ad
amare
,
o
anche
solamente
a
scusare
e
tollerare
la
disonestà
,
preferirei
diventare
analfabeta
.
StampaPeriodica ,
Nel
dicembre
del
1826
il
Foscolo
scriveva
a
Liverpool
ad
un
amico
,
il
quale
s
'
era
proposto
d
'
andare
a
Londra
a
fargli
una
visita
:
«
Il
mio
consiglio
sarebbe
che
non
veniste
a
trovarmi
,
perché
sono
in
molto
misero
stato
,
e
la
mia
vista
vi
affliggerebbe
»
.
Egli
era
davvero
in
molto
misero
stato
,
tanto
misero
,
che
senza
il
soccorso
di
un
generoso
amico
sarebbe
forse
,
come
egli
stesso
dice
in
una
di
queste
lettere
,
morto
qualche
mese
innanzi
.
Morì
invece
nel
settembre
dell
'
anno
di
poi
;
e
le
privazioni
e
i
dolori
degli
ultimi
quattro
anni
affrettarono
probabilmente
,
se
non
produssero
,
la
morte
.
Accade
non
di
rado
che
intorno
agli
uomini
straordinari
d
'
animo
e
d
'
ingegno
si
formino
come
due
partiti
opposti
,
il
partito
degli
ammiratori
ad
ogni
costo
,
e
quello
di
coloro
che
,
con
la
scusa
di
manifestare
la
verità
,
nascosta
o
travisata
dagli
altri
,
insistono
con
una
specie
di
compiacenza
sulle
debolezze
e
gli
errori
.
Oggimai
tutti
quelli
che
studiano
senza
secondi
fini
sono
d
'
accordo
in
ciò
,
che
la
verità
si
deve
sempre
a
tutti
ed
in
tutto
,
e
che
la
vita
degli
uomini
grandi
,
se
s
'
ha
da
scriverla
,
s
'
ha
da
scriverla
quale
dallo
studio
diligente
e
spassionato
dei
fatti
risulta
che
fu
.
L
'
idea
che
gli
uomini
,
ai
quali
toccò
in
sorte
una
particella
maggiore
di
divinità
,
non
abbiano
da
avere
con
sé
niente
di
quel
d
'
Adamo
,
o
che
almeno
giovi
rappresentarli
come
se
tali
fossero
stati
,
è
una
idea
che
non
cammina
più
:
la
realtà
ha
finito
di
roderle
in
questi
ultimi
anni
le
gambe
.
Se
non
ci
scandalizziamo
troppo
di
tanti
vizi
di
tanta
gente
volgare
,
o
che
la
ricchezza
soltanto
distingue
dal
volgo
,
perché
vorremo
meravigliarci
o
sdegnarci
degli
errori
di
coloro
che
compensano
con
molte
nobili
qualità
le
loro
debolezze
?
E
queste
debolezze
hanno
spesso
così
profonda
radice
nell
'
animo
di
chi
le
possiede
,
sono
così
intimamente
connesse
con
tutte
le
facoltà
di
lui
,
che
,
tacendone
,
non
si
spiegherebbe
interamente
l
'
uomo
.
Si
può
dunque
,
e
si
deve
,
parlare
;
ma
con
reverente
indulgenza
:
parlarne
altrimenti
è
indizio
d
'
animo
gretto
o
maligno
.
Gli
uomini
grandi
,
tanto
non
sono
esenti
dalle
debolezze
della
natura
umana
,
che
il
più
delle
volte
si
cercano
invano
in
essi
alcune
di
quelle
umili
virtù
,
che
molti
uomini
anche
volgari
possiedono
,
e
che
sono
la
guida
più
sicura
alla
tranquilla
felicità
della
vita
.
Perciò
forse
principalmente
è
vera
quella
sentenza
del
Leopardi
,
che
alla
grandezza
dell
'
ingegno
va
spesso
congiunta
la
infelicità
;
benché
egli
la
sostenesse
con
intendimenti
diversi
e
per
diverse
ragioni
.
Al
Foscolo
mancò
,
fra
le
altre
,
la
virtù
di
sottomettere
ai
consigli
della
prudenza
il
sodisfacimento
dei
propri
desidèri
.
Quel
savio
dettato
popolare
:
«
Bisogna
fare
il
passo
secondo
la
gamba
»
,
che
ha
fatto
e
fa
la
contentezza
di
tanta
buona
gente
,
si
direbbe
che
fu
da
lui
perfettamente
ignorato
.
Se
lo
conobbe
,
e
si
provò
a
metterlo
in
pratica
,
non
gli
riuscì
:
la
volontà
,
per
quanto
forte
,
non
bastò
a
vincere
l
'
inclinazione
naturale
.
Egli
,
che
in
tempo
di
guerra
avea
saputo
sopportare
con
sereno
animo
le
fatiche
e
privazioni
più
dure
della
milizia
,
non
sapeva
,
ridottosi
nella
pacifica
vita
di
letterato
e
di
professore
a
Milano
e
a
Pavia
,
adattarsi
a
vivere
in
quella
modesta
condizione
che
i
suoi
guadagni
gli
consentivano
:
egli
,
che
esulando
nella
Svizzera
,
con
una
salute
già
mezzo
rovinata
,
s
'
era
messo
tranquillamente
a
pericolo
di
patire
la
fame
ed
il
freddo
,
avea
nei
tempi
ordinari
bisogno
delle
sue
stufe
,
de
'
suoi
tappeti
,
delle
sue
elegantissime
tazze
di
porcellana
,
della
sua
cara
e
fida
teiera
nera
,
senza
la
quale
gli
pareva
di
non
poter
fare
colazione
.
Arrivato
a
Londra
con
pochi
denari
,
bisognoso
di
guadagnare
per
vivere
,
e
sempre
incerto
della
domani
,
non
sapeva
,
passando
davanti
al
negozio
di
un
orefice
o
di
un
ebanista
,
resistere
alla
tentazione
di
comprare
un
oggetto
d
'
arte
o
un
bel
mobile
.
In
un
gran
fascio
di
conti
,
ricevute
,
cambiali
,
e
altre
carte
d
'
interessi
privati
,
ch
'
io
mi
son
preso
la
cura
di
esaminare
a
una
a
una
(
e
mentre
le
sfogliavo
,
esse
mi
venìan
raccontando
una
lunga
storia
di
piaceri
e
di
dolori
,
di
sodisfazioni
e
d
'
umiliazioni
,
di
speranze
e
di
disinganni
,
di
propositi
fatti
e
non
mantenuti
,
d
'
ansie
,
di
paure
,
di
pentimenti
,
che
travagliarono
i
primi
sei
anni
,
pur
i
meno
infelici
,
della
vita
del
Foscolo
in
Inghilterra
)
,
in
cotesto
fascio
di
carte
,
dove
fra
le
note
del
carbonaio
e
del
barbiere
,
della
stiratrice
e
del
calzolaio
,
stanno
il
catalogo
dei
libri
e
l
'
inventario
dei
mobili
del
Digamma
cottage
venduti
all
'
incanto
,
c
'
è
una
fattura
del
gioielliere
Wells
in
data
del
20
giugno
1818
,
quietanzata
,
per
un
servizio
da
tavola
in
argento
del
valore
di
lire
1600;
c
'
è
una
ricevuta
,
in
data
dello
stesso
giorno
,
di
un
negoziante
di
mobili
,
per
lire
550
,
prezzo
di
una
tavola
e
di
tre
sedie
;
ci
sono
due
ricevute
,
una
dello
stesso
giorno
,
una
di
tre
giorni
avanti
,
per
oltre
seicento
lire
di
biancheria
;
c
'
è
una
fattura
del
4
giugno
per
una
sedia
da
viaggio
,
del
prezzo
di
lire
cinquecento
.
Il
Foscolo
faceva
tutte
queste
spese
per
una
villetta
che
aveva
presa
in
affitto
a
Moulsey
,
in
una
incantevole
posizione
,
tanto
incantevole
che
gli
permetteva
il
lusso
di
regalare
a
'
suoi
amici
l
'
uva
colta
da
una
vite
che
adornava
le
muraglie
esterne
della
casa
.
Le
sole
spese
accennate
da
me
,
fatte
tutte
nello
stesso
mese
di
giugno
,
anzi
quasi
tutte
nello
stesso
giorno
,
superano
le
tremila
lire
,
e
lasciano
facilmente
indovinare
che
dovettero
essere
accompagnate
e
seguìte
da
molte
altre
.
Naturalmente
,
comprata
la
carrozza
,
ci
volle
il
cavallo
;
comprato
il
cavallo
,
ci
volle
il
cocchiere
;
de
'
quali
Ugo
aveva
veramente
bisogno
,
perché
,
ritiratosi
in
campagna
per
aver
più
quiete
e
agio
da
lavorare
,
gli
occorreva
recarsi
spesso
in
città
,
dove
lo
chiamavano
gli
amici
e
gli
affari
,
e
dove
aveva
perciò
seguitato
a
tener
un
quartierino
mobiliato
in
Woodstock
street
.
Non
più
che
tre
mesi
innanzi
dal
tempo
di
quelle
spese
per
la
villa
,
nel
marzo
del
1818
,
egli
terminava
una
lettera
alla
Quirina
Magiotti
con
queste
parole
:
«
Le
forze
mancano
:
il
tempo
passa
;
e
s
'
io
non
provvedo
,
la
miseria
può
condurmi
da
un
'
ora
all
'
altra
all
'
infamia
»
.
E
quasi
tutte
le
lettere
che
dopo
il
suo
arrivo
in
Inghilterra
avea
scritte
fino
allora
in
Italia
erano
piene
del
racconto
delle
sue
miserie
.
Qual
radicale
cambiamento
era
nello
spazio
di
soli
tre
mesi
avvenuto
nella
sua
condizione
?
Tutto
il
cambiamento
era
questo
:
l
'
Edinburgh
Review
avea
pubblicato
un
suo
articolo
,
e
glie
lo
avea
pagato
profumatamente
,
32
lire
sterline
per
ogni
sedici
pagine
,
invece
delle
15
lire
che
usava
pagare
agli
altri
.
L
'
articolo
era
stato
lodatissimo
.
Oltre
ciò
egli
avea
fissato
alcun
lavori
con
l
'
Hobhouse
,
il
quale
gli
avea
anticipato
,
un
po
'
in
conto
di
quei
lavori
,
un
po
'
a
titolo
di
prestito
,
qualche
somma
,
e
gli
avea
dato
speranza
di
altre
simili
anticipazioni
.
Questa
,
dico
,
tutta
la
realtà
del
cambiamento
:
ma
questa
povera
realtà
si
strascicava
dietro
una
coda
di
aurei
sogni
infinita
.
Ecco
la
coda
.
Giacché
le
Riviste
lo
pagavano
sì
bene
,
egli
stabilì
,
cioè
s
'
immaginò
,
che
avrebbe
dato
all
'
Edinburgh
e
alla
Quarterly
Review
otto
articoli
l
'
anno
,
i
quali
gli
avrebbero
portato
un
guadagno
sicuro
di
quattrocento
sterline
nette
,
quanto
gli
ci
voleva
appunto
per
vivere
.
Provveduto
al
vivere
quotidiano
,
bisognava
pensare
alle
eventualità
del
futuro
.
Egli
però
(
ecco
il
séguito
della
coda
)
avea
proposto
ad
alcuni
librai
il
disegno
di
pubblicare
in
trentasei
volumetti
alcuni
classici
italiani
illustrati
da
lui
;
e
i
librai
lo
aveano
assicurato
che
,
trovandosi
,
come
pareva
probabile
,
un
migliaio
di
compratori
,
avrebbe
ritratto
dal
suo
lavoro
,
nei
quattro
o
cinque
anni
che
ci
volevano
per
compierlo
,
un
capitale
almeno
di
diecimila
sterline
.
L
'
uomo
,
se
anche
per
natura
incredulo
e
dubitante
,
è
sempre
disposto
a
credere
le
cose
che
gli
fa
piacere
e
bisogno
che
avvengano
;
salvo
poi
,
se
non
avvengono
,
a
disperarsi
e
pigliarsela
con
gli
uomini
e
col
destino
.
Quei
calcoli
di
guadagno
si
disegnavano
alla
bella
prima
nella
mente
del
Foscolo
come
tanto
matematicamente
esatti
e
sicuri
,
ch
'
egli
non
dubitava
di
annunziare
agli
amici
e
ai
parenti
la
sua
mutata
fortuna
,
e
credeva
,
in
bonissima
fede
,
io
avviso
,
di
potere
spendere
anticipatamente
senza
nessun
pericolo
una
parte
di
quel
guadagno
.
Non
già
che
prima
e
dopo
questo
brevissimo
sogno
dorato
egli
conducesse
in
Inghilterra
una
vita
molto
economica
;
ma
,
prima
almeno
,
non
spendeva
,
credo
,
con
tanto
allegra
sicurezza
.
Le
notizie
della
sua
poco
economica
vita
arrivavano
fino
dai
primi
tempi
in
Italia
,
esagerate
forse
,
come
accade
,
e
forse
contrastanti
col
racconto
delle
miserie
portato
dalle
sue
lettere
.
Giulio
,
il
suo
buon
fratello
,
che
gli
avea
procacciato
il
danaro
col
quale
condursi
a
Londra
e
mantenercisi
qualche
tempo
,
che
vedea
passare
i
mesi
senza
che
Ugo
paresse
rammentarsi
degl
'
impegni
lasciati
in
Italia
,
Giulio
,
che
lo
conoscea
troppo
bene
,
che
avea
veduto
co
'
propri
occhi
a
Milano
e
a
Pavia
la
vita
di
lui
,
gli
scrisse
nel
giugno
del
1817
:
«
Da
molte
persone
ti
sento
a
Londra
e
onorato
e
con
molti
mezzi
da
far
danaro
.
Da
te
non
so
né
liete
,
né
tristi
nuove
;
però
ne
scrivesti
di
lacrimevoli
a
Firenze
.
A
settembre
finisce
l
'
affitto
della
casa
,
pagato
fino
ad
ora
dal
signor
Spiridione
Naranzi
,
il
quale
si
mostrò
e
nell
'
occasione
della
malattia
e
per
le
spese
del
funerale
buon
amico
e
affezionato
parente
.
Penso
che
la
sorella
potrà
ristringersi
in
due
stanze
,
e
la
spesa
della
pigione
sarà
assai
minore
;
e
penso
che
anche
per
la
pensione
tu
potrai
in
parte
essere
alleggerito
,
a
meno
che
la
fortuna
tua
,
e
più
che
la
fortuna
il
tuo
sistema
di
vita
ti
permetta
di
far
pagare
i
dieciotto
napoleoni
al
mese
.
Per
conto
mio
ho
mandato
e
manderò
finché
potrò
la
stessa
pensione
,
sebbene
mi
sia
di
sommo
peso
,
e
tale
da
obbligarmi
a
privazioni
dolorosissime
;
ma
mi
sostiene
il
conforto
di
non
avermi
nulla
a
rimproverare
,
e
trovo
nello
stesso
sacrifizio
molta
dolcezza
.
Se
le
letture
letterarie
che
tu
farai
,
se
la
ristampa
delle
tue
opere
,
o
la
pubblicazione
di
qualche
nuova
,
ti
mettono
in
istato
di
possedere
qualche
somma
,
non
trascurare
per
carità
,
fratel
mio
,
di
spedire
del
danaro
a
Visconti
.
Non
ti
nasconderò
che
siffatto
pensiero
è
un
chiodo
ognor
fitto
nel
cuore
;
sì
perché
conosco
la
situazione
dell
'
amico
,
e
sì
anche
perché
un
poco
d
'
amor
proprio
mi
lacera
,
che
gli
stranieri
faccian
tanto
per
mantenere
la
nostra
famiglia
»
.
Non
era
questa
la
prima
volta
che
Giulio
scriveva
in
tono
di
amorevole
rimprovero
ad
Ugo
.
Il
primo
febbraio
dell
'
anno
stesso
gli
avea
scritto
una
lettera
di
lamento
molto
più
amaro
.
«
T
'
incalzi
,
gli
diceva
,
l
'
idea
degli
obblighi
tuoi
verso
Visconti
,
come
mi
tien
sollecito
il
timore
ch
'
ei
resti
scoperto
in
una
somma
consacrata
con
tanta
generosità
e
con
tanti
sacrifizi
per
la
migliore
delle
azioni
.
E
sai
tu
perch
'
io
tremo
?
Non
è
perch
'
io
dubiti
che
ti
manchi
volontà
,
o
danaro
,
ma
bensì
perché
ti
manca
economia
e
quell
'
assieme
d
'
idee
indispensabili
per
avanzarti
i
mezzi
necessari
e
pòrti
la
calma
nel
seno
col
disimpegno
de
'
tuoi
doveri
.
Non
ti
adirare
con
queste
verità
;
è
il
fratel
tuo
che
ti
parla
,
che
ti
ama
più
di
sé
stesso
e
che
ti
difende
costantemente
contro
tutti
quelli
che
tentano
intaccare
la
tua
delicatezza
;
ma
io
come
tuo
verace
amico
devo
scoprirti
con
verità
i
difetti
tuoi
,
se
parmi
che
tu
ne
abbia
,
e
tu
devi
correggerti
,
se
trovi
le
mie
ragioni
giuste
»
.
Chi
conosce
l
'
animo
altiero
d
'
Ugo
,
chi
sa
come
egli
amava
la
famiglia
,
s
'
immagina
facilmente
che
queste
lettere
del
fratello
dovettero
essergli
peggio
che
coltellate
.
Le
punte
di
quei
rimproveri
dovettero
penetrargli
tanto
più
a
fondo
nel
cuore
,
quanto
i
rimproveri
erano
più
amorevoli
,
e
,
in
parte
almeno
,
meritati
.
Ugo
passò
dei
giorni
ben
tristi
,
e
credo
non
ebbe
pace
finché
non
riuscì
a
trovare
e
mandare
il
denaro
che
dovea
.
Egli
era
allora
in
cattivissime
condizioni
economiche
;
ma
non
gli
mancò
l
'
aiuto
degli
ammiratori
ed
amici
.
Lord
Guilford
gli
scriveva
il
7
di
giugno
,
inviandogli
una
somma
di
danaro
,
e
pregandolo
di
rivolgersi
a
lui
nei
suoi
bisogni
.
«
La
tenuità
dell
'
acchiusa
somma
,
diceva
,
Le
proverà
che
non
voglio
abusare
della
sua
confidenza
»
.
Il
22
settembre
Lady
Westmoreland
lo
pregava
molto
delicatamente
e
cortesemente
di
accettarla
come
banchiera
per
la
piccola
somma
di
cinquanta
lire
sterline
:
«
C
'
est
possible
egli
scriveva
que
même
la
petite
somme
de
50
L
.
pourra
vous
être
utile
et
vous
débarrasser
de
quelques
personnes
aux
arrangements
qui
pourraiet
entraîner
plus
de
dépense
.
Pardonnez
donc
la
liberté
que
je
prends
et
attribuez
-
la
à
ma
franchise
naturelle
»
.
Nello
stesso
mese
un
amico
,
che
firmava
con
le
sole
iniziali
R.U.
,
lo
avvertiva
che
i
banchieri
Hoskins
avevano
accettato
di
negoziare
una
sua
cambiale
,
e
chiudeva
la
lettera
facendogli
coraggio
:
«
Chassez
le
chagrin
:
luttez
avec
plus
d
'
énergie
pour
vaincre
la
mauvaise
fortune
.
Tu
ne
cede
malis
Je
m
'
occuperai
de
votre
affaire
,
mais
en
même
temps
fiez
-
vous
à
vous
-
même
»
.
Quando
Ugo
fosse
in
grado
di
mandare
in
Italia
i
denari
pei
quali
Giulio
lo
sollecitava
,
non
saprei
dire
;
ma
che
li
mandò
non
più
tardi
della
prima
metà
del
1818
si
capisce
da
una
lettera
di
Giulio
stesso
dell
'
agosto
di
quell
'
anno
,
con
la
quale
si
rallegrava
col
fratello
della
sua
buona
fortuna
.
Sopra
che
fragili
fondamenta
questa
buona
fortuna
posasse
lo
abbiam
veduto
;
e
il
Foscolo
non
tardò
molto
ad
accorgersi
che
aveva
sognato
.
In
una
lettera
alla
Quirina
Magiotti
in
data
del
20
settembre
,
posteriore
cioè
di
soli
quattro
mesi
all
'
annunzio
che
avea
dato
anche
a
lei
delle
sue
mutate
condizioni
economiche
,
si
comincia
a
sentire
già
lo
sconforto
.
«
Il
mio
stato
apparente
,
le
scrive
,
è
quale
gli
amici
miei
vorrebbero
che
fosse
in
sostanza
;
ed
ho
dovuto
assumerlo
,
perché
qui
l
'
aspetto
e
il
sospetto
di
povertà
basta
a
farti
bandire
da
ogni
commercio
sociale
e
mercantile
.
E
se
i
librai
che
hanno
fatto
meco
il
contratto
dei
Classici
italiani
avessero
mai
pensato
che
io
non
lavoro
che
per
bisogno
,
mi
avrebbero
offerto
pochissimo
;
o
piuttosto
non
avrebbero
voluto
aver
che
fare
con
me
.
Il
segreto
del
vantaggiosissimo
contratto
fatto
sta
tutto
nella
certezza
in
cui
i
librai
sono
,
che
,
vivendomi
io
co
'
ricchi
,
ed
in
case
di
grandi
ricchi
,
i
ricchi
e
i
grandi
compreranno
e
faranno
comprare
le
cose
stampate
col
nome
mio
Dacché
ho
dovuto
essere
in
commercio
coi
librai
(
alcuni
de
'
quali
,
e
specialmente
uno
col
quale
ho
più
che
fare
,
vivono
alla
Rinuccini
e
alla
Corsini
)
,
mi
è
convenuto
fare
l
'
estremo
del
mio
potere
,
ed
anche
del
mio
non
-
potere
,
perché
essi
vedano
e
possano
affermare
come
trattano
con
un
autore
gentiluomo
Or
io
,
parte
per
saldare
alcuni
debiti
fatti
,
e
parte
per
l
'
avvenire
,
sto
angosciandomi
dì
e
notte
col
cuore
,
temendo
di
non
potere
far
presto
,
e
travagliando
con
la
mente
e
la
penna
»
.
Il
Foscolo
sentiva
il
bisogno
di
giustificarsi
agli
altri
,
e
più
che
agli
altri
a
sé
stesso
,
del
lusso
col
quale
viveva
;
ma
l
'
idea
che
quel
lusso
fosse
necessario
per
trovar
lavoro
e
guadagno
era
,
se
non
interamente
falsa
,
per
lo
meno
esagerata
.
Bisognerebbe
conoscere
poco
la
natura
umana
in
generale
,
e
quella
del
Foscolo
in
particolare
,
per
non
accogliere
almeno
il
dubbio
che
cotesta
falsa
idea
,
dalla
quale
derivarono
tutti
i
guai
e
le
miserie
ultime
,
veramente
grandi
,
del
povero
Ugo
,
non
gli
fosse
,
direi
quasi
,
suggerita
dalla
inclinazione
sua
,
che
lo
portava
ad
amare
la
compagnia
,
le
usanze
e
la
vita
dei
grandi
.
E
vivendo
coi
ricchi
e
coi
grandi
il
suo
carattere
altiero
lo
portava
naturalmente
a
non
voler
parere
da
meno
di
loro
.
Questa
era
una
debolezza
;
ma
chi
può
fargliene
rimprovero
,
quando
si
pensa
che
egli
solo
ne
portò
la
pena
(
e
qual
pena
!
)
,
e
che
senza
la
fonte
di
quella
debolezza
,
egli
forse
non
avrebbe
compiuto
tante
altre
azioni
belle
e
magnanime
?
Alla
fine
dell
'
anno
1818
il
sogno
di
miglior
fortuna
sognato
dal
Foscolo
era
compiutamente
dileguato
.
Fidando
troppo
sull
'
aiuto
dell
'
Hobhouse
e
sui
guadagni
che
sperava
fare
lavorando
per
lui
,
egli
aveva
(
scrive
alla
Magiotti
)
tralasciato
di
fare
articoli
per
le
riviste
,
e
avea
sospeso
l
'
edizione
del
primo
volume
dei
classici
(
benché
non
risulta
che
avesse
trovato
gli
associati
che
ci
voleano
per
cominciarla
)
;
e
quando
l
'
Hobhouse
,
impigliatosi
nelle
gravi
spese
di
una
elezione
politica
,
si
trovò
costretto
a
diminuire
le
somministrazioni
di
denaro
che
gli
faceva
e
a
modificare
le
sue
prime
proposte
circa
il
lavoro
da
compiere
insieme
,
il
povero
Ugo
si
trovò
in
grande
imbarazzo
,
e
dové
,
fra
le
altre
cose
,
abbandonare
la
sua
villetta
di
Moulsey
.
«
Lasciai
,
scrive
alla
Quirina
,
la
mia
casetta
di
campagna
,
di
cui
per
altro
pago
tuttavia
la
pigione
;
ma
non
ho
spese
domestiche
,
né
necessità
di
calessetto
e
cavallo
,
né
imposte
.
Vivo
alla
meglio
in
due
stanzette
mobiliate
in
Woodstock
street
,
e
che
dianzi
non
mi
serviranno
che
per
dormire
quando
ci
veniva
Oramai
il
mio
carattere
fa
perdonare
anche
dagl
'
lnglesi
alla
mia
povertà
»
.
Il
povero
Foscolo
(
diciamo
le
cose
crudamente
come
sono
)
non
avea
proprio
testa
per
il
governo
di
una
famiglia
,
fosse
pure
la
più
semplice
possibile
,
composta
cioè
,
come
la
sua
,
di
un
solo
individuo
.
C
'
è
d
'
altra
parte
tante
brave
persone
che
hanno
testa
da
ciò
,
ma
non
sanno
scrivere
un
solo
verso
come
quello
dei
Sepolcri
,
che
sarebbe
ingiusto
pigliarsela
troppo
con
la
natura
perché
non
sempre
riesce
a
fate
che
i
buoni
poeti
sieno
buoni
amministratori
:
ad
ogni
modo
chi
avrebbe
ragione
di
pigliarsela
sarebbero
i
poeti
stessi
,
sopra
i
quali
ricade
tutto
il
danno
del
non
possedere
quella
qualità
.
Il
Foscolo
dunque
era
uno
di
questi
infelici
.
A
considerare
le
corbellerie
che
faceva
,
e
i
guai
che
si
tirava
addosso
,
si
prova
quasi
un
senso
di
compassione
.
Scriveva
,
come
abbiamo
visto
,
che
per
mantenersi
a
Londra
gli
bastavano
diecimila
lire
l
'
anno
(
le
quali
,
se
non
eran
molto
,
non
erano
neanche
pochissimo
)
;
e
,
pagando
la
pigione
di
un
quartiere
mobiliato
in
città
,
spendeva
duemila
cento
lire
per
l
'
affitto
di
una
villa
,
spendeva
in
pochi
giorni
più
di
tremila
lire
per
alcuni
oggetti
di
arredamento
.
Credeva
e
diceva
,
ciò
non
ostante
,
di
essersi
ritirato
in
campagna
anche
per
economia
;
e
poi
per
economia
tornava
,
come
abbiam
visto
,
dalla
campagna
in
città
:
tornava
in
città
per
risparmiare
,
fra
le
altre
,
la
spesa
di
mantenimento
del
cavallo
,
e
comprava
un
cavallo
proprio
alla
vigilia
di
lasciare
la
campagna
.
S
'
era
fatto
costruire
una
rimessa
,
avea
comprato
il
calesse
;
e
dal
4
giugno
al
1°
dicembre
spendeva
350
lire
per
nolo
di
vetture
.
Un
savio
e
grasso
borghese
,
la
cui
amministrazione
vada
,
per
sua
fortuna
,
come
un
orologio
,
e
che
,
per
sua
fortuna
,
non
abbia
mai
letto
i
Sepolcri
né
udito
pronunziare
il
nome
di
Ugo
Foscolo
,
a
sentir
queste
cose
proromperebbe
:
Ma
che
razza
d
'
imbecille
era
costui
?
Ecco
uno
dei
benefizi
dell
'
essere
poeti
.
Le
ultime
parole
da
me
riferite
nella
lettera
alla
Magiotti
lascerebbero
supporre
che
il
Foscolo
,
tornando
in
città
,
avesse
introdotto
un
radicale
cambiamento
nel
suo
sistema
di
vita
.
Pur
troppo
non
era
così
.
Glie
ne
sarà
forse
balenata
l
'
intenzione
,
si
sarà
forse
anche
provato
a
metterla
in
atto
;
ma
la
volontà
non
gli
bastò
.
E
l
'
occasione
non
si
porgeva
davvero
troppo
favorevole
.
Era
quello
il
tempo
che
avea
cominciato
a
frequentare
assiduamente
la
famiglia
Russell
e
ad
innamorarsi
di
Carolina
.
Alla
naturale
inclinazione
,
rafforzata
dalla
consuetudine
si
aggiungeva
quindi
una
ragione
di
più
per
non
ritirarsi
dalla
società
in
mezzo
alla
quale
avea
fino
allora
vissuto
.
E
il
rimanere
in
cotesta
società
voleva
dire
mantenersi
nella
necessità
di
menare
una
vita
superiore
alle
sue
entrate
.
Le
lettere
d
'
Inglesi
a
Foscolo
inedite
e
i
documenti
concernenti
gl
'
interessi
privati
confermano
queste
induzioni
.
E
disgraziatamente
le
confermano
i
fatti
.
Anzi
,
il
Foscolo
non
era
ancora
arrivato
al
punto
culminante
delle
spese
eccessive
e
inconsiderate
.
Ci
arrivò
,
come
è
noto
,
nel
1822
,
quando
gli
venne
l
'
idea
di
fabbricare
.
La
incapacità
negli
affari
,
la
passione
per
ciò
che
chiamasi
confortabile
,
e
il
gusto
dell
'
artista
congiurarono
in
ciò
alla
sua
totale
rovina
.
È
singolare
,
incredibile
quasi
,
la
tranquilla
sicurezza
con
la
quale
egli
parla
a
Lady
Dacre
del
contratto
da
lui
conchiuso
per
la
costruzione
della
sua
casa
.
Il
Foscolo
pare
un
uomo
seduto
sopra
un
barile
di
polvere
,
al
quale
appicca
tranquillamente
il
fuoco
da
sé
.
Quella
casa
di
cui
aveva
fatto
egli
stesso
il
disegno
,
che
adornava
e
mobiliava
con
la
eleganza
di
un
artista
,
quella
casa
che
doveva
essere
e
fu
l
'
amor
suo
,
che
doveva
essere
e
non
fu
l
'
asilo
della
sua
vecchiezza
,
quella
casa
egli
non
doveva
abitarla
tranquillamente
neppure
un
anno
:
che
dico
?
neppure
un
mese
.
Chiunque
altri
avrebbe
saputo
ciò
avanti
di
far
gittare
la
prima
pietra
,
e
si
sarebbe
quindi
astenuto
dal
farla
gittare
.
La
casa
non
era
,
si
può
dire
,
finita
,
il
Foscolo
non
avea
cominciato
ad
abitarla
,
che
i
creditori
gli
furono
addosso
.
La
lettera
con
la
quale
parla
a
Lady
Dacre
del
contratto
è
del
marzo
1822;
e
nel
dicembre
egli
si
trovava
già
in
tali
angustie
per
la
impossibilità
di
far
fronte
a
'
suoi
impegni
,
che
pensò
di
aprirsene
a
quella
egregia
donna
e
al
marito
di
lei
,
chiedendo
loro
consiglio
sui
vari
modi
che
stava
escogitando
per
far
quattrini
.
Fra
cotesti
modi
c
'
era
quello
di
mettersi
a
dare
lezioni
private
.
Quando
in
cospetto
di
un
uomo
disgraziato
(
altri
dica
pure
,
disgraziato
per
colpa
sua
:
e
chi
,
a
questo
mondo
,
non
è
,
un
po
'
più
o
un
po
'
meno
,
l
'
artefice
della
propria
disgrazia
?
)
,
quando
in
cospetto
di
un
uomo
disgraziato
si
vede
un
'
anima
generosa
,
che
mostra
di
saperlo
intendere
e
compatire
,
che
sa
consolarlo
con
nobili
parole
,
le
quali
in
certi
casi
valgono
meglio
d
'
ogni
moneta
,
quelle
poche
volte
che
ciò
accade
,
un
galantuomo
si
sente
allargare
il
cuore
,
e
prova
una
certa
compiacenza
di
appartenere
al
genere
umano
.
Di
questa
compiacenza
noi
andiamo
debitori
a
Lady
Dacre
,
e
ci
è
largo
compenso
al
disgusto
che
proviamo
ripensando
la
crudele
leggerezza
e
la
severità
ingenerosa
con
la
quale
parlarono
del
Foscolo
il
Pecchio
ed
il
Tommaseo
.
Poiché
la
contemplazione
delle
nobili
idee
fa
bene
al
cuore
,
rileggiamo
qualche
passo
della
lettera
che
quella
gentil
donna
rispondeva
al
povero
Ugo
.
«
Povero
Foscolo
!
Votre
lettre
me
fait
beaucoup
de
peine
.
On
pourrait
blâmer
votre
imprudence
,
mais
cela
ne
guérirait
pas
le
mal
.
Lord
Dacre
,
qui
a
étudié
la
loi
dans
sa
jeunesse
,
aurait
pu
vous
donner
de
meilleurs
conseils
;
le
génie
ne
vaut
rien
pour
les
affaires
de
ce
bas
-
monde
.
Du
reste
ne
croyez
pas
que
le
parti
que
vous
voulez
prendre
(
quello
di
dare
lezioni
)
puisse
vous
rabaisser
dans
l
'
estime
de
ceux
dont
l
'
estime
vaille
quelque
chose
Vous
serez
toujours
Ugo
Foscolo
quand
on
vous
trouverait
labourant
la
terre
,
ou
raccommodant
vos
souliers
.
.
Nous
autres
femmelettes
qui
sommes
composées
de
gazes
et
de
rubans
,
et
dont
les
titres
sont
des
voitures
et
de
jolis
meubles
,
si
nous
perdons
tout
cela
,
nous
sommes
anéanties
.
Il
n
'
est
pas
ainsi
des
hommes
qui
se
sont
distingués
[
]
Mon
pauvre
Foscolo
,
ne
perdez
pas
courage
,
mais
ne
bâtissez
plus
de
maisons
Le
malheur
est
que
pour
vivre
il
faut
écrire
pour
les
ignorants
et
les
frivoles
;
pour
se
survivre
il
faut
écrire
pour
les
savants
et
les
sérieux
;
c
'
est
-
à
-
dire
que
pour
se
survivre
il
faut
mourir
de
faim
»
.
Chi
non
avrebbe
baciata
volentieri
la
mano
che
vergò
queste
nobili
parole
?
E
quanti
altri
,
non
dico
solamente
donne
,
ma
uomini
,
sono
capaci
di
sentire
e
di
esprimere
così
schiettamente
e
altamente
,
senza
nessuna
smorfia
,
senza
nessun
falso
sentimentalismo
,
la
compassione
e
il
rispetto
che
ispirano
le
sciagure
e
le
debolezze
di
un
animo
grande
?
Alle
generose
parole
seguirono
i
fatti
.
Lady
Dacre
suggerì
,
com
'
è
noto
,
al
Foscolo
di
dare
un
corso
di
lezioni
di
letteratura
italiana
,
e
si
adoperò
a
trovar
soscrittori
.
Il
corso
fruttò
,
al
dire
del
Foscolo
stesso
,
un
migliaio
circa
di
lire
sterline
;
le
quali
,
secondo
lui
,
avrebbero
dovuto
bastare
a
sanar
le
sue
piaghe
;
ma
non
bastarono
.
Egli
aveva
detto
a
Lord
Dacre
che
i
suoi
debiti
ascendevano
a
lire
600;
forse
non
pensando
che
ai
più
vicini
ed
urgenti
,
e
parendogli
che
il
termine
dei
più
lontani
non
dovesse
arrivar
mai
.
O
forse
la
sua
inesperienza
e
la
sua
passione
lo
trascinavano
e
l
'
accecavano
;
e
,
pagati
quei
debiti
,
ne
fece
degli
altri
,
fidando
al
solito
sopra
entrate
e
guadagni
che
poi
mancarono
.
Il
26
marzo
1823
scriveva
ad
un
amico
:
«
Ho
avuto
due
giorni
fa
la
soddisfazione
di
aggiustare
i
miei
conti
col
signor
G
.
,
e
,
grazie
al
cielo
,
il
banchiere
è
pagato
.
Ier
sera
mi
riuscì
di
sistemare
definitivamente
il
livello
delle
due
case
;
così
finalmente
si
chiude
il
lungo
capitolo
de
'
guai
che
per
più
mesi
mi
tennero
in
uno
stato
di
continua
ansietà
»
.
Ahimè
!
il
capitolo
non
era
chiuso
:
cioè
,
era
chiuso
;
ma
stava
per
aprirsene
un
altro
,
ben
più
doloroso
e
terribile
,
il
quale
non
doveva
chiudersi
che
con
la
morte
.
Ugo
seguitò
ad
abitare
la
sua
casa
,
e
a
fare
la
solita
vita
,
adducendo
sempre
le
solite
ragioni
.
«
La
mia
vita
,
scriveva
il
6
agosto
1823
alla
Magiotti
,
è
tale
quale
l
'
ha
veduto
qui
il
marchese
(
Gino
Capponi
,
ch
'
era
stato
a
Londra
nel
1819
)
:
affaticata
,
servile
in
fatto
a
'
librai
ed
a
'
divoratori
di
libri
,
benché
in
apparenza
io
mi
studi
di
farla
parere
vita
di
libero
uomo
gentile
.
E
guai
se
siffatte
apparenze
non
illudessero
i
librai
e
i
lettori
!
perché
qui
nessuno
vuole
aver
che
fare
con
chi
è
,
o
si
professa
,
o
par
povero
»
.
Il
Pecchio
che
,
tornando
di
Spagna
,
andò
a
visitare
il
Foscolo
appunto
nell
'
agosto
del
1823
,
scrive
che
lo
trovò
«
alloggiato
nel
nuovo
casino
,
con
tutto
il
lusso
d
'
un
fermiere
arricchito
,
passeggiando
su
'
più
bei
tappeti
di
Fiandra
,
coi
mobili
de
'
legnami
più
rari
,
con
statue
nell
'
atrio
della
casa
,
con
una
stufa
ripiena
di
fiori
esotici
e
i
più
costosi
»
.
Anche
Lady
Dacre
,
che
fino
all
'
agosto
del
1823
non
avea
,
pare
,
veduto
la
casa
e
il
giardino
del
Foscolo
,
quando
li
vide
ne
rimase
meravigliata
;
e
glie
lo
scrisse
,
aggiungendo
riprensioni
e
consigli
intorno
alle
spese
non
necessarie
ch
'
egli
faceva
.
E
il
Foscolo
rispose
ringraziando
.
«
I
vostri
consigli
non
solo
non
hanno
bisogno
di
scusa
,
ma
sono
così
saggi
,
e
dettati
da
tanto
interesse
per
la
mia
felicità
,
che
più
crescerebbe
ancora
la
mia
premura
di
ringraziarvene
,
se
maggiore
fosse
stata
la
vostra
severità
nel
riprendermi
«
Alle
vostre
osservazioni
sul
mio
giardino
,
e
sui
fiori
,
e
sul
tempo
e
il
danaro
che
spendo
in
queste
dilettevoli
miserie
,
non
ho
che
opporre
.
In
altri
tempi
io
mi
deliziava
assai
più
delle
soavi
sensazioni
che
mi
venivano
dai
giardini
,
dagli
alberi
,
dai
prati
,
senza
che
ne
prendessi
cura
veruna
.
Il
mio
spirito
era
allora
più
vigoroso
,
più
attivo
,
e
sopra
tutto
più
tranquillo
.
Gli
anni
,
le
sventure
e
l
'
esilio
,
ma
sovra
ogni
altra
cosa
la
solitudine
,
mi
hanno
fatto
credere
che
dando
un
pensiero
ai
fiori
,
involerei
qualche
ora
alle
dolorose
meditazioni
,
alle
quali
fui
sempre
per
natura
inclinato
,
ed
ai
noiosi
lavori
cui
ora
son
condannato
dalla
fortuna
»
.
Aggiungeva
d
'
aver
preso
la
savia
risoluzione
di
affittare
o
di
vendere
il
suo
povero
Digamma
,
e
che
non
ci
sarebbe
rimasto
se
non
fino
al
momento
che
trovasse
un
buono
acquirente
.
Ma
non
ebbe
tempo
di
trovarlo
,
perché
di
lì
a
qualche
mese
,
ai
primi
del
1824
,
alcuni
creditori
lanciarono
contro
di
lui
un
mandato
d
'
arresto
;
ed
egli
,
per
sottrarsi
alle
loro
persecuzioni
,
dové
abbandonare
nascostamente
la
propria
casa
e
andare
errando
dall
'
uno
all
'
altro
dei
più
poveri
quartieri
della
città
.
Quale
fosse
d
'
allora
in
poi
la
sua
vita
,
negli
ultimi
non
interi
quattro
anni
ch
'
essa
durò
,
l
'
accennarono
in
genere
i
suoi
biografi
:
meglio
apparisce
dalle
lettere
,
specialmente
da
quelle
a
Hudson
Gurney
,
a
Dionisio
Bulzo
e
al
Capponi
,
nel
terzo
volume
dell
'
epistolario
:
ma
i
dolorosi
particolari
che
in
esse
si
leggono
non
sono
ancora
tutta
la
storia
delle
privazioni
,
delle
umiliazioni
,
dei
patimenti
,
a
prezzo
dei
quali
il
Foscolo
espiò
i
suoi
errori
e
le
sue
debolezze
.
Da
questa
storia
,
quando
potrà
scriversi
intera
,
apparirà
,
credo
,
che
se
gli
errori
furon
grandi
,
fu
anche
grande
l
'
espiazione
;
e
,
diciamolo
ad
intero
onore
del
Foscolo
,
fu
compiuta
con
una
forza
d
'
animo
veramente
ammirabile
.