StampaPeriodica ,
Io
credo
che
non
vi
sia
città
la
quale
si
trovi
nelle
condizioni
di
Venezia
.
È
tale
la
stranezza
di
ciò
che
avviene
nell
'
incantevole
reggia
,
sollevata
dal
sogno
di
un
nume
sul
mare
,
da
turbare
anche
il
discernimento
del
più
lucido
ed
acuto
osservatore
.
Gli
occhi
vigili
di
tutto
il
mondo
sembrano
continuamente
appuntati
su
Venezia
,
a
guardia
della
sua
immunità
e
inviolabilità
.
Se
si
osa
smuovere
una
pietra
,
se
si
ardisce
di
proporre
qualche
innovazione
,
si
levano
lagni
proteste
divieti
da
tutte
le
terre
,
da
tutte
le
classi
di
persone
,
tanto
che
Venezia
non
pare
più
degli
Italiani
e
neppure
dei
Veneziani
,
ma
uno
di
quegli
Stati
incapaci
di
governarsi
da
sé
e
per
i
quali
le
varie
potenze
costituiscono
una
specie
di
consiglio
internazionale
di
tutela
,
come
l
'
isola
di
Creta
.
Tutto
il
mondo
interviene
nelle
faccende
di
Venezia
;
ognuno
che
sgorbia
una
tela
o
sciupa
del
marmo
,
ognuno
che
sa
tenere
una
penna
in
mano
,
ognuno
che
si
è
procurato
il
lusso
di
visitare
Venezia
o
ne
ha
soltanto
sentito
parlare
,
si
attribuisce
il
diritto
di
trattare
gli
affari
di
Venezia
come
suoi
affari
personali
.
Tutti
poi
,
a
conferma
delle
squisite
doti
di
sensibilità
,
di
raffinatezza
,
di
gusto
artistico
,
dei
loro
spiriti
,
si
credono
investiti
della
missione
di
difendere
Venezia
contro
i
supposti
vandali
che
ne
insidiano
perennemente
la
divina
bellezza
.
Tanta
universale
premura
è
toccante
ma
non
è
sempre
divertente
.
A
Venezia
poi
non
si
intende
che
discutere
di
arte
,
se
ne
parla
sempre
,
la
si
mette
avanti
in
ogni
caso
,
non
ci
si
preoccupa
che
dell
'
arte
e
della
bellezza
;
è
in
nome
dell
'
arte
che
si
propugnano
e
si
condannano
tutte
le
iniziative
.
La
si
nomina
tanto
e
gli
echi
rispondono
da
tutte
le
parti
del
mondo
,
la
si
fa
intervenire
in
tutte
le
faccende
peggio
della
politica
con
tanta
insistenza
,
se
ne
fa
un
tale
abuso
dell
'
arte
che
a
Venezia
si
direbbe
essere
tutto
subordinato
all
'
arte
,
industria
,
comodità
,
ricchezza
,
igiene
,
tutto
.
L
'
arte
è
su
tutte
le
bocche
,
l
'
arte
è
invocata
a
ogni
istante
,
l
'
arte
è
la
norma
suprema
di
Venezia
,
la
bellezza
vi
primeggia
su
ogni
altro
scopo
.
Si
vive
adunque
solo
di
arte
a
Venezia
!
In
questa
terra
privilegiata
ogni
cura
volgare
è
adunque
abolita
,
ogni
misera
competizione
sul
genere
di
quelle
che
affliggono
gli
altri
comuni
d
'
Italia
è
qui
scomparsa
.
Come
una
volta
in
Atene
e
a
Firenze
le
uniche
gare
fra
i
cittadini
sono
rivolte
al
conseguimento
della
bellezza
.
Oh
la
più
felice
fra
tutte
le
città
!
Sembrerebbe
infatti
che
dati
tanti
amorevoli
ed
alacri
difensori
,
dato
l
'
assoluto
predominio
acquistatovi
dall
'
arte
,
Venezia
dovesse
essere
più
di
qualsiasi
altra
città
,
sicuramente
al
riparo
da
ogni
manomissione
,
da
ogni
tormento
degli
uomini
e
del
tempo
,
dovesse
essere
gelosamente
conservata
e
custodita
contro
ogni
offesa
.
Sembrerebbe
che
a
Venezia
nulla
si
facesse
se
non
ispirato
da
puri
criteri
d
'
arte
,
che
l
'
arte
vi
si
respirasse
con
l
'
aria
,
che
ciò
che
altrove
è
opera
utilitaria
dell
'
industria
e
del
commercio
si
trasformasse
a
Venezia
in
opera
di
bellezza
.
Sembrerebbe
che
Venezia
,
patria
esclusiva
dell
'
arte
,
fosse
l
'
asilo
immune
da
tutte
le
brutture
,
da
tutte
le
profanazioni
che
altrove
si
commettono
per
avidità
di
guadagno
,
per
le
necessità
della
vita
moderna
.
Sembrerebbe
infine
che
a
Venezia
non
potesse
aver
diritto
di
entrata
se
non
ciò
che
è
bello
ed
artistico
e
che
fosse
inesorabilmente
respinto
anche
ogni
più
utile
trovata
del
progresso
se
in
contrasto
con
questo
rigoroso
programma
di
bellezza
.
E
così
si
dice
e
si
crede
e
le
apparenze
sono
tali
che
tutti
ne
sono
persuasi
.
L
'
assordante
coro
che
predica
e
decide
in
nome
dell
'
arte
non
lascia
più
intendere
altra
voce
.
Il
culto
della
bellezza
sembra
spinto
a
tal
segno
da
essere
non
solo
creduto
sincero
,
ma
ritenuto
tirannico
fanatico
e
come
tale
molesto
e
irritante
.
Per
poco
io
non
sono
stato
addirittura
aggredito
da
un
pacifico
negoziante
il
quale
proprio
in
me
,
soltanto
perché
son
solito
scrivere
di
arte
e
perché
in
quel
momento
non
trovavo
troppo
opportuna
l
'
idea
di
un
grande
banchetto
pro
Calabria
in
Piazza
San
Marco
,
era
persuaso
di
scorgere
uno
dei
tanti
maniaci
esteti
,
sistematici
oppositori
di
ogni
libera
attività
veneziana
.
-
Ma
non
si
potrà
infine
far
più
nulla
in
questa
città
,
egli
gridava
brandendo
la
forchetta
come
un
'
arme
minacciosa
,
non
si
potrà
più
muovere
un
dito
senza
il
consenso
degli
artisti
i
quali
viceversa
nulla
fanno
per
la
città
?
Dovremo
morir
di
fame
,
dovremo
far
di
Venezia
l
'
ultima
città
del
mondo
in
omaggio
all
'
arte
?
Non
si
può
più
toccare
un
sasso
,
non
si
può
suggerire
un
mutamento
senza
sentirsi
gridare
la
croce
addosso
,
come
se
tutto
fosse
sacro
e
intangibile
!
-
No
,
egregio
signore
,
ella
può
serbare
tutta
la
sua
calma
.
Se
a
parole
pare
che
le
cose
stiano
così
,
in
pratica
,
ella
lo
sa
meglio
di
me
,
è
tutto
differente
.
È
proprio
Venezia
,
dove
più
si
parla
di
arte
fino
a
stancare
,
la
città
dove
meno
è
tenuta
in
conto
;
è
proprio
Venezia
la
città
lasciata
maggiormente
in
balìa
del
primo
guastatore
venuto
,
soltanto
che
si
presenti
in
nome
dell
'
industria
,
e
dove
più
impunemente
si
possa
demolire
e
deturpare
.
Mentre
,
declamando
retoricamente
per
l
'
arte
,
si
proibiscono
e
si
arrestano
le
intraprese
veramente
utili
,
davanti
alle
quali
anche
l
'
arte
potrebbe
sopportare
qualche
sacrificio
;
per
trascuraggine
,
per
indifferenza
,
per
gretteria
,
si
distrugge
,
si
mutila
,
si
rovina
senza
necessità
.
Mentre
per
favorire
il
forestiero
visitatore
dei
monumenti
e
delle
bellezze
veneziane
sembra
quasi
che
Venezia
rinunci
alla
sua
fierezza
,
alla
sua
dignità
e
al
suo
sviluppo
,
in
realtà
non
concede
al
forestiero
neanche
quella
elementare
assistenza
che
egli
ormai
è
abituato
a
trovare
dovunque
.
Citerò
rapidamente
alcuni
esempi
.
Non
si
voleva
il
ponte
tra
Venezia
e
la
terra
ferma
;
soltanto
per
averlo
proposto
si
è
scatenata
una
tempesta
;
sembrava
che
una
minaccia
esiziale
fosse
sospesa
su
Venezia
,
sulla
sua
incolumità
,
sulla
sua
poesia
,
sulla
sua
dolce
laguna
.
Ebbene
di
ponti
se
ne
son
fatti
due
fra
l
'
acquiescenza
di
tutti
,
poiché
tali
si
possono
qualificare
le
condutture
dell
'
energia
elettrica
,
costruite
in
laguna
con
una
siffatta
abbondanza
di
fondazioni
in
muratura
e
di
torri
metalliche
come
non
sarebbe
stata
necessaria
per
fare
un
ponte
effettivo
.
A
Parigi
città
eminentemente
moderna
e
industriale
è
vietato
,
soltanto
per
ragioni
estetiche
,
di
tendere
fili
metallici
sulle
strade
;
talché
persino
i
trams
elettrici
non
possono
avere
conduttura
aerea
,
ma
debbono
attingere
l
'
elettricità
da
un
cavo
sotterraneo
;
a
Venezia
,
ove
questo
divieto
sarebbe
stato
indispensabile
,
non
solo
per
l
'
estetica
ma
per
la
conservazione
,
data
la
vetustà
fragile
degli
edifizi
,
si
intrecciano
in
aria
ogni
sorta
di
cavi
e
di
cordoni
metallici
.
All
'
antica
rete
telegrafica
e
telefonica
si
è
aggiunta
quella
nuova
per
la
distribuzione
dell
'
energia
elettrica
e
si
è
proceduto
senza
riguardo
alcuno
,
come
se
si
trattasse
di
una
stazione
ferroviaria
.
Ora
poi
si
stanno
collocando
nuovi
cavi
telefonici
,
grossi
come
gomene
di
piroscafi
,
tanto
che
ognuno
contiene
cento
fili
;
ed
ho
veduto
io
tenderli
ed
agganciarli
su
sostegni
di
ferro
infissi
negli
angoli
marmorei
dei
palazzi
del
quattrocento
.
Pensate
all
'
effetto
disastroso
delle
vibrazioni
,
di
quel
lungo
e
pesante
cordone
sospeso
,
trasmesse
dal
sostegno
metallico
all
'
angolo
su
cui
poggia
!
Ma
neanche
nella
più
industriale
e
barbara
città
americana
si
procederebbe
in
tal
guisa
!
L
'
incuria
e
l
'
abbandono
in
cui
giacciono
i
monumenti
affidati
adesso
a
maggior
numero
di
commissioni
vigilanti
che
non
siano
i
visitatori
,
sono
indescrivibili
.
A
persuadersene
basta
far
una
corsa
ai
Frari
,
al
chiostro
dell
'
Abbazia
,
alla
desolata
e
sconciata
chiesa
di
S
.
Gregorio
.
Circa
i
forestieri
mi
limito
a
dire
che
a
una
certa
ora
della
sera
e
durante
tutta
la
notte
,
quando
appunto
arrivano
alcuni
fra
i
treni
più
frequentati
dai
forestieri
,
come
il
treno
di
Milano
delle
4.25
,
proprio
alla
stazione
non
esiste
più
vigilanza
di
sorta
.
Ogni
segno
di
ordine
civile
,
di
potestà
pubblica
è
abolito
;
non
esistono
più
né
leggi
né
guardie
;
la
sola
legge
è
l
'
arbitrio
dei
facchini
e
dei
gondolieri
che
assalgono
e
insultano
i
forestieri
e
si
rifiutano
con
male
parole
di
prestare
servizio
al
forestiero
che
ha
la
disgrazia
di
non
andare
a
uno
degli
hôtels
più
di
lusso
.
Guai
a
lui
se
ha
la
pretesa
di
alloggiare
in
un
albergo
di
secondo
ordine
o
in
una
casa
privata
!
È
trattato
peggio
di
un
cane
.
La
verità
è
che
se
tutti
discutono
a
strillano
,
e
mostrano
di
sdegnarsi
o
di
cadere
in
deliquio
soltanto
se
una
foglia
si
muove
a
Venezia
,
facendo
dell
'
arte
la
più
asfissiante
delle
oppressioni
,
niuno
è
sincero
;
si
tratta
di
gente
che
si
arrampica
su
Venezia
,
che
sfrutta
davvero
Venezia
,
per
farsi
notare
con
poca
fatica
.
Niuno
se
ne
occupa
sul
serio
quando
dalla
pubblicità
di
un
articolo
o
di
un
discorso
si
deve
passare
al
lavoro
vero
e
raccolto
:
i
difensori
allora
si
dileguano
,
si
lascia
fare
ogni
cosa
come
su
terra
da
saccheggio
.
Venezia
mi
ha
lasciato
una
profonda
impressione
di
tristezza
proprio
in
questi
giorni
in
cui
si
teneva
fra
le
sue
mura
il
supremo
concilio
dell
'
arte
,
in
cui
tutti
i
suoi
immancabili
brevettati
difensori
erano
accorsi
al
suo
invito
.
Non
mi
è
mai
sembrata
più
abbandonata
.
StampaPeriodica ,
Bisogna
vederla
quando
io
la
invito
a
una
gita
sul
mio
minuscolo
automobile
ove
a
stento
posso
trovare
un
posticino
e
non
molto
comodo
per
lei
!
La
gioia
entra
in
lei
e
la
anima
come
la
brezza
nella
vela
.
Il
suo
volto
si
increspa
di
sorriso
,
i
suoi
occhioni
azzurri
si
rischiarano
e
brillano
,
le
sue
manine
paffute
battono
l
'
una
contro
.
l
'
altra
giocondamente
.
Non
fa
tardare
mai
il
consentimento
,
non
è
mai
di
mala
voglia
,
non
ha
mai
alcuno
di
quelli
impicci
femminili
che
capitano
espressamente
per
mandare
a
monte
i
divertimenti
meglio
improvvisati
.
È
sempre
pronta
e
felice
.
Non
c
'
è
mai
pericolo
che
l
'
invito
la
contrarii
.
La
sua
gioia
si
muta
poi
in
fervore
.
Ella
si
veste
,
si
appresta
in
due
minuti
,
provvede
a
tutto
ciò
che
le
occorre
,
nulla
dimentica
.
Anzi
ricorda
a
me
le
cose
necessarie
;
va
lei
alla
ricerca
degli
strumenti
che
possono
abbisognare
alla
nostra
macchina
.
Pensa
alla
chiave
inglese
e
all
'
oleatore
,
si
mette
in
tasca
del
filo
di
ferro
,
delle
pezze
di
gomma
per
medicare
le
ferite
dei
pneumatici
,
mi
domanda
se
ho
preso
la
manopola
e
la
spina
per
il
contatto
elettrico
,
e
fila
giù
per
le
scale
prima
ancora
che
io
mi
sia
calcato
sulle
orecchie
il
berretto
.
Nel
portico
di
casa
ella
entra
in
funzioni
.
Si
tratta
di
estrarre
il
nostro
sbuffante
veicolo
dalla
sua
cella
.
Ella
non
si
rifiuta
alla
fatica
!
Eccola
affaccendata
a
tirare
una
ruota
perché
la
macchina
possa
svoltare
dall
'
andito
,
e
poi
afferrata
all
'
asse
posteriore
per
trattenerla
nella
scesa
dei
due
gradini
che
ci
separano
dalla
strada
.
Siamo
quasi
al
punto
;
ella
ispeziona
un
istante
il
motore
,
toglie
via
un
po
'
di
fango
disseccato
dal
lucido
recipiente
della
benzina
,
dà
due
o
tre
colpetti
al
galleggiante
del
carburatore
,
come
ha
veduto
fare
da
me
,
per
assicurarsi
che
la
benzina
è
arrivata
,
un
ultimo
sguardo
a
tutto
l
'
insieme
e
...
in
sella
.
-
È
bella
è
,
la
nostra
quaranta
cavalli
!
ella
esclama
con
un
sorrisetto
di
orgoglio
.
Non
occorre
che
io
dica
che
il
modesto
ruotabile
che
viene
pomposamente
gratificato
di
una
cifra
così
ingente
di
cavalli
,
non
arriva
a
quattro
.
Ma
il
mio
camerata
in
gonnella
è
ottimista
e
poi
sente
l
'
amor
proprio
del
proprietario
,
così
da
moltiplicare
per
dieci
la
forza
del
motore
.
Io
mi
arrampico
per
primo
,
mi
accomodo
in
sella
,
dispongo
le
manette
del
gaz
e
della
accensione
per
la
partenza
e
poi
l
'
aiuto
a
salire
.
L
'
impresa
non
è
facile
,
sempre
per
la
ristrettezza
del
posto
.
L
'
afferro
sotto
le
braccia
la
sollevo
,
ella
sgambetta
in
aria
,
finché
si
appoggia
più
che
non
si
sieda
,
su
un
mio
ginocchio
,
punta
i
piedi
sulla
forcella
della
ruota
davanti
,
si
calca
il
berretto
sugli
occhi
facendo
sporgere
ben
innanzi
la
visiera
,
si
accomoda
i
grossi
occhiali
sul
nasino
,
e
quando
è
convinta
che
la
sua
tenuta
da
chauffeuse
è
perfetta
domanda
:
Andiamo
?
Posso
mettere
il
contatto
?
-
Via
!
rispondo
.
Gravemente
ella
gira
la
manopola
,
compresa
del
miracolo
animatorio
che
sta
per
compiersi
,
mentre
con
l
'
altra
mano
si
trattiene
,
aggrappandosi
,
al
mio
braccio
.
Siamo
in
un
momento
critico
.
Il
demarrage
della
macchina
non
è
tra
i
più
facili
,
io
debbo
prima
che
il
motore
si
avvii
dare
due
o
tre
colpi
di
pedale
.
Per
questo
movimento
un
po
'
brusco
ella
che
non
aveva
altro
sostegno
che
il
mio
ginocchio
destro
,
si
trova
improvvisamente
sbalzata
su
e
giù
alternativamente
come
se
navigasse
su
un
cattivo
battello
attraverso
la
Manica
,
durante
una
raffica
.
Ma
neanche
questo
sballottamento
la
mette
di
cattivo
umore
,
tutto
al
più
le
sue
dita
si
contraggono
più
strettamente
sul
mio
braccio
per
conservare
l
'
equilibrio
.
Per
fortuna
la
raffica
dura
poco
,
il
motore
inizia
la
serie
confortante
dei
suoi
scoppi
regolari
che
diventano
sempre
più
frequenti
come
gli
spari
di
molti
fucili
a
ripetizione
.
Quello
strepitio
ritmico
che
fa
voltare
i
passanti
con
un
viso
arcigno
giunge
alle
nostre
orecchie
dolce
come
una
musica
.
Non
arriviamo
come
quel
tale
chauffeur
maniaco
a
preferirlo
a
un
motivo
del
Parsifal
,
tuttavia
in
quell
'
istante
ci
riempie
di
contentezza
.
È
il
segnale
che
tutto
va
bene
.
E
non
è
poco
!
Veramente
io
mi
sono
affrettato
troppo
a
rallegrarmi
,
poiché
a
cento
metri
da
casa
,
proprio
mentre
ci
si
presenta
un
'
ardua
salita
sento
che
il
motore
cala
e
crepita
più
sordamente
.
Capisco
che
nella
precedente
agitazione
delle
sue
gonne
si
deve
essere
spostata
la
manetta
del
gaz
,
forse
si
è
quasi
chiusa
.
Ma
io
non
la
vedo
.
E
muovere
le
braccia
è
pericoloso
poiché
ella
vi
si
appoggia
.
D
'
altra
parte
non
c
'
è
da
esitare
.
-
Stai
attenta
,
debbo
regolare
l
'
ammissione
del
gaz
!
Ella
ha
capito
,
lascia
andar
le
braccia
,
si
afferra
al
manubrio
.
Io
corro
alla
ricerca
della
manetta
ribelle
,
la
apro
,
si
riparte
a
grande
velocità
.
La
salita
è
superata
,
siamo
in
cima
,
ella
si
rivolge
,
nel
suo
viso
scintilla
la
soddisfazione
della
vittoria
.
-
Hai
visto
,
ella
dice
,
come
va
bene
?
Corre
è
?
È
forte
!
Non
ha
neanche
sentito
la
salita
.
Come
è
bravo
,
poverino
.
E
nella
sua
effusione
ella
parla
alla
macchina
come
ad
un
vecchio
(
e
non
ha
torto
)
e
fidato
amico
:
"
Caro
,
mi
piaci
tanto
tanto
!
"
E
così
dicendo
carezza
con
la
mano
il
manubrio
.
La
mossa
è
stata
un
po
'
azzardata
,
ha
cambiato
le
nostre
condizioni
di
stabilità
.
Sento
la
mia
compagna
che
scivola
giù
pian
piano
dal
ginocchio
.
Decisamente
la
nostra
vettura
non
è
fatta
per
due
.
Ella
però
sta
in
guardia
e
,
da
svelto
acrobata
,
puntellandosi
con
braccia
e
mani
al
manubrio
come
i
ginnasti
quando
girano
attorno
alla
sbarra
si
ricolloca
ridendo
su
quell
'
incerto
sedile
che
è
il
mio
ginocchio
indolenzito
.
Ora
si
marcia
,
siamo
usciti
dalla
città
,
davanti
a
noi
si
apre
una
lunga
strada
diritta
,
fiancheggiata
da
grandi
platani
.
Sembra
di
camminare
in
un
bel
viale
.
Non
ci
sono
né
bestie
né
uomini
in
vista
.
Posso
affidare
una
parte
della
manovra
alla
mia
compagna
che
ne
freme
di
voglia
.
Già
si
è
voltata
parecchie
volte
per
mostrarmi
il
suo
visetto
desideroso
e
i
suoi
occhi
interrogativi
.
Ella
palpita
di
aspettazione
.
Niuna
cosa
le
potrebbe
fare
maggior
piacere
del
consentimento
che
io
sto
per
darle
.
-
Vuoi
guidar
tu
?
io
le
chieggo
.
Non
ho
ancora
finita
la
domanda
che
ella
mi
risponde
con
tre
sì
uno
più
giulivo
dell
'
altro
.
-
Stai
attenta
al
contatto
,
io
l
'
avverto
.
Se
vuoi
fermare
non
hai
che
da
voltarla
in
dentro
.
Ma
ella
lo
sa
e
questa
volta
mi
risponde
un
sì
quasi
indispettito
,
mentre
si
impadronisce
del
manubrio
che
le
sue
manine
di
fata
non
riescono
neppure
a
stringere
interamente
.
Per
ogni
buon
fine
io
rallento
un
po
'
l
'
andatura
,
ma
ella
vuol
correre
,
e
mi
incita
:
Via
,
via
!
Metto
un
po
'
di
avance
,
la
corsa
si
accelera
.
Via
,
via
!
ella
ripete
.
Ed
ella
è
veramente
bellissima
così
infervorata
dalla
ebbrezza
della
corsa
.
Dà
gioia
a
vederla
.
Ma
ancora
più
ammirevole
è
la
sua
posa
,
è
l
'
intensità
della
sua
attenzione
.
Pare
un
corridore
su
un
formidabile
arnese
di
velocità
.
Il
corpo
è
incurvato
sulle
braccia
fissate
alle
estremità
del
manubrio
,
il
capo
col
berretto
calato
sotto
le
orecchie
e
con
gli
occhiali
che
lo
ricoprono
per
metà
è
tutto
proteso
in
avanti
con
un
gesto
risoluto
e
scrutatore
.
Ella
vibra
all
'
unisono
con
la
macchina
,
le
due
vite
si
fondono
in
una
.
Io
non
la
ho
mai
veduta
così
assorta
,
io
son
sicuro
che
non
passa
in
lei
una
sola
sensazione
estranea
al
suo
atto
.
Ha
posto
tutta
sé
stessa
in
quella
funzione
,
come
se
compisse
qualche
cosa
di
solenne
,
di
decisivo
,
qualche
cosa
che
la
innalza
ad
una
altezza
sconosciuta
.
Il
mondo
,
io
compreso
,
è
scomparso
per
lei
.
E
per
richiamarla
a
me
e
alla
realtà
medito
un
piccolo
tranello
.
Senza
che
però
ella
mi
sproni
,
aumento
io
la
velocità
,
metto
progressivamente
più
avance
.
Come
un
sensibile
puledro
la
macchina
sente
la
spinta
,
il
suo
galoppo
si
fa
più
rapido
,
lo
strepito
del
motore
si
è
convertito
in
un
ronzio
.
Si
vola
.
Naturalmente
i
miei
piedi
sono
sul
freno
e
una
mia
mano
di
nascosto
tiene
il
manubrio
.
Ah
ecco
che
essa
si
volta
,
nulla
dice
,
si
rivolta
ancora
,
non
vorrebbe
farlo
parere
.
Non
ride
più
,
il
suo
suddito
è
diventato
ora
più
forte
di
lei
.
Ella
ne
ha
la
coscienza
vaga
e
nel
suo
voltarsi
verso
di
me
vi
è
come
la
richiesta
di
un
supplemento
di
autorità
.
Finalmente
si
decide
:
Non
ti
pare
che
vada
troppo
presto
?
E
con
la
manina
fa
compiere
un
mezzo
giro
alla
manopola
e
toglie
l
'
accensione
.
Il
piccolo
gesto
le
ha
ridato
tutta
la
fiducia
,
le
ha
mostrato
tutta
la
sua
potenza
,
poiché
è
stato
sufficiente
a
tagliare
il
tendine
del
mostro
dianzi
indomabile
.
E
sotto
gli
occhiali
che
le
nascondono
mezzo
viso
scorgo
i
suoi
occhi
lampeggiare
di
fierezza
,
come
prima
stavano
per
inumidirsi
di
lacrime
.
Mi
avvedo
ora
che
mi
sono
dimenticato
di
presentarvi
la
mia
incomparabile
compagna
.
Riparo
alla
dimenticanza
.
Ha
cinque
anni
.
È
mia
figlia
.
StampaPeriodica ,
Dalla
costante
fisiologica
posta
dal
Quinton
nel
suo
studio
L
'
eau
de
mer
milieu
organique
,
Remy
de
Gourmont
,
negli
ultimi
fascicoli
del
Mercure
de
France
,
tenta
di
ricavare
una
specie
di
costante
intellettuale
da
servire
come
premessa
alla
storia
della
civilizzazione
.
Le
belle
ricerche
del
Quinton
sono
ormai
note
:
esse
tendono
a
stabilire
che
la
cellula
organica
è
immersa
in
un
ambiente
che
si
mantiene
tuttora
eguale
a
quello
marino
primitivo
,
in
cui
la
cellula
stessa
ha
preso
origine
.
Mutate
le
condizioni
esterne
è
l
'
organismo
vivente
più
evoluto
che
artificialmente
crea
le
condizioni
per
conservare
in
se
stesso
l
'
identità
con
l
'
ambiente
che
lo
ha
visto
nascere
.
L
'
organismo
atto
a
progredire
non
si
adatta
alle
trasformazioni
,
si
ribella
,
reagisce
,
vuol
restare
integro
,
e
migliora
se
medesimo
per
far
fronte
al
peggioramento
delle
circostanze
.
Il
De
Gourmont
,
non
a
torto
,
ritiene
questo
principio
della
permanenza
(
constance
)
dell
'
ambiente
organico
,
suscettibile
di
vaste
applicazioni
anche
nel
campo
morale
,
e
ne
illustra
brillantemente
una
egli
stesso
,
concludendo
alla
permanenza
di
uno
stesso
livello
di
capacità
psichica
umana
attraverso
le
varie
età
storiche
,
col
mostrare
la
quasi
identità
delle
manifestazioni
intellettuali
dell
'
uomo
dai
secoli
più
remoti
fino
ad
oggi
.
A
tale
scopo
osserva
che
l
'
uomo
odierno
non
è
intellettualmente
diverso
dal
suo
lontano
progenitore
.
La
più
grande
fra
le
moderne
scoperte
non
differisce
,
come
quantità
e
qualità
di
energia
psichica
atta
a
produrla
,
dalle
più
antiche
.
Il
che
prova
che
l
'
uomo
è
sempre
stato
ed
è
un
animale
inventivo
,
un
animale
di
genio
,
che
il
genio
è
una
facoltà
primordiale
pressoché
invariabile
.
Le
prodigiose
scoperte
e
invenzioni
meccaniche
dell
'
oggi
riallacciano
l
'
uomo
contemporaneo
all
'
uomo
del
bronzo
e
della
pietra
;
l
'
invenzione
della
stampa
corrisponde
a
quella
della
scrittura
,
sembra
l
'
opera
della
stessa
persona
rediviva
.
La
costanza
del
genio
inventivo
è
nettamente
raffigurata
da
cinque
o
sei
grandi
fatti
preistorici
,
storici
,
contemporanei
equivalenti
.
L
'
idea
di
decadenza
deve
quindi
essere
esclusa
,
la
linea
della
civiltà
è
una
linea
ondulata
di
cui
le
sommità
sono
quasi
eguali
,
come
sono
eguali
gli
avvallamenti
.
Il
progresso
è
una
semplice
addizione
di
resultati
,
di
effetti
,
non
una
mèta
prestabilita
,
non
uno
scopo
insito
nello
spirito
,
nelle
cause
e
nel
meccanismo
della
vita
,
questo
è
sempre
identico
a
se
stesso
.
Il
De
Gourmont
,
oltre
a
quelli
da
me
riferiti
,
cita
altri
esempi
in
sostegno
del
suo
asserto
,
tratti
dall
'
astronomia
e
dalla
poesia
,
e
sfiora
incidentalmente
talune
importanti
questioni
,
come
quella
della
formazione
del
linguaggio
,
che
egli
chiama
un
fatto
meramente
naturale
e
non
una
invenzione
umana
,
e
come
quella
sulla
natura
del
genio
,
che
,
a
suo
avviso
,
è
un
fatto
primitivo
,
precedente
,
per
così
dire
,
all
'
intelligenza
,
è
una
forma
di
intelligenza
rimasta
invariabile
,
che
si
manifesta
sporadicamente
e
sempre
eguale
a
se
medesima
.
A
talune
di
queste
idee
io
vorrei
apporre
qualche
nota
in
margine
,
sia
a
conferma
sia
come
obiezione
.
Là
dove
ci
si
offre
la
prova
della
costanza
del
genio
poetico
si
dice
:
"
La
poésie
a
évolué
,
comme
évoluait
la
sensibilité
,
base
des
moeurs
,
mais
le
genie
poétique
,
par
exemple
,
d
'
Homère
à
Victor
Hugo
,
est
demeuré
fixe
:
ni
progrès
ni
déchéance
;
constance
absolue
"
.
Tanto
che
il
De
Gourmont
è
inclinato
a
pensare
che
un
tal
genio
non
abbia
alcun
rapporto
ben
definito
con
la
civilizzazione
.
Non
sorge
desso
dal
bel
mezzo
della
barbarie
proto
ellenica
?
Allo
stesso
modo
non
poté
sorgere
dal
seno
di
una
barbarie
ancor
più
rude
,
nell
'
ambiente
megalitico
,
in
quello
maddaleniano
?
Ecco
qui
delle
espressioni
che
mi
suonano
male
.
Fra
tante
affermazioni
di
identità
,
di
permanenza
,
di
costanza
,
questa
barbarie
protoellenica
mi
fa
l
'
effetto
di
una
grossolana
stonatura
.
Forse
il
De
Gourmont
crede
ancora
a
tutte
quelle
geometriche
ricorrenze
e
correlatività
di
fasi
e
di
stadi
stabilite
dai
primi
neofiti
dell
'
evoluzionismo
secondo
i
quali
,
con
esatta
corrispondenza
,
noi
possiamo
scorgere
,
attraverso
la
distesa
dei
popoli
storici
,
una
scala
di
tipi
eguale
a
quella
in
cui
si
dispongono
le
popolazioni
odierne
giusta
il
loro
grado
di
civiltà
?
Crede
ancora
che
la
serie
che
va
dal
civilissimo
anglo
-
sassone
al
selvaggio
papuasico
trovi
il
suo
preciso
riscontro
nella
serie
che
va
dall
'
inglese
contemporaneo
al
primo
egiziano
o
cinese
,
o
assiro
,
o
ittita
apparso
all
'
orizzonte
della
storia
?
Crede
che
veramente
la
Grecia
omerica
corrisponda
allo
stato
barbarico
dei
Galla
,
come
Roma
repubblicana
a
un
villaggio
di
pellirosse
,
come
l
'
Europa
feudale
all
'
Abissinia
di
Menelik
?
Non
lo
posso
ammettere
.
Egli
però
cade
nel
pregiudizio
comune
,
contrario
del
resto
alla
sua
stessa
tesi
:
che
la
odierna
gerarchia
dei
popoli
determinata
dal
grado
di
civiltà
fosse
diversa
nell
'
antichità
,
nel
senso
che
lo
stato
degli
odierni
selvaggi
,
di
quelli
che
noi
chiamiamo
barbari
,
fosse
in
antico
uno
stato
normale
e
generale
.
Barbari
sarebbero
stati
i
Greci
omerici
,
barbari
gli
Egiziani
di
Ramses
,
barbari
gli
assiri
del
palazzo
di
Korsabad
,
barbari
i
romani
di
Cesare
,
barbari
in
mezzo
agli
altri
barbari
poco
dissimili
.
Il
salto
attuale
di
civiltà
fra
noi
civilizzati
e
i
selvaggi
sarebbe
adunque
mancato
allora
,
salvo
che
i
selvaggi
di
allora
fossero
ancora
più
selvaggi
in
proporzione
,
e
cioè
vere
scimmie
nella
selva
,
visto
che
si
dice
esservi
maggior
distanza
fra
un
civile
europeo
e
un
ottentotto
che
fra
un
ottentotto
e
uno
chimpanzé
.
Ma
ciò
è
in
contraddizione
con
tutta
la
storia
.
Le
popolazioni
selvagge
,
per
tutte
le
notizie
che
noi
ne
abbiamo
,
erano
prima
quelle
che
sono
ora
,
sono
rimaste
immutate
.
Il
che
fra
l
'
altro
è
una
seria
garanzia
per
dire
che
analogamente
le
popolazioni
segnate
nella
storia
,
come
le
memorabili
depositarie
e
portatrici
della
civiltà
,
debbono
sostanzialmente
essere
perdurate
eguali
almeno
come
attitudine
,
come
qualità
,
come
valore
,
come
capacità
potenziale
.
Il
salto
di
civiltà
né
si
è
accresciuto
né
è
diminuito
;
la
stessa
distanza
irreduttibile
era
fra
un
greco
dei
tempi
d
'
Omero
e
i
barbari
di
allora
,
malgrado
la
rozza
civiltà
omerica
,
come
è
fra
un
europeo
civile
e
i
barbari
odierni
.
Le
popolazioni
che
a
turno
hanno
occupato
il
punto
più
in
vista
della
storia
e
hanno
salito
le
vette
della
civiltà
,
costituiscono
una
élite
,
un
filone
che
è
sempre
stato
nettamente
isolato
e
distinto
come
è
oggi
,
in
mezzo
al
torrente
dell
'
umanità
.
Per
questo
filone
non
si
può
parlare
di
barbarie
e
di
civiltà
,
di
passaggio
dall
'
una
all
'
altra
.
Esso
è
sempre
stato
il
rappresentante
della
civiltà
,
la
civiltà
stessa
,
come
il
rimanente
del
genere
umano
è
sempre
stato
la
barbarie
.
Il
fatto
sorprendente
pertanto
di
un
Omero
che
scaturisce
completo
da
un
ambiente
di
barbarie
,
fatto
che
poteva
dar
adito
alle
ipotesi
più
meravigliose
e
audaci
sulla
primordialità
del
genio
poetico
,
così
da
supporre
una
Iliade
o
una
Divina
Commedia
nel
primo
barlume
di
intelligenza
umana
,
non
sussiste
.
Omero
non
sorge
affatto
nella
barbarie
,
come
non
vi
sorgono
né
Dante
,
né
Shakespeare
,
come
non
vi
è
sorto
mai
alcun
grande
poeta
,
e
le
popolazioni
selvagge
pure
antiche
non
ne
hanno
infatti
alcuno
.
Omero
sorge
nel
filone
incaricato
della
civiltà
,
sorge
anzi
come
Dante
e
Shakespeare
in
quel
punto
del
filone
che
sta
determinando
nella
linea
ondulata
della
civiltà
una
delle
più
alte
ondulazioni
,
è
un
messaggero
,
un
araldo
,
un
presagio
dell
'
ascesa
.
Omero
sorge
in
un
ambiente
tanto
civile
in
mezzo
alla
sua
Grecia
primitiva
,
quanto
Victor
Hugo
nella
Francia
moderna
.
Perché
l
'
esempio
avesse
valore
dimostrativo
,
giusta
lo
scopo
del
De
Gourmont
,
non
una
delle
sette
città
dell
'
Ellade
,
ma
qualche
ignoto
abituro
della
barbara
Scizia
o
delle
spiagge
libiche
o
dell
'
avida
Etiopia
avrebbe
dovuto
dare
i
natali
al
cantore
di
Achille
.
Su
questa
permanenza
quindi
non
mi
sembra
che
ci
sia
da
contare
.
Ma
per
una
permanenza
incerta
che
sparisce
,
ne
appare
una
certissima
e
ben
altrimenti
importante
con
la
mia
osservazione
.
La
permanenza
cioè
di
questa
magnifica
corrente
umana
,
che
dai
primordi
fino
ad
oggi
attraversa
l
'
oceano
grigio
della
umanità
,
senza
confondervisi
,
senza
mescolarvisi
o
smarrirsi
,
eguale
a
se
stessa
,
semenzaio
del
genio
,
organo
della
civiltà
.