StampaPeriodica ,
La
vita
dei
vagabondi
ha
sempre
esercitato
su
me
,
fin
da
ragazzo
,
un
fascino
strano
e
potente
.
Ricordo
che
dalla
finestra
di
casa
mia
seguivo
con
intenti
occhi
il
passaggio
di
questi
"
camminanti
"
sul
far
della
notte
,
quando
per
gli
usci
aperti
si
vedevano
nelle
case
del
villaggio
splendere
i
fuochi
della
cena
.
Passavano
essi
quasi
sempre
soli
;
avevano
le
barbe
incolte
che
davano
al
viso
smorto
un
aspetto
anche
più
macero
.
Qual
nostalgia
negli
occhi
di
questi
senza
tetto
che
laceri
,
vergognosi
passavano
guardando
di
sottecchi
e
sparivano
dopo
le
ultime
case
sulla
strada
solitaria
occupata
già
dall
'
ombra
!
Eppure
,
fanciullo
ignaro
,
io
invidiavo
la
loro
triste
sorte
,
il
loro
destino
che
così
li
spingeva
per
le
strade
del
mondo
verso
l
'
ignoto
.
Trovavano
essi
talvolta
cortese
ospitalità
nelle
case
dei
contadini
e
passavan
la
notte
sui
fienili
.
Ma
spesso
la
diffidenza
dei
coloni
non
concedeva
loro
nessun
riparo
ed
andavano
,
i
poveretti
,
andavano
ancora
...
Nella
città
sorgono
per
i
senza
tetto
ospitali
asili
.
L
'
altra
notte
io
volli
visitare
uno
di
questi
alberghi
dei
poveri
:
l
'
asilo
notturno
Umberto
I
...
...
ci
andai
in
incognito
.
Scelsi
il
più
vecchio
dei
miei
abiti
,
quello
che
presentava
maggiori
strappi
e
frittelle
,
mi
spogliai
di
quel
poco
vile
metallo
che
contenevano
le
mie
tasche
,
tolsi
dal
dito
il
mio
anello
e
dal
taschino
il
mio
orologio
;
tutte
cose
inutili
queste
per
un
irregolare
,
un
fuori
legge
,
un
vagabondo
.
Difatti
che
è
l
'
uomo
senza
quattrini
?
Qual
fanciulla
.
può
serbar
fede
ad
uno
straccione
?
Via
dunque
l
'
anello
,
e
via
anche
l
'
orologio
:
le
ore
della
fame
son
tutte
eguali
.
Lasciai
pure
le
chiavi
:
a
chi
servono
esse
quando
non
si
ha
più
casa
?
Per
aprire
le
porte
altrui
,
noi
vagabondi
,
abbiamo
i
grimaldelli
...
Quando
m
'
ebbi
annodato
al
collo
un
vecchio
foulard
di
seta
che
già
mostrava
il
cotone
e
con
la
mano
mascagnamente
feci
sconvolte
le
mie
chiome
,
mi
guardai
nello
specchio
.
Ça
marche
!
...
Uscii
,
non
senza
vergogna
,
lo
confesso
.
Era
il
tramonto
.
Corso
Vittorio
formicolava
di
belle
signore
.
Al
mio
passaggio
,
alcuni
onesti
bottegai
si
diedero
di
gomito
.
Due
questurini
mi
fiutarono
.
Un
amico
passò
...
senza
vedermi
.
Eh
,
la
sapienza
dei
proverbi
dissi
tra
me
:
l
'
abito
non
fa
il
monaco
!
Fatta
questa
profonda
constatazione
,
ed
un
'
altra
non
meno
profonda
sugli
amici
che
salutano
quando
sono
in
vettura
o
passano
al
fianco
d
'
una
bella
compagna
,
svoltai
piano
,
piano
in
corso
Massimo
d
'
Azeglio
.
Ero
dunque
una
res
nullius
,
un
perfetto
vagabondo
!
Le
occhiate
dei
passanti
che
ritornavano
alle
loro
case
non
mi
lasciavano
alcun
dubbio
:
le
mani
in
saccoccia
,
la
testa
ciondoloni
,
gli
occhi
tristi
come
di
cane
sperduto
,
andai
,
andai
fino
a
che
giunsi
in
corso
Dante
,
dove
sorge
(
ironia
del
nome
)
l
'
asilo
notturno
Umberto
I
per
le
persone
d
'
ogni
età
,
sesso
,
patria
,
fede
,
sprovviste
di
rifugio
.
Era
quello
il
mio
luogo
.
...
Mi
diressi
dunque
verso
il
pio
istituto
.
Innanzi
ad
esso
già
passeggiavano
con
aria
indifferente
alcuni
compagni
.
Due
mi
chiesero
:
-
Si
passa
per
di
qui
?
-
Credo
.
Entrammo
insieme
.
Ma
un
inserviente
come
ci
vide
gridò
,
non
senza
asprezza
nella
voce
:
-
Ancora
è
presto
,
vadano
fuori
,
chiamerò
poi
io
quando
sia
tempo
.
Uscimmo
un
poco
mortificati
.
-
Che
superbia
!
-
disse
il
più
vecchio
dei
miei
compagni
,
un
operaio
dalla
barba
incolta
.
Era
un
piemontese
che
veniva
da
Berlino
.
L
'
altro
era
molto
più
giovane
,
brutto
,
con
due
grandi
occhi
da
vitello
,
e
parlava
con
spiccato
accento
meridionale
.
-
Son
dieci
giorni
che
non
mi
cavo
le
scarpe
-
disse
.
-
Che
buona
dormita
farò
stanotte
.
Ci
sedemmo
aspettando
nel
breve
ineguale
spiazzo
erboso
che
si
stende
a
fianco
dell
'
asilo
.
L
'
operaio
piemontese
tirò
fuori
una
corta
pipetta
di
gesso
,
l
'
accese
con
un
mio
fiammifero
,
fumò
un
poco
e
poi
la
passò
al
giovane
napoletano
.
Restammo
così
,
senza
parlare
,
per
qualche
tempo
.
Annottava
.
Dalle
colline
oltre
il
Po
si
levò
improvvisa
la
luna
animando
di
gialli
riflessi
le
ombre
circostanti
...
Un
battito
di
mano
mise
in
fuga
i
sogni
,
mi
richiamò
alla
realtà
di
vagabondo
:
l
'
inserviente
dell
'
asilo
chiamava
i
suoi
cenciosi
ospiti
.
La
saletta
d
'
accettazione
si
riempì
subito
d
'
una
turba
di
miserabili
d
'
ogni
età
,
col
viso
gualcito
dalle
fatiche
e
dalla
miseria
;
ciascuno
gettava
il
proprio
nome
e
cognome
dentro
uno
sportello
dietro
cui
il
direttore
scriveva
.
Che
fetore
di
cenci
e
di
sudiciume
saliva
dal
branco
umano
!
Ciascuno
diceva
col
nome
anche
la
professione
:
erano
operai
quasi
tutti
.
Un
vecchio
signore
col
paletò
abbottonato
sino
al
bavero
,
pronunziò
le
proprie
generalità
,
tutto
vergognoso
.
Era
un
impiegato
di
Novara
,
celibe
.
Dopo
lui
passò
un
giovinotto
dal
profilo
femmineo
,
sorridente
.
Venne
la
mia
volta
.
-
Si
chiama
?
Dissi
il
nome
di
un
caro
amico
.
-
Ha
le
carte
?
-
Nessuna
.
-
Per
domani
sera
,
passi
in
questura
a
provvedersele
.
-
Sissignore
.
-
Prenda
il
n
.
13
.
Ero
accettato
.
Passai
nello
spogliatoio
,
un
vasto
stanzone
retangolare
diviso
nel
mezzo
da
un
comune
lavamani
.
Contro
le
pareti
,
segnati
dal
rispettivo
numero
,
pendevano
sacchi
di
tela
e
vestiti
di
rigatino
bianco
azzurro
.
Cominciai
a
spogliarmi
insieme
agli
altri
.
Mi
pareva
di
essere
tornato
alla
visita
militare
.
Spogliandomi
lentamente
,
guardando
i
corpi
dei
miei
compagni
uscir
dall
'
involucro
cencioso
:
corpi
consumati
di
vecchi
e
corpi
esili
d
'
adolescenti
mal
nutriti
e
già
deformati
dalla
fatica
.
Che
pena
e
che
nausea
.
Il
mio
vicino
mi
interpellò
:
-
In
che
luogo
siamo
capitati
,
non
è
vero
?
Era
il
giovinetto
dal
profilo
femmineo
;
un
profugo
triestino
,
come
seppi
poi
,
che
aveva
issato
il
tricolore
italiano
sul
Municipio
di
Trieste
.
Conosceva
quattro
lingue
ma
non
trovava
impiego
.
Contento
di
trovarsi
in
mia
compagnia
,
già
pratico
del
luogo
,
mi
aiutò
nelle
mie
bisogna
.
-
I
suoi
vestiti
li
chiuda
nel
sacco
che
le
han
dato
,
-
mi
disse
,
-
così
.
Prima
di
indossare
la
camicia
dell
'
Asilo
,
una
camicia
di
bucato
,
ci
recammo
a
prendere
la
nostra
doccia
;
e
poi
rivestiti
di
uno
di
quegli
abiti
di
tela
turchina
,
coi
piedi
nudi
infilati
come
si
poteva
dentro
a
strepitosi
zoccoli
di
legno
,
passammo
nel
refettorio
.
Anche
qui
,
la
massima
pulizia
,
un
non
so
che
tra
il
convento
,
il
collegio
e
la
prigione
.
Una
doppia
fila
di
tavole
,
nel
mezzo
;
contro
una
parete
il
busto
di
Re
Umberto
,
contro
l
'
altra
un
armadio
a
vetri
per
i
libri
.
Qua
e
là
,
scritte
sui
muri
,
alcune
,
massime
morali
,
inneggianti
per
lo
più
,
alla
carità
.
Mi
sedetti
.
Vicino
a
me
era
il
vecchio
impiegato
di
Novara
ed
un
altro
.
La
divisa
ci
faceva
tutti
eguali
come
nel
collegio
.
Disse
,
però
,
un
giovane
dal
viso
losco
:
-
Mi
sembra
di
essere
nuovamente
al
reclusorio
di
Pallanza
.
Non
avevano
comuni
le
memorie
,
come
si
vede
.
La
sala
si
riempiva
e
si
animava
.
Coi
...
colleghi
si
fa
presto
amicizia
.
Si
formarono
gruppi
e
si
cianciava
a
viva
voce
.
Un
vecchio
operaio
chiese
al
giovane
triestino
:
-
E
il
professore
di
francese
?
-
Non
l
'
ho
veduto
più
.
-
Stava
male
ieri
sera
.
Che
sia
andato
all
'
ospedale
?
Feci
notare
al
mio
compagno
che
tutti
erano
abbastanza
lieti
,
parlavano
di
voglia
.
-
La
prima
sera
ho
pianto
,
io
-
rispose
.
Gli
altri
,
si
vedeva
,
erano
abituati
alla
loro
sorte
:
si
consideravano
felici
di
poter
trovare
un
pubblico
ricovero
per
la
loro
carne
stanca
;
l
'
asilo
notturno
aveva
perduto
tutto
ciò
che
ha
di
degradante
,
era
un
loro
diritto
,
infine
!
Un
compagno
che
aveva
viaggiato
mezzo
mondo
ed
aveva
dormito
in
tutti
gli
asili
notturni
,
paragonava
tranquillamente
,
sotto
i
rapporti
dell
'
igiene
e
della
comodità
,
l
'
albergo
dei
poveri
di
Torino
con
quello
di
Milano
e
di
Vienna
.
Non
mancava
tra
il
gregge
dei
vagabondi
operai
,
l
'
intellettuale
,
naturalmente
anarchico
.
Aveva
la
barba
e
i
capelli
arruffati
,
gli
occhi
azzurri
d
'
un
bimbo
,
che
guardavano
fisso
dietro
le
lenti
a
stanga
.
Parlava
a
scatti
,
con
frasi
da
eroe
gorkiano
,
era
istruito
.
-
Chi
siamo
noi
,
che
siamo
,
eh
?
Nessuno
sa
chi
sia
,
né
donde
viene
,
né
dove
va
!
E
poi
,
scaldandosi
a
mano
a
mano
,
giù
una
carica
a
fondo
contro
i
grossi
borghesi
,
i
filistei
infarciti
di
buon
senso
confinante
col
cretinismo
.
Molti
lo
ascoltavano
con
occhi
intenti
,
approvando
.
Solo
il
vecchio
impiegato
di
Novara
taceva
in
un
canto
.
Guardava
,
per
le
finestre
,
la
città
accendersi
di
lampadine
famigliari
intorno
a
cui
ridevano
volti
amici
.
E
certo
il
pensiero
della
sua
miseria
,
della
sua
solitudine
lo
doveva
,
ora
,
maggiormente
angosciare
poiché
i
suoi
occhi
erano
umidi
di
pianto
...
-
Occorre
uno
alto
per
mescolare
la
minestra
;
chi
viene
?
-
domandò
un
inserviente
.
-
Io
,
-
risposi
.
E
tenedomi
con
una
mano
le
mie
brache
azzurre
che
minacciavano
ad
ogni
momento
di
scivolarsene
via
,
saltellai
sui
miei
zoccoli
verso
la
cucina
.
Qui
,
con
un
gran
mestolo
compii
la
bisogna
,
come
un
perfetto
re
dei
cuochi
.
Quando
gli
inservienti
recarono
la
minestra
fumante
in
grosse
e
bianche
scodelle
,
i
visi
degli
ospiti
(
una
cinquantina
)
si
illuminarono
di
contentezza
,
e
ciascuno
prese
a
mangiare
con
discreto
appetito
.
Non
era
cattiva
quella
minestra
di
paste
e
fagiuoli
;
un
po
'
salata
,
forse
.
Ne
mangiai
una
parte
,
dando
il
resto
al
mio
vicino
che
era
un
affamato
autentico
.
Quando
il
pasto
fu
terminato
,
ci
si
mandò
a
cuccia
in
un
dormitorio
comune
,
vasto
e
pulito
,
pieno
di
piccoli
lettini
in
ferro
di
cui
ciascuno
porta
il
suo
numero
e
il
nome
del
fondatore
...
Il
mio
vicino
,
un
giovane
montanaro
allegro
,
tamburellava
contro
l
'
arcuato
e
basso
paravento
in
ferro
che
divideva
i
nostri
letti
.
Doveva
essere
un
senza
-
letto
per
economia
;
l
'
avevo
visto
arrivare
sbocconcellando
una
micca
e
con
un
misterioso
fagotto
sotto
il
braccio
.
Doveva
venire
di
Francia
insieme
a
quegli
altri
che
ora
si
interpellavano
in
un
francese
di
Biella
,
e
certo
doveva
nascondere
nelle
calze
il
suo
gruzzolo
.
Frodava
come
me
,
per
dilettantismo
di
giornalista
,
lui
per
amor
d
'
economia
,
la
carità
pubblica
.
Quando
i
lumi
furono
abbassati
e
gli
inservienti
uscirono
nel
corridoio
,
il
chiasso
si
fece
più
vivo
:
lazzi
,
rumori
da
demonio
dantesco
echeggiarono
per
il
vasto
stanzone
dove
i
più
stanchi
già
si
permettevano
delle
distrazioni
cacofoniche
nasali
.
Accadeva
anche
così
nel
mio
collegio
:
ma
allora
era
dolce
riposare
così
in
comune
,
giovani
tutti
,
eguali
,
con
l
'
anima
e
la
mente
tesa
ad
una
stessa
meta
.
Ora
,
invece
,
la
mia
personalità
si
ribellava
a
quell
'
assieme
d
'
ignoti
;
non
senza
una
strana
inquietudine
ascoltavo
l
'
ansito
dei
respiri
affannosi
,
calmi
,
sordi
,
fischianti
;
le
parole
confuse
che
alcuno
diceva
nel
sonno
su
cui
la
vita
gravava
ancora
il
peso
dei
suoi
travagli
.
I
trams
che
passavano
ronzando
come
giganteschi
mosconi
dagli
occhi
di
bragia
e
inferociti
,
mi
davano
un
sussulto
,
mi
richiamavano
a
mente
le
vie
cittadine
illuminate
e
piene
di
gente
,
i
ritrovi
notturni
,
i
caffè
,
i
teatri
,
tutto
ciò
che
di
buono
è
concesso
alla
gente
...
per
bene
.
E
pensavo
al
contrasto
che
offriva
la
vita
dei
miei
compagni
:
una
lotta
brutale
per
il
pane
,
senza
sorrisi
d
'
arte
e
d
'
amore
.
M
'
addormentai
tardi
,
quella
notte
,
e
il
mio
sonno
fu
spesso
turbato
dai
passi
di
qualcuno
che
usciva
in
camicia
.
Verso
le
cinque
una
campanella
stridula
destò
i
vagabondi
.
La
sveglia
fu
salutata
da
improperi
generali
,
poiché
essa
veniva
a
ricordare
ai
felici
dormienti
la
miseria
passata
e
la
presente
,
il
ritorno
alla
vita
triste
e
senza
speranze
.
Fui
sorpreso
,
ancora
mal
desto
,
di
trovarmi
in
quel
luogo
;
poi
,
come
la
coscienza
ritornò
,
fui
preso
da
un
lancinante
bisogno
di
levarmi
da
quel
bagno
di
miseria
,
di
fuggire
all
'
aperto
.
Mi
lavai
,
con
gli
altri
,
in
fretta
;
qualcuno
mi
salutò
.
Pensando
che
tra
poco
sarei
tornato
ad
essere
"
io
"
fui
preso
da
una
viva
pietà
per
tutti
quei
miserabili
veri
,
per
tutti
quei
compagni
d
'
una
notte
,
compagni
che
non
sapevano
di
me
,
come
io
non
sapevo
di
loro
,
che
non
avrei
più
rivisto
e
avrebbero
continuato
il
loro
triste
pellegrinaggio
per
le
vie
del
mondo
.
Tolsi
dal
mio
sacco
i
vestiti
e
quando
fui
rientrato
in
me
stesso
,
uscii
col
giovane
triestino
e
l
'
anarchico
,
tenendo
sotto
il
braccio
il
mio
pane
.
Sulla
porta
,
il
direttore
mi
disse
:
-
Si
ricordi
le
carte
,
eh
!
?
-
Sissignore
!
Erano
le
sei
:
la
città
ci
colse
col
suo
primo
sbadiglio
grigio
e
polveroso
:
porte
e
finestre
sbattute
;
le
botteghe
e
i
portinai
ci
scopavano
sui
piedi
le
immondizie
della
casa
.
Camminavano
sfiaccolati
come
materassi
.
I
miei
due
compagni
erano
più
allegri
di
me
.
L
'
anarchico
lanciava
moccoli
all
'
indirizzo
delle
donnette
che
sbattevano
,
dai
terrazzi
,
i
loro
panni
sul
nostro
capo
.
Giunti
in
via
Madama
Cristina
,
entrammo
in
una
latteria
a
far
colazione
:
pane
dell
'
asilo
e
due
soldi
di
latte
.
-
Ben
,
ora
vi
lascio
-
dissi
ai
miei
due
amici
.
-
Te
ne
vai
?
-
Sì
.
-
Dove
?
-
A
casa
mia
!
L
'
anarchico
e
il
giovane
triestino
mi
guardarono
stupiti
,
e
poi
,
dandomi
del
lei
,
mi
salutarono
alquanto
freddamente
.
Sparirono
insieme
,
verso
il
Valentino
.
Non
appena
a
casa
,
mi
rivestii
da
capo
a
piedi
.
Con
quale
voluttà
,
cinsi
al
mio
collo
un
alto
e
lucido
solino
,
e
con
le
tasche
sonanti
scesi
al
Caffè
Ligure
,
ordinando
:
-
Cameriere
,
un
chop
!
Pagavo
ero
di
nuovo
"
qualcuno
"
.